I can live because of this love di M a k o (/viewuser.php?uid=1152781)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** January ***
Capitolo 2: *** February ***
Capitolo 3: *** March ***
Capitolo 4: *** April ***
Capitolo 5: *** May ***
Capitolo 6: *** June ***
Capitolo 7: *** July ***
Capitolo 8: *** August ***
Capitolo 9: *** September ***
Capitolo 10: *** October ***
Capitolo 11: *** December ***
Capitolo 1 *** January ***
January
• Salve a tutti.
Sono così felice di poter tornare con questa Raccolta dedicata
interamente alla mia OTP, ne avevo proprio bisogno. Mi dispiace solo
aver scoperto l'iniziativa proposta su Tumblr con diversi mesi di
ritardo, difatti cercherò di recuperare i mesi che vanno da
gennaio a maggio pubblicando una One Shot a settimana, in modo tale da
mettermi in pari a giugno e poi, a partire da luglio, aggiornare la
Raccolta mensilmente.
• Sopra trovate i link sia
dell'iniziativa postata su Tumblr, se volete dare un'occhiata ai
prompt, sia il link al mio forum, in quanto ho pensato di accompagnare
i prompt della Year of the OTP con quelli delle diverse iniziative
indette da me.
• Non voglio dilungarmi
ulteriormente, infatti questa volta preferisco lasciare delle N.d.A.
anche a fine storia, quindi ora vi lascio lo specchietto e poi, a fine
lettura, ci troviamo più giù!
January: First kiss
Prompt forum: Primula (giovinezza) (Themed Challenge: Spring Edition)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku
La malinconia
delle primule
1
Yusaku
avrebbe ascoltato Miyu per ore intere. L'entusiasmo della sua migliore
amica era contagioso, come tanti piccoli guizzi di calore ed energia
che vibravano nell'aria e carezzavano le gote con fare affettuoso.
Dopotutto era impossibile non provare anche solo un briciolo di
felicità in quel momento, visto e considerato che di lì a
due settimane lei e Jin si sarebbero sposati.
Yusaku aveva seguito Miyu passo per passo nell'organizzazione del
matrimonio; erano stati mesi intensi ma, al contempo, particolarmente
belli, che avevano senz'altro allietato le rigide e brevi giornate
invernali. Ora che la primavera aveva fatto il suo trionfale ingresso
nella Sala delle Stagioni rendendo così le giornate più
calde e vivibili, non esisteva più alcun motivo per lasciarsi
abbindolare dalla tristezza, almeno secondo Yusaku, che desiderava
supportare Miyu in tutto e per tutto.
In fondo, perché mai avrebbe dovuto essere triste? Andava tutto così bene…
Ma furono proprio le parole di Miyu a farlo capitombolare in un
anfratto di vita che credeva ingenuamente di avere ormai superato; un
tono di voce sognante e quella che doveva essere la novità che
Miyu non vedeva l'ora di raccontargli furono l'innesco che fece
rinascere le primule durante la primavera di dieci anni addietro.
(«Sai che le strade di Den City sono sempre tanto trafficate, ma
alla fine io e Jin abbiamo deciso di correre il rischio: prima di
recarci in spiaggia andremo al parco cittadino e chiederemo al
fotografo di scattarci qualche foto sul ponte dove si può
ammirare il laghetto. Dopotutto è proprio lì che ci siamo
dati il nostro primo bacio anni fa e… Yusaku, va tutto
bene?»)
Ripiombò bruscamente nella realtà, in quel presente senza
primule e un po' sciupato che nel corso del tempo aveva cercato di
abbellire il più possibile con tutti i piacevoli momenti
trascorsi con Miyu, Jin e tanti altri amici che aveva conosciuto durante il periodo dell'università. Ma ce n'era uno in
particolare che quando decideva di riemergere tra il fogliame secco
portava con sé una fragranza malinconica, un dolce e lontano
effluvio dato dalle primule che annunciavano il ritorno della bella
stagione che Yusaku, nonostante tutto, non aveva mai cancellato dal
proprio cuore.
Lui e Miyu avevano una cosa in comune: entrambi avevano dato il loro
primo bacio nello stesso, identico luogo, un puntino insignificante
nell'universo che per loro aveva, invece, un valore inestimabile.
E in cuor suo, Yusaku lo sapeva, anzi, l'aveva sempre saputo: che il ricordo di Ryoken, il suo primo, vero
(e unico)
amore, non l'avrebbe mai abbandonato.
2
Riuscì a sfuggire momentaneamente allo sguardo apprensivo di
Miyu grazie al borbottare della moka che si era fatto alquanto
insistente.
«Oh, il caffè è pronto» puntualizzò
l'ovvio, alzandosi dalla sedia. Diede le spalle a Miyu e si
avvicinò al piano cottura, benedicendo forse per la prima volta
in tutta la vita quella moka difettosa che sputacchiava sempre qualche
goccia di caffè se non si spegneva in tempo il fornello —
così facendo, avrebbe potuto evitare il contatto visivo con Miyu
un altro po', dato che avrebbe dovuto prima pulire.
«Yusaku… ho forse detto qualcosa di sbagliato?»
domandò lei, e dal tono di voce pareva davvero preoccupata per
quanto accaduto. «Hai fatto una faccia…»
«Strana?» azzardò Yusaku, sicuro che Miyu stesse per
dire quella parola — o al massimo qualcosa di simile.
«No… triste».
Con la moka in mano, Yusaku sussultò, e l'oggetto bollente
sbrodolò qualche altra goccia di caffè sul piano cottura.
Respirò a fondo e, mentre versava la bevanda calda nelle due
tazze colorate, cercò di riconquistare tutta la sua compostezza.
«Non ti preoccupare» disse, poggiando le due tazze fumanti
su un vassoio. Prese poi la spugna dal lavello e rimosse le macchie di
caffè con una semplice passata che non gli diede affatto il
tempo necessario per riflettere sulle parole successive: «Ho
avuto una reazione spropositata. La mia era solo malinconia, tutto
qui».
«Invece mi preoccupo eccome!» esclamò Miyu, che
aveva iniziato ad agitarsi sulla sedia. «Sai che io ci sono, per
qualunque cosa. E ho la sensazione che tu abbia bisogno di
parlare…»
E mentre poggiava il vassoio sul tavolo, Yusaku pensò che Miyu
avesse proprio ragione: non aveva mai parlato di Ryoken a qualcuno,
almeno non nei dettagli. Ryoken era sempre stato una parte della sua
vita che non aveva mai assaporato la luce del sole, perché
ciò che avevano vissuto insieme dieci anni addietro non era
stata solo una relazione come tante tra due adolescenti come tanti, era
stato molto di più e avrebbe potuto continuare a essere tanto
di più se solo le loro strade non si fossero divise.
(E in quel momento Yusaku non poté fare a meno di domandarsi
cosa sarebbe successo se avesse deciso di seguire Ryoken in America,
anche se ormai non aveva senso alcuno rimuginare su ciò che non
era stato — ma che sarebbe potuto essere).
Guardò Miyu negli occhi, quelle iridi blu che riuscivano sempre
a infondere tranquillità in chi le osservava, e poi annuì.
«Sì, credo sia giunto il momento di parlarne».
3
«Mi hai… aspettato per davvero».
«Avevi dei dubbi?»
«No, è che…»
(Non è da tutti attendere per circa un'ora che qualcuno finisca
di pulire la propria aula come se niente fosse, non trovi?)
Yusaku non lo domandò esplicitamente, ma sapeva che Ryoken gli
avrebbe sicuramente risposto che non era stato affatto un problema
attendere tutto quel tempo per lui. Pensò che fosse un gesto
davvero adorabile e si sentì lusingato.
Quel giorno, dopo la fine delle lezioni, lui e Ryoken avevano
intenzione di pranzare insieme e fare poi una passeggiata, ma il loro
intero piano era andato in fumo nel momento in cui, a causa di un
malanno di stagione, uno dei compagni di classe di Yusaku non si era
presentato a scuola e la rappresentante di classe aveva chiesto proprio
a lui di sostituirlo durante l'ora delle pulizie. E dato che Yusaku non
aveva intenzione alcuna di discutere per una cosa del genere, anche se
a malincuore aveva accettato.
Aveva riferito l'inconveniente a Ryoken durante l'intervallo e
quest'ultimo, fortunatamente, non l'aveva presa male, anzi, gli aveva
proposito di trascorrere quei quindici minuti insieme e per
chissà quale assurdo motivo avevano finito per scambiarsi i
bentō e solo in un secondo momento Yusaku si era reso conto che avevano
trascorso minuti interi a imboccarsi a vicenda e
(cielo!)
le sue gote si erano imporporate e accaldate talmente tanto che in
confronto la lava di un vulcano attivo sarebbe apparsa più
fredda della neve.
Durante quei quindici minuti, tra le pareti del suo cuore, avevano
attecchito anche la meraviglia di sentirsi così bene accanto a
qualcuno, il desiderio che quel momento non finisse mai e il bisogno
disperato di baciare Ryoken. Non accadde, ma in compenso Yusaku
realizzò cosa si provasse a essere innamorati.
E mentre uscivano insieme dell'edificio scolastico, non poté
fare a meno di sentirsi la persona più felice del mondo.
4
Quando giunsero al parco cittadino, furono accolti dalla quiete e dal
candido profumo dei fiori. Quel luogo era un piccolo pezzo di paradiso,
il bellissimo cuore verde di una tra le città più
trafficate e caotiche dell'intero Giappone; un puntino in confronto
alla vastità del mondo che aveva però il grande potere di
fermare il tempo per un po' e permettere a ogni individuo di ritrovare
la pace interiore.
Era il posto adatto per le lunghe passeggiate, per i pic-nic all'ombra
dei Sakura in fiore e per lanciarsi gavettoni ghiacciati nelle torride
giornate estive. Ed era altresì un luogo estremamente romantico,
perfetto per dichiarare il proprio amore a qualcuno o scambiarsi il
timido, primo bacio lontano da occhi indiscreti — questo se si
riusciva a trovare il posto giusto.
Ryoken, a quanto pareva, l'aveva trovato: bisognava camminare un po'
per raggiungerlo, ma ne valeva davvero la pena. Si trovavano sul ponte
che attraversava un laghetto nel quale, proprio in quel momento, due
piccoli anatroccoli si stavano affrettando per raggiungere la madre;
tutt'intorno, le chiome rigogliose dei grandi alberi quasi impedivano
alla luce di filtrare, ma grazie a qualche spiraglio benevolo, dei
lunghi fasci dorati gettavano luminosità e calore ovunque
potevano. L'erba era fresca, color verde chiaro, ed era impreziosita da
centinaia
(no, migliaia)
di fiori profumati e colorati.
Pareva quasi un sogno a occhi aperti e per un attimo Yusaku si
domandò se in realtà non si trovasse ancora a scuola,
intento a pulire i vetri delle finestre della sua aula, e non stesse
solo immaginando di trovarsi lì con Ryoken nella
rappresentazione perfetta di quello che era il suo desiderio più
intimo.
Fu proprio Ryoken a fargli comprendere che non si trattava affatto di
un sogno, bensì della più pura e semplice realtà:
poggiò garbatamente le mani sui suoi fianchi e quel tocco
equivalse al tipico pizzicotto sulla guancia, solo molto più
elegante e decisamente più gradito.
Yusaku non aveva dubbi su ciò che stava per accadere; eppure,
nonostante quella consapevolezza, non poté impedire al suo cuore
di battere molto più celere del consueto e alle gambe di tremare
appena. Si perse nello sguardo di Ryoken, in quel cielo azzurro che
tanto amava, e un timido sorriso gli incurvò le labbra, gesto
che il ragazzo ricambiò a sua volta.
«Sono felice di essere qui con te» disse Ryoken, e in quel
momento Yusaku comprese che ciò che sarebbe accaduto di
lì a poco dipendeva solo da lui, perché Ryoken non
avrebbe fatto la sua mossa fino a quando non avesse ricevuto una
risposta.
(E che senso aveva dilatare ulteriormente il tempo in un momento in
cui si desiderava solo farlo avvicinare il più possibile allo
zero assoluto?)
«Anche
io» rispose infine, avvertendo il cuore sussultare — e mai
singulti furono più belli. «Anche io sono felice di essere qui con te».
Subito dopo, il tempo si fermò un'altra volta ancora. Tutto
ciò che Yusaku riuscì a percepire furono le labbra di
Ryoken premute sulle sue e il dolce profumo del miele che aleggiava
intorno a loro con grazia ed eleganza.
(Un concerto di primule che assistevano estasiate a quel bellissimo inno all'amore).
5
Fu il loro primo bacio. Il primo dei tanti che avrebbero composto il
mosaico del loro anno insieme. Yusaku si sentiva così inesperto
e impacciato che non poté fare a meno di aggrapparsi a Ryoken e
farsi guidare da lui, dalle sue labbra morbide e dalle sue mani che
continuavano a stringergli i fianchi senza malizia alcuna.
Si baciarono per un tempo che parve durare ore, anche se in un secondo
momento constatarono che fossero trascorsi solo pochi minuti.
Prima di baciarlo nuovamente, Ryoken lo guardò negli occhi in un
modo completamente nuovo, ancora più luminoso e speciale.
«Mi piaci, Yusaku. Mi piaci davvero tanto».
E in quell'istante il mondo avrebbe anche potuto iniziare a girare al
contrario e l'universo accartocciarsi su se stesso, che Yusaku non ci
avrebbe badato neanche per un secondo. Si alzò sulle punte,
sfiorandogli le labbra con le proprie.
«Anche tu mi piaci tanto».
E si baciarono un'altra volta ancora.
6
«E poi…?»
Yusaku alzò lo sguardo, incontrando ancora una volta gli occhi
blu di Miyu, sognanti e malinconici al tempo stesso. La ragazza aveva
l'espressione tipica di chi stava sì ascoltando una bella
storia, ma con la consapevolezza un po' amara che non si sarebbe
conclusa con il lieto fine. Ed era proprio così.
«Siamo stati insieme un anno» continuò Yusaku, e un
sorriso mesto gli incurvò le labbra. «L'anno più
bello della mia vita, non posso certo negarlo. Io frequentavo il primo
anno delle superiori, Ryoken invece era già al terzo e presto si
sarebbe iscritto all'università. Lui è sempre stato un
ragazzo ambizioso e ricordo di aver sempre ammirato questo lato della
sua persona, ma… l'America era il posto perfetto per lui, non
per me. E cosa avrei dovuto fare? Battere i piedi a terra e implorarlo
di non andare? Di restare qui a Den City con me? Ma sai» e qui si
rianimò un poco, sbuffando divertito, «Ryoken aveva le
idee chiare anche riguardo la nostra relazione. Lui… lui voleva
portarla avanti, in un modo o nell'altro, solo che io… io ho
avuto paura. E questo rimarrà per sempre il mio più
grande rimpianto».
Calò il silenzio tra loro. Un silenzio che Yusaku tentò
di rendere meno opprimente portando alle labbra la tazza contenente il
caffè ormai tiepido.
«E poi…?» domandò ancora una volta Miyu
diversi minuti dopo. Nonostante la consapevolezza che aleggiava nel suo
sguardo, pareva non voler accettare un finale simile.
«Ci siamo persi di vista. In tutti i sensi» rispose Yusaku,
una nota amara nel tono di voce come il sapore del caffè che
permeava ancora sulla sua lingua. Glissò sul fatto che negli
ultimi dieci anni Ryoken gli fosse sempre rimasto nel cuore
poiché Miyu l'aveva sicuramente intuito.
«Ora capisco molte cose» disse lei. «Da quando ti
conosco, ho sempre avuto la sensazione che mi mancasse un pezzo di te.
E comprendo come mai tu abbia preferito custodirlo tra i ricordi
anziché dargli una forma con le parole. Ma dimmi, Yusaku: tu
credi davvero che sia finita? Che quando vi siete lasciati dieci anni
fa fosse una rottura definitiva? Perché a me non sembra. Sul
serio, non posso credere che sia finita così».
«Non ci siamo più cercati per tutto questo tempo, Miyu. E
dopo così tanti anni non saprei nemmeno cosa dire o fare…
non so nemmeno se vive ancora in America o se è tornato in
Giappone. Magari ora si trova da tutt'altra parte…»
(E magari ora il suo cuore batte per un'altra persona. Il solo pensiero lo devastava).
Come se Miyu gli avesse letto nella mente, si alzò in piedi e si
avvicinò a lui, chinandosi un poco per poi abbracciarlo forte.
Yusaku fu talmente travolto dall'amorevolezza di quel gesto, che
racchiudeva in sé il significato di migliaia di parole diverse,
che un piccolo singulto evase dalla sua bocca e poi un altro e poi un
altro ancora, fino a diventare un ammasso a tratti ingestibile. Il
groppo in gola a un certo punto divenne ingombrante, ma Yusaku sentiva
che una volta superato quello, si sarebbe sentito molto più
libero e leggero.
Le braccia di Miyu lo strinsero ancora più forte, i suoi lunghi
capelli castano chiaro gli solleticavano una guancia umida di lacrime e
il suo profumo aveva una sfumatura materna e rassicurante.
«Grazie per avermene parlato, Yusaku. Andrà tutto bene, vedrai».
E Yusaku non si interrogò sul perché Miyu, nel dire
ciò, parve tanto sicura delle sue parole. Semplicemente, decise
di affidarsi a lei e basta.
7
Il grande giorno era finalmente arrivato e se Yusaku avesse dovuto
descrivere Miyu con un unico aggettivo, avrebbe sicuramente scelto incantevole: Miyu era incantevole nel suo abito da sposa A-line, nella
sua acconciatura semiraccolta con una corona di fiori dalle sfumature
rosate, nei suoi occhi blu luminosi come un vellutato cielo estivo
colmo di stelle e nel suo sorriso che esprimeva così tanta
felicità che era impossibile da quantificare.
D'altro canto, Jin
era talmente emozionato che aveva rischiato un mancamento almeno tre
volte — e queste soltanto durante l'attesa di Miyu prima che
iniziasse la cerimonia.
In quanto testimone della sposa, Yusaku le era sempre rimasto accanto,
anche se con discrezione. E forse fu proprio per questo che si accorse
di come Miyu, una volta terminata la cerimonia, fosse diventata…
circospetta? In più di un'occasione, quando l'aveva notata
alzare lo sguardo tra gli invitati, non si era lasciato sfuggire
l'espressione corrucciata che le increspava sempre i bei lineamenti del
volto.
Possibile che qualche invitato avrebbe partecipato solo al ricevimento
e lei voleva assicurarsi della sua presenza? Strano, Miyu non gli aveva
detto nulla a riguardo, ma in fondo ogni matrimonio presentava sempre
qualche imprevisto… sperava solo che questo non influisse
negativamente sul buon umore della sua migliore amica.
«Io e Jin ora dobbiamo andare» gli disse Miyu,
abbracciandolo forte. «Con un po' di fortuna, dovremmo
raggiungere il parco cittadino nel giro di venti minuti…
incrociamo le dita!»
«Già» concordò Yusaku, ricambiando
l'abbraccio. «Senti, Miyu… è da prima
che—»
«Andrà tutto bene, Yusaku».
E mai come in quel momento il tono di voce di Miyu carezzò i
suoi timpani con decisione e, al contempo, con una punta di sollievo,
come se chi aveva iniziato a cercare con lo sguardo una volta
conclusasi la cerimonia fosse finalmente arrivato. E difatti fu proprio
così, perché Miyu sciolse il loro abbraccio e con un
cenno del capo lo invitò a voltarsi per scoprire chi si stesse
avvicinando a loro.
E quando Yusaku lo vide, fu come tornare ad ammirare il sole dopo anni
trascorsi a vagare in una foresta fitta e buia. L'impatto fu devastante
ma, al contempo, meraviglioso, e nel profondo del cuore sentì di
aver compreso le emozioni provate da Jin alla vista di Miyu che percorreva la
navata mentre teneva tra le mani il suo bouquet di rose bianche —
lo sguardo meravigliato, il cuore che batteva celere (un miliardo di
palpitazioni che si accavallavano l'una sull'altra), la gola riarsa; la
realizzazione che la persona che ami sta avanzando verso di te e
pensare solo e soltanto a una cosa: voglio trascorrere il resto della
mia vita con te.
Perché era questo l'effetto che Ryoken aveva su di lui. Ryoken,
il suo primo, unico, vero amore che in quel momento, fasciato in un
elegante completo coordinato in blu molto simile a quello che indossava
Yusaku — come se avessero puntato agli stessi capi di
abbigliamento leggendosi involontariamente nel pensiero —, si
stava avvicinando sempre di più, accorciando una distanza sia
fisica che emotiva durata dieci anni.
Il cervello di Yusaku andò in tilt. Si voltò di scatto
in direzione di Miyu, la quale si era già allontanata di qualche
passo
(e mentre Miyu si allontanava, Ryoken continuava ad avvicinarsi pian piano)
e la vide sorridere con una punta alquanto marcata di soddisfazione nell'incurvatura delle labbra.
«La mia parte l'ho fatta. Adesso tocca a te».
Yusaku non fece in tempo a domandarle in che modo lei avesse fatto la
sua parte — come avesse fatto a portare fisicamente Ryoken lì —
che Miyu corse tra le braccia di Jin, pronti per dirigersi al parco
cittadino, la prima tappa per il servizio fotografico.
Tutti gli invitati, frattanto, si stavano radunando attorno a un
grazioso gazebo allestito vicino alla chiesa dove era presente un
piccolo rinfresco, in attesa di recarsi poi alla villa dove si sarebbe
tenuto il ricevimento. E Yusaku, in quel momento, avrebbe gradito un
drink per dissetarsi, anche due se possibile, magari con un
considerevole tasso alcolico per potersi lasciare andare a
dovere… ma no, non aveva senso tentare di rifuggire il confronto
con Ryoken.
Anche se, a dirla tutta, il suo arrivo era stato
così inaspettato che nonostante fossero trascorsi dieci anni,
Yusaku temette di non essere ancora pronto.
Deglutì a fatica, poi si voltò nuovamente, questa volta
in direzione di Ryoken, il quale si trovava ormai a pochi passi da lui
(se Yusaku avesse allungato anche solo di poco il braccio, sarebbe
sicuramente stato in grado di poggiare la mano sul suo ampio petto e
avvertire il cuore di Ryoken battere placido nella cassa toracica).
Ryoken era bello come dieci anni addietro. Anzi, era ancora più
bello, come se quei dieci anni fossero trascorsi in maniera differente
per lui — era una bellezza eterna, la sua, che perdurava nel
tempo e non svaniva mai.
Ed era lì, di fronte a lui. E allora Yusaku realizzò e il suo cuore sussultò: era lì per lui.
8
«Ryoken…»
«Yusaku».
«Da quanto tempo…»
Si sentiva un po' stupido a pronunciare una simile frase di
circostanza, ma in quel momento era come se avesse parzialmente perso
l'uso corretto della parola.
Fortunatamente Ryoken decise di non girarci troppo intorno e di andare
dritto al punto: «Immagino che tu ti stia domandando cosa ci faccia
qui» disse infatti, mentre estraeva il telefono dalla tasca dei
pantaloni e sbloccava lo schermo.
«In effetti sì» rispose Yusaku, e quando Ryoken gli
passò il telefono, si ritrovò a leggere un'e-mail…
e gli bastò identificare il mittente per avvertire il terreno
sgretolarsi sotto i piedi, facendogli perdere l'equilibrio.
Da: aquamiyu@vrains.com
A: kogamiryoken@soltec.com
Oggetto: Qualcosa di molto importante
Salve,
mi presento: mi chiamo Miyu Sugisaki e tra due settimane mi sposerò.
Anche se non ci conosciamo di persona e anche se all'ultimo, ci terrei
a invitarti al mio matrimonio — in allegato troverai la posizione
su Maps sia per il luogo della cerimonia che per quello del ricevimento.
Questo perché il mio testimone di nozze sarà il mio
migliore amico, ovvero Yusaku, e credo che già solo leggere
questo nome ti abbia fatto capire tutto.
Non so dove tu sia ora, se sei ancora in America o da qualche altra
parte nel mondo, ma so dove si trova Yusaku, e lui è qui, a
casa. Yusaku è qui e posso assicurarti che una persona come lui
non la troverai da nessun'altra parte, soprattutto dopo ciò che
avete vissuto insieme dieci anni fa.
Mi ha raccontato tutto di voi e fidati, è stato quasi uno shock perché
me lo ha nascosto per anni interi!
Ma da come mi ha parlato di te, posso dirti per certo che non ti ha mai
dimenticato e forse mi prenderai per pazza o invadente (questo forse
sì, dato che ti ho scritto un'e-mail senza neanche conoscerti),
ma credo che nemmeno tu l'abbia mai dimenticato.
Poi chissà, magari a quest'ora sarai già sposato con
tanto di prole al seguito e smonterai qualsiasi mia congettura e
andrà bene comunque, mi assumerò ogni tipo di
responsabilità per ogni parola che ti ho scritto, ma se invece
pensi ancora a Yusaku, se provi ancora qualcosa per lui… torna.
Torna e datevi una seconda possibilità.
Ovviamente io non sono nessuno per importi qualcosa, ma ti invito
comunque a rifletterci, va bene?
E scusa se ti ho scritto sulla tua
e-mail di lavoro, ma era l'unico modo che avevo per contattarti!
Spero di vederti al mio matrimonio.
Miyu
Yusaku restituì il telefono a Ryoken senza avere il coraggio di
alzare lo sguardo su di lui. Le parole di Miyu l'avevano colpito nel
profondo e lui ora non sapeva come reagire o come mostrarsi a Ryoken
senza crollare.
Non era pronto, proprio per niente, e forse non lo sarebbe mai stato.
Ma era anche così felice di trovarsi lì, in quel
momento, a pochi passi dalla persona che non aveva mai smesso di
amare…
«Ryoken…» lo chiamò con voce un po' esitante, mantenendo lo sguardo basso.
«La tua migliore amica è un angelo».
Qualcosa esplose nel cuore di Yusaku. Qualcosa che lo portò,
finalmente, ad alzare lo sguardo e perdersi nei meravigliosi occhi
azzurri di Ryoken. E poi si perse nel suo sorriso, poi ancora nei suoi
occhi, poi ancora una volta nel suo sorriso e si rese conto di quanto
Ryoken fosse emozionato: aveva gli occhi lucidi e le sue labbra
tremavano appena, trepidanti, desiderose di dire qualcosa di importante.
«Credi ci sia altro da aggiungere oltre a quello che ha scritto
Miyu oppure posso abbracciarti più forte che posso?»
In realtà c'erano tante cose di cui Yusaku voleva parlare
— tante cose che voleva chiedere a Ryoken —, ma in fin dei
conti, in quel preciso istante, le parole avrebbero davvero potuto
colmare il vuoto che c'era ancora tra di loro?
Assolutamente no.
Ma un abbraccio… quello sì.
Assolutamente sì.
E quando si abbracciarono sentirono di aver vinto, che sarebbe andato
tutto bene; che la distanza che li aveva separati per dieci anni era
sparita, sostituita dal dolce profumo di un nuovo inizio insieme.
Ryoken lo stava davvero abbracciando più forte che poteva, ma
non gli faceva male, anzi, era tutto ciò di cui Yusaku aveva
bisogno.
Rimasero l'uno ancorato alle braccia dell'altro per minuti
interminabili ritrovandosi, riscoprendosi e innamorandosi un'altra
volta ancora. E solo quando sentirono di aver riallacciato tutti i fili
che univano le loro anime decisero di staccarsi.
Ryoken era in procinto di colmare nuovamente la distanza tra loro,
questa volta con un bacio, e anche se a malincuore, Yusaku dovette
fermarlo. Aveva una domanda da porgli e non poteva andare avanti senza
prima ricevere una risposta esaustiva in merito.
«E il tuo lavoro?» domandò infatti, con una
sfumatura di apprensione che si riflesse nel suo sguardo e vibrò
tra le corde vocali. Il fatto che Ryoken fosse tornato gli riempiva
talmente tanto il cuore di gioia che avrebbe potuto competere
facilmente con Miyu e Jin su chi stesse vivendo il giorno più
bello della propria vita, ma se Ryoken avesse deciso di tornare da lui
a discapito della sua carriera, non se lo sarebbe mai perdonato.
Ryoken sorrise e gli poggiò una mano sulla gota lievemente
arrossata. «La SOL Technologies ha aperto una sede qui in
Giappone» spiegò. «Continuerò a lavorare
sullo sviluppo e il perfezionamento della realtà virtuale, come
ho sempre fatto negli ultimi anni… solo che, d'ora in avanti, sarò a casa».
Esitò un attimo, poi ammise: «Prima di ricevere
l'e-mail di Miyu, ho trascorso diverso tempo a riflettere se chiedere o
meno il trasferimento. Questo perché l'idea di tornare a casa mi
rendeva sì felice, ma cosa avrei fatto se tu… se tu non
mi avessi voluto rivedere? Avevo paura, non posso negarlo…
perché l'unico motivo che mi avrebbe spinto a tornare eri e sei
proprio tu, Yusaku, ma il timore di averti perso per sempre già
dieci anni fa non mi dava tregua. Poi ho ricevuto l'e-mail da parte di
Miyu e in un attimo il mio intero mondo si è capovolto nel modo
più bello possibile. Mi sono sentito così felice,
così rincuorato… scusa se sono arrivato solo ora, Yusaku.
Mi sei mancato tantissimo».
Yusaku poggiò la mano sulla sua, stringendola con amore.
«Ryoken, ho avuto paura anch'io. Quando ti ho detto che non sarei
venuto in America con te mi sono sentito perso, perché in fondo
sapevo che le cose tra noi non sarebbero più state le stesse. Ma
tu a differenza mia volevi comunque provare ad andare avanti insieme a
me, a non rinunciare alla nostra storia… e ho avuto paura anche
in quel caso».
Chiuse gli occhi e lasciò che la malinconia di quei dieci anni
senza il suo amato sfumasse pian piano, sospinta via dal vento
primaverile.
«Ryoken…» lo chiamò,
sempre a occhi chiusi. «Pensi anche tu a ciò che penso
io?»
«Che forse dieci anni fa non eravamo ancora pronti?»
«Esatto».
«E ora, Yusaku?»
Lui riaprì gli occhi e sorrise. «Ora siamo qui, insieme, e se non mi baci entro cinque secondi io—»
Ryoken non gli diede il tempo di concludere la frase: poggiò le labbra sulle sue, unendole nel loro secondo primo bacio.
Fu come se, all'improvviso, un migliaio di primule fossero sbocciate
intorno a loro. E fu come se fossero tornati al parco cittadino, nello
stesso punto in cui, in quel momento, Jin e Miyu erano i protagonisti
indiscussi ripresi dagli obiettivi delle macchine fotografiche.
Rivissero ciò che li aveva legati dieci anni addietro
amplificato miliardi e miliardi di volte e si abbracciarono forte,
stretti l'uno all'altro, con l'intenzione di non separarsi mai
più.
Si guardarono, si desiderarono, si amarono in mille modi diversi e poi
Ryoken si dichiarò, e quelle furono le parole che Yusaku aveva
atteso per tutta la vita.
«Ti amo, Yusaku. Ti amo davvero tanto».
«Anche io ti amo tanto».
E le primule sospirarono felici.
N.d.A.
• Qui solo per dire che
questa One Shot sarebbe potuta nascere eoni fa se solo avessi preso in
considerazione il rapporto tra Yusaku e Miyu.
Quanto potenziale hanno come BROTP? Ovviamente non ho abbandonato la
BROTP con Yusei, e dato che fortunatamente si può avere sia un
migliore amico che una migliore amica… sul serio, questa BROTP
mi ha aperto le porte a un'infinità di spunti e idee, senza
contare che se qui non ci fosse stata Miyu, credo che a quest'ora
Ryoken e Yusaku continuerebbero a pensarsi e desiderarsi senza
però avere il coraggio di farsi avanti.
Quindi GRAZIE Miyu, da parte di tutti noi.
• Per quanto riguarda la
Jin/Miyu, qui non è molto approfondita (anzi, per niente), ma
magari più avanti potrei scrivere qualcosa in più a
riguardo.
Mi piacciono molto insieme e sono la mia terza OTP di VRAINS, quindi
direi che meritano un po' più di considerazione — a tal
proposito, se volete leggere qualcosa su questa ship, vi invito a
spulciare il profilo di angeclear97, che scrive delle Jin/Miyu a dir poco adorabili.
• Piccoli riferimenti al
canon che ho inserito nelle e-mail di Miyu e Ryoken: in aquamiyu
è presente “aqua” che è l'Ignis generato da
Miyu, Aqua appunto (Miyu è come Yusaku, ovvero una vittima
dell'Incidente Perduto, e anche Jin lo è), mentre vabbè,
@vrains penso sia palese; per Ryoken, invece, ho scelto @soltec
poiché in questa storia lavora per la SOL Technologies, la stessa azienda che
è presente nel canon di VRAINS.
Giuro che ho finito. Grazie per aver letto.
M a k o
|
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Capitolo 2 *** February ***
February
•
Sono sinceramente felice di essere riuscita a recuperare anche il mese
di febbraio in così poco tempo, spero di mantenere il ritmo,
anche se con alcuni prompt sono ancora in alto mare…
A ogni modo, parliamo un attimo di
questa seconda OS: mi sono squagliata mentre la scrivevo, forse
perché la tematica affrontata mi sta molto a cuore e vederla
vissuta da Ryoken e Yusaku ha avuto un effetto amplificato su di me.
•
Anche in questo caso preferisco aggiungere delle N.d.A. a fine storia,
quindi tra poco vi lascio lo specchietto e vi aspetto più
giù.
Per ora vi dico solo che il titolo è ripreso da una frase di Home,
canzone degli Our Last Night — sì, sono sempre loro, ve
l'ho detto che secondo me shippano la Datastorm in gran segreto. Poi
troverete anche il ritornello a fine storia.
Vi auguro buona lettura!
February: Long distance
Prompt forum: “Gli abbracci sono un posto perfetto in cui abitare” (Anonimo) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Romantico, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku
I will follow
my heart
back to you
1
Quando alzi lo sguardo per
osservare l'orario, ti sorprendi nel constatare che l'orologio appeso
alla parete segni già le undici. Hai trascorso le ultime tre ore
a pulire da cima a fondo il piccolo monolocale nel quale abiti e sei
felice dell'effetto distensivo che tutto l'impegno che hai adoperato ha
avuto su di te: ti senti stanco, sì, ma anche leggero, liberato
da un peso che gravava su ogni cellula del tuo corpo da un po' di tempo
a questa parte.
La sera addietro hai dato una forma
a questo peso, modellandolo in poche parole dall'impatto micidiale. E
forse è proprio per questo che, da quando ti sei svegliato, non
hai ancora controllato le notifiche sul telefono: perché,
nonostante siano dei semplici rettangoli posizionati l'uno sopra
l'altro, rappresentano comunque qualcosa di concreto. E in tutta quella
concretezza, sei certo di trovare anche un messaggio da parte sua.
Sei consapevole che non potrai
ignorarlo per sempre, che prima o poi dovrai armarti di coraggio e
affrontare la situazione a cuore aperto, ma… ora non ci riesci.
Provi uno strano senso di imbarazzo che ti serra la bocca dello stomaco
e non ne comprendi il motivo, visto e considerato che la sera addietro
Ryoken pareva pensarla come te… ma forse lui non la intendeva
allo stesso tuo modo, ed è proprio questo cruccio a
impensierirti tanto: perché mentre tu gli dicevi quelle parole
eri veramente disperato, ed è inutile girarci intorno, ti sei dichiarato a lui e prima te ne farai una ragione, meglio sarà.
Ti siedi sul piccolo divano con le
mani tra i capelli, i gomiti poggiati sulle cosce e gli occhi chiusi.
Avverti le palpitazioni farsi più concitate e questo non va
bene, quantomeno non in questo momento nel quale ti senti tanto fragile
e spaesato.
Respiri a fondo una, due, tre
volte, poi apri gli occhi e quasi ti ritrovi a fissare il tuo riflesso
nel pavimento che forse non ha mai brillato così tanto da quando
abiti lì
(cosa si fa pur di evadere dalla pesantezza e dagli spigoli appuntiti della realtà).
Scendi a patti con la tua coscienza
e decidi di controllare le notifiche sul telefono solo dopo aver fatto
la spesa — e questo implica che prima ti farai la doccia, che
trascorrerai minuti interminabili sotto il getto dell'acqua calda a
rimuginare senza sosta e che impiegherai altrettanto tempo per
asciugarti a dovere. Poi andrai a fare la spesa e sicuramente questa
volta presterai molta più attenzione a ogni singolo prodotto che
sei solito acquistare a occhi chiusi e ti perderai a lambiccarti nella
lettura dei prezzi, delle scadenze e dei valori nutrizionali,
nonostante tu li conosca ormai a memoria.
Farai in modo e maniera di dilatare
il tempo il più possibile perché, come tanti ragazzi
della tua età, sei caduto in una trappola in cui non avresti mai
pensato di precipitare: il fatto che l'umore di un'intera giornata
dipenda da un unico, semplice messaggio da parte di una persona
divenuta ormai troppo importante per te.
In realtà, e te ne rendi
conto solo ora, è già da un po' che Ryoken ha questo
effetto su di te: da quando un suo messaggio in cui ti augura il
buongiorno ti porta a incurvare le labbra nella rappresentazione
perfetta della felicità, da quando la sua voce calda e misurata
ti fa provare una pace interiore senza eguali e desideri solo poterla
ascoltare ininterrottamente per notti intere, quando la serata si tinge
di sfumature incantevoli perché sai che nel giro di qualche
minuto partirà la videochiamata… Ryoken fa ormai
così tanto parte di te e della tua quotidianità che ti
è impossibile staccarti da lui — tranne oggi, ma si tratta
di una situazione particolare.
Respiri a fondo un'altra volta
ancora e ti alzi dal divano, conscio che non potrai rimanere
all'interno delle tue quattro mura per sempre, che prima o poi dovrai
uscire dal guscio ed esporti.
In tutti i sensi.
2
Prima di conoscere Ryoken, hai
conosciuto Revolver. Uno dei tuoi passatempi preferiti sono i
videogiochi online ed è proprio lì che vi siete trovati
per la prima volta, in un mondo immaginario chiamato VRAINS mentre
cercavate di eliminarvi a vicenda nel corso di una missione — poi
gli scettici hanno pure il coraggio di dire che il romanticismo sia
sull'orlo dell'estinzione!
Revolver è stato il tuo
rivale per eccellenza per settimane intere, prima di lasciare il posto
a Ryoken. Già prima di scoprire la sua vera identità,
quando interagivi con lui tramite l'avatar di Playmaker, ti eri
convinto di aver trovato qualcuno di estremamente interessante e che
spiccava con una certa facilità tra la massa — solo non
avresti mai pensato che si sarebbe rivelato così tanto interessante.
È successo tutto in maniera
abbastanza celere ma, al contempo, graduale: dalla chat di VRAINS vi
siete spostati su un social — e lì hai potuto vedere Ryoken per la prima volta —, poi vi siete scambiati i numeri di
telefono e l'applicazione di messaggistica è diventata il vostro
nuovo mezzo di comunicazione — lì hai ascoltato per la
prima volta la sua voce, quando Ryoken ha preferito rispondere ai tuoi
messaggi con un audio anziché scrivere un testo lungo, in un
giorno come tanti che si è tinto di sfumature vermiglie e
incantevoli —, per poi aggiungere, infine, le videochiamate che
sono ormai diventate parte integrante delle vostre serate prima, dopo o
durante la cena. Lì entrambi avete modo di vedervi
e interagire come se fosse quasi la realtà — sicuramente
è il metodo che più si avvicina a essa, ma ormai non ti
basta più.
E dopo quanto accaduto ieri sera,
è diventato tutto maledettamente incerto, sospeso su un filo
sottilissimo che rischia di spezzarsi in qualsiasi momento.
Con lo scorrere dei giorni, delle
settimane e poi dei mesi, tu e Ryoken avete avuto modo di conoscervi ed
esporvi poco per volta; così ora sai che lui ama la cucina
thailandese, che è estroverso e intraprendente a differenza tua
che tendi più a chiuderti nel tuo guscio e a rimuginare per ore
intere su tante cose. Che casa sua dista non molto lontano dalla
Facoltà di Ingegneria Informatica — la stessa che
frequenti tu, solo in un'altra città e a centinaia di chilometri
di distanza —, che è bravissimo a dare ripetizioni di
Matematica e Fisica e che lo ascolteresti per ore intere senza
stancarti mai.
Ryoken si è guadagnato la
tua fiducia al punto tale che gli hai rivelato il tuo segreto prima di
allora inconfessabile: il tuo amore sconfinato, a tratti spasmodico per
i conigli, così come il desiderio che ti porti dentro fin da
bambino di volerne adottare uno che però non hai mai realizzato
per timore di non essere all'altezza.
Sentivi che a Ryoken una
rivelazione del genere potevi farla senza rischiare di essere
giudicato, e così infatti è stato.
Per mesi interi non avete fatto
altro che parlarvi con la consapevolezza di trovare dall'altra parte
dello schermo qualcuno in grado di accogliere e custodire ogni
più piccolo sussurro senza sminuirlo, un conforto benigno e
rassicurante. E più vi avvicinavate nell'anima, più ti
sentivi legato a lui. Avevi trovato un vero amico, qualcuno su cui
poter sempre fare affidamento… però poi hai realizzato
che non si trattava più solo di questo, che Ryoken si era fatto
spazio nei tuoi sentimenti per accomodarsi in un punto particolare,
proprio al centro del cuore.
E la sera addietro non sei
più riuscito a trattenerti e gli hai detto qualcosa che riflette
i pensieri che vorticano incessanti nella tua testa da un po' di tempo
a questa parte. Poche parole che, nella loro semplicità,
esprimono il mondo intero: vorrei che tu fossi qui.
Glielo hai confessato con gli occhi
lucidi e la voce che tremava in maniera quasi incontrollata. Glielo hai
confessato con il cuore a brandelli, perché non saresti voluto
arrivare a questo punto in una situazione tanto delicata: già
è difficile avere a che fare tutti i giorni con l'amara
consapevolezza che le centinaia e centinaia di chilometri che vi
separano rappresentano un vero e proprio ostacolo per qualsiasi vostro
progetto, figurarsi ora che ti sei dichiarato
(perché
sì, ormai l'hai capito e devi accettarlo: ti sei dichiarato alla
persona che ami e hai dato una forma ai sentimenti che fino a quel
momento hanno vissuto solo dentro di te).
Ryoken ti ha risposto con “Lo vorrei anch'io”
e non hai nemmeno paura che si sia trattato di un sogno, perché
quelle parole sei assolutamente certo di averle udite; ciò che
più ti terrorizza è il fatto che non sai come
interpretarle e questo ti ha portato a rifuggire momentaneamente il
dialogo.
Forse Ryoken voleva solo essere
gentile nei tuoi confronti, senza voler intendere chissà
cos'altro. Questo ancora non lo sai, anche perché la sera
addietro la videochiamata è durata poco, visto quanto accaduto.
Ed ecco, dunque, ciò che
è capitato: hai aperto il tuo cuore a Ryoken come mai hai fatto
da quando vi siete conosciuti. E ora è completamente esposto, in
balìa del gelo di febbraio.
(E ancora non sai
se le mani di Ryoken lo raccoglieranno da terra e lo proteggeranno con
il loro calore oppure lo getteranno via, in un sentiero dimenticato da
tutti).
3
Quando esci dal konbini, il cielo
ha assunto delle tonalità cupe, ma per fortuna non tanto
minacciose. Forse nel tardo pomeriggio pioverà per ore intere e questo
ti porta a pensare che, indipendentemente dai motivi che ti hanno
spinto a non andare a lezione quel giorno, hai fatto proprio bene a
rimanere a casa a dedicarti alle pulizie. Quantomeno non hai sprecato
l'intera mattinata steso sul letto a fissare il soffitto latteo.
Ora che hai fatto anche la spesa, puoi tornare a casa con un peso in meno sul cuore… in un certo senso.
Mentre fingevi di confrontare
prezzi, scadenze e valori nutrizionali solo per far scorrere il
più possibile il tempo — alla fine hai anche acquistato
più snack del consueto, paradossalmente —, hai inviato un
messaggio ai tuoi compagni di corso per informarli che quel giorno non
avresti presenziato neanche alle lezioni pomeridiane e rassicurarli sul
fatto che stessi bene; poi, inesorabilmente, il tuo sguardo è
inciampato su quella notifica in particolare e dall'anteprima hai potuto leggere solo due parole: Buongiorno, Yusaku.
Ryoken ti ha inviato un messaggio
questa mattina verso le otto, come di consueto, e se da una parte ti
sei sentito sollevato, dall'altra il senso di colpa per non avergli
ancora risposto dopo tutte quelle ore ha iniziato a divorarti
lentamente dall'interno.
Anche se in estremo ritardo, gli
hai finalmente dato il buongiorno una volta tornato a casa, e ora sei
qui intento a sistemare la spesa in frigo e negli appositi scaffali
quando ricevi il suo secondo messaggio: Come stai?
E non ci pensi due volte: con lui, a differenza dei tuoi compagni di corso, decidi di essere onesto — Potrebbe andare meglio, tu?
La sua risposta non si fa attendere per molto: Questa mattina la pensavo come te, ma ora va molto meglio.
E per un attimo ti illudi come uno
sciocco che si riferisca al fatto che finalmente gli hai risposto e che
quindi sia felice per questo, ma la parte pessimista di te cancella
subito ogni barlume di speranza dal tuo cuore. Forse ha ricevuto una
bella notizia in Facoltà, dopotutto in questo periodo Ryoken sta
lavorando a diversi progetti accademici e magari ne dovrà
esporre uno davanti a degli esperti, chissà.
Perché non chiederglielo? In
fondo gli hai ormai risposto, non puoi far scorrere altre ore tra un
messaggio e l'altro a causa della paura. Non più.
È successo qualcosa di bello?
E quando, dopo neanche un minuto,
ricevi la sua risposta, in un primo momento non capisci e la parte
pessimista che alberga nella tua coscienza ti porta a pensare che forse
ha sbagliato destinatario.
C'è però un frammento
di te, molto piccolo ma forte, nascosto chissà dove, che invece
ha già capito tutto e si sta trattenendo a fatica dall'esplodere
in un concerto di supernovae caldissime e accecanti.
Sono qui. Poche parole dall'effetto micidiale, lo stesso che hanno avuto le tue la sera precedente.
(Vorrei che tu fossi qui).
(Sono qui).
Accade tutto in un attimo: smetti
di sistemare la spesa, recuperi il cappotto e apri la porta per uscire
ancora una volta dalle tue quattro mura.
La stazione non dista molto da casa
tua e ancor prima di iniziare a correre per arrivare a destinazione il
più velocemente possibile, senti il cuore fare i salti mortali
nella cassa toracica. Ma non è niente in confronto a ciò che provi quando ricevi un altro messaggio da parte di Ryoken: Sono appena sceso al binario 3.
Ed eccola, la concretezza che andavi tanto cercando, la realtà che ha sempre popolato i tuoi sogni: Ryoken è qui e tu ora devi solo raggiungerlo.
Gli invii un messaggio veloce e poi inizi subito a correre più forte che puoi.
(Sto arrivando).
4
Quando giungi in stazione, i tuoi
polmoni reclamano ossigeno in maniera così disperata che sei
costretto a fermarti per qualche attimo. Da un punto di vista esterno
appari all'immensa folla come il classico ritardatario che se non si
affretta a raggiungere il proprio binario rischia di perdere il treno,
ma non è così. Qui non è questione di perdere
qualcosa, ma di rendere reale un sogno che non avresti mai pensato si
potesse realizzare, quantomeno non così in fretta.
La folla nella quale ti inoltri
pare quasi un ammasso di marosi con il solo scopo di sbatacchiarti da
una parte all'altra, e tu devi stare attento a non lasciarti
travolgere. Dopo quelli che sembrano lunghi minuti di apnea estenuante
raggiungi il binario e lo trovi lì che ti aspetta, con il trolley
tenuto per il manico in una mano e un grazioso sacchetto nell'altra.
Non sai cosa si trovi all'interno, ma in quel momento è l'ultimo
dei tuoi pensieri perché Ryoken è proprio lì, a pochi metri da te che fino a quella mattina erano centinaia e centinaia di chilometri insormontabili.
Lui è lì, è proprio lì,
ed è ancora più bello dell'immagine che sei solito vedere
proiettata sullo schermo del telefono o del computer. Ha l'aria un po'
stanca, ma in fondo chi non l'avrebbe dopo tutte quelle ore di viaggio?
Con le gambe tremebonde, il respiro
spezzato e il cuore agitato, ti avvicini a lui. E più ti
avvicini, più la realtà si materializza davanti ai tuoi
occhi.
Ryoken sorride e tu sorridi con lui. In questo momento
vorresti solo piangere dalla gioia e gettarti tra le sue braccia,
affondare il volto contro il suo ampio petto coperto da un cappotto
grigio chiaro e dirgli che questo momento l'hai atteso per mesi interi,
che il non averlo accanto ti stava distruggendo lentamente giorno dopo
giorno e che sei così felice di poterlo abbracciare, di
parlargli di persona e non più tramite uno schermo artificiale,
di poter udire la sua voce e respirare il suo profumo… ma
c'è troppa gente intorno a voi e tu non sei mai stato un tipo
tanto espansivo, anche se in questo momento vorresti davvero
abbracciarlo più forte che puoi e ringraziarlo per essere qui.
E Ryoken, che dal modo in cui ti
guarda pare pensarla proprio come te, decide di rompere il ghiaccio
porgendoti il sacchetto che tiene in mano. Lo afferri e, osservandone
il contenuto, noti subito due lunghe orecchie bianche e un musino
adorabile e paffuto, come il resto del corpicino candido come la neve.
È un coniglietto in peluche ed è la cosa più
carina che qualcuno ti abbia mai regalato — o forse lo è
perché si tratta del primo regalo da parte di Ryoken.
Il tuo sorriso si allarga ancora di
più e, mentre lo ringrazi, realizzi che questa è la prima
parola che gli hai detto dal vivo: «Grazie».
«Non
vedevo l'ora di regalartelo» ammette Ryoken, e mentre la sua voce
ti carezza i timpani, sovrastando senza urlare tutti gli anonimi rumori
che vi circondano, non puoi fare a meno di notare le sue gote tingersi
di un lieve rossore.
(Cielo, è adorabile).
«Da quanto l'avevi con te?» domandi incuriosito.
«Da quando
mi hai raccontato del tuo amore per i conigli. Avevo pensato di
spedirtelo per farti una sorpresa, ma poi ho pensato che mi sarebbe
piaciuto donartelo di persona e… vederti sorridere proprio come
hai fatto poco fa».
Ora è il tuo turno di
arrossire e dal modo in cui avverti il calore lambirti le gote, devono
essere ridotte a un ammasso di carne bruciata.
(Cielo, è davvero tanto, troppo adorabile).
Ryoken pare essere intenerito dalla
tua reazione — la quale vale sicuramente più di mille
parole —, difatti si lascia andare a un piccolo sbuffo divertito.
Poi si ricompone e, per la prima
volta da quando lo conosci, sembra trovarsi in difficoltà:
«Quando tempo fa mi hai detto che a Den City è impossibile
prenotare una camera d'albergo a meno che non lo si faccia con mesi di
anticipo, credevo scherzassi…»
Ora appare visibilmente a disagio e in un attimo capisci dove vuole arrivare.
«Non vedo dove sia il problema: vieni da me»
rispondi, e quasi ti sorprendi di tutta questa intraprendenza che, ne
sei certo, non hai mai posseduto fino a questo momento.
Ryoken pare essere sollevato dalla
tua risposta ma, al contempo, ancora un po' in imbarazzo: «Sicuro
che per te vada bene? Dopotutto sono piombato qui all'improvviso
e—»
Non gli lasci il tempo di finire la
frase: guidato da un coraggio sconosciuto e che speri non ti abbandoni
mai più, gli afferri la mano libera e inizi subito a camminare,
direzione casa.
«Non dirlo
neanche per scherzo. È la cosa più bella che qualcuno
abbia mai fatto nei miei confronti. Ospitarti mi sembra il minimo, non
trovi?»
Ryoken non risponde, si limita a
stringerti più forte la mano. E questo per te vale molto
più di ogni singola parola.
5
Quando uscite dalla stazione, noti
che il cielo si è incupito ancora di più, ma al momento
nessun accenno alla pioggia. Speri solo che non inizi a piovere proprio
ora, dato che hai dimenticato l'ombrello a casa, rifletti, mentre
attraversi le strisce pedonali con Ryoken. Vi tenete ancora per mano ed
è come se foste nati per quello.
«Ryoken» lo chiami diversi minuti dopo, quando intravedi la
tua abitazione. «Non interpretare male le mie parole, ti prego. Perché sei qui?»
Dato che ormai manca poco a casa
tua, credi sia giusto chiarire definitivamente quanto accaduto la sera
addietro. Proprio in quel momento, avverti la prima goccia di pioggia
adagiarsi sulla tua fronte.
«Perché ieri sera hai detto che avresti voluto che fossi
qui» ti risponde Ryoken senza neanche un filo di incertezza nel
tono di voce. «Questa mattina mi sono svegliato, sono andato a
lezione e mi è sembrato tutto così sbagliato
che sono tornato a casa, ho fatto la valigia e per puro miracolo sono
riuscito a trovare un biglietto del treno per Den City. Forse non te ne
sei mai reso conto, Yusaku, ma la cosa che più odio al mondo
è sapere che sei triste. E ieri sera mi si è spezzato il
cuore nel vederti in quello stato. Comprendo come mai oggi tu non abbia
risposto subito al mio messaggio del buongiorno… durante tutto
il viaggio ho atteso la tua risposta e non nego di essermi anche
preoccupato, ma in fondo questo è un viaggio che prima o poi
avrei comunque fatto. E l'avrei fatto sempre per te».
Piove un po' di più quando
Ryoken finisce di parlare. Vi affrettate a raggiungere la destinazione
e a malincuore devi sciogliere la stretta delle vostre mani per
recuperare le chiavi. Frattanto, le parole di Ryoken vorticano
incessanti nella tua testa, dolci come il miele e calde come un
tramonto estivo.
E quando entrate in casa, il
trolley e il sacchetto contenente il peluche sono momentaneamente messi
da parte per dare sfogo ai vostri veri sentimenti. Ti dispiace per il
coniglietto bianco che ora giace a terra, ma non puoi fare a meno di
pensare a quanto sia superfluo ora che Ryoken ti sta abbracciando e a
quanto questo rappresenti l'idillio perfetto nel quale hai sempre
voluto vivere.
Non vi siete nemmeno tolti i
cappotti, eppure il contatto fisico che vi unisce è unico e
speciale nel suo genere. Ora che siete soli, lontani da occhi
indiscreti, senti che con lui puoi lasciarti andare senza più
alcun freno.
Un sospiro di sollievo evade dalle
tue labbra e ti aggrappi a lui più forte che puoi. Vi lasciate
cullare per minuti interi dalla bellezza di quel gesto e dalla
meraviglia del sentimento che vi unisce.
Ti senti al sicuro tra le braccia di Ryoken, protetto da tutto il male del mondo.
(Senti
che quello è il posto giusto per te. Quello che ti spetta di
diritto. E finalmente ti senti in pace con te stesso).
Quando sciogliete l'abbraccio, la
distanza tra i vostri corpi non dura che pochi secondi. Pochi secondi
nei quali, tra il silenzio di quelle quattro mura, i vostri occhi si
dicono tutto in un solo istante.
E quando Ryoken poggia le labbra
sulle tue, ogni pensiero smette di vorticare e la tua mente si
zittisce, il tuo corpo si rilassa e il tuo cuore trabocca di amore.
Avverti un fremito percorrerti la spina dorsale nel momento in cui il
bacio si fa più audace e il tuo unico desiderio ora è
quello di diventare una cosa sola con lui… oltre a mangiare
qualcosa perché, non appena vi staccate per riprendere fiato, ti
rendi conto di non aver ancora pranzato e ti scopri decisamente
affamato.
Arrossisci e distogli lo sguardo, mentre Ryoken ridacchia divertito.
«Se ti
può consolare, sono affamato anch'io» confessa mentre si
toglie il cappotto. «Non mangio da questa mattina».
«Allora vado subito a preparare qualcosa» dici mentre anche tu ti sfili il cappotto di dosso.
Li lasciate entrambi
sull'appendiabiti, recuperi il sacchetto con il peluche dal pavimento e
vi dirigete verso l'angolo cottura. C'è ancora parte della spesa
da sistemare, ma forse alcuni ingredienti serviranno per il pranzo,
quindi non è un problema.
E mentre decidete che cosa cucinare, non puoi fare a meno di pensare a quanto tutto questo sia meravigliosamente giusto.
Perché tu e Ryoken ora siete a casa.
Insieme.
No matter how far we find ourselves
Our love will keep us close
I want you to know, you will never be alone
I’m coming home, I’m coming home
I want you to know, I’m coming home
N.d.A.
•
Qui giusto per dire che sono solo alla seconda OS e sono già
devastata, questi due sottoni saranno la mia rovina, me lo sento.
Yusaku follemente in love con i
coniglietti è un mio personalissimo Headcanon, Ryoken che
asseconda questo suo amore lo è altrettanto.
Anche la passione di Ryoken per la cucina thailandese è un Headcanon, questo più a livello fandomico.
Poi inutile dire che per come ho
sempre immaginato il loro rapporto dal punto di vista romantico, Ryoken
sarebbe disposto a tutto pur di rendere felice Yusaku, lui è
quel tipo di persona che sopporterebbe un viaggio improvvisato di ore
intere pur di vederlo e niente, mi squaglio.
•
Ebbene sì, io purtroppo sono ipersensibile alle relazioni a
distanza, sia dal punto di vista romantico che non, quindi scrivere
questa storia è stata una bella sfida che spero di aver superato.
Ogni volta che scrivo di Ryoken e
Yusaku lontani per qualsiasi motivo mi si spezza il cuore, quindi
inutile dire che la parte che più ho amato scrivere è
stata l'ultima, quando finalmente si incontrano e poi si
abbracciano… e avrei pure alzato il rating della storia se solo
entrambi non fossero stati affamati, lol
Ora taccio, grazie per essere arrivati fino a qui.
Abbiate pazienza, un giorno imparerò a non scrivere N.d.A. tanto prolisse.
M a k o
|
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Capitolo 3 *** March ***
March
• Io ormai sto avanzando
in questa Raccolta per inerzia, perché siamo solo alla terza OS
e a livello emotivo sono già prosciugata.
Anche perché va bene sperimentare, ma certi tipi di storie non
li ho mai scritti proprio per questo motivo: perché mi
distruggono, proprio come è successo in questo caso e ho pure paura di aver fallito miseramente.
• Come sempre, preferisco aspettarvi a fine storia per delle N.d.A. aggiuntive.
Ora vi lascio lo specchietto e spero che la storia convinca almeno voi!
Buona lettura!
March: Mutual pining
Prompt forum: “Questa sera il destino ti porterà una sorpresa” (Challenge: Vuoi un biscottino della fortuna?)
Rating: Giallo
Generi: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern!AU, POV Yusaku
Just look inside my heart
(you will cry)
1
Quella mattina, quando Yusaku
incontrò lo sguardo di Ryoken, sperò con tutto se stesso
che non lo avesse notato. L'ultima cosa che voleva era proprio
trascorrere del tempo in sua compagnia prima dell'inizio delle lezioni,
motivo per il quale fece subito dietrofront, deciso a percorrere
un'altra strada per raggiungere la scuola.
Capì che il suo
tentativo di evitarlo era miseramente fallito nel momento in cui la
voce di Ryoken gli carezzò i timpani e lo bruciò fin
nella carne e nelle ossa, scaldandolo dal gelo anomalo di quella
mattina di metà primavera.
«Yusaku!» lo chiamò, cominciando ad avanzare nella sua direzione.
Yusaku si morse il labbro inferiore, reprimendo a stento il desiderio di correre via, e si voltò. Era così strano
provare un coacervo di emozioni tanto negative nei confronti di Ryoken
che desiderava solo poter sparire dalla sua vista e approdare in una
terra lontana dove nessuno lo conosceva
(un
mondo perfetto nel quale il suo cuore non era stato brutalmente
strappato a metà e i suoi sentimenti erano ancora tutti integri).
Lo guardò avvicinarsi, lo vide sorridere
(a lui, stava sorridendo proprio a lui)
e si inabissò ancora di
più nel fitto groviglio di disperazione che aveva preso il posto
delle vene e delle arterie all'interno del suo corpo.
Non lo salutò nemmeno,
si limitò a fissarlo con volto apparentemente inespressivo
— tanto Ryoken era fin troppo preso da altro per rendersene conto.
«È da un po' che non ci vediamo» continuò Ryoken come se niente fosse.
«Sono
trascorse solo due settimane dall'ultima volta che ci siamo visti. Non
mi sembra sia passato chissà quanto tempo».
In realtà, a lui
parevano essere trascorsi anni, secoli dall'ultima volta che si erano
visti. Ogni giorno senza Ryoken gravava sulle sue ossa fragili con la
potenza di un macigno.
Eppure, in quel momento, tutto
ciò che Yusaku riuscì a manifestare nei suoi confronti fu
un grumo di acidità e frustrazione che riuscì a stento a
controllare.
Tanto Ryoken non lo avrebbe notato. Era troppo preso da altro, dopotutto.
«Sì, beh… è che mi fa strano, solitamente
riusciamo a vederci un po' più spesso» spiegò
Ryoken, e Yusaku distolse lo sguardo.
«Ti fa
strano?» domandò, sussultando una volta realizzato che gli
occhi avevano iniziato a pizzicare e che un groppo ingombrante gli si
era materializzato al centro della gola.
«Sì, davvero… da quando ho iniziato
l'università ho degli orari assurdi e—»
«Devo andare» lo interruppe, riprendendo ad avanzare lungo l'ampio marciapiede.
«Aspetta, possiamo fare la strada insie—»
«Sono molto di fretta, mi spiace».
E più Ryoken insisteva, più si sentiva perso, spezzato e annichilito.
«Yusaku, aspetta!»
In poche falcate, Ryoken gli fu accanto. «Volevo chiederti se nel week-end ti andava di—»
«Ho da fare. Chiedi a qualcun altro».
(Perché non chiedi a lei?)
(Perché sprechi il tuo tempo con me?)
«Oh… va bene».
Si fermò, voltandosi
lentamente, l'ultimo respiro incastrato tra le costole. Ryoken si era
bloccato un po' prima e si trovava a qualche passo da lui, lo sguardo
di chi era veramente dispiaciuto di aver ricevuto un rifiuto e le
labbra che tremavano appena.
«Mi
sarebbe piaciuto andare al cinema con te. Se riesci a liberarti dagli
impegni fammi sapere, okay?»
Non gli rispose. Con l'emotività ridotta a brandelli, disse soltanto “Devo andare” prima di avviarsi in direzione dell'edificio scolastico.
2
Vide Miyu davanti l'entrata
della scuola e si sentì rincuorato. Non era in vena di parlare,
quantomeno non in quel momento, ma sapeva che lei lo avrebbe capito e
avrebbe atteso che si facesse avanti di sua spontanea volontà.
Le bastò guardarlo
fugacemente negli occhi per comprendere che la situazione non fosse
affatto delle migliori; e come Yusaku aveva previsto, lei si
limitò a salutarlo e a sorridergli con benevolenza.
E questo lo apprezzò tantissimo.
3
Vega si trovava a metà
corridoio del secondo piano, in compagnia di due sue amiche. Yusaku
avrebbe preferito non incontrarla, ma considerando che le loro classi
erano attigue, era praticamente inevitabile.
Suo malgrado si ritrovò
a osservarla e, per l'ennesima volta, realizzò quanto fosse
carina e graziosa: il fisico alto e snello, i lunghi capelli blu e la
frangia perfetta, gli occhi scuri e sognanti… cielo, quando aveva quell'espressione stampata in volto non era mai buon segno, per lui.
Perché significava che
stava raccontando di Ryoken alle sue amiche, aggiornandole sull'ultima
volta che si erano visti, e Yusaku non voleva ascoltare una singola
parola riguardo quel resoconto tanto dettagliato.
(E se si fossero baciati?)
Cercò di scacciare quel
pensiero dalla testa con ogni briciolo di forza a sua disposizione
proprio quando, insieme a Miyu, oltrepassò Vega e le altre due
ragazze per recarsi in aula.
Era talmente presa da
ciò che stava raccontando da non accorgersi nemmeno della loro
presenza — solitamente salutava.
E a Yusaku, purtroppo, non
sfuggì un frammento di quel monologo tanto concitato: lei e
Ryoken non si erano baciati, ma il pomeriggio addietro, durante le
ripetizioni di Matematica, le loro mani si erano inavvertitamente
sfiorate. E Vega lo stava raccontando come se avesse scalato una
montagna altissima e fosse giunta alla vetta appena in tempo per
ammirare un tramonto mozzafiato, unico e irripetibile. Come se quel
semplice sfiorarsi fosse stata la più grande conquista della sua
vita.
La parte fragile dell'essenza
di Yusaku rischiò di spezzarsi in migliaia di cocci e ridursi in
polvere in una manciata di secondi; ce n'era poi un'altra, molto
più infida e cattiva, che ancora non conosceva bene, che al
contrario trattenne a stento un conato di vomito.
Yusaku aveva immaginato l'amore in mille modi differenti, ma mai così.
Così era troppo. Era opprimente e impossibile da sostenere.
4
Trascorse le lunghe ore di
lezione a rimuginare su quanto accaduto quella mattina. Miyu ogni tanto
lanciava qualche occhiata apprensiva nella sua direzione, ma Yusaku non
diede mai segno di volerne parlare sottovoce o scambiandosi qualche
bigliettino sottobanco quando il professor Zaizen voltava le spalle
alla classe per scrivere qualcosa alla lavagna.
No, era impossibile parlarne in
quel momento, soprattutto quando Yusaku per primo doveva ancora fare
chiarezza dentro di sé. E avrebbe voluto farlo, in modo tale da
poterne poi discutere con Miyu in tutta calma e a mente più
lucida, ma l'unica cosa sulla quale riuscirono a focalizzarsi i suoi
pensieri fu il fatto di essersi comportato davvero male nei confronti
di Ryoken e che l'espressione addolorata che aveva assunto dopo aver
udito la sua rispostaccia gli dilaniava il cuore.
Non era mai capitato. Tra loro le cose erano sempre andate bene e la loro amicizia durava ormai da tempo.
Era stato ingiusto nei suoi
riguardi e il ricordo dello sguardo afflitto di Ryoken non gli dava
tregua, come se quegli occhi adombrati dal dolore avessero deciso di
imprimersi a fuoco nella sua anima.
In fondo Ryoken non aveva
colpe: stava solo frequentando una ragazza alla quale dava ripetizioni
di Matematica, non doveva certo rendere conto a Yusaku di questo.
Inoltre, solo perché Yusaku provava qualcosa nei confronti di
Ryoken, non voleva certo dire che quest'ultimo fosse costretto a
privarsi di vivere le proprie esperienze e, perché no, magari
trovare anche una ragazza con cui impegnarsi in una relazione seria.
Yusaku non aveva potere alcuno in merito. Yusaku non era assolutamente nessuno
in quel frangente, non ricopriva alcun ruolo e non sarebbe mai salito
sul palco per interpretare la sua parte — anche perché era
conscio che, se fosse accaduto, gli avrebbero rifilato quella
dell'antagonista e lui non ci teneva affatto a essere dipinto in quel
modo.
Erano solo Ryoken e Vega. Solo
e soltanto loro due, protagonisti di quella storia dalle sfumature
rosate che si stava evolvendo giorno dopo giorno e alla quale Yusaku,
per forza di cose, era costretto ad assistere inerme e col cuore
spezzato da singulti mal trattenuti.
Tentò di trovare il lato
positivo della situazione, un piccolo appiglio al quale aggrapparsi con
tutte le proprie forze, giusto per soffrire un po' meno. Frugò a
lungo e a fondo, senza darsi pace, trattenendo il respiro e tagliandosi
le dita con alcuni cocci affilati come rasoi (alcuni rimasugli del suo
cuore che non era riuscito a recuperare), prima di constatare che
l'unica, magra consolazione alla quale poteva stringersi ancora era al
contempo quella che più lo distruggeva interiormente, che gli
divorava i sentimenti come un tarlo ingordo e nocivo: Ryoken continuava
comunque a volergli bene e a tenere a lui. Come amico, perché Ryoken non era innamorato di lui, era assurdo pensare che lo fosse, quindi i suoi atteggiamenti e il suo modo di approcciarsi non sarebbero affatto mutati.
Per Ryoken non era cambiato
proprio nulla: aveva solo iniziato a frequentare una ragazza —
molto carina, tra l'altro —, perché mai questo avrebbe
dovuto influire sul rapporto di amicizia che aveva con Yusaku?
E fu proprio questa
realizzazione a scaraventarlo in un mondo che non aveva mai assaporato
la luce genuina del sole, cupo e claustrofobico: per Ryoken non era
cambiato nulla; per lui, invece, era cambiato tutto, e nel modo
peggiore possibile.
5
«Dovresti accettare il suo invito».
«E perché mai? Me lo avrà chiesto solo perché lei gli ha dato buca per il week-end».
«Yusaku…»
Si morse il labbro inferiore e lasciò cadere le bacchette nella scatola del bentō quasi completamente intatto.
«Scusa…» mormorò, riprendendole in mano un
attimo dopo, senza però fare altro. Non aveva fame, quel giorno,
nonostante la tamagoyaki riposta con cura nella scatolina nera insieme a due onigiri fosse davvero invitante.
Aveva raccontato tutto a Miyu
durante l'intervallo, senza tralasciare nulla, e quella era stata la
considerazione finale da parte della sua migliore amica: uscire con
Ryoken nel week-end per chissà quale masochistico motivo.
Yusaku non ci teneva affatto a
rispondere in maniera tanto acida anche a lei che stava solo cercando
di aiutarlo, ma in quel momento si sentiva come la quintessenza della
negatività, impossibilitato a provare anche solo un briciolo di
speranza nel compiere una decisione simile.
«Dico
davvero, Yusaku: conosci Ryoken meglio di me e sai che non ti
considererebbe mai come un rimpiazzo. Non è da lui comportarsi
così. Inoltre…»
Prima di proseguire, Miyu si
guardò intorno, come per accertarsi che nessuno in classe stesse
origliando la loro conversazione: «Prima ho incontrato Vega in
bagno e mentre parlava con le sue amiche ha detto che se
Ryoken dovesse invitarla a uscire nel week-end, si ritroverà
costretta a rifiutare poiché andrà a fare visita a dei
parenti che abitano a Paradise City. In sostanza, Ryoken non le ha
proposto nulla e ha pensato solo a te perché è con te che vorrebbe andare al cinema, sabato sera».
Yusaku sussultò, colto decisamente alla sprovvista. Poggiò nuovamente le bacchette inutilizzate sul suo bentō ed estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni.
«Questa mattina gli ho risposto davvero male…»
sussurrò mentre apriva la chat con Ryoken che, notò con
una punta di dolore, nelle ultime settimane si era trasformata in
Ryoken che inviava messaggi — senza mai demordere — e
Yusaku che rispondeva a monosillabi, nel chiaro intento di non
protrarre mai a lungo una conversazione con lui.
Scrollò le
conversazioni, approdando in un tempo in cui tutto andava bene, quando
non vedeva l'ora di ricevere un suo messaggio per poi rispondergli nel
giro di mezzo minuto. Un tempo in cui il cuore di Ryoken era ancora
libero e, anche se non provava nulla per lui, quantomeno Yusaku non
viveva nell'incubo a occhi aperti in cui Ryoken aveva trovato qualcuno
a cui donare ogni briciolo del suo amore e delle sue attenzioni.
Gli occhi pizzicarono ancora
una volta e lui lasciò il discorso in sospeso — tanto
sapeva che Miyu lo avrebbe capito comunque.
«Scrivigli che ti scusi per il comportamento che hai avuto questa
mattina e che ti farebbe tanto piacere andare al cinema con lui sabato
sera» gli suggerì lei con dolcezza. «Vedrai che
Ryoken ne sarà felice».
E con dita tremanti, Yusaku digitò parola per parola ciò che Miyu gli aveva detto.
(E inviò).
6
I due giorni successivi furono stranamente normali:
era come se l'universo intero avesse deciso di concedere una tregua a
Yusaku, permettendogli così di riprendere fiato e rilassarsi un
po' in vista di sabato sera.
Vega non si era più
fatta trovare in corridoio intenta a parlare di Ryoken con sguardo
sognante e quest'ultimo si era rivelato entusiasta del messaggio che
Yusaku gli aveva inviato per confermargli che sì, nel week-end
sarebbero andati al cinema insieme, solo loro due.
Yusaku non capiva, e tutto quel subbuglio emotivo lo metteva a disagio:
pareva che l'intera situazione ora stesse volgendo a suo favore, con
Vega che non si faceva più vedere e Ryoken che gli dedicava
tutte le attenzioni del mondo, eppure non riusciva a capacitarsene e
per brevi, gelidi attimi che parevano durare quanto mille lunghi
inverni, il terrore atavico di essere travolto da un momento all'altro
da una realtà devastante e annichilente gli cristallizzava
sempre il sangue nelle vene.
E se fosse solo la fatidica quiete prima della tempesta?
Forse quei due avevano già ufficializzato la loro relazione e
Ryoken aveva chiesto a Vega di essere un po' più discreta,
quantomeno all'inizio… e se avesse intenzione di raccontargli
tutto sabato sera, magari prima di entrare in sala?
La serata sarebbe finita ancor prima di iniziare e questo sì che gli avrebbe dato il colpo di grazia.
E fu così che Yusaku
trascorse l'intera giornata di sabato: pensando che, in qualunque modo
fosse andata la serata, qualcosa si sarebbe concluso e qualcos'altro
sarebbe invece cominciato. Perché lui di certo non sarebbe
rimasto zitto.
Non più.
7
Ryoken arrivò puntuale
e, a un quarto alle nove, Yusaku si trovò comodamente seduto sul
sedile del passeggero della sua auto. Le temperature erano ancora un
po' basse, ma non era un problema visto che avevano in programma di
uscire per poi rintanarsi da qualche altra parte.
Ciononostante, un brivido
riuscì comunque a percorrere beffardo la spina dorsale di
Yusaku, portandolo ad agitarsi un poco.
«Tutto bene?» gli domandò Ryoken, apprensivo.
Erano fermi a un semaforo che
proprio non ne voleva sapere di illuminarsi di verde e pareva quasi che
la caoticità di Den City fosse in procinto di inghiottirli in
una misera frazione di secondo. Yusaku puntò lo sguardo oltre il
vetro del finestrino, nel tentativo di mantenere una parvenza di
autocontrollo.
«In
realtà no» ammise, avvertendo la gola serrarsi e pizzicare
appena. «Ma vorrei parlartene una volta arrivati, se per te va
bene».
(Giusto il tempo di respirare a fondo e provare a riassemblare il mosaico di un coraggio andato in frantumi).
«D'accordo».
E proprio in quel momento, il semaforo divenne verde.
8
Quando giunsero al parcheggio del cinema, Yusaku si lasciò andare a un lungo e profondo sospiro.
«Mi
dispiace» disse con un filo di voce, lo sguardo puntato ancora
oltre il vetro del finestrino e il cuore che batteva martoriato nella
cassa toracica.
«Per
che cosa?» domandò Ryoken, gli occhi azzurri che ora non
si staccavano dalla sua figura — Yusaku poteva vederli nel
riflesso del vetro, limpidi e bellissimi.
Ma perché accontentarsi di un mero riflesso quando poteva ammirarli per davvero?
Si armò di coraggio e si voltò nella sua direzione,
instaurando il contatto visivo e sentendosi un po' morire dentro,
perché parlare a cuore aperto non era mai stato tanto difficile
come in quel momento.
«Per
il mio comportamento» ammise in un sussurro. «Per come ti
ho trattato nell'ultimo periodo… sono stato ingiusto nei tuoi
confronti».
«Yusaku, va tutto bene. Capita a tutti di vivere un periodo
stressante, non hai nulla di cui giustificarti».
Yusaku sorrise. Un sorriso
amaro e rassegnato, un tipo di incurvatura sconosciuta alle sue labbra
sottili che già percepivano il sapore salato delle lacrime ormai
imminenti.
«Non è solo un periodo, Ryoken».
«E allora che cos'è?»
Yusaku chiuse gli occhi per un
istante, giusto il tempo di trovare le parole giuste. Quando
parlò, avvertì la gola riarsa. E la sua voce parve quasi
spaccata a metà.
«È qualcosa che non se ne andrà fino a quando continuerò a provare dei sentimenti per te».
Fu come se il tempo si fosse
cristallizzato nell'istante esatto in cui Ryoken realizzò il
significato di quella confessione; le pupille dilatate e le labbra
lievemente schiuse, nella rappresentazione perfetta di chi tutto si
sarebbe aspettato, tranne che udire una dichiarazione simile da parte
di un amico. Perché era così, non poteva essere altrimenti: Ryoken era rimasto sconvolto per questo motivo, non per altro.
E Yusaku desiderò
ardentemente slacciare la cintura di sicurezza e uscire dall'auto,
camminando il più lontano possibile da lui perché ormai
era tutto finito, gliel'aveva confessato e niente sarebbe più
tornato come prima. Ma decise di restare e di andare fino in fondo, di
inabissarsi fino all'altezza del cuore e poi lasciarsi andare una volta
per tutte.
«All'inizio non era stato un problema, perché sapevo che
anche se non ricambiavi i miei sentimenti, potevamo comunque continuare
a essere amici. E per mesi interi è stato così, fino a
quando… fino a quando Vega non mi ha chiesto il tuo numero di
telefono per le ripetizioni di Matematica. Se penso che sono stato
proprio io a darglielo…»
Si interruppe, perché le
cose si stavano facendo difficili. Era in procinto di dare una forma a
una parte di sé che odiava e che ancora non aveva accettato:
quella che rantolava, schiacciata tra il dolore e la gelosia, con la
bocca colma di veleno e lo sguardo carico di odio; quella parte di
sé che l'aveva portato a rispondere male a Ryoken, a evitarlo e
a cercare di dipingerlo sotto una luce negativa pur di staccarsi
emotivamente da lui e liberarsi una volta per tutte dall'angoscia.
Quella parte di sé che ora il vetro del finestrino dietro Ryoken rifletteva
perfettamente.
«Io
non sono nessuno per importi chi frequentare, sei libero di vivere la
tua vita come meglio credi… ma non posso negare che mi fa male e
che più di una volta ho desiderato essere al posto di Vega,
anche se so che è impossibile. Il fatto è che da quando
vi frequentate per me è diventato tutto più difficile
perché non riesco più ad approcciarmi a te come prima.
Credevo di riuscire a reprimere le mie emozioni, ma non è
così. Mi fa male… ogni volta che ti parlo e so che tu
pensi a lei, oppure quando trascorrete del tempo insieme, che sia per
le ripetizioni di Matematica o altro… ed è per questo che
ho iniziato a evitarti, perché so che non avrei resistito a
lungo e… ti chiedo scusa. Per tutto».
Chi sosteneva che sfogarsi e
buttare fuori tutto ciò che si prova ha come effetto immediato
quello di sentirsi meglio, mentiva spudoratamente. Perché lui
non si sentiva meglio, si sentiva sconfitto, annientato, ridicolmente
esposto davanti all'ultima persona che avrebbe voluto lo vedesse in
quelle condizioni.
Aveva il cuore a brandelli e
l'anima tumefatta. Si sentiva un inutile e minuscolo granello di
polvere in mezzo alla vastità delle emozioni che provava.
E stava piangendo senza controllo, come un bambino dopo essere caduto per la prima volta dalla bici.
(Patetico).
Ryoken slacciò la
cintura di sicurezza e allungò le braccia nella sua direzione.
Tra le lacrime e i singulti, Yusaku riuscì a percepire le mani
calde del ragazzo posarsi con garbo sulle sue gote bagnate,
carezzandole amorevolmente.
(È tutto finito. Non abbiamo più niente da dirci).
E quando trovò la forza
di aprire gli occhi e mettere a fuoco il volto di Ryoken, rimase senza
fiato nel constatare che anche lui fosse sull'orlo delle lacrime.
«In
questo momento mi sento la persona più stupida del
pianeta» confessò, la voce che tremava appena. Un timido
sorriso affiorò sulle sue labbra e Yusaku pensò che fosse
incantevole.
«Cosa intendi dire?» riuscì a domandare nonostante il groppo in gola.
Ryoken sospirò. «Non avevo mai preso in considerazione la possibilità che tu ricambiassi i miei sentimenti»
disse, e ogni parola che scandì riportò Yusaku a galla,
facendolo riemergere dall'abisso nel quale era sprofondato.
«Tu… cosa…?»
«Mi
ero illuso che con Vega avrei potuto voltare pagina, ma così non
è stato. Mercoledì pomeriggio mi ha chiesto di vederci e
lei… lei si è dichiarata. Ma io non ho mai provato niente
del genere nei suoi confronti, solo attrazione. L'ho realizzato nel
momento in cui mi ha detto con tanta sicurezza di provare qualcosa per
me. Perché anch'io provo qualcosa, ma non per lei.
E lì ho capito di aver sbagliato tutto, che ci eravamo illusi
entrambi: lei credeva di avermi conquistato e io… io credevo di
averti dimenticato, ma non è così».
Sorrise nervoso, togliendo le mani dal suo viso.
«Vega non l'ha presa bene, ma alla fine ha compreso le mie ragioni. Mi basta questo».
Ed ecco spiegato come mai non
si era più fatta vedere nei corridoi con le sue amiche,
rifletté Yusaku. Mistero risolto.
Poi realizzò per davvero ogni singola parola di Ryoken e non poté fare a meno di chiedere: «Da quanto tu…?»
Ryoken fece spallucce.
«Mi sei sempre piaciuto, Yusaku. Solo con il passare del tempo ho
capito di provare molto di più nei tuoi confronti».
Il cuore di Yusaku fu
sopraffatto da un'onda morbida e benevola. Lo avvolse e lo sospinse
dolcemente verso la riva, permettendogli così di tornare a
respirare.
L'aria all'interno dell'auto, invece, si stava facendo sempre più calda, ma per ben altri motivi…
«Quindi tu…?»
(Mi ami?)
«Sì. E tu…?»
(Ami me?)
«Sì».
Yusaku lo guardò negli occhi e deglutì. «E questa sera…?»
«Volevo dichiararmi, sì. E avrei accettato qualunque esito… anche se questo devo dire che è il mio preferito».
Era incredibile come entrambi avessero provato lo stesso, identico desiderio nel medesimo momento.
Alcune volte, il destino trova modi alquanto bizzarri per realizzarsi.
Ma non per questo sono meno graditi.
9
Di quel sabato sera, Yusaku avrebbe ricordato tante cose, una più bella dell'altra.
Ad esempio di come lui e
Ryoken, dopo un attimo di imbarazzo, si fossero baciati incuranti che
qualcuno di passaggio nel parcheggio potesse notarli.
Di come fossero ormai in
ritardo per la proiezione delle nove e trenta e quindi quale modo
migliore di attendere quella in seconda serata se non restando in
macchina a baciarsi ancora e ancora?
Di come si tennero per mano durante tutta la durata del film, uno di quelli coi supereroi che piacevano tanto a entrambi.
Di come Ryoken lo avesse abbracciato forte prima che Yusaku uscisse dalla sua auto una volta riaccompagnatolo a casa e di come gli avesse sussurrato “Buonanotte, amore mio” prima di lasciarlo andare.
E di come Yusaku si fosse sentito, per la prima volta dopo tanto tempo, la persona più felice al mondo.
Non vedeva l'ora di raccontare
tutto a Miyu e anche di ringraziarla, perché se non fosse stato
per lei, a quest'ora il suo cuore sarebbe ancora strappato a
metà. Ma non gliel'avrebbe detto nei corridoi della scuola, dove
si correva sempre il rischio che qualcuno potesse origliare.
L'avrebbe invitata a casa sua domenica pomeriggio e le avrebbe offerto un caffè.
E tanti biscotti al cioccolato.
N.d.A.
• Qui solo per lanciare un appello: RIVOGLIO INDIETRO I MIEI SENTIMENTI, POSSIBILMENTE INTEGRI, GRAZIE.
Il mutual pining è un
trope davvero interessante, ma per me è decisamente troppo: non
fa per me, nonostante io per prima ami sguazzare nell'Angst. Forse
perché, anche nell'Angst, so che Ryoken e Yusaku possono contare
sul sentimento che li unisce, ma qui?
Cioè, a un certo punto non sapevo nemmeno io come uscirne e ho
chiesto a Yusaku di farmi spazio nell'angolino della depressione per
piangere insieme.
• Vega è un
personaggio di Duel Links: è una Duellante Standard che appare
nel mondo di VRAINS e, a giudicare dalla divisa scolastica, frequenta
la stessa scuola superiore di Yusaku.
È davvero adorabile e non nego che mi piacerebbe scrivere ancora
su di lei, magari per approfondirla un po' — e magari per non
farle più ricoprire un ruolo tanto scomodo.
• Penso di aver detto tutto.
Grazie per essere arrivati fino a qui, spero davvero che la storia sia stata di vostro gradimento.
M a k o
|
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Capitolo 4 *** April ***
April
• La settimana di pausa
forzata che ho preso da questa Raccolta mi è servita davvero
tanto, anche perché non credo sarei mai riuscita a scrivere
questa OS se non fosse successo tutto quello che è successo.
Per farla breve: non sarebbe dovuta essere questa la quarta OS della
Raccolta, bensì un'altra tipologia di AU. Solo che, arrivata a
circa metà stesura, ho realizzato che non mi convinceva proprio
per niente e dopo averci riflettuto bene, ho puntato tutto su
quest'altra AU.
• Io non so come
sarà accolta questa storia, anche perché credo sia molto
particolare e potrebbe non toccare le corde di tutti quanti — ma
magari è solo una mia impressione, chissà.
Vi invito a leggere attentamente lo specchietto, solo questo: il tipo
di AU è nascosto (più che altro per mantenere
“l'effetto sorpresa” a chi decide di leggere questa storia
pronto ad aspettarsi di tutto), ma potete comunque evidenziarlo per
scoprire di cosa si tratta, in modo tale da scegliere poi se proseguire
o meno nella lettura.
Poi magari sono solo io che mi faccio un sacco di pare per niente, ma è sempre meglio mettere le mani avanti.
Ora vi lascio con lo specchietto e come sempre vi aspetto un po' più giù, a fine storia.
Buona lettura — spero!
April: Peace
Prompt forum: “Dopo
un tempo che non so calcolare riesco a calmarmi. Mi sento al sicuro. La
paura di prima è svanita del tutto. È bastato un
abbraccio. Un suo abbraccio.” (Daniela Volontè) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Arancione
Generi: Angst, Drammatico, Introspettivo
Note: A Quiet Place!AU, Crossover, POV Yusaku
Avvertimenti: Contenuti forti (accennati), Tematiche delicate
Shizukesa
(静けさ)
1
(Meno tre giorni al silenzio)
Era una sera d'estate dolcemente rumorosa.
Yusaku avrebbe voluto protrarla il più a lungo possibile e
posticipare l'alba di ore intere, perché momenti del genere, in
un luogo caotico come Den City, erano estremamente rari e lui aveva
realizzato forse troppo tardi quanto fossero belli e preziosi, benevoli
come una carezza e lenitivi come una crema fresca sulla pelle scottata.
Nonostante lui e Yusei si
trovassero in spiaggia, il frastuono del traffico di Den City trovava
comunque il modo di raggiungerli, fastidioso e impertinente. Quantomeno
erano stridii ovattati, quelli che vibravano nei timpani, i quali erano
in grado di percepire altri suoni molto più piacevoli dei
clacson e del rombo dei motori — le piccole e timide onde del
mare che si infrangevano sulla riva, delicate nelle vibrazioni e salate
nella consistenza, ad esempio.
Non molto in lontananza da
loro si trovava un gruppo di ragazzini che, con ogni
probabilità, non era stato informato del nuovo divieto di
accendere falò in spiaggia, difatti erano tutti indaffarati a
preparare il necessario per cuocere i marshmallow. Yusei e Yusaku
avevano deciso di comune accordo di non interferire, a meno che la
situazione non degenerasse — più di una volta un ragazzino
dai capelli verdi e rossi aveva rischiato di alimentare un po' troppo le fiamme mentre eseguiva dei numeri di magia davvero niente male.
Le risate e gli applausi
da parte dei suoi amici parevano infondergli sempre più fiducia
nelle proprie capacità, che erano sicuramente a un buon livello,
ma che forse non prevedevano l'utilizzo del fuoco… e proprio per
questo Yusei controllava ripetutamente con la coda dell'occhio che
niente andasse storto, senza però mettere Yusaku in secondo
piano.
Dopotutto si erano dati
appuntamento per parlare un po', cosa che nell'ultimo periodo non era
capitata molto spesso a causa degli impegni universitari di Yusaku.
Erano seduti su un telo
sottile, intenti a osservare il cielo, che quella sera era impreziosito
da un'infinità di stelle splendenti che si riflettevano sulla
superficie cristallina del mare. Il rumore di una lattina stappata
ridestò Yusaku da quell'incanto, facendolo voltare verso Yusei.
Il ragazzo gliela stava offrendo, e lui la accettò di buon grado
— era quella arancione, la sua preferita.
«Grazie» disse, prima di bere il primo sorso.
Yusei gli rispose con un
sorriso e poi ne stappò una per sé. Il suono fu fugace e
frizzante, un guizzo che pareva quasi come un puntino di vernice bianca
caduto per sbaglio su una tela completamente nera. A Yusaku piacque.
(Gli infondeva un senso di pace interiore mai provato prima).
«Allora, di che cosa mi volevi parlare?» domandò poi
Yusei, e lì Yusaku dovette per forza tornare alla realtà,
vigile e attento, perché ciò che voleva raccontargli era
unico e irripetibile, qualcosa che Yusei meritava di sapere per primo.
«È ufficiale. Tra me e Ryoken, intendo… ora stiamo insieme».
Con tutti i modi che aveva
pensato di dirglielo, quello era stato sicuramente il più
incerto e impacciato — ma lui non era mai stato bravo a esprimere
certe emozioni e Yusei era il suo angelo custode proprio perché
sapeva coglierle tutte quante, anche quando Yusaku non spiccicava una
sola parola.
«Era ora!» esclamò Yusei, e la sua voce
riverberò nei timpani di Yusaku come un'onda un po' più
alta e inaspettata, di quelle che ti travolgono cogliendoti impreparato.
Yusei era felice e lo era
talmente tanto che le sue iridi, di un bellissimo color Bleu de France,
parevano brillare di luce propria. Il suo sorriso era ampio ed
entusiasta, con una sfumatura di “lo sapevo” nascosta nell'incurvatura delle labbra.
Yusaku non poté che
essere contento di quella reazione, anche se proprio non si capacitava
di tutta la sicurezza che il ragazzo aveva manifestato nel corso dei
mesi — una sicurezza che ora aveva la possibilità di
esplodere e avvolgere tutto quanto poiché si era rivelata
fondata.
«Come facevi a saperlo? Io credevo di non
piacergli…» borbottò un po' imbarazzato, mentre una
lingua di fuoco si alzava in cielo e i ragazzi attorno al falò
esclamavano frasi diverse e indistinte nello stesso istante.
Yusei lanciò un'occhiata fugace nella loro direzione e poi tornò a concentrarsi su Yusaku.
«Dal modo in cui ti guarda» rispose, una
punta di solennità nel tono di voce. «Non ci hai mai fatto
caso?»
«Ehm… no, non credo».
Yusei sorrise con
dolcezza, poi spiegò: «Il modo in cui ti guardo io
è quello tipico del migliore amico: ti voglio bene e desidero
proteggerti, ma non sei il centro del mio universo. Questo
perché il mio cuore non batte per te in quel senso e non provo alcun desiderio di quel tipo nei tuoi confronti. Ti guardo con affetto, senza però spingermi oltre. Ma Ryoken…»
Yusei sospirò. E
quel sospiro fu accompagnato dal suono di un'onda del mare che proprio
in quel momento giungeva a riva, benevola e carezzevole.
«Ryoken ti guarda in un modo meraviglioso, Yusaku. Non credo di
aver mai visto una persona tanto innamorata come lui da che sono al
mondo. Appena ti vede sembra quasi rianimarsi di vita e i suoi occhi
brillano come se stessero ammirando un capolavoro d'arte senza tempo.
Rimane sempre estasiato dalla tua sola presenza… deve amarti
davvero tanto».
Yusaku avvertì il
cuore sprofondare nello stomaco e dei brividi incandescenti
percorrergli la spina dorsale. E pensare che per mesi interi aveva
vissuto col timore di non piacere a Ryoken… si sentiva un po'
uno scemo, in quel momento.
Poi realizzò che
uno sguardo del genere l'aveva già visto in altre circostanze e
non riuscì a frenare la lingua: «Questo è anche il
modo in cui tu guardi
Judai…» disse, e subito si pentì di aver dato una
voce a quella considerazione poiché lo sguardo di Yusei era
mutato all'istante, privato di ogni traccia di morbidezza — solo
tanta apprensione e una nota marcata di tristezza che ricordava per
certi aspetti un cuore di vetro in procinto di spezzarsi.
«Judai…» sussurrò, e subito dopo estrasse il
telefono dalla tasca dei pantaloni, sbloccando lo schermo e
rabbuiandosi nel constatare che non fosse presente alcuna notifica.
«Non lo sento da ieri sera» ammise, mentre digitava il suo
numero. Portò il telefono all'orecchio e proseguì:
«A quest'ora dovrebbe essere già tornato a Nuova Domino
e… niente, continua a essere irraggiungibile».
Nello sguardo e nel tono di voce di Yusei vi erano delle note colme di paura che facevano davvero male.
«Pensi che mi stia preoccupando troppo?» domandò
mentre riponeva il telefono nella tasca dei pantaloni.
«Assolutamente no» rispose Yusaku. «Non è da Judai sparire in questo modo».
«Già» confermò Yusei. «Non è proprio da lui».
Yusaku era in procinto di
replicare, quando delle urla si levarono oltre le spalle di Yusei: i
ragazzi del falò questa volta l'avevano combinata grossa e dal
modo in cui le loro voci si mescolavano tra loro in un concerto
esagitato, difficilmente sarebbero riusciti a trovare un punto
d'incontro per spegnere quelle fiamme alte che scoppiettavano senza
sosta.
«Cielo, quanto sono rumorosi…» borbottò
Yusaku, e Yusei non poté fare a meno di ridacchiare, pur
mantenendo una lieve sfumatura addolorata nello sguardo.
«Meglio andare a vedere cosa succede, non vorrei che qualcuno di
loro si faccia del male» disse, mentre si alzava in piedi e si
scrollava la sabbia dai pantaloncini neri e dalla maglietta rossiccia.
E Yusaku, mentre lo
osservava allontanarsi e chiedere a gran voce ai ragazzi se avessero
bisogno di aiuto, non poté fare a meno di pensare che il suo
migliore amico fosse tanto, troppo buono.
Ed era grato di averlo al proprio fianco.
2
(Meno dodici ore al silenzio)
Il rumore del videogioco
che chiedeva senza sosta di iniziare una nuova partita era quasi peggio
del traffico incessante di Den City.
Yusaku sbuffò
infastidito, cercando a tentoni il telecomando poggiato sul tavolino,
mentre Ryoken si staccava da lui per precederlo e spegnere la
televisione. Avevano giocato per più di un'ora, Yusaku come al
solito lo aveva stracciato e notando il suo broncio gli aveva detto con
fare alquanto languido che aveva diritto al premio di consolazione,
cosa che Ryoken non si era fatto ripetere due volte.
L'aria condizionata era
accesa, le poche luci non spente in salotto creavano un'atmosfera
romantica e soffusa e nessuno dei due aveva mai fatto l'amore sul
divano, quindi perché non provare in quell'occasione?
E stava andando tutto bene
se non fosse stato per il rumore incessante sia all'interno che al di
fuori dell'appartamento di Yusaku — dopo anni, ancora non ci
aveva fatto l'abitudine.
«Odio questa città» sbottò, sbuffando poi esasperato.
Ryoken poggiò
nuovamente il telecomando sul tavolino e ridacchiò. «Non a
caso rientra nella top ten delle città più rumorose e
trafficate del Giappone».
«Del mondo intero» rincarò la dose Yusaku, con una considerazione tutta sua ma che, secondo il suo punto di vista, era di sicuro fondata.
Il corpo di Ryoken premeva
sul suo, le loro pelli accaldate sfregavano tra loro e Yusaku fece
scorrere un dito sul suo collo, beandosi del suo sospiro di piacere
(un suono incantevole che, per pochi attimi, riuscì a sovrastare le urla della città).
«La mia famiglia possiede una casa in campagna» disse
Ryoken, sfiorandogli le labbra con le proprie. «Possiamo
trasferirci lì per il mese di agosto…»
«Solo noi due?»
Ryoken lo fissò
negli occhi e Yusaku poté scorgere nel suo sguardo un amore puro
e incondizionato, talmente bello da farlo tremare interiormente.
«Solo noi due» confermò Ryoken, sfiorandogli le
labbra un'altra volta ancora. «Si trova in un luogo un po'
isolato,» raccontò tra un bacio e l'altro, «ma
comunque abbastanza vicino ad alcune cittadine per ogni evenienza. E
poi…»
Fece scivolare una mano
lungo il braccio di Yusaku, le lunghe dita che sfioravano la pelle
sensibile e un migliaio di costellazioni che esplodevano nel cervello.
«Potremo finalmente concederci qualche attimo di pace. Come si deve».
Yusaku già non
vedeva l'ora. Avrebbe dovuto resistere un altro po' — il mese di
luglio era appena cominciato —, ma ne sarebbe valsa la pena,
l'attesa, tutto quanto. L'idea di trascorrere del tempo con Ryoken, solo loro due
avvolti nella quiete e nel silenzio, era subito diventata un'immagine
viva nella sua mente, un sogno che attendeva con trepidazione di
realizzare.
Lo baciò e si
lasciò baciare per un tempo indefinito, fino a quando dovettero
staccarsi ancora una volta: qualcuno stava suonando al citofono e
Yusaku, mentre si domandava chi accidenti potesse essere, si
alzò dal divano e recuperò i primi indumenti che
trovò a terra — i suoi pantaloncini e la camicia bianca di
Ryoken — per poi dirigersi verso l'entrata e aprire la porta.
Era Yusei. Era Yusei, con tutta l'apprensione del mondo che gravava sulle sue spalle, sullo sguardo e sul tono di voce.
«Ehi» lo salutò, sforzando un sorriso. Pareva sul
punto di spezzarsi da un momento all'altro. «Scusa se sono
arrivato all'improvviso, so che sei con Ryoken, ma…»
Si passò una mano
tra i capelli, sospirando affranto. «Sto per partire» disse
infine, e per un attimo Yusaku si sentì completamente
inghiottito dal traffico incessante di Den City. Gli entrò con
forza nelle orecchie, frastornandolo, appesantendogli la testa di
decine e decine di chili
(migliaia e migliaia di pensieri che si accavallavano gli uni sugli altri).
«Come…? Dove andrai?» domandò a mezza voce,
nonostante in cuor suo sapesse già la risposta.
«A Nuova Domino» rispose Yusei. «Judai non mi
risponde da più di tre giorni e sono preoccupato. Non so cosa
gli sia successo e magari sto solo ingigantendo la cosa, forse non
vuole più avere a che fare con me e basta, ma…
così all'improvviso, capisci? Quando poco prima di salire sul
treno mi ha baciato e ha detto che già sentiva la mia
mancanza…»
Si stava pian piano
accartocciando su se stesso, distrutto e annichilito da un dolore che
non riusciva a comprendere — e che non meritava.
«Voglio solo accertarmi che stia bene. Se non vuole più
avere a che fare con me, lo accetterò… voglio
solo… che me lo dica guardandomi negli occhi».
Calò il silenzio
tra loro. Un silenzio spezzato da rumori invadenti e inopportuni, privi
di sensibilità. Yusaku avrebbe voluto dire qualcosa, ma non
sapeva cosa. Non aveva mai visto Yusei in quello stato e mai, neanche
per un istante, aveva creduto Judai capace di un atteggiamento simile
nei suoi confronti — cielo, nei confronti di Yusei, che meritava
tutto l'amore del mondo.
«Mi sembrava giusto avvisarti,» proseguì Yusei,
umettandosi le labbra, «anche perché stavo lavorando alla
tua macchina. Domani potrai comunque andare in officina e chiedere a
Bruno, ci penserà lui d'ora in poi. Diciamo che mi sono preso
qualche giorno di ferie, ecco» tentò di sdrammatizzare,
anche se con scarsi risultati.
Yusaku gli sfiorò
l'avambraccio, senza però andare oltre. Avrebbe voluto
abbracciarlo, sorreggerlo, sussurrargli che se voleva piangere aveva
tutto il diritto di farlo, che poteva sfogarsi. Ma non lo fece,
pensando ingenuamente che ci sarebbe stato tempo per questo, che Yusei nel giro di due o tre giorni sarebbe tornato e avrebbero potuto discuterne in tutta calma.
«Stai attento, Yusei» si limitò a dirgli, e per
l'ultima volta il suo migliore amico gli sorrise.
«Certo. Tornerò il prima possibile».
(Non si sarebbero più rivisti. Ma ancora non lo sapevano).
3
Quando rientrò in
casa, si sentì sopraffatto da un'orribile sensazione. Non sapeva
spiegarsi come o perché, ma tutto quello che stava capitando lo
trovava così sbagliato che per un attimo si sentì solo e perso, piccolo e insignificante, maledettamente spaventato.
Tornò in salotto e
si sedette sul divano, accanto a Ryoken. Lo guardò negli occhi,
specchiandosi in un cielo azzurro privo di increspature, e per poco non
scoppiò in lacrime.
«Promettimi» parlò con voce quasi spezzata,
«che se un giorno non vorrai più avere a che fare con me, non sparirai nel silenzio più assoluto e me lo dirai in faccia».
«Yusaku…»
«Promettimelo».
Ryoken poggiò una mano sulla sua gota, carezzandola con amore. «Te lo prometto».
E senza sapere che quella
sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe potuto dare una voce
concreta alle sue emozioni, Yusaku cominciò a piangere.
4
(Quattrocentoventesimo giorno di silenzio)
Quando Ryoken tornò
a casa quella sera, Yusaku lo accolse con un bacio e un lungo
abbraccio. Si era dato tanto da fare quel giorno a cospargere parte del
sentiero con la sabbia che Yusaku non poté che commuoversi
quando vide il grazioso mazzolino di fiori colorati che teneva in mano.
Ryoken glielo porse e
Yusaku lo guardò con amore, sperando con tutto se stesso di
riuscire a trasmettere anche solo un minimo del sentimento che provava
per lui attraverso quel gesto.
Grazie,
gli disse senza parlare, muovendo semplicemente le labbra. Prese il
mazzolino e con un cenno del capo indicò a Ryoken una bacinella
colma d'acqua riposta nel lavello. Lui si avvicinò e, con
movimenti lenti e misurati, si lavò le mani e il volto, mentre
Yusaku sistemava i fiori in un vaso e, con cautela, lo poggiava sul
tavolo della cucina.
Potevano permettersi certi azzardi,
in fondo erano sempre stati attenti: mai un libro era caduto sul
pavimento, mai un vaso si era infranto in un'esplosione di mille cocci
taglienti, mai una sedia aveva emesso uno stridio acuto e fastidioso.
Sapevano cavarsela. Anche perché, se Ryoken avesse smesso di
regalargli un mazzolino di fiori da riporre con cura in un vaso ogni
volta che ne aveva l'occasione, Yusaku ci sarebbe rimasto davvero male,
non poteva negarlo.
Dopo essersi asciugato le
mani e il volto, Ryoken lo raggiunse, cingendogli i fianchi con garbo.
Yusaku avvertì il suo respiro caldo sul collo, protettivo e
rassicurante, e socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel tocco
che era diventato parte integrante della sua esistenza, qualcosa di cui
non poteva più fare a meno.
Quel giorno si era
dedicato all'orto ed era felice perché tutti i loro sforzi erano
stati ripagati: le verdure di fine estate erano mature e invitanti e
nel boschetto vicino la loro casa di campagna si potevano raccogliere
tanti piccoli frutti e funghi selvatici.
Potevano farcela, sì. Potevano continuare
a farcela, ne era assolutamente certo. Ora che l'autunno si stava
avvicinando sempre più con passo felpato nelle loro silenziose
giornate, dovevano prestare molta più attenzione al terreno: le
foglie secche avrebbero presto iniziato a cadere ed era necessario
evitarle per non produrre inutili rumori; Ryoken si stava proprio
occupando di ampliare il loro sentiero in modo tale da poter avanzare
verso le cittadine limitrofe senza riscontrare problemi.
Ma a parte questo cruccio
che speravano di risolvere il prima possibile — e che già
avevano affrontato e superato l'anno addietro —, andava tutto
bene. La vita in campagna era una realtà alla quale Yusaku si
era abituato in fretta e che avrebbe voluto abbracciare molto tempo
prima: gli piaceva e lo faceva sentire bene, anche se l'aveva scoperta
in circostanze decisamente particolari.
Si voltò verso
Ryoken e si alzò sulle punte, cingendogli il collo con le
braccia e avvicinando le labbra alle sue. Il sabato sera era dedicato
anche a quello: a loro due che ballavano lentamente in cucina senza
alcuna canzone in sottofondo, stando attenti a dove mettere i piedi e
stringendosi forte l'un l'altro; a loro due che si godevano una serata
romantica dopo un'intensa settimana di lavoro; a loro due che ancora
una volta si guardavano negli occhi e senza pronunciare una parola si
ripetevano “ti amo” altre mille volte ancora.
Sciolsero il loro
abbraccio pochi minuti dopo. Ryoken apparecchiò la tavola e
Yusaku preparò la cena, come tutte le sere. E come sempre si
sedettero l'uno di fronte all'altro e consumarono il pasto nel mutismo
più assoluto.
5
Il sole era ormai
tramontato quando si accomodarono in salotto per sfidarsi in un gioco
da tavolo. Ne avevano recuperati alcuni mentre perlustravano una delle
cittadine limitrofe e si erano rivelati dei degni sostituti ai giochi
della PlayStation, anche se un po' ne sentivano la mancanza.
Ma si erano adattati,
così come si erano adattati a tantissimi altri cambiamenti che
erano entrati nelle loro vite con silenziosa prepotenza e potevano
farcela, potevano continuare a farcela.
Nonostante tutto, Ryoken
lo guardava sempre con quel desiderio di sfida e di mettersi alla prova
che tanto lo rendeva lui e che tanto rendeva la loro relazione unica e
speciale.
Così si sedettero
sull'ampio e morbido tappeto ai piedi del divano e Yusaku lanciò
il dado per primo. E quando cadde sul tappeto, quest'ultimo
attutì l'impatto e il dado non provocò alcun rumore.
6
Quella notte fecero
l'amore e fu bellissimo. Ryoken gli baciò le mani, le dita, i
polsi e le braccia, sfiorò con le labbra ogni sua cicatrice e
Yusaku promise a se stesso che non si sarebbe mai più fatto del
male, che sarebbe stato più forte, che non avrebbe più
permesso agli incubi e ai deliri di prendere il sopravvento, che la
cupola nella quale si era rintanato era abbastanza resistente da
proteggerlo ancora un po'.
Quella notte fecero
l'amore con le labbra cucite e miliardi di parole che premevano nelle
costole per uscire, soffocarono ogni gemito coi denti e con baci
disperati, divennero una cosa sola e il mondo parve un posto più
accogliente.
Quante volte avevano fatto
l'amore su quel letto, senza dirsi una parola. Quante volte si erano
addormentati esausti l'uno tra le braccia dell'altro, coltivando nel
cuore la speranza di svegliarsi e scoprire che l'universo era stato
aggiustato, che erano finalmente liberi di poter tornare alle vite di
sempre, che potevano lasciarsi alle spalle ogni giorno di silenzio
forzato per ricominciare a parlare, urlare, dirsi “ti amo” senza paura alcuna.
(Quante
volte Yusaku chiudeva gli occhi e si lasciava cullare dal dolce suono
del battito cardiaco di Ryoken, l'unico rumore che gli era rimasto,
tutto ciò che poteva ancora rimbombare nelle sue orecchie senza
rischiare di svegliare il male assoluto).
7
(Primo giorno di silenzio)
Era
l'inferno. Non poteva essere definito altrimenti: quello era l'inferno
e lui doveva aver commesso un peccato atroce che lo aveva fatto
sprofondare nelle viscere della Terra.
Le
grida della città erano strazianti, completamente diverse rispetto a
quelle che accompagnavano il suo risveglio ogni mattina: Den City
urlava sempre, ma non in questo modo.
Questo era a dir poco inconcepibile e innaturale… e i suoi occhi
avevano appena visto qualcosa che solo un luogo dimenticato da Dio
poteva aver rigurgitato sul mondo.
Mancavano
ormai poche decine di metri all'officina di Bruno e Yusei quando si
fermò di colpo, completamente gelato sul posto nonostante fosse
una torrida mattinata estiva: la sua mente stava ancora faticando a
realizzare di aver appena corso a perdifiato in una strada colma di
cadaveri — corpi umani squartati, lacerati, mutilati e divorati,
teste staccate dal collo, arti ripiegati in modi innaturali, viscere
che fuoriuscivano dagli intestini —, come poteva processare
l'essere immondo che era appena uscito dall'officina distruggendo
l'intera facciata, con quegli arti lunghissimi, quei denti aguzzi e
quel miscuglio di bava e sangue vermiglio che colava dalla bocca
ripugnante?
Delle
urla di terrore si levarono alle sue spalle e lui sobbalzò, il
cuore che pulsava in gola e una stretta al petto tremenda e micidiale
che gli mozzò il respiro. La ragazza che aveva gridato non
riusciva a trattenere l'orrore e il panico che avevano preso il
sopravvento del suo corpo.
«Taci, taci!» le intimò il ragazzo che si trovava al
suo fianco, ma era ormai troppo tardi: la creatura emise un suono
bestiale e agghiacciante e si preparò all'attacco.
Yusaku
non fece in tempo a dire o fare niente. Non riuscì a urlare
né a muoversi che già tutto era finito: con un balzo la
creatura lo aveva superato e si era avventata sui due giovani,
sbranandoli con una voracità mostruosa e lasciando nella sua
scia una zaffata di putridume e morte che Yusaku non avrebbe mai
dimenticato.
Nel
panico più totale, il ragazzo si voltò lentamente e si
lasciò sfuggire un gemito sommesso alla vista del sangue e degli
arti strappati dai corpi delle due vittime. La creatura interruppe il
suo raccapricciante banchetto e Yusaku, alla vista di quell'essere
senza occhi che apriva a metà la testa come un'orrida pianta
carnivora per mettere in luce un apparato uditivo fuori dal comune,
ebbe quasi l'impulso di vomitare la cena della sera prima.
Ma fu
proprio quella visione a salvargli la vita poiché, in una
frazione di secondo, riuscì a ricollegare i pezzi: niente occhi, timpani ipersensibili, capacità di captare qualsiasi suono.
Il mostro lo stava guardando senza però vederlo realmente. E lui
portò istintivamente le mani alla bocca e si impose di rimanere
in silenzio.
Chiuse
gli occhi e, quando li riaprì, l'essere immondo era ormai
lontano, forse attratto da altri suoni che lui non riusciva a percepire
(chissà
quante vittime innocenti nascoste sotto i tavoli, negli scantinati o
nei bagni delle loro abitazioni o nei negozi che non riuscivano a
trattenere il pianto o facevano accidentalmente cadere qualcosa).
E fu
proprio in quel momento che si rese conto del silenzio innaturale che
era calato su Den City come un sudario pesante e mortifero.
Con
l'anima ridotta a brandelli, sperò che Ryoken fosse
sopravvissuto a quell'inferno. Non lo vedeva dalla sera addietro e
maledì se stesso per non avergli chiesto di dormire insieme
quella notte.
Se
avesse perso anche lui, allora avrebbe anche potuto urlare e farsi
prendere, perché sopravvivere senza Ryoken equivaleva comunque a
morire.
E così mosse il primo, silenzioso e terrorizzato passo verso la casa del suo amato.
8
(Quattrocentoventunesimo giorno di silenzio)
Si svegliò di
soprassalto, il cuore in gola che martellava talmente forte da far male
incastrato insieme a un numero indefinito di urla spezzate a
metà. Non riusciva a respirare e aveva un disperato bisogno di
piangere e dimenarsi, ma un atavico istinto di sopravvivenza gli impose
di non lasciarsi andare e di sfogarsi sulle sue braccia e le sue mani,
come aveva sempre fatto da quando l'inferno era piombato sulla Terra
più di un anno addietro.
Stava per affondare i
denti nel braccio sinistro quando si sentì afferrare e stringere
forte, il capo premuto contro il petto di Ryoken, l'abbraccio
indissolubile attorno al suo corpo tremebondo e distrutto. Urlò
contro la sua gabbia toracica, direttamente al cuore, e Ryoken lo
strinse sempre più forte per attutirne il suono.
«Va tutto bene…» sussurrò Ryoken, e Yusaku
riuscì a percepire appena quelle parole, come se il nulla
assoluto fosse talmente avido e ingordo da volerle tutte per sé
senza prima condividerle un po' con il resto del mondo.
Da quanto tempo non udiva
la sua voce? Quand'era stata l'ultima volta che si erano recati alla
cascata per sfogarsi un po'? Ora che le foglie cominciavano a
scricchiolare
(urlare)
a ogni loro passo,
diventava difficile raggiungere quel luogo che in più di
un'occasione si era rivelato un angolo di paradiso e un refrigerio per
ogni loro patimento.
Il suono della cascata era
forte, pregno di una determinazione che si ostentava ad affrontare il
male con fragorosa eleganza; e lì, oltre che alla pesca, avevano
anche l'opportunità di articolare le parole senza il rischio di
essere attaccati da un momento all'altro da quei rigurgiti dell'inferno.
Ma non era così
facile e immediato raggiungere quel luogo e il più delle volte
davano la priorità alle disabitate cittadine limitrofe
perché le riserve di cibo a lunga conservazione, le medicine, le
lenzuola e gli abiti nuovi, gli utensili per dedicarsi all'orto e i
gonfi sacchi di sabbia erano molto più importanti delle loro
voci che scalpitavano per vibrare nell'aria. Era triste da ammettere,
ma la sopravvivenza richiedeva dei sacrifici importanti e loro avevano
ormai deciso di sacrificare la parola per vivere in pace.
Yusaku quella pace l'aveva
agognata una vita intera: nessun rumore, un'esistenza tranquilla in una
casetta di campagna, vivere di ciò che ti offre la terra…
ma non così.
Così era stato costretto ad adeguarsi a quella vita per poter vedere il sole sorgere un altro giorno ancora. Così
era stato costretto a preservare la sua sanità mentale
rifugiandosi all'interno di una cupola che aveva cancellato Yusei dal
suo passato, fingendo che non fosse mai esistito
(ma
il pensiero di Yusei tornava, tornava quasi tutte le notti per fargli
visita e lo distruggeva interiormente con una potenza micidiale).
Yusei… che senza
saperlo si era recato nella tana del lupo con la sua moto rumorosa. Che
forse aveva lasciato questo mondo senza sapere che Judai — e ora
Yusaku lo capiva — non aveva iniziato a ignorarlo per volere,
perché aveva avuto una sbandata improvvisa e aveva capito di non
amarlo più, bensì perché forse era stato tra le
prime vittime di quelle creature mostruose insieme a tutta la
città di Nuova Domino.
Spesso Yusaku sognava,
senza volerlo, di andare oltre il trauma che aveva vissuto e di
accentuarne i dettagli vermigli: giungeva dinanzi l'entrata distrutta
dell'officina ed entrava, ritrovandosi davanti i corpi smembrati e
divorati di Yusei, Judai, Bruno, perfino quelli di Yuma e Yuya, due dei
ragazzini del falò che gli erano rimasti particolarmente
impressi — Yuya era quello che aveva alimentato un po' troppo le
fiamme coi suoi numeri di magia e Yuma non l'aveva dimenticato
perché pareva un adorabile (e anche un po' imbranato) raggio di
sole, un concentrato di energie puro e genuino che metteva di buonumore
chiunque avesse la fortuna di interagire con lui.
Forse loro erano riusciti
a sfuggire alla morte. Forse erano stati fortunati. E forse Yuya aveva
imparato dei trucchi di magia senza dover necessariamente parlare,
così da poter intrattenere Yuma nelle lunghe giornate
estive…
No, non andava bene, non andava affatto bene: doveva smetterla di pensare a loro, a Bruno, a Judai, a Yusei…
(Cielo, avrei dovuto abbracciarlo forte quella sera. Non avrei dovuto
lasciarlo andare. Se solo avessi saputo che cosa sarebbe successo poi.
Se solo avessi seguito il mio istinto. Se solo…)
Soffocò altre
lacrime amare e salate, altri singulti e altre grida contro il petto di
Ryoken — sempre lì, direttamente sul cuore.
Si erano ritrovati per
puro miracolo e sempre per puro miracolo erano riusciti a fuggire da
quell'incubo iniziato all'improvviso e senza alcuna motivazione;
avevano viaggiato per giorni interi, giungendo alla casa in campagna di
Ryoken provati, stremati e maledettamente traumatizzati; si erano
coricati nello stesso letto in cui si trovavano ora e si erano
abbracciati forte, nel silenzio più assoluto, sopprimendo
lacrime e tremori, paure e orrori di ogni tipo.
Poi si erano guardati negli occhi, si erano fatti forza e si erano tacitamente promessi che sarebbero sopravvissuti insieme e che si sarebbero sempre sostenuti a vicenda.
E ora, mentre Yusaku
esternava un dolore che non riusciva più a controllare, Ryoken
adempì a quella promessa sorreggendolo con tutte le forze in suo
possesso.
«Sono qui, Yusaku. Piangi quanto vuoi. Respira
profondamente» sussurrò piano, carezzandogli i capelli e
baciandogli il capo.
Yusaku non avrebbe voluto
lasciarsi tanto andare. Ogni singulto, ogni gemito soffocato e ogni
tremore erano dei possibili segnali per le creature che si trovavano
là fuori e lui e Ryoken avevano scoperto che ce n'erano almeno
due intente ad aggirarsi nel bosco. Se li avessero sentiti, sarebbe
stata la fine.
E in quel momento avrebbe
voluto tanto essere più forte e non addossare tutti i suoi
tormenti a Ryoken, bensì aiutarlo a sostenerli e impedire che
schiacciassero entrambi, ma era difficile, a tratti impossibile, e
tutte le emozioni nere come la pece che ribollivano dentro di lui erano
in procinto di scoppiare in un frastuono immenso, come un fulmine che
colpisce con cattiveria l'albero al centro di una foresta lontana e
selvaggia.
«Concediti di essere debole, Yusaku. Non puoi essere forte sempre».
(Ma nemmeno tu, Ryoken).
Avrebbe voluto dirglielo,
ma temeva di aprire bocca, perché sapeva che la sua voce
alterata dal pianto poteva rivelarsi fatale per entrambi. Così
alzò lo sguardo e incontrò gli occhi azzurri di Ryoken,
il suo cielo sconfinato, il suo posto tranquillo, ritrovando per un attimo tutta la pace interiore che aveva perso.
Si fissarono l'un l'altro
per secondi interi, secondi che divennero poi minuti, e Yusaku
ritrovò nello sguardo di Ryoken illuminato dalla luce riflessa
della luna piena tutto ciò che Yusei gli aveva detto quella sera
d'estate ormai lontana.
(Appena
ti vede sembra quasi rianimarsi di vita e i suoi occhi brillano come se
stessero ammirando un capolavoro d'arte senza tempo).
E Yusaku sperò con tutto se stesso che Ryoken percepisse lo stesso ogniqualvolta era lui a guardarlo negli occhi.
Si calmò pian
piano, ristabilendo il respiro e avvicinando le labbra a quelle di
Ryoken. Le sfiorò quasi con timidezza e, al contempo, il
disperato bisogno di sentirle poggiate sulle proprie.
Si baciarono e si
strinsero forte l'uno all'altro, le pelli accaldate che sfregavano tra
loro, l'intimità che li univa come unico appiglio in quel mondo
sommerso dalle tenebre.
Poco dopo, un tuono in
lontananza li fece sussultare. E questa volta si fissarono con
un'espressione completamente sorpresa stampata sui loro volti, dovuta a
un elemento che non avevano preso in considerazione: la
possibilità di un temporale estivo, inaspettato ma di certo
gradito.
(Tanto, tanto, tanto gradito).
Sorrisero entrambi,
rilassandosi un poco, lasciandosi cullare dalla speranza che il
temporale durasse ore intere e fosse rumoroso quanto bastava per poter
parlare senza il timore di essere attaccati da un momento all'altro.
E allora forse, almeno per quella notte, non avrebbero più avuto paura.
N.d.A.
• Ebbene… sì. Ho finalmente scritto la A Quiet Place!AU che mi portavo dietro da almeno tre anni.
A dirla tutta, desideravo scrivere una long, non lo nego. Ma anche
questa OS, nonostante sia già conclusa, ha realizzato comunque
il mio desiderio.
Sono stra stra stra in love con questa serie di film e sono in
trepidante attesa del terzo capitolo della saga, quindi spero che
questo omaggio al franchise sia stato di vostro gradimento.
• Shizukesa è una parola giapponese dai molteplici significati: oltre a silenzio, significa anche quiete, tranquillità, serenità, placidità e tanti altri sinonimi.
Rappresenta proprio la pace interiore,
quella che Yusaku ha sempre cercato di trovare in una città
tanto caotica come Den City, una pace che poi, paradossalmente, si
ritrova a vivere in maniera fasulla a causa di un silenzio forzato,
perché al minimo rumore degno di nota ecco che la sua vita e
quella di Ryoken rischiano di essere portate via da creature di cui non
si sa nulla, semplicemente un giorno sono arrivate e hanno iniziato a
decimare la popolazione mondiale attaccando ogni minimo rumore —
ora capite perché amo tanto questo franchise? Cioè, il
paradosso di vivere forzatamente una vita tranquilla in un posto tranquillo,
quando noi esseri umani tendiamo a fare rumore, che sia con la nostra
voce o con qualsiasi altro arnese che utilizziamo nel corso delle
nostre giornate.
• Ho sofferto come una
dannata a scrivere di Yusei? Certo che sì. Senza contare che era
da una vita che non scrivevo sulla mia BROTP prediletta e tornare con
questa vagonata di Angst non credo sia stata una scelta saggia, visto
come mi sono ridotta…
• Giuro che ho finito.
Anche perché la OS è risultata più lunga di quanto
mi aspettassi, quindi direi di avervi tediati abbastanza.
Spero, quantomeno, che sia stata di vostro gradimento.
Grazie per aver letto!
M a k o
|
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Capitolo 5 *** May ***
May
• Questa OS è, attualmente, la mia preferita della Raccolta.
Lo dico proprio subito, senza giri
di parole (e di solito io ne faccio tanti…), perché
scriverla è stata penso una tra le esperienze più belle
della mia vita e mi ha fatto proprio sentire bene.
•
Sono riuscita finalmente a scrivere qualcosa in occasione del Pride
Month e in questa storia, inutile dirlo, ancora una volta ho chiesto
aiuto a Yusaku per raccontare qualcosa di me attraverso di lui.
Ci tengo ovviamente a specificare
che la demisessualità di Yusaku e la bisessualità di
Ryoken sono dei miei personalissimi headcanon e sono, di conseguenza, il modo in cui io vedo i personaggi, che può essere condivisibile o meno.
Ora vi lascio con lo specchietto e, come al solito, vi aspetto a fine storia.
Buona lettura!
May: Flower language
Prompt forum: Demisessualità e bisessualità (Rainbow Challenge)
Rating: Arancione
Generi: Fluff, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern!AU, Lime, principalmente POV Yusaku + una piccola parte con il POV di Ryoken
L'altra mia metà
1
(Autunno)
Yusaku
avvertiva l'agitazione sfrigolare sottopelle. Ryoken doveva dirgli una
cosa e a giudicare dall'orario pareva essere importante, dato che non
mancava poi molto alla mezzanotte.
Avvolto nel suo
cappotto blu scuro, Yusaku attendeva, l'impazienza frammista
all'incertezza, la bocca lievemente schiusa e il respiro che ne
fuoriusciva reincarnato in nuvolette bianche e compatte. Era autunno
ormai inoltrato e la lunga via sulla quale si affacciava il suo piccolo
appartamento era simile, se non identica, al set di un film
dell'orrore: la strada deserta, la nebbia che pigramente aleggiava
intorno a lui, i lampioni che in serate del genere gettavano una luce
inquietante e offuscata tutt'intorno… erano le basi perfette per
girare le prime scene del film, anche se Yusaku non riusciva a vedere
niente di negativo in tutto ciò.
Il solo fatto che stesse per incontrare Ryoken, nonostante l'orario insolito, gli dava la forza
(la gioia)
necessaria per affrontare ogni cosa, temperature avverse e scenari per niente romantici compresi.
Avrebbe potuto
attenderlo rintanato tra le sue confortevoli quattro mura, al caldo,
mentre girovagava da una stanza all'altra senza una meta precisa, ma
proprio per questo aveva preferito scendere le scale e uscire all'aria
aperta, in modo tale da rimanere vigile e attento e concedere al gelo
della serata di aiutarlo a mantenere i suoi ragionamenti lucidi.
E proprio per
questo, all'improvviso ebbe paura. Se fino a un attimo prima era
felice, d'un tratto realizzò che l'ipotesi peggiore fra tutte si
era insinuata in lui con fare subdolo, facendolo rabbrividire ancora di
più: e se Ryoken avesse capito tutto? Se avesse intuito che
Yusaku fosse innamorato di lui?
Forse era per questo
che voleva parlargli: per dirgli, nel modo più gentile
possibile, che doveva mettersi il cuore in pace, anche perché
era già impegnato in una relazione e quindi a maggior ragione non poteva desiderarlo allo stesso modo.
(Impegnato
con una ragazza stupenda, per di più. Una creatura con la quale
Yusaku non avrebbe mai potuto competere e che spesso nemmeno nei suoi
sogni a occhi aperti riusciva ad averla vinta).
Pensava di essere stato bravo a camuffare i suoi sentimenti per Ryoken; era la prima volta che provava qualcosa del genere nei confronti di qualcuno e si sentiva tremendamente goffo e inadeguato. Aveva iniziato l'università senza alcuna esperienza pregressa
alle spalle e se già le superiori erano state un campo minato
nel quale aveva rischiato più e più volte di essere
distrutto, l'università non stava certo migliorando la
situazione.
Senza alcuna ragione
apparente, alzò lo sguardo verso il balcone del suo
appartamento, dove in un piccolo vaso riposavano dei ciclamini rosa che
aveva acquistato proprio quel giorno. Non sapeva spiegarsi come o
perché, ma ricordava che nel linguaggio dei fiori, tra i tanti
significati positivi, vi era quello della buona fortuna e dell'incoraggiamento,
e che quella mattina li aveva visti e aveva pensato di averne bisogno
— di un po' di fortuna e di tanto incoraggiamento, s'intende.
Sperò con tutto se stesso che i ciclamini avrebbero assunto la loro funzione di amuleto, almeno in parte; che magari lui e Ryoken, nonostante tutto, avrebbero potuto continuare a essere amici.
Attese qualche altro
minuto e, quando lo vide arrivare, si sentì invadere da un
calore ardente che lo sconquassò da capo a piedi. Più il
tempo passava, più Ryoken aveva un effetto impetuoso su di lui,
ormai quasi impossibile da tenere a bada.
(Era davvero questo, l'amore? Un ammasso di emozioni irruente e difficili da controllare?)
«Ehi» lo salutò Ryoken, a pochi passi da lui.
Indossava un cappotto grigio chiaro e i suoi occhi azzurri parevano
più luminosi che mai — forse era solo uno strano gioco di
luci proiettato dal lampione più vicino. «Scusa
l'orario…»
«Ah, non ti preoccupare» rispose Yusaku, con il cuore
già in gola. «Ne ho approfittato per prendere una boccata
di aria fresca…»
Come scusa non si
reggeva in piedi neanche a pregarla in una lingua arcana e sconosciuta,
ma in fondo era Ryoken che voleva parlargli, e quindi…
«Di che cosa mi volevi parlare?» domandò infatti
Yusaku, e in quel momento comprese di non sentirsi affatto pronto per
ciò che Ryoken gli avrebbe detto, indipendentemente da cosa
fosse.
Quest'ultimo lo guardò dritto negli occhi e di nuovo quello strano gioco di luci si riflesse nelle iridi azzurre. Si umettò le labbra e, nel farlo, Yusaku notò quanto fosse agitato.
«Ho da poco lasciato Vega» disse infine. Un senso di
liberazione che Yusaku non riuscì a cogliere vibrò tra di
loro, in mezzo a quei centimetri che ancora separavano fisicamente i
loro corpi.
«Oh…!» riuscì solo a dire, bloccandosi subito
dopo. Cos'altro avrebbe dovuto aggiungere? Mi dispiace? Se hai bisogno di aiuto io ci sono? Oppure domandargli come mai?
A dirla tutta, stava ancora processando ciò che Ryoken gli aveva confessato. Lui e Vega si erano lasciati. Lui aveva lasciato Vega.
Non da molto, quindi si presumeva fosse accaduto pochi minuti prima che
gli inviasse il messaggio per chiedergli di incontrarsi.
Ma perché aveva voluto dirglielo di persona?
«Le cose tra noi non andavano bene già da un po'»
continuò Ryoken, un lieve tremito nella voce. «Soprattutto
perché ho realizzato di essermi innamorato di un'altra persona.
E non ha senso continuare una relazione se non c'è più
amore, non trovi?»
Yusaku non rispose.
Si sentiva stordito, quasi ubriaco, come se le parole di Ryoken
avessero avuto un effetto devastante sul suo cervello al pari di un
potente superalcolico. Una parte di sé aveva già capito;
l'altra, invece, continuava a domandarsi chi mai avesse avuto il grande potere di far innamorare Ryoken di sé, provando perfino una punta di invidia.
«Yusaku… quella persona sei tu».
Sgranò gli
occhi e per un istante l'aria tardò ad arrivare ai polmoni. La
verità gli inciampò addosso con irruenza e la parte di
sé che già aveva capito tutto urlò forte per farsi
sentire e per farlo reagire. Ma non si mosse, non disse nulla, si
limitò solo a sbattere le palpebre una, due, tre volte.
«Spero che questo non influisca sul nostro rapporto»
proseguì Ryoken, ora in evidente difficoltà a causa del
mutismo di Yusaku. «Forse chiedo troppo, me ne rendo conto, ma mi
dispiacerebbe troncare la nostra amicizia per questo. È che non
ce la facevo più a tenermi tutto dentro e sentivo il bisogno di
dirtelo… ma se questo dovesse crearti disagio—»
Yusaku si riscosse
dal torpore nel quale era sprofondato e si avvicinò a Ryoken,
annullando quasi completamente la distanza tra i loro corpi. Ryoken
interruppe il suo monologo e non parlò più, limitandosi a
guardarlo negli occhi, e lì Yusaku realizzò che lo strano gioco di luci
non era dovuto al lampione sotto il quale si trovavano, bensì
alle più pure e semplici emozioni che Ryoken stava provando in
quel momento.
(Ed erano tutte dedicate a lui che, in quell'idillio senza fine, non aveva ancora spiccicato parola).
E forse Yusaku con
le parole e una serie di altre cose non era il massimo, ma voleva far
capire a Ryoken che non aveva nulla da temere, che niente tra loro
sarebbe andato distrutto, anzi, aveva ora la possibilità di
trasformarsi in qualcosa di nuovo e meraviglioso.
Poggiò le
mani sulle sue braccia forti, poi si alzò sulle punte e lo
baciò all'angolo della bocca, staccandosi pochi istanti dopo,
completamente paonazzo. Abbassò lo sguardo e provò a dire
qualcosa, senza però riuscirci.
Non fu necessario,
però, perché Ryoken colse il suo messaggio e subito dopo
lo strinse a sé, abbracciandolo in un modo che Yusaku
interpretò come non voglio lasciarti andare. E lo stesso valeva per lui.
Un po' più in
alto, su un balcone del terzo piano, uno dei ciclamini rosa
tremò appena, scosso da qualcosa che non aveva niente a che
vedere con il gelo di quella serata.
2
(Inverno)
I baci di Ryoken
erano qualcosa di cui Yusaku non riusciva più a fare a meno. Si
sentiva come un bambino troppo viziato, ma c'era anche da dire che
Ryoken stesso aveva contribuito alla cosa e non lo nascondeva affatto.
Quella sera di
metà inverno si era presentato a casa sua con un piccolo vaso
contenente tre viole del pensiero molto graziose e delicate. Ryoken gli
aveva detto che le aveva viste e aveva pensato subito a lui e Yusaku
non poté che intenerirsi nell'udire quelle parole.
Anche lui stava
pensando a Ryoken, ma in fondo nell'arco della giornata lo faceva
spesso, quindi non poté che trovare ancora più bello quel dono, che nel linguaggio dei fiori significava proprio il pensiero reciproco che si rivolgono due persone innamorate.
(Si
sarebbe preso cura di quelle piccole viole proprio come aveva fatto coi
ciclamini che gli avevano portato tanta fortuna e tanto amore).
Così alla
fine Ryoken era rimasto a casa sua per cena e avevano trascorso parte
della serata accoccolati sul divano a baciarsi e scambiarsi effusioni.
Nonostante si fossero dichiarati quella notte d'autunno, avevano
impiegato un po' prima di ufficializzare la loro relazione. Da una
parte perché Ryoken aveva da poco lasciato quella che era
diventata a tutti gli effetti la sua ex ragazza, dall'altra
perché Yusaku aveva ammesso, con non poco imbarazzo, di non
essere mai stato con qualcuno.
Avevano entrambi bisogno di tempo
e se l'erano preso tutto, senza tralasciare neanche un secondo.
Così per settimane intere Ryoken l'aveva corteggiato in maniera
a dir poco spudorata, tanto che Yusaku aveva rischiato di cedere minimo
tre volte; avevano fatto tante di quelle cose che i ragazzi della loro
età fanno durante i primi appuntamenti che pareva stessero
insieme già da una vita più quella precedente; e ancor
prima dei baci, delle carezze e degli abbracci c'erano state le lunghe
chiacchierate fino a tarda notte, i momenti di condivisione di tutto
ciò che erano stati prima di incontrarsi e innamorarsi, il
constatare di trovarsi così bene
a parlare di tutto e confrontarsi che paradossalmente, alla fine, erano
diventati una coppia a tutti gli effetti senza dirsi nulla.
Avevano instaurato una connessione
tutta loro che funzionava alla perfezione. Yusaku quasi non ci credeva
ma, al contempo, si sentiva la persona più felice e fortunata
del pianeta.
Non era facile, in
quel mondo che correva sempre troppo veloce, prendersi del tempo per
coltivare un rapporto simile. Questo era sempre stato il suo più
grande cruccio, ciò che lo aveva sempre bloccato fin da quando
era un ragazzino: aveva il terrore che la frivolezza e la
superficialità diventassero parti integranti della sua vita, che
dovesse per forza iniziare a correre a sua volta pur di stare al passo
con qualcosa che non faceva nemmeno per lui.
Non era il tipo da lasciarsi andare con persone che conosceva appena. Non era il tipo da concedersi una sveltina
durante una festa, dal consumare un rapporto nel giro di una notte e
poi lasciarsi tutto alle spalle, dal guardarsi intorno alla perenne
ricerca di nuove avventure.
Lui le persone
doveva conoscerle, prima. Doveva imparare a fidarsi di loro, essere
cullato dalla certezza che avrebbero rispettato i suoi tempi e che non
gli avrebbero imposto nulla che potesse procurargli ansia o disagio.
Molta gente l'avrebbe definito noioso o addirittura un guastafeste. O che non sapeva godersi la vita o che magari sarebbe bastata una botta e via per liberarsi da ogni tipo di stress accumulato nel tempo.
Ma chi lo capiva fino in fondo — come Ryoken —, sapeva che era proprio questo suo tratto
a renderlo incantevole: ad assaporare il tempo nella sua lentezza, a
imparare a conoscersi e scoprirsi poco per volta prima di concedersi
completamente, senza bruciare tutto subito.
Perché Yusaku era questo: era demisessuale e Ryoken lo amava, cielo quanto lo amava.
Yusaku lo sapeva, lo percepiva. Ed era proprio per questo che più il tempo passava, e più desiderava offrirgli qualcosa di più.
3
«Ryoken…»
Lo chiamò
piano, tra un bacio e l'altro. Un po' perché non voleva spezzare
la magia del momento, un po' perché non era granché con
le parole e temeva di rovinare tutto con ciò che voleva
domandargli.
«Dimmi» rispose Ryoken, sfiorandogli ancora una volta le labbra con le proprie.
Yusaku chiuse gli
occhi per qualche istante, poi li riaprì e si accoccolò
meglio contro il suo ampio petto. «La nostra relazione sta
andando bene…» esordì, maledicendosi mentalmente
subito dopo. Pareva quasi che stesse per esporgli le statistiche del
mese!
«Direi di sì» confermò Ryoken con un sorriso,
uno di quelli che Yusaku amava perché erano dolci e carichi di
comprensione.
(Prenditi il tuo tempo per raccontarmi ogni cosa).
(Significava questo).
Così Yusaku
fece un profondo respiro e provò a non lasciarsi sopraffare
dall'agitazione: «Bene. E dopo tutto questo tempo immagino
che… che tu… che noi… intendo dire, che magari
desideri… ecco…»
La lingua si era ormai arrotolata e le corde vocali intrecciate tra loro. Dimentica tutto avrebbe voluto sussurrare, ma era ormai troppo tardi, qualcosa avrebbe dovuto far emergere da quel coacervo di parole sconnesse tra loro.
«Yusaku, mi stai forse domandando se desidero fare l'amore con te?»
Sgranò gli occhi e li puntò su Ryoken, il quale lo fissava con una punta di sorpresa nello sguardo.
«Sì…» sussurrò appena, un piccolo
sfilaccio nell'aria che si dissolse in una manciata di secondi.
«In fondo stiamo insieme già da un po' e…»
«Non pensare a questo» sussurrò a sua volta Ryoken.
«Pensa a ciò che desideri tu. Tu lo vuoi?»
«E tu?» rispose Yusaku con un'altra domanda. «Tu vorresti…?»
«Certo» disse Ryoken senza pensarci due volte. «Ti
desidero, Yusaku. Non immagini quanto. E sì, vorrei fare l'amore
con te. Ma prima di ogni altra cosa…»
(e poggiò una mano sulla sua gota arrossata, carezzandola con amore)
«Desidero che tu ti senta pronto e a tuo agio. Non voglio che tu viva male questa cosa».
«Ma non la sto vivendo male» obiettò Yusaku. «È che…»
Si bloccò,
realizzando solo in quell'istante di quanto i suoi crucci non avessero
senso di esistere. Ryoken era un ragazzo passionale, che amava il
contatto fisico e che prima di stare con lui aveva avuto una vita
sessuale decisamente attiva. Ma Ryoken non era solo questo.
Ryoken era anche il
ragazzo che lo invitava a casa sua per preparare la cena, finendo
sempre per cucinare troppi onigiri che diventavano irrimediabilmente
anche lo spuntino di mezzanotte; Ryoken era il ragazzo che lo teneva
sempre per mano durante tutta la durata dei film al cinema; Ryoken era
colui che non si era mai spinto oltre se non era Yusaku a chiederglielo
esplicitamente.
C'erano state volte
in cui le dita di Ryoken si erano intrufolate sotto il tessuto del
maglione e avevano tastato la pelle accaldata e sensibile di Yusaku;
c'erano state volte in cui le labbra morbide di Ryoken si erano
poggiate sul suo collo e l'avevano baciato, morso, tappezzato di
succhiotti anche vistosi ma mai, neanche una volta, aveva fatto
qualcosa contro il suo volere.
Ryoken lo stava
aspettando e lo stava facendo senza imporgli pressioni di alcun tipo.
Paradossalmente, era proprio Yusaku a crearsi un sacco di ansie e
paranoie legate alla sfera intima e sessuale, insicurezze che lo
portavano a temere di non essere abbastanza per Ryoken, di non essere all'altezza.
Ma non si era forse
innamorato di Ryoken proprio perché era la sua bellissima
eccezione alla regola? Si fidava ciecamente di lui e sapeva che lo
avrebbe aspettato, quindi perché spaventarsi tanto?
«Scusa…» mormorò, sopraffatto dall'imbarazzo.
«Amore, non hai nulla di cui scusarti» lo rassicurò
Ryoken, baciandogli il capo. «Per qualsiasi cosa, sai che ne
possiamo parlare, vero?»
«Certo che lo so» rispose, e le labbra si incurvarono in un
sorriso colmo di gratitudine. «Ora… ti va se guardiamo un
film?»
4
Ryoken aveva realizzato di essere bisessuale
durante il primo anno delle superiori. Da quel momento in poi, per un
po' di tempo si era impegnato a spiegare che essere bisessuale non
significava essere confuso oppure che si stava attraversando una fase che presto sarebbe passata oppure che si provasse attrazione proprio per tutti quanti,
ma alla fine aveva rinunciato, conscio che non valeva affatto la pena
sprecare tempo e fiato con chi non voleva dire addio alla propria
ignoranza.
Poi però la
confusione era arrivata, reincarnata in Yusaku e nei suoi bellissimi
occhi verdi, e Ryoken per la prima volta in tutta la vita si era
sentito talmente disorientato che aveva temuto di aver perso tutta la
sua intraprendenza nel giro di uno schiocco di dita. Perché mai
si era innamorato di qualcuno mentre era già impegnato in una
relazione sentimentale e questo aveva reso le cose estremamente
difficili.
Perché Yusaku
si era rivelato la più grande incognita della sua vita, il suo
equilibrio e al contempo il suo disordine, un tesoro prezioso e immenso
che non avrebbe mai smesso di scoprire, un amore diverso rispetto a
tutti gli altri.
Ryoken negli anni
aveva fatto le sue esperienze, aveva provato attrazione per ragazzi e
ragazze, in più di un'occasione era stato sicuro di essersi
innamorato per davvero e aveva sempre messo tutto se stesso in ogni relazione.
(Ma con Yusaku).
(Cielo, con Yusaku era tutta un'altra storia).
E allora Ryoken
accettò di essere confuso. Accettò questo lato di
sé che non credeva di possedere e trascorse giorni interi a
riflettere, a litigare con Vega e a sentirsi leggero come una piuma
ogni volta che incontrava Yusaku, e alla fine comprese che era arrivato
il momento di emergere e di farsi avanti, perché se l'amore vero era ciò che provava per Yusaku, allora non vi avrebbe rinunciato per niente al mondo.
Yusaku, la creatura
fragile e al contempo incredibile che si era stretta forte a lui mentre
guardavano un film horror che si era rivelato più horror di
quanto immaginassero. Così adorabile da scioglierlo, ogni volta,
partendo proprio dal cuore.
Quella sera, Ryoken si godette ogni istante trascorso con Yusaku pensando a quanto fosse fortunato ad averlo al proprio fianco.
5
(Primavera)
Yusaku non amava
particolarmente le feste, ma tutto sommato quella non era una brutta
serata, anzi, si stava rivelando alquanto piacevole. La musica era
forse un po' troppo alta e alcuni invitati un po' troppo esagitati, ma
con ogni probabilità era lui a non essere abituato a tutto quel
movimento.
Il festeggiato era un amico di Ryoken che lui conosceva solo di vista,
ma era stato gentile a invitarlo e quindi, in fin dei conti, una volta
ogni tanto, perché no?
Aveva perso di vista
Ryoken e lo stava cercando in mezzo a quel marasma di persone intente a
bere, ballare e urlare forte nel tentativo di sovrastare il volume alto
della musica, pensando a quanta gente doveva esserci per riempire quasi
completamente una villa tanto grande, quando qualcosa appeso alla
parete dell'ampio salotto catturò la sua attenzione e,
nell'avvicinarsi, realizzò che si trattava di un bellissimo
quadro nel quale erano ritratti dei tulipani rossi. Li osservò
per secondi interminabili, sorseggiando di tanto in tanto il suo drink
nel bicchiere di carta rosso che quasi impallidiva se messo a confronto
coi petali vermigli dei tulipani del quadro.
A discapito delle apparenze, erano proprio i tulipani i fiori che rappresentavano l'amore
(quello perfetto, vero e irresistibile)
e non poté che indirizzare nuovamente ogni suo pensiero a Ryoken.
Fu come se l'avesse
tacitamente chiamato e questi fosse apparso guidato solo dal legame che
li univa: Yusaku si sentì avvolgere in un abbraccio caldo,
protettivo, forse anche un po' apprensivo, ma non per questo meno bello.
«Eccoti» disse Ryoken, le labbra vicinissime al suo orecchio. «Che guardi?»
Il fatto che Ryoken
non avesse minimamente notato il quadro ma solo lui lo fece sentire al
centro dell'universo. Forse non dell'universo di chiunque, ma quello di
Ryoken sì e in quel momento Yusaku sentì di amarlo così tanto
che si domandò come mai fossero lì, in quella notte di
primavera che avrebbero potuto trascorrere in altri mille modi
differenti.
Indicò il
quadro con un cenno del capo e Ryoken, che continuava ad abbracciarlo
da dietro, poggiò il mento sulla sua spalla, contemplandolo a
sua volta.
«Tulipani?» domandò, e Yusaku non comprese come mai,
all'improvviso, quella voce calda che vibrava nei suoi timpani avesse
iniziato a provocargli dei veri e propri marosi che lo sconvolgevano
dall'interno, così si limitò ad annuire e a sorseggiare
il suo drink, domandandosi se fosse quello la causa ed escludendola
subito dopo poiché era certo di star bevendo qualcosa di
analcolico. Di conseguenza, tutta l'agitazione, la confusione, l'eccitazione che provava erano dovute ad altro, qualcosa che non aveva mai provato prima, quantomeno non nella sua interezza.
Annuì soltanto, ormai perso chissà dove, mentre Ryoken osservava il quadro. «Ti piacciono?»
Yusaku annuì
di nuovo, il cuore che batteva celere e impazzito e forse tutto il
rumore che avvolgeva la stanza non era più dato dalla musica,
bensì dal suo battito cardiaco.
Forse Ryoken gli
stava dicendo che gliene avrebbe regalato un mazzo voluminoso o gli
stava domandando quale tipo di tulipano preferisse, quando Yusaku si
liberò dal suo abbraccio e si voltò verso di lui,
guardandolo dritto negli occhi. Lasciò cadere il bicchiere ormai
vuoto sulla superficie liscia del tavolino alla sua destra e poi si
alzò sulle punte, avvolgendo le braccia attorno al collo di
Ryoken e poggiando le labbra sulle sue. Chiuse gli occhi e per un
attimo non percepì altro se non le labbra di Ryoken che
assecondavano il bacio e le mani del ragazzo che gli percorrevano la
schiena con flemmatica amorevolezza.
Poi il passato
riemerse e lui osservò da lontano tutti quei frammenti di vita
in cui si era sentito inadeguato, sbagliato, terrorizzato all'idea di
avere qualcosa che non andava. Ripescò dalla fanghiglia tutte le
volte in cui i suoi compagni di classe delle superiori parlavano del
sesso come se fosse l'unica cosa esistente al mondo e lui non capiva perché lo fosse, di come le relazioni si consumassero tanto in fretta e lui non capiva perché la cosa lo spaventasse tanto, di come certi suoi compagni si vantavano di averlo fatto con persone che nemmeno conoscevano e lui non capiva perché questo lo facesse sentire ancora più diverso,
così chiuso in se stesso che a fatica riusciva a instaurare un
rapporto di amicizia, figurarsi andare a letto con qualcuno a cuore
tanto leggero.
Rivide il ragazzino
di diversi anni addietro che si poneva domande e che cercava risposte,
scoprendo che esisteva un mondo vastissimo oltre a ciò che
già sapeva e che anche lui, a modo suo, ne faceva parte. Gli
parve quasi di risentire il sospiro di sollievo che evase dalla sua
bocca quando lesse per la prima volta la definizione di demisessualità,
cosa era e le osservazioni che aiutavano a comprendere se si fosse
demisessuali o meno e di come si fosse sentito rincuorato, felice di
avere un posto tutto suo che avrebbe difeso con ogni briciolo di
energia.
E poi rivide Ryoken, il senpai
che lo aveva aiutato il primo giorno di università e che poi si
era dichiarato a lui in una fredda notte autunnale; ripercorse ogni
istante della loro relazione e si innamorò di lui un'altra volta
ancora. E fu proprio in quel momento, dopo aver realizzato quanta
strada avessero percorso insieme, l'uno accanto all'altro, che Yusaku si sentì finalmente pronto.
E non ebbe nemmeno bisogno di dire a Ryoken che desiderava tornare a casa: lui aveva già capito tutto.
6
Si spogliarono
lentamente, con la giusta calma, nonostante le dita fremessero per
rimuovere tutti quegli strati di vestiti divenuti superflui. La casa di
Ryoken era avvolta nel silenzio, in netto contrasto con la
caoticità della villa dalla quale erano usciti quasi correndo.
Gli unici rumori che
si udivano erano i loro gemiti e i loro sospiri, un crescendo di
eccitazione ormai impossibile da controllare. Fu quando si
ritrovò steso sul letto completamente esposto che Yusaku
avvertì l'agitazione farsi strada nelle vene: Ryoken lo stava
guardando
(divorando con gli occhi)
e lui si sentì tremendamente imbarazzato.
«Sei bellissimo» sussurrò Ryoken, e dal modo in cui
lo ammirava, Yusaku comprese che fosse sincero e che fosse davvero
rimasto estasiato alla vista del suo corpo privo di qualsiasi indumento.
Anche Ryoken era
bellissimo. Bellissimo e particolarmente eccitato, proprio come Yusaku.
La sensazione di estasi provocata dalle loro pelli accaldate che si
sfioravano era inenarrabile e ogni bacio li faceva sentire più
vivi che mai.
Ryoken lo guardava
davvero come se fosse la creatura più bella del mondo,
assolutamente incantato e deliziato ogniqualvolta era Yusaku a farsi
avanti, fosse anche solo per sfiorargli le labbra con le proprie o per
una carezza sul viso.
Yusaku si
lasciò andare senza più alcun freno quando Ryoken
scivolò tra le sue cosce e iniziò a procurargli piacere
con l'ausilio della bocca; la vista del suo ragazzo che faceva scorrere
la lingua sulla sua erezione era quanto di più indecente
e al contempo meraviglioso avesse mai visto in vita propria, qualcosa
che desiderò poter ricambiare nonostante tutte le incertezze
legate alla paura di sbagliare per via dell'inesperienza.
L'ultima cosa che
voleva era rendere la sua prima volta con Ryoken un disastro, per
questo quando gli ansiti di Ryoken gli si insinuarono nelle orecchie e
la sua voce lo implorò di non fermarsi, non poté fare a
meno di sentirsi rincuorato e acquisire anche più sicurezza.
Le mani vagarono
sulla pelle, strinsero e toccarono e carezzarono, e le labbra
baciarono, si incurvarono in un sorriso e sfiorarono la passione che li
coinvolgeva quasi ustionandosi.
Poco prima di
diventare una cosa sola, Ryoken guardò Yusaku come mai aveva
fatto prima. Era uno sguardo che solo una persona innamorata poteva
fare, uno sguardo che Yusaku quasi stentò a credere fosse
destinato a lui dal gran che era bello e ricco di sfumature calde e
incantevoli.
«Yusaku» lo chiamò, la voce arrochita dal piacere,
le labbra che cercavano un contatto. «Per me è un onore
essere il primo».
Le sue parole erano
sincere. Tutto di Ryoken, dal suo sguardo al tono della voce al modo in
cui il suo corpo bramava di unirsi a lui, fece capire a Yusaku quanto
fosse valsa la pena aspettare, perché un momento simile, unico e
meravigliosamente irripetibile, lo stava vivendo con la persona che
amava con ogni fibra del suo essere, la persona che aveva atteso e
cercato e finalmente trovato.
(La
stessa persona che ora stava entrando lentamente in lui e che si stava
appropriando della cosa più preziosa che Yusaku possedeva).
«… e l'unico» mormorò piano, come se gli
stesse raccontando una favola che affondava le radici in tempi lontani
e sconosciuti. «Il primo e l'unico».
Forse era stato
affrettato, un enorme paradosso per lui che si prendeva sempre il suo
tempo per ogni aspetto della vita. Ma come poteva immaginare un futuro
senza Ryoken? Come poteva anche solo provare a vedersi accanto a una
persona che non fosse lui, a farsi toccare nello stesso modo, a
costruire lo stesso tipo di legame che aveva costruito con lui?
(Voglio te. E ti vorrò per sempre, fino alla fine).
E quando le loro
anime si unirono, Yusaku si sentì finalmente completo e pieno di
vita. Lui e Ryoken fecero l'amore per la prima volta, si strinsero
forte l'uno all'altro e si guardarono come se avessero trovato l'uno
negli occhi dell'altro il tesoro più bello e prezioso di tutti i
tempi.
L'altra loro metà. Fino all'ultimo giorno trascorso insieme.
N.d.A.
• Erano mesi che desideravo scrivere questa storia e quale occasione migliore del Pride Month per pubblicarla?
La demisessualità è
ancora così poco conosciuta che spero di essere riuscita a farla
emergere un po' di più con questo scritto e soprattutto
attraverso le emozioni di Yusaku, che secondo me è proprio
l'icona demisessuale di tutto YGO, ma dettagli.
Per quanto riguarda invece la bisessualità di Ryoken, ci tengo solo a specificare che nel suo caso
si tratta di provare attrazione sia per gli uomini che per le donne:
purtroppo c'è ancora oggi questa convinzione sbagliata secondo
cui essere bisessuali significa essere attratti per forza sia dagli
uomini che dalle donne quando invece significa essere attratti da due
generi, che non per forza sono uomini e donne, anche se rimane comunque
il caso più comune.
•
In questa storia ho messo finalmente in chiaro quella che è la
mia attuale visione della coppia: Ryoken ha avuto diverse esperienze
prima di incontrare Yusaku, che invece è molto più chiuso
e fatica a fidarsi del prossimo. Il fatto che poi Ryoken realizzi che
Yusaku sia il suo vero amore e che Yusaku ricambi in toto questa
convinzione è una cosa che io non sono riuscita a tirarmi via
dalla testa e quindi ve la dovrete sorbire in ogni storia che
scriverò su di loro, sorry not sorry.
(Che poi vabbè, si tratta della OTP e penso sia anche abbastanza normale, no?)
• Ora taccio, che come mio solito ho già scritto troppo.
Grazie per essere arrivati fino a qui!
M a k o
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Capitolo 6 *** June ***
June
• Questa One Shot mi ha prosciugata.
Il caldo sta avendo la meglio, tanto che se non aggiornerò entro
settimana prossima ancora non sarò in pari con la Raccolta, poi
se ci aggiungiamo il fatto che io AMO le Soulmates!AU ma tendo comunque
a farcirle con un bel po' di Angst, salta fuori che impiego il doppio
del tempo per scriverle.
• Di positivo c'è
sicuramente il fatto che per fortuna non la reputo fatica sprecata
perché il risultato finale mi soddisfa molto, spero sia lo
stesso anche per voi.
Come sempre vi lascio di seguito lo specchietto e poi vi aspetto a fine
storia; prima di salutarvi, vi dico solo che il titolo è ripreso
da un verso di Ovunque Sarai di Irama e che troverete alcune strofe della suddetta canzone all'interno dello scritto.
Vi auguro buona lettura!
June: Soulmates!AU
Prompt forum: Ho abbracciato l'alba d'estate. (Arthur Rimbaud) (Themed Challenge – Summer Edition)
Rating: Giallo
Generi: Angst, Introspettivo, Sentimentale
Note: Modern(&Soulmates)!AU, POV Yusaku
Avvertimenti: Tematiche delicate (accennate)
Io ti aspetterò
1
E se sarai tempo
Ti aspetterò
Per sempre
Si era addormentato. Non vi era altra spiegazione, perché altrimenti non si sarebbe trovato lì.
Si era addormentato e con ogni probabilità aveva interrotto lo
svolgimento delle equazioni di secondo grado, ma in quel momento erano
decisamente l'ultimo dei suoi pensieri.
Il cuore iniziò a
battere celere e un'ondata di desiderio lo avvolse, scaldandolo da capo
a piedi. Un fremito gli percorse la spina dorsale quando iniziò
a percorrere il lungo sentiero contornato da migliaia e migliaia di
fiori diversi e colorati, impreziositi ancora di più dal placido
splendore della luna piena.
Sapeva che lui si trovava lì, da qualche parte, forse a metà sentiero, e che lo stava aspettando e cielo, non vedeva l'ora di ricordare il suo nome.
I passi si fecero via via sempre più concitati, quasi volesse
cominciare a correre una lunga maratona tanto l'emozione di rivederlo
lo stava mandando su di giri; si impose un contegno che faticò a
riconquistare, quantomeno in un primo momento.
Poi fece dei profondi respiri e proseguì lungo quella viuzza
sconosciuta che non gli incuteva alcun timore. Nel sogno precedente si
erano incontrati in riva al mare e per tutto il tempo non aveva fatto
altro che ammirare i bellissimi occhi azzurri di quel ragazzo
(gli sfuggiva ancora il nome)
senza prestare attenzione al cielo stellato riflesso sulla superficie cristallina della distesa d'acqua.
Quante volte aveva vagato
per la città alla ricerca di quegli occhi azzurri; quante volte
aveva osservato labbra incurvarsi in sorrisi anonimi, che a lui non
trasmettevano nulla se non il fatto di non averlo ancora trovato;
quante volte aveva sperato che un nome risuonasse nell'aria e partisse lo scatto, quel guizzo che gli permettesse di ricollegare i pezzi e realizzare di trovarsi a pochi passi da lui.
Non era ancora capitato.
Dopo mesi, in realtà, non era cambiato proprio nulla dal primo
sogno, da quelle prime presentazioni un po' impacciate che poi finivano
irrimediabilmente nel dimenticatoio. Ma anche se il suo cuore
scricchiolava già da un po', divorato dal dolore e dalla paura
di ricevere una nuova delusione, continuava a sperare che ogni nuovo
incontro fosse finalmente quello giusto, proprio come ora.
Avanzò
(e avanzò e avanzò e avanzò)
e dopo quelli che parvero chilometri di impazienza e fatica lo trovò.
Quando i loro occhi si
incastrarono in quel contatto visivo che solo loro riuscivano a
instaurare, un migliaio di luci simili a piccole lucciole esagitate
sfarfallarono tutte in una volta, rendendo ancora più grazioso
il sentiero nel quale si trovavano.
«Ryoken…» modulò piano, in un sussurro quasi
impercettibile. Il suo nome, ora che lo ricordava, gli invase il cuore,
le vene e il cervello e fece muovere le gambe verso di lui, verso il
ragazzo dei suoi sogni, bellissimo e perfetto, che diventava sempre
più reale a ogni passo che li avvicinava.
Ryoken aprì le
braccia con un sorriso e lo strinse forte a sé, poggiandogli una
mano sulla schiena e una sulla nuca, facendo così affondare le
lunghe dita tra i capelli blu.
«Yusaku» lo chiamò, una punta di sollievo nel tono
di voce e un sospiro che aveva tutta l'aria di essere liberatorio.
«Sono felice che tu sia qui».
«Anche io».
Non ne potevo più di studiare, pensò, ma quello lo tenne per sé.
«Anche questa volta ti sei addormentato prima di me?»
domandò invece, alzando lo sguardo sul suo volto.
Ryoken sorrise ancora.
«A quanto pare sì» rispose, allentando la presa.
«Ma ora la mia attesa è finita».
Yusaku si lasciò
prendere per mano e, subito dopo, si avviò insieme a Ryoken
lungo il sentiero fiorito. Avrebbe dovuto prendere esempio da lui e
andare a letto presto la sera, ma il più delle volte seguiva una
routine alquanto sregolata che lo portava a rimanere sveglio fino a
tardi a causa di tutti i compiti scolastici che lasciava sempre
indietro — a sua discolpa, però, poteva dire che il lavoro
part-time alla caffetteria occupava parte delle sue giornate e, il
più delle volte, quando tornava a casa desiderava solo riposare
e svagarsi coi videogiochi. In fondo il suo rendimento scolastico era
comunque buono, quindi perché preoccuparsi?
«Quando verrai a trovarmi?» gli domandò, gli occhi
che brillavano di una speranza completamente rinvigorita. Ryoken tra i
due era l'unico in grado di mantenere un ricordo vivo dei loro incontri
anche quando tornava alla realtà — o almeno, così
gli aveva riferito — e Yusaku era sicuro al cento percento che,
se si fosse palesato davanti ai suoi occhi in una giornata qualunque,
l'avrebbe riconosciuto nell'immediato
(e cosa più importante, tutto avrebbe finalmente acquisito un senso).
Ryoken continuava a
stringergli la mano con dolcezza, anche se Yusaku avvertì, per
una misera frazione di secondo, una rigidità che purtroppo aveva
imparato a conoscere bene. Difatti perse le speranze ancor prima che
Ryoken gli rispondesse con parole che ormai sapeva a memoria.
«Mi dispiace, Yusaku, ma ancora non posso. Vedi, dovrei fare un
lungo viaggio per venire nella tua città e… Yusaku?»
Si era fermato, il cuore
nuovamente a pezzi, come succedeva ormai quasi tutte le notti. Pensava
di aver sviluppato una corazza abbastanza resistente per fronteggiare
quelle parole, eppure ogni volta erano in grado di ferirlo in maniera
sempre diversa.
(Si
sentiva indesiderato nel modo peggiore possibile e le insicurezze che
albergavano in lui non facevano altro che divorare con ingordigia ogni
grammo di felicità conquistato a fatica).
Dopo diversi tentativi,
riuscì a liberare la mano dalla stretta di Ryoken con uno
strattone forse più violento di quanto si aspettassero entrambi.
Gli era ormai impossibile osservare le meraviglie che lo circondavano e il
sentiero gli parve un'anonima stradina impolverata, insulsa proprio
come le sue speranze.
«Credo che ora mi sveglierò» disse a mezza voce, gli
occhi velati dalle lacrime. «Non voglio stare qui. Non questa
volta».
«Yusaku, aspetta…»
«Buonanotte, Ryoken».
Glielo sussurrò con
il cuore a brandelli e l'anima spaccata a metà. E quando
riaprì gli occhi sul mondo reale, aveva il volto rigato da tutte
quelle lacrime che nel sogno non era stato in grado di versare.
2
«Buongiorno».
«Buongiorno, Yusa— oh cielo, hai un aspetto orribile!»
Yusaku inarcò un sopracciglio. «Grazie, Miyu».
La ragazza portò
velocemente le mani alla bocca. «Scusa» disse poi,
ritrovando la compostezza. «È che hai delle occhiaie
davvero profonde. Non sei riuscito a dormire questa notte?»
Yusaku sospirò
sconsolato, poi le raccontò ciò che era accaduto con il
ragazzo dei suoi sogni, delle ennesime speranze infrante e di come nel
resto della nottata avesse incanalato tutto il dolore e la frustrazione
nello svolgimento degli esercizi di matematica che aveva lasciato in
sospeso pur di non pensarci.
«Credo di aver calcato un po' troppo con la penna, ci sono dei
buchi tra una pagina e l'altra…» constatò dopo aver
estratto il quaderno dallo zaino e averlo sfogliato.
Il suo tentativo di
sdrammatizzare in quella situazione per lui troppo pesante ed
esorcizzare il suo dolore fallì miseramente, tanto che Miyu,
senza giri di parole, arrivò a porgli una domanda maledettamente
scomoda.
(«E ora come ti senti?»)
Si morse il labbro
inferiore e per un attimo, solo e soltanto per un misero sfilaccio di
secondo, desiderò piangere come aveva fatto solo fino a poche
ore addietro, quando le lacrime si mischiavano senza sosta
all'inchiostro e lui non capiva nemmeno più se stesse svolgendo
in maniera corretta le complicate disequazioni di secondo grado. Poi le
ricacciò tutte in gola e ingoiò quel groppo amaro a
fatica, ma quantomeno ci riuscì e, in un abbrivo dettato
dall'enorme delusione che provava, parlò forse in maniera un po'
più brusca senza rendersene conto, ma dando comunque una forma
alla triste domanda che popolava la sua mente già da un po'.
«Come dovrei sentirmi nel realizzare che nemmeno la mia anima gemella desidera stare con me?»
3
Incontrare la propria
anima gemella nei sogni era solo una delle innumerevoli forme d'amore
che affondava le proprie radici fin dalla notte dei tempi. Era
considerata la sfumatura più intima e incantevole tra tutte,
poiché sognarsi significava esprimere il desiderio sempre
più crescente di voler restare accanto alla propria metà
per il resto della vita
(e
siccome non ci possiamo vedere di giorno, ecco che ti sogno di notte,
così da poter stare con te quando ancora le nostre strade non si
sono incrociate).
E poi c'erano Yusaku e la
sua anima gemella. O meglio, c'era solo Yusaku, che desiderava
ardentemente conoscere il ragazzo che popolava i suoi sogni, ma questi
pareva non essere dello stesso avviso, visto e considerato che ogni
notte non faceva altro che infrangere le sue speranze con dinieghi che
si facevano via via sempre più snervanti e opprimenti.
Prova a dargli ancora un po' di tempo, gli aveva consigliato Miyu quella mattina a scuola. Forse
in questo momento si ritrova davvero impossibilitato a incontrarti e
questo fa soffrire anche lui. Non penso che non desideri stare con te,
Yusaku. Forse ha solo bisogno di trovare il momento giusto per venire
da te.
Yusaku in un primo momento
aveva accettato i suoi consigli, anche se poi il tarlo del dubbio aveva
iniziato a divorarlo pian piano, con crescente ingordigia, senza prima
averlo anestetizzato. E se in realtà la sua anima gemella fosse innamorata di un'altra persona?
Accadeva raramente, ma
poteva comunque succedere che si creasse scompiglio, che ci fosse un
errore grande quanto un granello di sabbia in grado di mandare in
cortocircuito l'intero ingranaggio. Forse erano entrambi incastrati in
un loop e non ne sarebbero usciti per un bel po', fino a quando
l'equilibrio non fosse stato ripristinato.
Inoltre, Miyu non poteva
capire. Yusaku le voleva un bene dell'anima e apprezzava molto i suoi
tentativi di aiutarlo e di farlo ragionare riguardo l'intera faccenda,
ma cosa ne poteva sapere lei, che le era bastato coricarsi a letto una
notte d'inverno inoltrato e incontrare nel suo sogno proprio il ragazzo
che le aveva rubato il cuore nei corridoi della scuola tra una lezione
e l'altra? Per lei e Jin era stato tutto così facile,
si erano trovati e riconosciuti subito e avevano ufficializzato la loro
relazione solo poche ore dopo il loro primo — e ultimo —
sogno condiviso.
Miyu era stata davvero
tanto fortunata. E proprio per questo, tutta quella fortuna la rendeva
cieca di fronte ai problemi di Yusaku. Poteva provare ad aiutarlo, ma
non lo avrebbe mai capito fino in fondo.
E in ogni caso, era una situazione che avrebbe dovuto risolvere da solo. Nel bene o nel male.
4
E lo so che mi puoi sentire
Dove ogni anima ha un colore
E ogni lacrima ha il tuo nome
Se tornerai qui, se mai, lo sai che
Io ti aspetterò
Quella notte faticò
molto ad addormentarsi ma, quando accadde, riuscì a provare una
punta di sollievo. Prima di ogni altra cosa, desiderava scusarsi con la
sua anima gemella
(il nome, voleva assolutamente pronunciare un'altra volta ancora il suo nome)
e poi avrebbero discusso della loro situazione, e questa volta ne avrebbero parlato seriamente e a cuore aperto.
Impiegò un po' a
realizzare dove si trovasse questa volta; in un primo momento ebbe
timore di essere incappato in una casa stregata, considerando la scarsa
illuminazione, ma quando pian piano mise a fuoco ciò che lo
circondava, capì di trovarsi in una grande sala. Era addobbata
con festoni e coriandoli sparpagliati a terra, un'infinità di
colori di carta che rendevano quel luogo molto più accogliente
rispetto al primo impatto, dando l'impressione di essere arrivati tardi
a una festa.
Le luci soffuse che
danzavano intorno a lui quasi lo invitarono ad avanzare verso il centro
di quella stanza immensa e lui ubbidì, muovendo passi tremebondi
verso il fulcro dei suoi desideri.
Ryoken
era lì, che lo stava aspettando. Bellissimo come sempre, con lo
sguardo velato da una patina di malinconia e gli occhi azzurri che
riflettevano un cielo terso e immacolato, in netto contrasto con il
turbinio di emozioni che provava — perché erano le stesse
che in quel momento provava anche Yusaku.
Quando i loro sguardi si
incontrarono, il mondo intero tacque per un lungo istante. La
frustrazione, il dolore e ogni tipo di attrito furono messi da parte,
lasciando posto solo al desidero sconfinato di abbracciarsi un'altra
volta ancora.
Yusaku iniziò a
piangere ancor prima di essere avvolto dalle braccia di Ryoken e quando
ciò accadde, avvertì l'intero corpo del ragazzo tremare,
cosa che lo fece sentire tremendamente in colpa. Così
cercò di fare del suo meglio e ricambiò quella stretta
disperata più forte che poteva, nel goffo tentativo di diventare
a sua volta un appiglio per Ryoken in mezzo a quel mare di coriandoli
di carta e incertezza.
«Sono così felice che tu sia qui» sussurrò Ryoken, baciandogli il capo.
«Anche io» rispose Yusaku con la voce spezzata a
metà per le troppe lacrime. «Perdonami per ciò che
è successo l'ultima volta…»
«No, Yusaku, non ho nulla da perdonarti. Semmai è il contrario…»
Yusaku alzò lo sguardo su di lui, ritrovandosi a osservare una figura incerta e sfocata.
(Eppure avrebbe potuto piangere anche tutte le lacrime del mondo, e Ryoken ai suoi occhi sarebbe sempre stato bellissimo).
«Non dire così» disse, mentre scioglieva l'abbraccio
per potersi asciugare le gote. Voleva parlare con Ryoken senza alcuna
barriera frapposta tra loro e finché non avesse riacquistato il
controllo delle proprie emozioni, questo non sarebbe potuto accadere.
Respirò
profondamente, cercando di scacciare tutto il grumo di brutte sensazioni
che si era formato nel corso della notte precedente, poi tornò a
guardare Ryoken e in quel momento, proprio mentre si perdevano l'uno
nell'altro come mai avevano fatto prima, realizzò che non doveva
esserci proprio nessun errore, che loro due erano fatti per stare
insieme e che niente e nessuno avrebbe mai potuto separarli.
Comprendere fino in fondo
questa realtà fu come aprirsi un varco per un nuovo mondo. E ora
che aveva le idee chiare, giurò a se stesso che mai più
avrebbe trattato Ryoken come aveva fatto la notte precedente — il
solo pensarci lo faceva stare così male che per lunghi attimi
respirare diventava un'azione difficile, come se non ricordasse
più cosa doveva fare per inspirare e riempire d'aria i polmoni.
«Immagino che per te non sia facile dover rimandare ogni notte il
nostro incontro nella vita reale» disse, prendendogli entrambe le
mani e intrecciando le dita con le proprie. «Solo che io,
anziché cercare di comprenderti e di ascoltarti, mi sono
arrabbiato e…»
«E avevi tutte le ragioni per farlo» proseguì Ryoken
al posto suo. «Deve essere snervante sentirsi dire di no per mesi
interi. Immagino tu ti sia sentito rifiutato…»
Quelle parole fecero male.
E fecero male soprattutto perché erano intrise di una
verità che ormai non poteva più cancellare o anche solo
nascondere.
«Sì…» ammise con un filo di voce mentre
abbassava lo sguardo. «Ma ho pensato solo a me stesso, senza
tenere in considerazione ciò che provi tu. Quindi ora…
ora vorrei saperlo. C'è qualcosa che ti impedisce di venire da
me?»
Ryoken sciolse la stretta
delle loro mani, poi le poggiò sulle gote di Yusaku e, con
garbo, lo invitò tacitamente ad alzare nuovamente lo sguardo per
incontrare ancora una volta il suo.
Quando Yusaku lo
fissò, rimase esterrefatto nel constatare che non solo Ryoken
fosse sull'orlo del pianto, ma che fosse in procinto di spezzarsi da un
momento all'altro.
«Vorrei avere il coraggio di confessarti tutto, ma non ci riesco.
Non oso pensare quanto debba essere straziante tornare nella
realtà senza più alcun ricordo, solo strascichi di tutti
i sogni che abbiamo condiviso insieme. Vorrei liberarti da tutto
questo, davvero, ma ho paura che la verità possa allontanarti da
me. Anzi, ne sono certo. Mi sento un codardo…»
Accadde in un attimo. Il
mondo si capovolse bruscamente e Yusaku si sentì sballottolato
sopra e sotto, a destra e sinistra, da un angolo all'altro dell'immensa
stanza.
La realtà gli
piombò addosso con cattiveria, una ferocia che forse non sarebbe
mai stato in grado di sopportare e che l'avrebbe schiacciato
lentamente, con sadismo e perfidia.
(Era troppo per lui).
(Troppo, troppo, troppo).
(Ma doveva reagire. Doveva farlo, altrimenti niente sarebbe cambiato e
lui in tutta quell'immobilità si sentiva ormai soffocare).
Esistevano casi in cui le anime gemelle erano impossibilitate a interagire nella vita reale poiché una delle due non poteva tornare nella vita reale dopo il sogno.
Perché il sogno perenne era ormai diventata la nuova
realtà e forse lo sarebbe stata in eterno, fino a quando
qualcuno, un familiare con ogni probabilità, non dava il
consenso per staccare la spina.
«Ryoken… dimmi immediatamente in quale ospedale ti trovi».
5
Presentarsi come un amico
di Ryoken fu tremendo, un colpo ben piazzato nel cuore, ma strinse i
denti e ascoltò con attenzione le indicazioni che gli diedero
alla reception per raggiungere la sua stanza. Era un orario
particolarmente insolito per le visite, ma forse erano bastati la sua
espressione stravolta e il suo respiro corto per concedergli uno
strappo alla regola, dato che per i medici e gli infermieri
la sua condizione doveva essere una scena vista e stra vista e sapevano a cosa
stesse per andare incontro.
L'odore pungente del
disinfettante gli si insinuò con prepotenza nelle narici e
l'asettico candore delle pareti gli dava la sgradevole sensazione di
trovarsi tra i ghiacci, a decine e decine di gradi sotto lo zero. Il
che era, considerando la calura di quella notte estiva, un abnorme
paradosso che gli provocò ancora più angoscia.
Ora ricordava il suo nome
anche nella vita reale. Non poteva essere altrimenti, visto che ora
sapeva dove cercarlo. Ironia della sorte, Ryoken si trovava proprio
all'ospedale di Den City.
L'aveva ipotizzato
perché ricordava di trovarsi in città quando un pirata
della strada lo investì; Yusaku non aveva ancora avuto modo di
cercare qualcosa online — si era svegliato di sorpassato, si era
cambiato, era uscito di casa e aveva subito iniziato a correre a
perdifiato in direzione dell'ospedale —, ma sperava con tutto se
stesso che quel bastardo stesse marcendo in galera per il crimine che
aveva commesso.
Prese l'ascensore per
dirigersi al secondo piano e il terrore di rimanere intrappolato in
mezzo a tutto quel bianco gli cristallizzò il sangue nelle vene.
Non che la situazione migliorò una volta trovatosi davanti la
porta della stanza di Ryoken: la mano era lì, stretta attorno
alla maniglia, ma l'intero braccio era immobile e non dava segno di
voler condurre il polso verso il basso, talmente era divorato dal
terrore di ciò che avrebbero visto i suoi occhi una volta
varcata la soglia.
Non aveva fatto tutta
quella strada per niente, però. Deglutì a fatica, la gola
riarsa per la corsa e la paura, poi abbassò la maniglia della
porta ed entrò.
Il suo cuore perse un
battito. Poi un altro e poi un altro ancora, fino a quando le ginocchia
quasi cedettero e lui temette di sprofondare in una voragine di vuoto e
disperazione, la stessa nella quale Ryoken si trovava ormai da mesi
interi.
Ryoken che giaceva sul
letto d'ospedale circondato da un coacervo di fili, tubicini e
macchinari. Che respirava placido in un sonno profondo dove tutto era
immutato ormai da tempo, parametri regolari cristallizzi sui monitor
sempre accesi.
Quando Yusaku si
avvicinò abbastanza da poter scorgere ulteriori particolari
grazie al chiaro di luna, si ritrovò faccia a faccia con
l'orrore che l'incidente aveva portato con sé: Ryoken aveva
perso il braccio sinistro e il suo viso era sfregiato da cicatrici che
avrebbero lasciato un segno indelebile sulla sua pelle candida per il
resto della vita.
Il ragazzo che abbracciava
sempre nei suoi sogni era diverso, era ancora integro, assolutamente
perfetto e immacolato. E forse era anche per questo che Yusaku non
ricordava quasi nulla una volta tornato alla realtà:
perché Ryoken non era più così, era stato violato
dalla tragedia e il suo corpo appariva diverso, martoriato e distrutto.
Eppure Yusaku non
poté fare a meno di pensare che, se in quel momento avesse
aperto gli occhi, l'unica cosa che avrebbe catturato la sua attenzione
sarebbe stato l'azzurro di quelle iridi che tanto amava e che Ryoken,
per lui, sarebbe sempre stato bellissimo.
Si sedette accanto a lui e
gli prese la mano tra le sue, stringendola appena per paura di fargli
male e smuovere qualcosa tra i fili e i tubicini. Pianse in silenzio
tutte le lacrime che gli erano rimaste e lentamente, tra un singulto e
l'altro, si addormentò ancora una volta.
6
Ovunque sarai
Ovunque sarò
In ogni gesto io ti cercherò
Se non ci sarai
Io lo capirò
E nel silenzio io ti ascolterò
Io ti ascolterò
L'oscurità lo
avvolgeva da capo a piedi, asettica e compatta. Dell'enorme sala colma
di festoni e coriandoli colorati in cui era approdato neanche un'ora
addietro non era rimasto nulla, solo il vuoto assoluto. Non esistevano
più pareti, nessun sentiero da percorrere, nessun vellutato
chiaro di luna dipinto in cielo a indicare la via.
Si sentiva solo, perso e tremendamente spaventato.
(Era così che si sentiva Ryoken per tutto il giorno, prima dell'arrivo della notte).
(Smarrito in quel limbo oscuro senza un luogo confortevole in cui
rifugiarsi, completamente esposto e spaurito).
Mosse i primi passi
all'interno di quel buco nero senza fine e tremò da capo a
piedi. Più avanzava in quel luogo dimenticato dal mondo intero e
più realizzava quanto fosse critica la condizione di Ryoken.
Ryoken che non andava a letto presto ogni sera, semplicemente era
bloccato lì e non poteva scappare, in attesa che Yusaku si
assopisse per vedere l'oscurità mutare e tramutarsi in uno
scenario più confortevole; Ryoken che ogni notte, nonostante
tutto, lo accoglieva sempre con un lungo abbraccio e gli occhi colmi di
meraviglia; Ryoken che aveva cercato forse di proteggerlo da una
verità troppo dolorosa da accettare, senza pensare che Yusaku,
per lui, avrebbe sopportato di tutto, anche le pene dell'inferno.
Lo chiamò a lungo,
tanto che a un certo punto la gola cominciò a bruciare — e
non smise neanche in quel caso.
Il suo nome, quello che
aveva cercato disperatamente di non dimenticare ogni volta che tornava
alla realtà, si perse in un'eco lontanissima inghiottita dalle
tenebre.
(Ryoken).
Avrebbe continuato a
cercarlo all'infinito e lo avrebbe fatto per davvero, perché non
voleva rinunciare a lui per niente al mondo. E voleva dirglielo,
perché Ryoken meritava di saperlo a tutti i costi.
Il suo lungo cercare, alla
fine, fu ricompensato: lo trovò in un punto imprecisato di
quell'immenso e cupo nulla, solo e abbandonato a se stesso. Pareva
quasi desiderasse farsi piccolo piccolo per non essere notato, in
procinto di accartocciarsi su se stesso se necessario, ma era
impossibile, perché Yusaku un modo per stare con lui l'avrebbe
sempre trovato.
Quando gli aveva chiesto
di dirgli in quale ospedale si trovasse, Ryoken aveva ceduto,
raccontandogli la verità di quanto accaduto quel giorno di
metà primavera. Se ne vergognava come se la colpa fosse sua,
quando sapevano entrambi che non era così, perché era lui
la vittima sotto tutti i punti di vista. Doveva rendersene conto.
Ryoken aveva portato le
ginocchia al petto e teneva lo sguardo basso, perso chissà dove.
Sembrava quasi stesse cercando di rimanere tutto intero per non
rischiare di dissolversi nel nulla da un momento all'altro.
Yusaku si avvicinò
silenziosamente, parandosi davanti a lui. Non aveva bisogno di
annunciarsi, sapeva che Ryoken aveva già percepito la sua
presenza e questo era più che sufficiente.
«Mi dispiace, Yusaku» disse in un soffio, rimanendo
immobile nella sua posizione. «Ero in coma già da qualche
giorno quando iniziarono i sogni condivisi. Quando ti vidi per la prima
volta pensai che fossi bellissimo — e lo penso tuttora. E nel
giro di poco tutta l'oscurità che mi avvolgeva lasciò il
posto al verde dei tuoi occhi e agli altri colori. Aspettarti ogni
notte era diventata l'unica cosa in grado di rendere più
sopportabile la mia condizione… le tenebre non mi fanno
più paura quando sono accanto a te. Però… ogni
volta che ti incontravo non facevo altro che pensare che avrei dovuto
dirti tutta la verità, che non era giusto farti aspettare e
soffrire a causa del mio terrore di perderti. Io non voglio perderti,
Yusaku, ma non voglio neanche renderti infelice. Perché ora come
ora non ho alcuna certezza e non so nemmeno se un giorno mi
risveglierò dal coma».
Poi alzò lo sguardo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso pregno di tristezza.
«So che non ho più un braccio» ammise con dolore.
«È da quando sono qui che quello sinistro non lo sento
più “mio”… e ho sempre la sensazione che ci
sia qualcosa sul mio volto, degli sfregi forse, che non se ne andranno
mai via. Se anche dovessi svegliarmi, come potrò renderti
felice, ridotto in quello stato?»
Fu lì che qualcosa
scattò in Yusaku, qualcosa che lo portò a scegliere
Ryoken un'altra volta ancora. Si inginocchiò di fronte a lui e
lo abbracciò forte, accogliendo tutte le sue lacrime e tutto il
suo dolore senza riserva alcuna.
«Non mi devi dimostrare nulla» parlò con dolcezza.
«Il solo fatto che tu esista mi rende felice. Sapere che siamo
legati come anime gemelle è la cosa più bella che mi
potesse capitare… Ryoken, guardami».
Lui ubbidì e i loro occhi si incontrarono un'altra volta ancora, l'ennesima che si perdeva nell'infinito.
«Io voglio stare con te,» proseguì Yusaku mentre gli
asciugava le lacrime, «e niente e nessuno mi farà cambiare
idea. Nemmeno le tue paure».
Subito dopo si alzò in piedi e poi gli porse la mano, che Ryoken accettò.
«Verrò a trovarti in ospedale ogni volta che ne
avrò l'occasione. E tutte le notti sarò qui, con te. E
poi… poi un giorno riaprirai gli occhi e io sarò
lì accanto a te quando questo accadrà. E continueremo a
essere felici insieme. Io ti aspetterò». Un piccolo sorriso gli incurvò le labbra. «Cosa ne pensi?»
Ryoken ricambiò il
sorriso. «Penso che sia tutto meraviglioso. E sono felice di
poterlo realizzare insieme a te. E anche io ti aspetterò, ogni
notte, come ho sempre fatto».
Poi si abbracciarono,
tornando a essere l'uno l'ancora di salvezza dell'altro. Yusaku era
stato troppo preso dalle proprie emozioni e quelle di Ryoken per farci
caso ma, quando si guardò intorno, notò con crescente
meraviglia di non trovarsi più avvolto dalle tenebre,
bensì da un bellissimo paesaggio di montagna. Lui e Ryoken si
trovavano sotto un piccolo gazebo bianco e le poche stelle che ancora
si potevano osservare in cielo impallidivano sempre più,
inghiottite pian piano dal cielo rosato.
«È quasi l'alba» constatò, senza staccarsi da
Ryoken. «Non ne avevamo mai vista una insieme…»
«Direi che oggi sia il giorno perfetto per iniziare, tu che
dici?» gli chiese Ryoken, stringendolo più forte a
sé.
Yusaku sorrise un'altra volta ancora.
«Dico che hai assolutamente ragione».
N.d.A.
• Non ho mai scritto una Soulmates!AU così drammatica, ma
dato che in questa Raccolta mi ero ripromessa di sperimentare il
più possibile, ecco il mio tentativo di dare un finale
dolce-amaro a questa OS.
Ryoken è già stato in coma in un'altra mia storia (questa), ma almeno lì [SPOILER]
c'è il lieto fine… qui diciamo che è tutto rimasto
in sospeso, perché nonostante il forte sentimento che lega
Ryoken e Yusaku, non si sa se effettivamente Ryoken un giorno
riaprirà gli occhi.
• Provo sentimenti molto contrastanti per questa storia,
perché se da una parte ho dimostrato in primis a me stessa di
poter scrivere sulla mia OTP suprema ed eterna senza garantirle un vero
e proprio lieto fine, dall'altra la solita domanda mi assilla senza
darmi tregua: MA CHI ME LO FA FARE.
Ryoken e Yusaku saranno sempre la mia più grande debolezza per
quanto riguarda il mio lato fanwriter, ormai è palese.
Il fatto che io stia cercando pian piano di uscire dalla comfort zone
per scrivere qualcosa di diverso ogni tanto non so quanto possa reggere
ancora, lo ammetto.
Ma in ogni caso, farò sempre del mio meglio.
Grazie per essere arrivati fino a qui!
M a k o
|
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Capitolo 7 *** July ***
July
•
Sto frignando come una bambina. Tengo tantissimo a questa OS e non so
nemmeno spiegarvi come mai, so solo che appena mi è venuta in
mente l'idea ho pensato “okay, sto forse per scrivere o una tra
le storie più geniali mai partorite dalla mia testa o la
più grande cafonata della mia vita”, quindi vi lascio
immaginare quanto io sia agitata a riguardo.
•
Non ho specificato nello specchietto che tipo di AU è
perché nemmeno io lo so. O meglio, ho delle idee a riguardo, ma
preferisco parlarvene a fine storia, così evito anche di
fare spoiler indesiderati.
Spero con tutta me stessa che
questa storia sia di vostro gradimento… non fatevi problemi a
dirmi cosa ne pensate, anche se dovessero essere pareri negativi.
Vi auguro buona lettura — e finalmente abbiamo il POV di Ryoken!
July: Stars
Prompt forum: L'estate ha messo tutto il suo cielo dentro il tuo palmo. Ti tocco, e sai di luce. (Fabrizio Caramagna) (Themed Challenge – Summer Edition)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo, Romantico, Triste
Note: ???!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate (accennate)
Stelle sporche e impolverate
1
«Yusaku, sei pronto?»
C'era
un'elettricità particolare che vibrava nell'aria, quella sera.
Tanti guizzi incandescenti di gioia e spensieratezza impossibili da
quantificare rendevano l'intera atmosfera magica e indimenticabile,
nonostante l'appuntamento fosse appena all'inizio.
Ryoken non provava
emozioni simili da un po'. Non perché la sua storia d'amore
fosse in procinto di naufragare da un momento all'altro — anzi,
era l'esatto opposto, si ergeva forte e solida come un grande scoglio
che le onde del mare levigavano costantemente con il loro sbatacchiare
testardo —, bensì perché dopo tanto tempo sentiva
che avrebbe finalmente realizzato un sogno che Yusaku si portava dietro
fin da quando era bambino.
Sapere di essere a
un passo dalla concretizzazione di quel desiderio che l'avrebbe reso,
con ogni probabilità, il ragazzo più felice dell'intero
pianeta, fece provare qualcosa a Ryoken all'altezza del petto che non
seppe spiegarsi, ma che non poté non definire incantevole.
«Sì, arrivo!» rispose Yusaku, intento a scendere le
scale. Indossava una semplice camicia bianca e dei pantaloncini blu
scuro abbinati alle scarpe del medesimo colore, eppure Ryoken, mentre
lo osservava avvicinarsi a lui sempre più, pensò che
fosse bellissimo.
«Devo davvero tenere gli occhi chiusi per tutto il
viaggio?» domandò poi Yusaku, che a quanto pareva doveva
ancora realizzare la veridicità di quel dettaglio.
«Sì, perché la destinazione è una sorpresa. E poi perché se qualcuno
dovesse vederti in macchina bendato penserà che ti abbia rapito
per portarti chissà dove» disse Ryoken, mentre prendeva le
chiavi della macchina poggiate sul tavolo del salotto. In realtà
aveva prenotato l'intera zona a suo nome per quella serata, quindi era
praticamente impossibile che qualcuno potesse anche solo lontanamente pensare
di voler fare un giretto lì, ma l'idea di guidare con Yusaku
bendato seduto accanto a lui era così strana che non voleva
nemmeno contemplarla.
«Se avessi voluto rapirmi per portarmi chissà dove, mi
avresti rinchiuso nel bagagliaio» commentò Yusaku con una
punta di malizia nel tono di voce. «Così non avrei cercato
di scappare».
Ryoken stette al
gioco e un sorrisetto furbo gli incurvò le labbra.
«Perché, vorresti forse scappare da me?»
Yusaku era
già lì, pronto ad avvolgere le braccia attorno al suo
collo e unire le labbra alle sue quando disse: «Mai nella
vita».
Ryoken ne fu grato.
Di tutto, di ogni istante trascorso con Yusaku e di ogni dimostrazione
d'amore che li portava a sentirsi ancora più uniti in quel mondo
che aveva iniziato a girare al contrario ormai da tempo immemore.
Inoltre, ora
più che mai doveva assolutamente distogliere l'attenzione di
Yusaku dal bagagliaio dell'auto poiché lì vi erano
riposti con estrema cura il cestino da pic-nic, l'immenso telo da mare
e i morbidi cuscini per la serata.
La loro serata,
quella che Ryoken stava ormai organizzando da mesi interi per rendere
felice l'unica persona che per lui contava nell'universo intero, la
sola in grado di rendere ogni istante di esistenza degno di essere
vissuto.
Non era ancora
arrivato il momento di crollare. Non quella notte, dove si sarebbero
persi in una parola a loro estranea, ma che in tempi ormai andati aveva
dato il significato a un sacco di cose ed eventi meravigliosi.
(Normalità).
2
Ryoken non guidava
spesso, ma quando ciò accadeva, il più delle volte Yusaku
si trovava seduto al suo fianco, proprio come in quel caso. Certo,
quella era una circostanza alquanto particolare, visto e considerato
che Yusaku aveva gli occhi perennemente chiusi e pareva quasi stesse
dormendo, sfinito da un lungo viaggio che in realtà era appena
cominciato.
Fortuna voleva che
la meta non distasse molto da casa loro e, dato che la strada era del
tutto libera, non avrebbero impiegato troppo tempo a raggiungere il
mare.
Yusaku ancora non lo sapeva e forse nemmeno nei suoi sogni più rosei l'avrebbe mai intuito. Eppure si stavano davvero
recando al mare e avrebbero finalmente trascorso una serata romantica
in un piccolo angolo di paradiso che Ryoken aveva curato nei minimi
dettagli. Avrebbe voluto tanto coinvolgere anche Yusaku in quel
progetto, ma così facendo avrebbe dovuto rinunciare alla
sorpresa… quindi sperò con tutto se stesso di aver svolto
un buon lavoro, anche perché il regalo più grande non
sarebbe stata l'acqua limpida e cristallina del mare, bensì
ciò che vi si rifletteva in superfice con incredibile
maestosità.
(Ryoken
era rimasto folgorato dall'effetto finale e se questo aveva sconvolto
interiormente lui, non immaginava che impatto avrebbe avuto su Yusaku,
che non sospettava proprio nulla).
Colto da un lampo di
eccitazione, allungò la mano libera in direzione di Yusaku,
poggiandola sulla sua coscia e stringendola appena. Il ragazzo
ricambiò la stretta e rilassò i muscoli, il sorriso che
gli affiorava placido sulle labbra e gli occhi sempre chiusi.
Era tutto bellissimo. Assolutamente perfetto.
3
«Siamo arrivati. Però non aprire ancora gli occhi, okay?»
«Oh, va bene. Ryoken…»
«Sì?»
«Non sto sognando, vero? Quello che sento è proprio il rumore delle onde del mare?»
Aveva cercato di
mantenere un tono di voce assolutamente tranquillo e neutrale, ma era
palese quanto Yusaku si stesse emozionando via via sempre più.
Ryoken si slacciò la cintura e si sporse verso di lui,
baciandolo solo per pochi istanti che a modo loro significavano tutto.
«Aspettami qui. Non ci metterò molto».
Yusaku annuì,
le labbra che tremavano appena e il cuore che martellava nel petto,
all'unisono di quello di Ryoken, il quale per un attimo trovò
difficile persino scendere dall'auto a causa del subbuglio di emozioni
che si erano fatte strada nel suo corpo.
Cercò di
sistemare tutto il più velocemente possibile senza però
fare danni. L'ultima cosa che voleva era rovinare la serata a causa
della fretta ma, al contempo, non voleva nemmeno far attendere a Yusaku
un solo minuto in più. Si concesse giusto un breve istante per
osservare il risultato finale del suo operato e poi tornò da
Yusaku, aprendogli la portiera dell'auto.
«Manca poco» gli disse, aiutandolo a scendere. Subito dopo
lo prese per mano e lo condusse verso la spiaggia, lontano dal duro
asfalto, sorridendo nell'avvertire un piccolo sussulto evadere dalle
labbra di Yusaku quando la suola delle scarpe affondò per la
prima volta nella rena tiepida e morbida.
«Siamo arrivati» disse infine, le labbra nuovamente
incurvate in un sorriso alla vista delle loro orme sulla sabbia, tangibili e realistiche — dopotutto non c'era da stupirsi, aveva curato ogni minimo dettaglio.
«Posso aprire gli occhi?» domandò Yusaku.
«Sì».
(Ciò
che avvenne dopo fu così bello che Ryoken non poté fare a
meno di pensare quanto fosse fortunato a essere l'unico testimone
della nascita di una stella).
4
Se qualcuno gli
avesse chiesto di parafrasare la nascita di una stella nel modo
più romantico possibile, cancellando dunque l'oggettività
della scienza e della sua costante evoluzione, Ryoken avrebbe
sicuramente detto che una nuova stella nasce ogni volta che Yusaku
sorride e i suoi occhi verdi si illuminano di sconfinata meraviglia.
Non era la prima volta che Yusaku si emozionava davanti a lui; a dirla
tutta, Ryoken era l'unica persona al mondo che aveva il privilegio di
ammirarlo nella sua interezza, sensibilità compresa, e sapeva
quanto Yusaku preferisse tenere per sé certe sensazioni che non
esternava quasi mai davanti a degli sconosciuti.
Essere spettatore e
al contempo artefice di tutto quell'incanto lo fece sentire ancora una
volta l'essere umano più fortunato e felice del pianeta. Ma in
quanto a felicità, Yusaku si stava ora dimostrando un degno
avversario: in un primo momento, dopo aver aperto lentamente gli occhi,
era rimasto fermo e immobile a osservare il sottile telo da mare steso
sulla rena con al centro il cestino da pic-nic e tutt'intorno i cuscini
morbidi dalle tonalità verde acqua e già questo di per
sé bastò a scatenargli nelle iridi un'esplosione dietro
l'altra di supernovae e nebulose, ma non fu niente, proprio niente
in confronto al richiamo del mare e poi, subito dopo, a quello del
cielo. Le piccole e timide onde salate lo portarono a voltare il capo e
a perdersi in quel concerto di acqua fresca e limpida che rifletteva
sulla sua superficie cristallina il vero ospite d'onore di quella
serata; fu infatti quando Yusaku alzò lo sguardo verso il cielo
che ogni cosa, anche il più piccolo granello di sabbia, si
riallineò perfettamente nell'universo, nel suo luogo di
appartenenza, ristabilendo qualsiasi tipo di equilibrio per permettere
al caos di un singolo essere umano di strabordare ed esplodere in
miliardi di coriandoli colorati e impazziti.
«Oh cielo…»
riuscì solo a dire, prima di portare le mani alla bocca e
serrarla con decisione, gli occhi sgranati quasi oltre il limite
consentito e milioni di anni di storia dell'universo che si
riflettevano nelle sue iridi lucide.
Era, con ogni probabilità, lo spettacolo più bello e incantevole al quale Ryoken avesse mai assistito
(e non si riferiva al cielo, bensì a Yusaku).
Il firmamento era splendido, non poteva certo negarlo, ma Yusaku.
Il ragazzo che si trovava accanto a lui possedeva una bellezza tutta
sua, qualcosa che andava oltre l'unione delle costellazioni o
l'esplosione di una supernova. Bastava solo sfiorarlo e perdersi nei
suoi occhi per un istante ed ecco che tutta la sua luce, così
calda e pura, leniva ogni ferita e sussurrava al cuore con dolcezza.
Ryoken non esagerava nel dire che Yusaku era tutto ciò che
ancora lo teneva in vita. E proprio per questo, per lui e per nessun
altro, avrebbe anche fatto l'impossibile, come quella notte.
(Così,
se il sogno più intimo di Yusaku era sempre stato quello di
ammirare il cielo stellato in una notte d'estate, Ryoken lo avrebbe
esaudito. E se questo significava fare dei sacrifici, lui li avrebbe
fatti. E li aveva fatti).
Impiegò
qualche attimo a realizzare cosa stesse accadendo: fino a poco prima
stava ammirando la reazione di Yusaku alla vista del cielo stellato e
subito dopo si ritrovò il corpo del ragazzo a stretto contatto
col suo, allacciati in un abbraccio forte, sentito, pregno di amore
incondizionato.
Yusaku tremava. Non
per il freddo inesistente di quella serata, ma perché i singulti
avevano iniziato a sconquassargli i muscoli e le lacrime salate come il
mare a rigargli le gote.
«Scusami…» sussurrò tra un singulto e
l'altro. «Non riesco a smettere di piangere, è più
forte di me…»
Ryoken ricambiò l'abbraccio, stringendolo forte a sé e sorreggendolo con tutte le sue forze. Percepiva tutto:
il corpo tremebondo di Yusaku che cercava disperatamente un sostegno,
il suo profumo delicato, le lacrime che dalle gote si adagiavano sulla
camicia azzurrina di Ryoken, all'altezza della spalla…
normalmente avrebbe fatto di tutto per asciugargli le lacrime e
aiutarlo a smettere di piangere, ma non in quel caso.
«Finché sono lacrime di gioia puoi piangere quanto vuoi, Yusaku».
5
Dopo che Yusaku si
fu calmato, presero entrambi posto sul telo da mare, seduti l'uno
accanto all'altro. Ryoken aprì il cestino da pic-nic e ne
estrasse il contenuto. Tra cibo e bevande vi erano onigiri, tamagoyaki,
karaage, takoyaki, dango e bibite fruttate.
«È tutto…?»
«Commestibile? Spero di sì».
Yusaku si
lasciò andare a un risolino leggero. «Non mi riferisco a
quello. So che cucini bene. Intendevo…»
E prese un onigiri, rigirandoselo tra le mani. «È tutto reale?»
Ryoken fece il finto
offeso. «Credi davvero che abbia cucinato tutto questo
bendidìo solo per fare scena?» domandò, una mano
sul petto e lo sguardo falsamente risentito.
In tutta risposta,
Yusaku addentò l'onigiri che aveva in mano e negò con un
movimento deciso del capo. Poi masticò diverse volte e
più lo faceva, più i suoi occhi si spalancavano per la
sorpresa.
Era rimasto sorpreso
anche Ryoken quando, diverse settimane addietro, aveva assaggiato una
zuppa thailandese con pollo e cocco ed era riuscito a percepire tutto
quanto. Certo, una volta tornato a casa il senso di sazietà e il
sapore raffinato della zuppa si erano dileguati, quasi come se non
fossero mai esistiti, ma almeno lì potevano infondere un po' di conforto in chi desiderava trascorrere parte del proprio tempo nella pace più assoluta.
Questo però gli altri ancora non lo sapevano. E per gli altri intendeva il resto del mondo.
A Yusaku non avrebbe fatto piacere, sicuro come il sole che sorge a est anche se non lo si può vedere, ma Ryoken sapeva che lui sapeva.
E Yusaku ormai sapeva che per Ryoken lui era la sua unica
priorità in quel mondo accartocciato su se stesso, quindi doveva
imparare a farsene una ragione.
(Prima
il singolo, poi il gruppo. Soprattutto se per Ryoken il singolo —
Yusaku — era più importante del gruppo intero).
6
Mangiarono e
parlarono del più e del meno per un tempo indefinito. Poi si
stesero sul telo, con le teste poggiate sui morbidi cuscini e le dita
delle loro mani intrecciate. Per diversi minuti ammirarono in silenzio
il cielo stellato, persi chissà dove, in altri mondi ancora,
poi qualcosa si mosse in quel coacervo di luci e gemme preziose,
facendoli entrambi sussultare. Era stato fuggevole e inaspettato,
qualcosa in cui Ryoken non sperava nemmeno più poiché era
convinto di aver sbagliato qualche calcolo, e invece alla fine
arrivò, cogliendolo impreparato ma rendendolo comunque felice.
«Era… una stella cadente?» domandò Yusaku in
un sussurro, e la sua mano strinse un po' più forte quella di
Ryoken.
«Sì» rispose, ricambiando la stretta. «Esprimi un desiderio».
Yusaku chiuse gli occhi, ma solo per una frazione di secondo. Li riaprì subito dopo, voltando il capo verso di lui.
«Sai cosa desidero» disse con fermezza, guardandolo dritto negli occhi.
Ryoken ridusse i
suoi a due fessure. «Ti preoccupi troppo per chi non si è
mai preoccupato per te» proferì con un tono di voce forse
un po' più duro di quanto si aspettasse, ma che non corresse.
«Se tu condividessi di più i tuoi progressi col mondo—»
«Sei tu il mio mondo. Tu e nessun altro».
A quelle parole,
Yusaku ammutolì e non riuscì a frenare il rossore che
andava via via ad accentuarsi sulle gote. Si morse il labbro inferiore
e Ryoken intuì che stava disperatamente cercando
un'argomentazione valida per contestare quella che era una
dichiarazione d'amore sotto tutti i punti di vista. E non perché
rifiutasse l'amore di Ryoken — stavano insieme da anni ed erano a
tutti gli effetti compagni per la vita —, ma perché aveva
ormai da tempo preso a cuore le sorti di tutti quanti e voleva che anche gli altri potessero godere delle sue stesse fortune.
«Non tutti gli esseri umani sono malvagi» disse infine, deglutendo a fatica.
«Lo so. Ma pensa a tutti quelli che invece ogni giorno tentano
nei modi più subdoli di portarci via tutto ciò che
abbiamo costruito insieme.
Chi ti dice che a espandere a livello globale le nostre ricerche e
conquiste poi non saremo sopraffatti da chi ne vorrà sempre di
più? E poi…»
(il ricordo faceva ancora male, nonostante non conoscesse di persona le vittime)
«… sai che ho iniziato a limitare le zone accessibili al
resto del mondo perché altrimenti in molti altri avrebbero
iniziato a voler rimanere qui, senza più tornare a casa. Ti
ricordi la donna che aveva perso il figlio e che poteva rivederlo solo
nella Sezione dei Ricordi? Non si è più ripresa e ormai
non riesce più a distinguere la realtà dalla finzione. E
potrei elencarti altri casi, tanto gli esiti sarebbero sempre gli
stessi».
Yusaku non demorse.
«E non è forse per questo che ci sono io a impedire che
tutto ciò accada di nuovo? È il mio lavoro e considerando
il mio stipendio che va in base ai risultati che porto a casa, direi
che non sono poi così male come hacker, non trovi? E poi, con le
nuove misure di sicurezza che ho messo a punto, sarà impossibile
rimanere bloccati qui, anche per quelli più disperati».
Aveva ragione. Da
questo punto di vista, Ryoken non aveva nulla da ridire: Yusaku era un
hacker formidabile ed era soprattutto grazie a lui se per anni interi
nessuno era mai riuscito a distruggere tutto il lavoro che il padre di
Ryoken aveva lasciato in eredità, un lavoro che Ryoken
perfezionava e ampliava ininterrottamente tutti i giorni.
Poi gli tornò
in mente un dettaglio di cui Yusaku aveva evidentemente ritenuto
opportuno non informarlo e decise di colpire lì: «A
proposito del tuo lavoro, come mai qualche giorno fa hai cercato di
hackerare la mia area personale nel database?»
Yusaku si
irrigidì, poi distolse lo sguardo. «Non so di cosa tu stia
parlando» mentì spudoratamente, e Ryoken provò il
forte impulso di baciarlo nonostante stessero discutendo di qualcosa di
molto, molto importante.
«Ti rinfresco la memoria, allora: hai cercato di impossessarti
dei miei referti medici degli ultimi tre mesi, Playmaker».
Yusaku
assottigliò lo sguardo. «Noto che nel corso del tempo non
hai smesso di essere un eccellente hacker anche tu, Revolver. Hai spulciato i miei registri?»
«Precisamente». Ryoken si avvicinò di qualche
centimetro e gli poggiò una mano sulla gota arrossata. «Ti
avevo già detto che stavo bene e tuttora sto bene. Perché
hai comunque voluto indagare?»
Le labbra di Yusaku
tremarono appena e i suoi occhi si velarono di lacrime.
«Perché continuavi a ripetermelo nonostante giorno dopo
giorno fossi sempre più stanco e debilitato. Temevo ti fosse
arrivata una lettera grigia o addirittura viola e… non immaginavo stessi lavorando a tutto questo, come potevo?»
Fu lì che
Ryoken realizzò quanto non coinvolgere Yusaku nel progetto fosse
stato in parte un errore: pur di fare le cose in grande, aveva
trascurato la propria salute senza neanche rendersene conto e questo
l'aveva fatto preoccupare; Yusaku non aveva certo tentato di hackerare
i suoi referti medici con cattive intenzioni, anzi, aveva agito in un
abbrivo dettato dall'apprensione.
E Ryoken, nello
stesso, medesimo istante, provò due emozioni contrastanti ma
che, al contempo, si tenevano saldamente per mano: senso di colpa e
amore incondizionato nei confronti del ragazzo steso accanto a lui che
aveva ricominciato a piangere
(e questa volta erano lacrime che doveva a tutti i costi cancellare dal suo volto).
Si avvicinò
ancora di più, attirandolo a sé e baciandogli il capo.
Lasciò che si sfogasse e che si liberasse di tutta la tensione
che aveva accumulato nell'ultimo periodo, poi con garbo gli
asciugò le lacrime e lo guardò con una punta di tristezza
negli occhi.
«Perdonami» disse, sfiorandogli le labbra con le proprie,
«non volevo farti preoccupare».
Poi sospirò e
proseguì, sforzandosi non poco: «Uno di questi giorni
accederai al pannello di controllo di questa sezione per dare
un'occhiata, okay? Così mi dirai se le misure di sicurezza che
ho adottato sono adeguate per quando… sì, insomma, per
quando sarà aperta al pubblico, va bene?»
Gli occhi di Yusaku brillarono tanto quanto le innumerevoli stelle incastonate nel cielo di velluto.
«Davvero?» domandò, trattenendo a stento l'emozione.
«Davvero» confermò Ryoken, e subito dopo si
ritrovò coinvolto in uno tra i baci più belli della sua
vita.
(Dolce, sentito, traboccante d'amore).
(Riuscì a percepire tutto quanto. E per un attimo ebbe un fremito).
7
«Ryoken… credi che… ecco, credi che possiamo entrare in acqua?»
Ryoken non aveva
pensato a quell'eventualità, ma la domanda di Yusaku gli fece
comunque incurvare le labbra in un sorriso. Erano ancora stesi sul
telo, l'uno accanto all'altro, intenti a scambiarsi effusioni —
il ritratto perfetto nel quale Ryoken si era crogiolato per mesi interi
mentre organizzava ogni cosa.
«Credo di sì» rispose, e non lo disse per
accontentarlo o per illuderlo con false speranze, bensì
perché l'oggettività della scienza era tornata a bussare
alle porte del suo inconscio con una lunga lista di codici ed equazioni
che stava sciorinando senza sosta, e lui che la osservava dietro il
vetro di una finestra con la tendina lievemente spostata sentì
che poteva fidarsi. Poteva fidarsi dei suoi calcoli e
dell'imprevedibilità che quella decisione avrebbe portato con
sé senza temere alcun effetto negativo su di lui e su Yusaku
— soprattutto su Yusaku.
Certo, se fosse
andata male, al massimo non avrebbero avvertito nulla e questo forse
sarebbe stato peggio di qualsiasi altro effetto collaterale pur non
provocando danni a livello fisico: essere in acqua ma al contempo non
esserci, essere circondati da una distesa limpida e cristallina che
però non esiste, inconsistente come il fumo.
Era una scommessa, ma Ryoken sentiva che potevano vincerla. Insieme avrebbero vinto sempre.
«Possiamo provare ad avvicinarci e sentire com'è la sabbia
lì dove le onde si ritirano» propose. «Questo vuoi
farlo prima o dopo esserci spogliati? Perché sai, non avevo
preso in considerazione questa cosa e non ho portato dietro alcun
costume».
Yusaku
arrossì appena. «Vuoi forse andare già al
sodo?» celiò, un sorrisetto furbo stampato in volto.
«Non mi dispiacerebbe, lo ammetto» rispose Ryoken,
ricevendo di rimando un colpetto sulla spalla da parte di Yusaku che lo
fece ridacchiare. «Anche se… concordi con me nel dire che
farlo qui sarebbe un po'…»
«Strano» concluse Yusaku al posto suo, e Ryoken annuì.
«Fin troppo».
«Però… una volta tornati a casa…»
disse Yusaku, lasciando la frase in sospeso con un'alzatina di spalle.
Ryoken ridacchiò ancora. «Ah, poi sarei io quello che vuole andare subito al sodo?»
8
Fu strano. Proprio
strano, misterioso e inspiegabile. L'acqua era fresca, una vera e
propria panacea per il corpo e se Ryoken avesse avuto la
possibilità di rimanere lì, in piedi fin dove toccava tra
quella distesa limpida e immensa con Yusaku stretto a sé, l'avrebbe
fatto. Scoprì in un istante che quella sarebbe stata la fine
più dolce tra tutte, il connubio perfetto tra il calore del
corpo di Yusaku e l'acqua più fredda, i loro sguardi incrociati,
poi le loro labbra unite.
L'acqua salata lo
avvolgeva allo stesso modo in cui i suoi pensieri vorticavano senza
sosta nella testa. Ripensò a tutta la strada che lui e Yusaku
avevano fatto per arrivare fino a lì, a quel preciso momento; a
come il suo operato, l'eredità che gli aveva lasciato suo padre,
fosse stato sia una benedizione che una maledizione per gli esseri
umani rimasti.
Kiyoshi Kogami se ne
era andato senza accettare la presenza di Yusaku nella vita del figlio,
ma era innegabile che avesse fatto di tutto per salvare un mondo ormai
sull'orlo della distruzione. Così, nonostante in punto di morte
fossero ormai ai ferri corti, Ryoken gli aveva promesso che avrebbe
portato avanti il suo operato e che si sarebbe spinto oltre i propri
limiti pur di perfezionarlo e farlo evolvere ulteriormente.
Alcune volte i
brividi lo coglievano di sorpresa, soprattutto quando pensava a quanta
gente malintenzionata desiderasse impossessarsi di ogni loro fatica
già confezionata e pronta per l'uso: senza muovere un dito,
semplicemente appropriandosi di qualcosa che era costato mesi di
lavoro, di calcoli e simulazioni per poi rivenderlo a prezzi
esorbitanti a tutti i disperati che desideravano solo qualche attimo di
tregua, come la donna che aveva perso il figlio ventenne sei giorni
dopo aver ricevuto la lettera nera.
(Fragile. Era un mondo troppo fragile, pronto a sgretolarsi da un momento all'altro).
Ryoken si
domandò cosa fosse passato per la testa dei loro antenati per
arrivare a un simile punto di non ritorno; a pretendere e basta, senza
dare mai nulla in cambio, fino a volere troppo, strappare e sradicare e
prosciugare e sperperare e inquinare e distruggere la propria casa. Ed
ecco il risultato: la persona che amava era nata in un mondo in cui era
impossibile ammirare il cielo stellato nelle notti d'estate.
(È tutta colpa vostra).
(Vi odio, vi odio, vi odio).
Ryoken aveva giurato
davanti al mondo intero che avrebbe impiegato ogni sua risorsa non per
salvarlo — riguardo quello, purtroppo, non aveva le
facoltà necessarie per adempiere a una simile
responsabilità —, ma quantomeno per non farlo sprofondare
ulteriormente nel baratro assoluto. Che avrebbe creato un luogo ideale
per ogni essere umano rimasto in grado di scacciare, anche se solo per
poche ore al giorno, il dolore di abitare in un pianeta oramai
inospitale.
Aveva mentito. Aveva
mentito spudoratamente, perché l'unica persona a cui aveva
pensato, mentre pronunciava quelle parole tanto solenni, era Yusaku. Il
mondo sarebbe anche potuto sparire, esplodere, accartocciarsi su se
stesso, ma Yusaku.
Era un'epoca
spietata, quella in cui erano nati. Un'epoca che ti metteva di fronte
al dolore della vita, un miracolo trasformato in condanna, e bisognava
fare delle scelte sempre, in ogni momento, tutte quante sofferte.
Ryoken la sua scelta
l'aveva fatta più di dieci anni addietro, ed era il ragazzo dai
bellissimi occhi verdi che ora teneva in braccio nell'acqua del mare.
Aveva preso la
patente pur sapendo che fuori da lì non avrebbe mai potuto
guidare un'auto, pena l'ergastolo; e l'aveva fatto perché un
tempo, chissà quanti decenni o secoli addietro, era la
normalità: amore sali in macchina che ho una sorpresa per te.
Lui non sapeva cosa significasse pronunciare parole simili, al di fuori
di quel mondo fatto di codici, sistemi ed equazioni. Di come era stato
un tempo il suo pianeta ora squarciato a metà, lui non sapeva
proprio nulla.
Mesi addietro era stato il suo
ventinovesimo compleanno e quelli che dovevano essere gli anni migliori
della sua vita erano stati tali solo grazie a Yusaku, alla sua presenza
e al suo amore; per il resto, era stato tutto un coacervo informe di
perdite e dolore, decisioni e responsabilità troppo importanti
per un giovane della sua età e la triste consapevolezza che
l'essere umano, nonostante tutto, non sarebbe mai cambiato, pretendendo
e basta, senza mai fare qualcosa di concreto per moderarsi.
A un tratto si
sentì impotente, completamente prosciugato e privato di ogni
briciolo di energia. Alla deriva, pronto a marcire con estenuante
lentezza, un relitto sventrato e privo di anima.
(Era disperato).
Non era abbastanza. Non era mai abbastanza, avrebbe potuto fare molto di più. Stava per affogare, stava per affogare, stava per affogare…
«Grazie» disse Yusaku all'improvviso, riportandolo a galla.
«Per cosa?»
«Per tutto questo. Guardati intorno: sembra che le stelle stiano nuotando attorno noi».
Ryoken voltò
il capo a destra e sinistra e un moto di infinita dolcezza gli invase
il cuore: era come essere circondati da miliardi e miliardi di
pesciolini luminescenti che ondeggiavano intorno a loro. Si
sentì un po' rincuorato.
«Avrei voluto fare di più» ammise, ancora in parte sopraffatto dalle brutte emozioni.
«Scherzi?» gli domandò Yusaku, sinceramente stupefatto da quell'affermazione. «Tutto questo
ti sembra poco? Mi hai portato al mare a vedere le stelle, ti rendi
conto? Da quanti decenni, se non secoli, l'essere umano non assiste
più a uno spettacolo simile? L'acqua è fresca e
così limpida che la sua superficie rispecchia perfettamente
ciò che accade in cielo. Mi sembra davvero di nuotare tra le
stelle… non è poco, Ryoken. È la cosa più
bella di questo dannato mondo».
Ryoken avrebbe
voluto replicare in mille modi differenti. Dirgli che questa sarebbe
dovuta essere la normalità se solo i loro antenati non fossero
stati tanto egoisti; che portarlo al mare a vedere le stelle era
qualcosa che aveva giurato a se stesso di fare là fuori e non qui, dove tutto era artefatto, una realtà bellissima ma al contempo fasulla; che le stelle là fuori
esistevano ancora, ma erano ormai da tempo coperte da una coltre spessa
e nera come la pece che impediva loro di brillare e farsi ammirare
dall'uomo.
(Erano stelle sporche e impolverate, violate nell'anima, ormai distrutte per sempre).
Ma non disse niente di tutto ciò. Perché Yusaku era felice di quel dono e allora andava bene così.
Si limitò a poggiare le labbra sulle sue e a baciarlo come mai aveva fatto prima. A dirgli tacitamente “sei tutto ciò che di più prezioso mi è rimasto”.
9
«Possiamo disconnetterci direttamente qui? Tanto una volta
tornati a casa saremo vestiti e perfettamente asciutti…»
«Credo che un tempo i bambini facessero i capricci proprio per
restare in acqua il più possibile».
Yusaku gonfiò le guance — proprio come un bambino — e distolse lo sguardo.
«Non ti parlo più» borbottò, e Ryoken non
poté fare a meno di ridere, stringendolo più forte a
sé. «Tutto quello che desideri».
Pizzicò il
vuoto con l'indice due volte e una schermata apparve alle spalle di
Yusaku. Ryoken selezionò entrambi i loro nomi e poi, prima che
tutto diventasse nero e le loro mani tornassero a tastare i braccioli
delle poltrone sulle quali si erano seduti solo poche ore addietro,
premette sulla scritta LOG OUT.
10
Fujiki Yusaku: parametri vitali stabili.
Kogami Ryoken: parametri vitali stabili.
VRAINS vi ringrazia
per aver trascorso le ultime 3 ore, 27 minuti e 32 secondi del 23
luglio 3.405 all'interno della Sezione Speciale numero 96 non ancora
accessibile al pubblico.
Livello di sicurezza della Sezione: 400% — estremamente elevato.
Disconnessione in corso.
Attendere, prego.
Numero attuale della popolazione mondiale: 1.256.347.825
Numero di nascite odierne: 37
Numero di decessi odierni: 2.342
Numero di specie animali estinte oggi: 10
Gradi centigradi attuali: 57
Gradi centigradi percepiti: 62
Tasso di inquinamento odierno: 85%
Disconnessione in corso.
Attendere, prego.
VRAINS vi ricorda
che è tassativamente vietato guidare veicoli o svolgere
qualsiasi tipo di attività altamente inquinante per l'ambiente,
l'essere umano e le specie animali non ancora estinte al di fuori di
qui.
VRAINS confida nella collaborazione di ognuno per mantenere l'equilibrio e la pace nel mondo.
VRAINS vi ricorda
che il primo di ogni mese è assolutamente necessario recarsi
nelle strutture ospedaliere per i consueti esami e controlli medici.
Chiunque si ritrovi
impossibilitato a recarsi nella struttura ospedaliera più vicina
alla propria abitazione, può richiedere il servizio a domicilio.
VRAINS ci tiene
inoltre a fare un riepilogo dei diversi tipi di lettere che potreste
ricevere a seguito dei controlli e degli esami medici conseguiti:
Lettera bianca: nessun problema riscontrato
Lettera grigia: necessità di ulteriori controlli
Lettera viola: riscontrato problema grave, necessità immediata di recarsi in ospedale per iniziare le dovute cure
Lettera nera: diagnosticato tumore o malattia mortale, quasi sempre incurabile
Disconnessione tra tre, due, uno…
VRAINS vi augura un buon ritorno alla realtà.
N.d.A.
• Ebbene… sì.
Questa OS è una Future/End
of the World/Post-Apocalypse!AU, e tutto ciò che di più
tremendo possa esserci al mondo.
In parole povere: ci troviamo in un
futuro lontano in cui il mondo è ormai agli sgoccioli,
l'inquinamento regna sovrano, la popolazione è quasi ridotta
all'osso (attualmente siamo in otto miliardi e in questa storia siamo a
poco più di un miliardo), i decessi giornalieri sono in numero
nettamente maggiore rispetto alle nascite, tantissime specie animali
sono ormai estinte e il rischio di morire per tumori o malattie dovute
al troppo inquinamento è sempre dietro l'angolo.
In tutto questo, Ryoken e Yusaku
cercano di fare del loro meglio per aiutare la popolazione rimasta con
il progetto di realtà virtuale lasciato dal padre di Ryoken (che
qui poteva pure morire da eroe e invece non è lui se non odia
Yusaku e non lo vuole accanto al figlio, e quindi…) e se da una
parte Yusaku vorrebbe offrire molti più servizi alla gente,
Ryoken è più restio poiché conscio che anche
questo miracolo potrebbe diventare una condanna per l'umanità
— perché, diciamocelo, anche in una situazione tanto
critica ci sarà sempre qualcuno che penserà solo e
soltanto al proprio tornaconto personale.
•
Spero abbiate notato (ma in caso non sia così fa lo stesso) come
abbia iniziato la storia in maniera abbastanza tranquilla, con Ryoken e
Yusaku che si preparano per trascorrere una normalissima serata
romantica per poi aggiungere via via elementi sempre più strani,
per entrare pian piano nella realtà dei fatti, ovvero che la loro
serata romantica è solo un'illusione (molto realistica) di
qualcosa che nel mondo reale non si possono permettere.
Poi lo sapete che io amo troppo
l'universo e tutto ciò che lo compone, quindi per me un prompt
con le stelle era proprio d'obbligo e tremo al solo pensiero che se
continuiamo a maltrattare il nostro pianeta forse arriverà
davvero il giorno in cui l'essere umano del futuro alzerà lo
sguardo al cielo e non vedrà altro se non una coltre nera come
la pece che nasconde le stelle — sporche e impolverate, per
l'appunto.
•
Giuro che dopo questo punto ho finito, ma devo assolutamente dedicare
un attimo al POV di Ryoken: è stato incredibile. Sul serio, non
scrivo spesso col suo POV, ma questa storia era fatta su misura per
lui, per le sue emozioni e il suo amore sconfinato nei confronti di
Yusaku, l'unica persona che conta davvero per lui.
Ciò che qui ha fatto per
Yusaku penso che sia uno tra i gesti d'amore più belli del mondo
— e spero comprendiate la sua riluttanza nel volerlo condividere
con chi di sensibilità non ci capisce una cippa.
HO FINITO, LO GIURO.
Grazie per essere arrivati fino a qui!
M a k o
|
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Capitolo 8 *** August ***
August
•
Sono stata indecisa fino
alla fine se pubblicare questa OS oggi oppure rimandare a settimana
prossima, ma alla fine eccomi qui, con mille paranoie e ancora molto
titubante riguardo questo scritto.
Non voglio tediarvi coi motivi che mi hanno spinta a mettere in
discussione la storia, vi dico solo che sarebbe potuto capitare con
qualsiasi scritto riguardo questa coppia, perché devo ancora
riprendermi da una cosa in particolare che ho letto e che mi ha fatta
dubitare riguardo tante cose — spiegata così
è
praticamente incomprensibile ma davvero, meglio così.
•
Dunque, prima che i
dubbi mi devastassero la mente, non posso negare che puntassi molto su
questa storia, quasi quanto la OS precedente.
Qui non ci sarà nessun colpo di scena finale,
sarà tutto
abbastanza palese fin dall'inizio, ma spero comunque di aver sviluppato
bene l'idea, visto e considerato che è una vera e propria
rivisitazione del canon in chiave soprannaturale — ci
sarà
uno spiegone lunghissimo a fine storia con tutti i riferimenti al
canon? ASSOLUTAMENTE SÌ.
•
Prima di lasciarvi allo specchietto, ci tengo a dire che il titolo
della storia è ripreso dal ritornello di My
Saviour, canzone dei Dead by April, nonché una tra
le mie preferite in assoluto.
Troverete inoltre le strofe della suddetta all'interno dello scritto.
Detto ciò, vi auguro buona lettura!
August:
Vampire!AU
Prompt forum:
Non puoi tornare indietro, devi avanzare. (Vuoi un biscottino della
fortuna?)
Rating:
Arancione
Generi:
Angst, Introspettivo, Soprannaturale
Note:
Modern(&Vampire)!AU, Vampire!Ryoken x Human!Yusaku, POV Ryoken
Avvertimenti:
Tematiche delicate
I'm
free
(you are my saviour)
1
So there you are
Alone with those
ablazing eyes
Like an angel brought to
life
You have my destiny
L'aria
era satura di dolore, rabbia e disperazione e i suoi polmoni ne erano
pregni. Il sangue che gli infestava la bocca aveva un sapore tremendo e
l'avrebbe rigurgitato all'istante, ma era assetato
(infuriato)
e si sarebbe
accontentato, almeno per quella volta.
Il bambino che teneva
tra le braccia era talmente debilitato che forse aveva perso
conoscenza. Meglio così, meglio non fargli
assistere all'orrore dei grandi,
anche se chissà da quanto tempo era rinchiuso in quella
stanza sudicia, affamato e impaurito.
I capelli gli ricadevano
disordinati
sulla fronte e coprivano gli occhi socchiusi, specchi di anima che a
Ryoken erano preclusi. Strinse un po' più forte quel
corpicino
contro il petto, conscio che tutto il suo gelo
era l'esatto opposto del calore umano di cui in quel momento il bambino
necessitava, ma sentirlo tremare tra le proprie braccia gli fece
comprendere che fosse ancora vivo e allora tanto valeva tenerlo
lì, in quella stretta di ghiaccio, lontano da quegli umani
che
si erano rivelati delle belve senza cuore e pietà.
In mezzo a quel coacervo
di terrore e
putridume, riuscì a percepire la presenza di altri bambini.
Non
seppe constatare con precisione quanti fossero, ma di una cosa era
certo: non poteva restare lì ancora per molto, nonostante
avesse
voluto stringere a sé ancora per un po'
(forse per tutta la vita)
il corpicino che giaceva
tra le sue braccia.
Doveva innanzitutto
assicurarsi che
fosse al sicuro e poi chiamare la polizia. Una volta arrivati sulla
scena del crimine, gli agenti avrebbero visto tre corpi quasi
completamente dissanguati stesi a terra e con ogni
probabilità
li avrebbero identificati come alcuni dei criminali che stavano
cercando. Non una gran perdita, comunque.
Erano tre bastardi di
oltre
quarant'anni che traevano un perverso piacere nel tenere rinchiusi dei
bambini facendoli morire di fame, senza contare che il loro sangue era
contaminato da un'infinità di sostanze tossiche.
Erano scarti, rifiuti di
cui nessuno
avrebbe sentito la mancanza e molto probabilmente neanche un'anima viva
si sarebbe recata dinanzi le loro tombe per porgere un fiore.
Il bambino tra le sue
braccia
tremò ancora una volta e Ryoken sospirò. Doveva
assolutamente fare quella telefonata anonima, non poteva perdere altro
tempo.
Adagiò il
corpicino a terra e
lo coprì con una stoffa sudicia trovata lì
vicino. Non
era molto, ma presto sarebbe arrivato qualcuno in grado di prendersi
cura di lui.
Avrebbe voluto
carezzarlo, ma quel
pensiero si dissolse nel nulla alla stessa velocità con cui
si
era materializzato nella sua testa. Non era da lui compiere certi gesti
nei confronti del prossimo e già solo per aver salvato la
vita a
quel bambino pelle e ossa sarebbe stato etichettato come strambo
da parte dei suoi simili. Alcuni di loro si divertivano a tormentare i
più deboli, a portarli lentamente alla pazzia, ma non lui.
Lui non avrebbe tratto
alcun
giovamento nel torturate quel piccolino e anzi, ci aveva perfino
rimesso nutrendosi del sangue scadente dei suoi aguzzini. Era capitato
qualcosa, mentre si avvicinava sempre più a quel covo di
depravati: aveva avvertito una furia cieca crescere inesorabile dentro
di sé, fino a non capire più nulla.
Aveva avuto giusto il
tempo di
intuire che in quel luogo si trovassero anime afflitte e demoni che
infierivano con cattiveria per farlo intervenire. Odiava con tutto se
stesso chi faceva del male ai bambini, perché erano
innocenti e
non avevano la facoltà di opporsi alla perfidia; i suoi
simili
dicevano che il sangue dei bambini era il più buono e
prelibato
tra tutti, proprio perché ancora puri e inviolati, ma che
razza
di mostro attaccava creature così piccole e indifese?
Per la prima volta in
tutta la vita,
Ryoken ebbe modo di scoprire che i mostri non erano solo quelli della
sua stessa specie: anche l'essere umano, con poche gocce di cattiveria
instillate nelle vene, poteva tramutarsi nel peggiore dei demoni.
Chiamò la
polizia, denunciando
in forma anonima quanto accaduto in quel luogo maledetto. Con un po' di
fortuna, gli investigatori avrebbero attribuito la morte dei tre
bastardi all'attacco di una belva feroce. Inoltre, il piccolo aveva
perso i sensi e se anche l'avessero interrogato per avere informazioni,
non avrebbe potuto in alcun modo ricordarsi di lui.
Ora andava tutto bene.
(E allora perché se ne stava
andando con un peso abnorme sul
cuore?)
2
(Dieci anni dopo)
Gemeva al suo tocco. Da quando era diventato così sfrontato?
A dirla tutta, lo era sempre stato; a modo suo, con quegli sguardi
complici e quei piccoli sorrisi, era sempre
stato sfrontato. Ma adesso lo era diventato ancora di più e
Ryoken provò un miscuglio di sentimenti diversi che
premevano
sulla sua gola, lì dove quel
sangue scorreva in ogni direzione, infondendogli vita.
Avrebbe voluto staccarsi e guardarlo dritto negli occhi, perdersi in
quelle iridi verdi e dirgli che non ce la faceva più. Che
trovarsi perennemente in bilico lo stava dilaniando senza sosta, che
aveva un disperato bisogno di risposte che tardavano ad arrivare.
Ma in fondo, andava bene anche così. Era ormai arrivato a un
punto in cui pur di rimanere accanto a quel ragazzo che gli aveva tanto
sconvolto la vita, avrebbe sopportato ogni cosa.
Anche quel giorno, avrebbe ascoltato la stessa, identica risposta.
Anche quel giorno se ne sarebbe fatto una ragione. E anche quel giorno
avrebbe atteso la notte successiva per reiterare ciò che li
rendeva tanto loro
in quel mondo che correva sempre troppo veloce.
Era in procinto di staccarsi da lui, quando Yusaku portò
entrambe le mani sul suo capo, invitandolo tacitamente a sostare
ancora un po' sul collo martoriato dai morsi.
Dopo mesi aveva ormai acquisito una resistenza incredibile, tanto che
Ryoken poteva attingere ogni notte a una dose sempre maggiore di
sangue, ma non era un
bene.
Non lo era per nessuno dei due, perché avrebbe significato
rendere Yusaku sempre più simile a lui e se ciò
fosse
accaduto, non se lo sarebbe mai perdonato.
E alla fine riuscì a staccarsi, ancora più
scombussolato di prima, con la mente e il cuore che vorticavano celeri,
quasi volessero evadere da quel corpo sempre più pregno di
emozioni calde e ustionanti, così in contrasto con il gelo
della
sua pelle e la lama affilata proiettata dal suo sguardo.
Si concesse qualche secondo per riprendere fiato, meravigliosamente sazio e
appagato,
mentre Yusaku estraeva un cioccolatino dalla scatola adagiata sul
mobiletto scuro. Lo scartò e lo portò alla bocca,
tornando poi a stendersi sul letto e chiudendo gli occhi dopo aver
poggiato il capo sul cuscino.
Era stato più intenso del solito. Quella notte Ryoken si era
sentito parte di una cosa immensa e inquantificabile, un sussurro di
universo grande quanto un'intera costellazione.
Forse perché Yusaku diventava sempre più simile a
lui
ogniqualvolta lo invitava ad affondare i canini nella sua carne e
Ryoken tendeva sempre più a vederlo come il suo compagno di
vita, anche se questo avrebbe significato strappare Yusaku alla sua
vita umana e incastrarlo in un'esistenza che non gli apparteneva.
(Come ci erano
arrivati a quel punto? Quale incredibile potete aveva avuto Yusaku su
di lui, per diventare il suo unico chiodo fisso?)
Il fatto che anche quella notte non avrebbe ricevuto alcuna risposta,
lo indispettì. Ma c'era comunque un copione da seguire, per
cui…
«Allora, questa notte mi dirai
tutto
quanto?» domandò, lo sguardo fisso sulla sua
figura
pallida.
Yusaku aprì gli occhi e si voltò verso di lui.
Sorrise.
«Sì, questa
è la notte in cui ti racconterò tutto
quanto».
Gli si mozzò il respiro in gola. Ryoken sgranò
gli occhi
e non riuscì a proferire parola alcuna, completamente
affossato
da una miriade di sensazioni che non sapeva identificare.
Non se lo aspettava. Si era ormai così abituato a restare in
bilico, su quel filo sottilissimo che non si spezzava mai
(oscillava e oscillava e oscillava, ma
riusciva a reggere il peso
dell'attesa senza indebolirsi con lo scorrere del tempo)
che ora, a un passo dalla scoperta della verità, si sentiva
disorientato e perfino spaurito.
E in un attimo, giusto il tempo di sbattere le palpebre, rivisse tutti
i momenti che avevano portato lui e Yusaku in quel preciso istante,
stesi su quel letto a giurarsi amore eterno a modo loro.
(Mesi e mesi e mesi ridotti a un piccolo
singulto, uno sfilaccio di
tempo sottile e a tratti invisibile).
3
I tried to fight
For so many years I've
tried
You brought me back to
life
Changed my world
Guided me
Era un giorno di inizio
primavera
come tanti. L'anno scolastico era da poco cominciato e lui si stava
pian piano riadattando alla vita umana.
Per dieci anni aveva
mutato la sua
forma, prima in quella di un lupo bianco e poi in quella di una tigre
bianca, vivendo in foreste lontane che non avevano nulla a che vedere
con tutta quella caoticità cittadina; necessitava prima di riprendersi
e ponderare ogni sua singola mossa, poiché in soli dieci
anni
Den City era diventata a tratti irriconoscibile, come una storia
riscritta dall'inizio dopo aver buttato giù più
della
metà dei capitoli, e sentiva di aver perso l'unico appiglio
che
aveva col mondo umano.
Nonostante l'orrore a
cui aveva
assistito dieci anni addietro, Den City brillava sempre di luce propria
e lui aveva deciso di ripartire proprio da lì. Il suo
aspetto
era quello tipico di un ragazzo di diciotto anni, quindi frequentante
l'ultimo anno delle superiori e in procinto di affacciarsi poi al mondo
dell'università. Per qualche anno sarebbe stato in grado di
reggere il gioco, poi se ne sarebbe andato da qualche altra parte
— in America, con ogni probabilità — e
avrebbe fatto
perdere le proprie tracce.
Non che qualcuno avrebbe
dovuto
legarsi a lui al punto tale da imprimere il suo volto nelle pareti
dell'anima, ovviamente. Non era certo sua intenzione avvicinarsi così
tanto agli umani, doveva
solo ritrovare il suo posto nella
società e poi se ne sarebbe andato per la propria strada.
Niente
legami, niente amicizie, solo conoscenze di frivola durata.
(Quanto si
sbagliava).
Accadde proprio in quel momento,
proprio quando doveva ancora abituarsi alla divisa scolastica blu e la
vita umana gli sembrava ancora lontana e inafferrabile; proprio quando
si era imposto di dare il meno possibile nell'occhio, proprio quando si
stava preparando mentalmente al suo primo giorno di scuola come
studente del liceo: avvertì dei passi, lenti e strascicati,
a
pochi metri da lui. Dei passi che quasi si perdevano tra la folla
immobile davanti al semaforo, perché
non si attraversa col rosso, lo sapeva anche lui.
Eppure c'era qualcuno
che
evidentemente non aveva prestato attenzione al colore del semaforo ed
era in procinto di mettere a repentaglio la propria vita nel modo
più sconsiderato possibile.
Ryoken
impiegò un attimo ad
agire: si fece largo tra la folla indifferente e strinse le dita
attorno al polso sottile di quella figura alta e snella, facendola
voltare e attirandola a sé. Si rivelò essere un
ragazzo
che indossava la sua stessa divisa scolastica e, a giudicare dal colore
della cravatta, doveva frequentare il primo anno.
Ma non fu quello a
catturare
l'attenzione di Ryoken; ciò che più gli si
impresse
sottopelle, infatti, furono le iridi verde chiaro che si incastrarono
nelle proprie in un contatto visivo che durò mille anni in
un
secondo. Fu un attimo, solo e soltanto un attimo, eppure qualcosa si
smosse in lui, qualcosa di antico e profondo, che non aveva mai provato
in vita propria.
«Stavi per
attraversare col rosso» riuscì a dire
meccanicamente,
quasi avesse perso l'uso corretto della parola.
Il ragazzo
continuò a fissarlo senza dire una parola
(c'era una storia immensa che si stava animando dietro le
sue iridi, qualcosa che a Ryoken era ancora proibito)
e poi incurvò
le labbra in un piccolo sorriso, lieve come il tratto di una matita
sottile.
«Ti
ringrazio» rispose, assolutamente tranquillo.
«Alcune volte
capita di perdermi nei miei pensieri e non bado a ciò che mi
circonda».
Ryoken inarcò
un sopracciglio.
«Dovresti prestare più attenzione, invece. Hai
rischiato
molto prima, te ne rendi conto?»
Il ragazzo sorrise
ancora. «Ma tu mi hai
salvato».
Quella risposta lo
spiazzò.
Poi un brivido di freddo sconquassò l'intero corpo del
ragazzo e
Ryoken capì immediatamente che doveva trattarsi della loro
vicinanza prolungata
(lui era gelo perenne anche nelle
tiepide mattinate di primavera)
e quindi si
staccò, un po' a malincuore e con mille domande che vagavano
incessanti nella sua mente.
«Beh, vedi
di stare più attento in futuro, va bene?» si
limitò
a dire, affondando le mani nella tasche dei pantaloni ora che non
potevano più affondare nella carne del ragazzo. Questi
sorrise
per la terza volta e Ryoken si sentì completamente perso,
calciato via dal mondo che credeva di conoscere e intrappolato in un
luogo che lo metteva in estrema soggezione.
«Ci proverò. Grazie
ancora per il tuo
aiuto».
(E tu chi sei in realtà?)
4
Yusaku Fujiki, così
si
chiamava quel ragazzo dagli occhi verdi, alcune volte era colto da dei
blackout che gli offuscavano la mente, come se entrasse in un mondo
tutto suo fatto di mostri e oscurità angosciante. Lo sguardo
si
adombrava e lui si estraniava completamente da tutto ciò che
lo
circondava, tanto che poteva anche attraversare le strisce pedonali col
rosso senza rendersene conto — e questo Ryoken lo sapeva fin
troppo bene.
Yusaku gli aveva
spiegato che si
trattava delle ombre del suo passato che alcune volte lo raggiungevano
ancora e Ryoken non aveva potuto fare a meno di pensare che quel
ragazzo, con ogni probabilità, non avesse avuto un'infanzia
felice. Ma non aveva indagato oltre, si era limitato ad annuire e a
proteggerlo con lo sguardo
(Yusaku
forse non se ne rendeva conto, ma aveva calamitato tutte le attenzioni
di Ryoken su di sé in un battito di ciglia).
Era stato inevitabile
avvicinarsi a
lui a scuola, tra un intervallo e l'altro e soprattutto durante le ore
trascorse insieme al club di informatica. Ryoken era sempre stato
affascinato dalla tecnologia umana e dopo dieci anni trascorsi lontano
dalla civiltà, sentiva il bisogno di tornare al passo coi
tempi.
Gli bastò la
prima lezione per
avere un quadro generale di tutti i progressi che l'essere umano aveva
fatto durante la sua assenza e ancora meno per capire che Yusaku non se
lo sarebbe mai più tolto di dosso, dall'anima soprattutto.
Non sapeva spiegarsi
come o
perché, ma quel ragazzo aveva la situazione in pugno e
questo lo
faceva precipitare in un vortice senza fine di brividi e desiderio.
L'ultima volta che aveva
perso il
controllo, l'aveva fatto a causa della rabbia; ora era arrivato un
sentimento completamente nuovo a distruggerlo dall'interno e non aveva
bisogno di darsi una motivazione precisa, semplicemente sapeva
già nell'inconscio che Yusaku sarebbe stato l'unico a
soddisfarlo del tutto, a farlo stare bene.
Yusaku che, nella
placidità
più assoluta, durante il loro terzo incontro al club di
informatica gli fece intendere di aver compreso la sua vera natura.
(E di non temerla affatto).
5
Erano rimasti soli
nell'aula di
informatica. Tutti gli altri membri del club se ne erano andati
già da un po' e a Ryoken, in quanto senpai del terzo anno,
erano
state affidate le chiavi per chiudere la porta una volta usciti.
“Yusaku,
dobbiamo andare”
avrebbe voluto dirgli, ma era troppo impegnato a divorarlo con gli
occhi per tenere a bada i canini, i quali premevano per essere liberati
e affondare in quel collo invitante.
Yusaku aveva tantissime
aperture e
non c'era proprio nulla nel suo atteggiamento che desse l'impressione
di volerle coprire modificando il suo modo di fare, la postura o il
linguaggio del corpo. No, Yusaku era ciò che Ryoken definiva
una preda consapevole,
ovvero qualcuno che decide di propria sponte di lanciarsi contro le
fauci del predatore con il serio intento di lasciarsi divorare pezzo
dopo pezzo.
Nella penombra di quella
stanza, si
ritrovarono improvvisamente vicini, così tanto che i loro
petti
quasi si sfioravano e i loro respiri si miscelavano tra loro in un
punto d'incontro a metà strada tra le loro labbra. Ryoken
non
proferì parola quando Yusaku avvicinò le mani a
lui,
giocherellando con la catenina che indossava e che si era sempre
premurato di nascondere sotto la stoffa dei vestiti.
Quando Yusaku iniziò a rigirarsi l'anello solare tra le
dita, il
quale fungeva da ciondolo alla catenina, Ryoken capì. Vi era
curiosità nei suoi gesti, ma anche tanta prudenza e un
accenno
di devozione.
(Era come se gli stesse tenendo il cuore
tra le mani).
«Vuoi venire a casa mia,
questa notte?» domandò Yusaku, alzando lo sguardo.
«Mi darai il
permesso di entrare?» domandò a sua volta Ryoken,
instaurando il contatto visivo con quegli occhi che lo facevano
interiormente impazzire.
Yusaku sorrise e Ryoken
avrebbe voluto mordere e dissetarsi di quel sorriso.
«Certamente».
6
Ryoken quella notte non
entrò
dalla porta di ingresso. Sapeva che l'avrebbe trovata chiusa a chiave e
che Yusaku l'avrebbe direttamente aspettato sul piccolo balcone della
sua camera da letto.
E infatti lo
trovò lì,
un po' tremebondo, che attendeva il suo arrivo fuori al freddo
—
era primavera di giorno e inverno di notte.
Ma tutto il patimento di
Yusaku
sfumò nel nulla nel momento in cui Ryoken gli fu vicino. Il
ragazzo indossava un pigiama blu che si intonava perfettamente ai suoi
occhi e ai suoi capelli e a Ryoken parve, mentre lo osservava per un
attimo, la creatura più bella del mondo.
Avrebbe voluto
abbracciarlo forte e
proteggerlo, ma gli erano impossibili entrambe le cose: il suo corpo
era freddo come il ghiaccio e mai avrebbe potuto scaldarlo e presto i
suoi canini sarebbero affondati in quella carne tanto agognata, come
poteva proteggerlo da se stesso?
Fu Yusaku ad azzerare le
distanze tra
loro: lo prese per mano e lo invitò a entrare, a colmare
quella
stanza vuota con la sua presenza, a dirgli tacitamente “sono
tuo”.
Ryoken avrebbe voluto
porgli
un'infinità di domande: come avesse fatto a intuire la sua
vera
natura, come mai non ne fosse spaventato e soprattutto
perché si
stesse offrendo spontaneamente a lui. Come aveva fatto a capire che
fosse sul punto di morire di fame, quando lui si era tanto impegnato a
nasconderne i sintomi davanti agli esseri umani.
Da quando era tornato
alla
civiltà, non aveva ancora toccato una goccia di sangue. Per
dieci anni, nella forma del lupo e della tigre, aveva cacciato solo e
soltanto animali, abituandosi così al loro sapore.
Ciò
che l'aveva spinto a tramutarsi in un animale e ad allontanarsi dalla
società risaliva proprio all'ultima volta che del sangue
umano
gli aveva invaso la bocca.
E ora, dopo tanti anni,
era quasi sul punto di provare il terrore
di perdere il controllo un'altra volta ancora. Ma in questo caso non
per la rabbia, bensì per il puro e atavico desiderio di
possedere Yusaku nel modo più intimo possibile.
Caddero sul letto
morbido e Ryoken,
con dita febbricitanti, cominciò a sbottonare la camicia del
pigiama di Yusaku, scostandogli poi il colletto. Nel chiaro di luna che
invadeva la stanza, poteva vedere quanto il ragazzo fosse rilassato, come
se non avesse atteso altro in vita propria.
“Puoi
ancora tirarti indietro”
avrebbe voluto dirgli, attingendo alle ultime briciole di autocontrollo
che ancora possedeva. Ma era conscio che Yusaku avrebbe finto di non
udire le sue parole e allora tanto valeva conservare quelle briciole
per ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
E quando
affondò i canini
nella sua carne, fu come immergere il corpo nell'acqua calda dopo ore
intere di fatiche. Fu come tornare in vita dopo aver vagato nelle
tenebre più profonde, un bellissimo fiore scarlatto in grado
di
nascere dal cemento.
Era il sangue
più puro che avesse mai saggiato. Una fonte di energia
inestimabile, calda e dolcissima.
Yusaku gemette
sommessamente e subito
dopo il suo intero corpo fu scosso da fremiti sempre più
intensi. Ryoken dovette attingere a tutto il proprio autocontrollo per
staccarsi da quel collo e quando ciò accadde si
sentì
vuoto all'improvviso.
Quando guardò
Yusaku negli
occhi, però, ecco che quel vuoto tornò riempirsi
di tutte
le meraviglie del mondo.
(Occhi verdi colmi di appagamento e
gratitudine).
«Grazie»
sussurrò Yusaku, sorridendo con amore.
E ancora una volta,
Ryoken non
poté che rimanere incantato dalla straordinarietà
di quel
ragazzo. Chi mai ringraziava il proprio predatore per avergli portato
via parte di sé?
«Grazie a
te» rispose, estraendo un piccolo involucro dalla tasca della
giacca. «Tieni, mangia. È un cioccolatino, ti
aiuterà a recuperare le energie».
Solo in quel momento si
rese conto di
quanto Yusaku fosse esausto, tanto che non riuscì nemmeno a
scartare il cioccolatino con le proprie mani. Ryoken lo fece al posto
suo e lo imboccò, fremendo quando le labbra di Yusaku gli
sfiorarono la punta delle dita.
Mentre il ragazzo
gustava il cioccolatino in silenzio, Ryoken osservò rapito i
due piccoli fori sul suo collo.
(Glieli
aveva fatti lui. Ed era stato il primo. Perché Yusaku aveva
voluto che fosse così, che le cose andassero in quel modo.
Chi
era, in realtà, quel ragazzo all'apparenza tanto innocente?)
«Come
mai?» domandò Ryoken all'improvviso, nel momento
in cui
Yusaku finì di mangiare il cioccolatino.
«Perché
tutto questo?»
Voleva capire,
poiché il non
comprendere lo stava divorando dall'interno. Yusaku sorrise ancora e si
accoccolò accanto a lui, facendogli tacitamente intuire che
poteva restare, che non gli importava di sopportare il
gelo della sua pelle, lo voleva lì accanto per il resto
della
notte e basta.
«Te lo
dirò, ma non oggi» rispose, poggiando il capo
contro il
suo petto. «Quando arriverà il giorno, saprai ogni
cosa.
Promettimi solo che resterai accanto a me fino a quel
momento…»
Istintivamente, Ryoken
lo strinse
forte a sé. Nonostante il gelo. Nonostante la vita giacesse
accanto alla morte. Nonostante la sua purezza d'animo gli stritolasse
il cuore.
«D'accordo. Te lo
prometto».
Quella fu la loro prima
notte insieme. La prima di tante.
7
I'm free
You
are my saviour
I'm
free
You
are my guiding soul
Era arrivato il momento. Dopo mesi trascorsi a nutrirsi di lui, della
sua vita e del suo amore, ecco che tutto stava per giungere a una
svolta e niente sarebbe più stato come prima.
Yusaku allungò una mano verso Ryoken, toccando la collana
che indossava e avvicinando l'anello solare alle labbra.
(So cosa sei e non ho paura).
E Ryoken attese, trepidante, desideroso di scoprire tutta la
verità.
«Dieci anni fa sono stato
rapito»
iniziò a raccontare e subito Ryoken sentì il
letto
sparire sotto il suo peso, una voragine dai denti aguzzi al posto del
morbido materasso.
(Cielo, Yusaku, che traumi hai
subìto quando eri solo un
bambino?)
(Ma lo sapeva già. In cuor
suo, forse, l'aveva sempre saputo).
«Avevo all'incirca sei anni
quando accadde.
Rimasi rinchiuso per mesi interi in una stanza piccola e sporca, con
pochissimo da mangiare e diverse persone che venivano a farmi visita
quasi tutti i giorni: possibili acquirenti. Ma nessuno ha mai pensato
di comprarmi, forse perché ero troppo magro e debilitato,
non lo
so. A ogni modo…»
Si interruppe un attimo, stringendo forte l'anello solare tra le dita.
«… gli uomini che mi avevano rapito erano dei
tossici che
guadagnavano soldi illeciti tramite il traffico di esseri umani.
Soprattutto bambini. E io… io più di una volta ho
creduto
che sarei morto di fame lì, tra quelle mura tanto anguste,
perforato dalle mie stesse ossa e in preda alle
allucinazioni».
Liberò l'anello solare dalla sua stretta convulsa e le sue
labbra sottili tremarono appena. Si guardarono negli occhi e Ryoken gli
si avvicinò, stringendolo forte a sé.
«Tutto questo gelo…
a me non fa paura.
Perché è lo stesso che mi ha fatto tremare dieci
anni fa,
che mi ha fatto capire di essere ancora vivo. Quando ero solo un
bambino… tra le tue braccia… tu mi hai salvato. E
non
solo me: hai salvato altri cinque bambini che oggigiorno sono riusciti
a rifarsi una vita e andare avanti. Siamo tutti quanti ancora
spaventati per ciò che abbiamo subìto, ma siamo vivi grazie a te».
Respirò a fondo prima di proseguire: «All'inizio
credevo
di essere in preda alle allucinazioni dovute alla fame. Ma quella notte
riuscii a scorgere la tua figura e ti vidi nel momento in
cui…
ti sei nutrito del sangue di quegli uomini. Non lo dissi alla polizia,
ovviamente, anche perché non sapevo se ciò che
avevo
visto fosse reale o meno, ma quando tornai a scuola riuscii a
estrapolare qualche informazione: mentii alla maestra dicendole che
avevo avuto un incubo e le raccontai ciò che avevo visto
quel
giorno. Così lei mi disse che, con ogni
probabilità,
avevo sognato un vampiro».
Era la prima volta che Yusaku dava una forma concreta alla vera essenza
di Ryoken. Era la prima volta che gli diceva esplicitamente so che tu sei un vampiro.
E fu anche la prima volta in cui Ryoken si sentì
completamente esposto dinanzi un essere umano pensando a quanto fosse giusto.
Era lui. Il bambino che aveva stretto tra le proprie braccia dieci anni
addietro, la creatura fragile e denutrita a un passo dalla morte,
l'innocenza perduta a causa di belve travestite da esseri umani. Ryoken
quella notte aveva seguito odori e miscugli disgustosi, era giunto
dinanzi un luogo degli orrori e in preda alla rabbia si era nutrito di
sangue contaminato dall'alcol, dalle droghe e dalla cattiveria
assoluta. Aveva liberato il mondo da tre parassiti e aveva stretto
forte Yusaku a sé prima di andarsene e trascorrere i dieci
anni
successivi a disintossicarsi da quel trauma, a cercare di andare avanti
e ritrovare il controllo perduto.
La saggezza della tigre bianca gli aveva suggerito poi di tornare dagli
umani, di dare loro una nuova possibilità, ma mai avrebbe
pensato di ritrovare proprio quel bambino, la creatura che tanto
l'aveva scosso nel profondo dell'animo dieci anni addietro.
«Ti ho cercato per tanto
tempo…»
sussurrò Yusaku, senza riuscire a trattenere un singulto.
«Volevo… rivederti e fare qualcosa per te. Perché so che cosa
significa morire di fame,
l'ho provato per mesi interi sulla mia stessa pelle. E questa
primavera, quando stavo per attraversare le strisce pedonali col rosso
e tu mi hai fermato… l'ho avvertito di nuovo: lo stesso gelo
che
dieci anni fa mi ha fatto capire di essere ancora vivo. Eri tornato e
io mi sono sentito così
felice, come se fossi rinato un'altra volta
ancora».
E ora Yusaku piangeva. Piangeva con tutta la sua innocenza riflessa
negli occhi, una sensibilità che Ryoken trovò
meravigliosa.
«Ryoken… io non ti
ho mai dimenticato.
Non ho mai smesso di sperare che un giorno ci saremmo ritrovati e che
avrei finalmente potuto salvarti allo stesso modo in cui tu hai salvato
me. Volevo davvero fare qualcosa per te…»
E l'aveva fatto. Yusaku si era mantenuto puro per lui e il
suo sangue irresistibile ne era la prova inconfutabile.
Ora come non mai Ryoken si rese conto di quanto quel ragazzo gli fosse
stato devoto per anni interi, senza neanche sapere se un giorno si
fossero ritrovati. Ryoken per primo non credeva avrebbe mai stretto
nuovamente a sé il bambino che aveva salvato in quella notte
tremenda, e invece ecco che ora lo bramava come compagno di vita,
perché giorno dopo giorno Yusaku si era fatto strada nei
suoi
sentimenti, mettendo radici nel cuore
(lo stesso cuore che Ryoken non avrebbe
mai pensato potesse battere per
qualcuno).
«Ciò che hai fatto
per me in questi
mesi è quanto di più bello mi sia mai capitato
nella
vita, Yusaku. Sei il motivo per cui credo ancora
nell'umanità. E
per questo non ti ringrazierò mai abbastanza».
Rimasero abbracciati per minuti interi, senza più dirsi
nulla,
persi in un gelo che a modo suo li scaldava e univa fin nelle ossa. Chi
l'avrebbe mai detto che un vampiro come lui, un giorno, avrebbe perso
la testa per un essere umano così sensibile.
Ma, in fin dei conti, erano fatti per stare insieme proprio per questo,
perché si completavano a vicenda.
C'era solo un'ultima cosa da fare, ed era la più importante
fra tutte.
E se fossero andati fino in fondo, poi non sarebbero più
potuti tornare indietro.
8
«Yusaku».
Lo chiamò piano, un sussurro che si perse nel silenzio della
notte. Non sapeva quanto tempo fosse trascorso da quell'importante
rivelazione, ma sicuramente era già abbastanza per tornare a
parlare e confrontarsi ancora.
Yusaku alzò lo sguardo su di lui, le lacrime secche sul viso
e un sorriso dolce nascosto nell'incurvatura delle labbra.
Ryoken gli carezzò i capelli, lo stesso gesto che avrebbe
voluto
compiere dieci anni addietro nei confronti del bambino che aveva
salvato.
«All'inizio non volevo
arrivare a questo
punto. Immagino l'abbia avvertito anche tu che manchi ormai poco alla
tua trasformazione: ogni volta che ti mordo, una parte di me fluisce in
te, in attesa di essere risvegliata. Dovrei smettere di nutrirmi del
tuo sangue per almeno un anno, se vogliamo cancellare queste tracce. Ma
immagino che tu non lo voglia».
«Affatto. Io voglio restarti
accanto».
«E lo stesso vale per me. E se
tu sei sicuro
di ciò, se vuoi davvero diventare come me ed essere il mio
compagno… ne sarei onorato».
Si staccò da lui, invitandolo ad alzare il busto. Si tolse
la
collana e la aprì, facendo cadere l'anello solare nel palmo
della mano. Poi prese quella sinistra di Yusaku e gli infilò
l'anello nell'anulare.
«Questo ora è
tuo» disse.
Gli esseri umani lo chiamavano matrimonio,
ma nel loro caso le fedi non possedevano alcun potere sovrannaturale.
Gli anelli solari, invece, erano ciò che permetteva a un
vampiro
di vivere anche alla luce del sole senza tramutarsi in cenere tra
atroci sofferenze. E Ryoken aveva appena donato a Yusaku l'anello che
aveva indossato per secoli interi. Perché lo amava ed era
come
avergli offerto il proprio cuore.
«Ma… questo
è il tuo…»
«Non ti preoccupare, noi
vampiri ne abbiamo
sempre uno di riserva. E un giorno te ne farai forgiare uno anche tu. Ma questo è un'altra
cosa.
Questo non è solo un anello solare, è la prova
del mio
amore per te. Ti sto donando ciò che mi ha protetto per
secoli
interi e io ora sono vulnerabile, perché la mia
priorità
sei tu».
Avvicinò le labbra alle sue e poi le sfiorò.
Fremettero entrambi.
«Se accetti il mio amore,
rimane solo una cosa
da fare. Ma non potremo più tornare indietro, lo sai,
vero?»
Yusaku sorrise, un'incurvatura pregna di consapevolezza e
serenità.
«Lo so. Ma il tuo amore
è ciò
che desidero e non potrei mai rifiutarlo. Voglio essere il tuo compagno
di vita e stare con te, qualunque cosa accada».
Non fu necessario aggiungere altro. Semplicemente, Ryoken si
avvicinò al suo collo e lo morse un'altra volta ancora, con
l'intento di marchiarlo molto più in profondità.
Presto
Yusaku si sarebbe addormentato e, una volta riapriti gli occhi, avrebbe
avuto sete. Molta sete.
E Ryoken avrebbe vegliato su di lui e gli avrebbe offerto il suo sangue
senza remora alcuna, proprio come aveva fatto Yusaku per tutti quei
mesi.
E in ogni gesto, in ogni morso, in ogni più piccolo gemito,
c'erano parole nascoste che li avrebbero tenuti uniti per altre mille
vite.
(Ti amo).
All I need is you
N.d.A.
•
Questa storia la potrei
quasi definire il motivo per cui amo così tanto Ryoken e
Yusaku
come coppia: il concetto di salvezza, di ragione di vita, di devozione,
di amore incondizionato… c'è praticamente tutto.
Okay, io punto i riflettori su una chiave di lettura decisamente
romantica, ma è innegabile che questi due sottoni siano
legati
in maniera indissolubile.
Prima di lasciarvi al mega spiegone, vi dico solo che erano ANNI che
desideravo usare My
Saviour
in una storia, ancor prima di scoprire questa ship, ma non l'ho mai
fatto perché volevo utilizzarla in una storia per me
importante,
e non così a cuor leggero, quindi sono estremamente felice
di
aver finalmente trovato lo scritto adatto per la portata di questa
canzone.
•
Dunque, più o
meno tutti sanno del passato traumatico di Yusaku: è stato
rapito (insieme ad altri cinque bambini, tra cui Jin e Miyu) per degli
esperimenti legati alle intelligenze artificiali e il suo aguzzino
è nientepopodimeno che Kiyoshi Kogami, ovvero il padre di
Ryoken.
Ryoken diventa la voce di speranza di Yusaku nel corso di quei sei mesi
di inferno: gli infonde coraggio, gli resta accanto, gli parla per
alleviare il suo dolore arrivando al punto di rottura in cui non ce la
fa più e si ribella al padre, facendo una denuncia anonima
alla
polizia.
E tutto questo avviene quando Ryoken aveva otto anni e Yusaku sei,
praticamente due bambini traumatizzati a vita.
Yusaku infatti non ne esce bene: soffre di disturbo da stress
post-traumatico, di notte è divorato dagli incubi e tutto
ciò che lo tiene ancora in vita è proprio colui
che
è diventato la sua ragione per continuare a vivere durante i
sei
mesi d'inferno, ovvero Ryoken.
I dieci anni successivi di Yusaku sono una perenne ricerca di Ryoken,
di colui che lo ha salvato, della sua voce di speranza,
perché
è fermamente convinto che anche Ryoken sia una vittima degli esperimenti e vuole
salvarlo a tutti i costi allo stesso modo in cui Ryoken ha salvato
lui.
Insomma, Ryoken è la ragione di vita di Yusaku e non sono io
a
dirlo perché li shippo con tutta me stessa, è
proprio il
canon che lo dice e well, non ho mai avuto una OTP così
intensa,
madò.
•
Comunque, dicevo, penso
sia palese dunque come ho rielaborato il canon: qui Yusaku è
stato rapito da dei trafficanti di esseri umani e le condizioni pessime
in cui riversa non sono poi tanto dissimili da quelle del canon, visto
che nella serie durante gli esperimenti riceveva la scossa ed era
privato dei pasti se perdeva un duello.
Ryoken qui è un vampiro e soprattutto non va contro il suo
stesso padre per salvare Yusaku (rido perché l'unica volta
in
cui Kiyoshi non è colpevole è perché
non è
proprio presente all'interno della storia, MA OKAY), ma rimane comunque
il fatto che lo salva dalla prigionia e fa la fatidica chiamata anonima
alla polizia per prestare soccorso ai bambini.
Poi ancora, Yusaku è l'unico tra le vittime a sapere di
Ryoken,
anche se ne ignora l'identità e, di conseguenza, la sua
ragione
di vita diventa proprio trovare Ryoken per salvarlo a sua volta: nella
serie perché credeva che anche lui fosse una vittima degli
esperimenti, in questa storia perché ha capito che si tratta
di
un vampiro e vuole dunque offrirgli la propria vita per saziare la sua
sete.
Quindi sì, nelle mie storie Ryoken sarà sempre il
salvatore di Yusaku e Yusaku sarà sempre il salvatore di
Ryoken;
sono l'uno l'ancora di salvezza dell'altro e ribadisco che non sono io
a dire queste cose così, perché mi va,
è proprio
il canon che lo dice.
•
Quindi ecco come ho
attinto dal canon per scrivere questa storia, aggiungendo poi alcuni
elementi tipici (o almeno credo) di una Vampire!AU, tra cui l'anello
solare, il fatto che a furia di mordere la stessa persona per tanto
tempo questa possa trasformarsi in vampiro, il fatto che per entrare in
una stanza i vampiri debbano essere invitati dal proprietario della
suddetta, il sangue irresistibile di
chi è puro (e sì, è un chiaro
riferimento alla
verginità di Yusaku) e anche il fatto che i vampiri possano
trasformarsi in diversi tipi di animali — e per Ryoken non
potevo
non scegliere il lupo bianco ma, soprattutto, la tigre bianca, che per
me è il suo animale per eccellenza.
•
HO FINITO, LO GIURO.
Mi sono svenata per scrivere questa storia (dato che siamo in tema) e
spero davvero che sia stata di vostro gradimento.
Alla prossima!
M a k o
|
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Capitolo 9 *** September ***
September
•
Stappiamo lo champagne, chiamiamo l'orchestra, spariamo i fuochi
d'artificio (se sforiamo col budget, mi accontento dei coriandoli):
SONO UFFICIALMENTE IN PARI CON LA RACCOLTA!
Da ottobre in poi pubblicherò solo la OS relativa a quel mese e insomma, meglio tardi che mai!
Sono davvero felice di essere
finalmente in pari, senza contare che questa OS mi ha fatta stare
proprio bene mentre la scrivevo, nonostante le tematiche affrontate.
•
Prima di lasciarvi allo specchietto, vi dico solo che il titolo della
storia è ripreso pari pari, parola per parola da ciò che
Yusaku dice a Ryoken durante il loro secondo duello — che per me
vale come dichiarazione d'amore e nessuno mi potrà mai
convincere del contrario.
Inoltre, se avete presente le OS A Mark On My Soul e After Rain, la situazione vi apparirà subito abbastanza chiara — ma in caso contrario, non vi preoccupate, fa lo stesso.
Vi auguro buona lettura!
September: Hurt/Comfort
Prompt forum: “In questo momento ho bisogno di un'unica cosa: un abbraccio. Un gesto antico quanto l'umanità” (Paulo Coelho) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo
Note: Modern!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate
You are able to save me
and
I am able to save you
1
Stava per scoppiargli la testa. In quel momento desiderò ardentemente trovarsi a casa, al caldo, nel posto giusto e con la persona ancora più giusta. Non ne poteva più.
Aveva raggiunto un
livello di stress e tensione che rischiava di compromettere in maniera
importante la sua salute psicofisica e lui, da bravo testardo quale
era, aveva stretto i denti ed era andato avanti come se niente fosse,
dando l'illusione di essere quello di sempre, un giovane uomo
impossibile da scalfire.
(Uomo. Umano. E proprio per questo, in realtà, molto più fragile di quanto si possa immaginare).
Ryoken
sospirò, perdendosi nella speranza che quell'esalazione
sconfortata potesse colmare il vuoto dell'auto e tenergli un po' di
compagnia, ma questa sparì all'istante e lui rimase nuovamente
solo. Solo coi suoi pensieri, i suoi tormenti e le sue preoccupazioni.
Non voleva accendere
la radio perché sarebbe stato peggio: anche a basso volume,
aveva un mal di testa talmente atroce che ogni singola parola uscita
dalla bocca di un anonimo speaker l'avrebbe mandato nel pallone —
e lui stava guidando in una strada alquanto trafficata, quindi era meglio
non rischiare.
Nemmeno la musica
avrebbe potuto alleviare tutto lo stress che provava. A dirla tutta, in
quel momento, l'unica cosa che desiderava era la quiete, la pace
interiore che si respira dopo essersi rintanati tra le proprie quattro
mura.
Desiderava con tutto se stesso tornare a casa il più presto possibile.
2
Ce l'aveva fatta.
Finalmente aveva parcheggiato la macchina in garage, era sceso dalla
vettura e presto sarebbe rientrato in casa. Il sole era quasi
completamente tramontato e, per l'ennesima volta, Ryoken si rese conto
di essersi trattenuto troppo al lavoro: aveva trascorso ore infinite
davanti lo schermo di un computer a digitare codici e ragionare sugli
innumerevoli progetti che l'azienda per cui lavorava stava portando
avanti.
Era considerato uno dei migliori nel campo della realtà
virtuale, ma c'erano volte, come quella sera, in cui avrebbe preferito
essere un impiegato qualunque che passava inosservato, un volto anonimo
tra la folla. Spiccare e occupare una posizione di rilievo era stato il
suo obiettivo fin dall'inizio e ne era felice; ma se questo significava
dover sacrificare tutto il resto, provava una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Suo padre non c'era più, ma per anni gli aveva inculcato insegnamenti di cui faticava ancora a liberarsi.
Come, ad esempio, il
fatto che fare carriera e ricoprire un ruolo di prestigio fosse la cosa
più importante nella vita, l'aspirazione massima, ciò a
cui un uomo non doveva rinunciare per nulla al mondo. Ryoken ci aveva
fermamente creduto per tantissimo tempo.
(Poi però aveva incontrato Yusaku e le sue priorità erano drasticamente mutate).
3
Quando entrò
in casa, fu accolto dal buon profumo della cena e dal calore che
risiedeva tra quelle quattro mura. La linea di demarcazione più
netta ed evidente tra il mondo esterno e l'intimità della casa
era proprio questo: chiudersi la porta alle spalle e lasciare fuori il
gelo dell'autunno per addentrarsi in quel rifugio colmo di amore e
meraviglia.
Perché, ancor
prima delle luci accese, della tavola apparecchiata e dello sfrigolare
delle padelle sul fuoco, era il profumo della cena a invadergli i
sensi, a dirgli che Yusaku era a casa, a pochi metri di distanza da lui, e che aspettava solo di essere raggiunto e farsi abbracciare forte.
E quando ciò
accadde, quando finalmente poté poggiare le mani sui suoi
fianchi e stringerli con garbo, Ryoken si lasciò completamente
andare come mai aveva fatto in vita propria. Fu nuovo, diverso, un tipo
di reazione del tutto inesplorato. E forse riuscì a spaventarsi
proprio per questo, nonostante avesse le energie prosciugate.
Di solito, quando
tornava a casa e trovava Yusaku intento a preparare la cena, lo
osservava mentre si voltava per accoglierlo con un sorriso e poi,
indipendente da ciò che Yusaku stava facendo — mescolare
la zuppa, condire l'insalata o preparare le uova strapazzate —,
Ryoken lo sollevava da terra prendendolo per i fianchi e girava intorno
almeno due volte. Amava il modo in cui Yusaku si sorprendeva, come se
fosse sempre la prima volta; e amava il modo in cui rideva per poi
avvolgergli le braccia intorno al collo e cercare immediatamente le sue
labbra per unirle alle proprie.
(Un quadro perfetto, puro e immacolato).
Ma questa volta andò diversamente, perché Ryoken era talmente
(distrutto, estenuato, sciupato)
stanco che non
riuscì a fare nulla di tutto ciò e, paradossalmente, il
sorriso di Yusaku gli diede il colpo di grazia.
Perché avrebbe dovuto proteggere quel sorriso anche quel giorno e sapeva
che, invece, non ci sarebbe riuscito. Non quella volta. E che questo
avrebbe sicuramente allarmato il suo ragazzo, l'ultima cosa che Ryoken
avrebbe voluto fare in vita propria.
E pesava. Pesava davvero tanto.
4
Stava per crollare.
Proprio lì, davanti al suo amore, senza dargli spiegazione
alcuna. Anziché sollevarlo da terra, Ryoken fece vagare le mani
sulla sua schiena e poggiò il capo sulla sua spalla, un appiglio
accogliente che lo fece sospirare di sollievo.
Le gambe erano in
procinto di cedere, ma si impose di rimanere in piedi, quasi volesse
mettere radici in quel punto esatto della cucina. Avrebbe voluto dire
tantissime cose, ma era troppo
(distrutto, estenuato, sciupato)
stanco anche solo per pronunciare il suo nome.
E non voleva portare
Yusaku con sé, non voleva che affondasse con lui, ma non
riusciva a staccarsi da quel porto sicuro, dal calore del suo corpo e
dal profumo dei suoi capelli.
Yusaku sospirò e Ryoken si sentì così in colpa per essersi ridotto in quello stato che per un attimo temette di aver fallito in tutto nella vita.
«Ryoken… vieni, sediamoci sul divano».
Non seppe in che
modo, ma grazie al sostegno di Yusaku riuscì miracolosamente a
recarsi in salotto e sedersi sul divano. Da quando Yusaku era diventato
così forte? Lo
sosteneva senza emettere un fiato e l'aveva affiancato per quel breve
tragitto con una determinazione fuori dal comune. Come se sapesse
esattamente cosa doveva fare.
Proprio come si comportava Ryoken ogniqualvolta era Yusaku ad avere bisogno di aiuto.
Frattanto,
l'emicrania era peggiorata. Le tempie erano sul punto di esplodere e il
loro pulsare incessante era a dir poco insopportabile.
Seduto sul divano, con gli occhi socchiusi e il respiro pesante, vide Yusaku staccarsi da lui e allontanarsi di poco.
«Arrivo subito» lo informò mentre si toglieva il
grembiule. «Vado a spegnere i fornelli e poi sarò di nuovo
da te».
Ryoken annuì
meccanicamente e a fatica contò i secondi che lo separavano dal
ritorno di Yusaku. Era talmente distrutto che si sarebbe addormentato
sul divano nel giro di un battito di ciglia; al contempo, però,
il mal di testa era così opprimente che gli impediva di
lasciarsi andare al sonno.
Che situazione
sgradevole — e, ancora di più, il fatto che Yusaku dovesse
assisterlo per cosa, poi? Per un mal di testa? Bastava così poco
per metterlo al tappeto? Da quando era diventato così debole?
Quasi non si accorse
che Yusaku fosse tornato, sedendosi accanto a lui; quando però
il ragazzo gli prese garbatamente il volto tra le mani e
avvicinò le labbra alle sue, in un solo attimo Ryoken si
sentì alleggerito di tonnellate e tonnellate di stress e
tensione. Non poteva desiderare di meglio, prima di assumere la
medicina: la vicinanza della persona che amava, la sua comprensione e
il suo supporto.
Fu un bacio dolce,
lento, pregno di amore. Un bacio che Ryoken percepì in maniera
ancora più intensa poiché tenne gli occhi chiusi,
concedendosi qualche attimo per riposare la vista.
«Sei bellissimo» sussurrò a fine bacio, dopo aver
riaperto lentamente gli occhi e aver messo a fuoco la sua figura.
Yusaku sorrise,
arrossendo appena. «E tu sei devastato» gli disse,
attirandolo a sé e facendogli poggiare il capo contro il petto.
Il battito cardiaco
regolare che gli rimbombava nelle orecchie era l'unico suono che a
Ryoken non dava fastidio. Perché significava che Yusaku stava
bene e questo per lui aveva la priorità.
Un sorriso rassegnato gli incurvò le labbra nel constatare che sì, era davvero tanto devastato
(distrutto, estenuato, sciupato)
e per un attimo non seppe come uscirne e ne ebbe paura.
Ci pensò
Yusaku ad aiutarlo: «Finisco di preparare la cena, così
poi potrai prendere la pastiglia per il mal di testa, va bene? Vorrei
dartela subito, ma non puoi prenderla a stomaco vuoto…»
Ryoken si rilassò un poco, sospirando. «Resisterò».
5
Mentre assaporava la
zuppa di miso e addentava un pezzo di tamagoyaki, Ryoken si
domandò cosa sarebbe successo quella sera se fosse rincasato in
un appartamento vuoto. Rifletté su cosa avrebbe fatto se fosse
stato da solo e ne concluse che si sarebbe accontentato di un pasto
veloce per prendere quella maledetta pastiglia e poi sarebbe filato
dritto a letto. E il giorno dopo si sarebbe svegliato alle sette in
punto, si sarebbe preparato e sarebbe andato al lavoro, pronto a
distruggersi per un'altra giornata intera.
Con Yusaku, invece,
stava accadendo l'esatto opposto: non aveva ancora assunto la
pastiglia, ma già il solo fatto di gustarsi una cena casalinga
nella quiete più assoluta in compagnia della persona che amava
aveva in parte lenito il pulsare doloroso alle tempie; inoltre, Yusaku
non aveva ammesso replica alcuna quando gli aveva suggerito — o
forse era meglio dire imposto — di rimanere a casa dal lavoro il giorno successivo e pensare solo a riposarsi.
In altre
circostanze, Ryoken non avrebbe mai e poi mai contemplato una soluzione
simile. Per suo padre, poi, sarebbe stata una scelta da vigliacchi.
Cielo, doveva smetterla di fare paragoni. Non avevano alcun senso e soprattutto non gli facevano bene.
Ryoken non avrebbe
mai pensato che un giorno Yusaku capitombolasse all'improvviso nella
sua vita e, soprattutto, non avrebbe mai pensato che si sarebbe
innamorato di lui. Eppure era successo. Era successo e, ironia della
sorte, Yusaku era distrutto eppure, solo e soltanto lui, era riuscito a
salvare Ryoken dalla spirale asfissiante nella quale si stava
inabissando giorno dopo giorno.
Prendersi cura di Yusaku era stato ciò che lo aveva salvato. Ciò che gli aveva fatto capire cosa fosse l'amore.
(Quello vero).
E che non era una perdita di tempo.
Nulla, assolutamente
nulla del tempo trascorso con Yusaku era andato sprecato. E ora non gli
restava altro che affidarsi completamente a lui.
6
Dopo aver preso la
pastiglia per il mal di testa e aver avvisato chi di dovere che il
giorno successivo sarebbe rimasto a casa, Ryoken si sentì
improvvisamente più sollevato. Era sazio, i muscoli erano molto
meno tesi e una piacevole leggerezza si era insinuata nella sua testa,
benevola e lenitiva.
Si sedette sul
divano e attese pazientemente che Yusaku finisse di lavare i piatti
— si era offerto di aiutarlo, ma il ragazzo non aveva voluto
sentire ragioni e gli aveva detto di riposarsi.
Da quando Yusaku era
così… autoritario? Non sapeva bene come definirlo, ma
sicuramente qualcosa in lui era cambiato e Ryoken lo trovava
affascinante. Voleva scoprirlo, saperne di più a riguardo.
Perché aveva come l'impressione che si fosse perso un passaggio,
qualcosa di importante a cui avrebbe invece dovuto prestare attenzione.
Quando Yusaku
tornò da lui, pareva lo stesso di sempre. Ma il modo in cui lo
prese per mano e lo aiutò ad alzarsi dal divano era così nuovo che Ryoken ne rimase colpito. C'era come una strana trepidazione in lui, qualcosa di curioso e indecifrabile.
Solitamente la sera
guardavano un film accoccolati sul divano, ma per quella volta
avrebbero lasciato da parte gli aggeggi elettronici — Ryoken
aveva spento il suo smartphone dopo aver visto quante e-mail di lavoro
gli erano giunte da parte dalla SOL Technologies. Non ne poteva
più.
Sarebbero andati a
letto presto. Una buona occasione per coccolarsi e parlare sottovoce.
Inoltre, Ryoken voleva saperne di più. Di Yusaku e del suo
atteggiamento tanto deciso.
7
Fu come coricarsi su
una soffice nuvola. A Ryoken era bastato poggiare il capo sul cuscino
per provare questa sensazione, ma non si sarebbe addormentato, non
nell'immediato almeno. Yusaku era steso accanto a lui, le dita delle
loro mani intrecciate, i loro sguardi incatenati e i loro respiri
vicinissimi.
L'abat-jour sul
comodino di Yusaku era acceso ed era più che sufficiente a
illuminare la stanza quel tanto che bastava per scorgere i particolari
più importanti. E Ryoken voleva scoprirli tutti quanti, senza
tralasciarne nemmeno uno.
Si rese conto che
anche Yusaku era stanco. Quel giorno aveva seguito le lezioni
universitarie di mattina, al pomeriggio aveva studiato, era andato a
fare la spesa e poi verso sera aveva anche preparato la cena. Eppure
non aveva esitato un attimo a prendersi cura di lui e coccolarlo, senza
dare a vedere quanto fosse provato dopo una lunga giornata di impegni.
(Ryoken in quel momento pensò che fosse meraviglioso).
«Ora come stai?» gli domandò Yusaku mentre stringeva un po' più forte la sua mano.
«Meglio. Almeno le tempie hanno smesso di pulsare… ti ringrazio».
«Era il minimo che potessi fare». Poi lo sguardo di Yusaku
si rabbuiò un poco. «Ryoken… nell'ultimo periodo
stai lavorando troppo, te ne rendi conto anche tu, vero?»
Ryoken sospirò. «Lo so. Ma ce la posso fare, davvero—»
«Sì, e
tra qualche giorno tornerai a casa ridotto peggio di come sei
ora» sbottò Yusaku, alzando gli occhi al cielo. «Io
non voglio che questo accada».
«Yusaku…»
Il ragazzo lo interruppe: «Ricordi tutto quello che hai fatto per me e che continui a fare per me?»
E Ryoken non poté che annuire.
8
Certo che ricordava
quei momenti. Erano stati i più significativi della sua vita,
quelli che avevano avuto un impatto così forte da mutare
drasticamente la sua ragione d'essere.
Yusaku non stava bene, ma non era una malattia passeggera la sua e soprattutto le medicine
per curarla erano estremamente delicate e bisognava impegnarsi per
mantenerle integre giorno dopo giorno. Era un percorso tortuoso e
complicato, quello nel quale Ryoken si era inoltrato. Perché
avere a che fare con una persona che soffriva di depressione, aiutarla
e sostenerla, era quanto di più difficile avesse mai affrontato
in vita propria.
La
(Bestia Senza Volto)
depressione era subdola, tremenda e manipolatrice.
Faceva di Yusaku
— della sua emotività soprattutto — ciò che
voleva, intossicava i suoi pensieri con veleni mortiferi e insidiava
voci sconosciute nella sua testa che gli sussurravano con cattiveria
quanto fosse insulso, inutile, assolutamente inadatto alla vita.
Per Ryoken, vedere
la persona che amava diventare sempre più l'ombra di se stessa
ogni giorno che passava era dilaniante. E per la prima volta, di tutti
gli insegnamenti che suo padre gli aveva inculcato nel corso del tempo,
non sapeva proprio che farsene.
Salire al vertice
avrebbe aiutato Yusaku a guarire? Ottenere gratificazioni sul lavoro ed
essere ammirato dai colleghi avrebbe permesso a Yusaku di stare meglio?
Stare lontano da lui per concentrarsi sugli innumerevoli progetti
aziendali gli avrebbe dato la forza di rialzarsi in piedi?
(No. Assolutamente no).
Ma in una cosa suo padre aveva ragione: mettici tutto te stesso sempre, in ogni momento.
E così aveva
fatto. Si era impegnato sia al lavoro che a casa, non aveva mai fatto
mancare nulla a Yusaku ed era arrivato a imboccarlo pur di assicurarsi
che mangiasse qualcosa perché a un certo punto Yusaku aveva
iniziato a rifiutare il cibo e ad avere sempre meno appetito.
Ryoken aveva sempre
dato il massimo senza mai risparmiarsi, diviso tra la casa e il lavoro,
tra l'amore della sua vita e quella che un tempo era l'unica
aspirazione a cui mirava che, se messa a confronto con ciò che
provava per Yusaku, si riduceva a un microscopico granello di polvere.
Che senso aveva
trovarsi al vertice se poi la persona che amava continuava a stare
male? Il benessere di Yusaku era diventato la sua priorità e fu
proprio questo a segnare Ryoken come uomo: perché per la prima
volta aveva scelto con la propria testa, senza lasciarsi condizionare
dal volere di un padre che non c'era più e che, tra l'altro, non
aveva mai accettato Yusaku nella sua vita.
(Sta con te solo per i soldi).
(È una distrazione).
(Ti rovinerà).
Non era vero. Non era assolutamente vero.
Eppure a quelle
cattiverie era arrivato a crederci proprio Yusaku, e quante volte
Ryoken l'aveva abbracciato forte per impedire che aprisse la porta di
casa per uscire dalla sua vita. Quante volte gli aveva dimostrato di
amarlo e quante volte Yusaku l'aveva dimostrato a lui nonostante tutte
le sue paure, i suoi traumi e le sue insicurezze.
Poi un giorno le
cose cambiarono. Yusaku aveva iniziato un percorso di psicoterapia,
assumeva un farmaco che gli procurava un po' di sonnolenza ma che gli
faceva comunque bene e si stava pian piano riappropriando della propria
vita.
Ryoken era
orgoglioso di lui, di ogni più piccolo passo che muoveva verso
la felicità, ed era onorato di potergli stare accanto. Ma
non fu niente, proprio niente
rispetto a ciò che avvenne una sera in cui tornò a casa
dal lavoro e trovò le luci accese, la tavola apparecchiata e un
profumo invitante che proveniva dalla cucina.
E quando vide Yusaku
intento a preparare la cena, il suo cuore traboccò di una gioia
impossibile da quantificare e, ne era certo, in quel momento Ryoken
poteva definirsi l'uomo più felice del mondo. Perché se
Yusaku stava preparando la cena significava che era uscito di casa per
fare la spesa, che aveva passeggiato all'aria aperta, che si era preso
cura di sé. Che finalmente un barlume di speranza era
riaffiorato nel suo cuore.
Ryoken non gli diede il tempo di dire nulla: gli si avvicinò, lo prese per i fianchi e lo sollevò da terra
(cielo, quanto era magro).
Poi girò su
se stesso per due volte, con Yusaku che si lasciò scappare un
gridolino di sorpresa e, subito dopo, iniziò a ridere
genuinamente, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.
Quando Ryoken smise di girare, si stavano già baciando, stretti l'uno all'altro nel loro legame unico e speciale.
«Ho preparato un po' di cose» disse Yusaku dopo aver
salvato per puro miracolo le bistecche dall'essere bruciate —
aveva dimenticato i fornelli accesi e si era lasciato un po' troppo
andare con le effusioni quando Ryoken era rincasato.
«Spero siano commestibili, non cucinavo da un po'…»
Ryoken
osservò le diverse pietanze che Yusaku aveva preparato e, solo
alla vista, gli parvero tutte invitanti, perfino le bistecche salvate
per il rotto della cuffia. Poi notò un piccolo vassoio un po' in
disparte rispetto a tutto il resto, coperto da un tovagliolo.
«E quello cos'è?» domandò, indicandolo con un cenno del capo.
Yusaku
arrossì appena. «Oh, quello… niente di che, ho
preparato dei panini con la marmellata, nel caso tutto il resto dovesse
rivelarsi un disastro».
Ryoken non
poté fare a meno di ridere divertito a quella risposta. E una
sensazione di meravigliosa speranza gli invase il petto.
Quella sera, dopo cena, fecero l'amore. Fecero l'amore e fu come rinascere insieme, senza mai smettere di tenersi per mano.
(E
alla fine mangiarono anche i panini con la marmellata come spuntino di
mezzanotte. Perché certe esperienze bisognava concluderle in
bellezza).
9
Ryoken non avrebbe
dimenticato mai quei momenti. Così come ciò che accadde
pochi giorni dopo, quando Yusaku gli disse che avrebbe ripreso a
studiare all'università.
Tutto questo accadde
circa l'anno addietro. E ora, dopo altri innumerevoli passi in avanti,
Yusaku appariva davvero cambiato, e non solo perché aveva
ripreso peso e colorito. Appariva cambiato in un modo che Ryoken non
sapeva ancora spiegarsi, ma che già amava con tutto se stesso.
(E si rese conto, come mai aveva fatto in vita propria, di avere un disperato bisogno di lui).
«Lo sai che tutto ciò che ho fatto per te lo rifarei altre
mille volte ancora» disse con voce un po' roca. All'improvviso
parlare era diventato più difficile, ma non demorse.
«Certo che lo so» rispose Yusaku, annuendo lievemente.
«Ma lo stesso ora vale per me, solo che fatico a fartelo capire.
Così ho pensato di lasciar da parte le parole e far parlare i
fatti al posto loro».
Ryoken sorrise. Coi fatti Yusaku gli aveva già mostrato tanto.
«Vuoi provare a parlarmene ora?» gli chiese mentre portava la mano libera a carezzargli la gota.
Yusaku annuì,
socchiudendo gli occhi per quel caldo contatto. «Avevo notato
già da un po' quanto il lavoro ti stesse assorbendo sempre di
più ogni giorno che passava,» iniziò a raccontare
con calma, senza tralasciare nulla, «e so quanto ci tieni, ti sei
impegnato tanto per arrivare dove sei ora e la tua determinazione l'ho
sempre ammirata. Ma… se penso che potranno esserci altre serate
come questa, in cui tornerai a casa e quasi non ti reggerai in piedi, sto
male. Non voglio che il troppo lavoro ti riduca in quello stato ancora
una volta».
Qui Yusaku si
fermò, conscio che nella mente di Ryoken si stava svolgendo un
conflitto apocalittico. Per Ryoken sarebbe stato facile dirgli che le
tempie avevano ricominciato a pulsare e lasciare tutto in sospeso fino
alla mattina successiva; sarebbe stato facile, sì, ma non era da
lui.
Il fatto era che lo
sapeva. Era conscio che Yusaku avesse ragione e sapeva quanto fosse
preoccupato per lui. Sapeva che nell'ultimo periodo il troppo lavoro lo
stava schiacciando sempre più e si riscoprì essere un nessuno qualunque, uno tra i tanti, un volto anonimo tra la folla.
Suo padre aveva
dimenticato di aver generato un altro essere umano e non un robot
dall'energia illimitata. Che sacrificarsi così tanto per
giungere in cima a una montagna dalla quale non si poteva ammirare
alcun paesaggio, solo un'infinita distesa di nebbia grigia e densa non
aveva alcun senso.
Era solo un grandissimo spreco.
«Tu hai fatto così tanto per me che c'erano volte in cui
non sapevo nemmeno da dove cominciare per ringraziarti»
proseguì Yusaku dopo un po'. «Se eri stanco non lo davi
mai a vedere e, soprattutto, non ti sei mai lamentato. Grazie. Grazie
per ogni momento che mi hai dedicato».
Prendersi cura di
Yusaku l'aveva cambiato. Gli aveva fatto capire che c'era anche altro
nella vita e che dedicarsi alle persone amate ripagava sempre. Ma non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere il contrario, che i ruoli un giorno si sarebbero invertiti.
Yusaku si avvicinò un po' di più, tanto che per poco le loro labbra non si sfiorarono.
«Quindi ora, permettimi di fare lo stesso con te. Sono diventato
forte abbastanza per prendermi cura di te quando stai male. Forse non
ti ripagherò mai a sufficienza per tutto quello che hai fatto
per me in questi anni, ma almeno fammi cominciare. Tu sei in grado di salvare me e io sono in grado di salvare te».
Ryoken era rimasto
senza parole. Un abnorme paradosso, visto e considerato che solitamente
nella coppia era lui quello loquace mentre Yusaku tendeva a essere
più taciturno. E per la prima volta qualcuno era stato in grado
di togliergli tutto, ma nel modo più bello possibile.
Si avvicinò a
sua volta, e finalmente le loro labbra si incontrarono. Si baciarono
per minuti interi, senza più dirsi nulla, perché in fondo
si erano già detti tutto — o quasi — e Ryoken aveva
capito di avere davvero un
disperato bisogno di Yusaku, di sentirlo accanto a sé e
percepirne la morbidezza delle labbra. E soprattutto aveva bisogno di
un suo abbraccio, di quel gesto antico quanto l'umanità in grado
di farlo sentire ancora tutto intero.
«C'è una cosa importante che ancora non ti ho detto»
sussurrò Yusaku tra un bacio e l'altro e lì Ryoken
avvertì nuovamente tutta la trepidazione che aveva colto prima,
quando Yusaku l'aveva aiutato ad alzarsi dal divano, qualcosa di curioso e indecifrabile.
(Assolutamente meraviglioso).
«Ed è anche il motivo per cui desidero che non ti affanni più tanto al lavoro».
«Dimmi».
«Da lunedì inizierò a lavorare anch'io».
Ryoken sgranò gli occhi, colto del tutto alla sprovvista.
«Quando…?»
«Oh, è da un po' che cercavo un lavoro qui nei dintorni.
Un part-time da gestire insieme allo studio e alle lezioni
universitarie. Ora mi sento pronto e… ho trovato qualcosa».
Ryoken si fece tutto orecchi. «E cosa hai trovato?»
E Yusaku
arrossì. Non velatamente, bensì in maniera alquanto
marcata. «Hai presente il nuovo Rabbit Cafè che ha aperto
a due isolati da qui? Cercano personale e così…»
Notando l'espressione di Ryoken — un misto tra sorpresa, malizia e altre cose indecifrabili ma fin troppo lascive —, Yusaku si affrettò subito a dire: «Ryoken, no. Non mi vestirò da coniglietto».
«Ah, che peccato!» rispose con teatralità, come se stesse recitando in una tragedia.
Yusaku si
lasciò scappare un risolino. «Però, davvero,»
continuò tornando serio, «promettimi che prenderai in
considerazione l'idea di lavorare meno, d'ora in avanti. Adesso ci sono
anch'io e… non voglio più rimanere indietro».
Ryoken lo baciò un'altra volta ancora. «Lo farò, te lo prometto».
Se avesse lavorato
di meno, avrebbe avuto più tempo per stare con Yusaku. Tutte
quelle ore in più davanti allo schermo del computer le avrebbe
invece trascorse insieme alla persona che amava. Poteva forse chiedere di meglio?
Si ripromisero di festeggiare a dovere
la bellissima notizia nel week-end. Nel frattempo, prima di
addormentarsi, Ryoken si divertì un sacco a stuzzicare Yusaku
circa la sua nuova divisa da lavoro e a godersi ogni sua reazione
imbarazzata.
Poi si lasciò
cullare dall'unica cosa di cui necessitava in quel momento: un altro
abbraccio da parte di Yusaku, la sua roccia, il suo porto sicuro.
(Era bello perdersi tra le sue braccia, ora abbastanza forti per proteggerlo).
Per un attimo
tornò con la mente a vagare in quell'universo alternativo in cui
rincasava in un appartamento vuoto, privo di amore e di calore umano.
No, non ce l'avrebbe mai fatta. Non sarebbe mai riuscito a sostenere
una solitudine simile.
Il qui e ora erano diversi: era felice perché la persona che amava l'aveva salvato e lo proteggeva nel suo abbraccio.
E non avrebbe cambiato ciò per nulla al mondo.
N.d.A.
•
Io avrei davvero il mondo intero da dire, ma cercherò di essere
breve: per me questa storia chiude un cerchio che è iniziato con
A Mark On My Soul, è proseguito con After Rain
e trova la sua conclusione qui, con questo ribaltamento dei ruoli che
non è definitivo, semplicemente in questo momento è
Ryoken ad avere bisogno di aiuto e Yusaku è in grado di aiutarlo.
Le due OS citate non sono collegate
tra loro, così come non sono collegate a questa storia, ovvero:
avvengono in universi e tempi diversi, ma hanno un filo conduttore che
è quello in cui Ryoken salva Yusaku e gli fa capire che la sua
vita è preziosa e che non ha nulla da temere, perché coi
suoi tempi riuscirà a riemergere dall'abisso in cui è
sprofondato.
Qui avviene l'opposto: Yusaku si
preoccupa per la salute psicofisica di Ryoken e finalmente si sente in
grado di aiutarlo e fare qualcosa per lui.
Perché per aiutare il
prossimo devi prima stare bene tu e Yusaku è a un punto del suo
percorso in cui riesce a reggersi e camminare sulle sue gambe, magari
inciampando, ma trovando sempre la forza di rialzarsi.
•
La devozione che provano l'uno nei confronti dell'altro diventa sempre
più palpabile a ogni storia che scrivo e devo dire che in tutto
questo tempo sono cresciuta e continuo a crescere insieme a loro; tanto
per dirvi che fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di riuscire
a scrivere una storia di questo tipo, in cui è Yusaku a salvare
Ryoken sotto ogni punto di vista, e invece…
•
Immagino abbiate notato che in questa storia, poi, ho chiamato la
Bestia Senza Volto col suo vero nome, senza edulcorarlo: la depressione
è qualcosa che mi ha lasciato il segno e probabilmente non se ne
andrà mai, ma grazie a chi mi ha aiutata e continua a farlo
sento che posso affrontarla con molta più risolutezza, quindi mi
sembrava giusto chiamarla col suo vero nome.
Vi ringrazio per aver letto la storia e per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima!
M a k o
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** October ***
October
• Ottobre è quasi
finito e io arrivo proprio all'ultimo con la OS di questo mese, ma
meglio tardi che mai.
Vi dico solo che ci
sono due motivi per i quali ho ritardato tanto la pubblicazione di
questa storia: la sua lunghezza (è attualmente la OS
più lunga della Raccolta) e le tematiche che affronta (e che
io per prima non ho mai affrontato).
• Credo dunque possiate
immaginare quanto lavoro ci sia stato dietro, che non significa per
forza che sia un buon lavoro, e infatti io temo di aver cannato
malissimo, ma dettagli.
Lascio l'ultima parola
a voi, sperando che sia positiva — ma, in caso contrario, va
bene comunque.
Qui di seguito
troverete lo specchietto, mentre noi ci ritroviamo più
giù, a fine storia.
Buona lettura
— spero!
October: Lightning
Prompt
forum: La pioggia nelle sere d'autunno
inganna, sembra solo acqua ed invece è ricordo.
(orporick) (#Halloweek2023)
Rating: Arancione
Generi: Angst, Fluff, Introspettivo
Note: Modern!AU, Crossover, POV
Yusaku
Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
(accennata)
Pioggia
d'autunno
1
Quando
Yusaku realizzò l'abnorme differenza che intercorreva tra la
sua ordinazione e quelle di Yuma e Yuya, era ormai troppo tardi.
Incurvò un po' le spalle e sperò soltanto che i
due ragazzi non facessero domande a riguardo — in fondo lo
sapevano che non aveva mai chissà quanto appetito
— e che non iniziassero a fare strane insinuazioni
sul suo conto.
Si sentiva un po' in colpa a dare libero sfogo a quei pensieri nella
sua testa, ma quel giorno in particolare era talmente agitato per
ciò che sarebbe successo quella sera che pensò
fosse normale. O almeno così credeva.
Osservò Yuma e Yuya mentre continuavano a parlare con
disinvoltura del più e del meno, come se non avessero dato
peso alla sua ordinazione, e questo lo rincuorò. Poteva
rilassarsi e godersi la colazione insieme ai suoi amici senza pensare
ad altro…
(Povero illuso).
«Ma dicci un po',
Yusaku…»
(Come non detto).
La voce di Yuya gli si insinuò nelle orecchie con fare
giocoso, come uno di quei trucchi di magia che al ragazzo seduto di
fronte a lui riuscivano tanto bene.
«Sì…?» domandò,
cercando di apparire il più tranquillo possibile,
probabilmente con scarsi risultati.
«Come vanno le cose tra te e
Ryoken? Sei emozionato per questa sera?»
«Finalmente vi incontrerete
dal vivo!» aggiunse Yuma in un'esclamazione di pura gioia, il
volto modellato in un'espressione sognante e gli occhi cremisi che
brillavano come due rubini appena lucidati.
Yusaku deglutì a vuoto. Parevano quasi più
emozionati loro di lui, anche se sapeva che non era affatto
così. Era solo che, a differenza di Yuma e Yuya, lui aveva
qualche
(mille)
difficoltà in più a esternare le proprie
sensazioni.
«Oh, beh,
ecco…» cominciò a farfugliare, ma fu
salvato dal tempestivo arrivo di Miyu che, in un vassoio stracolmo,
aveva riposto con cura tutte le loro ordinazioni.
«Spero sia tutto di vostro
gradimento» disse, la voce dolce come il miele.
«E… Yusaku, tienimi aggiornata riguardo questa sera,
d'accordo?»
Yusaku desiderò ardentemente sprofondare. Non solo Yuma e
Yuya, ora anche la sua migliore amica doveva rincarare la dose? La
guardò in un modo che equivaleva a “non verrò
mai
più qui” e lei ridacchiò
divertita.
«Su, non fare così,
sai che la pasticceria non può andare avanti senza i suoi clienti fidati»
lo stuzzicò la ragazza, facendogli l'occhiolino.
«E domani mattina mi aspetto di vederti con
Ryoken!» concluse, prima di allontanarsi.
Yusaku desiderò sprofondare ancora di più
rispetto a prima. Possibile che una notizia simile riguardo la sua vita
privata paresse quasi di dominio pubblico? Le poche persone che
sapevano cosa aveva in programma di fare quella sera erano tutte
lì, eppure insieme
apparivano quasi cento volte tanto — a testa, per di
più.
Ed erano tutti e tre così entusiasti per quella serata che
Yusaku si sentiva quasi sopraffatto, anche se sapeva che la loro
euforia era da considerarsi del tutto genuina e dettata dall'affetto
che provavano per lui. Lui che, finalmente, stava imparando di nuovo a
lasciarsi andare e a fidarsi un po' di più del prossimo.
Anche se, forse, qualcuno
stava approfittando un po' troppo delle sue
vulnerabilità…
2
Quando, di preciso, si erano ribaltati i ruoli? Da quando erano Yuma e
Yuya a tenerlo in pugno mentre lui non sapeva cosa fare per
barcamenarsi in quel subbuglio emotivo che lo metteva in soggezione?
Erano trascorsi anni, ma Yusaku ricordava bene i lunghi pomeriggi
passati a dare ripetizioni di matematica prima a Yuya e poi a Yuma,
entrambi un disastro nelle materie scientifiche e a pochi passi dal
rischiare la bocciatura fin dalle scuole medie a causa di teoremi ed
equazioni che proprio non ne volevano sapere di essere compresi dai
loro cervelli — i quali erano, senza ombra di dubbio, molto
più portati per applicarsi su altro, come la recitazione e
l'intrattenimento coi trucchi di magia per Yuya e lo studio
dell'archeologia per Yuma.
Erano uno più disperato dell'altro e il primo a farsi avanti
fu Yuya, quando frequentava la terza media e aveva una paura immensa di
non essere ammesso alle scuole superiori a causa dei pessimi voti in
matematica e scienze. Yuma chiese il suo aiuto l'anno successivo per lo
stesso, identico motivo, e Yusaku a modo suo li prese entrambi sotto la
sua ala non solo per aiutarli a essere ammessi alle scuole superiori,
ma per restarci vivi e
incolumi una volta entrati.
Furono anni davvero intensi. Anni in cui lui aveva detenuto il potere
assoluto, in cui non appena vedeva che battevano la fiacca o si
distraevano per un nonnulla riusciva a rimetterli in riga con una
semplicissima frase: non
vuoi essere bocciato, giusto?
Entrambi i ragazzi lo guardavano con occhi sgranati e negavano con
cenni vigorosi del capo. Poi Yusaku proseguiva: bene, allora vedi di rifare
l'esercizio da capo, e questa volta in maniera corretta.
Era stato severo con loro, non lo negava, ma se dopo anni sia Yuma che
Yuya cercavano ancora la sua compagnia e lo supportavano al meglio
delle loro capacità — perché
sì, anche Yusaku spesso e volentieri necessitava di aiuto,
in fondo era un essere umano come tutti gli altri —,
significava che nonostante tutto gli volevano bene e gradivano
trascorrere del
tempo con lui.
(Che
si era instaurato qualcosa che andava oltre il rapporto scolastico,
ormai cessato da tre anni per Yuya e due anni per Yuma. Quella parola
incredibile che si pronuncia “amicizia”).
Anche se ora si stavano prendendo una doverosa rivincita dopo essere
stati strapazzati per anni interi con teoremi e formule chimiche, tanto
che se Yusaku era stato duro con loro ai tempi della scuola, ora loro
si stavano rivelando amorevolmente
invadenti nei suoi confronti.
E così, tra un “Questo
l'hai ordinato tu o io? Non ricordo!” e l'altro,
Yuma e Yuya si stavano dando un gran daffare per rendere ancora
più vivace quella colazione da cui Yusaku sperava solo di
uscire vivo e illeso, come se ora fosse diventato lui il ragazzino che
cercava in tutti i modi di sopravvivere ai test di matematica e chimica
delle scuole superiori. Il suo caffè amaro e la sua brioche
vuota facevano a botte con un esercito di bignè, pasticcini,
crostatine e biscotti di qualsiasi genere. Il tutto accompagnato da due
tazze enormi di cioccolata calda, giusto per sottolineare maggiormente
quanto Yuma e Yuya fossero golosi.
Yusaku non aveva giocato ancora il suo asso nella manica,
però. Anche se, in tutta onestà, probabilmente
non l'avrebbe mai fatto. Anzi, senza
il probabilmente. Non l'avrebbe fatto e basta.
Avrebbe potuto farli tacere con poco e rimetterli in riga come due
soldatini ubbidienti. Dire loro che non gli erano sfuggite le sfumature
romantiche che avevano iniziato pian piano a colorare il loro rapporto;
di come spesso Yuma si perdesse a osservare Yuya con sguardo rapito e
viceversa; di come alcune volte le loro mani si sfiorassero
inavvertitamente e non ne facessero parola alcuna, solo piccoli sorrisi
che affioravano genuini sui loro volti; di come fosse palese che fossero
legati da qualcosa di unico e speciale, lo stesso tipo di legame che
Yusaku avrebbe tanto voluto instaurare con Ryoken
(o
che forse esisteva già, ma lui non se ne rendeva ancora
conto).
Mentre Yuma e Yuya decidevano come spartirsi il bottino, dato che non
ricordavano chi avesse ordinato cosa, Yusaku ne approfittò
per sorseggiare il suo caffè e accedere a Instagram per
scorrere gli aggiornamenti delle ultime ventiquattr'ore. Quasi si
strozzò con
quell'innocente sorso di caffè amaro quando si
ritrovò davanti agli occhi l'ultima foto postata da Ryoken,
tanto che Yuma e Yuya si voltarono allarmati nella sua direzione,
almeno in un primo momento — poi realizzarono il motivo di
tanto scompiglio e si rasserenarono: ordinaria amministrazione.
Certo che, tra tutti i momenti in cui poteva accedere a Instagram,
forse Yusaku non aveva scelto quello più sicuro per i suoi
ormoni…
3
Ryoken era bellissimo. In quello scatto, poi, lo era in maniera ancora
più marcata, come se un velo di meraviglia si fosse adagiato
con garbo su di lui per renderlo desiderabile in un modo che
trascendeva tutto, senza inibizione alcuna.
Non guardava dritto nell'obiettivo, e forse era un bene,
perché Yusaku si sarebbe sentito perforare da quegli occhi
azzurri che in più di un'occasione si era ritrovato ad
ammirare scorrendo le foto sul suo profilo Instagram, il quale era un
tripudio di colori, delicatezza e al contempo sensualità,
proprio come quell'ultima foto che quasi gli aveva fatto andare di
traverso il caffè.
Difatti, Ryoken era a petto nudo. Non si vedeva, ma si poteva comunque intuire.
Cercando di ignorare i migliaia di like e commenti che quello scatto
aveva ricevuto in meno di un giorno — suvvia, Ryoken lavorava
come modello, ricevere apprezzamenti faceva parte del suo mestiere
—, Yusaku fece la sua parte pigiando due volte sulla foto,
lasciando a sua volta un
cuore che per lui aveva tutto un altro significato.
(Se
pensava al fatto che quella sera l'avrebbe finalmente visto di persona,
non riusciva a frenare la gioia e al contempo il terrore di rovinare
tutto quanto. In particolare se pensava a tutti i crucci che si portava
appresso e che lo rendevano talmente incasinato che alcune volte
faticava a comprendersi lui per primo).
«Immagino tu abbia visto la
sua ultima foto» disse Yuya mentre addentava un biscotto al
cioccolato.
«Sì…» rispose Yusaku, il
cuore a mille e una strana frenesia che aveva iniziato a scorrergli
impazzita nelle vene e nelle arterie.
«E sei sicuro di riuscire a
sopravvivere questa sera?» domandò Yuma mentre si
avventava su una crostatina alla crema pasticcera. Masticò,
ingoiò, bevve un sorso di cioccolata calda e
tornò a osservarlo con incredibile nonchalance.
Yusaku inarcò un sopracciglio. «Si può
sapere da che parte state?» domandò a sua volta,
anche se il suo era più un borbottio quasi inudibile.
«Dalla tua,
ovviamente!» esclamò Yuya, che con un trucco di magia
stava spazzolando tutti i biscotti al cioccolato senza lasciarne
neanche uno. «Ma se sei già paonazzo ora per una sua
foto, penso sia normale che io e Yuma ci preoccupiamo per come sarai
ridotto questa sera, quando lo vedrai di persona!»
(Oh, ecco perché avvertiva le gote andare in fiamme. Era
paonazzo, come aveva detto Yuya. Era paonazzo e aveva appena realizzato
di avere reazioni alquanto spropositate quando si trattava di Ryoken,
come arrossire violentemente, non riuscire a mettere insieme due frasi
di senso compiuto, avere il cuore a mille… tutte cose
normali, in realtà, ma che lui temeva di provare
poiché gli erano sempre state estranee).
«È che non ci
aspettavamo che per il vostro primo appuntamento gli proponessi di
venire a casa tua» proseguì Yuma mentre cercava di
accaparrarsi un altro dolcetto prima che Yuya lo facesse sparire con un
altro trucco di magia.
«E se te lo stai chiedendo no, la scusa che
dovrà fare un lungo viaggio per raggiungerti e che quindi
sarà stanco dopo un'intera giornata di lavoro non ce la
beviamo! Ehi Yuya, che fine hanno fatto i biscotti al
cioccolato?»
Yusaku si morse il labbro inferiore, prendendosi qualche istante per
replicare. Fu quasi assurdo, dopo ciò che aveva vissuto,
dare una forma alle parole che si stavano pian piano materializzando
nella sua testa, ma furono così
liberatorie che dopo averle pronunciate si
sentì improvvisamente più leggero.
«Perché mi fido di
lui. Tutto qui».
Yuma e Yuya interruppero il frivolo battibecco nato a causa della
sparizione dei biscotti al cioccolato e lo osservarono entrambi in
silenzio, con una punta di solennità negli sguardi.
«Ora come stai?» gli
chiese Yuya dopo un po'.
Yusaku sapeva bene a cosa si riferiva. Perché ciò
che aveva ammesso — ovvero fidarsi di Ryoken —
aveva un significato talmente importante che faceva quasi male. Yusaku
sapeva che con quella domanda Yuya voleva intendere ciò che
si celava sotto il tessuto dei vestiti, che risiedeva malefico e
incancellabile sul suo ventre. La prova tangibile dell'aver
riposto la propria fiducia nella persona sbagliata, più di
un anno addietro, e di essere stato a un passo da una fine tragica e
irreversibile.
I ricordi del passato, per un attimo, ebbero quasi il sopravvento,
spaventandolo, facendolo sentire solo e disarmato. Poi pensò
a Ryoken, al modo gentile e spontaneo col quale si era approcciato a
lui, al realizzare poco per volta che sì, anche un ragazzo inarrivabile
come Ryoken poteva interessarsi a un comune essere umano come lui,
era assolutamente normale
(e meraviglioso)
e siccome l'interesse era reciproco, tanto valeva provarci insieme, giorno
dopo giorno, a portare avanti tutto quanto, qualunque cosa fosse,
così indefinito e al contempo eccezionale.
Ripensò al fatto che, nel periodo buio che aveva preceduto
l'incontro con Ryoken, Yuma e Yuya gli fossero rimasti accanto senza
che lui avesse chiesto loro di muovere un dito. A come Miyu gli
portasse sempre qualche dolcetto per accompagnarlo con una buona tazza
di caffè amaro. A come avesse scoperto che le lunghe
passeggiate non erano poi così male, se si sapeva dove
andare.
Non guidava un'auto da più di un anno. Ed erano rarissime le
volte in cui saliva su un mezzo pubblico. Ormai si affidava quasi
esclusivamente a muovere i muscoli delle gambe, anche se sapeva che
prima o poi avrebbe dovuto affrontare le proprie paure a cuore aperto.
Ciò che era capitato in quell'incidente, mentre scappava da
chi aveva detto di tenerci a lui e che invece si era rivelato un
demonio, l'aveva portato a chiudersi in se stesso e rifuggire la
possibilità di conoscere persone nuove, ad aprirsi al mondo
e fare le proprie esperienze di vita. Se non fosse stato per Yuma e
Yuya che avevano tanto insistito nella creazione di qualche account sui
diversi
social media in modo tale da poterlo taggare nelle foto di gruppo,
probabilmente non avrebbe mai trovato Ryoken. E in quel momento si rese
conto che a loro doveva tanto, tantissimo, qualcosa di inestimabile.
Si toccò il ventre e riuscì a percepire
ciò che lo sfregiava anche attraverso il tessuto dei
vestiti. Ma non se ne preoccupò. Non in quel momento, almeno.
«Sto bene. Grazie».
E sia Yuma che Yuya sapevano che quel grazie valeva anche
per tutte le volte in cui gli erano rimasti accanto senza mai chiedere
nulla in cambio.
4
Prima di salutarsi, Yuya propose di scattare una foto da caricare su
Instagram. E Yusaku, nonostante il subbuglio emotivo che l'aveva
sbatacchiato da una parte all'altra durante quella mattina,
incurvò le labbra in uno dei sorrisi più belli
che avesse mai fatto in vita propria.
Il like di Ryoken non tardò ad arrivare.
5
Prima di tornare a casa, Yusaku si fermò in un konbini per
fare compere. Ryoken aveva proposto di cucinare una pietanza
thailandese per quella sera e lui aveva acconsentito di buon grado,
curioso anche di scoprirne il sapore, dato che non l'aveva mai
assaggiata.
Così Yusaku avrebbe acquistato gli ingredienti e Ryoken
avrebbe portato con sé tutti i giochi horror per la
PlayStation che possedeva, giusto per restare in tema con l'arrivo
imminente di Halloween. Inoltre, il cielo cupo e nuvoloso rendeva
ancora più suggestiva quella giornata, anche se Yusaku
sperò con tutto se stesso che nessun temporale colpisse Den
City quella sera.
(Non
sarebbe stato accontentato. Ma, in compenso, avrebbe scoperto cosa
significava amare davvero qualcuno. Ed essere amato).
6
Yusaku trascorse il pomeriggio a dare una sistemata all'appartamento e,
in più di un'occasione, a osservare il paesaggio con fare
preoccupato oltre il vetro della finestra. Ogni volta che puntava lo
sguardo al cielo, questi appariva sempre più cupo e
minaccioso, a tratti pesante, come se fosse in procinto di cascare sul
mondo e spezzarsi in miliardi di frammenti grigio scuro affilati come
rasoi.
Quando Ryoken gli inviò un messaggio dicendogli che nel giro
di cinque minuti sarebbe salito in macchina per partire, Yusaku trasse
un profondo respiro e gli rispose forse con il messaggio
più difficile — e al contempo importante
— della propria vita: Mi
raccomando, presta attenzione.
Non voleva apparire morboso o troppo apprensivo nei suoi confronti, ma
Ryoken ancora non sapeva dei suoi orribili trascorsi e il fatto che
avrebbe dovuto guidare per circa un'ora prima di raggiungerlo non lo
lasciava del tutto tranquillo. Quando rispose, Yusaku contò
fino a tre prima di aprire il messaggio. Ma non poté fare a
meno di sorridere nell'immediato leggendo ciò che Ryoken gli
aveva scritto: Non ti
preoccupare, lascio il telefono nello zaino e mi concentrerò
solo sulla strada. Grazie per il pensiero. Ci vediamo tra
poco… non vedo l'ora di abbracciarti.
(Il
desiderio era assolutamente reciproco).
7
Quando Ryoken arrivò, il cielo cupo stava ormai scaricando
le sue ire sul mondo da una ventina di minuti. Frattanto, il cuore di
Yusaku fece una capriola nella cassa toracica e il ragazzo si
affrettò ad aprire la porta.
Fu incredibile e meraviglioso al tempo stesso: fino a un attimo prima
stava aspettando Ryoken, non l'aveva mai visto dal vivo e agognava poterlo
toccare — probabilmente per assicurarsi che non fosse solo
frutto della sua immaginazione — e nel giro di un istante era
diventato tutto reale
poiché Ryoken era lì, davanti a lui, che gli
sorrideva e lo attirava a sé e lo abbracciava forte, con la
pioggia d'autunno in sottofondo e un calore immenso che esplodeva nei
petti di entrambi.
Se quell'abbraccio fosse durato in eterno, Yusaku l'avrebbe accettato
con una tranquillità fuori dal comune. Si sentiva protetto e
desiderato e in tutto questo lui e Ryoken non si erano ancora detti una
parola. E andava bene così.
Quando sciolsero la stretta dei loro corpi per guardarsi negli occhi,
calò un impercettibile velo di imbarazzo che fu quasi subito
sostituito dai loro sorrisi.
«Sei
qui…» sussurrò Yusaku, allungando una
mano verso il suo viso. La poggiò sulla gota, carezzandola
con amore, quasi avesse il timore di deturparne la bellezza con un
tocco più deciso.
Ryoken socchiuse gli occhi, lasciandosi cullare da quel contatto caldo
e rassicurante.
«Sono qui» rispose a
sua volta, senza smettere di sorridere.
Avevano rotto il ghiaccio anche dal vivo. Ora non restava che
proseguire insieme in quella notte accompagnata dalla pioggia d'autunno.
8
Nel giro di qualche minuto, il clima tra le quattro mura
cambiò radicalmente: era come se convivessero da anni e
Ryoken fosse tornato a casa dal lavoro come tutte le sere e Yusaku
l'avesse aspettato per preparare la cena con lui.
(Come
se stessero insieme da sempre, da una vita più quella
precedente).
Nonostante Yusaku gli avesse detto di portare solo i giochi per la
PlayStation e di non preoccuparsi per le altre cose, Ryoken aveva fatto
di testa sua e gli aveva regalato una cover nuova per il cellulare e
aveva anche acquistato un sacco di dolcetti a tema Halloween per la
serata. Che fossero dolcetti che poteva permettersi nonostante il suo
lavoro oppure fossero uno sgarro a tutti gli effetti, Yusaku non lo
sapeva. Ma si ritrovò felice nel condividere quel piccolo
segreto insieme a lui, indipendentemente dalla sua entità.
Quando Ryoken si tolse il cappotto pesante per sistemarlo
sull'appendiabiti, Yusaku perse per un attimo la capacità di
parlare e deglutì a vuoto. Si appuntò mentalmente
che i maglioncini con il collo alto gli donassero tantissimo e poi gli
fece fare un breve tour dell'appartamento, che si risolse in due minuti
scarsi ma alquanto intensi, soprattutto quando entrambi indugiarono
qualche istante in più davanti la piccola camera da letto
che li avrebbe accolti quella notte.
Non ne avevano parlato apertamente, ma era sottinteso che avrebbero
dormito insieme e nel rammentarlo Yusaku avvertì un fremito
pizzicargli il collo e poi percorrergli la spina dorsale. Fremito che,
con ogni probabilità, aveva avvertito anche Ryoken.
Un lampo brillò oltre il vetro della finestra e Yusaku
trasalì.
«Tutto bene?» gli
chiese Ryoken, sempre accanto a lui.
«Sì, non ti
preoccupare…» gli rispose, scrollando il capo.
«Prepariamo la cena?» domandò poi,
cercando di allontanare entrambi il più possibile da
ciò che il lampo avrebbe portato con sé
— un fulmine che non tardò ad arrivare.
Ryoken sorrise e Yusaku, per la prima volta dopo tanto tempo, non ebbe
timore di sentir rimbombare nei timpani quel fragoroso suono
proveniente dall'esterno. Almeno in quel caso.
«Buona idea».
9
Tom Kha Soup.
Era il nome della zuppa thailandese che Ryoken aveva proposto di
cucinare per quella sera. Era un piatto ricco, pregno di sapori e
profumi che si miscelavano tra loro creando un connubio delizioso. Ma
la cosa più bella era avere Ryoken lì, che
cucinava accanto a lui e gli raccontava della sua giornata dopo che
Yusaku gli aveva chiesto come fosse andata.
Voleva imprimere quei momenti nelle pareti del cuore e non staccarli
mai più da lì, dei quadri colorati che
raffiguravano ritratti di speranza e romanticismo. E poi accadde.
Ryoken interruppe ciò che stava facendo — scaldare
l'olio di cocco in una padella — e si voltò verso
Yusaku, guardandolo dritto negli occhi in un modo che lasciava
trapelare tutto il desiderio che provava nei suoi confronti. Come se
gli stesse tacitamente dicendo “non
riesco più ad aspettare” e Yusaku,
ricambiando il suo sguardo, gli lasciò intendere che per lui
valeva lo stesso.
Avevano smesso di parlare, forse anche di respirare; le pareti intorno
a loro sfumarono pian piano, come se il tempo si stesse accartocciando
su se stesso, e un attimo dopo si ritrovarono più uniti che
mai, meravigliosamente avvinghiati, cuori emozionati che battevano
all'unisono.
Fu il loro primo bacio. E accadde in un luogo impensabile, quantomeno
per Yusaku, perché mai avrebbe immaginato di baciare
qualcuno nella cucina del suo piccolo appartamento,
nell'intimità delle sue quattro mura, in quel posto che il
più delle volte lo isolava con fare benevolo dal resto del
mondo.
Invitare qualcuno lì era come offrirgli
ospitalità al centro del cuore. E si rese conto proprio in
quell'istante, mentre il bacio si faceva sempre più intenso
e audace, che con Ryoken era capitato proprio questo, che gli aveva
implicitamente detto “accomodati,
spero ti troverai bene qui”.
(Perché sai, io ho tanta
paura, anche se cerco di non darlo
a vedere).
Yusaku si strinse più forte a Ryoken e si domandò
cosa sarebbe successo se quella notte avessero fatto l'amore. Una parte
di sé lo desiderava come un uomo sperduto nel deserto alla
disperata ricerca di acqua fresca, mentre l'altra temeva che, scavando sotto la superficie,
Ryoken avrebbe potuto allontanarsi da lui. Avrebbe chiesto a Ryoken di
farlo con le luci spente, ma in ogni caso le mani del ragazzo avrebbero
comunque vagato sul suo corpo e, una volta giunte al ventre, le
avrebbero sentite…
e forse avrebbe ritratto le mani, disgustato, e Yusaku non gliene
avrebbe fatto nemmeno una colpa.
Fu in quel momento che realizzò quanto fossero diversi, un
paradosso che aveva sempre avuto davanti agli occhi ma che aveva finto
di non notare: Ryoken era perfetto, il suo corpo era privo di
cicatrici, lavorava come modello e riceveva un sacco di apprezzamenti
tutti i giorni; lui invece aveva un fisico che preferiva nascondere,
per il quale provava anche vergogna a causa di ciò che lo
deturpava, segni indelebili di una fiducia mal riposta che l'avrebbero
accompagnato per tutta la vita.
Mentre Yusaku era fatto per restare nell'ombra, Ryoken era fatto per
splendere alla luce del sole e illuminare le giornate.
Non seppe cosa lo fece trasalire: se il boato di un altro fulmine che
aveva squarciato a metà il cielo grondante pioggia oppure la
mano di Ryoken che era scesa sul suo ventre, lasciva e delicata al
tempo stesso. Forse entrambe le cose. Ma sussultò
così violentemente che Ryoken si staccò da lui e
ritrasse la mano subito dopo, come se temesse di averlo ferito in
qualche modo.
«Scusami» si
affrettò a dire, e dal modo in cui i suoi occhi apparvero
allarmati, Yusaku intuì che stesse pensando al peggio, di
essersi comportato malissimo nei suoi confronti e di aver fatto una
pessima impressione. «Sono stato troppo avventato, non
volevo—»
«No, non è colpa
tua» lo rassicurò Yusaku, avvertendo gli occhi
pizzicare — accidenti, ci mancava solo questa.
«È che—»
Un altro fulmine, ancora più minaccioso del precedente, lo
portò a serrare gli occhi di scatto, facendolo tremare.
«L'ho notato anche
prima… hai paura dei fulmini?»
Nel tono di voce di Ryoken non vi era alcuna traccia di scherno, solo
tanta voglia di capire il suo stato d'animo e comprendere al meglio la
situazione.
Yusaku riaprì lentamente gli occhi, il cuore ridotto a un
rottame sbatacchiato e le lacrime che premevano per sgorgare e rigargli
le gote.
«Più che dei
fulmini, ho paura dei ricordi… di quella volta…
oh, avrei dovuto parlartene prima…»
Stava per crollare, ormai del tutto affossato dal senso di impotenza
che provava, pesante come un macigno. Si diede mentalmente dello
stupido per essere stato zitto, per non aver mai raccontato a Ryoken la
verità.
Cosa gli era saltato in testa? A Yuma e Yuya quella mattina aveva detto
che si fidava di lui, quindi perché non si era confidato?
Perché non lo aveva reso partecipe di ciò che
aveva patito più di un anno addietro e che continuava ancora
a condizionare la sua esistenza?
Aveva rovinato tutto. E si sentì spaccato a metà,
come se ciò che sfregiava il suo ventre si fosse riaperto,
intenzionato a non rimarginarsi più. Una lacrima solitaria
evase dal suo controllo e lui tremò un'altra volta ancora.
Ryoken spense il fornello sul quale stava scaldando l'olio di cocco
nella padella e si avvicinò a lui, asciugandogli la lacrima
solitaria e baciandogli la fronte.
«Vuoi parlarmene
ora?» domandò, e Yusaku si ritrovò ad
annuire, avvertendo un senso opprimente di sconfitta farsi strada in
lui.
Non voleva perderlo. Per niente al mondo. Ma doveva anche affrontare la
realtà una volta per tutte.
10
Si sedettero sul divano, l'uno accanto all'altro, coi giochi della
PlayStation che aveva portato Ryoken perfettamente impilati sul
tavolino di fronte a loro. Yusaku aveva lo sguardo basso e si mordeva
con fare agitato il labbro inferiore, Ryoken invece lo osservava in
religioso silenzio.
Frattanto, la pioggia continuava a imperversare sul mondo esterno e i
fulmini tagliavano a metà il paesaggio cittadino,
illuminandolo e squarciandolo al tempo stesso. Yusaku tremò
ancora e
Ryoken gli prese le mani tra le proprie, carezzandole con amore.
«Più di un anno fa
conobbi un ragazzo» cominciò a raccontare,
fissando le loro mani. «Si chiamava… si chiama Keisuke e
non credo di essermi mai innamorato veramente di lui, ma provavo
comunque un sentimento che pensavo
fosse reciproco. Abbiamo iniziato a frequentarci e all'inizio andava
tutto bene: lui era simpatico, gentile, divertente… e in
più di un'occasione ho pensato che fosse proprio un bravo
ragazzo e mi sono fidato di lui. Ma c'era un problema: Keisuke beveva.
Beveva tanto. E quando si ubriacava diventava irascibile e alzava le
mani. All'inizio si è impegnato a tenerlo nascosto, diceva
che non voleva
mostrarmi il lato peggiore di sé e che stava
facendo di tutto per smettere. Ma nel momento in cui gli ho fatto
capire che gli sarei rimasto accanto nonostante tutto, ha messo in luce
la sua vera natura».
Si bloccò, deglutendo a fatica a causa di un orribile groppo
che gli si era materializzato in gola. La vista si fece via via sempre
più brumosa e più di una lacrima salata si
adagiò sulle mani di Ryoken, che continuavano a carezzare le
sue.
«Io mi fidavo di lui.
Ogni volta mi ripeteva che avrebbe smesso di bere, che sarebbe andato
tutto bene, che una
volta superato questo ostacolo saremo stati insieme per sempre.
Ma andava a finire sempre peggio e ho perso il conto delle volte in cui
mi ha strattonato o dato uno schiaffo o stretto forte le mani attorno
alla gola. Era una spirale senza fine: io volevo lasciarlo e lui mi
implorava di restare. E io restavo. E mi fidavo un'altra volta di
lui e lui tradiva ancora una volta la mia fiducia».
Ryoken smise di carezzargli le mani e gliele strinse forte, facendogli
capire di essere lì non solo fisicamente, ma anche con
l'anima.
(Sorreggendolo al meglio delle proprie capacità.
Perché il peggio doveva ancora arrivare).
«Una sera siamo usciti e lui,
come al solito, ha bevuto. Si è ubriacato al punto tale che
quasi non si reggeva in piedi, ma la forza per tirarmi uno schiaffo
l'ha avuta comunque. Fu in quel momento che decisi che con lui non
avrei più avuto nulla a che fare. Mi resi conto che quello
non poteva essere amore e che non lo sarebbe mai stato. Dopo uno
schiaffo che era solo l'ultimo di una lunga sequela, ma che forse
è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma per
lui era impensabile che tra noi finisse così. E
poi…»
E poi Yusaku scoppiò in lacrime. E raccontò a
Ryoken di come Keisuke l'avesse riempito di botte prima che riuscisse
miracolosamente a sfuggire a quel massacro sia fisico che emotivo. Che
lo lasciò lì a urlare e sbraitare cose orribili
con gli occhi dorati iniettati di cattiveria e follia, due fulmini
pronti a perforare la carne viva allo stesso modo in cui le sue mani
gli avevano perforato e fatto a brandelli la dignità, mentre
lui si allontanava con un labbro spaccato, gli occhi gonfi e tumefatti
e il viso e il collo colmi di lividi, intere galassie che grondavano
sangue.
Di come fosse salito in macchina con il cuore in gola, temendo di
essere inseguito, e fosse partito per non fare più ritorno
in quel parcheggio. Di come la pioggia scendesse fitta e rendesse
scivoloso l'asfalto… di come la vista dei fulmini gli
ricordasse gli occhi maligni di Keisuke… e di come perse il
controllo dell'auto, andando
fuori strada e schiantandosi contro un albero.
Fu come se un centinaio di fulmini l'avessero colpito al ventre.
Fulmini che bruciavano e che facevano male e che uccidevano. Fulmini
che gli avevano lacerato la carne, lasciando sgorgare il sangue.
(Il rumore della pioggia d'autunno… il respiro sempre
più debole… il cuore che batteva sempre
più lentamente… le palpebre che si abbassavano,
calando una volta per tutte il sipario sulla sua vita…)
«Poi mi risvegliai in
ospedale,» proseguì in un filo di voce,
«e quando fui in grado di sostenere una conversazione, parlai
con la polizia. Scoprii che Keisuke aveva fatto del male anche ad altre
persone e lo denunciai. Dopo qualche settimana lo arrestarono, si era
nascosto da un amico in un'altra città. Ancora oggi si trova
in carcere. Ma per quanto riguarda l'incidente, quello è
stato solo colpa mia».
Ryoken, che fino a quel momento gli aveva stretto le mani, sciolse la
presa per posarle sul suo volto
(lo stesso volto che altre mani avevano deturpato con la cattiveria).
«Non è vero,
Yusaku. Non è assolutamente vero. Non è stata
colpa tua».
Yusaku singhiozzò. «Ma c'ero io alla guida,
Ryoken. Desideravo così tanto allontanarmi da lui da non
rendermi conto che così facendo mi stavo mettendo in
pericolo con le mie stesse mani. Stavo andando troppo veloce
e… ed è successo quel che è
successo».
Ryoken lo abbracciò forte e Yusaku pianse ancora, per minuti
interi, stretto contro il suo petto. Avrebbe voluto che andasse
diversamente. Che il loro primo appuntamento fosse semplice e speciale
e non imbrattato dai brutti ricordi.
Ma ormai aveva rovinato tutto e, nonostante in quel momento Yusaku
fosse stretto a lui, temeva che presto Ryoken si sarebbe allontanato,
dicendogli di chiuderla lì, che sarebbe tornato a casa.
«Ti chiedo scusa per non
avertelo raccontato prima» sussurrò.
«Volevo… volevo solo sentirmi un ragazzo
normale…»
«Ma tu sei un ragazzo
normale».
Ryoken sciolse il loro abbraccio per poterlo guardare dritto negli
occhi. Quegli occhi azzurri che Yusaku tanto amava, in netto contrasto
con la malignità di quelli dorati di Keisuke.
«Sei un ragazzo stupendo,
Yusaku, a cui purtroppo sono capitate cose orribili. Ma non
è colpa tua, capito? La colpa è di chi diceva di
tenere a te e poi ti ha fatto solo del male. Tu… tu vali
tanto e quell'imbecille non se ne è mai reso conto. Ma devi
esserne consapevole tu per primo. E poi…»
(avvicinò
le labbra alle sue, sfiorandole appena)
«… io non ho paura
delle tue cicatrici. Vorrei invece conoscerle, se me ne darai la
possibilità».
Yusaku trattenne il respiro, le lacrime ancora fresche sulle sue gote.
E annuì piano.
«Ti fidi di me?»
«Sì, mi fido di
te».
11
Ryoken gli stava toccando il ventre. Con la pioggia d'autunno in
sottofondo e i fulmini ormai lontani. In quel momento Yusaku
realizzò che quella notte non avrebbero fatto l'amore,
perché il contatto più intimo che avrebbero
potuto raggiungere, per quella volta, stava accadendo proprio
lì, sul divano, con Ryoken che percorreva la sua epidermide
con una mano e lasciava che i polpastrelli tastassero ogni cicatrice,
imprimendola sottopelle come una nuova impronta digitale.
(Come
se volesse crearsi una nuova identità fatta di quelle
cicatrici che a modo loro erano ancora in grado di fare male).
Il respiro di Ryoken si infrangeva sul suo collo, caldo e piacevole, e
Yusaku si lasciò andare a un sospiro colmo di liberazione.
Non avrebbe mai pensato che il loro primo appuntamento prendesse una
svolta simile; che avrebbe concesso a Ryoken di toccarlo in quel modo
laddove era stato violato, che gli avrebbe aperto il suo cuore fino a
quel punto.
Non era tutto perduto. Anzi, era ancora tutto all'inizio, in attesa di
crescere e diventare qualcosa di meraviglioso.
Ryoken non aveva preteso che si privasse della felpa larga che
indossava. Aveva portato la mano sotto il tessuto dell'indumento e
aveva iniziato a toccarlo piano, con delicatezza, senza proferir
parola. E Yusaku, dopo un primo momento di rigidità, si era
concentrato su quel respiro placido che gli si infrangeva sul collo e
si era rilassato, lasciandosi amare come mai aveva fatto in vita
propria.
«Mi
prenderò cura di ogni tua cicatrice»
gli disse Ryoken, guardandolo negli occhi. «E voglio davvero
costruire qualcosa con te. Quando te la sentirai… io
sarò qui ad aspettarti».
Yusaku sorrise, proprio come aveva sorriso quella mattina quando aveva
scattato la foto con Yuma e Yuya — i quali, tra l'altro,
proprio in quel momento lo stavano tempestando di messaggi per sapere
come stesse andando la serata con Ryoken… e anche Miyu si
stava dando un gran daffare.
Gli sfiorò le labbra con le proprie e pensò a
quanto fosse bello amarsi nel modo in cui si amavano lui e Ryoken.
«Lo voglio anch'io. Voglio
davvero vivere al meglio la nostra storia. Ma prima di
tutto…»
«Sì…?»
«Vorrei proprio assaggiare la
zuppa thailandese che abbiamo lasciato in sospeso».
Ryoken rise divertito, allontanando la mano dal suo ventre.
«Hai assolutamente ragione,
sai?»
Si alzò dal divano e lo aiutò a fare altrettanto.
Quando furono entrambi in piedi, l'uno di fronte all'altro, si
guardarono un'altra volta negli occhi e si abbracciarono forte.
«Andrà tutto bene,
Yusaku. Te lo prometto».
E Yusaku sapeva che a quella promessa poteva crederci senza il terrore
di essere ferito. Perché non aveva trovato una persona
qualunque. Aveva trovato la
sua persona.
E insieme a Ryoken, i fulmini e la pioggia d'autunno facevano meno
paura.
N.d.A.
• ASPETTATE. Mettete via torce
e forconi, non c'è nessun Keisuke da menare. Infatti
è un personaggio che non esiste nel canon di VRAINS o di YGO
in generale proprio perché volevo staccarmi il
più possibile da questi atti tremendi ai danni di un essere
umano — ovvero: se li avesse compiuti un personaggio canonico
di YGO mi sarei fatta del male da sola, non riesco proprio a pensarci,
capite?
Rimane comunque il
fatto che Keisuke sia il diavolo sceso in Terra e che sia stato davvero
perfido nei confronti di Yusaku… qui più che mai
l'aver incontrato Ryoken è stata la sua salvezza, ancor
più che nella Vampire!AU secondo me.
• La prima parte, decisamente
più leggera e scanzonata — anche se con qualche
traccia dei traumi di Yusaku —, è stata proprio un
toccasana da scrivere.
Tra l'altro, io amo
alla follia il Trouble Trio e secondo me Yuma, Yuya e Yusaku hanno un
potenziale immenso — dovrei scrivere più spesso su
di loro, ora che ci penso.
E a tal proposito, ci
credete se vi dico che tutta la scena iniziale sognavo di scriverla da
almeno due anni? Ho sempre avuto in mente
questa scena in cui loro tre si trovano in una pasticceria e Yusaku,
mentre scrolla la home di Instagram, si ritrova appunto lo scatto di
Ryoken che ho descritto nella storia (che tra l'altro esiste ed
è una fanart STUPENDA) e diventa paonazzo, Yuma e Yuya
capiscono il perché e iniziano a stuzzicarlo come se non ci
fosse un domani.
Qui ovviamente ho
ampliato molto il contesto, ma sono felice di averle finalmente dato
vita — anche se non avrei mai pensato che la storia prendesse
poi una piega simile, MA DETTAGLI.
• Spero con tutta me stessa che
vi sia piaciuta.
Le tematiche che ho
affrontato non sono per niente belle e non le avevo mai raccontate
nelle mie storie o almeno, non ho mai raccontato di una relazione
tossica con annessa dipendenza dall'alcol da parte di uno dei due
partner, quindi non so proprio cosa aspettarmi dai vostri riscontri,
help.
Grazie per essere
arrivati fino a qui.
M a
k o
|
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Capitolo 11 *** December ***
December
• Non so nemmeno da dove cominciare, ve lo giuro.
Devo ancora realizzare che con questa storia si conclude la Raccolta ed
è come aver perso una piccola parte di me: spesso sono arrivata
all'ultimo, per mettermi in pari con gli aggiornamenti ho sudato sette
camicie, ma cavolo quante soddisfazioni mi ha dato questo progetto (!)
Quindi, proprio per questo, penso sia giusto concludere questa Raccolta
esattamente come l'ho cominciata: questa One Shot è il sequel
diretto de La malinconia delle primule, la prima storia che ho pubblicato per la Year of the OTP.
• Dato che non voglio
andare contro le regole del mio stesso forum, ho fatto in modo e
maniera di rendere fruibile questa OS anche senza aver letto La malinconia delle primule.
Vi basti sapere che Ryoken e Yusaku si sono ritrovati dopo dieci anni
di distanza sia fisica che emotiva, che il loro amore non è mai
finito e che Miyu, la migliore amica di Yusaku, ha compiuto un miracolo
invitando all'ultimo Ryoken al suo matrimonio.
La storia riparte proprio da lì, con Ryoken e Yusaku che si
godono il matrimonio di Jin e Miyu e intanto pensano anche alla loro
relazione, a ciò che vogliono dalla vita ora che si sono
ritrovati e niente, meglio non aggiungere altro per evitare spoiler
indesiderati.
• Spero con tutta me stessa che questa OS vi piaccia.
Prima di lasciarvi all'ultimo specchietto, ci tengo a ricordarvi che la
OS di novembre non è presente nella Raccolta in quanto durante
la stesura si è trasformata in una mini long di due capitoli che
ho pubblicato a parte e che potete trovare qui: Ipernova
Detto ciò, vi lascio allo specchietto e noi ci ritroviamo più giù, a fine storia.
Buona lettura!
December: Holidays together
Prompt forum: Un fiore, un pensiero, guardare il cielo (Three Things Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Introspettivo, Romantico
Note: Modern!AU, Lime (velatissimo), POV Ryoken
Un bouquet di rose bianche
1
Era tornato. Era tornato a casa
e, mentre stringeva Yusaku a sé nell'enorme stanza della villa
adibita a sala da ballo, con una bellissima canzone d'amore in
sottofondo, non poté fare a meno di pensare di aver compiuto la
scelta giusta.
Yusaku, il suo primo,
unico amore che in quel momento era tutto teso e concentrato sui passi
da seguire, timoroso di pestargli i piedi per sbaglio. Era a dir poco
adorabile.
Ryoken si fermò all'improvviso e Yusaku sussultò, alzando lo sguardo su di lui.
«Scusa. Non avevo in programma di ballare con qualcuno, oggi, e
ammetto di non essermi affatto esercitato…» si
giustificò, arrossendo appena.
Era in procinto di
aggiungere dell'altro, ma Ryoken avvicinò le labbra alle sue e
lo baciò con quanto più trasporto possibile, le mani che
vagavano sulla sua schiena e i loro petti che aderivano perfettamente.
Erano fermi, mentre tutti gli altri si muovevano e danzavano intorno a
loro come tanti pianeti che orbitavano intorno ai loro due soli.
«Non c'è problema» lo rassicurò con un
sorriso. «Possiamo anche rimanere così, senza dover per
forza ballare. Sai… il modo in cui ci stiamo
abbracciando… mi sembra di essere tornato a quel giorno…»
Gli occhi di Yusaku si velarono di un'emozione indescrivibile e brillarono di una luce stupenda.
«Mi piacerebbe tanto tornare al laghetto con te, una di queste
volte» ammise. Poi si alzò sulle punte e ricambiò
il bacio di prima con altrettanta dolcezza.
«Perché non adesso?» domandò Ryoken. «Non vorresti venire con me, ora?»
L'espressione di Yusaku
divenne a tratti languida e Ryoken avvertì un fremito
percorrergli la spina dorsale. Frattanto la canzone era terminata,
sostituita da un'altra sempre d'amore.
«Certo che vorrei, ma… sono il testimone della sposa e ci terrei ad arrivare vivo a domani».
Ryoken arricciò le labbra e trattenne a stento una risata.
«Dici che Miyu si arrabbierebbe tanto se scoprisse che ho rapito
il suo bel testimone?» celiò, mentre con le mani
percorreva la schiena di Yusaku, desideroso di un contatto sempre
maggiore.
Yusaku parve apprezzare particolarmente quelle carezze, difatti socchiuse gli occhi e rilassò i muscoli del corpo.
«Molto probabile. In fondo questa è la sua giornata
— e quella di Jin. Ma appena termineranno i festeggiamenti sarò tutto tuo, promesso».
E Ryoken non poté
fare altro se non crogiolarsi in quella promessa, conscio che Yusaku
mantenesse sempre la parola data. Potevano entrambi attendere ancora.
In fondo si erano aspettati per dieci anni, qualche altra ora in
più, in confronto, era leggera come un fiocco di neve caduto
distrattamente sul palmo della mano.
Andava tutto bene.
2
I matrimoni erano eventi
che riservavano sempre grandi sorprese, dalle più stravaganti
alle meno gradite. A quello di Miyu e Jin successe qualcosa di
assolutamente innocuo e molto grazioso, ma che da quel momento in poi
avrebbe segnato Ryoken per tanto, tantissimo tempo.
Accadde durante il lancio
del bouquet, quando più di dieci ragazze alzarono in aria le
mani, sbracciandosi nel tentativo maldestro di accaparrarsi il mazzo di
rose bianche. Solo che Miyu, senza rendersene conto, lo lanciò troppo indietro,
tanto che raggiunse i tavoli dove gli invitati avevano gustato
un'ottima cena e, per la precisione, si adagiò proprio tra le
braccia di Yusaku, il quale in quel momento era concentrato su
tutt'altro, ovvero scrollare le foto che aveva scattato nel corso della
giornata insieme a Ryoken.
Sgranarono entrambi gli occhi alla vista del bouquet lì
e non tra le mani vittoriose di una delle amiche di Miyu. Fu
però quando Yusaku afferrò il bouquet con dita tremanti
che tutto divenne realtà: perché ormai l'aveva toccato e,
di conseguenza, era suo.
(Ed era un po' come se fosse loro).
Tutto iniziò da lì. Dalla vista di Yusaku col bouquet di rose bianche.
E, certo, Ryoken era
appena tornato a casa dopo dieci anni di lontananza, e lui e Yusaku non
avevano ancora ufficializzato la loro relazione, ma… cielo, Yusaku col bouquet di rose bianche.
Esisteva forse un capolavoro più bello?
3
Non era cambiato nulla. Il
parco cittadino era proprio come lo ricordava, immenso, meraviglioso e
pregno di effluvi che lo facevano sentire nel posto giusto al momento
giusto.
Era sera ormai inoltrata e
i lampioni accesi lungo i sentieri del parco creavano dei giochi di
luce molto particolari; nonostante la primavera fosse già
arrivata con frizzante allegria da qualche settimana, le serate erano
ancora fredde ed era necessario coprirsi se si desiderava trascorrere
del tempo all'aperto.
Era l'occasione perfetta
per stringere Yusaku a sé e proteggerlo da quel clima avverso
— cosa che aveva già fatto per tutta la giornata, ma non
ne aveva ancora abbastanza e, con ogni probabilità, non ne
avrebbe mai avuto abbastanza.
Nel corso della loro
passeggiata, Ryoken rivisse tutti i momenti che aveva condiviso con
Yusaku dieci anni addietro, quando erano due adolescenti alle prese con
le prime esperienze romantiche. A quei tempi erano due ragazzi che
indossavano una divisa scolastica blu, affermando così la loro
appartenenza alla scuola superiore di Den City; ora, invece, erano due
giovani uomini fasciati nei loro completi eleganti che avevano imparato
una o due cose in più sulla vita e avevano raggiunto anche una
loro indipendenza. Erano maturati, ma non avevano mai dimenticato
ciò che li aveva uniti quando erano più giovani, e il
fatto che si stessero recando proprio nello stesso luogo in cui dieci
anni addietro si erano scambiati il loro primo bacio d'amore nonostante
il freddo e nonostante desiderassero fare ben altro
nell'appartamento di uno dei due — e magari su un materasso
morbido, al caldo, avvolti nelle lenzuola candide — metteva
sempre più in evidenza quanto il sentimento che li univa fosse
unico e speciale e fosse perdurato nel tempo.
Ma c'era una differenza
ancora più marcata e sostanziale che non dava tregua a Ryoken;
un dettaglio che si era aggiunto all'ultimo, qualcosa che non aveva
affatto calcolato: il bouquet.
Dieci anni addietro
c'erano state migliaia di primule che avevano brillato al sole del
pomeriggio, le stesse primule che ora si nascondevano in
un'oscurità che non faceva paura laddove i lampioni non
riuscivano a proiettare la loro luce artificiale. E il bacio che si
erano dati — il quale era stato il preludio a un'infinità
di altri baci — era stato di un'innocenza disarmante, così
puro e tenero da sciogliere il cuore e rimodellarlo in una forma del
tutto nuova e ancora più bella, pregna di vita e mille progetti
diversi per il futuro.
Ora, invece, era tutto
amplificato. Era fuoco liquido che scorreva sull'epidermide e nelle
vene, un desiderio che ardeva senza sosta e bruciava, bruciava, bruciava ogni cosa nel modo più bello possibile.
In piedi, l'uno di fronte
all'altro su quel ponte che aveva segnato l'inizio di tutto, si
guardarono negli occhi con una nuova consapevolezza riflessa nelle
iridi: che la loro storia d'amore era appena cominciata.
(Unica, vera e irripetibile).
E quando si baciarono, questa volta nel posto giusto,
sentirono di aver vinto definitivamente contro tutto ciò che non
erano stati in quegli anni che non li avevano visti insieme. Fu come
tornare alle origini, ma questa volta con la sicurezza che tutto
sarebbe andato per i meglio.
Poi accadde. Il profumo
delle rose bianche sovrastò quello delle primule e Ryoken
avvertì un fremito percorrergli tutto il corpo, senza
tralasciare neanche una cellula.
Yusaku aveva portato con
sé il bouquet, forse senza neanche rendersene conto, senza mai
lasciarlo andare. Quel bouquet che stava diventando sempre più una costante tra di loro, un punto di riferimento simile a una Stella Polare fatta di petali di rose bianche.
Gli stessi petali che ora
sfioravano i capelli di Ryoken, dello stesso candore di una neve che
era da poco uscita di scena per lasciare posto a una primavera che
profumava ancora un po' di inverno.
Strinse Yusaku ancora
più forte a sé, le labbra di entrambi cercarono un
contatto sempre maggiore e quando a malincuore dovettero staccarsi per
riprendere fiato, Ryoken nascose il volto nell'incavo del suo collo,
respirando tutto ciò che rendeva Yusaku meraviglioso e facendolo
diventare una parte di sé
(come se fosse davvero possibile trasformarsi in una persona migliore solo sfiorandogli la pelle con le labbra gonfie e calde).
Rimasero così
— immobili e perfetti — per minuti interminabili,
aggrappandosi l'uno all'altro e amandosi come solo loro sapevano fare.
E non parlarono del bouquet di rose bianche — anche solo in
maniera goliardica o leggera — nemmeno quando le pulsioni della
carne presero del tutto il sopravvento sui sentimenti dell'anima.
4
Il bouquet riposava in un
piccolo vaso che Yusaku non ricordava nemmeno di avere in casa. Se ne
stava al centro del tavolo in salotto avvolto nel suo muto splendore,
sordo e cieco a ciò che stava capitando in un'altra stanza e
inconsapevole di aver generato emozioni imponenti come i marosi che
sconquassavano il mare aperto.
Mentre affondava in lui e
si perdeva nel calore del suo corpo, nell'intensità dei suoi
gemiti e nelle sue iridi verdi velate dal piacere, Ryoken non riusciva
a smettere di pensare a quanto Yusaku gli fosse apparso stupendo ed
etereo nel momento in cui lo aveva rivisto dopo tanto tempo.
Riportò alla mente
il ricordo legato alla prima volta che fecero l'amore, quando erano
ancora due ragazzini che non sapevano nulla — o quasi — del
mondo degli adulti. A come fossero entrambi inesperti e impacciati ma
desiderosi di vivere quel momento fino in fondo, con la giusta
intensità, senza tralasciare nulla.
E ora, mentre si
ritrovavano entrambi nella loro seconda prima volta, più uniti
che mai, Ryoken realizzò che non fosse cambiato proprio nulla:
erano loro, erano sempre loro
solo più cresciuti, con qualche strascico di vita in più
e un'ombra un po' diversa proiettata ai loro piedi, ma oltre
ciò, niente era cambiato.
L'orgasmo li sconvolse fin
nel profondo, le membra accaldate ridotte a gelatina, i respiri corti
pregni di appagamento — era tutto così idilliaco, un
momento di pura estasi mischiato al sapore del miele.
«Resta» sussurrò Yusaku mentre riprendeva fiato,
avvolto nell'abbraccio di Ryoken. «Resta con me questa
notte».
Ryoken non poté che
acconsentire di buon grado a quella richiesta. Non ci teneva affatto a
tornare a casa, soprattutto quando aveva ancora più della
metà degli scatoloni da aprire e sistemare e ogni stanza
appariva così vuota da
fare un po' male. L'appartamento di Yusaku era graziosissimo e stare
accoccolato insieme a lui sotto le lenzuola, uniche testimoni di
ciò che avevano appena rivissuto dopo anni, appariva a tutti gli
effetti la conclusione migliore di quella giornata rivelatasi
decisamente intensa.
«Resto» rispose Ryoken, poggiando le labbra sul suo collo.
Baciò con delicatezza quel lembo di pelle arrossato e il mugolio
che evase dalle labbra di Yusaku gli riempì i timpani,
stordendolo come se non avesse mai udito un suono più bello in
vita propria.
«Per tutto il tempo che desideri».
5
Con lo scorrere
inesorabile dei mesi, il bouquet appassì e la loro relazione
divenne sempre più forte e intensa, una panacea contro ogni
male, un porto sicuro per entrambi. Ryoken conservava ogni singolo
momento trascorso con Yusaku in uno scrigno della mente; alcune volte
lo apriva, rovistava un po' in mezzo a tutto quell'incanto e rievocava
quei bei ricordi condivisi.
In primavera avevano festeggiato l'Hanami
con un picnic all'ombra dei Sakura in fiore ed erano poi saliti sulla
ruota panoramica per ammirare Den City dall'alto, uno spettacolo
mozzafiato in grado di rendere quella città trafficata molto
più accogliente e vivibile; in estate avevano entrambi espresso
un desiderio durante la Tanabata
e avevano fatto l'amore sulla spiaggia, cullati dal dolce suono delle
onde che giungevano a riva con timidezza; in autunno avevano finalmente
bevuto la prima cioccolata calda e avevano passeggiato lungo una
distesa di foglie rosse che parevano tanti tizzoni incandescenti di
diversi tipi e forme, un mosaico di sfumature scarlatte che scaldava
l'anima mentre il vento freddo annunciava il ritorno del periodo
più rigido dell'anno.
Avevano rivissuto insieme
già tre stagioni e l'inverno era in procinto di arrivare con
raffinata eleganza e con esso anche la loro prima vacanza, solo loro
due, in una città che non avevano mai visitato.
Erano entrambi
economicamente stabili — Ryoken lavorava come programmatore nella
sede giapponese della SOL Technologies, mentre Yusaku come tecnico in
un negozio di elettronica specializzato in computer e smartphone
—, avevano una chimica pazzesca e con l'anno nuovo avevano in
progetto di andare a vivere insieme, cosa che avrebbero fatto fin da
subito — da quando Yusaku aveva chiesto a Ryoken di restare la
prima notte — se solo l'idea di correre troppo in fretta non
avesse bussato alle porte della loro coscienza. Ne avevano parlato con
calma e avevano entrambi concordato che era meglio aspettare ancora, di
non fare il passo più lungo della gamba.
Yusaku era tranquillo a
riguardo, e anche Ryoken lo era, o meglio, così dava a vedere.
In realtà dentro di lui viveva un'agitazione perenne, un
subbuglio emotivo nato il giorno del matrimonio di Jin e Miyu, da
quando aveva visto Yusaku prendere in mano il bouquet di rose bianche.
Qualcosa aveva iniziato a modellarsi nei suoi pensieri, qualcosa di indefinito dalle sfumature romantiche e che profumava di per sempre. E cielo, lui e Yusaku non volevano correre, eppure Ryoken stava già pensando a certe cose
e in più di un'occasione aveva dato tutta la colpa proprio al
bouquet composto da rose bianche ormai secche, ma sempre bellissime e
pure.
Yusaku se n'era preso cura per tutto il tempo e, ovviamente, l'aveva conservato senza gettarlo via. E sapere
che era sempre lì, a casa del suo ragazzo, rendeva Ryoken
inquieto in un modo che non riusciva a spiegarsi. Come se il bouquet,
in tutta la sua innocenza, avesse capito quali fossero i suoi pensieri e i suoi desideri più intimi nei confronti del suo amato.
Come se ogni petalo l'avesse psicanalizzato fino all'osso, imparando a conoscerlo in mille modi differenti.
(E
ognuno di loro sapeva bene cosa si scatenava nel petto di Ryoken
ogniqualvolta vedeva Yusaku e a quale tipo di “per sempre”
ambisse insieme a lui).
Ryoken ripensò
all'espressione del tutto sconvolta di Miyu alla vista di Yusaku con in
mano il suo bouquet. Ma era un'espressione sconvolta più dettata
dalla realizzazione di aver lanciato troppo in là
il mazzo di fiori che altro; era genuinamente sorpresa per la
situazione che si era creata, tanto che Ryoken si era convinto
nell'immediato che non l'avesse fatto apposta, era successo e basta.
Il fatto che lui, a
distanza di mesi, continuasse a pensarci, era un problema che doveva
risolvere da solo. Ma, a dirla tutta, era davvero un problema?
Era qualcosa che lo
metteva in soggezione, non poteva certo negarlo, ma al contempo lo
faceva sentire più vivo che mai e ogni giorno gli faceva
realizzare di essere sempre più innamorato di Yusaku. E ogni
volta che formulava nella sua testa ipotetici scenari nei quali avrebbe
potuto concretizzare quei pensieri, quasi perdeva il contatto con la
realtà, arrivando a toccare vette inesplorate.
Poi tornava bruscamente
indietro e si domandava come si sarebbe posto nei confronti di Yusaku
se un giorno fosse capitato per davvero… e si sentiva bruciare,
come se fosse un adolescente alle prime armi, del tutto inesperto
sull'amore e il romanticismo.
Ma alla fine sorrideva
sempre. Con le gote arrossate e i muscoli intorpiditi, non riusciva a
impedire alle labbra di incurvarsi all'insù e di pensare a
quanto fosse fortunato di potersi concedere pensieri simili ogni volta
che dedicava le sue attenzioni a Yusaku.
6
C'era un motivo per il quale si chiamava Paradise City,
e Ryoken ebbe modo di scoprirlo una volta sceso dall'auto dopo tante
ore trascorse al volante. Nonostante la stanchezza dovuta al lungo
viaggio, nel momento in cui giunse a destinazione provò un senso
di completezza immenso invadergli il petto, diramandosi poi in ogni
cellula del corpo.
Paradise City era, a tutti
gli effetti, quel luogo meraviglioso tanto decantato dai suoi stessi
abitanti e da chi aveva avuto il piacere di visitarla ed esserne stato
ospite per qualche tempo. Ryoken dovette concordare per una volta che
le varie sponsorizzazioni in televisione o sui social network dicessero
il vero: “Desideri vivere una vacanza da sogno? Vieni a Paradise City”.
Era una città
vivace e colorata, pregna di suoni ed effluvi in grado di ripristinare
la pace interiore nel giro di un battito di ciglia; era caotica,
sì, ma molto più vivibile di Den City e, più di
ogni altra cosa, era una città che splendeva di luce propria
proprio durante il periodo natalizio.
Paradise City era la terra
degli artisti di strada, degli ammaliatori e dei prestigiatori; era la
terra dei mercatini natalizi, i più belli fra tutti, della
cordialità e del profumo dello zucchero filato che aleggiava
nell'aria.
E Ryoken si sentì
l'uomo più felice al mondo quando prese per mano Yusaku e
realizzò che tutto quell'incanto l'avrebbe vissuto insieme a lui.
7
Dalla finestra della
camera d'hotel che avevano prenotato, avevano modo di osservare la
città da una postazione privilegiata; era come volgere lo
sguardo verso una distesa di pietre preziose dai colori caldi e
gradevoli, uno spettacolo inenarrabile degno di essere ammirato almeno
una volta nella vita.
Difatti, si trovavano poco
distanti dai mercatini natalizi della città, i quali si
svolgevano nell'enorme piazza che era il vero cuore pulsante di tutta
Paradise City.
Volgendo lo sguardo verso
l'alto, sempre dalla sua postazione privilegiata, Ryoken notò
che il cielo era in procinto di regalare al mondo una bellissima
sorpresa. Quel grigio tendente quasi al bianco, la compattezza delle
nuvole, l'immobilità con la quale rimanevano sospese
lassù, immacolate e inarrivabili…
«Credo che tra poco nevicherà» annunciò a
mezza voce, parlando più a se stesso che altro.
Yusaku, intento a
sistemare qualche capo d'abbigliamento nell'armadio, si interruppe e
gli si avvicinò, alzando anch'egli lo sguardo verso il cielo.
«Siamo arrivati proprio al momento giusto» disse, poggiando il capo sulla sua spalla.
Ryoken lo prese per un fianco, stringendolo appena.
«Hai assolutamente ragione».
8
Se Ryoken avesse potuto
rivivere all'infinito una giornata in particolare della propria vita,
avrebbe sicuramente scelto il suo primo giorno a Paradise City insieme
a Yusaku. Dopo aver sistemato i vestiti nell'armadio ed essersi
riposati un po', erano finalmente usciti, intabarrati dalla testa ai
piedi, pronti a vivere e respirare insieme il delizioso clima natalizio
che quella terra aveva da offrire.
Proprio come Ryoken aveva
predetto, nel giro di poco aveva anche iniziato a nevicare, rendendo
così il paesaggio cittadino ancora più incantevole e
fiabesco. Tra le luci dagli innumerevoli colori, la neve che scendeva
placida e silenziosa dal cielo per poi adagiarsi ovunque con grazia ed
eleganza, gli effluvi delle bevande calde e delle specialità
culinarie servite alle bancarelle dei mercatini, gli bastava tenere
Yusaku per mano per elevare tutto quanto a un'esperienza ancora
più sorprendente e al contempo familiare.
Yusaku aveva già
acquistato il regalo per Miyu — un carillon con una ballerina dal
tutù azzurro che la ragazza cercava da tanto tempo — e
anche quello per Jin — un raffinato ricettario che in futuro
avrebbe riempito di tutte le preparazioni dei dolci che sperimentava
nel laboratorio della sua pasticceria —, mentre Ryoken era ancora
in alto mare e si stava guardando intorno alla ricerca di qualcosa che
potesse piacere ai due sposini. Si sarebbe sentito in debito con loro
per l'eternità e tutti i tesori del mondo non sarebbero mai
bastati per ringraziarli a sufficienza per il miracolo che avevano realizzato invitandolo all'ultimo al loro matrimonio.
Questo però
passò silenziosamente in secondo piano quando Yusaku gli
indicò una bancarella che vendeva soprammobili e altri oggetti
di arredo, tutti artigianali.
«Credo di aver visto qualcosa di interessante» disse
soltanto, e Ryoken si lasciò guidare incuriosito dalla stretta
delle loro mani.
«Infatti non mi sbagliavo» commentò Yusaku con una
punta di soddisfazione nel tono di voce una volta giunti dinanzi la
bancarella.
Ryoken seguì il suo sguardo e, quando lo vide, si maledisse per non essere stato il primo a notarlo. Era bellissimo. E sarebbe stato un regalo perfetto
per Yusaku sotto ogni punto di vista, uno di quei doni che gli avrebbe
fatto illuminare gli occhi di una felicità genuina, quella gioia
che Ryoken, nel corso del tempo, si era sempre impegnato a mantenere
viva in lui, in loro — e Yusaku aveva sempre fatto altrettanto.
Era un adorabile
coniglietto grigio in ceramica, finemente dipinto con una cura dei
dettagli impressionante, tanto che i suoi occhietti scuri apparivano
più vivi e vispi che mai. Si reggeva sulle zampe posteriori,
mentre con quelle anteriori reggeva un piccolo frutto. Cielo sì,
sarebbe stato proprio il regalo perfetto per Yusaku.
Poi però Yusaku lo
sorprese. E lo fece con così tanta innocenza che Ryoken
sentì il proprio cuore tramutarsi in un muscolo incandescente
che batteva troppo forte all'interno della cassa toracica.
«Mi scusi» domandò all'uomo che gestiva la bancarella, «quanto costa la tigre bianca in ceramica?»
Tigre bianca? C'era davvero una tigre bianca in mezzo a tutti quei suppellettili dalle forme più svariate? Si era davvero lasciato sfuggire il suo animale preferito?
Sì, era andata
proprio così. E la tigre bianca che Yusaku aveva adocchiato era
unica nel suo genere, possente e dal portamento fiero, con gli occhi
che parevano due zaffiri appena lucidati e un ruggito inanimato che
premeva sulla gola, quasi l'animale volesse annunciare la propria
presenza davanti agli altri.
Ryoken era rimasto senza
parole, lo sguardo fisso sulla statua in ceramica. E forse fu per
questo che Yusaku si agitò un poco, impensierito da quella
non-reazione.
«Non ti piace?» domandò con un filo di tristezza nel
tono di voce. «Scusa, volevo farti un altro regalo di Natale, ma forse avrei dovuto prima chiederti…»
Avevano diviso le spese
del viaggio e dell'hotel, regalandosi così a vicenda la loro
prima vacanza insieme. E non avevano parlato di scambiarsi altri doni
oltre a quello perché, in fondo, una settimana insieme in una
delle città più rinomate e romantiche del Giappone
durante il periodo natalizio era già di per sé qualcosa
di inestimabile.
Ma Ryoken non aveva mai
smesso di pensare a un altro regalo per Yusaku, qualcosa che avrebbe
acquistato per lui e lui soltanto, un piccolo gesto d'amore a cui non
voleva rinunciare. E si sentì sciogliere nel constatare che
anche per Yusaku fosse lo stesso.
«Certo che mi piace» lo tranquillizzò con un
sorriso. «Solo, pensavo volessi comprare il coniglietto, non la
tigre».
Yusaku sgranò gli
occhi, realizzando solo in quel momento che ci fossero altri animali
oltre al felino bianco. Osservò il coniglietto grigio, il quale
si trovava poco distante dalla tigre, e inarcò un sopracciglio.
«Fammi capire: hai notato il coniglietto e non la tigre?»
Ryoken lo guardò allo stesso modo. «E tu hai notato la tigre e non il coniglietto?» domandò di rimando, scatenando l'ilarità del ragazzo.
(Eccola, meravigliosamente indescrivibile, la risata che aveva giurato di proteggere per il resto della vita).
«Sai» proseguì Yusaku dopo qualche istante,
«appena l'ho vista ho pensato che sarebbe perfetta da riporre su
una mensola nella… nella nostra casa. Quando ne troveremo
una… con l'anno nuovo…»
Fu in quel momento,
proprio in quell'istante che i fiocchi di neve che scendevano silenti
sulla città si tramutarono per Ryoken in un concerto di petali
di rose bianche. Fu in quel momento, proprio in quell'istante che
realizzò ancora una volta di amare Yusaku più di ogni
altra cosa al mondo, che senza di lui la sua vita sarebbe stata un
susseguirsi insipido e monocromatico di giornate dedicate interamente
al lavoro senza lasciare spazio a nient'altro. Fu in quel momento,
proprio in quell'istante che il pensiero
(il desiderio)
che albergava in lui da
tanto tempo fece vibrare le corde vocali, acquisendo una forma
concreta, un'idea astratta rimodellata con l'inchiostro nero su un
foglio di carta bianco come la neve. E lo disse.
«Sposami».
9
Il tempo si
cristallizzò per un secondo sfilacciato e poi, quando
ripartì, si sentì scaraventare altrove, in un altro
tempo, in un altro pianeta, in un altro universo. Non aveva mai
interrotto il contatto visivo con Yusaku e, proprio per questo,
poté ammirare ogni singolo cambiamento in lui, dal più
marcato al più fievole.
Le gote di Yusaku
sfumarono in una serie di gradazioni di rosso che Ryoken non credeva
nemmeno potessero esistere, i suoi occhi verdi si sgranarono in un
bellissimo slow motion senza precedenti e il respiro che fuoriusciva
dalle sue labbra, condensato in una serie di nuvolette bianche, era
molto più celere e frammentato rispetto a prima, quando tutto
era ancora tranquillo e loro erano solo due innamorati che stavano
battibeccando amorevolmente sui loro animali in ceramica preferiti.
«Tu… hai appena detto…?» tentò di
formulare Yusaku, con scarsissimi risultati. Ci mancava poco che i
sacchetti contenenti i regali per Jin e Miyu gli sfuggissero di mano
dal gran che era rimasto sconvolto nell'udire quell'affermazione.
Sconvolto esattamente come Miyu quando, mesi addietro, aveva realizzato
di aver centrato in pieno proprio le sue braccia con il lancio del
bouquet: qualcosa di così inaspettato da far quasi perdere del
tutto il tocco col presente e la realtà.
«Sì, l'ho appena detto» confermò Ryoken,
conscio che non sarebbe mai più potuto tornare indietro dopo
un'esternazione simile.
Nel corso dei mesi aveva
pensato un'infinità di volte a un momento simile, ma mai,
neanche per un istante, avrebbe immaginato di concretizzarlo lì,
in una città che ancora non conoscevano, davanti alla bancarella
di un signore che non sapeva chi fossero e senza una scatolina in
velluto blu contenente un anello di fidanzamento. Conoscendosi, Ryoken
avrebbe puntato a un'atmosfera molto più intima e romantica e fu
lì che realizzò che la prima — e ultima —
volta in cui avrebbe chiesto la mano di Yusaku si stava risolvendo in
un modo talmente improvviso da frastornarlo.
Si umettò le labbra
e proseguì: «Avrei voluto chiedertelo una volta trovata
casa insieme. Ma non ce la facevo più ad aspettare…
è da quando ti ho visto tenere in mano il bouquet di Miyu
che—»
«Aspetta» lo interruppe Yusaku, possibilmente ancora
più sconvolto di prima, «mi stai dicendo che è dal primo giorno che ci siamo rivisti che vorresti chiedermi di sposarti?»
Ryoken annuì,
conscio che ormai non poteva più tenersi tutto dentro e quindi
tanto valeva dare una forma a ogni pensiero che nel corso del tempo
aveva popolato la sua testa.
«Lo so che è presto. Lo era quel giorno e lo è ancora oggi. È solo che… quel bouquet, capisci? Quando ti ho visto con quel bouquet tra le mani non ho capito più nulla. Eri… sei
bellissimo, Yusaku. E io sono perdutamente innamorato di te. E
sì, ti ho appena chiesto di sposarmi, anche se non ho alcun
anello di fidanzamento da donarti».
Yusaku non rispose subito. Si concesse qualche attimo per assimilare ciò che aveva udito
(la dichiarazione d'amore più bella del mondo)
e via via che i secondi si sfaldavano l'uno dopo l'altro, la sua espressione si addolciva sempre più.
«Quando quel giorno ti ho visto avanzare verso di me, ho pensato
solo a una cosa. Sai qual è?»
Ryoken negò col capo. Yusaku sorrise e i suoi occhi si velarono di una felicità tremante.
«Ho pensato: voglio trascorrere il resto della mia vita insieme a te. E lo penso tuttora. Quindi la mia risposta è sì. Anche senza un anello di fidanzamento ti sposerei qui, ora, sotto la neve».
Il cuore di Ryoken
traboccò di gioia, la stessa felicità tremante riflessa
nelle iridi di Yusaku. Si chinò verso di lui, sfiorandogli le
labbra con le proprie e beandosi della loro morbidezza.
«Vorrei regalarti quel coniglietto in ceramica, se me lo concedi».
«Solo se io posso regalarti la tigre bianca».
«Certamente».
(Era un nuovo inizio. Il loro).
10
Quella sera, una volta
tornati nella loro stanza in hotel, ordinarono il servizio in camera
senza badare a spese. Decisero di concedersi di più, sempre di più,
e dopo aver cenato e bevuto dell'ottimo vino rosso e ballato e fatto
l'amore ancora e ancora, si sentirono finalmente appagati e in pace col
mondo intero.
«Manca solo l'anello» disse Ryoken mentre carezzava la mano
sinistra di Yusaku. Avvicinò le labbra all'anulare e lo
baciò, lasciando un piccolo segno sulla prima falange. «Yusaku… vuoi sposarmi?» domandò, guardandolo dritto negli occhi e perdendosi nella brillantezza di quel verde che tanto amava.
Yusaku sorrise e fece
altrettanto: prese la sua mano sinistra e baciò la prima falange
dell'anulare, suggellando così la loro promessa e tutto il
profumo di eternità che questa avrebbe portato con sé.
«Sì, Ryoken. Voglio sposarti».
Non avevano degli anelli di fidanzamento — non ancora, almeno.
Ma avevano due piccoli segni ai loro anulari sinistri, come nastro rosso legato a un bouquet di rose bianche.
Ed erano perfetti così.
Fine.
N.d.A.
• Mettere la parola “fine” a questo progetto è doloroso, ma allo stesso tempo quasi catartico.
Ho iniziato col POV di Yusaku ed era giusto concludere con quello di
Ryoken e tutto ciò che quel bouquet di rose bianche ha scatenato
in lui.
Questa OS è molto più semplice rispetto a tante altre che
ho scritto per questa Raccolta ma, al contempo, sentivo che dovevo
scriverla in questo modo, senza problemi o casini vari da affrontare,
solo tanta introspezione, un amore puro e sincero e… e si
sposano, vi rendete conto?
GLI AMORI MIEI SI SPOSANO e quando ho fatto pronunciare a Ryoken quel “Sposami”
sono tipo implosa perché non ero mai arrivata a un punto
così importante della loro relazione, ma questa OS…
cielo, questa OS urlava di essere sviluppata in questo modo e in nessun
altro e chi sono io per impedirlo?
• Ryoken e Yusaku ne hanno vissute di ogni in questa Raccolta.
Si sono allontanati, si sono ritrovati, hanno litigato, hanno fatto
pace, hanno fatto l'amore, hanno affrontato le tragedie più
disparate, hanno riso e hanno pianto, si sono baciati e si sono sempre
supportati a vicenda… quindi scrivere l'ultima scena di questa
OS, con loro due che ordinano il servizio in camera e bevono vino rosso
e ballano e poi fanno l'amore e Ryoken chiede ufficialmente a Yusaku di
sposarlo anche senza anello di fidanzamento lo considero anche il mio
modo per farmi perdonare da loro, che ne hanno passate di ogni e in
più di un'occasione li ho fatti soffrire come due dannati.
• Ho tanti progetti in
testa per l'anno nuovo, ovviamente tutti con protagonisti Ryoken e
Yusaku (poi chissà, magari riprenderò a scrivere su altre
ship se mi tornerà l'ispirazione anche per loro) e spero tanto
di rivedervi anche lì.
Grazie di cuore per aver seguito questa Raccolta dall'inizio alla fine,
per aver letto solo qualche OS, anche solo una, e per averla aggiunta
alle liste.
Grazie per il supporto prezioso e per tutto il tempo che avete dedicato a me e a questi due sottoni adorabili.
Questa Raccolta vive anche grazie a voi che ci siete stati e a tutti coloro che arriveranno in futuro.
Vi auguro Buone Feste e un felice anno nuovo!
M a k o
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