I can live because of this love

di M a k o
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** January ***
Capitolo 2: *** February ***
Capitolo 3: *** March ***
Capitolo 4: *** April ***
Capitolo 5: *** May ***
Capitolo 6: *** June ***
Capitolo 7: *** July ***
Capitolo 8: *** August ***
Capitolo 9: *** September ***
Capitolo 10: *** October ***
Capitolo 11: *** December ***



Capitolo 1
*** January ***


January

Salve a tutti.
Sono così felice di poter tornare con questa Raccolta dedicata interamente alla mia OTP, ne avevo proprio bisogno. Mi dispiace solo aver scoperto l'iniziativa proposta su Tumblr con diversi mesi di ritardo, difatti cercherò di recuperare i mesi che vanno da gennaio a maggio pubblicando una One Shot a settimana, in modo tale da mettermi in pari a giugno e poi, a partire da luglio, aggiornare la Raccolta mensilmente.

Sopra trovate i link sia dell'iniziativa postata su Tumblr, se volete dare un'occhiata ai prompt, sia il link al mio forum, in quanto ho pensato di accompagnare i prompt della Year of the OTP con quelli delle diverse iniziative indette da me.

Non voglio dilungarmi ulteriormente, infatti questa volta preferisco lasciare delle N.d.A. anche a fine storia, quindi ora vi lascio lo specchietto e poi, a fine lettura, ci troviamo più giù!


January: First kiss
Prompt forum: Primula (giovinezza) (Themed Challenge: Spring Edition)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku



La malinconia
delle primule




1

Yusaku avrebbe ascoltato Miyu per ore intere. L'entusiasmo della sua migliore amica era contagioso, come tanti piccoli guizzi di calore ed energia che vibravano nell'aria e carezzavano le gote con fare affettuoso. Dopotutto era impossibile non provare anche solo un briciolo di felicità in quel momento, visto e considerato che di lì a due settimane lei e Jin si sarebbero sposati.
Yusaku aveva seguito Miyu passo per passo nell'organizzazione del matrimonio; erano stati mesi intensi ma, al contempo, particolarmente belli, che avevano senz'altro allietato le rigide e brevi giornate invernali. Ora che la primavera aveva fatto il suo trionfale ingresso nella Sala delle Stagioni rendendo così le giornate più calde e vivibili, non esisteva più alcun motivo per lasciarsi abbindolare dalla tristezza, almeno secondo Yusaku, che desiderava supportare Miyu in tutto e per tutto.
In fondo, perché mai avrebbe dovuto essere triste? Andava tutto così bene…
Ma furono proprio le parole di Miyu a farlo capitombolare in un anfratto di vita che credeva ingenuamente di avere ormai superato; un tono di voce sognante e quella che doveva essere la novità che Miyu non vedeva l'ora di raccontargli furono l'innesco che fece rinascere le primule durante la primavera di dieci anni addietro.
    («Sai che le strade di Den City sono sempre tanto trafficate, ma alla fine io e Jin abbiamo deciso di correre il rischio: prima di recarci in spiaggia andremo al parco cittadino e chiederemo al fotografo di scattarci qualche foto sul ponte dove si può ammirare il laghetto. Dopotutto è proprio lì che ci siamo dati il nostro primo bacio anni fa e… Yusaku, va tutto bene?»)
Ripiombò bruscamente nella realtà, in quel presente senza primule e un po' sciupato che nel corso del tempo aveva cercato di abbellire il più possibile con tutti i piacevoli momenti trascorsi con Miyu, Jin e tanti altri amici che aveva conosciuto durante il periodo dell'università. Ma ce n'era uno in particolare che quando decideva di riemergere tra il fogliame secco portava con sé una fragranza malinconica, un dolce e lontano effluvio dato dalle primule che annunciavano il ritorno della bella stagione che Yusaku, nonostante tutto, non aveva mai cancellato dal proprio cuore.
Lui e Miyu avevano una cosa in comune: entrambi avevano dato il loro primo bacio nello stesso, identico luogo, un puntino insignificante nell'universo che per loro aveva, invece, un valore inestimabile.
E in cuor suo, Yusaku lo sapeva, anzi, l'aveva sempre saputo: che il ricordo di Ryoken, il suo primo, vero
    (e unico)
amore, non l'avrebbe mai abbandonato.


2

Riuscì a sfuggire momentaneamente allo sguardo apprensivo di Miyu grazie al borbottare della moka che si era fatto alquanto insistente.
    «Oh, il caffè è pronto» puntualizzò l'ovvio, alzandosi dalla sedia. Diede le spalle a Miyu e si avvicinò al piano cottura, benedicendo forse per la prima volta in tutta la vita quella moka difettosa che sputacchiava sempre qualche goccia di caffè se non si spegneva in tempo il fornello — così facendo, avrebbe potuto evitare il contatto visivo con Miyu un altro po', dato che avrebbe dovuto prima pulire.
    «Yusaku… ho forse detto qualcosa di sbagliato?» domandò lei, e dal tono di voce pareva davvero preoccupata per quanto accaduto. «Hai fatto una faccia…»
    «Strana?» azzardò Yusaku, sicuro che Miyu stesse per dire quella parola — o al massimo qualcosa di simile.
    «No… triste».
Con la moka in mano, Yusaku sussultò, e l'oggetto bollente sbrodolò qualche altra goccia di caffè sul piano cottura. Respirò a fondo e, mentre versava la bevanda calda nelle due tazze colorate, cercò di riconquistare tutta la sua compostezza.
    «Non ti preoccupare» disse, poggiando le due tazze fumanti su un vassoio. Prese poi la spugna dal lavello e rimosse le macchie di caffè con una semplice passata che non gli diede affatto il tempo necessario per riflettere sulle parole successive: «Ho avuto una reazione spropositata. La mia era solo malinconia, tutto qui».
    «Invece mi preoccupo eccome!» esclamò Miyu, che aveva iniziato ad agitarsi sulla sedia. «Sai che io ci sono, per qualunque cosa. E ho la sensazione che tu abbia bisogno di parlare…»
E mentre poggiava il vassoio sul tavolo, Yusaku pensò che Miyu avesse proprio ragione: non aveva mai parlato di Ryoken a qualcuno, almeno non nei dettagli. Ryoken era sempre stato una parte della sua vita che non aveva mai assaporato la luce del sole, perché ciò che avevano vissuto insieme dieci anni addietro non era stata solo una relazione come tante tra due adolescenti come tanti, era stato molto di più e avrebbe potuto continuare a essere tanto di più se solo le loro strade non si fossero divise.
    (E in quel momento Yusaku non poté fare a meno di domandarsi cosa sarebbe successo se avesse deciso di seguire Ryoken in America, anche se ormai non aveva senso alcuno rimuginare su ciò che non era stato — ma che sarebbe potuto essere).
Guardò Miyu negli occhi, quelle iridi blu che riuscivano sempre a infondere tranquillità in chi le osservava, e poi annuì.
    «Sì, credo sia giunto il momento di parlarne».


3

    «Mi hai… aspettato per davvero».
    «Avevi dei dubbi?»
    «No, è che…»
    (Non è da tutti attendere per circa un'ora che qualcuno finisca di pulire la propria aula come se niente fosse, non trovi?)
Yusaku non lo domandò esplicitamente, ma sapeva che Ryoken gli avrebbe sicuramente risposto che non era stato affatto un problema attendere tutto quel tempo per lui. Pensò che fosse un gesto davvero adorabile e si sentì lusingato.
Quel giorno, dopo la fine delle lezioni, lui e Ryoken avevano intenzione di pranzare insieme e fare poi una passeggiata, ma il loro intero piano era andato in fumo nel momento in cui, a causa di un malanno di stagione, uno dei compagni di classe di Yusaku non si era presentato a scuola e la rappresentante di classe aveva chiesto proprio a lui di sostituirlo durante l'ora delle pulizie. E dato che Yusaku non aveva intenzione alcuna di discutere per una cosa del genere, anche se a malincuore aveva accettato.
Aveva riferito l'inconveniente a Ryoken durante l'intervallo e quest'ultimo, fortunatamente, non l'aveva presa male, anzi, gli aveva proposito di trascorrere quei quindici minuti insieme e per chissà quale assurdo motivo avevano finito per scambiarsi i bentō e solo in un secondo momento Yusaku si era reso conto che avevano trascorso minuti interi a imboccarsi a vicenda e
    (cielo!)
le sue gote si erano imporporate e accaldate talmente tanto che in confronto la lava di un vulcano attivo sarebbe apparsa più fredda della neve.
Durante quei quindici minuti, tra le pareti del suo cuore, avevano attecchito anche la meraviglia di sentirsi così bene accanto a qualcuno, il desiderio che quel momento non finisse mai e il bisogno disperato di baciare Ryoken. Non accadde, ma in compenso Yusaku realizzò cosa si provasse a essere innamorati.
E mentre uscivano insieme dell'edificio scolastico, non poté fare a meno di sentirsi la persona più felice del mondo.


4

Quando giunsero al parco cittadino, furono accolti dalla quiete e dal candido profumo dei fiori. Quel luogo era un piccolo pezzo di paradiso, il bellissimo cuore verde di una tra le città più trafficate e caotiche dell'intero Giappone; un puntino in confronto alla vastità del mondo che aveva però il grande potere di fermare il tempo per un po' e permettere a ogni individuo di ritrovare la pace interiore.
Era il posto adatto per le lunghe passeggiate, per i pic-nic all'ombra dei Sakura in fiore e per lanciarsi gavettoni ghiacciati nelle torride giornate estive. Ed era altresì un luogo estremamente romantico, perfetto per dichiarare il proprio amore a qualcuno o scambiarsi il timido, primo bacio lontano da occhi indiscreti — questo se si riusciva a trovare il posto giusto.
Ryoken, a quanto pareva, l'aveva trovato: bisognava camminare un po' per raggiungerlo, ma ne valeva davvero la pena. Si trovavano sul ponte che attraversava un laghetto nel quale, proprio in quel momento, due piccoli anatroccoli si stavano affrettando per raggiungere la madre; tutt'intorno, le chiome rigogliose dei grandi alberi quasi impedivano alla luce di filtrare, ma grazie a qualche spiraglio benevolo, dei lunghi fasci dorati gettavano luminosità e calore ovunque potevano. L'erba era fresca, color verde chiaro, ed era impreziosita da centinaia
    (no, migliaia)
di fiori profumati e colorati.
Pareva quasi un sogno a occhi aperti e per un attimo Yusaku si domandò se in realtà non si trovasse ancora a scuola, intento a pulire i vetri delle finestre della sua aula, e non stesse solo immaginando di trovarsi lì con Ryoken nella rappresentazione perfetta di quello che era il suo desiderio più intimo.
Fu proprio Ryoken a fargli comprendere che non si trattava affatto di un sogno, bensì della più pura e semplice realtà: poggiò garbatamente le mani sui suoi fianchi e quel tocco equivalse al tipico pizzicotto sulla guancia, solo molto più elegante e decisamente più gradito.
Yusaku non aveva dubbi su ciò che stava per accadere; eppure, nonostante quella consapevolezza, non poté impedire al suo cuore di battere molto più celere del consueto e alle gambe di tremare appena. Si perse nello sguardo di Ryoken, in quel cielo azzurro che tanto amava, e un timido sorriso gli incurvò le labbra, gesto che il ragazzo ricambiò a sua volta.
    «Sono felice di essere qui con te» disse Ryoken, e in quel momento Yusaku comprese che ciò che sarebbe accaduto di lì a poco dipendeva solo da lui, perché Ryoken non avrebbe fatto la sua mossa fino a quando non avesse ricevuto una risposta.
    (E che senso aveva dilatare ulteriormente il tempo in un momento in cui si desiderava solo farlo avvicinare il più possibile allo zero assoluto?)
    «Anche io» rispose infine, avvertendo il cuore sussultare — e mai singulti furono più belli. «Anche io sono felice di essere qui con te».
Subito dopo, il tempo si fermò un'altra volta ancora. Tutto ciò che Yusaku riuscì a percepire furono le labbra di Ryoken premute sulle sue e il dolce profumo del miele che aleggiava intorno a loro con grazia ed eleganza.
    (Un concerto di primule che assistevano estasiate a quel bellissimo inno all'amore).


5

Fu il loro primo bacio. Il primo dei tanti che avrebbero composto il mosaico del loro anno insieme. Yusaku si sentiva così inesperto e impacciato che non poté fare a meno di aggrapparsi a Ryoken e farsi guidare da lui, dalle sue labbra morbide e dalle sue mani che continuavano a stringergli i fianchi senza malizia alcuna.
Si baciarono per un tempo che parve durare ore, anche se in un secondo momento constatarono che fossero trascorsi solo pochi minuti.
Prima di baciarlo nuovamente, Ryoken lo guardò negli occhi in un modo completamente nuovo, ancora più luminoso e speciale.
    «Mi piaci, Yusaku. Mi piaci davvero tanto».
E in quell'istante il mondo avrebbe anche potuto iniziare a girare al contrario e l'universo accartocciarsi su se stesso, che Yusaku non ci avrebbe badato neanche per un secondo. Si alzò sulle punte, sfiorandogli le labbra con le proprie.
    «Anche tu mi piaci tanto».
E si baciarono un'altra volta ancora.


6

    «E poi…?»
Yusaku alzò lo sguardo, incontrando ancora una volta gli occhi blu di Miyu, sognanti e malinconici al tempo stesso. La ragazza aveva l'espressione tipica di chi stava sì ascoltando una bella storia, ma con la consapevolezza un po' amara che non si sarebbe conclusa con il lieto fine. Ed era proprio così.
    «Siamo stati insieme un anno» continuò Yusaku, e un sorriso mesto gli incurvò le labbra. «L'anno più bello della mia vita, non posso certo negarlo. Io frequentavo il primo anno delle superiori, Ryoken invece era già al terzo e presto si sarebbe iscritto all'università. Lui è sempre stato un ragazzo ambizioso e ricordo di aver sempre ammirato questo lato della sua persona, ma… l'America era il posto perfetto per lui, non per me. E cosa avrei dovuto fare? Battere i piedi a terra e implorarlo di non andare? Di restare qui a Den City con me? Ma sai» e qui si rianimò un poco, sbuffando divertito, «Ryoken aveva le idee chiare anche riguardo la nostra relazione. Lui… lui voleva portarla avanti, in un modo o nell'altro, solo che io… io ho avuto paura. E questo rimarrà per sempre il mio più grande rimpianto».
Calò il silenzio tra loro. Un silenzio che Yusaku tentò di rendere meno opprimente portando alle labbra la tazza contenente il caffè ormai tiepido.
    «E poi…?» domandò ancora una volta Miyu diversi minuti dopo. Nonostante la consapevolezza che aleggiava nel suo sguardo, pareva non voler accettare un finale simile.
    «Ci siamo persi di vista. In tutti i sensi» rispose Yusaku, una nota amara nel tono di voce come il sapore del caffè che permeava ancora sulla sua lingua. Glissò sul fatto che negli ultimi dieci anni Ryoken gli fosse sempre rimasto nel cuore poiché Miyu l'aveva sicuramente intuito.
    «Ora capisco molte cose» disse lei. «Da quando ti conosco, ho sempre avuto la sensazione che mi mancasse un pezzo di te. E comprendo come mai tu abbia preferito custodirlo tra i ricordi anziché dargli una forma con le parole. Ma dimmi, Yusaku: tu credi davvero che sia finita? Che quando vi siete lasciati dieci anni fa fosse una rottura definitiva? Perché a me non sembra. Sul serio, non posso credere che sia finita così».
    «Non ci siamo più cercati per tutto questo tempo, Miyu. E dopo così tanti anni non saprei nemmeno cosa dire o fare… non so nemmeno se vive ancora in America o se è tornato in Giappone. Magari ora si trova da tutt'altra parte…»
    (E magari ora il suo cuore batte per un'altra persona. Il solo pensiero lo devastava).
Come se Miyu gli avesse letto nella mente, si alzò in piedi e si avvicinò a lui, chinandosi un poco per poi abbracciarlo forte.
Yusaku fu talmente travolto dall'amorevolezza di quel gesto, che racchiudeva in sé il significato di migliaia di parole diverse, che un piccolo singulto evase dalla sua bocca e poi un altro e poi un altro ancora, fino a diventare un ammasso a tratti ingestibile. Il groppo in gola a un certo punto divenne ingombrante, ma Yusaku sentiva che una volta superato quello, si sarebbe sentito molto più libero e leggero.
Le braccia di Miyu lo strinsero ancora più forte, i suoi lunghi capelli castano chiaro gli solleticavano una guancia umida di lacrime e il suo profumo aveva una sfumatura materna e rassicurante.
    «Grazie per avermene parlato, Yusaku. Andrà tutto bene, vedrai».
E Yusaku non si interrogò sul perché Miyu, nel dire ciò, parve tanto sicura delle sue parole. Semplicemente, decise di affidarsi a lei e basta.


7

Il grande giorno era finalmente arrivato e se Yusaku avesse dovuto descrivere Miyu con un unico aggettivo, avrebbe sicuramente scelto incantevole: Miyu era incantevole nel suo abito da sposa A-line, nella sua acconciatura semiraccolta con una corona di fiori dalle sfumature rosate, nei suoi occhi blu luminosi come un vellutato cielo estivo colmo di stelle e nel suo sorriso che esprimeva così tanta felicità che era impossibile da quantificare.
D'altro canto, Jin era talmente emozionato che aveva rischiato un mancamento almeno tre volte — e queste soltanto durante l'attesa di Miyu prima che iniziasse la cerimonia.
In quanto testimone della sposa, Yusaku le era sempre rimasto accanto, anche se con discrezione. E forse fu proprio per questo che si accorse di come Miyu, una volta terminata la cerimonia, fosse diventata… circospetta? In più di un'occasione, quando l'aveva notata alzare lo sguardo tra gli invitati, non si era lasciato sfuggire l'espressione corrucciata che le increspava sempre i bei lineamenti del volto.
Possibile che qualche invitato avrebbe partecipato solo al ricevimento e lei voleva assicurarsi della sua presenza? Strano, Miyu non gli aveva detto nulla a riguardo, ma in fondo ogni matrimonio presentava sempre qualche imprevisto… sperava solo che questo non influisse negativamente sul buon umore della sua migliore amica.
    «Io e Jin ora dobbiamo andare» gli disse Miyu, abbracciandolo forte. «Con un po' di fortuna, dovremmo raggiungere il parco cittadino nel giro di venti minuti… incrociamo le dita!»
    «Già» concordò Yusaku, ricambiando l'abbraccio. «Senti, Miyu… è da prima che—»
    «Andrà tutto bene, Yusaku».
E mai come in quel momento il tono di voce di Miyu carezzò i suoi timpani con decisione e, al contempo, con una punta di sollievo, come se chi aveva iniziato a cercare con lo sguardo una volta conclusasi la cerimonia fosse finalmente arrivato. E difatti fu proprio così, perché Miyu sciolse il loro abbraccio e con un cenno del capo lo invitò a voltarsi per scoprire chi si stesse avvicinando a loro.
E quando Yusaku lo vide, fu come tornare ad ammirare il sole dopo anni trascorsi a vagare in una foresta fitta e buia. L'impatto fu devastante ma, al contempo, meraviglioso, e nel profondo del cuore sentì di aver compreso le emozioni provate da Jin alla vista di Miyu che percorreva la navata mentre teneva tra le mani il suo bouquet di rose bianche — lo sguardo meravigliato, il cuore che batteva celere (un miliardo di palpitazioni che si accavallavano l'una sull'altra), la gola riarsa; la realizzazione che la persona che ami sta avanzando verso di te e pensare solo e soltanto a una cosa: voglio trascorrere il resto della mia vita con te.
Perché era questo l'effetto che Ryoken aveva su di lui. Ryoken, il suo primo, unico, vero amore che in quel momento, fasciato in un elegante completo coordinato in blu molto simile a quello che indossava Yusaku — come se avessero puntato agli stessi capi di abbigliamento leggendosi involontariamente nel pensiero —, si stava avvicinando sempre di più, accorciando una distanza sia fisica che emotiva durata dieci anni.
Il cervello di Yusaku andò in tilt. Si voltò di scatto in direzione di Miyu, la quale si era già allontanata di qualche passo
    (e mentre Miyu si allontanava, Ryoken continuava ad avvicinarsi pian piano)
e la vide sorridere con una punta alquanto marcata di soddisfazione nell'incurvatura delle labbra.
    «La mia parte l'ho fatta. Adesso tocca a te».
Yusaku non fece in tempo a domandarle in che modo lei avesse fatto la sua parte — come avesse fatto a portare fisicamente Ryoken — che Miyu corse tra le braccia di Jin, pronti per dirigersi al parco cittadino, la prima tappa per il servizio fotografico.
Tutti gli invitati, frattanto, si stavano radunando attorno a un grazioso gazebo allestito vicino alla chiesa dove era presente un piccolo rinfresco, in attesa di recarsi poi alla villa dove si sarebbe tenuto il ricevimento. E Yusaku, in quel momento, avrebbe gradito un drink per dissetarsi, anche due se possibile, magari con un considerevole tasso alcolico per potersi lasciare andare a dovere… ma no, non aveva senso tentare di rifuggire il confronto con Ryoken.
Anche se, a dirla tutta, il suo arrivo era stato così inaspettato che nonostante fossero trascorsi dieci anni, Yusaku temette di non essere ancora pronto.
Deglutì a fatica, poi si voltò nuovamente, questa volta in direzione di Ryoken, il quale si trovava ormai a pochi passi da lui
    (se Yusaku avesse allungato anche solo di poco il braccio, sarebbe sicuramente stato in grado di poggiare la mano sul suo ampio petto e avvertire il cuore di Ryoken battere placido nella cassa toracica).
Ryoken era bello come dieci anni addietro. Anzi, era ancora più bello, come se quei dieci anni fossero trascorsi in maniera differente per lui — era una bellezza eterna, la sua, che perdurava nel tempo e non svaniva mai.
Ed era lì, di fronte a lui. E allora Yusaku realizzò e il suo cuore sussultò: era lì per lui.


8

    «Ryoken…»
    «Yusaku».
    «Da quanto tempo…»
Si sentiva un po' stupido a pronunciare una simile frase di circostanza, ma in quel momento era come se avesse parzialmente perso l'uso corretto della parola.
Fortunatamente Ryoken decise di non girarci troppo intorno e di andare dritto al punto: «Immagino che tu ti stia domandando cosa ci faccia qui» disse infatti, mentre estraeva il telefono dalla tasca dei pantaloni e sbloccava lo schermo.
    «In effetti sì» rispose Yusaku, e quando Ryoken gli passò il telefono, si ritrovò a leggere un'e-mail… e gli bastò identificare il mittente per avvertire il terreno sgretolarsi sotto i piedi, facendogli perdere l'equilibrio.


Da: aquamiyu@vrains.com

A: kogamiryoken@soltec.com

Oggetto: Qualcosa di molto importante

Salve,
mi presento: mi chiamo Miyu Sugisaki e tra due settimane mi sposerò.
Anche se non ci conosciamo di persona e anche se all'ultimo, ci terrei a invitarti al mio matrimonio — in allegato troverai la posizione su Maps sia per il luogo della cerimonia che per quello del ricevimento.
Questo perché il mio testimone di nozze sarà il mio migliore amico, ovvero Yusaku, e credo che già solo leggere questo nome ti abbia fatto capire tutto.
Non so dove tu sia ora, se sei ancora in America o da qualche altra parte nel mondo, ma so dove si trova Yusaku, e lui è qui, a casa. Yusaku è qui e posso assicurarti che una persona come lui non la troverai da nessun'altra parte, soprattutto dopo ciò che avete vissuto insieme dieci anni fa.
Mi ha raccontato tutto di voi e fidati, è stato quasi uno shock perché me lo ha nascosto per anni interi!
Ma da come mi ha parlato di te, posso dirti per certo che non ti ha mai dimenticato e forse mi prenderai per pazza o invadente (questo forse sì, dato che ti ho scritto un'e-mail senza neanche conoscerti), ma credo che nemmeno tu l'abbia mai dimenticato.
Poi chissà, magari a quest'ora sarai già sposato con tanto di prole al seguito e smonterai qualsiasi mia congettura e andrà bene comunque, mi assumerò ogni tipo di responsabilità per ogni parola che ti ho scritto, ma se invece pensi ancora a Yusaku, se provi ancora qualcosa per lui… torna. Torna e datevi una seconda possibilità.
Ovviamente io non sono nessuno per importi qualcosa, ma ti invito comunque a rifletterci, va bene?
E scusa se ti ho scritto sulla tua e-mail di lavoro, ma era l'unico modo che avevo per contattarti!

Spero di vederti al mio matrimonio.

Miyu



Yusaku restituì il telefono a Ryoken senza avere il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Le parole di Miyu l'avevano colpito nel profondo e lui ora non sapeva come reagire o come mostrarsi a Ryoken senza crollare.
Non era pronto, proprio per niente, e forse non lo sarebbe mai stato. Ma era anche così felice di trovarsi lì, in quel momento, a pochi passi dalla persona che non aveva mai smesso di amare…
    «Ryoken…» lo chiamò con voce un po' esitante, mantenendo lo sguardo basso.
    «La tua migliore amica è un angelo».
Qualcosa esplose nel cuore di Yusaku. Qualcosa che lo portò, finalmente, ad alzare lo sguardo e perdersi nei meravigliosi occhi azzurri di Ryoken. E poi si perse nel suo sorriso, poi ancora nei suoi occhi, poi ancora una volta nel suo sorriso e si rese conto di quanto Ryoken fosse emozionato: aveva gli occhi lucidi e le sue labbra tremavano appena, trepidanti, desiderose di dire qualcosa di importante.
    «Credi ci sia altro da aggiungere oltre a quello che ha scritto Miyu oppure posso abbracciarti più forte che posso?»
In realtà c'erano tante cose di cui Yusaku voleva parlare — tante cose che voleva chiedere a Ryoken —, ma in fin dei conti, in quel preciso istante, le parole avrebbero davvero potuto colmare il vuoto che c'era ancora tra di loro?
Assolutamente no.
Ma un abbraccio… quello sì.
Assolutamente sì.
E quando si abbracciarono sentirono di aver vinto, che sarebbe andato tutto bene; che la distanza che li aveva separati per dieci anni era sparita, sostituita dal dolce profumo di un nuovo inizio insieme. Ryoken lo stava davvero abbracciando più forte che poteva, ma non gli faceva male, anzi, era tutto ciò di cui Yusaku aveva bisogno.
Rimasero l'uno ancorato alle braccia dell'altro per minuti interminabili ritrovandosi, riscoprendosi e innamorandosi un'altra volta ancora. E solo quando sentirono di aver riallacciato tutti i fili che univano le loro anime decisero di staccarsi.
Ryoken era in procinto di colmare nuovamente la distanza tra loro, questa volta con un bacio, e anche se a malincuore, Yusaku dovette fermarlo. Aveva una domanda da porgli e non poteva andare avanti senza prima ricevere una risposta esaustiva in merito.
    «E il tuo lavoro?» domandò infatti, con una sfumatura di apprensione che si riflesse nel suo sguardo e vibrò tra le corde vocali. Il fatto che Ryoken fosse tornato gli riempiva talmente tanto il cuore di gioia che avrebbe potuto competere facilmente con Miyu e Jin su chi stesse vivendo il giorno più bello della propria vita, ma se Ryoken avesse deciso di tornare da lui a discapito della sua carriera, non se lo sarebbe mai perdonato.
Ryoken sorrise e gli poggiò una mano sulla gota lievemente arrossata. «La SOL Technologies ha aperto una sede qui in Giappone» spiegò. «Continuerò a lavorare sullo sviluppo e il perfezionamento della realtà virtuale, come ho sempre fatto negli ultimi anni… solo che, d'ora in avanti, sarò a casa».
Esitò un attimo, poi ammise: «Prima di ricevere l'e-mail di Miyu, ho trascorso diverso tempo a riflettere se chiedere o meno il trasferimento. Questo perché l'idea di tornare a casa mi rendeva sì felice, ma cosa avrei fatto se tu… se tu non mi avessi voluto rivedere? Avevo paura, non posso negarlo… perché l'unico motivo che mi avrebbe spinto a tornare eri e sei proprio tu, Yusaku, ma il timore di averti perso per sempre già dieci anni fa non mi dava tregua. Poi ho ricevuto l'e-mail da parte di Miyu e in un attimo il mio intero mondo si è capovolto nel modo più bello possibile. Mi sono sentito così felice, così rincuorato… scusa se sono arrivato solo ora, Yusaku. Mi sei mancato tantissimo».
Yusaku poggiò la mano sulla sua, stringendola con amore.
    «Ryoken, ho avuto paura anch'io. Quando ti ho detto che non sarei venuto in America con te mi sono sentito perso, perché in fondo sapevo che le cose tra noi non sarebbero più state le stesse. Ma tu a differenza mia volevi comunque provare ad andare avanti insieme a me, a non rinunciare alla nostra storia… e ho avuto paura anche in quel caso».
Chiuse gli occhi e lasciò che la malinconia di quei dieci anni senza il suo amato sfumasse pian piano, sospinta via dal vento primaverile.
    «Ryoken…» lo chiamò, sempre a occhi chiusi. «Pensi anche tu a ciò che penso io?»
    «Che forse dieci anni fa non eravamo ancora pronti?»
    «Esatto».
    «E ora, Yusaku?»
Lui riaprì gli occhi e sorrise. «Ora siamo qui, insieme, e se non mi baci entro cinque secondi io—»
Ryoken non gli diede il tempo di concludere la frase: poggiò le labbra sulle sue, unendole nel loro secondo primo bacio.
Fu come se, all'improvviso, un migliaio di primule fossero sbocciate intorno a loro. E fu come se fossero tornati al parco cittadino, nello stesso punto in cui, in quel momento, Jin e Miyu erano i protagonisti indiscussi ripresi dagli obiettivi delle macchine fotografiche.
Rivissero ciò che li aveva legati dieci anni addietro amplificato miliardi e miliardi di volte e si abbracciarono forte, stretti l'uno all'altro, con l'intenzione di non separarsi mai più.
Si guardarono, si desiderarono, si amarono in mille modi diversi e poi Ryoken si dichiarò, e quelle furono le parole che Yusaku aveva atteso per tutta la vita.
    «Ti amo, Yusaku. Ti amo davvero tanto».
    «Anche io ti amo tanto».
E le primule sospirarono felici.




N.d.A.

Qui solo per dire che questa One Shot sarebbe potuta nascere eoni fa se solo avessi preso in considerazione il rapporto tra Yusaku e Miyu.
Quanto potenziale hanno come BROTP? Ovviamente non ho abbandonato la BROTP con Yusei, e dato che fortunatamente si può avere sia un migliore amico che una migliore amica… sul serio, questa BROTP mi ha aperto le porte a un'infinità di spunti e idee, senza contare che se qui non ci fosse stata Miyu, credo che a quest'ora Ryoken e Yusaku continuerebbero a pensarsi e desiderarsi senza però avere il coraggio di farsi avanti.
Quindi GRAZIE Miyu, da parte di tutti noi.

Per quanto riguarda la Jin/Miyu, qui non è molto approfondita (anzi, per niente), ma magari più avanti potrei scrivere qualcosa in più a riguardo.
Mi piacciono molto insieme e sono la mia terza OTP di VRAINS, quindi direi che meritano un po' più di considerazione — a tal proposito, se volete leggere qualcosa su questa ship, vi invito a spulciare il profilo di angeclear97, che scrive delle Jin/Miyu a dir poco adorabili.

Piccoli riferimenti al canon che ho inserito nelle e-mail di Miyu e Ryoken: in aquamiyu è presente “aqua” che è l'Ignis generato da Miyu, Aqua appunto (Miyu è come Yusaku, ovvero una vittima dell'Incidente Perduto, e anche Jin lo è), mentre vabbè, @vrains penso sia palese; per Ryoken, invece, ho scelto @soltec poiché in questa storia lavora per la SOL Technologies, la stessa azienda che è presente nel canon di VRAINS.
Giuro che ho finito. Grazie per aver letto.

M a k o

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Capitolo 2
*** February ***


February

Sono sinceramente felice di essere riuscita a recuperare anche il mese di febbraio in così poco tempo, spero di mantenere il ritmo, anche se con alcuni prompt sono ancora in alto mare…
A ogni modo, parliamo un attimo di questa seconda OS: mi sono squagliata mentre la scrivevo, forse perché la tematica affrontata mi sta molto a cuore e vederla vissuta da Ryoken e Yusaku ha avuto un effetto amplificato su di me.

Anche in questo caso preferisco aggiungere delle N.d.A. a fine storia, quindi tra poco vi lascio lo specchietto e vi aspetto più giù.
Per ora vi dico solo che il titolo è ripreso da una frase di Home, canzone degli Our Last Night — sì, sono sempre loro, ve l'ho detto che secondo me shippano la Datastorm in gran segreto. Poi troverete anche il ritornello a fine storia.
Vi auguro buona lettura!


February: Long distance
Prompt forum: “Gli abbracci sono un posto perfetto in cui abitare” (Anonimo) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Romantico, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku



I will follow
my heart
back to you




1

Quando alzi lo sguardo per osservare l'orario, ti sorprendi nel constatare che l'orologio appeso alla parete segni già le undici. Hai trascorso le ultime tre ore a pulire da cima a fondo il piccolo monolocale nel quale abiti e sei felice dell'effetto distensivo che tutto l'impegno che hai adoperato ha avuto su di te: ti senti stanco, sì, ma anche leggero, liberato da un peso che gravava su ogni cellula del tuo corpo da un po' di tempo a questa parte.
La sera addietro hai dato una forma a questo peso, modellandolo in poche parole dall'impatto micidiale. E forse è proprio per questo che, da quando ti sei svegliato, non hai ancora controllato le notifiche sul telefono: perché, nonostante siano dei semplici rettangoli posizionati l'uno sopra l'altro, rappresentano comunque qualcosa di concreto. E in tutta quella concretezza, sei certo di trovare anche un messaggio da parte sua.
Sei consapevole che non potrai ignorarlo per sempre, che prima o poi dovrai armarti di coraggio e affrontare la situazione a cuore aperto, ma… ora non ci riesci. Provi uno strano senso di imbarazzo che ti serra la bocca dello stomaco e non ne comprendi il motivo, visto e considerato che la sera addietro Ryoken pareva pensarla come te… ma forse lui non la intendeva allo stesso tuo modo, ed è proprio questo cruccio a impensierirti tanto: perché mentre tu gli dicevi quelle parole eri veramente disperato, ed è inutile girarci intorno, ti sei dichiarato a lui e prima te ne farai una ragione, meglio sarà.
Ti siedi sul piccolo divano con le mani tra i capelli, i gomiti poggiati sulle cosce e gli occhi chiusi. Avverti le palpitazioni farsi più concitate e questo non va bene, quantomeno non in questo momento nel quale ti senti tanto fragile e spaesato.
Respiri a fondo una, due, tre volte, poi apri gli occhi e quasi ti ritrovi a fissare il tuo riflesso nel pavimento che forse non ha mai brillato così tanto da quando abiti lì
    (cosa si fa pur di evadere dalla pesantezza e dagli spigoli appuntiti della realtà).
Scendi a patti con la tua coscienza e decidi di controllare le notifiche sul telefono solo dopo aver fatto la spesa — e questo implica che prima ti farai la doccia, che trascorrerai minuti interminabili sotto il getto dell'acqua calda a rimuginare senza sosta e che impiegherai altrettanto tempo per asciugarti a dovere. Poi andrai a fare la spesa e sicuramente questa volta presterai molta più attenzione a ogni singolo prodotto che sei solito acquistare a occhi chiusi e ti perderai a lambiccarti nella lettura dei prezzi, delle scadenze e dei valori nutrizionali, nonostante tu li conosca ormai a memoria.
Farai in modo e maniera di dilatare il tempo il più possibile perché, come tanti ragazzi della tua età, sei caduto in una trappola in cui non avresti mai pensato di precipitare: il fatto che l'umore di un'intera giornata dipenda da un unico, semplice messaggio da parte di una persona divenuta ormai troppo importante per te.
In realtà, e te ne rendi conto solo ora, è già da un po' che Ryoken ha questo effetto su di te: da quando un suo messaggio in cui ti augura il buongiorno ti porta a incurvare le labbra nella rappresentazione perfetta della felicità, da quando la sua voce calda e misurata ti fa provare una pace interiore senza eguali e desideri solo poterla ascoltare ininterrottamente per notti intere, quando la serata si tinge di sfumature incantevoli perché sai che nel giro di qualche minuto partirà la videochiamata… Ryoken fa ormai così tanto parte di te e della tua quotidianità che ti è impossibile staccarti da lui — tranne oggi, ma si tratta di una situazione particolare.
Respiri a fondo un'altra volta ancora e ti alzi dal divano, conscio che non potrai rimanere all'interno delle tue quattro mura per sempre, che prima o poi dovrai uscire dal guscio ed esporti.
In tutti i sensi.


2

Prima di conoscere Ryoken, hai conosciuto Revolver. Uno dei tuoi passatempi preferiti sono i videogiochi online ed è proprio lì che vi siete trovati per la prima volta, in un mondo immaginario chiamato VRAINS mentre cercavate di eliminarvi a vicenda nel corso di una missione — poi gli scettici hanno pure il coraggio di dire che il romanticismo sia sull'orlo dell'estinzione!
Revolver è stato il tuo rivale per eccellenza per settimane intere, prima di lasciare il posto a Ryoken. Già prima di scoprire la sua vera identità, quando interagivi con lui tramite l'avatar di Playmaker, ti eri convinto di aver trovato qualcuno di estremamente interessante e che spiccava con una certa facilità tra la massa — solo non avresti mai pensato che si sarebbe rivelato così tanto interessante.
È successo tutto in maniera abbastanza celere ma, al contempo, graduale: dalla chat di VRAINS vi siete spostati su un social — e lì hai potuto vedere Ryoken per la prima volta —, poi vi siete scambiati i numeri di telefono e l'applicazione di messaggistica è diventata il vostro nuovo mezzo di comunicazione — lì hai ascoltato per la prima volta la sua voce, quando Ryoken ha preferito rispondere ai tuoi messaggi con un audio anziché scrivere un testo lungo, in un giorno come tanti che si è tinto di sfumature vermiglie e incantevoli —, per poi aggiungere, infine, le videochiamate che sono ormai diventate parte integrante delle vostre serate prima, dopo o durante la cena. Lì entrambi avete modo di vedervi e interagire come se fosse quasi la realtà — sicuramente è il metodo che più si avvicina a essa, ma ormai non ti basta più.
E dopo quanto accaduto ieri sera, è diventato tutto maledettamente incerto, sospeso su un filo sottilissimo che rischia di spezzarsi in qualsiasi momento.
Con lo scorrere dei giorni, delle settimane e poi dei mesi, tu e Ryoken avete avuto modo di conoscervi ed esporvi poco per volta; così ora sai che lui ama la cucina thailandese, che è estroverso e intraprendente a differenza tua che tendi più a chiuderti nel tuo guscio e a rimuginare per ore intere su tante cose. Che casa sua dista non molto lontano dalla Facoltà di Ingegneria Informatica — la stessa che frequenti tu, solo in un'altra città e a centinaia di chilometri di distanza —, che è bravissimo a dare ripetizioni di Matematica e Fisica e che lo ascolteresti per ore intere senza stancarti mai.
Ryoken si è guadagnato la tua fiducia al punto tale che gli hai rivelato il tuo segreto prima di allora inconfessabile: il tuo amore sconfinato, a tratti spasmodico per i conigli, così come il desiderio che ti porti dentro fin da bambino di volerne adottare uno che però non hai mai realizzato per timore di non essere all'altezza.
Sentivi che a Ryoken una rivelazione del genere potevi farla senza rischiare di essere giudicato, e così infatti è stato.
Per mesi interi non avete fatto altro che parlarvi con la consapevolezza di trovare dall'altra parte dello schermo qualcuno in grado di accogliere e custodire ogni più piccolo sussurro senza sminuirlo, un conforto benigno e rassicurante. E più vi avvicinavate nell'anima, più ti sentivi legato a lui. Avevi trovato un vero amico, qualcuno su cui poter sempre fare affidamento… però poi hai realizzato che non si trattava più solo di questo, che Ryoken si era fatto spazio nei tuoi sentimenti per accomodarsi in un punto particolare, proprio al centro del cuore.
E la sera addietro non sei più riuscito a trattenerti e gli hai detto qualcosa che riflette i pensieri che vorticano incessanti nella tua testa da un po' di tempo a questa parte. Poche parole che, nella loro semplicità, esprimono il mondo intero: vorrei che tu fossi qui.
Glielo hai confessato con gli occhi lucidi e la voce che tremava in maniera quasi incontrollata. Glielo hai confessato con il cuore a brandelli, perché non saresti voluto arrivare a questo punto in una situazione tanto delicata: già è difficile avere a che fare tutti i giorni con l'amara consapevolezza che le centinaia e centinaia di chilometri che vi separano rappresentano un vero e proprio ostacolo per qualsiasi vostro progetto, figurarsi ora che ti sei dichiarato
    (perché sì, ormai l'hai capito e devi accettarlo: ti sei dichiarato alla persona che ami e hai dato una forma ai sentimenti che fino a quel momento hanno vissuto solo dentro di te).
Ryoken ti ha risposto con “Lo vorrei anch'io” e non hai nemmeno paura che si sia trattato di un sogno, perché quelle parole sei assolutamente certo di averle udite; ciò che più ti terrorizza è il fatto che non sai come interpretarle e questo ti ha portato a rifuggire momentaneamente il dialogo.
Forse Ryoken voleva solo essere gentile nei tuoi confronti, senza voler intendere chissà cos'altro. Questo ancora non lo sai, anche perché la sera addietro la videochiamata è durata poco, visto quanto accaduto.
Ed ecco, dunque, ciò che è capitato: hai aperto il tuo cuore a Ryoken come mai hai fatto da quando vi siete conosciuti. E ora è completamente esposto, in balìa del gelo di febbraio.
    (E ancora non sai se le mani di Ryoken lo raccoglieranno da terra e lo proteggeranno con il loro calore oppure lo getteranno via, in un sentiero dimenticato da tutti).



3

Quando esci dal konbini, il cielo ha assunto delle tonalità cupe, ma per fortuna non tanto minacciose. Forse nel tardo pomeriggio pioverà per ore intere e questo ti porta a pensare che, indipendentemente dai motivi che ti hanno spinto a non andare a lezione quel giorno, hai fatto proprio bene a rimanere a casa a dedicarti alle pulizie. Quantomeno non hai sprecato l'intera mattinata steso sul letto a fissare il soffitto latteo.
Ora che hai fatto anche la spesa, puoi tornare a casa con un peso in meno sul cuore… in un certo senso.
Mentre fingevi di confrontare prezzi, scadenze e valori nutrizionali solo per far scorrere il più possibile il tempo — alla fine hai anche acquistato più snack del consueto, paradossalmente —, hai inviato un messaggio ai tuoi compagni di corso per informarli che quel giorno non avresti presenziato neanche alle lezioni pomeridiane e rassicurarli sul fatto che stessi bene; poi, inesorabilmente, il tuo sguardo è inciampato su quella notifica in particolare e dall'anteprima hai potuto leggere solo due parole: Buongiorno, Yusaku.
Ryoken ti ha inviato un messaggio questa mattina verso le otto, come di consueto, e se da una parte ti sei sentito sollevato, dall'altra il senso di colpa per non avergli ancora risposto dopo tutte quelle ore ha iniziato a divorarti lentamente dall'interno.
Anche se in estremo ritardo, gli hai finalmente dato il buongiorno una volta tornato a casa, e ora sei qui intento a sistemare la spesa in frigo e negli appositi scaffali quando ricevi il suo secondo messaggio: Come stai?
E non ci pensi due volte: con lui, a differenza dei tuoi compagni di corso, decidi di essere onesto 
Potrebbe andare meglio, tu?
La sua risposta non si fa attendere per molto: Questa mattina la pensavo come te, ma ora va molto meglio.
E per un attimo ti illudi come uno sciocco che si riferisca al fatto che finalmente gli hai risposto e che quindi sia felice per questo, ma la parte pessimista di te cancella subito ogni barlume di speranza dal tuo cuore. Forse ha ricevuto una bella notizia in Facoltà, dopotutto in questo periodo Ryoken sta lavorando a diversi progetti accademici e magari ne dovrà esporre uno davanti a degli esperti, chissà.
Perché non chiederglielo? In fondo gli hai ormai risposto, non puoi far scorrere altre ore tra un messaggio e l'altro a causa della paura. Non più.
È successo qualcosa di bello?
E quando, dopo neanche un minuto, ricevi la sua risposta, in un primo momento non capisci e la parte pessimista che alberga nella tua coscienza ti porta a pensare che forse ha sbagliato destinatario.
C'è però un frammento di te, molto piccolo ma forte, nascosto chissà dove, che invece ha già capito tutto e si sta trattenendo a fatica dall'esplodere in un concerto di supernovae caldissime e accecanti.
Sono qui. Poche parole dall'effetto micidiale, lo stesso che hanno avuto le tue la sera precedente.
    (Vorrei che tu fossi qui).
    (Sono qui).
Accade tutto in un attimo: smetti di sistemare la spesa, recuperi il cappotto e apri la porta per uscire ancora una volta dalle tue quattro mura.
La stazione non dista molto da casa tua e ancor prima di iniziare a correre per arrivare a destinazione il più velocemente possibile, senti il cuore fare i salti mortali nella cassa toracica. Ma non è niente in confronto a ciò che provi quando ricevi un altro messaggio da parte di Ryoken: Sono appena sceso al binario 3.
Ed eccola, la concretezza che andavi tanto cercando, la realtà che ha sempre popolato i tuoi sogni: Ryoken è qui e tu ora devi solo raggiungerlo.
Gli invii un messaggio veloce e poi inizi subito a correre più forte che puoi.
    (Sto arrivando).


4

Quando giungi in stazione, i tuoi polmoni reclamano ossigeno in maniera così disperata che sei costretto a fermarti per qualche attimo. Da un punto di vista esterno appari all'immensa folla come il classico ritardatario che se non si affretta a raggiungere il proprio binario rischia di perdere il treno, ma non è così. Qui non è questione di perdere qualcosa, ma di rendere reale un sogno che non avresti mai pensato si potesse realizzare, quantomeno non così in fretta.
La folla nella quale ti inoltri pare quasi un ammasso di marosi con il solo scopo di sbatacchiarti da una parte all'altra, e tu devi stare attento a non lasciarti travolgere. Dopo quelli che sembrano lunghi minuti di apnea estenuante raggiungi il binario e lo trovi lì che ti aspetta, con il trolley tenuto per il manico in una mano e un grazioso sacchetto nell'altra. Non sai cosa si trovi all'interno, ma in quel momento è l'ultimo dei tuoi pensieri perché Ryoken è proprio lì, a pochi metri da te che fino a quella mattina erano centinaia e centinaia di chilometri insormontabili.
Lui è lì, è proprio lì, ed è ancora più bello dell'immagine che sei solito vedere proiettata sullo schermo del telefono o del computer. Ha l'aria un po' stanca, ma in fondo chi non l'avrebbe dopo tutte quelle ore di viaggio?
Con le gambe tremebonde, il respiro spezzato e il cuore agitato, ti avvicini a lui. E più ti avvicini, più la realtà si materializza davanti ai tuoi occhi.
Ryoken sorride e tu sorridi con lui. In questo momento vorresti solo piangere dalla gioia e gettarti tra le sue braccia, affondare il volto contro il suo ampio petto coperto da un cappotto grigio chiaro e dirgli che questo momento l'hai atteso per mesi interi, che il non averlo accanto ti stava distruggendo lentamente giorno dopo giorno e che sei così felice di poterlo abbracciare, di parlargli di persona e non più tramite uno schermo artificiale, di poter udire la sua voce e respirare il suo profumo… ma c'è troppa gente intorno a voi e tu non sei mai stato un tipo tanto espansivo, anche se in questo momento vorresti davvero abbracciarlo più forte che puoi e ringraziarlo per essere qui.
E Ryoken, che dal modo in cui ti guarda pare pensarla proprio come te, decide di rompere il ghiaccio porgendoti il sacchetto che tiene in mano. Lo afferri e, osservandone il contenuto, noti subito due lunghe orecchie bianche e un musino adorabile e paffuto, come il resto del corpicino candido come la neve. È un coniglietto in peluche ed è la cosa più carina che qualcuno ti abbia mai regalato — o forse lo è perché si tratta del primo regalo da parte di Ryoken.
Il tuo sorriso si allarga ancora di più e, mentre lo ringrazi, realizzi che questa è la prima parola che gli hai detto dal vivo: «Grazie».
    «Non vedevo l'ora di regalartelo» ammette Ryoken, e mentre la sua voce ti carezza i timpani, sovrastando senza urlare tutti gli anonimi rumori che vi circondano, non puoi fare a meno di notare le sue gote tingersi di un lieve rossore.
    (Cielo, è adorabile).
    «Da quanto l'avevi con te?» domandi incuriosito.
    «Da quando mi hai raccontato del tuo amore per i conigli. Avevo pensato di spedirtelo per farti una sorpresa, ma poi ho pensato che mi sarebbe piaciuto donartelo di persona e… vederti sorridere proprio come hai fatto poco fa».
Ora è il tuo turno di arrossire e dal modo in cui avverti il calore lambirti le gote, devono essere ridotte a un ammasso di carne bruciata.
    (Cielo, è davvero tanto, troppo adorabile).
Ryoken pare essere intenerito dalla tua reazione — la quale vale sicuramente più di mille parole —, difatti si lascia andare a un piccolo sbuffo divertito.
Poi si ricompone e, per la prima volta da quando lo conosci, sembra trovarsi in difficoltà: «Quando tempo fa mi hai detto che a Den City è impossibile prenotare una camera d'albergo a meno che non lo si faccia con mesi di anticipo, credevo scherzassi…»
Ora appare visibilmente a disagio e in un attimo capisci dove vuole arrivare.
    «Non vedo dove sia il problema: vieni da me» rispondi, e quasi ti sorprendi di tutta questa intraprendenza che, ne sei certo, non hai mai posseduto fino a questo momento.
Ryoken pare essere sollevato dalla tua risposta ma, al contempo, ancora un po' in imbarazzo: «Sicuro che per te vada bene? Dopotutto sono piombato qui all'improvviso e—»
Non gli lasci il tempo di finire la frase: guidato da un coraggio sconosciuto e che speri non ti abbandoni mai più, gli afferri la mano libera e inizi subito a camminare, direzione casa.
    «Non dirlo neanche per scherzo. È la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto nei miei confronti. Ospitarti mi sembra il minimo, non trovi?»
Ryoken non risponde, si limita a stringerti più forte la mano. E questo per te vale molto più di ogni singola parola.


5

Quando uscite dalla stazione, noti che il cielo si è incupito ancora di più, ma al momento nessun accenno alla pioggia. Speri solo che non inizi a piovere proprio ora, dato che hai dimenticato l'ombrello a casa, rifletti, mentre attraversi le strisce pedonali con Ryoken. Vi tenete ancora per mano ed è come se foste nati per quello.
    «Ryoken» lo chiami diversi minuti dopo, quando intravedi la tua abitazione. «Non interpretare male le mie parole, ti prego. Perché sei qui?»
Dato che ormai manca poco a casa tua, credi sia giusto chiarire definitivamente quanto accaduto la sera addietro. Proprio in quel momento, avverti la prima goccia di pioggia adagiarsi sulla tua fronte.
    «Perché ieri sera hai detto che avresti voluto che fossi qui» ti risponde Ryoken senza neanche un filo di incertezza nel tono di voce. «Questa mattina mi sono svegliato, sono andato a lezione e mi è sembrato tutto così sbagliato che sono tornato a casa, ho fatto la valigia e per puro miracolo sono riuscito a trovare un biglietto del treno per Den City. Forse non te ne sei mai reso conto, Yusaku, ma la cosa che più odio al mondo è sapere che sei triste. E ieri sera mi si è spezzato il cuore nel vederti in quello stato. Comprendo come mai oggi tu non abbia risposto subito al mio messaggio del buongiorno… durante tutto il viaggio ho atteso la tua risposta e non nego di essermi anche preoccupato, ma in fondo questo è un viaggio che prima o poi avrei comunque fatto. E l'avrei fatto sempre per te».
Piove un po' di più quando Ryoken finisce di parlare. Vi affrettate a raggiungere la destinazione e a malincuore devi sciogliere la stretta delle vostre mani per recuperare le chiavi. Frattanto, le parole di Ryoken vorticano incessanti nella tua testa, dolci come il miele e calde come un tramonto estivo.
E quando entrate in casa, il trolley e il sacchetto contenente il peluche sono momentaneamente messi da parte per dare sfogo ai vostri veri sentimenti. Ti dispiace per il coniglietto bianco che ora giace a terra, ma non puoi fare a meno di pensare a quanto sia superfluo ora che Ryoken ti sta abbracciando e a quanto questo rappresenti l'idillio perfetto nel quale hai sempre voluto vivere.
Non vi siete nemmeno tolti i cappotti, eppure il contatto fisico che vi unisce è unico e speciale nel suo genere. Ora che siete soli, lontani da occhi indiscreti, senti che con lui puoi lasciarti andare senza più alcun freno.
Un sospiro di sollievo evade dalle tue labbra e ti aggrappi a lui più forte che puoi. Vi lasciate cullare per minuti interi dalla bellezza di quel gesto e dalla meraviglia del sentimento che vi unisce.
Ti senti al sicuro tra le braccia di Ryoken, protetto da tutto il male del mondo.
    (Senti che quello è il posto giusto per te. Quello che ti spetta di diritto. E finalmente ti senti in pace con te stesso).
Quando sciogliete l'abbraccio, la distanza tra i vostri corpi non dura che pochi secondi. Pochi secondi nei quali, tra il silenzio di quelle quattro mura, i vostri occhi si dicono tutto in un solo istante.
E quando Ryoken poggia le labbra sulle tue, ogni pensiero smette di vorticare e la tua mente si zittisce, il tuo corpo si rilassa e il tuo cuore trabocca di amore. Avverti un fremito percorrerti la spina dorsale nel momento in cui il bacio si fa più audace e il tuo unico desiderio ora è quello di diventare una cosa sola con lui… oltre a mangiare qualcosa perché, non appena vi staccate per riprendere fiato, ti rendi conto di non aver ancora pranzato e ti scopri decisamente affamato.
Arrossisci e distogli lo sguardo, mentre Ryoken ridacchia divertito.
    «Se ti può consolare, sono affamato anch'io» confessa mentre si toglie il cappotto. «Non mangio da questa mattina».
    «Allora vado subito a preparare qualcosa» dici mentre anche tu ti sfili il cappotto di dosso.
Li lasciate entrambi sull'appendiabiti, recuperi il sacchetto con il peluche dal pavimento e vi dirigete verso l'angolo cottura. C'è ancora parte della spesa da sistemare, ma forse alcuni ingredienti serviranno per il pranzo, quindi non è un problema.
E mentre decidete che cosa cucinare, non puoi fare a meno di pensare a quanto tutto questo sia meravigliosamente giusto.
Perché tu e Ryoken ora siete a casa.
Insieme.



No matter how far we find ourselves
Our love will keep us close
I want you to know, you will never be alone
I’m coming home, I’m coming home
I want you to know, I’m coming home



N.d.A.

Qui giusto per dire che sono solo alla seconda OS e sono già devastata, questi due sottoni saranno la mia rovina, me lo sento.
Yusaku follemente in love con i coniglietti è un mio personalissimo Headcanon, Ryoken che asseconda questo suo amore lo è altrettanto.
Anche la passione di Ryoken per la cucina thailandese è un Headcanon, questo più a livello fandomico.
Poi inutile dire che per come ho sempre immaginato il loro rapporto dal punto di vista romantico, Ryoken sarebbe disposto a tutto pur di rendere felice Yusaku, lui è quel tipo di persona che sopporterebbe un viaggio improvvisato di ore intere pur di vederlo e niente, mi squaglio.

Ebbene sì, io purtroppo sono ipersensibile alle relazioni a distanza, sia dal punto di vista romantico che non, quindi scrivere questa storia è stata una bella sfida che spero di aver superato.
Ogni volta che scrivo di Ryoken e Yusaku lontani per qualsiasi motivo mi si spezza il cuore,  quindi inutile dire che la parte che più ho amato scrivere è stata l'ultima, quando finalmente si incontrano e poi si abbracciano… e avrei pure alzato il rating della storia se solo entrambi non fossero stati affamati, lol
Ora taccio, grazie per essere arrivati fino a qui.
Abbiate pazienza, un giorno imparerò a non scrivere N.d.A. tanto prolisse.

M a k o

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Capitolo 3
*** March ***


March

Io ormai sto avanzando in questa Raccolta per inerzia, perché siamo solo alla terza OS e a livello emotivo sono già prosciugata.
Anche perché va bene sperimentare, ma certi tipi di storie non li ho mai scritti proprio per questo motivo: perché mi distruggono, proprio come è successo in questo caso e ho pure paura di aver fallito miseramente.

Come sempre, preferisco aspettarvi a fine storia per delle N.d.A. aggiuntive.
Ora vi lascio lo specchietto e spero che la storia convinca almeno voi!
Buona lettura!


March: Mutual pining
Prompt forum: “Questa sera il destino ti porterà una sorpresa” (Challenge: Vuoi un biscottino della fortuna?)
Rating: Giallo
Generi: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku



Just look inside my heart
(you will cry)




1

Quella mattina, quando Yusaku incontrò lo sguardo di Ryoken, sperò con tutto se stesso che non lo avesse notato. L'ultima cosa che voleva era proprio trascorrere del tempo in sua compagnia prima dell'inizio delle lezioni, motivo per il quale fece subito dietrofront, deciso a percorrere un'altra strada per raggiungere la scuola.
Capì che il suo tentativo di evitarlo era miseramente fallito nel momento in cui la voce di Ryoken gli carezzò i timpani e lo bruciò fin nella carne e nelle ossa, scaldandolo dal gelo anomalo di quella mattina di metà primavera.
    «Yusaku!» lo chiamò, cominciando ad avanzare nella sua direzione.
Yusaku si morse il labbro inferiore, reprimendo a stento il desiderio di correre via, e si voltò. Era così strano provare un coacervo di emozioni tanto negative nei confronti di Ryoken che desiderava solo poter sparire dalla sua vista e approdare in una terra lontana dove nessuno lo conosceva
    (un mondo perfetto nel quale il suo cuore non era stato brutalmente strappato a metà e i suoi sentimenti erano ancora tutti integri).
Lo guardò avvicinarsi, lo vide sorridere
    (a lui, stava sorridendo proprio a lui)
e si inabissò ancora di più nel fitto groviglio di disperazione che aveva preso il posto delle vene e delle arterie all'interno del suo corpo.
Non lo salutò nemmeno, si limitò a fissarlo con volto apparentemente inespressivo — tanto Ryoken era fin troppo preso da altro per rendersene conto.
    «È da un po' che non ci vediamo» continuò Ryoken come se niente fosse.
    «Sono trascorse solo due settimane dall'ultima volta che ci siamo visti. Non mi sembra sia passato chissà quanto tempo».
In realtà, a lui parevano essere trascorsi anni, secoli dall'ultima volta che si erano visti. Ogni giorno senza Ryoken gravava sulle sue ossa fragili con la potenza di un macigno.
Eppure, in quel momento, tutto ciò che Yusaku riuscì a manifestare nei suoi confronti fu un grumo di acidità e frustrazione che riuscì a stento a controllare.
Tanto Ryoken non lo avrebbe notato. Era troppo preso da altro, dopotutto.
    «Sì, beh… è che mi fa strano, solitamente riusciamo a vederci un po' più spesso» spiegò Ryoken, e Yusaku distolse lo sguardo.
    «Ti fa strano?» domandò, sussultando una volta realizzato che gli occhi avevano iniziato a pizzicare e che un groppo ingombrante gli si era materializzato al centro della gola.
    «Sì, davvero… da quando ho iniziato l'università ho degli orari assurdi e—»
    «Devo andare» lo interruppe, riprendendo ad avanzare lungo l'ampio marciapiede.
    «Aspetta, possiamo fare la strada insie—»
    «Sono molto di fretta, mi spiace».
E più Ryoken insisteva, più si sentiva perso, spezzato e annichilito.
    «Yusaku, aspetta!»
In poche falcate, Ryoken gli fu accanto. «Volevo chiederti se nel week-end ti andava di—»
    «Ho da fare. Chiedi a qualcun altro».
    (Perché non chiedi a lei?)
    (Perché sprechi il tuo tempo con me?)
    «Oh… va bene».
Si fermò, voltandosi lentamente, l'ultimo respiro incastrato tra le costole. Ryoken si era bloccato un po' prima e si trovava a qualche passo da lui, lo sguardo di chi era veramente dispiaciuto di aver ricevuto un rifiuto e le labbra che tremavano appena.
    «Mi sarebbe piaciuto andare al cinema con te. Se riesci a liberarti dagli impegni fammi sapere, okay?»
Non gli rispose. Con l'emotività ridotta a brandelli, disse soltanto “Devo andare” prima di avviarsi in direzione dell'edificio scolastico.


2

Vide Miyu davanti l'entrata della scuola e si sentì rincuorato. Non era in vena di parlare, quantomeno non in quel momento, ma sapeva che lei lo avrebbe capito e avrebbe atteso che si facesse avanti di sua spontanea volontà.
Le bastò guardarlo fugacemente negli occhi per comprendere che la situazione non fosse affatto delle migliori; e come Yusaku aveva previsto, lei si limitò a salutarlo e a sorridergli con benevolenza.
E questo lo apprezzò tantissimo.


3

Vega si trovava a metà corridoio del secondo piano, in compagnia di due sue amiche. Yusaku avrebbe preferito non incontrarla, ma considerando che le loro classi erano attigue, era praticamente inevitabile.
Suo malgrado si ritrovò a osservarla e, per l'ennesima volta, realizzò quanto fosse carina e graziosa: il fisico alto e snello, i lunghi capelli blu e la frangia perfetta, gli occhi scuri e sognanti… cielo, quando aveva quell'espressione stampata in volto non era mai buon segno, per lui.
Perché significava che stava raccontando di Ryoken alle sue amiche, aggiornandole sull'ultima volta che si erano visti, e Yusaku non voleva ascoltare una singola parola riguardo quel resoconto tanto dettagliato.
    (E se si fossero baciati?)
Cercò di scacciare quel pensiero dalla testa con ogni briciolo di forza a sua disposizione proprio quando, insieme a Miyu, oltrepassò Vega e le altre due ragazze per recarsi in aula.
Era talmente presa da ciò che stava raccontando da non accorgersi nemmeno della loro presenza — solitamente salutava.
E a Yusaku, purtroppo, non sfuggì un frammento di quel monologo tanto concitato: lei e Ryoken non si erano baciati, ma il pomeriggio addietro, durante le ripetizioni di Matematica, le loro mani si erano inavvertitamente sfiorate. E Vega lo stava raccontando come se avesse scalato una montagna altissima e fosse giunta alla vetta appena in tempo per ammirare un tramonto mozzafiato, unico e irripetibile. Come se quel semplice sfiorarsi fosse stata la più grande conquista della sua vita.
La parte fragile dell'essenza di Yusaku rischiò di spezzarsi in migliaia di cocci e ridursi in polvere in una manciata di secondi; ce n'era poi un'altra, molto più infida e cattiva, che ancora non conosceva bene, che al contrario trattenne a stento un conato di vomito.
Yusaku aveva immaginato l'amore in mille modi differenti, ma mai così.
Così era troppo. Era opprimente e impossibile da sostenere.


4

Trascorse le lunghe ore di lezione a rimuginare su quanto accaduto quella mattina. Miyu ogni tanto lanciava qualche occhiata apprensiva nella sua direzione, ma Yusaku non diede mai segno di volerne parlare sottovoce o scambiandosi qualche bigliettino sottobanco quando il professor Zaizen voltava le spalle alla classe per scrivere qualcosa alla lavagna.
No, era impossibile parlarne in quel momento, soprattutto quando Yusaku per primo doveva ancora fare chiarezza dentro di sé. E avrebbe voluto farlo, in modo tale da poterne poi discutere con Miyu in tutta calma e a mente più lucida, ma l'unica cosa sulla quale riuscirono a focalizzarsi i suoi pensieri fu il fatto di essersi comportato davvero male nei confronti di Ryoken e che l'espressione addolorata che aveva assunto dopo aver udito la sua rispostaccia gli dilaniava il cuore.
Non era mai capitato. Tra loro le cose erano sempre andate bene e la loro amicizia durava ormai da tempo.
Era stato ingiusto nei suoi riguardi e il ricordo dello sguardo afflitto di Ryoken non gli dava tregua, come se quegli occhi adombrati dal dolore avessero deciso di imprimersi a fuoco nella sua anima.
In fondo Ryoken non aveva colpe: stava solo frequentando una ragazza alla quale dava ripetizioni di Matematica, non doveva certo rendere conto a Yusaku di questo. Inoltre, solo perché Yusaku provava qualcosa nei confronti di Ryoken, non voleva certo dire che quest'ultimo fosse costretto a privarsi di vivere le proprie esperienze e, perché no, magari trovare anche una ragazza con cui impegnarsi in una relazione seria.
Yusaku non aveva potere alcuno in merito. Yusaku non era assolutamente nessuno in quel frangente, non ricopriva alcun ruolo e non sarebbe mai salito sul palco per interpretare la sua parte — anche perché era conscio che, se fosse accaduto, gli avrebbero rifilato quella dell'antagonista e lui non ci teneva affatto a essere dipinto in quel modo.
Erano solo Ryoken e Vega. Solo e soltanto loro due, protagonisti di quella storia dalle sfumature rosate che si stava evolvendo giorno dopo giorno e alla quale Yusaku, per forza di cose, era costretto ad assistere inerme e col cuore spezzato da singulti mal trattenuti.
Tentò di trovare il lato positivo della situazione, un piccolo appiglio al quale aggrapparsi con tutte le proprie forze, giusto per soffrire un po' meno. Frugò a lungo e a fondo, senza darsi pace, trattenendo il respiro e tagliandosi le dita con alcuni cocci affilati come rasoi (alcuni rimasugli del suo cuore che non era riuscito a recuperare), prima di constatare che l'unica, magra consolazione alla quale poteva stringersi ancora era al contempo quella che più lo distruggeva interiormente, che gli divorava i sentimenti come un tarlo ingordo e nocivo: Ryoken continuava comunque a volergli bene e a tenere a lui. Come amico, perché Ryoken non era innamorato di lui, era assurdo pensare che lo fosse, quindi i suoi atteggiamenti e il suo modo di approcciarsi non sarebbero affatto mutati.
Per Ryoken non era cambiato proprio nulla: aveva solo iniziato a frequentare una ragazza — molto carina, tra l'altro —, perché mai questo avrebbe dovuto influire sul rapporto di amicizia che aveva con Yusaku?
E fu proprio questa realizzazione a scaraventarlo in un mondo che non aveva mai assaporato la luce genuina del sole, cupo e claustrofobico: per Ryoken non era cambiato nulla; per lui, invece, era cambiato tutto, e nel modo peggiore possibile.


5

    «Dovresti accettare il suo invito».
    «E perché mai? Me lo avrà chiesto solo perché lei gli ha dato buca per il week-end».
    «Yusaku…»
Si morse il labbro inferiore e lasciò cadere le bacchette nella scatola del bentō quasi completamente intatto.
    «Scusa…» mormorò, riprendendole in mano un attimo dopo, senza però fare altro. Non aveva fame, quel giorno, nonostante la tamagoyaki riposta con cura nella scatolina nera insieme a due onigiri fosse davvero invitante.
Aveva raccontato tutto a Miyu durante l'intervallo, senza tralasciare nulla, e quella era stata la considerazione finale da parte della sua migliore amica: uscire con Ryoken nel week-end per chissà quale masochistico motivo.
Yusaku non ci teneva affatto a rispondere in maniera tanto acida anche a lei che stava solo cercando di aiutarlo, ma in quel momento si sentiva come la quintessenza della negatività, impossibilitato a provare anche solo un briciolo di speranza nel compiere una decisione simile.
    «Dico davvero, Yusaku: conosci Ryoken meglio di me e sai che non ti considererebbe mai come un rimpiazzo. Non è da lui comportarsi così. Inoltre…»
Prima di proseguire, Miyu si guardò intorno, come per accertarsi che nessuno in classe stesse origliando la loro conversazione: «Prima ho incontrato Vega in bagno e mentre parlava con le sue amiche ha detto che se Ryoken dovesse invitarla a uscire nel week-end, si ritroverà costretta a rifiutare poiché andrà a fare visita a dei parenti che abitano a Paradise City. In sostanza, Ryoken non le ha proposto nulla e ha pensato solo a te perché è con te che vorrebbe andare al cinema, sabato sera».
Yusaku sussultò, colto decisamente alla sprovvista. Poggiò nuovamente le bacchette inutilizzate sul suo bentō ed estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni.
    «Questa mattina gli ho risposto davvero male…» sussurrò mentre apriva la chat con Ryoken che, notò con una punta di dolore, nelle ultime settimane si era trasformata in Ryoken che inviava messaggi — senza mai demordere — e Yusaku che rispondeva a monosillabi, nel chiaro intento di non protrarre mai a lungo una conversazione con lui.
Scrollò le conversazioni, approdando in un tempo in cui tutto andava bene, quando non vedeva l'ora di ricevere un suo messaggio per poi rispondergli nel giro di mezzo minuto. Un tempo in cui il cuore di Ryoken era ancora libero e, anche se non provava nulla per lui, quantomeno Yusaku non viveva nell'incubo a occhi aperti in cui Ryoken aveva trovato qualcuno a cui donare ogni briciolo del suo amore e delle sue attenzioni.
Gli occhi pizzicarono ancora una volta e lui lasciò il discorso in sospeso — tanto sapeva che Miyu lo avrebbe capito comunque.
    «Scrivigli che ti scusi per il comportamento che hai avuto questa mattina e che ti farebbe tanto piacere andare al cinema con lui sabato sera» gli suggerì lei con dolcezza. «Vedrai che Ryoken ne sarà felice».
E con dita tremanti, Yusaku digitò parola per parola ciò che Miyu gli aveva detto.
    (E inviò).


6

I due giorni successivi furono stranamente normali: era come se l'universo intero avesse deciso di concedere una tregua a Yusaku, permettendogli così di riprendere fiato e rilassarsi un po' in vista di sabato sera.
Vega non si era più fatta trovare in corridoio intenta a parlare di Ryoken con sguardo sognante e quest'ultimo si era rivelato entusiasta del messaggio che Yusaku gli aveva inviato per confermargli che sì, nel week-end sarebbero andati al cinema insieme, solo loro due.
Yusaku non capiva, e tutto quel subbuglio emotivo lo metteva a disagio: pareva che l'intera situazione ora stesse volgendo a suo favore, con Vega che non si faceva più vedere e Ryoken che gli dedicava tutte le attenzioni del mondo, eppure non riusciva a capacitarsene e per brevi, gelidi attimi che parevano durare quanto mille lunghi inverni, il terrore atavico di essere travolto da un momento all'altro da una realtà devastante e annichilente gli cristallizzava sempre il sangue nelle vene.

E se fosse solo la fatidica quiete prima della tempesta? Forse quei due avevano già ufficializzato la loro relazione e Ryoken aveva chiesto a Vega di essere un po' più discreta, quantomeno all'inizio… e se avesse intenzione di raccontargli tutto sabato sera, magari prima di entrare in sala?
La serata sarebbe finita ancor prima di iniziare e questo sì che gli avrebbe dato il colpo di grazia.
E fu così che Yusaku trascorse l'intera giornata di sabato: pensando che, in qualunque modo fosse andata la serata, qualcosa si sarebbe concluso e qualcos'altro sarebbe invece cominciato. Perché lui di certo non sarebbe rimasto zitto.
Non più.


7

Ryoken arrivò puntuale e, a un quarto alle nove, Yusaku si trovò comodamente seduto sul sedile del passeggero della sua auto. Le temperature erano ancora un po' basse, ma non era un problema visto che avevano in programma di uscire per poi rintanarsi da qualche altra parte.
Ciononostante, un brivido riuscì comunque a percorrere beffardo la spina dorsale di Yusaku, portandolo ad agitarsi un poco.
    «Tutto bene?» gli domandò Ryoken, apprensivo.
Erano fermi a un semaforo che proprio non ne voleva sapere di illuminarsi di verde e pareva quasi che la caoticità di Den City fosse in procinto di inghiottirli in una misera frazione di secondo. Yusaku puntò lo sguardo oltre il vetro del finestrino, nel tentativo di mantenere una parvenza di autocontrollo.
    «In realtà no» ammise, avvertendo la gola serrarsi e pizzicare appena. «Ma vorrei parlartene una volta arrivati, se per te va bene».
    (Giusto il tempo di respirare a fondo e provare a riassemblare il mosaico di un coraggio andato in frantumi).
    «D'accordo».
E proprio in quel momento, il semaforo divenne verde.


8

Quando giunsero al parcheggio del cinema, Yusaku si lasciò andare a un lungo e profondo sospiro.
    «Mi dispiace» disse con un filo di voce, lo sguardo puntato ancora oltre il vetro del finestrino e il cuore che batteva martoriato nella cassa toracica.
    «Per che cosa?» domandò Ryoken, gli occhi azzurri che ora non si staccavano dalla sua figura — Yusaku poteva vederli nel riflesso del vetro, limpidi e bellissimi.
Ma perché accontentarsi di un mero riflesso quando poteva ammirarli per davvero? Si armò di coraggio e si voltò nella sua direzione, instaurando il contatto visivo e sentendosi un po' morire dentro, perché parlare a cuore aperto non era mai stato tanto difficile come in quel momento.
    «Per il mio comportamento» ammise in un sussurro. «Per come ti ho trattato nell'ultimo periodo… sono stato ingiusto nei tuoi confronti».
    «Yusaku, va tutto bene. Capita a tutti di vivere un periodo stressante, non hai nulla di cui giustificarti».
Yusaku sorrise. Un sorriso amaro e rassegnato, un tipo di incurvatura sconosciuta alle sue labbra sottili che già percepivano il sapore salato delle lacrime ormai imminenti.
    «Non è solo un periodo, Ryoken».
    «E allora che cos'è?»
Yusaku chiuse gli occhi per un istante, giusto il tempo di trovare le parole giuste. Quando parlò, avvertì la gola riarsa. E la sua voce parve quasi spaccata a metà.
    «È qualcosa che non se ne andrà fino a quando continuerò a provare dei sentimenti per te».
Fu come se il tempo si fosse cristallizzato nell'istante esatto in cui Ryoken realizzò il significato di quella confessione; le pupille dilatate e le labbra lievemente schiuse, nella rappresentazione perfetta di chi tutto si sarebbe aspettato, tranne che udire una dichiarazione simile da parte di un amico. Perché era così, non poteva essere altrimenti: Ryoken era rimasto sconvolto per questo motivo, non per altro.
E Yusaku desiderò ardentemente slacciare la cintura di sicurezza e uscire dall'auto, camminando il più lontano possibile da lui perché ormai era tutto finito, gliel'aveva confessato e niente sarebbe più tornato come prima. Ma decise di restare e di andare fino in fondo, di inabissarsi fino all'altezza del cuore e poi lasciarsi andare una volta per tutte.
    «All'inizio non era stato un problema, perché sapevo che anche se non ricambiavi i miei sentimenti, potevamo comunque continuare a essere amici. E per mesi interi è stato così, fino a quando… fino a quando Vega non mi ha chiesto il tuo numero di telefono per le ripetizioni di Matematica. Se penso che sono stato proprio io a darglielo…»
Si interruppe, perché le cose si stavano facendo difficili. Era in procinto di dare una forma a una parte di sé che odiava e che ancora non aveva accettato: quella che rantolava, schiacciata tra il dolore e la gelosia, con la bocca colma di veleno e lo sguardo carico di odio; quella parte di sé che l'aveva portato a rispondere male a Ryoken, a evitarlo e a cercare di dipingerlo sotto una luce negativa pur di staccarsi emotivamente da lui e liberarsi una volta per tutte dall'angoscia. Quella parte di sé che ora il vetro del finestrino dietro Ryoken rifletteva perfettamente.
    «Io non sono nessuno per importi chi frequentare, sei libero di vivere la tua vita come meglio credi… ma non posso negare che mi fa male e che più di una volta ho desiderato essere al posto di Vega, anche se so che è impossibile. Il fatto è che da quando vi frequentate per me è diventato tutto più difficile perché non riesco più ad approcciarmi a te come prima. Credevo di riuscire a reprimere le mie emozioni, ma non è così. Mi fa male… ogni volta che ti parlo e so che tu pensi a lei, oppure quando trascorrete del tempo insieme, che sia per le ripetizioni di Matematica o altro… ed è per questo che ho iniziato a evitarti, perché so che non avrei resistito a lungo e… ti chiedo scusa. Per tutto».
Chi sosteneva che sfogarsi e buttare fuori tutto ciò che si prova ha come effetto immediato quello di sentirsi meglio, mentiva spudoratamente. Perché lui non si sentiva meglio, si sentiva sconfitto, annientato, ridicolmente esposto davanti all'ultima persona che avrebbe voluto lo vedesse in quelle condizioni.
Aveva il cuore a brandelli e l'anima tumefatta. Si sentiva un inutile e minuscolo granello di polvere in mezzo alla vastità delle emozioni che provava.
E stava piangendo senza controllo, come un bambino dopo essere caduto per la prima volta dalla bici.
    (Patetico).
Ryoken slacciò la cintura di sicurezza e allungò le braccia nella sua direzione. Tra le lacrime e i singulti, Yusaku riuscì a percepire le mani calde del ragazzo posarsi con garbo sulle sue gote bagnate, carezzandole amorevolmente.
    (È tutto finito. Non abbiamo più niente da dirci).
E quando trovò la forza di aprire gli occhi e mettere a fuoco il volto di Ryoken, rimase senza fiato nel constatare che anche lui fosse sull'orlo delle lacrime.
    «In questo momento mi sento la persona più stupida del pianeta» confessò, la voce che tremava appena. Un timido sorriso affiorò sulle sue labbra e Yusaku pensò che fosse incantevole.
    «Cosa intendi dire?» riuscì a domandare nonostante il groppo in gola.
Ryoken sospirò. «Non avevo mai preso in considerazione la possibilità che tu ricambiassi i miei sentimenti» disse, e ogni parola che scandì riportò Yusaku a galla, facendolo riemergere dall'abisso nel quale era sprofondato.
    «Tu… cosa…?»
    «Mi ero illuso che con Vega avrei potuto voltare pagina, ma così non è stato. Mercoledì pomeriggio mi ha chiesto di vederci e lei… lei si è dichiarata. Ma io non ho mai provato niente del genere nei suoi confronti, solo attrazione. L'ho realizzato nel momento in cui mi ha detto con tanta sicurezza di provare qualcosa per me. Perché anch'io provo qualcosa, ma non per lei. E lì ho capito di aver sbagliato tutto, che ci eravamo illusi entrambi: lei credeva di avermi conquistato e io… io credevo di averti dimenticato, ma non è così».
Sorrise nervoso, togliendo le mani dal suo viso.
    «Vega non l'ha presa bene, ma alla fine ha compreso le mie ragioni. Mi basta questo».
Ed ecco spiegato come mai non si era più fatta vedere nei corridoi con le sue amiche, rifletté Yusaku. Mistero risolto.
Poi realizzò per davvero ogni singola parola di Ryoken e non poté fare a meno di chiedere: «Da quanto tu…?»
Ryoken fece spallucce. «Mi sei sempre piaciuto, Yusaku. Solo con il passare del tempo ho capito di provare molto di più nei tuoi confronti».
Il cuore di Yusaku fu sopraffatto da un'onda morbida e benevola. Lo avvolse e lo sospinse dolcemente verso la riva, permettendogli così di tornare a respirare.
L'aria all'interno dell'auto, invece, si stava facendo sempre più calda, ma per ben altri motivi…
    «Quindi tu…?»
    (Mi ami?)
    «Sì. E tu…?»
    (Ami me?)
    «Sì».
Yusaku lo guardò negli occhi e deglutì. «E questa sera…?»
    «Volevo dichiararmi, sì. E avrei accettato qualunque esito… anche se questo devo dire che è il mio preferito».
Era incredibile come entrambi avessero provato lo stesso, identico desiderio nel medesimo momento.
Alcune volte, il destino trova modi alquanto bizzarri per realizzarsi.
Ma non per questo sono meno graditi.


9

Di quel sabato sera, Yusaku avrebbe ricordato tante cose, una più bella dell'altra.
Ad esempio di come lui e Ryoken, dopo un attimo di imbarazzo, si fossero baciati incuranti che qualcuno di passaggio nel parcheggio potesse notarli.
Di come fossero ormai in ritardo per la proiezione delle nove e trenta e quindi quale modo migliore di attendere quella in seconda serata se non restando in macchina a baciarsi ancora e ancora?
Di come si tennero per mano durante tutta la durata del film, uno di quelli coi supereroi che piacevano tanto a entrambi.
Di come Ryoken lo avesse abbracciato forte prima che Yusaku uscisse dalla sua auto una volta riaccompagnatolo a casa e di come gli avesse sussurrato “Buonanotte, amore mio” prima di lasciarlo andare.
E di come Yusaku si fosse sentito, per la prima volta dopo tanto tempo, la persona più felice al mondo.
Non vedeva l'ora di raccontare tutto a Miyu e anche di ringraziarla, perché se non fosse stato per lei, a quest'ora il suo cuore sarebbe ancora strappato a metà. Ma non gliel'avrebbe detto nei corridoi della scuola, dove si correva sempre il rischio che qualcuno potesse origliare.
L'avrebbe invitata a casa sua domenica pomeriggio e le avrebbe offerto un caffè.
E tanti biscotti al cioccolato.




N.d.A.

Qui solo per lanciare un appello: RIVOGLIO INDIETRO I MIEI SENTIMENTI, POSSIBILMENTE INTEGRI, GRAZIE.
Il mutual pining è un trope davvero interessante, ma per me è decisamente troppo: non fa per me, nonostante io per prima ami sguazzare nell'Angst. Forse perché, anche nell'Angst, so che Ryoken e Yusaku possono contare sul sentimento che li unisce, ma qui?
Cioè, a un certo punto non sapevo nemmeno io come uscirne e ho chiesto a Yusaku di farmi spazio nell'angolino della depressione per piangere insieme.

Vega è un personaggio di Duel Links: è una Duellante Standard che appare nel mondo di VRAINS e, a giudicare dalla divisa scolastica, frequenta la stessa scuola superiore di Yusaku.
È davvero adorabile e non nego che mi piacerebbe scrivere ancora su di lei, magari per approfondirla un po' — e magari per non farle più ricoprire un ruolo tanto scomodo.

Penso di aver detto tutto.
Grazie per essere arrivati fino a qui, spero davvero che la storia sia stata di vostro gradimento.

M a k o

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Capitolo 4
*** April ***


April

La settimana di pausa forzata che ho preso da questa Raccolta mi è servita davvero tanto, anche perché non credo sarei mai riuscita a scrivere questa OS se non fosse successo tutto quello che è successo.
Per farla breve: non sarebbe dovuta essere questa la quarta OS della Raccolta, bensì un'altra tipologia di AU. Solo che, arrivata a circa metà stesura, ho realizzato che non mi convinceva proprio per niente e dopo averci riflettuto bene, ho puntato tutto su quest'altra AU.

Io non so come sarà accolta questa storia, anche perché credo sia molto particolare e potrebbe non toccare le corde di tutti quanti — ma magari è solo una mia impressione, chissà.
Vi invito a leggere attentamente lo specchietto, solo questo: il tipo di AU è nascosto (più che altro per mantenere “l'effetto sorpresa” a chi decide di leggere questa storia pronto ad aspettarsi di tutto), ma potete comunque evidenziarlo per scoprire di cosa si tratta, in modo tale da scegliere poi se proseguire o meno nella lettura.
Poi magari sono solo io che mi faccio un sacco di pare per niente, ma è sempre meglio mettere le mani avanti.
Ora vi lascio con lo specchietto e come sempre vi aspetto un po' più giù, a fine storia.
Buona lettura — spero!


April: Peace
Prompt forum: “Dopo un tempo che non so calcolare riesco a calmarmi. Mi sento al sicuro. La paura di prima è svanita del tutto. È bastato un abbraccio. Un suo abbraccio.” (Daniela Volontè) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Arancione
Generi: Angst, Drammatico, Introspettivo
Note: A Quiet Place!AU, Crossover, POV Yusaku
Avvertimenti: Contenuti forti (accennati), Tematiche delicate



Shizukesa
(静けさ)




1

(Meno tre giorni al silenzio)

Era una sera d'estate dolcemente rumorosa. Yusaku avrebbe voluto protrarla il più a lungo possibile e posticipare l'alba di ore intere, perché momenti del genere, in un luogo caotico come Den City, erano estremamente rari e lui aveva realizzato forse troppo tardi quanto fossero belli e preziosi, benevoli come una carezza e lenitivi come una crema fresca sulla pelle scottata.
Nonostante lui e Yusei si trovassero in spiaggia, il frastuono del traffico di Den City trovava comunque il modo di raggiungerli, fastidioso e impertinente. Quantomeno erano stridii ovattati, quelli che vibravano nei timpani, i quali erano in grado di percepire altri suoni molto più piacevoli dei clacson e del rombo dei motori — le piccole e timide onde del mare che si infrangevano sulla riva, delicate nelle vibrazioni e salate nella consistenza, ad esempio.
Non molto in lontananza da loro si trovava un gruppo di ragazzini che, con ogni probabilità, non era stato informato del nuovo divieto di accendere falò in spiaggia, difatti erano tutti indaffarati a preparare il necessario per cuocere i marshmallow. Yusei e Yusaku avevano deciso di comune accordo di non interferire, a meno che la situazione non degenerasse — più di una volta un ragazzino dai capelli verdi e rossi aveva rischiato di alimentare un po' troppo le fiamme mentre eseguiva dei numeri di magia davvero niente male.
Le risate e gli applausi da parte dei suoi amici parevano infondergli sempre più fiducia nelle proprie capacità, che erano sicuramente a un buon livello, ma che forse non prevedevano l'utilizzo del fuoco… e proprio per questo Yusei controllava ripetutamente con la coda dell'occhio che niente andasse storto, senza però mettere Yusaku in secondo piano.
Dopotutto si erano dati appuntamento per parlare un po', cosa che nell'ultimo periodo non era capitata molto spesso a causa degli impegni universitari di Yusaku.
Erano seduti su un telo sottile, intenti a osservare il cielo, che quella sera era impreziosito da un'infinità di stelle splendenti che si riflettevano sulla superficie cristallina del mare. Il rumore di una lattina stappata ridestò Yusaku da quell'incanto, facendolo voltare verso Yusei. Il ragazzo gliela stava offrendo, e lui la accettò di buon grado — era quella arancione, la sua preferita.
    «Grazie» disse, prima di bere il primo sorso.
Yusei gli rispose con un sorriso e poi ne stappò una per sé. Il suono fu fugace e frizzante, un guizzo che pareva quasi come un puntino di vernice bianca caduto per sbaglio su una tela completamente nera. A Yusaku piacque.
    (Gli infondeva un senso di pace interiore mai provato prima).
    «Allora, di che cosa mi volevi parlare?» domandò poi Yusei, e lì Yusaku dovette per forza tornare alla realtà, vigile e attento, perché ciò che voleva raccontargli era unico e irripetibile, qualcosa che Yusei meritava di sapere per primo.
    «È ufficiale. Tra me e Ryoken, intendo… ora stiamo insieme».
Con tutti i modi che aveva pensato di dirglielo, quello era stato sicuramente il più incerto e impacciato — ma lui non era mai stato bravo a esprimere certe emozioni e Yusei era il suo angelo custode proprio perché sapeva coglierle tutte quante, anche quando Yusaku non spiccicava una sola parola.
    «Era ora!» esclamò Yusei, e la sua voce riverberò nei timpani di Yusaku come un'onda un po' più alta e inaspettata, di quelle che ti travolgono cogliendoti impreparato.
Yusei era felice e lo era talmente tanto che le sue iridi, di un bellissimo color Bleu de France, parevano brillare di luce propria. Il suo sorriso era ampio ed entusiasta, con una sfumatura di “lo sapevo” nascosta nell'incurvatura delle labbra.
Yusaku non poté che essere contento di quella reazione, anche se proprio non si capacitava di tutta la sicurezza che il ragazzo aveva manifestato nel corso dei mesi — una sicurezza che ora aveva la possibilità di esplodere e avvolgere tutto quanto poiché si era rivelata fondata.
    «Come facevi a saperlo? Io credevo di non piacergli…» borbottò un po' imbarazzato, mentre una lingua di fuoco si alzava in cielo e i ragazzi attorno al falò esclamavano frasi diverse e indistinte nello stesso istante.
Yusei lanciò un'occhiata fugace nella loro direzione e poi tornò a concentrarsi su Yusaku.
    «Dal modo in cui ti guarda» rispose, una punta di solennità nel tono di voce. «Non ci hai mai fatto caso?»

    «Ehm… no, non credo».
Yusei sorrise con dolcezza, poi spiegò: «Il modo in cui ti guardo io è quello tipico del migliore amico: ti voglio bene e desidero proteggerti, ma non sei il centro del mio universo. Questo perché il mio cuore non batte per te in quel senso e non provo alcun desiderio di quel tipo nei tuoi confronti. Ti guardo con affetto, senza però spingermi oltre. Ma Ryoken…»
Yusei sospirò. E quel sospiro fu accompagnato dal suono di un'onda del mare che proprio in quel momento giungeva a riva, benevola e carezzevole.
    «Ryoken ti guarda in un modo meraviglioso, Yusaku. Non credo di aver mai visto una persona tanto innamorata come lui da che sono al mondo. Appena ti vede sembra quasi rianimarsi di vita e i suoi occhi brillano come se stessero ammirando un capolavoro d'arte senza tempo. Rimane sempre estasiato dalla tua sola presenza… deve amarti davvero tanto».
Yusaku avvertì il cuore sprofondare nello stomaco e dei brividi incandescenti percorrergli la spina dorsale. E pensare che per mesi interi aveva vissuto col timore di non piacere a Ryoken… si sentiva un po' uno scemo, in quel momento.
Poi realizzò che uno sguardo del genere l'aveva già visto in altre circostanze e non riuscì a frenare la lingua: «Questo è anche il modo in cui tu guardi Judai…» disse, e subito si pentì di aver dato una voce a quella considerazione poiché lo sguardo di Yusei era mutato all'istante, privato di ogni traccia di morbidezza — solo tanta apprensione e una nota marcata di tristezza che ricordava per certi aspetti un cuore di vetro in procinto di spezzarsi.
    «Judai…» sussurrò, e subito dopo estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni, sbloccando lo schermo e rabbuiandosi nel constatare che non fosse presente alcuna notifica. «Non lo sento da ieri sera» ammise, mentre digitava il suo numero. Portò il telefono all'orecchio e proseguì: «A quest'ora dovrebbe essere già tornato a Nuova Domino e… niente, continua a essere irraggiungibile».
Nello sguardo e nel tono di voce di Yusei vi erano delle note colme di paura che facevano davvero male.
    «Pensi che mi stia preoccupando troppo?» domandò mentre riponeva il telefono nella tasca dei pantaloni.
    «Assolutamente no» rispose Yusaku. «Non è da Judai sparire in questo modo».
    «Già» confermò Yusei. «Non è proprio da lui».
Yusaku era in procinto di replicare, quando delle urla si levarono oltre le spalle di Yusei: i ragazzi del falò questa volta l'avevano combinata grossa e dal modo in cui le loro voci si mescolavano tra loro in un concerto esagitato, difficilmente sarebbero riusciti a trovare un punto d'incontro per spegnere quelle fiamme alte che scoppiettavano senza sosta.
    «Cielo, quanto sono rumorosi…» borbottò Yusaku, e Yusei non poté fare a meno di ridacchiare, pur mantenendo una lieve sfumatura addolorata nello sguardo.
    «Meglio andare a vedere cosa succede, non vorrei che qualcuno di loro si faccia del male» disse, mentre si alzava in piedi e si scrollava la sabbia dai pantaloncini neri e dalla maglietta rossiccia.
E Yusaku, mentre lo osservava allontanarsi e chiedere a gran voce ai ragazzi se avessero bisogno di aiuto, non poté fare a meno di pensare che il suo migliore amico fosse tanto, troppo buono.
Ed era grato di averlo al proprio fianco.


2

(Meno dodici ore al silenzio)

Il rumore del videogioco che chiedeva senza sosta di iniziare una nuova partita era quasi peggio del traffico incessante di Den City.
Yusaku sbuffò infastidito, cercando a tentoni il telecomando poggiato sul tavolino, mentre Ryoken si staccava da lui per precederlo e spegnere la televisione. Avevano giocato per più di un'ora, Yusaku come al solito lo aveva stracciato e notando il suo broncio gli aveva detto con fare alquanto languido che aveva diritto al premio di consolazione, cosa che Ryoken non si era fatto ripetere due volte.
L'aria condizionata era accesa, le poche luci non spente in salotto creavano un'atmosfera romantica e soffusa e nessuno dei due aveva mai fatto l'amore sul divano, quindi perché non provare in quell'occasione?
E stava andando tutto bene se non fosse stato per il rumore incessante sia all'interno che al di fuori dell'appartamento di Yusaku — dopo anni, ancora non ci aveva fatto l'abitudine.
    «Odio questa città» sbottò, sbuffando poi esasperato.
Ryoken poggiò nuovamente il telecomando sul tavolino e ridacchiò. «Non a caso rientra nella top ten delle città più rumorose e trafficate del Giappone».
    «Del mondo intero» rincarò la dose Yusaku, con una considerazione tutta sua ma che, secondo il suo punto di vista, era di sicuro fondata.
Il corpo di Ryoken premeva sul suo, le loro pelli accaldate sfregavano tra loro e Yusaku fece scorrere un dito sul suo collo, beandosi del suo sospiro di piacere
    (un suono incantevole che, per pochi attimi, riuscì a sovrastare le urla della città).
    «La mia famiglia possiede una casa in campagna» disse Ryoken, sfiorandogli le labbra con le proprie. «Possiamo trasferirci lì per il mese di agosto…»
    «Solo noi due?»
Ryoken lo fissò negli occhi e Yusaku poté scorgere nel suo sguardo un amore puro e incondizionato, talmente bello da farlo tremare interiormente.
    «Solo noi due» confermò Ryoken, sfiorandogli le labbra un'altra volta ancora. «Si trova in un luogo un po' isolato,» raccontò tra un bacio e l'altro, «ma comunque abbastanza vicino ad alcune cittadine per ogni evenienza. E poi…»
Fece scivolare una mano lungo il braccio di Yusaku, le lunghe dita che sfioravano la pelle sensibile e un migliaio di costellazioni che esplodevano nel cervello.
    «Potremo finalmente concederci qualche attimo di pace. Come si deve».
Yusaku già non vedeva l'ora. Avrebbe dovuto resistere un altro po' — il mese di luglio era appena cominciato —, ma ne sarebbe valsa la pena, l'attesa, tutto quanto. L'idea di trascorrere del tempo con Ryoken, solo loro due avvolti nella quiete e nel silenzio, era subito diventata un'immagine viva nella sua mente, un sogno che attendeva con trepidazione di realizzare.
Lo baciò e si lasciò baciare per un tempo indefinito, fino a quando dovettero staccarsi ancora una volta: qualcuno stava suonando al citofono e Yusaku, mentre si domandava chi accidenti potesse essere, si alzò dal divano e recuperò i primi indumenti che trovò a terra — i suoi pantaloncini e la camicia bianca di Ryoken — per poi dirigersi verso l'entrata e aprire la porta.
Era Yusei. Era Yusei, con tutta l'apprensione del mondo che gravava sulle sue spalle, sullo sguardo e sul tono di voce.
    «Ehi» lo salutò, sforzando un sorriso. Pareva sul punto di spezzarsi da un momento all'altro. «Scusa se sono arrivato all'improvviso, so che sei con Ryoken, ma…»
Si passò una mano tra i capelli, sospirando affranto. «Sto per partire» disse infine, e per un attimo Yusaku si sentì completamente inghiottito dal traffico incessante di Den City. Gli entrò con forza nelle orecchie, frastornandolo, appesantendogli la testa di decine e decine di chili
    (migliaia e migliaia di pensieri che si accavallavano gli uni sugli altri).
    «Come…? Dove andrai?» domandò a mezza voce, nonostante in cuor suo sapesse già la risposta.
    «A Nuova Domino» rispose Yusei. «Judai non mi risponde da più di tre giorni e sono preoccupato. Non so cosa gli sia successo e magari sto solo ingigantendo la cosa, forse non vuole più avere a che fare con me e basta, ma… così all'improvviso, capisci? Quando poco prima di salire sul treno mi ha baciato e ha detto che già sentiva la mia mancanza…»
Si stava pian piano accartocciando su se stesso, distrutto e annichilito da un dolore che non riusciva a comprendere — e che non meritava.
    «Voglio solo accertarmi che stia bene. Se non vuole più avere a che fare con me, lo accetterò… voglio solo… che me lo dica guardandomi negli occhi».
Calò il silenzio tra loro. Un silenzio spezzato da rumori invadenti e inopportuni, privi di sensibilità. Yusaku avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva cosa. Non aveva mai visto Yusei in quello stato e mai, neanche per un istante, aveva creduto Judai capace di un atteggiamento simile nei suoi confronti — cielo, nei confronti di Yusei, che meritava tutto l'amore del mondo.
    «Mi sembrava giusto avvisarti,» proseguì Yusei, umettandosi le labbra, «anche perché stavo lavorando alla tua macchina. Domani potrai comunque andare in officina e chiedere a Bruno, ci penserà lui d'ora in poi. Diciamo che mi sono preso qualche giorno di ferie, ecco» tentò di sdrammatizzare, anche se con scarsi risultati.
Yusaku gli sfiorò l'avambraccio, senza però andare oltre. Avrebbe voluto abbracciarlo, sorreggerlo, sussurrargli che se voleva piangere aveva tutto il diritto di farlo, che poteva sfogarsi. Ma non lo fece, pensando ingenuamente che ci sarebbe stato tempo per questo, che Yusei nel giro di due o tre giorni sarebbe tornato e avrebbero potuto discuterne in tutta calma.
    «Stai attento, Yusei» si limitò a dirgli, e per l'ultima volta il suo migliore amico gli sorrise.
    «Certo. Tornerò il prima possibile».
    (Non si sarebbero più rivisti. Ma ancora non lo sapevano).


3

Quando rientrò in casa, si sentì sopraffatto da un'orribile sensazione. Non sapeva spiegarsi come o perché, ma tutto quello che stava capitando lo trovava così sbagliato che per un attimo si sentì solo e perso, piccolo e insignificante, maledettamente spaventato.
Tornò in salotto e si sedette sul divano, accanto a Ryoken. Lo guardò negli occhi, specchiandosi in un cielo azzurro privo di increspature, e per poco non scoppiò in lacrime.
    «Promettimi» parlò con voce quasi spezzata, «che se un giorno non vorrai più avere a che fare con me, non sparirai nel silenzio più assoluto e me lo dirai in faccia».
    «Yusaku…»
    «Promettimelo».
Ryoken poggiò una mano sulla sua gota, carezzandola con amore. «Te lo prometto».
E senza sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto dare una voce concreta alle sue emozioni, Yusaku cominciò a piangere.


4

(Quattrocentoventesimo giorno di silenzio)

Quando Ryoken tornò a casa quella sera, Yusaku lo accolse con un bacio e un lungo abbraccio. Si era dato tanto da fare quel giorno a cospargere parte del sentiero con la sabbia che Yusaku non poté che commuoversi quando vide il grazioso mazzolino di fiori colorati che teneva in mano.
Ryoken glielo porse e Yusaku lo guardò con amore, sperando con tutto se stesso di riuscire a trasmettere anche solo un minimo del sentimento che provava per lui attraverso quel gesto.
Grazie, gli disse senza parlare, muovendo semplicemente le labbra. Prese il mazzolino e con un cenno del capo indicò a Ryoken una bacinella colma d'acqua riposta nel lavello. Lui si avvicinò e, con movimenti lenti e misurati, si lavò le mani e il volto, mentre Yusaku sistemava i fiori in un vaso e, con cautela, lo poggiava sul tavolo della cucina.
Potevano permettersi certi azzardi, in fondo erano sempre stati attenti: mai un libro era caduto sul pavimento, mai un vaso si era infranto in un'esplosione di mille cocci taglienti, mai una sedia aveva emesso uno stridio acuto e fastidioso. Sapevano cavarsela. Anche perché, se Ryoken avesse smesso di regalargli un mazzolino di fiori da riporre con cura in un vaso ogni volta che ne aveva l'occasione, Yusaku ci sarebbe rimasto davvero male, non poteva negarlo.
Dopo essersi asciugato le mani e il volto, Ryoken lo raggiunse, cingendogli i fianchi con garbo. Yusaku avvertì il suo respiro caldo sul collo, protettivo e rassicurante, e socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel tocco che era diventato parte integrante della sua esistenza, qualcosa di cui non poteva più fare a meno.
Quel giorno si era dedicato all'orto ed era felice perché tutti i loro sforzi erano stati ripagati: le verdure di fine estate erano mature e invitanti e nel boschetto vicino la loro casa di campagna si potevano raccogliere tanti piccoli frutti e funghi selvatici.
Potevano farcela, sì. Potevano continuare a farcela, ne era assolutamente certo. Ora che l'autunno si stava avvicinando sempre più con passo felpato nelle loro silenziose giornate, dovevano prestare molta più attenzione al terreno: le foglie secche avrebbero presto iniziato a cadere ed era necessario evitarle per non produrre inutili rumori; Ryoken si stava proprio occupando di ampliare il loro sentiero in modo tale da poter avanzare verso le cittadine limitrofe senza riscontrare problemi.
Ma a parte questo cruccio che speravano di risolvere il prima possibile — e che già avevano affrontato e superato l'anno addietro —, andava tutto bene. La vita in campagna era una realtà alla quale Yusaku si era abituato in fretta e che avrebbe voluto abbracciare molto tempo prima: gli piaceva e lo faceva sentire bene, anche se l'aveva scoperta in circostanze decisamente particolari.
Si voltò verso Ryoken e si alzò sulle punte, cingendogli il collo con le braccia e avvicinando le labbra alle sue. Il sabato sera era dedicato anche a quello: a loro due che ballavano lentamente in cucina senza alcuna canzone in sottofondo, stando attenti a dove mettere i piedi e stringendosi forte l'un l'altro; a loro due che si godevano una serata romantica dopo un'intensa settimana di lavoro; a loro due che ancora una volta si guardavano negli occhi e senza pronunciare una parola si ripetevano “ti amo” altre mille volte ancora.
Sciolsero il loro abbraccio pochi minuti dopo. Ryoken apparecchiò la tavola e Yusaku preparò la cena, come tutte le sere. E come sempre si sedettero l'uno di fronte all'altro e consumarono il pasto nel mutismo più assoluto.


5

Il sole era ormai tramontato quando si accomodarono in salotto per sfidarsi in un gioco da tavolo. Ne avevano recuperati alcuni mentre perlustravano una delle cittadine limitrofe e si erano rivelati dei degni sostituti ai giochi della PlayStation, anche se un po' ne sentivano la mancanza.
Ma si erano adattati, così come si erano adattati a tantissimi altri cambiamenti che erano entrati nelle loro vite con silenziosa prepotenza e potevano farcela, potevano continuare a farcela.
Nonostante tutto, Ryoken lo guardava sempre con quel desiderio di sfida e di mettersi alla prova che tanto lo rendeva lui e che tanto rendeva la loro relazione unica e speciale.
Così si sedettero sull'ampio e morbido tappeto ai piedi del divano e Yusaku lanciò il dado per primo. E quando cadde sul tappeto, quest'ultimo attutì l'impatto e il dado non provocò alcun rumore.


6

Quella notte fecero l'amore e fu bellissimo. Ryoken gli baciò le mani, le dita, i polsi e le braccia, sfiorò con le labbra ogni sua cicatrice e Yusaku promise a se stesso che non si sarebbe mai più fatto del male, che sarebbe stato più forte, che non avrebbe più permesso agli incubi e ai deliri di prendere il sopravvento, che la cupola nella quale si era rintanato era abbastanza resistente da proteggerlo ancora un po'.
Quella notte fecero l'amore con le labbra cucite e miliardi di parole che premevano nelle costole per uscire, soffocarono ogni gemito coi denti e con baci disperati, divennero una cosa sola e il mondo parve un posto più accogliente.
Quante volte avevano fatto l'amore su quel letto, senza dirsi una parola. Quante volte si erano addormentati esausti l'uno tra le braccia dell'altro, coltivando nel cuore la speranza di svegliarsi e scoprire che l'universo era stato aggiustato, che erano finalmente liberi di poter tornare alle vite di sempre, che potevano lasciarsi alle spalle ogni giorno di silenzio forzato per ricominciare a parlare, urlare, dirsi “ti amo” senza paura alcuna.
    (Quante volte Yusaku chiudeva gli occhi e si lasciava cullare dal dolce suono del battito cardiaco di Ryoken, l'unico rumore che gli era rimasto, tutto ciò che poteva ancora rimbombare nelle sue orecchie senza rischiare di svegliare il male assoluto).


7

(Primo giorno di silenzio)

Era l'inferno. Non poteva essere definito altrimenti: quello era l'inferno e lui doveva aver commesso un peccato atroce che lo aveva fatto sprofondare nelle viscere della Terra.
Le grida della città erano strazianti, completamente diverse rispetto a quelle che accompagnavano il suo risveglio ogni mattina: Den City urlava sempre, ma non in questo modo. Questo era a dir poco inconcepibile e innaturale… e i suoi occhi avevano appena visto qualcosa che solo un luogo dimenticato da Dio poteva aver rigurgitato sul mondo.
Mancavano ormai poche decine di metri all'officina di Bruno e Yusei quando si fermò di colpo, completamente gelato sul posto nonostante fosse una torrida mattinata estiva: la sua mente stava ancora faticando a realizzare di aver appena corso a perdifiato in una strada colma di cadaveri — corpi umani squartati, lacerati, mutilati e divorati, teste staccate dal collo, arti ripiegati in modi innaturali, viscere che fuoriuscivano dagli intestini —, come poteva processare l'essere immondo che era appena uscito dall'officina distruggendo l'intera facciata, con quegli arti lunghissimi, quei denti aguzzi e quel miscuglio di bava e sangue vermiglio che colava dalla bocca ripugnante?
Delle urla di terrore si levarono alle sue spalle e lui sobbalzò, il cuore che pulsava in gola e una stretta al petto tremenda e micidiale che gli mozzò il respiro. La ragazza che aveva gridato non riusciva a trattenere l'orrore e il panico che avevano preso il sopravvento del suo corpo.
    «Taci, taci!» le intimò il ragazzo che si trovava al suo fianco, ma era ormai troppo tardi: la creatura emise un suono bestiale e agghiacciante e si preparò all'attacco.
Yusaku non fece in tempo a dire o fare niente. Non riuscì a urlare né a muoversi che già tutto era finito: con un balzo la creatura lo aveva superato e si era avventata sui due giovani, sbranandoli con una voracità mostruosa e lasciando nella sua scia una zaffata di putridume e morte che Yusaku non avrebbe mai dimenticato.
Nel panico più totale, il ragazzo si voltò lentamente e si lasciò sfuggire un gemito sommesso alla vista del sangue e degli arti strappati dai corpi delle due vittime. La creatura interruppe il suo raccapricciante banchetto e Yusaku, alla vista di quell'essere senza occhi che apriva a metà la testa come un'orrida pianta carnivora per mettere in luce un apparato uditivo fuori dal comune, ebbe quasi l'impulso di vomitare la cena della sera prima.
Ma fu proprio quella visione a salvargli la vita poiché, in una frazione di secondo, riuscì a ricollegare i pezzi: niente occhi, timpani ipersensibili, capacità di captare qualsiasi suono. Il mostro lo stava guardando senza però vederlo realmente. E lui portò istintivamente le mani alla bocca e si impose di rimanere in silenzio.
Chiuse gli occhi e, quando li riaprì, l'essere immondo era ormai lontano, forse attratto da altri suoni che lui non riusciva a percepire
    (chissà quante vittime innocenti nascoste sotto i tavoli, negli scantinati o nei bagni delle loro abitazioni o nei negozi che non riuscivano a trattenere il pianto o facevano accidentalmente cadere qualcosa).
E fu proprio in quel momento che si rese conto del silenzio innaturale che era calato su Den City come un sudario pesante e mortifero.
Con l'anima ridotta a brandelli, sperò che Ryoken fosse sopravvissuto a quell'inferno. Non lo vedeva dalla sera addietro e maledì se stesso per non avergli chiesto di dormire insieme quella notte.
Se avesse perso anche lui, allora avrebbe anche potuto urlare e farsi prendere, perché sopravvivere senza Ryoken equivaleva comunque a morire.
E così mosse il primo, silenzioso e terrorizzato passo verso la casa del suo amato.


8

(Quattrocentoventunesimo giorno di silenzio)

Si svegliò di soprassalto, il cuore in gola che martellava talmente forte da far male incastrato insieme a un numero indefinito di urla spezzate a metà. Non riusciva a respirare e aveva un disperato bisogno di piangere e dimenarsi, ma un atavico istinto di sopravvivenza gli impose di non lasciarsi andare e di sfogarsi sulle sue braccia e le sue mani, come aveva sempre fatto da quando l'inferno era piombato sulla Terra più di un anno addietro.
Stava per affondare i denti nel braccio sinistro quando si sentì afferrare e stringere forte, il capo premuto contro il petto di Ryoken, l'abbraccio indissolubile attorno al suo corpo tremebondo e distrutto. Urlò contro la sua gabbia toracica, direttamente al cuore, e Ryoken lo strinse sempre più forte per attutirne il suono.
    «Va tutto bene…» sussurrò Ryoken, e Yusaku riuscì a percepire appena quelle parole, come se il nulla assoluto fosse talmente avido e ingordo da volerle tutte per sé senza prima condividerle un po' con il resto del mondo.
Da quanto tempo non udiva la sua voce? Quand'era stata l'ultima volta che si erano recati alla cascata per sfogarsi un po'? Ora che le foglie cominciavano a scricchiolare
    (urlare)
a ogni loro passo, diventava difficile raggiungere quel luogo che in più di un'occasione si era rivelato un angolo di paradiso e un refrigerio per ogni loro patimento.
Il suono della cascata era forte, pregno di una determinazione che si ostentava ad affrontare il male con fragorosa eleganza; e lì, oltre che alla pesca, avevano anche l'opportunità di articolare le parole senza il rischio di essere attaccati da un momento all'altro da quei rigurgiti dell'inferno.
Ma non era così facile e immediato raggiungere quel luogo e il più delle volte davano la priorità alle disabitate cittadine limitrofe perché le riserve di cibo a lunga conservazione, le medicine, le lenzuola e gli abiti nuovi, gli utensili per dedicarsi all'orto e i gonfi sacchi di sabbia erano molto più importanti delle loro voci che scalpitavano per vibrare nell'aria. Era triste da ammettere, ma la sopravvivenza richiedeva dei sacrifici importanti e loro avevano ormai deciso di sacrificare la parola per vivere in pace.
Yusaku quella pace l'aveva agognata una vita intera: nessun rumore, un'esistenza tranquilla in una casetta di campagna, vivere di ciò che ti offre la terra… ma non così.
Così era stato costretto ad adeguarsi a quella vita per poter vedere il sole sorgere un altro giorno ancora. Così era stato costretto a preservare la sua sanità mentale rifugiandosi all'interno di una cupola che aveva cancellato Yusei dal suo passato, fingendo che non fosse mai esistito
    (ma il pensiero di Yusei tornava, tornava quasi tutte le notti per fargli visita e lo distruggeva interiormente con una potenza micidiale).
Yusei… che senza saperlo si era recato nella tana del lupo con la sua moto rumorosa. Che forse aveva lasciato questo mondo senza sapere che Judai — e ora Yusaku lo capiva — non aveva iniziato a ignorarlo per volere, perché aveva avuto una sbandata improvvisa e aveva capito di non amarlo più, bensì perché forse era stato tra le prime vittime di quelle creature mostruose insieme a tutta la città di Nuova Domino.
Spesso Yusaku sognava, senza volerlo, di andare oltre il trauma che aveva vissuto e di accentuarne i dettagli vermigli: giungeva dinanzi l'entrata distrutta dell'officina ed entrava, ritrovandosi davanti i corpi smembrati e divorati di Yusei, Judai, Bruno, perfino quelli di Yuma e Yuya, due dei ragazzini del falò che gli erano rimasti particolarmente impressi — Yuya era quello che aveva alimentato un po' troppo le fiamme coi suoi numeri di magia e Yuma non l'aveva dimenticato perché pareva un adorabile (e anche un po' imbranato) raggio di sole, un concentrato di energie puro e genuino che metteva di buonumore chiunque avesse la fortuna di interagire con lui.
Forse loro erano riusciti a sfuggire alla morte. Forse erano stati fortunati. E forse Yuya aveva imparato dei trucchi di magia senza dover necessariamente parlare, così da poter intrattenere Yuma nelle lunghe giornate estive…
No, non andava bene, non andava affatto bene: doveva smetterla di pensare a loro, a Bruno, a Judai, a Yusei…
    (Cielo, avrei dovuto abbracciarlo forte quella sera. Non avrei dovuto lasciarlo andare. Se solo avessi saputo che cosa sarebbe successo poi. Se solo avessi seguito il mio istinto. Se solo…)
Soffocò altre lacrime amare e salate, altri singulti e altre grida contro il petto di Ryoken — sempre lì, direttamente sul cuore.
Si erano ritrovati per puro miracolo e sempre per puro miracolo erano riusciti a fuggire da quell'incubo iniziato all'improvviso e senza alcuna motivazione; avevano viaggiato per giorni interi, giungendo alla casa in campagna di Ryoken provati, stremati e maledettamente traumatizzati; si erano coricati nello stesso letto in cui si trovavano ora e si erano abbracciati forte, nel silenzio più assoluto, sopprimendo lacrime e tremori, paure e orrori di ogni tipo.
Poi si erano guardati negli occhi, si erano fatti forza e si erano tacitamente promessi che sarebbero sopravvissuti insieme e che si sarebbero sempre sostenuti a vicenda.
E ora, mentre Yusaku esternava un dolore che non riusciva più a controllare, Ryoken adempì a quella promessa sorreggendolo con tutte le forze in suo possesso.
    «Sono qui, Yusaku. Piangi quanto vuoi. Respira profondamente» sussurrò piano, carezzandogli i capelli e baciandogli il capo.
Yusaku non avrebbe voluto lasciarsi tanto andare. Ogni singulto, ogni gemito soffocato e ogni tremore erano dei possibili segnali per le creature che si trovavano là fuori e lui e Ryoken avevano scoperto che ce n'erano almeno due intente ad aggirarsi nel bosco. Se li avessero sentiti, sarebbe stata la fine.
E in quel momento avrebbe voluto tanto essere più forte e non addossare tutti i suoi tormenti a Ryoken, bensì aiutarlo a sostenerli e impedire che schiacciassero entrambi, ma era difficile, a tratti impossibile, e tutte le emozioni nere come la pece che ribollivano dentro di lui erano in procinto di scoppiare in un frastuono immenso, come un fulmine che colpisce con cattiveria l'albero al centro di una foresta lontana e selvaggia.
    «Concediti di essere debole, Yusaku. Non puoi essere forte sempre».
    (Ma nemmeno tu, Ryoken).
Avrebbe voluto dirglielo, ma temeva di aprire bocca, perché sapeva che la sua voce alterata dal pianto poteva rivelarsi fatale per entrambi. Così alzò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri di Ryoken, il suo cielo sconfinato, il suo posto tranquillo, ritrovando per un attimo tutta la pace interiore che aveva perso.
Si fissarono l'un l'altro per secondi interi, secondi che divennero poi minuti, e Yusaku ritrovò nello sguardo di Ryoken illuminato dalla luce riflessa della luna piena tutto ciò che Yusei gli aveva detto quella sera d'estate ormai lontana.
    (Appena ti vede sembra quasi rianimarsi di vita e i suoi occhi brillano come se stessero ammirando un capolavoro d'arte senza tempo).
E Yusaku sperò con tutto se stesso che Ryoken percepisse lo stesso ogniqualvolta era lui a guardarlo negli occhi.
Si calmò pian piano, ristabilendo il respiro e avvicinando le labbra a quelle di Ryoken. Le sfiorò quasi con timidezza e, al contempo, il disperato bisogno di sentirle poggiate sulle proprie.
Si baciarono e si strinsero forte l'uno all'altro, le pelli accaldate che sfregavano tra loro, l'intimità che li univa come unico appiglio in quel mondo sommerso dalle tenebre.
Poco dopo, un tuono in lontananza li fece sussultare. E questa volta si fissarono con un'espressione completamente sorpresa stampata sui loro volti, dovuta a un elemento che non avevano preso in considerazione: la possibilità di un temporale estivo, inaspettato ma di certo gradito.
    (Tanto, tanto, tanto gradito).
Sorrisero entrambi, rilassandosi un poco, lasciandosi cullare dalla speranza che il temporale durasse ore intere e fosse rumoroso quanto bastava per poter parlare senza il timore di essere attaccati da un momento all'altro.
E allora forse, almeno per quella notte, non avrebbero più avuto paura.



N.d.A.

Ebbene… sì. Ho finalmente scritto la A Quiet Place!AU che mi portavo dietro da almeno tre anni.
A dirla tutta, desideravo scrivere una long, non lo nego. Ma anche questa OS, nonostante sia già conclusa, ha realizzato comunque il mio desiderio.
Sono stra stra stra in love con questa serie di film e sono in trepidante attesa del terzo capitolo della saga, quindi spero che questo omaggio al franchise sia stato di vostro gradimento.

Shizukesa è una parola giapponese dai molteplici significati: oltre a silenzio, significa anche quiete, tranquillità, serenità, placidità e tanti altri sinonimi.
Rappresenta proprio la pace interiore, quella che Yusaku ha sempre cercato di trovare in una città tanto caotica come Den City, una pace che poi, paradossalmente, si ritrova a vivere in maniera fasulla a causa di un silenzio forzato, perché al minimo rumore degno di nota ecco che la sua vita e quella di Ryoken rischiano di essere portate via da creature di cui non si sa nulla, semplicemente un giorno sono arrivate e hanno iniziato a decimare la popolazione mondiale attaccando ogni minimo rumore — ora capite perché amo tanto questo franchise? Cioè, il paradosso di vivere forzatamente una vita tranquilla in un posto tranquillo, quando noi esseri umani tendiamo a fare rumore, che sia con la nostra voce o con qualsiasi altro arnese che utilizziamo nel corso delle nostre giornate.

Ho sofferto come una dannata a scrivere di Yusei? Certo che sì. Senza contare che era da una vita che non scrivevo sulla mia BROTP prediletta e tornare con questa vagonata di Angst non credo sia stata una scelta saggia, visto come mi sono ridotta…

Giuro che ho finito. Anche perché la OS è risultata più lunga di quanto mi aspettassi, quindi direi di avervi tediati abbastanza.
Spero, quantomeno, che sia stata di vostro gradimento.
Grazie per aver letto!

M a k o

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Capitolo 5
*** May ***


May

Questa OS è, attualmente, la mia preferita della Raccolta.
Lo dico proprio subito, senza giri di parole (e di solito io ne faccio tanti…), perché scriverla è stata penso una tra le esperienze più belle della mia vita e mi ha fatto proprio sentire bene.

Sono riuscita finalmente a scrivere qualcosa in occasione del Pride Month e in questa storia, inutile dirlo, ancora una volta ho chiesto aiuto a Yusaku per raccontare qualcosa di me attraverso di lui.
Ci tengo ovviamente a specificare che la demisessualità di Yusaku e la bisessualità di Ryoken sono dei miei personalissimi headcanon e sono, di conseguenza, il modo in cui io vedo i personaggi, che può essere condivisibile o meno.
Ora vi lascio con lo specchietto e, come al solito, vi aspetto a fine storia.
Buona lettura!


May: Flower language
Prompt forum: Demisessualità e bisessualità (Rainbow Challenge)
Rating: Arancione
Generi: Fluff, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern!AU, Lime, principalmente POV Yusaku + una piccola parte con il POV di Ryoken



L'altra mia metà



1

(Autunno)

Yusaku avvertiva l'agitazione sfrigolare sottopelle. Ryoken doveva dirgli una cosa e a giudicare dall'orario pareva essere importante, dato che non mancava poi molto alla mezzanotte.
Avvolto nel suo cappotto blu scuro, Yusaku attendeva, l'impazienza frammista all'incertezza, la bocca lievemente schiusa e il respiro che ne fuoriusciva reincarnato in nuvolette bianche e compatte. Era autunno ormai inoltrato e la lunga via sulla quale si affacciava il suo piccolo appartamento era simile, se non identica, al set di un film dell'orrore: la strada deserta, la nebbia che pigramente aleggiava intorno a lui, i lampioni che in serate del genere gettavano una luce inquietante e offuscata tutt'intorno… erano le basi perfette per girare le prime scene del film, anche se Yusaku non riusciva a vedere niente di negativo in tutto ciò.
Il solo fatto che stesse per incontrare Ryoken, nonostante l'orario insolito, gli dava la forza
    (la gioia)
necessaria per affrontare ogni cosa, temperature avverse e scenari per niente romantici compresi.
Avrebbe potuto attenderlo rintanato tra le sue confortevoli quattro mura, al caldo, mentre girovagava da una stanza all'altra senza una meta precisa, ma proprio per questo aveva preferito scendere le scale e uscire all'aria aperta, in modo tale da rimanere vigile e attento e concedere al gelo della serata di aiutarlo a mantenere i suoi ragionamenti lucidi.
E proprio per questo, all'improvviso ebbe paura. Se fino a un attimo prima era felice, d'un tratto realizzò che l'ipotesi peggiore fra tutte si era insinuata in lui con fare subdolo, facendolo rabbrividire ancora di più: e se Ryoken avesse capito tutto? Se avesse intuito che Yusaku fosse innamorato di lui?
Forse era per questo che voleva parlargli: per dirgli, nel modo più gentile possibile, che doveva mettersi il cuore in pace, anche perché era già impegnato in una relazione e quindi a maggior ragione non poteva desiderarlo allo stesso modo.
    (Impegnato con una ragazza stupenda, per di più. Una creatura con la quale Yusaku non avrebbe mai potuto competere e che spesso nemmeno nei suoi sogni a occhi aperti riusciva ad averla vinta).
Pensava di essere stato bravo a camuffare i suoi sentimenti per Ryoken; era la prima volta che provava qualcosa del genere nei confronti di qualcuno e si sentiva tremendamente goffo e inadeguato. Aveva iniziato l'università senza alcuna esperienza pregressa alle spalle e se già le superiori erano state un campo minato nel quale aveva rischiato più e più volte di essere distrutto, l'università non stava certo migliorando la situazione.
Senza alcuna ragione apparente, alzò lo sguardo verso il balcone del suo appartamento, dove in un piccolo vaso riposavano dei ciclamini rosa che aveva acquistato proprio quel giorno. Non sapeva spiegarsi come o perché, ma ricordava che nel linguaggio dei fiori, tra i tanti significati positivi, vi era quello della buona fortuna e dell'incoraggiamento, e che quella mattina li aveva visti e aveva pensato di averne bisogno — di un po' di fortuna e di tanto incoraggiamento, s'intende.
Sperò con tutto se stesso che i ciclamini avrebbero assunto la loro funzione di amuleto, almeno in parte; che magari lui e Ryoken, nonostante tutto, avrebbero potuto continuare a essere amici.
Attese qualche altro minuto e, quando lo vide arrivare, si sentì invadere da un calore ardente che lo sconquassò da capo a piedi. Più il tempo passava, più Ryoken aveva un effetto impetuoso su di lui, ormai quasi impossibile da tenere a bada.
    (Era davvero questo, l'amore? Un ammasso di emozioni irruente e difficili da controllare?)
    «Ehi» lo salutò Ryoken, a pochi passi da lui. Indossava un cappotto grigio chiaro e i suoi occhi azzurri parevano più luminosi che mai — forse era solo uno strano gioco di luci proiettato dal lampione più vicino. «Scusa l'orario…»
    «Ah, non ti preoccupare» rispose Yusaku, con il cuore già in gola. «Ne ho approfittato per prendere una boccata di aria fresca…»
Come scusa non si reggeva in piedi neanche a pregarla in una lingua arcana e sconosciuta, ma in fondo era Ryoken che voleva parlargli, e quindi…
    «Di che cosa mi volevi parlare?» domandò infatti Yusaku, e in quel momento comprese di non sentirsi affatto pronto per ciò che Ryoken gli avrebbe detto, indipendentemente da cosa fosse.
Quest'ultimo lo guardò dritto negli occhi e di nuovo quello strano gioco di luci si riflesse nelle iridi azzurre. Si umettò le labbra e, nel farlo, Yusaku notò quanto fosse agitato.
    «Ho da poco lasciato Vega» disse infine. Un senso di liberazione che Yusaku non riuscì a cogliere vibrò tra di loro, in mezzo a quei centimetri che ancora separavano fisicamente i loro corpi.
    «Oh…!» riuscì solo a dire, bloccandosi subito dopo. Cos'altro avrebbe dovuto aggiungere? Mi dispiace? Se hai bisogno di aiuto io ci sono? Oppure domandargli come mai?
A dirla tutta, stava ancora processando ciò che Ryoken gli aveva confessato. Lui e Vega si erano lasciati. Lui aveva lasciato Vega. Non da molto, quindi si presumeva fosse accaduto pochi minuti prima che gli inviasse il messaggio per chiedergli di incontrarsi.
Ma perché aveva voluto dirglielo di persona?
    «Le cose tra noi non andavano bene già da un po'» continuò Ryoken, un lieve tremito nella voce. «Soprattutto perché ho realizzato di essermi innamorato di un'altra persona. E non ha senso continuare una relazione se non c'è più amore, non trovi?»
Yusaku non rispose. Si sentiva stordito, quasi ubriaco, come se le parole di Ryoken avessero avuto un effetto devastante sul suo cervello al pari di un potente superalcolico. Una parte di sé aveva già capito; l'altra, invece, continuava a domandarsi chi mai avesse avuto il grande potere di far innamorare Ryoken di sé, provando perfino una punta di invidia.
    «Yusaku… quella persona sei tu».
Sgranò gli occhi e per un istante l'aria tardò ad arrivare ai polmoni. La verità gli inciampò addosso con irruenza e la parte di sé che già aveva capito tutto urlò forte per farsi sentire e per farlo reagire. Ma non si mosse, non disse nulla, si limitò solo a sbattere le palpebre una, due, tre volte.
    «Spero che questo non influisca sul nostro rapporto» proseguì Ryoken, ora in evidente difficoltà a causa del mutismo di Yusaku. «Forse chiedo troppo, me ne rendo conto, ma mi dispiacerebbe troncare la nostra amicizia per questo. È che non ce la facevo più a tenermi tutto dentro e sentivo il bisogno di dirtelo… ma se questo dovesse crearti disagio—»
Yusaku si riscosse dal torpore nel quale era sprofondato e si avvicinò a Ryoken, annullando quasi completamente la distanza tra i loro corpi. Ryoken interruppe il suo monologo e non parlò più, limitandosi a guardarlo negli occhi, e lì Yusaku realizzò che lo strano gioco di luci non era dovuto al lampione sotto il quale si trovavano, bensì alle più pure e semplici emozioni che Ryoken stava provando in quel momento.
    (Ed erano tutte dedicate a lui che, in quell'idillio senza fine, non aveva ancora spiccicato parola).
E forse Yusaku con le parole e una serie di altre cose non era il massimo, ma voleva far capire a Ryoken che non aveva nulla da temere, che niente tra loro sarebbe andato distrutto, anzi, aveva ora la possibilità di trasformarsi in qualcosa di nuovo e meraviglioso.
Poggiò le mani sulle sue braccia forti, poi si alzò sulle punte e lo baciò all'angolo della bocca, staccandosi pochi istanti dopo, completamente paonazzo. Abbassò lo sguardo e provò a dire qualcosa, senza però riuscirci.
Non fu necessario, però, perché Ryoken colse il suo messaggio e subito dopo lo strinse a sé, abbracciandolo in un modo che Yusaku interpretò come non voglio lasciarti andare. E lo stesso valeva per lui.
Un po' più in alto, su un balcone del terzo piano, uno dei ciclamini rosa tremò appena, scosso da qualcosa che non aveva niente a che vedere con il gelo di quella serata.


2

(Inverno)

I baci di Ryoken erano qualcosa di cui Yusaku non riusciva più a fare a meno. Si sentiva come un bambino troppo viziato, ma c'era anche da dire che Ryoken stesso aveva contribuito alla cosa e non lo nascondeva affatto.
Quella sera di metà inverno si era presentato a casa sua con un piccolo vaso contenente tre viole del pensiero molto graziose e delicate. Ryoken gli aveva detto che le aveva viste e aveva pensato subito a lui e Yusaku non poté che intenerirsi nell'udire quelle parole.
Anche lui stava pensando a Ryoken, ma in fondo nell'arco della giornata lo faceva spesso, quindi non poté che trovare ancora più bello quel dono, che nel linguaggio dei fiori significava proprio il pensiero reciproco che si rivolgono due persone innamorate.
    (Si sarebbe preso cura di quelle piccole viole proprio come aveva fatto coi ciclamini che gli avevano portato tanta fortuna e tanto amore).
Così alla fine Ryoken era rimasto a casa sua per cena e avevano trascorso parte della serata accoccolati sul divano a baciarsi e scambiarsi effusioni. Nonostante si fossero dichiarati quella notte d'autunno, avevano impiegato un po' prima di ufficializzare la loro relazione. Da una parte perché Ryoken aveva da poco lasciato quella che era diventata a tutti gli effetti la sua ex ragazza, dall'altra perché Yusaku aveva ammesso, con non poco imbarazzo, di non essere mai stato con qualcuno.
Avevano entrambi bisogno di tempo e se l'erano preso tutto, senza tralasciare neanche un secondo. Così per settimane intere Ryoken l'aveva corteggiato in maniera a dir poco spudorata, tanto che Yusaku aveva rischiato di cedere minimo tre volte; avevano fatto tante di quelle cose che i ragazzi della loro età fanno durante i primi appuntamenti che pareva stessero insieme già da una vita più quella precedente; e ancor prima dei baci, delle carezze e degli abbracci c'erano state le lunghe chiacchierate fino a tarda notte, i momenti di condivisione di tutto ciò che erano stati prima di incontrarsi e innamorarsi, il constatare di trovarsi così bene a parlare di tutto e confrontarsi che paradossalmente, alla fine, erano diventati una coppia a tutti gli effetti senza dirsi nulla.
Avevano instaurato una connessione tutta loro che funzionava alla perfezione. Yusaku quasi non ci credeva ma, al contempo, si sentiva la persona più felice e fortunata del pianeta.
Non era facile, in quel mondo che correva sempre troppo veloce, prendersi del tempo per coltivare un rapporto simile. Questo era sempre stato il suo più grande cruccio, ciò che lo aveva sempre bloccato fin da quando era un ragazzino: aveva il terrore che la frivolezza e la superficialità diventassero parti integranti della sua vita, che dovesse per forza iniziare a correre a sua volta pur di stare al passo con qualcosa che non faceva nemmeno per lui.
Non era il tipo da lasciarsi andare con persone che conosceva appena. Non era il tipo da concedersi una sveltina durante una festa, dal consumare un rapporto nel giro di una notte e poi lasciarsi tutto alle spalle, dal guardarsi intorno alla perenne ricerca di nuove avventure.
Lui le persone doveva conoscerle, prima. Doveva imparare a fidarsi di loro, essere cullato dalla certezza che avrebbero rispettato i suoi tempi e che non gli avrebbero imposto nulla che potesse procurargli ansia o disagio.
Molta gente l'avrebbe definito noioso o addirittura un guastafeste. O che non sapeva godersi la vita o che magari sarebbe bastata una botta e via per liberarsi da ogni tipo di stress accumulato nel tempo.
Ma chi lo capiva fino in fondo — come Ryoken —, sapeva che era proprio questo suo tratto a renderlo incantevole: ad assaporare il tempo nella sua lentezza, a imparare a conoscersi e scoprirsi poco per volta prima di concedersi completamente, senza bruciare tutto subito.
Perché Yusaku era questo: era demisessuale e Ryoken lo amava, cielo quanto lo amava.
Yusaku lo sapeva, lo percepiva. Ed era proprio per questo che più il tempo passava, e più desiderava offrirgli qualcosa di più.


3

    «Ryoken…»
Lo chiamò piano, tra un bacio e l'altro. Un po' perché non voleva spezzare la magia del momento, un po' perché non era granché con le parole e temeva di rovinare tutto con ciò che voleva domandargli.
    «Dimmi» rispose Ryoken, sfiorandogli ancora una volta le labbra con le proprie.
Yusaku chiuse gli occhi per qualche istante, poi li riaprì e si accoccolò meglio contro il suo ampio petto. «La nostra relazione sta andando bene…» esordì, maledicendosi mentalmente subito dopo. Pareva quasi che stesse per esporgli le statistiche del mese!
    «Direi di sì» confermò Ryoken con un sorriso, uno di quelli che Yusaku amava perché erano dolci e carichi di comprensione.
    (Prenditi il tuo tempo per raccontarmi ogni cosa).
    (Significava questo).
Così Yusaku fece un profondo respiro e provò a non lasciarsi sopraffare dall'agitazione: «Bene. E dopo tutto questo tempo immagino che… che tu… che noi… intendo dire, che magari desideri… ecco…»
La lingua si era ormai arrotolata e le corde vocali intrecciate tra loro. Dimentica tutto avrebbe voluto sussurrare, ma era ormai troppo tardi, qualcosa avrebbe dovuto far emergere da quel coacervo di parole sconnesse tra loro.
    «Yusaku, mi stai forse domandando se desidero fare l'amore con te?»
Sgranò gli occhi e li puntò su Ryoken, il quale lo fissava con una punta di sorpresa nello sguardo.
    «Sì…» sussurrò appena, un piccolo sfilaccio nell'aria che si dissolse in una manciata di secondi. «In fondo stiamo insieme già da un po' e…»
    «Non pensare a questo» sussurrò a sua volta Ryoken. «Pensa a ciò che desideri tu. Tu lo vuoi?»
    «E tu?» rispose Yusaku con un'altra domanda. «Tu vorresti…?»
    «Certo» disse Ryoken senza pensarci due volte. «Ti desidero, Yusaku. Non immagini quanto. E sì, vorrei fare l'amore con te. Ma prima di ogni altra cosa…»
    (e poggiò una mano sulla sua gota arrossata, carezzandola con amore)
    «Desidero che tu ti senta pronto e a tuo agio. Non voglio che tu viva male questa cosa».
    «Ma non la sto vivendo male» obiettò Yusaku. «È che…»
Si bloccò, realizzando solo in quell'istante di quanto i suoi crucci non avessero senso di esistere. Ryoken era un ragazzo passionale, che amava il contatto fisico e che prima di stare con lui aveva avuto una vita sessuale decisamente attiva. Ma Ryoken non era solo questo.
Ryoken era anche il ragazzo che lo invitava a casa sua per preparare la cena, finendo sempre per cucinare troppi onigiri che diventavano irrimediabilmente anche lo spuntino di mezzanotte; Ryoken era il ragazzo che lo teneva sempre per mano durante tutta la durata dei film al cinema; Ryoken era colui che non si era mai spinto oltre se non era Yusaku a chiederglielo esplicitamente.
C'erano state volte in cui le dita di Ryoken si erano intrufolate sotto il tessuto del maglione e avevano tastato la pelle accaldata e sensibile di Yusaku; c'erano state volte in cui le labbra morbide di Ryoken si erano poggiate sul suo collo e l'avevano baciato, morso, tappezzato di succhiotti anche vistosi ma mai, neanche una volta, aveva fatto qualcosa contro il suo volere.
Ryoken lo stava aspettando e lo stava facendo senza imporgli pressioni di alcun tipo. Paradossalmente, era proprio Yusaku a crearsi un sacco di ansie e paranoie legate alla sfera intima e sessuale, insicurezze che lo portavano a temere di non essere abbastanza per Ryoken, di non essere all'altezza.
Ma non si era forse innamorato di Ryoken proprio perché era la sua bellissima eccezione alla regola? Si fidava ciecamente di lui e sapeva che lo avrebbe aspettato, quindi perché spaventarsi tanto?
    «Scusa…» mormorò, sopraffatto dall'imbarazzo.
    «Amore, non hai nulla di cui scusarti» lo rassicurò Ryoken, baciandogli il capo. «Per qualsiasi cosa, sai che ne possiamo parlare, vero?»
    «Certo che lo so» rispose, e le labbra si incurvarono in un sorriso colmo di gratitudine. «Ora… ti va se guardiamo un film?»


4

Ryoken aveva realizzato di essere bisessuale durante il primo anno delle superiori. Da quel momento in poi, per un po' di tempo si era impegnato a spiegare che essere bisessuale non significava essere confuso oppure che si stava attraversando una fase che presto sarebbe passata oppure che si provasse attrazione proprio per tutti quanti, ma alla fine aveva rinunciato, conscio che non valeva affatto la pena sprecare tempo e fiato con chi non voleva dire addio alla propria ignoranza.
Poi però la confusione era arrivata, reincarnata in Yusaku e nei suoi bellissimi occhi verdi, e Ryoken per la prima volta in tutta la vita si era sentito talmente disorientato che aveva temuto di aver perso tutta la sua intraprendenza nel giro di uno schiocco di dita. Perché mai si era innamorato di qualcuno mentre era già impegnato in una relazione sentimentale e questo aveva reso le cose estremamente difficili.
Perché Yusaku si era rivelato la più grande incognita della sua vita, il suo equilibrio e al contempo il suo disordine, un tesoro prezioso e immenso che non avrebbe mai smesso di scoprire, un amore diverso rispetto a tutti gli altri.
Ryoken negli anni aveva fatto le sue esperienze, aveva provato attrazione per ragazzi e ragazze, in più di un'occasione era stato sicuro di essersi innamorato per davvero e aveva sempre messo tutto se stesso in ogni relazione.
    (Ma con Yusaku).
    (Cielo, con Yusaku era tutta un'altra storia).
E allora Ryoken accettò di essere confuso. Accettò questo lato di sé che non credeva di possedere e trascorse giorni interi a riflettere, a litigare con Vega e a sentirsi leggero come una piuma ogni volta che incontrava Yusaku, e alla fine comprese che era arrivato il momento di emergere e di farsi avanti, perché se l'amore vero era ciò che provava per Yusaku, allora non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo.
Yusaku, la creatura fragile e al contempo incredibile che si era stretta forte a lui mentre guardavano un film horror che si era rivelato più horror di quanto immaginassero. Così adorabile da scioglierlo, ogni volta, partendo proprio dal cuore.
Quella sera, Ryoken si godette ogni istante trascorso con Yusaku pensando a quanto fosse fortunato ad averlo al proprio fianco.


5

(Primavera)

Yusaku non amava particolarmente le feste, ma tutto sommato quella non era una brutta serata, anzi, si stava rivelando alquanto piacevole. La musica era forse un po' troppo alta e alcuni invitati un po' troppo esagitati, ma con ogni probabilità era lui a non essere abituato a tutto quel movimento.
Il festeggiato era un amico di Ryoken che lui conosceva solo di vista, ma era stato gentile a invitarlo e quindi, in fin dei conti, una volta ogni tanto, perché no?

Aveva perso di vista Ryoken e lo stava cercando in mezzo a quel marasma di persone intente a bere, ballare e urlare forte nel tentativo di sovrastare il volume alto della musica, pensando a quanta gente doveva esserci per riempire quasi completamente una villa tanto grande, quando qualcosa appeso alla parete dell'ampio salotto catturò la sua attenzione e, nell'avvicinarsi, realizzò che si trattava di un bellissimo quadro nel quale erano ritratti dei tulipani rossi. Li osservò per secondi interminabili, sorseggiando di tanto in tanto il suo drink nel bicchiere di carta rosso che quasi impallidiva se messo a confronto coi petali vermigli dei tulipani del quadro.
A discapito delle apparenze, erano proprio i tulipani i fiori che rappresentavano l'amore
    (quello perfetto, vero e irresistibile)
e non poté che indirizzare nuovamente ogni suo pensiero a Ryoken.
Fu come se l'avesse tacitamente chiamato e questi fosse apparso guidato solo dal legame che li univa: Yusaku si sentì avvolgere in un abbraccio caldo, protettivo, forse anche un po' apprensivo, ma non per questo meno bello.
    «Eccoti» disse Ryoken, le labbra vicinissime al suo orecchio. «Che guardi?»
Il fatto che Ryoken non avesse minimamente notato il quadro ma solo lui lo fece sentire al centro dell'universo. Forse non dell'universo di chiunque, ma quello di Ryoken sì e in quel momento Yusaku sentì di amarlo così tanto che si domandò come mai fossero lì, in quella notte di primavera che avrebbero potuto trascorrere in altri mille modi differenti.
Indicò il quadro con un cenno del capo e Ryoken, che continuava ad abbracciarlo da dietro, poggiò il mento sulla sua spalla, contemplandolo a sua volta.
    «Tulipani?» domandò, e Yusaku non comprese come mai, all'improvviso, quella voce calda che vibrava nei suoi timpani avesse iniziato a provocargli dei veri e propri marosi che lo sconvolgevano dall'interno, così si limitò ad annuire e a sorseggiare il suo drink, domandandosi se fosse quello la causa ed escludendola subito dopo poiché era certo di star bevendo qualcosa di analcolico. Di conseguenza, tutta l'agitazione, la confusione, l'eccitazione che provava erano dovute ad altro, qualcosa che non aveva mai provato prima, quantomeno non nella sua interezza.
Annuì soltanto, ormai perso chissà dove, mentre Ryoken osservava il quadro. «Ti piacciono?»
Yusaku annuì di nuovo, il cuore che batteva celere e impazzito e forse tutto il rumore che avvolgeva la stanza non era più dato dalla musica, bensì dal suo battito cardiaco.
Forse Ryoken gli stava dicendo che gliene avrebbe regalato un mazzo voluminoso o gli stava domandando quale tipo di tulipano preferisse, quando Yusaku si liberò dal suo abbraccio e si voltò verso di lui, guardandolo dritto negli occhi. Lasciò cadere il bicchiere ormai vuoto sulla superficie liscia del tavolino alla sua destra e poi si alzò sulle punte, avvolgendo le braccia attorno al collo di Ryoken e poggiando le labbra sulle sue. Chiuse gli occhi e per un attimo non percepì altro se non le labbra di Ryoken che assecondavano il bacio e le mani del ragazzo che gli percorrevano la schiena con flemmatica amorevolezza.
Poi il passato riemerse e lui osservò da lontano tutti quei frammenti di vita in cui si era sentito inadeguato, sbagliato, terrorizzato all'idea di avere qualcosa che non andava. Ripescò dalla fanghiglia tutte le volte in cui i suoi compagni di classe delle superiori parlavano del sesso come se fosse l'unica cosa esistente al mondo e lui non capiva perché lo fosse, di come le relazioni si consumassero tanto in fretta e lui non capiva perché la cosa lo spaventasse tanto, di come certi suoi compagni si vantavano di averlo fatto con persone che nemmeno conoscevano e lui non capiva perché questo lo facesse sentire ancora più diverso, così chiuso in se stesso che a fatica riusciva a instaurare un rapporto di amicizia, figurarsi andare a letto con qualcuno a cuore tanto leggero.
Rivide il ragazzino di diversi anni addietro che si poneva domande e che cercava risposte, scoprendo che esisteva un mondo vastissimo oltre a ciò che già sapeva e che anche lui, a modo suo, ne faceva parte. Gli parve quasi di risentire il sospiro di sollievo che evase dalla sua bocca quando lesse per la prima volta la definizione di demisessualità, cosa era e le osservazioni che aiutavano a comprendere se si fosse demisessuali o meno e di come si fosse sentito rincuorato, felice di avere un posto tutto suo che avrebbe difeso con ogni briciolo di energia.
E poi rivide Ryoken, il senpai che lo aveva aiutato il primo giorno di università e che poi si era dichiarato a lui in una fredda notte autunnale; ripercorse ogni istante della loro relazione e si innamorò di lui un'altra volta ancora. E fu proprio in quel momento, dopo aver realizzato quanta strada avessero percorso insieme, l'uno accanto all'altro, che Yusaku si sentì finalmente pronto.
E non ebbe nemmeno bisogno di dire a Ryoken che desiderava tornare a casa: lui aveva già capito tutto.


6

Si spogliarono lentamente, con la giusta calma, nonostante le dita fremessero per rimuovere tutti quegli strati di vestiti divenuti superflui. La casa di Ryoken era avvolta nel silenzio, in netto contrasto con la caoticità della villa dalla quale erano usciti quasi correndo.
Gli unici rumori che si udivano erano i loro gemiti e i loro sospiri, un crescendo di eccitazione ormai impossibile da controllare. Fu quando si ritrovò steso sul letto completamente esposto che Yusaku avvertì l'agitazione farsi strada nelle vene: Ryoken lo stava guardando
    (divorando con gli occhi)
e lui si sentì tremendamente imbarazzato.
    «Sei bellissimo» sussurrò Ryoken, e dal modo in cui lo ammirava, Yusaku comprese che fosse sincero e che fosse davvero rimasto estasiato alla vista del suo corpo privo di qualsiasi indumento.
Anche Ryoken era bellissimo. Bellissimo e particolarmente eccitato, proprio come Yusaku. La sensazione di estasi provocata dalle loro pelli accaldate che si sfioravano era inenarrabile e ogni bacio li faceva sentire più vivi che mai.
Ryoken lo guardava davvero come se fosse la creatura più bella del mondo, assolutamente incantato e deliziato ogniqualvolta era Yusaku a farsi avanti, fosse anche solo per sfiorargli le labbra con le proprie o per una carezza sul viso.
Yusaku si lasciò andare senza più alcun freno quando Ryoken scivolò tra le sue cosce e iniziò a procurargli piacere con l'ausilio della bocca; la vista del suo ragazzo che faceva scorrere la lingua sulla sua erezione era quanto di più indecente e al contempo meraviglioso avesse mai visto in vita propria, qualcosa che desiderò poter ricambiare nonostante tutte le incertezze legate alla paura di sbagliare per via dell'inesperienza.
L'ultima cosa che voleva era rendere la sua prima volta con Ryoken un disastro, per questo quando gli ansiti di Ryoken gli si insinuarono nelle orecchie e la sua voce lo implorò di non fermarsi, non poté fare a meno di sentirsi rincuorato e acquisire anche più sicurezza.
Le mani vagarono sulla pelle, strinsero e toccarono e carezzarono, e le labbra baciarono, si incurvarono in un sorriso e sfiorarono la passione che li coinvolgeva quasi ustionandosi.
Poco prima di diventare una cosa sola, Ryoken guardò Yusaku come mai aveva fatto prima. Era uno sguardo che solo una persona innamorata poteva fare, uno sguardo che Yusaku quasi stentò a credere fosse destinato a lui dal gran che era bello e ricco di sfumature calde e incantevoli.
    «Yusaku» lo chiamò, la voce arrochita dal piacere, le labbra che cercavano un contatto. «Per me è un onore essere il primo».
Le sue parole erano sincere. Tutto di Ryoken, dal suo sguardo al tono della voce al modo in cui il suo corpo bramava di unirsi a lui, fece capire a Yusaku quanto fosse valsa la pena aspettare, perché un momento simile, unico e meravigliosamente irripetibile, lo stava vivendo con la persona che amava con ogni fibra del suo essere, la persona che aveva atteso e cercato e finalmente trovato.
    (La stessa persona che ora stava entrando lentamente in lui e che si stava appropriando della cosa più preziosa che Yusaku possedeva).
    «… e l'unico» mormorò piano, come se gli stesse raccontando una favola che affondava le radici in tempi lontani e sconosciuti. «Il primo e l'unico».
Forse era stato affrettato, un enorme paradosso per lui che si prendeva sempre il suo tempo per ogni aspetto della vita. Ma come poteva immaginare un futuro senza Ryoken? Come poteva anche solo provare a vedersi accanto a una persona che non fosse lui, a farsi toccare nello stesso modo, a costruire lo stesso tipo di legame che aveva costruito con lui?
    (Voglio te. E ti vorrò per sempre, fino alla fine).
E quando le loro anime si unirono, Yusaku si sentì finalmente completo e pieno di vita. Lui e Ryoken fecero l'amore per la prima volta, si strinsero forte l'uno all'altro e si guardarono come se avessero trovato l'uno negli occhi dell'altro il tesoro più bello e prezioso di tutti i tempi.
L'altra loro metà. Fino all'ultimo giorno trascorso insieme.



N.d.A.

Erano mesi che desideravo scrivere questa storia e quale occasione migliore del Pride Month per pubblicarla?
La demisessualità è ancora così poco conosciuta che spero di essere riuscita a farla emergere un po' di più con questo scritto e soprattutto attraverso le emozioni di Yusaku, che secondo me è proprio l'icona demisessuale di tutto YGO, ma dettagli.
Per quanto riguarda invece la bisessualità di Ryoken, ci tengo solo a specificare che nel suo caso si tratta di provare attrazione sia per gli uomini che per le donne: purtroppo c'è ancora oggi questa convinzione sbagliata secondo cui essere bisessuali significa essere attratti per forza sia dagli uomini che dalle donne quando invece significa essere attratti da due generi, che non per forza sono uomini e donne, anche se rimane comunque il caso più comune.

In questa storia ho messo finalmente in chiaro quella che è la mia attuale visione della coppia: Ryoken ha avuto diverse esperienze prima di incontrare Yusaku, che invece è molto più chiuso e fatica a fidarsi del prossimo. Il fatto che poi Ryoken realizzi che Yusaku sia il suo vero amore e che Yusaku ricambi in toto questa convinzione è una cosa che io non sono riuscita a tirarmi via dalla testa e quindi ve la dovrete sorbire in ogni storia che scriverò su di loro, sorry not sorry.
(Che poi vabbè, si tratta della OTP e penso sia anche abbastanza normale, no?)

Ora taccio, che come mio solito ho già scritto troppo.
Grazie per essere arrivati fino a qui!

M a k o

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Capitolo 6
*** June ***


June

Questa One Shot mi ha prosciugata.
Il caldo sta avendo la meglio, tanto che se non aggiornerò entro settimana prossima ancora non sarò in pari con la Raccolta, poi se ci aggiungiamo il fatto che io AMO le Soulmates!AU ma tendo comunque a farcirle con un bel po' di Angst, salta fuori che impiego il doppio del tempo per scriverle.

Di positivo c'è sicuramente il fatto che per fortuna non la reputo fatica sprecata perché il risultato finale mi soddisfa molto, spero sia lo stesso anche per voi.
Come sempre vi lascio di seguito lo specchietto e poi vi aspetto a fine storia; prima di salutarvi, vi dico solo che il titolo è ripreso da un verso di Ovunque Sarai di Irama e che troverete alcune strofe della suddetta canzone all'interno dello scritto.
Vi auguro buona lettura!


June: Soulmates!AU
Prompt forum: Ho abbracciato l'alba d'estate. (Arthur Rimbaud) (Themed Challenge – Summer Edition)
Rating: Giallo
Generi: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern(&Soulmates)!AU, POV Yusaku
Avvertimenti: Tematiche delicate (accennate)



Io ti aspetterò



1

E se sarai tempo
Ti aspetterò
Per sempre

Si era addormentato. Non vi era altra spiegazione, perché altrimenti non si sarebbe trovato lì. Si era addormentato e con ogni probabilità aveva interrotto lo svolgimento delle equazioni di secondo grado, ma in quel momento erano decisamente l'ultimo dei suoi pensieri.
Il cuore iniziò a battere celere e un'ondata di desiderio lo avvolse, scaldandolo da capo a piedi. Un fremito gli percorse la spina dorsale quando iniziò a percorrere il lungo sentiero contornato da migliaia e migliaia di fiori diversi e colorati, impreziositi ancora di più dal placido splendore della luna piena.
Sapeva che lui si trovava lì, da qualche parte, forse a metà sentiero, e che lo stava aspettando e cielo, non vedeva l'ora di ricordare il suo nome. I passi si fecero via via sempre più concitati, quasi volesse cominciare a correre una lunga maratona tanto l'emozione di rivederlo lo stava mandando su di giri; si impose un contegno che faticò a riconquistare, quantomeno in un primo momento.
Poi fece dei profondi respiri e proseguì lungo quella viuzza sconosciuta che non gli incuteva alcun timore. Nel sogno precedente si erano incontrati in riva al mare e per tutto il tempo non aveva fatto altro che ammirare i bellissimi occhi azzurri di quel ragazzo

    (gli sfuggiva ancora il nome)
senza prestare attenzione al cielo stellato riflesso sulla superficie cristallina della distesa d'acqua.
Quante volte aveva vagato per la città alla ricerca di quegli occhi azzurri; quante volte aveva osservato labbra incurvarsi in sorrisi anonimi, che a lui non trasmettevano nulla se non il fatto di non averlo ancora trovato; quante volte aveva sperato che un nome risuonasse nell'aria e partisse lo scatto, quel guizzo che gli permettesse di ricollegare i pezzi e realizzare di trovarsi a pochi passi da lui.
Non era ancora capitato. Dopo mesi, in realtà, non era cambiato proprio nulla dal primo sogno, da quelle prime presentazioni un po' impacciate che poi finivano irrimediabilmente nel dimenticatoio. Ma anche se il suo cuore scricchiolava già da un po', divorato dal dolore e dalla paura di ricevere una nuova delusione, continuava a sperare che ogni nuovo incontro fosse finalmente quello giusto, proprio come ora.
Avanzò
    (e avanzò e avanzò e avanzò)
e dopo quelli che parvero chilometri di impazienza e fatica lo trovò.
Quando i loro occhi si incastrarono in quel contatto visivo che solo loro riuscivano a instaurare, un migliaio di luci simili a piccole lucciole esagitate sfarfallarono tutte in una volta, rendendo ancora più grazioso il sentiero nel quale si trovavano.
    «Ryoken…» modulò piano, in un sussurro quasi impercettibile. Il suo nome, ora che lo ricordava, gli invase il cuore, le vene e il cervello e fece muovere le gambe verso di lui, verso il ragazzo dei suoi sogni, bellissimo e perfetto, che diventava sempre più reale a ogni passo che li avvicinava.
Ryoken aprì le braccia con un sorriso e lo strinse forte a sé, poggiandogli una mano sulla schiena e una sulla nuca, facendo così affondare le lunghe dita tra i capelli blu.
    «Yusaku» lo chiamò, una punta di sollievo nel tono di voce e un sospiro che aveva tutta l'aria di essere liberatorio. «Sono felice che tu sia qui».
    «Anche io».
Non ne potevo più di studiare, pensò, ma quello lo tenne per sé.
    «Anche questa volta ti sei addormentato prima di me?» domandò invece, alzando lo sguardo sul suo volto.
Ryoken sorrise ancora. «A quanto pare sì» rispose, allentando la presa. «Ma ora la mia attesa è finita».
Yusaku si lasciò prendere per mano e, subito dopo, si avviò insieme a Ryoken lungo il sentiero fiorito. Avrebbe dovuto prendere esempio da lui e andare a letto presto la sera, ma il più delle volte seguiva una routine alquanto sregolata che lo portava a rimanere sveglio fino a tardi a causa di tutti i compiti scolastici che lasciava sempre indietro — a sua discolpa, però, poteva dire che il lavoro part-time alla caffetteria occupava parte delle sue giornate e, il più delle volte, quando tornava a casa desiderava solo riposare e svagarsi coi videogiochi. In fondo il suo rendimento scolastico era comunque buono, quindi perché preoccuparsi?
    «Quando verrai a trovarmi?» gli domandò, gli occhi che brillavano di una speranza completamente rinvigorita. Ryoken tra i due era l'unico in grado di mantenere un ricordo vivo dei loro incontri anche quando tornava alla realtà — o almeno, così gli aveva riferito — e Yusaku era sicuro al cento percento che, se si fosse palesato davanti ai suoi occhi in una giornata qualunque, l'avrebbe riconosciuto nell'immediato
    (e cosa più importante, tutto avrebbe finalmente acquisito un senso).
Ryoken continuava a stringergli la mano con dolcezza, anche se Yusaku avvertì, per una misera frazione di secondo, una rigidità che purtroppo aveva imparato a conoscere bene. Difatti perse le speranze ancor prima che Ryoken gli rispondesse con parole che ormai sapeva a memoria.
    «Mi dispiace, Yusaku, ma ancora non posso. Vedi, dovrei fare un lungo viaggio per venire nella tua città e… Yusaku?»
Si era fermato, il cuore nuovamente a pezzi, come succedeva ormai quasi tutte le notti. Pensava di aver sviluppato una corazza abbastanza resistente per fronteggiare quelle parole, eppure ogni volta erano in grado di ferirlo in maniera sempre diversa.
    (Si sentiva indesiderato nel modo peggiore possibile e le insicurezze che albergavano in lui non facevano altro che divorare con ingordigia ogni grammo di felicità conquistato a fatica).
Dopo diversi tentativi, riuscì a liberare la mano dalla stretta di Ryoken con uno strattone forse più violento di quanto si aspettassero entrambi. Gli era ormai impossibile osservare le meraviglie che lo circondavano e il sentiero gli parve un'anonima stradina impolverata, insulsa proprio come le sue speranze.
    «Credo che ora mi sveglierò» disse a mezza voce, gli occhi velati dalle lacrime. «Non voglio stare qui. Non questa volta».
    «Yusaku, aspetta…»
    «Buonanotte, Ryoken».
Glielo sussurrò con il cuore a brandelli e l'anima spaccata a metà. E quando riaprì gli occhi sul mondo reale, aveva il volto rigato da tutte quelle lacrime che nel sogno non era stato in grado di versare.


2

    «Buongiorno».
    «Buongiorno, Yusa— oh cielo, hai un aspetto orribile!»
Yusaku inarcò un sopracciglio. «Grazie, Miyu».
La ragazza portò velocemente le mani alla bocca. «Scusa» disse poi, ritrovando la compostezza. «È che hai delle occhiaie davvero profonde. Non sei riuscito a dormire questa notte?»
Yusaku sospirò sconsolato, poi le raccontò ciò che era accaduto con il ragazzo dei suoi sogni, delle ennesime speranze infrante e di come nel resto della nottata avesse incanalato tutto il dolore e la frustrazione nello svolgimento degli esercizi di matematica che aveva lasciato in sospeso pur di non pensarci.
    «Credo di aver calcato un po' troppo con la penna, ci sono dei buchi tra una pagina e l'altra…» constatò dopo aver estratto il quaderno dallo zaino e averlo sfogliato.
Il suo tentativo di sdrammatizzare in quella situazione per lui troppo pesante ed esorcizzare il suo dolore fallì miseramente, tanto che Miyu, senza giri di parole, arrivò a porgli una domanda maledettamente scomoda.
    («E ora come ti senti?»)
Si morse il labbro inferiore e per un attimo, solo e soltanto per un misero sfilaccio di secondo, desiderò piangere come aveva fatto solo fino a poche ore addietro, quando le lacrime si mischiavano senza sosta all'inchiostro e lui non capiva nemmeno più se stesse svolgendo in maniera corretta le complicate disequazioni di secondo grado. Poi le ricacciò tutte in gola e ingoiò quel groppo amaro a fatica, ma quantomeno ci riuscì e, in un abbrivo dettato dall'enorme delusione che provava, parlò forse in maniera un po' più brusca senza rendersene conto, ma dando comunque una forma alla triste domanda che popolava la sua mente già da un po'.
    «Come dovrei sentirmi nel realizzare che nemmeno la mia anima gemella desidera stare con me?»


3

Incontrare la propria anima gemella nei sogni era solo una delle innumerevoli forme d'amore che affondava le proprie radici fin dalla notte dei tempi. Era considerata la sfumatura più intima e incantevole tra tutte, poiché sognarsi significava esprimere il desiderio sempre più crescente di voler restare accanto alla propria metà per il resto della vita
    (e siccome non ci possiamo vedere di giorno, ecco che ti sogno di notte, così da poter stare con te quando ancora le nostre strade non si sono incrociate).
E poi c'erano Yusaku e la sua anima gemella. O meglio, c'era solo Yusaku, che desiderava ardentemente conoscere il ragazzo che popolava i suoi sogni, ma questi pareva non essere dello stesso avviso, visto e considerato che ogni notte non faceva altro che infrangere le sue speranze con dinieghi che si facevano via via sempre più snervanti e opprimenti.
Prova a dargli ancora un po' di tempo, gli aveva consigliato Miyu quella mattina a scuola. Forse in questo momento si ritrova davvero impossibilitato a incontrarti e questo fa soffrire anche lui. Non penso che non desideri stare con te, Yusaku. Forse ha solo bisogno di trovare il momento giusto per venire da te.
Yusaku in un primo momento aveva accettato i suoi consigli, anche se poi il tarlo del dubbio aveva iniziato a divorarlo pian piano, con crescente ingordigia, senza prima averlo anestetizzato. E se in realtà la sua anima gemella fosse innamorata di un'altra persona?
Accadeva raramente, ma poteva comunque succedere che si creasse scompiglio, che ci fosse un errore grande quanto un granello di sabbia in grado di mandare in cortocircuito l'intero ingranaggio. Forse erano entrambi incastrati in un loop e non ne sarebbero usciti per un bel po', fino a quando l'equilibrio non fosse stato ripristinato.
Inoltre, Miyu non poteva capire. Yusaku le voleva un bene dell'anima e apprezzava molto i suoi tentativi di aiutarlo e di farlo ragionare riguardo l'intera faccenda, ma cosa ne poteva sapere lei, che le era bastato coricarsi a letto una notte d'inverno inoltrato e incontrare nel suo sogno proprio il ragazzo che le aveva rubato il cuore nei corridoi della scuola tra una lezione e l'altra? Per lei e Jin era stato tutto così facile, si erano trovati e riconosciuti subito e avevano ufficializzato la loro relazione solo poche ore dopo il loro primo — e ultimo — sogno condiviso.
Miyu era stata davvero tanto fortunata. E proprio per questo, tutta quella fortuna la rendeva cieca di fronte ai problemi di Yusaku. Poteva provare ad aiutarlo, ma non lo avrebbe mai capito fino in fondo.
E in ogni caso, era una situazione che avrebbe dovuto risolvere da solo. Nel bene o nel male.


4

E lo so che mi puoi sentire
Dove ogni anima ha un colore
E ogni lacrima ha il tuo nome
Se tornerai qui, se mai, lo sai che
Io ti aspetterò

Quella notte faticò molto ad addormentarsi ma, quando accadde, riuscì a provare una punta di sollievo. Prima di ogni altra cosa, desiderava scusarsi con la sua anima gemella
    (il nome, voleva assolutamente pronunciare un'altra volta ancora il suo nome)
e poi avrebbero discusso della loro situazione, e questa volta ne avrebbero parlato seriamente e a cuore aperto.
Impiegò un po' a realizzare dove si trovasse questa volta; in un primo momento ebbe timore di essere incappato in una casa stregata, considerando la scarsa illuminazione, ma quando pian piano mise a fuoco ciò che lo circondava, capì di trovarsi in una grande sala. Era addobbata con festoni e coriandoli sparpagliati a terra, un'infinità di colori di carta che rendevano quel luogo molto più accogliente rispetto al primo impatto, dando l'impressione di essere arrivati tardi a una festa.
Le luci soffuse che danzavano intorno a lui quasi lo invitarono ad avanzare verso il centro di quella stanza immensa e lui ubbidì, muovendo passi tremebondi verso il fulcro dei suoi desideri.
Ryoken era lì, che lo stava aspettando. Bellissimo come sempre, con lo sguardo velato da una patina di malinconia e gli occhi azzurri che riflettevano un cielo terso e immacolato, in netto contrasto con il turbinio di emozioni che provava — perché erano le stesse che in quel momento provava anche Yusaku.
Quando i loro sguardi si incontrarono, il mondo intero tacque per un lungo istante. La frustrazione, il dolore e ogni tipo di attrito furono messi da parte, lasciando posto solo al desidero sconfinato di abbracciarsi un'altra volta ancora.
Yusaku iniziò a piangere ancor prima di essere avvolto dalle braccia di Ryoken e quando ciò accadde, avvertì l'intero corpo del ragazzo tremare, cosa che lo fece sentire tremendamente in colpa. Così cercò di fare del suo meglio e ricambiò quella stretta disperata più forte che poteva, nel goffo tentativo di diventare a sua volta un appiglio per Ryoken in mezzo a quel mare di coriandoli di carta e incertezza.
    «Sono così felice che tu sia qui» sussurrò Ryoken, baciandogli il capo.
    «Anche io» rispose Yusaku con la voce spezzata a metà per le troppe lacrime. «Perdonami per ciò che è successo l'ultima volta…»
    «No, Yusaku, non ho nulla da perdonarti. Semmai è il contrario…»
Yusaku alzò lo sguardo su di lui, ritrovandosi a osservare una figura incerta e sfocata.
    (Eppure avrebbe potuto piangere anche tutte le lacrime del mondo, e Ryoken ai suoi occhi sarebbe sempre stato bellissimo).
    «Non dire così» disse, mentre scioglieva l'abbraccio per potersi asciugare le gote. Voleva parlare con Ryoken senza alcuna barriera frapposta tra loro e finché non avesse riacquistato il controllo delle proprie emozioni, questo non sarebbe potuto accadere.
Respirò profondamente, cercando di scacciare tutto il grumo di brutte sensazioni che si era formato nel corso della notte precedente, poi tornò a guardare Ryoken e in quel momento, proprio mentre si perdevano l'uno nell'altro come mai avevano fatto prima, realizzò che non doveva esserci proprio nessun errore, che loro due erano fatti per stare insieme e che niente e nessuno avrebbe mai potuto separarli.
Comprendere fino in fondo questa realtà fu come aprirsi un varco per un nuovo mondo. E ora che aveva le idee chiare, giurò a se stesso che mai più avrebbe trattato Ryoken come aveva fatto la notte precedente — il solo pensarci lo faceva stare così male che per lunghi attimi respirare diventava un'azione difficile, come se non ricordasse più cosa doveva fare per inspirare e riempire d'aria i polmoni.
    «Immagino che per te non sia facile dover rimandare ogni notte il nostro incontro nella vita reale» disse, prendendogli entrambe le mani e intrecciando le dita con le proprie. «Solo che io, anziché cercare di comprenderti e di ascoltarti, mi sono arrabbiato e…»
    «E avevi tutte le ragioni per farlo» proseguì Ryoken al posto suo. «Deve essere snervante sentirsi dire di no per mesi interi. Immagino tu ti sia sentito rifiutato…»
Quelle parole fecero male. E fecero male soprattutto perché erano intrise di una verità che ormai non poteva più cancellare o anche solo nascondere.
    «Sì…» ammise con un filo di voce mentre abbassava lo sguardo. «Ma ho pensato solo a me stesso, senza tenere in considerazione ciò che provi tu. Quindi ora… ora vorrei saperlo. C'è qualcosa che ti impedisce di venire da me?»
Ryoken sciolse la stretta delle loro mani, poi le poggiò sulle gote di Yusaku e, con garbo, lo invitò tacitamente ad alzare nuovamente lo sguardo per incontrare ancora una volta il suo.
Quando Yusaku lo fissò, rimase esterrefatto nel constatare che non solo Ryoken fosse sull'orlo del pianto, ma che fosse in procinto di spezzarsi da un momento all'altro.
    «Vorrei avere il coraggio di confessarti tutto, ma non ci riesco. Non oso pensare quanto debba essere straziante tornare nella realtà senza più alcun ricordo, solo strascichi di tutti i sogni che abbiamo condiviso insieme. Vorrei liberarti da tutto questo, davvero, ma ho paura che la verità possa allontanarti da me. Anzi, ne sono certo. Mi sento un codardo…»
Accadde in un attimo. Il mondo si capovolse bruscamente e Yusaku si sentì sballottolato sopra e sotto, a destra e sinistra, da un angolo all'altro dell'immensa stanza.
La realtà gli piombò addosso con cattiveria, una ferocia che forse non sarebbe mai stato in grado di sopportare e che l'avrebbe schiacciato lentamente, con sadismo e perfidia.
    (Era troppo per lui).
    (Troppo, troppo, troppo).
    (Ma doveva reagire. Doveva farlo, altrimenti niente sarebbe cambiato e lui in tutta quell'immobilità si sentiva ormai soffocare).
Esistevano casi in cui le anime gemelle erano impossibilitate a interagire nella vita reale poiché una delle due non poteva tornare nella vita reale dopo il sogno. Perché il sogno perenne era ormai diventata la nuova realtà e forse lo sarebbe stata in eterno, fino a quando qualcuno, un familiare con ogni probabilità, non dava il consenso per staccare la spina.
    «Ryoken… dimmi immediatamente in quale ospedale ti trovi».


5

Presentarsi come un amico di Ryoken fu tremendo, un colpo ben piazzato nel cuore, ma strinse i denti e ascoltò con attenzione le indicazioni che gli diedero alla reception per raggiungere la sua stanza. Era un orario particolarmente insolito per le visite, ma forse erano bastati la sua espressione stravolta e il suo respiro corto per concedergli uno strappo alla regola, dato che per i medici e gli infermieri la sua condizione doveva essere una scena vista e stra vista e sapevano a cosa stesse per andare incontro.
L'odore pungente del disinfettante gli si insinuò con prepotenza nelle narici e l'asettico candore delle pareti gli dava la sgradevole sensazione di trovarsi tra i ghiacci, a decine e decine di gradi sotto lo zero. Il che era, considerando la calura di quella notte estiva, un abnorme paradosso che gli provocò ancora più angoscia.
Ora ricordava il suo nome anche nella vita reale. Non poteva essere altrimenti, visto che ora sapeva dove cercarlo. Ironia della sorte, Ryoken si trovava proprio all'ospedale di Den City.
L'aveva ipotizzato perché ricordava di trovarsi in città quando un pirata della strada lo investì; Yusaku non aveva ancora avuto modo di cercare qualcosa online — si era svegliato di sorpassato, si era cambiato, era uscito di casa e aveva subito iniziato a correre a perdifiato in direzione dell'ospedale —, ma sperava con tutto se stesso che quel bastardo stesse marcendo in galera per il crimine che aveva commesso.
Prese l'ascensore per dirigersi al secondo piano e il terrore di rimanere intrappolato in mezzo a tutto quel bianco gli cristallizzò il sangue nelle vene. Non che la situazione migliorò una volta trovatosi davanti la porta della stanza di Ryoken: la mano era lì, stretta attorno alla maniglia, ma l'intero braccio era immobile e non dava segno di voler condurre il polso verso il basso, talmente era divorato dal terrore di ciò che avrebbero visto i suoi occhi una volta varcata la soglia.
Non aveva fatto tutta quella strada per niente, però. Deglutì a fatica, la gola riarsa per la corsa e la paura, poi abbassò la maniglia della porta ed entrò.
Il suo cuore perse un battito. Poi un altro e poi un altro ancora, fino a quando le ginocchia quasi cedettero e lui temette di sprofondare in una voragine di vuoto e disperazione, la stessa nella quale Ryoken si trovava ormai da mesi interi.
Ryoken che giaceva sul letto d'ospedale circondato da un coacervo di fili, tubicini e macchinari. Che respirava placido in un sonno profondo dove tutto era immutato ormai da tempo, parametri regolari cristallizzi sui monitor sempre accesi.
Quando Yusaku si avvicinò abbastanza da poter scorgere ulteriori particolari grazie al chiaro di luna, si ritrovò faccia a faccia con l'orrore che l'incidente aveva portato con sé: Ryoken aveva perso il braccio sinistro e il suo viso era sfregiato da cicatrici che avrebbero lasciato un segno indelebile sulla sua pelle candida per il resto della vita.
Il ragazzo che abbracciava sempre nei suoi sogni era diverso, era ancora integro, assolutamente perfetto e immacolato. E forse era anche per questo che Yusaku non ricordava quasi nulla una volta tornato alla realtà: perché Ryoken non era più così, era stato violato dalla tragedia e il suo corpo appariva diverso, martoriato e distrutto.
Eppure Yusaku non poté fare a meno di pensare che, se in quel momento avesse aperto gli occhi, l'unica cosa che avrebbe catturato la sua attenzione sarebbe stato l'azzurro di quelle iridi che tanto amava e che Ryoken, per lui, sarebbe sempre stato bellissimo.
Si sedette accanto a lui e gli prese la mano tra le sue, stringendola appena per paura di fargli male e smuovere qualcosa tra i fili e i tubicini. Pianse in silenzio tutte le lacrime che gli erano rimaste e lentamente, tra un singulto e l'altro, si addormentò ancora una volta.


6

Ovunque sarai
Ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai
Io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò
Io ti ascolterò

L'oscurità lo avvolgeva da capo a piedi, asettica e compatta. Dell'enorme sala colma di festoni e coriandoli colorati in cui era approdato neanche un'ora addietro non era rimasto nulla, solo il vuoto assoluto. Non esistevano più pareti, nessun sentiero da percorrere, nessun vellutato chiaro di luna dipinto in cielo a indicare la via.
Si sentiva solo, perso e tremendamente spaventato.
    (Era così che si sentiva Ryoken per tutto il giorno, prima dell'arrivo della notte).
    (Smarrito in quel limbo oscuro senza un luogo confortevole in cui rifugiarsi, completamente esposto e spaurito).
Mosse i primi passi all'interno di quel buco nero senza fine e tremò da capo a piedi. Più avanzava in quel luogo dimenticato dal mondo intero e più realizzava quanto fosse critica la condizione di Ryoken. Ryoken che non andava a letto presto ogni sera, semplicemente era bloccato lì e non poteva scappare, in attesa che Yusaku si assopisse per vedere l'oscurità mutare e tramutarsi in uno scenario più confortevole; Ryoken che ogni notte, nonostante tutto, lo accoglieva sempre con un lungo abbraccio e gli occhi colmi di meraviglia; Ryoken che aveva cercato forse di proteggerlo da una verità troppo dolorosa da accettare, senza pensare che Yusaku, per lui, avrebbe sopportato di tutto, anche le pene dell'inferno.
Lo chiamò a lungo, tanto che a un certo punto la gola cominciò a bruciare — e non smise neanche in quel caso.
Il suo nome, quello che aveva cercato disperatamente di non dimenticare ogni volta che tornava alla realtà, si perse in un'eco lontanissima inghiottita dalle tenebre.
    (Ryoken).
Avrebbe continuato a cercarlo all'infinito e lo avrebbe fatto per davvero, perché non voleva rinunciare a lui per niente al mondo. E voleva dirglielo, perché Ryoken meritava di saperlo a tutti i costi.
Il suo lungo cercare, alla fine, fu ricompensato: lo trovò in un punto imprecisato di quell'immenso e cupo nulla, solo e abbandonato a se stesso. Pareva quasi desiderasse farsi piccolo piccolo per non essere notato, in procinto di accartocciarsi su se stesso se necessario, ma era impossibile, perché Yusaku un modo per stare con lui l'avrebbe sempre trovato.
Quando gli aveva chiesto di dirgli in quale ospedale si trovasse, Ryoken aveva ceduto, raccontandogli la verità di quanto accaduto quel giorno di metà primavera. Se ne vergognava come se la colpa fosse sua, quando sapevano entrambi che non era così, perché era lui la vittima sotto tutti i punti di vista. Doveva rendersene conto.
Ryoken aveva portato le ginocchia al petto e teneva lo sguardo basso, perso chissà dove. Sembrava quasi stesse cercando di rimanere tutto intero per non rischiare di dissolversi nel nulla da un momento all'altro.
Yusaku si avvicinò silenziosamente, parandosi davanti a lui. Non aveva bisogno di annunciarsi, sapeva che Ryoken aveva già percepito la sua presenza e questo era più che sufficiente.
    «Mi dispiace, Yusaku» disse in un soffio, rimanendo immobile nella sua posizione. «Ero in coma già da qualche giorno quando iniziarono i sogni condivisi. Quando ti vidi per la prima volta pensai che fossi bellissimo — e lo penso tuttora. E nel giro di poco tutta l'oscurità che mi avvolgeva lasciò il posto al verde dei tuoi occhi e agli altri colori. Aspettarti ogni notte era diventata l'unica cosa in grado di rendere più sopportabile la mia condizione… le tenebre non mi fanno più paura quando sono accanto a te. Però… ogni volta che ti incontravo non facevo altro che pensare che avrei dovuto dirti tutta la verità, che non era giusto farti aspettare e soffrire a causa del mio terrore di perderti. Io non voglio perderti, Yusaku, ma non voglio neanche renderti infelice. Perché ora come ora non ho alcuna certezza e non so nemmeno se un giorno mi risveglierò dal coma».
Poi alzò lo sguardo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso pregno di tristezza.
    «So che non ho più un braccio» ammise con dolore. «È da quando sono qui che quello sinistro non lo sento più “mio”… e ho sempre la sensazione che ci sia qualcosa sul mio volto, degli sfregi forse, che non se ne andranno mai via. Se anche dovessi svegliarmi, come potrò renderti felice, ridotto in quello stato?»
Fu lì che qualcosa scattò in Yusaku, qualcosa che lo portò a scegliere Ryoken un'altra volta ancora. Si inginocchiò di fronte a lui e lo abbracciò forte, accogliendo tutte le sue lacrime e tutto il suo dolore senza riserva alcuna.
    «Non mi devi dimostrare nulla» parlò con dolcezza. «Il solo fatto che tu esista mi rende felice. Sapere che siamo legati come anime gemelle è la cosa più bella che mi potesse capitare… Ryoken, guardami».
Lui ubbidì e i loro occhi si incontrarono un'altra volta ancora, l'ennesima che si perdeva nell'infinito.
    «Io voglio stare con te,» proseguì Yusaku mentre gli asciugava le lacrime, «e niente e nessuno mi farà cambiare idea. Nemmeno le tue paure».
Subito dopo si alzò in piedi e poi gli porse la mano, che Ryoken accettò.
    «Verrò a trovarti in ospedale ogni volta che ne avrò l'occasione. E tutte le notti sarò qui, con te. E poi… poi un giorno riaprirai gli occhi e io sarò lì accanto a te quando questo accadrà. E continueremo a essere felici insieme. Io ti aspetterò». Un piccolo sorriso gli incurvò le labbra. «Cosa ne pensi?»
Ryoken ricambiò il sorriso. «Penso che sia tutto meraviglioso. E sono felice di poterlo realizzare insieme a te. E anche io ti aspetterò, ogni notte, come ho sempre fatto».
Poi si abbracciarono, tornando a essere l'uno l'ancora di salvezza dell'altro. Yusaku era stato troppo preso dalle proprie emozioni e quelle di Ryoken per farci caso ma, quando si guardò intorno, notò con crescente meraviglia di non trovarsi più avvolto dalle tenebre, bensì da un bellissimo paesaggio di montagna. Lui e Ryoken si trovavano sotto un piccolo gazebo bianco e le poche stelle che ancora si potevano osservare in cielo impallidivano sempre più, inghiottite pian piano dal cielo rosato.
    «È quasi l'alba» constatò, senza staccarsi da Ryoken. «Non ne avevamo mai vista una insieme…»
    «Direi che oggi sia il giorno perfetto per iniziare, tu che dici?» gli chiese Ryoken, stringendolo più forte a sé.
Yusaku sorrise un'altra volta ancora.
    «Dico che hai assolutamente ragione».



N.d.A.

Non ho mai scritto una Soulmates!AU così drammatica, ma dato che in questa Raccolta mi ero ripromessa di sperimentare il più possibile, ecco il mio tentativo di dare un finale dolce-amaro a questa OS.
Ryoken è già stato in coma in un'altra mia storia (questa), ma almeno lì [SPOILER] c'è il lieto fine… qui diciamo che è tutto rimasto in sospeso, perché nonostante il forte sentimento che lega Ryoken e Yusaku, non si sa se effettivamente Ryoken un giorno riaprirà gli occhi.

Provo sentimenti molto contrastanti per questa storia, perché se da una parte ho dimostrato in primis a me stessa di poter scrivere sulla mia OTP suprema ed eterna senza garantirle un vero e proprio lieto fine, dall'altra la solita domanda mi assilla senza darmi tregua: MA CHI ME LO FA FARE.
Ryoken e Yusaku saranno sempre la mia più grande debolezza per quanto riguarda il mio lato fanwriter, ormai è palese.
Il fatto che io stia cercando pian piano di uscire dalla comfort zone per scrivere qualcosa di diverso ogni tanto non so quanto possa reggere ancora, lo ammetto.
Ma in ogni caso, farò sempre del mio meglio.
Grazie per essere arrivati fino a qui!

M a k o

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Capitolo 7
*** July ***


July

Sto frignando come una bambina. Tengo tantissimo a questa OS e non so nemmeno spiegarvi come mai, so solo che appena mi è venuta in mente l'idea ho pensato “okay, sto forse per scrivere o una tra le storie più geniali mai partorite dalla mia testa o la più grande cafonata della mia vita”, quindi vi lascio immaginare quanto io sia agitata a riguardo.

Non ho specificato nello specchietto che tipo di AU è perché nemmeno io lo so. O meglio, ho delle idee a riguardo, ma preferisco parlarvene a fine storia, così evito anche di fare spoiler indesiderati.
Spero con tutta me stessa che questa storia sia di vostro gradimento… non fatevi problemi a dirmi cosa ne pensate, anche se dovessero essere pareri negativi.
Vi auguro buona lettura — e finalmente abbiamo il POV di Ryoken!


July: Stars
Prompt forum: L'estate ha messo tutto il suo cielo dentro il tuo palmo. Ti tocco, e sai di luce. (Fabrizio Caramagna) (Themed Challenge – Summer Edition)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Romantico, Triste
Note: ???!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate (accennate)



Stelle sporche e impolverate



1

    «Yusaku, sei pronto?»
C'era un'elettricità particolare che vibrava nell'aria, quella sera. Tanti guizzi incandescenti di gioia e spensieratezza impossibili da quantificare rendevano l'intera atmosfera magica e indimenticabile, nonostante l'appuntamento fosse appena all'inizio.
Ryoken non provava emozioni simili da un po'. Non perché la sua storia d'amore fosse in procinto di naufragare da un momento all'altro — anzi, era l'esatto opposto, si ergeva forte e solida come un grande scoglio che le onde del mare levigavano costantemente con il loro sbatacchiare testardo —, bensì perché dopo tanto tempo sentiva che avrebbe finalmente realizzato un sogno che Yusaku si portava dietro fin da quando era bambino.
Sapere di essere a un passo dalla concretizzazione di quel desiderio che l'avrebbe reso, con ogni probabilità, il ragazzo più felice dell'intero pianeta, fece provare qualcosa a Ryoken all'altezza del petto che non seppe spiegarsi, ma che non poté non definire incantevole.
    «Sì, arrivo!» rispose Yusaku, intento a scendere le scale. Indossava una semplice camicia bianca e dei pantaloncini blu scuro abbinati alle scarpe del medesimo colore, eppure Ryoken, mentre lo osservava avvicinarsi a lui sempre più, pensò che fosse bellissimo.
    «Devo davvero tenere gli occhi chiusi per tutto il viaggio?» domandò poi Yusaku, che a quanto pareva doveva ancora realizzare la veridicità di quel dettaglio.
    «Sì, perché la destinazione è una sorpresa. E poi perché se qualcuno dovesse vederti in macchina bendato penserà che ti abbia rapito per portarti chissà dove» disse Ryoken, mentre prendeva le chiavi della macchina poggiate sul tavolo del salotto. In realtà aveva prenotato l'intera zona a suo nome per quella serata, quindi era praticamente impossibile che qualcuno potesse anche solo lontanamente pensare di voler fare un giretto lì, ma l'idea di guidare con Yusaku bendato seduto accanto a lui era così strana che non voleva nemmeno contemplarla.
    «Se avessi voluto rapirmi per portarmi chissà dove, mi avresti rinchiuso nel bagagliaio» commentò Yusaku con una punta di malizia nel tono di voce. «Così non avrei cercato di scappare».
Ryoken stette al gioco e un sorrisetto furbo gli incurvò le labbra. «Perché, vorresti forse scappare da me?»
Yusaku era già lì, pronto ad avvolgere le braccia attorno al suo collo e unire le labbra alle sue quando disse: «Mai nella vita».
Ryoken ne fu grato. Di tutto, di ogni istante trascorso con Yusaku e di ogni dimostrazione d'amore che li portava a sentirsi ancora più uniti in quel mondo che aveva iniziato a girare al contrario ormai da tempo immemore.
Inoltre, ora più che mai doveva assolutamente distogliere l'attenzione di Yusaku dal bagagliaio dell'auto poiché lì vi erano riposti con estrema cura il cestino da pic-nic, l'immenso telo da mare e i morbidi cuscini per la serata.
La loro serata, quella che Ryoken stava ormai organizzando da mesi interi per rendere felice l'unica persona che per lui contava nell'universo intero, la sola in grado di rendere ogni istante di esistenza degno di essere vissuto.
Non era ancora arrivato il momento di crollare. Non quella notte, dove si sarebbero persi in una parola a loro estranea, ma che in tempi ormai andati aveva dato il significato a un sacco di cose ed eventi meravigliosi.
    (Normalità).


2

Ryoken non guidava spesso, ma quando ciò accadeva, il più delle volte Yusaku si trovava seduto al suo fianco, proprio come in quel caso. Certo, quella era una circostanza alquanto particolare, visto e considerato che Yusaku aveva gli occhi perennemente chiusi e pareva quasi stesse dormendo, sfinito da un lungo viaggio che in realtà era appena cominciato.
Fortuna voleva che la meta non distasse molto da casa loro e, dato che la strada era del tutto libera, non avrebbero impiegato troppo tempo a raggiungere il mare.
Yusaku ancora non lo sapeva e forse nemmeno nei suoi sogni più rosei l'avrebbe mai intuito. Eppure si stavano davvero recando al mare e avrebbero finalmente trascorso una serata romantica in un piccolo angolo di paradiso che Ryoken aveva curato nei minimi dettagli. Avrebbe voluto tanto coinvolgere anche Yusaku in quel progetto, ma così facendo avrebbe dovuto rinunciare alla sorpresa… quindi sperò con tutto se stesso di aver svolto un buon lavoro, anche perché il regalo più grande non sarebbe stata l'acqua limpida e cristallina del mare, bensì ciò che vi si rifletteva in superfice con incredibile maestosità.
    (Ryoken era rimasto folgorato dall'effetto finale e se questo aveva sconvolto interiormente lui, non immaginava che impatto avrebbe avuto su Yusaku, che non sospettava proprio nulla).
Colto da un lampo di eccitazione, allungò la mano libera in direzione di Yusaku, poggiandola sulla sua coscia e stringendola appena. Il ragazzo ricambiò la stretta e rilassò i muscoli, il sorriso che gli affiorava placido sulle labbra e gli occhi sempre chiusi.
Era tutto bellissimo. Assolutamente perfetto.


3

    «Siamo arrivati. Però non aprire ancora gli occhi, okay?»
    «Oh, va bene. Ryoken…»
    «Sì?»
    «Non sto sognando, vero? Quello che sento è proprio il rumore delle onde del mare?»
Aveva cercato di mantenere un tono di voce assolutamente tranquillo e neutrale, ma era palese quanto Yusaku si stesse emozionando via via sempre più. Ryoken si slacciò la cintura e si sporse verso di lui, baciandolo solo per pochi istanti che a modo loro significavano tutto.
    «Aspettami qui. Non ci metterò molto».
Yusaku annuì, le labbra che tremavano appena e il cuore che martellava nel petto, all'unisono di quello di Ryoken, il quale per un attimo trovò difficile persino scendere dall'auto a causa del subbuglio di emozioni che si erano fatte strada nel suo corpo.
Cercò di sistemare tutto il più velocemente possibile senza però fare danni. L'ultima cosa che voleva era rovinare la serata a causa della fretta ma, al contempo, non voleva nemmeno far attendere a Yusaku un solo minuto in più. Si concesse giusto un breve istante per osservare il risultato finale del suo operato e poi tornò da Yusaku, aprendogli la portiera dell'auto.
    «Manca poco» gli disse, aiutandolo a scendere. Subito dopo lo prese per mano e lo condusse verso la spiaggia, lontano dal duro asfalto, sorridendo nell'avvertire un piccolo sussulto evadere dalle labbra di Yusaku quando la suola delle scarpe affondò per la prima volta nella rena tiepida e morbida.
    «Siamo arrivati» disse infine, le labbra nuovamente incurvate in un sorriso alla vista delle loro orme sulla sabbia, tangibili e realistiche — dopotutto non c'era da stupirsi, aveva curato ogni minimo dettaglio.
    «Posso aprire gli occhi?» domandò Yusaku.
    «Sì».
    (Ciò che avvenne dopo fu così bello che Ryoken non poté fare a meno di pensare quanto fosse fortunato a essere l'unico testimone della nascita di una stella).


4

Se qualcuno gli avesse chiesto di parafrasare la nascita di una stella nel modo più romantico possibile, cancellando dunque l'oggettività della scienza e della sua costante evoluzione, Ryoken avrebbe sicuramente detto che una nuova stella nasce ogni volta che Yusaku sorride e i suoi occhi verdi si illuminano di sconfinata meraviglia. Non era la prima volta che Yusaku si emozionava davanti a lui; a dirla tutta, Ryoken era l'unica persona al mondo che aveva il privilegio di ammirarlo nella sua interezza, sensibilità compresa, e sapeva quanto Yusaku preferisse tenere per sé certe sensazioni che non esternava quasi mai davanti a degli sconosciuti.
Essere spettatore e al contempo artefice di tutto quell'incanto lo fece sentire ancora una volta l'essere umano più fortunato e felice del pianeta. Ma in quanto a felicità, Yusaku si stava ora dimostrando un degno avversario: in un primo momento, dopo aver aperto lentamente gli occhi, era rimasto fermo e immobile a osservare il sottile telo da mare steso sulla rena con al centro il cestino da pic-nic e tutt'intorno i cuscini morbidi dalle tonalità verde acqua e già questo di per sé bastò a scatenargli nelle iridi un'esplosione dietro l'altra di supernovae e nebulose, ma non fu niente, proprio niente in confronto al richiamo del mare e poi, subito dopo, a quello del cielo. Le piccole e timide onde salate lo portarono a voltare il capo e a perdersi in quel concerto di acqua fresca e limpida che rifletteva sulla sua superficie cristallina il vero ospite d'onore di quella serata; fu infatti quando Yusaku alzò lo sguardo verso il cielo che ogni cosa, anche il più piccolo granello di sabbia, si riallineò perfettamente nell'universo, nel suo luogo di appartenenza, ristabilendo qualsiasi tipo di equilibrio per permettere al caos di un singolo essere umano di strabordare ed esplodere in miliardi di coriandoli colorati e impazziti.
    «Oh cielo…» riuscì solo a dire, prima di portare le mani alla bocca e serrarla con decisione, gli occhi sgranati quasi oltre il limite consentito e milioni di anni di storia dell'universo che si riflettevano nelle sue iridi lucide.
Era, con ogni probabilità, lo spettacolo più bello e incantevole al quale Ryoken avesse mai assistito
    (e non si riferiva al cielo, bensì a Yusaku).
Il firmamento era splendido, non poteva certo negarlo, ma Yusaku. Il ragazzo che si trovava accanto a lui possedeva una bellezza tutta sua, qualcosa che andava oltre l'unione delle costellazioni o l'esplosione di una supernova. Bastava solo sfiorarlo e perdersi nei suoi occhi per un istante ed ecco che tutta la sua luce, così calda e pura, leniva ogni ferita e sussurrava al cuore con dolcezza. Ryoken non esagerava nel dire che Yusaku era tutto ciò che ancora lo teneva in vita. E proprio per questo, per lui e per nessun altro, avrebbe anche fatto l'impossibile, come quella notte.
    (Così, se il sogno più intimo di Yusaku era sempre stato quello di ammirare il cielo stellato in una notte d'estate, Ryoken lo avrebbe esaudito. E se questo significava fare dei sacrifici, lui li avrebbe fatti. E li aveva fatti).
Impiegò qualche attimo a realizzare cosa stesse accadendo: fino a poco prima stava ammirando la reazione di Yusaku alla vista del cielo stellato e subito dopo si ritrovò il corpo del ragazzo a stretto contatto col suo, allacciati in un abbraccio forte, sentito, pregno di amore incondizionato.
Yusaku tremava. Non per il freddo inesistente di quella serata, ma perché i singulti avevano iniziato a sconquassargli i muscoli e le lacrime salate come il mare a rigargli le gote.
    «Scusami…» sussurrò tra un singulto e l'altro. «Non riesco a smettere di piangere, è più forte di me…»
Ryoken ricambiò l'abbraccio, stringendolo forte a sé e sorreggendolo con tutte le sue forze. Percepiva tutto: il corpo tremebondo di Yusaku che cercava disperatamente un sostegno, il suo profumo delicato, le lacrime che dalle gote si adagiavano sulla camicia azzurrina di Ryoken, all'altezza della spalla… normalmente avrebbe fatto di tutto per asciugargli le lacrime e aiutarlo a smettere di piangere, ma non in quel caso.
    «Finché sono lacrime di gioia puoi piangere quanto vuoi, Yusaku».


5

Dopo che Yusaku si fu calmato, presero entrambi posto sul telo da mare, seduti l'uno accanto all'altro. Ryoken aprì il cestino da pic-nic e ne estrasse il contenuto. Tra cibo e bevande vi erano onigiri, tamagoyaki, karaage, takoyaki, dango e bibite fruttate.
    «È tutto…?»
    «Commestibile? Spero di sì».
Yusaku si lasciò andare a un risolino leggero. «Non mi riferisco a quello. So che cucini bene. Intendevo…»
E prese un onigiri, rigirandoselo tra le mani. «È tutto reale
Ryoken fece il finto offeso. «Credi davvero che abbia cucinato tutto questo bendidìo solo per fare scena?» domandò, una mano sul petto e lo sguardo falsamente risentito.
In tutta risposta, Yusaku addentò l'onigiri che aveva in mano e negò con un movimento deciso del capo. Poi masticò diverse volte e più lo faceva, più i suoi occhi si spalancavano per la sorpresa.
Era rimasto sorpreso anche Ryoken quando, diverse settimane addietro, aveva assaggiato una zuppa thailandese con pollo e cocco ed era riuscito a percepire tutto quanto. Certo, una volta tornato a casa il senso di sazietà e il sapore raffinato della zuppa si erano dileguati, quasi come se non fossero mai esistiti, ma almeno potevano infondere un po' di conforto in chi desiderava trascorrere parte del proprio tempo nella pace più assoluta.
Questo però gli altri ancora non lo sapevano. E per gli altri intendeva il resto del mondo.
A Yusaku non avrebbe fatto piacere, sicuro come il sole che sorge a est anche se non lo si può vedere, ma Ryoken sapeva che lui sapeva. E Yusaku ormai sapeva che per Ryoken lui era la sua unica priorità in quel mondo accartocciato su se stesso, quindi doveva imparare a farsene una ragione.
    (Prima il singolo, poi il gruppo. Soprattutto se per Ryoken il singolo — Yusaku — era più importante del gruppo intero).


6

Mangiarono e parlarono del più e del meno per un tempo indefinito. Poi si stesero sul telo, con le teste poggiate sui morbidi cuscini e le dita delle loro mani intrecciate. Per diversi minuti ammirarono in silenzio il cielo stellato, persi chissà dove, in altri mondi ancora, poi qualcosa si mosse in quel coacervo di luci e gemme preziose, facendoli entrambi sussultare. Era stato fuggevole e inaspettato, qualcosa in cui Ryoken non sperava nemmeno più poiché era convinto di aver sbagliato qualche calcolo, e invece alla fine arrivò, cogliendolo impreparato ma rendendolo comunque felice.
    «Era… una stella cadente?» domandò Yusaku in un sussurro, e la sua mano strinse un po' più forte quella di Ryoken.
    «Sì» rispose, ricambiando la stretta. «Esprimi un desiderio».
Yusaku chiuse gli occhi, ma solo per una frazione di secondo. Li riaprì subito dopo, voltando il capo verso di lui.
    «Sai cosa desidero» disse con fermezza, guardandolo dritto negli occhi.
Ryoken ridusse i suoi a due fessure. «Ti preoccupi troppo per chi non si è mai preoccupato per te» proferì con un tono di voce forse un po' più duro di quanto si aspettasse, ma che non corresse.
    «Se tu condividessi di più i tuoi progressi col mondo—»
    «Sei tu il mio mondo. Tu e nessun altro».
A quelle parole, Yusaku ammutolì e non riuscì a frenare il rossore che andava via via ad accentuarsi sulle gote. Si morse il labbro inferiore e Ryoken intuì che stava disperatamente cercando un'argomentazione valida per contestare quella che era una dichiarazione d'amore sotto tutti i punti di vista. E non perché rifiutasse l'amore di Ryoken — stavano insieme da anni ed erano a tutti gli effetti compagni per la vita —, ma perché aveva ormai da tempo preso a cuore le sorti di tutti quanti e voleva che anche gli altri potessero godere delle sue stesse fortune.
    «Non tutti gli esseri umani sono malvagi» disse infine, deglutendo a fatica.
    «Lo so. Ma pensa a tutti quelli che invece ogni giorno tentano nei modi più subdoli di portarci via tutto ciò che abbiamo costruito insieme. Chi ti dice che a espandere a livello globale le nostre ricerche e conquiste poi non saremo sopraffatti da chi ne vorrà sempre di più? E poi…»
    (il ricordo faceva ancora male, nonostante non conoscesse di persona le vittime)
    «… sai che ho iniziato a limitare le zone accessibili al resto del mondo perché altrimenti in molti altri avrebbero iniziato a voler rimanere qui, senza più tornare a casa. Ti ricordi la donna che aveva perso il figlio e che poteva rivederlo solo nella Sezione dei Ricordi? Non si è più ripresa e ormai non riesce più a distinguere la realtà dalla finzione. E potrei elencarti altri casi, tanto gli esiti sarebbero sempre gli stessi».
Yusaku non demorse. «E non è forse per questo che ci sono io a impedire che tutto ciò accada di nuovo? È il mio lavoro e considerando il mio stipendio che va in base ai risultati che porto a casa, direi che non sono poi così male come hacker, non trovi? E poi, con le nuove misure di sicurezza che ho messo a punto, sarà impossibile rimanere bloccati qui, anche per quelli più disperati».
Aveva ragione. Da questo punto di vista, Ryoken non aveva nulla da ridire: Yusaku era un hacker formidabile ed era soprattutto grazie a lui se per anni interi nessuno era mai riuscito a distruggere tutto il lavoro che il padre di Ryoken aveva lasciato in eredità, un lavoro che Ryoken perfezionava e ampliava ininterrottamente tutti i giorni.
Poi gli tornò in mente un dettaglio di cui Yusaku aveva evidentemente ritenuto opportuno non informarlo e decise di colpire lì: «A proposito del tuo lavoro, come mai qualche giorno fa hai cercato di hackerare la mia area personale nel database?»
Yusaku si irrigidì, poi distolse lo sguardo. «Non so di cosa tu stia parlando» mentì spudoratamente, e Ryoken provò il forte impulso di baciarlo nonostante stessero discutendo di qualcosa di molto, molto importante.
    «Ti rinfresco la memoria, allora: hai cercato di impossessarti dei miei referti medici degli ultimi tre mesi, Playmaker».
Yusaku assottigliò lo sguardo. «Noto che nel corso del tempo non hai smesso di essere un eccellente hacker anche tu, Revolver. Hai spulciato i miei registri?»
    «Precisamente». Ryoken si avvicinò di qualche centimetro e gli poggiò una mano sulla gota arrossata. «Ti avevo già detto che stavo bene e tuttora sto bene. Perché hai comunque voluto indagare?»
Le labbra di Yusaku tremarono appena e i suoi occhi si velarono di lacrime. «Perché continuavi a ripetermelo nonostante giorno dopo giorno fossi sempre più stanco e debilitato. Temevo ti fosse arrivata una lettera grigia o addirittura viola e… non immaginavo stessi lavorando a tutto questo, come potevo?»
Fu lì che Ryoken realizzò quanto non coinvolgere Yusaku nel progetto fosse stato in parte un errore: pur di fare le cose in grande, aveva trascurato la propria salute senza neanche rendersene conto e questo l'aveva fatto preoccupare; Yusaku non aveva certo tentato di hackerare i suoi referti medici con cattive intenzioni, anzi, aveva agito in un abbrivo dettato dall'apprensione.
E Ryoken, nello stesso, medesimo istante, provò due emozioni contrastanti ma che, al contempo, si tenevano saldamente per mano: senso di colpa e amore incondizionato nei confronti del ragazzo steso accanto a lui che aveva ricominciato a piangere
    (e questa volta erano lacrime che doveva a tutti i costi cancellare dal suo volto).
Si avvicinò ancora di più, attirandolo a sé e baciandogli il capo. Lasciò che si sfogasse e che si liberasse di tutta la tensione che aveva accumulato nell'ultimo periodo, poi con garbo gli asciugò le lacrime e lo guardò con una punta di tristezza negli occhi.
    «Perdonami» disse, sfiorandogli le labbra con le proprie, «non volevo farti preoccupare».
Poi sospirò e proseguì, sforzandosi non poco: «Uno di questi giorni accederai al pannello di controllo di questa sezione per dare un'occhiata, okay? Così mi dirai se le misure di sicurezza che ho adottato sono adeguate per quando… sì, insomma, per quando sarà aperta al pubblico, va bene?»
Gli occhi di Yusaku brillarono tanto quanto le innumerevoli stelle incastonate nel cielo di velluto.
    «Davvero?» domandò, trattenendo a stento l'emozione.
    «Davvero» confermò Ryoken, e subito dopo si ritrovò coinvolto in uno tra i baci più belli della sua vita.
    (Dolce, sentito, traboccante d'amore).
    (Riuscì a percepire tutto quanto. E per un attimo ebbe un fremito).


7

    «Ryoken… credi che… ecco, credi che possiamo entrare in acqua?»
Ryoken non aveva pensato a quell'eventualità, ma la domanda di Yusaku gli fece comunque incurvare le labbra in un sorriso. Erano ancora stesi sul telo, l'uno accanto all'altro, intenti a scambiarsi effusioni — il ritratto perfetto nel quale Ryoken si era crogiolato per mesi interi mentre organizzava ogni cosa.
    «Credo di sì» rispose, e non lo disse per accontentarlo o per illuderlo con false speranze, bensì perché l'oggettività della scienza era tornata a bussare alle porte del suo inconscio con una lunga lista di codici ed equazioni che stava sciorinando senza sosta, e lui che la osservava dietro il vetro di una finestra con la tendina lievemente spostata sentì che poteva fidarsi. Poteva fidarsi dei suoi calcoli e dell'imprevedibilità che quella decisione avrebbe portato con sé senza temere alcun effetto negativo su di lui e su Yusaku — soprattutto su Yusaku.
Certo, se fosse andata male, al massimo non avrebbero avvertito nulla e questo forse sarebbe stato peggio di qualsiasi altro effetto collaterale pur non provocando danni a livello fisico: essere in acqua ma al contempo non esserci, essere circondati da una distesa limpida e cristallina che però non esiste, inconsistente come il fumo.
Era una scommessa, ma Ryoken sentiva che potevano vincerla. Insieme avrebbero vinto sempre.
    «Possiamo provare ad avvicinarci e sentire com'è la sabbia lì dove le onde si ritirano» propose. «Questo vuoi farlo prima o dopo esserci spogliati? Perché sai, non avevo preso in considerazione questa cosa e non ho portato dietro alcun costume».
Yusaku arrossì appena. «Vuoi forse andare già al sodo?» celiò, un sorrisetto furbo stampato in volto.
    «Non mi dispiacerebbe, lo ammetto» rispose Ryoken, ricevendo di rimando un colpetto sulla spalla da parte di Yusaku che lo fece ridacchiare. «Anche se… concordi con me nel dire che farlo qui sarebbe un po'…»
    «Strano» concluse Yusaku al posto suo, e Ryoken annuì.
    «Fin troppo».
    «Però… una volta tornati a casa…» disse Yusaku, lasciando la frase in sospeso con un'alzatina di spalle.
Ryoken ridacchiò ancora. «Ah, poi sarei io quello che vuole andare subito al sodo?»


8

Fu strano. Proprio strano, misterioso e inspiegabile. L'acqua era fresca, una vera e propria panacea per il corpo e se Ryoken avesse avuto la possibilità di rimanere lì, in piedi fin dove toccava tra quella distesa limpida e immensa con Yusaku stretto a sé, l'avrebbe fatto. Scoprì in un istante che quella sarebbe stata la fine più dolce tra tutte, il connubio perfetto tra il calore del corpo di Yusaku e l'acqua più fredda, i loro sguardi incrociati, poi le loro labbra unite.
L'acqua salata lo avvolgeva allo stesso modo in cui i suoi pensieri vorticavano senza sosta nella testa. Ripensò a tutta la strada che lui e Yusaku avevano fatto per arrivare fino a lì, a quel preciso momento; a come il suo operato, l'eredità che gli aveva lasciato suo padre, fosse stato sia una benedizione che una maledizione per gli esseri umani rimasti.
Kiyoshi Kogami se ne era andato senza accettare la presenza di Yusaku nella vita del figlio, ma era innegabile che avesse fatto di tutto per salvare un mondo ormai sull'orlo della distruzione. Così, nonostante in punto di morte fossero ormai ai ferri corti, Ryoken gli aveva promesso che avrebbe portato avanti il suo operato e che si sarebbe spinto oltre i propri limiti pur di perfezionarlo e farlo evolvere ulteriormente.
Alcune volte i brividi lo coglievano di sorpresa, soprattutto quando pensava a quanta gente malintenzionata desiderasse impossessarsi di ogni loro fatica già confezionata e pronta per l'uso: senza muovere un dito, semplicemente appropriandosi di qualcosa che era costato mesi di lavoro, di calcoli e simulazioni per poi rivenderlo a prezzi esorbitanti a tutti i disperati che desideravano solo qualche attimo di tregua, come la donna che aveva perso il figlio ventenne sei giorni dopo aver ricevuto la lettera nera.
    (Fragile. Era un mondo troppo fragile, pronto a sgretolarsi da un momento all'altro).
Ryoken si domandò cosa fosse passato per la testa dei loro antenati per arrivare a un simile punto di non ritorno; a pretendere e basta, senza dare mai nulla in cambio, fino a volere troppo, strappare e sradicare e prosciugare e sperperare e inquinare e distruggere la propria casa. Ed ecco il risultato: la persona che amava era nata in un mondo in cui era impossibile ammirare il cielo stellato nelle notti d'estate.
    (È tutta colpa vostra).
    (Vi odio, vi odio, vi odio).
Ryoken aveva giurato davanti al mondo intero che avrebbe impiegato ogni sua risorsa non per salvarlo — riguardo quello, purtroppo, non aveva le facoltà necessarie per adempiere a una simile responsabilità —, ma quantomeno per non farlo sprofondare ulteriormente nel baratro assoluto. Che avrebbe creato un luogo ideale per ogni essere umano rimasto in grado di scacciare, anche se solo per poche ore al giorno, il dolore di abitare in un pianeta oramai inospitale.
Aveva mentito. Aveva mentito spudoratamente, perché l'unica persona a cui aveva pensato, mentre pronunciava quelle parole tanto solenni, era Yusaku. Il mondo sarebbe anche potuto sparire, esplodere, accartocciarsi su se stesso, ma Yusaku.
Era un'epoca spietata, quella in cui erano nati. Un'epoca che ti metteva di fronte al dolore della vita, un miracolo trasformato in condanna, e bisognava fare delle scelte sempre, in ogni momento, tutte quante sofferte.
Ryoken la sua scelta l'aveva fatta più di dieci anni addietro, ed era il ragazzo dai bellissimi occhi verdi che ora teneva in braccio nell'acqua del mare.
Aveva preso la patente pur sapendo che fuori da lì non avrebbe mai potuto guidare un'auto, pena l'ergastolo; e l'aveva fatto perché un tempo, chissà quanti decenni o secoli addietro, era la normalità: amore sali in macchina che ho una sorpresa per te.
Lui non sapeva cosa significasse pronunciare parole simili, al di fuori di quel mondo fatto di codici, sistemi ed equazioni. Di come era stato un tempo il suo pianeta ora squarciato a metà, lui non sapeva proprio nulla.

Mesi addietro era stato il suo ventinovesimo compleanno e quelli che dovevano essere gli anni migliori della sua vita erano stati tali solo grazie a Yusaku, alla sua presenza e al suo amore; per il resto, era stato tutto un coacervo informe di perdite e dolore, decisioni e responsabilità troppo importanti per un giovane della sua età e la triste consapevolezza che l'essere umano, nonostante tutto, non sarebbe mai cambiato, pretendendo e basta, senza mai fare qualcosa di concreto per moderarsi.
A un tratto si sentì impotente, completamente prosciugato e privato di ogni briciolo di energia. Alla deriva, pronto a marcire con estenuante lentezza, un relitto sventrato e privo di anima.
    (Era disperato).
Non era abbastanza. Non era mai abbastanza, avrebbe potuto fare molto di più. Stava per affogare, stava per affogare, stava per affogare…
    «Grazie» disse Yusaku all'improvviso, riportandolo a galla.
    «Per cosa?»
    «Per tutto questo. Guardati intorno: sembra che le stelle stiano nuotando attorno noi».
Ryoken voltò il capo a destra e sinistra e un moto di infinita dolcezza gli invase il cuore: era come essere circondati da miliardi e miliardi di pesciolini luminescenti che ondeggiavano intorno a loro. Si sentì un po' rincuorato.
    «Avrei voluto fare di più» ammise, ancora in parte sopraffatto dalle brutte emozioni.
    «Scherzi?» gli domandò Yusaku, sinceramente stupefatto da quell'affermazione. «Tutto questo ti sembra poco? Mi hai portato al mare a vedere le stelle, ti rendi conto? Da quanti decenni, se non secoli, l'essere umano non assiste più a uno spettacolo simile? L'acqua è fresca e così limpida che la sua superficie rispecchia perfettamente ciò che accade in cielo. Mi sembra davvero di nuotare tra le stelle… non è poco, Ryoken. È la cosa più bella di questo dannato mondo».
Ryoken avrebbe voluto replicare in mille modi differenti. Dirgli che questa sarebbe dovuta essere la normalità se solo i loro antenati non fossero stati tanto egoisti; che portarlo al mare a vedere le stelle era qualcosa che aveva giurato a se stesso di fare là fuori e non qui, dove tutto era artefatto, una realtà bellissima ma al contempo fasulla; che le stelle là fuori esistevano ancora, ma erano ormai da tempo coperte da una coltre spessa e nera come la pece che impediva loro di brillare e farsi ammirare dall'uomo.
    (Erano stelle sporche e impolverate, violate nell'anima, ormai distrutte per sempre).
Ma non disse niente di tutto ciò. Perché Yusaku era felice di quel dono e allora andava bene così.
Si limitò a poggiare le labbra sulle sue e a baciarlo come mai aveva fatto prima. A dirgli tacitamente “sei tutto ciò che di più prezioso mi è rimasto”.


9

    «Possiamo disconnetterci direttamente qui? Tanto una volta tornati a casa saremo vestiti e perfettamente asciutti…»
    «Credo che un tempo i bambini facessero i capricci proprio per restare in acqua il più possibile».
Yusaku gonfiò le guance — proprio come un bambino — e distolse lo sguardo.
    «Non ti parlo più» borbottò, e Ryoken non poté fare a meno di ridere, stringendolo più forte a sé. «Tutto quello che desideri».
Pizzicò il vuoto con l'indice due volte e una schermata apparve alle spalle di Yusaku. Ryoken selezionò entrambi i loro nomi e poi, prima che tutto diventasse nero e le loro mani tornassero a tastare i braccioli delle poltrone sulle quali si erano seduti solo poche ore addietro, premette sulla scritta LOG OUT.


10

Fujiki Yusaku: parametri vitali stabili.
Kogami Ryoken: parametri vitali stabili.

VRAINS vi ringrazia per aver trascorso le ultime 3 ore, 27 minuti e 32 secondi del 23 luglio 3.405 all'interno della Sezione Speciale numero 96 non ancora accessibile al pubblico.
Livello di sicurezza della Sezione: 400% — estremamente elevato.

Disconnessione in corso.
Attendere, prego.

Numero attuale della popolazione mondiale: 1.256.347.825
Numero di nascite odierne: 37
Numero di decessi odierni: 2.342
Numero di specie animali estinte oggi: 10

Gradi centigradi attuali: 57
Gradi centigradi percepiti: 62
Tasso di inquinamento odierno: 85%

Disconnessione in corso.
Attendere, prego.

VRAINS vi ricorda che è tassativamente vietato guidare veicoli o svolgere qualsiasi tipo di attività altamente inquinante per l'ambiente, l'essere umano e le specie animali non ancora estinte al di fuori di qui.
VRAINS confida nella collaborazione di ognuno per mantenere l'equilibrio e la pace nel mondo.

VRAINS vi ricorda che il primo di ogni mese è assolutamente necessario recarsi nelle strutture ospedaliere per i consueti esami e controlli medici.
Chiunque si ritrovi impossibilitato a recarsi nella struttura ospedaliera più vicina alla propria abitazione, può richiedere il servizio a domicilio.
VRAINS ci tiene inoltre a fare un riepilogo dei diversi tipi di lettere che potreste ricevere a seguito dei controlli e degli esami medici conseguiti:

Lettera bianca: nessun problema riscontrato
Lettera grigia: necessità di ulteriori controlli
Lettera viola: riscontrato problema grave, necessità immediata di recarsi in ospedale per iniziare le dovute cure
Lettera nera: diagnosticato tumore o malattia mortale, quasi sempre incurabile

Disconnessione tra tre, due, uno…

VRAINS vi augura un buon ritorno alla realtà.



N.d.A.

Ebbene… sì.
Questa OS è una Future/End of the World/Post-Apocalypse!AU, e tutto ciò che di più tremendo possa esserci al mondo.
In parole povere: ci troviamo in un futuro lontano in cui il mondo è ormai agli sgoccioli, l'inquinamento regna sovrano, la popolazione è quasi ridotta all'osso (attualmente siamo in otto miliardi e in questa storia siamo a poco più di un miliardo), i decessi giornalieri sono in numero nettamente maggiore rispetto alle nascite, tantissime specie animali sono ormai estinte e il rischio di morire per tumori o malattie dovute al troppo inquinamento è sempre dietro l'angolo.
In tutto questo, Ryoken e Yusaku cercano di fare del loro meglio per aiutare la popolazione rimasta con il progetto di realtà virtuale lasciato dal padre di Ryoken (che qui poteva pure morire da eroe e invece non è lui se non odia Yusaku e non lo vuole accanto al figlio, e quindi…) e se da una parte Yusaku vorrebbe offrire molti più servizi alla gente, Ryoken è più restio poiché conscio che anche questo miracolo potrebbe diventare una condanna per l'umanità — perché, diciamocelo, anche in una situazione tanto critica ci sarà sempre qualcuno che penserà solo e soltanto al proprio tornaconto personale.

Spero abbiate notato (ma in caso non sia così fa lo stesso) come abbia iniziato la storia in maniera abbastanza tranquilla, con Ryoken e Yusaku che si preparano per trascorrere una normalissima serata romantica per poi aggiungere via via elementi sempre più strani, per entrare pian piano nella realtà dei fatti, ovvero che la loro serata romantica è solo un'illusione (molto realistica) di qualcosa che nel mondo reale non si possono permettere.
Poi lo sapete che io amo troppo l'universo e tutto ciò che lo compone, quindi per me un prompt con le stelle era proprio d'obbligo e tremo al solo pensiero che se continuiamo a maltrattare il nostro pianeta forse arriverà davvero il giorno in cui l'essere umano del futuro alzerà lo sguardo al cielo e non vedrà altro se non una coltre nera come la pece che nasconde le stelle — sporche e impolverate, per l'appunto.

Giuro che dopo questo punto ho finito, ma devo assolutamente dedicare un attimo al POV di Ryoken: è stato incredibile. Sul serio, non scrivo spesso col suo POV, ma questa storia era fatta su misura per lui, per le sue emozioni e il suo amore sconfinato nei confronti di Yusaku, l'unica persona che conta davvero per lui.
Ciò che qui ha fatto per Yusaku penso che sia uno tra i gesti d'amore più belli del mondo — e spero comprendiate la sua riluttanza nel volerlo condividere con chi di sensibilità non ci capisce una cippa.
HO FINITO, LO GIURO.
Grazie per essere arrivati fino a qui!

M a k o

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Capitolo 8
*** August ***


August

Sono stata indecisa fino alla fine se pubblicare questa OS oggi oppure rimandare a settimana prossima, ma alla fine eccomi qui, con mille paranoie e ancora molto titubante riguardo questo scritto.
Non voglio tediarvi coi motivi che mi hanno spinta a mettere in discussione la storia, vi dico solo che sarebbe potuto capitare con qualsiasi scritto riguardo questa coppia, perché devo ancora riprendermi da una cosa in particolare che ho letto e che mi ha fatta dubitare riguardo tante cose — spiegata così è praticamente incomprensibile ma davvero, meglio così.

Dunque, prima che i dubbi mi devastassero la mente, non posso negare che puntassi molto su questa storia, quasi quanto la OS precedente.
Qui non ci sarà nessun colpo di scena finale, sarà tutto abbastanza palese fin dall'inizio, ma spero comunque di aver sviluppato bene l'idea, visto e considerato che è una vera e propria rivisitazione del canon in chiave soprannaturale — ci sarà uno spiegone lunghissimo a fine storia con tutti i riferimenti al canon? ASSOLUTAMENTE SÌ.

Prima di lasciarvi allo specchietto, ci tengo a dire che il titolo della storia è ripreso dal ritornello di My Saviour, canzone dei Dead by April, nonché una tra le mie preferite in assoluto.
Troverete inoltre le strofe della suddetta all'interno dello scritto.
Detto ciò, vi auguro buona lettura!


August: Vampire!AU
Prompt forum: Non puoi tornare indietro, devi avanzare. (Vuoi un biscottino della fortuna?)
Rating: Arancione
Generi: Angst, Introspettivo, Soprannaturale
Note: Modern(&Vampire)!AU, Vampire!Ryoken x Human!Yusaku, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate



I'm free
(you are my saviour)




1

So there you are
Alone with those ablazing eyes
Like an angel brought to life
You have my destiny

L'aria era satura di dolore, rabbia e disperazione e i suoi polmoni ne erano pregni. Il sangue che gli infestava la bocca aveva un sapore tremendo e l'avrebbe rigurgitato all'istante, ma era assetato
    (infuriato)
e si sarebbe accontentato, almeno per quella volta.
Il bambino che teneva tra le braccia era talmente debilitato che forse aveva perso conoscenza. Meglio così, meglio non fargli assistere all'orrore dei grandi, anche se chissà da quanto tempo era rinchiuso in quella stanza sudicia, affamato e impaurito.
I capelli gli ricadevano disordinati sulla fronte e coprivano gli occhi socchiusi, specchi di anima che a Ryoken erano preclusi. Strinse un po' più forte quel corpicino contro il petto, conscio che tutto il suo gelo era l'esatto opposto del calore umano di cui in quel momento il bambino necessitava, ma sentirlo tremare tra le proprie braccia gli fece comprendere che fosse ancora vivo e allora tanto valeva tenerlo lì, in quella stretta di ghiaccio, lontano da quegli umani che si erano rivelati delle belve senza cuore e pietà.
In mezzo a quel coacervo di terrore e putridume, riuscì a percepire la presenza di altri bambini. Non seppe constatare con precisione quanti fossero, ma di una cosa era certo: non poteva restare lì ancora per molto, nonostante avesse voluto stringere a sé ancora per un po'
    (forse per tutta la vita)
il corpicino che giaceva tra le sue braccia.
Doveva innanzitutto assicurarsi che fosse al sicuro e poi chiamare la polizia. Una volta arrivati sulla scena del crimine, gli agenti avrebbero visto tre corpi quasi completamente dissanguati stesi a terra e con ogni probabilità li avrebbero identificati come alcuni dei criminali che stavano cercando. Non una gran perdita, comunque.
Erano tre bastardi di oltre quarant'anni che traevano un perverso piacere nel tenere rinchiusi dei bambini facendoli morire di fame, senza contare che il loro sangue era contaminato da un'infinità di sostanze tossiche.
Erano scarti, rifiuti di cui nessuno avrebbe sentito la mancanza e molto probabilmente neanche un'anima viva si sarebbe recata dinanzi le loro tombe per porgere un fiore.
Il bambino tra le sue braccia tremò ancora una volta e Ryoken sospirò. Doveva assolutamente fare quella telefonata anonima, non poteva perdere altro tempo.
Adagiò il corpicino a terra e lo coprì con una stoffa sudicia trovata lì vicino. Non era molto, ma presto sarebbe arrivato qualcuno in grado di prendersi cura di lui.
Avrebbe voluto carezzarlo, ma quel pensiero si dissolse nel nulla alla stessa velocità con cui si era materializzato nella sua testa. Non era da lui compiere certi gesti nei confronti del prossimo e già solo per aver salvato la vita a quel bambino pelle e ossa sarebbe stato etichettato come strambo da parte dei suoi simili. Alcuni di loro si divertivano a tormentare i più deboli, a portarli lentamente alla pazzia, ma non lui.
Lui non avrebbe tratto alcun giovamento nel torturate quel piccolino e anzi, ci aveva perfino rimesso nutrendosi del sangue scadente dei suoi aguzzini. Era capitato qualcosa, mentre si avvicinava sempre più a quel covo di depravati: aveva avvertito una furia cieca crescere inesorabile dentro di sé, fino a non capire più nulla.
Aveva avuto giusto il tempo di intuire che in quel luogo si trovassero anime afflitte e demoni che infierivano con cattiveria per farlo intervenire. Odiava con tutto se stesso chi faceva del male ai bambini, perché erano innocenti e non avevano la facoltà di opporsi alla perfidia; i suoi simili dicevano che il sangue dei bambini era il più buono e prelibato tra tutti, proprio perché ancora puri e inviolati, ma che razza di mostro attaccava creature così piccole e indifese?
Per la prima volta in tutta la vita, Ryoken ebbe modo di scoprire che i mostri non erano solo quelli della sua stessa specie: anche l'essere umano, con poche gocce di cattiveria instillate nelle vene, poteva tramutarsi nel peggiore dei demoni.
Chiamò la polizia, denunciando in forma anonima quanto accaduto in quel luogo maledetto. Con un po' di fortuna, gli investigatori avrebbero attribuito la morte dei tre bastardi all'attacco di una belva feroce. Inoltre, il piccolo aveva perso i sensi e se anche l'avessero interrogato per avere informazioni, non avrebbe potuto in alcun modo ricordarsi di lui.
Ora andava tutto bene.
    (E allora perché se ne stava andando con un peso abnorme sul cuore?)


2

(Dieci anni dopo)

Gemeva al suo tocco. Da quando era diventato così sfrontato?
A dirla tutta, lo era sempre stato; a modo suo, con quegli sguardi complici e quei piccoli sorrisi, era sempre stato sfrontato. Ma adesso lo era diventato ancora di più e Ryoken provò un miscuglio di sentimenti diversi che premevano sulla sua gola, lì dove quel sangue scorreva in ogni direzione, infondendogli vita.
Avrebbe voluto staccarsi e guardarlo dritto negli occhi, perdersi in quelle iridi verdi e dirgli che non ce la faceva più. Che trovarsi perennemente in bilico lo stava dilaniando senza sosta, che aveva un disperato bisogno di risposte che tardavano ad arrivare.
Ma in fondo, andava bene anche così. Era ormai arrivato a un punto in cui pur di rimanere accanto a quel ragazzo che gli aveva tanto sconvolto la vita, avrebbe sopportato ogni cosa.
Anche quel giorno, avrebbe ascoltato la stessa, identica risposta. Anche quel giorno se ne sarebbe fatto una ragione. E anche quel giorno avrebbe atteso la notte successiva per reiterare ciò che li rendeva tanto loro in quel mondo che correva sempre troppo veloce.
Era in procinto di staccarsi da lui, quando Yusaku portò entrambe le mani sul suo capo, invitandolo tacitamente a sostare ancora un po' sul collo martoriato dai morsi.
Dopo mesi aveva ormai acquisito una resistenza incredibile, tanto che Ryoken poteva attingere ogni notte a una dose sempre maggiore di sangue, ma non era un bene.
Non lo era per nessuno dei due, perché avrebbe significato rendere Yusaku sempre più simile a lui e se ciò fosse accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato.
E alla fine riuscì a staccarsi, ancora più scombussolato di prima, con la mente e il cuore che vorticavano celeri, quasi volessero evadere da quel corpo sempre più pregno di emozioni calde e ustionanti, così in contrasto con il gelo della sua pelle e la lama affilata proiettata dal suo sguardo.
Si concesse qualche secondo per riprendere fiato, meravigliosamente sazio e appagato, mentre Yusaku estraeva un cioccolatino dalla scatola adagiata sul mobiletto scuro. Lo scartò e lo portò alla bocca, tornando poi a stendersi sul letto e chiudendo gli occhi dopo aver poggiato il capo sul cuscino.
Era stato più intenso del solito. Quella notte Ryoken si era sentito parte di una cosa immensa e inquantificabile, un sussurro di universo grande quanto un'intera costellazione.
Forse perché Yusaku diventava sempre più simile a lui ogniqualvolta lo invitava ad affondare i canini nella sua carne e Ryoken tendeva sempre più a vederlo come il suo compagno di vita, anche se questo avrebbe significato strappare Yusaku alla sua vita umana e incastrarlo in un'esistenza che non gli apparteneva.
    (Come ci erano arrivati a quel punto? Quale incredibile potete aveva avuto Yusaku su di lui, per diventare il suo unico chiodo fisso?)
Il fatto che anche quella notte non avrebbe ricevuto alcuna risposta, lo indispettì. Ma c'era comunque un copione da seguire, per cui…
    «Allora, questa notte mi dirai tutto quanto?» domandò, lo sguardo fisso sulla sua figura pallida.
Yusaku aprì gli occhi e si voltò verso di lui. Sorrise.
    «Sì, questa è la notte in cui ti racconterò tutto quanto».
Gli si mozzò il respiro in gola. Ryoken sgranò gli occhi e non riuscì a proferire parola alcuna, completamente affossato da una miriade di sensazioni che non sapeva identificare.
Non se lo aspettava. Si era ormai così abituato a restare in bilico, su quel filo sottilissimo che non si spezzava mai
    (oscillava e oscillava e oscillava, ma riusciva a reggere il peso dell'attesa senza indebolirsi con lo scorrere del tempo)
che ora, a un passo dalla scoperta della verità, si sentiva disorientato e perfino spaurito.
E in un attimo, giusto il tempo di sbattere le palpebre, rivisse tutti i momenti che avevano portato lui e Yusaku in quel preciso istante, stesi su quel letto a giurarsi amore eterno a modo loro.
    (Mesi e mesi e mesi ridotti a un piccolo singulto, uno sfilaccio di tempo sottile e a tratti invisibile).


3

I tried to fight
For so many years I've tried
You brought me back to life
Changed my world
Guided me

Era un giorno di inizio primavera come tanti. L'anno scolastico era da poco cominciato e lui si stava pian piano riadattando alla vita umana.
Per dieci anni aveva mutato la sua forma, prima in quella di un lupo bianco e poi in quella di una tigre bianca, vivendo in foreste lontane che non avevano nulla a che vedere con tutta quella caoticità cittadina; necessitava prima di riprendersi e ponderare ogni sua singola mossa, poiché in soli dieci anni Den City era diventata a tratti irriconoscibile, come una storia riscritta dall'inizio dopo aver buttato giù più della metà dei capitoli, e sentiva di aver perso l'unico appiglio che aveva col mondo umano.
Nonostante l'orrore a cui aveva assistito dieci anni addietro, Den City brillava sempre di luce propria e lui aveva deciso di ripartire proprio da lì. Il suo aspetto era quello tipico di un ragazzo di diciotto anni, quindi frequentante l'ultimo anno delle superiori e in procinto di affacciarsi poi al mondo dell'università. Per qualche anno sarebbe stato in grado di reggere il gioco, poi se ne sarebbe andato da qualche altra parte — in America, con ogni probabilità — e avrebbe fatto perdere le proprie tracce.
Non che qualcuno avrebbe dovuto legarsi a lui al punto tale da imprimere il suo volto nelle pareti dell'anima, ovviamente. Non era certo sua intenzione avvicinarsi così tanto agli umani, doveva solo ritrovare il suo posto nella società e poi se ne sarebbe andato per la propria strada. Niente legami, niente amicizie, solo conoscenze di frivola durata.
    (Quanto si sbagliava).
Accadde proprio in quel momento, proprio quando doveva ancora abituarsi alla divisa scolastica blu e la vita umana gli sembrava ancora lontana e inafferrabile; proprio quando si era imposto di dare il meno possibile nell'occhio, proprio quando si stava preparando mentalmente al suo primo giorno di scuola come studente del liceo: avvertì dei passi, lenti e strascicati, a pochi metri da lui. Dei passi che quasi si perdevano tra la folla immobile davanti al semaforo,
perché non si attraversa col rosso, lo sapeva anche lui.
Eppure c'era qualcuno che evidentemente non aveva prestato attenzione al colore del semaforo ed era in procinto di mettere a repentaglio la propria vita nel modo più sconsiderato possibile.
Ryoken impiegò un attimo ad agire: si fece largo tra la folla indifferente e strinse le dita attorno al polso sottile di quella figura alta e snella, facendola voltare e attirandola a sé. Si rivelò essere un ragazzo che indossava la sua stessa divisa scolastica e, a giudicare dal colore della cravatta, doveva frequentare il primo anno.
Ma non fu quello a catturare l'attenzione di Ryoken; ciò che più gli si impresse sottopelle, infatti, furono le iridi verde chiaro che si incastrarono nelle proprie in un contatto visivo che durò mille anni in un secondo. Fu un attimo, solo e soltanto un attimo, eppure qualcosa si smosse in lui, qualcosa di antico e profondo, che non aveva mai provato in vita propria.
    «Stavi per attraversare col rosso» riuscì a dire meccanicamente, quasi avesse perso l'uso corretto della parola.
Il ragazzo continuò a fissarlo senza dire una parola
    (c'era una storia immensa che si stava animando dietro le sue iridi, qualcosa che a Ryoken era ancora proibito)
e poi incurvò le labbra in un piccolo sorriso, lieve come il tratto di una matita sottile.
    «Ti ringrazio» rispose, assolutamente tranquillo. «Alcune volte capita di perdermi nei miei pensieri e non bado a ciò che mi circonda».
Ryoken inarcò un sopracciglio. «Dovresti prestare più attenzione, invece. Hai rischiato molto prima, te ne rendi conto?»
Il ragazzo sorrise ancora.
«Ma tu mi hai salvato».
Quella risposta lo spiazzò. Poi un brivido di freddo sconquassò l'intero corpo del ragazzo e Ryoken capì immediatamente che doveva trattarsi della loro vicinanza prolungata
    (lui era gelo perenne anche nelle tiepide mattinate di primavera)
e quindi si staccò, un po' a malincuore e con mille domande che vagavano incessanti nella sua mente.
    «Beh, vedi di stare più attento in futuro, va bene?» si limitò a dire, affondando le mani nella tasche dei pantaloni ora che non potevano più affondare nella carne del ragazzo. Questi sorrise per la terza volta e Ryoken si sentì completamente perso, calciato via dal mondo che credeva di conoscere e intrappolato in un luogo che lo metteva in estrema soggezione.
    «Ci proverò. Grazie ancora per il tuo aiuto».
    (E tu chi sei in realtà?)


4

Yusaku Fujiki, così si chiamava quel ragazzo dagli occhi verdi, alcune volte era colto da dei blackout che gli offuscavano la mente, come se entrasse in un mondo tutto suo fatto di mostri e oscurità angosciante. Lo sguardo si adombrava e lui si estraniava completamente da tutto ciò che lo circondava, tanto che poteva anche attraversare le strisce pedonali col rosso senza rendersene conto — e questo Ryoken lo sapeva fin troppo bene.
Yusaku gli aveva spiegato che si trattava delle ombre del suo passato che alcune volte lo raggiungevano ancora e Ryoken non aveva potuto fare a meno di pensare che quel ragazzo, con ogni probabilità, non avesse avuto un'infanzia felice. Ma non aveva indagato oltre, si era limitato ad annuire e a proteggerlo con lo sguardo
    (Yusaku forse non se ne rendeva conto, ma aveva calamitato tutte le attenzioni di Ryoken su di sé in un battito di ciglia).
Era stato inevitabile avvicinarsi a lui a scuola, tra un intervallo e l'altro e soprattutto durante le ore trascorse insieme al club di informatica. Ryoken era sempre stato affascinato dalla tecnologia umana e dopo dieci anni trascorsi lontano dalla civiltà, sentiva il bisogno di tornare al passo coi tempi.
Gli bastò la prima lezione per avere un quadro generale di tutti i progressi che l'essere umano aveva fatto durante la sua assenza e ancora meno per capire che Yusaku non se lo sarebbe mai più tolto di dosso, dall'anima soprattutto.
Non sapeva spiegarsi come o perché, ma quel ragazzo aveva la situazione in pugno e questo lo faceva precipitare in un vortice senza fine di brividi e desiderio.
L'ultima volta che aveva perso il controllo, l'aveva fatto a causa della rabbia; ora era arrivato un sentimento completamente nuovo a distruggerlo dall'interno e non aveva bisogno di darsi una motivazione precisa, semplicemente sapeva già nell'inconscio che Yusaku sarebbe stato l'unico a soddisfarlo del tutto, a farlo stare bene.
Yusaku che, nella placidità più assoluta, durante il loro terzo incontro al club di informatica gli fece intendere di aver compreso la sua vera natura.
    (E di non temerla affatto).


5

Erano rimasti soli nell'aula di informatica. Tutti gli altri membri del club se ne erano andati già da un po' e a Ryoken, in quanto senpai del terzo anno, erano state affidate le chiavi per chiudere la porta una volta usciti.
“Yusaku, dobbiamo andare” avrebbe voluto dirgli, ma era troppo impegnato a divorarlo con gli occhi per tenere a bada i canini, i quali premevano per essere liberati e affondare in quel collo invitante.
Yusaku aveva tantissime aperture e non c'era proprio nulla nel suo atteggiamento che desse l'impressione di volerle coprire modificando il suo modo di fare, la postura o il linguaggio del corpo. No, Yusaku era ciò che Ryoken definiva una preda consapevole, ovvero qualcuno che decide di propria sponte di lanciarsi contro le fauci del predatore con il serio intento di lasciarsi divorare pezzo dopo pezzo.
Nella penombra di quella stanza, si ritrovarono improvvisamente vicini, così tanto che i loro petti quasi si sfioravano e i loro respiri si miscelavano tra loro in un punto d'incontro a metà strada tra le loro labbra. Ryoken non proferì parola quando Yusaku avvicinò le mani a lui, giocherellando con la catenina che indossava e che si era sempre premurato di nascondere sotto la stoffa dei vestiti.
Quando Yusaku iniziò a rigirarsi l'anello solare tra le dita, il quale fungeva da ciondolo alla catenina, Ryoken capì. Vi era curiosità nei suoi gesti, ma anche tanta prudenza e un accenno di devozione.

    (Era come se gli stesse tenendo il cuore tra le mani).
    «Vuoi venire a casa mia, questa notte?» domandò Yusaku, alzando lo sguardo.
    «Mi darai il permesso di entrare?» domandò a sua volta Ryoken, instaurando il contatto visivo con quegli occhi che lo facevano interiormente impazzire.
Yusaku sorrise e Ryoken avrebbe voluto mordere e dissetarsi di quel sorriso.
    «Certamente».


6

Ryoken quella notte non entrò dalla porta di ingresso. Sapeva che l'avrebbe trovata chiusa a chiave e che Yusaku l'avrebbe direttamente aspettato sul piccolo balcone della sua camera da letto.
E infatti lo trovò lì, un po' tremebondo, che attendeva il suo arrivo fuori al freddo — era primavera di giorno e inverno di notte.
Ma tutto il patimento di Yusaku sfumò nel nulla nel momento in cui Ryoken gli fu vicino. Il ragazzo indossava un pigiama blu che si intonava perfettamente ai suoi occhi e ai suoi capelli e a Ryoken parve, mentre lo osservava per un attimo, la creatura più bella del mondo.
Avrebbe voluto abbracciarlo forte e proteggerlo, ma gli erano impossibili entrambe le cose: il suo corpo era freddo come il ghiaccio e mai avrebbe potuto scaldarlo e presto i suoi canini sarebbero affondati in quella carne tanto agognata, come poteva proteggerlo da se stesso?
Fu Yusaku ad azzerare le distanze tra loro: lo prese per mano e lo invitò a entrare, a colmare quella stanza vuota con la sua presenza, a dirgli tacitamente “sono tuo”.
Ryoken avrebbe voluto porgli un'infinità di domande: come avesse fatto a intuire la sua vera natura, come mai non ne fosse spaventato e soprattutto perché si stesse offrendo spontaneamente a lui. Come aveva fatto a capire che fosse sul punto di morire di fame, quando lui si era tanto impegnato a nasconderne i sintomi davanti agli esseri umani.
Da quando era tornato alla civiltà, non aveva ancora toccato una goccia di sangue. Per dieci anni, nella forma del lupo e della tigre, aveva cacciato solo e soltanto animali, abituandosi così al loro sapore. Ciò che l'aveva spinto a tramutarsi in un animale e ad allontanarsi dalla società risaliva proprio all'ultima volta che del sangue umano gli aveva invaso la bocca.
E ora, dopo tanti anni, era quasi sul punto di provare il terrore di perdere il controllo un'altra volta ancora. Ma in questo caso non per la rabbia, bensì per il puro e atavico desiderio di possedere Yusaku nel modo più intimo possibile.
Caddero sul letto morbido e Ryoken, con dita febbricitanti, cominciò a sbottonare la camicia del pigiama di Yusaku, scostandogli poi il colletto. Nel chiaro di luna che invadeva la stanza, poteva vedere quanto il ragazzo fosse rilassato, come se non avesse atteso altro in vita propria.
“Puoi ancora tirarti indietro” avrebbe voluto dirgli, attingendo alle ultime briciole di autocontrollo che ancora possedeva. Ma era conscio che Yusaku avrebbe finto di non udire le sue parole e allora tanto valeva conservare quelle briciole per ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
E quando affondò i canini nella sua carne, fu come immergere il corpo nell'acqua calda dopo ore intere di fatiche. Fu come tornare in vita dopo aver vagato nelle tenebre più profonde, un bellissimo fiore scarlatto in grado di nascere dal cemento.
Era il sangue più puro che avesse mai saggiato. Una fonte di energia inestimabile, calda e dolcissima.
Yusaku gemette sommessamente e subito dopo il suo intero corpo fu scosso da fremiti sempre più intensi. Ryoken dovette attingere a tutto il proprio autocontrollo per staccarsi da quel collo e quando ciò accadde si sentì vuoto all'improvviso.
Quando guardò Yusaku negli occhi, però, ecco che quel vuoto tornò riempirsi di tutte le meraviglie del mondo.
    (Occhi verdi colmi di appagamento e gratitudine).
    «Grazie» sussurrò Yusaku, sorridendo con amore.
E ancora una volta, Ryoken non poté che rimanere incantato dalla straordinarietà di quel ragazzo. Chi mai ringraziava il proprio predatore per avergli portato via parte di sé?
    «Grazie a te» rispose, estraendo un piccolo involucro dalla tasca della giacca. «Tieni, mangia. È un cioccolatino, ti aiuterà a recuperare le energie».
Solo in quel momento si rese conto di quanto Yusaku fosse esausto, tanto che non riuscì nemmeno a scartare il cioccolatino con le proprie mani. Ryoken lo fece al posto suo e lo imboccò, fremendo quando le labbra di Yusaku gli sfiorarono la punta delle dita.
Mentre il ragazzo gustava il cioccolatino in silenzio, Ryoken osservò rapito i due piccoli fori sul suo collo.
    (Glieli aveva fatti lui. Ed era stato il primo. Perché Yusaku aveva voluto che fosse così, che le cose andassero in quel modo. Chi era, in realtà, quel ragazzo all'apparenza tanto innocente?)
    «Come mai?» domandò Ryoken all'improvviso, nel momento in cui Yusaku finì di mangiare il cioccolatino. «Perché tutto questo?»
Voleva capire, poiché il non comprendere lo stava divorando dall'interno. Yusaku sorrise ancora e si accoccolò accanto a lui, facendogli tacitamente intuire che poteva restare, che non gli importava di sopportare il gelo della sua pelle, lo voleva lì accanto per il resto della notte e basta.
    «Te lo dirò, ma non oggi» rispose, poggiando il capo contro il suo petto. «Quando arriverà il giorno, saprai ogni cosa. Promettimi solo che resterai accanto a me fino a quel momento…»
Istintivamente, Ryoken lo strinse forte a sé. Nonostante il gelo. Nonostante la vita giacesse accanto alla morte. Nonostante la sua purezza d'animo gli stritolasse il cuore.
    «D'accordo. Te lo prometto».

Quella fu la loro prima notte insieme. La prima di tante.


7

I'm free
You are my saviour
I'm free
You are my guiding soul

Era arrivato il momento. Dopo mesi trascorsi a nutrirsi di lui, della sua vita e del suo amore, ecco che tutto stava per giungere a una svolta e niente sarebbe più stato come prima.
Yusaku allungò una mano verso Ryoken, toccando la collana che indossava e avvicinando l'anello solare alle labbra.
    (So cosa sei e non ho paura).
E Ryoken attese, trepidante, desideroso di scoprire tutta la verità.
    «Dieci anni fa sono stato rapito» iniziò a raccontare e subito Ryoken sentì il letto sparire sotto il suo peso, una voragine dai denti aguzzi al posto del morbido materasso.
    (Cielo, Yusaku, che traumi hai subìto quando eri solo un bambino?)
    (Ma lo sapeva già. In cuor suo, forse, l'aveva sempre saputo).
    «Avevo all'incirca sei anni quando accadde. Rimasi rinchiuso per mesi interi in una stanza piccola e sporca, con pochissimo da mangiare e diverse persone che venivano a farmi visita quasi tutti i giorni: possibili acquirenti. Ma nessuno ha mai pensato di comprarmi, forse perché ero troppo magro e debilitato, non lo so. A ogni modo…»
Si interruppe un attimo, stringendo forte l'anello solare tra le dita. «… gli uomini che mi avevano rapito erano dei tossici che guadagnavano soldi illeciti tramite il traffico di esseri umani. Soprattutto bambini. E io… io più di una volta ho creduto che sarei morto di fame lì, tra quelle mura tanto anguste, perforato dalle mie stesse ossa e in preda alle allucinazioni».
Liberò l'anello solare dalla sua stretta convulsa e le sue labbra sottili tremarono appena. Si guardarono negli occhi e Ryoken gli si avvicinò, stringendolo forte a sé.
    «Tutto questo gelo… a me non fa paura. Perché è lo stesso che mi ha fatto tremare dieci anni fa, che mi ha fatto capire di essere ancora vivo. Quando ero solo un bambino… tra le tue braccia… tu mi hai salvato. E non solo me: hai salvato altri cinque bambini che oggigiorno sono riusciti a rifarsi una vita e andare avanti. Siamo tutti quanti ancora spaventati per ciò che abbiamo subìto, ma siamo vivi grazie a te».
Respirò a fondo prima di proseguire: «All'inizio credevo di essere in preda alle allucinazioni dovute alla fame. Ma quella notte riuscii a scorgere la tua figura e ti vidi nel momento in cui… ti sei nutrito del sangue di quegli uomini. Non lo dissi alla polizia, ovviamente, anche perché non sapevo se ciò che avevo visto fosse reale o meno, ma quando tornai a scuola riuscii a estrapolare qualche informazione: mentii alla maestra dicendole che avevo avuto un incubo e le raccontai ciò che avevo visto quel giorno. Così lei mi disse che, con ogni probabilità, avevo sognato un vampiro».
Era la prima volta che Yusaku dava una forma concreta alla vera essenza di Ryoken. Era la prima volta che gli diceva esplicitamente so che tu sei un vampiro. E fu anche la prima volta in cui Ryoken si sentì completamente esposto dinanzi un essere umano pensando a quanto fosse giusto.
Era lui. Il bambino che aveva stretto tra le proprie braccia dieci anni addietro, la creatura fragile e denutrita a un passo dalla morte, l'innocenza perduta a causa di belve travestite da esseri umani. Ryoken quella notte aveva seguito odori e miscugli disgustosi, era giunto dinanzi un luogo degli orrori e in preda alla rabbia si era nutrito di sangue contaminato dall'alcol, dalle droghe e dalla cattiveria assoluta. Aveva liberato il mondo da tre parassiti e aveva stretto forte Yusaku a sé prima di andarsene e trascorrere i dieci anni successivi a disintossicarsi da quel trauma, a cercare di andare avanti e ritrovare il controllo perduto.
La saggezza della tigre bianca gli aveva suggerito poi di tornare dagli umani, di dare loro una nuova possibilità, ma mai avrebbe pensato di ritrovare proprio quel bambino, la creatura che tanto l'aveva scosso nel profondo dell'animo dieci anni addietro.
    «Ti ho cercato per tanto tempo…» sussurrò Yusaku, senza riuscire a trattenere un singulto. «Volevo… rivederti e fare qualcosa per te. Perché so che cosa significa morire di fame, l'ho provato per mesi interi sulla mia stessa pelle. E questa primavera, quando stavo per attraversare le strisce pedonali col rosso e tu mi hai fermato… l'ho avvertito di nuovo: lo stesso gelo che dieci anni fa mi ha fatto capire di essere ancora vivo. Eri tornato e io mi sono sentito così felice, come se fossi rinato un'altra volta ancora».
E ora Yusaku piangeva. Piangeva con tutta la sua innocenza riflessa negli occhi, una sensibilità che Ryoken trovò meravigliosa.
    «Ryoken… io non ti ho mai dimenticato. Non ho mai smesso di sperare che un giorno ci saremmo ritrovati e che avrei finalmente potuto salvarti allo stesso modo in cui tu hai salvato me. Volevo davvero fare qualcosa per te…»
E l'aveva fatto. Yusaku si era mantenuto puro per lui e il suo sangue irresistibile ne era la prova inconfutabile.
Ora come non mai Ryoken si rese conto di quanto quel ragazzo gli fosse stato devoto per anni interi, senza neanche sapere se un giorno si fossero ritrovati. Ryoken per primo non credeva avrebbe mai stretto nuovamente a sé il bambino che aveva salvato in quella notte tremenda, e invece ecco che ora lo bramava come compagno di vita, perché giorno dopo giorno Yusaku si era fatto strada nei suoi sentimenti, mettendo radici nel cuore
    (lo stesso cuore che Ryoken non avrebbe mai pensato potesse battere per qualcuno).
    «Ciò che hai fatto per me in questi mesi è quanto di più bello mi sia mai capitato nella vita, Yusaku. Sei il motivo per cui credo ancora nell'umanità. E per questo non ti ringrazierò mai abbastanza».
Rimasero abbracciati per minuti interi, senza più dirsi nulla, persi in un gelo che a modo suo li scaldava e univa fin nelle ossa. Chi l'avrebbe mai detto che un vampiro come lui, un giorno, avrebbe perso la testa per un essere umano così sensibile.
Ma, in fin dei conti, erano fatti per stare insieme proprio per questo, perché si completavano a vicenda.
C'era solo un'ultima cosa da fare, ed era la più importante fra tutte.
E se fossero andati fino in fondo, poi non sarebbero più potuti tornare indietro.


8

    «Yusaku».
Lo chiamò piano, un sussurro che si perse nel silenzio della notte. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quell'importante rivelazione, ma sicuramente era già abbastanza per tornare a parlare e confrontarsi ancora.
Yusaku alzò lo sguardo su di lui, le lacrime secche sul viso e un sorriso dolce nascosto nell'incurvatura delle labbra.
Ryoken gli carezzò i capelli, lo stesso gesto che avrebbe voluto compiere dieci anni addietro nei confronti del bambino che aveva salvato.
    «All'inizio non volevo arrivare a questo punto. Immagino l'abbia avvertito anche tu che manchi ormai poco alla tua trasformazione: ogni volta che ti mordo, una parte di me fluisce in te, in attesa di essere risvegliata. Dovrei smettere di nutrirmi del tuo sangue per almeno un anno, se vogliamo cancellare queste tracce. Ma immagino che tu non lo voglia».
    «Affatto. Io voglio restarti accanto».
    «E lo stesso vale per me. E se tu sei sicuro di ciò, se vuoi davvero diventare come me ed essere il mio compagno… ne sarei onorato».
Si staccò da lui, invitandolo ad alzare il busto. Si tolse la collana e la aprì, facendo cadere l'anello solare nel palmo della mano. Poi prese quella sinistra di Yusaku e gli infilò l'anello nell'anulare.
    «Questo ora è tuo» disse.
Gli esseri umani lo chiamavano matrimonio, ma nel loro caso le fedi non possedevano alcun potere sovrannaturale. Gli anelli solari, invece, erano ciò che permetteva a un vampiro di vivere anche alla luce del sole senza tramutarsi in cenere tra atroci sofferenze. E Ryoken aveva appena donato a Yusaku l'anello che aveva indossato per secoli interi. Perché lo amava ed era come avergli offerto il proprio cuore.
    «Ma… questo è il tuo…»
    «Non ti preoccupare, noi vampiri ne abbiamo sempre uno di riserva. E un giorno te ne farai forgiare uno anche tu. Ma questo è un'altra cosa. Questo non è solo un anello solare, è la prova del mio amore per te. Ti sto donando ciò che mi ha protetto per secoli interi e io ora sono vulnerabile, perché la mia priorità sei tu».
Avvicinò le labbra alle sue e poi le sfiorò. Fremettero entrambi.
    «Se accetti il mio amore, rimane solo una cosa da fare. Ma non potremo più tornare indietro, lo sai, vero?»
Yusaku sorrise, un'incurvatura pregna di consapevolezza e serenità.
    «Lo so. Ma il tuo amore è ciò che desidero e non potrei mai rifiutarlo. Voglio essere il tuo compagno di vita e stare con te, qualunque cosa accada».
Non fu necessario aggiungere altro. Semplicemente, Ryoken si avvicinò al suo collo e lo morse un'altra volta ancora, con l'intento di marchiarlo molto più in profondità. Presto Yusaku si sarebbe addormentato e, una volta riapriti gli occhi, avrebbe avuto sete. Molta sete.
E Ryoken avrebbe vegliato su di lui e gli avrebbe offerto il suo sangue senza remora alcuna, proprio come aveva fatto Yusaku per tutti quei mesi.
E in ogni gesto, in ogni morso, in ogni più piccolo gemito, c'erano parole nascoste che li avrebbero tenuti uniti per altre mille vite.
    (Ti amo).

All I need is you



N.d.A.

Questa storia la potrei quasi definire il motivo per cui amo così tanto Ryoken e Yusaku come coppia: il concetto di salvezza, di ragione di vita, di devozione, di amore incondizionato… c'è praticamente tutto.
Okay, io punto i riflettori su una chiave di lettura decisamente romantica, ma è innegabile che questi due sottoni siano legati in maniera indissolubile.
Prima di lasciarvi al mega spiegone, vi dico solo che erano ANNI che desideravo usare My Saviour in una storia, ancor prima di scoprire questa ship, ma non l'ho mai fatto perché volevo utilizzarla in una storia per me importante, e non così a cuor leggero, quindi sono estremamente felice di aver finalmente trovato lo scritto adatto per la portata di questa canzone.

Dunque, più o meno tutti sanno del passato traumatico di Yusaku: è stato rapito (insieme ad altri cinque bambini, tra cui Jin e Miyu) per degli esperimenti legati alle intelligenze artificiali e il suo aguzzino è nientepopodimeno che Kiyoshi Kogami, ovvero il padre di Ryoken.
Ryoken diventa la voce di speranza di Yusaku nel corso di quei sei mesi di inferno: gli infonde coraggio, gli resta accanto, gli parla per alleviare il suo dolore arrivando al punto di rottura in cui non ce la fa più e si ribella al padre, facendo una denuncia anonima alla polizia.
E tutto questo avviene quando Ryoken aveva otto anni e Yusaku sei, praticamente due bambini traumatizzati a vita.
Yusaku infatti non ne esce bene: soffre di disturbo da stress post-traumatico, di notte è divorato dagli incubi e tutto ciò che lo tiene ancora in vita è proprio colui che è diventato la sua ragione per continuare a vivere durante i sei mesi d'inferno, ovvero Ryoken.
I dieci anni successivi di Yusaku sono una perenne ricerca di Ryoken, di colui che lo ha salvato, della sua voce di speranza, perché è fermamente convinto che anche Ryoken sia una vittima degli esperimenti e vuole salvarlo a tutti i costi allo stesso modo in cui Ryoken ha salvato lui.
Insomma, Ryoken è la ragione di vita di Yusaku e non sono io a dirlo perché li shippo con tutta me stessa, è proprio il canon che lo dice e well, non ho mai avuto una OTP così intensa, madò.

Comunque, dicevo, penso sia palese dunque come ho rielaborato il canon: qui Yusaku è stato rapito da dei trafficanti di esseri umani e le condizioni pessime in cui riversa non sono poi tanto dissimili da quelle del canon, visto che nella serie durante gli esperimenti riceveva la scossa ed era privato dei pasti se perdeva un duello.
Ryoken qui è un vampiro e soprattutto non va contro il suo stesso padre per salvare Yusaku (rido perché l'unica volta in cui Kiyoshi non è colpevole è perché non è proprio presente all'interno della storia, MA OKAY), ma rimane comunque il fatto che lo salva dalla prigionia e fa la fatidica chiamata anonima alla polizia per prestare soccorso ai bambini.
Poi ancora, Yusaku è l'unico tra le vittime a sapere di Ryoken, anche se ne ignora l'identità e, di conseguenza, la sua ragione di vita diventa proprio trovare Ryoken per salvarlo a sua volta: nella serie perché credeva che anche lui fosse una vittima degli esperimenti, in questa storia perché ha capito che si tratta di un vampiro e vuole dunque offrirgli la propria vita per saziare la sua sete.
Quindi sì, nelle mie storie Ryoken sarà sempre il salvatore di Yusaku e Yusaku sarà sempre il salvatore di Ryoken; sono l'uno l'ancora di salvezza dell'altro e ribadisco che non sono io a dire queste cose così, perché mi va, è proprio il canon che lo dice.

Quindi ecco come ho attinto dal canon per scrivere questa storia, aggiungendo poi alcuni elementi tipici (o almeno credo) di una Vampire!AU, tra cui l'anello solare, il fatto che a furia di mordere la stessa persona per tanto tempo questa possa trasformarsi in vampiro, il fatto che per entrare in una stanza i vampiri debbano essere invitati dal proprietario della suddetta, il sangue irresistibile di chi è puro (e sì, è un chiaro riferimento alla verginità di Yusaku) e anche il fatto che i vampiri possano trasformarsi in diversi tipi di animali — e per Ryoken non potevo non scegliere il lupo bianco ma, soprattutto, la tigre bianca, che per me è il suo animale per eccellenza.

HO FINITO, LO GIURO.
Mi sono svenata per scrivere questa storia (dato che siamo in tema) e spero davvero che sia stata di vostro gradimento.
Alla prossima!

M a k o

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Capitolo 9
*** September ***


September

Stappiamo lo champagne, chiamiamo l'orchestra, spariamo i fuochi d'artificio (se sforiamo col budget, mi accontento dei coriandoli): SONO UFFICIALMENTE IN PARI CON LA RACCOLTA!
Da ottobre in poi pubblicherò solo la OS relativa a quel mese e insomma, meglio tardi che mai!
Sono davvero felice di essere finalmente in pari, senza contare che questa OS mi ha fatta stare proprio bene mentre la scrivevo, nonostante le tematiche affrontate.

Prima di lasciarvi allo specchietto, vi dico solo che il titolo della storia è ripreso pari pari, parola per parola da ciò che Yusaku dice a Ryoken durante il loro secondo duello — che per me vale come dichiarazione d'amore e nessuno mi potrà mai convincere del contrario.
Inoltre, se avete presente le OS A Mark On My Soul e After Rain, la situazione vi apparirà subito abbastanza chiara — ma in caso contrario, non vi preoccupate, fa lo stesso.
Vi auguro buona lettura!


September: Hurt/Comfort
Prompt forum: “In questo momento ho bisogno di un'unica cosa: un abbraccio. Un gesto antico quanto l'umanità” (Paulo Coelho) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo
Note: Modern!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate



You are able to save me
and
I am able to save you




1

Stava per scoppiargli la testa. In quel momento desiderò ardentemente trovarsi a casa, al caldo, nel posto giusto e con la persona ancora più giusta. Non ne poteva più.
Aveva raggiunto un livello di stress e tensione che rischiava di compromettere in maniera importante la sua salute psicofisica e lui, da bravo testardo quale era, aveva stretto i denti ed era andato avanti come se niente fosse, dando l'illusione di essere quello di sempre, un giovane uomo impossibile da scalfire.
    (Uomo. Umano. E proprio per questo, in realtà, molto più fragile di quanto si possa immaginare).
Ryoken sospirò, perdendosi nella speranza che quell'esalazione sconfortata potesse colmare il vuoto dell'auto e tenergli un po' di compagnia, ma questa sparì all'istante e lui rimase nuovamente solo. Solo coi suoi pensieri, i suoi tormenti e le sue preoccupazioni.
Non voleva accendere la radio perché sarebbe stato peggio: anche a basso volume, aveva un mal di testa talmente atroce che ogni singola parola uscita dalla bocca di un anonimo speaker l'avrebbe mandato nel pallone — e lui stava guidando in una strada alquanto trafficata, quindi era meglio non rischiare.
Nemmeno la musica avrebbe potuto alleviare tutto lo stress che provava. A dirla tutta, in quel momento, l'unica cosa che desiderava era la quiete, la pace interiore che si respira dopo essersi rintanati tra le proprie quattro mura.
Desiderava con tutto se stesso tornare a casa il più presto possibile.


2

Ce l'aveva fatta. Finalmente aveva parcheggiato la macchina in garage, era sceso dalla vettura e presto sarebbe rientrato in casa. Il sole era quasi completamente tramontato e, per l'ennesima volta, Ryoken si rese conto di essersi trattenuto troppo al lavoro: aveva trascorso ore infinite davanti lo schermo di un computer a digitare codici e ragionare sugli innumerevoli progetti che l'azienda per cui lavorava stava portando avanti.
Era considerato uno dei migliori nel campo della realtà virtuale, ma c'erano volte, come quella sera, in cui avrebbe preferito essere un impiegato qualunque che passava inosservato, un volto anonimo tra la folla. Spiccare e occupare una posizione di rilievo era stato il suo obiettivo fin dall'inizio e ne era felice; ma se questo significava dover sacrificare tutto il resto, provava una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Suo padre non c'era più, ma per anni gli aveva inculcato insegnamenti di cui faticava ancora a liberarsi.

Come, ad esempio, il fatto che fare carriera e ricoprire un ruolo di prestigio fosse la cosa più importante nella vita, l'aspirazione massima, ciò a cui un uomo non doveva rinunciare per nulla al mondo. Ryoken ci aveva fermamente creduto per tantissimo tempo.
    (Poi però aveva incontrato Yusaku e le sue priorità erano drasticamente mutate).


3

Quando entrò in casa, fu accolto dal buon profumo della cena e dal calore che risiedeva tra quelle quattro mura. La linea di demarcazione più netta ed evidente tra il mondo esterno e l'intimità della casa era proprio questo: chiudersi la porta alle spalle e lasciare fuori il gelo dell'autunno per addentrarsi in quel rifugio colmo di amore e meraviglia.
Perché, ancor prima delle luci accese, della tavola apparecchiata e dello sfrigolare delle padelle sul fuoco, era il profumo della cena a invadergli i sensi, a dirgli che Yusaku era a casa, a pochi metri di distanza da lui, e che aspettava solo di essere raggiunto e farsi abbracciare forte.
E quando ciò accadde, quando finalmente poté poggiare le mani sui suoi fianchi e stringerli con garbo, Ryoken si lasciò completamente andare come mai aveva fatto in vita propria. Fu nuovo, diverso, un tipo di reazione del tutto inesplorato. E forse riuscì a spaventarsi proprio per questo, nonostante avesse le energie prosciugate.
Di solito, quando tornava a casa e trovava Yusaku intento a preparare la cena, lo osservava mentre si voltava per accoglierlo con un sorriso e poi, indipendente da ciò che Yusaku stava facendo — mescolare la zuppa, condire l'insalata o preparare le uova strapazzate —, Ryoken lo sollevava da terra prendendolo per i fianchi e girava intorno almeno due volte. Amava il modo in cui Yusaku si sorprendeva, come se fosse sempre la prima volta; e amava il modo in cui rideva per poi avvolgergli le braccia intorno al collo e cercare immediatamente le sue labbra per unirle alle proprie.
    (Un quadro perfetto, puro e immacolato).
Ma questa volta andò diversamente, perché Ryoken era talmente
    (distrutto, estenuato, sciupato)
stanco che non riuscì a fare nulla di tutto ciò e, paradossalmente, il sorriso di Yusaku gli diede il colpo di grazia.
Perché avrebbe dovuto proteggere quel sorriso anche quel giorno e sapeva che, invece, non ci sarebbe riuscito. Non quella volta. E che questo avrebbe sicuramente allarmato il suo ragazzo, l'ultima cosa che Ryoken avrebbe voluto fare in vita propria.
E pesava. Pesava davvero tanto.


4

Stava per crollare. Proprio lì, davanti al suo amore, senza dargli spiegazione alcuna. Anziché sollevarlo da terra, Ryoken fece vagare le mani sulla sua schiena e poggiò il capo sulla sua spalla, un appiglio accogliente che lo fece sospirare di sollievo.
Le gambe erano in procinto di cedere, ma si impose di rimanere in piedi, quasi volesse mettere radici in quel punto esatto della cucina. Avrebbe voluto dire tantissime cose, ma era troppo
    (distrutto, estenuato, sciupato)
stanco anche solo per pronunciare il suo nome.
E non voleva portare Yusaku con sé, non voleva che affondasse con lui, ma non riusciva a staccarsi da quel porto sicuro, dal calore del suo corpo e dal profumo dei suoi capelli.
Yusaku sospirò e Ryoken si sentì così in colpa per essersi ridotto in quello stato che per un attimo temette di aver fallito in tutto nella vita.
    «Ryoken… vieni, sediamoci sul divano».
Non seppe in che modo, ma grazie al sostegno di Yusaku riuscì miracolosamente a recarsi in salotto e sedersi sul divano. Da quando Yusaku era diventato così forte? Lo sosteneva senza emettere un fiato e l'aveva affiancato per quel breve tragitto con una determinazione fuori dal comune. Come se sapesse esattamente cosa doveva fare.
Proprio come si comportava Ryoken ogniqualvolta era Yusaku ad avere bisogno di aiuto.
Frattanto, l'emicrania era peggiorata. Le tempie erano sul punto di esplodere e il loro pulsare incessante era a dir poco insopportabile.
Seduto sul divano, con gli occhi socchiusi e il respiro pesante, vide Yusaku staccarsi da lui e allontanarsi di poco.
    «Arrivo subito» lo informò mentre si toglieva il grembiule. «Vado a spegnere i fornelli e poi sarò di nuovo da te».
Ryoken annuì meccanicamente e a fatica contò i secondi che lo separavano dal ritorno di Yusaku. Era talmente distrutto che si sarebbe addormentato sul divano nel giro di un battito di ciglia; al contempo, però, il mal di testa era così opprimente che gli impediva di lasciarsi andare al sonno.
Che situazione sgradevole — e, ancora di più, il fatto che Yusaku dovesse assisterlo per cosa, poi? Per un mal di testa? Bastava così poco per metterlo al tappeto? Da quando era diventato così debole?
Quasi non si accorse che Yusaku fosse tornato, sedendosi accanto a lui; quando però il ragazzo gli prese garbatamente il volto tra le mani e avvicinò le labbra alle sue, in un solo attimo Ryoken si sentì alleggerito di tonnellate e tonnellate di stress e tensione. Non poteva desiderare di meglio, prima di assumere la medicina: la vicinanza della persona che amava, la sua comprensione e il suo supporto.
Fu un bacio dolce, lento, pregno di amore. Un bacio che Ryoken percepì in maniera ancora più intensa poiché tenne gli occhi chiusi, concedendosi qualche attimo per riposare la vista.
    «Sei bellissimo» sussurrò a fine bacio, dopo aver riaperto lentamente gli occhi e aver messo a fuoco la sua figura.
Yusaku sorrise, arrossendo appena. «E tu sei devastato» gli disse, attirandolo a sé e facendogli poggiare il capo contro il petto.
Il battito cardiaco regolare che gli rimbombava nelle orecchie era l'unico suono che a Ryoken non dava fastidio. Perché significava che Yusaku stava bene e questo per lui aveva la priorità.
Un sorriso rassegnato gli incurvò le labbra nel constatare che sì, era davvero tanto devastato
    (distrutto, estenuato, sciupato)
e per un attimo non seppe come uscirne e ne ebbe paura.
Ci pensò Yusaku ad aiutarlo: «Finisco di preparare la cena, così poi potrai prendere la pastiglia per il mal di testa, va bene? Vorrei dartela subito, ma non puoi prenderla a stomaco vuoto…»
Ryoken si rilassò un poco, sospirando. «Resisterò».


5

Mentre assaporava la zuppa di miso e addentava un pezzo di tamagoyaki, Ryoken si domandò cosa sarebbe successo quella sera se fosse rincasato in un appartamento vuoto. Rifletté su cosa avrebbe fatto se fosse stato da solo e ne concluse che si sarebbe accontentato di un pasto veloce per prendere quella maledetta pastiglia e poi sarebbe filato dritto a letto. E il giorno dopo si sarebbe svegliato alle sette in punto, si sarebbe preparato e sarebbe andato al lavoro, pronto a distruggersi per un'altra giornata intera.
Con Yusaku, invece, stava accadendo l'esatto opposto: non aveva ancora assunto la pastiglia, ma già il solo fatto di gustarsi una cena casalinga nella quiete più assoluta in compagnia della persona che amava aveva in parte lenito il pulsare doloroso alle tempie; inoltre, Yusaku non aveva ammesso replica alcuna quando gli aveva suggerito — o forse era meglio dire imposto — di rimanere a casa dal lavoro il giorno successivo e pensare solo a riposarsi.
In altre circostanze, Ryoken non avrebbe mai e poi mai contemplato una soluzione simile. Per suo padre, poi, sarebbe stata una scelta da vigliacchi.
Cielo, doveva smetterla di fare paragoni. Non avevano alcun senso e soprattutto non gli facevano bene.
Ryoken non avrebbe mai pensato che un giorno Yusaku capitombolasse all'improvviso nella sua vita e, soprattutto, non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di lui. Eppure era successo. Era successo e, ironia della sorte, Yusaku era distrutto eppure, solo e soltanto lui, era riuscito a salvare Ryoken dalla spirale asfissiante nella quale si stava inabissando giorno dopo giorno.
Prendersi cura di Yusaku era stato ciò che lo aveva salvato. Ciò che gli aveva fatto capire cosa fosse l'amore.
    (Quello vero).
E che non era una perdita di tempo.
Nulla, assolutamente nulla del tempo trascorso con Yusaku era andato sprecato. E ora non gli restava altro che affidarsi completamente a lui.


6

Dopo aver preso la pastiglia per il mal di testa e aver avvisato chi di dovere che il giorno successivo sarebbe rimasto a casa, Ryoken si sentì improvvisamente più sollevato. Era sazio, i muscoli erano molto meno tesi e una piacevole leggerezza si era insinuata nella sua testa, benevola e lenitiva.
Si sedette sul divano e attese pazientemente che Yusaku finisse di lavare i piatti — si era offerto di aiutarlo, ma il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni e gli aveva detto di riposarsi.
Da quando Yusaku era così… autoritario? Non sapeva bene come definirlo, ma sicuramente qualcosa in lui era cambiato e Ryoken lo trovava affascinante. Voleva scoprirlo, saperne di più a riguardo. Perché aveva come l'impressione che si fosse perso un passaggio, qualcosa di importante a cui avrebbe invece dovuto prestare attenzione.
Quando Yusaku tornò da lui, pareva lo stesso di sempre. Ma il modo in cui lo prese per mano e lo aiutò ad alzarsi dal divano era così nuovo che Ryoken ne rimase colpito. C'era come una strana trepidazione in lui, qualcosa di curioso e indecifrabile.
Solitamente la sera guardavano un film accoccolati sul divano, ma per quella volta avrebbero lasciato da parte gli aggeggi elettronici — Ryoken aveva spento il suo smartphone dopo aver visto quante e-mail di lavoro gli erano giunte da parte dalla SOL Technologies. Non ne poteva più.
Sarebbero andati a letto presto. Una buona occasione per coccolarsi e parlare sottovoce. Inoltre, Ryoken voleva saperne di più. Di Yusaku e del suo atteggiamento tanto deciso.


7

Fu come coricarsi su una soffice nuvola. A Ryoken era bastato poggiare il capo sul cuscino per provare questa sensazione, ma non si sarebbe addormentato, non nell'immediato almeno. Yusaku era steso accanto a lui, le dita delle loro mani intrecciate, i loro sguardi incatenati e i loro respiri vicinissimi.
L'abat-jour sul comodino di Yusaku era acceso ed era più che sufficiente a illuminare la stanza quel tanto che bastava per scorgere i particolari più importanti. E Ryoken voleva scoprirli tutti quanti, senza tralasciarne nemmeno uno.
Si rese conto che anche Yusaku era stanco. Quel giorno aveva seguito le lezioni universitarie di mattina, al pomeriggio aveva studiato, era andato a fare la spesa e poi verso sera aveva anche preparato la cena. Eppure non aveva esitato un attimo a prendersi cura di lui e coccolarlo, senza dare a vedere quanto fosse provato dopo una lunga giornata di impegni.
    (Ryoken in quel momento pensò che fosse meraviglioso).
    «Ora come stai?» gli domandò Yusaku mentre stringeva un po' più forte la sua mano.
    «Meglio. Almeno le tempie hanno smesso di pulsare… ti ringrazio».
    «Era il minimo che potessi fare». Poi lo sguardo di Yusaku si rabbuiò un poco. «Ryoken… nell'ultimo periodo stai lavorando troppo, te ne rendi conto anche tu, vero?»
Ryoken sospirò. «Lo so. Ma ce la posso fare, davvero—»
   «Sì, e tra qualche giorno tornerai a casa ridotto peggio di come sei ora» sbottò Yusaku, alzando gli occhi al cielo. «Io non voglio che questo accada».
    «Yusaku…»
Il ragazzo lo interruppe: «Ricordi tutto quello che hai fatto per me e che continui a fare per me?»
E Ryoken non poté che annuire.


8

Certo che ricordava quei momenti. Erano stati i più significativi della sua vita, quelli che avevano avuto un impatto così forte da mutare drasticamente la sua ragione d'essere.
Yusaku non stava bene, ma non era una malattia passeggera la sua e soprattutto le medicine per curarla erano estremamente delicate e bisognava impegnarsi per mantenerle integre giorno dopo giorno. Era un percorso tortuoso e complicato, quello nel quale Ryoken si era inoltrato. Perché avere a che fare con una persona che soffriva di depressione, aiutarla e sostenerla, era quanto di più difficile avesse mai affrontato in vita propria.
La
    (Bestia Senza Volto)
depressione era subdola, tremenda e manipolatrice.
Faceva di Yusaku — della sua emotività soprattutto — ciò che voleva, intossicava i suoi pensieri con veleni mortiferi e insidiava voci sconosciute nella sua testa che gli sussurravano con cattiveria quanto fosse insulso, inutile, assolutamente inadatto alla vita.
Per Ryoken, vedere la persona che amava diventare sempre più l'ombra di se stessa ogni giorno che passava era dilaniante. E per la prima volta, di tutti gli insegnamenti che suo padre gli aveva inculcato nel corso del tempo, non sapeva proprio che farsene.
Salire al vertice avrebbe aiutato Yusaku a guarire? Ottenere gratificazioni sul lavoro ed essere ammirato dai colleghi avrebbe permesso a Yusaku di stare meglio? Stare lontano da lui per concentrarsi sugli innumerevoli progetti aziendali gli avrebbe dato la forza di rialzarsi in piedi?
    (No. Assolutamente no).
Ma in una cosa suo padre aveva ragione: mettici tutto te stesso sempre, in ogni momento.
E così aveva fatto. Si era impegnato sia al lavoro che a casa, non aveva mai fatto mancare nulla a Yusaku ed era arrivato a imboccarlo pur di assicurarsi che mangiasse qualcosa perché a un certo punto Yusaku aveva iniziato a rifiutare il cibo e ad avere sempre meno appetito.
Ryoken aveva sempre dato il massimo senza mai risparmiarsi, diviso tra la casa e il lavoro, tra l'amore della sua vita e quella che un tempo era l'unica aspirazione a cui mirava che, se messa a confronto con ciò che provava per Yusaku, si riduceva a un microscopico granello di polvere.
Che senso aveva trovarsi al vertice se poi la persona che amava continuava a stare male? Il benessere di Yusaku era diventato la sua priorità e fu proprio questo a segnare Ryoken come uomo: perché per la prima volta aveva scelto con la propria testa, senza lasciarsi condizionare dal volere di un padre che non c'era più e che, tra l'altro, non aveva mai accettato Yusaku nella sua vita.
    (Sta con te solo per i soldi).
    (È una distrazione).
    (Ti rovinerà).
Non era vero. Non era assolutamente vero.
Eppure a quelle cattiverie era arrivato a crederci proprio Yusaku, e quante volte Ryoken l'aveva abbracciato forte per impedire che aprisse la porta di casa per uscire dalla sua vita. Quante volte gli aveva dimostrato di amarlo e quante volte Yusaku l'aveva dimostrato a lui nonostante tutte le sue paure, i suoi traumi e le sue insicurezze.
Poi un giorno le cose cambiarono. Yusaku aveva iniziato un percorso di psicoterapia, assumeva un farmaco che gli procurava un po' di sonnolenza ma che gli faceva comunque bene e si stava pian piano riappropriando della propria vita.
Ryoken era orgoglioso di lui, di ogni più piccolo passo che muoveva verso la felicità, ed era onorato di potergli stare accanto. Ma non fu niente, proprio niente rispetto a ciò che avvenne una sera in cui tornò a casa dal lavoro e trovò le luci accese, la tavola apparecchiata e un profumo invitante che proveniva dalla cucina.
E quando vide Yusaku intento a preparare la cena, il suo cuore traboccò di una gioia impossibile da quantificare e, ne era certo, in quel momento Ryoken poteva definirsi l'uomo più felice del mondo. Perché se Yusaku stava preparando la cena significava che era uscito di casa per fare la spesa, che aveva passeggiato all'aria aperta, che si era preso cura di sé. Che finalmente un barlume di speranza era riaffiorato nel suo cuore.
Ryoken non gli diede il tempo di dire nulla: gli si avvicinò, lo prese per i fianchi e lo sollevò da terra
    (cielo, quanto era magro).
Poi girò su se stesso per due volte, con Yusaku che si lasciò scappare un gridolino di sorpresa e, subito dopo, iniziò a ridere genuinamente, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.
Quando Ryoken smise di girare, si stavano già baciando, stretti l'uno all'altro nel loro legame unico e speciale.
    «Ho preparato un po' di cose» disse Yusaku dopo aver salvato per puro miracolo le bistecche dall'essere bruciate — aveva dimenticato i fornelli accesi e si era lasciato un po' troppo andare con le effusioni quando Ryoken era rincasato.
    «Spero siano commestibili, non cucinavo da un po'…»
Ryoken osservò le diverse pietanze che Yusaku aveva preparato e, solo alla vista, gli parvero tutte invitanti, perfino le bistecche salvate per il rotto della cuffia. Poi notò un piccolo vassoio un po' in disparte rispetto a tutto il resto, coperto da un tovagliolo.
    «E quello cos'è?» domandò, indicandolo con un cenno del capo.
Yusaku arrossì appena. «Oh, quello… niente di che, ho preparato dei panini con la marmellata, nel caso tutto il resto dovesse rivelarsi un disastro».
Ryoken non poté fare a meno di ridere divertito a quella risposta. E una sensazione di meravigliosa speranza gli invase il petto.
Quella sera, dopo cena, fecero l'amore. Fecero l'amore e fu come rinascere insieme, senza mai smettere di tenersi per mano.
    (E alla fine mangiarono anche i panini con la marmellata come spuntino di mezzanotte. Perché certe esperienze bisognava concluderle in bellezza).


9

Ryoken non avrebbe dimenticato mai quei momenti. Così come ciò che accadde pochi giorni dopo, quando Yusaku gli disse che avrebbe ripreso a studiare all'università.
Tutto questo accadde circa l'anno addietro. E ora, dopo altri innumerevoli passi in avanti, Yusaku appariva davvero cambiato, e non solo perché aveva ripreso peso e colorito. Appariva cambiato in un modo che Ryoken non sapeva ancora spiegarsi, ma che già amava con tutto se stesso.
    (E si rese conto, come mai aveva fatto in vita propria, di avere un disperato bisogno di lui).
    «Lo sai che tutto ciò che ho fatto per te lo rifarei altre mille volte ancora» disse con voce un po' roca. All'improvviso parlare era diventato più difficile, ma non demorse.
    «Certo che lo so» rispose Yusaku, annuendo lievemente. «Ma lo stesso ora vale per me, solo che fatico a fartelo capire. Così ho pensato di lasciar da parte le parole e far parlare i fatti al posto loro».
Ryoken sorrise. Coi fatti Yusaku gli aveva già mostrato tanto.
    «Vuoi provare a parlarmene ora?» gli chiese mentre portava la mano libera a carezzargli la gota.
Yusaku annuì, socchiudendo gli occhi per quel caldo contatto. «Avevo notato già da un po' quanto il lavoro ti stesse assorbendo sempre di più ogni giorno che passava,» iniziò a raccontare con calma, senza tralasciare nulla, «e so quanto ci tieni, ti sei impegnato tanto per arrivare dove sei ora e la tua determinazione l'ho sempre ammirata. Ma… se penso che potranno esserci altre serate come questa, in cui tornerai a casa e quasi non ti reggerai in piedi, sto male. Non voglio che il troppo lavoro ti riduca in quello stato ancora una volta».
Qui Yusaku si fermò, conscio che nella mente di Ryoken si stava svolgendo un conflitto apocalittico. Per Ryoken sarebbe stato facile dirgli che le tempie avevano ricominciato a pulsare e lasciare tutto in sospeso fino alla mattina successiva; sarebbe stato facile, sì, ma non era da lui.
Il fatto era che lo sapeva. Era conscio che Yusaku avesse ragione e sapeva quanto fosse preoccupato per lui. Sapeva che nell'ultimo periodo il troppo lavoro lo stava schiacciando sempre più e si riscoprì essere un nessuno qualunque, uno tra i tanti, un volto anonimo tra la folla.
Suo padre aveva dimenticato di aver generato un altro essere umano e non un robot dall'energia illimitata. Che sacrificarsi così tanto per giungere in cima a una montagna dalla quale non si poteva ammirare alcun paesaggio, solo un'infinita distesa di nebbia grigia e densa non aveva alcun senso.
Era solo un grandissimo spreco.
    «Tu hai fatto così tanto per me che c'erano volte in cui non sapevo nemmeno da dove cominciare per ringraziarti» proseguì Yusaku dopo un po'. «Se eri stanco non lo davi mai a vedere e, soprattutto, non ti sei mai lamentato. Grazie. Grazie per ogni momento che mi hai dedicato».
Prendersi cura di Yusaku l'aveva cambiato. Gli aveva fatto capire che c'era anche altro nella vita e che dedicarsi alle persone amate ripagava sempre. Ma non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere il contrario, che i ruoli un giorno si sarebbero invertiti.
Yusaku si avvicinò un po' di più, tanto che per poco le loro labbra non si sfiorarono.
    «Quindi ora, permettimi di fare lo stesso con te. Sono diventato forte abbastanza per prendermi cura di te quando stai male. Forse non ti ripagherò mai a sufficienza per tutto quello che hai fatto per me in questi anni, ma almeno fammi cominciare. Tu sei in grado di salvare me e io sono in grado di salvare te».
Ryoken era rimasto senza parole. Un abnorme paradosso, visto e considerato che solitamente nella coppia era lui quello loquace mentre Yusaku tendeva a essere più taciturno. E per la prima volta qualcuno era stato in grado di togliergli tutto, ma nel modo più bello possibile.
Si avvicinò a sua volta, e finalmente le loro labbra si incontrarono. Si baciarono per minuti interi, senza più dirsi nulla, perché in fondo si erano già detti tutto — o quasi — e Ryoken aveva capito di avere davvero un disperato bisogno di Yusaku, di sentirlo accanto a sé e percepirne la morbidezza delle labbra. E soprattutto aveva bisogno di un suo abbraccio, di quel gesto antico quanto l'umanità in grado di farlo sentire ancora tutto intero.
    «C'è una cosa importante che ancora non ti ho detto» sussurrò Yusaku tra un bacio e l'altro e lì Ryoken avvertì nuovamente tutta la trepidazione che aveva colto prima, quando Yusaku l'aveva aiutato ad alzarsi dal divano, qualcosa di curioso e indecifrabile.
    (Assolutamente meraviglioso).
    «Ed è anche il motivo per cui desidero che non ti affanni più tanto al lavoro».
    «Dimmi».
    «Da lunedì inizierò a lavorare anch'io».
Ryoken sgranò gli occhi, colto del tutto alla sprovvista.
    «Quando…?»
    «Oh, è da un po' che cercavo un lavoro qui nei dintorni. Un part-time da gestire insieme allo studio e alle lezioni universitarie. Ora mi sento pronto e… ho trovato qualcosa».
Ryoken si fece tutto orecchi. «E cosa hai trovato?»
E Yusaku arrossì. Non velatamente, bensì in maniera alquanto marcata. «Hai presente il nuovo Rabbit Cafè che ha aperto a due isolati da qui? Cercano personale e così…»
Notando l'espressione di Ryoken — un misto tra sorpresa, malizia e altre cose indecifrabili ma fin troppo lascive —, Yusaku si affrettò subito a dire: «Ryoken, no. Non mi vestirò da coniglietto».
    «Ah, che peccato!» rispose con teatralità, come se stesse recitando in una tragedia.
Yusaku si lasciò scappare un risolino. «Però, davvero,» continuò tornando serio, «promettimi che prenderai in considerazione l'idea di lavorare meno, d'ora in avanti. Adesso ci sono anch'io e… non voglio più rimanere indietro».
Ryoken lo baciò un'altra volta ancora. «Lo farò, te lo prometto».
Se avesse lavorato di meno, avrebbe avuto più tempo per stare con Yusaku. Tutte quelle ore in più davanti allo schermo del computer le avrebbe invece trascorse insieme alla persona che amava. Poteva forse chiedere di meglio?
Si ripromisero di festeggiare a dovere la bellissima notizia nel week-end. Nel frattempo, prima di addormentarsi, Ryoken si divertì un sacco a stuzzicare Yusaku circa la sua nuova divisa da lavoro e a godersi ogni sua reazione imbarazzata.
Poi si lasciò cullare dall'unica cosa di cui necessitava in quel momento: un altro abbraccio da parte di Yusaku, la sua roccia, il suo porto sicuro.
    (Era bello perdersi tra le sue braccia, ora abbastanza forti per proteggerlo).
Per un attimo tornò con la mente a vagare in quell'universo alternativo in cui rincasava in un appartamento vuoto, privo di amore e di calore umano. No, non ce l'avrebbe mai fatta. Non sarebbe mai riuscito a sostenere una solitudine simile.
Il qui e ora erano diversi: era felice perché la persona che amava l'aveva salvato e lo proteggeva nel suo abbraccio.
E non avrebbe cambiato ciò per nulla al mondo.



N.d.A.

Io avrei davvero il mondo intero da dire, ma cercherò di essere breve: per me questa storia chiude un cerchio che è iniziato con A Mark On My Soul, è proseguito con After Rain e trova la sua conclusione qui, con questo ribaltamento dei ruoli che non è definitivo, semplicemente in questo momento è Ryoken ad avere bisogno di aiuto e Yusaku è in grado di aiutarlo.
Le due OS citate non sono collegate tra loro, così come non sono collegate a questa storia, ovvero: avvengono in universi e tempi diversi, ma hanno un filo conduttore che è quello in cui Ryoken salva Yusaku e gli fa capire che la sua vita è preziosa e che non ha nulla da temere, perché coi suoi tempi riuscirà a riemergere dall'abisso in cui è sprofondato.
Qui avviene l'opposto: Yusaku si preoccupa per la salute psicofisica di Ryoken e finalmente si sente in grado di aiutarlo e fare qualcosa per lui.
Perché per aiutare il prossimo devi prima stare bene tu e Yusaku è a un punto del suo percorso in cui riesce a reggersi e camminare sulle sue gambe, magari inciampando, ma trovando sempre la forza di rialzarsi.

La devozione che provano l'uno nei confronti dell'altro diventa sempre più palpabile a ogni storia che scrivo e devo dire che in tutto questo tempo sono cresciuta e continuo a crescere insieme a loro; tanto per dirvi che fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di riuscire a scrivere una storia di questo tipo, in cui è Yusaku a salvare Ryoken sotto ogni punto di vista, e invece…

Immagino abbiate notato che in questa storia, poi, ho chiamato la Bestia Senza Volto col suo vero nome, senza edulcorarlo: la depressione è qualcosa che mi ha lasciato il segno e probabilmente non se ne andrà mai, ma grazie a chi mi ha aiutata e continua a farlo sento che posso affrontarla con molta più risolutezza, quindi mi sembrava giusto chiamarla col suo vero nome.
Vi ringrazio per aver letto la storia e per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima!

M a k o

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Capitolo 10
*** October ***


October

Ottobre è quasi finito e io arrivo proprio all'ultimo con la OS di questo mese, ma meglio tardi che mai.
Vi dico solo che ci sono due motivi per i quali ho ritardato tanto la pubblicazione di questa storia: la sua lunghezza (è attualmente la OS più lunga della Raccolta) e le tematiche che affronta (e che io per prima non ho mai affrontato).

Credo dunque possiate immaginare quanto lavoro ci sia stato dietro, che non significa per forza che sia un buon lavoro, e infatti io temo di aver cannato malissimo, ma dettagli.
Lascio l'ultima parola a voi, sperando che sia positiva — ma, in caso contrario, va bene comunque.
Qui di seguito troverete lo specchietto, mentre noi ci ritroviamo più giù, a fine storia.
Buona lettura — spero!


October: Lightning
Prompt forum: La pioggia nelle sere d'autunno inganna, sembra solo acqua ed invece è ricordo. (orporick) (#Halloweek2023)
Rating: Arancione
Generi: Angst, Fluff, Introspettivo
Note: Modern!AU, Crossover, POV Yusaku
Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza (accennata)



Pioggia d'autunno



1

Quando Yusaku realizzò l'abnorme differenza che intercorreva tra la sua ordinazione e quelle di Yuma e Yuya, era ormai troppo tardi. Incurvò un po' le spalle e sperò soltanto che i due ragazzi non facessero domande a riguardo — in fondo lo sapevano che non aveva mai chissà quanto appetito — e che non iniziassero a fare strane insinuazioni sul suo conto.
Si sentiva un po' in colpa a dare libero sfogo a quei pensieri nella sua testa, ma quel giorno in particolare era talmente agitato per ciò che sarebbe successo quella sera che pensò fosse normale. O almeno così credeva.
Osservò Yuma e Yuya mentre continuavano a parlare con disinvoltura del più e del meno, come se non avessero dato peso alla sua ordinazione, e questo lo rincuorò. Poteva rilassarsi e godersi la colazione insieme ai suoi amici senza pensare ad altro…
    (Povero illuso).
    «Ma dicci un po', Yusaku…»
    (Come non detto).
La voce di Yuya gli si insinuò nelle orecchie con fare giocoso, come uno di quei trucchi di magia che al ragazzo seduto di fronte a lui riuscivano tanto bene.
    «Sì…?» domandò, cercando di apparire il più tranquillo possibile, probabilmente con scarsi risultati.
    «Come vanno le cose tra te e Ryoken? Sei emozionato per questa sera?»
    «Finalmente vi incontrerete dal vivo!» aggiunse Yuma in un'esclamazione di pura gioia, il volto modellato in un'espressione sognante e gli occhi cremisi che brillavano come due rubini appena lucidati.
Yusaku deglutì a vuoto. Parevano quasi più emozionati loro di lui, anche se sapeva che non era affatto così. Era solo che, a differenza di Yuma e Yuya, lui aveva qualche
    (mille)
difficoltà in più a esternare le proprie sensazioni.
    «Oh, beh, ecco…» cominciò a farfugliare, ma fu salvato dal tempestivo arrivo di Miyu che, in un vassoio stracolmo, aveva riposto con cura tutte le loro ordinazioni.
    «Spero sia tutto di vostro gradimento» disse, la voce dolce come il miele. «E… Yusaku, tienimi aggiornata riguardo questa sera, d'accordo?»
Yusaku desiderò ardentemente sprofondare. Non solo Yuma e Yuya, ora anche la sua migliore amica doveva rincarare la dose? La guardò in un modo che equivaleva a “non verrò mai più qui” e lei ridacchiò divertita.
    «Su, non fare così, sai che la pasticceria non può andare avanti senza i suoi clienti fidati» lo stuzzicò la ragazza, facendogli l'occhiolino. «E domani mattina mi aspetto di vederti con Ryoken!» concluse, prima di allontanarsi.
Yusaku desiderò sprofondare ancora di più rispetto a prima. Possibile che una notizia simile riguardo la sua vita privata paresse quasi di dominio pubblico? Le poche persone che sapevano cosa aveva in programma di fare quella sera erano tutte lì, eppure insieme apparivano quasi cento volte tanto — a testa, per di più.
Ed erano tutti e tre così entusiasti per quella serata che Yusaku si sentiva quasi sopraffatto, anche se sapeva che la loro euforia era da considerarsi del tutto genuina e dettata dall'affetto che provavano per lui. Lui che, finalmente, stava imparando di nuovo a lasciarsi andare e a fidarsi un po' di più del prossimo.
Anche se, forse, qualcuno stava approfittando un po' troppo delle sue vulnerabilità…


2

Quando, di preciso, si erano ribaltati i ruoli? Da quando erano Yuma e Yuya a tenerlo in pugno mentre lui non sapeva cosa fare per barcamenarsi in quel subbuglio emotivo che lo metteva in soggezione?
Erano trascorsi anni, ma Yusaku ricordava bene i lunghi pomeriggi passati a dare ripetizioni di matematica prima a Yuya e poi a Yuma, entrambi un disastro nelle materie scientifiche e a pochi passi dal rischiare la bocciatura fin dalle scuole medie a causa di teoremi ed equazioni che proprio non ne volevano sapere di essere compresi dai loro cervelli — i quali erano, senza ombra di dubbio, molto più portati per applicarsi su altro, come la recitazione e l'intrattenimento coi trucchi di magia per Yuya e lo studio dell'archeologia per Yuma.
Erano uno più disperato dell'altro e il primo a farsi avanti fu Yuya, quando frequentava la terza media e aveva una paura immensa di non essere ammesso alle scuole superiori a causa dei pessimi voti in matematica e scienze. Yuma chiese il suo aiuto l'anno successivo per lo stesso, identico motivo, e Yusaku a modo suo li prese entrambi sotto la sua ala non solo per aiutarli a essere ammessi alle scuole superiori, ma per restarci vivi e incolumi una volta entrati.
Furono anni davvero intensi. Anni in cui lui aveva detenuto il potere assoluto, in cui non appena vedeva che battevano la fiacca o si distraevano per un nonnulla riusciva a rimetterli in riga con una semplicissima frase: non vuoi essere bocciato, giusto?
Entrambi i ragazzi lo guardavano con occhi sgranati e negavano con cenni vigorosi del capo. Poi Yusaku proseguiva: bene, allora vedi di rifare l'esercizio da capo, e questa volta in maniera corretta.
Era stato severo con loro, non lo negava, ma se dopo anni sia Yuma che Yuya cercavano ancora la sua compagnia e lo supportavano al meglio delle loro capacità — perché sì, anche Yusaku spesso e volentieri necessitava di aiuto, in fondo era un essere umano come tutti gli altri —, significava che nonostante tutto gli volevano bene e gradivano trascorrere del tempo con lui.
    (Che si era instaurato qualcosa che andava oltre il rapporto scolastico, ormai cessato da tre anni per Yuya e due anni per Yuma. Quella parola incredibile che si pronuncia “amicizia”).
Anche se ora si stavano prendendo una doverosa rivincita dopo essere stati strapazzati per anni interi con teoremi e formule chimiche, tanto che se Yusaku era stato duro con loro ai tempi della scuola, ora loro si stavano rivelando amorevolmente invadenti nei suoi confronti.
E così, tra un “Questo l'hai ordinato tu o io? Non ricordo!” e l'altro, Yuma e Yuya si stavano dando un gran daffare per rendere ancora più vivace quella colazione da cui Yusaku sperava solo di uscire vivo e illeso, come se ora fosse diventato lui il ragazzino che cercava in tutti i modi di sopravvivere ai test di matematica e chimica delle scuole superiori. Il suo caffè amaro e la sua brioche vuota facevano a botte con un esercito di bignè, pasticcini, crostatine e biscotti di qualsiasi genere. Il tutto accompagnato da due tazze enormi di cioccolata calda, giusto per sottolineare maggiormente quanto Yuma e Yuya fossero golosi.
Yusaku non aveva giocato ancora il suo asso nella manica, però. Anche se, in tutta onestà, probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Anzi, senza il probabilmente. Non l'avrebbe fatto e basta.
Avrebbe potuto farli tacere con poco e rimetterli in riga come due soldatini ubbidienti. Dire loro che non gli erano sfuggite le sfumature romantiche che avevano iniziato pian piano a colorare il loro rapporto; di come spesso Yuma si perdesse a osservare Yuya con sguardo rapito e viceversa; di come alcune volte le loro mani si sfiorassero inavvertitamente e non ne facessero parola alcuna, solo piccoli sorrisi che affioravano genuini sui loro volti; di come fosse palese che fossero legati da qualcosa di unico e speciale, lo stesso tipo di legame che Yusaku avrebbe tanto voluto instaurare con Ryoken
    (o che forse esisteva già, ma lui non se ne rendeva ancora conto).
Mentre Yuma e Yuya decidevano come spartirsi il bottino, dato che non ricordavano chi avesse ordinato cosa, Yusaku ne approfittò per sorseggiare il suo caffè e accedere a Instagram per scorrere gli aggiornamenti delle ultime ventiquattr'ore. Quasi si strozzò con
quell'innocente sorso di caffè amaro quando si ritrovò davanti agli occhi l'ultima foto postata da Ryoken, tanto che Yuma e Yuya si voltarono allarmati nella sua direzione, almeno in un primo momento — poi realizzarono il motivo di tanto scompiglio e si rasserenarono: ordinaria amministrazione.
Certo che, tra tutti i momenti in cui poteva accedere a Instagram, forse Yusaku non aveva scelto quello più sicuro per i suoi ormoni…


3

Ryoken era bellissimo. In quello scatto, poi, lo era in maniera ancora più marcata, come se un velo di meraviglia si fosse adagiato con garbo su di lui per renderlo desiderabile in un modo che trascendeva tutto, senza inibizione alcuna.
Non guardava dritto nell'obiettivo, e forse era un bene, perché Yusaku si sarebbe sentito perforare da quegli occhi azzurri che in più di un'occasione si era ritrovato ad ammirare scorrendo le foto sul suo profilo Instagram, il quale era un tripudio di colori, delicatezza e al contempo sensualità, proprio come quell'ultima foto che quasi gli aveva fatto andare di traverso il caffè.
Difatti, Ryoken era a petto nudo. Non si vedeva, ma si poteva comunque intuire.
Cercando di ignorare i migliaia di like e commenti che quello scatto aveva ricevuto in meno di un giorno — suvvia, Ryoken lavorava come modello, ricevere apprezzamenti faceva parte del suo mestiere —, Yusaku fece la sua parte pigiando due volte sulla foto, lasciando a sua volta un cuore che per lui aveva tutto un altro significato.
    (Se pensava al fatto che quella sera l'avrebbe finalmente visto di persona, non riusciva a frenare la gioia e al contempo il terrore di rovinare tutto quanto. In particolare se pensava a tutti i crucci che si portava appresso e che lo rendevano talmente incasinato che alcune volte faticava a comprendersi lui per primo).
    «Immagino tu abbia visto la sua ultima foto» disse Yuya mentre addentava un biscotto al cioccolato.
    «Sì…» rispose Yusaku, il cuore a mille e una strana frenesia che aveva iniziato a scorrergli impazzita nelle vene e nelle arterie.
    «E sei sicuro di riuscire a sopravvivere questa sera?» domandò Yuma mentre si avventava su una crostatina alla crema pasticcera. Masticò, ingoiò, bevve un sorso di cioccolata calda e tornò a osservarlo con incredibile nonchalance.
Yusaku inarcò un sopracciglio. «Si può sapere da che parte state?» domandò a sua volta, anche se il suo era più un borbottio quasi inudibile.
    «Dalla tua, ovviamente!» esclamò Yuya, che con un trucco di magia stava spazzolando tutti i biscotti al cioccolato senza lasciarne neanche uno. «Ma se sei già paonazzo ora per una sua foto, penso sia normale che io e Yuma ci preoccupiamo per come sarai ridotto questa sera, quando lo vedrai di persona!»
    (Oh, ecco perché avvertiva le gote andare in fiamme. Era paonazzo, come aveva detto Yuya. Era paonazzo e aveva appena realizzato di avere reazioni alquanto spropositate quando si trattava di Ryoken, come arrossire violentemente, non riuscire a mettere insieme due frasi di senso compiuto, avere il cuore a mille… tutte cose normali, in realtà, ma che lui temeva di provare poiché gli erano sempre state estranee).
    «È che non ci aspettavamo che per il vostro primo appuntamento gli proponessi di venire a casa tua» proseguì Yuma mentre cercava di accaparrarsi un altro dolcetto prima che Yuya lo facesse sparire con un altro trucco di magia. «E se te lo stai chiedendo no, la scusa che dovrà fare un lungo viaggio per raggiungerti e che quindi sarà stanco dopo un'intera giornata di lavoro non ce la beviamo! Ehi Yuya, che fine hanno fatto i biscotti al cioccolato?»
Yusaku si morse il labbro inferiore, prendendosi qualche istante per replicare. Fu quasi assurdo, dopo ciò che aveva vissuto, dare una forma alle parole che si stavano pian piano materializzando nella sua testa, ma furono così liberatorie che dopo averle pronunciate si sentì improvvisamente più leggero.
    «Perché mi fido di lui. Tutto qui».
Yuma e Yuya interruppero il frivolo battibecco nato a causa della sparizione dei biscotti al cioccolato e lo osservarono entrambi in silenzio, con una punta di solennità negli sguardi.
    «Ora come stai?» gli chiese Yuya dopo un po'.
Yusaku sapeva bene a cosa si riferiva. Perché ciò che aveva ammesso — ovvero fidarsi di Ryoken — aveva un significato talmente importante che faceva quasi male. Yusaku sapeva che con quella domanda Yuya voleva intendere ciò che si celava sotto il tessuto dei vestiti, che risiedeva malefico e incancellabile sul suo ventre. La prova tangibile dell'aver riposto la propria fiducia nella persona sbagliata, più di un anno addietro, e di essere stato a un passo da una fine tragica e irreversibile.
I ricordi del passato, per un attimo, ebbero quasi il sopravvento, spaventandolo, facendolo sentire solo e disarmato. Poi pensò a Ryoken, al modo gentile e spontaneo col quale si era approcciato a lui, al realizzare poco per volta che sì, anche un ragazzo inarrivabile come Ryoken poteva interessarsi a un comune essere umano come lui, era assolutamente normale
    (e meraviglioso)
e siccome l'interesse era reciproco, tanto valeva provarci insieme, giorno dopo giorno, a portare avanti tutto quanto, qualunque cosa fosse, così indefinito e al contempo eccezionale.
Ripensò al fatto che, nel periodo buio che aveva preceduto l'incontro con Ryoken, Yuma e Yuya gli fossero rimasti accanto senza che lui avesse chiesto loro di muovere un dito. A come Miyu gli portasse sempre qualche dolcetto per accompagnarlo con una buona tazza di caffè amaro. A come avesse scoperto che le lunghe passeggiate non erano poi così male, se si sapeva dove andare.
Non guidava un'auto da più di un anno. Ed erano rarissime le volte in cui saliva su un mezzo pubblico. Ormai si affidava quasi esclusivamente a muovere i muscoli delle gambe, anche se sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare le proprie paure a cuore aperto.
Ciò che era capitato in quell'incidente, mentre scappava da chi aveva detto di tenerci a lui e che invece si era rivelato un demonio, l'aveva portato a chiudersi in se stesso e rifuggire la possibilità di conoscere persone nuove, ad aprirsi al mondo e fare le proprie esperienze di vita. Se non fosse stato per Yuma e Yuya che avevano tanto insistito nella creazione di qualche account sui diversi social media in modo tale da poterlo taggare nelle foto di gruppo, probabilmente non avrebbe mai trovato Ryoken. E in quel momento si rese conto che a loro doveva tanto, tantissimo, qualcosa di inestimabile.
Si toccò il ventre e riuscì a percepire ciò che lo sfregiava anche attraverso il tessuto dei vestiti. Ma non se ne preoccupò. Non in quel momento, almeno.
    «Sto bene. Grazie».
E sia Yuma che Yuya sapevano che quel grazie valeva anche per tutte le volte in cui gli erano rimasti accanto senza mai chiedere nulla in cambio.


4

Prima di salutarsi, Yuya propose di scattare una foto da caricare su Instagram. E Yusaku, nonostante il subbuglio emotivo che l'aveva sbatacchiato da una parte all'altra durante quella mattina, incurvò le labbra in uno dei sorrisi più belli che avesse mai fatto in vita propria.
Il like di Ryoken non tardò ad arrivare.


5

Prima di tornare a casa, Yusaku si fermò in un konbini per fare compere. Ryoken aveva proposto di cucinare una pietanza thailandese per quella sera e lui aveva acconsentito di buon grado, curioso anche di scoprirne il sapore, dato che non l'aveva mai assaggiata.
Così Yusaku avrebbe acquistato gli ingredienti e Ryoken avrebbe portato con sé tutti i giochi horror per la PlayStation che possedeva, giusto per restare in tema con l'arrivo imminente di Halloween. Inoltre, il cielo cupo e nuvoloso rendeva ancora più suggestiva quella giornata, anche se Yusaku sperò con tutto se stesso che nessun temporale colpisse Den City quella sera.
    (Non sarebbe stato accontentato. Ma, in compenso, avrebbe scoperto cosa significava amare davvero qualcuno. Ed essere amato).


6

Yusaku trascorse il pomeriggio a dare una sistemata all'appartamento e, in più di un'occasione, a osservare il paesaggio con fare preoccupato oltre il vetro della finestra. Ogni volta che puntava lo sguardo al cielo, questi appariva sempre più cupo e minaccioso, a tratti pesante, come se fosse in procinto di cascare sul mondo e spezzarsi in miliardi di frammenti grigio scuro affilati come rasoi.
Quando Ryoken gli inviò un messaggio dicendogli che nel giro di cinque minuti sarebbe salito in macchina per partire, Yusaku trasse un profondo respiro e gli rispose forse con il messaggio più difficile — e al contempo importante — della propria vita: Mi raccomando, presta attenzione.
Non voleva apparire morboso o troppo apprensivo nei suoi confronti, ma Ryoken ancora non sapeva dei suoi orribili trascorsi e il fatto che avrebbe dovuto guidare per circa un'ora prima di raggiungerlo non lo lasciava del tutto tranquillo. Quando rispose, Yusaku contò fino a tre prima di aprire il messaggio. Ma non poté fare a meno di sorridere nell'immediato leggendo ciò che Ryoken gli aveva scritto: Non ti preoccupare, lascio il telefono nello zaino e mi concentrerò solo sulla strada. Grazie per il pensiero. Ci vediamo tra poco… non vedo l'ora di abbracciarti.
    (Il desiderio era assolutamente reciproco).


7

Quando Ryoken arrivò, il cielo cupo stava ormai scaricando le sue ire sul mondo da una ventina di minuti. Frattanto, il cuore di Yusaku fece una capriola nella cassa toracica e il ragazzo si affrettò ad aprire la porta.
Fu incredibile e meraviglioso al tempo stesso: fino a un attimo prima stava aspettando Ryoken, non l'aveva mai visto dal vivo e agognava poterlo toccare — probabilmente per assicurarsi che non fosse solo frutto della sua immaginazione — e nel giro di un istante era diventato tutto reale poiché Ryoken era lì, davanti a lui, che gli sorrideva e lo attirava a sé e lo abbracciava forte, con la pioggia d'autunno in sottofondo e un calore immenso che esplodeva nei petti di entrambi.
Se quell'abbraccio fosse durato in eterno, Yusaku l'avrebbe accettato con una tranquillità fuori dal comune. Si sentiva protetto e desiderato e in tutto questo lui e Ryoken non si erano ancora detti una parola. E andava bene così.
Quando sciolsero la stretta dei loro corpi per guardarsi negli occhi, calò un impercettibile velo di imbarazzo che fu quasi subito sostituito dai loro sorrisi.
    «Sei qui…» sussurrò Yusaku, allungando una mano verso il suo viso. La poggiò sulla gota, carezzandola con amore, quasi avesse il timore di deturparne la bellezza con un tocco più deciso.
Ryoken socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel contatto caldo e rassicurante.
    «Sono qui» rispose a sua volta, senza smettere di sorridere.
Avevano rotto il ghiaccio anche dal vivo. Ora non restava che proseguire insieme in quella notte accompagnata dalla pioggia d'autunno.


8

Nel giro di qualche minuto, il clima tra le quattro mura cambiò radicalmente: era come se convivessero da anni e Ryoken fosse tornato a casa dal lavoro come tutte le sere e Yusaku l'avesse aspettato per preparare la cena con lui.
    (Come se stessero insieme da sempre, da una vita più quella precedente).
Nonostante Yusaku gli avesse detto di portare solo i giochi per la PlayStation e di non preoccuparsi per le altre cose, Ryoken aveva fatto di testa sua e gli aveva regalato una cover nuova per il cellulare e aveva anche acquistato un sacco di dolcetti a tema Halloween per la serata. Che fossero dolcetti che poteva permettersi nonostante il suo lavoro oppure fossero uno sgarro a tutti gli effetti, Yusaku non lo sapeva. Ma si ritrovò felice nel condividere quel piccolo segreto insieme a lui, indipendentemente dalla sua entità.
Quando Ryoken si tolse il cappotto pesante per sistemarlo sull'appendiabiti, Yusaku perse per un attimo la capacità di parlare e deglutì a vuoto. Si appuntò mentalmente che i maglioncini con il collo alto gli donassero tantissimo e poi gli fece fare un breve tour dell'appartamento, che si risolse in due minuti scarsi ma alquanto intensi, soprattutto quando entrambi indugiarono qualche istante in più davanti la piccola camera da letto che li avrebbe accolti quella notte.
Non ne avevano parlato apertamente, ma era sottinteso che avrebbero dormito insieme e nel rammentarlo Yusaku avvertì un fremito pizzicargli il collo e poi percorrergli la spina dorsale. Fremito che, con ogni probabilità, aveva avvertito anche Ryoken.
Un lampo brillò oltre il vetro della finestra e Yusaku trasalì.
    «Tutto bene?» gli chiese Ryoken, sempre accanto a lui.
    «Sì, non ti preoccupare…» gli rispose, scrollando il capo. «Prepariamo la cena?» domandò poi, cercando di allontanare entrambi il più possibile da ciò che il lampo avrebbe portato con sé — un fulmine che non tardò ad arrivare.
Ryoken sorrise e Yusaku, per la prima volta dopo tanto tempo, non ebbe timore di sentir rimbombare nei timpani quel fragoroso suono proveniente dall'esterno. Almeno in quel caso.
    «Buona idea».


9

Tom Kha Soup. Era il nome della zuppa thailandese che Ryoken aveva proposto di cucinare per quella sera. Era un piatto ricco, pregno di sapori e profumi che si miscelavano tra loro creando un connubio delizioso. Ma la cosa più bella era avere Ryoken lì, che cucinava accanto a lui e gli raccontava della sua giornata dopo che Yusaku gli aveva chiesto come fosse andata.
Voleva imprimere quei momenti nelle pareti del cuore e non staccarli mai più da lì, dei quadri colorati che raffiguravano ritratti di speranza e romanticismo. E poi accadde. Ryoken interruppe ciò che stava facendo — scaldare l'olio di cocco in una padella — e si voltò verso Yusaku, guardandolo dritto negli occhi in un modo che lasciava trapelare tutto il desiderio che provava nei suoi confronti. Come se gli stesse tacitamente dicendo “non riesco più ad aspettare” e Yusaku, ricambiando il suo sguardo, gli lasciò intendere che per lui valeva lo stesso.
Avevano smesso di parlare, forse anche di respirare; le pareti intorno a loro sfumarono pian piano, come se il tempo si stesse accartocciando su se stesso, e un attimo dopo si ritrovarono più uniti che mai, meravigliosamente avvinghiati, cuori emozionati che battevano all'unisono.
Fu il loro primo bacio. E accadde in un luogo impensabile, quantomeno per Yusaku, perché mai avrebbe immaginato di baciare qualcuno nella cucina del suo piccolo appartamento, nell'intimità delle sue quattro mura, in quel posto che il più delle volte lo isolava con fare benevolo dal resto del mondo.
Invitare qualcuno lì era come offrirgli ospitalità al centro del cuore. E si rese conto proprio in quell'istante, mentre il bacio si faceva sempre più intenso e audace, che con Ryoken era capitato proprio questo, che gli aveva implicitamente detto “accomodati, spero ti troverai bene qui”.
    (Perché sai, io ho tanta paura, anche se cerco di non darlo a vedere).
Yusaku si strinse più forte a Ryoken e si domandò cosa sarebbe successo se quella notte avessero fatto l'amore. Una parte di sé lo desiderava come un uomo sperduto nel deserto alla disperata ricerca di acqua fresca, mentre l'altra temeva che, scavando sotto la superficie, Ryoken avrebbe potuto allontanarsi da lui. Avrebbe chiesto a Ryoken di farlo con le luci spente, ma in ogni caso le mani del ragazzo avrebbero comunque vagato sul suo corpo e, una volta giunte al ventre, le avrebbero sentite… e forse avrebbe ritratto le mani, disgustato, e Yusaku non gliene avrebbe fatto nemmeno una colpa.
Fu in quel momento che realizzò quanto fossero diversi, un paradosso che aveva sempre avuto davanti agli occhi ma che aveva finto di non notare: Ryoken era perfetto, il suo corpo era privo di cicatrici, lavorava come modello e riceveva un sacco di apprezzamenti tutti i giorni; lui invece aveva un fisico che preferiva nascondere, per il quale provava anche vergogna a causa di ciò che lo deturpava, segni indelebili di una fiducia mal riposta che l'avrebbero accompagnato per tutta la vita.
Mentre Yusaku era fatto per restare nell'ombra, Ryoken era fatto per splendere alla luce del sole e illuminare le giornate.
Non seppe cosa lo fece trasalire: se il boato di un altro fulmine che aveva squarciato a metà il cielo grondante pioggia oppure la mano di Ryoken che era scesa sul suo ventre, lasciva e delicata al tempo stesso. Forse entrambe le cose. Ma sussultò così violentemente che Ryoken si staccò da lui e ritrasse la mano subito dopo, come se temesse di averlo ferito in qualche modo.
    «Scusami» si affrettò a dire, e dal modo in cui i suoi occhi apparvero allarmati, Yusaku intuì che stesse pensando al peggio, di essersi comportato malissimo nei suoi confronti e di aver fatto una pessima impressione. «Sono stato troppo avventato, non volevo—»
    «No, non è colpa tua» lo rassicurò Yusaku, avvertendo gli occhi pizzicare — accidenti, ci mancava solo questa. «È che—»
Un altro fulmine, ancora più minaccioso del precedente, lo portò a serrare gli occhi di scatto, facendolo tremare.
    «L'ho notato anche prima… hai paura dei fulmini?»
Nel tono di voce di Ryoken non vi era alcuna traccia di scherno, solo tanta voglia di capire il suo stato d'animo e comprendere al meglio la situazione.
Yusaku riaprì lentamente gli occhi, il cuore ridotto a un rottame sbatacchiato e le lacrime che premevano per sgorgare e rigargli le gote.
«Più che dei fulmini, ho paura dei ricordi… di quella volta… oh, avrei dovuto parlartene prima…»
Stava per crollare, ormai del tutto affossato dal senso di impotenza che provava, pesante come un macigno. Si diede mentalmente dello stupido per essere stato zitto, per non aver mai raccontato a Ryoken la verità.
Cosa gli era saltato in testa? A Yuma e Yuya quella mattina aveva detto che si fidava di lui, quindi perché non si era confidato? Perché non lo aveva reso partecipe di ciò che aveva patito più di un anno addietro e che continuava ancora a condizionare la sua esistenza?
Aveva rovinato tutto. E si sentì spaccato a metà, come se ciò che sfregiava il suo ventre si fosse riaperto, intenzionato a non rimarginarsi più. Una lacrima solitaria evase dal suo controllo e lui tremò un'altra volta ancora.
Ryoken spense il fornello sul quale stava scaldando l'olio di cocco nella padella e si avvicinò a lui, asciugandogli la lacrima solitaria e baciandogli la fronte.
    «Vuoi parlarmene ora?» domandò, e Yusaku si ritrovò ad annuire, avvertendo un senso opprimente di sconfitta farsi strada in lui.
Non voleva perderlo. Per niente al mondo. Ma doveva anche affrontare la realtà una volta per tutte.


10

Si sedettero sul divano, l'uno accanto all'altro, coi giochi della PlayStation che aveva portato Ryoken perfettamente impilati sul tavolino di fronte a loro. Yusaku aveva lo sguardo basso e si mordeva con fare agitato il labbro inferiore, Ryoken invece lo osservava in religioso silenzio.
Frattanto, la pioggia continuava a imperversare sul mondo esterno e i fulmini tagliavano a metà il paesaggio cittadino, illuminandolo e squarciandolo al tempo stesso. Yusaku tremò ancora e Ryoken gli prese le mani tra le proprie, carezzandole con amore.
    «Più di un anno fa conobbi un ragazzo» cominciò a raccontare, fissando le loro mani. «Si chiamava… si chiama Keisuke e non credo di essermi mai innamorato veramente di lui, ma provavo comunque un sentimento che pensavo fosse reciproco. Abbiamo iniziato a frequentarci e all'inizio andava tutto bene: lui era simpatico, gentile, divertente… e in più di un'occasione ho pensato che fosse proprio un bravo ragazzo e mi sono fidato di lui. Ma c'era un problema: Keisuke beveva. Beveva tanto. E quando si ubriacava diventava irascibile e alzava le mani. All'inizio si è impegnato a tenerlo nascosto, diceva che non voleva mostrarmi il lato peggiore di sé e che stava facendo di tutto per smettere. Ma nel momento in cui gli ho fatto capire che gli sarei rimasto accanto nonostante tutto, ha messo in luce la sua vera natura».
Si bloccò, deglutendo a fatica a causa di un orribile groppo che gli si era materializzato in gola. La vista si fece via via sempre più brumosa e più di una lacrima salata si adagiò sulle mani di Ryoken, che continuavano a carezzare le sue.
    «Io mi fidavo di lui. Ogni volta mi ripeteva che avrebbe smesso di bere, che sarebbe andato tutto bene, che una volta superato questo ostacolo saremo stati insieme per sempre. Ma andava a finire sempre peggio e ho perso il conto delle volte in cui mi ha strattonato o dato uno schiaffo o stretto forte le mani attorno alla gola. Era una spirale senza fine: io volevo lasciarlo e lui mi implorava di restare. E io restavo. E mi fidavo un'altra volta di lui e lui tradiva ancora una volta la mia fiducia».
Ryoken smise di carezzargli le mani e gliele strinse forte, facendogli capire di essere lì non solo fisicamente, ma anche con l'anima.
    (Sorreggendolo al meglio delle proprie capacità. Perché il peggio doveva ancora arrivare).
    «Una sera siamo usciti e lui, come al solito, ha bevuto. Si è ubriacato al punto tale che quasi non si reggeva in piedi, ma la forza per tirarmi uno schiaffo l'ha avuta comunque. Fu in quel momento che decisi che con lui non avrei più avuto nulla a che fare. Mi resi conto che quello non poteva essere amore e che non lo sarebbe mai stato. Dopo uno schiaffo che era solo l'ultimo di una lunga sequela, ma che forse è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma per lui era impensabile che tra noi finisse così. E poi…»
E poi Yusaku scoppiò in lacrime. E raccontò a Ryoken di come Keisuke l'avesse riempito di botte prima che riuscisse miracolosamente a sfuggire a quel massacro sia fisico che emotivo. Che lo lasciò lì a urlare e sbraitare cose orribili con gli occhi dorati iniettati di cattiveria e follia, due fulmini pronti a perforare la carne viva allo stesso modo in cui le sue mani gli avevano perforato e fatto a brandelli la dignità, mentre lui si allontanava con un labbro spaccato, gli occhi gonfi e tumefatti e il viso e il collo colmi di lividi, intere galassie che grondavano sangue.
Di come fosse salito in macchina con il cuore in gola, temendo di essere inseguito, e fosse partito per non fare più ritorno in quel parcheggio. Di come la pioggia scendesse fitta e rendesse scivoloso l'asfalto… di come la vista dei fulmini gli ricordasse gli occhi maligni di Keisuke… e di come perse il controllo dell'auto, andando fuori strada e schiantandosi contro un albero.
Fu come se un centinaio di fulmini l'avessero colpito al ventre. Fulmini che bruciavano e che facevano male e che uccidevano. Fulmini che gli avevano lacerato la carne, lasciando sgorgare il sangue.
    (Il rumore della pioggia d'autunno… il respiro sempre più debole… il cuore che batteva sempre più lentamente… le palpebre che si abbassavano, calando una volta per tutte il sipario sulla sua vita…)
    «Poi mi risvegliai in ospedale,» proseguì in un filo di voce, «e quando fui in grado di sostenere una conversazione, parlai con la polizia. Scoprii che Keisuke aveva fatto del male anche ad altre persone e lo denunciai. Dopo qualche settimana lo arrestarono, si era nascosto da un amico in un'altra città. Ancora oggi si trova in carcere. Ma per quanto riguarda l'incidente, quello è stato solo colpa mia».
Ryoken, che fino a quel momento gli aveva stretto le mani, sciolse la presa per posarle sul suo volto
    (lo stesso volto che altre mani avevano deturpato con la cattiveria).
    «Non è vero, Yusaku. Non è assolutamente vero. Non è stata colpa tua».
Yusaku singhiozzò. «Ma c'ero io alla guida, Ryoken. Desideravo così tanto allontanarmi da lui da non rendermi conto che così facendo mi stavo mettendo in pericolo con le mie stesse mani. Stavo andando troppo veloce e… ed è successo quel che è successo».
Ryoken lo abbracciò forte e Yusaku pianse ancora, per minuti interi, stretto contro il suo petto. Avrebbe voluto che andasse diversamente. Che il loro primo appuntamento fosse semplice e speciale e non imbrattato dai brutti ricordi.
Ma ormai aveva rovinato tutto e, nonostante in quel momento Yusaku fosse stretto a lui, temeva che presto Ryoken si sarebbe allontanato, dicendogli di chiuderla lì, che sarebbe tornato a casa.
    «Ti chiedo scusa per non avertelo raccontato prima» sussurrò. «Volevo… volevo solo sentirmi un ragazzo normale…»
    «Ma tu sei un ragazzo normale».
Ryoken sciolse il loro abbraccio per poterlo guardare dritto negli occhi. Quegli occhi azzurri che Yusaku tanto amava, in netto contrasto con la malignità di quelli dorati di Keisuke.
    «Sei un ragazzo stupendo, Yusaku, a cui purtroppo sono capitate cose orribili. Ma non è colpa tua, capito? La colpa è di chi diceva di tenere a te e poi ti ha fatto solo del male. Tu… tu vali tanto e quell'imbecille non se ne è mai reso conto. Ma devi esserne consapevole tu per primo. E poi…»
    (avvicinò le labbra alle sue, sfiorandole appena)
    «… io non ho paura delle tue cicatrici. Vorrei invece conoscerle, se me ne darai la possibilità».
Yusaku trattenne il respiro, le lacrime ancora fresche sulle sue gote. E annuì piano.
    «Ti fidi di me?»
    «Sì, mi fido di te».



11

Ryoken gli stava toccando il ventre. Con la pioggia d'autunno in sottofondo e i fulmini ormai lontani. In quel momento Yusaku realizzò che quella notte non avrebbero fatto l'amore, perché il contatto più intimo che avrebbero potuto raggiungere, per quella volta, stava accadendo proprio lì, sul divano, con Ryoken che percorreva la sua epidermide con una mano e lasciava che i polpastrelli tastassero ogni cicatrice, imprimendola sottopelle come una nuova impronta digitale.
    (Come se volesse crearsi una nuova identità fatta di quelle cicatrici che a modo loro erano ancora in grado di fare male).
Il respiro di Ryoken si infrangeva sul suo collo, caldo e piacevole, e Yusaku si lasciò andare a un sospiro colmo di liberazione. Non avrebbe mai pensato che il loro primo appuntamento prendesse una svolta simile; che avrebbe concesso a Ryoken di toccarlo in quel modo laddove era stato violato, che gli avrebbe aperto il suo cuore fino a quel punto.
Non era tutto perduto. Anzi, era ancora tutto all'inizio, in attesa di crescere e diventare qualcosa di meraviglioso.
Ryoken non aveva preteso che si privasse della felpa larga che indossava. Aveva portato la mano sotto il tessuto dell'indumento e aveva iniziato a toccarlo piano, con delicatezza, senza proferir parola. E Yusaku, dopo un primo momento di rigidità, si era concentrato su quel respiro placido che gli si infrangeva sul collo e si era rilassato, lasciandosi amare come mai aveva fatto in vita propria.
    «Mi prenderò cura di ogni tua cicatrice» gli disse Ryoken, guardandolo negli occhi. «E voglio davvero costruire qualcosa con te. Quando te la sentirai… io sarò qui ad aspettarti».
Yusaku sorrise, proprio come aveva sorriso quella mattina quando aveva scattato la foto con Yuma e Yuya — i quali, tra l'altro, proprio in quel momento lo stavano tempestando di messaggi per sapere come stesse andando la serata con Ryoken… e anche Miyu si stava dando un gran daffare.
Gli sfiorò le labbra con le proprie e pensò a quanto fosse bello amarsi nel modo in cui si amavano lui e Ryoken.
    «Lo voglio anch'io. Voglio davvero vivere al meglio la nostra storia. Ma prima di tutto…»
    «Sì…?»
    «Vorrei proprio assaggiare la zuppa thailandese che abbiamo lasciato in sospeso».
Ryoken rise divertito, allontanando la mano dal suo ventre.
    «Hai assolutamente ragione, sai?»
Si alzò dal divano e lo aiutò a fare altrettanto. Quando furono entrambi in piedi, l'uno di fronte all'altro, si guardarono un'altra volta negli occhi e si abbracciarono forte.
    «Andrà tutto bene, Yusaku. Te lo prometto».
E Yusaku sapeva che a quella promessa poteva crederci senza il terrore di essere ferito. Perché non aveva trovato una persona qualunque. Aveva trovato la sua persona.
E insieme a Ryoken, i fulmini e la pioggia d'autunno facevano meno paura.




N.d.A.

ASPETTATE. Mettete via torce e forconi, non c'è nessun Keisuke da menare. Infatti è un personaggio che non esiste nel canon di VRAINS o di YGO in generale proprio perché volevo staccarmi il più possibile da questi atti tremendi ai danni di un essere umano — ovvero: se li avesse compiuti un personaggio canonico di YGO mi sarei fatta del male da sola, non riesco proprio a pensarci, capite?
Rimane comunque il fatto che Keisuke sia il diavolo sceso in Terra e che sia stato davvero perfido nei confronti di Yusaku… qui più che mai l'aver incontrato Ryoken è stata la sua salvezza, ancor più che nella Vampire!AU secondo me.

La prima parte, decisamente più leggera e scanzonata — anche se con qualche traccia dei traumi di Yusaku —, è stata proprio un toccasana da scrivere.
Tra l'altro, io amo alla follia il Trouble Trio e secondo me Yuma, Yuya e Yusaku hanno un potenziale immenso — dovrei scrivere più spesso su di loro, ora che ci penso.
E a tal proposito, ci credete se vi dico che tutta la scena iniziale sognavo di scriverla da almeno due anni? Ho sempre avuto in mente questa scena in cui loro tre si trovano in una pasticceria e Yusaku, mentre scrolla la home di Instagram, si ritrova appunto lo scatto di Ryoken che ho descritto nella storia (che tra l'altro esiste ed è una fanart STUPENDA) e diventa paonazzo, Yuma e Yuya capiscono il perché e iniziano a stuzzicarlo come se non ci fosse un domani.
Qui ovviamente ho ampliato molto il contesto, ma sono felice di averle finalmente dato vita — anche se non avrei mai pensato che la storia prendesse poi una piega simile, MA DETTAGLI.

Spero con tutta me stessa che vi sia piaciuta.
Le tematiche che ho affrontato non sono per niente belle e non le avevo mai raccontate nelle mie storie o almeno, non ho mai raccontato di una relazione tossica con annessa dipendenza dall'alcol da parte di uno dei due partner, quindi non so proprio cosa aspettarmi dai vostri riscontri, help.
Grazie per essere arrivati fino a qui.

M a k o

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Capitolo 11
*** December ***


December

Non so nemmeno da dove cominciare, ve lo giuro.
Devo ancora realizzare che con questa storia si conclude la Raccolta ed è come aver perso una piccola parte di me: spesso sono arrivata all'ultimo, per mettermi in pari con gli aggiornamenti ho sudato sette camicie, ma cavolo quante soddisfazioni mi ha dato questo progetto (!)
Quindi, proprio per questo, penso sia giusto concludere questa Raccolta esattamente come l'ho cominciata: questa One Shot è il sequel diretto de La malinconia delle primule, la prima storia che ho pubblicato per la Year of the OTP.
 
Dato che non voglio andare contro le regole del mio stesso forum, ho fatto in modo e maniera di rendere fruibile questa OS anche senza aver letto La malinconia delle primule.
Vi basti sapere che Ryoken e Yusaku si sono ritrovati dopo dieci anni di distanza sia fisica che emotiva, che il loro amore non è mai finito e che Miyu, la migliore amica di Yusaku, ha compiuto un miracolo invitando all'ultimo Ryoken al suo matrimonio.
La storia riparte proprio da lì, con Ryoken e Yusaku che si godono il matrimonio di Jin e Miyu e intanto pensano anche alla loro relazione, a ciò che vogliono dalla vita ora che si sono ritrovati e niente, meglio non aggiungere altro per evitare spoiler indesiderati.

Spero con tutta me stessa che questa OS vi piaccia.
Prima di lasciarvi all'ultimo specchietto, ci tengo a ricordarvi che la OS di novembre non è presente nella Raccolta in quanto durante la stesura si è trasformata in una mini long di due capitoli che ho pubblicato a parte e che potete trovare qui: Ipernova
Detto ciò, vi lascio allo specchietto e noi ci ritroviamo più giù, a fine storia.
Buona lettura!


December: Holidays together
Prompt forum: Un fiore, un pensiero, guardare il cielo (Three Things Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Introspettivo, Romantico
Note: Modern!AU, Lime (velatissimo), POV Ryoken



Un bouquet di rose bianche



1

Era tornato. Era tornato a casa e, mentre stringeva Yusaku a sé nell'enorme stanza della villa adibita a sala da ballo, con una bellissima canzone d'amore in sottofondo, non poté fare a meno di pensare di aver compiuto la scelta giusta.
Yusaku, il suo primo, unico amore che in quel momento era tutto teso e concentrato sui passi da seguire, timoroso di pestargli i piedi per sbaglio. Era a dir poco adorabile.
Ryoken si fermò all'improvviso e Yusaku sussultò, alzando lo sguardo su di lui.
    «Scusa. Non avevo in programma di ballare con qualcuno, oggi, e ammetto di non essermi affatto esercitato…» si giustificò, arrossendo appena.
Era in procinto di aggiungere dell'altro, ma Ryoken avvicinò le labbra alle sue e lo baciò con quanto più trasporto possibile, le mani che vagavano sulla sua schiena e i loro petti che aderivano perfettamente. Erano fermi, mentre tutti gli altri si muovevano e danzavano intorno a loro come tanti pianeti che orbitavano intorno ai loro due soli.
    «Non c'è problema» lo rassicurò con un sorriso. «Possiamo anche rimanere così, senza dover per forza ballare. Sai… il modo in cui ci stiamo abbracciando… mi sembra di essere tornato a quel giorno…»
Gli occhi di Yusaku si velarono di un'emozione indescrivibile e brillarono di una luce stupenda.
    «Mi piacerebbe tanto tornare al laghetto con te, una di queste volte» ammise. Poi si alzò sulle punte e ricambiò il bacio di prima con altrettanta dolcezza.
    «Perché non adesso?» domandò Ryoken. «Non vorresti venire con me, ora?»
L'espressione di Yusaku divenne a tratti languida e Ryoken avvertì un fremito percorrergli la spina dorsale. Frattanto la canzone era terminata, sostituita da un'altra sempre d'amore.
    «Certo che vorrei, ma… sono il testimone della sposa e ci terrei ad arrivare vivo a domani».
Ryoken arricciò le labbra e trattenne a stento una risata.
    «Dici che Miyu si arrabbierebbe tanto se scoprisse che ho rapito il suo bel testimone?» celiò, mentre con le mani percorreva la schiena di Yusaku, desideroso di un contatto sempre maggiore.
Yusaku parve apprezzare particolarmente quelle carezze, difatti socchiuse gli occhi e rilassò i muscoli del corpo.
    «Molto probabile. In fondo questa è la sua giornata — e quella di Jin. Ma appena termineranno i festeggiamenti sarò tutto tuo, promesso».
E Ryoken non poté fare altro se non crogiolarsi in quella promessa, conscio che Yusaku mantenesse sempre la parola data. Potevano entrambi attendere ancora. In fondo si erano aspettati per dieci anni, qualche altra ora in più, in confronto, era leggera come un fiocco di neve caduto distrattamente sul palmo della mano.
Andava tutto bene.


2

I matrimoni erano eventi che riservavano sempre grandi sorprese, dalle più stravaganti alle meno gradite. A quello di Miyu e Jin successe qualcosa di assolutamente innocuo e molto grazioso, ma che da quel momento in poi avrebbe segnato Ryoken per tanto, tantissimo tempo.
Accadde durante il lancio del bouquet, quando più di dieci ragazze alzarono in aria le mani, sbracciandosi nel tentativo maldestro di accaparrarsi il mazzo di rose bianche. Solo che Miyu, senza rendersene conto, lo lanciò troppo indietro, tanto che raggiunse i tavoli dove gli invitati avevano gustato un'ottima cena e, per la precisione, si adagiò proprio tra le braccia di Yusaku, il quale in quel momento era concentrato su tutt'altro, ovvero scrollare le foto che aveva scattato nel corso della giornata insieme a Ryoken.
Sgranarono entrambi gli occhi alla vista del bouquet e non tra le mani vittoriose di una delle amiche di Miyu. Fu però quando Yusaku afferrò il bouquet con dita tremanti che tutto divenne realtà: perché ormai l'aveva toccato e, di conseguenza, era suo.
    (Ed era un po' come se fosse loro).
Tutto iniziò da lì. Dalla vista di Yusaku col bouquet di rose bianche.
E, certo, Ryoken era appena tornato a casa dopo dieci anni di lontananza, e lui e Yusaku non avevano ancora ufficializzato la loro relazione, ma… cielo, Yusaku col bouquet di rose bianche.
Esisteva forse un capolavoro più bello?


3

Non era cambiato nulla. Il parco cittadino era proprio come lo ricordava, immenso, meraviglioso e pregno di effluvi che lo facevano sentire nel posto giusto al momento giusto.
Era sera ormai inoltrata e i lampioni accesi lungo i sentieri del parco creavano dei giochi di luce molto particolari; nonostante la primavera fosse già arrivata con frizzante allegria da qualche settimana, le serate erano ancora fredde ed era necessario coprirsi se si desiderava trascorrere del tempo all'aperto.
Era l'occasione perfetta per stringere Yusaku a sé e proteggerlo da quel clima avverso — cosa che aveva già fatto per tutta la giornata, ma non ne aveva ancora abbastanza e, con ogni probabilità, non ne avrebbe mai avuto abbastanza.
Nel corso della loro passeggiata, Ryoken rivisse tutti i momenti che aveva condiviso con Yusaku dieci anni addietro, quando erano due adolescenti alle prese con le prime esperienze romantiche. A quei tempi erano due ragazzi che indossavano una divisa scolastica blu, affermando così la loro appartenenza alla scuola superiore di Den City; ora, invece, erano due giovani uomini fasciati nei loro completi eleganti che avevano imparato una o due cose in più sulla vita e avevano raggiunto anche una loro indipendenza. Erano maturati, ma non avevano mai dimenticato ciò che li aveva uniti quando erano più giovani, e il fatto che si stessero recando proprio nello stesso luogo in cui dieci anni addietro si erano scambiati il loro primo bacio d'amore nonostante il freddo e nonostante desiderassero fare ben altro nell'appartamento di uno dei due — e magari su un materasso morbido, al caldo, avvolti nelle lenzuola candide — metteva sempre più in evidenza quanto il sentimento che li univa fosse unico e speciale e fosse perdurato nel tempo.
Ma c'era una differenza ancora più marcata e sostanziale che non dava tregua a Ryoken; un dettaglio che si era aggiunto all'ultimo, qualcosa che non aveva affatto calcolato: il bouquet.
Dieci anni addietro c'erano state migliaia di primule che avevano brillato al sole del pomeriggio, le stesse primule che ora si nascondevano in un'oscurità che non faceva paura laddove i lampioni non riuscivano a proiettare la loro luce artificiale. E il bacio che si erano dati — il quale era stato il preludio a un'infinità di altri baci — era stato di un'innocenza disarmante, così puro e tenero da sciogliere il cuore e rimodellarlo in una forma del tutto nuova e ancora più bella, pregna di vita e mille progetti diversi per il futuro.
Ora, invece, era tutto amplificato. Era fuoco liquido che scorreva sull'epidermide e nelle vene, un desiderio che ardeva senza sosta e bruciava, bruciava, bruciava ogni cosa nel modo più bello possibile.
In piedi, l'uno di fronte all'altro su quel ponte che aveva segnato l'inizio di tutto, si guardarono negli occhi con una nuova consapevolezza riflessa nelle iridi: che la loro storia d'amore era appena cominciata.
    (Unica, vera e irripetibile).
E quando si baciarono, questa volta nel posto giusto, sentirono di aver vinto definitivamente contro tutto ciò che non erano stati in quegli anni che non li avevano visti insieme. Fu come tornare alle origini, ma questa volta con la sicurezza che tutto sarebbe andato per i meglio.
Poi accadde. Il profumo delle rose bianche sovrastò quello delle primule e Ryoken avvertì un fremito percorrergli tutto il corpo, senza tralasciare neanche una cellula.
Yusaku aveva portato con sé il bouquet, forse senza neanche rendersene conto, senza mai lasciarlo andare. Quel bouquet che stava diventando sempre più una costante tra di loro, un punto di riferimento simile a una Stella Polare fatta di petali di rose bianche.
Gli stessi petali che ora sfioravano i capelli di Ryoken, dello stesso candore di una neve che era da poco uscita di scena per lasciare posto a una primavera che profumava ancora un po' di inverno.
Strinse Yusaku ancora più forte a sé, le labbra di entrambi cercarono un contatto sempre maggiore e quando a malincuore dovettero staccarsi per riprendere fiato, Ryoken nascose il volto nell'incavo del suo collo, respirando tutto ciò che rendeva Yusaku meraviglioso e facendolo diventare una parte di sé
    (come se fosse davvero possibile trasformarsi in una persona migliore solo sfiorandogli la pelle con le labbra gonfie e calde).
Rimasero così — immobili e perfetti — per minuti interminabili, aggrappandosi l'uno all'altro e amandosi come solo loro sapevano fare. E non parlarono del bouquet di rose bianche — anche solo in maniera goliardica o leggera — nemmeno quando le pulsioni della carne presero del tutto il sopravvento sui sentimenti dell'anima.


4

Il bouquet riposava in un piccolo vaso che Yusaku non ricordava nemmeno di avere in casa. Se ne stava al centro del tavolo in salotto avvolto nel suo muto splendore, sordo e cieco a ciò che stava capitando in un'altra stanza e inconsapevole di aver generato emozioni imponenti come i marosi che sconquassavano il mare aperto.
Mentre affondava in lui e si perdeva nel calore del suo corpo, nell'intensità dei suoi gemiti e nelle sue iridi verdi velate dal piacere, Ryoken non riusciva a smettere di pensare a quanto Yusaku gli fosse apparso stupendo ed etereo nel momento in cui lo aveva rivisto dopo tanto tempo.
Riportò alla mente il ricordo legato alla prima volta che fecero l'amore, quando erano ancora due ragazzini che non sapevano nulla — o quasi — del mondo degli adulti. A come fossero entrambi inesperti e impacciati ma desiderosi di vivere quel momento fino in fondo, con la giusta intensità, senza tralasciare nulla.
E ora, mentre si ritrovavano entrambi nella loro seconda prima volta, più uniti che mai, Ryoken realizzò che non fosse cambiato proprio nulla: erano loro, erano sempre loro solo più cresciuti, con qualche strascico di vita in più e un'ombra un po' diversa proiettata ai loro piedi, ma oltre ciò, niente era cambiato.
L'orgasmo li sconvolse fin nel profondo, le membra accaldate ridotte a gelatina, i respiri corti pregni di appagamento — era tutto così idilliaco, un momento di pura estasi mischiato al sapore del miele.
    «Resta» sussurrò Yusaku mentre riprendeva fiato, avvolto nell'abbraccio di Ryoken. «Resta con me questa notte».
Ryoken non poté che acconsentire di buon grado a quella richiesta. Non ci teneva affatto a tornare a casa, soprattutto quando aveva ancora più della metà degli scatoloni da aprire e sistemare e ogni stanza appariva così vuota da fare un po' male. L'appartamento di Yusaku era graziosissimo e stare accoccolato insieme a lui sotto le lenzuola, uniche testimoni di ciò che avevano appena rivissuto dopo anni, appariva a tutti gli effetti la conclusione migliore di quella giornata rivelatasi decisamente intensa.
    «Resto» rispose Ryoken, poggiando le labbra sul suo collo. Baciò con delicatezza quel lembo di pelle arrossato e il mugolio che evase dalle labbra di Yusaku gli riempì i timpani, stordendolo come se non avesse mai udito un suono più bello in vita propria.
    «Per tutto il tempo che desideri».


5

Con lo scorrere inesorabile dei mesi, il bouquet appassì e la loro relazione divenne sempre più forte e intensa, una panacea contro ogni male, un porto sicuro per entrambi. Ryoken conservava ogni singolo momento trascorso con Yusaku in uno scrigno della mente; alcune volte lo apriva, rovistava un po' in mezzo a tutto quell'incanto e rievocava quei bei ricordi condivisi.
In primavera avevano festeggiato l'Hanami con un picnic all'ombra dei Sakura in fiore ed erano poi saliti sulla ruota panoramica per ammirare Den City dall'alto, uno spettacolo mozzafiato in grado di rendere quella città trafficata molto più accogliente e vivibile; in estate avevano entrambi espresso un desiderio durante la Tanabata e avevano fatto l'amore sulla spiaggia, cullati dal dolce suono delle onde che giungevano a riva con timidezza; in autunno avevano finalmente bevuto la prima cioccolata calda e avevano passeggiato lungo una distesa di foglie rosse che parevano tanti tizzoni incandescenti di diversi tipi e forme, un mosaico di sfumature scarlatte che scaldava l'anima mentre il vento freddo annunciava il ritorno del periodo più rigido dell'anno.
Avevano rivissuto insieme già tre stagioni e l'inverno era in procinto di arrivare con raffinata eleganza e con esso anche la loro prima vacanza, solo loro due, in una città che non avevano mai visitato.
Erano entrambi economicamente stabili — Ryoken lavorava come programmatore nella sede giapponese della SOL Technologies, mentre Yusaku come tecnico in un negozio di elettronica specializzato in computer e smartphone —, avevano una chimica pazzesca e con l'anno nuovo avevano in progetto di andare a vivere insieme, cosa che avrebbero fatto fin da subito — da quando Yusaku aveva chiesto a Ryoken di restare la prima notte — se solo l'idea di correre troppo in fretta non avesse bussato alle porte della loro coscienza. Ne avevano parlato con calma e avevano entrambi concordato che era meglio aspettare ancora, di non fare il passo più lungo della gamba.
Yusaku era tranquillo a riguardo, e anche Ryoken lo era, o meglio, così dava a vedere. In realtà dentro di lui viveva un'agitazione perenne, un subbuglio emotivo nato il giorno del matrimonio di Jin e Miyu, da quando aveva visto Yusaku prendere in mano il bouquet di rose bianche.
Qualcosa aveva iniziato a modellarsi nei suoi pensieri, qualcosa di indefinito dalle sfumature romantiche e che profumava di per sempre. E cielo, lui e Yusaku non volevano correre, eppure Ryoken stava già pensando a certe cose e in più di un'occasione aveva dato tutta la colpa proprio al bouquet composto da rose bianche ormai secche, ma sempre bellissime e pure.
Yusaku se n'era preso cura per tutto il tempo e, ovviamente, l'aveva conservato senza gettarlo via. E sapere che era sempre lì, a casa del suo ragazzo, rendeva Ryoken inquieto in un modo che non riusciva a spiegarsi. Come se il bouquet, in tutta la sua innocenza, avesse capito quali fossero i suoi pensieri e i suoi desideri più intimi nei confronti del suo amato.
Come se ogni petalo l'avesse psicanalizzato fino all'osso, imparando a conoscerlo in mille modi differenti.
    (E ognuno di loro sapeva bene cosa si scatenava nel petto di Ryoken ogniqualvolta vedeva Yusaku e a quale tipo di “per sempre” ambisse insieme a lui).
Ryoken ripensò all'espressione del tutto sconvolta di Miyu alla vista di Yusaku con in mano il suo bouquet. Ma era un'espressione sconvolta più dettata dalla realizzazione di aver lanciato troppo in là il mazzo di fiori che altro; era genuinamente sorpresa per la situazione che si era creata, tanto che Ryoken si era convinto nell'immediato che non l'avesse fatto apposta, era successo e basta.
Il fatto che lui, a distanza di mesi, continuasse a pensarci, era un problema che doveva risolvere da solo. Ma, a dirla tutta, era davvero un problema?
Era qualcosa che lo metteva in soggezione, non poteva certo negarlo, ma al contempo lo faceva sentire più vivo che mai e ogni giorno gli faceva realizzare di essere sempre più innamorato di Yusaku. E ogni volta che formulava nella sua testa ipotetici scenari nei quali avrebbe potuto concretizzare quei pensieri, quasi perdeva il contatto con la realtà, arrivando a toccare vette inesplorate.
Poi tornava bruscamente indietro e si domandava come si sarebbe posto nei confronti di Yusaku se un giorno fosse capitato per davvero… e si sentiva bruciare, come se fosse un adolescente alle prime armi, del tutto inesperto sull'amore e il romanticismo.
Ma alla fine sorrideva sempre. Con le gote arrossate e i muscoli intorpiditi, non riusciva a impedire alle labbra di incurvarsi all'insù e di pensare a quanto fosse fortunato di potersi concedere pensieri simili ogni volta che dedicava le sue attenzioni a Yusaku.


6

C'era un motivo per il quale si chiamava Paradise City, e Ryoken ebbe modo di scoprirlo una volta sceso dall'auto dopo tante ore trascorse al volante. Nonostante la stanchezza dovuta al lungo viaggio, nel momento in cui giunse a destinazione provò un senso di completezza immenso invadergli il petto, diramandosi poi in ogni cellula del corpo.
Paradise City era, a tutti gli effetti, quel luogo meraviglioso tanto decantato dai suoi stessi abitanti e da chi aveva avuto il piacere di visitarla ed esserne stato ospite per qualche tempo. Ryoken dovette concordare per una volta che le varie sponsorizzazioni in televisione o sui social network dicessero il vero: “Desideri vivere una vacanza da sogno? Vieni a Paradise City”.
Era una città vivace e colorata, pregna di suoni ed effluvi in grado di ripristinare la pace interiore nel giro di un battito di ciglia; era caotica, sì, ma molto più vivibile di Den City e, più di ogni altra cosa, era una città che splendeva di luce propria proprio durante il periodo natalizio.
Paradise City era la terra degli artisti di strada, degli ammaliatori e dei prestigiatori; era la terra dei mercatini natalizi, i più belli fra tutti, della cordialità e del profumo dello zucchero filato che aleggiava nell'aria.
E Ryoken si sentì l'uomo più felice al mondo quando prese per mano Yusaku e realizzò che tutto quell'incanto l'avrebbe vissuto insieme a lui.


7

Dalla finestra della camera d'hotel che avevano prenotato, avevano modo di osservare la città da una postazione privilegiata; era come volgere lo sguardo verso una distesa di pietre preziose dai colori caldi e gradevoli, uno spettacolo inenarrabile degno di essere ammirato almeno una volta nella vita.
Difatti, si trovavano poco distanti dai mercatini natalizi della città, i quali si svolgevano nell'enorme piazza che era il vero cuore pulsante di tutta Paradise City.
Volgendo lo sguardo verso l'alto, sempre dalla sua postazione privilegiata, Ryoken notò che il cielo era in procinto di regalare al mondo una bellissima sorpresa. Quel grigio tendente quasi al bianco, la compattezza delle nuvole, l'immobilità con la quale rimanevano sospese lassù, immacolate e inarrivabili…
    «Credo che tra poco nevicherà» annunciò a mezza voce, parlando più a se stesso che altro.
Yusaku, intento a sistemare qualche capo d'abbigliamento nell'armadio, si interruppe e gli si avvicinò, alzando anch'egli lo sguardo verso il cielo.
    «Siamo arrivati proprio al momento giusto» disse, poggiando il capo sulla sua spalla.
Ryoken lo prese per un fianco, stringendolo appena.
    «Hai assolutamente ragione».



8

Se Ryoken avesse potuto rivivere all'infinito una giornata in particolare della propria vita, avrebbe sicuramente scelto il suo primo giorno a Paradise City insieme a Yusaku. Dopo aver sistemato i vestiti nell'armadio ed essersi riposati un po', erano finalmente usciti, intabarrati dalla testa ai piedi, pronti a vivere e respirare insieme il delizioso clima natalizio che quella terra aveva da offrire.
Proprio come Ryoken aveva predetto, nel giro di poco aveva anche iniziato a nevicare, rendendo così il paesaggio cittadino ancora più incantevole e fiabesco. Tra le luci dagli innumerevoli colori, la neve che scendeva placida e silenziosa dal cielo per poi adagiarsi ovunque con grazia ed eleganza, gli effluvi delle bevande calde e delle specialità culinarie servite alle bancarelle dei mercatini, gli bastava tenere Yusaku per mano per elevare tutto quanto a un'esperienza ancora più sorprendente e al contempo familiare.
Yusaku aveva già acquistato il regalo per Miyu — un carillon con una ballerina dal tutù azzurro che la ragazza cercava da tanto tempo — e anche quello per Jin — un raffinato ricettario che in futuro avrebbe riempito di tutte le preparazioni dei dolci che sperimentava nel laboratorio della sua pasticceria —, mentre Ryoken era ancora in alto mare e si stava guardando intorno alla ricerca di qualcosa che potesse piacere ai due sposini. Si sarebbe sentito in debito con loro per l'eternità e tutti i tesori del mondo non sarebbero mai bastati per ringraziarli a sufficienza per il miracolo che avevano realizzato invitandolo all'ultimo al loro matrimonio.
Questo però passò silenziosamente in secondo piano quando Yusaku gli indicò una bancarella che vendeva soprammobili e altri oggetti di arredo, tutti artigianali.
    «Credo di aver visto qualcosa di interessante» disse soltanto, e Ryoken si lasciò guidare incuriosito dalla stretta delle loro mani.
    «Infatti non mi sbagliavo» commentò Yusaku con una punta di soddisfazione nel tono di voce una volta giunti dinanzi la bancarella.
Ryoken seguì il suo sguardo e, quando lo vide, si maledisse per non essere stato il primo a notarlo. Era bellissimo. E sarebbe stato un regalo perfetto per Yusaku sotto ogni punto di vista, uno di quei doni che gli avrebbe fatto illuminare gli occhi di una felicità genuina, quella gioia che Ryoken, nel corso del tempo, si era sempre impegnato a mantenere viva in lui, in loro — e Yusaku aveva sempre fatto altrettanto.
Era un adorabile coniglietto grigio in ceramica, finemente dipinto con una cura dei dettagli impressionante, tanto che i suoi occhietti scuri apparivano più vivi e vispi che mai. Si reggeva sulle zampe posteriori, mentre con quelle anteriori reggeva un piccolo frutto. Cielo sì, sarebbe stato proprio il regalo perfetto per Yusaku.
Poi però Yusaku lo sorprese. E lo fece con così tanta innocenza che Ryoken sentì il proprio cuore tramutarsi in un muscolo incandescente che batteva troppo forte all'interno della cassa toracica.
    «Mi scusi» domandò all'uomo che gestiva la bancarella, «quanto costa la tigre bianca in ceramica?»
Tigre bianca? C'era davvero una tigre bianca in mezzo a tutti quei suppellettili dalle forme più svariate? Si era davvero lasciato sfuggire il suo animale preferito?
Sì, era andata proprio così. E la tigre bianca che Yusaku aveva adocchiato era unica nel suo genere, possente e dal portamento fiero, con gli occhi che parevano due zaffiri appena lucidati e un ruggito inanimato che premeva sulla gola, quasi l'animale volesse annunciare la propria presenza davanti agli altri.
Ryoken era rimasto senza parole, lo sguardo fisso sulla statua in ceramica. E forse fu per questo che Yusaku si agitò un poco, impensierito da quella non-reazione.
    «Non ti piace?» domandò con un filo di tristezza nel tono di voce. «Scusa, volevo farti un altro regalo di Natale, ma forse avrei dovuto prima chiederti…»
Avevano diviso le spese del viaggio e dell'hotel, regalandosi così a vicenda la loro prima vacanza insieme. E non avevano parlato di scambiarsi altri doni oltre a quello perché, in fondo, una settimana insieme in una delle città più rinomate e romantiche del Giappone durante il periodo natalizio era già di per sé qualcosa di inestimabile.
Ma Ryoken non aveva mai smesso di pensare a un altro regalo per Yusaku, qualcosa che avrebbe acquistato per lui e lui soltanto, un piccolo gesto d'amore a cui non voleva rinunciare. E si sentì sciogliere nel constatare che anche per Yusaku fosse lo stesso.
    «Certo che mi piace» lo tranquillizzò con un sorriso. «Solo, pensavo volessi comprare il coniglietto, non la tigre».
Yusaku sgranò gli occhi, realizzando solo in quel momento che ci fossero altri animali oltre al felino bianco. Osservò il coniglietto grigio, il quale si trovava poco distante dalla tigre, e inarcò un sopracciglio.
    «Fammi capire: hai notato il coniglietto e non la tigre?»
Ryoken lo guardò allo stesso modo. «E tu hai notato la tigre e non il coniglietto?» domandò di rimando, scatenando l'ilarità del ragazzo.
    (Eccola, meravigliosamente indescrivibile, la risata che aveva giurato di proteggere per il resto della vita).
    «Sai» proseguì Yusaku dopo qualche istante, «appena l'ho vista ho pensato che sarebbe perfetta da riporre su una mensola nella… nella nostra casa. Quando ne troveremo una… con l'anno nuovo…»
Fu in quel momento, proprio in quell'istante che i fiocchi di neve che scendevano silenti sulla città si tramutarono per Ryoken in un concerto di petali di rose bianche. Fu in quel momento, proprio in quell'istante che realizzò ancora una volta di amare Yusaku più di ogni altra cosa al mondo, che senza di lui la sua vita sarebbe stata un susseguirsi insipido e monocromatico di giornate dedicate interamente al lavoro senza lasciare spazio a nient'altro. Fu in quel momento, proprio in quell'istante che il pensiero
    (il desiderio)
che albergava in lui da tanto tempo fece vibrare le corde vocali, acquisendo una forma concreta, un'idea astratta rimodellata con l'inchiostro nero su un foglio di carta bianco come la neve. E lo disse.
    «Sposami».


9

Il tempo si cristallizzò per un secondo sfilacciato e poi, quando ripartì, si sentì scaraventare altrove, in un altro tempo, in un altro pianeta, in un altro universo. Non aveva mai interrotto il contatto visivo con Yusaku e, proprio per questo, poté ammirare ogni singolo cambiamento in lui, dal più marcato al più fievole.
Le gote di Yusaku sfumarono in una serie di gradazioni di rosso che Ryoken non credeva nemmeno potessero esistere, i suoi occhi verdi si sgranarono in un bellissimo slow motion senza precedenti e il respiro che fuoriusciva dalle sue labbra, condensato in una serie di nuvolette bianche, era molto più celere e frammentato rispetto a prima, quando tutto era ancora tranquillo e loro erano solo due innamorati che stavano battibeccando amorevolmente sui loro animali in ceramica preferiti.
    «Tu… hai appena detto…?» tentò di formulare Yusaku, con scarsissimi risultati. Ci mancava poco che i sacchetti contenenti i regali per Jin e Miyu gli sfuggissero di mano dal gran che era rimasto sconvolto nell'udire quell'affermazione. Sconvolto esattamente come Miyu quando, mesi addietro, aveva realizzato di aver centrato in pieno proprio le sue braccia con il lancio del bouquet: qualcosa di così inaspettato da far quasi perdere del tutto il tocco col presente e la realtà.
    «Sì, l'ho appena detto» confermò Ryoken, conscio che non sarebbe mai più potuto tornare indietro dopo un'esternazione simile.
Nel corso dei mesi aveva pensato un'infinità di volte a un momento simile, ma mai, neanche per un istante, avrebbe immaginato di concretizzarlo lì, in una città che ancora non conoscevano, davanti alla bancarella di un signore che non sapeva chi fossero e senza una scatolina in velluto blu contenente un anello di fidanzamento. Conoscendosi, Ryoken avrebbe puntato a un'atmosfera molto più intima e romantica e fu lì che realizzò che la prima — e ultima — volta in cui avrebbe chiesto la mano di Yusaku si stava risolvendo in un modo talmente improvviso da frastornarlo.
Si umettò le labbra e proseguì: «Avrei voluto chiedertelo una volta trovata casa insieme. Ma non ce la facevo più ad aspettare… è da quando ti ho visto tenere in mano il bouquet di Miyu che—»
    «Aspetta» lo interruppe Yusaku, possibilmente ancora più sconvolto di prima, «mi stai dicendo che è dal primo giorno che ci siamo rivisti che vorresti chiedermi di sposarti?»
Ryoken annuì, conscio che ormai non poteva più tenersi tutto dentro e quindi tanto valeva dare una forma a ogni pensiero che nel corso del tempo aveva popolato la sua testa.
    «Lo so che è presto. Lo era quel giorno e lo è ancora oggi. È solo che… quel bouquet, capisci? Quando ti ho visto con quel bouquet tra le mani non ho capito più nulla. Eri… sei bellissimo, Yusaku. E io sono perdutamente innamorato di te. E sì, ti ho appena chiesto di sposarmi, anche se non ho alcun anello di fidanzamento da donarti».
Yusaku non rispose subito. Si concesse qualche attimo per assimilare ciò che aveva udito
    (la dichiarazione d'amore più bella del mondo)
e via via che i secondi si sfaldavano l'uno dopo l'altro, la sua espressione si addolciva sempre più.
    «Quando quel giorno ti ho visto avanzare verso di me, ho pensato solo a una cosa. Sai qual è?»
Ryoken negò col capo. Yusaku sorrise e i suoi occhi si velarono di una felicità tremante.
    «Ho pensato: voglio trascorrere il resto della mia vita insieme a te. E lo penso tuttora. Quindi la mia risposta è sì. Anche senza un anello di fidanzamento ti sposerei qui, ora, sotto la neve».
Il cuore di Ryoken traboccò di gioia, la stessa felicità tremante riflessa nelle iridi di Yusaku. Si chinò verso di lui, sfiorandogli le labbra con le proprie e beandosi della loro morbidezza.
    «Vorrei regalarti quel coniglietto in ceramica, se me lo concedi».
    «Solo se io posso regalarti la tigre bianca».
    «Certamente».
    (Era un nuovo inizio. Il loro).


10

Quella sera, una volta tornati nella loro stanza in hotel, ordinarono il servizio in camera senza badare a spese. Decisero di concedersi di più, sempre di più, e dopo aver cenato e bevuto dell'ottimo vino rosso e ballato e fatto l'amore ancora e ancora, si sentirono finalmente appagati e in pace col mondo intero.
    «Manca solo l'anello» disse Ryoken mentre carezzava la mano sinistra di Yusaku. Avvicinò le labbra all'anulare e lo baciò, lasciando un piccolo segno sulla prima falange. «Yusaku… vuoi sposarmi?» domandò, guardandolo dritto negli occhi e perdendosi nella brillantezza di quel verde che tanto amava.
Yusaku sorrise e fece altrettanto: prese la sua mano sinistra e baciò la prima falange dell'anulare, suggellando così la loro promessa e tutto il profumo di eternità che questa avrebbe portato con sé.
    «Sì, Ryoken. Voglio sposarti».
Non avevano degli anelli di fidanzamento — non ancora,  almeno.
Ma avevano due piccoli segni ai loro anulari sinistri, come nastro rosso legato a un bouquet di rose bianche.
Ed erano perfetti così.

Fine.



N.d.A.

Mettere la parola “fine” a questo progetto è doloroso, ma allo stesso tempo quasi catartico.
Ho iniziato col POV di Yusaku ed era giusto concludere con quello di Ryoken e tutto ciò che quel bouquet di rose bianche ha scatenato in lui.
Questa OS è molto più semplice rispetto a tante altre che ho scritto per questa Raccolta ma, al contempo, sentivo che dovevo scriverla in questo modo, senza problemi o casini vari da affrontare, solo tanta introspezione, un amore puro e sincero e… e si sposano, vi rendete conto?
GLI AMORI MIEI SI SPOSANO e quando ho fatto pronunciare a Ryoken quel “Sposami” sono tipo implosa perché non ero mai arrivata a un punto così importante della loro relazione, ma questa OS… cielo, questa OS urlava di essere sviluppata in questo modo e in nessun altro e chi sono io per impedirlo?

Ryoken e Yusaku ne hanno vissute di ogni in questa Raccolta.
Si sono allontanati, si sono ritrovati, hanno litigato, hanno fatto pace, hanno fatto l'amore, hanno affrontato le tragedie più disparate, hanno riso e hanno pianto, si sono baciati e si sono sempre supportati a vicenda… quindi scrivere l'ultima scena di questa OS, con loro due che ordinano il servizio in camera e bevono vino rosso e ballano e poi fanno l'amore e Ryoken chiede ufficialmente a Yusaku di sposarlo anche senza anello di fidanzamento lo considero anche il mio modo per farmi perdonare da loro, che ne hanno passate di ogni e in più di un'occasione li ho fatti soffrire come due dannati.

Ho tanti progetti in testa per l'anno nuovo, ovviamente tutti con protagonisti Ryoken e Yusaku (poi chissà, magari riprenderò a scrivere su altre ship se mi tornerà l'ispirazione anche per loro) e spero tanto di rivedervi anche lì.
Grazie di cuore per aver seguito questa Raccolta dall'inizio alla fine, per aver letto solo qualche OS, anche solo una, e per averla aggiunta alle liste.
Grazie per il supporto prezioso e per tutto il tempo che avete dedicato a me e a questi due sottoni adorabili.
Questa Raccolta vive anche grazie a voi che ci siete stati e a tutti coloro che arriveranno in futuro.
Vi auguro Buone Feste e un felice anno nuovo!

M a k o

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