La Chiave del Tempo di Moony3 (/viewuser.php?uid=76496)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo - Casa Lupin. ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo - Hogsmeade. ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo - Hogwarts: la battaglia. ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto - Hogwarts: l'attesa. ***
Capitolo 6: *** Capitolo Quinto - La Fine e l'Inizio. ***
Capitolo 7: *** Epilogo. ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Una premessa: non
sono esattamente un'autrice.
Questa è la mia prima (e unica, al momento) creazione.
E' stato un atto
dovuto; nel senso che non ho potuto fare a meno di
scriverla.
Una specie di terapia, suppongo, per esorcizzare la sola
scelta di J.K. Rowling che non mi è piaciuta
granché (eufemisticamente parlando):
ossia la morte di Remus (il personaggio che preferisco in
assoluto) e di Tonks (che divide amichevolmente l'affollato terzo
gradino del mio podio
personale con: il suo affascinante consanguineo evaso e Grifondoro, il
Bambino che
è Sopravvissuto ed Hermione).
Così ho
tentato di porvi
rimedio a modo mio, vale a dire tentando di non fare troppo male al
Canon. Del resto J.K. è stata così gentile
da offrirmi su un vassoio d'argento: movente (quelle due morti
così defilate e
misteriose... non poteva andarmi meglio), alibi (in fondo non offendo
molto il Canon tentando di salvare i due. Nella prima versione della
storia sopravvivevano... quindi...) e arma (Teddy Remus Lupin.
Metamorfomagus, figlio di un licantropo, figlioccio del Prescelto e
cresciuto da una Black.
Assolutamente perfetto!)
Io mi sono divertita
molto a
scriverla... e ora riesco persino a leggere il capitolo 33 di "Harry
Potter e i Doni della Morte" senza rischiare vivaci crisi isteriche;
perché tanto so che vent'anni dopo la Battaglia di
Hogwarts...
Anche alle mie lettrici "cavia" la storia non è troppo
dispiaciuta (a proposito, grazie per la pazienza certosina e il
coraggio Grifondoro, ragazze!) e una di loro ha insistito
perché la pubblicassi qui.
Dedicandola a tutti quelli che, come me, non hanno proprio digerito "quella" scelta di
J.K. Rowling, ma sono troppo fissati con il Canon per riuscire a
ignorarla allegramente. Be', eccola qui.
Come avvertimento ho messo What if? Anche se non sono davvero sicura
che lo sia... visto e considerato che il tutto avviene dopo l'Epilogo
raccontato dalla Rowling e che al momento in cui inizia la mia storia
tutti i fatti da lei narrati sono regolarmente accaduti. Ma,
non avendo nessuna esperienza in questo campo, ho ritenuto meglio
essere prudente.
Oh, naturalmente la storia è stata scritta senza
alcuno scopo di lucro e i personaggi non
sono miei ma di J.K. Rowling (con l'eccezione di tre licantropi
ispirati, un Mangiamorte disperato, un Babbano pasticcere e un cagnetto
pasticcione. Loro - che J.K. mi perdoni -
sono una mia colpevole invenzione. Come la Chiave del Tempo che dà il
titolo alla storia).
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Prologo
«Teddy? Tu
quanti anni avevi quando lo hai fatto per la prima volta?»
Il giovane mago si
riscosse dai suoi pensieri, scrutando allibito la ragazzina dai capelli
ramati che gli sedeva accanto.
«Io...
temo di essermi perso qualcosa, Lily, di cosa stiamo parlando,
esattamente?» indagò, giocherellando distratto con
la grossa fetta di crostata al rabarbaro che aveva nel piatto e
sperando ardentemente che la prima volta in questione non riguardasse
in nessun modo Victoire Weasley.
«La prima
volta che hai volato su una vera scopa, naturalmente»
precisò la piccola, scoccando un’occhiata
infuocata alla madre.
Sollevato, Teddy
posò la forchetta e corrugò la fronte.
«Oh... sì... otto anni, credo. Più o
meno».
«Sette
anni, per la precisione» corresse subito Andromeda.
«Fu il giorno della nascita di James. Eravamo tutti riuniti
alla Tana quando Harry, abbandonata la scopa in giardino, irruppe in
casa per darci la bella notizia. Il tempo di calmarlo e di capire cosa
stava dicendo che tu già sfrecciavi sulle nostre teste! Se
non sono morta quel giorno, penso proprio che non morirò
più» concluse la strega con inconfondibile
platealità Black.
«Miseriaccia!»
esclamò ammirato il ragazzino dai crespi capelli castani
seduto vicino a Lily. «Sette anni? E hai volato sulla
Firebolt di zio Harry! Mica su una Scopalinda qualsiasi! Ma come hai
fatto a salirci? Io ci ho provato milioni di volte... ma quella si
mette a strillare come una Banshee e scappa via».
«Oh,
questo succede perché tua madre ha incantato tutte le nostre
scope, figliolo. E proprio a causa di Teddy e del suo imprevisto
giretto sulla Firebolt» spiegò Ron, tra un boccone
di crostata e l’altro. «Ci siamo divertiti molto
quella volta. Io e George abbiamo subito afferrato le nostre scope per
raggiungere il fuggitivo e...»
«Subito
afferrato le vostre scope?» chiese ironica Hermione.
«Racconta le cose come stanno, Ronald. Tu e George non siete
stati esattamente due fulmini. Nel tempo che avete impiegato a
staccarvi da terra Teddy avrebbe potuto tranquillamente raggiungere la
Scozia» sorrise divertita al figlioletto.
«Fortunatamente nonno Arthur ha avuto il buon senso di
appellare la scopa fuggiasca. E, a giudicare dalla disinvolta sicurezza
che ha mostrato, credo che non fosse una cosa nuova per lui».
Ron fu colto da un
improvviso interesse per l'elaborato arabesco che decorava la tovaglia
di Ginny, le orecchie di un’affascinante tonalità
ciclamino. «Er, sì. Potrebbe anche
essere raccontata così. Ma ora è tardi, figliolo.
Meglio se ce ne torniamo a casa».
Hermione
ridacchiò, sfiorando la mano del marito.
«Sì, è meglio. Io ho promesso a Ginny
che mi occuperò del suo Cespuglio Farfallino, ma voi
cominciate ad andare. Domani sarà una lunga
giornata» mormorò seria, prendendo la sua
minuscola borsetta e uscendo in giardino con Harry.
Hugo
scattò in piedi con entusiasmo, un sorriso gigantesco gli
illuminava il visetto lentigginoso. «Sì! Non vedo
l’ora di essere al Castello. Adoro la Commemorazione dei
Cinquantasette Caduti della Battaglia di Hogwarts! Ough...
Lily perché mi hai appena dato un calcio?» chiese,
scrutando ad occhi sgranati la cuginetta e sfregandosi vigorosamente lo
stinco offeso.
«Perché
hai la sensibilità di uno Schiopodo, Hugo!»
affermò furente la ragazzina, abbracciando Teddy e
schioccandogli un bacio sulla fronte. Il giovane ricambiò
l’abbraccio e sorrise conciliante allo sbigottito Hugo che,
mortificato, si avvicinò zoppicante al caminetto,
afferrò una manciata di polvere volante e scomparve tra
vivaci fiamme smeraldine. Immediatamente seguito dal padre.
Lily si sciolse
dall'abbraccio, si avvicinò ad Andromeda che guardava
pensosa il nipote e la prese affettuosamente per mano. «Voi
due vi fermate qui per la notte, vero nonna Andromeda? Hai promesso che
mi avresti raccontato tutta la storia di Teddy e del
portaombrelli».
La donna sorrise
alla ragazzina. «Certo, Lily. E’ una storia
interessante, sai? Teddy e la sua passione per i grossi libri pieni di
astrusi incantesimi e di mostruose creature. E quel portaombrelli era
così elegante e raffinato...»
«Oh,
ancora con questa storia. Avevo sei anni, nonna. Avevo da poco imparato
a leggere e...»
«E le
storie di Beda il Bardo non erano affascinanti quanto quel libro, vero,
tesoro? Un libro di incantesimi senza bacchetta. Niente meno»
sospirò melodrammatica la strega.
Teddy
tentò debolmente di protestare ma la nonna lo
azzittì con una delle sue famose occhiate Black e si
allontanò con l’interessata ragazzina.
Era assurdo che dopo
quattordici anni ancora riuscisse a farlo sentire in colpa per quella
faccenda. Era solo un portaombrelli, in fondo. Di ceramica. Decorato
con puttini e ghirlande di frutta. Non era stata una gran perdita, a
suo modesto parere.
Sospirando
rassegnato per il fatto che la nonna avrebbe raccontato quella storia
ancora per decenni, Teddy uscì alla ricerca del padrino.
Doveva assolutamente parlargli prima di fare quello a cui aveva pensato
per tutta la serata.
Si fermò
un istante a godersi l’aria tiepida e profumata di quella
limpida sera di maggio e ad ammirare la sottile falce di luna che
illuminava il cielo stellato. Poi, guidato dalla voce di Hermione che
diceva qualcosa a proposito di infestazioni di fate, scorse Harry. Era
accanto a un grosso cespuglio, intento a osservare la strega spargere
una misteriosa polverina iridescente. Sopra alle loro teste fluttuava
una vecchia lanterna che irradiava una calda luce ambrata.
Teddy si
avvicinò ai due e tossicchiò titubante.
«Scusa,
Harry, potrei parlarti un momento?»
Il mago
annuì, sorridendo al nuovo venuto, mentre Hermione fece per
andarsene.
«No, resta pure, Hermione. Puoi ascoltare anche tu»
mormorò il giovane. «Harry, volevo solo chiederti
se quella
notte... vent'anni fa... pensi che avresti fatto quello che hai fatto
anche se mio padre non fosse uscito dalla... Pietra?» chiese
poi, scrutando con apprensione gli occhi del padrino.
Harry
sospirò ma, con grande sorpresa del ragazzo, non parve
stupito dalla domanda. Teddy sapeva che non era facile per lui parlare
di quell’episodio. Ma sapeva anche che lo avrebbe fatto.
Harry non evitava mai di condividere i suoi ricordi con il figlioccio.
Mai. Neppure quelli più dolorosi. Era sempre disponibile a
parlarne. A discuterne. A condurre Teddy nel prodigioso Pensatoio che
troneggiava sulla scrivania dello studio.
C'erano solo due
ricordi riguardanti Remus e Tonks che Harry non aveva mostrato a Teddy.
E solo perché Teddy non aveva voluto: uno era quello della
“resurrezione” di Lily e dei Malandrini.
«La
presenza di tuo padre, quella
notte, è stata molto importante per me, Teddy. Mi ha aiutato
averlo accanto con tutto il suo amore ma... mi ha fatto un male immenso
vederlo uscire dalla Pietra» si fermò,
massaggiandosi assorto la vecchia cicatrice che gli segnava la fronte,
poi riprese, la voce insolitamente roca. «Perché
era la prova tangibile della sua morte. Oh, era sereno, sai? Mi ha
detto parole bellissime. Il suo unico rammarico era che non ti avrebbe
visto crescere. Mi è stato utile, sì. Ancora una
volta mi ha aiutato ad allontanare le mie paure. Ma avrei davvero
voluto che non fosse lì, che fosse al sicuro al Castello. E
sì, certo che avrei fatto comunque quello che ho fatto. Come
avrei potuto fare altrimenti?»
Teddy
annuì, sollevato. «Grazie, Harry. Ora so cosa devo
fare. So che posso farlo. E che devo farlo questa notte. Non
dormirò qui».
Harry lo
osservò pensoso. Teddy si sentì come trapassato
da quei brillanti occhi verdi. Il suo padrino aveva
l’inquietante capacità di farlo sentire
trasparente. Non era esattamente piacevole.
«Non
insisterò, Ted. Te lo chiederò solo una volta:
puoi dirmi cosa devi fare, di preciso? Se non vuoi rispondere lo
capisco, so che alcune cose vanno fatte senza pubblicità
ma... confidare negli amici è molto importante».
«Penso tu
lo abbia già capito, Harry. Ne abbiamo parlato diverse
volte, sai cosa ho sempre desiderato fare. Ora so come farlo».
L'uomo
scrutò per un istante il ragazzo, poi annuì e
chiese con dolcezza: «Vuoi che ti dica dove ho lasciato
cadere la Pietra, Teddy?»
«Cosa?»
Hermione si riscosse all'improvviso, fissando l'amico a occhi sgranati.
«La Pietra della Resurrezione? E' di questo che state
parlando? Gli permetteresti di usarla? Di richiamare Remus e Tonks? Lo
sai che è sbagliato: i morti non vogliono tornare!»
Harry la
guardò, sorridendo triste. «Lo so, Hermione. E
anche Ted lo sa. Ma sì, se me lo chiedesse gli direi dove mi
è caduta la Pietra. Lo farei perché so cosa
potrebbe significare per lui, Hermione. Io lo so».
Teddy
fissò stupito i due maghi più anziani,
profondamente toccato da quello che Harry era disposto a fare per lui.
Poi sorrise tranquillizzante.
«No, non
sono interessato alla Pietra, Harry. So che loro non gradirebbero. Non
potrei mai farlo. O meglio, potrei farlo solo se mi trovassi nella
situazione in cui ti sei trovato tu. No, è un'altra la cosa
che voglio fare» concluse, frugandosi nella tasca ed
estraendo una vecchia pergamena fittamente ornata da strani simboli.
Harry la prese,
fissandola perplesso. «Molto decorativa, Ted, ma
cosa...»
Hermione
sbuffò spazientita, impossessandosi della pergamena. La
scrutò con estremo interesse per qualche istante.
«Non
è decorativa,
Harry. E’ istruttiva.
Sono rune. Parla di una Chiave del Tempo e spiega come azionarla
ma...» guardò Teddy con comprensiva simpatia.
«E’ solo una leggenda, tesoro. Lo sai, vero? Non
esistono davvero le Chiavi del Tempo».
Teddy sorrise
malandrino. «Pensavo che la storia dei “Doni della
Morte” ti avesse insegnato che le leggende
nascondono sempre una verità, Hermione».
Harry
tentò di mascherare una risata con un colpo di tosse, ma il
tentativo non ebbe molto successo ed Hermione sbuffò
sdegnata.
«Sì,
Teddy... ma anche se fosse, questa è solo una pergamena che
spiega come usare una Chiave del Tempo. Ma non dove trovarla...
oh».
Si
azzittì quando il ragazzo le mise in mano uno strano oggetto
dorato, in apparenza molto antico. Sembrava un incrocio tra un grosso
medaglione e un antiquato orologio da taschino. Un sinuoso serpente
nero correva su tutto il bordo del coperchio, la testa che mordeva la
coda. Al centro una fenice di un rosso brillante sorgeva maestosa da
fiamme argentate. Hermione lo scrutò meravigliata, sfiorando
cautamente la piccola fenice. «Ma dove...»
«Zio
Alphard la donò alla nonna il giorno del suo matrimonio -
insieme alla pergamena, naturalmente - dicendole che, se mai si fosse
pentita di avere sposato un figlio di Babbani e di essere stata
rinnegata dai Black per questo, non avrebbe dovuto fare altro che
seguire le istruzioni della pergamena. Non sapendo, probabilmente, che
nonna non è molto ferrata in Rune Antiche»
concluse ironico. «Del resto non si è mai pentita
di avere sposato nonno Ted, così si era anche dimenticata
del curioso regalo dell’originale zio Alphard».
Hermione
osservò affascinata l’oggetto. «Quindi
tu vorresti... è pericoloso giocare con il tempo!»
Teddy
fissò serio gli occhi della strega, nessun dubbio nello
sguardo. «Lo so Hermione. Ma non è poi
così diverso da quello che tu e Harry avete fatto per Sirius
e Fierobecco, in fondo».
Un sorriso furbo gli
stirò le labbra rispecchiando quello, identico, che
illuminava il volto del padrino.
«Te lo
avevo detto, Hermione, di non raccontargli quella storia...»
Hermione
scoccò un’occhiata inceneritrice a Harry e
riportò l’attenzione sul giovane.
«Questo
è molto più rischioso di una Giratempo, Teddy. La
pergamena dice che se qualcosa non dovesse funzionare potresti perderti
nel flusso del tempo».
Il giovane
abbassò gli occhi, tormentandosi il cinturino
dell’orologio. «Io... devo provarci, Hermione. Ho
la possibilità di salvarli, non posso non farlo. Loro
avrebbero rischiato per me. Loro hanno
rischiato per me» alzò lo sguardo e
abbozzò un sorriso mesto. «Voi non avrete
ripercussioni. Domani andrete a Hogwarts per la Commemorazione, come
previsto. Se il mio piano riesce avrete semplicemente due caduti in
meno da onorare. Se fallisce... be’, sarà come se
io non fossi mai nato. Non potrete certo sentire la mancanza di chi non
è mai esistito, vi pare?»
Hermione trattenne
il respiro, gli occhi lucidi. «Non dirlo neppure, Teddy. Non
ti rendi conto di quanto tu sia stato importante per tutti noi... senza
di te tutto sarebbe stato diverso...»
«Certo,
non avresti incantato tutte le scope di casa, per esempio»
osservò il giovane Lupin con dolce ironia, strappando un
sorriso alla strega.
«Per
esempio. Ma non era a quello che pensavo. La tua nascita, Teddy,
è stata importantissima per tutti noi. Una vera iniezione di
speranza. Una luce nel momento più buio. Tu eri
l’incarnazione di tutto ciò per cui combattevamo.
Per cui loro
hanno combattuto» si fermò un istante, come
folgorata da una rivelazione improvvisa. «Ed è per
questo che andrai, vero?»
Il ragazzo
annuì con decisione. Subito imitato da Harry che si
schierò al suo fianco cingendogli le spalle con un braccio.
«E’
per questo che andremo» si aggiustò gli occhiali
sul naso guardando l’allibito figlioccio. «Io
verrò con te, naturalmente».
Teddy sorrise al
padrino, poi si scostò scuotendo il capo.
«No,
rischieresti di incontrare te stesso, Harry. Cose terribili accadono a
chi lo fa. E poi, una volta, un uomo molto giovane ma molto saggio
disse a mio padre che i genitori devono stare con i figli
finché possono... lo credo anch’io, sai?»
Harry lo
fissò serio. «Ho sempre pensato a te in questi
termini, Ted».
Il giovane
annuì convinto. «Lo so, Harry. Anche mio padre
pensava a te in questi termini, suppongo» poi riprese la
pergamena e la Chiave dalle mani di Hermione e fece per allontanarsi.
Ma fu bloccato dal vigoroso abbraccio della strega.
«Oh,
Teddy, sono così fiera di te! Come il giorno in cui fondasti
il C.A.L.D.O.».
Teddy rise al
ricordo del Comitato
Amici dei Licantropi Discriminati Ottusamente e, baciando
con dolcezza una guancia di Hermione, si sciolse
dall’abbraccio, fissando stupito la strega frugare
furiosamente nella borsetta che portava a tracolla e porgergli una
piccola spilla blu decorata con una testa di lupo d'argento su cui
spiccava, in un rosso vivace, la scritta C.A.L.D.O.
Hermione era stata
la prima a iscriversi al comitato da lui fondato il quarto anno di
Hogwarts, rammentò Teddy serrando distratto la spilla in una
mano, quindi rimise in tasca la pergamena e si chinò a
raccogliere una vecchia foto caduta dalla borsetta, mentre Hermione
estraeva quattro ampolline colme di un denso liquido color fango. Il
ragazzo sgranò gli occhi, non capendo come potessero starci
in quella borsa minuscola, e Harry ridacchiò alle sue
spalle.
«Un
incantesimo che ha imparato anni fa, Teddy. Molto utile, devo
ammettere».
Hermione sorrise
all'uomo e offrì le ampolline al ragazzo.
«Ecco,
Pozione Polisucco, ti sarà utile... ora dobbiamo solo
trovare dei capelli da aggiungere».
«Hermione,
non è necessario...»
«Taci,
Harry. Guardalo, è identico a suo padre. Ne resteremmo tutti
sconvolti».
«Hermione...»
«Insomma,
Harry, sto pensando. Dobbiamo subito trovare quei capelli. Abbiamo poco
tempo. Non sarà facile a quest’ora. Devono essere
di uno sconosciuto».
Teddy
ammiccò al padrino, diede un’occhiata alla vecchia
foto che ancora stringeva tra le mani e socchiuse gli occhi,
concentrandosi. I suoi capelli si accorciarono e divennero nerissimi,
mentre il naso si fece più grosso e aquilino, poi, davanti
agli occhi sgranati di Hermione, scoppiò a ridere
allegramente.
«Sai,
Hermione, somiglierò pure a papà... ma ho preso
molto anche da mamma. Sono un Metamorfomagus. Non mi serve la Pozione
Polisucco».
«Io non ci
pensavo... non cambi mai il tuo aspetto, Teddy,
così...» Hermione arrossì, scoccando
l'ennesima occhiataccia a Harry che fissava stralunato il figlioccio, e
riprese la vecchia foto.
Il ragazzo sorrise
comprensivo. «Non uso quasi mai i miei poteri
perché non ne ho bisogno, Hermione. Non ci tengo ad avere
capelli rosa cicca, io. Non mi donano. Ma questo non cambia il fatto
che possa farlo. Bene, se ti sei rassicurata me ne vado».
Baciò
Hermione, un po' sorpreso dall’ulteriore rossore che le
colorò il viso, abbracciò il padrino e, con un
leggero schiocco, si Smaterializzò.
Harry ed Hermione
restarono per un istante a osservare il punto dove era scomparso il
giovane.
«Ci
riuscirà?» chiese preoccupata la strega.
«Certamente.
Ho una fiducia assoluta in lui!» affermò sicuro il
mago.
Hermione
sbirciò la vecchia foto e guardò Harry,
mormorando imbarazzata: «Non so come sia finita nella
borsa... davvero, io non...»
Harry sorrise
complice, stringendosi nelle spalle.
«Krum, eh?
Va bene, non parliamone più. Però ora mi spieghi
che ci fai con quattro ampolline di Polisucco nella borsa,
Hermione?»
La strega lo
guardò seria. Un lampo malizioso negli occhi color
caffè.
«Vigilanza
Costante, Potter. Vigilanza Costante!»
Poi, ridendo
divertiti, i due maghi si avviarono verso casa. Seguiti da una luminosa
lanterna fluttuante.
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Capitolo 2 *** Capitolo Primo - Casa Lupin. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Primo
Casa Lupin
Teddy si
guardò attorno sollevato: la Materializzazione non aveva
avuto testimoni inopportuni. Quella piccola radura si era rivelata
un'ottima scelta. I suoi genitori sapevano decisamente il fatto loro.
Inspirando
a pieni polmoni l'aria profumata di pino e di salmastro
sbirciò nervoso l'orologio: bene, era ancora presto, poteva
preparare tutto con calma.
Si
strinse nel giubbetto di jeans e si avviò sul viottolo di
terra battuta, lasciandosi guidare dal ritmico rumore del mare.
Sì,
avevano trovato un posto davvero perfetto i suoi genitori,
approvò Teddy, ammirando la piccola casa a due piani
apparsagli improvvisamente davanti agli occhi.
Avevano
dovuto optare per una zona abitata esclusivamente da Babbani. Nessun
mago avrebbe accettato un licantropo come vicino di casa, a quei tempi,
pensò il ragazzo scalciando rabbioso un grosso sasso. Oh,
ora le cose andavano meglio. Kingsley aveva fatto molto per abbattere
simili assurde prevenzioni e i licantropi potevano sperare in una vita
normale. In teoria. Perché i pregiudizi erano duri a morire
e c'erano ancora moltissimi maghi che non avrebbero gradito un
licantropo nell'appartamento accanto: Kyle Addams, Serpeverde da
generazioni, nonché indiscusso ispiratore del C.A.L.D.O., ne era
la prova vivente.
Quella
casetta isolata, però, circondata dai boschi e protetta
dall'alta scogliera, era perfetta per gli stravaganti
pleniluni di suo padre.
«Bella
casetta non trovi, giovanotto? Sarebbe davvero ora che qualcuno ci
tornasse ad abitare».
Teddy
si voltò di scatto, sorpreso.
Un
uomo anziano, basso e rotondetto, lo guardava sorridente, mentre un
grasso cagnetto di razza indefinita cercava di strangolarsi col
guinzaglio, nell'infruttuoso tentativo di approfondire la conoscenza
con un riccio alquanto riottoso.
Teddy
sorrise allo sconosciuto e benedì il buon senso che lo aveva
spinto a indossare abiti Babbani.
«Eh,
sono vent'anni che non ci vive nessuno, sai?»
proseguì dispiaciuto il vecchio. «Era di una
simpatica coppietta. Due ragazzi davvero deliziosi, gentili,
disponibili. Avevano anche avuto un bambino. Ma una sera se ne sono
andati in tutta fretta... e non sono più tornati».
L'omino
si tolse il berretto scozzese, grattandosi pensoso il cranio pelato.
«Qualche giorno più tardi venne una donna molto
bella e molto triste, accompagnata da un uomo di colore. Portarono via
alcune cose... e poi più nulla. Ormai solo io e Bilberry
passiamo ogni tanto di qua, vero, vecchio mio?» chiese
sorridendo al cagnetto, Bilberry, che scodinzolò entusiasta
prima di lanciarsi in un intrepido assalto a un cespuglio rigoglioso.
Il
vecchio si rimise il berretto e si sfregò meditabondo il
particolarissimo naso a patata. «E' un vero miracolo che si
sia conservata così bene, però».
Teddy
annuì cauto, non poteva certo svelare all'ometto che quel
miracoloso stato di conservazione era dovuto ai potenti incantesimi di
Andromeda Black!
«Oh,
io sono Adam Peabody, da più di sessant'anni pasticciere del
paese» si presentò gioviale il vecchio, indicando
una manciata di luci che punteggiava la parte bassa della scogliera.
«Specializzato in torte alla cannella. La ragazza che abitava
qui le adorava. Veniva a trovarmi spessissimo... o ci spediva il
consorte che, generalmente, sedotto dalle torte al cioccolato ignorava
quelle alla cannella. E io gli reggevo il gioco, assicurando che no,
quel giorno non c'erano torte alla cannella. Non avrei dovuto, lo so,
ma quel ragazzo era così magro... non poteva che fargli bene
una bella torta al cioccolato».
Allentò
un po' il guinzaglio del cagnetto e scrutò Teddy con sguardo
esperto.
«Era
magro come te, in effetti. Passa a trovarmi, giovanotto, potrebbero
piacerti le mie rinomate torte alla cannella».
«Ne
sono certo, signor Peabody. Ma sarei... sedotto... anche da quelle al
cioccolato, penso» rispose Teddy gentilmente, cercando di
auto-convincersi che no, non gli dava affatto fastidio che persino
Peabody il pasticciere conoscesse i suoi genitori meglio di lui.
Guardò
la stramba coppia allontanarsi lungo la scogliera e si
avvicinò al cancelletto di ferro battuto. Estrasse la
bacchetta magica e cominciò a rimuovere gli incantesimi
protettivi messi dalla nonna, poi attraversò il minuscolo
giardino e, con un Alohomora
ben assestato, aprì il portone di legno laccato.
Entrò
nel soggiorno, mormorò un Lumos e si
guardò attorno incuriosito.
Sì,
gli piaceva lo stile di quella stanza. Era così diverso dal
ricercato soggiorno di casa Tonks! I mobili erano moderni, essenziali,
di semplice legno chiaro. Un divano dall'aria sorprendentemente comoda
fronteggiava un invitante camino.
La
parete opposta era interamente occupata da una libreria
malinconicamente vuota: tutti i libri di suo padre si trovavano infatti
nella biblioteca di casa Tonks.
Macchie
di colore irrompevano qua e là... e non si scorgeva nessun
assurdo – per quanto raffinato
- portaombrelli di ceramica decorato con puttini e ghirlande di frutta.
Teddy
fu assalito da un curioso miscuglio di sensazioni. Non se lo aspettava.
Non pensava che vedere la casa dei suoi genitori potesse essere
così dolce e così amaro allo stesso tempo.
Sospirando
salì la scala che portava al piano superiore. Avrebbe anche
potuto fermarsi in soggiorno, in realtà, ma doveva salire.
Doveva vedere quella
stanza.
Aprì
la porta con mano un po' tremante ed entrò, osservando
affascinato la sua vecchia cameretta.
Un
lettino di legno dipinto di turchese; una cassettiera bianca sormontata
da un grosso specchio; una sedia a dondolo di vimini posta accanto a
una finestra schermata da tende ricamate con minuscoli boccini d'oro;
era tutto come nei ricordi della nonna solo... molto più
spoglio.
Ma
eccolo! Il ragazzo sorrise notando il dipinto incantato che
fronteggiava il lettino: una ninfa sbarazzina inseguiva un elegante
lupo d'argento in una radura illuminata da una placida luna. Teddy si
avvicinò, sfiorando con dolcezza i capelli rosa della ninfa
che si voltò, sorrise gioiosa e riprese l'inseguimento. Il
ragazzo la fissò deliziato, non sapeva neppure
più quante volte aveva chiesto alla nonna di raccontargli
quella storia. In un caldo pomeriggio di luglio l'aveva persino
trascinata nello studio di Harry, costringendola a mostrargli quel
ricordo nel Pensatoio. Lo aveva ancora stampato in mente. Sua madre
che, sfoggiando fiera un vistoso pancione, dipingeva canticchiando
assorta quella scenetta; la nonna che decantava orgogliosa le doti
artistiche della figlia, ereditate da una talentuosa prozia di Ted; suo
padre che osservava scettico la scena, assottigliando contrariato gli
occhi davanti a una luna tonda e piena e, con un furtivo colpo di
bacchetta, la trasformava in una appena calante, affermando sdegnato
che si rifiutava categoricamente di trovarsi davanti il proprio
Molliccio ogni volta che metteva piede nella stanza del figlio. Poi,
improvvisa, la risata di sua madre. Quella risata allegra che tutti gli
avevano sempre descritto come irresistibile, ma che Teddy non
conosceva. E l'abbraccio affettuoso che ne era seguito, e il
meraviglioso stupore che aveva riempito gli occhi di suo padre quando
lui si era energicamente mosso nel pancione della mamma.
Da
qualche parte una pendola suonò le ore.
Teddy
si riscosse, accorgendosi con sorpresa di avere gli occhi umidi.
Guardò l'orologio e se lo tolse a malincuore. Era molto
affezionato a quell'oggetto. Harry glielo aveva donato il giorno del
suo diciassettesimo compleanno. Non era granché, se ne
rendeva conto. Era un semplice orologio d'acciaio; sul quadrante blu
notte spiccavano i numeri argentati e le fasi lunari perfettamente
sincronizzate. Ma per Teddy non esisteva al mondo orologio
più bello. Non poteva tenerlo al polso, però: era
l'orologio di suo padre... quella
notte lo avrebbe indossato lui.
Si
avvicinò alla cassettiera bianca, fissando allibito lo
sconosciuto bruno che lo osservava dallo specchio. Poi si
ricordò della vecchia foto di Hermione e sorrise. Era
strano, per lui. Non cambiava mai il suo aspetto. Ora.
Perché c'era stato un tempo in cui lo aveva cambiato eccome,
invece, nel tentativo disperato di conquistare Victoire Weasley. E solo
per scoprire che lei trovava irresistibile il suo aspetto originale.
Ah,
Victoire... Teddy appoggiò la fronte alla superficie fresca
e liscia dello specchio, venendo riafferrato dall'ormai abituale senso
di colpa. Era davvero giusto andare a salvare i suoi genitori? Solo i
suoi genitori? E tutti gli altri? E Fred? Sarebbe ancora riuscito a
guardare Molly negli occhi?
Victoire
diceva di sì. Sosteneva che due vite salvate valevano
moltissimo e che nonna Molly avrebbe capito. Di più, ne
sarebbe stata felice.
Teddy
si fidava di Victoire e quella era la sua ultima
possibilità. Vent'anni. La Chiave del Tempo non poteva
portarlo indietro più di vent'anni.
Raddrizzò
la schiena con decisione e si passò una mano tra i capelli,
sorpreso dall'inusuale sensazione datagli dalle ciocche cortissime;
quel ragazzo forse si trovava a Hogwarts a combattere, non poteva
mantenere quell'aspetto.
Socchiuse
gli occhi e i suoi capelli virarono a una calda tonalità
ramata, mentre il naso assunse la forma particolare di quello del
pasticciere Peabody. Riaprì gli occhi e si studiò
scettico, rese più paffute le guance e cambiò
leggermente il taglio degli occhi. Purtroppo per il colore non
poté fare nulla: non era mai riuscito a cambiarlo.
Sospirò, scrutando quelle iridi ambrate; fossero state
almeno di un colore più comune... Oh, ma chi si sarebbe
soffermato a osservargli gli occhi nel bel mezzo di una battaglia, in
fondo!
La
pendola batté nuovamente le ore.
Teddy
respirò profondamente, estrasse la Chiave del Tempo dalla
tasca del giubbetto e, colpendola con la bacchetta,
pronunciò il complesso incantesimo rivelato dalla pergamena.
Il
corpo scuro e sinuoso del serpente si sollevò e la fenice
cominciò a pulsare ritmicamente. Veloce, Teddy
ruotò il serpente in senso antiorario per venti volte, una per
ogni anno che voleva attraversare e sfiorò la fenice. Subito
sentì un violento strappo, come se qualcosa lo stesse
risucchiando. Lampi policromi cominciarono a danzare psichedelici
davanti ai suoi occhi e un inconfondibile odore di ozono gli invase le
narici mentre un fastidioso ronzio si amplificava tutto attorno. Poi,
improvvisamente, la calma.
Teddy
si trovò disteso su un lucido pavimento di legno. Sotto di
lui, racchiusa in un cerchio, l'immagine di una grossa fenice color
corallo.
Il
ragazzo si mise carponi, ancora piuttosto scosso dall'esperienza e
alzò lo sguardo: la ninfa dai capelli rosa gli sorrideva
radiosa dal muro, stringendo il povero lupo che pareva sul punto di
morire soffocato. Sempre ammesso che un lupo dipinto potesse soffocare,
ovviamente, pensò confuso Teddy alzandosi in piedi.
Per
un istante ebbe la terribile sensazione che la Chiave del Tempo non
avesse funzionato: era ancora nella sua cameretta. Ma poi si rese conto
che le cose erano diverse. Sopra alla cassettiera bianca troneggiava
una grossa fenice di peluche, nel lettino una trapunta gialla ricamata
con puffole pigmee era aggrovigliata alle lenzuola, come se qualcuno
avesse afferrato il bimbo che vi dormiva per andarsene in tutta fretta.
Un carillon con allegri gufi che si rincorrevano era appeso sopra al
lettino e suonava una dolce ninnananna. Teddy si avvicinò e
lo spense - conosceva quel carillon, lo aveva costruito nonno Ted e la
nonna lo conservava ancora - poi si riscosse e, guardando la Chiave,
notò che la fenice sul coperchio era scomparsa; Teddy sapeva
che era fondamentale tornare lì prima che, scomparendo dal
pavimento, la fenice ricomparisse sulla Chiave chiudendo il Portale per
sempre.
Aveva
solo sette ore a disposizione, ma gli sarebbero bastate: ai suoi
genitori ne restavano di meno.
Si
mise l'oggetto al collo e si Smaterializzò.
O
meglio, tentò di Smaterializzarsi senza successo, prima di
realizzare che i genitori avevano di certo protetto la casa
con un incantesimo Anti-Materializzazione.
Si
precipitò in corridoio, notando un letto matrimoniale
intatto oltre la porta spalancata che fronteggiava quella della sua
cameretta ed evitando per un soffio di travolgere una panciuta lampada
di ceramica. Scese di corsa le scale e si fiondò in
soggiorno. La libreria era stracolma di libri, ora, infilati in tutti
gli spazi disponibili. Una coperta di un rosa acceso giaceva
abbandonata sul divano, accanto a un grosso tomo aperto, mentre su un
basso tavolino di bambù c'erano due tazze di cioccolata
semipiene e un lavoro a maglia, qualcosa di indecifrabile, minuscolo e
azzurro: evidentemente sua madre non era brava come Molly con la lana e
i ferri.
Teddy
osservò commosso quelle tracce della vita quotidiana della
sua famiglia, ogni senso di colpa dimenticato. Avrebbe riportato
lì quei due, a bersi la loro cioccolata. Suo padre avrebbe
finito quel libro e sua madre il suo... be' qualunque cosa fosse. E lui
lo avrebbe indossato con orgoglio. Forse.
Corse
all'esterno e, dopo un breve tentennamento, rimosse l'incantesimo
Anti-Materializzazione: ai Mangiamorte non interessava più
violare quella casetta - erano tutti diretti a Hogwarts, ormai - ma a
lui sarebbe stato molto utile potersi Materializzare direttamente in
camera sua.
Scoccò
un'ultima occhiata alla casa dei genitori - alla sua casa - e si
Smaterializzò.
Ed ecco il primo
capitolo.
Scritto a mio uso e consumo, devo ammettere: mi serviva per conoscere
un po' meglio il mio protagonista, prima di tutto; e poi desideravo
ardentemente dare una sbirciatina alla "vita quotidiana"
della famiglia Lupin. La Rowling ci ha detto talmente poco, in
proposito...
Parlando di capitoli, la volta scorsa - travolta
dall'emozione della mia prima volta su un sito di ff - ho dimenticato
allegramente di avvisare che la mia storia è già
completa (devo solo ricontrollarla) ed è composta da: un
Prologo, cinque capitoli (i primi due piuttosto brevi, gli altri
lunghetti anziché no) e da un Epilogo. Sette capitoli in
tutto. Evocativo, vero?
Desidererei poi assicurare a tutti i fortunati possessori di raffinati portaombrelli
di ceramica decorati con puttini e ghirlande di frutta che,
personalmente, non ho particolari idiosincrasie nei confronti di detti
simpatici oggetti. Pare che Teddy sia piuttosto prevenuto nei loro
confronti, però...
Ora una cosa un po' strana per me. Non so bene come farlo, in
effetti... ma credo che ringraziare coloro che mi hanno recensita
sia un piacevolissimo dovere, soprattutto perché mi
hanno colta alla sprovvista! Davvero, non me lo aspettavo
essendo nuova e sconosciuta in questi lidi... quindi:
FunnyPink:
Grazie per avermi donato la mia prima recensione in assoluto! Sono
lusingata di avere - parole tue - "scatenato
la tua curiosità", be', eccoti l'inizio della
storia. Una cosa, ho adorato descrivere il fare paterno di Harry con
Ted, perché sono convinta che il loro rapporto sia davvero
speciale. Harry, in fondo, può rivedere se stesso nel
figlioccio, quindi lo comprenderà come nessun altro.
Perché lui sa perfettamente cosa può provare
Teddy. Lui lo sa.
Piccola Vero:
Grazie anche a te! Credi sia l'inizio di un'ottima fan fiction, dici?
Speriamo! Mi auguro solo che questo breve capitolo non ti abbia
già fatto ricredere, però... ^^
Kamen:
Grazie per la fiducia! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato il modo in
cui ho trattato i personaggi di J.K. Sono stata attenta ad evitare le
insidie dell'OOC, ma sai com'è, a volte si scivola
ugualmente, ahimé. E sì, il mio intento
è proprio quello di cercare di mantenere vivi Remus e Tonks
partendo dal Canon. Sono lusingata che l'idea ti piaccia, e sono ancora
più lusingata dal fatto che, secondo te, la trovata della
Chiave del Tempo regga. Spero tu abbia gradito anche il modo in cui
funziona.
Trick:
Be', cosa dire... che sono rimasta ammaliata
dalla tua recensione? Davvero, mi ha fatto molto piacere sapere che il
"mio" Teddy ti è piaciuto; il mio timore era proprio che
risultasse troppo diverso da quello normalmente presentato dalle fan
fiction... ma, purtroppo, io non riesco a vedermelo con i capelli
turchesi (se non in alcune sporadiche e motivate occasioni) donnaiolo
(forse perché lo vedo innamorato) e, soprattutto, buffone
(secondo me Teddy, per la sua particolare storia, è proprio
quello meno credibile come buffone) credo, insomma, di immaginarlo
proprio come un "modesto
ragazzo con il talento del padre". Oh, e soprattutto,
nessuno aveva mai definito i miei dialoghi disinvolti prima di
te, davvero... e la cosa mi piace moltissimo!
Kloe2004:
Grazie! Addirittura favolosa? Be', sai che ti dico? Non siamo le uniche
due a pensarla così: pare che anche Teddy sia rimasto
piuttosto deluso dal fatto di non avere potuto conoscere e vivere con i
suoi genitori... ;)
E grazie anche a
tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite e,
incoscientemente, tra le preferite... e, perché no, grazie
anche ai membri del mio personale E.S.
(vale a dire Esercito
dei Silenti).
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Capitolo 3 *** Capitolo Secondo - Hogsmeade. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Secondo
Hogsmeade
Irriconoscibile.
Teddy non riusciva a
pensare a niente altro, mentre si aggirava furtivo tra le vie deserte
di Hogsmeade.
Non
era facile per lui ravvisare in quel cupo luogo desolato il brioso,
pittoresco, vibrante Villaggio di Hogsmeade che aveva conosciuto
durante la sua permanenza a Hogwarts. Era quasi impossibile, in
realtà. Per un folle istante aveva persino creduto di
essersi
Materializzato nel posto sbagliato.
Certo, Harry aveva
accennato a quel cambiamento... ma vederlo – e viverlo - di
persona era tutta un'altra cosa.
C'era solo silenzio.
E buio. La cittadina era illuminata soltanto dalla luce morbida e
argentata della luna appena calante.
Teddy
guardò con tristezza l'insegna rovinata di Zonko e le assi
di
legno inchiodate che coprivano le vetrine del negozio.
Sospirò e
socchiuse gli occhi, improvvisamente allarmato da qualcosa di luminoso
che si muoveva in lontananza.
Torce.
Teddy
si appiattì contro il muro, nascondendosi nella densa ombra
proiettata dalla tettoia del negozio, il cuore che batteva furioso e la
bacchetta spasmodicamente serrata nella mano destra.
Harry
gli aveva raccontato di un sistema di allarme che segnalava ogni
infrazione del coprifuoco a ronde di zelanti Mangiamorte e di un cervo
d'argento impudentemente spacciato per una capra da Aberforth Silente.
Da ragazzino aveva trovato esaltante quel racconto. Ora no. Neppure un
po'.
Un gruppetto di
persone si avvicinava velocemente parlando ad alta voce.
«Ah...
finalmente è giunto il momento!»
proclamò
entusiasta un uomo che trascinava per la mano una ragazzina assonnata e
confusa, avvolta in una coperta scura con ricami d'argento che
scintillavano sotto i raggi della luna. «Questa notte il
Signore
Oscuro trionferà!»
La
donna che lo seguiva annuì estasiata.
«Già. E
finalmente tutti noi vivremo in un mondo
migliore».
Un
mormorio d'assenso si levò dal gruppo e un ragazzo che
indossava
l'uniforme di Hogwarts esclamò beffardo: «E
pensate:
quella megera Babbanofila della McGranitt ha detto che chiunque di noi
maggiorenni avesse voluto fermarsi a combattere il Signore Oscuro
sarebbe stato il benvenuto. Molti lo hanno fatto»
sogghignò sprezzante. «Suppongo che la
comunità
magica non sentirà troppo la loro mancanza...»
Teddy
li guardò allontanarsi, incredulo e disgustato:
simpatizzanti di
Voldemort venuti a prendere i figli evacuati dal Castello,
già
pronti a festeggiare l'imminente trionfo del loro paladino. Be',
avrebbero avuto una grossa, spiacevole sorpresa.
Improvvisamente
la bambina avvolta nella coperta ricamata strillò atterrita
indicando il cielo limpido, e i suoi accompagnatori proruppero in grida
di giubilo.
Alto
sull'orizzonte, a sud del villaggio, il simulacro di un teschio si
stagliava nitido, oscurando le stelle con la sua fredda luce verde.
Teddy lo
guardò inorridito: Il Marchio Nero, il macabro simbolo di
Voldemort.
Ne
aveva sentito parlare dagli amici dei suoi genitori e ne aveva letto
nei libri di storia, ovviamente, ma nulla lo aveva preparato a
trovarselo davanti.
Si
riscosse, sforzandosi di ignorare i brividi che gli percorrevano la
spina dorsale. I Mangiamorte dovevano già essere nei pressi
di
Hogwarts. Questo spiegava la mancanza di loro pattuglie tra le strade
di Hogsmeade.
Teddy
pensò di raggiungere la “Testa di Porco”,
ma si rese
conto di non sapere nulla del funzionamento del ritratto di Aberforth.
Così optò per qualcosa di più
conosciuto e sicuro.
Percorrendo
le vie desolate del villaggio raggiunse velocemente Mielandia, si
portò sul retro del negozio e, dopo essersi assicurato che
nessuno fosse nei paraggi, colpì con le nocche un mattone
sbrecciato: nel muro si aprì immediatamente un varco
rotondeggiante. Teddy lo guardò orgoglioso. Oh,
sì, non
vedeva l'ora di raccontare a suo padre dell'esistenza di quel passaggio
segreto. Remus John Lupin non lo conosceva, probabilmente. Non c'era
nulla sulla Mappa del Malandrino che indicasse quella seconda entrata
di Mielandia, neppure il minimo accenno. No, quel passaggio segreto lo
aveva scoperto lui, Ted Remus Lupin, degno figlio di Lunastorta: suo
padre ne sarebbe stato fiero. Be', certo, non gli avrebbe raccontato
proprio
tutto. Ad esempio, non era strettamente necessario accennare
alla sua non proprio epica – per quanto originale e
coreografica
- scivolata su un grasso Vermicolo seguita da una violenta quanto
fortuita testata contro quel particolare mattone che, al momento, era decisamente meno sbrecciato di come lo ricordava. Anche con Harry era stato piuttosto vago in
proposito, del resto...
Sorridendo
divertito a quel ricordo, Teddy entrò rapido nel negozio,
richiuse il passaggio raddrizzando il
decrepito scaffale un po' sghembo alla sua sinistra e si
guardò
attorno costernato.
Il sorriso gli
morì sulle labbra: se Zonko lo aveva rattristato, Mielandia
lo sconvolse.
Niente
scaffali ricolmi di dolci meravigliosi. Nessun paradisiaco profumo di
cacao e di vaniglia. Nulla. Solo polvere e uno sgradevole odore di
chiuso.
Inorridito
Teddy scese veloce la scala ripida e sconnessa che portava in cantina e
aprì la botola scricchiolante, inoltrandosi a passo
sostenuto
nel familiare corridoio stretto e tortuoso che portava al Castello di
Hogwarts.
Quando
uno strano grido lamentoso lacerò l'aria, il ragazzo
cominciò a correre più veloce che poteva. Sapeva
cosa
significava quel suono inquietante: la Battaglia di Hogwarts era
cominciata.
Ed ecco il secondo capitolo.
Lo so, è molto breve e piuttosto strano, anche.
Ma a me è stato utile.
E' il primo approccio di Teddy con il mondo dei suoi genitori, il suo
primo approccio con la guerra. Oh, Teddy
è stato profondamente toccato dalla guerra, ma non
può certo ricordare come fosse conviverci.
Teddy
è come me - e come voi, suppongo - ha sempre vissuto in un
mondo
in pace, la guerra l'ha conosciuta solo leggendo i libri o ascoltando i
racconti di chi l'ha vissuta. Credo che trovarcisi in mezzo sia
piuttosto diverso, però... e gettarlo subito nella "fossa
dei
leoni" mi pareva un po' troppo crudele.
Senza contare che Teddy è uno studente diligente ed
è
cresciuto frequentando assiduamente Hermione, quindi avrà
sicuramente letto "Storia
di Hogwarts" e, di conseguenza, sarà
uno dei pochi ad essere a conoscenza del fatto che a Hogwarts NON ci si
può Materializzare, di solito.
E poi ne ho approfittato per "studiare" il peculiare punto di vista dei
sostenitori di Voldemort. Interessante esperienza, tutto sommato.
Anche se credo di pensarla esattamente come Teddy.
Insomma, considerate questo capitolo come faccio io: l'ultima
boccata d'ossigeno prima dell'immersione a Hogwarts. E preparatevi a
capitoli decisamente
più lunghi.
Un'ultima cosa, lo strano grido lamentoso che spinge Teddy ad
accelerare il passo non me lo sono inventato. Lo sente anche Harry nel
libro. Non ho mai capito bene a chi (o a cosa) fosse attribuibile... ma
ho deciso di inserirlo anch'io.
LilyProngs:
Grazie!
Per la recensione e per la preferenza. Mi fa piacere che il
"mio"
Teddy abbia tanti estimatori! Ma il merito va tutto a J.K. ha fatto un
ottimo lavoro con lui. Più interessante non lo poteva
davvero
creare, penso. Ah, non ricordarmi quelle maledette righe, guarda;
anch'io ricordo ancora il momento in cui le ho lette. E come
dimenticarlo? Scrivendo questa storia, magari... ^^
Kloe2004:
Speri
ardentemente che Teddy riesca nella sua impresa? Anch'io! Tifiamo in
coro per lui, che ne dici? Ho adorato scrivere la scena di Teddy nella
sua cameretta. Non riuscivo più a smettere di aggiungere
dettagli... qualcuno ho anche dovuto toglierlo, in effetti...
appesantiva troppo il capitolo e spostava l'attenzione,
ahimé.
Lynn_Moonlight:
Ciao.
Sono contenta che Teddy ti sembri credibile e la trovata della Chiave
azzeccata. Davvero. Perché i protagonisti della storia sono
loro
due. Oh, dal prossimo capitolo irromperanno sulla scena anche Remus e
Tonks, ma il punto di vista continuerà a essere quello di
Teddy e
la Chiave continuerà ad avere una certa importanza,
quindi...
Grazie, sono lusingata che Casa Lupin ti sia piaciuta. Ho amato
descriverla come ho amato riempirla di dettagli riguardanti la loro
vita quotidiana. Soprattutto ho adorato immaginarmi la genesi del
dipinto della ninfa e del lupo, che mi serviva per alleggerire un po'
l'atmosfera e per dare una sorta di "continuità" al tutto.
Il
signor Peabody e il suo cagnetto si sono allargati molto, alla fine.
Soprattutto il cagnetto, ma pazienza. ^^
Piccola Vero:
Uhm...
sei testarda, vedo. Non ti ricredi facilmente, pare. Meglio
così. Mi rendo conto che questo capitolo è un po'
diverso, è corto e di "passaggio",
letteralmente. Preparati, però, perché
con il
prossimo la storia entrerà nel vivo!
fennec:
Grazie!
Sì, è davvero la mia prima fanfiction.
Pubblicarne altre?
Dovrei scriverle, prima, suppongo, ma lavorando a questa mi sono venute
parecchie idea, quindi... chissà. Sono contenta che trovi
che i
caratteri dei personaggi emergano bene. E' importante in una storia. E
per quanto riguarda la Chiave regalata ad Andromeda... be', ancora una
volta ha fatto tutto J.K. rendendo Teddy nipote della signora Black in
Tonks e dotando la suddetta signora di parenti interessanti come zio
Alphard... io ho solo "unito i puntini" tracciati da lei, in un certo
senso. ^^
fri rapace:
Uhm,
potrei dire lo stesso di te, sai? Anch'io sono contenta di avere
trovato qualcun altro che fa "resuscitare" Remus e Tonks nelle sue
storie. E anche per me il fatto che questo qualcun altro scriva
benissimo è fonte di ulteriore soddisfazione! Che dici,
fondiamo
il
Club dei "resuscitatori" di Remus e Tonks? Magari qualcun altro si
potrebbe aggregare... ^^ Per quanto riguarda le tue supposizioni posso
dirti che hai azzeccato l'età di Teddy, sì, ha
vent'anni,
compiuti una manciata di giorni prima dell'inizio della mia storia,
direi, per il resto... be', ovviamente non svelerò nulla
ma...
potresti avere qualche sorpresa, sai? ^^
Grazie anche ai membri dell'Esercito dei Silenti. E ai
temerari
che insistono a mettere la storia tra le seguite/preferite,
naturalmente.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo Terzo - Hogwarts: la battaglia. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Terzo
Hogwarts: la battaglia
Teddy
sbucò dal passaggio nascosto nella statua della Strega
Gobba, la
bacchetta in pugno, pronto a ogni evenienza. Scivolò cauto
nel
corridoio e si trovò catapultato nel bel mezzo dell'inferno.
Non
se lo aspettava.
Aveva
sempre immaginato la guerra come qualcosa di marziale, di epico. Ma
c'era solo caos, in quel corridoio.
Alte
grida riecheggiavano ovunque. Bacchette agitate freneticamente
spruzzavano lampi di luce dai colori più svariati in ogni
direzione. Persone, oggetti e fantasmi combattevano senza risparmiarsi:
la confusione regnava sovrana.
Teddy,
schivando con agilità un getto di luce violacea che
colpì
in pieno un'armatura alquanto bellicosa, aggirò un
Mangiamorte
atterrito.
Il
ragazzo lo capiva. Non succedeva spesso di venire minacciati da un'orda
di luccicanti mestoli inferociti... Harry non scherzava affatto quando
raccontava che tutta
Hogwarts aveva lottato strenuamente.
Superò
un gruppetto di combattenti, ricordando a stento che non doveva
Schiantare alcun Mangiamorte. Non poteva. Non era lì per
quello.
Non avrebbe neppure dovuto essere lì, per dirla tutta.
Doveva
limitarsi a raggiungere la radura dove stava combattendo suo padre.
Senza Schiantare niente e nessuno, possibilmente, o avrebbe rischiato
di cambiare tragicamente il corso della storia.
Lanciò
un'occhiata a un Mangiamorte impegnato in un aspro combattimento con
uno stendardo di Tassorosso piuttosto agguerrito e affrettò
il
passo, terrorizzato dal pensiero che fosse già troppo tardi.
Nessuno
conosceva la dinamica della morte dei suoi genitori, così
Teddy
non sapeva come e quando i due fossero morti. Sapeva dove,
però.
Era
stato Neville a mostrargli il posto esatto. Neville che, in un luminoso
mattino di settembre, probabilmente esasperato dalle sue pressanti
richieste, lo aveva preso per mano e condotto nella piccola
radura, incuneata tra il lago e la foresta, dove circa undici anni
prima si era imbattuto nei corpi senza vita di Remus Lupin e Ninfadora
Tonks.
Ed
era stato sempre Neville che, qualche settimana più tardi,
in
una limpida notte di plenilunio, lo aveva sorpreso mentre, rannicchiato
ai piedi di un albero di quella piccola radura, piangeva disperato;
deluso e rabbioso perché i suoi genitori non erano andati a
ingrossare la folta schiera dei fantasmi di Hogwarts come aveva
segretamente sperato.
Teddy
ricordava ancora la dolcezza con cui Neville gli si era accovacciato
accanto e, abbracciandolo stretto, gli aveva sussurrato che i suoi
genitori erano troppo coraggiosi per diventare fantasmi; che erano
sicuramente andati oltre;
che
ora erano in un posto più bello; che erano insieme e che,
sicuramente, pensavano a lui in ogni istante. Poi, allentando un po'
l'abbraccio, aveva aggiunto con voce esitante che c'erano destini molto
peggiori della morte.
Teddy,
non conoscendo ancora la storia dei Paciock, lo aveva guardato con
sconcerto e Neville, sorridendo triste, gli aveva offerto una
Cioccorana, distraendolo con la spassosa storia del suo vecchio
Molliccio deprecabilmente attratto da astrusi cappelli e borsette
rosse. Un
Molliccio che Remus conosceva alla perfezione, avendo contribuito a
neutralizzarlo. Poi, accertatosi che stesse bene, lo aveva riportato al
Castello. Spiegando a uno scettico Mastro Gazza che il giovane Lupin si
era offerto volontario per aiutarlo a controllare le piantine di
aconito e che, quindi, era assolutamente fuori luogo punirlo per avere
violato il coprifuoco.
Teddy
sorrise intenerito al ricordo e, uscendo dal portone del Castello, si
diresse senza esitare alla radura incriminata.
Correndo
sotto una pioggia di incantesimi impazziti quasi inciampò in
qualcosa che, si rese conto con raccapriccio, era il corpo esanime di
un uomo. Anzi, di un ragazzo minuto, con folti capelli chiari. Poco
più che un bambino, in realtà. Colin Canon,
realizzò con orrore.
«Muoviti,
ragazzo! Non c'è nulla che tu possa fare per lui, ora. Se
non
restare in vita. Non permettere che il suo sacrificio sia
vano»
gli urlò con voce burbera un vecchio che arrivava correndo
dal
folto del Parco. Teddy lo guardò confuso. Una faccia
barbuta,
illuminata da vividi occhi azzurri: Aberforth Silente venti anni
più giovane, constatò sorpreso, mentre il vecchio
spariva
all'interno del Castello.
Bastò
quello a riscuoterlo. Lanciò un ultimo sguardo al corpo del
ragazzo e si inoltrò tra gli alberi. Per Colin era troppo
tardi,
ma per i suoi genitori no. Aberforth doveva avere appena visto suo
padre. Vivo e vegeto. Impegnato in un duello con Dolohov che, probabilmente, si
sarebbe rivelato fatale per il licantropo.
Teddy
corse a perdifiato, mentre lampi colorati illuminavano a giorno il
cielo limpido sopra Hogwarts: macabre parodie di fuochi artificiali.
Avrebbe
potuto giurare che alcune torce incantate inseguissero i Mangiamorte,
rivelando la loro presenza ai difensori del Castello. Ma non aveva il
tempo di soffermarsi ad appurare la cosa. Accelerò
ulteriormente
il passo raggiungendo finalmente la radura dove Neville aveva trovato i
corpi dei suoi genitori.
Si
arrestò di botto sospirando di sollievo e, mantenendosi in
disparte, nascosto dai folti alberi, osservò incantato il
padre
combattere.
Teddy
era sempre stato molto orgoglioso del fatto che sua madre fosse
un'Auror. Suo padre non lo era. Ma guardarlo combattere era uno
spettacolo indubbiamente affascinante, pensò il ragazzo
osservando la rapida eleganza di Remus e contemplando l'agilità
inumana con cui schivava gli incantesimi lanciati dal Mangiamorte.
Anche
l'avversario - Dolohov - non era male, ammise Teddy a malincuore, impugnando meglio la
bacchetta. Ma pareva in svantaggio. Arretrava passo dopo passo,
schiacciato dagli incantesimi sferrati da Remus.
Poi,
improvviso, un boato giunse dal Castello. Una grossa esplosione. Teddy
sentì i capelli rizzarglisi sulla nuca e riuscì a
pensare
a una sola cosa: Fred.
Prima
che potesse riprendersi, un grosso gargoyle di quelli che ornavano i
tetti del Castello piombò sul terreno, a pochi passi da
Remus
che, per schivarlo, distolse gli occhi dal Mangiamorte.
Dolohov
ne approfittò per disarmarlo, quindi si avvicinò
soddisfatto, un crudele sorriso trionfale sulle labbra, la bacchetta
puntata verso l'avversario. Remus lo fissava tranquillo,
indietreggiando piano. Teddy era pronto a colpire.
«Oh,
vedo che non tenti neppure di riprenderti la bacchetta, ibrido.
Sai che al primo movimento ti lancerei l'Anatema che Uccide,
vero?» sibilò beffardo il Mangiamorte.
«Ma credo che
lo farò ugualmente, sai? Non ho problemi a uccidere un uomo
disarmato, io.
Figuriamoci una bestia. Non serve essere precipitosi, però.
Potrei anche divertirmi un po', ti pare? Cru...»
Lo
sguardo di Remus corse rapido al gargoyle che esplose in mille pezzi
investendo Dolohov
e mettendolo momentaneamente fuori combattimento.
Teddy
sorrise divertito: ovviamente! Il famoso libro di incantesimi
senza bacchetta di Caius Charmed che la nonna biasimava tanto. E quel
particolare incantesimo gli era molto familiare, tra l'altro. Era lo
stesso con cui a sei anni aveva distrutto il raffinato
portaombrelli di casa Tonks! Certo, l'esplosione del gargoyle era stata
molto più spettacolare. E suo padre non aveva neppure dovuto
pronunciare l'incantesimo a voce alta. Il ragazzo lo guardò
ammirato recuperare la sua arma e osservare i penosi tentativi fatti da
Dolohov per riemergere dalle macerie.
La
bacchetta del Mangiamorte giaceva a terra: evidentemente, non aveva mai
letto il libro di Charmed, lui.
All'improvviso
una ragazza dai lunghi capelli chiari piombò gridando nella
radura, inseguita dall'uomo più disgustoso che Teddy avesse
mai
visto; gli occhi innaturalmente brillanti, come quelli di un predatore
notturno, risaltavano su un volto irsuto che di umano aveva molto poco.
La
ragazza si coprì il viso, troppo spaventata per usare la
bacchetta che stringeva in pugno. L'uomo, che l'aveva quasi raggiunta,
rise, mostrando i denti in una specie di ringhio e le si
lanciò
addosso. Inciampando in una radice che, Teddy ne era sicuro, un attimo
prima non era là.
«Scappa,
Susan!» urlò Remus, la bacchetta puntata sulla
radice
misteriosa. «Vattene da qui, a lui ci penso io».
La
ragazza guardò stupita l'uomo a terra, poi spostò
lo
sguardo seguendo la voce del suo soccorritore. «P-professor
Lupin! Lui è comparso all'improvviso, era velocissimo...
voleva... io non...»
Remus
le si avvicinò, rassicurandola. «Sì,
Susan, ho capito. Non preoccuparti. Torna al Castello».
La
ragazza annuì riconoscente, sorrise tra le lacrime e
lasciò di corsa la radura. Teddy sbirciò nervoso
Dolohov
che stava ancora combattendo con le macerie del gargoyle e
spostò la sua attenzione sull'uomo a terra che guardava
ironico
suo padre.
«Radici
semoventi, Remus? E' così che combatti? Sei un po'
deludente, lo
sai? Non è molto dignitoso per un lupo mannaro».
«Mi
pare abbia funzionato, però, al contrario del tuo assalto dignitoso»
la voce del padre trasudava sarcasmo, sottolineando quella parola.
«La ragazza è in salvo, questo è
l'importante. A
volte l'intelligenza di un uomo può essere più
utile
della forza dignitosa
ma brutale di una bestia».
L'uomo
si alzò, sbuffando esasperato.
«Humf...
quel vecchio mago rincitrullito ti ha riempito la testa di idiozie,
Remus» fissò dispiaciuto il punto in cui era
sparita la
ragazza. «Quello sembrava un bocconcino delizioso. Avrei
potuto
lasciartene un po', sai?» suggerì l'uomo con
irridente
generosità. «E invece l'hai fatto scappare.
Dovrò
cercarmene un altro, ma non sarà difficile, qui».
Scrutò
l'orizzonte, scorgendo un ragazzo che fissava assorto la
superficie del lago e sorrise. «Anzi, sai, Remus? Penso di
averlo
già trovato» mormorò con voce
melliflua,
slanciandosi rapido verso la sua nuova preda. Teddy sussultò
sorpreso quando vide un profondo taglio comparire sulla guancia
sinistra dell'uomo che, sfiorandosi la ferita, rise deliziato,
dimenticò il ragazzo e spostò la sua attenzione
su Remus
e sulla sua bacchetta.
«Oh...
finalmente cominci a mostrare le zanne, cucciolo mio! E senza neppure
avvicinarti alla tua preda. Lo sapevo che eri speciale! Se solo Silente
non ti avesse portato qui, rendendoti per me proibito... saresti stato
il prediletto tra i miei figli, giovane Lupin».
Si
deterse il sangue dalla guancia, leccandolo poi con
voluttuosità. Teddy lo fissò inorridito. Aveva
capito chi
era quell'uomo: Fenrir Greyback. Colui che aveva reso un inferno la
vita di suo padre.
«Ma
posso ancora rimediare. Oh si, posso avere qualcuno di ancora
più speciale di te, Remus» proseguì il
licantropo,
passandosi inebriato la lingua sulle labbra. «Già,
se tu
sei così speciale, quanto più speciale
potrà
essere tuo figlio?
Lui
sarà un mio prossimo bocconcino. Il figlio di un licantropo.
Non
ho mai assaggiato nulla di simile, sai?» proclamò
bramoso
prima di scoppiare in una risata oscena.
Teddy
trattenne il respiro. Lui,
quell'uomo orrendo stava minacciando lui!
Suo
padre, immobile sotto la luce della luna quasi piena, aveva la mascella
serrata, gli occhi socchiusi, Teddy avrebbe giurato di scorgere le
fattezze del lupo sul viso pallido del mago. Ma fu questione di un
istante. Tanto che si convinse di esserselo immaginato. Poi Remus
aprì gli occhi, brillanti quanto quelli di Greybeck -
realizzò all'improvviso Teddy - agitò rapido la
bacchetta
e la risata terrificante cessò, mentre il licantropo
più
anziano crollava a terra Pietrificato.
Remus
si chinò sul suo avversario. I pugni serrati che tradivano
una furia trattenuta a stento.
«No!
Mai! Non avrai mio figlio, Fenrir! Non riesco a uccidere un uomo
disarmato, lo sai. Ma ti assicuro che lo farei se tu osassi anche solo
avvicinarti a Teddy! Senza pensarci neppure un istante. Stanne
certo!» sibilò gelido all'orecchio del licantropo
Pietrificato.
Teddy
ascoltò compiaciuto, stupendosi che parole appena sussurrate
potessero risultare tanto minacciose.
Un
gemito smorzato gli fece alzare lo sguardo e, poco distante, scorse un
uomo con lunghi e arruffati capelli scuri, magrissimo e lacero, che
osservava sorpreso la scena.
Un
sorriso incredulo comparve improvvisamente sul volto scarno dello
sconosciuto e un lampo di puro sollievo gli attraversò gli
occhi
innaturalmente luminosi. Poi l'uomo se ne andò, rapido e
silenzioso come era arrivato.
Teddy
lo guardò allontanarsi e riportò la sua
attenzione su
Dolohov che, dopo avere vinto l'eroica battaglia con il gargoyle
frantumato, aveva recuperato la propria bacchetta e ora stava
puntandola alla schiena di Remus, ancora chinato su Greyback. Ecco come
aveva fatto Dolohov a uccidere suo padre. Ora sì che era
tutto
chiaro!
«Expelliarmus!»
gridò indignato Teddy, disarmando il Mangiamorte quando una
minacciosa luce verde era già comparsa sulla punta della sua
bacchetta.
Scostandosi
una ciocca di capelli dagli occhi, il ragazzo osservò
allibito
il mago crollare a terra. Raggiunto da uno Schiantesimo perfettamente
eseguito.
Si
voltò sorpreso verso il padre. Harry gli aveva detto che
sapeva
essere rapido ma... non aveva reso l'idea. Neppure lontanamente!
«Grazie!» gridò
Remus avvicinandosi. «Pare proprio che tu mi
abbia appena salvato la vita!». Gli sorrise e il cuore di
Teddy
perse un colpo. Suo padre! Vivo e sorridente! E si stava rivolgendo a lui!
Remus
si scostò una ciocca di capelli dagli occhi, ripetendo lo
stesso
identico gesto che il ragazzo aveva fatto qualche istante prima,
osservò Teddy per un po' e poi scosse la testa dispiaciuto.
«Scusa. Hai un'aria familiare ma... non riesco proprio a
ricordare il tuo nome. Ottimo tempismo, comunque, davvero!»
affermò convinto, gratificando Teddy con un'occhiata di
genuina
approvazione che mandò il ragazzo al settimo cielo.
«I
tuoi capelli hanno appena cambiato colore».
Teddy
arretrò preoccupato, ritrovando finalmente la voce.
«N-no... come sarebbe potuto succedere? No, sarà
stato
sicuramente un... effetto ottico dovuto al riverbero di qualche
incantesimo. Sì. E' buio... non.. non si distinguono i
colori» mormorò, maledicendo il fatto che quando
era
particolarmente felice o lusingato virava istintivamente i capelli al
turchese. Sempre. Fin da quando era piccolissimo, secondo la nonna...
Remus
lo fissò con i suoi occhi luminosi. «Oh, non
è un
problema, per me. Ho un'ottima visione notturna, mi basta un minimo di
luce lunare per vedere come di giorno».
Teddy
gemette, frustrato. Ma certo! Gli occhi dei licantropi e la loro
capacità di riflettere la luce lunare. Persino lui aveva
un'ottima visione notturna, realizzò, ricordando la sottile
falce di luna che illuminava il giardino di Harry poche ore prima...
cioè, tra vent'anni... e la facilità con cui si
era
orientato senza bisogno di lanterne fluttuanti.
Remus
si avvicinò ulteriormente, alzò la bacchetta
illuminandola con un incantesimo Lumos e sorrise trionfante.
«Alcune
ciocche dei tuoi capelli sono decisamente turchesi» poi
incontrò gli occhi del ragazzo e il sorriso gli si
congelò sulle labbra. Teddy non se ne accorse,
però.
Troppo sconvolto dal vedersi riflesso in quegli occhi ambrati identici
ai suoi. Occhi colmi di sorpresa e di dubbio. Occhi che scivolarono
rapidi sul suo viso e poi sul suo petto, fermandosi, attoniti, sulla
Chiave del Tempo. Occhi che tornarono a fissarsi nei suoi, colmi solo
di incredula certezza.
«Teddy...»
Teddy,
in preda al panico, guardò il padre, indeciso se continuare
a
negare l'evidenza o confessare tutto. Secondo l'antica pergamena di zio
Alphard chi si imbatteva in se stesso o in persone conosciute venute
dal futuro rischiava di impazzire...
Pensando
alacremente il giovane sbirciò il Mangiamorte Schiantato.
Non
andava bene. Non andava bene affatto. Dolohov non poteva restare
lì, doveva fare esattamente quello che aveva fatto dopo
avere
ucciso Remus...
«Sarei
morto, vero? E' per questo che sei venuto. Dolohov mi avrebbe
ucciso».
Teddy
riportò l'attenzione sul padre, inutile continuare a negare,
ormai. Non gli sembrava che il mago stesse impazzendo, del resto.
«Sì».
Remus
puntò la bacchetta contro Dolohov, titubò un
istante e mormorò incerto: «Harry?»
«Oh,
Harry sta bene. Ha sconfitto Voldemort. Cioè... lo
sconfiggerà».
Remus
annuì sollevato, un lampo d'orgoglio negli occhi, poi,
sottoponendo il Mangiamorte a un Incantesimo Innervante,
afferrò
Teddy e lo trascinò con decisione contro un'imponente siepe
di
agrifoglio.
Teddy
chiuse gli occhi, aspettando il pungente impatto; forse suo padre stava impazzendo,
dopo tutto.
L'impatto
non ci fu, però, e dopo qualche istante il ragazzo
aprì gli occhi guardandosi attorno meravigliato.
La
luce della luna inondava un piccolo prato pianeggiante, contornato su
tre lati dai rigogliosi alberi che delimitavano la Foresta Proibita; un
lungo tronco era sistemato al centro, di fronte a un grosso sasso
piatto e, cosa ben più importante, non c'era nessuna siepe
di
agrifoglio! Teddy poteva scorgere la radura dove il padre aveva appena
combattuto e, in lontananza, un vasto scorcio di lago.
«Un
Incanto di Illusione» la voce roca del padre lo fece
sobbalzare.
«Non so chi ne sia l'artefice, quando noi Malandrini lo
scoprimmo
questo posto era già così. Suppongo che Harry ti
abbia
parlato dei Malandrini».
Teddy
annuì, lo sguardo fisso sulla radura.
Dolohov
si alzò, scuotendo intontito il capo, si avvicinò
un po'
traballante a Greyback e, con malcelato ribrezzo, lo liberò
dall'Incantesimo Pietrificante.
Il
licantropo balzò in piedi con la rapidità che lo
contraddistingueva guardando il Mangiamorte con sarcasmo,
mostrò
i denti in un ringhio che, probabilmente, voleva essere un sorriso e
corse verso il Castello.
«Sporche
bestie...» sibilò disgustato Dolohov scrutando con
attenzione i dintorni, quindi si avvolse, visibilmente contrariato, nel
mantello e lasciò a sua volta la radura.
Soddisfatto,
Teddy si accostò a un grosso albero, sfiorandone incuriosito
la
corteccia segnata da profondi solchi irregolari.
«E'
stato James» spiegò Remus malinconico.
«Venivamo
spesso qui, era un posto tranquillo, sicuro, noto solo a noi quattro e
abbastanza vicino al Castello. Perfetto per tre novelli Animagi ansiosi
di perfezionare la loro arte. Quando si trasformava in cervo James
adorava prendere a cornate questo albero, nessuno di noi ha mai capito
il perché» si avvicinò al tronco,
accarezzando con
dolcezza quegli strani segni. «James... chi avrebbe mai detto
che
avrei avuto il suo stesso destino. Che anch'io sarei morto nel
tentativo disperato di dare un mondo migliore a mio figlio».
L'uomo
si voltò a guardare il ragazzo, soffermandosi sul
particolare naso a patata.
Teddy
si schiarì la voce, inspirò profondamente e
chiese rassegnato: «Stai per sgridarmi?»
Remus
sgranò gli occhi, allibito. «Cosa?»
«Harry
mi ha raccontato che quando lo hai sorpreso a vagare di notte per il
Castello, il suo terzo anno a Hogwarts, gli hai fatto una notevole
ramanzina sull'ingratitudine verso il sacrificio dei
genitori».
Remus
sorrise al ricordo. «Oh, sì. E' vero ma... no, non
voglio
sgridarti. I casi sono completamente diversi. Harry era un ragazzino,
tu...» lo osservò meravigliato. «Tu sei
un uomo,
Ted» distolse gli occhi, sospirando mesto. «Senza
contare
che dovresti essere tu a sgridare me. Mi sono fatto uccidere come uno
stupido. E proprio mentre stavo proclamando altisonante: Non avrai mai
mio figlio finché avrò vita. Oh, sono davvero un
padre
fantastico! Dovresti essere tu quello arrabbiato con me,
suppongo...»
Teddy
si avvicinò ulteriormente al padre, cercandone incredulo lo
sguardo: non stava scherzando, pensava davvero quello che aveva appena
detto.
«Arrabbiato
con te? E perché? Perché hai tentato in tutti i
modi di
creare per me un mondo migliore? Perché hai
creato per me un mondo migliore? Perché lo hai fatto. Non me
ne
ero reso conto fino a questa sera, sai? Ma prima ho visto Hogsmeade...
e l'ho riconosciuta a stento. E ho visto Hogwarts. Ho visto i
Mangiamorte. Ho visto ragazzini massacrati. No, non potrei mai essere
arrabbiato con te per avermi risparmiato tutto questo...»
Il
licantropo sorrise, allungando titubante una mano verso di lui, ma si
fermò, incerto, prima di toccarlo.
Teddy
non resistette oltre e, in uno dei suoi slanci universalmente definiti Tonksiani,
lo abbracciò con decisione. Remus si irrigidì a
quel
contatto, trattenendo il respiro e Teddy stava quasi per scostarsi,
quando sentì le braccia del padre cingerlo con dolcezza. Il
ragazzo sospirò deliziato, godendosi quella sensazione
familiare
e sconosciuta al tempo stesso, disinteressandosi delle urla che
risuonavano ovunque e degli incantesimi che illuminavano il cielo sopra
le loro teste. La sola cosa importante era quell'abbraccio, che
somigliava così tanto a quelli di Harry ma che, al contempo,
ne
era tanto diverso.
Dopo
un intervallo indefinibile di tempo Remus lo allontanò
gentilmente da sé, osservandolo attonito, gli
scostò i
capelli dagli occhi e sorrise intenerito.
«E'
questo il tuo vero aspetto?»
Teddy
si passò sorpreso le mani sul viso, tastando lineamenti
decisamente familiari. Strano, erano anni che non perdeva il controllo
dei suoi poteri di Metamorfomagus. Da quel memorabile Capodanno in cui
si era trovato sotto il vischio assieme a Victoire, per la precisione.
«Be',
se ti assomiglio come una goccia d'acqua sì».
Remus
annuì. «A quanto pare ha ragione Dora. E' a me che
assomigli. Rimane un mistero come abbia fatto a capirlo...»
sogghignò. «Sono sollevato, però. Mi
avevi fatto
preoccupare con quel naso. Era identico a quello del signor Peabody, il
pasticciere del villaggio dove abitiamo. E tua madre ha sempre avuto un
debole per le sue torte alla cannella...»
Teddy
ridacchiò, intenzionato a svelare che era stato proprio il
pasticciere l'ignaro ispiratore di quel naso ma, prima che potesse
cominciare il racconto, vide il padre irrigidirsi e impugnare
saldamente la bacchetta.
In
riva al lago, una massiccia Mangiamorte stava combattendo con il
ragazzo in precedenza notato da Greyback. Teddy si accorse solo in quel
momento che il giovane indossava l'uniforme di Hogwarts, era uno
studente, quindi, e sembrava in seria difficoltà.
Improvvisamente una figura velocissima uscì dal folto della
foresta scagliandosi contro la strega che cadde, assai poco
elegantemente, nel lago. Teddy riconobbe il nuovo venuto: era l'uomo
lacero dai lunghi capelli scuri misteriosamente apparso al suo fianco
nella radura.
Un
enorme tentacolo pallido sbucò fulmineo dalle acque,
sollevando
innumerevoli spruzzi, si librò a mezz'aria e si
inabissò
nuovamente, accompagnato dalle urla atterrite della Mangiamorte, ma
l'uomo lacero, intento a osservare il ragazzo che si era lasciato
cadere sul prato, parve non accorgersene neppure. Sistemandosi nervoso
la veste logora si avvicinò un poco allo studente e disse
qualcosa. Il ragazzo scosse il capo, sfiorandosi la caviglia destra e
l'uomo annuì, lanciando un lungo fischio acuto.
Un
secondo uomo, molto più giovane ma ugualmente scarno e
stracciato, sbucò dalla foresta, si scostò i
capelli
arruffati dal viso, scoprendo gli occhi innaturalmente risplendenti,
impugnò la bacchetta illuminandola e si accostò
cauto
allo studente che, fissandolo incredulo, sorrise e gli permise di
inginocchiarglisi accanto.
Mentre
Remus si rilassava visibilmente, continuando a osservare la scena con
un'espressione di piacevole sorpresa dipinta sul volto, Teddy
notò con raccapriccio che la Mangiamorte non c'era
più:
qualche creatura del lago aveva dato il suo inconsapevole contributo
alla Battaglia di Hogwarts.
Teddy
respirò profondamente e si rivolse con decisione al padre.
«Va
bene. Devo schiantarti?»
«Come?»
Remus lo scrutò allibito.
«Hai
intenzione di gettarti nella mischia? Di tornare a combattere?
Perché se la tua risposta è sì
sarò
costretto a farlo. Tu dovresti essere morto. Harry ha sconfitto
Voldemort con te defunto. Quindi, per non rischiare di cambiare
tragicamente il corso della storia, dovrai fare esattamente quello che
avresti fatto se io non fossi venuto: dovrai comportarti da salma. E le
salme non combattono, in genere!»
Remus
guardò il figlio, decisamente divertito.
«Harry
starà bene, hai detto...» Teddy annuì.
«E
vincerà. Con me morto» Teddy annuì
ancora.
«Allora no, non sarai costretto a schiantarmi. Me ne
starò
qui, immobile. Come ogni buona salma che si rispetti» sorrise
ironico, lasciandosi cadere sul grosso sasso piatto e gettò
una
rapida occhiata verso il lago. Il ragazzo in uniforme stava
allontanandosi, zoppicando vistosamente, con il giovane sbucato dalla
foresta. «Del resto Michael è in ottime
mani...»
Teddy
assentì, troppo sollevato per chiedersi chi fosse Michael e
perché fosse in ottime mani. «Bene.
Così io
potrò farò il bravo neonato» e,
incrociando le
braccia, si sedette sul lungo tronco.
Un
gruppo di Mangiamorte uscì dalla foresta, dirigendosi a
passo
spedito verso il Castello. Teddy scoccò un'occhiata
intimidatoria al padre che ricambiò con un sorriso
innocente,
più angelico di quello di un cherubino. Il ragazzo
aggrottò le sopracciglia, insospettito dalla serafica
tranquillità paterna e Remus indicò il lago.
Annunciata
da un dolce sciabordio, una schiera di tritoni era emersa dalle acque
scure e placide. Le lucenti lance d'argento puntate minacciose contro i
Mangiamorte che si arrestarono attoniti.
Teddy
osservò meravigliato la scena. Maridi? Anche loro avevano
combattuto con i difensori di Hogwarts? Nessuno gli aveva mai
raccontato niente in proposito. Certo, Hermione aveva detto che Silente
era da loro molto benvoluto ma...
Una
risatina roca lo distrasse dai suoi pensieri e dai tritoni in assetto
di guerra.
Suo
padre lo stava guardando pensoso. «Expelliarmus, eh? Mi hai
salvato la vita con un Expelliarmus! Si vede che hai avuto a che fare
con Harry, sai?» sorrise, sistemandosi più
comodamente sul
sasso. «Mi sarò anche fatto uccidere come uno
stupido, ma
ti ho trovato un buon padrino, se non altro».
Teddy
scosse il capo contrariato. «Non ti sei fatto uccidere come
uno
stupido. Mi stavi difendendo. Quell'uomo disgustoso mi stava
minacciando. Ho molto apprezzato il tuo comportamento».
Remus
scrutò preoccupato gli occhi del figlio. «Lui non
ti ha...»
«No.
Non ho mai visto quell'uomo prima di questa sera. Però
sì, devo ammettere che mi hai trovato un padrino
meraviglioso.
Credo che nessuno avrebbe potuto svolgere il compito meglio di
lui».
Remus
annuì. «Già. Hai avuto un buon modello
da seguire».
Teddy
lo guardò serio. «Il migliore. Ma non Harry. Non
fraintendermi, stravedo per Harry. E' fantastico. Ma non è
lui
il mio idolo... sei tu».
Remus
alzò la testa di scatto, rischiando di cadere dal sasso, e
scrutò sbalordito il figlio. «Cosa?...Io? Ma... tu
lo sai cosa
sono, vero?»
Il
ragazzo sbuffò, roteando gli occhi e ficcandosi esasperato
le
mani nelle tasche. Avrebbe dovuto lavorare parecchio sull'autostima del
padre.
«Sì,
so cosa
sei. Ma, soprattutto, so chi
sei. E questo mi pare più importante»
sobbalzò
quando qualcosa gli punse il polpastrello dell'indice sinistro e,
borbottando parole incomprensibili, si portò il dito ferito
alle
labbra.
Remus
non riuscì a trattenere un sorrisetto divertito.
«Be',
tutto sommato ho ragione anch'io... hai preso molto anche da tua
madre».
Teddy
sogghignò e rimise cauto la mano nella tasca. Quando
capì
cosa lo aveva punto sorrise ispirato e piazzò l'oggetto in
mano
a Remus che osservò incuriosito la piccola spilla con la
testa
di lupo stilizzata.
«C.A.L.D.O.? E cosa
sarebbe esattamente il C.A.L.D.O.?»
«Il
Comitato Amici dei
Licantropi Discriminati Ottusamente. L'ho fondato io, il
mio quarto anno di Hogwarts. In tuo onore... perché non mi
è mai importato cosa
tu fossi, neppure un po'. E volevo renderlo palese a tutti i Kyle
Addams del mondo».
Notando
lo sguardo confuso del padre il ragazzo raccontò delle sue
vivaci divergenze
d'opinione
con Kyle, reo di andarsene in giro affermando che i licantropi erano
bestie impure e pericolose, nonché notoriamente inferiori.
Gli
raccontò delle Fatture Orcovolanti insegnategli da Ginny, e
della sua convocazione nello studio del Preside per averne lanciata una
– particolarmente ben riuscita, tra l'altro - a Kyle, di come
avesse riferito la dinamica dei fatti senza una punta di pentimento e
di come il ritratto di un vecchio mago dagli occhi blu, che luccicavano
ironici dietro vezzosi occhialetti a mezzaluna, avesse preso le sue
difese. E raccontò anche che, quando il Preside lo aveva
congedato, il mago del ritratto gli aveva strizzato un occhio e si era
rimesso a dormire placidamente.
Remus
rise divertito. «Sì, tipico di Silente, direi. Uhm
il C.A.L.D.O...
vedo che anche Hermione ha avuto una certa influenza su di te.
E...» la voce gli divenne particolarmente dolce.
«Anche tua
madre. Anche a lei non è mai importato cosa io fossi. Temo
ti abbia parlato un po' troppo entusiasticamente di me...»
Teddy
lo guardò, sorpreso da quelle parole. Poi si rese conto che
il
padre non poteva conoscere la sorte della moglie. Che non poteva
neppure immaginarla. Per lui era al sicuro a casa della madre.
«No.
Lei non mi ha mai parlato di te. Non ha potuto farlo. Non l'ho mai
conosciuta, lei è... è venuta con te. Ti ha
seguito anche
nella morte».
Remus
lo fissò incredulo. «Ma... lei è con te
a casa di
sua madre. E' al sicuro... come...» un lampo di consapevole
terrore gli attraversò gli occhi. «Lei
è venuta
qui, vero? A combattere...» si alzò di scatto,
pronto a
rigettarsi nella mischia. Teddy gli si aggrappò a peso
morto,
cercando di farlo risedere. «No, fermo... che fine hanno
fatto i
tuoi buoni propositi di comportarti da perfetta salma?»
Remus
scoccò al figlio un'occhiata di fuoco. «Ho deciso
che
sarà qualcun altro a fare la perfetta salma, questa sera! Se
hanno solo sfiorato Dora, io...» si divincolò
dalla
stretta di Teddy e si precipitò verso la radura.
Il
ragazzo impugnò la bacchetta, indeciso se Schiantare o
Pietrificare. «No, fermati...PAPÀ!»
Remus
si fermò di colpo, mentre Teddy assaporava la dolcezza, e il
potere, di quella parola per la prima volta in vita sua: più
efficace di uno Schiantesimo. O di un Incantesimo Pietrificante.
Remus
si voltò, scosso, e Teddy gli si avvicinò.
«Neppure
io permetterò che qualcuno le faccia del male, sai? Sono
venuto
anche per lei. Davvero pensi che me ne starei qui a parlare con te
sapendola in pericolo? La verità è che
sarà lei a
trovare noi. E' morta lì. Accanto a te. Abbracciata a te,
per la
precisione. Così vi hanno trovato».
Remus
sospirò mesto e guardò il figlio con aria
colpevole.
«Sì, scusa Ted. Io... ero fuori di
me...» mise una
mano sulla spalla del figlio e lo guardò con dolcezza.
«Va
bene, torniamo al nostro posto e aspettiamo che tua madre ci
raggiunga» gli sorrise, un sorriso incerto, imbarazzato, un
sorriso che lo ringiovanì di anni, facendolo sembrare uno
scolaretto pentito. «Giuro solennemente che da ora in poi mi
comporterò come la virtuosa salma che dovrei
essere»
così dicendo tornò a sedersi sul suo sasso,
lanciando
sguardi ansiosi verso il punto della radura in cui avrebbe dovuto
trovarsi il suo cadavere.
Teddy
sospirò, sollevato, e si lasciò cadere esausto
sul tronco.
Dal
lago giungevano i suoni di un'aspra battaglia. I Mangiamorte stavano
combattendo su due fronti. Da una parte i tritoni che, ciclicamente,
emergevano dalle acque scagliando le loro lance verso i nemici,
dall'altra un gruppo di uomini laceri e dagli occhi luminosissimi che
tormentava i maghi con attacchi rapidi e violenti.
Teddy
si sistemò il giubbetto e guardò contrariato il
padre.
«Certo che sai essere irragionevole, quando vuoi. Ero sul
punto
di Pietrificarti!»
Remus
sogghignò, senza staccare gli occhi dalla radura.
«Oh, lo
hai fatto, in realtà. Il sentirti urlare papà...
ha avuto
esattamente quell'effetto. Mi aspettavo qualcosa del genere... ricordo
ancora la faccia di James quando Harry lo ha chiamato papà
per
la prima volta. Anche lui è rimasto Pietrificato.
Però mi
aspettavo una vocetta infantile che balbettava incerta qualcosa di
vagamente somigliante a papà... il sentirmelo urlare da una
voce
virile ha amplificato l'effetto, credo...»
Teddy
annuì mortificato. «Si, capisco quello che vuoi
dire... mi dispiace di averti rovinato il momento...»
Remus
sorrise, dandogli un colpetto affettuoso sul ginocchio. «A me
no.
Diciamo che godrò due volte di questa emozione... non
è
da tutti».
«Se
la metti così» assentì poco convinto il
ragazzo,
poi chiese dubbioso: «Pensi sia meglio che mi trasfiguri
prima
che arrivi lei? Sulla pergamena che dà le istruzioni su come
viaggiare nel tempo c'è scritto che imbattersi in se stessi
o in
persone conosciute provenienti dal futuro può portare alla
pazzia».
Remus
guardò pensoso il lago. «Sì, penso sia
meglio che
tu assuma un altro aspetto. La pazzia è una
possibilità
molto probabile».
«A
te non è successo, però. Un momento. A te non
è
successo perché sapevi dell'esistenza della Chiave del
Tempo...» Teddy sfiorò con cautela l'oggetto che
portava
al collo. «Tu mi hai riconosciuto quando hai visto questa.»
Remus
riportò lo sguardo sul figlio. «Ti ho riconosciuto
per i
capelli turchesi. E per gli occhi, sono identici ai miei, Ted, solo che
non brillano al buio, fortunatamente. Però è
vero,
è stata quella
a
togliermi ogni dubbio, sì, non sono impazzito
perché
sapevo che poteva succedere una cosa del genere. So come funziona una
Chiave del Tempo e so che a casa Tonks ce n'è una. L'ho
notata
la prima volta che Dora mi ha portato a cena dai suoi. E...»
si
fermò un istante, imbarazzato. «E' stato anche
merito di
quella Chiave se ho avuto il coraggio di chiedere a tua madre di
sposarmi...»
Teddy
aggrottò le sopracciglia, confuso e Remus
continuò:
«Se tua madre si fosse resa conto che stare con me era troppo
per
lei... se l'avessi vista infelice o pentita... be', non avrei esitato a
usare la Chiave del Tempo per rimediare».
Una
scintilla di comprensione accese lo sguardo di Teddy. «Certo,
lo
stesso ragionamento che ha fatto zio Alphard con nonna!»
«Cosa?»
«Una
lunga, affascinante storia, te la racconterò un'altra volta.
O,
magari, sarai tu a raccontarla a me. Ma mamma non sa nulla della
Chiave?»
Remus
sorrise scherzoso. «E' una vera frana in Rune
Antiche»
«Come
nonna... ma tu non gliene hai parlato?»
Remus
sospirò, scrutando intensamente la radura. «Stavo
per
farlo. Dopo la festa per il diciassettesimo compleanno di Harry.
Abbiamo dovuto andarcene di corsa, sai? Per l'arrivo del Ministro.
Io... be', non sono molto benvisto. Diciamo che al Ministero ben pochi
aderirebbero al C.A.L.D.O.
E
nemmeno tua madre è benvista da quando mi ha sposato ma,
mentre
mi accingevo a mostrarle la Chiave con l'intenzione di spiegarle come
funzionava, lei mi ha annunciato che saresti arrivato tu...»
«Oh,
capisco. Ti ha Pietrificato, insomma».
«Schiantato,
più che altro. La sensazione che ho provato è
stata quella».
«E...
hai pensato di tornare nel passato a sua insaputa per...
rimediare?» chiese Teddy, prima di riuscire a impedirselo.
Remus
sussultò, distogliendo lo sguardo dalla radura e portando
tutta
la sua attenzione sul figlio. «Cosa? No! Teddy non... l'idea
non
mi ha neppure sfiorato!» scivolò dal sasso
accovacciandosi
davanti al ragazzo. «Non pensarlo neppure. In quel preciso
momento ho smesso di considerare la Chiave del Tempo».
Teddy
abbozzò un sorriso e Remus giocherellò nervoso
con il
cinturino dell'orologio. «Harry ti ha raccontato dell'amena
scenetta svoltasi a Grimmauld Place, vero?»
Teddy
annuì. «Me l'ha anche mostrata nel suo
Pensatoio».
«Certo.
Ha fatto bene. Però, Teddy, vorrei che capissi che non eri
tu il
problema. Non lo sei mai stato. Ti ho adorato dal momento stesso in cui
ho saputo della tua esistenza. Il problema ero io. In questo mondo...
non avresti avuto una vita facile. Non avresti avuto la vita che un
padre sogna per il figlio. Non avresti incontrato solo Kyle Addams
sulla tua strada. Pensavo, stupidamente, che saresti stato meglio senza
di me. Non ringrazierò mai abbastanza Harry per avermi
costretto
a meditare sulle mie convinzioni. Me l'ha fatta lui, quella volta, la
notevole ramanzina sui padri e sui figli!»
Teddy
afferrò la mano del padre che continuava a tormentare il
cinturino dell'orologio; di quell'orologio così familiare
anche
a lui. «Già. Ma sappi che questa sera...
cioè tra
vent'anni... quelle parole illuminate gli si ritorceranno contro.
Sarò io a ricordargli i doveri di un padre verso i
figli!»
«Eh,
corsi e ricorsi storici... un momento...un padre? Harry ha dei
figli? Harry? Il mio Harry?
Merlino... James è nonno!»
Teddy
rise, intenzionato a tranquillizzare il padre assicurandogli che la
cosa non sarebbe successa tanto presto, ma Remus si alzò in
piedi di scatto intimandogli il silenzio. Teddy lo guardò
attonito, alzandosi a sua volta, pur non capendone il motivo.
In
riva al lago tutto era tranquillo. Le acque erano placide e ferme, solo
masse scure e lance argentate, abbandonate sul terreno, testimoniavano
la furibonda battaglia imperversata fino a pochi minuti prima.
Improvvisamente
un fruscio catturò l'attenzione del ragazzo che
scrutò teso la radura.
Una
giovane donna arrivò di corsa, guardandosi attorno ansiosa,
alla
disperata ricerca di qualcosa o di qualcuno. Si avvicinò
alle
macerie del gargoyle, le osservò scrupolosamente e
proseguì rapida verso il punto dove avrebbe dovuto trovarsi
il
corpo di Remus. Inciampando nella radice incantata.
Teddy
trattenne il respiro e il licantropo confermò con tenera
ironia.
«Sì, è tua madre. Avrei dovuto
risistemare quella
radice. Dora è la sola persona che conosco capace di
scivolare
su un Vermicolo, sai?»
Teddy
si concentrò per evitare che i suoi capelli virassero verso
un
rosso acceso. Be', in fondo a lui era successo una volta sola, non
faceva testo...
Poi,
sotto lo sguardo incuriosito di Remus, riprese l'aspetto che aveva
quando era arrivato al Castello.
Tonks
era nel punto esatto in cui avrebbe dovuto trovarsi il corpo del
marito, intenta a raccogliere qualcosa, quando una strega, che
somigliava in modo impressionante a una giovane versione di nonna
Andromeda, irruppe silenziosa nella radura.
Remus
si irrigidì sibilando: «Bellatrix! Dunque
è stata
lei a uccidere Dora! Alla fine c'è riuscita. Dopo Sirius
anche
Dora, ma io...»
Teddy
diede un colpetto con l'impugnatura della bacchetta al polso del padre.
«Fermo! Fai la brava salma. E, a proposito di salme... come
facciamo a impedire a mamma di uccidere quella deliziosa signora? Un
Expelliarmus? O è meglio Schiantarla?»
«Sai,
Teddy? Comincia a preoccuparmi questa tua disinvoltura nel volere
affatturare tua madre e me».
«Non
è colpa mia se come salme non siete
granché».
Remus
sbuffò sarcastico, scrutando con attenzione le due donne.
Bellatrix
si guardò attorno e, scorgendo la strega più
giovane, esplose in una risata estatica.
«Ma
guarda un po', la mia nipotina amante delle emozioni forti. Sposare un
animale e farci pure un figlio. E dimmi, piccola Ninfadora, cosa si
prova a strusciarsi lascivamente con un mostro?»
Teddy,
notando il dolore che offuscò gli occhi del padre, si disse,
furente, che lanciare un Avada Kedavra a quella donna poteva essere
solo giusto! Peccato che avrebbe potuto cambiare il corso della
storia... poi, però, si consolò ricordando che qualcuno
avrebbe effettivamente scagliato l'Anatema che Uccide a Bellatrix,
quella notte. E la sua già considerevole stima per Molly
Weasley
aumentò a dismisura.
Tonks
puntò la bacchetta contro la strega. Teddy e Remus si
prepararono ad intervenire.
«Oh,
vorrei tanto risponderti, zietta,
ma non ne ho la più pallida idea. Sei tu l'esperta in questo
campo, dimmelo tu cosa si prova. Io mi sono limitata a un uomo afflitto
da un piccolo problema peloso. Ma tu ti sei scelta il Mostro per
eccellenza»
Una
furia un po' folle illuminò gli occhi della Mangiamorte.
«Come
osi, piccola mezzosangue! Ava...»
«Stupeficium!»
La
strega più anziana cadde a terra, un'espressione di assoluta
incredulità sul volto, mentre Tonks la osservava con
rabbiosa
tristezza. «Per Sirius. Avrei voluto usare l'Anatema che
Uccide
ma... sei pur sempre la sorella di mia madre e io sono diversa da te,
evidentemente».
Remus
abbassò la bacchetta e Teddy lo guardò
meravigliato.
«Però! Meno male che mamma non ha deciso di
uccidere
Bellatrix, non avrei davvero saputo come impedirlo. Non ho neppure
visto la sua bacchetta muoversi! Perché con voi due non vedo
mai
le bacchette muoversi?»
Remus
sorrise orgoglioso, gli occhi fissi sulla moglie. «Tua madre
è un'Auror, anche se la gente tende a dimenticarsene a volte
e
io...» aggiunse un po' imbarazzato. «Be', io sono
afflitto
da un piccolo problema peloso. Mi chiedevo, Teddy, sei in grado di
eseguire un Incantesimo Innervante?»
Il
ragazzo guardò sdegnato il padre. «Certo,
perché?»
«Perché
ora io andrò a recuperare mamma e, mentre la
porterò qui, tu ne scaglierai uno a zia
Bellatrix».
Zia
Bellatrix... ecco spiegata la sua somiglianza con Andromeda. Teddy
sapeva pochissimo di lei, la nonna non parlava mai delle sorelle... ora
capiva il perché!
Osservò
il padre scivolare cauto nella radura, chiamando dolcemente la moglie
che si girò con la bacchetta puntata. Riconosciutolo, la
strega,
esibendosi in un perfetto slancio Tonksiano,
gli saltò al collo e Remus la strinse convulsamente a
sé,
palesemente grato di poterlo ancora fare. Restarono così per
qualche istante, persi in un abbraccio disperato e Teddy sorrise
compiaciuto.
Uno
schianto improvviso riportò alla realtà Remus che
si
sciolse dalla stretta, con molto poco entusiasmo notò Teddy
divertito, e trascinò la moglie verso il loro nascondiglio.
Veloce il ragazzo puntò la bacchetta verso Bellatrix ed
eseguì un Incantesimo Innervante da manuale: Harry sarebbe
stato
fiero di lui.
La
Mangiamorte si alzò, un po' intontita e lasciò
furibonda
la radura, urlando frasi irripetibili rivolte a ibridi e a traditori
del loro sangue.
Teddy
si voltò verso i genitori, osservando emozionato la madre
che si
guardava in giro un po' spaesata, la mano ancora avvinghiata a quella
del marito. Era pallida e preoccupata ma Teddy la trovò
molto
carina. Quando la strega si accorse della sua presenza gli sorrise
amichevolmente per poi rivolgersi a Remus con aria colpevole.
«Teddy
sta bene» mormorò, mordicchiandosi nervosamente il
labbro
inferiore. «E' al sicuro da mia madre, con un po' di fortuna
tornerò in tempo per allattarlo. In caso contrario ho
lasciato a
mamma tutto l'occorrente» sfiorò esitante una
guancia al
marito e abbassò gli occhi. «Non potevo non
venire, Remus.
Ci ho provato ma... l'idea di non fare nulla... non ho proprio potuto.
Teddy non corre pericoli immediati. Tu si» prima che Remus
potesse ribattere la strega alzò la testa con decisione, un
lampo battagliero negli occhi scuri. «Ma ora sbrighiamoci.
Dobbiamo tornare a combattere! I Mangiamorte sembrano sbucare da tutte
le parti...»
Remus
e Teddy si scambiarono un'occhiata atterrita, pensando freneticamente a
come convincere l'Auror Tonks ad abbandonare la battaglia.
Fortunatamente,
fu Voldemort in persona a risolvere la questione per loro...
Ed ecco
il terzo capitolo. Siamo arrivati alla metà esatta
della storia!
E' molto lungo, lo so. Ed è stato quello più
difficile da scrivere, quello che mi ha
messo più dubbi. Perché ho seriamente temuto di
mandare
OOC il personaggio di Remus.
Mi rendo conto che la sua entrata in scena è abbastanza
(eufemismo) epica e spettacolare. Ho anche pensato di
cambiarla...
ma non ce l'ho proprio fatta. La verità è che mi
piace
così.^^ Perché è esattamente
così che
l'ho immaginata. Per due motivi ben precisi: Primo, l'intera storia
è "filtrata" dagli occhi di Teddy che, verosimilmente, ha
un'idea un po' (altro eufemismo) idealizzata di quel padre
conosciuto solo dai racconti e dai ricordi di chi lo ha amato (un po'
come Harry con James, insomma); secondo, quando nella storia parlo di
capacità inumane riferendomi a Remus, intendo
letteralmente capacità non umane.
Remus è obiettivamente inumano in alcune sue
sfaccettature:
è un licantropo. E la scena dell'undicesimo
capitolo di "Harry
Potter e i Doni della Morte" dove affattura Harry, prima che questi
riesca anche solo a pensare di estrarre la bacchetta, dimostra che
Remus ha una velocità un po' superiore agli standard
"umani",
secondo me. Comunque nel corso della storia sarà Remus
stesso a
"umanizzarsi".^^
Un'altra cosa che mi ha creato qualche "problema di coscienza"
è
l'incantesimo senza bacchetta scagliato sul gargoyle. Ma poi ho pensato
che se un ragazzino di tredici anni riesce a gonfiare la zia senza
ricorrere a una bacchetta, un mago adulto e preparato può
benissimo fare esplodere un gargoyle!
Anche il personaggio di Greyback mi ha creato grossi dubbi di
"opportunità". Mi rendo conto che è un po'
inquietante,
ho anche cercato di trattarlo con una certa "delicatezza"... ma temo
che non sia un personaggio che si presta molto a un tale trattamento.
Spero non risulti troppo "fastidioso" ma del resto non volendo
snaturarlo troppo ho dovuto tenermelo così...
E per finire il "prato incantato". La Rowiling non ne parla, vero. Ma
a me pare abbastanza plausibile l'esistenza di un luogo simile a
Hogwarts. E poi mi piaceva l'idea di fare conoscere Remus e Teddy in un
luogo "Malandrino". ^^
lyrapotter:
Grazie per esserti dissociata dall'Esercito
dei Silenti!
Li apprezzo molto, intendiamoci, ma qualche "diserzione" dalle loro
fila non può che farmi un immenso piacere!^^ Ebbene
sì,
la mia intenzione è proprio quella di riportarli in vita
senza
stravolgere il Canon. Non fraintendermi, non disdegno le storie che lo
fanno, anzi... ma personalmente non riesco proprio a scriverle. Mi fa
piacere che ti sia piaciuto anche il secondo capitolo e che condivida
la mia sensazione su quello che si potrebbe provare venendo catapultati
nel bel mezzo di una guerra. Teddy è molto piacevole da
"trattare",
è vero che nei libri non dice una parola ma la sua presenza
si
sente eccome, a mio parere: è la speranza, Teddy, il futuro
per
cui vale la pena di continuare a combattere. E, come puoi vedere, i
tuoi
(anche miei, lo ammetto) adorati hanno finalmente fatto la loro
comparsa. Spero tu
abbia apprezzato. ^^
Trick:
Oh, io ti
permetto tutto. Commenta pure quando e come vuoi, ci mancherebbe! A me
fa molto piacere sapere cosa pensi della storia... ma le vacanze hanno
sempre la
precedenza. Assolutamente! ^^
Mi fa
piacere che tu abbia apprezzato le disquisizioni sul cacao e la
cannella del loquace signor Peabody, l'aneddoto sul passaggio segreto
(molto da Teddy Lupin, sì. Perché Teddy
è
sì figlio di Remus... ma anche di Dora) e la mia cautela nel
gettare il povero Ted nella "fossa dei leoni". Ma ora ho proprio dovuto
farlo!
fri rapace:
Per prima
cosa devo chiederti perdono per avere storpiato il tuo nome! La volta
scorsa ti ho arbitrariamente ribattezzata free rapace! Scusa! Sono
evidentemente stata ammaliata da un improvviso desiderio di
libertà... Ma ho già corretto.^^ Dopo questo
gesto dovuto
prendo atto dell'avvenuta fondazione del Club dei "Resuscitatori"
augurandomi che le adesioni fiocchino numerose.^^ Sei curiosissima di
indovinare il finale? Bene. E no che non vivi male quello che leggi,
anzi... anche a me capita di tentare di immaginare i finali. Lo trovo
interessante, certo, si rischia qualche delusione, talvolta... ma
pazienza. Sai che per scrivere il secondo capitolo e per cercare di
rendere le sensazioni di Teddy mi sono rifatta anch'io ai ricordi dei
miei nonni? Quindi mi lusinga il fatto che tu abbia pensato proprio a
quello... vuol dire che sono riuscita almeno un po' nel mio intento. ^^
Kamen:
Grazie! La tua recensione va benissimo così! L'importante
per me è capire cosa pensi della storia.
Piccola Vero:
Grazie! La testardaggine va sempre premiata! Come vedi la Battaglia
è cominciata, spero tu abbia gradito.^^
E, ovviamente, grazie anche ai sempre più numerosi membri
dell'Esercito dei Silenti!
E ai temerari che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite.
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Capitolo 5 *** Capitolo Quarto - Hogwarts: l'attesa. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Quarto
Hogwarts: l'attesa
«Avete
combattuto valorosamente. Lord Voldemort sa apprezzare il coraggio. Ma
avete subito pesanti perdite. Se continuerete a resistermi, morirete
tutti, uno per uno. Io non desidero che ciò accada. Ogni
goccia
di sangue magico versata è una perdita e uno spreco.
Lord
Voldemort è misericordioso. Ordino alle mie forze di
ritirarsi, immediatamente.
Avete
un'ora. Disponete dei vostri morti con dignità. Curate i
vostri feriti.
Ora,
Harry Potter, mi rivolgo direttamente a te. Tu hai consentito che i
tuoi amici morissero per te piuttosto che affrontarmi di persona. Io ti
aspetterò nella Foresta Proibita. Se entro un'ora non ti
sarai
consegnato a me, la battaglia riprenderà. E questa volta vi
prenderò parte io stesso, Harry Potter, e ti
troverò
e punirò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che
abbia
cercato di nasconderti a me. Un'ora»*
La
voce metallica di Voldemort, amplificata magicamente,
risuonò forte e chiara in tutto il Parco.
Un
silenzio
attonito e innaturale calò improvviso su Hogwarts: niente
più lampi, urla o schianti, sembrava che i combattenti
fossero
stati pietrificati dal gelo che trasudava da quella voce e dalla
crudeltà di quel proclama.
Teddy
rabbrividì, pur essendosi aspettato quelle parole, pur
sapendo
che da quella terribile proposta sarebbe scaturito il trionfo dei
difensori di Hogwarts. Il trionfo di Harry.
Trionfo... il
giovane ricordò l'orrore che colmava gli
occhi della ragazza inseguita da Greyback, rivide il corpo del
ragazzino in cui aveva rischiato di inciampare e ripensò al
velo
di dolore che adombrava lo sguardo del padrino quando raccontava
quegli avvenimenti. No, forse trionfo non era il termine più
adatto. Quella vittoria esaltante ed eroica era in realtà
costata un prezzo atroce, che lui non aveva mai davvero compreso. Fino
a
quella sera.
Turbato,
Teddy
alzò istintivamente lo sguardo. Il cielo notturno aveva
sempre
avuto il potere di tranquillizzarlo, fin da quando era bambino, ma
quella volta non funzionò: le stelle, non più
offuscate
dai sinistri bagliori degli incantesimi, risplendevano fredde, lontane
e indifferenti alla disperazione degli uomini che assistevano sgomenti
alla ritirata dei Mangiamorte, e non gli diedero alcun conforto.
Un
lieve fruscio
al suo fianco lo riscosse, ricordandogli che non era solo. Stupito,
Teddy realizzò che c'era un motivo ben preciso per cui aveva
sempre cercato consolazione nella volta stellata... anzi, due.
E
ora quei due motivi erano lì, in carne e ossa, davanti ai
suoi
occhi. Tangibili, vivi e assolutamente raccapricciati dallo spaventoso
ricatto di Voldemort.
Tonks,
ancora
più pallida di quello che già era, stringeva
convulsamente il braccio del marito, gli occhi scuri dilatati
dall'angoscia. «Harry? Da solo al cospetto di Voldemort? Ma
sarebbe un suicidio».
Remus,
visibilmente preoccupato, scrutò interrogativo Teddy che
abbozzò un sorriso tranquillizzante. Il licantropo
annuì
e tentò di rassicurare la moglie: «Questo
proclama è la prova che Harry sta bene e che Voldemort non
è poi così sicuro di potercela fare.
Misericordioso...
figuriamoci! Harry sa come deve agire. Lo sa. Ho una
fiducia assoluta in lui».
Tonks,
apparentemente confortata dalla sicurezza del marito,
squadrò incuriosita Teddy e Remus
spostò a sua volta l'attenzione sul ragazzo, un lampo
giocoso
negli occhi rilucenti. «Oh, certo, lui è...
Dorian. Dorian
Johnson».
Teddy
lo
fissò contrariato. Dorian Johnson? Ma che razza di nome era
andato a pescare? Poi colse il sottile gioco di parole e sorrise
ammirato: il padre stava giocando con la sua vera
identità. Dorian Johnson. Di Dora, figlio di John.
Però!
Nessuno gli aveva mai detto che Remus John Lupin era un raffinato
enigmista.
«Dorian
mi
ha salvato la vita» proseguì pacato il licantropo,
indicando a Tonks un punto della radura. «Non fosse stato per
lui
avresti trovato il mio corpo proprio lì» si
azzittì
improvvisamente, pensoso.
La
donna guardò inorridita il posto indicato e
scoccò un'occhiataccia al marito.
«Ecco,
vedi
che avevo ragione io? Ti lascio solo cinque minuti e tu che fai? Pensi
bene di improvvisarti eroica salma!»
«Ninfadora...»
La
strega
sbuffò e abbracciò di slancio Teddy che, sorpreso
e
deliziato, tentò disperatamente di mantenere un ferreo
autocontrollo su capelli e lineamenti. Non fu affatto facile:
perché nessuno aveva mai pensato di dirgli che sua madre
odorava
di mughetto?
«Grazie,
Dorian. Questa sera tu non hai salvato solo la vita di Remus, sai? Ma
anche la mia. Se mi fossi imbattuta nel suo corpo... non so cosa avrei
potuto fare. Non credo sarei riuscita a combattere ancora... o a
difendermi da Bellatrix» mormorò la strega, poi si
sciolse
dall'abbraccio schioccando un bacio sulla guancia di Teddy che, non
sapendo bene cosa rispondere, si
aggiustò imbarazzato il giubbetto e abbassò gli
occhi per evitare che la madre li
osservasse troppo attentamente. Certo, non era dotata della prodigiosa
vista notturna di un licantropo, lei, ma non gli sembrava una cattiva
idea mantenersi cauto.
Remus
fissava la
radura, cupo e silenzioso - Teddy suppose stesse rimuginando sulla
dinamica della morte di Tonks - quando la moglie gli si
avvicinò
cauta,
inspirò profondamente e, dopo essersi schiarita la voce,
domandò rassegnata: «Stai
per sgridarmi?»
L'uomo
sgranò gli occhi, sorpreso. «Cosa?» poi,
sentendo la
risatina soffocata di Teddy e avvertendo un'acuta sensazione di
Déjà vu, chiese esasperato: «Ma
perché oggi
mi fate tutti questa domanda? Non mi pare di essere solito andare in
giro a sgridare la gente».
La
strega lo
guardò, esitante. «Harry mi ha raccontato che una
volta
gli hai fatto una solenne ramanzina sull'ingratitudine verso il
sacrificio altrui».
Remus
si
sfregò stancamente la fronte e sospirò.
«Dovrò fare due chiacchiere con Harry... non
pensavo che
questa cosa lo avesse tanto traumatizzato».
Tonks
abbozzò un sorriso intenerito. «Infatti non lo ha
traumatizzato, Remus. Lo ha estasiato. Finalmente aveva un adulto che
si preoccupava per lui, che teneva a lui. Che lo trattava come lo
avrebbe trattato un padre. Come lo avrebbe trattato James».
«Oh.
Comunque, tornando a noi, no, Ninfadora, non ho nessuna intenzione di
sgridarti. Potrò anche fare una ramanzina a un tredicenne
incosciente ma... non a mia moglie».
«Sarà.
Però sei arrabbiato con me».
«No,
Ninfadora, non sono arrabbiato con te».
«Si
che lo sei. Mi stai chiamando Ninfadora. Lo fai solo quando sei
arrabbiato».
«Va
bene,
sono un po' alterato, Ninfadora»
ammise Remus, sottolineando
ironico il nome della strega. «Ma solo un pochino».
«Davvero?»
«Davvero.
Oh, sei impossibile, a volte. E cocciuta. E fai sempre, costantemente,
di testa tua. Ma... sei tu» concluse dolcemente,
accarezzandole i
capelli che cambiarono subito tonalità di colore. Poi
sorrise
malandrino e aggiunse: «Inoltre non è vero che ti
chiamo
Ninfadora solo
quando sono arrabbiato. Mi viene in mente almeno un
altro stato d'animo, in effetti».
La
giovane donna
ridacchiò, maliziosa. «Vero. Ma non penso che tu,
al
momento, sia in quello
stato d'animo, Remus. Non con Dorian presente,
per lo meno».
Remus
sbirciò "Dorian",
arrossendo leggermente e Tonks, scoppiando nella
sua risata contagiosa, gli scompigliò affettuosamente i
capelli.
«Appunto».
Il
licantropo
sussultò e la strega si fermò sorpresa, tastando
con
delicatezza un punto appena sopra la tempia sinistra del mago.
«Cosa... Remus, hai un bernoccolo grosso come una noce,
qui!»
Teddy
si
avvicinò preoccupato, mentre Remus mormorava: «Non
è nulla. Sono solo una sfortunata vittima del fuoco
amico».
Tonks
agitò
decisa la bacchetta e una calda luce aranciata avvolse il capo del
licantropo che si sfiorò cauto la tempia e
sospirò di
sollievo, realizzando che il grosso bernoccolo era scomparso.
Teddy
si
lasciò sfuggire un'esclamazione ammirata e la strega si
schernì sorridendo: «Sono espertissima nel curare
bernoccoli, graffi e lividi. E' fondamentale per me: funzionale per
l'Auror, utile per la signora Lupin e indispensabile per Tonks. Ma
scusa, Remus, cosa intendi, esattamente, con sfortunata vittima del
fuoco amico?»
Il
mago
sospirò e gemette. «Sibilla. E' piombata nella
radura,
offrendosi di aiutarmi e ha cominciato a scagliare di tutto. Be',
sarà anche dotata di un formidabile occhio interiore... ma
con
quelli esteriori non ci siamo proprio! Credo che Aberforth sia stato
centrato da una teiera, a un certo punto. Quando ha colpito me, invece,
era appena passata alle sfere di cristallo».
Tonks
ridacchiò, accarezzando dolcemente la parte appena risanata.
«Povero amore mio. Da oggi il tuo Molliccio avrà
anche
più senso».
«Già.
Fortuna che sono riuscito a convincere Sibilla ad andare a combattere
dentro il Castello. Spero che l'illuminazione di torce e candele abbia
limitato i danni».
Tonks
sorrise, oscillò e si aggrappò a Remus, che la
sostenne prontamente.
«Che
succede, sei ferita?»
La
strega scosse
il capo e tentò di staccarsi dal marito che, in risposta, la
strinse più forte a sé. «No, non
è nulla.
Sono solo un po' stanca, Remus, nessun fuoco amico, per me».
Il
mago la fece
accomodare sul tronco e le si sedette accanto, mentre Teddy prendeva
posto sul sasso usato in precedenza dal padre.
«Dora,
non
per insistere col “te
lo avevo detto”, ma... perché
pensi che ti abbia chiesto di rimanere a casa, questa sera? Non sei
ancora in forma, tesoro. Hai appena avuto un bambino».
Tonks
trattenne uno sbadiglio e rispose piccata: «Anche
tu!»
Remus
la
guardò, vagamente esasperato, ma le rispose con una dolcezza
infinita. «Sì, certo, anch'io. Ma il processo mi
ha
coinvolto molto di meno. Diciamo che io mi sono limitato alla parte
divertente, lasciando a te il grosso del lavoro?»
La
giovane strega
sogghignò e annuì. «Be' sì,
questo è
vero. E quel piccolo ingrato ha pensato bene di uscirsene identico a
te!» guardò Teddy e rimarcò:
«Davvero, sai?
Praticamente la sua versione bonsai» sorrise orgogliosa, poi
sbirciò il marito, sorpresa. «Be', non mi
contraddici
spergiurando che è identico a me?»
Remus
fissò Teddy, assorto. «No, hai ragione tu,
fisicamente assomiglia a me; la mia versione bonsai».
Tonks
aggrottò la fronte, sospettosa, e Remus le sorrise
enigmatico. «Penso di avere avuto una breve visione del
futuro.
Forse venire colpiti in testa da una sfera di cristallo ha questo
effetto collaterale».
Tonks
gli
tastò la tempia, preoccupata. «O, forse, sei stato
colpito
più duramente di quanto pensassi».
Dal
lago
provenivano rumori insoliti. Alcuni uomini costeggiavano la
riva gettando, di tanto in tanto, qualcosa - lance, probabilmente -
nelle acque scure e
tranquille. Teddy osservò
perplesso i loro occhi fluorescenti: possibile che fossero tutti...
«Licantropi?»
Tonks espresse ad alta voce i suoi stessi pensieri.
«Sì,
Dora, licantropi. E non licantropi qualsiasi» Remus sembrava
piacevolmente stupito. «E' il branco di
Greyback. Sono
passati dalla nostra parte... e davvero non riesco a spiegarmene il
motivo».
Un
vecchio alto e
sottile uscì dal folto della Foresta e si diresse verso il
lago.
Indossava una semplice tunica chiara e i lunghi capelli bianchi,
scompigliati dal vento, si confondevano con la barba folta. Sembrava
irreale alla luce della luna: un fantasma d'argento, non troppo
dissimile da quelli che popolavano le sale di Hogwarts. Solo gli occhi
risplendenti, da predatore notturno, rivelavano la sua natura.
Tonks
sussultò, trattenendo il respiro. «Merlino, per un
istante
ho creduto di vedere il fantasma di Silente».
Remus
la strinse a
sé e annuì, osservando il vecchio inginocchiarsi
con
fluida eleganza accanto a una delle sagome scure abbandonate sull'erba
e scuotere il capo, avvilito. «Sì, è
vero,
Ambrosius assomiglia molto a Silente. E non solo fisicamente, te lo
assicuro. Gli devo parecchio, sai? Ha reso più sopportabile
il
mio soggiorno presso il branco di Greyback».
Teddy
sbirciò incuriosito il padre, sorpreso dall'affettuosa
ammirazione che vibrava nellla sua voce.
Stava
per porre
qualche domanda in merito, quando venne distratto dall'arrivo di due
ragazzi dai capelli scuri. Il più alto si
accovacciò
titubante accanto alle macerie del gargoyle, mentre l'altro si
avvicinò alla loro postazione. Teddy si trovò
così
a fissare negli occhi un giovanissimo e malconcio Neville Paciock che,
scorgendo solo un'imponente siepe di agrifoglio, spostò
rapido
lo sguardo altrove, alla frenetica ricerca di qualcosa.
«In
questa
radura non c'è nessuno, Neville. Ne' morti ne' feriti. Io
direi
di proseguire» propose sollevato il ragazzo più
alto.
«Sì,
Oliver, percorriamo il sentiero che porta al Castello»
Neville
indicò il vecchio che, inginocchiato accanto a un'altra
sagoma
scura, agitava la bacchetta con piglio esperto. «In riva al
lago
sono già arrivati i soccorsi».
Oliver
annuì, e i due ragazzi se ne andarono un po' rinfrancati.
Teddy
sapeva, però, che il loro timido sollievo si sarebbe spento
poco
oltre, infrangendosi crudelmente contro il corpo minuto di un ragazzino
biondo.
«Andiamo.
Aiutiamoli a recuperare i feriti». Tonks tentò di
alzarsi,
ma Remus la fece risedere accanto a sé.
Teddy
pensò freneticamente a una scusa che convincesse la madre a
restarsene lì, ma Remus lo precedette.
«Non
mi pare
il caso, Dora. Guardaci, se ci presentassimo al Castello
così
conciati Madama Chips ci rinchiuderebbe a forza in infermeria, a costo
di Schiantarci con la sua stessa bacchetta».
Tonks
scrutò il marito e sorrise. «Sì,
è
possibile. Forse faremmo davvero meglio a restare qui a riposare in
attesa che ricominci la battaglia perché, in effetti, tu non hai
una gran bella cera, Remus».
«Be',
l'altra notte c'è stata luna piena... e poi neppure tu hai
una gran bella cera, sai?»
«Be',
l'altra notte c'è stata luna piena»
ripeté con
impertinente tenerezza la strega. «Il primo plenilunio dalla
nascita di Teddy, la mia prima notte sola con lui... e tuo figlio ha
pensato bene di fare le ore piccole! Era vispo come un Billywig, non ne
voleva proprio sapere di
dormire. Ho fatto esattamente quello che fai tu di solito: mi sono
seduta sulla sedia a dondolo nella sua cameretta cantandogli una
canzone e cullandolo. Ma lo sai anche tu che con me non
funziona».
Remus
ridacchiò. «Dora, io gli canto delle ninnananne.
E, con
tutta la buona volontà, non credo che “Incanta la
Manticora”...»
«“Schianta la Manticora”»
lo ripresero, in perfetta stereofonia, Teddy e Tonks.
Remus
sbuffò, guardando accigliato il figlio. «Va bene,
“Schianta la
Manticora” possa essere definita tale».
«E'
una bellissima canzone!» protestò la strega.
«Vero»
approvò Teddy. «Una delle più belle
delle Sorelle
Stravagarie. Ha un ritmo davvero irresistibile».
Remus
spostò lo sguardo dall'una all'altro e scosse il capo,
sconsolato.
«Ah,
vedo
che te ne intendi di musica, Dorian! A differenza di qualcun
altro» affermò Tonks con entusiasmo,
guardando in tralice
il marito. «Le canzoncine che gli canta lui sono di una noia
mortale».
Teddy
osservava i
genitori con sommo interesse, chiedendosi allibito come potessero
amarsi due persone diverse tra loro come il giorno e la notte. Come il
sole e la luna. Come lui e Victoire, in effetti...
«Sono
ninnananne,
Dora» si difese subito Remus, contrariato. «Il
loro scopo è
annoiare, suppongo... devono fare dormire, mica
intrattenere».
«Oh.
Vuoi dire che per fare addormentare nostro figlio tenti,
coscientemente, di annoiarlo a morte?»
«Sì.
Cioè, no! Io...»
Tonks
sorrise,
sinceramente ammirata. «Malandrino! Sirius mi aveva avvertita
di
fare attenzione al tuo lato oscuro» mormorò,
appoggiando
la testa sulla spalla del marito. «Non era al piccolo
problema peloso che si riferiva, vero?»
Remus
sogghignò e, cingendo la moglie con il braccio, l'avvolse
nel proprio mantello. «No, infatti».
La
strega
annuì, rilassata, scrutando con attenzione Teddy.
«Hai
un'aria familiare sai, Dorian? Soprattutto il naso. Ma non credo di
ricordarmi di te... non eri di Tassorosso, immagino».
Teddy
scosse il capo, rispondendo senza riflettere: «No, di
Grifondoro».
Si
azzittì
subito, inquieto; e se la madre avesse chiesto di lui a Harry?
Guardò allarmato il padre che gli sorrise rassicurante, una
scintilla di compiaciuto orgoglio nello sguardo.
Tonks,
tentando
con scarsissimi risultati di trattenere l'ennesimo sbadiglio, si
accomodò meglio nell'abbraccio del marito e
sussurrò:
«Oh, mi piacciono molto i Grifon...»
Non
terminò la frase e Teddy, sconcertato da quella brusca
interruzione, le si accostò ansioso.
Remus
ridacchiò, sfiorando con le labbra la fronte della moglie.
«Tranquillo Teddy... si è solo
addormentata».
«Così
all'improvviso?»
«Sì.
Le capita, a volte... e non preoccuparti, non si ricorderà
assolutamente della tua strepitosa
Casa di appartenenza».
Teddy
annuì, sollevato, e riportò l'attenzione sulla
madre.
«Dev'essere davvero esausta, poverina. Pensavo fosse svenuta,
ma... sono
così distruttivo?»
Remus
ci
pensò un istante, poi sorrise. «Sei impegnativo,
indubbiamente, ma non ci lamentiamo. E non è colpa tua
questo
tracollo. Le capitava anche prima che tu nascessi. La prima volta che
lo ha fatto in mia presenza mi sono preso anch'io un bello
spavento. Avevamo appena finito di fare...»
Si
azzittì all'improvviso, imbarazzato.
Teddy,
intuendo la
natura di quel turbamento, si sporse verso il padre e, ormai
rassicurato sulla salute materna, sogghignò malandrino.
«Sì? Avevate appena finito di fare? Vediamo se
indovino...
eri nello stato d'animo di chiamarla Ninfadora pur non essendo per
nulla arrabbiato, scommetto».
Dopo
un attimo di
smarrimento, Remus rispose sfoggiando un identico sorriso.
«Avevo
completamente rimosso il fatto che nelle tue vene scorre anche un po'
del sangue di Sirius, sai? Be', me lo hai appena ricordato».
«Ne
sono davvero lusingato. Ma non cambiare discorso, avevate appena finito
di fare? Continua».
«Non
ci penso neppure. Non parlerò di quello!»
«Nemmeno
con me?»
«Soprattutto
non con te».
«Ma
sono grande, ormai. Ho già compiuto vent'anni».
«Non
te ne
parlerei neppure se ne avessi compiuti ottanta, di anni, Teddy, mi
dispiace. Ed è inutile che tenti di irretirmi con il celebre
fascino Black, la lunga convivenza con Sirius mi ha reso
immune».
«Va
bene, non tenterò d'irretirti ma...togli uno zero».
Remus
trasecolò. «Come?»
«Se
stai parlando di quello che penso, affronteremo quell'argomento
quando di anni ne compirò otto».
Remus
sgranò gli occhi, visibilmente scosso. «Come otto?
Non è un po' precoce come cosa?»
Teddy
fece
spallucce. «Non saprei. Ma avevo quell'età quando
ho
chiesto a Harry di spiegarmi come nascono i bambini. Suppongo che ora
lo chiederò a te. Se può consolarti, sappi che
lui ha
fatto più o meno la stessa faccia che hai tu ora... e a
rispondermi è stato Ron».
Un
lampo di
preoccupato raccapriccio attraversò gli occhi di Remus.
«Ron? Ronald Weasley, intendi? Oh... ed è stato...
er...
esauriente?»
«Non
particolarmente, no. Per una terribile manciata di minuti ho avuto
l'agghiacciante convinzione che, per diventare papà, avrei
dovuto farmi pungere da un'ape mentre porgevo dei fiori a una ragazza.
In effetti avevo già stabilito che la paternità
non mi
interessava affatto. Ma poi è intervenuta Hermione
a
chiarirmi le idee. Lei sì che è stata
esauriente».
Remus
annuì, sollevato. «Hermione. Perfetto. Ho otto
anni di
tempo per escogitare il modo di chiederle come affrontare l'argomento
senza sembrarle un maniaco depravato. E poco informato sui fatti
basilari della vita, per di più».
Un
improvviso rumore di passi
attirò l'attenzione dei due maghi.
Un ragazzo si dirigeva deciso
verso la Foresta guardandosi attorno con malinconica
avidità,
come se desiderasse disperatamente imprimersi nella memoria ogni
minima sensazione. Giunto al limite della radura si fermò,
esitante, gettando una rapida occhiata verso il Castello. La luce della
luna si
riflesse sulle lenti dei suoi occhiali e Teddy, con un tuffo al cuore,
riconobbe la versione adolescente del padrino.
Il
giovane Harry
respirò profondamente, si portò una mano alla
fronte,
raddrizzò la schiena con fierezza e si inoltrò,
sicuro,
nella Foresta Proibita: la sua terribile decisione era stata
definitivamente presa.
Teddy
lo
guardò con dolore e ammirazione. Avrebbe dato tutto quello
che
aveva per poterlo aiutare, ma sapeva perfettamente che non era il suo
aiuto quello che Harry cercava. Non era l'aiuto dei vivi. Harry era
già proiettato oltre.
«Harry»
la voce roca di Remus era poco più di un sussurro disperato.
«Harry ha deciso di accettare? Si presenterà da
solo al
cospetto di Voldemort?»
Teddy
si
voltò, scrutò il volto pallidissimo del padre e
gli
sfiorò con dolcezza la mano che stringeva spasmodica l'orlo
del
mantello, le nocche bianche per lo sforzo di impedirsi di afferrare la
bacchetta. Teddy era convinto che, se non fosse stato intralciato dal
peso della moglie addormentata, Remus si sarebbe già
lanciato
all'inseguimento di Harry. E, questa volta, solo uno Schiantesimo
avrebbe potuto fermarlo.
«Sì,
Harry ha accettato la proposta di Voldemort. Sostiene di non
avere avuto scelta. Non poteva permettere che altri morissero per lui.
Ma non sarà solo. Non lo sarà... presto
verrà
affiancato da alleati straordinari».
Remus
guardò il figlio, confuso, e Teddy sorrise. «Non
credo
spetti a me raccontarti questa storia. Sarà Harry stesso a
farlo».
Remus
abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente il braccio
della
moglie e mormorò con amarezza: «Ancora una volta
non sono dove dovrei essere; ancora una volta non
posso aiutarlo come vorrei; ancora una volta sono costretto ad
infrangere la promessa che feci a James».
Sospirò
mesto e indicò la Chiave del Tempo: «Quando
ho scoperto quella
il mio primo pensiero è andato a Harry, sai?
Mi sono subito chiesto se avrei potuto utilizzarla per migliorare la
sua vita. Avrei voluto con ogni fibra del mio essere tornare alla sera
della morte di James e Lily, ma non avrei potuto in nessun modo salvare
loro due senza cambiare il corso della storia. La terribile
verità è che, senza la loro morte, Voldemort non
sarebbe
mai stato fermato».
Teddy
annuì
comprensivo e Remus continuò. «Il secondo pensiero
è stato per Sirius. Avrei potuto salvare lui, ridando a
Harry
almeno il suo padrino? Ma la risposta è stata ancora no.
Anche
una mia comparsa al Ministero avrebbe rischiato di cambiare il corso
della storia. Sirius era nel mezzo della battaglia, avrei
dovuto
deviare l'incantesimo di Bellatrix? Schiantandola, forse? E come
avrebbero reagito gli altri Mangiamorte? Ci sarebbe finito qualcun
altro dietro a quel maledetto Velo? Harry stesso, magari? Senza contare
che Sirius non sapeva dell'esistenza di una Chiave del Tempo, per
convincerlo a non combattere più avrei dovuto Schiantarlo. E
non
ce l'avrei mai fatta, ci sarebbero state troppe persone pronte a
fermarmi. A cominciare dall'altro me stesso. Avrei dovuto impedire a
Sirius di lasciare Grimmauld Place? Ci ho provato anche nella versione
originale con scarsissimi risultati» sorrise malinconico.
«Non ne ha voluto sapere, mi ha ringhiato minaccioso che un
licantropo impagliato sarebbe stato divinamente nell'ingresso, tra la
zampa di troll e il ritratto di Walburga, e ha fatto quello che
riteneva giusto. Come sempre. Così ho dovuto rinunciare ad
usare
la Chiave per Harry» Teddy annuì di nuovo. Era
consapevole
di avere potuto cambiare il destino dei genitori solo perché
i
due erano morti lontani dal centro della scena.
«E
mi sono
ripromesso» continuò avvilito Remus.
«Per l'ennesima
volta, di restargli accanto almeno io... e invece eccolo lì,
tutto solo al cospetto di Voldemort. Del resto forse è
meglio
così, l'unica volta che ho avuto davvero la
possibilità
di proteggerlo ho rischiato di sbranarlo».
Teddy
scosse la
testa esasperato, dandogli un colpetto punitivo sulla mano; avrebbe
dovuto mettersi davvero d'impegno per migliorare l'autostima del padre.
«Smettila di dire sciocchezze e convinciti del fatto
che Harry ha già chi lo sta aiutando, ora. Tu potrai
aiutarlo
dopo. Perché lui ha ancora bisogno di te, ne ha un bisogno
disperato».
Voci
esaltate risuonarono nella radura. Avvolti nella calda
luce delle torce, alcuni uomini uscirono dalla Foresta, allegri e
festanti. Tra loro risaltava una sagoma enorme
che camminava lenta e silenziosa, stringendo con protettiva tenerezza
qualcosa tra
le braccia. Teddy fu colpito dal dolore disperato che emanava quella
figura possente.
«Hagrid»
notò teso Remus. «E porta in braccio qualcosa
ma...»
«Non
ti
impressionare, va tutto bene. E' Harry quello che Hagrid porta tra le
braccia... ma sta bene. Sta solo fingendo».
Remus
annuì, stringendo convulsamente Tonks che
protestò nel sonno.
Teddy
scrutò il lago, ora placido e calmo, da lontano giunsero
improvvisamente urla disperate, seguite da una risata agghiacciante.
Dopo qualche tempo si levarono altre grida, quasi di giubilo e di nuovo
il cielo fu illuminato da lampi colorati: la battaglia era
ricominciata.
I
tritoni riemersero fieri dalle acque, ascoltando impotenti i rumori di
un combattimento a loro precluso.
Un
rombo, come di
temporale, attirò l'attenzione di Teddy che
guardò
allibito il cielo limpido. Poi il rumore si fece più vicino
e il
ragazzo comprese: non erano tuoni, ma zoccoli di cavalli lanciati a un
furioso galoppo.
Nella
radura
irruppero con impeto alcuni centauri, gli archi tesi, le frecce
già incoccate, e si diressero minacciosi verso il Castello.
Al
limitare della Foresta un esemplare solitario, scuro come la notte,
osservava la scena immobile, le braccia conserte, la testa
sdegnosamente eretta.
«Anche
i centauri hanno deciso di unirsi a noi?» chiese incredulo
Remus.
Teddy
annuì, mentre i rumori della battaglia continuavano a
riecheggiare in lontananza.
Un
gruppo di
licantropi, guidato dall'uomo apparso accanto a Teddy nella radura,
correva rapido e silenzioso verso il Parco. Ambrosius li seguiva con
più calma
e, notato il centauro solitario ancora immobile nella sua postazione,
gli si accostò con cautela. Il centauro lo guardò
scalpitando, scosse la testa un paio di volte, agitando scontroso la
folta coda bruna, ma ascoltò il vecchio, esitò
ancora un poco e
poi si lanciò, sbuffando, verso il Parco. Il licantropo
sorrise
soddisfatto, rivolse un cenno di saluto ai tritoni e lasciò
a
sua volta la radura.
Teddy
realizzò che nessuno gli aveva mai raccontato di maridi e
licantropi. Nessuno gli aveva mai parlato della battaglia
divampata all'esterno del Castello. Non meno furiosa di quella
combattuta all'interno, almeno a giudicare dai suoni che giungevano nel
loro appostamento.
Remus
fremeva, seduto sul tronco e Teddy gli sorrise incoraggiante.
Poi,
improvvisamente, ogni rumore si spense e su Hogwarts calò il
silenzio. Una calma assoluta, attonita e inaspettata, come sospesa in
attesa di qualcosa. E, poco dopo, un alto boato: urla di una
felicità incredula e totale.
Remus
guardò Teddy, incerto. «Penso sia
finita».
«Sì,
lo penso anch'io».
Il
licantropo fece
per svegliare Tonks ma si fermò, guardando il figlio,
titubante.
«Teddy... vorrei tu sapessi che in questo momento sto
seriamente
rischiando di esplodere di orgoglio».
Il
ragazzo annuì. «Harry è stato grande,
vero? Meraviglioso!»
«Sì,
Harry è stato fantastico» concordò
Remus con
convinzione. «Sono davvero orgogliosissimo di lui e ora
andrò a dirglielo. Ma sono
orgogliosissimo anche di te, Ted. Anche tu sei stato grande. Non so
davvero come potrò sdebitarmi».
Teddy
arrossì d'imbarazzo e di piacere e mormorò:
«Vivendo».
Ma
un istante
più tardi sorrise furbo e aggiunse:
«Però, se
proprio insisti, ci sarebbe una cosa che potresti fare per
me».
Remus
lo guardò incuriosito. «Dimmi».
«Hai
presente il portaombrelli di nonna Andromeda?»
«Quello
di ceramica? Decorato con puttini e ghirlande di frutta? Sì,
molto... er... raffinato».
Teddy
ridacchiò e raccontò velocemente la storia
dell'esplosivo
incidente capitatogli a sei anni, pregando il padre di prevenirlo in
qualche modo.
«Non
è detto che succeda, però, Teddy. Il tuo passato
futuro
sarà diverso da quello passato» si
fermò un
istante, scostandosi pensoso una ciocca ribelle dalla fronte.
«Uhm... concetto interessante, vero? Sirius e James mi
avrebbero
già accusato di uso improprio di materia grigia ma, anche
volendo agire cosa potrei fare? Mettere sottochiave tutti i miei
libri?»
Teddy
lo
fulminò con lo sguardo. «Non ti azzardare! Non ci
pensare
neppure! Piuttosto suggerisci a nonna di mettere il portaombrelli da
qualche altra parte. Perché, che so, è troppo...
raffinato...
per starsene lì».
Remus
scrutò il figlio, assorto, poi sogghignò.
«Sirius
sarebbe fiero di te. Gli piaceresti parecchio, credo».
Teddy
tentò
di ribattere ma fu azzittito da una voce tremendamente stonata che
cantava a squarciagola un'insolente canzoncina, accompagnata da un
ritmico rombo sincopato.
Alzò
stupito gli occhi e vide l'ombroso centauro bruno galoppare veloce
verso la Foresta, brandendo minaccioso l'arco e puntando verso la fonte
di quel canto sgraziato: Pix, il pestifero poltergeist del Castello,
che volteggiava eccitato sopra le macerie del gargoyle.
Teddy
rise divertito, benedicendo in cuor suo l'irriverente spiritello: un
periodo terribile si era definitivamente concluso e il comportamento
beffardo di Pix era la rassicurante prova che le cose stavano tornando
alla normalità.
*
“Harry
Potter e i Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 606-607
Salani Editore 2008
Ed
ecco il quarto capitolo.
Non ho molto da dire a riguardo.
E' un
capitolo di attesa.
Un capitolo "statico", se vogliamo. Dove, mentre
Hogwarts trattiene
il respiro in attesa di vedere cosa succederà,Teddy
si gusta la presenza dei genitori cominciando a "esplorarli".
Mi sono divertita a
scandire lo
scorrere del tempo ricorrendo ai fatti salienti narrati dal libro, solo
visti da tutt'altra angolazione: Harry che si addentra nella Foresta
Proibita, Harry trasportato da Hagrid e circondato da Mangiamorte
convinti di avere la vittoria in pugno e un fatto meno saliente per la
storia del libro, ma importantissimo per i miei tre eroi: il
ritrovamento mancato dei corpi di Remus e Tonks da parte di Oliver e
Neville. Vero
che il libro non ne parla... ma a me pareva plausibile. E poi l'idea mi
piaceva.^^
Ho poi ripreso la presenza dei centauri, perché mi aveva
piacevolmente sorpresa la loro scelta di schierarsi con i difensori di
Hogwarts, l'avevo trovata molto significativa. L'aggiunta dei
licantropi è invece dovuta alla mia personale delusione per
la mancanza di
ogni accenno a loro nel libro. Insomma, Remus ha passato un anno intero
tra di loro e nel libro non vengono neppure nominati? Non va bene... ;-)
Infine, l'altra scelta arbitraria: la Casa di Teddy. Ho spulciato tutto
Lexicon ma
non ne ho trovato traccia, così l'ho messo a
Grifondoro. E' la Casa che preferisco (non sono molto originale, ne
convengo), e un Lupin figlioccio di un
Potter non può che stare lì, a mio modesto
parere. La mia
altra opzione era Tassorosso (che pure non mi dispiace), la Casa di
Dora ... ma poi mi
sono detta che già Teddy aveva deliziato mamma e sconvolto
papà dichiarandosi fan delle Sorelle Stravagarie,
così ho
optato per Grifondoro nel tentativo di bilanciare un po' le cose: tanto
più che a Tonks "piacciono molto i Grifon...". ^^
Oh, in ultimo... non sono proprio sicura che Pix potesse raggiungere il
Parco... ma ci stava così bene come trovata... e poi
è un'occasione speciale, suvvia. Nel libro viene persino
tolta l'impossibilità di Materializzarsi nel Parco per
permettere agli aiuti di arrivare... e concediamo un po' di
libertà anche a Pix!
Come
indicato dalla dicitura in verde qui sopra, il proclama di Voldemort
è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della
Morte" di
J.k. Rowling. E anche il "Billywig"
a cui Tonks paragona il Teddy neonato è un'invenzione della
Rowling. Trattasi di un vivace animaletto volante originario
dell'Australia che ci viene presentato in : "Gli animali fantastici:
dove trovarli".
lyrapotter:
Grazie! Mi fa piacere che tu abbia trovato perfetto il mio Remus (anche
perché mi sembri un'intenditrice, visto che sei in
così
"confidenziali" rapporti col soggetto in questione). E certo che Remus
era
un buon combattente! Voglio dire: è sopravvissuto
praticamente a due
guerre, si è buttato in missioni non esattamente di tutto
riposo, è un membro dell'Ordine della Fenice... è
sicuramente un buon combattente, non ci piove! Greyback
è
esattamente un pazzo assatanato, sì. Non c'è modo
migliore per descriverlo, direi. Ottima sintesi! Remus ha preso tutto
con ammirevole nonchalance perché era preparato. Sicuramente
aveva messo in conto di non uscire vivo da quella battaglia (in effetti
neppure nel libro sembra molto stupito della cosa, quando Harry lo
richiama con la Pietra della Resurrezione, no?) e sa dell'esistenza di
una Chiave del Tempo, quindi... Anch'io non ho una grande simpatia
(eufemismo) per Bellatrix e avrei fatto un monumento a Molly! Voldemort
a volte può anche rendersi utile, per quanto strano possa
sembrare. Certo, non che lo faccia coscientemente, eh... Oh, per quanto
riguarda i due uomini corsi in soccorso di Michael, no, non ti sei
persa nessun pezzo (per quanto sia un'eventualità da mettere
in
conto quando si è impegnati a sbavare su uno dei personaggi,
suppongo ^^) semplicemente non lo avevo detto, ancora. Penso che dopo
questo capitolo la cosa si sia un po' chiarita.
Jadis:
Grazie! Ah, la
morte di Remus e Dora... mi sarebbe piaciuto molto immaginarmi una
romantica, duplice morte leggendo i "Doni della Morte", sai? Purtroppo
l'ho subito immaginata così, però. Anche
più
crudele, se vogliamo. Prego, la prima ad avere goduto della speranza
data da questa storia sono stata proprio io. ;-)
Piccola
Vero: Mi fa
davvero piacere che la storia continui a piacerti e che non ti stia
deludendo troppo! Teddy ha un certo fascino, ne convengo. Del resto
è un cocktail davvero
interessante, no? ;-)
Kamen:
Grazie per la
recensione "bellica"! Mi ha fatto davvero molto piacere questa tua
constatazione, sai? Perché hai ragione, la guerra
è descritta raramente nelle ff. Forse
perché,
fortunatamente, la stragrande maggioranza degli autori non la conosce e
tende davvero ad immaginarsela come un eroico e nobile torneo dove
tutti si combattono a turno. Uhm... sai che mi piace molto il tuo Canon
mentale? Somiglia parecchio al mio!
fri rapace:
Ciao!
Grazie per la recensione! Mi ha fatto molto piacere riceverla, ma la
prossima volta evita di rischiare divorzi per causa mia, per favore!^^
Il capitolo può aspettare... il maritino meno, suvvia. Per
"sdebitarmi" tenterò di spiegarti cosa mi ha spinto a fare
agire
Remus nel modo che ti ha lasciato un po' perplessa. Dunque,
è verissimo che Remus è più che
disposto a
giustiziare Peter alla fine del terzo libro. Giustiziare.
Perché Peter si è macchiato di una delle colpe
che Remus
non riesce a perdonare: ha tradito. E, peggio, ha tradito chi aveva
cieca fiducia in lui. Nella mia storia, però, la minaccia di
Fenrir è solo aleatoria, Teddy non corre nessun rischio in
quel
preciso momento e Remus, pur molto tentato dall'idea di fare fuori
Fenrir (oh, se ne è tentato...), si trattiene. Il suo
comportamento non è dettato tanto da "bontà",
quanto da
autocontrollo. E' il trionfo della razionalità sull'istinto;
della pietà sulla ferocia; dell'Uomo sulla Bestia. E',
insomma, frutto della lotta che Remus intrattiene costantemente con se
stesso, la conseguenza diretta della sua Scelta; quella Scelta
che determina l'essenza stessa di Remus, a mio parere,
perché,
come sostiene Silente: sono le scelte che fanno di noi quello che
siamo. E Remus sceglie
di
essere diverso da Fenrir, anche perché Fenrir incarna la
peggior
paura di Remus, quella paura che si intuisce dalla forma del suo
Molliccio. Che non è tanto paura del dolore fisico legato
alla
trasformazione, secondo me, quanto paura di quello che la
trasformazione comporta: la perdita della razionalità, della
pietà, del controllo di sé; in poche parole la
perdita
dell'Umanità.
Il
diventare, insomma, esattamente come Greyback. Spero di essere riuscita
a spiegare la mia idea come tu hai spiegato la tua, ma, soprattutto,
spero che tu legga tutto
questo senza rischiare rappresaglie da tuo marito. E, naturalmente,
spero che tu abbia apprezzato Tonks e il suo approccio con il figlio
quasi coetaneo. Secondo me sta sognando (letteralmente) di chiedergli
di accompagnarla al prossimo concerto delle Sorelle Stravagarie.
Sai
com'è, Remus non le dà molte soddisfazioni, in
tal
senso.^^
evelyn_cla:
Grazie per
la recensione! Mi fa davvero piacere che la storia ti stia piacendo. Mi
sono divertita molto a scriverla, anche perché mi ha
permesso di
"esorcizzare" quelle due morti. Il
fatto che possa piacere anche ad altri non può che farmi un
immenso piacere. E mi fa un immenso piacere anche il fatto che ti abbia
fatto ridere. Era nelle mie intenzioni, in effetti.^^ Per quanto
riguarda la frase che hai citato, be', Remus ancora non lo sa... ma
Teddy ha preso moltissimo dalla mamma. Povero Remus... e poveri
Vermicoli ;-)
fennec:
Grazie! Ho
adorato descrivere l'incontro tra Remus e Teddy... e
quel ricorrere alla parola "papà" invece di Schiantare o
Pietrificare mi è parsa naturale. Mai
sottovalutare la forza, e la magia, di talune parole. Per quanto
riguarda il Prato Incantato... be', ho pensato che tre Animagi
inesperti avessero pur bisogno di un luogo in cui esercitarsi lontano
da
sguardi indiscreti, no? Voglio dire, non ce lo vedo un cervo nel
dormitorio di Grifondoro... ci sarebbe stata una strage di poveri
baldacchini innocenti! E un prato protetto - chissà quando e
chissà
da chi - con un
incantesimo mi pareva molto appropriato. Mi fa piacere che l'idea ti
sia piaciuta.
E un sentito grazie anche ai sempre più numerosi membri dell'Esercito dei Silenti!
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Capitolo 6 *** Capitolo Quinto - La Fine e l'Inizio. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Capitolo
Quinto
La Fine e l'Inizio
«Abbiam
vinto, viva viva Potter,
Vold
è mort, con le ossa tutte rotte!» **
Tonks,
svegliandosi di soprassalto, si guardò attorno smarrita,
ancora
avvolta nella nebbia di un sonno esausto. Poi la realtà la
investì con violenza e, sciogliendosi precipitosamente
dall'abbraccio del marito, scattò in piedi come una
furia.
Remus le fu
subito accanto, rassicurandola con pacata dolcezza.
«Tranquilla
Dora, è finita. Ascolta cosa sta cantilenando Pix. Abbiamo
vinto. Harry ha sconfitto Voldemort».
La giovane
donna lo guardò confusa. «Cosa? Senza di
noi?»
Remus
ridacchiò, scompigliandole con tenerezza i corti capelli
scarmigliati.
«Così
parrebbe, sì. Harry ha fatto a meno di questi due ruderi
distrutti dalla luna piena. Ma ora andiamo da lui, voglio parlargli,
assicurarmi che stia bene... e subito dopo correremo da Andromeda a
riprenderci Teddy» scoccò un'occhiata al giovane
che,
ancora seduto sul grosso sasso, li osservava incuriosito e aggiunse:
«Non vedo l'ora di coccolarmelo un po' e di dirgli quanto
sono
orgoglioso di lui».
Tonks lo
scrutò stranita. «Quanto sei orgoglioso di...
Teddy?»
«Sì».
«Perché
non apprezza "Schianta
la Manticora"?»
Remus
sospirò
affranto. «Magari! Vorrei tanto fosse così, ma
temo la
adorerà. No, Dora, sono orgoglioso per quello che
farà.
Sarà davvero un grande mago!» proclamò
ammiccando
complice al figlio, quindi si avvolse nel mantello e si
incamminò spedito verso la radura.
Tonks
afferrò Teddy
per un braccio e, trascinandoselo appresso senza troppi complimenti,
seguì perplessa il marito.
«Dorian,
secondo te
ha avuto un'altra visione del futuro dovuta dalla sfera di cristallo
scagliatagli dalla Cooman?»
Teddy si
strinse nelle spalle e Remus esclamò giocoso:
«Già».
«Già»
ripeté la strega, fissando esasperata la schiena del marito.
«Quindi, Remus, ora sei convinto che Teddy avrà un
futuro
fantastico malgrado la tua presenza?»
«No,
ora sono
convinto che Teddy avrà un futuro fantastico e che potrebbe
anche apprezzarla la mia presenza. Sì, sono sicuro che gli
piacerò».
La donna si
voltò spazientita verso Teddy. «E' da agosto che
tento
inutilmente di convincerlo di questa cosa, sai?»
Teddy sorrise
filosofico. «Evidentemente venire colpiti in testa da una
sfera
di cristallo ha davvero strani effetti collaterali».
Tonks
sbuffò,
melodrammatica come una vera Black. «Ad averlo saputo prima
gliela avrei tirata io
una sfera di cristallo in testa! Anni
fa...»
Ridendo di
gusto,
Teddy diede un colpetto comprensivo alla mano della madre, che ancora
gli stringeva il braccio e affrettò il passo,
fermandosi
poi accanto a Remus per ammirare la scena che li accolse
appena sbucati dal folto degli alberi.
Il Castello
di Hogwarts si
stagliava superbo contro il cielo color inchiostro, incurante dei
pinnacoli mutilati e dei doccioni divelti. Fiero come un vecchio
guerriero ammaccato ma vittorioso.
Centinaia di
torce
incantate illuminavano i maghi che, abbracciandosi euforici e
commentando a gran voce gli ultimi straordinari avvenimenti,
sciamavano ai piedi della ripida scalinata di pietra che
conduceva al portone d'ingresso.
Poco lontano,
gli archi
ancora stretti in pugno, alcuni centauri osservavano enigmatici la
scena. Uno di loro, un esemplare dai capelli fulvi e dal manto color
castagna, indicava solenne la volta stellata ad Ambrosius che annuiva
interessato.
Gli altri
licantropi
scrutavano assorti l'orizzonte.
All'improvviso quello apparso nella radura durante il
combattimento con Greyback lasciò il gruppo e si
avvicinò
a Remus.
Vedendolo
illuminato dalle
torce, Teddy notò che i lunghi capelli del licantropo non
erano neri
come gli erano parsi alla luce della luna, ma di un caldo castano
ramato. Conosceva quell'uomo, realizzò stupito scrutandone
gli
intensi occhi color muschio, era il cantastorie che incontrava spesso
nelle vicinanze di casa Tonks. Da bambino si fermava sempre ad
ascoltare le storie fantastiche narrate da quell'uomo scarno e gentile,
affascinato dall'aura di mistero che lo circondava. Nonna Andromeda
sosteneva che era solo un cantastorie un po' strambo, ma il piccolo
Teddy non ne era affatto convinto; i cantastorie, per quanto strambi,
non lo guardavano come se fosse qualcosa di raro e prezioso, di
solito...
«Ti
ho visto nella
radura, Remus» affermò il licantropo, sorridendo
ammirato.
«Hai sconfitto Greyback. Hai versato il suo sangue e lo hai
costretto a mostrarti la gola. Si è sottomesso a te, ora sei
tu
l'Alfa del branco e noi eseguiremo i tuoi ordini. Abbiamo
già
cominciato, in realtà, tu ci hai ripetuto per un anno intero
che
avremmo dovuto combattere contro il Signore Oscuro e questa notte lo
abbiamo fatto. Con una certa soddisfazione, tra l'altro. Non
è
che amassimo alla follia quei tizi incappucciati»
sogghignò compiaciuto.
Teddy notò sorpreso che anche gli
altri licantropi si erano avvicinati e annuivano con convinzione.
«Oh, non che il Ministero ci abbia mai dato motivo di
schierarci
dalla sua parte» proseguì serio l'uomo dai capelli
ramati.
«Ma abbiamo deciso di fare noi il primo passo. Come ci hai
chiesto tu» detto questo piegò con
solennità il
capo all'indietro e, scostando la veste logora, espose la gola a Remus
che sussultò.
«Emrys,
no... non devi. Nessuno di voi deve».
Emrys lo
guardò turbato e Remus gli posò rassicurante la
mano su
una spalla. «Io vi aiuterò, naturalmente, Emrys,
ma non
come Alfa. Come amico. Siete esseri umani, non animali, non vi serve un
capobranco. Parleremo, discuteremo e decideremo tutti insieme cosa
è meglio fare».
Emrys
annuì sistemandosi la tunica e sbirciò
incuriosito Tonks che gli sorrideva con simpatia.
«Oh,
giusto. Dora,
lui è Emrys, il primo licantropo di Greyback. Il primo che
è stato morso da lui ed è sopravvissuto. Emrys,
lei
è Ninf...» notando l'occhiata assassina della
strega,
Remus si corresse con invidiabile prontezza di riflessi.
«Tonks.
Lei è Tonks, mia moglie».
Emrys strinse
titubante la mano che la ragazza gli porgeva e guardò Remus,
incredulo. «Tua moglie? Allora è vero. Ti sei
sposato.
E... hai davvero avuto un figlio?»
Remus
annuì, ma
Tonks fu più lesta e mise nella mano di Emrys una foto un
po'
sgualcita. Teddy, scorgendovi un neonato dai capelli turchesi che
agitava energico i minuscoli pugni, riconobbe la sua fotografia che
Harry conservava gelosamente tra le cose più care.
Emrys la
guardò meravigliato, sfiorando gentilmente l'immagine del
bimbo. «Remus, sai cosa significa questo per noi? Questo
bambino rappresenta per tutti noi la speranza di una vita normale. Il
sogno di una futura accettazione» spostò i
luminosi occhi
verdi dalla foto a Tonks. «Chissà, forse anche
qualcun
altro di noi si imbatterà in una persona così
speciale».
La strega
sorrise
lusingata. «Il primo licantropo di Greyback?»
esitò
un istante. «Posso chiederti quanti anni avevi quanto sei
stato
morso, Emrys?»
Il licantropo
annuì. «Ne avevo appena compiuti undici. Ero
pronto per
venire qui, a Hogwarts, ma saputo della mia... disavventura non mi
hanno più voluto» sbirciò mesto Remus e
aggiunse
con amarezza: «Silente non era ancora Preside, purtroppo.
Così non ho avuto altra scelta che aggregarmi a Greyback,
visto
che non sapevo neppure usare una bacchetta» concluse un po'
umiliato, poi guardò Tonks e sorrise sincero. «Ma
sono
felice che per Remus sia andata diversamente».
Consegnò
la foto
alla strega e si allontanò, riunendosi agli altri licantropi
e
intavolando con loro una vivace discussione.
Tonks lo
osservò pensierosa, gli occhi scuri un po' più
lucidi del normale.
«Aconito.
Dovrò procurarmi una massiccia dose di aconito».
«Come,
Dora?»
chiese Remus, fissando sospettoso la foto che teneva in mano la
moglie e frugandosi furiosamente nelle tasche.
«Preparerò
la Pozione Antilupo anche per loro questo mese. Remus, è
inutile
che tenti di distruggerti la tunica, è la foto che avevi tu,
questa. L'ho raccolta nella radura, deve esserti caduta mentre
combattevi».
«Eccovi
qui, voi
due! Vi abbiamo cercati ovunque» esclamò una
profonda voce
molto sollevata e Teddy si ritrovò a osservare un giovane ed
euforico Kingsley che, stritolando in un abbraccio fraterno Remus,
sorrideva radioso a Tonks e afferrava la foto che la strega stringeva
ancora tra le mani.
«Oh,
ed ecco
l'erede! Non vedo l'ora di conoscerlo di persona» il gigante
nero
mollò Remus e sogghignò. «Ho intenzione
di viziarlo
terribilmente, lo sapete, vero?»
Remus
annaspò
in cerca d'aria e Tonks ridacchiò divertita. «Il
dubbio ci
ha sfiorato quando il tuo povero gufo ci ha consegnato quell'enorme
fenice di peluche, sì».
«Be',
meglio
abituarlo fin da piccolo, la fenice è nel suo destino.
C'è l'ha nel sangue del resto. E a proposito di destino...
Remus, faresti meglio ad andare da Harry. Ha sconfitto Voldemort, sai?
Con un Expelliarmus!»
Remus
sgranò
gli occhi. «Cosa? Un... va bene, è ufficiale,
dovrò
davvero rivalutare quell'incantesimo».
Kingsley rese
la foto a Tonks, facendosi di colpo serio.
«Va'
da lui, Remus,
è in Sala Grande. Ti sta cercando disperatamente tra i
feriti...
e tra i morti. Poco dopo il proclama di Voldemort mi ha fermato
chiedendomi tue notizie e gli ho dovuto rispondere che nessuno ti aveva
visto. E' schizzato via come un fulmine, stringendo tra le mani
un'ampollina ricolma di quelli che parevano ricordi, affermando che
nessun altro sarebbe morto al posto suo».
Remus
annuì,
accingendosi a raggiungere il Castello, quando la ragazza della radura
si avvicinò allegra. Teddy notò che indossava
l'uniforme
di Tassorosso.
«Professor
Lupin! Sta bene fortunatamente. Ero preoccupata».
Remus le
sorrise, osservando incuriosito l'uomo che le stava accanto.
«Grazie
per avere
salvato mia figlia» disse lo sconosciuto, reggendosi con
cautela
il braccio destro, immobilizzato in una posizione decisamente
innaturale.
«Di
nulla, signor
Bones. Solo dovere. Ma quel braccio sembra rotto, dovrebbe andare a
farsi vedere da Madama Chips».
L'uomo scosse
il
capo, trattenendo un gemito di dolore. «Madama Chips ha
feriti
molto più gravi a cui pensare. Aspetterò il mio
turno».
Remus
scrutò
pensoso il braccio dell'uomo, poi spostò lo sguardo sul
gruppo
di licantropi che attendeva poco lontano. Scorto Ambrosius, gli fece
cenno di avvicinarsi, e il vecchio ubbidì, fermandosi a
pochi
passi dall'uomo ferito.
«Signor
Bones, lui è Ambrosius. E'...»
«Un
licantropo?» l'uomo arretrò istintivamente di
qualche passo.
«Sì,
un
licantropo, come me del resto» confermò pacato
Remus,
mentre Kingsley, sbuffando insofferente, dedicava al ferito un'occhiata
di pura irritazione.
Il signor
Bones
abbassò lo sguardo, combattuto, ma prima che avesse la
possibilità di replicare, due ragazzi si avvicinarono ad
Ambrosius. Quello più basso indossava l'uniforme di
Corvonero e
zoppicava, Teddy lo riconobbe immediatamente come Michael, lo studente
che aveva combattuto con la Mangiamorte scomparsa tra le
acque del lago. L'altro ragazzo aveva i capelli neri e arruffati, gli
occhi brillanti dei licantropi e un sorriso sollevato stampato sulle
labbra: era il giovane corso in aiuto di Michael nella radura.
«Finalmente
ti ho
trovato, Ambrosius. Potresti dare un'occhiata alla caviglia di Michael?
Non credo sia rotta ma... l'esperto sei tu».
Senza
scomporsi, Ambrosius fissò Michael negli occhi.
«Sono un licantropo».
Il ragazzo
annuì. «Sì, lo so, Dylan me lo ha
detto. Anche lui lo è, ora».
«Non
hai paura che ti contagi?»
Il ragazzo
sbarrò gli occhi, allibito. «E come? Un licantropo
può contagiare qualcuno soltanto mordendolo quando
è
completamente trasformato. Questa notte non c'è luna piena,
quindi non corro nessun pericolo».
Il vecchio
sorrise, borbottando qualcosa a proposito dei Corvonero, fece sedere il
ragazzo
su un muretto lì vicino e s'inginocchiò,
studiando con
occhio esperto la caviglia ferita.
«Ottima
diagnosi,
Dylan. Non male per un giocatore di Quidditch»
approvò
Ambrosius, ammiccando al giovane licantropo, quindi agitò
con
garbo la bacchetta e una luce bluastra avvolse la gamba di Michael che,
sospirando sollevato, scattò in piedi e cominciò
a
camminare normalmente.
Ambrosius si
alzò a sua volta e si rivolse all'uomo col braccio ferito.
«Ho
lavorato per
decenni al San Mungo, prima che Greyback pensasse che un Medimago gli
sarebbe stato utile e decidesse che ero io quello che voleva. Ero a
capo del reparto Ferite Magiche... ma fui sollevato dall'incarico
subito dopo essere
stato morso» guardò con simpatia il giovane
Corvonero che
aveva appena curato. «Evidentemente le persone che hanno
deciso
il mio futuro erano meno informate di questo ragazzo. La sua
è
una brutta frattura, Signor Bones, sarebbe meglio occuparsene subito.
Se me lo permette lo farò volentieri» sorrise, i
brillanti
occhi chiari attraversati da un inaspettato lampo d'ironia.
«Le
assicuro che non mordo... quando la luna non è
piena».
Il signor
Bones
arrossì vistosamente e si sedette imbarazzato sul muretto.
Ambrosius gli sfiorò con gentilezza il braccio ferito,
esaminando la frattura e riducendola con un sapiente
colpo di bacchetta. Teddy lo osservò meravigliato: neppure
madama Chips era così rapida nell'aggiustare arti umani...
«Ho
fatto davvero
molta pratica nella cura di ferite, magiche o meno, in questi ultimi
anni» spiegò paziente il vecchio, sorridendo alle
persone
che si erano avvicinate incuriosite. «Ho avuto modo di
potenziare
alcuni incantesimi tradizionali, e di elaborarne di nuovi. Se qualcun
altro dovesse avere bisogno di cure... io sono qui».
Una donna con
una brutta
bruciatura su uno zigomo si fece subito avanti, battendo sul tempo un
attempato mago claudicante e, nel giro di qualche minuto, si era
già radunata una piccola folla di maghi e di streghe che
reclamava l'assistenza dell'esperto guaritore dagli occhi rilucenti.
Teddy stava
osservando
interessato Kingsley che, aiutato dal signor Bones, disciplinava con
metodi assai convincenti i feriti più scalmanati, quando
Dylan
si avvicinò allegro a Remus.
«Non
ci posso
credere, professore, hai davvero ceduto? Malgrado tutte le tue nobili -
e masochistiche - intenzioni ha avuto la meglio la donzella?
La voglio proprio conoscere questa rara creatura dotata di una
cocciutaggine più sviluppata della tua!»
sogghignò
il giovane e, assestando una pacca amichevole sulla spalla di Remus,
sbirciò con curiosità la misteriosa signora
Lupin; sgranando immediatamente gli occhi, allibito.
«Tonks?
Per la scopa di Merlino, Remus, era Tonks la donna per cui ti struggevi
tormentoso?»
«Io
non mi struggevo tormentoso...» tentò di precisare
Remus, totalmente ignorato dall'euforico Dylan.
«Dovevi
dirmelo! Ti
avrei risparmiato mesi di laceranti arrovellamenti, assicurandoti che
non avevi scampo con lei» si bloccò un istante,
scoccando
un'occhiata birichina alla strega. «Tonks! La più
grande
rompipluffe
che abbia mai varcato il cancello di Hogwarts!»
«Ehi!
Ricordati
che, non fosse stato per me, saresti annegato nel lago durante il tuo
primo anno, ragazzino!» ribatté contrariata Tonks.
«Tonks,
non fosse
stato per te non avrei mai rischiato di annegare nel lago durante il
mio primo anno, visto e considerato che sei stata proprio tu a farmici
cadere dentro».
«Uff...
sei davvero un metodico, pignolo Corvonero, Dylan!»
«Ti
ha fatto cadere nel lago?» chiese Remus interessato.
«Oh,
sì! E'
così che ci siamo conosciuti. Una storia intrigante, se vuoi
te
la racconto. Non sono bravo come Emrys, ma...»
«Ma
non avevi
fretta di parlare con Harry, tu?» sbuffò la
strega,
afferrando il marito per una mano e trascinandolo con piglio deciso
sulla ripida scalinata che saliva al Castello.
Teddy,
notando
divertito che i capelli della madre erano virati a un'affascinante -
quanto minacciosa - tonalità rosso papavero, sorrise a
Dylan,
chiedendosi se sarebbe mai venuto a conoscenza di quella promettente
storia lacustre e controllò la Chiave del Tempo: la fenice
non
aveva ancora cominciato a ricomparire e Teddy, rassicurato, si
avviò a sua volta verso il Castello.
Salita la
ripida
scala di pietra, Teddy varcò il portone d'ingresso e si
guardò attorno sbigottito, riconoscendo a stento quella che,
per
sette anni, era stata la sua seconda casa: l'imponente scalinata di
marmo che troneggiava al centro dell'immenso atrio, vanto di
innumerevoli generazioni di solerti Elfi Domestici, era opaca e
macchiata in più punti.
Gli stendardi
delle
quattro Case pendevano sghembi e sfilacciati dalle loro postazioni,
sovrastando malinconici le quattro grosse e malconce Clessidre
Segnapunti. Le gemme colorate che queste contenevano si erano riversate
sul pavimento, mescolandosi disordinatamente in un estremo, disperato
appello all'unità delle Case.
Sfiorato
dalla gelida
carezza di un fantasma, Teddy alzò gli occhi, ammirando
l'eterea
Dama Grigia che, sorridendo dolente, spariva con inconsapevole grazia
nel massiccio muro di pietra.
Muro che,
notò il giovane con stupore, era diverso da come lo
ricordava.
Era più spoglio, come se mancasse qualcosa...
Mancava,
ovviamente, la candida lapide di marmo su cui erano incisi, con lettere
d'oro zecchino, i nomi dei 57 caduti della Battaglia di Hogwarts,
dedusse, dandosi mentalmente dell'idiota, prima di scorgere i
genitori che stavano entrando nella Sala Grande.
Teddy li
seguì
esitante, tentando disperatamente di ignorare l'acre odore di fumo che
aleggiava nell'aria e si addentrò nella stanza
fissando ostinato una grossa macchia color ruggine allargatasi sul
pavimento, restio a confrontarsi con il lato più drammatico
e
doloroso della guerra.
Eccolo
l'altro
ricordo di Harry che non aveva voluto guardare nel Pensatoio. Non
avrebbe potuto sopportare di vedere i corpi dei suoi genitori giacere
nel luogo che, per lui, aveva sempre significato calore e allegria.
Richiamando
ogni singola
briciola del suo rinomato coraggio Grifondoro, Teddy si fece forza e
sollevò con decisione lo sguardo: un girone infernale non
doveva
essere molto diverso.
Decine di
corpi esanimi
giacevano allineati sul pavimento, silenziosamente omaggiati dalle
limpide stelle che costellavano lo scuro soffitto incantato.
Un giovane
centauro dai
lunghi capelli chiarissimi, sdraiato in un angolo, parlava con Hagrid
mostrandogli sofferente la brutta ferita che gli squarciava il fianco.
Poco oltre,
Neville e Oliver vegliavano mesti il corpo di Colin Canon.
Teddy
distolse
bruscamente lo sguardo, turbato da quanto piccolo sembrasse quel corpo,
ritrovandosi così a fissare una versione molto giovane e
molto
addolorata della famiglia Weasley. Osservò sgomento il
solare,
irriverente George singhiozzare inconsolabile tra le braccia di Arthur
e gli altri ragazzi fissare impietriti Molly che, inginocchiata accanto
al corpo di Fred, tentava imperterrita di pulirgli il viso e di
pettinargli la folta chioma rossa; solo Ron mancava all'appello e Teddy
realizzò confusamente che doveva trovarsi nello Studio del
Preside con Harry ed Hermione. Poi, il senso di colpa per avere salvato
soltanto i suoi genitori lo colpì con la violenza di uno
Stupeficium ben assestato.
«Fred...»
il
sussurro di Tonks riscosse il giovane Lupin dai suoi pensieri.
«Oh, Remus, pensa a come ci potremmo sentire noi se
Teddy...» non riuscì neppure a terminare la frase,
strinse
brevemente la mano del marito e si avvicinò a Molly,
abbracciandola con dolce fermezza. Molly tentò di
ribellarsi, ma
cedette quasi subito, posando il viso sulla spalla della strega
più giovane che cominciò a cullarla come avrebbe
fatto
con una bambina.
Remus si
sfregò la fronte con una mano tremante.
«Fred...»
Teddy
annuì mesto. «Sì. Io non ho
potuto...»
«No,
certo Ted, lo
so... è solo che Fred...» scosse il capo,
indicando
vago lo spazio attorno a sé. «E tutti questi
ragazzi io li
conoscevo. Sono... erano
miei allievi. Tutti loro» si
azzittì, guardando la moglie con ammirazione. «Lei
è
molto più forte di me».
«E'
molto... materna. Non pensavo da come me ne hanno parlato».
«Non
lo pensavo
nemmeno io, Teddy. Ma mi sono ricreduto il giorno in cui sei nato e lei
ti ha preso in braccio per la prima volta» sorrise, poi
sospirò, fissando Ron che abbracciava George mentre Arthur
si guardava attorno un po' smarrito.
«Credo che tocchi a me...»
Teddy
annuì, ma indicò qualcosa alle spalle del padre.
«Lo credo anch'io, sì».
Harry era
fermo sulla
soglia della Sala Grande, lo sguardo fisso sui corpi allineati e la
mano destra serrata attorno alla bacchetta magica.
Eccolo, il
Prescelto.
L'uccisore di Voldemort. Teddy realizzò sconcertato che non
assomigliava affatto all'eroe glorioso e risplendente che aveva
immaginato ascoltando i racconti dei sopravvissuti.
Questo Harry
era soltanto
un ragazzo stremato che tentava coraggiosamente di tenere a bada un
dolore immenso, aggrappandosi caparbio alla sua vecchia bacchetta
risanata.
Ed era
infinitamente
più eroico del guerriero invincibile e luminoso che popolava
le
sue fantasie infantili, rifletté Teddy con orgoglio, mentre
Remus, scorto Harry, lo chiamava con dolcezza.
Il ragazzo si
voltò di
scatto e Teddy vide un lampo di sollievo squarciare per un istante il
velo di dolore che gli ammantava gli occhi.
«Remus».
I due si
studiarono
titubanti, o forse solo increduli, per un lungo istante. Poi,
Harry si avvicinò cauto e Remus lo
avvolse in un abbraccio serrato.
«Pensavo...
non ti
vedevo da nessuna parte, Remus, ho temuto di avere perso anche
te» mormorò Harry, rispondendo all'abbraccio con
forza
disperata, quasi a volersi accertare che Remus fosse davvero
lì,
vivo e reale.
«Ma
dalla Pietra tu
non sei uscito, così ho sperato...»
«Sto
bene, Harry. Starò bene. Grazie a te. Kingsley mi ha detto
che hai sconfitto Voldemort».
Harry si
sciolse
dall'abbraccio e annuì, senza ombra della gioia che Teddy si
sarebbe aspettato. Remus non ne parve sorpreso, però.
«Harry,
loro
sarebbero orgogliosi di te. Sono
orgogliosi di te. Almeno quanto lo sono io».
Harry
annuì di nuovo. «Lo so. Me lo hanno detto quando
sono usciti dalla Pietra».
«Usciti
dalla Pietra?»
«Sì,
loro...» si bloccò improvvisamente, turbato.
«Tonks!
Lei è qui, Remus. E' venuta a cercarti. Lei...»
Remus gli
indicò la moglie, rassicurandolo con dolcezza.
«Sta bene,
Harry, tranquillo, sta bene anche lei».
Harry si
calmò,
guardando con sollievo la giovane strega che abbracciava Molly.
Sollievo che si dissolse non appena i suoi occhi si posarono sul corpo
di Fred.
«Remus...»
mormorò, lasciandosi stancamente cadere su quella che a
Teddy
parve la statua di Sigfrid lo svagato. «Non è come
avevo
immaginato, sai? Non provo... gioia».
«Lo
so, Harry. Chi
combatte difficilmente prova gioia alla fine della guerra. In genere la
vittoria ha un prezzo molto alto».
«Troppo
alto. Io
sono vivo, ma Fred, Colin... Lavanda...» tacque un istante,
meditabondo, poi sussurrò: «Tu come hai fatto a
sopravvivere a quella
notte, Remus? Come si fa a superare tutto questo
e a tornare a vivere normalmente?»
Remus
sospirò, sedendosi accanto al ragazzo. «Ho fatto
questa
stessa domanda a Silente dopo quella
notte, sai, Harry? Mi ha risposto
di lasciare andare i morti e...»
«Di
pensare ai vivi» concluse mesto Harry.
«Già».
«Lo
ha detto anche a me. Questa notte».
Remus lo
guardò interdetto. «Questa notte?»
«Sì.
Questa
notte. Per un certo periodo di tempo sono stato molto vicino ai morti,
Remus. E ho davvero temuto che tu fossi tra di loro».
Remus
annuì serio, gli occhi fissi su Teddy, che osservava la
scena da poco lontano.
«Ma»
proseguì Harry cocciuto, senza distogliere lo sguardo da
Fred.
«Come hai fatto a lasciare andare i morti?»
Remus sorrise
malinconico. «Mi sono aggrappato ai vivi, Harry. A Silente...
e a te, soprattutto».
Harry si
voltò, fissandolo a occhi sgranati. «A
me?»
«Sì,
a te.
Eri tutto ciò che restava di quella che consideravo la mia
famiglia. Ed eri vivo. Non ho potuto starti vicino come avrei voluto,
ma mi hai aiutato molto» esitò, pensieroso.
«Capirei
se tu volessi restare qui questa notte, Harry, ma... mi farebbe un
immenso piacere se tu venissi con me».
«Con
te? A casa tua?»
«Be',
sì».
Harry
spostò
lo sguardo su Hermione che, stringendo la mano di Ron, stava parlando
sommessamente con Molly e titubò, visibilmente tentato dalla
proposta di Remus. «Piacerebbe anche a me, ma Tonks? Pensi
che
approverebbe?»
«Totalmente,
Harry.
La porta della nostra casa sarà sempre aperta per
te» il
ragazzo sussultò al suono dell'inaspettata voce femminile e,
voltandosi di scatto, si trovò a fissare il viso a forma di
cuore di Tonks.
«Quando
ho sposato
Remus, sapevo perfettamente che tu eri compreso nel pacchetto. E la
cosa mi sta benissimo» sorrise impertinente la strega.
«In
fondo, Remus ha dovuto accettare Andromeda Black, gli è
andata decisamente
peggio. Inoltre non hai ancora conosciuto il tuo figlioccio, Harry e
penso che questa sarebbe l'occasione perfetta»
assicurò,
ficcandogli in mano la foto del bambino.
Teddy aggrottò la
fronte un po' contrariato; cominciava a turbarlo questa mania
della madre di mostrarlo orgogliosa a chiunque incrociasse la sua
strada...
«A
proposito di
Teddy» disse la strega, sfiorando i capelli di Remus con
una carezza distratta. «Io comincerei ad andare a
recuperarlo,
mia madre sarà...» scoccò un'occhiata a
Molly e
trasalì. «Merlino! Mia madre! Sarà
preoccupatissima» estrasse veloce la bacchetta ed
evocò un
vivido Patronus che sfrecciò fulmineo oltre la porta della
Sala
Grande.
«Questo
la
tranquillizzerà, ma sarà comunque meglio che vada
anch'io» sbirciò l'orologio del marito e sorrise.
«Tra poco scoccherà l'ora della poppata di
Teddy... e
nessun Patronus al mondo sarà in grado di proteggere mamma
da
quel famelico lupacchiotto».
«Non
chiamarlo così, Dora, per favore»
mormorò Remus, turbato.
La strega lo
guardò
intenerita, gli baciò con dolcezza una tempia,
sussurrandogli
qualcosa che lo fece sogghignare e, dopo avere rivolto un sorriso
radioso a Harry, si avviò verso l'uscita.
Teddy,
distratto
dall'elegante lupo d'argento evocato dalla madre, così
simile a
quello che compariva quando lui
eseguiva un Incanto Patronus, si
ritrovò improvvisamente avvolto in un morbido abbraccio
profumato di mughetto.
«Arrivederci,
Dorian. Grazie ancora per avere aiutato Remus. Con un po' di fortuna ci
incontreremo da qualche parte» esclamò Tonks
lasciandolo
andare.
Teddy la
fissò
ammutolito e, concentrandosi disperatamente per tenere a bada capelli e
lineamenti, fece la cosa più stupida che potesse fare:
annuì trasognato fissando sua madre dritta negli occhi .
Tonks
scrutò
sorpresa quelle iridi tanto familiari e inarcò incuriosita
un
sopracciglio. «I tuoi...»
Un grido
acuto
lacerò improvvisamente l'aria e la strega
sobbalzò,
girando istintivamente il capo verso la fonte di quel rumore: una donna
pallida che, lasciandosi cadere accanto al corpo di una ragazza,
le sistemava con dolcezza la lunga treccia bruna.
«Va'
da tua madre,
è la cosa più importante in questo
momento»
mormorò Teddy, fissando a sua volta la donna inginocchiata.
Tonks lo
squadrò indecisa. «Il Patronus la
tranquillizzerà. I tuoi occhi sembrano...»
«I
miei occhi possono aspettare. Andromeda no» Teddy
indicò Remus con un
cenno del capo. «Lui potrà spiegarti tutto quanto.
Più tardi».
Annuendo
pensosa, Tonks
dedicò un ultimo sguardo impietosito alla donna, che ora
piangeva disperata e corse verso l'uscita, evitando per un soffio di
travolgere tre tizi pallidi e biondi che se ne stavano fermi e
silenziosi sulla soglia. L'uomo e il ragazzo continuarono a tenere lo
sguardo fisso verso l'atrio, indifferenti a ogni cosa, mentre la donna
seguì con gli occhi Tonks, un'espressione indecifrabile sul
volto.
Teddy
sospirò
e riportò la sua attenzione sul padre che, probabilmente,
avrebbe
sentito parlare molto presto degli occhi ambrati di Dorian Johnson.
«Secondo
te ti assomiglia?» stava intanto chiedendo Harry, scrutando
un po' perplesso la foto che teneva in mano.
«Dora
sostiene di sì. E anche Andromeda... ho deciso di
fidarmi».
«Sarà...
devono essere i capelli turchesi a confondermi. Li ha sempre
così?»
«No,
è
molto... volubile. Suppongo li cambi a seconda dell'umore, come Dora.
Penso che il turchese indichi soddisfazione. Se è
contrariato li
ha di un fantastico rosso fenice, invece, e se ha qualcosa che non va
gli diventano di un inquietante verde Avvincino» sorrise
compiaciuto. «Quando dorme li ha dello stesso colore dei
miei,
però, e secondo Andromeda quello è il colore
naturale».
Harry
annuì
pensoso. «In un certo senso abbiamo molto in comune, io e
lui...
colore dei capelli a parte, certo».
Remus lo
guardò
incuriosito e Harry continuò: «Tanto per
cominciare siamo
tutti e due figli di un Malandrino. E siamo nati entrambi in un periodo
molto cupo».
Remus
sbirciò
in tralice il ragazzo, un po' imbarazzato. «E' vero. Anche se
devo ammettere che James ha preso la cosa molto meglio di me».
Harry
alzò di
scatto la testa, scrutando l'uomo accanto a sé.
«Suppongo
che lui avesse meno problemi di quanti ne hai tu, Remus»
esitò. «A proposito, non ho ancora avuto
l'occasione di
dirtelo, ma... non ho mai pensato che tu sia un codardo, mai. Davvero,
Remus, non le pensavo le parole che ti ho riversato addosso a Grimmauld
Place».
Remus scosse
il
capo. «Non preoccuparti, Harry, lo so. Ma in quell'occasione
me
le meritavo quelle parole, non ti ringrazierò mai
abbastanza.
Sei stato fantastico, mi hai dato la scossa che mi serviva. James
avrebbe fatto esattamente la stessa cosa. Sirius, d'altro canto,
avrebbe fatto decisamente di peggio».
Lo spettro di
un
sorriso lambì il volto di Harry prima che il ragazzo
riportasse
lo sguardo sulla foto. «Sai Remus, ora ho capito in che modo
ti
ho aiutato sedici anni anni fa, perché Teddy mi sta aiutando
nella stessa maniera. Guardando lui il prezzo pagato oggi mi sembra
meno assurdo. Meno inutile. Perché lui potrà
vivere in un
mondo migliore».
Remus
annuì.
«James e Lily pensavano proprio a questo quando hanno deciso
di
continuare a combattere Voldemort anche dopo la tua nascita, Harry. E
lo stesso pensiero ha portato qui me questa sera. Non sono venuto
malgrado
Teddy, sono venuto per
Teddy. E per te».
Un fugace
lampo di
gioia attraversò gli occhi di Harry. «Lui
sarà
più fortunato di me, però. Crescerà
con i suoi
genitori».
«E
con il suo padrino».
Harry
annuì,
sfiorando la fronte liscia del neonato che si agitava nella fotografia.
«E nessuna cicatrice maledetta lo segnerà
mai».
«Farò
di
tutto perché sia così»
mormorò Remus,
massaggiandosi assorto la spalla sinistra.
Harry lo
fissò serio, coprendogli la mano che indugiava sulla spalla
con
la sua. «Faremo
di tutto perché sia così, Remus.
Faremo. Ho
intenzione di essere un padrino molto presente. E di
proteggere Teddy, proprio come Sirius ha fatto con me ogni volta che ha
potuto... come tu hai fatto con me ogni volta che hai potuto».
Remus
trasalì, fissando intensamente il figlio, poi
guardò
Harry e mormorò commosso: «Sì, Harry,
lo so. Sarai
un padrino meraviglioso».
«Ne
ho tutte le
intenzioni. Sarò per Teddy quello che Sirius avrebbe voluto
essere per me» con grande gioia di Teddy un vero sorriso
illuminò il volto di Harry. «Tanto per cominciare
sappi
che per il suo primo compleanno gli regalerò una scopa
giocattolo. Una Firebolt, naturalmente».
Remus
sospirò. «Sì, lo sospettavo. Va bene,
Dora è
un'esperta nel curare bernoccoli e io sono passabile con gli
Incantesimi di Riparazione. Sopravviveremo».
Harry sorrise
più apertamente. «E gli insegnerò ad
usarla,
naturalmente. Sarà bravissimo, visto che sia il padre che la
madre se la cavano decisamente bene in quel campo. E poi, naturalmente,
ti costringerò a parlargli - a parlarci - di
Lunastorta, Ramoso,
Felpato e Codaliscia e, quando verrà a Hogwarts, gli
farò
un regalo molto
speciale» frugò nella piccola borsa di
pelle che portava al collo ed estrasse una vecchia pergamena ingiallita
che Remus guardò con rassegnazione.
«Se
proprio devi».
«Certo
che devo! La
Mappa del Malandrino è sua di diritto. Per
eredità. Senza
contare che se tuo figlio non ne entrasse in possesso mio padre e
Sirius ne sarebbero molto delusi e troverebbero il modo di tornare a
perseguitarmi per l'eternità».
Remus rise.
«Suppongo tu abbia ragione. Ti svelo un segreto, Harry... ma
sappi che davanti a terzi negherò fino alla morte: anch'io
sarei
molto deluso se Teddy non entrasse in possesso di quella
Mappa»
sogghignò sbirciando il figlio, poi spostò lo
sguardo su
Harry e si fece serio. «Ma c'è una cosa che vorrei
davvero
tu gli insegnassi, Harry».
Harry lo
guardò incuriosito.
«Insegnagli
a eseguire un buon Expelliarmus. Pare che debba davvero rivalutare
quell'incantesimo».
Harry sorrise
lusingato e annuì. «Glielo insegnerò
sicuramente,
Remus, stanne certo. Potrebbe tornargli molto utile già a
Hogwarts. Metti che si imbatta in un clone di Draco Malfoy o di...
Piton...»
«Oh,
con Piton non sarebbe servito a molto un Expelliarmus, con lui
bisognava essere molto più creativi».
«No!»
Esclamò Harry scattando in piedi e guardandosi attorno
agitato.
«Piton... lui non ha mai tradito Silente, Remus. Lui era
d'accordo con Silente e ha solo eseguito gli ordini che ha
ricevuto».
Remus si
alzò
a sua volta e, cercando lo sguardo del ragazzo, gli posò
rassicurante una mano sulla spalla. «Ho capito, Harry. Ti
credo ma... era?»
«Sì,
era.
Voldemort lo ha... gli ha aizzato contro Nagini. Per via della
Bacchetta di Sambuco...»
Remus lo
guardò sinceramente sconcertato.
«La
Bacchetta di Sambuco?»
«Sì...
è una lunga storia. Te la racconterò volentieri,
Remus,
ma non ora, dobbiamo portare qui Piton. Non possiamo lasciarlo nella
Stamberga Strillante».
«Va
bene, Harry,
aspettami qui» disse Remus, facendo risedere con dolcezza
Harry
sulla statua. «Se è nella Stamberga Strillante
farò
prima ad andarci di persona che a spiegare a qualcun altro come
arrivarci».
Harry
si rialzò di scatto. «Vengo anch'io».
«Harry...»
«Glielo
devo, Remus».
L'uomo
scrutò
intensamente il ragazzo e annuì. «Va bene, Harry,
andiamo
a occuparci di Severus, così poi potremo andarcene da
qui».
Harry rimise
la
Mappa nella borsa da cui l'aveva tolta, poi diede un'ultima occhiata
alla fotografia e la riconsegnò a Remus che scosse il capo
sorridendo.
«Tienila
pure, se
vuoi, ne abbiamo a decine a casa» arrossì
leggermente,
imbarazzato. «Teddy è... be'... davvero
irresistibile come
fotomodello».
«Hai
perso
completamente la testa per lui, vero Remus? Lo avevo sospettato dopo
avere assistito alla tua irruzione a Villa Conchiglia»
affermò divertito Harry, infilando con attenzione la foto
nella
borsa di pelle. «Sono davvero impaziente di vederti alle
prese
con pannolini e ninnananne, sai?»
«Oh,
ma tu mi hai
già visto alle prese con pannolini e ninnananne,
Harry»
assicurò Remus, passando davanti a Teddy e lanciando uno
sguardo
preoccupato alla Chiave del Tempo, rilassandosi visibilmente al sorriso
rassicurante del figlio.
«Davvero?»
chiese Harry scoccando un'occhiata incuriosita a Teddy.
«Sì,
davvero. Mi sono allenato molto con te. Lily sosteneva che ero bravo
con pannolini e ninnananne. Molto più bravo di James e di
Sirius. Sospetto che la sua entusiastica opinione fosse dovuta solo al
fatto che io non ho mai tentato di farti levitare,
però».
Harry rise,
sinceramente
divertito e Teddy, guardando i due maghi uscire dalla Sala Grande
chiacchierando sereni, sentì il senso di colpa allentare la
morsa: la sua decisione di salvare i genitori aveva reso il
mondo un po' migliore anche per il padrino e per nonna Andromeda, in
fondo.
Rinfrancato
dalla
constatazione, Teddy si sedette sulla statua precedentemente utilizzata
dal padre e da Harry, osservandone interessato il mantello finemente
scolpito nel marmo e caratterizzato da un paio di occhietti crudeli:
sì, era proprio la statua di Sigfrid lo svagato, il mago
rinascimentale noto per la sua ineffabile distrazione, passato alla
leggenda - e a miglior vita - per avere confuso un Lethifold con il
proprio mantello. Come fosse arrivata fin lì, dal quinto
piano,
Teddy non sapeva davvero spiegarselo.
Sbadigliando
esausto, sbirciò la Chiave del Tempo. Notando che un
pallido,
informe alone rossastro aveva cominciato a comparire, si
alzò e
uscì dalla Sala Grande, guardando incuriosito i tre tizi
biondi
che se ne stavano ancora impalati sulla soglia.
Improperi
coloriti,
snocciolati da una voce maschile piuttosto isterica, raggiunsero Teddy
appena ebbe messo piede nell'atrio. Atrio che, nel tempo da lui
trascorso in Sala Grande, si era notevolmente affollato: numerosi
feriti
incappucciati erano sistemati un po' ovunque e, in un angolo vicino
alla scala, giacevano allineati diversi corpi avvolti in mantelli
scuri. Seguendo lo sguardo dei tre tizi biondi, Teddy vide che anche il
corpo di Bellatrix si trovava lì. Evidentemente il destino
di
Molly aveva seguito il proprio corso.
Un giovane
uomo, fonte dei
fantasiosi improperi, era adagiato sugli scalini di marmo, il mantello
nero provvisto di cappuccio, lacerato in più punti, lasciava
intravedere i profondi squarci che gli dilaniavano fino all'osso
braccio e gamba destri.
Madama Chips,
pallida e
visibilmente esausta, era al suo fianco e scuoteva la testa impotente,
mentre un distinto mago dai capelli brizzolati tentava di convincere il
giovane di qualcosa. Ambrosius aspettava poco distante, sfidando con
fiera dignità gli sguardi disgustati che si posavano con
insistenza su di lui.
«E'
uno sporco
ibrido!» sbraitò rabbioso il giovane
incappucciato.
«Non gli permetterò mai di toccarmi con quelle
sudice
zampe!»
«Potrebbe
curarla,
però, Ha una grande esperienza» affermò
suadente il
mago brizzolato indicandosi l'elegante tunica verde, strappata e
macchiata all'altezza del ginocchio sinistro. «Mi ha curato
un
brutto taglio alla gamba in un istante. E' davvero molto
bravo».
«Oh,
certo, come
no. Molto bravo, sì... a sbranare la gente! Queste ferite mi
sono state fatte da bestie immonde come lui!»
«Durante
un
combattimento»
puntualizzò Ambrosius con voce pacata. «Pochi di
noi
possiedono una bacchetta... ma abbiamo altri interessanti talenti a cui
ricorrere per difenderci. Certo, capisco che un Crucio o un Avada
Kedavra, magari scagliato alle spalle del nemico, sia molto
più nobile e raffinato, ma... si fa quel che si
può».
Teddy vide
con
chiarezza Madama Chips reprimere un sorriso molto poco opportuno, ma il
giovane Mangiamorte rispose ancora più alterato:
«Mi
curerà Madama Chips. Non vedo come uno sporco ibrido possa
farlo meglio di lei».
Il mago
brizzolato sospirò con rassegnazione e Madama Chips si fece
avanti, sfoderando decisa la bacchetta.
«Come
desidera,
Signor Addams... ma io non posso fare altro che amputare braccio e
gamba. Non ci sono incantesimi, a me conosciuti, abbastanza potenti da
curare simili ferite».
Signor
Addams? Teddy
guardò meglio il mago ferito, approfittando del fatto che il
cappuccio del mantello gli era scivolato sulle spalle, lo
immaginò quindici anni più vecchio e con due arti
in meno
e non ebbe più dubbi: era il padre di Kyle. Non sapeva fosse
stato un Mangiamorte, però...
L'uomo
sbarrò
gli occhi, terrorizzato. «Amputare?»
sussurrò con
voce tremante. «Ma così non potrò mai
insegnare al
mio bambino a volare con una scopa» guardò
disperato
Ambrosius, deglutendo penosamente a vuoto. «Tu davvero
potresti...»
Il vecchio
annuì con sicurezza. «Sono solo ferite inferte da
un
licantropo in forma umana. Sono molto profonde, sì... ma ne
ho
curate a decine in vita mia. Anche più brutte».
Il
Mangiamorte lo
guardò combattuto, poi chinò il capo in chiaro
cenno
d'assenso, gli occhi colmi di paura e di raccapriccio. Ambrosius si
avvicinò lentamente, ignorando l'istintivo gesto di ribrezzo
del
giovane mago, sorrise rassicurante e, impugnata la bacchetta,
cominciò a declamare complessi incantesimi sotto lo sguardo
interessato di Madama Chips.
La Chiave del
Tempo
si mise improvvisamente a lampeggiare e Teddy uscì di corsa
dal
massiccio portone di quercia, scese di volata la ripida scala che
conduceva al Parco finendo, letteralmente, tra le braccia di un
centauro che scrutava pensoso la volta stellata.
Era
l'esemplare dal manto
color castagna che aveva intrattenuto Ambrosius, notò Teddy
scusandosi per la collusione. Il centauro puntò i suoi
misteriosi occhi scuri sul giovane, guardandolo con distaccata
curiosità. Notata la Chiave lampeggiante scosse la folta
coda
fulva e sorrise enigmatico.
«Le
stelle non
mentono mai» disse con la sua voce ipnotica e profonda.
«Sirio indicava chiaramente un'anomalia temporale. E
quell'anomalia sei tu» concluse tranquillo, come se dialogare
con
un'anomalia temporale fosse la cosa più normale del mondo.
Teddy
annuì interdetto.
Il centauro
tornò a scrutare il cielo. «La tua venuta
avrà
conseguenze che tu non hai previsto. Ma hai agito con saggezza... hai
compiuto le scelte giuste. Ora faresti meglio a tornare da dove sei
venuto, però. L'anomalia sta per riassorbirsi».
Teddy
annuì di
nuovo, sempre più confuso e ricominciò a correre
a
perdifiato verso il cancello.
Notato Kingsley che, ai piedi di un folto
Cespuglio Farfallino, discuteva animatamente con il Signor Bones e con
due altri maghi, si fermò ansimante, tentando di riprendere
fiato.
«Sono
d'accordo,
Shacklebolt. Bisognerà davvero pensare a una politica contro
la
discriminazione dei licantropi» affermò convinto
un mago
dai capelli chiari.
«Io
voterò
sicuramente a favore, Corner» proclamò sicuro il
signor
Bones, scoccando un'occhiata adorante alla figlia che, qualche metro
più in là, chiacchierava amichevolmente con
Michael e
Dylan. «Oggi mi sono decisamente ricreduto su di loro. Non
solo
Ambrosius mi ha guarito il braccio in un istante, ma Lupin ha salvato
la vita di mia figlia».
Il mago dai
capelli
chiari annuì, lo sguardo fisso su Michael. «Anche
mio
figlio è vivo grazie ai licantropi. E, per inciso, Lupin
è stato di gran lunga il miglior professore di Difesa che
Michael abbia avuto in sette anni di scuola. E uno dei meno pericolosi,
tutto sommato. Vogliamo parlare della Umbridge, per esempio? O dei
Carrow? Solo per citare quelli scelti con il benestare del
Ministero».
«Sì,
voi tre
avete ragione, ma non sarà facile convincere il Primo
Ministro a
imbarcarsi in una simile, impopolare crociata»
constatò
realista un'anziana strega un po' segaligna.
Kingsley
sbuffò insofferente. «Il Primo Ministro al momento
non
c'è, giusto? Basterà accertarsi che colui che lo
diventerà abbia simpatia per i licantropi e abbia la forza e
il
coraggio di battersi per loro. Voi tre siete molto stimati e
considerati al Ministero, se lo appoggerete verrete seguiti da molti
altri. Sono sicuro che troverete il tipo giusto»
affermò
convinto, sbirciando l'orologio. «Ora scusatemi, ma devo
proprio
andare. Vorrei organizzare subito una squadra di Auror per evitare che
qualche Mangiamorte si dia alla macchia anche questa volta. Quelli
sì che sono pericolosi, altro che i licantropi»
concluse
deciso prima di Smaterializzarsi con un sonoro schiocco.
I tre maghi
si guardarono in faccia allibiti e poi sorrisero soddisfatti.
Teddy,
realizzando
che il divieto di Materializzazione a Hogwarts doveva
essere stato momentaneamente sospeso, si Smaterializzò a sua
volta, mentre la
strega segaligna esclamava euforica: «Oh, sì,
certo che
troveremo il tipo giusto, Shacklebolt, anzi, lo abbiamo già
trovato! In questo momento sta andando a organizzare una squadra di
Auror».
Ringraziando
il buon
senso che gli aveva suggerito di togliere gli incantesimi di protezione
dalla casa dei genitori, Teddy si Materializzò proprio al
centro della sua cameretta.
Un po'
barcollante, si
appoggiò esausto alla cassettiera bianca e, aspettando che
il
mondo si degnasse di fermarsi, sfiorò divertito l'immensa
fenice
di peluche appollaiata sul mobile: Kingsley non si era davvero
risparmiato.
Ripresosi,
controllò l'altra fenice, quella disegnata sul lucido
pavimento
di legno, osservandone affascinato i bagliori di corallo illuminati dai
raggi della tonda luna appena calante che si scorgeva dalla finestra.
Sulla parete di fronte, una luna gemella vegliava placida la ninfa e il
lupo che, in quel momento, dormivano serenamente abbracciati nella
radura dipinta.
Uno schianto
improvviso lo
distrasse. Qualcuno aveva rovesciato qualcosa di grosso, fragile e
vicino, pensò Teddy trattenendo il respiro e ascoltando
turbato
quello che sembrava il vagito di un neonato. Anzi, quello che era senza
ombra di dubbio il vagito rabbioso di un neonato svegliatosi di
soprassalto. Teddy non poteva sbagliarsi, conosceva benissimo quel
particolare suono... i figli di Harry erano stati dei veri campioni in
quel campo. Tutti e tre.
«Oh,
scusa
piccolo» implorò una voce femminile, mentre il
bimbo, non
meno talentuoso dei tre piccoli Potter, aumentava di qualche decibel il
volume degli strilli. «No, calmati tesoro, non è
successo
niente. La mamma si era dimenticata che c'era questa raffinata lampada
in corridoio, ma papà sarà felicissimo di
sistemarla,
vedrai, in fondo ormai ci è abituato e nonna non se ne
accorgerà neppure questa volta. Su, da bravo, Teddy, non
vorrai
farti vedere da Harry in questo stato, vero? Lo spaventeresti a morte.
Anche se questi incantevoli capelli rosso Grifondoro potrebbero
piacergli, suppongo...»
Il Teddy
adulto
sorrise, immaginandosi la scena e ridacchiò quando
sentì
la voce della madre intonare con entusiasmo il ritornello di "Schianta
la Manticora" e il pianto placarsi. Poi, temendo che i due
fossero in procinto di entrare nella stanza,
balzò con decisione nel cerchio, dove la fenice era sempre
meno
nitida. La Chiave divenne improvvisamente calda e
cominciò a vibrare velocemente, emettendo un suono
dolcissimo,
simile a un canto. Teddy stava ascoltandolo rapito, quando venne
sorpreso da un violento strappo e sommerso dalla spiacevole sensazione
provocata dall'attraversamento di un Portale del Tempo.
Quando tutto
finì,
Teddy, disteso bocconi su quello che pareva un pavimento, socchiuse gli
occhi e provò a sollevare il capo, ma desistette quasi
subito.
Raramente si era sentito tanto esausto in vita sua. Forse mai.
Si sentiva
leggero ed euforico, ma ricordare il perché sembrava davvero
troppo faticoso. Come il tentare di raggiungere il letto, del resto.
Teddy non si era mai reso conto di quanto comodo e invitante potesse
essere un pavimento. Certo, se avesse smesso di lampeggiare come
un'intera colonia di Clabbert in preda al terrore lo sarebbe stato
anche di più...
Chiuse gli
occhi per
qualche istante e, quando li riaprì, notò che il
suo
desiderio era stato esaudito: il pavimento era fermo e spento come
doveva essere ogni buon pavimento di questo mondo.
Sospirò
soddisfatto
e richiuse gli occhi, pronto ad abbandonarsi al sonno, quando la porta
gigolò e un leggero rumore di passi rimbombò sul
pavimento. Teddy pensò di aprire gli occhi, ma ci
rinunciò subito; nemmeno Victoire fasciata da quel
fantastico
bikini turchese lo avrebbe convinto a farlo. Figuriamoci dei banali
passi.
«Lo
ha fatto
davvero!» esclamò una voce squillante, che
ricordava
vagamente il suono allegro di un campanellino d'argento.
«Sì,
certo
che lo ha fatto davvero, amore. Ed è tornato sano e salvo...
ma
non ne dubitavo, io»
bisbigliò una voce roca, sollevata e
ironica al tempo stesso.
«Uhmf...
Dorian Johnson, eh?»
«Un
vero colpo di genio, ammettilo».
«Oh,
sì...
quasi come la faccenda degli effetti collaterali di una botta in testa
dovuta a una sfera di cristallo».
«Sono
sempre stato
piuttosto bravo ad inventarmi spiegazioni per le cose più
assurde. E sette anni a Hogwarts con tuo cugino hanno ulteriormente
affinato questo mio talento naturale».
La voce
squillante ridacchiò. «Sì,
immagino».
Quando Teddy,
in cerca di
una posizione più confortevole, mosse leggermente il capo,
una
mano fresca e profumata di mughetto gli accarezzò
gentilmente i
capelli e due braccia forti lo sollevarono di peso.
«Coraggio,
figliolo, so che il pavimento ti sembra invitante, ma il tuo letto lo
è di più, fidati» sussurrò
con gentilezza la
voce roca, mentre le due braccia forti lo trascinavano per un po',
adagiandolo poi su qualcosa di paradisiacamente morbido.
Qualcuno gli
tolse il
giubbetto di jeans, qualcosa gli venne sfilato dal collo e le sue
scarpe da ginnastica sparirono misteriosamente.
«Ha
ripreso il suo
aspetto naturale» constatò la voce squillante.
«Peccato, mi sarebbe piaciuto rivederlo come era quella
notte.
Aveva il naso identico a quello del signor Peabody!»
«Già»
la voce roca sembrava un po' abbacchiata. «Non ho gradito
molto».
«Ti
sei
preoccupato, eh?» la voce squillante suonava molto maliziosa,
Teddy, nel suo stato di semi-incoscienza non capiva perché,
ma
decise che non era poi così importante. «Scommetto
che ti
è venuta in mente la mia passione per le torte alla
cannella».
«Più
che altro mi è venuta in mente la tua passione per gli
uomini attempati, a essere sincero».
La voce
squillante
ridacchiò. «Ah, ecco. Ma ti sei preoccupato per il
signor
Peabody e non ti preoccupi per quell'irresistibile dispensatore di
fascino attempato che è Ambrosius? Tu, d'altro canto, non mi
dai
nessuna soddisfazione in tal senso. Guardati, nemmeno l'ombra di una
deliziosa stempiatura».
«Neppure
Ambrosius è stempiato!»
«Giusto.
Draco Malfoy da solo è molto più stempiato di voi
due messi assieme».
«Draco
Malfoy non è attempato, quindi posso stare tranquillo.
L'unico rivale serio resta il signor Peabody».
La voce
squillante
scoppiò a ridere e la voce roca gemette di dolore,
sibilando:
«I pizzicotti non valgono, però».
Teddy si
agitò,
davvero incuriosito da quelle due voci che, invece di dormire,
insistevano nel parlare di solo Merlino sapeva cosa...
«Shh.
Non lo disturbiamo, Dora, è esausto e ci aspetta una
giornata pesante» mormorò la voce roca.
Una mano
calda e un po'
ruvida gli scostò gentilmente i capelli dalla fronte, mentre
qualcosa di morbido, liscio e profumato gli sfiorava una guancia.
Teddy, sentendosi più completo di quanto si fosse mai
sentito in
vita sua, socchiuse faticosamente un occhio, scorgendo la limpida,
sottile falce di luna incorniciata dalla finestra, quindi
scivolò nell'incoscienza, cullato da una carezza profumata
di
mughetto e da una voce roca che canticchiava una dolce ninnananna. Che
non parlava di Manticore.
*
*
“Harry Potter e i
Doni della Morte” J.K. Rowling. Pagg. 685 Salani Editore 2008
Ed
ecco il quinto capitolo (eh sì, la storia si avvia
alla sua conclusione, manca solo l'Epilogo, ormai).
Mi rendo conto che è lunghissimo, ho
anche preso seriamente in considerazione l'idea di dividerlo in due
parti... ma non ci sono proprio riuscita. E' nato così, in
fondo, e non mi sembrava giusto "mutilarlo" . E poi si
può sempre leggere a pezzi, no?
Ho adorato scrivere questo capitolo, perché mi ha permesso
di
immaginare le cose che avrei tanto voluto leggere nei libri e che non
ho trovato. Mi sono divertita, per esempio, a
scrivere una
chiacchierata tra Remus e Harry - i due ne avevano un gran bisogno,
secondo me - e a indagare sul loro rapporto. La Rowling non
ce lo
ha mostrato platealmente ma lo ha scritto tra le righe: quella
richiesta di diventare il padrino di Teddy racconta moltissime cose, a
mio parere.
E ho dato molto spazio ai licantropi. Spazio che nel libro non hanno
affatto, lo so. Ma forse è stato proprio questo a
convincermi a
parlare di loro. Hanno rubato un po'
la
scena ai personaggi della Rowling, me ne rendo conto... ma mi piaceva
l'idea di mostrare
uno spaccato della società magica che, sotto molti punti
di vista, non è poi così diversa dalla nostra.
Ambrosius, Emrys e Dylan - i tre licantropi ispirati a
cui ho accennato nella premessa al Prologo - sono frutto del mio
personale tentativo
di capire cosa poteva spingere un licantropo a votarsi alla causa di
Greyback.
Questo
capitolo è anche quello che, per ovvi motivi, rischia
maggiormente di essere funestato dall'OOC... spero di avere limitato i
danni. E a tal proposito un paio di precisazioni.
A un certo punto Tonks afferma che preparerà la Pozione
Antilupo
per tutti i licantropi del branco. Lo so che quella particolare pozione
è molto complessa e che non tutti sono in grado di
distillarla,
ma Tonks è diventata Auror, quindi deve avere seguito
Pozioni
anche negli ultimi due anni. E per poterlo fare, essendo stata allieva
di Severus, deve avere passato i G.U.F.O. con un Eccezionale. Ne ho
dedotto che Tonks deve essere una pozionista coi fiocchi.
In un altro punto Harry accetta la proposta di Remus di lasciare il
Castello e di andare a casa con lui. Questa scelta è stata
parecchio sofferta, ma alla fine ho deciso che sarebbe anche potuta
andare così. Harry avrebbe potuto benissimo passare
quella
notte con Remus e Teddy, tentando di armonizzare Passato (Remus
è, almeno nella mia versione dei fatti, l'unico legame col
passato rimasto a Harry) e Futuro (Teddy, naturalmente) per potere
accettare il Presente.
Come
indicato dalla dicitura in rosso qui sopra la canzoncina di Pix
è una citazione tratta da "Harry Potter e i Doni della
Morte" di
J.k. Rowling.
Il "Lethifold"
è
un'inquietante bestiola tropicale che assomiglia a un mantello nero
è che ha abitudini alimentari quanto meno singolari.
I "Clabbert"
sono invece vispi animali che sembrano un incrocio tra una
scimmia
e una rana e sono caratterizzati da una grossa pustola posta al centro
della fronte che diventa rossa e lampeggiante quando si sentono in
pericolo.
Entrambe le simpatiche creature sono descritte in : "Gli animali
fantastici:
dove trovarli".
Sigfrid lo svagato,
invece,
non esiste nel mondo della Rowling. Di conseguenza non esiste neppure
la sua statua. E' solo una mia colpevole invenzione. Ma trovo che ci
stia benissimo accanto a Boris il basito! ^^
dirkfelpy89:
Ciao, grazie per la recensione e complimenti per la
resistenza!
Leggere tutta la storia in una volta sola deve richiederne parecchia!
Sono contenta che l'idea
della Chiave del Tempo ti sembri originale, ci
speravo davvero, sai? Avendo basato tutta la storia proprio su quel
particolare oggetto.
Kamen:
Tranquillo,
ripetiti pure finché vuoi, la cosa non mi dà
proprio
nessun fastidio, sai? ^^ Spero che anche le chiacchierate di questo
capitolo ti abbiano divertito. Oh, come avrai potuto constatare, anche
Tonks
trova geniale il gioco di parole per Dorian Johnson. Sei in buona
compagnia, pare... ;-)
Jadis96:
Ciao! E
grazie per la simpatica recensione! Tu non avresti avuto la mia idea,
dici? E chi può saperlo, magari ti ho solo preceduta. ;-)
P.s.
Tranquilla che non confonderò le mie due Jadis. Ho
molta cura di coloro che lasciano le fila dell'Esercito dei Silenti
per farmi
sapere cosa pensano della storia, sai? E poi tu sei la Jadis con il
numerino! ^^
fri rapace:
Ehilà, meno male che il
rischio di rappresaglie coniugali si è allontanato!
Recensione con domanda! Mi piace, è intrigante come
cosa...^^
Allora: perché Harry ha mostrato a Teddy il
ricordo della scena a Grimmauld Place? Be', ti sei già
risposta da sola, sai? Lo ha fatto proprio perché avrebbe
preferito di gran lunga fosse stato Remus (o Sirius) a metterlo al
corrente di quel particolare episodio della vita di James. Ne avrebbe
sicuramente sofferto molto meno perché Remus (o Sirius) lo
avrebbe contestualizzato quell'episodio, spiegandone i
retroscena e le cause e bilanciandolo con altri lati, sicuramente
più positivi, del carattere di James. Quindi Harry, sapendo
che
Teddy sarebbe potuto venire ugualmente a conoscienza di quel fatto (era
presente anche Ron, ricordi? E Ron non è esattamente un
fulgido
esempio
di discrezione. E poi esistono i Pensatoi, Teddy avrebbe
potuto
sbirciare in uno contenente, chessò, ricordi di
Hermione o di Harry stesso) ha semplicemente scelto
di essere lui a parlargliene, con la delicatezza e il tatto necessari,
ovviamente, e bilanciando poi (o prima) mostrando a Teddy il Remus
euforico che piomba a Villa Conchiglia per annunciare la sua recente
paternità, o il Remus tenerissimo che se ne va in giro con
la
foto del
suo bimbo nella tasca.^^ Ecco, anche questa volta ti ho
risposto con un (cito lyrapotter) Trattato. Spero ti sia piaciuto
quanto il primo. ^^
lyrapotter:
Grazie, grazie, grazie! Sono lusingata che tu abbia
apprezzato i
dialoghi. Mi sono divertita molto a scriverli, adoro fare interagire
quei tre! Certo che Teddy, pur essendo l'innegabile versione
bonsai di Remus, ha preso moltissimo anche da mamma. E' un
miscuglio interessante, in effetti. In molti, mi pare di capire, vedono
meglio Teddy a Tassorosso... ma io propendo per Grifondoro, che ci
possiamo fare? L'ho già detto che non sono
particolarmente
originale,vero? ;-) Ah, la Battaglia. Sì, io
l'immagino
proprio "corale" la Battaglia di Hogwarts. Un vero Guazzabuglio Magico:
Maridi, Centauri, Licantropi, Schiopodi, Calamari Giganti... Puffole
Pigmee... e chi più ne ha più ne metta!
Seriamente, ci
tenevo molto all'inserimento dei Licantropi (credo che da questo
capitolo si sia anche capito, eh) perché trovo davvero
terribile
il trattamento che riserva loro la società magica che tende
a
trattare le vittime
(perché ogni Licantropo è prima di
tutto una vittima) come i carnefici
(e non tutti i Licantropi lo sono,
Remus ne è l'esempio più lampante). No, certo che
non tutti i Licantropi "selvaggi"
sono belve come Greyback, secondo me. Anche se Ambrosius non fa molto
testo, non essendo esattamente un licantropo "selvaggio". Ambrosius
è molto
civilizzato, in effetti...
Ah, non preoccuparti se scrivi
romanzi facendo la telecronaca del capitolo: mi piacciono i romanzi, e
tu hai un singolare talento per le telecronache: Luna ti fa un baffo!
P.s. per quanto riguarda il "Lato Divertente" ti
svelerò
un segreto: una ventina di giorni fa, obnubilata dal caldo e dai fumi
di
cloro della piscina in cui sono andata, ho messo per iscritto la
scenetta che mi ero immaginata scrivendo quel particolare punto della
ff.
Chissà che, prima o poi, trovi il coraggio di sistemarla e
di pubblicarla... ;-)
KELLINA:
Grazie per la
splendida recensione! Non so davvero come risponderti, sai? Mi hai
lasciato letteralmente senza parole, impresa non facile, te l'assicuro.
La sola cosa che posso fare è augurarmi che la storia
continui a
piacerti fino al suo - ormai prossimo - Epilogo, e non deluda troppo
né
te né le persone a cui intendi amabilmente segnalarla.
Piccola Vero:
Grazie,
oh mia fedelissima recensitrice (si dirà? Mah)!
Sì, hai ragione, Teddy continua
imperterrito a mostrare un fascino non indifferente. Del resto: il
sangue non è acqua! ;-)
Sentiti ringraziamenti anche alla sempre più nutrita schiera
dell'Esercito dei Silenti!
Ragazzi, siete un vero drappello ormai! Alla prossima Battaglia di
Hogwarts parteciperemo anche noi!
|
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Capitolo 7 *** Epilogo. ***
LA
CHIAVE DEL TEMPO
Epilogo
Teddy fu svegliato
da un rumore insolito.
Anzi,
no; Teddy fu svegliato da un rumore familiare, sovrapposto a un rumore
insolito.
Tutto sommato, però, anche il rumore in sottofondo era
familiare. Forse.
Doveva
essere la nonna che rassettava la cucina. Ma la nonna che ci faceva
lì?
No,
era il mare a produrre quel fruscio familiare e insolito al tempo
stesso.
Il
mare? Non poteva essere il mare. Non c'era il mare vicino alla casa
della nonna; il
rumore del mare non poteva essere familiare. Ma lo era.
Perché
vicino alla casa di mamma e papà c'era, il mare.
Sconcertato,
Teddy spalancò gli occhi.
Un
grosso e
arruffato gufo bruno picchiettava insistente il becco contro il vetro
della finestra. Finestra che non era dove doveva essere, tra l'altro.
Anzi, sì. Era sempre stata lì, in effetti...
Teddy
si
stropicciò vigorosamente il viso, nella speranza che la sua
mente si schiarisse e venne assalito da ricordi indefinibili
riguardanti strane chiavi, fenici pulsanti e orrori assortiti;
ricordi di un sogno, probabilmente. O forse no.
Sempre
più
confuso, il ragazzo allungò una mano verso il comodino,
giusto
per scoprire che il comodino non c'era; non lì, per lo meno,
perché stava dalla parte opposta, dove era sempre stato, o
no?
Chiedendosi
un po'
allarmato chi potesse averlo sottoposto a un Incantesimo Confundus,
Teddy riuscì ad afferrare il proprio orologio;
sbirciò
assonnato gli eleganti numeri romani che risaltavano neri sul quadrante
perlaceo e si accigliò, studiando pensoso il cinturino di
pelle
scura impreziosito da una piccola fibbia d'oro. Gli piaceva
quell'orologio regalatogli, il giorno in cui era diventato maggiorenne,
da nonna Andromeda. Era molto fiero di indossarlo,
perché era appartenuto a nonno Ted; a quel nonno che lui non
aveva mai conosciuto ma di cui portava il nome e che tutti descrivevano
come una persona molto speciale. E Teddy non faticava a crederlo: aveva
sfidato la nobile e antichissima casata dei Black al completo, nonno
Ted, non era da tutti. Per non parlare della forza d'animo dimostrata
non facendosi annichilire dalla notevole personalità di
nonna
Andromeda... impresa ancora più ammirevole, forse.
Ma,
quella
particolare mattina, l'orologio del nonno pareva in qualche modo
estraneo a Teddy; nella sua mente si stagliava, nitida e prepotente,
l'immagine di un altro orologio, molto più semplice:
d'acciaio,
con numeri argentati che spiccavano su di uno sfondo blu notte...
l'orologio di suo padre.
Sempre
più
perplesso, il ragazzo si alzò a sedere e, sbirciando il
comodino, notò un oggetto sconosciuto. E familiare. Uno
strambo
aggeggio dorato che sembrava un incrocio tra un grosso medaglione e un
antiquato orologio da taschino: una Chiave del Tempo. La sua Chiave del
Tempo, per la precisione. Quella che aveva usato la sera precedente.
Ora sì che tutto aveva senso!
Non
era vittima di un Incantesimo Confundus... era solo reduce da
un'incursione nel passato.
Era
riuscito a
salvare i suoi genitori, realizzò con un improvviso brivido
di
euforia: la sua attuale confusione era dovuta all'accavallarsi di due
vite che tentavano di fondersi in una sola.
Aveva
ricordi
bellissimi di sua madre che lo sfidava scherzosa a copiare le buffe
protuberanze in cui tramutava il naso, per esempio, o di suo padre che
gli mostrava entusiasta un mostriciattolo verdognolo racchiuso in un
piccolo acquario trasparente... solo che si sovrapponevano a quelli,
meno esaltanti per la verità, di caparbi tentativi di
imitare la
madre che, in una foto un po' sgualcita, si esibiva in una fantasiosa
sarabanda di appendici nasali, o dell'immagine di un Avvincino trovata
per caso sfogliando un vecchio, polveroso libro del padre nella
solitudine della biblioteca di Casa Tonks.
Era
un po'
sconcertante avere i ricordi di due vite - constatò Teddy,
indossando soprappensiero l'orologio del nonno - non spiacevole, solo
un po' sconcertante.
La
decisione di
usare la Chiave del Tempo aveva portato grossi cambiamenti nella sua
vita, ma erano cambiamenti positivi che, tutto sommato, si era
aspettato. Andava tutto bene, quindi.
Sorrise,
ripensando al suo primo, imprevisto viaggetto su una vera scopa
volante - la Firebolt di Harry - bruscamente conclusosi tra le braccia
forti e rassicuranti di qualcuno che era, contemporaneamente, Arthur
Weasley e Remus Lupin. Sconcertante, certo, ma piacevole.
Poi,
all'improvviso, le enigmatiche parole pronunciate quella notte dalla
voce ipnotica e profonda di un centauro si sovrapposero al ricordo e
Teddy trasalì, chiedendosi preoccupato quali altri
cambiamenti
da lui non previsti si fossero effettivamente avverati.
Il
grosso gufo bruno diede l'ennesimo, rabbioso colpo di becco contro il
vetro.
Teddy
si
alzò dal letto, raggiunse la finestra, la aprì e,
respirando a pieni polmoni l'aria fresca e profumata di pino e di
salmastro,
prese il rotolo di pergamena fissato alla zampa del contrariato
volatile che se ne volò subito via indispettito. Il giovane,
avendo
riconosciuto l'elegante calligrafia di Victoire, non ci fece molto
caso, però, e sorrise trasognato, mentre veniva sommerso da
ricordi intriganti su di lei... su di loro. No, quello non era
affatto
cambiato. Per fortuna.
Ciao
Teddy,
Ti
chiederai il
perché di questa lettera scritta in piena notte (considerato
anche che, tra poche ore, ci vedremo per la Commemorazione dei
Cinquantacinque Caduti della Battaglia di Hogwarts). Be', togliti pure
quel sorrisetto compiaciuto dalle labbra, tesoro, perché gli
incantesimi per debellare gli Inferi non c'entrano nulla. Davvero. Li
ho imparati. Più o meno. Diciamo che per i M.A.G.O. li
saprò
eseguire alla perfezione!
Il
motivo di questa
lettera è (sei pregato di non ridere) un sogno stranissimo
che
ho appena fatto. C'eri tu (e questo non è affatto strano, lo
ammetto) che seguivi una grossa chiave con le lancette in un tunnel
popolato da Inferi e da unicorni e, spalleggiato da una fenice, sfidavi
una creatura incappucciata per salvare due Patroni sfolgoranti... non
ha molto senso, vero? Lo so che è solo un sogno, ma mi sono
un
po' impressionata... starò diventando come la Cooman? No,
deve
esserci sicuramente una spiegazione più razionale. Il
nervosismo
per i M.A.G.O. ormai molto prossimi, magari (questo spiegherebbe la
presenza degli Inferi, se non altro). O, più probabilmente,
l'angoscia di dover tenere a bada un'intera orda di Weasley-Potter
senza il tuo aiuto (anche questo potrebbe spiegare gli Inferi, se ci
pensi bene). La Torre di Grifondoro sembra una succursale della Tana
ormai, manchi solo tu. Che ti sei perso questa incantevole esperienza:
ti ho mai detto che sei una persona molto fortunata?
In
questo preciso
istante, ad esempio, sono tutti qui, malgrado sia notte fonda. Rose
è sull'orlo di una crisi di nervi, temo, perché
sono
appena stati tolti 30 punti a Grifondoro. Tutti in una volta. Per
qualcosa che ha a che fare con un Frisbee Zannuto, alcune crostatine
alla crema, qualche Serpeverde e, indovina un po? James! Che ora se ne
sta sprofondato nella tua poltrona preferita - quella davanti al camino
- sogghignando soddisfatto. Albus sta camminando su e giù,
esibendosi in una delle sue celebri arringhe filosofico/esistenziali il
cui succo è, più o meno: va bene irridere i
Serpeverde,
è un nobile passatempo, in fondo, ma potresti anche evitare
di
farti sempre scoprire! Fred sta ridendo come un pazzo rotolandosi sul
tappeto; spero solo che si ricordi di respirare, prima o poi.
Neville
non
apprezzerebbe se pietrificassi tutta la compagnia, vero? E non mi pare
proprio il caso di farsi togliere altri punti, cedendo così,
con
quasi matematica certezza, la Coppa delle Case ai Corvonero... no, per
questa volta dovrò evitare. Peccato.
Un bacio! Victoire
Ps: Per
domani, anzi,
oggi per essere precisi, ho certi piani che coinvolgono anche te e NON
comprendono incantesimi per debellare gli Inferi... ma potremmo
sfiorare il discorso, che ne dici? Solo per qualche minuto.
Ps
del Ps: Poi,
naturalmente, ci concentreremo sugli altri miei piani. E se James ci si
piazza tra i piedi anche questa volta giuro che, se non lo schianti tu,
lo farò io. E pazienza se altri punti verranno tolti ai
Grifondoro, il buon Godric mi comprenderà!
Ma,
ora che ci penso,
forse non sarà necessario: c'è sempre la
concreta possibilità che James non sopravviva alla furia di
zia Ginny.
Teddy
ridacchiò divertito, neppure quello era cambiato. James era
sempre James, con i suoi piani fantasiosi e spericolati...
chissà che si era inventato questa volta. E Albus era sempre
Albus, con i suoi vibranti discorsi pieni di buon senso e di strategia.
Non era meno Malandrino di James, Albus. Era solo diversamente
organizzato.
A
Teddy dispiaceva
un po', però, che Victoire non ricordasse nulla della Chiave
del
Tempo e avesse esorcizzato tutto con un sogno delirante. Gli dispiaceva
più di un po', in effetti.
Sospirando,
arrotolò la pergamena e si guardò attorno
incuriosito; la
sua camera era molto cambiata in quei vent'anni (o in quella notte, a
seconda dei punti di vista).
Una
parte di lui
faticò a riconoscerla, ma il dipinto del lupo e della ninfa
era
ancora al suo posto, rassicurante e familiare: la tonda luna appena
calante continuava a illuminare placida la radura dove la ninfa,
canticchiando il ritornello di “Schianta la Manticora”,
spazzolava con energia il lupo che, coprendosi affranto il muso con le
zampe anteriori, sopportava il tutto con stoica rassegnazione. Teddy,
guardando meglio, notò che lo sconsolato animale era coperto
da
innumerevoli treccine e non poté impedirsi di ridere: un
lupo
Rasta non si vedeva tutti i giorni.
Tentando
di
ricomporsi, posò la pergamena sulla vecchia cassettiera
bianca.
Nel punto esatto dove vent'anni prima troneggiava la fenice di peluche
regalatagli da Kingsley, si trovava ora una grossa fotografia racchiusa
in una sottile cornice di bambù. Incuriosito dalla folla di
gente festosa che vi era ritratta e abbagliato da un tripudio di vivido
arancione, il ragazzo la prese in mano e si sedette sul letto,
studiandola interessato. Riconobbe subito se stesso all'apparente
età di un paio d'anni. Era in braccio a Emrys e, agitando
con
entusiasmo una bandierina arancione in stridente contrasto con il
turchese brillante dei capelli, sbirciava incuriosito Ron che se ne
stava lungo e disteso su quella che sembrava la tribuna di uno stadio,
più bianco della pergamena che Ambrosius gli sventolava
pensoso
sotto il lungo naso; poco più in là Dylan,
paludato in
una tunica dello stesso sfolgorante arancione della bandierina,
brandiva sorridendo una coppa d'oro, circondato da sei sconosciuti
vestiti in identico modo e da uno sciame di ragazzine adoranti.
«Una
foto
interessante, quella. Era più di un secolo che i Cannoni di
Chudley non vincevano la Coppa di Quidditch e il povero Ron non ha
retto all'emozione. Ambrosius ha faticato parecchio per farlo tornare
in sé».
Udendo
quella voce
roca e dolce, Teddy sollevò lo sguardo dalla foto e lo
fissò sul nuovo venuto: Remus Lupin, perfettamente a suo
agio in
un elegante pigiama blu inchiostro, stava appoggiato, con rilassata
noncuranza, allo stipite della porta, la mano sulla maniglia e un
sorriso malandrino sulle labbra.
Appariva
piuttosto
diverso dall'uomo che Teddy aveva salvato vent'anni prima; era
decisamente meno pallido e i suoi capelli, ancora folti come allora,
erano quasi totalmente ingrigiti. Ma il cambiamento più
evidente
e profondo era negli occhi: quelli che lo fissavano ora erano gli occhi
di un uomo realizzato e assolutamente in pace con se stesso.
Forse
un po'
allarmato dal silenzio del figlio, Remus si avvicinò cauto
al
letto e si accovacciò davanti al giovane cercandone lo
sguardo.
«Stai bene, Ted?»
Il
ragazzo si
riscosse e annuì. «Sì. E' solo
che...»
sospirò incerto, fissando intensamente la parete dipinta.
Remus,
fissandola
a sua volta, inarcò un sopracciglio con contrariata ironia.
«Cosa? Non apprezzi il lupo con le trecce? Neppure io, in
effetti. Mi chiedo ancora perché tua madre non abbia dipinto
un cucciolo di unicorno o qualcosa del genere...»
Teddy
ridacchiò. «No, mi piace il lupo con le trecce,
papà. Ha un suo indubbio fascino. Sono solo un po'...
confuso,
credo. Ho in testa ricordi che sono miei ma mi sembrano estranei. E non
so bene quali...» esitò, non trovando le parole
per
spiegare quella sconcertante sensazione.
«Non
sai bene quali di quei ricordi ti sono estranei e quali ti sono
familiari? Ti sembrano tutti entrambe le cose?»
Teddy
annuì, sorpreso dalla perspicacia del padre.
«Sì.
E' proprio così. Ma tu come fai a...» si
bloccò di
colpo, scrutando gli occhi del mago e scorgendo una comprensione
totale, istintiva, non del tutto umana agitarsi nelle
profondità
di quelle iridi ambrate. «Oh».
«Sono
un
licantropo, Ted. Ho anch'io ricordi che sono contemporaneamente
familiari ed estranei. Ricordi vissuti con un diverso punto di vista,
ma senza ombra di dubbio miei. E' una sensazione che conosco bene.
Posso solo dirti che ci farai l'abitudine e imparerai a conviverci con
questo tuo... doppio» sospirò amaro, una nota di
doloroso
rammarico nella voce. «Mi dispiace, è il prezzo
che hai
dovuto pagare per avere accanto tua madre e me».
«Non
è certo un gran prezzo, papà! L'avervi qui con me
lo
ripaga ampiamente. Non è una brutta sensazione, è
solo un
po' strana... del resto avevo previsto dei cambiamenti» Teddy
si
incupì leggermente, pensoso. «Sai papà,
quando ho
lasciato il Castello mi sono imbattuto in un centauro. Sapeva
cos'ero».
«Sapeva
cos'eri?»
«Sì,
ha detto qualcosa a proposito di Sirio e di un'anomalia temporale. E ha
concluso che ero io, l'anomalia».
«E
questo ti preoccupa?»
«No.
Sì» mormorò Teddy, sfiorando distratto
l'orologio che cingeva il polso del padre. «Non è
tanto il
fatto che il centauro mi abbia riconosciuto a preoccuparmi. Ma ha detto
che la mia scelta avrebbe portato cambiamenti che io non avevo
previsto. E questo mi preoccupa».
«Capisco»
Remus fermò la mano del figlio che aveva
cominciato a giocherellare nervosamente con il cinturino d'acciaio del
suo orologio e la strinse con dolcezza. «Cambiamenti che non
hai
previsto ci saranno stati sicuramente, Ted. Interagire con il corso del
tempo è sempre imprevedibile, ma ho buoni motivi per credere
che
tu non abbia portato sconvolgimenti macroscopici».
Teddy
lo guardò accigliato. «Hai buoni motivo per
crederlo?»
Remus
si
allungò verso il comodino e prese la Chiave del Tempo.
«Sì, ottimi motivi per crederlo. Sai come si
comporta una
Chiave del Tempo dopo essere stata usata, Ted?»
Il
giovane
aggrottò la fronte, sforzandosi di ricordare. «La
pergamena non era molto chiara in proposito. Diceva che, probabilmente,
ogni Chiave poteva essere usata una sola volta perché, dopo
l'attivazione, il suo delicato equilibrio si sarebbe alterato, e il
serpente, approfittando della momentanea scomparsa della fenice,
avrebbe preso il
sopravvento. Secondo l'autore molti degli oggetti che noi crediamo
semplici monili decorati con serpenti sono, in realtà,
Chiavi del
Tempo usate».
Remus
annuì piano e porse la Chiave al figlio.
«Guardala, Ted, cosa vedi?»
Teddy
la prese e
la studiò con attenzione: il serpente nero cingeva il bordo
come
ricordava, non si era mosso, mentre al centro, al posto della superba
fenice di corallo, si trovavano alte fiamme di un argento sfolgorante.
Tra quelle fiamme una minuscola figura cominciava ad apparire
timidamente.
«Il
serpente
è ancora al suo posto. Al centro c'è
qualcos'altro»
mormorò Teddy, cercando di mettere a fuoco la figuretta
circondata dai bagliori d'argento. «Sembra quasi un...
pulcino di
fenice».
Remus
si
avvicinò, guardando a sua volta la Chiave. «Credo
proprio
che lo sia. Per vent'anni ci sono state solo le fiamme; ma questa
notte,
quando ti ho tolto la Chiave dal collo, qualcosa ha cominciato ad
apparire. La fenice sta rinascendo dalle sue ceneri, Ted! Il serpente
non ha affatto preso il sopravvento. La Chiave è intatta e
si
sta ricaricando. Prima o poi sarà pronta per essere usata di
nuovo». Sorrise, dando un colpetto affettuoso sul ginocchio
del
ragazzo e si alzò in piedi.
«Ma,
come...»
Remus
sospirò, sedendosi sul letto accanto al figlio.
«Ah, non
lo so, figliolo, non sono un esperto in Chiavi del Tempo. Posso fare
delle ipotesi, però. Da quello che ho dedotto dalle varie
leggende penso sia tutta questione di equilibrio. Un equilibrio solo
simboleggiato da serpente e fenice. Secondo me tu non hai compromesso
il delicato equilibrio della linea del tempo e, di conseguenza, non hai
danneggiato la Chiave. L'hai usata con molta saggezza, Ted».
«Anche
il centauro ha parlato di uso saggio. E di scelte giuste»
ricordò Teddy con scarsa convinzione.
«Sai,
un
vecchio mago di mia conoscenza, un po' stravagante ma assolutamente
geniale, avrebbe detto che l'hai usata saggiamente perché
l'hai
usata per amore, Ted. Non per odio, per vendetta o per brama di potere.
Solo per amore. E lui era convinto che l'amore fosse la più
potente delle magie e che una scelta non poteva che essere giusta e
saggia se portava un po' di amore in più al mondo»
Remus
esitò, imbarazzato, poi proseguì, la voce un po'
più roca del normale. «Be', ci ho messo un po' di
tempo,
ma ora sono assolutamente convinto che quel vecchio mago avesse
ragione. Come sempre, del resto».
Teddy
annuì, sfiorando la figuretta sempre più nitida
al centro
della Chiave. «Ma chissà di quali cambiamenti
parlava il
centauro?»
«Temo
che tu
sia il solo a poterlo scoprire, Ted. Ma ho buone ragioni di pensare che
alcuni riguardino i licantropi».
«Oggi
sei pieno di buone ragioni, noto».
Remus
sbuffò, facendo scivolare una mano nella tasca del pigiama
ed
estraendone una piccola spilla con la testa di un lupo disegnata sopra.
Teddy la guardò incuriosito. «Una spilla del
C.A.L.D.O.?»
si fermò, pensoso, una parte di lui non
riconosceva affatto quella spilla.
«La spilla del C.A.L.D.O., Ted.
Quella che mi hai dato tu vent'anni fa. L'unico esemplare
esistente».
«L'unico...
oh, ma certo. Non ho fondato il C.A.L.D.O.
in questa realtà! Non
ne avevo motivo. Kyle... lui non ti ha mai insultato. Non ha mai detto
una sola parola contro i licantropi. Kyle è un fan scatenato
dei
licantropi! Mi stupisce che non l'abbia fondato lui, il
C.A.L.D.O.»
Remus
rise.
«Già. Kyle è un fan scatenato dei
licantropi
perché anche suo padre lo è. Kenneth Addams
è un
ottimo pozionista, ha apportato grandi miglioramenti alla Pozione
Antilupo ed è stato uno dei più ferventi
sostenitori
dell'integrazione dei licantropi. Credo sia merito di...»
«Ambrosius!»
esclamò Teddy con ispirato entusiasmo. «Ambrosius
lo ha
guarito! Nella mia altra realtà il padre di Kyle odiava i
licantropi perché uno di loro lo aveva reso invalido; ma
Ambrosius lo ha guarito. E lo ha potuto fare perché tu gli
hai
chiesto di curare il signor Bones. Tutto è partito da
lì!»
Remus
annuì. «Lo credo anch'io. Quella mia semplice
richiesta ha portato
significativi cambiamenti» guardò il figlio con
intensità. «Ha portato un po' di amore in
più al
mondo, affrettando, probabilmente, l'integrazione dei licantropi.
Kingsley ha fatto molto in veste di Primo Ministro».
«Kingsley
ha fatto molto anche nell'altra realtà, papà. Ma
suppongo avesse meno appoggi».
«Probabile.
E non era in contatto con...» Remus sorrise imbarazzato.
«l' Alfa del branco locale di licantropi. Kingsley... be',
diciamo che mi ha fatto un'offerta che non ho potuto
rifiutare».
Teddy
lo
guardò allibito. Ma certo, suo padre non era più
disoccupato da un pezzo. Lavorava per il Ministero, per Kingsley.
Naturale che ora sembrasse un uomo realizzato!
«Sicuro
che
non l'hai potuta rifiutare, Responsabile dei Rapporti tra Maghi e Esseri!»
***
«Ho
sempre
pensato che questo incarico spettasse ad Ambrosius, ma lui ha preferito
riprendere il suo posto di guaritore. Del resto...»
guardò
la fotografia che Teddy teneva ancora in grembo e indicò il
vecchio accovacciato accanto a Ron. «E' quello che
è sempre stato».
Teddy
sorrise
soddisfatto, cozzando affettuosamente la sua spalla contro quella del
padre. «Be', se i cambiamenti imprevisti sono questi sono
contento. Ambrosius se lo merita. E anche Dylan. Cacciatore dei Cannoni
di Chudley!»
Remus
scosse il
capo, scrutando le ragazzine adoranti che saltellavano eccitate nella
foto. «Ah, Dylan... Dylan ha abbattuto anche altre barriere,
non
limitandosi a cacciare Pluffe. La realtà è che
tutte
amano Dylan».
«Tutte
eccetto Ginny, vorrai dire» sogghignò Teddy,
assalito da
ricordi assai poco edificanti che avevano per protagonisti Dylan e
l'infuocata mogliettina di Harry. «Non le va proprio
giù
che i Cannoni abbiano soffiato tanto spesso la vittoria alle
Arpie».
Remus
ridacchiò. «Va bene, te lo concedo, tutte meno
Ginny. Mi
dispiace per lei, ma sono felice per Dylan» si fece
improvvisamente serio. «Aveva già firmato un
contratto con
le Vespe, sai? Lo avevano contattato appena uscito da Hogwarts, una
carriera brillante si prospettava davanti a lui. Interrotta prima di
cominciare dal morso di Greyback. Le Vespe ancora si mangiano le mani
per avere reciso quel contratto».
Teddy
annuì. «La maggior parte della gente ha accettato
i
licantropi, ora. E Ambrosius e Dylan hanno avuto un certo peso nel
processo».
«Sì.
Come Emrys».
Teddy
corrugò la fronte, frugando nei suoi ricordi e ripescando un
cantastorie scarno e gentile che intratteneva i ragazzini ai bordi di
una strada polverosa, poi notò un grosso
volume abbandonato ai piedi del letto; sulla copertina di pelle cremisi
c'era il nome del licantropo scritto in lettere dorate e i ricordi di
Teddy cambiarono. Al lacero cantastorie si sovrappose un uomo sereno e
appagato che, accomodandosi sulla sedia a dondolo posta accanto al suo
lettino, gli raccontava storie avvincenti, popolate da licantropi e da
altre creature fantastiche, mostrandogli le immagini contenute in
variopinti libri incantati.
«Emrys
è uno scrittore!»
Remus
assentì. «Più famoso di Allock. Altro
che "A spasso
coi licantropi"! I libri di Emrys hanno spiegato la
licantropia alla
gente molto meglio dei dotti trattati degli ultimi duecento anni. In
fondo, comprendere i sentimenti e le sensazioni di un licantropo
è più interessante che conoscere dettagliatamente
cosa lo
differenzia da un lupo comune, no? E, a proposito»
ridacchiò indicando il grosso volume con un cenno del capo.
«Emrys non si è limitato al mondo magico. Era
davvero
stanco del trattamento che gli scrittori Babbani riservano ai
licantropi, descrivendoli o come mostri crudeli e sanguinari o come
insipidi mutaforma regolarmente surclassati da vampiri che definire
idealizzati è un eufemismo. Sono assolutamente d'accordo con
lui, devo dire».
Teddy
rise, preparando una risposta degna di quella decisa affermazione, ma
una voce allegra e squillante lo precedette.
«E
hai
perfettamente ragione, amore mio. Nessun essere tecnicamente morto
potrà mai surclassare un licantropo, non se ne parla
proprio!»
Ninfadora
Tonks,
infilata in un sorprendente pigiamino giallo zafferano disseminato da
piccoli snasi dello stesso rosa acceso dei suoi capelli, si stava
avvicinando al letto, portando in precario equilibrio un vassoio di un
abbagliante color ciclamino.
«Grazie,
Dora» rispose educatamente Remus guardando, un po'
apprensivo, il
bicchiere ricolmo di succo di zucca che oscillava allegramente sul
vassoio e togliendo furtivo il libro di Emrys dalla traiettoria della
moglie. «Apprezzo molto il tuo sentito appoggio».
La
strega gli
rivolse un sorriso radioso, immediatamente esteso anche al figlio.
«Ti
sei svegliato, finalmente, Teddy. Ti ho portato la colazione. Non ci
fare l'abitudine, ma un ringraziamento te lo dovevo».
Il
ragazzo assottigliò gli occhi, sospettoso. «Un
ringraziamento? Tu sai...»
«Sì»
lo interruppe sbrigativa la strega, appoggiando con un po' troppo
slancio il vassoio sul comodino. «So. E sarei venuta prima se
una
cospicua parte del mondo magico non avesse deciso di contattarci via
camino» scrutò i due maghi, curiosa. «Di
cosa
stavate parlando?»
«Oh,
della
differenza che può fare un po' di amore in più al
mondo» rispose Remus, asciugando con un sapiente colpo di
bacchetta il succo di zucca che si era appena riversato sul vassoio e
minacciava di raggiungere l'invitante fetta di torta che giaceva,
inerme, su un piattino celeste.
Tonks
scrutò il marito con una punta di scetticismo e,
afferrandogli
il mento con una mano, lo costrinse senza troppi complimenti a
guardarla. «Sembrerebbe che tu abbia finalmente imparato la
lezione di Albus Silente, Remus».
Il
mago le rivolse
un sorriso timido e annuì. «Sembrerebbe,
sì. Quale
parte del mondo magico ci ha contattato via camino,
esattamente?»
«Oh,
prima
di tutto mia madre, mattiniera come sempre. Voleva avvisarci di non
passare da casa sua perché ieri sera è rimasta a
dormire
da Harry. Pare avesse promesso a Lily di raccontarle integralmente la
storia di Teddy e del raffinato
portaombrelli; poi è stata la
volta di Hermione...»
Teddy
la
interruppe bruscamente, scoccando un'occhiata di fuoco al padre.
«Ehi, non dovevi impedirmi di rompere il raffinato
portaombrelli
di nonna Andromeda, tu?»
Remus
abbassò lo sguardo, mortificato. «Ah,
io... ci ho provato, Ted, davvero. Quando hai compiuto sei anni ho
fatto notare alla nonna che quel portaombrelli era troppo raffinato per
stare dov'era, ma lei ha frainteso clamorosamente le mie
intenzioni» sospirò affranto. «Pensando
che mi
piacesse da impazzire, colta da un impeto di generosità e
deliziata dal mio spiccato buon gusto, me lo ha regalato - si intonava
perfettamente al suo dono di nozze, la lampada qui fuori, secondo lei -
è venuta a casa con me e lo abbiamo sistemato in soggiorno.
Tu
stavi leggendo "Incantesimi
senza Bacchetta" di Caius Charmed seduto
sul divano...e...»
«E
pronunciando ad alta voce uno di quegli incantesimi lo hai fatto
esplodere» concluse allegra Tonks, scompigliando, palesemente
orgogliosa, i capelli al figlio. «Il mio maghetto! Talentuoso
come il suo papà!»
«Sì,
e tempestivo come la sua mamma».
«Remus...»
«La
verità Ted è che non ho nemmeno potuto ripararlo,
lo
avevi praticamente disintegrato! Non c'erano più pezzi da
rimettere assieme».
Tonks
annuì
compiaciuta. «Nonno Ted sarebbe stato contentissimo. Anzi,
sono
convinta che ci abbia messo lo zampino lui, da
lassù»
ammiccò ai due maghi che la scrutavano incuriositi.
«Be',
detestava quel raffinato
portaombrelli. Aveva tentato in tutti i modi
di piazzarlo in luoghi strategici, vale a dire frequentati da me. L'ho
rotto parecchie volte, infatti. Ma mai in maniera irreparabile come sei
riuscito a fare tu, tesoro. E al primo tentativo!»
Teddy
sorrise
divertito, mentre la scenetta appena raccontata dai genitori si
sovrapponeva a quella, omologa, dove lui era solo, in balia di una
nonna Andromeda che ricordava vagamente una Banshee arrabbiata. Nella
nuova versione accanto a lui c'erano anche mamma e papà, un
po'
imbarazzati, ma chiaramente divertiti; la cosa era stata molto meno
traumatica. Non era un brutto ricordo, tutto sommato.
«L'allievo
ha superato il maestro» concluse irriverente.
«Direi
proprio di sì» concordò Tonks,
sedendosi accanto a
Remus che, fissando come ipnotizzato il pigiamino della moglie, chiese
con garbato interesse: «Cosa voleva Hermione,
Dora?»
«Oh,
solo
avvisarti che oggi a Hogwarts dovresti scambiare due chiacchiere con i
centauri; sono un po' insofferenti ultimamente, perché un
branco
di Thestral ha invaso il loro territorio. Colpa del nuovo cucciolo di
Hagrid, sembra».
Remus
la guardò inquieto. «Hagrid ha un nuovo
cucciolo?»
«Sì.
Un incrocio tra non è ben chiaro cosa».
Il
mago socchiuse
gli occhi, avvilito. «Sarà sicuramente qualcosa
dotato di
zanne, pungiglioni e altre fantasiose armi improprie strategicamente
sistemate nelle più impensabili parti anatomiche».
La
strega
ridacchiò, scostandogli con comprensiva tenerezza una ciocca
di
capelli dalla fronte. «Hermione aveva il tuo stesso
entusiasmo,
sai? Mi ha anche raccontato uno strano sogno riguardante un tetro
portale aperto da un antiquato orologio da taschino. Teddy lo
attraversava cavalcando un Thestral e spargendo Pozione Polisucco su un
branco di lupi mannari rosa. Oh, il tutto sventolando una bandiera
bulgara. Non so se era più innervosita dal sogno o dal nuovo
cucciolo di Hagrid».
Teddy
arrossì lievemente e mormorò: «Temo di
essere io la causa del
sogno. Prima di venire nel passato le ho parlato della Chiave del Tempo
e del mio progetto di utilizzarla. Anche Victoire ha fatto un sogno
simile» disse, indicando con un gesto vago la pergamena
appoggiata sulla cassettiera.
Remus
si
sfregò il mento, pensieroso. «E' possibile...
l'orologio
da taschino e il portale attraversato da Teddy potrebbero essere in
qualche modo collegati al discorso da lui fatto all'Hermione dell'altra
realtà. Certo, mi sfugge il significato dei lupi mannari
rosa
inondati da Pozione Polisucco... per non parlare della bandiera
bulgara».
Tonks
guardò incuriosita il figlio. «Per caso lo hai
raccontato anche a Harry, il tuo piano, tesoro?»
Il
ragazzo
annuì e Tonks sorrise. «Questo spiega anche il suo
di
sogno, allora. Era già pronto a rinfrescare le sue doti di
occlumante».
«Ha
chiamato anche Harry?» chiese Remus, sorpreso.
«Sì.
Ha raccontato confusamente anche lui un sogno caratterizzato da un
antico medaglione
d'oro che risucchiava Teddy, mentre tu e io spuntavamo da una pietra...
oh, ha detto anche che ha bisogno di
parlare con te, Remus».
«Con
me? Non sono mai stato granché come interprete di
sogni».
«Non
del sogno! Gli sono arrivate alcune lettere da Hogwarts. Riguardano
James, a quanto ho capito».
«James,
un
frisbee zannuto, alcune crostatine alla crema e qualche Serpeverde, per
la precisione» specificò Teddy sogghignando.
«Me lo
ha scritto Victoire».
Tonks
rise
deliziata. «Harry voleva un tuo consiglio su come affrontare
con
Ginny la spinosa questione. Sostiene che gli dispiacerebbe parecchio
vedere il suo primogenito trasfigurato in un portaspilli».
Remus
si
alzò dal letto, sospirando. «Sì, posso
immaginare.
Sarà meglio che gli parli subito, allora. Ah,
Jamie...»
scosse la testa, una luce divertita e malinconica nello sguardo.
«Lo avevo detto a Harry che non mi pareva un'idea
così
brillante chiamare quel bambino James Sirius».
«James
Albus sarebbe stato meglio» convenne Tonks.
Remus
ci
pensò per un istante. «Forse sì, ma poi
Sirius
Severus sarebbe diventato uno psicopatico dalla personalità
multipla e con accentuati istinti autodistruttivi. No, è
stato
meglio così, tutto sommato».
Fece
per uscire ma la moglie, alzandosi di scatto, lo fermò
trattenendolo per un polso.
«Aspetta,
Remus, hai già deciso cosa indosserai oggi?»
chiese la strega con noncuranza.
Remus
la guardò sospettoso. «No».
«Bene,
pensavo che potresti indossare la tunica che ti ha regalato mamma per
il tuo compleanno. Sarebbe perfetta con questa, non trovi?»
disse
la strega, piazzandogli sotto il naso una cravatta fucsia cosparsa da
una miriade di agitati gattini turchesi. Remus la fissò
ammutolito e Teddy scorse chiaramente un lampo di raccapricciato panico
attraversargli gli occhi, ma fu questione di un istante, si riprese
subito e sfoggiò il più tenero e dispiaciuto dei
sorrisi: «Ah, amore, sarei onorato di indossarla, ma a questo
punto del ciclo lunare non posso proprio. Il lupo è troppo
nervoso per sopportarla» così dicendo si
chinò a
sfiorare con un rapido bacio le labbra della moglie e, sotto lo sguardo
ammirato del figlio, lasciò la camera.
Altro
che fascino
Black, pensò Teddy adocchiando il calendario appeso al muro,
era
il fascino Lupin quello davvero irresistibile!
Tonks
si
sfiorò la bocca e sogghignò. «Che
spudorato! In
questa fase del ciclo lunare il lupo è troppo
nervoso?»
sbuffò indicando il calendario. «Non ci
sarà
neppure la luna questa notte... è la fase del ciclo lunare
in
cui il lupo è più tranquillo».
«Oh,
lo hai notato...»
«Certo
che sì, tesoro. Seguo le fasi lunari con la sua stessa
attenzione. Proprio come fai tu».
Teddy
ci
pensò un istante e realizzò che era vero. Da
quando aveva
memoria tutti i Lupin seguivano il ciclo della luna con estrema cura.
Condividendo con Remus anche le notti di plenilunio, quando
riuscivano a vincerne le assurde resistenze. In fondo, grazie alla
Pozione Antilupo potenziata, era più innocuo del cagnetto
del
signor Peabody: aveva sicuramente un carattere migliore.
«Sai
che non metterà facilmente quella cravatta, vero
mamma?»
«Facilmente?
So per certo che non la metterà neppure morto, questa
cravatta.
Ma mi diverte punzecchiarlo un po'. E' così divertente
punzecchiare il tuo
papà».
Teddy
la
guardò, poco convinto. «Se lo dici tu. Ma... ti ha
raccontato tutto? Della Chiave del Tempo, intendo. E della mia
intrusione nel passato».
La
strega lo studiò un istante, seria, poi, posando la cravatta
sul comodino, gli si sedette accanto.
«Sì,
tesoro, mi ha raccontato tutto. Un paio di giorni dopo la Battaglia di
Hogwarts mi ha mostrato la Chiave, mi ha spiegato come funzionava e mi
ha rivelato la vera identità di Dorian Johnson»
tacque un
istante, un po' mortificata. «Non devo averti fatto una
buonissima impressione quella sera. Crollare così, neanche
fossi
stata vittima di dieci Schiantesimi in contemporanea... davvero una
grande Auror devo esserti sembrata!»
«Eri
solo stanca, mamma! Ma il modo in cui hai steso Bellatrix... certo che
mi sei sembrata una grande Auror».
«Ero
molto
stanca, sì. Tuo padre aveva ragione, non avrei dovuto andare
a
Hogwarts, quella sera» lo guardò mesta, gli occhi
scuri
attraversati da un lampo di rimorso. «Sarei dovuta restare a
casa
della nonna, con te. Ma non ci sono proprio riuscita. Non potevo
lasciare solo Remus. Non potevo non combattere per il tuo futuro...
meno male che sulla nostra strada è comparso Dorian Johnson.
L'ho subito trovato simpatico, sai? Aveva un naso interessante. E
splendidi occhi...»
«Hai
parlato a papà degli occhi di Dorian Johnson?»
«No.
Non me
ne ha dato il tempo. E' stato lui il primo a introdurre il
discorso» sorrise. «Era... è
così orgoglioso
di te, tesoro. Ha dovuto parlarne, credo... o sarebbe esploso.
Così, alla fine, eravamo in due a essere orgogliosi di
te».
«Oh»
Teddy abbassò gli occhi, un po' turbato.
«Qualcosa
non va?»
«No.
E' solo
che capisco papà. Il fatto che ti abbia raccontato tutto,
intendo. Anch'io lo avevo fatto con Victoire, ma ora lei non ricorda
nulla. Solo quel sogno delirante che mi ha descritto. Un po' mi
dispiace...»
Tonks
gli prese il
viso tra le mani, costringendolo a guardarla. «E tu
ridiglielo.
Fai quello che papà ha fatto con me, mostrale la Chiave e
raccontale tutto».
«Ma...»
«Nessun
ma,
tesoro, non nasconderti da chi ami. Mostrati per quello che sei. Non
alzare barriere, non negarti, neppure se pensi che sia per proteggere
chi ti sta accanto. Non commettere gli errori che ha commesso tuo
padre. Non infliggerti le sofferenze che si è inflitto
lui».
Teddy
guardò la madre, meravigliato. «Io non sono
papà,
non sono mai stato ferito come lo è stato lui».
«E'
vero. Ma
gli assomigli molto, Teddy. Moltissimo. Non solo fisicamente. E bada
che è un complimento» affermò la strega
strizzandogli un occhio sbarazzina.
«Non
avevo
dubbi, mamma. Ma stai tranquilla» la rassicurò il
ragazzo,
virando i suoi capelli a un turchese brillante. «Somiglio
molto
anche a te».
«Sì,
somigli molto anche a me» concordò la strega,
prendendo
dal vassoio il piattino con la fetta di torta miracolosamente
sopravvissuta al piccolo tsunami di succo di zucca. «Sei come
questa torta, Teddy».
«Cosa?»
La
strega rise e porse il dolce al figlio. «Conosci la sua
storia?»
Teddy
si
concentrò un istante e annuì: era la
specialità
indiscussa del signor Peabody, conosciuta anche come Torta di Teddy.
«Il
signor Peabody l'ha creata per voi due».
Tonks
annuì. «Vero. Era esasperato delle continue
schermaglie
che tuo padre e io inscenavamo nella sua linda pasticceria per decidere
tra torta al cioccolato e torta alla cannella. Così decise
di
tentare un esperimento e, il giorno del tuo primo compleanno, ci
annunciò che aveva creato la torta che ci avrebbe messo
d'accordo e l'aveva dedicata a te. Be', aveva ragione, da allora tuo
padre e io non abbiamo più avuto dubbi sulla torta da
prendere:
questo fantastico trionfo di cannella e cioccolato!»
Teddy
addentò con gusto quella torta dal profumo delizioso e,
lasciandosi conquistare dalla sua consistenza perfetta, ne
assaporò estasiato il gusto ricco e speziato, adorando il
modo
in cui il brioso pizzicore della cannella s'intrecciava all'avvolgente
dolcezza del cioccolato, esaltandola e venendone a sua volta esaltato.
Nessuna torta alla cannella o al cioccolato poteva davvero competere
con quella perfetta e armoniosa unione di sapori contrastanti.
«Il
signor
Peabody ha ragione. La Torta di Teddy, perfetto miscuglio di cioccolato
e cannella, è davvero buonissima. Migliore degli elementi di
partenza».
Tonks
annuì
sorridendo. «Un vero capolavoro, sì. Come te,
perfetto
miscuglio di tuo padre e di me. Migliore degli elementi di
partenza».
Teddy
posò
la torta sul vassoio, pronto a ribattere a quell'ultima affermazione
con una fiera e vibrante protesta. Troncata però sul nascere
dalla madre che, afferrata bruscamente la cravatta, gliela
piazzò sotto il naso, proponendo convinta: «Per
caso la
vuoi indossare tu, tesoro? Sono sicura che a tuo padre non
dispiacerà».
Teddy
serrò
la bocca, sbarrò gli occhi e guardò la madre un
po'
agghiacciato: lui non era bravo come il padre a contrastare quegli
attacchi di follia stilistica. «Eh... ecco, io... non credo
che...»
Tonks
esplose in
quella risata allegra e irresistibile che una parte di Teddy conosceva
alla perfezione e abbracciò con entusiasmo il figlio.
«Scherzavo, sciocchino».
«Oh»
Teddy sospirò sollevato e si rannicchiò nel suo
morbido
abbraccio profumato di mughetto, godendosi quella sensazione nuova e
familiare. La strega parve rendersene conto e rafforzò la
stretta, mormorando divertita: «Ehi, che succede, Teddy, non
ti
allontani protestando sdegnato?»
Teddy
scosse la testa. «Mai. Potrai abbracciarmi tutte le volte che
vorrai, mamma. Non protesterò mai».
La
strega sorrise intenerita e lo scostò da sé con
dolcezza.
Teddy
la
guardò, incerto se renderla partecipe di una cosa di cui si
era
appena ricordato, poi rammentò il discorso appena fatto sul
non
nascondersi da chi si ama e prese la sua decisione.
«Sai
mamma,
ci sono alcune cose che non sono cambiate, nelle mie due vite. Una di
queste è il solo motivo per cui, da bambino, ho vivacemente
discusso con Victoire. Lei sosteneva che nessuna mamma era bella come
la sua. Io non sono mai stato d'accordo. Ho sempre pensato che tu lo
fossi molto di più».
Tonks
sgranò gli occhi, incredula, poi sorrise lusingata,
mascherando
l'imbarazzo con un pizzico d'irriverente ironia. «Sei proprio
uguale a tuo padre. Anche lui ripete da sempre la stessa, insostenibile
cosa».
«L'
ho sempre detto che papà è dotato di un
impeccabile buon gusto».
Tonks
rise,
scompigliando teneramente i capelli, ancora di un turchese abbagliante,
del figlio. «Ah, fascino Lupin unito a fascino Black. Chi
potrebbe resisterti? Ti stanno bene i capelli di questo colore, tesoro.
Perché non li tieni così per oggi?»
«Ecco...
è solo che...» Teddy arrossì
vivacemente, guardando
in tralice la madre. «A Victoire piaccio al naturale... lei
mi
trova... uh... bello».
«L'
ho sempre detto che Victoire è dotata di un impeccabile buon
gusto».
Il
ragazzo
sogghignò, riportando i capelli al colore naturale e sua
madre
sospirò melodrammatica. «Peccato, però,
sarebbero
stati d'incanto con questa cravatta... a proposito, chissà
se
tuo padre ha finito con Harry» fissò la porta,
pensosa,
poi scoccò un bacio sulla fronte del figlio e si
avvicinò
alla porta. «Finisci la colazione e preparati, Teddy, ci
vediamo
dopo».
«Mamma».
La
strega si voltò incuriosita.
«Sii
buona con lui. Mi piace avervi attorno interi, sai?»
«Tranquillo...
voglio solo indagare un po' su questa faccenda del lupo
nervoso»
gli strizzò complice un occhio e, sfoggiando un ghigno
più inquietante di quello di una sfinge, se ne
uscì dalla
stanza.
Teddy
fece
spallucce e, preso il bicchiere non più così
colmo di
succo di zucca, studiò interessato la fotografia appesa
sopra la
testata del letto, tra un poster delle Sorelle Stravagarie e un
gagliardetto di Grifondoro. Ritraeva tre persone. Al centro c'era un
ragazzino un po' nervoso, ritto in piedi accanto a un grosso baule
nuovo di zecca, una gabbia contenente un'elegante civetta argentata
stretta in una mano e una bacchetta magica nell'altra; alle sue spalle
si stagliava la locomotiva fumante dell'Espresso di Hogwarts. Era lui,
quel ragazzino, ma aveva qualcosa di diverso. Aveva lo sguardo di un
bambino sereno e completo. Lo stesso sguardo che avevano i figli di
Harry, ma che lui non aveva mai avuto prima. Al suo fianco Harry gli
porgeva complice una vecchia pergamena ingiallita, sorridendo
impertinente a Remus che, scuotendo il capo si chinava a mormorare
qualcosa all'orecchio del figlio, prima che tre bacchette colpissero
all'unisono la pergamena.
Le
labbra di Teddy
si curvarono nello stesso sorriso malandrino che Harry sfoggiava nella
fotografia. Posò il bicchiere ormai vuoto sul comodino,
aprì il cassetto e ne estrasse una vecchia pergamena
ingiallita: Harry aveva già ritardato a sufficienza quel
momento, era giunta finalmente l'ora che nuovi Malandrini
scorrazzassero per i meandri più misteriosi di Hogwarts e
dintorni. Chissà, magari avrebbero aggiunto nuove
informazioni
alla Mappa del Malandrino, come aveva fatto lui con il passaggio
segreto sul
retro di Mielandia.
Non
sarebbe venuto
meno alla promessa fatta al padrino, del resto. Non avrebbe dato la
Mappa a James prima del Natale del suo terzo anno al Castello; la sua
intenzione era quella di darla ad Albus, infatti. E Harry non aveva
posto alcun veto, in proposito.
«Remus
John
Lupin!» la voce squillante della madre gli giunse argentina
all'orecchio, era molto vicina, probabilmente appena fuori dalla porta.
«Sappi
che
sei nei guai. E in guai molto grossi, anche! Il lupo furioso per la
fase del ciclo lunare, eh? Ma se non ci sarà neppure la luna
questa notte!»
La
voce del padre sembrava un poco più distante. «Ah,
attenta alla lam...»
Il
rumore sinistro e familiare di qualcosa di fragile andato in frantumi
fece sogghignare Teddy.
«...
pada, Ninfadora». La voce di Remus si era avvicinata, ora.
«Uff.
Ma
perché non abbiamo mai pensato di piazzare Teddy, armato del
tuo
libro d'Incantesimi senza Bacchetta, nei pressi di questa raffinata
lampada?»
«Non
saprei. Perché non volevi che perdessi il mio tocco con gli
Incantesimi di Riparazione?»
«Forse...
oh
no, non ci provare, Lupin, non mi farò distrarre
così
facilmente. Che stai facendo con quella bacchetta, ora?»
«Sto
accingendomi a sostenere il mio allenamento quotidiano nell'Incantesimo
Reparo, Ninfadora. Ecco fatto. Dicevi?»
«Non
c'è luna piena questa notte».
«No.
Non
c'è. Non ho mai detto che ci fosse, in effetti. Ho solo
constatato che in questa fase lunare il lupo è troppo
nervoso
per indossare quell'adorabile cravatta. E lo è, fidati,
Ninfadora».
«Ninfadora?
Sei arrabbiato?»
«No.
Nemmeno un po', Ninfadora». La voce del padre vibrava di puro
divertimento.
«Oh,
e io sono arrabbiata?»
«Lo
stai chiedendo a me? Suppongo di sì».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei
sempre stato una frana nelle supposizioni, Remus».
«Non
è vero».
«No?
Non
funzionerebbe tra noi, sono troppo vecchio, troppo povero e troppo
pericoloso, suppongo; i licantropi non sono fertili, suppongo; questo
bambino sarà un licantropo, suppongo; questo bambino mi
odierà o, nella migliore delle ipotesi, si
vergognerà di
me, suppongo...»
«Va
bene, va
bene, ho afferrato il concetto. Non sono molto bravo nelle supposizioni
che riguardano noi due, ne convengo. Devo quindi supporre che neppure
tu sei arrabbiata?»
«Uhm...
pare che tu stia migliorando nelle supposizioni».
«Vedi?
Se mi applico. Oh, che stai facendo con quella cravatta,
Ninfadora?»
Teddy
ascoltò sconcertato il tremolio improvviso nella voce del
padre.
Merlino, che la madre avesse deciso di strangolarlo con la cravatta?
«Ah,
ecco. Adorerei assecondarti, Ninfadora, ma non credo ce ne sia il
tempo».
«Oh,
è ancora presto, abbiamo tutto il tempo, suppongo».
«Supponi?»
«Suppongo».
«Sei
sempre stata bravissima con le supposizioni, tu. Non vedo
perché dovresti sbagliarti proprio ora».
Una
risata
argentina si levò squillante, subito accompagnata da una
più profonda, poi passi affrettati e il cigolio di una
porta,
seguito dall'inconfondibile ronzio di un Incantesimo Muffliato ben
assestato. No, qualsiasi cosa avesse in mente di fare sua madre con la
cravatta non era strangolare il consorte.
Teddy
sorrise divertito. Era davvero felice che, dopo vent'anni, il suoi
genitori fossero ancora innamorati fino a quel punto.
Il
mondo era
davvero un po' migliore grazie alla Chiave del Tempo. La sua scelta era
stata una buona scelta, dopo tutto. Perché aveva portato un
po'
di amore in più al mondo. Nella sua vita, certo, ma anche in
quella di Harry e di Andromeda, per esempio. E in quella dei licantropi
e degli Addams, anche. Ma, soprattutto, in quella dei suoi genitori.
Quell'amore
caparbio e totale che Remus e Tonks provavano l'uno per l'altra e che
riversavano, amplificato, su di lui non poteva che avere reso il mondo
un posto un pochino migliore.
Teddy
si
ricordò che, a un certo punto, la notte della Battaglia di
Hogwarts, osservando i genitori si era chiesto come potessero amarsi
due persone tanto diverse tra loro. Ora lo sapeva. Perché
suo
padre e sua madre erano davvero diversi come il giorno e la notte, come
il sole e la luna, come lui e Victoire, ma erano proprio queste
diversità a rendere tanto speciale la loro unione.
Perché
erano complementari, perché, pur essendo fantastici presi
separatamente, insieme lo erano di più. Perché si
esaltavano e si completavano a vicenda - inghiottì l'ultimo
pezzetto della torta, gustandone l'armonica dissonanza di speziato e di
dolce – come la cannella e il
cioccolato.
Fine
***In
"Animali fantastici:
dove trovarli" (libretto minuscolo ma molto
istruttivo) J.K. ci informa che all'Ufficio Regolazione e Controllo
delle
Creature Magiche vi sono tre divisioni: la Sezione Animali, la Sezione
Spiriti e la Sezione Esseri. Intentendo con Essere "qualunque
creatura
dotata di intelletto sufficiente da apprendere le leggi della
comunità
magica e da assumersi parte della responsabilità di stilare
quelle
leggi" (pag. XII). Ecco, nella mia storia Remus lavora con dette
Creature Magiche. Licantropi compresi.
Ed ecco l'Epilogo. Siamo
arrivati alla fine della mia piccola storia.
Missione compiuta. Remus e Dora, vivi e vegeti, hanno potuto vedere
quel Mondo Migliore che hanno cercato di ottenere con tutte le loro
forze; e si
sono potuti godere il loro amore e il loro bambino. Teddy è
riuscito nel suo nobile intento (ringraziamo tutti il talento di
zio Alphard nello scegliere i regali di nozze) e io spero di essere
riuscita nel mio.
Solo alcune precisazioni.
Ebbene sì, lo confesso, sono Grifondorofila e non ci posso
fare
nulla - ognuno ha i suoi difetti, in fondo - lo so che gran parte del
Fandom auspica una diaspora degli eredi del trio tra le varie Case...
ma io non posso fare a meno di vederli tutti riuniti nella Sala Comune
dei Grifondoro. Come Harry, Hermione e Ron. E, ancora prima, come
Remus, James e
Sirius. Ma ribadisco che non ho nulla contro le
altre tre Case, anzi. E se, un giorno, la Rowling ci
comunicherà
di avere diviso i rampolli nelle quattro Case mi andrà
comunque
benissimo. Ma fino ad allora...
So anche che la maggior parte di coloro che "resuscitano" Remus e Tonks
tende poi ad allietarli con una schiera di allegri e variopinti
frugoletti;
dando vita a storie deliziose che adoro leggere. Anch'io ho preso in
seria considerazione l'idea di regalare a Teddy almeno un fratellino (o
una sorellina), e già mi immaginavo un vispo Dorian (o
Doriana,
magari) che piombava in camera e svegliava lo sventurato fratellone
sfoggiando un tatto tipicamente tonksiano... ma non ce l'ho
proprio fatta. La Rowling ha deciso che Teddy fosse figlio
unico e non me la sono sentita di contraddirla anche in questo.
Già le ho negato la morte di due personaggi, suvvia! E poi,
in
fondo, nella saga di Harry Potter i figli unici hanno una gloriosa
tradizione e, nel bene o nel male, tendono a risultare piuttosto
speciali, quindi può andare anche così, direi.
A un certo punto, Teddy parla di un lupo Rasta. Non so se i
maghi
conoscano questo particolare "stile". Ma Teddy - specialmente il Teddy
cresciuto da Tonks - può plausibilmente conoscerlo. A
differenza
di Remus che, infatti, si limita a parlare di un "lupo con le trecce".
Chiedo poi perdono ai fan dei Vampiri per le irrispettose opinioni di
Emrys, Remus e Tonks in proposito. Non ho nulla contro le suddette
creature della notte... ma tendo a prediligere irrimediabilmente i
licantropi. E gli scrittori "Babbani" - con la doverosa eccezione
di J.K. Rowling - non mi danno molta soddisfazione. ;-)
E infine due parole sulle Chiavi del Tempo. Ho tentato di renderle
credibili (per lo meno credibili quanto possono esserlo simili strambi
manufatti) e mi piaceva l'idea di assoggettare anche loro ai concetti
che permeano tutta l'opera della Rowling: la potenza dell'Amore e
l'importanza delle Scelte. Inoltre, parlando di Tempo ho deciso
d'introdurre anche il concetto di equilibrio. Spero di essere riuscita
a creare un oggetto non troppo assurdo. Ma se qualcosa non dovesse
tornare siate buoni e comprendetemi: anch'io, come Remus, non sono
un'esperta di Chiavi del Tempo... posso solo avanzare delle
ipotesi! ;-)
Grazie a tutti i membri dell'Esercito dei Silenti. Siete davvero
tantissimi! Mi avete indubbiamente sorpresa!
E un grazie ancora più sonante a tutti coloro che hanno
avuto la
bontà di dirmi cosa ne pensano della mia storia: mi ha fatto
molto piacere, non me li aspettavo tanti commenti! Spero vivamente che
l'Epilogo non vi abbia troppo deluso... ma non è
facile
scrivere un Epilogo. Tirare tutte le somme e tentare di immaginarsi le
conseguenze di un Viaggio nel Tempo è piuttosto impegnativo.
Jadis96:
Ciao! Sono
contenta che la Jadis "con il numerino" sia tornata a recensirmi. E
sono anche più contenta che la Jadis "con il numerino" abbia
apprezzato il capitolo! Spero le piaccia anche l'Epilogo.^^ E'
vero, è finita... però chissà, potrei
sempre
tornare. Ma per ora: Fatto il misfatto! ;-)
fri rapace:
Ciao! E
come avrei mai potuto non dedicare spazio ai licantropi? Tenuto conto
che io la penso esattamente come Emrys, Remus e Dora, tra l'altro! La
difficoltà è stata, piuttosto, quella di
impedirmi di
dedicare loro ancora più spazio...
Harry racconterà sicuramente a Remus che è stato
salvato
da un incantesimo lanciato da Severus (certo, George
avrebbe preferito un po' più di mira da parte del suo
unticcio
professore di Pozioni, eh... ^^) ma in un momento più
opportuno. Prima di questo i due avranno cose più "urgenti"
da
chiarire. Tipo chi potrà coccolarsi Teddy per primo,
magari... ma
poi affronteranno sicuramente la questione Severus.
Per quanto riguarda
il "cattivo tanto imbastito da suicidarsi" non posso che dirmi
d'accordo. Ma, a parer mio, Voldemort non poteva che morire in modo
tanto assurdo... ucciso dalla sua stessa arroganza e dalla sua
incapacità di comprendere quale immenso potere abbia
l'amore.
Purtroppo per lui non ha mai co,preso la lezione di Albus Silente, a
differenza di Remus. ;-)
Per quanto riguarda la storia... be' ci hai
azzeccato per metà. Remus e Dora sono vivi, sì. E
hanno
potuto crescere il loro bimbo (come avrei potuto privarli di questa
gioia, del resto) e Teddy ha ricordi meravigliosi del suo passato
accanto a mamma e papà... ma si ricorda perfettamente della
Chiave del Tempo e del suo passato senza mamma e papà. Spero
che
anche questa versione ti possa piacere e, magari, commuovere.
E non preoccuparti per le tue domande: a me fanno piacere. E sappi che
il titolo di "Rompipluffe
Massima" resta comunque di Dora. Ti distacca
di parecchie lunghezze, temo. ;-)
Kamen:
Grazie! Mi fa
davvero piacere che anche il capitolo quinto ti sia piaciuto. E, per
quanto mi riguarda, è assolutamente lampante che Tonks
è
sì adorabile, ma è tutt'altro che incapace:
è un
Auror,
suvvia. Solo i migliori riescono a diventarlo! Ed eccoti l'Epilogo,
spero ti piaccia quanto gli altri capitoli.
fennec:
Grazie! Mi fa
piacere che tu abbia apprezzato l'intrecciarsi della mia storia con gli
eventi narrati dalla Rowling. E' importante, perché
è la
stessa Battaglia descritta da lei, solo vista da un altro punto di
vista. Anche a me sarebbe piaciuto molto descrivere il primo
approccio di Harry con il piccolo Lupin. Sarebbe stato tenero e
divertente... ma purtroppo avrebbe scombussolato un po' la mia
storia, visto che avrei dovuto giostrare due Teddy contemporaneamente,
mentre il Portale del Tempo si chiudeva inopportunamente. Ed eccoti
l'Epilogo. Spero che la tua trepidante attesa non sia andata troppo
delusa.
lyrapotter
: Ed eccoci
qui. Grazie per la telecronaca e per i complimenti rinnovati! Teddy
è un personaggio strepitoso da maneggiare, e non
è
davvero difficile farlo amare. Fa tutto da solo! Basta
assecondarlo. Però penso anch'io che, per una serie di
motivi,
un personaggio adulto ha un fascino differente di un
bambino/adolescente.
La faccia di Dora in quella situazione deve essere
stata sicuramente degna di nota... fortunato Remus che ha potuto
ammirarsela per benino. ^^ Per quanto riguarda i licantropi... ti
svelerò un segreto: anch'io devo essere affetta dalla tua
stessa
patologia, sai? Perché vengo a mia volta affascinata da ogni
esemplare portatore "civilizzato" di Piccolo Problema Peloso. Diciamo
che condivido totalmente le idee di Emrys, Remus e Dora al riguardo.
;-) Mi fa particolarmente piacere che tu abbia apprezzato il trio
mannaro, come avrai visto hanno una certa importanza anche in questo
capitolo, pur non comparendovi di persona. E mi fa altrettanto piacere
il fatto che tu abbia apprezzato la chiacchierata tra Harry e Remus; ho
adorato scriverla, il loro rapporto mi ha sempre interessata e
mi
sono divertita parecchio ad esplorarlo. Così come mi sono
divertita a
studiare gli effetti collaterali dei colpi da "sfera di cristallo",
sì.
Diciamo che Remus, di tanto in tanto, ha bisogno di una bella scossa...
ma pare abbia finalmente capito che il ciclico spintare di orecchie
pelose e coda non pregiudica assolutamente il suo
essere un padre fantastico. Dora, d'altro canto,
è una madre alternativa e fantasiosa... ha uno stile tutto
suo,
diciamo: Teddy si divertirà molto.
Ora sono io a lasciarti. Dopo
questa risposta, aggiunta al chilometrico Epilogo - che spero sia stato
di tuo gradimento - ti vedo anch'io piuttosto provata. ;-)
dirkfelpy89:
Ciao! E
grazie per la nuova recensione! Sì, credo anch'io
che Harry
avrebbe passato del tempo con Remus dopo la Battaglia, se J.K.
non avesse deciso di rendere impossibile la cosa... mi fa piacere di
non essere la sola a pensarla così. Spero che anche questo
capitolo, pur essendo lunghetto, non abbia troppi tempi
morti e ti abbia divertito.
KELLINA:
Bene. Allora
spero che anche l'Epilogo ti sia piaciuto! Non vorrei mai essere
scivolata proprio sul finale.
Sì, mi hai scoperta! E' vero, ho
amato moltissimo i personaggi della saga. Tutti, dal primo all'ultimo;
certo, ci sono quelli che mi suscitano umana simpatia e quelli che mi
fanno saltare i nervi appena compaiono sulla scena, ma li amo comunque
tutti così come sono. Di conseguenza, ho tentato
disperatamente di non "snaturarli
o deformarli", e sentirmi dire che ci sono riuscita... be', mi fa
davvero un immenso piacere. E credo proprio che, prima o poi, mi
vedrai rispuntare con qualche altra piccola storia. Scrivere questa mi
ha già dato idee per altri brevi racconti. Evidentemente le
fanfiction sono come le ciliegie: una tira l'altra.
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