Allucinazioni

di Kagome
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Allucinazioni

Scritto da: JuliaFC

Beta: Genxha

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. “Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir” (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d’autore.
 

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Hallucinate di undefined

Prima Parte

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Nel suo covo, Monarch sorrise. Invocò il potere di Kaalki e aprì un portale Voyage. «Vai, mia mega akuma. Offusca questo cuore spezzato!»

L’akuma color porpora sbatté le ali verso il portale e raggiunse un vicoletto, avvicinandosi alla scatola di pillole nelle mani di una ragazza seduta a terra abbracciandosi le ginocchia, il volto coperto dietro le gambe.

«Hallucinate, sono Monarch. Come ha osato la tua famiglia dirti che il tuo dolore non era reale? Come hanno osato non capire che anche se non potevano percepire ciò che vedevi e sentivi, per te era comunque reale? Ti do il potere di oscurare la visione delle persone e di mostrargli le loro paure più profonde, proprio come è successo a te. In questo modo, la tua famiglia sperimenterà il tuo dolore e ti amerà di nuovo. In cambio, mi darai i Miraculous di Ladybug e Chat Noir. Abbiamo un accordo?»

La testa della ragazza si alzò, la maschera eterea sul suo volto risplendette nel vicolo buio e sporco, mentre un sorriso le spuntava sulle labbra. «Certo, Monarch». Quando l’energia viola avvolse il suo corpo, la ragazza sparì, e una fitta nebbia iniziò a salire dal suolo, diffondendosi lentamente ma inesorabilmente fuori dal vicolo e verso la strada.

§§§

Marinette era in ritardo. Di nuovo. Non aveva sentito la sveglia, e ora, avendo solo pochi minuti a disposizione prima che iniziasse la giornata scolastica, sfrecciò nella cucina della pȃtisserie di famiglia, afferrò un paio di croissant e salutò con un cenno del capo la madre e il padre, prima di uscire di corsa dalla porta sul retro.

Tom e Sabine scossero la testa e sorrisero. Marinette non avrebbe mai imparato.

Ma mentre percorreva la breve distanza che separava la boulangerie dei suoi genitori dal Collège Françoise Dupont, Marinette fu sorpresa nel vedere il fumo che si spandeva a terra e le toccava i piedi. Si fermò un attimo e si guardò intorno, ma il cielo era sereno, quindi sollevò un sopracciglio e continuò a correre.

Aveva appena raggiunto il Collège e salito i gradini per varcare la soglia della scuola, però, quando sentì la fastidiosa sensazione di acqua sui piedi. Aggrottando le sopracciglia (perché c’era acqua? Il cielo era limpido!), si guardò i piedi per vedere che il fumo che aveva visto prima aveva lasciato il posto a dell’acqua che sembrava stesse lentamente aumentando di livello. Aprì la sua borsetta e scambiò uno sguardo preoccupato con Tikki.

«Cosa c’è che non va, Marinette?» chiese la kwami dalla borsetta.

«È strano» mormorò lei in risposta. «C’è dell’acqua per terra, ma il cielo è sereno. Cosa mai...?»

«Da qui non vedo nulla, quindi non posso giudicare, ma devi sbrigarti o farai tardi a scuola!» disse la kwami, facendo sussultare Marinette e facendole riprendere la sua corsa. Attraversò il cancello del Collège e si precipitò sulle scale per raggiungere la sua classe. Ma quando aprì la porta e si guardò intorno, il cuore le si fermò e il sangue le si congelò nelle vene.

Blu ghiaccio.

Quegli occhi blu ghiaccio le riempirono la visione. Seduto in prima fila, proprio dove di solito si sedeva Adrien, c’era la figura che aveva perseguitato i suoi incubi negli ultimi mesi.

Chat Blanc.

Cosa ci faceva Chat Blanc nella sua classe? Lo sguardo terrorizzato della ragazza si fissò su quei gelidi occhi blu, ma lei si costrinse a guardarsi intorno, con il cuore in gola, per capire cosa stesse succedendo. Tutti i suoi compagni erano seduti ai loro posti, ma si erano trasformati in statue.

Marinette urlò.

«Marinette!» disse Chat Blanc. «Tutto bene?»

Il respiro di Marinette si fece erratico mentre con lo sguardo scandagliava la stanza, cercando di trovare una via di fuga, ma non ne trovava nessuna. Sbatté le palpebre e si guardò le mani, ora coperte dalla tuta a pois di Ladybug. Il panico le fece perdere ogni nozione di dove si trovasse e di cosa stesse facendo.

«N-no, ti sbagli! Non sono Marinette!» Vide la maschera bianca di lui incresparsi nella parte superiore mentre il ragazzo aggrottava le sopracciglia e sentì il sangue congelarsi nelle sue vene. «È impossibile; non ti ho mai detto nulla!»

In quel momento cominciò a sentire voci familiari riecheggiarle in testa: la signorina Bustier, Alya. Vide una versione sfocata di quelle che sembravano la statua di Alya, proprio dietro Chat Blanc, e la Bustier, dove di solito sedeva alla scrivania, che cominciavano a muoversi, e sbatté le palpebre con forza, scuotendo la testa per la sorpresa. Per un millisecondo rivide la sua classe normale, Alya e la Bustier che si avvicinavano a lei e, per qualche motivo, Adrien dove un secondo prima era Chat Blanc. Ma la sua vista si offuscò di nuovo e la figura di Chat Blanc si sovrappose ad Adrien e le statue a quelle della signorina Bustier e Alya, mentre un mal di testa lancinante le rimbombava nel cervello.

«Marinette? Tutto bene?»

«Cosa c’è che non va, Marinette?»

«DAMMI IL TUO MIRACULOUS!» le urlò in testa la voce di Chat Blanc, coprendo le altre voci. Il respiro iniziò a diventarle irregolare mentre portava le mani ai lati della testa. «Sistemeremo tutto!» ripeteva la voce.

Marinette alzò di scatto la testa, rendendosi conto di essersi accucciata su se stessa e di aver abbassato la guardia; quando lo fece, vide Chat Blanc proprio accanto a lei e sobbalzò, emettendo un suono simile a un forte squittio.

«No! Cosa ti è successo, Chat Noir?» gridò, e per qualche motivo il ragazzo akumizzato spalancò gli occhi e rabbrividì.

«Io... io non sono Chat Noir…» cominciò, ma Marinette gli posò una mano guantata al lato del viso.

«Per me sarai sempre Chat Noir» sussurrò. Poi abbassò lo sguardo e aggiunse: «Mon doux chaton. Non potrei mai farcela senza di te. Tu non sei così…» Ma mentre lo diceva, sentì delle mani che le stringevano la testa e cercavano di toglierle gli orecchini. Non riuscendo a vedere nulla, reagì istintivamente, tirandosi indietro, chiudendo gli occhi e muovendo le braccia a scatti per impedire a chiunque fosse di toccarla.

«Marinette!» Sembrava la voce di Alya. Perché risuonava così forte nella sua testa? Si muoveva nel suo cervello come la pallina di un flipper, depositando ad ogni colpo una fitta di dolore. «Dammi i tuoi orecchini!»

«Mai!» Marinette borbottò. «Dovrai prenderli dal mio cadavere! Non ti darò mai il mio Mir...» Ma sentì due braccia stringerla forte e una mano coprirle la bocca per impedirle di continuare a parlare; per quanto cercasse di divincolarsi e di liberarsi, non ci riusciva, così cominciò a farsi prendere dal panico perché non sentiva più la presenza dei suoi orecchini.

«Andrà tutto bene, Milady» sentì la voce di Chat Blanc riecheggiare nella sua testa, ma era solo un sussurro, quindi perché le sembrava così forte? Era lui che l’abbracciava? Aveva preso il suo Miraculous? Non sentiva più i suoi orecchini! Era un disastro, era la fine del mondo! Non poteva permettergli di esprimere il desiderio; non poteva permettergli di ricreare l’universo! Cominciò a urlare e a dimenarsi, cercando di sfuggire alla presa che la teneva ferma, ma mentre lo faceva, le coccinelle magiche la avvolsero all’improvviso; Marinette sbatté le palpebre e si ritrovò avvolta nel saldo abbraccio di...

«Adrien?»

Sbatté di nuovo le palpebre e cercò di spostare la testa all’indietro per guardare la persona che la teneva stretta. Ma più si sforzava, più la persona la stringeva.

«Marinette?» Le disse Adrien nell’orecchio. «Sei di nuovo con noi? Posso lasciarti andare?»

«Aha». Annuì lei e sussultò per l’imbarazzo quando Adrien la liberò, titubante, dal suo abbraccio e poté guardarsi intorno. Erano in classe, ed era vuota. «Che succede?» riuscì a chiedere. Il suo sguardo si spostò fino a incontrare gli occhi di lui, e l’intensità di quelle iridi così verdi le fece arroventare il viso. Arrossì e abbassò lo sguardo.

«Eri sotto l’effetto di un’akuma» disse Adrien, ma le mani di Marinette corsero ai lobi delle sue orecchie e si accorse improvvisamente che gli orecchini erano spariti. Il cuore le si strinse, mentre gli occhi le si allargavano. Adrien sorrise dolcemente. «Li ha presi Alya. Scarabella ha dovuto combattere da sola». Distolse lo sguardo, le guance si colorarono di rosa, mentre continuava a sfregarsi la nuca con la mano. «Perché io ero qui con te».

Gli occhi di Marinette si spalancarono; incontrò lo sguardo di lui come se lo guardasse per la prima volta, poi prese la sua mano destra e concentrò la sua attenzione sull’anello d’argento che il ragazzo portava all’anulare.

«Oddio…» sussurrò, con il cuore nelle orecchie, mentre tratteneva il fiato, lo sguardo fisso sull’anello. Affascinata, mosse la mano... oh, sì, la sua mano nuda; non era più Ladybug. Non era nemmeno sicura se si fosse trasformata affatto oggi. Era tutto così confuso! Fece scivolare la mano per afferrare quella destra di lui, e le dita le si mossero automaticamente, raggiungendo e accarezzando il Miraculous del Gatto Nero. Perché non c’era dubbio alcuno, quello era il Miraculous di Chat Noir, non poteva negarlo, non dopo aver visto Chat Blanc al posto di Adrien e averlo sentito chiamarla Milady.

Marinette trattenne il fiato... Aspetta un attimo. Cosa? Le si ghiacciò il sangue nelle vene mentre il cuore le perdeva un battito e gli occhi le si allargavano per lo shock.

Stava ancora strofinando l’anello di lui quando osò lanciargli un timido sguardo e il cuore le riprese a battere. Beh, più che altro iniziò a galoppare all’impazzata. «Mi hai chiamata... Milady

Adrien alzò lo sguardo, portandosi la mano alla nuca e facendole un sorrisetto forzato. Anche lui inspirò a fondo. «Uh, beh, dopo quello che hai detto prima che riuscissi a coprirti la bocca, non credo di avere dubbi». Il suo sguardo si mosse rapidamente per incontrare quello di lei. «Mi sbaglio?»

Ecco, Adrien le stava offrendo una via d’uscita. Poteva dire che si era sbagliato e avrebbe potuto mentire per uscire dall’enorme pasticcio in cui si era cacciata. Razionalmente, sapeva che era la cosa giusta da fare. Doveva proteggere la sua identità. Ma prima di tutto Marinette dubitava che Adrien avrebbe creduto alle sue bugie, non questa volta almeno. E, in secondo luogo, tra il dire (o, in questo caso, il pensare) e il fare... Quindi Marinette fece l’unica cosa che le sembrava giusta. Abbassò lo sguardo e scosse lentamente la testa, incapace di controllare la voce.

Adrien si limitò ad annuire. «Lo immaginavo» ammise, e Marinette sentì il viso diventarle molto caldo sotto il suo sguardo. «Non credo che nessun altro ti abbia riconosciuta, ma sei stata fortunata che ci fossimo Alya ed io».

Ma Marinette non lo lasciò finire. Strinse più forte la mano che aveva già afferrato; Adrien smise di parlare quasi all’istante. «Che cosa ho detto?» gli chiese.

«Mi hai chiamato chaton e» mormorò lui, serrando le labbra, «quando ti ho detto che non ero Chat Noir, mi hai detto che per te lo sarei sempre stato». Tra loro calò un silenzio impacciato; Adrien sembrava confuso e imbarazzato, con la mano saldamente appoggiata sulla nuca mentre le lanciava qualche occhiata incerta. «Stavi parlando di una catastrofe, della fine del mondo, e mi hai chiesto dove fosse la mia Akuma. Mi hai detto che non potevi farcela senza di me. E a quel punto non potevo non capire perché… nemmeno io potrei farcela senza di te, Insettina». Quando la sentì trattenere il respiro, aggrottò le sopracciglia. «Ti va di dirmi che è successo?»

Lei espirò lentamente l’aria che tratteneva nei polmoni e si afferrò la parte inferiore del viso con entrambe le mani, serrando le labbra. Adrien stava sfoggiando il cipiglio più preoccupato che lei avesse mai visto sul suo volto, e Marinette non lo biasimava. Aveva avuto le allucinazioni, quindi probabilmente non aveva scelto con cura le sue parole. Era stata cruda e concisa, ripetendo esattamente quello che era successo quel giorno, lasciando che le sue paure prendessero il sopravvento. Per fortuna c’erano stati lui e Alya, altrimenti le conseguenze del suo errore sarebbero potute essere gravissime.

«Haha…» Rise in modo così nervoso che il suono assomigliava più a quello di una sega che tagliava il vetro che a una risata. «È buffo» cominciò, ma una rapida occhiata ad Adrien la bloccò.

«Prima non sembravi divertita» le disse lui.

Marinette afflosciò le spalle. «No, hai ragione. Non è per niente buffo». Gli occhi le si riempirono di lacrime. «Una volta ho commesso un errore che ha causato la tua akumizzazione».

Il cipiglio di Adrien si accentuò: «Non sono mai stato akumizzato».

«Non in questa linea temporale, no». Sospirò lei. «Ma qualche tempo fa, ho usato il mio Miraculous per entrare in camera tua e lasciarti un regalo per l’onomastico del tuo quinto nome».

Un lampo di comprensione brillò negli occhi di Adrien. «Il berretto» sussurrò.

«Sì» ammise Marinette, le cui spalle si sollevarono per permetterle di abbracciare le sue braccia, facendola sembrare ancora più piccola di quanto fosse in realtà. «Era un regalo da parte mia, non dei tuoi fan in Brasile. Mi dispiace di averti mentito, ma è stata la prima cosa che mi è venuta in mente».

Un piccolo sorriso incurvò le labbra di Adrien quando il suo sguardo catturò di nuovo quello di lei e si allargò subito dopo, quando le guance della ragazza si colorarono di rosa e lei abbassò lo sguardo. «Era una scusa difficile da credere, a dire il vero. Mi ci sono voluti cinque minuti per controllare online e rendermi conto che non esisteva».

«Lo sapevi?» interruppe lei, ma lui sorrise ancora.

«No, ho pensato che doveva trattarsi di un fan club molto piccolo». Il suo sorriso si trasformò in un piccolo ghigno, mentre i suoi occhi si riempivano di malizia. «Non mi aspettavo che Ladybug mi mentisse. E, a proposito, non mi aspettavo che mi regalasse un berretto con dei cuori ricamati sopra». Il suo sorriso si allargò quando il rosa sulle guance di Marinette passò a una profonda tonalità di rosso.

Lei rabbrividì. «Sì, haha.» Di nuovo una risata in stile sega che raschia il vetro. Marinette si coprì la bocca con la mano e le parole successive le uscirono ovattate, ma non abbastanza perché lui non potesse sentirle. «Un’altra cosa buffa…»

Lui alzò un sopracciglio.

«Ok, ok, hai ragione. Non è per niente buffa!» Alzò entrambe le mani davanti al viso per ammettere la sconfitta. «Le ragazze hanno provato a convincermi a dichiararmi a te tante volte, ma andava sempre tutto storto. Avevo passato un sacco di tempo a fare quel berretto, e il piano era di dartelo come Marinette, ma la tua governante non voleva farmi entrare, così decisi di trasformarmi, entrare nella tua stanza e lasciare il regalo sul tuo cuscino con un biglietto firmato da Marinette».

Gli occhi di Adrien si spalancarono, il ragazzo si piegò in avanti a gambe incrociate, le spalle e la schiena così tese che si sarebbero potute spezzare. «Dichiararti? Anche allora? Così tanto tempo fa?» sussurrò, mentre il suo sguardo cercava quello di lei, facendo arrossire la ragazza di fronte a lui di una tonalità di rosso ancora più scura. «E poi... non c’era nessun biglietto firmato da Marinette…» concluse.

Lei rabbrividì di nuovo. «No, ho dovuto cancellare la mia firma perché... per quello che è successo dopo. All’inizio avevo lasciato la stanza senza accorgermi che tu eri entrato mentre stavo uscendo. Mentre tornavo al punto d’incontro con le ragazze, Bunnyx è apparsa sul tetto su cui mi trovavo e mi ha portato in questo orribile futuro in cui tu eri stato akumizzato».

Adrien rimase a bocca spalancata. «Cosa?»

«Avevi distrutto il mondo» disse lei, con le mani a coppa sulla bocca che smorzavano le sue parole. «Anche la luna. Eri solo, completamente bianco, con gli occhi blu invece che verdi. Non dimenticherò mai quegli occhi; erano così carichi di follia. La città era sott’acqua, non c’era nessuno; chissà, forse avevi cataclismato la popolazione mondiale, non lo so! Ma so per certo che avevi cataclismato Papillon». Poi lo guardò, con il cuore che batteva all’impazzata: «E me».

«No…» Il ragazzo sussultò.

«Non so cosa sia successo. Hai detto che era stato un incidente. Che ti avevo spezzato il cuore e…» Ansimò e fece un respiro doloroso. «Il nostro... amore... aveva distrutto il mondo».

Quando guardò Adrien, gli occhi di lui erano pieni di lacrime e scuoteva la testa. Non l’aveva mai visto così pallido. «Non avrei mai…»

«Eri akumizzato! Non eri più tu! Ma sapevi la mia identità; mi chiamavi Marinette e mi dicevi che eravamo innamorati ed eravamo stati felici finché Papillon non aveva rovinato tutto. Mi dispiace, Adrien, non avrei dovuto mantenerti a distanza senza spiegarti cos’era successo, ma... l’esperienza mi ha scioccata! Ho avuto un’infinità di incubi, non sono riuscita a dormire per settimane».

«Perché non me l’hai detto?»

«A che pro?» sbottò lei. «Era sufficiente che uno solo di noi ne rimanesse traumatizzato!»

«Non dovevi essere lasciata ad affrontare la cosa da sola. Avrei potuto aiutarti!»

«Come?» Le lacrime ora le scorrevano dagli occhi lungo le guance, ma anche lui stava piangendo. Le afferrò il viso con entrambe le mani e la guardò dritto negli occhi prima di avvolgerla in un abbraccio struggente.

«Mi dispiace» le sussurrò all’orecchio.

«Non hai nulla di cui scusarti, Gattino. Sono io che dovrei farlo. Avrei dovuto dirtelo, ma avevo tanta paura!»

Adrien voleva rispondere, ma il rumore di passi provenienti dal corridoio esterno attirò la sua attenzione. Si asciugò gli occhi e le guance con il dorso della mano e si sistemò il top prima di alzarsi rapidamente e tendere una mano a Marinette per aiutarla ad alzarsi a sua volta. Lei seguì il suo esempio, si asciugò gli occhi e accettò il suo aiuto.

«Gli altri stanno tornando in classe». Adrien tirò su col naso. «Stasera, al nostro solito posto?»

Marinette riuscì solo ad annuire prima che la porta si spalancasse ed entrasse Alya.

«Marinette! Ragazza mia, stai bene? Adrien è riuscito a rimetterti in sesto! Sono così contenta!» Abbracciò la sua migliore amica e, mentre lo faceva, le rimise con maestria gli orecchini ai lobi delle orecchie. Il sorriso caloroso di Marinette mentre si toccava gli orecchini e lo sguardo che si scambiarono non passarono inosservati ad Adrien, ma furono ignorati da tutti gli altri studenti che si riversarono nell’aula.

«Sono felice che tu sia tornata normale, Marinette. È stato terrificante: hai iniziato a urlare e a comportarti come se Adrien volesse ucciderti». Mlle Bustier abbracciò Marinette. Poi la guardò di nuovo. «Ho visto al telegiornale che l’akuma dava allucinazioni. Deve essere stato davvero terribile».

«Mi dispiace di averla spaventata, signorina Bustier». Marinette guardò dolcemente la sua insegnante e poi spostò lo sguardo su Adrien, che le stava facendo un leggero sorriso. «E anche tu, Adrien. È meglio che non guardi mai più i film dell’orrore. Quel... gatto mannaro mi ha spaventato a morte».

«Gatto mannaro?» Chiese Nino, raggiungendo anche lui Marinette e avvolgendola in un abbraccio. «È stato orribile, Dudette. Sembrava quasi che tu pensassi che Adrien fosse Chat Noir».

Un sorriso teso incurvò le labbra di Marinette, le cui mani si agitarono nervosamente davanti al viso. «Ehm, cosa? Chat Noir? N-no, Nino, ho solo visto un gatto mannaro nero nella stanza; era tratto da un film che mio padre stava guardando ieri sera. Niente a che fare con Adrien e sicuramente niente a che fare con Chat Noir!»

Anche Alya sorrise e afferrò Nino per la mano per riportarlo al loro posto. «Già, che idea stupida. Adrien Agreste sarebbe Chat Noir... prova a immaginare. Come se due persone non potessero essere più diverse. Siediti, tesoro; ne hai bisogno».

Nino sbatté le palpebre un paio di volte, guardò confuso i suoi amici e si strofinò la nuca. «Sì, avete ragione, certo. Che idea stupida…» Rise nervosamente. «Scusa, mon pote».

Adrien fece un gesto evasivo e tutti si sedettero per riprendere la lezione.

Continua…
 


Nota dell’Autrice


Ciao a tutti!

Non so come mai ma mi ero dimenticata di inviare questa storia! Beh, l’ho scritta per Natale e ve la beccate per Pasqua, non fa niente! Mi ero pure domandata come mai nessuno l’avesse recensita XD Che testa!! 

Cmq ecco qui, questa storia è stata scritta per il giorno di Santa Lucia del gruppo h/c Italia, il tema era, per l’appunto (visto che si trattava di Santa Lucia), allucinazioni e qualcosa che rendesse il personaggio cieco, anche se temporaneamente. Quindi Marinette si è beccata quest’altro trauma… beh, non fa niente, con me c’è abituata! Anche in canon a dire il vero. 

Spero mi vogliate graziare con un commento. Sono molto demoralizzata di recente perché non vedo commenti alle storie in Italiano. EFP mi sa che è morto, ma io imperterrita continuo a pubblicare qui. Me loi direste se vi foste tutti trasferiti da qualche altra parte, vero? Oppure vi siete tutti rotti le scatole di Miraculous e non lo seguite più? :’( 

Insomma, posterò il resto tra qualche giorno ma gradirei commenti, per piacere! Fatemi sapere che ne pensate, se no che posto a fare? :(

 

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Capitolo 2
*** seconda parte ***


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Seconda Parte

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Quando Ladybug si sedette accanto a Chat Noir al loro solito posto di fronte alla Torre Eiffel, la Dame de Fer splendeva alta e fiera nell’oscurità della notte, l’esatto contrario di come Ladybug stessa si sentiva. Aveva trascorso molto tempo nella sua stanza prima di trasformarsi, facendo mente locale con Tikki, cercando di dare un senso a ciò che era accaduto quella mattina e di trovare il coraggio di trasformarsi e di raggiungere Chat Noir-Adrien!-per la pattuglia. Alla fine, però, era riuscita a pronunciare le parole e si era precipitata fuori dalla sua stanza verso il Trocadéro. Dopo tutto, Adrien sapeva dove abitava. Non avrebbe potuto più sfuggirgli.

Passarono un po’ di tempo ad ammirare la torre che brillava contro il cielo nuvoloso, la luna che sbucava dalle nuvole e sorrideva beffarda dall’alto. Poi, Ladybug fece un grande respiro e la sua espressione cambiò in determinazione. Allungò la mano verso il suo yoyo e lo aprì per estrarne una rosa rossa. Strinse la bocca e si morse il labbro inferiore prima di guardare il ragazzo accanto a lei e infilargli il fiore sotto il naso. Il modo in cui lui sbatté le palpebre e spostò lo sguardo lentamente dalla rosa al viso di lei mostrava tutta la sua sorpresa.

«Cosa...» cominciò a dire, ma lei non glielo permise.

«Sono stata così stupida» disse lei, interrompendolo.

«Non sei stupida, LB; perché dici così?» Prese la rosa dalla mano di lei e la fissò, incerto sul da farsi. La annusò; poi si girò a guardarla.

Lei annaspò, il viso le perse colore mentre la sua voce tremante pronunciava le parole che più temeva di dire: «Mi sono innamorata due volte dello stesso ragazzo». Gli lanciò un’occhiata e poi si rannicchiò su se stessa come se cercasse di proteggersi da eventuali colpi, abbracciandosi le braccia e strofinandole nervosamente.

Continuò: «Ero così decisa a non volermi innamorare di Chat Noir dopo aver visto il futuro con Chat Blanc. Ma poi Félix mi ha ingannata così bene che ho iniziato a mettere in discussione i sentimenti che pensavo di provare per Adrien, pensando che mi distraessero dall’essere Ladybug e che offuscassero il mio giudizio, costringendomi a commettere errori. Quando Félix è riuscito a ingannarmi, mi sono resa conto che non conoscevo Adrien...» Si fermò per un attimo, con lo sguardo che passava dal viso di lui alla rosa che gli aveva dato in mano. «—te...» Un’altra pausa. «Non ti conoscevo affatto. E poi hai iniziato a cercare di avvicinarti a Marinette-me, e sono andata nel panico perché non volevo commettere altri errori e magari perdere il mio Miraculous perché mi ero distratta».

Chat Noir iniziò a far rotolare il fiore tra le dita, passandolo da una mano all’altra. «Quindi non c’è speranza per noi due? Non c’è possibilità che tu ci dia una chance?» La guardò accigliato e sospirò. «Io... non stavo scherzando l’altro giorno quando ti ho detto che penso molto a te». Le sue labbra si distesero in un timido sorriso mentre ridacchiava. «Plagg dice che sono disgustoso. La verità è che non riesco a pensare ad altro. Non so quando mi sono innamorato di te, Marinette, ma è successo. Il solo pensiero di perderti mi spezza il cuore».

La sua voce si incrinò mentre lo diceva e quando Ladybug lo guardò, poté vedere le lacrime che brillavano sotto la luce della luna lungo le sue guance. «Io amo davvero Ladybug» continuò mentre la sua voce si incrinava ancora di più e il suo respiro si faceva affannoso, «e amo davvero anche Marinette. Il mio cuore è così pieno di sentimenti per te che temo quasi che possa scoppiare». Ridacchiò. «Anch’io mi sono innamorato due volte della stessa ragazza. Siamo entrambi degli enormi idioti».

Ladybug sbuffò. «Tikki e Plagg devono essere stufi di tutti i nostri melodrammi. Sapevano le nostre identità fin dalla prima volta che abbiamo affrontato Dark Owl!»

Chat Noir ridacchiò sommessamente. «Ne so qualcosa... Plagg ha passato il pomeriggio a farmi la predica su quanto fossi idiota. E mi ha incolpato della sua mancanza di sonno. Ho dovuto ordinargli una partita di Camembert molto ben stagionato per fargli ’perdonare’ la mia stupidità. Parole sue».

La risatina di Ladybug si trasformò in una vera e propria risata. «Non hai davvero...»

«L’ho fatto invece. Mi sono sentito così in colpa per il povero Dio millenario che ha dovuto ascoltare per mesi che mi struggevo per Ladybug e che dicevo che Marinette era solo un’amica. Che, tra l’altro, era solo una bugia per me stesso. E poi, di recente, mi struggivo per Marinette circa 50 volte al giorno e ho scartato Ladybug, dicendo che è una ragazza eccezionale ma solo una compagna. Sono così imbarazzato!»

«TU sei imbarazzato!» sbottò Ladybug. «Che devo dire io? Davo il bacio della buonanotte alle tue foto ogni sera, ho imparato a memoria i tuoi orari per i prossimi tre anni, ho fatto piani con le mie amiche per rapirti per confessarti i miei sentimenti e disegnato tabelle con piani dettagliati su come fare tutto questo in 50 semplici passi. Ho rivisto la pubblicità del tuo profumo più di 400 volte». Fece una pausa e rabbrividì. «Ok, facciamo mille». Arrossì. «E il messaggio che ci hai mandato il giorno in cui tuo cugino ha cancellato il video che ti avevamo inviato, in cui ci dicevi che ci amavi? L’ho ascoltato ancora più volte. Ero ossessionata da te e, come ho detto l’altra sera, mi faceva agire nei modi peggiori». Fece una pausa perché la voce le si era incrinata e il labbro inferiore le tremava, rendendole difficile continuare a parlare. «Quando abbiamo affrontato Miracle Queen, mi sono ingelosita del fatto che tu e Katami vi steste baciando sulla riva...»

«Non ci stavamo baciando!» sbottò Chat Noir, aumentando l’imbarazzo di Ladybug.

«Ancora peggio. Ho pensato che lo steste facendo, e questo ha offuscato il mio giudizio a tal punto che ho dimenticato di detrasformarmi prima di raggiungere il Maestro Fu e Papillon ha scoperto il suo nascondiglio. Ho anche scelto il Drago senza un motivo razionale: volevo solo portarti via Katami». Si accasciò e abbracciò le braccia, strofinandosi il braccio destro con la mano sinistra. «Forse se avessi pensato più lucidamente e avessi scelto invece l’Ape, Chloé non avrebbe...»

Chat Noir le mise una mano sulla spalla, facendola tacere. «Non biasimarti per questo. Il cuore di Chloé non era al posto giusto; ora lo posso vedere. Se le avessi dato l’Ape, forse non ci avrebbe tradito in quel momento, ma prima o poi l’avrebbe fatto. Lo faceva solo per ottenere l’approvazione degli altri, non perché volesse cambiare». Abbassò lo sguardo. «Non cambierà mai perché… dentro di sé non lo vuole davvero».

Ladybug rimase in silenzio per un po’, allungando la mano per afferrare quella di lui sulla sua spalla e accarezzarla dolcemente. «Forse hai ragione» sussurrò alla fine. «Ma questo non cambia il fatto che la mia gelosia abbia offuscato il mio giudizio e che per questo motivo abbiamo perso Master Fu».

Entrambi si guardarono e fecero il broncio, incapaci di esprimere a parole la valanga di emozioni che stavano provando in quel momento.

«Che cosa ci rimane, allora?» Chat Noir chiese dopo una lunga pausa. «Hai commesso un errore e posso capire che questo ti abbia turbata. Anche a me ha scosso perdere Master Fu, e non lo conoscevo bene come te». Sospirò. «Ma sei un essere umano, Insettina. Tutti commettiamo qualche errore...»

«Io sono Ladybug! Non posso commettere errori! Non mi è permesso!» gli gridò lei in risposta. «Se faccio errori, i Miracolous vengono persi, il desiderio viene espresso, il mondo viene riscritto». Si mise i pugni ai lati della testa e il suo corpo cominciò a dondolare avanti e indietro, con le lacrime che le luccicavano negli occhi. «O cataclismato, che è pure peggio". La voce le si incrinò prima di non poterne più; si portò le mani sul viso, iniziando a singhiozzare.

Lui le afferrò le spalle, costringendola a girarsi per guardarlo. «Sì, tu sei Ladybug. La più grande supereroina di sempre».

«Haha», lo interruppe lei, con una risata priva di umorismo. «La più grande supereroina dei miei stivali. Sono solo una ragazza come tutte le altre, che non riesce nemmeno a dire al ragazzo che le piace che lo ama. Sono un disastro ambulante! Come puoi dire che sono grande?»

«Tu sei la più grande. Grande non significa perfetta, Milady. La perfezione non esiste e chi pensa che esista è uno sciocco. Ma ogni volta che cadi, ti risollevi. Ogni volta che non riesci a dire al… ragazzo che ti piace… che lo ami, ci riprovi». Non riuscì a trattenersi, le sue guance presero fuoco e il suo cuore accelerò nel petto. «E a dire il vero… gliel’hai appena detto, e più di una volta». Guardò la rosa che lei gli aveva regalato prima e le guance si scaldarono. «Beh, sempre che quel ragazzo sia ancora Adrien Agreste. O Chat Noir».

Le lanciò un’occhiata divertita e Ladybug lo guardò di rimando, imbarazzata, con le mani a coppa sulla bocca e gli occhi che si allargavano per la consapevolezza improvvisa.

«Accidenti. È vero...»

Chat ridacchiò; la sua spalla colpì il braccio di lei in un gesto scherzoso mentre riponeva la rosa dietro la schiena, dove teneva il suo baton. «Non mi sembra che sia iniziata la fine del mondo. E a te?»

Fece seguire alle sue parole un sorriso sfrontato e vezzoso, con i gomiti appoggiati sulle cosce e la coda che si agitava dietro la schiena, quasi avesse vita propria, finché si spostò dietro di lei per accarezzarle delicatamente il fianco. Lei lo folgorò con lo sguardo e lo spinse via.

«Agh...» ringhiò, facendogli scappare una risata.

«Scusa, non ho resistito!» Rise ancora un po’, lasciandola battergli i pugni sulla spalla come se fosse un tamburo. Ben presto, però, la ragazza smise di farlo e cominciò a ridere anche lei.

«Sei... impossibile!» mormorò tra una risata e l’altra; rise fino a farsi uscire le lacrime.

«Ma tu mi ami» disse lui, con il cuore che gli tamburellava nel petto e un sorriso sfrontato sulle labbra mentre assumeva una posa scherzosa. Quello era il momento della verità: la risposta della ragazza sarebbe stata la conferma che per lui significava tutto.

«Purtroppo sì».

Ladybug si lasciò sfuggire un sospiro, ma quando lo guardò in faccia e vide il sorriso radioso che gli illuminava tutti i lineamenti e gli faceva brillare gli occhi, il suo viso avvampò all’improvviso. Nascose l’imbarazzo afferrandogli il braccio e appoggiando la testa sulla sua spalla, cosa che lui dovette apprezzare, pensò lei, a giudicare dal fatto che inarcò la testa da un lato per spingere la guancia sui suoi capelli. Non si rese nemmeno conto di come, ma un attimo dopo la mano di lui era intrecciata alla sua.

«È un bene, perché anch’io ti amo, Marinette Dupain-Cheng. Più di quanto possano dire le parole» le sussurrò tra i capelli, baciandole dolcemente la fronte. «Mi piaci esattamente come sei».

«È lo stesso anche per me, mon chaton».

Diverse lacrime le offuscarono la vista, facendole danzare davanti la scintillante Dame de Fer; Ladybug sospirò felice e si appoggiò più fermamente alla sua spalla. La coda del ragazzo si era attorcigliata intorno alla sua gamba; gliela accarezzò delicatamente, poi la raccolse con l’altra mano e se la portò alle labbra per baciarla con leggerezza, lanciandogli un’occhiata languida. Ladybug gli fissò le labbra, ma lui sembrò accontentarsi di guardare la Torre Eiffel che brillava nell’oscurità. Solo dopo quella che le sembrò un’eternità, lui girò la testa e la guardò, mostrando con cipiglio tutta la sua confusione alla vista di lei che lo fissava.

«Mi vuoi baciare, stupido di un gatto, o devo iniziare ad essere gelosa di una torre?» Cercò di dirlo in modo sprezzante, ma il luccichio felice dei suoi occhi dovette fargli capire che stava scherzando, perché lui ridacchiò. E poi la guardò. E poi le guardò le labbra.

«Sei pronta?»

Le sorrise, raggiante, quando lei annuì. E quando le loro labbra si incontrarono, tutto il resto scomparve. C’erano solo lui, lei e l’amore che potevano finalmente condividere.

Fine

Nota dell’Autrice

Ciao a tutti!

Spero abbiate passato una buona Pasqua e Pasquetta! Ecco il finale di questa storia, e tra poco invierò il finale dell’altra. Spero vi piacciano!

Ringrazio tanto per i commenti, ai quali risponderò personalmente tra poco <3 Mi avete fatto tornare la voglia di tradurre, quindi posso darvi la bella (o cattiva ^^) notizia che ho già tradotto una nuova storia (che pubblicai a Natale in Inglese su ao3) e la inizierò a pubblicare questo week end! Continuate a seguirmi!

Un bacione e a presto!

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