Everlong

di mallveollos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Solo per quella volta... ***
Capitolo 3: *** Tregua apparente ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 Everlong



«Credi davvero che sia una buona idea, Ramoso?».

«Dubiti di me?».

«Dubito di avere ancora un amico quando avrai finito».

«Sciocchezze, Felpato. Sento che questa è la volta giusta per….»

«Essere schiantato senza pietà fuori dal finestrino del treno?»

James lanciò un’occhiata fulminante a Sirius il quale, le mani e la schiena appoggiata alla parete, lo fissava con aria teatralmente apprensiva e divertita al tempo stesso. 

«Sta a vedere» sibilò l’altro di rimando e gli voltò le spalle, iniziando a camminare con un’andatura decisa e zelante verso un punto preciso del corridoio del treno.
Il motivo? Semplice: la sua meta non poteva essere niente di meno che..

«Evans! Che piacere vederti» la salutò lui, raggiante ed entusiasta. Una mano andò istintivamente scompigliare i suoi capelli corvini mentre gli occhi nocciola la scrutavano avidi, impazienti, come se avessero atteso tutta l’estate di rivederla.

«Potter» esclamò lei, sobbalzando appena per la sorpresa. «Non vedi che sto leggendo?» gli fece notare poi, con aria infastidita, alzando il grosso libro che aveva fra le mani.

«Sì, ma ero sicuro fossi più interessata a parlare con me» ammiccò lui, appoggiandosi al finestrino con quel sorrisetto sornione che Lily detestava.

«Quanto tempo ti ci vuole ancora per capire che con me non attacca?» sentenziò la rossa, chiudendo con un gesto secco il libro, e alzò gli occhi smeraldini al cielo.
Ormai quello era un copione che si ripeteva da almeno due anni: da quando lui aveva deciso che lei, suo malgrado, doveva essere sua. A nulla erano valse le suppliche degli amici a desistere, a lasciar perdere una causa persa, ad arrendersi alla più banale delle evidenze: Lily Evans lo considerava un perfetto idiota, il ragazzo meno desiderabile che avesse mai varcato i cancelli di Hogwarts. E, a dirla tutta, non era un pensiero così incomprensibile.
James, infatti, si era valso quell’etichetta dopo anni ed anni di comportamenti arroganti, infantili, a volte quasi crudeli. Nemmeno quando era stato nominato Prefetto e, quell’anno, Caposcuola era riuscito a strappare un briciolo di approvazione alla ragazza che aveva deciso con così tanto vigore di conquistare. Quell’anno però sarebbe stato l’ultimo e James, a cui certo non mancavano coraggio e testardaggine, non si sarebbe mai arreso.
«Lo stesso tempo che impiegherai tu per capire di essere innamorata di me, presumo» disse infine, per niente scalfito dall’atteggiamento di lei. Ormai, per l’appunto, era così abituato da avere una spessa corazza contro le sue sfrecciatine.

«Beh non trattenere il respiro mentre aspetti che accada» consigliò Lily, spietata e volutamente gentile.

Una fragorosa risata, tramutatasi nel giro di pochi secondi in una violenta tosse, arrivò dalla parte opposta del vagone dove un esilarato Sirius cercava di non farsi notare senza troppo successo.

«Oh ma guarda un po’, hai portato anche il tuo amichetto?» chiese la ragazza e inarcò sarcastica un sopracciglio, la braccia conserte e il libro ancora stretto in una mano. Ormai, le era evidente, la sua lettura avrebbe dovuto aspettare la fine di quella deprimente conversazione.

«Non è il mio amichetto» la informò James, mentre soppesava tutte le possibili punizioni corporee che avrebbe potuto infliggere a quel coglione una volta tornati nel loro scompartimento.

«Hai ragione, direi piuttosto la tua dolce metà» concluse Lily con una risata di scherno, senza la minima traccia di allegria.

«Dai Evans, non essere gelosa» disse Sirius, avvicinatosi alla coppia di ragazzi, e appoggiò un braccio sulla spalla di un sempre più indispettito James.

«Al contrario Black, siamo felicissime per voi. Ci chiediamo solo… a quando le nozze?»

Dalla porta dello scompartimento di fronte apparve senza troppi fronzoli una ragazza snella, con lunghi capelli scuri, ciglia folte e occhi castani: rispondeva al nome di Scarlett Brooks. L’ambita Cacciatrice di Grifonodoro che, oltre ad essere la migliore amica di Lily, aveva anche l’arduo compito di essere l’unica amica femmina di James Potter. Quest’ultimo, vedendola unirsi alla conversazione, non poté fare a meno di lasciarsi alle spalle il malumore per la piega che aveva preso il suo approccio a Lily e le sorrise, sinceramente felice di vederla.
Gli piaceva Scarlett. Non solo perché era davvero brava a Quidditch, ma anche e soprattutto per il suo essere sincera, premurosa, il genere di amica che chiunque vorrebbe al proprio fianco.
 «Ciao Capitano, passate bene le vacanze?» lo salutò poi, dandogli il cinque . «Mi sono allenata tutti i giorni, faremo neri i Serpeverde quest’anno me lo sento! »

«Come ogni anno, splendore» rispose James e le fece un occhiolino insolente.

La forte amicizia tra i due non era mai stata un segreto: giocavano nella stessa squadra da anni e avevano instaurato un rapporto di complicità che li accomunava non solo in campo, ma anche nella vita al di fuori. L’unica regola tra loro era non parlare di Lily, visto che il quinto anno Scarlett aveva rischiato un esaurimento nervoso a forza di sentire i lamenti amorosi di Ramoso negli spogliatoi, in Sala Comune, in Sala Grande, in giardino… insomma: ovunque.

«Black».

Anche la natura del loro rapporto non era un segreto: i due, infatti, non si potevano sopportare e il saluto glaciale della ragazza era un letto di piume in confronto ai loro standard.
Scarlett lo considerava superficiale, infantile, una persona con cui era impossibile ragionare o fare un discorso di senso compiuto. Il Malandrino, dal canto suo, non aveva mai apprezzato i modi di fare di lei: così altezzosa e arrogante, saccente più del necessario e senza una ragione sensata, maniaca del controllo e per niente spontanea a suo dire.

«Brooks» rispose lui e, quasi come se fosse un riflesso incondizionato, alzò annoiato gli occhi al cielo.
Iniziare il viaggio per Hogwarts con uno scambio di battute con lei era davvero l’ultima cosa sulla sua lista dei desideri: trovare un punto d’incontro, per loro due, era sempre stato impossibile.
«Sei venuta a salvarmi da questo agguato per caso?» chiese infine Lily, rivolgendo all’amica un’espressione speranzosa.
Scarlett rise allegra e scosse appena il capo.
«In realtà no tesoro, mi spiace deluderti ma dovrai cavartela da sola» la informò, spietata e divertita. «Sto andando da Dylan, non l’ho ancora salutato e…»
«Oddio Scarlett, ti prego!» sbottò James e posizionò le mani sui fianchi, fissandola torvo e austero. «Non starai davvero uscendo ancora con il Capitano di Corvonero, spero».
«Perché, dove sarebbe il problema?» chiese Lily, inarcando vertiginosamente un sopracciglio.
«Dovrei essere contento del fatto che la mia miglior Cacciatrice se la faccia con il capitano di una squadra avversaria?» continuò imperterrito James e, quando la rossa fece per replicare, alzò una mano a una decina di centimetri dal suo viso come per zittirla. Una cosa erano i sentimenti e l’amore incondizionato che provava per lei, ma il Quidditch era tutt’altra storia.
«Scarlett, sto aspettando una tua risposta» concluse, ignorando totalmente una Lily schiumante di rabbia che lo fissava torva e truce.
La cacciatrice roteò gli occhi al cielo e sbuffò, palesemente annoiata.
«Sei veramente pesantissimo, James» sentenziò, ormai logorata da quella inutile tiritera che andava avanti dal primo appuntamento con il ragazzo l’anno precedente. «Sai benissimo che questo non cambia nulla, ormai è un anno che stiamo insieme e…»
«E non ti ha ancora mandata al diavolo?» si inserì Sirius, sinceramente colpito. «Un vero e proprio miracolo».
Lei, di tutta risposta, gli lanciò un’occhiata gelida ed eloquente, ma si costrinse a non rispondergli verbalmente: non voleva certo dare adito a tutti i pensieri poco eleganti e volgari che le venivano in mente, dopotutto era nettamente superiore a quell’essere insignificante.
«Come stavo dicendo poco fa…»continuò poi, riportando la propria attenzione su James. «Non sono così stupida e frivola da lasciarmi distrarre da questo genere di cose, dovresti saperlo benissimo».
«Lascialo perdere Scarlett, non dare retta a uno che non ha avuto relazioni più lunghe di 5 minuti chiuso nello stanzino delle scope» consigliò Lily e, con falcata di guerra, si diresse verso lo scompartimento da cui poco prima era uscita l’amica. Prima di chiudersi la porta alle spalle, però, si girò a fissare James: l’aria furente e gli occhi infiammati.
«Potter, se provi un’altra volta a zittirmi in quel modo… giuro che schianto la tua testaccia così forte da farti perdere i sensi fino alla fine dell’anno scolastico».
E, prima che il diretto interessato avesse modo di scusarsi o spiegarsi, chiuse con veemenza la porta scorrevole ponendo bruscamente fine alla conversazione. James, resosi conto solo in quel momento di quanto fosse stato stupido a comportarsi in quel modo, fece per seguirla pronto anche a mettersi in ginocchio pur di farsi perdonare per un inizio tanto ignobile.
Ma Scarlett, fortunatamente, lo bloccò in tempo.
«Credimi Capitano, io fossi in te lascerei perdere» gli consigliò, un sorriso tenero sul viso e lo sguardo esitante. «Adesso sarà furente… il danno è fatto. Ci saranno altre occasioni, non temere».
«Ma io… io… » boccheggiò il ragazzo, liberandosi dalla presa dell’amica. «Sai che quando si parla di Quidditch vado nei matti! E’ tutta colpa tua che hai tirato fuori quello stupido Dylan Miller…»
«Colpa mia?» gli fece eco Scarlett, sinceramente incredula.
«Suvvia Brooks, siamo onesti» iniziò Sirius, appoggiato al finestrino del corridoio con il solito sorrisetto di scherno sulle labbra. «A nessuno fregava un cazzo di sapere di te e del tuo stupido Corvonero, potevi benissimo tenere la notizia per te e non sarebbe successo nulla».
La ragazza lo squadrò dalla testa ai piedi, incredula e ormai al limite della sopportazione. Era in sua presenza da soli 5 minuti e già era satura di Sirius Black, ma di certo non gliel’avrebbe data vinta.
«Caspita, vedo che sei ancora rancoroso per il due di picche che ti ho dato al quarto anno» commentò, spietata e divertita, e quella fu la volta di James a lasciarsi andare in una fragorosa risata nel ricordare il clamoroso fallimento dell’amico.
Nell’anno citato, infatti, Sirius aveva chiesto a Scarlett di andare insieme a una delle famigerate uscite ad Hogsmeade: lei, però, aveva risposto che nemmeno la maledizione Imperio l’avrebbe convinta ad accettare tale invito e avrebbe anzi preferito di gran lunga andarci con Piton o Mulciber piuttosto che con lui. Il Malandrino in questione non si scompose affatto a quella stoccata e, anzi, si aprì in un sorriso ancora più largo.
«Brooks cara, volevo solo aggiungere una tacca alla mia lunga lista di conquiste» le fece notare poi, strizzandole l’occhio. «Non so se te ne rendi conto, ma ti sei quasi fatta un favore rifiutandomi. Hai mai pensato a come sarebbe finito quell’appuntamento? Mi sarebbe dispiaciuto farti innamorare di me per poi spezzarti il cuore».
La ragazza inarcò vertiginosamente un sopracciglio e gli diede un’occhiataccia piuttosto eloquente.
«Certo Black, certo… per tua sfortuna il mio quoziente intellettivo è leggermente più alto delle oche a cui sei abituato» gli fece notare e, non essendo intenzionata ad andare avanti con quella assurda conversazione, si rivolse a James con un sorriso. «Ciao Capitano, ci si vede a cena».
Scarlett fece per allontanarsi ma, prima di riuscire a cambiare vagone, il ragazzo l’afferrò per un polso costringendola nuovamente a voltarsi in loro direzione.
«So che abbiamo un patto e tutto ma… » iniziò, il viso implorante e teso. «Giuro che non mi importa di Miller e del Quidditch ma… Ecco… Potresti parlare con Lily e chiederle scusa, appena torni qui, per favore?»
E lei, dopo un sospiro esasperato, non poté far altro che annuire suo malgrado.


«Non posso credere che tu sia amico della Brooks». Sirius camminava dietro di lui, le mani in tasca e l’espressione inorridita di chi non riusciva a capacitarsi un fatto tanto assurdo e illogico.

«Non posso credere tu abbia rovinato il mio approccio di inizio anno con la Evans» sottolineò l’altro, altrettanto incredulo. «Hai idea di quanto sia delicata la prima impressione? Ammetto di partire molto svantaggiato di mio, ma se ti ci devi mettere anche tu allora davvero…»

«Insomma cosa ci trovi in lei?» lo interruppe Sirius, con un tono secco e incomprensibilmente frettoloso, come se volesse le risposte prima ancora di fare la domanda. James arrestò la sua marcia e si girò a fissarlo, alquanto confuso.

«Beh facile: è bellissima, ha occhi verdi come smeraldi, capelli rossi lucenti, è intelligente, spiritosa…» celiò sognante, alzando il dito della mano destra per ogni caratteristica positiva riscontrata in Lily Evans. D’istinto pensò che forse non gli sarebbero bastate due mani per elencarle tutte.

«Ma no Ramoso! Sto parlando della tua amichetta del cuore Scarlett Aletha Brooks» lo interruppe Sirius, ponendo enfasi sul nome per intero con un tono canzonatorio, quasi come fosse un insulto.


«Ti rendi conto che ogni anno mi fai le stesse domande?» gli fece notare James, un sopracciglio inarcato e l’espressione scettica.

«Non mi capacito delle tue risposte forse» rispose l’altro, facendo spallucce, e continuò a guardarlo in attesa che l’amico continuasse nel rispondere al quesito posto.

«E’ una brava Cacciatrice… »

«Con un pessimo carattere».

«Molto simile al tuo, oserei dire» lo freddò James.

Sirius guardò l’amico, incredulo e visibilmente sorpreso: come poteva paragonare un tipo simpatico, affabile e attraente come lui a quell’arpia di Scarlett Brooks?

«Beh siete entrambi altezzosi, arroganti, sarcastici e insopportabilmente sicuri di voi» concluse James, piuttosto divertito dalla reazione sconcertata dell’amico. «Avete più cose in comune di quelle che pensi».

«Non direi proprio» sentenziò l’altro, scuotendo la testa come per rigettare totalmente tale ipotesi.

«Ah dimenticavo..» continuò poi James spietato, camminando e lasciandosi alle spalle un Sirius ancora più corrucciato. «Anche incredibilmente permalosi».

Felpato fece un piccolo scatto, come se una scossa improvvisa l’avesse risvegliato dallo stato mummificato in cui versava mentre ascoltava le parole dell’amico: senza più controbattere lo seguì e borbottò a più riprese cose del tipo “Bell’amico”, “Io come quella? Tsè, ma quando mai”, “Assolutamente insopportabile”.

«Ma dove eravate finiti?»
Remus li osservò entrare nel loro scompartimento con sguardo attento e indagatore, come se si aspettasse di sentire una spiegazione per nulla meritevole di lodi sul loro ritardo così evidente.
James lo ignorò e si accomodò con aria ancora trionfante mentre Sirius, dal canto suo, si appollaiò con sguardo minaccioso esattamente di fronte a lui senza proferire il benché minimo suono.

«Ma che è successo?» insistette Peter, gli occhietti acquosi che saettavano impazienti da uno all’altro in trepidante attesa.

«Niente, Felpato è rimasto sconvolto perché un gruppetto di ragazze non hanno notato anche lui al nostro passaggio» mentì James e scoccò un occhiolino divertito all’amico, schiumante di rabbia.

«Ti conviene smetterla subito, Ramoso» lo avvertì sempre più minaccioso, con le braccia incrociate come catene al petto.

Remus li guardò sconsolato mentre chiudeva, definitivamente, il suo libro: la quieta era finita.

«Eih ma dov’è Frank?» chiese poi James, grattandosi pensieroso il mento.

«Era in carenza di affetto…» rispose Lunasotrta, mentre riponeva il manuale di incantesimi nello zaino. «Così è andato a cercare Alice per… Sirius!» lo rimproverò, dopo averlo sentito imprecare contro James. «Si può sapere davvero cosa succede?» insistette, ormai spazientito.

«Niente, le solite cose Lunastorta. E’ solo irritato perché gli ho detto chiaramente che forse odia così tanto Scarlett perché sono due gocce d’acqua» ammise infine James, quasi annoiato dal dover ribadire per l’ennesimo volta un fatto per lui tanto scontato.

«Non è così» ribatté con forza Sirius, alzandosi in piedi con i pugni serrati.

«Ah no?» chiese scettico James, mentre lo guardava divertito.

«Non è così falso, effettivamente».

«Remus, non ti ci mettere anche tu!»

«La verità è che il nostro caro Felpato ce l’ha ancora con lei per il due di picche che gli ha tirato il quar…» James non riuscì a terminare la frase.

Sirius gli scaraventò in faccia lo zaino di Lupin, il quale guardò la scena con una vaga disperazione sul volto: per anni aveva dovuto sopportare le scaramucce di quei due, trovandosi nel mezzo suo malgrado, e anche quella volta non poteva certo tirarsi indietro dal ruolo di “mamma”.

«Ma sei scemo?» ringhiò Ramoso, scattando in piedi a sua volta.

«Hai cominciato tu!»

«Adiamo ragazzi, smettetela» li redarguì Remus e si apprestò a raccogliere il suo povero e innocente zaino, per poi guardarli con aria alquanto arresa. «Non cominciate, vi supplico. Siamo partiti da solo un’ora e non ho intenzione di sorbirmi il resto del viaggio ascoltando i vostri petulanti lamenti».
«Ma hai visto? Mi ha tirato uno zaino in faccia solo perché non sopporta la verità».

«Vogliamo parlare dei due di picche della Evans? O non sono quantificabili?»

Remus si portò una mano sul volto, sempre più sconsolato.

«Eih, ragazzi!»

Grazie a una qualche buona stella Frank Paciock fece il suo ingresso nello scompartimento, sorridente e con l’inconfondibile aria arruffata di chi aveva appena finito di pomiciare. Lui ed Alice Prewett stavano insieme ormai da 3 anni: una coppia storica nella compagnia di Grifondoro, inossidabile, che non perdeva mai occasione di ricordare al mondo quanto tempo una persona potesse sopravvivere in apnea senza respirare.
Le loro pomiciate, dopotutto, erano leggenda.

«Alice stava andando a salutare Lily e le altre e così ho pensato di venirvi a fare un saluto. Come ve la passate?» chiese poi, sistemandosi tra James e Remus.

«Amico, direi bene ma non quanto te…» lo salutò Sirius e gli diede il cinque, come per congratularsi di quello che aveva appena finito di fare. «Ancora sotto con la Prewett, vedo».

«Che ci vuoi fare…l’amore» cantilenò lui, facendo spallucce. «Peter, Remus, Capitano…vi trovo in forma».

«Alla grande» annuì Peter, mentre scartava una Cioccorana con impazienza.

James gli fece l’occhiolino e Lupin si limitò a fare un piccolo sorriso, accompagnato da un cenno della mano.

«Sai.. credo quest’anno sia la volta buona per mettere definitivamente al loro posto le Serpi» continuò Ramoso, sogghignando tronfio in direzione degli amici.

«Già, ho incontrato Scarlett prima e mi è sembrata piuttosto in forma» osservò Frank, senza accorgersi dell’espressione scocciata che aveva nuovamente assunto Sirius.
Cos’aveva di tanto speciale quella ragazza? Perché tutti i suoi amici ci chiacchieravano così amabilmente? O, peggio ancora, la trovavano addirittura simpatica?

«Non dirmi che sei anche tu fan di quell’arpia?» scattò alla fine, incapace di trattenersi.

«Beh non mi sembra antipatica…poi è un’ottima Cacciatrice per la squadra».

Remus fu grato del fatto che Felpato si limitò a far cadere il discorso, incrociando le braccia e guardando imbronciato fuori del finestrino, senza incontrare lo sguardo trionfante e divertito di James.

«Piuttosto, tu ed Alice? Ormai giocate sul serio eeh» si inserì Peter, la bocca e i denti completamente ricoperti da uno spesso strato di cioccolato che non si preoccupò affatto di rimuovere.

«Direi proprio di sì, sono contento» ammise Frank, sincero e sorridente. Gli occhi azzurri e sognanti che seguivano il paesaggio fuori dal finestrino, per poi rivolgerli a qualcuno in particolare. «So che voi due non approvate questo genere di cose, ma non è male avere qualcuno di fisso».

«Sai, Frank» incominciò Sirius, improvvisamente scordatosi del suo antico motivo di disappunto. «Diventa molto difficile scegliere quando hai praticamente Hogwarts ai tuoi piedi».

«Esattamente, è una specie di responsabilità»

«Tu però James non avresti problemi a impegnarti, se dovessi incontrare un certo consenso… o sbaglio?»

Come Remus aveva immaginato la guerra non era finita: in quel momento era Sirius a guardare con aria di sfida un piccato James, mentre Frank ridacchiava sotto i baffi.

«Dai Capitano, tutti abbiamo i nostri punti deboli» mediò quest’ultimo.

«Non io» sentenziò fiero Sirius, portandosi le mani dietro alla nuca. «Io sono immune da queste stronzate».
«Stronzate?» gli fece eco Remus, schernendolo. «Guarda che non è una vergogna affezionarsi a qualcuno del sesso opposto».
«A tal proposito, la tua corrispondenza con la Macdonald procede ancora con la stessa frequenza?» chiese un Peter involontariamente spietato, alle prese con la terza Cioccorana. E gli altri si lanciarono degli sguardi sorpresi, come se non si capacitassero di aver dimenticato una cosa tanto importante da analizzare prima dell’arrivo al Castello.
«Ottimo punto amico» annuì James, un sorrisetto malizioso sulle labbra. «Allora mio caro Lupin, dicci un po’… come sta andando la tua relazione epistolare?»
«Non dirmi che ancora non ti sei deciso a chiederle di uscire» fece Frank, incredulo e quasi speranzoso di ricevere una risposta diversa dal solito.
Remus, violentemente arrossatosi, sospirò profondamente e abbassò la testa. Gli sarebbe piaciuto prendere Peter e soffocarlo con uno dei suoi dolci per aver ricordati a tutti quel particolare…ma ormai il danno era fatto.
Lui e Mary Macdonald si sentivano spesso, anche durante l’estate. La loro amicizia era nata quasi per caso durante il secondo anno e, col passare dei giorni e dei mesi, non aveva fatto altro che tramutarsi in qualcosa di più che una semplice simpatia corrisposta. Ma Remus sentiva una specie di blocco nei suoi confronti, si sentiva impossibilitato a vivere con spensieratezza una relazione di quel genere, lo stesso di cui gli amici parlavano in precedenza.
Per anni, infatti, aveva inghiottito bocconi amari nel vederla uscire con altri o, addirittura, mentre si scambiava tenere effusioni in sua presenza. Mary non aveva nascosto la sua totale preferenza nei suoi confronti, al contrario gli era sembrato che più di una volta lo avesse invitato anche solo con lo sguardo a fare la prima mossa, facendogli capire che non avrebbe trovato una porta chiusa o un rifiuto.
Nonostante tutto, però, il blocco che lui provava non era così semplice da superare. Come poteva stare con qualcuno senza che l’altra persona conoscesse ogni lato di lui? Come poteva nascondere un segreto tanto grande e pesante, senza essere scoperto o peggio… giudicato?
«Ragazzi, vi prego...»iniziò, riportando lo sguardo sugli amici. «Quante volte devo ripetervi che siamo solo amici?»
«Ascolta caro, le ragazze sono già di per sé una scocciatura» rivelò Sirius, con il tono di chi la sapeva lunga sull’argomento. «Io non mi darei mai la pena di scrivere rotoli e rotoli di pergamena a una di cui non mi importa nulla».
«Considerato che non lo fai nemmeno per i compiti» osservò Peter, facendo ridere l’amico come per dargliene atto.
«Il fatto che tu hai la sensibilità di un Trollo non significa che tutti siano come te» puntualizzò Remus, incrociando le braccia al petto. «Siamo buoni amici... esattamente come James lo è con Scarlett».
«Amico, credo che la tua amicizia sia un tantino diversa» gli fece notare esitante.
Remus avrebbe davvero voluto dire che, forse, il suo status di lupo mannaro complicava un tantino la faccenda ma la presenza di Frank lo bloccò per forza di cose e si lasciò andare frustrato contro il sedile.
«Non ho nient’altro da aggiungere» concluse asciutto, con il tono di chi non ammetteva repliche.
E James, lo sguardo attento su di lui, sembrò leggergli nella mente.
«Parlando di cose molto più serie…» continuò infatti, deciso a cambiare totalmente la rotta della conversazione. «Io e Sirius abbiamo qualcosa da mostrarvi».
L’amico sopracitato capì all’istante l’allusione e si aprì in un sorrisetto assurdamente malandrino, annuendo appena.
L’altro, beandosi delle espressione interrogative degli altri tre, si alzò e recuperò il suo baule precedentemente posizionato sugli scomparti sopra le loro teste.
«Non dirmi che stai per mostrarci quello che penso…» squittì Peter elettrizzato, per poi portarsi entrambe le mani sul volto.
«Esatto amico, esatto» confermò Sirius, mentre osservava James posizionare il baule tra loro. «Non abbiamo badato a spese quest’anno».
E quando Ramoso svelò il contenuto misterioso che aveva conservato con tanta cura, a Remus fu chiaro che i due Malandrini avrebbero passato più ore in punizione con la McGranitt che in Sala Comune.  


  
«Lo mangi quello?»

«Sì».

«Dai Felpato, ti prego. Sto morendo di fame!» si lagnò James, gli occhi speranzosi che indugiavano su una succulenta fetta di arrosto nel suo piatto.
Sirius alzò gli occhi al cielo mentre allungava all’amico la pietanza tanto desiderata e lo guardò quasi disgustato divorarla come se non vedesse cibo da prima dell’estate.

«Fai schifo» sentenziò.

«Concordo» ammise Remus.

«Qualcuno ha avanzato qualcosa per me invece?» fu il turno di Peter, che sperava con tutto il suo cuore di riuscire ad elemosinare altro cibo dagli amici.

«No, Codaliscia» gli rispose asciutto Sirius, mentre si guardava in giro. «Ma dov’è finito Frank?»

«Risucchiato da Alice, esattamente tre posti alla tua destra» lo informò pacato Remus, che continuava a mangiare il suo arrosto come se nulla fosse.

A quella vista Sirius fece una smorfia di ribrezzo, preferendo di gran lunga guardare James trangugiare tutto quello che gli capitava a tiro.

«Occhio Capitano, o non basterà una scopa per farti alzare da terra» lo canzonò allegra Scarlett, seduta poco lontana da loro: evidentemente aveva preferito anche lei guardare il grottesco spettacolo di James piuttosto che assistere al concerto gutturale in atto tra Frank ed Alice, di fronte a lei.

«Non ti preoccupare, Scar. Sono in ottima forma» sentenziò Ramoso, dopo aver bevuto circa mezzo litro di succo per poter ingoiare l’ultima metà della fetta di torta che aveva divorato.

«Tu piuttosto credi di poterti permettere quel budino?»
Sirius come sempre non perse occasione di rivolgere una battutina al veleno alla ragazza, soprattutto considerate tutte le cose che James gli aveva detto durante il viaggio: più la guardava e più si chiedeva come diavolo fosse possibile essere paragonato a lei.

«Questo corpo perfetto non ha bisogno di diete, Black» gli rispose gelida, indicando la sua siluette, e mangiò poi con sommo compiacimento una cucchiaiata del suo cremoso dessert al cioccolato.

James rise della risposta assolutamente perfetta, ma qualcosa non andava: si guardò intorno, spaesato, alla ricerca di qualcuno.
Dov’era la Evans? Come mai non gli aveva ancora detto niente di odioso o cattivo?

«Eih Scarlett! Ma… dov’è Lily?» le chiese infine.

Sembrò passare una vita dalla domanda di James all’effettivo tempo che impiegò la ragazza per mangiare un’altra cucchiaiata di budino e bere un sorso di succo, quasi come volesse prendere tempo.

«E’ con Marcus» gli rivelò infine, stringendosi imbarazzata nelle spalle.

«Chi?» le fece eco, alzando un sopracciglio.

«Marcus McKinnon…sai ehm, si sono conosciuti alla fine dell’anno scorso» raccontò, la voce esitante e lo sguardo tenero sull’amico. «Così, dopo essersi scambiate lettere per tutta l’estate, hanno deciso di darsi una possibilità e vedere come andavano le cose ora che siamo di nuovo ad Hogwarts. Quindi… econo insieme credo».

«Esce con chi?»

Scarlett lo guardò, a metà strada tra l’incredulità e la preoccupazione. Forse non avrebbe dovuto rivelargli una tale notizia a cena, davanti a tutti, con Lily e Marcus a soli 20 metri di distanza.

«Lily esce con… Marcus. Marcus McKinnon» confermò ancora lei e si schiarì la voce, rendendosi conto solo dopo aver parlato di quanto fosse gracchiante ed incerta.

«Marcus?»

«Amico, per favore datti un contegno» sbottò Sirius, portandosi una mano sul volto, mentre Scarlett si mordeva il labbro guardando l’espressione totalmente frastornata di James. Quest’ultimo fece scattare il suo sguardo nocciola ovunque, alla ricerca della nuova coppietta felice, e quando finalmente li individuò lo stomaco si chiuse in una morsa.
Lily era lì, in piedi dietro il ragazzo, e gli appoggiava le mani sulle spalle ridendo divertita con i suoi stupidi amici Corvonero. Istintivamente James pensò a quanto gli sarebbe piaciuto conoscere quel lato di lei: come sarebbe stato ricevere le sue attenzioni, vederla sorridere, ricevere il suo affetto? Cos’aveva McKinnon che a lui mancava?
«James?»

Remus cercò di richiamare alla realtà l’amico, vagamente preoccupato: aveva l’espressione di uno che aveva appena ricevuto una maledizione Cruciatus. Persino Frank ed Alice, percependo la tensione al tavolo, riemersero dal loro bacio appassionato che durava esattamente dalla prima portata della cena.

«Dai Ramoso, non fare così» lo incalzò ancora Sirius, dandogli un leggero colpo sulla spalla. «Il mare è pieno di pesci».

«Sai, Black, magari non tutti hanno la sfera emozionale di un cucchiaino» lo informò Scarlett, glaciale e pungente. «Magari James tiene più a Lily di quanto tu possa provare a capire».

«Grazie della lezione, Brooks. Avevo proprio bisogno di te per conoscere il mio migliore amico» rispose lui, senza nemmeno degnarla di uno sguardo.

La ragazza fece per replicare, la fronte aggrottata e l’aria offesa: gli sarebbe piaciuto dirgli che James era anche il suo migliore amico e che, senza ombra di dubbio, lo capiva molto meglio di lui in quella situazione.

«Eih, Scar! Che mi sono persa?»
Lily tornò al tavolo di Grifondoro e prese posto proprio di fianco all’amica, l’aria spensierata e allegra. Si buttò i lunghi capelli rossi sulla schiena e scandagliò brevemente il tavolo, forse alla ricerca di un qualche dolce rimasto integro, noncurante dell’aria tesa ed esitante che aveva avvolto il suo arrivo.

«Come hai potuto?»

Tutti si girarono a fissare James, sorpresi, il quale fissava la rossa con un certo grado di risentimento. 

«Prego?» chiese lei, inarcando freddamente un sopracciglio. L’a mano a mezz’aria verso una mela.

«Come hai potuto fraternizzare anche tu con il nemico?» sibilò lui, indicando il tavolo di Corvonero. «Sai che è il Cercatore di una squadra avversaria?»

«Il nemico?» gli fece eco lei, incredula. Improvvisamente la mela che voleva mangiare aveva perso ogni interesse e la sua mano scattò ad indicare il ragazzo, lo sguardo fiammeggiante e le labbra tese. «Non iniziare ancora con le tue stupidaggini sul Quidditch! Non sono affari che ti riguardano» sentenziò infine, con aria di sfida.

«Invece si» la informò lui, incrociando le braccia al petto.

«Non vedo in che modo» continuò Lily, mentre ritraeva la mano e imitava la medisima posa di ostilità nei suoi confronti.

«Sai cosa penso? Che lui sappia benissimo che mi interessi e che ti ha avvicinata apposta» annuì James, nel disperato tentativo di far scemare l’interesse della ragazza in quello stupido Corvonero.

«Ma questo…questo è ridicolo, Potter!» sbottò Lily, sempre più irata. «Non c’entra assolutamente niente».

«Ah no?» chiese James, scettico. «Tutto d’un tratto ti trova interessante eh? Così io dovrei preoccuparmi di te che esci con lui e Scarlett che sta con il Capitano della squadra, angosciandomi che una di voi possa tradire la mia fiducia..».

«James» lo ammonì Scarlett, in difesa dell’amica e soprattutto di sé stessa. «Stai esagerando. Lily non farebbe mai una cosa del genere e in ogni caso io non sarei così stupida».

«Sulla seconda parte, avrei qualcosa da obbiettare» osservò spietato Sirius, beandosi dell’espressione che lei gli rivolse, ma proprio quando fece per continuare venne interrotto da Silente.
«Bene, miei cari» iniziò il Preside, in piedi e con le mani affusolate appoggiate sulla superficie del tavolo. Lo sguardo sereno ed attento li scrutava tutti, da dietro i famigerati occhiali a mezza luna. «Spero vi siate goduti appieno questa prima cena insieme. Ahimè è ormai davvero tardi e vi invito a raggiungere i vostri dormitori: avrete sicuramente bisogno di riposarvi in vista delle lezioni di domani» .
E, dopo un sorriso affabile, fece un cenno come per dare il permesso a tutti di alzarsi. Un brusio e lo sfregamento delle panche spezzò il silenzio calato in precedenza per ascoltarlo e la McGranitt, avvolta in uno dei completi scozzesi che tanto amava, si avvicinò mesta ed austera alla tavolata di Grifondoro.
«Potter, Evans» li salutò, senza perdere tempo in altri convenevoli. «Accompagnate voi i ragazzi del primo anno ai dormitori» .
La sua non era una domanda gentile, piuttosto un ordine.
Lily si alzò e annuì con vigore, l’espressione seria e disciplinata. Prendeva molto sul serio la sua carica di Caposcuola e, in un certo senso, si sentiva responsabile nella prima impressione che gli ultimi arrivati avrebbe assorbito dalla sua condotta. La stessa cosa non si poteva dire di James.
Il ragazzo infatti saltò in piedi entusiasta e guardò la McGranitt con un sorriso ridicolmente largo, considerato il compito appena affidato.
«Ma certo Professoressa» celiò, accompagnato da un cenno del braccio che sembrava quasi precedere un inchino. Lei, sospettosa, lo fissò esitante. «Io e la Signorina Evans faremo del nostro meglio per portare sani e salvi questi giovani fanciulli alla nostra umile…»
«Adesso piantala, Potter» lo redarguì, severa. «Fai quello che ti è stato chiesto e, se possibile, senza fiatare» .
Sirius scoppiò a ridere mentre la osservava allontanarsi stizzita, probabilmente incredula quanto il resto della scuola alla nomina a Caposcuola di un soggetto tanto discutibile. James però non si lasciò scoraggiare e, dopo aver sistemato gli occhiali con fare professionale, si schiarì appena la voce. Lo sguardo serio puntato sui ragazzini del primo anno, schiarati davanti a loro con fare esitante ed impaziente.
«Benvenuti ad Hogwarts, miei giovani prodi» esordì, facendo scappare una risata a Scarlett. «Io sono Potter. James Potter. Caposcuola, Capitano della squadra in assoluto più…»
«Ohhh ma dacci un taglio» lo interruppe bruscamente Lily, scuotendo esasperata il capo, per poi rivolgersi con un sorriso gentile ai ragazzini. «Venite, per di qua» .
Il gruppetto annuì quasi all’unisono e si accinse a seguirla, emozionati per quella prima notte nel Castello. E James, indispettito, si apprestò a fare lo stesso aumentando il passo finché non le fu di fianco all’uscita della Sala Grande.
«Evans, dovresti rispettarmi di più» le fece notare, leggermente ansimante per lo scatto appena fatto. «Altrimenti penseranno che siamo una coppia disfunzionale» .
«Una… cosa?» ripetè lei, lanciandogli un’occhiata in tralice.
«Il potere non deve essere in squilibrio, siamo allo stesso livello» continuò l’altro, il tono serio ed autoritario. Due primini dietro di loro si fecero improvvisamente zitti, come per cogliere lo scambio di battute che stava avvenendo tra i due.
«Mi pare che lo sia già, o sbaglio?» gli fece notare tranquilla, mentre saliva le scale principali con grazia e ostentando una teatrale serenità. «Sono nettamente superiore a te Potter. Sia per intelletto che per simpatia» .
James rise di fronte alla sue allusioni e scosse con vigore il capo, per poi girarsi verso i due curiosi alle sue spalle.
«Ragazzi, regola numero uno: lasciate sempre credere alla vostra donna di avere ragione» .
«Regola numero due: non chiamate mai nessuna ragazza la vostra donna, se non siete sicuri che lo sia» puntualizzò lei, girandosi per rivolgere loro un sorriso gentile che si tramutò in uno sguardo di fuoco quando si riposò sul ragazzo.
Quest’ultimo, una volta che lei fece qualche passo per seminarlo, si girò nuovamente verso i due amici alle sue spalle facendo spallucce e un gesto come per dire di lasciar perdere e non ascoltare.
Risero di gusto di fronte a quella scena, dandosi gomitate reciproche.
Una volta arrivati davanti al buco del ritratto, Lily vi voltò verso il gruppetto e si schiarì appena la voce.
«Bene ragazzi, questo è l’ingresso della nostra Sala Comune» annunciò, indicando dietro di sé. «In questo spazio possono entrare solo le persone della nostra Casa e…»
«E se siete furbi anche qualcuno imbucato, magari del sesso opposto» si inserì James che, notata l’espressione che Lily gli aveva rivolto, si affrettò ad aggiungere «Chiaramente quando sarete più grandi. Non prima del terzo anno» .
La ragazza sospirò profondamente, come per calmarsi, e si costrinse ad andare avanti nella sua spiegazione senza dargli la soddisfazione di cedere alle sue continue provazioni. Anche se, ormai ne era quasi sicura: non erano nemmeno volute ma proprio farina naturale del suo sacco di stupidaggini.
«Bene, una volta chiarito questo punto fondamentale… vi ricordo anche che domani mattina alle 7:30 in punto sarà servita la colazione in Sala Grande. Troverete in quell’occasione la professoressa Mcgranitt ad accogliervi con gli orari della prima settimana» .
Una volta concluso, girò loro le spalle e pronunciò la parola d’ordine: Veritaserum.
Varcò per prima il buco del ritratto, sorridendo tra sé e sé nel sentire lo stupore meravigliato dei ragazzini che si accingevano a seguirla: Hogwarts era davvero un posto magico, impossibile dimenticare il suo stesso stupore la prima volta che ne aveva varcato la soglia.
«Lily cara, permettimi di aggiungere un punto molto importante» fece James, che nel frattempo si era messo proprio di fronte alle scale per i dormitori. Lei lo osservò, guardinga ed esitante, probabilmente conscia del fatto che non avrebbe mai dovuto dargli il permesso di fiatare. Ma, dopotutto, lo avrebbe fatto in ogni caso e quindi annuì, arresa.
«Mi rivolgo soprattutto ai maschietti» iniziò, dopo aver captato il permesso di procedere. Lo sguardo nocciola, serio e fermo, su tutti i ragazzini che lo fissavano quasi impauriti. «Le vedete quelle? Le scale alla mia destra?» le indicò senza nemmeno voltarsi e, quando vide i loro occhi fissarle con confusione, continuò a parlare. «Capisco che la tentazione sarà forte e, diavolo, quanto vi posso capire! Ma mi duole informarvi che, dopo numerosi tentativi, l’accesso ai dormitori femminili è per noi severamente vietato. Le mie chiappe livide ne sono la prova vivente perciò vi dico già da ora… scordatevelo» .
Lily lo fissò impietrita, incredula di fronte a quell’assurdo avvertimento.
Il gruppetto però, rise divertito.
«Bene» sbottò la ragazza, dopo qualche secondo. Anche se in realtà, le cose non stavano affatto andando bene. «Adesso è ora di andare a dormire. Le ragazze a destra e voi a sinistra» .
James li seguì con lo sguardo, agitando una mano o mo’ di saluto, e annuì soddisfatto di sé stesso per il preziosissimo consiglio che aveva donato loro quella prima sera. Quando però si ritrovò a guardare Lily, la scoprì più adirata che mai.
«Che c’è?» chiese, sinceramente sorpreso.
«C’è che non perdi mai occasione di mettermi in ridicolo!» gli fece notare, la voce ridotta un rabbioso sussurro. «Quando ti decidi a crescere!?»
«Guarda che tu non capisci, i miei erano consigli sulla base delle mie esperienze passate» spiegò lui, più sincero che mai. «Sai quanto avrei voluto riceverli io stesso il primo giorno qui?»
Lily incrociò le braccia al petto e continuò a sostenere il suo sguardo, sempre più infastidita dalle assurdità che andava blaterando. Il destino non solo li aveva messi nella stessa Casa, ma aveva anche fatto sì che dovesse sopportarlo come suo pari nei vari compiti di Caposcuola. E lei, che dopo 6 lunghi anni era ormai satura, non riuscì più a trattenersi.
«Ascoltami bene, Potter. Io prendo molto seriamente questo compito, la scuola e qualsiasi altra mansione mi venga affidata» gli disse, le dita che tamburellavano nervose su un avambraccio mentre lo fissava ferma. «Non intendo più dare retta alle tue sciocchezze ne tantomeno mi farò ancora mettere in ridicolo da questi atteggiamenti fuori luogo. Ci siamo capiti?» James  scosse divertito il capo e sbuffò.
«Per una che si ritiene così simpatica forse te la stai prendendo troppo» suggerì, un sorrisetto sghembo sulle labbra e l’aria di sfida. «Forse uscire con un Corvonero ti ha ucciso completamente il senso dell’umorismo?»
Lei non rispose, si limitò a superarlo verso le scale del proprio dormitorio. Non le era difficile capire che si trovava di fronte a una causa persa e, per quella prima notte, fu felice di lasciarsela alle spalle senza ulteriori discussioni.
James però non era della stessa idea e, dopo averla seguita con lo sguardo con il sorrisetto ancora sulle labbra, ci tenne ad aggiungere un’ultima cosa.
Una frase che voleva essere una promessa ma, al contrario, le risuonò come la più terribile delle minacce.
«Non mi arrenderò mai, Evans».


 

«Non avresti dovuto farlo, Scarlett» la rimproverò Lily, mentre si spazzolava con eccessiva forza i lunghi capelli rossi. Il suo riflesso nello specchio era altero, indignato, offeso. Ma chi si credeva di essere quel Potter? Che diritto aveva di dirle con chi poteva uscire?

«Hai ragione, mi spiace mi è sfuggito» ammise l’amica sinceramente dispiaciuta, sdraiata sul letto con lo sguardo puntato sul soffitto. «Non immaginavo che reagisse così però…Pensavo che, al contrario, ti lasciasse perdere una volta per tutte».

«Sì, certo» commentò sarcastica Alice, mentre si metteva un ridicolo pigiama tempestato di cuori rossi e rosa.«Non sarebbe da James lasciar perdere, almeno per quanto riguarda Lily».

«Mi renderebbe la vita infinitamente più facile» ammise la diretta interessata che, soddisfatta dell’opera terapeutica compiuta sui capelli, appoggiò la spazzola sulla mensola vicina con un colpo secco e sonoro.

«Ma ammettiamolo, meno interessante» azzardò Mary, la cui voce divertita arrivò quasi a sorpresa. La sua faccia era completamente coperta da un grosso libro di narrativa, che non abbassò nemmeno.

«Cosa vorresti dire, Mary?»

«Sicuramente è un superficiale e arrogante, non al pari di Black ma è comunque a un buon livello. Solo che tutte queste attenzioni sarebbero pagate da oro da qualsiasi altra ragazza di questo castello» spiegò e, avvertendo su di lei sguardi a dir poco garbati, si decise ad abbassare il grosso libro che sorreggeva per guardare l’amica dritta negli occhi.

«Una qualsiasi ragazza senza un cervello» commentò secca Lily, facendosi la coda con un gesto fulmineo, per poi stringerla con forza eccessiva.

«Ma tu non sei una qualsiasi» le ricordò Emmeline, con un risatina  volutamente sognante. «Andiamo Evans… so che negherai fino alla morte e credimi, posso anche capire che ormai sia una cosa obbligatoria per te. Ma io non posso credere al fatto che infondo, sotto sotto, nemmeno un pochino, tutte queste sue lusinghe non siano apprezzate».

«Credo che non sia la serata giusta per fare questi discorsi  ragazze» tagliò corto Scarlett e  spense con un soffio la candela sul suo comodino, sperando che bastasse a far cadere la conversazione. «Voglio bene a James, ma sono convinta che non sia ancora del tutto maturo per avere una storia».

«E sicuramente non con me» sentenziò Lily, mentre si dirigeva verso il suo letto con passo risoluto. «Cosa faresti se Black lo facesse con te?»

«Lo schianterei» disse con semplicità con Scarlett, senza la minima esitazione.

«Mi piace il tuo stile» annuì Emmeline, sinceramente colpita. «Vorrei tanto dover essere io a dover gestire una simile situazione… credo che lo schianterei contro il muro però. Senza usare la bacchetta. Non so se mi spiego…»
Alice, Mary e Lily scoppiarono a ridere mentre Scarlett, al contrario, si girò a guardarla inorridita nella penombra.
«Oh Merlino… ancora?» le chiese, incredula. «Sei ancora cotta di quell’essere?»
Emmeline fece spallucce e si portò le mani dietro la nuca, per poi sospirare appena e fissare le tende del proprio baldacchino. Sirius le piaceva da tanti, troppi anni.
Era dal terzo anno che aveva preso una piccola cotta e, col passare del tempo, non aveva fatto altro che diventare una vera e propria fissa. Non si parlava di certo d’amore, quello no, ma di smania di riuscire a conquistarlo, di arrivare dove tutte le altre prima di lei avevano fallito.
«Senti Brooks, il fatto che non ti stia simpatico è un conto» iniziò, girando appena il volto per riuscire a guardarla, «ma rinnegare il fatto che sia oggettivamente bello beh, è tutt’altra faccenda».
Scarlett non rispose, si limitò a coprirsi con il piumone e a rimanere in silenzio.
«Stai attenta Vance, fossi in te punterei altrove le mie energie» la avvertì Alice, il tono risoluto di chi la sapeva lunga a riguardo. «Trova un ragazzo per cui ne valga la pena, vali più di un numero da aggiungere a una lista di conquiste».

«Già, per te è facile parlare! Hai un ragazzo d’oro che è innamorato pazzo di te» le rispose una sognante Mary mentre riponeva il suo libro sul comodino: la stanchezza aveva avuto la meglio sulla storia d’amore che stava leggendo e, soprattutto, non voleva certo perdersi quella conversazione.

«Disse quella che potrebbe avere un certo Remus Lupin ma ha paura di fare il primo passo» la canzonò Lily, un po’ spietata.
Mary arrossì appena e sospirò, quasi triste.

«Stiamo tutte aspettando i dettagli di un’altra vicenda però » annunciò Emmeline, gli sguardi confusi delle amiche su di lei e una certa espressione ammiccante sul volto.
«Quali dettagli?» fecero loro, quasi in coro.
«Ehm hem…» iniziò lei, fingendo di schiarirsi la voce per risultare autorevole. «Carissima Scarlett Brooks, come sta andando la tua romantica liason con il capitano avversario?»
La Cacciatrice strabuzzò gli occhi e rise appena, scuotendo il capo.
«Tutto a gonfie vele mia cara» annunciò, con un tono volutamente caricato di solennità. «A quanto pare a breve anche la mia amica rossa qui presente passerà al lato oscuro».
«Oh sì» annuì Alice, ammiccante in sua direzione. «Abbiamo notato a cena…»
«Ancora presto per dare risposte definitive ma… devo dire che non è affatto male Marcus» ammise Lily e, mentre si sistemava nel suo baldacchino, pensò a quanto fosse vera la frase appena pronunciata. Dopotutto, tra lei e il ragazzo, c’erano stati davvero pochi scambi dal vivo e la loro conoscenza era più che altro stata uno scambio assiduo di lettere durante l’estate. La cosa che doveva ammettere, però, era che non gli dispiaceva affatto l’idea di immaginarsi come la sua ragazza.
Poco lontano dai dormitori femminili di Grifondoro, per la precisione in quelli maschili, andava invece in scena un altro atto del dramma dal titolo  “Potter è stato scaricato per l’ennesima volta dalla Evans.”

«Non ci posso credere».

«Nemmeno io».

«E’ assurdo, Felpato».

«Totalmente».

«Vero?»

«E’ davvero agghiacciante pensare che dovrò sopportare i tuoi lamenti amorosi per un altro anno, Ramoso. Preferirei di gran lunga passare tutto il mio tempo con Frank e Alice che si risucchiano» annunciò esasperato e buttò la rivista di motociclette che stava sfogliando accanto a lui, aprendosi a stella sul letto con fare sfinito.

«Eih!» lo ammonì l’amico tirato in causa, spuntando dal bagno con lo spazzolino in bocca.

«Come puoi essere così senza cuore?» sussurrò affranto James.

«Semplice amico» iniziò Peter, con l’aria severa e austera. «E’ da due anni che ti sopportiamo mentre parli di lei, ma adesso sono dilaniato».

«Odio ammetterlo, ma sono totalmente dilaniato con lui».

«Ma.. Remus!» protestò James, addolorato e incredulo di fronte allo scarso tatto dimostrato dai suoi amici «Voi dovreste essere i miei compagni!»

«E lo siamo, Ramoso» annuì Peter.

«Ti stiamo solo suggerendo di guardare oltre» si inserì Lunastorta, con un tono pacato e affabile.

«Il mare, come ti dicevo a cena, è pieno di pesci» gli ricordò Sirius. «Pensaci! Potremmo tornare come ai vecchi tempi io, te e…tutte le ragazze di Hogwarts».

Per un attimo Ramoso soppesò tutte le ipotesi: continuare imperterrito a correre dietro alla rossa o tornare a “caccia” con il suo migliore amico? In fin dei conti lei aveva preferito quel Marcus, mediocre Cercatore e decisamente assai meno bello di lui. Era la ragazza a perderci. Quale miglior modo, quindi, di mostrarle quanto lui fosse desiderabile per farle capire che aveva sbagliato a non considerarlo per tutto quel tempo? Lily ormai era troppo abituata a vederlo capitolare al suo arrivo, sicura dell’effetto che aveva su di lui: forse era proprio quella la chiave del successo, farle capire quanto le sarebbe mancato averlo attorno.
A quel pensiero, le labbra si arricciarono in un sorrisetto maligno.

«Sai cosa? Hai completamente ragione, Felpato. Posso avere tutte le ragazze che voglio ».

Sirius lo guardò come un padre pieno di orgoglio avrebbe guardato il filgio che finalmente stava diventando uomo, ignaro della rotta malsana che in realtà stavano prendendo i suoi pensieri.

«Che ne dici allora di cominciare da sabato?» propose allora, ammiccando in sua direzione.

«Sabato?» chiese un confuso Petes, grattandosi pensiero la testa. 
«Cosa succede sabato?

«Sabato sera!»
«Sirius» lo ammonì minaccioso Remus, che aveva già capito dove stava andando a parare l’amico: da quando avevano iniziato Hogwarts aveva sempre cercato di alimentare solo buoni propositi, specialmente quelli dei suoi amici, anche se in confronto sarebbe stato più facile addomesticare un Troll.

«Non dirmi che ti sei scordato del festino assolutamente illegale di inizio anno!»








☾Spazio dell’autrice


Buonasera a tutti, miei cari Malandrini :D
Mi ri-presento.
Sono Mallveollos, scrittrice improvvisata ed assidua lettrice della saga di Harry Potter.
Questa mia long nasce dall'amore incommensurabile per la old generation, quella troppo figa e ingiustamente inesplorata, la stessa dei miei adoratissimi Malandrini.
Everlong non è nuova su questi schermi, anzi: qualcuno potrebbe già averla letta. L’ho iniziata molti anni fa, quando ero giovane :’)
Rileggendola, tempo dopo, mi è venuta la voglia di disfarla e rifarla da capo con nuovi occhi, una maturità diversa e, soprattutto la voglia di fare molto ma molto di meglio.
Che altro aggiungere? Come avrete notato anche dalle info in descrizione, ci saranno 3 ship fondamentali: l’intramontabile JILY; la nuova REMUSXMARY (a voi trovare il nome, in queste cose faccio abbastanza schifo); la molto *SPOILER* burrascosa SIRLETT (nomignolo dato dai recensori della mia vecchia storia, che se ancora sono qui… saluto con calore!)
Non voglio tediarvi ancora con altri particolari ma spero, nel prossimo capitolo, di riuscire a mettere tutti i presta volto dei miei personaggi: per ora godetevi il prologo :)
E con questo incipit, vi accolgo in Everlong. <3



M


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Capitolo 2
*** Solo per quella volta... ***


 Solo per quella volta...

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L’alba del primo giorno di lezioni avvolse il Castello con il suo tepore, filtrando appena dalle finestre dei dormitori. L’estate ormai stava finendo ma quel cielo, così blu e terso, sembrava portare con sé la tacita promessa che il freddo avrebbe tardato ancora un po’ per arrivare.
Mary Macdonald si svegliò estremamente felice, quella mattina.
Il sorriso non l’abbandonò nemmeno per un momento mentre si preparava e non fece che allargarsi quando, all’improvviso, i suoi occhi azzurri notarono Remus da solo in Sala Comune.
Il ragazzo stava lì, le mani in tasca e l’aria impaziente di chi aspettava qualcuno palesemente in ritardo. Mary scosse divertita il capo pensando che, senza ombra di dubbio, i suoi amici fossero come sempre rimasti a letto e a nulla erano servite le suppliche di aprire gli occhi per non arrivare ultimi alla colazione.
Un altro, al posto di Remus, se ne sarebbe fregato e avrebbe proseguito la sua giornata senza sprecare tempo ad aspettare qualcuno. Ma lui no, non era affatto quel tipo di persona. E forse era proprio per quel particolare che a Mary piaceva così tanto.
Era affascinata dalla sua bontà, dalla pazienza e la cura con cui trattava il prossimo: mai una parola fuori posto, mai uno sguardo cupo o un atteggiamento sgarbata.  Spesso si era scoperta ad osservarlo, a meravigliarsi della sua continua volontà di non far sentire nessuno fuori posto o a disagio.
La loro amicizia era nata per lo stesso preciso motivo.
Mary era in lacrime in biblioteca, afflitta dalle critiche ricevuto da un gruppetto poco garbato di Serpeverde. Lei non aveva il carattere delle sue amiche, non si sentiva “una tosta”, non riusciva ad avere la risposta pronta né tanto meno cattiveria gratuita da riservare a chi si dimostrava crudele. A 12 anni la vita di una Nata Babbana, poi, era ancora più complicata.
Remus l’aveva notata subito e, seppur avessero parlato pochissime volte, non riuscì a rimanerle indifferente. Quella bambina bionda, quasi angelica, con gli occhi azzurri e zuppi di lacrime gli fece stringere il cuore. Quando le si avvicinò, il sorriso gentile e un fazzoletto stretto tra le mani, Mary lo guardò meravigliata, come se ormai avesse perso le speranze nella gentilezza del resto del mondo. Da quel preciso momento non smisero mai di supportarsi, di parlare e confidarsi, di essere più che semplici amici. Eppure, nonostante lei pensasse di averglielo fatto capire in tutti i modi, non arrivò mai un degno epilogo per quel loro sentimento che ancora non aveva un nome. La ragione non era di certo un’altra ragazza, ma qualcosa di diverso, un fatto che nemmeno lei riusciva distintamente a individuare: mai, infatti, lo avevo visto uscire con qualcuna o in atteggiamenti equivoci. Quella, a dirla tutta, era stata la tattica che aveva adottato lei stessa seppur con scarsissimi risultati. Ad un certo punto Mary era arrivata a chiedersi se fosse tutto frutto della sua immaginazione, se quell’attrazione genuina e smaliziata fosse solo nei suoi occhi: ogni volta che, però, si ritrovava a fissare quelli di Remus captava il medesimo desiderio, seppur trattenuto.
Il ragazzo, all’ennesimo sbuffo scocciato, si girò distrattamente in sua direzione e quando la notò a fissarlo, con occhi persi ed espressione vacua, assunse un fare confuso ed imbarazzato.
«Mary» la salutò, l’ombra di un sorriso che si disegnava sulle labbra. «Tutto bene?»
Lei sobbalzò e arrossì vistosamente, beccata nel bel mezzo del suo fantasticare. Prese ad annuire in modo frenetico, lisciando i lunghi capelli biondi con nervosismo.
«Sì… scusa» balbettò, mentre finiva di scendere le scale. «Ho dormito davvero poco questa notte e… beh, sai com’è, ci impiegherò un po’ a carburare» mentì, sperando che lui non cogliesse la menzogna delle sue parole.
Remus allargò il sorriso vedendola avvicinarsi.
«Ah, capisco» disse, affondando le mani delle tasche. «Credo che sarà lo stesso stato in cui verseranno i miei compagni di stanza. Non so se hai notato, ma l’ultimo anno non li ha fatti di certo maturare.»
Mary rise, come dargli torto?
«Vedo che però anche tu sei senza il seguito» le fece notare lui, continuando a parlare. «Anche le ragazze hanno fatto fatica ad aprire gli occhi questa mattina?»
«Che ci vuoi fare» sospirò lei, stringendosi nelle spalle. «Il rientro è traumatico per tutti, a breve credo che saranno qui».
Nel sentire quelle parole Remus si accese, come folgorato da qualcosa. L’idea che avrebbero avuto ancora una manciata di minuti da passare in quel modo, da soli, gli fece venire voglia di parlare di cose più importanti. La loro prima conversazione non poteva davvero essere su quanto fosse difficile svegliarsi o sul ritardo dei rispettivi amici. No, non era ammissibile.
«Senti…» iniziò, improvvisamente imbarazzato, e portò una mano a grattarsi la nuca. «Volevo ringraziarti per… beh, tutte le lettere che mi hai mandato quest’estate. E’ stato bello sentirti, parlare di libri e .. di tutto il resto».
Mary parve profondamente colpita dalle sue parole e sorrise, tenera e dolce come solo lei sapeva essere.
«Anche per me lo è stato» ammise, facendo un passo verso di lui. Gli occhi azzurri lo scrutavano attenti, come se volessero carpire ogni minima reazione a ciò che stava per dire. «Ti confesso che ormai non riuscirei a passare un’estate intera senza le nostre assurde conversazioni. Mi tieni compagnia ormai da 5 anni lunghi anni».
Quello fu il turno di Remus ad essere colpito e, nonostante avrebbe fatto di tutto per non lasciarlo trapelare, arrossì leggermente manifestando il suo imbarazzo. Non era abituato a certi slanci, né tantomeno a sentirsi dire determinate cose. Gli amici avrebbero riso di lui, se fossero stati presenti, canzonandolo come una ragazzino alla prima cotta. Ma infondo lo era davvero.
Mai si era concesso il lusso di lasciarsi andare, di vivere con spensieratezza anche il più frivolo e leggero dei sentimenti. Ogni volta che era sul punto di farlo, una forza più grande di lui lo fermava costringendolo a guardare in faccia l’altra metà di sé stesso: e anche in quel momento, così puro e perfetto, un brivido gli attraversò il corpo.
Perché lo stava facendo? Perché si stava facendo del male da solo?
Il suo sguardo indugiò su Mary, che lo fissava a sua volta in attesa. Era evidente che doveva dire qualcosa, una frase ad effetto che le avrebbe solleticato la curiosità e il cuore… ma a che scopo?
Remus sospirò brevemente, socchiudendo gli occhi e interrompendo quel contatto.
«Sì» annuì lui, inspiegabilmente triste. «Sono proprio fortunato ad averti come amica».
Mary aprì la bocca, ma non emise nemmeno il più flebile suono. Si scoprì invece a guardarlo con una vena di delusione, come se si aspettasse che quella conversazione prendesse un’altra direzione. Ma la cosa che la colpì maggiormente fu la cura con cui lui aveva sottolineato la parola amica: un appellativo comune, troppo forse, almeno per quello che lei reputava di sentire nei suoi confronti.
«Già, lo sono anch’io» disse infine, arresa all’ennesima dimostrazione che le sarebbe stato impossibile scavalcare il muro tra loro.
Mary abbassò lo sguardo e aggrottò la fronte, mentre lui la studiava di sottecchi incapace di aggiungere altro. Sarebbe piaciuto anche a lei avere la forza di dire di più, di lanciarsi in una frase ad effetto degna di Emmeline o Scarlett… avrebbe fatto qualsiasi cosa per scuoterlo, fargli capire che non voleva essere solo sua amica. Non più, almeno.
Dopotutto quello era il loro ultimo anno, insieme, l’ultima occasione di non uccidere sul nascere una cosa tanto delicata e meravigliosa. Quando trovò la forza di riguardarlo, però, era troppo tardi per proseguire la conversazione.
«Buongiorno miei adorati, abbiamo per caso interrotto qualcosa?»
James e Sirius scesero le scale dei dormitori maschili, seguiti a ruota da Peter. Tutti e tre I Malandrini studiarono la coppia, sprofondata nell’imbarazzo e nel disagio, con sguardi eloquenti e sorrisetti malizioso che Remus avrebbe desiderato con tutto il cuore estirpare dalle loro facce idiote.
«No affatto» si affrettò a dire Mary, scuotendo allegra il capo. «Stavamo solo parlando».
«Chissà perché non ho dubbi a riguardo» scherzò sarcastico Sirius, cingendo le spalle di un piccato Remus con un braccio.
«Dov’è il tuo seguito, Macd0nald?» si premurò subito di chiedere James, che fissava speranzoso le scale del dormitorio femminile.
«Oh credo che arriveranno a momenti» lo rassicurò la ragazza, con un occhiolino.
«Le donzelle ritardano esattamente noi» commentò Peter, annuendo soddisfatto verso Remus. «Visto amico?»
Quest’ultimo roteò esasperato gli occhi e si liberò dalla presa di Sirus, per poi lanciare uno sguardo a mo’ di scuse a Mary. Lei però non parve affatto a disagio e si strinse anzi nelle spalle come per dirgli di lasciar perdere.
«Andiamo a fare colazione?» propose Sirius, stiracchiandosi. «Ho un certo languorino che necessita di essere soddisfatto».
Gli altri parvero d’accordo all’unisono.
«Vuoi venire con noi, piccola Macdonald?» continuò allora, malizioso e ammiccante in sua direzione della ragazza. Remus, di sottecchi, gli lanciò un’occhiataccia in tralice. «Saresti la ragazza più invidiata del castello se dovessero vederti scendere con noi in Sala Gr…»
«Black, ti prego. Lascia stare la povera Mary e risparmiaci le tue stupidaggini almeno di prima mattina».
La voce di Scarlett, altezzosa e risoluta, arrivò all’improvviso e gli fece fare una smorfia infastidita. Ottimo, il veleno servito prima della colazione?
La guardò annoiato raggiungerli e si chiese istintivamente chi o cosa le avesse conferito l’autorità di essere una tale insopportabile saccente egocentrica.
«Riuscirai mai a stare nel tuo quando parlo con qualcun altro?» le chiese, con un tono caricatamene gentile. «Devo pensare che tu non possa fare a meno di rivolgermi la parola?»
Lei lo fissò divertita e annuì, colpita da quell’intuizione.
«Esatto Black, hai centrato il punto» ammise, sorridente. «Infatti non vedevo l’ora di svegliarmi e vedere la tua brutta faccia qui, a benedire la prima giornata di lezioni».
«Altre pagherebbero per avere tale privilegio» le fece notare, un sorrisetto sicuro di sé dipinto sul volto.
E Scarlett, che aveva già dato troppe attenzioni a quell’inutile essere, concentrò il suo sguardo castano altrove.
«Buongiorno ragazzi» salutò infatti gli altri, con un cenno della mano. «Andiamo a fare colazione?»
«Sì Brooks, ottima idea» annuì Peter, il cui stomaco borbottava incessantemente da una decina di minuti. «Che ne dite, ci avviamo?»
«Ma dove sono le altre?» chiese Mary all’amica, prima di seguire i ragazzi fuori dal buco del ritratto.
La mora Cacciatrice fece finta di pensarci, tamburellando un dito sul volto rivolto al soffitto.
«Vediamo… Alice è con Frank non so dove, ma sicuro sarei felice di non incrociarli a quest’ora del mattino» ammise, tornando a guardarla, e la scoprì con un’espressione comprensiva, quasi rassicurata. «Lily ed Emmeline ci raggiungono, stanno finendo di sistemare i loro vestiti».
«Ma pensa…» fece James, divertito da un qualcosa che gli altri non parvero cogliere. «Una Caposcuola in ritardo? Dovrò fare rapporto, non c’è che dire. E poi che senso avrebbe darsi tanta pena per i vestiti, lei è così bella che…»
«Vi prego, andiamo via subito» fu la supplica di Sirius a quelle parole, girandosi d’un tratto esausto. «Non ho intenzione di ascoltare le sue allusioni insensate di prima mattina, per di più a stomaco vuoto».
Quella fu la prima volta in cui Scarlett fu totalmente d’accordo con lui, sebbene non lo avrebbe ammesso nemmeno senza tortura. Le due ragazze si avviarono così verso la Sala Grande con i Malandrini e la Cacciatrice sfruttò quell’occasione per parlare di un fatto che le stava molto a cuore con uno di loro in particolare.
«James» lo richiamò infatti, mentre scendevano le scale. «Dobbiamo fissare le selezioni per la squadra il prima possibile. Ci servono un Battitore e un Cacciatore per iniziare gli allenamenti da settimana prossima».
Il ragazzo annuì, deciso e risoluto.
«Ho già in mente un paio di persone» dichiarò e si fece d’un tratto pensieroso. «Chiedi tu alla McGranitt di prenotarci il campo venerdì prossimo?»
Scarlett lo fissò e aggrottò la fronte, confusa da quella richiesta.
«Io?» chiese, incerta. «Sei tu il Capitano».
James si morse il labbro e allargò le braccia con fare colpevole.
«La vita è lunga, piena di insidie e imprevisti Scarlett» spiegò, con una cantilena da vecchio saggio. «Per allora potrei essere morto, storpio oppure…»
«In punizione?» suggerì tagliente Remus, qualche scalino sotto di lui.
Scarlett inarcò un sopracciglio e lo fissò divertita.
«Cosa stai tramando?»
«Niente che ti riguardi, Brooks» la informò Sirius, appena dietro di lei. «Faccende da uomini».
Lei fece meravigliosamente finta di niente e continuò a concentrarsi su James, l’aria seria e minacciosa.
«Ti conviene parlare, Capitano» gli intimò, austera come solo lei sapeva essere.
Mary, che aveva accelerato il passo, raggiunse Remus e gli bisbigliò “Tu ne sai qualcosa?”
Lui di tutta risposta annuì, quasi addolorato, come se non volesse essere accostato a ciò che gli amici si apprestavano a fare.
«Rilassati Scarlett» la rassicurò James, seppure sapesse di risultare poco convincente. «Non morirò, puoi stare tranquilla».
«Oh ma non è certo di questo che sono preoccupata» rivelò lei, serena e spietata. «Preferirei solo non dover saltare o rimandare le selezioni, perdendo tempo prezioso per migliorare le nostre prestazioni».
Sirius fissò ragazza, che gli dava le spalle, e alzò gli occhi grigi al soffitto. Il tono di cui la sua voce era intriso lo irritava come poche cose al mondo, doveva ammetterlo. Persino la sua andatura sicura e impettita lo faceva innervosire. Come poteva una persona credersi tanto perfetta, tanto al di sopra di tutti gli altri?
Quando fece per inserirsi nella conversazione, con l’ennesimo commento tagliente e velenoso, notò che alla fine delle scale c’era qualcuno che li guardava esitante, ciondolando davanti all’ingresso della Sala Grande.
Dylan Miller era lì, con i suoi ridicoli boccoli biondi, l’aspetto impeccabile e l’aria beata di chi aveva appena visto una Dea. Sirius scrutò con la coda dell’occhio Scarlett agitare la mano in sua direzione, a mo’ di soluto, per poi raggiungerlo superando gli altri. Infondo quell’apparizione aveva salvato lui e James dal dover dare spiegazioni non necessarie e superflue, e anche l’amico parve sollevato della fine di quell’interrogatorio che evidentemente non avrebbe saputo gestire.
Qualcosa però catturò involontariamente l’attenzione di Sirius, mentre faceva gli ultimi gradini. Scarlett era lì davanti a Miller, l’accenno di un sorriso e una mano nella sua. Eppure non sembrava così felice di vederlo.
Almeno non come una qualsiasi ragazza del Castello riunita al proprio fidanzato. Non che il Malandrino fosse un esperto in tali faccende di cuore, ma notò subito la differenza e non poté far altro che meravigliarsene.
«Salvati per miracolo» gli bisbigliò James, facendo cenno alla coppietta. «Stavo per cedere amico, faccio veramente fatica a tenerle testa sotto pressione…»
«Dici?» chiese lui, fingendosi sgomento di fronte a quell’ammissione. «Non avevo proprio notato».
«Ciao Dylan!» lo salutò allegra la Macdonald, un sorriso ad arricciarle le labbra.
«Mary!» la richiamò lui e sciolse brevemente la presa su Scarlett, senza però lasciarla andare. Le fece scivolare il braccio attorno alla vita, stringendola di spalle al suo petto. La ragazza parve irrigidirsi a quello slancio e lo assecondò, quasi meccanicamente.
«Ah Miller, Miller» iniziò James, scuotendo teatralmente il capo in segno di disapprovazione. «Stai cercando di corrompere la mia Cacciatrice, non è così?»
Lui assunse un’espressione colpevole e alzò la mano libera in segno di resa.
«Lo confesso, sì» annuì, facendo ridere Mary. «Ammetto però che è stata un’impresa lunga e tortuosa, che ancora non posso dire di aver portato a termine».
Sirius lo guardò, senza riuscire a nascondere ciò che pensava: quel tizio era davvero un idiota. Il suo sguardo metallico scivolò poi su Scarlett, ancora stretta a lui, con l’ombra di un sorriso sulle labbra e l’aria vagamente malinconica. Possibile che era l’unico a notarlo? Scrutò brevemente il gruppo di amici, specialmente Mary, ma nessuno parve stranito da quell’atteggiamento, anzi notò come fossero tutti contenti di quell’unione apparentemente perfetta.
Perfetta, poi. Se c’era una cosa che Sirius aveva imparato nella sua breve vita era che le perfezione non poteva essere reale, ma solo apparenza sapientemente costruita. La sua stupida famiglia dopotutto ne era la prova tangibile. E anche Scarlett, in quel momento, gli risultò più finta che mai. Lo sguardo spento, quasi triste, l’ombra di un sorriso forzato sulle labbra. Le braccia di un ragazzo che palesemente non desiderava a stringerla, senza la minima emozione a riguardo. Le faccende di cuore non erano il suo pane, come era risaputo, ma sapeva riconoscere una ragazza presa da qualcuno e lei, in quel preciso istante, era lontana anni luce dall’esserlo.
«Attento Dylan» lo redarguì bonario Remus. «James non cederà il suo asso nella manica tanto facilmente. Rinunciare alla vittoria non è una possibilità che è pronto ad accettare».
E il capitano di Grifondoro, sentite quelle parole, annuì con vigore.
«Nemmeno io se è per questo» fece poi Scarlett, liberandosi con un gesto secco dalla presa di Dylan, e gli lanciò uno sguardo eloquente mentre raggiungeva gli amici. Lui, seppur controvoglia, la lasciò fare osservandola stranito. «Abbiamo un patto noi, ricordi?»
Il ragazzo annuì, un mezzo sorriso sulle labbra.
«Fidanzati in borghese, acerrimi nemici in campo» si ricordò, incrociando le braccia al petto. «Fortuna che non sono tanto sensibile da lasciarmi distrarre, altrimenti non parerei nemmeno mezza Pluffa al tuo passaggio».
Sirius si ritrovò ad ascoltare quell’assurdo dialogo suo malgrado, incredulo dalla stupidità di quel tizio. Come poteva non accorgersi che Scarlett lo aveva piantato lì, alla prima occasione utile?
Dopo qualche altro minuto di convenevoli e battutine, il gruppo raggiunse la tavolata di Grifondoro e Scarlett, che stava seguendo gli amici, si sentì prendere la mano, trascinare indietro per voltarsi, ritrovandosi nuovamente faccia a faccia con Dylan.
«Stai bene?» le chiese, gli occhi attenti a scrutarla e un’espressione confusa sul volto.
«Mi sembri parecchio strana ultimamente… anzi, a dirla tutta lo sei già da un bel po’ di tempo».
Lei parve colpita dalle sue parole e gli occhi scivolarono, quasi d’istinto, sulle loro mani intrecciate.
«Perché me lo chiedi?» chiese infine, tornando a guardarlo.
«Perché mi rispondi con una domanda?» replicò lui, sciogliendo la presa.
Dylan aveva un’aria triste e amareggiata. La sua frustrazione per quella situazione era chiara, lampante, e Scarlett non poté che capirlo. Infondo lui era innamorato pazzo di lei, aveva fatto qualsiasi cosa per conquistarla, ma nell’ultimo periodo gli sembrava di essere il solo nella coppia a cui importava portare avanti la relazione. Durante l’estate era sempre stato lui a scriverle per primo, a chiederle come andassero le cose, e lei risultava sfuggente, impalpabile, elusiva, come se avesse paura di dirgli o fargli capire un qualcosa a cui non riusciva ad arrivare.
Anche in quel preciso momento Scarlett sosteneva il suo sguardo senza fiatare, senza lasciar trapelare nessun’emozione in particolare. Era fredda, distante, lontana dalla persona di cui inizialmente Dylan si era invaghito.
«Senti» riprese poi, ormai arreso all’evidenza che ottenere una risposta sarebbe stato molto difficile. «Io non so cosa ti prende e non posso leggerti nella mente per saperlo… siamo insieme, però. E merito di avere delle spiegazioni per il tuo comportamento che, credo sai benissimo anche tu, non è assolutamente quello avevi mesi fa quando abbiamo iniziato a frequentarci».
Scarlett si morse una guancia e respirò, più profondamente del necessario.
«Mi dispiace» riuscì a dire dopo qualche secondo, fissandolo con occhi indecifrabili. «Sono solo un po’ pensierosa e presa da molte cose…»
«E allora perché non me ne parli?» insistette lui, che stava per perdere la pazienza davanti a quell’apparente muro invalicabile. «Cazzo, parlami. Dimmi cosa c’è, confidati e vediamo di risolvere questa situazione… Io non posso stare con un fantasma, Scarlett. Non posso continuare a sentirmi trattato come uno zerbino».
E, inaspettatamente, si avvicinò a lei quel tanto che bastava per avere i loro volti a un soffio di distanza. La guardava con sguardo duro, spazientito, quasi arrabbiato. E lei, che non l’aveva mai visto così, fu sorpresa di quella reazione, dalla veemenza con cui le aveva parlato.
Dylan le portò poi una mano su una guancia e vi tracciò una linea immaginaria con un pollice, lento e delicato. La punta dei loro nasi che si sfiorava, il respiro reciproco che si infrangeva sulle labbra.
«Io ti amo» biascicò, la voce ridotta a un sussurro. «Ma non voglio che questo mi renda infelice. Quando sarai pronta a parlare, sai dove trovarmi».
Scarlett rimase impietrita e si lasciò superare, senza aggiungere altro. La reazione giusta sarebbe stata seguirlo, dirgli che lo amava, cercare di porre rimedio a tutti gli sbagli che aveva commesso. Ma infondo, era davvero ciò che voleva?
Gli occhi si inumidirono appena di lacrime e si sentì strana, sul punto di scoppiare ed esplodere per tutto ciò che stava tenendo dentro.
Scarlett stava rimandando da troppo quella situazione, lo sapeva perfettamente. Il fatto che non avesse ancora preso una decisione, che avesse adottato un fare tanto elusivo e freddo, era esclusivamente il non tanto ragionato modo che aveva adottato per prendere tempo.
La farsa che stava portando avanti con tutti, la gioia che fingeva di provare iniziavano a scricchiolarle e le fu subito chiaro che non sarebbe durata ancora molto nei panni della fidanzata accecata dall’amore. Dopo qualche secondo e un respiro a pieni polmoni, si voltò ed entrò nella Sala Grande diretta al proprio tavolo.
L’espressione sicura di sempre e l’andatura altezzosa, come se nulla fosse successo. Mary le rivolse un sorriso e, cogliendo una luce strana nei suoi occhi, si tramutò d’un tratto in uno sguardo interrogativo. Scarlett si sedette di fianco a lei, per nulla pronta a parlare di ciò che la affliggeva, e si ritrovò davanti un Sirius che la fissava interrogativo.
«Che c’è?» gli chiese atona, la voce leggermente roca.
Lui scrollò le spalle e allungò la mano verso un mucchio di fette biscottate.
«Assolutamente niente, Brooks» disse, agguantando anche un barattolo di marmellata alle albicocche. 
Lei inarcò un sopracciglio e continuò a studiarlo, per niente convinta dal suo fare elusivo.
«Sei diventato timido tutto d’un tratto?» lo provocò, mentre si versava una tazza di tè bollente. Mary lanciò uno sguardo a Remus, come per invitarlo a non perdersi la conversazione in atto, ma lui era troppo occupato a chiacchierare con Peter per accorgersene.
Sirius nel mentre non esitò a cogliere la provocazione di Scarlett e, dopo aver preso un generoso cucchiaio di marmellata, si apprestò a risponderle con l’aria sarcastica che gli calzava a pennello ogni volta che l’aveva di fronte.
«Se proprio ci tieni a saperlo… » iniziò, preparandosi la colazione, « … mi chiedevo se fossi sempre stata così passionale col tuo uomo o fossi semplicemente timida per la nostra presenza».
Scarlett sembrò colpita come da uno schiaffo da quelle parole e assunse un’espressione che mai le aveva visto prima: per caso l’aveva messa in difficoltà?
«Non so di cosa stai parlando» lo liquidò brusca, evitando accuratamente di guardarlo, e si finse troppo occupata a zuccherare il suo tè per argomentare meglio la risposta. Mary, che avrebbe desiderato ardentemente non essere lì, si costrinse a guardare altrove.
Sirius, dal canto suo, assunse un piccolo ghigno soddisfatto.
«Non c’è niente di male ad ammetterlo, Brooks» continuò, spietato. «La cosa mi sembra abbastanza palese. Anzi, direi proprio che oggi tu abbia dato la dimostrazione di essere fredda come un cubetto di ghiaccio.»
«Il fatto che tu non mi piaccia e che ti tratti come meriti non significa che io sia una persona priva di cuore» commentò, aspra e velenosa. «E scusami tanto se non salto addosso a qualcuno, in mezzo a tutti di prima mattina. Magari un giorno anche tu incontrerai qualcuno con buon senso e pronto a rispettarti.»
Lui rise a quell’augurio, senza esserne realmente divertito.
«Spiacente deluderti, ma non credo che succederà mai» sentenziò risoluto. «Io non sono certo il tipo pronto ad accontentarsi.»
Scarlett inarcò un sopracciglio, la tazza alle labbra e lo sguardo vagamente offeso.
«Io non mi accontento proprio di nessuno» commentò secca, visibilmente indispettita da quell’allusione. Ma forse, più di ogni cosa, intimamente sconvolta per ciò che lui era riuscito a cogliere.
«Lo voglio ben sperare» si intromise James, tenendo un piatto a mezz’aria colmo di tutto ciò che era riuscito a raggiungere con le sue fameliche mani. Lo sguardo severo e attento su di lei. «Ci manca solo che tu abbia fatto del nostro nemico il tuo fidanzato per il puro gusto di …»
«Ancora no, ti prego» soffiò un esasperato Remus, riemerso dalla conversazione con Peter con il solo scopo di zittirlo. «La vita è fatta anche di altro, non solo di Quidditch».
«Grazie Lupin, lo apprezzo di cuore» fece Scarlett in sua direzione, un sorriso gentile sulle labbra. Ma Sirius non aveva certo di finito di fare osservazioni e, dopo qualche secondo, si decise a continuare a punzecchiarla.
Il suo intento però non era quello semplicemente di schernirla, o farla arrabbiare. Quello che desiderava era ottenere una reazione, capire il motivo che l’aveva spinta a legarsi a un tale insignificante essere. Scarlett, dopotutto, era davvero una ragazza austera, saccente, la regina delle maniache del controllo. Ma Sirius si chiese come lei, che sembrava non riuscire a fare meno di un po’ di pepe nella sua vita, si accontentasse di una tanto piatta situazione. Le loro continua frecciatine ne erano la prova dopotutto: da quello che ricordava non si era mai tirata indietro di fronte a un loro scontro e, anzi, ogni tanto la cosa sembrava anche divertirla.
«Allora illuminami Brooks» ricominciò, imperterrito, con il tono aulico di un oratore antico. «Spiegami cos’ha di tanto speciale questo Corvonero, com’è riuscito a farti cadere ai suoi piedi e conquistare il cuore raggrinzito».
Lei, ormai al limite della sopportazione, respirò seccata e lo fissò con aria di sfida. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vincere, soprattutto in merito a una faccenda tanto privata e personale.
«E’ gentile, premuroso e soprattutto affidabile. Il genere di persona che ha la testa sulle spalle».
«Ah capisco» fece l’altro di rimando, la voce di chi la sapeva lunga a riguardo. «Mi stai dicendo che è noiosamente prevedibile».
Lei aggrottò la fronte e scosse il capo con decisione.
«Niente affatto, Black. Noi ridiamo molto quando siamo insieme».
«Immagino» sbuffò Sirius, incomprensibilmente divertito. «Sembra proprio il genere di persona che ti fa sbellicare dalle risate».
Scarlett non si capacitava del suo interesse per la sua vita e, soprattutto, per la relazione con Dylan. Cosa voleva saperne lui, di amore?
«Non mi aspetto certo che tu mi capisca» rivelò lei, ostentando una calma di cui ormai era priva. «Dopotutto conosciamo i grossi limiti che hai, la tua impossibilità ad andare oltre il secondo appuntamento».
Lui scrollò le spalle, un sorriso che valeva come una tacita ammissione all’allusione appena fatta.
«Non posso non negarlo: la noia è il mio peggior nemico, Brooks».
«Diciamo che più che altro la stabilità lo è, soprattutto quella mentale» osservò Remus, facendo ridere gli altri compagni. «Forse è per questo che tu e James siete così amici, uniti della stessa piaga».
Il Capitano, la terza fetta di torta in mano e l’espressione piccata, fece per replicare offeso ma qualcosa (o qualcuno) lo fece aprire in un sorriso radioso, estatico.
«Evans, buongiorno raggio di sole» la salutò infatti, vedendola avvicinarsi a loro. «Hai dormito bene questa notte? Mi hai sognato? Ti sono mancato?»
Lily lo fissò, allegra e radiosa.
«Ho dormito benissimo, caro il mio Potter» rivelò, prendendo posto poco distante da lui. «Forse proprio perché non ho avuto incubi con te come protagonista».
Emmeline, che era proprio dietro di lei, rise per l’espressione che James assunse dopo aver sentito quelle parole.
«Potter non ti cruciare, scommetto che entro la fine dell’anno la nostra algida rossa capitolerà ai tuoi piedi» rivelò soave, guadagnandosi un’occhiata al veleno dall’amica in questione.
«Finalmente una persona che ragiona!» esultò James e le fece un occhiolino. «Grazie Vance, ti ho già detto che mi stai molto simpatica?»
«Noto con piacere che ti sei dimenticato tutto ciò di cui abbiamo parlato ieri, stupido cornuto» lo redarguì Sirius, voltandosi seccato in sua direzione. «Vero?»
«No nient’affatto» fu la risposta dell’altro, sotto agli sguardi confusi delle ragazze. «Certe abitudini però sono durissime a morire».
La colazione continuò senza che nessuno indagasse oltre circa il contenuto degli scambi segreti tra i due ragazzi e, dopo l’ultima tazza di lette, Mary guardò l’ora con fare un po’ arreso.
«Bene, devo andare. Rune Antiche» annunciò con un sospiro, chiedendosi cosa le fosse saltato in mente quando aveva scelto quella materia. «Andiamo Scarlett?» Anche la Cacciatrice, infatti, aveva avuto la stessa malsana idea al terzo anno e se ne pentiva amaramente ogni giorno della sua vita.
«Certo, che bello» fece, sarcastica e annoiata al tempo stesso, e si alzò con riluttanza dalla panca.
Dopo aver salutato gli altri, si incamminarono insieme verso l’aula in un silenzio del tutto innaturale. Mary, che la sbirciava con la coda dell’occhio, aveva intuito che qualcosa non andava.
«Tutto bene?» le chiese, la voce esitante e colma d’affetto. Scarlett fece spallucce e sospirò, la sguardo puntato dritto davanti a sé.
«A parte il fatto che Dylan mi ha detto che se non cambio tra noi è finita, tutto alla grande» sputò, senza argomentare oltre la notizia. L’amica spalancò gli occhi per la sorpresa e si girò verso di lei, la fronte aggrottata e l’aria confusa.
«Cosa!?» sbottò. «Di cosa parli?»
«Parlo del fatto che sono una stronza egoista, Mary» la informò, senza avere il coraggio di guardarla. «Parlo anche della mia insopportabile mania di tenermi tutto dentro e lasciare gli altri distanti… solo che Dylan non è un mio amico. E’ il mio ragazzo. E lo sto trattando come un perfetto coglione».
Mary la prese per un braccio, costringendola a fermarsi, e Scarlett sospirò frustrata da sé stessa, da tutta quella situazione.
Infondo però aveva bisogno di sfogarsi, di confrontarsi con qualcuno. E l’amica, lo sapeva, non l’avrebbe mai giudicata o criticata. Mary era forse la persona più buona che conosceva e il suo sguardo su di lei in quel preciso momento, colmo di comprensione e benevolenza, ne era la conferma.
«Scarlett… tu non sei una stronza» la rassicurò, l’ombra di un sorriso quasi materno sulle labbra. «Sei solo troppo dura con te stessa. Dovresti imparare a lasciarti andare ogni tanto, a prendere le cose con leggerezza e soprattutto a fare quello che vuoi senza la paura che il giudizio degli altri ti condizioni».
«Non è solo questo… è più il fatto non voglio deluderlo o ferirlo» mormorò, abbassando gli occhi castani. «E forse non voglio nemmeno perderlo a dirla tutta. Ma non riesco a sentirmi… totalmente appagata da questa relazione. Ti è mai capitato? Sembra tutto perfetto, il genere di situazione che chiunque vorrebbe… eppure non sono felice come gli altri si aspetterebbero di vedermi. Non mi sento così e non so cosa fare, ma allo stesso tempo mi rendo conto che devo fare qualcosa e reagire per cambiare tutto».
Mary annuì, comprensiva.
Conosceva molto bene Scarlett e, seppur fossero diverse fino al midollo, in quel momento condivideva ogni singola cosa detta. Quella sensazione la provava anche lei ogni giorno, ogni volta che aveva Remus davanti: la voglia di reagire, di cambiare, di essere felice e buttarsi per ottenere un brivido. La paura di sbagliare e rovinare tutto, di contro, sembrava bloccarle entrambe ed inchiodarle in un limbo fatto di indecisione e infelicità.
«Io… ti capisco. Benissimo. A dirla tutta anche io mi sento così» confessò, con un sospiro stanco. «Sai quante volte vorrei cambiare? E non parlo solo di cose che mi riguardano… ma anche di me stessa. Vorrei avere il coraggio di buttarmi, di allungare la mano e prendere quello che voglio per sentirmi felice… e invece no. Rimango nel mio, sperando che le cose accadano da sole maciullandomi il cervello e torturandomi ogni singolo istante per non avere la forza di agire».
Scarlett alzò lo sguardo, meravigliata da quelle rivelazioni, e scoprì Mary con un’espressione triste, la medesima emozione che anche lei si portava dentro da troppo tempo. E, senza nemmeno pensarci, le strinse forte la mano. Un sorriso affettuoso che si disegnava sulle labbra, gli occhi teneri e comprensivi.
«Stiamo parlando di Remus adesso, vero?»
Mary, che ormai era stanca di fingere, annuì e arrossì appena.
Era stanca di negarlo, stanca di mentire un qualcosa che ormai era evidente e chiaro come il sole. E solo per quella volta volle essere sincera, tirare fuori quello che aveva dentro.
«Io… credo che mi piaccia sul serio. Hai presente le farfalle nello stomaco? Ecco, sono già oltre a tutte quelle robe. Ho uno stormo di gufi dentro ogni volta che sono con lui» rivelò, facendola ridere appena. «E non capisco a che gioco stia giocando, perché questa dannata situazione è sempre a un punto morto. Quando penso di non interessargli, di essergli indifferente ecco che arriva una sua lettera o fa qualcosa di carino… poi però mi ricorda di essere tipo la sua migliore amica e BOOM, di nuovo lo smarrimento».
Scarlett la osservò lanciarsi in quel fiume di parole con aria sfinita, frustrata, e non poté fare a meno di pensare che avrebbe desiderato ardentemente provare quelle stesse cose per Dylan. Un coinvolgimento totalizzante, in grado di travolgerti con mille emozioni e farti sentire davvero legata a qualcuno.
«Io non conosco così bene Remus, lo ammetto. Ma non credo che tu gli sia indifferente… è molto amico anche di Lily, certo, ma per lei non ha le stesse attenzioni. Hai mai pensato che forse anche per lui tutto ciò è difficile? Anche lui potrebbe non sapere come comportarsi… dopotutto non è uno sciocco, è anzi davvero maturo rispetto al suo gruppo di amici».
Mary spalancò gli occhi e la fissò assorta, come se avesse detto una verità così chiara e lampante da scuoterla dentro. Come aveva fatto a non pensarci prima di allora?
«Sì… potrebbe essere vero» ammise, con un filo di voce. «Ma io non sono… insomma, non sono intraprendente come Emmeline o forte come te e Lily. Prendere le cose di petto non è esattamente la mia specialità».
«Ah… e invece sarebbe la mia?» chiese sarcastica Scarlett, roteando gli occhi al cielo. «Mary tu ti sottovaluti troppo. E sopravvaluti gli altri, me compresa. Ti sembro davvero così forte? Non riesco nemmeno a capire cosa fare con il mio attuale ragazzo e preferisco trattarlo come se non me importasse, piuttosto che fermarmi e prendere una decisione. Dylan dice di sentirsi uno zerbino e io invece mi sento una perfetta imbecille, una dodicenne in preda a una crisi esistenziale. Mi meriterei di uscire con la Piovra Gigante che tanto nomina Lily e magari di innamorarmi, farmi spezzare il cuore e piangerne l’assenza per il resto della mia vita».
Mary, pensando a quell’assurdità, rise di cuore, facendo sì che anche Scarlett la imitasse.
«Non mi sembra affatto male, potreste avere molte cose in comune» le disse, ancora l’ombra della risata sul volto.
«Già, ormai inizio a pensarlo sul serio» sospirò Scarlett, scuotendo divertita il capo.  


«James, tu stai per fare… COSA!?»
Scarlett lo fissava a braccia conserte, l’aria truce e infiammata di rabbia.
La squadra di Grifondoro era riunita in un’aula vuota al settimo piano del Castello e, dopo i classici convenevoli di benvenuto, il Capitano si era lasciato sfuggire con innocente entusiasmo l’evento sempre più prossimo che stava organizzando con i suoi amici.
«Andiamo, sarà divertente!» cercò di mediare lui, sorridendo gioioso in direzione degli altri. «Non ci pensi? Sarebbe una fantastica occasione per svagarci prima dei duri allenamenti che ci attendono».
«A me sembra la perfetta occasione per finire in punizione ed essere ucciso dalla McGranitt, piuttosto» lo corresse lei, furente. «Senza contare il fatto che porta male, malissimo fare feste prima di iniziare il campionato!»
Benjamin Harper, il moro Cacciatore al sesto anno, scoppiò nella sua risata fragorosa e inconfondibile.
«Dai Scarlett, non farla tragica» cercò di mediare, guadagnandosi un’occhiataccia gratuita dalla diretta interessata. «Una festa non ha mai ucciso nessuno dopotutto.»
«Ah no?» iniziò lei e inarcò un sopracciglio, fredda e sarcastica. «Vogliamo ricordarci di quella volta al quarto anno? Della festa che abbiamo fatto a settembre? Vi devo anche ricordare la classifica di giugno?»
«La nostra stellina è di cattivo umore, oggi?» la canzonò soave Seth Tyler, il Portiere al sesto anno. Quest’ultimo era piuttosto famoso per la sua lingua biforcuta e il tocco dolcemente velenoso che riusciva a dare ad ogni commento rivolto a «Mi duole dirtelo, Brooks, ma uscire con questo Corvonero ti ha letteralmente rammollita».
Scarlett sospirò, scocciata, e si girò a guardarlo con aria di sfida.
«Scusa tanto se detesto perdere».
«Io ci sto Capitano!» esultò invece John Crosby, Battitore al terzo anno. »Purché non ci siano i Serpeverde».
«Mio caro, ma per chi mi hai preso?» ribatté James, teatralmente indignato da tale insinuazione. «La festa è totalmente firmata Grifondoro e ognuno potrà invitare la persona che più desidera».
«Ah sì?» si interessò maggiormente Crosby, grattandosi pensieroso il mento. «In tal caso ci sarebbe una tipetta di Tassorosso che non mi dispiacerebbe affatto…»
«Ragazzi, vi prego» ricominciò Scarlett, ormai esasperata. «Io credo che sia una pessima idea. Per uscire ci sarà sempre il weekend ad Hogsmeade, non è necessario rischiare di svegliare l’ira funesta di Minerva McGranitt per rimorchiare».
«Mamma mia Brooks, sei un disco rotto» sbuffò Tyler e, dopo essersi brevemente stiracchiato, saltò giù dal banco su cui si era mollemente seduto in precedenza. «Per come la vedo io, a questo punto, hai due opzioni: continuare a rompere le Pluffe oppure venire a questa dannata festa e farti un drink, rilassarti e cercare di passare una bella serata. Credi di esserne in grado, Stellina?»
Scarlett incrociò austera le braccia al petto e ignorò le risatine dei compagni, che proprio non riuscirono a trattenersi.
«Come volete allora» acconsentì infine, seppur controvoglia. «Sappiate però che sarà enormemente soddisfacente potervi dire “Ve lo avevo detto”, quando perderemo il campionato».
 «Ah ma tranquilla Scarlett, non succederà mai!» la rassicurò un più che convinto James. «Siamo troppo bravi e poi, dopo le selezioni, rafforzeremo ancora di più le nostre tattiche con nuovi membri nella squadra».
«Sì, la tua prospettiva è anche fin troppo tragica» le fece notare poi Harper che, d’un tratto pensieroso, si girà verso il resto della squadra. »Voi avete già un’idea di chi invitare?»
«Malania Hossas, Tassorosso» annunciò solenne Crosby.
«Elizabeth Smith, Corvonero» fu invece il turno di Tyler, il viso animato da un sorrisetto malizioso.
«Io non ho ancora deciso» ammise James, con un sospiro affranto.
E gli altri si scambiarono sguardi stupiti.
«Ma come Capitano… non hai intenzione di prosciugare Lily Evans a forza di suppliche?» gli domandò Harper, sinceramente colpito.
«Infatti James è commovente questo tuo tentativo di fare il distaccato, ma non ci crede nessuno» lo informò Scarlett, dolcemente spietata.
«Miei prodi, la strategia è cambiata» celiò lui di rimando, con espressione seria e risoluta. «Non mi piace però anticipare le mie mosse e…»
«E preferiamo non saperle, tranquillo» lo stroncò Tyler, facendo scoppiare a ridere tutti gli altri e lasciando James piuttosto indispettito.
All’ora di cena fu piuttosto chiaro che la tanto chiacchierata festa di Grifondoro sarebbe stato un successo: tutti gli studenti erano in trepidante attesa di essere invitati da qualcuno della Casa perché, come ben precisato dai Malandrini, l’accesso non era certo per chiunque desiderasse partecipare.
Lily, che aveva appreso la notizia nel bagno delle ragazze da alcune Corvonero, si diresse a passo di guerra verso il proprio tavolo: gli occhi smeraldini fiammeggianti alla ricerca di qualcuno in particolare, contro cui riversare la propria ira funesta.
«Potter!» ruggì infatti, una volta individuato il ragazzo.
Il malcapitato, seduto proprio tra Remus e Sirius, alzò con lentezza calcolata il viso in sua direzione. Un’espressione gioiosa e colpevole al tempo stesso, mentre alzava una mano a mo’ di saluto in sua direzione.
«Lily cara, buonasera» la salutò gentile e afferrò una ciotola proprio di fronte di lui, porgendola verso di lei. «Hai visto? Stasera c’è il purè, il tuo contorno preferito!»
«Non me ne frega un accidenti» sibilò lei, i pugni stretti lungo i fianchi. «Esattamente che cosa ti è saltato in mente quando, in veste di Caposcuola, hai deciso di organizzare un festino clandestino nella Stanza delle Necessità?»
James fece per rispondere, cercando di assumere un’espressione sorpresa e offesa, pronto a difendersi da tutte le accuse, ma sfortunatamente per lui fu Sirius a risponderle per primo.
«Andiamo Evans, non ti scaldare» sbuffò infatti, versandosi con fare annoiato un bicchiere d’acqua. «E’ una festa, mica un raduno di Arti Oscure. Perché siete tutti così restii a un po’ di sano divertimento?»
«Perchè forse odiamo il rischio di finire in punizione con la McGranitt fino alla fine dei nostri giorni» lo informò pacato Remus e Lily annuì, come per dargliene atto.
«Senza contare che io e questo essere inutile abbiamo anche delle responsabilità» continuò lei, indicando con rabbia James. «Ci hai pensato, Potter? Dovremmo essere un esempio per gli studenti più piccoli e tu cosa fai!? Organizzi una festa con addirittura alcolici!»
«Mi duole correggerti, ma sappi che abbiamo imposto limiti molto precisi» si difese, cercando di darsi un tono nonostante il suo dito pericolosamente vicino al viso. «La festa è aperta solo dal terzo anno in su.»
Lily nel sentire quell’assurdità, boccheggiò dalla rabbia.
«Odio spezzare una lancia a favore dei ragazzi, ma per una volta potremmo anche divertirci no?» azzardò Emmeline, poco distante da loro. «E’ il nostro ultimo anno e sarebbe carino iniziarlo come si deve.»
«Esatto Vance, mi piace come ragioni» annuì colpito Sirius in sua direzione, ignorando una Lily incredula che stava per riprendere la sua filippica sui doveri e responsabilità. «Voi donzelle avete già pensato chi invitare?»
«Io ci andrò con Frank» fu la fulminea risposta di Alice, che si premurò di lanciare un’occhiata al suo amato, come per riceverne immediata confermata. E lui, con prontezza e senza esitazione, annuì con fermezza.
«Io non ci ho ancora pensato» ammise Emmeline, attorcigliandosi pensierosa i capelli scuri tra le dita.
«Nemmeno io» sospirò Mary e girò meditabonda la sua zuppa, lanciando occhiate furtive a Remus. «Voi invece?»
«Ragazze, ma fate sul serio!?» le bloccò Lily, sinceramente incredula per la solidarietà che le amiche stavano dimostrando all’iniziativa della festa. «Voi ci andrete!?»
«Ma certo, Evans» la informò Alice, stupita da quella domanda. «Perchè mai dovremmo perderci una festa?»
«Perché forse è incredibilmente stupida come idea?» chiese una sarcastica Scarlett, perfettamente solidale a Lily in quella circostanza.
«Mi sembrava strano non aver sentito questa voce» fece Sirius. «E’ la tua specialità essere una guastafeste, vero Brooks?»
Lei si girò a guardarlo, un sorriso gentile dipinto sulle labbra.
«Non ti preoccupare Black, non intendo assolutamente intralciare i tuoi piani» rivelò, con dolcezza. «Metterti in ridicolo con la prima che passa è l’occasione migliore per dare mostra della tua bassezza interiore.»
«Hai ragione, spero di riuscire a prendere esempio dalla passione travolgente che emanerete tu e il tuo fidanzato» continuò lui, altrettanto cortese. «Lo hai già invitato a proposito?»
Scarlett non rispose e tornò a concentrarsi sulla fetta di arrosto che aveva nel piatto, ignorando il suo sorrisetto tronfio e soddisfatto che lui le stava rivolgendo.
«Dai sei ancora arrabbiata per il fatto del campionato?» le chiese invece James, sinceramente annoiato. «Come può la più brava Cacciatrice di Hogwarts cedere alla superstizione?»
«E sopratutto di cosa ti lamenti?» continuò Emmeline, mentre una piccata Lily prendeva posto di fianco a lei sbuffando e borbottando parole incomprensibili ma sicuramente poco garbate. «Hai anche un ragazzo, zero sbattimento per un invito.»
«E’ anche ammessa l’opzione di venire da sole?» fu l’incerta domanda di Mary ai ragazzi. «Io odio invitare le persone per prima.»
«Anche io» ammise Peter e guardò gli altri, come per spronarli a rispondere positivamente alla domanda appena fatta dalla ragazza.
«Vi prego» sbuffò Sirius, passandosi una mano sul viso. «Si può sapere dov’è la difficoltà di invitare qualcuno?»
«Classico commento di uno che crede di avere il mondo ai suoi piedi» fu l’osservazione sarcastica di Scarlett, che non lo degnò nemmeno di uno sguardo mentre parlava. E lui, che prendeva ogni cosa che gli diceva come una sfida, non si lasciò certo sfuggire l’occasione di zittirla.
I suoi occhi grigi vagarono brevemente attorno a loro e individuarono la preda perfetta: Anya Bilson, Corvonero al sesto anno.
Bionda, carina e con un fisico niente male. Il caso volle che, proprio di fianco a lei, c’era Margareth Scott.
Uno sguardo complice con James, che sembrava aver intuito le sue intenzioni, fece disegnare sulle labbra di entrambi il medesimo sorrisetto malizioso.
«Ehi, Bilson» la chiamò Sirius, alzando la voce.
La ragazza si fermò e, con lei, anche l’amica si voltò verso il loro di tavolo prima di raggiungere il proprio. Anya gli sorrise e si avvicinò di qualche passo a lui.
«Ciao Sirius» lo salutò, allegra e vagamente lusingata dall’essere stata notata. «Come stai?»
«Una meraviglia» rispose, un occhiolino ad accompagnare le sue parole. «Avete sentito della festa che stiamo organizzando suppongo.»
«Oh sì, ormai lo sanno tutti» annuì una raggiante Margareth, come se si stesse già pregustando quello che stava per succedere, e diede un’impercettibile gomitata al fianco dell’amica. «Sarebbe davvero bello poter venire.»
«E’ il vostro giorno fortunato allora» le confidò Sirius e portò un braccio sulle spalle, di un ammiccante James. «Io e il mio amico qui ci chiedevamo se siete disposte ad accompagnarci, infatti. Che ne dite? Sarebbe divertente passare la serata insieme.»
Lily e Scarlett si scambiarono una smorfia schifata nel sentire i risolini delle due Corvonero a quella proposta e non riuscirono a trattenere il proprio scetticismo, quando tornarono a guardare quell’assurdo quadretto.
«Sarebbe davvero un sogno» sospirò Anya, le guance tinte di un rosso innaturale. «Abbiamo sempre desiderato venire a una delle feste che organizzate.»
«Allora è proprio il vostro giorno fortunato» si intromise James. «Ci vediamo sabato sera, buona cena ragazze.»
Le due, ancora incredule e colme di gioia, si scambiarono due sguardi raggianti e annuirono all’unisono in direzione dei due Malandrini prima di trottare entusiaste al loro tavolo, dove un gruppetto di amiche stava osservando la scena impazienti di essere aggiornate sui fatti accaduti.
«Però, davvero commovente» fu il commento di Lily, fingendo un’aria colpita per l’impresa appena compiuta da due. «I miei più sinceri complimenti, doveva essere una specie di dimostrazione?»
«Esatto, Evans.» la informò Sirius, pacato e risoluto. «Come potete vedere è semplicissimo invitare qualcuno a una festa, quindi Peter smettila di fare la femminuccia e datti da fare.»
Il ragazzo annuì, seppur con poca convinzione.
«E la stessa cosa vale per te, vecchio mio» fece James, con un cenno a Remus. «Non penserai di venire da solo mi auguro.»
«Sogno un mondo in cui avere diritto di fare delle scelte senza dover rendere conto a voi» rivelò l’interessato, mentre tagliava arreso una fetta di pane. «Ogni volta che mi sembra di averlo raggiunto, ecco che tutto si rivela un’illusione.»
«Remus stai tranquillo, ti siamo tutti vicini più che mai» lo rassicurò Scarlett, annuendo comprensiva e addolorata in sua direzione.
Il trascorrere degli ultimi giorni della settimana non fecero certo scemare l’interesse per quella che sembrava essere la festa del secolo e, anzi, gli studenti delle altre Case sembravano fremere più che mai per ricevere un invito da un membro di Grifondoro. Lily si costrinse a non tornare più sull’argomento con i ragazzi, ormai arresa al fatto che avrebbe dovuto partecipare seppur controvoglia, sopratutto una volta constato anche l’interesse di Marcus per tale iniziativa. E Scarlett, dal canto suo, fu praticamente costretta dall’amica a partecipare con Dylan. Quest’ultimo non sembrò affatto elettrizzato all’idea di andare a divertirsi insieme a lei, considerati i loro problemi e l’ultimatum che aveva chiaramente imposto, ma dopo gli insistenti lamenti di Marcus affinché ci fosse anche lui non potè far altro che cedere fingendosi addirittura partecipe.
Emmeline invitò Oliver Swander, un ragazzo carino di Tassorosso al loro stesso anno e ne parve mediamente soddisfatta.
Remus e Peter, invece, si sarebbero presentati da soli con la speranza che Sirius sarebbe stato troppo ubriaco per accorgersene e prenderli in giro fino alla morte. Anche Mary non aveva invitato nessuno, non tanto per mancanza di coraggio ma per il totale disinteresse che nutriva in chiunque. Ad eccezione di una persona, naturalmente.
Sabato sera quando varcò la soglia della Stanza delle Necessità con le amiche, i suoi occhi cristallini vagavano per la sala alla ricerca del soggetto con cui le sarebbe più piaciuto trascorrerla.
L’impresa, però, non si rivelò così semplice.
La stanza infatti era piena di persone e a tutte fu chiaro che parecchi studenti dovevano essersi imbucati senza aver ricevuto un invito.
«Prevedibile» commentò Lily, sospirando seccata. «Solo loro poteva pensare di riuscire a contenere un evento del genere.»
«Ormai ci siamo dentro amica mia» sbuffò Scarlett di rimando. «Cerchiamo di divertirci e di far passare alla svelta questa agonia.»
«Ottimo piano Brooks» annuì Emmeline e, senza aspettare che la seguissero, si immerse nella folla con una direzione ben precisa: il tavolo dove erano stati sistemati tutti gli alcolici.
La musica era piuttosto alta e mischiata con il vociare degli studenti, alcuni già piuttosto alticcci, risultava quasi impossibile riuscire a sostenere una conversazione. Mary, i lunghi capelli biondi raccolti e lo sguardo sempre attento senza una direzione precisa, perse ben presto le tracce delle amiche che si dispero quasi involontariamente feramdosi a chiacchierare con vari conoscenti.
Quando finalmente riuscì a trovare un piccolo varco verso una zona meno affollata, il suo cuore fece un balzo nel vedere appoggiato alla parete Remus.
Il ragazzo aveva tra le mani un bicchiere e lo sorseggiava con aria assente, per nulla coinvolto dalla festa. Lei sorrise, quasi meccanicamente, e lo raggiunse senza la minima esitazione.
«Ehi!» lo salutò, alzando il tono della voce per essere sicura che riuscisse a sentirla. «Sei venuto alla fine.»
Remus sobbalzò appena per la sorpresa ma, una volta inquadrata la persona che gli si stava avvicinando, si aprì in un sorriso felice.
«Già, credevi che avrei avuto davvero scelta?» scherzò, per poi indicare il bicchiere. «Ovviamente questo è succo di zucca, ma se dovesse chiedertelo Sirius digli che è il drink più alcolico a disposizione.»
Mary rise e annuì, fingendosi molto seria a riguardo.
«Certo, tranquillo. Non tradirei mai la tua fiducia» gli promise e si andò sistemare proprio di fianco a lui, mantenendo le spalle al muro. La musica, doveva ammetterlo, era molto carina: ritmata, coinvolgente, grintosa. E, dopo aver ondeggiato un po’ sul posto, lanciò un’occhiata in tralice a Remus.
Una domanda le si agitava dentro e, prima ancora di riflettere, si scoprì a parlare spinta da una curiosità lancinanate.
«Allora, dimmi… chi hai invitato?»
Il ragazzo si girò a fissarla stupito e lei, sentendo le sue attenzioni addosso, fece lo stesso. Nel notare la sua espressione arrossì appena, pentendosi appena dello slancio appena fatto, e si morse una guancia.
«Scusa, non sono affa…»
«Nessuno» dichiarò Remus, bloccandola. «Non… beh, non mi interessava invitare nessuno in particolare.»
Il cuore di Mary fece un altro balzo e le sembrò precisare nello stomaco, pervadendola di nervosismo misto a gioia: per quella sera sarebbe stato suo, forse. Quell’ipotesi appena sfiorata la fece aprire in un sorriso e Remus, che ancora la stava guardando con il bicchiere a mezz’aria, la imitò senza esitazioni.
«Anche io» lo informò, facendosi poi un po’ pensierosa. «Anche se notando la quantità di gente che è predente, credo che l’invito non fosse strettamente necessario per partecipare.»
Remus rise e annuì, come per dargliene atto.
«Mai avuto nessun dubbio a riguardo» ammise, scrollando le spalle. «Sono le solite idee di Sirius, a lui piace mettere del pepe in ogni cosa.»
«Vedi quel gruppetto di ragazze poi?» continuò Mary, facendosi più vicina come per dirgli qualcosa all’orecchio. Remus, nel sentirla addosso a lui, si irrigidì e fu pervaso immediatamente da un nervosismo mai sperimentato prima. Il suo cuore iniziò a mettere velocemente, la bocca si seccò all’istante e si ritrovò a trattenere il respiro. «Sono abbastanza certa che siano del secondo anno, per giunta Tassorosso. Anche la promessa di James a Lily non pare essere stata mantenuta.»
Remus l’ascoltò immobile, il respiro caldo di lei che si infrangeva sulla pelle del suo collo. Quando Mary si allontanò, con una risata divertita, lui ne avvertì immediatamente la mancanza, come se in realtà avesse voluto che quel momento durasse per tutta la sera.
«Davvero?» si sforzò poi di rispondere, meravigliandosi della propria voce roca e della gola secca. «Un’altra cosa prevedibile allora.»
Il Malandrino sospirò a pieni polmoni, come per calmare tutto il miscuglio di sensazioni che si agitavano in lui senza logica e freni. Si passò una mano sul viso e dietro il collo, scoprendosi imperlato di sudore, e d’istinto volle allontanarsi da lei, cercare di fuggire un qualcosa che sentiva tanto sbagliato quanto dannatamente meraviglioso.
«Forse… è il caso che io esca un attimo» le disse, appoggiando un bicchiere su un tavolo poco distante. Mary lo fissò, l’ombra della risata precedente ancora sul bel volto.
«Perché?» gli chiese subito, senza riuscire a nascondere la propria delusione.
«Non mi sento tanto bene credo» mentì lui, dopo l’ennesimo sospiro. «Forse un po’ di aria fresca mi farebbe bene.»
«Vengo con te.»
Prima ancora che Remus potesse obiettare e dirle di non preoccuparsi, Mary gli afferrò risoluta una mano e lo condusse con foga verso l’uscita della Stanza delle Necessità. Il ragazzo si sorprese della decisione con cui schivava gruppetti danzanti e alticci di studenti e, quando un loro conoscente fece per fermarli, lei gli strinse più forte la mano e lo trascinò con decisione oltre, fino ad arrivare al portone perdio chiuderselo alla spalle.
Quando Mary si girò a guardarla aveva l’aria attenta, preoccupata, e i suoi occhi azzurri fregavano il suo viso alla ricerca di un qualche malanno.
«Sei pallido in effetti» osservò poi, con un filo di voce. «Vuoi andare in infermeria?»
«No!» si affrettò a rassicurarla Remus, scuotendo energico il capo. «Credo di aver avuto solo molto caldo… sai, non sono esattamente un fan delle feste e odio la confusione. Un po’ d’aria fresca mi rimetterà in sesto.»
Lei annuì, senza smetterlo di fissarlo, ma non sembrò del tutto convinta da quella spiegazione.
«Perché non rientri?» continuò lui, abbozzando un sorriso gentile. «Le altre ti staranno cercando. Mi dispiacerebbe toglierti il divertimento per una cosa così stupida…»
«Sciocchezze!» lo rissicurò Mary, con un sorriso. «Le altre saranno tutte impegnate con i loro accompagnatori e poi… a me fa piacere passare del tempo con te.»
Remus si sentì spiazzato e impreparato a quella dichiarazione, semplice e anche così sincera. E lei, che lo guardava felice, non aveva certo pronunciato quelle parole con malizia.
Il fatto che loro stessero bene insieme era innegabile e le incessanti lettere durante l’estate ne erano la prova inconfutabile. Perché allora costringersi ad essere così sfuggente quando erano vicini? Perché sminuire ogni volta il loro rapporto?
“Perchè tu sei un mostro” gli ricordò all’improvviso quell’insopportabile vocina dentro di lui, crudele e maligna.
Quella volta però, per una qualche strana motivazione, Remus si costrinse a reprimerla. E non perché avesse deciso di dichiararsi, di fregarsene di tutto e di mettere a tacere tutte le sue convinzioni.
La ragione era lì, a due passi da lui.
Gli occhi di Mary.
La luce da cui erano pervasi, la sincera gioia nel poter trascorrere con lui una manciata di minuti senza che nessuno potesse rovinarli.
«Andiamo in Sala Comune, allora?» propose, facendo un cenno verso la fine del corridoio. «Credo che la mia festa sia ufficialmente finita.»
Mary rise e annuì, pensando che invece la parte che preferiva stava per iniziare. Trascorsero l’intero tragitto a parlare dei libri che si erano consigliati durante l’estate, commentandone le trame e recensione i punti più salienti. Remus rise a parecchie osservazione fantasiose della ragazza e sentì leggero, sereno come mai lo ero stato.
Quando arriveranno al buco del ritratto, entrambi pensarono a quanto sarebbe stato bello avere tutta la notte disposizione per poter stare insieme, a ridere e parlare di ogni cosa.
Remus desiderò più che mai non essere ciò che era, avere la libertà di vivere ciò che provava senza freni o sensi di colpa. Il suo sguardo si puntò sul viso di Mary, raggiante e felice, prima che si salutassero per andare nei rispettivi dormitori. Un altro, al suo posto, avrebbe probabilmente allungato una mano per accarezzarla e tirarla a sé, baciandola fino a quando entrambi non avrebbero più avuto ossigeno. Ma lui non era uno qualsiasi.
E se anche per una volta si era costretto a dimenticarlo, quella consapevolezza tornò a colpirlo con una forza inaudita, frenando ogni suo fantasticare su mondi paralleli in cui avrebbe avuto la grazia di vivere come un ragazzo di 17 anni.
«E’ stata una festa breva ma intensa» dichiarò Mary. «La parte migliore è stata sicuramente andarmene, devo ammetterlo.»
Remus avrebbe voluto ridere, ma si costrinse a non farlo.
E lei, che probabilmente si era illusa di essere riuscita a fare un passo verso di lui, si sentì immediatamente farne cento indietro.
«Mi dispiace molto avertela rovinata, effettivamente» ammise, improvvisamente triste, e scostò lo sguardo sul pavimento. «La prossima volta non accadrà. Buonanotte Mary e grazie ancora.»
La ragazza lo guardò darle le spalle e allontanarsi, diretto verso il dormitorio maschile.
Un’altra al suo posto lo avrebbe rincorso e probabilmente gli avrebbe fatto capire che no, non era stato affatto un problema aver passato la serata con il ragazzo che più le interessava al mondo.
Ma Mary non era quel tipo di persona e, nonostante tutti i buoni propositi, non lo sarebbe stata nemmeno quella sera.


«EVANS! EVANS!»
James agitava la mano in sua direzione, un sorriso raggiante sulle labbra e l’aria inconfondibile di chi non aveva bevuto solo Borrobirra.
«Buonasera Potter» lo salutò lei, divertita suo malgrado da tale gioia.
«Non credevo che saresti venuta alla fine» commentò subito lui e, senza aspettare una risposta, le passò un bicchiere.
Lily lo afferrò e, dopo averne annusato il contenuto alcolico, si lasciò andare a una piccola smorfia disgustata.
«Non amo gli alcolici» diachiarò e si premurò di darglielo indietro.
«Andiamo Evans, bevi quel drink e dacci un taglio» fu lo spassionato consiglio di Sirius, qualche passo dietro a James. Accanto a lui c’era Anya Bilson, adorante e ancora incredula di essere alla festa con lui, mentre Margareth Scott non sembrava essere pervasa dai medesimi sentimenti.
Il suo sguardo, infatti, sembrava piuttosto scontento e irritato dalle attenzioni che James stava serbando a Lily. Quest’ultima non riuscì a trattenere un piccolo accenno di sorriso soddisfatto a tale visione.
«Non preoccuparti Black, sono perfettamente in grado divertirmi senza l’ausilio di questa robaccia» lo rassicurò e, visto che nessuno lo avrebbe mai preso, appoggiò il bicchiere su un tavolo vicino. «Hai visto Scarlett?»
«COME DICI!?» urlò James, che per la musica assordante e forse un paio di drink di troppo non sembrava essere molto sul pezzo.
Lily scosse esasperata il capo e puntò gli occhi smeraldini al cielo.
«Ho detto: hai visto Scarlett?» ripetè, alzando il tono delle voce e tornando a guardarlo
Il ragazzo si fece pensieroso e, dopo essersi girato brevemente attorno, scrollò le spalle.
«In realtà è da un po’ che non la vedo, abbiamo bevuto qualcosa insieme alla squadra e poi è sparita»
«Fantastico» sbuffò Lily, che ormai non solo aveva perso tutte le amiche ma non riusciva nemmeno a trovare Marcus nella folla.
«In compenso se vuoi, la Vance è proprio là.»
La ragazza, nel sentire le parole divertite di Sirius, si animò appena e si girò nella direzione che lui le stava indicando: con sommo orrore scoprì Emmeline totalmente avvinghiata ad Oliver Swander, immersi nel bacio più appassionato e scoordinato che avesse mai visto prima.
Il fatto che entrambi avessero esagerato con i drink ingurgitati le fu subito chiaro.
«Caspita, questo sì che è un colpo di scena» ridacchiò James, sinceramente colpito da quella performance. »Non la facevo una tipa del genere.»
«Nemmeno io se è per questo» ammise Lily e non riuscì a trattenere una risata, pensando a quanto sarebbe stato divertente usare tutto ciò contro di lei la mattinata seguente.
Margareth iniziò a fare un paio di colpi di tosse, scocciata e irritata ai massimi livelli. Le braccia conserte e l’aria in attesa di essere degnata da uno sguardo da James, che le dava le spalle assolutamente noncurante della sua indisposizione.
«La tua dama ti spetta Potter» gli disse Lily e, vedendo la confusione sul suo volto, gli fece cenno alla Corvonero dietro lui.
James sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
«Ti prego, non me lo ricordare» biascicò, l’aria disperata. «Non puoi capire… è la ragazza più stupida che abbia mai incontrato. E la Bilson poi è logorroica! La vedi, eh!? Non sta zitta un attimo, non so come faccia Sirius ad essere ancora lì vicino a lei… forse non la sente per la musica troppo alta, altrimenti non me lo spiego.»
Lily scoppiò a ridere come una matta dopo il quadretto che James aveva dipinto e Margareth, ormai priva di pazienza, se andò con aria superiore e scocciata, liberando inconsapevolmente il ragazzo dalla sua presenza.
«Credo che tu abbia appena risolto il tuo più grande crucio» tossì poi Lily, facendogli notare con un cenno la Corvonero che si allontanava. «Adesso sei libero, Potter. La prossima volta magari selezione con più cura la persona con cui vuoi uscire.» James annuì, serio e risoluto.
«Vuoi ballare, Evans?»
«COSA!?»
Lily lo fissò interdetta mentre le porgeva una mano e mimava un inchino galante.
«Ho detto: vuoi ballare, Evans?» ripetè lui, facendole un occhiolino. «Mi pare che anche il tuo cavaliere sia irrimediabilmente assente e che le tue amiche siano tutte impegnate… perciò, perché sprecare questa bellissima canzone?»
La ragazza si guardò attorno, come alla disperata ricerca di una delle persone a cui James alludeva, ma la verità era che quella festa le stava inaspettatamente piacendo.
Le luci, la musica, l’atmosfera da cui era pervasa.
Normalmente lo avrebbe mandato al diavolo e se ne sarebbe andata, ma solo per quella volta si concesse il lusso di non farlo e godersi un momento di spensieratezza. Certo, ne era sicura, l’opinione che aveva su di lui non sarebbe cambiata dopo un ballo.
«Va bene Potter, ci sto» acconsentì, porgendogli con teatralità la propria mano.
James la fissò incredulo e sorridente, per poi appoggiare il bicchiere sotto allo sguardo severo di Sirius.
«Ramoso, ti farai del male» lo redarguì bonario e scosse divertito il capo, mentre si portava il drink alle labbra osservandolo.
«Tranquillo Felpato, il rischio è il nostro mestiere. Ricordi?»
James trascinò Lily nella pista e, una volta raggiunto uno spazio abbastanza grande per entrambi, le lasciò le mano. Lei iniziò a ballare, tenendo con accuratezza una certa distanza tra loro, ma al ragazzo non sembrò importare poi così tanto.
Il solo fatto di essere lì con lei, a ballare spensierati alla festa che aveva organizzato, lo fece sentire felice come mai lo era stato. Per un secondo immaginò di aver chiesto proprio a Lily di uscire e che lei avesse accettato, che quel ballo fosse la più che degna conclusione di una bellissima serata passata insieme.
La realtà era che in lui albergava una convinzione che nessuno dei suoi amici era in grado di capire, uno schiaffo ricevuto dalla realtà durante il quinto anno subito dopo la prova dei GUFO.
In quel preciso frangente James aveva realmente capito quello che Lily vedeva in lui: un perfetto idiota.
Un ragazzo frivolo, stupido, inutilmente crudele e del tutto privo di morale. Lo scherzo che aveva deciso di fare a Severus Piton si era rivelato in un qualche modo illuminante e, al tempo stesso, gli era servito per capire in cosa migliorare e modificarsi per riuscire ad essere una persona che Lily avrebbe apprezzato in ogni senso. L’immagine che lui aveva sempre mostrato orgogliosamente di sé stesso era la versione peggiore, un tentativo infantile di mostrarsi superiore e desiderabile da tutti gli altri studenti del Castello.
Quando però aveva deciso che Lily doveva essere sua, il mettersi in discussione e aprire gli occhi fu inevitabile. E la ragione che lo aveva spinto in tale direzione non era di certo solo la bellezza della ragazza, ma qualcosa di molto più profondo e impalpabile.
James amava la sua forza, ammirava la capacità che aveva di infondere energia e sicurezza agli altri anche solo con un sorriso o uno sguardo. Spesso si era sorpreso ad osservarla, ad ammirare la risolutezza con cui affrontava qualsiasi ostacolo e l’intelligenza che poneva in ogni suo commento o consiglio al prossimo. Le conversazioni tra loro erano sempre piuttosto sbrigative e sarcastiche, ma lui vedeva chiaramente come Lily si comportava con gli altri e il suo più ardente desiderio era farle cambiare opinione, riuscire a farsi vedere e apprezzare per ciò che realmente era.
Per questo motivo si era tanto impegnato per emergere a scuola, per essere meritevole e diventare Capitano, Prefetto e Caposcuola.
Per lei.
Per farle capire che oltre al sorrisetto arrogante e i modi da teppista c’era molto, molto di più.
«Ti diverti Evans?» le chiese e, senza aspettare una sua risposta, le afferrò la mano, facendole fare una piccola piroetta sul posto. Lei parve divertita e sorpresa al tempo stesso da tale slancio e annuì sorridente in sua direzione.
«Sì Potter, devo ammettere che non è stata affatto una cattiva idea» ammise. «Anche se come ballerino lasci piuttosto a desiderare.»
James assunse un’espressione caricatamene offesa.
«Io sono un ballerino provetto» la corresse con fierezza. «Non vedi come sono bravo?»
Lily scosse divertita il capo nell’osservare i suoi movimenti scoordinati e del tutto fuori tempo, e James pensò che il suo sorriso fosse la cosa più bella del mondo. Specialmente perché, per quella volta, lo stava rivolgendo proprio a lui.
«Spiacente infrangere i tuoi sogni di gloria, Potter. Io mi concentrerei più sul Quidditch se fossi in te» gli consigliò dolcemente. »Non credo che avresti un futuro brillante nel ballo.»
James rise e annuì, come dargliene atto.
«Devo ammettere che hai ragione, sono terribile» ammise, limitandosi a ondeggiare sul posto. «Fortunatamente ho altre doti.»
«Ah si?» chiese Lily, inarcando un sopracciglio. «Ad esempio?»
«Beh…» iniziò lui, grattandosi pensieroso il capo. In altre circostanze avrebbe sicuramente detto una battuta stupida e frivola, ma quella volta non volle farlo. Dopotutto era da tempo che non gli capitava di essere solo con lei, in un clima così sereno e disteso. E forse, a dirla tutta, era la prima volta in assoluta.
«Sono un buon amico» iniziò, sorridendole. «Leale e presente.»
Lily annuì e non aggiunse nulla, come se fosse in attesa di sentire altro. E James prese la palla al balzo.
«Mi ritengo anche altruista e coraggioso, anche se ogni tanto mi rivelo più che altro uno sconsiderato» ammise, l’espressione leggermente colpevole nel ricordare le sue gesta passate.
«Però, niente male» commentò Lily, fingendosi colpita da tale descrizione. «Se non ti conoscessi, penserei quasi che tu sia un ragazzo modello e non un bulletto arrogante.»
James smise all’improvviso di ballare e la fissò, inspiegabilmente triste. La ragazza ci impiegò qualche secondo per accorgersene, ma quanto lo notò si fermò immediatamente e lo guardò a sua volta confusa.
«Tutto bene?» gli chiese, facendo un passo verso di lui.
«Tu non mi conosci affatto»
Lily lo fissò, interdetta da quella dichiarazione inaspettata.
«Non ti conosco?» gli chiese, un sopracciglio inarcato e gli occhi smeraldini che lo scrutavano. «In realtà ho avuto svariate occasioni per capire che genere di persona sei e, se proprio vuoi saperlo, quello che ho visto non mi è mai piaciuto.»
James non si lasciò abbattere da quell’osservazione e accorciò di poco la distanza che li separava. I suoi occhi nocciola erano fermi, sicuri, e il suo volto era pervaso da una serietà che mai lei aveva visto prima.
La festa attorno a loro sembrava essersi fermata e a nessuno dei due parve importare della musica o degli schiamazzi degli altri.
Per quella volta si fermarono, entrambi concentrati unicamente l’una sull’altro.
«Tu sei ferma a delle cose passate, a una persona che ormai non esiste più» disse, aggiustandosi gli occhiali. «Fingi anche di non vedere tutte le cose buone che ho fatto, quello che mi sono meritato. Certo non sono perfetto e ammetto di aver fatto delle cazzate, ma non credo di meritare l’etichetta come peggior persona che tu abbia mai incontrato. C’è molto, molto peggio in circolazione e onestamente non voglio essere catalogato in quella categoria. Non credo di meritarlo.»
Lily fu decisamente colpita dalle sue parole e non riuscì a trovare nessuna battuta al veleno da dirgli.
«Perché ci tieni tanto al mio parere?» gli chiese, senza nessuna particolare inflessione nel tono di voce.
James scrollò le spalle e poi allargò le braccia, come a mimare un segno di resa.
«Perché mi piaci» fu la sua conclusione, senza la minima vergogna. «E perché credo che anch’io potrei piacerti, se solo tu mettessi da parte i tuoi stupidi pregiudizi.»
«Ecco, infatti» sbuffò Lily di rimando e roteò spazientita gli occhi al cielo. »Vedi come sei? La tua arroganza? La sicurezza di essere sempre il migliore? Non potrà mai piacermi una persona che si crede sopra a chiunque altro… mettitelo in testa, Potter.»
«Ah capisco» annuì lui, facendo finta di seguire il suo stesso filo logico. E, per caricare ancora di più il tutto, portò una mano sul viso facendo finta di pensare molto intensamente a ciò che stava per dire. «Quindi Scarlett, che è la tua migliore amica, deve essere proprio stupida a volermi bene e a starmi così vicino. E anche Remus, che tu trovi una persona fantastica, è davvero un idiota ad essere praticamente mio fratello. Curioso, non trovi? Tutti i nostri amici mi trovano piacevole, una brava persona… solo tu mi ritieni una specie di coglione incapace di stare al mondo.»
E, quando finì di parlare, tornò a guardarla con un sorriso.
«Tu mi piaci Lily, dico sul serio. Non ti sto dicendo che dobbiamo sposarci domani, anche se non nascondo che mi piacerebbe, ma il punto è… prova perlomeno a darmi una chance. A parlarmi, a conoscermi sul serio e solo dopo formula un’idea priva di qualsiasi pregiudizio sul passato.»
Lily aveva ascoltato tutte le sue parole quasi pietrificata, immobile a pochi passi di distanza da lui. Ciò che aveva detto l’aveva colpita in pieno e si ritrovò ad accarezzare l’idea che forse, per la prima volta, non aveva nemmeno tutti i torti. Lei stessa infatti si era scontrata col pregiudizio dal primo giorno in cui aveva messo piede ad Hogwarts e lo aveva sempre odiato con tutto il cuore.
Di certo non reputava Scarlett o Remus due sciocchi, ma non si era mai davvero fermata a pensare come due dei suoi più cari amici fossero così legati al ragazzo che aveva davanti, lo stesso che lei si ostinava così tanto a screditare in tutti i modi da anni ed anni. Infondo James era davvero maturato rispetto alla prima volta che lo aveva visto e quel cambiamento, che lei si era sforzata di non vedere, era talmente evidente da essere diventato innegabile.
Dopo un piccolo sospiro, si bagnò appena le labbra secche e annuì in sua direzione.
«Hai ragione» ammise, seppur controvoglia. «Il fatto è che… sono successe tante, forse troppe, cose negli anni in cui ci conosciamo. Credimi, sono la persona che più odia il pregiudizio e tutto ciò che ne comporta, ma forse su di te ho inevitabilmente formulato un’idea che mi è quasi impossibile cambiare.»
James la osservava attento, il capo inclinato e lo sguardo perforante. Era la prima volta che riuscivano ad avere una conversazione sana, priva di sarcasmo o del solito tono di scherno che tra loro era quasi abitudine. E lui, che da tempo aspettava un’occasione del genere, non se la sarebbe certo lasciata sfuggire.
«Non pretendo di cancellare tutto, sia chiaro» disse infatti, abbassando lo sguardo e assumendo un’espressione triste, quasi amara. «Io so perfettamente di essere stato un coglione e capisco che tu non puoi certo cambiare idea stasera… ti chiedo solo di provarci. Dopotutto mi dispiacerebbe finire il nostro ultimo anno con la consapevolezza che tu mi riterrai per sempre un essere inferiore alla Piovra Gigante.»
Lily, dopo aver sentito quelle parole, scoppiò a ridere di cuore. E James, nel sentire quel suono, tornò a guardarla meravigliato, come se non si aspettasse una reazione del genere da parte sua.
«Va bene Potter, messaggio ricevuto» lo rassicurò infine, senza smettere di sorridere divertita in sua direzione. «Cercherò di essere… diciamo più morbida e accomodante nei tuoi confronti. Non montarti la testa però: non uscirò con te.»
«Facciamo un patto» iniziò allora a proporre lui, un ghigno malizioso che andava a dipingersi sulle labbra. «Io smetterò di assillarti in continuazione, non ti chiederò più di uscire né di darmi un appuntamento.»
«E io cosa dovrei fare in cambio di questa liberazione?» chiese, scettica e sospettosa. «Niente» la tranquillizzò subito James e rise divertito per la preoccupazione che l’aveva pervasa. «Vorrei semplicemente che iniziassimo ad avere un rapporto normale, amichevole… insomma: civile.»
Lei parve soppesare brevemente quella prospettiva e fece finta di pensarci intensamente, prima di rispondere.
«Credo che si possa fare» dichiarò infine. «Purché tu rispetti la tua promessa.» James annuì raggiante e fece per continuare, ma qualcuno interruppe bruscamente il momento che stavano vivendo.
«Lily, finalmente!» Marcus McKinnon emerse dalla folla e le cinse le spalle con un braccio, un sorriso sulle labbra e l’aria decisamente accaldata. «Ti stavo cercando da una vita.»
«Ehi!» lo salutò lei, sorpresa e vagamente in imbarazzo. «Io ero qui… beh, stavo parlando con Potter. Ho perso anche le altre e…»
Marcus annuì e si girò finalmente a guardare James, salutandolo allegramente con un cenno.
«Ah il mio acerrimo nemico» scherzò, dandogli una pacca sulla spalle. E l’altro pensò che tale descrizione non era mai stata più vera. «Grazie per averle tenuto compagnia, vorrei dirti che ti ripagherò in campo ma sarebbe una bugia.»
James annuì brevemente e lanciò un ultimo sguardo a Lily, prima di andarsene.
«Lo sai McKinnon, non ho certo bisogno di mezzucci per batterti.»
E lei, mentre lo seguiva allontanarsi, si chieste d’istinto se tale frase fosse riferita solo al Quidditch.


Scarlett  fece tamburellare le dita sul proprio bicchiere, scivoloso per la condensa, per poi trarne un piccolo sorso.
Dopo un vano tentativo di divertirsi aveva trovato un angolo di pace, agli antipodi della pista, e si era concessa il lusso di estraniarsi per cinque minuti da tutto, immergendosi totalmente in un turbinio di pensieri.
Nell’ultimo periodo aveva come la sensazione che la sua vita fosse diventata mostruosamente piatta, monotona, uno schema di perfezione e rigidità che lei si ostinava a seguire senza il minimo sbandamento. Con aria svegliata appoggiò il bicchiere vuoto e si raccolse i capelli, senza legarli davvero, come per rinfrescarsi. Lo sguardo altero, l’aria superiore, quel piglio di costante austerità che si ostinava così tanto ad ostentare. I capelli scuri le ricaddero disordinatamente sulle spalle e sbuffò, per l’ennesima volta quello sera.
Dylan era perfetto. Un ragazzo buono, gentile, affidabile e con la testa sulle spalle. Ma lei, che intimamente forse non lo era poi così tanto, sentiva crescere la voglia incontenibile di una novità esplosiva. Di un cambiamento in grado di scuoterla da capo a piedi.
Scarlett desiderava sentirsi viva.
Non le bastavano più il Quidditch, gli amici, un fidanzato che la adorava.
C’era qualcosa in lei che sentiva il bisogno di aggiustare, un vuoto che ancora non riusciva a spiegare con le parole. Cosa le mancava, allora?
Perché aveva la sensazione che niente fosse mai abbastanza?
Infondo aveva amici sinceri e leali, che le volevano bene in modo incondizionato. Un fidanzato pronto a fare qualsiasi cosa per lei.
Uno sport in cui era brava, ben considerata e apprezzata, che la riempiva di soddisfazione.
Una famiglia che appoggiava con amore e fiducia ogni sua scelta.
Da dove veniva, allora, quella sensazione sgradevole? Quel senso di oppressione, di angoscia, come se stesse perdendo tempo prezioso a vivere una vita così poco interessante?
Scarlett poteva fingere con chiunque, mostrando quanto fosse felice ed appagata, ma a sé stessa non poteva certo mentire. Spesso si sorprendeva ad esplorare circostanze parallele, irrealizzabili, dove si concedeva il lusso di perdere il controllo ed agire d’impulso. La sua mente ripercorse i sei anni precedenti ad Hogwarts, tutte le occasioni che forse si era persa.
Quanti inviti aveva rifiutato? Quanti ragazzi che davvero le interessavano aveva allontanato, per il sommo gusto di apparire irraggiungibile? Quante volte si era frenata, cercando di mantenere le apparenze che tanto faticosamente si era costruita?
La verità, quella amara e dolorosa, era che Scarlett aveva paura.
La paura di apparire insicura e debole, di lasciare che gli altri vedessero le sue fragilità e se ne potessero approfittare. Ed era proprio quell’ostacolo insormontabile a frenare la sua voglia di cambiamento.
Il fatto che non fosse mai stata innamorata di Dylan Miller le era sempre stato fin troppo chiaro.
L’amore, quello vero, Scarlett lo aveva sperimentato al quarto anno.
All’epoca usciva con Aaron Spinnet, Grifondoro due anni più grandi lei. Fu solo per lui che la ragazza abbassò ogni difesa, che si concesse il lusso di lasciarsi andare e provare cose di cui non sapeva di essere capace. Si morse appena il labbro inferiore, nel ricordava le sensazioni che aveva provato.
Le farfalle nello stomaco, quella scoppiettante agitazione ogni volta che le era vicino, l’incessante voglia di stargli accanto. Con lui, Scarlett aveva sperimentato la gioia di amare ed essere amata.
O almeno era quello che credeva.
La loro storia durò all’incirca un anno e, alla fine, lui lasciò tradendola con un’altra. Scarlett ricordava nitidamente quel giorno, il senso di umiliazione che aveva provato. Era come se Aaron avesse fatto a pezzi ogni cosa, come se tutto quello che era  successo tra loro avesse perso d’un tratto di significato. Il dolore che provò, successivamente, fu un qualcosa di quasi insopportabile.
Ciò che però fu davvero impossibile da tollerare, oltre al fatto di essere stata sostituita come un vecchio giocattolo, era il senso di vuoto che lui le aveva lasciato. Una voragine che lei si era costretta a riempire costruendo l’immagine di sé che avrebbe voluto diventare, una fredda caricatura della persona che in realtà non era mai stata.
Quando, circa un anno e mezzo dopo, Dylan incrociò i suoi occhi pensò che in fondo lui non sarebbe mai stato capace di annientarla in quel modo. Il Corvonero non era affatto un tipo impulsivo, imprevedibile, scorretto a tal punto da ferire la persona che diceva di amare.
E Scarlett, ormai privatasi di ogni cosa bella e leggera, aveva un disperato bisogno di sentirsi amata senza correre il rischio di essere ferita. Ancora.
«Ti diverti?»
Dylan non si diede nemmeno pena di guardarla e rispose dopo un lungo sorso di drink.
«Mai divertito tanto» disse infine, sarcastico e annoiato.
Marcus e Lily erano in pista a ballare e, incredibilmente, anche lei sembrava essere molto divertita dall’atmosfera che si era creata.
Scarlett li guardò brevemente e poi si concentrò su di lui, il cuore a mille e una consapevolezza che le faceva attorcigliare lo stomaco.
Ormai non poteva più aspettare.
«Ti va se… usciamo?»
Dylan si girò e annuì, senza nessuna particolare emoziona sul volto.
Scarlett gli fece cenno col capo al portone e si avviarono verso l’uscita, in silenzio e con una serietà che per nulla si addiceva alla festa che vorticava attorno a loro. Sirius, poco distante e in compagnia di una logorroica Anya Bilson, li seguì quasi involontariamente con gli occhi grigi, improvvisamente attenti e incuriositi da quella visione. Quando Dylan chiuse dietro di sé il portone, Scarlett avvertì tutto il freddo del corridoio sulla pelle e non riuscì a reprimere un brivido, che la scosse da capo a piedi.
Quella sensazione non fece altro che intensificarsi, quando si ritrovò a fissare gli occhi del ragazzo, scorgendovi una luce mai vista prima: erano freddi, distaccati, per nulla colmi del sentimento che solitamente le dimostrava. E Scarlett ebbe la netta impressione che già sapesse ciò che stava per accadere.
«Quindi?» disse poi, le mani affondate nelle tasche e l’espressione dura. «Cosa devi dirmi?»
La ragazza respirò profondamente, le labbra dischiuse e la fronte leggermente aggrottata.
«Io… » iniziò, meravigliandosi di quanto la sua voce fosse flebile e spezzata, «ho pensato molto a quello che ci siamo detti qualche giorno fa. A dirla tutta, ci ho pensato in ogni istante.»
Dylan inclinò appena il capo e continuò a studiarla, in silenzio. Era chiaro che non avrebbe detto nulla, quello non era il suo turno di parlare e Scarlett lo sapeva perfettamente.
Gli occhi castani scivolarono sul pavimento, come attratti da una forza troppo grande per essere contrastata, e le sue labbra si costrinsero a pronunciare le parole che mai avrebbe pensato di riuscire a dire, di liberarla da un peso che ormai la stava soffocando da troppo tempo.
«Non possiamo più stare insieme.»
Il silenzio che seguì quella frase, fu quanto di più assordante avesse mai sperimentato prima.
Scarlett non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, ma poteva sentire chiaramente gli occhi di Dylan ancora fissi su di lei. Il suo disprezzo, la delusione, il risentimento che provava in quel momento.
Quando finalmente riuscì a guardarlo, scoprì sul suo volto l’ombra di un sorriso amaro e un’espressione per nulla stupita, come se in realtà quell’epilogo se lo aspettasse da molto tempo.
«E questa tua decisione quando l’avresti presa?» chiese, atono. «Prima dell’estate? Durante? O dopo? Oppure non te n’è mai importato un cazzo?»
«Non è così!» si affrettò a ribattere con forza, compiendo un passo verso di lui. «Sai perfettamente che non è così… ti prego Dylan, non rendere tutto ancora più difficile o doloroso.»
«Ah sarei io quello che rende il tutto difficile o doloroso?» le chiese, freddo e incredulo. «Mi hai tenuto in bilico in questa situazione per mesi, facendomi sentire un coglione. Sapevi perfettamente che sono innamorata di te e non te ne è mai importato niente, non ti è mai passato nemmeno per la testa che mi stavi ferendo. Dimmi una cosa Scarlett: ma tu mi hai mai amato davvero, in questo anno e mezzo? Oppure ero semplicemente il tuo giocattolo da esibire con gli altri?»
Lei azzerò le distanza e gli afferrò una mano, sentendolo liberarsi all’istante dalla sua presa con rabbia e in tutta velocità. Gli occhi le si inumidirono quando vide la furia e la sofferenza sul suo volto, come se solo in quel momento fosse riuscita a comprendere ciò che il suo comportamento gli aveva fatto passare nei mesi precedenti.
«Ti prego» sussurrò, stringendogli un lembo di camicia. «Devi credermi, io non avrei mai voluto farti soffrire! Ero confusa, non capivo i miei sentimenti e sopratutto di cosa avevo bisogno…»
«C’è un altro?» continuò imperterrito Dylan, divincolandosi nuovamente, e fece qualche passo per allontanarsi. Era evidente che in quel momento non sopportava il fatto di averla vicino e Scarlett incassò quella consapevolezza come un pugno allo stomaco.
«NO!» ruggì lei, una lacrima che le rigava il volto. «Ti stai sbagliando, non è come pensi… Sono io. Il problema sono io! Mi sento sbagliata, sento che tutto ciò che mi circonda lo è e non so come uscirne, non riesco a stare bene e ad essere felice…Io non… »
Il respiro le mancò appena e si sentì sopraffatta da ogni cosa, ogni pensiero o sensazione che aveva provato nell’ultimo orrendo periodo. Le sarebbe piaciuto riuscire a trovare le parole giuste, cercare di dare voce a ciò che provava nel modo più giusto, ma la verità era che nemmeno lei poteva identificare con chiarezza una causa nitida che aveva provocato un tale turbamento.
Dylan scosse il capo e si portò una mano tra i capelli biondi, frustrato e arrabbiato come mai l’aveva visto. E quella visione le spezzò il cuore. Perché lui non si sarebbe mai meritato quella situazione, né tanto meno un simile trattamento dopo tutto ciò che aveva fatto per lei.
«Ti prego» sussurrò ancora Scarlett, la voce rotta e un’altra lacrima a rigarle il viso contratto. «Devi credermi… tu non hai fatto niente, sono io che…»
«Io non credo più a una tua singola parola» la interruppe, freddo come il ghiaccio. «E non mi interessa nemmeno ascoltarti. Hai avuto mille occasioni per parlarmi ma non lo hai fatto, sono dovuto venire io a chiederti cosa stesse succedendo. E se l’altro giorno non ti avessi affrontata? Saresti andata avanti con questa cazzo di recita?»
Dylan aveva alzato parecchio il tono della sua voce, più rabbiosa che mai. Scarlett si sentì come mai si era sentita prima: viscida, sporca, piccola e insignificante come un verme. E per una volta non riuscì più a dire nulla, non trovò nessuna giustificazione plausibile o frase che potesse tirare fuori per aggiustare quella situazione ormai irreparabile.
Lui continuò a fissarla e, dopo qualche secondo, capì che non avrebbe più ricevuto nessuna risposta. I suoi occhi la squadrarono un’ultima volta, freddi e quasi disgustati, prima che la sorpassasse per lasciarla lì da sola.
«Non voglio parlarti mai più» fu il saluto lapidario che le riserbò mentre si allontanava di spalle e lei, pietrificata, non si girò nemmeno per seguirlo con lo sguardo.
Le lacrime iniziarono a rigarle il volto in modo copioso e, quasi d’istinto, andò a coprirlo con entrambe le mani, come per nascondere anche a sé stessa tutto il dolore che stava provando.
Scarlett Brooks era scoppiata.
Il suo mondo perfetto era in frantumi.
E l’ultima cosa che avrebbe voluto era farsi vedere in quelle condizioni dalla persona che più detestava ad Hogwarts.
«Brooks.»
La voce di Sirius arrivò all’improvviso e la fece sobbalzare, meravigliandosi del fatto di non aver sentito alcun passo, ma allo stesso tempo fu grata di percepirlo alle sue spalle.
Il fatto di vederla così, priva dall’aurea di invincibilità che solitamente che la pervadeva, lo meravigliò suo malgrado. Non l’aveva mai e poi mai sorpresa senza corazza o circondata da muri insormontabili, e a lui sembrò quasi di rivolgere lo sguardo a una persona sconosciuta.
Ma, infondo, poteva davvero dire di conoscerla?
«Tutto bene?» le chiese, prima ancora di realizzare realmente ciò che stava per articolare. Normalmente quelle parole gli sarebbero uscite con un tono canzonatorio, quasi di scherno, e si sarebbe beato nel vederla in difficoltà. Invece Sirius era serio, l’espressione attenta e lo sguardo fermo su di lei. E Scarlett, il viso ancora nascosto da entrambe le mani, non ebbe il coraggio di voltarsi.
«Vattene» biascicò, cercando disperatamente di darsi un tono, e liberò il volto dalla propria presa. «Lasciami in pace Black.»
Sirius continuò a fissare la sua figura di spalle e affondò le mani nelle tasche, sospirando appena.
«Non è una vergogna mostrarsi tristi o fragili, di tanto in tanto. Non sei un essere invincibile o così superiore come credi» le rivelò, pacato e neutro. «A dirla tutta, apparire più umana non ti farebbe affatto male.»
Scarlett non aveva alcuna intenzione di intraprendere quella conversazione, di sfogarsi su ciò che era appena accaduto, e di certo non lo avrebbe mai fatto con lui. Il ragazzo che non perdeva occasione di torturarla con frecciatine maligne, che non perdeva nemmeno occasione di ricordarle tutti i suoi difetti e che, ne era certa, avrebbe usato qualsiasi parola fuori posto contro di lei alla prima discussione. Le vie di fuga erano parecchie: poteva andarsene, mandarlo al diavolo ancora, insultarlo come meglio credeva. Eppure, inspiegabilmente, non lo fece.
«E’ questo quello che pensi di me?» gli chiese e si girò finalmente a guardarlo. Sirius constatò che il suo viso arrossato e gli occhi lucidi, l’espressione tipica di chi aveva appena finito di piangere. Non ci mise molto a capirne il motivo, sopratutto dopo aver visto con chi aveva lasciato la festa, ma si costrinse a non buttarle in faccia la realtà.
Almeno, solo per quella volta.
«Non credo di averne mai fatto un segreto» osservò Sirius, con semplicità. E fece un passo verso di lei, inchiodandola con lo sguardo. «Come tu non hai mai nascosto il ribrezzo per il mio atteggiamento… come dici di solito? Frivolo, superficiale e sconsiderato. Il tuo saccente modo di fare ha sempre fatto sì che il tuo parere su di me si esprimesse in modo molto preciso, ogni volta… anche quando non era necessario farlo. E non parlo solo di me, ma di chiunque ti capiti a tiro. Non credo di averti mai sentita indulgente o tenera verso una persona che per un qualche tuo assurdo standard non ti andava a genio, ho avuto anzi il piacere di constatare il tono sprezzante e lo sguardo superiore con cui ne apostrofavi ogni atteggiamento.»
Scarlett arretrò, ritrovandosi con le spalle al muro. Lo guardava con la fronte aggrottata, le labbra contratte, riflettendo il senso di smarrimento e nervosismo per tutte quelle verità che le stava vomitando addosso senza ritegno. Il fatto che Sirius, che non le era mai sembrato un abile osservatore, avesse colto così tanti aspetti di lei la scosse nel profondo.
Fu quella la prima volta in cui, suo malgrado, non riuscì a trovare nulla di convincente da dirgli. Nessun insulto, nessuna frase sarcastica o osservazione pungente.
E Sirius, che di certo non era uno sciocco, si rese conto della difficoltà da cui era pervasa. Eppure, ancora una volta, non se ne approfittò, non si beò nell’averla di fronte così fragile e vulnerabile. Si limitò a sospirare appena, inclinando il capo e sostenendo quell’insopportabile, continuo sguardo perforante su di lei.
«Sei una persona come tutte le altre, Brooks.» continuò, con un tono quasi rassicurante. «Riconoscerlo e scendere al livello di noi comuni mortali ti fa così paura?»
Scarlett deglutì, gli occhi sbarrati in sua direzione.
Solo in quel momento si rese conto di aver trattenuto il fiato tutto il tempo mentre lo ascoltava, pietrificata da ogni parola usata.
Come poteva aver colto così nel segno? Com’era possibile che Sirius Black sapesse tutte quelle cose di lei?
Il loro rapporto non era mai esistito, gli unici scambi di parole che si erano rivolti avevano sempre avuto come oggetto insulti, frasi taglienti, frecciatine sarcastiche. Eppure nessuno mai , prima di quel momento, aveva dipinto un così perfetto quadro della sua persona cogliendone perfino la più sottile delle sfumature.
«Sei soddisfatto?» sussurrò e si sorprese della propria voce, tremante e incerta. Ma infondo erano gli stessi attributi di cui il suo sguardo era intriso. «Adesso puoi anche tornare trionfante alla festa, hai fatto il tuo dovere. 1 a 0 per te Black, complimenti.» A Sirius quasi scappò da ridere, ma non lo fece.
«Ah sì, era proprio quello che volevo » ammise, sarcastico ed annoiato, mentre con una mano si portava indietro i capelli scuri. «E dimmi, mia algida Brooks, cosa si vince alla fine di questa ridicola guerra? Un set nuovo di calderoni? Spero che il premio sia succulento perché, sarò franco, sono fottutamente stanco di questa inutile farsa che vuoi disperatamente portare avanti.»
«Inutile farsa?» gli fece eco lei, ancora schiacciata contro la parete.
Sirius, di tutta risposta, fece un altro passo verso di lei. I loro volti a una quindicina di centimetri di distanza, gli occhi fissi gli uni negli altri.
E Scarlett, che aveva ormai rinunciato ad ostentare la sua compostezza, voltò il viso socchiudendo appena le palpebre. Come se avesse paura dell’impatto che altre verità avrebbero avuto su di lei, dell’effetto che avrebbero scaturito nelle sue espressioni. Era impreparata a quello scontro, completamente in balia di lui.
«Puoi fingere quanto vuoi con gli altri di avere una vita perfetta, ma con me non attacca» le rivelò. «Credi che questa tua caricatura ti renda più forte o desiderabile agli occhi altrui? Pensi davvero che trattare le persone così ti renda migliore? A giudicare dall’esito evidente della tua serata, dovresti riuscire a risponderti da sola.»
Scarlett si girò per rispondergli ma, quando fece per aprire bocca, si sorprese nel vederlo darle le spalle ed allontanarsi verso il portone della Stanza delle Necessità, per poi varcarlo senza più guardarsi indietro.
E lei, rimasta sola e senza certezze, fu invece costretta a guardarsi dentro.








Spazio dell’autrice


Buonasera a tutti cari :)
Come sono andate le vostre ferie?
Io purtroppo sono tornata mercoledì e, ahimè, domani si ricomincia.
Devo dire però che il tempaccio che mi ha accolta è stato perfetto, mi ha permesso di lavorare in tutta serenità a questo nuovo capitolo e devo dire che sono abbastanza soddisfatta.
Come commentare questa festa?
Sicuramente ha creato abbastanza scompiglio nel gruppo, non c'è che dire.
James e Lily sembrano a un piccolo punto di svolta, ma Marcus non credo che si farà da parte tanto facilmente. Il Malandrino però non è disposto nemmeno a lasciar perdere quindi: ne vedremo delle belle!
Remus e Mary, invece, sono alle solite. Vi confesso che è sempre un po' frustrante scrivere di lui e delle sue insicurezze, ma credo che siano anche ciò che lo caratterizza. La domanda quindi è: riuscirà Mary a far breccia in questo tanto odiato muro? La risposta a questa domanda credo che sia ancora lontana...
Infine loro, Sirius e Scarlett.
Lei completamente in crisi, che sta vedendo il suo mondo di apparenze sbriciolarsi. Lui invece ne è spettatore, ma anziché compiacersi inizia a suo modo a valerne far parte per una qualche assurda ragione. Curiosità, forse? Anche per loro la strada è ancora molto LUNGA e TORTUOSA.
Infine, dal prossimo capitolo entreremo un po' più nel vivo della vita a scuola: lezioni, Quidditch (sperando che la profezia di Scarlett non si avveri) e altre piccole faccende di cuore.
Come chicca vi lascio anche qui sotto tutti i PV dei miei personaggi: è così che io me li immagino :) Spero anche di riuscire delle immagini ad hoc, più avanti, magari quando le ship saranno più definite.
A presto gente e, sopratutto, grazie per la recensioni al prologo. Adesso risponderò a tutti
<3



JAMES POTTER è AARON TAYLOR
SIRIUS BLACK è BEN BARNES
REMUS LUPIN è ANDREW GARFIELD
PETER MINUS è MICHAEL CERA
LILY EVANS è KAREN GILLAN
SCARLETT BROOKS è LILY COLLINS
MARI MACDONALD è ANNA SOPHIA ROBB
EMMELINE VANCE è HAILEE STEINFIELD




M


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Capitolo 3
*** Tregua apparente ***


 Tregua apparente

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Quando Emmeline Vance aprì gli occhi avrebbe desiderato ardentemente essere morta.
Un mal di testa lancinante le attanagliò la nuca e sentì la bocca amara, secca, con un bisogno di acqua fresca che mai aveva sperimentato prima.
«Mmmmmmmmmmm» fu il suo lamento a labbra strette, mentre si girava tra le coperte e infilava la testa sotto il cuscino.
Lily, già in piedi e intenta a sistemarsi i capelli in una coda di cavallo, le serbò uno sguardo malizioso e divertito.
«Ma buongiorno, mia cara» celiò in sua direzione. «Qualcuno ha passato una serata faticosa ieri sera?»
La ragazza non rispose, era troppo in preda del suo malessere per riuscire a formulare una risposta di senso compiuto. E le altre, che assistevano alla scena alquanto stranite, si premurarono subito di indagare.
«Dobbiamo per caso sapere qualcosa?» fu l’esordio serio e professionale di Alice, ancora bagnata dalla doccia appena fatta e avvolta dal suo inconfondibile asciugamano fuxia. In testa portava una ridicola stola a forma di fenicottero per tamponare i corti capelli fradici.
«Con quella mise risulta davvero difficile trovarti autoritaria» le rivelò Mary, piuttosto divertita, per poi rivolgersi a ciò che rimaneva di Emmeline. «Allora? Cos’hai combinato?»
La ragazza grugnì parole incomprensibili, simili a rantoli, ma Scarlett poté chiaramente identificare la richiesta di acqua in mezzo al suo farneticare. Una volta raggiunto il proprio comodino le versò un generoso bicchiere e si avvicinò cauta, allungando la mano che lo sorreggeva in sua direzione.
«Andiamo Vance, esci dal tuo letargo» la spronò, facendo ondeggiare il liquido per renderlo più invitante. «Qui c’è un bel bicchiere di acqua fresca pronto per essere bevuto.»
Emmeline alzò di poco il cuscino e la scrutò sospettosa, come se avesse paura di essere vittima di un agguato. Dopo aver calibrato la situazione, si decise a uscire allo scoperto e afferrò la tanto agognata acqua, trangugiandola in un paio di secondi. I suoi capelli erano una massa informe ed aggrovigliata, il trucco nero spalmato su tutta la faccia e il colorito del viso spaventosamente tendente al verde.
«Però, i miei complimenti» le disse colpita Alice, annuendo in sua direzione. «Qualcuno ha preso troppo sul serio l’entusiasmo della festa credo.»
«Oh sì» confermò Lily, l’aria di chi la sapeva lunga a riguardo. «A quanto pare qualcuno ha anche pomiciato tutta la sera».
Le ragazze la guardarono esterrefatte, per poi rivolgere il medesimo sguardo carico di interrogativi all’amica sotto accusa. Quest’ultima, ancora troppo intontita per sostenere il terzo grado che inevitabilmente la attendeva, fece un debole gesto come per dire di lasciar perdere e si fece cadere nuovamente sul cuscino. Il bicchiere vuoto ancora stretto nella mano a penzoloni oltre il bordo del letto.
«Direi di aver già intuito anche il soggetto di tale pomiciata, ma credo che dovremo attendere l’ora di pranzo per avere tutti i dettagli» ridacchiò Mary.
«Dici?» chiese Alice, palesemente scettica a riguardo. «Qualcosa invece mi dice che non ne avremo e che è stato tutto dimenticato al terzo drink».
«Guardate che vi sento» fu il debole ammonimento di Emmeline, la voce soffocata dal cuscino. «Non potete parlare delle vostre stupende serate, invece di torturare me?»
«La mia è stata davvero bella» incominciò allora Lily, sorridente e gioiosa. «Non l’avrei mai detto, ma devo ammettere che è stato uno spasso!»
«Ma davvero?» le chiese Alice, mentre si pettinava i capelli umidi. «Hai quindi rivalutato l’idea di essere una ribelle che trasgredisce le regole?»
«No, nient’affatto» chiarì la Rossa. «Ma per una volta non è stato male, inoltre la McGranitt non ci ha beccati e questo è l’importante. Aggiornamenti da voi invece?»
Mary e Scarlett assunsero un’espressione evasiva, la tipica di chi era in difficoltà. La prima inizio ad intrecciare freneticamente i lunghi capelli biondi tra le dita, roteando lo sguardo azzurro verso la finestra. La seconda fece finta di essere troppo occupata a piegare una maglietta e un paio di jeans già in perfetto ordine, evitando accuratamente di guardare le altre.
Alice e Lily si scambiarono due sguardi complici e maliziosi.
«Va bene, parlate» fu l’invito della Prewett, che risuonò più come un ordine.
«Cos’avete combinato?» continuò l’altra, un paio di passi per avvicinarsi al letto di Scarlett. «Tu mia cara… dove sei finita? Marcus ha cercato Dylan in ogni angolo della Sala delle Necessità e anche io l’ho scandagliata per trovarti. Possiamo sapere, di grazia, dove vi siete imboscati?»
La ragazza sospirò profondamente e buttò la maglietta che stava sistemando sul letto, ormai conscia del fatto che non poteva tacere la notizia per sempre. Anche se le sarebbe piaciuto molto non dover affrontare le amiche o l’argomento su cui aveva rimuginato tutta la notte.
«Niente del genere» rivelò, per poi rivolgerle uno sguardo triste.
Lily la fissò, l’ombra del sorriso di scherno che aveva assunto in precedenza ancora sulle labbra. Anche le altre sembrarono aver abbandonato il clima divertito che si era instaurato ed Emmeline, avvertita la tensione, emerse appena per riuscire a capirne il motivo.
«Cioè?» chiese Lily, un altro passo per avvicinarsi a lei. «Cos’è successo?»
Scarlett appoggiò una spalla a una delle colonne del baldacchino ai piedi del letto e incrociò le braccia sullo stomaco. La testa leggermente inclinata e lo sguardo perso nel vuoto.
«Ci siamo lasciati».
«NO!» squittì Alice e lanciò il pettine sul proprio letto. «Non ci credo!»
Scarlett annuì, un’espressione amare che si faceva largo sul volto stanco.
«Ma… perché?» fu la debole domanda di Lily, mentre le appoggiava una mano sulla spalla. Lo sguardo attento e l’espressione seria. «Sembrava andare tutto bene, è successo qualcosa?»
Mary osservò Scarlett stringersi in sé stessa, sopraffatta dalla difficoltà che quella situazione stava assumendo. La chiacchierata che avevano avuto ad inizio settimana era la profezia di quello che si era verificato alla festa. Ma lei, troppo leale, rimase in silenzio, pronta ad ascoltare ciò che l’amica avrebbe scelto di rivelare.
«In realtà non andava affatto bene» spiegò infine, tornando a guardare le amiche. «Il fatto è che… non mi sentivo per niente coinvolta da quella relazione e Dylan alla fine si è stancato, facendomi capire che non era più disposto ad accontentarsi. Quindi ho preso coraggio, ieri sera gli ho detto come stavano le cose e che non potevamo più stare insieme».
Lily sospirò appena, sinceramente triste nel vedere l’amica così in difficoltà.
Dylan le era sempre piaciuto: era un ragazzo affabile, gentile e generoso. Il genere di persona affidabile e con la testa sulle spalle, meritevole di tutta la fiducia del mondo. Ma forse, per Scarlett, era sempre stato fin troppo prevedibile, insipido, e lei, che la conosceva molto bene, sapeva intimamente che quel momento sarebbe arrivato prima o poi.
«Non ti torturare» le consigliò, dopo qualche secondo di silenzio. «Abbiamo 17 anni, la fine delle storie è assolutamente parte del pacchetto».
«Ma sei sicura di quello hai deciso?» si premurò invece di indagare Alice, ancora sconvolta per quel gossip scottante di prima mattina. «Insomma, è un ragazzo d’oro! E’ davvero difficile trovarne uno così di questi tempi».
«Questo lo so» la rassicurò Scarlett, stringendosi nelle spalle. «Credetemi però che è stato estenuante fingere di essere felice e serena tutti questi mesi. Lui è perfetto, davvero una persona d’oro sotto ogni punto di vista, ma forse non va bene per me… mi sono torturata per un mucchio di tempo convincendomi che ero io quella sbagliata e che non avrei mai potuto avere di meglio. Ma forse non è nemmeno questo il punto…»
Le amiche la osservarono esitanti mentre iniziava a parlare, improvvisamente animata dal proprio flusso di coscienza. E la ascoltarono in silenzio, consce del fatto che in quel momento lei non avrebbe desiderato altro: essere capita senza il bisogno di sentirsi giudicata per una scelta che evidentemente le era costata parecchio fare.
«La conclusione a cui sono arrivata dopo essermi confrontata con lui e aver passato la notte a rimuginare su tutto è che… devo cercare di smetterla di essere così sostenuta e rigida nei confronti di tutto ciò che mi riguarda. E che forse mi sto perdendo un mucchio di cose per la paura di sbagliare o di essere giudicata. A volte ho come l’impressione di essere totalmente incapace di lanciarmi in situazioni che non conosco e che non posso controllare, perdendomi così il bello del momento».
«Mi sembra un’analisi piuttosto accurata di te stessa» commentò Alice, colpita dalle ammissioni che aveva appena udito. «Ma non saresti tu altrimenti, o sbaglio? Piccola maniaca del controllo del mio cuore».
Scarlett, nel sentire quel nomignolo, sorrise in sua direzione.
«Esattamente ciò di cui parlavo» ammise, un sospiro esausto che non riuscì a trattenere. «Passare del tempo da sola non credo che mi farà male».
«Assolutamente no» convenne subito Lily, un sorriso affettuoso che si apriva sul volto. «Devi fare ciò che ritieni giusto per stare bene, questo è fuori discussione».
«E soprattutto» si intromise Mary, il tono dolce e rassicurante, «non devi assolutamente pensare di essere quella sbagliata in questa situazione. Hai solo fatto un’esperienza con qualcuno che non era giusto per te ed ora entrambi meritate di essere felici prendendo altre strade».
«Spero solo che un giorno Dylan riuscirà a perdonarmi» ammise Scarlett, con un velo di tristezza nel ricordare la sofferenza del loro confronto. «Credo che ora come ora lui mi detesti».
«Beh, ma è normale. Cosa ti aspetti? E’ innamorato di te ed è appena stato scaricato… però sono sicura che sopravviverà» la tranquillizzò Lily. «Nessuno è mai morto per una delusione di cuore, altrimenti metà studenti di questo Castello non sarebbe più tra noi».
«A cominciare da James Potter» suggerì Mary, facendo ridere di cuore le altre.
«A proposito» iniziò Emmeline, improvvisamente animata e memore di essere una persona col dono della parola. «Credi di farla franca, Evans? Guarda che ti ho vista intenta a ballare e chiacchierare amabilmente col nostro Capitano. Pensavi di tenerci all’oscuro?»
Lily non parve per nulla turbata da quell’osservazione e, ignorando gli sguardi incuriositi delle altre, le rivolse un’occhiata stupita.
«Sei davvero riuscita a capire qualcosa di ciò che ti circondava, mentre esaminavi le corde vocali di Swander?» le chiese, sinceramente colpita. «I miei complimenti Vance».
«Non pensare di cavartela così!» la ammonì subito Alice, per nulla disposta a lasciar cadere la rivelazione appena udita senza averne sentito tutti i più piccoli particolari. «Racconta tuto!»
Lily alzò gli occhi al cielo, divertita.
«Potete stare serene, ragazze. Non è successo nulla di ciò che pensate» le tranquillizzò. «Abbiamo solo ballato una decina di minuti e chiacchierato del più e del meno mentre aspettavo di trovare una di voi. Alla fine, è arrivato Marcus e ho passato il resto della serata con lui. Fine della storia».
«Non mi sembra proprio un niente, considerato il soggetto in questione» azzardò Mary, pensierosa. «Un tempo non avresti speso nemmeno un secondo del tuo tempo in compagnia di James».
Lily scollò le spalle, come se in realtà la cosa non la riguardasse affatto.
«Sono una persona civile, educata e gentile» sottolineò e, decisa a non parlare oltre di quel siparietto, si rivolse invece a una di loro in particolare. «Tu invece che fine hai fatto?»
Mary si strinse nelle spalle e si sforzò con tutta sé stessa di non arrossire, prima di rispondere.
«Non mi stavo poi divertendo così tanto…» iniziò, le dita che andarono di nuovo ad insinuarsi tra alcune ciocche di capelli, «….poi ho incontrato Remus, non si sentiva molto bene e l’ho accompagnato in Sala Comune».
«Povero caro» sospirò Alice, preoccupata. «E’ sempre molto cagionevole quel ragazzo».
«E avete solo parlato?» si premurò di chiedere Emmeline, ancora a letto in stato pietoso ma troppo animata dai pettegolezzi per cedere nuovamente al proprio malessere.
«Ma certo!» le tranquillizzò lei, imbarazzata. «Remus non è certo quel genere di ragazzo».
«Già lo so bene» convenne Lily. «Ogni tanto però non gli farebbe male esserlo».
Mary non rispose e il suo sguardo andò a posarsi su quello di Scarlett. Quest’ultima era rimasta in silenzio e la osservava dall’altro capo della stanza, l’ombra di un sorriso sulle labbra e l’espressione complice. Ovviamente non aveva bisogno di indagare oltre per capire le sorti di quell’incontro ma, percepita l’assoluta difficoltà dell’amica, si decise ad andare in suo soccorso e virare la conversazione su un fatto molto più importante.
«Colazione?» propose infatti. «Sto morendo di fame».
«Io credo che per oggi ne farò a meno» annunciò Emmeline e si portò entrambi le mani sulla nuca, una smorfia sofferente che si faceva largo sul volto pallido. «Ho un mal di testa assurdo, voglio solo stare qui e dormire tutto il giorno».
«Mi sembra un ottimo piano» ridacchiò Alice, mentre finiva di vestirsi. «Porgeremo noi i tuoi più cari saluti ad Oliver». Emmeline non rispose, si limitò a roteare gli occhi al cielo prima di ributtarsi sul cuscino e coprirsi interamente col piumone.
La festa che si era consumata la sera precedente fu l’argomento più gettonato anche in Sala Grande.
Tutti gli studenti erano intenti a raccontarsi gli aneddoti più divertenti o aggiornare gli amici sui pettegolezzi più scottanti che si erano verificati, bisbigliando e ridacchiando sotto voce. Altri, invece, avevano l’aria inconfondibile di chi non aveva praticamente chiuso occhio o aveva l’assoluta necessità di smaltire la sbornia divorando qualsiasi cosa capitasse a tiro.
«Davvero un’ottima festa, Capitano» fu il saluto di Tyler, mentre si accomodava al tavolo di Grifondoro. «Adesso sì che siamo pronti a partire con la giusta carica”.
James annuì soddisfatto in sua direzione, come per dargliene atto.
«Puoi dirlo forte amico. Ho già prenotato il campo per mercoledì pomeriggio» rivelò e gli mostrò la pergamena che stava scrivendo, in cui annunciava le imminenti selezioni per la squadra. «Appena torno in Sala Comune appenderò l’avviso nella bacheca degli annunci».
«Ottimo» commentò il Portiere, un piccolo ghigno sul volto. «Mi sto già pregustando il fallimento di circa l’80% dei partecipanti».
«Sei il solito stronzo insensibile» scherzò Harper, che era seduto proprio di fronte a James. «Io personalmente non vedo l’ora di aver sistemato la squadra e di partire col Campionato. E vi dirò di più… sono impaziente di scontrarmi con Corvonero. McKinnon è anche troppo su di giri e convinto, non trovi Potter?»
«Stai tranquillo, Ben. Avremo presto parecchie occasioni per far vedere chi comanda» lo tranquillizzò, con un occhiolino. «Alla fine, com’è andata la vostra serata? Siete riusciti a rimorchiare?»
«Beh….» Iniziò il Cacciatore, mentre si grattava a disagio la nuca. «In realtà credo di aver esagerato un po’ col whiskey incendiario e mi ricordo ben poco».
«L’ho ritrovato addormentato sul tappeto» rivelò Tyler, maligno e divertito. «E’ stato un miracolo non trovare anche una pozza di vomito proprio accanto al suo corpo esanime, considerando la puzza di alcol che aleggiava nella nostra stanza».
James scoppiò a ridere nel sentire quella descrizione e Harper, dal canto suo, rivolse al Portiere un’occhiataccia eloquente.
«Potevi anche tenerlo per te» sbuffò, palesemente piccato.
Ma Tyler rispose con uno svogliato cenno della mano, come per dirgli non andare avanti oltre con le sue petulanti lamentele a riguardo.
Sirius, che aveva appena varcato l’ingresso della Sala Grande, scandagliò brevemente la tavolata di Grifondoro alla ricerca di qualche volto conosciuto per prendere posto. Quando individuò James e fece per raggiungerlo, però, venne bloccato da Anya Bilson.
La ragazza gli si parò praticamente davanti, le braccia dietro la schiena e l’aria vagamente imbarazzata. Un sorriso esitante le si dipinse sul volto e un lieve rossore lo colorò, mentre lo guardava in attesa di un qualcosa che Sirius non riusciva proprio a identificare.
«Ehm, buongiorno» la salutò infine, guardandola confuso. «Ti serve qualcosa Bilson?» Lei scosse energicamente il capo e si sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio, lo sguardo improvvisamente basso e il viso sempre più arrossato.
«No… io mi chiedevo» iniziò, la voce rotta per l’emozione, «cosa facessi dopo la colazione visto che è domenica e abbiamo la giornata libera».
Sirius la fissò ancora qualche secondo prima di capire realmente cosa gli stesse dicendo, di quale velata richiesta fossero intrise le sue parole. Una mano andò a posarsi sul volto, ancora assonato per le ore piccole della notte precedente, e si preparò a gestire anche quella scocciatura imminente.
Dopotutto era pur sempre un rischio del mestiere. Il perché le ragazze riuscissero ad invaghirsi così facilmente, gli era sempre risultato come il più fitto dei misteri.
«Senti» incominciò, cercando di risultare il più paziente e accomodante possibile, «credo che tu abbia frainteso le mie intenzioni. Il mio era solo un invito per la festa di ieri sera e non aveva nessun altro scopo».
Anya tornò a guardarlo atterrita, come se fosse stata colpita in pieno volto da uno schiaffo potentissimo ed inaspettato. E Sirius, vagamente a disagio per quella situazione indesiderata di prima mattina, affondò le mani nelle tasche mentre roteava al cielo lo sguardo.
«Non è nulla di personale, sia chiaro» cercò di mediare. «E’ solo che non credo che sia una buona idea uscire insieme».
«Perché?» insistette lei, indispettita da quell’affermazione.
Sirius, che stava cercando con tutte le sue forze di risultare carino e garbato, inarcò freddo un sopracciglio nell’avvertire l’insistenza con cui lei gli parlava.
Di certo non avrebbe permesso a una ragazza qualunque di annoiarlo con tali petulanti discorsi di prima mattina, per giunta a stomaco vuoto e dopo una manciata di ore di sonno.
«Perché non mi interessi» fu la risposta semplice e spietata che si decise ad utilizzare. «E, soprattutto, perché non sono assolutamente il tipo da passeggiatina domenicale nel parco».
Anya lo fissò inorridita e con odio crescente, non più rossa di imbarazzo ma paonazza di rabbia.
«Come vuoi allora» ruggì e, prima di girare i tacchi per andarsene, gli scoccò un’ultima furente occhiata colma di risentimento e tutto il ribrezzo che riuscì a dimostrare.
Sirius la osservò per nulla scalfito, anzi grato di essersi liberato di quella inutile tortura, e si apprestò a raggiungere un divertitissimo James al tavolo di Grifondoro.
«Ottimo prova» si congratulò infatti, mentre Sirius prendeva posto di fianco a lui.
«Se il mio nuovo eroe, Black» rivelò Tyler, sinceramente ammirato dalla sua ultima gesta. «Dovresti scrivere un manuale su come rimorchiare e scaricare una ragazza in meno di 24 ore».
«La vera sfida sarebbe riuscire a sopportarle per più tempo» commentò lui, mentre si versava un bicchiere di succo di zucca. «Queste ragazze sono totalmente ossessionate dal desiderio di ingabbiarci. Ti sembro tipo da fare passeggiatine nel parco, mano nella mano, mentre si osserva il lago?»
James scoppiò a ridere pensando all’amico in una tale situazione e anche gli altri due lo seguirono a ruota.
«A me non dispiacerebbe però trovare una ragazza» ammise Harper, una volta scemata la risata. «Insomma non dico un’oca qualunque, ma una con cui stare bene insieme».
«Ah che romantico» lo schernì Tyler, maligno e sarcastico. «Magari anche una che gioca bene a Quiddithch?»
Il ragazzo lo scrutò torvo e cupo, per nulla contento di un’allusione che James non sembrò essere disposto a lasciar perdere.
«Ti piace una nostra avversaria?» gli chiese subito, con aria maliziosa e ammiccante. «Effettivamente Serena Wood di Tassorosso non è niente male e vi ho visti già un paio di volte chiacchierare amabilmente in Biblioteca».
«Mio Capitano, stai volgendo il tuo sguardo troppo lontano» lo corresse soave Tyler, noncurante dell’aria rabbiosa che Harper gli stava serbando. «L’oggetto del desiderio del tuo Cacciatore è rivolto a qualcuno molto più vicino».
James assunse un’aria pensierosa e seria, concentrato nel ripercorrere tutti i volti femminili che facevano parte delle diverse squadre di Quidditch. Chi poteva mai essere la ragazza in questione?
«Ragazzi, è prima mattina e ho dormito due ore. Non fatemi pensare troppo!» Si lagnò poi, del tutto disorientato da quella specie di indovinello. «Parlate chiaro e evitate di mandarmi in fumo il cervello».
Harper fece per parlare, pronto a dire di lasciar perdere e non ascoltare simile sciocchezze, ma Tyler lo precedette rivelando senza pietà quell’oscuro mistero.
«Il nostro caro Ben è praticamente cotto di Scarlett».
James li fissò, la bocca spalancata e l’aria attonita. Di tutte le persone a cui aveva pensato, l’amica non era nemmeno stata presa in considerazione.
«Non è vero!» si affrettò a protestare Benjamin, anche se il rossore sul viso sembrava tradirne le parole. «Dice così solo perché ho detto di trovarla bella!»
«Certo, certo» annuì Sirius divertito in sua direzione. «Più tutta la lista di attributi positivi che accompagnava tale osservazione. C’ero anche io a I Tre Manici di Scopa quando ne decantavi le doti due anni fa».
«Potrebbe essere il tuo giorno fortunato però» si intromise Tyler, un sorrisetto malizioso che si dipingeva sulle labbra. «Credo di poter affermare con quasi assoluta certezza che lei e Miller abbiano rotto dopo la festa».
«COSA!?»
James si sentì sopraffatto dal peso di quelle informazioni e si portò entrambe le mani tra i capelli arruffati, lo sguardo allucinato e la bocca spalancata.
«Okay, manteniamo la calma».
«Guarda che sei il solo a doverla mantenere» lo informò Tyler, per nulla partecipe alla sua agitazione, e si apprestò ad argomentare meglio la notizia. «Prima di venire qui mi sono fermato a parlare con Margareth Scott che, per inciso, aveva la sola intenzione di lamentarsi sul trattamento che le hai serbato ieri sera. Così, dopo qualche minuto di monologo, si è lasciata sfuggire che una volta tornata nella Sala Comune di Corvonero ha trovato Miller completamente distrutto e che deve essere prerogative della squadra di Grifondoro essere degli stronzi senza cuore».
«E tu cosa le hai risposto?» gli chiese Harper.
«Che aveva assolutamente ragione e l’ho mandata al diavolo per avermi rubato tempo prezioso».
Sirius scoppiò a ridere nella sua risata simile a un latrato ma James, ancora troppo basito da tale notizia, scosse sconsolato il capo.
«Ottimo. Così ora Scarlett è single, in difficoltà nel giocare contro Corvonero e si metterà insieme a un mio giocatore» concluse affranto, mentre sogni di gloria andavano in fumo nella sua mente. «Un fantastico ultimo Campionato, non c’è che dire».
«Non succederà» lo rincuorò subito Ben. «Non dare retta a Tyler, gli piace solo mettere zizzania. Inoltre, non credo nemmeno che Scarlett si lasci abbattere tanto facilmente».
Sirius girò brevemente lo sguardo sul tavolo di Corvonero e, a giudicare dall’espressione di Dylan Miller, non impiegò molto a collegare gli avvenimenti della sera precedente che lui stesso aveva notato. Il ragazzo però non disse nulla, nemmeno a James. Per un qualche assurdo motivo sentiva l’esigenza di tenere il confronto che aveva avuto con Scarlett privato, di non rendere pubblico il contenuto di ciò che si erano detti o lo stato in cui l’aveva sorpresa.
Solitamente non avrebbe visto l’ora di metterla in difficoltà, di cancellare agli occhi degli altri l’aurea di perfezione che tanto le piaceva ostentare, ma in quel preciso momento non avvertì la necessità di farlo. Forse perché lui per primo trovava difficile riuscire a spiegare ciò che era avvenuto e, a dirla tutta, si era costretto con decisione a non pensarci troppo.
«Rimanendo in tema di amori e cuori spezzati, ti ho visto ieri Capitano» rivelò Tyler, risvegliando James dallo stato assorto e angosciato in cui versava. «Sei riuscito a strappare addirittura un ballo alla Evans».
Lui, improvvisamente memore di quella piccola conquista, annuì raggiante.
«Già, ma la strada è ancora lunga» dichiarò, serio e solenne.
«Sembra proprio che Corvonero quest’anno sia addirittura peggio di Serpeverde» commentò Harper divertito, con una chiara allusione al fatto che Lily stava uscendo con Marcus McKinnon, membro della squadra avversaria. «Dovremo impiegare tutte le nostre energie per batterli».
«Esattamente» convenne James. «Questo è lo spirito giusto».
Quando i quattro finirono di fare colazione, decisero che l’idea migliore sarebbe stata bivaccare in Sala Comune per riprendere le forze dopo la nottata brava che avevano passato. James si trattenne qualche minuto in più per avere conferma dalla McGranitt, seduta al tavolo dei professori, circa il giorno della prenotazione del campo prima di mettere l’annuncio in Sala Comune. La donna si limitò ad annuire e lo liquidò alla velocità della luce, troppo occupata a bearsi della sua colazione e di avere un giorno da vivere in santa pace prima di un’altra settimana di lezioni.
James, felice ed impaziente di organizzare le selezioni, si diresse verso l’uscita della Sala Grande ed incrociò le ragazze, che invece erano appena arrivate.
«Buongiorno mie care» le salutò, l’accenno di un inchino galante in loro direzione. «Dormito bene?»
«Alla grande» fu la risposta di Lily. «Lo stesso non si può dire per Emmeline».
James, nel rimembrare le condizioni in cui avevano sorpreso la ragazza, scoppiò a ridere divertito.
«La prossima volta se ne ricorderà e vedrai che non alzerà così tanto il gomito» commentò Alice, per poi rivolgere uno sguardo indagatore al Malandrino. «Dov’è Frank?»
«Credo che sia ancora a letto» la informò. «Non sono riuscito a svegliarlo nemmeno con la minaccia che non avrebbe mangiato nulla fino all’ora di pranzo».
«Bene, allora andrò io a svegliarlo più tardi» gli disse con aria quasi minacciosa, come ad avvertirlo di lasciare la camera libera nel futuro prossimo.
«Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti» le implorò poi Mary, passandosi una mano sullo stomaco. «Sto morendo di fame».
Le altre non se lo lasciarono ripetere due volte e si avviarono verso il tavolo ma James, senza esitazione, afferrò Scarlett per un braccio e la costrinse a rimanere.
«Due cose» iniziò, alzando la pergamena che aveva tra le mani. «La prima è che ho bloccato il campo per mercoledì pomeriggio e faremo le selezioni. Vedi? La tua profezia non si è avverata alla fine».
Scarlett osservò l’annuncio che James aveva scritto e gli sorrise, elettrizzata all’idea di incominciare finalmente a pensare al Campionato.
«Bravo, sono davvero colpita» si congratulò. «E la seconda?» Il ragazzo assunse un’aria un po’ più seria e abbassò la pergamena.
«Mi hanno riferito la notizia» sussurrò, facendo attenzione a non farsi sentire da un gruppetto di ragazze che gli stava passando a fianco. «Mi dispiace».
Scarlett lo fissò atterrita e non le fu difficile capire a cosa o chi si stesse riferendo. Il suo sguardo si fece più cupo e storse le labbra in una smorfia infastidita.
«Però, le notizie corrono veloci vedo» commentò, piuttosto irritata. «Non c’è nulla di cui dispiacersi. E’ stata una mia decisione».
James annuì e la studiò ancora qualche secondo di sottecchi, conscio del fatto che forse aveva sbagliato a dirglielo in quella circostanza e a bruciapelo. Ormai la conosceva bene e sapeva che non era certo la sua specialità aprirsi e ammettere la propria sofferenza, ma volle comunque aggiungere altro prima di congedarsi.
«Se dovessi aver voglia di parlarne sono qui» le promise, un piccolo sorriso sulle labbra. E andò ad appoggiarle una mano sulla spalla, come per costringerla a guardarlo. «Non devi affrontare sempre tutto da sola. Gli amici servono a questo, no? Puoi piangere sulla mia spalla oppure posso aiutarti a picchiarlo e farlo soffrire come…»
«Va bene, messaggio ricevuto. Adesso non esagerare» lo supplicò, facendolo ridere. E, dopo qualche secondo, Scarlett assunse uno sguardo serio e quasi indagatore. «Come hai fatto a saperlo?»
«Stavo facendo colazione con i ragazzi questa mattina e…»
«Black ti ha detto qualcosa!?” scattò lei dal nulla, inspiegabilmente furente.
James la fissò interdetto qualche secondo, l’aria confusa e le sopracciglia aggrottate. «No… cosa c’entra Sirius?» le chiese a sua volta. «In realtà me lo ha detto Tyler che lo ha saputo da Margareth Scott. A quanto pare la nostra squadra ha la nomea di rubacuori tra i Corvonero, lo sapevi? Pare che lei…»
Scarlett ascoltò il racconto dell’amico sull’aggiornamento mattutino che aveva ricevuto, senza davvero capirlo. La sua mente infatti fu completamente pervasa dallo stupore nel constatare che Sirius non aveva fatto parola con nessuno circa il loro incontro, né tantomeno aveva sfruttato l’occasione per sminuirla agli occhi degli altri. Un fatto che non la lasciò indifferente, suo malgrado.
«Capisci?» continuò James, per nulla resosi conto dell’estraneità dell’amica al suo monologo. «Il mio fascino è davvero un’arma letale».
«Certo certo, davvero sorprendente» tagliò corto lei, rianimatasi dai suoi pensieri. «Adesso forza, corri in Sala Comune e appendi l’annuncio».
Il ragazzo annuì risoluto in sua direzione.
«Pronta ad aprire le danze?»
     


       «E’ incredibile».
«Inaudito».
«Assolutamente indecente, Ramoso».
«Dove abbiamo sbagliato, Felpato?»
I due amici stavano discutendo animatamente come due genitori indignati mentre indicavano Remus, che si fingeva troppo occupato a studiare il nuovo capitolo di Trasfigurazione per rivolgere loro le proprie attenzioni.
«Te lo dicevo che era peggiorato dopo l’estate» continuò Sirius, in tono severo. «Guardalo! Ma dico io… non poteva essere un nullafacente come tutti gli altri?»
«Che sciagura! Che sofferenza!» soffiò James, portandosi addolorato una mano sulla fronte. «Cos’abbiamo fatto di male, mi chiedo, per meritarci una simile condanna?»
«Avete finito?» chiese infine il diretto interessato.
«Credo che abbiano appena cominciato a dire il vero» rivelò Peter, la bocca sporca di cioccolato e un ghigno maligno sul viso paffuto. «Dico bene?»
«Continueremo finché non desisterai dal fare il ragazzo diligente e ti unirai a noi, poveri disadattati» lo informò infatti Sirius.
«Non solo hai presenziato 5 minuti alla nostra festa, ma hai anche l’ardire di ignorarci per studiare?» chiese James, indignato per il trattamento che l’amico gli stava serbando. «Sono molto, molto deluso dal tuo atteggiamento Lunastorta».
Remus, ormai arreso all’evidenza che gli sarebbe stato impossibile continuare a leggere in santa pace, si girò in loro direzione e li fissò palesemente in attesa di qualcosa.
«Quindi?»
«Quindi adesso ti siedi qui insieme a noi, attorno a questo tavolo, e iniziamo a fare una lista» gli ordinò imperioso Sirius, indicando una delle quattro sedie libere.
«Una lista?» gli fece eco Peter, confuso. «Di cosa?»
«Ma come di cosa Codaliscia?!» sbuffò James, incredulo. «La lista dei propositi Malandrini di quest’anno, razza di babbeo».
«Oh già» fece Remus di rimando, alzando gli occhi al cielo. «Quella stupida sfilza di cose irrealizzabili?»
Sirius gli mostrò una lunga pergamena scarabocchiata, divisa in quattro colonne per ciascuno di loro: ogni anno, infatti, i Malandrini avevano la personalissima tradizione di darsi degli obiettivi da raggiungere entro giugno.
Per Ramoso il desiderio era sempre quello: uscire con Lily Evans e vincere il Campionato. Possibilmente nella stessa giornata.
Per Felpato non vi era altro che una lunga lista di nomi femminili, con altrettante spunte accanto, e il modellino di una motocicletta scarabocchiato in modo approssimativo.
Per Codaliscia propositi di riuscire ad eguagliare, anche in minima parte, i due sopracitati. I risultati, però, si erano sempre rivelati tremendamente scarsi.
Per Lunastorta l’ardente desiderio di riuscire a fare una pozione senza rischiare di polverizzare la scuola e, aggiunto nella disordinata calligrafia di James, trovare una fidanzata.
«Parla per te» gli rispose Sirius. «Come vedi il mio avanzamento è assolutamente costante».
«Non si può dire lo stesso di quello di Ramoso» asserì Peter, indicando l’ultimo desiderio ripetuto per due anni. «Forse è il caso di cambiare, non credi amico?»
James scosse il capo e strappò la pergamena a Sirius, per poi inforcare una piuma e sottolineare con enfasi la scritta FINDAZARMI CON LA STUPENDA, MAGNIFICA, BELLISSIMA, SUPERLATIVA LILY EVANS.
«Non mi do ancora per vinto, quest’anno è quello buono».
«E’ quello che hai detto anche l’anno scorso» gli fece notare Remus.
«E quello prima ancora» continuò Peter.
«Non torturate questo povero cornuto» gli redarguì Sirius, poggiando una mano sulla spalla dell’amico affranto. «Non può certo essere ai miei livelli a fascino e bravura nella conquista, ma non è scarso. Il problema è che non si applica a dovere».
«A proposito di infallibilità» iniziò James, puntando il dito sulla pergamena, «leggo che al quarto anno c’è ancora un nome senza spunta. Oh, che caso! Non è forse Scarlett Brooks?» Sirius sbuffò e roteò gli occhi al cielo, cercando di ignorare i risolini degli amici in sottofondo.
«Il grande e irreprensibile Felpato non vince sempre» commentò Remus, lo sguardo divertito. «Come ti giustifichi?»
«Cosa posso dire… è l’eccezione che conferma la regola» cominciò, cercando di riacquistare la sicurezza che lo contraddistingueva in conversazioni di quel genere. «Evidentemente non era alla mia altezza».
«Sì certo amico, c’è solo la fila dietro a quella ragazza ma va bene… ti crediamo» lo rincuorò Peter, con falsa accondiscendenza.
«Parlate, parlate... ma voi?» Sirius inarcò un sopracciglio in loro direzione, le braccia conserte e l’aria di sfida. «Non mi pare siate nella posizione di millantare le vostre gesta romantiche».
«Ma nemmeno ce ne vantiamo» gli fece notare James, sempre più divertito per l’irritazione che gli stavano causando. «E poi di quale gesta romantiche parli? Il terzo appuntamento non è considerato fidanzamento, lo sai vero?»
Il Malandrino sotto attacco capì perfettamente l’allusione: Taissa Hagan, di un anno più grande e Corvonero. Il loro rapporto era arrivato fino al citato terzo appuntamento, un record per lui, ma sfortunatamente anche quella ragazza finì per annoiarlo tremendamente costringendolo a battere in ritirata.
Era proprio quello il problema principale, per lui. La noia.
Le relazioni in generale non lo esaltavano affatto e le ragazze tanto meno: erano tutte uguali, prevedibili, anche quando facevano finta di essere diverse si rivelavano l’opposto. Mai, infatti, Sirius si era scoperto realmente interessato a qualcuno, né tantomeno aveva sentito l’esigenza di avere una persona accanto a sé per più di una settimana consecutiva.
«Non mi interessano queste sciocchezza» puntualizzò, impassibile. «Lo sai vero?»
«Ad ogni modo qui è rimasto solo un nome papabile da recuperare e potrebbe essere la tua grande sfida per quest’anno» lo provocò ancora James, ammiccando alla pergamena. «Perché mai dovrei provarci con la Brooks?» chiese Sirius, l’espressione quasi inorridita. «E’ altera, maniaca del controllo, pazza e insopportabile».
«Lascia perdere Felpato, te ne supplico» fu la preghiera di Remus. «Scarlett ti polverizzerà».
«Davvero… mi ha sempre fatto paura quando si arrabbia» rivelò Peter, mentre si mangiucchiava le unghie delle dita. «Vi ricordate quando ha schiantato quel tizio?»
«Andiamo signori, il nostro Malandrino non è mica uno qualunque» li riprese severo James. «Perché non ci fai vedere come si fa, vecchio mio? Il tuo savoir faire è leggenda dopo tutto».
Sirius li fissò irritato come non mai.
Scarlett non era brutta, anzi, era una ragazza oggettivamente bella.
L’idea però di provarci con lei non gli piaceva affatto, come forse non lo allettava il rischio di mettersi in ridicolo. Il celeberrimo quarto anno così tanto rinfacciato le aveva chiesto di andare ad Hogsmeade e lei, di tutta risposta, gli aveva riso in faccia aggiungendo che avrebbe di gran lunga preferito vomitare lumache piuttosto che passare del tempo da sola con lui.
Una sfida però era quanto di più trainante esistesse per lui: come poteva tirarsi indietro?
«Va bene Ramoso, vedrai» gli disse infine con aria da superiore. «Vi farò pentire di aver dubitato di me».
«Sarò in prima fila al tuo funerale» confermò Remus.
«A giudicare dalla prossima lezione è più probabile che presenzierai a quello di tutta la classe» gli fece notare Peter, dopo essersi alzato. «Abbiamo Pozioni ora».
Il ragazzo si apprestò a seguire gli amici verso i sotterranei con aria affranta, arreso al fatto che anche quell’anno sarebbe stato un incubo riuscire ad essere promosso.
Remus era tristemente noto alle cronache per essere un disastro assoluto in quella materia: ormai aveva perso il conto delle volte in cui aveva incenerito, polverizzato o mandato a fuoco il calderone. Una volta Lumacorno fu costretto ad evacuare la classe per un incendio che aveva fatto scaturire durante il terzo anno. Inizialmente il professore pensò che fosse intenzionale, vedendo che si accompagnava sempre a James e Sirius; col passare del tempo, però, gli fu chiaro che in lui non vi era alcun intento scherzoso, ma solo un’inettitudine fuori dal comune.
Quando i Malandrini arrivarono a lezione presero posto velocemente alle prime postazioni libere, mentre Lumacorno osservava gli studenti con sorriso benevolo e paziente.
«Buon pomeriggio, ragazzi. Siccome ho constatato che ahimè siete piuttosto arrugginiti con le nuove pozioni, oggi ho pensato di farvi fare un piccolo ripasso per riprendere manualità con ingredienti e procedimenti».
Il Professore prese a camminare lentamente davanti a loro, le mani intrecciate dietro alla schiena e l’andatura serena, per poi indicare un calderone fumante posizionato esattamente alle sue spalle.
«Qualcuno di voi sa riconoscere la pozione laggiù?» chiese poi pacato, guardandoli speranzoso di ricevere almeno una risposta positiva dopo quella disastrosa settimana di lezione.
Gli studenti guardarono all’unisono nella direzione indicata e osservarono il misterioso calderone: la pozione che conteneva aveva una strana luminosità, quasi madreperlacea, e il fumo saliva dalla sua superficie con delle delicate spirali. «E’ Amortentia, signore». «Eccellente, signor Piton» si congratulò Lumacorno, estremamente soddisfatto della bravura che il ragazzo confermava ogni volta. «5 punti a Serpeverde!»
James e Sirius si scambiarono d’istinto un’occhiata disgustata, mentre guardavano Mocciosus sorridere soddisfatto di sé.
«Ora, come tutti voi dovreste ricordare, l’anno scorso abbiamo studiato l’Amortentia da un punto di vista abbastanza teorico. Quest’anno, invece, per il ripasso di oggi ho deciso di passare al lato pratico: siccome ha un livello di complessità molto elevato, al pari delle pozioni che potreste trovare ai vostri M.A.G.O., ho pensato di farvela riprodurre. Oh è inutile che sorride così, signor Potter, anche se le dovesse venire perfettamente non la porterà fuori da quest’aula, la avverto» concluse poi agitando l’indice in sua direzione, con un sorriso magnanimo.
James abbassò il capo, palesemente deluso.
Il Professore sventolò la bacchetta e sulla lavagna comparvero all’istante la lista di ingredienti con i passaggi da seguire al fine di realizzare una perfetta Amortentia, poi tornò a scrutare gli studenti con espressione pensierosa.
«Suppongo sia il caso di dividervi in coppie. Mh, vediamo…» fece tamburellare le dita sul mento, studiandoli tutti uno ad uno, per poi dire :«Piton... la prego di andare con Lupin, Evans con Potter, Avery e Vance, McKinnon tu vai pure con Sullivan, Mcdonald e Miller, Brooks tu sarai con Black, Paciock con Prewett, Mulciber con Minus e…»
Ognuno ebbe la sua personalissima reazione di fronte a quelle unioni combinate contro il proprio volere.
Emmeline non poté fare a meno di lasciarsi andare in un sospiro frustrato, ancora provata per i risvolti della festa.
Mary fu rincuorata di non essere finita con un Serpeverde, ma quando i suoi occhi incontrarono quelli tristi di Dylan pregò di non essere assediata da mille domande sull’amica con cui aveva appena rotto.
Alice si voltò per sorridere dolcemente a Frank, pensando che quella non poteva essere altro se non l’ennesima conferma sul loro essere predestinati.
Remus lanciò uno sguardo preoccupato a Piton, ma fu grato di essere in coppia con qualcuno così bravo: forse, per quella volta, non avrebbe rischiato di fare danni irreparabili o prendere una D.
Scarlett e Lily si scambiarono un’espressione allibita e arresa, mentre James e Sirius sembrarono alquanto divertiti dalla scelta di Lumacorno.
«Allora, Brooks, dove vuoi farlo
«Come prego?» chiese Scarlett, inarcando freddamente un sopracciglio di fronte alla sfacciataggine con cui Sirius faceva doppi sensi.
«Intendevo la pozione, ovviamente. Pensi sempre male tu» le fece notare e lei borbottò parole incomprensibili ma sicuramente poco garbate, mentre metteva nello zaino il proprio libro per liberare il banco.
«Evans, sono nelle tue sapienti mani» fu invece l’esordio di James e fece un profondo inchino di fronte a un’imbarazzata Lily.
«Direi che io e Potter possiamo andare alla loro postazione, voi rimanete pure qui… va bene Scarlett?»
«Come se facesse differenza il posto» commentò desolata, mentre guardava Sirius sedersi di fianco a lei con un’aria decisamente trionfante.
«Forza e coraggio» le sussurrò Lily con decisione, ma forse era più un appunto per sé stessa che un incoraggiamento all’amica.
«Allora Brooks, da dove cominciamo?» Iniziò Sirius, il gomito appoggiato al banco e la mano che gli sorreggeva il viso. L’espressione divertita e un sorrisetto malizioso ad arricciargli le labbra, mentre fissava Scarlett stringersi nell’imbarazzo.
«Hai gli occhi per leggere la lavagna, Black? Incomincia degli ingredienti e vai a prenderli, io preparo gli attrezzi».
«Adoro la tua praticità» commentò e, senza aggiungere altro, si diresse verso la dispensa.
«Allora, vediamo…cinque petali di rosa rossa, tre di quella nera e altri tre di quella bianca…»
«Eih, Felpato! Hai visto le ossa di serpente in polvere?» chiese James, guardandosi attorno con fare spaesato.
In braccio teneva un enorme mazzo di rose rosse.
«Guarda che devi prendere i petali, non i fiori interi» osservò Sirius, scuotendo sconsolato il capo.
«Inutile fargli notare certe cose, come sempre» si intromise Remus, attentissimo nella propria scelta.
«Lunastorta, vecchio mio, a te sì che è andata male» disse Sirius, sinceramente addolorato per la sorte che gli era toccata. «Se ti serve una mano per mettere Mocciosus a tappeto fammi un fischio».
«Oppure rovescia gli ingredienti in ordine sparso e fai esplodere il calderone» suggerì Peter, che aveva appena varcato la soglia della dispensa. Quando mise a fuoco James e il mazzo di rose rosse che teneva tra le braccia, aggrottò confuso la fronte. «Ma che diamine stai facendo Ramoso?!»
«Non vi preoccupate per questi dannati fiori! Ditemi piuttosto dov’è quella roba polverosa che non riesco a trovare!» Sbottò James, frustrato per quella ricerca infruttuosa.
«E’ qui amico» gli rispose Sirius, porgendogli un grosso barattolo di vetro «Anche la Evans ti ha mandato a fare la spesa?»
«Già, ma non mi dispiace sai?» commentò raggiante, mentre prendeva il preparato che gli stava passando. «Potrei farci l’abitudine, potrei anche farle la spesa giornalmente una volta usciti da Hogwarts».
Sirius scambiò uno sguardo con gli altri due e decisero in un tacito accordo di ignorare totalmente i deliri dell’amico, concentrandosi piuttosto sugli ingredienti mancanti: una volta recuperati il sangue di drago distillato e l’acqua di rose uscì dalla dispensa e raggiunse la postazione dove lui e Scarlett erano posizionati.
«Ecco qua, Brooks» annunciò, appoggiando tutto ciò che aveva agguantato vicino al calderone. «Possiamo farlo ora?»
La ragazza alzò gli occhi al cielo, leggermente demoralizzata per una situazione che doveva subire suo malgrado, per poi iniziare a leggere a voce alta la prima riga delle istruzioni scritta da Lumacorno. In sottofondo echeggiarono le sonore lamentele di Lily di fronte al gigantesco mazzo di rose rosse portato da James.
«Versare in un paiolo di argento l’acqua di rosa; far bollire a fuoco lento mescolando con continuità in senso orario ed attendere che la soluzione diventi omogenea ed incolore» .Quando concluse, si voltò verso Sirius e gli parlò in tono sbrigativo. «Passami l’acqua di rose, Black».
«Ai suoi ordini» rispose e le porse l’ingrediente richiesto.
Sirius la osservò di sottecchi portare a termine con cura il primo passaggio, concentrata e seria. «Ti piace pozioni?» Le chiese, senza pensarci troppo.
«Direi di sì. Come mai questa domanda?» Rispose distratta, mentre mescolava l’intruglio con delicatezza.
«Mi sono reso conto di conoscerti davvero poco, nonostante siano anni che condividiamo la stessa Sala Comune» osservò Sirius con semplicità, scrollando le spalle.
Scarlett gli lanciò in tralice uno sguardo insospettito.
«Bene, ci siamo. Leggi il prossimo step» lo invitò poi, senza aggiungere altro.
«Inserire la polvere di ossa continuando a mescolare la soluzione che ora dovrebbe apparire come argento liquido…ecco, tieni» le passò direttamente la polvere, senza che lei dovesse chiederla.
Scarlett aggiunse l’ingrediente e continuò a mescolare, stando ben attenta a non guardare Sirius. Quest’ultimo si accorse dell’eccessiva attenzione che lei stava serbando al calderone e rise, tra sé e sé.
«Ti diverte questa lezione?» Gli chiese, girandosi finalmente a guardarlo.
«Tu mi fai ridere» la informò, lasciandola spiazzata. «Sei per caso imbarazzata per l’altra sera, Brooks?»
Scarlett arrossì appena nel ripensare alla loro conversazione dopo la festa, ma quello fu il suo torno per lasciare il ragazzo senza parole.
«No, affatto. A dire il vero volevo... sì, insomma, dirti grazie» rivelò e, prima di continuare, tornò a concentrarsi sulla pozione. «Sei stato corretto a tenere per te quella situazione».
Sirius la fissò, il viso leggermente inclinato e lo sguardo attento.
Una frase di quel tenore non era di certo la reazione che si aspettava, come il rossore che potè chiaramente intravedere sulle guance della ragazza. Eppure, dopo lo stupore iniziale di tale dichiarazione, non potè far altro che abbozzare un sorriso sincero in sua direzione.
«Tranquilla, il tuo segreto con me è al sicuro. Non dirò a nessuno che sei un essere umano».
Scarlett, nel sentire quelle parole, rise suo malgrado.
«Giusto, meglio lasciarli nella convinzione che io sia una stronza senza cuore» annuì lei e si voltò a sorridergli, senza smettere di mescolare. «Il punto è chiaro Black, grazie per avermelo ricordato».
Sirius si limitò a guardarla e, quando lei si chinò nuovamente sul calderone, pensò che quella era la prima volta in cui riuscivano a ridere e scherzare insieme.
Scarlett sembrava quasi simpatica senza il muro che si ostinava sempre a mettere tra loro, senza battute al veleno e sarcasmo. Ma fu un pensiero passeggero, che si costrinse a respingere senza approfondirlo oltre.
«Quindi?»
«Quindi cosa?»
«Come sta venendo la posizione?»
Sirius si avvicinò al calderone e si mise a spiarne curioso il contenuto, premendo il proprio fianco contro quello della ragazza. A quel tocco inaspettato Scarlett s’irrigidì appena, ma lui sembrò non accorgersene.
«Caspita Brooks, sei una stronza senza cuore dannatamente brava» commentò infine, colpito suo malgrado dalle doti che aveva dimostrato.
«Dai Black, leggi la riga successiva e piantala» lo ammonì lei, alzando divertita gli occhi al cielo.
«Alzare il fuoco a livello alto senza perdere tempo e mescolare alternando in senso orario e antiorario; ad ogni mestolata aggiungere i petali di rosa in questo ordine: 2 petali rossi, 3 bianchi, 2 rossi, 3 neri ed infine ancora uno rosso» Sirius fece una piccola pausa, rileggendo le istruzioni una seconda volta tra sé e sé, e si voltò verso la ragazza. «Credo che tu abbia bisogno del mio aiuto ora, corretto?»
«Corretto. Prendi i petali e vieni qui, io mescolo e tu li metti nel calderone».
Sirius prese una ciotola e si avvicinò a lei, iniziando ad aggiungere uno ad uno ogni petalo richiesto: con la coda dell’occhio sbirciò il viso di Scarlett, eccessivamente concentrato sul contenuto del calderone, quasi come se non avesse il coraggio di guardarlo.
Da quando era così timorosa nei suoi confronti?
Da quando aveva paura di un confronto?
Quando Sirius finì il suo compito lesse la riga seguente, ancora senza che lei dovesse chiederlo e senza spostarsi di un millimetro.
«Lasciare sobbollire per quindici minuti ed inserire il sangue di drago con la pipetta Pasteur, ad ogni goccia mescolare una volta in senso orario fino ad esaurimento dell’ingrediente fornito.»
Scarlett si voltò per prendere l’occorrente, che era posizionato alla sua destra proprio accanto a Sirius, e rimase pietrificata nel trovare il viso del ragazzo a una manciata di centimetri dal suo.
«Permetti?» Gli chiese, dopo essersi schiarita brevemente la voce, e si allungò verso la pipetta e l’ampolla col sangue di drago.
Sirius rimase immobile e la lasciò fare, intimamente divertito nel vederla in difficoltà. Eppure, doveva ammetterlo almeno con sé stesso, c’era qualcosa di sbagliato o perlomeno strano in quella situazione. Lui per primo si sentiva diverso e avvertiva una strana sensazione nello stare lì, con Scarlett, senza l’ombra di un insulto o una frase di scherno.
«Posso farti io una domanda?»
Sirius si voltò a guardarla, vagamente sorpreso.
«Ho scelta?»
«Certo, puoi sempre dirmi di no» puntualizzò lei, facendo spallucce.
Sirius le sorrise, la classica espressione insolente che lo contraddistingueva sul volto.
«Forza Brooks, fammi la tua domanda» la spronò. «Non mordo».
«Noi non ci sopportiamo, giusto?»
«Assolutamente no» fu la sua risposta, semplice e asciutta. «Volevi una conferma?»
«Non proprio...» Disse Scarlett, mentre posizionava la pipetta nell’ampolla senza guardarlo. Sirius, dal canto suo, la fissò tutto il tempo in attesa che continuasse. «Mi chiedevo solo perché, considerata la premessa, non mi hai presa in giro raccontando tutto della festa».
Sirius attese qualche secondo, prima di risponderle.
«Forse perché non sono il bastardo insensibile che tutti pensano» azzardò, facendo finta di pensarci molto intensamente. «O forse perché odio vincere facile. Scegli la risposta che ti piace di più, Brooks».
Scarlett, nell’udire quelle parole, si girò a guardarlo con espressione indecifrabile.
«Credo che sceglierò la prima».
Sirius soppesò molto attentamente le sue parole e l’espressione con cui le aveva pronunciate. Quello che era successo dopo la festa aveva acceso qualcosa in lei, un cambiamento che percepiva sopratutto nei suoi confronti.
Certo era sempre Scarlett Brooks, l’altezzosa maniaca del controllo di sempre. Ma quella predisposizione nei suoi confronti, così distesa e serena, fu un qualcosa di incredibilmente diverso che gli fu impossibile non percepire.
Quando Sirius aprì la bocca per rispondere, però, un boato interruppe bruscamente la chimica di quella conversazione.
«POOOOOTTEEEEEEEEEEER!»
L’urlo disumano di Lily fece fare un balzo ad entrambi e si girarono di scatto verso la postazione di fianco alla loro, increduli per la scena che si trovarono ad osservare. La ragazza era completamente ricoperta alla vita in su dalla pozione che era esplosa, con i capelli arruffati e il volto contratto da una furia omicida.
James era praticamente in ginocchio, affranto e disperato. La metà destra del suo corpo e del volto ricoperta dalla medesima poltiglia.
«Ti prego perdonami, io non volevo...ti giuro che non volevo! Quello che volevo era darti una mano!»
«Fatemi indovinare…» cominciò Lumacorno, avvicinandosi divertito al calderone, «avete aggiunto il sangue di drago prima dei petali?»
«Il signor Potter lo ha fatto» sottolineò Lily, lanciando a James un’occhiata così rabbiosa che lui sembrò rimpicciolire.
«Mi dispiace signorina Evans, ma dovrò tenerne conto anche per lei. Continuate pure voi altri» intimò il Professore e riprese a passare tra le varie postazioni, mentre canticchiava tra sé e sé.
Sirius e Scarlett scoppiarono a ridere sommessamente quando videro James arretrare, completamente terrorizzato di fronte all’incombere di una minacciosissima Lily. Il fatto di essere sporca e appiccicosa lo poteva anche tollerare, ma prendere un brutto voto per colpa sua era totalmente inammissibile.
«Che coppia» commentò Felpato, gustandosi la strigliata che la rossa stava dando all’amico. Quando Lily finì di elencare tutte le sciagure che James avrebbe dovuto ricevere come equa punizione, lo superò con passo di guerra per uscire dall’aula noncurante delle sue suppliche.
«Sono uno spasso» convenne Scarlett, gli occhi lucidi per quanto aveva riso. «Ma ora torniamo a noi, Black. Non voglio fare la stessa fine... ecco, prendi il sangue di drago: tu inserisci e io mescolo».
Sirius obbedì all’istante e prese la boccetta, riposizionandosi accanto a lei per ultimare la preparazione.
Quando l’ultima goccia si posò sulla superficie della pozione, si scambiarono un’occhiata curiosa per poi rivolgerla al calderone: con somma gioia si resero conto di aver prodotto una perfetta Amortentia, luminosa e dalle caratteristiche spirali di fumo.
«Oh ma guarda qua!» esultò Lumacorno, che passava di lì per caso «Complimenti Brooks, hai salvato Black da un votaccio. Questa pozione è perfetta!»
Scarlett rise divertita di fronte all’aria offesa di Sirius, per nulla soddisfatto da quel commento.
«Signore, guardi che in realtà è il contrario» rivelò imperioso. «Senza di me tutto ciò nn sarebbe stato possibile».
«Ha ragione» annuì la ragazza. «Oggi Black ha dimostrato di saper leggere e di avere il pollice opponibile per prendere gli ingrediente. Un voto assolutamente meritato, signore».
Lumacorno rise magnanimo per quel siparietto e, senza aggiungere altro, si diresse verso la postazione di Remus e Piton. Il Malandrino, teso e preoccupato, deglutì sommessamente quando lo vide avvicinarsi.
«Grazie tante» fu il commento piccato di Sirius. «Bel modo che hai di ringraziarmi».
«Quando vuoi» gli rispose Scarlett, con un occhiolino insolente. «Vado a vedere se Lily è ancora viva».
Sirius annuì divertito e la seguì con lo sguardo, mentre un devastato James lo raggiungeva con fare disperato.
«Non me ne va dritta mezza, è incredibile» sospirò, lasciandosi andare goffamente sulla sedia lasciata libera da Scarlett.
«Per forza, sei un idiota» sentenziò Sirius e si girò a guardarlo, senza riuscire a trattenere una smorfia disgustata per la poltiglia che lo ricopriva per metà.
«Ma lo senti anche tu questo odore?» chiese poi all’improvviso James, fiutando l’aria con insistenza.
«Potresti essere tu, caro mio» lo informò. «Non ti sembra il caso di darti una pulita?» «Io sento…l’odore del manico della mia scopa, del prato appena tagliato e l’inconfondibile fragranza che usa Lily».
Sirius pensò subito di dover dichiarare l’assoluta morte cerebrale di James, ma si accorse che l’amico stava semplicemente inspirando le spirali di fumo dell’Amortentia preparata da lui e da Scarlett: per pura curiosità, senza dire niente, si avvicinò di qualche centimetro alla sottile nuvola di vapore respirandola profondamente.
L’amore, per lui, aveva il profumo della sua adorata motocicletta e del loro dormitorio ad Hogwarts. Eppure c’era anche un’altra nota in sottofondo, sottile e delicata, una traccia che gli fu impossibile identificare per la sua debolezza.
Scarlett, nel mentre, chiuse la porta dell’aula quasi a rallentatore, per poi appoggiarsi di spalle contro di essa tirando un lungo e liberatorio sospiro.
Sirius Black le faceva uno strano effetto da dopo la festa, era come se dovesse calibrare di continuo ogni mossa o sguardo per poter convivere con la sua presenza nelle immediate vicinanze e la cosa non le piaceva affatto. Da quando era diventata così debole? Da quando era succube delle proprie sensazioni?
«Lily?»
Scarlett spuntò nel bagno parzialmente coperta dalla porta, con aria esitante e divertita, mentre guardava l’amica pulirsi e imprecare sottovoce contro James.
«Non ho mai visto in vita mia un imbecille del genere, MAI!» annunciò lei, furente, sciacquandosi il viso dall’intruglio che le era esploso in faccia.
«Conosco un’eccezione» le rispose Scarlett. «Anche se Black si è comportato insolitamente bene per i suoi standard».
«Mi sembra piuttosto evidente che Potter sia un caso disperato a questo punto» commentò Lily, dopo essersi asciugata con eccessiva forza da acqua e sapone.
«James è solo un po’ immaturo, ma è anche sorprendentemente piacevole sai?»
«Scarlett, smettila di patteggiare per lui. Non ci uscirà mai» sentenziò e, dopo essersi data un’ultima occhiata allo specchio, si girò a guardarla. Le braccia conserte e l’aria di sfida.
«Eppure sono certa che prima o poi accadrà» commentò l’amica, un sorrisetto di chi la sapeva lunga riguardo.
«Cosa dovrebbe succedere?» Alice entrò nel bagno, seguita a ruota da Emmeline e Mary.
«Niente, Scarlett ama fare allusioni stupide» tagliò corto Lily. «Com’è andata con l’Amortentia?»
«Bene, ovviamente. Io e Frank siamo una coppia perfetta anche nel lavorare insieme, non che la cosa mi sorprenda» sospirò Alice, felice e soddisfatta. «Anche tu e Black avete lavorato proprio bene insieme, Brooks. Una chimica davvero notevole».
«Non direi, ha semplicemente eseguito i miei ordini» osservò Scarlett.
«A chi vuoi darla a bere? Guarda che vi ho visti» continuò la Prewett, risoluta e pungente. «Ridevate come due perfetti idioti mentre stavate lì, appiccicati al calderone».
Emmeline, nel sentire quella descrizione, si girò a guardare Scarlett inarcando scettica un sopracciglio.
«Ma davvero? Ora che sei single ti interessa Sirius?» Le chiese, una punta di acidità malcelata nella voce e nello sguardo.
«Non dire sciocchezze Vance» fu la sua pronta risposta quasi scocciata. «Abbiamo solo fatto una pozione insieme perché obbligati da Lumacorno».
Emmeline la guardò ancora qualche secondo, poco convinta da quell’affermazione, ma si decise a lasciare cadere la discussione. Il fatto che a lei piacesse Sirius era ben chiaro da anni alle amiche, così come era assodata l’antipatia che Scarlett provava per lui. Un conto era vederlo con una ragazza qualunque, ma sapere di dover assistere alle uscite con una delle sue migliori amiche era tutt’altra faccenda.
Una circostanza che lei non sarebbe mai e poi mai stata disposta a tollerare.
«Va bene ragazze, calmiamo gli spiriti» intervenne allegra Mary. «Questa lezione ha fatto già fin troppi danni».
E Lily, riguardandosi i capelli nello specchio, annuì furente.


Il tanto atteso mercoledì delle selezioni si presentò in una tiepida giornata di metà Settembre. Quel tardo pomeriggio l’intera comitiva era distribuita sugli spalti del campo, in attesa che la squadra di Grifondoro e gli aspiranti membri iniziassero l’allenamento di prova.
Lily, dopo i due giorni di silenzio e preghiere estenuanti da parte di James, si decise a perdonarlo parzialmente per l’accaduto con somma gioia dei ragazzi, ormai prosciugati dalle lamentele dell’amico in merito al casino che aveva combinato.
«Quindi hai perdonato il nostro disadattato per le sue doti esplosive, Evans?» Fu la domanda di Sirius, mentre prendeva posto poco distante da lei. Un paio di occhiali da sole sugli occhi e l’espressione divertita.
«Il perdono è un processo lungo ed elaborato, Black» gli rispose, con fare altezzoso. «Diciamo che gli ho concesso una tregua per il bene di tutti noi».
«Non sai quanto te ne siamo grati» le rivelò Remus. «Eravamo saturi per i suoi lamenti».
«E Lily non mi parla...» Iniziò Peter, scimmiottando l’espressione affranta dell’amico.
«E Lily mi odia...» Si lagnò Frank, simulando un pianto disperato.
«E Lily non mi sposerà più dopo quello che ho fatto» concluse Sirius, portandosi addolorato il dorso di una mano sulla fronte.
Le ragazze, nel vedere quel siparietto, scoppiarono a ridere divertite.
«Povero James» sospirò Mary, mentre lo osservava parlare con il resto della squadra. «Non è cattivo, ha solo un modo tutto suo per dimostrare affetto».
«Tu vivi proprio nel mondo degli unicorni Macdonald» fu il commento dolce di Alice, anche la sua espressione trasudò un ben più grande sarcasmo a riguardo.
«Allora Black, dicci un po’» esordì invece Emmeline, seduta proprio sopra di lui, «esci con Anya Bilson?»
Il ragazzo, nel sentire quella domanda, si girò a fissarla quasi offeso.
«Vance, ma per chi mi hai preso?» Le rispose, portandosi indietro i lunghi capelli neri. «Io mi accompagno solo a ragazze di un certo spessore».
«Ah capisco» celiò lei di rimando, con falso stupore. «Come mai non mi hai ancora invitata ad uscire allora?»
Lily, che stava bevendo un sorso d’acqua dalla sua borraccia, la sputò e iniziò a tossire violentemente, scossa dallo sorpresa per lo slancio dell’amica. Emmeline, però, era sempre stata piuttosto audace. Anche in quel momento infatti fissava Sirius con aria di sfida, le gambe accavallate e la schiena abbandonata contro la gradinata dietro di lei. E il Malandrino, che di certo non era uno che si tirava indietro, abbassò gli occhiali da sole per poterla squadrare da capo a piedi.
«Non credevo fossi interessata» osservò, malizioso e divertito.
«Magari lo ero» rivelò, incurvando un angolo della bocca in un mezzo sorriso.
«Mi duole interrompere questo siparietto di dubbio gusto» intervenne Alice, mentre alle sua spalle Mary dava pacche sulla schiena a una soffocante Lily. «Ma le selezioni stanno per iniziare».
Sirius scoccò un rapido occhialino ad Emmeline prima di girarsi verso il campo. E lei sorrise tra sé e sé, soddisfatta di avergli fatto capire quali fossero le sue intenzioni. Ma forse, più di tutto, l’intento che l’aveva spinta a quello slancio era il pericoloso avvicinamento che lui aveva dimostrato nei confronti di Scarlett durante l’ora di pozioni.
«Allora ragazzi, BUON POMERIGGIO!» Tuonò James, l’aria autoritaria e la scopa su una spalla. Dietro di lui l’intera squadra schierata, con un piglio professionale e serio.
Gli aspiranti nuovi membri erano sette: tre per il posto da Battitore e quattro per il posto da Cacciatore. Quando sentirono il richiamo del Capitano si misero in fila impettiti, pronti a iniziare l’allenamento di prova.
«Credo che ormai sappiate come funziona no?» Continuò James e, mentre parlava, prese a camminare avanti e indietro dinnanzi a loro, scrutandone i volti tesi. «Adesso faremo un po’ di riscaldamento, poi ci sarà una partitella e vi metteremo alla prova. Vi ricordo che sceglieremo solo un Battitore e un Cacciatore, ma i più meritevoli saranno sicuramente presi in considerazione come eventuali riserve. Tutto chiaro?! Non vogliamo smidollati qui, ma solo Grifoni pronti a vincere a qualsiasi costo!»
«Sì, Capitano» affermarono loro all’unisono, solenni e impavidi. Anche quell’anno erano tutti maschi.
«E’ incredibile quanto James riesca ad essere convincente» commentò Remus, piuttosto divertito. «Se non lo conoscessi come le mie tasche lo troverei addirittura temibile».
«Veramente lodevole» ammise Peter, fingendosi colpito. «Quanto vorrei che loro sapessero...»
«Quanto è imbecille» concluse per lui Sirius.
I ragazzi presero il volo con il resto della squadra e iniziarono a sfrecciare per il campo, prendendo le misure dell’aerea di gioco.
Scarlett, che si era rimasta al suolo, si avvicinò a James con un sorrisetto e l’espressione divertita.
«Caspita, non male come inizio».
«Ci sono andato giù troppo pesante?» Chiese lui, leggermente preoccupato.
«Assolutamente no, sei stato perfetto» confermò l’amica, con un occhiolino.
James le sorrise e si chinò sul cassone in cui erano contenute le varie palle da gioco.
«Ecco splendore, questa è tua» la informò, prima di lanciarle la Pluffa.
Scarlett la prese al volo in una mano, con una mossa fulminea ed esperta.
«Grazie Capitano. Vado subito a far vedere a quei marmocchi come si gioca a Quidditch» lo informò e, dopo essere montata sulla scopa, raggiunse gli altri a tutta velocità.
Per i primi dieci minuti fecero giusto un po’ di riscaldamento, sfrecciando per il campo e lanciandosi la Pluffa. James li stava osservando ancora da terra, pronto a liberare il Bolide che si continuava a dimenare tra i lacci che lo tenevano fermo. Un paio di elementi non gli sembravano affatto male, ma era ancora troppo presto per prendere delle decisioni. «Direi che possiamo iniziare» urlò Harper in sua direzione.
«Avanti Potter, dai il via alle danze e vediamo cosa sanno fare questi ragazzini» lo spronò Tyler, posizionato davanti ai suoi anelli. Un ghigno malvagio sul volto e l’aria elettrizzata.
«Bene ragazzi, siete pronti?»
I ragazzi annuirono quasi all’unisono e alcuni di loro assunsero un’espressione vagamente preoccupata quando lo videro liberare il Bolide, che volò rabbioso tra il gruppo.
Crosby pensò subito di dare il buon esempio e lo colpì con la mazza, facendolo sfrecciare il più lontano possibile da loro. Scarlett ed Harper, invece, iniziarono a marcarli stretti, intercettando la Pluffa di tanto in tanto senza impegnarsi troppo e lasciandoli liberi di spaziare nei movimenti e giocare.
Ovviamente nessuno di loro riuscì a fare breccia negli anelli di Tyler, che parò qualsiasi tentativo di tiro con fare quasi annoiato, come a voler sottolineare che non gli costava nessuno sforzo farlo.
«Amico, capisco che sei il numero uno ma lascia almeno una qualche soddisfazione a questi poveri sciagurati» lo bacchettò bonario James, che nel mentre aveva preso il volo per monitorare meglio la situazione. «Così li fai deprimere».
Tyler roteò gli occhi al cielo e annuì, come tacita conferma del fatto che si sarebbe impegnato per dare loro una chance. Una manciata di minuti dopo, infatti, un ragazzino biondo del terzo anno segnò il suo primo punto.
«Molto bravo!» Lo incoraggiò James. «Prendete esempio voi altri!»
L’allenamento andò avanti per un’altra mezz’ora buona e, alla fine, fu subito chiaro chi aveva spiccato tra loro per bravura, agilità e abilità strategiche. Quando toccarono il suolo i 7 aspiranti giocatori sembravano sfiniti, più per la tensione che l’effettivo sforzo fisico. «Tutti molto bravi» si congratulò James, applaudendo con il resto della squadra e gli spettatori.
«Sì, davvero notevoli. Ovviamente ne avete ancora di strada da fare, ma ci possiamo lavorare» intervenne Scarlett, con un tono autoritario e altezzoso che fece sorridere divertito Sirius dagli spalti.
Alla fine i due prescelti furono Gary Logan, terzo anno, e Richard Chambers, quarto anno. Rispettivamente Battitore e Cacciatore.
«Ottimo, adesso che è finita possiamo tornare in Sala Comune» annunciò sbrigativa Lily, già intenta ad alzarsi in piedi. «Ho già raggiunto la mia soglia della sopportazione massima».
«Non vedo l’ora che inizi il campionato» annunciò invece Frank, entusiasta. «Secondo me sono davvero validi quei due, abbiamo ottime chance di vincerlo».
«Lo spero bene» ammise Remus, d’un tratto pensieroso. «Non ho intenzione di sentire le lamentele di James anche su quel fronte».
Sirius e Peter si scambiarono uno sguardo eloquente e non poterono far altro che annuire, totalmente in accordo.
Quando finirono di cenare in Sala Grande e tornarono in Sala Comune, l’atmosfera era alquanto frizzantina: la Squadra di Grifondoro era finalmente al completo, carica di aspettative sul Campionato e impaziente di mettersi alla prova.
«E così, Stellina, anche per quest’anno sarai l’unica donzella» confermò Tyler, mentre osservava Scarlett con sguardo malizioso. «Come fai, mi chiedo, a resistere a tutta questa bellezza attorno a te?»
«E’ lo stesso che mi domando su di voi. Com’è che ancora nessuno è caduto ai miei piedi?» Rispose lei, teatralmente affranta da quella constatazione.
«Mai dire mai Brooks. Un anno è un lungo arco temporale» continuò il Portiere, scoccando un’occhiata in tralice a un imbarazzato Harper. Un’allusione che lei, però, non sembrò affatto cogliere.
«Andiamo signori, non spaventiamo i nuovi arrivati» li redarguì James, facendo cenno a Logan e Chambers. I due osservavano gli altri divertiti e raggianti, ancora intontiti dalla gioia di essere parte della Squadra per riuscire ad integrarsi.
«Non fateci caso... di solito siamo anche peggio di così» rivelò Crosby.
«Parlate per voi. Io sono sempre perfetta» commentò Scarlett, altezzosa e risoluta.
«Regolo numero uno» iniziò James, guardandoli serio, «mai contraddirla o farla arrabbiare».
«Regola numero due» ,continuò solenne Harper, «ha sempre ragione».
«Regola numero tre» concluse Tyler, col suo consueto sorrisetto maligno, «fateglielo credere, anche se per la maggior parte del tempo non sarà affatto così».
Scarlett lo guardò cupa, mentre gli altri ridevano.
«Ti ho già detto che non mi piaci, Seth?»
«Ti ho già detto che non mi interessa affatto, Brooks?» Le rivelò, scoccandole un bacino accompagnato dalla mano.
«Se questa è la premessa, fare il cronista delle vostre partite sarà uno spasso quest’anno» esordì Sirius, che si era avvicinato al gruppo. Scarlett si girò sorpresa a guardarlo, come se fosse l’ultima persona che si aspettasse di vedere. Dopo qualche secondo, però, si aprì in un piccolo sorriso.
«Ti conviene impegnarti più del solito amico» lo avvertì James. «Dev’essere un’escalation inesorabile alla vittoria con una narrativa epica».
«Cercherò di dipingere nel miglior modo possibile le vostre eroiche gesta» promise, portandosi solenne una mano sul cuore. «Che Merlino mi fulmini, se non dico il vero».
James fece per aggiungere altro, ma quando vide Lily pronta a salire le scale del proprio dormitorio si diresse verso di lei alla velocità della luce.
«EVANS!»
La ragazza trasalì per la sorpresa e si girò a guardarlo, un piede sullo scalino e l’espressione ancora vagamente ostile.
«Sì?»
«Ti sono piaciute le selezione?» Chiese James, una mano che andava a scompigliare i capelli già ritti.
Lily si girò completamente in sua direzione e incrociò le braccia al petto. «Non molto» rivelò, spietata. «Non mi piace il Quidditch. Figuriamoci poi le selezioni... almeno nelle partite c’è un po’ di pepe per la vittoria».
James si portò la mano tra i capelli sul cuore, devastato.
«Ma... come non ti piace?» sussurrò, incredulo. «Sei sempre venuta a tutte le partite!»
«Per sostenere Scarlett» confermò, impassibile. «E perché sono Grifondoro. Ma non impazzisco affatto per questo sport».
Sirius e Scarlett, che stavano assistendo a quella scena a pochi metri di distanza, soffocarono a stento le risate nel vedere James che tentava disperatamente di far ammettere a Lily la sua passione per una squadra di cui lui stesso era capitano.
«Lo perdonerà mai davvero?» Le chiese il ragazzo.
«Non saprei...» Iniziò Scarlett, portandosi pensierosa una mano a tamburellare sul viso. «Un votaccio con Lumacorno è un fatto troppo grave, James dovrà impegnarsi più del solito per recuperare. Devo ammettere però che Lily è stata molto brava a gestire il suo risentimento a riguardo».
Sirius annuì, come per darle ragione.
«Periodo di tregue apparenti quindi» aggiunse poi, scrutandola con la coda dell’occhio.
Scarlett si girò a guardarlo, indecisa su come proseguire con la risposta. La sua allusione anche a loro era piuttosto evidente, del resto avevano per primi instaurato una tacita pace da dopo la festa.
Ma perché rinunciare del tutto alle vecchie abitudini?
«Non ti fare illusioni, Black. Sei ancora sulla mia lista nera» gli rivelò, un sorrisetto malizioso che andava ad arricciarle le labbra. «Non ho alcuna intenzione di diventare tua amica».
E Sirius, divertito, la imitò senza esitazioni.
«Tranquilla Brooks, non ho mai creduto nell’amicizia tra uomo e donna» la informò e il suo sguardo si fece d’un tratto perforante e più intenso su di lei. «Se tu dovessi aver bisogno di altro genere di consolazioni, però, non esitare a contare su di me. Sono piuttosto esperto in quel settore».
Scarlett lo fissò atterrita e alzò un sopracciglio.
«Sono inarrivabile per te, non lo hai già capito il quarto anno?» Gli chiese, falsamente gentile. Sirius scrollò le spalle e roteò annoiato gli occhi al cielo.
«Tutte con la stessa filastrocca e poi finite per innamorarvi. Mi aspettavo qualcosa di più originale da te, Brooks».
Scarlett fece un gesto altezzoso con una mano, come per dirgli di smetterla, e si avvicinò a Lily per salvarla dall’attacco di James e raggiungere insieme il dormitorio femminile.
Sirius la seguì con la sguardo, divertito per quell’atteggiamento che lei si ostinava con tutta sé stessa a mantenere. Il proposito a cui mancava la spunta sarebbe stata la sua missione per il settimo anno: Scarlett doveva capitolare ai suoi piedi.
Sirius le avrebbe dimostrato che era esattamente come tutte le altre e che resistergli le sarebbe risultato impossibile alla fine dei conti.
Sfortunatamente, però, la rotta che si era deciso a prendere aveva ben altri piani e difficoltà in serbo per lui.
E presto se ne sarebbe accorto.








Spazio dell’autrice


Buongiorno gente :)
Come state?

Lunedì, che odio il lunedì... giorno più triste della settimana secondo me. Spero di averlo allietato un minimo con questo nuovo capitolo!
Siamo a un piccolo punto di svolta per la narrazione, vi confesso che fremo per andare avanti perché adesso entriamo un po’ più nel vivo delle dinamiche.
Tregue apparenti. APPARENTI.
Tra Lily e James. Tra Scarlett e Sirius.
Questo chap era molto incentrato sulla seconda coppia, ma il prossimo sarà focalizzato sulla prima con un ritorno a Remus e Mary. Vorremo mica lasciarli tranquilli no? QUANDO MAI!!!!
Per il resto vi ringrazio per le recensioni e per l’inserimento tra seguiti/preferiti. Mi fa davvero molto piacere ç.ç
Spero di aggiornare entro la fine di settimana prossima perché poi, ahimè, sarò via per lavoro e credo che sarà impossibile scrivere troppo.
Nell’attesa vi mando un abbraccio malandrino <3





M


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