Stony One Shots

di Vavyr5
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Someone you loved ***
Capitolo 2: *** Let me down slowly ***



Capitolo 1
*** Someone you loved ***



Una sera, alla fine della festa di Tony, poco prima delle sue nozze con Pepper, lui e Steve si ritrovano da soli, sul divano a ripercorrere i momenti in cui quelli a sognare un futuro assieme, come una famiglia, erano stati proprio loro due.

Tony accompagnò Thor alla porta della villa, ringraziandolo di essere venuto. Gli strinse la mano veloce e lo abbracciò battendogli qualche pacca sulla spalla, prima di sorridergli e vederlo camminare sul dialetto, al fianco di suo fratello Loki, diretti verso qualsiasi vettura o cosa che li avrebbe riportati verso Asgard.
Tony chiuse la porta sospirando, stanco al pensiero di dover ripulire la sala dalle bottiglie vuote e dai festoni che qualche ora prima erano appesi ai muri, ma che ora giacevano sul pavimento creando un tappeto colorato e fitto lungo tutta l'area della sala.
Erano rimasti solo lui e Steve, che si era offerto di aiutarlo a raccogliere tutto, essendo loro gli unici usciti sobri da quella serata eterna: Steve perché per quanto bevesse, non poteva ubriacarsi a causa del siero che lo aveva reso Capitan America e Tony perché con gli anni aveva capito che forse l'alcool non era proprio il suo migliore amico.
Il Capitano stava già raccogliendo tutte le lattine e le bottiglie vuote, buttandole in un grande sacco nero, quindi Tony capì che a lui toccavano le decorazioni.
Si avviò verso la lavanderia, dove tenevano tutti gli oggetti utili alla pulizia della casa, e dallo stanzino tirò fuori scopa e paletta. Si munì anche lui di un sacco e chiuse la porta, avviandosi nuovamente verso la stanza che poco tempo prima aveva ospitato una dozzina di eroi ubriachi.
Steve lo guardò per qualche istante, smettendo di raccogliere cocci e bicchieri, per sorridergli. Tony ricambiò il sorriso e poi entrambi tornarono al lavoro.
**************************
Un'ora dopo tutto era al proprio posto: la sala era limpida come se nessuno ci avesse mai messo piede dentro, i sacchi della spazzatura erano stati sistemati sul marciapiede fuori dalla mansione, in attesa che il camion della spazzatura li raccogliesse, e i piatti erano stati lavati, asciugati e rimessi al loro posto.
Tony era fiero del loro lavoro e si chiese cosa avrebbe detto la sua futura moglie se si fosse trovata lì in quel momento. Non che lui fosse la persona più disordinata del mondo, ma sicuramente l'ordine e la pulizia erano stati argomenti di discussione tra i due quasi-coniugi. Anche per questo Tony si sentì soddisfatto mentre guardava la sala e la cucina, e decise che entrambi si meritavano una pausa, nonostante l'orario inoltrato.
Steve apparve dalla cucina con due birre aperte in mano e sorrise a Tony prima di porgergliene una. Il moro lo guardò confuso e un attimo preoccupato: Steve conosceva i suoi problemi con l'alcool e sapeva quanta fatica aveva fatto per smettere di abusare di quella sostanza e cominciare a trovare un altro rimedio per i suoi problemi.
"Non ti preoccupare sono analcoliche; le ho comprate venendo qui in caso avessi voluto bere qualcosa di diverso da acqua e succo di frutta"
Tony sorrise e scosse la testa perché non riusciva a credere a quanto Steve lo conoscesse; odiava le feste perché sapeva che tutti attorno a lui avrebbero bevuto, e per quanto si fosse abituato, non era ancora completamente capace di dire di no a quelle bevande.
Ma Steve lo aveva sempre aiutato, ed era sempre stato al suo fianco, e ad ogni festa a cui si erano presentati assieme, lui aveva portato con sé un pacco di birre analcoliche per cercare di far sentire quello che una volta era il suo compagno, un pò meno in soggezione e un pò più a suo agio a quei tipi di eventi.
Prese la birra dalle sue mani e gli indicò il divano per invitarlo a sedersi, per godersi quegli ultimi istanti di calma prima di dover tornare alla vita reale.
La sala era davvero grande e i tre divani neri posizionati al centro di essa, attorno ad un tavolino di cristallo, risaltavano contro al grigio lucido delle piastrelle del pavimento. La sua era una villa moderna e sicuramente lussuosa eppure Steve amava quella sala. Nonostante lui avesse sempre puntato su un arredamento tradizionale e più antiquato, amava la tranquillità che quello stile minimalista donava, soprattutto perché da quel punto della casa si poteva ammirare il mare e la sua immensa vastità. Per tutto il tempo in cui Steve aveva abitato in quella casa, aveva speso almeno un paio d'ore della sua giornata steso su uno di quei divani, con la finestra aperta e il rumore delle onde in sottofondo. Lo usava come rifugio e come posto per rilassarsi, magari dopo una missione o una litigata con Tony.
Quelle non erano mai mancate tra di loro; dal primo momento, infatti, le discussioni avevano caratterizzato la loro difficile relazione. Quasi tutti i giorni, infatti, si ritrovavano in cucina o nel letto a tirarsi dietro insulti perché non riuscivano mai a concordare su nulla. La maggior parte di quelle litigate  finivano con loro nudi, sotto le coperte, a fare l'amore perché nonostante avessero idee completamente diverse, l'amore che li univa era troppo forte per essere spazzato via da una semplice litigata e ogni volta passavano dall'urlarsi contro al baciarsi appassionatamente, cercando di eliminare il ricordo delle parole che avevano appena lasciato le loro labbra.
E Steve amava quella loro routine, amava sapere di avere Tony ad aspettarlo a casa o sapere che anche quella sera si sarebbe addormentato tra le braccia dell'unica persona, dopo Peggy, che gli aveva fatto provare emozioni tanto forti e vive.
Era stato difficile, davvero difficile, e più di una volta si erano trovati sull'orlo del precipizio ma si erano abilmente tirati su, si erano messi al riparo e avevano continuato per la loro strada, ogni volta un pò più forti di prima. Ma un giorno avevano capito che una relazione segreta, soprattutto quando la loro vita era costantemente monitorata e in pericolo, non poteva durare ancora molto e alla fine di quella giornata, Steve era rimasto senza nessun posto dove stare o nessuno da amare. Si era ritrovato solo, di nuovo.
Nessuno aveva mai saputo della loro relazione, dell'amore che li aveva legati quando non erano in battaglia, dell'ansia che riempiva il petto di entrambi ogni volta che si ritrovavano a combattere contro qualcuno, per paura che quella volta sarebbe tornato a casa solo uno di loro due. Nessuno sapeva dei mesiversari, anniversari, feste di compleanni ed eventi pieni di gioia che si erano ritrovati a condividere. Nessuno sapeva del loro desiderio di diventare una famiglia un giorno, e nessuno sapeva del dolore che avevano provato quando tutto quel palazzo era crollato loro addosso, quasi fosse fatte di carta. Nessuno sapeva delle notti insonni di Steve o le sere passate a bere di Tony, nessuno sapeva quanto fosse difficile presentarsi agli incontri sapendo che l'altro sarebbe stato lì e nessuno sapeva quanto era stato difficile far finta di nulla, far finta di essere ancora una squadra, e rialzarsi, rimettere insieme i pezzi. Perché questa era la cosa giusta da fare, nei confronti di tutti.
Quindi quella sera, quando Steve era apparso nella sua dimora, era stato bello e doloroso al contempo; ma vederlo pulire e lavare i piatti nella sua cucina era stato solo tanto straziante. Lo aveva riportato indietro a quando la sera, dopo una giornata pesante passata in laboratorio, Steve preparava la cena e poi lo faceva accomodare sul tavolo di marmo in mezzo alla cucina mentre lui puliva e sistemava tutto perché "Ti meriti un pò di riposo" gli diceva, mentre lui di riposo non vedeva mai nemmeno l'ombra.
"Ho dormito per settant'anni, sono a posto" gli diceva sempre, anche se sapeva che dietro a quella frase si nascondeva qualcosa di più profondo.
Si sedettero su due divani diversi ma ognuno all'angolo, in modo da ritrovarsi comunque vicini.
"Come ti senti?" Steve chiese onestamente curioso. Non era mai stato sul punto di sposarsi e legarsi definitivamente a qualcuno per sempre, però aveva questo enorme desiderio che lo spingeva ad ammirare e ad invidiare chiunque avesse avuto la fortuna di incontrare la persona giusta per poterlo fare. Era strano chiedere a quello che una volta era l'amore della sua vita, come si sentiva a riguardo del suo imminente matrimonio con una persona che non era lui; però era Tony e per quanto sentirlo parlare di Pepper lo facesse soffrire, lo amava ancora troppo profondamente per riuscire a fare finta che non gli importasse nulla di lui.
"E' strano, pensare che tra poco io e Pepper diventeremo una famiglia, è successo tutto così velocemente. Era la mia segretaria e ora, pochi mesi dopo, sta per diventare mia moglie... non so bene come mi sento al riguardo ma penso sia la cosa giusta da fare"
Steve lo guardò preoccupato, Tony era sempre stata la persona più sicura e decisa che lui avesse mai avuto l'onore di incontrare e vederlo così titubante, lo fece riflettere sulla possibilità che quell' imminente evento non fosse quello che Tony voleva davvero per sé.
Tony d'altro canto, avrebbe solo potuto confermare i dubbi di Steve se quello glieli avessi esposti. Non voleva sposare Pepper, non voleva legarsi a lei per tutta la vita, ma dopo che lui e Steve si erano lascati, tutte le sicurezze su cui aveva sempre vissuto e marciato, gli erano crollate sotto i piedi e si era ritrovato solo, con la paura di non trovare più nessuno in grado di amare ed apprezzare un tale disastro come lui. Poi era arrivata Pepper, la sua assistente e aveva deciso che non avrebbe rischiato un'altra volta, quindi solo tre mesi dopo lui le aveva porto un anello e lei aveva detto di si in lacrime.
Tutto questo non eliminava il fatto che loro due non vivevano assieme e non dormivano mai nello stesso letto; Tony le rifilava sempre la scusa che non sarebbe stato saggio a causa dei suoi numerosi impegni di lavoro e la sua insonnia cronica, ma la verità era che non voleva che lei prendesse il posto del ragazzo che poco tempo prima era sua coinquilino, compagno e amante. Non voleva fare quel passo perché sapeva sarebbe significato far uscire Steve dal suo presente e abbandonarlo nel suo passato, classificarlo come un brutto ricordo.
Non voleva, non voleva che lui diventasse il suo passato, perché sperava ancora in un presente che fosse loro, solo loro, ma non poteva rischiare tutto un'altra volta quindi aveva semplicemente deciso di andare contro al suo volere e prendere l'unica opportunità concreta che aveva tra le mani.
"Non mi sembri molto convinto..." Steve aveva paura di superare il limite e di farlo arrabbiare perché sapeva quanto poteva essere suscettibile alle critiche, aveva vissuto con lui per due anni e ormai aveva imparato ad essere cauto quando si trattava di discutere dei suoi sentimenti.
"No, lo sono. Solo... mi sembra tutto così surreale: in una settimana sarò per sempre legato a lei, eppure pochi mesi fa quelli seduti qui a discutere di matrimonio eravamo noi due..."
Steve sentì la tensione aumentare nella stanza mentre entrambi cominciarono a ripensare a quella notte in cui, dopo una missione esageratamente pericolosa, la voglia di diventare un tutt'uno anche agli occhi degli altri, li aveva sopraffatti.
POCHI MESI PRIMA
Nel momento in cui misero piede nell'immensa mansione, crollarono sul divano, stanchi psicologicamente e fisicamente dal duro scontro che poche ore prima aveva coinvolto tutta la squadra e nel quale Tony aveva quasi perso la vita a causa di un attacco a sorpresa e qualche carta ben giocata dal nemico.
Steve era ancora sconvolto dalle immagini che si ripetevano all'infinito nella sua mente: l'esercito dell'Hydra che appare dal nulla, loro che vengono sopraffatti e poi un susseguirsi di urla e pugni tirati a vuoto nella speranza di abbattere quell'orda di soldati che miravano solo a far loro del male. Poi le cose erano precipitate velocemente quando uno dei nemici aveva preso Tony alle spalle e lo aveva tirato giù da una scogliera insieme a lui, dividendolo da Steve. Il super soldato si era accorto subito dell'accaduto ma più cercava di avvicinarsi al bordo della scogliera, più i nemici cercavano di tenerlo lontano e di abbatterlo.
Era stata una battaglia eterna agli occhi di Steve che ogni tre secondi cercava di controllare con la coda dell'occhio se riuscisse a scorgere il fidanzato, senza però ottenere nessun risultato positivo.
Quando, una buona mezz'ora dopo, l'esercito dell'Hydra si decise a ritirarsi, la prima mossa di Steve fu quella di correre verso il punto in cui il miliardario era sparito, ormai troppo tempo prima.
Era stremato ma sentiva la paura e l'adrenalina scorrergli attraverso le vene mentre si avvicinava al punto incriminato.
Quando guardò di sotto, il suo cuore perse un battito quando scorse il luccichio del metallo rosso della tuta del suo amato, steso inerme su una sporgenza rocciosa, troppo in basso per poter essere raggiunto senza la giusta attrezzatura.
"FALCON, PORTAMI Lì SOTTO" comandò senza nemmeno preoccuparsi di vedere se i suoi compagni fossero ancora tutti vivi. In quel momento, l'unica vita di cui poteva preoccuparsi, era quella di Tony, forse morto, su una scogliera troppi metri sotto di lui. Non gli importava nulla, nemmeno sapere se quel punto fosse abbastanza stabile per reggere entrambi; l'unica cosa che aveva in mente era scendere lì sotto e stringerlo tra le braccia, aiutarlo e poi tornare a casa con lui.
"Steve, è troppo pericoloso, quella roccia potrebbe franare in qualsiasi momento" La voce di Natasha si fece largo attraverso gli auricolari. Si girò a controllare che Falcon stesse arrivando per eseguire i suoi ordini, ma invece, trovò tutti i suoi compagni, schierati dietro di lui.
"Ho detto, portatemi lì sotto. Non m'importa quale siano le probabilità, o mi portate lì come vi ho chiesto, o ci arrivo da solo"
Natasha e Thor si scambiarono uno sguardo, come se si stessero parlando e stessero concordando su qualcosa e poi Ant-Man si fece avanti. "Forse potrei scendere io. Non penso che quella roccia possa sopportare il peso di due super soldati come te e Tony, ma se mi rimpicciolissi e riuscissi a svegliare Tony, forse potrebbe tornare qui sopra da solo e a quel punto potremmo preoccuparci di controllare che non gli sia successo nulla di grave."
"Scott ha ragione, Steve, l'importante è portarlo via da lì." Natasha cercò di farlo uscire dal suo stato di panico e di farlo ragionare. Il soldato però era ancora titubante all'idea di affidare le sue speranze in mano ad un mini-supereroe. Natasha notò il dubbio nella sua espressione e si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla e puntando i suoi occhi in quelli azzurri dell'altro
"Fidati di me. Ti prometto che lo tireremo su da lì"
Il comportamento di Steve era risultato strano a tutti, visto che la maggior parte del tempo lo passavano a dividerli e a farli smettere di discutere, ma quello non era il momento per le spiegazioni, soprattutto quando c'era la vita di Tony in gioco.
Dopo qualche altro secondo d'incertezza, Steve sospirò ed acconsentì a lasciar scendere Scott al posto suo.
La missione durò poco ed andò nei migliori dei modi ma il Capitano rimase per tutto il tempo a braccia conserte e zitto, senza staccare gli occhi dall'uomo sotto di lui.
Scott si rimpicciolì e saltò sulla spalla di Falcon che in pochi secondi lo trasportò fino al corpo di Tony. Lì, Ant-Man, decise di rimpicciolirsi ancora di più ed entrare all'interno dei circuiti dell'armatura, dove scollegò e collegò qualche filo, mandando una piccola e breve scossa elettrica all'intero del corpo e pochi secondi dopo Tony si tirò su di scatto, facendo franare un pò la roccia loro sottostante.
Natasha vide Steve tirare un lungo sospiro di sollievo e portare le mani a coprirsi gli occhi e poi tra i capelli biondi, come se gli avessero appena comunicato la notizia più bella del mondo.
Thor, Hulk e gli altri loro compagni sorrisero e cominciarono a tirarsi pacche sulle spalle, come se fossero stati loro a salvargli la vita.
In poco tempo Scott lasciò l'armatura di Tony e tornò in cima alla scogliera con Falcon, seguiti da un dolorante Tony che si accasciò a terra, sedendosi ansimante e stremato.
Steve aveva promesso di contenersi nel caso fosse andato tutto bene, si era ripromesso di non fare nessuna scenata; ma quando il suo compagno mise piede a terra e il suo cuore recepì il messaggio che stava bene, Steve si lanciò verso di lui e lo racchiuse in un abbraccio che nessuno si aspettava. Non aveva pianto, perché lui non piangeva mai davanti agli altri e avrebbe comunque attirato troppa attenzione, ma si concesse di stringere il suo amato per lunghi secondi, prima di sentire la mano dell'altro passargli sulla schiena e la sua voce sussurrargli "Sono qui, sto bene..." e Steve lo strinse ancora più forte, sotto gli occhi confusi di tutti i loro compagni.
Quando si staccò, lo guardò negli occhi, la faccia tumefatta e piena di tagli e sangue; gli occhi stanchi del miliardario si fissarono a sua volta in quelli del capitano che, lasciando tutti a bocca aperta, disse: "Ti giuro su Dio, se ti azzardi a fare un'altra volta una cosa del genere, vengo a prenderti e ti soffoco con le mie stesse mani, stronzo"
E tutti risero, alcuni sinceramente divertiti, altri nel tentativo di nascondere lo stupore e la confusione dietro a tutto l'affetto che i due stavano dimostrando verso l'altro.
Tony rise anche lui, divertito, sconcertato ma anche innamorato dell'uomo al suo cospetto.
Quella sera, su quel divano, stanchi e sconvolti, Tony disse qualcosa a cui Steve non aveva mai nemmeno pensato: "Voglio sposarti- disse serio, guardando l'altro dritto negli occhi- voglio sposarti, vivere con te e smettere di nascondere tutto questo. Voglio uscire di casa, la mattina, con te e andare a mangiare in ristoranti senza preoccuparci di passare dal retro. Voglio poter dire di essere tuo e voglio poter dire a tutto il mondo che il grande Capitan America è mio, che tra tutte le persone lì fuori, lui ha scelto me. Voglio diventare tuo marito e voglio che tu diventi il mio, per sempre."
Ci fu silenzio nella stanza per un pò di tempo, Tony intento a guardare Steve che, a sua volta, teneva la testa bassa.
"Dimmi qualcosa, mi va bene anche un insulto"
Steve alzò lo sguardo, puntandolo in quello di Tony che rimase sorpreso nel vedere le lacrime riempire gli occhi del super soldato. Non lo aveva mai visto piangere, nemmeno quando Peggy li aveva lasciati.
"Ti amo con tutto me stesso e non potrei essere più contento ed onorato di diventare tuo marito"
Tony tornò a sorridere dopo aver udito quelle parole e nel giro di pochi istanti si era alzato e lanciato verso il biondo che, stringendogli i fianchi, lo aveva portato a sedersi sul proprio grembo, baciandolo profondamente ed appassionatamente.
Avevano poi fatto l'amore tutta la notte, uno stretto all'altro, e alla fine quando la luce dell'alba aveva cominciato a rischiarare l'enorme sala, si erano addormentati, la testa di Tony sul petto nudo e tonico di Steve che lo aveva stretto ancora di più, sorridendo, sentendosi fortunato e ringraziando il fato di averlo fatto schiantare in quel ghiacciaio, settant'anni prima, perché per quando estremista e masochista potesse suonare senza quel fatidico incidente non avrebbe mai potuto incontrare quello che era e sarebbe sempre stato, l'amore della sua vita.
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Le cose non erano andate come entrambi avevano immaginato: quando avevano comunicato la notizia a Fury, lui aveva reagito nel modo completamente opposto a quello a cui i due amanti avevano pensato. Non solo si era dichiarato offeso dal fatto che tutto quello gli fosse stato tenuto segreto per tutti quegli anni, ma li avevo anche obbligati, minacciandoli di cacciarli dal gruppo e renderli fuorilegge, a fare in modo che il tutto non cambiasse e che nulla venisse fuori; poi aveva preso una decisione che nel giro di un mese era stata la causa della loro rottura.
Pochi giorni dopo quell'intenso incontro, Fury comunicò a Steve che gli aveva organizzato un appuntamento con una delle sue spie perché "il mondo non deve sapere che i suoi due più grandi protettori sono gay".
Nessuno dei due interessati vedeva quel grande problema che stava facendo impazzire Fury ma alla fine, con la delusione e la tristezza nel cuore, Steve si era presentato all'appuntamento e nel giro di pochi giorni la notizia dell'ipotetica fiamma di Capitan America aveva fatto il giro del globo.
Dopo ogni appuntamento Steve tornava a casa solo per trovare Tony con lo sguardo triste fisso sul giornale alla pagina dove la foto del grande Capitan America e la misteriosa bionda si tenevano per mano e si stringevano Coe una felice coppia d'innamorati, come facevano loro due quando nessuno poteva vederli. Ogni volta il soldato giurava che sarebbe finita e che avrebbe trovato un modo per vendicare le ingiustizie da loro subite; ma come entrambi avevano temuto un giorno il tutto divenne troppo quando sulla copertina del giornale, Tony trovò Steve intento a baciare la sua "ragazza".
Steve lo aveva messo ali orrente il giorno prima e dopo un'intensa litigata, Tony aveva semplicemente ceduto e si era rinchiuso nel suo laboratorio, chiedendo espressamente di essere lasciato in pace; e quando la mattina dopo Steve si era presentato alla porta prima di uscire per quel fatidico incontro, Tony sapeva che sarebbe stato il loro ultimo momento insieme cime una coppia, quindi lo aveva stretto a sé e con le lacrime a scorrergli lungo le guance, gli aveva sussurrato: "fai l'amore con me e dimostrami che sono ancora il tuo solo ed unico" e Steve lo aveva fatto perché in tutto quel casino, l'unica cosa di cui era certo era che Tony sarebbe stato per sempre il suo "solo ed unico" tutto.
Quando era entrato in casa quella sera, tutto quello che aspettava di trovare ad attenderlo in quella sala non c'era più. Nessun giornale sul tavolo di cristallo al centro del salone, nessuna tazza di tea dimenticata a se da un Tony intento a leggere ciò che i paparazzi avevano da dire e, ancora peggio, nessun Tony Stark in maglietta e pantaloni di flanella steso sul divano. Tutto era inerme, calmo e vuoto.
Steve si era allarmato subito e aveva chiesto a JARVIS di dirgli dove si trovasse il suo padrone ma il sistema operativo si era rifiutato di accontentarlo, decidendo di tenere fede alla promessa che aveva fatto al miliardario qualche ora prima.
Steve aveva atteso fino a mattina di vedere il suo ragazzo arrivare alla porta, aveva avuto voglia di stringerlo a sé, baciarlo e dirgli che sarebbe andato tutto bene ma quando la porta si aprì all'alba, quello che si trovò davanti non era il ragazzo che la mattina gli portava il caffè a letto o che la sera gli baciava il collo per dargli la buonanotte. No, quello davanti a lui era la vecchia ed egoista versione di Tony Stark che Steve pensava di essersi lasciato alle spalle per sempre. Era ubriaco fradicio e si reggeva a malapena in piedi. Steve corse a reggerlo perché non voleva che sbattesse la testa sui gradini all'entrata e quando lo raggiunse Tony avvolse le braccia attorno alla vita del più alto e nascose la testa nell'incavatura del collo del soldato, cominciando a singhiozzare come mai prima d'ora. Fu lì che Steve lo sentì, un profumo sconosciuto, dolce e fruttato. Annusò ancora per qualche istante e poi tirò indietro il corpo di Tony per poterlo osservare meglio e sul suo collo, proprio dove pochi giorni prima troneggiava un succhiotto che lui stesso gli aveva fatto, ora poteva vedere chiaramente l'impronta di un rossetto rosa che si estendeva fino al colletto rovinato della camicia e più giù, sul suo petto.
Steve lo spinse via, realizzando e collegando le informazioni; le lacrime cominciarono ad offuscargli la vista e con voce rotta dal dolore sussurrò solo: "Tony..."
L'altro, ancora incapace di stare in piedi da solo, alzò lo sguardo e puntò i suoi occhi iniettati di sangue in quelli acquosi del suo fidanzato. Lo fissò per poco e poi non resse più quella vista, quindi lo abbassò nuovamente senza dire nulla.
"Cosa hai fatto..." Steve stava piangendo, tanto cosa aveva da perdere? Il dolore e la nausea spingevano sulla bocca del suo stomaco e si portò una mano alla bocca.
Tony lo aveva tradito. L'unica persona a cui avrebbe donato la sua vita, lo aveva tradito.
Un conato lo investì a pieno e mentre le immagini di Tony con una persona che non fosse lui gli riempivano la mente, si ritrovò a correre in bagno, piegandosi sul gabinetto e rimettendo tutto quello che aveva avuto la forza di mangiare durante quella maledetta nottata.
Una volta che la nausea si calmò, si accasciò al lato della tazza, piangendo come mai aveva pianto prima di allora. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentì solo, come quando si era risvegliato e si era ritrovato in un'epoca che non gli  apparteneva e tutte le persone che aveva a cuore erano magicamente sparite dalla sua vita, come se in realtà fosse stato tutto un sogno.
Sentì dei passi trascinati lungo il corridoio e poco dopo la figura di Tony apparve alla porta del bagno. Aveva la faccia di un colorito che non era solito avere e gli occhi tristi, offuscati dall'effetto di tutto l'alcool che aveva ingurgitato.
"Steve... amore..." cercò di staccarsi dalla porta per raggiungere l'altro ragazzo, ma appena tentò di fare un passo, la testa cominciò a girargli velocemente e dovette tornare indietro contro il muro.
Steve si asciugò le lacrime con la manica della camicia che aveva indossato per il suo appuntamento e si tirò su. Tirò lo sciacquone e velocemente cercò di uscire da quel bagno, per andarsene il più lontano possibile da quella situazione ma una mano lo afferrò e lo fermò prima che potesse effettivamente portare a termine il suo piano di fuga.
"Steve... per favore"
Steve non si girò a guardarlo, non poteva, non dopo quello che aveva fatto.
"Lasciami andare" disse subito e con tono autoritario e Tony non lo riconobbe, non gli aveva mai parlato con un tono così freddo e serio. Quello non era il suo Steve.
"no... per favore, non la- non lasciarmi"
Anche Tony aveva cominciò a piangere, l'effetto dell'alcool ogni secondo meno presente e il senso di colpa sempre più forte, accompagnato alla consapevolezza di quello che aveva fatto poche ore prima.
Steve diede uno strattone alla mano di Tony e lo obbligò a lasciar libero il suo polso, a lasciarlo andare e non appena ci fu riuscito, Tony cadde a terra mentre, ancora non del tutto lucido, sentì Steve sussurrare un "come hai potuto? Dovevamo diventare una famiglia" per poi vederlo camminare verso la porta di ingresso e uscire dalla casa.
Il miliardario si accasciò lento al suolo freddo della sua dimora e singhiozzò per quelle che gli parvero ore eterne per poi addormentarsi senza nemmeno rendersene conto, da solo, sul freddo marmo del pavimento.
Non si erano parlati per tanto tempo dopo quella sera, se non per messaggio per decidere quando il biondo avrebbe potuto portar via la sua roba dalla casa di Tony.
Non aveva voluto ascoltare nulla, non gli credeva più; Steve aveva solo deciso di uscire dalla sua vita e di tornare a crearsene una nuova per conto suo. Senza sentir ragioni, aveva deciso di ricominciare senza di lui.
OGGI
Non era stato facile, per nessuno dei due: Tony si era buttato a capofitto su alcool e feste, per non rimanere mai da solo con i suoi demoni e i suoi ricordi, mentre Steve dedicava anima e corpo all'esercizio fisico, alla sicurezza del paese e al suo lavoro. Capitava che facesse turni extra solo per potersi tenere occupato e per potersi distrarre dal suo passato ossessivo.
Il tempo aveva guarito le ferite e senza sapere come, i due erano tornati ad essere compagni di squadra, nulla di più. Si parlavano raramente, solo in caso di estrema necessità e tutto le volte il rancore riempiva il tono del biondo che non aveva comunque ricominciato a fidarsi del moro.
Quindi quando Tony pronunciò quelle parole, l'espressione di Steve si incupì, mentre tornava a rivivere quelle giornate infernali.
"Quello è passato ormai. Ora tu stai con Pepper ed è con lei che ti sposerai tra meno di una settimana quindi non torniamo indietro a questi momenti, preferirei dimenticarli."
Tony lo guardò, indeciso se porgere quella domanda che premeva sul suo petto per uscire.
"Cosa succederebbe se, in realtà, per me non è mai diventato 'passato'? Cosa succederebbe se io ti dicessi che non la amo e che non la voglio sposare perché sono ancora troppo legato a quello che avevamo noi due?"
Steve sospirò pesantemente, appoggiato allo schienale del divano. Cominciò a fissare la bottiglia mezza vuota tra le sue mani, sorridendo triste mentre giocherellava con l'etichetta di carta attaccata al vetro. Si morse il labbro inferiore velocemente e poi alzò lo sguardo e, scuotendo leggermente la testa in segno di negazione rispose: "Ti direi che è arrivato il momento di andare avanti, Tony, come ho fatto io"
Bugia. Forse la più grande che Steve avesse mai detto. Il biondo non aveva superato quello che era successo e probabilmente non lo avrebbe mai fatto. Ogni notte sognava frammenti di vita che aveva vissuto insieme al miliardario e durante le giornate, si ritrovava a dipingere immagini di loro due intenti a coccolarsi sul divano, o a cucinare una torta in cucina o anche solo a stringersi forte, per proteggersi l'un l'altro dalle intemperie della realtà. Steve non aveva assolutamente dimenticato l'amore e i sentimenti che lo legavano all'altro, ma dopo tanto tempo era riuscito a scendere a patti con esse: loro continuavano ad essere lì, nel suo cuore e nella sua mente, ma lui aveva imparato ad ignorarle, a conviverci abbastanza pacificamente da lasciarlo alzare dal letto la mattina e vivere la sua vita.
Tony lo guardò e con voce convinta e sicura disse: "Non sei mai stato bravo a mentire"
E Steve lo odiò perché lo conosceva troppo bene, perché ormai aveva imparato a memoria ogni sua reazione, triste o felice che fosse. Lo odiava perché, per quanto non volesse, lui e Tony erano una cosa sola, una sola anima, una sola mente. Erano un tutt'uno che era stato diviso e che da tempo cercava invano un'altra metà che lo completasse, ignorando il fatto che al mondo esiste una sola metà, una sola anima gemella, una sola cura.
"Cosa ti aspetti che ti dica?"
"La verità"
Steve scosse la testa incredulo e ridacchiò ironico.
"A cosa servirebbe dirti la verità ora? Stai per sposarti, Tony, non so se te ne rendi conto. Stai per dedicare la tua vita ad una donna che ti ama e che vuole spendere il resto dei suoi giorni con te, quindi perché devi rovinare anche questa relazione?- Steve si fermò, cercando di calmarsi prima di dire qualcosa che non avrebbe voluto o dovuto- Quello che voglio dire è, prendi quello che è successo a noi come esempio e impara da esso. Io ti ho amato con tutto me stesso e probabilmente lo farò per il resto dei miei giorni, perché sei l'unico che mi abbia fatto sentire a casa dopo il ghiaccio, ma ormai il mio tempo, il nostro tempo è finito. Ti amo Tony, ti amo davvero e per questo ti dico di non buttare via questa nuova occasione."
Non ci fu risposta. Tony non disse nulla per un lungo istante di tempo dove entrambi ricominciarono a sorseggiare la loro bevanda senza più aggiungere nulla sull'argomento. Steve lo amava, lo amava ancora nonostante le sue azioni, eppure lo stava spingendo tra le braccia di un'altra persona, di un'altra donna. Tony si chiese se quello del soldato fosse altruismo, coraggio o solo masochismo: come puoi amare una persona così tanto da lasciarla andare? Amarla così tanto da accettare di soffrire per tutta la vita pur di vederla crearsi un'altra vita, migliore e più serena, ma senza di te. Fu in quel momento che Tony realizzò che lui era troppo egoista per farlo. Non aveva nemmeno accettato la sua futura moglie in casa sua per non lasciar andare il ricordo del soldato, quindi come poteva vederlo costruirsi una nuova vita senza di lui?
Decise quindi di giocarsi l'unica carta che gli era rimasta, quella della verità.
"Io non la amo"
Steve alzò lo sguardo e lo puntò in quello di Tony. "Cosa?"
"Non amo Pepper, non la voglio sposare e non è lei la persona che mi potrebbe rendere l'uomo più felice del pianeta."
Un altro silenzio calò mentre entrambi cercavano altre parole da dire, qualcosa da aggiungere per uscire da quel vicolo cieco e magari anche da quella conversazione.
"Non... non so cosa-" "Dimmi solo che mi perdoni, dimmi che vuoi passare la tua vita con me e io lascio tutto, in questo istante" lo interruppe Tony.
Steve spalancò gli occhi stupito dalla proposta.
"Io..." per la prima volta dopo tanto tempo, Tony lo aveva lasciato senza parole. Nella sua mente si era aperta una guerra tra egoismo ed etica. Non sapeva se aveva abbastanza forza per vedere il suo ex amante, di cui era ancora follemente innamorato, sposarsi con Pepper, ma allo stesso tempo non poteva nemmeno mandare all'aria un matrimonio per la sua debolezza.
"Non posso..." disse infine. Il cuore gli batteva forte e le mani gli tremavano ma decise comunque di scegliere la strada più etica e giusta. Non era amico con Pepper, le aveva parlato forse un paio di volte ma per quello che aveva potuto vedere, era una donna d'oro. Era sempre stata gentile e pronta ad aiutarlo nonostante sapesse della relazione che c'era stata tra i due, quindi ora Steve non poteva farle questo; non poteva rovinarle la vita e mandare a quel paese il matrimonio per cui lei si era impegnata tanto.
Ricordò il giorno in cui, alla torre, Pepper lo prese da parte e gli mostrò l'anello, dopo che Tony le chiese di sposarlo. Nessuno dei due aveva nulla a che fare con l'altro, erano a malapena conoscenti, eppure quel giorno lei gli chiese il permesso per invitarlo al matrimonio. Steve aveva semplicemente annuito e si era congratulato per la notizia che in quel momento definì 'splendida' e nonostante tutto, Pepper lo rassicurò che lei non avrebbe mai potuto prendere quello che una volta era il posto del biondo nel cuore di Tony, e che probabilmente, lei sarebbe sempre stata "la sostituta" ma mai l'originale.
Steve si era sentito male dopo aver sentito quelle parole, e l'aveva abbracciata, dicendole che nono importava quello che era stato; lei doveva preoccuparsi solo per quello che stava per arrivare. Il matrimonio, la luna di miele, una casa tutta per loro e magari, un giorno, dei figli che Steve si era anche proposto di tenere qualche volta. Ricordò di come quella serata si concluse in tante risate e qualche battuta e di come lei, alla fine, lo aveva abbracciato e gli aveva sorrise dicendogli: "Sei un bravo ragazzo, Steve, sono sicura che prima o poi troverai qualcuno che sia alla tua altezza, solo, abbi pazienza e vedrai che la vita ti ricompenserà."
Ad oggi, quindi, lui non poteva tradirla, dopo averle promesso tutte quelle cose.
"Non posso perché, per quanto mi manchi essere 'la persona di cui tu eri innamorato', tu con lei sei felice. Pensaci bene, anche se io e te ci riprovassimo, su cosa si baserebbe la nostra relazione? Perché mi dispiace ma mi hai tradito, questa è l'unica verità che conosco e tutto l'amore che provo per te non potrà mai annullare o superare la delusione, il dolore e la paura che ho provato. Tu e Pepper, avete una nuova occasione per fare le cose come si deve, lei si fida di te e questa è una cosa che non penso potrò più fare io, quindi te lo chiedo per favore, prendi quel poco amore che hai per te stesso e sposala, amala e rendila felice, perché sono sicuro che col tempo lei potrà fare la stessa cosa con te. Ora... penso sia meglio che io vada, hai tanto su cui riflettere e non penso che la mia presenza possa esserti d'aiuto."
Steve si alzò dal divano, lasciando la bottiglia mezza vuota sul tavolino di cristallo di fronte al divano. Guardò Tony un'ultima volta e lo vide pensieroso, con la bottiglia stretta tra le due mani e lo sguardo fisso in un punto indefinito di fronte a lui. Steve sospirò perché sapeva che quello che stava lasciando andare era, più che certamente, l'amore della sua vita, eppure come Pepper gli aveva consigliato, si stava fidando di quello che la mente e l'istinto gli stavano consigliando di fare, speranzoso in un domani migliore e in cui il destino lo avrebbe ripagato.
Prese le scarpe e le indossò, cercando di non lasciar cadere quelle poche lacrime che gli stavano offuscando la vista. Si alzò dal divano e si girò verso Tony ancora qualche istante e fece per dire qualcosa, ma un improvviso nodo alla gola gli impedì di pronunciare quelle sillabe che gli ronzavano in testa. Aspettò che l'altro alzasse almeno la testa, per salutarlo, per dirgli addio, ma non lo fece e, sconfitto, sorrise leggermente e si girò indirizzando verso la porta d'entrata.
Nulla si mosse mentre le suole delle sue scarpe scure, sbattevano contro il pavimento di marmo e il rumore dei suoi passi rimbombava tra quelle mura vuote. Il cuore gli batteva forte mentre lo implorava di tornare indietro e di abbracciare l'uomo che era ancora fermo su quel divano. Per qualche istante sentì la sua forza di volontà indebolirsi, mentre i ricordi del profumo e delle forti braccia del moro gli riempirono la mente. Lo voleva davvero tanto, forse troppo, eppure non poteva buttare via tutto per un momento di debolezza: era quasi riuscito ad uscire dalla villa quindi non poteva tornare sui suoi passi proprio ora.
Si ritrovò alla porta di ingresso e prese un respiro profondo prima di allungare verso la maniglia, cosciente del fatto che una volta compiuto quel passo, non c'era via di ritorno.
"Non uscire, ti prego, rimani con me solo questa notte e ti prometto che non tirerò mai più fuori questa storia" Steve prese un respiro profondo, sentendo finalmente l'ossigeno nei polmoni e ringraziò il suo Dio per aver dato il coraggio a Tony di parlare. Si girò e lo guardò negli occhi, soppesando la sua proposta. Una notte, una sola, e poi entrambi sarebbero tornati alle loro vite, alla loro quotidianità. Nel profondo Steve sapeva che quella sera, quei sentimenti si sarebbero infiltrati nel profondo dei loro animi e che non sarebbe stato così facile superare quelle emozioni la mattina dopo, ma per quanto spaventato dalle conseguenze, quell'idea non gli sembrò troppo malvagia e in un attimo di incoscienza e improvvisa pazzia disse: "Una notte"
Il viso di Tony si illuminò e il suo sguardo triste si tramutò in un enorme sorriso, mentre si alzò dal divano e si avvicinò al biondo che lo aspettava inerme, in piedi su quelle scale.
Il moro si buttò tra le braccia del più alto che a sua volta lo strinse. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che i due si erano ritrovati l'uno tra le braccia dell'altro e, mentre prese un respiro profondo tra i capelli del più basso, Steve si rese conto di quanto tutto ciò gli fosse mancato e di quanto in realtà ne fosse dipendente. Aveva bisogno di stringerlo, di baciargli le guance morbide, le labbra secche e gli occhi stanchi, aveva bisogno di vederlo svegliarsi la mattina e di stringerlo a sé mentre si addormentava alla sera. Aveva bisogno di stagli accanto e di renderlo felice, così come un buon compagno avrebbe dovuto fare.
Non spettava a lui compiere questi doveri, non spettavano a lui tutte queste cose, ma se qualcuno gli avesse proposto di farlo, si sarebbe subito offerto come volontario a vita, perché il sorriso sul viso dell'altro era abbastanza per migliorare la sua intera settimana e i suoi baci riuscivano a renderlo meno scettico e pessimista. Steve aveva bisogno di Tony come la Terra ha bisogno del Sole per poter continuare ad esistere.
Steve sentì un nodo alla gola formarsi mentre passava il naso tra i capelli morbidi di Tony, che a sua volta aveva nascosto il volto nell'incavo del collo del più alto.
"Mi sei mancato così tanto..." si ritrovò a dire l'ospite mentre stringeva il corpo dell'altro un pò di più contro il proprio.
Tony alzò la testa e puntò i suoi occhi in quelli dell'altro che, a sua volta, aveva abbassato lo sguardo per poter fare lo stesso.
La luce della lampada alle spalle di Tony gli illuminava il profilo, rendendolo quasi una visione ai suoi occhi.
"Mi sei mancato anche tu, Steve"
Un sorriso prese il sopravvento e con grande sorpresa di Tony, Steve cominciò ad avvicinare il viso al suo. Si ritrovarono a pochi millimetri di distanza, i respiri a incrociarsi, mischiarsi e unirsi in un unico soffio, i nasi a sfiorarsi leggeri, il tocco quasi inesistente e le fronti a incontrarsi, a metà strada, l'una appoggiata all'altra, perse in quel momento di amore e passione.
"Non dovremmo farlo... non è giusto nei confronti di Pep-" "Shh" Tony posò l'indice sulle labbra del biondo che socchiuse gli occhi, ormai ubriaco di quelle sensazioni che stava provando. "Lascia che di lei se ne occupi il futuro, ora siamo io e te, lascia che ciò che deve accadere accada e poi ci preoccuperemo del resto"
Quelle parole sussurrate all'orecchio del soldato furono il colpo di grazia, la goccia che fece traboccare il vaso e dopo un ennesimo respiro a pieni polmoni, Steve sussurrò: "Ti amo così tanto, Tony Stark..."
Tony sorrise, una lacrima a solcargli il volto e a correre verso il pavimento mentre rispose: "Ti amo, Steve Rogers"
Non c'era praticamente nulla a separarli, pochi secondi e quel bacio tanto bramato sarebbe divenuto realtà. Steve avvicinò ancora un pò il viso a quello dell'altro, inclinando la testa per avvicinarsi di più a quelle labbra sottili che uno desiderava. Entrambi chiusero gli occhi, pronti per quello che li attendeva.
"Signore, la Signorina Pepper desidera parlare con lei al telefono, sembra una questione di estrema urgenza."
La voce di J.A.R.V.I.S. interruppe il silenzio e risvegliò i due dal mondo d'incanto dove si erano rifugiati. Si staccarono, quasi come se qualcuno avesse tirato loro un pugno nello stomaco e si guardarono in faccia, entrambi delusi e confusi.
"Cosa stavo facendo?"  Si chiese Steve, prendendosi mentalmente a schiaffi per essere quasi ceduto al suo inutile egoismo.
"Dille che sto arrivando, grazie J.A.R.V.I.S." Tony sospirò triste, realizzando che il loro momento era finito. "Mi dispiace, devo rispondere, magari è successo qualcosa di grave"
Steve annuì velocemente, finendo di infilarsi la giacca che prima aveva lasciato sull'attaccapanni.
"Vai, tranquillo, io devo tornare al mio appartamento" il tono frettoloso come di qualcuno che non vedeva l'ora di uscire da quella dimora e di non tornare più.
"Se vuoi puoi rimanere, non devi andare..."
"No, è meglio così."
Tony annuì pensieroso, mentre fissava le punte delle sue scarpe. Steve finì di prepararsi e poi guardò l'altro e disse solo: "Grazie per la serata, ci vediamo al matrimonio"
Tony annuì ancora, senza aggiungere nessuna parola. Osservò mentre il soldato apriva la porta, e senza donargli nemmeno un ultimo sguardo, usciva da quella casa.
Tony rimase in quella posizione per qualche istante e poi gli tornò in mente Pepper in attesa al telefono. Si avviò verso il suo ufficio buio e si chiuse la porta alle spalle, appoggiandocisi sopra e sospirando forte, in preda alla nostalgia e al dolore. Perché doveva sempre rovinare tutto?
Si decise a muoversi e a prendere in mano la cornetta. Onestamente, non voleva affrontare la sua fidanzata; giusto mezz'ora prima aveva ammesso di non amarla e di non volerla sposare, quindi con che coraggio poteva far finta di nulla ora?
Dall'altra parte, però, non poteva nemmeno lasciarla ad aspettare alla cornetta, quindi prese coraggio e allungò una mano verso il telefono sulla scrivania di legno.
"Signore, non c'è nessuno ad attenderla dall'altra parte della cornetta" La voce del computers fermò nuovamente le sue azioni e lo lasciò confuso con la cornetta in mano.
"Cosa significa? Pepper ha riattaccato?"
"No, Signore, non l'ha mai chiamata... ma quando l'ho vista insieme al Signor Rogers, ho capito che stava per fare una cosa di cui si sarebbe pentito e non potevo lasciare che accadesse. Non volevo che lei rovinasse il rapporto con la Signorina Pepper come ha fatto con il Signor Rogers in passato..."
Tony era arrabbiato, infuriato e deluso. Non aveva mai dato al computer l'ordine di vegliare su di lui, giudicare le sue azioni e agire secondo tale giudizio. Non poteva credere che l'unica opportunità che era riuscito a guadagnarsi con Steve, era stata letteralmente buttata via da un computer. La rabbia ribolliva nelle sue vene e preso dall'ira prese il telefono e lo scagliò contro la parete di fronte. Cominciò a prendere a calci la scrivania e dopo poco, si accasciò sul pavimento, le lacrime a forzare contro la sua forza di volontà e il cuore a battere forte contro la sua cassa toracica.
"Non ti permettere mai più di agire senza un mio ordine. Mai."
Urlò contro nessuno, ma sapeva che il diretto interessato lo avrebbe comunque udito.
"MI dispiace Signore, non volevo lasciarle rovinare anche quest'ultima possibilità. Ci pensi, cosa sarebbe successo se io non vi avessi  interrotti? Sapevate entrambi che ne sareste usciti sconfitti e che ne avreste sofferto più della prima volta. Volevo solo salvarla da se stesso. Mi creda, non ne vale la pena"
Non rispose più, non poteva dargli torto. Eppure, mentre ci rifletteva, Tony sentì che non aveva più nulla da rovinare, perché l'unica cosa importante da salvare, l'unica cosa di cui gli importa davvero, era stata rovinata nel momento in cui Steve era uscito da quella casa e l'aveva lasciato lì, da solo, per la seconda volta e forse anche l'ultima nel giro di pochi mesi.

 

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Capitolo 2
*** Let me down slowly ***


La stanza di Tony era buia, illuminata solo dai deboli raggi della luna che, a fatica, passavano tra le tende scure e spesse. Lui era li' steso su quel letto, ormai troppo grande per una persona sola, pensieroso e stanco. Erano mesi che il sonno tardava ad arrivare e la sua mente cominciava a giocargli brutti scherzi. La sera prima infatti, verso le tre del mattino, si era immaginato di sentire la voce della donna che poco tempo prima, aveva lasciato quella casa, senza mai farci ritorno. Aveva sentito i suoi passi nel corridoio e il suo profumo attraverso il tessuto delle lenzuola; ma se il ricordo lo aveva ferito, la realizzazione che tutto quello fosse solo frutto della sua fervida immaginazione e del dolore ancora presente nel suo cuore, era stata una pugnalata. Un boccone troppo amaro da ingoiare e digerire, e mentre l'adrenalina riempiva le sue vene, le gambe lo avevano portato allo scantinato, nel suo laboratorio, dove aveva semplicemente fatto finta di sapere cosa stesse facendo, cominciando ad unire fili e pezzi di metallo, fino a quando, ore dopo non era crollato su quella dura e fredda scrivania.

Ora, nella stessa situazione, si chiedeva come fosse arrivato lui, miliardario che si accontentava di chiunque pur di non restare da solo, a ridursi cosi' per una donna che non solo si era presa qualsiasi cosa Tony le avesse offerto, senza mai accennare ad un rifiuto, ma che aveva chiesto sempre di più fino a quando non lo aveva consumato e lasciato vuoto. Dopo di che, lo aveva semplicemente abbandonato, facilmente come si butta via un pennarello scarico o una maglia rovinata. Forse lui non era che poco più di quello.

Nella sua vita, chiunque lui avesse avvicinato, lo aveva abbandonato con una facilita' disarmante e dopo tutti questi anni, stava cominciando a chiedersi se, forse, non fosse lui il problema, il denominatore comune.

La testa cominciava a pesargli, il cuore a battere sempre più forte e la paura comincio' a prender possesso dei suoi pensieri. L'ansia inizio' a rendere il suo respiro sempre più pesante.

Odiava tutto questo. Odiava sentire quelle sensazioni ogni giorno della sua vita, e odiava ancora di più quando le emozioni diventavano troppo forti e lui non riusciva più a controllarle. Lo faceva sentire debole, indifeso e questo non lo aiutava a superare lo stato di dolore in cui già si trovava.

Aveva perso le speranze, non credeva più che qualcuno potesse arrivare a salvarlo, non credeva più nei supereroi, nonostante lui stesso fosse uno di loro. Nessuno poteva salvarlo da un mondo che nemmeno esisteva, che lo aveva racchiuso in una gabbia mentale e che lo aveva portato a non credere più a nulla.

Ed e' forse per questo che, quella sera, quando JARVIS lo avviso' di un ospite inatteso fuori dalla sua porta, lui si incuriosì e si alzo' dal letto per andare ad aprire.

Dall'altra parte dalla spessa porta di legno, l'ultima persona che Tony potesse immaginarsi, aspettava con pazienza e braccia incrociate che il padrone di casa lo lasciasse entrare. Li', in piedi, maestoso come sempre, Steve Rogers lo guardava, aspettando che dicesse qualcosa.

La confusione e l'aspettativa crescevano ogni secondo di più, mentre i due continuarono a fissarsi per secondi interminabili. Nessuno dei due sapeva perché si trovassero li', in quella situazione, ma nel profondo, erano consapevoli che entrambi avevano molto da dirsi.

Era passato molto tempo da quando, per cause terze, i due si erano ritrovati a combattere l'uno conto l'altro in uno scontro che li aveva lasciati un po più vuoti e divisi di prima. Steve era cambiato, e questo era evidente. Il soldato era più muscoloso, notò Tony con grande stupore, e una folta barba incorniciava il suo volto, accompagnata dai capelli, ormai di media lunghezza, tirati indietro dalla cera.

Il silenzio quasi imbarazzante che si era creato tra di loro venne spezzato dalla voce di JARVIS che cautamente chiese "Signore, faccio entrare il Signor Rogers?"

Tony rispose positivamente a voce per far sì che JARVIS potesse intendere dopodiché annuì lievemente, spostandosi e aspettando che Steve entrasse all'interno della dimora. Il più alto sorrise ringraziando con il capo e avanzò lentamente all'interno della mansione. Si guardò intorno, con le mani nella tasca dei jeans.

La tensione era palpabile nella stanza e nessuno dei due aveva la minima idea di come spezzare l'imbarazzo; c'erano cosi tante cose dette e non dette che il tutto diventò quasi troppo. Tony non riusciva a togliersi di dosso la sensazione che, in un modo o in un altro, tutto ciò fosse tremendamente sbagliato.

Il capitano non doveva stare lì, nel suo soggiorno. No, doveva tornare a casa sua, o da qualunque posto fosse arrivato, con il suo amico, Bucky. Mesi prima, infatti, anche lui non si era fatto problemi a lasciarlo andare, quindi perché tornare ora che la ferita si era rimarginata? Perché ora che tutto era diventato solo un brutto ricordo?

La rabbia montò nella sua mente, nelle sue vene e nel suo corpo. Era tornato per questo? Ricordargli di come era stato la sua seconda opzione?

"Perché sei qui?" Chiese alla fine, Tony. Il tono duro, distaccato, come se cercasse di ferirlo. Forse stava solo cercando di coprire la propria cicatrice e di nasconderla dietro all'indifferenza. Steve lo guardò impassibile e solo per un'istante, malinconia e nostalgia si fecero largo nella sua espressione. Poi sospirò abbassando il capo e fece un passo verso l'altro uomo, che aspettava impaziente di sentire la sua voce.

"Te l'ho detto mesi fa. Se mai avessi avuto bisogno di aiuto, io ci sarei stato. Sto solo mantenendo una promessa, Tony"

Il chiarore della luna filtrava tra le finestre della sala e illuminava a malapena metà del soggiorno e parte del viso del soldato, che ora, preoccupato, aveva fatto un altro passo avanti, in attesa di una reazione. Non si parlavano da così tanto tempo e tutto questo era diventato cosi estraneo, lontano. Steve si sorprese a risentire, per la prima volta in tanto tempo, delle sensazioni che non ricordava Tony potesse scatenargli.
Tony, d'altro canto, non era messo meglio. Anche lui aveva completamente dimenticato di quanto il più alto potesse influenzare il suo battito cardiaco, le sue emozioni e i suoi pensieri. Entrambi erano per l'altro come una droga: si condizionavano, si modificavano reciprocamente e una volta svanito l'effetto si rincorrevano e si cercavano per averne ancora, per provare più emozioni e meno paure.

Tutto quello, tutte quelle esperienze, erano state buttate alle loro spalle quando si erano ritrovati a fare ciò che entrambi speravano non sarebbe mai successo: dover scegliere di schierarsi da una delle due parti e ritrovarsi sulle sponde opposte.

Ma ormai quello che era stato, era stato e non poteva essere cambiato. Il passato bruciava ancora sulla pelle e nel cuore di entrambi e nessuno dei due poteva credere a quanto quello avesse, effettivamente, influenzato le loro vite.

"Non ho bisogno del tuo aiuto, non ti ho chiamato, non ti ho cercato. Quindi suppongo che i tuoi servizi qui non siano i ben accetti. Grazie per la visita ma ora devo riaccompagnarti alla porta."

"Non prendermi in giro, non sei capace di mentire e lo sappiamo entrambi. Basta guardarti negli occhi per capire che non stai bene e che hai bisogno di qualcuno, che hai bisogno di me."

Tony era ancora infuriato. Non aveva bisogno che qualcuno gli facesse notare il suo aspetto penoso o la sua faccia stanca. Non gli serviva un promemoria di quanto facesse schifo a mentire e a nascondere i propri sentimenti, nonostante gli anni di pratica; e soprattutto, non aveva bisogno di Lui e della sua presenza a ricordargli di come il suo cuore e la sua fiducia fossero stati pugnalati, quando aveva scoperto che Steve aveva deciso di nascondergli la verità sulla morte dei suoi genitori solo per coprire le spalle al suo amico, che altro non era, se non la persona che li aveva uccisi a sangue freddo, nonostante le loro suppliche, nonostante la loro innocenza.

"Dimmi una cosa- Tony sentì l'adrenalina scorrere nelle sue vene nel momento in cui fece anche lui un passo verso il più alto, che ora lo guardava attento- perché sei venuto fino a qui? Sei venuto a ricordarmi di quanto tu sia perfetto? Di quanto io non sia in grado di gestire la mia vita? Che poi, dimmi, cosa ne sai tu? Sei sparito per mesi, non una chiamata, non un messaggio. Nulla. Non ci parliamo da quando sei scappato con il tuo amico e vi siete nascosti chissà dove. Quindi dimmi, cosa sai di quello che è successo a me? Di quello che mi è capitato? Pensi di venire qui, e cominciare a farmi la morale come il bravo soldatino della patria che sei? Forse ti è andata bene nel 1940, quando ancora la gente pensava di potersi fidare di te, ma credimi quando ti dico che quella fase l'ho superata da un pezzo."

Le parole uscirono a raffica dalla bocca del miliardario che ora puntava tutto sull'attacco. Voleva scalfire quella corteccia di cui il grande Capitan America era ricoperto. Voleva colpirlo e abbatterlo con la violenza della parola perché aveva perso la forza e la voglia di ingaggiare una lotta fisica. Non voleva più combattere, vedere persone morire. Non lo voleva più.

Steve rimase muto, come se le parole sputategli addosso, gli fossero solo scivolate sul corpo verso il pavimento dove erano poi state dimenticate, ormai prive di significato.

Perché nel profondo sapeva che Tony non le intendeva davvero. Tutte le cose che aveva detto e che stava per dire, erano frutto di un dolore radicato nel profondo della sua anima.

Si conoscevano troppo bene per sapere che quella sera sarebbe potuta essere un nuovo inizio o la fine di una relazione già naufragata; stava solo a loro decidere quale strada prendere. Insieme, questa volta.

"Come pensavo..." Tony annuì lievemente, come per confermare un'idea nella sua testa e poi si voltò, verso la porta d'ingresso, per scortare il soldato fuori dalla sua abitazione e dalla sua vita.

"So del tuo disturbo post traumatico, so della tua insonnia, so di Pepper, so della tua dipendenza, so che ogni due giorni ti presenti nell'ufficio del tuo terapista perché ti senti sempre estremamente solo, so dei tuoi attacchi d'ansia..." cominciò a parlare Steve mentre l'altro si allontanava deluso. Lo vide fermarsi, però. Probabilmente colpito da quelle parole che non si aspettava di sentire. Tony si girò a guardarlo, attendendo. Entrambi sapevano che il soldato stava per dire di più. "... e so di quanto io ti abbia ferito. Delle notti che hai passato a chiederti perché io abbia scelto ciò che ho scelto. Delle giornate passate a ripensare al momento in cui ci siamo ritrovati a lottare l'uno contro l'altro, forzati da persone che volevano solo quello: dividerci. Tony, lo so, so quello che hai passato perché, anche se solo in parte, l'ho passato anche io. Ho passato notti intere a fissare il soffitto della mia camera, chiedendomi come stessi tu e che cosa stessi facendo. Ho passato giornate seduto su uno sgabello a fissare il telefono, chiedendomi se chiamarti sarebbe stata una buona idea o se sarei stato troppo egoista. Volevo sentire la tua voce" fece qualche passo verso il più basso che ora lo fissava con un'espressione persa, indecifrabile. Steve non si aspettava che lo perdonasse, ma aveva bisogno che l'altro sapesse tutte quelle cose "avevo bisogno di parlarti, di sentirti dire qualsiasi cosa. Dovevo sentirti raccontare come stavi, anche se lo sapevo già."

"Come?" Chiese a quel punto l'altro mentre il biondo continuava la sua lenta avanzata. Non era possibile che il soldato sapesse davvero cosa aveva passato: non si erano scritti o parlati. Non era possibile, no.

"JARVIS... lui mi ha tenuto informato su tutto quello che ti succedeva. Vedi, poco tempo prima che tutto il casino con Bucky- Steve vide Tony diventare teso al solo sentire il nome della persona per cui si erano ritrovati a combattere- cioè, il casino con Lui, venisse a galla, mi sono ritrovato qui a casa tua. Non ricordo perché, ma mi sono semplicemente ritrovato sull'uscio della porta. Pepper non era in casa ma JARVIS mi ha lasciato entrare. Mi è sembrato strano all'inizio ma subito dopo aver messo piede nel tuo salotto, ho capito perché nemmeno lui aveva opposto resistenza: eri sul pavimento, circondato da bottiglie di vetro vuote e pezzi di metallo della tua armatura."

Steve interruppe il suo racconto vedendo che l'altro stava cercando di ricordare. Quella sera aveva cambiato la sua vita e la cosa divertente era che Tony nemmeno se la ricordava. Steve cercò di non lasciare che la tristezza prendesse il sopravvento; era andato lì per aiutare Tony e in un modo o nell'altro, doveva riuscire ad essere forte per entrambi, quindi riprese a raccontare: "Ti ho portato in camera, ti ho messo a letto e ho pulito la sala. Dopodiché ho chiesto a JARVIS cosa fosse successo e mi ha raccontato di Pepper e di come, da quando lei se n'è andata, passavi le notti sveglio, a bere o ad armeggiare nel tuo laboratorio. Avevi smesso di mangiare e di vedere i tuoi amici...

Ed è sempre JARVIS che qualche giorno fa mi ha avvisato del tuo stato. Vedi, quella sera, dopo averti portato dell'acqua in camera, stavo per andarmene ma mi hai bloccato. Probabilmente non eri cosciente di ciò che stavi facendo ma mi hai preso per il polso e mi hai guardato. Avevi gli occhi così stanchi, facevi fatica a rimanere sveglio."

Steve si fermò ancora, non voleva parlare troppo e dire qualcosa che avrebbe fatto scattare l'altro. Aveva pensato tanto a cosa dire, ma alla fine aveva deciso di lasciare che le parole venissero fuori da sole, in qualsiasi ordine esse volessero.

Tony non sembrava troppo infastidito, ma sicuramente era confuso. Non ricordava quella notte. Non ricordava di essere svenuto in salotto o di aver parlato con Steve. Ricordava, però, di essersi risvegliato nel suo letto con una nausea e un mal di testa assurdo.

Ricordava di aver trovato dell'acqua e del paracetamolo sul comodino, e una zuppa coperta da della carta stagnola in cucina. Aveva pensato che la sua domestica si fosse sentita più gentile del solito, ma mai avrebbe immaginato che tutto quello fosse stata opera del soldato.

Tony lo guardò annuendo per fargli capire che aveva il suo consenso per andare avanti; perché anche lui voleva sapere, ricordare.

Steve guardò verso il suolo per un'istante, come per rimettere insieme le idee e poi rialzò lo sguardo e lo puntò in quello dell'uomo più basso.

"Quella sera non hai detto molto ma mi hai guardato negli occhi e per un'istante ho anche creduto che fossi di nuovo pienamente cosciente. Mi hai fissato e poi hai sussurrato 'Resta, perché ho paura di perdermi senza di te', poi sei crollato e ti sei addormentato. Io sono rimasto con te, fino alla mattina dopo, ma non sapevo se la mia presenza fosse davvero gradita o se la notte prima tu stessi delirando. Non volevo che tra di noi si creassero situazioni imbarazzanti, quindi mi sono alzato presto, ti ho preparato da mangiare e poi me ne sono andato. Prima di uscire, però, ho chiesto a JARVIS di chiamarmi ogni volta che tu ti fossi ridotto così. E lo ha fatto, mi ha chiamato, ogni singola volta che hai ceduto e sei crollato."

Il silenzio calò, ora nuovamente sovrano, in quell'ampia casa. Così maestosa eppure così vuota, quasi come il suo proprietario.

Tony era così, forte fuori ma fragile e freddo dentro, consumato da anni di perdite e sacrifici, colpe e rimorsi.

"Se ogni volta che sono stato male hai ricevuto una chiamata, perché non sei tornato prima? Perché dopo tutto questo tempo?" Chiese Tony a quel punto; era stato male così tante volte nell'arco di quei mesi. Troppe volte si era ritrovato a dormire sul tavolo del suo laboratorio, dopo ore di bevute e disperazione, ma Steve non era mai stato al suo fianco, se non per quell'unica volta in cui, a quanto pare, lo aveva scoperto nel suo stato più vulnerabile.

Steve sembrava quello impreparato ora. Non si aspettava che Tony gli ponesse quella domanda, anche se era molto più che lecito che se lo chiedesse.

Non era impreparato perché non sapeva come rispondere, no, la verità è che non era pronto a raccontargli quello che aveva passato lui ogni volta che il telefono vibrava e il nome di Tony appariva sullo schermo. Sapeva che dall'altra parte del dispositivo non c'era il miliardario, ma solo un computer, un'intelligenza artificiale che rispondeva solo ai comandi che lui gli aveva imposto. Non voleva rivelare queste cose ad alta voce perché sapeva che non c'era modo di tornare indietro, se lo avesse fatto e fosse andata male.

Era in guerra con se stesso e sapeva che, in qualunque caso, ci avrebbe rimesso lui e lui soltanto.

"Pensavo di poterlo fare, pensavo di poter correre qui, per reggerti in piedi quando non riuscivi a farlo da solo. Ma la verità è che quella notte, mi ha segnato, Tony. Quando sono tornato al mio appartamento, ho pianto perché vederti in quel modo mi ha distrutto, così quando ricevevo quei messaggi, li ignoravo e cercavo di convincermi che non fosse troppo grave, che potevi farcela, perché sei Tony Stark, il miliardario, genio playboy e filantropo che non ha bisogno del mondo per vivere, che è indipendente e superbo... mi ero convinto che questa immagine che mi ero creato nella mente, appartenesse davvero alla tua persona, ma non è così. Però, tornando indietro non cambierei le cose, soprattutto perché dopo quello che è successo, JARVIS è stata l'unica connessione che avevo con te."

Tony era confuso, non sapeva cosa provare, cosa pensare, come reagire. Voleva credergli ma aveva smesso di fidarsi di ciò che gli diceva la gente, tanto erano tutte bugie e quelle poche volte in cui non lo erano, non valevano il dolore e il rimorso che provava quando scopriva che qualcuno gli aveva nuovamente mentito.

Dall'altra parte, quello era Steve e per quanto lo avesse ferito in passato, per quanto non glielo potesse perdonare, era sempre Steve, il super soldato, il suo amico ed eterno rivale, la sua retta via. Si trovava davanti ad un bivio, una scelta: fidarsi e accogliere di nuovo il biondo nella sua vita o andare sul sicuro e lasciarlo nuovamente andare, farlo uscire da quella porta per la seconda e forse ultima volta?

In quel momento, fuori, un lampo rischiarò la stanza e pochi secondi dopo, il rumore assordante di un tuono riempì le mura della casa, riecheggiando fra le pareti grigie e le innumerevoli stanze vuote. Il suono della pioggia seguì poco dopo e, quasi come in un film, sembrò rilassare entrambe le parti.

Il più basso, spostava il peso da una gamba all'altra quasi ritmicamente, mentre il soldato respirava piano e rimaneva fermo, immobile, composto e maestoso come un leone di fronte al proprio branco.

"Non so cosa ti aspetti che ti dica, ma per quanto mi riguarda tu sei morto il giorno in cui ho visto quel filmato. Il giorno in cui hai preferito lui a noi, a me, ai tuoi amici, i tuoi compagni."

Steve sentì il cuore fermarsi, perdere un battito. Il dolore che risaliva piano dalla bocca dello stomaco, fino a ogni sua singola fibra. Sperò che Tony dicesse qualcos'altro e così fu perché pochi secondi dopo aggiunse: " E' vero, non ho più nulla, se non un briciolo di dignità ed amor proprio, ed è proprio perché sono stufo di farmi prendere in giro da tutti e passare per l'idiota di turno, che adesso ti chiederò di uscire da quella porta e di, per favore, non tornare più in questa casa."

Era finita, non c'era spazio per altre risposte. Il moro aveva definitivamente chiuso i battenti con lui e con le persone in generale, e l'unico che poteva e doveva prendersi la colpa, era lui.

Cercò di pensare in fretta ad un modo per sistemare le cose, un piano B, un freno d'emergenza che però non trovò.

"Tony, ti prego, ascoltami."

E furono quelle parole che fecero scattare il miliardario.

"NO, Steve, ora mi ascolti tu! Non m'importa chi ti abbia chiamato e perché, non m'interessa nemmeno sapere cosa tu pensi di poter salvare qui, stasera, perché notiziona: non c'è più nulla da salvare. Ho imparato a vivere da solo, e si, forse non sarò il migliore ma almeno sono qualcuno e conto ancora qualcosa. Ho i miei problemi, le mie paure, le mie debolezze ma sto imparando a conviverci e ora, per l'amor di Dio, torna a fare l'eroe con qualcuno a cui interessa qualcosa di quello che hai da dire e smettila di sprecare il mio tempo. Vattene o sarò costretto a portarti fuori personalmente."

Non faceva paura a nessuno, e sicuramente non era convinto nemmeno di lui di quello che stava dicendo. Certo, non voleva perdere la persona che aveva davanti perché era stata l'unica che era riuscita a fargli provare qualcosa di vero in un lungo periodo, ma dall'altra parte, riaprire quella porta sarebbe significato esporsi e mettersi a nudo. Togliersi l'armatura in guerra.

Aveva ripromesso a se stesso che non si sarebbe più ritrovato a dover curare le proprie ferite. No, non avrebbe più lasciato a nessuno la possibilità di usarlo. Ora le regole le stabiliva lui e non avrebbe cambiato idea, nonostante l'esitazione, nonostante il dubbio, nonostante la paura; in quella battaglia era lui e lui soltanto e, anche se solo, ne sarebbe uscito vincente.

"Se esco da quella porta, sarà l'ultima, Tony. Non farmi questo. Mi basta una parola sola, una soltanto e io butto tutto all'aria, dimentico il passato e anche i piani per il futuro. Pensaci, ti prego, dammi una possibilità in più."

Steve non aveva mai pregato nessuno. Non quando nessuno lo voleva accettare nell'esercito, non quando si era ritrovato in situazioni disperate dove pregare era sembrata l'unica via d'uscita. Mai. Eppure quella sera si distrusse pezzo dopo pezzo, fino a diventare qualcuno che non era mai stato e che non pensava sarebbe mai diventato.

"Esci" disse solo il proprietario e Steve si lasciò andare, lasciando che una lacrima colma di dolore, solcasse la sua guancia e si perdesse nella folta barba.
Aveva perso e questa volta, per sempre. Annuì, accettando la decisione dell'altro uomo, cominciando ad allontanarsi, verso l'uscita, verso la fine. A pochi passi dall'uscio però prese una decisione e siccome sapeva che sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe visto l'ex compagno decise di agire e di mettere da parte la ragione.

In quell'arco di tempo, Tony non si mosse e non disse nulla. Rimase immobile quando il soldato cominciò ad allontanarsi e anche quando lo vide girarsi e avanzare verso di lui, velocemente, sicuro e impavido, fino a quando non furono a pochi millimetri di distanza. Il biondo pregò che non andasse troppo male e mise la mano sulla guancia del più basso, piegandosi verso di lui e posando le sue labbra su quelle morbide e calde del proprietario.

Il cuore di entrambi cominciò a battere ed un brivido percorse la spina dorsale dei due uomini che ora, persi nella foga del momento, dimenticarono la loro litigata e il loro imminente addio.

La barba di Steve pizzicava il volto di Tony, che preso impreparato, ora si stava lentamente riprendendo dallo shock, e stava cominciando a ricambiare quel bacio che non sapeva avesse atteso e desiderato per così tanto tempo. Libertà, euforia e adrenalina resero la sua mente un pò più leggera. Il più basso avvolse le braccia intorno al collo del più alto, cominciando a ricambiare il gesto e avvicinandosi sempre di più a quel corpo caldo e sicuro di cui tanto aveva bisogno.

Steve stringeva il volto dell'altro, come se avesse paura che da un momento all'altro sarebbe potuto sparire.

Si baciarono, in piedi, nel mezzo della sala buia, con in sottofondo la pioggia battente, persistente, che si schiantava sui vetri delle finestre, come a volerli rompere.

Era questo che Steve sperava di fare con quel bacio: forzare le mura di cui Tony si era circondato fino a farle crollare, mattone dopo mattone, e poter finalmente entrare in quella magnifica reggia che sapeva nascondersi dietro a tanta paura.

Rimasero lì, a stringersi, baciarsi e consolarsi l'uno con l'altro per minuti che parvero pochi secondi ma anche interminabili ore e quando si staccarono, la mancanza di ossigeno fece salire il fiatone ad entrambi, che ora appoggiati uno alla fronte dell'altro, cercavano di incanalare più aria possibile per riprendersi da quell'evento che entrambi avevano desiderato inconsciamente per mesi, forse anni interi.

Steve era preoccupato ora: aveva giocato tutte le carte che aveva a disposizione e non sapeva se questa sua ultima mossa aveva avuto l'effetto desiderato, ma era cosciente del fatto che se non avesse funzionato, avrebbe solo potuto accettare la sconfitta e ritirarsi, scomparire e seguire il destino che la vita aveva scelto per lui.

Tony aveva gli occhi chiusi, la mente piena di pensieri fugaci che si rincorrevano e cercano di trovare il loro posto, fallendo miseramente. Il coraggio e la poca sicurezza che poco prima era riuscito ad acquistare, ora stavano lentamente lasciando il posto al bisogno di un nuovo contatto con l'altro uomo in piedi di fronte a lui. Sapeva che Steve era come una sostanza stupefacente per lui, e ora, dopo mesi di astinenza, aveva finalmente avuto la sua dose e non era sicuramente pronto a lasciarla fuggire nuovamente.

Il dilemma iniziale tornò a farsi grande e potente nel suo cuore come nella sua testa e ora sapeva che qualsiasi decisione avrebbe preso, sarebbe stata quella definitiva.

Un nuovo silenzio, un nuovo peso cominciò a gravare sul petto di entrambi e questa volta sembrò durare molto più di quelli precedenti.

"Mi dispiace..." cominciò a parlare il moro con un nodo in gola doloroso come mai altre cose prima di allora. "ma non posso"

Due cuori si infransero contemporaneamente quella sera, nel preciso istante in cui quelle parole vennero fuori dalla bocca dell'uomo più basso.

Steve, ancora ad occhi chiusi, si staccò dal corpo dell'altro ed annuì lentamente.

Si allontanò verso la porta, dando le spalle alla persona che lo aveva appena rifiutato.

Questa volta non si guardò indietro, non ostentò: uscì dalla porta d'ingresso e dalla vita di Tony Stark, una volta per tutte.

Quella sera, quella notte uguale alle altre, era appena stata segnata da una fine, una rottura, una divisione che non sarebbe mai potuta essere sistemata. Quella notte, Steve Rogers e Tony Stark tornarono ad essere due estranei, due sconosciuti, con un passato assieme che li avrebbe tormentati fino al giorno del loro giudizio.

 

Passò una settimana da quella fatidica notte. Tutto era tornato come prima e Tony non aveva più avuto notizie del biondo, che proprio come aveva richiesto, era tornato a casa sua.

Nonostante i suoi desideri fossero stati avverati, quando quel giorno il campanello di casa suonò, una parte di Tony, nascosta sotto una montagna di bugie, sperò di rivedere il soldato fuori dall'uscio, ad aspettarlo con i suoi capelli lunghi e le braccia muscolose, incrociate impazientemente.

Rimase segretamente deluso quando invece, trovò la sua squadra.

Li fece entrare, sperando che non fossero andati lì anche loro per commentare sul suo aspetto o sulla sua misera vita. Si accomodarono al tavolo della cucina, dove erano presenti abbastanza sedie per tutti loro.

Non si vedevano da qualche giorno, ma tutti quanti notarono che l'aspetto di Tony era nettamente peggiorato dopo la visita di Steve.

"Come mai qui? Fury ha organizzato una riunione a casa mia senza mettermi al corrente?"

Nessuno rispose e Tony notò, per la prima volta da quando avevano messo piede in casa sua, che l'espressione di tutti era colma di tristezza e probabilmente rabbia.

"Cosa è successo?" Si ritrovò a chiedere allora, avendo realizzato che i suoi compagni portavano cattive notizie con loro. Si aspettò catastrofi e anche qualche morte, ma non di vedere Natasha alzarsi dal tavolo con le lacrime agli occhi e sbattergli sul petto una busta bianca. Non aveva mai visto la spia piangere; sinceramente, non credeva ne fosse capace. L'aveva vista affrontare tragedie e disgrazie con la stessa espressione impassibile stampata in faccia, ogni singola volta. Quindi quando, con il magone e le lacrime a solcare il volto, lei gli disse: "Mi ha detto di darti questa. Spero tu sia contento ora" Tony capì che qualsiasi cosa fosse successa, doveva essere grave. Molto grave.

Natasha tornò verso la sua sedia e prese la giacca di pelle che solo pochi minuti prima aveva poggiato sullo schienale, rimettendosela addosso. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e aggiunse: "Mi dispiace che sia finita così, spero tu possa trovare qualcuno che possa aiutarti, e spero anche che questa volta tu non lo respinga come hai fatto con lui." E detto questo, uscì dalla porta.

Tony si voltò verso Bruce, che a sua volta, si stava preparando per seguire la sua ragazza.

"E' ancora sconvolta, non prendertela." Gli battè una mano sulla spalla in segno di saluto e prima di uscire disse ancora "Riposati Tony, ne hai bisogno"

Una volta spariti entrambi, ci fu silenzio per qualche secondo, finché il rumore di un motore non venne udito nella stanza e una macchina cominciò ad allontanarsi, segno che Natasha e Bruce se n'erano andati.
Nella stanza Tony, Thor e Clint rimasero in silenzio finché il proprietario, stanco di questi silenzi inutili, sbottò e chiese spiegazioni.

Thor e Clint si guardarono e l'arciere decise di prendere parola. "Steve se n'è andato"

Tony non capiva. Cosa voleva dire che se n'era andato? Era tornato dall'amico Bucky? Ma se fosse stato questo il caso, perché erano tutti così sconvolti?

Mise su un'espressione corrucciata, per far capire ai due che aveva bisogno di altre informazioni, perché chiaramente, non riusciva a capire.

"Quello che Clint vuole dire, è che Steve è tornato negli anni '40" si fece avanti Thor, guardando negli occhi Tony per la prima volta in settimane.

"Come, prego?"

Non era possibile, la macchina del tempo non era ancora stata inventata, quindi a meno che Wanda non avesse cominciato a praticare magia nera o riti strani, Tony vedeva questo solo come uno scherzo di pessimo gusto.

"Qualche settimana fa, Strange ha trovato un modo per viaggiare nel tempo e quindi tornare nel passato. Non chiedermi i dettagli perché quello che so è una versione molto parafrasata di tutte le cose strane che ha detto lui. Essenzialmente, in poco tempo la notizia si è diffusa e non si sa come, Steve e Bucky ne sono venuti al corrente. Nell'esatto momento in cui Bucky ha scoperto questa cosa, ha proposto a Steve di tornare con lui nel loro tempo, a settant'anni fa, prima del ghiaccio; ma diversamente da quello che Bucky si aspettava, Steve non accettò subito. Disse che aveva bisogno di tempo e che non poteva andarsene prima di aver parlato con te. L'altra notte, Steve si era finalmente sentito pronto e aveva deciso di venire qui. Pensavamo tutti che lo avresti convinto a rimanere... ma quando quella notte rientrò alla base, i suoi occhi erano gonfi e disse solo che sarebbe stato pronto a partire in due giorni. E così fu, ieri Strange ha fatto la sua magia, il tempo di qualche saluto e in pochi secondi Steve e Bucky erano spariti nel nulla, tornati al loro tempo, per sempre. Mi dispiace."

Thor batté anche lui qualche pacca sulla spalla di Tony, che ora aveva lo sguardo puntato sulla parete di fronte a lui.

Clint e Thor si avviarono verso l'uscita dopo poco tempo, salutandolo e lasciandolo nuovamente da solo con la sua mente e la coscienza che pesava per una colpa involontaria e che ora gravava sul suo stato psicofisico.

Si sedette al tavolo, prima occupato da quella che una volta era stata la sua squadra, e che ora probabilmente lo detestava ed incolpava per quello che era successo solo il giorno prima.

La lettera datagli da Natasha, ora appoggiata sul tavolo di fronte a lui, sembrava brillare di un bianco pallido quasi sinistro.

La sua mente cominciò ad elaborare tutte le informazioni che aveva ricevuto.

Se solo avesse saputo, se solo Steve gliene avesse parlato, ora lui sarebbe ancora con loro, nel presente perché quello era il loro periodo, il loro tempo, la loro vita.

Avrebbe voluto poter far qualcosa per rimediare, per cambiare, per migliorare la situazione; ma tornare nel passato e convincere Steve a rimanere, sarebbe stata una cosa troppo egoista da fare, anche per Tony Stark.

Passò minuti, forse ore seduto in quella cucina silenziosa e cupa, finché non trovò il coraggio di prendere tra le mani quella lettera e aprirla, tirando fuori il biglietto rettangolare racchiuso al suo interno.

Poche parole scritte in corsivo, macchiavano il bianco puro della carta. La calligrafia di Steve, sottile ed elegante, sfoggiava e spiccava nel casino della mente di Tony. Le lesse lentamente e poi, semplicemente pianse, per ore e crollò definitivamente. Tony Stark era stato perso nell'oblio di dolore e rimpianti di cui la sua vita era piena.

Si addormentò ore dopo, rileggendo quelle parole all'infinito e ripetendole nella mente come un mantra:

"Perché sarò con te fino alla fine"

Quella notte, Steve si sbagliava. Non era stato lui l'unico a perdere. Quella notte, entrambi avevano perso una parte di loro stessi e ora, a settant'anni di distanza, quei due pezzi cercavano inutilmente la loro metà, persa nella tristezza umana e nella speranza ormai consumata, di una vita parallela in cui le cose fossero migliori. In cui loro erano migliori, insieme.

 

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