Yourself

di Im_notsupposedtobehere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Sulla via di Casa ***
Capitolo 3: *** Riuniti ***
Capitolo 4: *** Dubbi ***
Capitolo 5: *** Ad un soffio ***
Capitolo 6: *** Ciò che va fatto ***
Capitolo 7: *** Quello che non ti ho mai detto ***
Capitolo 8: *** Illusioni ***
Capitolo 9: *** Fidati di me ***
Capitolo 10: *** Dedizione e risolutezza ***
Capitolo 11: *** Conseguenze ***
Capitolo 12: *** Ymir ***
Capitolo 13: *** Preparativi ***
Capitolo 14: *** Interlude- parte 1 ***
Capitolo 15: *** Interlude- Parte 2 ***
Capitolo 16: *** Under the tree ***
Capitolo 17: *** Come cinque anni fa ***
Capitolo 18: *** Tredici anni per diventare un Eroe ***
Capitolo 19: *** Nati dallo stesso dolore ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


anno 845

Erano solo quattro ragazzi quelli che salutavano energicamente le loro famiglie rimaste sul molo del porto di Marley.
Niente più che quattro dodicenni ancora troppo giovani, che mai avrebbero dovuto portare sulle loro spalle il peso della loro missione.

 

La folla li salutava di rimando, entusiasta e festante con cori di incoraggiamento per quei giovani guerrieri pronti ad affrontare una terribile missione; qualcuno piangeva, probabilmente i loro familiari più stretti, portando i fazzoletti agli occhi per asciugare le loro guance contratte e deformate dal pianto, qualcuno li guardava con un’espressione di mal celata insofferenza tradendo una sinistra speranza di non dover tornare ad accoglierli presto.

Una ragazzina si era arrampicata sui bancali accatastati accanto alle bitte della banchina per assicurarsi una visuale migliore: non sorrideva né si univa alle grida di saluto della folla, si limitava a fissare il gruppo di suoi coetanei che si allontanava, cercando di immortalare nella sua mente i visi di ognuno di loro.

Fu per un solo secondo, lo sguardo di lei sembrò attirare quello del ragazzino a bordo della nave. Forse i loro occhi si incrociarono, nessuno dei due era sicuro che l’altro stesse guardando proprio nella sua direzione, ma un sorriso timido increspò le loro labbra;
il ragazzino biondo alzò titubante un braccio, la ragazzina portò la sua mano in alto di rimando. Il loro saluto fu tutto lì.

Anni di giochi, confidenze e segreti innocenti di bambini racchiusi in un leggero sventolio di una mano.

Quel sorriso timido non raggiunse gli occhi di nessuno dei due.

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Leda 

 

Leda Krause percorreva la strada che dal molo la separava dal quartiere d’internamento di Liberio a testa bassa, aggiustandosi di tanto in tanto la fascia gialla che portava al braccio e  strusciando pesantemente i piedi sulle sudice strade del quartiere navale.


Non aveva quasi più completamente forze in corpo, era come se le ultime due settimane l’avessero ripetutamente schiaffeggiata, anche se, a ben pensarci, era da quando i cadetti prescelti avevano ereditato i loro Giganti due anni prima, che le sembrava di essere sempre in costante conflitto con chiunque.

La nonna le diceva che sicuramente era solo una fase passeggera, “la solita testa piena di problemi di una ragazzina appena sbocciata” ma Leda sapeva che non era così.

Non era la fanciullezza che lasciava il passo all’adolescenza a farle ribollire il sangue di rabbia, non era neanche la delusione di non esser stata all’altezza, no, era tutt’altro quello che provava.
 

Lungo la strada, camminando, calciava un piccolo sasso distrattamente assorta nel rimuginare della sua testa, non curante degli sguardi di disgusto che i marleani le riservavano. 


<<  Dovresti fare attenzione: finirai nei guai se colpisci qualcuno >> 

Una voce femminile la riportò con la mente alla realtà, sussultando per lo spavento e si voltò a guardare in direzione della ragazza che aveva appena parlato.


<< Pieck! >> squittì Leda non riuscendo a nascondere la sorpresa e lo spavento nella sua voce; davanti a lei c’era Pieck Finger una dei sette cadetti scelti dell’esercito di Marley, l’attuale posseditrice del Gigante Carro.

Lei e Pieck non erano mai state particolarmente amiche prima dei fatti degli ultimi due anni, ma dopo la nomina dei cinque successori le cose tra di loro erano cambiate: si erano molto avvicinate, condividendo sempre più tempo insieme. Pieck era una ragazza gentile e attenta, non aveva difficoltà a capire gli stati d’animo delle persone che le stavano vicino e non ci aveva messo molto a notare il turbamento che Leda cercava inutilmente di dissimulare. Due anni prima le era bastata una sola domanda e il muro che la ragazzina aveva messo su era crollato, da quel giorno Pieck le era rimasta sempre vicina, in qualche modo, ascoltando, scherzando e cercando di incoraggiarla come meglio potesse.

<< Alla fine sei venuta a salutare gli altri al porto, eh? >> chiese sorridendo.

Leda si strinse nelle spalle, scrollandosi di dosso quella domanda con un gesto vago e disinteressato.

<< Sì ma non sono riuscita a parlargli, ho fatto tardi.>> allontanò un pensiero che non ebbe il coraggio di ripetere ad alta voce sventolando l’aria con la mano.
<< Avrà talmente tante cose da fare ora che è in missione che non avrebbe avuto il tempo di stare a pensare ad altro, figuriamoci le mie paranoie, non era importante.>> 

<< Hai fatto tardi? Tu? >> Pieck sgranò gli occhi sorpresa <> chiese sornoniona.

Con un lieve broncio e gonfiando il petto Leda rispose affermativamente:
<< Non stavo assolutamente, volontariamente, intenzionalmente, ,deliberatamente e premeditatamente evitando di incontrare Reiner prima dell’imbarco per la sua missione a Paradis >>
Ad entrambe scappò una risatina, forse la prima in tutta la giornata che realmente si addiceva a delle ragazzine di 12 anni.
<< Prima o poi dovrete chiarirvi voi due, lo sai Leda >> la voce di Pieck si era fatta più dolce e comprensiva con l’amica: la stupida lite tra Reiner e Leda era ormai fuori controllo e dopo due anni di frecciatine e battibecchi tutti quanti erano d’accordo che fosse arrivato il momenti di chiuderla lì, tutti quanti la pensavano così… persino Annie.
Leda di nuovo  tesa e in imbarazzo, spostò il peso da una gamba all’altra, non poteva fare a meno di pensare che la sua amica avesse ragione ma che ormai era tardi.

Ci aveva provato a parlare con Reiner a spiegargli perché si comportava così ostilmente nei suoi confronti ma proprio non riusciva a dare le parole ai suoi pensieri. Eppure, lei teneva davvero a lui e non era sempre così ostile come quando erano tutti insieme, c’era un qualcosa di segreto tra lei e Reiner che nessun’altro di loro aveva modo di vedere e capire.

Quando erano insieme Pieck, Berthold, Annie, Porko Reiner e lei le cose erano molto diverse, era come se loro tutti dovessero comportarsi in un modo preciso: il peso delle aspettative era tutto sulle loro spalle, le loro differenze di abilità così palesi sotto il giudizio di tutti e nessuno di loro poteva realmente mostrarsi per chi fosse realmente.

Questo Leda lo detestava. Ma non capiva perché.
Poteva solo guardare i suoi amici contendersi un onore mortale, mettendosi in competizione l’uno con l’altro in una gara disperata dove in palio c’era solo una vita breve fatta di rinunce e sofferenze, ma questo lo avrebbe capito solo anni dopo. Per ora il solo pensiero che riusciva a razionalizzare era che il suo migliore amico era partito per l’Isola dei Demoni e che se fosse sopravvissuto, avrebbe potuto rimanere in vita per soli altri 11 anni e lei non era riuscita a salutarlo perché il suo orgoglio le aveva impedito di scusarsi.


Pieck notò le lacrime fare capolino negli occhi di Leda e si lasciò scappare un sospiro sconsolato, scosse la testa rassegnata all’idea che quei due avrebbero continuato a litigare per un nonnulla per il resto dei loro giorni;  la prese sottobraccio e insieme si incamminarono verso i cancelli di Liberio.

<< Passi per questa volta, ma quando torneranno dovrai davvero dirgli tutto quanto >>

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Capitolo 2
*** Sulla via di Casa ***


Anno 850

 

Leda


 

La porta dell’aula di tirocinio si spalancò di colpo, facendole cadere di mano gli attrezzi che aveva appena finito di sterilizzare.
<< Dannazione, il dottor Croix stavolta mi caccia davvero dalla clinica ! >> Leda si lamentò ad alta voce senza mascherare la sua frustrazione << Avevo appena finito di riallestire la sala dopo le esercitazioni! Mi auguro che tanto slancio sia per qualcosa di serio! >>
<< La missione è rientrata! Jaeger e Finger sono tornati a casa! >>

A quella notizia Leda si girò di scatto verso la sua compagna di corso, con un movimento talmente rapido che il suo collo schioccò rumorosamente. Come una furia si lanciò verso la ragazza che era appena entrata nella sala rovesciandole addosso un fiume in piena di domande: “quando?” “sono già arrivati?” “a quale molo attraccheranno?” “chi è rientrato?” “Pieck sta bene?” “stanno tutti bene?”
Senza neanche aspettare una risposta, Leda si precipitò fuori dalla stanza e dalla clinica per gettarsi nella folla di persone dirette verso il porto, lo stesso porto dal quale cinque anni prima era salpata la prima spedizione, mai rientrata, dei tre cadetti scelti per infiltrarsi nell’isola dei Demoni. Il fiume di persone che avevano invaso le strade del quartiere di Liberio le impediva di vedere oltre al suo naso, quasi schiacciandola nell’impeto e l'euforia di poter riaccogliere a casa gli eroi di Marley, la spingeva e trasportava allo stesso tempo e Leda si lasciava guidare dagli astanti senza porre resistenza, scivolando di tanto in tanto tra una schiena e l’altra, per cercare di assicurarsi un posto migliore per guardare la nave attraccare.

<< LEDA! >> Una voce maschile la stava chiamando da una delle macchine ferme sulla strada, anch’esse bloccate dalla miriade di persone scese in strada. Leda faceva fatica ad alzare la testa in direzione della voce che la stava chiamando, ma dopo qualche sforzo riuscì ad issarsi ad un cancello di una delle case e alzarsi leggermente da terra per guardare nella direzione dalla quale la stavano chiamando.
Dalla macchina, sporto fuori dal finestrino, Porko stava agitando le braccia per farsi vedere dalla ragazza:
<< Vieni con noi, stiamo andando a riprendere tutti al porto!>>
Leda si portò una mano a coppa vicino alla bocca e ignorando l’invito di Galliard chiese a gran voce:
<< Sai qualcosa? Come stanno tutti? >>
Porko non rispose alla domanda, rientrando nella macchina richiamato dal conducente. Il cuore di Leda le sprofondò nello stomaco, le braccia le iniziarono a tremare e istintivamente si mosse in direzione dell’automobile, spingendo e strattonando con veemenza  i passanti per farsi strada nella via affollat.  Mentre cercava di avanzare, la sua mente si arrovellava sul perché Porko non le avesse risposto, temeva che il peggio fosse accaduto e che una volta arrivata le aspettasse l’inevitabile notizia che la missione fosse fallita. Del resto  Zeke e Pieck erano via da mesi ormai e le speranze erano più che rade.

Mentre ragionava così, alzò di nuovo lo sguardo in direzione della macchina: Porko si era appoggiato allo schienale e guardava nella sua direzione stando attento a non coprire con il suo corpo quello di Gabi, anche lei seduta nella vettura, che la stava salutando con viso raggiante.

La vista della ragazzina le risollevò immediatamente il morale: se anche lei era lì insieme a tutti gli altri, non c’era assolutamente possibilità che non fossero rientrati tutti sani e salvi, nessuno avrebbe permesso a una bambina ancora così giovane di esporsi pubblicamente a delle notizie così brutte.

O almeno così doveva credere; dopo cinque anni di attesa passati a scrutare ogni viso dei passeggeri a bordo delle navi in rientro alla ricerca di quello dei suoi amici, non sarebbe riuscita a sopportare nessun finale diverso, non lo avrebbe potuto accettare.

Salì in macchina a fatica e durante lo spostamento Porko e Gabi la informarono delle voci che avevano sentito nel quartier generale dell’accademia militare: la missione a Paradis aveva avuto un esito disastroso a conti fatti; avevano perso sia il Femmina che il Colossale, quasi perso il Corazzato e non erano riusciti a rubare il potere del Fondatore ma, al pubblico sarebbe stato taciuto tutto questo; la narrativa che invece sarebbe stata venduta alla popolazione si sarebbe concentrata sull’aver recuperato il Mascella e identificato il vero nemico dell’umanità, tale Eren Jaeger, attuale possessore del titano d’Attacco.

Leda ascoltava il discorso di Porko di come al quartier generale avessero appreso da Zeke della cattura di Annie, del furto del gigante Fondatore alla famiglia reale, la morte di Berthold e anche quella di Marcel, mordendosi le labbra e tormentando l'orlo della sua divisa con le mani; si lasciò scappare a bassa voce :
<< Annie Leonhard, Berthold Hoover… >> ripeté lentamente i loro nomi, con tono grave << e Marcel Galliard…sono andati in missione per Marley e non torneranno mai indietro, hanno avuto più coraggio di ognuno di noi e non useranno neanche più i loro nomi per parlare di loro? >>  Porko girò gli occhi al cielo << Leda non ricominciare, ti prego. >> l’ammonì << Dovresti solamente essere contenta che almeno uno di loro sia tornato indietro. >> Con lo sguardo le fece un cenno nella direzione di Gabi che parlava emozionata con gli altri passeggeri del veicolo, per poi posare nuovamente gli occhi gelidi sul viso di Leda.

 

 Era chiaro che soffrisse, lui probabilmente più di chiunque altro, del resto era suo fratello quello che non aveva fatto ritorno dall’isola, non aveva bisogno che lei gli sottolineasse che, sebbene Marley la pensasse diversamente, erano amici, fratelli e sorelle quelli che stavano perdendo e non semplici armi nelle mani del Governo: lo sguardo freddo e ammonitorio che le aveva appena rivolto ne era la prova più assoluta.
Leda sapeva quali parole si nascondessero dietro all’invito di Galliard di tacere e quella tagliente occhiata che le aveva appena rivolto: “ se solo non fosse stato scelto quell’incapace al mio posto”  e ancora “ lui è tornato a casa, ma non Marcel”, non c’era bisogno di dirle ad alta voce perché la ragazza le potesse sentire, come non c’era bisogno di esporre Gabi a quello che realmente Porko pensava. Finirono il resto del tragitto in silenzio.
 

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Reiner


Anche se erano passate settimane in mare aperto, Reiner non riusciva proprio ad abituarsi all’oscillare della nave questa volta. Eppure, dopo gli addestramenti estenuanti affrontati nel 104esimo reggimento reclute per imparare ad utilizzare l’equipaggiamento del movimento tridimensionale, il banale rollio della nave non avrebbe dovuto dargli alcun fastidio: non credeva di essere davvero così malconcio.

Gli ultimi mesi dopo l’attacco di Trost erano stati sfiancanti per lui e quasi si era sentito vicino al voler mollare tutto e tornare a Marley, abbandonando la missione e lasciandosi tutto alle spalle. Certe volte il senso di oppressione e sfinimento lo avevano portato a perdersi in una fitta nebbia nella quale non riusciva a vedere nulla e agiva solo per l’inerzia della sua volontà.

Non aveva fatto altro che ricevere disgrazie e delusioni, incessantemente per settimane, mesi forse anni e lui, Reiner, ormai si sentiva spezzato a metà incapace di reggere anche un solo ultimo colpo.

Ma sempre qualcosa lo aveva fatto rialzare e in quella nebbia fitta, gli sembrava di vedere degli sprazzi di una vita sconosciuta e allo stesso tempo famigliare: le caserme piene di commilitoni, le panche dove tutti consumavano i pasti chiassosamente, i volti dei suoi compagni e quelli dei suoi comandanti. Ma quei visi e qui momenti si perdevano velocemente nella nebbia della confusione della sua mente e faticava a mantenere vivida l’immagine dei ricordi che andavano e venivano.
 

Si ricordava della ragazza che durante il primo giorno di addestramento era stata scoperta a mangiare una patata bollita, del ragazzo con la faccia da cavallo che desiderava entrare nella gendarmeria e di quel trio di amici inseparabili che si completavano a vicenda per intelligenza, carisma e talento; poi si ricordava  di una ragazzina con i capelli scuri e gli occhi del colore del miele che lo seguiva, che lo rimproverava ogni volta che dopo un allenamento troppo intenso rientrava nella sua stanza coperto di lividi e gli medicava i tagli e le ferite…no, gli sembrava di star perdendo il filo dei suoi pensieri, non erano andate così le cose, quella bambina non poteva essere esistita e di sicuro lui non aveva mai avuto bisogno di essere medicato…a parte quella notte durante l’assedio…non era Christa quella ragazzina? Christa aveva i capelli scuri?

Reiner si prese la testa tra le mani e si poggiò con i gomiti al parapetto della nave mentre cercava di fare ordine nella sua mente. Chiamò piano il nome di Berthold sperando che ancora una volta, in qualche modo, il suo amico sarebbe accorso ad aiutarlo a ritrovarsi, Reiner sentiva che si stava perdendo di nuovo, non sapeva più di chi fossero quei ricordi.

Fu Pieck a rispondere al suo richiamo di aiuto.  Gli poggiò una mano sulla spalla mentre si avvicinava a lui con passo malfermo, sostenuta da una stampella.

<< Braun, tutto bene? Ho sentito che chiamavi Berthold, hai bisogno di parlare? >>
Reiner senza alzare il capo dalle sue mani si limitò a dire:
<< No, ho solamente bisogno di fare chiarezza su una cosa che mi è appena venuta in mente: tu ti ricordi di Christa? >>

Pieck corrucciò le sopracciglia inclinando la testa da un lato evidentemente confusa, senza rispondere.
Reiner continuò con un tono leggermente allarmato e confuso: 


<< Una ragazzina che era sempre con noi all’epoca dell’addestramento, non scelse il nostro stesso corpo di guarnigione, non era fatta per il combattimento, la ricordo bene! Capelli lunghi, occhi ambrati…era testarda e chiaccherona, lei ed io eravamo praticamente inseparabili, viveva con la nonna accanto a casa mi..>> Si interruppe quando girandosi notò lo sguardo preoccupato sul viso di Pieck.
<< Reiner, intendi Leda? >>

Leda. Quel nome gli scavò un solco nelle viscere. Come aveva potuto confondersi così? Aveva davvero sovrascritto il ricordo della sua amica d’infanzia con quello di Christa? Un vago senso di imbarazzo gli pervase lo stomaco.

Come un fulmine, la lucidità tornò nella sua mente e il pensiero gli si fece più chiaro: si ricordava di Leda, anzi, non l’aveva mai realmente dimenticata. 

Ricordava di come da bambini passassero intere giornate insieme, di come la nonna di lei lo lasciava sgattaiolare in casa per continuare a giocare anche dopo il coprifuoco, delle notti passate ad ascoltare le paure l’uno dell’altra e di come Leda gli disinfettasse ogni taglio che si faceva, rimproverandolo di stare più attento, ricordava ogni cosa… anche del loro litigio quando, a dieci anni, venne reso ufficiale che avrebbe ereditato lui il Corazzato al posto di Porko.

Reiner ricordava che Leda quella sera pianse mentre gli diceva che avrebbe fatto meglio a cedere l’occasione a Porko, più meritevole di lui, ricordava anche che da quel giorno iniziarono a parlarsi sempre di meno ma senza mai realmente smettere di starsi vicini e cercarsi nei momenti più difficili.

Quando era partito cinque anni prima lei era andata comunque a salutarlo e gli aveva sorriso.

Questo lo ricordava perfettamente.

L’odore del mare cominciava già a confondersi con l’odore delle ciminiere del porto e dopo un lungo momento Reiner alzò lo sguardo verso la città che si andava delineando all’orizzonte.

<< Sto tornando a casa, so chi sono: sono Reiner Braun il Guerriero di Marley. >>

 

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Capitolo 3
*** Riuniti ***


Reiner


 Scendere dalla passerella della nave fu molto più difficile del previsto per Reiner. Non era solamente il vociare della folla e il gran numero di persone accorse ad accoglierli a rendergli pesanti le gambe: cosa avrebbe detto al sig Leonhard e agli Hoover se li avesse incontrati? La vergogna gli pesava sul cuore come un macigno e la consapevolezza che tutto il dolore che le famiglie dei suoi compagni avrebbero provato era esclusivamente colpa sua gli impediva di respirare. Era terrorizzato all’idea di dover sostenere i loro sguardi mentre lui avrebbe potuto tornare a casa e sedersi al tavolo con sua madre e con Gabi. 

 

Sarebbe stato bello poter finalmente rivederle entrambe e riassaporare la tanto agognata normalità nella sua casa; si poteva già immaginare, una volta sceso dalla nave, camminare per le strade della sua città che tanto gli erano mancate e finalmente non sentirsi più un estraneo in mezzo alle persone. Con un po’ di fortuna, magari, lungo la via di casa avrebbe incontrato anche Leda e sua nonna, avrebbe potuto rientrare in quella cucina dove, da bambino, si era sempre sentito così al sicuro e riempito di affetto. Un sorriso gli sollevò impercettibilmente l’angolo delle labbra.

“ Ma cosa vai a pensare?” la sua coscienza lo riportò bruscamente alla realtà “ Non hai diritto a fantasticare di passare dei momenti normali, mentre tutti gli altri stanno soffrendo. Berthold non potrà mai più tornare a casa sua, Marcel non riabbraccerà mai più Porko e Annie non rivedrà mai più suo padre.
Come puoi anche solo pensare di meritare di sorridere con tanta leggerezza?”

La vergogna tornò a pesargli sul cuore come un macigno, questa volta ancora più pesante.

Reiner mosse i primi passi lungo la passerella con incertezza, tenendo lo sguardo basso. Zeke e Pieck gli stavano davanti, perfettamente a loro agio, mentre alle sue spalle due militari marleani tenevano Ymir per entrambe le braccia, costringendola a scendere; non che la ragazza stesse opponendo resistenza, in ogni caso. Non poteva fare a meno di guardare fisso il metallo della pesante passerella anche quando Zeke gli disse con fare dimesso che avrebbe fatto meglio a dissimulare meglio la sua stanchezza “ Sei lo scudo di Marley, Reiner, comportati come tale. Tutta questa gente è venuta a vedere il tuo rientro, cerca di vendere la storia che sia un ritorno trionfale, almeno”.

A fatica drizzò la schiena e alzò il mento per fronteggiare le persone di fronte a lui, freneticamente i suoi occhi andarono da una parte all’altra della folla e non scorse né gli Hoover né il signor Leonhard: probabilmente erano già stati informati e si erano risparmiati di assistere al pietoso rientro del falso eroe  della missione.
Con grande imbarazzo si trovò a pensare che ne era felice.

Una volta che si era accorto che per il momento il confronto con le sue colpe poteva essere rimandato, anche se di poco, iniziò a cercare tra la folla il viso dei suoi familiari; non ci volle molto perché individuasse un piccolo drappello di cadetti e militari con le loro macchine che attendevano in una piazzola del molo con sua madre e Gabi che si stava sbracciando per farsi vedere in lontananza. Accanto a lei Porko stava aiutando qualcuno a farsi largo tra le persone. Leda, tenendo la mano di Porko, fece capolino da dietro un uomo ben più alto di lei e riuscì a sistemarsi vicino al ragazzo, guadagnando finalmente un punto ideale per assistere al loro rientro.

Il peso sul cuore di Reiner sembrò sciogliersi in una sensazione bruciante.

 

Leda

 

Per cinque anni aveva pregato ogni notte di poterlo rivedere e finalmente le sue preghiere erano state ascoltate, lui era lì. 

 

Se Porko non avesse tenuto la sua mano, in quel momento, Leda si sarebbe lanciata nella direzione di Reiner. Avrebbe corso a perdifiato quei pochi metri tra di loro per cancellare del tutto la distanza che l’aveva tenuta per così tanto tempo lontana da lui, si sarebbe gettata tra le sue braccia e lo avrebbe stretto, impedendogli di andarsene una seconda volta.


Era cambiato molto dal giorno della sua partenza, il corpo gracile di bambino aveva lasciato il passo a quello di un ragazzo adulto, fiero, alto e imponente. Leda lo guardò attentamente, soffermandosi su ogni particolare, ogni lineamento, a vederla da fuori sembrava che stesse contando ogni capello sulla testa del ragazzo. Era indubbiamente diventato un bel ragazzo, molto di più di quanto non si aspettasse. Non si sarebbe detto che stesse rientrando da una missione con esiti così disastrosi, era apparentemente in perfetta salute, solo i suoi occhi tradivano qualcosa di terribile e inconfessabile.

Aggrottò le sopracciglia mentre lo scrutava, come se potesse cogliere quel segreto che Reiner stava nascondendo se solo lo avesse guardato abbastanza a lungo ma nulla sembrava poter scalfire quella corazza.

Karina e Gabi si erano già staccate dal piccolo gruppo ed erano andate verso di Reiner che, di slancio, le aveva avvolte in uno stretto abbraccio.
Rimasero così per qualche istante prima che la ragazzina prendesse suo cucino per un braccio e lo portasse in direzione Leda e gli altri.

Nervosamente Leda sfilò la mano da quella di Porko e si sistemò i capelli scarmigliati davanti il viso, si lisciò le pieghe della sua divisa che solo ora le appariva terribilmente in disordine sperando di non essere troppo rossa in viso.

<< Bentornato, Reiner >> bofonchiò. L’imbarazzo le impediva di comportarsi normalmente e guardando verso di lui con la testa bassa abbozzò un sorriso. Le gambe le erano diventate di burro, mai vicino a lui si era sentita così in agitazione. Era diventato molto più alto di lei, la sua espressione neutra non tradiva alcun tipo di sentimento, guardava in direzione della mano di Galliard ancora poggiata sulla sua schiena, Leda non sapeva se muoversi o meno.

Il cuore quasi le si fermò quando il ragazzo allungò un braccio e le cinse la testa spingendola verso il suo petto. Percepiva un lieve tremore nella stretta di Reiner, i suoi muscoli erano contratti, poteva sentire i suoi respiri spezzarsi come se stesse cercando di non crollare lì in quel momento. Timidamente avvolse le braccia alla vita di Reiner e sprofondò completamente il viso nella sua maglietta.

Profumava di sale marino e cuoio.



 

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Capitolo 4
*** Dubbi ***


Reiner era tornato a Marley da quasi tre settimane e sin da subito i suoi impegni come Guerriero  non avevano tardato a riassorbirlo completamente. 

Non poteva dire di esserne realmente dispiaciuto, immergendosi a testa bassa nelle riunioni dell'esercito e allenandosi fino allo sfinimento, riusciva a tenere la mente occupata e distrarsi dai suoi pensieri che si stavano facendo ogni giorno più intrusivi.

Fin tanto che era occupato al quartier generale non era perseguitato dal pensiero costante di cosa fosse successo a Berthold e ad Annie, ancora prigioniera sull'isola. Non c'erano sensi di colpa, non c'erano notti insonni o tormentate dagli incubi; i volti dei civili e dei soldati di Paradis dei quali aveva causato la morte non gli sfilavano davanti gli occhi come una macabra processione.

Se avesse lasciato che il lavoro lo stordisse, forse, avrebbe trovato un po' di pace.

Le sue giornate erano scandite con precisione millimetrica, nulla era lasciato all'improvvisazione, tutto avanzava su dei binari ben saldi e lui avrebbe dovuto unicamente preoccuparsi di essere presente.. nessun coinvolgimento, nessuna interazione e quando si sentiva sopraffare e la sua mente farsi meno lucida, poteva sempre rifugiarsi in una delle stanze adibite a magazzino e riprendere fiato lontano dagli occhi di tutti.

Quella nuova quotidianità, seppure artefatta, non gli dispiaceva.

In quelle tre settimane di finta monotonia, l'unica cosa che tornava a turbarlo insistentemente era la presenza di Leda negli edifici adibiti all'addestramento delle nuove reclute cadette. 

Da quanto gli aveva riferito Gabi, Leda era stata assegnata d'istanza come tirocinante del dottor Croix, il medico militare che seguiva da vicino i guerrieri cadetti, non era quindi raro vederla aggirarsi per la caserma.  A differenza di Gabi, che era entusiasta di avere Leda sempre attorno, tra un esame e l'altro, Reiner era estremamente a disagio per questa situazione.

Nelle tre settimane successive al loro ricongiungimento, aveva fatto di tutto per evitarla.

Leda lo aveva abbracciato dandogli il bentornato a casa, lo aveva chiamato per nome con la stessa naturalezza che avevano sempre avuto l'uno vicino all'altra, come se non fosse passato un solo giorno dalla loro separazione e lui non aveva provato altro che vergogna.

Vergogna per averla fatta preoccupare, vergogna per aver confuso i ricordi di lei con quelli di Christa e vergogna per quel nodo alla bocca dello stomaco che aveva sentito vedendo la mano di Galliard stringere quella di Leda.

Aveva saputo che la tanto amata nonna di Leda era morta due anni dopo la sua partenza e che lei viveva da sola da allora; Gabi gli aveva raccontato che ogni tanto Karina invitava la ragazza a restare da loro ma che ultimamente le sue visite si erano fatte più rade. Ne sembrava dispiaciuta, le piaceva quando Leda passava del tempo con lei e si preoccupava che potesse soffrire da sola dopo la morte della nonna, però sapeva anche che Pieck e Galliard andavano spesso da lei, ogni volta che potevano liberarsi dagli impegni dell'esercito.

Mentre Gabi gli raccontava di quegli aneddoti, un moto di rabbia confusa e biasimevole unita a del rammarico gli montava dentro a bruciargli il petto.

Non aveva alcun diritto di provare quel sentimento. 

Del resto, mentre era a Paradis a fraternizzare con i demoni dell'isola, fingendo di essere uno di loro, il fratello maggiore su cui tutti potevano fare affidamento, era Galliard ad essere rimasto a Marley a colmare la sua assenza, ed essere il pilastro sul quale poggiarsi.

L'evolversi del rapporto di Leda e Porko era stato una conseguenza naturale, inevitabile. Era addirittura palese.

La vana speranza che Leda potesse provare ancora un millesimo dell'amicizia che li legava da bambini era l'ennesima menzogna che Reiner si era raccontato per andare avanti, un'altra bugia da accumulare sulla pila di quelle da lui dette, solamente questo; non capiva perché questa volta bruciasse un po' più delle altre.

La maniglia della stanza dove si era rifugiato si aprì con un lento e sonoro *tlack* seguito dal lieve frusciare della divisa di Leda che entrò a testa bassa nella stanza, assorta nella lettura di quello che sembrava un fascicolo medico.

<< Ah, vice capitano Braun! >> Lo salutò sorpresa quando alzò gli occhi dal plico di fogli.

<< Mi scusi se l'ho disturbata, non mi aspettavo ci fosse qualcuno a quest'ora! >>

Sembrava cercare una scusa per trovarsi lì in quel momento, i suoi grandi occhi ambrati andavano freneticamente da una parte all'altra della stanza cercando di indugiare il meno possibile su di lui, evitando il contatto visivo. Si posarono su uno scaffale carico di bottiglie semi vuote di farmaci. << Dovrei fare l'inventario, ma se preferisce torno più tardi. Non vorrei averla interrotta. >>

Perché gli stava parlando con tanta formalità? Erano davvero arrivati ad essere degli sconosciuti? O forse Leda era in imbarazzo tanto quanto lui? Decise di non indagare oltre e di assecondare questo nuovo rapporto che si era evidentemente creato tra di loro. Le fece cenno di non preoccuparsi e si diresse verso la porta pronto ad uscire.

<< Gabi è preoccupata. >>

Aveva già la mano sulla maniglia quando Leda prese a parlargli dandogli le spalle.

<< Mi ha confidato che passi tutte le sere fuori casa fino a notte fonda e che non parli quasi più con nessuno. Anche tua madre è molto preoccupata, anche se probabilmente te lo avrà già detto. >>

A Reiner fu improvvisamente evidente che in tutti gli anni in cui era stato via di casa, Leda si era sostituita a lui rimanendo vicina alla sua famiglia per prendersene cura e sollevare il cuore di Karina e Gabi della mancanza di un figlio e di una figura fraterna. Era tipico di lei. Si voltò a guardarla nello stesso momento in cui lei volse la testa nella sua direzione.

La sua espressione dura tradiva una grande preoccupazione, le labbra serrate e una mano abbandonata lungo il suo fianco stretta in un pugno, talmente forte da farle diventare le nocche bianche.

<< Non ti farò domande né ti chiederò nulla, solo smettila. Puzzi di alcohol. >> le parole le uscirono di bocca come un sibilo tagliente. Reiner sgranò gli occhi, colto sul vivo. Non pensava che fosse così evidente la deriva che aveva preso né tantomeno si aspettava delle parole così schiette da Leda dopo settimane di silenzi. Aprì la bocca per controbattere ma non gli venne in mente nulla di valido da dire, tutto sembrava una giustificazione e lui sentiva di essere  ingiustificabile.

Girando la testa verso gli scaffali Leda sospirò amaramente. Rimase in silenzio qualche istante come a decidere cos'altro potesse fare o dire per rimproverarlo, poi si voltò di nuovo verso di lui facendo qualche passo nella sua direzione.
Gli si parò davanti come se non ci fosse nessuna differenza di statura tra di loro, guardandolo in viso con un'espressione molto diversa da quella di prima.

<< Se proprio non vuoi restare da solo con loro, vieni da me come hai sempre fatto, Reiner... >>

Il suono del suo nome sussurrato così dolcemente da Leda gli provocò un brivido che gli solleticò ogni fibra del corpo.
La voce della ragazza sembrava volergli chiedere di darsi tregua, lo invitava a ripararsi ancora una volta nell'intimità della cucina di casa sua.

Per un attimo Reiner pensò che, sì, avrebbe voluto dimenticare tutto e sciogliersi nel calore di quell'invito.

Leda si mosse verso di lui, era abbastanza vicina che quasi poteva sentire il fruscio della sua gonna contro i suoi vestiti e il vago profumo fiorito della pelle della ragazza.

<< Non rimanere in silenzio, ti prego... >>

Si rese conto di star fissando Leda da più tempo di quanto pensasse e un improvviso rossore gli colorò le guance. Trattenne a fatica l'impulso di stringerla tra le braccia in quell'istante.

<< Non dovreste preoccuparvi per me, sto bene. Mi sono solo lasciato trasportare dagli altri, dopo tanto tempo lontano da casa, avevo solo bisogno di rilassarmi.>> rispose << Se fossi stata insieme a me lo avresti visto da sola. >>

Le sopracciglia di Leda si aggrottarono per un attimo, quasi impercettibilmente, ma Reiner intuì che la sua risposta l'aveva destabilizzata, quindi non si stupì quando la vide fare un piccolo passo indietro; si pentì immediatamente di cosa le avesse detto. Si portò una mano dietro la nuca e deglutì.

<< Scusa, non intendevo...>>

Leda alzò una mano a imporgli di chiudere lì la conversazione. Non era stato un gesto di stizza, Reiner lo aveva visto bene, era più che altro rassegnata; come se non fosse più capace di arrabbiarsi. Tuttavia, l'idea di esserle indifferente lo raggelò più dell'ipotesi di averla fatta alterare.

<< Che tu non stia bene è evidente, ma se vuoi fingere il contrario non è di certo a me che devi spiegazioni. Cerca solamente di non dare il cattivo esempio a Gabi. La sua vita è già abbastanza incasinata  da quando è stato deciso che anche lei si arruolasse. >>

Leda parlava come se non fosse stato detto nulla poco prima, con la disinvoltura di una persona con la quale si è conversato incessantemente per tutta una vita :

<< Tua madre e tua zia si sono messe in testa questa assurdità di far sì che il Corazzato rimanga nella vostra famiglia il più a lungo possibile e tua cugina si è lasciata convincere facilmente, vuole essere la prossima ad ogni costo. Lo danno per scontato, sai? Ne sono tutti convinti e fanno anche dei piani per...dopo.>>

Si lasciò cadere pesantemente su una sedia in mezzo alla stanza, la stessa dove prima era seduto lui, reggendosi la fronte con una mano. Continuò a parlare velocemente, senza lasciargli un'apertura per controbattere, impedendogli di ferirla nuovamente con le sue parole.

<< Pensa, giusto la scorsa settimana quando sono passata a lasciare a tua madre dei farmaci che il dott. Croix mi aveva chiesto di consegnarle, le ho colte a parlare di come sarebbe stato bello se avessi accettato di darti un figlio per garantire un successore, dopo Gabi, che potesse ereditare il tuo gigante. Agghiacciante, vero? >>
 

Leda aveva pronunciato quella frase con assoluta noncuranza, anche se il suo viso tradiva un forte imbarazzo. Era evidentemente arrossita e lo guardava a testa bassa attraverso le folte ciglia scure, aspettando una sua risposta a quell'affermazione così imbarazzante.

Riconoscendo di non potersi tirare indietro dal dire qualcosa, Reiner cercò accuratamente nella sua testa le parole giuste: vagliò nei pochi secondi che aveva a disposizione per parlare prima che il silenzio si facesse troppo lungo da sopportare, una varietà di risposte che avrebbe potuto darle ma gli sembravano tutte troppo fraintendibili. 

" Che assurdità"

"Perché dovremmo?"

"Non rientra assolutamente nei miei piani?"

"Perché proprio te?"

No, nessuna di queste risposte andava bene: sembravano tutte così negative, senza possibilità di ripensamenti e stupidamente lui non riusciva a pronunciarle ad alta voce... anche se non facendolo chiaramente, forse, sarebbe risultato ancora più stupido agli occhi di Leda.

La verità era che in un contesto diverso, se avesse potuto vivere la vita di qualcun altro, avrebbe voluto lasciarsi aperta quella possibilità.

In un mondo dove la maledizione di Ymir non fosse esistita, lui avrebbe voluto,
in un mondo dove Leda avesse contaccambiato quello stupido sentimento che era così crudelmente tramutato in lui, Reiner lo avrebbe desiderato .

<< Non credo che Porko sarebbe d'accordo...>> bofonchiò infine incerto.

<< Che c'entra adesso Galliard? >> Chiese lei inarcando un sopracciglio, vistosamente confusa.


<< Come sarebbe che c'entra? Tu e lui...? Gabi mi ha detto che passate molto tempo insieme e quando sono rientrato, al porto, vi stavate tenendo per mano. Insomma, è ovvio, no? Hai sempre straveduto per lui sin da bambina!>>

Gettando indietro la testa e poggiandosi pesantemente allo schienale della sedia, Leda scoppiò a ridere sonoramente.

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Capitolo 5
*** Ad un soffio ***


<< Non dirmi che sei stato così schivo per tutto questo tempo per questa ragione? >>

 

Inaspettatamente il motivo per il quale Reiner l’aveva così attentamente evitata in queste settimane sembrava essere stato rivelato, permettendo finalmente a Leda di dissipare qualcuno dei dubbi che l’avevano attanagliata.

 

Aveva pensato di tutto: che lui fosse ancora arrabbiato con lei perché non lo aveva voluto salutare cinque anni prima, che l’abbraccio che gli aveva dato al porto lo avesse messo in imbarazzo di fronte al comandante Zeke, addirittura che la incolpasse per non essersi presa cura di Gabi abbastanza da tenerla lontano da quella follia dell’arruolarsi; invece tutto quel distacco era solamente frutto di un immenso equivoco, della risma dei più banali per giunta.

 

Reiner la guardava con occhi spalancati e rosso in viso, senza capire il perché di tante risate da parte sua.

<< Reiner, Galliard e Pieck sono una coppia da almeno un anno ormai! Vogliono mantenere il segreto per non creare scandali tra i commilitoni…credevo lo avessero detto almeno a te!>>  

 

Fu evidente che la tensione dalle spalle di Reiner si sciolse in un attimo sentendola pronunciare quelle parole, cercava di restare serio e composto ma la sua espressione tradiva un chiaro sollievo, si poggiò allo scaffale di fronte a lei, come se avesse incassato un colpo, con un trasporto tale da far tintinnare violentemente le bottiglie che vi erano poggiate sopra. Leda non poté fare a meno di abbozzare un sorriso alla vista del comportamento così impacciato e imbarazzato di Reiner.

<< Allora sei ancora tu, sotto sotto. >> gli disse poggiando il viso sul palmo della mano e guardandolo intensamente, sorridendogli divertita.
 

Reiner si soffermò a guardarla come se fosse la prima volta, non era il solito modo in cui per tanti anni si erano guardati, c’era qualcosa di diverso questa volta. 

Sul suo viso Leda coglieva, a tratti, dei lampi di un istinto incontenibile e impetuoso che però andavano a spegnersi velocemente, come se lui aspettasse un cenno da lei, troppo spaventato dal prendere l’iniziativa, di assecondare il suo desiderio. 

 

Leda premette il busto contro lo schienale della sedia a fargli intendere che gli stava facendo spazio, la mano che prima aveva portato alla guancia le scivolò sul collo e lentamente portò il mento più in alto, tenendo gli occhi fissi sul ragazzo sperando che capisse che non aveva motivo per aspettare un suo invito, tutto quello che doveva fare era il primo passo verso di lei e tutto si sarebbe messo in moto come una slavina. 

 

Quando finalmente decise di muoversi, il suono della mano di lui che si poggiava sul tavolo dove era seduta, la fece sobbalzare di anticipazione.

Reiner si stava chinando verso di lei con un’espressione mai vista prima di allora sul suo volto e che a Leda sembrava quasi di sfida.

<< E cosa sarei io, secondo te? >> 

 

La distanza tra loro due andava via via diminuendo, mentre una forza invisibile li attraeva irrimediabilmente l'uno verso l’altra. Il viso di Reiner era così vicino  che Leda poteva sentire il calore del suo respiro solleticarle la pelle. 

 

Fremevano.
 

Si morse le labbra, a quel semplice gesto le parve di vedere la pelle sul braccio e sul collo di Reiner incresparsi, scossa da un lieve brivido.

 

Qualcuno bussò alla porta.

 

Reiner si lasciò scappare un verso di frustrazione dal fondo della gola mentre batteva il pungno sul tavolo; ancora chino su Leda, con la testa incassata nelle spalle grugnì: 

 

<< Tempismo impeccabile.  >> 

 

La testa di un ragazzino biondo fece capolino dietro la porta, si trattava di Falco, uno delle nuove reclute destinate al programma dei cadetti. Leda lo aveva visto spesso in compagnia di Gabi, le gironzolava intorno in continuazione e letteralmente pendeva dalle labbra della cuginetta di Reiner, lo trovava un bambino adorabile.
Con voce malferma e guardandosi la punta dei piedi disse:


<< Signor Braun, mi scusi…il capitano Zeke ha richiesto la presenza di tutti i guerrieri, per una comunicazione importante…ho sentito la sua voce venire da questa stanza e ho pensato…mi scusi, non credevo…non volevo interrompervi! >>
 

 

Leda si lasciò scappare una risata nervosa e  imbarazzata portandosi le mani davanti alle labbra, improvvisamente consapevole di cosa fosse stato appena interrotto. Alzò lo sguardo verso il viso di Reiner che sembrava volersi scusare, suggerendole con gli occhi che se avesse potuto sarebbe rimasto con lei, ma questo Leda lo sapeva perché anche lei provava lo stesso.




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Questo capitolo è un po' più breve. Inizialmente avevo pensato di includerlo nel prossimo  ma temevo che questo primo accenno della relazione tra Reiner e Leda andasse perso nei prossimi sviluppi, i loro sentimenti si stanno concretizzando a poco a poco  (altro che Slow Burn, qui 'sti due sono praticamente immobili!) ma ci stiamo arrivando
Per come ho in mente la storia è uno dei pochi momenti di serenità e romanticismo, non volevo che venisse inghiottito in un muro di testo pieno di paturnie mentali! Grazie a tutte le persone che stanno leggendo con pazienza! 

 

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Capitolo 6
*** Ciò che va fatto ***


La notizia che l' Unione degli Stati Orientali, una nuova confederazione di nazioni creata, a detta del comandante Zeke  con l'unico scopo di fermare l'espansione di Marley, e il loro paese fossero sull'orlo di una crisi diplomatica fu una vera e propria doccia fredda. 

 

La voce dell'esito della riunione straordinaria dei guerrieri che era avvenuta quella mattina non tardò a spargersi tra il personale della caserma con la stessa velocità con la quale si sarebbe diffusa un'epidemia. Per quanti sforzi avessero fatto le più alte sfere dell'esercito e i capi politici di Marley per nascondere la perdita di due dei Giganti, non erano riusciti ad impedire che la notizia trapelasse.

Non avevano idea di chi fosse il colpevole, se una spia all'interno degli enti governativi o se addirittura i responsabili potessero essere la nuova regina di Paradis e i suoi soldati, fattostà che ora le nazioni che da tempo, mal sopportavano l'egemonia bellica e politica di Marley, avevano colto l'occasione per muovere guerra e la persona che pubblicamente fu incolpata di questa improvvisa piega degli eventi fu Reiner.

 

Venne apertamente giudicato dalle alte sfere dell'esercito come unico responsabile delle scelte disastrose intraprese durante gli anni passati come infiltrato a Paradis che avevano portato Marley alla perdita di due delle più preziose armi di difesa della popolazione.

 

Improvvisamente le sue colpe non erano più un fantasma che avrebbe dovuto fronteggiare da solo, ma divennero l'arma impugnata da tutta una nazione contro di lui. I vertici dell'esercito ritennero la sua condotta in missione talmente vergognosa e dannosa per l'intera umanità da considerare la necessità di anticipare il passaggio del Titano Corazzato ad un guerriero più meritevole. 

 

Quando Leda sentì il resoconto della riunione direttamente dalla bocca del dottor Croix, le sembrò che il pavimento le cedesse sotto i piedi. Una morsa gelida le attanagliò la gola impedendole di respirare, gli occhi le si riempirono di lacrime all'istante ma non poteva permettersi il lusso di piangere.

 

<< Krause, prepara i referti medici e i test attitudinali dei cadetti Galliard, Grice e Belter. >> la voce del suo superiore le arrivava alle orecchie distante e ovattata << Domani il comandante Magath vuole riceverli sulla sua scrivania per esaminarli. >> 

Di colpo si riprese come appena uscita da una trance.

 

<< Sceglieranno uno dei tre candidati per sostituire Braun? >> Chiese impegnandosi quanto più potesse nel mantere un tono di voce neutrale, dando le spalle al dottor Croix riusciva a nascondere il violento tremore delle sue mani mentre apriva l'archivio e cercava i documenti che le erano stati chiesti. 

 

<< Ovviamente. Inoltre dovranno anticipare l'assimilazione del Mascella in possesso alla prigioniera di Paradis, quindi fai attenzione a dividere per bene le analisi attitudinali dei tre, soprattutto quelle degli ultimi mesi. >> 

 

" La prigioniera di Paradis" ripeté mentalmente Leda cercando di processare l'informazione mentre divideva i fascicoli dei tre cadetti. 

 

Un'idea le balenò in mente: forse, se fosse riuscita a dimostrare che nessuno dei tre avesse le giuste attitudini per ereditare il Corazzato al momento, ma a far sì che l'attenzione fosse stata spostata su chi fosse adatto ad ereditare il Mascella avrebbe potuto ritardare l'esecuzione di Reiner. 

 

Ma come avrebbe potuto fare? Era solo un'infermiera, per di più eldiana, non c'erano possibilità che una come lei potesse riuscire a boicottare un'intera commissione di ufficiali, men che meno persuaderli di qualcosa. 

Magari, correggendo i referti,  sarebbe riuscita a far risultare Galliard più idoneo sia per prestanza fisica che affinità psicologica ad ereditare il gigante che fu di suo fratello ma, per quanto concerneva Grice e Belter non aveva molte speranze di riuscita. 

Non avrebbe potuto falsificare le cartelle cliniche di entrambi per farli risultare non idonei al ruolo di guerrieri senza destare sospetti e, comunque, non poteva escludere che Croix sarebbe stato interpellato per un parere professionale direttamente dagli ufficiali dell'esercito, e se questo fosse accaduto non avrebbe fatto altro che accelerare l'esecuzione di Reiner. 

 

Aveva bisogno dell'aiuto di qualcuno più influente. 

 

Si congedò dal dottor Croix con una scusa portando con sé le cartelle dei profili dei tre cadetti e si diresse decisa verso l'ala della caserma dove era solita andare a  riposare Pieck. 

 

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La trovò esattamente dove pensava che fosse, a sonnecchiare sul divano di una delle sale adibite alle riunioni dei Guerrieri. Si inginocchiò accanto a lei fissandola a lungo. 

 

Quella ragazza era di certo la cosa più vicina ad una sorella che avesse mai avuto, Pieck non aveva mai abbandonato il suo fianco e l'aveva sostenuta in più occasioni soprattutto da quando era rimasta da sola. 

In cuor suo Leda non se la sentiva di trascinare la sua amica nel suo piano, sapeva che se le avesse chiesto aiuto, in un modo o nell'altro, Pieck avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per accontentarla ma, anche solo metterla al corrente del suo piano avrebbe potuto farla indagare per alto tradimento e, semplicemente, non poteva permetterlo.

 

Voleva salvare Reiner a tutti i costi, ma non poteva farlo a scapito di nessuno dei suoi amici, solo lei sarebbe dovuta essere responsabile e pagare le conseguenze del suo egoismo.

 

Pieck aprì lentamente un occhio e la vide accovacciata davanti a lei. 

 

<< Mi aspettavo di vederti arrivare. Hai saputo? >> le chiese mentre si stiracchiava e si metteva seduta in posizione eretta.

 

Leda, che fino a quel momento aveva stoicamente trattenuto le lacrime, cedette e si lasciò andare a dei violenti singhiozzi che la facevano sussultare convulsamente. Poggiò la testa sul grembo della ragazza, fradiciandole di lacrime la gonna della divisa. 

 

<< Sì...>> rispose tra un singhiozzo e l'altro << Ho qui i fascicoli dei cadetti che potrebbero sostituire Reiner. Potrei falsificarne uno, magari se sono convincente due, ma non riuscirò mai a evitare che uno di loro tre divori Reiner! Pieck! Non posso accettare che me lo portino via di nuovo, è appena tornato!>> 

 

Pieck ascoltava in silenzio lo sfogo della sua amica accarezzandole maternamente i capelli.

 

<< Tredici anni, Pii, solo tredici anni! E ne ha passati già così tanti lontano da casa, gli resta così poco, non posso accettarlo! Voglio che resti con me per tutto il tempo che gli rimane! Non è giusto! Perché proprio a lui è toccato questo?  

A che serve? 

 

Ci dicono che i demoni sono rinchiusi su quell'isola, che li dobbiamo temere e combattere  per il bene e la libertà dell'umanità intera ma poi è il nostro esercito a marciare sui popoli e a uccidere innocenti! Sono i nostri Giganti a sporcarsi le mani! Sono gli uomini di Marley a disporre delle vite di noi Eldiani! Siamo tutti vittime, Pieck, loro...noi...non fa differenza! >> 

 

<< Leda calmati, se ti dovesse sentire qualcuno... >> cercò di ammonirla dolcemente Pieck

 

<< Non mi importa! >> ringhiò Leda tra le lacrime

 << Siamo tutti schiavi, non abbiamo scelte che siano solo nostre! Nasciamo con un ruolo già stabilito e ci è capitato quello dei capri espiatori... nessuno dovrebbe continuare a soffrire così. Ed è solo colpa di Marley che...>> 

 

<< Oh, Oh... che parole pericolose che ho appena sentito. >> il comandante Jaeger entrò nella stanza, emergendo da un angolo buio. Le due ragazze si voltarono in direzione dell'uomo, atterrite: Zeke Jaeger era senza ombra di dubbio uno dei membri più influenti nell'esercito e anche tra i più ferventi sostenitori della propaganda marleana, tutti sapevano che da bambino arrivò a denunciare persino i suoi genitori perché tramavano alle spalle del governo assieme ai restaurazionisti di Eldia, l'idea di cosa avrebbe potuto fare dopo aver sentito cosa stesse dicendo Leda gelò loro il sangue nelle vene.

 

<< Zeke... >> Pieck scattò in piedi come a frapporsi tra Leda e il comandante << Leda è sconvolta, ha appena scoperto di Braun, non sa cosa dice, non pensa davvero... >> 

 

Zeke le fece cenno di tacere con una occhiata gelida per poi improvviso come quando era entrato nella stanza mise sul volto un'impeccabile maschera di affabilità e rispose:

 

<< Finger, puoi andare. Non preoccuparti per la tua amica, voglio solo scambiare quattro chiacchiere...non le accadrà nulla.>> 

 

Sorrise. 

Ma il suo sorriso, più che di rassicurazione, era un chiaro ordine rivolto verso Pieck che, riluttante, dovette eseguire a testa bassa. Si congedò dai due e si chiuse la porta dietro le spalle.

 

Quando rimasero soli, Zeke si avvicinò ad una finestra e si accese una sigaretta. << Vuoi? >> chiese porgendo la scatola metallica verso Leda che rifiutò con un cenno del capo. 

 

<< Mi pare di capire che tu non veda di buon occhio la politica espansionistica della nostra grande Nazione >> l'uomo guardava fuori dalla finestra mentre le parlava. Prese una lunga boccata dalla sua sigaretta in attesa della risposta della ragazza. 

<< Posso capirlo, sai? Del resto, alla fine noi eldiani per Marley siamo solo... >>

<< ...Bestie da macello. >> Concluse Leda << animali in gabbia che aspettano di essere scannati, comandante. >>

 

Il viso di Zeke si contorse in una smorfia soddisfatta.

 

<< Comprendi quindi la sventura del popolo di Eldia...Sai, potrei aiutarti a salvare Braun per qualche tempo ancora ma... vorrei che facessi una cosa per me, in cambio. >>

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Capitolo 7
*** Quello che non ti ho mai detto ***


 

Leda


“ Vorrei che facessi una cosa per me in cambio ”

 

Quanto le aveva chiesto il comandante Jaeger l’aveva destabilizzata, avrebbe semplicemente dovuto trovare una certa persona, una tale Yelena, e consegnarle delle indicazioni su come raggiungere una cantina vinicola dove Zeke aveva lasciato un ordine per lei a suo nome, da ritirare tra qualche settimana. 

Le aveva anche chiesto se il dott Croix le avesse già insegnato ad effettuare i prelievi di liquido spinale “ preferisco mi vengano fatti da una ragazza carina e sicuramente con mano più leggera ” aveva detto ridendo.

Possibile che fosse realmente solo questo quello che voleva in cambio del suo aiuto? 

 

Avevano stabilito che Leda forzasse i risultati della cartella clinica di Porko per far sì che la commissione militare lo prendesse in considerazione solo per il Mascella e che Zeke avrebbe ribadito l’importanza di mandare in guerra sin da subito un guerriero già addestrato come Reiner, per non rischiare di peggiorare ulteriormente la reputazione di Marley, forti del fatto che Braun non avrebbe lesinato quanto a impegno per riscattare l’immagine sua e della sua famiglia; quindi avrebbe sconsigliato di far assimilare il gigante corazzato alle porte di uno scontro che sarebbe stato di sicuro rapido come un lampo, inoltre aveva già messo gli occhi su Colt Grice come suo successore e avrebbe voluto osservare le sue qualità più da vicino prima di scegliere definitivamente .
Sarebbe riuscito a guadagnare almeno qualche mese di tempo, se Reiner si fosse comportato come tutti si aspettavano da lui, quel tanto che bastava per formalizzare se la scelta fosse ricaduta su Grice o Belter per ereditare il Bestia.

 

<< Questo non elimina del tutto la possibilità che uno dei due divori Reiner prima del tempo. >>  Aveva puntualizzato Leda.

 

<< Certamente, c’è l’evenienza che tu non ottenga ciò che desideri. Ma sono sicuro che se il tuo ideale è abbastanza forte troverai un modo per fare ciò che va fatto. Anche se questo vuol dire fare qualche sacrificio lungo la strada. In guerra accadono molte tristi vicende. >> le aveva risposto Zeke. 

 

“ Ciò che va fatto…”  Leda non sapeva se ne sarebbe stata capace. “ In guerra accadono molte tristi vicende “ quello che intendeva Zeke le era ben chiaro, sarebbe bastato togliere di mezzo uno dei due cadetti usando l’ unione degli stati orientali come colpevole, ma sarebbe stata in grado di compiere un tale gesto? 

Anni prima, quando ancora non era stata assegnata all’infermeria, anche lei si era arruolata con tutti gli altri, non perché sperava di ereditare un gigante, ma perché sentiva di dover guardare le spalle al suo amico Reiner, troppo gentile, troppo debole, troppo puro e buono per vivere gli orrori della guerra. 

Aveva anche dei discreti punteggi, quando si trattava di armi da fuoco  ben pochi commilitoni potevano vantare i suoi risultati eppure, l’idea di essere responsabile dello spargimento di sangue di innocenti per le mire di conquista di Marley la disgustava, per questo chiese il trasferimento nel reparto di infermeria da campo. 

 

Lei voleva salvare vite non prenderle.
In ogni caso, aveva poco tempo per pensarci perché era stato deciso che anche lei sarebbe partita con la prima spedizione che avrebbe preso il largo verso oriente tra qualche giorno.


Tornò a casa che il sole stava già tramontando proiettando lunghe ombre a terra e tingendo di rosso e arancio le facciate delle case del quartiere di Liberio. I volti delle persone che incontrava le sembravano più scuri e pietosi del solito, come se tutti fossero in un intimo lutto, ma probabilmente era solo lei a proiettare all’esterno la sua tristezza. 

 

Seduto sull'uscio, Reiner la stava aspettando con la testa china. 

Il cuore di Leda le cadde nello stomaco alla vista del ragazzo perso e sconfitto seduto sullo scalino, troppo piccolo per la sua stazza, della porta di casa sua. Le sue spalle curve, appesantite dal carico di dolori e sofferenze che si portava dietro da quando era partito, salivano e scendevano ritmicamente ad ogni profondo respiro che prendeva. Non osava alzare lo sguardo, vergognandosi dell’aspetto patetico che aveva in volto.


Le bastò vederlo per capire che qualsiasi cosa fosse stata necessaria fare per salvarlo, lei l’avrebbe fatta, lei che voleva salvare vite e non prenderle, sarebbe stata pronta a sacrificarne centinaia per quel singolo uomo.

 

Leda gli passò accanto per aprire la porta e gli tese la mano.

 

<< Vieni dentro. >> 

 

Reiner prese la sua mano e in silenzio la seguì in casa. 

 

Reiner

 

In silenzio Leda preparò qualcosa da mettere in tavola e sempre in silenzio cercarono di mangiare. In una situazione normale quel momento di intimità tra loro due, che da tanto tempo Leda aspettava di rivivere sin dalla partenza di Reiner, avrebbe reso i ragazzi estremamente felici, probabilmente sarebbe stato l’inizio di un capitolo diverso della loro vita. Avrebbero potuto fingere  di essere una coppia normale, due comuni ragazzi che da amici d’infanzia erano cresciuti in un qualcosa di più, il sogno di una vita banale ed ordinaria, magari noiosa agli occhi dei più ma che per loro avrebbe significato il mondo.

 

<< Puoi…restare qui stanotte. Ti preparo il letto nella stanza della nonna…>> Leda prese il coraggio a quattro mani e ruppe il silenzio << Se non te la senti di tornare a casa, come ai vecchi tempi…>> tentò di abbozzare un sorriso in direzione di Reiner che la guardava con occhi pieni di malinconia.

<< Ti ringrazio… >> le rispose << Mi farebbe piacere.>> 


Salirono la scaletta angusta che portava alle due camere da letto, Reiner da bambino aveva fatto quei gradini tantissime volte quando sgattaiolava nella cameretta di Leda dopo gli addestramenti per continuare a parlare con la sua amica o quando aveva bisogno di allontanarsi da sua madre Karina e dai suoi pianti ininterrotti che tanto lo facevano soffrire. Quando era stanco di dovere essere il cadetto più entusiasta, il figlio più premuroso, il miglior eldiano di Marley, Reiner correva sempre lì su quei gradini perché sapeva che in cima a quella scala c’era la sola amica che lo vedeva per chi fosse realmente. 

 

E ora tornava a rifugiarsi da lei con indosso solo la sua pelle, quella di un uomo sconfitto, miserabile e spezzato. Leda provava pietà per lui, ne era certo, di sicuro nessuna persona avrebbe mai potuto provare alcun altro tipo di sentimento per uno come lui, che aveva tradito e deluso chiunque avesse incontrato, ma tutto sommato gli bastava così. Sarebbe morto di lì a poco, non avrebbe permesso alla vergogna di impedirgli di ricevere un’ultima volta le attenzioni di Leda, anche se fossero state di semplice cortesia.
 

Si fermò di fronte alla porta della stanza che la ragazza gli aveva preparato, la ringraziò con un mezzo sorriso e girò la maniglia, quando sentì la sua maglietta tirare leggermente.

 

<< Fa freddo stanotte. >> La voce di Leda gli parve incerta mentre gli tratteneva con la mano i vestiti. 

 

Reiner ricordava quelle parole, erano il loro codice segreto per quando non volevano lasciare l’altro da solo durante la notte. Ogni volta che qualcosa avesse turbato uno dei due, potevano essere sicuri che la notte stessa l’altro avrebbe trovato il modo di bussare alla sua porta, o alla finestra, e avrebbe detto quella frase “ Fa freddo stanotte “ era il loro modo per confortarsi. Era sempre stato così e lo era ancora, per un attimo il cuore di Reiner si alleggerì.

 

Entrarono insieme nella stanza e si sedettero sul letto, l’uno accanto all’altra.
Leda tormentava i suoi vestiti con le dita, visibilmente nervosa e lui di certo non era da meno.

 

Dopo attimi interminabili di silenzio Leda prese coraggio e parlò:

<< Non ho mai voluto che te ne andassi, Reiner. Avrei dovuto dirtelo cinque anni fa, ti chiedo scusa per non averlo mai fatto prima. >> 

Reiner si girò a guardarla sorpreso per le scuse di Leda per un qualcosa che ormai era sepolto da tempo.

<< Dai, che c’entra adesso? Sono passati tanti anni chi ci pensava più? >> le rispose dissimulando lo stupore.

 

<< Io, ogni giorno da quando sei andato via. Mi pento davvero tanto di averti trattato come se tu non fossi stato la persona più importante per me. >> 

 

<< Ammetto che nel periodo dopo aver ereditato il Corazzato sei stata piuttosto dura nei miei confronti. >> rimbeccò lui << Non riuscivo proprio a capire perché ce l’avessi tanto con me, o meglio, ho sempre dato per scontato che avresti preferito fosse Porko a diventare un Marleano onorario. Avevi davvero una bella cotta per lui da ragazzina eh? >> 

 

Leda girò gli occhi al cielo sbruffando esasperata 

 

<< Certo che sei davvero duro a capire, eh? Non è mai stato Porko quello per il quale avevo una cotta! Se passavo le giornate a elogiarlo davanti a te e tutti gli altri era perché speravo che così non ti avrei perso. >>

 

 La confessione dei sentimenti di Leda gli fece sobbalzare il cuore in gola e pensare che non avesse compreso la natura di quello che lei provava per tutto quel tempo gli fece quasi girare la testa. 

 

<< Sai, arrivò un momento in cui divenne chiaro che tu avresti preso una strada che non avrei potuto percorrere insieme a te. Provai in tutti i modi a restarti vicino ma, cosa avrei potuto fare? Anche se avessi continuato a servire nell’esercito non avresti mai avuto bisogno di me in ogni caso. A chi serve un’infermiera quando puoi rigenerare arti interi? Ed ero ingiustamente arrabbiata con te…tu stavi coronando il tuo sogno di diventare un Guerriero, un marleano onorario e non riuscivo ad essere felice. 

Tutto quello che riuscivo a pensare era che Marley guadagnava il suo Scudo ed io perdevo il mio migliore amico. 

Tu credevi che ti servisse essere qualcun altro per farti amare dal prossimo ma per me è sempre bastato che tu fossi te stesso. >> 

 

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Capitolo 8
*** Illusioni ***


Gli istanti di silenzio che seguirono la sua confessione sembrarono durare delle ore. Nel momento stesso in cui aveva pronunciato quell’ultima frase se ne era terribilmente pentita.


“Tu credevi che ti servisse essere qualcun altro per farti amare dal prossimo ma per me è sempre bastato che tu fossi te stesso”.

 

Cosa le era passato per la testa?

Una frase del genere, così, del tutto fuori contesto in un frangente delicato come quello che stava passando Reiner in quel momento, cosa pensava di ottenere?

 

Che improvvisamente tutti i suoi problemi sarebbero svaniti? Che la corazza che aveva messo su da quando era tornato da Paradis si sarebbe potuta sgretolare con così poco?

Che, come quando erano bambini, con un semplice abbraccio sarebbe riuscita a dargli speranza per il domani? 



Si sentiva una sciocca ad aver pensato, anche solo per un attimo che qualcosa della purezza del loro rapporto di bambini potesse essersi salvata e che la guerra non avesse inghiottito quel poco che ne rimaneva. Del suo amico era tornato indietro solo l’involucro, di lui non era rimasto molto, lo poteva leggere dalle sue espressioni e dall’aria incerta con la quale lo vedeva camminare per la caserma.

Sentiva lo sguardo di Reiner fisso su di lei, nel buio della stanza Leda sperava che il ragazzo non potesse vedere quanto fosse arrossita. Gli unici rumori che rompevano quel gelido silenzio erano quelli che venivano da fuori, del quartiere indaffarato e delle famiglie che si riunivano, forse per l’ultima volta, prima della partenza dei ragazzi chiamati alle armi.
 

<< Ahh, scusa! >>  Si portò un braccio a coprirle il viso mentre, frustrata e in imbarazzo si lasciò cadere con la schiena sul letto con fare drammatico, nel tentativo di alleggerire l’atmosfera  << Non dovevo dire una cosa così inopportuna! >>

Reiner si lasciò scappare una risata sommessa

<< Non avevo davvero capito nulla davvero! >>
 

Si stese accanto a lei << E pensare che più ti sentivo elogiare Galliard, più mi veniva voglia di superarlo e dimostrarti che fossi più meritevole di lui…la loro famiglia sarebbe diventata marleana onoraria a prescindere grazie a Marcel, mentre io dovevo farcela a tutti i costi se avessi voluto fare felice mia madre…>> 

 

<< Questo lo so, Reiner. Lo ripetevi ogni volta che tu e Porko finivate per litigare.>> ribatté la ragazza.

 

<< Ma non ti ho mai detto che non era solo mia madre che avrei voluto rendere orgogliosa facendola diventare cittadina onoraria, magari un giorno anche tu, se avessi accettato…volevo che tu elogiassi solo me. Diventando un guerriero, avrei finalmente dimostrato di essere migliore di Galliard e avrei trovato il coraggio per chiedertelo.>>

<< Chiedermi cosa? Non ti seguo. >>

Lei alzò il braccio dal viso per girarsi a guardare in direzione del ragazzo che si era sdraiato accanto a lei. Come se avesse percepito lo sguardo della ragazza su di sé anche Reiner si voltò a guardare nella sua direzione, il cuore le saltò un battito quando i loro sguardi si incrociarono. Sul viso di Reiner c’era un’espressione che lei non riusciva a leggere: se avesse dovuto definire cosa ci fosse sul suo volto guardando le sue sopracciglia aggrottate e le labbra serrate le suggerivano che lui fosse turbato ma lo sguardo che le stava rivolgendo era colmo di dolce malinconia. 

 

<< Probabilmente non sopravvivrò per gli ultimi sei anni che mi restano ma…vorresti sposarmi? >>

Leda scoppiò in una fragorosa risata involontaria, arrossendo violentemente in volto per le parole azzardate di Reiner

<< Ma cosa stai dicendo? Ti pare il momento? >> rise in preda al panico << Sei sempre stato fissato con questa storia dello sposarti, non dire…>>

 

Con un rapido movimento Reiner si girò con il busto sopra di lei, bloccandola tra le braccia tese, le lenzuola del letto frusciarono leggermente sotto le mani del ragazzo che continuava a guardarla in viso con un’espressione di grande serietà.

Leda d’improvviso smise di ridere, come ipnotizzata dai riflessi dorati degli occhi di Reiner fissi nei suoi, percepiva la sua intenzione, la sua serietà e percepiva anche il fremere del suo corpo che entrava in risonanza con quello di lui.

 

<< Fanculo Marley, fanculo Paradis e fanculo anche all’Unione degli Stati Orientali. Molliamo tutto e scappiamo, solo tu ed io. >>

 

Reiner chinò la testa incapace di sostenere lo sguardo della ragazza mentre mentiva anche a se stesso con quelle frasi, non avevano bisogno di dirlo ad alta voce ma entrambi sapevano che quelli fossero solo sogni destinati ad infrangersi, vane promesse che mai avrebbero trovato il loro compimento.

 

<< Leda, non mi resta molto da vivere, voglio solo passare i miei ultimi giorni con te. >> 

 



Leda gli prese il viso tra le mani, costringendolo gentilmente a tornare a guardarla. 

 

<< Non permetterò mai più che tu possa allontanarti da me, Reiner. >> Disse con un filo di voce.  << Abbi fiducia, da adesso fino alla fine sarò con te. >>

 

Le loro labbra si incontrarono timidamente, quasi con timore che il contatto fisico potesse distruggere la perfezione di quell’attimo, tremanti ed impacciate e per la prima volta ad entrambi sembrò di poter respirare dopo tanto tempo. 



 

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Capitolo 9
*** Fidati di me ***


La fredda luce dell'alba si allungava già infiltrandosi tra gli spiragli della finestra, illuminando con discrezione la stanza. Si posava, languidamente, rivelando segreti nascosti tra un groviglio di lenzuola e vestiti sparsi sul pavimento.

Per la prima volta da quando era tornato in patria, Reiner si svegliò lentamente, con la sensazione di essere al sicuro, senza nessuno a seguire le sue tracce, pronto a braccarlo.
Poteva sentire il calore della ragazza che, ancora addormentata, gli era sdraiata accanto.

Si voltò a guardarla: il suo viso, pacificamente poggiato sulla sua spalla, aveva un'espressione di assoluta beatitudine che lui, probabilmente, non aveva mai visto su nessun altro volto; le labbra, sulle quali la notte prima lui aveva avidamente posato le sue, erano socchiuse e leggermente increspate. Allungò cautamente una mano per scostarle una ciocca di capelli dal viso e ben presto quel piccolo gesto si era tramutato in una carezza che scendeva sul suo volto verso il collo.

Leda si mosse nel sonno, voltando la testa e strofinandola leggermente contro il corpo di Reiner che non potè trattenere una risata sommessa alla vista della ragazza ritrarsi così, come un cucciolo nella sua tana.

<< Non fissarmi, sei inquietante... >>
La voce di Leda era assonnata ma tradiva un certo divertimento. La ragazza guardò verso di lui con un lieve sorriso sulle labbra, avvinghiata al suo braccio.
<< Buongiorno >> gli posò un leggero bacio sulla spalla come se fosse una mattina qualsiasi, come se avessero condiviso quell'intimità un'infinità di volte prima di allora.

In quel momento a Reiner sembrò che in quella stanza, stringendo tra le braccia quella ragazza, lui potesse riparare quella parte di sé che si era incrinata.
" Non merito questo momento di pace, lo so, ma solo per questa volta...solo per oggi..."

Quasi automaticamente, strinse quell'abbraccio sollevando Leda quel tanto che bastava per farla sdraiare sul suo petto.
Il calore della pelle di lei contro la sua era una sensazione completamente nuova che non smetteva di stordirlo e nello stesso tempo tranquillizzarlo, era come se i suoi sensi fossero totalmente concentrati nel percepire la presenza della ragazza, come se di colpo il suo corpo di guerriero avesse come solo scopo intossicarsi del calore, del profumo e della vista di lei.
Si sentiva come se ne fosse diventato dipendente in un battito di ciglia.

Avevano condiviso il letto decine di volte prima di allora, dormito stringendosi le mani per tutta la notte per poi svegliarsi la mattina successiva con i rimproveri delle loro famiglie, ormai rassegnate al non riuscire a tenerli lontano; eppure, quella mattina tutto era diverso, loro due lo erano e non solo perché quel giorno nessuno sarebbe piombato nella stanza per dire loro, inutilmente, che non potevano passare la notte nello stesso letto, o per via dell' incontro tra i loro corpi che li aveva travolti, inaspettatamente, come un fiume in piena dopo il primo, timido, bacio.
No, era stato molto di più di un banale rapporto fisico ciò che aveva cambiato così radicalmente il sapore del risveglio di questa mattina.
Quello che si era creato era un nodo che aveva finito di legare due corde che già da tempo tentavano di intrecciarsi.

La mano di Leda che gli sfiorava il viso lo riportò alla realtà; lei gli posò un bacio sulla mandibola e fece per alzarsi.
Istintivamente Reiner le prese il polso tra le mani bloccandola

<< Non andare, non ancora. >> le disse in un soffio, non voleva che quell'illusione di pace si sgretolasse così presto, desiderava assaggiarne ancora una parte, fin quando ne avrebbe avuto l'opportunità.

Leda lo guardava con occhi supplicanti, era chiaro che anche lei desiderava lo stesso.

<< Vorrei restare, credimi...>> gli rispose dolcemente mentre si chinava su di lui per baciarlo di nuovo << Peró, qualcuno qui mi ha fatto perdere un'intera notte di lavoro, se non completo i referti e non li consegno al generale Magath entro pranzo stavolta non me la cavo con un turno extra a svuotare pitali alla clinica degli Jaeger!>>

Si era liberata dalla presa del ragazzo e aveva cominciato a rivestirsi, senza alcun imbarazzo, con la più grande naturalezza del mondo. Reiner non riuscì a fare a meno di pensare, con un moto di gelosia, che per lei quella non fosse assolutamente la prima volta e che nei cinque anni in cui era stato via, Leda era diventata una donna senza che lui se ne accorgesse.

<< Leda...>> il nome della ragazza gli sfuggì di bocca prima che potesse trattenersi dal pronunciarlo. Aveva la testa intasata di domande che desiderava farle, voleva parlarle della notte passata, voleva chiederle cosa sarebbero stati adesso, voleva chiederle una marea di sciocchezze ma voleva anche supplicarla di restare, voleva tenerla tra le braccia ancora un po', perché se lei gli avesse dato l'opportunità di farlo era certo che avrebbe potuto rimettersi in piedi, avrebbe affrontato con orgoglio anche i suoi demoni e accettare la morte che incombeva su di lui come un uomo non più spezzato, ma come qualcuno capace di camminare a testa alta, non sarebbe più stato un semplice desiderio irrealizzabile, aveva solo bisogno che lei gli permettesse di restare al suo fianco ancora un po'. Ma le parole gli si strozzarono in gola.
<<...i referti che vuole vedere Magath sono quelli dei possibili cadetti che...>>
Chiese invece.

Lei lo guardò con sguardo cupo facendo solamente un cenno del capo.

Il silenzio scese pesante nella stanza che poche ore prima era stata luogo di languidi sospiri e promesse sussurrate.
Tenevano entrambi la testa bassa improvvisamente schiacciati dal peso della realtà.

<< Reiner, abbi fiducia. >> le sue parole tagliarono la coltre gelida che si era posata tra di loro.
<< So di non essere nella posizione di poterti fare questa richiesta ma, ti prego, continua ad avanzare, non fermarti...se smetti di lottare, non potrai mai redimerti. >>

Le parole di Leda trafissero il cuore di Reiner come una pugnalata "perché continuo a gravitare sempre attorno a persone che dicono cose di questo genere" pensò.

Quando alzò lo sguardo per risponderle la trovò accovacciata tra le sue ginocchia, che lo guardava profondamente negli occhi e qualsiasi suo tentativo di protesta si infranse come un'onda che incontra gli scogli. 

<< Qualsiasi colpa che senti di avere e che non puoi perdonarti, affidala a me. >>
Leda gli parlò con dolce risolutezza, stringendo forte la mano sul suo braccio; non c'era un singolo accenno  di paura o incertezza nella sua voce.
<< Lascia che sia io a perdonare anche ciò che tu credi non possa meritare compassione.
Ti prometto che, alla fine, tutto avrà un senso...>>

Se quelle fossero semplici parole o una sorta di incantesimo, Reiner non lo aveva capito ma, in quel momento non potè fare nient'altro che annuire, ammaliato dagli occhi di ambra di quella ragazza che tanto accoratamente gli stava chiedendo di resistere ancora un po'. Leda gli strinse le braccia al collo.

<< Fidati di me. >>

 

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Capitolo 10
*** Dedizione e risolutezza ***


Leda

 

"Lo sapevo che avrei finito per fare tardi!"

Leda correva a perdifiato verso la caserma tenendo tra le braccia le tre cartelle contenenti i profili dei tre cadetti che sarebbero stati esaminati da lì a poco e prestava incredibile attenzione al non perdere neanche un foglio.

Non era passato molto tempo da quando aveva esitato prima di incamminarsi verso la caserma, indugiando qualche secondo in più tra le braccia di Reiner, secondi che poi erano diventati minuti e, successivamente, un'intera ora di ritardo sulla sua tabella di marcia.

Non poté nascondere il sorriso che improvvisamente le aveva increspato gli angoli delle labbra, ripensando all'espressione imbarazzata sul viso di Reiner quando, dopo essere scesa in strada, lo aveva sorpreso a guardarla dalla finestra della camera; il modo in cui il ragazzo aveva sussultato, preso alla sprovvista, spalancando gli occhi come se non si aspettasse che lei potesse realmente voltarsi nella sua direzione, per poi alzare appena la mano per salutarla accennandole un sorriso a metà tra il soddisfatto e lo spaesato, la fece ridacchiare tra sè e sè come una ragazzina, quello che, di fatto, lei avrebbe dovuto essere se solo non fosse nata Eldiana.

La sensazione di gioia che l'aveva inondata fino a quel momento quasi la spaventò, quando improvvisamente si rese conto della realtà dei fatti.

Quella gioia era solo fittizia: a persone come loro non era concesso di ottenere realmente la felicità o realizzare i loro sogni.

Tutto quello che potevano fare era strappare momenti, rubare secondi al tempo che scorreva, illudersi di poter essere altrove, di poter sconfiggere qualsiasi maledizione con la sola presenza dell'altro, per poi, un giorno, essere costretti a svegliarsi ancora nello stesso mondo crudele, nello stesso grigio quartiere, con ancora quelle fasce al braccio che da sempre li avevano condannati a vivere la propria vita come animali in trappola e rendersi conto che uno dei due non sarà più al fianco dell'altro ad alimentare la fiamma dell'illusione di una vita futura da condividere.

E lei non poteva illudersi di essere semplicemente una ragazza che finalmente aveva trovato la sua strada nel cuore della persona che per tanti anni aveva atteso; perché lei ora aveva una causa più grande per la quale combattere.

Molti anni prima aveva preso una decisione in cuor suo, quando la polizia di Marley era entrata in casa sua rovesciando e distruggendo tutto quello che gli era capitato a tiro, per una soffiata che avevano ricevuto e che aveva condannato la sua intera famiglia.

Di fronte alla furia e allo spregio di quegli uomini lei aveva capito perfettamente il suo ruolo in quel mondo: era un rifiuto, uno scarto, qualcosa che poteva essere disprezzato e maltrattato.

In quel momento lei aveva compreso realmente come Marley vedeva la sua gente, la stessa gente che però mandava a morire in suo nome, gente che era felice di immolarsi per elemosinare un po' di considerazione, come i figli non desiderati che farebbero di tutto per l'amore di un genitore.

Quel giorno, però, proprio uno di quegli indesiderati figli, un ragazzino biondo con i capelli corti, fin troppo gracile per la divisa che indossava, con al braccio la fascia gialla dei cadetti e dall'espressione gentile, era sgattaiolato in casa sua e l'aveva presa per mano dicendole di smettere di piangere e l'aveva portata fuori da quell'incubo che stava vivendo.

Lui la conosceva appena, si erano visti qualche volta dalle finestre delle loro case ma non si erano mai parlati prima, eppure, si era esposto per accorrere in suo aiuto quando lei ne aveva avuto bisogno. Quel bambino si era limitato a portarla fuori casa e impedirle di assistere al momento in cui il corpo di sua madre veniva portato via dalla polizia, un gesto semplice ma che agli occhi di una bambina spaventata, lo resero immediatamente un eroe.

In quel momento, Leda decise che se non avesse potuto riporre fiducia nel paese in cui era nata, lei avrebbe scelto da sola a chi offrire la sua lealtà, a chi offrire il suo cuore.

E lei aveva scelto di offrirlo a quel bambino, a Reiner.
 

Tutto ciò che aveva fatto finora lo aveva fatto per proteggerlo e non si sarebbe fermata di fronte a nulla, neanche di fronte a quello che le sembrava un peccato imperdonabile, fosse stato anche solo per regalargli un giorno in più di vita.

Finalmente, giunse all'ingresso del quartier generale; sulla soglia trovò ad aspettarla Porko, poggiato con le braccia conserte su uno dei pilastri dell'ingresso.

<< Pieck è rientrata poco fa, era preoccupata dopo il tuo incontro con Zeke di ieri. >> le disse bruscamente.

Cercando di riprendere fiato Leda alzò una mano in segno di scuse.

<< Lo so, lo so, scusatemi...come vedi sto bene, Zeke ha capito perfettamente che è stato solo un malinteso! Poi, onestamente, appena sono rientrata a casa ho trovato Reiner ad aspettarmi, era emotivamente a pezzi e... non ho pensato di andare a cercare Pieck per rassicurarla. >>

L'espressione che aveva sul viso dovette essere molto eloquente perché Galliard non aggiunse altro a riguardo. Si limitò a guardare dall'altra parte e le poggiò la mano sulla spalla.

<< Vai a consegnare i documenti a Magath, è furioso. >> poi aggiunse quasi sussurrando:

<< So di cosa hai paura... sappi che non credo lui si meriti che tu ti esponga così ma, per quel che vale, non ho intenzione di essere io la causa della sua morte. Quindi non mi opporrò o protesterò in via ufficiale se non assegneranno a me il suo Gigante. Tu ne soffriresti troppo e... Pieck non me lo perdonerebbe. >>

Leda posò la sua mano su quella di Porco, ancora poggiata sulla sua spalla, e lo ringraziò con lo sguardo, grata di avere amici come lui e Pieck al suo fianco.

<< Tranquillo, Porko, ho tutto sotto controllo. >> Sorrise spavalda drizzando le spalle con convinzione preparandosi ad affrontare il generale Magath e la commissione di Ufficiali che avrebbero deciso delle sorti di Reiner.

Leda entrò nella caserma lasciando Galliard a pensare alla risposta che gli aveva appena dato.

Era davvero convinta della sua affermazione? Credeva davvero con tanta fermezza di avere il controllo della situazione? Aprendo la porta dell'ufficio in cui si erano riuniti gli ufficiali e il dottor Croix, Leda mentì ancora una volta a se stessa e tutti gli altri.

E lo fece nel modo più convincente possibile.

<< Chiedo scusa per il ritardo, rianalizzando i test dei cadetti sono emerse nuove prospettive che vorrei esporvi. >>
Chiuse la porta alle sue spalle.

 

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Reiner
 

Reiner non era sicuro del perché stesse cercando in ogni modo di non uscire dalla stanza di Leda.

Non voleva nascondersi dall'esito della riunione di Magath e gli altri ufficiali: era ormai rassegnato all'idea di dover lasciare il suo Gigante al prossimo cadetto e aveva accettato questa evenienza come si accetta il sorgere del sole ad ogni nuova mattina.

La vicinanza di Leda e le parole che gli aveva rivolto prima di uscire, lo avevano messo in pace con il suo destino.

Sarebbe morto con almeno una persona capace di perdonarlo a questo mondo, e se anche solo un'unica persona fosse stata capace di perdonarlo, lui poteva essere salvato.

Certamente, provava rammarico per il tempismo con il quale i suoi desideri più nascosti avessero finalmente trovato compimento: la ragazza che per molti anni era rimasta sul fondo della sua anima ad attenderlo pazientemente, gli aveva offerto un riparo da se stesso come un paese accogliente presta asilo ai profughi in fuga dalla guerra, ed ora, finalmente, sarebbe sopraggiunta anche la Morte a sollevarlo del tutto dalle sue tribolazioni.

Nonostante questo scherzo del destino, Reiner sentiva di poter essere felice.

Vagava per la stanza di Leda, immergendosi completamente, forse per un'ultima volta, in quel calore che lo aveva avvolto.

Seduto sul letto si ritrovò a portarsi al viso la camicetta della divisa della ragazza, respirando profondamente; un vago profumo di gelsomino e violetta aleggiava sul pezzo di stoffa, riportando alla mente i giorni in cui erano solo dei bambini e potevano permettersi di non badare a cose futili come il profumo sui vestiti di una persona cara.

" Sarò in grado di ripensare a questo profumo nell'attimo in cui morirò? "

La domanda gli fece correre un brivido lungo la schiena e di colpo si rese conto di avere paura. Paura di morire.

In fondo al suo cuore stava iniziando a germogliare un piccolo seme di speranza, piantato lì da Leda per puro caso, e adesso Reiner iniziava a desiderare di coltivare questo seme... non era pronto ad accettare il suo destino adesso. Lui voleva essere perdonato.

Perdonato realmente, non solo con le parole di circostanza dopo una notte di intimità, che in cuor suo Reiner temeva fossero state pronunciate per pietà; voleva davvero riscattarsi.

Uscì dal confortevole calore di quella stanza e scese in strada, camminando a passi decisi.

Il cimitero dei caduti di Liberio era poco fuori la zona popolata del quartiere d'internamento. Le centinaia di semplici lapidi, erette con cura in piccoli terrazzamenti l'una accanto all'altra, custodivano e cullavano per sempre la memoria di semplici giovani immolati in nome della guerra.

Tutti Eldiani che per amore, chi della propria famiglia e chi di quella che sentiva come sua patria, avevano scelto il sacrificio ultimo.

Non c'erano fasce bianche o rosse su quelle lapidi, non aveva importanza, nessun guerriero onorario o comune soldato: alla gente di Liberio non importava quelli erano tutti i loro ragazzi, figli, padri, mogli e mariti.

Reiner si fermò davanti una lapide ricoperta di fiori, uno sconfinato bouquet di gardenie e gladioli, e vi si inginocchiò davanti ripulendo con la mano la sommità della pietra e scansando via i petali caduti, scoprendo così il nome inciso su quella tomba.

Rimase a fissare quell'incisione a lungo prima di parlare come se il ragazzo che avrebbe dovuto riposare lì sotto potesse sentirlo.

<< Avrei dovuto venire prima a trovarti, lo so, sono stato un codardo...avevo paura che tu potessi essere in collera con me, temevo di dover affrontare il fatto che sicuramente mi detesterai adesso.

Perdonami se non ho potuto mantenere la promessa di riportarti a casa. Non c'era altro che io volessi di più se non riportare te ed Annie al sicuro, non ho mai voluto lasciarvi indietro e soprattutto...non avrei mai voluto deluderti così. >>

Si afferrò la testa tra le mani con forza.

<< Bert, cosa devo fare? Perché sono di nuovo così debole? Io...non voglio morire proprio adesso! Lo so che è tutto quello che merito! Lo so che non ho il diritto di illudermi di poter avere pace... Berthold!

Perdonami, ti ho abbandonato su quell'isola e ora sono qui a chiederti pateticamente il permesso di provare a dimenticare cosa è successo, ti prego concedimi di continuare a vivere ancora un po'! Dimmi che a parti inverse tu avresti fatto lo stesso per Annie! >>

Le lacrime iniziarono a rigargli il volto mentre farneticava furiosamente ad alta voce, come se prima o poi la risposta di Berthold potesse giungere da qualche parte.

<< Tu non sei neanche qui...>> si disse in un soffio, cambiando completamente espressione in un battito di ciglia. << E neanche Annie... >>

Reiner giunse alla caserma a pomeriggio inoltrato, con la schiena dritta di chi può sorreggere l'intero mondo sulle spalle e lo sguardo di chi non ha più nulla da perdere. Camminava lungo i corridoi in direzione del quartier generale dove Zeke lo stava aspettando insieme a Magath.

Da una finestra scorse il campo di addestramento, le nuove reclute del progetto dei Guerrieri si stavano esercitando con i fucili sotto lo sguardo degli esaminatori e della equipe medica di Croix.

Individuò su cugina Gabi, che a soli otto anni imbracciava a fatica il fucile, troppo grande per lei. Reiner si rivide nel riflesso di quella bambina e sorrise amaramente.

Stava avendo difficoltà a centrare il bersaglio e l'essere sotto gli occhi degli esaminatori in quel momento, la stava facendo agitare: Gabi voleva con tutta se stessa diventare un Guerriero esattamente come Reiner e avrebbe fatto di tutto per riuscirci.

Anche a quella distanza Reiner poteva vedere che la bambina stava tremando dall'agitazione e che, probabilmente, gli occhi le si fossero riempiti di lacrime. La commissione che la stava esaminando la superò, passando al prossimo cadetto quando una ragazza dai lunghi capelli bruni e con la divisa dell'unità medica si avvicinò alla bambina, posandole una mano sulla spalla e chinandosi a parlarle all'orecchio.

Gabi a quel punto abbassò l'arma e la riportò verso l'altro con gli occhi chiusi, quindi li aprì respirando, inclinò la testa a destra a creare una diagonale con la linea di tiro, smettendo così di guardare il bersaglio ma concentrandosi esclusivamente sulla tacca del fucile, aprì la posizione delle gambe, mettendosi comoda e ruotando completamente l'asse del suo busto, rilassò le spalle per un attimo e contrasse l'addome, premendo sul grilletto.

Il proiettile volò dritto al centro del bersaglio.

Gabi si voltò raggiante verso la ragazza che la guardava con un mezzo sorriso e a braccia incrociate.

Reiner riprese a camminare verso l'ufficio di Magath, senza voltarsi di nuovo.

Vedere Leda insegnare a sua cugina come migliorare la sua tecnica di tiro lo aveva scosso.

Aveva perso di vista il quadro generale delle cose, se lui fosse morto ora sia Gabi che Leda sarebbero finite in mezzo ad una vita fatta di dolori e insensatezze, in mezzo a quella follia della guerra senza avere ancora i mezzi per affrontare cosa si sarebbe parato davanti loro, e se fosse successo sarebbe stata colpa sua. Un'ennesima colpa che lui non avrebbe potuto sorreggere.

Il comandante Magath lo fece sedere al centro della stanza.

Gli ufficiali lo guardavano con disprezzo e lui sosteneva i loro sguardi con una maschera di composta fierezza.

<< Reiner Braun >> parlò Theo Magath. << Sei un fortunato figlio di puttana. >>

 

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Capitolo 11
*** Conseguenze ***


Reiner

 

Reiner alzò lo sguardo verso Magath. Il rapido movimento del suo sopracciglio fece trasparire, per un attimo, lo stupore che la frase rivoltagli dal comandante gli aveva suscitato.  Il cambio repentino del suo atteggiamento durò una frazione di secondo ma, comunque abbastanza a lungo perché fosse notata.

<< Sembri sorpreso. >> riprese a parlare Magath << Credimi, lo siamo tutti quanti. >>

Con lentezza esasperante il comandante prese a riordinare le cartelle che Leda aveva sottoposto loro poche ore prima; l'uomo seduto con la schiena ben dritta era circondato dagli altri ufficiali del consiglio di Difesa della Corte Marziale, alle sue spalle, in piedi contro il vetro della finestra, Zeke se ne stava in disparte a  braccia conserte guardando la scena con malcelato divertimento.

Reiner aggiustò la sua posizione, visibilmente frustrato dal prolungato silenzio del comandante. Spostò il peso da una gamba all'altra cercando di nascondere il serrarsi dei suoi pugni dietro la schiena. Ogni muscolo del suo corpo era contratto e teso, come se avesse dovuto scattare da un momento all'altro, poteva sentire i suoi deltoidi tirare come se stesse trattenendo il peso di tutta la sua rabbia, colpa e prostrazione. La maschera di composta fierezza che aveva indossato prima di entrare nell'ufficio stava per andare in frantumi e il ragazzo imprecava contro se stesso perché potesse reggere qualche secondo in più.

<< Vedi, Braun... >> il comandante, finito di riordinare le cartelle davanti a sé, tornò a parlare  << ...Immagino tu sappia quale sia il motivo per il quale sei stato convocato oggi. >>

Reiner inspirò profondamente prima di rispondere con un secco "sissignore".

Magath, compiaciuto di non doversi dilungare ulteriormente in noiose spiegazioni continuò:

<< Dai test eseguiti dallo staff del dottor Croix è emerso che dei tre candidati designati ad ereditare il Corazzato prima della mobilitazione delle truppe verso il fronte, contro l'Unione degli Stati Orientali, il solo cadetto adeguatamente addestrato per essere utilizzato sin dal primo giorno di procedure è sicuramente Porco Galliard. >>

Il nome di Porco arrivò alle sue orecchie come uno schiaffo in pieno volto, talmente forte che se non avesse avuto i piedi ben saldi a terra avrebbe sicuramente vacillato. Non poté fare a meno di pensare che, alla fine, il destino prendesse sempre la piega che era destinato ad avere.

<< Ad ogni modo, dopo aver esaminato i referti forniti dalla commissione dell'unità medica e a seguito dell'intervento di alcuni membri dello staff di Croix, è stata portata alla nostra attenzione l'importanza dell'affinità psicologica e compatibilità dell'attitudine di Galliard con quella del precedente possessore del Mascella, almeno di quello che realmente era stato addestrato per sfruttarne le doti appieno.  >>

Era chiaro che Magath si stava riferendo a Marcel in questo momento.

<< Il piccolo tentativo di provocazione dell'Unione degli Stati Orientali, sebbene non preoccupi minimamente Marley, deve essere trattato con esemplare durezza, in modo che nessun altro stato possa pensare di nuovo di poter muovere guerra alla nostra grande nazione con tanta leggerezza. Non abbiamo intenzione di sprecare tempo nell'addestrare al completo utilizzo del potere di uno dei Giganti uno tra Grice e Belter,  verrai inviato al fronte subito, insieme a Galliard e Finger, e ci aspettiamo da te che tu ponga fine a questa piccola ribellione prima ancora che quegli imbecilli possano aver finito di dispiegare le loro forze! >>

Reiner, di nuovo, non poté trattenere il rapido corrucciarsi delle sue sopracciglia ascoltando attentamente il discorso del Comandante Magath. Era abituato ad essere ridotto a un semplice strumento di distruzione, lo era da quando aveva dieci anni e prima di allora, si era duramente addestrato per diventarlo, lentamente poteva sentire la sua coscienza sprofondare nella nebbia che lo avvolgeva nei momenti come questi, in cui il Guerriero si sostituiva a se stesso nella sua testa.

La sua espressione mutò a quella di un uomo vuoto e duro, nel quale cuore c'era spazio esclusivamente per la causa della sua nazione. Era il solo modo dal quale poteva difendersi dalle parole che stava per pronunciare con finta convinzione, ancora una volta:

<< Agli ordini comandante Magath. Non vi deluderò una seconda volta, Signore! >>

La corte Marziale venne dimessa, ad uno ad uno tutti gli ufficiali e il dottor Croix lasciarono la stanza, senza degnare di uno sguardo Reiner che, ancora in piedi davanti a loro aspettava di essere congedato.

Quando furono tutti usciti, ad eccezione di Zeke e Magath, il comandante gli si avvicinò con un'espressione molto meno dura di quella che aveva sul volto poco prima.

Theo Magath, a modo suo, non disprezzava completamente i ragazzi dell'unità dei guerrieri e una parte di lui, sebbene ben sepolta sotto l'orgoglio della propaganda marleana, quasi si dispiaceva per il destino tragico che questi ragazzi avevano accolto.

<< Non avevo mai visto un allineamento di situazioni avverse andare tutte a favore di una singola persona. Sia i cadetti Belter che Grice sono stati ritenuti ottimi candidati per ereditare il Bestia e Zeke ha bisogno di più tempo per individuare chi dei due possa essere il cadetto ideale, quindi verranno inviati insieme a voi sin dalla prima missione per valutare le loro abilità direttamente sul campo...A quanto pare, esattamente come tutti gli eldiani, sei un bastardo difficile da togliere di mezzo, Braun.   >>

Reiner non era sicuro di come avrebbe dovuto interpretare quella frase del comandante, che dopo pochi attimi aggiunse:

<< Fossi in te andrei a ringraziare quella ragazzina che ti girava sempre intorno sin dagli anni di addestramento, è stata lei a portare all'attenzione della Corte Marziale la maggiore affinità di Porco con il Mascella. >>

Bruscamente la coscienza di Reiner riemerse dalla nebbia nella quale si era nascosta durante il colloquio con la corte marziale, richiamata dal  profondo recesso della sua parte più autodistruttiva dal semplice alludere di Magath all'intervento di Leda di fronte alla corte.
 

<< Led...volevo dire, l'infermiera Krause? >> chiese trasalendo

<< E chi altri sennò? >> Ridendo, Zeke si staccò dalla finestra dove era rimasto fino a quel momento e si intromise nella conversazione con il suo solito atteggiamento sardonico.

<< Non mi risulta che tu abbia uno stuolo di ragazze pronto a mettere a repentaglio la loro posizione per salvare la tua pellaccia, tanto da poterti permettere di spaziare con la fantasia su chi possa essere. >>

L'appunto del capitano Jaeger lo infastidì più di quanto avrebbe dovuto, riportandolo per un breve istante con la mente ai commenti che era solito scambiarsi con Jean, quando ancora si trovava in missione, infiltrato tra i demoni di Paradis.

<< Avresti dovuto sentirla, un discorso davvero impeccabile e incredibilmente lucido per una persona che aveva palesemente interessi...personali... nella faccenda. Ha tenuto testa all'intera corte marziale con una dialettica disarmante, neanche io sono riuscito a trovare una falla nel suo ragionamento, non mi sorprenderebbe se venisse promossa al rientro dalla prima operazione sul fronte. >>

<< Leda verrà inviata al fronte? >> Una sensazione di gelo pungente gli si irradiò nelle vene. Leda lo aveva messo al corrente che sarebbe partita anche lei, ma con l'unità medica della flotta, rassicurandolo che non avrebbe preso parte alle azioni più pericolose dell'ospedale da campo. Invece adesso Zeke gli stava raccontando una versione diversa e un moto di sgomento gli serrò la gola.

<< È un Eldiana che ha osato mettere in discussione le decisioni di un'intera corte marziale di Marley, Braun. La sua insolenza non sarebbe rimasta impunita. E avrebbe potuto andarle peggio. >> Tagliò corto Magath che non avrebbe tollerato altri melodrammi per il resto della sua permanenza in quella stanza.

Reiner restò come immobilizzato sul posto, incapace di controbattere e consapevole che, sì, la conseguenza delle azioni di Leda altro non era che la più semplice applicazione delle leggi marziali. Per il semplice fatto che un eldiano mettesse in discussione le decisioni di un suo superiore la pena prevista era la morte, o peggio, essere inviato a Paradis per diventare un titano puro; a Leda era stata concessa la possibilità di sopravvivere e continuare a servire Marley andando in guerra.

Una cosa era certa: l'insolenza di Leda sarebbe stata punita mettendo la sua vita sulla linea di tiro dei soldati nemici, avrebbe rischiato la morte perché colpevole di aver desiderato di salvarlo.

Come se fosse possibile leggere quei pensieri squassare il suo cuore e la sua mente, Zeke gli posò una mano sulla spalla, con fare fraterno sorridendogli amabilmente e stringendo forte la presa per dargli tutto il suo supporto.

<< Suvvia, non fare quella faccia, Reiner! Anche se magari sarà in pericolo e tu non potrai correre in suo aiuto, sono sicuro che gli altri commilitoni sapranno guardarle le spalle esattamente come faresti tu! >> 

Con sguardo vacuo Reiner si voltò in direzione di Zeke: quelle che dovevano essere parole di conforto del suo capitano suonarono nella sua mente come un'accusa.

 

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Un nuovo capitolo di transizione! Devo ammettere che riempire i vuoti del time skip nella linea temporale del manga, da che sembrava un vantaggio che mi avrebbe permesso di spaziare in quasi libertà, si è rivelato più insidioso del previsto!

Già tremo all'idea dei capitoli ambientati al fronte.
Ad ogni modo, come sempre, grazie per le letture !

 

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Capitolo 12
*** Ymir ***




Leda
 

<< Sei stata sconsiderata! >>

Stringendole il viso tra le mani con forza, Pieck la stava rimproverando come una sorella maggiore potrebbe riprendere la sorella minore che si è appena cacciata nei guai con i loro genitori.

<< Che ti è saltato in mente di andare a contestare la decisione del quartier generale? Avresti potuto essere condannata a morte! >>

Leda seduta con aria distrutta, ascoltava i rimbrotti di Pieck con la testa riversa sullo schienale del divanetto della sala comune cercando inutilmente di rispondere di tanto in tanto alle obiezioni della sua amica.

<< Ma sì, dai è andata bene alla fine, di che ti preoccupi Pii? Reiner è salvo, Porco ha finalmente ottenuto la possibilità di ereditare uno dei Giganti ... >>

<< E tu verrai inviata al fronte a recuperare i feriti in prima linea, cretina. >>

Porco si intromise nella conversazione tra le due ragazze senza distogliere lo sguardo dal libro che stava fingendo di leggere.
<< Valeva la pena rischiare così tanto per quell'imbecille di Reiner? Scopa così bene? >>
 

Entrambe le ragazze si girarono nella direzione di Porco attonite; Pieck lo fulminò con un'occhiata, mentre Leda si limitò a non rispondere, stringendosi nelle spalle, consapevole del fatto che, in fin dei conti, le parole che i suoi amici le stavano rivolgendo fossero in parte vere.

Era realmente andata ben oltre quello che il suo ruolo all'interno dell'esercito le permettesse, improvvisando una scena madre degna delle più grande attrici di fronte alla corte marziale; sapere di avere l'appoggio del capitano Jaeger in quella follia, di certo, le aveva fornito la rete di salvataggio necessaria al suo successo, ma nonostante questo sapeva di aver corso un rischio ben più grande della punizione che le era stata data.

Inoltre, al momento opportuno, la sua posizione direttamente nel vivo degli scontri le avrebbe fornito l'occasione adatta al compimento dell'ultima parte del piano suggeritole da Zeke, se fosse stato necessario.

<< Ad ogni modo, vi ringrazio per la preoccupazione ma, come vedete, è andato tutto bene! E anche se dovrò scontare il mio colpo di testa con qualche mese di servizio direttamente sul campo...ci sarete comunque voi a guardarmi le spalle, no? >>
 

Sorrise con leggerezza ai suoi amici, cercando di trasmettere loro un po' di sicurezza, poi si alzò dal divanetto lisciandosi la gonna della divisa, sistemando con cura la fascia al suo braccio.

<< Adesso vado, il dottor Croix dovrebbe esser già stato congedato dall'incontro con gli altri ufficiali, dovremmo occuparci del passaggio di consegna, ci vediamo dopo? >>
 

Pieck scosse la testa, non aveva voglia di assistere al momento in cui Porco si sarebbe tramutato in gigante per la prima volta, mentre il ragazzo si limitò ad alzare una mano in cenno di saluto.

La cella nella quale si trovava incatenata la prigioniera di Paradis si trovava in un sotterraneo lontano dagli edifici principali della caserma. Leda non era mai scesa nelle celle che venivano utilizzate per il passaggio delle consegne del potere dei Giganti, quando sette anni prima i suoi amici avevano ereditato i loro titani, non le era stato concesso di assistere, quindi procedeva titubante lungo i dedali apparentemente infiniti che l'avrebbero condotta alla stanza dove la prigioniera aspettava da settimane il suo destino.

Prima di allora, Leda non aveva mai incontrato nessun Eldiano che non fosse un residente del quartiere d'internamento di Liberio, e per quanto sin da bambina non avesse mai provato il timore che molti genitori instillano nei loro figli, verso il popolo che viveva a Paradis, lei non poteva far a meno di domandarsi come sarebbe stata questa " Ymir".

Complice il nome che portava, la prigioniera di Paradis era, nella mente di Leda, una donna dalla corporatura robusta, quasi possente, con sguardo fiero e una risolutezza indomabile; la ragazza la immaginava in forze nonostante la prigionia, esattamente come la capostipite del quale portava il nome, una creatura impossibile da arrestare o piegare.

Per questo quando Leda si ritrovò davanti l'esile figura di Ymir ne rimase quasi delusa.

Ymir giaceva, incatenata, come uno straccio gettato a terra con noncuranza dopo esser stato utilizzato, la sudicia veste che i soldati le avevano lasciato per coprirsi le si incollava al corpo evidenziando crudelmente i segni della malnutrizione; i suoi occhi sottili erano socchiusi e privi di coscienza, tanto che Leda le si avvicinò per accertarsi che non fosse morta.
 

<< Che assurdità, che senso ha lasciare in vita una persona se non si ha intenzione di prendersene cura... >> bofonchiò a mezza bocca Leda mentre si chinava su Ymir per pulirle il corpo sporco prima di cambiarla in una veste pulita e scortarla nella grande sala scavata nella roccia dove Porco l'avrebbe divorata.

Immerse il panno di cotone nella bacinella di acqua tiepida che aveva con sé e lo poggiò sul viso della prigioniera strofinando con delicatezza.

Ymir, lentamente, sembrò riprendersi dallo stato di semi incoscienza nel quale si trovava e i suoi occhi cercavano di mettere a fuoco la figura che le si trovava davanti.

<< Hi...Historia...? >> Un rantolo uscì dalla bocca della prigioniera.

<< Sei sveglia...? >> Le chiese mentre continuava a pulirla senza guardarla in viso << Stai tranquilla, finirò presto. Hai fame? >> Le porse del pane accuratamente avvolto in un piccolo fazzoletto di stoffa che però Ymir si rifiutò di prendere.

Lentamente la ragazza era riuscita a mettere a fuoco il viso della persona che la stava pulendo. Il viso tondo, i capelli lunghi distrattamente raccolti che le cadevano davanti alla fronte, due grandi occhi con folte ciglia scure e la corporatura minuta l'avevano tratta in inganno.

Quegli occhi non avevano né il colore o la profondità della limpida acqua dei laghi di Paradis, né quel velo di tristezza che li rendeva tanto incantevoli, quegli occhi, di un color ambra brillante, erano gelidi, penetranti, privi di qualsiasi compassione, la squadravano con freddo distacco, erano gli occhi di un nemico.

Ymir si mise a sedere a fatica mentre Leda continuava ad armeggiare con i panni imbevuti di acqua, la guardava di sottecchi come se stesse aspettando di essere aggredita da un momento all'altro. Leda, probabilmente, aveva intuito i suoi pensieri, tanto più che disse:

<< Puoi rilassarti, sono qui solo per prepararti prima di scortarti da Galliard. >>

Con movimenti misurati, le mani di Leda strizzavano il panno e lo passavano sul corpo di Ymir con delicata rapidità indugiando appena sulle abrasioni e i lividi che coloravano la pelle olivastra della prigioniera di viola e blu.

<< Ti chiedo scusa, per questo... >> con un gesto vago Leda accennò alla stanza, le catene, le vesti sudice che Ymir indossava.
La prigioniera schernì le parole che aveva appena sentito con una risatina sofferta.
<< Esattamente di cosa? Dell'avermi imprigionata e lasciata a pane e acqua per quasi un mese? Per avermi sottoposto a ore di interrogatori e torture ogni giorno? O perchè tra un po' verrò mangiata dal fratellino del bastardo che ho ucciso anni fa? >>

<< Pensavo ti fossi offerta volontaria. >> Leda alzò lo sguardo su di lei e Ymir non potè far a meno di pensare che era stata proprio una sciocca pochi minuti prima a scambiare quella ragazza per la sua amata Historia.

<< E tu che sai? >> le domandò.

<< Ho letto i rapporti che ha compilato Reiner al suo rientro da Paradis. >> Leda non distoglieva lo sguardo dal viso di Ymir, impassibile. Non una sola emozione traspariva sul suo volto ma i suoi occhi gialli, fissi su di lei, le facevano correre i brividi lungo la schiena, senza poterne capire il perché la facevano sentire come un topo di fronte ad un rapace.
 

<< Oh sì quel bestione... >> cercò di dissimulare il suo disagio << beh, il fatto che mi sia offerta volontaria di restituire quello che avevo tolto al suo amico Marcel, non vuol dire che io sia contenta. >>

<< Posso capirlo. >> Leda, in silenzio tornò ad immergere il panno nell'acqua e passarlo sulle braccia della prigioniera con estrema cura.

Ymir, dietro la delicata facciata materna dei gesti moderati e pacati dell'infermiera, poteva quasi percepire un abisso profondo sul fondo del quale non c'era assolutamente nulla. Non disprezzo verso di lei che veniva da Paradis, non pietà, non dispiacere né odio. Nulla.

E in qualche modo, quella assoluta assenza di emozioni la metteva più a disagio dei soldati che fino al giorno prima l'avevano picchiata e interrogata per estorcerle quante più informazioni possibili su Paradis.

<> L'infermiera d'un tratto riprese a parlare << Che tipo di persona ti è sembrata Reiner quando era con voi? >>

Ymir strabuzzò gli occhi all'improvvisa domanda della ragazza che ora evitava il suo sguardo.

<< Ma che domanda è? >>

Di colpo però la prigioniera capì.

<< Heh, ho capito... c'era da aspettarselo, il bestione ha chiaramente un tipo. E pensare che diceva di non essere interessato alle ragazze... beh, se vuoi proprio saperlo era decisamente il genere di persona sulla quale tutti farebbero affidamento, era ben voluto e stimato da tutti.>>

Per la prima volta negli occhi di Leda, Ymir colse un lampo di un qualche tipo di emozione, la ragazza evidentemente non si aspettava una risposta del genere e sentire quello che aveva da raccontarle riguardo Reiner l'aveva colta di sorpresa.

Le raccontò degli anni di addestramento, di come Reiner avesse sempre aiutato tutti quanti, di come fosse il punto di riferimento dell'intero gruppo di cadetti, dello stretto rapporto che aveva costruito con il famigerato Eren Jaeger e le parlò anche di Historia.

Dal suo racconto emerse una figura di Reiner del tutto sconosciuta a Leda, quella di un ragazzo sicuro di sé, che finalmente si sentiva accettato e indispensabile agli altri.

Su quell'isola lui aveva forgiato una versione di sé che era capace di amare.
Su quell'isola, finalmente, aveva creato un Reiner che neanche in presenza di Leda era mai esistito.

Leda ascoltava tutto in assoluto silenzio, chiaramente attenta nel soppesare ogni parola che a fatica usciva dalla bocca di Ymir; di nuovo, non una sola reazione, non una sola emozione venne tradita dal suo viso.

Quando giunsero i soldati a prenderla per portarla nel luogo dove sarebbe stata divorata, Ymir guardò un'ultima volta nella direzione di Leda.
 

Nelle pozze dorate degli occhi di quella ragazza si era fatta strada una profonda malinconia.

 

[**]




 

Il luogo dove Porco avrebbe ricevuto il gigante Mascella era un enorme spazio scavato nella pietra, una cella immensa, spoglia, umida, nascosta nei sotterranei del quartier generale lontano dagli occhi di chiunque.

Le fredde mura di pietra della cella, fiocamente illuminate gettavano ombre sinistre alle spalle di Galliard e allo staff del Dott Croix che aveva accompagnato il ragazzo pronto a diventare un guerriero onorario; Porco, in piedi, al centro della cella teneva gli occhi fissi sull'altissima colonna che fungeva da patibolo, alla quale Ymir era incatenata.

Di fronte a lui c'era una dei responsabili della morte del suo amato fratello Marcel, quella prigioniera non era nient'altro che una patetica creatura senza ormai più desiderio di vivere, che aveva scelto la morte per ripagare un debito di gratitudine contratto con uno dei suoi compagni.
"..Reiner.."
Il nome del suo commilitone gli rotolò fuori dalle labbra come un ringhio sommesso, creatosi da qualche parte nel fondo della sua gola, come quel sentimento di profondo astio e risentimento che covava dentro di sé da quando aveva soli dieci anni. Ormai quel sentimento avrebbe dovuto aver imparato a controllarlo, eppure ogni volta accadeva sempre qualcosa che lo riportava in superficie, fuori controllo.

Era sempre così, da sempre, Reiner avanzava e otteneva ciò che lui avrebbe desiderato e non poteva far altro che raccogliere gli avanzi e rimettere le cose in ordine dopo che Braun avesse incasinato tutto. Perché, Porco, lo sapeva: Reiner avrebbe sempre incasinato tutto.

Tutto quello che lui una volta aveva desiderato.

Era successo con il Corazzato, era successo con il ritorno di Marcel, era successo con Leda.

Porco guardava Ymir attendere il suo destino con gli occhi bassi e spenti, probabilmente sedata, ma non provava nessun tipo di gioia, quasi gli dispiaceva per quella ragazza così insulsa che si era ritrovata a possedere un potere più grande di lei.

" Se ci fossi stato io a Paradis, tu non avresti mangiato mio fratello e ora, forse, non dovresti soffrire così." Pensò come se la prigioniera potesse sentirlo.

Si voltò per guardare alle sue spalle, prima di ricevere l'iniezione che lo avrebbe reso un titano, in cerca dello sguardo di Pieck.

Sapeva che la ragazza non sarebbe stata presente, gli aveva detto che non se la sentiva di guardare il momento in cui si sarebbe trasformato, che anche se ora avrebbero condiviso la stessa maledizione, una parte di lei avrebbe sempre desiderato che il ragazzo avesse scelto una via differente. Aveva asciugato le lacrime che le rigavano la pelle diafana, rassicurandola che a lui andava bene così e che, anzi, sapere che sarebbe morto comunque non molto tempo dopo di lei, in qualche modo lo rassicurava.

Nonostante questo, Porco sperava comunque di vederla tra i commilitoni marleani, al fianco di Zeke, con un sorriso solo per lui, come sempre.

Incrociò invece lo sguardo di Leda, che teneva tra le mani il cofanetto contenente la siringa che lo avrebbe tramutato.

Lo stomaco gli si ritorse, la ragazza aveva gli occhi rossi gonfi di lacrime mentre porgeva il prezioso, maledetto, scrigno al dottor Croix. Dietro di lei, vicino a Magath e Zeke, invece c'era Reiner con il volto contratto e l'espressione preoccupata di chi si sente colpevole.

"Cosa avrai poi da piangere, Leda?"

Si chiese Porco mentre la siringa gli bucava la carne e il composto che lo avrebbe trasformato gli bruciava le vene come fuoco liquido.

L'ultima cosa che vide fu Leda nascondere il viso sul petto di Reiner che le cinse le spalle con un braccio.

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Capitolo 13
*** Preparativi ***




La prima spedizione verso il porto del golfo nelle vicinanze del primo obiettivo da conquistare sarebbe partita a giorni.

Tutte le unità dell'esercito Marleano erano impegnate nel pianificare le operazioni via mare e via terra che avrebbero dato il via all'offensiva contro l'Unione degli Stati Orientali.
Tutti i distaccamenti e le guarnigioni erano completamente assorbite dai preparativi: dalle truppe di terra impegnate negli addestramenti fino alle unità di logistica, non c'era un solo uomo o donna a Liberio che non fosse in qualche modo coinvolto.

L'unità dei Guerrieri non faceva distinzione, con l'avvicinarsi della partenza e la recente assimilazione del Mascella da parte di Galliard, i ragazzi detentori dei quattro giganti rimasti a Marley furono sommersi dai preparativi.

Pieck venne incaricata della gestione logistica dell'operazione e passava le sue giornate ad ispezionare le condizioni delle armi e degli equipaggiamenti, a gestire l'acquisizione delle risorse necessarie ai soldati per sostenere l'operazione, cibo, acqua, munizioni... lei era da sempre quella più vicina alle truppe di terra e nessuno meglio di lei avrebbe saputo gestire le delicate questioni relative agli approvvigionamenti.

Di tanto in tanto, quando riusciva a sollevare il naso dai libri contabili e dalle scartoffie del magazzino rifornimenti si trascinava stancamente ad assistere agli addestramenti intensivi di Galliard.
Il ragazzo, come era immaginabile, dimostrò un'affinità istantanea con le abilità del Mascella imparando in brevissimo tempo a sfruttare al massimo le potenzialità. Era evidente a tutti che Porco Galliard fosse uno dei migliori guerrieri di Marley, sin da sempre e Pieck, dopo le estenuanti sessioni di allenamento del ragazzo, poteva vedere lo sguardo soddisfatto di chi finalmente aveva provato a se stesso e agli altri il suo valore illuminargli il viso.
Non poteva dirsi felice della nuova posizione di Porco, la vita dei Guerrieri era innaturalmente breve e costellata di decisioni diificili, ma allo stesso tempo, l'idea di poter condividere con lui quel fardello, il peso della maledizione di Ymir, la rassicurava.

Ora entrambi camminavano lungo lo stesso sentiero e per una volta avrebbero potuto supportarsi alla pari. Non c'era più dislivello tra loro due, Porco non si sarebbe più sentito d'intralcio per lei. Forse finalmente avrebbe trovato la tranquillità necessaria per abbassare i pugni e non essere più in lotta contro chiunque.
Aveva dimostrato il suo valore, ora poteva cominciare a vivere. Per i tredici anni che gli restavano.

Spesso, indaffarata tra i test dei cadetti e i monitoraggi delle prestazioni dei Guerrieri, incrociava Leda con il dott Croix correre da una parte all'altra della caserma trascinandosi dietro centinaia di scartoffie.
Si salutavano a distanza; il più delle volte quando capitava loro di incrociarsi, Leda cercava di farsi vedere agitando le mani e le sorrideva con quell'aria gioiosa che ultimamente sembrava avere sempre stampata sul viso.

"Quasi non sembra preoccupata dell'essere stata assegnata alle operazioni via terra..."

Quel giorno, invece del solito sventolio della mano, Leda le aveva fatto cenno di aspettare e, scavalcando impacciata a causa della divisa, la recinzione le era corsa incontro al termine dell'addestramento di Galliard.

<< Pii! Che bello vederti! Non riesco mai a trovare un attimo di tempo per passare a darti una mano con gli approvvigionamenti..! Ah, a proposito! >> si mise a rovistare tra le cartelline che aveva con sé << Ho qui la lista dei rifornimenti medici per la marina e le unità di fanteria, posso affidarla a te? >>
Pieck prese la cartellina che Leda le aveva porto e le diede uno sguardo veloce
<< Non credo riuscirò a far approvare il bilancio per un numero così alto di materiali...non c'è nulla che tu possa tagliare? >>

Leda riprese i fogli e pensò attentamente alla domanda di Pieck:

<< Onestamente? Questo è davvero lo stretto necessario... Magath sostiene che l'attacco durerà qualche mese al massimo, ho stilato l'elenco dei medicinali e dei rifornimenti in base alle previsioni delle alte cariche...in realtà, temo che in caso di epidemia a bordo di una delle navi potremmo davvero essere anche scarsamente preparati.>>

Dall'altro lato del campo di addestramento Croix prese a chiamare la sua assistente a gran voce.

<< Devo andare! Ah, più tardi il dottor Croix terrà un briefing congiunto con l'Unità Generale per stabilire le tattiche di evacuazione, prevenzione e primo soccorso.

So che per voi Guerrieri è tempo perso, ma almeno tu riusciresti a partecipare? Sei il Guerriero più vicino alle truppe in assoluto...la tua presenza sarà di grande importanza per loro! >>

<< Vuoi che chieda a Reiner di venire, vero? >> chiese Pieck con un lungo sospiro, conosceva bene la sua amica e sapeva che Leda stesse girando intorno alla reale motivazione dietro tanto interesse per i briefing tattici, che di solito l'annoiavano a morte.

<< Sì, per favore >> Il viso di Leda si illuminó all'istante e le sue labbra si incresparono in un sorriso entusiasta come quello di una bambina al quale le fosse stato offerto un regalo.
Pieck scuotendo la testa sorrise di rimando, il buon umore della sua amica non mancava mai di contagiarla.

<< Un'ultima cosa Pii, se lo vedi, puoi dare questo a Reiner, per favore? Sono giorni che a mala pena riesco ad incrociarlo nei corridoi.>>
Leda allungò un foglietto di carta piegato in quattro parti alla ragazza, che la guardò sorridendo con la sua espressione assonnata.
<< Anche postina adesso? Non c'è proprio pace per la sfortunata detentrice del Carro, sfruttata per le mansioni più umili! Ci sono i Cadetti per queste cose Leda! >>
Leda si stava già allontanando senza ascoltarla, salutandola con la mano mentre correva nel polveroso campo di addestramento verso il suo superiore.

***

<< Se riuscissimo a prendere possesso del golfo di Arvand Raud avremo un accesso favorevole alle fortificazioni via mare e via terra...>>
Zeke stava indicando un punto della mappa poggiata sul grande tavolo al quale erano seduti Magath e Reiner.
Da giorni Zeke stava studiando la mappa dei dintorni dell'area del loro attacco, prestando particolare attenzione alla zona intorno alla Fortezza Salta, principale roccaforte nel territorio dell'Unione Orientale.
<< Riuscendo ad espugnare la fortezza, bloccheremo la linea ferroviaria che fa da snodo cardine per tutti i loro approvvigionamenti. In questo modo potremo avere una posizione favorevole per resistere alle successive schermaglie e nel contempo sfiancare le forze nemiche privandole delle scorte de...>>
Il discorso di Zeke venne interrotto dal flebile bussare di Pieck, seguito poco dopo dal rumore dei suoi passi mentre entrava nella sala comune.

Poggiò le cartelline sul tavolo proprio accanto la mappa di Zeke.

<< Se prendessimo invece possesso delle linee ferroviarie prima della caduta della Fortezza, avremmo maggiori garanzie di poter fornire assistenza ai nostri soldati, in caso di necessità. >> La ragazza trascinò lentamente una sedia e vi si sedette sopra, poggiando la testa sulle braccia incrociandole sul tavolo.
<< Ho portato gli archivi del magazzino delle munizioni e la lista aggiornata della catena di produzione delle nuove armi da fuoco, dovremmo essere pronti entro la prossima settimana per inviare le prime unità. >> Spostando i faldoni, lo sguardo le cadde sulla cartellina che le era stata affidata da Leda.

<< Ho qui anche l'inventario dei beni di prima necessità della guarnigione medica, l'assistente di Croix sostiene di aver ridotto all'osso qualsiasi richiesta superflua..tuttavia, temo che non potremmo preparare in tempo quanto richiesto. >>

Pieck mosse lo sguardo in direzione di Reiner quando nominò l'assistente di Croix, le reazioni del ragazzo ogni volta che Leda veniva anche solo vagamente menzionata la divertivano; questa volta si era voltato verso di lei, come se si fosse ripreso da una sorta di trance, drizzò la schiena e allungando lo sguardo verso la cartellina piena di scartoffie, un un sorriso imbarazzato e in qualche modo orgoglioso, gli aveva sollevato l'angolo delle labbra.

Non aveva neanche cercato di nascondere la sua reazione e, prima ancora che Pieck avesse finito di parlare, Reiner aveva già preso tra le mani i fogli, strappandoli quasi letteralmente da quelle di Zeke, e li stava attentamente studiando, come se tra gli elenchi di medicinali e attrezzature, ci fosse un qualche segreto nascosto che solo lui avrebbe potuto leggere tra le righe.
Pieck non poté fare a meno di ridacchiare sotto i baffi, trovando la situazione paradossalmente divertente.

<< Sono davvero...molte risorse da mobilitare... >> Dopo un qualche momento di silenzio Reiner constatò con voce incerta. Non aveva dubbi sulla genuinità delle richieste avanzate dal team medico del Dottor Croix, tuttavia sapeva che la maggior parte delle forze di fanteria che sarebbero state dispiegate sarebbero stati soldati eldiani, e questo poteva voler dire solo una cosa:

<< Le spese per il potenziamento dell'ospedaletto da campo e della rete di approvvigionamento sanitario, sottraggono fondi alle reali necessità del nostro esercito. >> tagliò corto Magath che era rimasto in silenzio fino ad adesso.
<< Jaeger, Braun. Più tardi il dottor Croix terrà un briefing alle truppe sulle manovre di evacuazione e primo soccorso. Andate con Finger e comunicategli che saranno garantite esclusivamente un terzo delle risorse richieste.>>

Theo Magath congedò i guerrieri e uscì dalla stanza lasciando i tre da soli.

<< Che seccatura. >> commentò Zeke inaspettatamente aggiustandosi gli occhiali << Nel malaugurato caso in cui non riuscissimo ad espugnare la Fortezza in poco tempo, le risorse basteranno per qualche mese, al massimo. Peggio di un esercito impreparato, c'è un esercito scontento.>>

Reiner al commento di Zeke si voltò nella sua direzione perplesso.

<< Nel caso in cui non riuscissimo ad espugnare la fortezza? Dubiti delle tue strategie Zeke? >>

Il Comandante dei Guerrieri si limitò a scrollare le spalle senza rispondere e uscì a sua volta dalla stanza accendendosi una sigaretta.

Pieck e Reiner seguirono Zeke con lo sguardo, allibiti alle sue parole e al peso delle sue allusioni.

<< Beh, questa è una novità. >> Sbottò Pieck. << Abbiamo forse assistito a Zeke dubitare dell'esito di una missione da lui ideata? >>

<< La battaglia di Shiganshina...ha mostrato a tutti noi che non siamo infallibili, Pieck. >> rispose Reiner con un sospiro. Il suo volto si era oscurato di colpo come ogni volta che il guerriero nominava l'isola di Paradis.

Pieck notò il cambio repentino dell'umore di Reiner e serrò le labbra, capendo perfettamente a cosa alludesse. Lei aveva preso parte alla missione di recupero, aveva assistito al fallimento di Zeke, alla sua terribile disfatta, al terrore che quel soldato di Paradis, quel Levi, gli aveva fatto provare. La prima vera grande sconfitta del genio militare Zeke Jaeger.

Il silenzio che era sceso nella stanza non tardò a diventare insostenibile.

<< Ah, questo è per te. >> Disse improvvisamente la ragazza passandogli il foglietto che poco prima Leda le aveva chiesto di consegnare. Lui alzò lo sguardo verso di lei incuriosito. << È da parte di Leda. >>

A queste parole il viso di Reiner si illuminò all'istante, nonostante stesse cercando di nascondere la sua emozione, i suoi occhi passarono rapidamente dal viso di Pieck al foglietto che la ragazza teneva tra le mani e che gli stava porgendo;

"Questa mattina ti ho visto al campo di addestramento con Gabi e gli altri ragazzi. Vederti con loro mi riempe il cuore di gioia. Mi ricorda quando anche noi avevamo la loro età.

Spero di avere l'occasione di poterti affiancare presto nel loro addestramento prima della partenza.
Leda."

Reiner cercò di mantenere la sua compostezza e sopprimere il sorriso che gli stava increspando le labbra, con scarsi risultati. Schiarendosi la voce si infilò il bigliettino nella tasca della giacca della divisa e si alzò dal tavolo.

<< Improvvisamente partecipare all'ennesimo briefing tattico non è più così seccante, vero Reiner? >>  Gli chiese Pieck che lo guardava di sottecchi divertita, alludendo all'incontro con lo staff medico.

<< Molte cose non sono più così seccanti ultimamente, se devo essere sincero. >> Rispose il guerriero.

***

Il briefing dello staff medico durò molto di più di quanto previsto, due interminabili ore di ripasso di procedure e tattiche che avevano fiaccato Leda sia nel corpo che nell'umore. Oltre a Pieck, durante il meeting l'intera unità dei Guerrieri aveva presenziato all'incontro congiunto, la presenza di Reiner l'aveva resa felice ma per tutto il meeting, avevano dovuto comportarsi con distaccata professionalità, limitando le loro interazioni ad un veloce scambio di sguardi di tanto in tanto.

Se possibile, l'essere insieme nella stessa stanza, senza potersi rivolgere la parola era anche più fastidioso di quegli interminabili giorni di preparazione, durante i quali le uniche occasioni che i due ragazzi avevano, a malapena, avuto di vedersi erano quando si incrociavano nei corridoi della caserma.

Quando i guerrieri si congedarono Reiner le passò accanto rallentando volontariamente il passo, le tese la mano con cortesia:

<< Grazie del vostro aiuto infermiera Krause, la presenza del team di Croix sul fronte è apprezzata da tutti noi. >> le disse con voce bassa. Leda notò che nella mano stava nascondendo un piccolo pezzo di carta, ricambiò la stretta di slancio.

<< Lieti di servire e proteggere Marley al meglio delle nostre possibilità, Vice capitano Braun. >>
Leda prese il biglietto che Reiner le stava passando e lo nascose tra le pieghe della sua gonna.

Quel breve scambio di frasi di circostanza era stata la conversazione più lunga che avevano avuto da giorni: tutti i guerrieri avevano ricevuto l'ordine di rimanere all'interno della caserma anche la notte, quindi Reiner non tornava a casa da molto tempo.

Non che la cosa avrebbe poi fatto molta differenza, dato che Leda, dopo il lavoro, aveva avuto appena il tempo per svolgere solamente le più basilari funzioni di un essere umano: mangiare, lavarsi, alle volte dormire per una notte intera.

Dal giorno in cui Galliard aveva divorato la prigioniera Ymir, lei non aveva avuto modo di parlare con Reiner e le innumerevoli domande che avrebbe voluto fargli le affollavano la mente, anche se probabilmente lui non avrebbe voluto rispondere. E probabilmente quelle risposte sarebbe stato meglio che fossero rimaste nel passato, sepolte nella sua memoria, lontano dagli occhi e dalle orecchie di chiunque.

"Perché hai scelto di legare con loro?"

"Perché non hai ascoltato Berthold?"

"Chi è Historia?"

"Per un breve momento sei stato felice?"

"Non avresti preferito tornare a  casa?"

"Chi è Historia?"

"Erano brave persone?"

"Hai sofferto?"

"Chi è Historia?"

"Pensi ancora a lei?"

Il racconto di Ymir sugli anni che Reiner aveva passato sull'isola le avevano scavato nel cuore un buco che non riusciva a colmare in nessun modo. Per certi versi, si sentiva sollevata che da qualche parte nell'animo del ragazzo si trovava una versione di lui che fosse stato in grado di apprezzare, ma Leda sapeva che l'ennesima maschera che Reiner aveva indossato gli aveva senza alcun dubbio causato una nuova ferita nel suo animo. Sarebbe mai stata realmente capace di raggiungere di nuovo il suo io più profondo?

Dal momento in cui Reiner aveva indossato la fascia gialla dei cadetti, ogni giorno era stato costretto ad indossare una nuova veste di sé, una nuova personalità, sovrapponendo strato su strato, versioni diversi di se stesso, soffocando il bambino tenero ed insicuro che era stato.
 

Leda si infilò le mani in tasca e trovò il biglietto che Reiner le aveva affidato al termine della riunione. Come aveva potuto scordarsene? Si fermò nel bel mezzo del corridoio e lo lesse, sorridendo alla vista della grafia disordinata del ragazzo.

"Mi spii durante gli addestramenti?

Mi rincuora sapere che lo fai, perché da giorni sto deliberatamente facendo il giro più lungo della caserma per andare alla piazza d'armi, solo per passare sotto gli uffici di Croix e avere l'occasione di vederti mentre lavori. La tua espressione concentrata mi tranquillizza.

Reiner"

La ragazza strinse il foglietto al petto, se non fosse stata ancora in caserma probabilmente avrebbe saltato di gioia.
 

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Capitolo 14
*** Interlude- parte 1 ***


Un'altra giornata era volta al termine, il sole stava lasciando spazio alle ombre della sera che si allungavano nelle strade indaffarate di Liberio, mentre le prime luci nelle case stavano iniziando ad accendersi, illuminando di flebile bagliore i vicoli circostanti. Leda stava tornando a casa, finalmente, permettendo al suo corpo di abbandonarsi alla stanchezza che aveva accumulato durante la giornata e desiderando nient'altro che riposare, quando s'imbatté nel gruppo dei cadetti che parlavano animatamente tra di loro.

Gabi, Falco e gli altri sembravano davvero eccitati, mentre confabulavano seduti davanti l'uscio della casa dei Braun.
<< Leda!! >> Gabi le corse incontro gettandole le braccia al collo. La cuginetta di Reiner non mancava mai di mostrare il suo entusiasmo ogni qualvolta che potesse; soprattutto attorno a Leda che, negli anni in cui Reiner era stato in missione a Paradis, era diventata per lei come una vera e propria sorella maggiore.

La bambina aveva appena tre o quattro anni quando Reiner lasciò Liberio per recarsi in missione, e dal giorno della sua partenza, Leda l'aveva sorpresa spesso a gironzolare attorno alla sua casa, dove tante volte l'aveva vista in compagnia dell'adorato cugino. Quasi come un gattino smarrito, si era avvicinata con cautela a lei probabilmente sperando di trovare nella loro vicina di casa qualcuno che, come lei sentisse la mancanza di Reiner e potesse riempire il vuoto che la sua assenza aveva lasciato. Sulle prime, Leda era infastidita dalla continua presenza di Gabi anche perché sapeva bene che i Braun, o meglio Karina, la madre di Reiner, nello specifico, non la vedessero di buon occhio ma, successivamente, aveva iniziato a trovare la compagnia della bambina, tollerabile...alle volte anche piacevole. Finì così per sostituire, anche se solo marginalmente, la figura di Reiner nel ruolo di "punto di riferimento" per Gabi e lentamente, addirittura, Leda e Karina grazie alle continue richieste della bambina di passare più tempo con la ragazza, erano riuscite ad appianare le loro divergenze tanto che Leda in casa Braun era considerata come una sorta di figlia acquisita.

<< Hai sentito, la notizia? >> le chiese Gabi afferrandole un braccio e trascinandola verso gli altri cadetti << Prima della partenza delle truppe verrà esteso il coprifuoco nel quartiere d'internamento e permetteranno a tutte le reclute, e anche ai Guerrieri, di tornare a casa! >>
Leda guardò istintivamente nella direzione di Falco, che annuì sorridendo chiaramente felice all'idea di poter rivedere suo fratello Colt dopo molti giorni di assenza.

<< Dove hai sentito questa informazione, Gabi? Non c'è stato nessun comunicato ufficiale, ancora... >> Chiese Leda, cercando di ricordare se il dott. Croix avesse accennato a qualcosa del genere nelle ultime ore prima di congedarla, ma non le veniva assolutamente in mente nulla che potesse essere ricollegato ad un'informazione simile.
<< Gabi e Falco hanno sentito Magath riferirlo al nostro istruttore. >> Udo si inserì nella conversazione << Ma non siamo sicuri che abbiano capito bene..>>
<< Visto, Gabi? Anche la signorina Krause è perplessa e non ne sa nulla, ti sarai sbagliata! >> aggiunse Zofia con tono seccato, guardando in direzione di Gabi incrociando le braccia.

La ragazzina castana, sbattè un piede a terra e protestò con veemenza:
<< So bene cosa ho sentito e poi c'era anche Falco! Diglielo, Falco, di' a Zofia che ho ragione! >>
Il biondino si grattò la nuca imbarazzato cercando di fare esattamente quello che Gabi gli aveva chiesto ma la ragazzina continuava a parlargli sopra incessantemente.

Leda osservava la scena trattenendo il sorriso; guardare quei quattro bambini era come assistere a dei ricordi d'infanzia che le sfilavano davanti. Gli anni dell'addestramento, quando ombre come quella del recupero della Coordinata o della guerra non si erano ancora allungate su di loro. Rivedeva Annie e Berthold in Zofia e Udo, così come qualcosa di Gabi e Falco le ricordava il rapporto che c'era tra lei e Reiner. Forse era per le caratteristiche fisiche, o forse perché, esattamente come quando erano bambini, dove c'era uno dei due c'era anche l'altro.

<< Ragazzi, ve lo giuro! >> Insistette Gabi << Magath ha detto: "abbiamo dimezzato le razioni e le scorte, diamo loro qualche giorno di tregua o rischiamo una rivolta dei soldati nel primo mese di operazioni". >>

Alle orecchie di Leda la spiegazione della bambina sembrava essere sensata, eppure, non voleva farsi troppe speranze, essere trattati con accortezza ed empatia, come comuni esseri umani, era un lusso che Marley non concedeva a chi fosse di sangue Eldiano, inoltre, permettere alle truppe di rilassarsi e perdere concentrazione prima della partenza non le sembrava la più accorta delle strategie. Tuttavia, non voleva distruggere l'emozione dei quattro ragazzi.

<< Sembra proprio qualcosa che potrebbe uscire dalla bocca di Magath. >> Rispose l'infermiera posando la mano sulla testa di Gabi e scompigliandole la folta capigliatura castana << Scommetto anche che l'idea sarà partita dal capitano Jaeger! >>

Gabi, sentendo Leda darle manforte, si gonfiò di orgoglio, fece un ghigno di vittoria in direzione di Udo e Zofia che scrollarono le spalle rassegnati, schernendola a smorfie di rimando. Quando la bambina smise, finalmente, di scambiarsi boccacce con gli altri bloccò la mano di Leda ancora posata sulla sua testa e si voltò verso di lei.

<< Resti a cena da noi, Leda? Per favore! >> chiese infine con voce cantilenante. << Ti prego, zia Karina sicuramente sarà d'accordo! >>
<< Gabi, magari un'altra volta? Tra poco scatterà il coprifuoco, non vorrei mettere Karina in difficoltà...>> tentò di protestare educatamente Leda, sapeva che la bambina aveva bisogno di compagnia e attenzioni e avrebbe davvero voluto accontentarla, ma per quella sera il suo unico programma era far sprofondare la testa sul cuscino e provare a dormire almeno per una notte intera.
<< Dai ti scongiuro! >> Piagnucolò Gabi << Quando scatta il coprifuoco puoi restare a dormire con me o in camera di Reiner! >>

Ormai la bambina era completamente focalizzata sull'ottenere un sì da Leda che, dal canto suo, sapeva bene che quando Gabi si impuntava su qualcosa, difficilmente avrebbe desistito prima di aver ottenuto quello che desiderava. L'infermiera provò a declinare a parole, provò ad isolarsi mentalmente riducendo i contini "ti prego" di Gabi a un rumore di sottofondo ma, alla fine si dichiarò sconfitta:
<< Va bene, va bene! Ma solo se non è un problema per Karina, intesi? >>
Gabi non diede a Leda neanche il tempo di lisciarsi le pieghe della gonna, che la trascinò in casa congedandosi frettolosamente dagli altri cadetti.

La casa dei Braun, nonostante la cittadinanza onoraria avesse elevato il loro status sociale, non era diversa da tutte le altre case del quartiere d'internamento, era umile e modesta, piccola, antiquata ma confortevole e ben curata. Karina e sua cognata tenevano impeccabilmente tutto quanto in perfetto ordine, nulla era mai fuori posto, tanto che Leda spesso si sentiva a disagio anche solo a spostare una sedia per sedersi. Con il passare degli anni aveva capito che il bisogno di Karina di mantenere sempre la sua casa in condizioni perfette, nasceva da quel distorto senso di vergogna che provava dopo che il padre di Reiner l'aveva rifiutata definitivamente e lentamente, dopo aver compreso questo aspetto del carattere della donna, il disagio che provava e che la faceva restare immobile al centro della stanza ogni volta, si sostituì con il desiderio di poter essere di conforto per quella donna che non avrebbe mai potuto avere ciò che desiderava realmente.

La stanza dove erano soliti riunirsi per cena era semplice e accogliente, situata vicino alla cucina, dove Karina stava già armeggiando per la cena.
<< Zia! >> La chiamò Gabi trascinando Leda per mano << Leda può restare a cena da noi stasera? Ti prego! >>
Karina si voltò sorridente in direzione di sua nipote, annuendo con cortesia, poi si rivolse a Leda:
<< Leda, che bello rivederti, stai lavorando sodo eh? Ho saputo che partirai anche tu con le truppe di terra, che onore deve essere per te, potrai affiancare e soccorrere la divisione panzer assieme a Pieck, proprio come se avessi finito anche tu l'addestramento per diventare un Guerriero! >>
Leda ignorò la punta di malizia nel commento di Karina e con una lieve scrollata di spalle si limitò a rispondere:
<< Sì, tutta la caserma è in fermento. Non c'è un solo reparto che non sia coinvolto nel pianificare al meglio le operazioni. Ma, come sempre sono i Guerrieri quelli con il carico maggiore. Siamo davvero fortunati ad averli con noi. >> Ripetè diligentemente, come ci si sarebbe aspettato da una brava ragazza eldiana.

<< Ad ogni modo, Karina, non vorrei esserle di disturbo...Gabi ha insistito molto ma..>>
<< No, no, nessun disturbo cara! >> Karina tagliò corto la conversazione e con essa anche le possibilità di liberarsi di Leda. << E poi...la signora Grice mi ha riferito di una cosa che ha visto Falco qualche tempo fa...e vorrei parlartene! >>

"La signora Grice?" Ripeté mentalmente Leda mentre Karina le metteva in mano un cestino pieno di pane da portare in tavola.

L'atmosfera quella sera sembrava meno rilassata del solito, nonostante non fosse la prima volta che la ragazza cenasse con i Braun, Leda si sentiva come un'estranea che per la prima volta si fosse seduta a quel tavolo. Fortunatamente Gabi, al posto accanto al suo, portava avanti la conversazione raccontando vivacemente di come stesse andando il suo addestramento.
<< E poi, l'altro giorno ho ripetuto i test per l'esercitazione di tiro e sono andata meglio di Zofia! >> esultò la ragazzina, girando la testa per guardare i suoi genitori seduti dall'altro lato del tavolo, con espressione gioviale ed orgogliosa << Tutto merito dei consigli che mi ha dato Leda, è davvero un peccato che tu abbia lasciato l'unità dei cadetti per entrare nel team medico...Saresti stata perfetta per ereditare il Femmina o addirittura il Bestia, dopo Leonhard e Zeke secondo me! >>
Gli occhi di Karina si piantarono su Leda non appena Gabi pronunciò quelle parole, la ragazza sentiva lo sguardo deluso della donna fisso su di lei mentre cercava il modo migliore per rispondere e possibilmente sviare il discorso:
<< Probabilmente hai ragione Gabi >> Disse infine, dando una leggera gomitata scherzosa alla bambina << Ma se non avessi fatto richiesta per entrare nelle forze mediche, chi avrebbe badato a te e Falco fintanto che non avreste finito il vostro addestramento? >>

Gabi ridacchiò e la risposta sembrò soddisfare anche Karina che sorrise, mutando completamente la sua espressione dalla delusione alla comprensione; la donna rimase in silenzio per qualche minuto, assorta nei suoi pensieri e poi riprese a parlare, interrompendo il fiume di parole della nipote:

<< A proposito di Falco... >>

Leda deglutì trasalendo, preoccupata all'idea che Falco avesse in qualche modo scoperto che lei e Zeke avevano contraffatto i test di Colt per ritardare l'assimilazione del gigante di Reiner; con mano incerta prese il bicchiere davanti a sé portandolo alle labbra.

<< La signora Grice mi ha detto che Falco ha sorpreso te e mio figlio nel magazzino dell'infermeria qualche settimana fa...povero bambino, aveva paura di aver buttato mesi di addestramento, Reiner sembrava così seccato dell'interruzione... >>

Leda ricollegando a quale episodio si stesse riferendo Karina, strabuzzò gli occhi quasi strozzandosi con l'acqua che stava bevendo;
<< Nel..magazzino, eh? >> ridacchiò nervosamente la ragazza cercando di fingere di non avere idea di cosa si stesse parlando.

<< Perché Reiner e Leda erano da soli nel magazzino delle medicine? >> chiese Gabi con espressione incuriosita, contribuendo inconsapevolmente ad aumentare l'imbarazzo di Leda che, intanto, stava cercando di ricordarsi se avesse mai letto nei suoi libri di medicina se ci fossero mai stati casi di "morte per vergogna".

Probabilmente lei sarebbe stato il primo caso clinico mai appurato.

<< Reiner è un Guerriero. >> Sentenziò Karina << Sappiamo bene cosa questo voglia dire...se avete intenzioni serie, dovreste evitare le perdite di tempo. >>

<< A cosa si riferisce, Karina? >> chiese Leda. L'espressione della donna si era fatta improvvisamente seria, nonostante il sorriso bonario che aveva sul viso.

<< Penso tu sappia esattamente a cosa mi riferisco, tesoro. >> rispose lei << Ci sono molti modi in cui una donna può servire la propria nazione, lo sai bene. Garantire una continuità di giovani forti e in salute per collaborare alla fine degli eldiani impuri e mantenere il privilegio della cittadinanza onoraria, ad esempio, è uno di questi. Sei anni passano in fretta, Leda, per questo dico che dovreste evitare le perdite di tempo. >>


L'infermiera serrò i denti, stringendo istintivamente il pugno che prontamente nascose sotto il tavolo, disperatamente cercò di mantenere il controllo e il distacco necessario per riuscire a interrompere quella conversazione senza mancare di rispetto alla madre di Reiner; avrebbe voluto rispondere che né Reiner né lei erano bestie da allevamento, che mai avrebbe accettato una condizione simile, desiderava alzarsi e tornarsene a casa sua, sbattendo la porta e non facendosi più rivedere ma, sapeva che in quell'occasione lei avesse la sua parte da recitare per creare meno problemi possibile, quindi si limitò a rispondere con quanta più educazione riuscisse ad usare, ma senza nascondere una punta di sarcasmo:
<< Siamo alle porte di una guerra, signora Braun, il mio cuore per il momento non riesce a concedersi le gioie dell'abbandonarsi alle fantasie di ragazza. >>

Gabi alternava lo sguardo tra il viso di sua zia a quello di Leda, cercando di capire di cosa stessero parlando le due donne, entrambe si stavano sorridendo ma i loro volti tradivano una certa tensione, l'atmosfera si era fatta di colpo pesante, era evidente anche alla bambina adesso. Si mosse sulla sedia, improvvisamente incapace di rimanere seduta composta, afferrando con la mano un lembo della gonna di Leda.

In lontananza, il rintocco di una delle campane dei luoghi di culto del quartiere d'internamento annunciò l'entrata in vigore del coprifuoco.

***

Il coprifuoco era scattato da ore ormai, quando la maniglia della porta della casa dei Braun si girò lentamente.

Reiner aprì la porta cercando di fare meno rumore possibile, aveva chiesto un permesso di congedo anticipato per poter fare una piccola sorpresa a Gabi e sua madre, rientrando a casa con qualche ora di anticipo rispetto a quanto concordato con Magath. Quanto sentito dalla sua cuginetta, a quanto pareva, era quindi vero: a pochi giorni dalla partenza, a tutte le milizie mobilitate per il fronte e all'unità dei Guerrieri sarebbero stati concessi alcuni giorni di congedo da passare con le proprie famiglie. Sfortunatamente, il lavoro lo aveva trattenuto, e non era riuscito ad arrivare in tempo per la cena ma, aveva comunque deciso di rientrare per essere presente almeno la mattina successiva, prima di uscire nuovamente con la speranza di poter trascorrere del tempo anche con Leda.

Con sua sorpresa, notò che la stanza principale, quella che la famiglia usava per trascorrere del tempo insieme era ancora fiocamente illuminata, cosa inusuale per sua madre o i suoi zii che vivevano con loro. Andò quindi cautamente in direzione del fioco bagliore; il ragazzo si guardò intorno: la stanza sembrava vuota, non c'era traccia né di Karina né dei genitori di Gabi, tutto era, come sempre perfettamente in ordine, le persiane serrate e la legna nella stufa stava lentamente finendo di ardere. A terra, però, circondate di vecchie foto ingiallite trovò Gabi scompostamente sdraiata sulle gambe di Leda entrambe profondamente addormentate.

Il cuore gli saltò un battito alla vista delle due ragazze. Istintivamente, fece qualche passo nella loro direzione prestando attenzione ad alleggerire i suoi passi per non fare rumore ed evitare di svegliarle.

Reiner rimase imbambolato ad osservare Leda appoggiata con la schiena alla poltrona, la testa piegata da un lato reclinata sulla spalla e una ciocca di capelli che le cadeva delicatamente sul viso, sfiorandole le labbra appena dischiuse. La luce della legna che ancora fiocamente illuminava la stanza, proiettava sul viso di Leda caldi riflessi dorati, rendendo la sua espressione ancora più serena e pacifica, Reiner non potè fare a meno di restare a guardarla, cercando di fissare nella sua mente ogni piccolo dettaglio di quella scena: il modo in cui il petto della ragazza saliva e scendeva ritmicamente ad ogni suo profondo respiro, la curva della mandibola di lei, ogni neo, ogni movimento involontario.

Sul suo grembo, rannicchiata scompostamente, stava dormendo Gabi, sulla sua testa un groviglio di capelli spettinati e i suoi vestiti sparsi in tutte le direzioni. Guardando sua cugina, il ragazzo la trovò adorabile in quel momento, anche nel suo sonno imperfetto.

Reiner, finalmente, si decise ad avvicinarsi alle due, si piegò sulle ginocchia posando delicatamente la mano sulla spalla di Gabi.

<< Gabi, svegliati...>> mormorò piano << ti fa male dormire a terra...>>

La scosse leggermente ma la bambina era così profondamente addormentata che non ci fu verso di svegliarla; con un sospiro divertito, quindi la prese in braccio e la posò sulla poltrona vicino alla stufa, coprendola con una coperta che aveva trovato lì vicino.

Si voltò di nuovo verso Leda, indugiando nuovamente nel guardarle il viso.

La sensazione che gli si fece strada nel cuore non cessava mai di lasciarlo confuso e spiazzato, nonostante la provasse ogni volta che i suoi occhi si posavano su quella ragazza; era dolce, pungente e bruciante come un alcolico e alla stessa maniera non mancava mai di stordirlo, rendendolo leggero, sorridente...vulnerabile. Negli attimi in cui si perdeva nel guardarla, nei momenti in cui tutto il mondo spariva, lui riusciva a domare i suoi demoni e il guerriero che era in lui finalmente taceva. Restava solo la sua parte più sincera, in quei secondi lui era solo Reiner. Ed era in pace.

Allungò una mano ad accarezzare la guancia di Leda, la sua pelle era morbida e calda, cercò di prolungare il più possibile il contatto delle sue dita sul viso di lei, godendo del calore e della sensazione di poterla avere così vicina.

Per un momento che Reiner non riuscì a calcolare, fu come se in quella stanza ci fossero solo loro due, lo scoppiettare degli ultimi ciocchi di legna nella stufa e il silenzio della notte.


Anche Leda non si svegliò al tocco del ragazzo, evidentemente esausta dopo la lunga giornata che doveva aver trascorso, per questo a Reiner non rimase che avvolgerla tra le braccia e posare anche lei sulla poltrona accanto a quella dove stava già dormendo Gabi.

Alzò la ragazza senza sforzi e affondò il viso tra i suoi lunghi capelli bruni per respirarne il profumo; ricordandosi delle volte che aveva visto Ymir fare lo stesso con Historia, rise di sé per quel gesto così patetico del quale, però, non riusciva a fare a meno.

Adagiò Leda sulla poltrona e si tolse la giacca della sua divisa, poggiandola sulle spalle della ragazza coprendola.

Fu solo in quel momento che prestò attenzione alle foto sparse sul pavimento; Gabi doveva aver tirato fuori i cofanetti dove Karina custodiva tutte le foto che avevano scattato in quegli anni. Per una famiglia Eldiana, avere delle foto da conservare era un lusso che in ben pochi potevano permettersi, per questo sua madre era estremamente gelosa ed orgogliosa di averne anche di momenti meno formali. C'erano foto che immortalavano la nascita di Reiner e di Gabi, qualcuna del giorno in cui i suoi zii si erano sposati, una che raffigurava sua madre davanti l'uscio della loro casa, il giorno che era stata assegnata loro ma, quella che catturò l'attenzione di Reiner era una foto del giorno in cui aveva iniziato l'addestramento da cadetto.

Annie, Pieck e Leda sedevano con la schiena dritta e le mani incrociate sul grembo, dietro di loro Berthold e Marcel, mentre Porco si trovava, con la sua solita espressione beffarda, in piedi accanto ad Annie e lui, leggermente in disparte se ne stava alla sinistra di Leda impettito ed orgoglioso. Al centro esatto della foto, invece, si trovava Zeke, che all'epoca dello scatto aveva già all'incirca dodici o tredici anni.

Reiner si soffermò a lungo nel guardare quella foto, sorridendo amaramente alla vista dei visi di quei bambini, sette di loro indossavano per la prima volta la fascia gialla che li avrebbe incatenati per sempre ad una vita fatta di rinunce, onori e sacrifici, ognuno di loro con la propria motivazione per essere lì in quel giorno: chi lo faceva per riscatto, chi lo faceva per bisogno, chi per aiutare una persona cara.

Sette cadetti, sette bambini... tre di loro persi nella missione, due sarebbero rimasti ragazzi per sempre... solo Pieck, Porco e Leda gli restavano di quella foto.

Carezzò l'immagine e la rimise in ordine tra le altre, quando si accorse di un pacchettino di stoffa sul fondo del cofanetto, lo prese tra le mani aprendone i lembi e rilevandone il contenuto: la fascia bianca e quella gialla di quando era bambino. Istintivamente, prese una delle due e la mise nella tasca dei suoi pantaloni, rimettendo l'altra a posto con cura dove l'aveva trovata.

Infine, si sedette ai piedi della poltrona dove stava dormendo Leda, posò la testa sul cuscino della seduta, prendendo delicatamente la mano della ragazza e posandosela sul viso; chiuse gli occhi con un sorriso a increspargli le labbra.

Quando Karina scese nella sala da pranzo si trovò davanti, con suo grande stupore, suo figlio addormentato seduto a terra, con le braccia incrociate e la testa poggiata alla seduta della poltrona dove Leda era rannicchiata, coperta dal lungo trench della divisa del Guerriero. La ragazza, cingeva con un braccio le spalle del ragazzo.

Entrambi, nonostante la posizione non sembrasse delle più confortevoli, avevano un'espressione serena sul viso e la donna si lasciò sfuggire una risata sommessa alla vista della coppia così teneramente addormentata, un'immagine che contrastava pesantemente con la figura di Gabi che, invece, si trovava sull'altra poltrona, con le gambe poggiate allo schienale e la bocca spalancata russando sonoramente.

Sorrise al ricordo delle innumerevoli mattine in cui aveva ritrovato i due ragazzi nella stessa situazione, anni prima, provando nuovamente quella familiare sensazione di tenerezza mista a preoccupazione. Si avvicinò cautamente a Reiner per svegliarlo.

<< Non riuscirai mai a toglierti il vizio di stare incollato a questa ragazza, eh Reiner? >> gli disse scuotendolo piano mentre lui, lentamente apriva un occhio.

<< Oh, mamma...>> Reiner, drizzò la schiena cautamente per non svegliare Leda, massaggiandosi con la mano i muscoli del collo indolenziti per aver dormito seduto a terra per tutta la notte. << Non mi aspettavo di trovarla qui, ho provato a svegliarle... >>

Karina, scosse la testa sorridendo al figlio. << Non c'è bisogno di giustificarti, non siete più dei bambini. Ti preparo del caffè, parliamo un po' solo tu ed io. >>

Reiner si alzò, seguendo la madre verso l'angolo della stanza dove la donna era solita cucinare, si sedette al tavolo mentre sua madre armeggiava con i filtri, l'acqua bollente e le tazze. Dopo qualche minuto di silenzio Karina gli porse una tazza di caffè e gliela mise davanti, sedendosi a sua volta.

<< Siete sempre stati così attaccati voi due, per quanto io e sua nonna cercassimo di tenervi a distanza, non c'è mai stato verso di separarvi. >> esordì la donna. << Quanti anni avevate? Otto? >>

<< Sei. >> la corresse lui.

<< Oh, sì hai ragione...avevate solo sei anni quando sua madre si suicidò >> continuò dicendo Karina << Devo ammettere che in questi anni Leda si sia impegnata molto per risollevare il nome della sua famiglia dopo quelle brutte dicerie. Anche se alla fine, non ha portato a termine il suo addestramento da cadetto si è mostrata una risorsa importante per Marley, sono molto orgogliosa di lei. >>

Reiner serrò le labbra senza rispondere. Lui quel giorno era lì. Sapeva benissimo cosa fosse successo: la signora Krause non si era suicidata.

<< Certo, avrei preferito per te una ragazza priva di sangue eldiano ma, Leda è educata, premurosa e leale. Non posso dirmi contraria a questo vostro..."legame", non ci vedo nulla di deleterio, per te. Ma, non dimenticare che i tuoi doveri di Guerriero non dovranno mai passare in secondo piano. Tutta la famiglia conta su di te. >>

Reiner svuotò con un sorso la tazza che la madre gli aveva porto e si alzò dal tavolo.

<< Grazie del caffè. >> Rispose.

 

 

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Capitolo 15
*** Interlude- Parte 2 ***


Nota della scribacchina parte 2: Questo è un capitolo completamente diverso dagli altri, sarebbe dovuto uscire il 1° Agosto, giorno del compleanno di Reiner ma, a causa della vita vera che incombe e la mia incapacità nello scrivere scenari “puramente romantici”, l’uscita è stata rimandata. I due capitoli di interludio, volendo, possono essere saltati a piè pari ma ci sono alcuni passaggi che verranno ripresi più avanti ( più altre hint buttate qua e là già nei capitoli precedenti).  

 

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Leda si era svegliata quando, girandosi sulla poltrona, la giacca di Reiner era scivolata a terra. La pesante fibbia della cinta ancora bloccata nei passanti, sbatté al suolo facendola sobbalzare. 

Confusa, si mise a sedere stropicciandosi un occhio, continuando a fissare l’indumento che ora si trovava a terra. 

Si guardò intorno cercando il ragazzo con lo sguardo, vedendo, però, solo Karina seduta al tavolo della cucina. 

 

<< Reiner è uscito qualche minuto fa. >> Le disse la donna con voce distaccata. 

 

Leda aveva imparato a riconoscere gli stati d’animo della signora Braun, dopo gli anni passati vicino a lei, quindi non ci mise molto a capire che, probabilmente, i due dovevano aver discusso o che comunque, potessero aver avuto un qualche tipo di conversazione poco piacevole. Preferì quindi non fare domande e limitarsi a piegare con cura il trench del ragazzo e congedarsi a sua volta con una scusa.

Karina, come era prevedibile non si oppose e finalmente Leda ebbe modo di rientrare a casa. 

 

Scese in strada, la pungente aria di quel mattino autunnale le sferzò le guance gradevolmente e la ragazza inspirò a pieni polmoni, stiracchiando le braccia dietro la testa. Ricordava di essersi addormentata a terra, mentre Gabi le mostrava delle vecchie foto di famiglia ma non aveva minimamente idea di come fosse finita a dormire sulla poltrona. Possibile che Reiner fosse realmente tornato a casa sua quella notte? Avrebbe voluto dire che quanto sentito da Falco e Gabi corrispondesse al vero e, quindi, tutti i militari, Guerrieri inclusi, avessero ricevuto qualche giorno di congedo. Ma se così fosse, perché non svegliarla? 

La ragazza, nonostante quello fosse il suo giorno di riposo in ogni caso, decise di recarsi comunque in caserma quella mattina per verificare lei stessa se effettivamente fosse stato concesso ai suoi amici di rientrare a casa.

 

Salì velocemente per darsi una rinfrescata e cambiatasi in fretta e furia dalla divisa che indossava dalla sera prima con abiti civili, corse lungo le scale per lanciarsi di nuovo in strada nel minor tempo possibile, non volendo sprecare un minuto di più.

Scaraventandosi fuori, però, andò a sbattere violentemente contro il ragazzo che stava per bussare alla sua porta.

 

<< Dannazione Leda! Ma guarda dove corri ogni tanto! >> le sbraitò contro il ragazzo che, afferrandola per un braccio le impedì di cadere rovinosamente a terra.

<< Porco! Che ci fai qui piuttosto? >> rimbrottò lei portandosi una mano a massaggiarsi la punta del naso.

Il ragazzo si infilò le mani nelle tasche della giacca scrollando le spalle. 

<< Magath ha concesso a tutti noi un paio di giorni di congedo... >> c’era chiaramente qualcosa che voleva dirle ma stava esitando. 

<< E perché sei passato da me invece che andare a casa con Pii? >> chiese lei esterrefatta. 

 

Porco si morse le labbra, abbassando lo sguardo. Con le mani infilate in tasca stava dondolando sul posto come un ragazzino imbarazzato, guardandosi intorno con circospezione prima di bofonchiare:

<< Lei, ha rifiutato… è preoccupata che i suoi commilitoni possano vederci insieme e iniziare a parlare…sai com’è per una ragazza. Perderebbe di credibilità di fronte agli altri se iniziassero a vederla per qualcosa di diverso dal Titano Carro… >> 

Leda girò gli occhi al cielo, facendo cenno al suo amico di entrare in casa; per quanto lei trovasse tali discorsi assurdi, non poteva far a meno di dar ragione a Pieck in questo momento: le relazioni fra commilitoni non erano mai viste di buon occhio, ma quando ad essere coinvolti erano i Guerrieri, soprattutto se detentori di giganti che combattevano in prima linea, la relazione diventava quasi uno scomodo tabù che avrebbe potuto mettere a rischio un’intera operazione. 

<< Quindi che hai intenzione di fare, sprecare un’intera giornata trascinandoti per il quartiere? >> Gli chiese Leda mettendogli davanti una tazza di caffè fumante. << Immagino tu voglia quantomeno salutare i tuoi prima di partire. >> 

Porco non rispose, prendendo la tazza tra le mani e girandola due volte prima di portarsela alle labbra per bere. 

<< Porco…? Hai intenzione di tornare a casa tua, vero? >> incalzò Leda, immaginando già le prossime parole che sarebbero uscite dalla bocca del suo amico. << Non puoi piazzarti in casa mia sperando che anche Pieck passi a trovarmi per un caso fortuito del destino! >> 

<< Perché no? Con te e Reiner funziona. >> sogghignò lui inarcando un sopracciglio, mentre Leda alzando le mani al cielo si girava di spalle << Dai, sono convinto che Pieck non ci impiegherà molto ad avere la mia stessa idea, se non arriva entro un paio di ore mi dichiarerò sconfitto e tornerò a casa mia! >> 

<< Questa è chiaramente la mia punizione per aver chiesto a Pii di consegnare quella lettera a Reiner ieri! Condannata a fare il terzo incomodo in casa mia! >> protestò bonariamente la ragazza. 

 

Nonostante le proteste, Leda era molto felice di poter aiutare i due ragazzi; da quando avevano dodici anni erano sempre stati solo loro tre. Porco e Pieck l’avevano letteralmente tenuta a galla quando, due anni dopo la partenza della missione per recuperare la Coordinata, sua nonna era venuta a mancare e lei era rimasta completamente sola. Tra alti e bassi, ovviamente, qualche incomprensione e gelosia, i tre ragazzi avevano creato un legame talmente saldo da andare oltre la semplice amicizia. Erano i fratelli che non avevano avuto, i fratelli che avevano perso. 

 

La lancetta lunga dell’orologio non aveva ancora terminato il suo giro quando qualcuno bussò alla porta d’ingresso.

<< Che ti avevo detto, Leda? >> Porco si alzò di scatto andando verso la porta per aprirla << Il destino non manca mai di compier..>> 

Quando si ritrovò davanti Reiner la delusione gli impedì di finire la frase e gli smorzò il sorriso che fino a pochi attimi prima aveva stampato sulla faccia. 

 

<< Galliard? >> Reiner, confuso e contrariato stava fissando Porco imbambolato che dal canto suo, aveva sul viso un’espressione ancora più scontenta della sua. 

<< Possibile che ovunque vada ti ritrovi sempre a gironzolare intorno a Leda? >> Reiner torreggiava sopra Galliard, visibilmente indispettito dalla sua presenza inaspettata in casa della ragazza. Mosse qualche passo verso di lui, varcando definitivamente la soglia ed entrando a sua volta; Porco rimase a guardarlo, sostenendo con aria di sfida il suo sguardo torvo per tutto il tempo, con le braccia incrociate e la testa alta di chi, segretamente, stava traendo grande divertimento dalla frustrazione dell’altro. 

 

<< Non mi risulta di dover chiedere il permesso per venire a trovare un’amica, quando non sono in servizio. >> rispose Galliard con fare beffardo. << Tutt’al più considerando che Leda non è davvero la tua ragazza, o sbaglio? >>

<< Porco, perché sei qui? >> Reiner allungò un braccio afferrando la giacca di Porco con forza, strattonandolo di colpo e avvicinandosi con veemenza a lui.

Galliard sostenne il suo sguardo allargando ancora di più il suo sorriso malizioso, divertito dalla reazione esagerata di Reiner.

 

<< Porco, non era Pieck alla porta vero? >> Leda fece capolino dalla porta della cucina, incuriosita dal trambusto che aveva sentito. Alla vista di Reiner, il viso della ragazza si illuminò all’istante e lui fece appena in tempo a mollare la presa sulla giacca di Porco che lei gli stava già correndo incontro. Per un istante, la vergogna della reazione esagerata che aveva avuto alla vista di Galliard aprirgli la porta, gli impedì di guardare Leda negli occhi, paralizzato dalla vergogna dell’essersi fatto sopraffare così facilmente e platealmente dall’insicurezza e la gelosia. 

La ragazza, notando che Reiner non alzava lo sguardo da terra, si fermò a pochi passi da lui aspettando una qualche sua reazione, persino Porco, in quel momento si sentì a disagio tanto che decise di defilarsi, tornando in cucina nella speranza che Pieck, alla fine, fosse venuta davvero.

 

<< Abbiamo un paio di giorni di libera uscita… >> Finalmente, Reiner trovò il coraggio di parlare e alzare lo sguardo sulla ragazza, abbozzando un sorriso stiracchiato.

<< Sì, ieri Gabi ha sentito Magath riferirlo al loro istruttore… e stamattina Porco me lo ha confermato.>> Rispose Leda guardandolo da sotto in su tra le folte ciglia << Stava…aspettando Pieck, sai che non vogliono far sapere di loro due… >> si affrettò ad aggiungere lei, come a volersi giustificare o, forse, rassicurarlo, allungando una mano verso di lui per prenderla tra le sue.

<< Ah.. Certo, capisco… >> Reiner si ritrasse involontariamente dalla lieve carezza di Leda, infilandosi la mano nella tasca dei pantaloni. 

 

Per un secondo la ragazza rimase interdetta, corrucciando le sopracciglia rimanendo con la mano sospesa a mezz’aria; tuttavia non si fece scoraggiare e afferrando Reiner per il gomito lo trascinò verso di lei. Il ragazzo non provò neanche ad opporsi, avvicinandosi immediatamente.

<< Non vuoi parlarmi? >> gli chiese lei inclinando la testa da un lato, un angolo delle sue labbra si sollevò in un sorriso, mentre gentilmente la sua mano, dal gomito di Reiner, scivolava verso la sua   << Se è perché tua madre ti ha fatto nuovamente il terzo grado a causa mia, sappi che stavolta avevo un invito ufficiale per restare a dormire in casa vostra.. >> 

Il tono scherzoso di Leda lo fece sciogliere, la sua postura divenne più rilassata e il suo sorriso meno tirato.
<< Non preoccuparti di quello…ho provato a svegliarti ma non c’è stato verso, Gabi deve averti stancato parecchio… >> le strinse la mano nella sua << Quella bambina ti adora, ti ringrazio di essere così paziente con lei. >>

 

<< Figurati, mi piace passare del tempo con Gabi! Anche se sa essere impegnativa, non riesco proprio a resisterle…Deve essere qualcosa che ha a che fare con la genetica dei Braun! >> rispose la ragazza con un sorrisetto sfacciato stampato sul viso.

Sulle prime Reiner sembrò non capire cosa intendesse Leda con quella frase, quando poi il significato delle sue parole gli fu chiaro, un lieve rossore gli colorò le guance e la punta delle orecchie. Cercando di dissimulare la punta di soddisfazione che il complimento indiretto di Leda gli aveva provocato rispose:

<< In questo caso, farò in modo di sfruttare questo vantaggio a mio favore… >> 

Con movimenti misurati, Reiner fece per sfilare qualcosa dalla tasca dei suoi pantaloni. 

 

<< CHE IMBARAZZO RAGAZZI, PER FAVORE, CI SONO OSPITI IN CASA! >> Dall’altra stanza Porco non mancò di rovinare volontariamente l’atmosfera che si stava creando tra i due.
<< Sei solo geloso che, alla fine, il ruolo del terzo incomodo sia toccato a te! >> Rimbeccò Leda ridendo andando verso la cucina senza smettere di tenere la mano di Reiner stretta nella sua.

 

Passò quasi un’ora prima che, finalmente, Pieck intuisse dove avrebbe potuto trovare Porco e si decidesse di incamminarsi verso la casa della loro amica; quando arrivò, fu Leda ad aprirle la porta gettandole le braccia al collo.

<< Finalmente sei arrivata Pii, come sta tuo padre? >> mentre la stringeva la ragazza aggiunse quasi sottovoce << Prima di partire mi assicurerò che, dalla clinica, qualcuno del team di Croix passi a trovarlo il più possibile. >> 

Pieck annuì in segno di ringraziamento ed entrò a sua volta in casa, dirigendosi in direzione della voce di Porco che stava animatamente parlando con Reiner di qualcosa che era accaduto anni prima. << Ancora a rivangare fatti accaduti anni fa Pokko? Darai mai tregua a Reiner? >> Esordì la ragazza sedendosi sulla sedia accanto a quella di Galliard che non appena la ebbe abbastanza vicino le passò un braccio intorno alle spalle con naturalezza posandole, in un attimo, un bacio tra i folti capelli neri bofonchiando un “mai” scherzosamente.

 

Quella era, forse, la prima volta che i quattro ragazzi si ritrovavano tutti insieme nella stessa stanza senza uno scopo che non fosse il semplice desiderio di stare insieme. Per quel giorno non c'erano briefing, non c’erano scartoffie da compilare, non c’erano esercitazioni. Tutto il quartiere si era fermato per permettere loro di vivere, anche se solo un giorno.

 

[***]

 

<< Ti dico che li ho visti con i miei occhi! Erano vicini così e tuo cugino era furioso quando sono entrato! >> Falco protestava animatamente mimando con le mani la scena, seduto su un muretto polveroso mentre Gabi calciava un sassolino distrattamente.

<< Ma quello che ti ho chiesto io è: perché? >> Incalzò la bambina << Cosa stavano facendo di così segreto da non voler essere scoperti?>> 

Falco ci pensò su un attimo, la sua mente di bambino di soli otto anni aveva appena iniziato a comprendere i sentimenti degli adulti ma faticava a capire esattamente il perché di molte delle loro azioni.

<< Colt mi ha detto che, alle volte, gli adulti restano da soli per mostrarsi affetto…>> 

Gabi si voltò verso il suo amico con gli occhi sgranati, come appena colta da un’illuminazione portandosi entrambe le mani alla bocca:

<< Reiner e Leda..? Pensi che tuo fratello possa avere ragione? Quindi è questo quello che voleva dire la zia ieri? >> 

<< Non lo so? >> Falco sembrava confuso, del resto lui non aveva la benché minima idea di cosa avesse detto la signora Braun la sera passata…perché Gabi lo stava chiedendo a lui? 

<< Ti rendi conto che hai probabilmente privato Marley del prossimo Guerriero onorario? Falco, come hai potuto! >>

 

[***]

 

<< Quindi, come passiamo la giornata? >> Dondolandosi sulla sedia Porco incrociò le braccia dietro la testa con aria distratta.
<< Come sarebbe “Passiamo”? >> Chiese Reiner lanciandogli un’occhiata di sbieco. Alla domanda Porco, sembrò particolarmente indispettito, sbuffando sonoramente a rimarcare che l’insofferenza appena mostrata dall’altro fosse assolutamente condivisa. 

<< Dai Reiner, non fare così, Pieck e Porco non hanno possibilità di farsi vedere in pubblico, se invece rimanessimo con loro, non desterebbero sospetti. >> Leda parlandogli dolcemente gli posò una mano sul braccio, disegnando con le dita dei piccoli cerchi sulla camicia del ragazzo. << Senza contare che se restassimo chiusi in casa finireste per mettervi a parlare di lavoro! >> 

 

<< Potremmo andare al fiume, quella parte della città non è cambiata affatto rispetto a quando eravamo piccoli, sarà divertente! E soprattutto, non ci disturberà nessuno. >> suggerì Pieck che se ne stava sorridente seduta accanto a Porco con entrambe le mani a sorreggerle la testa, mentre i suoi occhi andavano pigramente a spostarsi da un viso all’altro dei suoi amici.

 

Da bambini, erano soliti passare interi pomeriggi quando erano liberi dagli addestramenti, sulle sponde del fiume che attraversava Liberio; da quando erano rientrati dall’ultima missione, Reiner aveva sempre accuratamente evitato di passare da quei luoghi per paura di rivedere davanti ai suoi occhi i fantasmi della sua infanzia, i fantasmi di Berthold e Marcel. 

Istintivamente cercò sul viso di Porco un segno del suo stesso malessere, senza però trovarlo: Galliard se ne stava sereno a guardare il volto di Pieck con aria rilassata, annuendo sognante alla proposta della ragazza. 

Volse a quel punto lo sguardo verso Leda, che come ogni volta, intercettò immediatamente i suoi occhi. 

I due si guardarono per un attimo e la ragazza strinse dolcemente la presa sul suo braccio. 

“Hai bisogno di un momento di tregua, Reiner…” sembrava volergli dire con il suo gesto, trasmettendogli, come di consueto, una calma che lui credeva di non poter più provare. 

Annuì quasi senza rendersene conto.

<< Perfetto, è deciso allora! >> Leda sembrava entusiasta all’idea << Preparo velocemente qualcosa da mangiare per tutti e possiamo andare!>> 

 

Pieck e Porco, approfittando del tempo che sarebbe servito a Leda per preparare, dissero che prima di andare sarebbero passati alle rispettive case per avvisare le loro famiglie, lasciando così Reiner e la ragazza da soli.

 

Il ragazzo la guardava in silenzio andare da una parte all’altra della stanza; i suoi occhi la seguivano senza perderla di vista neanche per un secondo, mentre lei si muoveva leggera in un continuo frusciare di stoffa e il lieve scalpìccio dei suoi passi.

Sin da bambina aveva sempre avuto quel passo silenzioso e quel modo di camminare, poggiando sempre prima la punta del piede a terra, per far meno rumore possibile, l’esatto opposto di lui che, invece aveva sempre avuto il vizio di pestare i piedi a terra quando camminava. Sorrise ripensando a tutte le volte che, inaspettatamente, se l’era ritrovata alle spalle facendolo sobbalzare dallo spavento, ogni volta che la perdeva di vista; da bambino ripeteva a Bertl che era  per questo motivo che aveva preso l’abitudine di seguirla con gli occhi ovunque andasse, per essere sempre pronto ad uno dei suoi agguati, come avrebbe fatto un vero guerriero. Oggi, se il suo amico fosse ancora vivo, probabilmente riderebbe di lui, per tutte le volte che aveva negato quello che adesso era evidente.

 

Senza quasi accorgersene aveva teso una mano verso la ragazza, afferrandola delicatamente per le spalle e cingendola in un abbraccio. Non poté fare a meno di ridacchiare constatando quanto Leda fosse piccola in confronto a lui pensando che, fino a poco tempo prima di ereditare il suo gigante, la differenza di altezza fra loro due fosse minima, il suo braccio l’avvolgeva completamente, stringendola contro il suo petto con premurosa fermezza.
<< Non possiamo restare qui solo tu ed io? >> le chiese chinandosi su di lei per poggiare la fronte sulla spalla della ragazza.
Leda portò le mani su quelle di Reiner strette attorno alla sua vita.
<< Sarà solo per qualche ora… >> Rispose lei inclinando la testa per poggiarla su quella del ragazzo.
<< Cerca di resistere, noi possiamo restare insieme quanto vogliamo stanotte… a differenza loro. >> 

Dopo un sospiro di rassegnazione Reiner protestò nuovamente:

<< Devi essere sempre così gentile con Porco? Non mi piace che lui ti giri sempre intorno. >> 

 

A quelle parole Leda si irrigidì, Reiner poté sentirlo sotto la sua presa. 

<< Sei sicuro di voler parlare di questo, Reiner? >> La ragazza si voltò a guardarlo, la sua espressione era seria e insolitamente distaccata. Bastarono pochi istanti perché la vergogna gli attanagliasse lo stomaco, il viso di Historia gli balenò davanti gli occhi e di nuovo si sovrappose a quello della ragazza che stava tenendo tra le sue braccia. Avrebbe potuto cogliere l’occasione per spiegare a Leda, ma anche a se stesso, cosa fosse successo a Paradis ma le parole gli morirono in gola. Voltò la testa dall’altra parte per sfuggire allo sguardo della ragazza.
<< Se hai dei dubbi, dovresti chiedere a me prima di afferrare i tuoi compagni per la giacca. >> Con la mano poggiata sulla sua guancia Leda lo invitò a tornare a guardarla. << E poi, quando ti sentirai pronto, mi parlerai di chi fosse il Reiner che ha vissuto a Paradis. Per oggi però, vorrei che ci lasciassimo tutto alle spalle. >> 

 

[***]

 

I quattro amici erano seduti lungo la riva del placido, piccolo fiume che costeggiava il quartiere d’internamento, godendosi la frizzante brezza autunnale. Quel posto tranquillo, lontano dal trambusto delle strade della città e sicuro dalla presenza della polizia marleana, era da sempre il loro luogo preferito per trascorrere le poche giornate libere che avevano, sin da bambini: gli alberi frusciavano nel lieve vento ancora tiepido, la corrente costante del fiume che sussurrava nelle loro orecchie. 

Il sole splendeva dolcemente, riscaldando la loro pelle, e loro, guardavano le foglie che fluttuavano nelle dolci correnti, erano rilassati in reciproca compagnia.

Le loro voci riecheggiavano sulla superficie del fiume che sembrava voler portar via con la sua corrente  le preoccupazioni del mondo circostante. 


Pieck se ne stava raggomitolata con la testa poggiata sulla coscia di Porco mentre il ragazzo, con le mani affondate nella tenera erba verde,  ascoltava la ragazza mentre parlava con Leda, seduta accanto a loro. Reiner se ne stava un poco in disparte, ad osservare con aria seria la scena; di tanto in tanto si portava una mano alla tasca dei pantaloni, tormentando la stoffa con le dita.
 

<< Vi ricordate quella volta in cui ci arrampicammo sull’albero dall’altro lato della sponda del fiume per raccogliere le mele del sig Fischel? >> Pieck indicò l’albero in questione non molto distante da loro.
<< E chi se lo scorda >> Rise Porco << Leda era rimasta incastrata sul ramo e non c’era verso di farla scendere, dovemmo chiamare Magath per tirarla giù! >>
 

<< Hey, questo non è vero! >> protestò Leda ridendo e dandogli un buffetto sulla spalla << Eravate tu e Reiner che pensando sarei rimasta bloccata lì per sempre, volevate a tutti i costi mettere in mezzo il comandante! Quella volta mi aiutò Bertl a scendere dall’albero! >> 


Persino Reiner ridacchiò al ricordo di quel giorno, ripensando a come Leda fosse rimasta abbracciata al tronco dell’albero dopo essere salita sul primo ramo.
<< Mi chiedo come avessi fatto a scordarti di soffrire di vertigini. >> Le disse allungando timidamente una mano verso la sua, sfiorandola con il mignolo.
<< Non me lo ero scordata, non potevo ammetterlo! >>

Leda intrecciò immediatamente le dita con quelle di Reiner, appena sentì la mano del ragazzo sfiorarle la sua, con un gesto istintivo e naturale. 

<< Vi immaginate che ne sarebbe stato del mio addestramento se avessi detto a tutti di non sopportare le altezze? Sarei stata bollata come il peggior portatore di Gigante mai visto nella storia, prima ancora di iniziare! >>
 

<< Scommettiamo che rimarrai bloccata anche stavolta? >> Porco delicatamente spostò la testa di Pieck che si lamentò flebilmente e si mise a sedere, mentre il ragazzo era già in piedi avvicinandosi alla sponda del fiume. In un attimo si tolse le scarpe e arrotolò i pantaloni sui polpacci per guadare il corso d’acqua nel punto dove alcuni sassi creavano una sorta di passaggio.
Leda non se lo fece ripetere due volte, avvicinandosi di corsa anche lei alla riva, liberandosi a sua volta dalle scarpe e le calze, tenendo l’orlo della gonna sopra le ginocchia con una mano, rideva spensieratamente seguendo l’amico dall’altro lato della sponda del fiume.

 

Reiner e Pieck erano rimasti a guardarli interdetti. La ragazza dai folti capelli neri, non poté fare a meno di notare lo sguardo perplesso del ragazzo seduto accanto a lei mentre osservava i due amici guadare ridendo il fiume;
<< Leda e Porco tirano fuori il lato più infantile l’una dell’altro. >> Disse lei infine sospirando.

<< Non…non ti infastidisce? >> le chiese Reiner guardandola negli occhi con un filo di vergogna nella voce, come se pronunciare quelle parole lo facessero sentire in difetto per qualcosa.

 

<< Non più. All’inizio se devo essere sincera sì…>> ammise Pieck << Leda è molto importante per Porco, è estremamente protettivo nei suoi confronti. 

Quando tu e gli altri partiste, loro due legarono molto. Del resto erano entrambi stati scartati per ereditare uno dei giganti, avevano molti argomenti sui quali allacciare la loro amicizia, considerando anche che io venni affidata direttamente al capitano Jaeger per intensificare gli addestramenti. All’inizio, quando iniziai a frequentare Porco, la cosa mi dava terribilmente sui nervi, era così palese che lui provasse qualcosa per lei. >> 

 

La ragazza ridacchiò allo sguardo preoccupato di Reiner che si spostò immediatamente sui due ragazzi che ora si stavano spintonando cercando di farsi cadere a vicenda nel fiume.

 

<< Rilassati, Reiner. Non hai nulla di cui allarmarti, è acqua passata. Comunque, Porco sapeva bene di non poter competere con quello che avevate voi due. Leda ha sempre preferito te. >> Continuò a parlare Pieck con tono tranquillo. << E se non bastasse, la nostra relazione è piuttosto solida, quindi puoi stare tranquillo! >>


A quel punto, anche Pieck si alzò da terra e si incamminò lentamente verso gli altri due che, dall’altro lato del fiume si stavano sbracciando per far loro cenno di avvicinarsi. 

Reiner fu l’ultimo ad alzarsi e raggiungere gli altri.

 

Leda se ne stava sotto il ramo più basso dell’albero con il naso all’insù e le mani poggiate sui fianchi rendendosi conto che, a differenza sua, il melo del sig Fischel negli anni passati da quel pomeriggio, fosse cresciuto molto. Mentalmente stava già pentendosi di aver accettato la provocazioni di Porco che, dal canto suo, se ne stava seduto a cavalcioni alcuni rami più su, staccando qualche mela  e lanciandola delicatamente a Pieck, sotto di lui; per questo quando Reiner finalmente le camminò vicino lei non esitò a bloccarlo per la camicia e dirgli:
<< Veloce fammi salire sulle tue spalle! >> 


La ragazza non gli diede neanche il tempo di rispondere che gli stava già facendo cenno di abbassarsi e lui, come al solito, si stava lasciando trascinare dall’entusiasmo di Leda ritrovandosi in ginocchio dopo pochi istanti. Fu solo quando si accorse che lei stava realmente per salirgli sulle spalle, che si ritrasse di colpo quasi facendola finire a carponi per terra.

<< Aspetta, Leda, che stai facendo? >> Le chiese visibilmente agitato

 

La ragazza lo guardò fisso in viso, sorpresa dalla sua reazione e rispose candidamente: 

<< Ti stavo per salire sulle spalle, come quando eravamo bambini. >> 

 

<< Ma non siamo più bambini! E indossi la gonna! >> Protestò lui, le sue orecchie divennero rosse in un attimo, mentre abbassava la voce puntualizzando che la ragazza non indossasse neanche le calze sotto la gonna. 

Evidentemente, non l’aveva abbassata abbastanza perché Pieck non mancò di rimarcare:

<< Posso assicurarti che sotto la gonna ha esattamente la stessa cosa che hai visto qualche settimana fa, nulla che tu non conosca già! >> 
Leda si portò una mano alla bocca per bloccare una risata alla risposta inaspettata dell’amica, mentre Reiner sbottò:
<< E tu che ne sai? >>
<< Cosa credi che facciano due ragazze quando restano da sole? >> Rispose Pieck prendendolo in giro con un sorriso impudente sul viso.

 

[***]


 

Mentre il sole iniziava a tramontare e le ombre avevano appena iniziato ad allungarsi, i quattro ragazzi iniziarono a rientrare nel quartiere d’internamento.

L’aria si faceva via via più fredda, mentre dalle ,case iniziava a scaturire il profumo delle cene sul fuoco, in un silenzio che sembrava irreale. Le strade, nonostante la revoca del coprifuoco per quel giorno, erano deserte, i pochi passanti che stavano facendo ritorno alle loro case tenevano lo sguardo basso con aria mesta e solenne, persino i bambini sembravano essere più calmi del solito, sapendo che quelle sarebbero state le ultime sere in cui le famiglie avrebbero potuto riunirsi e condividere il pasto serale. 

 

Falco e Gabi avevano seguito il gruppo dei quattro amici a distanza, praticamente tutto il giorno, convinti che facendolo avrebbero trovato l’occasione perfetta per capire quanto fosse grave la situazione creata dal ragazzino biondo qualche settimana prima.

<< Gabi, a me sembra che vada tutto bene… >> azzardò a dire Falco << Non credo che il signor Braun e la signorina Krause siano così ai ferri corti come dici tu… >>

<< Non capisci proprio niente tu! >> Rispose la ragazzina << Sono rimasti in compagnia del signor Galliard e della signorina Finger tutto il tempo! Reiner se ne è stato in disparte ed era tantissimo a disagio, lo hai visto anche tu! >> 

 

Falco non poté che dare ragione alla sua amica: effettivamente il signor Braun per tutto il giorno, era stato particolarmente distante se paragonato a come si stavano comportando gli altri tre, sembrava teso e distratto, lo aveva visto spesso infilarsi nervosamente la mano nella tasca dei pantaloni e tirare fuori qualcosa per poi nasconderlo velocemente ogni volta che uno degli altri si voltava a guardare verso di lui. 

Come se non bastasse, sembrava irritato ogni volta che il signor Galliard anche solo rivolgeva la parola alla signorina Krause che, invece, sembrava contenta della sua presenza. Sgomento, Falco, iniziò a pensare che forse Gabi aveva ragione, probabilmente lui aveva interrotto irrimediabilmente un momento importantissimo tra i due e, quasi sicuramente, il vice-capitano Braun avrebbe fatto in modo che lui venisse scartato dai cadetti! 

 

<< Se vogliamo salvare il futuro dei guerrieri di Marley dobbiamo fare in modo che Reiner e Leda restino da soli! >> Disse a quel punto la ragazzina serrando i pugni con aria decisa.

<< S…sì hai ragione! >>

 

I due bambini ripresero il loro pedinamento, nascondendosi dietro gli angoli dei palazzi e facendo capolino per controllare cosa stessero facendo gli altri. Galliard e Finger procedevano a braccetto chiacchierando animatamente di qualcosa, mentre alle loro spalle Reiner e Leda camminavano a lieve distanza l’uno dall’altro. Di tanto in tanto, il ragazzo rallentava il passo adeguandosi all’andatura dell’infermiera che gli trotterellava vicino. A Falco sembrava di aver visto la signorina Krause sfiorare più volte il dorso della mano del vice capitano Braun, senza mai però andare oltre a quello che pareva un contatto accidentale tra i due.

Eppure il signor Braun aveva un’aria completamente diversa da quella che di solito mostrava nella quotidianità della caserma o quando interagiva con le altre colleghe dell’esercito: i suoi occhi sembravano non smettere mai di seguire la ragazza, se per caso un passante distratto rischiava di urtarla camminando, prontamente lui la guidava posandole una mano sulla spalla con delicatezza. 

 

Quello che più colpiva il bambino, però, era l’espressione che Reiner aveva sul volto quando si voltava a guardare Leda; non avrebbe saputo come descriverla, ma poteva quasi sentire il calore del sentimento che la causava. Non era un semplice sorriso, qualcosa sul viso del guerriero sembrava voler suggerire che ci fosse di più della semplice felicità… i suoi occhi erano quasi speranzosi.

 

Falco era sicuro di non aver mai visto nessuno guardare un’altra persona con uno sguardo simile e, istintivamente, si voltò in direzione di Gabi.

 

I ragazzi sembravano non voler ancora rientrare, come se restando in strada tutti insieme potessero ritardare indefinitamente l’arrivo dell’alba della loro partenza. 

Da qualche parte, nelle vicinanze di una delle piccole piazze del quartiere, sotto uno dei lampioni illuminati, un ragazzo aveva iniziato a cantare sotto la finestra di una casa, accompagnato da uno sparuto gruppo di amici.

Non ci volle molto perché dal piccolo balcone dell’abitazione si affacciasse una ragazza, i lunghi capelli rossi le coprivano le spalle mentre con il viso poggiato al palmo della mano, guardava il ragazzo sotto la sua finestra, sorridendo. 

Quello che, probabilmente, doveva essere il padre della ragazza le fece un cenno con la testa dopo esser uscito anche lui sul balcone e lei, raggiante rientrò in casa per poi uscire dal portone principale dopo alcuni minuti e lanciarsi tra le braccia del ragazzo che stava cantando. Lui la prese quasi al volo, piroettando sul posto stringendola forte a sé ridendo ma con gli occhi lucidi di lacrime.

 

Un piccolo drappello di astanti si era formato attorno alla coppia, chi guardava dalle finestre, chi si era fermato per strada, l’intero quartiere d’internamento di Liberio sembrava aver interrotto il tramestio della sera per assistere all’addio dolce amaro della coppia di ragazzi. 

 

<< Lui è uno degli elementi di fanteria appena arruolati >> Disse a bassa voce la signorina Finger, mentre guardava in direzione della giovane coppia.

 

Dalle finestre tutt’intorno qualcuno iniziò a intonare la stessa melodia che il ragazzo stava dedicando alla ragazza poco prima, da lontano rispose il lieve suono di un violino al quale presto si accodò un flauto in lontananza che echeggiava tra i palazzi, creando un’incantevole melodia.  Gli abitanti del quartiere, alla spicciolata, iniziarono a riversarsi in strada unendosi a loro volta alla dolce manifestazione di amore della coppia che si stava dicendo addio, ancora abbracciata in strada.

 

Il cuore degli eldiani di Liberio era diventato un tutt’uno con quello di quei due ragazzi.

 

Non ci volle molto perché chiunque possedesse uno strumento musicale, scendesse in strada ad unirsi al piccolo concerto che si era creato, inondando l’intero quartiere di suoni, musica e sopraffacendo il surreale silenzio di poco prima. I bambini si lanciarono tra la folla danzando e ridendo, le loro piccole voci trasportate in ogni angolo, in ogni finestra, in ogni casa. 

 

Anche Gabi e Falco non riuscirono più a contenersi, quando videro il signor Galliard prendere per mano Pieck ed invitarla ad unirsi all’improvvisa danza che si era scatenata nella piazza, senza curarsi che tutti li avrebbero visti; la signorina Finger lo aveva seguito senza esitare, lasciandosi trasportare dall’entusiasmo contagioso della folla attorno a lei, e i due piccoli cadetti a loro volta uscirono dai loro nascondigli correndo in direzione dei loro compagni Guerrieri. 

 

I due bambini, senza esitare e sovraeccitati dalla musica e dagli improvvisi balli delle persone, si avvicinarono ai due ragazzi rimasti indietro, dopo che Galliard e Finger si erano allontanati per unirsi alle danze. La bambina afferrò il braccio del cugino che si voltò sorpreso a guardarla.

 

<< Gabi, Falco! Cosa state facendo qui? >> Chiese. Avendo, però, come sola risposta un largo sorriso da parte della cuginetta che lo stava trascinando sempre di più in direzione degli altri astanti che ballavano al centro della piazza.

 

Falco, invece, prese timidamente la mano di Leda che, senza fare domande, lo accompagnò ridendo bonariamente in direzione di Gabi e Reiner.

 

<< Al mio tre, Falco! >> Annunciò a quel punto la bambina castana.

Falco annuì.

 

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Capitolo 16
*** Under the tree ***


Attorno ai ragazzi, una folla di persone danzava e cantava. In pochi istanti quello che prima era un addio tra una giovane recluta dell'esercito di Marley e la sua amata, si era tramutato in una gioiosa manifestazione di vita e affetto, che aveva unito tutti gli eldiani di Liberio.

Reiner si sentiva piacevolmente stordito da quell'improvviso trionfo di voci e musica esploso così spontaneamente nella piazza del quartiere e osservava il movimento concitato della folla, accompagnata dal morbido e ovattato risuonare di un cimbalo che si unì al virtuoso gioco dei violini, con un'espressione divertita sul viso.

Il sorriso che gli si illuminava il volto si fece più largo quando Pieck e Galliard gli passarono davanti, tenendosi per mano, andando ad unirsi ai balli delle persone che si erano raccolte in strada, stupite di vedere tre dei quattro Guerrieri di Marley unirsi a loro quella sera.

Quando poi dalla folla era emersa anche Gabi in compagnia di Falco, il suo divertimento si tramutò in sorpresa; la cuginetta lo aveva trascinato nel bel mezzo della piazza, seguita da Falco che diligentemente conduceva per mano Leda, sorridente come mai l'aveva vista prima di allora. Sentì la bambina urlare giocosa al suo amico " al mio tre" e poi la sua spinta dietro la schiena.

I due bambini esultarono di gioia, soddisfatti della loro piccola mossa si lanciavano occhiatine appagate sorridendosi a vicenda, incapaci di contenere il loro compiacimento.


Preso alla sprovvista, Reiner caracollò in avanti quasi andando a sbattere addosso a Leda, che a sua volta era stata spinta verso di lui da Falco, ritrovandosi la ragazza con entrambe le mani premute contro il suo petto e il viso sprofondato nella sua camicia.

La musica e il vociare della folla attorno a loro per un istante sembrarono cessare di colpo. La sola cosa che Reiner riusciva a mettere a fuoco nel turbinio di suoni e luci che gli confondevano la mente, era il viso di Leda. Istintivamente lui le posò le mani sulle spalle.

Non era di certo la prima volta che la stringeva tra le braccia, eppure quella sera c'era qualcosa di diverso in lei; forse il modo in cui quel ciuffo di capelli bruni che, le cadeva costantemente sulla fronte, questa volta le lasciava il viso scoperto, o il riflesso della calda luce dei lampioni della piazza che sembrava guizzarle come lingue infuocate nei suoi brillanti occhi dorati, o forse erano le sue guance leggermente colorate di rosa mentre il suo sguardo indugiava sul suo viso... fattostà che in quell'esatto momento, con la ragazza poggiata al suo petto, Reiner si sentiva come se avesse dimenticato come si respirasse. Rimasero così immobili a fissarsi per un tempo indefinito, come se nel mezzo di quella piazza ci fossero solo loro due.

D'improvviso, poi, il mondo tornò a girare in un'esplosione di voci, suoni e persone immerse nel frenetico piroettare della danza. Reiner sentiva lo sguardo di Gabi e Falco piantato sulla sua nuca e con la coda dell'occhio poté notare che anche Pieck e Galliard si erano fermati a guardarli. Il ragazzo sapeva benissimo che si aspettavano un qualche tipo di gesto da parte sua: il viso emozionato dei due bambini era abbastanza eloquente e l'espressione sorniona che invece poteva leggere sul volto di Pieck era un chiaro invito a non perdere l'occasione.

Deglutì rumorosamente abbassando di nuovo lo sguardo su Leda; la ragazza lo stava fissando con un'espressione dubbiosa sul viso, le sue labbra leggermente socchiuse, la testa inclinata da un lato, anche lei in attesa di un suo gesto, uno qualsiasi.

Nel bel mezzo della folla, con Leda tra le braccia e la sensazione di avere tutti gli occhi puntati su di lui, Reiner se ne stava imbambolato, completamente perso, in balia delle ondate di apprensione e insicurezza che lo stavano travolgendo. Rimase lì i muscoli tesi, le dita strette attorno alle spalle di Leda incapace di fare anche un solo movimento.

<< Reiner...? >> La voce di Leda lo raggiunse nonostante il vociare attorno a loro due, ridestandolo dal torpore causatogli dalla confusione. Reiner mosse rapidamente le palpebre per un istante e di slancio abbassò il viso all'altezza di quello della ragazza.

<< Non qui! >> le disse con il volto serio.

Le prese delicatamente il polso tra le mani e voltandosi con il cuore che sembrava volergli esplodere nel petto, iniziò a correre tra la folla, sotto lo sguardo attonito dei loro amici che fino a quel momento avevano osservato la scena in attesa di un qualche tipo di risvolto. Di certo non si aspettavano una fuga.

Reiner la condusse attraverso le strade secondarie del quartiere, oltre i portoni bui e le finestre chiuse, la folla alle loro spalle lentamente andava sparendo. La luce della luna li inondava con il suo argenteo bagliore. Le loro mani erano strette in una presa salda e gentile che più di mille parole esprimeva ciò che i due stessero provando in quel momento , e anche il suono della loro corsa improvvisata sembrava pieno di un significato profondo.

<< Ma che ti è preso? >> Provò a chiedergli la ragazza tra le risate ma lui non le rispose, si limitò a voltarsi a guardala: per la prima volta dopo molte settimane dal suo rientro a Marley sul suo viso si allargò un sorriso sincero e spensierato che sembrava volesse chiedere solo di fidarsi di lui in quel momento.

I ragazzi si diressero verso la cima di una collina isolata poco lontana, contemplando la piazza principale sottostante illuminata dalla luna. Lo spettacolo era bellissimo, la musica, ovattata ancora li raggiungeva ma a parte la lontana melodia che ricordava loro di essere ancora al limitare della recinzione di isolamento del quartiere, erano soli insieme, lontano da tutti gli occhi della folla.

Reiner senza smettere per un secondo di tenerle la mano, rallentò finalmente il passo e camminarono in silenzio per un momento, persi nei propri pensieri e sentimenti.

Il vento autunnale soffiava, portando l'aria fresca della notte. Il mondo in quell'istante sembrava così tranquillo e così pacifico e quella notte perfetta era unicamente per loro due.

Reiner si fermò sotto un albero le cui fronde sembravano stendersi fino a poter toccare la luna che splendeva sopra di loro, il suo cuore batteva furiosamente nel suo petto quando, con un'espressione raggiante, stendendo il braccio davanti a sé ancora tenendo la mano della ragazza le chiese finalmente:

<< Mi concedereste un ballo, signorina? >>

Anche se in quel momento solo la pallida luce della luna illuminava la collina, Reiner poté vedere chiaramente il rossore colorare d'improvviso le guance di Leda, gli occhi della ragazza, se possibile, si fecero ancora più grandi mentre un timido sorriso le incurvò gli angoli della bocca poco prima che le sue labbra pronunciassero un silenzioso "sì" accompagnato da un lieve cenno del suo capo.

Reiner la prese tra le braccia, questa volta in maniera completamente diversa rispetto a come la stava tenendo poco prima nel mezzo della piazza, una mano posata sulla sua schiena mentre con l'altra teneva salda quella della ragazza che si strinse dolcemente a lui.

Timidamente iniziarono a muoversi seguendo la musica lontana e ovattata, dapprima impacciati e imbarazzati; Reiner era nervoso, le sue mani tremavano e il cuore gli martellava nel petto.

Continuava a lanciare occhiate furtive verso Leda, temendo che lei potesse in qualche modo percepire il suo imbarazzo e quanto realmente fosse emozionato di poter condividere quel momento con lei, ignorando che per la ragazza fosse esattamente lo stesso. Via via che danzavano e la musica dalla piazza sottostante li cullava sempre di più e la timidezza lentamente svaniva, i loro passi si fecero più sicuri, sereni e aggraziati, perfettamente sincronizzati tra loro, sebbene nessuno dei due avesse la benché minima idea di come si danzasse.

I loro occhi erano fissi l'uno in quelli dell'altro e i loro sorrisi luminosi, i loro visi vicini tanto da quasi potersi sfiorare.

Reiner, in uno slancio di coraggio prese il comando della danza, quello fu il momento in cui decise che si sarebbe lasciato andare, avrebbe abbandonato le sue preoccupazioni e il suo cordoglio. In quel momento lui avrebbe solo vissuto e non avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare quell'istante. I loro corpi e cuori in perfetta armonia. Erano nel loro mondo, disconnessi dal resto della realtà, e nulla in quel momento aveva importanza tranne la ragazza che stava tenendo tra le braccia.

Lentamente dalla piazza sottostante la musica andò scemando, fino a cessare completamente ma i due non sciolsero ancora il loro abbraccio, non erano ancora pronti. Reiner indugiò con le mani sulla schiena della ragazza, carezzandola delicatamente e stringendola al suo petto quanto più saldamente potesse, cercando di mascherare quanto più possibile il lieve tremore delle sue braccia e il battere incessante del suo cuore.

<< Di tutte le volte che hai fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettata da te, questa è di gran lunga la mia preferita. >> Rise infine la ragazza con ancora il viso poggiato al suo petto.
<< Anche più dell'averti baciata la sera che hai confessato i tuoi sentimenti per me? >> ridacchiò lui poggiando il mento tra i capelli della ragazza.

<< Intendi quando mi hai chiesto di sposarti di punto in bianco dopo quattro anni in cui sei stato dall'altra parte del mare? >> Lo punzecchiò lei << Hai ragione, nulla potrebbe reggere il confronto con quella sera! >>
 

<< Cosa posso dire, sono un ragazzo pieno di sorprese. >> Si schernì lui mettendosi a sedere sul prato e poggiando la schiena all'albero sotto il quale si erano fermati. Una volta a terra, tirò dolcemente Leda per la mano facendola sedere a sua volta tra le sue gambe, cingendole le spalle con un braccio.

I due rimasero in silenzio abbracciati a scrutare la piazza illuminata sottostante, il quartiere lentamente stava tornando al suo solito via vai mentre la folla che si era radunata si ritirava nelle vie e nelle case circostanti. Sopra di loro, il cielo nero come l'inchiostro era sparso di piccole stelle argentee coperte solamente dalle rade nuvole che passavano sospinte dal lieve vento autunnale, che portava con sé il frusciare delle foglie che ingiallendosi, tra pochi giorni avrebbero coperto di una coltre rossa e oro le strade e i giardini di Liberio.
<< Hai freddo? >> Le chiese Reiner sprofondando il viso nell'incavo tra il collo e la spalla della ragazza che scosse la testa sorridendo.

<< Il tuo corpo è talmente caldo che penso potrei restare così tutta la notte senza accorgermi delle temperatura. >>
 

Reiner sorrise al commento di Leda e lasciò scappare un lungo sospiro, da tutto il giorno stava aspettando l'occasione di restare da solo con la ragazza e ora, finalmente, ne aveva l'opportunità. Il cuore gli batteva all'impazzata mentre, con movimenti lenti e misurati, si sfilò dalla tasca qualcosa che aveva cercato in più occasioni, durante l'intera giornata di mostrare alla ragazza.

Un tintinnio, poi un flebile scintillare argenteo.

Di fronte al viso di Leda, stretto nella sua mano tesa davanti a lei, pendeva una catenina con un ciondolo rettangolare, di quelli con un piccola cerniera che permetteva di aprirli per conservarvi all'interno delle foto.
Leda si voltò a guardarlo perplessa con un sopracciglio inarcato; Reiner cercò di nascondere il suo imbarazzo voltandosi dall'altra parte e bofonchiò:

<< Non dire nulla, aprila. >>

La ragazza prese la catenina tra le mani e con delicatezza fece scattare la chiusura del ciondolo che rivelò al suo interno, protetto dal piccolo portafoto, un pezzetto di stoffa bianca sul quale vi era ricamata quella che sembrava la stella a nove punte che spiccava sulle fasce che tutti gli eldiani dovevano portare al braccio.

<< Quello... è un pezzo della fascia che indossavo da bambino, prima di entrare nel programma dei cadetti... >> disse a bassa voce Reiner cercando di nascondere la vergogna che stava prendendo il sopravvento in quel momento. << Quando...io ero solo... Reiner, un patetico bambino eldiano. >>

Leda carezzò il piccolo ciondolo, sorridendo al significato intrinseco in quel pezzetto di stoffa racchiuso tra il fragile vetro del portafoto.

Il ragazzo, delicatamente le agganciò la catenina al collo, scostandole appena i capelli e carezzandole lievemente la pelle con la punta delle dita.

<< So cosa hai fatto per ritardare la mia esecuzione, se stasera sono qui, è probabilmente solo merito tuo... >> 

Continuò a parlare senza darsi il tempo di ragionare su quello che stesse dicendo in modo che i suoi sentimenti potessero fluire, per una volta, senza filtri. 

<< Leda...tu mi hai detto che potrò essere perdonato, che tutto andrà bene in un modo nell'altro e...fin tanto che sarai al mio fianco, so che persino un uomo come me può trovare pace. Tu...tu mi hai salvato.  Se potessi tornare indietro cancellerei il Soldato e il Guerriero. Resterei solo Io...solo Reiner. Se potessi tornare indietro cancellerei il Soldato e il Guerriero. Farei in modo che  potesse esistere solo una parte di me...solo Reiner. Ma, anche se potessi tornare indietro e cambiare tutto quanto, compirei comunque le stesse scelte che mi hanno portato qui questa notte, solo per poterti di nuovo allacciare al collo questo piccolo brandello di me... >> >>

<< La mia vita...scelgo di donarla a te.>> 

 

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Capitolo 17
*** Come cinque anni fa ***


Leda raccolse da terra le ultime cose che avrebbe dovuto imbarcare: un paio di manuali, la divisa di ricambio e una scatolina contenente carta e inchiostro. Lo sguardo le cadde sul piccolo diario poggiato sulla scrivania della sua stanza, dal quale sbucava una foglia, attentamente custodita tra le pagine del libricino.

La ragazza la prese tra le mani rimirandola con un sorriso, ripensando alla notte precedente, posandovi poi le labbra sopra prima di rimetterla a posto e chiudere il diario in un cassetto del mobile ai piedi del suo letto.

Appuntò il piccolo portafoto d'argento all'interno del taschino della sua divisa, all'altezza del cuore e si voltò, infine, verso la porta afferrando riluttante la fascia riconoscitiva che il Capitano Jaeger le aveva fatto recapitare: una fascia bianca con al centro una stella a nove punte rossa.

"In qualità di responsabile del monitoraggio delle prestazioni fisiche che segue da vicino l'unità dei Guerrieri e i Cadetti, ho chiesto l'autorizzazione perché ne venisse realizzata una esclusivamente per te. Indossala con orgoglio."

Le aveva detto, tra una boccata di sigaretta e l'altra, l'affabile capitano Jaeger sorridendole fastidiosamente, parlandole con quel seccante tono di voce così basso e nasale.

<< Che assurdità. >>

Leda digrignò i denti infilandosi la fascia al braccio e si chiuse la porta alle sue spalle dirigendosi in silenzio verso il porto della città dove la nave diretta al golfo di Arvand Raud, il primo obiettivo militare da conquistare.

La frizzante aria del mattino le sfiorava il volto, ma non era la solita piacevole carezza autunnale, no, sulla sua pelle quel vento sembrava un monito, il presagio di qualcosa che sarebbe presto accaduto. Cercò di ignorare quella sensazione: aveva un compito da compiere, doveva fare la sua parte e portare a termine la sua missione; non avrebbe permesso a nulla, benché meno a uno sciocco presentimento, di impedirle di fare ciò che avrebbe dovuto.

L'odore di alghe e salsedine, unito a quello delle ciminiere delle navi che oscillavano placidamente nella marea del mattino, le fece prudere il naso, i palazzi attorno al porto vibravano al rombo penetrante dei giganteschi motori della flotta attraccata al molo. Tutt'attorno, sfilavano in una mesta parata i suoi commilitoni, per lo più giovani ragazzi strappati dal calore delle proprie famiglie per immolarsi sull'altare della grandiosità di Marley.
 

"Sei diventata un'infermiera per salvare vite..." ripeté mentalmente. " Non per prenderle."

Pieck e Porco erano già saliti a bordo delle loro rispettive imbarcazioni, Magath aveva ordinato che viaggiassero tutti in navi separate per scongiurare che le loro armi più potenti a disposizione, potessero essere stanate e messe in difficoltà con un solo colpo. Per la prima spedizione inoltre vennero mobilitate esclusivamente la truppa Panzer guidata da Pieck e le truppe di assalto e ricognizione affidate a Galliard mentre invece, la partenza del Capitano Jaeger e del suo vice, il titano Corazzato, era stata posticipata a dopo lo sbarco della flotta, una volta liberato il golfo che, secondo l'intelligence, doveva essere presidiato da un esiguo numero di navi.

Leda cercò con lo sguardo i due Guerrieri nella speranza di poter parlare con loro prima di salpare ma scorse nella folla la famiglia Grice. La signora stava salutando il figlio maggiore, Colt, ricoprendogli il viso di baci, inumidendoglielo con le copiose lacrime che stava versando mentre il piccolo fratellino Falco se ne stava a testa bassa tirando su con il naso facendo del suo meglio per mantenere la compostezza che ci si sarebbe aspettati da lui.

Leda affidò la sua sacca ad un marinaio che stava salendo sulla nave e si diresse in direzione della famiglia che si stava salutando.

<< Signora Grice, Colt, Falco... >> salutò sorridendo posando la mano sulla testa del bambino biondo scompigliandogli i capelli, per poi rivolgersi alla donna che si stava asciugando le lacrime con il dorso della mano << Sa signora, suo figlio verrà imbarcato sulla mia nave assieme al comandante Magath. Deve esserne orgogliosa! Colt ha sempre mostrato una grande lealtà al nostro paese...non si preoccupi. >>

La signora annuì, sapeva cosa stesse cercando di dirle la ragazza, del resto era risaputo che, esattamente come fu per i Grice, anche l'infermiera Krause era stata vittima di una soffiata che aveva incastrato la famiglia della madre molti anni prima per aver intessuto legami con il gruppo di restaurazionisti di Eldia. Ed ora quella ragazza era il braccio destro di uno degli ufficiali medici più importanti dell'esercito, nonché estremamente vicina al capitano dei Guerrieri, la signora Grice sapeva di poter stare tranquilla per suo figlio maggiore fintanto che la signorina Krause fosse stata nei paraggi.

Poco lontano dai Grice, la famiglia Belter stava salutando il giovane Josel anche lui in partenza per essere valutato come possibile erede del gigante Bestia.

Il ragazzo notò Colt parlare con l'infermiera Krause e colse l'occasione per avvicinarsi a sua volta.

<< Signorina Krause! Allora è vero che anche lei ci seguirà nella presa del golfo! Questo significa che anche il capitano Jaeger e il vice capitano Braun si imbarcheranno con noi? >>

Il cadetto era senza alcun dubbio l'immagine del Guerriero per eccellenza: con il suo fisico  prestante per i suoi soli quattordici anni, ben più robusto di quanto fosse Reiner alla sua età e anche più alto del compianto Hoover,  con una folta capigliatura inanellata rossiccia e un grande sorriso orgoglioso stampato sul viso, sembrava racchiudere in una sola persona tutte le migliori qualità dei suoi superiori.

In poche parole Josel Belter era il perfetto presta volto per l'intera unità dei Guerrieri di domani.

Leda gli sorrise come una sorella maggiore avrebbe potuto fare con un fratellino, nonostante il ragazzo la superasse in altezza di quasi tutto il busto.

<< Le alte cariche dell'unità dei Guerrieri al completo si sposteranno separatamente dopo che avremo attraccato e che avremo preso posizione sulla costa, mi spiace deluderti Josel. >> Rispose Leda aggrottando le sopracciglia con espressione costernata, era evidente quanto il ragazzo sperasse di poter mettere in mostra le sue abilità sul campo direttamente di fronte ai suoi compagni di grado maggiore. << Ma non preoccuparti, il capitano Jaeger riceverà costanti aggiornamenti sulle prestazioni di voi cadetti, siete sotto la mia supervisione. Senza contare che avrai l'onore di vedere all'opera sul campo Galliard e Finger! Dovrai solo portare pazienza. >> 

Gli diede un lieve buffetto sul braccio al quale il ragazzo rispose con un sorriso imbarazzato.

Il cielo sopra Liberio si andava ingrigendo e la sirena della nave spezzò il silenzio con un lungo angoscioso lamento che richiamò tutti i militari riuniti al molo, intimando loro di disporsi diligentemente in fila per terminare le procedure d'imbarco.

Colt e Josel si congedarono da lei e si diressero verso la sudicia passerella della nave, mentre Leda indugiò ancora un attimo con lo sguardo sul resto della folla ferma sul molo.

La sua mente tornò a cinque anni prima, quando al posto suo, pronto all'imbarco per la missione c'era Reiner; probabilmente anche lui fino all'ultimo aveva cercato il suo viso tra la gente esattamente come stava facendo lei adesso.

Lo scorse infine farsi largo tra le persone, incurante degli sguardi dei passanti che stava malamente spintonando per aprirsi un varco nella ressa.

Gli corse incontro, gettandogli le braccia al collo e lui la strinse a sé tenendola sollevata da terra, un braccio avvolto attorno alla sua vita e l'altra mano premuta tra i suoi capelli contro la nuca.

Rimasero abbracciati in silenzio per qualche istante cercando di fissare nella memoria la sensazione della vicinanza dei loro corpi.

<< Ti raggiungerò presto, lo prometto. >> sussurrò Reiner con voce sicura mentre le carezzava i capelli. << Devi solo aspettarmi e non cacciarti nei guai fino a quel momento, intesi Leda? >>
La ragazza annuì silenziosamente, stringendosi più forte al petto di Reiner.

Il ragazzo inclinò la testa posando le labbra su quelle di Leda, soffermandosi su di esse con disperata dolcezza. La baciò una volta, due, poi tre...

<< Perdonami...è tutta colpa mia. >> Continuava a ripeterle tra i baci << Se avessi lasciato che mi facessero divorare da Galliard... adesso non saresti in partenza... >>

Leda gli prese il viso tra le mani continuando a lasciare una scia di baci sulle labbra e il viso del ragazzo cercando di smorzare i suoi pensieri e riportare la sua attenzione unicamente su di lei.

<<  Reiner, non mi accadrà nulla, non temere. Ti scriverò tutti i giorni, vedrai, non ti accorgerai neanche della mia assenza. >>
<< Dubito fortemente che la tua assenza passerà inosservata; >> Le rispose lui << Gabi non farà altro che piagnucolare incessantemente perché non sarai più tu ad occuparti dei loro test...>>

Reiner la guardò a lungo negli occhi, indugiando nella sensazione delle sue mani sulle sue guance, perdendosi nel calore di quella delicata presa. Voleva crederle con tutto se stesso, voleva convincersi che sarebbe andato tutto nel migliore dei modi ma sapeva fin troppo bene che in guerra la speranza è un lusso per pochi e che, spesso, porta unicamente ad una fine prematura. Tuttavia non poté fare a meno di aggrapparsi alle sue parole, cercando di mettere a tacere le sue paure.

Una lacrima, che Leda prontamente catturò tra le sue labbra, rotoló sulla guancia di Reiner.

<< Sei sempre il solito piagnucolone. >> gli disse lei sorridendo amaramente e premendo la fronte contro la sua. << Ricordi il giorno in cui lasciai il programma dei Guerrieri? Ricordi che ci eravamo ripromessi di non piangere mai più? >>

Il ragazzo annuí asciugandosi velocemente gli occhi con il dorso della mano sussurrando:

<< Hai ragione... >> cercò di ricomporsi, drizzando la schiena e abbozzò un sorriso di rimando << Mantengo la mia parola da quasi otto anni, penso di meritarmi una concessione! >>

La lugubre sirena della nave lanciò nuovamente il suo cupo richiamo, annunciando la prossima partenza dal molo.

Negli occhi dei due ragazzi la paura e il dolore per l'imminente addio era visibile ad entrambi, anche se nessuno dei due poté trovare il coraggio di dare voce ai loro pensieri, si strinsero forte un'ultima volta, consapevoli che il tempo era nuovamente contro di loro e che, ancora una volta su quel molo, i loro doveri nei confronti di Marley si stavano frapponendo con i loro desideri.

<< Leda...io...devo dirti... >> Bofonchiò Reiner soffocando le parole tra i capelli di lei.

<< No, non parlare... >> rispose la ragazza stringendo un'ultima volta la presa attorno alla vita del guerriero.

<<  Mi dirai tutto una volta finita questa follia. >>


Leda si sforzò di sorridere mentre le sue braccia lentamente scioglievano l'abbraccio che teneva uniti i due. Fece qualche passo indietro senza mai staccare gli occhi dal viso di Reiner prima di voltarsi definitivamente e dirigersi verso la passerella della nave, scusandosi con i marinai per averli fatti aspettare.

Si sentì immensamente stupida in quel momento, quando si accorse che una lacrima le premeva nell'angolo dell'occhio: solo pochi secondi prima aveva rimproverato il ragazzo di non piangere, di mantenere quella promessa che si erano scambiati quasi otto anni prima, il giorno in cui seppero che Reiner fosse stato scelto per diventare un Guerriero Onorario; nonostante questo, adesso la sua forza d'animo le veniva meno e a stento riusciva a trattenere le lacrime, il peso di parole non dette le stringeva la gola mozzandole il respiro.

Si voltò un'ultima volta verso il molo e il cuore le sprofondò nelle viscere:

Reiner era in piedi sui dei bancali accatastati accanto alle bitte della banchina per assicurarsi una visuale migliore, non che gli servisse considerando che la sua testa svettava sopra quelle di tutte le altre persone riunite, come fece Leda  quando lui partì per Paradis.

Esattamente come lei cinque anni prima, non si univa alle grida di saluto della folla, si limitava a guardarla mentre la nave si allontanava; non aveva bisogno di memorizzare i suoi lineamenti, lui l'avrebbe rivista presto, ne era sicuro, e anche se non fosse accaduto era certo che questa volta non avrebbe lasciato che la nebbia confondesse di nuovo i ricordi del viso di Leda.

Non fu per un solo secondo, i loro occhi si incrociarono a lungo perdendosi l'uno in quello dell'altra, questa volta certi che quello sguardo fosse riservato esclusivamente a loro due, un sorriso carico di dolore e speranza increspò le labbra di entrambi; il guerriero alzò con decisione un braccio, agitandolo verso di lei, la ragazza portò la sua mano in alto di rimando. 

Con quel saluto avevano appena affidato l'uno all'altra tutto il peso di quelle parole ancora non dette.

 

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Capitolo 18
*** Tredici anni per diventare un Eroe ***


Du hast viel geweint. 

Im Geist getrennt, im Herz vereint.

Wir sind schon sehr lang zusammen Dein Atem kalt, das Herz in Flammen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anno 843

 

<< Avete sentito, ragazzi? Tra pochi anni finalmente attaccheremo Paradis! >> Zeke se ne stava seduto su un muretto nel campo d'addestramento della caserma dedicata al programma dei cadetti, rigirandosi una mela dell'albero del sig Fischel tra le mani. Circondato dagli altri suoi compagni che, come sempre, pendevano dalle sue labbra. Lanciando la mela in direzione di Marcel, Zeke annunciò 

 

<< Ormai è quasi giunto il momento di ereditare i nostri giganti, sei di noi diventeranno Guerrieri! >> 

 

<< Ma è fantastico! >> Esclamò Reiner, serrando i pugni dalla gioia << Finalmente potrò diventare un marleyano! >> 

 

Seduta a terra, con la schiena poggiata al tronco di un albero dietro di lui, Leda alzò lo sguardo corrucciando le sopracciglia; lo sguardo si mosse subito, quasi involontariamente, in direzione di Porco che, in piedi accanto a Reiner, non mancò di controbattere:

 

<< Perché ti ecciti tanto? Se c'è qualcuno che verrà tagliato fuori, quello sei sicuramente tu. >> 

 

Porco si voltò in direzione di uno sconcertato Reiner, continuando a squadrarlo dall'alto in basso.

 

 

<< Cosa pensi di avere in più che tutti noi non abbiamo? Sei forse più forte? Più resistente o più intelligente? O forse sei incredibilmente bravo nella lotta? Fin'ora sei andato avanti solo perché non fai altro che ripetere a pappagallo quanto tu sia fiero di servire Marley! >>

 

Con fare beffardo il ragazzo si era messo a sbocconcellare la mela che poco prima Zeke aveva lanciato a suo fratello Marcel, e se ne stava lì in piedi con la bocca piena a squadrare il compagno con un sorrisetto sghembo stampato sul viso; tutti gli altri ragazzi si voltarono verso Porco all'unisono, attoniti, nonostante negli ultimi mesi di addestramento questi battibecchi fra Reiner e Porco fossero aumentati considerevolmente; ogni volta Porko spostava l'asticella un po' più avanti: prima era solo qualche commento sardonico buttato qua e là, poi qualche frecciatina, mentre ora, con l'avvicinarsi della selezione finale, non metteva più freno alla sua lingua, rovesciando addosso a Reiner tutta la sua frustrazione e astio.

 

<< Sìgnorsì Signore, sarò lieto di uccidere tutti i demoni dell'Isola, Signore! Ma prima mi permetta di leccarle gli stivali, Signore! >> Lo schernì Porco, imitando la voce del compagno e andandogli sotto con fare di sfida.

 

In un battito di ciglia Reiner afferrò il polso di Porco, torcendogli il braccio, i denti serrati, gli occhi sgranati. 

 

<< Stai seriamente prendendo per il culo la nostra missione? Ho capito... sei uno di quei maledetti restaurazionisti! Vero, Porco? >>

 

La voce di Reiner iniziò ad incrinarsi, appena impercettibilmente ma lo stridere nel suo tono fu evidente all'orecchio di Leda. La ragazzina si alzò in piedi sapendo cosa sarebbe accaduto di lì a poco, poteva quasi già vederlo accadere nella sua mente, quasi automaticamente prese la sua sacca e si aggiustò la fascia gialla al braccio.

 

<< Ho ragione, eh? Ti denuncerò al comandante! >> Continuò il ragazzino, rifiutando di lasciare la  presa sul braccio di Galliard.

 

<< Huh? Come ha fatto tua madre con i genitori di Leda, eh bastardo? Vai a denunciare questo! >> 

 

Sotto lo sguardo sbigottito degli altri ragazzi, Porko in un attimo si avventò su Reiner, mandandolo a terra con un solo pugno. Ci volle l'intervento di Marcel per fermarlo, il ragazzino si frappose tra il fratello e il mal capitato Reiner interrompendo così la lite fra i due.

 

<< Resterai a marcire qui da solo per i prossimi tredici anni Reiner!! >> Porco gli urlava contro cercando di liberarsi dalla  stretta di suo fratello che pazientemente lo stava trattenendo in attesa che si calmasse

 

<< Reiner, ti chiedo scusa >> Bofonchiò Marcel trascinandosi via il fratello che agitandosi, urlando e scalciando, continuava ad inveire contro il compagno rimasto a terra, non dando segni di voler interrompere la lite molto presto. Non ci volle molto prima che anche tutti gli altri si allontanarono dalla scena pietosa; Zeke prima di andarsene, accompagnato da Pieck, ammonì Reiner a sua volta, intimandogli di non perdere tempo a piagnucolare altrimenti il comandante Magath lo avrebbe punito severamente ancora una volta.

 

Reiner non aveva neanche il coraggio di alzarsi da terra, quando Berthold e Leda gli si avvicinarono.

 

 

 

<< Coraggio Reiner... >> provò a consolarlo il ragazzino piegandosi verso di lui e offrendogli un braccio per aiutarlo a rialzarsi.

Reiner afferrò la mano dell'amico, issandosi a fatica, tenendo bassa la testa. Il suo viso era ancora contratto in una smorfia, ma la rabbia di poco prima aveva lasciato il passo alla tristezza e alla consapevolezza.

 

<< Io DEVO diventare un marleyano, così mia madre ed io potremo vivere con mio padre...non posso aspettare tredici anni...però...>> gli occhi gli si riempirono di lacrime << Porco ha ragione, sono il peggiore...>>

Berthold cercò ancora una volta di confortarlo, ormai avevano avuto quella conversazione centinaia di volte e nonostante avesse quasi terminato il repertorio di incoraggiamenti, riuscì ancora una volta a dirgli:

<< La lealtà è importante e comunque, Porco non è uno degli ufficiali che prenderà la decisione finale, vero Annie? >> chiese Berthold, girandosi speranzoso verso la ragazza, che era rimasta in silenzio fino a quel momento.

 

<< Uh? Non vi stavo ascoltando. >> rispose Annie, vanificando gli sforzi di Berthold per risollevare il morale di Reiner, prima di andarsene anche lei.

 

I tre rimasero in silenzio per un lungo momento guardando in direzione di Annie che si allontanava raggiungendo gli altri.

 

<< Bertl, è inutile...non lo aiuti se continui ad incoraggiarlo  così. >> sbottò Leda una volta che rimasero da soli.

<< Lo so che sembra crudele ma, guardiamo in faccia la realtà...i punteggi di Reiner erano più bassi anche dei mie...>>

 

<< Stai zitta Leda, tu che hai deciso di lasciare il programma non hai il diritto di parlare! >> Reiner inveì in direzione dell'amica interrompendola, le lacrime ormai gli rigavano il viso, lasciandogli le guance striate di rosso.

Berthold guardò nervosamente i suoi compagni, le liti tra loro due non erano più tanto rare, da quando Leda poi aveva annunciato la sua intenzione di  lasciare il programma dei Cadetti le cose tra lei e Reiner erano diventate molto più tese, più volte Reiner gli aveva confidato di essersi sentito tradito da Leda e che fosse convinto lei lo avesse fatto per favorire Porco nella scelta finale.

 

<< Berthold, raggiungi gli altri, Reins lo accompagno io. >>

Rispose Leda senza curarsi di quanto le avesse detto Reiner poco prima. 

Si sedette a terra accanto a lui, senza dire nient'altro e tirò fuori dalla sua borsa delle salviette inumidite conservate in una scatolina di metallo. Berthold si guardò attorno apparentemente indeciso, non volendo lasciare il fianco di Reiner, giusto nel caso in cui Leda lo avesse rimproverato di nuovo, dopo qualche attimo di esitazione però,  sembrò rassicurarsi all'idea di lasciare da soli i due ragazzini e la tentazione di seguire Annie ebbe la meglio, così si diresse verso la caserma agitando la mano in segno di saluto verso i due. 

 

<< Non toccarmi, non mi serve.. >> cercò di protestare Reiner allontanandosi e facendosi schermo con il braccio e abbassando lo sguardo quando Leda allungò una mano per pulirgli il viso dalla terra che si era ormai impastata con le lacrime sulle guance del ragazzino.

 

 

<< Finiscila, non puoi certo farti vedere conciato così da Pokko, sai che soddisfazione gli daresti?>>

Leda sospirando iniziò a pulirgli il viso e non potè fare a meno di notare che il labbro di Reiner si fosse spaccato, a causa del pugno in pieno viso di Porco. 

<<  Stavolta ti ha spaccato il labbro, la prossima volta cosa pensi di farti rompere? Guarda che la tua faccia non migliora, anche se ti fai riempire di pugni. >> 

 

<<  Ma sta' zitta. >> le rispose il ragazzo evitando di guardarla negli occhi.

Nonostante le proteste Reiner non si sottrasse alle cure dell'amica, rimanendo perfettamente immobile, seduto con le gambe incrociate, quasi trattenendo il respiro; dovette prendere tutto il suo coraggio per chiederle:

 

 

<<  Perché hai lasciato il programma? >>

 

<<  Non ho mai voluto diventare un Guerriero, lo sai. Ho chiesto di essere riassegnata all'unità medica, non me ne vado completamente dall'esercito. >> Rispose Leda concentrata a ripulire i tagli sul viso di Reiner. << Con tutta la pratica che ho fatto su di te, a forza di rattopparti, diventerò Maggiore prima dei 15 anni. >>

La ragazzina cercò di alleggerire la tensione tra loro due ma Reiner non era dell'umore per il suo umorismo spicciolo.

 

<<  Mi avevi promesso che saresti rimasta con me e che saremmo diventati Guerrieri insieme... >>

 

Reiner bofonchiò a bassa voce, quasi sperando di non essere sentito. 

 

<<  Diventare un Guerriero è il tuo scopo, non il mio, Reins. E poi, non ti ho mai promesso nulla, hai deciso tutto per conto tuo... se sono entrata nel programma è stato solo per aiutare la nonna con le accuse contro la mamma. >> 

 

Alla menzione della motivazione di Leda, il cuore di Reiner saltò un battito e il ragazzino poté sentire un nodo stringergli la gola. La famiglia di Leda era stata accusata di essere in combutta con una frangia di restaurazionisti anni prima, Reiner ancora ricordava la retata durante la quale madre della sua amica aveva perso la vita, fu in quella occasione in cui lui e la bambina si parlarono per la prima volta.

Non si scoprì mai chi fu a denunciare la famiglia Krause ma, grazie ai buoni rapporti che la signora Esther, la nonna di Leda, aveva sempre in qualche modo intessuto con tutti, anche al di fuori del distretto, almeno una parte della famiglia era stata scagionata dalle accuse, barattando l'adesione di Leda al programma dei cadetti con la salvezza sua  e della nipote. 

 

<< P..Porco ha detto una bugia... >> Balbettò Reiner

<< Lo so. >> rispose Leda senza guardarlo negli occhi.

 

 

<< Mia madre non ha denunciato la tua... >>

<< ... Lo so. >> 

 

Inaspettatamente Reiner allungò una mano a scostarle una ciocca della frangetta che le copriva la fronte.

 

[***]

 

 

 

 

Anno 850

 

 

 

 

La sirena squarciò il silenzio delle prime ore del mattino.

 

 

La luna non aveva ancora ceduto il posto al sole e la coltre della notte non si era ancora diradata che tutti gli uomini di Marley d'istanza sulle navi vennero bruscamente risvegliati dall'allarme che li chiamava ad imbracciare le loro armi e compiere il loro dovere.

 

L'infermiera Krause non fece eccezione, quasi cadendo rovinosamente dalla sua branda a causa dell'urlo acuto della sirena, che la svegliò di soprassalto. Si guardò intorno spaesata, prima di ricordare dove fosse, pochi istanti prima stava sognando della loro infanzia, di quegli ultimi giorni relativamente sereni che aveva vissuto con i suoi compagni. Quanti anni avevano all'epoca? Forse nove o dieci. 

 

La ragazza sospirò, sapeva di non avere tempo da perdere e resistendo a fatica al rollio della nave, Leda indossò la sua divisa e afferrò la sua pistola d'ordinanza, precipitandosi sul ponte della nave per prestare assistenza.

 

 

La prima cosa che Leda vide prima dello scoppiare della battaglia, fu la linea dell'orizzonte che andava schiarendosi, mentre il sole lentamente affiorava dietro le dure coste del golfo. Il primo raggio di luce tagliò l'acqua dell'oceano facendolo scintillare, rivelando la crudele, maestosa bellezza del mare.

 

Mentre la flotta di Marley scivolava sull'acqua in direzione del nemico, gli uomini sul cassero centrale della Helos potevano indovinare le scure silhouettes della flotta dell'Unione degli stati Orientali in lontananza, proiettare sulle vorticose acque nero- bluastre del Golfo le loro lunghe ombre nella debole luce dell'alba che andava alzandosi.

Le navi nemiche erano allineate in formazione di difesa, come una cinta di mura a protezione della costa. L'ennesimo muro che Marley avrebbe abbattuto. 

La linea di prua, composta da sedici navi a protezione dell'ammiraglia, attendeva la flotta marleyana con i loro armamenti dispiegati, fucili e cannoni pronti a vomitare fuoco e distruzione.

L'aria era densa di trepidazione per lo scontro imminente; i visi dei marinai contratti mentre abbracciavano i loro fucili come se da essi dipendesse la loro vita...e così era.

 

D'improvviso, un'incredibile esplosione eruttò dalle mitragliatrici delle navi della flotta degli stati Orientali; un'immensa onda d'urto investì il ponte di una delle imbarcazioni marleyane esplodendo in un inferno di lamiere, schegge fiammeggianti e uomini urlanti gettati fuori bordo che si schiantarono pesantemente negli inclementi flutti gorgoglianti della nera distesa del mare.

 

Bastarono pochissimi istanti e il caos fu ovunque.  Grida di ordini echeggiarono nell'aria mentre le navi della flotta marleyana venivano brutalmente squarciate dalle esplosioni dei cannoni dell'Unione, le nubi delle esplosioni, oscurando e contemporaneamente illuminando, colorarono il cielo e il riflesso sull'acqua come dei fuochi d'artificio, rivelando tutt'attorno un groviglio di corpi e macerie.

 

Leda si muoveva tra le macerie che precipitavano sul ponte della Helos e il caos con passo malfermo, afferrando la balaustra della nave domandandosi quando un colpo avrebbe colpito anche la loro imbarcazione ammiraglia, poteva vedere i marinai feriti, colpiti dai detriti o dalle raffiche di fuoco vagante, coperti di sangue e sudore, alcuni morenti, altri in preda a un dolore atroce. L'odore del sangue e della distruzione che andava a mischiarsi con quello dello zolfo e del piombo era travolgente.

 

 

 

<< Quante navi abbiamo perso? >> Leda afferrò il braccio di uno dei marinai che stava disperatamente cercando di ripararsi dal fuoco nemico, la gamba del malcapitato ridotta in una poltiglia cremisi.

 

<< Infermiera...mi aiuti! >> rispose l'uomo sconnessamente, il viso contratto e deformato da dolore e terrore, aggrappandosi ai vestiti di Leda con una forza sorprendente, strattonandola e facendola cadere bocconi al suo fianco. Lei gettò uno sguardo alla ferita del ragazzo e trattenendo il respiro legò più stretto che potè un laccio attorno alla parte ancora buona della gamba. Le sue mani si muovevano frenetiche nel tentativo di rallentare l'emorragia.

 

<< Ascoltami! Devi rispondermi, quante navi abbiamo perso?>> Ripeté la ragazza fissando lo sguardo sul viso dell'uomo accanto a lei.

 

<< Non voglio morire, infermiera, non voglio... >> balbettò incoerentemente lui mentre con le mani continuava a stringere l'uniforme della ragazza, come un bambino terrorizzato farebbe con la sottana della propria madre.

 

 

 

A quel punto, fu evidente che l'uomo non fosse in grado di rispondere alla sua domanda, la ragazza tornò silenziosamente ad ispezionare la ferita.  Tuttavia, la sua mente non riusciva a rimanere concentrata, i pensieri le andavano continuamente alle navi colpite; il ruggire delle armi da fuoco le faceva fischiare le orecchie, i bagliori delle esplosioni le impedivano la vista e la ragazza continuava, inutilmente, di ricacciare il pensiero che le navi sulle quali fossero a bordo Galliard e Pieck potessero essere state affondate.

 

Un attacco di questo genere era forse il peggior scenario per i Guerrieri, impossibilitati a trasformarsi in mare aperto con le navi a pieno carico, inoltre la potenza di fuoco della flotta dell'Unione era spaventosamente più grande di quanto si potesse immaginare; nei pochi minuti passati sul ponte di comando Leda aveva contato almeno una quarantina di mitragliatrici solo su uno dei nove incrociatori della marina nemica. 

 

Se non fossero riusciti ad affondare gli incrociatori in breve tempo, né Porco né Pieck avrebbero potuto contribuire.

 

Ci vollero molte raffiche di colpi ed esplosioni  prima che il comandante Magath diede l'ordine di invertire la rotta, resosi conto dell'inutilità della controffensiva della flotta di Marley; le navi da ricognizione nei flutti sconosciuti del golfo, non riuscirono a intercettare le navi nemiche, inviando informazioni inesatte e in netto contrasto sulle posizione delle imbarcazioni leggere della flotta avversaria, causando così alla fazione marleyana ingenti perdite di mezzi, uomini e armi in soli quindici minuti una delle principali imbarcazioni dell'esercito era stato affondato: la Colossus, punta di diamante della marina di Marley svaniva in una coltre di fumo nera con la torre prodiera sventrata, novantotto validi uomini persi ma il quel numero, lo sapevano tutti, era destinato ad aumentare.

 

Cercando riparo dalle raffiche di fuoco dell'Unione, nella speranza di potersi perdere nella nebbia e nel fumo delle esplosioni, le navi di Marley si mossero verso il mare aperto cercando di allontanarsi dalla costa, ma gli stati Orientali, galvanizzati dalla schiacciante superiorità dei loro mezzi, si lanciarono all'inseguimento, senza mai cessare il fuoco; i fucili, le mitragliatrici, i cannoni vomitavano incessantemente lingue infuocate, distruggendo e spazzando via tutto ciò che si parava loro davanti. 

Quando la flotta  guidata dalla Helos si mosse al largo, le loro speranze di fuga si tramutarono presto in disperazione.

 

<< Grice! >> Magath ruggì in direzione del cadetto << scendi nella sala comunicazioni! Mettiti in contatto con Galliard e Finger sulla Milvus ,  dobbiamo stabilire la loro posizione e coordinare la controffensiva! >>

Colt annuì e rapidamente si lanciò verso il ponte di coperta quando vide Leda trascinare disperatamente il corpo privo di sensi di Belter. La ragazza, piegata con un fucile calibro 6,5 simile ad una carabina da caccia, legato alla sua schiena, cercava con tutte le sue forze di portare il cadetto verso il ponte sottostante, ogni muscolo del suo corpo era teso, nel tentativo di trasportare il ragazzo, fin troppo grande per lei, verso la salvezza. 

 

<< Colt! Aiutami ti prego! >> Leda si rese conto della vicinanza del fratello maggiore del piccolo Falco e lo chiamò a gran voce, rivoli di sudore mischiati a polvere da sparo le rigavano il viso, contratto in una smorfia di disperata apprensione. << Aiutami a portare Josel in infermeria, un proiettile vagante lo ha colpito! >> 

Colt non se lo fece ripetere due volte e afferrando Josel per le braccia iniziò a scendere verso l'infermeria assieme a Leda che teneva le gambe del cadetto privo di sensi.

<< Signorina Krause, posso accompagnarla fino al secondo livello, devo fermarmi al ponte di comando per ordine del comandante Magath, ce la farà da sola?>> 

 

<< La Milvus è stata affondata? >> Chiese Leda senza rispondere alla domanda del ragazzo, preoccupato per le condizioni di salute del suo compagno Belter, che intanto, non dava segni di risvegliarsi.

<< No, non ancora, dobbiamo stabilire la loro posizione per la controffensiva, con tutta questa nebbia rischiamo di entrare in rotta di collisione con i nostri stessi incrociatori! >> 

Alla risposta di Colt, Leda si lasciò scappare un sospiro di sollievo e annuì con convinzione. Pieck e Porco stavano bene, nonostante la situazione rovinosa in cui si trovavano, i suoi amici erano salvi.

Per ora.

 

<< Vai allora, sbrigati! Comunica a Yelena sulla Milvus la variazione della rotta di 2 gradi a tribordo.>> 

Leda si liberò del fucile di precisione che ancora portava sulla schiena e lo affidò a Colt che, dopo aver posato delicatamente a terra Josel, lo prese tra le mani perplesso. << Qui ci penso io, non preoccuparti. >> 

Il cadetto si congedò imbracciando l'arma che la ragazza gli aveva affidato, correndo a perdifiato verso la sala comunicazioni, mentre attorno a lui l'inferno si stava scatenando. Colt sentiva i polmoni bruciargli, tra il fumo e l'acre odore di sangue e sudore dei suoi compagni. La sua mente vagava tra i pensieri di casa, sua madre, il suo fratellino, ma doveva ricacciare quelle immagini confortanti in un angolo del suo cervello: distrarsi ora avrebbe potuto tradursi in una totale disfatta per tutti i suoi commilitoni. Del resto anche la vita di Josep, in qualche modo dipendeva da lui ora.

"Invertire la rotta di due gradi a tribordo...la Milvus...collisione...a chi dovevo fare rapporto? Ah sì, Yelena." Ripeteva tra sé e sé. 

Un pensiero gli attraversó la mente come un lampo, svanendo con la stessa velocità con il quale era arrivato:

"Da quando l'unità medica ha in dotazione delle carabine di precisione?" 

 

 

[***]

 

 

Il ronzio delle luci artificiali e il costante mormorio dei motori e dell'impianto di areazione, lentamente guidarono la sua coscienza fuori dal torpore che la grossa perdita di sangue gli aveva procurato. 

Lentamente alzò il capo dal ruvido guanciale, i suoi occhi misero a fuoco il locale circostante, le anguste pareti metalliche, di un bianco asettico, scaffali riforniti di ogni droga e medicina, persino un piccolo macchinario simile ad una fisarmonica appoggiato vicino ad un  lettino saldamente avvitato al pavimento. Una figura minuta che si affaccendava attorno agli scaffali e agli utensili cercando di  mettere al riparo il salvabile, lunghi capelli bruni raccolti in una treccia, occhi del colore di un campo di grano d'estate. 

Non aveva dubbi, era in infermeria, nella sala operatoria, probabilmente; doveva esser stato trascinato lì dopo che un colpo di fucile gli aveva trapassato la gamba e lì a prendersi cura di lui c'era l'infermiera Krause.                                     

Josel lasciò cadere la testa sul cuscino con un sorriso  stampato sul viso. Certo, non era una situazione ideale: trovarsi sul lettino di una sala operatoria della nave ammiraglia, con un buco nella coscia e nel bel mezzo di una disastrosa azione navale, non poteva di certo considerarsi come una prospettiva desiderabile... tuttavia, non riusciva a smettere di sogghignare. 

 

In un certo senso, molto distorto, lo sapeva anche lui, stava vivendo esattamente il suo sogno. Stava servendo la sua patria, portando con onore la fascia riconoscitiva (per il momento avrebbe finto fosse rossa, non gialla) l'infermiera Leda si stava occupando di lui; era tutto come aveva sempre fantasticato... chiudendo gli occhi poteva quasi immaginare di essere il suo eroe, il signor Braun.  Del resto Josel aveva deciso di diventare un cadetto proprio nella speranza di poter, un giorno, ereditare il gigante del signor Braun e finalmente tutti i tasselli stavano andando al loro posto.  

 

Con lo sguardo seguiva la ragazza che, dandogli le spalle, si stava muovendo rapida tra i medicinali, riempendo una siringa con un liquido viscoso e ambrato; nonostante avesse solo quattordici anni, quattro in meno di Leda, Josel non poteva fare a meno di immaginare come avrebbe potuto essere se, quella che alcuni tra i suoi commilitoni chiamavano "l'angelo dei Guerrieri" avesse finito  per volgere i suoi dolcissimi, grandi occhi del colore del miele verso di lui e guardarlo come tutti sapevano che la ragazza guardasse il signor Braun. Le guance gli si colorano di un rosa intenso, ancora più visibile a causa del pallore dovuto dalla grossa perdita di sangue, quando il pensiero che una volta ricevuto il gigante Corazzato avrebbe potuto ereditare con esso anche tutti i ricordi del suo predecessore, inclusi quelli dei momenti passati con la signorina Leda. Chissà cosa avrebbe provato a quel punto?  Si sentì in qualche modo in dovere di prendere il posto, in tutto e per tutto, del futuro compianto Reiner Braun, lo Scudo di Marley...lo Scudo della signorina Leda. 

Nei tredici anni a sua disposizione dopo aver ereditato il gigante di Reiner, lui sarebbe diventato il suo eroe. L'avrebbe ripagata delle cure che gli stava prestando, non avrebbe fatto passare un solo giorno senza confortarla, lo giurò fra sè e sè. 

 

All'improvviso un urto spaventoso squassò la nave, facendo volare a terra tutte le bottiglie di medicinali, Josel stesso sarebbe caduto dal lettino se non fosse stato legato ad esso; l'allarme suonò nuovamente e una voce dall'interfono allertò l'equipaggio che la Helos fosse entrata in collisione con la Milvus dando quindi l'ordine di abbandonare la nave al più presto.

<< Sta andando tutto esattamente come previsto da Zeke, assurdo...>> borbottò Leda a denti stretti, la sua voce tradiva una profonda stizza. 

<< C...cosa vuol dire, signorina Krause?>> chiese il ragazzo, allungando il collo quanto più potesse per guardare oltre le sue gambe legate in direzione dell'infermiera. 

La ragazza si voltò verso di lui, la mascella serrata e le sopracciglia corrucciate, non era un'espressione che Josel si sarebbe aspettato di vedere sul viso dell'infermiera che si era guadagnata il titolo di "angelo dei Guerrieri": sul volto di Leda si leggeva nervosismo, non conforto, delusione, non sollievo. 

<< Sei ancora vivo...? >> Leda si avvicinò a tentoni al suo lettino, issandosi alle cinghie che lo tenevano legato con forza, esaminando da vicino la ferita da arma da fuoco sulla sua gamba. Improvvisamente Josel si sentí a disagio, contraendosi involontariamente nel tentativo di allentare le cinghie che lo tenevano bloccato, le sue vene si gonfiarono, diventando ben visibili, i muscoli si irrigidirono ma non riuscí a liberarsi.  

 

<< Ero troppo preoccupata per Pii e Porco, ho fatto un lavoro grossolano. >> sussurrò Leda, quasi parlando con se stessa. 

<< N-non si preoccupi, infermiera Krause...è normale farsi prendere dal panico...>> 

 

<< Ho mancato la safena. >> 

 

Con un singhiozzo le parole gli morirono in gola, fu come se il corpo intero gli si congelasse quando i suoi occhi intercettarono quelli di Leda, quello sguardo che fino a pochi istanti prima gli sembrava caldo e dolce come il miele ora lo atterriva, rendendosi conto che altro non era che un topolino inerme di fronte ad un gufo pronto a ghermirlo. 

Non poté opporre resistenza quando la ragazza gli trafisse la vena rigonfia sul suo braccio con la siringa che aveva riempito poco prima, con un gesto fulmineo. In un attimo i suoi arti gli sembrarono intorpidirsi, mentre la sua mente iniziava a faticare per restare cosciente. In pochi istanti non fu più in grado di reagire coerentemente.

Quando qualcuno bussò alla porta della sala operatoria per chiedere all'infermiera se ci fossero superstiti da caricare sulle scialuppe di salvataggio, Josel provó ad urlare, ad attirare l'attenzione del militare che in piedi sulla soglia della porta, stava parlando con quel falso angelo con gli occhi di un predatore, ma la sua bocca non rispondeva ai suoi comandi, la lingua si rifiutava di muoversi e tutto ciò che riuscì a fare fu emettere dei rantoli sconnessi, mentre le palpebre dei suoi occhi si facevano sempre più pesanti.

 

<< Nessun superstite. >>

 

Altro che Angelo dei Guerrieri...quella donna era un diavolo, proprio come quelli dell'Isola.

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Capitolo 19
*** Nati dallo stesso dolore ***


(Trigger Warning: Il capitolo affronta tematiche  pesanti con linguaggio un po' crudo)

[***]





 

What we are is but a choice, a promise to ourselves.

We are free to break and change.





 

Anno 839

Quando la figlia della signora Esther tornò a vivere in casa di sua madre pioveva.

Un banalissimo giorno di metà settimana, uno come tanti altri, di una torrida estate che stava lentamente lasciando il passo all'autunno; non era rado che verso il finire della calda stagione piovesse a dirotto, pertanto, quella mattina, nulla dava a presagire che qualcosa potesse cambiare radicalmente nella vita del ragazzino biondo che abitava accanto a quella gentile signora, sola da molti anni dopo la morte del marito e che, ogni tanto, gli regalava qualche dolcetto appena sfornato, di nascosto a sua madre Karina.

A Reiner la signora Esther era sempre piaciuta molto; era una donna forte, nonostante la sua figura minuta, che non mandava mai le cose a dire ma, soprattutto, sempre capace di strappare un sorriso a chiunque con il suo modo di fare allegro e un po' sarcastico che, invece, infastidiva enormemente sua madre. Il bambino considerava quella signora sulla sessantina, un po' come la nonna che non aveva avuto modo di conoscere; per questo quando vide la figlia della signora Esther arrivare nella casa accanto alla loro portandosi dietro una ragazzina più o meno della sua età, Reiner ne fu quasi deluso. O meglio, geloso.

Se ne rimase davanti la finestra della sua stanza a guardare in strada, in direzione della casa dei Krause, con gli occhi ridotti ad una fessura, le labbra serrate e le braccia incrociate sul petto cercando di intimorire in tutti i modi quella bambina che correndo felicemente saltò al collo della signora Esther, mentre sua madre la seguiva guardandosi attorno con fare guardingo.
Solo guardandola Reiner decise che quella bambina, lui, la detestava.

La trovava fastidiosa sotto ogni punto di vista: i capelli lunghi e bruni le arrivavano ai fianchi, troppo femminili e curati per poter essere di una bambina simpatica, il visetto tondo con un'espressione furba e gli angoli delle labbra inarcati all'insù le davano un'aria di incredibile strafottenza che gli ricordava il fratello minore di Marcel e due grandi occhi di un colore simile a quello del grano che lo misero a disagio il momento stesso che si incrociarono con i suoi, facendolo ritirare di scatto dietro la tenda della sua camera. Doveva aver fatto proprio la figura del perfetto stupido nascondendosi così come un bambino pauroso qualunque... lui sapeva di essere meglio di così, del resto tra pochi mesi avrebbe iniziato gli addestramenti da guerriero cadetto, sarebbe diventato il prossimo Guerriero onorario e come se non bastasse, lui, non era un eldiano qualunque, lui era per metà marleyano, non poteva di certo farsi intimorire da due grandi occhi dorati e un visetto tondo con un sorrisetto appena increspato. Lentamente, fece di nuovo capolino da dietro la tenda sbirciando in direzione della porta d'ingresso della casa dei Krause e incrociando nuovamente lo sguardo della bambina che timidamente alzò una mano in cenno di saluto.
Reiner si voltò dall'altra parte, ignorando la ragazzina e ignorando anche il calore sul suo viso aumentare di colpo e palmi delle mani diventargli improvvisamente sudati, mentre il suo stomaco sembrava volersi attorcigliare su se stesso come uno straccio bagnato, irradiando ovunque dalle braccia alla nuca, una sensazione di tedioso formicolio.

<< Mamma, chi sono le due persone che hanno portato da Esther tutte le loro cose? >> chiese a gran voce a Karina correndo tutto trafelato verso la cucina dove sua madre stava preparando da mangiare e arrampicandosi sull'alta sedia del tavolo. La signora Braun si voltò a guardarlo sorridendo, ma non era il solito sorriso bonario che era solita rivolgergli, dietro di esso Reiner poteva indovinare una certa tensione, quel muscolo contratto sulla guancia di sua madre ne era la prova lampante.
<< La figlia della signora Esther e sua nipote. >> rispose la donna, rimarcando il "signora" non apprezzando affatto la confidenza che suo figlio aveva nei confronti della loro vicina di casa
<< Susanna e Leda mi sembra abbia detto che si chiamino. La bambina ha la tua stessa età, sai? >>

<> pensò ad alta voce il bambino ripetendo il nome della loro nuova vicina di casa altre due volte. Karina guardò in sua direzione con un sopracciglio inarcato e scuotendo lentamente la testa. << Ma perché si sono trasferite qui? Voglio dire, non hanno tipo, che ne so...una casa loro? >>

Alla domanda così diretta del figlio, Karina sospirò, cercando un modo chiaro di spiegare la delicata situazione in cui si trovavano le loro vicine di casa.
<< Ascoltami bene, tesoro... >> disse ad un certo punto la donna << La signora Krause e sua figlia sono venute a stare con Esther perché...ecco, la bambina dovrà entrare nel programma dei cadetti. >>

<> protestò Reiner, sbattendo rumorosamente le mani sul tavolo e quasi mettendosi in piedi sulla sedia << Non può! La prova c'è già stata e i cadetti sono stati già scelti! Non è giusto, perché lei può arruolarsi senza aver sostenuto la prova come tutti gli altri? >>

<< Ecco, vedi, il marito della signora Susanna...lui...anni fa ha avuto qualche problema con le autorità di sicurezza pubblica...Esther era in buoni rapporti con uno degli ufficiali dell'epoca e ha barattato la salvezza della figlia incinta dalle accuse con la promessa che la bambina sarebbe entrata nel programma dei cadetti, raggiunta la giusta età. >>

<< Insomma, è una raccomandata! >> concluse il bambino rimettendosi a sedere con un'espressione delusa e disgustata sul viso.
Reiner rimase a lungo in silenzio, dondolando le gambe a mezz'aria sotto il tavolo della cucina dove stavano parlando lui e sua madre. Una domanda sembrava tormentarlo:
<< Ma, mamma, cosa vuol dire che hanno avuto un problema con le autorità di sicurezza? Cosa è successo? >>
La donna voltò la testa dalla parte opposta. Avrebbe voluto evitare di rispondere al figlio e dirgli che l'uomo era stato deportato sull'isola dei demoni anni prima, temendo che la vicinanza della signora Esther con le autorità potesse in qualche modo ritorcersi contro la loro famiglia ma, d'altra parte avrebbe fatto tutto ciò che fosse stato in suo potere per impedire che il suo Reiner finisse invischiato in faccende riguardanti dei presunti restaurazionisti.
 

<< Ascoltami bene, Reiner. Sai che noi Eldiani in passato ci siamo macchiati di peccati gravissimi e che, per questo, dobbiamo impegnarci ogni giorno per espiare le nostre colpe e guadagnarci il perdono del resto del mondo. >> Iniziò Karina, mentre allungando una mano verso il viso del suo adorato figlio gli prese il mento tra le dita, invitandolo a guardarla negli occhi con espressione seria. << Purtroppo, non tutti gli abitanti di Liberio sono convinti che questa sia la verità, alcuni di loro pensano che sia ingiusto che il mondo ci chieda il piccolo sforzo di essere fedeli e disciplinati, in cambio del perdono per le azioni dei nostri antenati. Alcune di queste persone vorrebbero addirittura far tornare il regno di Eldia...tu capisci quanto questo sia grave, vero? >>
Il bambino ascoltava come ipnotizzato le parole della madre, non azzardandosi a distogliere lo sguardo da lei. Con la voce ridotta a un sussurrò, tremolante e incerto chiese:
<< Quindi, il padre di quella bambina era una persona cattiva? >>
<< Probabilmente sì, per questo è stato allontanato e mandato via. >> Rispose la donna lasciando finalmente la presa sul mento di Reiner, che sì voltò immediatamente a guardare fuori dalla finestra della loro casa, nella direzione di quella dei Krause.
<< No mamma, non forse. Sono sicuro che quell'uomo lo era davvero.>>

"Nessun uomo buono abbandonerebbe la propria famiglia se potesse stare con loro" pensò Reiner, ma preferì non dirlo ad alta voce.

[***]

<< Leda, dovresti quanto meno fare lo sforzo di andare d'accordo con il figlio della signora Braun, sai? Una volta che impari a conoscerlo Reiner non è così male. >>
Disse la signora Esther rivolta alla nipote che le trotterellava vicino con le mani affondate nelle tasche del suo vestito, mentre rientravano a casa dopo una giornata passata in giro per il mercato del quartiere d'internamento, approfittando degli ultimi giorni in cui Leda avrebbe potuto essere a casa assiduamente prima dell'inizio ufficiale del programma dei Cadetti. Immediatamente, dopo aver sentito le parole della nonna, la bambina corrucciò le sopracciglia e arricciando il naso sbuffò platealmente.

<< Ma nonna, ci ho provato! Non è colpa mia se quel bambino è un presuntuoso antipatico! Pensa, solo perché suo padre è marleyano si comporta come se fosse meglio di tutti noi altri! Per di più, Porco mi ha fatto vedere i risultati dei loro test di ammissione che hanno fatto il mese scorso e Reiner è davvero il più scarso... >>
La signora Esther rise sotto i baffi al commento della nipotina, che, nonostante le parole dure che riservava al loro vicino di casa, era stata sorpresa spesso dalla donna a sbirciare in direzione della casa dei Braun come se stesse cercando di imbattersi "casualmente" nel figlio di Karina.

Non si erano mai neanche parlati per settimane, i due si erano solo lanciati occhiate freddamente, dalle rispettive finestre di casa, evitandosi come se fossero l'uno il peggior nemico dell'altro. Ma sotto quella facciata di indifferenza, Leda sapeva di provare una strana attrazione per il piccolo vicino di casa, sensazione largamente ricambiata. Non volevano ammetterlo, né tra loro né tantomeno agli altri, ma c'era qualcosa che li univa in modo inspiegabile. Forse era la diversità delle loro origini, o forse l'inesauribile curiosità per l'altro, ma in cuor loro, sapevano che c'era una specie di connessione che andava oltre le differenze.

<< E poi, >> continuò la piccola Leda << Si rifiuta di parlarmi! L'ho sentito dire al suo amico, Berto...Bertl...Bort...insomma quello più alto tra i futuri cadetti l'unico che viene a trovarlo ogni tanto, che io sono una raccomandata e che papà era una cattiva persona, e che per questo non avrebbe mai parlato con me! >>
La voce della bambina si fece improvvisamente più sottile mentre cercava di nascondere la delusione; nonostante fosse abituata ad essere messa in disparte per quello che il padre, uomo che lei non aveva neanche mai conosciuto, avesse fatto questa volta non riusciva a farsi andare giù il rifiuto di quel bambino che, quando credeva di essere da solo o non visto, sembrava quasi farsi più piccolo schiacciato da un'invisibile peso che rendeva il suo viso incredibilmente triste.

<< Leda, cerca di essere paziente con Reiner, in fondo non siete poi così diversi voi due: anche lui non ha mai avuto modo di stare con suo padre, forse vuole solo attirare la tua attenzione perché si sente solo, non credi? >> Le chiese Esther; non era un segreto che la donna tenesse a Reiner come se fosse un nipote acquisito, del resto, prima che sua figlia Susanna e Leda tornassero a vivere a casa sua, era stato l'unica compagnia che lei avesse avuto.
<< Beh nonna, se è così mi dispiace per lui ma, se non mi chiede scusa per quelle cose che ha detto, per me, Reiner Braun non esiste! >> Insistette Leda rimanendo ferma nella sua convinzione << Papà, me lo dice sempre mamma, è stato mandato via perché era stanco che noi dovessimo vivere in gabbia, lui ha provato a cambiare le cose insieme a molte altre brave persone...non era una persona cattiva, vero? >>
Il volto della signora Esther si fece improvvisamente serio voltandosi a guardare la nipotina con un'espressione che Leda non aveva mai visto prima d'ora, era come se d'un tratto tutto il carico di anni di silenziosa lotta e resistenza le avessero improvvisamente indurito i lineamenti.
<< Ascoltami bene, Leda. Non dovrai mai dubitare che tuo padre abbia fatto ciò che ha fatto mosso unicamente dai più nobili ideali. Tu stessa, anche se farai parte del programma dei Guerrieri non dovrai mai dimenticarti che il solo scopo che noi esseri umani dobbiamo perseguire è proteggere chi amiamo e aiutare il prossimo. Non devi temere di infrangere qualche regola se è per una giusta causa. Tuo padre la pensava così...esattamente come un tempo la pensava anche tuo nonno. Non ti ho mai parlato di lui, del nonno, vero? >>

La bambina fece in tempo solo ad annuire quando, da dietro un angolo della strada che stavano percorrendo, una pattuglia delle Autorità di Sicurezza iniziò a correre intimando a gran voce ai passanti di lasciare loro libero il passaggio, le loro uniformi bianche ed immacolate davano loro un'aria autoritaria e minacciosa, mentre le pistole pendevano dalle loro cinture, pronte all'uso. Le suole dei loro alti stivali sbattevano contro l'asfalto, il suono divenne un tamburo martellante nell'aria carica di tensione. Una mano afferrò la signora Esther che venne trascinata da un uomo con una fascia bianca al braccio dentro al suo negozio, prima che gli ufficiali delle forze d'ordine potessero notarli; il gesto repentino, però fece perdere alla donna la presa sulla mano della bambina che, terrorizzata, rimase impalata in mezzo alla strada.
<< Leda! >> riuscì a dire la donna prima che la porta dell'uomo che l'aveva strattonata via si chiudesse davanti a lei, separandole << Non tornare a casa! Per l'amor del Cielo, corri alla clinica degli Jaeger o dai Grice ma non tornare a casa! >>
Leda guardò in direzione della porta che si chiudeva di fronte a lei, sbatté le palpebre lentamente un paio di volte non riuscendo a capire cosa stesse accadendo, perché la nonna era stata strattonata via da quell'uomo? E perché gli ufficiali marleyani dell'Ordine di Sicurezza Pubblica stavano correndo con così grande foga tanto da travolgere e calpestare i passanti?
 

I suoi piedi si mossero quasi istintivamente e, senza neanche accorgersene, Leda si lanciò di corsa incespicando e inciampando proprio verso casa sua. La bambina corse a perdifiato, come attratta da una forza sconosciuta che non le faceva percepire né la fatica, né i suoi polmoni bruciarle nel petto, né, tantomeno, farle rendere conto che stesse involontariamente seguendo quegli uomini di marley, che a loro volta sembravano non essersi accorti della bambina eldiana che a fatica teneva il loro passo, rallentando sempre di più fino a perderli di vista.

La luce del tardo pomeriggio proiettava un caldo bagliore dorato sulla via acciottolata quando Leda, con il volto pallido ma le guance arrossate dalla lunga corsa e gli occhi spaventati, si avvicinò furtivamente alla sua casa. Il suo cuore batteva forte mentre sentiva il fruscio dei passi dei poliziotti marleyani e il rumore di oggetti che cadevano e si frantumavano dall'interno. Tutto intorno sembrava vuoto, non un suono dalle altre case, non un viso osava affacciarsi o tantomeno impedire quello scempio. La sua casa era invasa dalla brutalità della folle propaganda di Marley contro gli eldiani. Le finestre erano spalancate, il vetro rotto giaceva per terra, e quegli uomini terribili e crudeli rovistavano in ogni angolo.
Gli occhi spaventati della bambina si aprirono di fronte a uno spettacolo di devastazione. Mobili rovesciati, suppellettili rotti e vestiti sparsi ovunque riempivano la stanza, mentre loro impassibili, razzolavano tra gli oggetti della sua famiglia, sfogliavano libri e documenti, cercando freneticamente tracce di qualcosa che potesse incriminare la gente che viveva in quella casa. Il loro sguardo freddo e imperturbabile la faceva rabbrividire.

Mentre Leda si nascondeva nell'ombra, sgattaiolando di soppiatto in casa mossa da una forza invisibile, e andandosi a ranicchiare dietro la poltrona di sua nonna, i suoi occhi si riempirono di lacrime. Era testimone della violenza e dell'ingiustizia inflitte alla sua famiglia e alla sua comunità. Mentre il cuore le si stringeva, sapeva che la sua innocenza e la sua vita erano in pericolo ma era come paralizzata, non potendo far altro che aggrapparsi con forza alla stoffa della poltrona dietro la quale si era nascosta. Osservò con terrore uno degli uomini di marley, un ragazzo di appena vent'anni, avvicinarsi a sua madre che, con volto pallido e gli occhi colmi di paura, cercava strenuamente di difendersi, scalciando e graffiando gli altri uomini che la tenevano ferma.

Un singhiozzo di paura scappò dalle labbra della bambina, attirando così l'attenzione del giovane ragazzo di marley che si voltò in direzione della poltrona dietro la quale Leda si stava nascondendo. Anche Susanna se ne accorse e capendo che avrebbe dovuto fare qualcosa al più presto, con voce tonante e cercando di liberarsi dalla stretta degli altri ufficiali urlò:
<< Luridi bastardi! Vedrete, il popolo di Ymir risorgerà e per voi, maledetti invasori, sarà la fine! >> Le sue mani tremavano mentre cercava di attirare di nuovo su di sé l'attenzione delle autorità di sicurezza pubblica cercando di proteggere la piccola Leda, che doveva rimanere nascosta a ogni costo.
Il ragazzo sulla ventina si voltò nuovamente nella sua direzione, e posò i suoi occhi gelidi su di lei mentre tra le mani teneva un cappio, e ogni passo che faceva verso Susanna sembrava alle orecchie di Leda un rintocco funebre nell'aria.

Leda non poteva distogliere lo sguardo dalla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Vide l'ufficiale afferrare sua madre con forza e, con gesti bruschi e spietati, annodare il cappio intorno al collo di sua madre. La paura e la rabbia si mescolavano in lei, ma sapeva che non poteva fare nulla per aiutare la sua amata madre in quel momento.
Vide gli uomini portare sua madre in cima alle scale, vide l'estremità della corda venir lanciata attorno alla trave dell'ingresso mentre uno dei marleyani in fondo alle scale la issava alla colonna al centro della stanza, vide l'ufficiale sulla ventina spingere sua madre sogghignando "Arrivederci a quando voi giganti camminerete di nuovo sul nostro mondo, allora, Susanna" e, infine, vide il corpo di sua madre dondolare pesantemente, scalciando una...due...tre volte prima di restare completamente immobile.

Con tutta la forza che aveva nel suo piccolo corpo Leda premette le mani sulla sua bocca, cercando di non emettere neanche un fiato, mentre grosse e calde lacrime le sgorgavano dagli occhi senza che potesse fermarle, mentre quei mostri continuavano a rovesciare e rovistare tra le loro cose. I suoi occhi erano fissi sul corpo di sua madre, che continuava il suo lento dondolio, come ipnotizzata mentre tutto intorno a lei si faceva distante e confuso.
<< Il capitano non sarà contento, abbiamo tolto di mezzo l'unica persona che potevamo accusare di tradimento... siamo sicuri che la vecchia non possa proprio essere toccata? >> chiese uno degli ufficiali delle forze di sicurezza pubblica.
<< Purtroppo quella bagascia ha l'immunità, mi chiedo cosa abbia fatto per avere ottenuto la protezione di Kruger, il bastardo è sparito quasi sette anni fa ormai e noi dobbiamo ancora avere la vecchia tra le palle! >> rispose un altro di loro, aprendo e annusando le poche bottiglie rimaste intatte dopo la loro retata.
<< Ma non ci doveva essere anche una bambina o anche la marmocchia è intoccabile come la nonna? Avrei bisogno di scaricare un po' di adrenalina dopo aver visto come scalciava tutta combattiva la signora... >> ridacchiò un terzo di loro indicando con un cenno del capo il corpo di Susanna che, sospeso a mezz'aria, li fissava con occhi vitrei.
<< Purtroppo sì, è entrata a far parte del programma dei Cadetti se le succedesse qualcosa poi chi lo sente Magath? >>

A quelle parole Leda si strinse ancora di più contro la poltrona alle spalle degli ufficiali come a voler sparire completamente, restando immobile anche quando gli "invasori" della sua casa tagliarono la corda che teneva sospesa sua madre che con un sordo *thud* cadde a terra a pochi metri da lei. Paralizzata dal terrore, la bambina rimase perfettamente immobile incapace di distogliere lo sguardo da quello vuoto e spento di Susanna.
Gli occhi ormai velati di sua madre l'attirarono come un magnete, impedendole di riprendersi dallo stato di shock e confusione nel quale era sprofondata, portandola quasi ad abbandonare il suo rifugio, fu un lieve colpetto sulla sua spalla a risvegliarla e farla voltare di scatto in direzione del tocco dietro di lei.

I suoi occhi si persero in quelli dorati striati di leggere venature verdi del bambino che abitava accanto a casa sua.

Reiner si portò un dito alle labbra per farle intendere di rimanere in silenzio e con un cenno della testa le fece segno di seguirlo, l'aiutò ad alzarsi e stringendole la mano sgattaiolarono via da quel teatro degli orrori nel quale si era tramutata la casa della signora Krause. Leda guardò la schiena di quel bambino che fino a pochi minuti prima aveva deciso di detestare per sempre e improvvisamente le sembrò che quelle gracili spalle potessero sorreggere il peso della tristezza di tutto il mondo, in quel momento, un bambino che fino ad allora era stato un perfetto sconosciuto era il solo che fosse corso in suo aiuto. La folla di eldiani in piazza aveva protetto sua nonna ma non lei, gli uomini di Marley per i quali lei avrebbe combattuto una volta entrata nel programma dei cadetti non avrebbero di certo mosso un dito in sua difesa, persino sua madre non aveva abbandonato le sue convinzioni sul popolo di Ymir fino alla fine, mettendo in pericolo tutti loro... eppure, la nonna le diceva sempre che il solo scopo che gli esseri umani dovrebbero perseguire è proteggere chi amano e aiutare il prossimo, allora perché solo quel bambino, solo Reiner si era fatto avanti per aiutarla? Dove erano tutti gli altri?

Tenendole stretta la mano, in silenzio Reiner la condusse al sicuro in casa sua, approfittando dell'assenza di sua madre e dei suoi zii; entrarono insieme nella sua cameretta e il bambino si affrettò a tirare le tende della finestra dalla quale si vedeva la casa di Leda per impedire alla bambina di assistere al momento in cui il corpo di Susanna veniva trascinato via.
Il bambino sfilò dal suo letto il lenzuolo e lo usò per coprirla e senza dire niente le avvolse le braccia attorno alle spalle. Stretta in quel timido abbraccio Leda pianse fino ad addormentarsi.

 

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