History Saga

di Aru_chan98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice ***
Capitolo 2: *** Fate ***
Capitolo 3: *** New Land ***
Capitolo 4: *** White Heart ***
Capitolo 5: *** Black Instinct ***
Capitolo 6: *** Battle for a Life ***



Capitolo 1
*** Indice ***


Sommario di History Saga

Disclaimer: Il sommario subirà variazioni per aggiornamenti quando le altre canzoni del musical usciranno!

I --> Arco 1 - Inghilterra
  1. Battle for a Life
  • Rating Verde; Genere: Storico/Angst; Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland – Impero Romano – Original Characters; Pairings: No Pairing
    Sommario: La vita di Albione era buona, aveva un posto a cui appartenere e un popolo che lo amava e rispettava. Sarebbe stato tutto perfetto se non fosse nato nazione, se non avesse mai attirato l'attenzione di Impero Romano, che un giorno arrivarono per cercare di portargli via tutto quello che aveva. Quel giorno avrebbe cambiato il destino di Albione per sempre
  1. New Land
  • Rating verde; Genere: Storico; Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland – Francia/Francis Bonnefois – Original Characters; Pairings: No Pairing
Sommario: Dopo l’ennesima scorribanda, Inghilterra si ritrova a navigare in acque sconosciute, alla ricerca della strada di casa
  1. White Heart
  • Rating verde; Genere: Storico/Fluff; Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland – America/Alfred F. Jones – Original Characters; Pairings: Accenni usuk
Sommario: I giorni scorrono lenti per Inghilterra quando li trascorre insieme alla sua colonia più cara, Tredici Colonie. Cerca di insegnargli come si sta al mondo come nazione ma Alfred sembra più interessato a insegnare la propria ideologia: accogliere la vita a braccia aperte.
  1. Black Instinct
  • Rating giallo; Genere Storico/Drammatico; Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland – Scozia/Alistar Kirkland – Galles/Dylan Kirkland – Original Characters; Pairings: Nessuno; Avvertimenti: Trigger Warning/Violenza domestica
Sommario: Albione vive nei boschi, le fate e i conigli sono i suoi unici compagni. È un bambino reietto, abbandonato dal suo popolo e braccato dai suoi fratelli. Ma quella piccola nazione ha più forza d’animo di tutti quanti, riuscendo a cambiare la propria vita
  1. Fate
  • Rating verde; Genere: Storico/Angst; Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland – America/Alfred F. Jones; Pairings: Nessuno
Sommario: La guerra d’indipendenza va avanti da anni. Inghilterra è determinato a vincere, a riprendersi la sua colonia ma la storia ha altri progetti per lui
  1. Fire
  2. ???
  3. ???
II --> Arco 2 – Russia
  1. ???
  2. ???
  3. ???
  4. ???
  5. ???
  6. ???
  7. ???
  8. ???
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III --> Arco 3 – Nord & Sud Italia
  1. ???
  2. ???
  3. ???
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  5. ???
  6. ???
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IV --> Arco 4 – America
  1. ???
  2. ???
  3. ???
  4. ???
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  6. ???
  7. ???
  8. ???
  9. ???

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Capitolo 2
*** Fate ***


Alright, my brothers, listen closely
Tonight we make the Trojans pay
Ten years of war, they've killed us slowly
But now we'll be the ones who slay
Think of your wives and your children
Your families wonder where you've been
They're growing old and yet you're still here
Do what I say and you'll see them again
Yes, sir


Diomedes will lead the charge
Agamemnon will flank the guards
Menelaus will let our men through the gates
To take the whole city at large
Teucer will shoot any ambush attack
And Little Ajax will stay back
Nestor, secure Helen and protect her
Neo, avenge your father, kill the brothers of Hector
Yes, sir


Find that inner strength now
Use that well of pride
Fight through every pain now
Ask yourself inside
What do you live for?
What do you try for?
What do you wish for?
What do you fight for?


Penelope
Penelope
And Telemachus
I fight for us
I fight for us
(What do you live for?)
Penelope
(What do you try for?)
Telemachus
(What do you wish for?)
I am on my way
(What do you fight for?)

Attack
 

La guerra andava avanti da qualche anno. Impero Britannico ne sentiva il peso: il suo impero era provato dalle tasse e da quel costante bisogno di risorse per quel conflitto. Non si sarebbe mai aspettato di entrare in guerra contro una delle sue colonie, non contro Tredici Colonie o Stati Uniti d’America, come voleva farsi chiamare. Rispetto a tutti gli altri suoi possedimenti aveva dato ogni libertà possibile a quel ragazzino, lo aveva messo sotto protezione della sua marina, gli aveva concesso di godere della merce prodotta, favoreggiando il commercio all’interno del suo vasto monopolio. Nonostante questo, alla fine lui lo aveva pugnalato alle spalle, trascinandolo in quella lotta che per lui non aveva senso. Gli sarebbe stato bene se fosse rimasta una questione tra di loro. Alla fine non era il primo che tentava di ribellarsi al suo dominio, ma no, Francia e Spagna avevano dovuto metterci il becco.

“Soldati! Questo sarà lo scontro decisivo. Lo so che in questi otto anni le battaglie sono state difficili e le perdite dure, che la guerra sembra persa ma non è così! Abbiamo combattuto in situazioni più pericolose con meno risorse. Lo so che in tutti questi anni alcuni di voi hanno combattuto contro i propri amici, i propri cari, è dura e lo comprendo. Ma tutti qui abbiamo una famiglia da cui vogliamo tornare, che prega per la nostra sicurezza ogni notte. Non deludiamole! Insegniamo a questi ribelli a non intralciare il nostro impero, a non sottovalutarci! Che nascondersi dietro altre nazioni è inutile, perché questa terra è nostra! Se mi seguirete tornerete a casa da eroi!”

“YES SIR!” Impero Britannico si era abituato a fare quei discorsi per incitare le truppe ma quelle parole le sentiva particolarmente sue. Era stanco di quella guerra senza senso, non voleva combattere contro uno dei membri più cari della sua famiglia ma doveva fargliela pagare per quell’affronto. Lo trovava un modo per educare Tredici Colonie, non vedeva nulla di male nel modo in cui lo aveva cresciuto. Gli aveva concesso molto più di tutti gli altri, più di India, più di Canada ma tra tutti proprio Tredici Colonie voleva ribellarsi. Era da quando le lotte in Europa erano finite che Impero Britannico considerava quella colonia nulla più che un bambino viziato, che protestava per le tasse e il monopolio. Come se gli fosse dovuto un trattamento diverso da quello riservato alle altre colonie.

Impero Britannico diede ordini a tutti i suoi generali, stabilendo i loro compiti, come si sarebbero mossi, a chi avrebbero risposto e chi avrebbero condotto. Era serio quando aveva detto loro che quella sarebbe stata l’ultima battaglia. Puntava a vincere, non gli importava altro.

“Uomini, non dimenticate mai che voi siete l’orgoglio del nostro glorioso impero. Combattete con coraggio così che la storia narri le vostre gesta, così da vendicare i caduti e le offese di questi traditori. Ricordate perché state combattendo e tenetelo a mente, rendetelo il vostro motivo per vincere!”

“YES SIR!” Mentre parlava vedeva gli occhi dei suoi soldati accendersi di determinazione. Nonostante la leva obbligatoria ognuno di loro aveva un altro motivo per essere lì. Chi per denaro, chi per gloria o patriottismo. Erano pronti a combattere fino all’ultimo respiro per la sua causa. Ma quando toccò l’argomento degli obiettivi personali, la mente di Impero Britannico andò altrove. Mentre i suoi soldati si preparavano alla battaglia, al rumore, alla terra sollevata, Impero Britannico pensava alla sua famiglia. Pensava alle giornate passate con Tredici Colonie, a quando gli aveva insegnato a cacciare, a curare il giardino, alle passeggiate a cavallo, alle giornate di sole trascorse insieme. Impero Britannico si chiedeva se avrebbe mai più rivisto Tredici Colonie ricambiare il suo sorriso con gioia, se lo avrebbe mai più riaccolto a braccia aperte dopo un lungo viaggio. Se lo avrebbe mai perdonato per quel suo desiderio egoista di tenerlo vicino a sé nonostante tutto, il loro popolo, il suo parlamento, i loro ruoli di impero e colonia. Avrebbe combattuto per stringere ancora la sua mano.
 
 
   
 
Who was that?

A vision
Of what is to come, cannot be outrun
Can only be dealt with right here and now


Tell me how

I don’t think you’re ready
A mission
To kill someone’s son
A foe who won’t run
Unlike anyone you have faced before


Say no more, I know that I’m ready

I don’t think you’re ready
 
 
La battaglia si dimostrò più dura del previsto. Sarebbe dovuta durare al massimo qualche ora, invece le ostilità si erano protratte fine a sera. Nubi minacciose stavano oscurando il cielo, sopra quei soldati che si massacravano a vicenda. Impero Britannico era sceso in battaglia insieme agli altri, desideroso di porre fine a quello scontro il prima possibile. L’odore della polvere da sparo, del sangue, le urla delle persone non era altro che un miscuglio indistinto, uno dei tanti a cui Impero Britannico aveva assistito e preso parte. La guerra era un concetto fin troppo familiare per una nazione, come il proprio istinto di sopravvivenza. Quell’istinto era sempre stato un prezioso collaboratore, molto più che una necessità sullo stesso piano di sete e fame. Quell’istinto era il suo compagno più fidato e parte integrante di chi era. Senza, non sarebbe diventato un impero così grande da superare quello di Roma. E per sopravvivere, in quel momento doveva caricare il fucile e sparare, senza pensare troppo.

Improvvisamente, un dolore al volto e la sensazione di qualcosa di caldo che colava: una pallottola lo aveva mancato per poco, tagliandogli la guancia sinistra. Quel dolore lo risvegliò da quella specie di trance, in cui l’unica cosa che contava era uccidere. Cercò di capire da che parte fosse partito lo sparo, credendo provenisse da un gruppo di soldati in blu, adesso impegnati a respingere un assalto dei suoi soldati.

“Chi diavolo è stato?” pensò, pulendosi dal sangue col dorso della mano opposta.

 [Sei certo di volerlo sapere?].

Quella voce astratta risuonò nella testa di Impero Britannico: il suo istinto come nazione. Ogni nazione nasceva con quell’istinto ma solo Impero Britannico riusciva a vederlo, oltre che sentirlo. Era una voce indefinibile che lo avvertiva ogni volta che la sua vita era in pericolo, nonché consigliarlo nei momenti in cui doveva prendere decisioni per garantire la propria espansione, che ai suoi occhi appariva come un’ombra nera alle sue spalle. Per quanto ne sapesse, era l’unico a percepire così chiaramente quella specie di entità. Forse era un prodotto del suo desiderio di essere forte, così da sottomettere i fratelli che lo odiavano, forse era per il desiderio di trovare una famiglia tutta sua, Impero Britannico non ne era sicuro. Sapeva che c’era e basta, anche se a volte la temeva. Quell’istinto non aveva empatia, non teneva conto delle sue emozioni, dei suoi desideri, esponeva sempre la strada migliore per il successo e basta. Fin da bambino aveva dovuto trovare un modo per conciliare la propria natura con il dover dimostrare a quell’entità che era degno della sua guida.

“Certo che sì!”

[Non penso ti piacerebbe la risposta. Si tratta di qualcuno in grado di abbatterti. Non basteranno la tua reputazione, le tue minacce o il modo in cui stai combattendo: chi ha sparato non scapperà né si arrenderà. Se non lo ucciderai per primo, ti porterà alla rovina].

“Dimmi chi è. Sparerò senza esitare”. Quella voce rise senza emozioni, anche se a Impero Britannico sembrò una risata di scherno.

[Ti accontento subito Albione: a sparare è stato il ragazzo dietro quel gruppo di soldati. Se guardi bene puoi vederlo ricaricare il fucile in questo preciso istante. Intorno a lui si stanno massacrando ma lui ha i suoi occhi esclusivamente su di te]. Impero Britannico cercò nella confusione della battaglia la persona che il suo istinto aveva indicato con la sua eterea mano d’ombra, bloccandosi non appena lo identificò.
 
 



 
It's just an infant
It's just a boy
What sort of imminent threat does he pose, that I cannot avoid?


This is the son of none other than Troy's very own Prince Hector
Know that he will grow from a boy to an avenger
One fueled with rage as you're consumed by age
If you don't end him now, you'll have no one left to save
You can say goodbye to
(Penelope)
You can say goodbye to
(Penelope)
 
  
Tredici Colonie. Tredici Colonie stava caricando il moschetto, coperto da due soldati vestiti dello stesso suo blu. Aveva il viso sporco di sudore e polvere da sparo e non si era accorto che il suo bersaglio lo stava fissando nel mezzo di tutto quel trambusto. Con i capelli biondi spettinati, così impegnato, ad Impero Britannico ricordò Tredici Colonie quando non era altro che un bambino intento a piantare un albero di mele. Lo stesso bambino che aveva preso in braccio nelle notti di pioggia, per cui aveva cantato dolci ninnananne, a cui aveva insegnato a parlare, leggere e scrivere nella propria lingua. Lo stesso bambino a cui aveva insegnato a combattere e che ora stava impiegando i suoi insegnamenti contro di lui. Fu come se la battaglia non ci fosse più, come se in quel campo fangoso fossero rimasti solo loro due, uno impegnato a preparare la sua arma, l’altro bloccato per il dolore.

“Tredici Colonie? È stato Tredici Colonie? No, non ci credo! Non mi farebbe mai del male”.

[Non esserne così certo, Albione. Questa non è una guerra come le altre, gli occhi della storia sono puntati su di voi. Davanti a te non c’è una colonia, ma un individuo della tua stessa pasta, una nazione disposta a tutto pur di nascere e conquistare]

“È solo un ragazzo!”

[No, Albione, è una nazione. Se non lo fermi, userà tutto quello che gli hai insegnato contro di te. L’hai cresciuto personalmente, credevi davvero non avrebbe ereditato anche la tua stessa necessità di dominare il mondo? Tu sei un ostacolo alla sua sopravvivenza, anche se tu lo battessi, troverà il modo per eliminarti in futuro. Abbattilo o puoi dire addio al tuo stesso impero, Albione!] Impero Britannico si sentiva scoppiare la testa, non voleva ascoltare quella voce.
 
 



 
I could raise him as my own (he will burn your house and throne)
Or send him far away from home (he'll find you wherever you go)
Make sure his past is never known (the gods will make him know)
I'd rather bleed for you (they're bringing you)
I'm on my knees for you (down on your knees for you)
I'm begging, please (oh, this is the will of the gods)

Please don't make me do this, don't make me do this

The blood on your hands is something you won't lose
All you can choose is whose
 
 
Avrebbe dovuto seguire il suo istinto? Sparare in testa a Tredici Colonie e strappargli il cuore? Era davvero l’unica cosa che poteva fare? Non voleva fare dal male alla sua colonia, ma aveva paura di quella premonizione da parte del suo istinto. Da quando lo aveva sentito parlare la prima volta, svariati secoli prima, non aveva mai sbagliato una previsione o un consiglio.

“Ci dev’essere un altro modo! È vero, l’ho cresciuto io. Magari potrei farlo prigioniero. Da piccolo si lamentava sempre che non c’ero. Se lo tengo con me per qualche tempo cambierà idea”

[Si libererà e darà vita a una guerra civile. Brucerà il parlamento, distruggerà Londra e massacrerà il re e la sua famiglia]

“Allora posso mandarlo in esilio da Provincia del Canada per qualche anno. Provincia del Canada è sempre stato bravo a trattare con lui. Sicuramente riuscirà a farlo ragionare”

[Lo vedrebbe come un nemico manipolato da te. Cercherebbe di convincerlo della sua causa per poi scappare e darti la caccia]

“Allora posso provare con la diplomazia, abbassare le tasse, nominarlo la mia colonia maggiore e fare più affari con lui. Ricordargli che sono la sua famiglia, che gli voglio bene”

[Non è più una questione di tasse e parlamento. Il suo stesso istinto come nazione gli impone di calpestarti. Non si fermerà finché non verrà riconosciuto come nazione autonoma, che tu sia il suo migliore amico o lo stesso che lo ha generato non conta nulla per lui. Lo dovresti sapere bene, Albione: lui è come te]. Impero Britannico non sapeva più cosa inventarsi, disperato nel desiderio di evitare quel fato, il cuore che gli pulsava forte nel petto per la sensazione opprimente di pericolo che sentiva provenire da quel ragazzo in uniforme blu.

“Ti prego, dev’esserci qualche altro modo. Non farmelo fare, non voglio fargli del male. È la mia famiglia, gli voglio bene. È il primo simile a me ad aver chiamato il mio nome con tanto affetto. I suoi sono solo i capricci di un bambino”

[Albione, anche se le mie risposte non ti piacciono la realtà dei fatti non cambierà. Può aver detto e fatto tutto quello che dici in passato, ora è disposto a calpestare tutto per i suoi obiettivi, proprio come tu hai calpestato i tuoi fratelli. O te o lui, Albione, non esiste altro modo. Scegli, e fallo in fretta, prima che possa premere il grilletto una seconda volta]
 
 
 

 
I look into your eyes and I
Think back to the son of mine
You're as old as he was when I left for war

Will these actions haunt my days
Every man I've slain?
Is the price I pay endless pain?
Close your eyes and spare yourself the view
How could I hurt you?
 
 
Le orecchie di Impero Britannico non percepivano più il rumore della lotta intorno a sé, così come non sentiva la pioggia che aveva cominciato a cadere dal cielo. Era preso dai suoi ricordi, dal pensiero di dover porre fine alla vita della sua colonia più amata. Nel mentre di questa “trance”, i suoi occhi verdi incrociarono quelli azzurri di Tredici Colonie, che stava prendendo la mira. Sembrava esitante, come combattuto sul da farsi. Ad Impero Britannico ricordò la stessa espressione che aveva quando i suoi primi popoli gli avevano insegnato a tirare d’arco. Il suo stesso dilemma se prendere una vita o meno. Ripensò alle parole del suo istinto e a quanto era giovane quando aveva alzato le armi contro i suoi fratelli per la prima volta. Era molto più giovane di Tredici Colonie ma per Impero Britannico poteva essere la stessa età. Alla fine, per lui Tredici Colonie era ancora un ragazzino che si era affacciato da poco alla vita. Poteva sembrare adulto ma restava molto giovane. Istintivamente, come guidato da quell’entità, Impero Britannico alzò il proprio moschetto contro la colonia. I soldati intorno a loro erano per terra in pozze di sangue, gli altri erano lontani: su quel campo di battaglia, battuto dalla pioggia, restavano in piedi solo i due veri protagonisti di quella guerra. Impero Britannico si chiedeva se quello era il risultato delle sue azioni o uno scherzo del fato. Aveva fatto di tutto per sopravvivere e diventare potente per poter, un giorno, appartenere a una famiglia e riuscire a proteggerla. Come era arrivato a quella guerra? Si chiese se il prezzo per ogni guerra che aveva condotto, per ogni lotta contro Francia, Spagna, contro chiunque avesse provato a fermarlo fosse quello, la vita di Tredici Colonie. Aveva il moschetto in mano, Tredici Colonie sotto tiro, così come lui era nel mirino dell’altro, ma le mani gli tremavano. Chiuse gli occhi per un attimo: gli sembrava assurdo. Come poteva far del male a qualcuno che amava così tanto, qualcuno che avrebbe potuto capirlo essendo così simile a lui?
 
 
 


 
I’m just a man who’s trying to go home
Even after all the years away from what I’ve known
I’m just a man who’s fighting for his life
Deep down I would trade the world to see my son and wife
I’m just a man
 

Impero Britannico sentiva la pressione del proprio istinto, che gli urlava di premere il grilletto e lo avrebbe fatto, se non avesse notato il dolore dietro gli occhi azzurri di Tredici Colonie. La nazione sperò con tutto il cuore fosse un buon segno. Sperava di avere le parole giuste per convincere Tredici Colonie ad abbassare il fucile e abbracciarlo, chiudendo le ostilità. Voleva tornare a com’erano le cose in passato, benché facesse fatica a ricordarsele: era passato davvero tanto tempo da quei giorni di pace in cui Tredici Colonie chiamava con affetto il suo nome. “È davvero un crimine così grave volere a tutti i costi qualcuno? Non avevo mai provato un senso di possessione simile, perché proprio lui?” si chiese Impero Britannico, una guerra di emozioni nei suoi occhi di smeraldo. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di abbracciare quel ragazzo e sentirsi chiamare per nome ancora una volta, ma sapeva che non sarebbe accaduto, non senza cedere una parte del suo impero e quello non poteva permetterlo. Essere sconfitto in quel momento equivaleva a mostrarsi vulnerabile ai suoi nemici, rischiando di perdere tutto. In quel momento, si rese conto che in ballo c’era molto di più che il rispetto e la sua reputazione.

Stava combattendo per la sua famiglia, per il suo potere, per il suo impero.

Per sé stesso.

Notò che anche le mani di Tredici Colonie stavano tremando. Molto probabilmente, i suoi dilemmi erano gli stessi. Per la prima volta dopo secoli Impero Britannico si ricordò di non essere il re del mondo, né di essere il successore di Impero Romano: era una semplice nazione e come tale bastava un passo falso per essere cancellato dalla mappa. A quella realizzazione il tremolio delle sue mani si estese al suo animo, facendogli provare una sensazione che sembrava perduta nei meandri della sua infanzia. Era solo una nazione, che combatteva per la propria vita, così come stava facendo Tredici Colonie.
 
 
 


 
But when does a comet become a meteor?
When does a candle become a blaze?
When does a man become a monster?
When does a ripple become a tidal wave?
When does the reason become the blame?
When does a man become a monster?


When does a comet become a meteor?
When does a candle become a blaze? Forgive me
When does a man become a monster? Forgive me
When does a man become a monster?
Forgive me
I'm just a man
 
 
Impero Britannico si chiese come erano arrivati a quel punto. Aveva vinto contro Francia, perché Tredici Colonie non era stato felice per lui? Gli aveva chiesto aiuto e lui l’aveva definito strozzinaggio. Quando Tredici Colonie aveva cominciato a odiarlo? Da quando aveva lanciato il suo tè nella baia? O molto prima? Impero Britannico si chiese se, involontariamente, insieme al suo amore non avesse mostrato a Tredici Colonie anche quell’altra parte di sé stesso, la parte mostruosa e avida del suo essere nazione. Quella che avrebbe fatto di tutto pur di sopravvivere e prosperare.


In quella situazione di stallo era come se entrambi stessero ripercorrendo i passi che li avevano condotti in quella situazione, a puntarsi i fucili addosso, ad aspettare il coraggio di sparare quel colpo decisivo. Impero Britannico voleva dire qualcosa ma le parole non gli venivano, schiacciato più che mai da quel terrore di essere annientato e instillato dalle parole del suo istinto. Non si rese nemmeno conto di aver cominciato a piangere, sotto lo sguardo sorpreso di Tredici Colonie. Per il ragazzo, quella nazione che aveva tanto amato non era che un mostro fatto solo di avidità, ma adesso lo vedeva piangere davanti a sé, facendo vacillare la sua risoluzione. Ricordandogli il loro primo incontro.

“Quando sono diventato così? Come ho anche solo potuto pensare di sparare a Tredici Colonie? A che serve tutta la mia forza se invece che proteggere la mia famiglia non faccio che distruggerla? Non è cambiato niente dall’invasione di Romolo” realizzò la nazione, cadendo in ginocchio nel fango. Tutti quei secoli, tutte quelle lotte, aveva perso sé stesso nel fuoco della conquista. Capiva perché Tredici Colonie lo odiasse tanto: non lo aveva sempre visto come una proprietà benché lo chiamasse fratello davanti a lui? Lo aveva mai davvero trattato come tale? Anche in quella guerra, invece che pensare a lui come un individuo, lo aveva visto come un ostacolo alla sua supremazia. Cosa lo distingueva dall’essere un mostro, come Tredici Colonie lo aveva definito in una delle sue lettere? Forse agli inizi, quando era piccolo, aveva cominciato a pensare a lui come un fratello ma si chiese se il suo essere così protettivo alla fine non fosse altro che possessività. Se non avesse sempre rifiutato di ascoltare la natura amorevole e generosa di quella piccola colonia perché in fondo il suo istinto lo aveva portato a chiudere il suo cuore. Impero Britannico si chiese se anche il dolore che provava in quel momento alla fine non fosse altro che il suo orgoglio ferito per avere un suo possedimento ribellarsi contro di lui.

“Forgive me…” disse tra le lacrime, una mano stretta al petto. Il suo istinto sembrava piombo nel suo animo ma nonostante quel dolore non riusciva a seguirlo. Era una nazione ma i suoi sentimenti erano quelli di un uomo. Un uomo che stava perdendo la cosa più preziosa che aveva.

“Eri così grande una volta…” mormorò Tredici Colonie, abbassando il moschetto. Nessuno di loro era in grado di sparare all’altro. I loro istinti di nazioni urlavano nei loro animi “uccidi o sii ucciso”, ma i loro cuori umani dettavano una legge diversa. Impero Britannico non s’illudeva che con quel gesto, Tredici Colonie sarebbe tornato da lui tanto facilmente e quelle parole, quelle parole gli sembrarono coltelli.

Avrebbe trovato un altro modo per scongiurare quella premonizione del suo istinto. Sarebbe riuscito a far ragionare Tredici Colonie prima o poi, avrebbe tentato ogni cosa pur di tenerlo con sé. Altrimenti, lo avrebbe fatto pentire di quella decisione. Dopotutto, era sempre stato bravo nel trovare metodi alternativi per soddisfare il proprio istinto, c’era riuscito quando era diventato provincia di Impero Romano, poteva riuscirci ancora.










Piccolo Angolo dell'Autore:
Ciao a tuttiiii

Grazie per aver letto questo racconto e spero vi sia piaciuto. Ammetto che è da qui che è partito il progetto di Epictalia, anche se all'inizio doveva essere esclusivamente una one shot qualunque. Chi immaginava sarebbe evoluta in una serie così pensate ahah

Ho deciso di ripristinare l'ordine delle canzoni del musical, a favore del mio gusto personale sopra una linearità temporale

Detto questo, questa è una song fic ispirata a ben due canzoni di Jorge Rivera-Herrans, ovvero The horse and the infant ( https://open.spotify.com/intl-it/track/6j1q7ElADm3WkRLTO5wbtN?si=52fd37569c954bc3
) e Just a man ( https://open.spotify.com/intl-it/track/2nwmt5R9QX7iyobL1PSyJl?si=1ebcdc7b9e724c21 ), cge vi consiglio vivamente di ascoltare prima o mentre leggete

Alla prossima!


 

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Capitolo 3
*** New Land ***


Six hundred men
Six hundred men under my command
With only one goal in mind
(Make it back alive to our homeland)


Six hundred men
Six hundred miles of open sea
But the problem's not the distance
(It's what lies in between)


And Ithaca's waiting (Ithaca's waiting)
My kingdom is waiting (the kingdom is waiting)
Penelope's waiting for me (waiting)
So full speed ahead
Full speed ahead
 
 
L'oceano era uno spettacolo, il vento gentilmente sospingeva la nave di Inghilterra e le altre 5 che la accompagnavano. I pirati, ai comandi Inghilterra, erano appena usciti vittoriosi da uno scontro contro le flotte francesi, che avevano osato sfidare apertamente la supremazia inglese sulle acque dell’oceano atlantico. Inghilterra aveva trovato divertente l’idea di risparmiare solo Francia e farlo lavorare come mozzo sul suo vascello, la Thorn Rose. Francia non vedeva l’ora di toccare terra, disgustato dal rancio di quei pirati più che per la volontà di prendersi la sua rivincita. Davanti ai pirati c’erano giorni interi di navigazione ma non era un problema per loro: erano navigatori esperti, avevano affrontato tanti altri temibili nemici, non avevano paura di nulla, né degli altri pirati né della marina. I pensieri di Inghilterra, i cui capelli biondi venivano mossi dal vento come la piuma bianca sul suo sontuoso cappello, erano rivolti verso la sua terra. Era stato via per mesi, in cerca di conquiste prima di imbattersi in quella sfida lanciata dallo storico rivale. Pensava al regno che lo stava aspettando, chiedendosi se i reali erano riusciti a gestire la situazione anche senza di lui e pensava al suo re, che era da poco diventato padre quando era partito. Si chiedeva se il sovrano sarebbe stato in grado di crescere quel bambino in modo da collaborare nel migliore dei modi con lui.

Intorno a lui, i suoi uomini si adoperavano per tenere la nave a pieno regime, così da tornare alle loro case, alle loro famiglie, il prima possibile. Pensavano alla vita che avevano lasciato a terra, grati di essere ancora vivi. Francia si disperava perché quella folla di gente continuava a sporcare il ponte che tanto faticosamente puliva. Inghilterra non poteva far a meno di ridere di quella vista, sentendosi fiero di sé per aver umiliato Francia ancora una volta, come faceva da quando erano stati entrambi allievi sotto il glorioso Impero Romano. Non avrebbe mai permesso a nessuno di intralciare il suo destino di nazione più forte di tutte.
 
 
 
Captain (Eurylochus)

Six hundred men (Six hundred men)
Six hundred men with big mouths to feed
And we've run out of supplies to eat
(Curse the war, our food store's depleted)


Six hundred men (Six hundred men)
Six hundred reasons to take what we can
So captain, what's the plan?

(Captain, what's the plan?)

Watch where the birds fly (Watch where the birds fly)
They will lead us to land (They will lead us to land)
There we'll hunt for food, my second in command


Now full speed ahead
(We're up, we're off, and away we go)
(We're up, we're off, and away we go)

Full speed ahead
(We're up, we're off, and away we go)
 

“Capitano!” lo chiamò un uomo sulla trentina, con una folta barba nera, grossi orecchini d’oro e cicatrici sul volto. Inghilterra staccò l’occhio dal sestante nautico che stava utilizzando per calcolare la rotta migliore da prendere e capire dove si trovavano. C’era stata una tempesta la notte precedente, che li aveva portati in una zona di mare che non conoscevano.

“Cosa c’è, Norris?” domandò la nazione, appuntando su un foglietto di carta umida alcuni numeri, utilizzando un pezzo di grafite. L’espressione della nazione era preoccupata ma quella del suo primo ufficiale lo era di più.

“Capitano, avete novità sulla nostra posizione?”

“Ci sto ancora lavorando, Norris. La tempesta ci ha portato più fuori rotta di quanto mi aspettassi”. L’uomo sembrò preoccuparsi di più a quelle parole.

“Vede capitano, stiamo finendo le scorte di acqua e cibo. Sono rimaste delle gallette ammuffite, un po' di carne secca e un paio di barili di mele. Una delle fregate francesi ha colpito le stive di alcune navi, facendoci perdere le provviste, la tempesta ha quasi portato via tutto il resto. Temo che di questo passo possa esserci un ammutinamento. Seicento persone sono fin troppe anche per lei…”. Inghilterra diede un altro sguardo alla distesa d’acqua davanti a sé. Il suo primo ufficiale aveva ragione, non poteva rischiare un ammutinamento, ne andava del suo orgoglio. Inoltre, non voleva far sapere ad anima viva che non sapeva nuotare. Mentre ragionava sul da farsi, si sentì lo stridio di alcuni gabbiani. Gli occhi verdi di Inghilterra s’illuminarono, mentre un sorriso nasceva sul suo bel volto.

“Seguiamo gli uccelli, Norris. Dovranno pur tornare a terra per costruire un nido e crescere i piccoli. Se li seguiamo ci condurranno sicuramente a terra. Una volta là possiamo razziare un villaggio nemico o cacciare” il tono di Inghilterra era pieno di ottimismo. Non vedeva l’ora di arrivare nella sua terra ma era curioso di sapere dove si trovava. Aveva sentito narrare di nuove terre e si chiedeva se non ne avesse raggiunta una di esse. Sarebbe stata un’occasione d’oro per poter verificare i racconti degli esploratori.

“Dai ordine a tutti gli altri della flotta. Seguiamo i gabbiani e cerchiamo terra”

“Agli ordini, capitano!” Norris scattò ad avvertire il resto dei comandanti delle altre navi, fiducioso nelle parole di Inghilterra. Erano tanti anni che navigava sotto il suo comando e riconosceva che il suo capitano era un marinaio eccezionale oltre che una persona intrepida e intelligente. Era bastato molto poco perché Inghilterra ottenesse la sua ammirazione e il suo rispetto, così come quello degli altri ufficiali di quella flotta, i cui marinai cantavano mentre lavoravano, seguendo le direttive di quella nazione per cui avevano combattuto duramente.
 
 
 
Captain

Polites!

Look! There in the distance, I see an island
I see a light that faintly glows
Maybe they're people lighting a fire
Maybe they'll share some food, who knows?


Something feels off here
I see fire but there's no smoke


I say we strike first, we don't have time to waste
So let's raid the place and-


No
Polites gear up, you and I'll go ahead

You and I'll go ahead
We should try to find a way no one ends up dead
We don't know what's ahead
Give me til sunrise, and if we don't return
Then six hundred men can make this whole place burn
Now full speed ahead


Full speed ahead
(Full speed ahead)
We're up, we're off, and away we go
(We're up, we're off, and away we go)
Full speed ahead
(We're up, we're off, and away we go)
(We're up, we're off, and a-)

Full speed ahead
 
 
Il giorno dopo, l’intuizione di Inghilterra si rivelò corretta. Proprio quando gli uomini cominciavano a temere di non trovare terra, eccola all’orizzonte.

“Ehy Arthur, quella costa non ti sembra simile a quella che ci hanno descritto Finlandia e Portogallo? Sai no, quella che il suo esploratore, Piccione o qualsiasi sia il suo nome, ha descritto nei suoi racconti” disse Francia ad Inghilterra, quando furono abbastanza vicini a quel lembo di terra per vederne meglio i dettagli. Effettivamente, Inghilterra ricordava quei racconti anche se li aveva presi con un pizzico di diffidenza. Sapeva per esperienza che non tutti i racconti corrispondevano a realtà.

“Se non ricordo male, Finlandia ha detto di aver visto dei bambini che davano l’impressione di essere come noi, mentre Portogallo si è limitato a dire che ci sono dei selvaggi pericolosi. Se fosse vero che ci sono delle nazioni, magari riusciremo a barattare delle provviste” andò avanti Francia, ignorando il silenzio di Inghilterra, che stava pensando al modo migliore per affrontare quella situazione: nel migliore dei casi, avrebbero cacciato, trovato acqua dolce e incontrato delle nazioni civili come loro, istruite dagli esploratori europei ma nel peggiore dei casi… Nel peggiore dei casi sarebbe stato versato altro sangue.

“Non ti sembra strano che sia tutto fin troppo tranquillo? Finlandia non aveva detto che ogni volta che lui e Svezia arrivavano alla costa, trovavano sempre qualcuno ad accoglierli? Non essere troppo avventato, Francis” disse Inghilterra, cauto. Tirò fuori il suo cannocchiale, in cerca di ulteriori dettagli per poter giudicare la situazione. La costa sembrava seriamente deserta, senza anima viva che per gli uccelli che riposavano sugli alberi. Quella discordanza tra le informazioni in suo possesso e la realtà davanti ai suoi occhi lo metteva sull’attenti. Fu mentre scrutava meglio il limitare del bosco che vide di sfuggita una figura tra le foglie. Sembrava un bambino dai capelli biondi ma la nazione non riuscì a vederlo bene, poiché il piccolo si era nascosto immediatamente dietro un cespuglio.

“Lo hai visto anche tu, Angleterre?” gli domandò entusiasta la nazione.

“E tu dove lo hai preso quel cannocchiale?”

“Eh eh, ho i miei metodi”. Inghilterra ruotò gli occhi, non volendo sapere come Francia si fosse procurato quello strumento.

“Capitano, se c’è qualche problema possiamo scendere tutti quanti a terra. Stermineremo i selvaggi e razzieremo i loro villag-“ il primo ufficiale fu interrotto dal suo capitano prima che potesse finire la frase.

“No, Norris. Io e France andremo in avanscoperta. Lo so che razziare e dare alle fiamme i villaggi è divertente ma non sappiamo con chi o cosa abbiamo a che fare. Noi due siamo nazioni, non siamo facili da abbattere. Evitiamo inutili spargimenti di sangue finché non capiamo meglio dove siamo”

“E se vi succedesse comunque qualcosa capitano? Abbiamo l’autorizzazione di intervenire?” Inghilterra ci pensò su un attimo, prima di acconsentire.

“Avete ancora provviste per qualche giorno. Se entro due albe noi non siamo ancora tornati, avete l’ordine di venire a cercarci, senza fare prigionieri. Norris, non un minuto di più, non un minuto in meno, siete avvertito”

“Come desiderate, capitano” il primo ufficiale si congedò, dopo aver richiesto indietro il suo cannocchiale da Francia. Inghilterra stava ancora scrutando la costa, che si faceva sempre più vicina, in cerca di quel bambino sconosciuto che aveva visto solo per un breve attimo.

“Pensi anche tu sia la piccola nazione descritta da Finlandia?” chiese a Francia, sorprendendolo.

“Esattamente. Sai che significa questo, mon ami?” replicò il francese, mentre si preparava per scendere a terra insieme a Inghilterra.

“Che vinca il migliore” i due si sorrisero con determinazione, pronti a sfidarsi a chi si sarebbe aggiudicato quella terra per primo.








Piccolo Angolo dell'autore
Eccomi di nuovo!
Questa volta ci troviamo nei mari dell'oceano atlantico, a seguito di una tempesta che ha portato Inghilterra a scoprire le coste del continente americano.
è molto più corta di quanto avevo in mente ma spero possa piacervi comunque

è basata sulla canzone "Full Speed Ahead" di Jorge Rivera-Herrans ( 
https://open.spotify.com/track/27otPRH67DpOsyNtSiM54v?si=11d91cb6ef304110 ) la seconda del musical ma anche di questa serie! Che coincidenza, ahah

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** White Heart ***


You can relax, my friend
Huh?
I can tell you're getting nervous
So do yourself a service
And try to relax, my friend

I'm fine, Polites
Think of all that we have been through
We'll survive what we get into
 

Era una giornata di sole, l’estate era alle porte e si poteva respirare l’odore dei campi coltivati e dei fiori sbocciati. Erano passati decenni da quando Inghilterra era approdato su quella terra per la prima volta. Decenni dal primo incontro con quella piccola colonia a cui ora stava insegnando geografia e storia militare. Era stato un incontro quasi voluto dal fato. Era stato al ritorno da una lotta con Francia, con cui aveva dovuto competere per l’affetto di quel bambino dagli occhi azzurri e un sorriso luminoso come la luce del sole. Tuttora non capiva il motivo per cui Tredici Colonie lo avesse scelto ma, avendolo fatto, Inghilterra si era ripromesso di proteggerlo e guidarlo, dandogli tutto l’amore che lui non aveva avuto crescendo. A causa dei suoi impegni come nazione e impero non era stato in grado di vederlo tanto spesso, perciò era grato per quei tre mesi che avrebbe potuto passare in compagnia della piccola colonia, che nel tempo in cui era stato via era cresciuto in un ragazzino curioso e solare. Lo stesso che stava ascoltando solo distrattamente la voce di Inghilterra che spiegava i concetti di un grosso libro rilegato in cuoio.

“Alfred? Mi stai ascoltando?” si interruppe a un certo punto, notando che l’attenzione del ragazzo era altrove.

“Certo che sì! Stavi spiegando dell’invasione dell’impero di Spagna da parte delle popolazioni italiane”

“No, cretino, è stato Spagna a conquistare dei territori italiani” lo corresse, con un sospiro seccato, Inghilterra.

“Vabbè, è la stessa cosa” Inghilterra lo colpì affettuosamente sulla testa con il libro, come a rimproverarlo. Tredici Colonie non brillava nei suoi studi ma Inghilterra non avrebbe mai gettato la spugna con lui, lo avrebbe istruito per tutto il tempo necessario. Era la sua colonia più promettente dopotutto.

“Che devo fare io con te?” sospirò Inghilterra, con finta esasperazione.

“Arthur, non potremmo fare altro? È una giornata così bella, possiamo andare a giocare sulle sponde del lago a nord?” gli chiese Tredici Colonie, cercando di corromperlo con uno dei suoi soliti sorridi pieni di allegria. Aveva scoperto, da piccolo che Inghilterra era debole ai suoi sorrisi e alle sue espressioni da cucciolo ferito, così spesso se ne approfittava.

“Nice try Alfred, ma non m’incanti. È pericoloso andare a nord: ti ricordo che quello è territorio francese” rifiutò Inghilterra, cercando di non dargliela vinta. Essere accerchiato da Francia a nord e da Spagna a sud lo preoccupava: temeva che stessero aspettando il momento più opportuno per mettere le mani sui suoi territori. Soprattutto visto che Tredici Colonie impiegava molto a imparare quello che non gli interessava.

“E allora? Basta non passare il confine! Non può succedere nulla di brutto, tu sei con me! Arthur è la nazione più forte di tutte dopotutto” esclamò Tredici Colonie, insistendo. Quelle parole colpirono Inghilterra, anche se non lo voleva dare a vedere. Era toccante vedere quanta fiducia riponesse quella piccola colonia in lui e nelle sue capacità. Lo faceva sentire ripagato di tutti gli sforzi che aveva fatto per arrivare dov’era. Fece finta di pensarci su con aria seria, divertito dal vedere Tredici Colonie così preso dal cercare di convincerlo. Alla fine, si decise a chiudere il libro, alzandosi dal prato erboso.

“Okay, ma solo per oggi. Domani non aspettarti sconti però” Inghilterra sorrise mentre si puliva dall’erba che era rimasta attaccata ai suoi vestiti. Non si accorse che Tredici Colonie era rimasto a fissare il suo sorriso, arrossendo. Durò molto poco, prima che il ragazzo si alzasse a sua volta, esclamando uno dei suoi più gioiosi “evviva”.
 
 
 

 
I know that you're tired of the war and bloodshed
Tell me, is this how we're supposed to live?
Look at how you grip your sword, enough said
Why should we take when we could give?
You could show a person that you trust them
When you stop and lower your guard
Here we have a chance for some adjustment
Give it a try, it's not that hard
I'm telling you

This life is amazing when you greet it with open arms
Whatever we face, we'll be fine if we're leading from the heart
No matter the place, we can light up the world
Here's how to start
Greet the world with open arms
Greet the world with open arms
 

Man mano che camminavano verso i laghi a nord, Inghilterra non perdeva d’occhio per un secondo Tredici Colonie, che correva davanti a lui, distratto dalla minima cosa sul loro percorso. Inseguiva i conigli, raccoglieva rami facendo finta di essere un pirata, indicava a Inghilterra i vari uccelli e lucertole che vedeva sugli alberi. A una certa, decise di fare uno scherzo a Inghilterra.

“Art, quello non è un mercenario spagnolo?!” la colonia indicò un punto alle spalle di Inghilterra, cercando di simulare il terrore più puro. Non appena la nazione si girò, Tredici Colonie si arrampicò velocemente su un albero, nascondendosi tra le sue fronde.

“Non scherzare su queste cose, Alf- Alfred!” Inghilterra cominciò a chiamarlo, il panico nella sua voce. Tredici Colonie si sentì un po' in colpa, così, invece che stare nascosto per quanto voleva, scese quasi subito dalle fronde, spaventando Inghilterra.

“Thank God, you’re ok!” Inghilterra lo avvolse in un abbraccio, visibilmente sollevato. Presto però, il sollievo si trasformò in rabbia.

“Cosa ti è saltato in mente? E se ti avessero davvero rapito? O fatto del male?” cominciò a sgridarlo. Aveva avuto davvero molta paura di averlo perso.

“Art, calmati. Volevo solo farti uno scherzo” Tredici Colonie cercò di difendersi da quella ramanzina. “Sei troppo teso. Di questo passo ti verranno le rughe in faccia” cercò di buttarla a ridere il ragazzo, premendo un dito tra le sopracciglia di Inghilterra. Non funzionò.

“Non ti rendi conto di quanto le altre nazioni possano essere pericolose, Alfred”

“Non sono qui, lo hai detto qualche giorno fa. Che pericolo possono porre Messico e Canada? E poi, ho vissuto con la mamma e Matt per tanti anni, so come difendermi. Relax, Art” rispose Tredici Colonie, cercando di ricordare a Inghilterra il suo passato, prima di conoscerlo. “I popoli di Messico erano tremendi, lo sai anche tu, eppure sono qui senza un graffio. La mamma ci ha insegnato che possiamo vivere tutti in armonia se ci impegniamo. C’mon, England, relax a bit. Sei in vacanza, no?” Tredici Colonie gli sorrise apertamente, cercando di ignorare l’espressione di preoccupazione di Inghilterra. Corse di nuovo in avanti, sentendo costantemente gli occhi verdi della nazione su di sé che lo fissavano con un’intensità che lo faceva sentire in imbarazzo. Mentre giocava con uno scoiattolo, Tredici Colonie gettò uno sguardo verso Inghilterra, chiedendosi se si era calmato un po': apparentemente poteva sembrare così, ma la colonia si accorse che stringeva con forza l’elsa della spada.

“Art!” Tredici Colonie gli lanciò una mela, che aveva staccato dal ramo su cui stava lo scoiattolo. Inghilterra la prese al volo, un’espressione di sorpresa che durò poco, prima di tornare a cercare Tredici Colonie con gli occhi, preoccupato che sparisse ancora.

“Smile” disse il ragazzo, mimando un sorriso portandosi le mani al volto. Voleva a tutti i costi convincere Inghilterra a rilassarsi, a preoccuparsi un po' di meno. Sperava che la sua aria allegra e l’educazione di sua madre potessero influenzare almeno un po' la natura diffidente di Inghilterra. Vedendo che Inghilterra sembrava confuso, scese dal tronco e si avvicinò a lui.

“Smile, c’mon. Farai scappare gli animali così. Non eri il beniamino dei conigli da piccolo?” lo prese in giro Tredici Colonie, prendendo la mela dalle mani della nazione. Vedere Inghilterra imbarazzato lo divertiva.

“Should I remind you how?” lo punzecchiò, prima di prendergli una mano e riempirla di ghiande.

“Che fai?”

“Shh! Non dirmi che non hai mai fatto amicizia con gli scoiattoli” scherzò il ragazzo, tirando Inghilterra per la mano fino alla tana degli scoiattoli. Fece segno alla nazione di restare in silenzio e di osservare. I roditori all’inizio erano sospettosi, annusando la mano di Inghilterra e le ghiande ma, vedendo che non c’era pericolo, presto tre scoiattoli dal pelo rosso uscirono dal buco del tronco, intenti a prendere le ghiande e portarle nella loro tana. Una volta finito, uno degli scoiattoli cominciò ad annusare la mano della nazione, per poi arrampicarsi sulla stessa, passando alla sua spalla e ai suoi capelli. Tredici Colonie cercò di ridere in modo silenzioso, divertito dal roditore che sembrava orgoglioso di aver conquistato un nuovo territorio e dall’aria di disagio di Inghilterra.

“Visto? Anche loro avevano paura, eppure ecco mamma scoiattolo che si fida di te al punto di usarti come ramo”

“Con gli uomini e le nazioni è diverso, Alfred”. Il ragazzo scosse la testa, prendendo l’animaletto tra le braccia.

“Ti dico di no. Se sei disposto a fidarti degli altri, vedrai che la tua buonafede verrà ricambiata. La mamma lo diceva sempre.” Inghilterra si chiedeva spesso da dove derivasse tutta quella fiducia che la sua colonia aveva verso gli altri. Forse era perché era cresciuto lontano dai tradimenti e dai complotti del continente europeo. A volte si chiedeva se quella piccola colonia non avesse un istinto da nazione. Ma ad Inghilterra non dispiaceva che Tredici Colonie fosse così, se solo fosse stato così fiducioso solo di lui e diffidente di tutti gli altri. Mentre lo pensava, sentì qualcosa di umido contro una gamba dei pantaloni, facendolo sobbalzare e ridere Tredici Colonie: dei conigli si erano avvicinati ed erano incuriositi dai due.

“Ecco il ritorno di Arthur, il paladino dei conigli” rise Tredici Colonie. “Dai Art, non ci capiterà nulla. Se ci imbattessimo in villaggi o altre persone, basterà non dire chi siamo. Confondiamoci tra la folla”

“E se fossero comunque ostili?” Tredici Colonie mise giù lo scoiattolo, che scappò nella sua tana.

“Se sei disposto a fidarti degli altri, loro ricambieranno. Fidati di me, Art”.
 
 
 

 
Welcome
Stay back!
Stay back (stay back)
My friend, greet the world with open arms
We're only here for food
Food
Six hundred friends are waiting
For us to show our faces

Food
Stay back, I'm warning you
If we don't get back safely, my men will turn this place into blazes

Here you go
See? This life is amazing when you greet it with open arms
Whatever we face, we'll be fine if we're leading from the heart
No matter the place, we can light up the world
Here's how to start
Greet the world with open arms
Greet the world with open arms
 

Il resto del viaggio stava andando bene, così Inghilterra aveva cominciato ad abbassare la guardia. Non avevano incontrato nessun nemico e Tredici Colonie si era impegnato per farlo ridere, così Inghilterra aveva cominciato a rilassarsi. Le sponde del lago, in quella stagione, erano magnifiche. Valevano il viaggio che avevano fatto per arrivare. Tredici Colonie non perse tempo che si tuffò nelle sue acque con tanto di vestiti ancora addosso, invitando Inghilterra a fare lo stesso. Inghilterra rifiutò, vergognandosi della sua incapacità a nuotare. Tredici Colonie, però, non contento di quella risposta, gli lanciò dell’acqua, bagnandolo e ridendo quando finalmente Inghilterra mise i piedi in acqua per schizzarlo a sua volta. Tredici Colonie amava sentire Inghilterra ridere, lo faceva così raramente… Il ragazzo si era perso a guardare il volto sorridente di Inghilterra, il cuore che batteva forte. Ma quell’espressione mutò presto in preoccupazione.

“Hai sentito anche tu, Alfred?” Inghilterra era sull’attenti, la sua attenzione attirata dal rumore distante di alcune voci. La sua mano si strinse subito sull’elsa della sua spada. Tredici Colonie ritornò subito a riva, posando una mano su quella di Inghilterra.

“Calm down, potrebbero essere dei nostri” lo rassicurò la colonia. Quelle parole furono pronunciate da poco che una trentina di persone sbucarono dalla foresta. Non erano vestiti come cittadini delle colonie britanniche, cosa che allarmò Inghilterra. Tredici Colonie se ne accorse e strinse la presa sulla mano di Inghilterra.

“Amici o nemici?” chiese Inghilterra, ponendosi davanti a Tredici Colonie. Sul momento, gli uomini si posero sulla difensiva ma, poco dopo, un paio di persone si fecero avanti.

“Amici! Non vogliamo farvi del male. Siamo in cerca di un pezzo di terra in cui stabilirci” disse un uomo anziano, dal forte accento francese.

“Venite dalle colonie francesi?” chiede Tredici Colonie e, dopo che l’anziano annuì, sorrise loro, andando a stringere loro le mani.

“Benvenuti! Scusate la sua scortesia, viviamo qui da soli da molto e non abbiamo una buona esperienza con i francesi” fu la scusa che diede Tredici Colonie.

“Non completamente soli. Vieni qui, Alfred. Non sappiamo chi siano o se siano sinceri. Potete restare ma sappiate che se proverete a farci del male, non la passerete liscia” fu l’avvertimento di Inghilterra, che non si fidava nemmeno un po' di quelle persone. Pensava fossero spie mandate da Francia. Tredici Colonie si girò verso di lui, mimando il gesto di sorridere, prima di tornare a parlare con i nuovi arrivati, ignorando l’ordine della nazione. Quel gesto fece innervosire Inghilterra, che avrebbe voluto che Tredici Colonie gli restasse vicino.

“Siamo disposti a dividere il nostro cibo con voi, come gesto di buona volontà. Non abbiamo cattive intenzioni, davvero” disse l’uomo anziano ad Inghilterra, una volta che la nazione si avvicinò al gruppo nel tentativo di raggiungere e portare via Tredici Colonie, che stava ridendo mentre cercava di comunicare a gesti e con il suo francese estremamente pessimo. Sembrava starsi divertendo e quelle persone lo avevano accolto a braccia aperte. La barriera linguistica non sembrava un problema per lui. Inghilterra sospirò, accettando l’offerta dell’uomo, restando comunque sospettoso.
 
 
 

 
My friend, I wish that I could say that I agree
But look at the way this fruit is glowing
And filled with glowing seeds
It took me a while to notice just what kind of fruit they eat
It's a lotus, it controls your mind and never lets you free
That's what we'd get with open arms

Lotus eaters, I'd like to show my friend that kindness is brave
Could you tell me where there's other food to eat?

The cave
A cave! You're saying there's a cave where we could feast?
And where do we sail to find this fruit-filled cave?

East
Thank you!
Welcome
 

Dopo quell’incontro, i due vennero invitati a passare qualche giorno insieme al gruppo di viaggiatori. Tredici Colonie aveva faticato ma alla fine era riuscito a convincere Inghilterra ad accettare, usando come scusa il tenerli d’occhio ma Inghilterra lo aveva fatto solo perché voleva fidarsi del giudizio di Tredici Colonie per una volta. Lo aveva istruito da quando era piccolo, un minimo di giudizio doveva averlo. E poi, trovava divertente vedere Tredici Colonie cercare di comunicare con quelle persone senza avere un livello adeguato di francese.

“Art! Vogliono tenere una festa per aver finalmente trovato un posto dove stare. Please, please, come posso dir loro che sono felice per loro e che non vedo l’ora di festeggiare?” gli chiese Tredici Colonie, che spesso gli si avvicinava per chiedergli come dire alcune frasi in francese. Per quanto Inghilterra odiasse parlare quella lingua, l’aveva imparata per poter difendersi meglio da Francia e aveva tentato di insegnarla alla colonia con lo stesso proposito. Invece, Tredici Colonie non solo non la stava imparando, la trovava utile solo per parlare col fratello, quelle rare volte in cui riuscivano a vedersi. La colonia non capiva perché Inghilterra non parlasse apertamente in francese con quelle persone, visto che ne era capace, ma Inghilterra cambiava sempre argomento: sapeva che se avesse detto a Tredici Colonie che non lo faceva per non rivelare tutte le sue carte al nemico, il ragazzo gli avrebbe ripetuto più e più volte che non doveva preoccuparsi.

“Restiamo solo per la festa e poi ce ne andiamo. Sono stato chiaro, Alfred? È pericoloso stare qui troppo a lungo”

“Se avessero voluto farci del male, lo avrebbero già fatto” Tredici Colonie ribatté, per poi salutare, alzando una mano, uno dei ragazzi con cui aveva fatto amicizia e andare a “parlare” con lui. Inghilterra rimase ad osservarlo per un po', prima di alzarsi e andare a cercare delle bacche da uno degli arbusti al limitare del villaggino. Aveva tanto a cui pensare: da una parte voleva fidarsi ma dall’altra, tutta quella calma non lo convinceva.

“Certo che è proprio seccante. Tutta questa strada…”

“Beh, almeno abbiamo avuto fortuna. Pensate se ci fossimo imbattuti in Impero Britannico in persona”

“Fosse stato il caso, sarebbe stato meglio combattere”. Inghilterra sentì il dialogo di un gruppo di quelle persone per caso. Non restò molto ad ascoltarli, sentirli parlare di come lo avrebbero attaccato se lo avessero riconosciuto fu abbastanza per turbarlo profondamento. Tornò immediatamente indietro, alla ricerca di Tredici Colonie. Lo trovò che stava chiacchierando con un gruppo di ragazzi della sua età e i loro fratellini.

“Alfred, dobbiamo andare” disse, afferrandolo per un braccio. Tredici Colonie cercò di liberarsi dalla sua presa, non volendo seguirlo.

“Art, che è successo?”

“Dobbiamo andare e basta”

“Non voglio!”

“Non fare i capricci, Alfred”

“Non finché non mi dirai che è successo!” Tredici Colonie riuscì a puntare i piedi non appena furono nei boschi.

“Avevo ragione io, Alfred. Li ho sentiti: sono qui per invaderci. Se scoprissero che siamo nazioni non esiteranno a combatterci. Vedi cosa succede a fidarsi degli altri?” le parole di Inghilterra erano amare: se lo aspettava ma comunque quel tradimento lo aveva ferito. Tredici Colonie lo osservò in silenzio, una serietà che non gli apparteneva sul suo giovane volto. Si liberò con uno strattone dalla presa salda di Inghilterra, dopo aver deciso di impiegare la sua forza mostruosa.

“Ti sbagli, Arthur. Dev’esserci sicuramente un malinteso”

“Certe volte sei proprio troppo ingenuo, Alfred. Non diventerai mai una colonia maggiore se ti fidi troppo degli altri” lo rimproverò Inghilterra. Quelle parole ferirono Tredici Colonie, il cui sogno era quello di diventare forte come Inghilterra un giorno.

“E tu sei troppo diffidente. Se non credi alle parole, allora te lo dimostrerò a fatti” disse, prima di tornare di corsa nel villaggio.

“Alfred!” lo chiamò Inghilterra, ma il ragazzo non si girò nemmeno una volta. Non voleva credere a quello che la nazione gli aveva detto. Doveva sbagliarsi.

“Al, va tutto bene?” gesticolò uno dei suoi amici, dopo averlo visto tornare col fiatone. Tredici Colonie avrebbe voluto rivolgergli un sorriso ma la sua preoccupazione era più grande. Piano piano, a gesti, raccontò al suo amico cos’era successo, rivelandogli chi era davvero. All’inizio, il ragazzo francese impallidì, pensando che Tredici Colonie e Inghilterra si fossero infiltrati tra loro con l’obiettivo di spiarli e, eventualmente, farli prigionieri ma Tredici Colonie fu lesto a rassicurarlo.

“Non so che cosa fare per far si che Arthur si fidi di più degli altri. Fa male vederlo così in pena ogni volta che gli chiedo di fidarsi di me” disse infine Tredici Colonie.

“Vorrei riuscire a dimostrargli che anche la gentilezza è un punto di forza”. Il suo amico pensò un po' prima di rispondergli.

“Parliamo con gli altri prima. Sono sicuro intendessero altro… Dopotutto, noi siamo scappati dalle nostre case proprio perché eravamo troppo vicini alle politiche britanniche”. Il ragazzo si alzò in piedi, tendendo una mano a Tredici Colonie per aiutarlo ad alzarsi.

“Coraggio, prima che Impero Britannico venga a prenderti”. Tredici Colonie gli sorrise, afferrando la sua mano, grato per l’aiuto dell’amico.
 
 
 

 
This life is amazing when you greet it with open arms
I see in your face, there is so much guilt inside your heart
So why not replace it and light up the world?
Here's how to start:
Greet the world with open arms
Greet the world with open arms

Greet the world with open arms
You can relax, my friend
 

Inghilterra cercò Tredici Colonie nei boschi, pensando che si fosse nascosto su uno degli alberi come faceva sempre quando si arrabbiava con lui. Decise di tornare al villaggino solo alla fine, con la speranza di sbagliarsi, che non fosse stupidamente tornato lì. Il posto sembrava abbandonato, non c’era una sola persona in giro. Inghilterra chiamò il nome di Tredici Colonie più e più volte, sempre più in ansia. Temeva che qualcuno potesse averli sentiti e avesse deciso di rapire la sua colonia. Stava per tornare alla città che aveva fondato nel territorio di Tredici Colonie, in cerca di persone con le quali combattere contro quei francesi, quando sentì la voce della colonia rispondergli.

“Art! This way!”. Inghilterra non se lo fece ripetere due volte che accorse nella direzione in cui si trovava Tredici Colonie.

“Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa? Li ammazzerò tutt-“ non finì la frase che quelle persone uscirono fuori dalla vegetazione, con pezzi di stoffa con su scritto “Thank you for your hospitality, dear Empire”, una cesta piena di frutta e carne secca di cervo. Tutti loro sorridevano, creando un cerchio intorno ai due. Inghilterra si era irrigidito, pensando a una trappola, così sobbalzò quando sentì le dita di Tredici Colonie tirargli le guance in modo che sorridesse.

“Che diavolo fai?” gli chiese la nazione, irritato e confuso.

“Mio Impero” uno dei ragazzi gli si rivolse, con un inglese pessimo. “Alfred ci ha detto cosa ha sentito. Vorremmo scusarci, è tutto un malinteso”

“Stavamo parlando di quanto era stato faticoso il viaggio per andarcene dai territori francesi, di cui odiamo la politica” aggiunse una donna, che teneva in braccio la cesta di frutta.

“Non avremmo mai osato combattere contro di lei ma vogliamo a tutti i costi abitare nelle sue terre. Eravamo disposti a darle di tutto pur di avere il permesso” disse l’anziano che li aveva accolti all’inizio. Gli occhi verdi di Inghilterra erano ancora pieni di sfiducia in quelle persone e Tredici Colonie cominciò a temere il peggio.

“Se avessimo saputo di avere tra noi una nazione che rispettiamo così tanto, vi avremmo accolto meglio” concluse l’amico di Tredici Colonie. Tra le mani teneva una bandiera inglese, rovinata e bruciacchiata. “La mia casa è stata data alle fiamme per aver osato tenere i suoi colori”

“La famiglia di mia moglie viene da queste terre e vogliamo che i nostri bambini ci crescano”

“Non vogliamo partecipare alle guerre di Francia”. Molte di quelle persone cominciarono a raccontare le motivazioni per cui avrebbero rischiato qualsiasi cosa pur di vivere nelle colonie britanniche. Tredici Colonie vide che l’espressione di Inghilterra era cambiata. Sembrava… smarrito.

“Ci perdoni se le abbiamo dato anche solo l’idea di volervi fare del male” fu l’ultima cosa che gli dissero, pregando che la nazione credesse alle loro parole.

“Arthur, è okay se non ti fidi delle altre persone e nazioni. Lo so che ogni volta che ci hai provato hai trovato qualcuno che ti ha tradito ma dai loro una possibilità. Fidati di me, di noi. Concediti di farlo. Posso leggertelo in faccia il dolore che provi ma io non ti tradirei mai. Greet the world with open arm, my nation” lo incoraggiò Tredici Colonie, vedendo l’indecisione di Inghilterra. La nazione guardò ognuna di quelle persone, soppesando le loro parole, i loro sguardi. Infine, guardò negli occhi la sua giovane colonia, il cui azzurro brillava di speranza. Inghilterra sospirò.

“Sai perfettamente che non riesco a dirti di no, se mi chiedi una cosa in quel modo” disse, con finta esasperazione ma che causò un boato di gioia sia dai francesi che da Tredici Colonie, che gli gettò le braccia al collo, abbracciandolo forte.

“Non te ne pentirai, te lo prometto!” disse, prima di unirsi ai festeggiamenti, che si protrassero fino al mattino seguente. Le persone erano addormentate in ogni dove, ubriache dalla sera precedente o per l’ora tarda. Inghilterra stava seduto appoggiato al tronco di un albero, al limitare del villaggio. Osservava Tredici Colonie mentre imitava gli uccelli che volavano, insieme ad altri due ragazzi.

“Greet the world with open arms…” mormorò la nazione, togliendosi una corona di fiori che alcuni bambini avevano fatto per lui il pomeriggio precedente. Ne osservò la cura con cui era fatta e poteva percepire l’affetto di quelle persone. Forse, era arrivato il momento di aprirsi al mondo. Non era più il 300 dopotutto.
 

“Art, guarda questo pass- Arthur? You ok?” Tredici Colonie si era avvicinato alla nazione per indicargli un uccellino che gli si era posato in testa. Inghilterra era pallido, come se avesse visto un fantasma.

“Arthur?” provò ancora la colonia. Inghilterra si riprese dai suoi pensieri non appena Tredici Colonie gli toccò una spalla.

“Si, sto bene. Andiamo a casa: devi esercitarti a tirare di spada” gli occhi di Inghilterra si erano incupiti. Quell’espressione non piaceva affatto alla colonia: era gelida, come se Inghilterra non avesse un cuore.

“Fammi salutare Pierre”

“No, andiamo. Hai già perso troppo tempo a giocare”. Tredici Colonie lo seguì a malincuore, senza capire cosa avesse provocato quel cambiamento in Inghilterra. Era finalmente riuscito a vederlo sorridere a cuor leggero mentre ora sembrava indifferente ai suoi sorrisi, mettendo al primo posto le sue lezioni. Non lo vide più sorridere da allora.








Piccolo Angolo dell'autore

Ciao a tutti! e bentornati al terzo capitolo di Epictalia

Ammetto che questa storia e la sua gemella sono le mie (per ora) preferite in tutto il progetto e, insieme a "New Land", le mie preferite nell'arco di Inghilterra!
Adoro pensare che le nazioni del continente americano siano state cresiute dalle loro popolazioni locali, quindi abbiano un modo di pensare differente da quello degli europei.

Per il resto, America ha circa 16 anni qui, quindi non datemi noie per la sua cotta. Abbiamo avuto tutti 16 anni prima o poi...

Al prossimo mese, con la gemella di questa storia!





 

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Capitolo 5
*** Black Instinct ***


Have you forgotten the lessons I taught you?
Athena!
Have you forgotten to turn off your heart, this is not you
I see you changing from how I've designed you
Have you forgotten your purpose?

Let me remind you
 

“Greet the world with open arms…” mormorò Inghilterra, togliendosi una corona di fiori che alcuni bambini avevano fatto per lui il pomeriggio precedente. Ne osservò la cura con cui era fatta e poteva percepire l’affetto di quelle persone. Forse, era arrivato il momento di aprirsi al mondo. Non era più il 300 dopotutto.

[Hai dimenticato cosa ti ho insegnato, Albione?]. Il sangue di Inghilterra gli si gelò nelle vene. Conosceva quella “voce” fin troppo bene.

[Aprire le braccia al mondo? Sei impazzito? Tu non sei così. Ti sei dimenticato di tutte le battaglie che hai dovuto affrontare?]

“Of course I didn’t!”

[Credo di si invece. Impero Romano non ti ha insegnato queste cose inutili. Non ti ho guidato per tutti questi secoli perché tu giocassi agli amichetti con gli altri. Una colonia è una colonia, Albione. Non lasciare che t’influenzi. Non è così che diventerai un impero in grado di sottomettere il mondo. Lascia che ti ricordi il tuo passato e tutto quello che hai passato]. A quelle parole, la vita passata d’Inghilterra gli sembrò passargli davanti agli occhi, mentre la testa gli faceva male e il suo cuore si faceva sempre più pesante. Non voleva ricordare. Quel lato della sua vita era troppo doloroso per lui, non voleva che Tredici Colonie la conoscesse. Non voleva che la sua luce venisse macchiata dalle ombre del suo passato. Ma l’istinto di nazione di Inghilterra fu più forte di lui, costringendolo a quel viaggio nei ricordi.  
 
 
 

 
Goddess of wisdom
Master of war
My life has one mission
Create the greatest warrior

I had a challenge, a test of skill
A magic boar only the best could kill
One day a boy came for the thrill
A boy whose mind rivaled the boar's own will

Let's go!
 

La freccia della piccola nazione andò a segno, colpendo un cervo al fianco.

“Bel colpo, Albione!” gioirono le fate, uscendo da dietro le foglie degli alberi. Subito dopo di loro, un bambino uscì dalle fronde. I suoi abiti erano logori, i suoi capelli biondi erano arruffati e pieni di foglie e rametti di arbusti, le sue mani piene di ferite e cicatrici. Viveva da solo, nel folto delle foreste, lontano dai suoi popoli, che non si prendevano cura di lui. Gli avevano insegnato a cacciare e quali piante erano velenose ma, alla prima aggressione da parte dei fratelli maggiori di quella piccola nazione, lo avevano esiliato. Solo le fate e le altre creature magiche che abitavano quelle terre osavano tenergli compagnia nelle sue lunghe giornate solitarie.

“Evviva, avremo da mangiare per giorni adesso” gioì Albione, recuperando e pulendo la sua freccia. Non sempre riusciva a procurarsi una preda come quella, dovendo convivere in quei boschi con animali feroci, altre popolazioni barbariche e stando attento a non imbattersi nei suoi fratelli. Ogni volta che li incrociava, le altre nazioni lo aggredivano, lanciandogli frecce e maledizioni. Spesso lo costringevano ad abbandonare le sue provviste o piazzavano trappole per catturarlo, per poi lasciarlo da solo a liberarsi. Albione era sempre stato un bambino sveglio e risoluto ma la necessità di sopravvivere aveva acuito quelle sue qualità. Aveva inventato strategie per non cadere in trappola, metodi per nascondere le sue provviste, tecniche per sopravvivere e per nascondersi.

Albione passò il resto della giornata a scuoiare e pulire il cervo, trasformando il palco in punte di frecce e in un nuovo coltello per sostituire quello che aveva spezzato il giorno prima. Era allo stremo delle forze per averlo dovuto trascinare fino al suo nascondiglio ma l’odore di quella carne che cuoceva dopo giorni passati a mangiare bacche, funghi e frutta secca era sufficiente a farlo sentire ripagato. Mentre aspettava che la carne fosse pronta, tagliò il resto dell’animale in strisce per ottenere della carne secca.

“Cosa ne farai della pelle, Albione?” chiese una delle fate.

“Una coperta!”

“No, sicuramente delle nuove calzature”

“Dei vestiti”. Le fate andarono avanti a speculare, senza che Albione dicesse nulla. Gli piaceva sentire il lieve vociare di quelle creaturine, lo faceva sentire meno solo. Il bambino ci pensò un po' su, prima di rispondere alla domanda della fata.

“Penso ne farò un regalo per Dylan, per ringraziarlo di aver rotto quasi tutte le mie frecce e avermi rubato tutte le scarpe che avevo faticosamente fatto”. Il tono di Albione era sarcastico, così come il sorriso che aveva in volto ma le fate protestarono comunque, non capendo se la piccola nazione fosse seria o meno. Molte volte, in passato, aveva provato a creare un legame coi propri fratelli, venendo maltrattato ogni volta.

“Sei sicuro di quello che fai? Perché ringraziarlo?”

“Non preoccupatevi, so quello che faccio” sorrise loro Albione, mettendo a tacere le loro proteste. Le fate rimasero comunque preoccupate per le intenzioni di Albione, che nel mentre aveva cominciato a maneggiare sia le ossa che la pelliccia del cervo. Avevano un brutto presentimento sulla faccenda.   
 
 
 

 
Maybe one day he'll follow me
And w
е'll make a greater tomorrow, thеn they'll see
I know he'll change the world
'Cause he is a warrior of the mind
Maybe one day I'll reach him
And we can build his skills as I teach him
If there's a problem, he'll have the answer
He is a warrior of the mind
 

Nel folto della foresta, nel territorio battuto dai barbari dell’ovest, Albione aveva posizionato la sua trappola. Aveva utilizzato la pelle e le ossa del cervo, insieme a rami e pezzi di pietra, per costruire un fantoccio che assomigliasse a un cervo giovane e ferito, che sembrasse dormire o mezzo morto. Intorno a quell’esca aveva scavato una buca e coperta di foglie, legni, erba, muschio e fango, abbastanza profonda da intrappolare qualsiasi cosa ci fosse caduta dentro. Albione si era nascosto nelle vicinanze, in attesa della comparsa del fratello. Aveva pensato a un piano: attirarlo nella trappola e, una volta nella buca, rubare tutte le sue provviste e armi. Forse, se fosse stato fortunato, gli avrebbe sottratto anche del formaggio. Dovendo stare sempre nascosto e non potendo stabilirsi da nessuna parte, Albione raramente poteva assaggiare latticini o cibi preparati col latte ma cercava sempre di rubarne quando ne aveva l’occasione. Era l’unica cosa che gli ricordava la sua vecchia casa in mezzo alla sua gente.

I piedi nudi gli facevano male per il freddo di quell’inizio inverno e non sentiva le dita delle mani ma rimase nascosto per ore nonostante tutto, stando attento a non fare il minimo rumore. Alla fine, la sua attesa fu ricompensata. Tra le fronde mezze spoglie degli arbusti, vide i capelli biondi del fratello. Albione strinse forte il pugno sul suo coltello, sull’attenti in caso fosse successo qualcosa. Cymru sembrava da solo. Teneva una freccia incoccata sulla corda dell’arco ma sembrava fin troppo rilassato. Albione notò che portava al collo la ghianda incisa che le fate gli avevano regalato e che Cymru gli aveva rubato qualche mese prima. Ricordava ancora la paura che aveva provato quando lui e i loro altri fratelli erano piombati nella sua tana, svegliandolo a suon di pugni per poi lasciarlo solo, ferito e disarmato. A quel ricordo, le nocche di Albione si fecero bianche per quanto teneva stretto il coltello. Moriva dalla voglia di fargliela pagare. Quando fu abbastanza vicino, Albione imitò il verso di un cervo ferito, cercando di attirare l’attenzione di Cymru. Il ragazzo alzò l’arco, subito sull’attenti, in cerca dell’animale che aveva prodotto quel rumore. Albione non poté sopprimere un sorriso quando il fratello tirò una freccia al suo fantoccio per poi avvicinarsi e cadere in trappola. Una sfilza d’insulti cominciò a provenire dal fondo della buca, seguiti da richieste d’aiuto.

“Come ci si sente ad essere quelli in trappola, Dylan?” domandò Albione, uscendo dal suo nascondiglio. L’espressione di Cymru passò dalla sorpresa alla rabbia.

“Sei stato tu, eh, piccolo stronzetto?! Tirami fuori da qui, oppure-“

“Oppure cosa fai, Dyl? Mi tiri una freccia? Mi prendi a pugni? Pensa a tirarti fuori da solo” rispose Albione con scherno, facendo riferimento all’arco del fratello, che si era spezzato nella caduta. Ignorò la stringa d’insulti e maledizioni che seguì, più interessato a capire dove Cymru potesse aver posato le sue bisacce. Sapeva che il fratello tendeva a posare le proprie cose a pochi passi da dove cacciava, in modo di poterle trasportare più facilmente.

“Lui forse no, mai io sì”. Quella voce raggelò Albione, un brivido di paura lungo la sua schiena. Alle sue spalle era comparso il maggiore e il peggiore dei suoi fratelli, Caledonia. La piccola nazione si girò di scatto, rischiando di cadere anche lui nella fossa che aveva scavato. Caledonia sorrideva davanti a lui ma non c’era gioia in quegli occhi verdi, solo sadismo.

“Che succede Arthur? Il gatto ti ha mangiato la lingua?” andò avanti, divertito dalla palese paura del fratellino, i cui incubi erano popolati da quel fratello dai capelli rossi. Albione era stato così preso dal pensiero di farla pagare a Cymru e, eventualmente, barattare il suo salvataggio dal buco per la sua preziosa collana che non aveva controllato bene i dintorni. Non si era minimamente accorto che Caledonia aveva accompagnato Cymru quel giorno. Era un’occasione più unica che rara, essendo Caledonia il peggior bullo di tutta la loro terra.

“Alla buon’ora, Alistor” disse Cymru, rallegrato da quel cambio d’eventi. Normalmente non si sarebbe mai permesso di parlare in quel modo al fratello maggiore ma Albione era presente, così Cymru sapeva che Caledonia se la sarebbe presa col minore nonostante tutto.

“Tu sta zitto e pensa a tirarti fuori” lo zittì Caledonia, freddo. Non aveva mai aiutato i suoi fratelli in tutta la sua vita e non intendeva iniziare in quel momento. Per lui, chiunque non fosse forte come lui era nient’altro che spazzatura. Il cuore di Albione batteva all’impazzata mentre cercava di pensare a come scappare da quella brutta situazione. Si era messo in trappola con le sue stesse mani.

“S-sparisci, Alistor. Questa è una c-cosa tra me e Dylan” Albione sentì le proprie orecchie arrossire per l’imbarazzo di non riuscire ad esprimersi con voce ferma e autoritaria. Caledonia smise di sorridere prima di colpirlo in faccia col dorso della mano.

“Non osare mai più parlarmi così, moccioso” i suoi occhi verdi erano diventati di ghiaccio. Albione si portò una mano alla guancia, cominciando a tremare come una foglia. Stava tentando di trattenere le lacrime con tutte le sue forze, non volendo far trasparire quando fosse terrorizzato in quel momento. Tirò un’occhiata assassina a Caledonia, in un vano tentativo di nascondere i suoi sentimenti sotto un velo di coraggio e sfida.

“A quanto pare il nostro fratellino è nella fase della ribellione” cominciò Caledonia, con un tono giocoso ma che fece raggelare anche Cymru, che nel frattempo tentava faticosamente di uscire dalla buca. Caledonia afferrò Albione per i capelli, a cui scappò un verso di dolore.

“Visto che la mamma non c’è più, tocca a me insegnarti le buone maniere. Ficcatele bene in mente, pidocchio”. Quelle parole segnarono l’inizio di uno dei peggiori pestaggi che Albione aveva subito. Caledonia non c’era andato piano, nonostante lui fosse quasi un uomo e Albione solo un bambino e Cymru si era unito non appena era riuscito ad uscire da quella fossa. Albione cercava di proteggersi con le sue piccole braccia come poteva, il dolore insopportabile. Ci mancò poco svenisse. Gli sembrò che i fratelli stessero andando avanti per ore. Quando i due si calmarono, Albione respirava a fatica: era sicuro di avere qualcosa di rotto ma il dolore sembrava uguale in tutto il suo corpo.

“Che ne facciamo del verme adesso?” chiese Dylan, riprendendo fiato. Lo sguardo di Caledonia non gli piaceva.

“Voleva derubarti, quindi occhio per occhio” Albione cerco di dire che non aveva niente con sé ma la sua voce era ridotta a un rantolo che raggiunse a malapena le orecchie di Caledonia.

“Bugiardo” fu l’unica cosa che disse, prima di levargli i vestiti. “Questi saranno ottimi stracci per pulire la casa”. Non contento, Caledonia afferrò Albione per i capelli, trascinandolo verso il tronco di un albero.

“Che vuoi fare?” Cymru si tappò la bocca subito, spaventato all’idea di sperimentare l’ira di Caledonia. Il rosso gli rivolse solo un sorriso complice, per poi legare Albione all’albero in modo che non potesse muoversi.

“Bene, Artie. Visto che ti credi tanto furbo, liberati da solo. Non è la stessa cosa che hai detto al povero Dylan? Ah, già, io devo sparire, me lo hai pure chiesto. Visto che è una questione fra voi due, magari Dylan se la sente di perdonarti e liberarti” disse con tono giocoso Caledonia, usando le stesse parole di Albione per prenderlo in giro. Nonostante Cymru fosse furioso con il fratellino per la trappola, pensava che Caledonia stesse esagerando, così fece cautamente un passo avanti, con l’intenzione di slegarlo. Albione gli sputò in faccia, determinazione e rabbia incisi nei suoi occhi di smeraldo. Cymru si pulì con disgusto, ogni sentimento di compassione svanito dal suo animo.

“Andiamo Alistor. Scommetto che la merdina ha un nuovo nascondiglio. Prendiamo ogni cosa abbia” Caledonia rise prima di seguire il fratello nella foresta. Albione venne lasciato da solo, impossibilitato a muoversi e a ripararsi dal freddo che provava.     
 
 
 

 
Show yourself
I know you're watching me
Show yourself
I can see you

How can you see through my spell?
Haha! I was lying and you fell for my bluff
Hahahaha

Well done, enlighten me, what's your name?
You first and maybe I'll do the same
Nice try, but two can play this game
Nah, don't be modest
I know you're a goddess
So let's be honest
You are Athena! (Athena!)
Badass in the arena (arena)
Unmatched, witty, and queen of (and queen of)
The best strategies we've seen

If you're looking for a mentor, I'll make sure your time's well spent
Sounds like a plan
Goddess and man
Bestest of friends

We'll see where it ends
Okay
 

Albione provò a liberarsi per tutto il giorno e per tutta la notte che seguirono. Il dolore era aumentato a causa del freddo della notte ma non importava. Il bambino non voleva scomparire in quel modo, non per mano dei suoi fratelli. Passarono altri due giorni il cui unico risultato che ottenne fu di ferirsi polsi e caviglie ancora di più. Respirare era doloroso, muoversi era doloroso ma tutto quel dolore non fece che aumentare il suo odio per i fratelli. “Aspetta che ti metta le mani addosso, Alistor.” pensava a tutti i modi in cui avrebbe torturato il fratello non appena sarebbe stato forte abbastanza. Era il suo unico conforto in quei giorni di dolore.

“Albione!”

“Oddio, Albione, cos’è successo?”

“Qualcuno faccia qualcosa, Albione sanguina!”. Il quarto giorno arrivarono le fate, che erano andate a cercarlo non vedendolo tornare dopo tanto tempo. Albione provò a rivolgergli un sorriso, nel tentativo di rassicurarle almeno un po', ma non ci riuscì: anche solo quel gesto gli provocava dolore. Si sentiva debole per la fame e la sete ma la presenza di quelle creaturine lo faceva sentire meno spaventato. Almeno, se fosse scomparso lo avrebbe fatto in compagnia dei suoi unici amici. Lo sguardo gli si annebbiò: era tra amici se non altro. Albione perse conoscenza, facendo allarmare le fate, che cominciarono a volargli intorno nel tentativo di svegliarlo, di allentare le corde o di passargli un po' di nettare dei fiori ma erano troppo piccole e leggere per riuscirci.

“Albione… Albione…” piangevano, non sapendo cosa fare. Era la prima volta che lo vedevano ridotto così male.

“I conigli! Forse possono aiutarci!” esclamò una di loro, dopo essersi posata sulla testa di Albione, nel tentativo di svegliarlo. I conigli erano stati gli unici animali a non scappare dalla piccola nazione ma anche gli unici che lo seguivano sempre e, qualche volta, lo guidavano a un cespuglio di bacche, un rivolo d’acqua. Quello strano rapporto che i conigli avevano con Albione era sufficiente perché le fate lo avessero soprannominato “il paladino dei conigli”. Lo stesso bambino preferiva restare a digiuno piuttosto che mangiarne uno. Le fate cominciarono a discutere su chi dovesse andare e chi restare.

“Basta ragazze, c’è la vita di Albione in gioco!” le rimproverò la fata più anziana tra loro. Le fate smisero di bisticciare, per poi dividersi, chi in cerca degli animaletti chi a vegliare su Albione, che respirava così piano che le fate temevano potesse morire.
Albione riprese i sensi mentre i piccoli roditori avevano cominciato a rosicchiare le corde.

“Dragon… Sylph…” ne chiamò alcuni, debolmente. La voce di Albione sembrò motivare ulteriormente gli animali, che si sforzarono di spezzare le corde il più velocemente possibile, riuscendoci.

“Grazie…” disse Albione, accarezzando la testa marroncina di Sylph. I conigli gli si erano assiepati intorno, così come le fate, come a incoraggiarlo ad alzarsi. Albione ci provò ma cadde, facendolo infuriare. Non voleva essere così debole. Dragon gli tirò leggermente i capelli, grugnendo e saltellando più avanti, come a volersi fare seguire. Quel coniglio non lo guardava con apprensione e compassione come tutti gli altri esserini intorno a lui, cosa che fece appello a tutta la determinazione di Albione a restare vivo. Piano piano, il bambino si trascinò fino a un ruscello, in cui gli unici spettatori dei suoi sforzi erano dei pesci che nuotavano pigramente nelle sue acque.

“Forza, Albione, un ultimo sforzo” lo incitavano le fate. Albione era a un passo dall’acqua quando crollò a terra, sopraffatto dalla fatica, dalla fame e dal dolore. Stava per perdere nuovamente conoscenza quando sentì una voce, quasi eterea e sconosciuta.

[Alzati. Non puoi morire qui]. Albione sentì quella specie di voce risuonargli nella testa ancora e ancora. Si alzò, come se quella voce gli avesse dato l’impulso di farlo, riuscendo a trascinarsi al fiume e a bere. Vide i pesci ed ebbe l’istinto di prenderne uno a mani nude, la fame sorda.

[Prendili, piccola nazione]

“Non so come si fa!” esclamò Albione, frustrato da quell’ordine ripetuto. Le fate lo guardarono con sguardi confusi, non capendo di cosa stesse parlando.

[Ci puoi arrivare, little one. Pensaci bene. You’ve got a sharp mind]. Albione rimase ad osservare i pesci nuotare, prima di tentare di prenderne uno. I primi tentativi andarono male, quindi decise di rifletterci bene sopra. Notò il modo in cui quei pesci nuotavano, la direzione, il moto, e gli venne in mente un’idea. Un pezzo della riva del fiume si chiudeva in una specie di sacca che i pesci evitavano ma dove l’acqua era più bassa. Albione lanciò della terra in modo da intorbidire le acque, per poi gettare un sasso per spingere i pesci dentro quel punto. Fu lesto, così come gli diceva quella “voce” e alla fine riuscì a prendere un pesce. Lo teneva fermamente per la coda, mentre il pesce si dimenava per tornare in acqua. Le fate svolazzarono gioiose intorno a lui, festeggiando la prima preda pescata da Albione, che si sentiva orgoglioso di sé. Con l’aiuto delle fate e dei conigli, accese un piccolo fuoco. Finì per bruciare il pesce ma non gli importava, qualsiasi cosa sarebbe stata deliziosa dopo tutti quei giorni di digiuno. Il calore di quel fuoco gli ridava un po' di speranza. Grazie alle fate, era riuscito a medicare le sue ferite, anche se respirare gli faceva comunque male.

Raggomitolato su un mucchio di foglie morte e muschio, rifletteva su come fargliela pagare ai suoi fratelli. Immaginava di smembrare Caledonia nel modo più cruento possibile. Perso nei suoi pensieri, gli ritornò in mente lo strano dialogo che aveva avuto al fiume con quella voce eterea. Nessuno sembrava averla sentita a parte lui.

“Chi diavolo era?” pensò. Conosceva ogni entità fatata che viveva in quelle terre ma quella voce restava un mistero. Si chiese se non fosse qualche umano nei paraggi ma se così fosse stato le fate se ne sarebbero accorte. Non poteva essere nemmeno un’altra nazione, in quelle terre c’erano solo i suoi fratelli. La curiosità era molto forte così decise di fare un tentativo per vedere se quella voce si sarebbe palesata ancora.

“Ehy, mi stai osservando? Da quando?” disse piano, cercando di non svegliare né le fate né i conigli, che stavano dormendo accoccolati a lui. Silenzio. Albione riprovò ma ancora una volta a rispondergli fu solo il vento tra le fronde degli alberi. Si chiese se non fosse stata una sua impressione ma non si sentiva convinto. Girandosi verso il fuoco gli venne in mente un’idea: aveva sentito quella voce mentre era mezzo morto e se…? Con quel pensiero avvicinò la mano sinistra alle fiamme.

[Fermo!]. Albione si fermò di colpo non appena sentì nuovamente quella voce sconosciuta. Un sorriso compiaciuto gli comparve sul volto, mentre ritraeva la mano.

“Eh, stavo scherzando. Ma vedo che finalmente hai parlato ancora”. Ci fu silenzio ma Albione aveva capito che qualsiasi cosa fosse, stava parlando direttamente nella sua testa. “Che sia uno degli Dei o un fantasma?” si chiese Albione.

“È inutile che resti in silenzio, ormai lo so che ci sei” aggiunse il bambino, non accontentandosi del silenzio che aveva ricevuto. Insistette un po' di più e finalmente quell’entità si decise a uscire completamente allo scoperto.

[Non sono un dio, child e nemmeno un fantasma]

“Cosa sei allora?” Albione era sorpreso che quell’entità avesse risposto ai suoi pensieri.

[Sono te ma allo stesso tempo non lo sono. Vedo le tue azioni e sento i pericoli alla tua vita, piccola nazione. Posso sentire la tua ambizione]. Albione restò in silenzio, confuso.

“Come una specie d’istinto da nazione?”

[Se vuoi pensarla così, little one]

“Quindi anche quel bastardo di Alistor viene consigliato da un’entità come te?” il tono di Albione era rabbioso.

[Probabilmente. Posso percepire e vedere i miei simili ed è grazie a me se anche tu ne sei capace, nonostante tu non possa vederli. Non sono tutti sono uguali o come me. L’entità dietro tuo fratello è molto più grande di me e dei tuoi altri fratelli. Io esisto con lo scopo di garantire la tua crescita e la tua sopravvivenza a scapito di tutto]. Albione strinse i pugni con rabbia: concluse che sicuramente suo fratello seguiva un istinto simile e per questo lo aveva preso sempre di mira. Ma insieme a quella rabbia venne anche una realizzazione. “Se Alistor se la prende con me così tanto, significa che sono una minaccia alla sua sopravvivenza”

[Proprio così]

“Perché proprio io? Sono il più debole dei miei fratelli, nemmeno la mia gente mi vuole. Come posso essere un pericolo per una nazione come Alistor?”. Appena disse quelle parole, il ricordo di quando aveva sputato addosso a Cymru insieme a quello di essersi trascinato fino al fiume e altri in cui aveva resistito nonostante le difficoltà gli tornò in mente. Albione si lasciò scappare un’espressione di dolore, sentendo la testa pulsare. Tutti quei momenti però avevano un filo conduttore.

“Perché sono determinato a vivere…?”

[Perché ambisci a conquistare tutta questa terra. Perché sei disposto a tutto pur di diventare il più forte di tutti]. Quelle parole scossero Albione. Si era sempre considerato una nazione estremamente resiliente ma non pensava che quella sua caratteristica potesse portarlo non solo a sopravvivere ma anche a schiacciare i suoi fratelli.

“Cosa devo fare?”

[Hmm?]

“Cosa vuoi che faccia per diventare forte?” chiese Albione, determinato.

[Non funziona così, child. Al momento sei immaturo, un granello di sabbia. Dimostrami che puoi essere una perla e io ti aiuterò a ottenere ciò che vuoi]

“Il mio nome è Albione” disse il bambino, determinazione incisa nei suoi occhi di smeraldo. Cominciò a pensare a come impressionare quell’entità ma i suoi pensieri si persero nel sonno, che arrivò in fretta.
 

Il mattino seguente si svegliò di soprassalto. Aveva avuto un incubo in cui Caledonia lo pugnalava a morte. Albione si chiese se non fosse un presagio di cosa avrebbe potuto succedergli un giorno ma quei pensieri vennero subito accantonati dalla sorpresa: si ritrovava in un letto di paglia coperto di pellicce, all’interno di quella che sembrava una capanna. Aveva indosso abiti di lana e le sue ferite erano state fasciate. La prima cosa che fece fu controllare di non essere stato legato, poi ispezionò la capanna. Cercò qualcosa da usare come arma in caso di bisogno, non trovando nulla se non un paio di sassi.

“Finalmente ti sei svegliato” Albione si girò di scatto, appoggiando le spalle alla tela della capanna. Davanti a lui c’erano un paio di uomini accompagnati da una donna anziana. Era stata lei a parlare. Albione poteva capire in che lingua stessero parlando ma non era certo di riuscire a rispondere: erano trascorse decadi dall’ultima volta che aveva usato quell’alfabeto, abituato ormai a quello delle fate e alle lingue parlate dai suoi fratelli.

“Non avere paura, non vogliamo farti del male”

“Schiavo?”

“Come?”

“Schiavo?” chiese di nuovo Albione, indicando sé stesso. Non ricordava come formare completamente la frase, quindi cercò di farsi capire come meglio poteva. Non sapeva se il suo accento era buono ma l’anziana doveva aver capito comunque perché disse qualcosa ai due uomini che erano con lei, per poi avvicinarsi lentamente al bambino, le mani alzare per intendere che non aveva cattive intenzioni.

“Parli la nostra lingua, piccolo?” chiese la donna, dolcemente. Albione arrossì per l’imbarazzo ma dovette ammettere che non la parlava bene. Non sapere cosa dicevano lo metteva in una posizione di svantaggio e non gli piaceva per niente.

“Druido” disse lentamente la donna, indicando sé stessa. “Capo clan” “Prossimo druido” disse, indicando prima un uomo, dall’aria severa, e poi l’altro, più giovane del primo. Albione non abbassò comunque la guardia, né la pietra che teneva stretta in mano dietro la sua schiena.

“Dove sono?” chiese Albione, che pregava di non essere caduto nelle mani dei suoi fratelli. “Caledonia? Cymru? Albione?” chiese, non capendo bene la risposta precedente del druido. Il suo cuore si alleggerì un po' quando il capo clan rispose pronunciando il suo nome. Almeno sapeva di essere nel suo stesso territorio.

“Non avere paura, nostra terra” disse lentamente il druido, tendendogli una mano. Aspettò pazientemente che Albione si avvicinasse a lei, ma non prese la sua mano. Non si fidava completamente di loro ma credeva che sarebbe stato in grado di cavarsela se le cose fossero andate storte.           
 
 
 

 
Maybe one day they'll follow me and we'll
Make a greater tomorrow, then they'll see
I know we'll change the world
'Cause we are the warriors of the mind
Maybe one day we'll reach them
And we can build their skills as we teach them
If there's a problem, we'll have the answer
We are the warriors of the mind
 

Il clan che aveva trovato Albione non era come se l’aspettava. Era diverso da quello che lo aveva cresciuto e poi abbandonato. A loro non importava che lui fosse una nazione, che i suoi fratelli gli dessero la caccia o che parlasse con le fate, quelle persone lo avevano accolto come uno di loro. Il druido gli aveva pazientemente insegnato la loro lingua e Albione aveva insegnato loro i vari metodi di sopravvivenza e caccia che aveva elaborato nelle sue decadi di solitudine. Rimase con loro per anni, sentendosi infine parte di una comunità. Sarebbe stato il lieto fine perfetto, passare i secoli a vivere in una società che lo considerava uno di loro per poi conquistare quelle terre un pezzo alla volta, ma così non fu.

Nemmeno 100 anni dopo il suo arrivo in quel clan si trovò faccia a faccia con un invasore che non aveva mai visto prima. Aveva conosciuto Gallia, con cui intratteneva rapporti commerciali e aveva combattuto contro le popolazioni vichinghe dell’est ma questo nemico era diverso. Avevano armature in ferro e una bandiera con un’aquila sopra. Parlavano una lingua strana, che Albione aveva sentito usare qualche volta a Gallia. Latino l’aveva chiamata ma Albione non aveva alcun interesse ad usarla. Non gli serviva per sottomettere i suoi fratelli. Credeva che se ci fosse riuscito, avrebbe dimostrato al suo stesso istinto da nazione che aveva le carte in regola per espandersi e quegli estranei si erano messi tra lui e i suoi piani. Diede ordine ai guerrieri di nascondersi nella foresta, per tenere sott’occhio gli invasori ma, quando fu chiaro che volevano attraccare con le loro navi piene di soldati, Albione decise di passare al contrattacco. Non fu facile ma era chiaro che il nemico era venuto senza prepararsi adeguatamente. La nazione si stava pregustando la vittoria quando, un giorno di fine estate, in mezzo alla battaglia non intravide il generale capo di quella legione. Decise di attaccarlo, fiducioso di poter avere la meglio quando venne bloccato da un altro guerriero. Era un uomo sulla trentina, alto, dai capelli scuri e occhi d’ambra. Albione non seppe perché, ma c’era qualcosa in quella persona che gli metteva i brividi.

[Attento, Albione. L’entità di questa nazione è un gigante] l’istinto di Albione tornò a parlargli, in tempo perché schiavasse un colpo del suo gladio.

“Chi sei tu, che cerchi di sottomettere queste terre?” chiese Albione, nel mezzo di quel duello. L’altro non parve capire ma Albione non aveva intenzione di fermarsi per farsi capire meglio. Nonostante si sentisse oppresso dall’aura di ferocia che quell’uomo emanava, Albione riuscì a vincere quella battaglia, respingendo insieme alla sua gente quegli invasori.

“Hai fegato ragazzo, lo ammetto. Sottomettiti a me e io ti insegnerò ad essere una nazione” disse lo straniero, in gallico, una lingua che Albione aveva usato tante volte con Gallia. Evidentemente lo straniero aveva deciso di provare con altre lingue per capire se Albione lo comprendesse e ci era riuscito.

“Mai” rispose il bambino, con tono duro.

“Riflettici bene, l’Impero Romano non offre a tutti la sua guida. Sono certo cambierai idea quando ci rivedremo” cercò di persuaderlo Impero Romano, prima di portare via il suo generale dal campo di battaglia. Albione li inseguì ma li perse nei boschi. Doveva ammettere che chiunque fosse quella nazione aveva esperienza sul campo di battaglia. Dopo quello scontro però, non vide più quegli invasori ma non ebbe il tempo di gioire che il suo istinto tornò a farsi sentire.

[Pensi di accettare la sua proposta?]

“No, non credo lo farò. Non cederò le mie terre a nessuno” rispose Albione nella sua mente, mentre cuciva una coperta di pelle, qualche giorno dopo.

[Dovresti invece. Albione, Impero Romano ha alle sue spalle un’entità enorme, ancora più grande di chiunque tu abbia mai incontrato e combattuto. Sei stato bravo a respingerli ma non commettere un errore simile]. Albione non era comunque convinto. Alzò gli occhi ad osservare le persone che lavoravano nel villaggio, i bambini che giocavano. S’immaginò come sarebbe stato il suo villaggio se avesse accettato quella proposta e quel pensiero lo fece arrabbiare.

“Immagino che accettare sia l’unico modo che ho per dimostrare che sono degno della tua guida”

[Esattamente]

“Allora scordatelo. Non mi sottometterò mai. Troverò un altro modo”

[Non immagini con chi hai a che fare, Albione. Non stiamo parlando di Caledonia ma di un impero. Sei sicuro di quello che fai?]

“Si. Se vuole prendermi sotto la sua ala come allievo, allora sia, ma non starò a farmi sottomettere come Gallia. Sarà come dico io”. Ad Albione parve che quell’entità
avesse riso, ma non c’era emozione in quella risata lieve.

[Ben detto, Albione].
 

E Albione mantenne quel proposito, guidato dal suo istinto che aveva accettato di aiutarlo. Al ritorno di Impero Romano, aveva guidato Albione in modo da resistere contro di lui, riuscendo a fargli stringere un patto di commercio invece che una sottomissione. Albione venne preso sotto l’ala di Impero Romano, che riconobbe in lui la stoffa di un grande impero, ancora più grande di tutte le sue altre provincie. Tra Iberia, Gallia e i suoi stessi nipoti, Albione era il migliore dei suoi studenti, determinato, forte e intelligente. Impero Romano era certo avrebbe fatto grandi cose e così fu. Alla sua dissoluzione, Albione si trovò a dover affrontare le popolazioni vichinghe ancora una volta ma riuscì a difendersi. Sotto il suo re, Alfred il Grande, non solo la sua influenza crebbe ma anche la sua cultura, passando da un bambino che cacciava da solo nei boschi a una delle nazioni più forti del continente, arrivando finalmente a sottomettere i suoi stessi fratelli. Non aveva mai provato una soddisfazione così grande come quando riuscì a far firmare a tutti i suoi fratelli un documento in cui accettavano di sottomettersi a lui. Per l’occasione aveva istituito un mese di festa, dove Albione aveva dato l’ordine di imprigionare i tre fratelli nelle segrete e dargli il minimo indispensabile per sopravvivere. Ormai non aveva più paura di loro, nemmeno di Caledonia, che ora aveva preso il nome di Scozia. In quanto a sé stesso, era orgoglioso di sentirsi chiamare Regno di Gran Britannia dalle altre nazioni. Era orgoglioso di sfoggiare la sua supremazia con Spagna e Francia, con cui aveva un rapporto traballante, fatto di alleanze e tradimenti. Il suo istinto, che col tempo aveva cominciato a vedere, lo conduceva nelle battaglie, gli consigliava quali trattati approvare e, infine, gli suggerì di partire per mare, alla ricerca di nuove terre con cui formare un impero ancora più grande di quello di Roma, un impero degno del suo successore.
 
 
 

 
I still intend to make sure you don't fall behind
Don't forget that you're a warrior of a very special kind
You are a warrior of the mind
Don't disappoint me
 

Il ritorno al presente fu brusco per Inghilterra. Da quando aveva conosciuto Tredici Colonie aveva smesso di pensare al suo passato, così quei ricordi furono come una secchiata d’acqua gelida per lui.

[Ti sei ricordato ora, Albione? Odiami se vuoi ma non dimenticare che se sei qui, all’apice del mondo, se ti chiamano Impero Britannico, è perché mi hai sempre ascoltato. Non dimenticare che, come nazione, non puoi abbassare la guardia. Non dimenticare mai che quel ragazzo che hai davanti a te è una colonia non un tuo pari, così come tu eri una provincia di Roma. Roma si è mai fatto influenzare dai vostri pensieri?]

“No”

[Come pensi sia finito il suo impero? Perché aveva smesso di comportarsi in modo logico. Non commettere il suo stesso errore, Albione. Se vuoi essere il più potente a questo mondo, non dimenticare mai che una colonia serve solo per far prosperare la sua nazione. Vedi di non dimenticarlo un’altra volta]. L’espressione di Inghilterra si era fatta amara: avrebbe voluto ribattere, che Tredici Colonie era più che una semplice colonia, che era quanto di più vicino avesse a una famiglia ma sapeva che quella “voce” aveva ragione. Inghilterra era così perso in quella discussione che non si era accorto che Tredici Colonie gli si era avvicinato con un passerotto tra i capelli.

“Arthur?” si sentì chiamare, tornando presente quando sentì la mano di Tredici Colonie sulla sua spalla.

[Non deludermi, Albione] fu l’ultima cosa che l’istinto gli disse. Inghilterra sentiva il cuore pesante come un macigno.

“Si, sto bene. Andiamo a casa: devi esercitarti a tirare di spada” disse freddamente, avviandosi verso la casa che aveva costruito per le sue visite a Tredici Colonie. Il ragazzo all’inizio protestò ma poi lo seguì, un’espressione triste e preoccupata in volto.


Da quel giorno, Inghilterra non pensò altro che a rafforzare il suo potere come nazione, senza più sorridere veramente a Tredici Colonie ma sfruttandolo come Impero Romano aveva fatto con lui quando era bambino. Non si accorse nemmeno una volta che in quel modo, affidandosi completamente alle parole del suo istinto di nazione, non stava facendo altro che seguire le orme di quell’antico impero, così come i suoi errori.








Piccolo Angolo dell'Autore
Ciao a tutti!

Purtroppo questo mese sono extra in ritardo ma spero che la storia sia abbastanza buona da compensare. 
Adoro questa storia, gemella di White Heart e connessa a Battle for a Life (avete visto i collegamenti?) anche se mi è toccato riscrivere i pezzi man mano che andavo avanti con le canzoni. Questa è basata su "Warriors of the Mind" ( https://open.spotify.com/track/7gwo88n3Asm5Kg7UTdWeF5?si=cf115af43eeb448b ) di Jorge Hans-Rivera.

Al prossimo mese con la prossima storia! 

 

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Capitolo 6
*** Battle for a Life ***


Over here
Look at all this food!
Look at all these sheep!
I can't believe this cave has all this for us to keep!

I've gotta hand it to you both
This is quite the treat
There are enough sheep here to
Feed the entire fleet

It's almost too perfect
Too good to be true
Why would the lotus eaters pass up on all this food?

Who are you?
 

La pecora cadde con un belato secco, il suo sangue a bagnare il terreno.

“Grande!” esclamò un ragazzo, mentre correva a estrarre la freccia che aveva appena tirato. Era insolito trovare così tante pecore vicino alla costa meridionale. Ad Albione, quella situazione puzzava un po' ma poteva essere un’occasione per fare provviste per l’inverno per il suo clan, così non disse nulla. Lui e alcuni uomini del suo clan erano andati a caccia e si erano imbattuti in un gregge di pecore.

“Il druido Calopsia aveva ragione a dirci di andare a sud” esclamò un altro uomo, dopo aver abbattuto un’altra pecora. Gli animali belavano, cercando di scappare ma ci fu poco da fare. Il clan di Albione era esperto di caccia, così come le altre popolazioni barbariche che abitavano in quelle terre. Inoltre, Albione aveva insegnato loro come intrappolare gli animali in modi che quelle persone non avevano mai visto prima, tecniche che aveva inventato durante i suoi lunghi anni di esilio nei boschi.

“Questo è strano…”

“Hedley, cos’hai trovato?” l’attenzione della giovane nazione fu catturata dalla perplessità di uno dei suoi uomini. Hedley teneva tra le mani la testa di una delle pecore uccise, impegnato ad osservarne le orecchie.

“Le orecchie di questa pecora sono strane” disse, quando la nazione si avvicinò a lui per capire cosa stesse facendo. Albione si accovacciò accanto a lui: le orecchie dell’animale erano state tagliate a metà ma non sembravano ferite casuali. Il taglio era troppo preciso per esserlo.

“Lyre! Controllate le pecore che avete ucciso” ordinò Albione al vicecapo del gruppo.

“Cosa stiamo cercando, mia terra?”

“Controllate le loro orecchie”. Albione sperava di sbagliarsi ma, man mano che i cacciatori confermavano che ognuna di quelle pecore aveva le orecchie tagliate a metà, gli sembrava sempre più chiaro che quelle pecore non erano selvatiche. Cominciò a ragionare su chi potesse essere il proprietario di quegli animali, anche se quel metodo gli sembrava famigliare. Improvvisamente, gli tornò in mente: quel modo di tagliare le orecchie degli animali che gli appartenevano lo aveva visto da Gallia, nei territori presi da…

“Chi siete?!” quella voce autoritaria interruppe il filo dei suoi pensieri, facendo scattare sull’attenti tutto il gruppo di barbari. A parlare era stato un uomo che indossava la divisa dei soldati di Roma.
 
 
 
Hey there!
We're just travelers
We come in peace

You killed my sheep
My favorite sheep
What gives you the right to deal a pain so deep?
Don't you know that pain you sow is pain you reap?
Time to drink your blood over where you stand
Your life now is in my hand
Before I'm done
You will learn that it's not so fun to take
You came to my home to steal
But now you'll become my meal
A trade you see?
Take from you, like you took from me

There's been a misunderstanding
We never came here to steal
But now that I see we've done some damage
Maybe you and I can make a deal
I'll give you our finest treasure
So long as we leave alive
You can keep the world's best tasting wine

 
Wine?
 
“Romani!” pensò, allarmato Albione. Non erano passati vent’anni che li rivedeva. La paura di Albione era che, insieme a quel soldato, ce ne potessero essere tanti altri, compreso l’impero stesso. Sarebbe stato in estrema inferiorità numerica. Doveva trovare un modo per tornare al villaggio e avvertire gli altri.

“Chi siete, barbari?!” chiese di nuovo il soldato, sguainando la spada. Si sentirono altri fruscii e improvvisamente, i barbari si trovarono circondati da altri soldati romani, che sembravano tutto tranne che pazienti. Albione si accorse che i suoi guerrieri si stavano mettendo in posizione d’attacco: doveva evitare a qualsiasi costo uno scontro. Gli venne un’idea.

“Salve! Abbassate le armi per favore, siamo solo di passaggio” disse il ragazzino, utilizzando il suo miglior latino dal pesante accento gallico. Tentava di farsi passare per uno dei cittadini di Gallia. Nel tempo che era trascorso dal suo ultimo incontro con Impero Romano, Albione si era deciso ad imparare la loro lingua, considerandola ormai utile per il futuro scontro che Impero Romano gli aveva promesso.

La guardia romana sembrò confusa all’inizio ma non abbassò la spada. Albione fece segno ai suoi di alzare le mani, sperando avessero capito che non dovevano parlare e stare al gioco. Con un po' di fortuna, sarebbero riusciti a tornare a casa illesi.

“Principales! Hanno ucciso le nostre pecore!” Albione imprecò mentalmente. La situazione stava peggiorando sempre di più e la tensione che proveniva dai suoi compagni lo agitava ulteriormente.

“Solo di passaggio? Con che diritto avete ucciso questi animali? Non avete visto il marchio di Roma?” il cerchio di soldati si fece più vicino “Dieci pecore abbattute, una per ognuna di voi. Volevate rubarle! Vi è andata male, la legge di Roma parla chiaro! Cosa avete voi, viandanti, di pari valore alla vita di dieci pecore?” Per quanto Albione avesse studiato il suo nemico, non ne conosceva bene le leggi, così non sapeva bene cosa intendesse quel soldato, anche se poteva intuire si aspettasse un qualche risarcimento e sperava non fosse col sangue, com’era solito fare Caledonia. Il sorriso sulle facce di alcuni di quei soldati non prometteva niente di buono.

“A guardarvi, mi sorprenderei se aveste anche solo qualche sesterzio o un’asse, quindi…” il principales sollevò la spada, con fare minaccioso “L’unica cosa di pari valore che avete è la vostra vita!” A quelle parole, sia Albione che i suoi uomini si irrigidirono: volevano farli schiavi! Lyre lanciò uno sguardo molto eloquente alla nazione. Avrebbero preferito morire in battaglia che diventare schiavi di un nemico che non conoscevano. “Non fare nulla di stupido” fu la risposta silenziosa di Albione, che sperava di non dover arrivare a tanto.

“Ci dev’essere sicuramente un malinteso!” si affrettò a dire Albione, arretrando leggermente. Voleva dare l’impressione meno aggressiva possibile, in un tentativo di mascherare la palese ostilità dei suoi compagni.

“Non volevamo rubare! Ci siamo imbattuti nel vostro gregge e non ci siamo accorti fossero già marchiate. Non corriamo alle conclusioni, amici miei. Sono sicuro riusciremo a trovare un accordo” mentre Albione cercava di convincerli fece un passo a sinistra, cercando di nascondere un colpo che aveva tirato al suo secondo, che stava per abbassare una mano per prendere una freccia dalla sua faretra. Quando fece quel movimento, la sua piccola bisaccia batté sulla sua coscia, ricordandogli il suo contenuto. Ad Albione venne in mente un modo per andarsene da quella situazione spinosa, magari riuscendo anche a portare via qualcuno di quegli animali abbattuti.
 
 
 
 
Have a drink!
One sip and you'll understand
The power that's in your hands
A wine so fresh
You'd never wanna eat human flesh again
Then we shall be on our way
No bloodshed in here today
A trade you see?

A gift from you and a gift from me
 
Il soldato guardò con scetticismo il ragazzino barbaro davanti a sé: cosa poteva mai avere che valesse la vita di dieci pecore romane? Albione però non si fece intimidire dal suo sguardo, andando avanti ad elaborare il suo prossimo inganno.

“Siamo venuti in queste terre per barattare coi barbari. Pelli e semi in cambio di ambra blu”

“Ambra blu?” Albione trattenne un sorriso, soddisfatto di essere riuscito ad attirare la curiosità di quel soldato. Si affrettò a slegare la sua bisaccia dal suo fianco, per poi aprirla e far rotolare alcune pietre blu nel palmo della sua mano. A prima vista, a un occhio inesperto sarebbero potuti sembrare dei pezzi di ambra blu ma non era altro che semplice resina dura. Una ragazza del clan aveva unito alcuni pigmenti di blu, lo stesso con cui i guerrieri si dipingevano il corpo in battaglia, a della resina raccolta dagli alberi, per poi regalare quelle pietre ad Albione. Lo aveva fatto come augurio che la loro caccia andasse bene, oltre che come gesto d’affetto nei suoi confronti. Per quanto se ne separasse a malincuore, si disse che Ælea avrebbe preferito vederlo tornare piuttosto che tenesse quel regalo a costo della vita.

“Molto pregiata. I barbari di queste terre la trovano scavando in alcuni punti. Molto più rara della comune ambra. Sono sicuro valga come le nostre vite se non addirittura il doppio. Pensateci, potreste diventare ricchi. Lasciateci andare via e ve la consegnerò. In questo modo avremo ripagato il nostro debito per le vite delle pecore. Un baratto come un altro” disse Albione, mentre mostrava le pietre di resina anche agli altri soldati, con movimenti lenti. Sperava non ci fosse un esperto di pietre preziose tra loro ma, a giudicare dai loro sguardi avidi, non sembrava il caso. Nonostante quello, il ragazzo restava comunque all’erta.

“Simetite…” mormorò il principales, mentre Albione rimetteva le pietre nella sua bisaccia. Non aveva idea di cosa significasse la parola che il soldato si era lasciato scappare, poteva solo sperare non fosse una cosa negativa per loro. Albione lanciò uno sguardo veloce ai suoi compagni, approfittando della distrazione del romano. Si erano accorti dell’inganno che la loro nazione stava cercando di compiere e si erano in parte tranquillizzati. Dopotutto, riponevano in lui la loro massima fiducia.  
 
 
 
 
Ahh
I’d like to thank you
Stranger, what’s your name?

My name is Nobody, Nobody, Nobody
Nobody
For your gift I’ve one to reply

I’m so glad we see eye to eye
Yes
You shall be the final man to die
What…?
Watch out!
 
 
Il tempo sembrava essersi fermato mentre il principales considerava l’offerta di Albione. La sua espressione imperscrutabile lasciava sulle spine il gruppetto di barbari, la cui unica speranza erano le parole di Albione, che si era esposto più di tutti loro. Pregavano i loro Dei nelle loro menti, di poter tornare presto alle loro case.

“Barbaro, fammi vedere meglio la merce che ci offri” disse infine l’uomo, rinfoderando la spada e allungando una mano verso Albione. Il ragazzino lo guardò con sospetto.

“Con il dovuto rispetto, come faccio a sapere che non ci ucciderete o imprigionerete comunque, una volta che vi avrò consegnato la nostra unica moneta di scambio?” chiese, esponendo il suo sospetto più grande. Si aspettava che il soldato si sarebbe arrabbiato, invece diede ordine agli altri soldati di rinfoderare le spade.

“Ma principales…” provò a protestare uno dei soldati, dando voce alla perplessità di tutti loro, solo per essere zittito con un gesto della mano del loro superiore.

“Nessun “ma”! Non si portano le spade al mercato e noi ora lo siamo”. Albione sorrise mentalmente a quelle parole: da barbari nemici erano passati a considerarli barbari mercanti di Gallia. Proprio il risultato in cui sperava. Cautamente, si avvicinò al soldato, porgendogli il sacchetto di pelle e lasciandogli esaminare le pietre. Il suo cuore continuò a battere forte nel suo petto per tutto il tempo ma riuscì a non darlo a vedere.

“Allora, siete soddisfatto?” chiese Albione, con un sorriso di repertorio, falso quanto la resina che stava offrendo ai romani. Il principales ricambiò il suo sorriso con uno di soddisfazione.

“Sì. Dateci questa simetite e noi chiuderemo un occhio. Sparite!” I barbari finalmente furono in grado di tirare un sospiro di sollievo: Albione era riuscito nella sua impresa. La nazione ringraziò il soldato con una stretta di mano, mentre i suoi compagni si affrettavano a scomparire nei boschi.

“La ringrazio immensamente per la sua bontà d’animo, principales”

“Se volete ringraziarmi lasciatemi il vostro nome: sono sicuro potremmo fare altri affari in Gallia”. Albione non si aspettava che quel soldato volesse fare altri “affari” con lui. Forse si aspettava di riuscire a metterlo con le spalle al muro un’altra volta, così da strappargli un altro affare.

“Arthur Kirkland” rispose, inventandosi una discendenza gallica e un’abitazione con la quale fregare il soldato, che alla fine si ritenne soddisfatto, lasciandolo andare. Albione ringraziò per poi voltarsi, diretto nel bosco dove i suoi compagni lo stavano aspettando.

“Arthur Kirkland? Sicuro che non sia… Albione?”. Quella voce fece raggelare il sangue nelle vene della piccola nazione. Ebbe uno dei peggiori presentimenti della sua vita, fermandosi di colpo. Era la voce di Impero Romano.
Albione si girò lentamente, vedendo lo stesso uomo che aveva visto decenni prima. Lo guardava con un’espressione divertita in volto: forse trovava divertente la confusione di Albione.

“Tu-!” esclamò Albione, un brivido di paura lungo la sua schiena.

“L’avevo detto che sarei tornato a prenderti” gli rispose con calma l’impero, come se quella fosse una visita di cortesia. Albione corse il più velocemente possibile verso i suoi compagni, urlando loro di fare attenzione, di scappare, mentre quei soldati li inseguivano.
 
 
 
 
My brothers
The rest of our fleet
They wait at the beach
And if we're defeated, they’re good as dead
Straight ahead, that is who we're fighting
 
No backup, no chance for support
So draw out your swords
Our foe must be thwarted right here and now
Show me how great is your will to survive
 
Six hundred lives at stake
It's just one life to take
And when we kill him then our journey’s over
No dying on me now
Defeat is not allowed
We must live through this day so
Fight, fight, fight
 
Mesi passarono dopo quel fatidico incontro. Le forze di Impero Romano erano forti, così com’era forte la determinazione della nazione a conquistare quella terra. Da quando Albione era riuscito a tornare al suo villaggio, quel giorno di autunno, non aveva fatto altro che partecipare a consigli di guerra e battaglie. La vita pacifica che aveva condotto fino a quel momento sembrava un sogno lontano ormai. Lo stesso villaggio era solo un ricordo: avevano dovuto raderlo al suolo in modo da non lasciare nessuna traccia ai romani sulla loro posizione. Ad Albione sembrò di essere tornato a quando era un fuggitivo nei boschi, solo e senza un posto a cui appartenere. Quella sensazione lo riempiva di rancore nei confronti dei romani, per quel modo in cui avevano intenzione di portargli via tutto quello che aveva faticosamente ottenuto. Non gli importava se accettare un accordo con Impero Romano fosse l’unico modo per essere accettato dal proprio istinto da nazione, Albione odiava quella gente.

Una volta che la notizia dell’invasione romana si fu diffusa in tutta l’isola britannica, le altre tribù barbare sembrarono sparite nell’aria. Albione si aspettava di dover affrontare anche i suoi fratelli ma non li vide mai. Era il loro modo di dirgli che non lo avrebbero aiutato in quella lotta ma sarebbero rimasti a guardare da lontano. Albione aveva mandato delle lettere alle popolazioni di Germania Magna, chiedendo aiuto ma non aveva ottenuto risposta. Fu in quella situazione che Albione cominciò a realizzare che il suo istinto aveva ragione, che stava affrontando un mostro. Ma nonostante tutto, non voleva deludere la sua gente, che lo aveva accolto a braccia aperte un secolo prima, strappandolo alla sua solitudine. Avrebbe trovato un modo per proteggere quelle persone.
 
“I romani sono quasi arrivati al grande fiume! Dobbiamo trovare un modo per riuscire a rallentarli abbastanza per permettere agli altri di scappare a nord”

“A nord? Ci sono i popoli di Caledonia lì. Sarà un massacro!”

“Non tutti: alcuni al confine si sono detti disponibili a darci protezione in cambio di braccia per la caccia e il raccolto”. Gli uomini andarono avanti a dibattere sulla strategia migliore da adottare. Albione ascoltava in silenzio, cercando di valutare ognuna di quelle proposte. La situazione con i romani aveva cominciato a volgersi a loro svantaggio e ormai li avevano quasi alle porte di casa. Avevano bisogno di una strategia per respingerli almeno fino all’arrivo del prossimo inverno, quando avrebbero potuto sopraffarli grazie alla loro maggior resistenza alle temperature fredde. Li avevano già respinti una volta grazie al meteo della loro terra, contavano di riuscirci ancora.

“No, non possiamo fidarci che Caledonia rispetterà le sue promesse. Abbiamo stabilito dei patti di non aggressione con gli altri clan che abitano le mie terre: sfruttiamoli” intervenne Albione, quando vide che la situazione si stava scaldando eccessivamente. L’ultima cosa di cui avevano bisogno era una faida interna sul fidarsi o meno di altre nazioni. La nazione conosceva le altre popolazioni, in un secolo era riuscito a creare una rete di commercio tra loro, non sempre funzionante ma solida. Era sicuro sarebbero stati più affidabili che i popoli di quel fratello che odiava allo stesso modo degli invasori.

“Mia nazione, non possiamo comunque fidarci di loro. Dall’inizio delle ostilità con i romani, non una volta ci hanno aiutato. Perché mai dovrebbero cambiare idea proprio adesso?” ribatté il capovillaggio, frustrato per quella situazione e per quella riunione che andava avanti da ore.

“Semplice Eadric: se noi perdiamo, anche loro saranno in pericolo. Credevano che i romani se la sarebbero presa solo con noi, come tutti gli altri clan di Cymru e Caledonia, ma credo si siano resi conto gli invasori pensano diversamente da noi. Per loro tutte le popolazioni di un pezzo di terra è come se facessero parte della stessa nazione. Non possono fare come quegli altri due codardi: fanno parte del mio territorio e Impero Romano vuole me. Se non ci aiuteranno, loro saranno i prossimi” il discorso di Albione era alquanto macabro e fu sufficiente a far calare il silenzio tra gli uomini presenti in quella tenda. 
 
 
 
 
Surround him, surround him
Attack from behind, keep distance in mind
And stay in his blindspot and strike his heels, strike the heels
Show him that we're deadly
 
Exhaust him, exhaust him
Don't let him get close, he's strong but he's slow
He can't land a blow if we're out of reach
Find a breach
Stand up and fight for your lives
Six hundred lives at stake
It's just one life to take
And when we kill him then our journey’s over
Push forward
No dying on us now
Defeat is not allowed
We must live through this day so
Fight, fight, fight
 
La situazione era più grave di quanto osassero ammettere. Fu come se le parole di Albione avessero costretto tutti gli altri ad accettare la realtà dei fatti: non fossero riusciti a respingere i romani, avrebbero perso tutto.

“E se…” cominciò a dire il vicecapo, prima di interrompersi e ritornare ai suoi pensieri.

“Cosa, Lyre? Hai un’idea?”. Il ragazzo esitò un po' prima di rispondere alla domanda che il loro druido gli aveva posto. L’ansia del ragazzo non passò inosservata agli occhi verdi di Albione.

“E se facessimo da esca? Se conduciamo i romani oltre il fiume e li teniamo occupati, daremmo il tempo a tutti gli altri di trovare rifugio dalle tribù del sud-ovest. Se uno di noi riesce a ottenere rinforzi da nord, potremmo anche riuscire a respingerli” si alzò un brusio tra gli uomini che stavano prendendo parte a quel consiglio di guerra.

“Effettivamente… Sì, effettivamente potrebbe essere una buona soluzione. I clan a sud-ovest e a nord sono in debito con noi: vent’anni fa li salvammo dal primo tentativo di conquista romano. Se stiamo attenti a non passare i confini con la terra di Cymru dovremmo essere al sicuro. Attiriamo quei bastardi sulla sponda a nord del fiume e bersagliamoli con più frecce possibili, fratelli miei” concluse Albione, approvando la strategia del vicecapo. Da quel punto, si spostarono a discutere del piano di evacuazione e di come avrebbero attirato i romani lontano da loro il giorno successivo. Era un piano rischioso ma ognuno di loro era pronto a mettere in gioco la propria vita per tenere al sicuro la propria famiglia, così com’erano sicuri sarebbero stati i propositi degli altri guerrieri che non erano stati invitati al consiglio. Finirono di discutere gli ultimi dettagli di quel piano al tramonto. Per quanto avessero potuto pensare, erano stati costretti a lasciare alcune cose al fato e questo preoccupava molto Albione, che non voleva perdere nessuno dei suoi uomini in quello scontro. Il suo obiettivo era portare tutti quanti in salvo col numero minore possibile di vittime tra la sua gente.

“Qualcosa ti turba, Arthur?” quella voce cristallina scosse Albione dai suoi cupi pensieri.

“Ælea…” La ragazza era andata a salutarlo, non appena la riunione era finita. Ælea discendeva dal druido che aveva salvato Albione più di un secolo prima e la nazione era rimasto molto vicino a quella famiglia tra tutte. Era molto affezionato a lei, più che a qualsiasi altro membro della sua famiglia. La ragazza ricambiava ampiamente quell’affetto e i due erano inseparabili. Ælea sapeva che, vista la natura di nazione di Albione, prima o poi avrebbe dovuto dirgli addio ma lo aveva accettato fin dall’inizio, decidendo di dedicargli comunque la sua vita.

“Sai com’è, le solite cose” rispose vagamente Albione, che non voleva farla preoccupare.

“Hmm…” la ragazza lo fissò con i suoi occhi azzurri, così intensamente da far arrossire le orecchie di Albione. Prendendolo alla sprovvista, la ragazza gli tirò le labbra a formare un sorriso.

“Andrà tutto bene, mia nazione. Finché sarai con noi, non ci accadrà niente” la fiducia che Ælea riponeva in lui gli scaldava il cuore. Albione prese le mani della ragazza tra le sue, allontanandole dal suo volto, sul quale rimaneva un sorriso carico di tutto l’affetto che provava per lei. Giurò a sé stesso che sarebbe riuscito a proteggerla e a tornare da lei, insieme ai loro fratelli.

“Mia nazione” quel momento venne interrotto dalla voce di uno dei guerrieri. “Dobbiamo prepararci alla partenza”

“Va bene, arrivo subito” lo congedò la nazione, lasciando andare le mani della ragazza. Si accorse per caso dell’espressione preoccupata di Ælea, che si affrettò a nascondere dietro a dell’allegria forzata.

“Adesso tocca a te dirmi cosa non va, Ælea”

“Tu mica me l’hai detto”

“Hai ragione…” Albione rise lievemente, prima di scostarle una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro all’orecchio.

“Torneremo sani e salvi. Tu però fai attenzione” le raccomandò il ragazzo. Il giorno dopo sarebbe partito il piano che avevano elaborato e nemmeno lui sapeva quando avrebbe rivisto la sua amica. Poteva solo pregare gli Dei che arrivasse sana e salva e restasse al sicuro.

“Torna insieme alla mia famiglia e, quando i romani se ne saranno andati, legherò i miei capelli al tuo polso e ti lascerò legare i tuoi al mio” sussurrò Ælea al suo orecchio, prima di sorpassarlo di corsa, diretta alla sua tenda. Albione rimase paralizzato sul posto, il cuore che batteva a mille: Ælea gli aveva fatto una proposta di matrimonio! Aveva chiaramente citato l’usanza del loro clan di legare una ciocca di capelli al polso dell’altro, per poi unire le mani con un nastro. Si conoscevano da tanti anni, eppure Albione si rendeva conto della vera natura dei sentimenti di lei nei suoi confronti solo in quel momento. Non sapeva come reagire ma non poteva raggiungerla. Se lo avesse fatto, avrebbe perso tempo prezioso per la sua missione, così decise che l’avrebbe affrontata al suo ritorno.     
 
 
 
 
Captain…
 
Enough
 
He’s got a club…
He's got a club!
 
What are our orders?
Captain? Captain!
 
You’ve hurt me enough
Six hundred lives I'll take
Six hundred lives I'll break
And when I kill you then my pain is over
You're dying here and now
Escape is not allowed
You won’t live through this day now die
Die...
 
La battaglia al fiume si rivelò più dura del previsto. I guerrieri del clan di Albione erano partiti con la determinazione di vincere ed era quel sentimento che li spingeva a continuare quello scontro. Avevano bruciato tutti i ponti che avrebbero permesso un’agevole traversata di quel corso d’acqua, costringendo i romani ad attraversare il fiume a nuoto, sotto le frecce del clan di Albione. L’acqua si era tinta di rosso, mentre quei cadaveri galleggiavano in esso, portati via dalla corrente.

“Guerrieri! Non lasciate loro il tempo di respirare! Colpiteli nei punti scoperti delle loro armature! Coraggio, miei fratelli: che nessuno di voi muoia senza prima aver venduto a caro prezzo la pelle! Dobbiamo vincere!” li incitava Albione, incoccando e lanciando una freccia dietro l’altra. Sembravano avere la meglio ma presto, come temevano, i romani trovarono un modo per attraversare mantenendo al minimo le perdite. Il gruppo di Albione fu costretto a dividersi, uno a continuare la pioggia di frecce mentre l’altro ingaggiava un combattimento corpo a corpo con i soldati romani che erano riusciti a traversare. A quel punto, le cose cominciarono a mettersi male e anche sangue celtico bagnò la terra. Albione fece del suo meglio per proteggere i suoi compagni, subendo anche lui diverse ferite. Facevano del loro meglio in attesa dei rinforzi da nord, come avevano pianificato ma il tempo sembrava passare senza alcun risultato. Albione stava cominciando a preoccuparsi seriamente quando, dal folto della foresta si udirono dei fischi: era il segnale che stavano arrivando gli aiuti dal nord. La nazione non riuscì a trattenere un sorriso mentre conficcava la spada nel soldato che stava combattendo.

“Arrivano i nostri!” sentì esclamare a Lyre, prima di imprecare a causa di una freccia nel braccio. Tuttavia, questo non spense la sua determinazione, facendo sorridere ancora di più Albione: era fiero di loro.
Grazie ai rinforzi, il piano fu un successo. Quando la situazione sembrò raggiungere uno stallo, i barbari cominciarono la loro ritirata nei boschi, in cui avevano piazzato un sacco di trappole per rallentare i romani e dar loro l’occasione di seminarli. I guerrieri sfruttarono la loro conoscenza dei boschi e, in un battibaleno, disorientarono i romani, che non riuscirono a rintracciarli nella boscaglia.

“Ottimo lavoro, fratelli miei! Vi siete fatti valere contro gli invasori” si complimentò Albione, una volta che furono giunti al villaggio dei barbari a confine col nord. L’accoglienza non era stata delle più calorose ma le loro ferite erano state medicate, le loro armi riparate e i loro stomaci riempiti. Il resto non era così importante. La gioia di quella vittoria, però, era offuscata dalle perdite che avevano subito. Albione era rattristato ma allo stesso tempo cercava di tenere alto il morale dei suoi compagni. Dopotutto, non si aspettava che Impero Romano si sarebbe arresto così facilmente, e Albione aveva bisogno che i suoi uomini fossero in grado di combattere ancora.

“Secondo voi gli altri sono già a Feralta?” chiese uno dei barbari, stendendosi sul suo letto di foglie.

“Per me sì. Hanno più di un giorno di vantaggio e con loro ci sono un paio di guerrieri”

“La moglie di Beorn è una minaccia più grossa di loro”

“Più grossa dei romani stessi vorrai dire”

“Vorrei potervi dire di chiudere il becco, ma ammetto che Leofrun spaventa anche me”. I barbari risero. Grazie a quello scambio di battute l’atmosfera si era fatta più leggera. In cuor loro, speravano che le loro famiglie fossero in salvo, lontano dalle grinfie dei romani. Albione stava per addormentarsi ascoltando il loro chiacchiericcio, quando si risvegliò bruscamente. Una ragazzina era arrivata di corsa da loro, sporca di sangue e in lacrime, attirando l’attenzione di tutti loro.

“Ma è la figlia di Oslac! Modwulf, corri, c’è tua nipote sporca di sangue!” chiamò Albione, che era accorso dalla bambina per cercare di calmarla.

“Per gli Dei, Bebbe, che ci fai qui?! Dovevi stare con tua madre a Feralta!” le chiese Modwulf, accovacciandosi accanto ad Albione. Un orribile sensazione serpeggio tra i barbari alla vista di quella bambina: perché mai lei avrebbe dovuto essere là con loro? Bebbe scoppiò a piangere, abbracciando forte lo zio. Tra i singhiozzi si sentì comunque

“I-i romani… I romani ci hanno attaccati… La-la mamma, Ing e G-Gydda erano a terra… Gydda ha detto di corre a c-chiamare papà…” Quelle parole confermarono il presentimento che avevano avuto tutti: i romani li avevano colpiti alle spalle, attaccando le loro famiglie. Albione strinse così forte i pugni che le sue nocche divennero bianche.

“Dobbiamo tornare indietro! Forse siamo ancora in tempo” i barbari si fecero sempre più nervosi, preoccupati per le loro famiglie.

“No!” si oppose Albione, secco. “Andremo solo io, Lyre e Godric. Se i romani hanno già annientato gli altri, è inutile morire tutti insieme. Inoltre, ho bisogno che restiate qui a seguire la strategia contro i romani che ci hanno seguito a nord. Fategliela pagare” il tono della nazione era asciutto e vagamente aggressivo. Moriva dalla voglia di mettere le mani addosso a Impero Romano. Allo stesso tempo, temeva per la vita di Ælea. Senza esitare un momento di più, i tre chiesero al clan del nord dei cavalli per poi partire di corsa verso Feralta.


Al loro arrivo, vennero informati che la loro gente non era mai arrivata da loro, facendoli allarmare ancora di più. I tre barbari cavalcarono lungo il tragitto che gli altri avrebbero dovuto percorrere. Erano quasi arrivati al loro ultimo nascondiglio che videro i cadaveri. Tutte quelle persone riverse a terra non avevano fatto molta strada prima di essere trucidate. “Ælea!” pensò Albione, cercandola tra di loro. Sperava fosse riuscita a scappare in qualche modo.

“Mia nazione, si fermi!” lo chiamarono i suoi compagni ma Albione era sordo ai loro richiami: doveva trovare la sua amica. Presto si ritrovò nel cuore dell’accampamento che avevano abbandonato.

“Sapevo saresti tornato, Albione”. La nazione avrebbe riconosciuto quella voce ovunque: Impero Romano era lì. Tra le sue braccia teneva Ælea, la lama del gladio contro la sua gola. Insieme a lui c’erano altri soldati, come fossero la sua scorta personale.

“Lasciala andare, bastardo!” ordinò Albione, smontando da cavallo. Se la vita di Ælea non fosse stata in pericolo, si sarebbe lanciato contro l’impero. La rabbia e il dolore per tutte quelle morti era così forte da sorpassare la paura che la presenza di Impero Romano gli incuteva.

“Ah, allora le mie informazioni erano corrette. Ottimo lavoro, ragazzo” gongolò l’uomo, indicando col mento uno dei tre barbari. Albione si girò di scatto verso Lyre: non poteva crederci. Era stato venduto al nemico.

“Perché? Lyre, ci siamo fidati di te, brutto traditore!” La nazione trascinò giù dal cavallo il ragazzo, fregandosene della paura e della vergogna sul suo volto. “Anche il piano! Era tutto programmato per farci allontanare? Come hai potuto?!”

“Suvvia, Albione, non fare così. È la guerra, dopotutto. Puoi fidarti solo del tuo istinto, di nessun altro” disse Impero Romano, come a ricordargli in che situazione si trovava. Albione lasciò andare bruscamente Lyre, che si affrettò a correre verso i romani. Impero Romano sembrava compiaciuto del corso degli eventi.

“E ora a noi due. Sottomettiti a me e la tua ragazza, così come quel che resta della tua gente vivrà. Prova a fare qualche scherzo e saranno tutti morti entro il tramonto” fu il ricatto dell’impero. Albione voleva rispondere per le rime ma il tradimento di Lyre, il sentimento di responsabilità che sentiva verso quelle morti e la paura per Ælea gli impedivano di pensare lucidamente. Avrebbe dovuto accettare? Se lo avesse fatto, gli altri lo avrebbero rinnegato come traditore ma, non lo avesse fatto, era certo che nessuno sarebbe sopravvissuto. Mai come in quel momento, Albione sperò che il proprio istinto parlasse, che gli dicesse cosa fare, ma quell’entità non sembrava intenzionata a intervenire come tutte le altre volte, come a valutare cosa avrebbe scelto. Quella lotta interiore lo stava lacerando.

“Alla svelta, Albione. Non ho tutto il giorno, ti ho già aspettato abbastanza” lo incalzò Impero Romano, avvicinando ancora di più il gladio alla gola della ragazza, da cui cominciarono a scorrere alcune gocce di sangue.

“Fermo!” esclamò Albione, allungando una mano. Non voleva che Ælea morisse. Mosse le labbra per continuare la sua resa ma fu interrotto da Ælea stessa.

“Non farlo Arthur! Non farti sottomettere da nessuno!” esclamò la ragazza, riuscendo a sferrare una gomitata nello stomaco di Impero Romano e a liberarsi dalla sua stretta. Cominciò a correre il più velocemente da Albione ma non appena fu tra le sue braccia, una freccia, scagliata da uno dei soldati romani, la colpì alla schiena.

“Ælea!” la chiamò Albione, stringendola forte così da non farla cadere a terra. La ragazza gli sorrise debolmente.

“Arthur…” rispose Ælea debolmente, cercando di alzare una mano verso il volto di Albione, che il ragazzo strinse forte nella sua. Aveva la vista annebbiata dalle lacrime. Non riuscì a capire bene le parole che Ælea aveva detto, tanto era sottile e spezzata la sua voce ma poteva indovinare: “Non sottometterti a nessuno, mia nazione”. Albione la strinse il suo corpo senza vita ancora più forte.

“Addio…” mormorò insieme ad altre parole, udibili sono da loro, prima di alzare gli occhi verso Impero Romano. L’uomo aprì la gola al soldato che aveva tirato la freccia come se si trattasse di selvaggina proprio davanti agli occhi pieni d’odio di Albione.

“Non farti un’idea sbagliata di me, ragazzo: Roma è spietata con i suoi nemici ma non infrange le sue promesse”

“ÆLEA È MORTA, IMPERO!”

“Così come il suo assassino” il tono di Impero Romano era freddo ma il rammarico era lampante nel suo sguardo d’ambra. Fu quel dettaglio a colpire di più Albione: perché provare quell’emozione? Non era tutto calcolato?

“Nulla la riporterà in vita, Albione. Potresti provare a prendere la mia vita o quella di Lyre ma non servirebbe a nulla. Pensa agli altri, a chi è rimasto. Vuoi davvero che anche loro condividano il suo stesso fato?”

“Stai zitto!” disse Albione, tornando in silenzio: si sentiva in colpa. Se non avesse creduto al piano di Lyre, capito perché era così nervoso al consiglio, se avesse pensato a una strategia migliore, il suo clan non sarebbe stato decimato. Ælea sarebbe stata ancora viva. Aveva combattuto tante battaglie, sopravvissuto nel bosco, alle belve, alle botte, ma ancora non bastava. Non era stato abbastanza forte da proteggerli.

“Impero Romano” disse infine, dopo interminabili attimi di silenzio. Nella sua voce non c’era alcuna traccia di dolore o esitazione. “Io non mi sottometterò mai. Se mi vuoi, allora dovrai stare alle mie richieste!”

“Hah! E sarebbero?” chiese con tono cauto la nazione.

“Lascia andare i miei compagni. Che nessun romano faccia loro del male. Ti concederò i miei territori ma non come sottomissione, bensì come terreno di scambi commerciali e sarà come se tu fossi il mercante più ricco e onorato tra tutti”

“E in cambio cosa vorresti, oltre al tuo clan?”

“Insegnami a essere una nazione potente!” esclamò Albione, determinazione scritta nei suoi occhi di smeraldo. Si era detto che, se fosse diventato forte, ancora più forte di Impero Romano stesso, allora sarebbe stato capace di difendere propriamente la propria famiglia, la prossima volta che si sarebbe trovato costretto a farlo. Sarebbe diventato la nazione più forte di tutte, avrebbe protetto la sua gente e la sua famiglia e per riuscirci, non gli importava di dover stringere un patto con l’impero che gli aveva tolto tutto. Era un prezzo che era disposto a pagare, poco importava ormai se quel che rimaneva del suo clan lo avrebbe rinnegato. Inizialmente, Impero Romano sembrò soppesare la proposta di Albione, chiedendosi dove fosse la fregatura ma, più osservava quel ragazzo, più si convinceva della sincerità di quelle parole.

“Affare fatto ragazzo. Ti insegnerò a essere un grande impero” accetto alla fine Impero Romano, rinfoderando il gladio. Sentiva che quel ragazzo aveva un grande talento come nazione ed era seriamente curioso di vedere quanto potente sarebbe diventato sotto la sua guida.






Piccolo Angolo dell'Autore:
Ciao a tuttiiiii!!
Si, non ho ben capito come si fa una raccolta lolol. Comunque, benvenuti alla prima parte di History Saga (anche conosciuto come EpicTalia). Questa raccolta sarà composta da 4 archi narrativi. Questo è il primo arco, dedicato a Inghilterra. Essendo una song fic, è basata su due canzoni, "Polyphoemus" e "Survive" di Jorge Rivera-Herrans ( https://open.spotify.com/track/5VM7ORWfMVaBn0KeqW4oiK?si=86d9a78c7cde4598 ) e ( https://open.spotify.com/track/5HTq6lMpz8RPRU4Qv5HOQZ?si=ab5d7695d0a3474e )

Comunque! Grazie per aver letto questo racconto e spero vi sia piaciuto!
Ammetto che prendere England e ficcarlo in una boccia piena di original characters è un pò un'esperienza ahaha. Ho cercato di renderla il più storicamente accurata possibile senza legarmi troppo le mani, poichè purtroppo c'è tutto un filo conduttore tra tutto l'arco (e, si spera, anche tra gli altri)

Alla prossima!




 

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