Un nuovo Torneo Tremaghi

di Carme93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Attenti al drago ***
Capitolo 3: *** L'avversario peggiore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo




 
Tre Campioni per Hogwarts
 


Quella sera la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts era in un forte stato di eccitazione, perché non solo era Halloween, una festa particolarmente amata dai maghi e dalle streghe di tutto il mondo, ma anche perché sarebbe stata inaugurata la nuova edizione del Torneo Tremaghi.
Si trattava di una competizione secolare che vedeva affrontarsi le tre Scuole di magia più importanti d’Europa: Hogwarts, l’Accademia di Magia di Beauxbatons e l’Accademia di Durmstrang.
Le delegazioni rappresentative delle Scuole erano giunte in Scozia il pomeriggio prima e quella sera sarebbero stati scelti i Campioni che si sarebbero sfidati in tre pericolosissime prove.
Rispetto all’ultima edizione, svoltasi nel 1994, vi erano due importanti novità: avrebbero potuto partecipare tutti gli studenti dal quinto anno in su e, soprattutto, sarebbero stati selezionati tre Campioni per ogni Scuola. Quest’ultima decisione era stata presa per mettere in gioco le capacità di cooperazione e di strategia dei giovani in gara, ma anche per garantire una maggiore sicurezza. Ognuno dei tre Campioni avrebbe affrontato una prova. L’abbinamento prova-Campione sarebbe toccato ai ragazzi stessi.
Il banchetto di Halloween era sempre eccezionale, ma quella sera più che mai la Scuola aveva cercato d’impressionare gli ospiti: l’intera squadra dei Cavalieri Senza Testa aveva accettato di esibirsi; una compagnia di spaventosi scheletri era stata ingaggiata dalla Preside McGranitt e, naturalmente, gli elfi domestici si era superati nel creare dei veri e propri capolavori culinari tipici della cucina inglese, francese e del Nord Europa.
Nonostante ciò, il momento più atteso della serata era previsto per la fine del banchetto: il Calice di Fuoco, manufatto magico molto antico, avrebbe selezionato i nove Campioni. Proprio per questo motivo l’affollata Sala Grande tacque all’improvviso quando i tre Presidi, Minerva McGranitt, Madame Olympe Maxime e il professor Marek Mrṧtìk, si alzarono seguiti dal Capo del Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale, Draco Malfoy, il Capo del Dipartimento per i Giochi Magici, Marcus Flint e il Ministro della Magia inglese Hermione Granger.
Il Calice di Fuoco fu portato di fronte alla pedana su cui si ergeva il Tavolo delle Autorità.
La McGranitt impartì una serie di istruzioni che i futuri Campioni avrebbero dovuto seguire, poi una fiamma si levò dal Calice. Per primi furono nominati i Campioni di Beauxbatons, poi quelli di Durmstrang. La tensione e l’eccitazione degli studenti di Hogwarts era ormai al culmine quando il Calice s’infiammò nuovamente e una strisciolina di carta volò tra le mani della Preside.
«Lily Luna Potter».
Lily era una ragazzina fin troppo nota non solo nella Scuola, ma in tutto il mondo magico inglese e non solo perché era figlia di Harry Potter, l’eroe della seconda guerra magica. A Scuola ella era nota per il suo carattere giocoso e determinato, si cacciava spesso nei guai con le sue compagne di scorribande, le Malandrine, e cedeva facilmente alle provocazioni dei Serpeverde. Frequentava il quinto anno, era particolarmente abile in Difesa contro le Arti Oscure e Pozioni (quando si ricordava di studiare) ed era da poco diventata battitrice della squadra di Quidditch della sua Casa.
Un clamoroso applauso accompagnato da fischi e urla, degni di uno stadio di Quidditch, si alzò dal tavolo dei Grifondoro. La ragazza batté il cinque ad alcuni compagni e strinse alcune mani prima di dirigersi verso la stanza indicata dalla Preside.
Alla sua scomparsa la Sala piombò di nuovo in un silenzio carico di attesa e tutti osservarono quasi trattenendo il respiro il Calice di Fuoco.
«Scorpius Hyperion Malfoy».
Questa volta fu il tavolo all’estrema sinistra, quello dei Serpeverde, a scoppiare in un boato entusiasta.
Scorpius, Prefetto e Capitano della squadra di Quidditch della sua Casa, proveniva da una famiglia nota quasi quanto quella di Lily, ma purtroppo non sempre positivamente per cui il giovane doveva costantemente combattere per non essere assimilato ai peggiori luoghi comuni sui Malfoy. Strinse le mani dei compagni e lanciò uno sguardo al tavolo dei Grifondoro, incontrando immediatamente gli occhi determinati di Rose Weasley. Il loro sogno era affrontare quell’avventura insieme. Adesso rimaneva solo un posto. E lei l’avrebbe presa veramente male se non fosse stata scelta. Distolse lo sguardo temendo che il padre, completamente all’oscuro della loro relazione, potesse sospettare qualcosa. Prese un bel respiro e seguì la scia di Lily Potter.
Minerva McGranitt strinse tra le mani l’ultimo cartiglio perfettamente ritagliato da una pergamena e lesse il nome ordinatamente riportato su di essa, scoprendo di non essere per nulla sorpresa: «Hugo Weasley».
Il tavolo dei Grifondoro scoppiò per la seconda volta in un sonoro applauso, ma un occhio attento avrebbe potuto notare la reazione sorpresa dei cugini Potter-Weasley: ognuno di loro avrebbe potuto scommettere i propri risparmi, future paghette e manici di scopa che il terzo Campione sarebbe stata Rose Weasley.
Hugo era un ragazzo di quindici anni, molto riservato e tranquillo e, personalmente, si era candidato solo su sollecitazione di Lily e degli altri compagni del quinto anno. Non avrebbe mai pensato di essere scelto. Senza contare che era perfettamente consapevole di quanto sua sorella tenesse a quell’opportunità.
Per un attimo tenne gli occhi fissi sul suo piatto dorato perfettamente pulito e giochicchiò con la spilla da Prefetto, quasi sperando di aver sentito male e che i compagni stessero applaudendo qualcun altro.
«Hugo Weasley» ripeté la Preside.
«E dai Hugo» sbottò Alice Paciock tirandogli una gomitata. «Devi andare».
Avrebbe voluto dirle che non voleva, ma sarebbe stato sciocco considerando che nessuno di loro aveva possibilità di scelta. Essere selezionati dal Calice di Fuoco equivaleva a stipulare un patto magico vincolante. In poche parole era fregato. Si alzò lentamente ed evitò lo sguardo di sua sorella.
Sfilò rapidamente verso il tavolo dei professori e poi attraverso la porta che aveva già inghiottito Lily e Scorpius. Questi ultimi, appena lo videro, reagirono in modo differente: sua cugina strillò come di fronte a un goal delle Holyead Harpies e lo strinse in un abbraccio; il Serpeverde lo fissò scioccato per un attimo, forse temendo anche lui la reazione di Rose, poi scoppiò e ridere e gli diede la mano.
Lily, Scorpius e Hugo non sapevano quello che avrebbero dovuto affrontare, ma come sì: insieme.
 

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Capitolo 2
*** Attenti al drago ***





Attenti al drago

 
 
Campioni di Hogwarts: Scorpius Hyperion Malfoy (Serpeverde, VII anno, Prefetto), Lily Luna Potter (Grifondoro, V anno), Hugo Weasley (Grifondoro, V anno, Prefetto).
Prima prova: Vipero peruviano. “I vostri Campioni affronteranno questa Prima Prova in un’arena. L’obiettivo è quello di recuperare un cilindro di piombo che la Creatura porta attaccata a un collare alla gola. Naturalmente, per far ciò è necessario che la creatura sia priva di sensi”.
Campione che affronterà la prima prova: Scorpius Hyperion Malfoy.
 
 
 


24 novembre.
Scorpius Hyperion Malfoy non era mai stato un ragazzo particolarmente attento alle date, ma probabilmente quella l’avrebbe ricordata per tutta la vita.
La nuova edizione del Torneo Tremaghi era iniziata. Ufficialmente.
Il giovane Serpeverde quel giorno avrebbe rappresentato Hogwarts e la tensione, aumentata gradualmente in quei giorni, ormai era al culmine.
La tenda in cui si trovava in quel momento era stata allestita per i nove Campioni – tre per ogni Scuola ˗ e, nonostante fosse particolarmente affollata tra professori, Campioni e giornalisti, era terribilmente silenziosa; infatti dall’esterno provenivano i versi delle creature toccate in sorta a ogni studente in gara.  
Scorpius si rigirò nervosamente tra le mani il suo modellino, un vipero peruviano. Presto l’avrebbe affrontato la versione in carne e ossa. E se vogliamo artigli, corna e zanne.   
Lily si era quasi offesa, perché a quanto pare l’avrebbe trovato divertente sostenere lei quella prova, ma il Serpeverde – sotto minaccia di Albus Potter – si era rifiutato di fare cambio con lei: avevano sorteggiato l’ordine in cui avrebbero affrontato le tre prove, lui era stato il primo e non sarebbe cambiato nulla.
Ora, però, anche se non l’avrebbe mai ammesso, cominciava a spaventarsi un po’. Adorava le creature magiche e, nonostante suo padre sognasse per lui una magnifica carriera al Ministero della Magia, lui non desiderava altro che diventare un magizoologo e curare gli animali (un po’ come i veterinari babbani). Hagrid, l’anziano guardiacaccia di Hogwarts, adorava i draghi e le creature più pericolose e Scorpius amava farsi coinvolgere nelle sue attività, ma in quel momento non sembrava per nulla divertente.  
«Paura, Scorpius?».
Strinse il lembo della tenda resistendo alla tentazione di sbirciare fuori all’ennesimo boato proveniente dall’arena e ignorò il tono falsamente provocatorio di Lily Potter. Ormai la conosceva abbastanza per comprendere che, dietro la sua sfacciataggine da io sono una Grifondoro-fantastica-e-pure-una-Potter, si celava una sincera preoccupazione.
«No, che non ne ha» sbottò un’altra voce ben nota.
Scorpius si voltò di scatto e sorrise. «Sei venuta a salutarmi per l’ultima volta?».
Hugo lo fissò preoccupato, Lily alzò gli occhi al cielo borbottando qualcosa sulla melodrammaticità dei maschi, ma il Serpeverde aveva occhi solo per la ragazza che si era intrufolata dentro la tenda.
«No, perché ancora non ho perdonato nessuno di voi tre per avermi rubato il posto…».
«Almeno un bacio portafortuna» chiese Scorpius avvicinandosi a lei.
Rose Weasley lo fissò quasi arrabbiata, poi sbuffò e gli scoccò un bacio veloce sulla guancia.
«Ehi, potrei morire tra pochi minuti!».
«Non ti ho ancora perdonato, accontentanti».
Fu il turno di Scorpius di alzare gli occhi al cielo.
«Non vi conviene» intervenne Lily, vedendo Scorpius insistere per il bacio. «C’è quella vecchiaccia della Skeeter».
«Ha le cataratte» borbottò Rose.
Ma Scorpius pensava che cataratte o meno quella fosse ancora un’arpia e se il giorno dopo una foto di loro due che si baciavano fosse apparsa su La gazzetta del profeta, allora un drago sarebbe stato di gran lunga meno spaventoso di Ron Weasley e Draco Malfoy.  
«Signorina Weasley, esca da qui» sibilò la professoressa McGranitt, preside della Scuola, avvicinandosi. Rose non se lo fece ripetere due volte, anche perché fino a qualche ora prima era incorsa nell’ira della donna per incantato delle ragazze di Serpeverde ree di aver chiesto a Scorpius di invitarle al Ballo del Ceppo, che tra l’altro non si sarebbe tenuto prima di un mese. «Signor Malfoy, è ora»
Tra la conclusione della prova di un Campione e l’ingresso del successivo nell’arena, trascorrevano solitamente una decina di minuti.
Scorpius sospirò e prese un bel respiro, poi passò il modellino di drago a Lily.
«Buona fortuna, signor Malfoy».
Il ragazzo ringraziò la Preside e accolse con piacere l’abbraccio di Lily e di Hugo. Erano uno strano trio, ma avrebbero affrontato insieme quell’avventura.
Senza indugiare oltre, scostò un lembo della tenda e raggiunse l’arena.
Per un attimo rimase a bocca aperta e quasi si convinse di essersi materializzato lontano dalla Scuola: era sulle Ande. Non ci era mai stato di persona, ma aveva osservato diverse immagini sui libri dedicati all’habitat del vipero peruviano, uno dei più piccoli draghi conosciuti.
Il giovane Serpeverde compì qualche passo sul terriccio, chiedendosi dove fosse la creatura. Non c’erano alberi ma alcuni picchi – naturalmente di dimensioni ridotte rispetto agli originali ˗ verdi, altri addirittura nevosi e tutto il lato destro era caratterizzato da rocce e in fondo da quelle che, almeno apparentemente, sembravano delle rovine.
Un improvviso ruggito raggelò Scorpius sul posto. Il drago si palesò su uno dei picchi più lontani e innevati. Aveva le tipiche scaglie lisce e di color rame con strisce nere sulle creste. Purtroppo tra le sue doti vi era la rapidità nel volo e lo dimostrò subito slanciandosi verso il ragazzo.
Instintivamente Scorpius corse verso la zona rocciosa, cercando di nascondersi il più possibile e soprattutto evitare per un pelo una fiammata. Il drago sbuffò probabilmente dispiaciuto di aver perso la propria preda. Scorpius si rammaricò per lui, ma non aveva alcuna intenzione di essere il piatto forte di un barbecue improvvisato. Si spostò silenziosamente tra le rocce, tra le quali la creatura non lo seguì in un primo momento; nel frattempo tentò di concentrarsi: qual era il suo scopo? Prendere cilindro di piombo appeso al collo dell’amabile drago.  
«Signor drago, non è che…» borbottò Scorpius, domandandosi se sarebbe stato sufficiente essere gentili.  Una nuova fiammata arroventò l’aria e lo zittì. Decisamente nemmeno Tosca Tassorosso avrebbe tentato quella strada. Il Serpeverde cambiò ancora nascondiglio, avvicinandosi alla zona con le rovine, cercando di riflettere sulle informazioni che ricordava su quella specie di drago: mangiavano A mucche, capre e soprattutto umani.  
Il drago si avvicinò ancor di più al Campione, che scivolò a causa di un forte tremore che scosse tutta l’arena. A quanto pare aveva stabilito che quelle rocce non sarebbero state un ostacolo per lui e potevano essere schiacciate facilmente.  
Pensa Scorpius, pensa.
La creatura era sempre più vicina. Scorpius ne sentiva il forte odore pregnante.
«Feraverto» d’istinto trasformò una roccia in una capretta, che cominciò a scappare, ma sfortunatamente il drago l’adocchiò immediatamente e si gettò su di lei.
A quel punto il Serpeverde si avviò verso le rovine, ma prima trasformò un’altra roccia, stavolta in una mucca. Ripeté l’operazione più volte. Gli apparve quasi una danza macabra: mucche, pecore e capre correvano e il drago senza fatica se le ingoiava.
Il Campione nel mentre tentava di stabilire un piano concreto, consapevole che la soluzione migliore sarebbe stato addormentarlo, in modo da agire indisturbato. Ma come? Il professore Mcmillan sicuramente conservava una scorta di Pozione Soporifera sufficiente allo scopo.  
Scorpius individuò uno spiazzo verde e stabilì che sarebbe stato il luogo adatto per attirare il suo avversario. Allora uscì allo scoperto, dopo essersi assicurato che il drago fosse abbastanza lontano, e trasfigurò una grossa pietra in un succulento montone che avrebbe distratto il drago si distrasse abbastanza, cosicché lui potesse raggiungere le rovine più vicine al punto prescelto. Aveva pochi secondi, perché il povero montone non era riuscito ad andare molto lontano. Vagamente percepiva il pubblico che ridacchiava o strillava alla vista del divoratore senza pietà… che poi era un povero drago, aveva pure ragione ad avere fame.
«Accio Pozione Soporifera di Mcmillan».
Roarrr
Il ruggito del drago fece sobbalzare Scorpius che si appiattì dietro una specie di antico muro. Non poteva agire di impulso. Doveva prima arrivare la pozione, poi avrebbe trasfigurato una roccia in qualcosa di buono. Non poteva farlo prima. Perché il drago già lo stava cercando e avrebbe rischiato di attirare la sua attenzione in anticipo. 
Sentiva i pesanti passi del lucertolone sopraggiungere.  
Sentì un fischio e lo percepì anche il drago, per un attimo Scorpius si sollevò e scoprì la propria posizione, ma aveva necessità di prendere al volo la cassettina tintinnante.
Il drago distrusse un po’ di rocce, probabilmente per essere più veloce. O l’avevano lasciato digiuno – Merlino benedetto –, o gli umani mancavano da troppo tempo nel suo menù o aveva lo stomaco senza fondo come Rose. Scorpius non sapeva quale delle tre opzioni temesse di più.
Aveva pochissimi secondi ormai. Tramutò una roccia poco distante in una mucca dalle dimensioni extralarge – altro che primo premio alle fiere di campagna –, la pietrificò e uscì allo scoperto per versare su di essa la pozione.
Stappò la prima fialetta tremante, sia per la tensione sia perché percepiva la creatura alle sue spalle.  In quel modo non avrebbe fatto in tempo. Il pubblico che gridò. Nel panico il Campione lanciò la cassetta in aria e gridò: «Oppugno». Le bocce andarono in mille pezzi e i frammenti di vetro caddero sull’animale insieme al loro contenuto.
Appena in tempo Scorpius si gettò di lato evitando per un soffio l’ennesima fiammata. Impiegò pochi secondi per comprendere che il drago puntava su di lui e non sulla mucca. Allora si rialzò a fatica e corse verso il l’animale fino a superarlo. Il drago però non sembrava volersi più distogliere l’attenzione dalla preda migliore.
Scorpius allora si fermò e puntò la bacchetta sulla sua esca mancata e con un incantesimo non verbale la fece levitare verso la bocca del drago, che si bloccò probabilmente sorpreso.
«E mangiatelo» sibilò il ragazzo dondolandogli la mucca davanti agli occhi.
Alla fine il drago decise di eliminare l’ostacolo e lo inghiottì in un boccone.
«Evvai».
Il sollievo di Scorpius durò poco, perché subito dopo il drago cominciò a inseguirlo: il ragazzo in principiò corse lungo il prato, ma la creatura era più veloce; allora si spostò tra le rocce ma qui ebbe notevole difficoltà e più scivolò, mentre il vipero peruviano si limitava a volare o a frantumare le rocce. In modo o nell’altro a Scorpius non sembrava di avere alcuna via di scampo. Inoltre, la stanchezza e la paura iniziavano ad avere il sopravvento.
Fortunatamente, con uno schianto tremendo. il drago piombò addormentato tra alcune rocce.
Scorpius prese un respiro e, dopo qualche secondo, assicurandosi che la creatura stesse realmente dormendo, si avvicinò al drago e cercò di sfilargli il collare con il cilindro di piombo appeso.  Alla fine, spazientito, esclamò «Recido» e quello cadde docilmente tra le sue mani.
Il pubblico scoppiò in un sonoro applauso ˗ Scorpius si sentì come se avesse vissuto in un mondo ovattato fino a quel momento e adesso sentisse di nuovo – e il ragazzo fu circondato dai guardiani dei draghi, che gli indicarono la tenda del pronto soccorso.
Qui lo raggiunsero Lily e Hugo entusiasti, pronti a congratularsi con lui.  
La prima prova era andata.
 
 

 

 

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Capitolo 3
*** L'avversario peggiore ***


Capitolo III




 
L’avversario peggiore
 



Si destò di soprassalto e percepì una leggera inquietudine: odiava svegliarsi in piena notte, perché i pensieri si affollavano e faticava a riaddormentarsi; purtroppo ultimamente gli accadeva sempre più spesso, poiché i G.U.F.O. si avvicinavano inesorabilmente e sua madre accresceva la sua ansia con continui consigli, sollecitazioni e raccomandazioni. Inoltre, ella non aveva minimamente approvato la sua scelta di iscriversi al Torneo ˗ Proprio l’anno dei G.U.F.O. Per la prima volta in quindici anni e mezzo, una sua scelta aveva reso più orgoglioso suo padre, molto meno sua madre (oltre il suo smistamento a Grifondoro naturalmente).  
Impiegò qualche secondo a prendere coscienza dell’ambiente che lo circondava: sopra di lui vi era una grigia pietra, ben distante dal velluto scarlatto della tende del suo baldacchino; ed era adagiato su qualcosa di duro, ben distante dalla morbidezza del suo letto.  
Aprì gli occhi, che per un attimo aveva tenuto serrati in quella consueta illusione di poter ancora trattenere il sonno e la scia sempre più labile di un sogno interrotto.
Non era in camera sua.
La consapevolezza lo colpì come un bolide in pieno petto e il ragazzo si sedette di scatto. Quella non era nemmeno la Sala Comune di Grifondoro.
Dopo un iniziale momento di smarrimento, i ricordi fluirono gradualmente. Rabbrividì.
Lui, Scorpius e Lily erano stati convocati nell’ufficio della professoressa McGranitt, dove, alla presenza della giuria del Torneo, era stato loro chiesto ufficialmente chi avrebbe affrontato la seconda prova. Hugo si era fatto avanti con una finta sicurezza, ma sollevato dalla consapevolezza dei suoi compagni al suo fianco.
Ricordò vagamente le raccomandazioni della Preside e poi più nulla. Si passò una mano sul volto e si accorse che era umida. Un brivido di freddo lo scosse tutto. Non aveva nemmeno il mantello con sé e quel luogo sembrava più freddo dei corridoi del castello.
Probabilmente la McGranitt l’aveva addormentato e in un secondo frangente era stato portato lì. Ma dove precisamente?
Il Grifondoro si guardò intorno, ma non trovò alcun punto di riferimento o segno noto che potesse suggerirgli dove si trovasse.
Sembrava un corridoio di pietra fiocamente illuminato, nulla di più.
Si sollevò con circospezione, ma l’unico rumore era un inquietante gocciolio di cui non avrebbe saputo localizzare.
Mise la mano nella tasca della divisa, ma non trovò la sua bacchetta. A quel punto principiò ad agitarsi veramente: non poteva averla dimenticata! Che figura avrebbe fatto!? Un mago che si dimentica la propria bacchetta magica! Altro che Campione Tremaghi.
Eppure quando era andato dalla McGranitt ce l’aveva, ne era sicuro.
Dall’altra tasca, però, estrasse il cilindro di piombo che Scorpius aveva conquistato durante la prima prova.
Ci avevano provato e riprovato, ma non erano riusciti ad aprirlo: aveva trascorso ora in biblioteca insieme a Scorpius nel tentativo di carpirne il mistero, appellandosi a tutte le lore conoscenze. Tutto era stato vano: nessuna pozione, nessun incantesimo aveva avuto alcun esito. Il cilindro non si era neanche scalfito. Alla fine si erano arresi ad attendere l’inizio della prova, in fondo alcuni oggetti magici avevano dei meccanismi di attivazione particolari.  
Hugo deglutì: il cilindro era stato riposto nel baule di Scorpius e il Serpeverde non l’aveva preso con sé quella mattina. Erano rimasti che l’avrebbe fatto nel pomeriggio, considerando che la prova avrebbe avuto inizio soltanto alle quattro. E se adesso era nella sua tasca al posto della bacchetta, significava solo una cosa: la seconda prova era iniziata.
La semioscurità gli sembrò ancora più inquietante.
Chiuse gli occhi terrorizzato da quello che avrebbe potuto scorgere nel buio. Se nella prima prova c’era un drago, lì avrebbero potuto posizionare qualsiasi trappola. Automaticamente passò in rassegna le creature magiche che conosceva e rabbrividì. Naturalmente gli erano venute in mente quelle classificate come “note ammazzamaghi” da Newt Scamander.
Avrebbe voluto rannicchiarsi e nascondersi. Esattamente come faceva da piccolo quando si trovava da solo al buio. Sua mamma gli diceva che aver paura del buio è normale, perché significa temere ciò che non si conosce; ma ella le ripeteva sempre anche una frase del Preside Silente: “La felicità si può trovare anche nei momenti più bui se solo ci si ricorda di accendere la luce”.  
Peccato che lui non avesse né la bacchetta né fiammiferi per rischiarare quell’ambiente. Solo uno stupido cilindro di piombo.
Serrò ancora di più le palpebre e si chiese per la millesima volta perché si fosse lasciato coinvolgere? L’aveva fatto solo per non sembrare un fifone davanti ai suoi compagni. Erano forti muscolosi, si mettevano in mostra con le ragazze… e lui? Era mingherlino con un incendio sulla testa ed era considerato da tutti un secchione.
Sfiorò instintivamente la spilla da Prefetto, costatando che gliel’avessero lasciata; peccato che non si trasformasse in una torcia o in un’arma come i film di spie babbani.  
Aprì gli occhi, perfettamente consapevole che il suo orgoglio di Grifondoro non gli avrebbe mai permesso, per quanta paura potesse avere, di farsi beccare lì rannicchiato e piagnucolante.  
Gli avevano lasciato il cilindro? Allora ci sarà stato un motivo. Lo osservò e tentò di aprirlo, questa volta rivelò immediatamente il suo contenuto: una pergamena arrotolata e un frammento di vetro.
Spiegò la pergamena e lesse ˗ socchiudendo gli occhi a causa della mancanza di luce ˗ lasciando che la sua voce risuonasse roca nel tacito vuoto che lo circondava:


 
Ti saranno date tre ore di tempo,
vedi di trovare l’uscita nel frattempo.
Sarai solo, isolato e inzuppato,
senza alcun incantesimo come alleato.
Ascolta i tuoi compagni e usa l’intuito,
saranno il tuo unico aiuto.
 


Quindi era una prova a tempo, non troppo diversa da quella affrontata dallo zio Harry. L’essere solo era chiaro, ma isolato e inzuppato? E soprattutto come avrebbe potuto ascoltare i suoi compagni? Erano stati trasportati lì vicino? Avrebbero dovuto cercarsi?
Non aveva elementi per rispondere a quelle domande, perciò decise di esplorare l’ambiente: le pareti sembrano di pietra levigata e grigiastra. Ma dov’era? Ancora a Hogwarts?
Avanzò lentamente, tentando di non farsi sfuggire nulla.
I suoi piedi risuonavano come se fosse l’unico essere vivente lì dentro. Gli altri Campioni? Hugo arricciò il naso all’odore di chiuso e di muffa e sospirò rassegnato nella consapevolezza che torturarsi con tutte quelle domande non l’avrebbe indirizzato a una risoluzione definitiva.  
Proseguì disorientato per qualche minuto. O trascorse più tempo? In quel momento sarebbe stato comodo un orologio da polso.
All’improvviso la galleria si biforcò.
Hugo si fermò incerto, poi proseguì a caso. Camminò per un altro po’ e si accorse di aver scelto la strada sbagliata: terminava in un vicolo cieco. Tra l’altro la parete di fronte a lui era più terrosa, come se non avessero più completato quella parte e non avessero ritenuto necessario ricoprirla di pietra.
Hugo!
Sobbalzò e si girò. Non c’era nessuno dietro di lui. Eppure…
Hugo!
Di nuovo. Da dove veniva quella voce? La voce di Lily. Eppure era solo lì. Che l’avesse seguito indossando il mantello dell’invisibilità? Ma avrebbero squalificato tutti e tre!
Idiota, nella tua tasca!
Sgranò gli occhi e automaticamente mise le mani in tasca, rischiando di tagliarsi con il frammento di vetro che si era già dimenticato. Un occhio color cioccolata lo fissava inquietante.
«Non lo tenere così» sbottò una voce in lontananza. Scorpius.
«Questo è uno specchio gemello! Come quello di cui ci ha parlato mio padre, ricordi?».
Al posto dell’occhio era apparsa la bocca di sua cugina. Se non fosse stato tanto agitato le avrebbe chiesto di cambiare posizione non volendo indagare la sua cavità orale.
«Sì, ho capito» disse frettolosamente. «Ho aperto il cilindro, c’è una specie di indovinello».
«Lo sappiamo» tagliò corto la voce di Scorpius. «Il nostro compito è quello di guidarti».
«Fai parlare me» sbottò la voce di Lily.
«Dobbiamo andare al punto».
«Perché che stavo facendo?».
Hugo alzò gli occhi al cielo.
«Ragazzi» provò a chiamarli. «L’indovinello…».
«Lascia stare l’indovinello» riprese Scorpius. «Possiamo parlati solo per dieci minuti, due volte all’ora».
Hugo ebbe un tuffo al cuore: si era confortato sentendo i due compagni di squadra e aveva creduto che l’avrebbero accompagnato per tutto il percorso, invece a breve sarebbe rimasto solo di nuovo.
«Dove sei ora?» chiese Lily.
«Sono in una specie di galleria di pietra» rispose Hugo. «Come fate a guidarmi a distanza?».
«Abbiamo una mappa» rispose sua cugina.
«Ci hanno indicato in che punto ti avrebbero lasciato, sei ancora lì?» aggiunse Scorpius.
«No» si affrettò a rispondere il giovane Grifondoro. «Mi sono spostato».
«A destra o a sinistra».
«Per avanti» borbottò Hugo.
«In che senso? Destra o sinistra?» insisté Scorpius.
«Ma se ti ha detto avanti» sbuffò Lily.
«Ma che vuol dire avanti?».
«C’era solo una strada» insisté Hugo.
«No, ce n’erano due» ribatté Scorpius.
Hugo non ci aveva nemmeno fatto caso. Era perfettamente conscio che avrebbe dovuto porvi più attenzione! Era stato così sciocco. «Sinistra, credo a sinistra. Dopo poco ho incontrato una biforcazione» si affrettò a rispondere. Tre ore trascorrevano in fretta in quei frangenti.
«Sì, ci sono» sentì la voce del Serpeverde più distante.
«Beato te che sei lì sotto. Ci hanno chiusi dentro una vecchia aula. Puzza di rinchiuso e non ci hanno portato nulla da mangiare…» si lamentò Lily.
«Sono in un vicolo cieco» aggiunse il ragazzino ignorandola.
«Allora torna indietro».
«Prendo l’altra strada?».
«Non è una strada, è un condotto» borbottò la voce di Lily. «Non ti sei accorto di essere nell’impianto idraulico di Hogwarts…».
«Dove sono?» la bloccò Hugo.
«Vai…».
 
 
 
«Si è disattivato, accidenti».
Lily si mordicchiò il labbro e lo fissò.
«Ma perché mi hai interrotto?» quasi l’aggredì il Serpeverde. «Abbiamo poco tempo per parlare con lui!».
«Sono agitata» replicò la Grifondoro passandosi una mano sul volto.
«Non devi, andrà tutto bene».
«Ho fatto una stupidaggine».
«Non fa niente, dai» provò a tranquillizzarla Scorpius sedendosi pronto ad analizzare a fondo la mappa e stabilire il miglior percorso che Hugo avrebbe dovuto seguire per arrivare più rapidamente alla meta designata. «Tra un po’ lo ricontatteremo, è inutile sprecare tempo adesso se non abbiamo un piano».
«Sì, ma non avrei dovuto dire a Hugo dove si trova… soffre di claustrofobia… A volte parlo prima di riflettere» spiegò Lily accasciandosi sulla sedia accanto all’amico.
«Sbrighiamoci» sospirò Scorpius.
 
 

La comunicazione si era interrotta, prima che Hugo potesse ascoltare le indicazioni di Scorpius. Rimase immobile in attesa, aspettandosi che l’avrebbero richiamato; ma un grave peso si era depositato sul suo cuore dopo aver scoperto dove si trovava: sottoterra! Altro che sotterranei. Chiuse gli occhi preso quasi da vertigini: un intero castello sulle sue spalle. A tentoni cercò il muro e si appoggiò. Il suo respiro accelerò e il cuore cominciò a battere più forte, il suo corpo fu percosso da brividi di freddo, un senso di nausea gli salì alla gola.
Conosceva quella sensazione, ma era un pessimo momento per una crisi: doveva portare a termine la prova. Fece un paio di respiri, tentando di calmarsi: in fondo quelle gallerie erano ampie, si respirava bene e non era solo. Lily e Scorpius l’avrebbero richiamato a breve, cercò di immaginarli mentre sicuramente litigavano per capire come comportarsi. Sorrise leggermente e si raddrizzò.
Prese ancora qualche respirò, riaprì gli occhi e compì qualche passo.
La prossima conversazione avrebbe dovuto essere più efficace: avrebbe potuto uscire di lì velocemente, purché facessero gioco di squadra.
A passi svelti tornò fino alla biforcazione e questa volta scelse l’altra via. Questa galleria sembrava più lunga e più buia, ciò lo inquietò abbastanza, ma non poteva tornare indietro o avrebbe perso troppo tempo.
Addirittura la pietra gli sembrò più antica e a un certo punto sembrò andare quasi in discesa.
A un certo punto percepì uno strano rumore, una specie di forte brusio, ben diverso dal gocciolare che ora sembrava molto più lontano. Si fermò ad ascoltare e procedette, sperando che quello fosse un buon segno. La strada stavolta si suddivise in tre ampi canali e lui proseguì in quello mediano. Qui quello strano suono era più forte e sembrava riecheggiare nell’ambiente.  
Continuò ad avanzare affidandosi al suo udito, ma uno strano prurito cominciò a dargli noia. Allungò la mano per grattarsi la gamba, ma quando la ritirò su scorse un esserino lungo pochi millimetri, quasi invisibile. Lo lanciò e, osservando con attenzione, si accorse di essere circondato da quelle creature. Ne aveva addirittura la veste piena! Lo stavano assalendo!
Erano una specie di insetti minuscoli, simili a dei granchi ˗ che aveva visto sulla spiaggia nei dintorni di Villa Conchiglia – ma con delle grosse zanne.
Strillò ancora. E se fossero state delle piccole manticore? Cominciò a scrollarsi la divisa.  
«No, no, no…».
Corse verso l’imboccatura della galleria che aveva preso seguendo quello stupido e ingannevole verso. Qui si fermò, ma quegli esseri non se ne andavano, anzi alcuni erano ancora appiccicati alla sua divisa e altri si arrampicavano lungo i suoi calzini.
Fu con sollievo che colse il richiamo di Lily. Prese il frammento di specchio gridando perché qualcuno si era insinuato inseriti persino nella tasca.
«Hugo, che succede?» chiese la voce di Scorpius.
«Ci sono dei cosi… piccole manticore… Non lo so che sono…».
«Manticore?!» gridò Lily.
«Ma che dici?! Nelle tubature di Hogwarts?».
«É il Torneo Tremaghi» lo redarguì Lily.
Hugo non avrebbe sopportato, al limite di un attacco isterico, le loro discussioni – Lily avrebbe fatto perdere la pazienza a un santo - «Guarda!» gridò sapendo che Scorpius era bravo con le creature magiche.
Nel frattempo cercava di scuotersi da dosso tutti quelli esserini.
«Sono invisibili» sbuffò Lily.
«Non sono manticore» sbuffò sollevato Scorpius. «Sono chizpurfle».
«Hanno le zanne» si difese Hugo ora tentando di schiacciarli, indipendentemente da come si chiamassero.
«Ma non hanno un pungiglione acuminato con veleno mortale» replicò Scorpius. «Saresti già morto».
«Come me li tolgo da dosso?» sbottò il ragazzo che non voleva certo una lezione di magizoologia in quel momento.
«Di solito basta comprare una pozione adatta, ce ne sono molte in commercio… oppure nei casi più gravi si chiede l’intervento della Sottosezione Flagelli dell’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche…» rispose il Serpeverde.
«Scorp» sibilò Hugo, continuando a calpestare la pietra intorno a lui e, contemporaneamente, anche di allontanarsi. «Posso provare a cercare un negozio, a destra o a sinistra?!».
Percepì la risata nervosa di Lily.
«Se volete posso provare a inoltrare formale richiesta al Ministero, che dite? Quali sono i tempi di attesa?».
«Ok, ho capito» sbottò Scorpius. «Allora… beh, credo che quello che stai usando sia un buon metodo…».
«Ma davvero? Grazie tante!».
«Hugo, non perdere altro tempo» intervenne Lily. «La prima ora è quasi finita».
Il ragazzino imprecò chiamando in causa Merlino. «Non sto perdendo tempo»
«Ehi, Hugo, calmati» provò Scorpius.
«Non mi dire di calmarmi! Un milione di esserini zannuti non cammina su di te».
«Il solito esagerato» borbottò Lily.
«Ascolta, che strada hai preso?» chiese, invece, Scorpius.
Hugo, che con una mano teneva il frammento il più vicino possibile all’orecchio e con l’altra controllava ogni centimetro del suo corpo, rispose distrattamente alla domanda.
«Eh, ti pareva. Avevi il cinquanta per cento di possibilità di sbagliare e hai sbagliato» sbottò Lily.
«Come sbagliato?» chiese Hugo riprendendo fiato e imboccando la galleria di sinistra.
«Saresti dovuto tornare fino al punto dove ti sei svegliato e prendere la strada a destra» spiegò Scorpius. «Ma comunque non fa niente. Sei arrivato alle tre strade?».
«Sì, in quella di mezzo non ci torno, è strapiena di quei cosi. Ora sono a sinistra».
«Va bene vai dritto, poi alla prossima biforcazione prendi a destra» suggerì meditabondo Scorpius.
«Sei sicuro?» chiese Lily.
«Hai un’idea migliore?» ribatté il ragazzo.
Hugo sospirò: l’avrebbero recuperato alla fine delle tre ore o l’avrebbero lasciato a marcire lì per il resto dei suoi giorni?
«Ascolta» aggiunse velocemente Scorpius. «abbiamo ancora pochi secondi. Fai come ti ho detto, poi cerca di muoverti verso est, ok? Verso l’interno. Ora ti trovi più o meno ai margini dell’impianto idraulico. Noi possiamo chiamarti solo due volte ogni ora. D’ora in avanti impiegheremo meglio questo tempo. Ti chiameremo tra una ventina di minuti. Intanto studiamo meglio quest’altra zona».
«Ok».
La comunicazione s’interruppe, ma Hugo fece in tempo a sentire l’incoraggiamento della cugina.
Riprese fiato e si assicurò, un’ultima volta, di non avere più chizpurfle addosso, poi riprese a camminare seguendo le indicazioni di Scorpius.
Dopo un po’ però la strada virò verso ovest, ma fu costretto a seguirla lo stesso non essendoci altra possibilità.
Quel lato del condotto aveva un odore diverso e vi erano più pozzanghere. Di certo il giovane Campione non era vestito adeguatamente per affrontare quella prova: la divisa cominciava a non essere sufficiente a proteggerlo dal freddo e quel punto sembrava ancora più umido.
Tentò di concentrarsi e questa volta scelse la strada di destra, quando tre gallerie si aprirono davanti a lui. Sembrava salire verso l’alto. Sperò che fosse un buon segno.
Ricordò i racconti del padre sulla camera dei segreti e rabbrividì. Era da quelle parti! Non è che ci avevano messo un altro basilisco? No, eh… Lily aveva ragione erano capaci di tutto. Uno strano rumore lo mise in allarme. Sembrava acqua. Ma era un suono familiare. Avanzò lentamente e tendendo l’orecchio.
All’improvviso alla sua sinistra si aprì un’imboccatura più stretta, ma illuminata. C’era luce! Hugo sgranò gli occhi e corse verso la fonte, quasi strisciando nel condotto, che saliva sempre più in alto Nella foga sbattè con forza contro la grata che lo separava dal mondo esterno. Non poteva essere, non poteva! Si avvinghiò alla grata e provò a tirarla, più per sfogare la sua frustrazione che altro: quella non era la sua meta e, anche se fosse riuscito ad uscire da lì, avrebbe perso.  
Qualcosa, improvvisamente, lo artigliò alla gamba. Gridò e scivolò all’indietro. Piombò contro la parete del condotto da cui era salito. Si mise seduto e guardò la gamba: un avvincino lo aveva afferrato alla caviglia.
Si gettò su di lui e tentò di liberarsi. La sua prese era ferrea, ma Hugo lo strinse tentando di spezzargli le dita lunghe, ben sapendo che fosse uno dei punti deboli di quelle creature. Riuscitosi la scalciò via ignorandone i lamenti e si allontanò zoppicando. Dopo essersi assicurato che non lo stava seguendo, si fermò e si asciugò le lacrime con la manica della veste. Quel posto era un incubo. Un incubo!
Si fermò troppo agitato e confuso, in attesa di sentire Scorpius e Lily.
Si assicurò che non ci fosse nulla a terra e si lasciò scivolare appoggiando le spalle al muro. Non era trascorsa nemmeno un’ora e venti, eppure sembrava un’eternità. Sentiva un’angoscia premergli sul cuore e il desiderio di finire al più presto si stava oscurando: quella luce l’aveva attratto e, per la seconda volta, si era messo nei guai.
Accolse con sollievo le voci dei compagni e raccontò loro quello che era successo e quale percorso avesse seguito fino a quel momento. Per fortuna, si era calmato abbastanza per non scoppiare a piangere o avrebbe fatto davvero una brutta figura con Scorpius.
Gli altri due gli diedero indicazioni più precise e lo incoraggiarono ancora. L’uscita era all’interno. Gli avevano assicurato che non fosse la Camera dei Segreti. Ma quale prova di un Torneo prestigioso si sarebbe conclusa in un bagno?
 
 
«Sono preoccupata» sospirò Lily appoggiando la testa sul tavolo. «Hai visto com’è agitato? Ci sarei dovuta andare io!».
«Abbiamo sorteggiato proprio per questo» le ricordò Scorpius. «Dà fiducia a Hugo».
«Io ho fiducia in lui» scattò Lily fulminandolo. «Siamo cresciuti insieme! Gli rubavo pure il biberon!».
Scorpius sollevò gli occhi dalla mappa e quasi scoppiò a ridere.
«Non è divertente! Non posso aiutarlo da qui».
«Sì, che puoi, cerca di concentrarti».
 
 
Hugo non impiegò molto a trovare il condotto al quale aveva accennato Scorpius, adesso avrebbe dovuto percorrerlo per un lungo tratto. Sempre dritto fino alla terza biforcazione, dove avrebbe dovuto girare a destra.  
Sperava di essere già lì quando lo avrebbero richiamato.
All’improvviso però la galleria cominciò a riempirsi d’acqua, non se ne accorse subito e questa distrazione gli costò cara: proprio all’altezza della seconda biforcazione, da destra, provenne un getto d’acqua tanto impetuoso che lo trascinò con sé. Boccheggiò tentando di non farsi sommergere completamente, nel mentre batteva i piedi e le mani cercando di nuotare ˗ o almeno era quello che avrebbe voluto fare, ma in realtà la corrente era troppo forte per compiere alcun gesto misurato e ordinato.  Il livello dell’acqua lo avvicinò a soffitto di pietra sempre più velocemente. In preda al panico non riusciva nemmeno a riflettere in modo sensato. Prese fiato poco prima che l’acqua lo sommergesse totalmente. Ora era tutto ovattato, tranne il bruciore alla caviglia laddove l’aveva artigliato l’avvincino.
Sarebbe morto affogato, che triste epilogo.
Pensò a Scorpius e a Lily, ai quali non avrebbe risposto. Avrebbero dato subito l’allarme? Certo che sì, ma probabilmente sarebbe stato troppo tardi. Lily ne sarebbe stata devastata. Una lucina sembrò accendersi nella sua mente ormai ottenebrata.
Pensò intensamente alla cugina, aggrappandosi al suo viso incorniciato da folti capelli rossi non troppo diversi da suoi: non voleva mica lasciarle il peso di non averlo salvato. Qualcosa sembrò scattare dentro di lui e si trovò catapultato sul pavimento di pietra. Si girò su se stesso, tossendo e sputando acqua.
Non seppe quanto tempo trascorse prima di riprendere respirare in modo quasi regolare. Si guardò intorno e si rese conto di essere tornato alla biforcazione precedente; in lontananza si percepiva chiaramente lo scorrere impetuoso dell’acqua.
Era veramente stanco, ma si sollevò lentamente e riprese a camminare.
Sentì Lily e Scorpius altre due volte; ma ormai faticava a muoversi e tremava dal freddo, peggiorato a causa delle vesti completamente zuppe. I compagni gli ripetevano che era quasi arrivato, che doveva stringere i denti, che ce l’avrebbe fatta, ma lui cominciava a non crederci più.  
A un certo punto il piede gli girò e cadde a terra, ma lì il pavimento di pietra declinava e si trasformava in terriccio man mano che Hugo ruzzolava giù.
«Ahia» sbottò, sbattendo su quella che sembra roccia. Annusò l’aria e si rese conto di essere nuovamente vicino al Lago Nero.
Piano piano percepì un suono in lontananza, una specie di melodia, ben diversa dal versetto dei chizpurfle. Quasi accecato, a causa dell’oscurità più profonda, si mise a sedere e si guardò intorno cercando di abituare gli occhi: si trovava su una specie di roccia.
I Campioni di solito erano una specie di eroi, belli, simpatici, con la battuta pronta, imbattibili; invece lui era magrolino, con i capelli rossi sparati da ogni parte e, in un modo o nell’altro, finiva sempre a tappeto.
La melodia divenne sempre più chiara. Hugo si raddrizzò lentamente e si strascinò verso il bordo della roccia.  
Si chiese ancora una volta se l’avrebbero recuperato, ma la verità è che si vergognava: avrebbe gettato disonore su Hogwarts e sulla Casa di Grifondoro. Forse sarebbe dovuto rimanere lì, almeno non avrebbe dovuto subire il peso del fallimento.
Non capiva il significato il significato di quel canto, ma era sempre più struggente. Poteva smettere di trascinarsi tra migliaia di condotti tutti uguali e lasciarsi cullare da quella musica.
Raggiunse il bordo, a malapena si rese conto sotto di lui vi era soltanto il Lago Nero.
La melodia sembrò essere salita di volume. Si mise in piedi sul ciglio dello strapiombo.
«Hugo».
Ignorò la voce di Scorpius.
Il Serpeverde lo chiamò di nuovo, invano.
Allora si aggiunse anche quella, stranamente stridula ˗ o era solo una sua impressione ˗, di Lily.  
Lo chiamarono nuovamente, questa volta insieme e per un attimo il suo nome riecheggiò intorno a lui, quasi comprendo la terribile melodia che sembrò sfumare nella notte.
Hugo si riscosse e sembrò accorgersi per la prima volta di dove si trovasse. Rispose faticosamente agli altri due, come se la sua mente avesse difficoltà a riordinare le idee.
Si arrampicò stancamente lungo il cunicolo da cui era scivolato. Per fortuna, da lì in avanti fu tutto più semplice o, forse, Hugo non ne serbò il ricordo. Lily e Scorpius lo guidarono finché fu loro possibile; alla fine, nell’ultimo tratto, Hugo fu nuovamente solo.
 
 
«Ho avuto paura» sussurrò Lily stringendosi le braccia al petto.
Scorpius strinse le labbra e diede delle pacche imbarazzati sulla spalla della ragazzina.
La musica dei Maridi ˗ non poteva essere che quella ˗ aveva turbato profondamente Hugo, già prostrato per gli avvenimenti precedenti.
«Voi Weasley-Potter avete le vite di un gatto» disse sarcastico, celando così la propria paura.
 
 
Hugo individuò il condotto verticale di cui gli aveva parlato Lily, ma solo diversi tentativi riuscì ad appendersi a un mattone sporgente. La scalata gli sembrò infinita, ma finalmente raggiunse la parte terminale.
Vagamente ebbe contezza di trovarsi nel cortile della Scuola, in un vecchio pozzo nello specifico che solitamente era coperto e che gli studenti non consideravano nemmeno.
Due forti braccia ˗ quelle di Hagrid ˗ lo issarono su e lo appoggiarono sul selciato. Si coprì gli occhi di fronte ai flash delle macchine fotografiche, troppo intense dopo la semioscurità in cui era mosso fino a pochi minuti prima.  L’infermiera accorse a verificare le sue condizioni, ma Hugo riprese realmente fiato solo quando Lily e Scorpius emersero dalla folla e lo abbracciarono.
Ce l’aveva fatta, ma da solo lì al buio non aveva affrontato un drago, ma qualcosa di ben peggiore: se stesso e le sue debolezze.
 

 

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