Primo libro: Provino per entrare nel Mondo Magico

di Immortal Lady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Capitolo I: Vita Quotidiana ***
Capitolo 3: *** Capitolo II: Lettera e Cambio d'aria ***
Capitolo 4: *** Capitolo III: Incontro magico, Origini e Sfogo ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV: Diagon Alley ***
Capitolo 6: *** Capitolo V: Preparativi, Binario 9 e 3/4, Weasley e Hogwarts ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI: Ansia da Prestazione, Smistamento e Separazione ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII: Primi Passi, Prime Lezioni e Hagrid con i Suoi Biscotti ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII: Serpeverde, Prima lezione di Volo, Cercatore? Meglio un Duello! Cane a tre teste?! ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX: Scopa e Primo Allenamento, Wingardium Leviosa? Halloween! Troll?! Hermione! ***
Capitolo 11: *** Capitolo X: Squadra e nuovi schemi di gioco, Piton e la sua gamba Mangiucchiata, Prima Partita di Quidditch e Fuoco su Piton!... Fuffi? ***
Capitolo 12: *** Capitolo XI: Malattia, Natale con i Weasley, Regali! Mantello dell'Invisibilità!... Specchio delle Brame ***
Capitolo 13: *** Capitolo XII: Incubi, Allenamenti Intensi, Piton vuole fare l'Arbitro?... Seconda partita di Quidditch e incontro nella Foresta Proibita ***
Capitolo 14: *** ANNUNCIO ***
Capitolo 15: *** ~ XIII: Dieci settimane agli Esami, Uovo di Cosa?! Mamma Hagrid e recupero Clandestino ~ ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


~ Prefazione ~

Era ben noto a tutti gli abitanti di Privet Drive che la famiglia Dursley si vantava di essere perfettamente normale e non anelavano, in nessunissima maniera, a divergere dal loro stile di vita.

Quel martedì piovoso di circa dieci anni fa la signora Petunia Dursley, moglie di Vernon Dursley, madre di Dudley Dursley si alzò per andare a preparare la colazione. Mentre aspettava che le uova e la pancetta messe sul fuoco iniziassero a riscaldarsi, prese le bottiglie di vetro vuote e si diresse alla porta per lasciarle sul pianerottolo per il lattaio.

Non fa specie che i Dursley maledicono ancora quel giorno.

Perché il corso degli eventi deviò dall’ordinario.

Perché su quel pianerottolo non doveva trovarsi altro che l’anonimo zerbino verde comprato dalla signora Dursley.

Ma così non fu.

Perché a terra trovò due bambini profondamente assopiti e contenuti in un fagotto di coperte molto spesse; in mezzo a loro, infilata tra le coperte, si trovava una lettera scritta su pergamena e firmata da Albus Silente che riportava le circostanze e i motivi per cui Harry e Hazel Potter si trovassero sullo zerbino del numero 4 di Privet Drive.

 

Note dell'autrice:
Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!
Come avete notato questo è soltanto una piccola introduzione, fatta al solo scopo di irretire il più possibile e farvi continuare a leggere!
Non ho molto altro da dire a parte che sto ancora scrivendo piano piano tutti i capitoli, per cui il tutto potrebbe andare un po' a rilento.

Saluti e ossequi,
Immortal Lady

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Capitolo 2
*** Capitolo I: Vita Quotidiana ***


Note Immortal Lady del 28/03/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo I: Vita Quotidiana ~

 

«Su alzatevi! Immediatamente!»

Harry si svegliò di soprassalto. Zia Petunia tamburellò con le nocche ossute sulla porta.

 

«Sveglia!» urlò con la sua voce stridula. Harry sentì i suoi passi allontanarsi verso la cucina e poi il rumore di una padella che veniva messa sul fuoco. Si girò, dando le spalle alla porta, finendo con l’incontrare lo sguardo assonnato di Hazel.

Con un sospiro lieve Harry si mise fronte contro fronte con la gemella.

«… nel sogno… c’era una motocicletta?» bisbigliò piano Hazel. Harry mugugnò un assenso.

«Si, volava anche… bello» sbadigliò Harry e Hazel confermò con un piccolo cenno della testa.

«Non è la prima volta che lo facciamo-»

Ecco di nuovo la zia dietro la porta.

«Non vi siete ancora alzati?» chiese.

«Siamo quasi pronti» rispose Hazel stropicciandosi gli occhi con le mani.

«Be’, vedete di spicciarvi. C’è il bacon sul fuoco e le uova da preparare. Non vi azzardate a far bruciare qualcosa, deve essere tutto perfetto il giorno del compleanno di Duddy».

Sia Harry che Hazel non poterono trattenere un gemito.

«Cosa avete detto?» chiese aspra la zia da dietro la porta.

«Niente, niente…» risposero in coro i due.

 

L’occhiata esasperata che si scambiarono valse più di mille parole. Il compleanno di Dudley è sempre un giorno tutto fuorché da festeggiare.

I gemelli, con praticità e abitudine, si cambiarono i pigiami in quello spazio angusto che era il sottoscala della casa dei Dursley e, mentre Harry controllava e toglieva i ragni dai calzini di entrambi, Hazel puliva gli occhiali del fratello con la maglia smessa che aveva appena indossato.

Terminata la vestizione, uscirono nel corridoio d’ingresso per poi dirigersi in cucina.

 

Il tavolo che si trovava al centro della sala era ormai stato inglobato per la quasi totalità dai regali di Dudley, ma i gemelli la superarono senza farci troppo caso mettendosi poi ai fornelli. Mentre Hazel girava il bacon e Harry faceva le uova per tutti, entrò zio Vernon.

«Filate a pettinarvi!» sbraitò a mo’ di buongiorno.

L’alzata di occhi al cielo di Hazel fu fortunatamente notata solo da Harry, che le tributò un sorrisino veloce.

Sicuramente se l’avesse notata lo zio avrebbe tirato malamente le orecchie ad entrambi, perché quello che faceva uno era sempre colpa di entrambi.

 

Ma era una reazione motivata quella di Hazel, visto che tra tutti e due si erano tagliati i capelli più volte di tutti i loro compagni di classe; o forse dell’intera scuola visto che vedevano le forbici del parrucchiere o di zia Petunia almeno una volta a settimana.

Ma non c’era niente da fare, crescevano senza tregua e sicuramente non si curavano dell’opinione degli zii.

 

Quando Dudley e sua madre entrarono infine in cucina, Harry e Hazel stavano impiattando il bacon e le uova.

Zia Petunia abbracciava il figlio con fare amorevole mentre quest’ultimo appena vista la pila sul tavolo si era fatto subito serio, iniziando a contare i pacchi.

Quando arrivò il momento di posare i piatti sul tavolo Hazel ed Harry ebbero qualche difficoltà vista la poca porzione di spazio disponibile e, proprio in quel momento, Dudley terminò la sua conta rabbuiandosi immediatamente.

«Trentasei» disse con fare scandalizzato verso i genitori. «Due meno dell’anno scorso».

«Caro, non hai contato il regalo di zia Marge. Vedi, è qui, sotto questo regalone grosso grosso di mamma e papà» intervenne subito zia Petunia.

«D’accordo, trentasette» disse Dudley tutto paonazzo. Hazel percependo l’inizio di un terrificante capriccio alla Dudley diede il gomito a Harry e iniziò a trangugiare rapida il suo bacon, nel caso non remoto in cui il cugino buttasse il tavolo all’aria.

 

Benché zia Petunia dicesse, Dudley non ricordava neanche da lontano un angioletto. Assomigliava molto a zio Vernon. Aveva un gran faccione roseo, quasi per niente collo, occhi piccoli celeste acquoso e folti capelli biondi e lisci che gli pendevano su un gran testone. Come lo zio era scontroso, ignorante e amava picchiare i pugni grassocci contro i suoi Punching-ball preferiti, alias Harry e Hazel. Tutto presupponendo, ovviamente, che riuscisse ad acchiapparli vista la velocità con cui si muovevano.

 

Forse per il fatto che avevano passato buona parte della loro vita in un ripostiglio buio, ma Hazel e Harry erano sempre stati piccoli e mingherlini per la loro età. E lo sembravano ancor di più di quanto in realtà non fosse, perché non avevano altro da indossare che i vestiti smessi di Dudley, e Dudley era circa 4 volte più grosso di Hazel e Harry messi assieme.

Spudoratamente uguali e fieri di esserlo fin dal loro ingresso in casa Dursley; Hazel e Harry vantano lo stesso viso sottile, stesse ginocchia nodose, uguali capelli neri corti e disordinati sopra gli occhi di un verde intenso.

Portavano occhiali rotondi, tenuti insieme con un sacco di nastro adesivo per tutte le volte che Dudley li prendeva a pugni sul naso.

L’unica cosa che non li accomuna era la sottile cicatrice a forma di fulmine che aveva Harry sulla fronte e che, da che ne ricordassero entrambi, era lì da sempre.

La prima domanda che Hazel ricordava di aver mai rivolto a zia Petunia era stata come Harry se la fosse fatta.

«Nell’incidente d’auto dove sono morti i vostri genitori» gli aveva risposto lei «e non fate domande».

Non fate domande: questa era la prima regola per vivere in pace con i Dursley.

 

Tornando alla situazione corrente, zia Petunia, che evidentemente aveva annusato il pericolo, si affrettò a dire: «E oggi, mentre siamo fuori, ti compreremo altri due regali. Che ne dici, tesoruccio? Altri due regali. Va bene così?»

Dudley ci pensò su un attimo. Lo sforzo sembrò immenso e alla fine disse lentamente: «Così ne avrò trenta… trenta…»

«Trentanove, dolcezza mia» disse zia Petunia.

«Ah!» Dudley si lasciò cadere pesantemente su una sedia e afferrò il pacchetto più vicino «Allora va bene».

Zio Vernon ridacchiò sotto i baffi biondi.

«Questa piccola canaglia vuole avere tutto quel che gli spetta fino all’ultimo, proprio come papà. Bravo, Dudley!» E gli scompigliò i capelli.

In quel momento squillò il telefono e zia Petunia andò a rispondere mentre i gemelli e zio Vernon rimasero a guardare Dudley scartare una bicicletta da corsa - oggetto quanto mai  visto che Dudley era molto grasso e detestava fare moto - poi fu la volta di una cinepresa, un aeroplano telecomandato, sedici nuovi videogiochi e un videoregistratore. Stava strappando l’incarto di un orologio da polso d’oro quando zia Petunia tornò nella stanza con l’aria arrabbiata e preoccupata allo stesso tempo.

«Cattive notizie, Vernon» disse. «La signora Figg si è rotta una gamba. Non può prenderseli». E così dicendo, indicò nella direzione dei gemelli con un brusco cenno del capo.

Dudley spalancò la bocca inorridito, ma i cuori dei gemelli balzarono di gioia.

Ogni anno, per il compleanno di Dudley, i genitori portavano lui e un suo amico fuori per tutto il giorno, a fare scorpacciate di hamburger o al cinema, lasciando Hazel e Harry alle cure della signora Figg, un’anziana signora mezza matta che viveva due traverse più avanti. Odiavano quella casa, puzzava di cavolo e la signora Figg li costringeva a guardare le fotografie di tutti i gatti che aveva posseduto in vita sua.

«E ora che si fa?» chiese zia Petunia guardando furibonda prima l’uno poi l’altro nipote come se fosse colpa loro. I gemelli sapevano che avrebbero dovuto sentirsi dispiaciuti per l’infortunio della signora Figg, ma non gli fu facile quando ad entrambi balenò per la mente che per un intero anno non sarebbero stati costretti a vedere Lilli, Baffo, Mascherina e Pallina.

«Si potrebbe provare a telefonare a Marge» suggerì zio Vernon.

«Non dire sciocchezze, Vernon, lo sai benissimo che li detesta».

Il fatto che i Dursley parlassero spesso di Harry e Hazel come se non fossero presenti, o piuttosto come se fossero qualcosa di sgradevole o incapace di comprenderli (come delle lumache) faceva saltare i nervi ai gemelli.

Loro non erano tonti e men che meno sordi, però sapevano qual era il momento di parlare e quando non lo era. Per questo non dissero nulla, sperando che lo sviluppo inatteso che stava prendendo la giornata non finisse in catastrofe.

 

«Cosa ne dici di… come si chiama… la tua amica.. Yvonne?»

«È in vacanza a Maiorca» rimbeccò zia Petunia.

«Potreste lasciarci semplicemente qui» azzardò Harry speranzoso e con il supporto di Hazel che annuì concorde, la prospettiva di guardare quello che volevano alla TV o, persino, di provare il pc di Dudley gli faceva molta gola.

Zia Petunia fece una faccia come se avesse appena ingoiato un limone.

«Per trovare la casa in rovina quando torniamo?» ringhiò.

«Mica la facciamo saltare in aria!» replicarono in coro i gemelli offesi. Nessuno li prese in considerazione.

«Forse potremmo portarli allo zoo» disse Petunia «… e lasciarli in macchina»

«Non possono restare in macchina da soli. È nuova di zecca…»

Dudley cominciò a piangere forte. In realtà, non stava piangendo; erano anni che non piangeva sul serio, ma sapeva che se contorceva la faccia e si lagnava la madre gli avrebbe dato qualsiasi cosa lui avesse chiesto.

«Duddy tesorino caro, non piangere! Mammina non permetterà che quelli ti rovinino la festa!» esclamò stringendolo tra le braccia.

«N-n-non… voglio… che… vengano… pure loro!» gridò Dudley tra un finto singhiozzo e l’altro. «Loro rovinano sempre tutto» E lanciò ai cugini un'occhiata malevola attraverso lo spiraglio tra le braccia della madre. I gemelli lo fulminarono con gli occhi, nascondendo a malapena tutta l’ostilità che avevano in corpo.

In quel preciso momento suonò il campanello: «Santo cielo, sono arrivati!» esclamò zia Petunia frenetica e un attimo dopo, l’amico del cuore di Dudley, Piers Polkiss, entrò insieme alla madre.

Piers era un ragazzo tutto pelle e ossa, con una faccia da topo. Era lui che in genere immobilizzava le persone con le braccia dietro la schiena mentre Dudley le picchiava; inutile dire che era disprezzato quasi quanto Dudley dai gemelli. Dudley smise all’istante di piangere.

 

Mezz’ora più tardi Harry e Hazel non riuscivano a credere a tanta fortuna, si erano infilati (uno sopra l’altro, per mancanza di spazio) sul sedile posteriore della macchina dei Dursley insieme a Piers e a Dudley, diretti allo zoo per la prima volta in vita loro. Lo zio e la zia non erano riusciti a inventarsi niente di diverso per loro, ma, prima di uscire zio Vernon li prese da parte.

«Vi avverto» gli aveva detto piazzandoglisi davanti con il suo faccione paonazzo a un millimetro dal loro viso, «vi avverto una volta per tutte, ragazzini, niente cose strane, niente di niente, intesi? O resterete chiusi in quel ripostiglio fino a Natale»

«Non faremo proprio niente» disse Hazel «lo promettiamo» aggiunse Harry. Ma zio Vernon non gli credeva. Nessuno gli credeva mai.

 

Il punto è che attorno ai gemelli accadevano fatti strani, e non serviva a niente dire ai Dursley che loro non c’entravano.

Come quando presa da una crisi di nervi, causata dal vederli tornare dal barbiere come se non ci fossero proprio andati, zia Petunia, brandendo un paio di forbici da cucina, aveva tagliato quasi a zero i capelli di Harry: tranne per una frangetta che gli andava a coprire la cicatrice, che la ripugnava più del disordine dei suoi capelli.

Hazel fu trattenuta da Dudley fino alla fine del taglio e percossa più volte da quest’ultimo ogni volta che tentava di scattare verso zia Petunia per toglierle di mano quelle maledette forbici. Alla fine, quando Dudley era ormai troppo occupato a ridere sguaiatamente, Hazel a forza di strattoni riuscì a liberarsi e a raggiungere il fratello.

Harry piangeva silenzioso, umiliato e frustrato per il fatto che ancora una volta non aveva potuto ribellarsi; si lasciò andare nell’abbraccio della sorella dopo che lei lo ebbe strappato via dalle grinfie di zia Petunia, che osservava il suo operato soddisfatta.

Dopo aver scoccato un’occhiata piena di odio verso zia Petunia, Hazel portò via il fratello quasi di peso, chiudendosi con lui nel sottoscala nella speranza che il non stare in  compagnia dei Dursley gli desse un minimo di conforto.

Non uscirono nemmeno per cena e passarono la notte insonne in pensiero di come sarebbe andata l’indomani a scuola, dove la maggior parte già li prendeva in giro per i vestiti sformati e gli occhiali tenuti insieme dallo scotch e, chi rimaneva che non li prendeva in giro, li ignorava per paura di Dudley. 

Ma la mattina dopo, al loro risveglio, i capelli di Harry erano tornati esattamente come erano prima che zia Petunia glieli avesse rasati. Per questo finirono in punizione per una settimana, reclusi nel ripostiglio, perché non erano stati in grado di spiegare il motivo per cui i capelli di Harry fossero ricresciuti così in fretta.

 

Ci fu la volta in cui zia Petunia cercò di infilare a Hazel un orrendo maglione di Dudley (marrone con i pon pon arancioni), ma più cercava di infilarglielo dalla testa più questo si rimpiccioliva, fino a che diventò quasi delle dimensioni di un francobollo. Fortunatamente la zia diede la colpa alla lavatrice e non a loro.

Invece, il giorno in cui Harry si era ritrovato sul comignolo della scuola e Hazel esattamente dietro i bidoni ribaltati della cucina, passarono giorni infernali.

La banda di Dudley li stava rincorrendo, come al solito, quando, con immensa sorpresa di tutti Harry si era trovato seduto sul comignolo della scuola e là, dove poco prima si trovava insieme ad Hazel, c’era lei che guardava con occhi spalancati le pattumiere e il loro contenuto completamente ribaltato sulla banda di bulli. Ovviamente i bidoni erano pieni e grondanti dei rimasugli del pranzo.

I Dursley avevano ricevuto una lettera molto indignata della direttrice, la quale li informava che Harry si era dato alla scalata dell’edificio scolastico e di Hazel che ribaltava bidoni addosso agli ignari compagni di istituto nella pausa pranzo. Nulla era valso urlare, attraverso la porta sprangata del ripostiglio, che stavano solo cercando di saltare dietro i grossi bidoni della spazzatura fuori dalla cucina. E che credevano che a metà di quel salto una folata di vento avesse uno, sollevato in aria Harry portandolo sul comignolo e due, che avesse sbalzato i bidoni in avanti facendo cadere il loro contenuto sulle fantomatiche “vittime ignare”.

 

Ma quel giorno niente sarebbe andato storto, valeva persino la pena di passare la giornata insieme a Dudley e Piers, pur di passarla da qualche altra parte che non fosse la scuola, il ripostiglio o il salotto puzzolente di cavolo della signora Figg.

 

Durante il viaggio zio Vernon si lamentava con zia Petunia.

A lui piaceva lamentarsi di tutto, per esempio: i colleghi di lavoro, Harry, il consiglio, Hazel, la banca, Harry/Hazel erano solo alcuni dei suoi argomenti preferiti.

Quella mattina aveva scelto di lamentarsi delle motociclette.

«… corrono come pazzi, questi giovani teppisti!» esclamò mentre una moto li sorpassava.

«Anche in un sogno che ho fatto c’era una moto» disse Harry ricordando improvvisamente, «e volava» aggiunse sovrappensiero Hazel mentre guardava il panorama fuori dal finestrino, seduta sulle gambe del fratello e con le braccia di lui a fargli da cintura di sicurezza.

Per poco zio Vernon non tamponò la macchina che lo precedeva.

Solo i riflessi di Harry, che strinse il più possibile le braccia attorno alla vita della sorella, impedirono a Hazel di spaccarsi il naso contro il poggiatesta del sedile del guidatore.

Zio Vernon si voltò di scatto e urlò verso i nipoti (che si strinsero tra loro istintivamente), con la faccia che assomiglia a una gigantesca barbabietola con i baffi: «LE MOTOCICLETTE NON VOLANO».

Dudley e Piers repressero una risata.

«Lo sappiamo che non volano» rispose Harry, difendendo la sorella. «Era soltanto un sogno».

Entrambi si pentirono di aver parlato. Se c’era una cosa che i Dursley odiavano più delle domande era sentire parlare di cose che non si comportano come dovrebbero, anche se si trattava di un sogno o di cartoni animati.

 

Era un sabato assolato e lo zoo era pieno di famigliole felici.

All’ingresso, i Dursley comprarono a Dudley e a Piers due enormi gelati al cioccolato e poi, siccome la barista del baracchino aveva chiesto ai gemelli cosa volessero prima che gli zii potessero allontanarli, gli comprarono due economici ghiaccioli al limone.

Non male, si ritrovarono a pensare i Hazel e Harry leccando i ghiaccioli, mentre guardavano un gorilla che si grattava la testa e assomigliava terribilmente a Dudley, tranne per il fatto che il gorilla non era biondo.

Fu la mattinata più felice che Harry ed Hazel avessero passato da molto tempo.

Mano nella mano si scambiarono commenti tra una zona e l’altra che visitavano, avendo sempre cura di camminare a una certa distanza dai Dursley in modo che il festeggiato e l’amichetto, che per ora di pranzo già si stavano annoiando degli animali, non tornassero al loro passatempo preferito, prenderli a pugni. Pranzarono al ristorante dello zoo e, quando Dudley si lamentò perché il suo Trionfo di Gelato con Panna non era abbastanza grande, zio Vernon gliene comprò un altro e ai gemelli fu concesso di finire il primo.

 

Dopo pranzo andarono al rettilario. Il luogo era fresco e semibuio, con teche illuminate lungo tutte le pareti. Dietro ai vetri, lucertole e serpenti di ogni specie strisciavano e si arrampicavano su tronchi di legno e sassi. L’unico motivo per cui i due compagni di giochi si trovavano in quella zona era per vedere i giganteschi e velenosi cobra e i possenti pitoni capaci di stritolare un uomo.

Dudley fu estremamente veloce ad individuare il serpente più grosso di tutti, il quale avrebbe potuto avvolgersi attorno alla macchina di zio Vernon e ridurla alle dimensioni di un bidone della spazzatura, ma al momento non sembrava in vena. Anzi, se la stava dormendo alla grossa.

Dudley, impaziente, appiccicò il naso al vetro.

«Fallo muovere» chiese piagnucolando al padre. Zio Vernon picchiò sul vetro, ma il serpente non si mosse.

«Ancora!» ordinò Dudley. Zio Vernon tornò a bussare forte con le nocche sul vetro, ma il serpente continuò con nonchalance il suo pisolino facendo di conseguenza irritare Dudley.

«Che noia!» disse Dudley con voce lagnosa. E corse via inseguito dai genitori e Piers, lasciandosi i gemelli alle spalle.

Con calma Harry ed Hazel si spostarono davanti alla teca per osservare meglio il serpente, rimanendo però ad un metro di distanza per riuscire ad osservarne le spire brune e lucenti. Non si sarebbero stupiti se anche lui fosse morto di noia, senza altra compagnia che quegli stupidi che tamburellavano tutto il giorno le dita contro il vetro cercando di disturbarlo.

«Questa è peggio di un ripostiglio» commentò piano Hazel, rivolgendo uno sguardo triste alla teca fin troppo piccola e al serpente fin troppo grande che vi albergava. Almeno loro potevano girare per tutta la casa e l’unica che pestava alla porta era zia Petunia.

D’un tratto il serpente aprì gli occhi piccoli e luccicanti. Lentamente, molto lentamente, sollevò la testa finché poté guardare dritto negli occhi dei gemelli. E gli fece l’occhiolino.

Harry ed Hazel si guardarono stupiti. Poi sbirciarono rapidi in giro per vedere se qualcuno li osservava. Nessuno. Tornarono a guardare il serpente e ricambiarono la strizzata d'occhio.

Il serpente girò la testa di scatto verso zio Vernon e Dudley, poi alzò lo sguardo al cielo. Lanciò verso entrambi un’occhiata del tipo «Questo è quello che mi tocca sempre».

Un sorriso complice nacque sul viso dei gemelli. Harry ed Hazel si avvicinarono alla teca  e dissero piano, in tono cospiratorio, al serpente «Lo sappiamo. Deve essere davvero fastidioso».

Il serpente annuì energicamente.

«Ma tu da dove vieni?» gli chiese Harry. 

Il serpente colpì con la coda un cartellino accanto al vetro. Entrambi lo guardarono attentamente. Boa constrictor, Brasile.

«Era un bel posto?» chiese Harry curioso.

Il boa colpì di nuovo con la coda il cartellino e i gemelli lessero ancora: Questo esemplare è nato e cresciuto in cattività. «Ah, capisco, non sei mai stato in Basile, tu!» commentò  tristemente Hazel.

Il serpente scosse la testa e in quello stesso momento un grido assordante alle spalle dei gemelli li fece trasalire tutti e tre: «DUDLEY! SIGNOR DURSLEY! VENITE A VEDERE QUESTO SERPENTE! È INCREDIBILE QUEL CHE STA FACENDO!»

Piers.

Dudley caracollò verso di loro il più in fretta possibile.

«Fuori dai piedi, voi!» intimò mollando uno spintone ad Hazel, che colta di sorpresa perse l’equilibrio impattando contro il fratello finendo col far cadere entrambi a terra.

Quel che seguì avvenne così in fretta che nessuno si rese conto del come: un attimo prima Piers e Dudley erano chini vicinissimi al vetro, e un attimo dopo erano saltati all’indietro gridando terrorizzati.

Hazel si tirò su con un sospiro, aiutando il boccheggiante Harry che le aveva fatto da cuscinetto; i gemelli si girarono verso i due ragazzini urlanti notando che il vetro anteriore della teca del boa constrictor era scomparso. Il grosso serpente stava svolgendo rapidamente le sue spire e scivolando sul pavimento, mentre in tutto il rettilario la gente si metteva ad urlare e cominciava a correre verso le uscite.

Il boa ormai fuori dalla teca strisciò accanto ai gemelli a tutta velocità; Harry e Hazel avrebbero giurato di aver sentito una voce bassa e sibilante dire: «Brasile, sto arrivando… Grazzzie, amigos».

I gemelli si scambiarono un'occhiata frastornati, ma con una strana sensazione di soddisfazione interiore che non riuscivano a spiegarsi.

 

Il custode del rettilario, arrivato di corsa ma comunque in ritardo per recuperare il boa, era sotto shock. «Ma il vetro» continua a dire, «dov’è finito?».

Il direttore dello zoo in persona preparò a zia Petunia una tazza di tè molto forte e zuccherato, nel mentre non la finiva più di scusarsi. Piers e Dudley non riuscivano a far altro che farfugliare. Per quel che avevano visto Harry e Hazel, il serpente aveva soltanto dato un colpettino giocoso ai piedi di entrambi mentre passava, ma il tempo di tornare tutti alla macchina di zio Vernon e già Dudley raccontava di come il boa gli avesse quasi staccato una gamba a morsi, mentre Piers giurava che aveva cercato di soffocarlo nella sua stretta mortale, chiacchiere che causarono molteplici occhiate al cielo da parte di Hazel e risate mal trattenute di Harry. Ma il peggio, almeno per i gemelli, fu che Piers riuscì a calmarsi quanto basta da dire: «Harry e Hazel gli hanno parlato. Non è vero?»

Zio Vernon aspettò che Piers uscisse da casa Dursley prima di cominciare a prendersela con i nipoti. Era così arrabbiato che parlava a stento. Riuscì a malapena a farfugliare: «Andate… ripostiglio… state lì… niente cibo!» prima di crollare su una sedia, tanto che zia Petunia dovette correre a prendergli un grosso bicchiere di Brandy.

 

Molto più tardi Harry, steso al buio nel ripostiglio e fronte contro fronte con la sorella, desiderò avere un orologio. Non sapeva che ore fossero e non era sicuro che i Dursley dormissero. Fino a quel momento, non poteva rischiare di sgattaiolare in cucina insieme a Hazel per mangiare qualcosa.

Vivevano con i Dursley da quasi dieci anni, dieci anni di infelicità, per quanto potevano ricordare, fin quando erano piccoli e i loro genitori erano morti in quell’incidente d’auto.

 

Un fattore sconosciuto ai coniugi Dursley era che i gemelli condividevano, in modo quasi viscerale, i pensieri, le idee, l’atteggiamento ma soprattutto la memoria; quest’ultimo tratto era enormemente sviluppato per Hazel che, con certezza e precisione assoluta ricordava molti particolari e parole che normalmente le persone dimenticano.

Come i sogni che condivideva la notte insieme al fratello, il numero di ragni che popolavano il ripostiglio, i titoli del giornale che zio Vernon leggeva ogni mattina, il numero di pugni che Dudley aveva dato a lei e a Harry e, soprattutto, la sensazione che loro, nella macchina su cui erano morti i loro genitori, non c’erano e, anzi, se sforzava la memoria insieme a Harry, durante le lunghe ore trascorse nel ripostiglio, il ricordo più lontano che riuscivano a raggiungere era un lampo accecante di luce verde e un dolore bruciante alla fronte.

Se anche quel primo ricordo fosse stato l’incidente, non si riuscivano a spiegare da dove venisse la luce verde.

I loro genitori, per quanto si arrovellavano, non li ricordavano affatto. Gli zii non ne parlavano mai e, naturalmente, era proibito fare domande al riguardo.

In casa non c’era neanche una loro fotografia.

 

Quando erano più piccoli avevano sognato tante volte che qualche parente sconosciuto venisse a portarli via, ma questo non era mai accaduto; i loro unici familiari erano i Dursley. 

Eppure, talvolta gli sembrava (o forse speravano) che gli estranei per strada li riconoscessero. Ed erano estranei veramente strani. Una volta un ometto mingherlino col cilindro viola aveva fatto loro un inchino mentre erano a far spese con zia Petunia e Dudley. Furiosa, dopo aver chiesto ai gemelli se conoscessero quell’uomo, zia Petunia li aveva trascinati fuori dal negozio senza comprare niente. Un’altra volta, in autobus, un’anziana donna dall’aspetto stravagante, tutta vestita di verde, li aveva salutati allegramente. Qualche giorno prima, un uomo calvo, con indosso un mantello color porpora molto lungo, aveva stretto loro la mano per strada e poi si era allontanato senza dire una parola. La cosa più stramba di tutte è che quelle persone sembravano era che sembravano dileguarsi nel nulla nel nulla nel momento stesso in cui i gemelli cercavano di guardarli da vicino.

A scuola non avevano amici. Tutti sapevano che la gang di Dudley odiava quegli strani gemelli, infagottati nei loro vestiti smessi e con gli occhiali rotti, e a nessuno piaceva mettersi contro la gang di Dudley.



Note dell'autrice:


Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Vorrei ringraziare chi:

Ha messo la storia tra le seguite: cris325

Ha messo la storia tra le preferite: magus79

L'avete notato, no? Si, ho riscritto quasi totalmente il primo capitolo del libro di HP. Ne sono consapevole.

Voglio mettere le mani avanti dicendo che questa storia è basata sul libro/libri (perchè ho intenzione di arrivare fino all'ultimo) e sarà la completa riscrittura dei manoscritti in chiave ipotetica con la presenza di Hazel ad accompagnare e combattere a fianco di Harry. Spero voi possiate apprezzare la presenza di Hazel, la quale piano piano crescerà e non sarà soltanto un ombra nel tutto.

Hazel ha il suo carattere e lo dimostrerà degnamente già dal prossimo capitolo. Per adesso è tutto e vi ringrazio nuovamente.

Saluti e ossequi,
Immortal Lady



La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

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Capitolo 3
*** Capitolo II: Lettera e Cambio d'aria ***


Note Immortal Lady del 29/03/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo II: Lettera e Cambio d'aria ~

 

La fuga del boa constrictor brasiliano costò ai gemelli il castigo più lungo mai ricevuto fino a quel momento. Quando finalmente gli fu permesso di uscire dal ripostiglio, erano ormai iniziate le vacanze estive e Dudley aveva già rotto la nuova cinepresa, mandato a sbattere l’aeroplanino telecomandato e la prima volta che aveva provato la bicicletta da corsa aveva investito l’anziana signora Figg che attraversava Privet Drive con le stampelle.

Harry e Hazel erano molto contenti che la scuola fosse finita ma non c’era modo di sfuggire alla gang di Dudley che veniva a casa Dursley ogni giorno. Piers, Dennis, Malcolm e Gordon erano grandi e stupidi, ma poiché Dudley era il più grande e il più stupido di tutti, era il capo. Tutti gli altri erano ben felici di unirsi a lui nel praticare il suo sport preferito: la caccia ai Potter.

Ecco perché Hazel e Harry passavano più tempo possibile fuori casa, gironzolando nei dintorni dei quartieri limitrofi e pensando alla fine delle vacanze, che gli avrebbe portato un esile raggio di speranza. A settembre sarebbero andati alle medie e, per la prima volta in vita loro, non sarebbero stati insieme a Dudley.

Dudley aveva un posto riservato alla Smeltings, la scuola dove aveva studiato zio Vernon. Anche Piers Polkiss sarebbe andato lì. I gemelli, invece, sarebbero andati a Stonewall High, la scuola pubblica del quartiere. Dudley trovava la cosa molto divertente e per questo li bloccò una mattina sull’uscio.

 «Lo sapete che a Stonewall il primo giorno di scuola ti ficcano la testa nella tazza del gabinetto?» disse sovrastandoli con aria compiaciuta. «Volete venire di sopra a fare esercizio?»

«No, grazie» rispose Harry. «La povera tazza del gabinetto non si è mai vista cacciare dentro niente di così orribile come la tua testa»

«Che comunque non è tanto diversa dall’altro lato che gli mostri ogni giorno» commentò a sua volta Hazel.

«Già, entrambi sono decisamente voluminosi» continuò Harry.

«O ingombranti» disse Hazel trattenendo a malapena un sorriso. «Poverina…»

«Potrebbe sentirsi male» finì in bellezza Harry.

Con un risolino mal trattenuto scapparono via, prima che il cugino potesse capire quello che avevano detto.

Un giorno di luglio, zia Petunia accompagnò Dudley a Londra per comprare l’uniforme di Smeltings, lasciando i gemelli dalla signora Figg. Quel giorno, la vecchia signora era meno peggio del solito. Si era rotta la gamba inciampando in uno dei suoi gatti e quindi non sembrava più entusiasta di loro come prima. Permise ai gemelli di guardare la  televisione e offrì loro un pezzo di torta al cioccolato, che sapeva di stantio come se fosse lì da qualche anno.

Quella sera Dudley sfilò in salotto per la famiglia, nella sua uniforme nuova di zecca. I ragazzi della Smeltings indossavano una marsina bordeaux, pantaloni arancioni alla zuava e un cappello piatto detto paglietta. Erano inoltre dotati di un bastone bitorzoluto usato per picchiarsi a vicenda quando gli insegnanti non guardavano. Si riteneva che questo fosse un buon addestramento per la vita futura.

Guardando Dudley nei suoi pantaloni alla zuava, zio Vernon disse con tono burbero che non si era mai sentito tanto orgoglioso in vita sua. Zia Petunia scoppiò in lacrime e disse che non le sembrava vero che quello fosse il suo Didino, da quanto era bello e cresciuto.

Anche Hazel e Harry avevano gli occhi lucidi mentre guardavano il cugino; anche se la loro commozione era più legata alla sensazione di essersi rotti un paio di costole nel tentativo di non ridere.

 

La mattina dopo, quando Hazel e Harry entrarono in cucina, un odore orribile permeava l’aria e sembrava provenire da una grossa bacinella di metallo che era dentro il lavandino. Tappandosi il naso si avvicinarono curiosi per dare un’occhiata. La bacinella era piena di quelli che sembravano stracci sporchi a mollo in un’acqua grigia.

«E questo cos’è?» chiese Hazel a zia Petunia. Lei serrò le labbra come faceva sempre quando uno dei due nipoti azzardava una domanda.

«La vostra nuova uniforme scolastica» rispose.

Lo sguardo dei gemelli ricadde di nuovo dentro la bacinella.

«Oh!» dissero. «Non avevo capito che dovesse essere tanto bagnata» commentò Harry.

«Non fare lo sciocco!» lo apostrofò aspramente zia Petunia.

«Vi sto tingendo di grigio alcuni vestiti smessi di Dudley. Quando avrò finito sembreranno uguali a quelli degli altri».

Di questo Harry e Hazel ebbero dei serissimi dubbi, ma pensarono fosse meglio non discutere oltre. Si sedettero a tavola demoralizzati, cercarono di non immaginare che aspetto avrebbero avuto il primo giorno di scuola alla Stonewall High. Probabilmente quello di qualcuno con addosso pezzi di pelle di un vecchio elefante.

 

Dudley e zio Vernon entrarono in cucina ed entrambi arricciarono il naso per via dell’odore che emanava la nuova uniforme dei gemelli. Zio Vernon si sedette al tavolo e aprì come al solito il giornale e Dudley picchiò il tavolo con il bastone di Smeltings, che ormai si portava dappertutto.

Hazel alzò pigramente gli occhi verso il giornale dello zio per leggere i titoli in prima pagina.

In quel momento, udirono lo scatto della cassetta delle lettere e il rumore lieve della posta che cadeva sullo zerbino.

«Vai a prendere la posta, Dudley» disse zio Vernon da dietro il giornale.

«Mandaci uno di quei due».

«Hmm… Vai a prendere la posta, Hazel».

«Mandaci Dudley» rispose Hazel senza staccare gli occhi dai titoli.

«Punzecchiala con il bastone di Smeltings, Dudley» grugnì zio Vernon.

«Vado io!» disse Harry vedendo Dudley alzare minaccioso il bastone sulla sorella.

In risposta Dudley si voltò puntando con il bastone su Harry, che schivò andando rapidamente a recuperare la posta. Sullo zerbino c’erano quattro cose: una cartolina della sorella di zio Vernon, Marge, che era in vacanza sull’isola di Wight, una busta marrone che sembrava una bolletta e… una lettera per Hazel e una lettera per Harry.

Harry le raccolse e fissandole con il cuore che sussultava. Nessuno in vita loro gli aveva mai scritto. E chi avrebbe dovuto farlo? Non avevano amici, non avevano altri parenti; non erano neanche soci della biblioteca e quindi non avevano mai ricevuto perentori avvisi di restituzione. Eppure, eccole lì, una lettera dall’indirizzo così inevitabile da non poter essere frainteso:

 

Signor H.Potter                   Signorina H.Potter

Ripostiglio del sottoscala    Ripostiglio del sottoscala

Privet Drive, 4                    Privet Drive, 4

Little Whinging                  Little Whinging

Surrey                                Surrey

 

Le buste erano spesse e pesanti, di pergamena giallastra, e l’indirizzo era scritto con inchiostro verde smeraldo. Non c’era francobollo. Girando una busta con mano tremante, Harry vide un sigillo di ceralacca color porpora con uno stemma araldico: un leone, un'aquila, un tasso e un serpente intorno a una grossa ‘H’.

«Allora, sbrigati un po’!» gridò zio Vernon dalla cucina. «Che stai facendo, controlli che non ci siano pacchi bomba tra la posta?» e ridacchiò della propria battuta.

Harry tornò in cucina continuando a fissare le lettere. Consegnò a zio Vernon la bolletta e la cartolina, si sedette lentamente e tirò un lembo della maglia della sorella per attirarne l’attenzione.

Hazel curiosa si avvicinò e prese in mano la lettera destinata a lei e insieme a Harry cominciò ad aprire la busta gialla.

Zio Vernon strappò la busta della bolletta, sbuffò disgustato e voltò la cartolina.

«Marge sta male» informò zio Petunia. «Ha mangiato uno strano frutto di mare…»

«Papà» disse Dudley d’un tratto, «papà, Harry e Hazel hanno ricevuto qualcosa!»

I gemelli, che stavano per aprire la lettera che era scritta sulla stessa pesante pergamena della busta, si videro strappare di mano il tutto da zio Vernon.

«È mia!» dissero in coro Hazel e Harry cercando di riprenderle subito.

«E chi mai vi scriverebbe?» sibilò zio Vernon sventolando una delle due lettere con una mano per aprirla e gettarvi un’occhiata. In men che non si dica, la faccia gli passò dal rosso al verde, più rapida di un semaforo. Ma non finì lì. Nel giro di pochi secondi diventò grigiastra, come il porridge andato a male.

«P-P-Petunia!» ansimò.

Dudley cercò di carpirgli una lettera per leggerla, ma zio Vernon le teneva in alto fuori dalla sua portata. Zia Petunia, incuriosita, prese quanto aveva in mano il marito e lesse la prima riga. Per un attimo sembrò che stesse per svenire. Si portò le mani alla gola ed emise un suono soffocato.

«Vernon, oh, mio Dio, Vernon!...»

Si fissarono l’un l’altra, pareva avessero dimenticato che Harry, Hazel e Dudley erano ancora lì. Dudley non era abituato a essere ignorato. Assestò al padre un colpo secco sulla testa con il bastone di Smeltings.

«Voglio leggere quelle lettere» disse forte.

«Noi vogliamo leggerle» controbatterono Hazel e Harry furiosi, «sono nostre!».

«Fuori, tutti e tre!» gracchiò zio Vernon ricacciando le lettere nelle buste.

I gemelli non si mossero di un millimetro.

«VOGLIAMO LE NOSTRE LETTERE!» gridarono furiosi.

«Falle vedere a me!» ribatté Dudley.

«FUORI!» ruggì zio Vernon. Poi li prese tutti e tre per la collottola e li scaraventò nell'ingresso sbattendogli la porta della cucina in faccia.

Immediatamente, i tre ingaggiarono una lotta furibonda ma silenziosa per decidere chi dovesse guardare dal buco della serratura. Vinse Dudley, anche se zoppicava per un pestone ben assestato di Hazel, per cui i gemelli si stesero a pancia in giù sul pavimento per carpire qualcosa attraverso la fessura della porta.

«Vernon» stava dicendo zia Petunia con voce tremante, «guarda l’indirizzo… Ma come fanno a sapere dove dormono? Pensi che stiano sorvegliando la casa?»

«Sorvegliando… spiando… forse ci pedinano» borbottò zio Vernon fuori di sé.

«Ma cosa dobbiamo fare? Rispondere? Dire che non vogliamo…»

Harry e Hazel seguivano le scarpe nere tirate a lucido di zio Vernon misurare a grandi passi la cucina.

«No» disse infine. «No, ignoreremo la faccenda. Se non ricevono risposta… Sì, è la cosa migliore… non faremo niente…»

«Ma…»

«Non intendo averne nemmeno uno per casa, Petunia! Non avevamo giurato, quando li abbiamo presi, che avremmo messo fine a quella pericolosa insensatezza?»

Quella sera, tornando dal lavoro, zio Vernon fece una cosa che non aveva mai fatto prima: andò a trovare i gemelli nel ripostiglio.

«Dove sono le nostre lettere?» chiese Harry a bruciapelo, mentre Hazel si tirava su rapida dal giaciglio di coperte; non appena zio Vernon fu riuscito a passare dalla porticina Hazel rincarò bruscamente. «Chi ci scrive?»

«Nessuno. Era indirizzata a voi per sbaglio» tagliò corto zio Vernon. «Le ho bruciate».

«Non è stato uno sbaglio» disse Harry arrabbiato. «C'era segnato l’indirizzo del nostro ripostiglio. Su entrambe le lettere.».

«SILENZIO!» urlò zio Vernon, e due ragni caddero dal soffitto. Fece un paio di respiri profondi e poi si costrinse ad un sorriso che parve costargli molto sforzo.

«Ehm… già, nipoti… a proposito del ripostiglio. Con vostra zia stavamo pensando… siete davvero cresciuti troppo per stare qui dentro… pensavamo che sarebbe carino se vi trasferiste nella seconda camera da letto di Dudley».

«E perché?» chiese Hazel guardinga.

«Non fate domande» la rimbeccò lo zio. «E ora, portate tutta questa roba di sopra».

La casa dei Dursley aveva quattro camere da letto: una per zio Vernon e zia Petunia, una per gli ospiti (in genere, la sorella di zio Vernon, Marge), una dove Dudley dormiva e un’altra dove Dudley teneva tutti i suoi giochi e le cose che non entravano nella sua prima camera.

Ai gemelli bastò un solo viaggio per trasferire dal ripostiglio tutti i loro averi. Una volta arrivati nella stanza si sedettero sull’unico letto della camera e si guardarono intorno.

Non c’era una cosa che fosse integra. La cinepresa ricevuta appena un mese prima era buttata sopra un piccolo carro armato semovente con cui una volta Dudley aveva investito il cane dei vicini; in un angolo c’era il primo televisore di Dudley, che il ragazzo aveva sfondato con un calcio quando avevano cancellato il suo programma preferito; c’era una grossa gabbia per uccelli, che un tempo era servita per un pappagallo che Dudley aveva barattato a scuola con un vero fucile ad aria compressa, ora poggiato su una mensola con un’estremità tutta contorta perché lui ci si era seduto sopra. Gli altri scaffali erano pieni di libri. Quelli erano l’unica cosa nella stanza che non sembrava non essere mai stata toccata.

Hazel curiosa si avvicinò allo scaffale più basso per leggere i titoli.

Dalla porta semiaperta della camera si sentivano degli urli provenienti dal salotto dei Dursley. Era Dudley. Urlava a sua madre con quanto fiato aveva in gola: «Non ce li voglio… quella stanza mi serve… falli uscire…!»

Harry sospirò stendendosi sul letto. Il giorno prima avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lì. Mentre ora avrebbe preferito tornare nel loro ripostiglio con le lettere, piuttosto che essere lassù senza. Hazel ciondolò mogia fino al letto, sdraiandosi poi accanto al fratello. Quella sera non parlarono né dei titoli letti la mattina sul giornale né di altro, si strinsero nel nuovo letto come facevano nel ripostiglio, lasciando che la stanchezza prendesse il sopravvento.

L’indomani mattina, a colazione, tutti erano piuttosto taciturni. Dudley era stravolto. Aveva gridato, picchiato suo padre con il bastone, vomitato di proposito, preso a calci sua madre e fatto volare la tartaruga sopra il tetto della serra, e ancora non aveva riottenuto la sua camera. I Harry ed Hazel pensavano tristemente alla mattina precedente, rimpiangendo di non aver aperto le lettere più rapidamente o di non aver pensato (Harry) di nasconderne almeno una per precauzione. Zio Vernon e zia Petunia si scambiarono sguardi cupi.

Quando arrivò la posta, zio Vernon, che sembrava si stesse sforzando ad essere carino con i gemelli (che provavano solo disagio per quelle attenzioni), mandò Dudley a prenderla. Lo sentirono picchiare colpi a destra e a manca per tutto il tragitto fino alla porta. Poi gridò: «Ce ne sono altre due! Signor H.Potter… Signorina H.Potter, Cameretta… Cameretta, Privet Drive, 4… Privet Drive, 4…»

 

Gli occhi dei gemelli si incrociarono con quelli di zio Vernon e quest’ultimo, con un grido strozzato, balzò dalla sedia e si precipitò nell’ingresso con i nipoti alle calcagna. Zio Vernon dovette lottare e atterrare Dudley perché mollasse le lettere, mentre Harry l’aveva afferrato per il collo da dietro e Hazel da sotto faceva lo sgambetto alle già instabili gambe dello zio. Dopo qualche minuto di grande confusione in cui nessuno riuscì a evitare i colpi di bastone di Dudley, zio Vernon si rialzò da terra annaspando per riprendere fiato, con le lettere dei gemelli strette in mano.

«Andate nel ripostiglio… cioè, volevo dire, in camera vostra!» intimò ansimando ai nipoti. «E tu, Dudley… va’ fuori!... Esci!»

 

Harry camminava su e giù per la loro nuova stanza, mentre Hazel fissava distrattamente fuori dalla finestra Dudley che tirava bastonate in giro per il giardino.

«Chi ci ha mandato quelle lettere sa che ci hanno traslocati dal ripostiglio» commentò assorta Hazel, ignorando l’urlo di Dudley e il successivo schianto di un vaso appena rotto.

«Sanno anche che le lettere non ci sono state recapitate» convenne Harry fermandosi al centro della stanza e voltando gli occhi verso la sorella.

«Dici che…» ci riproveranno? Harry non osò proferire ad alta voce quanto aveva appena pensato, ma trovò la risposta negli occhi della sorella.

Si mossero entrambi verso il letto e li si sedettero uno di fronte all’altro e all’unisono dissero: «Faremo in modo che non falliscano la prossima volta». Avevano un piano.

 

La mattina dopo, la sveglia, che era stata riparata, suonò alle sei. Harry la spense subito e insieme alla sorella si vestì senza fare rumore. Non dovevano svegliare i Dursley. Sgattaiolarono fuori dalla porta per poi fermarsi nel corridoio, rimasero in silenzio per un minuto buono respirando pianissimo, per capire se la famiglia Dursley stesse dormendo nelle rispettive camere. Sentendo il russare di Dudley e di zio Vernon decisero di scendere giù per le scale, senza accendere le luci.

Avrebbero aspettato il postino all’angolo di Privet Drive per farsi consegnare la posta del numero 4. Il cuore batteva forte mentre attraversavano con cautela l’ingresso diretti verso la porta.

«AAAAARRRRGGGGHHHH!»

Harry e Hazel fecero un salto: erano inciampati in qualcosa di grosso e molle steso sullo zerbino… una cosa viva!

Di sopra si accesero le luci e con orrore i gemelli si resero conto che la cosa grossa e molle era la faccia di suo zio Vernon. Aveva dormito in un sacco a pelo, davanti alla porta di casa, per essere certo che i nipoti non facessero proprio quello che avevano cercato di fare. Sbraitò contro di loro per circa mezz’ora e poi gli ordinò di andare a preparargli una tazza di tè. I gemelli si trasferirono mestamente in cucina e al loro ritorno la posta era arrivata dritta dritta in grembo a zio Vernon. Videro sei lettere con l’indirizzo scritto in inchiostro verde.

«Voglia…» cominciò Hazel, ma zio Vernon le stava facendo a pezzi davanti ai loro occhi.

Quel giorno, zio Vernon non andò in ufficio. Rimase a casa e sigillò la cassetta delle lettere.

«Capisci» spiegò a zia Petunia con una manciata di chiodi in bocca, «se non riescono a consegnarla, ci rinunceranno e basta».

«Non sono sicura che funzionerà, Vernon».

«Oh, la mente di questa gente funziona in modo strano, Petunia; non sono mica come te e me» disse lui cercando di battere un chiodo con il pezzo di dolce alla frutta che zia Petunia gli aveva appena portato.

 

Venerdì arrivarono non meno di ventiquattro lettere per Hazel ed Harry. Poiché non passavano dalla buca, erano state infilate sotto la porta, nelle fessure laterali e alcune persino nella finestrella del bagno al piano terra.

Zio Vernon rimase di nuovo a casa. Dopo aver bruciato tutte le lettere, tirò fuori chiodi e martello e chiuse con assi di legno tutte le possibili fessure sulla porta davanti e su quella del retro, cosicché non si poteva più uscire. Mentre lavorava, canticchiava un allegro motivetto e trasaliva ad ogni minimo rumore.

 

Sabato la cosa cominciò a sfuggire di mano. Quarantotto lettere indirizzate ai gemelli trovarono il modo di entrare in casa arrotolate e nascoste dentro ognuna delle due dozzine di uova che il lattaio, perplesso, aveva consegnato a zia Petunia attraverso la finestra del soggiorno. Mentre zio Vernon faceva telefonate inferocite all’ufficio postale e alla latteria, cercando qualcuno con cui prendersela, zia Petunia, in cucina, sminuzzava le lettere con il frullatore.

«Ma chi diavolo è che vuole tanto parlarvi?» disse sbalordito Dudley ai cugini.

 

Domenica mattina zio Vernon si sedette per fare colazione con un’aria stanca e sofferente, ma felice.

«Niente posta, la domenica» ricordò agli altri tutto contento, spalmando il giornale di marmellata all’arancia. «Oggi niente maledettissime lettere…»

Mentre pronunciava queste parole, qualcosa piovve con un fruscio giù per la cappa del camino e lo colpì sulla nuca. Un attimo dopo, cinquanta o sessanta lettere piombarono giù come una gragnuola di proiettili. I Dursley le schivarono, ma Hazel e Harry fecero un balzo per cercare di prenderne almeno una…

«Fuori! FUORI!»

Zio Vernon abbrancò i nipoti all’altezza della vita e li scaraventò nell’ingresso. Una volta che zia Petunia e Dudley furono corsi fuori proteggendosi il viso con le braccia, zio Vernon sbatté la porta. Da fuori, si sentivano ancora le lettere inondare la stanza, rimbalzando sulle pareti e sul pavimento.

«Questo è troppo» disse zio Vernon cercando di parlare con calma e al tempo stesso strappandosi a ciuffi i folti baffi. «Vi voglio qui tra cinque minuti, pronti a partire. Ce ne andiamo. Prendete solo qualche vestito. Niente discussioni».

Aveva un’aria così minacciosa, con i baffi che gli mancavano per metà, che nessuno osò contraddirlo. Dieci minuti dopo, si erano aperti un varco strappando le assi inchiodate sulle porte ed erano saliti in macchina, dirigendosi a tutta velocità verso l’autostrada. Dudley, seduto sul sedile posteriore, stava frignando; suo padre gli aveva dato uno scapaccione perché si era attardato a cercare di infilare il televisore, il videoregistratore e il computer nella sacca da ginnastica.

Andarono. E poi andarono. Neanche zia Petunia osava chiedere dove. Ogni tanto zio Vernon invertiva la marcia e per un po’ procedeva nella direzione opposta.

«Me li levo di torno… vedrai se non me li levo di torno» bofonchiava ogni volta che faceva questa manovra.

Per tutto il giorno non si fermarono né per bere né per mangiare.

Giunta l’ora di cena, Dudley ululava dalla disperazione. In vita sua non aveva mai passato una giornata brutta come quella. Aveva fame, aveva perso almeno cinque programmi televisivi che voleva vedere e non era mai rimasto tanto tempo senza far saltare in aria un alieno sul suo computer.

Finalmente, zio Vernon si fermò davanti a uno squallido albergo, alla periferia di una grande città. Dudley, Hazel e Harry divisero una stanza a due letti con lenzuola umide e ammuffite. Dudley cominciò a russare, ma i gemelli rimasero svegli, seduti sul davanzale della finestra, a fissare i fari delle macchine che passavano per la strada e a riflettere.

«Se vogliono così tanto farci avere quelle lettere…» iniziò Hazel fissando corrucciata una pozzanghera sul marciapiede. «… non possono consegnarcele di persona?».

Dalle parole appena dette si percepiva il risentimento verso gli zii e verso chiunque stesse cercando di inviargli quelle lettere.

Harry prese una mano della sorella tra le sue e insieme rimasero a guardare fuori dalla finestra finché non crollarono addormentati.

Il giorno dopo, per colazione, mangiarono corn-flakes stantii e pane tostato con pomodori in scatola. Avevano appena finito, quando la proprietaria dell’albergo si avvicinò al loro tavolo.

«Chiedo scusa, ma qualcuno di voi è il signor H.Potter e la signorina H.Potter? È che di là sul bancone ho un centinaio di queste».

E così dicendo mostrò una lettera su cui tutti poterono leggere l’indirizzo scritto con inchiostro verde:

 

Signor H.Potter                   Signorina H.Potter

Stanza 17                            Stanza 17

Railview Hotel                     Railview Hotel

Cakeworth                           Cakeworth

 

I gemelli allungarono subito le mani per prendere le lettere ma zio Vernon gliele colpì scansandole. La donna osservava stupita.

«Le prenderò io» disse zio Vernon alzandosi in fretta e seguendola fuori dalla sala da pranzo.

~ * ~

«Non sarebbe meglio andarsene a casa, caro?» suggerì timidamente zia Petunia ore dopo, ma zio Vernon sembrò non sentirla. Nessuno di loro sapeva esattamente che cosa stesse cercando. Li condusse nel bel mezzo di una foresta, scese dall’auto, si guardò intorno, scosse il capo, risalì a bordo e ripartirono. La stessa cosa accadde nel centro esatto di un campo arato, a metà di un ponte sospeso e in cima a un parcheggio multipiano.

«Papà è ammattito, vero?» chiese Dudley con voce piatta a zia Petunia verso sera. Zio Vernon aveva parcheggiato l’auto in riva al mare, li aveva chiusi tutti dentro ed era scomparso.

Cominciò a piovere. Grossi goccioloni tamburellavano sul tettuccio dell’auto. Dudley tirò su col naso.

«È lunedì» disse alla madre. «Stasera ci sono i cartoni. Voglio andare da qualche parte dove hanno il televisore».

Lunedì. Questo ricordò qualcosa ai gemelli, che si scambiarono un'occhiata complice. Se era lunedì - e in genere si poteva star certi che Dudley sapesse i giorni della settimana per via della televisione - allora l’indomani, martedì sarebbe stato l’undicesimo compleanno di Harry ed Hazel. Naturalmente, i loro compleanni non erano mai propriamente divertenti: l’anno prima i Dursley avevano regalato due grucce appendiabiti e un paio di calzini smessi di zio Vernon ad Harry e un maglione sformato di Dudley a Hazel.

Tuttavia, undici anni non si compiono mica tutti i giorni.

Zio Vernon era tornato e sorrideva. Portava un pacchetto lungo e sottile e non rispose quando zia Petunia gli chiese che cosa avesse comprato.

«Ho trovato il posto ideale!» disse. «Venite! Tutti fuori!»

Fuori l’auto faceva molto freddo. Zio Vernon stava indicando qualcosa al largo che assomigliava a un grosso scoglio. Appollaiata in cima allo scoglio c’era la catapecchia più miserabile che si possa immaginare. Una cosa era certa: là dentro di televisori non ce n’erano.

«Le previsioni per stasera annunciano tempesta!» disse zio Vernon in tono gaio, battendo le mani. «Questo signore ha gentilmente acconsentito a prestarci la sua barca!»

Un vecchio sdentato venne verso di loro a passo lento, additando, con un ghigno abbastanza malvagio, una vecchia barca a remi che ballonzolava sulle acque plumbee proprio sotto di loro.

«Ho già comprato un po’ di provviste» disse zio Vernon, «perciò tutti a bordo!»

Sulla barca faceva un freddo cane. Spruzzi d’acqua gelida e gocce di pioggia scendevano giù per il collo e un vento glaciale frustava loro la faccia; i gemelli si strinsero tra di loro tremando. Dopo quelle che sembrarono ore raggiunsero lo scoglio dove zio Vernon, fra uno scivolone e l’altro, li guidò alla casetta diroccata.

L’interno era orribile; c’era un forte odore di alghe, attraverso le fessure delle pareti di legno fischiava il vento e il caminetto era umido e vuoto. C’erano solo due stanze.

Le provviste di zio Vernon si rivelarono essere un sacchetto di patatine a testa e cinque banane. Cercò di fare un fuoco, ma i sacchetti di patatine vuoti fecero soltanto un gran fumo e si accartocciarono.

«Adesso tornerebbe proprio utile qualcuna di quelle lettere, eh?» fece tutto allegro.

Era di buon umore. Era chiaro che pensava che nessuno avesse la minima possibilità di raggiungerli per consegnare la posta, con la burrasca che c’era. In cuor loro, i gemelli erano d’accordo, anche se quel pensiero non li rallegrava affatto.

Al calar della notte, la tempesta annunciata esplose attorno a loro. La schiuma delle onde altissime schizzava sulle pareti della catapecchia e un vento feroce faceva sbattere le luride finestre.

Zia Petunia trovò alcune coperte ammuffite nella seconda stanza e arrangiò un letto per Dudley sul divano tutto roso dalle tarme. Lei e zio Vernon si sistemarono sul materasso bitorzoluto della stanza accanto e ai gemelli non rimase che rannicchiarsi nel punto più morbido del pavimento, stretti tra loro sotto la coperta più sottile e sbrindellata.

La notte avanzava e la tempesta infuriava sempre più feroce. Hazel e Harry non riuscivano a dormire. Scossi da brividi, si rigiravano alla ricerca di una posizione comoda, con lo stomaco che gli gorgogliava per la fame. Il russare di Dudley era soffocato dal rombo dei tuoni che si scatenarono attorno a mezzanotte. Il quadrante luminoso dell’orologio di Dudley, che penzolava oltre il bordo del divano al suo polso grassoccio, informò i gemelli che avrebbero compiuto undici anni di lì a dieci minuti. Si sdraiarono di schiena e rimasero a guardare il loro compleanno avvicinarsi a ogni ticchettio, a chiedersi se i Dursley se ne sarebbero ricordati e a domandarsi dove fosse in quel momento l’autore delle lettere.

Ancora cinque minuti. Harry udì qualcosa scricchiolare fuori, guardò Hazel che indicò con il mento il soffitto che in alcuni punti perdeva acqua. Sperarono che il tetto non crollasse.

Ancora quattro minuti. Forse, al loro ritorno, la casa di Privet Drive sarebbe stata talmente piena di lettere che in qualche modo sarebbero riusciti a rubarne una.

Ancora tre minuti. Era il mare a produrre quei forti schiocchi sullo scoglio? Si chiesero un po’ preoccupati i gemelli. E (ancora due minuti) che cosa era mai quello strano scricchiolio? Era forse lo scoglio che si sgretolava nel mare?

Ancora un minuto e avrebbero compiuto undici anni. Trenta secondi… venti… dieci… nove… forse avrebbero svegliato Dudley soltanto per dargli fastidio… tre… due … uno.

BUM!

Tutta la catapecchia fu scossa da un tremito e Hazel e Harry saltarono su a sedere di scatto fissando la porta. Fuori c’era qualcuno che bussava chiedendo di entrare. 

 

Note dell'autrice:

 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

Chi ha recensito il precedente capitolo: durabo

Chi ha messo la storia tra le preferite: magus79

Chi ha messo la storia tra le seguite: cris325

 

Come avete potuto leggere si è presentata un po’ di azione in questo capitolo e si Hazel è molto precisa con i suoi calci/pestoni, qualità che non farà che sviluppare nel corso del tempo per mio immenso piacere.

Sappiamo già chi sta bussando alla porta, il nostro caro Hagrid o come piace definirlo a me orsacchiottone buono come il pane, verrà messo alla prova dai nostri cari gemelli.

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III: Incontro magico, Origini e Sfogo ***


Note Immortal Lady del 04/04/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

 

~ Capitolo III: Incontro magico, Origini e Sfogo ~

 

Bum! Bussarono di nuovo. Dudley si svegliò di soprassalto.

«Dov’è il cannone?» chiese stupidamente.

Alle loro spalle si udì un boato e zio Vernon piombò slittando nella stanza. In mano aveva un fucile… ora sapevano che cosa conteneva l’involto lungo e sottile che si era portato dietro e che aveva custodito gelosamente fino a quel momento.

«Chi va là» gridò. «Vi avverto… sono armato!»

Ci fu una pausa. Poi…

SMASH!

La porta venne colpita con una tale forza che uscì dai cardini e atterrò con uno schianto sul pavimento.

Sulla soglia si stagliava un uomo gigantesco. Aveva il volto quasi nascosto da una criniera lunga e ispida e da una barba incolta e aggrovigliata, ma si distinguevano gli occhi che scintillavano come scarafaggi neri sotto tutti quei capelli.

Il gigante sembrò farsi piccolo piccolo per entrare nella catapecchia, piegandosi in modo da sfiorare appena il soffitto con la testa. Poi si chinò a terra, raccolse la porta e la rinfilò nei cardini con la massima disinvoltura. Il fragore della tempesta fuori, che fino a quel momento aveva fatto da sottofondo all’entrata in scena dello sconosciuto, si attutì un poco. Il gigante si voltò per guardarli a uno a uno.

«Che, si potrebbe avere una tazza di tè? Non è stato mica un viaggio facile, eh…»

A grandi passi, si avvicinò al divano dove Dudley giaceva semisdraiato e pietrificato dal terrore.

«Scansati, ciccione!» gli intimò lo sconosciuto.

Con uno squittio, Dudley corse a nascondersi dietro la madre, che per il terrore si era rannicchiata a sua volta dietro zio Vernon.

«Oh, ecco Harry e Hazel!» disse il gigante.

I gemelli alzarono lo sguardo su quel volto feroce, misterioso e selvaggio, e videro gli occhi lucidi come scarafaggi socchiudersi in un sorriso.

«L’ultima volta che vi ho visto, eravate ancora dei soldi di cacio» disse il gigante. «Assomigliate un sacco a vostro papà, ma gli occhi, quelli li avete presi senza dubbio dalla mamma». Harry ed Hazel lo fissarono ammutoliti, stringendosi tra loro sospettosi.

Zio Vernon emise uno strano rumore stridulo.

«Le ingiungo di andarsene immediatamente, signore!» disse. «Questa è un’effrazione bella e buona!»

«Ma chiudi il becco, scemo di un Dursley!» esclamò il gigante; allungò con noncuranza la mano oltre lo schienale del divano, strappò il fucile dalle mani di zio Vernon, annodò la canna con la massima facilità come fosse stata gomma e scaraventò il tutto in un angolo.

Zio Vernon emise un altro rumore strano, come un topo che viene calpestato.

«Allora, carissimi» disse il gigante voltando le spalle ai Dursley, «buon compleanno! Ho una cosetta per voi… mi sa che a un certo punto mi ci sono seduto sopra, ma il sapore sarà ancora buono».

Da una tasca interna del suo pastrano nero estrasse una scatola leggermente schiacciata che allungò verso i gemelli. Dopo uno scambio di occhiate incerte i due si allungarono per prendere la scatola e, con dita tremanti, la aprirono. Dentro c’era una torta al cioccolato grossa e appiccicosa con su scritto, a lettere verdi di glassa: “Buon Compleanno Harry&Hazel”.

I gemelli guardarono il dolce disorientati, non sapendo come sentirsi per quella  gentilezza inaspettata. Hazel e Harry alzarono gli occhi verso il gigante. Volevano esprimere la loro gratitudine, ma le parole si persero prima di arrivare alle labbra, e quel che uscì furono due mormorii incerti. «Ma lei…» iniziò Hazel, «Chi è?» finì Harry.

Il gigante ridacchiò.

«Giusto, va’, non mi sono presentato. Rubeus Hagrid, Custode delle Chiavi e dei Luoghi a Hogwarts».

Riprese gentilmente la torta per poi appoggiarla sul divano e tese entrambe le mani enormi andando a stringere per intero sia il braccio di Hazel che di Harry.

«Allora, ‘sto tè?» disse poi sfregandosi le mani. «Be’, se c’è qualcosa di più forte non dico mica di no, si capisce».

Lo sguardo gli cadde sul focolare vuoto, a eccezione dei pacchetti di patatine accartocciati, e sbuffò. Si chinò sul caminetto; gli altri non potevano vedere quel che faceva, ma quando si ritrasse, un attimo dopo, il fuoco scoppiettava, illuminando l’umida catapecchia di un tremulo bagliore. Hazel e Harry sospirarono di sollievo sentendo il calore inondarli come se si fossero immersi in un bagno caldo.

Il gigante tornò a sedersi sul divano che cedette sotto il suo peso e cominciò a tirare fuori dalle tasche del pastrano ogni sorta di oggetti: un bollitore di rame, un pacchetto di salsicce tutto molle, un attizzatoio, una teiera, alcune tazze sbeccate e una bottiglietta contenente un liquido color ambra da cui bevve una sorsata prima di cominciare a fare il tè. Ben presto la catapecchia fu piena dello sfrigolio dell’odore di salsiccia. Nessuno disse una parola mentre il gigante si dava da fare, ma non appena ebbe fatto scivolare dall’attizzatoio le prime sei salsicce, grasse, succulente e leggermente abbrustolite, Dudley diede segni di irrequietezza. Zio Vernon gli disse in un tono aspro: «Non toccare niente di quel che ti dà, Dudley!»

Il gigante ridacchiò beffardo.

«Non preoccuparti, Dursley, quel ciccione di tuo figlio non ha bisogno di ingrassare ancora».

E passò le salsicce ai gemelli che, a discapito di qualsiasi pregiudizio, le accettarono più che volentieri: erano talmente affamati che parve loro di non aver mai assaggiato niente di così squisito; intanto, non riuscivano a togliere gli occhi di dosso al gigante. Visto che nessuno si decideva a dare spiegazioni, Hazel prese parola e disse: «Scusa, ma non abbiamo ancora capito bene chi sei».

Il gigante bevve un sorso di tè e si asciugò la bocca col dorso della mano.

«Chiamatemi Hagrid» disse, «tutti mi chiamano così. E, come vi ho detto, sono il custode delle Chiavi di Hogwarts. Naturalmente, saprete tutto di Hogwarts».

«Ehm… no» commentarono in coro i gemelli.

Hagrid fece una faccia sbalordita.

«Ci spiace» si affrettarono ad aggiungere vedendone l’espressione.

«Vi spiace a voi?» abbaiò Hagrid voltandosi a guardare i Dursley che si ritrassero in un angolo buio. «È a loro che deve dispiacere! Sapevo che non vi davano le lettere, ma… che non sapevate niente di Hogwarts… diamine! Non vi siete mai chiesti dove i vostri genitori hanno imparato tutto quel po’ po’ di roba che sapevano?»

«Tutto cosa?» chiese Harry mentre Hazel iniziava a fissare inquisitoria i Dursley.

«TUTTO COSA?!» tuonò Hagrid. «No, aspettate un attimo!»

Balzò in piedi e i gemelli si ritrassero di conseguenza. Arrabbiato com’era, sembrava riempire tutta la stanza. I Dursley erano appiattiti contro la parete.

«Devo capire» gli ringhiò in faccia, «che questi ragazzi - questi ragazzi! - non sanno niente… di NIENTE?»

Questo, ai gemelli, sembrava un po’ troppo. Dopotutto, erano andati a scuola e i loro voti non erano poi tanto male.

«Alcune cose le sappiamo» disse Harry. 

«Sappiamo le tabelline e altre cose del genere» aggiunse leggermente offesa Hazel.

Ma Hagrid fece un gesto impaziente con la mano e disse: «Del nostro mondo, dico. Del vostro mondo. Del mio mondo. Del mondo dei vostri genitori».

«Quale mondo?» chiesero in coro i gemelli.

Pareva che Hagrid stesse per esplodere.

«DURSLEY!» sbottò.

Zio Vernon, che si era fatto pallidissimo, biascicò qualcosa che suonò come un pio pio. Hagrid fissò alternativamente Harry e Hazel furibondo.

«Ma dovete pur sapere di vostra madre e di vostro padre» disse. «Insomma, sono famosi. Voi siete famosi»

«Come? Papà e mamma non erano famosi…» disse Harry, anche se il dubbio iniziava a insinuarsi nei suoi pensieri.

«… O sì?» mormorò Hazel.

«Voi non sapete… non sapete…» Hagrid si passò le dita tra i capelli, fissando i due novelli undicenni con uno sguardo incredulo.

«Voi non sapete chi siete?» disse infine.

D’un tratto, zio Vernon ritrovò la voce.

«La smetta» gli intimò, «la smetta immediatamente! Le proibisco di dirgli qualsiasi cosa!»

Anche un uomo più coraggioso di Vernon Dursley avrebbe tremato di paura allo sguardo furibondo che Hagrid gli lanciò. Quando il gigante parlò, ogni sillaba fu uno scoppio di rabbia.

«Non gliel’avete mai detto? Non gli avete mai detto che cosa c’era scritto nella lettera che Silente gli ha appiccicato addosso? Guarda che io c’ero. Ho visto Silente che lo faceva, Dursley! E gliel’hai tenuta nascosta per tutti questi anni?»

«Che cosa ci ha tenuto nascosto?» chiesero in coro Hazel e Harry, avidi di sapere.

«BASTA! GLIELO PROIBISCO!» gridò zio Vernon in preda al panico.

Zia Petunia emise un rantolo d’orrore.

«Oh, andate a quel paese, voi due!» disse Hagrid. «Per tutti i grifoni, tu sei un mago!» indicando Harry per poi additare Hazel «e tu sei una strega!».

Nella catapecchia piombò il silenzio. Si sentiva solo il frangersi delle onde e l’ululato del vento.

«Che cosa siamo noi?» chiesero i gemelli, occhi spalancati e senza fiato. Nella loro mente si stava abbattendo una tempesta simile a quella che c’era fuori.

Non sapevano più a cosa o a chi credere.

«Un mago e una strega, chiaro?» disse Hagrid tornando a sedersi sul divano che gemette e si affossò ancor di più. «Anzi, un mago e una strega coi controfiocchi, direi, una volta che avrete studiato un pochetto. Con un papà e una mamma come i vostri, che cos’altro poteva venir fuori? Penso proprio che sia arrivato il momento che leggiate le vostre lettere».

Hazel e Harry osservarono ansiosi le buste che Hagrid stava allungando, indecisi se fosse il caso o meno di credere a quanto aveva appena detto; ciò che infine li convinse ad accettare le lettere fu l’espressione tormentata degli zii. Perché erano così disperati? Cosa c’era scritto di tanto terribile da fargli fare quella faccia?

I gemelli allungarono le mani per prendere la rispettiva busta giallastra, scritta con l’inchiostro verde smeraldo e indirizzata a:

 

Signorina H.Potter                       Signor H.Potter

Piano terra                                 Piano terra

Catapecchia sullo scoglio             Catapecchia sullo scoglio

Mare                                         Mare

 

Trattenendo il fiato tirarono fuori le lettere e iniziando a leggere:

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

 

Preside: Albus Silente

(Ordine di Merlino, Prima Classe, Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso, Conf. Internaz. dei Maghi)

 

Cara signorina Potter/Caro signor Potter,

      siamo lieti di informarLa che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

      L’anno scolastico avrà inizio il 1° Settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Distinti saluti,

 

Minerva McGonagall

Vicepreside

 

 

Harry e Hazel sentirono una ridda di domande che gli esplodeva nella testa come un fuoco d’artificio. Passarono alcuni minuti in cui i gemelli si scambiarono brevi e veloci commenti a bassa voce tra di loro: «Sembra…»«Hmm!»«Quindi i nostri genitori…»«Hmm…»«Come…»«… siamo loro figli…»«Dove…?»«Non lo so»«Vogliamo?»«Meglio di Stonewall…»«E della pelle di elefante come uniforme…»«Ci fidiamo?»«… mi sembra più onesto dei Dursley»«Ma perché…»«… non prima?»«Hmm»«Glielo chiederemo se ci andremo»«…Direi di s컫Concordo»«Ma…». Hazel e Harry si girarono verso Hagrid e chiesero in coro: «Che cosa significa che aspettano il nostro gufo?»

«Per mille Gorgoni! L’avevo dimenticato» disse Hagrid battendosi una mano sulla fronte così forte che avrebbe mandato a zampe all’aria un cavallo da tiro, e dall’ennesima tasca interna del pastrano estrasse un gufo - un gufo in carne e ossa, con le penne tutte arruffate - una lunga penna d’oca e un rotolo di pergamena. Con la lingua tra i denti per lo sforzo, buttò giù un biglietto che i gemelli riuscirono a leggere all’incontrario:

 

Caro professor Silente,

      dato la lettera a Harry e Hazel. Domani li porto a comprare la roba che gli serve.

      C’è un tempo orrendo qui. Spero Lei sta bene.

Hagrid

 

Poi arrotolò la pergamena, la porse al gufo che l’afferrò col becco, si diresse verso la porta e lanciò il volatile nella bufera. Quindi tornò indietro e si sedette come se tutta quella faccenda fosse normale come fare una telefonata.

 

I gemelli, rendendosi conto che avevano la bocca aperta per lo stupore, si affrettarono a richiuderla.

«Dove ero arrivato?» riprese Hagrid, ma in quello stesso momento zio Vernon, ancora terreo in volto ma con espressione molto arrabbiata, si avvicinò al fuoco.

«Non ci andranno» disse.

Hagrid grugnì.

«Vorrei proprio vedere un Babbano come te che li ferma» disse.

«Un che cosa?» chiesero Harry e Hazel interessati.

«Un Babbano» disse Hagrid. «È così che chiamiamo le persone senza poteri magici, come loro. E per vostra sfortuna siete cresciuti nella famiglia dei peggio babbani che ho mai visto».

«Ah, beh, quello lo avevamo intuito già da tempo ormai» commentò Hazel, venendo fortunatamente sentita solo da Harry.

«Quando li abbiamo presi, abbiamo giurato di farla finita con tutte queste stupidaggini» disse zio Vernon, «che gliel’avremmo fatta passare, con le buone o con le cattive. Un mago e una strega! Figuriamoci!»

«Lo sapevate? Voi sapevate che io sono un/una mago/strega?» esclamarono Hazel e Harry.

«Se lo sapevamo!» strillò zia Petunia. «Certo che sapevamo! Come avreste potuto sfuggire a questa dannazione, visto che tipo era mia sorella? Ricevette una lettera proprio come la vostra e sparì, inghiottita in quella… in quella scuola… e ogni volta che tornava a casa per le vacanze, aveva le tasche piene di uova di rana, e trasformava le tazze da tè in topi. Io ero l’unica che la vedeva per quello che era: una balorda! Ma per mio padre e mia madre, no! Loro… Lily di qua, Lily di là! Erano tutti fieri di avere una strega in famiglia!»

Si interruppe per riprendere fiato e poi ricominciò a sbraitare.

Sembrava che avesse atteso per anni il momento di sputar fuori tutto.

«Poi, a scuola conobbe quel Potter. Se ne andarono insieme, si sposarono e nasceste voi, e naturalmente sapevo benissimo che voi sareste stati identici a loro, altrettanto strampalati, altrettanto… balordi… e poi, se permettete, hanno avuto la bella idea di saltare in aria, ed ecco che voi ci siete piombati tra capo e collo!»

Hazel ed Harry sbiancarono di colpo. Mentre Hazel cercava di metabolizzare il tutto, Harry disse: «Saltati in aria? Ci avevate detto che erano morti in un incidente d’auto!».

«INCIDENTE D’AUTO?» tuonò Hagrid saltando su così infuriato che i Dursley corsero a rintanarsi nel loro cantone. «Come potevano Lily e James Potter morire in un incidente d’auto? È pazzesco! È uno scandalo che Harry ed Hazel non sappiano la loro storia, quando non c’è marmocchio nel nostro mondo che non conosce il loro nome!».

«Ma perché? Che cosa è successo?» chiese Harry impaziente. 

Hazel non emetteva fiato troppo occupata ad ascoltare e a dardeggiava sguardi infuocati sui Dursley.

L’ira svanì dal viso di Hagrid. D’un tratto parve preoccupato.

«Proprio non me lo aspettavo» disse con voce bassa e angustiata.

«Quando Silente mi ha detto che potevo avere qualche problema a portarvi via, non avevo idea di quanto voi non sapeste. Oh, cari, non so mica se sono la persona giusta per dirvelo… ma qualcuno deve: non potete andare a Hogwarts senza sapere».

Lanciò un’occhiata ai Dursley.

«Be’, è meglio che sappiate quel che posso dirvi io… però non posso raccontarvi tutto, perché è un gran mistero, un bel po’ grande, sì».

Si sedette, fissò per alcuni istanti il fuoco e poi disse: «Credo che tutto è iniziato con… con una persona di nome… È incredibile che voi non sappiate come si chiama: tutti, nel nostro mondo, lo sanno…»

«Chi?» chiese Hazel, che aveva momentaneamente spostato gli occhi su Hagrid.

«Be’, preferisco non dire il nome, se posso. Tutti preferiscono, tutti».

«E perché?» continuò Harry, stringendo la mano della sorella nella sua.

«Per tutti i gargoyle, Harry, la gente ha ancora una fifa nera. Miseriaccia quant’è difficile! Vedi, c’era questo mago che poi ha… ha preso la via del male. Tutto il male che riesci a immaginare. Il peggio. Il peggio del peggio. Il suo nome era…»

Hagrid prese fiato ma non gli uscì una parola di bocca.

«Puoi scriverlo?» chiese impaziente Hazel.

«No, non so scriverlo. E va bene: Voldemort» Hagrid rabbrividì, «ma non fatemelo ripetere. Insomma, circa vent’anni fa, questo mago cominciò a cercare seguaci. E li trovò, pure. Qualcuno lo seguì per paura, altri perché volevano una briciola del suo potere: perché lui, di potere, ne stava conquistando parecchio. Tempi bui gemellini. Non sapevi di chi fidarti, non potevi metterti a fare amicizia con maghi e streghe sconosciuti… Sono successe cose terribili. Lui stava prendendo il sopravvento. Chiaro, qualcuno cercò di fermarlo… e lui lo uccise. In modo orribile. Uno dei pochi posti rimasti ancora sicuri era Hogwarts. Credo che Silente sia stato il solo di cui Tu-Sai-Chi aveva paura. Non ha osato impadronirsi della scuola, in ogni caso non allora.

«Ora, vostra mamma e vostro papà erano i migliori maghi che io abbia mai conosciuto. Ai loro tempi erano Capiscuola a Hogwarts. Il mistero è perché Tu-Sai-Chi non aveva mai cercato di tirarli dalla sua parte prima… Forse sapeva che erano troppo vicini a Silente e non volevano avere niente a che fare con il Lato Oscuro.

«Forse pensava di riuscire a convincerli… forse voleva soltanto che si levassero dai piedi. Tutto quel che si sa è che dieci anni fa, il giorno di Halloween, spuntò nel villaggio dove abitavate voi. Allora voi avevate solo un anno. Lui entrò in casa e… e…»

D’un tratto Hagrid tirò fuori un fazzoletto a pallini tutto sporco e si soffiò il naso con il fragore di una sirena da nebbia.

«Chiedo scusa» disse, «ma è così triste… conoscevo la vostra mamma e il vostro papà… le persone più carine che si possono immaginare… Ma insomma…

«Tu-Sai-Chi li uccise. E poi - e questa è la cosa veramente misteriosa - cercò di uccidere anche voi. Chissà, voleva fare piazza pulita, o forse a quel tempo ammazzava solo per il gusto di farlo. Ma non ci riuscì. Harry, ti sei mai chiesto come hai ottenuto quella cicatrice sulla fronte? Non è una ferita qualsiasi. Quello è il segno che ti rimane quando vieni colpito da una maledizione potente e pure su di te Hazel c’erano i segni magici di una maledizione, ma sei rimasta totalmente indenne…

Non ha risparmiato vostra mamma e vostro papà, e neanche la casa, ma su di voi non ha funzionato, e questo è il motivo per cui siete famosi, miei cari. Nessuno di quelli che lui aveva deciso di uccidere l’ha fatta franca, nessuno, solo voi. E guardate che ha ucciso maghi e streghe fra i migliori del suo tempo: i McKinnon, i Bones, i Prewett; e voi, che eravate soltanto due piccoletti, ce l'avete fatta».

In quel momento Harry ricordò qualcosa di molto doloroso. Mentre il racconto di Hagrid si avviava alla conclusione, rivide il bagliore accecante di luce verde più chiaramente di quanto non fosse mai accaduto prima; poi, gli tornò in mente anche qualcos’altro, per la prima volta in vita sua: una risata lunga, fredda, crudele.

Hazel nello stesso momento venne accecata da un flash di luce verde e scossa da una dolorosa fitta alla testa (a cui per riflesso portò la mano) e che gli provocò una scarica di brividi gelati lungo la spina dorsale. Dopo qualche attimo i gemelli si guardarono, scossi e con la consapevolezza di trovare finalmente un senso a quanto ricordavano e che quanto stava dicendo Hagrid era tutto vero.

 

Hagrid li guardava pieno di tristezza.

«Vi ho raccolto tra le macerie della casa con le mie mani, su ordine di Silente. E vi ho portato da questi qua».

«Tutte balle!» esclamò zio Vernon. Harry ebbe un soprassalto. Aveva quasi dimenticato la presenza dei Dursley. Hazel tributò uno sguardo irato allo zio, con tutto l’intento di zittirlo, ma purtroppo quest’ultimo aveva tutta l’aria di aver recuperato il coraggio. Fissando Hagrid con odio teneva i pugni serrati.

«E ora, state a sentire, ragazzini» disse in tono adirato. «Ammetto che in voi ci sia qualcosa di strano, probabilmente nulla che non sarebbe guarito con una bella sculacciata… Ma quanto a tutte queste storie sui vostri genitori… è vero, erano strampalati, inutile negarlo, e a mio parere il mondo sta molto meglio senza di loro. Quel che gli è capitato se lo sono cercato, a forza di frequentare tutti quei maghi… È accaduto proprio quel che avevo previsto; ho sempre saputo che avrebbero fatto una brutta fine».

Ma in quel preciso istante, Hagrid balzò in piedi ed estrasse da sotto il pastrano un ombrello rosa malconcio. Puntandolo contro zio Vernon come una spada, disse: «Ti avverto, Dursley… ti avverto: un’altra parola e…».

All’idea di finire infilzato sul puntale di un ombrello da un gigante barbuto, il coraggio di zio Vernon venne meno un'altra volta. Si appiattì contro la parete e rimase in silenzio.

«Così va meglio» fece Hagrid col respiro affannoso, e si sedette di nuovo sul divano, che questa volta cedette definitivamente fino a toccare terra.

 

Da dietro l’enorme figura di Hagrid spuntò Hazel, a testa alta e con gli occhi ben puntati sugli Zii. Harry la seguì, rimanendo però alle sue spalle. 

«… Mi sono sempre chiesta il perchè della vostra crudeltà nei nostri confronti, ma adesso ho capito… cosa possiamo aspettarci da chi insulta parenti morti, maltratta i loro figli e li usa come servi?» disse Hazel, con le labbra tirate in un finto sorriso. «La risposta è nulla».

Nella casa cadde un silenzio gelido, persino il fuoco nel caminetto smise di scoppiettare.

La delusione negli occhi di Hazel non smosse minimamente nè zio Vernon nè zia Petunia, i quali però non emisero fiato ancora memori della minaccia del gigante.

Harry prese la mano della sorella, stringendola nella sua. Ma non parlò, non se la sentiva di intervenire e dopotutto non vedeva niente di male nello sfogo di Hazel.

 

«So che quanto sto per dire non vi interessa… ma dato che per una volta siete voi a non  avere scelta se non quella di ascoltare allora parlerò. Io ed Harry non abbiamo mai avuto  un giorno di pace nella vostra casa, ma mai vi abbiamo chiesto o imposto qualcosa. 

Oggi però ho intenzione di farlo. Oggi, qui e adesso io vi chiedo di smettere di mancare di rispetto ai nostri genitori e alle loro scelte, perché voi non avete idea del motivo per cui le abbiano fatte»

Nella stanza calò di nuovo il silenzio. I Dursley non emisero un fiato occhieggiando  alterati la nipote, indecisi su come reagire a quella presa di posizione.

 

«… va tutto bene Hazy» disse piano Harry alla sorella, attirandone l’attenzione.

«No Harry, non va tutto bene» sospirò Hazel amaramente.

«Per colpa di un pazzo con un nome stupido abbiamo perso i nostri genitori e siamo diventati orfani… poi ci hanno abbandonati in una famiglia che odia la magia e che ci ha tenuto per quasi undici anni chiusi in un sottoscala popolato da ragnatele… E infine, dopo la bellezza di dieci anni, arriva una lettera che stravolge tutto. 

«Era davvero necessario arrivare fin qui, in mezzo al mare, per sapere qualcosa sui nostri genitori e su di noi?».

Hazel aveva gli occhi lucidi tanto quanto Harry. Entrambi scossero la testa, troppo storditi da tutta quella situazione.

Le mani grosse come delle padelle di Hagrid si piazzarono gentilmente sul capo di Hazel ed Harry e, con una delicatezza che i gemelli non si aspettavano, fecero delle carezze che scompigliarono i corti e già disordinati capelli di entrambi. Il tocco gentile e senza pretese di Hagrid calmò in parte Harry ed Hazel.

Hagrid, benché la sua mole fosse tutt’altro che irrisoria, si chinò fino ad arrivare all’altezza dei gemelli. Dietro la barba incolta e le folte sopracciglia faceva capolino un sorriso pieno di gentilezza e disse:«Cari, purtroppo io non sono in grado di darvi tutte le risposte che volete sapere e questo mi rattrista incredibilmente. Posso solo dirvi che una volta arrivati ad Hogwarts avrete modo di scoprire tutto, e di questo ne sono certo. Il professor Silente e la professoressa McGonagall saranno in grado di chiarire i vostri dubbi.»

Harry ed Hazel si guardarono tra di loro, per poi annuire dopo poco.

«… D’accordo. Aspetteremo» disse Harry tirando su col naso.

«… e Hagrid? Grazie, grazie per tutto» mormorò Hazel pulendosi con una manica gli occhi.

 

«Ma che ne è stato di Vol… ehm, scusa, di Tu-Sai-Chi?» chiese Harry.

«Buona domanda, Harry. Scomparso. Sparito nel nulla. La notte stessa che cercò di uccidervi. E questo vi ha reso ancor più famosi. Questo è il mistero dei misteri, vedi… Lui stava diventando sempre più potente. Perché sparire?

«Alcuni dicono che è morto. Balle, secondo me. Non so se dentro avesse ancora qualcosa di abbastanza umano che potesse morire. Altri dicono che è ancora lì che aspetta il momento buono, ma io non ci credo. La gente che stava dalla sua parte è tornata dalla nostra. Alcuni sembravano uscire da una trance. Non credo potessero farlo se lui tornava.

«I più di noi credono che è ancora là fuori da qualche parte, ma che ha perso i suoi poteri, che è troppo debole per andare avanti. Perché qualcosa di voi due, Hazel e Harry, lo ha fermato. È successo qualcosa, quella notte, che lui non aveva pensato… io non so che cosa, nessuno lo sa… ma c’è qualche cosa, in voi, che lo ha messo K.O.»

Hagrid guardava i gemelli e nei suoi occhi brillavano calore e rispetto; Harry e Hazel lo guardarono con tanto d’occhi. Al posto di sentirsi compiaciuti e orgogliosi, erano abbastanza sicuri che ci fosse un terribile errore. Un mago e una strega? Com’è possibile? Avevano passato una vita a farsi picchiare da Dudley e tormentare da zia Petunia e da zio Vernon; se fossero effettivamente quello che Hagrid affermava, perché gli zii non si erano trasformati in rospi verrucosi ogni volta che avevano cercato di rinchiuderli nel ripostiglio? Se una volta avevano sconfitto il più grande stregone del mondo, come mai Dudley li aveva sempre presi a calci come un pallone?

«Hagrid» disse Harry tranquillamente, «credo che tu ti sia sbagliato. Secondo me è impossibile che siamo quello che credi che siamo».

Con loro grande sorpresa, Hagrid ridacchiò. 

«Non sei un mago, eh? Immagino che anche tu Hazel pensi di non essere una strega, o sbaglio? Sentite un po’ non vi capita mai di far succedere qualcosa, quando vi spaventano o vi fanno arrabbiare?»

Harry e Hazel si guardarono, per poi spostare l’attenzione sul fuoco. Se ci pensavano bene… le cose strane che mandavano gli zii su tutte le furie erano sempre accadute quando loro erano turbati o arrabbiati… Quando erano inseguiti dalla gang di Dudley, chissà come, si ritrovavano sempre fuori tiro… E poi, l’ultima volta che Dudley li aveva picchiati non si erano forse presi la rivincita, senza neanche rendersene conto? Non gli avevano aizzato contro un boa constrictor?

I gemelli tornarono a guardarsi, vedendo come entrambi erano arrivati alla stessa conclusione iniziarono a sorridere e quando alzarono gli occhi su Hagrid si accorsero che il gigante li ricambiava apertamente.

«Visto?» disse Hagrid «Harry e Hazel Potter non sono un mago e una strega, eh? Aspettate e vedrete: presto sarete famosi, a Hogwarts!»

Ma zio Vernon non era intenzionato a cedere senza dar battaglia.

«Mi pareva di averle detto che quei due ragazzini non ci vanno in quel posto» sibilò. «Andranno alla Stonewall e dovranno anche ringraziarci. Ho letto tutte le vostre lettere in cui chiedono un mucchio di stupidaggini…. libri di incantesimi, bacchette magiche…»

«Se loro vogliono andarsene, neanche un grosso Babbano come te riuscirà a fermarli» ringhiò Hagrid «Impedire ai figli di Lily e James Potter di andare a Hogwarts! Roba da pazzi! Sono iscritti dal momento in cui sono nati. Frequenteranno la migliore scuola di magia e stregoneria del mondo. Sette anni laggiù e non si riconosceranno più neanche loro. Staranno insieme a giovani come loro, una volta tanto, sotto il più grande preside che Hogwarts abbia mai avuto, Albus Silen…»

«IO NON INTENDO PAGARE PERCHÉ UN VECCHIO PAZZO STRAVAGANTE GLI INSEGNI QUALCHE TRUCCHETTO!» urlò zio Vernon.

Ma aveva superato il limite. Hagrid afferrò l’ombrello e lo fece roteare sopra la testa. «MAI…» tuonò, «INSULTARE-ALBUS-SILENTE-DAVANTI-A-ME!».

Sferzando l’aria con l’ombrello, lo puntò contro Dudley; ci fu un bagliore di luce violetta, uno scoppio come di un petardo e un acuto squittio. Un attimo dopo, Dudley saltellava sul posto con le mani serrate sul grosso deretano, ululando di dolore. Quando volse loro le spalle, Harry e Hazel videro un codino arricciato da maiale che gli spuntava da un buco nei pantaloni.

Zio Vernon emise un ruggito. Spinti zia Petunia e Dudley nella stanza accanto, gettò un ultimo sguardo terrorizzato a Hagrid e si sbattè la porta alle spalle.

Hagrid guardò l’ombrello e si accarezzò la barba.

«Non dovevo dar di matto» disse con aria dolente. «Ma tanto, non ha funzionato. Volevo trasformarlo in un maiale, ma assomigliava già così tanto che non c’era molto altro da fare».

Gettò uno sguardo in tralice ai gemelli da sotto le sopracciglia cespugliose.

«Che non vi scappi con nessuno, a Hogwarts, eh?» disse «Ehm… vedete, secondo la regola, io non devo dare magie. Mi era stato permesso di farne qualcuna, ma solo per seguire voi e per portarvi le lettere e roba del genere… e questa era una delle ragioni per cui desideravo tanto questa missione».

«Perché non ti è permesso fare magie?» chiese Harry.

«Oh, be’, sai… anch’io una volta andavo a scuola a Hogwarts, ma… ehm… per dirla tutta, sono stato espulso. Al terzo anno. Mi hanno spezzato la bacchetta a metà, eccetera eccetera. Ma Silente mi ha permesso di rimanere come guardiacaccia. Grand’uomo, Silente!»

«E perché sei stato espulso?» chiese Hazel.

«Mi sa che si fa tardi e domani abbiamo un mucchio di cose da fare» disse Hagrid alzando la voce. «Dobbiamo arrivare in città, comprare i libri e tutto il resto».

Si tolse di dosso il pesante pastrano nero e lo gettò sui gemelli.

«Potete schiacciare un pisolino qui sotto» disse. «Non vi preoccupate se lo sentite muovere un po’. Credo che in una delle tasche siano rimasti un paio di ghiri».

 

 

Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

Chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

Chi ha messo la storia tra le seguite: cris325 e ShioriF

 

Dunque… signori miei vi è piaciuto?

A me è piaciuto incredibilmente scriverlo, ho fatto un po’ fatica a tenermi con gli insulti verso i Dursley (che se li sarebbero meritati tutti, ma ahimè Hazel non è così sboccata).

Se vi chiedete come una novella undicenne possa avere un vocabolario così forbido, vi ricordo che ogni santo giorno si leggeva il giornale di zio Vernon, per cui tutto quello che ha detto può tranquillamente avere senso!

 

Hagrid è Hagrid, in tutto il suo mezzo ginormico e coccoloso aspetto e carattere, lo adoro e guai a chi me lo tocca.

 

Non mi prolungo oltre, ma avete compreso il mio umore.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV: Diagon Alley ***


Note Immortal Lady del 11/04/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

~ Capitolo IV: Diagon Alley ~

 

Il mattino dopo Harry si svegliò di buon’ora, a differenza di Hazel che a fianco a lui era ancora completamente assopita. 

Benché si rendesse conto che era giorno fatto, tenne gli occhi ben chiusi.

«È stato tutto un sogno» si disse Harry con fermezza, accoccolandosi meglio contro la sorella. «Ho sognato che un gigante di nome Hagrid è venuto a dirci che avremmo frequentato una scuola per maghi e streghe. Quando riaprirò gli occhi mi ritroverò insieme ad Hazel, a casa, dentro il ripostiglio».

D’un tratto si sentì bussare forte.

‘Ecco zia Petunia che bussa alla porta’ pensò Harry con il cuore che gli si faceva piccolo piccolo. Ma continuò a tenere gli occhi chiusi. Era stato un sogno così bello!

Toc.Toc.Toc.

Hazel si stiracchiò piano iniziando a svegliarsi. «Ci stiamo alzando» biascicò nel bel mezzo di uno sbadiglio.

Si misero entrambi seduti e il pesante pastrano di Hagrid cadde loro di dosso. La catapecchia era tutta illuminata dal sole, la bufera era passata; Hagrid, in carne ed ossa, dormiva sul divano sfondato e un gufo raspava con gli artigli alla finestra, tenendo un giornale nel becco.

Harry scattò in piedi facendo quasi ribaltare Hazel. Era talmente contento che si sentiva leggero come un palloncino. 

Hazel, invece, era ancora seduta sopra il pastrano ad occhi chiusi e nel mentre si grattava la massa informe di capelli che aveva in testa.

Harry andò alla finestra e la spalancò. Il gufo volò dentro e lasciò cadere il giornale sul corpo mastodontico e supino di Hagrid e, poiché non si svegliava, cominciò a svolazzare sul pavimento beccando il suo pastrano.

«Non fare così» disse Hazel vedendo l’accanimento del volatile sul vestito. Cercò di scacciarlo con la mano, ma quello schioccò il becco con aria feroce e continuò a infierire sul soprabito.

«Hagrid!» disse Harry a voce alta. «C’è un gufo!»

«Pagatelo» grugnì Hagrid dal divano.

«Come?» sbadigliò Hazel nel mentre che strattonava via dal becco del gufo il pastrano.

«Bisogna pagarlo per la consegna del giornale. Guardate nelle tasche».

Entrambi si misero a controllare il soprabito, sotto lo sguardo minaccioso del gufo, e sconcertati notarono come il soprabito di Hagrid fosse fatto soltanto di tasche. Mazzi di chiavi, repellente per lumache in granelli, gomitoli di spago, caramelle alla menta, bustine di tè… finalmente, mentre Hazel osservava una chiave d’oro di fattura semplice ma elegante che aveva appena tirato fuori da una tasca interna, Harry tirò fuori una manciata di monete dall’aspetto strano.

«Dategli cinque zellini» disse Hagrid con voce assonnata.

«Zellini?» chiesero Harry e Hazel osservando perplessi le monetine.

«Le monetine di bronzo».

Dopo aver riposto la chiave al suo posto, Hazel aiutò Harry a separare dal resto delle monete cinque piccoli pezzi di bronzo. Il gufo allungò la zampa per consentire ad Harry di mettere il denaro in un borsellino di cuoio che vi portava legato. Poi volò via dalla finestra aperta.

Hagrid sbadigliò rumorosamente, si mise seduto e si stiracchiò.

«Meglio che andiamo cari, abbiamo un sacco di cose da fare oggi: dobbiamo arrivare a Londra e comprare la roba per la scuola».

Mentre Hazel osservava sotto la luce una delle monetine di bronzo, dove al centro si trovava una specie di alce ma con le corna ricurve all’indietro, Harry si rigirava tra le mani le rimanenti monetine, pensieroso. Improvvisamente Harry fu folgorato da un pensiero che lo fece sentire come se quel palloncino di felicità gli si fosse bucato.

«Ehm… Hagrid?»

«Mmm?» chiese Hagrid mentre si infilava gli enormi stivali.

«Noi non abbiamo soldi… e hai sentito zio Vernon, ieri sera… Lui non tirerà fuori un centesimo per permetterci di frequentare la scuola di magia».

«Che ti preoccupi?» rispose Hagrid alzandosi e grattandosi la testa. «Pensate che i vostri genitori non vi abbiano lasciato niente?»

«Ma avevi detto che la loro casa era andata distrutta» aggiunse Hazel restituendo insieme al fratello le monetine ad Hagrid.

«Non tenevano mica l’oro in casa, ragazza! Allora, prima fermata alla Gringott. La banca dei maghi. Acchiappate una salsiccia, fredde non sono malaccio… e non mi dispiacerebbe neanche una fetta della vostra torta di compleanno».

«Esistono banche dei maghi?» chiesero in coro i gemelli elettrizzati.

«Una sola, la Gringott. Sono i goblin che se ne occupano».

Harry lasciò cadere il pezzo di salsiccia che aveva in mano, fortunatamente Hazel lo prese al volo e glielo restituì. Mentre davano un morso alle rispettive colazioni, domandarono ad Hagrid confusi: «Goblin?».

«Sì… E bisogna essere matti per tentare una rapina, ve lo dico io. Con i goblin non si scherza. La Gringott è il posto più sicuro del mondo, se vuoi custodire qualcosa… tranne Hogwarts, forse. Ora che ci penso, alla Gringott ci devo andare comunque. Per Silente. Affari di Hogwarts». Hagrid gonfiò il petto tutto fiero. «Di solito lui mi manda a fare le sue commissioni importanti. Venire a prendere voi… portargli certe cose dalla Gringott… Sa che di me ci si può fidare, capite?

«Avete preso tutto? Allora andiamo» disse poi.

I gemelli spazzolarono in fretta le rimanenti salsicce e una fetta a testa di torta (che per quanto schiacciata rimaneva molto buona), per poi seguire Hagrid fuori, sullo scoglio. Ora il cielo era terso e il mare luccicava sotto il sole. La barca che zio Vernon aveva preso in affitto era ancora lì, piena di acqua per via del temporale.

«Come hai fatto ad arrivare fin qui?» chiese Harry guardandosi intorno in cerca di un’altra barca.

«In volo» rispose Hagrid.

«In volo?» domandarono increduli i gemelli.

«Sì. Ma per tornare indietro useremo questa. Ora che sono con voi, non devo fare magie».

Harry e Hazel presero posto nella barca mentre continuavano a guardare Hagrid, cercando di immaginarselo mentre volava.

«Che seccatura dover remare, però» disse Hagrid lanciando ai gemelli un’altra delle sue occhiate di sottecchi. «Se accelero un po’ la cosa, vi va di non dire niente, quando saremo a Hogwarts?»

«Certo che sì» dissero in coro Hazel e Harry, che non vedevano l’ora di assistere ad altre magie. Hagrid estrasse di nuovo l’ombrello rosa, lo batté due volte sulla fiancata della barca e partirono verso terra a tutta velocità.

«Perchè bisogna essere matti per organizzare una rapina alla Gringott?» chiese Harry mentre Hazel si godeva il sole sulla pelle ad occhi chiusi.

«Magie… incantesimi» disse Hagrid, sfogliando il giornale mentre parlava. «Dicono che a guardia delle camere blindate ci siano dei draghi. E poi bisogna trovare la strada… Vedi, la Gringott si trova centinaia di chilometri sotto Londra. Molto più giù della metropolitana. Anche se riesci a mettere le mani su qualcosa, prima di rivedere la luce fai in tempo a crepare di fame».

Harry si perse a pensare a quanto appena detto da Hagrid mentre quest’ultimo prendeva a leggere il giornale, La Gazzetta del Profeta

Hazel aprì gli occhi in quel momento e, osservando distrattamente intorno a sé notò un particolare non da poco, che la portò a pulirsi gli occhiali onde evitare inutili scenate. E invece eccolo lì; un uomo anziano in scala di grigi che saluta con fare spiccio e muove le labbra senza emettere un suono sulla copertina della Gazzetta del Profeta.

Benché Zio Vernon avesse insegnato loro che alla gente piace essere lasciata in pace quando legge il giornale, Hazel si ritrovò a bisbigliare esterrefatta il nome del fratello indicandogli il giornale; ed è così che li trovò Hagrid nel momento in cui abbassò il giornale per girare la pagina.

«Il Ministero della Magia ha fatto dei pasticci, come al solito… ragazzi tutto bene?» borbottò Hagrid vedendoli e bloccandosi a metà mentre girava la pagina. Harry e Hazel avevano uno sguardo stralunato, e quest’ultima aveva un dito puntato verso il giornale.

«Cosa?»

«… Si muove, quel signore in prima pagina si muove…» disse Harry, «…Si, insomma non dovrebbe perchè è una fotografia…» continuò Hazel.

«… Perchè è una fotografia vero?» mormorarono infine i gemelli.

«Oh! Ma certo che lo è, se sviluppi i rullini con un’apposita pozione si possono animare le fotografie!» spiegò Hagrid tutto tranquillo.

I gemelli si guardarono sbalorditi e poi, senza più trattenersi iniziarono a bombardare Hagrid di domande.

«Esiste un Ministero della Magia?» domandò Harry.

«Certo» rispose Hagrid. «Naturalmente, come Ministro volevano Silente, ma lui non lascerebbe mai Hogwarts, e così l’incarico è andato al vecchio Cornelius Fudge (il signore che vedete in copertina). È casinista come pochi: perciò, tutte le mattine inonda Silente di gufi, per chiedere consigli»

«Ma che cosa fa il Ministero della Magia?» chiese a quel punto Hazel.

«Be’, il compito più importante è non far sapere ai babbani che in giro per il Paese ci sono ancora streghe e maghi».

«E perché?» fece perplesso Harry.

«Perchè? Diamine, ragazzi, perché tutti altrimenti vogliono risolvere i loro problemi con la magia. No, è meglio che non ci immischiamo».

In quel momento, la barca urtò dolcemente la banchina del porto. Hagrid ripiegò il giornale e tutti e tre risalirono la scaletta di pietra che portava alla strada. I passanti guardavano Hagrid con tanto d’occhi, mentre i tre attraversavano la cittadina diretti alla stazione. Hazel e Harry non potevano dar loro torto. Non soltanto Hagrid era due volte più alto del normale, ma continuava a additare cose del tutto comuni, come i parchimetri, dicendo ad alta voce: «Vedete? Questa è la roba che si inventano i Babbani!»

«Hagrid» disse Hazel ansimando tanto quanto Harry, mentre correvano per tenergli dietro, «ci dicevi che alla Gringott ci sono i draghi

«Be’, così dicono» risponde Hagrid. «Caspita, quanto mi piacerebbe avere un drago».

«Ah, sì?» domandò Hazel e Hagrid le tributò un sorriso esaltato.

«Lo desidero da quando ero piccolo… Ecco, da questa parte».

Avevano raggiunto la stazione. Il treno per Londra partiva da lì a cinque minuti. Hagrid, che non capiva i ‘soldi dei Babbani’, come li chiamava lui, diede le banconote ai gemelli  perché comprassero i biglietti.

Sul treno la gente li scrutava più che mai. Hagrid occupava due posti a sedere e aveva preso a sferruzzare quello che sembrava un tendone da circo color giallo canarino.

«Avete ancora la lettera, cari?» chiese mentre contava le maglie.

Harry e Hazel tirarono fuori dalla tasca la rispettiva busta di pergamena.

«Bene» disse Hagrid. «Lì c’è un elenco di tutto quel che vi serve».

Entrambi spiegarono un secondo foglio che la sera prima non avevano notato e lessero.

 

SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Uniforme

Gli studenti del primo anno dovranno avere:

      Tre divise da lavoro in tinta unita (nero)

      Un cappello a punta in tinta unita (nero) da giorno

      Un paio di guanti di protezione (in pelle di drago o simili)

      Un mantello invernale (nero con alamari d’argento)

N.B. Tutti gli indumenti degli allievi devono essere contrassegnati da una targhetta con il nome.

 

Libri di testo

Tutti gli allievi dovranno avere una copia dei seguenti testi:

      Manuale degli Incantesimi, Volume primo, di Miranda Goshawk

      Storia della Magia, di Bathilda Bagshot

      Teoria della Magia, di Adalbert Waffling

      Guida pratica alla Trasfigurazione per principianti, di Emeric Switch

      Mille erbe e funghi magici, di Phyllida Spore

      Infusi e pozioni magiche, di Arsenius Jigger

      Gli Animali Fantastici: dove trovarli, di Newt Scamander

Le forze Oscure: guida all’autodifesa, di Quentin Trimble

 

 Altri accessori

      1 bacchetta

      1 calderone (in peltro, misura standard 2)

      1 set di provette di vetro o cristallo

      1 telescopio

      1 bilancia d’ottone

 

Gli allievi possono portare anche un gufo, OPPURE un gatto, OPPURE un rospo.

 

SI RICORDA AI GENITORI CHE AGLI ALLIEVI DEL PRIMO ANNO NON È CONSENTITO L’USO DI SCOPE PERSONALI.

 

 

«Si può comprare tutto a Londra?» si chiese ad alta voce Harry.

«Si, se uno sa dove andare» rispose Hagrid.

 

Harry e Hazel non erano mai stati a Londra. 

Per quanto fosse evidente che Hagrid sapesse dove stava andando, era altrettanto chiaro che non fosse abituato a girare per la città come un comune mortale. Rimaneva incastrato nei tornelli della metropolitana e si lamentava ad alta voce che i sedili delle vetture erano troppo piccoli e i treni troppo lenti.

«Non so proprio come fanno i Babbani a cavarsela senza magia» disse mentre si arrampicavano su per la scala mobile guasta che portava a una strada affollata e piena di negozi.

Hagrid era così grosso che riusciva facilmente a fendere la folla; quanto a Hazel e Harryl, bastava che gli stessero alle calcagna. Passarono davanti a negozi di libri e di musica, a fast food e cinema, ma in nessuno pareva si vendessero bacchette magiche. Era una strada qualsiasi, piena di gente qualsiasi. Possibile che sepolti sotto i loro piedi si nascondessero mucchi d’oro appartenenti ai maghi? Possibile che esistessero negozi che vendevano libri di incantesimi e scope? Non poteva essere una burla monumentale architettata dai Dursley? Se Harry ed Hazel non avessero saputo che i Dursley erano privi del benché minimo senso dell’umorismo ci avrebbero quasi creduto; eppure, per quanto incredibile gli sembrasse tutto quel che Hagrid gli aveva raccontato fino a quel momento, i gemelli non riuscivano a non fidarsi di lui.

«Eccoci arrivati» disse Hagrid fermandosi. «Il Paiolo Magico. Un posto famoso».

Era un piccolo pub, dall'aspetto sordido. Se Hagrid non lo avesse indicato loro non ci avrebbe neanche fatto caso. I passanti frettolosi non gli gettavano neanche un’occhiata. Gli sguardi andavano dalla grossa libreria su un lato della strada al negozio di dischi sull’altro, come se per loro il Paiolo Magico fosse invisibile. E infatti, i Hazel e Harry avevano la stranissima sensazione che solo loro e Hagrid lo vedessero. Prima che potessero dire una parola, Hagrid li spinse dentro.

Per essere un posto famoso, il Paiolo Magico era molto buio e malandato. Alcune vecchie erano sedute in un angolo e sorseggiavano un bicchierino di sherry. Una di loro fumava una lunga pipa. Un ometto col cappello a cilindro stava parlando al vecchio barista che era calvo come una noce. Il sordo brusio della conversazione si arrestò al loro ingresso. Sembrava che tutti conoscessero Hagrid; lo salutarono e gli sorrisero, e il barista prese un bicchiere dicendo: «Il solito, Hagrid?»

«Non posso, Tom, sono in servizio, affari di Hogwarts» disse il gigante dando una grossa pacca con le manone sia sulla spalla di Harry che di Hazel, ai quali si piegarono le ginocchia per il colpo.

«Buon Dio!» esclamò il barista scrutando i gemelli. «Questi sono… non saranno mica…?»

Al Paiolo Magico cadde d’un tratto il silenzio; tutti si immobilizzarono.

«Mi venisse un colpo…» sussurrò con un filo di voce il vecchio barista. «Ma sono Harry e Hazel Potter! Quale onore!»

Uscì di corsa da dietro il bancone, si precipitò verso i gemelli e afferrò ad entrambi una  mano con le lacrime agli occhi.

«Bentornato, signor Potter e bentornata anche a lei signorina Potter, bentornati!»

Hazel e Harry non sapevano che cosa dire. Tutti li stavano guardando. La vecchia continuava a tirare la pipa senza accorgersi che si era spenta. Hazel e Harry si scambiarono uno sguardo incerto, Hagrid invece era raggiante.

Ci fu un grande tramestio di sedie e subito dopo i gemelli si trovarono a stringere la mano di tutti i presenti.

«Sono Doris Crockford, signorina Potter, veramente onorata».

«Ho sempre desiderato stringerle la mano… Sono così emozionata!»

«Oh, signor Potter, non so dirle quanto piacere mi fa conoscerla! Mi chiamo Diggle, Dedalus Diggle».

«Ma noi la conosciamo!» dissero in coro i gemelli, mentre a Dedalus Diggle per l’emozione cadeva il cappello a cilindro. «Una volta ci ha fatto l’inchino in un negozio».

«Se lo ricordano!» gridò l’ometto guardando tutti a uno a uno. «Avete sentito? Si ricordano di me!»

Harry e Hazel strinsero mani a non finire. Doris Crockford non la smetteva più di tornare a porgere la sua.

Si fece largo un giovanotto pallido dall’aria molto nervosa. Aveva un tic a un occhio.

«Professor Quirrell!» disse Hagrid. «Ragazzi, il professore sarà uno dei vostri insegnanti a Hogwarts».

«S-s-signo-orina P-P-Potter e S-s-signor P-P-Potter» balbettò il professor Quirrell afferrando la mano di Hazel, per poi fare lo stesso con quella di Harry «n-n-on so d-d-dirvi qu-quanto s-sono felice di c-c-conoscervi».

«Che tipo di magia insegna, professor Quirrell?» chiese Harry mentre Hazel osservava l’uomo incuriosita.

«D-difesa co-contro le Arti O-o-oscure» balbettò Quirrell come se avesse preferito non saperlo. «N-n-non che a voi s-serva, eh, s-s-signo-orini P-P-Potter?» E rise nervosamente. «Su-su-ppongo che s-s-stare-ete ri-rifornendovi d-di tu-tu-tutto quel che vi s–s-serve, v-vero, s-s-signori P-Potter? I-io devo p-prendere u-un nuovo li-libro s-sui va-va-vampiri». Appariva terrorizzato al solo pensiero.

Ma gli altri non gli permisero di tenersi i gemelli tutti per sé. Ci vollero almeno dieci minuti per liberarsi di tutti. Finalmente, Hagrid riuscì a farsi udire al di sopra del cicaleccio.

«Ora dobbiamo andare… un mucchio di cose da comprare. Sbrigatevi, ragazzi».

Doris Crockford strinse un’ultima volta la mano ad entrambi e Hagrid prese a fargli  strada attraverso il bar.

Sulla strada per uscire passarono vicino alla vecchia signora che fumava la pipa, che per tutto il tempo non si era mai alzata dalla sua sedia.

Una volta che le furono accanto Hazel si fermò, facendo di conseguenza fermare anche Harry (che la guardò confuso), e le si rivolse cordiale: «Signora, scusi il disturbo». 

La vecchia, che non aveva mai staccato loro gli occhi di dosso, si tolse di bocca la pipa e le sorrise. «Dimmi, cara»

Hazel lanciò un’occhiata rapida al fratello e poi, prima di congedarsi, disse sorridendo alla signora: «Volevo solo dirle che era molto bello il suo completo verde quel giorno sull’autobus!».

L’anziana signora sgranò gli occhi stupita per poi scoppiare in una breve risata gaia; quando si fu ripresa rivolse un sorriso smagliante verso i gemelli, ringraziando Hazel.

Harry, che fino a quel momento non aveva capito chi fosse la signora, gli tornò alla mente quel giorno sull’autobus; mentre veniva trascinato dalla sorella verso Hagrid, si voltò per salutare la signora con la mano, la quale rispose entusiasta dal suo tavolo.

 

~ * ~

 

L’uscita di servizio del locale dava su un un piccolo cortile circondato da un muro, dove non c’era altro che un bidone della spazzatura e qualche erbaccia.

Hagrid sorrise ai gemelli.

«Ve l’avevo detto, no? Ve l’avevo detto che siete famosi. Anche il professor Quirrell tremava tutto quando vi ha conosciuto… Va bene che per lui tremare è normale».

«È sempre così nervoso?» chiese Harry.

«Oh, sì! Povero diavolo. Una gran testa. Tutto bene finchè ha studiato sui libri, ma poi si è preso un anno per andarsi fare un po’ di esperienza sul campo… Dicono che nella Foresta Nera ha incontrato vampiri e che c’era anche stata una brutta storia con una fattucchiera… Da allora non è più lui. Ha paura degli studenti, ha paura della materia che insegna… Ma vediamo un po’, dov’è finito il mio ombrello?»

Vampiri? Fattucchiere? Ai gemelli girava la testa. Nel frattempo, Hagrid stava contando i mattoni sul muro sopra il bidone della spazzatura.

«Tre verticali… due orizzontali…» bofonchiava. «Bene. State indietro.».

Batté sul muro tre volte con la punta dell’ombrello.

Il mattone che aveva colpito vibrò… si contorse… al centro, apparve un piccolo buco… si fece sempre più grande… e un attimo dopo si trovarono di fronte un arco abbastanza largo da far passare Hagrid. L’arco dava su una strada selciata tutte curve, di cui non si vedeva la fine.

 

«Benvenuti a Diagon Alley!» disse Hagrid, sorridendo allo stupore di Harry e Hazel. Attraversarono l’arco e dopo aver fatto un paio di passi i gemelli gettarono una rapida occhiata alle loro spalle, dove videro l’arco rimpicciolirsi ridiventando un muro compatto.

Il sole splendente illuminava una pila di calderoni fuori dal negozio più vicino. Un Insegna appesa diceva: ‘Calderoni. Tutte le dimensioni. Rame, ottone, peltro, argento. Autorimestanti. Pieghevoli’.

«Sì, ve ne servirà uno a testa» disse Hagrid, «ma prima dobbiamo andare a prenderci i soldi».

Hazel e Harry avrebbero voluto un altro paio di occhi a testa. Strada facendo, si girarono di qua e di là nel tentativo di vedere tutto e subito: i negozi, le cose esposte, la gente che faceva compere. Mentre passavano, una donna grassottella, appena uscita dalla bottega di uno speziale, scuoteva la testa commentando: «Fegato di drago sedici falci l’oncia: roba da matti!»

Da un negozio buio la cui insegna diceva: ‘Emporio del Gufo di Eeylop: allocchi, barbagianni, gufi dei grani, gufi bruni e civette delle nevi’ proveniva un chiurlare debole e sommesso. Molti ragazzi, più o meno dell’età di Hazel e Harry, tenevano il naso schiacciato contro una vetrina, dove erano esposte delle scope. «Guarda» sentirono dire uno di loro, «la Nimbus Duemila, la più veloce di tutte». Alcuni negozi vendevano abiti, altri telescopi e bizzarri strumenti d’argento che i gemelli non aveva mai visto prima; c’erano vetrine stipate di barili, contenenti milze di pipistrello e pupille d’anguilla, pile traballanti di libri di incantesimi, penne d’oca e rotoli di pergamena, boccette di pozioni, globi lunari…

«Ecco la Gringott» disse Hagrid ad un certo punto.

Erano giunti di fronte a un edificio bianco come la neve che svettava sopra le piccole botteghe. Ritto in piedi, dietro un portale di bronzo brunito, con indosso un’uniforme scarlatta e oro, c’era…

«Proprio così, quello è un goblin» disse Hagrid tutto tranquillo, mentre salivano gli scalini di candida pietra diretti verso di lui. Il goblin era più basso dei gemelli di quasi tutta la testa. Aveva un viso dal colorito scuro e dall’aria intelligente, una barba a punta e, come i gemelli poterono notare, dita e piedi molto lunghi. Si inchinò al loro passaggio facendo irrigidire Hazel ed Harry per la sorpresa. Dopo aver fatto anche loro un cenno di saluto al goblin, corsero dietro Hagrid che li aspettava di fronte una seconda porta, questa d’argento, su cui erano incise le seguenti parole:

 

Entra, straniero, ma ti ricordo

cosa aspetta a chi è ingordo.

Chi prende senza meritare

molto cara la dovrà pagare.

Quindi se cerchi nei sotterranei qui da noi

tesori che non furono mai tuoi,

sta’ attento, ladro, sei avvisato:

ben altro che un tesoro ti è riservato.

 

«Come ho detto, bisogna davvero essere matti e cercare di rapinare questa banca» disse Hagrid.

Quando attraversarono la porta d’argento, una coppia di goblin si inchinò davanti a loro  - facendo bloccare di nuovo i gemelli, che risposero impacciati con un cenno di saluto - e li introdussero in un grande salone marmoreo. Un centinaio di altri goblin seduti su alti scranni dietro un lungo bancone scribacchiavano su grandi libri mastri, pesavano le monete su bilance d’ottone, ed esaminavano pietre preziose con la lente. Le porte erano troppo numerose per poterle contare, altri goblin erano occupati ad aprirle e richiuderle per fare entrare e uscire le persone. Hagrid e i gemelli si avvicinarono al bancone.

«’Giorno» disse Hagrid a un goblin che in quel momento era libero.

«Siamo venuti a prendere un po’ di soldi dalla cassaforte del signor Harry Potter e della signorina Hazel Potter».

«Avete la chiave, signore?»

«Ce l’ho qui, da qualche parte» fece Hagrid, cominciando a svuotare le tasche sul banco e sparpagliando sul libro contabile del goblin una manciata di biscotti ammuffiti per cani. Il goblin storse il naso. Harry, intanto, osservava un altro goblin alla loro destra pesare un mucchio di rubini rossi come tizzoni accesi, dall’altra parte Hazel osservava l’andirivieni dei goblin che le passavano a fianco e, con fare tranquillo, sorrise incrociando gli occhi di un goblin più anziano degli altri - padrone di una barba bianca come la neve - e gli disse: «Ha una barba veramente molto bella signor goblin!», al che il goblin oggetto del complimento si tirò dritto tutto impettito, tributò a Hazel un inchino profondo prima di sparire a fare quel che doveva fare.

«Trovata!» disse finalmente Hagrid che aveva in mano una piccola chiave d’oro.

Il goblin la osservò da vicino.

«Sembra che vada bene».

«E qui ho una lettera del professor Silente» disse Hagrid col petto in fuori, ostentando un’aria d’importanza. «Riguarda lei-sa-cosa della camera blindata settecentotredici».

Il goblin lesse attentamente la lettera.

«Molto bene» disse restituendola ad Hagrid, «qualcuno vi accompagnerà in entrambe le camere blindate. Griphook!» chiamò.

Griphook era un altro goblin. Hagrid ripose tutti i biscotti per cani nelle tasche del suo pastrano e insieme ai gemelli seguì il goblin verso una delle porte che conducevano fuori dal salone.

«Che cos’è il lei-sa-cosa della camera blindata settecentotredici?» chiese Harry.

«Questo non ve lo posso dire» rispose Hagrid con fare misterioso. «È una cosa segretissima. Faccende di Hogwarts. Silente si è fidato di me. Non ho il permesso di dirvelo».

 

Griphook tenne la porta aperta per farli passare. I gemelli educati lo ringraziarono passando e una volta sorpassata la porta, aspettandosi di vedere altro marmo, restarono sorpresi. Si trovavano in uno stretto passaggio di pietra, illuminato da torce. Scendeva ripido e scosceso e per terra correvano i binari di una piccola ferrovia, Griphook fischiò e un piccolo carrello arrivò sferragliando verso di loro. Salirono a bordo - Hagrid con una certa difficoltà - e partirono.

Da principio percorsero un dedalo di passaggi tortuosi. Hazel e Harry cercavano di tenere a mente: sinistra, destra, destra, sinistra, bivio di mezzo, destra, sinistra, ecc.. Harry gettò la spugna ma Hazel mentalmente continuò a segnarsi le svolte, costruendosi una sorta di mappa mentale. Il carrello sferragliante sembrava conoscere da solo la strada, perché Griphook non manovrava.

Ai gemelli bruciavano gli occhi per via dell’aria fredda che gli sferzava la faccia, ma li tennero bene aperti.

«Signor Griphook, posso farle alcune domande?» gridò Hazel, cercando di sovrastare con la voce il frastuono del carrello, mentre prendevano un bivio a sinistra. Il goblin lanciò un’occhiata tra il reticente e il seccato alla bambina, ma annuì.

«Ma è vero che ci sono i draghi qua alla Gringott?» il goblin si limitò ad annuire, concentrato sulla strada.

«Oh! Si possono vedere questi draghi? Anche da lontano, giusto per non dargli fastidio…» a quel punto Griphook rispose con un secco: «No» che zittì Hazel per circa 4 svolte. Con la coda dell’occhio i gemelli ebbero l’impressione di scorgere una fiammata in fondo a un passaggio e si girarono per vedere se era un drago, ma era già troppo tardi: scesero ancora più giù, passando su un lago sotterraneo dove, dal soffitto e dal pavimento, spuntavano enormi stalattiti e stalagmiti.

«Quello che ha sputato fuoco era un drago, vero? Vero?» urlò elettrizzata Hazel a Griphook che commentò con un freddo «Sì».

Hazel e Harry si scambiarono un’occhiata eccitati prima di tornare a guardarsi intorno, ammirando il loro riflesso sull’acqua e le protuberanze minacciose di roccia che pendevano sopra le loro teste.

«Non mi ricordo mai… che differenza c’è tra stalagmiti e stalattiti?» gridò Harry ad Hazel, che gli rispose sempre urlando: «Le stalattiti sono quelle attaccate al soffitto e le stalagmiti quelle sotto, giusto Hagrid?».

«Le stalagmiti hanno la ‘m’» disse Hagrid. «E non mi fate domande adesso. Credo che sto per sentirmi male»

Infatti aveva un colorito verde, e quando scese, dopo che il carrello si fu finalmente fermato accanto a una porticina sul muro di un corridoio, dovette appoggiarsi alla parete per farsi passare la tremarella alle gambe.

Griphook fece scattare la serratura della porta numero 687. Ne fuoriuscì una nube di fumo verde e, quando si fu dissipata, i gemelli rimasero senza fiato. Dentro, c’erano montagne di monete d’oro. Cumuli d’argento. Mucchi di piccoli zellini di bronzo.

«Tutto vostro» disse Hagrid con un sorriso.

Tutto loro? Era incredibile. I Dursley non dovevano saperne niente, altrimenti li avrebbero immediatamente costretti a dare tutto a loro. Quante volte si erano lamentati di quel che gli costava mantenerli? E pensare che sepolta nelle viscere di Londra c’era da sempre una piccola fortuna che gli apparteneva.

Hagrid aiutò i gemelli a raccogliere un po’ di quel bendidio in una borsa.

«Quelli d’oro sono galeoni» spiegò. «Diciassette falci d’argento fanno un galeone e ventinove zellini fanno una falce: facilissimo, no? Bene, questo dovrebbe bastare per un paio di trimestri. Il resto ve lo terremo da conto». Si rivolse a Griphook: «E ora, alla camera blindata settecentotredici, per favore, non è che… si può andare più piano?»

«Ha una marcia sola» rispose Griphook senza la benché minima aria dispiaciuta.

Stavolta scesero ancora più giù, guadagnando velocità. A ognuna delle strettissime curve l’aria si faceva più fredda. Oltrepassarono sferragliando un burrone sotterraneo; Harry e Hazel provarono a sporgersi fuori per cercare di vedere il fondo immerso nell’oscurità, ma Hagrid, con un ruggito, li tirò dentro afferrandoli per la collottola.

La camera blindata settecentotredici non aveva una serratura.

«State indietro» disse Griphook, dandosi un’aria d’importanza. Colpì leggermente la porta con un dito lunghissimo e quella, semplicemente, scomparve.

«Chiunque non fosse un goblin delle Gringott e provasse a farlo, verrebbe risucchiato attraverso la porta rimanendo imprigionato dentro» disse Griphook.

«Ogni quanto tempo controllate se dentro c’è qualcuno?» chiese Harry curioso.

«Circa ogni dieci anni» rispose Griphook con un sorriso che pareva un ghigno.

 

I gemelli ne erano certi, dentro quella camera blindata di massima sicurezza doveva esserci qualcosa di veramente straordinario; così si sporsero in avanti pieni di curiosità, aspettandosi di vedere come minimo gioielli favolosi.

«Ma è vuota?» bisbigliò Harry a Hazel, la quale guardava la grotta con lo stesso sguardo dubbioso del fratello. Hazel gli rispose sempre bisbigliando: «… così sembra. Ah! No, guarda là sul pavimento!».

Hazel indicò col dito il pavimento all’interno della camera blindata, dove giaceva un pacchettino tutto sporco, avvolto in una carta marrone. Hagrid lo raccolse e lo ripose accuratamente nel suo pastrano. I gemelli, che avevano seguito con gli occhi le azioni di Hagrid, bruciavano dalla voglia di sapere che cosa fosse, ma sentivano che era meglio non chiedere.

«Andiamo, dai, di nuovo su quel dannato carrello, e non mi parlate finché non siamo arrivati: meglio se tengo la bocca chiusa» disse Hagrid.

 

Una volta usciti dalla Gringott, dopo la pazza corsa di ritorno, rimasero un poco a sbattere le palpebre, accecati dalla luce del sole. Anche se ora avevano una borsa piena zeppa di soldi, Harry e Hazel non sapevano da dove iniziare a fare i loro acquisti. Non avevano bisogno di sapere quanti galeoni entravano in una sterlina per capire che disponevano di più denaro di quanto non ne avessero mai avuto in vita loro: più di quanto non ne avesse mai avuto lo stesso Dudley.

«Potremmo iniziare con l’uniforme» disse Hagrid accennando con la testa al negozio di ‘Madame Malkin: abiti per tutte le occasioni’. «Sentite ragazzi, vi spiace se io intanto faccio un salto al Paiolo Magico? Ho bisogno di qualcosa per tirarmi su, detesto quei carrelli della Gringott». Aveva ancora l’aria un po’ sbattuta e quindi i gemelli entrarono da soli nel negozio di Madame Malkin, carichi non solo di soldi ma di un certo nervosismo.

Madame Malkin era una strega tarchiata, sorridente e tutta vestita di color malva.

«Hogwarts, cari?» chiese quando Hazel provò a parlare. «Ho qui tutto l’occorrente… Di là c’è un altro giovanotto che sta provando l’uniforme».

 

Madame Malkin sparì per pochi attimi in una porta alla loro sinistra, per poi riemergere insieme ad un'altra strega, che si presentò come Madame Pollin; con fare cortese, fece accomodare Harry e Hazel nel retro del negozio dove un ragazzino dal viso pallido e affilato stava ritto su uno sgabello, mentre un’altra strega gli appuntava con gli spilli l’orlo di una lunga tunica nera.

 

Madame Malkin fece salire i gemelli su due sgabelli vicini al primo, per poi infilare a Hazel una lunga veste dalla testa e cominciare ad appuntarla per farla della giusta lunghezza. Madame Pollin eseguì le stesse azioni su Harry e, con la precisione di una vera professionista, iniziò ad infilare gli spilli nella stoffa.

Passarono cinque minuti in cui nessuno parlò, il silenzio era scandito solo dal rumore della stoffa che veniva piegata e appuntata. Improvvisamente Madame Malkin si bloccò mentre infilava uno spillo all’altezza della vita di Hazel.

Notando che la strega si era fermata Hazel abbassò gli occhi curiosa, incontrando quelli dubbiosi di Madame Malkin; dopo un attimo di stallo il sospetto sparì dagli occhi della strega, come se fosse stata folgorata da un'intuizione improvvisa.

La strega scattò in piedi e chiese gentilmente ad Hazel: «Cara, puoi seguirmi un attimo nel camerino qui a fianco?».

Con la mano indicava verso una tenda molto spessa e di un colore tra il blu scuro e il nero.

Hazel scambiò un’occhiata veloce con Harry e con una scrollatina tranquilla delle spalle seguì la strega oltre la tenda.

~ * ~

«Perché mi ha fatto cambiare camerino?» chiese Hazel a Madame Malkin guardandola di sottecchi. La strega, che era tornata a lavorare sulla tunica, non fermò il proprio lavoro, ma mentre appuntava uno spillo alzò rapida gli occhi e si aprì in un sorriso di scuse.

«Mi vergogno ad ammetterlo cara… ma non mi ero accorta che fossi una ragazza prima di iniziare a prendere le tue misure» disse piano Madame Malkin, forse aspettandosi una scenata da parte di Hazel per il suo errore maldestro. Cosa che non accadde.

«Uhm… e quindi? Deve prendere delle misure particolari perché sono una femmina?» chiese sempre tranquilla Hazel.

Madame Malkin a quel punto si allontanò da Hazel per andare a recuperare un modello di gonna plissettata nera.

«Esatto cara, devo farti provare questa per l’uniforme e devi per forza toglierti i pantaloni per farmelo fare» disse più tranquilla Madame Malkin mostrandogli l’indumento; indumento che venne osservato con una certa incertezza da Hazel.

Comprendendo le ragioni che avevano portato la strega a comportarsi come si era comportata, Hazel decise di assecondarla e togliersi i pantaloni come richiesto; subito la strega drappeggiò la gonna attorno ai suoi fianchi per prendere le misure.

«Una domanda, Madame Malkin» fece Hazel, tornando ad osservare il lavoro della sarta di sottecchi, «Si, cara, dimmi pure» rispose Madame Malkin concentrata, «Sarebbe un problema per lei prepararmi anche un paio di pantaloni… sempre per la divisa scolastica ovviamente».

Madame Malkin alzò gli occhi incerta dal suo lavoro per poi riabbassarli ma, tra uno spillo e l’altro, rispose lanciando brevi ma intense occhiate a Hazel: «L’uniforme femminile di Hogwarts è composta per la parte superiore da: camicia, maglione, cravatta e toga. Per la parte inferiore da una gonna, calze e scarpe nere lucide… anche se ti preparassi dei pantaloni uguali a quelli di tuo fratello non potresti portarli»

«E chi lo dice che non li posso portare?» chiese cocciuta Hazel.

«Il regolamento di Hogwarts!» rispose senza indugio Madame Malkin.

«Ma sono dei pantaloni della divisa di Hogwarts!» ritorse Hazel non soddisfatta.

«Ma da regolamento tu non puoi indossare dei pantaloni, solo la gonna.» disse Madame Malkin, cercando di far ragionare Hazel.

La strega pensò di essere riuscita nel suo intento, ma dopo meno di due minuti di lavoro Hazel se ne uscì con un lapidario: «…Voglio comunque un paio di pantaloni»

A quel punto Madame Malkin fece un sospiro profondo, incerta se continuare o lasciare stare. Perorò la sua causa un’ultima volta dicendo: «Ma cara… Perché vuoi che te li prepari se tanto non li potrai usare!».

Hazel aspettò a rispondere, perché distratta da quello che si stavano dicendo oltre la tenda suo fratello e il biondino che stava prendendo le misure insieme a lui. Proprio in quel momento sentì:

 

 

«…Dove sono i tuoi genitori?»

«Sono morti» tagliò corto Harry.

«Oh, scusa» disse l’altro, il quale non pareva provare il minimo rincrescimento. «Ma erano come noi

«Erano una strega e un mago, se è questo che intendi».

«Io non penso che dovrebbero permettere agli ‘altri’ di frequentare, non trovi? Loro non sono come noi, non sono cresciuti alla nostra maniera. Pensa che alcuni, quando hanno ricevuto la lettera, non avevano neanche mai sentito parlare di Hogwarts!»

 

Hazel spostò la sua attenzione su Madame Malkin, le sorrise rispondendole in tono sarcastico dicendo: «… Madame Malkin le posso dire con certezza che nel caso capitasse qualcosa che mi ponesse nella situazione di dover correre, vorrei farlo senza avere la certezza di sbandierare le mie mutande a chiunque mi stia inseguendo. Inoltre i pantaloni sono molto più pratici di una gonna e soprattutto più comodi…»

«Va bene, così sia, te li preparerò a parte usando le stesse misure di quelli di tuo fratello» concesse infine la strega.

«La ringrazio Madame Malkin, le prometto che non ne farò parola con nessuno» il sorriso rassicurante di Hazel non sembrò tranquillizzare al cento per cento Madame Malkin, ma senza indagare troppo si alzò e disse in modo professionale: «Ho terminato, e credo che anche Madame Pollin».

~ * ~

Hazel, accompagnata da Madame Malkin, riattraversò la tenda per tornare nel camerino adiacente.

 

«…A proposito, come fai di cognome?» stava chiedendo il ragazzo biondo. Ma prima che Harry avesse il tempo di rispondere, Madame Pollin disse: «Ecco fatto, mio caro».

Hazel dal lato notò un sollievo incredibile sul viso del fratello, che non esitò a saltare giù dallo sgabello evitando così di rispondere alla domanda.

«Bene, penso che ci rivedremo a Hogwarts» si congedò il ragazzo, sempre con la stessa parlata lenta e strascicata.

 

Madame Pollin prese dalle mani di Madame Malkin gli abiti misurati e, dopo essersi congedata, sparì dietro la porta dalla quale era uscita poco prima. Madame Malkin invece tornò al suo posto dietro al bancone e con un sorriso si rivolse ai gemelli.

«Le vostre uniformi saranno pronte tra circa due ore, potete pagare adesso o dopo quando venite a ritirarle. Inoltre ho bisogno di sapere che nome scrivere sulle targhette da attaccare agli abiti, potreste dirmi i vostri nomi?»

«Harry» rispose veloce Harry con l’aria di uno che non vedeva l’ora di uscire da quel negozio, Hazel gli lanciò un’occhiata interrogativa ma quando vide l’espressione stanca del fratello decise di glissare per il momento.

«Hazel» disse Hazel prendendo la borsa con i soldi, pronta per pagare.

«Oh cara! Pagate tutto ora? In tutto fanno un galeone e dieci falci. Potreste dirmi anche il vostro cognome?»

Hazel tirò fuori dalla borsa i soldi richiesti da Madama Malkin e li posò sul bancone, e poi con un sorrisetto tranquillo rispose: «Ecco a lei, ho aggiunto una falce d’argento per quella piccola aggiunta che le ho chiesto, se possibile le chiederei di non farne parola con nessuno».

Madame Malkin non disse nulla ma fece un rapido occhiolino complice a Hazel, la quale contenta si avvicinò al bancone e, facendo cenno alla strega di avvicinarsi, le disse: «Potter».

La strega ci mise pochi secondi a spalancare nuovamente gli occhi incredula, passò rapida gli occhi prima su Hazel e poi su Harry, ingoiò a vuoto e finì di trascrivere con mani tremanti su un foglietto il cognome ‘Potter’.

I gemelli salutarono la strega e presero rapidi la via della porta.

~ * ~

«Sono tutta orecchi, raccontami» disse Hazel a Harry, una volta che si furono seduti su una panchina vicina al negozio di Madame Malkin. Harry tirò un sospirone prima di crollare con la testa sulla spalla della sorella.

«Beh, sai Dudley com’è, no?»

«Certo»

«Ecco, quel ragazzo era uguale a lui, non ha fatto altro che parlare di sé stesso, vantandosi e lamentandosi perché non poteva portare una scopa da corsa a Hogwarts»

«Quindi esistono anche le scope da corsa…»

«A quanto sembra… e poi mi ha fatto un sacco di domande su cose di cui non avevo la minima idea… mi sono sentito un completo stupido…»

«Hey, è normale che non sappiamo qualcosa! Non prendertela troppo, non ne vale la pena»

«Giuro che ci provo Hazy, ma aver a che fare con la versione magica di Dudley mi ha fatto solo innervosire…»

«Posso capire, ho sentito qualcosina da oltre la tenda… il modo in cui strascicava le parole…»

«E il modo di fare da perennemente annoiato…»

«Dudley 2, la vendetta magica» commentarono in coro per poi ridacchiare.

«Beh, cosa ti ha chiesto comunque?»

«Dunque, mi ha chiesto se avessi una scopa da corsa, se giocassi a Quidditch, in quale Casa andrò… non ho potuto fare altro che rispondere no a tutto…»

«Hmmm… chiederemo ad Hagrid, non abbiamo molta scelta…»

«Hagrid! Ad un certo punto lo ha citato e sai cosa ha detto? Gli ha dato dell’inserviente e del selvaggio… Ha anche detto che ogni tanto si ubriaca, cerca di fare magie e finisce con l’appiccare il fuoco al suo letto»

«Per me Hagrid è una persona fantastica» commentò irritata Hazel e Harry le diede completamente ragione.

«Stessa cosa che ho detto anche io… e poi ha chiesto dei nostri genitori»

«Penso di aver sentito a quel punto. Spero che non ci avremmo troppo a che fare ad Hogwarts»

«Sai… non riesco proprio a capire il suo punto di vista»

«Non penso nemmeno che dovresti fare lo sforzo di capire, non ne vale la pena»

«Hmm»

«Hmm»

«Hazy?»

«Hmm?»

«Che aggiunta hai chiesto a Madame Malkin?»

«Oh, già, gli ho chiesto di preparare un paio di pantaloni dell’uniforme anche per me»

«E perché? Aspetta… Non dirmi che puoi portare solo la gonna!»

«Così dice il regolamento, secondo Madame Malkin»

«… Beh, se li volevi hai fatto bene a farteli fare, così hai la possibilità di stare comoda. Ma…»

«Vuoi provarla?»

«La gonna?»

«…»

«…?»

«Perché no»

«Va bene»

 

Mentre chiacchieravano su quanto avevano visto da quella mattina videro Hagrid avvicinarsi con tre gelati in mano. I gemelli gli corsero incontro e Hagrid senza dire nulla gli mollò un gelato a testa in mano iniziando a mangiarsi il suo, ovviamente venne ampiamente ringraziato da Hazel e Harry per quella delizia al cioccolato e lamponi con granella di noccioline tutta attorno.

Finito lo spuntino si fermarono per acquistare pergamena e penne d’oca. Trovarono anche una bottiglia d’inchiostro che, scrivendo, cambiava colore. Molto carina, ne presero due. Una volta fuori dal negozio Harry chiese: «Hagrid, che cos’è il Quidditch?»

«Diamine, ragazzi. Continuo a dimenticare quanto poco sapete… Certo che… non conoscere il Quidditch!»

«Non farci sentire ancora più a disagio» lo pregarono Harry e Hazel in coro con un sospiro. Harry raccontò a Hagrid del ragazzino pallido che avevano incontrato nel negozio di Madame Malkin.

«E ha detto che ai ragazzi cresciuti in famiglie di Babbani non dovrebbe essere permesso di frequentare».

«Ma voi non venite da una famiglia di Babbani. Se sapeva chi eravate… Conosce il vostro nome da quando è nato, se i suoi genitori sono maghi… avete visto al Paiolo Magico. Comunque il ragazzo non sa quel che dice: alcuni dei migliori erano gli unici che avevano poteri magici in una lunga stirpe di Babbani… prendete vostra madre! Guarda che razza di sorella aveva!»

«Allora, che cos’è il Quidditch?» rincarò Hazel curiosa.

«È il nostro sport. Lo sport dei maghi. È come… come il calcio nel mondo dei Babbani: tutti seguono il Quidditch. Si gioca in aria, a cavallo di scope e con quattro palle… È difficile spiegare le regole».

«E che cosa sono Serpeverde e Tassorosso?» chiese a quel punto Harry.

«Sono Case. A Hogwarts ce ne sono quattro. Tutti dicono che quelli di Tassorosso sono un branco di schiappe, ma…»

«Scommetto che io finisco a Tassorosso» disse Harry tristemente.

«Tanto se ci vai tu ci vado anche io, per cui non sarai da solo» commentò Hazel sorridendo incoraggiante a Harry.

«Comunque, meglio Tassorosso che Serpeverde» disse Hagrid cupo. «Tutti i maghi e le streghe che hanno preso la via del male erano Serpeverde. Tu-Sai-Chi era uno di loro».

«Vol… oh, scusa… Tu-Sai-Chi è stato a Hogwarts?» chiese Harry.

«Tanti anni fa» disse Hagrid. Hazel e Harry si scambiarono un’occhiata nervosa, ma continuarono a seguire il mezzo gigante.

 

Comprarono i libri di testo per Harry e Hazel in un negozio chiamato ‘Ghirigorio di Florish & Blott’ dove gli scaffali erano stipati fino al soffitto di libri grossi come lastroni di pietra e rilegati di pelle; libri delle dimensioni di un francobollo, foderati in seta; libri pieni di simboli strani e alcuni con le pagine bianche. Anche Dudley, che non leggeva mai niente, avrebbe fatto pazzie per metterci le mani sopra. Hagrid dovette quasi trascinare via Hazel e Harry da Maledizioni e Contromaledizioni (Stregate gli amici e confondete i nemici con le vendette all’ultimo grido: Teste rapate, Gambemolli, Languelingua e molte altre ancora) del professor Vindictus Viridian.

«Stavamo cercando di scoprire come scagliare una maledizione contro Dudley» fecero tranquilli Hazel e Harry mentre andavano a pagare.

«Non dico che non è una buona idea, ma nel mondo dei Babbani non dovete usare la magia tranne che in circostanze speciali» disse Hagrid. «E in ogni caso, ancora non vi può venire nessuna di quelle maledizioni: dovete studiare un mucchio per arrivare a quel livello».

Harry e Hazel non si fecero scoraggiare, Harry fece segno con gli occhi verso il libro di Maledizioni e si toccò la testa, Hazel alzò cinque dita e poi fece segno di ok con la mano.

Saltellando seguirono Hagrid tutti contenti.

 

Hagrid non permise loro di comprare un calderone d’oro massiccio («Nella lista c’è scritto ‘peltro’»), ma acquistarono due belle bilance per pesare gli ingredienti delle pozioni, e un telescopio pieghevole in ottone. Poi andarono dallo speziale, luogo talmente interessante da ripagare del pessimo odore che vi regnava, un misto di uova marce e cavoli putridi. Per terra c’erano barili di roba viscida insieme a vasi di erba officinali, radici secche e polveri dai colori brillanti erano allineati lungo le pareti; fasci di piume, di zanne e artigli aggrovigliati pendevano dal soffitto. Mentre Hagrid chiedeva all’uomo dietro il bancone una provvista di certi ingredienti fondamentali per preparare le pozioni, Harry e Hazel esaminavano alcuni corni argentati di unicorno, che costavano ventuno galeoni ciascuno, e minuscoli occhi di coleottero neri e lucenti (a cinque zellini la manciata).

Una volta fuori dalla bottega dello speziale, Hagrid spuntò di nuovo la lista dei gemelli.

«È rimasta solo la bacchetta… e non vi ho ancora preso il regalo di compleanno».

Harry e Hazel arrossirono.

«Ma non devi…» disse Harry.

«Lo so che non devo. Ecco cosa farò: vi regalerò un animale. Non un rospo, i rospi sono passati di moda anni fa, vi riderebbero dietro… e i gatti non mi piacciono mi fanno starnutire. Vi prenderò un gufo. Tutti i ragazzini vogliono i gufi, sono molto utili, portano la posta e tutto il resto».

Venti minuti dopo, uscirono dall’Emporio del Gufo, un locale buio, pieno di animali che raspavano e frullavano in aria, con gli occhi luccicanti come gemme preziose. Ora Harry trasportava una grossa gabbia che conteneva una bella civetta bianca come la neve, profondamente addormentata con la testa sotto l’ala. Hazel fissava rapita il rapace dentro la gabbia, ammirandone il piumaggio. I gemelli non riuscivano a smettere di balbettare ringraziamenti, tanto che sembravano il professor Quirrell.

«Ma di niente!» rispondeva Hagrid burbero. «Non credo i Dursley vi abbiano mai fatto molti regali. E ora ci manca solo Ollivander… è l’unico posto per comprare una bacchetta; vai da Ollivander e avrai il meglio, parlando di bacchette».

Bacchette magiche… Harry e Hazel non vedevano l’ora di possederne una.

Quest’ultimo negozio era angusto e trasandato. Un’insegna a lettere d’oro scortecciate sopra la porta diceva: ‘Ollivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.’. Nella vetrina polverosa, su un cuscino color porpora stinto, era esposta una sola bacchetta.

Un lieve scampanellio, proveniente da anfratti non meglio identificati del negozio, accolse il loro ingresso. Era un luogo minuscolo, vuoto, tranne che per una sedia malferma su cui Hagrid si sedette, nell’attesa.

Hazel e Harry si scambiarono un’occhiata incerta, quel posto li faceva sentire strani, come se fossero entrati nella saletta riservata di una biblioteca. Ricacciarono via un mucchio di nuove domande e si misero ad osservare le migliaia di scatoline strette strette, tutte impilate in bell’ordine fino al soffitto. Chissà perché, sentivano un pizzicore alla nuca. Persino la polvere e il silenzio di quel luogo sembravano fremere di una segreta magia.

«Buon pomeriggio» disse una voce sommessa. Harry fece un balzo scontrandosi contro Hazel (che per fortuna riuscì a mantenere in piedi entrambi); anche Hagrid saltò in piedi, perché si sentì un forte scricchiolio e il cigolio dalla sedia traballante.

Avevano di fronte un uomo anziano con occhi grandi e scoloriti che rilucevano nella penombra del negozio come due astri lunari.

«Salve» dissero i gemelli in coro, leggermente imbarazzati.

«Ah, sì» disse l’uomo. «Sì, sì, sì, ero sicuro che avrei fatto presto la vostra conoscenza. Harry e Hazel Potter». Non era una domanda. «Avete gli occhi di vostra madre. Sembra ieri che è venuta qui a comprare la sua prima bacchetta. Lunga dieci pollici e un quarto, sibilante, di salice. Una bella bacchetta, lavorava d’incanto».

Il signor Ollivander si avvicinò ai gemelli che lo osservavano nervosi. Quegli occhi d’argento provocavano loro la pelle d’oca.

«Vostro padre, invece, preferì una bacchetta di mogano. Undici pollici. Flessibile. Un po’ più potente e ottima per la Trasfigurazione. Be’, ho detto che vostro padre l’aveva preferita… ma in realtà, è la bacchetta a scegliere il mago, naturalmente».

Ollivander si era fatto talmente vicino da toccare quasi il naso di Harry, che si vedeva riflesso in quegli occhi velati.

«Ed è qui che…»

Ollivander toccò con un dito lungo e bianco la cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry.

«Mi dispiace dire che sono stato io a vendere la bacchetta che ha fatto questo» disse con un filo di voce per poi spostare gli occhi di perla su Hazel, sfiorandole il centro della fronte «E a te, cara, ancora mi chiedo che cosa mai ti abbia fatto».

Si tirò leggermente indietro e disse: «Tredici pollici e mezzo. Legno di tasso. Una bacchetta potente, molto potente, e nelle mani sbagliate… Certo, se avessi saputo che cosa avrebbe fatto quella bacchetta in giro per il mondo…»

Scosse la testa e poi, con grande sollievo dei gemelli, si accorse di Hagrid.

«Rubeus! Rubeus Hagrid! Che piacere rivederti! Quercia, sedici pollici, piuttosto flessibile; non era così?»

«Azzeccato, signore» disse Hagrid.

«Una bella bacchetta, quella. Ma suppongo che l’abbiano spezzata a metà quando ti hanno espulso, vero?» chiese Ollivander, facendosi serio d’un tratto.

«Ehm, sì, signore, proprio così» rispose Hagrid strisciando un po’ i piedi.

«Però conservo ancora le due metà» aggiunse vivacemente.

«Ma non le usi, vero?» chiese Ollivander con fare inquisitorio.

«Oh, no, signore» si affrettò a rispondere Hagrid. Hazel e Harry notarono che, nel parlare, si stringeva forte forte al suo ombrello rosa.

«Mmm…» disse Ollivander lanciando a Hagrid un’occhiata penetrante.

«Allora, signorini Potter, vediamo un po’» e tirò fuori dalla tasca un lungo metro a nastro con le tacche d’argento. «Qual è il braccio con cui usate la bacchetta?»

«Usiamo la mano destra, signore» risposero in coro Harry e Hazel.

«Alzi il braccio. Così». Iniziò a Misurare il braccio di Harry dalla spalla alla punta delle dita, poi dal polso al gomito, dalla spalla a terra, dal ginocchio all’ascella e poi prese anche la circonferenza della testa. Proseguì con le stesse misurazioni anche su Hazel e intanto diceva: «Ogni bacchetta Ollivander ha il nucleo fatto di una potente sostanza magica, signorini Potter. Usiamo crini di unicorno, piume della coda della fenice e corde del cuore di drago. Non esistono due bacchette Ollivander che siano uguali, così come non esistono due unicorni, due draghi o due fenici del tutto identici. E naturalmente, non si ottengono mai risultati altrettanto buoni con la bacchetta di un altro mago».

All’improvviso, Hazel si accorse che il metro a nastro, che gli stava misurando la distanza fra le narici, stava facendo tutto da solo. Ollivander, infatti, volteggiava tra gli scaffali, tirando giù scatole.

«Può bastare così» disse, e il metro a nastro si afflosciò sul pavimento. «Allora, signorini Potter, provate questa. Legno di faggio e corde di cuore di drago. Nove pollici. Bella flessibile. A turno prendetela e agitatela in aria».

Dopo un’occhiata incerta verso Hazel, Harry prese la bacchetta e, sentendosi un po’ sciocco, la agitò debolmente, ma Ollivander gliela strappò quasi subito di mano dandola a Hazel, tempo di afferrare la bacchetta e alzare il braccio Ollivander gliela strappò anche a lei.

«Acero e piume di fenice. Sette pollici. Molto flessibile. La provi».

Questa volta fu Hazel a provarla per prima, ma ancora una volta non aveva fatto in tempo ad alzarla che Ollivander gliela strappò di mano. Turno di Harry, stesso copione.

«No, no… ecco, ebano e crini di unicorno, otto pollici e mezzo, elastica. Avanti, avanti, la provi».

Harry e Hazel provarono e riprovarono ancora. Non avevano idea di che cosa cercasse Ollivander. Le bacchette si stavano ammucchiando sulla sedia, ma più Ollivander ne tirava fuori dagli scaffali, più sembrava felice.

«Clienti difficili, eh? No, niente paura, troveremo quelle che vanno a pennello… Ora, mi chiedo… sì, perché no… combinazione insolita… agrifoglio e piume di fenice, undici pollici, bella flessibile».

Harry la prese in mano. Avvertì un calore improvviso alle dita. La alzò sopra la testa, la abbassò sferzando l’aria polverosa e una scia scintille rosse e oro si sprigionò dall’estremità come un fuoco d’artificio, proiettando sulle pareti minuscoli riflessi danzanti di luce. Hagrid gridò d’entusiasmo e batté le mani e Ollivander esclamò: «Bravo! Sì, proprio così, molto bene. Bene, bene, bene… che strano… ma che cosa davvero strana…»

Ollivander fece qualche passo indietro, per poi guardare Hazel; quest’ultima sentendosi osservata spostò lo sguardo verso il signor Ollivander, vedendolo così muovere brevemente le labbra prima che riprendesse a fluttuare tra gli scaffali diretto solo lui sapeva dove.

Sentirono prima un tonfo, poi un altro, qualcosa fece un sonoro ‘TOC’ e poi più nulla per qualche secondo; con nonchalance il signor Ollivander rispuntò da dietro uno scaffale e, con fare sicuro, porse a Hazel una bacchetta.

«Dodici pollici e mezzo. Legno di sambuco e… piuma di fenice bianca»

Hazel si guardò bene dal fare domande e prese in mano la bacchetta. E la agitò. Dalla punta della bacchetta uscì una piccola sfera bianca, che fluttuò placida sotto gli occhi di tutti attorno alla stanza, prima di tornare vicino a Hazel.

Hazel allungò curiosa la mano sotto la sfera. Quando il piccolo globo luminoso finì per toccare il palmo della mano di lei emise un sonoro ‘POP’ esplodendo e provocando una calda ondata accecante che sbilanciò i presenti e mandò all’aria varie scatole e il relativo contenuto.

«Bene, direi che la bacchetta ha fatto la sua scelta!» disse contento il signor Ollivander rimettendosi diritto e squadrando a turno Harry ed Hazel con gli occhi pallidi. Hagrid, entusiasta, si allungò verso i gemelli scompigliando loro la zazzera scura.

Harry e Hazel si scambiarono un sorriso, troppo contenti per dire qualcosa.

Il signor Ollivander riprese entrambe le bacchette e riponendole nelle rispettive scatole, le avvolse in carta da pacchi borbottando: «Ma che strano… davvero strano».

«Scusi» fece Harry, «ma che cosa c’è di strano?»

Ollivander li fissò entrambi con i suoi occhi sbiaditi.

«Ricordo una per una tutte le bacchette che ho venduto, signorini Potter. Una per una. Si dà il caso che la fenice dalla cui coda proviene la piuma della bacchetta di Harry abbia prodotto un’altra piuma, una sola. È veramente molto strano che lei sia destinato a questa bacchetta, visto che la sua gemella… sì, la sua gemella le ha procurato quella cicatrice».

Harry deglutì.

«Sì, tredici pollici e mezzo. Legno di tasso. Curioso come accadano queste cose. È la bacchetta che sceglie il mago, lo ricordi. Credo che da lei dobbiamo aspettarci grandi cose, signor Potter… Dopotutto, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ha fatto grandi cose… terribili, è vero, ma grandi».

Harry rabbrividì.

«Per quanto riguarda lei, signorina Potter, posso dirle questo» iniziò a dire il signor Ollivander accarezzando con affetto la scatola incartata contenente la bacchetta di Hazel,  «La piuma di fenice contenuta all’interno di questa bacchetta appartiene all’unico esemplare conosciuto e documentato di fenice bianca. Fu un caso che il mio trisavolo riuscì a trovarla in un suo nido, e innumerevoli gli studi per farla diventare il cuore di una delle più peculiari bacchette che siano mai esistite… Convengo tutt’oggi che si tratti di una bacchetta unica nel suo genere e che solo il tempo ci dirà se ha scelto una strega altrettanto unica»

Hazel deglutì a vuoto e scambiando un’occhiata con Harry; entrambi incerti se trovare o meno simpatico quel signor Ollivander. Pagarono quattordici galeoni d’oro per le bacchette e, mentre uscivano, Ollivander li salutò con un inchino da dentro il negozio.

 

Era ormai pomeriggio avanzato e il sole era basso all’orizzonte quando uscirono dal negozio di Madame Malkin con le divise nuove di zecca chiuse in una scatola.

Harry, Hazel e Hagrid si misero sulla via del ritorno ripercorrendo Diagon Alley e riattraversarono il muro fino al Paiolo Magico, ormai deserto. Lungo il tragitto i gemelli non dissero una parola; non notarono nemmeno quanta gente li guardasse a bocca aperta, in metropolitana, carichi com’erano di tutti quei pacchi dalle forme bizzarre e con una civetta candida addormentata sulle ginocchia di Hazel. Su per un'altra scala mobile, fuori di nuovo, giù verso Paddington Station; Harry e Hazel si resero conto di dove si trovavano soltanto quando Hagrid batté un colpo sulle loro spalle.

«C’è tempo per un boccone, prima del vostro treno» disse.

Comprò un hamburger per tutti e tre e si sedettero a mangiare su panchine di plastica. Hazel e Harry continuavano a guardarsi intorno. In un certo senso, tutto aveva un’aria molto strana.

«Vi sentite bene? Ve ne state tutti e due così zitti» disse Hagrid.

Harry ed Hazel non erano sicuri di riuscire a spiegarsi. Quello era stato il più bel compleanno della loro vita. Eppure… tra un morso e l’altro al loro hamburger cercarono di trovare le parole adatte.

«Tutti pensano che siamo speciali…» disse infine Hazel, prima di prendere un altro morso dal suo panino. Harry annuì a testa bassa per poi dire: «Tutte quelle persone del Paiolo Magico, il professor Quirrell, il signor Ollivander… ma noi non sappiamo niente di magia. Come fanno ad aspettarsi grandi cose? Siamo famosi, ma ricordiamo a malapena il motivo per cui lo siamo. Non sappiamo cosa è successo quando Vol… scusa… voglio dire, la notte che i nostri genitori sono morti».

Hagrid si chinò verso di loro. Dietro la barba incolta e le folte sopracciglia faceva capolino un sorriso pieno di premura.

«Non preoccupatevi. Imparerete presto. A Hogwarts tutti cominciavano dalle basi. Starete benone. Basta che siate voi stessi. Lo so è dura. Voi siete speciali, e questo rende sempre la vita difficile. Ma starete benissimo a Hogwarts… così è stato per me, e lo è ancora, davvero».

Hagrid aiutò i ragazzi a salire sul treno che li avrebbe riportati dai Dursley, e poi porse a ognuno una busta.

«Il vostro biglietto per Hogwarts» disse. «1° settembre, King’s Cross… è tutto scritto sul biglietto. Se avete problemi con i Dursley, speditemi una lettera con la vostra civetta, lei saprà dove trovarmi… A presto, ragazzi».

Il treno uscì dalla stazione. Hazel e Harry si girarono alzandosi in piedi sul sedile per salutare Hagrid, ma non fecero in tempo a battere le palpebre che era sparito.

Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

Chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

Chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF e durabo

 

Dunque… giuro che non mi aspettavo che uscisse così lungo questo capitolo!

Ci ho preso un po’ di gusto lo ammetto, forse troppo, ma non ho saputo evitarlo… insomma è Diagon Alley!

 

Ho cambiato qualcosina e ho aggiunto qualcos’altro come avete potuto leggere, non abbiate timore, ad un certo punto spiegherò tutto non temete.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate, tranquilli non mordo!

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V: Preparativi, Binario 9 e 3/4, Weasley e Hogwarts ***


Note Immortal Lady del 14/04/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

~ Capitolo V: Preparativi, Binario 9 e 3/4, Weasley e Hogwarts ~

L’ultimo mese che Harry e Hazel trascorsero con i Dursley non fu affatto divertente.

Anche se ora Dudley aveva tanta paura dei gemelli che non voleva stare neanche un attimo nella stessa stanza con loro, e zia Petunia e zio Vernon non li chiudevano più nel ripostiglio, non li costringevano a fare niente e non li sgridavano: anzi, per la verità non gli rivolgevano neanche la parola. Per metà terrorizzati e per metà furibondi, si comportavano come se i posti dove Hazel e Harry sedevano fossero vuoti. Benché, per molti versi, questo avesse rappresentato un netto miglioramento, dopo un po’ era diventato deprimente.

Fu così che passarono la maggior parte del mese di Agosto chiusi nella loro stanza in compagnia della loro nuova civetta, per la quale passarono una nottata insonne per decidere il nome, decidendo infine di chiamarla Edvige (il nome l’avevano trovato nel libro Storia della Magia).

Inutile dire che i libri di testo erano interessantissimi. Stesi sul letto, leggevano fino a notte fonda, con Edvige che andava e veniva liberamente dalla finestra aperta.

Fortunatamente zia Petunia non veniva più a passare l’aspirapolvere, perché Edvige non faceva che portare dentro topi morti. Ogni sera, prima di andare a dormire, Harry o Hazel andava a spuntare un altro giorno sul foglio di carta che avevano appeso alla parete, facendo il conto alla rovescia fino al primo di settembre.

 

L’ultimo giorno di agosto ritennero opportuno dire agli zii che l’indomani si sarebbero dovuti recare alla stazione di King’s Cross; per questo scesero in soggiorno, dove loro stavano guardando un quiz alla televisione. Hazel si schiarì la gola per segnalare la loro presenza e Dudley si precipitò urlando fuori dalla stanza.

«Ehm… zio Vernon?» iniziò Hazel osservando distrattamente la fuga di Dudley in giardino.

Zio Vernon grugnì per far capire che stava ascoltando.

«Domani dobbiamo essere a King’s Cross per… per andare a Hogwarts» disse Harry.

Zio Vernon grugnì di nuovo.

«Potreste per caso darci un passaggio?» concluse Hazel.

Grugnito. Harry e Hazel si scambiarono un’occhiata e, valutando l’ultimo verso come un sì, risposero in coro: «Grazie».

Stavano per andarsene di sopra, quando zio Vernon si decise a parlare.

«Strano mezzo, il treno, per raggiungere una scuola per maghi. Dite un po’, i tappeti volanti hanno forato?»

I gemelli non risposero.

«E comunque, dove si trova questa scuola?»

«…Non lo sappiamo» rispose Hazel. Facendo mente locale non ricordava effettivamente niente detto da Hagrid che riguardasse l’ubicazione della scuola. Harry tirò fuori dalla tasca il biglietto datogli da Hagrid.

«Sappiamo solo che dobbiamo prendere il treno alle undici in punto al binario nove e tre quarti» lesse Harry mentre Hazel sbirciava il foglio.

Zio Vernon e zia Petunia ebbero un soprassalto.

«Binario che cosa?»

«Nove e tre quarti» ripeté Hazel.

«Non dite stupidaggini» disse zio Vernon, «non esistono binari contrassegnati da questo numero».

«Ma è scritto sul biglietto» ribadì Harry.

«Ma quelli» disse zio Vernon, «sono tutti svitati, matti da legare. Vedrete, vedrete. Aspettate e vedrete. E va bene, vi porteremo a King’s Cross. Tanto per la cronaca, a Londra ci dobbiamo andare comunque domani. Altrimenti non mi prenderei il disturbo».

«Perché dovete andare a Londra?» chiese Hazel cercando di mantenere un tono amichevole, riuscendoci a malapena.

«A portare Dudley in ospedale» ringhiò zio Vernon. «Bisogna fargli togliere quella dannata coda, prima che vada a Smeltings»

 

Il mattino dopo Hazel e Harry si svegliarono alle cinque, decisamente troppo eccitati e nervosi per riaddormentarsi. Si alzarono e infilarono i migliori tra i loro abiti smessi, perché non volevano arrivare alla stazione in divisa: si sarebbero cambiati poi in treno. Controllarono ancora una volta l’elenco di Hogwarts per accertarsi di avere tutto quello che potesse servire e, mentre Hazel si divertiva a chiudere gli enormi bauli, Harry verificò che Edvige fosse ben chiusa nella sua gabbia.

Fu così che cominciarono a passeggiare per la stanza, in attesa che i Dursley si alzassero. Due ore dopo, i loro voluminosi e pesanti bauli erano stati caricati sulla macchina dei Dursley, zia Petunia era riuscita a convincere Dudley a sedersi accanto ai gemelli, ed erano partiti.

Raggiunsero King’s Cross alle dieci e mezzo. Zio Vernon mollò i bauli su due carrelli, spingendone poi uno personalmente fin dentro la stazione. Harry e Hazel si stupirono per quel gesto stranamente cortese, mentre seguivano lo zio trascinando l’ultimo carrello in due, ma si ricredettero quando zio Vernon si fermò di botto, davanti ai binari, con un ghigno malevolo sul volto.

«Eccoci arrivati, ragazzini. Binario nove… binario dieci. Il vostro binario dovrebbe essere da qualche parte in mezzo, ma sembra che non l’abbiano ancora costruito, o sbaglio?»

Aveva ragione, era evidente. Sopra un binario torreggiava un grosso nove, in plastica, e su quello accanto un altrettanto grosso numero dieci, sempre in plastica; ma tra i due, niente.

«Auguri per la scuola» disse zio Vernon con un sorriso ancor più maligno. Si allontanò senza aggiungere altro. Harry e Hazel si voltarono e videro i Dursley ripartire in macchina. Ridevano tutti e tre. Ai gemelli si seccò la gola. Che cosa diavolo avrebbero dovuto fare in quel momento? Nel mentre stavano cominciando ad attirare molti sguardi incuriositi per via di Edvige.

 

Harry, preso da una discreta dose di ansia, fermò un capotreno di passaggio, ma non osò fare parola del binario nove e tre quarti dopo un’occhiata veloce con Hazel. Il capotreno non aveva mai sentito parlare di Hogwarts e quando si rese conto che Harry non era in grado di dirgli neanche in che regione si trovasse, cominciò ad infastidirsi, come se Harry facesse apposta a fare lo stupido. Disperato, Harry chiese del treno in partenza alle undici, ma l’uomo disse che non ce n’erano. Finì che il capotreno si allontanò imprecando contro i perditempo. A quel punto Hazel e Harry iniziarono a lottare per non cadere nel panico. Se il grosso orologio che sovrastava il cartellone degli arrivi funzionava, avevano solo più dieci minuti per prendere il treno per Hogwarts e non avevano la più pallida idea di come fare.

Erano lì, nel bel mezzo della stazione ferroviaria, con due bauli che a stento riuscivano a sollevare, le tasche piene di soldi dei maghi e una grossa civetta.

Hagrid doveva aver dimenticato di dire loro qualcosa di essenziale, come quando, per esempio, per entrare in Diagon Alley era stato necessario battere sul terzo mattone a sinistra. Mentre Harry pensava se fosse il caso o meno di colpire con la bacchetta la biglietteria tra i binari nove e dieci, Hazel fu presa da un colpo di genio e semi urlando disse: «Edvige!».

Harry la guardò con tanto d’occhi e spostò gli occhi sulla civetta non capendo. Hazel gli si avvicinò e iniziò a bisbigliare veloce: «Ti ricordi che Hagrid ha detto che se gli avessimo voluto mandare una lettera Edvige, non chiedermi come, sapeva già la strada per arrivare da lui! Possiamo mandargli una lettera!»

Gli occhi dei gemelli si accesero di una luce di speranza mentre rapidi si avvicinavano al baule più vicino, per recuperare un foglio di pergamena e una penna d’oca.

 

In quel momento, proprio dietro di loro, passò un gruppetto di persone di cui riuscirono a cogliere un brandello di conversazione.

«… pieno zeppo di Babbani, figurarsi…»

Harry e Hazel si voltarono di scatto, uno con in braccio la gabbia di Edvige l’altra in procinto di spalancare il baule, alla ricerca di chi aveva appena parlato.

A parlare era stata una signora grassottella, che si rivolgeva a quattro ragazzi dai capelli rosso fiamma. Ciascuno spingeva un baule come quello dei gemelli… e avevano anche un gufo.

Col cuore che martellava furioso nel petto, Harry e Hazel riposizionarono velocissimi bagagli e civetta e inseguirono la truppa pel di carota spingendo il rispettivo carrello. Quando si fermarono loro fecero altrettanto, abbastanza vicini per sentire quel che dicevano.

«Allora, binario numero?» chiese la donna, che era la madre dei ragazzi.

«Nove e tre quarti!» disse con vocina stridula una ragazzina, anch’essa con i capelli rossi, che dava la mano alla madre. «Mamma, posso andare anch’io…»

«Tu sei troppo piccola, Ginny. Sta’ zitta, adesso. Va bene, Percy, vai avanti tu».

Quello che sembrava il maggiore si avviò verso i binari nove e dieci.

Hazel e Harry stettero ad osservare, ben attenti a non battere ciglio per non perdere nessun particolare… ma proprio nel momento in cui il ragazzo aveva raggiunto la barriera tra i binari, un folto gruppo di turisti gli passò davanti togliendo loro la visuale, e quando l’ultimo zaino si fu tolto di mezzo, il ragazzo dai capelli rossi era sparito.

«Fred, ora tocca a te» disse la donna grassottella.

«Ma io non sono Fred, sono George» disse il ragazzo. «Parola mia, donna! E dici di essere nostra madre? Non lo vedi che sono George?»

«Scusami, George caro».

«Te l’ho fatta! Io sono Fred» disse il ragazzo e si avviò. Il suo gemello gli gridò di sbrigarsi e lui dovette affrettarsi davvero, perché un attimo dopo era sparito… ma come aveva fatto?

Ora il terzo fratello si dirigeva spedito verso la barriera… eccolo, era quasi arrivato… e poi, d’un tratto, non c’era più.

Tutto qui. Harry e Hazel si guardarono allucinati.

Harry fu il primo a riscuotersi e si rivolse alla donna: «Mi scusi».

«Salve, ragazzo» gli disse lei poi notò Hazel poco dietro Harry e disse: «Salve anche a te, cara. È la prima volta che andate a Hogwarts? Anche Ron è nuovo».

Indicò il più giovane dei suoi figli maschi, l’ultimo rimasto. Era un ragazzino dinoccolato e goffo, aveva le lentiggini, mani e piedi grandi e il naso lungo.

«Sì» disse Hazel, che si era avvicinata tanto quanto Harry, giusto per non dover urlare quanto stava per dire. «Il fatto è… il fatto è che non sappiamo come…»

«Come raggiungere il binario?» chiese la donna gentilmente, Harry e Hazel annuirono.

«Non vi preoccupate» disse lei. «Dovete soltanto camminare dritto in direzione della barriera tra i binari nove e dieci. Non vi fermate e non abbiate paura di andarci a sbattere contro: questo è molto importante. Se siete nervosi, meglio andare un po’ di corsa. E adesso andate, prima di Ron».

«Ehm… Va bene» disse Harry. Hazel fece cenno al fratello che sarebbe andata prima lei e copiò quanto fatto poco prima dai tre fratelli pel di carota.

Girò il carrello e guardò la barriera, che per sua sfortuna aveva un aspetto molto solido.

Cominciò a camminare in quella direzione, ma presto si ritrovò ad affrettare il passo per non venire sballottata troppo dalla gente che si dirigeva verso i binari nove e dieci. Chinandosi in avanti sul carrello, spiccò una corsa… la barriera si avvicinava sempre di più… ecco, non sarebbe più riuscita a fermarsi… aveva perso il controllo del carrello… era a un passo… chiuse gli occhi, pronta all’urto…

Ma l’urto non venne… lei continuò a correre… aprì gli occhi.

Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente. Un cartello in testa al treno diceva Hogwarts Express, ore 11. Hazel si guardò indietro e, là dove prima c’era la biglietteria, vide un arco in ferro battuto, con su scritto Binario Nove e Tre Quarti. Ce l’aveva fatta. Ce l’avevano fatta!

Dopo meno di trenta secondi comparse anche Harry che, meravigliato tanto quanto lei, si guardò attorno.

Una nube di fumo proveniente dalla locomotiva si alzava in grossi anelli sopra la testa della folla rumorosa, mentre gatti di ogni colore si aggiravano qua e là tra le gambe della gente. Gufi e civette si chiamavano vicendevolmente con il loro verso cupo, quasi di malumore, sovrastando il cicaleccio e il rumore dei pesanti bauli che venivano trascinati.

Le prime carrozze erano già gremite di studenti, alcuni si sporgevano dai finestrini a parlare con i familiari, altri si litigavano un posto. Hazel, accodata da Harry, spinse il suo carrello lungo il binario in cerca di un posto libero. Passarono accanto a un ragazzo dalla faccia tonda che stava dicendo: «Nonna, ho perso di nuovo il mio rospo».

«Oh, Neville!» udirono sospirare l’anziana signora.

Un ragazzo con le treccine rasta era circondato da una piccola folla.

«Dai, Lee, un’occhiata soltanto!»

Il ragazzo sollevò il coperchio di una scatola che teneva tra le braccia e quando qualcosa, da dentro, sporse una zampa lunga e pelosa, quelli che gli stavano intorno cominciarono a gridare e a strepitare.

I gemelli si fecero largo tra la folla finché non trovarono uno scompartimento vuoto verso la coda del treno. Harry sistemò prima di tutto Edvige nella prima cabina disponibile e poi entrambi cominciarono a spingere, tentando di sollevare il primo baule per caricarlo sul treno. Cercarono di fargli superare i gradini, ma riuscirono a malapena a sollevarne le estremità, e due volte se le fecero cadere dolorosamente sui piedi.

«Serve una mano?» 

Era uno dei due gemelli dai capelli rossi che Hazel e Harry avevano seguito oltre la barriera dei tornelli.

«Sì, grazie» ansimarono Harry e Hazel.

«Ehi, Fred! Vieni, c’è bisogno d’aiuto!»

Con il soccorso dei gemelli, entrambi i bauli vennero finalmente sistemati in un angolo dello scompartimento.

«Grazie» dissero in coro Hazel e Harry, entrambi con il fiatone appoggiati contro la parete dello scompartimento. Harry si allontanò dagli occhi i capelli madidi di sudore.

«E quella che cos’è?» chiese d'un tratto uno dei gemelli indicando la cicatrice che aveva sulla fronte Harry.

«Miseriaccia…» esclamò l’altro gemello. «Non sarai mica per caso…?»

«È proprio lui» disse il primo gemello. «Vero?» chiese poi rivolto a Harry.

«Che cosa?» chiese Harry.

«Harry Potter» risposero in coro i gemelli.

«Oh, lui» disse Harry. «Ehm, voglio dire, sì, sono io».

I due ragazzi rimasero a guardarlo a bocca aperta mentre Harry piano piano iniziava ad arrossire.

A quel punto i gemelli pel di carota spostarono la loro attenzione su Hazel, che raddrizzò di colpo la schiena a disagio.

«Quindi tu devi essere…» fece il gemello sulla sinistra e il gemello sulla destra terminò: «Hazel Potter»

«Temo proprio di sì» mormorò Hazel distogliendo lo sguardo, massaggiandosi il collo imbarazzata.

 

Con loro gran sollievo giunse una voce dalla porta del treno ancora aperta.

«Fred? George? Siete lì?»

«Veniamo, mamma».

Dopo un’ultima occhiata a Hazel e Harry, i gemelli fulvi saltarono a terra.

Harry e Hazel entrarono nella cabina da loro scelta e si sedettero accanto al finestrino dove, seminascosti, poterono osservare la famiglia pel di carota sul binario e udire quel che dicevano. La madre aveva appena tirato fuori un fazzoletto.

«Ron, hai qualcosa sul naso».

Il più piccolo cercò di scansarsi, ma lei lo afferrò e cominciò a strofinargli la punta del naso.

«Mamma… piantala!» Ron si divincolò liberandosi dalle sue grinfie.

«Ah! Ronnie piccolino ha qualcosa sul nasino?» cantilenò uno dei gemelli.

«Chiudi il becco!» intimò Ron.

«Dov’è Percy?» chiese la madre.

«Eccolo che arriva».

In quel momento arrivò a grandi passi il maggiore dei fratelli. Si era già cambiato d’abito e indossava l’ampia uniforme nera di Hogwarts. Hazel e Harry notarono che sul suo petto brillava un distintivo rosso e oro con su incisa la lettera P.

«Non posso trattenermi a lungo, mamma» disse. «Sono sulla carrozza di testa, i prefetti hanno due scompartimenti riservati…»

«Oh, tu sei un prefetto, Percy?» chiese uno dei gemelli con aria di grande sorpresa. «Avresti dovuto dircelo, non ne sapevamo niente».

«Aspetta un attimo, mi ricordo di avergli sentito dire qualcosa in proposito» disse l’altro gemello. «Una volta…»

«O due…»

«Un minuto…»

«Tutta l’estate…»

«Oh, piantatela!» esclamò il prefetto Percy.

«E come mai Percy ha degli abiti nuovi?» chiese uno dei gemelli.

«Perché lui è prefetto» disse la madre tutta intenerita. «Bene, caro, buon anno scolastico e… mandami un gufo appena arrivi».

Lo baciò sulla guancia e il ragazzo si allontanò. Poi la madre si rivolse ai gemelli.

«E ora, voi due… quest’anno vedete di comportarvi bene. Se ricevo un altro gufo che mi dice che avete… che avete fatto saltare in aria un gabinetto o…»

«Un gabinetto? Ma noi non abbiamo mai fatto saltare in aria un gabinetto».

«Che bella idea ci hai dato, grazie mamma!»

«Niente scherzi. E badate a Ron».

«Non ti preoccupare, con noi il piccolo Ronnuccio è al sicuro».

«Chiudete il becco» ripeté Ron. Aveva già raggiunto i gemelli in altezza e aveva ancora il naso arrossato nel punto dove la madre glielo aveva strofinato.

«Ehi, mamma, vediamo se indovini chi abbiamo appena incontrato sul treno!»

 

Harry trascinò istintivamente Hazel più lontana dal vetro, temendo che li notassero mentre sbirciavano.

«Sai quei due ragazzi coi capelli neri che erano vicino a noi alla stazione? Lo sai chi sono?»

«Chi sono?»

«Harry e Hazel Potter»

Hazel e Harry a quel punto udirono la vocina della più piccola.

«Oh, mamma, posso salire sul treno per vederli? Mamma, ti prego…»

«Li hai già visti, Ginny, e quei due poveri ragazzi non sono mica degli animali da zoo. Ma sono davvero loro, Fred? Come lo sai?»

«Gliel’ho chiesto, a Harry intendo. Ho visto la sua cicatrice e…è proprio come una saetta, Hazel invece è uguale a Harry… era impossibile sbagliarsi».

«Poveri cari… non c’è da stupirsi che fossero da soli, allora. Sono stati così beneducati quando mi hanno chiesto come raggiungere il binario!»

«Ma a parte questo, pensi che ricordino che aspetto aveva Tu-Sai-Chi?»

D’un tratto la madre assunse un’aria molto grave.

«Ti proibisco di chiederglielo, Fred! Non ti azzardare a farlo. Non c’è proprio bisogno di ricordarglielo il primo giorno di scuola».

«D’accordo, non ti agitare tanto».

Si udì un fischio.

«Svelti, su!» disse la madre, e i tre ragazzi si arrampicarono sul treno.

Si sporsero dal finestrino per un ultimo bacio di addio e la sorellina si mise a piangere.

«Non piangere, Ginny, ti manderemo stormi di gufi».

«Ti manderemo una tavoletta del gabinetto da Hogwarts».

«Ma George!»

«Sto scherzando, ma’»

 

Il treno si mosse. Hazel e Harry videro la madre salutare i ragazzi con la mano e la sorellina, tra il riso e le lacrime, rincorrere il treno, ma quello guadagnò velocità e lei rimase indietro, allora continuò a salutare con la mano. Le osservarono finché non scomparvero dietro la prima curva.

Dal finestrino vedevano le case sfrecciare via veloci. Sentirono un fremito di eccitazione. Non avevano bene idea a che cosa stessero andando incontro… ma certamente doveva essere meglio di quel che si stavano lasciando alle spalle.

Si posizionarono meglio sui sedili, Hazel prese posto vicino al finestrino ed Harry le si sedette a fianco; entrambi si incantarono a guardare il paesaggio scorrere veloce fuori dal finestrino.

L’idillio si interruppe dopo circa dieci minuti, quando la porta dello scompartimento si aprì ed entrò il più giovane dei ragazzi coi capelli rossi.

«Quel posto è occupato?» chiese indicando il sedile di fronte ai gemelli. «Il treno è pieno zeppo…»

I gemelli scossero la testa e il ragazzo si sedette. Lanciò una rapida occhiata prima a Harry poi a Hazel e poi si mise subito a osservare il paesaggio fuori dal finestrino, facendo finta di non averli guardati. Hazel notò che aveva ancora un segno nero sul naso.

«Ehi, Ron».

I gemelli erano tornati; comparsi dalla porta lasciata incautamente aperta da Ron.

«Senti, noi andiamo verso la metà del treno… C’è Lee Jordan che ha una tarantola gigante».

«Va bene» borbottò Ron.

«Hazel, Harry» disse il secondo gemello, «ci siamo presenti? Fred e George Weasley. E questo è nostro fratello Ron. Allora, ci vediamo dopo».

«Ciao» fecero in coro Harry, Hazel e Ron. Con un ultimo cenno di saluto George si chiuse alle spalle la porta scorrevole dello scompartimento.

«Siete davvero i gemelli, si insomma, Potter?» chiese d’impulso Ron, facendo saettare gli occhi prima su Hazel e poi su Harry. Quest’ultimo gli rispose con un cenno affermativo.

«Oh… be’, pensavo che fosse uno degli scherzi di Fred e George» disse Ron. «E hai veramente… voglio dire…»

E così dicendo indicò la fronte di Harry.

Harry si scostò la frangia per mostrare la cicatrice a forma di saetta.

Ron lo guardò fisso fisso.

«Allora è lì che Tu-Sai-Chi…?»

«Sì» rispose Harry, «ma non ricordiamo niente».

«Proprio niente?» chiese Ron tutto interessato. Hazel si strinse nelle spalle prima di dire: «Be’... ricordiamo una gran luce verde e niente altro».

«Wow!» esclamò Ron. Continuò a star seduto e a osservarli per qualche istante; poi, come se di colpo si fosse reso conto di quel che stava facendo, si affrettò a guardare di nuovo fuori dal finestrino.

«Nella tua famiglia siete tutti maghi?» chiese Harry che ricambiava Ron dello stesso interesse che Ron aveva per loro.

«Eh… sì, credo di sì» disse Ron. «Penso che mamma abbia un cugino di secondo grado che fa il ragioniere, ma non ne parliamo mai».

«Allora voi conoscete già un mucchio di magie» commentò Hazel.

I Weasley erano chiaramente una di quelle vecchie famiglie di maghi di cui aveva parlato il ragazzo dal colorito pallido a Diagon Alley.

«Ho sentito dire che siete andati a vivere con i Babbani» disse Ron. «Come sono?»

«Orribili…» rispose a bruciapelo Hazel sorprendendo Ron. Harry, vedendo l’espressione di Ron, intervenne dicendo: «Be’, non tutti. Nostra zia, nostro zio e nostro cugino sì… diciamo che avere tre fratelli maggiori sarebbe stato meglio».

«Cinque» precisò Ron. Per qualche ignota ragione si era rabbuiato. «Io sono il sesto della nostra famiglia a frequentare Hogwarts. Potete ben dire che mi tocca essere all’altezza di un sacco di aspettative. Bill e Charlie hanno già finito… Bill era Caposcuola e Charlie Capitano della squadra di Quidditch. E adesso Percy è prefetto. Fred e George sono un po’ dei mascalzoni, ma hanno ottimi voti e tutti li trovano davvero spiritosi. In famiglia, ci si aspetta che io faccia bene come gli altri, ma se poi ci riesco, nessuno la considererà una grande impresa, visto che loro l’hanno fatto prima di me. E poi, con cinque fratelli, non riesci mai a metterti un vestito nuovo. Io mi vesto con gli abiti smessi di Bill, uso la vecchia bacchetta di Charlie e il vecchio topo di Percy».

Ron si infilò la mano nella giacca e tirò fuori un topo grigio e grasso, profondamente addormentato.

«Si chiama Crosta ed è inutile; non si sveglia quasi mai. Percy ha ricevuto in dono un gufo da papà, per via che è stato fatto prefetto, ma i miei non si potevano perm… cioè, voglio dire, io invece, ho ricevuto Crosta».

Le orecchie gli erano diventate rosse. Forse pensava di aver detto troppo, perché tornò a guardare fuori dal finestrino.

Hazel e Harry si guardarono tranquilli, non trovando niente di sbagliato nel fatto di non potersi permettere un gufo. Dopotutto, fino a un mese prima, loro stessi non avevano mai avuto un soldo in tasca, e lo dissero a Ron, raccontandogli che anche loro portavano sempre gli abiti smessi di Dudley e che non avevano mai ricevuto un regalo di compleanno decente. Il ragazzo sembrò sollevato.

«… e finché Hagrid non ce l’ha detto, non sapevamo neanche di appartenere al mondo magico» disse Harry, facendo spallucce.

«… e ignoravamo tutto sui nostri genitori o su Voldemort…» finì Hazel.

Ron trattenne il fiato.

«Che cosa c’è?» chiese Harry.

«Ha pronunciato il nome di Tu-Sai-Chi!» disse Ron con aria sconvolta e colpita a un tempo. «Avrei creduto che proprio tu, anzi voi, fra tutti…»

 

«Non sto cercando di fare la coraggiosa o cose del genere, pronunciando quel nome» rispose Hazel tranquilla.

«Il fatto è che noi, semplicemente, non sapevamo che non si potesse fare. Capisci che cosa intendo? Abbiamo un mucchio di cosa da imparare… Scommetto» aggiunse Harry esprimendo ad alta voce per la prima volta una preoccupazione che lo aveva assillato negli ultimi tempi, «scommetto che sarò il peggiore della classe».

«Ma no, vedrete. Ci sono molti ragazzi che vengono da famiglie babbane e che imparano abbastanza velocemente»

«Non sarai il peggiore, dopotutto niente ci impedisce di imparare tutto quello che non sappiamo una volta arrivati a Hogwarts, no?» disse Hazel facendo spallucce al fratello. Harry si strinse nelle spalle non troppo convinto. Hazel scombinò con una mano la chioma del fratello per poi punzecchiargli con il dito la guancia e, sporgendosi verso di lui, disse sorridendo incoraggiante: «Va bene?».

Harry copiò i gesti della sorella allungando un dito verso la guancia di lei e, sorridendo più sereno, rispose: «Va bene».

~ * ~

Mentre parlavano, il treno li aveva portati fuori Londra. Adesso correvano lungo pascoli pieni di mucche e pecore. Rimasero in silenzio per un po’ guardando filare via campi e viottoli.

Intorno alla mezza, sentirono un gran fracasso nel corridoio, e una donna sorridente, con due fossette sulle guance, aprì la porta dello scompartimento e chiese: «Desiderate qualcosa del carrello?»

Harry e Hazel, che non avevano fatto colazione, balzarono in piedi, ma Ron, cui si erano di nuovo arrossate le orecchie, bofonchiò che lui aveva portato dei panini. Harry e Hazel uscirono nel corridoio.

Con i Dursley, non avevano mai avuto soldi per i dolci, ma ora che avevano le tasche piene e rigurgitanti di oro e argento, erano pronti a comprarsi tutti i Mars e Smarties che volevano. Ma la signora non ne aveva. Aveva invece Gelatine Bertie Bott Tuttigusti+1, Gomme Belle Drooble, Cioccorane, Zuccotti di zucca, Calderotti, Bacchette magiche di liquirizia e un’infinità di altre strane cose che Harry e Hazel non aveva mai visto in vita loro. Poiché non volevano perdersene nessuna, presero un po’ di tutto e di più e pagarono alla donnina undici falci d’argento e sette zellini di bronzo.

Ron li guardò con tanto d’occhi quando tornarono con tutto quel bendidio nello scompartimento, rovesciando tutto sul sedile vuoto a fianco a Ron.

«Fame, eh?»

«Da morire» risposero Harry e Hazel, uno addentando uno Zuccotto di zucca e l’altra una bacchetta magica di liquirizia.

Ron aveva tirato fuori un pacchetto tutto bitorzoluto che scartò. Dentro c’erano quattro panini. Ne aprì uno dicendo: «Mamma si dimentica sempre che non mi piace la carne in scatola»

«Facciamo cambio: prendi uno di questi» disse Hazel porgendo un dolce a caso dalla pila. «Dai!...»

«Ma questo è immangiabile, è tutto secco» disse Ron. «Mamma non ha molto tempo» si affrettò ad aggiungere, «sapete, con cinque figli…»

«Dai, prendi un dolce» rincarò Harry, fino a quel momento non avevano mai avuto niente da dividere con gli altri, o meglio, nessuno con cui dividere qualcosa. Era una sensazione piacevole starsene lì seduti con Ron a dar fondo a tutti quei dolci, dimenticandosi dei panini.

«E queste, che cosa sono?» chiese Harry a Ron mostrandogli un pacchetto di Cioccorane. «Non saranno mica rane vere?» Cominciava a pensare che tutto fosse possibile.

«No» disse Ron. «Ma guarda che figurina c’è dentro, mi manca Agrippa».

«Guardare cosa dove?» chiese con tanto d’occhi Hazel a Ron.

«Oh, certo, voi non potete saperlo… Dentro alle Cioccorane ci sono delle figurine… sapete, per fare collezione… Streghe e maghi famosi. Io ne ho circa cinquecento, ma mi mancano Agrippa e Tolomeo».

Harry scartò la sua Cioccorana, sotto lo sguardo curioso di Hazel, e prese la figurina. Mostrava il viso di un uomo. Portava occhiali a mezzaluna, aveva un naso lungo e adunco e capelli, barba e baffi fluenti e argentei. Sotto, c’era scritto il nome: Albus Silente.

«Allora, questo è Silente» commentarono Hazel e Harry.

«Ora non ditemi che non sapete niente su di lui!» esclamò Ron. «Mi date una rana? Forse trovo Agrippa… Grazie».

Hazel porse a Ron una cioccorana distrattamente, mentre continuava ad osservare la figurina tra le mani del fratello, Harry girò la figurina e trovò una breve descrizione che lesse ad alta voce: «Albus Silente, attuale Preside di Hogwarts. Considerato da molti il più grande mago dell’era moderna, Silente è noto soprattutto per avere sconfitto nel 1945 il Mago Oscuro Grindelwald, per aver scoperto i dodici usi del sangue di drago e per i suoi esperimenti di alchimia, insieme al collega Nicolas Flamel. Il professor Silente ama la musica da camera e il bowling.»

 

Mentre Harry rigirava di nuovo la figurina, Hazel si allungò un attimo per prendere un Calderotto, quando tornò a fianco del fratello notò come lui la mancanza di qualcosa sul fronte della figurina.

«Ma… » disse Hazel guardando Harry giusto per essere sicura di non avere le visioni, ma dalla sua espressione capì in fretta che non si stava sbagliando.

«È sparito!» disse Harry incredulo, con gli occhi fissi sulla finestra scura dove poco prima si trovava Albus Silente.

«Be’, non potete mica pretendere che se ne rimanga lì tutto il giorno» disse Ron. «Tornerà tranquilli. No! Ho trovato un’altra Morgana e ne ho già sei… La volete voi? Potete cominciare a fare la raccolta».

Lo sguardo di Ron si perse sulla montagna di Cioccorane che aspettavano ancora di essere scartate.

«Serviti pure» lo invitò Harry vedendolo e passando la figurina a Hazel che iniziò ad analizzarla in ogni angolazione possibile, finendo anche per agitarla nella speranza che Silente tornasse.

«Sai, nel mondo dei Babbani la gente nelle foto non se ne va mica a spasso!» commentò Harry osservando di sottecchi la sorella che fissava imbronciata la figurina vuota.

«Ma davvero? Cioè, non si muovono per niente?» Ron sembrava molto stupito. «Che strano!».

Hazel fece un breve salto sul sedile nel vedere Silente ricomparire di colpo sulla figurina, il quale le rivolgeva un impercettibile sorriso. Tutta contenta lo mostrò a Harry che scosse la testa senza aggiungere altro.

A Ron interessava più mangiare le Cioccorane che guardare le figurine dei Maghi e delle Streghe più famosi: Harry e Hazel, invece, ne erano incantati. Ben presto non ebbero più soltanto Silente e Morgana, ma anche Hengist di Woodcroft, Alberic Grunnion, Circe, Paracelso e Merlino. Finalmente, mentre Harry rimaneva incantato da Cliodna la druida, che si stava grattando il naso, Hazel afferrò il primo pacchetto di Tuttigusti+1.

«Con quelle dovete fare attenzione» li ammonì Ron, con una cioccorana mangiata a metà in mano. «Tuttigusti vuol dire proprio tutti i gusti… potete trovare quelli più comuni come cioccolato, menta e marmellata d’arancia, ma può anche capitarvi spinaci, fegato e trippa. George dice che una volta ne ha trovate alcune al gusto di caccole».

Ron prese una gelatina verde, la guardò attentamente e ne morse un pezzetto.

«Bleaaah!... Visto? Cavoletti di Bruxelles».

Si divertirono molto a mangiare le gelatine. I gemelli ne trovarono al sapore di pane tostato, di noce di cocco, di fagioli in scatola, di fragola, di curry, d’erba fresca, di caffè, di sardina; Harry ebbe anche il coraggio di assaggiarne una di colore grigio che Ron non aveva voluto neanche toccare e che, scoprirono, sapeva di pepe.

Ora, la campagna che sfrecciava sotto i loro occhi si era fatta più selvaggia. Niente più campi ordinati. C’erano boschi, fiumi tortuosi e colline color verde scuro.

Qualcuno bussò alla porta dello scompartimento: era il ragazzo dal faccione rotondo che i gemelli avevano superato al binario nove e tre quarti.

Sembrava in lacrime.

 

«Scusate» disse, «avete mica visto un rospo?»

Quando loro scossero la testa, disse gemendo: «L’ho perso! Continua a scappare!»

«Vedrai, tornerà» disse Harry.

«Non preoccuparti» aggiunse Hazel con un sorriso incoraggiante.

«Sì» convenne tristemente il ragazzo. «Se lo vedete…»

E se ne andò.

«Non capisco perché si preoccupa tanto» commentò Ron. «Se mi fossi portato un rospo avrei cercato di perderlo il prima possibile. E comunque non sono certo io che posso parlare: mi sono portato Crosta!»

Il topo stava ancora ronfando sulle ginocchia di Ron.

«Potrebbe essere morto e non ci si farebbe neanche caso» disse Ron con amarezza. «Ieri ho cercato di farlo diventare giallo per renderlo un po’ più interessante, ma l’incantesimo non ha funzionato. Guardate, vi faccio vedere…»

 

Rovistò nel suo baule e tirò fuori una bacchetta dall’aria malconcia. In alcuni punti era scheggiata e all’estremità baluginava qualcosa di bianco.

«I crini di unicorno stanno per scappare fuori. Fa niente…»

Aveva appena alzato in aria la bacchetta che la porta si spalancò di nuovo. Il ragazzo che aveva perso il rospo era tornato, ma questa volta con lui c’era una ragazzina che indossava la sua uniforme di Hogwarts nuova fiammante.

«Qualcuno ha visto un rospo? Neville ha perso il suo» disse. Aveva un tono autoritario, folti capelli bruni ed i denti davanti piuttosto grandi.

«Gli abbiamo già detto che non lo abbiamo visto» disse Ron, ma la ragazza non ascoltava; stava guardando la bacchetta che lui teneva in mano.

«State facendo una magia? Vediamo!»

Si sedette in un angolino a fianco ad Harry. I gemelli si scambiarono un’occhiata perplessa mentre Ron stava lì, tra il sorpreso e il confuso.

«Ehm… va bene»

Si schiarì la gola.

«Sole, mimosa, caciocavallo,

stupido topo, diventa giallo!»

Agitò la bacchetta ma non accadde nulla. Crosta era sempre grigio e continuava imperterrito a dormire.

«Sei sicuro che sia un vero incantesimo?» chiese la ragazza. «Comunque, non funziona molto bene, o sbaglio? Io ho provato a fare alcuni incantesimi semplici semplici e mi sono riusciti tutti. Nella mia famiglia, nessuno ha i poteri magici; è stata una vera sorpresa quando ho ricevuto la lettera, ma mi ha fatto un tale piacere, naturalmente, voglio dire, è la migliore scuola di magia che esista, ho sentito dire… Ho imparato a memoria tutti i libri di testo, naturalmente, spero proprio che basti… E… a proposito, io mi chiamo Hermione Grenger, e voi?»

Tutto questo l’aveva detto quasi senza riprendere fiato.

Harry lanciò un’occhiata a Ron e si sentì molto sollevato nel constatare dalla sua espressione attonita che neanche lui aveva imparato a memoria i libri di testo; nel mentre Hazel osservava la scena passivamente, una discreta stanchezza la stava prendendo (sicuramente causata dalla levataccia e dalla quantità non indifferente di dolci che si era mangiata), per cui non la colpì più di tanto che Hermione avesse memorizzato i libri di testo. Dopotutto lo aveva fatto anche lei, ma non vedeva il motivo di dirlo ad alta voce.

 

«Io sono Ron Weasley» bofonchiò Ron.

«Harry Potter» si presentò Harry.

«Hazel Potter» si presentò per ultima Hazel, mascherando dietro la mano uno sbadiglio.

 

«Davvero?» disse Hermione. «So tutto di voi, i gemelli Potter, naturalmente… ho comprato alcuni libri facoltativi, come lettere preparatorie, e ho visto che siete citati in Storia moderna della Magia, in Ascesa e declino delle Arti Oscure e anche in Grandi eventi magici del Ventesimo secolo».

«Sul serio?» chiese Harry sbalordito.

«Impressionante» commentò sottovoce Hazel, nel mentre che recuperava la felpa che si era tolta tempo prima e la convertiva in un utile cuscino.

«Ma santo cielo, non lo sapevate? Io, se fossi in voi, avrei cercato di sapere tutto il possibile» disse Hermione. Hazel sgranò gli occhi senza farsi notare, solo a pensare di leggere dei libri che parlavano di lei le faceva venire i brividi per il disagio. Comunque Hermione non ci fece caso e continuò a parlare: «Sapete in quale Casa andrete? Io ho chiesto in giro e spero di essere a Grifondoro; sembra di gran lunga la migliore; ho sentito dire che c’è andato anche Silente, ma penso che anche Corvonero non dovrebbe poi essere tanto male… Comunque, meglio che ci muoviamo e andiamo a cercare il rospo di Neville. E voi tre fareste bene a cambiarvi, sapete? Credo che tra poco arriveremo… ma cosa stai facendo?».

Hermione fissava con fare incredulo e un po’ scandalizzato Hazel (attirando l’attenzione dei tre ragazzi su quest’ultima), che nel mentre che lei stava parlando si era appoggiata, usando il novello cuscino, contro il vetro della finestra e aveva chiuso gli occhi.

Hazel riaprì a metà l’occhio sinistro, ignorò le espressioni di tutti e puntò dritta verso Hermine con fare un po’ seccato.

«Cosa credi che stia facendo?» gli rispose a tono Hazel, vedendo Hermione arricciare il naso offesa.

«Ti ho appena detto che tra poco arriveremo e che dovreste prepararvi, non mi hai sentito?» disse Hermione sempre con quel tono autoritario da militare.

«Ti ho sentita benissimo, ho solo scelto di non seguire il tuo consiglio. Qualche problema?» rispose Hazel racimolando tutta la pazienza che il suo cervello mezzo addormentato le permetteva.

«Ma-» Iniziò subito Hermione, ma l’occhiata al limite della pazienza di Hazel la fece desistere e dire: «Bene, fate come volete».

E se ne andò portando con sé il padrone del rospo smarrito.

 

Hazel sospirò piano prima di incrociare gli occhi di Harry e arricciare le labbra in una smorfia di stanchezza.

«Ho veramente sonno…» sospirò Hazel, Harry senza dire nulla annuì.

«E poi non mi è piaciuto molto il suo modo di fare…» bisbigliò Hazel e Harry annuì nuovamente e disse: «Neanche a me».

A quel punto Hazel riappoggiò la testa contro il finto cuscino, chiuse gli occhi e mormorò piano: «E poi non ha neanche bussato prima di entrare…».

Dopo pochi minuti il respiro di Hazel si fece leggero, sintomo che si era addormentata.

Ron e Harry si scambiarono un'occhiata prima di iniziare a parlare a bassa voce per non svegliarla.

«Qualunque sia la mia Casa, spero che non sia anche la sua» disse Ron, riferendosi chiaramente a Hermione. Ripose con un po’ di astio la bacchetta nel baule. «Stupido incantesimo… Me l’ha dato George, scommetto che lui lo sapeva che era una fregatura».

«In quale Casa sono i tuoi fratelli?» chiese Harry.

«Grifondoro» disse Ron e di nuovo sembrò offuscato da un velo di tristezza. «Anche papà e mamma sono stati lì. Chissà che cosa diranno se io non ci vado. Non credo che Corvonero sarebbe male, ma pensa se mi mettono a Serpeverde…»

«Era la Casa di Vol… ehm… di Tu-Sai-Chi, vero?»

«Sì» confermò Ron. E si lasciò ricadere all’indietro sul sedile con aria depressa.

«Sai? Mi sembra che le punte dei baffi di Crosta siano diventate un po’ più chiare» disse Harry cercando di distrarlo dal pensiero delle Case. «E… dimmi, che cosa fanno i tuoi fratelli più grandi ora che hanno finito?»

Harry si chiedeva che cosa mai facesse un mago, una volta terminati gli studi.

«Charlie è in Romania a studiare i draghi e Bill in Africa a lavorare per la Gringott» disse Ron. «Avete mai sentito parlare della Gringott? Ne ha scritto molto La Gazzetta del Profeta, ma non credo che siano notizie che arrivano nel mondo dei Babbani… qualcuno ha cercato di rapinare una camera di massima sicurezza».

 

Harry lo fissò attonito.

«Davvero? E che cosa gli hanno fatto?»

«Niente. Per questo la notizia ha fatto tanto scalpore. Non li hanno presi. Papà dice che ad aggirarsi alla Gringott deve essere stato un potente Mago Oscuro, ma sembra che non sia stato preso niente, questa è la cosa strana. Naturalmente, quando succedono cose di questo genere tutti si spaventano pensando che dietro ci sia Tu-Sai-Chi».

Harry rimuginò sulla notizia. Cominciava ad avvertire un fremito di paura ogni volta che veniva nominato Tu-Sai-Chi. Riteneva che questo facesse parte del suo ingresso nel mondo della magia, ma come la sorella, non si era sentito a disagio a dire ‘Voldemort’.

«Per che squadra di Quidditch tifi?» chiese Ron.

«Ehm… non ne conosco nessuna» ammise Harry.

«Che cosa?» Ron era esterrefatto. «Aspetta e vedrai, è il più bel gioco del mondo…» Ed eccolo partito in quarta a spiegare tutto sulle quattro palle e sulla posizione dei sette giocatori, e descrivere le partite famose cui aveva assistito con i suoi fratelli e la scopa che gli sarebbe piaciuto comprarsi se avesse avuto i soldi. Stava illustrando a Harry gli aspetti più interessanti del gioco quando la porta dello scompartimento si spalancò di nuovo; ma questa volta non erano né Neville, il ragazzo che aveva perso il rospo, né Hermione Granger.

~ * ~

Entrarono tre ragazzi e Harry riconobbe immediatamente quello al centro: era il giovane dal colorito pallido che aveva incontrato nel negozio di abbigliamento di Madame Malkin. Stava osservando Harry, e la figura addormentata di Hazel, con un interesse assai maggiore di quello che aveva manifestato in Diagon Alley. Di riflesso Harry si mise davanti al corpo addormentato di Hazel.

«È vero?» chiese. «Per tutto il treno vanno dicendo che i gemelli Potter si trovano in questo scompartimento. Siete voi?»

«Sì» disse Harry, guardando gli altri due ragazzi. Erano corpulenti e avevano un’aria molto cattiva. Stavano uno di qua e l’altro di là del ragazzo pallido e sembravano guardie del corpo.

«Oh, questo è Crabbe e questo è Goyle» fece il ragazzo pallido con noncuranza, notando lo sguardo di Harry. «E io mi chiamo Malfoy. Draco Malfoy».

Ron diede un colpetto di tosse che avrebbe potuto benissimo dissimulare una risatina. Draco Malfoy lo guardò.

«Trovi buffo il mio nome, vero? Non c’è bisogno che chieda a te come ti chiami. Mio padre mi ha detto che tutti i Weasley hanno capelli rossi, lentiggini e più figli di quelli che si possono permettere».

Si rivolse a Harry.

«Non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono migliori di altre, Potter. Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate…? In questo posso aiutarti io».

Allungò una mano per stringere quella di Harry, ma lui non la prese.

«Credo di essere capace di capire da solo chi sono le persone sbagliate, grazie» gli rispose gelido.

Draco non arrossì, ma le guance pallide gli si tinsero di un vago colorito roseo.

«Io ci andrei piano se fossi in te, Potter» disse lentamente. «Se non diventi più gentile, tu e tua sorella farete la stessa fine dei vostri genitori. Neanche loro sapevano come ci si comporta. Continua a frequentare gentaglia come i Weasley e quell’altro Hagrid e diventerai né più né meno come loro».

Harry e Ron balzarono entrambi in piedi.

Inaspettatamente anche un terzo corpo si mosse rapido, scivolò in mezzo ai due ragazzi e si piazzò a gambe larghe di fronte a Ron e Harry. Hazel, si erse in tutta la sua altezza e puntò minacciosamente contro il naso di Draco Malfoy la bacchetta, facendogli perdere quel poco di colore che aveva acquisito sulle guance.

 

«Permettimi di spiegarti quanto tutto quello che hai appena detto vada contro al concetto base di fare amicizia… punto uno» Hazel mosse la bacchetta dal naso alla guancia sinistra di Draco, senza mai staccare gli occhi dai suoi, e disse: «non si insultano gratuitamente le persone già amiche di chi tu vuoi avvicinare, maleducato…» la bacchetta a questo punto si spostò sulla guancia destra di Draco, «Punto due, se cercavi di stupirci o persino farci cadere in ginocchio vantando il tuo nome caschi male, anzi, sono alquanto stupita dal fatto che tu non sappia (dato quanto la nostra esistenza sia di dominio pubblico) che abbiamo passato tutta la nostra vita in una famiglia Babbana, e quindi conosciamo ben poco del mondo magico» a quel punto la bacchetta si spostò in mezzo alla fronte corrucciata di Draco. 

Prima che il ragazzo potesse dire alcunché fu anticipato da Hazel che gli riversò contro tutto l’irritazione maturata in quella giornata.

«Non capisco veramente perché la gente si ostini a insultare i nostri genitori in modo così gratuito, insomma chi sei tu per lamentarti delle loro scelte? Non capisci neanche quanto sei fortunato a vivere in tempo di pace grazie al sacrificio di chi tu ora offendi! Ignorante!… Ma tanto che parlo a fare… dopotutto non conosco il signorino Draco Malfoy, non so mica se gli hanno insegnato l’educazione, ma direi di no, non so mica se gli hanno insegnato il rispetto, ma direi proprio di no, non so mica perché è figlio unico, ma qualche idea me la sono fatta»

 

Ci fu un momento di stallo in cui nessuno parlò, poi Hazel sentì dietro di sé Harry e Ron tremare e dissimulare malamente con dei colpi di tosse le risate. Draco riprese il colore che aveva precedentemente perso e infiammandosi ancor di più e, senza muoversi dato che aveva ancora la bacchetta di Hazel ben puntata sulla fronte, disse quasi ringhiando a Hazel: «Come ti permetti di insultarmi

«Non ti ho insultato, ho solo detto quello che penso. Vorrei precisare che sei stato tu per primo ad averci insultato, o te lo sei già dimenticato?… e se non accetti qualcosa che ho detto non mi interessa» rispose Hazel per niente turbata.

«Se non hai altro da aggiungere potete anche andarvene, sapete dov’è la porta, no?»

«Ma noi non abbiamo nessuna voglia di andarcene, vero, ragazzi? Abbiamo finito tutte le cose da mangiare e vedo che qui ne avete un bel po’» ghignò Malfoy.

Goyle fece per prendere le Cioccorane posate vicino Ron… Questi balzò in avanti, ma non aveva fatto in tempo a sfiorare Goyle che quest’ultimo emise un grido lacerante.

Crosta, il topo, gli stava appeso a un dito, i piccoli denti aguzzi piantati nelle nocche… Crabbe e Malfoy si ritrassero mentre Goyle faceva roteare Crosta, ululando, e quando finalmente il topo si staccò andando a sbattere contro il finestrino, tutti e tre scomparvero immediatamente. Subito Hazel si affacciò alla porta per urlargli dietro: «La prossima volta bussate prima di entrare, magari vi andrà meglio!».

Tranquilla Hazel si voltò e per poco le venne un infarto per la comparsa improvvisa di Hermione Granger.

«Che cosa diavolo è successo, qui?» chiese guardando prima Hazel con in mano la bacchetta, per poi spostare gli occhi nella cabina dove c’erano la maggior parte dei dolci per terra e infine su Ron che raccoglieva Crosta per la coda.

«Mi sa che me l’hanno fatto fuori» disse Ron ad alta voce. Poi lo guardò più da vicino. «No… è incredibile… si è addormentato di nuovo!»

E difatti, era proprio così.

«Conoscevate già Malfoy?» chiese Ron sia a Hazel, che stava rientrando nella cabina, che a Harry che aveva preso a tirare su le cose da terra. Harry raccontò del loro incontro a Diagon Alley.

«Ho sentito parlare della sua famiglia» disse Ron cupo. «Sono stati tra i primi a tornare dalla nostra parte dopo che Tu-Sai-Chi è scomparso. Dissero che erano stati stregati. Papà non ci crede. Dice che al padre di Malfoy non serviva una scusa per passare dal Lato Oscuro». Poi, volgendosi a Hermione: «Possiamo esserti utili in qualcosa?»

«Dovete sbrigarvi a vestirvi; vengo dalla cabina della motrice e il macchinista mi ha detto che siamo quasi arrivati. Non avrete mica fatto a botte? Sareste nei guai prima ancora di arrivare!»

«Tecnicamente è stato Crosta, non noi» disse Ron guardandola storto e Hazel aggiunse «Io gli ho solo fatto notare un paio di cose e lui se l’è subito presa, bah» al che sia Ron che Harry si misero a ridacchiare dicendo: «Già, chissà come mai!»

Hazel alzò gli occhi al cielo con un sorrisetto e più tranquilla chiese ad Hermione: «Ti spiacerebbe uscire mentre ci cambiamo?»

«Va bene… Ma loro mi seguono! Una ragazza non si può cambiare insieme a dei ragazzi, è una cosa indecente!» disse Hermione trascinando fuori sia Harry che Ron, chiudendosi la porta alle spalle.

Hazel si guardò intorno smarrita nel trovarsi di colpo da sola, per cui si affrettò a cambiarsi. Terminata la vestizione fece rientrare i ragazzi, notando così come Hermione era rimasta a supervisionare che non sbirciassero.

«Vedo che ti sei cambiata, bene. Io adesso vado nella mia cabina, ciao» disse rapidamente Hermione prima di defilarsi. Hazel fece a malapena in tempo a dire «Ciao» che era già fuggita.

 

 

Dopo poco Harry fece rientrare Hazel nella cabina, permettendole così di sbirciare fuori dal finestrino. Stava calando la sera. Le montagne e le foreste si stagliavano contro un cielo violaceo. Sembrò anche che il treno stesse effettivamente rallentando.

Una voce risuonò per tutto il treno: «Tra cinque minuti arriveremo a Hogwarts. Siete pregati di lasciare il bagaglio sul treno; verrà portato negli edifici della scuola separatamente».

Un discreto nodo allo stomaco prese sia Hazel che Harry, si accorsero che Ron era pallido, sotto le lentiggini. Rapidi, infilarono nelle tasche gli ultimi dolci rimasti e si unirono alla calca che affollava il corridoio.

 

Dopo aver rallentato, infine il treno si fermò. I passeggeri procedettero a spintoni verso lo sportello e poi scesero su un marciapiede stretto e buio. I gemelli rabbrividirono all’aria gelida della notte. Poi, sopra le teste degli studenti, apparve la luce sobbalzante di una lanterna, e Harry e Hazel udirono una voce familiare: «Primo anno! Primo anno da questa parte! Tutto bene, cari?»

Il faccione irsuto di Hagrid sorrideva radioso sopra il mare di teste, i gemelli non poterono che ricambiare il suo sorriso con uno altrettanto entusiasta e nervoso.

«Coraggio, seguitemi… C’è qualcun altro del primo anno? E ora attenti a dove mettete i piedi. Quelli del primo anno mi seguano!»

Scivolando e incespicando, seguirono Hagrid giù per quello che sembrava un sentiero ripido e stretto. Da entrambi i lati il buio era così fitto che Harry e Hazel immaginarono che il sentiero fosse fiancheggiato da folti alberi, si presero per mano inconsciamente. Nessuno aveva molta voglia di parlare. Neville, il ragazzo che ancora non aveva ritrovato il suo rospo, tirò su col naso un paio di volte.

«Fra un attimo: prima vista panoramica su Hogwarts!» annunciò Hagrid parlando da sopra la spalla. «Ecco, dopo questa curva!»

Ci fu un coro di «Ohhhh!»

Lo stretto sentiero si era spalancato all’improvviso sul bordo di un grande lago nero. Appollaiato in cima a un’altra montagna sullo sfondo, con le finestre illuminate che brillavano contro il cielo pieno di stelle, sorgeva un grande castello con molte torri e torrette.

«Non più di quattro per battello» avvertì Hagrid indicando una flotta di piccole imbarcazioni in acqua, vicino alla riva. Insieme a Harry, Hazel e Ron salì Hermione.

«Tutti a bordo?» gridò Hagrid che aveva un’imbarcazione personale. «Bene… SI PARTE!»

 

Tutte le barchette si staccarono dalla riva contemporaneamente, scivolando sul lago liscio come vetro. Tutti tacevano, lo sguardo fisso sul grande castello che li sovrastava. Torreggiava su di loro, man mano che si avvicinavano alla rupe su cui era arroccato.

«Giù la testa!» gridò Hagrid quando le prime barche raggiunsero la scogliera; i ragazzi obbedirono e i battelli li trasportarono attraverso una cortina d’edera che nascondeva una grande apertura sul davanti della scogliera stessa. Poi attraversarono un lungo tunnel buio, che sembrava portare dritto sotto il castello, e infine raggiunsero una sorta di porto sotterraneo dove si arrampicarono tra scogli e sassi.

«Ehi, tu! È tuo questo rospo?» chiese Hagrid che stava controllando le barche via via che i ragazzi scendevano.

«Trevor!» gridò Neville al settimo cielo tendendo le mani. Poi si arrampicarono lungo un passaggio nella roccia, preceduti dalla lanterna di Hagrid e finalmente emersero sull’erba morbida e umida, proprio all’ombra del castello.

 

Salirono una scalinata di pietra e si affollarono davanti all’immenso portone di quercia.

«Ci siamo tutti? E tu, ce l’hai ancora il tuo rospo?»

Hagrid alzò il pugno gigantesco e bussò tre volte.

Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

Chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

Chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Dunque… sono comparsi i miei adorati gemellini Weasley! Li adoro alla follia.

Direste mai che Draco è uno dei miei personaggi preferiti? Si insomma è un rompiballe di prima categoria e si meriterà tutti gli insulti velati di Hazel, nessuno escluso.

Eh, beh, sappiate solo che non vedo l'ora di arrivare al troll, ci sarà da ridere *.*.  

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI: Ansia da Prestazione, Smistamento e Separazione ***


Note Immortal Lady del 02/05/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo VI: Ansia da Prestazione, Smistamento e Separazione ~

 

La porta si aprì all’istante. Apparve una strega alta, dai capelli corvini, vestita di verde smeraldo. Aveva un volto molto severo e il primo pensiero di Harry e Hazel fu: è una persona che bisogna evitare di contrariare.

«Ecco qua gli allievi del primo anno, professoressa McGonagall» disse Hagrid.

«Grazie, Hagrid. Da qui in avanti li accompagno io».

Spalancò la porta. La Sala d’ingresso era così grande che ci sarebbe entrata comodamente tutta la casa dei Dursley. Le pareti di pietra erano illuminate da torce fiammeggianti come quelle della Gringott, il soffitto era talmente alto che si scorgeva a malapena e di fronte a loro una sontuosa scalinata in marmo conduceva ai piani superiori.

 

I ragazzi seguirono la professoressa McGonagall calpestando il pavimento a lastre di pietra. I gemelli udivano il brusio di centinaia di voci provenire da una porta a destra - il resto della scolaresca doveva essere già arrivato - ma la professoressa McGonagall condusse quelli del primo anno in una saletta vuota, oltre la Sala d’Ingresso.

Ci si stiparono dentro, molto più pigiati di quanto normalmente avrebbero fatto, guardandosi intorno tutti nervosi.

«Benvenuti a Hogwarts» disse la professoressa McGonagall. «Il banchetto per l’inizio dell’anno scolastico avrà luogo tra breve, ma prima di prendere posto nella Sala Grande, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui a Hogwarts, la vostra Casa sarà un po’ come la vostra famiglia. Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala comune della vostra Casa.

«Le quattro Case di chiamano Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna ha la sua nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim’ordine. Per il tempo che resterete a Hogwarts, i trionfi che otterrete faranno vincere punti alla vostra Casa, mentre ogni violazione delle regole gliene farà perdere. Alla fine dell’anno, la Casa che avrà totalizzato più punti verrà premiata con la Coppa delle Case, il che costituisce un grande onore. Spero che ognuno di voi darà lustro alla Casa cui verrà destinato.

«La Cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochi minuti, davanti a tutti gli altri studenti. Nell’attesa, vi suggerisco di rimettervi il più possibile in ordine».

E così dicendo, i suoi occhi indugiarono per un attimo sul mantello di Neville, che era tutto storto, e sul naso sporco di Ron.

Harry e Hazel si guardarono, i vestiti erano apposto ma i capelli erano all’aria come al solito; provarono a lisciarsi a vicenda i capelli per dargli un minimo di ordine. Azione praticamente inutile, i ciuffi più corti tornarono presto a sfidare la gravità.

«Tornerò non appena saremo pronti per la Cerimonia» disse la professoressa McGonagall. «Vi prego di attendere in silenzio».

Uscì dalla stanza. I gemelli deglutirono nervosi.

«Di preciso, in che modo ci smistano per Casa?» chiese Harry a Ron.

«Una specie di prova, credo. Fred ha detto che è molto dolorosa, ma penso che stesse scherzando».

«Mi sto iniziando a sentire male» ammise Hazel a bassa voce.

Una prova? Di fronte a tutta la scuola? Ma loro non sapevano niente di magia… cosa avrebbero dovuto fare? Non si erano aspettati nulla di simile, all’arrivo. Harry e Hazel sentirono un tuffo al cuore. Harry si guardò intorno ansioso e vide che tutti gli altri erano terrorizzati quanto lui. Persino Malfoy sembrava più pallido di prima. Nessuno aveva molta voglia di parlare, tranne Hermione Granger che stava spiattellando a bassa voce, con parlantina inarrestabile, tutti gli incantesimi che aveva imparato, chiedendosi di quale dei tanti avrebbe dovuto servirsi. Hazel si era tappata le orecchie nel tentativo di non ascoltarla. Non erano mai stati tanto nervosi in vita loro, mai, neanche quando erano tornati a casa dei Dursley con una nota della scuola in cui si diceva che, non si sapeva come, avevano fatto diventare blu il parrucchino dell’insegnante.

Hazel e Harry si guardarono, l’ansia che usciva da ogni poro. Spalla contro spalla presero a fissare la porta. Ormai ogni momento era buono perché la professoressa McGonagall tornasse per condurli verso il loro destino.

Poi accadde una cosa che fece letteralmente fare un salto ad entrambi… Dietro di loro, molti ragazzi gridarono.

«Ma che cosa…?» mugugnò Harry mentre Hazel, a bocca aperta e senza fiato, osservava ciò che aveva di fronte a sé.

Una ventina di fantasmi erano appena entrati nella stanza, attraversando la parete in fondo. Di color bianco perlaceo e leggermente trasparenti, scivolavano per la stanza parlando tra di loro quasi senza guardare gli allievi del primo anno. Sembrava che stessero discutendo. Quello che assomigliava a un monaco piccolo e grasso stava dicendo: «Io sono dell’idea che bisogna perdonare e dimenticare; dobbiamo dargli un’altra possibilità…»

«Mio caro Frate, non abbiamo forse dato a Peeves tutte le possibilità che meritava? Non fa che gettare discredito sul nostro nome, e poi non è neanche un vero e proprio fantasma… Ehi, dico, che cosa ci fate qui?»

Un fantasma in calzamaglia e gorgiera aveva d’un tratto notato gli studenti del primo anno.

Nessuno rispose, nemmeno Hermione notò Hazel in un angolo remoto del suo cervello.

«Nuovi studenti!» disse Frate Grasso abbracciando tutti con un sorriso. «In attesa di essere smistati, suppongo»

Alcuni annuirono in silenzio.

«Spero di vedervi tutti a Tassorosso!» disse il Frate. «Sapete? È stata la mia Casa».

«E ora, sgomberare!» ordinò una voce aspra. «Sta per cominciare la Cerimonia dello Smistamento».

La professoressa McGonagall era tornata. A uno a uno, i fantasmi si dileguarono attraversando la parete di fronte.

«Mettetevi in fila e seguitemi» ordinò la professoressa McGonagall agli allievi del primo anno.

Hazel per riprendersi si diede dei rapidi schiaffi sulle guance e con le gambe un po’ gelatinose si mise in fila dietro a un ragazzo dai capelli rossicci, Harry la seguì e Ron dietro di lui.

Uscirono dalla stanza, attraversarono di nuovo la Sala d’Ingresso, oltrepassarono un paio di doppie porte, ed entrarono nella Sala Grande.

Una cosa era certa, Harry e Hazel non avevano mai immaginato in vita loro che potesse esistere un posto tanto splendido e sorprendente. La sala era illuminata da migliaia e migliaia di candele sospese a mezz’aria sopra quattro lunghi tavoli, intorno ai quali erano seduti gli altri studenti.

I tavoli erano apparecchiati con piatti e calici d’oro scintillanti. In fondo, rialzato, c’era un altro tavolo lungo, intorno al quale erano seduti gli insegnanti.

Fu lì che la professoressa McGonagall accompagnò gli allievi del primo anno, cosicché, sempre tutti in fila, si fermarono davanti agli altri studenti, dando le spalle agli insegnanti. Alla luce tremula delle candele, le centinaia di facce che li guardavano sembravano tante pallide lanterne. Qua e là, tra gli studenti, i fantasmi punteggiavano la sala come velate luci argentee. Soprattutto per evitare tutti quegli occhi che li fissavano, Harry alzò lo sguardo in alto e vide un soffitto di un nero intenso trapuntato di stelle, subito tirò la manica della sorella indicandoglielo. Udirono Hermione bisbigliare: «È un incantesimo che lo fa sembrare come il cielo che c’è fuori! L’ho letto in Storia di Hogwarts».

Era addirittura difficile credere che ci fosse un soffitto e che la Sala Grande non si spalancasse semplicemente sul cielo aperto.

Hazel prese per mano Harry per attirare la sua attenzione, ma lui aveva già abbassato gli occhi per osservare la professoressa McGonagall che, senza fare rumore, stava collocando uno sgabello a quattro gambe davanti agli allievi del primo anno.

Sopra lo sgabello mise un cappello a punta, da mago. Era un cappello tutto rattoppato, consunto e pieno di macchie. Zia Petunia non avrebbe permesso neanche di farlo entrare in casa, pensarono sovrappensiero i gemelli.

Nella Sala non risuonava il minimo rumore, tutto taceva in maniera quasi inquietante.

In quel momento Harry e Hazel notarono come tutti i presenti avessero gli occhi puntati sul cappello, come in attesa di qualcosa; trepidanti anche loro presero a fissare il cappello. Per qualche altro secondo regnò il silenzio più assoluto. Poi il cappello si contrasse. Uno strappo vicino al bordo si spalancò come una bocca, e lui cominciò a cantare:

 

«Forse pensate che non son bello,

ma non giudicate da quel che vedete:

io ve lo giuro che mi scappello

 se uno migliore ne troverete.

Potete tenervi le vostre bombette,

 i vostri cilindri lucidi e alteri,

son io quello che a posto vi mette

e al mio confronto gli altri son zeri.

Non c’è pensiero che nascondiate

che il mio potere non sappia vedere,

quindi indossatemi e ascoltate

 qual è la Casa a cui appartenete.

È forse Grifondoro la vostra via,

culla dei coraggiosi di cuore:

audacia, fegato, cavalleria

fan di quel luogo uno splendore.

O forse è a Tassorosso la vostra vita,

dove chi alberga è giusto e leale:

qui la pazienza regna infinita

e il duro lavoro non è innaturale.

Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,

se siete svegli e pronti di mente,

ragione e sapienza qui trovan linguaggio

che si confà a simile gente.

O forse a Serpeverde, ragazzi miei,

voi troverete gli amici migliori,

quei tipi astuti e per niente babbei

che qui raggiungono fini e onori!

Venite dunque senza paure

e mettetemi in capo all’istante;

con me sarete in mani sicure

perché io sono un Cappello Parlante!»

 

Non appena ebbe terminato la sua filastrocca, tutta la sala scoppiò in un applauso fragoroso. Il cappello fece un inchino a ciascuno dei quattro tavoli e poi tornò immobile.

«Allora dobbiamo semplicemente provare il cappello!» sussurrò Ron ai gemelli. «Giuro che Fred lo ammazzo: continuava a blaterare di un combattimento con un troll!»

Harry sorrise debolmente mentre Hazel si schiariva la gola a disagio, con un principio di panico a chiuderle la gola. Sì, decisamente indossare il cappello era molto meglio che dover fare un incantesimo, ma avrebbero preferito che la cosa avvenisse in separata sede, non sotto gli occhi di tutti.

Sembrava che il cappello chiedesse molto; al momento, Harry e Hazel non si sentivano né coraggiosi, né intelligenti né altro. Se solo il cappello avesse nominato una Casa per gente che si sentiva poco sicura di sé, quello sarebbe stato il posto giusto per loro.

A quel punto, la professoressa McGonagall si fece avanti tenendo in mano un lungo rotolo di pergamena.

«Quando chiamerò il vostro nome, metterete il cappello in testa e vi siederete sullo sgabello per essere smistati» disse. «Abbott Hannah!»

Una ragazzina dalla faccia rosea e con due codini biondi venne fuori dalla fila inciampando, indossò il cappello che le ricadde sopra gli occhi e si sedette. Un attimo di pausa…

«TASSOROSSO!» gridò il cappello.

Il tavolo di Tassorosso, a destra, si rallegrò ed esplose in un applauso quando Hannah andò a prendervi posto. Harry vide il fantasma del Frate Grasso salutarla allegramente con la mano.

«Bones Susan!»

«TASSOROSSO!» gridò ancora il cappello e Susan si affrettò ad andare a sedersi accanto a Hannah.

«Boot Terry!»

«CORVONERO!»

Questa volta a battere le mani fu il secondo tavolo da sinistra; molti allievi della Casa di Corvonero si alzarono per stringere la mano a Terry, quando egli prese posto tra loro.

Anche «Brockhurst Mandy» fu assegnata a Corvonero, ma «Brown Lavanda» fu la prima nuova Grifondoro e dal tavolo all’estrema sinistra si levò un evviva generale; Harry notò che i gemelli, fratelli di Ron, fischiavano con approvazione.

Mentre «Bulstrode Millicent» veniva smistata a Serpeverde, Harry notò quanto la mano della sorella fosse sudata, confuso si voltò verso di lei. 

Hazel aveva gli occhi bassi e si teneva la mano libera sul petto. Notando con la coda dell’occhio lo sguardo preoccupato di Harry alzò la testa, mostrandogli una smorfia stanca che non assomigliava neanche lontanamente ad un sorriso.

Ron, notando l’irrigidimento di Harry, si voltò curioso finendo per notare anche lui il colorito pallido di Hazel.

«Ehi, tutto bene?» chiese preoccupato Ron. Hazel ebbe a malapena la forza di scuotere la testa. Harry si guardò nervosamente attorno.

«Non può stare qui in mezzo, le manca l’aria, spostiamoci» bisbigliò Harry a Ron.

Cercando di non calpestare piedi altrui indietreggiarono, facendosi strada nel gruppo di ragazzini fino ad arrivare in fondo e trovandosi di conseguenza davanti alla tavolata degli insegnanti, a cui diedero subito le spalle.

Hazel era tra loro, sorretta dal fratello a destra e coperta alle spalle e a sinistra da Ron (che fortunatamente era abbastanza alto da nasconderla). Harry le prese il viso tra le mani fissandola dritta negli occhi.

«Respira, come faccio io… così, brava… inspira… e ora espira» disse Harry, osservando attentamente la sorella. Dopo un tempo indeterminato Hazel iniziò a riprendere un colorito roseo sulle guance, i sudori freddi non le bagnavano più la fronte e il respiro non risultava più spezzato.

Nel mentre il gruppo attorno a loro si era visibilmente ridotto, lasciandoli così scoperti e visibili agli occhi attenti di Hermione Granger, che finì per raggiungerli rapida.

 

«Che sta succedendo qui?» bisbigliò guardandoli uno ad uno, per poi fermarsi su Hazel.

«Niente» le risposero subito Harry e Ron, scrutandola guardinghi e coprendo ancor di più Hazel con i loro corpi.

Da lontano risuonò la voce della professoressa McGonagall che disse: «Finch-Fletchley Justin!».

Hazel stretta tra Harry e Ron sospirò stanca. «Ragazzi… lasciatemi pure andare»

«TASSOROSSO!» urlò in lontananza il cappello parlante.

«Sicura?» chiese Harry e Hazel annuì. Ron fece un passetto indietro, permettendole di tornare a vedere la sala Grande e l’espressione offesa sul viso di Hermione Granger.

«Guardate che mica la mangio!» commentò Hermione assottigliando gli occhi mentre Hazel con una mano si tirava indietro le ciocche bagnate che aveva sulla fronte.

«Perdona il loro comportamento, erano solo preoccupati per me… ho… avuto qualche problema poco fa, ma adesso mi sento meglio» disse Hazel, ringraziando con un sorriso sia il fratello che Ron.

«Vedo… sei pallida e hai sudato freddo… hai per caso fatto fatica a respirare?» chiese Hermione.

«Sì» disse Hazel grattandosi una guancia.

«Hai tossito?» chiese ancora Hermione tenendosi il mento con una mano, ignorando il «Finnigan Seamus!» della McGonagall.

«No» rispose Hazel, corrugando le sopracciglia.

«Mentre respiravi si sentiva un fischio?» domandò ancora Hermione, con gli occhi puntati su Hazel.

«Erm… n-non lo so, non ci ho fatto caso, Harry?» disse Hazel, voltandosi verso il fratello.

«Adesso no, non lo ha fatto… ma è capitato, in passato. Perché fai tutte queste domande?» disse Harry facendo un passo avanti verso Hermione.

«Perché… molto probabilmente tua sorella soffre di asma» sentenziò Hermione, incrociando le braccia con fare saputo.

«E come fai a dirlo? Non sei mica un dottore!» commentò Ron scettico.

«Io no, ma i miei genitori sì. E si da il caso che io abbia letto alcuni dei loro libri di medicina. È per questo che so che l’asma non è così rara alla nostra età!» rimbeccò Hermione.

Il cappello parlante urlò «GRIFONDORO!» e il ragazzo dai capelli rossicci che aveva preceduto Hazel nella fila scattò tutto contento verso il tavolo della sua nuova casa.

«In ogni caso, potrebbe anche non essere asma ma una sorta di attacco di panico… se ti è rimasto qualcosa di quella montagna di dolci che avete comprato sul treno ti consiglio di mangiarlo, ti sentirai sicuramente meglio dopo» disse Hermione.

«Granger Hermione!» chiamò la professoressa McGonagall. Dopo un breve cenno di saluto, Hermione partì quasi di corsa verso lo sgabello e si pigiò il cappello in testa con gesto impaziente.

«GRIFONDORO!» gridò il cappello. Ron grugnì.

Nel mentre Hazel aveva preso a mangiare una Bacchetta magica di liquirizia che aveva pescato da una tasca della divisa.

«Pensi che possa avere ragione?» chiese Harry.

«Non lo so… può essere, sembrava abbastanza convinta» rispose Hazel. «Ma so una cosa…»

«Che cosa?» chiese curioso Harry, Ron a fianco aveva allungato l’orecchio.

«So che se non finisce in fretta questo “smistamento” o mi viene un altro attacco o mi addormento. Il mio cervello sta ancora valutando quale delle due opzioni sia la più attuabile… nel mentre lo intossico di dolci… male non farà» borbottò Hazel infilandosi in bocca quello che rimaneva della liquirizia.

Vennero chiamati un altro paio di nomi nel mentre che Hazel finiva di sbocconcellare la seconda bacchetta. Harry, sovrappensiero, fu colpito da un pensiero orribile. E se lui non fosse stato scelto affatto? Se gli fosse capitato di rimanere lì seduto con il cappello sugli occhi per ore, finché la professoressa McGonagall glielo avesse strappato dalla testa dicendo che evidentemente c’era stato un errore e che lui doveva andarsene e riprendere il treno?

Hazel, a fianco a lui, gli diede un colpetto con la spalla.

«Uno Zuccotto di zucca per i tuoi pensieri?» propose Hazel allungando quanto detto al fratello. Con un sorriso stiracchiato Harry accettò il dolce, dandogli anche un morso.

«Meglio?» chiese Hazel ed in risposta Harry annuì, appoggiandosi poi spalla contro spalla con la sorella.

«Come ti senti?» mormorò Harry. 

«Meglio di prima» rispose Hazel prima di alzare gli occhi verso il rosso. «Vuoi qualcosa anche te, Ron?».

«Hai una cioccorana?» chiese timidamente Ron.

«Ce l’ho io, tieni» disse Harry, tirandone fuori una dalla tasca e consegnandola a Ron.

«Grazie!»

 

Arrivò il turno del ragazzo che perdeva continuamente il rospo, Neville Logbottom, che, lungo il percorso verso lo sgabello, cadde. Con lui, il cappello impiegò molto tempo a decidere. Quando finalmente gridò «GRIFONDORO!», Neville corse via senza neanche toglierselo dalla testa, e tra scrosci di risa dovette tornare indietro di corsa per consegnarlo a «MacDougal Morag».

Quando venne chiamato il suo nome, Malfoy si presentò spavaldamente e fu esaudito all’istante: il cappello gli aveva appena sfiorato la testa che gridò: «SERPEVERDE!»

Malfoy andò a unirsi ai suoi amici Crabbe e Goyle, con aria molto compiaciuta.

Ormai erano rimasti in pochi.

«Moon»… «Nott»… «Parkinson»… poi due gemelle, «Patil» e «Patil»… poi «Perks Sally-Anne»… e finalmente…

«Potter Harry!»

«Fallo secco!» disse Hazel, stringendogli la mano un’ultima volta.

A un tratto, mentre Harry si avvicinava allo sgabello, la sala fu percorsa da sussurri simili allo scoppiettio di tanti piccoli fuochi.

«Ha detto Potter

«Ma proprio quell’Harry Potter…?»

L’ultima cosa che Harry vide prima che il cappello gli coprisse gli occhi fu la sala piena di gente che allungava il collo per guardarlo meglio. L’attimo dopo, era immerso nel buio. Rimase in attesa.

«Ehm…» gli sussurrò una vocina all’orecchio. «Difficile. Molto difficile. Vedo coraggio da vendere. E anche un cervello niente male. C’è talento, oh, accipicchia, sì… e un bel desiderio di mettersi alla prova… Molto interessante… Allora, dove ti metto?»

Harry si aggrappò forte ai bordi dello sgabello e pensò: ‘Non a Serpeverde, non a Serpeverde!’

«Non a Serpeverde, eh?» disse la vocina. «Ne sei proprio così sicuro? Potresti diventare grande, sai: qui, nella tua testa, c’è di tutto, e Serpeverde ti aiuterebbe sulla via della grandezza, su questo non c’è dubbio… No? Be’, se sei proprio così sicuro… meglio GRIFONDORO!»

Harry udì il cappello gridare l’ultima parola a tutta la sala; con il cuore più leggero alzò quanto basta la tesa del cappello per guardare Hazel, la quale gli mostrò un sorriso enorme.

Harry si tolse il cappello lasciandolo alla professoressa McGonagall, poi si alzò facendosi da parte.

Non passarono che pochi secondi prima che la professoressa McGonagall chiamasse: «Potter Hazel!»

Hazel fece un cenno a Ron prima di iniziare a farsi strada nel gruppo di ragazzini frementi, i quali si erano fatti da parte come il Mar Rosso aveva fatto con Mosè.

A passo svelto superò tutti trovandosi così a pochi passi di distanza dallo sgabello. E dalla McGonagall. E da Harry.

La professoressa McGonagall, con in mano il cappello parlante, stava fissando incerta Harry tanto quanto Hazel lo stava guardando ansiosa.

«Signor Potter, cosa ci fa ancora qui?»

«Aspetto mia sorella» disse tranquillo Harry.

Hazel si precipitò dai due attirando l’attenzione della professoressa McGonagall, facendola abbassare per bisbigliarle: «Mio fratello è preoccupato che mi senta di nuovo male… non vogliamo combinare guai, lo giuro, potrebbe farlo rimanere?».

La professoressa McGonagall si tirò su lenta, valutando quanto appena sentito mentre osservava Hazel. Notò i capelli bagnati sulla fronte, il colorito più pallido della norma e un discreto respiro corto. L’espressione della professoressa mutò in una più apprensiva.

«Capisco, signorina Potter. Se la sente di procedere con la cerimonia o vuole che la faccia accompagnare in infermeria?» domandò la professoressa McGonagall.

«Posso farcela» conferma Hazel scambiando un'occhiata con Harry.

«Bene, allora si sieda»

La professoressa McGonagall posò il cappello parlante sulla testa di Hazel.

 

Buio. Buio e silenzio.

«Ehm…» gli sussurrò una vocina all’orecchio. «Difficile… No, complicata… Assai complicata. Poche volte ho visto una mente tanto complessa e brillante… Hmm, hai tanto coraggio e grinta da vendere, non ci sono dubbi. Tutto questo… talento, mi lascia l’imbarazzo della scelta… ma credo che non accetteresti mai di farti separare da tuo fratello… che peccato, mi togliete tutto il divertimento. Non puoi che essere una GRIFONDORO!».

 

Hazel fece un saltello sulla sedia all’urlo del cappello parlante, per poi scoppiare a ridere  quando Harry le si lanciò addosso per abbracciarla senza lasciarle il tempo di togliere il cappello.

Attorno a loro risuonava l’applauso più fragoroso avvenuto fino a quel momento.

Dopo aver consegnato il cappello e prima di scendere le scale ringraziarono la professoressa McGonagall, che sorrise e fece loro cenno di andare a sedersi.

 

Percy il prefetto si alzò in piedi e strinse vigorosamente la mano ad entrambi, mentre i gemelli Weasley si sgolavano: «I Potter sono dei nostri! I Potter sono dei nostri!».

Harry e Hazel trovarono posto davanti al fantasma con la gorgiera che avevano visto prima.

Questo batté un colpetto sul braccio ad entrambi, dando l’improvvisa, orribile sensazione di averli appena immersi in un catino di acqua ghiacciata.

 

Si guardarono attorno, tra gli schiamazzi generali. Ora potevano vedere bene il tavolo degli insegnanti. All’estremità più vicina a loro sedeva Hagrid che incrociò subito il loro sguardo e con piccoli gesti delle mani, chiese loro come stessero; i gemelli gli fecero il segno di ‘OK’ con le mani e poi il segno di vittoria tutti contenti. Hagrid si lasciò andare ad una grassa risata annuendo compiaciuto.

Con un ultimo sorriso verso il mezzo gigante spostarono la loro attenzione verso il centro del tavolo e là, su un ampio scranno d’oro, sedeva Albus Silente. I gemelli lo riconobbero subito per via della figurina che avevano trovato nella Cioccorana, sul treno. La chioma argentea di Silente era l’unica cosa, in tutta la sala, che luccicasse quanto i fantasmi. Intravidero anche il professor Quirrell, il giovanotto nervoso che avevano incontrato al Paiolo Magico. Aveva un’aria molto strana e in testa un gran turbante color porpora.

 

Ora erano rimaste solo tre persone da smistare. «Turpin Lisa» divenne Corvonero e poi fu il turno di Ron. Il ragazzo ormai aveva assunto un colorito verdognolo. Harry e Hazel si guardarono nervosi, prima di incrociare le dita sotto il tavolo e un attimo dopo il cappello gridò: «GRIFONDORO!»

Harry e Harry batterono le mani forte con tutti gli altri, mentre Ron si accasciava sulla sedia vicino a quella di Harry.

«Ben fatto, Ron, ottimo!» si congratulò pomposamente Percy Weasley da sopra la testa di Harry, mentre «Zabini Blaise» veniva mandato a Serpeverde. A quel punto, la professoressa McGonagall arrotolò la sua pergamena e portò via il Cappello Parlante.

 

A quel punto l’attenzione dei gemelli cadde sul piatto d’oro che avevano davanti e che aveva l’unico difetto di essere vuoto, ma non fecero in tempo a chiedere alcunché che Albus Silente si era alzato in piedi.

Sorrideva agli studenti con uno sguardo radioso, le braccia aperte, come se niente potesse fargli più piacere del vederli tutti lì riuniti.

«Benvenuti!» disse. «Benvenuti a Hogwarts per un nuovo anno scolastico! Prima di dare inizio al nostro banchetto, vorrei dire qualche parola. E cioè: imbecille, medusa, scampolo, pizzicollo! Grazie!»

E tornò a sedersi. Tutti batterono le mani e gridarono entusiasti.

Harry e Hazel non sapevano se ridere o no. Hazel tirò la manica di Percy e chiese incerta: «Ma…» e Harry concluse: «è un po’ matto?».

«Matto?» fece Percy con disinvoltura. «È un genio! Il miglior mago del mondo! Ma è un po’ matto, si. Patate, ragazzi?»

 

Harry e Hazel rimasero a bocca aperta. Di colpo, i piatti davanti a loro furono pieni zeppi di pietanze. Non avevano mai visto tante cose buone tutte insieme su un solo tavolo: roast beef, pollo arrosto, braciole di maiale e di agnello, salsicce, bacon e bistecche, patate lesse, patate arrosto, patatine fritte, Yorkshire pudding, piselli, sugo di carne, salsa ketchup e, per qualche ragione, caramelle alla menta.

Non si poteva dire che i Dursley li lasciassero morire di fame, ma certo non veniva mai permesso loro di mangiare a sazietà - Dudley prendeva sempre tutto quello che faceva gola ai gemelli, anche a costo di sentirsi male. Hazel e Harry si riempirono il piatto di un po’ di tutto, tranne le caramelle alla menta, e cominciarono a mangiare. Era tutto squisito.

«Ha l’aria di essere molto buona» disse il fantasma con la gorgiera in tono triste, guardando Harry che tagliava la bistecca.

«Lei non può…?» intervenne Hazel vedendo che Harry stava ancora masticando.

«Sono circa cinquecento anni che non mangio» disse il fantasma.

«Naturalmente, non ne ho bisogno, ma uno finisce col sentirne la mancanza. Forse non mi sono presentato. Sir Nicholas de Mimsy-Porpington al vostro servizio. Il fantasma della Torre di Grifondoro».

«Io lo so chi è!» disse d’un tratto Ron. «I miei fratelli mi hanno parlato di lei… Lei è Nick-Quasi-Senza-Testa».

«Preferirei che mi chiamaste Sir Nicholas de Mimsy…» cominciò a dire tutto impettito il fantasma, ma Seamus Finnigan, il ragazzo dai capelli rossicci, lo interruppe.

«Quasi senza testa? Come è possibile essere quasi senza testa?»

Sir Nicholas sembrava estremamente stizzito, come se la conversazione non stesse prendendo la piega da lui desiderata.

«Così» disse irritato. Si afferrò l’orecchio sinistro e tirò. Tutta la testa gli si staccò dal collo e gli ricadde sulla spalla come se fosse incernierata. Qualcuno aveva evidentemente provato a decapitarlo, ma non lo aveva fatto a dovere. Tutto compiaciuto per gli sguardi sbalorditi che lesse sui loro volti, con un movimento deciso, Nick-Quasi-Senza-Testa si rimise la testa sul collo, tossì e disse: «Allora… nuovi Grifondoro! Spero che ci aiuterete a vincere il Campionato delle Case di quest'anno. Non è mai successo che Grifondoro non vincesse per tanto tempo: Serpeverde ha vinto la Coppa per sei anni di fila! Il Barone Sanguinario sta diventando a dir poco insopportabile… ehm… lui è il fantasma di Serpeverde».

Hazel gettò un’occhiata al tavolo di Serpeverde e vide, lì seduto, un orribile fantasma dallo sguardo fisso e vuoto, il volto macilento e gli abiti tutti imbrattati di sangue argentato.

Era seduto proprio vicino a Malfoy il quale – Hazel notò e condivise con un certo piacere con Harry - non sembrava molto soddisfatto per l’assegnazione dei posti.

«Come ha fatto a coprirsi tutto di sangue?» chiese Seamus molto interessato.

«Non gliel’ho mai chiesto» disse con delicatezza Nick-Quasi-Senza-Testa.

Quando tutti si furono rimpinzati a più non posso, gli avanzi del cibo scomparvero dai piatti lasciandoli puliti e splendenti come prima.

Un attimo dopo apparvero i dolci. Montagne di gelato di tutti i gusti immaginabili, torte alle mele, crostate alla melassa, bignè al cioccolato e ciambelle alla marmellata, zuppa inglese, fragole, gelatina, budini di riso…

Mentre Harry allungava della gelatina al limone a Hazel, per poi servirsi una fetta di crostata alla melassa, il discorso virò sulle famiglie.

«Io sono metà e metà» raccontava Seamus. «Papà è un Babbano. Mamma non gli ha detto di essere una strega fino a dopo sposati. È stato un bel colpo per lui!»

Tutti risero.

«E tu, Neville?»

«Be’, io sono stato allevato da mia nonna, che è una strega» prese a raccontare Neville, «ma in famiglia per molto tempo hanno pensato che io fossi soltanto un Babbano. Il mio prozio Algie ha cercato per anni di cogliermi alla sprovvista e di strapparmi qualche magia - una volta mi ha buttato in acqua dal molo di Blackpool e per poco non affogavo - ma non è successo niente fino a che non ho avuto otto anni. Zio Algie era venuto a prendere il tè e mi teneva appeso per le caviglie fuori da una finestra del secondo piano, quando zia Enid gli offrì una meringa e lui, senza farlo apposta, mi lasciò andare. Ma io caddi in giardino e rimbalzando arrivai fino in strada. Tutti erano felici, mia nonna piangeva per la contentezza. E avreste dovuto vedere le facce, quando sono stato ammesso qui… perché pensavano che non avessi abbastanza poteri magici, capite? Zio Algie era così contento che mi ha comprato il rospo».

Dall’altro lato di Hazel, Percy Weasley e Hermione stavano parlando delle lezioni («Spero proprio che comincino subito, c’è tanto da imparare, e a me interessa in modo particolare la Trasfigurazione, sai, mutare un oggetto in qualcos’altro, naturalmente è ritenuta una pratica molto difficile…»: «Comincerete dalle cose più semplici, che so, trasformare fiammiferi in aghi e cose del genere»)

Harry, che cominciava a sentirsi accaldato e insonnolito, alzò di nuovo lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti. Hagrid era tutto intento a bere dal suo calice. La professoressa McGonagall conversava con il professor Silente. Il professor Quirrell, con il suo assurdo turbante, parlava con un altro insegnante dai capelli neri e untuosi, il naso adunco e la carnagione giallastra.

Accadde all’improvviso. L'insegnante dal naso adunco guardò oltre il turbante di Quirrell, dritto negli occhi di Harry, e un dolore acuto attraversò la cicatrice sulla fronte del ragazzo. Nello stesso momento, Hazel, che stava osservando Ron fagocitare una ciambella grossa quanto la sua testa, sentì una fitta fortissima alla testa.

 

«Ah!» esclamarono Harry e Hazel passandosi una mano sulla fronte.

«Che cosa c’è?» chiese Percy.

«N-niente» disse Harry confuso, incrociò lo sguardo della sorella lei gli restituì un’occhiata altrettanto disorientata.

Il dolore era sparito così come era venuto ad entrambi. Più difficile da scuotersi di dosso fu la sensazione che Harry aveva provato per via dello sguardo dell’insegnante… la sensazione di non piacergli affatto. Harry, preoccupato, ne parlò subito ad Hazel.

 

«Chi è l’insegnante che sta parlando col professor Quirrell?» chiese Harry a Percy, mentre Hazel li ascoltava.

«Oh, ma allora conoscete già Quirrell! Non c’è da stupirsi che sia così nervoso; quello è Piton. Insegna Pozioni, ma non gli piace; tutti sanno che fa la corte alla materia di Quirrell. Piton sa un sacco di cose sulle Arti Oscure».

Harry e Hazel osservarono Piton per un po’, ma Piton non rivolse più loro il ben che minimo sguardo.

Finalmente scomparvero anche i dolci e il professor Silente si alzò di nuovo in piedi. Nella sala cadde il silenzio.

«Ehm… solo poche parole ancora, adesso che siamo tutti sazi di cibo e di bevande. Ho da darvi alcuni annunci di inizio anno.

«Gli studenti del primo anno devono ricordare che l’accesso alla foresta qui intorno è proibito a tutti gli alunni. E alcuni degli studenti più anziani farebbero bene a ricordarlo anche loro»

E gli occhi scintillanti di Silente scoccarono un’occhiata in direzione dei gemelli Weasley.

«Inoltre, il signor Filch, il custode, mi ha chiesto di ricordare a voi tutti che è vietato usare la magia nei corridoi tra una lezione e l’altra.

«Le selezioni di Quidditch si terranno durante la seconda settimana dell’anno scolastico. Chiunque sia interessato a giocare per la squadra della sua Casa è pregato di contattare Madame Hooch.

«E infine, devo avvertirvi che da quest’anno è vietato l’accesso al corridoio del terzo piano a destra, a meno che non desideriate fare una fine molto dolorosa».

Hazel abbozzò un sorriso mentre Harry rise, ma fu uno dei pochi a farlo.

«Dice sul serio?» chiese piano Hazel a Percy.

«Certamente» disse Percy aggrottando la fronte in direzione di Silente.

«È strano, perché in genere dice sempre la ragione per cui non abbiamo il permesso di andare da qualche parte… la foresta è piena di bestie pericolose, questo lo sanno tutti. No, penso che almeno a noi prefetti avrebbe dovuto dirlo».

«E ora, prima di andare a letto, intoniamo l’inno della scuola!» gridò Silente. Con la coda dell’occhio Hazel notò che agli altri insegnanti s’era gelato il sorriso sulle labbra.

 

Silente diede un colpetto della sua bacchetta, come se stesse cercando di scacciare una mosca dalla punta: ne fluì un lungo nastro d’oro che si sollevò alto in aria, sopra i tavoli, e cominciò a contorcersi a mo’ di serpente, formando delle parole.

«Ognuno scelga il motivetto che preferisce» disse Silente. «Via!»

Tutta la scuola intonò:

 

 

 

«Hogwarts Hogwarts, Hoggy Warty Hogwarts,

per favore insegnaci qualcosa,

a noi, anziani, calvi e tutti stori,

a noi, ragazzi dai calzoni corti,

le nostre teste devono riempirsi

di cose interessanti da non dirsi,

per ora sono vuote e piene d’aria,

di mosche morte e roba secondaria,

insegna a noi che cosa va imparato,

ripeti ciò che abbiam dimenticato,

fa’ del tuo meglio e noi faremo il resto,

finché il cervello non ci andrà in dissesto».

 

Ognuno terminò la canzone in tempi diversi. Alla fine erano rimasti solo i gemelli Weasley a cantare a un ritmo lento da marcia funebre. Silente diresse le ultime battute con la bacchetta magica e, alla fine, fu uno di quelli che applaudirono più fragorosamente.

«Ah, la musica» disse asciugandosi gli occhi. «Una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui! E adesso, è ora di andare a letto. Via di corsa».

Aprendosi un varco tra la ressa che si attardava ancora in chiacchere, i Grifondoro del primo anno seguirono Percy, uscirono dalla Sala Grande e salirono di sopra passando per la scala di marmo.

I gemelli, supportandosi a vicenda, trascinarono le gambe pesanti per la stanchezza su per le scale. Harry ciondolava la testa ad ogni passo, così Hazel si ritrovò un paio di volte a tenerlo prima che piantasse una nasata contro la ringhiera o il muro; per questo notò distrattamente che i ritratti lungo i corridoi bisbigliavano e si facessero segno, al loro passaggio, o che un paio di volte Percy li avesse condotti attraverso porte nascoste dietro pannelli scorrevoli e arazzi appesi alle pareti. Salirono altre scale, sbadigliando e strascicando i piedi; Harry si lasciò scappare un maxi sbadiglio tenendosi alla sorella, la quale si stava chiedendo quanto avrebbero dovuto camminare ancora, quando si fermarono di colpo.

Un fascio di bastoni da passeggio fluttuava a mezz’aria davanti a loro e, quando Percy fece per avvicinarsi, quelli cominciarono a menargli colpi all’impazzata.

«Peeves» sussurrò Percy a quelli del primo anno. «Un poltergeist». Poi alzando la voce: «Peeves… fatti vedere!»

Rispose un suono potente e volgare, come quando si fa uscire di colpo l’aria da un palloncino.

«Vuoi che vada dal Barone Sanguinario?»

Ci fu uno schiocco e un omino dai neri occhi maligni e una gran bocca apparve galleggiando nell’aria a gambe incrociate, e afferrò i bastoni.

«Ooooooooh!» esclamò con una risata malefica. «Pivellini del primo anno. Ma che bello!»

Si gettò a capofitto su di loro. Tutti si chinarono per schivarlo.

«Vattene Peeves, o dirò tutto al Barone, puoi giurarci!» gli ringhiò Percy.

Peeves svanì con una linguaccia, lasciando cadere i bastoni sulla testa di Neville. Lo udirono allontanarsi di corsa, sbatacchiando le armature al suo passaggio.

«Dovete guardarvi bene da Peeves» disse Percy mentre riprendevano a camminare. «Il Barone Sanguinario è l’unico che riesca a controllarlo; Peeves non dà retta neanche a noi prefetti. Eccoci arrivati».

All’estremità del corridoio era appeso il ritratto di una donna molto grassa, con indosso un abito di seta rosa.

«La parola d’ordine?» chiese.

«Caput Draconis» disse Percy, e il ritratto si staccò dal muro scoprendo un’apertura circolare. Passarono tutti, aiutandosi con le mani e coi piedi - Neville ebbe bisogno di una spinta - e sbucarono nella sala comune di Grifondoro, una stanza accogliente a pianta rotonda, piena di soffici poltrone.

 

Percy indicò alle ragazze il loro dormitorio, cioè la porta a sinistra, su per la scala a chiocciola e ai ragazzi invece indicò la porta a destra; era chiaro che si trovavano in due torri diverse.

Hazel si bloccò incerta e trascinò da una parte Harry (per lasciare modo a chi li seguiva di passare) e iniziò a bisbigliare nervosa: «Harry»

«Hmm» mugugnò Harry.

«Harry!» bisbigliò con più urgenza Hazel.

«Hmm, cosa c’è?» disse a mezza voce Harry.

«Siamo arrivati nella sala comune e poco più in là ci sono i dormitori…»

«Hmm… e quindi? Andiamo, ho sonno, non ce la faccio più…» disse Harry, ormai sul punto di lasciarsi andare a terra e dormire lì.

«Ma sono dormitori divisi!» disse Hazel scuotendo leggermente il fratello per le spalle.

«E cosa dividono?» disse Harry con la testa che ancora ciondolava dopo le scosse.

«Maschi e femmine!» sibilò Hazel, con un discreto nervosismo nella voce. Ci volle qualche attimo prima che Harry proferisse un: «… oh»

Hazel sospirò indecisa se iniziare a scuotere più forte il fratello, ma Harry aveva riacquistato abbastanza lucidità per fare una domanda più che legittima: «… e quindi che facciamo?»

«Io… n-non lo so» disse Hazel lasciando cadere le braccia e sospirando sconfortata.

Harry si stropicciò gli occhi sotto gli occhiali e si guardò attorno. Ormai quasi tutti erano spariti su per i dormitori e Percy li stava osservando da lontano, fortunatamente ancora in paziente attesa.

«Hazy… penso sia troppo tardi per lamentarsi della posizione dei letti e… tutto sommato non siamo troppo lontani l’uno dall’altra… possiamo provare a dormire in due letti separati per questa sera» disse Harry.

«Ma… ma… siamo anche in due stanze diverse! Se succede qualcosa siamo troppo lontani l’uno dall’altra!» ribatté Hazel, battendo il piede a terra nervosamente.

«Cosa vuoi che ci possa mai succedere qui? Ti ricordi cosa ha detto Hagrid? Hogwarts è il posto più sicuro» disse Harry cercando di farla ragionare. Riuscì solo a fermare il battito nervoso del piede.

«Io… non lo so Harry, non mi sento molto tranquilla» disse Hazel abbassando gli occhi a terra.

«Hazy, facciamo così, se ci sono problemi mandami un messaggio con Edvige, ok?» disse Harry prendendo le mani della sorella nelle sue.

«… hmm»

«Hmm?»

«Hmm»

«Ehi»

«Va bene»

«Dai, andiamo»

Lentamente si avvicinarono alla scalinata, diedero la buonanotte a Percy e salirono la scala a chiocciola fino ad arrivare sul pianerottolo.

Lì, con un sospiro ansioso da parte di Hazel, si abbracciarono forte per qualche minuto prima di lasciarsi andare lentamente e dirigersi verso le porte dei rispettivi dormitori. Prima di chiuderla si scambiarono un ultimo cenno di saluto dandosi la buonanotte.

~ * ~

Un clack scandì la chiusura definitiva della porta.

Hazel ci si appoggiò con la schiena guardandosi attorno guardinga e vide quattro letti a baldacchino circondati da tende di velluto rosso scuro. Il suo baule era davanti ad uno dei letti e proprio sul comodino affianco al suo letto vide Edvige, fortunatamente ancora sveglia e vigile e che la salutò con un breve fischio basso.

 

A fianco degli altri tre letti stavano trafficando in ordine da sinistra: Lavanda Brown, Calì Patil, nessuno (era il suo letto) e Hermione Granger.

Quest’ultima stava rimestando nel suo baule con una certa foga.

Lavanda e Calì rivolsero a Hazel un sorriso e un augurio di buonanotte (a cui Hazel rispose educatamente), prima di infilarsi ognuna nel proprio letto, entrambe esauste.

Hazel fece un attimo mente locale e recuperò rapida dal proprio baule un cambio e lo spazzolino e si rifugiò rapida in bagno.

Dopo pochi minuti ne uscì cambiata, lavata e spettinata. Dal baule pescò un pezzo di pergamena, una bottiglietta d’inchiostro e una penna d’oca e, appoggiandosi al comodino a fianco al suo letto scrisse tre righe veloci.

 

Tutto ok?

Io sono pronta per andare a dormire.

Tu a che punto sei?

 

«Puoi portarla ad Harry?» chiese Hazel, Edvige rispose con un fischio basso e uscì dalla finestra che aveva appena aperto Hazel.

 

In attesa che Edvige tornasse Hazel prese posto sul proprio letto, saggiando così la sua morbidezza esagerata. Proprio in quel momento Hermione si tirò su dal suo baule con un libro in mano, sembrava estremamente contenta.

 

«Non vai a dormire?» chiese Hazel, più per spezzare il silenzio che era sceso nella stanza che per reale interesse. Hermione si arrampicò sul letto e, dopo essersi sistemata sia i cuscini che le coperte, le rispose mentre apriva il libro circa a metà.

«Leggere mi concilia il sonno, tu invece cosa stai aspettando?»

«Mio fratello» disse Hazel mentre si girava una ciocca di capelli attorno a un dito.

Calò di nuovo il silenzio ma in quel momento tornò Edvige con un messaggio stretto attorno alla zampa.

 

Tutto ok.

Anche io sono pronto, quando sono entrato Ron russava già.

Mi metto a letto adesso.

Buonanotte Hazy

P.S. Se questa notte non riesci a dormire scrivimi

P.P.S. Ancora buonanotte sorellina

 

Hazel sorrise più tranquilla e prima di mettersi a letto anche lei scrisse:

 

Mi metto a letto anche io adesso.

Buonanotte Harry

P.S. Lo farò, stanne certo

P.P.S Ancora buonanotte a te fratellino

 

 

Dopo aver consegnato il messaggio, Edvige tornò sul suo trespolo e si godette le carezze di Hazel, prima di nascondersi sotto l’ala per andare a dormire.

 

Ben infilata sotto le coperte, Hazel fissava il soffitto del baldacchino con la mente che vagava per mille pensieri.

«Buonanotte Hazel e… mi scuso se oggi sul treno, e anche durante lo smistamento, sono stata fin troppo invadente» disse Hermione. Hazel spostò la testa verso Hermione, incontrandone gli occhi e notando che era leggermente imbarazzata. Hazel con un mezzo sorriso prima di chiudere gli occhi, disse: «Scuse accettate. Buonanotte Hermione, faresti meglio ad andare a letto anche te… Ah se mi senti parlare nel sonno non preoccuparti troppo, è normale».

«D’accordo» disse Hermione. 

 

Passò poco prima che Hazel crollasse addormentata e, forse a causa della mente non troppo tranquilla, fece un sogno molto strano.

Vedeva suo fratello indossare il turbante del professor Quirrell, e il turbante parlava senza sosta, dicendo loro che dovevano trasferirsi a Serpeverde immediatamente, perché quello era il loro destino. 

Harry gli rispondeva che no, non voleva andarci; allora il turbante diventava sempre più pesante e Harry cercava di sfilarselo dalla testa, ma quello lo stringeva sempre più facendogli molto male; Hazel terrorizzata tirava il turbante per staccarlo dalla testa del fratello che aveva anche preso ad urlare.

Poco lontano da loro c’era anche Malfoy che si faceva beffe dei loro sforzi, e poi Malfoy si tramutò nell’insegnante dal naso adunco, Piton, che rideva in modo stridulo e glaciale. Poi ci fu un bagliore di luce verde e Hazel si destò, madida di sudore e scossa dai brividi.

Hermione era a fianco a lei con una mano sulla sua spalla, chiaramente l’aveva svegliata lei.

«Cosa… cosa-» disse a stento Hazel.

«Stavi urlando Hazel! Forza, stai su, respira e calmati» disse Hermione tenendo una mano sulla schiena di Hazel. 

Dopo essersi stropicciata il viso un paio di volte, Hazel grugnì e disse: «Scusa se ti ho svegliata… penso di aver fatto un sogno veramente inquietante… ma non mi ricordo nulla…»

«Fa lo stesso, non preoccuparti e torna a dormire» disse Hermione, rimboccando le coperte a Hazel per poi tornare sul suo letto.

«Ehi, Hermione…» disse Hazel già sul punto di riaddormentarsi.

«Dimmi» disse Hermione.

«Grazie» mormorò Hazel.

«… pensa a dormire Hazel» mormorò Hermione, Hazel riuscì comunque a percepire un pizzico di imbarazzo e sorrise.

 

Si addormentarono entrambe poco dopo, senza più drammi a turbare il loro sonno.

 

 

Note dell'autrice: 

 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A durabo che ha recensito il precedente capitolo, un inchino di ringraziamento.

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Dunque… sono successe cose… cose.

Ammetto che inizialmente non volevo che andasse a finire così il capitolo, avevo ben altre idee ma sono comunque molto contenta del risultato.

 

Fatemi sapere cosa ne pensate!

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII: Primi Passi, Prime Lezioni e Hagrid con i Suoi Biscotti ***


Note Immortal Lady del 02/05/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo VII: Primi Passi, Prime Lezioni e Hagrid con i Suoi Biscotti~

 

«Guarda lì!»

«Dove?»

«Vicino a quello alto coi capelli rossi»

«Quello con gli occhiali?»

«Ma hai visto che faccia?»

«E la cicatrice, l’hai vista?»

Il giorno seguente, dopo aver lasciato la sala comune dei Grifondoro, Harry ed Hazel furono inseguiti da una miriade di bisbigli. I ragazzi, in fila fuori dalle classi, si alzavano in punta di piedi per guardare Harry o lanciargli un’occhiata anche solo per un attimo, oppure lo superavano lungo i corridoi per poi tornare indietro e osservarlo meglio.

Per Hazel, invece, il trattamento fu leggermente diverso.

Il fatto che non si fosse sentita bene durante lo Smistamento era passato in sordina durante la cena, ma era diventato di dominio pubblico il giorno successivo e, per questo motivo, si era guadagnata la fama di ragazza gracilina. Non che la cosa la toccasse in particolar modo.

Generalmente le occhiate lanciate nella direzione di Hazel erano prima di tutto confuse (in quanto nessuno riusciva a distinguere Harry e Hazel ad una prima occhiata), poi o diventavano incuriosite (generalmente Grifondoro e Tassorosso), o dubbiose/scettiche (Corvonero) o, infine, derisorie (Serpeverde).

 

Harry e Hazel impararono in fretta a non considerare i bisbigli, ma trovavano particolarmente fastidiosa la ressa generale quando dovevano concentrarsi sul percorso da seguire per arrivare in classe.

A Hogwarts c’erano centoquarantadue scalinate: alcune ampie e spaziose; altre strette e pericolanti; alcune che il venerdì portavano in luoghi diversi rispetto al resto della settimana; altre con a metà un gradino che scompariva e che bisognava ricordarsi di saltare. Poi c’erano porte che non si aprivano, a meno di non chiederglielo cortesemente o di non far loro il solletico nel punto giusto, e porte che non erano affatto porte ma i solidi muri che facevano finta di esserlo. Era anche molto difficile ricordare dove fossero le cose, perché tutto sembrava soggetto a incessanti spostamenti: i personaggi dei ritratti si allontanavano continuamente per farsi visita l’un l’altro e Hazel avrebbe giurato di aver visto le armature andarsene a zonzo per i fatti loro.

Neanche i fantasmi contribuivano a rendere più semplice la situazione.

Era sempre un terribile choc quando uno di loro, all’improvviso, scivolava attraverso una porta mentre stavi cercando di aprirla. Nick-Quasi-Senza-Testa era sempre lieto di indicare ai Grifondoro la giusta direzione, ma se incontravi Peeves il Poltergeist quando eri in ritardo per una lezione, era come imbattersi contemporaneamente in due porte sprangate e una scala a trabocchetto. Ti rovesciava in testa il cestino della carta straccia, ti sfilava il tappeto da sotto i piedi, ti lanciava addosso pezzi di gessetto oppure, avvicinandosi di soppiatto, ti afferrava il naso e strillava: «PRESO!»

 

Ancor peggio di Peeves, se possibile, era il custode Argus Filch ed Harry e Ron riuscirono a prenderlo per il verso sbagliato fin dalla prima mattina.

A causa della marea di gente che attraversava i corridoi, chi per attuale necessità altri per fare ingombro fisico e psicologico (i Serpeverde nello specifico), Harry aveva perso nella folla Hazel e, spaventandosi a morte, aveva iniziato a cercarla inseguito da Ron; fu così che li trovò Filch, mentre cercavano di aprire una porta, che sfortunatamente risultò essere l’entrata del corridoio del terzo piano cui era vietato l’accesso agli studenti.

Non volle credere alle loro ragioni, convinto com’era che stessero cercando di forzare la porta di proposito.

Li stava giusto minacciando di rinchiuderli nei sotterranei quando il professor Quirrell, trascinato da una scalpitante Hazel, aveva salvato tutti prima di fuggire via rapido.

 

Filch aveva una gatta di nome Mrs Norris, una creatura grigio cenere, tutta pelle e ossa, con due occhi sporgenti come fari, tale e quale il padrone. La gatta pattugliava i corridoi da sola. Bastava infrangere una regola di fronte a lei, mettere appena un piede fuori riga, ed eccola correre in cerca di Filch, che puntualmente appariva due secondi dopo, tutto ansimante. Filch conosceva i passaggi segreti della scuola meglio di chiunque altro (tranne forse i Weasley) ed era capace di sbucare fuori all’improvviso proprio come i fantasmi. Tutti gli studenti lo detestavano e alcuni non sognavano altro che assestare un bel calcio a Mrs Norris.

 

Una volta che riuscivi a trovare la classe, c’erano le lezioni. Come Hazel e Harry scoprirono ben presto, la magia era tutt’altra cosa dall’agitare semplicemente la bacchetta pronunciando parole incomprensibili.

Ogni mercoledì a mezzanotte bisognava studiare la volta celeste con i telescopi e imparare i nomi delle stelle e i movimenti dei pianeti. Tre volte alla settimana, ci si doveva recare nelle serre dietro al castello per studiare Erbologia con una strega piccola e grassottella, la professoressa Sprout, che insegnava ai ragazzi a coltivare le piante e i funghi più strani spiegando a cosa servivano.

Indubbiamente, la lezione più noiosa era Storia della Magia, l’unico corso tenuto da un fantasma. Il professor Binns era già molto, molto vecchio quando si era addormentato davanti al camino della sala professori e, la mattina dopo, alzatosi per andare a fare lezione, aveva lasciato dietro di sé il suo corpo. Binns parlava senza posa con voce monotona, mentre i ragazzi scribacchiavano nomi e date confondendo Emeric il Maligno e Uric Testamatta.

Invece il professor Flitwick, l’insegnante di Incantesimi, era un mago piccolino che doveva salire sopra una pila di libri per vedere al di là della cattedra. All’inizio della prima lezione prese il registro e, quando arrivò al nome di Harry e poi successivamente di Hazel, emise un gridolino eccitato e ruzzolò giù, scomparendo alla vista; quando tornò visibile aveva un’aria decisamente scossa ma entusiasta e i piccoli occhiali gli ballavano pericolosamente sul naso.

 

La professoressa McGonagall era ancora diversa. A ragione la sera precedente avevano pensato che fosse un'insegnante da non contrariare. Severa e intelligente, fece un bel discorsetto ai ragazzi nel momento stesso in cui si sedettero per ascoltare la sua prima lezione.

«La Trasfigurazione è una delle materie più complesse e pericolose che apprenderete a Hogwarts» disse. «Chiunque faccia confusione nella mia aula sarà spedito fuori e non sarà più riammesso. Siete avvisati».

Poi trasformò la sua cattedra in un maiale e viceversa. Tutti rimasero molto impressionati e non vedevano l’ora di cominciare, ma ben presto si resero conto che ci sarebbe voluto un bel po’ di tempo prima che riuscissero a trasformare un mobile in un animale. Presero un mucchio di appunti complicati, dopodiché ricevettero un fiammifero ciascuno e iniziarono a provare a trasformarlo in un ago.

 

Hazel, che per quella lezione si era dovuta sedere accanto a Hermione, prese in mano il fiammifero e prese a rigirarselo tra le mani per buona parte della lezione.

Hermione irritata per il disinteressato di Hazel verso il compito affidato dalla professoressa McGonagall, iniziò a sbuffare ogni volta che si girava verso Hazel.

Non comprendendo che quello della compagna di banco non era altro che un modo per concentrarsi.

Circa cinque minuti prima che la lezione terminasse, Hazel, sotto lo sguardo severo della professoressa McGonagall, posò il fiammifero sul banco. L’ennesimo sbuffo spezzo l’aria.

 

«Hai finalmente finito di farti gli affari tuoi!» bisbigliò Hermione stizzita.

«Hermione, fammi un favore, la prossima volta che vuoi sostituirti ad una ribollente pentola di fagioli, fallo quando non sono seduta accanto a te, grazie» disse Hazel, prima di alzare la bacchetta e con precisione recitare «Acutus» per far trasfigurare il suo fiammifero in un ago.

 

Oramai al termine della lezione la professoressa McGonagall si mosse per controllare il lavoro di tutti, fermandosi per ultimo al banco di Hermione e Hazel, analizzando prima il lavoro di Hermione mostrandolo poi alla classe in quanto era l’unica tra tutti che era riuscita fino a quel momento a cambiare qualcosa del suo fiammifero; la professoressa McGonagall mostrò alla classe che era diventato d’argento e acuminato, e gratificò Hermione con uno dei suoi rari sorrisi.

«Mi mostri il frutto del suo lavoro signorina Potter» disse la professoressa McGonagall allungando la mano verso Hazel.

Hazel fece quanto richiesto, facendo cadere nella mano della professoressa il prodotto del suo rimuginare e causandole (insieme a Hermione che stava sbirciando) un verso di puro stupore.

«Signorina Potter sono… allibita» disse poco dopo la professoressa McGonagall alzando alla luce quanto aveva in mano, per analizzarlo più accuratamente.

Lì, tra le dita della professoressa, scintillava un corto, acuminato e scintillante ago d’argento.

 

Hazel, che aveva abbassato gli occhi rigirandosi tra le mani la bacchetta si sentì improvvisamente sotto osservazione. Alzando gli occhi potè notare come oltre alla McGonagall anche Harry, Ron, Hermione e tutto il resto della classe la stavano osservando attoniti. A disagio alzò di poco gli occhi verso la professoressa e disse: «Perché siete tutti così stupiti? Non era l'obiettivo della lezione quello di trasformare un fiammifero in un ago?»

«Si, esatto, signorina Potter. Ma sta di fatto che è riuscita al primo tentativo laddove i suoi compagni non hanno. Non ha trovato complicata questa esercitazione?» chiese la professoressa McGonagall particolarmente curiosa.

Hazel incerta si rigirò per qualche secondo la bacchetta in mano, per poi riportare l’attenzione sulla professoressa McGonagall. 

«Confesso di aver memorizzato ‘Guida Pratica alla Trasfigurazione per Principianti’ questa estate, anche se poi non mi sono soffermata troppo sul suo contenuto… lei mi chiede se ho trovato complicata questa esercitazione? Certo che sì. Non mi sono rigirata il fiammifero in mano per puro divertimento come qualcuno sembra pensare, ma l’ho fatto riflettendo su quanto avevo letto e su quanto ci ha spiegato. È stato molto difficile applicare la formula per la trasfigurazione di Emeric Switch* a questo esercizio, dato che non avevo mai immaginato possibile che un oggetto potesse cambiare forma grazie alla risoluzione di un’equazione matematica…» disse Hazel grattandosi imbarazzata una guancia.

«Penso in ogni caso di essere stata molto fortunata oggi, dato che se avessi avuto davanti un oggetto diverso da un fiammifero molto probabilmente non avrei combinato molto… Ho sottovalutato la difficoltà di questa materia, prometto che non succederà più»

finì Hazel nel silenzio più totale.

 

«Ha memorizzato il libro di testo, signorina Potter?» chiese la professoressa McGonagall scettica. Hazel alzò gli occhi guardando prima la professoressa McGonagall e poi Hermione.

«Se per questo lo ha fatto anche Hermione» disse Hazel tranquillamente, facendo spostare l’attenzione di tutti su Hermione, la quale nascose l’imbarazzo con un colpetto di tosse.

«È vero, l’ho memorizzato» confermò Hermione.

La professoressa McGonagall fissò entrambe le ragazze con sospetto e disse: «Signorina Granger, mi elenchi le quattro categorie principali della Trasfigurazione»

«Certamente, in ordine di difficoltà abbiamo: la Trasformazione, l’Evanescenza, l’Evocazione e la Detrasfigurazione. Esistono diverse sotto-categorie legate alle quattro principali, per esempio per la trasformazione esiste la trasfigurazione umana, lo scambio e la trasformazione tran-specie…» rispose Hermione, con un entusiasmo tale da far credere che non aspettasse che quel momento per dimostrare chi fosse, ma venne fermata dalla mano alzata della professoressa McGonagall.

«Molto bene, basta così signorina Granger. Signorina Potter, mi dettagli a scelta una di queste categorie» chiese a quel punto la professoressa McGonagall a Hazel.

«V-va bene, scelgo l’evocazione… L’Evocazione è l’arte di far apparire dal nulla le cose (portare le cose in esistenza) e di conseguenza è il contrario dell’Evanescenza. È più difficile della sua controparte, essendo un argomento dei M.A.G.O. Bisogna prendere nota che ci sono numerose restrizioni (sia per legge sia per natura) poste sull’Evocazione, per esempio, qualcosa che è stata evocata non durerà (resterà in esistenza) ma non si sa se qualcosa che è stato fatto evanescere resterà per sempre una non-cosa. L'Evocazione è soggetta a molte limitazioni. Ad esempio il cibo non può essere Evocato…» disse Hazel, ripetendo parola per parola quanto scritto nel libro, prima di venir fermata anche lei dalla mano alzata della professoressa McGonagall.

 

«Bene, basta così. Mi avete dato prova delle vostre parole e della vostra dedizione, per questo assegno due punti a testa alla signorina Potter e alla signorina Granger» disse la professoressa McGonagall, facendo trasparire nel tono della voce una certa soddisfazione che non passò inosservata agli alunni di Grifondoro, che presero a bisbigliare tutti contenti. Un’occhiata della professoressa bastò a zittire rapidamente le chiacchiere.

«Per la prossima lezione vi assegno-»

 

~ * ~

 

Il corso che tutti non vedevano l’ora di frequentare era Difesa contro le Arti Oscure, ma le lezioni di Quirrell si dimostrarono sempre un po’ una barzelletta. L’aula odorava fortemente d’aglio: tutti dicevano servisse a tenere lontano un vampiro che aveva incontrato in Romania, e che temeva sarebbe tornato un giorno o l’altro per portarlo via. Il turbante, così disse ai suoi allievi, lo aveva ricevuto in dono da un principe africano, come pegno di gratitudine per averlo liberato da un fastidioso zombie; ma loro non erano così sicuri che quella storia fosse vera. Tanto per cominciare, quando Seamus Finnigan aveva chiesto a Quirrell di raccontare come aveva fatto a scacciare lo zombie, lui era arrossito e aveva cominciato a parlare del tempo. E poi avevano notato che intorno al turbante aleggiava uno strano odore… I gemelli Weasley insistevano che anche quello era imbottito d’aglio, perché Quirrell fosse protetto ovunque andasse.

 

Harry e Hazel furono molto sollevati di constatare che non erano poi così indietro rispetto agli altri. Molti venivano da famiglie di Babbani e, come loro, non sapevano di essere streghe e maghi. C’era così tanto da imparare che anche persone come Ron non erano poi molto avvantaggiate.

 

Il venerdì fu un giorno importante per Harry e Ron. Finalmente riuscirono ad arrivare alla Sala Grande per colazione senza chiedere dritte a Hazel (che aveva fatto loro da navigatore dal secondo giorno) e senza perdersi neanche una volta.

«Cosa abbiamo oggi?» chiese Harry a Ron mentre zuccherava il suo porridge. Hazel stava rimestando lentamente il suo porridge, troppo stanca per metterci più forza di quella che stava già impiegando.

“Ma perché ho pensato che dare corda ad Hermione prima di andare a dormire fosse una buona idea? … dopo la lezione di trasfigurazione è diventata più ciarliera di prima… ho sonno” pensò Hazel, nascondendo malamente uno sbadiglio dietro la mano, per poi riabbassare gli occhi sul porridge indecisa se mangiarlo o metterlo da parte per schiacciare un pisolino sul tavolo. La seconda opzione la attraeva incredibilmente più della prima.

«Doppia ora di Pozioni con i Serpeverde» disse Ron. «Piton è il direttore dei Serpeverde e si dice che favorisca sempre gli studenti della sua Casa… scopriremo se è vero».

«Quanto vorrei che la McGonagall favorisse noi» commentò Harry. La professoressa McGonagall era la direttrice della Casa di Grifondoro, ma questo non le aveva impedito, il giorno prima, di assegnare loro una montagna di compiti. Harry spostò in quel momento la sua attenzione su Hazel, notando così il corpo della sorella accasciato sul tavolo.

«Va tutto bene?» chiese Harry, accarezzando i capelli della sorella per attirarne l’attenzione.

«Hmm… ho solo sonno, tutto qui» rispose mugugnando Hazel.

«Non vuoi finire almeno la colazione? Altrimenti rimani a digiuno fino a pranzo» chiese premuroso Harry.

«Hmmm…» commentò Hazel, per poi bisbigliare: «D’accordo, mangio qualcosa, anche se non ne ho molta voglia». 

 

In quel momento arrivò la posta.

Ormai i gemelli ci avevano fatto l’abitudine, ma il primo giorno erano rimasti alquanto impressionati quando un centinaio di gufi avevano fatto irruzione all’improvviso nella Sala Grande, durante la colazione, volando in cerchio sopra i tavoli finché, individuato il proprio padrone, non gli lasciavano cadere in grembo lettere e pacchi.

A Harry e Hazel, Edvige non aveva ancora portato niente. Ogni tanto, veniva per mordicchiare l’orecchio o di uno o dell’altra, a farsi dare un pezzetto di pane tostato o di crostata prima di tornare a dormire nella guferia insieme agli altri pennuti della scuola. Ma quella mattina si posò fra la zuccheriera e la coppetta della marmellata d’arancia, lasciando cadere un biglietto sul piatto di Harry, evitando quello di Hazel visto che era ancora ingombro di cibo. Harry strappò immediatamente la busta, per poi metterla in mezzo tra sé e Hazel, per leggerla insieme.

 

Cari ragazzi, (c’era scritto con una calligrafia tutta scarabocchi)

so che il venerdì avete il pomeriggio libero: vi va una tazza di tè con me intorno alle tre? Voglio che mi raccontiate tutto della vostra prima settimana. Mandatemi la risposta con Edvige.

 

Hagrid

 

Harry si fece prestare la penna d’oca da Ron e buttò giù la risposta sul retro del biglietto: Sì, grazie, ci vediamo più tardi. E la consegnò a Edvige perché la recapitasse.

Fortunatamente Harry e Hazel avevano la piacevole aspettativa del tè con Hagrid, perché la lezione di Pozioni fu la peggior cosa che gli fosse capitata fino a quel momento, almeno secondo Harry.

Durante il banchetto inaugurale, Harry aveva avuto l’impressione di non piacere al professor Piton. Alla fine della prima lezione di Pozioni seppe che si era sbagliato. Non è che a Piton Harry non piacesse… Piton lo odiava.

La lezione di Pozioni si svolgevano in una delle celle sotterranee. Qui faceva più freddo che ai piani alti, il che sarebbe bastato a far venire loro la pelle d’oca anche senza tutti quegli animali che galleggiavano nei barattoli di vetro lungo le pareti.

Come Flitwick, anche Piton iniziò la lezione prendendo il registro e, come Flitwick, giunto al nome di Harry e successivamente di Hazel si fermò.

«Ah, eccoli» disse con voce melliflua, «Harry e Hazel Potter. Le nostre nuove… celebrità».

Draco Malfoy e i suoi amici Crabbe e Goyle soffocarono una risata. Piton finì di fare l’appello e alzò lo sguardo sulla classe. Aveva gli occhi neri come quelli di Hagrid, ma del tutto privi del suo calore. Erano gelidi e vuoti, e facevano pensare a due gallerie buie.

«Siete qui per imparare la delicata scienza e l’arte esatta delle Pozioni» cominciò. Le sue parole erano poco più di un sussurro, ma ai ragazzi non ne sfuggiva una: come la professoressa McGonagall, Piton aveva il dono di mantenere senza sforzo il silenzio in classe. «Poiché qui non si agita insulsamente la bacchetta, molti di voi stenteranno a credere che si tratti di magia. Non mi aspetto che comprendiate a fondo la bellezza del calderone che sobbolle a fuoco lento, con i suoi vapori scintillanti, il delicato potere dei liquidi che si insinuano nelle vene umane, stregando la mente, irretendo i sensi… Io posso insegnarvi a imbottigliare la fama, distillare la gloria, addirittura mettere un freno alla morte… sempre che non siate una manica di teste di legno, come in genere sono tutti gli allievi con cui ho a che fare».

Un profondo silenzio accolse il discorso di Piton.

Harry e Hazel si scambiarono uno sguardo alzando le sopracciglia. Hermione Granger era seduta sul bordo della sedia e sembrava non vedesse l’ora di dimostrare di non essere una ‘testa di legno’; Ron, seduto accanto a lei, si fece più indietro possibile sulla sedia, nel vano tentativo di passare inosservato.

«Signor Potter» disse Piton d’un tratto. «Che cosa ottengo se verso della radice di asfodelo in polvere dentro un infuso di artemisia?»

Radice in polvere di cosa, in un infuso di che cosa? pensò Harry lanciando rapido un'occhiata a Hazel, che appariva leggermente perplessa; la mano di Hermione, invece, era scattata in aria.

«Non lo so, signore» disse Harry.

Le labbra di Piton si incresparono in un ghigno.

«Bene, bene… è chiaro che la fama non è tutto».

Ignorò la mano alzata di Hermione.

«Proviamo ancora. Signor Potter, dove guarderesti se ti dicessi di trovarmi un bezoar?»

Hermione alzò di nuovo la mano più in alto che poteva senza alzarsi dalla sedia, ma Harry non aveva la più pallida idea di che cosa fosse un bezoar e non poteva nemmeno chiedere a Hazel un suggerimento. Cercò di ignorare Malfoy, Crabbe e Goyle che si sbellicavano dalle risate.

«Non lo so, signore».

«Immagino che tu non abbia neanche aperto un libro prima di venire qui, vero, signor Potter?»

Harry si costrinse a non distogliere lo sguardo da quegli occhi glaciali, mentre Hazel alzava platealmente un sopracciglio mordendosi la lingua per non dire nulla. Harry aveva dato una scorsa al libro, quando erano ancora dai Dursley, ma sembrava che Piton si aspettasse che si ricordasse tutto quel che era scritto in Mille erbe e funghi magici.

Piton continuava a ignorare la mano fremente di Hermione.

«E… signor Potter, qual è la differenza tra napello e luparia?»

A questo punto, Hermione si alzò in piedi con la mano protesa come a voler toccare il soffitto del sotterraneo.

«Non lo so» disse Harry tranquillamente. «Ma penso che Hermione lo sappia. Perché non prova a chiederlo a lei?»

Alcuni risero; Harry colse lo sguardo di Seamus che ammiccò in risposta. Ma Piton non lo trovò affatto divertente.

«Sta’ seduta!» ordinò secco a Hermione. Proprio in quel momento Hazel si schiarì la voce abbastanza forte da attirare l’attenzione di tutti, compreso Piton che la omaggiò di uno sguardo glaciale. Harry prese la mano di Hazel sotto il banco, già immaginando cosa sarebbe successo di lì a poco e con un’occhiata la supplicò di non esagerare.

«Sì, signorina Potter? Se ha qualcosa da dire, lo faccia. Altrimenti rimanga in silenzio»

«Effettivamente sì, ho qualcosa da dire, se permette» disse Hazel fissando Piton dritto negli occhi. Lo vide muovere la mascella, sicuramente pronto a zittirla per cui lo precedette dicendo: «Asfodelo e Artemisia insieme fanno una pozione soporifera talmente potente da andare sotto il nome di Distillato di Morte Vivente, pagina 208 del libro Infusi e pozioni magiche.

Un bezoar è una pietra che si trova nella pancia delle capre e che salva da molti veleni. Viene citato diverse volte, ma la prima è a pagina 36 del libro Infusi e pozioni magiche.

Napello e luparia sono la stessa pianta, nota anche con il semplice nome di aconito.

Citato sia nel libro Infusi e pozioni magiche che nel libro Mille erbe e funghi magici, nel primo è citato a pagina 17 nel secondo a pagina 9… ho mancato di dire qualcosa?»

Il silenzio più totale dominava la cella sotterranea, passò un minuto interminabile prima che Piton si avvicinasse al banco dei gemelli e li vi posasse le mani torreggiando su di loro.

Per tutto il tempo Hazel non aveva staccato gli occhi dalla figura di Piton e, quando se lo ritrovò davanti, alzò la testa per non perdere il contatto visivo.

«Supponendo che quanto ha appena detto sia corretto, mi elenchi l’occorrente per preparare il Distillato di Morte Vivente»

«Certamente, è necessario: un calderone (meglio se in peltro) di misura standard, un becker da 150 fl. oz (once fluide), un cilindro graduato da 50 fl. oz., una provetta, un cucchiaino come misurino da 250 fl. oz., un’asta di agitazione e in fine un contagocce»

«Ingredienti Felix felicis, in ordine di rarità»

«Uovo di Ashwinder, Bulbo di Squill, Tentacolo di Murtlap, Tintura di timo, Guscio d'uovo di Occamy, Ruta comune in polvere»

Il silenzio dentro l’aula si era fatto ancor più teso. Piton squadrava Hazel con le labbra strette ma non proferì più parola, anzi si rimise dritto e lentamente tornò alla cattedra sempre accompagnato dal silenzio più assoluto. 

«… reputo quanto mai uno spreco che una mente come quella della signorina Hazel possa essere finita a Grifondoro… ma ammetto che sarebbe quanto mai inadeguato se non capitasse tra loro, di tanto in tanto, qualcuno capace di alzare la media di intelligenza di almeno una tacca. Quanto detto dalla signorina Potter era tutto esatto, prendete appunti» disse Piton senza nessuna reale inflessione nella voce, per poi notare lo sguardo fisso fisso di Hazel puntato su di lui, in attesa.

E Piton la esaudì subito, ma ovviamente a modo suo.

«Assegno un punto alla casa di Grifondoro per le risposte correte date dalla signorina Potter» disse Piton, per poi continuare con tono sprezzante: «E verrà tolto un punto alla casa di Grifondoro per la faccia tosta del signor Potter»

Harry trattenne Hazel dal fare alcunché, ma niente la fermò dal fissare infuriata Piton.

Col procedere della lezione di Pozioni, la situazione per Grifondoro non migliorò.

Piton li divise in coppie (separando Hazel e Harry e affiancandoli una a Hermione e l’altro a Ron), e li mise a preparare una semplice pozione per curare i brufoli. Intanto, avvolto nel suo lungo mantello nero, si aggirava per la classe osservandoli pesare ortiche secche e schiacciare zanne di serpente, muovendo critiche praticamente a tutti tranne che a Malfoy, che sembrava piacergli.

Aveva appena cominciato ad attirare l’attenzione di tutti sul modo perfetto in cui Malfoy aveva stufato le sue lumache cornute, quando il sotterraneo fu invaso da una nube di fumo verde acido e da un sibilo potente. Non si sa come, Neville era riuscito a fondere il calderone di Seamus trasformandolo in un ammasso di metallo contorto, e la pozione, colando sul pavimento di pietra, corrodeva le scarpe degli astanti facendoci dei buchi. In pochi secondi, tutti i ragazzi erano saltati sugli sgabelli, salvo Neville, che si era bagnato con la pozione quando il calderone si era bucato e adesso piangeva di dolore, mentre sulle braccia e sulle gambe gli spuntavano brucianti pustole rosse.

«Ragazzino idiota!» sbottò Piton mentre con un sol colpo della bacchetta ripuliva il pavimento dalla pozione versata. «Suppongo che tu abbia aggiunto gli aculei di porcospino prima di togliere il calderone dal fuoco. Non è così?»

Neville frignava perché i brufoli avevano cominciato a spuntargli anche sul naso.

«Portalo in infermeria!» intimò Piton a Seamus in tono sprezzante. Poi si girò verso Harry e Ron, che avevano lavorato accanto a Neville.

«E tu, signor Potter… perché non gli hai detto di non aggiungere gli aculei? Pensavi che se lui avesse sbagliato tu ti saresti messo in luce, vero? E questo è un altro punto in meno per i Grifondoro».

La cosa era così ingiusta che Harry aprì bocca per ribattere, ma Ron gli diede un calcio dietro il calderone. «Non esagerare» mormorò. «Ho sentito dire che Piton può diventare molto cattivo».

Poco lontano Hermione aveva tappato direttamente la bocca di Hazel, intimandole di stare zitta.

Un’ora dopo, lasciato il sotterraneo, mentre tutti e quattro risalivano le scale, la mente di Harry galoppava e il suo umore era nero. Era la prima settimana a Hogwarts e aveva già fatto perdere due punti a Grifondoro… Ma perché Piton lo odiava tanto?

Mentre Ron cercava di tirare su di morale Harry, Hermione si congedò da tutti per andare in biblioteca a fare i compiti prima di pranzo.

«Su col morale» disse in quel momento Ron. «Piton non fa altro che togliere punti a Fred e George. Posso venire con voi a trovare Hagrid?»

Alle tre meno cinque avevano lasciato il castello e avanzavano attraverso il parco. Hagrid viveva in una casetta di legno al limitare della Foresta Proibita. Fuori dalla porta erano poggiati una balestra e un paio di stivali di gomma.

Quando Harry bussò, dall’interno si udì un raspare frenetico e una serie di latrati sempre più forti. Poi risuonò la voce di Hagrid che diceva: «Qua, Zanna… qua!»

La sua grossa faccia irsuta apparve da dietro la porta socchiusa, prima che la spalancasse.

«’Spettate un attimo!» disse. «Sta’ giù, Zanna!»

Li fece entrare, cercando di trattenere per il collare un enorme danese nero.

La casa era formata da un’unica stanza. Dal soffitto pendevano prosciutti e fagiani; sopra una piccola catasta di legna già accesa c’era un bollitore di rame e, in un angolo, un letto imponente coperto con una trapunta patchwork.

 

«Fate come se foste a casa vostra» disse Hagrid lasciando andare Zanna che si avventò dritto dritto su Ron, cominciando a leccargli le orecchie. Al pari di Hagrid, Zanna non era poi così feroce come sembrava.

«Ti presento Ron» disse Harry mentre Hagrid versava dell’acqua bollente in una grande teiera e disponeva alcuni biscotti su un piano.

«Un altro Weasley, eh?» chiese Hagrid guardando le lentiggini di Ron.

«Ho passato metà della vita a tener lontani i tuoi fratelli dalla Foresta».

Per poco i biscotti non spezzarono loro i denti, ma Harry, Hazel e Ron finsero di gradirli moltissimo, mentre facevano a Hagrid il resoconto delle prime lezioni. Zanna aveva appoggiato la testa sulle ginocchia di Harry e, mentre Hazel lo riempiva di carezze, sbavava senza sosta. Hazel, Harry e Ron si bearono a sentire Hagrid chiamare Filch «quel vecchio scimunito».

«E quanto alla gatta, quella Mrs Norris, una volta o l’altra ci faccio conoscere Zanna. Sapete che ogni volta che vado su alla scuola mi segue dappertutto? Non riesco a levarmela dai piedi… Filch la aizza».

Harry e Hazel si alternarono a raccontare ad Hagrid della lezione di Piton. E Hagrid, come Ron, disse ad entrambi di non prendersela, perché a Piton praticamente non andava a genio nessuno degli studenti.

«Con me è diverso. Sembra proprio odiarmi» disse Harry estremamente convinto e Hazel annuì concorde.

«Sciocchezze!» esclamò Hagrid. «E perché mai?»

Eppure Harry e Hazel non poterono fare a meno di notare che Hagrid, nel pronunciare quelle parole, evitava il loro sguardo.

«E tuo fratello Charlie, come sta?» chiese Hagrid a Ron. «Mi stava molto simpatico… con gli animali era fantastico».

 

Harry e Hazel si scambiarono un’occhiata, sospettosi per il cambio repentino di argomento di Hagrid.

Mentre Ron raccontava a Hagrid che lavoro faceva Charlie con i draghi, Hazel cercava speranzosa di ammollare nel te un biscotto, Harry prese un pezzetto di carta che era sul tavolo, sotto il copriteiera. Era il ritaglio di un trafiletto della Gazzetta del Profeta.

 

ULTIMISSIME SULLA RAPINA ALLA GRINGOTT

 

Proseguono le indagini sulla rapina avvenuta alla Gringott il 31 luglio scorso a opera di ignoti maghi o streghe oscuri

Oggi i goblin della Gringott hanno ripetutamente affermato che nulla è stato trafugato. Anzi, la camera di sicurezza presa di mira dai rapinatori era stata svuotata il giorno stesso.

«Ma tanto non vi diremo che cosa conteneva; quindi, se non volete guai, non ficcate il naso in questa faccenda»: così ha dichiarato oggi pomeriggio il goblin portavoce della Gringott.

 

Harry ricordò che, sul treno, Ron gli aveva detto che qualcuno aveva cercato di rapinare la Gringott, ma senza dire in che data. Subito mise sotto il naso di Hazel il trafiletto di giornale e mentre Hazel lo leggeva disse: «Hagrid! La rapina alla Gringott è avvenuta il giorno del nostro compleanno! Forse è successo mentre noi eravamo lì».

Non c’erano dubbi: questa volta Hagrid evitò ampiamente lo sguardo dei gemelli.

Bofonchiò qualcosa mettendo avanti altri biscotti, come se stesse cercando di guadagnare tempo. Harry rilesse il trafiletto tra le mani della sorella: ‘Anzi, la camera di sicurezza presa di mira dai rapinatori era stata svuotata il giorno stesso’. Hagrid aveva svuotato la camera numero settecentotredici… questo, beninteso, se prelevare il lurido pacchettino che c’era dentro di poteva definire svuotarla. Era quello che i ladri stavano cercando?

Quando Harry, Hazel e Ron fecero ritorno al castello per cena, con le tasche stracolme di biscotti che erano troppo ben educati per rifiutare, Harry disse a Hazel che nessuna delle lezioni frequentate fino a quel momento gli aveva dato tanto da pensare quanto quell’ora trascorsa a prendere il tè con Hagrid ed Hazel si ritrovò a concordare, curiosa e confusa quanto lui del motivo che aveva spinto Hagrid ad avere quel comportamento ambiguo. Hagrid aveva recuperato il pacchetto appena in tempo? Dove si trovava ora? E poi, Hagrid sapeva qualcosa su Piton che non voleva dire ai gemelli?

 

 

(*) Formula per la trasfigurazione di Emeric Switch --> https://harrypotter.fandom.com/it/wiki/Trasfigurazione

Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!
Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:
A durabo che ha recensito il precedente capitolo, un inchino di ringraziamento.
A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95
A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1
 
Dunque, per quanto sia corto questo capitolo rispetto agli altri devo dire che è quello che fin’ora mi ha fatto sudare di più.
Ho aggiunto, tolto, scambiato, girato, cancellato e poi riscritto innumerevoli volte i pezzi con la McGonagall e Piton e… spero siano venuti bene.
Hagrid totalmente SUS, lo sappiamo tutti ma non è ancora il momento per sbottonarsi.

Fatemi sapere cosa ne pensate!
Saluti e ossequi,
Immortal Lady


La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII: Serpeverde, Prima lezione di Volo, Cercatore? Meglio un Duello! Cane a tre teste?! ***


Note Immortal Lady del 09/05/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

 

~ Capitolo VIII: Serpeverde, Prima lezione di Volo, Cercatore?Meglio un Duello! Cane a tre teste?! ~

 

 

Malgrado la tolleranza sviluppata nel corso degli anni passati a subire le offese, l’arroganza e la presunzione del cugino, Hazel e Harry, dopo meno di una settimana di permanenza a Hogwarts, dovettero ammettere che esisteva un ragazzo più odioso di Dudley; e il suo nome era Draco Malfoy. 

 

Fortunatamente, i Grifondoro del primo anno frequentavano con i Serpeverde soltanto il corso di Pozioni e ciò permetteva ai gemelli di non doverlo sopportare troppo a lungo.

O per lo meno fu così fino a quando, nella bacheca della sala comune di Grifondoro, non comparve un avviso che sollevò un lamento di protesta generale. Il giovedì successivo sarebbero iniziate le lezioni di volo, cui Grifondoro e Serpeverde avrebbero partecipato insieme.

«Ti pareva!» commentò cupa Hazel e Harry, dello stesso umore, disse: «Proprio quello che ho sempre desiderato: rendermi ridicolo a cavallo di una scopa sotto gli occhi di Malfoy».

Harry, a differenza di Hazel che era solo in parte curiosa, aveva aspettato con ansia le lezioni di volo, più di qualsiasi altra cosa.

«Non sai ancora se ti renderai veramente ridicolo» disse Ron con grande buonsenso. «Comunque, ho sempre sentito Malfoy vantarsi di quanto sia bravo a giocare a Quidditch, ma scommetto che sono tutte balle».

Indubbiamente Malfoy parlava molto del volo. Strepitava lamentandosi del fatto che gli allievi del primo anno non entravano mai a far parte della squadra della propria Casa, e millantava avventure mirabolanti che finivano sempre con lui che sfuggiva per un pelo ai Babbani a bordo di elicotteri. 

Ma non era il solo: a sentire Seamus Finnigan, pareva che anche lui da bambino non avesse fatto altro che scorrazzare per la campagna a cavallo della sua scopa. E anche Ron raccontava a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo di quella volta che, sulla vecchia scopa di Charlie, era quasi andato a sbattere contro un deltaplano. Chiunque provenisse da una famiglia di maghi non faceva che parlare di Quidditch. 

 

Ron aveva già avuto una grossa discussione con Dean Thomas, con cui Harry condivideva il dormitorio, a proposito delle partite di calcio. Non riusciva a capire che cosa ci fosse di tanto eccitante in un gioco che prevedeva una sola palla e dove non era consentito volare. Harry lo aveva sorpreso stuzzicare il poster di Dean con la squadra del West Ham, nella speranza di far muovere i calciatori; quando lo raccontò a Hazel ne sorrisero divertiti assieme.

Neville non era mai salito in vita sua su una scopa, perché sua nonna non gli aveva mai neanche permesso di toccarne una. Secondo i gemelli la signora aveva le sue ottime ragioni, visto che Neville riusciva a procurarsi una quantità incredibile di incidenti anche quando stava con entrambi i piedi per terra.

Hermione Grenger era nervosa quanto Neville al pensiero di volare. Il volo non era certo una cosa che si potesse imparare a memoria sui libri. Intendiamoci bene, non che lei non avesse provato. Giovedì, durante la colazione, li aveva intontiti a suon di suggerimenti e notizie che aveva reperito in un libro della biblioteca intitolato Il Quidditch attraverso i secoli. Mentre Neville pendeva letteralmente dalle sue labbra, nel disperato tentativo di carpire qualcosa che più tardi avrebbe potuto aiutarlo a reggersi sulla scopa, Hazel ascoltava passivamente il monologo di Hermione con un orecchio, mentre con l’altro captava i commenti di Ron a Harry su come stare in equilibrio sulla scopa e nel frattempo, come una macchinetta, imburrava e spalmava marmellata su tutte le fette biscottate che gli capitano a tiro accumulandole poi su un piatto al centro del tavolo da cui le povere vittime della conferenza indetta da Hermione pescavano voraci a suon di «Posso?» e ricevendo come risposta: «Le sto facendo apposta per tutti, un eccesso di zuccheri è l’unico modo per star dietro ad Hermione la mattina. Senza offesa, eh».

L’arrivo della posta interruppe la conferenza di Hermione (per la gioia dei mangiatori convulsivi di fette biscottate).

Dopo il biglietto di Hagrid, Harry ed Hazel non avevano più ricevuto lettere, cosa che naturalmente Malfoy non aveva mancato di notare. A lui, il suo gufo reale portava sempre pacchi di dolci da casa, che il ragazzo apriva con gioia maligna al tavolo di Serpeverde.

Quel giorno, un barbagianni portò a Neville un pacchetto da parte della nonna. Lui lo aprì tutto eccitato e mostrò agli altri una palla di vetro, grande quanto una grossa biglia, che sembrava piena di fumo bianco.

«È una Ricordella!» spiegò il ragazzo. «Nonna sa che dimentico sempre le cose… Questa ti dice se c’è qualcosa che hai dimenticato di fare. Guardate: uno la tiene stretta così, e se diventa rossa… Oh!» E tutta la sua eccitazione svanì perché la Ricordella era diventata d’un tratto scarlatta: «… vuol dire che hai dimenticato qualcosa…»

Neville si stava sforzando di ricordare che cosa mai avesse dimenticato, quando Draco Malfoy, passando accanto al tavolo di Grifondoro, gli strappò di mano la palla.

Harry e Ron balzarono in piedi. Entrambi speravano in una buona occasione per fare a pugni con Malfoy, ma la professoressa McGonagall, che fiutava guai prima di ogni altro insegnante, piombò come un fulmine.

«Che cosa succede qui?»

«Malfoy non sa tenere le mani a posto e ha preso la Ricordella di Neville» rispose Hazel guardando la McGonagall, per poi tornare a imburrare fette biscottate. Dopo un attimo di stallo, Neville confermò quanto detto da Hazel alla McGonagall.

Malfoy rifilò un'occhiataccia tremenda a Hazel, ma venne bellamente ignorato e così tutto corrucciato rimise prontamente la palla sul tavolo.

«Stavo solo guardando» disse e se la svignò con Crabbe e Goyle al seguito.

«Fifone» commentò Hazel mentre finiva di guarnire l’ultima fetta per poi addentarla. A fianco a lei Ron e Harry sghignazzavano sbocconcellando a loro volta una fetta biscottata.

 

~ * ~

 

Quel pomeriggio, alle tre e mezzo, i gemelli, Ron e gli altri Grifondoro correvano giù per la scalinata d’ingresso alla volta del parco, per la loro prima lezione di volo. Era una giornata chiara e ventosa e l’erba si increspava sotto i loro passi mentre scendevano giù per una collina verso un prato in direzione opposta alla Foresta Proibita, le cui chiome ondeggiavano, nere, in lontananza.

I Serpeverde erano già arrivati e per terra c’erano anche venti scope ordinatamente disposte in tante file. Harry e Hazel avevano sentito Fred e George Weasley lamentarsi delle scope della scuola, dicendo che, se uno volava troppo alto, alcune cominciavano a vibrare, oppure sbandavano leggermente a sinistra.

Giunse l’insegnante, Madame Hooch. Era una donna bassa, coi capelli grigi e gli occhi gialli come un falco.

«Be’, che cosa state aspettando?» sbraitò. «Ciascuno prenda posto accanto a una scopa. Di corsa, muoversi!»

Harry ed Hazel abbassarono lo sguardo sulla rispettiva scopa. Erano entrambe visibilmente vecchie, alcuni rametti sporgevano formando strani angoli e i manici erano consumati in più punti.

 

«Stendete la mano destra sopra la vostra scopa» disse Madame Hooch di fronte a loro, «e dite: ‘Su!’»

«SU!» gridarono in coro.

 

A Harry, la scopa saltò immediatamente in mano, ma fu una delle poche. Quella di Hazel non si era mossa di un millimetro, motivo per cui adesso era vittima dell’occhiata inquisitoria della ragazza. Per un attimo Harry ebbe l’impressione di vedere la scopa tremare nell’erba soffice, per cui diede un colpetto al braccio della sorella per incitarla (  ricevendo una smorfia poco convinta in risposta), poco dopo Hazel proferì sentì un secondo: «Su!» piuttosto ostile indirizzato alla scopa.

Questa volta la scopa non si fece pregare e si mosse rapida verso l’alto dritta dritta nella mano di Hazel.

 

Poco lontano dai gemelli però le cose non andavano così bene.

La scopa di Hermione Granger si era limitata a rotolare per terra e quella di Neville non si era neanche mossa. 

Forse le scope, come i cavalli, sentivano quando avevi paura, pensò Harry; c’era stato un tremito, nella voce di Neville, che aveva tradito chiaramente il suo desiderio di rimanere con i piedi piantati in terra.

A quel punto, Madame Hooch mostrò a tutti come montare il manico di scopa senza scivolare verso il fondo, e poi passò in rassegna le file per correggere la presa. Harry, Hazle e Ron se la godettero un mondo quando disse che erano anni che Malfoy usava la presa sbagliata.

«E ora, quando suonerò il fischietto, datevi una spinta premendo forte i piedi per terra»

 disse Madame Hooch. «Tenete ben salde le scope e sollevatevi di un metro circa; poi tornate giù inclinandovi leggermente in avanti. Al mio fischio… tre… due… »

Ma Neville, nervoso e sovreccitato com'era, nel timore di rimanere a terra, si diede la spinta prima ancora che il fischietto avesse sfiorato le labbra di Madame Hooch.

«Torna indietro, ragazzo!» gridò lei, ma Neville si stava sollevando in aria come un turacciolo esploso da una bottiglia… tre metri… sei metri… Hazel e Harry videro che era terreo in volto mentre guardava il suolo che si allontanava sempre di più, videro che gli mancava il fiato, poi scivolare dal manico, e…

 

SBAM! Un tonfo, uno schianto sinistro e Neville era lì sull’erba, faccia a terra, come un fagotto informe.

La sua scopa salì sempre più in alto e poi si allontanò come andasse alla deriva verso la Foresta Proibita, scomparendo alla vista.

Madame Hooch era china sul ragazzo, con il viso altrettanto pallido.

«Polso rotto» la udirono bofonchiare i gemelli. «Coraggio, ragazzo… non è niente, alzati».

Poi si rivolse al resto della classe.

«Nessuno si muova mentre io lo accompagno in infermeria. Lasciate le scope dove si trovano o sarete espulsi da Hogwarts prima di avere il tempo di dire ‘Quidditch’. Andiamo, caro»

Neville, con il volto rigato dalle lacrime e reggendosi il polso, si avviò zoppicando insieme a Madame Hooch, che lo cingeva con il braccio.

Non erano ancora fuori dalla portata di voce che Malfoy scoppiò in una sonora risata.

«Hai visto che faccia, quel gran salame che non è altro?»

Gli altri Serpeverde si unirono a lui prendendolo in giro.

«Chiudi il becco, Malfoy!» sbottò Parvati Patil.

«Oh, non prenderai mica le difese di Longbottom!» disse Pansy Parkinson, una ragazza di Serpeverde dai lineamenti duri. «Non avrei mai creduto che proprio a te, Parvati, stessero simpatici i frignoni, e per di più ciccioni».

«Si chiama solidarietà Parkinson… ed è un pregio di cui sei chiaramente sprovvista» commentò monotono Hazel, guadagnandosi un sorriso grato da Patil e l’occhiata ostile di Pansy. 

 

«Guardate!» disse Malfoy facendo un balzo in avanti e raccogliendo qualcosa fra l’erba. «È quello stupido aggeggio che gli ha mandato la nonna».

La Ricordella brillò al sole, mentre lui la teneva sollevata.

«Da’ qui, Malfoy» disse tranquillamente Harry. Tutti tacquero all’istante per godersi la scena.

Malfoy sorrise maligno.

«Penso che la metterò in un posticino dove Longbottom dovrà andarsela a riprendere… che ne dite, per esempio… della cima di un albero?»

«Che ne dici invece di startene buono e di darci la ricordella?» chiese annoiata Hazel a Malfoy, che subito le sibilò: «Stai zitta!».

«Lo farò quando tu farai furbo!» ringhiò in risposta Hazel.

«Come ti permetti di parlare così a Malfoy, Pottera?!» sibilò Pansy Parkinson, storpiando di proposito il cognome.

«Dammela!» gridò Harry a Malfoy, ma quest'ultimo era già balzato sulla sua scopa ed era decollato. Non aveva mentito: volava proprio bene; tenendosi in quota all’altezza dei rami più alti di una quercia, gridava: «Venite a prenderla, Potteri!»

«Scappi, Malfoy? E tu Pansy fatti i fatti tuoi, che se non l'avevi ancora capito non mi interessa minimamente la tua opinione» disse Hazel, dando a Pansy il minimo di attenzione che bastò a zittire lei e il resto dei Serpeverde.

 

In quel momento Harry afferrò la sua scopa.

«No!» gridò Hermione Granger. «Madame Hooch ci ha detto di non muoverci… Ci caccerai tutti nei guai!»

Harry la ignorò. Sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie.

Inforcò la scopa, calciò forte il suolo e via, si levò in alto, con il vento che gli scompigliava i capelli e gli abiti che sferzavano l’aria… e in un impeto di gioia selvaggia si rese conto di aver scoperto una cosa che sapeva fare senza bisogno di studiare… era facile, era meraviglioso. Lanciò un'occhiata a terra cercando Hazel incrociando subito il suo sguardo preoccupato, la rassicurò con un breve cenno del capo prima di sollevare leggermente la punta del manico per salire ancora più in alto, ci fu qualche strillo, il respiro ansimante delle ragazze rimaste a terra e il grido di ammirazione di Ron.

 

Harry virò con decisione in modo da trovarsi di fronte a Malfoy, a mezz’aria. Malfoy sembrava esterrefatto.

«Dammela» gli gridò Harry, «o ti butto giù da quella scopa!»

«Ah, sì?» rispose l’altro con un ghigno che però non dissimulava la sua preoccupazione.

Ma Harry, chissà come, sapeva che cosa fare. Si piegò in avanti, afferrò saldamente la scopa con entrambe le mani e partì come una freccia in direzione di Malfoy. Malfoy fece appena in tempo a scansarsi; Harry invertì la rotta bruscamente tenendosi ben saldo. Qualcuno, a terra, batté le mani, nel mentre Hazel teneva le mani sulla bocca concentrata sui movimenti del fratello.

«Niente Crabbe e Goyle a salvarti l'osso del collo quassù, eh, Malfoy?» lo apostrofò Harry.

Sembrò che anche a Malfoy fosse venuto in mente lo stesso pensiero.

«Prendila, se ci riesci!» gli gridò, gettando la palla di vetro in aria e poi lanciandosi come un lampo verso terra.

Harry vide, come al rallentatore, la palla solleversi in aria e poi cominciare a ricadere giù. Si chinò in avanti e puntò il manico della scopa verso il basso: un istante dopo, stava acquistando velocità in una picchiata precipitosa, alla rincorsa della palla, con il vento che gli fischiava nelle orecchie, confondendosi con le grida degli astanti. Allungò la mano e a pochi metri dal suolo la afferrò, appena in tempo per raddrizzare la scopa; poi ruzzolò dolcemente sull’erba stringendo in mano la Ricordella sana e salva.

 

Venne subito travolto da una massa informe nera - alias Hazel - che prese a controllare tutta preoccupata le condizioni del fratello. Una volta appurato che era sano come un pesce gli si rilanciò a tutta potenza contro per stritolarlo in un abbraccio, finendo col far fare ad entrambi altri due metri di rotolata nel prato, scatenando una risata collettiva tra i Grifondoro che fece scemare la rimanente tensione.   

 

«HARRY POTTER!»

Harry ebbe un tuffo al cuore più brusco di quanto fosse stato il suo atterraggio: la professoressa McGonagall avanzava a passo di corsa verso di loro. Hazel aiutò Harry a rimettersi in piedi e, vedendolo tremare, tenne un braccio dietro di lui per sostenerlo.

«Mai… da quando sono a Hogwarts…»

La McGonagall era quasi senza parole per lo choc e lanciava occhiate furiose da dietro gli occhiali. «Come osi.. avresti potuto romperti l’osso del collo…»

«Non è stata colpa sua, professoressa…»

«Taci, signorina Patil…»

«Ma Malfoy…»

«Basta così, Weasley. Signor Potter, mi segua immediatamente».

«Ma professoressa…».

«Non voglio sentire altro, signorina Potter. Adesso mi segua, signor Potter» disse la McGonagall voltando le spalle a tutti con un gran movimento di mantello.

 

Harry e Hazel si guardarono turbati, ma Hazel rafforzò la presa sul fratello e quando lui si mosse lo seguì come un'ombra. 

Ad entrambi non sfuggirono le facce trionfanti di Malfoy, Crabbe e Goyle, ma nessuno, né Grifondoro né Serpeverde, disse qualcosa in merito ad Hazel mentre si allontanava mogia insieme ad Harry in direzione del castello. 

 

Questa volta rischiavano l'espulsione, lo sapevano benissimo. Harry voleva dire qualcosa a sua discolpa, ma la voce sembrava non volergli uscire. La professoressa McGonagall procedeva a passo veloce senza neanche degnarli di uno sguardo e per tenerle dietro dovevano correre. 

Nel frattempo i gemelli erano persi in mille pensieri tragici, arrivando anche a pensare a che cosa avrebbero potuto dire i Dursley nel vederseli ricomparire alla porta?

Risalirono la scalinata d’ingresso e poi quella interna, intanto la professoressa McGonagall non aveva ancora detto una parola.

Spalancava le porte con violenza e correva per i corridoi, con loro che le trotterellavano dietro disperati. 

Che la professoressa McGonagall li stesse portando direttamente da Silente?

Pensarono ad Hagrid, che era stato espulso, ma aveva avuto il permesso di rimanere come guardacaccia. Forse avrebbero potuto diventare i suoi assistenti… mentre Ron, Hermione e tutti gli altri diventavano maghi e streghe di tutto rispetto. Solo al pensiero sentivano lo stomaco torcersi dolorosamente.

 

La professoressa McGonagall si fermò davanti a un’aula. Aprì la porta e mise dentro la testa.

«Mi scusi, professor Flitwick, mi presta il suo Wood per un attimo?»

‘Il suo Wood?’ pensarono confusi Harry ed Hazel, con una smorfia spaventata stampata, sui visi e la speranza che la situazione non stesse prendendo una piega peggiore.

Wood, come scoprirono ben presto, era un ragazzo corpulento del quinto anno, che uscì esitante dall’aula.

«Voi… tre, venite con me» disse la professoressa McGonagall, quando si accorse della presenza di Hazel ebbe un attimo di smarrimento ma si riprese subito; i tre la seguirono lungo il corridoio. Wood guardava alternativamente Harry ed Hazel, incuriosito.

«Qui dentro»

La professoressa indicò loro una classe che sarebbe stata vuota se non fosse stato per Peeves, tutto intento a scrivere parolacce sulla lavagna.

«Fuori, Peeves!» gli gridò. Peeves lanciò il gessetto in un cestino, facendolo risuonare rumorosamente, e sparì imprecando.

La McGonagall gli sbatté la porta alle spalle e si voltò a guardare i tre ragazzi, per un momento di troppo gli occhi della professoressa McGonagall si soffermarono su quelli indagatori di Hazel ma poi si fissarono su Harry.

«Signor Potter, questo è Oliver Wood. Wood… ti ho trovato un Cercatore».

Da perplesso che era, Wood divenne il ritratto della felicità.

«Dice sul serio, professoressa?»

«Ci puoi giurare» rispose lei risolutamente. «Il ragazzo ha un talento naturale. Non ho mai visto niente di simile. Era la prima volta che salivi su una scopa, signor Potter?»

Harry annuì confuso in silenzio, non aveva la più pallida idea di che cosa stesse accadendo ma non sembrava che li avrebbero espulsi e pian piano cominciò a risentirsi saldo sulle gambe. Hazel invece si sentiva crescere una voragine d’agitazione alla bocca dello stomaco. 

«Ha afferrato quella palla con una mano sola, dopo una picchiata di quindici metri» disse la professoressa McGonagall a Wood. «E non si è fatto neanche un graffio. Neanche Charlie Weasley ci sarebbe riuscito».

Ora Wood aveva l’aria di uno che vede d’un tratto realizzarsi tutti i suoi sogni, Hazel, invece, dall’espressione sembrava aver ingoiato un limone intero ed assisteva sempre più turbata all’eccitazione che stava prendendo Wood e la McGonagall. 

«Hai mai visto una partita di Quidditch, Potter?» chiese Wood euforico ad Harry.

«Wood è il Capitano della squadra dei Grifondoro» spiegò la McGonagall.

«E ha anche la corporatura di un Cercatore» commentò Wood girando intorno a Harry e osservandolo attentamente. «Leggero, veloce… Dovremo procurargli una scopa decente, professoressa… una Nimbus Duemila o una Tornado Sette, direi».

Quando Wood tentò di tastare un braccio di Harry, Hazel si mosse rapida come una faina dandogli uno schiaffo sulla mano e lasciandolo un attimo interdetto. 

«Harry non diventerà un cercatore! So a cosa dovrebbe andare incontro e non voglio che mio fratello finisca per essere la vittima di bolidi, pluffe e mazze!» disse Hazel raffreddando gli animi di tutti.

«Ma Hazel-» provò a dire Harry ma subito Hazel lo interruppe dicendo: «Niente ‘Ma Hazel’!».

«Signorina Hazel, o questo o una punizione» disse la professoressa McGonagall, ma Hazel non si fece tanti problemi a guardarla dritta negli occhi sfacciatamente e dire:  

«Meglio la puniz-» ma venne fermata a metà da uno strattone al braccio, Harry la guardava con la più pura agitazione negli occhi. «Hazel! Non peggiorare la situazione in cui siamo, ti prego!».

«Ma tu che diventi un cercatore è peggiorare la situazione! Saresti ancora di più al centro dell’attenzione di quanto già non lo siamo… inoltre sei del primo anno e quelli del primo anno non possono entrare nella squadra della propria casa, per cui dovranno fare un'eccezione alla regola e, chiunque sia in grado di fare due più due, crederà che si tratta di favoritismo nonostante tu sembra sappia volare in modo incredibile. Harry, sei sicuro di volerlo fare? » disse Hazel, tutta la sfacciataggine che aveva era sparita come neve al sole mentre parlava, sostituita da una più che legittima preoccupazione. Nella stanza regnava il silenzio, tutti coscienti che quanto aveva appena detto Hazel fosse vero e, chi più che meno, in trepidante attesa della risposta di Harry.

«Hazel… io voglio provarci» disse Harry, guardando sicuro negli occhi inquieti della sorella.

«Ma è pericoloso…» disse Hazel, provando a farlo ragionare. Harry appoggiò le mani sulle spalle di Hazel e disse: «Lo so… ma farò attenzione, te lo giuro».

«… sai che mi fido di te, è di tutti gli altri che non mi fido!» mormorò Hazel con una smorfia. 

A quel punto la professoressa McGonagall si schiarì la voce, richiamando l’attenzione su di sé e disse: «La signorina Potter non ha sbagliato a dire che sarà necessario applicare un'eccezione alla regola, ma di questo ne parlerò con il professor Silente e vedremo come fare. Sà il cielo se abbiamo bisogno di una squadra migliore di quella dell’anno scorso. I Serpeverde ci hanno stracciato nell’ultima partita… Per settimane non ho avuto il coraggio di guardare in faccia Severus Piton… »

La professoressa McGonagall scrutò i gemelli da sopra gli occhiali con sguardo severo.

«Voglio che lei ce la metta tutta negli allenamenti, signor Potter, in quanto da essi dipenderà se riceverà o meno una punizione… inoltre sua sorella dovrà essere sempre presente per assistere per poi riferirmi i suoi progressi».

Poi, d’un tratto, sorrise.

«Vostro padre sarebbe stato orgoglioso» disse. «Anche lui era un ottimo giocatore di Quidditch e, dopo quanto ho visto oggi, rivedo in voi abbastanza di lui da avere grandi aspettative».

 

~ * ~

 

«State scherzando

Era l’ora di cena. Harry ed Hazel avevano appena finito di raccontare a Ron quel che era accaduto dopo aver lasciato il parco con la professoressa McGonagall. Ron era rimasto con un boccone di pasticcio di carne a mezz’aria, dimenticando di metterselo in bocca.

«Cercatore?» disse. «Mai quelli del primo anno… Tu devi essere il più giovane giocatore della scuola da…»

«Da un secolo» confermarono in coro i gemelli, prima di cacciarsi entrambi in bocca un grosso pezzo di pasticcio. Erano particolarmente affamati, dopo le emozioni di quel pomeriggio. «Ce l’ha detto Wood».

Ron era talmente stupefatto, talmente impressionato che non riusciva a staccare gli occhi da Harry e continuava a guardarlo a bocca aperta. 

«Comincio l’allenamento la settimana prossima. Solo, non dirlo a nessuno.» disse Harry e Hazel continuò:«Con Wood ho pattuito di mantenere segreta la cosa per adesso».

Fred e George Weasley entrarono in quel momento in sala, scorsero Harry ed Hazel e si avvicinarono in fretta.

«Complimenti» disse George a bassa voce. «Ce l’ha detto Wood. Anche noi siamo nella squadra… Battitori».

«Ve lo dico io, quest’anno la Coppa di Quidditch la vinciamo noi» disse Fred. «È da quando Charlie se n’è andato che non vinciamo più, ma quest’anno la squadra promette bene. Devi essere proprio bravo, Harry; Wood stava praticamente saltando di gioia quando ce l’ha detto».

«Ha anche detto che ci siamo guadagnati uno scricciolo come osservatrice»

«Scriffolo?» chiese Hazel con le guance piene di pasticcio, facendo ridere i gemelli Weasley.

«Sì, esatto. Inoltre, con la memoria che hai, potresti memorizzare i vecchi schemi della squadra e lavorare insieme a Wood per crearne di nuovi» disse Fred.

«Sarai sicuramente un'ottima risorsa per la squadra, scricciolo» convenne George.

«Bene, ora dobbiamo andare. Lee Jordan è convinto di aver trovato un nuovo passaggio segreto per uscire dalla scuola».

«Scommetto che è quello dietro alla statua di Gregory il Viscido che abbiamo scoperto la prima settimana. Ciao!»

Fred e George erano appena scomparsi quando si presentò qualcuno molto meno gradito: era Malfoy, regolarmente seguito da Crabbe e Goyle.

«Ultimo pasto, Potteri? State per prendere il treno e tornare dai Babbani?»

A sentire Malfoy, Hazel alzò gli occhi al cielo già con la pazienza agli sgoccioli.

«Vedo che sei molto coraggioso, ora che sei tornato coi piedi per terra e al fianco dei tuoi teneri amici» rispose Harry con freddezza. Naturalmente Crabbe e Goyle non avevano niente di tenero, ma dato che in sala erano presenti molti insegnanti, quei due non avrebbero potuto far altro che scrocchiarsi le dita e rosicare.

«Con te sono pronto a battermi in qualsiasi momento, da solo» disse Malfoy a Harry, per poi alzare gli occhi sentendosi osservato intercettando così l’occhiata sarcastica di Hazel prima che lei perdesse interesse e tornasse alla sua cena. Draco tornò a guardare Harry digrignando i denti e disse con tono intimidatorio: «Se vuoi, anche stanotte. Un duello tra maghi. Soltanto bacchette… niente contatto fisico. Be’, che cosa c’è? Non hai mai sentito parlare di duelli tra maghi?»

«Certo che ne ha sentito parlare» disse Ron voltandosi bruscamente. «Io sono il suo secondo, e il tuo chi è?»

Malfoy squadrò Crabbe e Goyle valutandone la stazza.

«Crabbe» disse. «Ti va bene a mezzanotte? Ci troviamo nella Sala dei trofei, che non è mai chiusa a chiave».

 

Quando Malfoy se ne fu andato, Hazel commentò seccata: «Mi chiedo perché Malfoy si ostini a punzecchiarti Harry».

«Punzecchia me perché ha fifa di farlo con te, sa che lo stenderesti con una frase come fai sempre» rispose tranquillamente Harry.

«… vero».

I gemelli si scambiarono un sorriso complice prima di voltarsi verso Ron.

«Che cos’è un duello tra maghi?» chiese Harry e Hazel aggiunse: «E che vuol dire che sei il suo secondo?»

«Be’, il secondo è quello che prende il tuo posto se muori» disse Ron disinvolto, cominciando finalmente a mangiare il suo pasticcio di carne ormai freddo. Poi, cogliendo l’espressione sul viso dei gemelli, si affrettò ad aggiungere: «Ma si muore soltanto nei duelli veri, sapete, i duelli tra maghi veri. Il massimo che potrete fare sarà tirarvi addosso un po’ di scintille. Nessuno di voi due conosce abbastanza magia per farvi male sul serio. Comunque, scommetto che si aspettava rifiuto».

«Concordo con Ron, è un fifone. Dubito anche fosse serio in merito alla sfida…» disse Hazel, finendo il suo pasticcio.

«Hmm, nel caso facesse sul serio… e io agito la bacchetta e non succede niente?» chiese Harry a Ron.

«Butta via la bacchetta e dagli un bel pugno sul naso» suggerì Ron.

«Chiedo scusa».

I ragazzi alzarono lo sguardo. Era Hermione Granger.

«Ma è possibile che in questo posto non si riesca a mangiare in pace?» disse Ron.

Hemione lo ignorò e si rivolse a Harry.

«Non ho potuto fare a meno di sentire quel che vi stavate dicendo con Malfoy…»

«E ti pareva?» bofonchiò Ron.

«… e non dovete assolutamente andare in giro di notte per la scuola. Pensate ai punti che farete perdere ai Grifondoro se vi beccano… e vi beccano di sicuro. È veramente egoista da parte vostra».

«E veramente non sono fatti tuoi» la rimbeccò Harry.

«Ciao, eh!» la salutò Ron.

«Hmpf, noi due parliamo più tardi» disse Hermione ad Hazel prima di voltarsi e uscire dalla Sala Grande.

«Merlino, aiuto» mugugnò Hazel mettendosi le mani nei capelli, per poi sospirare ed alzarsi. «Vado a vedere se riesco a calmarla e a convincerla a non spifferare quanto ha sentito in giro. Ci vediamo poi verso le undici e mezzo»

 

~ * ~

 

Parlare con Hermione quella sera servì soltanto ad una cosa, a far venire il mal di testa ad Hazel.

Era riuscita a non farla parlare con Percy Weasley ma i suoi risultati finivano lì, per cui, dopo aver dato la buonanotte a Patil e Lavanda, si lanciò nel bagno per una lunga doccia ristoratrice.

Quando ne uscì Hazel non trovò il grugno offeso di Hermione a salutarla, ma solo il respiro soffuso di Patil e Lavanda. Non era nemmeno sul suo letto, per cui poteva solo essere fuori dal dormitorio ad aspettarli.

Hazel guardò l’orologio sul muro, segnava le undici e venti per cui si affrettò a vestirsi e prima di uscire diede una carezza ad Edvige e recuperò la bacchetta da sopra il comodino. Incrociò Ron e Harry sul pianerottolo e tutti e tre scesero per la scala a chiocciola raggiungendo la sala comune di Grifondoro.

Dal camino arrivava ancora il bagliore di alcuni tizzoni, che trasformava le poltrone in ombre nere e ricurve. 

Avevano quasi raggiunto il buco coperto dal ritratto, quando, dalla poltrona più vicina, si sentì una voce: «Non posso credere che lo farai, Harry!»

Una luce baluginò nel buio. Era Hermione Granger, con indosso una vestaglia rosa e l’espressione accigliata.

«Tu!» disse Ron furibondo. «Tornatene a letto!»

«Hermione, ascoltami, torna a letto. Ne abbiamo parlato tutta la sera e, che ti piaccia o no, che la sfida sia reale o meno, noi ci andremo» disse Hazel con le ultime gocce di pazienza che aveva.

«Avrei dovuto dire tutto a Percy, lui che è un prefetto e saprebbe come metter fine a questa faccenda… non avrei dovuto ascoltarti Hazel!» sbottò Hermione. 

«Peggio per te che ti sei fatta convincere» sbottò a sua volta Hazel.

Harry non riusciva a capacitarsi che potessero esistere persone tanto invadenti.

«Andiamo» disse a Ron. Spostò il ritratto della Signora Grassa e si arrampicò attraverso il passaggio nel muro.

Hermione non aveva alcuna intenzione di darsi per vinta così facilmente. Seguì Ron attraverso il passaggio, sibilando come un’oca inferocita.

«A voi non importa niente di Grifondoro. A voi importa solo di voi stessi. Io non voglio che i Serpeverde vincano la Coppa delle Case, e voi ci farete perdere tutti i punti che ho ottenuto dalla professoressa McGonagall quando mi ha interrogato sugli Incantesimi di Trasfigurazione».

«Ti ricordo che non sei stata l'unica ad essere interrogata e non sei stata l’unica a far ottenere dei punti a Grifondoro, per cui non gasarti troppo» disse Hazel ormai stufa.

«Vattene» sibilò Ron.

«E va bene, però vi ho avvertito; ricordatevelo domani, quando sarete sul treno che vi riporta a casa; siete proprio dei…»

I tre ragazzi non seppero mai quel che erano. Hermione si era voltata verso il ritratto della Signora Grassa per tornare dentro, ma si era trovata di fronte un quadro vuoto. La Signora Grassa era andata a fare una passeggiata notturna e Hermione si trovò chiusa fuori dalla Torre di Grifondoro.

«E ora che faccio?» strillò.

«La smetti di urlare per iniziare!» sibilò Hazel. 

«Questo è un problema tuo» disse Ron. «Noi dobbiamo andare, altrimenti faremo tardi».

Non avevano fatto in tempo ad arrivare all’altra estremità del corridoio che Hermione li raggiunse.

«Vengo con voi» disse.

«No che non vieni!»

«Pensate che io me ne stia qui fuori ad aspettare che Filch mi scopra? Se ci trova tutti e quattro, gli dirò la verità: gli dirò che stavo cercando di fermarvi, e voi mi appoggerete».

«Bella faccia tosta, non c’è che dire…» disse Ron ad alta voce.

«Chiudete il becco tutti e due!» li rimbeccò Harry, aspro. «Ho sentito qualcosa».

Era una specie di ronfo.

«Mrs Norris?» chiese Ron scrutando le tenebre.

Non era Mrs Norris. Era Neville. Stava lì raggomitolato sul pavimento, profondamente addormentato; ma non appena si furono avvicinati, si svegliò di soprassalto.

«Meno male! Mi avete trovato! Sono ore che sono qui. Non riuscivo a ricordarmi la nuova parola d’ordine per andare a letto».

«Parla piano, Neville. La parola d’ordine è ‘grugno di porco’, ma ora non ti servirà a niente: la Signora Grassa è andata a zonzo» disse Hazel aiutando Neville ad alzarsi.

«Come va il polso?» chiese Harry.

«Bene» rispose Neville mostrandoglielo. «Madam Pomfrey me lo ha aggiustato in meno di un minuto».

«Bene. E ora, Neville… dobbiamo andare in un certo posto. Ci vediamo più tardi…»

«Non mi lasciate!» li scongiurò il ragazzo balzando in piedi. «Non voglio rimanere qui da solo, il Barone Sanguinario è già passato due volte».

Ron guardò l’orologio e poi lanciò un’occhiata furibonda a Hermione e Neville.

«Se uno di voi due si fa beccare, non avrò pace finché non avrò imparato quella Maledizione delle Caccole di cui ha parlato Quirrell, e giuro che la userò contro di voi».

Hermione fece per aprir bocca, forse proprio per dire a Ron come usare la Maledizione delle Caccole, ma Harry le sibilò di tacere e fece cenno a tutti di procedere.

Scivolarono lungo i corridoi illuminati a strisce dal chiarore lunare proveniente dalle alte finestre. Ogni volta che giravano un angolo i gemelli (che facevano da aprifila) si aspettavano di imbattersi in Filch o in Mrs Norris, ma ebbero fortuna. Salirono a tutta velocità su per una scala fino al terzo piano e in punta di piedi si avviarono verso la Sala dei Trofei.

Malfoy e Crabbe non erano ancora arrivati. Le teche di cristallo dei trofei luccicavano nei punti illuminati dai raggi della luna. Coppe, gagliardetti, targhe e statuette, era tutto uno scintillio d’oro e d’argento. Strisciavano lungo i muri, tenendo d’occhio le porte situate a entrambe le estremità della stanza. Harry estrasse la sua bacchetta nel caso Malfoy fosse arrivato e avesse attaccato subito… I minuti scorrevano lentamente. 

«È in ritardo. Forse se l’è fatta sotto» fece Ron in un sussurro. Hazel, a fianco a Harry, stava per dire che era della stessa idea e che voleva tornarsene a letto.

Poi, un rumore nella stanza accanto li fece sobbalzare. Harry aveva appena sollevato la bacchetta quando udì qualcuno parlare… ma non era Malfoy.

«Annusa qua dentro, ciccina, potrebbero essere nascosti in un angolo».

Era Filch che parlava con la gatta, Mrs Norris. Inorridito, Harry agitò all’impazzata la bacchetta, facendo segno agli altri quattro di seguirlo più in fretta possibile. Svelti svelti, senza far rumore si diressero verso la porta opposta al punto da cui proveniva la voce di Filch. L’ultimo lembo degli abiti di Neville era appena sparito dietro l’angolo, quando udirono Filch entrare nella Sala dei Trofei.

«Sono qui, da qualche parte» lo udirono borbottare, «probabilmente nascosti».

«Da questa parte!» Harry bisbigliò agli altri e, in preda al terrore, cominciarono a sgattaiolare lungo una galleria piena di armature. Sentivano avvicinarsi Filch. D’un tratto, Neville lanciò un gridolino si terrore e partì di corsa… incespicò, afferrò Ron per la vita e franarono entrambi sopra un’armatura.

Il baccano e il clangore erano abbastanza forti da svegliare l’intero castello.

«CORRETE!» gridò Harry e tutti e cinque si misero a correre per la galleria, senza guardarsi indietro per vedere se Filch li stesse seguendo.

Girarono dietro lo stipite di una porta, percorsero un corridoio, e poi un altro, Harry in testa, senza la minima idea di dove si trovassero o di dove stessero andando. Passarono attraverso un arazzo, lacerandolo, e si ritrovarono in un passaggio nascosto, lo percorsero a precipizio e sbucarono vicino all’aula di Incantesimi, che sapevano essere lontana mille miglia dalla Sala dei Trofei.

«Credo che lo abbiamo seminato» ansimò Harry appoggiandosi contro la parete fredda e asciugandosi la fronte. Neville era piegato in due e ansimava senza riuscire a riprendere fiato.

«Io ve l’avevo detto» mormorò Hermione premendosi una mano sul petto, «ve l’avevo detto!»

«Non è il momento Hermione» sibilò Hazel con il poco fiato che aveva.

«Dobbiamo tornare alla Torre di Grifondoro il più in fretta possibile» disse Ron.

«Malfoy vi ha ingannato» disse Hermione ai tre. «Te ne rendi conto, vero? Non ha mai avuto la minima intenzione di presentarsi al duello… Filch sapeva che qualcuno si sarebbe trovato nella Sala dei trofei; Malfoy deve avergli fatto una soffiata».

Harry pensò che la ragazza avesse ragione, ma non era disposto a dirglielo.

«Andiamo» disse Hazel e Harry la affiancò subito.

La cosa non si sarebbe rivelata tanto semplice. Non avevano fatto che una decina di passi che il pomello di una porta cigolò e qualcosa schizzò come una pallottola fuori da un’aula di fronte a loro.

Era Peeves. Li vide ed emise uno squittio di contentezza.

«Zitto, Peeves… per piacere… o ci farai espellere».

Peeves ridacchiò.

«In giro per il castello a mezzanotte, pivellini? Ah, ah, ah! Sciocchi e insulsi, sarete espulsi»

«No, se non fai la spia, Peeves. Ti prego!» mormorò Hazel.

«Dovrei proprio dirlo a Filch» disse Peeves con voce serafica, ma gli occhi gli brillavano di cattiveria. «È per il vostro bene, sapete?»

«Ma levati di mezzo!» sbottò Ron cercando di colpirlo… Fu un grosso errore.

«ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE!» iniziò a gridare Peeves.

«ALLIEVI FUORI DALLE CAMERATE, NEL CORRIDOIO DI INCANTESIMI!»

Si tuffarono sotto di lui e spiccarono una corsa con tutta la forza che avevano nelle gambe, dritti verso l’estremità del corridoio, dove andarono a sbattere contro una porta… chiusa a chiave.

«Siamo arrivati al capolinea» disse Ron sconfortato mentre spingevano inutilmente cercando di aprirla. «Siamo perduti! È la fine!»

Udirono dei passi: era Filch, che correva più in fretta che poteva verso il punto da cui provenivano le grida di Peeves.

«Vi decidete a fare qualcosa?» sbottò Hermione. Afferrò la bacchetta di Harry, colpì la serratura e sussurrò: «Alohomora!»

La serratura scattò e la porta si spalancò davanti a loro, la oltrepassarono spintonandosi, la richiusero velocemente e vi pigiarono contro l’orecchio, rimanendo in ascolto.

«Da che parte sono andati, Peeves?» stava chiedendo Filch. «Svelto, parla!»

«Di ‘per favore’».

«Non farmi perdere tempo, Peeves. Dimmi, dove sono andati

«Non ti dirò niente finchè non me lo chiedi per favore» disse Peeves con la sua fastidiosa cantilena. 

«E va bene… per favore

«NIENTE!Ah-ha! Te l’avevo detto che non avrei detto ‘niente’ se non chiedevi per favore! Ha ha! Haaaaaa!» E i ragazzi udirono Peeves allontanarsi con un sibilo mentre Filch, furente, lanciava maledizioni.

«Crede che questa porta sia chiusa a chiave» bisbigliò Harry.

«Penso che siamo salvi… E mollami, Neville!» grugnì Hazel a Neville che le stava tirando la manica della vestaglia. «Che cosa c’è

I gemelli si voltarono… e videro chiaramente che cosa c’era. Per un attimo, furono certi di essere precipitati in un incubo: era troppo, dopo tutto quel che avevano passato quel giorno.

Non si trovavano in una stanza come avevano creduto. Erano in un corridoio. Il corridoio proibito del terzo piano. E ora, sapevano perché era proibito.

Stavano fissando dritto negli occhi un cane mostruoso, un bestione che riempiva tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste.

Tre paia di occhi roteanti, dallo sguardo folle; tre nasi che si contraevano e vibravano nella loro direzione; tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva come tante funi viscide dalle zanne giallastre.

Era lì, perfettamente immobile, tutti e sei gli occhi fissi su di loro, e i gemelli compresero al volo che l’unica ragione per cui non erano ancora morti era che la loro improvvisa comparsa lo aveva colto di sorpresa. Sorpresa che però stava superando rapidamente: il suo ringhiare cavernoso non dava adito a equivoci.

Harry ed Hazel, che erano quelli più vicini all’uscita, tastarono in cerca del pomello della porta: tra Filch e la morte certa preferivano Filch.

Caddero all’indietro quando Hazel trovò il pomello e lo girò con forza… Harry richiuse la porta sbattendola e ripresero a correre, anzi quasi a volare, lungo il corridoio. Filch doveva essere andato a cercarli da qualche altra parte perché non lo videro, ma ormai lui non li preoccupava più. L’unica cosa che volevano fare era mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel mostro. Non smisero di correre fino a che non ebbero raggiunto il ritratto della Signora grassa, al settimo piano.

«Ma dove diavolo eravate, tutti quanti?» chiese lei guardando le vestaglie che pendevano dalle loro spalle e i volti congestionati e madidi di sudore.

«Non è importate… grugno di porco, grugno di porco» ansimò Harry e il ritratto scivolò. Si inerpicarono su per il passaggio e raggiunsero la sala comune; qui si lasciarono cadere, tremanti, sulle poltrone.

Passò del tempo prima che qualcuno parlasse. Anzi, Neville aveva tutta l’aria di uno che non avrebbe mai più proferito verbo.

«Che cosa lo tengono a fare, un mostro come quello, rinchiuso in una scuola?» disse infine a Ron. «Se c’è un cane che ha bisogno di fare del moto, è proprio lui».

Hermione aveva ritrovato il fiato e anche il solito caratteraccio.

«Ma dite un po’, voi non li usate gli occhi?» sbottò. «Non avete visto dove poggiava le zampe?»

«Sul pavimento?» suggerì Harry. «A dire la verità non gli ho guardato i piedi. Ero troppo preso dalle sue teste».

«Idem» grugnì Hazel facendosi aria con la mano. 

«No, non sul pavimento. Stava sopra una botola. È evidente che fa la guardia a qualcosa».

Si alzò lanciandogli uno sguardo truce.

«Spero che siate soddisfatti di voi stessi. Abbiamo corso il rischio di essere uccisi… o peggio ancora, espulsi. E ora, se non vi dispiace, io vado a letto».

Hazel si mise a ridere con il poco fiato che aveva recuperato attirando l’attenzione di tutti su di sé, compresa quella di Hermione.

«Oddio, non ce la faccio… Hahah ah aha… è la prima volta che sento una frase così… così... Hermione, senza offesa eh, ma le tue priorità mi confondono un po’» disse Hazel, inframmezzando la frase con delle piccole risate. Hermione si voltò offesa e marciò su per la scala a chiocciola senza più calcolarli.

Poco dopo tutti si alzarono e dopo un'ultima buonanotte si separarono, tranne Hazel e Harry, che si fermarono un attimo sul pianerottolo a parlare.

 

«Se Hermione ci ha visto giusto e il cane faceva la guardia a qualcosa…» iniziò Harry ed Hazel gli rispose: «E secondo Hagrid, Hogwarts è un posto che rivaleggia la Gringott in fatto di sicurezza»

«Direi proprio…» disse Harry.

«Che quel lurido pacchettino» proseguì Hazel. 

«Proveniente dalla camera di sicurezza numero settecentotredici» precisò Harry.

«Si trova sotto le zampe di quel cane…» sussurrarono in coro i gemelli con un luccichio pericoloso negli occhi.



Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Ordunque, finalmente un po’ d’azione!

Spero vi siate divertiti quanto me dello scontro con i Serpeverde… si lo ammetto Hazel è un pooochino una Serpeverde mancata… ma giusto un pochino eh!

A parte gli scherzi spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che ne pensate. A presto.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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Capitolo 10
*** Capitolo IX: Scopa e Primo Allenamento, Wingardium Leviosa? Halloween! Troll?! Hermione! ***


Note Immortal Lady del 11/05/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.



~ Capitolo IX: Scopa e Primo Allenamento, Wingardium Leviosa? Halloween! Troll?! Hermione!~

 

Il giorno dopo, quando Malfoy vide i Hazel, Harry e Ron ancora ad Hogwarts, stanchi ma allegri come non mai, non riusciva a credere ai suoi occhi.

A dire il vero, dopo averci dormito su, i gemelli e Ron erano arrivati alla conclusione che l'incontro con il cane a tre teste era stata una splendida avventura e non vedevano l’ora di viverne un’altra. Nel frattempo, Harry e Hazel avevano informato Ron sul pacchetto che sembrava essere stato trasferito dalla Gringott a Hogwarts, e quindi i tre ragazzi passarono un bel po’ di tempo a fare congetture su cosa poteva aver bisogno di una sorveglianza così stretta.

«È una cosa o molto preziosa o molto pericolosa» commentò Ron.

«O tutt’e due» concluse Harry ed Hazel gli diede pienamente ragione.

Ma dal momento che l’unica informazione certa che avevano sull’oggetto misterioso erano le sue dimensioni, circa cinque centimetri di lunghezza, senza ulteriori indizi, non avevano molte possibilità di indovinare che cosa fosse.

«Considerando la grandezza del fagottino… potrebbe essere una pietra preziosa, sai Harry, tipo quelle che stavano maneggiando i Goblin alla Gringott quando siamo andati con Hagrid» ipotizzò una mattina Hazel, girando con fare meditabondo un bicchiere di latte e zucchero.

«Potrebbe essere… come potrebbe essere l’occhio di qualche creatura» disse Harry allungando la forchetta verso il piatto di salsicce per prenderne una.

 

Né Neville né Hermione mostravano il minimo interesse per l’oggetto misterioso custodito dentro la botola, sotto le zampe del cane. Tutto quel che importava a Neville era di non trovarglisi più a tiro.

Hermione si rifiutava di parlare con Harry e Ron, ma era una signorina so-tutto-io così prepotente che i ragazzi consideravano il suo silenzio un’insperata fortuna.

Con Hazel invece Hermione ci parlava o per meglio dire ci discuteva. Su tutto. Tanto da causare un’aria molto pesante al termine delle loro “chiacchierate” nel dormitorio; Lavanda e Patil navigavano sempre lontane, non osando interferire tra le due.

Però tutto sommato Hazel si divertiva a parlare con Hermione, anche se alcune volte esageravano con i toni. In quei casi compariva Edvige, che si frapponeva tra di loro e le allontanava a suon di fischi.

Un paio di volte erano anche arrivati dei messaggi da parte di Harry, dove c’era scritto che era preoccupato perché le sentiva urlare dal dormitorio maschile.

 

In ogni caso il loro desiderio più grande era trovare un modo per farla pagare a Malfoy e, con loro grande soddisfazione, quell’occasione si presentò circa una settimana più tardi, con l’arrivo della posta.

Quando, come di consueto, i gufi invasero la Sala Grande, l’attenzione generale fu attratta immediatamente da un pacco lungo e sottile, trasportato da sei grossi barbagianni. Come tutti, anche Harry era curioso di sapere che cosa contenesse e si stupì quando gli uccelli scesero in picchiata e lo lasciarono cadere proprio davanti a lui, rovesciando a terra la sua pancetta affumicata. I barbagianni si erano appena allontanati ed ecco arrivare un altro gufo con una lettera, che lasciò scivolare sopra il pacco.

Hazel, che quella mattina si era svegliata tardi, comparve in quel momento alle spalle di Harry e Ron (facendoli saltare sulle sedie per lo spavento) e disse, con una certa dose di soddisfazione nella voce: «Molto bene! La professoressa McGonagall mi aveva detto che sarebbe arrivata nel corso di questa settimana. Non aprire il pacco, apri prima la lettera».

Harry annuì alla sorella e aprì prima la lettera, dentro c’era scritto:

 

NON APRIRE IL PACCO A TAVOLA

Contiene la tua nuova Nimbus Duemila, ma non voglio che gli altri sappiano che hai ricevuto in dono una scopa, altrimenti tutti ne vorranno una.

Oliver Wood ti aspetta questa sera alle sette al campo di Quidditch per il tuo primo allenamento.

Minerva McGonagall

 

Hazel, che era rimasta in piedi, lesse dall’alto la lettera dopodichè abbassò gli occhi soddisfatta incontrando quelli eccitati di Harry; il quale stava avendo qualche difficoltà a nascondere la gioia mentre porgeva il biglietto a Ron perché lo leggesse.

«Una Nimbus Duemila!» sospirò invidioso Ron. «Non ne ho nemmeno mai toccata una!»

Tempo che Hazel finisse la colazione e tutti insieme lasciarono la sala velocemente, impazienti di scartare il pacco in separata sede prima dell’inizio delle lezioni, ma nella Sala d’Ingresso trovarono Crabbe e Goyle che sbarravano la via per le scale. Malfoy afferrò il pacco dalle mani di Harry e cominciò a tastarlo.

«Ma questa è una scopa» disse restituendola sgarbatamente a Harry, con un misto di gelosia e di rancore dipinti sul volto. «Questa volta sei rovinato, Pottero: a quelli del primo anno non è permesso possederne di personali».

Ron non riuscì a trattenersi.

«Non è una vecchia scopa qualunque» disse, «è una Nimbus Duemila. Cosa dicevi tu, Malfoy, che a casa hai una Comet Duecentosessanta?» Ron sorrise a Harry. «Le Comet fanno un sacco di scena, ma non sono al livello delle Nimbus».

«Ma che cosa ne vuoi sapere tu, Weasley, che non ti puoi permettere neanche mezzo manico!» lo rimbeccò Malfoy. «Immagino che tu e i tuoi fratelli dobbiate mettere da parte un rametto alla volta».

Prima che Ron potesse rispondere, il professor Flitwick apparve accanto a Malfoy.

«Ragazzi, niente liti, spero?» squittì.

«Professore, a Potter hanno spedito una scopa» disse Malfoy tutto d’un fiato.

«Già, proprio così» disse Flitwick sorridendo raggiante ad Harry. «La professoressa McGonagall mi ha raccontato tutto sulle circostanze speciali, signor Potter. Che modello è?»

«Una Nimbus Duemila, signore» disse Harry lottando per non ridere alla faccia inorridita di Malfoy. «E, veramente, è grazie a Malfoy che l’ho ottenuta» aggiunse indicando il ragazzo.

Con fare spiccio ma educato salutarono il professor Flitwick e, mentre Harry e Ron corsero su per le scale soffocando le risate, Hazel si attardò un attimo per gustarsi con un ghigno di pura soddisfazione la rabbia e la confusione che Malfoy non era riuscito a dissimulare.

Con uno sprint Hazel raggiunse la coppia di ragazzi in cima alla scala di marmo.

«Be’ è proprio vero» disse Harry gongolando, quando Hazel li raggiunse. «se non avesse rubato la Ricordella di Neville, ora non sarei nella squadra…»

«E magari pensi anche che questa sia la ricompensa per avere infranto le regole!» scandì una voce irata alle loro spalle. Hermione stava risalendo le scale con passo pesante e lanciò uno sguardo di disapprovazione al pacco che Harry teneva in mano.

«Mica starai parlando con noi?» fece Harry.

«Dai, non smettere proprio adesso» disse Ron, «ci fa talmente piacere!»

«Dai Hermione, non fare la guastafeste» disse Hazel, redarguendola bonariamente.

Hermione si allontanò sdegnosa, con il naso all’aria.

Quel giorno Harry ebbe molte difficoltà a rimanere concentrato sulle lezioni. La sua mente continuava ad andare al dormitorio dove la sua scopa nuova fiammante giaceva riposta sotto il letto, o a vagare per il campo di Quidditch dove quella sera avrebbe imparato a giocare.

Hazel, invece, dopo aver pungolato un paio di volte il fratello perché stesse attento, si rassegnò all’idea di dover prendere appunti anche per lui quel giorno.

Quando fu ora di cena Hazel si prese il suo tempo per mangiare, a differenza di Harry e Ron che trangugiarono la loro cena senza neanche far caso a quel che stavano mangiando per precipitarsi poi nel dormitorio a scartare la Nimbus Duemila.

Hazel li salutò dicendo: «Andate pure, io avrò il tempo di osservarla per benino questa sera».

 

~ * ~

 

Mancava poco alle sette e faceva già scuro quando Harry ed Hazel lasciarono il castello per avviarsi al campo di Quidditch. Non erano mai stati dentro lo stadio. Centinaia di sedili divisi in tribune s’innalzavano tutt’intorno per dar modo agli spettatori di vedere dall’alto lo svolgimento della partita. A ciascuna delle estremità del campo c’erano tre pali d’oro con degli anelli in cima, che ricordavano tanto i bastoncini di plastica attraverso i quali i bambini babbani soffiavano le bolle di sapone; ma questi erano alti circa quindici metri.

Arrivati a destinazione Hazel ebbe finalmente modo di osservare la Nimbus Duemila in tutta la sua bellezza.

Era sottile e scintillante, con un manico di mogano, aveva una lunga chioma di rametti perfettamente dritti e in cima, in lettere d’oro, la scritta Nimbus Duemila.

«Beh, all’apparenza sembra fantastica, ma l’unico modo per esserne sicuri è provarla, che ne dici?» disse Hazel con un sorrisetto complice verso Harry.

Meno di un minuto dopo Harry era già montato sulla scopa e si dava la spinta coi piedi per decollare. Hazel lo ammirò zigzagare fluidamente dentro e fuori gli anelli delle porte e su e giù per il campo. Si notava a vista d’occhio come la Nimbus Duemila prendeva qualsiasi direzione lui desiderasse al minimo tocco.

 

Hazel staccò gli occhi dal fratello sentendo dei passi dietro di lei e voltandosi notò Oliver Wood poco lontano. Portava sotto braccio una grossa cassetta di legno e osservava stregato i movimenti di Harry.

Hazel lo accolse con le braccia incrociate e un sorrisetto compiaciuto.

«Ehi scricciolo! Tuo fratello non è stato molto paziente!» disse Wood arrivando a fianco ad Hazel.

«Non prendertela, è tutto il giorno che non vede l’ora di provarla… e poi è elettrizzante vederlo volare ed è solo la seconda volta che lo fa» disse Hazel.

«Non posso darti torto, è quasi un peccato farlo scendere» disse Wood prima di chiamare Harry perché li raggiungesse a terra.

Poco dopo Harry atterrò vicino a loro.

«Molto bene!» commentò Wood con gli occhi che scintillavano.

«Sai, ora capisco che cosa intendeva la professoressa McGonagall… tu possiedi veramente un talento naturale. Questa sera parleremo soltanto delle regole; poi, parteciperai agli allenamenti della squadra tre volte alla settimana».

Aprì la cassetta che conteneva quattro palle di dimensioni diverse.

«Bene» disse Wood. «Ora, il Quidditch è abbastanza difficile da capire, anche se giocare non lo è altrettanto. Scricciolo, vuoi fare gli onori e spiegare te a tuo fratello quanto hai letto nel libro che ti ho passato un paio di giorni fa?».

Hazel scrollò le spalle e strofinando le mani tra loro annuì.

«Nessun problema, quello che ha detto Wood è vero, ci sono un sacco di regole nel Quidditch e devo ancora finire di leggerle tutte - su alcune devo ancora chiedere dei chiarimenti a Madame Hooch - ma questo non è importante adesso. Per iniziare devi sapere che ci sono sette giocatori per parte. Tre di loro si chiamano Cacciatori».

«Tre cacciatori» ripeté Harry, mentre Wood tirava fuori una palla si colore rosso brillante, all’incirca delle dimensioni di un pallone da calcio.

«Questa palla si chiama Pluffa. Hazel?».

«I Cacciatori si lanciano la Pluffa e cercano di farla entrare in uno degli anelli per fare goal. Dieci punti ogni volta che la Pluffa passa per uno degli anelli. Fin qui tutto chiaro?»

«I Cacciatori si lanciano la Pluffa e segnano quando la fanno passare attraverso gli anelli» recitò Harry facendo sorridere Hazel. «Insomma… sarebbe un po’ come il basket su scope con sei anelli, ho capito bene?»

«Esatto» disse Hazel.

«Che cos’è il basket?» chiede Wood curioso.

«Lascia perdere» dissero in coro Harry ed Hazel.

«Ogni squadra ha un giocatore che si chiama Portiere, il cui compito è quello di volare intorno agli anelli e impedire agli avversari di segnare» continuò Hazel.

«Per vostra informazione io sono il Portiere di Grifondoro» intervenne Oliver Wood, mettendo via la Pluffa.

«Tre Cacciatori e un Portiere» ripeté Harry, ben deciso a ricordare tutto.

«E giocano con la Pluffa. Va bene, questo l’ho capito. E le altre a che cosa servono?» chiese Harry indicando le tre palle rimaste nella scatola.

«Ora ve lo faccio vedere» disse Wood. «Prendete queste».

Porse ad Harry e ad Hazel una piccola mazza, che assomigliava proprio ad una mazza da baseball.

«Ora vi faccio vedere che cosa fanno i Bolidi» ripeté Wood. «I Bolidi sono questi due».

E mostrò ai gemelli due palle identiche, nere lucenti e leggermente più piccole della Pluffa rossa. Entrambi notarono che sembravano volersi liberare dalle cinghie che le tenevano ferme nella cassa.

«State indietro» avvertì Wood. Si chinò e ne liberò una.

La palla nera schizzò in aria all’istante, altissima, e poi si diresse dritta dritta verso la faccia di Harry. Lui la colpì con la mazza per cercare di impedire che gli rompesse il naso e la rispedì a zigzagare in aria; la palla vorticò sopra le loro teste, tentò di prendere anche Hazel, che invece di colpirla la schivò con un urletto buttandosi a terra, e poi si diresse su Wood, che ci si tuffò sopra e riuscendo così ad inchiodarla al suolo.

A fatica ripose il Bolide dentro la cassetta legandolo saldamente.

Harry aiutò Hazel a rimettersi in piedi e, dopo un sospiro nervoso, Hazel si rivolse direttamente al fratello e disse: «Ecco il motivo per cui non vorrei che tu, Harry, giocassi a Quidditch! I Bolidi sono delle variabili impazzite che schizzano da una parte all’altra cercando di disarcionare i giocatori dalla scopa».

«Non essere così melodrammatica Hazel, esistono i Battitori apposta» commentò ansimando Wood mentre si tirava in piedi.

«Sì, lo so che ci sono i Battitori ma so anche che non sono onnipresenti!» borbottò in risposta Hazel.

«Ma i nostri sono i gemelli Weasley»

«… In ogni caso sono due persone che devono coprire altre cinque e nel mentre dirottare i bolidi contro l’altra squadra, non è un lavoro facile»

«Assolutamente no. Ma i Weasley sono più che all’altezza dei Bolidi… voglio dire… sono due Bolidi in forma umana. In ogni caso, Harry, pensi di aver capito tutto?» chiese Wood.

«Tre Cacciatori cercano di segnare con la Pluffa; il Portiere difende le sue tre porte; i Battitori tengono i Bolidi lontani dalla squadra» snocciolò Harry a memoria.

«Molto bene» disse Wood.

«E… senti: i Bolidi hanno mai ammazzato qualcuno?» chiese Harry sperando di mantenere un tono disinvolto.

«A Hogwarts, mai. Abbiamo avuto un paio di mascelle rotte ma niente di più» disse con disinvoltura Wood.

Harry guardò con tanto d’occhi Hazel, quest’ultima gli rispose con una scrollatina di spalle e disse: «Nel libro che mi ha dato Wood non si parlava di infortuni causati dai bolidi. Forse c’è qualcosa di documentato in “Il Quidditch attraverso i secoli”, vedrò di chiedere ad Hermione di prestarmelo».

«Ora, l’ultimo della squadra è il Cercatore, e quello sei tu. E tu non devi pensare né alla Pluffa né ai Bolidi…» disse Wood.

«Sempre che non mi spacchino la testa…» bisbigliò Harry poco convinto.

Wood pescò dentro la cassa e tirò fuori la quarta e ultima palla. A confronto con la Pluffa e i Bolidi era piccola, delle dimensioni di una grossa noce. Era d’oro lucente e aveva due tremule alucce d’argento. «Scricciolo?»

«Quello» disse Hazel, spazzolandosi i vestiti dalla terra che vi era finita sopra, «è il Boccino d’Oro, ed è la palla più importante di tutte. È molto difficile prenderla perché è velocissima e non si distingue bene. Il compito del Cercatore è acchiapparla. Dovrai muoverti a zigzag tra Cacciatori, Battitori, Bolidi e Pluffa per prendere il Boccino prima del Cercatore dell’altra squadra, perché chi lo prende per primo fa guadagnare alla sua squadra centocinquanta punti, e quindi la squadra vince quasi sempre. Ecco perché i Cercatori subiscono tanti falli, Harry. Una partita di Quidditch termina soltanto quando viene acchiappato il Boccino, per cui può andare avanti per intere settimane…».

«Esatto. Mi pare che il record sia stato di tre mesi; hanno dovuto fare continue sostituzioni perché i giocatori potessero riposarsi un po’. Questo è tutto. Domande?» chiese Wood ed Harry scosse la testa.

Hazel, invece, si espresse in un enorme sbadiglio prima di dire: «In sostanza il Quidditch è un mix di diversi sport Babbani: i Cacciatori giocano a basket, ma invece di un canestro ne hanno tre, i portieri fanno lo stesso lavoro dei loro omonimi nel calcio ma lo fanno su tre porte invece che su una. Poi ci sono i Battitori che, se da una parte sembrano giocare a baseball con due palle indemoniata, dall’altra giocano una sorta di bowling aereo puntando ai giocatori avversari. E poi c’è il cercatore… che gioca una sorta di caccia al tesoro per tutto il campo alla ricerca di una pallina minuscola… forse l’unica cosa che manca in tutto questo sono le ragazze pompon del football americano e abbiamo fatto tombola»

Ci fu un momento di silenzio collettivo, poi Harry si lasciò scappare una risata dando ragione alla sorella mentre Wood si grattava meditabondo una guancia, confuso.

«Non conosco nemmeno la metà degli sport babbani che hai citato… però la storia delle ragazze pompon sembra interessante, ne riparleremo più avanti» disse Wood con un sorrisetto allusivo. Hazel, alzando gli occhi al cielo, disse sospirando: «Non avevo dubbi».

 

Harry, più tranquillo grazie ad Hazel, aveva capito quel che doveva fare: il problema stava proprio nel farlo.

«Per stasera, non ci alleneremo con il Boccino» disse Wood riponendolo con cura nella cassa; «è troppo buio e potremmo perderlo. Proviamo con qualcuna di queste».

Tirò fuori da una tasca un sacchetto di comuni palle da golf e, pochi minuti dopo, lui ed Harry volteggiavano in aria, con Wood che tirava le palle da golf il più forte possibile in ogni direzione perché Harry le prendesse.

Harry non ne mancò neanche una e Wood era… al settimo cielo.

Mezz'ora dopo, s’era fatto buio pesto e dovettero smettere di giocare.

«La Coppa di Quidditch porterà il nostro nome, quest’anno» disse Wood felice mentre arrancavano tutti e tre verso il castello. «Non mi sorprenderebbe che tu diventassi più bravo di Charlie Weasley, e lui avrebbe potuto giocare per la nazionale, se non se ne fosse andato a caccia di draghi».

 

~ * ~

 

Forse per tutte le cose che avevano da fare, con gli allenamenti di Quidditch tre sere a settimana oltre alla gran quantità di compiti, Harry e Hazel stentavano a credere di trovarsi a Hogwarts già da due mesi. Al castello si sentivano a casa, molto più di quanto non gli fosse mai accaduto a Privet Drive. Anche le lezioni stavano cominciando a diventare sempre più interessanti, ora che avevano imparato a padroneggiare le nozioni fondamentali.

La mattina di Halloween si svegliarono al profumo delizioso di zucca al forno che aleggiava per i corridoi. Per giunta, durante la lezione di Incantesimi, il professor Flitwick aveva annunciato che li riteneva pronti a far volare gli oggetti, una cosa che morivano dalla voglia di provare fin da quando lo avevano visto far sfrecciare in aria su e giù per la classe il rospo di Neville.

Per l’esercitazione, il professor Flitwick divise la scolaresca in coppie. Harry capitò con Seamus Finnigan, Hazel con Neville e Ron con Hermione Granger. Era difficile dire che dei due fosse più scontento della cosa. Lei non aveva più rivolto la parola a nessuno dei due ragazzi dal giorno in cui era arrivata la scopa di Harry.

«Non dimenticate quel grazioso movimento del polso che si siamo esercitati a ripetere!» squittì il professor Flitwick, arrampicato, come al solito, sopra la pila di libri. «Agitare e puntare, ricordate, agitare e puntare. Un’altra cosa molto importante è pronunciare correttamente le parole magiche… Non dimenticate mai il Mago Baruffio che disse ‘s’ invece di ‘f’ e si ritrovò steso a terra con un bisonte sul petto».

Era molto difficile. Harry e Seamus agitarono e puntarono, ma la piuma che avrebbero dovuto far levitare era sempre lì sopra il banco.

L’impazienza di Seamus lo spinse a stuzzicare la piuma con la bacchetta fintanto che non le appiccicò fuoco… e Harry dovette spegnerlo con il cappello.

Hazel lasciò provare Neville diverse volte, ma capì in breve da come agitava in modo convulso la bacchetta (tanto dal far spostare Hazel un paio di volte per evitare che gli infilasse l’oggetto in un occhio) e dal suo bisbigliare incerto ‘Wingardium Leviosa’ che Neville non avrebbe fatto molti progressi quel giorno.

Dopo aver fermato l’ennesimo tentativo di Neville di cavargli un occhio, Hazel prese in mano la sua bacchetta e, ripetendo a memoria il movimento insegnatogli dal professor Flitwick, recitò chiaramente: «Wingardium Leviosa!».

La piuma si sollevò fino al livello degli occhi dei due ragazzi, per poi ricadere gentilmente al suo posto senza essere notata da nessuno a parte loro due. Neville guardò con tanto d’occhi la piuma, prima di guardare Hazel afflitto.

«È inutile che mi guardi così, Neville. Non è abbattendoti che riuscirai a lanciare quest’incantesimo, né altri più complessi. Fai come ho fatto io e sii più deciso sia nei movimenti che nel tono di voce, forza, riprova» disse Hazel incoraggiando Neville.

 

A Ron, nel banco accanto, le cose non stavano andando meglio.

«Wingardium Leviosa!» gridò agitando le lunghe braccia come un mulino a vento.

«Lo stai dicendo male» sbottò Hermione. «Win-gar-dium Levi-o-sa: devi pronunciare il ‘gar’ bello lungo».

«E fallo tu, visto che sei tanto brava!» ribatté Ron.

Hermione si rimboccò le maniche dell’uniforme, agitò la bacchetta e disse: «Wingardium Leviosa!»

La piuma si sollevò dal banco e rimase sospesa in aria circa un metro e mezzo sopra le loro teste.

«Molto bene!» gridò il professor Flitwick battendo le mani. «Avete visto tutti? La signorina Granger c’è riuscita!»

Alla fine della lezione Ron era di pessimo umore.

 

«Ragazzi, devo andare a fare il solito rapporto sugli allenamenti alla professoressa McGonagall, potete tenermi il posto per la prossima lezione?... e Ron non prendertela troppo per il comportamento di Hermione, sai com’è fatta» disse Hazel, battendo comprensiva una mano sulla spalla di Ron.

«Non vuoi che ti accompagniamo?» chiese Harry.

«Non serve, tranquillo, tanto è una cosa veloce e non devo andare troppo lontana dalla prossima aula. A tra poco!» disse tranquilla Hazel prima di infilarsi nella folla e sparire in un battito di ciglia.

 

«Comunque… parlando di Hermione, non c’è da stupirsi che nessuno la sopporti…» disse Ron ad Harry mentre si facevano largo nel corridoio sovraffollato. «Quella ragazza è un incubo, parola mia!»

Harry si sentì urtare da qualcuno che lo superò frettolosamente. Era Hermione. Le intravide il volto… e si rese conto con stupore che era in lacrime.

«Che ti abbia sentito?»

«E allora?» disse Ron, ma aveva l’aria un po’ imbarazzata. «Deve essersi pur resa conto che non ha amici».

Quando arrivarono all’aula di Storia della magia presero subito posto, tenendone uno occupato anche per Hazel. Quest’ultima entrò in scivolata in classe, quasi investendo un tenero Tassorosso di passaggio.

«Uff, scusa Anna! Ci sono, mi sono persa qualcosa?» chiese Hazel con il fiatone facendosi aria con la mano. Harry e Ron si scambiarono un attimo un’occhiata, Harry fece per aprir bocca ma Ron lo interruppe dicendo: «Non è successo niente di particolare».

«Bene, menomale… ma sbaglio o non c’è Hermione?» disse Hazel guardandosi attorno stupita. «Strano, di solito è sempre in prima fila…».

 

Hermione non si presentò alla lezione di Storia della Magia e non si fece vedere per tutto il pomeriggio. Mentre si avviavano verso la Sala Grande per la festa di Halloween, Harry, Hazel e Ron sentirono Parvati Patil dire alla sua amica Lavanda che Hermione stava piangendo nel bagno delle femmine e voleva essere lasciata in pace. A questa notizia, Hazel corrucciò la fronte preoccupata e girandosi verso Harry e Ron vide quest’ultimo con un profuso rossore sul viso e sul collo, sorpresa spostò gli occhi su Harry che a sua volta guardava Ron con la coda dell’occhio e sospirava.

Hazel assottigliò sospettosa gli occhi puntandoli su Ron, ma un attimo dopo entrarono nella Sala Grande, che con le sue decorazioni di Halloween spazzò momentaneamente via ogni pensiero su Hermione.

Un migliaio di pipistrelli si staccò in volo dalle pareti e dal soffitto, mentre un altro migliaio sorvolò i tavoli in bassi stormi neri, facendo tremolare le fiamme dentro le zucche. Le pietanze apparvero nei piatti d’oro tutto a un tratto, come era avvenuto per il banchetto di inizio anno.

Harry ed Hazel si stavano servendo con delle patate farcite, quando il professor Quirrell entrò nella sala di corsa, con il turbante di traverso e il terrore dipinto in volto. Tutti gli sguardi erano puntati su di lui mentre si avvicinava alla sedia del professor Silente, si accasciava sul tavolo e con un filo di voce diceva: «Un troll… nei sotterranei… pensavo di doverglielo dire».

E crollò a terra svenuto.

Si scatenò il finimondo. Il professor Silente dovette far esplodere diversi petardi viola dalla sua bacchetta prima di riuscire a ripristinare il silenzio.

«Prefetti» tuonò, «riportate i ragazzi negli alloggi delle rispettive Case, immediatamente!»

Percy era nel suo elemento.

«Seguitemi! Voi del primo anno, rimanete uniti. Non avete ragione di temere il troll se seguite i miei ordini. State vicino a me. Fate largo, passano quelli del primo anno. Scusate, scusate, sono un prefetto».

«Ma come ha fatto a entrare un troll?» chiese Harry mentre salivano le scale.

«Non chiederlo a me. Si dice che siano esseri veramente stupidi» disse Ron.

«Forse è stato Peeves, per fare uno scherzo di Halloween» disse Hazel prendendo la mano di Harry nella sua.

Incontrarono vari gruppi di ragazzi che si affrettavano in direzioni diverse.

Erano appena riusciti a farsi largo a spintoni tra una folla di Tassorosso agitatissimi, che improvvisamente Harry attirò a sé Hazel e allo stesso tempo afferrò il braccio di Ron.

«Ci ho pensato ora… Hermione!» disse agitato Harry, Hazel lo guardò con tanto d’occhi. «Oh cielo, hai ragione!»

«Hermione cosa?» chiese Ron non capendo.

«Non sa del troll» dissero in coro Harry ed Hazel ansiosi.

Ron si morse il labbro.

«E va bene!» esclamò. «Ma è meglio che Percy non ci veda».

Abbassandosi di soppiatto, si confusero col gruppo dei Tassorosso che andavano nella direzione opposta, sgattaiolarono verso un corridoio laterale deserto e corsero verso il bagno delle femmine. Avevano appena svoltato l'angolo quando udirono dei passi rapidi dietro di loro.

«Percy» sibilò Ron spingendo Harry ed Hazel dietro a un grosso grifone di pietra.

Tuttavia, guardando meglio, non videro Percy, bensì Piton, che attraversò il corridoio e sparì alla vista.

«Che cosa sta facendo?» sussurrò Harry. «Perché non è giù nei sotterranei con gli altri insegnanti?»

«E che ne so io» borbottò Ron.

Percorsero furtivi il corridoio successivo il più silenziosamente possibile seguendo l’eco dei passi di Piton che si andava affievolendo.

«Sembra che si sta dirigendo al terzo piano…» disse Hazel.

Ron fece un passo indietro andando a sbattere contro Harry. «Non sentite uno strano odore?»

I gemelli annusarono l’aria e un orrendo fetore gli giunse alle narici, un misto di calzini sporchi e di bagni pubblici non puliti da tempo.

E poi lo udirono: un cupo grugnito e i passi strascicati di piedi giganteschi; in fondo a un passaggio sulla sinistra, qualcosa di enorme avanzava verso di loro. Si ritirarono nell’ombra e lo osservarono mentre emergeva da una pozza di luce lunare.

Fu una visione orripilante. Alto più di tre metri, aveva la pelle di un colorito spento, grigia come il granito, il corpo bitorzoluto come un masso, con in cima una testa glabra e piccola, come una noce di cocco. Le gambe erano corte e tozze come trochi d’albero e i piedi piatti e callosi.

L’odore che emanava da quella creatura era incredibile. Aveva in mano un’immensa clava di legno che trascinava a terra per via delle braccia troppo lunghe.

Il troll si fermò vicino a una porta e guardò dentro. Scrollò le lunghe orecchie cercando, con la sua mente limitata, prendere una decisione; poi, con andatura goffa e lenta, entrò.

«La chiave è nella toppa» bisbigliò Harry. «Potremmo chiuderlo dentro».

«Buona idea» disse Ron nervoso.

Hazel si limitò ad annuire.

Strisciando lungo il muro, raggiunsero la porta, che era aperta; avevano la bocca secca e pregavano in cuor loro che il troll non avesse deciso di uscire. Con un grande balzo, Harry riuscì ad afferrare la chiave, chiuse la porta e la sprangò.

«Si!»

Tutti ringarzulliti dalla vittoria risalirono di corsa il passaggio.

«Quindi Ron, che cosa hai detto a Hermione per farla piangere?» chiese Hazel mentre correvano. Ron quasi inciampò sui gradini. «Io… non… ok… ho detto che è un incubo e lei mi ha sentito».

«Ma ti pare il caso di dire una cosa simile Ron!» disse Hazel quasi urlando, tirandolo per la tunica. Questa volta non solo inciampò Ron sulle scale, ma anche Hazel dietro di lui e Harry sopra di loro.

«Ma che… Hazel non è il momento!» grugnì Ron compresso contro le scale.

«E quale sarebbe il momento giusto sentiamo?! Siamo qui apposta per recuperare Hermione a causa di quello che gli hai detto!… Aspetta, oh no, ma la porta che abbiamo chiuso è-!»

Proprio in quel momento udirono qualcosa che gli raggelò il sangue nelle vene: un acuto grido di terrore proveniente dalla stanza che avevano appena chiuso a chiave.

«Oh, no!» esclamò Ron pallido come il fantasma del Barone Sanguinario.

«È il bagno delle femmine!» ansimò Harry tirandosi su.

«Corriamo!» disse Hazel, tirandosi su a sua volta e aiutando Ron a fare lo stesso.

 

Fecero dietrofront, ripercorsero all’impazzata il corridoio fino alla porta e girarono la chiave, annaspando per il panico. Harry la spalancò e tutti e tre si precipitarono dentro.

Hermione Granger stava rannicchiata contro la parete opposta e aveva tutta l’aria di essere sul punto di svenire. Il troll avanzava verso di lei e, camminando, faceva saltare via dal muro i lavandini.

Hazel tirò fuori la bacchetta per istinto ma rimase pietrificata sul posto non sapendo cosa fare.

«Distraetelo!» esclamò Harry disperato rivolto ad Hazel e Ron, e afferrato un rubinetto, lo scagliò con tutta la forza che aveva contro la parete.

Il troll si fermò a pochi metri da Hermione. Si girò goffamente, battendo le palpebre con espressione ottusa per vedere che cosa avesse provocato quel rumore. I suoi occhietti malvagi videro Harry. Esitò, poi decise di dirigersi verso di lui brandendo la clava.

«Ehi, tu, cervello di gallina!» gridò Ron dal lato opposto della stanza scagliandogli contro un tubo di metallo. Sembrò che il troll non si fosse neanche accorto del corpo contundente che lo aveva colpito alla spalla, ma aveva udito il grido; si fermò di nuovo, volgendo ora il suo grugno orrendo verso Ron, e dando così il tempo a Harry di aggirarlo.

«Dai, corri, corri!» gridò Harry a Hermione, cercando di tirarla verso la porta. Ma la ragazza era paralizzata, incollata al muro, con la bocca spalancata per il terrore.

Le grida e il frastuono sembravano rendere furioso il troll che ruggì e si lanciò in direzione di Ron. Lui era il più vicino e non aveva vie di scampo.

Fu a quel punto che nel bagno un lavandino, già in parte rotto, crollò sulla testa del troll, finendo di fracassandosi in mille pezzi di ceramica. Il troll ebbe un attimo di intontimento, ma prima che potesse riprendersi un altro lavandino gli cadde addosso, facendolo arretrare di un passo.

Hazel, ancora ferma vicino alla porta, brandiva la bacchetta come una spada e a suon di «Wingardium Leviosa!» faceva levitare sopra il troll tutto quello che quest’ultimo aveva fatto a pezzi entrando; compreso un gabinetto praticamente integro che proprio in quel momento gli cadde sulla testa spezzandosi in tre grossi pezzi che rotolarono sul corpo grigio.

Il troll ruggì nuovamente mulinando la clava e facendola cadere a meno di mezzo metro da Hazel.

Hazel si rannicchiò appena in tempo dietro quello che rimaneva di un lavandino, evitando così di essere colpita dai pezzi di pietra che erano schizzati in giro dopo il colpo.

A quel punto, Harry fece una cosa al tempo stesso molto coraggiosa e molto stupida: prese la rincorsa, spiccò un salto e cercò di aggrapparsi al collo del troll, cingendolo con le braccia da dietro. Il troll neanche si accorse che Harry gli si era arrampicato addosso; ma non poté ignorare il lungo pezzo di legno che gli venne infilato su per il naso. Quando Harry aveva spiccato il salto aveva in mano la bacchetta che era finita dritta dritta in una delle narici del bestione.

Ululando di dolore, il troll cominciò a roteare la sua clava e a menar colpi, con Harry sempre aggrappato alla schiena che cercava di salvarsi la pelle; da un momento all’altro, il bestione avrebbe potuto scrollarselo di dosso o assestargli una tremenda mazzata con la clava.

Hermione, terrorizzata, si era accasciata al suolo; Hazel, invece, si tirò su tenendosi appoggiata alla parete e brandendo la bacchetta verso uno dei lavandini spezzati a terra lo spedì con un gesto secco - sibilando: «Wingardium Leviosa!» - contro la caviglia del troll; fortunatamente l’impatto gli fece perdere l’equilibrio e cadere su un ginocchio, permettendo così ad Harry di scivolare giù dalla schiena del troll senza farsi male.

Poco lontano da Hazel c’era Ron, anche lui con la bacchetta in mano, che senza neanche sapere che cosa avrebbe fatto, udì la propria voce gridare il primo incantesimo che gli veniva in mente: «Wingardium Leviosa!»

La clava sfuggì improvvisamente dalle mani del troll, si sollevò in aria, sempre più in alto, poi lentamente invertì direzione… e piombò sulla testa del suo proprietario, con un pesante schianto. Il troll vacillò e da inginocchiato che era, cadde a muso avanti con un tonfo che fece tremare tutta la stanza.

 

Harry si rimise in piedi. Tremava e gli mancava il fiato. Ron era lì, immobile, con la bacchetta ancora alzata, a contemplare il proprio operato. Hazel, la più vicina al corpo del troll, si chinò e lo punzecchiò timorosa con la bacchetta su una guancia.

La prima a parlare fu Hermione.

«È… morto?»

«Non credo» disse Hazel, Harry che piano piano l’aveva raggiunta disse: «Credo che lo abbiamo semplicemente messo k.o.»

Hazel estrasse la bacchetta di Harry dal naso del troll e, una volta fuori, notò che era coperta di una sostanza che sembrava una grigia colla grumosa. Hazel e Harry solo a guardarla rabbrividirono per il disgusto.

«Puah! Caccole di troll!» dissero in coro.

Hazel porse senza troppi rimpianti la bacchetta ad Harry, che finì per pulirla sui calzoni del bestione.

 

Un improvviso sbattere di porte e un gran rumore di passi obbligarono tutti e quattro ad alzare lo sguardo. Non si erano resi conto di quanto baccano avessero fatto, ma naturalmente, di sotto, qualcuno doveva aver sentito gli schianti e le urla del troll. Un attimo dopo, la professoressa McGonagall fece irruzione nel locale, seguita da Piton e da Quirrell che chiudeva il terzetto. Quirrell lanciò un’occhiata al troll, emise un flebile gemito e si sedette rapidamente su una tazza del gabinetto tenendosi una mano premuta sul petto.

Piton si chinò sul troll. La McGonagall guardava i ragazzi. Harry ed Hazel non l’avevano mai vista tanto arrabbiata. Nemmeno per l’episodio della scopa. Aveva le labbra livide. La speranza di guadagnare cinquanta punti per i Grifondoro svanì all’istante.

«Che accidenti vi è passato per la testa?» chiese la McGonagall con una furia glaciale nella voce. Harry guardò Ron, che stava ancora con la bacchetta alzata. «Siete fortunati che non vi abbia ucciso. Perché non eravate nei vostri alloggi?»

Piton lanciò a Harry uno sguardo rapido e penetrante. Harry abbassò il suo. Avrebbe voluto che Ron mettesse giù la bacchetta.

Hazel abbassò le spalle pronta a ricevere un rimprovero con i controfiocchi.

Poi, dall’ombra, emerse una vocina flebile.

«La prego, professoressa McGonagall… erano venuti a cercare me».

«Signorina Granger!»

Finalmente, Hermione era riuscita a mettersi in piedi.

«Ero andata in cerca del troll perché… perché pensavo di essere in grado di affrontarlo da sola… perché…sa… ho letto tutto sui troll».

A Ron cadde la bacchetta di mano. Hermione Granger che mentiva sfacciatamente a un insegnante!

«Se non mi avessero trovato, sarei morta. Non hanno avuto il tempo di andare a chiamare nessuno. Quando sono arrivati, il troll stava per uccidermi».

Harry, Hazel e Ron cercarono di sembrare disinvolti come se la storia di Hermione non gli giungesse nuova.

«Be’... in questo caso…» disse la McGonagall guardandoli tutti e quattro.

«Signorina Granger, piccola incosciente, come hai potuto pensare di affrontare da sola un troll di montagna?»

Hermione chinò la testa.

I gemelli erano senza parole: Hermione era l’ultima persona al mondo capace di infrangere una regola, ed eccola là, a fingere di averlo fatto, per scagionare loro. Era come se Piton avesse cominciato a distribuire caramelle.

«Signorina Granger, per questo a Grifondoro verranno tolti cinque punti» disse la professoressa McGonagall. «Mi hai molto delusa. Se non sei ferita, torna immediatamente alla Torre di Grifondoro. Gli studenti stanno finendo di festeggiare Halloween nelle rispettive Case».

Prima che Hermione uscisse dal bagno, Hazel la bloccò dicendo: «Se posso, vorrei accompagnare Hermione alla Torre di Grifondoro. Non vorrei mai che si sentisse male strada facendo…».

La professoressa McGonagall osservò attentamente Hazel prima di annuire.

Hazel scambiò una veloce occhiata con Harry e Ron, finendo con bisbigliare al fratello: «Ci vediamo su, non metteteci troppo a tornare» e si salutarono con un breve cenno del capo.

Per arrivare ad Hermione Hazel dovette passare in mezzo al trio di insegnanti e, mentre li superava, le sembrò di sentire l’odore ferroso del sangue. Guardandosi brevemente indietro incrociò lo sguardo penetrante di Piton.

Raggiunta Hermione le prese la mano e insieme uscirono dal bagno.

 

Nel corridoio aleggiava ancora il pessimo odore del troll per cui, dopo un’occhiata d’intesa, presero a correre fino a che non furono due piani più su.

Senza più il tanfo a fargli compagnia decisero di prendere un attimo fiato.

Hazel si mise a ridacchiare attirando l’attenzione di Hermione.

«Sai… spero sinceramente che le tue priorità siano un attimo cambiate, dato che non penso che tu creda ancora che l’essere espulsi sia il peggio che potrebbe capitarti ad Hogwarts!»

Hermione si morse le labbra a testa bassa, gli occhi puntati a terra.

«Non preoccuparti per Harry e Ron, la professoressa McGonagall non gli farà nulla, a parte dirgli che sono stati fortunati… e chissà, magari gli assegna anche dei punti» disse Hazel, cercando di sdrammatizzare.

Hermione non aveva ancora alzato gli occhi.

Hazel la osservò in silenzio, poi allungò le mani prendendo quelle di Hermione nelle sue.

«Hermione, guardami» disse Hazel, con tono rassicurante. Hermione alzò gli occhi dalle loro mani intrecciate e li fissò in quelli verdi di Hazel.

«Non hai idea di quanto io sia sollevata del fatto che il troll non ti abbia fatto nulla. Ero preoccupata per te e lo erano anche Harry e Ron. Spero tu non stia pensando che in qualche maniera questo incidente sia colpa tua, perchè non lo è… va bene?» disse Hazel, cercando di rincuorarla.

Hermione sbatte diverse volte le palpebre per scacciare le lacrime che si erano formate ai lati degli occhi prima di annuire tirando poi su con il naso.

«Andiamo, dai» disse Hazel.

«Hmm-hm» rispose Hermione pulendosi velocemente gli occhi.

Hazel riprese a camminare e Hermione dietro di lei, entrambe ancora mano nella mano e senza alcuna intenzione di dividersi.

 

Arrivarono senza problemi al ritratto della Signora Grassa e prima di dire alcunché si diedero a vicenda una ripulita dalla polvere che avevano addosso. Una volta presentabili dissero in coro: «Grugno di porco», ed entrarono.

La sala comune era gremita di gente e chiassosa. Tutti stavano mangiando le pietanze mandate su dalla Sala Grande.

Restarono vicino alla porta in attesa che Harry e Ron arrivassero. Non dovettero aspettare molto e quando i due oltrepassarono il passaggio e le videro, ci fu un momentaneo silenzio pieno di imbarazzo tra Hermione, Ron e Harry. Hazel guardava tutti e tre con un sorriso comprensivo.

Poi, senza guardarsi negli occhi, tutti e quattro dissero: «Grazie», dopodiché corsero a procurarsi dei piatti.

Da quel momento però Hermione Granger divenne loro amica.

È impossibile condividere certe avventure senza finire col fare amicizia, e mettere k.o. un troll di montagna alto più di tre metri è fra quelle.

 

 

 

Note dell'autrice: 

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Ecco a voi l’azione!

Ho dovuto ridimensionare un attimo la scena del troll rispetto alle mie idee iniziali, dato che non potevo far creare un mulinello tra lavandini, gabinetti, maniglie, ecc ad Hazel che è da soli due mesi ad Hogwarts!

Peccato, ma va bene così.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che ne pensate.

A presto.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

P.S. Mi sono fatta male ad un polso, non è niente di grave ma volevo avvertirvi, probabilmente il decimo capitolo non verrà pubblicato lunedì.

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo X: Squadra e nuovi schemi di gioco, Piton e la sua gamba Mangiucchiata, Prima Partita di Quidditch e Fuoco su Piton!... Fuffi? ***


Note Immortal Lady del 25/11/2022: Capitolo rivisto e ripubblicato.

~ Capitolo X: Squadra e nuovi schemi di gioco, Piton e la sua gamba Mangiucchiata, Prima Partita di Quidditch e Fuoco su Piton!... Fuffi? ~

 

Fortunatamente per Harry, Hazel e Ron l’unica conseguenza per la loro avventura con il troll fu di guadagnare cinque punti a testa, per un totale di quindici. Dieci se si contano i cinque punti tolti a Hermione.

Nonostante il trio si aspettasse di più - tipo il doppio dei punti a testa – non fecero storie e accettarono di buon grado la generosità della professoressa McGonagall.

 

Durante i primi giorni di novembre cominciò a fare molto freddo. Le montagne intorno alla scuola si tinsero di un grigio glaciale e il lago divenne una lastra di gelido metallo. Tutte le mattine il terreno era coperto di brina. Dalle finestre dei piani superiori si poteva scorgere Hagrid intento a scongelare le scope nel campo di Quidditch, infagottato in un lungo pastrano di fustagno, guanti di pelo di coniglio ed enormi stivali foderati di castoro.

La stagione del Quidditch era iniziata. Quel sabato Harry avrebbe giocato la sua prima partita dopo settimane di allenamento: Grifondoro contro Serpeverde. Se avessero vinto, i Grifondoro sarebbero passati al secondo posto in classifica nel Campionato delle Case.

 

Quasi nessuno aveva visto Harry giocare, perché Wood aveva deciso che, essendo lui l’arma segreta della squadra, non si doveva sapere della sua presenza in campo. Ma non si sa come, la notizia che avrebbe giocato come Cercatore era trapelata e Harry non sapeva che cosa fosse peggio: sentirsi dire che sarebbe stato certamente formidabile o che qualcuno, a terra, avrebbe dovuto correre su e giù tenendogli sotto un materasso.

Era veramente una fortuna, per Harry, aver fatto amicizia con Hermione. Senza di lei, non avrebbe saputo come fare con i compiti, visto che Wood imponeva alla squadra allenamenti frequenti e con breve preavviso. Molto spesso proposti dopo una discussione avuta con Hazel e a cui poi la stessa veniva caldamente invitata.

 

Hazel aveva preso molto sul serio il suo lavoro di osservatrice, specialmente dopo aver visto con i suoi occhi quanta fiducia Wood poneva in Harry e come lo stesso Harry ce la mettesse tutta per stare al passo con i compagni di squadra. 

Fu così che iniziò a consultare tutti i libri sul Quidditch presenti in biblioteca (non molti purtroppo), dopodiché interpellò tutti i membri della squadra di Grifondoro chiedendo le loro impressioni e un parere su cosa dovrebbe o potrebbe essere migliorato.

Tutti, a un certo punto della discussione, citarono la necessità di scope nuove: Fred Weasley ci tenne a precisare «Di quelle che non sbandano quando tenti di colpire un bolide per indirizzarlo verso Marcus Flint». 

Quando fu il turno delle tre cacciatrici Angelina, Alicia e Katie - oltre a citare le scope - tutte e tre si ritrovarono d’accordo sul fatto di adottare un comportamento un po’ più aggressivo negli approcci e nelle azioni (non arrivando, ovviamente, al livello di Flint).

«Ma… chi è questo Marcus Flint che continuate a citare?» chiese Hazel dopo l’ennesima volta che sentiva quel nome.

«Il capitano della squadra di Serpeverde» disse Angelina con una smorfia di fastidio.

«Un vero str…» disse Katie, prima di venir bloccata da una cuscinata di Alicia.  

«Scimunito! Sì, assolutamente, giusto Katie?» disse Alicia mettendo giù il cuscino.

«Giusto, sì. Era proprio quello che volevo dire. Scimunito» disse Katie, con un sorriso ironico sistemandosi i capelli dopo la botta. 

Hazel le osservò tutte e tre un attimo per poi commentare: «Che cos’è uno scimunito?»

«Una persona stupida, senza cervello» spiegò Katie agitando in aria una mano.

«In questo caso è vero a metà per Flint, dato che sì, è stupido, ma quando gioca a Quidditch mostra tutte le buone qualità di un Serpeverde!» disse Alicia appoggiandosi al bracciolo del divano alla sua destra.

«… i Serpeverde hanno delle buone qualità?» mormorò Hazel allibita alzando gli occhi e bloccando la penna sul foglio di pergamena dopo aver scritto “Scimunito” a fianco al nome di Marcus Flint.

«Assolutamente no! Era un modo di dire! Ragazze la state confondendo» commentò Angelina scuotendo la testa. «Quello che volevano dire è che Marcus Flint non ha nessun rispetto verso chiunque sia il suo avversario… ed è solito fare almeno uno o due, se non più, falli a partita per infortunare di proposito i giocatori avversari»

«Ah… simpatico» disse Hazel prima di abbassare gli occhi e tirare due righe decise sotto la parola scimunito. 

 

Continuarono a parlare di possibili tattiche, coinvolgimenti e azioni e tutto questo venne accuratamente appuntato da Hazel nel blocco di pergamene che si portava sempre dietro.

Fu solo dopo aver parlato anche con Wood che Hazel prese in mano gli schemi della squadra di Grifondoro; i quali non le furono propriamente offerti a mani basse. 

Wood li custodiva gelosamente e Hazel riuscì a convincerlo a farglieli vedere almeno una volta e solo perché si trovavano nella Sala comune, dove nessun esterno a Grifondoro poteva entrare.

Hazel li memorizzò diligentemente tutti prima di restituirli ad un incerto Wood, che non si capacitava come un’occhiata potesse bastare a memorizzare quegli schemi intricati. 

Dopo un saluto veloce Hazel schizzò nel dormitorio, pronta a riportare su carta quanto aveva memorizzato e un paio di idee che le erano venute parlando con la squadra.

La stessa sera, alla veneranda ora delle otto e sette minuti, una Hermione affamata e innervosita stava salendo rapida la scala a chiocciola per recuperare la compagna di dormitorio. Era ora di cena e ormai solo lei, Harry e Ron erano rimasti in Sala Comune.

Quando Hermione spalancò la porta del dormitorio vide Hazel seduta per terra al centro della stanza, circondata da diversi fogli di pergamena pieni di segni neri e scarabocchi, una penna appoggiata all’orecchio ed Edvige ad osservarla dal suo trespolo. 

«Dimmi, Hermione» disse Hazel senza alzare gli occhi. Allungò un braccio a fianco a sé cercando a tentoni qualcosa che evidentemente non si trovava lì. «Ma dove l’ho messa questa volta la bacchetta…»

Dal trespolo Hedwige emise un fischio basso prima di spiccare il volo e atterrare leggera sulla montagna di fogli dietro Hazel, laddove si trovava la bacchetta perduta. 

Un’estremità nel becco e un po’ caracollando, Edvige trascinò la bacchetta fino a posarla in grembo ad Hazel.

«Oh! Grazie Edvige! Farò in modo di recuperare quel bel cosciotto di pollo di cui abbiamo parlato prima» disse Hazel facendo un paio di carezze sulla testolina bianca della civetta.

Edvige beccò amorevole un paio di volte Hazel, prima di saltarle sulla spalla e osservare come Hazel alzava la bacchetta verso il proprio letto.

«Quindi, Hermione?» chiese Hazel lanciandole un’occhiata veloce prima di lanciare un «Wingardium Leviosa» e far levitare verso di sé uno dei tanti fogli abbandonati sul letto.

«Che ne dici Edvige? Potrebbe avere senso se uniamo questo pezzo insieme a quest’altro? Perché secondo me è un ottimo modo per dare alle Cacciatrici quello che vogliono» commentò Hazel, indicando con la punta della penna d’oca quanto detto. Edvige dal canto suo emise un fischio basso, attenta ai movimenti di Hazel ma chiaramente non capendo cosa lei stesse dicendo.

«Hazel» disse Hermione, non sapendo bene come reagire a quanto aveva davanti. «È ora di cena».

«Ah… va bene. Finisco un attimo di spiegare ad Edvige e poi ci sono. Dunque, stavo dicendo…».

«Hazel!» la interruppe Hermione alzando un po’ più la voce e iniziando a marciare verso la ragazza.

«Che cosa c’è ancora?!» sbuffò Hazel girandosi e vedendosi arrivare addosso Hermione, la quale era inciampata su un foglio che non si sa come era finito per metà sotto il tappeto dove era seduta Hazel.

Finirono entrambe lungo distese sui fogli con in sottofondo Edvige che fischiava offesa.

«Oh… Herm… spost» boccheggiò Hazel prima che Hermione si togliesse da sopra di lei. «Hermi…one, co-cosa c’è?».

«Ho fame… anzi, tuo fratello e Ron mi hanno mandata a chiamarti perché non scendevi più per andare a cena… e tu sai come diventa Ron quando è in carenza di cibo».

«Ah… ma che ore sono?».

«Probabilmente le otto e dieci o forse undici».

«Di già… accidenti, va bene… continuerò più tardi» commentò Hazel prima di tirarsi su e aiutare Hermione a fare altrettanto.

«Mi daresti una mano?» chiese Hazel alzando la bacchetta verso la compagna che annuì.

Insieme lanciarono un «Wingardium Leviosa» per ordinare i fogli di pergamena sparpagliati in giro in due ordinate pile sul letto di Hazel.

«Forza andiamo» disse Hermione riponendo la sua bacchetta e prendendo la via della porta.

Hazel prima di uscire posò la penna d’oca sopra una pila, diede una carezza di scuse ad Edvige e poi corse fuori dalla camera.

Harry e Ron erano in fondo alle scale e quando le videro si illuminarono.

«Ce l’avete fatta a scendere!» disse Ron iniziando subito a dirigersi verso il buco del ritratto.

«Tutto bene? Ho sentito Edvige fischiare e non mi sembrava molto contenta?» chiese Harry ad Hazel mentre si incamminavano dietro Ron.

«Sì, non preoccuparti. Sono riuscita a mettere giù un po’ di idee e sono convinta che tra di esse ci sia qualcosa di fattibile» disse Hazel mentre usciva fuori dalla torre di Grifondoro.

«Grande Hazy!» disse Harry stringendola in un mezzo abbraccio dopo essere uscito anche lui dal buco.

«E ho anche già avuto dei pareri positivi» disse Hazel ridacchiando, prendendo poi per mano il fratello iniziando a scendere le scale.

«Chi? Hermione?» chiese Harry girandosi verso la stessa che scosse la testa.

«No, Edvige» commentò Hermione. «Io sono solo inciampata sulle “idee” che aveva lasciato in giro».

«C’era un foglio mezzo nascosto sotto il tappeto…» disse brevemente Hazel affrettando il passo dopo aver visto l’espressione impaziente di Ron. Anche Harry e Hermione la notarono e senza più aprir bocca trottarono dietro a Ron giù fino alla sala Grande e poi seduti a tavola. 

 

«Comunque, dopo cena continuo quello che ho lasciato in sospeso» disse Hazel affondando la forchetta in un polpettone ripieno di spinaci e uova, ricoperto di pancetta croccante.

«Non esagerare, hai tutto il tempo» disse Harry servendosi una patata ripiena di funghi e formaggio.

«Sono inutile per la squadra se non porto dei risultati» mormorò Hazel punzecchiando la pancetta nel piatto.

Ron, a fianco a lei, iniziò a tossire, probabilmente per un boccone andato di traverso.

Dopo aver bevuto un bicchiere pieno fino all’orlo d’acqua si girò verso Hazel.

«Prendi fiato Ron» commentò Hazel fissandolo un po’ preoccupata. «Altrimenti ti verrà il…»

«Ma non dir-hic cavolate! Hic!»

«… Singhiozzo».

Hazel lo guardò con due occhi tanti prima di scoppiare a ridere e facendo girare Harry e Hermione curiosi.

«Che -hic!- ti ridi?» chiese Ron, riempiendosi di nuovo il bicchiere e iniziando a berlo con un po’ più di calma.

«È che nessuno… ha mai avuto così tanta fretta di dirmi che ho torto. Tanto da strozzarsi e farsi venire il singhiozzo» spiegò Hazel asciugando le lacrime che le si erano formate al lato degli occhi.

«Che succede? Non ho sentito» chiese Hermione avvicinandosi ad Harry che era seduto accanto ad Hazel. Anche Harry guardò la sorella in attesa che parlasse.

«… Hmm, ho detto che sono inutile per la squadra se non porto dei risultati» ripeté Hazel ad occhi bassi, riprendendo a punzecchiare la pancetta ormai fredda.

«Non è vero!» disse subito Harry.

«Gliel’ho detto anch’io-hic!» gli andò subito dietro Ron.

Hazel spostò gli occhi prima su Ron e poi su Harry mordendosi l’interno della guancia un po’ per nervosismo un po’ per non tornare a ridere per i ripetuti -hic!- di Ron.

Hermione che era stata in silenzio fino a quel momento si allungò oltre a Harry per toccare la spalla di Hazel. Hazel spostò gli occhi dal piatto alla spalla e poi a Hermione.

Non si dissero nulla per un lungo momento, lasciando che il singhiozzo di Ron diventasse parte del brusio collettivo della Sala Grande. Harry, al centro dello scambio di sguardi, si vide bene dal muoversi, anche se curioso. 

«Hai fatto i compiti per domani di Storia della Magia?» chiese Hermione a bruciapelo prendendo Hazel in contropiede.

«Err… no, non ancora» disse Hazel.

«Allora la prima cosa che farai quando torniamo alla Torre di Grifondoro sarà Storia della Magia» disse Hermione staccando gli occhi da quelli di Hazel per prendere un boccone del polpettone.

«Ma io volevo andare avanti con i…» disse Hazel prima di venir zittita da un’occhiata in tralice di Hermione.

«Prima il dovere poi il piacere» disse Hermione allungando minacciosa la forchetta verso Hazel, schivando di poco la testa di Harry. 

«Guarda che li avrei fatti… dopo… Probabilmente questa notte, oppure…» mugugnò Hazel focalizzando la sua attenzione su un pisello e facendolo schizzare da una parte all’altra del piatto con la forchetta. Prima di aprire nuovamente la bocca, Hermione venne fermata da un’occhiata di Harry.

«Facciamo così» iniziò Harry, attirando l’attenzione della sorella che si voltò a guardarlo. «Mentre fai i compiti di Storia della Magia, io, Ron e Hermione diamo un’occhiata agli appunti che hai preso. Che te ne pare, possiamo?».

Dopo un attimo di silenzio, Hazel batté le palpebre e commentò: «Non sono finiti».

«Non importa» disse Harry alzando le spalle.

«Esatto, nessuno pretende che in meno di una giornata tu te ne esca con mille mila schemi, già pronti per essere messi in opera. Avere idee, pensare ad azioni, creare modelli e presentarli è un lavoraccio!» disse Ron con gli occhi puntati su Hazel e agitando una mano per dare più enfasi a quello che diceva. «Credi che quello che stai facendo ora tu, Hazel, sia qualcosa che in molti si proporrebbero di fare di propria volontà e senza avere un tornaconto?».

«Non devi fare per forza tutto da sola» rincarò Hermione, stranamente della stessa idea di Ron.

Hazel guardò prima Ron e poi Hermione, incerta, ma la stretta del fratello attorno alla sua mano e gli occhi limpidi di lui le diedero abbastanza forza per decidere infine di dare fiducia a Ron e Hermione. Dopo un sospiro lieve, Hazel annuì.

«Va bene, potete guardare».

 

Fu così iniziò una sorta di circolo vizioso: dopo la fine delle lezioni Hazel si chiudeva in stanza concentrando anima e corpo sui suoi appunti sul Quidditch e nel mentre il trio si riuniva o in biblioteca o in sala comune per fare i compiti. Dopo cena i ruoli si invertivano, Hazel prendeva in mano i compiti e Harry, Ron e Hermione affrontavano alla luce del camino della sala comune di Grifondoro la moltitudine di fogli che Hazel aggiungeva ogni giorno.

Hermione fu molto pignola e scartò senza remore molte proposte di Hazel, perché secondo le regole scritte sul manuale di Quidditch certe azioni erano o da fallo o direttamente da squalifica. Ron e Harry invece prendevano in mano ciò che rimaneva e ne davano un ultimo giudizio.

Per farla breve, dopo quindici giorni di scrutinio da parte di Hermione, Ron, Harry e infine Madama Hooch, Hazel decise di presentarli a Wood poco prima di andare in camera a dormire.

 

«Spero possano tornarti utili, madama Hooch ha confermato che non violano nessuna regola a lei conosciuta… buonanotte».

Hazel salutò con la mano Wood e i gemelli Weasley che erano a fianco a lui e, dopo uno sbadiglio coperto a fatica con una mano, si allontanò verso il fratello e i due amici che la aspettavano alla base della scala a chiocciola.

«Andiamo a dormire? Sono stanchissimo» commentò Ron grattandosi la testa con gli occhi già chiusi.

Tutti e tre annuirono e dopo una buonanotte biascicata tra uno sbadiglio e l’altro si salutarono.

 

Il giorno dopo, davanti alla porta della Sala Grande, Harry, Hazel, Hermione e Ron vennero travolti in blocco dalla squadra di Grifondoro.

L’unica cosa che riuscì a comprendere il cervello ancora assonnato di Hazel fu il tono eccessivamente esaltato che Wood e i gemelli Weasley stavano usando. Decisamente non consono per delle persone che si sono appena alzate.

Fu solo in seguito che il quartetto venne a sapere che tutta la squadra di Grifondoro non aveva chiuso occhio quella notte per studiare gli schemi di Hazel.

«Oggi ci alleniamo» disse Wood galvanizzato.

 

~ * ~

 

«Ehi Hazel, che ne pensi se si muovono in questo modo quando siamo in formazione?».

Urlò Wood in sella alla sua scopa e fermo davanti alle tre porte, indicando come George e Fred si stavano muovendo poco lontani da lui.

Era passata una settimana e mezza e Wood aveva spremuto la squadra ogni giorno per testare gli schemi di Hazel, portandoli fuori a qualsiasi ora e senza badare alla temperatura che calava ogni giorno che passava.

Il vento gelido che batteva quel pomeriggio stava mettendo seriamente a dura prova tutta la squadra, compresi tutti gli strati di sciarpe in cui le Cacciatrici avevano gentilmente e con cura avvolto Hazel.

 

Hazel, seduta sulla gradinata più vicina a Wood, portò la bacchetta vicino alla gola o per essere precisi vicino ai tre strati di sciarpe che si era avvolta intorno alla testa per non congelarsi.

«Sonorus» bisbigliò Hazel con gli occhi ridotti a due fessure per il fastidio del vento.

«Penso che stanno cercando di riscaldarsi Oliver… che ne dici se per oggi la chiudete qui e andiamo tutti nella Comune a recuperare i gradi persi?».

Katie Bell e Alicia Spinnet non aspettarono nemmeno una risposta da parte di Wood e iniziarono una lenta discesa verso gli spogliatoi, trattenendo a malapena il battere dei denti.

George e Fred bloccarono tra le loro scope quella di Wood, costringendolo a scendere tra borbottii e lamentele.

Harry e Angelina Johnson si avvicinarono invece alla tribuna di Hazel, mentre quest’ultima faticava ad alzarsi.

Appena fu abbastanza vicino, Harry proruppe in uno sonoro starnuto.

«Lascia Harry, la porto giù io, vai pure negli spogliatoi a cambiarti» disse Angelina allungando un braccio verso Hazel per aiutarla a salire sulla sua scopa.

Dopo un piccolo cenno della testa da parte di Hazel anche Harry iniziò la discesa, fermandosi però ben due volte per starnutire.

«Vieni, forza».

Con l’aiuto di Angelina, Hazel salì dietro di lei sulla scopa. «Tieniti bene a me».

Dopo un: «Sì» poco più alto di un bisbiglio Angelina iniziò ad abbassare gentilmente il manico di scopa per portare entrambe a terra.

 

~ * ~

 

 

«Potevamo andare ancora avanti!» grugnì poco contento Wood, senza però lasciar andare la tazza piena di thè caldo.

«E perdere un dito o due? No, non mi pare il caso» brontolò in risposta Hazel seduta a gambe e braccia incrociate sul tappeto difronte al camino della Comune.

«Ed è inutile allenarsi con questo tempo, non ci sono benefici» disse Hazel sospirando osservandoli ad uno ad uno.

«Harry si è già preso il raffreddore, Fred e George non riuscivano né a vedere né a colpire il bolide tanto vento c’era. Angelina, Katie e Alicia non riuscivano a passarsi la palla per i geloni alle mani e te Oliver… non sei messo meglio».

Nessuno obbiettò, nemmeno Wood, troppo impegnato a bere il suo thè.

 

«Vado da Madama Pomfrey» disse Hazel alzandosi da terra. «E forse è il caso che mi seguiate, se siamo fortunati ha un rimedio per tutto e magari arrivate sani alla partita».

 

 

~ * ~

 

Madama Pomfrey fece una sonora lavata di capo a Wood, visto lo stato in cui versava sia lui che tutto il resto della squadra.

Fortunatamente non persero punti, ma se fosse mai ricapitata una cosa simile sarebbero andati tutti in punizione per una settimana e Wood per un mese.

«Capisco il vostro impegno, ma non ha senso rovinarsi in questa maniera».

Fu comunque proibito loro di fare ulteriori allenamenti prima della partita e vennero tutti rispediti nella Comune con impacchi su mani e piedi. Ad Harry bastò solo un infuso per risolvere il raffreddore.

Passarono un po’ di giorni, tutti erano abbastanza presi dai compiti da non pensare troppo alla partita imminente. Un paio di giorni prima della partita Hermione prestò ad Harry il libro Il Quidditch attraverso i secoli, nella speranza che la lettura lo rilassasse un po’. O per lo meno lo distraesse a sufficienza.

 

Harry trovò da subito il libro molto interessante.

Imparò che esistevano settecento modi di commettere un fallo a Quidditch e che durante una partita di Coppa del Mondo, nel 1473, si erano verificati tutti; che in genere i Cercatori erano i giocatori più piccoli e più veloci e che gli incidenti più gravi sembravano capitare proprio a loro (fatto che Hazel conosceva già e che non mancava mai di ricordare ad Harry durante gli allenamenti); che, sebbene i giocatori morissero di rado durante una partita, si aveva notizia di arbitri svaniti nel nulla e ricomparsi nel deserto del Sahara a distanza di mesi.

 

~ * ~

 

La vigilia della prima partita di Harry, si trovavano tutti e quattro fuori nel cortile gelido, durante l'intervallo, e Hermione (diventata meno rigida per quanto riguardava l’osservanza delle regole dopo l’episodio del troll) aveva fatto apparire per incanto un fuoco di un azzurro splendente, trasportabile in un vasetto che Hazel materializzò abilmente (dimostrando anche una certa abitudine nel farlo).

Difatti era ormai già da diverse sere che le due ragazze si divertivano a riempire la loro stanza di barattoli con dentro fiammelle, riscaldandone così l’ambiente anche per la gioia di Lavanda e Parvati.

Ci si stavano scaldando tutti e quattro la schiena, quando Piton attraversò il cortile. Hazel notò immediatamente che zoppicava. Il quartetto si strinse intorno al fuoco per impedirgli di vederlo; sicuri che fosse proibito. Purtroppo, l’espressione colpevole dei loro volti attirò l’attenzione di Piton. Il professore venne avanti. Non aveva notato il fuoco, ma sembrava che stesse cercando un pretesto per rimproverarli.

«Che cosa nascondi là dietro, signor Potter?»

Era il volume Il Quidditch attraverso i secoli. Harry glielo mostrò.

«È proibito portare all’esterno degli edifici scolastici i libri della biblioteca» disse Piton. «Dammelo. Cinque punti in meno per Grifondoro».

«Questa regola se l’è appena inventata» borbottò Harry risentito mentre Piton si allontanava zoppicando.

«Chissà che cosa si è fatto alla gamba» disse Hazel corrucciata e senza nessun reale interesse verso il professore.

«Non lo so, ma spero che gli faccia molto male» commentò Ron aspramente.

 

Quella sera, la sala comune di Grifondoro era tutta un brusio di voci. Harry, Hazel, Ron e Hermione sedevano insieme vicino a una finestra.

Hermione stava correggendo i compiti di Incantesimi di Harry e Ron. Lei non avrebbe mai permesso che copiassero come avevano fatto in precedenza con Hazel («Altrimenti, come fate a imparare?»), ma chiedendole di correggerli, i due ragazzi riuscivano comunque a ottenere le soluzioni esatte.

Harry si sentiva irrequieto. Avrebbe voluto riavere Il Quidditch attraverso i secoli per distrarsi dal pensiero della partita dell’indomani, che lo rendeva nervoso. Ma perché mai avrebbe dovuto temere Piton? Alzandosi, comunicò a Hazel, Ron e a Hermione che intendeva andare a chiedergli di restituirglielo.

«Se sei proprio convinto» risposero in coro Ron e Hermione, ma Harry pensava che Piton non avrebbe rifiutato, se alla richiesta fossero stati presenti altri insegnanti.

«Ti accompagno, tanto ora non ho niente da fare… a parte guardare Ron innervosirsi per ogni correzione di Hermione» disse Hazel scuotendo le spalle e scavalcando Hermione per raggiungere Harry.

«Ehi! Non mi sto innervosendo… solo non capisco perché mi sta correggendo praticamente tutto quello che ho scritto!»

«Capiresti le mie correzioni se fino ad oggi tu non avessi copiato i compiti di Hazel!» disse Hermione tirando un’altra riga decisa sulla pergamena e facendo di conseguenza arrossire ferocemente Ron, che però non disse nulla.

 

Con un sorriso di scuse a Ron, Hazel raggiunse il fratello e insieme si recarono alla sala professori dove lì Harry bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora. Niente.

«Forse Piton ha lasciato il libro dentro…» sussurrò Harry.

«Vale la pena di tentare» sussurrò a sua volta Hazel, mettendo la mano sulla maniglia e tirandola giù lentamente, cercando di fare il minimo di rumore. Entrambi allungarono il collo oltre la porta sbirciando l’interno. Una scena orribile gli si parò davanti agli occhi.

Piton e Filch erano nella stanza, soli. Piton si teneva le vesti sollevate al di sopra delle ginocchia. Aveva una gamba tutta maciullata e sanguinante. Filch gli stava porgendo delle bende.

 

«Dannato coso» stava imprecando Piton. «Come si fa a tenere a bada tutte e tre le teste contemporaneamente?»

Hazel con le mani sudate cercò di richiudere la porta senza far rumore, ma…

«POTTER!»

Con il volto sfigurato dall’ira, Piton si abbassò rapidamente l’abito per nascondere la gamba. I gemelli deglutirono.

«Mi chiedevo soltanto se potessi riavere indietro il mio libro…» disse Harry con la voce simile ad un sussurro.

«ESCITE FUORI! FUORI!»

Harry trascinò via Hazel prima che Piton avesse il tempo di togliere altri punti a Grifondoro. Risalirono di corsa le scale.

«Ci siete riusciti?» chiese Ron quando Harry li ebbe raggiunti. «Che cosa è successo?»

Bisbigliando a voce bassissima, Harry ed Hazel raccontarono quello che avevano appena visto.

«Ecco perché avevo sentito odore di sangue quando eravamo nel bagno delle ragazze! Sapete che cosa significa questo?» chiese alla fine Hazel senza più fiato ed Harry proseguì: «Il giorno di Halloween, Piton ha cercato di eludere la sorveglianza del cane a tre teste! Ecco dove stava andando quando lo abbiamo visto… sta cercando di impadronirsi della cosa a cui il cane fa la guardia! E sono pronto a scommettere la mia scopa che è stato lui a far entrare il troll, per creare un diversivo!»

Hermione li ascoltava con gli occhi sbarrati.

«No… non lo farebbe mai» disse. «Lo so, non è molto simpatico, ma non cercherebbe mai di rubare qualcosa che Silente tiene sotto stretta sorveglianza».

«Ma senti un po’, Hermione, credi davvero che tutti gli insegnanti siano santi, o roba del genere?» la rimbeccò Ron. «Io sono d’accordo con Hazel ed Harry. Penso che Piton sia capace di tutto. Ma che cosa sta cercando? E a che cosa fa la guardia quel cane?»

 

Harry andò a dormire con quella domanda che gli ronzava per la testa. Il forte russare di Neville non lo aiutava a prendere sonno.

Fu a quel punto che sentì un ticchettio contro la finestra e, voltando la testa, Harry vide Edvige. Rapido gli aprì la finestra permettendogli di entrare.

Dopo una carezza recuperò il messaggio attaccato alla zampa della civetta:

 

Piccola perla: Lo sai che se prendi il boccino con la bocca non è fallo?

P.S. Edvige porta una sorpresina nel becco per te!

P.P.S. Buonanotte fratellino!

 

Con un sorriso Harry alzò gli occhi guardando Edvige, effettivamente ben stretto nel suo becco c’era un barattolino di vetro grosso due pollici chiuso con un tappo di sughero.

Quando Edvige glielo lasciò cadere sul palmo della mano, Harry vide che all’interno brillava una piccola fiamma dorata. Splendeva di mille riflessi e osservarla riuscì in qualche modo a calmarlo e a fargli liberare la mente quanto bastava per permettergli di chiudere gli occhi su quella giornata.

E dimenticarsi dell’espressione di Piton quando loro gli avevano visto la gamba.

 

All’alba dell’indomani, la giornata si presentava luminosa e fredda. La Sala Grande era piena del profumo delizioso delle salsicce fritte e dell’allegro chiacchiericcio dei ragazzi che non vedevano l’ora di assistere a una bella partita di Quidditch.

«Devi mangiare qualcosa».

«Non voglio niente».

«Soltanto un pezzetto di pane tostato» lo incoraggiò Hermione.

«Non ho fame».

Harry si sentiva malissimo. Di lì a un’ora avrebbe fatto il suo ingresso in campo.

«Harry, hai bisogno di tutte le tue forze» gli disse Seamus Finnigan. «I Cercatori sono sempre quelli che più vengono braccati dall’altra squadra».

«Grazie del conforto morale, Seamus» disse Harry guardandolo versare una generosa quantità di ketchup sulle salsicce.

Hazel, sbadigliando, posò una fetta biscottata ricoperta con abbondante marmellata nel piatto di Harry e, senza guardarlo, gli fece cenno di mangiarla.

Ron, Hermione, Neville, Seamus, Patil, Lavanda e Dean, vedendo il gesto di Hazel, ridacchiarono ricordando come lei avesse fatto lo stesso il giorno della loro prima lezione di volo.

In ogni caso, la fetta biscottata fu l’unica cosa che Harry accettò di mangiare per colazione.

 

Per le undici, tutta la scolaresca era sugli spalti, intorno al campo da Quidditch. Molti erano armati di binocoli. Anche se i sedili potevano sollevarsi in aria, a volte era comunque difficile seguire quel che succedeva in campo.

 

Hazel, Ron e Hermione si unirono a Neville, Seamus e Dean, il tifoso di calcio, che erano sulla gradinata più alta. Per fare una sorpresa a Harry, avevano dipinto un grosso striscione, ricavato da uno dei lenzuoli che Crosta aveva rosicchiato. Sopra ci avevano scritto Harry sei tutti noi, e sotto Dean, che era molto bravo a disegnare, aveva schizzato un grosso leone, simbolo di Grifondoro. Poi Hermione aveva fatto un piccolo, ingegnoso incantesimo per cui i colori apparivano cangianti.

Per terminare l’opera Hazel (dopo una piccola consulenza con il professor Flitwick) aveva incantato lo striscione in modo che una volta aperto comparissero tutt’attorno delle fiammelle di media grandezza; non emanavano calore, sfolgoravano d’oro e di rosso e, una volta che si chiudeva lo striscione, esse sparivano come se non fossero mai esistite.  

Nel frattempo, negli spogliatoi, Harry e il resto della squadra si stavano cambiando e indossavano la loro divisa scarlatta (i Serpeverde avrebbero giocato in verde).

Wood si schiarì la voce per intimare il silenzio.

«Allora, ragazzi…» disse.

«e ragazze» completò la Cacciatrice Angelina Johnson.

«E ragazze» convenne Wood. «Ci siamo».

«Il gran giorno è arrivato» disse Fred Weasley.

«Il gran giorno che tutti aspettavano da tanto» gli fece eco George.

«Il discorso di Oliver lo sappiamo a memoria» spiegò Fred a Harry. «Eravamo nella squadra anche l’anno scorso».

«Chiudete il becco, voi due!» disse Wood. «Quella di oggi è la squadra migliore che Grifondoro abbia avuto da anni. Vinceremo. Lo so».

Li guardò come a dire: ‘Altrimenti dovrete fare i conti con me’.

«Bene. È ora di entrare in campo. In bocca al lupo a tutti».

Harry seguì Fred e George fuori dagli spogliatoi sperando che le ginocchia non gli si piegassero per l’emozione ed entrò in campo salutato da grandi ovazioni.

Ad arbitrare la partita sarebbe stata Madame Hooch che, ritta in mezzo al campo, aspettava le due squadre brandendo in mano la sua scopa.

«Mi raccomando a tutti, voglio una partita senza scorrettezze» disse una volta che le due squadre furono riunite intorno a lei. Harry notò che sembrava rivolgersi in modo speciale al Capitano di Serpeverde, Marcus Flint, un alunno del quinto anno. Harry pensò che Flint, dall’aspetto, potesse avere del sangue di troll nelle vene. Con la coda dell’occhio vide lo striscione che sventolava sopra la folla con il motto fosforescente Harry sei tutti noi. Il cuore gli balzò in petto. Si sentì tornare un po’ di coraggio.

«In sella alle scope, prego!»

Harry salì in arcione alla sua Nimbus Duemila.

Madame Hooch soffiò forte nel suo fischietto d’argento.

Quindici scope si levarono in volo, in alto, sempre più in alto. La partita era iniziata.

«… e la Pluffa è stata intercettata immediatamente da Angelina Johnson di Grifondoro… che brava Cacciatrice è questa ragazza, e anche piuttosto carina…»

«JORDAN!»

«Chiedo scusa, professoressa».

A commentare la partita era Lee Jordan, l’amico dei gemelli Weasley, sorvegliato a vista dalla professoressa McGonagall.

«… lassù la ragazza sfreccia come un fulmine. Effettua un passaggio puntuale ad Alicia Spinnet, un’ottima scoperta di Oliver Wood, che l’anno scorso ha giocato come riserva… indietro alla Johnson e… no, la Pluffa è stata intercettata dal Capitano di Serpeverde Marcus Flint, che se la porta via: eccolo che vola alto come un’aquila… sta per se… no, bloccato da un’ottima azione del portiere di Grifondoro Wood, e Grifondoro è di nuovo in possesso della Pluffa. Ed ecco la Cacciatrice di Grifondoro Katie Bell… bella picchiata intorno a Flint, poi di nuovo su… AHI!... deve averle fatto male quel colpo di Bolide dietro la testa! La Pluffa ritorna a Serpeverde. Ecco Adrian Pucey che parte a tutta birra verso le porte, ma è bloccato da un secondo Bolide lanciatogli contro da Fred o George Weasley, non riesco a distinguere chi dei due… bella mossa comunque, ora Johnson è in possesso della Pluffa, davanti a lei il campo è sgombro, e si allontana, vola via letteralmente… schiva un micidiale Bolide… è davanti alle porte - vai, Angelina! - il portiere Bletchley si tuffa… manca il bersaglio… GRIFONDORO HA SEGNATO!»

L’aria gelida fu saturata dall’applauso dei Grifondoro e dalle urla e dai fischi dei Serpeverde.

«Spostatevi un po’, voi, scorrete più giù».

«Hagrid!»

Hazel, Ron ed Hermione si strinsero per far posto a Hagrid vicino a loro.

«Stavo guardando dalla mia capanna» disse Hagrid mostrando con orgoglio un grosso binocolo che gli pendeva sul petto, «ma non è mica lo stesso che stare in mezzo alla gente allo stadio! Il Boccino non s’è visto, eh?»

«No» disse Ron. «Finora Harry non ha avuto un granché da fare».

«Be’, almeno s’è tenuto fuori dai guai; è già qualcosa» disse Hagrid portandosi il binocolo agli occhi e puntandolo verso il cielo, alla ricerca di Harry che appariva come un puntino lontano.

In alto, sopra le loro teste, il ragazzo planava di qua e di là, strabuzzando gli occhi per avvistare il Boccino. Questo faceva parte del piano di gioco che aveva messo a punto insieme a Wood.

«Tieniti fuori tiro finché non vedi il Boccino» gli aveva detto Wood. «È inutile esporsi ad attacchi prima del necessario… e tua sorella è stata piuttosto irremovibile sul fatto che mi avrebbe lanciato una fattura se ti avessi costretto a stare al centro dell’attenzione fin da subito».

Quando Angelina aveva segnato, Harry aveva fatto un paio di giri della morte per dare sfogo all’euforia. Ora era tornato a scrutare il campo in cerca del Boccino. A un certo punto, aveva intravisto uno sprazzo dorato, ma era soltanto un riflesso dell’orologio da polso di uno dei gemelli Weasley, e un’altra volta un Bolide aveva deciso di schizzare verso di lui come una palla di cannone, ma lui l’aveva schivato e Fred Weasley si era messo a inseguirlo.

«Tutto bene da quelle parti, Harry?» aveva avuto il tempo di gridargli, mentre colpiva furiosamente il Bolide indirizzandolo contro Marcus Flint.

«Palla a Serpeverde» stava dicendo Lee Jordan, «il Cacciatore Pucey schiva due Bolidi, due Weasley e la Cacciatrice Bell, e avanza veloce verso… aspettate un attimo… ma quello non era il Boccino?»

Un mormorio percorse gli spalti, mentre Adrian Pucey lasciava cadere la Pluffa, troppo preso a seguire con lo sguardo il lampo dorato che gli aveva sfiorato l’orecchio sinistro ed era passato oltre.

Harry lo vide. In un impeto di eccitazione, si tuffò in picchiata dietro quella scia d’oro. Anche il Cercatore di Serpeverde, Terence Higgs, lo aveva avvistato. Testa a testa, si lanciarono entrambi alla rincorsa del Boccino; nel frattempo sembrava che i Cacciatori avessero dimenticato il loro ruolo, sospesi a mezz’aria, intenti a guardare.

Harry era più veloce di Higgs: vedeva la pallina che ad ali spiegate risaliva davanti a lui. Diede un’accelerata potente…

WHAM! Un boato di rabbia venne dai Grifondoro, sotto di loro.

Marcus Flint aveva bloccato Harry di proposito e la scopa di Harry sbandò, mentre il ragazzo cercava disperatamente di reggersi in sella.

«Fallo!» gridarono i Grifondoro.

Le fiamme che attorniavano lo striscione diventano più intense a quell’urlo.

 

Madame Hooch si rivolse a Flint con parole irate e poi ordinò un rigore a favore di Grifondoro. Ma, come era da aspettarsi, in tutta quella confusione il Boccino era scomparso di nuovo.

Giù, sugli spalti, Dean Thomas stava gridando: «Arbitro, espulsione! Cartellino rosso!»

«Guarda che non siamo mica a una partita di calcio» gli ricordò Ron. «A Quidditch non si possono espellere i giocatori… E poi, che cos’è un cartellino rosso?»

Ma Hagrid era dello stesso parere di Dean.

«Bisognerebbe cambiare le regole. Flint poteva buttare Harry di sotto».

A fianco ad Hagrid, Hazel tremava per l’ira e dalla bacchetta, che aveva preso in mano per riflesso, uscivano scintille. George che era passato vicino agli spalti incrociò lo sguardo con Hazel e, dopo un’occhiata d’intesa, George si aprì in un sorriso sardonico prima di volare via.

 

Intanto, Lee Jordan trovava difficile mantenersi distaccato.

«Quindi… dopo questa lampante e ignobile scorrettezza…»

«Jordan!» ringhiò la professoressa McGonagall.

«Voglio dire, dopo questo fallo palese e disgustoso…»

«Jordan, ti avverto…»

«E va bene. Flint per poco non ammazza il Cercatore di Grifondoro, il che naturalmente può succedere a chiunque, quindi un rigore per Grifondoro, battuto da Spinnet che segna senza difficoltà e il gioco prosegue, con Grifondoro ancora in possesso di palla».

 

Tutto questo accadde quando Harry evitò un altro Bolide che gli passò pericolosamente vicino alla testa. La sua scopa, d’un tratto, ebbe uno scarto pauroso. Per una frazione di secondo, il ragazzo credette di essere sul punto di cadere. Si afferrò stretto stretto al manico della scopa aiutandosi anche con le ginocchia. Non aveva mai provato niente di simile.

Poi accadde di nuovo. Era come se la scopa stesse cercando di disarcionarlo. Ma una Nimbus Duemila non decideva da sola, tutto d’un tratto, di disarcionare il suo cavaliere. Harry cercò di tornare indietro verso le porte di Grifondoro; aveva una mezza idea di chiedere a Wood di domandare un minuto di sospensione. Ma poi si rese conto che la scopa non rispondeva assolutamente più ai comandi. Non riusciva a sterzare. Non riusciva a dirigerla dove voleva. Zigzagava nell’aria dando violenti scossoni che rischiavano di farlo cadere.

Hazel alzò in quel momento gli occhi al cielo, tra le mani il binocolo prestatole da Seamus, cercò Harry notando così i movimenti strani della sua scopa.

 

Lee stava ancora facendo la cronaca della partita.

«Serpeverde in possesso di palla… Flint ha la Pluffa… oltrepassa Spinnet… supera Bell… viene colpito in faccia da un Bolide, spero che gli abbia rotto il naso… ma no, professoressa, sto scherzando… Serpeverde segna… oh, no…»

I Serpeverde esultavano. George passa di nuovo vicino alle tribune dove si trova Hazel e la saluta tutto contento, agitando il braccio con la mazza che aveva poco prima usato per colpire il bolide che aveva centrato Flint. Hazel lo guarda per un momento prima di ripuntare gli occhi al cielo e indicarglielo furiosamente.

Nessuno a parte lei sembrava essersi accorto che la scopa di Harry si stava comportando in modo strano. Lentamente, a sbalzi e strattoni, la scopa stava trasportando Harry sempre più in alto e lontano dal gioco.

«GUARDATE HARRY!» urlò Hazel per farsi sentire in mezzo al baccano generale. Hermione e Ron che le erano a fianco alzarono subito la testa.

«Che diamine starà facendo» bofonchiò Hagrid. Stava guardando attraverso il binocolo. «Sembra che abbia perso il controllo della scopa, sembra… ma non può mica aver…»

D’un tratto, gli occhi di tutti gli spettatori furono puntati su Harry. La sua scopa aveva cominciato a fare le capriole, mentre lui riusciva a stento a reggersi in sella. Poi tutti gli spettatori trattennero il fiato. La scopa aveva dato uno strattone fortissimo e Harry era stato disarcionato. Ora il ragazzo penzolava giù, reggendosi al manico con una sola mano. Hazel era senza parole per l’orrore.

«È successo qualcosa alla scopa quando Flint lo ha bloccato?» sussurrò Seamus.

«Impossibile» disse Hagrid con voce tremante. «Niente può fare ammattire una scopa tranne una potente Magia Oscura… e nessun ragazzino sarebbe capace di fare una cosa simile a una Nimbus Duemila».

A queste parole, Hazel ed Hermione si animarono e binocolo alla mano (Hermione afferrò quello di Hagrid), anziché guardare verso Harry, cominciarono febbrilmente a scrutare le file del pubblico.

«Ma che diavolo state facendo?» chiese Ron con la faccia livida.

«Lo sapevo!» ansimò Hermione. «Piton… guarda!»

Ron afferrò il binocolo. Piton stava sulla gradinata dirimpetto alla loro. Teneva gli occhi fissi su Harry e mormorava qualcosa sottovoce.

Anche Hazel stava osservando la tribuna dei professori; la maggior parte si stava agitando per cercare una soluzione, a differenza di Piton e Quirrell che rimanevano immobili e con gli occhi puntati sulla scopa di Harry.

«Ne sta combinando una delle sue… sta stregando la scopa» disse Hermione.

«E ora che facciamo?» chiese Ron.

«Lascia fare a me».

 

Prima che Hermione sparisse Hazel le afferrò una spalla, depositandole in mano un barattolino che recuperò dalla tasca.

Hermione abbassò un attimo gli occhi, scambiò un’occhiata d’intesa con Hazel e dopo un cenno affermativo si voltò sparendo nella folla.

Hazel e Ron puntarono di nuovo il binocolo su Harry. La scopa stava vibrando così forte che era praticamente impossibile che riuscisse a tenercisi aggrappato ancora a lungo. Gli spettatori erano tutti in piedi e guardavano terrorizzati, mentre i gemelli Weasley volavano in soccorso dell’amico, cercando di trarlo in salvo su una delle loro scope, ma invano: ogni volta che gli si accostavano, la scopa di Harry faceva un balzo più in alto. Allora scesero di quota e si disposero in cerchio sotto di lui, sperando di riuscire ad afferrarlo al volo quando fosse caduto. Marcus Flint, impossessatosi della Pluffa, segnò cinque volte senza che nessuno se ne accorse.

«Dai, Hermione, sbrigati!» mormorava Ron disperato.

Hazel abbassò il binocolo sullo spalto dei professori, vedendo in quel momento Hermione sbucare dietro la fila di sedili alle spalle di Piton e correre come una furia; non si fermò neanche per chiedere scusa al professor Quirrell, quando lo urtò facendolo cadere a faccia avanti. Una volta raggiunto Piton, si accucciò sparendo alla vista di Hazel, ma lei la immaginò senza problemi recuperare il barattolo che le aveva passato (e che conteneva delle fiammelle azzurre create quella mattina dalla stessa Hermione dopo che Hazel si era lamentato del freddo alle mani) e farle cadere sull’orlo dell’abito di Piton.

Ci vollero forse trenta secondi perché Piton si rendesse conto di aver preso fuoco e che abbassasse gli occhi con un’espressione dolorante.

Hazel immaginò infine Hermione richiamare il fuoco e richiudendolo nello stesso vasetto da cui era uscito… ed eccola ricomparire dietro Piton per poi correre via facendo il percorso inverso.

Piton non avrebbe mai saputo quel che era successo.

 

Ma era bastato. Su in aria, Harry riuscì d’un tratto a rimettersi a cavallo della scopa.

«Neville, ora puoi guardare!» disse Ron. Per tutti gli ultimi cinque minuti Neville aveva singhiozzato col viso nascosto nella giacca di Hagrid.

Harry stava sfrecciando giù verso terra quando gli spettatori lo videro mettersi una mano a coppa sulla bocca come se stesse per vomitare: cadde carponi sul terreno di gioco, tossì e… qualcosa di dorato gli cadde in mano.

«Ho preso il Boccino!» gridò agitandolo sopra la testa, e la partita terminò nel caos generale.

«Non l’ha preso, l’ha quasi ingoiato» strillava ancora Flint venti minuti dopo, ma tanto non faceva differenza. Harry non aveva violato nessuna regola e Lee Jordan stava ancora annunciando a squarciagola il risultato: Grifondoro aveva vinto per centosettanta a sessanta. Ma tutto questo Harry non lo udì. Era nella capanna di Hagrid insieme a Hazel, Ron e Hermione e si stava facendo preparare una tazza di tè.

«… non mi sarei mai immaginata che avresti preso sul serio quello che avevo scritto sul biglietto…» disse Hazel con un sorrisetto colpendo piano Harry sulla spalla. Harry ridacchiò scuotendo la testa: «Era un buon suggerimento dopotutto».

«È stato Piton» disse Ron spezzando il momento che si era appena creato tra i gemelli. «Hazel, Hermione e io lo abbiamo visto; stava lanciando una maledizione sulla tua scopa, borbottava e non ti levava gli occhi di dosso».

«Stupidate!» disse Hagrid che non aveva sentito una sola parola di quel che era accaduto a un passo da lui, sugli spalti. «E perché mai Piton doveva fare una cosa del genere?»

Harry, Hazel, Ron e Hermione si guardarono l’un l’altro, chiedendosi che cosa potessero dirgli. Harry decise per la verità.

«Abbiamo scoperto qualcosa sul suo conto» disse ad Hagrid. «Il giorno di Halloween, ha cercato di superare la guardia del cane a tre teste e quello lo ha morso. Crediamo che volesse rubare quello che il cane sorveglia, qualunque cosa sia».

Hagrid si lasciò cadere di mano la teiera.

«E voi come fate a sapere di Fuffi?»

«Fuffi?» chiese a sua volta Hazel incredula.

«Sì… è mio… l’ho comprato da un tizio, un greco che ho incontrato al pub l’anno scorso… L’ho prestato a Silente per fare la guardia a…»

«Sì?» disse Harry, desideroso di saperne di più.

«No, non chiedetemi di più» disse Hagrid scontroso. «È una cosa segretissima!»

«Ma Piton sta cercando di rubarla!» rincarò Hazel.

«Stupidate!» tornò a ripetere Hagrid. «Piton è un insegnante di Hogwarts, vuoi che faccia una cosa del genere?»

«E allora perché poco fa ha cercato di ammazzare Harry?» gridò Hermione stupendo Hazel. A quanto pareva, gli avvenimenti di quel pomeriggio le avevano fatto cambiare idea sul conto di Piton.

«Sentì un po’ Hagrid, io riconosco una fattura quando ne vedo una; ho letto tutto sull’argomento! Bisogna mantenere il contatto visivo, e Piton non batteva neanche le palpebre. L’ho visto benissimo!»

«E io vi dico che prendete un granchio» disse Hagrid accalorandosi.

«Non so perché la scopa di Harry si è comportata in quella maniera, ma Piton non cercherebbe mai di ammazzare uno studente! E ora statemi bene a sentire tutti e tre: vi state immischiando in cose che non vi riguardano. È pericoloso. Scordatevi del cane, dimenticate a cosa fa la guardia. È una faccenda tra Silente e Nicolas Flamel…»

«Ah-ah!» disse Harry. «Allora c’è di mezzo qualcuno che si chiama Nicolas Flamel!»

Hagrid sembrò estremamente furioso con sé stesso.

Note dell'autrice:

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Fortuna vuole che questo capitolo era corto… altrimenti sarebbe stato un po’ complicato finire di scriverlo.

Anyway!

Vi piace? A me un sacco, anche se ho riscritto l’inizio almeno dieci volte in dieci modi diversi e non sono ancora del tutto soddisfatta…

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che ne pensate.

A presto.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

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Capitolo 12
*** Capitolo XI: Malattia, Natale con i Weasley, Regali! Mantello dell'Invisibilità!... Specchio delle Brame ***


Note Immortal Lady del 07/02/2023: Capitolo rivisto e ripubblicato.

~ Capitolo XI: Malattia, Natale con i Weasley, Regali! Mantello dell'Invisibilità!... Specchio delle Brame ~

 

Natale si stava avvicinando. Un mattino di metà dicembre, il castello di Hogwarts si svegliò sotto una pesante coltre di neve. Il lago era diventato una spessa lastra di ghiaccio e i gemelli Weasley erano stati puniti per aver fatto un incantesimo alle palle di neve, che si erano messe a inseguire Quirrell dovunque andasse, rimbalzando sul retro del suo turbante. I pochi gufi che riuscivano a fendere il cielo temporalesco per consegnare la posta dovevano poi essere accuditi da Hagrid prima di poter riprendere il volo.

Tutti quanti non vedevano l’ora che cominciassero le vacanze.

Soprattutto Hazel, che da metà novembre stava combattendo con una brutta influenza.

Harry, Hermione e Ron dopo una settimana in cui l’avevano vista peggiorare a vista d’occhio, decisero di trascinarla a forza in infermeria da Madame Pomfrey.

L’infermiera li accolse calorosamente appena arrivarono e, notando lo stato in cui versava Hazel, la visitò subito scoprendo non solo che aveva la febbre ma che le erano anche venute le placche in gola.

Diagnosi? Almeno una settimana di riposo forzato in infermeria e tanti intrugli dal sapore ambiguo da trangugiare.

Hazel cercò inutilmente di convincere i presenti che non era messa così tanto male, ma i continui starnuti e la tosse secca le impedirono di mettere insieme una frase di senso compiuto.

«N-non dsto co-» starnuto fortissimo con successiva soffiata di naso altrettanto forte «coti bale…»

 

L’unico lato positivo della degenza era quando, durante la pausa pranzo, la passavano a trovare Harry, Ron e Hermione intrattenendola, raccontandole delle lezioni e delle loro ricerche su Nicolas Flamel (che purtroppo non stavano dando molti frutti).

Una menzione d’onore ad Edvige, che sfidò ben tre volte le condizioni atmosferiche per rubarle qualche carezza e beccarle le dita.

Il pomeriggio dell’ottavo giorno passato in infermeria Madame Pomfrey dichiarò che la gola di Hazel era completamente guarita e che il leggero naso chiuso che le rimaneva le sarebbe passato da solo nell’arco dei successivi giorni.

Dopo aver educatamente salutato Madame Pomfrey, Hazel uscì rapida dall’infermeria diretta alla Torre di Grifondoro, incappando nel trio esattamente davanti al ritratto della signora grassa.

«Sorpresa…» disse Hazel, con un po’ di fiatone appoggiata al corrimano della scala di pietra.

Harry la raggiunse subito chiudendola in un abbraccio estremamente caldo e piacevole. Anche Ron e Hermione si unirono, anche se quest’ultima in modo un po’ impacciato.

«Entriamo che qui sulle scale fa freddo?» propose Hermione staccandosi per prima. I gemelli e Ron annuirono e così in fila passarono attraverso il buco del ritratto trovandosi nella comune quasi vuota.

 

«Ma non eravate appena usciti?... Scricciolo!»

Uno dei pochi inquilini della comune si slanciò verso Hazel appena fu dentro. Fred Weasley chiuse senza troppe cerimonie Hazel in un abbraccio, alzandola senza alcuno sforzo da terra.

 

«Fred ma che… scricciolo!» da dietro la testiera in legno del divano comparve la testa di George, il quale come il fratello, appena vide Hazel, scavalcò senza troppe cerimonie il divano per andarle incontro.

 

Hazel guardò con tanto di occhi sia Fred che George, poi Harry, che beato guardava la scena dal basso con un sorriso.

 

«Ehi» riuscì a malapena a dire Hazel incerta, tirando poi su col naso.

 

«Come ti senti?» chiese George appena fu abbastanza vicino. Con nonchalance scostò delle ciocche di capelli da davanti gli occhi di Hazel, causandole un irrigidimento del corpo per quel contatto inaspettato.

 

«Meglio… grazie» mormorò Hazel, con un principio di imbarazzo a colorarle le guance. «Potresti mettermi giù Fred?».

 

Fred riportò a terra Hazel con un sorriso birichino, ma poi sia lui che George iniziarono a guardarla dall’alto con sguardo indagatore.

«Sbaglio o sei diventata più piccola di prima?» commentò George.

«In effetti sei più leggera di Ginny» disse Fred un po’ preoccupato.

 

Harry, Hermione e Ron la osservarono con tanto d’occhi, facendo imporporare ancor di più le guance di Hazel.

«Ehm, diciamo che la gola irritata non mi ha permesso di mangiare granché… più che altro ho bevuto le pozioni di Madame Pomfrey… che quando poteva le addolciva con un po’ di miele» disse Hazel, finendo per attrarre su di sé quattro sguardi impietositi e uno di comprensione.

 

Cercando di sfuggire a quelle occhiate, Hazel prese per mano Harry portandolo a sedersi con lei sul tappeto davanti al camino. Con un sospiro di gioia Hazel allungò il più vicino possibile i piedi e le mani nella speranza di ritrovare la sensibilità perduta per il freddo, ma soprattutto per nascondere l’imbarazzo.

Harry a fianco a lei la spalleggiava silenzioso, infondendole la sua calma.

Dietro di loro anche Hermione, Ron, George e Fred si erano avvicinati e prima che quest’ultimo potesse parlare lo precedette Harry.

 

«Volevo portarti questo oggi in infermeria, nella speranza che Madame Pomfrey non me lo confiscasse»

Avvolto in diversi strati di carta c’era un panino ancora tiepido, il pane era estremamente morbido e dentro c’erano delle fette di prosciutto. Hazel lo prese dalle mani di Harry con un sorriso grato.

«Grazie, Harry»

«Anche io ho qualcosa per te!» aggiunse Hermione alle loro spalle, facendoli girare entrambi.

«Pure io se per questo!» commentò Ron, con un mezzo sorriso.

 

Hermione allungò verso Hazel un altro panino, simile a quello di Harry, e Ron invece un involucro di carta triangolare con dentro una fetta di torta al limone.

Harry scoppiò in una breve risata guardandoli: «Abbiamo avuto la stessa idea allora».

 

Hazel a fianco a lui guardò tutti e cinque senza parole per qualche secondo, prima di ringraziare e prendere quello che le stavano porgendo. Mentre Hazel iniziava a prendere a piccoli bocconi il panino datole da Harry, Ron si sedette sul tappeto a fianco ad Hazel. Hermione, invece, si accomodò sul divano a fianco ai gemelli Weasley.

 

«Se hai ancora fame quando hai finito possiamo andare in cucina a recuperare altro» propose George osservando Hazel mangiare lentamente ma con gusto.

Hazel scosse la testa a quella proposta. «Grazie per il pensiero, ma penso che farò fatica a finire già questo»

«Sicura? Non è un granché la roba che ti hanno portato» commentò Fred.

«Non potevamo mica portare via un vassoio pieno dalla Sala Grande!» replicò Hermione subito.

 

«Calma, calma» disse Harry alzando le mani verso Hermione per poi rivolgersi a Fred. «Quanto ha detto mia sorella è vero, quando digiuni per più di una settimana dopo non senti più così tanto la fame»

«Ma come lo sai?» chiese Hermione d’impeto, dopo un momento però aprì la bocca folgorata da un pensiero.

«Abitudine» disse Hazel senza alzare gli occhi dal panino, troppo impegnata a gustarselo per notare gli sguardi basiti puntati su di sé e su Harry.

«Già, dopo un po’… ti ci abitui» confermò Harry guardando in un punto non ben distinto del tappeto.

 

Nella comune scese un silenzio pesante, che durò fino a che Hazel non ebbe finito di mangiare.

Hermione, dopo il commento di Harry, aveva chiuso la bocca e non sembrava intenzionata a riaprirla molto presto.

Ron, Fred e George si guardavano a tratti tra loro, indecisi su come reagire.

Hazel allungò un gomito verso il braccio del fratello per farlo tornare al presente, poi si schiarì la voce attirando su di sé gli occhi di tutti.

«Su su, non è colpa vostra come non è nostra… Ma passando ad argomenti più piacevoli, Hermione!»

 

L’interessata fece un piccolo saltello sul divano. «Sì?»

«Mi faresti vedere i tuoi appunti dell’ultima settimana? Giusto per capire cosa mi sono persa»

«Tranquilla, non ti sei persa nulla di interessante» bisbigliò Rona ad Hazel, rilassando le spalle e facendola sorridere.

«Ti ho sentito Ron! Sbaglio o non hai ancora fatto i tuoi compiti di Astronomia?» lo beccò subito Hermione, facendo uno ritrarre Ron indispettito, due spalancare gli occhi ad Harry per la sorpresa.

«Perché c’erano dei compiti assegnati di Astronomia?» disse con la massima innocenza Harry, Hermione lo guardò basita. «Non anche te Harry…»

 

A fianco a Hermione, Fred e George mal nascosero le risate ma, sentendo lo sguardo inquisitorio di Hermione su di loro, furono veloci a tirarsi in piedi, disordinare i capelli di Hazel e Harry come saluto e urlare: «Ci vediamo in Sala Grande ‘sta sera!», per poi sparire nel dormitorio.

 

«Su forza, iniziamo!» dichiarò Hermione scattando in piedi.

 

~ * ~

 

Hazel riprese a seguire le lezioni a partire dal giorno successivo, scoprendo suo malgrado che soltanto nella sala comune di Grifondoro e nella Sala Grande ardevano fuochi scoppiettanti; i corridoi pieni di spifferi erano gelidi e un vento sferzante faceva sbattere le imposte nelle aule. Il peggio fu la lezione del professor Piton, che si tenevano nei sotterranei, dove il respiro si condensava in nuvolette e tutti cercavano di starsene il più vicino possibile ai calderoni bollenti.

«Mi dispiace proprio tanto» disse Draco Malfoy, durante la lezione di Pozioni, «per tutti quelli che a Natale dovranno restare ad Hogwarts perché a casa nessuno li vuole».

Parlando guardava dalla parte di Harry ed Hazel. Crabbe e Goyle ridacchiarono.

Harry, che stava dosando della polvere di spine di pesce scorpione, li ignorò bellamente.

«Ci ha quasi azzeccato questa volta Malfoy… chissà cosa si inventerebbe se sapesse che il sentimento dei Dursley è condiviso anche da noi?» commentò Hazel alitandosi sulle dita gelate prima di prendere in mano la bacchetta per girare il contenuto del calderone, dopo che Harry ci fece cadere l’ultimo ingrediente.

Harry fece spallucce avvicinandosi il più possibile al calderone per cercare di raccogliere ogni scintilla di calore possibile.

«Secondo me, se i genitori di Malfoy sono fastidiosi almeno la metà del figlio» disse Harry, prima di interrompersi un attimo per pulire gli occhiali appannati, «Non li vorrei vedere neanche con il binocolo, figuriamoci per le feste».

Hazel strinse le labbra per non mettersi a ridere. «Già… sono d’accordo con te».

Harry scambiò un’occhiata d’intesa con Hazel, ignorando il basso ringhio di gola proveniente dalle loro spalle.

 

Dalla partita di Quidditch, Malfoy era diventato, se possibile, ancora più antipatico. Deluso per la sconfitta di Serpeverde, aveva cercato di suscitare l’ilarità di tutti con una battuta, e cioè che la volta successiva Harry sarebbe stato sostituito come Cercatore da una rana dalla bocca larga. Ma poi si era reso conto che non faceva ridere nessuno, perché tutti erano rimasti ammirati dal modo in cui Harry era riuscito a rimanere in sella alla sua scopa nonostante quella cercasse di disarcionarlo. Per cui, Malfoy, invidioso e gonfio di rabbia, era tornato a prenderli in giro per il fatto che non avevano una vera e propria famiglia.

Era vero, comunque, che Harry ed Hazel non sarebbero tornati a Privet Drive per Natale. La settimana prima la professoressa McGonagall aveva fatto il giro delle Case per preparare l’elenco degli studenti che sarebbero rimasti per le vacanze e Harry aveva dato subito il nome suo e della sorella. La cosa non dispiaceva affatto ai gemelli; molto probabilmente, quello sarebbe stato il più bel Natale della loro vita. Anche Ron e i suoi fratelli sarebbero rimasti, perché i signori Weasley andavano in Romania a trovare Charlie.

Quando lasciarono i sotterranei alla fine della lezione di Pozioni, i ragazzi trovarono un grosso abete che bloccava il corridoio. I due enormi piedi che sbucavano da sotto l'albero e i respiri ansimanti fecero capire loro che si trattava di Hagrid.

 

«Ehi, Hagrid, serve una mano?» chiese Ron ficcando la testa tra i rami.

«Nooo, ce la faccio da solo, Ron, grazie tante».

«Ti spiacerebbe toglierti di mezzo?» fece dietro di loro la voce strascicata e glaciale di Malfoy. «Che cosa c’è, stai cercando di guadagnare qualche spicciolo, Weasley? Forse speri di diventare anche tu guardiacaccia quando finirai la scuola… la capanna di Hagrid deve sembrarti una reggia, in confronto a dove abita la tua famiglia».

Ron si buttò a testa bassa contro Malfoy proprio mentre Piton saliva le scale.

«WEASLEY!»

Ron, che aveva afferrato Malfoy per il davanti della veste, lasciò la presa.

«Ci è stato tirato, professor Piton» disse Hagrid sporgendo il faccione irsuto da dietro l’albero. «Malfoy insultava la sua famiglia».

«Quale che sia la ragione, Hagrid, fare a pugni è contro le regole di Hogwarts» disse Piton con voce flautata. «Cinque punti in meno a Grifondoro, Weasley, e ringrazia il cielo che non te ne tolga di più. Ora levatevi di torno, tutti quanti!»

Senza aggiungere altro Piton si allontanò di gran carriera verso la Sala Grande e Malfoy, Crabbe e Goyle fecero per seguirlo.

Poco lontana da loro Hazel disse: «Malfoy, ti è caduto questo»

Il biondo Serpeverde si girò in tempo per sentirsi impattare contro la fronte qualcosa di molle e bagnato; l’oggetto misterioso gli atterrò in mano rivelandosi essere un fazzoletto pieno di muco.

Malfoy, scandalizzato, lanciò un urlo di disgusto.

Urlo che richiamò il professor Piton, che appena tornò in corridoio vide Malfoy pronto a lanciare verso un’indifesa Hazel ciò che aveva in mano.

 

«MALFOY!» disse Piton avvicinandosi di gran carriera al ragazzo, che abbassò subito il braccio di riflesso. «Cosa stavi per lanciare a Potter?»

Draco alzò subito la mano per mostrare ciò che aveva stretto nel pugno, per poi sbiancare appena aprì la mano.

Dove prima c’era un fazzoletto sporco adesso si trovava un sasso liscio e grigio della stessa grandezza.

Piton guardò sdegnato il giovane Serpeverde che finì per far cadere a terra il sasso che ticchettò sul pavimento di pietra.

«Malfoy, mi hai profondamente deluso. Cinque punti in meno a Serpeverde»

Prima di allontanarsi nuovamente Piton spostò lo sguardo verso Hazel, che stava tremando tra le braccia di Hermione con il viso nascosto sulla sua spalla.

Spaventati dalla minaccia nascosta dietro lo sguardo torvo del professor Piton, il trio Serpeverde sfilò via a testa bassa ma, quando passarono accanto all’abete, lo urtarono malamente, spargendone gli aghi dappertutto.

 

«Non capisco che cosa sia successo» disse Hagrid facendo nuovamente sbucare il testone da dietro l’albero.

Proprio in quel momento Hazel alzò la testa dalla spalla di Hermione, mostrando un sorriso pestifero verso Hagrid, Harry e Ron, che erano rimasti ammutoliti per tutto il tempo.

«Non è successo niente di particolare, giusto Hermione?» disse Hazel mostrando a tutti la bacchetta che aveva tenuto fino a quel momento in mano (ben nascosta agli occhi di Piton) e che puntò poi verso il fantomatico sasso per trarlo a sé con un «Accio!».

«Esatto, solo un piccolo puerile bisticcio» confermò Hermione, tirando fuori da una tasca un barattolo contenente una brillante fiamma cerula e aprendolo; allungandolo poi sicura verso Hazel che ci fece tranquillamente cadere dentro il fantomatico sasso che bruciò rapido senza lasciare traccia.

Hagrid, Harry e Ron le guardarono con tanto d’occhi mentre Hazel e Hermione sorridevano soddisfatte.

«Ho usato un incantesimo insegnatomi da Fred e George che modifica momentaneamente l’aspetto e il peso di un oggetto, molto utile vero?» disse Hazel facendo pat pat sulla spalla di Ron.

«Pensiamo positivo, almeno adesso siamo pari con i punti, no? Più avanti avremo tutto il tempo per farla pagare a Malfoy come si deve, non preoccuparti Ron» aggiunse Hazel.

«Grazie Hazel… Uno di questi giorni, gliela faccio vedere io…» disse Ron digrignando i denti.

«Li odio tutti e due, Malfoy e Piton» disse Harry indispettito con una smorfia.

«Su, basta musi lunghi, è quasi Natale!» disse Hagrid. «Adesso sapete che cosa facciamo? Vi porto a vedere la Sala Grande. È una meraviglia!»

Così, Harry, Hazel, Ron e Hermione seguirono Hagrid e il suo albero fino alla sala Grande, dove la professoressa McGonagall e il professor Flitwick erano tutti indaffarati a sistemare le decorazioni natalizie.

«Ah, ecco Hagrid con l’ultimo albero… Mettilo in quell’angolo laggiù, ti spiace?»

La sala era davvero uno spettacolo. Dalle pareti pendevano ghirlande d’agrifoglio e vischio, e tutto intorno erano disposti non meno di dodici giganteschi alberi di Natale, alcuni decorati di ghiaccioli scintillanti, altri illuminati da centinaia di candeline.

«Quanti giorni mancano alle vacanze?» chiese Hagrid.

«Soltanto uno» rispose Hermione. «E questo mi fa venire in mente… Harry, Hazel, Ron, manca ancora mezz’ora al pranzo, dovremmo andare in biblioteca».

«Ah, già, è vero» disse Ron distogliendo lo sguardo dal professor Flitwick, dalla cui bacchetta uscivano bolle dorate che andavano a depositarsi sui rami del nuovo albero.

«In biblioteca?» chiese Hagrid seguendoli fuori dal salone. «Prima delle vacanze? Dite un po’, ma non è che esagerate con lo studio?»

«Non è per studiare» gli spiegò Harry allegro. «È da quando ci hai parlato di Nicolas Flamel che stiamo cercando di scoprire chi sia».

«Che cosa?» Hagrid sembrava sconvolto. «Statemi bene a sentire… Ve l’ho già detto… lasciate perdere. Che cosa custodisce il cane non sono affari vostri».

«Vogliamo solo sapere chi è Nicolas Flamel, tutti qui» disse Hermione.

«A meno che non voglia dircelo tu, così ci risparmi la fatica» soggiunse Harry. «Abbiamo già sfogliato centinaia di libri e non l’abbiamo trovato da nessuna parte… Dacci almeno un indizio! So di aver letto il suo nome da qualche parte».

«Concordo» disse Hazel annuendo a fianco al fratello.

«Ho le labbra cucite» disse Hagrid categorico.

«Allora, non ci rimane che scoprirlo da soli» disse Ron. Lasciarono Hagrid con la sua aria contrariata e si avviarono di corsa verso la biblioteca.

Era vero che, da quando Hagrid se l’era fatto sfuggire di bocca, Harry, Hermione e Ron avevano sfogliato libri su libri in cerca di quel nome, perché in quale altro modo avrebbero potuto scoprire che cosa stava cercando di rubare Piton? Il guaio era che, ignorando il motivo per cui Flamel avrebbe potuto essere citato in un libro, non sapevano da dove cominciare. Non compariva in Grandi maghi del Ventesimo secolo, e neanche in Esponenti di rilievo della Magia del nostro tempo; non era citato in Scoperte importanti della magia moderna, né in Rassegna dei recenti sviluppi della Magia. E poi, naturalmente, c’era il problema delle dimensioni della biblioteca: decine di migliaia di volumi, migliaia di scaffali, centinaia di stretti corridoi.

Hazel si guardò un attimo attorno, indecisa da dove cominciare in quanto quella era la prima volta dopo la degenza in infermeria che metteva piede in biblioteca; a fianco a lei Hermione tirò fuori un elenco di argomenti e di titoli che aveva deciso di cercare mentre Ron si avviava lungo un corridoio e cominciava a estrarre libri a caso dagli scaffali. Harry si aggirava invece nel Reparto Proibito. Hazel decise di aiutare Hermione che le sembrava quella più organizzata dei tre.

Prese in mano il primo tomo che le passò Hermione iniziando a sfogliarlo, dopo circa dieci minuti passò accanto al loro tavolo Harry, diretto a testa bassa fuori dalla biblioteca.

Hazel scambiò una rapida occhiata con Hermione e, dopo averle segnato sul foglio a che punto era arrivata con il libro, seguì il fratello.

Lo trovò appoggiato alla parete poco fuori la biblioteca.

«Prima che riuscissi a trovare qualcosa di interessante Madame Pince mi ha cacciato brandendo un piumino per la polvere…» disse Harry sconfortato.

«Hmm… sembri piuttosto convinto di trovare informazioni su Flamel nel Reparto Proibito…» disse Hazel appoggiandosi anche lei al muro a fianco al fratello.

«È solo una sensazione… però, per prendere uno qualsiasi dei libri proibiti occorre un’apposita autorizzazione firmata da un professore… che non ho alcun modo di procurarmi» replicò Harry giù di morale.

«Beh, dopotutto quei libri contengono Magie Oscure potentissime che solo chi vuole perfezionarsi in Difesa contro le Arti Oscure legge…» convenne Hazel guardandosi i piedi.

«Però io sono sicuro di aver letto quel nome da qualche parte… ma a te non ricorda nulla, Hazy?» chiese Harry.

«Beh sì… so di aver letto il nome di Nicolas Flamel da qualche parte… hmm, sarà sicuramente legato a Hogwarts in qualche maniera…» disse Hazel concentrandosi.

La concentrazione di Hazel venne spezzata dall’entrata in scena di Ron ed Hermione, che li raggiunsero scuotendo la testa delusi, senza aggiungere si diressero tutti e quattro alla Sala Grande per pranzo.

«Continuerete a cercare mentre sono via, non è vero?» chiese Hermione. «E se trovate qualcosa mi mandate un gufo».

«E tu potresti chiedere ai tuoi genitori se sanno chi è Flamel» disse Ron. «Chiedendo a loro non si corrono rischi».

«Questo è poco ma sicuro, visto che fanno i dentisti tutti e due!» rispose Hermione.

 

Iniziate le vacanze, Ron e i gemelli si divertirono troppo per pensare a Flamel. Avevano il dormitorio tutto per loro e la sala comune era molto meno affollata del solito, per cui potevano accaparrarsi le poltrone migliori, quelle vicino al camino. Stavano lì seduti per ore e ore di fila, mangiando qualsiasi cosa si potesse infilzare su un forchettone e arrostire alla fiamma - pane, focaccine, marshmallow - e architettando stratagemmi per far espellere Malfoy: tutte cose di cui era molto divertente parlare, anche se difficilmente avrebbero funzionato.

Ron cominciò anche a insegnare a Harry ed Hazel a giocare a scacchi magici. Le regole erano esattamente come quelle degli scacchi babbani, tranne che i pezzi erano vivi, per cui diventava un po’ come comandare delle truppe in battaglia. La scacchiera di Ron era molto vecchia e malconcia. Come tutto quello che possedeva, anch’essa un tempo era stata di qualche membro della sua famiglia, in quel caso suo nonno. E tuttavia, giocare con dei pezzi vecchi non era affatto un problema: Ron li conosceva talmente bene che non aveva difficoltà a convincerli a fare quel che voleva lui.

Invece Harry e Hazel giocavano con gli scacchi prestati da Seamus Finnigan e i pezzi non avevano la minima fiducia in loro. Hazel, dopo un paio di clamorose sconfitte, lasciò a Harry carta bianca, preferendo osservare prima di fare altre partite.

Harry, che pure lui non era ancora un bravo giocatore, era martellato dalle pedine che non facevano che gridare consigli contraddittori che finivano per confonderlo: «Non mi mandare da quella parte, non vedi che lì c’è il cavallo di quell’altro? Manda lui; lui possiamo permetterci di perderlo!»

 

La Vigilia di Natale, Hazel ed Harry andarono a letto pregustando le leccornie e i divertimenti dell’indomani, senza aspettarsi nessun regalo. Ma al loro risveglio, il mattino seguente di buon’ora, la prima cosa che videro scendendo nella sala comune sotto un enorme albero, furono un mucchio di pacchetti per loro.

«Buon Natale!» gli fece Ron ancora assonnato scendendo le scale a chiocciola.

«Anche a te» gli risposero in coro.

«Ma… hai visto che roba?» disse Harry indicando la montagnetta di pacchetti.

«Abbiamo ricevuto dei regali!» disse Hazel con le mani sulle guance.

«E che cosa vi aspettavate, un mazzo di rape?» disse Ron voltandosi a guardare i suoi regali, che erano molto più numerosi di quelli di Hazel e Harry.

 

Harry e Hazel si guardarono eccitati, per poi prendere il primo pacchetto dalla cima del rispettivo mucchio. Erano entrambi avvolti in una spessa carta da pacchi, con su scarabocchiato: A Harry/A Hazel da Hagrid. Nel pacchetto di Harry c’era un flauto di legno rozzamente intagliato e in quello di Hazel invece un flauto di Pan visivamente artigianale. Evidentemente, Hagrid li aveva fatti con le sue mani. Harry soffiò dentro il suo flauto… faceva un suono simile al verso di una civetta.

Il secondo pacchetto era indirizzato ad entrambi, era piccolissimo e dentro c’era un biglietto: Abbiamo ricevuto il vostro messaggio e accludiamo il regalo di Natale per voi. Zio Vernon e zia Petunia. Attaccata al biglietto col nastro adesivo c’era una moneta da mezza sterlina.

«Molto carino da parte loro» disse Harry.

Ron era affascinato dalla moneta.

«Questa poi!» disse. «Che forma strana! Ma davvero sono soldi?»

«Puoi tenerla se vuoi» lo incoraggiò Hazel ridendo della contentezza di Ron. «Allora, abbiamo aperto quello di Hagrid e quello dei miei zii… e questi altri, chi li avrà mandati?»

«Credo di sapere da chi vengono quei due» disse Ron arrossendo leggermente e indicando verso due grossi pacchi informi. «Da mia mamma. Le ho detto che non vi aspettavate nessun regalo, e allora… Oh, no!» gemette poi. «Vi ha fatto un maglione alla Weasley!»

Harry e Hazel aprirono rapidamente il rispettivo pacchetto e ci trovarono dentro due pesanti maglioni di lana lavorati ai ferri, entrambi color verde smeraldo, su quello di Harry c’era una H dorata e su quello di Hazel una S dorata.

Mentre Hazel cercava di capire il perché di quella S, Harry scopriva con piacere una grossa scatola di caramelle mou fatte in casa sotto al suo maglione.

Anche Hazel aveva una scatola sotto il suo maglione, però conteneva delle caramelle balsamiche.

«Ci fa un maglione per uno tutti gli anni» disse Ron scartando il suo, «e i miei sono sempre bordeaux».

«Ma che gentile!» disse Harry assaggiando una caramella, che era molto gustosa.

«È un regalo stupendo» disse Hazel strofinando il viso sul maglione, che era molto soffice.

Anche il pacco successivo conteneva dolci: una grossa scatola di Cioccorane per Harry e una grossa scatola di Bacchette magiche alla Liquerizia per Hazel. Entrambi da parte di Hermione.

Hazel trovò un ulteriore piccolo pacchetto da parte di Hermione, che scoprì essere un cerchietto per i capelli di una bella tonalità di rosso.

Hermione doveva aver notato i continui gesti seccati di Hazel, costretta a combattere da un mese a quella parte contro dei ciuffi troppo corti per essere tenuti fermi da un elastico. Con un sorriso intenerito Hazel lo infilò subito, mostrandolo poi a Harry.

«Ti sta bene!» disse Harry impressionato.

«Grazie» rispose Hazel tutta contenta.

Rimaneva un ultimo pacchetto indirizzato ad entrambi. Harry lo prese in mano e tastò. Era molto leggero. Hazel si appoggiò alla spalla del fratello, osservandolo mentre lo scartava.

Ne scivolò fuori qualcosa di fluente e color grigio argento che cadde a terra in un mucchietto di pieghe lucenti. Ron rimase senza fiato.

«Ne ho sentito parlare, di quelli» disse in un sussurro, lasciando cadere la scatola di Tuttigusti+1 che aveva ricevuto da Hermione. «Se è quel che penso… sono molto rari e veramente preziosi».

«Che cos’è?» Harry raccolse da terra lo scintillante drappo d’argento. Era stranissimo al tatto, come fosse tessuto con l’acqua. Anche Hazel lo tastò interessata.

«È un mantello dell’Invisibilità» disse Ron con un timore reverenziale dipinto sul volto. «Ne sono sicuro… provatelo!»

Hazel si allontanò di un passo facendo segno a Harry di procedere. Harry se lo gettò sulle spalle e Ron gridò.

«È come dico io! Guarda giù!»

Harry si guardò i piedi, ma quelli erano spariti. Corse allo specchio. Non c’erano dubbi: l’immagine riflessa era fatta soltanto di una testa sospesa a mezz’aria sopra un corpo completamente invisibile. Si tirò il Mantello sulla testa e scomparve del tutto.

Hazel, dopo aver osservato incantata la testa del fratello fluttuare in giro, appena lo vide scomparire completamente lo raggiunse subito tastando l’aria alla ricerca del suo corpo e una volta trovato, anche se invisibile, si tranquillizzò.

«C’è un biglietto!» disse Ron d’un tratto. «Dev'essere caduto quando lo hai tirato fuori».

Harry si tolse il Mantello mentre Hazel prendeva in mano il foglietto. Scritte con una grafia stretta e sinuosa che non avevano mai visto prima, si leggevano le seguenti parole:

 

Vostro padre me l’aveva dato prima di morire. È giunto il momento che torni a voi. Fatene buon uso.

 

Buon Natale

 

Nessuna firma. I gemelli rimasero a fissare la lettera, mentre Ron guardava estasiato il Mantello.

«Darei qualsiasi cosa per averne uno» disse. «Ma proprio qualsiasi cosa. Be’, che vi succede?»

«Niente» lo rassicurò Harry.

«Non ho mai visto questa scrittura» commentò a bassa voce Hazel.

Harry e Hazel si guardarono perplessi. Chi gli aveva mandato il Mantello? Era veramente appartenuto a loro padre?

Prima di poter dire o pensare alcunché, la porta del dormitorio si spalancò e Fred e George Weasley schizzarono dentro. Harry nascose velocemente il Mantello.

«Buon Natale!»

«Ehi, guarda… anche Harry e Hazel hanno un maglione alla Weasley!»

Fred e George indossavano due maglioni blu, uno con una grossa F in giallo, e l’altro con una G.

«Il loro è più bello del nostro, però» disse Fred tenendolo aperto quello di Harry perché lo vedessero. «Naturalmente, mamma ci mette più impegno se non sei della famiglia».

«e tu, Ron, perché non ti sei ancora messo il tuo?» chiese George. «Su, dai, mettilo anche tu, sono belli caldi».

«Io odio il bordeaux» piagnucolò Ron sconfortato, mentre lo infilava dalla testa.

«Sul tuo non c’è nessuna lettera» osservò George. «Segno che mamma crede che tu non ti dimentichi come ti chiami. Ma neanche noi siamo stupidi… sappiamo benissimo che ci chiamiamo Gred e Forge!»

«A proposito, perché c’è una S sul mio maglione?» chiese Hazel mostrando il suo ai gemelli. Entrambi vedendolo sorrisero entusiasti.

«Ma è ovvio, lo abbiamo detto noi a nostra madre di fare una S» disse Fred con le mani sui fianchi.

«Okay, ma io mi chiamo Hazel-» provò a dire Hazel, per poi venire interrotta da George che dichiarò: «Tu sei Scricciolo, senza se e senza ma… e questa è una verità assoluta!».

«Universale!» rincarò Fred facendo ridacchiare Hazel, che finì per annuire sconfitta.

«Che cos’è tutto questo chiasso?»

Percy Weasley infilò la testa dentro la stanza con aria di disapprovazione. Si vedeva che anche lui aveva cominciato a scartare i suoi regali, perché aveva appoggiato sul braccio un maglione bitorzoluto, che Fred afferrò subito.

«P come Prefetto! Infilatelo anche tu, dai, ce li siamo messi tutti! Anche Hazel e Harry ne hanno ricevuto uno».

«Ma io… non… voglio…» bofonchiò, mentre i gemelli gli infilavano a forza il maglione dalla testa, mandandogli gli occhiali di traverso.

«Oggi scordati di sederti al tavolo dei prefetti!» disse George. «Il Natale si passa in famiglia».

E lo trascinarono via di peso approfittando del fatto che aveva le braccia imprigionate nel maglione.

 

I gemelli, un pranzo di Natale come quello, non l’avevano mai visto in vita loro. Un centinaio di grassi tacchini arrosto, montagne di patate al forno e bollite, vassoi di succulente salsicce alla cipolla, zuppiere di piselli al burro, coppe d’argento con salse dense e saporite alla carne e al mirtillo, e montagne di scoppiarelli magici disposte a intervalli lungo la tavola. Quei fantastici petardi non avevano niente a che fare con gli insignificanti scoppiarelli babbani che compravano i Dursley, e che tutt’al più contenevano piccoli giocattoli di plastica e insulsi cappellini di carta. Quando Harry e Hazel, con l’aiuto di Fred, fecero esplodere uno scoppiarello magico, quello non si limitò a fare bum!, ma sparò come un cannone avvolgendoli in una nuvola di fumo blu, mentre da dentro schizzavano fuori un tricorno da Contrammiraglio (che Hazel si infilò subito) e una miriade di topolini bianchi vivi. Intanto, al tavolo degli insegnanti, Silente aveva barattato il suo cappello a punta con una cuffia a fiori e stava ridendo a crepapelle per una storiella, trovata in uno scoppiarello, che il professor Flitwick gli aveva appena letto.

Ai tacchini seguirono i pudding di Natale flambé. Poco mancò che Percy non si rompesse un dente su una moneta d’argento da una falce nascosta nella fetta che gli era toccata. I gemelli non perdevano d’occhio Hagrid, che a forza di versarsi bicchieri di vino stava diventando sempre più paonazzo, finché baciò addirittura sulla guancia la professoressa McGonagall, la quale, con grande sorpresa del ragazzo, rise e arrossì, incurante del cappello che era finito di traverso.

Quando finalmente Harry e Hazel si alzarono dal tavolo, erano carichi di tutti gli strani oggetti venuti fuori dagli scoppiarelli, fra cui un pacchetto di palloncini a prova di spillo, un kit ‘fai-da-te’ per far spuntare le verruche, un set di piume d’oca dei colori più disparati, un pupazzo di una civetta molto simile ad Edvige e una scacchiera magica tutta nuova, completa di pezzi.

I topolini bianchi erano scomparsi e Harry fu assalito dall’atroce dubbio che potessero diventare il pranzo natalizio di Mrs Norris.

 

I gemelli e i fratelli Weasley trascorsero un pomeriggio felice ingaggiando una feroce battaglia a palle di neve nel parco. Hazel, a giudizio unanime, rimase a fare il giudice senza partecipare, visto che era da poco uscita da un brutto malanno.

Poi, infreddoliti, bagnati e senza fiato, tornarono a scaldarsi davanti al fuoco della sala comune di Grifondoro, dove Harry inaugurò la sua nuova scacchiera facendosi infliggere una spettacolare batosta da Ron. Tuttavia, pensò che probabilmente la sua sconfitta non sarebbe stata così irrimediabile se Percy non avesse cercato di aiutarlo con tanto impegno (Hazel, che era rimasta ad osservarli, glielo confermò con un’occhiata).

All’ora del tè, dopo una merenda a base di panini al tacchino, focaccine, zuppa inglese e torta di Natale, erano troppo sazi e assonnati per aver voglia di fare qualsiasi cosa prima di andare a letto, se non assistere allo spettacolo di Percy che rincorreva Fred e George per tutta la Torre di Grifondoro, perché gli avevano preso il suo distintivo da prefetto.

Per Harry ed Hazel, era stato il miglior Natale della loro vita. Eppure, per tutta la giornata avevano cercato di soffocare un pensiero che li tormentava. Solo dopo che si furono infilati sotto le coperte si sentirono liberi di rifletterci su: riguardava il Mantello dell’Invisibilità e colui o colei che glielo aveva mandato.

Ron, la pancia piena di tacchino e di torta, e senza pensieri che lo tormentassero si addormentò quasi subito, dopo aver chiuso le cortine del suo letto a baldacchino. Harry si sporse di lato e tirò fuori il Mantello da sotto il letto.

Loro padre… quel Mantello era appartenuto a loro padre. Si lasciò scorrere il tessuto tra le mani, più soffice della seta, leggero come l’aria. Fatene buon uso, diceva il biglietto.

Doveva provarlo, e subito. Scivolò giù dal letto e vi si avvolse dentro. Guardando in basso, verso le gambe, vide soltanto chiaro di luna e ombre. Era una sensazione molto strana.

Fatene buon uso.

Tutto d’un tratto, Harry si sentì completamente sveglio. Con indosso il Mantello, tutta Hogwarts gli si spalancava davanti. Si sentì invadere dall’eccitazione, mentre se ne stava lì, nel buio e nel silenzio.

Con quella protezione poteva andare ovunque senza che Filch lo venisse a sapere.

Ron farfugliò nel sonno. Doveva svegliarlo? Qualcosa lo trattenne. Il Mantello di suo padre… Harry sentì che per quella volta… la prima volta voleva provarlo insieme a Hazel e basta. Ma chissà se la sorella era sveglia?

Uscì furtivamente dal dormitorio, incrociando sul pianerottolo Hazel che appena vide aprirsi la porta del dormitorio maschile sorrise.

«Andiamo a fare un giro Harry?» sussurrò Hazel, Harry tirò su il mantello aprendo uno spiraglio per la sorella.

«Stavo per venirti a chiamare» disse Harry piano riabbassando il mantello e coprendo entrambi.

«Me lo sentivo, per questo sono uscita» sussurrò Hazel con un sorriso che Harry replicò contento.

Scesero le scale, attraversarono la sala comune e si arrampicarono su per il buco coperto dal ritratto come un’unica persona.

«Chi va là?» strillò la Signora Grassa. I gemelli non risposero. Percorsero in fretta il corridoio.

Da che parte andare? Si fermarono col cuore che gli batteva forte e rimasero a pensare.

«Non volevi controllare il Reparto Proibito della biblioteca per Nicolas Flamel?» propose Hazel.

«Giusto! Andiamo lì allora» concordò Harry.

Si avviarono in biblioteca, stringendosi nel Mantello dell’Invisibilità.

Nella biblioteca era buio pesto e c’era un’atmosfera da brivido.

Hazel recuperò una lampada accendendola per vedere le file di libri. La lampada sembrava galleggiare a mezz’aria, e anche se Harry sapeva che era la sorella a reggerla col braccio, quella vista gli faceva venire la pelle d’oca.

Il Reparto Proibito era proprio in fondo alla biblioteca. Facendo molta attenzione e scavalcando il cordone che separava quella sezione dalle altre, Hazel tenne alta la lampada per leggere i titoli insieme al fratello.

Ma non dicevano granché. Le lettere erano talmente consunte che l’oro veniva via a pezzi e formavano parole in lingue che i gemelli non capivano. Alcuni, poi, non avevano titolo. Uno mostrava sulla copertina una macchia scura dall’aspetto sinistro, che aveva l’aria di essere sangue. A Harry e Hazel si rizzarono i peli sul collo. Forse era tutta una loro fantasia, forse no, ma credettero di sentire un debole sussurro provenire dai libri, come se avvertissero la presenza di un intruso.

 

Dovevano pur cominciare da qualche parte. Hazel sistemò con circospezione la lampada a terra iniziando a guardare lungo lo scaffale più basso insieme al fratello, in cerca di un libro interessante. Un grosso libro nero e argento colpì l’attenzione di Harry, che lo tirò fuori con difficoltà, perché era molto pesante, e appoggiandoselo sulle ginocchia, lo aprì.

Il silenzio fu rotto da un grido lacerante, da far gelare il sangue nelle vene. Il libro urlava! Harry si affrettò a richiuderlo, ma il grido non si fermò: un’unica nota acuta, ininterrotta, assordante. Hazel, arretrando, inciampò e urtò la lampada che si spense all’istante. Terrorizzati, udirono dei passi lungo il corridoio fuori dalla biblioteca. Harry ripose nello scaffale il libro urlante e dopo aver coperto anche Hazel se la diedero a gambe. Incrociarono Filch quasi sulla porta. Lo sguardo di quegli occhi scoloriti e furenti li attraversò da parte a parte senza vederli: Harry e Hazel sgattaiolarono sotto il braccio alzato del custode spiccando poi una corsa furibonda per il corridoio, con le grida del libro che risuonavano ancora nelle loro orecchie.

Improvvisamente, si fermarono davanti a un’alta armatura. Tutti presi dalla fretta di allontanarsi dalla biblioteca, non avevano prestato attenzione a dove stessero andando. Forse perché era al buio, ma Harry non aveva la minima idea di dove fossero. Hazel si guardò attorno cercando di fare mente locale, sapeva che c’era un’armatura vicino alle cucine, ma loro erano cinque piani più su.

«Mi ha chiesto di venire direttamente da lei, professore, a riferirle se qualcuno andasse in giro di notte, e qualcuno è stato nella biblioteca… nel reparto Proibito».

I gemelli si guardarono sentendosi sbiancare. Dovunque si trovasse, Filch doveva conoscere una scorciatoia, perché la sua voce melliflua e untuosa si stava avvicinando e, con loro orrore, a rispondergli fu Piton.

«Il Reparto Proibito? Be’, non possono essere lontani, li prenderemo».

Harry e Hazel rimasero inchiodato lì dove si trovavano, mentre Filch e Piton giravano l’angolo venendo dalla loro parte. Naturalmente non potevano vederli, ma il corridoio era stretto e se si fossero avvicinati di più li avrebbero urtati: il Mantello li rendeva invisibile, ma non incorporei, come aveva potuto testare quella mattina Hazel.

 

Hazel pinzò la manica del fratello, costringendolo ad indietreggiare silenziosamente insieme a lei. Alla loro sinistra c’era una porta socchiusa. Seppero subito che era la loro unica speranza. Ci si infilarono, trattenendo il fiato, cercando di non farla cigolare e, con loro grande sollievo, riuscirono a insinuarsi dentro la stanza senza che i due li notassero. Quando l’ebbero oltrepassata entrambi si appoggiarono alla parete, tirando un profondo sospiro di sollievo ma tenendo le orecchie tese ad ascoltare i loro passi allontanarsi. C’era mancato poco, molto poco. Trascorse qualche secondo prima che i gemelli si rendessero conto di quel che conteneva la stanza dove si trovavano.

Aveva l’aspetto di un’aula in disuso. I banchi e le sedie accostati lungo le pareti proiettavano ombre oscure e c’era anche un cestino per la carta straccia capovolto. Appoggiato al muro, di fronte a loro, c’era un oggetto che appariva fuori luogo in quell’aula, come se qualcuno ce l’avesse messo per toglierlo dalla circolazione.

Era uno specchio meraviglioso, alto fino al soffitto, con una cornice d’oro riccamente decorata che si reggeva su due zampe di leone. Sulla sommità c’era un’iscrizione: Emarb eutel amosi vout linon ortsom.

Ora che non c’era più traccia di Filch e di Piton, il panico era sparito e Harry ed Hazel si avvicinarono più tranquilli allo specchio per guardarsi e ancora una volta non vedere la loro immagine riflessa. Ci si piazzarono di fronte.

Si dovettero tappare la bocca con le mani per non urlare. Si voltarono di scatto guardandosi negli occhi, cercando risposte negli occhi l’un dell’altro. Il cuore batteva loro ancor più forte di quando il libro aveva iniziato a gridare, perché nello specchio avevano visto non solo loro stessi, ma molte altre persone, proprio come loro.

Eppure, la stanza era vuota. Col respiro mozzo, si voltarono di nuovo lentamente, verso lo specchio.

Si vedevano lì, riflessi sulla superficie, pallidi e atterriti, e alle loro spalle vedevano almeno altre dieci persone. Harry tornò a guardare dietro di sé, ma ancora una volta, la stanza appariva vuota. Hazel, invece, non staccò gli occhi dallo specchio rapita da ciò che vedeva.

Harry guardò un attimo la sorella e poi tornò allo specchio.

Una donna, ritta in piedi proprio dietro alla loro immagine, sorrideva e li salutava con un gesto della mano. Sia Hazel che Harry allungarono un braccio dietro di loro, ma non sentirono altro che aria. Se ci fosse stata veramente, avrebbero potuto toccarla, tanto le loro immagini erano vicine, e invece tastarono soltanto aria: quella donna, e tutte quelle altre persone, esistevano soltanto nello specchio.

Era molto carina. Aveva i capelli rosso scuro e gli occhi… ‘Sì, i suoi occhi sono proprio come i nostri’ pensarono all’unisono i gemelli accostandosi un po’ di più allo specchio. Occhi di un verde intenso… esattamente della stessa forma. Poi però videro che stava piangendo: sorrideva e piangeva al tempo stesso. L’uomo alto, magro e coi capelli scuri che le era accanto la cinse con un braccio. Portava gli occhiali e aveva una chioma ribelle, di quelle che non stanno mai a posto. Proprio come quella di Harry ed Hazel.

Senza rendersene conto erano arrivati a sfiorare con la punta del naso la loro immagine nello specchio.

«Mamma?» mormorò Hazel.

«Papà?» mormorò Harry.

 

I due si limitarono a fissarli sorridendo. Pian piano, i gemelli passarono in rassegna i volti di tutte le persone riflesse nello specchio e videro altre paia di occhi verdi come i loro, altri nasi come il loro, e anche un vecchietto che sembrava avere le loro stesse ginocchia ossute… Per la prima volta nella loro vita, Hazel e Harry vedevano la loro famiglia.

I Potter sorridevano e li salutavano, e loro li guardavano, anelanti, con le mani premute contro lo specchio come se sperassero di caderci dentro e di raggiungerli. La loro vista provocava ai gemelli un dolore acuto, fatto per metà di gioia e per metà di una terribile tristezza.

È difficile dire per quanto tempo rimasero davanti allo specchio. Le immagini riflesse non accennavano a svanire e loro continuarono a guardarle a lungo, finché un rumore in lontananza non li riportò alla realtà. Non potevano restare lì, dovevano trovare la strada per tornare a letto.

Hazel prese il mantello mentre Harry sussurrava verso loro madre: «Torneremo ancora». Si allontanarono in fretta dalla stanza.

 

«Avreste potuto svegliarmi» disse Ron seccato.

«Puoi venire stanotte» gli rispose Hazel piano per poi sbadigliare.

«Abbiamo intenzione di tornarci, vogliamo mostrarti lo specchio» disse Harry.

«Mi piacerebbe molto conoscere il vostro papà e la vostra mamma» disse Ron incuriosito.

«E noi conoscere tutta la famiglia Weasley al completo. Potrai presentarci agli altri tuoi fratelli e tutti quanti» disse Harry.

«Loro potete vederli quando vi pare» disse Ron. «Basta che veniate a trovarmi a casa quest’estate. Può darsi che lo specchio mostri soltanto le persone morte. Che peccato, però, non aver trovato Flamel… Dai, prendi un po’ di pancetta o qualcos’altro. Perché stamattina non mangi niente Harry? Anche tu Hazel prendine un po’, sei un sacco pallida questa mattina!»

I gemelli avevano lo stomaco chiuso. Avevano conosciuto i loro genitori e quella notte li avrebbe rivisti. Di Flamel si erano quasi dimenticati. Non era più così interessante. Che cosa gliene importava di quel che custodiva il cane? Che cosa gliene importava, in fondo, se Piton lo rubava?

«Vi sentite bene?» chiese Ron. «Avete un’aria strana».

 

Quel che i Hazel ed Harry temevano di più era di non riuscire a ritrovare la stanza dello specchio. La notte seguente, con Ron sotto il Mantello insieme a loro, dovettero camminare molto più lentamente. Vagarono per circa un’ora nei corridoi immersi nel buio, nel tentativo di ritrovare la strada che avevano percorso partendo dalla biblioteca.

«Sto morendo di freddo» disse Ron a un certo punto. «Lasciamo perdere e torniamo indietro».

«No!» sibilò Harry.

«È qui, da qualche parte» disse Hazel, nervosa tanto quanto il fratello.

Passarono accanto al fantasma di una strega piuttosto alta che fluttuava nella direzione opposta, ma non videro nessun altro. Proprio quando Ron ricominciava a lamentarsi dei piedi gelati, i gemelli scorsero l’armatura.

«È qui… proprio qui… sì!»

Aprirono la porta. Harry e Hazel spiccarono una corsa verso lo specchio lasciando indietro Ron, ancora sotto il Mantello.

Erano tutti lì. Quando li videro, loro padre e loro madre si illuminarono.

«Hai visto?» sussurrò Harry.

«Non vedo un bel niente» disse Ron avvicinandosi allo specchio.

«Guarda! Guarda quanti sono…» aggiunse Hazel indicando lo specchio con entrambe le braccia.

«Ma io vedo solo voi» disse Ron.

«Ma no, guarda bene! Dai, mettiti dove sono io» disse Hazel facendosi da parte e spostando anche il fratello indietro. Però, con Ron davanti allo specchio, non riuscivano più a vedere la loro famiglia; c’era solo Ron con il suo pigiama a pallini.

Ron contemplava la propria immagine come pietrificato.

«Ehi, quello sono io!» esclamò poi.

«E vedi tutta la tua famiglia intorno a te?» chiese Harry.

«No… sono solo… Ma sono diverso… sembro più grande… sono Caposcuola!»

«Che cosa?» soffiò Hazel incredula.

«Sono… Porto il distintivo, uguale a quello di Bill… e ho in mano la Coppa delle Case, e la Coppa di Quidditch… Sono anche Capitano della squadra!»

Ron distolse a forza lo sguardo da quella visione prodigiosa e guardò prima Hazel poi Harry tutto emozionato.

«Pensate che questo specchio mostri il futuro?»

«E com’è possibile? I nostri sono tutti morti…» mormorò Hazel, mentre un dubbio iniziava a formarsi nella sua testa. Nel mentre Harry la oltrepassò andando accanto a Ron.

«Fammi guardare un’altra volta» disse Harry ansioso.

«Senti, l’avete avuto tutto voi la scorsa notte. Lasciami guardare ancora un po’!»

«Ma tu ti vedi semplicemente con in mano la Coppa di Quidditch! Che cosa c’è di tanto interessante? Io voglio vedere i miei genitori».

«Ehi, non mi spingere!»

«Ragazzi, smettetela di urlare!» sibilò Hazel mettendosi in mezzo e cercando di allontanarli.

Un rumore improvviso, fuori nel corridoio, li zittì improvvisamente. I due ragazzi non si erano resi conto che avevano parlato a voce molto alta.

«Svelti!»

Harry riuscì a coprire sé, Hazel e l’amico con il Mantello, proprio nel momento in cui appariva sulla porta gli occhi fosforescenti di Mrs Norris. I tre si immobilizzarono, rimanendo folgorati dallo stesso pensiero: il Mantello funzionava coi gatti? Dopo quella che parve un’eternità, Mrs Norris si voltò e se ne andò.

«Non siamo al sicuro… potrebbe essere andata a cercare Filch. Sono certo che ci ha sentiti. Dai, andiamocene!»

E Ron spinse i gemelli fuori dalla stanza.

 

La mattina dopo, la neve non si era ancora sciolta.

«Volete fare una partita a scacchi?» chiese Ron.

«No» dissero all’unisono Harry e Hazel.

«Perché non andiamo a trovare Hagrid?»

«No… vacci tu…» disse Harry.

«Non ne ho molta voglia» disse Hazel.

«Lo so a cosa state pensando: a quello specchio. Ma questa notte non ci tornate».

«E perché no?» chiese Hazel.

«Boh. So solo che ho una sensazione strana… e poi ve la siete cavata per il rotto della cuffia già troppe volte. Filch, Piton e Mrs Norris fanno la ronda. Credete di essere al sicuro solo perché non vi vedono? E se vi vengono a sbattere addosso? E se fate cadere qualcosa?»

«Mi sembra di sentire Hermione!» commentò Harry aspro.

«Dico sul serio, ragazzi, non andate».

Hazel strinse le labbra in una linea sottile mentre scribacchiava la frase Emarb eutel amosi vout linon ortsom su un pezzo di pergamena. Un dubbio le era nato la notte prima e l’aveva tormentata fino al mattino impedendole di dormire. Perché ciò che Ron aveva visto e ciò che loro avevano visto non coincideva?

Hazel, senza pensarci troppo, iniziò a rigirarsi il pezzo di pergamena in mano, osservandolo distrattamente. Bloccò la mano di colpo, gli occhi fissi sul pezzo di carta che in quel momento mostrava la frase capovolta.

mostro nonil tuov isoma letue bramE

Hazel chiuse gli occhi sospirando stanca, la risposta era sempre stata in bella vista, bastava solo saperla interpretare.

Mostro non il tuo viso ma le tue brame.

Hazel ora sapeva che qualunque cosa le avrebbe mostrato lo specchio quella notte, lei lo avrebbe affrontato serenamente, insieme ad Harry.

 

Quella terza notte, riuscirono a trovare la strada molto più rapidamente delle precedenti. Camminavano così in fretta da fare più rumore di quanto consigliasse la prudenza, ma non incontrarono nessuno.

Ed ecco di nuovo i loro genitori che sorridevano, uno dei nonni fece ad entrambi un cenno col capo, tutto allegro. Harry si lasciò scivolare a terra e finendo seduto sul pavimento di fronte allo specchio. Hazel rimase in piedi dietro il fratello, lasciando che lui usasse le sue gambe come supporto per la schiena.  

Hazel sospirò silenziosa guardando mestamente le figure dei genitori, niente però le avrebbe impedito di restarsene lì tutta la notta con la sua famiglia. Niente di niente.

Tranne…

 

«Allora… di nuovo qui, cari?»

I gemelli sentirono le budella congelarsi dentro la pancia. Si guardarono alle spalle. Seduto su uno dei banchi appoggiati al muro c’era Albus Silente in persona. I gemelli dovevano essergli passati accanto senza neanche vederlo, tanto era disperato il loro desiderio di tornare davanti allo specchio.

«Io… noi, non l’avevamo vista, signore» mormorò Hazel con gli occhi spalancati.

«È strano quanto essere invisibile possa renderti miope!» osservò Silente, Harry e Hazel si sentirono sollevati nel vedere che sorrideva.

«Allora» riprese Silente scendendo dal banco per sedersi a terra accanto a Harry, invitando anche Hazel a fare lo stesso e lasciandole spazio tra lui e Harry per accomodarsi. Hazel eseguì e una volta a terra Silente li osservò entrambi accondiscendente. «Voi come tanti altri avete scoperto le dolcezze dello Specchio delle Emarb».

«Non sapevo che si chiamasse così, signore» disse Harry guardando prima lo specchio e poi di nuovo Silente. Hazel, invece, non distolse lo sguardo da Silente, facendogli così intuire che già sapeva.

«Suppongo però che ormai voi abbiate capito che cosa fa» continuò Silente, riservando un sorriso misterioso ad Hazel.

«Sì… be’... ci vediamo la nostra famiglia…» disse sempre Harry.

«E il vostro amico Ron ci si è visto Caposcuola» aggiunse Silente.

«E lei come lo sa…?» chiese Hazel, intervenendo per la prima volta.

«Io non ho bisogno di un mantello per diventare invisibile» disse Silente con dolcezza. «Capisci adesso che cos’è che noi tutti vediamo nello Specchio delle Emarb?» chiese Silente guardando verso Harry, il quale scosse la testa.

«allora te lo spiego. L’uomo più felice della terra riuscirebbe a usare lo Specchio delle Emarb come un normale specchio, vale a dire che, guardandoci dentro, vedrebbe sé stesso esattamente com’è. Cominci a capire?»

Harry ci pensò su. Poi disse lentamente: «Ci vediamo dentro quel che desideriamo… le cose che vogliamo…»

«Sì e no» disse Silente tranquillo.

«… Mostra ciò che bramiamo più di ogni cosa» sussurrò Hazel guardando verso l’alto dritto negli occhi verdi della madre, la quale le sorrise di rimando con amore. Hazel strinse le labbra in una linea sottile, abbassando poi gli occhi a terra.

Silente allungò una mano, appoggiandola sul capo di Hazel e dedicandole una carezza leggera.

«Esatto, esso ci mostra né più né meno quello che bramiamo più profondamente e più disperatamente nel nostro cuore. Voi, che non avete mai conosciuto i vostri genitori, vi vedete circondati da tutta la famiglia. Ronald Weasley, che è sempre vissuto all’ombra dei suoi fratelli, si vede solo, come il migliore di tutti. E tuttavia questo Specchio non ci dà né la conoscenza né la verità. Ci sono uomini che si sono smarriti a forza di guardarcisi, rapiti da quel che avevano visto, e uomini che hanno perso il senno perché non sapevano se quello che mostrava fosse reale o anche solo possibile.

«Domani, lo Specchio delle Emarb verrà portato in una nuova dimora, cari, e io vi chiedo di non cercarlo mai più. Se mai vi ci imbatterete di nuovo, sarete preparati. Ricordate: non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. E ora, perché non vi rimettete addosso quel meraviglioso Mantello e non ve ne tornate a letto?»

Harry e Hazel si alzarono in piedi.

«Signore… professor Silente… Posso farle una domanda?» chiese Harry.

«Certo! Me ne hai appena fatta una!» Silente sorrise. «Comunque, puoi farmene un’altra».

«Lei che cosa vede, quando guarda lo Specchio?»

«Io? Mi vedo con in mano un paio di grossi calzini di lana».

Harry lo guardò incredulo.

«I calzini non bastano mai» disse Silente. «È passato un altro Natale e nessuno mi ha regalato un solo paio di calzini. Chissà perché a me regalano soltanto libri».

Prima di uscire dalla stanza Hazel si voltò un’ultima volta a guardare Silente, negli occhi una domanda inespressa.

«Professor Silente?» disse Hazel.

«Sì, signorina Potter, mi dica»

«Buonanotte… e grazie» disse Hazel stringendosi nel Mantello con un sorriso timido.

«Buonanotte a entrambi, cari. Andate forza, è tardi» disse Silente sorridendo bonariamente. Dopo che anche Harry augurò buonanotte a Silente uscirono dall’aula, con la ferma intenzione di non tornarci mai più.

Solo quando fu di nuovo a letto, a Harry venne in mente che forse Silente non aveva detto la verità. Ma in fin dei conti, rifletté mentre scacciava Crosta dal cuscino, forse la sua era stata una domanda troppo personale.

 

Note dell'autrice:

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Allora… questo capitolo è stato un parto… venti pagine signori miei, menomale che non ho più male al polso sennò lo finivo tra un mese.

Anyway!

Vi piace? Ho messo qualche chicca qui e lì che spero apprezzerete!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi facciate sapere che ne pensate.

A presto.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo XII: Incubi, Allenamenti Intensi, Piton vuole fare l'Arbitro?... Seconda partita di Quidditch e incontro nella Foresta Proibita ***


Note Immortal Lady del 07/02/2023: Capitolo rivisto e ripubblicato.

~ Capitolo XII: Incubi, Allenamenti Intensi, Piton vuole fare l'Arbitro?!... Seconda partita di Quidditch e incontro nella Foresta Proibita ~

 

Silente aveva convinto i gemelli a non andare di nuovo in cerca dello Specchio delle Emarb (o Specchio delle Brame) e, per il resto delle vacanze di Natale, il Mantello dell’Invisibilità rimase piegato in fondo al baule di Hazel.

Purtroppo, non fu altrettanto semplice dimenticare ciò che avevano visto nello Specchio.

Cominciarono entrambi ad avere incubi notturni dove sognavano i loro genitori che scomparivano in un lampo di luce verde, mentre in sottofondo risuonava una stridula e sinistra risata.

Ogni notte si svegliavano di soprassalto tremando spaventati, il cuore che batteva a mille, il fiato corto e il sudore freddo a bagnare loro la fronte e quella terribile risata che riecheggiava ancora nella mente.

Rabbrividendo e inciampando nelle coperte, correvano fuori dal dormitorio cercandosi a vicenda e incrociandosi sul pianerottolo della scala, con delle occhiaie sempre più evidenti ogni giorno che passava.

Solo dopo essersi tranquillizzati a vicenda tornavano a letto, nella speranza di riuscire a riposare almeno quelle tre o quattro ore che rimanevano prima di alzarsi definitivamente per fare colazione.

 

«Visto? Silente aveva ragione: quello Specchio poteva farvi impazzire» disse Ron quando Harry gli raccontò dei loro sogni.

Hermione, che era tornata il giorno prima dell’inizio del nuovo trimestre, vedeva le cose in un altro modo. Era divisa fra lo sdegno al pensiero che Hazel e Harry, invece di starsene a letto, se ne fossero andati in giro per la scuola per tre notti di fila («Se Filch vi avesse beccati!») e la delusione per il fatto che non avessero neanche scoperto chi fosse Nicolas Flamel.

Anche se quest’ultimo punto andò in secondo piano dopo che ebbe visto il viso smunto di Hazel («Vuoi finire di nuovo in infermeria?!» soffiò preoccupata Hermione).

 

Tutti e quattro avevano oramai quasi abbandonato ogni speranza di trovare Flamel nei libri della biblioteca, sebbene Harry continuasse a essere sicuro di aver letto quel nome chissà dove.

Hazel, in un lampo di lucidità, disse: «C’entra Silente… in qualche maniera… non chiedetemi altro, sono a malapena lucida dopo tutte queste notti che non dormo»

Fu così che all’inizio del trimestre, si rimisero a sfogliare libri ogni volta che avevano dieci minuti di libertà, cercando soprattutto tra i tomi che riguardavano in qualche modo Silente. Harry aveva ancora meno tempo a disposizione degli altri perché erano ricominciati gli allenamenti di Quidditch ed Hazel, salvo eventi atmosferici avversi, lo seguiva sempre.

L’intera squadra era diventata iperprotettiva dopo l’ultima volta che era stata male, vietandole così di partecipare agli allenamenti in caso di intemperie ma mettendola comunque al corrente di quanto era successo negli stessi per non farla sentire esclusa.

Preoccupazione motivata visto come Wood si era dimostrato eccezionalmente severo con gli allenamenti. Neanche la pioggia incessante, che si era sostituita alla neve, riusciva a smorzare la sua foga. I gemelli Weasley protestavano perché Wood stava diventando un fanatico, ma Harry stava dalla sua parte. Se avessero vinto la partita successiva, contro Tassorosso, avrebbero superato Serpeverde nel Campionato delle Case per la prima volta in sette anni.

E poi, a parte il desiderio di vincere, Harry aveva notato che, quando andava a letto esausto dopo l’allenamento, aveva meno incubi.

Hazel, a differenza di Harry, non potendo fare uno sforzo fisico virò sullo sforzo mentale, optando con lo stordirsi il più possibile con la lettura, iniziando col rimanere fino a tardi in biblioteca per poi finire alla Torre di Grifondoro, nel letto, a divorare ogni sera un tomo differente da mille eccetera pagine tra le mani.

Hermione, inqueta, rimase sempre a fianco di Hazel, aiutandola a cercare nuovo materiale e supportandola nel caso suddetto materiale pesasse più di lei per trasportarlo fino al dormitorio; infine, quando ormai a notte inoltrata Hazel crollava esausta, le andava vicino sfilandogli occhiali, cerchietto e libro e, per concludere, le rimboccava le coperte con cura.

 

~ * ~

 

Un giorno, durante un allenamento particolarmente funestato dalla pioggia e dal fango, Wood diede una cattiva notizia alla squadra. Si era appena arrabbiato moltissimo con i gemelli Weasley, che continuavano a piombarsi addosso in picchiata a vicenda, facendo finta di cadere dalle scope.

«Ma volete piantarla di fare confusione!» strillò. «Questo è esattamente il genere di sciocchezza che ci farà perdere la partita! Stavolta l’arbitro è Piton, che certo non si farà sfuggire nessuna buona occasione per togliere punti a Grifondoro!»

A quelle parole, George Weasley cadde per davvero dalla scopa.

«L’arbitro è Piton?» esclamò con la bocca ancora impastata di fango. «E da quando in qua fa l’arbitro alle partite di Quidditch? Sarà tutt’altro che imparziale dato che c’è la possibilità che superiamo Serpeverde».

Anche il resto della squadra atterrò accanto a George per protestare.

«Non è colpa mia» disse Wood, «dobbiamo semplicemente fare in modo di giocare senza scorrettezze, per non offrire a Piton nessun pretesto per prendersela con noi».

Il che era un’ottima cosa, pensò Harry, ma lui aveva un motivo diverso per desiderare di non trovarsi accanto a Piton mentre giocava a Quidditch…

Il resto della squadra rimase indietro per chiacchierare come sempre accadeva al termine dell’allenamento; invece, Harry si diresse dritto filato verso la biblioteca dove sapeva avrebbe trovato la sorella. Infatti, eccola seduta ad uno dei primi tavoli.

Harry le andò incontro semi correndo (sotto gli occhi severi di Madama Pince) appoggiandole poi una mano sulla spalla quando le fu accanto.

Hazel alzò di colpo gli occhi e prima che potesse fare alcunché, tipo salutare il fratello, corrugò la fronte preoccupata e chiese: «Cos’è successo agli allenamenti da farti tornare con quella faccia?»

«Vieni con me, te lo spiego strada facendo» disse Harry senza abbandonare l’espressione amara.

Insieme si mossero rapidi uscendo dalla biblioteca e come promesso Harry raccontò ad Hazel quanto detto da Wood.

«Non posso nemmeno dirti di non giocare perché sei l’unico Cercatore di Grifondoro… maledizione! Perché Wood non ha voluto fare i provini per altri cercatori?! Ora sei costretto a giocare con un pazzoide come arbitro!» disse Hazel con un diavolo per capello e ad alta voce.

«Hazel abbassa la voce! Se ti sentisse qualcuno-» cercò di dire Harry, venendo però interrotto da Hazel che disse: «Che mi sentano! Vorrei proprio sapere l’incomprensibile ragione dietro questa scelta! Quell’uomo è pericoloso!».

Harry, preoccupato che qualche insegnate potesse sentirli, prese il viso della sorella tra le mani e premendo abbastanza perché non potesse esprimere altro che versi infuriati.

«Hazel, respira e calmati, forza!» disse Harry guardando seriamente la sorella. «Questi non sono discorsi che possiamo fare qua, in mezzo al corridoio».

Hazel grugnì qualche parola incomprensibile, prima di sospirare profondamente una, due e tre volte, recuperando così un po’ dell’autocontrollo perduto e togliendosi le mani di Harry dal viso.

«Mi sono calmata…» disse piano Hazel abbassando gli occhi.

«Menomale» fece Harry più tranquillo, prendendole la mano e iniziando a camminare.

«… e penso che potremmo stregarlo» mormorò Hazel con gli occhi che brillavano pericolosamente.

«Hazy…» iniziò a dire Harry, per poi zittirsi un attimo e ragionare. «Sai… non è poi una così cattiva idea».

«Sarebbe un buon modo per restituire il favore fatto nella prima partita… c’è solo un problema però, non so come farlo…» mormorò afflitta Hazel facendo sospirare a sua volta Harry.

Si diressero dritti filati verso la sala comune di Grifondoro, dove trovarono Ron e Hermione che giocavano a scacchi. Gli scacchi erano l’unico gioco in cui Hermione fosse mai capitato di perdere, il che, secondo i gemelli e Ron, ogni tanto le faceva bene.

«Aspetta un attimo prima di parlare» disse Ron quando Harry si sedette accanto a lui, «ho bisogno di concen…» Poi vide l’espressione sul volto di Harry.

«Ma che ti prende? Hai una faccia spaventosa!».

Hazel a quel punto si sedette accanto ad Hermione, accasciandosi sulla sua spalla con un sospiro.

«Non c’è mai fine alle brutte notizie» commentò Hazel lasciando poi la parola al fratello che parlando a bassa voce, in modo che nessun’altro sentisse, Harry rivelò ai due amici dell’improvviso, infausto desiderio di Piton di fare l’arbitro di Quidditch.

«Non giocare» disse subito Hermione.

«Datti malato» aggiunse Ron.

«Fa’ finta che ti sei rotto una gamba» suggerì Hermione.

«Rompitela davvero» rincarò Ron.

«Non posso» rispose Harry. «Non c’è un Cercatore di riserva. Se io mi ritiro, Grifondoro non può proprio giocare»

Prima che Hazel potesse spiegare il suo piano malefico, Neville piombò nella sala comune. Non si capiva come avesse fatto a passare dal buco dietro il ritratto, perché aveva le gambe bloccate insieme da quella che riconobbero immediatamente come la Maledizione delle Pastoie: probabilmente aveva fatto tutta la strada fino alla Torre di Grifondoro a balzelloni, come un coniglio.

Tutti si rotolarono dalle risate salvo Hermione, che si alzò e gli fece subito una contromaledizione. Le gambe di Neville si sciolsero dai lacci invisibili e lui si rimise in piedi tutto tremante.

«Che cosa ti è successo?» chiese Hermione mentre lo accompagnava a sedersi vicino a Harry e Ron. Hazel dall’altra parte del tavolo guardava inquieta Neville.

«Malfoy» rispose Neville con voce tremula. «L’ho incontrato fuori dalla biblioteca. Ha detto che stava cercando qualcuno su cui fare pratica».

«Va’ dalla professoressa McGonagall!» lo esortò Hermione. «Raccontale tutto!»

Ma Neville scosse la testa.

«Non voglio altri guai» bofonchiò.

«Ma Neville, devi tenergli testa!» disse Ron. «Quello è abituato a calpestare il prossimo, ma questa non è una ragione per prostrarsi davanti a lui e rendergli più facile il compito».

«Non hai bisogno di dirmi che non sono abbastanza coraggioso per far parte della Casa di Grifondoro: ci ha già pensato Malfoy» fece Neville con voce strozzata.

Hazel posò una mano sulla spalla di Neville, attirandone l’attenzione.

«Non ti fidare delle parole di quello. Malfoy non ha nessun diritto di dirti se sei o meno degno di essere in questa casa perché lui non è un Grifondoro. Non è minimamente in grado di valutare le persone per quello che sono, per cui non prendere sul serio quello che dice… ma se ti senti insultato non abbassare la testa, reagisci, è l’unico modo per fargli capire con chi ha a che fare»

«La fai facile tu… io non sono in grado di zittire Malfoy come fate voi» mugugnò Neville.

Harry si cacciò una mano nella tasca del mantello e ne estrasse una Cioccorana, l’ultimissima della scatola che Hermione gli aveva regalato a Natale. La porse a Neville, che sembrava sull’orlo delle lacrime.

«Tu vali dodici Malfoy» disse. «È stato il Cappello Parlante ad assegnarti a Grifondoro, giusto? E Malfoy, dov’è finito? In quella fogna di Serpeverde».

Le labbra di Neville si stiracchiarono in un debole sorriso mentre scartava la Cioccorana.

«Grazie, ragazzi… Credo che me ne andrò a letto. Vuoi la figurina? Tu fai la collezione, no?»

Mentre Neville si allontanava, Harry diede un’occhiata alla figurina dei Maghi famosi.

«Un’altra volta Silente» fece. «È stato il primo che ho…»

Ma le parole gli si strozzarono in gola. Fissò il retro della figurina. Poi alzò gli occhi su Hazel, Ron e Hermione.

«L’ho trovato!» bisbigliò. «Ho trovato Flamel! Lo dicevo che quel nome l’avevo già letto da qualche parte! È stato sul treno, venendo qui a Hogwarts. State a sentire: ‘Silente è noto soprattutto per aver sconfitto nel 1945 il Mago Oscuro Grindelwald, per aver scoperto i dodici usi del sangue di drago e per i suoi esperimenti di alchimia, insieme al collega Nicolas Flamel’!»

«Ah ha! Ve l'avevo detto io che riguardava in qualche modo Silente!!!» disse Hazel battendo le mani tutta contenta.

Hermione saltò su, facendo quasi ribaltare Hazel dalla sedia. Non aveva più avuto quell’aria euforica dalla prima volta che avevano ricevuto i voti per i loro esercizi.

«Restate quì!» disse e corse difilato su per le scale diretta agli alloggi delle ragazze. Harry e Ron ebbero appena il tempo di scambiarsi un’occhiata perplessa che lei era già di ritorno a tutta velocità, portando fra le braccia un enorme e vecchio libro.

«Perché hai preso Adam, Hermione?» chiese Hazel rimettendosi dritta sulla sedia e facendole spazio sul tavolo per permetterle di appoggiare il libro.

«Adam?» chiesero all’unisono Harry e Ron.

«È uno dei tanti nomignoli che diamo ai libri presi in biblioteca, mi annoia chiedere ogni volta “Ehi Hermione, mi passi L’indice dei criteri di trasmutazione di un oggetto” oppure “Ehi Hazel, vuoi leggere La creazione di un incantesimo multiforme secondo la disciplina Merliniana dei primi secoli” o ancora meglio “Perché non ci diamo alla lettura di Avvenimenti e Cronache della storia della magia dal primo secolo al diciassettesimo”… concordate anche voi che delle abbreviazioni sono d’obbligo, no?» disse Hazel appoggiandosi al tavolo con un gomito per poi indicare il libro con l’altra mano.

«Questo è Adam»

«Ah», commentarono di nuovo in coro Ron e Harry, facendo sorridere Hazel.

«Non ho mai pensato di guardare qui dentro!» sussurrò tutta eccitata. «Questo l’abbiamo preso dalla biblioteca qualche settimana fa, quando cercavo una lettura leggera…»

«Leggero, quello?» esclamò Ron, ma Hermione gli disse di star zitto finché non avesse trovato qualcosa, e cominciò a girare le pagine borbottando fra sé.

Hazel fece pat-pat sulla spalla di Ron per poi bisbigliare: «Non ti stupire troppo. Questo libro è inconsistente rispetto a quello che ha sul comodino a fianco al letto e che abbiamo trasportato in due dalla biblioteca»

«A che pagina ero…» mugugnò Hermione.

«Settecentocinquantanove» disse Hazel appoggiando il mento sulla mano e osservando Hermione.

«No, non dove ero arrivata, ma dove avevo detto che avevo trovato qualcosa di interessante» borbottò Hermione alzando gli occhi su Hazel.

«Ah… seicentotredici credo» disse Hazel grattandosi una guancia mentre metteva in bocca una bacchetta magica alla liquerizia. Ci fu un momento di silenzio in cui tutti e tre la osservarono increduli.

«Che c’è? Non è colpa mia se mi ricordo tutto…» bofonchiò Hazel alzando le spalle.

Alla fine, la pagina indicata da Hazel era quella giusta («Avevate dubbi?») e Hermione trovò quel che cercava.

«Lo sapevo! Lo sapevo!»

«Adesso possiamo parlare?» fece Ron imbronciato. Hermione lo ignorò.

«Nicolas Flamel» mormorò in tono d’importanza, «che si sappia è l’unico ad aver prodotto la Pietra Filosofale

Ma non sortì precisamente l’effetto che si aspettava.

«La che?» chiesero Harry, Hazel e Ron a una voce.

«Uffa, ma com’è possibile che non lo sappiate? Soprattutto te Hazel! Guardate: leggete che cosa dice qua».

«L’aver un ottima memoria non significa che so tutto sai» commentò Hazel allungandosi sul libro che Hermione girò e spinse verso di loro, dove lessero:

 

L’antica disciplina dell’alchimia si occupa della produzione della Pietra Filosofale, una sostanza leggendaria dai poteri sbalorditivi. La Pietra è in grado di trasformare qualsiasi metallo in oro puro e per giunta da essa si ottiene l’Elisir di Lunga Vita, che rende immortale chi lo beve.

Nel corso dei secoli si è parlato molto della Pietra Filosofale, ma l’unica che esista attualmente appartiene a Nicolas Flamel, noto alchimista e appassionato di opera lirica. Flamel, che l’anno scorso ha festeggiato il suo seicentosessantesimo compleanno, conduce una vita tranquilla nel Devon insieme alla moglie, Perenelle, che ha seicentocinquantotto anni.

«Alla fine si trattava davvero di una pietra… e chi l’avrebbe mai detto» commentò tra sé e sé Hazel.

«Capito?» chiese Hermione. «Di certo, il cane fa la guardia alla Pietra Filosofale di Flamel! Scommetto che ha chiesto a Silente di custodirla, perché sono amici e lui sapeva che qualcuno la stava cercando. Ecco perché ha voluto far portare via la Pietra dalla Gringott!»

«Una pietra che fabbrica l’oro e rende immortali!» esclamò Harry. «Ci credo che Piton le dia la caccia! Chiunque vorrebbe possederla».

«E ci credo che non trovassimo Flamel in quella Rassegna dei recenti sviluppi della Magia» aggiunse Ron. «Se ha seicentosessantacinque anni, non è poi tanto recente! Voi che ne dite?»

 

La mattina seguente, a lezione di Difesa contro le Arti Oscure, mentre ricopiavano dalla lavagna diversi metodi per curare il morso di lupo mannaro, Harry, Hazel e Ron continuarono a parlare di quel che avrebbero fatto con una Pietra Filosofale se l’avessero avuta. Solo quando Ron disse che ci si sarebbe comprato un’intera squadra di Quidditch, a Harry tornarono in mente Piton e la partita imminente.

«Scenderò in campo» disse alla sorella e ai due amici. «Altrimenti, tutti i Serpeverde penseranno che abbia troppa paura per affrontare Piton. Gliela farò vedere… se vinciamo, gli spazzerò via il sorriso dalla faccia».

«Sempre che loro non spazzino via te dal campo di gioco!» commentò Hermione.

«Mi piace il tuo essere positiva Hermione, mi fa sempre sperare per il meglio» disse Hazel tirando una linea decisa sul foglio di pergamena, quasi strappandolo.

 

Tuttavia, a mano a mano che si avvicinava il giorno della partita, il nervosismo di Harry non faceva che aumentare, nonostante quel che aveva detto a Hazel, Ron e Hermione. Neanche gli altri giocatori della squadra erano tanto tranquilli. L’idea di superare Serpeverde nel Campionato delle Case faceva sognare: erano quasi sette anni che non succedeva, ma ci sarebbero riusciti, con un arbitro così poco imparziale?

Harry non sapeva se fosse solo una sua impressione, ma gli sembrava di imbattersi in Piton dovunque andasse. Parlandone con la sorella la trovò concorde, anche lei aveva la sensazione di incrociare più volte (di quanto gli piacesse ricordare) Piton per i corridoi.

Si chiesero persino se non li stesse pedinando, nel tentativo di sorprenderli da soli.

Le lezioni di Pozioni si stavano trasformando in una specie di tortura settimanale, tanto il professore li assillava, dedicando però i commenti peggiori ad Harry. Era mai possibile che avesse intuito che avevano scoperto la storia della Pietra Filosofale? I gemelli non capivano come, ma a volte avevano l’agghiacciante sensazione che Piton sapesse leggere nel pensiero.

 

Il pomeriggio seguente, quando Hazel, Ron e Hermione gli augurarono buona fortuna all’ingresso dello spogliatoio, Harry era ben consapevole che i tre si stavano domandando se l’avrebbero mai rivisto vivo. E quel pensiero non era precisamente consolante. Mentre si infilava la divisa da Quidditch e inforcava la sua Nimbus Duemila, Harry non sentì quasi una parola del discorsetto d’incitamento pronunciato da Oliver Wood.

Nel frattempo, Hazel, Ron e Hermione si erano trovati un posto a sedere sugli spalti vicino a Neville, che non riusciva a capire perché avessero quelle facce da funerale, né perché tutti e tre si fossero portati la bacchetta alla partita.

Harry non immaginava nemmeno che Hazel, Ron e Hermione, in gran segreto, dopo aver scartato l’idea di stregare Piton (perché non avevano ancora le conoscenze per farlo) avevano deciso di esercitarsi a fare la Maledizione delle Pastoie.

Avevano preso spunto da Malfoy che se n’era servito contro Neville, ed erano prontissimi a usarla anche con Piton, se avesse dato l’impressione di voler fare del male a Harry.

«Allora, tieni bene a mente la formula magica: Locomotor Mortis» sussurrò Hermione all’orecchio di Ron mentre quest'ultimo si nascondeva la bacchetta nella manica.

«Lo so» ribatté Ron seccato, «piantala di tormentarmi».

«Hermione, tranquilla, penso non se lo possa dimenticare nemmeno volendo dopo che gliel’hai fatto ripetere letteralmente duecento volte» commentò Hazel aggiustando il mantello in modo che non si vedesse la bacchetta.

Intanto, negli spogliatoi, Wood aveva preso da parte Harry.

«Non per metterti sotto pressione, Potter, ma mai come oggi abbiamo bisogno di acchiapparlo subito, quel Boccino. Vedi di concludere il gioco prima che Piton riesca a regalare troppo vantaggio a Tassorosso».

«Ehi, là fuori c’è tutta la scuola!» esclamò Fred Weasley dopo aver fatto capolino dalla porta. «C’è persino… accidenti! Anche Silente è venuto a vederci!»

Il cuore di Harry fece una capriola.

«Silente?» disse, precipitandosi fuori a controllare. Fred aveva proprio ragione: quella barba argentata era inconfondibile.

A Harry venne quasi da ridere per il sollievo. Era al sicuro. Era semplicemente impossibile che Piton si azzardasse a cercare di fargli del male, se fra il pubblico c’era Silente.

Forse era per quello che Piton aveva l’aria così inviperita quando le due squadre entrarono in campo. Lo notò anche Ron.

«Non gli ho mai visto in faccia un’espressione tanto feroce» confidò alle ragazze. «Ehi, guardate, cominciano. Ahi!»

Qualcuno gli aveva dato un colpo sulla nuca. Era Malfoy.

«Oh, Weasley, scusa tanto, non t’avevo visto».

Malfoy rivolse un largo, maligno sorriso a Crabbe e Goyle. Hazel alzò gli occhi al cielo già con la pazienza agli sgoccioli e la mano sulla bacchetta.

«Mi chiedo per quanto tempo Potter riuscirà a restare in sella a questa volta. Si accettano scommesse! Tu che ne dici, Weasley?» Ron non rispose; Piton aveva appena assegnato un rigore a Tassorosso perché George Weasley gli aveva spedito addosso un Bolide. Hazel ringhiò bassa trattenendosi dall’urlare contro Piton e il suo modo deviato di arbitrare.

«Quello non è un fallo, ignorante» sibilò Hazel lanciando occhiate di fuoco a Piton.

Hermione, che teneva le mani in grembo con tutte le dita incrociate, aveva gli occhi socchiusi e fissava Harry, che sorvolava il campo da gioco come un falco, descrivendo cerchi in aria nella speranza di avvistare il Boccino d’Oro.

«Sai come penso che facciano, per scegliere chi gioca per Grifondoro?» disse Malfoy a voce alta qualche istante dopo, mentre Piton regalava un altro rigore a Tassorosso senza motivo e causando un borbottio più forte da parte di Hazel, quel poco che Hermione comprese la fece voltare turbata. «Scelgono quelli che gli fanno pena. E difatti ci gioca Potter, che non ha i genitori, ci giocano i Weasley, che non hanno il becco d’un quattrino… anche tu dovresti far parte della squadra, Longbottom, visto che non hai cervello».

Hazel lo ignorò platealmente troppo concentrata sul fratello e a insultare mentalmente Piton. Neville si fece paonazzo ma si voltò per guardare Malfoy dritto in faccia.

«Io valgo più di dodici come te messi insieme, Malfoy» balbettò.

Malfoy, Crabbe e Goyle si sbellicarono dalle risate, ma Ron, sempre senza osare distogliere lo sguardo dal gioco, sibilò: «Cantagliele, Neville».

«Ehi, Longbottom, se il cervello valesse tanto oro quanto pesa, saresti più povero di Weasley… ed è tutto dire!»

Ron aveva i nervi già abbastanza tesi, ansioso com’era per via di Harry.

«Ti avverto, Malfoy: un’altra parola e…»

«Hazel, Ron!» esclamò Hermione all'improvviso. «Harry…!»

«Eh? Che cosa, dove?» disse Ron, mentre ad Hazel si stava formando un sorriso eccitato sulle labbra.

Harry si era appena lanciato in una picchiata spettacolare che aveva mozzato il fiato ad alcuni e scatenato gli applausi fra il pubblico. Hermione e Hazel balzarono in piedi, una coprendosi la bocca con le dita ancora incrociate e l’altra con la bocca aperta, mentre Harry planava a tutta velocità verso terra.

«Sei fortunato, Weasley: Potter deve aver visto una monetina caduta in terra» fece Malfoy.

A quel punto, Ron scattò. Prima che Malfoy si rendesse conto di quel che stava succedendo, gli fu addosso e lo scaraventò a terra. Neville esitò, poi scavalcò il sedile per andare a dargli manforte.

«Forza, Harry!» gridarono ad una voce Hazel e Hermione saltellando sul posto per seguire con lo sguardo che si stava dirigendo dritto dritto contro Piton. Non si accorsero nemmeno di Malfoy e Ron che si rotolavano a terra sotto il sedile, né dei tonfi e delle grida provenienti da Neville, Crabbe e Goyle, trasformatisi in un unico vortice di pugni.

Intanto, in aria, Piton sterzò la sua scopa appena in tempo per scorgere qualcosa di rosso che gli sfrecciava accanto mancandolo di pochi centimetri.

Un istante dopo, Harry emerse dalla sua picchiata, le braccia levate in alto in segno di trionfo, tenendo saldamente in mano il Boccino.

Le gradinate esplosero in un urlo di gioia: era un record, nessuno ricordava che il Boccino d’Oro fosse mai stato conquistato tanto facilmente.

«SI! SI! SI! Quello è mio fratello!» urlò esaltatissima Hazel.

«Ron! Ron! Ma dove ti sei cacciato? La partita è finita! Harry ha vinto! Abbiamo vinto! Grifondoro è in testa alla classifica!» strillava Hermione, improvvisando un balletto sul suo sedile insieme a Hazel e abbracciando Parvati Patil, che sedeva nella fila davanti.

Harry saltò giù dalla sua scopa, a trenta centimetri da terra. Non riusciva a crederci. Ce l’aveva fatta: la partita era finita ed era durata appena cinque minuti. Mentre i Grifondoro si riversavano in campo, scorse Piton che atterrare lì accanto, livido e con le labbra serrate. Poi sentì una mano posarglisi sulla spalla e, quando levò lo sguardo, si trovò davanti il volto allegro di Silente.

«Ben fatto» gli disse Silente a bassa voce, in modo che solo lui potesse udirlo. «Mi fa piacere che non sei stato tanto a rimuginare su quello Specchio… anzi, ti sei dato da fare. Eccellente!»

Piton sputò per terra, carico di rancore.

 

Harry uscì da solo dagli spogliatoi qualche tempo dopo, per riportare la sua Nimbus Duemila nella rimessa delle scope. Non ricordava di essersi mai sentito tanto felice in vita sua. Aveva davvero fatto una cosa di cui andare fiero: nessuno avrebbe più potuto dire che lui era soltanto un nome famoso. L’aria della sera non era mai stata così dolce. Camminava sull’erba umida, rivivendo l’ora appena trascorsa nella sua mente piacevolmente confusa: i Grifondoro che gli correvano incontro e lo issavano sulle loro spalle; Hermione e Ron in lontananza che saltavano su e giù, con quest’ultimo che urlava di gioia, nonostante una forte emorragia dal naso.

Harry raggiunse la rimessa. Si appoggiò alla porta di legno e alzò lo sguardo su Hogwarts, con le finestre che luccicavano nel rosso del tramonto. Grifondoro era in testa alla classifica. Proprio in quel momento si sentì travolgere da un corpo, che gli tolse il fiato sia per il colpo che per l’abbraccio che seguì.

«Sei stato grandioso oggi Harry!» urlacchiò Hazel lasciando andare il fratello, per poi trascinarlo in un giro tondo sull’erba iniziando a ridere e contagiando Harry.

Si lasciarono infine cadere a terra senza fiato, ancora scossi da brevi risolini.

«Ce l’hai fatta, gliel’hai proprio fatta vedere a Piton…» bisbigliò Hazel verso Harry, che annui altrettanto entusiasta.

A proposito di Piton…

Hazel vide con la coda dell’occhio una figura incappucciata scendere rapidamente i gradini all’entrata del castello. Tirandosi sui gomiti attirò l’attenzione di Harry che si voltò anche lui a guardare. La figura camminava il più in fretta possibile, diretta alla Foresta Proibita, nel chiaro intento di non farsi vedere. A quella vista, l’euforia della vittoria svanì dalla mente dei gemelli, perché riconobbero subito quella camminata furtiva. Era Piton che sgattaiolava nella Foresta mentre tutti gli altri cenavano. Che cosa stava combinando?

Rapido Harry saltò di nuovo in sella alla sua Nimbus Duemila, guardando poi verso Hazel e indicandole con gli occhi dietro di sé; Hazel non se lo fece ripetere due volte e salì a sua volta sulla scopa per poi aggrapparsi alla vita di Harry, che decollò subito. Planando silenziosamente sul castello, scorsero Piton che entrava di corsa nella Foresta. Harry lo seguì dall’alto.

Gli alberi erano talmente fitti che non vedevano dove fosse finito. Harry descrisse in aria dei cerchi sempre più bassi, sfiorando le cime degli alberi, fino a quando non udirono alcune voci. Volarono verso di loro per poi atterrare senza far rumore tra le fronde di un altissimo faggio.

Con circospezione, si aprirono un varco fra i rami, nel tentativo di scorgere qualcosa fra le foglie.

Sotto di loro, in una radura già immersa nell’ombra, c’era Piton ritto in piedi, ma non era solo. C’era anche Quirrell. I gemelli non riuscivano a cogliere l’espressione del suo viso, ma balbettava peggio che mai. Dovettero fare uno sforzo per sentire quello che i due si dicevano.

«…n-non ca-capisco p-pe-perché hai v-voluto che ci ve-vedessimo qui, S-severus, con ta-tanti altri p-p-posti che ci sono…»

«Oh, be’, non volevo farlo sapere in giro» rispose Piton in tono gelido. «In fin dei conti, gli studenti non devono sapere della Pietra Filosofale».

I gemelli si sporsero in avanti. Quirrell stava borbottando qualcosa, quando Piton lo interruppe.

«Hai già scoperto come si fa a oltrepassare la bestia che Hagrid ha piazzato lì dentro?»

«M-ma Severus, io…»

«Guarda che non ti conviene avermi come nemico, Quirrell» disse Piton facendo un passo verso di lui.

«N-non ca-capisco ch-che cosa vuo…»

«Lo sai benissimo, quel che voglio dire».

In quel momento un gufo lanciò un forte stridio e Harry quasi cadde dall’albero, fortunatamente Hazel si aggrappò ad un ramo stabilizzandoli. Si ripresero in tempo per udire Piton che diceva: «… quei tuoi abracadabra da quattro soldi. Sto aspettando».

«M-ma i-io n-non so…»

«Benissimo» tagliò corto Piton. «Faremo presto un’altra bella chiacchierata, quando avrai avuto il tempo per pensarci su e di decidere da che parte stai».

E così dicendo, si ricoprì il capo con il mantello e si allontanò a grandi passi dalla radura. Ormai era quasi buio, ma Harry ed Hazel riuscirono a scorgere Quirrell, che era rimasto lì, come pietrificato.

 

«Harry! Hazel! Ma dove vi eravate cacciati?» squittì Hermione.

«Abbiamo vinto! Hai vinto! Abbiamo vinto!» gridò Ron, dando una pacca sulla schiena di Harry. «E io ho fatto un occhio nero a Malfoy, mentre Neville si batteva da solo contro Crabbe e Goyle! È ancora k.o., ma Madame Pomfrey dice che si riprenderà. L’avevamo detto che gliel’avremmo fatta vedere noi, a quelli di Serpeverde! Sono tutti in sala comune che ti aspettano. Abbiamo organizzato una festa: Fred e George hanno sgraffignato dalle cucine un po’ di dolci e altra roba buona».

«Non adesso» disse Harry ancora ansimante. «Troviamo una stanza vuota: abbiamo qualcosa da dirvi…». Hazel si limitò ad annuire e a fare strada a tutti.

Entrarono in un’aula e dopo che si furono assicurati che Peeves non fosse nei paraggi Harry si chiuse la porta alle spalle, per poi raccontare per filo e per segno quel che avevano visto e sentito.

«Avevamo ragione, si tratta proprio della Pietra Filosofale! E Piton sta cercando di costringere Quirrell ad aiutarlo a rubarla. Gli ha chiesto se sapesse come fare per eludere la sorveglianza di Fuffi e ha anche accennato agli ‘abracadabra’ di Quirrell. Io credo che, a parte Fuffi, la sorveglianza della Pietra sia affidata anche a qualcos’altro: un sacco di incantesimi, probabilmente… e Quirrell deve aver fatto qualche incantesimo anti-Magia Oscura che Piton deve superare…»

«E per cui ha necessità che Quirrell gli dia una mano» commentò alla fine Hazel.

«Allora voi pensate che la Pietra sia al sicuro solo finché Quirrell resisterà Piton…» fece Hermione in tono allarmato.

«Se è così, entro martedì prossimo sarà sparita» sentenziò Ron.

 

Note dell'autrice:

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Carissimi, mi sono divertita un sacco a scrivere questo capitolo.

Spero vi piacciano le chicche che ho messo, fatemi sapere che ne pensate!

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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Capitolo 14
*** ANNUNCIO ***


~ ANNUNCIO ~

Non temete, non sto abbandonando la storia (e la serie) ma i prossimi saranno gli ultimi tre capitoli del libro e voglio prendermi il giusto tempo per scriverli come voglio.

Molto probabilmente riscriverò qualcosina anche dei capitoli già pubblicati, anche perchè mi rendo conto che alcuni li ho scritti un po' di fretta e non al meglio delle mie possibilità!

Vi saluto per adesso e vi auguro i migliori auguri.

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

Aggiornamento al 07/02/2022: Ripubblicati capitoli I, II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII. Questo conclude la pulizia dei vecchi capitoli. Pubblicherò appena possibile i nuovi.

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Capitolo 15
*** ~ XIII: Dieci settimane agli Esami, Uovo di Cosa?! Mamma Hagrid e recupero Clandestino ~ ***


~ XIII: Dieci settimane agli Esami, Uovo di Cosa?! Mamma Hagrid e recupero Clandestino ~

 

Ma Quirrell doveva essere più coraggioso di quanto credevano. Nelle settimane successive sembrava farsi sempre più pallido e smunto, ma resisteva.

Ogni volta che passavano per il corridoio del terzo piano, Harry, Hazel, Ron e Hermione accostavano l’orecchio alla porta per controllare che dentro Fuffi ringhiasse ancora. Piton si aggirava per la scuola con il suo solito malumore, il che significava che la Pietra era certamente ancora al sicuro. In quei giorni, ogni volta che i gemelli incrociavano Quirrell, gli sorridevano come ad incoraggiarlo e Ron aveva cominciato a rimproverare chiunque ridesse della balbuzie del professore. Hermione, invece, aveva altre cose cui pensare oltre la Pietra Filosofale. Aveva cominciato a programmare i ripassi e a dividere i suoi appunti per argomenti attribuendo un colore diverso a ciascuno. A Harry e a Ron non sarebbe mai passato per la testa, ma lei continuava a pungolarli perché facessero lo stesso. «Ma, Hermione, agli esami mancano secoli!»

«Dieci settimane» precisò Hermione, «dieci settimane non sono secoli, e per Nicolas Flamel non sono che un attimo».

«Ma noi non abbiamo seicento anni come Flamel» le ricordò Ron. «E comunque, si può sapere a che cosa ti serve ripassare, visto che sai già tutto?»

Hazel, seduta tra Hermione ed Harry, aveva preso a sottolineare un foglio di pergamena.

«Pure te Hazel?» chiese Ron sbalordito. Hazel alzò le spalle indifferente.

«Le sto solo dando una mano… e poi mi diverto a colorare gli appunti».

Proprio in quel momento Hermione spuntò con la testa da dietro una pila di libri con gli occhi iniettati di sangue.

«A che cosa mi serve? Ma sei matto? Ti rendi conto che dobbiamo passare questi esami per andare al secondo anno? Sono molto importanti, avrei dovuto cominciare un mese fa non so proprio che cosa mi ha preso…»

Per la foga con cui aveva parlato ci mancò “poco” che facesse cadere un calamaio pieno su una pila di pergamene che aveva appena finito di evidenziare. Quel “poco” si identificò in Hazel, che vedendo Hermione saltare come una molla per la quarta volta solo quel giorno, allungò una mano sul tavolo per tirare a sé il contenitore traboccante.

«Hermione» disse Hazel con un sospiro.

«Lo so, lo so, hai ragione» rispose Hermione risedendosi composta dopo un respiro profondo.

«Ti ricordo che ci sono state una moltitudine di motivi che non ti hanno fatto iniziare prima lo studio, tra cui nello specifico la sottoscritta con i problemi di insonnia» disse Hazel posando ciò che aveva in mano e porgendo una nuova pergamena a Hermione che la prese con un cenno del capo.

«Ah, beh, non è stato un vero problema quello» commentò Hermione con un leggero rossore sulle guance e iniziando a scribacchiare ordinatamente sul foglio.

«Poi c’è stato Piton che ha deciso di provare l’ebrezza di fare l’arbitro» continuò Hazel alzando gli occhi verso il fratello.

«Non me lo ricordare, ho ancora gli incubi» mormorò Harry con una smorfia.

«E poi c’è stato quel cretino di Malfoy» finì Hazel, voltandosi verso Ron che invece aveva un sorriso compiaciuto stampato in faccia.

«Spero che gli rimanga ancora per un po’ quell’occhio nero» commentò Ron prendendo in mano un libro a caso della pila di Hermione e iniziando a sfogliarlo.

 

Purtroppo, pareva che gli insegnanti la pensassero come Hermione. Li caricarono di tanti compiti, che, quanto a divertimento, le vacanze di Pasqua non assomigliarono neanche lontanamente a quelle di Natale. Era difficile rilassarsi con Hermione accanto che recitava i dodici usi del sangue di drago e si esercitava ad agitare la bacchetta. Bofonchiando e sbadigliando, Hazel, Harry e Ron trascorsero la maggior parte del tempo libero con lei in biblioteca cercando di finire i compiti per le vacanze.

«Questo non riuscirò mai a ricordarmelo» sbottò Ron un pomeriggio, gettando la penna d’oca e guardando nostalgico fuori dalla finestra della biblioteca. Era la prima vera, bella giornata di sole da mesi. Il cielo era azzurro chiaro, come i petali di un nontiscordardimé, e nell’aria aleggiava il profumo dell’estate imminente.

«Cosa cerchi?» chiese Hazel vedendo il fratello intento a sfogliare senza meta il volume Mille erbe e funghi magici.

«Dittamo» disse Harry alzando gli occhi speranzoso su Hazel.

«Pagina 56» rispose Hazel con un sorriso.

«Grazie Hazy»

«E di che»

Entrambi ripresero le rispettive letture ma finirono per alzare di nuovo gli occhi dai libri quando udirono Ron esclamare: «Hagrid, che cosa ci fai tu in biblioteca?».

Hagrid era apparso, nascondendo qualcosa dietro la schiena. Sembrava assolutamente fuori posto in quel suo pastrano di fustagno.

«Do solo un’occhiata» disse con un tono ambiguo che attrasse subito la loro attenzione. «Non starete mica ancora dietro a Nicolas Flamel, vero?»

«Oh, abbiamo scoperto chi è secoli fa ormai» disse Ron dandosi arie d’importanza e facendo sorridere tra sé e sé Hazel mentre girava una pagina, «e sappiamo anche a che cosa fa la guardia il cane, a una Pietra Filos…»

«Shhhh!» Hagrid si guardò intorno furtivo per vedere se qualcuno fosse in ascolto. «Non dovete mica gridarlo ai quattro venti, si può sapere che cosa vi passa per la testa?»

«In realtà» disse Harry, «volevamo chiederti alcune cose su come è sorvegliata la Pietra, a parte Fuffi…»

«SHHHHHHHHH!» fece di nuovo Hagrid. «Sentite… venite a trovarmi più tardi. Guardate, non vi prometto niente, ma voi piantatela di frugare qua dentro; gli studenti non devono sapere. Si penserà che sia stato io a dirvelo…»

«In verità stiamo veramente studiando qui» commentò Hazel annoiata alzando il libro verso Hagrid.

«Ah», fece in risposta Hagrid.

«Ci vediamo dopo, allora» disse Harry.

Hagrid se ne andò caracollando col suo passo goffo.

«Ma che cosa nascondeva dietro la schiena?» chiese Hermione pensierosa.

«Pensi che avesse a che fare con la Pietra?» chiese Harry rimettendosi composto sulla sedia.

«Io vado a vedere in che reparto è stato» disse Ron che ne aveva abbastanza di studiare. Un attimo dopo era di ritorno con una pila di libri che lasciò cadere sul tavolo.

«Draghi!» sussurrò. «Hagrid stava consultando la letteratura sui draghi! Guardate qui: Specie di draghi della Gran Bretagna e sull’Irlanda… Dall’uovo agli inferi: guida pratica per l’allevatore di draghi».

«Oh, sembrano interessanti, lascia pure qua» disse Hazel avvicinandosi i libri sui draghi e allontanando quello che stava leggendo poco prima. Lo sguardo inquisitore di Hermione la trapassò da parte a parte facendola bloccare.

«Prima il dovere poi, se hai ancora tempo, il piacere» disse Hermione rubando rapida i libri da sotto le mani di Hazel. 

«Dittatrice» grugnì Hazel riprendendo in mano il libro che aveva accantonato.

«Mi ringrazierai in futuro» rispose a tono Hermione tornando al suo lavoro.

«Valuterò se farlo o meno» commentò Hazel con gli occhi fissi sul libro.

«Bene» disse Hermione, con la penna d’oca alta in mano e gli occhi puntati su Hazel.

«Bene» rispose Hazel, ricambiando lo sguardo di Hermione.

Harry e Ron ebbero l’impressione di vedere delle scintille tra le due poi, come se niente fosse, entrambe tornarono ai rispettivi compiti con espressione rilassata e un sorriso impercettibile a piegare le labbra.

«Comunque… Hagrid ha sempre desiderato un drago, ce lo ha detto la prima volta che ci siamo conosciuti» disse Harry.

«Ma è contro le nostre leggi» disse Ron, cogliendo la palla al balzo per abbandonare di nuovo la pergamena che aveva davanti. «L’allevamento di draghi è stato dichiarato fuori legge dalla Convenzione degli Stregoni del 1709, questo lo sanno tutti. È difficile non farsi notare dai Babbani se teniamo un drago nel giardino sul retro, e comunque non si possono addomesticare: troppo pericoloso. Dovreste vedere le bruciature che si è beccato Charlie in Romania coi draghi selvatici».

«Ma in Gran Bretagna non esistono draghi selvatici, vero?» chiese Harry.

«Certo che sì» disse Ron. «Il Gallese Comune Verde e il Nero delle Ebridi. Il Ministero della Magia ha il suo bel da fare a tenere la cosa segreta. E noi maghi dobbiamo continuare a fare incantesimi sui Babbani che li hanno intravisti, affinché ne perdano il ricordo».

«Ma allora, che cosa diavolo ha in mente Hagrid?»

 

~ * ~

 

Un’ora dopo, quando bussarono alla porta del guardiacaccia, furono sorpresi nel vedere che tutte le tende erano tirate. Prima di farli entrare Hagrid chiese «Chi va là?» e poi si richiuse velocemente la porta alle spalle.

Dentro si soffocava dal caldo. Benché la giornata fosse tutt’altro che fredda, nel camino ardeva un fuoco scoppiettante. Hagrid preparò il tè per i ragazzi e offrì loro panini al prosciutto di ermellino, che rifiutarono.

«Allora, volevate chiedermi qualcosa?»

«Sì», disse Harry. Non era il caso di girarci attorno. «Ci chiedevamo se potessi dirci da che cosa è protetta la Pietra Filosofale, oltre che da Fuffi».

Hagrid lo guardò aggrottando le sopracciglia.

«Ma certo che no! Non ve lo posso dire» rispose. «Primo, non lo so neanch’io. Secondo, ne sapete già troppo e quindi in ogni caso non ve lo direi. Quella Pietra è qui per una buona ragione. Poco ci è mancato che dalla Gringott non la rubavano… penso che a questo punto ci siate arrivati, no? Però, mi venisse un colpo se capisco come avete fatto a sapere di Fuffi».

«Dai, Hagrid, magari non ce lo vuoi dire, ma lo sai. Tu sai tutto quel che avviene a Hogwarts» lo adulò Hermione con voce calda e suadente. La barba di Hagrid ebbe un fremito: i ragazzi avrebbero giurato che il gigante stesse sorridendo. «Ci chiedevamo soltanto chi si sia occupato della protezione» proseguì Hermione. «Cioè. volevamo sapere, a parte te, di chi può essersi fidato Silente al punto da lasciarsi aiutare».

Il petto di Hagrid si gonfiò d’orgoglio a queste ultime parole. Harry e Ron lanciarono a Hermione un’occhiata raggiante.

«E queste doti da adulatrice dove le hai imparate?» bisbigliò curiosa Hazel a Hermione.

«Da un libro ovviamente» rispose Hermione con espressione saputa.

«Ovviamente» commentò Hazel trattenendo una risata.

«E poi ho fatto pratica con te» aggiunse Hermione.

«Cosa?» chiese Hazel, ma proprio in quel momento il rombo tonante della voce di Hagrid coprì qualsiasi risposta di Hermione.

«Be’... immagino che non ci sia niente di male se vi dico questo… Vediamo un po’... Silente ha preso Fuffi in prestito da me… poi alcuni degli insegnanti hanno fatto degli incantesimi: la professoressa Sprout… il professor Flitwick… la professoressa McGonagall…» e mentre li elencava li contava sulle dita, «il professor Quirrell… e naturalmente anche Silente ha fatto qualcosa. Aspettate un attimo. Ho dimenticato qualcuno. Ah, sì, il professor Piton».

«Piton?» dissero in coro tutti e quattro i ragazzi.

«Già. Sentite un po’ non è che state ancora rimuginando cose strane sul suo conto, no? Guardate che Piton ha dato una mano a proteggere la Pietra: non ha nessuna intenzione di rubarla!»

Harry sapeva che Hazel, Ron e Hermione stavano pensando la stessa cosa. Se Piton fosse stato coinvolto nella protezione della Pietra, non avrebbe dovuto aver avuto difficoltà a scoprire quali sistemi di sorveglianza avessero escogitato gli altri insegnanti. Probabilmente sapeva tutto… a eccezione, a quanto pareva, dell’incantesimo di Quirrell e del modo per evitare le ire di Fuffi.

«Tu sei l’unico che sa come si fa a tenere buono Fuffi, vero, Hagrid?» chiese Harry in tono ansioso. «E non lo diresti a nessuno, no? Neanche a uno degli insegnanti?»

«Non lo sa anima viva, solo io e Silente» disse Hagrid tutto fiero.

«Be’, è già qualcosa» sussurrò Harry agli altri per non farsi sentire. Poi disse: «Hagrid, non è che si potrebbe aprire una finestra? Sto scoppiando di caldo».

«Impossibile, Harry, mi dispiace» disse Hagrid. Harry notò che lanciava un’occhiata di sbieco al focolare. Tutti e quattro i ragazzi seguirono la direzione del suo sguardo. 

«Ehi, Hagrid, e quello che cos’è?» chiese Hazel massaggiandosi la fronte, sentendo già un principio di mal di testa batterle sulla fronte.

Ma sapeva già di che cosa si trattasse. Proprio al centro del caminetto, sotto il bollitore, c’era un enorme uovo nero. «Oh», disse Hagrid giocherellando nervosamente con la sua barba. «Quello… ehm…»

«Dove l’hai preso, Hagrid?» chiese Ron chinandosi sul focolare per vedere l’uovo da vicino. «Dev’esserti costato una fortuna».

«L’ho vinto» disse Hagrid. «Ieri sera. Sono sceso al villaggio per farmi un goccetto e mi sono messo a giocare a carte con un tizio che non conoscevo. Anzi, a dir la verità mi pareva che fosse molto contento di disfarsene».

«E ci credo» commentò Hazel al vuoto.

«Ma che cosa farai, quando si schiude?» chiese Hermione.

«Be’, mi sono dato un po’ alla lettura» disse Hagrid estraendo un librone da sotto il cuscino. «L’ho trovato in biblioteca: Allevare draghi per lavoro e per hobby… Naturalmente è un po’ vecchiotto, ma dentro c’è proprio tutto. Bisogna tenere l’uovo sul fuoco, perché a quanto pare le mamme drago scaldano i loro piccoli col fiato… Poi, quando si schiude, ogni mezz’ora bisogna dare al piccolo un secchio di brandy mescolato a sangue di pollo. E qui, vedete? Spiega come riconoscere le diverse specie dall’uovo… Il mio, pare, è un Dorsorugoso di Norvegia. Una specie molto rara».

Aveva un’aria molto compiaciuta, ma Hermione non lo era altrettanto. Hazel aveva già sepolto la testa tra le braccia borbottando parole intellegibili sconfortata.

«Hagrid, tu abiti in una capanna di legno» osservò Hermione.

Ma Hagrid non l’ascoltava. Canticchiava allegramente mentre attizzava il fuoco.

 

~ * ~

 

E così, adesso avevano un’altra cosa di cui preoccuparsi, e cioè quel che sarebbe potuto accadere a Hagrid se qualcuno avesse scoperto che nascondeva un drago nella sua capanna.

«Mi domando com’è vivere una vita tranquilla» sospirò Ron, una delle tante sere di fila che passarono a sgobbare sulla montagna di compiti che gli erano stati assegnati.

«Me lo chiedo anch’io Ron» commentò Hazel con lo sguardo perso sulla pergamena che aveva davanti.

Ormai Hermione aveva cominciato a compilare programmi di ripasso anche per Harry e Ron, facendoli diventare matti.

«Perché non hai fatto un programma anche per Hazel?» chiese Ron quando si vide allungare Il suo da Hermione.

«Perché il mio programma lo ho steso insieme a lei» rispose Hermione. «E lo sta seguendo insieme a me».

Harry e Ron si guardarono bene dall’aggiungere altro vista l’espressione stanca dipinta sul viso di Hazel.

 

Un mattino a colazione Edvige portò ai gemelli un altro messaggio di Hagrid. Dentro c’erano soltanto tre parole: Si sta schiudendo.

Ron aveva voglia di saltare Erbologia e di andare difilato alla capanna, ma Hermione non volle neanche sentirne parlare.

«Senti un po’, Hermione, quante volte in vita nostra potremo vedere schiudersi un uovo di drago»

«Ma abbiamo le lezioni! Ci cacceremo nei guai, ed è ancora niente in confronto a quel che capiterà ad Hagrid quando si scoprirà quel che sta facendo!»

«Zitti!» sussurrò Harry.

Malfoy era a pochi metri di distanza e si era fermato di colpo per ascoltare.

Quanto aveva udito di quel che avevano detto? Harry ed Hazel si scambiarono un’occhiata nervosa, a nessuno dei due piaceva affatto l’espressione sulla faccia di Malfoy. Ron e Hermione litigarono per tutto il tragitto fino all’aula di Erbologia e alla fine la ragazza acconsentì a recarsi da Hagrid con gli altri tre durante la ricreazione. Quando si udì la campana del castello che annunciava la fine della lezione, tutti e quattro si affrettarono ad attraversare il parco fino al margine della Foresta. Hagrid li accolse col volto arrossato per l’eccitazione.

«Sta quasi uscendo». Li accompagnò in casa. L’uovo era posato sul tavolo, inciso da crepe profonde: dentro c’era qualcosa che si muoveva e dall’interno proveniva un curioso ticchettio. Tutti trascinarono le seggiole vicino al tavolo e stettero a guardare col fiato sospeso.

A un tratto si udì raschiare e l’uovo si spaccò in due. Il draghetto cadde sul tavolo con un piccolo tonfo. Non era esattamente quel che si dice grazioso. Ai gemelli sembrava un ombrello nero tutto accartocciato. Le ali, coperte da aculei, erano enormi a confronto del corpicino esile e nero come la pece. Aveva il muso allungato, narici larghe, due cornini appena accennati e sporgenti occhi arancioni. Il draghetto starnutì e dal naso gli uscirono un paio di scintille.

«Non è adorabile?» mormorò Hagrid tendendo una mano per accarezzare la testa dell’animale. Questo fece per mordergli le dita scoprendo zanne acuminate.

«Che Dio lo benedica… guardate, riconosce la mamma!» disse Hagrid.

«Non esattamente» disse Hazel osservando preoccupata come il drago stava occhieggiando Hagrid.

«Hagrid» disse Hermione, «un Dorsorugoso di Norvegia quanto ci mette a crescere, esattamente?»

Hagrid stava per rispondere, quando il volto gli si fece improvvisamente pallido: balzò in piedi e corse alla finestra. Hazel si fece da parte in fretta spostandosi sulla sinistra e inavvertitamente avvicinandosi di più al tavolo.

Il drago, che fino a quel momento aveva seguito con il piccolo musetto Hagrid, spostò subito la sua attenzione su Hazel.

Entrambi presero ad osservarsi a vicenda mentre Harry, Ron ed Hermione erano girati verso Hagrid per capire cosa fosse successo.

 

Hazel cercò il più possibile di rimanere calma e di mantenere un’espressione neutra sul viso, nel mentre la sua mente non era mai stata tanto attiva; infiniti scritti, immagini e parole le passarono per la mente nel tentativo di trovare un modo per allontanarsi senza causare l’ira del draghetto.

Ad un tratto le tornò alla mente una frase detta in un documentario sui rettili e sui loro piccoli appena nati. Era un giovedì sera di quattro anni prima, Zia Petunia e zio Vernon erano accomodati sul divano ricamato al centro del salotto, Dudley era in camera sua, probabilmente a far esplodere qualche alieno al pc visto gli urli che si sentivano ogni tanto arrivare dall’alto; e i gemelli erano occupati a lavare i piatti con un terribile vuoto allo stomaco.

Erano in punizione da circa una settimana e gli era stato vietato sia il pranzo che la cena, con l’unico pasto la colazione della mattina. 

Erano entrambi stanchi e deboli e quella sera specialmente più degli altri giorni. Hazel stava aspettando con un canovaccio in mano, gli occhi chiusi e la testa appoggiata al frigorifero che Harry finisse di spazzolare poco energicamente un piatto, quando alla TV partì un documentario sui rettili.

 

«Esiste un legame molto forte che, nel regno animale, unisce la madre ai propri piccoli. Ma esistono parecchie differenze, se parliamo di un mammifero, un uccello o un rettile»

Con in sottofondo la voce dell’uomo alla TV e il russare degli zii sul divano, Harry ed Hazel finirono il loro lavoro al lavandino.

«Andiamo» mugugnò Harry trascinando i piedi fuori dalla cucina.

 

«- le femmine del pitone del Natal si prendono cura dei loro piccoli per due settimane, dopo la schiusa delle uova. Anche se sembra poco tempo, dobbiamo tenere a mente che buona parte dei rettili, e specialmente i serpenti, mantengono un atteggiamento assolutamente freddo e distaccato dalla prole. I piccoli sono completamente sviluppati e perfettamente in grado di nutrirsi da soli. È abbastanza comune che non conoscano nemmeno la loro madre, come nel caso di alcune tartarughe marine. Il fatto che la femmina del pitone del Natal decida di rimanere accanto ai suoi piccoli per circa 15 giorni è davvero sorprendente. Non solo li protegge e li controlla. La cosa più importante è che li scalda di notte, dato che i neonati non sanno regolare bene la temperatura dei loro corpicini -».

Il ricordo si interruppe con il suono della porta del sottoscala che si chiudeva alle spalle di Hazel.

Ma non c’era scritto su nessun libro della biblioteca che i draghi hanno lo stesso comportamento dei Pitoni del Natal.

Sudore freddo iniziò a scendere lungo la schiena di Hazel. Il piccolo di drago emise un suono basso, a metà strada tra un brontolio e un ringhio, ma nessuno sembrò sentirlo a parte Hazel. Nessuno dei due aveva ancora battuto ciglio, occhi verdi fissi in quelli arancioni del piccolo rettile.

Il piccolo di drago sembrò spazientirsi non avendo ricevuto risposta al verso di prima, ma prima che potesse emettere altro Hazel gli sussurrò: «Hush». Il piccolo rettile si quietò di colpo sentendola.

Sarà stato il tono di Hazel, calmo ma fermo nonostante il nervosismo, l’espressione neutra ma non fredda, curiosa ma non invadente che, infine, fece avvicinare il piccolo a lei.

Quando i tre ragazzi e Hagrid si girarono per parlare videro una scena inaspettata.

«Hazel?» domandò Harry, con una nota di preoccupazione nella voce.

Il piccolo non era più al centro del tavolo dove si trovava poc’anzi, ma era appoggiato con le zampe sulle spalle di Hazel e le stava annusando i capelli con piccoli sbuffi dal naso.

 

«Sì?» rispose Hazel lanciando un’occhiata rapida al trio più Hagrid prima di riportare l’attenzione sul cucciolo che le si era arrampicato addosso e, con delicatezza, gli prese le zampe per posarle sul tavolo. Il piccolo emise un breve verso acuto, palesemente non contento di essere stato riportato giù e iniziando anche a sbuffare fumo nero dalle narici.

«Attenta sta per-» iniziò a dire Ron pronto per lanciarsi su Hazel per toglierla dalla traiettoria della fiammata che sarebbe uscita di lì a poco. Ma prima che il piccolo potesse fare altro, Hazel avvicinò la fronte alla piccola testa del drago, il quale di riflesso smise di sbuffare fumo e andò incontro alla fronte di Hazel con il musetto.

Harry, Ron ed Hermione guardarono con tanto d’occhi il piccolo di drago, mentre quest’ultimo strofinava il piccolo capo munito di cornini contro Hazel ed emetteva una serie di versi come «Rrraaaa pi piiiii?» che sembravano quasi delle domande indirizzate ad Hazel; nel mentre la coda del piccolo rettile aveva buttato a terra tutto ciò che si trovava a portata sul tavolo.

 

«Hagrid, spero tu abbia già qualcosa da dargli da mangiare» disse Hazel in direzione del mezzo gigante.

«Ma certo!» disse Hagrid iniziando a muoversi in giro per la capanna, osservato attentamente dal piccolo di drago.

«Quindi, che succede?» domandò di nuovo Hazel. Le rispose Hagrid, dopo aver appoggiato amorevolmente una ciotola piena di sangue di pollo e brandy davanti alla neonata creatura, la quale ci si fiondò vorace.

 

«C’era qualcuno che spiava attraverso le tendine… un ragazzino… è partito di corsa verso la scuola».

Hazel scambio un’occhiata con il trio che era andato dietro ad Hagrid poco prima.

«Ditemi che non era biondo»

L’espressione sui visi Harry, Ron ed Hermione fu una risposta più che sufficiente.

Malfoy aveva visto il drago.

~ * ~

«Sai, non ho ancora capito come hai fatto a… beh, fare quello che hai fatto con quel drago» disse Ron mentre risalivano la collina per andare alla Sala Grande.

«Considerando che nei libri che abbiamo trovato in biblioteca non c’era una reale soluzione a come comportarsi con i draghi neonati» aggiunse Hermione.

«E questa è anche la prima volta che ne incontriamo uno» disse Harry superando Hazel e fermandosi a fianco a Ron ed Hermione che erano arrivati in cima alla collina.

Tutti e tre attendevano una risposta e la ricevettero quando anche Hazel arrivò in cima.

 

«Beh», iniziò Hazel grattandosi una guancia con un’unghia, «Mi sono ricordata una cosa sui rettili e ho avuto abbastanza fortuna che il piccolo non mi si sia rivoltato contro».

Il silenzio che ne seguì fece capire ad Hazel che si aspettavano di più come risposta.

 

«Uff, onestamente non so esattamente come mai il piccolo si sia comportato come si è comportato. Quando vi siete girati per controllare cosa avesse visto Hagrid io sono finita vicino al tavolo e il drago se n’è accorto, ci siamo fissati per un po’ e… e non mi sembrava molto contento, io ho cercato di non fare movimenti strani o altro ma mi ha comunque mezzo ringhiato contro e poi… quando stava per, penso, ringhiarmi di nuovo gli ho sussurrato “Hush” e… si è calmato e poi non ho fatto altro… e poi me lo sono ritrovato praticamente in braccio e, beh, a quel punto vi siete girati»

«Hush?» dissero in coro Hermione ed Harry confusi.

«È un suono che ho sentito fare anche a mia madre… lo faceva spesso quando Ginny era più piccola e piangeva» commentò Ron.

«Ah», dissero in coro Harry ed Hermione.

«In effetti lo faceva anche zia Petunia… e altre signore del quartiere» disse Harry ragionando.

«Quindi hai agito come avrebbe agito una madre per calmare il proprio bambino» riassunse Hermione ed Hazel annuì.

«Sei stata molto fortunata… però un po’ ti invidio, non ho mai avuto un contatto simile con un piccolo di drago» disse Ron con un sorriso che venne ricambiato da Hazel.

«Ma che cos’era che ti eri ricordata sui rettili?» chiese Harry affiancandosi alla sorella mentre tutti e quattro ricominciavano a camminare. Ron ed Hermione, poco più indietro, li ascoltavano.

«Humm, non so se ti ricordi di quel documentario sui rettili che era passato alla TV quattro anni fa… »

Harry ci pensò su, ma poi finì per scuotere la testa e dire: «… non me lo ricordo».

«Eravamo in punizione in quel periodo… se non mi sbaglio era il sesto o il settimo giorno che non mangiavamo»

Alle loro spalle Hermione e Ron strabuzzarono gli occhi senza che i gemelli li notassero.

«Mi ricordo vagamente quel periodo» commentò Harry.

«Beh, non che ci sia molto da ricordare… comunque è andato in onda un documentario sui rettili e hanno parlato delle femmine del pitone del Natal, che è una delle poche specie di rettili che rimane accanto ai suoi piccoli per circa 15 giorni, controllandoli e proteggendoli»

«Sinceramente non mi ricordo nulla… ma, in pratica, hai ipotizzato che comportarsi come una “madre” fosse la scelta giusta e per pura coincidenza ha funzionato»

«Già» confermò Hazel annuendo.

«Sei stata molto fortunata, potevi farti male» disse serio Harry.

«Credo mi sarei fatta più male se fossi rimasta immobile» commentò onestamente Hazel, per poi sospirare.

Harry prese la mano della sorella nella sua iniziando a stringendola preoccupato, non volendo aggiungere altro alla discussione.

Ron ed Hermione dietro di loro non spiccicarono parola finché non presero posto al tavolo dei Grifondoro.

 

~ * ~

Nel sorrisetto beffardo che Malfoy portò stampato in faccia per tutta la settimana seguente c’era qualcosa che innervosiva molto Harry, Hazel, Ron e Hermione. I quattro passarono gran parte del tempo libero nella capanna semibuia di Hagrid, cercando di farlo ragionare.

«Senti, lascialo andare» lo esortava Harry. «Liberalo»

«Ma non posso» rispondeva Hagrid. «È troppo piccolo. Morirebbe».

«Hagrid» lo fermò Hazel. «Non stiamo parlando di un cane, stiamo parlando di un drago»

 

In quel momento il piccolo di drago saltò sul tavolo, allungando poi il lungo collo squamato verso Hazel per strofinare il muso sul capo di lei. Tutti osservarono il drago, compresa Hazel che allungò piano una mano a cui il piccolo rettile si avvicinò curioso.

 

Nel giro di una settimana la sua lunghezza si era già triplicata e la sua testa era ormai grossa quanto la mano di Hazel. Dalle narici continuavano a uscirgli volute di fumo.

Hagrid aveva trascurato i suoi doveri di guardiacaccia, tanto aveva da fare con il drago. Il pavimento era coperto di bottiglie di brandy vuote e di penne di pollo.

«Ho deciso di chiamarlo Norberto» disse guardando il drago con gli occhi lucidi. «Mi riconosce davvero: guardate. Norberto! Norberto! Dov’è la mamma?»

«È andato fuori di testa» mormorò Ron all’orecchio di Harry.

«Hagrid» disse Harry ad alta voce, «da qui a quindici giorni, Norberto sarà lungo quanto la tua casa. Malfoy potrebbe andare a spifferare tutto a Silente in qualsiasi momento».

Nel mentre il piccolo di drago stava usando la mano di Hazel per grattarsi sopra un’ala. Hazel, divertita, iniziò a grattare piano contro le squame che contornavano l’ala, per poi salire su in direzione del collo fino ad arrivare quasi sotto il muso. Il piccolo di drago la lasciò fare, godendosi il tutto con le palpebre abbassate sugli occhi arancioni. Hagrid si morse un labbro guardandolo.

«Lo so… lo so che non potrò tenerlo per sempre, ma non posso mica abbandonarlo, no?»

Harry si volse di scatto verso Ron.

«Charlie» disse.

«Stai diventando matto pure tu» si allarmò Ron. «Io sono Ron, hai presente?»

«Ma no! Charlie… tuo fratello! In Romania. Quello che studia i draghi. Potremmo mandare Norberto da lui. Charlie potrebbe allevarlo e poi liberarlo nella Foresta!»

«Geniale!» esclamò Ron. «Che ne dici, Hagrid?»

Alla fine, Hagrid acconsentì a mandare un gufo a Charlie per chiedergli se andasse bene.

La settimana seguente trascorse lenta. Giunse mercoledì sera: tutti erano già a letto da un pezzo, solo Hermione e Harry erano seduti nella sala comune. L’orologio a muro aveva appena suonato la mezzanotte, quando il buco del ritratto si aprì di colpo. Non appena si furono tolti il Mantello dell’Invisibilità Hazel e Ron apparvero dal nulla. Erano stati giù alla capanna di Hagrid per aiutarlo a dar da mangiare a Norberto, che adesso divorava topi morti a carrettate.

«Mi ha morso!» disse Ron mostrando loro la mano fasciata in un fazzoletto insanguinato. «Non riuscirò a tenere in mano una penna d’oca per una settimana. Ve lo dico io: quel drago è l’animale più terribile che ho mai visto, ma da come lo tratta Hagrid, si direbbe un tenero coniglietto. Quando Norberto mi ha morso, Hagrid mi ha rimproverato per averlo spaventato. E quando sono uscito gli stava cantando la ninna nanna»

Hazel a fianco a lui non aveva detto nulla, guardava a tratti corrucciata fuori dalla finestra e a tratti preoccupata la mano di Ron.

«Che le succede?» chiese sottovoce Hermione a Ron, Hazel nel mentre si era andata a sdraiare sul divano poco lontano da loro con uno sbuffo di stanchezza.

Harry che aveva osservato di sottecchi la sorella si girò verso Ron curioso.

 

«Hanno avuto una discussione accesa lei e Hagrid, io mi sono perso come è iniziata perché stavo recuperando da fuori dei secchi ma quando sono rientrato Hazel stava cercando di far ragionare Hagrid, ma lui non l’ascoltava e alla fine gli ha detto: “Hagrid, dai un freno al tuo istinto da madre o finirai per essere espulso da Hogwarts per questo!”. A quel punto Hagrid gli ha finalmente prestato orecchio e gli ha risposto: “Ma è mio figlio, come posso lasciarlo andare!”, e a quel punto Hazel gli ha detto: “Mi sono persa, da quando hai iniziato a deporre uova? Specialmente di Drago!”. Da lì in poi Hagrid ha iniziato a borbottare: “È mio figlio, punto e basta”,  “Non importa che lo abbia fatto io o meno”, “Voi non mi capite”, “Finirà per morire di fame se è lontano da me” e altre cose che non ho capito. Sinceramente io avrei gettato la spugna ma Hazel si è avvicinata a lui e, se non mi sbaglio, gli ha detto: “Hagrid, ascoltami per piacere, quello che stai facendo non è giusto né per te né per il piccolo di drago” e poi…»

 

«E poi che è successo?» chiese Harry.

 

«Hagrid è uscito velocemente dalla capanna ed Hazel lo ha seguito. Io sono rimasto dentro con il drago che era troppo occupato a mangiare topi per notare la mia paura. Non so cosa si siano detti fuori, quando alla fine mi sono avvicinato alla finestra per capire cosa stessero facendo il drago mi ha morso la mano. Sentendo il mio urlo Hazel e Hagrid sono rientrati… Hazel mi ha fasciato la mano che delle bende che aveva Hagrid e, vi ricordate prima che vi ho detto che Hagrid mi aveva rimproverato per aver spaventato il drago? Ecco diciamo che Hazel lo ha rimproverato a sua volta e beh… è riuscita a zittirlo… Tornando indietro non abbiamo parlato di altro oltre che della mia mano» disse Ron.

 

Si udì bussare alla finestra buia.

«È Edvige!» esclamò Harry, affrettandosi ad aprirle. «Deve avere la risposta di Charlie!»

Hazel, sentendolo, gli andò subito incontro insieme a Ron e Hermione e tutti e quattro accostarono le teste per leggere il messaggio, che diceva:

 

Caro Ron,

come stai? Grazie della lettera. Sarei lieto di prendere con me il Dorsorugoso di Norvegia, ma non sarà facile farlo arrivare fin qui. Credo che la cosa migliore sia affidarlo a certi amici che verranno a trovarmi la prossima settimana. Il problema è che non possono essere visti mentre trasportano un drago clandestino.

Potresti far salire il Dorsorugoso sulla torre più alta, a mezzanotte di sabato?

Loro possono venirti incontro lì e portarselo via finché è ancora buio.

Mandami una risposta al più presto.

 

Con affetto,

Charlie

 

Si guardarono.

«Abbiamo il Mantello dell’Invisibilità» disse poi Harry. «Non dovrebbe essere troppo difficile… mi pare che il Mantello sia grande abbastanza da coprire tre di noi e Norberto».

Quella settimana era stata talmente dura che gli altri tre furono subito d’accordo con lui: avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di disfarsi di Norberto… e di Malfoy.

 

Ma vi fu un intoppo. La mattina dopo, la mano di Ron si era gonfiata fino a diventare il doppio dell’altra. Il ragazzo non era certo di far bene ad andare da Madame Pomfrey: e se si fosse accorta che si trattava di un morso di drago?

Comunque, il pomeriggio non aveva più scelta: la ferita era diventata di un brutto colore verde. A quanto sembrava, le zanne di Norberto erano velenose.

A fine giornata, Hazel, Harry e Hermione si precipitarono in infermeria dove trovarono Ron a letto, in condizioni pietose.

«Non è soltanto la mano» sussurrò, «anche se mi sento come se mi stesse per cadere. Malfoy ha detto a Madame Pomfrey che voleva prendere in prestito uno dei miei libri, e con questa scusa è venuto a farsi quattro risate alla faccia mia. Non ha smesso un attimo di minacciare di spifferare da che cosa sono stato morso… Io ho detto che era stato un cane, ma non penso che Madame Pomfrey mi abbia creduto. Non avrei proprio dovuto picchiarlo, alla partita di Quidditch: è per questo che adesso se la prende con me» concluse Ron.

I gemelli ed Hermione cercarono di calmarlo.

«Entro la mezzanotte di sabato sarà tutto finito» disse Hermione, ma la cosa non parve tranquillizzarlo minimamente. Anzi, Ron si tirò su a sedere e cominciò a sudare.

«A mezzanotte di sabato!» esclamò con voce roca. «Oh no… oh no… mi è appena tornato in mente che… dentro il libro che Malfoy ha portato via con sé c'era la lettera di Charlie! Adesso sa che stiamo per disfarci di Norberto».

Harry, Hazel e Hermione non ebbero neanche il tempo di rispondere. In quel preciso istante entrò Madame Pomfrey e li mise alla porta, dicendo che Ron aveva bisogno di dormire.

 

«Ormai è troppo tardi per cambiare il nostro piano» disse Harry.

«Non abbiamo tempo di mandare un altro gufo a Charlie, e questa potrebbe essere la nostra unica possibilità di far sparire Norberto. Dobbiamo rischiare. E comunque, abbiamo il Mantello dell’Invisibilità e Malfoy questo non lo sa».

Quando andarono da Hagrid per riferirgli tutto, trovarono Zanna, il suo danese, seduto fuori con la coda bendata. Hagrid parlò loro attraverso la finestra.

«Non vi faccio entrare» spiegò. «Norberto è in vena di dispetti… ma io so bene come trattarlo».

Quest’ultima frase parve una frecciatina indiritta a Hazel, la quale sospirò stanca senza dire nulla. Quando gli dissero della lettera di Charlie, gli occhi gli si riempirono di lacrime. Ma forse piangeva perché Norberto gli aveva appena morso una gamba.

«Ahi! Tutto a posto, mi ha preso sullo stivale… è soltanto un gioco… in fine dei conti, è ancora piccolino».

«Nor!» disse Hazel ad un tono abbastanza alto da farsi sentire dal drago. In risposta si sentì un raschiare vicino ad Hagrid e poi il naso del drago spuntò dalla finestra, solo la mole di Hagrid gli impediva di lanciarsi fuori direttamente.

«Non fare male ad Hagrid» disse Hazel, senza però guardare verso Hagrid, con un’espressione a metà strada tra il disagio e l’imbarazzo dipinta sul viso.

Uno sbuffo di fumo nero e acre uscì dalle narici del drago impedendo ad Hagrid di dire alcunché e iniziando a farlo tossire; il drago si pronunciò con un ultimo borbottio risentito prima di scendere di allontanarsi dalla finestra, ma non prima di picchiare con forza la coda sul muro, facendo sbatacchiare le finestre. Quando i gemelli e Hermione ripresero la strada del castello, chi più e chi meno, non vedevano l’ora che arrivasse sabato.

 

Quando giunse il momento di dire addio a Norberto, avrebbero anche potuto provare pena per Hagrid, se non fossero tanto preoccupati al pensiero di quel che li aspettava. Era una notte molto buia e nuvolosa e arrivarono alla capanna con un po’ di ritardo perché si erano attardati nella Sala d’Ingresso ad aspettare che Peeves la smettesse di giocare a tennis contro il muro e si togliesse di torno.

Hagrid aveva già sistemato Norberto dentro una grossa cassa.

«Gli ho messo un bel po’ di topi e di brandy per il viaggio» disse con voce soffocata. «E anche il suo orsacchiotto, se mai si sente solo».

Dall’interno della cassa provenivano rumori sinistri: i gemelli ebbero l’impressione che Norberto stesse staccando la testa all’orsacchiotto.

«Addio, Norberto!» singhiozzò Hagrid mentre Harry, Hazel e Hermione ricoprivano la cassa con il Mantello dell’Invisibilità e ci s’infilavano sotto anche loro. «La mamma non ti dimenticherà!»

Non si spiegarono mai come riuscirono a trascinare quella cassa su fino al castello. Era quasi mezzanotte quando la sollevarono per salire la scalinata di marmo e la trascinarono attraverso l’ingresso e lungo i corridoi bui. Poi un’altra scala, un’altra ancora: neppure la scorciatoia che conoscevano i gemelli servì a facilitare il compito.

«Ci siamo quasi!» esclamò Harry ansimando quando raggiunsero il corridoio situato al di sotto della torre più alta.

Davanti a loro qualcosa si mosse così all’improvviso che quasi lasciarono cadere la cassa. Dimenticando di essere invisibili, si ritrassero nell’ombra e rimasero a guardare le sagome scure di due persone impegnate in un corpo a corpo a tre metri da loro. A un tratto si accese un lume.

Era la professoressa McGonagall, in vestaglia scozzese e retina per i capelli, che teneva saldamente Malfoy per un orecchio.

«In punizione!» gridò. «E venti punti in meno a Serpeverde! Andare in giro nel bel mezzo della notte… Come ti permetti

«Professoressa, lei non capisce… stanno arrivando i Potter… hanno un drago!»

«Ma che sciocchezze! Come osi raccontare simili panzane! Avanti, Malfoy… riferirò tutto al professor Piton!»

Dopo quel che avevano udito, salire la ripida scala a chiocciola che conduceva in cima alla torre sembrò loro la cosa più facile del mondo. Soltanto quando furono usciti fuori nell’aria fredda della notte si tolsero di dosso il Mantello, lieti di poter finalmente tornare a respirare come si deve.

«Mai p-più» boccheggiò Hazel accasciandosi sulla cassa.

Hermione improvvisò un balletto.

«Malfoy si è beccato una punizione! Sono talmente contenta che mi metterei a cantare!»

«Evita» le consigliò Harry.

Sempre ridendosela per la sorte di Malfoy, rimasero in attesa, mentre Norberto si agitava nella sua cassa.

«Sapete… mi mancherà un pochino Nor» disse Hazel ad un certo punto, accarezzando la cassa.

Harry ed Hermione la guardarono un attimo spaesati, a loro non sarebbe mancato più di tanto.

«È già la seconda volta che ti sento chiamare il drago Nor, perché lo chiami così?» chiese Hermione. Hazel sorrise ad entrambi per poi fare un cenno verso la cassa e chiudere gli occhi.

«Perché è una femmina» commentò Hazel. «Hagrid non lo sa e… non mi sono sentita di dirglielo»

«Come sai che è una femmina?» chiese Harry curioso.

«Perché ha tutte le caratteristiche che la identificano come tale» rispose Hazel con un mezzo sorriso verso la cassa. «Il portamento più aggressivo, il colore delle squame più chiaro sotto il muso, lo forma delle corna più arcuata sulle punte e altre cose… non è molto accentuato ma si può già capire»

«Ah», fece Harry ed Hermione disse: «Non ci avevo fatto caso».

«Nemmeno io l’avevo notato all’inizio e… il fatto che sia una femmina spiega perché ha morso Ron e ha ripetutamente morso Hagrid… non è solo per giocare come pensa Hagrid, in diversi libri è specificato che i draghi giovani tendono ad essere meno aggressivi con elementi delle stesso sesso e di razze diverse»

«Questo è… vero» disse Hermione scoraggiata. «Non mi sono ricordata quel particolare…»

«Hermione» la richiamò Hazel distraendola dai suoi pensieri. «Nemmeno io me lo sono ricordata, non fartene un cruccio ora».

Hermione annuì rimanendo però pensierosa. Il drago nel mentre aveva iniziato a graffiare all’interno della cassa.

Dopo circa dieci minuti, videro sbucare di colpo dall’oscurità quattro scope.

Gli amici di Charlie erano dei tipi simpatici. Mostrarono ai gemelli e a Hermione i finimenti che avevano fabbricato in modo da poter volare con Norberto sospeso tra loro. Tutti diedero una mano per assicurare la cassa a quei sostegni. Hazel infilò di soppiatto una sua piccola ciocca di capelli chiusa con un nastro in uno spiraglio della cassa.

Spero possa servire per non farla agitare troppo durante il viaggio.

Alla fine, Hazel, Harry e Hermione strinsero la mano agli altri ringranziandoli sentitamente. 

Finalmente, Nor se ne andava: seguendola con lo sguardo, la videro allontanarsi e scomparire.

Ora che si erano liberati di lei, ridiscesero lungo la scala a chiocciola col cuore leggero. Niente più drago, Malfoy in punizione… ormai, che cosa avrebbe potuto guastare la loro felicità?

Verso la fine delle scale Hermione si fermò di colpo.

«Abbiamo dimenticato il mantello, lo vado a prendere» e spiccò una corsa veloce per andare a recuperarlo.

I gemelli aspettarono qualche minuto poi scesero gli ultimi gradini, mettendo piede nel corridoio non aspettandosi la faccia di Filch che sbucò all’improvviso dalle tenebre.

«Bene, bene, bene» mormorò, «vedo che ci siamo cacciati nei pasticci!»

Mai come in quel momento desiderarono aver aspettato Hermione.

 

 

Fonte per informazioni su Pitoni del Natal: https://imieianimali.it/listinto-materno-nei-serpenti/

 

Note dell'autrice:

Buongiorno/Buonasera a tutti i lorsignori qui presenti a leggere le note!

Iniziamo con i ringraziamenti d’obbligo:

A chi ha messo la storia tra le preferite: durabo, Elisa_, Feffy657, interista e ketty95

A chi ha messo la storia tra le seguite: cris325, ShioriF, durabo e uffauffa1

 

Carissimi, è da un BEL po’ di tempo che non ci si vede con un capitolo nuovo… e ammetto che mi sono divertita a scriverlo.

Spero mi facciate sapere cosa ne pensate, un saluto sincero a tutti quanti.

 

Saluti e ossequi,

Immortal Lady

 

La serie di Harry Potter e il suo contenuto sono di esclusiva proprietà di J. K. Rowling. Questa storia è scritta solo a scopo di intrattenimento e senza scopo di lucro.

 

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