Challenge: “May I write” - giorno 16 - organizzata dal gruppo
Facebook “Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom”
Prompt: 2. “Devi
dimenticarmi” - 3. Pasticceria - 4. “Sono tre mesi adesso…”
Genere: drammatico, romantico
Tipo: one shot
Raccolta: Ieri, oggi,
domani
Personaggi: Tobio Kageyama,
Shoyo Hinata
Coppia: yaoi
Rating: PG-17, arancione
Avvertimenti: tematiche
delicate (alcool, dipendenza), slice of life
PoV: terza persona
Spoiler: sì, post time skip
Disclaimers: i personaggi
non sono miei, ma di Haruichi Furudate.
I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di
lucro.
Note: seguito di “Quando
bevo”
Aiutami!
Era passato dalla pasticceria,
era una cosa stupida, se ne rendeva conto ma sua madre gli aveva insegnato che
non si va mai a casa di qualcuno a mani vuote, Kageyama si aggrappava a quelle
piccole cose, anche perché non aveva la minima idea di come avrebbe reagito lui.
- Sono tre mesi adesso che non
vi vedete - pensò tra sé e sé e non sapeva in quali condizioni lo avrebbe
trovato, aveva paura in realtà di scoprirlo.
Con un’incredibile fatica era
riuscito a procurarsi il suo indirizzo e aveva deciso di andare da Hinata, doveva
tirarlo fuori dalla situazione in cui si era cacciato.
Aveva ancora negli occhi l’immagine
di Shoyo in quel locale, dove con i tuoi compagni di squadra eravate finiti per
caso dopo l’amichevole.
Hinata era seduto al banco che
beveva un drink dopo l’altro, appoggiato lascivamente su un altro uomo, e la
cosa non lo avrebbe turbato più di tanto se quello fosse stato il suo ragazzo,
ma aveva sentito dei pettegolezzi di spogliatoio, ma non ci aveva creduto fino
a quel momento, non voleva crederci, che si fosse lasciato andare così.
Fece un respiro profondo, suonò
il campanello ed attese spostando il peso da una gamba all’altra, faceva caldo
quel pomeriggio, sapeva per certo che Shoyo non aveva allenamento, anche in
Brasile il campionato era finito avevano almeno una ventina di giorni di pausa.
Aspettò ancora qualche instante
quindi suonò di nuovo.
Dei tonfi sommessi, delle
imprecazioni, la chiave che girava nella toppa e la porta che finalmente si
apriva.
Kageyama trattenne il fiato e si
morse le labbra quello che aveva davanti non poteva essere Shoyo che lo fissava
con grandi occhi cerchiati di scuro, spettinato, con una canottiera verde
macchiata, il salotto alle sue spalle era nel caos più totale, nella penombra
delle tende tirate.
“Cosa ci fai tu qui?” domandò
fissandolo.
“Posso entrare?” sussurrò con un
filo di voce, facendo un passo avanti e Hinata si scostò di lato per farlo passare.
“Accomodati pure, fa come fossi a
casa tua” sbottò sarcastico poggiandosi alla porta.
Tobio posò l’involto sul ripiano
della cucina.
“Che cosa sei venuto a fare qui,
Kageyama?” sibilò osservando il moro che si guardava intorno.
“Volevo vedere come stavi” iniziò
“Girano delle voci su di te”
“Sto bene puoi andartene” disse
aprendo la porta, ma l’alzatore non si mosse.
“Dicono che sei sobrio solo per
le partite e che… vai a letto con…”
“Vattene!” gridò afferrandolo per
la maglietta, ma Kageyama era ancora più alto e più forte di lui.
“No!”
“Vattene” urlò, ma l’altro scosse
caparbiamente la testa richiudendo la porta.
“No!” ribatté erano così vicini
che Tobio poteva sentire il sentore dell’alcool nell’alito dell’altro ed era
solo il primo pomeriggio.
“Quello che faccio nel mio tempo
libero non è affare tuo” aggiunse stringendosi nelle spalle.
“Ti ricordi cosa mi hai detto all’ultima
olimpiade che abbiamo giocato insieme?” gli chiese con lo sguardo basso.
Tobio si umettò le labbra secche,
lo ricordava anche troppo bene “Devi dimenticarmi” bisbigliò così piano che Hinata
faticò a sentirlo, ma la morsa che gli strinse le viscere la percepì
chiaramente.
“Ho provato a dimenticarti, ci ho
provato in tutti i modi, Kageyama” confidò avvicinando il volto a quello del
palleggiatore.
“Quando bevo e quando scopo lo
faccio per un po’… ma poi torni a infestare i miei pensieri, i miei sensi”
Kageyama strinse forte gli occhi sentendoli
pizzicare a quella confessione disperata.
“Dimmi come cazzo faccio a
dimenticati?” gridò battendogli un pugno sul petto “Dimmelo!”
L’alzatore scosse la testa
incapace di parlare.
“È tutta colpa tua, Tobio” lo
accusò furente versandosi un bicchiere di quello che sembrava liquore.
“La pallavolo” iniziò Kageyama osservandolo
trangugiare in un solo colpo il liquido ambrato.
“È la tua ossessione” lo interruppe Shoyo facendo
per versarne ancora, ma Tobio nel tentativo di intercettarlo fece cadere la
bottiglia che andò in frantumi, ma nessuno dei due se ne curò.
“È anche la tua…” ribatté “Avremmo potuto
giocare insieme, sempre, te ne sei andato in Brasile per due anni e poi dopo i Jackal
e le Olimpiadi sei tornato qui”
“Tu vivi in Italia!” urlò dandogli uno spintone
facendolo finire sul divano, Kageyama lo afferrò dalla maglietta facendolo cadere
sopra di sé.
Si fissarono per un lungo momento, Hinata
aveva le guance rosse, gli occhi spalancati e le pupille dilatate senza pensarci
un momento in più Shoyo si chinò a baciarlo, un bacio avido e famelico, bagnato
e vorace.
Kageyama non riuscì ad opporsi rispose a quel
bacio disperato con impeto, tuffando le mani tra i suoi capelli rossi
tirandogli indietro il capo.
Si mossero e finirono sul pavimento, Hinata
si inarcò facendo cozzare i loro inguini tesi, facendo gemere entrambi.
“Ti prego scopami” gemette quasi sofferente.
Kageyama si sollevò sulle braccia per
guardarlo.
“Per favore, ne ho bisogno”
L’alzatore si fece indietro scuotendo la
testa “No” bisbigliò inginocchiandosi tra le sue gambe. “No” ripeté vedendo le
lacrime riempire gli occhi di Hinata.
“Sarò egoista, ma rivoglio il ragazzo di cui
mi sono innamorato al liceo” confessò gli occhi di Hinata si fecero immensi.
“Cosa?”
“Sì… sono innamorato di te dai tempi del
liceo” ammise “Le poche volte che siamo stati a letto insieme avrei voluto
dirtelo, ma non ce l’ho mai fatta… poi il Brasile ti ha cambiato ed ero un peso
per te… non potevi volare se io ti facevo da zavorra con i miei sentimenti… quindi
ti ho detto di dimenticarmi”
Hinata si posò le mani sul viso scoppiando in
singhiozzi disperati, incapace di calmarsi.
“Aiutami… Tobio… aiutami…” singhiozzò mentre
l’alzatore gli prendeva i polsi e lo faceva sedere.
“Sono qui Sho, non ti lascio, troveremo una
soluzione, insieme” bisbigliò stringendolo a sé, baciandogli i capelli, non
aveva bene idea da che parte iniziare, ma era colpa sua se Hinata era finito in
quel vortice, era compito suo tirarlo fuori e rimetterlo in sesto.