CAPITOLO 2
Il mondo intorno ad Ariel sembrava essersi trasformato. Non perché ci fosse qualcosa di diverso, il Mondo in Superficie restava sempre pieno di meraviglie da scoprire e lei ne divorava ogni dettaglio con la stessa famelica curiosità con cui vi era giunta la prima volta.
No, era il suo sguardo ad essere diverso.
Passeggiare per le strade del villaggio, fermarsi ad osservare le bancarelle e mescolarsi alla folla festante le risuonavano in maniera differente rispetto alla sua prima volta da umana.
E non era perché, stavolta, Eric la teneva per mano con la fervida ed evidente intenzione di non separarsi da lei.
Non riusciva a spiegarselo, o forse non voleva ammetterlo nemmeno a sé stessa, ma ciò che era accaduto in fondo al mare con Ursula e suo padre le aveva come schiuso qualcosa dentro la mente. Le si palesavano i ricordi della battaglia con la Strega del Mare, il modo in cui suo padre si era sacrificato per lei… dandole per un momento l’impressione di averlo perso per sempre quando Ursula gli aveva aizzato contro i suoi scagnozzi.
Pensava spesso a suo padre, ripensava al suo sguardo triste e malinconico quando aveva accettato di lasciarla tornare sulla terra. E pensandoci bene, Ariel faceva ancora una certa fatica a vedersi umana con la sua voce al sicuro insieme a lei.
Non ne aveva parlato con Eric, non voleva rattristarlo o dargli da pensare. Al contrario, voleva mostrarsi felice di tornare ad esplorare insieme a lui il Mondo in Superficie.
Quindi, con una scusa e l’altra lo tirava a sé ogni volta che adocchiava qualcosa che attirava la sua attenzione: si fermavano a provare stoffe dai colori vivaci (sotto la luce del sole ogni sfumatura sembrava quasi abbagliante agli occhi di Ariel), cappelli dalle forme strane e cibi dai sapori fortemente speziati e dai profumi invitanti (eccezione fatta per il pesce, che Ariel cercava sempre di evitare).
Eric si metteva a spiegarle pazientemente ogni cosa, dai nomi alle particolarità di ogni cibo e oggetto che si ritrovavano sotto agli occhi; le sue spiegazioni, si rese conto Ariel, discordavano parecchio con quelle di Scuttle circa la funzionalità di alcuni manufatti come, ad esempio, l’arricciaspiccia.
- Quindi… gli umani non la usano per sistemarsi i capelli? -
Eric trattenne a stento una risata – No, anzi. La usiamo per mangiare -
Ariel prese a rigirarsi l’oggetto tra le mani, guardandolo con stupore e provando una stretta allo stomaco, - E il suo vero nome è … -
- Forchetta – rispose Eric, circondandole le spalle con un braccio – Ma a me non importa se la usi per pettinarti i capelli, sei carina quando lo fai -
Ariel percepì una specie di sfarfallio dentro al petto nel sentire quelle parole, e sollevò lo sguardo puntandolo su Eric, il cui volto aveva assunto una sfumatura insolita: sembrava quasi che il sole lo avesse scottato all’improvviso.
- Ti senti bene? Hai una faccia strana – fece Ariel, e allungò una mano per accarezzargli il viso.
Eric le sorrise – Sto bene – tossicchiò e le prese l’arricciaspiccia dalle mani, poi iniziò a passarsela fra i ricci spettinati dal vento – Come sto? - le chiese dopo aver messo giù l’oggetto.
Ariel non poté trattenere un sorriso – Stai benissimo -
~
L’ultima bancarella che videro era colma di oggetti dalle forme e dimensioni più disparate. Eric le spiegò che si trattava di oggetti di antiquariato.
- Antiquariato? -
- Sono oggetti che le persone ad un certo punto smettono di usare, perché sono rotte o sono troppo vecchie – rispose Eric, - Così le portano qui per rivenderle -
- Oh – esclamò Ariel, guardando con foga gli oggetti esposti sulla bancarella – Sembra quasi di stare nella mia grotta dei tesori -
- Grotta dei tesori? - ripeté Eric divertito e incuriosito allo stesso tempo.
Ariel annuì – Quando ero una sirena avevo una grotta in fondo al mare dove nascondevo tutti gli oggetti provenienti dal Mondo in Superficie. Ne ho collezionati tantissimi e per tantissimo tempo -
- Davvero? Ma guarda un po’ – le prese la mano – Mi sembra di ricordare qualcuno -
Ariel gli rivolse un sorriso complice – Mmh, di sicuro qualcuno con una grande passione per oggetti da collezione -
Eric rise e lei insieme a lui. Lo sguardo di Ariel vagò avido fra tutti quegli oggetti, finché non si soffermò su uno in particolare.
- Non posso crederci – esclamò a mezza voce, - Dimmi che non sto sognando! -
- Cos’hai visto? - domandò Eric, sporgendosi per guardare nell’angolo dove Ariel stava indicando col dito.
- Quello! Ne avevo uno identico nella mia grotta! Una scatola musicale! -
Eric aguzzò la vista e si rese conto di ciò che Ariel stava indicando, - Oh, quello? Ti riferisci a un carillon -
- Carillon ? - Ariel si girò verso di lui, guardandolo confusa – Scuttle mi ha detto che il suo nome è scatola musicale -
- Chi è Scuttle? - domandò Eric, confuso a sua volta ma sinceramente divertito.
- La mia amica pennuta – rispose Ariel, - È lei che mi ha detto dell’arricciaspiccia... scusa, volevo dire forchetta, e di tutti gli altri oggetti che ho raccolto negli anni -
- Oh, adesso capisco – Eric ridacchiò, passandosi una mano dietro al collo – Be’, penso che la tua amica Scuttle abbia fatto un po’ di confusione -
- Sì, immagino che sia così – replicò Ariel, - Hai detto che si chiama… -
- Carillon – rispose Eric, e chiese al commerciante se poteva prendere un attimo l’oggetto per farglielo vedere più da vicino – Ecco, guarda – lo tenne fra le mani proprio sotto gli occhi Ariel – Ha un meccanismo interno che lo fa girare e nel frattempo suona anche una musica -
- Qui c’è la chiave, Sire – fece il commerciante, allungandogli la chiave che accompagnava il carillon , - Questo risale all’inizio dell’Ottocento, importato direttamente dalla madrepatria inglese fino ai Caraibi. E come potete vedere, è ancora in ottime condizioni e la fattura è di prim’ordine – indicò le fattezze dei ballerini sopra la base del carillon, i volti e gli abiti dei ballerini denotavano una cura dei dettagli di certo non indifferente.
Eric inserì la chiave nella piccola serratura a lato della base del carillon, le fece fare un paio di giri e una musica tintinnante si propagò dall’oggetto nell’aria.
- Ecco – fece Eric, porgendolo ad Ariel… che sembrava tremare in quel momento.
- Stai bene? - le chiese preoccupato.
- S-sì… - mormorò Ariel con la voce rotta, e Eric sentì una stretta al petto nel percepire con chiarezza l’emozione contenuta in lei, - È solo che… non ne avevo mai potuto sentire il suono prima. È bellissimo –
Eric osservò Ariel tenere in mano il carillon e guardarlo con gli occhi che brillavano d’emozione. In quel momento avrebbe voluto stringerla a sé, farle sentire tutto l’amore che provava per lei, e desiderò che lei gli raccontasse qualcos’altro della sua grotta dei tesori in modo da poterle portare qualunque oggetto appartenente alla sua collezione.
- Quanto costa? - chiese al commerciante, che guardò prima Eric poi Ariel.
L’uomo scosse la testa e rivolse un sorriso ad entrambi – Prendetelo pure. Ve lo regalo -
- No, davvero, posso pagarlo… - Eric cominciò a tastarsi le tasche per tirar fuori il denaro.
- Insisto, Vostra Altezza. Sono più che lieto di donarvelo – replicò il commerciante, che guardò Ariel con una certa tenerezza.
~
Quando tornarono al castello, trovarono ad attenderli all’ingresso oltre a Sir Grimsby anche la regina Selina.
- Vostra Maestà – disse Ariel senza fiato, inchinandosi subito.
- Comoda, mia cara – la regina venne loro incontro e mise due dita sotto al mento di Ariel, invitandola a sollevare lo sguardo e a rimettersi dritta – Non sono necessarie le formalità – si girò e guardò Eric – Avete fatto tardi -
- Abbiamo fatto un giro al mercato – spiegò Eric, non senza apparire in un certo qual modo stupito dalla presenza della madre in quel momento. Ariel lo vide gettare un’occhiata in direzione di Sir Grimsby, ma il Primo Ministro rivolse loro un’espressione che sembrava volerli tranquillizzare.
- Non sapevo che avremmo fatto tardi, vi chiedo perdono – intervenne Ariel prontamente.
La regina le rivolse uno sguardo indulgente – È tutto a posto, mia cara. Vi stavamo semplicemente aspettando per la cena -
- La cena? - domandò Eric confuso.
La regina annuì - Ho organizzato un banchetto per stasera, per celebrare il ritorno di Ariel. Niente di fastoso, si tratta solamente di un’occasione per stare tutti insieme dopo gli ultimi eventi che si sono verificati -
Ariel azzardò un’occhiata in direzione di Eric, e gli lesse in volto lo stesso stupore che provava lei in quel momento.
- Vostra Maestà, è molto gentile da parte vostra – cominciò Ariel, - Ma non era necessario -
- Lo è, invece – la regina guardò Ariel con una intensità tale da farle tremare le ginocchia ancora non del tutto abituate alla sua condizione da umana – Hai salvato la vita di mio figlio, per ben due volte – le prese le mani e le strinse con premura – Ti devo tutto, mia cara. Mio figlio è ciò che ho di più prezioso al mondo, e tu lo hai protetto -
Ariel inghiottì a vuoto, il cuore colmo di un’emozione che non riusciva a descrivere – Anche lui mi ha protetta – replicò guardando Eric, che la ricambiò con un mezzo sorriso sulle labbra.
Gli occhi della regina erano lucidi mentre spostava lo sguardo da Ariel ad Eric, - Allora permettetemi di celebrare questo momento così importante con una cena. Saremo solo noi, e inoltre mi sono premurata di non far portare pesce in tavola -
~
- Cos’hai in mente? - domandò Eric a bruciapelo.
Sua madre si girò a guardarlo confusa, - A cosa ti riferisci? -
Eric la osservava dallo specchio della sua camera, mentre si vestiva per la cena – Sono solo stupito dal tuo comportamento, tutto qui -
La regina alzò gli occhi al cielo, - Non posso nemmeno organizzare una cena per mio figlio e tu diventi subito sospettoso? - si avvicinò per porgergli la giacca che un valletto teneva in mano.
- Puoi biasimarmi per questo? - rise Eric, lasciando che sua madre lo aiutasse a mettersi la giacca, poi si voltò verso di lei e le parlò in tono basso – Non voglio che tu ferisca i suoi sentimenti -
La regina aggrottò la fronte, scrutando il figlio con attenzione – Non lo farei mai -
- È strano, considerato quello che per tutti questi anni mi hai raccontato sul Popolo del Mare – replicò Eric duramente, allontanandosi da lei - E devo inoltre ricordarti della nostra ultima conversazione nel mio studio -
- Eric -
Il tono di sua madre era fermo, ma tradiva qualcosa: una certa inquietudine che lo spinse a bloccarsi davanti alla porta ancora chiusa e a girarsi verso di lei.
La regina lo guardava con le mani intrecciate in grembo, i lineamenti del viso non erano contratti dalla consueta severità cui lui era abituato, - So bene che il mio comportamento ultimamente è stato causa di attrito fra noi due, ma ero solo preoccupata per te – camminò a piccoli passi verso di lui – Sono tutt’ora preoccupata per te -
- Be’, non dovresti – fece Eric in tono mite, - Ho affrontato molte sfide negli ultimi tempi, so cavarmela da solo -
La regina scosse la testa, e una volta schiaritasi la voce proseguì – Il Popolo del Mare e quello della Superficie si combattono da moltissimo tempo -
Eric alzò gli occhi al cielo, - Questo me lo hai già detto, madre. Non ricominciare… -
La regina sollevò una mano per zittirlo, – Lasciami finire, poi potrai uscire da quella porta e non ne riparleremo mai più. Ti do la mia parola -
Eric avrebbe voluto protestare, ma si costrinse a restare zitto e ascoltò le parole di sua madre.
- Quello che c’è fra te e questa… ragazza – pronunciò l’ultima parola con un’incertezza che rischiò di far vacillare Eric dal suo proposito di rimanere in silenzio, - Si tratta di un grosso cambiamento, che rischia di alterare gli equilibri del nostro mondo. Del mio e del tuo come del suo -
Eric inspirò a fondo, chiuse e aprì le palpebre e annuì lentamente – Il mondo cambia di continuo, madre. Niente resta sempre uguale -
- Ma un cambiamento del genere non ha precedenti nella storia – insistette sua madre, - Quello che voglio dire è che dobbiamo stare attenti, assicurarci che non le venga fatto del male -
Eric sollevò immediatamente lo sguardo e strinse i pugni lungo i fianchi – Io non lo permetterò mai -
- Lo so – la regina si avvicinò ancora di più a lui e gli prese una mano tra le proprie – Ma non puoi aspettarti che il mondo accetti un cambiamento del genere. Sono davvero poche le persone che hanno la mente aperta, e tu questo lo sai -
Le parole di sua madre lo colpirono con la forza travolgente di un’onda.
Sua madre non aveva tutti i torti, in fondo.
Lui stesso per anni aveva viaggiato in mare con una ciurma che nutriva credenze maligne sul Popolo del Mare e che molte volte era stata sul punto di aizzare gli arpioni contro dei delfini, per il semplice motivo che li avevano scambiati per delle sirene.
Ricambiò la stretta della regina e si sforzò di sorriderle rassicurante – Lo so. So che hai ragione, e so che ci saranno dei rischi. Ma io voglio affrontarli, sono pronto a farlo. Per Ariel sono disposto a fare qualsiasi cosa -
Quelle parole parvero colpire la regina nel profondo, perché annuì e sembrava che faticasse a trattenere un sorriso – Stai molto bene – gli disse accennando alla giacca.
- Anche tu – rispose Eric, dandole un bacio in fronte.
~
Ariel guardava il suo riflesso allo specchio, mentre Lashana le allacciava il vestito che la regina le aveva fatto recapitare nella sua camera: un abito rosa chiaro, con una gonna piuttosto ampia e un corpetto aderente che quasi le mozzava il fiato. Doveva ancora abituarsi ai corsetti, anche se non poteva negare che ne avrebbe fatto volentieri a meno nella sua nuova vita da umana.
- Perché quella faccia, piccola? - la voce di Lashana la distolse dai pensieri sui corsetti, - Forse il vestito non ti piace? So che non è ciò a cui sei abituata… -
Ariel scosse la testa, - No, mi piace. Mi piace molto – sollevò le braccia e trattenne a stento una smorfia nel vedere le proprie braccia coperte da strette maniche di pizzo.
Lashana, però, la guardò come se avesse capito il suo reale stato d’animo, - Si tratta solo di poche ore, non preoccuparti -
Le fece indossare le scarpe (strette anche quelle, e Ariel iniziò a domandarsi che problemi avessero gli umani per adottare quel tipo di costrizioni al loro corpo) e la fece sedere davanti alla specchiera per acconciarle i capelli.
- Lashana – Ariel parlò a voce bassa, guidata solo dall’istinto di una domanda che premeva per sgorgare fuori dalle sue labbra.
- Sì, tesoro? -
Ariel deglutì e avvertì una stretta allo stomaco mentre la domanda prendeva forma grazie alla sua voce – Pensi che io possa piacere alla regina? -
Lashana rimase in silenzio per un secondo, poi le sorrise, - Ma certo che le piaci, piccola mia! Hai salvato la vita di Eric, e questo significa tanto per lei -
- Sì, però… - Ariel strinse le labbra e si guardò le dita intrecciate in grembo – Resto pur sempre una sirena. I nostri popoli sono sempre stati in guerra fra loro -
Lashana mise giù le perline che aveva cominciato ad inserirle fra i capelli, le mise una mano sulla spalla mentre con l’altra le scostava un ciuffo dal viso – Tu ed Eric state facendo qualcosa che non ha precedenti nella storia dei nostri popoli. State portando la pace, siete l’alba di un nuovo inizio – le sorrise e Ariel sentì allentarsi un po’ il peso che da tempo sentiva premerle sul petto – E anche la regina è assolutamente consapevole di questo – le diede un buffetto sul mento e ricominciò ad acconciarle i capelli.
Quando Ariel fu pronta, poco prima di uscire dalla camera si diresse verso Lashana e le gettò le braccia al collo – Grazie -
Lashana ricambiò l’abbraccio, e le diede un bacio sulla fronte.
~
- Sire, siete piuttosto agitato – fece Sir Grimsby, non senza celare una nota di divertimento nella voce.
- Davvero? Non lo avrei mai detto – replicò Eric un po’ più bruscamente di quanto avrebbe voluto, - Mi dispiace, è solo che… -
- Le fanciulle arrivano sempre in ritardo. È questione di preparativi – esordì il Primo Ministro, con il chiaro intento di voler risultare rassicurante.
- Io non sono mai in ritardo – fu la replica della regina alle loro spalle.
- Ovviamente non mi riferivo a voi, Vostra Maestà – Grimsby le rivolse una piccola riverenza, la regina non disse nulla e proseguì nel controllare la disposizione del tavolo della cena.
Eric di fronte a quella scena soffocò una risata.
- Madamigella Ariel – annunciò in quel momento un valletto dall’ingresso della sala da pranzo.
Eric era appoggiato allo schienale di una sedia e per poco non la rovesciò a terra per il modo repentino con cui si raddrizzò in piedi.
Nel momento in cui Ariel fece il suo ingresso, il bagliore aranciato del tramonto che filtrava dalla finestra l’attraversò illuminandone la figura: era avvolta in un vaporoso abito rosa cipria, la gonna emetteva un fruscio leggero al suo passaggio, e i capelli decorati da perle di colori diversi erano avvolti in una morbida acconciatura che le ricadeva sulla schiena.
Eric si sentì mancare il fiato. Era bellissima, ovviamente.
Ma la cosa che risaltava maggiormente ai suoi occhi era il sorriso di lei: sembrava più timida del solito, ma non perdeva la spumeggiante allegria che la contraddistingueva.
Mosse un piede per venirle incontro, ma la regina fu molto più rapida di lui – Mia cara, che piacere vederti. Sei splendida, non è vero Eric? -
Eric non rispose subito, aveva la strana e ridicola sensazione che ogni cosa stesse procedendo ad una lentezza esasperante. Ma lo sguardo carico di attesa di Ariel lo spinse a schiarirsi la voce e a sorriderle raggiante – Sì, sei bellissima -
Ariel rispose con un cenno del capo, - Grazie – poi la regina la condusse verso la tavola e le indicò il suo posto.
Eric non le distolse lo sguardo neanche per un attimo, e Ariel ogni tanto si voltava a guardarlo con la coda dell’occhio. Sembrava volesse qualche suggerimento, o forse voleva semplicemente capire se stava andando bene oppure no.
Eric avrebbe voluto dirle che stava andando benissimo, e che non doveva preoccuparsi di nulla. Tanto meno di piacere a sua madre.
La regina Selina, infatti, per tutta la cena si dimostrò affabile nei confronti di Ariel: le fece moltissime domande, molte soprattutto riguardo la sua vita da sirena e il Popolo del Mare in generale, e alcune riguardanti la notte del naufragio in cui aveva salvato Eric la prima volta. Ariel rispose a tutte le domande, mostrandosi a sua volta ben disposta nei confronti della curiosità della regina.
Eric le sedeva accanto, felice ed emozionato per come quella cena che aveva temuto sin dall’inizio si stava svolgendo. Sir Grimsby gli gettava di sottecchi delle occhiate da cui traspariva un orgoglio senza precedenti.
Quando arrivarono le prime portate, Ariel ebbe una specie di sussulto alla vista della forchetta o arricciaspiccia come la chiamava lei. Eric la vide posare brevemente le dita sopra la posata, prima di prenderla con grazia e usarla per le pietanze.
Di tanto in tanto lo guardava, sempre con quell’implicita domanda negli occhi: vado bene?
Per tutta risposta, Eric le prese la mano libera da sotto il tavolo e intrecciò le dita alle sue.
~
La cena era ormai finita da un pezzo, quando la regina invitò tutti a spostarsi nella terrazza per prendere il tè e intrattenersi ancora prima di andare a letto.
La luna era spuntata e come una gigantesca perla bianca si mostrava in tutto il suo bagliore filtrando dalle ampie finestre. Ariel si mise al fianco di Eric, ancora mano nella mano da quando lui le aveva preso la sua sotto il tavolo durante la cena.
Mentre la regina e Sir Grimsby erano impegnati in una conversazione fra loro, Eric si sporse per sussurrarle all’orecchio – Stai andando benissimo -
Ariel si sentì il viso in fiamme, ma tirò anche un sospiro di sollievo – Sono contenta. Ero davvero molto nervosa -
- Non hai motivo di esserlo – le sorrise Eric, portandosi infine la mano di Ariel alle labbra.
Le baciò il dorso con delicatezza, ma quel gesto fu sufficiente per travolgere Ariel come con una gigantesca onda.
Arrivati sulla terrazza li accolse una piccola orchestra, posizionata alle spalle del tavolo su cui avrebbero preso posto. Ariel osservò incantata ogni cosa: alcuni di quegli strumenti li aveva custoditi nella sua grotta, pur senza avere la minima idea che gli umani li usassero per produrre della musica (al contrario del soffiablabla che invece, come le aveva spiegato Eric, serviva a fumare del tabacco e si chiamava pipa).
Per non parlare del servizio da tè: anche molti di quegli esemplari facevano parte della sua collezione, e Ariel si sentì emozionata all’idea di sperimentarne il vero utilizzo.
La regina li invitò a prendere posto su delle poltrone imbottite di una stoffa che Ariel sentì morbida e setosa sotto il palmo della mano. Quando venne servito il tè, Ariel fece fatica a capire come dovesse usare tutti quegli oggetti.
- Guarda me – le sussurrò Eric, mostrandole come bere il tè. Al primo assaggio, Ariel sgranò gli occhi per la sorpresa: il liquido caldo le danzò sulla lingua lasciandole un aroma intenso.
Mentre i domestici portavano loro una grande quantità di dolci dalle forme bizzarre e dai colori accesi, l’orchestra cominciò a suonare. Ascoltarono dei pezzi che sembravano essere molto in voga nel mondo degli umani: un certo Mozart, poi Beethoven e altri nomi strani che Ariel faticò a tenere a mente.
Ma lei ascoltò quella musica assaporando ogni nota e soffermandosi sulla diversa vibrazione dei suoni in base allo strumento dal quale provenivano.
C’erano grandi archi che emettevano note basse e dalla sfumatura malinconica, poi archi più piccoli che li seguivano a ruota con un suono più morbido e avvolgente.
- Quella come si chiama? - indicò ad Eric uno strumento simile ad una gigantesca lira, che alcune sirene ancora utilizzavano.
- Quella è un’arpa – le rispose Eric, e il suono che da essa proveniva era…
Ariel non riusciva a descriverlo con chiarezza.
Le ricordava l’acqua, lo riconduceva al movimento che producevano le onde e le correnti: avvolgente ma allo stesso tempo leggero.
- Ha un suono meraviglioso – si lasciò sfuggire in un sussurro strozzato dall’emozione.
- Sì, hai ragione – fu la risposta di Eric, che le prese la mano e la guardò con la stessa intensità con cui l’aveva guardata la sera della loro prima gita in barca alla laguna.
Ariel sentì il cuore galopparle forte dentro al petto, un potente sfarfallio all’altezza dello stomaco la travolse spingendola a volersi fare più vicina a lui…
- Ariel, mia cara – disse la regina richiamando la sua attenzione, - Ti ho fatto così tante domande su di te e sul tuo Popolo, ma mi sono resa conto di non averti chiesto nulla sulla tua famiglia -
- Oh, ehm, sì – Ariel poggiò la sua tazza sul tavolo, - Insomma, non c’è molto da dire. Io e le mie sorelle governiamo i Sette Mari per conto di mio padre, Re Tritone – esitò prima di aggiungere – È lui il Sovrano per eccellenza, e ha affidato a ciascuna di noi un mare da governare. Ad ogni Luna Corallo ci riunisce tutte per chiederci notizie dei nostri regni, ed è anche una delle poche occasioni che abbiamo per stare tutti insieme -
Le sembrò di vedere un guizzo negli occhi della regina, ma doveva essersi sbagliata perché annuì e le rivolse un sorriso, - Immagino che tu e le tue sorelle siate molto unite -
- Lo siamo – rispose Ariel con una piccola risata – Diciamo di sì, io sono la più piccola e quindi sono sempre state molto protettive con me -
- Non deve essere stato facile per tuo padre lasciarti andare – aggiunse la regina.
- No, non lo è stato – rispose Ariel tranquilla, - Ma ha capito cosa desideravo realmente, e mi ha dato la possibilità di tornare qui – strinse la mano di Eric da sotto il tavolo, - E di questo gliene sarò per sempre grata – concluse voltandosi brevemente verso di lui.
Eric le sorrise, ma era come se un velo di tristezza gli avesse attraversato il viso.
Non ebbe il tempo di chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, che la regina prese di nuovo la parola – Il gesto di tuo padre denota il grande amore che prova per te. I genitori tendono a dimenticare che a volte devono fare un passo indietro, e lasciare i figli liberi di scegliersi il loro avvenire -
- Non credo di averti mai sentito dire una cosa del genere – esordì Eric stupito, - Non mi sei mai sembrata di questo avviso con me -
- Imparo dai miei errori, caro – replicò la regina, sorseggiando il suo tè.
~
Eric aveva insistito per fare una passeggiata insieme prima di accompagnarla nella sua camera. Aveva proposto la spiaggia, ma Ariel sentiva i piedi dolerle e non vedeva l’ora di togliersi le scarpe, per non parlare del corsetto e del vestito che iniziava a pizzicarle.
Però, quando giunsero in prossimità della costa l’aria frizzante proveniente dal mare risvegliò in lei l’istinto di avvicinarsi all’acqua. E il fatto che Eric la tenesse per mano, sotto quella gigantesca luna che sembrava osservarli benevola, la spinse a mettere da parte il fastidio provocatole dall’abito.
Ariel si tolse le scarpe e le abbandonò sulla sabbia, avanzando verso l’acqua e lasciando andare un lieve sospiro quando questa le lambì i piedi. Sollevò con entrambe le mani i lembi della gonna e avanzò ancora in mezzo alla spuma di mare.
Si girò verso Eric, che la guardava con una intensità tale da toglierle il fiato. Allungò una mano verso di lui – Vieni? -
In risposta all’invito, lui si tolse gli stivali e camminò verso il punto in cui si trovava lei.
L’abbracciò da dietro, e Ariel gettò il capo indietro fino a poggiarlo contro il suo petto.
Gli circondò le braccia con le proprie, sentì la guancia di lui posarsi sui suoi capelli.
- Senti che bel silenzio – disse piano, la sua voce era come una carezza sulla guancia di Ariel, che sorrise.
- In realtà, in questo momento , le correnti stanno sussurrando al nostro passaggio -
- Davvero? -
Ariel annuì, - Le correnti notturne in verità sono un po’ timide, a volte. Ma stasera pare abbiano molta voglia di chiacchierare -
- Cosa dicono? -
- Oh, ehm – Ariel si sentì le guance accalorate – Si congratulano con noi per il nostro, ehm, legame -
Eric rise, - Ringraziale da parte mia -
- Puoi farlo tu stesso. Sentono tutto quello che diciamo -
- Oh – la voce di Eric le risultò disorientata e lei sorrise intenerita, - Allora, ehm, grazie -
Ariel rise – Dicono che sei molto affascinante -
- Oh, andiamo – ridacchiò Eric imbarazzato.
- Dicono che hai un bel sorriso e che il colore dei tuoi occhi ricorda tanto le correnti alle prime luci del mattino. Da noi è considerato di buon auspicio. E che hai anche una bella voce – Ariel esitò prima di aggiungere – Ed è vero. Ti ho sentito cantare, poco prima del naufragio. Sei davvero molto bravo -
- Ti ringrazio – le schioccò un bacio fra i capelli, - Ma ti assicuro che conosco qualcuno molto più bravo di me -
- Oh, davvero? - ridacchiò Ariel.
- Sì. Una bellissima sirena con una voce meravigliosa, pensa che mi ha addirittura salvato la vita -
Ariel si sentiva stranamente commossa, e per questo non riusciva a dire una parola.
– Spero… - cominciò Eric ma si interruppe, e Ariel percepì l’incertezza nella sua voce.
- Cosa? - lo esortò.
Lo sentì sospirare alle sue spalle, prima di dire – Spero solo che tu non sia triste per il fatto di… aver rinunciato ai tuoi doni da sirena per tornare umana -
- No – fece lei mite - E non ho rinunciato a tutti i miei doni da sirena, perlomeno non dopo che mio padre mi ha trasformata. Posso ancora cantare, anche se non posso più usare la mia voce per salvare qualcuno -
- Non è vero – ribatté Eric con dolcezza, - Ogni volta che ti sento cantare, è come se rivivessi il momento in cui mi hai salvato – poggiò il mento sulla sua spalla e Ariel si sentì invadere da un brivido piacevole nel sentire la voce di lui vibrarle fin sotto la pelle – È come se mi salvassi sempre -
Per la prima volta nella vita, Ariel si rese conto di non sapere cosa dire a causa dell’immensa felicità che le stava esplodendo dentro. Era come se un’onda gigantesca si fosse fatta spazio tra il petto e la gola, impedendole di articolare anche il minimo suono.
Avrebbe voluto fargli capire quanto il suo amore per lui le bruciasse addosso come una fiamma costante, quanto i suoi occhi fossero in grado di infonderle sicurezza e protezione.
- Anche tu mi hai salvata – riuscì a dire con voce tremula, - Quando sono arrivata qui la prima volta mi hai accolta, mi hai portato con te ovunque e mi hai mostrato tutto ciò che ho sempre desiderato vedere. Hai esaudito il mio sogno più grande -
- E ci sono così tante cose che voglio mostrarti, luoghi da esplorare… -
- Potremmo seguire le tue mappe -
- Lo faresti? -
- Salpare con te verso acque inesplorate? Assolutamente sì -
Risero entrambi, per poi rimanere in silenzio totalmente in balia dello spettacolo mozzafiato che la costa stava offrendo loro quella notte.
Ariel non aveva intenzione di rientrare nella sua camera, perlomeno non ancora: si scoprì più che disposta a sopportare il pizzicore provocatole dal vestito e dal corsetto, se equivaleva a stare ancora un po’ insieme ad Eric.
- Ho sempre amato venire qui – disse lui dopo un po’ - A volte, mi sembrava l’unico modo per non impazzire -
Ariel lo guardò interrogativa.
- Non ho mai sopportato di restare chiuso lì dentro – Eric accennò al castello sopra di loro, - La mia vita mi è sempre sembrata troppo stretta, mentre il mare mi dava la sensazione che non ci fosse nulla a trattenermi dal seguire il mio istinto -
- È curioso, che tu sia sempre stato tanto legato al mare e invece io abbia a lungo desiderato di vivere sulla terra –
Eric rise, - Immagino sia un buon contrasto. Significa che, alla fine, uno di noi due si sarebbe imbattuto nell’altro prima o poi -
- Mi piace pensarla così – disse Ariel piegando la testa per osservarlo in viso.
- Anche a me – concordò Eric, dandole un bacio sulla tempia.
- Nella nostra cultura – aggiunse Ariel – è il Mare a legare i destini e le anime delle persone. Nei matrimoni si recita sempre che “ciò che il Mare ha unito, non potrà mai essere diviso” -
- Mi sento fortunato allora. Ero sempre stato legato a te, anche quando non ti conoscevo ancora -
- Penso la stessa cosa -
Rimasero fermi a guardare l’orizzonte, la luna alta nel cielo trapunto di stelle lasciava la propria scia luminosa sul pelo dell’acqua come una cascata di perle. Il vento soffiava dal mare, forte ma non abbastanza da farli desistere dal restare lì ancora lungo.
- C’è una cosa che non ti ho detto – esordì Eric dopo un po’, - In realtà, si tratta di un pensiero che si palesa nella mia mente e che non mi fa stare tranquillo -
- Di che si tratta? - fece Ariel preoccupata.
- Non è niente di grave, solo… - lo sentì inspirare profondamente prima di dire – Voglio solo che tu sappia che non ti fermerei se volessi tornare dalla tua famiglia -
Ariel si girò nella sua direzione, il suo cuore parve schiudersi ulteriormente di fronte a quella confessione e alla voce tremula con cui lui gliel’aveva fatta.
- Certo, mi farebbe soffrire il pensiero di non averti più con me – continuò lui - Ma lo sopporterei, perché l’unica cosa che voglio è che tu sia felice. Mi importa solo di questo -
- Eric – Ariel si liberò dalla sua stretta, ma solo per mettersi di fronte a lui, le mani poggiate sul suo petto e un sorriso sulle labbra - Io sono felice, più felice di quanto lo sia mai stata in vita mia. Perché sono esattamente dove ho sempre voluto essere. Sulla terra, insieme a te -
Eric le prese le mani e le baciò le dita con… devozione. Ariel si sentì tremare le ginocchia.
- Non voglio che tu te ne vada – le rivelò, - Ma non voglio nemmeno che tu ti senta in gabbia. Non mi sognerei mai di impedirti di tornare ad essere una sirena, se è quello che vuoi -
- Quello che voglio, quello che ho sempre voluto è qui. E da quando ti ho conosciuto, non ho desiderato nient’altro a parte stare con te. E per la prima volta, mi sento finalmente libera -
Eric si sporse verso di lei, le loro fronti si toccavano, il respiro di lui era caldo sulla sua pelle. Ariel sentì uno strano formicolio percorrerle le labbra, lo stesso che aveva sentito alla laguna quando stavano per baciarsi, e si alzò sulle punte. Le loro bocche si incontrarono a pochi millimetri di distanza, che venne annullata del tutto quando Eric chinò il viso su di lei.
Quel bacio le risultò diverso rispetto a quelli che finora si erano scambiati. Sapeva di sale e lacrime, un tocco che le scatenò un incendio nel petto, un calore forte ma che non le provocava dolore come la prima volta che si era avvicinata al fuoco.
Quel bacio le fece desiderare di più: voleva stargli più vicina, premersi maggiormente contro il suo corpo, sentire il calore delle sue braccia che la cingevano.
Le labbra di Eric erano morbide e calde, un contrasto perfetto col vento freddo che sferzava attorno a loro, e lei desiderò con ardore di poterne memorizzare ogni increspatura e piega. Voleva che il suo tocco le rimanesse impresso esattamente come era accaduto la prima volta che lui le aveva tenuto la mano, quando lo aveva salvato.
- Ti amo – disse piano Eric, staccandosi da lei appena di qualche centimetro.
Un sorriso le piegò le labbra, - Ti amo anch’io -
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