Io, Tooru di Bombay (/viewuser.php?uid=156)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° pagina ***
Capitolo 2: *** 2° pagina ***
Capitolo 3: *** 3° pagina ***
Capitolo 4: *** 4° pagina ***
Capitolo 5: *** 5° pagina ***
Capitolo 6: *** 6° pagina ***
Capitolo 7: *** 7° pagina ***
Capitolo 1 *** 1° pagina ***
Challenge
1st April - sfida mensile - indetta dal gruppo FaceBook “Non solo Sherlock -
gruppo eventi multifandom”
1°
entries
Genere:
introspettivo
Tipo:
flash-fic
Personaggi:
Tooru Oikawa
Rating:
PG, verde
Avvertimenti:
slice of life, malinconico
PoV:
prima persona
Spoiler:
sì, post time skip
Disclaimers:
i personaggi non sono miei, ma di Haruichi Furudate. I personaggi e gli eventi
in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Io, Tooru
(1° pagina)
1° aprile 2013
La scuola è finita.
È strano mi dovrei sentire felice, basta
lezioni, compiti, interrogazioni, esami. Si chiude un ciclo della mia vita e se
ne apre inevitabilmente un altro.
Invece…
Un enorme senso di malinconia mi ha pervaso ieri
alla consegna dei diplomi, non riuscivo a condividere la gioia dei miei
compagni.
Iwaizumi era seduto vicino a me e mi guardava…
sembrava sapere esattamente quello che mi passava per la testa, come sempre.
- Non sei mai soddisfatto - mi ha detto, - non
lo sarai mai - ha aggiunto quella sera tornando a casa dopo l’ultimo allenamento
del club…
La tristezza si è fatta avanti ancora, facendomi
pizzicare gli occhi, mi mancherà tutto questo… mi manca già e non sono ancora
partito.
Poi però ha proseguito - È stato un onore
giocare con te, perché sei il migliore alzatore, ci incontreremo ancora, Tooru
-
Hajime, il migliore amico che qualcuno
potrebbe desiderare. Sono stato davvero fortunato ad averlo avuto al mio fianco
in tutti questi anni. Molti scogli non li avrei superati senza di lui, non l’ho
mai ringraziato davvero, ma forse lo saprà già, è sempre stato un passo avanti
a me.
Non ho mai scritto un diario, l’ho sempre trovata
una cosa inutile, ma questo quaderno me lo ha dato Hajime, il suo regalo per il
diploma - Puoi usarlo come un diario di viaggio, così non ti dimentichi di
raccontarmi le cose, le appunti qui e quando ci sentiamo me ne parli e quando torni
hai un ricordo del tempo passato lì -
Quando tornerò…
Mi sono ritrovato a scrivere senza rendermene
conto.
Quando tornerò…
Parto per l’Argentina tra due settimane: è un
viaggio programmato da tanto, una opportunità che non posso lasciarmi sfuggire,
non ora, visto che la mia squadra non è andata ai nazionali dove avrei avuto la
visibilità di cui avevo bisogno, invece sono rimasto nell’ombra qui a Sendai.
Un’occasione che si presenta una sola volta
nella vita, grazie al coach Irihata che mi ha messo in contatto con Blanco.
Jose Blanco… guardando lui ho voluto diventare
un alzatore, per dirigere ed aiutare la squadra, lui mi ha ispirato a scegliere
la pallavolo come ragione di vita, come professione, ed ora grazie al suo
contatto ho la possibilità di giocare in una squadra della lega argentina… il Club
Atletico San Juan.
È inutile che ci giro intorno se voglio diventare
qualcuno me ne devo andare, anche se il solo pensiero di partire mi terrorizza,
sarò solo là, completamente solo.
Io e la pallavolo
La pallavolo ed io.
L’Argentina è lontanissima, ventimila chilometri
da qui, più di venti ore di volo, non posso tornare a casa tanto spesso… o per
Natale.
Un biglietto di sola andata è chiuso nel cassetto.
Solo andata.
È un anno che studio spagnolo è così diverso
dal giapponese, anche la scrittura lo è…
Sei sicuro?
Continuo a ripetermi, tentando di convincermi
che andrà tutto bene, che otterrò il ruolo di titolare in breve tempo, che mi
farò un nome che tornerò presto…
Quando tornerò…
Non sono ancora partito e ho già nostalgia di
casa, degli amici, dei miei genitori.
È un passo enorme, una decisione importante,
un passaggio verso il futuro, verso le stelle, risuscitò a toccarle un giorno?
Mi piacerebbe.
Sarà difficile?
Sì.
Ci riuscirò?
Non lo so, ma finché non ci provo non lo
saprò mai.
Cos’è che mi fa partire?
L’ambizione. Il voler dimostrare che sono il
migliore.
Quando tornerò?
Un giorno… forse… mai…
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Capitolo 2 *** 2° pagina ***
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2°
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introspettivo
Tipo:
flash-fic
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Tooru Oikawa
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in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
Io, Tooru
(2° pagina)
20 aprile 2013
Ascolto il rumore della strada sottostante, i
richiami e le risate che giungono dalla finestra aperta.
Sono a San Juan, in Argentina, ho impiegato
un giorno intero a riprendermi dal viaggio, quando sono arrivato nel mio
appartamento sono crollato esausto per la stanchezza e l’emozione.
Piano piano mi sto rendendo conto di quello
che ho intorno, ho imparato a orientarmi, in questa nuova e grande cittadina, l’appartamento
che mi hanno assegnato e a un quarto d’ora a piedi dalla sede della squadra (per
fortuna)
Le persone qui sono gioviali, anche se mi
guardando comunque con un po’ di sospetto, dopotutto sono uno straniero lo sarò
sempre per loro.
Ho conosciuto la squadra ed ho iniziato subito
ad allenarmi con loro, non so cosa mi aspettassi, ma sicuramente non la
freddezza con cui sono stato accolto.
Non sono niente per loro, se non un ragazzino
raccomandato spuntato dal nulla.
Sono tutti più grandi di me, sono tutti
ottimi giocatori, mi alleno dando tutto me stesso come ho sempre fatto, ma non
sembra bastare mai, non riesco ad ingranare come vorrei, hanno un livello
superiore al mio è inevitabile.
Mi sento fuori posto e inadeguato, ma stringo
i denti e vado avanti, dopo tutto sono qui da pochi giorni.
Il palleggiatore titolare mi ha squadrato
dall’alto in basso, mi ha rivolto sì e no un saluto, non gli sto simpatico o forse…
forse si sente minacciato da me.
Questo mi fa sorridere tristemente,
minacciato da un ragazzo più giovane, con più talento di lui.
Dopo tutto la storia si ripete, sempre.
Mi è tornato in mente un ricordo simile al
fatto che mi è accaduto oggi, solo che ero io quello che guardava male il nuovo
arrivato: Kageyama.
A distanza di anni mi rendo conto di avere
esagerato, Tobio è un talento naturale, per lui giocare a pallavolo è facile
come respirare.
Mi sono sentito minacciato da lui alle medie
e quando il coach mi ha sostituito ho dato la colpa a Kageyama, ma la realtà
era che era colpa mia della mia insicurezza.
Chissà se Tobio si è sentito come me in questo
momento, smarrito e abbattuto.
Mi chiedo una volta di più se ho fatto la
scelta giusta… a venire qui… ho tanto da imparare, lo so, l’ho sempre saputo: mi
devo allenare per supplire alla mancanza di talento, per affinare la mia
tecnica, la mia capacità di gioco se voglio un posto da titolare.
Titolare.
Sono sempre stato titolare, non ho mai dovuto
guadagnarmi il posto in squadra, l’ho sempre dato per scontato.
Alle medie e alle superiori appena entrato in
squadra… è facile diventare titolari se gli altri tuoi compagni hanno un
livello inferiore al tuo… ma se sono tutti più bravi di te come si fa?
Si dimostra di meritarselo, si cerca di
migliorare ogni giorno di più, si lavora sodo.
Ho chiamato Hajime e gli ho raccontato tutto,
la prima cosa che mi ha detto è di farmi degli amici, di non isolarmi e di non
esagerare con gli allenamenti.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma Iwaizumi
mi manca, mi manca il suo modo brusco di rapportarsi con me, di dirmi chiaro e
tondo quello che non voglio sentire, a modo suo di spronarmi e aiutarmi nei
momenti di difficoltà.
Sento l’assenza di mia madre, che si affaccia
alla porta dicendomi che la cena è pronta, di non rovinarmi gli occhi a
guardare per la milionesima volta una partita, che la so a memoria.
Ho nostalgia di mio padre che mi chiede come è
andata la giornata, di ascoltare la sua voce mentre racconta qualcosa che è
successa al lavoro.
Mi manca casa…
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Capitolo 3 *** 3° pagina ***
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Io, Tooru
(3° pagina)
5 luglio 2016
Sono state tre le volte che avrei voluto
mollare tutto.
La prima quando il coach, alle medie, mi ha
fatto sostituire da Kageyama, il mondo mi è crollato addosso, tutte le mie
certezze si sono sgretolate in pochi istanti ed è stato solo grazie a Iwaizumi
che mi sono ripreso ed ho continuato a giocare.
Poi in prima superiore quando siamo stati battuti
da Wakatoshi Ushijima, dal colosso lui che aveva già tutte le carte in regola
per accedere alla giovanile del Giappone, lo invidiavo, lo invidiavo da morire…
e per quanto Ushijima mi abbia sempre ritenuto un ottimo giocatore non l’ho mai
sopportato e non gli ho mai creduto, li è stato Blanco a tirarmi fuori dalla delusione
e dalla voglia di lasciar perdere tutto quanto - il tuo talento un giorno sboccerà,
non sai quando, ma accadrà adesso sei troppo giovane e acerbo e se non ce la
metti tutta gli altri ti supereranno, ma è più facile dire così che impegnarsi
-
Dovevo dimostrare a me stesso che ero, sono,
il migliore e mi sono spinto avanti, sempre più avanti ho attraversato l’oceano
per dimostrarlo.
Anche qui mi sono scontrato con un muro di
difficoltà fino a ritrovarmi ancora una volta sommerso dallo sconforto e dalla
voglia di lasciare perdere tutto e tornare finalmente a casa.
Manco da tre anni e a volte fatico a ricordare
gli odori e i colori della mia patria, rivedere i ciliegi in fiore.
Questa volta a ridarmi la spinta in avanti è
stata l’ultima persona che avrei mai pensato di incontrare qui, ma quando si
dice quanto è piccolo il mondo!
Chi pensava di trovarsi il gamberetto del
Karasuno proprio qui a Rio de Janeiro, che non è esattamente un piccolo paese
di provincia.
Sì perché sono qui a Rio con la mia squadra
per un ritiro e non credevo che avrei incrociato proprio lui.
E per una strana congiunzione astrale c’è
anche Kageyama, visto che debutta alle Olimpiadi che si tengono proprio qui.
Se volessi potrei anche andare a vedere una
partita, ma non voglio, non credo di farcela, lui è lì e io, invece, no.
Inutile dire che lo invidierei ancora di più
e se poi lo incontrassi rischierei di dirgli sicuramente qualche cattiveria e
non voglio, non siamo più ragazzini che si fanno i dispetti.
Ma non sopporterei di vedere il suo sguardo
colmo di… che cosa? Rivalsa.
Forse a Tobio nemmeno interessa… in realtà
quello che si fa mille paranoie sono solo io, ma non riesco a non farlo.
Devo davvero smetterla.
Mi ha fatto un piacere immenso incontrare
Shoyo, parlare con lui.
Come due stupidi abbiamo iniziato a parlare
tra noi in inglese, poi siamo scoppiati a ridere e finalmente abbiamo
cominciato a parlare nella nostra lingua madre e mi sono sentito davvero
leggero, come non succedeva da un sacco di tempo.
Abbiamo giocato a beach e lo ammetterò solo
su queste pagine, non è affatto facile, Shoyo ha fatto davvero una scelta
coraggiosa.
Mi sono davvero divertito a giocare con lui.
Divertito.
Mi ero dimenticato come mi faceva sentire
veramente giocare a pallavolo.
Il senso di benessere e soddisfazione, nonostante
la fatica e i sacrifici.
Mi sono raccontato a lui come faccio solo con
Hajime ed è stato catartico e liberatorio… anche il gamberetto ne ha passate
tante ed è migliorato tanto, alzare per lui è stato esaltante, ho provato le
stesse forti emozioni che provavo a giocare e coordinarmi con Iwaizumi.
Ci siamo promessi di trovarci sul campo di
gioco e in qualche modo ci scontreremo ancora, lo so, lo sento.
Il ritiro è finito domani si torna a casa
a San Juan e non vedo l’ora di riprendere ad allenarmi, questo incontro mi ha
fatto davvero bene, mi ha aiutato molto.
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Capitolo 4 *** 4° pagina ***
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(4° pagina)
21 gennaio 2018
Non riesco a dormire.
Non riesco a pensare.
Non riesco a respirare.
La società sportiva mi ha fatto una proposta
che non avrei mai pensato mi potesse fare, non ho mai pensato ad una eventualità
del genere.
Se mi naturalizzo argentino, posso essere
convocato nella nazionale Argentina, allenata da Blanco, partecipare ai Mondiali…
alle Olimpiadi…
Doppia cittadinanza… vivo in Argentina da
abbastanza anni. Ho un regolare contratto con il San Juan, ho tutti i requisiti
necessari, devo solo avviare la pratica e firmare dei documenti.
Giocare alle Olimpiadi…
Sotto un’altra bandiera: quella argentina…
Potrei trovarmi contro i miei connazionali…
Ushijima…
Kageyama…
Hinata…
Iwaizumi…
Contro di loro, dovrei essere in squadra con
loro… io sono giapponese… di nascita, argentino di adozione.
Non so cosa fare, ho due settimane per
decidere. Solo due settimane e poi la mia vita muterà di nuovo.
Ho cambiato lingua, abitudini, continente, nazione.
Bandiera…
Mi sembra di tradire il mio paese… sto
tradendo il mio paese!
Cazzo.
Non so cosa fare.
Sacrificare la mia nazione per giocare a
pallavolo… ho rinunciato a tutto per lei, ma questa… questa è la mia
identità.
Questo sono io.
Sono sempre e comunque un ospite qui è
inutile negarlo, non mi sono mai integrato completamente e mai portò, per
quanto parli perfettamente lo spagnolo oramai, i miei tratti somatici mi identificano
chiaramente.
Sono uno straniero.
Non so cosa fare, non posso chiedere
consiglio a nessuno, è una decisione mia e mia soltanto.
Sono davvero disposto a fare questa scelta?
Ho paura, paura di perdere me stesso.
Mi tornano in mente le parole di Ushijima, al
palazzetto di Sendai - Hai fatto la scelta sbagliata - all’epoca era riferito
alla scuola, ma mi chiedo se non sia vero in questo caso.
Il mio orgoglio… il mio inutile orgoglio, l’ha
definito, dove mi ha portato? Qui. In questo paese a scrivere da solo sul
questo quaderno… a tanti chilometri di distanza.
Adesso ho un’altra opportunità, un altro
bivio… da che parte andare…
Ushijima non ha mai dovuto scegliere… la via
davanti a lui è sempre stata chiara e ben battuta, non in salita e irta di
ostacoli.
A cosa hai dovuto rinunciare Wakatoshi? A niente,
probabilmente.
A volte mi chiedo come sarebbe stato andare
alla Shiratorizawa, giocare con lui, andare ai nazionali, essere convocati nell’under-19.
Se non fossi andato all’Aoba Johsai, sarei nella
nazionale giapponese con Wakatoshi? Forse…
Ne sarei felice? Sicuramente no!
Sarei nella sua ombra… il suo alzatore…
adattandomi a lui… permettendogli di risplendere e non è questo che voglio,
voglio essere io la stella che brilla e illumina gli altri e mette in ombra gli
avversari, io non UshiWaka.
La mia individualità per me è importante all’interno
della giusta squadra. Sono io il registra, il direttore d’orchestra, io,
soltanto, io.
UshiWaka è forte è innegabile, ma lo sono
anche io, lo sono diventato ogni giorno di più.
Se acquisissi la doppia cittadinanza potrei
scontrarmi con lui su un palcoscenico mondiale, batterlo magari,
Essere me stesso fino in fondo… dimostrare
chi sono… e per questo devo lasciare andare il vecchio me per fare spazio a
quello nuovo…
Sono davvero combattuto, ma ho ancora tempo
per pensarci… per riflettere, per ponderare quale sia la via da seguire.
Potrei lanciare in aria una moneta e lasciare
che sia il fato a decedere… no non l’ho mai fatto non inizierò ora.
Homo faber fortunae suae - l’uomo è artefice
della propria sorte… ed io lo sarò della mia, fino in fondo!
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Capitolo 5 *** 5° pagina ***
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Io, Tooru
(5° pagina)
2 febbraio 2018
Solo tengo
dos días para decidirme y todavía no sé qué hacer, me siento partida y partida
en dos.
Cancello quello ho appena scritto una volta
di più.
Parlo in spagnolo senza problemi, oramai, ho
dovuto impararlo per sopravvivere qui, è una lingua melodiosa dopo tutto.
Scrivo in spagnolo non è la prima volta, in
queste pagine è pieno di cancellature perché ho iniziato a scrivere in spagnolo
per poi correggermi e scrivere in giapponese.
Penso in spagnolo, me ne sono reso conto
rispondendo ad una intervista, sono rimasto in silenzio così a lungo che credevano
non avessi compreso la domanda.
Sogno in spagnolo…
Non sono argentino, ma non mi sento nemmeno
più giapponese, certe abitudini mi sfuggono dalle dita come il mio idioma mi
sfugge dalla mente.
Non so più chi sono e a chi appartengo.
Non ho mai pensato ad una eventualità del
genere… continuo a pensarci, incessantemente, questo dilemma mi toglie il sonno
e l’appetito.
- Quando tornerai? - la prima domanda che mi
ha posto Iwa-chan quando gli ho rivelato la mia decisione.
- Un giorno - ho risposto, senza guardarlo negli
occhi, ci credevo davvero allora.
Forse in cuor mio l’ho sempre saputo… che era
una scelta definitiva più assoluta di quanto fossi pronto ad ammettere allora,
ma anche adesso.
Quando tornerai?
Forse… mai…
L’ho scritto sulla prima pagina di questo quaderno…
l’ho sempre saputo in fondo.
Ho solo due giorni per decidere e non so
ancora che cosa fare, mi sento spaccato e dilaniato in due.
Vorrei chiamare Hajime, ma mi direbbe che non
può (e non deve) decidere al mio posto. Dovrei parlarne con i miei genitori, ma
non ho il coraggio di farlo dirgli che rinnego la nazione che mi ha dato i
natali per cosa? Per giocare a pallavolo. Comunque, sono abbastanza grande per
risolvere i miei problemi da solo, devo risolverli da solo.
Sono solo.
Ho deciso: rifiuto!
Ho i fogli accanto a me, potrei stracciarli
ma non lo faccio.
Non mi convocheranno mai in nazionale giapponese,
è questa la dura e crudele realtà: c’è Kageyama, c’era già alle Olimpiadi di Rio
e poi ora si è aggiunto anche Miya…
Kageyama… il prodigio…
Kageyama e Ushijima nella stessa squadra.
Kageyama, Ushijima e Hinata… allenati da Iwaizumi.
La mia sfida con loro è sempre aperta… non
posso giocare con loro, ma contro di loro… potrebbe rivelarsi più divertente
del previsto.
Ho deciso: accetto!
Se lo faccio non posso più tornare indietro…
diventerò a tutti gli effetti argentino, almeno sulla carta.
Cosa diranno i miei genitori? I miei amici?
Iwaizumi?
- Non sei mai soddisfatto -
Non lo sono, voglio di più e posso ottenerlo.
Le stelle… mi manca un passo per toccarle… una firma… una rinuncia l’ennesima.
- Ci scontreremo di nuovo -
Su fronti diversi… è l’unico modo.
Mierda!
È una scelta che devo compiere da solo.
Due giorni…
Due giorni…
Cosa scegliere… me stesso o la pallavolo.
Sono arrivato fino a qui… sono titolare, sono
capitano, il mio nome e il mio volto sono sulle pagine delle riviste sportive…
dovrebbe bastarmi, potrebbe bastarmi? Mai!
Chi sono io?
Chi voglio essere?
Sono pronto a compiere un altro passo per
soddisfare la mia ambizione?
No.
Sì!
Non mi convocheranno mai nella nazionale
giapponese è inutile che mi illuda questa è l’unica strada da percorrere, se
voglio andare ai Mondiali, alle Olimpiadi, se voglio risplendere nel firmamento
dei campioni, se voglio che il mio nome sia ricordato.
Un altro passo verso le stelle, non posso
voltarmi adesso, non posso, se mi volto non avrò più la forza e il coraggio di
andare avanti.
Fa male, però, tanto male.
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Capitolo 6 *** 6° pagina ***
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(6° pagina)
19 luglio 2021
Questa giornata non finiva più, sono esausto
e non solo per il lungo viaggio che mi ha riportato nel mio paese per queste Olimpiadi.
Soprattutto per quello che ho provato dall’istante
in cui ho messo piede a terra sul suolo giapponese e per le ore a seguire, una
ridda di sentimenti ed emozioni che ho fatto davvero fatica a tenere a bada.
Mi sono sentito esattamente come il ragazzino
che è partito otto anni fa, spaventato e inadeguato.
Ho sorriso alle telecamere ai fotografi, ho
risposto a qualche domanda di qualche giornalista, ma poi la mia attenzione è
stata catturata completamente dalle persone che aspettavano oltre le barriere e
i controlli.
La mia famiglia.
Non dimenticherò mai gli occhi di mio padre… lo
sguardo che mi ha rivolto oggi, sarà impresso nella mia retina per sempre così
come nel mio cuore.
Ho comunicato ai miei genitori che avrei
assunto la cittadinanza argentina in video chiamata, non mi sembrava giusto lo
sapessero a cose fatte, dalla stampa o dai social.
- Sei sicuro? - Mi aveva chiesto allora mio
padre, la stessa domanda che mi ha posto quando ho deciso di partire per l’Argentina,
ma diversamente dall’entusiasmo con cui avevo riposto allora, ho impiegato un
sacco ad annuire soltanto.
Oggi sono venuti all’aeroporto quando il volo
da Buenos Aires è atterrato a Tokyo.
Non me lo aspettavo, non me lo hanno detto, non
ero pronto. Non li vedo fisicamente da tanto, troppo, tempo.
Ci siamo fissati, mia madre, mio padre, mia
sorella e mio nipote.
Il primo è stato mio padre ad avvicinarsi,
incurante degli sguardi dei presenti, dei giornalisti, dello staff.
Ero terrorizzato, esattamente come quando
sono partito. Ho pensato di tutto in quei brevi istanti, che mi avrebbe rimproverato
infischiandosene delle telecamere e dei fotografi e invece ha fatto l’unica
cosa che non mi aspettavo.
Mi ha abbracciato, lasciandomi senza fiato.
- Bentornato a casa, Tooru - mi ha sussurrato
commosso nel nostro idioma e sono scoppiato a piangere come un bambino aggrappandomi
a lui lasciando fluire tutta la disperazione e la solitudine che ho provato in
questi anni di lontananza.
- Mi dispiace - ho sussurrato tra le lacrime,
facendomi stringere ancora, quanto mi era mancato quel calore, quella stretta
forte e salda che solo un padre sa dare.
Mia madre ci ha raggiunto e mi sono rifugiato
tra le sue braccia ispirando forte il suo odore, così buono e mai davvero
dimenticato e poi mia sorella e il piccolo Takeru, che tanto piccolo non è
più, quanto vorrei avere più tempo per stare con loro, ho così tante cose da
dirgli da raccontargli, ma soprattutto voglio stare con loro, ma non posso ho
degli obblighi verso la mia squadra… la mia… nazione…
Un groppo mi serra la gola…
- Mi dispiace - ho ripetuto.
I dubbi di avere fatto la scelta sbagliata mi
assalgono ancora, ma le parole di mio padre mi hanno tranquillizzato - Sei alle
Olimpiadi, Tooru, sei sul tetto del mondo, sei dove volevi essere, ogni tuo
sacrificio, ogni tua rinuncia è stata ripagata. Sei mio figlio e sono fiero di
te, sono orgoglioso dell’uomo che sei diventato, lo siamo tutti. -
Non avrei voluto andarmene, ma i richiami dei
miei compagni erano diventa più urgenti e poi appena fuori dall’aeroporto c’erano
Hanamaki, Matsukawa e
Iwaizumi.
Un abbraccio collettivo e altre lacrime, ma
non posso stare con loro devo andare al villaggio olimpico con la mia squadra,
loro lo capiscono, ci sarà tempo, troverò del tempo per stare con tutti
loro, lo devo a me stesso.
Domani è il mio compleanno, ma i regali più
belli li ho ricevuti tutti oggi.
Sono finalmente a casa.
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Capitolo 7 *** 7° pagina ***
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14 giugno 2022
Trovarsi Kuroo Tetsuro davanti all’ingresso
del palazzetto dello sport, in una calda mattina di giugno, è stata davvero una
sorpresa.
Si è macinato migliaia di chilometri e
tantissime ore di volo e pullman per invitarmi ad un evento.
La partita dei prodigi, l’ha chiamata, sta radunando
tutta la generazione dei mostri.
Sono allibito.
Io un prodigio, credevo mi prendesse in giro
ed invece ha insistito, anche quando ha nominato Miya tra i palleggiatori… e
ovviamente Kageyama.
Io non mi sono mai considerato un prodigio
eppure pare che agli occhi di molti, io, lo sia al pari di gente come Tobio.
A volte vorrei vedermi come mi vedono gli altri,
capire quale sia la reale immagine che il mondo percepisce di me, che non è la
stessa che scorgo io allo specchio a quanto pare.
Iwaizumi me lo ha ripetuto milioni vi volte -
Non capisci quello che sei in realtà -
Che cosa sono in realtà?
Un prodigio?
No, sono un uomo che si è costruito una carriera
con lacrime e sudore ogni singolo giorno da quando ho deciso di giocare a pallavolo
(tipo alle elementari)
Chi sono io ora? Dopo tutti questi anni lontano
da casa. Ci tornerò mai a casa, ci voglio tornare?
No, è questa la verità, posso tornare in Giappone
per le manifestazioni sportive come questa indetta da Kuroo e basta.
Dove mi hanno portato, il mio orgoglio, la mia
ambizione, la mia forza, la mia determinazione?
Su tetto del mondo, sulla vetta. Al mio collo
pende l’oro olimpico, ai miei piedi i miei avversari.
Sono soddisfatto?
Lo sono stato per un fugace momento, che se
ne andato quando è scesa l’adrenalina e tutto è tornato quieto e i pensieri
sono tornati a tormentarmi la mente come un tarlo.
Perché?
Perché dovrei indossare la maglia rossa del Giappone
e non quella azzurra e bianca dell’Argentina.
Forse nemmeno questo ha più davvero importanza;
perché ho preso il meglio di quello che hanno da offrire queste due nazioni
meravigliose, non sarei qui ora, se non avessi fatto quella scelta, preso
quella decisione, compiuto quel passo.
La partita dei prodigi… la generazione dei
mostri, ne faccio parte anche io dopo tutto e questo mi da una soddisfazione
immensa più dell’oro olimpico.
Saremo presenti come atleti, giocatori, professionisti,
individui, uomini. La nazionalità non conta, non più.
Forse mi sono focalizzato troppo su quello
che non ero più che su quello che sono.
Conta quello che siamo diventati, che sono
diventato, cresciuto maturato sia professionalmente che personalmente…
Ho sofferto?
Sì, soprattutto i primi anni per la lontananza
e questo senso di non appartenenza.
Se potessi tornare indietro compirei le
stesse decisioni.
Mi conosco abbastanza bene da poter rispondere
affermativamente.
Sono partito dal Giappone che ero un ragazzo,
in Argentina sono diventato un uomo, con i miei pregi e sì anche i miei difetti
(lo so Iwa-chan che gongolerai quando leggerei queste righe) forse sono stato
proprio questi ultimi a farmi crescere di più, cercando di migliorarmi ogni
giorno a superare il mio limite, ad inseguire la perfezione… ma se la si
raggiunge cosa c’è poi…
Essere imperfetti ci spinge ad affinarci, a
sfidarci ogni singolo giorno.
Devo molto alla mia patria di nascita, ci
sono nato e cresciuto, ho conosciuto persone che sono a tutt’oggi nel mio cuore
e ci resteranno come Iwaizumi, altre che hanno fatto scattare in me il senso di
rivalsa, Kageyama e Ushijima e chi ha fatto un percorso simile al mio, Hinata. Però
devo molto a quella di adozione, è stata una sfida continua vivere qui, la mia
squadra, il San Juan che alla fine è diventata una seconda famiglia e Blanco a
cui devo davvero tanto, mi ha ispirato ogni singolo giorno della mia vita.
Sono giunto ad una conclusione (ci ho impiegato
anni, ma meglio tardi che mai): io sono sia giapponese che argentino.
Io sono Tooru Oikawa.
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Note dell’autrice
E siamo arrivati anche a questa ultima pagina
di diario! Grazie a chi ha seguito questo percorso di Tooru.
A presto!!
Bombay
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