Part Of Your Wild Uncharted Waters

di observer90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


PART OF YOUR WILD UNCHARTED WATERS

 

{La Sirenetta live action}

 

[Ariel / Eric]


 

CAPITOLO 1


 

Fu un fruscio sottile a svegliare Ariel, simile ad una carezza sopra il capo.

Il rumore del mare le solleticava le orecchie, i versi dei gabbiani nel cielo riempivano l’aria circostante e la pelle era levigata dalla sabbia intorno a lei. Il vento soffiava dal mare, danzando sulla sua pelle sotto forma di minuscoli brividi.

A poco a poco si rese conto di essere abbracciata a qualcosa…

Aprì gli occhi, stropicciandoseli con una mano e sollevò lo sguardo sopra la sua testa.

Eric dormiva ancora, i lineamenti del viso rilassati in un’espressione di beatitudine che fece affiorare un sorriso sulle labbra di Ariel: le appariva così vulnerabile e indifeso da far scattare dentro di lei il bisogno di proteggerlo con tutte le sue forze.

Notò che il braccio di lui le avvolgeva la vita, mentre la mano libera copriva quella di lei poggiata sul suo petto.

Pian piano Ariel iniziò a ricordare: avevano passato la notte sulla spiaggia, stretti l’uno all’altra e avvolti dal calore di una coperta che Eric aveva rimediato da Lashana.

Volevano stare da soli, Eric soprattutto voleva rimanere da solo con lei: aveva voluto che gli raccontasse ogni cosa, dal patto con Ursula fino alla decisione finale di suo padre di lasciarla tornare sulla terra.

Senza accorgersene, la luna era tramontata e il calore della coperta era così invitante da spingerli ad accucciarsi sulla spiaggia, fino ad addormentarsi a pochi metri dalla risacca.

Adesso Ariel poteva vedere il cielo schiarirsi sempre di più, con l’acqua ormai di un azzurro chiarissimo e un silenzio di pace ad avvolgere ogni cosa.

- Eric – sussurrò Ariel, scuotendolo delicatamente per una spalla. Non avrebbe mai voluto svegliarlo, ma non le sembrava giusto avergli fatto trascorrere la notte al di fuori del castello, - Eric – lo chiamò ancora, sollevandosi un poco dalla sua posizione supina.

Lui inspirò a fondo, stirò appena i muscoli e aumentò la stretta sulla mano di lei. Schiuse le palpebre e la guardò, un sorriso stanco gli curvò le labbra – Ariel – mormorò, soffocando uno sbadiglio.

Era adorabile alla vista, Ariel non poteva dire altrimenti – Ci siamo addormentati -

- Mmh – annuì piano Eric, aprendo gli occhi e puntandoli sul viso di Ariel, - Hai sentito freddo? -

Ariel scosse la testa, sollevandosi ancora e passando ad accarezzargli i capelli spettinati dal sonno – Mi dispiace di averti fatto dormire qui fuori -

Eric sorrise – Sono io che dovrei chiederti scusa – il tocco delle dita di Ariel fra i capelli sembrava indurlo ad addormentarsi di nuovo – Da quando sei tornata, non riesco a stare lontano da te -

Il cuore di Ariel fece una capriola nel suo petto, ma notò che c’era un velo di tristezza nella voce di Eric, che continuò – Ti ho già perso una volta. Non voglio che accada di nuovo, specialmente per colpa mia -

- Tu non hai nessuna colpa – intervenne Ariel con dolcezza.

– Invece sì. Avrei dovuto capire subito che eri tu, era così chiaro… -

- Adesso ti sembra chiaro. Ma senza la mia voce non potevo dirti chi ero, non avrei potuto fartelo capire in nessun modo -

Eric non disse nulla, aprì gli occhi e la guardò di nuovo – A volte mi domando se non sto sognando, se tu sei davvero qui con me -

Per tutta risposta, Ariel chinò il viso su di lui e gli sfiorò le labbra con le proprie.

Eric rispose al bacio e le posò la mano sulla guancia, sfiorandole gli zigomi con i polpastrelli.

Ariel pensò che non potesse esistere qualcosa di più autentico di quel momento che stava vivendo: sulla spiaggia, con Eric, il rumore delle onde nelle orecchie e il vento che soffiava dal mare.

Quando si separarono e le loro labbra produssero uno schiocco che si propagò nell’aria frizzante dell’alba, Ariel indugiò ancora nell’accarezzargli il viso – Sono davvero qui -

 

 

 

~

 

 

 

Erano passati appena due giorni dal ritorno di Ariel sulla terraferma, quando Eric discusse con sua madre.

La trovò nel suo studio, intenta a leggere uno dei tanti libri sul Popolo del Mare che Eric aveva accumulato durante i suoi viaggi. Ognuno di quei libri presentava delle copertine riccamente decorate, con intarsi dai riflessi acquamarina e che riportavano al loro interno illustrazioni dettagliate e dipinte con colori ad olio. Quei libri erano molto preziosi per Eric, che li custodiva alla stregua dei pirati con forzieri colmi di oro.

Il viso della regina era contratto in un’espressione dura, gli occhi stretti e severi che dal libro si sollevarono immediatamente su Eric non appena questi avanzò nella penombra della stanza, illuminata solo dal bagliore di qualche candela.

- Non entri mai qui – le disse lui, sperando di non risultare sgarbato. Sua madre non aveva mai pienamente approvato la sua vita da marinaio, e per di più non aveva mai fino a quel momento nutrito un particolare interesse per gli oggetti che il figlio collezionava.

- Avevo bisogno di parlare con te. Da sola -

Sembrava tranquilla, ma la durezza nel suo sguardo mise Eric in guardia.

La regina Selina chiuse il libro e lo ripose sopra la scrivania.

- Tu… hai saputo di lei nel momento in cui lo abbiamo saputo tutti, dico bene? -

- Sì -

La regina strinse le labbra, - Non mi stai mentendo, vero? -

- Perché dovrei mentirti? -

- Sei stato piuttosto irrequieto ultimamente – replicò lei in tono asciutto – Voglio accertarmi che tu sia sincero con me. Specialmente riguardo a lei -

- Ariel – fece Eric in tono basso – Il suo nome è Ariel -

La regina non disse nulla, si limitò a far vagare lo sguardo per la stanza.

- Non mi ero mai resa conto – esordì – di quanti oggetti tu possieda. Hai viaggiato così tanto. Sei cresciuto molto -

Eric non sapeva cosa dire. Erano rari i momenti come questi tra lui e sua madre, specialmente dopo la morte del re.

- Vorrei solo… - la regina parlava incerta, come se temesse di dar voce ai suoi pensieri – Vorrei solo che tu faccia attenzione -

- A cosa? -

- Le creature del mare sono imprevedibili. Per tanto tempo ci hanno… -

- No – ribatté Eric, - Ti prego, madre. Non ricominciare con questa storia. Ariel mi ha salvato la vita. E tu hai visto che i miei sentimenti per lei sono reali -

- Sì, è vero. Ciò che vi lega è molto forte. Basta guardarvi, è così chiaro -

- Allora qual è il problema? - fece Eric esasperato.

- Il problema, Eric, è che questa ragazza rimane comunque una sirena. Il Popolo del Mare è sempre stato in aperto conflitto con il nostro. Non puoi biasimarmi se nutro delle preoccupazioni.

Eric sospirò: non aveva nessuna intenzione di mettersi a discutere con sua madre.

Inspirò a fondo e si sforzò di mantenere un tono di voce calmo – Questo perché li hai sempre visti come una minaccia. Non ti sei mai soffermata a pensare che potremmo essere più simili di quanto crediamo -

- Eric… -

- Si teme e si combatte ciò che non si conosce. Se li conoscessi almeno un po’, come ho fatto io, ti renderesti conto che non abbiamo nulla da temere – esitò prima di aggiungere – Abbiamo le nostre colpe, ma possiamo essere uniti come un solo Popolo. Possiamo farlo, madre -

La regina rimase in silenzio per alcuni secondi, - Non sarà un cammino facile -

- Lo so, sarà lungo e difficile. Ma vale la pena tentare -

Eric si aspettò che lei ribattesse qualcos’altro, che avrebbe impiegato tutte le sue forze per convincerlo a desistere dalle cose che le aveva appena dichiarato.

Invece, sua madre gli venne incontro e gli prese le mani tra le proprie.

- Se è davvero ciò che vuoi, allora ti appoggerò. Vi appoggerò entrambi. Come regina e come madre -

Eric non riusciva a dire nulla, ogni parola gli sembrava superflua e incapace di trasmettere la gioia che provava in quel momento.

Così l’abbraccio, - Grazie, madre. Significa molto per me -

Lei non rispose, limitandosi a stringerlo tra le braccia e affondando il viso sulla sua spalla.

Rimasero così per qualche minuto, stretti in un silenzio che valeva più di mille parole.

- È qui per restare, immagino – disse infine sua madre.

Eric sorrise, - Sì –

- Molto bene – strinse di nuovo le mani al figlio e lo guardò con determinazione – La nostra famiglia si è allargata -

 

 

~

 

 

A svegliare Ariel fu la luce del sole che filtrava dalla finestra, luminosa e calda sulla pelle.

Si rese conto a poco a poco di essere stesa su una superficie morbida, e col cuore che le batteva per l’emozione tastò il materasso per accertarsi che fosse tutto vero.

Sorrise.

Era vero. Era tornata umana. Ed era nella sua stanza, quella che le era stata assegnata dal suo arrivo al castello.

Eric.

Il pensiero di Eric la spinse a sollevarsi dal letto e a mettersi in piedi.

Si tastò la gola, cantò per assicurarsi che la sua voce fosse lì con lei e non tra le grinfie di Ursula come l’immagine ricorrente che nei suoi incubi si palesava ogni notte.

La sua voce era lì con lei, insieme alle sue gambe.

Il dono che suo padre le aveva fatto le dava una gioia indescrivibile: gliene sarebbe per sempre stata grata.

- Buongiorno, piccola – una voce inconfondibile alle sue spalle la fece voltare, accompagnata dal familiare schiocco di chele, - Dormito bene? -

Ariel prese Sebastian tra le mani e gli schioccò un bacio sulla corazza, - Non posso credere di essere tornata. Mi sembra di sognare -

- Tuo padre mi manda per assicurarsi che tu stia bene. Anche se ha accettato tutto quello che è successo, non riesce a smettere di preoccuparsi per te -

Ariel strinse le labbra, ma annuì. Non riusciva ad esprimere la gioia e insieme il sottile velo di malinconia che l’attanagliava pensando a suo padre.

- Ehi – esclamò Sebastian, sfiorandole il mento con la chela, - Il tuo principe ti aspetta. Corri a prepararti! -

Al colmo della felicità, Ariel si vestì in fretta e uscì dalla stanza.

Aveva percorso pochi metri che vide Eric in fondo al corridoio.

Si guardarono entrambi per un secondo, poi Ariel gli corse incontro.

Eric la strinse a sé e la sollevò a qualche metro da terra.

- Buongiorno – le disse, dandole un bacio sulla guancia, - Dormito bene? -

- Sì – Ariel lo guardava come se non potesse credere di averlo lì davanti a lei. E perfino Eric sembrava ricambiare il suo sguardo, - Tu? -

Eric si strinse nelle spalle, - Non ho dormito molto, a dire il vero – le prese il viso tra le mani, - Non riuscivo a smettere di pensare a te -

Ariel gli sorrise, sentendosi di colpo molto più accaldata del solito: la temperatura corporea umana era ancora un mistero per lei.

 

 

~

 

Lo confortava la consapevolezza di poter proteggere Ariel, di sentire la sua voce in ogni momento della giornata, di potersi assicurare che non ci fosse nessuna Strega del Mare a tenderle una trappola o ad ingannare lui con un sortilegio.

Dopo averla ritrovata e persa, e di nuovo ritrovata così tante volte, adesso Eric voleva solamente tenerla con sé e proteggerla da qualunque cosa.

Non che Ariel fosse fragile, tutt’altro: era forte, intelligente… e bellissima.

Nel suo sguardo intenso e luminoso, nel suo sorriso candido e frizzante, come la spuma che s’infrangeva contro gli scogli, s’intravedeva per intero la bellezza che era custodita nella sua anima. Limpida e pura come l’acqua. Impetuosa e incorreggibile come l’oceano.

Adesso che erano insieme, che lei era tornata umana sarebbe rimasta con lui.

E lui voleva solo stringersi a lei, non lasciarla andare mai più.

Passavano così tanto tempo insieme da far parlare moltissime persone del palazzo, le quali però sorridevano vedendoli perché – Era da tanto tempo che il principe Eric non era così felice – o perlomeno questo era ciò che si vociferava in giro.

Era stato Grimsby a farglielo notare, non senza rivolgergli un piccolo sorriso ogni volta che Ariel veniva nominata.

- Quella ragazza ha portato la luce nella vostra vita, Sire. Lo vedo dai vostri occhi -

Eric, dal suo canto, non poteva essere più d’accordo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Nota Autrice: Lashana è la domestica che nel live-action assiste Ariel nel suo arrivo al castello.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

 

Il mondo intorno ad Ariel sembrava essersi trasformato. Non perché ci fosse qualcosa di diverso, il Mondo in Superficie restava sempre pieno di meraviglie da scoprire e lei ne divorava ogni dettaglio con la stessa famelica curiosità con cui vi era giunta la prima volta.

No, era il suo sguardo ad essere diverso.

Passeggiare per le strade del villaggio, fermarsi ad osservare le bancarelle e mescolarsi alla folla festante le risuonavano in maniera differente rispetto alla sua prima volta da umana.

E non era perché, stavolta, Eric la teneva per mano con la fervida ed evidente intenzione di non separarsi da lei.

Non riusciva a spiegarselo, o forse non voleva ammetterlo nemmeno a sé stessa, ma ciò che era accaduto in fondo al mare con Ursula e suo padre le aveva come schiuso qualcosa dentro la mente. Le si palesavano i ricordi della battaglia con la Strega del Mare, il modo in cui suo padre si era sacrificato per lei… dandole per un momento l’impressione di averlo perso per sempre quando Ursula gli aveva aizzato contro i suoi scagnozzi.

Pensava spesso a suo padre, ripensava al suo sguardo triste e malinconico quando aveva accettato di lasciarla tornare sulla terra. E pensandoci bene, Ariel faceva ancora una certa fatica a vedersi umana con la sua voce al sicuro insieme a lei.

Non ne aveva parlato con Eric, non voleva rattristarlo o dargli da pensare. Al contrario, voleva mostrarsi felice di tornare ad esplorare insieme a lui il Mondo in Superficie.

Quindi, con una scusa e l’altra lo tirava a sé ogni volta che adocchiava qualcosa che attirava la sua attenzione: si fermavano a provare stoffe dai colori vivaci (sotto la luce del sole ogni sfumatura sembrava quasi abbagliante agli occhi di Ariel), cappelli dalle forme strane e cibi dai sapori fortemente speziati e dai profumi invitanti (eccezione fatta per il pesce, che Ariel cercava sempre di evitare).

Eric si metteva a spiegarle pazientemente ogni cosa, dai nomi alle particolarità di ogni cibo e oggetto che si ritrovavano sotto agli occhi; le sue spiegazioni, si rese conto Ariel, discordavano parecchio con quelle di Scuttle circa la funzionalità di alcuni manufatti come, ad esempio, l’arricciaspiccia.

- Quindi… gli umani non la usano per sistemarsi i capelli? -

Eric trattenne a stento una risata – No, anzi. La usiamo per mangiare -

Ariel prese a rigirarsi l’oggetto tra le mani, guardandolo con stupore e provando una stretta allo stomaco, - E il suo vero nome è … -

- Forchetta – rispose Eric, circondandole le spalle con un braccio – Ma a me non importa se la usi per pettinarti i capelli, sei carina quando lo fai -

Ariel percepì una specie di sfarfallio dentro al petto nel sentire quelle parole, e sollevò lo sguardo puntandolo su Eric, il cui volto aveva assunto una sfumatura insolita: sembrava quasi che il sole lo avesse scottato all’improvviso.

- Ti senti bene? Hai una faccia strana – fece Ariel, e allungò una mano per accarezzargli il viso.

Eric le sorrise – Sto bene – tossicchiò e le prese l’arricciaspiccia dalle mani, poi iniziò a passarsela fra i ricci spettinati dal vento – Come sto? - le chiese dopo aver messo giù l’oggetto.

Ariel non poté trattenere un sorriso – Stai benissimo -

 

 

~

 

 

L’ultima bancarella che videro era colma di oggetti dalle forme e dimensioni più disparate. Eric le spiegò che si trattava di oggetti di antiquariato.

- Antiquariato? -

- Sono oggetti che le persone ad un certo punto smettono di usare, perché sono rotte o sono troppo vecchie – rispose Eric, - Così le portano qui per rivenderle -

- Oh – esclamò Ariel, guardando con foga gli oggetti esposti sulla bancarella – Sembra quasi di stare nella mia grotta dei tesori -

- Grotta dei tesori? - ripeté Eric divertito e incuriosito allo stesso tempo.

Ariel annuì – Quando ero una sirena avevo una grotta in fondo al mare dove nascondevo tutti gli oggetti provenienti dal Mondo in Superficie. Ne ho collezionati tantissimi e per tantissimo tempo -

- Davvero? Ma guarda un po’ – le prese la mano – Mi sembra di ricordare qualcuno -

Ariel gli rivolse un sorriso complice – Mmh, di sicuro qualcuno con una grande passione per oggetti da collezione -

Eric rise e lei insieme a lui. Lo sguardo di Ariel vagò avido fra tutti quegli oggetti, finché non si soffermò su uno in particolare.

- Non posso crederci – esclamò a mezza voce, - Dimmi che non sto sognando! -

- Cos’hai visto? - domandò Eric, sporgendosi per guardare nell’angolo dove Ariel stava indicando col dito.

- Quello! Ne avevo uno identico nella mia grotta! Una scatola musicale! -

Eric aguzzò la vista e si rese conto di ciò che Ariel stava indicando, - Oh, quello? Ti riferisci a un carillon -

- Carillon ? - Ariel si girò verso di lui, guardandolo confusa – Scuttle mi ha detto che il suo nome è scatola musicale -

- Chi è Scuttle? - domandò Eric, confuso a sua volta ma sinceramente divertito.

- La mia amica pennuta – rispose Ariel, - È lei che mi ha detto dell’arricciaspiccia... scusa, volevo dire forchetta, e di tutti gli altri oggetti che ho raccolto negli anni -

- Oh, adesso capisco – Eric ridacchiò, passandosi una mano dietro al collo – Be’, penso che la tua amica Scuttle abbia fatto un po’ di confusione -

- Sì, immagino che sia così – replicò Ariel, - Hai detto che si chiama… -

- Carillon – rispose Eric, e chiese al commerciante se poteva prendere un attimo l’oggetto per farglielo vedere più da vicino – Ecco, guarda – lo tenne fra le mani proprio sotto gli occhi Ariel – Ha un meccanismo interno che lo fa girare e nel frattempo suona anche una musica -

- Qui c’è la chiave, Sire – fece il commerciante, allungandogli la chiave che accompagnava il carillon , - Questo risale all’inizio dell’Ottocento, importato direttamente dalla madrepatria inglese fino ai Caraibi. E come potete vedere, è ancora in ottime condizioni e la fattura è di prim’ordine – indicò le fattezze dei ballerini sopra la base del carillon, i volti e gli abiti dei ballerini denotavano una cura dei dettagli di certo non indifferente.

Eric inserì la chiave nella piccola serratura a lato della base del carillon, le fece fare un paio di giri e una musica tintinnante si propagò dall’oggetto nell’aria.

- Ecco – fece Eric, porgendolo ad Ariel… che sembrava tremare in quel momento.

- Stai bene? - le chiese preoccupato.

- S-sì… - mormorò Ariel con la voce rotta, e Eric sentì una stretta al petto nel percepire con chiarezza l’emozione contenuta in lei, - È solo che… non ne avevo mai potuto sentire il suono prima. È bellissimo

Eric osservò Ariel tenere in mano il carillon e guardarlo con gli occhi che brillavano d’emozione. In quel momento avrebbe voluto stringerla a sé, farle sentire tutto l’amore che provava per lei, e desiderò che lei gli raccontasse qualcos’altro della sua grotta dei tesori in modo da poterle portare qualunque oggetto appartenente alla sua collezione.

- Quanto costa? - chiese al commerciante, che guardò prima Eric poi Ariel.

L’uomo scosse la testa e rivolse un sorriso ad entrambi – Prendetelo pure. Ve lo regalo -

- No, davvero, posso pagarlo… - Eric cominciò a tastarsi le tasche per tirar fuori il denaro.

- Insisto, Vostra Altezza. Sono più che lieto di donarvelo – replicò il commerciante, che guardò Ariel con una certa tenerezza.

 

 

~

 

 

Quando tornarono al castello, trovarono ad attenderli all’ingresso oltre a Sir Grimsby anche la regina Selina.

- Vostra Maestà – disse Ariel senza fiato, inchinandosi subito.

- Comoda, mia cara – la regina venne loro incontro e mise due dita sotto al mento di Ariel, invitandola a sollevare lo sguardo e a rimettersi dritta – Non sono necessarie le formalità – si girò e guardò Eric – Avete fatto tardi -

- Abbiamo fatto un giro al mercato – spiegò Eric, non senza apparire in un certo qual modo stupito dalla presenza della madre in quel momento. Ariel lo vide gettare un’occhiata in direzione di Sir Grimsby, ma il Primo Ministro rivolse loro un’espressione che sembrava volerli tranquillizzare.

- Non sapevo che avremmo fatto tardi, vi chiedo perdono – intervenne Ariel prontamente.

La regina le rivolse uno sguardo indulgente – È tutto a posto, mia cara. Vi stavamo semplicemente aspettando per la cena -

- La cena? - domandò Eric confuso.

La regina annuì - Ho organizzato un banchetto per stasera, per celebrare il ritorno di Ariel. Niente di fastoso, si tratta solamente di un’occasione per stare tutti insieme dopo gli ultimi eventi che si sono verificati -

Ariel azzardò un’occhiata in direzione di Eric, e gli lesse in volto lo stesso stupore che provava lei in quel momento.

- Vostra Maestà, è molto gentile da parte vostra – cominciò Ariel, - Ma non era necessario -

- Lo è, invece – la regina guardò Ariel con una intensità tale da farle tremare le ginocchia ancora non del tutto abituate alla sua condizione da umana – Hai salvato la vita di mio figlio, per ben due volte – le prese le mani e le strinse con premura – Ti devo tutto, mia cara. Mio figlio è ciò che ho di più prezioso al mondo, e tu lo hai protetto -

Ariel inghiottì a vuoto, il cuore colmo di un’emozione che non riusciva a descrivere – Anche lui mi ha protetta – replicò guardando Eric, che la ricambiò con un mezzo sorriso sulle labbra.

Gli occhi della regina erano lucidi mentre spostava lo sguardo da Ariel ad Eric, - Allora permettetemi di celebrare questo momento così importante con una cena. Saremo solo noi, e inoltre mi sono premurata di non far portare pesce in tavola -

 

 

~

 

 

- Cos’hai in mente? - domandò Eric a bruciapelo.

Sua madre si girò a guardarlo confusa, - A cosa ti riferisci? -

Eric la osservava dallo specchio della sua camera, mentre si vestiva per la cena – Sono solo stupito dal tuo comportamento, tutto qui -

La regina alzò gli occhi al cielo, - Non posso nemmeno organizzare una cena per mio figlio e tu diventi subito sospettoso? - si avvicinò per porgergli la giacca che un valletto teneva in mano.

- Puoi biasimarmi per questo? - rise Eric, lasciando che sua madre lo aiutasse a mettersi la giacca, poi si voltò verso di lei e le parlò in tono basso – Non voglio che tu ferisca i suoi sentimenti -

La regina aggrottò la fronte, scrutando il figlio con attenzione – Non lo farei mai -

- È strano, considerato quello che per tutti questi anni mi hai raccontato sul Popolo del Mare – replicò Eric duramente, allontanandosi da lei - E devo inoltre ricordarti della nostra ultima conversazione nel mio studio -

- Eric -

Il tono di sua madre era fermo, ma tradiva qualcosa: una certa inquietudine che lo spinse a bloccarsi davanti alla porta ancora chiusa e a girarsi verso di lei.

La regina lo guardava con le mani intrecciate in grembo, i lineamenti del viso non erano contratti dalla consueta severità cui lui era abituato, - So bene che il mio comportamento ultimamente è stato causa di attrito fra noi due, ma ero solo preoccupata per te – camminò a piccoli passi verso di lui – Sono tutt’ora preoccupata per te -

- Be’, non dovresti – fece Eric in tono mite, - Ho affrontato molte sfide negli ultimi tempi, so cavarmela da solo -

La regina scosse la testa, e una volta schiaritasi la voce proseguì – Il Popolo del Mare e quello della Superficie si combattono da moltissimo tempo -

Eric alzò gli occhi al cielo, - Questo me lo hai già detto, madre. Non ricominciare… -

La regina sollevò una mano per zittirlo, – Lasciami finire, poi potrai uscire da quella porta e non ne riparleremo mai più. Ti do la mia parola -

Eric avrebbe voluto protestare, ma si costrinse a restare zitto e ascoltò le parole di sua madre.

- Quello che c’è fra te e questa… ragazza – pronunciò l’ultima parola con un’incertezza che rischiò di far vacillare Eric dal suo proposito di rimanere in silenzio, - Si tratta di un grosso cambiamento, che rischia di alterare gli equilibri del nostro mondo. Del mio e del tuo come del suo -

Eric inspirò a fondo, chiuse e aprì le palpebre e annuì lentamente – Il mondo cambia di continuo, madre. Niente resta sempre uguale -

- Ma un cambiamento del genere non ha precedenti nella storia – insistette sua madre, - Quello che voglio dire è che dobbiamo stare attenti, assicurarci che non le venga fatto del male -

Eric sollevò immediatamente lo sguardo e strinse i pugni lungo i fianchi – Io non lo permetterò mai -

- Lo so – la regina si avvicinò ancora di più a lui e gli prese una mano tra le proprie – Ma non puoi aspettarti che il mondo accetti un cambiamento del genere. Sono davvero poche le persone che hanno la mente aperta, e tu questo lo sai -

Le parole di sua madre lo colpirono con la forza travolgente di un’onda.

Sua madre non aveva tutti i torti, in fondo.

Lui stesso per anni aveva viaggiato in mare con una ciurma che nutriva credenze maligne sul Popolo del Mare e che molte volte era stata sul punto di aizzare gli arpioni contro dei delfini, per il semplice motivo che li avevano scambiati per delle sirene.

Ricambiò la stretta della regina e si sforzò di sorriderle rassicurante – Lo so. So che hai ragione, e so che ci saranno dei rischi. Ma io voglio affrontarli, sono pronto a farlo. Per Ariel sono disposto a fare qualsiasi cosa -

Quelle parole parvero colpire la regina nel profondo, perché annuì e sembrava che faticasse a trattenere un sorriso – Stai molto bene – gli disse accennando alla giacca.

- Anche tu – rispose Eric, dandole un bacio in fronte.

 

 

~

 

 

Ariel guardava il suo riflesso allo specchio, mentre Lashana le allacciava il vestito che la regina le aveva fatto recapitare nella sua camera: un abito rosa chiaro, con una gonna piuttosto ampia e un corpetto aderente che quasi le mozzava il fiato. Doveva ancora abituarsi ai corsetti, anche se non poteva negare che ne avrebbe fatto volentieri a meno nella sua nuova vita da umana.

- Perché quella faccia, piccola? - la voce di Lashana la distolse dai pensieri sui corsetti, - Forse il vestito non ti piace? So che non è ciò a cui sei abituata… -

Ariel scosse la testa, - No, mi piace. Mi piace molto – sollevò le braccia e trattenne a stento una smorfia nel vedere le proprie braccia coperte da strette maniche di pizzo.

Lashana, però, la guardò come se avesse capito il suo reale stato d’animo, - Si tratta solo di poche ore, non preoccuparti -

Le fece indossare le scarpe (strette anche quelle, e Ariel iniziò a domandarsi che problemi avessero gli umani per adottare quel tipo di costrizioni al loro corpo) e la fece sedere davanti alla specchiera per acconciarle i capelli.

- Lashana – Ariel parlò a voce bassa, guidata solo dall’istinto di una domanda che premeva per sgorgare fuori dalle sue labbra.

- Sì, tesoro? -

Ariel deglutì e avvertì una stretta allo stomaco mentre la domanda prendeva forma grazie alla sua voce – Pensi che io possa piacere alla regina? -

Lashana rimase in silenzio per un secondo, poi le sorrise, - Ma certo che le piaci, piccola mia! Hai salvato la vita di Eric, e questo significa tanto per lei -

- Sì, però… - Ariel strinse le labbra e si guardò le dita intrecciate in grembo – Resto pur sempre una sirena. I nostri popoli sono sempre stati in guerra fra loro -

Lashana mise giù le perline che aveva cominciato ad inserirle fra i capelli, le mise una mano sulla spalla mentre con l’altra le scostava un ciuffo dal viso – Tu ed Eric state facendo qualcosa che non ha precedenti nella storia dei nostri popoli. State portando la pace, siete l’alba di un nuovo inizio – le sorrise e Ariel sentì allentarsi un po’ il peso che da tempo sentiva premerle sul petto – E anche la regina è assolutamente consapevole di questo – le diede un buffetto sul mento e ricominciò ad acconciarle i capelli.

Quando Ariel fu pronta, poco prima di uscire dalla camera si diresse verso Lashana e le gettò le braccia al collo – Grazie -

Lashana ricambiò l’abbraccio, e le diede un bacio sulla fronte.

 

 

~

 

 

- Sire, siete piuttosto agitato – fece Sir Grimsby, non senza celare una nota di divertimento nella voce.

- Davvero? Non lo avrei mai detto – replicò Eric un po’ più bruscamente di quanto avrebbe voluto, - Mi dispiace, è solo che… -

- Le fanciulle arrivano sempre in ritardo. È questione di preparativi – esordì il Primo Ministro, con il chiaro intento di voler risultare rassicurante.

- Io non sono mai in ritardo – fu la replica della regina alle loro spalle.

- Ovviamente non mi riferivo a voi, Vostra Maestà – Grimsby le rivolse una piccola riverenza, la regina non disse nulla e proseguì nel controllare la disposizione del tavolo della cena.

Eric di fronte a quella scena soffocò una risata.

- Madamigella Ariel – annunciò in quel momento un valletto dall’ingresso della sala da pranzo.

Eric era appoggiato allo schienale di una sedia e per poco non la rovesciò a terra per il modo repentino con cui si raddrizzò in piedi.

Nel momento in cui Ariel fece il suo ingresso, il bagliore aranciato del tramonto che filtrava dalla finestra l’attraversò illuminandone la figura: era avvolta in un vaporoso abito rosa cipria, la gonna emetteva un fruscio leggero al suo passaggio, e i capelli decorati da perle di colori diversi erano avvolti in una morbida acconciatura che le ricadeva sulla schiena.

Eric si sentì mancare il fiato. Era bellissima, ovviamente.

Ma la cosa che risaltava maggiormente ai suoi occhi era il sorriso di lei: sembrava più timida del solito, ma non perdeva la spumeggiante allegria che la contraddistingueva.

Mosse un piede per venirle incontro, ma la regina fu molto più rapida di lui – Mia cara, che piacere vederti. Sei splendida, non è vero Eric? -

Eric non rispose subito, aveva la strana e ridicola sensazione che ogni cosa stesse procedendo ad una lentezza esasperante. Ma lo sguardo carico di attesa di Ariel lo spinse a schiarirsi la voce e a sorriderle raggiante – Sì, sei bellissima -

Ariel rispose con un cenno del capo, - Grazie – poi la regina la condusse verso la tavola e le indicò il suo posto.

Eric non le distolse lo sguardo neanche per un attimo, e Ariel ogni tanto si voltava a guardarlo con la coda dell’occhio. Sembrava volesse qualche suggerimento, o forse voleva semplicemente capire se stava andando bene oppure no.

Eric avrebbe voluto dirle che stava andando benissimo, e che non doveva preoccuparsi di nulla. Tanto meno di piacere a sua madre.

La regina Selina, infatti, per tutta la cena si dimostrò affabile nei confronti di Ariel: le fece moltissime domande, molte soprattutto riguardo la sua vita da sirena e il Popolo del Mare in generale, e alcune riguardanti la notte del naufragio in cui aveva salvato Eric la prima volta. Ariel rispose a tutte le domande, mostrandosi a sua volta ben disposta nei confronti della curiosità della regina.

Eric le sedeva accanto, felice ed emozionato per come quella cena che aveva temuto sin dall’inizio si stava svolgendo. Sir Grimsby gli gettava di sottecchi delle occhiate da cui traspariva un orgoglio senza precedenti.

Quando arrivarono le prime portate, Ariel ebbe una specie di sussulto alla vista della forchetta o arricciaspiccia come la chiamava lei. Eric la vide posare brevemente le dita sopra la posata, prima di prenderla con grazia e usarla per le pietanze.

Di tanto in tanto lo guardava, sempre con quell’implicita domanda negli occhi: vado bene?

Per tutta risposta, Eric le prese la mano libera da sotto il tavolo e intrecciò le dita alle sue.

 

 

 

~

 

 

 

La cena era ormai finita da un pezzo, quando la regina invitò tutti a spostarsi nella terrazza per prendere il tè e intrattenersi ancora prima di andare a letto.

La luna era spuntata e come una gigantesca perla bianca si mostrava in tutto il suo bagliore filtrando dalle ampie finestre. Ariel si mise al fianco di Eric, ancora mano nella mano da quando lui le aveva preso la sua sotto il tavolo durante la cena.

Mentre la regina e Sir Grimsby erano impegnati in una conversazione fra loro, Eric si sporse per sussurrarle all’orecchio – Stai andando benissimo -

Ariel si sentì il viso in fiamme, ma tirò anche un sospiro di sollievo – Sono contenta. Ero davvero molto nervosa -

- Non hai motivo di esserlo – le sorrise Eric, portandosi infine la mano di Ariel alle labbra.

Le baciò il dorso con delicatezza, ma quel gesto fu sufficiente per travolgere Ariel come con una gigantesca onda.

Arrivati sulla terrazza li accolse una piccola orchestra, posizionata alle spalle del tavolo su cui avrebbero preso posto. Ariel osservò incantata ogni cosa: alcuni di quegli strumenti li aveva custoditi nella sua grotta, pur senza avere la minima idea che gli umani li usassero per produrre della musica (al contrario del soffiablabla che invece, come le aveva spiegato Eric, serviva a fumare del tabacco e si chiamava pipa).

Per non parlare del servizio da tè: anche molti di quegli esemplari facevano parte della sua collezione, e Ariel si sentì emozionata all’idea di sperimentarne il vero utilizzo.

La regina li invitò a prendere posto su delle poltrone imbottite di una stoffa che Ariel sentì morbida e setosa sotto il palmo della mano. Quando venne servito il tè, Ariel fece fatica a capire come dovesse usare tutti quegli oggetti.

- Guarda me – le sussurrò Eric, mostrandole come bere il tè. Al primo assaggio, Ariel sgranò gli occhi per la sorpresa: il liquido caldo le danzò sulla lingua lasciandole un aroma intenso.

Mentre i domestici portavano loro una grande quantità di dolci dalle forme bizzarre e dai colori accesi, l’orchestra cominciò a suonare. Ascoltarono dei pezzi che sembravano essere molto in voga nel mondo degli umani: un certo Mozart, poi Beethoven e altri nomi strani che Ariel faticò a tenere a mente.

Ma lei ascoltò quella musica assaporando ogni nota e soffermandosi sulla diversa vibrazione dei suoni in base allo strumento dal quale provenivano.

C’erano grandi archi che emettevano note basse e dalla sfumatura malinconica, poi archi più piccoli che li seguivano a ruota con un suono più morbido e avvolgente.

- Quella come si chiama? - indicò ad Eric uno strumento simile ad una gigantesca lira, che alcune sirene ancora utilizzavano.

- Quella è un’arpa – le rispose Eric, e il suono che da essa proveniva era…

Ariel non riusciva a descriverlo con chiarezza.

Le ricordava l’acqua, lo riconduceva al movimento che producevano le onde e le correnti: avvolgente ma allo stesso tempo leggero.

- Ha un suono meraviglioso – si lasciò sfuggire in un sussurro strozzato dall’emozione.

- Sì, hai ragione – fu la risposta di Eric, che le prese la mano e la guardò con la stessa intensità con cui l’aveva guardata la sera della loro prima gita in barca alla laguna.

Ariel sentì il cuore galopparle forte dentro al petto, un potente sfarfallio all’altezza dello stomaco la travolse spingendola a volersi fare più vicina a lui…

- Ariel, mia cara – disse la regina richiamando la sua attenzione, - Ti ho fatto così tante domande su di te e sul tuo Popolo, ma mi sono resa conto di non averti chiesto nulla sulla tua famiglia -

- Oh, ehm, sì – Ariel poggiò la sua tazza sul tavolo, - Insomma, non c’è molto da dire. Io e le mie sorelle governiamo i Sette Mari per conto di mio padre, Re Tritone – esitò prima di aggiungere – È lui il Sovrano per eccellenza, e ha affidato a ciascuna di noi un mare da governare. Ad ogni Luna Corallo ci riunisce tutte per chiederci notizie dei nostri regni, ed è anche una delle poche occasioni che abbiamo per stare tutti insieme -

Le sembrò di vedere un guizzo negli occhi della regina, ma doveva essersi sbagliata perché annuì e le rivolse un sorriso, - Immagino che tu e le tue sorelle siate molto unite -

- Lo siamo – rispose Ariel con una piccola risata – Diciamo di sì, io sono la più piccola e quindi sono sempre state molto protettive con me -

- Non deve essere stato facile per tuo padre lasciarti andare – aggiunse la regina.

- No, non lo è stato – rispose Ariel tranquilla, - Ma ha capito cosa desideravo realmente, e mi ha dato la possibilità di tornare qui – strinse la mano di Eric da sotto il tavolo, - E di questo gliene sarò per sempre grata – concluse voltandosi brevemente verso di lui.

Eric le sorrise, ma era come se un velo di tristezza gli avesse attraversato il viso.

Non ebbe il tempo di chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, che la regina prese di nuovo la parola – Il gesto di tuo padre denota il grande amore che prova per te. I genitori tendono a dimenticare che a volte devono fare un passo indietro, e lasciare i figli liberi di scegliersi il loro avvenire -

- Non credo di averti mai sentito dire una cosa del genere – esordì Eric stupito, - Non mi sei mai sembrata di questo avviso con me -

- Imparo dai miei errori, caro – replicò la regina, sorseggiando il suo tè.

 

 

~

 

 

Eric aveva insistito per fare una passeggiata insieme prima di accompagnarla nella sua camera. Aveva proposto la spiaggia, ma Ariel sentiva i piedi dolerle e non vedeva l’ora di togliersi le scarpe, per non parlare del corsetto e del vestito che iniziava a pizzicarle.

Però, quando giunsero in prossimità della costa l’aria frizzante proveniente dal mare risvegliò in lei l’istinto di avvicinarsi all’acqua. E il fatto che Eric la tenesse per mano, sotto quella gigantesca luna che sembrava osservarli benevola, la spinse a mettere da parte il fastidio provocatole dall’abito.

Ariel si tolse le scarpe e le abbandonò sulla sabbia, avanzando verso l’acqua e lasciando andare un lieve sospiro quando questa le lambì i piedi. Sollevò con entrambe le mani i lembi della gonna e avanzò ancora in mezzo alla spuma di mare.

Si girò verso Eric, che la guardava con una intensità tale da toglierle il fiato. Allungò una mano verso di lui – Vieni? -

In risposta all’invito, lui si tolse gli stivali e camminò verso il punto in cui si trovava lei.

L’abbracciò da dietro, e Ariel gettò il capo indietro fino a poggiarlo contro il suo petto.

Gli circondò le braccia con le proprie, sentì la guancia di lui posarsi sui suoi capelli.

- Senti che bel silenzio – disse piano, la sua voce era come una carezza sulla guancia di Ariel, che sorrise.

- In realtà, in questo momento , le correnti stanno sussurrando al nostro passaggio -

- Davvero? -

Ariel annuì, - Le correnti notturne in verità sono un po’ timide, a volte. Ma stasera pare abbiano molta voglia di chiacchierare -

- Cosa dicono? -

- Oh, ehm – Ariel si sentì le guance accalorate – Si congratulano con noi per il nostro, ehm, legame -

Eric rise, - Ringraziale da parte mia -

- Puoi farlo tu stesso. Sentono tutto quello che diciamo -

- Oh – la voce di Eric le risultò disorientata e lei sorrise intenerita, - Allora, ehm, grazie -

Ariel rise – Dicono che sei molto affascinante -

- Oh, andiamo – ridacchiò Eric imbarazzato.

- Dicono che hai un bel sorriso e che il colore dei tuoi occhi ricorda tanto le correnti alle prime luci del mattino. Da noi è considerato di buon auspicio. E che hai anche una bella voce – Ariel esitò prima di aggiungere – Ed è vero. Ti ho sentito cantare, poco prima del naufragio. Sei davvero molto bravo -

- Ti ringrazio – le schioccò un bacio fra i capelli, - Ma ti assicuro che conosco qualcuno molto più bravo di me -

- Oh, davvero? - ridacchiò Ariel.

- Sì. Una bellissima sirena con una voce meravigliosa, pensa che mi ha addirittura salvato la vita -

Ariel si sentiva stranamente commossa, e per questo non riusciva a dire una parola.

– Spero… - cominciò Eric ma si interruppe, e Ariel percepì l’incertezza nella sua voce.

- Cosa? - lo esortò.

Lo sentì sospirare alle sue spalle, prima di dire – Spero solo che tu non sia triste per il fatto di… aver rinunciato ai tuoi doni da sirena per tornare umana -

- No – fece lei mite - E non ho rinunciato a tutti i miei doni da sirena, perlomeno non dopo che mio padre mi ha trasformata. Posso ancora cantare, anche se non posso più usare la mia voce per salvare qualcuno -

- Non è vero – ribatté Eric con dolcezza, - Ogni volta che ti sento cantare, è come se rivivessi il momento in cui mi hai salvato – poggiò il mento sulla sua spalla e Ariel si sentì invadere da un brivido piacevole nel sentire la voce di lui vibrarle fin sotto la pelle – È come se mi salvassi sempre -

Per la prima volta nella vita, Ariel si rese conto di non sapere cosa dire a causa dell’immensa felicità che le stava esplodendo dentro. Era come se un’onda gigantesca si fosse fatta spazio tra il petto e la gola, impedendole di articolare anche il minimo suono.

Avrebbe voluto fargli capire quanto il suo amore per lui le bruciasse addosso come una fiamma costante, quanto i suoi occhi fossero in grado di infonderle sicurezza e protezione.

- Anche tu mi hai salvata – riuscì a dire con voce tremula, - Quando sono arrivata qui la prima volta mi hai accolta, mi hai portato con te ovunque e mi hai mostrato tutto ciò che ho sempre desiderato vedere. Hai esaudito il mio sogno più grande -

- E ci sono così tante cose che voglio mostrarti, luoghi da esplorare… -

- Potremmo seguire le tue mappe -

- Lo faresti? -

- Salpare con te verso acque inesplorate? Assolutamente sì -

Risero entrambi, per poi rimanere in silenzio totalmente in balia dello spettacolo mozzafiato che la costa stava offrendo loro quella notte.

Ariel non aveva intenzione di rientrare nella sua camera, perlomeno non ancora: si scoprì più che disposta a sopportare il pizzicore provocatole dal vestito e dal corsetto, se equivaleva a stare ancora un po’ insieme ad Eric.

- Ho sempre amato venire qui – disse lui dopo un po’ - A volte, mi sembrava l’unico modo per non impazzire -

Ariel lo guardò interrogativa.

- Non ho mai sopportato di restare chiuso lì dentro – Eric accennò al castello sopra di loro, - La mia vita mi è sempre sembrata troppo stretta, mentre il mare mi dava la sensazione che non ci fosse nulla a trattenermi dal seguire il mio istinto -

- È curioso, che tu sia sempre stato tanto legato al mare e invece io abbia a lungo desiderato di vivere sulla terra –

Eric rise, - Immagino sia un buon contrasto. Significa che, alla fine, uno di noi due si sarebbe imbattuto nell’altro prima o poi -

- Mi piace pensarla così – disse Ariel piegando la testa per osservarlo in viso.

- Anche a me – concordò Eric, dandole un bacio sulla tempia.

- Nella nostra cultura – aggiunse Ariel – è il Mare a legare i destini e le anime delle persone. Nei matrimoni si recita sempre che “ciò che il Mare ha unito, non potrà mai essere diviso” -

- Mi sento fortunato allora. Ero sempre stato legato a te, anche quando non ti conoscevo ancora -

- Penso la stessa cosa -

Rimasero fermi a guardare l’orizzonte, la luna alta nel cielo trapunto di stelle lasciava la propria scia luminosa sul pelo dell’acqua come una cascata di perle. Il vento soffiava dal mare, forte ma non abbastanza da farli desistere dal restare lì ancora lungo.

- C’è una cosa che non ti ho detto – esordì Eric dopo un po’, - In realtà, si tratta di un pensiero che si palesa nella mia mente e che non mi fa stare tranquillo -

- Di che si tratta? - fece Ariel preoccupata.

- Non è niente di grave, solo… - lo sentì inspirare profondamente prima di dire – Voglio solo che tu sappia che non ti fermerei se volessi tornare dalla tua famiglia -

Ariel si girò nella sua direzione, il suo cuore parve schiudersi ulteriormente di fronte a quella confessione e alla voce tremula con cui lui gliel’aveva fatta.

- Certo, mi farebbe soffrire il pensiero di non averti più con me – continuò lui - Ma lo sopporterei, perché l’unica cosa che voglio è che tu sia felice. Mi importa solo di questo -

- Eric – Ariel si liberò dalla sua stretta, ma solo per mettersi di fronte a lui, le mani poggiate sul suo petto e un sorriso sulle labbra - Io sono felice, più felice di quanto lo sia mai stata in vita mia. Perché sono esattamente dove ho sempre voluto essere. Sulla terra, insieme a te -

Eric le prese le mani e le baciò le dita con… devozione. Ariel si sentì tremare le ginocchia.

- Non voglio che tu te ne vada – le rivelò, - Ma non voglio nemmeno che tu ti senta in gabbia. Non mi sognerei mai di impedirti di tornare ad essere una sirena, se è quello che vuoi -

- Quello che voglio, quello che ho sempre voluto è qui. E da quando ti ho conosciuto, non ho desiderato nient’altro a parte stare con te. E per la prima volta, mi sento finalmente libera -

Eric si sporse verso di lei, le loro fronti si toccavano, il respiro di lui era caldo sulla sua pelle. Ariel sentì uno strano formicolio percorrerle le labbra, lo stesso che aveva sentito alla laguna quando stavano per baciarsi, e si alzò sulle punte. Le loro bocche si incontrarono a pochi millimetri di distanza, che venne annullata del tutto quando Eric chinò il viso su di lei.

Quel bacio le risultò diverso rispetto a quelli che finora si erano scambiati. Sapeva di sale e lacrime, un tocco che le scatenò un incendio nel petto, un calore forte ma che non le provocava dolore come la prima volta che si era avvicinata al fuoco.

Quel bacio le fece desiderare di più: voleva stargli più vicina, premersi maggiormente contro il suo corpo, sentire il calore delle sue braccia che la cingevano.

Le labbra di Eric erano morbide e calde, un contrasto perfetto col vento freddo che sferzava attorno a loro, e lei desiderò con ardore di poterne memorizzare ogni increspatura e piega. Voleva che il suo tocco le rimanesse impresso esattamente come era accaduto la prima volta che lui le aveva tenuto la mano, quando lo aveva salvato.

- Ti amo – disse piano Eric, staccandosi da lei appena di qualche centimetro.

Un sorriso le piegò le labbra, - Ti amo anch’io -

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3

 

 

 

Camminava scalza in un corridoio buio, una striscia di luce attraversava il pavimento in corrispondenza di una porta socchiusa. Ariel avanzò fino a lì, ritrovandosi davanti l’uscio semi aperto.

Vide la sua mano sollevarsi verso la maniglia e spingerla piano.

Una voce stava cantando.

La sua voce.

Si tastò la gola, e aprì la bocca per parlare. Dalle sue labbra non usciva alcun suono.

La voce continuava a cantare, in un crescendo sempre più spinto.

In preda al panico, spinse ancora la porta fino a rivelare l’interno di una stanza spoglia, fatta eccezione per un gigantesco specchio a tre ante. Davanti ad esso, riflessa sulla superficie, le dava le spalle una ragazza dai folti capelli bruni e vestita di viola.

Ariel guardò la figura riflessa nello specchio, e con un moto di terrore si rese conto che era lei a cantare con la voce che le era stata rubata da Ursula.

Ursula.

No, non poteva essere. Ursula era morta. Morta. I suoi resti giacevano in fondo al mare.

Invece…

Era lei, sotto le sembianze di Vanessa.

Ariel avrebbe voluto gettarle le mani addosso, agguantare la conchiglia che in quel momento portava al collo e che pulsava di un bagliore dorato, romperla e riprendere ciò che era suo.

Ma non riusciva a muoversi, sentiva le piante dei piedi bloccate sul pavimento.

Avvertiva un dolore sordo dappertutto, da ogni estremità e il cuore le galoppava furioso dentro al petto.

Dopo l’ultimo, grande, acuto, Vanessa si voltò a guardarla, - Addio, rossa – sibilò, stavolta con la voce di Ursula, e scoppiò in una risata agghiacciante. Una risata che trapassò il cranio di Ariel, provocandole dolorose fitte alla testa. Poi la superficie dello specchio ebbe una specie di tremolio, come se fosse fatto d’acqua, e il riflesso di Vanessa venne sostituito dall’immagine di Ursula.

I suoi tentacoli si dimenavano furiosi, rideva in modo sguaiato e teneva fra le mani il tridente di suo padre, - Non ti libererai mai di me, piccola. Io sarò sempre nelle tua testa – sibilò le ultime parole con un tono basso e roco, per poi gettare la testa indietro e ridere ancora.

E ancora. E ancora.

Vanessa rideva, tenendosi stretta la conchiglia al collo. Ursula rideva, con il tridente stretto fra i tentacoli.

Ariel si tenne la testa fra le mani, sembrava che il suo cervello fosse sul punto di esplodere in quel momento. Voleva gridare, voleva chiamare aiuto perché non riusciva a muovere nemmeno un muscolo. Guardò in basso e vide che i tentacoli di Ursula l’avevano afferrata per le caviglie, tenendola saldamente ancorata al pavimento.

- Ariel -

Era la voce di Eric.

Ariel sollevò lo sguardo, istintivamente aprì la bocca per chiamarlo, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono. Doveva trovarlo, doveva dirgli che Ursula lo aveva stregato e che gli aveva teso una trappola.

Si guardò intorno: non c’era traccia di Eric.

Una fitta lancinante dal basso la fece accartocciare sul pavimento, e con terrore vide la sua coda là dove prima c’erano le gambe.

Qualcosa la afferrò per la gola, e Ariel si vide sbattere sul pavimento da Ursula, i lineamenti del volto accartocciati in una maschera di odio e follia.

La stessa follia che trasudavano i suoi occhi.

- Credevi di farla franca col tuo bel principino. Ma non puoi scappare da ciò che ti fa più male, piccola sirenetta -

La stretta delle mani di Ursula attorno alla sua gola aumentò, Ariel si sentì mancare il fiato e sollevò a fatica le mani per agguantarle i polsi e spingendo con forza le unghie nella pelle della Strega.

Il dolore, così come la risata di Ursula, crescevano sempre di più.

Una fitta pulsante alla testa attraversò Ariel, un peso schiacciante sul petto le mozzò il respiro…

 

Ariel si svegliò respirando affannosamente, la pelle completamente avvolta dal sudore e le lenzuola avviluppate attorno alle sue gambe. Le calciò via con violenza, si mise una mano sopra la gola e provò a cantare. Poche note, ma bastarono per farle capire che la sua voce era con lei, al sicuro con lei.

Chiuse gli occhi, inspirando forte e premendosi l’altra mano sul petto: i battiti erano ancora accelerati, e provò uno strano senso di vertigine.

Strinse i pugni conficcandosi le unghie nei palmi, aprì le palpebre e si concentrò sul mare che s’intravedeva dalla finestra aperta.

Si alzò dal letto e camminò fino a lì, inginocchiandosi sul davanzale e inspirando l’aria salmastra della notte. La luna non c’era più, il cielo nero era puntellato di stelle che però non riuscirono a tranquillizzarla come facevano di solito.

Di solito, infatti. Perché da quando aveva gli incubi, che erano apparsi dopo qualche giorno il suo ritorno in Superficie, Ariel si affacciava alla finestra e guardava le stelle nel cielo per ritornare con la mente alla sera in cui l’aveva fatto con Eric la prima volta.

- Ariel. Un bellissimo nome. Scritto nelle stelle -

Un brivido le scosse le spalle, se le circondò con le braccia e si mise seduta sul davanzale, il mento poggiato sopra le ginocchia che tremavano ancora.

Era stufa di quegli incubi. Era stufa di vedere ogni notte il volto di Ursula, di sentire la sua risata mista a quella della sua controparte umana.

Era stanca di sentirsi impotente di fronte alla Strega del Mare che le rubava la voce e la usava per ingannare tutto e tutti.

E quando non si trattava di Ursula, era suo padre a comparirle nei sogni: rivedeva ogni notte il momento in cui lui prendeva il suo posto nel patto con Ursula, la quale poi gli scagliava contro i suoi scagnozzi che lo aggredivano con ferocia. Ariel urlava nel sonno vedendo suo padre collassare dopo l’attacco, sparendo sul fondo degli abissi.

Voleva urlare. Avrebbe voluto urlare in quel momento.

Poi si rese conto che avrebbe svegliato l’intero castello, e l’ultima cosa che voleva era far preoccupare le persone che adesso erano diventate parte della sua famiglia.

Soprattutto, si disse affondando la faccia nelle ginocchia, non voleva far preoccupare Eric.

Cosa avrebbe potuto dirgli? Che da quando era tornata sulla terra era costantemente tormentata da incubi che ritraevano Ursula intenta a strapparle via tutto ciò che amava di più? Cosa avrebbe pensato Eric di tutto questo? Che lei non riusciva ad adattarsi al Mondo in Superficie? Che avrebbe dovuto tornare ad essere una sirena e dimenticarsi di tutto il resto?

Il solo pensiero la fece tremare ancora di più.

Passarono alcuni minuti, e non appena ebbe accettato di non avere nessuna intenzione di rimettersi a dormire, decise di uscire dalla sua stanza per prendere una boccata d’aria.

Magari, si disse avvolgendosi uno scialle sopra le braccia scoperte dalla camicia da notte, il più vicino possibile al mare.

Quando uscì dalla sua camera chiudendosi piano la porta alle spalle, scosse la testa rispetto al pensiero precedente.

No, non voleva stare in prossimità del mare. L’acqua in quel momento le ricordava troppo Ursula, ed era l’ultima cosa di cui aveva bisogno.

Ariel camminò lungo i corridoi, finché non scese le scale e si ritrovò in corrispondenza dello studio di Eric. La porta era chiusa e accostò l’orecchio per sentire se ci fosse qualcuno all’interno.

Udendo il silenzio assoluto, si fece coraggio e spinse piano l’uscio.

Entrare il quella stanza le diede un sollievo immediato, la stessa sensazione che provava con la sua grotta dei tesori in fondo al mare. Si guardò intorno, catturando con gli occhi ogni scaffale e angolo.

 

 

~

 

- Max, vieni qui! - sussurrò Eric, e il suo cane gli venne incontro scodinzolando. Era notte fonda, e lui non riusciva a dormire.

Non che fosse una novità. Eric era abituato a rimanere sveglio durante la notte.

Specialmente negli ultimi tempi, non era in grado di addormentarsi col canto di Ariel a risuonargli nella testa. E adesso, come se non bastasse, era arrivato anche a sognarla.

Solo che non si trattava di sogni piacevoli.

Si ritrovava a sognare il momento in cui Ariel gli era crollata tra le braccia, la coda che sbucava fuori dal vestito e gli sguardi atterriti dei presenti puntati su di lei. Risentiva la risata stridula e agghiacciante di Vanessa, che subito si tramutava nella Strega del Mare e lo scagliava di lato quando lui faceva da scudo ad Ariel col proprio corpo.

Cadeva a terra, udiva Ariel gridare il suo nome e poi lui si affacciava in tempo per vederla sparire sott’acqua tra le grinfie di Ursula.

Lo stesso sogno a tormentarlo da diverse notti, che lo portava a svegliarsi di soprassalto e ad uscire il più in fretta possibile dalla sua camera per scrollarsi di dosso le immagini ancora vivide.

Chiudeva gli occhi, faceva dei respiri profondi e si concentrava su Ariel, si ricordava che lei era tornata umana e viveva insieme a lui nel castello; osava solo in quel frangente di immaginarsela nel suo letto a dormire beatamente.

Magari, si diceva, senza nessun incubo a perseguitarla nel sonno.

Un sonno che Eric, quella notte, capì che non sarebbe riuscito a recuperare, e allora aveva pensato che il modo migliore di trascorrere una notte insonne fosse sulla spiaggia a giocare con Max, di solito un gran dormiglione ma che aveva una sorta di sesto senso nel capire quando il suo padrone aveva più bisogno di lui.

Come quella notte, in cui si era svegliato insieme a lui e lo aveva seguito per tutto il castello fino ad arrivare lì sulla spiaggia.

Il mare era piuttosto agitato, e ad Eric venne quasi spontaneo domandarsi se la causa non fosse da ricercare nel Re del Mare, triste per la partenza della propria figlia al punto da scombussolare le acque ai piedi del castello.

Eric si rabbuiò: Ariel aveva fatto la sua scelta, aveva scelto di tornare e di stare con lui.

Però, in quel momento ebbe il fastidioso e insinuante pensiero di non essersi soffermato a lungo su quanto difficile e sofferta potesse essere stata quella decisione.

Lei, però, gli aveva ribadito quella sera quanto fosse felice di essere tornata sulla terra, di stare insieme a lui.

Allora perché una parte di Eric continuava a temere che da un momento all’altro l’avrebbe persa di nuovo? Forse... forse erano solamente i suoi incubi ad instillargli quei pensieri.

Max abbaiò così forte da farlo riscuotere dai suoi pensieri.

- Shhh, buono Max, sta’ buono! - Eric si inginocchiò accanto a lui, gli accarezzò la testa e gettò un’occhiata verso il castello, - Non svegliamo nessuno, d’accordo? Buono, sta buono -

Il cane si limitò a tirar fuori la lingua e a mettersi seduto sulla sabbia.

Eric rise e lo imitò prendendo posto accanto a lui; affondò le dita della mano libera nella sabbia, ancora tiepida nonostante l’umidità notturna.

- Perché mi sento così, Max? Perché mi sento sempre diviso fra la gioia di averla con me e la paura di perderla di nuovo? Non ha senso… – si girò verso il cane, che continuava a guardare dritto davanti a sé – Che ne dici, bello? Non hai qualche consiglio da darmi? -

Max si girò verso di lui, lo guardò intensamente per poi rannicchiarsi contro il suo fianco.

Eric si lasciò sfuggire una risata, - Va bene -

 

 

~

 

 

Max trotterellò al suo fianco quando si ritrovarono nell’atrio dell’ingresso.

Eric lo guardò mettendosi un dito sulle labbra – Dobbiamo fare piano, bello. D’accordo? -

Avanzarono fino alla porta del suo studio, ed Eric vide Max precederlo con il naso incollato al pavimento. Stava fiutando qualcosa.

- Cosa c’è, Max? Cosa senti? - bisbigliò Eric venendogli vicino. Il cane continuò a fiutare rumorosamente in direzione della porta dello studio, fino a mettersi davanti all’uscio chiuso e ad abbaiare.

- Shhh, Max! - Eric si inginocchiò accanto a lui, - Cosa c’è? -

Max sollevò una zampa e si mise a raschiare il legno della porta.

- Qui dentro? - domandò Eric, rimettendosi in piedi – C’è qualcuno qui dentro? -

Max abbaiò di nuovo ed Eric allungò una mano per coprirgli il muso e attutire il suono, - Va bene, bello. Va bene, adesso entriamo -

Posò una mano sulla maniglia e non ebbe nemmeno il tempo di aprire completamente la porta che Max era già sgusciato dentro. Lo sentì abbaiare festoso ed Eric entrò a sua volta.

La stanza era avvolta nell’oscurità, fatta eccezione per il bagliore notturno che filtrava dalla finestra aperta. Una sagoma era rannicchiata sopra la sedia, una mappa aperta sulle ginocchia e Max messo lì su due zampe a farle le feste.

- Ariel! - esclamò a mezza voce riconoscendola.

- Ciao – lo salutò lei, accarezzando la testa di Max e mettendo da parte il libro che stava leggendo.

Eric chiuse piano la porta, - Che ci fai qui? -

Ariel si raddrizzò, e lo guardò cauta - Ti dispiace che sia entrata? -

- No! - esclamò Eric, - No, niente affatto. Puoi venire qui ogni volta che vuoi. Questa è casa tua, adesso – dire quelle parole gli riportò alla mente i pensieri fatti sulla spiaggia poco prima, - Ma perché sei al buio? Dovrebbero esserci delle candele qui dentro -

Ariel esitò prima di rispondere, - È che… non ho ancora imparato ad accenderle -

Eric si diede mentalmente dello stupido, - Aspetta – le venne incontro e prese da un cassetto lì vicino due mozziconi di candela e una scatola di fiammiferi.

Max trotterellò fra lui ed Ariel, mettendosi poi su due zampe appoggiato alla scrivania.

- Ecco, guarda – posizionò le candele sul candelabro, tirò fuori un fiammifero e ne strofinò la sommità sulla carta ruvida presente sul bordo della scatola. Quando comparve la fiamma, Ariel ebbe un piccolo sussulto.

Eric avvicinò la fiamma allo stoppino di una candela, che si accese dopo pochi secondi; fece lo stesso con le altre due candele e poteva sentire lo sguardo di Ariel attento su ogni sua mossa.

- Non è così difficile – disse Eric spegnendo il fiammifero e mettendolo da parte – Col tempo imparerai anche tu -

Ariel non disse nulla, si limitò ad osservare a lungo le candele accese, e in quel momento Eric notò un brivido a scuoterle le spalle.

- Accendiamo anche il camino – disse, mettendosi all’opera.

Quando il fuoco cominciò a scoppiettare nel camino, Eric si rivolse ad Ariel – Va meglio, adesso? -

Ariel annuì, ma l’espressione dei suoi occhi di solito sempre ardenti di curiosità adesso sembrava persa.

- Non riuscivi a dormire? - le domandò cauto.

Ariel scosse brevemente la testa – No – qualche istante di silenzio, poi lei gli chiese a sua volta – E tu? -

- Nemmeno io – ammise Eric a voce bassa, e continuò ad osservarla ancora un po’ prima di domandarle – Brutti sogni? -

Poteva essere stato un gioco di luce dovuto al bagliore della candela, ma Eric avrebbe giurato di vederla trattenere il fiato. Nonostante i suoi occhi fossero fissi sul bagliore della candela, sembrava guardare oltre essa. Quasi come se stesse fissando il vuoto.

Eric le vide le dita intrecciate fra loro, le unghie conficcate nella pelle.

- Ariel – la chiamò, sollevando una mano per posarla sulle sue, intrecciate così forte da dargli l’impressione che stesse reprimendo qualcosa.

Lei strinse le labbra e si poteva percepire lo sforzo con cui voleva assumere un tono di voce normale, malgrado continuasse a fuggire lo sguardo di lui, – Sì? -

- Sei sicura di stare bene? -

Ariel annuì bruscamente, ma il suo labbro inferiore ebbe un fremito.

Il panico si impossessò di Eric, un terrore ancora troppo vivido nei suoi ricordi (e anche nei suoi incubi) lo attanagliò, - Ariel – le sussurrò facendosi più vicino a lei, che serrò le palpebre e chinò il capo verso il basso.

Eric ebbe l’impressione che il cuore gli fosse piombato dritto nello stomaco. Non poteva sopportare di vederla così.

- Ariel – la chiamò ancora sommessamente.

Si fece coraggio e le prese con delicatezza il viso fra le mani, sfiorandole gli zigomi con le punte dei pollici. Riusciva a percepire che stava tremando, nonostante lei non stesse muovendo un muscolo e tenesse gli occhi ancora serrati.

Eric sentì una specie di sapore amaro in bocca, una morsa ferrea gli strinse le viscere, - Lo sai che puoi dirmi tutto, vero? Qualunque cosa sia, puoi parlarmene. La affronteremo insieme, io e te -

Ariel scosse piano la testa, - Non posso -

- Perché? -

Ariel sospirò, ma il verso che le uscì dalle labbra risultò strozzato – Non voglio… non voglio che tu ti preoccupi per me -

- Mi sto già preoccupando per te – ribatté Eric con dolcezza, e lei schiuse finalmente le palpebre guardandolo fisso negli occhi, - Dimmi cosa succede -

 

~

 

 

Max dormiva ai loro piedi, mentre il cielo là fuori cominciava a schiarirsi sempre di più.

Sedevano sul pavimento, stretti l’uno all’altra.

Il pollice di Eric disegnava cerchi concentrici sul dorso della mano di Ariel, mentre la testa di lei era poggiata sulla sua spalla.

La udì sospirare pesantemente, - La vedo ogni notte. Sento ancora la sua risata nella mia testa -

La morsa alla bocca dello stomaco di Eric aumentò considerevolmente, - Mi dispiace tanto – le disse, voltando la testa per darle un bacio fra i capelli, - Sono soltanto sogni. Lei non può più farti del male -

- Lo so – mormorò Ariel, così piano che se non fossero stati così vicini non l’avrebbe sentita, - Vorrei solo che uscisse dalla mia testa – pigolò, stringendosi maggiormente a lui.

Eric la circondò con le braccia, la strinse in modo che la testa poggiasse sul suo petto mentre le braccia di lei si aggrappavano alla sua schiena.

Odiava vederla così, e soprattutto odiava sentirsi così impotente: anche lui soffriva di incubi, sapeva che per quanto ci si potesse sforzare molte parole di conforto non servivano a nulla. Ripensò a quando si erano conosciuti, alla sorprendente maniera con cui lei riusciva a farsi comprendere pur senza poter dire una parola: era una delle cose che sin da subito lo avevano colpito di più di lei, la sua capacità di comunicare con lui attraverso gesti e sguardi che valevano mille e mille volte di più di discorsi e parole.

- Mi dispiace di averti fatto preoccupare – esordì Ariel a bassa voce.

- Non dirlo neanche – la tranquillizzò Eric, scostando il viso per lasciarle un altro bacio fra i capelli, - Io vorrei che ci dicessimo tutto, senza nascondere nulla. Per affrontarlo insieme -

La sentì annuire contro il suo petto, e continuò ad accarezzarle la testa con movimenti lenti.

- Sai, - cominciò Eric dopo un po’, - anche io faccio molti incubi ultimamente. Sogno sempre il momento in cui ho scoperto la verità e lei ti ha portato via – una stretta al petto rischiò di farlo vacillare nel suo racconto, ma doveva essere forte per lei in quel momento – Ogni notte mi sveglio con la paura che sia vero -

Ariel sollevò il viso verso di lui, lo guardò negli occhi – E dopo? -

Eric sorrise, - Faccio un respiro profondo e rivedo con la mente il ricordo del giorno in cui sei tornata – le scostò i capelli dal viso, facendo scorrere i polpastrelli sulla sua pelle – Nella mia mente è impresso ogni singolo dettaglio. Il tuo vestito azzurro, i tuoi capelli bagnati sulla schiena, i tuoi occhi… - un nodo gli strinse la gola nel vedere il modo in cui lei lo stava fissando, - Il modo in cui tu ti sei stretta a me, come se… come se non volessi lasciarmi andare... Il nostro bacio -

Ariel sollevò una mano e gliela posò sopra la guancia, il cuore di Eric cominciò a palpitare forte e un calore ardente prese a spandersi dal suo petto fino alle estremità.

- Come fai a capire che è reale? - domandò Ariel, - Ogni volta che mi sveglio controllo di avere ancora la mia voce, perché nel mio incubo tutto sembra sempre reale, vivido -

- Lo so – annuì Eric, - Però… - esitò, non sapendo bene come dirle cosa lo aiutava a tenere la mente lucida rispetto all’orrore mostratogli dagli incubi.

- Cosa? - lo esortò Ariel dolcemente.

Eric inspirò a fondo, prima di dire a bassa voce – Capisco che è reale perché… Perché non sarei mai capace di sognare qualcosa di così bello, così… reale, vivo. Quando ti ho baciata, ho capito che eri lì con me – rispose infine in un soffio.

Ariel lo fissava con lo sguardo ampio, ed Eric pensò che avrebbe potuto trascorrere ore intere a non fare nulla a parte perdersi nella profondità dei suoi occhi: grandi e scuri, ma che contenevano un mondo pieno di meraviglie da esplorare, infinitamente molto più invitanti di qualsiasi luogo visibile sulle sue mappe.

Si osservarono per qualche secondo, quasi fossero in attesa di qualcosa. Poi Ariel gli mise una mano sul collo, lo attirò a sé e lui arrivò a toccarle le labbra con le proprie.

Fu un bacio delicato, all’inizio: le loro labbra si toccarono quasi timidamente, per poi farsi sempre più audaci nell’esplorarsi a vicenda. In quel momento, col cuore che palpitava incessante nel petto, Eric desiderò fissare nella memoria ogni piega e increspatura della bocca di Ariel, raccogliendo l’immagine e serbandola nella sua mente come con gli oggetti presenti in quella stanza.

Le raccolse il viso con una mano mentre l’altra era premuta sulla sua schiena, affondata fra i lunghi capelli di lei: profumava di fiori e salsedine, un aroma intenso che gli invase le narici e che lui inspirò fino in fondo all’anima.

La sentì aggrapparsi alle sue spalle, poi passare una mano sul suo collo e infine avvertì le sue dita delicate affondare fra i ricci.

Fu il bisogno d’aria a farli separare, e quando riaprirono gli occhi si stupirono nel vedere i loro volti trasfigurati da ciò che era appena successo.

- Questo – cominciò Ariel in un bisbiglio appena percettibile, - Questo è reale -

- Sì – rispose Eric senza fiato, - È reale -

Ariel schiuse le labbra in un sorriso, e i suoi occhi tornarono limpidi di gioia come di consueto.

Rimasero ancora un po’ abbracciati, finché Eric non si alzò per raccogliere una coperta che teneva lì dentro quando faceva freddo e non aveva nessuna intenzione di uscire dal suo studio. Li avvolse entrambi, e Ariel si raggomitolò al suo fianco.

- Non voglio tornare in camera mia – rivelò lei dopo un po’.

Eric ignorò deliberatamente la vocina nella sua testa che lo metteva in guardia dalla possibilità di farsi cogliere in una situazione del genere l’indomani mattina da qualche membro della servitù, e la strinse forte a sé – Possiamo restare qui per tutto il tempo che vuoi -

- Resteresti con me? - domandò Ariel guardandolo con occhi grandi.

- Sempre – le sorrise Eric, e la avvolse tra le sue braccia.

 

 

~

 

 

Trascorsero il resto della notte fino alle prime luci dell’alba dentro lo studio: parlarono a lungo e rimasero anche in silenzio, senza che questo pesasse su di loro; Ariel volle di nuovo sentire le storie legate ai pezzi della collezione di Eric e di come ne era venuto in possesso. Lui le raccontava ogni cosa con una ricchezza di particolari tale da spingerla a fantasticare vividamente sugli scenari che via via le andava descrivendo.

Si misero anche a curiosare fra i libri e ne trovarono alcuni che catturarono l’attenzione di Ariel: volumi giganteschi sulla nautica e sulle storie dei pirati più famigerati che avessero solcato le acque dei Caraibi; enciclopedie sul mare e le creature degli abissi, dalle più piccole fino a quelle più mastodontiche. Per poi arrivare, col sole appena sorto e i raggi ad inondare la stanza, ad aprire un tomo riguardante la storia del Popolo del Mare.

- Questo me lo diede mia madre quando le dissi che volevo saperne di più sul Popolo del Mare – le spiegò Eric porgendole il libro, - Probabilmente voleva spaventarmi e spingermi così a non solcare acque da lei considerate pericolose – fece un sorrisetto – Non aveva previsto che avrebbe solamente reso più forte la mia sete di sapere -

Ariel si lasciò sfuggire una piccola risata, poi disse – Mio padre faceva la stessa cosa con me e le mie sorelle. Ci raccontava sempre storie terrificanti sugli umani e sulla loro brutalità assassina nei confronti delle sirene -

- Abbiamo proprio avuto una bella infanzia, vero? - scherzò Eric cupo.

Ariel si girò verso di lui, - Volevano proteggerci, ma non si sono resi conto che… - esitò, le risultava difficile ora come ora parlare di suo padre senza automaticamente pensare ad Ursula.

- Che vivere nella paura equivale a non vivere affatto? - concluse Eric.

- Sì – disse Ariel guardandolo intensamente, - Esatto -

- Be’, per noi sarà diverso.  I nostri figli saranno liberi di scoprire il mondo con i loro occhi, senza pregiudizi -

Il cuore di Ariel fece una capriola nel suo petto: era la prima volta che lo sentiva nominare la possibilità di avere una famiglia insieme, dei figli.

Si sentì riempire di gioia, eccitazione e anche un pizzico di paura; sollevò la testa e gli rivolse un sorriso – Avranno le porte del mondo aperte, e li porteremo con noi in moltissime avventure -

- Tra acque inesplorate – aggiunse Eric sorridendole a sua volta.

Ariel annuì – E luoghi che ancora nessuno ha mai visto -

Eric le baciò la guancia e Ariel avvertì il familiare sfarfallio alla bocca dello stomaco.

Aprirono il libro e lo sfogliarono: al suo interno c’erano capitoli dedicati all’origine del Popolo del Mare, l’anatomia delle sirene e dei tritoni, la storia dei Regni dei Sette Mari e le rispettive culture.

- Quindi – cominciò Ariel alternando un’occhiata dal libro ad Eric – È per questo che sai così tante cose sul Popolo del Mare – concluse con un piccolo sorriso.

- Le sirene mi hanno sempre affascinato – rispose lui, - Ho sempre sentito storie terribili sul loro conto, dai miei genitori e dalla mia ciurma. Questo libro, invece, racconta le cose senza pregiudizi -

- Chi l’ha scritto deve aver avuto la mente aperta – dichiarò Ariel, passando un dito sui bordi di lettere che stava a poco a poco imparando a riconoscere, anche e soprattutto grazie all’aiuto di Eric.

- È quello che ho sempre voluto, per me e per gli abitanti dell’isola – fece Eric, e nell’osservarlo Ariel gli vide la stessa intensità negli occhi che l’aveva catturata sin dal primo momento in cui lo aveva visto.

- Guarda la brama nei suoi occhi – aveva detto a Sebastian quando aveva recuperato la statua caduta in mare dopo che la nave era affondata.

- È soltanto con la mente aperta che si può accrescere il nostro sapere – proseguì Eric, - Libri come questi, scritti da pensatori così, possono essere la spinta verso una conoscenza libera da qualunque pregiudizio -

- Sono d’accordo con te – annuì Ariel, - Mio padre ha sempre considerato gli Umani come dei barbari, ma io non ho mai visto le cose nel mondo in cui le vede lui. E più oggetti raccoglievo, più sentivo di essere nel giusto -

- Bisogna combattere per ciò in cui si crede – aggiunse Eric dandole man forte, - Non importa cosa ti dicono gli altri. Possono dirti come devi pensare, come devi agire… -

- Ma alla fine ti fidi solamente di chi sei – concluse Ariel, - E di cosa vuoi davvero -

Gli occhi di Eric sembravano più grandi al bagliore del fuoco nel camino, di una sfumatura che le ricordava la superficie cristallina dell’acqua nelle prime ore del mattino.

- Sì, esatto – annuì Eric.

In quel momento, sotto lo sguardo di Eric, Ariel si sentì come la prima volta che aveva provato a toccare il fuoco: si sentiva bruciare, ardendo dall’interno in una maniera che finora non aveva mai provato prima. Non era spaventata da quella nuova sensazione anzi, la spingeva a volerla sentire sempre di più.

Eric sembrava leggerle dentro in quel momento, dandole l’impressione che anche lui stesse provando la stessa cosa. Poi distolse lo sguardo e si schiarì la voce, tornando a puntare lo sguardo sul libro – Penso che l’autore fosse un abitante dell’isola, comunque -

- Quando sono venuta qui la prima volta, mi hai mostrato le tue mappe – ricordò improvvisamente Ariel, - Mi hai detto che quest’isola era un porto molto ambito diversi anni fa. Cosa è successo? -

Eric strinse le labbra – Mio padre era un sovrano schivo, non si fidava del mondo esterno. Vedeva nemici dappertutto. Si isolava dal resto del mondo, restava chiuso nel suo castello e non mostrava alcun interesse nel voler riallacciare i rapporti con i regni vicini -

Ariel annuì comprensiva, - Mi dispiace tanto -

- Le cose cambieranno – dichiarò Eric mite, - Anche mia madre sembra aver finalmente capito l’importanza di uscire dal nostro isolamento. Insieme – le prese la mano – Insieme possiamo farcela -

- Insieme – ripeté Ariel con la voce al colmo della felicità.

Continuarono a sfogliare il libro, e Ariel rimase affascinata dalle illustrazioni che l’autore aveva realizzato per ritrarre il Popolo del Mare: si trattava di semplici schizzi, molti dei quali in bianco e nero, ma che denotavano il desiderio dell’autore di cogliere i dettagli più significativi. Una dedizione che la commosse.

Ariel si bloccò quando, sfogliando verso la metà del libro, giunse ad un capitolo che non credeva affatto di trovare al suo interno, - Questo è… -

- La Regina del Mare – disse Eric a mezza voce, - C’è un intero capitolo dedicato a lei -

Ariel inghiottì a vuoto, osservando l’illustrazione che ritraeva, in modo un po’ approssimativo rispetto a com’era stata in realtà, la figura di sua madre. Non che la ricordasse granché, dal momento che era molto piccola quando morì.

Ariel sfiorò i bordi del disegno con la punta delle dita, mentre la sua testa prendeva a riversarle addosso il ricordo di lei e del giorno in cui…

- Sai – esordì Eric piano, - È grazie a questo libro se ho avuto modo di comprendere che, forse, l’odio del Re del Mare nei confronti degli umani aveva un motivo valido -

Ariel parlò con voce flebile - Furono un gruppo di marinai ad ucciderla, anche se fu uno solo a lanciarle addosso l'arpione -

- Sì – la voce di Eric tremava di rabbia, e Ariel azzardò un’occhiata verso di lui. Il viso, solitamente sempre gioviale e dolce, adesso era duro e livido di una collera cupa – Durante le mie traversate in mare capitava spesso che alcuni membri della ciurma si sporgessero dal ponte della nave convinti di aver visto una sirena. Ad ogni movimento dell’acqua erano pronti a far scattare l’arpione. Un giorno c’era mancato poco che non colpissero un delfino -

Ariel continuò ad ascoltarlo senza dire nulla.

- Non l’ho mai sopportato – rivelò Eric, - Il Popolo del Mare mi ha sempre affascinato e incuriosito più che terrorizzarmi, come invece è accaduto a mia madre, a mio padre e a molte persone su quest’isola, compresa la mia ciurma – la rivolse un piccolo sorriso e girò alcune pagine del libro – Ed è per questo che ho aggiunto questi alla mia collezione -

Il capitolo a cui l’aveva portata racchiudeva le immagini di alcuni oggetti, tra i quali Ariel riconobbe la sirenetta di giada.

Nel vederla, trasalì: l’aveva sempre tenuta con sé da quando Eric gliel’aveva donata il giorno che si erano conosciuti e lei era finita per sbaglio nel suo studio; quando era stato annunciato il fidanzamento con Ursula sotto mentite spoglie, Ariel aveva lasciato il castello e si era diretta sugli scogli portando con sé la sirenetta.

Stesa su una roccia e con le gambe immerse nel mare, aveva sentito il suo cuore rompersi in mille pezzi e la sua mano si era schiusa sott’acqua lasciando che la sirenetta vi cadesse.

- Ecco, guarda: la mia sirenetta di giada – Eric gliela indicò col dito, e lo stomaco di Ariel fu avvolto in una morsa, - Te l’ho data quando ci siamo conosciuti. Immagino tu ce l’abbia ancora -

Ariel non disse nulla, non si sentiva affatto capace di mentirgli in alcun modo. Specialmente su una cosa così importante per lui.

- L’ho persa – ammise lei in un soffio, - Mi dispiace tanto -

Sentì un tocco delicato sulla guancia, e si voltò: la prima cosa che vide fu il sorriso sulle labbra di Eric, il suo sguardo mite e azzurro come il mare l’avvolse donandole un calore intenso.

- Non fa nulla – disse Eric, lo stesso sorriso delle labbra contenuto nei suoi occhi, - Io ho già la mia sirenetta, qui con me -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota Autrice: Il libro che leggono Ariel ed Eric è ispirato ad un libro associato al film live-action e che è uscito negli Stati Uniti per Disney Books: “The Little Mermaid: Guide To Merfolk” di Eric Geron. Su internet se ne possono vedere alcuni estratti. Un libro molto bello e che dà un’ulteriore chiave di lettura di alcuni dettagli presenti nel live-action (speriamo esca anche in Italia).

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

 

 

Una mattina Eric le propose di trascorrere un’intera giornata fuori dal castello, e Ariel accettò con un tale entusiasmo da rischiare di rovesciare il suo porridge a colazione.

- Dove vuoi andare? - le domandò lui, guardandola con un sorriso che lei ricambiò.

- Portami dove vuoi tu –

Eric ci pensò su, poi disse – Domani comincia la Festa del Raccolto, e in tutto il regno si iniziano i festeggiamenti addobbando le strade e allestendo un grande mercato. Ti andrebbe di vederli? -

- Non vedo l’ora! - esclamò Ariel eccitata, - In cosa consiste esattamente la Festa del Raccolto? -

- Si celebra l’abbondanza di cibo che arriva con la bella stagione -

- Parli di pesce, giusto? - domandò Ariel con una punta di timore.

- Ehm, sì – farfugliò Eric - Ma, ecco, se non vuoi andare… -

- No – lo rassicurò Ariel, per poi esclamare entusiasta - Voglio andarci. Voglio vedere i preparativi per la festa -

Quella notte Ariel non riuscì a dormire per l’eccitazione, e all’alba si trovava già in piedi, addosso il vestito azzurro che tanto amava insieme ai sandali che Eric le aveva regalato la prima volta che l’aveva portata al mercato.

Lui l’attendeva già all’ingresso, in testa il cappello che lei gli aveva scelto nella stessa occasione in cui avevano preso i sandali: il viso gli si illuminò quando la vide scendere velocemente le scale per venirgli incontro.

- La carrozza ci aspetta. Sei pronta? -

- Sì – gli prese la mano e si avviarono nel cortile.

 

~

 

C’era così tanto da vedere, che Ariel quasi si fece male al collo per quanto girava la testa nel tentativo di catturare ogni cosa con lo sguardo.

I colori erano abbaglianti, i profumi e i sapori inebrianti, ogni bancarella splendeva sotto il sole caldo del mattino, i ripiani colmi di enormi quantità di cibo e oggetti.

La Festa del Raccolto era un momento di grande celebrazione nel regno, e tutti gli abitanti dei villaggi vicini si adoperavano per abbellire le strade di luci e striscioni colorati.

Eric le indicava ogni cosa spiegandole nel dettaglio il suo utilizzo all’interno della Festa: a partire da mezz’ora prima dell’alba la gente usciva di casa e passeggiava per le vie del Mercato, acquistando cibo e decorazioni e prendendo parte alle danze che si svolgevano presso alcune bancarelle. La musica somigliava molto a quella che Ariel aveva udito la prima volta che era andata con Eric e, non appena giunsero in corrispondenza di una piccola orchestra lo prese per mano e lo condusse fino al centro della pista. I musicisti battevano i piedi per tenere il ritmo, invitando i ballerini a fare altrettanto.

Un passo avanti, due passi indietro. Ariel non smetteva di guardarsi i piedi, sentendo la musica entrare in lei e incoraggiando il suo corpo ad assecondarla.

Eric sembrava un po’ impacciato all’inizio, ma una volta che lei l’ebbe incoraggiato con lo sguardo si lasciò coinvolgere con un tale entusiasmo da farla scoppiare a ridere di felicità.

Le prendeva le mani e la faceva volteggiare, lei rideva e si sentiva leggera, come quando sott’acqua sguazzava libera con la sua coda.

Quando la musica finì e fu partito uno scroscio di applausi, Ariel andò verso Eric e si alzò sulle punte per baciargli la guancia.

- Grazie -

Lui sbatté le palpebre in un modo che a lei parve adorabile – Per cosa? -

- Per tutto – fece lei, avvolgendogli il busto con le braccia.

Eric la strinse a sua volta, - Sono io che devo ringraziarti – mormorò sui suoi capelli, - Riesci a farmi vedere le cose come le vedi tu -

- Come? -

- Piene di meraviglia -

Ariel sollevò lo sguardo sul suo viso, non sapeva cosa dire. Allungò la mano sulla sua nuca e lo attirò a sé per baciarlo.

 

~

 

- Quelle sono marionette – le spiegò Eric quando ripresero la via del Mercato e giunsero presso quella che pareva una minuscola casetta in miniatura con dentro delle figurine che riproducevano fattezze umane, - Pupazzi che si possono muovere con dei fili attaccati alle braccia, alle gambe e alla testa -

Ariel le osservò incantata: alcune marionette erano vestite con abiti riccamente decorati, nonostante le piccole dimensioni. Tra questi c’era, ad esempio, una fanciulla che indossava un abito color acquamarina e tempestato di perle; i capelli poi erano fili di paglia finemente intrecciati e decorati con minuscole conchiglie bianche.

Rimasero a guardare lo spettacolo che presentò al pubblico radunato lì intorno, tra cui molti bambini, una storia avente come protagonista una fata della laguna innamorata di un cavaliere alla ricerca del proprio destino.

Ariel osservò lo svolgersi della scena con la bocca e gli occhi spalancati: non si risparmiavano i colpi di scena e finì per appassionarsi alla storia d’amore tra il cavaliere e la fata.

- Cosa c’è? - bisbigliò ad Eric dopo un po’, che la stava guardando col sorriso sulle labbra.

- Niente, è solo… -

- Cosa? -

Lui non rispose, si limitò a sollevare le loro mani intrecciate e lasciarle un bacio sulle nocche.

Ariel si sentì il viso andare in fiamme, abbassò gli occhi e tornò poi a guardare lo spettacolo, che terminò poco dopo sotto gli applausi entusiasti dei presenti.

Alcuni metri più avanti c’era una bancarella con delle forme di pane decorate con colori sgargianti. Eric spiegò ad Ariel che in occasione della Festa del Raccolto si era solito accompagnare ogni pietanza di pesce con quel tipo di pane come segno di buon auspicio e abbondanza futura.

Acquistarono due piccole pagnotte e Ariel ne assaporò la consistenza fragrante e l’aroma delle spezie contenute nell’impasto. Chiuse gli occhi per lasciarsi travolgere dal sapore, - È buonissima! -

Continuarono il giro, tenendosi per mano e correndo dietro a tutte le bancarelle per riuscire a vedere tutto quello che li circondava. Eric si lasciava condurre, ridendo insieme a lei e rispondendo a tutte le sue domande.

Ariel si sentiva sul tetto del mondo lì insieme a lui, avvolta dal calore del suo sorriso e del suo sguardo così profondo e intenso da toglierle il fiato.

Arrivarono sotto una lunghissima via circondata ai lati da altre bancarelle, ma alle cui estremità in alto erano appese delle figure dai colori sgargianti, e che volteggiavano sopra le loro teste con grazia.

- Questi cosa sono? - domandò Ariel indicando in alto col dito.

Eric sollevò lo sguardo in direzione della sua mano alzata, - Si chiamano aquiloni. Sono fatti di carta, leggeri in modo che si possano far volare nel cielo -

- Oh – esclamò lei, trattenendo il fiato. Erano di tantissime forme e sfumature di colori anche molto diversi fra loro: scrutandole più attentamente, Ariel si rese conto che riproducevano soprattutto pesci. Il vento che soffiava dal mare li faceva muovere con grazia, come se fossero reali e stessero nuotando con le pinne che assecondavano la corrente.

- Sembra quasi di stare nell’oceano – si lasciò sfuggire, senza smettere di guardare in su - Galleggiano nell’aria come se fossimo sott’acqua -

- Sì, hai ragione – disse Eric affascinato, - Ti andrebbe di prenderne uno? -

Ariel distolse lo sguardo dagli aquiloni e lo rivolse a lui, - Possiamo? -

- Certo! Lo faremo volare sulla spiaggia – le prese la mano e guardò in alto insieme a lei – Quale ti piace di più? -

- Sono tutti bellissimi – commentò Ariel con una piccola risata, - Non saprei quale scegliere… - poi una sfumatura di colore verde e rosa molto familiare catturò la sua attenzione: un pesce con delle pinne lunghe e molto vistose.

Il suo braccio si sollevò automaticamente in quella direzione, - Quello – mormorò stupita, - I suoi colori mi ricordano la mia coda -

 

~

 

Subito dopo aver acquistato l’aquilone, si diressero presso la spiaggia per farlo volare insieme agli altri. Eric le fece vedere come arrotolare il sottile filo di spago al polso per non farlo scappare via, e le mostrò come far librare l’aquilone in modo da assecondare il vento.

Si mise alle sue spalle e le posò delicatamente le mani lungo le braccia per guidarla; Ariel cercava di prestare attenzione alle sue parole, ma la distraeva il modo in cui il respiro di lui le accarezzava la nuca provocandole dei brividi sottili lungo la schiena.

- Ecco, così – mise le mani sui suoi polsi e la guidò fino a spingerla a sollevare l’aquilone in alto, sempre più su, - Asseconda il vento -

L’aquilone si librò fino a volteggiare leggero sopra le loro teste, le pinne di colore verde scuro con le sfumature rosa ondeggiavano mosse dal vento come se stessero sguazzando sott’acqua.

- Bellissimo – si lasciò sfuggire Ariel guardando a bocca aperta sopra di lei, - È come se riuscissi a vedere il vento -

Eric rise piano, - In un certo senso sì, è proprio così -

Attorno a loro altre persone fecero librare i propri aquiloni, e nel giro di poco tempo il pesce di Ariel ed Eric venne circondato da altre creature del mare dai colori sgargianti.

- Adesso sì che sembra di stare nell’oceano – commentò Ariel con un sorriso.

- Hai detto che il nostro aquilone ha i colori della tua coda -

- Sì. Verde scuro, con dei riflessi blu e viola. E vedi le pinne? Anche le mie avevano delle striature rosa verso la fine -

- Mi ricordano i petali di un fiore – fece Eric con un tono che sembrava malinconico.

Ariel inclinò il capo per guardarlo, - Tutto bene? -

Le labbra di Eric si curvarono in un piccolo sorriso, - Sì, è solo… Mi sta venendo in mente che… -

- Cosa? - fece Ariel incuriosita.

Eric abbassò lo sguardo su di lei, - Non ho mai avuto modo di vedere la tua coda. Intendo… vederla davvero -

- Ma mi hai vista quando mi sono trasformata -

- È vero – annuì Eric, - Ma con tutto quello che è successo non mi sono soffermato a guardarti per davvero -

- Oh – Ariel strinse le labbra, - Non ci avevo pensato, scusa -

- Non hai nulla di cui scusarti – Eric le accarezzò lo zigomo con le nocche – Ovviamente sono felice che tu sia umana, più che felice. Però, a volte, non riesco a non pensare a quanto poco ti abbia vista quando eri una sirena -

- Non… non avevo idea che la pensassi così -

Eric le lanciò un’occhiata mortificata – Spero di non averti offesa -

- No! - sorrise Ariel, - Non mi hai offeso, assolutamente no. È solo… - non riusciva a trovare le parole adatte ad esprimere come si sentiva al riguardo, - Sono solo sorpresa, credo. So che tu non hai mai creduto alle storie che si raccontano sul Popolo del Mare, ma… - si bloccò, lasciando poi che le parole fluissero libere dalla sua mente – Quando mi sono trasformata davanti a te, ho visto per un attimo l’espressione sul viso di tua madre e degli altri. Erano spaventati, ovviamente, e alcuni… - lasciò andare un sospiro tremulo – C’era perfino disgusto negli occhi di qualcuno di loro -

- Mi dispiace molto – mormorò Eric attirandola a sé, - Mi dispiace che sia successo -

- Però tu mi tenevi stretta – proseguì Ariel con voce rotta dall’emozione, - Mi hai vista per ciò che ero e mi hai tenuta stretta fra le tue braccia – gli rivolse un sorriso – Questo mi ha fatto pensare che tu non fossi spaventato da me -

- Non lo ero – sentenziò Eric, - Non avrei mai potuto. Ti ho cercata a lungo, ovunque. Dal giorno in cui mi hai salvato sei rimasta impressa nella mia mente e nel mio cuore – le prese il viso tra le mani, Ariel riusciva a vedere le lacrime nei suoi occhi, – Io… io voglio che tu sappia che, anche se fossi tornata da me con la tua coda, trascinandoti fino alla costa con le tue sole forze, ti avrei presa tra le mie braccia e ti avrei tenuta con me. Non ha alcuna importanza se hai le pinne o i piedi, io ti amo per come sei tu, per il modo in cui mi fai sentire – una lacrima scese a rigargli la guancia, e Ariel la sfiorò col polpastrello accarezzandogli il resto del viso – Ti amo con tutto il cuore, Ariel -

- Ti amo anch’io, Eric. Ti amo più di quanto riesca a dirti adesso – lo attirò a sé e lo baciò. Cercò di fargli sentire dentro quel bacio tutto il sentimento che le bruciava nel cuore, che premeva dall’interno per riversarsi su di lui.

Una folata di vento tirò l’aquilone e Ariel sobbalzò, separandosi da Eric.

- Tranquilla, va tutto bene – le sorrise e continuò a tenerle le braccia per sostenerla mentre teneva l’aquilone, - Il vento a volte fa i capricci, l’importante è tenere una presa salda -

 

~

 

A partire da mezz’ora dopo il tramonto, la festa si spostava in prossimità dell’acqua. Le persone si riversavano a frotte sulla spiaggia, e si affaccendavano per accendere delle lanterne colorate da far volare nel cielo vicino al mare. Chi voleva accendere una lanterna aveva anche la possibilità di scrivere al suo interno un desiderio.

- Con l’abbondanza di cibo si pensa che sia più propizio esprimere un desiderio in quest’occasione – le disse Eric, comprando due lanterne di colore verde e azzurro.

Ariel ci pensò un po’ su prima di scrivere qualcosa in quella verde: il suo desiderio più grande si era avverato, era umana, viveva nel Mondo in Superficie ed era insieme ad Eric. Cos’altro avrebbe potuto desiderare, se aveva già tutto quello che aveva sempre voluto?

La voce di Eric le giunse in lontananza e sollevò lo sguardo verso il punto in cui l’aveva udita: stava aiutando un gruppo di bambini a far volare il loro aquilone. Al solo vederlo il suo cuore parve volerle esplodere nel petto.

Lui sollevò lo sguardo verso di lei e le sorrise. Lei ricambiò, e subito seppe cosa scrivere dentro la lanterna.

 

~

 

Era uno spettacolo mozzafiato, Ariel non avrebbe saputo descriverlo diversamente. La spiaggia era illuminata soltanto dalla gigantesca fila di lanterne che, essendo di colori diversi, gettavano forti bagliori sulla sabbia e sull’acqua. Persino la luna, in confronto a quell’immenso spettacolo di luci, sembrava aver perso la sua consueta centralità e le nuvole che ogni tanto le passavano davanti oscurandola contribuivano a rendere l’atmosfera più magica, carica di mistero e attesa.

Ariel si sentiva frastornata dalla bellezza che la circondava: sembrava che il suo corpo faticasse a contenere l’emozione che quella vista le suscitava. Scrutava affamata ogni dettaglio, ogni gioco di luce per poterne catturare l’essenza e custodirne così il ricordo nel suo cuore.

Allo scattare del conto alla rovescia, tutti si misero in piedi con le proprie lanterne accese e pronte per essere librate nel cielo.

- Ci siamo. Sei pronta? - le domandò Eric sovrastando il vociare delle persone.

- Sì! - esclamò Ariel al colmo dell’emozione.

La gente si mise ad urlare in coro, e Ariel ed Eric li imitarono.

- 5, 4, 3, 2… 1! -

Tutti lasciarono andare le proprie lanterne, che volteggiarono a mezz’aria fino a librarsi sempre più in alto, puntellando il cielo notturno come tante stelle dai colori sgargianti.

Sulla superficie dell’acqua si riversò il riflesso di tutte quelle luci colorate, e Ariel ne osservava affascinata il modo in cui quei bagliori riflessi ondeggiavano al ritmo della corrente.

- Sono bellissime, vero? - fece Eric sognante.

- Molto – asserì Ariel col cuore colmo della bellezza che si stagliava ai suoi occhi.

- Era da tanto tempo che non le vedevo -

Sotto lo sguardo interrogativo di Ariel, Eric si affrettò a spiegare – Negli ultimi anni in questo periodo mi ritrovavo sempre in mezzo a qualche traversata con la mia nave. Avevo dimenticato quanto questa festa fosse bella -

- Per quanto tempo stavi via? -

- Da due a cinque mesi. A volte anche di più -

Ariel provò ad immaginare Eric come la notte in cui l’aveva visto la prima volta: affacciato dal ponte della nave, col vento che gli sferzava in faccia scompigliandogli i capelli e gli occhi che scrutavano l’orizzonte con intenso desiderio.

- Ti mancava la tua casa quando eri via? -

- A volte – rispose Eric con un mezzo sorriso, - Ma non così tanto. Avresti dovuto vedermi la prima volta che sono partito, ero terrorizzato -

- Mi sembra difficile da credere, così spirito libero come sei – rise Ariel.

- Eppure è vero, avevo una paura tremenda. Anche se facevo finta di no. Ad un certo punto mi sono perfino confidato con Grimsby: gli dissi che volevo invertire la rotta, perché non ce la facevo più. Lui mi propose di resistere ancora per un paio di giorni e, se non avessi cambiato idea, mi promise che avrebbe detto al capitano di invertire la rotta – sorrise tra sé e sé – Il giorno seguente toccammo terra per la prima volta, io partii in esplorazione e fui talmente entusiasta da dimenticarmi della paura che avevo provato. È stata la mia prima vera avventura -

- Dovevi essere molto piccolo quando sei partito -

- Avevo quindici anni, quindi non così tanto –

- Era pur sempre la tua prima traversata, era normale per te avere paura. Perfino io ne ho avuta la prima volta che mi sono avventurata nel relitto di una nave -

- Sarà stato molto pericoloso nuotare in quelle direzioni -

- Lo è stato – Ariel si strinse nelle spalle – Ma lo rifarei altre mille volte -

Continuarono a scrutare il cielo, perdendosi in mezzo a tutti quei colori che volteggiavano in mezzo a loro.

- Guarda! Credo che quelle siano le nostre lanterne! -

- Sì, sembra anche a me! -

- Spero tanto che viaggino insieme – confessò Ariel piano, - E che non si separino mai -

Eric l’abbracciò da dietro, circondandole la vita con le braccia e poggiando la guancia sopra la sua testa.

- Che desiderio hai espresso? - chiese Ariel dopo un po’.

Eric ridacchiò, - Be’, di solito i desideri non si dicono ad alta voce -

- Davvero? E perché? -

- Veramente non saprei. Si pensa che dirlo ad alta voce equivalga a fare in modo che non si avveri -

- Mi sembra un po’ strano – fece Ariel scettica, - Quindi, questo significa che sulla terra nessuno parla mai dei propri desideri? -

- In realtà, molte persone tendono a tenerli per sé, come un segreto -

- Secondo me è sbagliato. Nessuno dovrebbe nascondere il proprio desiderio - si morse il labbro pensierosa, - Io non ho mai nascosto a mio padre di volerne sapere di più sugli umani, e nemmeno di voler salire in superficie -

- Immagino quanto sia stato difficile per te -

Il ricordo dell’espressione contrariata sul viso di suo padre rischiò di risucchiarla nel vortice di tristezza che la coglieva quando pensava a lui, - Molto, in verità. Ma alla fine sono contenta di com’è andata a finire. Sono qui insieme a te –

Eric le lasciò un bacio sulla tempia, scostandole i capelli dal viso – E stasera che desiderio hai espresso? -

Ariel gli rivolse un sorrisetto complice – Il desiderio non si dice ad alta voce -

Eric annuì ridendo, - Mi sembra giusto – la guardò a lungo, prima di dire - In realtà, il mio desiderio si è già avverato -

Sotto lo sguardo intenso di Eric, Ariel si sentì bruciare dall’interno, - Anche il mio – ammise - Infatti ho scritto questo – si chinò sulla sabbia e scrisse i loro nomi con l’indice, in modo ancora un po’ incerto circa la forma delle lettere.

Quando si girò in direzione di Eric, lo sguardo di lui vagava dalla scritta al suo viso.

Lei lo guardò piena di attesa, il cuore che batteva forte e lo sfarfallio nello stomaco che non accennava ad affievolirsi, - Sto facendo un po’ di pratica, ultimamente. So che ancora non sono brava, ma mi impegnerò e … -

Non riuscì a terminare la frase perché si ritrovò le labbra di Eric premute sulle sue.

 

 

~

 

 

Si sentiva una goccia d’acqua in mezzo all’oceano in quel momento.

L’oceano in questione era nascosto nella sua tasca, sotto le sembianze della pietra azzurra incastonata nell’anello di sua nonna.

Non che avesse programmato quella gita appositamente per fare la proposta ad Ariel, ma in cuor suo aveva sperato che quella giornata così intensa gli avrebbe disteso i nervi infondendogli al contempo il coraggio necessario.

Perché Eric aveva paura, sì, e ne aveva moltissima.

Sapeva ovviamente che Ariel lo amava, ma una fastidiosa voce nella sua testa gli insinuava il dubbio che sentirlo parlare di matrimonio potesse sconvolgerla al punto da opporgli un rifiuto.

Si chiese se stava correndo troppo, se fosse troppo avventato e impulsivo.

Sua madre, in verità, appena due giorni prima gli aveva chiesto se le avesse già fatto la proposta, e non aveva fatto mistero del suo stupore quando Eric le aveva risposto di no.

- E cosa staresti aspettando? -

- Madre, non voglio essere troppo avventato. Temo di spaventarla o peggio… -

- Eric, la questione è molto semplice. Tu la ami? -

- Certo che la amo. Più di quanto riesca ad esprimere! -

- E lei ti ama. Lo vedo da come vi guardate. Chiunque riuscirebbe a vederlo – gli aveva accarezzato il viso e lo aveva guardato con fermezza – So che è spaventoso mettere a nudo i propri sentimenti. È un grosso rischio, ma è così che funziona in amore -

E con quelle parole che lo avevano lasciato più confuso che mai, sua madre gli aveva consegnato l’anello e lo aveva congedato suggerendogli di cogliere al più presto l’occasione giusta.

Adesso, Eric aveva paura. Paura di perderla.

Non perché lei non lo amasse, quanto per il fatto di non avere la minima idea di come avrebbe potuto reagire nel sentirgli fare la proposta.

Sapeva qualcosa sui riti matrimoniali del Popolo del Mare, sul suo libro c’era scritto che era consuetudine per gli sposi indossare delle coroncine d’alga e piantare insieme del corallo. Immaginò di fare altrettanto insieme ad Ariel, unendo il rito nuziale umano a quello del Popolo del Mare, magari sulla spiaggia e circondati da nient’altro che il rumore delle onde e il calore della sabbia…

- Eric – la voce di Ariel e il tocco delicato della sua mano sulla guancia lo ridestarono dal vortice dei suoi pensieri, - Stai bene? Sei molto silenzioso -

- Oh, ehm, sì – sperò di starle sorridendo in maniera rassicurante, malgrado avesse le viscere avvolte in una morsa dolorosa, - Sto bene -

Il modo in cui Ariel lo guardò gli fece sprofondare il cuore dritto nello stomaco, - Mi stai dicendo una bugia. Perché? -

- No! No, io… Ariel… - stava impazzendo, stava letteralmente impazzendo. E il fatto che lei fosse in grado di leggerlo come un libro aperto, non lo aiutava affatto.

Si sentiva oppresso, schiacciato dal peso dei sentimenti che provava; ma più di tutto si detestava in quel momento per l’incapacità totale di esprimersi.

- Mi dispiace, io vorrei dirti come mi sento – mormorò infine, gettando lo sguardo in basso. Avrebbe voluto che non lo vedesse così, doveva essere un momento importante per entrambi, avrebbe dovuto farla sentire desiderata e amata. Invece…

L’amore che provava per lei esercitava una forza così potente dentro di lui da tramortirlo, facendogli perdere il filo del discorso mentre dai meandri della sua testa riemergeva il terrore di perderla, ancora e ancora.

- Puoi farlo – Ariel si fermò di fronte a lui, gli mise una mano sul petto mentre con l’altra gli accarezzò il viso – Il cuore ti batte fortissimo – constatò con un certo allarme nella voce.

La risata di Eric somigliò ad un sonoro sbuffo in quel momento, ma non riuscì a dire nulla per stemperare la situazione.

- Respira – gli mormorò Ariel, posandogli stavolta entrambe le mani sul petto.

Lui obbedì, inspirando profondamente e buttando fuori l’aria che di colpo gli sembrava rarefatta, nonostante avessero alle loro spalle il mare aperto.

- Qualunque cosa tu voglia dirmi – riprese Ariel tranquilla – Io sono qui per ascoltarti. Prenditi tutto il tempo che ti serve – gli poggiò la testa sul petto e gli avvolse il busto con le braccia – Io non vado da nessuna parte -

Il modo in cui lo strinse gli infuse un calore istantaneo, i muscoli incominciarono a distendersi e il respiro a regolarizzarsi. Perfino il suo cuore riprese a battere normalmente.

Ariel gli accarezzava la schiena con movimenti circolari, - Va meglio? -

- Molto – rispose Eric, poggiando la guancia fra i suoi capelli e inspirando forte il suo profumo, - Grazie -

- Le mie sorelle mi ripetevano spesso che, quando non sai cosa dire, può aiutarti cominciare con ciò che è davvero importante per te. Un po’ come l’oceano, che è formato da tante minuscole gocce, eppure ciascuna di loro riesce a farsi strada da sola -

- Non è male pensarla in questo modo – commentò Eric, sentendo finalmente un sorriso di sincero sollievo affiorargli alle labbra.

- Goccia dopo goccia, lo ripeteva sempre mia madre – continuò Ariel, - E a loro volta le mie sorelle lo hanno sempre detto a me -

Goccia dopo goccia.

Rimasero in quella posizione a lungo, stretti l’uno all’altra, ascoltando i propri battiti che arrivarono a sincronizzarsi allo stesso modo dei loro respiri.

Nel silenzio rotto solo dal rumore delle onde e del vento che soffiava intorno a loro, Eric si mise a riflettere: cos’era importante che Ariel sapesse da lui? Non si trattava del matrimonio, ma aveva a che fare con un pensiero che era stato una costante per lui. Specialmente nei giorni immediatamente successivi alla battaglia con Ursula, quando aveva lottato con tutte le sue forze per non crollare nella disperazione più totale alla prospettiva di non rivedere mai più Ariel.

Goccia dopo goccia.

Trasse un gran respiro e incominciò a parlare con voce sottile, - C’è una cosa che non ti ho mai detto finora -

- Dimmi – lo incoraggiò Ariel guardandolo in viso.

- Quando lei mi ha stregato, avevo come… la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato. Come se una nebbia fitta mi avesse avvolto la mente, impedendomi di pensare. Più cercavo di capire cosa non andava, più mi sentivo confuso. Poi, ad un certo punto, mi sei venuta in mente tu. Durante la festa ho chiesto a Grimsby dove fossi, e quando ho saputo che avevi lasciato il castello… mi sono sentivo vuoto. Il punto è che… lei ha provato a cancellarti dalla mia testa, ma non ci è riuscita, Ariel. Perché tu mi hai lasciato un segno dentro, così profondo che nemmeno la sua magia ha potuto scalfirlo -

- Oh, Eric – gli occhi di Ariel erano trasparenti per le lacrime sotto la luce della luna, sbucata in quell’istante da una fitta coltre di nuvole.

- E adesso – la voce tornò a tremargli, ma doveva farsi forza – Adesso che tu sei qui, con me, non riesco a smettere di pensare a come sarà il mio futuro. E quando ci penso, vedo solo te – si mise una mano in tasca, rabbrividì quando le dita entrarono in contatto col metallo freddo dell’anello.

Col cuore che sembrava volergli sgusciare via dal petto, Eric tirò fuori l’anello e glielo mostrò; sussultò nel sentirla trattenere il fiato – Questo era destinato a te -

Ariel sollevò lo sguardo dall’anello per posarlo sul suo viso, gli occhi erano lucidi e trasparenti, così grandi che gli sembrò di sprofondarvi dentro. Il mento le tremava, le labbra erano curve in quello che lui pregò con tutto il cuore essere un sorriso…

- Ariel – si accorse di aver trattenuto il fiato fino a quel momento, e sentiva dolore in ogni parte del corpo.

Chiediglielo.

La sentì deglutire, o era stato lui? Non lo sapeva più, non sapeva più dove finiva lui e incominciava lei. Ariel gli era entrata dentro, come l’edera aveva messo le radici ricoprendo ogni parte di lui.

- Eric – la sua voce era ridotta ad un sussurro appena udibile, e sembrava assurdo in quel momento in ricordo del modo in cui lei l’aveva salvato con il suo Canto, forte e chiaro in mezzo al buio dal quale era riemerso dopo il naufragio, - Mi stai chiedendo di sposarti? -

Anche adesso, si rese conto, gli sembrava di sprofondare. Ma doveva riemergere, doveva farlo.

Prese un grande respiro, poi tutto d’un fiato – Non devi darmi una risposta subito. Ti capisco se hai bisogno di tempo, posso aspettare e voglio che tu sappia qualunque sia la tua risposta i miei sentimenti per te non cambieranno. Io ti amo e ti amerò sempre … -

Poté fermarsi solamente quando lei gli premette la bocca sulla propria; si rese conto che i polmoni gli bruciavano come ogni volta che era riemerso dall’acqua dopo esserci rimasto a lungo, col cuore che gli pompava forte nelle orecchie.

Quando Ariel si staccò da lui, le loro labbra produssero uno schiocco così forte da echeggiare nell’aria notturna. I loro nasi si toccavano.

- Come... – boccheggiò – Cosa significa? -

Il sorriso fece capolino sul volto di Ariel come la falce di luna in una notte nuvolosa, - Parlavi così velocemente che sei diventato tutto rosso -

- D-davvero? - biascicò Eric, sbattendo le palpebre più volte.

- Davvero – Ariel gli teneva il viso fra le mani, - Non ho bisogno di tempo per riflettere, perché la mia risposta è sì -

- Sì? -

- Sì – sussurrò Ariel, una lacrima le rigò il viso rapida – Sì, io voglio sposarti -

- Vuoi sposarmi? -

- Sì! -

Eric scoppiò a ridere con naturalezza, e Ariel lo imitò: le lacrime, prima intrise di tensione, adesso gli accarezzavano il viso tradendo gioia e sollievo. La spiaggia si riempì delle loro risate per un tempo indefinito, poi pian piano entrambi scivolarono nel silenzio. Un silenzio rassicurante, privo di incertezza o imbarazzo. Un silenzio di contemplazione.

Eric aveva vissuto quel momento così tante volte nella sua testa nelle ultime ore, al punto da aver creato gli scenari più assurdi e complessi; ma mai avrebbe potuto immaginare che sarebbero finiti a ridere insieme in quel modo.

Ariel si sporse lentamente verso di lui e gli accarezzò le guance, scacciando via le lacrime. Lui fece altrettanto, strofinandole delicatamente gli zigomi e poggiando la fronte contro quella di lei. Entrambi capirono immediatamente di starsi scambiando un bacio diverso dai soliti: c’era tenerezza nel modo in cui Eric le sfiorava il viso, c’era passione nel modo in cui Ariel si aggrappava alla sua camicia con le dita. C’era, forse, anche una sottile disperazione nel modo in cui le loro bocche si cercavano, come se stessero rivivendo il momento in cui si erano ricongiunti per la prima volta dopo tutte le cose che erano accadute. Come per dirsi: qualunque cosa accada, io ci sarò, sarò al tuo fianco, per sempre.

Si separarono lentamente, Eric tenne lo sguardo ancorato a quello di Ariel.

- Posso? - le chiese prendendole la mano sinistra e accennando all’anello.

Ariel annuì in fretta, e nel giro di qualche secondo la pietra azzurra le avvolgeva l’anulare come una luminosa goccia proveniente dal blu dell’oceano.

- Era questo che hai scritto nella tua lanterna? - esordì Ariel con un sorriso.

Eric la guardò stupito, per poi lasciare un bacio su quel sorriso che tanto amava - Sì -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nota Autrice: Probabilmente il capitolo più difficile che abbia mai scritto. Grazie per essere arrivati fin qui! Pochi capitoli ci separano dalla fine di questa storia, ma volevo far presente a chi sta leggendo che in questi giorni ho apportato delle consistenti modifiche ai primi 3 capitoli: c’erano delle cose che non mi convincevano e quindi le ho eliminate. Chi è interessato può leggerli, ma premetto che della storia così come l’avevo programmata fin dall’inizio non è cambiato nulla. Solo, procedendo avanti nella scrittura ho cominciato ad ingranare come volevo io, e sono riuscita a dare a questa storia la voce che sento giusta per lei. Arrivederci al prossimo capitolo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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