Kuria la guerriera - L'amore non si chiede come l'acqua, ma si dona come il tè

di martyvax
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Prologo - La zanna della discordia ***
Capitolo 2: *** Lo scontro con Sesshomaru ***
Capitolo 3: *** La morte di Izayoi ***
Capitolo 4: *** Il ritorno di Kuria ***
Capitolo 5: *** Il passato non detto ***
Capitolo 6: *** Allora sei cambiato! ***
Capitolo 7: *** In trappola ***
Capitolo 8: *** Fuga, scusami Rin! ***
Capitolo 9: *** Riunione di famiglia, oppure no? ***
Capitolo 10: *** Come hai vissuto in questi anni? ***
Capitolo 11: *** Parenti misteriosi e demoni sbadati ***
Capitolo 12: *** Battaglia nel bosco dell'afflizione ***
Capitolo 13: *** Un incontro spiacevole ***
Capitolo 14: *** 'Riunione di famiglia' e il demone Genso ***
Capitolo 15: *** La squadra dei sette ***
Capitolo 16: *** Il mago dei veleni ***
Capitolo 17: *** Come ti è saltata in mente una cosa simile?!? ***
Capitolo 18: *** In realtà: cosa vuoi da me? ***
Capitolo 19: *** Incontri ***
Capitolo 20: *** Sii veloce come il vento e rapida come il tuono. ***
Capitolo 21: *** Ti ringrazio, amore mio! ***
Capitolo 22: *** I ricordi un giorno andranno affrontati ***
Capitolo 23: *** Dubbi ***
Capitolo 24: *** Quando amare sembra una maledizione ***
Capitolo 25: *** Non mi farò intimorire da nulla ***
Capitolo 26: *** Legame infranto? ***
Capitolo 27: *** Le spose rapite del maiale demoniaco ***
Capitolo 28: *** A volte bisogna partire ***
Capitolo 29: *** Un lungo apprendistato - Atto II ***
Capitolo 30: *** Nemici da occidente ***
Capitolo 31: *** Spiegazioni, fiori e medicazioni solo per te! ***
Capitolo 32: *** Orogoglio smisurato ***



Capitolo 1
*** Atto I - Prologo - La zanna della discordia ***


Avvertenza: La storia segue principalmente le vicende dalla 4a stagione in poi. Ho affrontato diversi episodi aggiungendo questa nuova demone che sarà la protagonista principale, Kuria. Verso il trentaquattresimo capitolo, nel secondo atto, ho voluto aggiungere anche la storia della spada del dominatore del mondo. Mentre tralascerò gli altri film di Inuyasha. Con il terzo atto prenderò spunto dagli episodi del Final Act.

Atto I

Prologo - La zanna della discordia

«Sesshomaru dove stai andando?»

Una bella e giovane demone comparve alle spalle del principe dei demoni dell’Ovest.

«A prendere ciò che è mio.» Non le dava molta importanza, c’erano questioni in sospeso da portare a termine.

«Perché ti comporti in questo modo? Non spetta a te Tessaiga, lo sai!»

Portava un grande rispetto al demone maggiore Inu no Taisho e desiderava allontanare Sesshomaru dalla sua idea di disprezzo per il piccolo mezzo demone che si sarebbe ritrovato come fratello minore.

«Me la prenderò con la forza.» Continuò ad allontanarsi. Quando le rispondeva per monosillabi e in modo scostante smetteva di infastidirlo e si allontanava offesa. Stranamente la tecnica non ebbe successo.

«Arriveresti a fare del male a un neonato, tuo fratello, solo per una stupida spada?» Strinse le mani in un pugno, irrigidendo tutto il suo corpo nell'intento di trattenere i suoi istinti violenti.

«Una stupida spada? Fratello! Quell’essere non è mio fratello. Un mezzodemone è solo un’onta che va lavata via.» Le si rigirò contro perdendo per qualche secondo la sua solita naturale freddezza e indifferenza.

«Se è questo che pensi degli esseri a metà Sesshomaru non mi resta che dirti addio! Sappi che presterò sempre aiuto a tuo fratello e mai a te. Finché potrò lo difenderò dai tuoi artigli velenosi quanto la tua stupida voce!»

Il tono della sua voce si era alzato con lo scorrere delle parole pronunciate. Sentiva una rabbia senza precedenti scorrerle dentro e con quella sensazione spiccò il volo grazie a due enormi ali piumate.

Sesshomaru rimase come al solito freddo ed immobile di fronte a quella che lui considerava una furiosa ritirata. Non si aspettava nulla di molto diverso da una demone figlia di inu yokai e demoni aquila.

La difesa

Una mano del principe Sesshomaru era pronta e protesa per colpire in un solo colpo il fratello in fasce con la madre, ma il verso di un’aquila, susseguito da una luce abbagliante, lo bloccò. Kuria si frappose tra il polso il demone e le sue vittime, pronta a fare con il suo corpo da scudo.

«Levati.»

«Te l’ho detto, no? In nome di Inu no Taisho sarò io a proteggere questo bambino e sua madre! Ogni volta che proverai ad attaccarli mi dovrai affrontare.» Manteneva le grandi ali piumate dispiegate per proteggere Izayoi.

Non amando perdere tempo prezioso per se stesso e neanche battersi con Kuria, che probabilmente avrebbe preferito farsi uccidere che cedere, Sesshomaru emise un verso di sprezzo.

«Sei fortunata donna questa volta sei salva. Ora non ho tempo da perdere!»

Svanì nel nulla, mentre Izayoi piangeva stringendosi al petto suo figlio.

«Mia signora la prego si rialzi, deve farsi forza la aiuterò!» Kuria le tese una mano e l’aiutò a rialzarsi, rassettandole leggermente il vestito sgualcito dalla caduta. Izayoi si profuse in mille ringraziamenti, ancora spaventata e confusa dall’accaduto. Come poteva un uomo così simile al suo amato essere tanto diverso da lui?

«Mi chiamo Kuria, sono una demone nata dall’unione di un Inu-youkai e una demone del clan europeo dei demoni aquila.» Sorrise alla giovane amante del suo adorato Generale Inu no Taisho.

«Mi chiamo Izayoi e grazie ancora.» Tante lacrime le solcavano il volto. Triste ma commossa pensò che infine oltre al suo amato, ormai defunto, c'erano altri demoni disposti ad aiutarla. Sarebbe stata riconoscente in eterno a quella giovane il cui significato del nome era 'chiara'.

«Onorevole Kuria grazie di aver protetto il signorino Inuyasha e la signora Izayoi» Da una spalla della scossa principessa il vecchio Myoga saltellava per farsi notare.

«Vecchio Myoga vedo che un po’ di onore ti è rimasto! Complimenti, non sei fuggito come al solito. Sono davvero colpita!»

«Grazie onorevole Kuria, quando c’è bisogno mi sforzo per non fuggire!» Il demone pulce gonfiò il suo piccolo petto per darsi più importanza.

«Così si fa!»

Fu il pianto di fame di Inuyasha a interrompere quello scambio di battute. Si rifugiarono in una grotta coperta da una cascata.

«Per qualche tempo qui starete al sicuro, soprattutto quando non potrò esserci. L’acqua cancella l’odore.» Accese il fuoco e mise qualche pesciolino ad abbrustolire.

“Sesshomaru sei inqualificabile e privo di onore, attaccare una madre ed un neonato indifesi. Codardo ipocrita, questa donna, anche se umana, è mille volte più forte di te d’animo. Per questo io proteggerò sia lei che Inuyasha finché avrò vita!”

Si strappò alcune piume delle sue ali per offrirle come giaciglio al piccolo. La principessa la ringraziò con lo sguardo e dopo aver appoggiato suo figlio sul giaciglio improvvisato si addormentò sfinita.

Kuria vegliò tutta la notte su di loro. Rimpianse amaramente l'assenza di Inu no Taisho, era stato la figura più simile a un padre che potesse desiderare.


Note autrice 2023: 

Le note originali sono andate perse da tempo, con i vari rimaneggiamenti, purtroppo. 

Mi presento, sono MartyVax, e come potete notare questa storia ho iniziato a pubblicarla nell'ormai lontano 2011! Sì, sembra assurdo anche a me. 

Ho subito una lunga pausa causata dall'università, principalmente e da un trasloco poi. 

Spero questa storia possa piacere ancora e che vorrete dirmi cosa ne pensate! 

PS: so che è uscito l'anime yashahime e che quindi, canonicamente ormai, Sesshomaru e Rin sono destinati a stare insieme, ma quando ho cominciato non se ne aveva la certezza! 

:*



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Capitolo 2
*** Lo scontro con Sesshomaru ***


Lo scontro con Sesshomaru

Diverse settimane dopo l’accaduto Kuria avvertì una terribile sensazione di pericolo attanagliarle lo stomaco e la mente per qualche minuto. Il suo istinto le suggeriva di scappare, il periodo di pace giunto al termine.

Decise così che sarebbe stato meglio se Izayoi fosse andata a vivere tra i suoi simili. Sapeva che la vita sarebbe stata difficile in mezzo agli stolti umani, ma lei accettò la proposta. L’avrebbe scortata fino al palazzo di suo nonno dove, nonostante tutto, l’avrebbero accolta.

«Meglio gli umani che gli youkai Izayoi. Dalla tua razza ti posso proteggere con meno difficoltà.» Quando alla fine la giovane madre le fece un sorriso pieno di gratitudine e speranza Kuria si sentì leggermente imbarazzata. A sua memoria nessuno le aveva mai rivolto uno sguardo tanto luminoso.

Si erano incamminate da qualche giorno, con la sicurezza ulteriore rappresentata da Kage un fedele lupo servitore della demone,  quando il grido acuto di un aquila in picchiata richiamò la loro attenzione. L'animale si appoggiò con grazia su un braccio di Kuria.

«Quali notizie?» Chiese nascondendo l' ansia dietro una facciata di sicurezza.

«Mia signora ha una lieve traccia del vostro odore, è molto vicino!»

«Capisco. Tu e Kage portate via Izayoi ed Inuyasha resto ad affrontarlo.»

«Ma Kuria… No!» Protestò Izayoi preoccupata. Si era così affezionata a quella ragazza forte, ma anche impacciata, non voleva perderla come aveva perso il suo unico amore.

«Andate via! Presto!» Si sentì una forte scossa del terreno. La preoccupazione della demone aumentava a ogni vibrazione, erano sempre più potenti e ravvicinate.

«ANDATE VIA HO DETTO!» Sfilò la spada dal fodero e usò una raffica di vento per convincerli ad allontanarsi. Un metodo sicuramente pericoloso, ma efficace.

Si concesse solo qualche minuto per pensare a quanto strana fosse quella situazione. A logica avrebbe dovuto esserci Sesshomaru, morto suo padre, a proteggere quella parte della famiglia, invece c'era lei a proteggerli proprio da quest'ultimo.

“Bene a noi due Sesshomaru. – Si avviò correndo verso  il principe dei demoni - Se lo raggiungo io non avrà più tracce da seguire e sarà bloccato per il tempo giusto, nel quale Izayoi potrà ripararsi!”

«Ti sei fatta vedere alla fine.» La sua voce era molto beffarda, si aspettava benissimo il suo arrivo. Forse la conosceva bene oppure era semplicemente troppo sicuro di sé stesso.

«Non ti lascerò portare a termine i tuoi piani!» Rispose furiosa. Se credeva di avere a che fare con un'ingenua si sbagliava di grosso.

«Sforzi vani, lo sai benissimo. È inutile che insisti a fare la voce grossa, le tue spade e la tua forza non reggeranno mai contro di me. Perché ti ostini a combattermi?» La sua tranquillità la offendeva. Sembrava quasi come se stesse parlando di una cosa insignificante, con un tono leggermente derisorio, mentre si spostava meccanicamente una ciocca di capelli bianchi dietro l'orecchio.

«Non c’è bisogno che mi rinfacci la tua purezza di Inu-youkai Sesshomaru e non dimenticare che comunque sono forte quasi quanto te! Riuscirò a fermarti il tempo necessario.» Preparandosi all’imminente scontro impugnò al meglio l’elsa della sua spada, spostò il peso e i piedi come le era stato insegnato dal Generale.

«Già, quasi dimenticavo - stese le labbra in un piccolo impercettibile sorriso maligno - sei per metà una testarda aquila. Peccato che con la testardaggine e l’orgoglio non risolverai nulla contro di me.»

Quell’affermazione decretava la fine delle trattative. Lo scontro ebbe vita, Sesshomaru, privo di una spada propria, combatteva attraverso la sua frusta di luce, mentre Kuria maneggiava una delle sue due spade.

“Con questa spada ereditata dal clan delle aquile riesco solo a parare i suoi colpi. È un arma creata per manifestare il proprio potere contro un'altra lama. Devo usare quella creata con la mia zanna.” Velocemente la ragazza si nascose dai colpi dell'avversario, utilizzando un alto albero come riparo. Gocce di sudore le imperlavano effettivamente le tempie, poteva essere sbruffona con lui, ma era inutile mentirsi da sola, quello scontro non poteva concludersi che con la propria sconfitta. Respirò profondamente, ci voleva coraggio per sfidare la morte a viso aperto.

«Si è arresa finalmente.» Si disse Sesshomaru, osservando con apatia il punto in cui era scomparsa.

«Ti sbagli di grosso, Sesshomaru!» gridò e sfoderando la sua katana gli si lanciò contro in una controffensiva frontale. Anche se forse avrebbe fatto meglio a fuggire, seminandolo in mezzo al bosco.

«Non sai neanche come si usa quella katana e vuoi ancora combattere contro di me? Sei proprio un’impertinente testarda.» Le riservò un'occhiata di gelido scherno.

«Meglio essere un’impertinente testarda che un bastardo!» Non sapeva neanche lei se quella frase fosse una creazione volontaria o meno.

L’Inu-youkai spalancò gli occhi, incominciò a sentire uno strano sentimento tra l’arrabbiato ed il sorpreso, velocemente si voltò verso Kuria e, senza che lei se lo potesse aspettare, le diede uno schiaffo sul viso, facendola cadere per terra.

«Come mi hai definito?» Chiese glaciale bloccandola a terra con il suo peso, tirandola a sé per un braccio e il viso con la mano libera, proprio sulla guancia appena colpita.

«B-bastardo - ripeté Kuria, un po’ a fatica per colpa della stretta serrata alla sua mandibola. – P-pensavi… di farmi paura? Hm!»

Dopo un ringhio furioso Sesshomaru l’alzò di peso per il braccio.

«Ora torniamo a palazzo, là regoleremo la tua indisponenza!»

Il suo sangue e il suo onore gli imponevano di vendicarsi, nessuna migliore vendetta che rinchiuderla in un luogo dove avrebbe potuto controllarla. Le avrebbe tolto ogni arma, celebrato il matrimonio che suo padre da lungo tempo progettava e poi si sarebbe liberato dell’onta di quella misera donna umana con il sangue.

«Te lo puoi scordare, non ci vengo. Lasciami!» Furiosamente Kuria iniziò a dimenarsi dalla presa del suo assalitore. Da secoli tentava di uscire da quel luogo, si sarebbe strappata il braccio pur di non seguirlo.

«Farai ciò che ti dico, con o senza il tuo volere.» continuò strattonandola senza il minimo accenno di fatica.

«Te lo scordi! - Kuria di dimenò fino allo stremo delle sue forze, ma era più debole e stanca di lui quindi decise di usare la furbizia. –Sesshomaru ti interessa tanto ricondurmi a palazzo? Sei cosi legato a me?» Sapeva quanto il suo interlocutore fosse attaccabile sotto quell'aspetto. Avrebbe fatto di tutto pur di smentirla. Lo schiocco della lingua e l’occhiataccia non si fecero attendere.

«Non provo attaccamento per nessuno, sono un demone puro non so cosa siano i sentimenti.» rispose con fare saccente, guardandola dall'alto in basso.

«Riportandomi al castello invece darai solo la prova del contrario di ciò che affermi. Tutti diranno sottovoce o penseranno che non riesci a vivere senza di me.» Raggirare Sesshomaru con quei trucchi di solito era molto divertente e soprattutto facile, anche se in quel momento doveva fare appello a tutto il suo sangue freddo per mantenere la menzogna.

“Per una volta nella mia vita la malizia femminile torna utile.”

Il demone irritato le lasciò il braccio, spingendola per terra.

«Basta, ho perso anche troppo tempo con te oggi.»

Sparì lasciandola in terra come una bambola rotta.

“Ho rischiato grosso e con me anche Izayoi ed Inuyasha. Se mi avesse riportato a palazzo sarebbe stato difficile scappare mantenendo fede alla mia promessa. - Kuria guardando la luna ormai alta nel cielo e tirò un sospiro di sollievo. - Sarà meglio che mi incammini, saranno già enormemente preoccupati.”

Si alzò dal terreno, bloccandosi per tastare la parte offesa della faccia, lacrime di rabbia e tristezza scesero prepotenti dai suoi occhi azzurri. Grazie all'adrenalina non si era resa conto del gesto di cattiveria appena fattole, ma lo realizzò in quell'istante. Non gliel'avrebbe perdonato con facilità.

Quando il Generale e suo figlio Sesshomaru l’avevano raggiunta sui monti Pirenei per portarla via in Giappone per un matrimonio combinato, era stato l’odio e l’intolleranza il sentimento sbocciato tra i due giovani promessi. Nei secoli successivi trascorsi a palazzo il fascino del principe si faceva spazio tra le pieghe dei suoi sentimenti, aveva imparato ad amare i momenti silenziosi in cui era calmo, ma continuava a odiare fortemente la sua prepotenza.

Forse, alla fine, nonostante tutte le aspettative riposte nella coppia, il loro destino non coincideva. Per lei iniziava una nuova tappa della vita e desiderava affrontarla al meglio!

Note dell'autrice (2023):

Avevo già iniziato le modifiche a questi capitoli introduttivi tra il 2014/2015. Le vecchie note sono andate perse già allora per una mia disattenzione. Siamo a metà del prologo e ci tengo a specificare che ho modificato abbastanza diverse frasi e comportamenti, mantenendo ovviamente una coerenza con quanto scritto dalla me stessa del 2011. Oddio, praticamente una vita fa! 

Riconosco in Kuria la me stessa adolescente e non desidero modificarla, altrimenti sarebbe un personaggio senza sviluppo. Ho dovuto per forza accantonare la scrittura dall'esame di maturità fino ad oggi. Il percorso universitario è stato lungo e nel mentre sono perfino andata a convivere! Finalmente questa estate sono libera di tornare a scrivere e magari, finalmente, riuscirò a concludere questa storia.

:*

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Capitolo 3
*** La morte di Izayoi ***


La morte di Izayoi

Li raggiunse pochi giorni dopo, riuscì a scortare Izayoi ed Inuyasha fino ai possedimenti del nonno di lei senza ulteriori minacce. L’accoglienza fu abbastanza gioviale, considerata la situazione difficile.

«Ti ringrazio Kuria, sei stata molto gentile.» Giungeva per le due donne il tempo di separarsi, la principessa la guardò di nuovo affettuosamente.

«Dovere Izayoi e poi non avrei mai potuto lasciare che Sesshomaru vi facesse del male. Verrò a trovarvi, sarò sempre nei dintorni. Se aveste bisogno di me usate questo - le consegnò un corno – è usato tra noi demoni aquila per avvertirci di un pericolo.» Sorridendo mesta, dopo una carezza alla testolina argentea di Inuyasha, voltò le spalle al palazzo per addentrarsi nella foresta.

«Mia signora ed ora che si fa?» Ventus, la sua aquila, restava in attesa di ordini.

«Ci accampiamo un po’ lontani da loro e stiamo attenti che non succeda nulla. Questa sarà la nostra vita e il nostro compito da svolgere in vece del Generale.»

«Si, mia signora!» risposero insieme.

In qualche giorno, dopo ore di duro lavoro, riuscì a costruirsi una capanna. Era piccola e molto modesta, creata con il legno degli alberi della foresta. Tuttavia l'aura di silenzio e la tranquillità che regnava dentro e fuori di essa rese la giovane di ottimo umore. Da secoli non riusciva a stare da sola, nella foresta per di più, la signora Madre non lo avrebbe mai permesso.

“È perfetta per me, tanto ci devo stare da sola.” Guardò il cielo sospirando.

Le giornate incominciavano ad allungarsi, entro poco sarebbe giunto il primo di Marzo e di conseguenza il suo compleanno.

“Sarà il primo compleanno senza il Generale Inu no Taisho… e Sesshomaru.” Scosse la testa, ora aveva Izayoi e Inuyasha.

In quel periodo i ricordi della sua permanenza a palazzo con la famiglia Reale dei demoni tornarono a farle periodicamente visita, nonostante cercasse di dimenticare. Ricordava i sorrisi incoraggianti del Generale, il suo ottimismo e la grande tristezza che la pervadeva ogni volta che partiva per una guerra o spedizione. Le regole di corte non ammettevano lacrime, la signora Madre si sarebbe molto seccata, quindi a lei toccava trattenersi e poi scoppiare in un pianto dimesso una volta giunta nella propria stanza.

Sesshomaru si dimostrava immancabilmente freddo e calcolatore, a volte spietato. Lei era sempre stata sicura di riuscire a scorgere in tutti i suoi comportamenti un'infinita tristezza e solitudine. Questo non lo aveva mai giustificato, naturalmente, ma l’aiutò inizialmente a sopportarne meglio la presenza.

Ogni notte per i primi mesi si diresse da Izayoi e bambino per vedere come stavano. Sapeva bene ormai dove fosse la sua stanza, come introdursi senza dare l’allarme e con cautela bussava alla porta finestra:

«Oh Kuria, sei qui! Prego accomodati, Inuyasha si è appena addormentato.» Izayoi sussurrava mentre le apriva la porta scorrevole che dava sul giardino finemente curato. Giustamente temeva le guardie.

Osservò attentamente quella principessa dolce e gentile, oramai divenuta sua amica e confidente, tanto forte d’animo. Doveva soffrire terribilmente la perdita del suo uomo, eppure non si dava per vinta e continuava ad accudire la sua ragione di vita.

«Vuoi vederlo?» Le sorrideva rassicurante. C’erano dei precisi istanti in cui a Izayoi Kuria pareva una bambina spaesata, bisognosa di una guida materna.

«Sì, va bene.» Annuì incerta, temeva sempre di svegliarlo.

Era bellissimo, con un espressione dolcissima sul volto da cucciolo e quelle orecchiette poi erano stupende! Proprio in quel momento le mosse ed un istinto materno l’avvolse, infondo anche lei era una donna oltre che una guerriera.

«È bellissimo Izayoi, queste orecchiette sono fantastiche!» ridacchiò e si astenne dalla strana voglia di toccarle.

«Vero, non ti viene voglia di accarezzarle?» Rise all’ imbarazzo dell'amica.

«Già! Comunque ora devo andare, giro di ricognizione. Mi raccomando ricordati del corno, suonalo quando ne hai bisogno.» Izayoi annuì docilmente alle raccomandazioni che sentiva ogni sera e che avrebbe sentito per ancora tante sere successive.

“Sarà il degno erede di suo padre!” Visualizzò il piccolo Inuyasha nella sua mente, rimodellando il viso paffutello in quello di un adulto con la corazza e le spade. Un sorriso si creò spontaneo sulle labbra, sarebbe diventato sicuramente un bel giovane!

Gli anni passarono velocemente ed Inuyasha crebbe sotto lo sguardo vigile di Kuria e quello amoroso di Izayoi. Il piccolo mezzo demone, per quanto al palazzo fosse scacciato da tutti gli umani, si sentiva amato. Aveva l’affetto della sua mamma e di quella che considerava una sorella maggiore o una zia, nessun altro bambino aveva una parente così bella e forte!

«Kuria quando sarò più grande mi insegnerai ad usare la spada?» A soli cinque anni Inuyasha si dimostrava già terribilmente affascinato dalle armi.

«Certo piccolo e ne avrai una speciale tutta tua, solo che non so dove si trovi.» Avevano interrotto la lettura di una favola e lui le stava tra le ginocchia, mentre lei gli accarezzava i capelli argentei.

«Sai al palazzo nessuno mi vuole mi chiamano mezzo demone e ho visto la mamma piangere. Tu sai cosa sia un mezzo demone?» le rivolse uno sguardo innocente, ma come era capitato con sua madre, anche Kuria parve adombrarsi e restare addolorata.

«Sì piccolo, ma è ancora troppo presto perché te lo dica. Non badare a quegli stolti, pensa solo che io e la tua mamma ti vogliamo tanto bene.» Lo tenne stretto al petto per qualche minuto.

“Povero Inuyasha, chi meglio di me conosce questa sensazione, io stessa sono metà demone aquila e metà demone cane. Non è semplice.” Era stata schernita dagli altri demoni, anche Sesshomaru alla fine l’aveva ferita. Temendo di turbare il piccolo preferì non indugiare oltre su quei pensieri.

«Ora torniamo al castello, oppure la mamma si preoccuperà.» disse sorridendogli e prendendolo per mano.

Lo riaccompagnò al palazzo e dopo si inoltrò nella foresta con i pensieri che le torturavano la testa.

Pensare a Sesshomaru dopo cinque anni che non lo vedeva gli aveva riaperto una grande ferita al cuore. Si sfiorò di nuovo per riflesso quella guancia che lui le  aveva colpito con forza e cattiveria.

«PERCHÉ DOVEVO PROPRIO INNAMORAMI Dl TE?» Con grande furia scagliò un sasso dentro alle acque limpide di un laghetto e avvertì la propria aura demoniaca aumentare per la rabbia. Fece un altro lungo giro della foresta, per riuscire a scaricare i pensieri negativi. Tornata alla propria capanna, per una sola volta, pensò di andare a coricarsi si sarebbe scusata con Izayoi l’indomani mattina.

Si svegliò sentendo il suono di un corno.

Sgranò gli occhi, scattando in piedi e corredo verso il palazzo pregò gli Dei, occidentali e shintoisti.

Dalla stanza di Izayoi e Inuyasha proveniva un fortissimo odore ferroso, sangue, molto sangue.

«IZAYOI, INUYASHA!» Aprì di scatto la porta finestra. Lo scenario che trovò all’interno le fece ghiacciare il sangue nelle vene e perdere diversi battiti. Izayoi morente riversa in una pozza del suo stesso sangue e Inuyasha che piangeva. Kuria fissò il corpo dell’amica esamine, agonizzante e dolorante per terra, per un attimo pensò perfino di sentire quelle sue ferite addosso a se stessa.

«Per tutti i Kami, Izayoi!- L’amica a fatica aprì gli occhi – tranquilla ora trovo il modo di medicarti.» le disse guardandosi in giro turbata. Non aveva mai medicato un umano prima di quel giorno, non sapeva come fare. Quanto tempo ci metteva un mortale a guarire e come si mettevano le bende?

«N… no ormai è troppo… tardi… Kuria… fammi una… promessa…» disse implorante, una mano fragile sfiorò il viso della giovane demone, in una carezza piena di dolcezza e disperazione. Ciò che stava per chiederle sarebbe stato un compito pesante, ma non aveva altra scelta. Si fidava solo di lei a quel mondo.

«Tutto ciò che vuoi, ma non morire!» Si guardava freneticamente attorno, con le lacrime che le rigavano ampiamente il viso. Aveva perso l’uomo più vicino a un padre che avesse mai avuto e ora anche lei, la sua unica amica. Era sempre stata troppo diversa, in ogni ambito, rispetto alle altre ragazze e queste l’avevano sempre allontanata, mentre Izayoi l’aveva accettata per la donna guerriera che era, con il suo carattere scontroso e ruvido. Le aveva donato il suo amore.

«Proteggi il mio bambino, sì forte. Dovete… vivere!» Esalò l’ultimo respiro con quella esclamazione. La mano sollevata ricadde pesante al suolo, mentre gli occhi scuri si chiudevano per sempre.

L'unico desiderio di Izayoi era quello di sapere Inuyasha al sicuro, amato e protetto. Così ora poteva ricongiungersi allo spirito del suo unico grande amore, avrebbe rivisto e abbracciato Inu no Taisho!

«Mamma… mamma rispondimi… MAMMA!» Inuyasha piangeva e singhiozzava in preda al panico.

Poi un odore particolare risaltò nelle narici soprannaturali di Kuria. Era stata uccisa da uno di loro, da uno stupido e inutile umano. Il suo corpo gridava vendetta, ogni fibra del suo essere pronta a potare a compimento quel desiderio.

«Aspettami qui, torno subito.» Sibilò Kuria e velocemente seguì l’odore dell’assassino.

Lo trovò che rideva con altri samurai contento del suo operato. Se ne vantava come se avesse compiuto un’impresa eroica, mentre era solo un brutto vigliacco che aveva attaccato e ucciso una donna totalmente indifesa.

«L'ho uccisa quella dannata. Ah, mio fratello Takemaru è stato vendicato!» disse spavaldo, trangugiando del Saké mentre alzava la katana con l’altra mano, segno di vittoria.

«È semplice prendersela con gli indifesi, vero brutto bastardo?» chiese sfoderando la sua spada Caliburn e scagliandosi contro il samurai. Li uccise uno per uno, lasciando che il sangue scorresse lungo la sua lama e ogni tanto anche sulle sue mani. Nessuno di loro sopravvisse per rivedere la luce del sole. Appena il respiro le si fece più leggero comprese quanto urgente fosse la fuga.

 Non avrebbe permesso a nessuno di sfiorare nemmeno con un dito il suo fratellino.

«Piccolo vieni, dobbiamo andare via. Seguimi e se c’è qualche problema dimmelo.» disse prendendo il corpo insanguinato di Izayoi tra le braccia.

«S… si.»

Provò pena per lui, lei era stata abituata a vedere amici e parenti morire, lui era tanto candido!

I due sparirono nella notte per non fare più ritorno in quel luogo pieno d’orrore e tristezza. Kuria diede una degna sepoltura, per quel che poteva, al corpo dell’ amica e tentò di crescere Inuyasha.

La vita fu un continuo spostarsi per il Giappone, ogni anno un luogo diverso. Se la donna avvertiva una aura maligna troppo potente diceva a Inuyasha di radunare i loro averi e che dovevano abbandonare il luogo. In condizioni normali sicuramente non l’avrebbe fatto, ma c’era il cucciolo con lei, non poteva rischiare, cercava di ragionare come avrebbe fatto una madre, come Izayoi.

Il bambino diventò un adolescente di cent'anni e intanto Kuria era stata richiamata nelle terre in cui era nata. Tra il clan delle aquile ed un altro stava per cominciare una violenta guerra.

All’inizio si rifiutò violentemente di andarsene dal Giappone anche se la sua patria e il suo clan erano in pericolo. Un giuramento aveva prestato e intendeva rispettarlo.

«Kuria io sono grande ormai, me la so cavare da solo e tu mi hai tirato su bene non preoccuparti vai pure.» Le disse il mezzo demone durante una sera d’autunno. Il focolare di quella casetta improvvisata danzava scoppiettante mentre le pietanze si cuocevano.

Lei gli aveva raccontato molti aneddoti su quelle terre montanare, sulle sue sorelle e Derik, il suo patrigno, la madre, la gente della tribù, le feste e tutto ciò che la sua mente ancora ricordava.

«No, non se ne parla e se ti dovesse attaccare Sesshomaru, eh? Come faresti? Ho promesso a tua madre che mi sarei presa cura di te!» Lo guardò male e strinse un pugno. Non sopportava di dover parlare del ‘ghiacciolo ambulante’ con il figlio di Izayoi.

«Ti dico che devi andare dannata, ma ogni tanto mi dai ascolto?»  Ormai non era più un bambino, sarebbe riuscito a cavarsela da solo. Kuria gli aveva insegnato molto di combattimento, tuttavia la sua voglia di potere si era ingigantita durante le ultime sporadiche battaglie. Avrebbe reso orgogliosa la sua sorellona diventando sempre più forte, e un giorno sarebbe stato lui a proteggerla, perché lei si meritava riposo e felicità.

Lei si sciolse in un sorriso materno e sospirò. Quella terminologia era una sua eredità e non proprio fine come si addiceva ad una giovane signorina del suo rango.

«Va bene. Se però quando torno ti sei cacciato nei guai prima ti salvo e poi ti disfo per benino. Capito fratellino?» La sua minaccia era assolutamente seria e gli puntò contro un indice.

«Tz, sorella apprensiva…» rispose il mezzo demone voltando il capo i direzione opposta.

«Ti voglio bene anche io, Inuyasha.»

«Hm, anch’io sorellina.» Arrossì e mosse le orecchie canine, scatenando le risatine di lei.

«Co-cos’ hai da ridere, dannata?»

«Niente, dormi Inuyasha.» Il loro pasto frugale si era concluso e presto si sarebbero dovuti separare per la prima volta da quando lui era nato.

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Capitolo 4
*** Il ritorno di Kuria ***


Il ritorno di Kuria

Un'ormai adulta Kuria correva veloce per la foresta. Era stata ferita ad un ala mentre combatteva. Solo mentre tentava di riprendere forze, cercando di non concentrarsi sull'accecante dolore all'arto, aveva sentito un odore molto familiare, quello di Inuyasha.

“Non è possibile quando sono tornata cinquant’anni anni fa lui era sigillato ad un albero sacro!” con la speranza nel cuore s'era avviata verso suo fratello.

Era finalmente ritornata in Giappone e senza indugio aveva cercato la sua unica famiglia.

Quasi le si fermò il cuore appena lo vide, pensava fosse morto e dovette reprimere un urlo di dolore tappandosi la bocca. Solo dopo con un po’ di razionalità  comprese che era solo sigillato. Amara consolazione.

«Mi avevi promesso che non ti saresti cacciato nei guai senza di me, Inuyasha!» Con grande difficoltà era riuscita a pronunciare quelle parole, cariche di dolore nei confronti della persona addormentata, non aveva la forza nemmeno per sfiorarlo. Sussultò spaventata sentendo lo schiocco di una lingua sul palato che ben conosceva.

«Si è fatto sigillare da una stupida miko con cui aveva una relazione sentimentale. Debole, voleva la sfera dei quattro spiriti.»

Erano circa centocinquant’anni che non lo vedeva, esattamente da quella notte l’aveva evitato come la peste. Di riflesso ancora una volta si portò la mano alla guancia ormai sana del volto. Non voleva però voltarsi indietro a guardarlo, la sua bellezza sarebbe stata come un pugno nel ventre e i sentimenti per lui stonavano con l’enorme dolore per Inuyasha.

«Che cosa vuoi Sesshomaru? Lo sai, non ti permetterò di uccidere Inuyasha.»

Rimase con gli occhi ben piantati sul corpo vestito di rosso, prendendo un lento respiro, le orecchie pronte a captare ogni minimo dettaglio. Possibile che la trovasse ovunque andava? Che un uomo stressante!

«No, aspetterò che si risvegli. È l’unico a sapere dove si trovi Tessaiga e sarà all’ora che lo ucciderò.» Il tono calmo, era consapevole solo in parte di risvegliare gli istinti più bassi della ragazza davanti a lui.

«Perdi tempo in questo caso. Non sa dove sia quella spada e poi nessuno riuscirà mai a rompere un sigillo tanto potente. Se succederà sarò lì per proteggerlo, a costo della vita.»

«Quanto melodramma inutile per uno come lui. Avanti, torniamo a palazzo è inutile stare qui a discutere.» Sembrava non l’avesse sentita. Sesshomaru era sicuramente un demone potente, ma di donne ci capiva ben poco!

«Con te non vengo da nessuna parte!» Fu solo la sua prontezza di riflessi che le concesse di creare un diversivo e scappare.

Ora si ritrovava a correre come un’ossessa per la foresta mettendo a repentaglio la guarigione della sua ala.

«Mia signora, Inuyasha è in pericolo!» esclamò il Ventus venendole incontro, lo aveva mandato lei stessa a controllare la situazione.

«Sesshomaru, il solito… bastardo!» esclamò la donna aumentando il ritmo della corsa. Ora che sapeva della riacquistata libertà del fratello adottivo non avrebbe lasciato campo libero al loro nemico.

Estrasse la sua katana degli elementi, Yoso, e nel preciso momento in cui Sesshomaru provò ad attaccare Inuyasha la scagliò facendola conficcare in un albero.

Tutti sul campo di battaglia si fermarono stupiti, persino Sesshomaru sembrò avere un espressione vagamente diversa dalla solita maschera di ghiaccio. Il demone maggiore si voltò verso il punto dal quale la spada era stata lanciata con tale forza e ardore, attendendo che la proprietaria si palesasse.

«Siamo alle solite Sesshomaru, eh!» esclamò la yasha furiosa sbucando dal folto della foresta, incrociando le braccia al petto, stampandosi sul volto un’aria sicura di se stessa. Sicuramente totalmente diversa rispetto a quella instabile, anche se tremendamente decisa, di quando era venuto al mondo il suo immondo fratello illegittimo.

«Tu sei la solita cocciuta» rispose indifferente il demone.

“I suoi lineamenti sono più maturi dall’ultima volta.” Considerando che cinque decadi prima non si era mai girata a osservarlo poteva serenamente affermare di non vedere bene il viso di Sesshomaru da circa duecento anni, poi voltò il suo sguardo verso Inuyasha.

«Come stai Inu-chan? Vedo che non sei cambiato neanche un po’!» Gli regalò un sorriso perché quello non era il momento dei rimproveri.

«Ah, b-bene grazie» rispose arrossendo sotto lo sguardo stranito dei suoi compagni di viaggio.

«Patetiche smancerie. Ho perso anche troppo tempo con voi, Inuyasha hai un debito con me!» si intromise Sesshomaru non poco adirato per quell’attenzione di Kuria nei confronti del fratello minore.

Quando se ne fu andato quest’ultima recuperò la sua katana rinfoderandola.

«Inuyasha…» disse piano, nulla dava l’idea della tempesta che stava per scatenare.

«S-sì?» rispose timoroso il mezzo demone sapendo già che avrebbe ricevuto una strigliata, ma Kikyo, Naraku e l’imbroglio, tutto era stato così improvviso! Andava bene la vita prima che quell’essere maligno s’intromettesse per la sfera.

«Mi avevi promesso che non ti saresti cacciato nei guai ed invece quando torno cosa vedo? TE ATTACCATO AD UN ALBERO!»

Il suo tono di voce salì di diverse ottave durante il breve discorso. Le braccia rigide e i pugni stretti lungo la linea del corpo le conferivano un’aurea, insieme agli occhi scintillanti di rabbia, paurosa.

«Sorellina ti posso spiegare!» rispose il ragazzo intimorito nascondendosi dietro a Miroku, in fondo era sempre sua sorella maggiore, la donna che lo aveva cresciuto. Era normale che avesse una certa autorità su di lui.

«Mi scusi gentile signorina potremmo sapere chi sia lei? Perché io e i miei amici non stiamo capendo la situazione.» intervenne il monaco in favore dell’amico.

«Certamente. Io sono Kuria, una demone per metà Inu-youkai e per l’altra demone aquila, anche se le mie radici sono europee, in particolare.» Dimenticandosi per qualche secondo di dover essere rabbia nei confronti del mezzo demone diede una risposta molto cortese.

«Or dunque leggiadra signorina vorreste fare un figlio con me?»

Neanche il tempo di restare scioccata che Sango lo aveva duramente punito con il suo gigantesco boomerang. Lei stessa rincarò la dose con un pugno sopra la testa, molto leggero e più simbolico.

«Ti è andata malissimo Miroku. A quanto pare in Europa certe cose fanno indignare le ragazze per bene, me l’ha sempre detto.» lo schernì, sogghignando, Inuyasha.

«Kuria, giusto? Piacere io sono Kagome. Lascialo perdere fa cosi con tutte, anche se secondo me è innamorato di Sango in realtà. Ci penserà lei a metterlo in riga.» bisbigliava sicura di non poter essere ascoltata.

«Seguirò il tuo consiglio, anche perché non ho molto tempo. Inuyasha vorrei sapere cosa sta succedendo e come hai trovato Tessaiga. Su forza racconta!» e per spronarlo cercò di troneggiargli sopra come quando era bambino.

«Anche noi vorremo sapere però di più su voi due, però.» intervenne Sango a nome di tutti.

«Pure questo è un vostro diritto, vi spiegherò… UH!- fece un sussulto dandosi uno schiaffo al collo – vecchio Myoga sei sempre il solito! Se arrivi di soppiatto è ovvio che io ti schiaccio! Quando lo capirai?» La povera pulce si ritrovò anch’egli oggetto di una sfuriata.

«felice di rivedervi onorevole Kuria» disse lui volando, nella sua forma schiacciata, sulla mano della giovane padroncina.

«smettila di appellarmi con onorevole, non sono Sesshomaru. Chiaro?» chiese piano con occhi di fuoco, avvicinando la sua testa alla figura minuscola del demone.

«S-si, Kuria s… ehm no, niente- balbettò il piccolo demone – comunque sono qui per dirvi che vi seguirò per spigarvi alcuni fatti importanti. Dovevo proprio fare rapporto!» concluse con aria pratica.

«Mia signora vi prego di sbrigarvi, presto inizierà a darvi la caccia, dobbiamo cancellare le nostre tracce!» Kage spuntò dal folto del bosco preoccupato. Sesshomaru ora conosceva la loro posizione e li avrebbe inseguiti come un gatto con il topo, o forse era meglio dire come un cane con un cane-aquila?

La mora si limitò ad annuire lentamente, quasi con una calma studiata. Ultimamente Sesshomaru l’aveva inseguita molto meno, ma negli anni in cui Inuyasha era stato sigillato sembrava si divertisse a farla trottare. La sua aura compariva a qualche ri di distanza e lei, che non voleva incontrarlo neanche per sbaglio, era costretta a scappare.

«Inuyasha spero di rivederti presto insieme a tutta la tua compagnia, ora devo andare. Vedi non cacciarti in troppi guai mentre non ci sono!» gli tirò un orecchietto peloso.

«Ciao…» sussurrò il mezzo demone, confuso da quella fuga improvvisa.

In poco tempo l'oggetto dei desideri del principe dell'Ovest fu sulla soglia della sua capanna. Tranquilla aprì di poco il suo kimono, sotto al quale indossava l’armatura, scrutandosi con fare molto serio.

«Devo proprio incominciare a stare più attenta ho rischiato seriamente di rompermi un ala. - guardò scetticamente l'arto danneggiato, girando la testa verso la schiena. In un fruscio gli arti divennero trasparenti. Continuò a parlare da sola: - in più ho rivisto Sesshomaru, è cambiato un po’ fisicamente. Ha perso un braccio, però di testa è il solito zuccone…» insultare il demone completo era il solo modo per sfogare un po’ tutta quell’ansia accumulata durante la giornata.

«Onorevole Kuria le devo parlare è importante, mi potrebbe ascoltare?» Il vecchio Myoga era rimasto saldamente attaccato ai vestiti della sua signora e insisteva a usare gli onorifici.

«Ovviamente Myoga, parla.» Si sedette su una pallida imitazione di un futon, perché era stato anch'esso creato a mano dalla guerriera, pronta ad ascoltare.

Note dell'autrice revisione 2023: 

Ho preferito togliere alcune parole giapponesi che da sole risultavano fuori contesto. Essendo tutto ambientato in Giappone sarebbe stato strano sottolineare parole come nee chan o sama, ho preferito usare una traduzione italiana il più aderente possibile agli onorifici. Ho mantenuto solo i ri perché erano l'unità di misura dell'epoca.

Chi ha letto precedentemente la fanfic noterà anche una variazione nel nome di una delle due spade di Kuria. La spada ereditata dal suo clan europeo inzialmente si chiamava Iwa, ma è una parola giapponese per dire roccia, se non ricordo male. L'ho rinominata Caliburn, un po' uno stereotipo, ma ci sta considerando che pare sia stata una delle spade di Re Artù e che c'è il nesso con la selettività dell'arma.

:*

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Capitolo 5
*** Il passato non detto ***


Il passato non detto

Myoga le spiegò ogni particolare di quella strana storia nei minimi dettagli, partendo da quando Inuyasha era stato risvegliato da Kagome. Una strana sacerdotessa del futuro, effettivamente ripensandoci i suoi abiti erano assolutamente anticonvenzionali.

«Quindi questo Naraku li ha fatti rivoltare uno contro l’altro, poi Kagome è arrivata da un pozzo che collega la nostra epoca con quella futura, l'ha liberato. Accidentalmente hanno distrutto questo manufatto magico e cercandone i frammenti hanno incontrato Shippo, Miroku e Sango, giusto?»

«Sì, onorevole Kuria.»

«Proprio non ce la fai a non darmi del voi, eh?» La smorfia che assunse il suo viso dovette mettere molto a disagio il piccolo demone.

«Ecco… onorevole è il termine corretto per il vostro lignaggio.» si sfregava le zampette con fare agitato.

«Che nervi! Perché? Accidenti, non paragonarmi a Sesshomaru, neanche con Inuyasha usi un tale onorifico, accidenti a te!» Assottigliò gli occhi per renderle simili a due fessure malefiche.

«H-ho capito, m-ma il signorino… è il più giovane in famiglia, siate buona e cercate di comprendere.» La voce di Myoga, si faceva sempre più intimidita. Rimase sotto lo sguardo duro di Kuria per qualche minuto e poi, come sempre, la tempesta passò e lei si rassegnò all’etichetta, preferendo cambiare argomento.

«Per favore dì a Totosai del mio allenamento con la katana. – Dopo il cenno di assenso del piccolo demone proseguì. – hai un compito Myoga, devi andare da Inuyasha e informarlo sulla mia scelta di unirmi a loro nella ricerca di questo fantomatico Naraku e la sfera di Midoriko. Certo però che quella miko era proprio pericolosa, era risaputo che la sfera dei quattro spiriti portasse sfortuna.»

Si chiese cosa fosse passato per la testa di Inuyasha.

«Sì onorevole Kuria, corro!».

“Quindi il mio fratellino ora sa proteggersi da solo contro Sesshomaru, molto bene. Non credevo questo giorno sarebbe mai giunto.” La giornata era stata lunga e complicata, decise di sdraiarsi per riposare, si addormentò con parte del kimono aperto sulle spalle e la katana poco lontano.

Kuria sentì qualcosa sopra di se. Sembrava un fruscio, poi un leggero venticello le soffiò sulla faccia.

“Devo aver lasciata aperta la finestra se sento questa strana brezza.” aveva ancora gli occhi chiusi, era troppo stanca per aprirli.

Poi all’improvviso avvertì un peso sopra di se e li aprì di scatto, vide Sesshomaru sdraiato sul suo corpo. Fece per scostarlo ma lui le bloccò i polsi più velocemente e ogni movimento.

Kuria arrossì violentemente sfidandolo con lo sguardo e cercò uno dei suoi pugnali.

«Torna al castello con me. Lascia perdere mio fratello, devi smettere di combattere.» le sussurrò al orecchio mentre lei si sentiva incatenata da quella voce così suadente.

«No, non voglio. Lo sai anche tu quando tornerò e se continui in questo modo sarà mai.» Si ribellò alla stretta tentando di recuperare le forze.

Improvvisamente sentì dolore ai polsi, il demone glieli stava stringendo con violenza. Sesshomaru spostò le gambe a circondare il bacino della yasha in modo che non avesse via di scampo.

«Sei davvero così sicura che io ti lasci andare con quella feccia? Fino ad ora sono stato buono, però posso ricordarti che siamo promessi? Ho il diritto di richiamarti a me e riportarti a palazzo quando voglio. Lo ammetto, ti ho solo lasciato credere di essere forte.» Le sibilò, avvicinandosi pericolosamente al viso di Kuria.

«Lasciami, non mi interessa!» rispose lei con la furia negli occhi azzurri.

«A me invece interessa.» Sesshomaru sorrise maligno.

Kuria strillò svegliandosi con il cuore a mille.

«Accidenti a te anche nei sogni mi perseguiti?» gridò tirando un pugno al pavimento di legno. Quel sogno le era parso talmente reale e vivido! Erano decenni che non le capitava più.

In un moto di paura prese Caliburn e Yoso, si diresse nella foresta per erigere una barriera, suoi bracciali tintinnarono mentre muoveva i polsi. Si alzò e lasciò cadere il kimono rivelando sotto la bellissima armatura di ferro, infine da lei si sollevò un alone di luce purissima. Aveva appena fatto un incantesimo per scacciare il suo odore, creando una barriera di protezione dagli intrusi.

«Che fatica accidenti! Peccato che nasconda solo gli odori, non mi sento molto sicura. Oh guarda la mia ferita sembra essere guarita.» La velocità di guarigione dei tessuti nei demoni potenti poteva impiegare solo poche ore.

Le era passato il sonno dopo quel sogno bellissimo e terrificante, sospirò prendendosi la faccia tra le mani.

Era vero ciò che Sesshomaru del sogno le aveva ricordato. Lei era la sua promessa sposa, ma loro due si erano sempre considerati buoni amici, o meglio nemici, almeno fino a quando lei comprese di amarlo. Non lo aveva mai confessato all’interessato, per non rovinare quel rapporto un po’ strano che si era creato tra di loro e perché temeva si montasse la testa ancora di più. Poi Inu no Taisho aveva deciso di lasciare Tessaiga a Inuyasha e Tenseiga a Sesshomaru e la situazione, già precaria tra padre e figlio, precipitò.

L’attenzione del suo futuro sposo, già poco incline all’affetto e alla dedizione reciproca, era drasticamente calata. All’inizio aveva tollerato, cercando di capire i punti di vista del futuro consorte ma quella sera, quella fatidica notte in cui il grande generale cane era morto e lei aveva giurato di difendere Inuyasha, qualcosa si era spezzato.

Dire che c’era stato un tempo in cui neanche immaginava dove si trovasse il Giappone.

Volava libera per la montagna niente e nessuno la ostacolava. Lei era la figlia della regina dei demoni aquila, lei era la bellissima Eileen Kuria la principessa guerriera che fin'ora nessuno era riuscito a domare.

Il corno delle emergenze era stato suonato in maniera specifica per richiamarla alla rocca.

«Madre mi avete convocata?» Entrò in volo delle  grandi finestre aperte, tenendo le ali ben spiegate.

«Sì, cara. Voglio presentarti Inu no Taisho, uno dei più forti demoni dell’oriente, e suo figlio Sesshomaru.» Il sorriso forzato la insospettì fin da subito.  I due stranieri dovevano essere originari del Giappone, sua madre si era imposta affinché imparasse anche la lingua del padre, mai conosciuto.

«Piacere. - Non parlava in modo fluente, ma si sarebbe sforzata prossimamente, quindi subito dopo si rivolse al genitore nella loro lingua. - Madre se non c’è altro tra un po’ ci attaccheranno vorrei andare, devo ancora spiegare il piano d’assalto ai combattenti.» La battaglia era più importante delle presentazioni educate, se quei due erano giunti fin lì da tanto lontano sarebbero rimasti qualche settimana come minimo.

«Certo, ma verrà anche Sesshomaru con te.» Di nuovo, quella accondiscenda seguita da un ordine la confuse e mise in allarme allo stesso tempo.

«Non ne capisco il motivo.» Guardò freddamente il demone albino davanti a lei.

«Perché d’ora in avanti tu e lui siete promessi.» Una sentenza che le spezzò il fiato come se le si fosse abbattuta contro la scure dei nemici.

«No.»

«No? Mia cara… sapevi che sarebbe successo, prima o poi…»

«Spero che ti si arruffino le piume.» Conquistò l'uscita  dispiegando le ali e lasciandosi cadere nel vuoto dietro di lei.

Non avrebbe dovuto rivolgersi con quel tono maleducato alla propria madre e Regina, ma lo sconvolgimento le annebbiava il cervello. Cercava solo di mettere più distanza possibile tra sé stessa e il castello quando avvertì qualcuno seguirla e raggiungerla. Era quel Sesshomaru!

«Mi è parso di essere stata chiara prima, no?» Che seccatore!

Venne attaccata dal demone mentre era in volo, quest’ultimo la portò sulla terra ferma bloccandola.

«Non tollero chi osa pensare di superarmi e mi manca di rispetto! In particolare se è la donna che deve essere mia.» La teneva a terra con il suo peso e scandiva le parole con calma, ma anche estrema freddezza. Preciso come il taglio di una lama affilata. 

«Piuttosto che eseguire gli ordini di un uomo come te mi faccio uccidere in battaglia!» Si dimenò furiosa Kuria per scrollarsi il corpo dell’ Inu-youkai di dosso. Non sarebbe mai riuscita a sguainare la spada, ma magari a prendere una pietra e sbattergliela sulla tempia sì.

«Ti conviene fare ciò che ti dico!» Ora gettava la maschera e si dimostrava molto meno compassato, ma anzi furioso. Livido di rabbia. Ricordava di essere davvero riuscita a colpirlo e la zuffa che ne era seguita, interrotta dall’intervento del Generale e la successiva strigliata nei confronti del figlio.

Scacciò i ricordi dalla mente in modo furioso.

Un rumore sospetto la costrinse a fermarsi e ad andare a controllare.

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Capitolo 6
*** Allora sei cambiato! ***


Allora sei cambiato!

Quel rumore strano le sembrava sempre di più un pianto disperato, forse un bambino.

«Chi è là?»

«Aiuto!» la voce spaventata di una bambina giungeva dai piedi di un albero, appariva molto spaventata e infreddolita.

Kuria si avvicinò cautamente, ancora attenta sospettando potesse trattarsi di un inganno di qualche altro demone. Assicuratasi della umanità della piccola l’aiutò a sollevarsi.

«Come sei giunta fino a qui, piccola?»

Ripreso un colorito più roseo la sua interlocutrice non si fece pregare e le diede una buona spiegazione secondo la propria visione.

«Stavamo cercando da mangiare, io e Jacken, quando un demone mi ha rapita! Poi una forte luce lo ha spaventato e mi ha buttata per terra.»

«Hm, capisco.»

“Sarà stato il mio incantesimo.” Sorrise in modo rassicurante alla bambina davanti a lei, che ora la fissava con curiosità. Un comportamento davvero singolare per un cucciolo umano.

«Vuoi che ti riporti al tuo villaggio?- lei scosse il capo con una certa veemenza, stava per dire qualcosa ma incominciò a piovere con lampi e fulmini – forse è meglio se vieni a casa mia piccola non è consigliabile girare da sola per la foresta con questo tempo.»

«Sì, va bene! Io sono Rin, e voi?» Nel tragitto di ritorno gli occhioni curiosi di Rin non la lasciarono neanche un secondo.

«Piacere Rin, il mio nome è Kuria e ti prego non darmi del voi, non sono nessuno di tanto importante.»

Non voleva rivelare alla piccola umana la sua vera natura, sarebbe sicuramente morta di spavento. Quindi dovettero affrettarsi sul tragitto che portava alla sua umile dimora.

«Ora asciugati, lì ci sono delle stoffe. Potresti prenderti un malanno altrimenti.»

«Sì!» Con modi entusiasti Rin eseguì ogni ordine e fece ben attenzione ad asciugarsi davanti al fuoco appena acceso. Assicuratasi che la bambina non corresse il rischio di buscarsi una bella influenza, Kuria decise di uscire nel campo della sua casa a meditare.

La pratica le portò via un’ora all’incirca di meditazione intensa. Diventando una cosa sola con la natura, da lei si liberò un’intesa luce bianca, calda e confortevole. Rin dentro a casa si sentì immediatamente più distesa, le sue paure cessarono di colpo rendendola serena e tranquilla.

«Rin, raggiungimi.»

«Oh! Siete una sacerdotessa!»

Una cupola trasparente era comparsa a proteggerle dalla pioggia e un’azione del genere non poteva di certo compierla un qualsiasi umano, neanche Jacken ci sarebbe riuscito!

«Il temporale si farà più forte nei prossimi giorni ho dovuto erigere una barriera per proteggerci potrai uscire a giocare e starai al caldo. Non ti preoccupare, appena sarà conclusa questa tempesta ti aiuterò a ricongiungerti con il tuo amico Jacken.»

«Grazie!» Si mise a saltellare dalla gioia, strappando una risata a Kuria.

«Tu gioca pure, preparo la cena, immagino che avrai tanta fame!»

«Preferisco aiutarti!» Inseguì Kuria dentro casa, cercando di rendersi utile il più possibile.

“Una bambina deliziosa piena di vita e allegria. Sarebbe la figlia perfetta, mi divertirei molto.” Per qualche momento permise a sé stessa di cullarsi con una fantasia irrealizzabile.

I suoi fedeli servitori rientrarono solo in tarda serata.

Notando l’aspetto lupesco di Kage la piccola si nascose dietro la figura della sua protettrice, estremamente spaventata. Capendo la paura istintiva, non conoscendo il passato di Rin, Kuria li fece socializzare con estrema calma e cautela. In realtà le bastò pronunciare la parola ‘cane-lupo’ per calmarla del tutto. Superata la naturale ritrosia iniziale Rin si azzardò perfino ad accarezzarlo.

“Mia signora l’ho incontrato e stava seguendo una traccia, ma non vostra penso, perché… sembrava preoccupato.” Considerando la natura umana della bambina i suoi sottoposti sapevano di dover tentare di comunicare con lei attraverso il pensiero. Non una tipologia di comunicazione tanto scontata, serviva molto impegno e addestramento.

“Capisco. Magari stava cercando il suo ego spropositato. Oppure il suo cervello!” Non riuscì a trattenere una risatina divertita.

«Come mai ridi?» Rin la osservò confusa e curiosa.

«Niente piccola, solo vecchi ricordi divertenti. Ne avrai anche tu giunta alla mia età. Bene, direi che sia giunto il momento di dormire. Forza!»

Si accoccolarono insieme nell’unico scalcagnato futon di quella casa, Rin non ci mise tanto ad addormentarsi e nel sonno borbottava qualche parola incomprensibile. In cerca di ulteriore calore le si girò contro per abbracciarla.

«Mamma…» La demone ebbe un piccolo sussulto, ma la bimba le suscitava una tenerezza incredibile. Lentamente si abbandonò al sonno anche lei.

Sesshomaru da ore era alla ricerca della sua piccola protetta, cercava di non dare troppo nell’occhio. Sarebbe stato terribile, per Rin, se i demoni avessero scoperto quanto teneva a lei, neanche lui sapeva davvero quanto affetto provava per quella cucciola umana. Affetto… o riconoscenza.

“Dove può essere? Possibile che Naraku l’abbia rapita di nuovo? Per di più con questo tempo molti odori sono stati lavati via.” Non l’avrebbe mai ammesso con nessuno ma iniziava a essere preoccupato per Rin. Ormai era notte fonda e senza alcuna traccia…

“Dovrei portarla al castello e lasciarla fuori dai guai! O forse meglio ancora riportarla a un villaggio umano… Hm?”

All’improvviso lo colpì una fortissima luce bianca e calda. Conosceva quel tipo di cupola e anche di barriera per nascondersi e subito dopo, fortissimo, l’odore di Rin.

«Kuria. Non riuscirai mai a nascondermi la tua aura, non capisco perché insisti.» Parole al vento, prima di incamminarsi con tranquillità verso il punto dove si trovavano la sua promessa sposa e la bambina. Proseguì seguendo la traccia di odore che non era stata cancellata dalla pioggia.

«Quale spreco di energie.» E detto ciò oltrepassò la barriera protettiva.

Per reazione Kuria si svegliò allarmata, il cuore le galoppava dentro al petto, Sesshomaru si trovava a pochi passi da loro, dovevano scappare velocemente. Il rischio era enorme per entrambe.

«Rin svegliati! Dobbiamo scappare, siamo in grande pericolo!»

La piccola boffonchiò qualche nome strascicato a cui lei non diede peso mentre si girava nel futon.

La bambina aprì gli occhi di scatto. Anche a lei era parso di avvertire un cambiamento nell’area circostante.

«Fa tanto freddo!» Si lamentò mentre Kuria, a una velocità che riconobbe essere inumana, raccoglieva i pochi averi e se la sollevava tra le proprie braccia.

«Andiamo via presto!»

«Mia signora è qui!» L’urlo di Kage ruppe l’ultimo barlume che teneva Rin all’oscuro sull’identità della propria salvatrice. Le spiegazioni potevano attendere, c’era solo la fuga.

“Maledizione, tra questo temporale infernale e la mia ala ancora provata fuggire con Rin in collo non sarà così semplice!”

Fu d’improvviso che nel suo inseguimento si aggiunse un’aura nuova, sicuramente un demone intenzionato ad approfittarsi della sua debolezza per impossessarsi delle sue armi.

«Dammi la bambina e non ti accadrà nulla!» La voce dello sconosciuto rimbombò insieme ai tuoni del temporale.

«N-Naraku!» Rin le si strinse meglio contro, ancora più terrorizzata.

«Cosa può volere da te?»

«Lui è il nemico del signor… AH!» Un tentacolo e il rombo di un tuono le fecero sbalzare sul terreno e rotolare graffiandosi entrambe.

«Maledetto! Rin resta nascosta nell’incavo di quest’albero, non ho altra scelta che combattere.» Sfoderando Yoso, la spada degli elementi, si mise in posizione di attacco mentre Naraku la derideva. Le bastava un colpo diversivo come Harriken creatore di uragani distruttivi, quanto bastava per confonderlo e guadagnare terreno. Pronta per rimettersi a correre sotto di loro si aprì una voragine nel terreno, la loro salvezza fu la frusta di luce di Sesshomaru che le avvolse e scagliò dietro la figura del guerriero, fuori dal campo di battaglia. Bastò un colpo di Tokijin a far cessare la tempesta e mettere in fuga Naraku.

Le due donne alzarono lo sguardo sul loro salvatore.

«Signor Sesshomaru!» Rin sorrise entusiasta e tentò di alzarsi per andargli incontro.

«Sei ferita! Non ti devi avvicinare a lui.» La trattenne di scatto, anche se le ferite e le botte le dolevano molto. Neanche si rendeva conto della confidenza di Rin verso Sesshomaru.

«Come al solito ti piace dare consigli che non segui, Kuria. Non dovresti alzarti così di scatto, rischi che ti si incrini un osso.» Il divertimento del demone davanti a lei si avvertiva benissimo e lui non faceva niente per nasconderlo.

«Maledetto! come hai fatto a trovarmi e perché Rin ti conosce?» Stringeva la piccola a sé mentre cercava disperatamente un piano di fuga. Si preparò ad aprire le ali, spiccare il volo poteva essere una via di salvezza effimera, ma pur sempre una speranza. Sesshomaru non intendeva darle alcuna spiegazione, ma anzi stava immobile a fissarla per studiare la sua reazione a quel comportamento. Nonostante gli adulti fossero i due demoni presenti, l’unica a reagire normalmente fu proprio l’argomento della disputa.

«Il signor Sesshomaru mi ha salvato riportandomi in vita con la sua spada e mi protegge insieme allo zio Jacken! Posso andare da lui?» La richiesta fu posta con tanta dolcezza che Kuria non poté più opporsi e lasciò la bambina che corse ad abbracciare una gamba di Sesshomaru.

Quella visione la sconvolse abbastanza, un lancinante mal di testa stava iniziando a farsi presente insieme ai dolori del combattimento.  

«Perché non viaggiamo tutti insieme? Il signor Sesshomaru vi proteggerà da Naraku!» Povera Rin, non capiva, non sapeva.

«No, non è il caso! Posso tenere testa a questo Naraku anche da sola.»

«Eh! Sì, e pensi di guarirti da sola da quelle ferite tanto in fretta?» La sbeffeggiava senza ritegno alcuno. Solo Rin pareva non rendersi conto della tensione.

«Se cosi fosse cosa ti cambierebbe?»

«Sei la solita bambina capricciosa.» In pochi secondi l’aveva facilmente sollevata e presa in collo, anche se gli restava un braccio solo riusciva lo stesso a neutralizzarla.

«Mettimi giù!»

«Andiamo Rin, chiama Ah Hun.» Sordo agli urli e alle sempre più deboli proteste di Kuria la sentì afflosciarsi contro il suo petto, era svenuta.

«Signor Sesshomaru vi conoscevate già?»

Un cenno affermativo e indifferente del principe dei demoni mise fine alle domande. Dopo quasi due secoli quella divertente caccia si era conclusa.

Note dell'autrice revisione 2023: 

Questo capitolo e il prossimo erano un disastro. Semplicemente da mettersi le mani nei capelli, si notava proprio come fossi agli inizi, scrivevo quasi tutti i capitoli nei ritagli di tempo a scuola e ricontrollavo davvero poco. Ho eliminato diversi discorsi e rimaneggiato moltissimo, mantenendo la struttura intatta. Kuria incontra Rin, non ha idea del suo legame con Sesshomaru e alla fine un attacco di Naraku fa incontrare definitivamente Kuria e Sesshomaru. 

In questa revisione ci ho tenuto a precisare che nei cinquant'anni in cui Inuyasha è sigillato effettivamente Sesshomaru si è divertito a inseguire Kuria, così, perché rientra abbastanza nel carattere cattivello e perfido del personaggio prima dell'incontro con Rin.

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Capitolo 7
*** In trappola ***


In trappola

Quando si svegliò Kuria percepì subito un inteso profumo di fiori, poi il fresco movimento del vento sulla propria pelle e, infine, il calore del Sole. Molte delle sue ferita si erano rimarginate, ma le sue ali dovevano ancora guarire, mentre un dolore sordo al ventre le impediva di mettersi del tutto a sedere.

“Che guaio. Dove sono?” Il ventre le doleva moltissimo.

«Si è svegliata!» L’entusiasmo di Rin a momenti le sfondò un timpano, tanto la bambina si trovava vicino a lei. Un piccolo demone Kappa poco lontano invece bofonchiò qualcosa, con atteggiamento disinteressato.

«Rin? Dove siamo?»

«Al sicuro, il signor Sesshomaru dice che potrai viaggiare con noi, non dovrai più temere nulla!»

Kuria trattenne a stento un sorriso amaro, no, non doveva temere nulla perché era già immersa nei guai. Come fuggire? Come non spezzare il cuore di quella bambina che la guardava con aria candida mentre le raccontava tutto ciò che avrebbero fatto insieme.

«Kage e Ventus sono già qui?»

«Sì! Non vanno d’accordo con Jacken, stanno a distanza. Peccato!»

Rin era a suo vedere una bambina davvero particolare, non le era mai capitato prima di incontrare una cucciola d’uomo tanto ben disposta con i demoni. Perché Sesshomaru le aveva donato una seconda vita? La osservò meglio, l’annusò anche leggermente senza farsi scoprire, no, niente odore di mezzodemone su di lei, ne sangue in comune con il principe dell’Ovest.

«Non posso ancora muovermi bene, ma dimmi dov’è Sesshomaru?»

«Non lo so è partito di nuovo questa mattina! Non avere timore, tornerà presto e c’è Jacken a difenderci.» La demone non ebbe davvero il cuore per spiegarle la situazione, preferì un semplice non detto.

“Siamo alle solite se né andato senza dare spiegazioni, lo faceva anche a palazzo. È un irresponsabile, lasciare una bambina da sola in una foresta! Brutto stupido!”

«Rin.»

«Sì, Kuria? Tieni, questa ghirlanda di fiori è per te!» Rimase sorpresa e intenerita al punto tale da non riuscire a muovere alcuna obiezione mentre la piccola le poneva l’oggetto attorno al collo.

«Tesoro, dimmi, perché resti qui con Sesshomaru? È molto pericoloso, saresti più al sicuro in un villaggio umano, no?»

L’espressione spaventata e addolorata le fece subito capire che senza volerlo stavano toccando una nota molto dolente.

«Mia madre, mio padre e i miei fratelli sono stati uccisi dai briganti. Nessuno si è preso cura di me. Il signor Sesshomaru mi protegge, voglio stare con lui!» Rin non si era resa conto di star piangendo, lo capì quando le braccia di Kuria l’avvolsero e portarono sulle ginocchia di lei. La demone cantava una dolce melodia che presto la fece addormentare.

Si addormentarono entrambe in quella posizione, anche grazie al caldo del pomeriggio che conciliava il sonno. Sesshomaru le trovò in quella posizione e si permise uno sbuffo che assomigliava vagamente a una risata divertita. Lo strillare di Jacken svegliò le due addormentate e subito Rin si protese verso di lui per poterlo abbracciare o salutarlo. Kuria non era dello stesso avviso e tentò di sollevarsi a fatica per fingere saluti e potersene andare.

«Creatura cocciuta, sei ancora debole.» Sesshomaru la fulminava con lo sguardo, non sapeva dire se fosse davvero preoccupato da quella ferita sul ventre o dalla testardaggine e disobbedienza della propria futura sposa.

«Non saranno un paio di graffi a fermarmi!»

«Non chiamerei quelle ferite, graffi, visto che sono riusciti a farti svenire.» Perché quella testona non eseguiva gli ordini, mai?

«Un piccolo incidente di percorso, che di certo non mi tratterrà più a lungo del dovuto!» In verità sapeva benissimo anche da sola che, con delle ferite simili, fare branco sarebbe stato più assennato, ma quando si trattava del suo rapporto con il principe era l’orgoglio a predominare.

«Tu rimarrai qui.» Kuria riconobbe un moto di ira da parte di Sesshomaru dal modo in cui questo socchiuse gli occhi mentre le rispondeva.

«Uhm! Ti dico di no!»

Jacken avvertendo aria di tempesta e sapendo quanto potesse essere irascibile il proprio padrone decise, saggiamente, di portare via Rin. Normalmente sarebbe intervenuto a supporto del suo signore, ma l’istinto di sopravvivenza gli suggeriva di starne fuori. Sesshomaru attese quei pochi secondi per rispondere.

«Non ti è ancora chiaro chi prende le decisioni tra me e te. Lascia che ti rinfreschi la memoria.» La spinse a sedersi solo con la semplice pressione dell’unica mano che gli restava. La fatica nel tentativo di resistergli la lasciò accasciata e senza forze per rialzarsi.

«Sei talmente incosciente, saresti capace di farti uccidere o morire per quella ferita. In questo modo non ti alzerai per un po’.» Le diede le spalle, andandosene in modo altezzoso, come sempre.

Lei gli mandò contro tutte le maledizioni che conosceva, in latino, una lingua che lui non comprendeva per ovvi motivi.

Doveva tornare da Inuyasha! Oppure, conoscendolo, sarebbe venuto a cercarla per mari e per monti. Non c’era altra soluzione che attendere la notte e le sue tenebre, ma sfortunatamente la stanchezza e le ferite ebbero la meglio su di lei.

Accertatosi dello stato dormiente di Kuria, Sesshomaru si allontanò dall’accampamento improvvisato per dirigersi dal demone che aveva fabbricato la veste di Inuzumi, la veste del cane di fuoco. La distanza non lo impensieriva, poteva compiere enormi tragitti in poche ore.

«Grande Sesshomaru in che modo posso esservi utile?»

«Devi crearmi un abito femminile che mi mostri sempre la sua aura. Anche a grandi distanze.»

In realtà la sua connessione con Kuria era già molto vincolante e stretta, altrimenti non avrebbe potuto inseguirla per quasi tutto il Giappone e divertirsi a cacciarla, se così si può dire. Tuttavia, effettivamente, le sue barriere la celavano fin troppo bene e più passavano gli anni più la sua tecnica si affinava.

«Oh! Potente Sesshomaru, certamente, tornate tra qualche settimana e vi darò una veste degna di voi e del vostro ceto.» Sospettava a chi fosse destinata, anche se non conosceva minimamente le vicissitudini del principe e della sua promessa sposa.  

«No, la completerai entro l’alba.»

Non desiderando rischiare la morte il demone sfruttò alcune bei kimono già in lavorazione ed entro le prime luci del mattino porse il suo lavoro al principe.

Sesshomaru se ne andò con un cipiglio severo. Al suo ritorno trovò Rin e Kuria che dormivano abbracciate protette dal calore di Ah Un. Proprio in quel momento notò un flusso di luce tra le due, era azzurro chiaro ma le legava, pochi secondi dopo era scomparso.

«Signor Sesshomaru!» Rin sgusciò dalla braccia di una accigliata Kuria.

«Questo kimono per chi è? È meraviglioso!» Continuò nella sua raffica di domande mattutine, mentre il suo interlocutore restava impassibile e fissava Kuria, ricambiando l’occhiataccia. Lanciò contro di lei il vestito.

«Un regalo incredibile, Sesshomaru. Non ti credevo capace di una cosa simile, visto che non ti sei mai interessato.» L’acidità di Kuria lo urtò come sempre, tanto da spingerlo a comportarsi in modo ancora più scostante.

«Non è un regalo! La tua armatura ti copre poco e non dà un buon insegnamento a Rin!»

La testardaggine di quella demone, gli stimolava dalla prima volta il desiderio demoniaco di dominarla e possederla. Per quel che ne sapeva lui, per come l’aveva sempre vissuta, per i demoni l’accoppiamento non era altro che l’unione di corpi, dove uno dei due è più potente. Spesso era stato vicino a dar fondo ai suoi impulsi più atavici, ma lei conosceva i suoi punti deboli.

«Forza, muoviamoci.» Secondo un rituale ormai consolidato, ricevuti gli ordini da parte del suo padrone, Jacken corse a prendere il drago Ah Hun, gracchiò a Rin di muoversi e smettere di raccogliere fiorellini.

Kuria si coprì con quel kimono con ancora molte domande a riguardo. La fattura di altissima qualità e i ricami così precisi, di sicuro un vestito non di fattura umana.

“Molto strano a lui non importa solitamente delle convenzioni umane, ma conoscendolo ora è meglio non irritarlo. Se voglio fuggire in sordina devo assolutamente dargli l’impressione di essere rassegnata a questo destino. Mi dispiace solo per Rin, si meriterebbe di avere la dolcezza di una madre o di una sorella maggiore. Lo stesso trattamento che ho riservato a Inuyasha da bambino.”

Pensando a Inuyasha avvertì l’urgenza di andarsene, non voleva rischiare che i due fratelli si scontrassero. No, i due non si sarebbero dovuti incontrare.

Si fermarono solo molte ore dopo e Sesshomaru se ne andò come al solito ordinando a Jacken di sorvegliare sia Kuria, sia Rin.

La prima indignata gli aveva gridato contro, mentre Rin aveva tranquillamente incominciato a raccogliere fiori.

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Capitolo 8
*** Fuga, scusami Rin! ***


Fuga, scusami Rin!

L’amore genitoriale provato nei confronti di Rin la tenne lì ancora qualche giorno, il tempo di ideare una formula magica o creare un oggetto da lasciare alla piccola. Alla fine optò per un braccialetto di sassolini di fiume e conchigliette.

«Indossalo e sarà come se fossi sempre con te!» Le sussurrò all’orecchio per non farsi sentire da Jacken.

«Sì, signorina Kuria!» Jacken era stato perentorio. Non stava parlando con una demone qualsiasi, ma di una importante principessa. Kuria sospirò, avrebbe preferito che la bambina non lo scoprisse mai.

Giunta la notte con le sue tenebre era il momento per mettere in pratica il suo progetto di fuga. Tutto calcolato nei minimi dettagli, ma non si era ricordata di un piccolo particolare: Sesshomaru non dormiva.

Dovette rinviare la sua partenza. Il demone l’aveva ben incastrata, ma lei sapeva che con un po’ di pazienza sarebbe andato tutto come desiderava.

Colse l’occasione una notte, quando lo vide allontanarsi dal campo.

“Finalmente!”

Si alzò e nel mettere la mano sulla fronte di Rin notò un bagliore azzurro. Sussultò.

Si era talmente legata a quella piccola creatura indifesa che il suo potere demoniaco la stava in un certo senso adottando. Ora Rin sarebbe stata parte di lei, sua figlia.

Le diede un bacio sulla fronte e una carezza, attese le prime luci dell’alba solo per paura che qualche demone attaccasse la sua piccolina.

Iniziò a correre il più velocemente possibile, con indosso il kimono che le aveva regalato Sesshomaru.

Doveva rintracciare Inuyasha subito! Incominciò a fiutare l’odore e andava verso le montagne della tribù Yoro.

«lupi ma perché Inuyasha va dai lupi?»

Il suo subconscio le diceva di correre il più velocemente possibile da Inuyasha, il suo fratellino, il suo istinto materno voleva tornare da Rin.

Non poteva ancora volare e in quelle zone non era consigliabile. Ricorreva raramente alle capacità da demone cane, ma in questo caso sfruttò la corsa estremamente veloce ereditata dal proprio padre.

Arrivò ad una cascata e decise di passarci attraverso e ricominciò la sua corsa.

“Accidenti Inuyasha, quando ti trovo ti picchio!” Ostacoli, ostacoli ovunque.

Avvertì chiaramente di essere inseguita, Sesshomaru era sulle sue tracce.

“Via di qui!”

La sua mente continuava a chiedersi perché Inuyasha andasse dai lupi… non capiva!

«INUYASHA!» strillò Kuria infuriata, saltando da una roccia molto alta. Suo fratello si nascondeva dietro Miroku

«C-ciao sorellina, sembri arrabbiata.»

«Perché diamine hai fatto quel percorso… SEI IMPAZZITO?»   

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Capitolo 9
*** Riunione di famiglia, oppure no? ***


Riunione di famiglia, oppure no?

Inuyasha e il suo gruppo si erano diretti verso Koga e ciò che restava della sua tribù yoro per riferirgli alcune questioni urgenti su Naraku. L'improvvisa comparsa Kuria fu come un fulmine a ciel sereno.

Il mezzo-demone osservò incuriosito la sorella maggiore, attendendo da lei delle risposte.

«Inuyasha sono venuta a cercarti perché vorrei viaggiare con voi. Soprattutto per tenerti d'occhio. Testa calda che non sei altro!»

«Visto? Non sei nient'altro che un cuccioletto!» Koga. Come sempre tentava di innervosire il suo rivale.

«Il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi, Koga della tribù Yoro e io non consento che si parli in questo modo a mio fratello, farai bene a ricordartelo. - Il giovane demone la osservò stupito, chiedendosi come quella donna conoscesse il suo nome. - Il sole sta sorgendo velocemente. Non dovremmo rimetterci in viaggio? » 

Osservava l'orizzonte, quanto poteva metterci ancora Sesshomaru a raggiungerla? Sarà stato sicuramente furibondo per quella fuga. 

«Sì, Kuria ha ragione sarà meglio andare.» confermò Miroku e anche Sango sembrava d'accordo. Sicuramente essere quasi nel covo dei lupi antropofagi non doveva divertirli. 

Proprio quando Kuria incominciò a rilassarsi avvertì la presenza del suo inseguitore. Dovette scattare di lato per evitare un colpo della sua frusta di luce.

«Sesshomaru come sei caro. Ti preoccupi per la mia sorte?»  Quest'ultimo la guardò per mezzo secondo, probabilmente pensando a quale terribile punizione infliggerle, e solo poi si decise a parlare.

«Sempre attaccata a quest'inutile mezzo demone Kuria. Quando ti deciderai a crescere? Certe cose vanno accettate. Non puoi continuare a tentare di sfuggire al tuo destino.»

«Dipende. Tu quando ti deciderai a capire che ho una volontà? Che ho una testa con cui ragionare? Non sono una tua... proprietà!» Schivò un altro colpo.

«Sbagli – sussurrava quasi, eppure sembrava calmo – tu non hai volontà, né voce in capitolo.» Infine fece in modo che la frusta di luce afferrasse Kuria per una caviglia mentre saltava, sbattendola a terra.

« Dannato Sesshomaru, lasciala stare! » Inuyasha come al solito si era intromesso attaccando il maggiore a sproposito. Il mezzo demone si ritrovò a colpire il nulla, suo fratello era molto veloce.

«Sei proprio stupido. Ancora non l'hai capito? Sei solo un misero mezzo demone che...» 

Kuria interruppe il suo sproloquio, riuscendo nell'impresa di cogliere il grande demone dei cani di sorpresa.

«Taci dannato!» Spiccò il volo creando una raffica di vento intorno a Sesshomaru.

Dopo l'iniziale sorpresa, durata circa qualche millesimo di secondo, il demone maggiore assunse il suo tipico contegno. Si voltò verso la creatrice di quel colpo e, con la frusta di luce, afferrò una gamba di Kuria trascinandola nel suo stesso vortice di d'aria. E lì dentro la strinse un braccio.

«Questa è una mossa un po' stupida non trovi? – chiese Kuria pensando di avere la situazione in pugno – insomma Sesshomaru sei davvero cosi affezionato a me? Chissà che pensieri fanno fuori.»

Lo stava deridendo e questo solitamente lo irritava, anche se le sue reazioni restavano sempre compassate. Tanto che per mantenere una certa facciata con sé stesso dopo quelle affermazioni se ne andava indispettito, volendo farti credere però di averti graziato.

«No, per niente. È che io non spreco mai le mie armi e tu sei una di loro. Di certo non lascio ciò che è mio nelle mani di quello scemo del mio fratellino e di ciò che credono degli insulsi umani e demoni lupo non mi importa.» Naturalmente la parola 'fratellino' era stata pronunciata con tutto il sarcasmo possibile e inimmaginabile.

"Vuoi giocare sporco Kuria? Ti accontento. Non riuscirai più a usare facilmente i miei punti deboli contro di me, perché ora anche io ti colpirò con questo metodo. Dal grande Sesshomaru non si scappa." Fece un piccolo sorriso maligno, che scompari subito dal suo volto.

«Te lo dissi anni fa, te lo dico e sono sicura te lo ripeterò ancora: sei un gran bastardo Sesshomaru!» Lo schiaffo questa volta arrivò più forte della precedente. Erano tornati a quella notte di tanti anni fa. In pochi secondi le aveva lasciato il braccio, schiaffeggiata e ripreso per tenerla ferma.

« Tu sei una scema. Non sai mai quando è il momento di tenere la lingua al suo posto donna. Anzi diciamo che non hai ancora capito qual è il tuo posto.» A Kuria parve di sentire un piccolo ringhio. Almeno era riuscita a ferirlo emotivamente.

«Non so se conosci il detto: occhio per occhio dente per dente.» e subito dopo riuscì a tirargli un calcio nel ventre ottenendo la liberazione del suo braccio, che aveva ora un segno violaceo dato dagli effluvi tossici che solo l'albino sapeva rilasciare. Con quel poco di concentrazione che le era rimasto annullò l'incantesimo che creava quel vortice.

Gli altri, per la polvere che si era alzata, si erano dovuti nascondere dietro a delle rocce.

«Sorellina stai bene?» Inuyasha corse immediatamente al suo fianco, vide il segno viola sul braccio della sorella, ma realizzò l'entità della situazione solo dopo osservando il viso arrossato e gonfio per l'impatto tra mano di suo fratello e la pelle di sua sorella.

Il mezzo-demone non volle infierire e stette in silenzio, ma solo un mostro come Sesshomaru poteva anche solo pensare di picchiare una donna. Una persona che conosceva da quando erano entrambi adolescenti.

"Quello lì ha un pezzo di pietra ghiacciata al posto del cuore." Si disse, rammaricato dalla situazione.

«Tranquillo. Ho la pellaccia dura.» Il soggetto dei loro pensieri era sparito come suo solito.

«Sicura? – lei annuì semplicemente. – bene allora Kagome saluta quel lupastro rognoso, che dobbiamo metterci in marcia!»

«Lupastro rognoso a chi, cagnaccio?» Ribatté prontamente il pretendente di Kagome.

«Su, su avrete tempo al prossimo incontro per scannarvi. » sbuffò Kuria, intenzionata ad allontanarsi di lì il più velocemente possibile e dimenticare l'accaduto.

«Trovo anche io che sia ora di metterci in cammino divina Kagome.» Asserì Miroku con fare serio.

«Ah non perdiamo altro tempo allora! – Inuyasha si voltò ed iniziò a camminare. – Kagome su forza muoviti!»

La sacerdotessa si attardava a salutare Koga e sventolava la mano mentre raggiungeva il mezzo demone.

«Finalmente ci siamo liberati della sua cattiva presenza!»

Il viaggio iniziò così tra un: «A cuccia!» di Kagome ad un: «Dannata!» di Inuyasha, spiaccicato a terra. Tutti che risero di sano gusto. 


Angolo autrice - revisione 2023: 


Molto bene, ringrazio chi è giunto alla fine di questo breve capitolo. Lo scrissi tantissimi anni fa e ne porta ancora le tracce pur editandolo diverse volte. 

Ringrazio chi visualizza! Mi fa davvero molto piacere <3. 

Veniamo alle note dolenti: Sesshomaru. 

Non amo scrivere scene di violenza, ci tengo a precisarlo perché non si sa mai. Tuttavia ricorderete anche voi che all'inizio della storia lui sia caratterialmente molto spietato e senza limiti. Kuria invece lo provoca e gli si oppone. Praticamente sono due mine pronte a esplodere. 

Penso che Sesshomaru non fosse più un adolescente nel periodo della caccia ai frammenti della sfera, ma che non avendo ancora compreso l'importanza della pietà e della gentilezza, la paura e la preoccupazione verso coloro che si ama, compia azioni moralmente non accettabili e molto 'adolescenziali'.

Poi sappiamo tutti che in realtà è buono, quindi alla fine la sua coscienza in qualche maniera riesce a prevalere. 

Se vi va fatemi sapere che ne pensate voi! 

Adoro gli scambi di opinione!

Marty


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Capitolo 10
*** Come hai vissuto in questi anni? ***


Come hai vissuto in questi anni?

Viaggiare con il gruppo di Inuyasha era davvero divertente. Impossibile sentirsi soli.

Kuria riconobbe che suo fratello fosse ancora quella testaccia dura di una volta. Eppure sembrava molto più aperto. Capiva che teneva molto a tutti i suoi compagni, anche al piccolo Shippo che continuava a picchiare. Ogni tanto per non passare la notte nel bosco Miroku faceva una scenata a qualche capo villaggio dicendo:  «sento una forte aura maligna che impregna la vostra casa. Se ci darete cibo e un posto dove riposarci vi purificherò la casa.» Era serio e composto, a parte alcune volte in cui spuntavano delle ragazze. Spesso non c’era nessun demone infido, ogni tanto sì.

Certo se fosse stato per lei non si sarebbe avvicinata ad un villaggio umano neanche a morire. Non che li disprezzasse, ma insomma non era propriamente il suo posto. Tuttavia faceva finta di nulla e si comportava da normale essere umano, sapeva fare anche quello. Era sempre molto silenziosa. C’erano dei villaggi che proprio non le piacevano! Negli occhi della gente poteva leggerci diffidenza, terrore e disprezzo.

La demone sospirò pesantemente.

«Tutto bene Kuria? È da qualche ora che mi sembri pensierosa.» le disse Kagome voltando la testa verso di lei. Stavano cenando.

«Non amo i villaggi umani. Troppa presunzione, cattiveria ed odio. Si nascondo in ogni angolo.» rispose posando la sua ciotola contente il riso. Era davvero buono, ma lei non aveva fame, era stranamente malinconica.

«Diciamo però a che non piace nessuna forma di società sorellina. Non mi dicevi sempre che anche a palazzo da Sesshomaru stavi male?» intervenne Inuyasha con la sua voce da: eh, so tutto io.

Quanto odiava quando faceva così! Dava i nervi!

«Vorrei vedere da quando in qua in un palazzo di ghiaccioli ci si diverte?» Intanto la circondava un’aura di fuoco. Aveva parlato con tanta acidità e guardando talmente male Inuyasha che il poveretto si sarebbe potuto sciogliere da un momento all’altro. Non per niente il mezzo demone iniziò a tremare di paura.

«Certo che da arrabbiata Kuria fa paura quasi quanto Kagome.» sussurrò Sango a Miroku, che annuì velocemente, tenendo gli occhi puntati sulla scena.

«S-scusa sorellina!» Lei parve acquietarsi immediatamente, emettendo un sospiro di stanchezza.

«Ora va meglio.» Riprese a mangiare come se nulla fosse stato. Gli altri ormai iniziavano a intuire che quelle sottospecie di litigate per loro due dovevano essere la regola del giorno.

In serata andarono tutti a coricarsi tranne Inuyasha, che come al solito stava a gambe incrociate con Tessaiga in mano davanti al sacco a pelo di Kagome, e Kuria, che era uscita a farsi un volo notturno.

“Sesshomaru sei cambiato. Anche se tenti di nasconderlo non sei più lo stesso di prima. Non esiste un essere totalmente malvagio, come non ne esiste uno totalmente buono. Bisognava solo che qualcuno aprisse quel piccolo spiraglio di bontà. Ora mi chiedo perché tu rincorra Naraku. Cosa ti spinge a scontrarti con lui? Potere? No non è possibile, egli non possiede terre e si sposta continuamente. Possibile che sia la sfera? Mi rifiuto di crederci – rimase sospesa in un punto del cielo. Smettendo di proseguire nel suo tragitto a caso. – No ti sei sempre considerato il più forte. Il più potente e imbattibile dei demoni, dopo tuo padre ovviamente. Insomma il tuo ego è spropositato!” Kuria si mise una mano sul mento e le sopracciglia si corrucciarono.

Proprio non capiva e dire che solitamente non le riusciva difficile. “Non importa. Ora ho una lunga chiacchierata da fare con Inuyasha.” Si precipitò, con la velocità e l’eleganza di un aquila, verso il villaggio.

Arrivata nella stanza dove tutti dormivano, tranne Inuyasha, si accovacciò di fianco a lui.

«Mi sei mancato sai? Questi anni senza di te sono stati difficili.»  

«Anche per me. Ora siamo di nuovo insieme e non permetterò più a Sesshomaru di farti del male, sono molto più forte di quando ci siamo separati.» Inuyasha gonfiò il petto con orgoglio e fierezza.

“Fermate tutto! Da quando i ruoli si sono ribaltati?”

« Ehm Inuyasha sarebbe il contrario sai? – face un piccolo sorriso nostalgico – sei proprio cresciuto non c’è che dire. Inoltre trovo che questa ragazza, la sterminatrice ed il monaco ti abbiano aiutato molto. Ora sei più aperto. – sospirò di nuovo – sono riusciti dove io non potevo che fallire »

Era vero. Lei per paura l’aveva sempre tenuto lontano dai villaggi, dalle gente, dalla civiltà. Troppo forte era il ricordo della povera Izayoi.

« Che dici dannata? Tu hai fatto del tuo meglio! Sei stata madre e sorella per me. Una guida, la mia salvezza. L’esempio! Non ti devi rimproverare niente. Non te lo permetto… hai capito? » sulle ultime parole aveva assottigliato un po’ gli occhi facendo un verso con la voce buffo, quasi comico.

La sorella aveva annuito con le lacrime che stavano per spuntarle dagli occhi. Era commossa, una cosa che non capitava mai. Voltò la faccia dalla parte opposta a quella di Inuyasha, sì pulì gli occhi.

« grazie Inuyasha. Dimmi tu cosa hai fatto, a parte dormire per cinquant’anni – e qui la sua voce si fece un po’ arrabbiata, come se avesse fatto una qualche marachella -, in questo tempo? »

«Oh, ecco io…» alla fine tra minacce velate di Kuria gli aveva rivelato tutto. Compreso ciò che gli aveva fatto Sesshomaru dopo che si era svegliato dal sonno.

«Quel farabutto! Da prendere a schiaffi! Come ha osato infangare la memoria di Izayoi. La prossima volta che lo vedo lo prendo a calci in quel posto! Certo ora capisco perché non ha più un braccio. Sono cose che succedono quando ci si comporta da: ehi sono il migliore del mondo!» continuarono a parlare tutta la serata. In generale Kuria non sembrava troppo addolorata dalla perdita del braccio sinistro di Sesshomaru. Lo amava non per il suo aspetto fisico, sfortunatamente, ma per quei rari attimi in cui si mostrava migliore di come si dimostrava per il resto del tempo. Un braccio in più o in meno non cambiava nulla. Oltre a una buona dose di attrazione naturale data dai loro continui scontri.

Nello stesso momento da un’altra parte un demone vestito di bianco stava, passivamente, ascoltando i litigi dei suoi due compagni di viaggio. Jacken iniziava davvero ad infastidirlo. Sgridava sempre Rin per qualsiasi motivo, poteva andare bene senza di lui, ma era presente in quel momento e poteva dare da solo gli ordini. Quel rospetto avrebbe dovuto imparare prima o poi che era lui il padrone. Al massimo era lui che avrebbe dovuto sgridare la bambina.

«Jacken – il solo nome bastò per farlo azzittire, che pace senza quella voce gracchiante – stai zitto.» l’aveva comunque pronunciato con totale indifferenza. Con la coda dell’occhio notò che la piccola umana cadeva dal sonno, non lo voleva dar a vedere ma era cosi.

«Rin»

«Sì, signor Sesshomaru?» chiese guardandolo con quei suoi occhi grandi e castani. Un colore intenso e caldo, al punto che ci si sarebbe potuti perdere dentro. Quella bambina lo aveva sempre guardato con un’adorazione assoluta.

«Vai a dormire, sei stanca e domani ci dobbiamo muovere presto.» era più un ordine che un consiglio, anche se detto con la voce più calma che si potesse avere

«No, io non sono stanca signor Sesshomaru!» era la prima volta che Rin si ‘ribellava’, non c’era molto da stupirsi ai cuccioli capitava spesso. Eppure per una frazione di secondo il grande demone spalancò gli occhi dalla sorpresa.

Questo aveva fornito una scusa a Jacken per riaprire la bocca e gracchiare a più non posso.

« Rin – la bambina alzò lo sguardo verso di lui con un’aria colpevole, non voleva offenderlo. – vieni qui vicino a me. Siediti. » tentava di mantenere il suo solito tono indifferente di voce, stava anche guardando da tutt’altra parte, solo la coda dell’occhio era attenta su ciò che accadeva, la testa leggermente piegata verso la scena.

La bambina gli corse incontro senza paura e si sedette di fianco a lui, fissandolo ed aspettando.

«Appoggia la testa qui – indicò mokoto, la sua coda morbida e candida – e cerca di riposare. Dormire a voi umani fa bene.»

«Sì, signor Sesshomaru!» appoggiò la testa e in pochi secondi lui ne sentì il battito regolare e calmo. A quel punto rivolse tutta la sua attenzione al cielo stellato e il primo pensiero che gli passò fu il viso di Kuria. Quella stupida, ancora non capiva neanche lui perché non avesse sciolto il fidanzamento alla dipartita del proprio padre. Cosa se ne faceva lui di una consorte che non sapeva nemmeno fare il suo dovere? Per quanti anni fossero passati dal loro primo incontro lei rimaneva ancora quella testarda, ribelle e cocciuta ragazzina del loro primo incontro.

“Kuria ci sono due secoli di differenza fra noi. Quando ti conobbi eri poco più che una bambina, giocavi a fare l’adulta perché avevi un fisico completamente sviluppato. Eri e sei brava nella lotta, ma la ripudi allo stesso tempo. Non capisco perché sei più interessata a proteggere, rispetto che conquistare.”

Rifletté un attimo sulla libertà e un altro volto a lui noto si fece strada tra i suoi pensieri. Anche Kagura agognava alla libertà. Kuria e Kagura. Così simili e così diverse. Perso in quei pensieri, e nell’assoluta quiete in quanto Jacken si era addormentato, sorse in fretta l’alba.

Doveva trovare quel bastardo di Naraku!

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Capitolo 11
*** Parenti misteriosi e demoni sbadati ***


Parenti misteriosi e demoni sbadati

«Hikari, vieni qui! Hikari!»

Una giovane demone dai capelli biondi quasi bianchi, la pelle nivea e portamento elegante fece la sua comparsa.

«Mi avete chiamato padre?» chiese inchinandosi davanti al genitore per poi risollevare la testa. 

Il viso segnato da due piccole macchie lunghe color rosa scuro, gli occhi erano color ambra. Tutti segni di appartenenza al clan degli inu youkai albini.

«Sì. Devi trovare tua sorella maggiore e chiederle perché non si vede ancora ombra di matrimonio! Io e il Generale avevamo dato ordini ben precisi a sua madre!» Infuriato il demone sbatté violentemente un pugno sulla scrivania. 

«Padre... ma mia sorella mi disse che non ne voleva sapere niente del suo promesso.» Titubò. Sua padre era un gran combattente e sua sorella una grande testarda dalla testa di coccio. Se si fossero scontrati... rabbrividiva al solo pensiero!

«Pensi che mi importi? Ho piegato quella sciocca di vostra madre al mio volere e prima o poi lo farò anche con lei se continua per questa strada! – i suoi occhi la fulminarono – ora va, non mi seccare oltre.» La figlia non poté che annuire impotente.

«In uitlimo, Hikari ti riconsegno il tuo tessen.» Il tessen un'arma a forma di ventaglio che poteva sembrare in tutto e per tutto innocua, ma che all'interno nascondeva affilate lame.

"La mia amata arma, finalmente!"

«Eseguirò gli ordini.» Si inchinò pronta a obbedire.

«Ora vedi di muoverti.» Hikari sparì dalla sua vista.

Intanto la compagnia di Inuyasha si era presa un bello spavento per la scomparsa improvvisa di Kirara, ricomparsa dopo un intero pomeriggio di paura e ansia per la sua sorte. Ora Inuyasha rincorreva Shippo che li aveva fatti preoccupare inutilmente con le sue critiche continue e le accuse all'intero gruppo.

Quando il mezzo demone si fu sfogato ripartirono. Kuria sembrava pensierosa da qualche giorno.

«Ehi, Kuria si può sapere che hai?» Suo fratello minore non sopportava di vederla triste.

«Ne parliamo dopo.»

Si fermarono in una piccola radura e come al solito Inuyasha e Kagome iniziarono a litigare. Sango e Miroku commentavano, Shippo e Kirara guardavano la scena con gli occhi sgranati e Kuria sospirò voltando il capo dall'altra parte della scena. Erano giorni ormai che non dormiva bene, non che le servisse, ma lo stress che stava accumulando non le faceva di certo troppo bene.

Il vero problema è che neanche lei comprendeva il motivo del suo atteggiamento. Da qualche tempo si sentiva presa in trappola sempre, spiata, stretta in una morsa invisibile. All'inizio aveva pensato che fosse perché non era abituata a viaggiare in gruppo, ma da sola. Si era dovuta ricredere. Le stavano tutti simpatici. Kagome, Sango, Miroku, Kirara, Shippo e ovviamente Inuyasha. Kage e Ventus li aveva lasciati liberi di esplorare i dintorni e muoversi secondo il loro istinto.

"Allora che cos'è questa sensazione fastidiosa e irritante?"

«Sorellina inizi a preoccuparmi. Sei sicura che vada tutto bene?» Le chiese Inuyasha che la stava scrutando attentamente.

«Si tratta solo di stanchezza Inuyasha, come avrete notato sono sotto pressione e non ne so neanche il motivo. Questo mi dà ancora più nervosismo! » Sbuffò incrociando le braccia al petto.

«Molto semplice sorellina ciò che ti manca è l'azione. Vedrai che quando troveremo quel bastardo di Naraku ti tornerà un po' di buon umore!» Sorrideva sicuro aver centrato l'argomento in pieno. Kuria era nata per combattere.

«Inuyasha non sono te.»

«Sarà, ma siete tremendamente simili caratterialmente.» Commentò Shippo divertito.

L'albino tornò a sedersi con un visetto sconsolato dipinto in volto. Poi un'illuminazione:

«Non è che ti manca quel mentecatto pazzoide di Sesshomaru?» Si portò una mano sul mento e gli occhi ruotarono verso il cielo.

«Ma sei matto?» L'urlo di risposta riecheggiò per un po' lasciando tutti frastornati.

«Ecco Inuyasha sei il solito scemo!» esclamò Shippo.

«Che cosa hai detto moccioso?» Era già pronto a dargli una botta in testa quando un: «A cuccia.» annoiato di Kagome lo spedì a far compagnia ai lombrichi.

"Sesshomaru. Che mi manchi davvero quel dannato? Infondo ormai pensavo di essermi abituata a stare senza di lui." Una nota di malinconia si impossessò di lei.

«Comunque Inuyasha certe sciocchezze non dovresti dirle! – iniziò Kuria incrociando le braccia sul petto e assumendo l'aria da rimprovero. – Inoltre sto molto bene qui con voi.»

«Davvero stai bene con noi Kuria?» Il viso di Miroku si era illuminato e le aveva preso una mano tra le sue. Possibile che corteggiasse persino le donne demone? Prese a toccarle il sedere. Ovviamente ricevette uno schiaffo da quest'ultima e uno anche sull'altra guancia da Sango.

«MONACO PERVERTITO!» avevano urlato nello stesso momento. Kagome, Shippo e Inuyasha sospirarono mestamente. 

Per fortuna erano da soli vicino a un fiume oppure avrebbero fatto la figura dei pazzi. Insomma una compagnia tanto stramba non si trovava tutti i giorni!

***

A poca distanza i fedeli compagni di viaggio di Koga si trovavano da soli alla ricerca di cibo e stavano meditando sui comportamenti irascibili e prepotenti del loro capo. Improvvisamente un demone apparve loro tentando di ucciderli per mangiarli e si salvarono solo grazie all'intervento di una luce abbagliante che lo distrusse.

Ghinta e Hakkaku si voltarono verso la loro salvatrice. Era una bellissima demone, dai capelli biondi e gli occhi color oro, con due strane macchie sul viso. Indossava un hakama bianco e blu scuro, di preziosa fattura. 

«Grazie!» Esclamarono all'unisono.

«Che voleva da voi quel demone di tale infimo livello?» chiese lei scendendo con un balzo dal ramo dove si era seduta.

«Ehm, non lo sappiamo!» risposero di nuovo insieme.

L'altra alzò un sopracciglio «Parlate sempre all'unisono voi due?»

«No! Smettila di dire ciò che dico io!» si rivolsero l'uno contro l'altro, fatto che provocò le risate della demone bionda.

«Bene è stato un piacere conoscervi.» Stava per incamminarsi e andarsene quando i due la richiamarono.

«No, non andate da quella parte signorina!» Lei spalancò sorpresa gli occhi dorati.

«Perché mai di grazia?»

«Da quella parte c'è un demone molto forte che sarebbe capace di uccidere senza pensarci due volte.» I due speravano davvero tanto che la demone non volesse attaccar briga.

«Davvero? Potreste descrivermelo?» chiese Hikari sospettando di conoscerlo almeno di fama.

«È molto alto, ha dei lunghi capelli argentei, una luna sulla fronte blu... » Li fermò di scatto.

«Una luna blu sulla fronte. Allora non c'è dubbio è il Principe Sesshomaru! Devo proprio prendere la direzione opposta. Che noia!»

I due demoni lupo la seguirono subito chiedendo se potevano fare il tragitto con lei. Sembrava molto tranquilla e socievole, a rovinare tutto fu Koga.

«Che odore nauseante! Tu chi saresti?»

«Che modo di parlare rozzo. Chi ti credi di essere? E dire che i tuoi compagni sono stati gentili come me. Non ti devo alcuna risposta. – poi si rivolse agli altri due demoni lupo – Grazie della vostra compagnia. Ora devo proprio andare!» Si voltò e continuò da sola per la sua strada.

Ovviamente i due poveri demoni si dovettero sorbire i rimproveri del loro irascibile capo.

***

Lentamente a Kuria il malore passò, non era mai stata una donna svenevole. Alla fine lo implicò alle tensioni dell'ultimo periodo.

«È ora di rimettersi in viaggio!» esclamò Inuyasha alzandosi da terra.

Gli altri annuirono e si alzarono.

«Ehi, Kagome posso farti una domanda?» chiese Kuria sorridendo, le stava tornando il buon umore.

«Certo, chiedi pure!»

«Che cos'è questo affare di ferro che usi per spostarti?» Era davvero un arnese strano. Non sarebbe stato meglio usare un cavallo?

Kagome, con molta vivacità, iniziò a spiegare tutto su quello strano oggetto proveniente dal futuro. Bicicletta. Un nome che neanche riusciva a pronunciare, ma rimase affascinata dalla meccanica che stava alla base. Nonostante ciò decretò che comunque, secondo lei, sarebbe stato più sicuro un cavallo per la sacerdotessa. 

"Anche la schiena di mio fratello andrebbe bene, ma questo è meglio non dirlo."



angolo autrice (sclerata):

visto che sono riuscita a trovare una puntata dal quale la Fanfic prende vita dal presente in poi (ep. 96) sto cercando a grandi linee di riadattarli per come posso alla Fanfic. Quindi non sempre seguirò un filo preciso (anche perché se no la Fanfic diventerebbe lunghissssssssssssimaaaaaaaaaaa XD)

ok avete capito chi è Hikari (luce)? sappiate che avrà un bel caratterino XD Kuria è presa da un momento depressivo e, sappiate, che Inu ha beccato esattamente in tutto XD sarà anche calma e tranquilla, ma ama combattere e odia rimanere con le mani in mano (soprattutto ama Sesshomaru e fa di tutto per non darlo a vedere XD quindi su di lui da parte di Kuria sentirete sempre nomignoli o cattivi o buffi XD solo più avanti potrebbe sciogliersi).

Ok ringrazio infinitamente chi a letto e chi ha recensito ^^ Soprattutto chi ha messo la Fanfic tra le seguite o preferite ^^ 

grazie!

ora vi lascio Martyvax

Spazio dell'autrice revisione 2023:

Ho deciso di lasciare l'angolo autrice originale perché mi sembra carino avere un collegamento con le prime pubblicazioni. Anche questo è un capitolo molto aggiustato. Ho tolto la questione del kimono che faceva da gps per Sesshomaru nel precedente capitolo, ora è più che altro... un modo per avvertirla meglio. In questo capitolo originariamente lei avvertiva la sensazione di controllo. Ora effettivamente è più una tristezza di fondo.

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Capitolo 12
*** Battaglia nel bosco dell'afflizione ***


Battaglia nel bosco dell’afflizione

Giravano in tondo da ormai un giorno intero. Quel bosco metteva i brividi, pareva morta e inglobata da una nebbiolina scura. Un luogo a dir poco spettrale. La demone aveva provato a farlo presente a Inuyasha verso metà giornata, ma l’altro era stato irremovibile.

«Ritroverò la strada con il mio fiuto!»

Kuria sospirò sconsolata e da quel momento lo lasciò agire senza senso solo per dargli una lezione.

Fu il piccolo Shippo che, sfidando la sua paura di prendersi un pugno in testa, andò da Inuyasha riferendogli la dura realtà dei fatti: era da quella mattina che ripercorrevano lo stesso identico tragitto! Subito dopo una ruota della bici di Kagome si forò ed emise un suono imprevisto e scoppiettante, terrorizzando il povero volpacchiotto che istintivamente si ‘rifugiò’ sulla testa del mezzo demone.

«Eh, te l’ho detto che stavamo girando in tondo Inuyasha. Tu però non mi ascolti, sei talmente testardo quando vuoi!»

Erano tutti molto tesi, sicuramente il luogo era infestato dai demoni e alla comparsa di una miriade di falene Kuria cominciò a comprendere quale potesse essere il proprietario di quel posto. La situazione volgeva al peggio.

Ovviamente Inuyasha essendo una testa calda quasi come sua sorella adottiva, si mosse subito per abbattere tutti quegli insetti schifosi, lanciando il povero Shippo che gli stava aggrappato sulla schiena. Quest’ultimo fu miracolosamente preso al volo e posato per terra. Anche Kuria desiderava prendere parte all’imminente scontro.

Quando il polverone generato come sempre da Inuyasha con Tessaiga sparì ne comparve un demone falena che diede loro il benvenuto nel ‘bosco dell’afflizione.’

“Che tipo simpatico. Bel nome da dare a un bosco! Lo suggerirò a Sesshomaru come luogo di villeggiatura per la sua prossima avventura.” pensò ironica Kuria.

Venne a sapere ascoltando in silenzio il breve colloquio tra il gruppo e il demone, che solo qualche mese prima Inuyasha uccise il fratello del demone falena davanti a loro. Gatenmaru. Egli si accompagnava ai banditi e per questa sua propensione alla compagnia umana la sua famiglia demoniaca lo teneva lontano al pari di un lebbroso. Quindi il maggiore dei fratelli falena non cercava vendetta, voleva semplicemente ucciderli.

“Quasi come dire: non siete voi, sono io, semplicemente vi voglio morti.”

Probabilmente mettersi a ironizzare la situazione tra sé e sé non fu tra le scelte più sagge del momento. Quando Kuria vide il suo fratellino caricare a testa bassa riuscì solo a pensare che mancasse completamente di diplomazia. Non era lui quello che non voleva mai perdere del tempo prezioso? C’erano delle volte in cui anche lei faceva fatica a comprenderlo.

“Potrebbe essere anche colpa mia, in effetti… non sono molto diplomatica.”

Il demone falena lanciò contro di loro delle sfere blu, lei riuscì a schivarne quella diretta verso di sé. Non si accorse però che non si era neutralizzata colpendo il suolo ma che, perso il suo obiettivo, era tornata indietro. Si ritrovò attaccata alle spalle dalla sfera e chiusa in un bozzolo senza che potesse opporre la minima resistenza. Poi il buio.

Plic

Che serenità quel luogo.

Plic

Come stava bene in quel momento.

Plic

Eppure qualcosa non andava.

Kuria si sforzò di aprire gli occhi. Dov’era? Cosa le era successo? Sentiva buona parte del corpo immobilizzata, come se si fosse sfracellata al suolo.

«Ti sei svegliata vedo.» Spalancò gli occhi, Sesshomaru era lì!

Scosse il capo violentemente. Com’era possibile?

«Ormai siamo vicini. No, non ti conviene muoverti. I tuoi arti sono ancora rotti. Hai disobbedito a mia madre, non ne sarà molto contenta.»

Ora capiva! Certo.

Pochi giorni addietro era stata costretta dalle circostanze a ingaggiare una lotta contro un demone mastodontico e forte. Uno spreco di energie che la allontanavano dal suo obiettivo, la fuga. Alla fine del combattimento era talmente stremata che le sue ali non l’avevano retta. Si era sfracellata al suolo. Per fortuna era fatta di una buona tempra.

«P-per quale motivo mi hai recuperato? Potevi lasciarmi dov’ero. Se fossi morta t-tu non saresti più stato obbligato a-a sposarmi.» Diversi colpi di tosse la scossero.

«Per dartela vinta facilmente? – alzò un sopracciglio – non fare più domande che non meritano risposta, femmina. Se continui a muoverti aggraverai la situazione, non te lo ripeto.» Era freddo e tagliente come una lama che ti trapassa.

“Già, se fossi morta sarei stata libera. Sembra che scappare da questo posto sia un’impresa. In ogni caso non ho la più pallida intenzione di sposarti Sesshomaru.” Un misto di odio e di rabbia le si mescolavano nell’anima.

«T-tempo sprecato! Tu da me non avrai proprio niente. N-né il mio corpo… Né la mia anima.» Non tra le affermazioni più intelligenti da fare quando si era bloccati tra le braccia del nemico, mentre il proprio corpo doveva rigenerarsi.

«Il tuo corpo non mi apparterrà? – sembrava quasi incuriosito da quella presa di posizione – Dopo il matrimonio tutto di te sarà mio e potrò disporne come vorrò.» Questo gli era stato insegnato, questo era dovuto a un Principe del suo calibro. Una bella e remissiva moglie oggetto. Si era fermato e la stringeva leggermente di più, lei si morse l’interno guancia per non emettere neanche un fiato di dolore.

Nell’aria c’era molta elettricità. Erano entrambi molto giovani. Lei non sapeva dosare le parole, lui il suo orgoglio smisurato. La poggiò contro il tronco di un albero per prenderle il mento fra il pollice e l’indice, voltando il viso macilento e contuso di Kuria verso di lui in modo poco delicato. Negli occhi di lei si poteva leggere odio e una piccola pagliuzza di terrore. Sesshomaru si stava avvicinando pericolosamente alla sua faccia. Alla demone la faccenda non faceva molto piacere. Quindi pur avendo il braccio destro rotto lo sollevò graffiandogli una guancia con le sue unghie allucinogene. A risposta fu quella sperata, lo youkai  preso alla sprovvista si ritirò di scatto allontanandosi e lei si accasciò per terra non possedendo abbastanza ossa sane per reggersi sulle proprie gambe.

Peccato non fosse riuscita a imprimere la giusta dose di allucinogeno nelle unghie. Credeva di essere l’unico ad avere degli artigli speciali?

Intanto fuori Inuyasha combatté strenuamente contro il demone falena, ma sfortunatamente dopo averlo ucciso i bozzoli non si ruppero. Il destino dei suoi compagni sembrava segnato, eppure lui non dava segno di volersi arrendere. Per nessuna ragione al mondo avrebbe permesso ai suoi compagni di cadere vittima di quell’incantesimo… e non meno importante lasciarlo solo.

Si mise a chiamare i loro nomi, disse persino a Kagome di mandarlo a cuccia! Se si fossero trasformati negli alter ego del demone falena, come quest’ultimo gli aveva detto, non sapeva cosa avrebbe fatto. Avrebbe mai potuto abbattere e sconfiggere la sua sorellina, Kagome, Shippo, Miroku e Sango?

In qualche modo la urla e suppliche di Inuyasha raggiunsero gli incubi di tutti loro, anche quello di Kuria.

Lo scenario era di nuovo cambiato. Quello di prima era stato un pezzo davvero vissuto della sua vita.

In quel momento non sapeva, era spaesata. Si trovava davanti al palazzo del clan del Generale, della Signora Madre e Sesshomaru, egli le era di fianco. Poco distante correva verso di loro un bambino. Kuria lo riconobbe all’istante: era il suo piccolo fratellino!

«Inuyasha, no! Va via scappa!»

«Sorellina – durante la corsa era cresciuto fino ad assumere l’aspetto da ragazzo. – pensi davvero che ti lascerei mai da sola contro questo qui? Reagisci con me!» Puntò Tessaiga contro suo fratello maggiore.

“Oh Inuyasha. Sei proprio cresciuto, sono tanto fiera.” Sorrise dolcemente.

Nello stesso istante ormai fuori dagli incubi ognuno dei compagni di viaggio di Inuyasha si stava liberando con le proprie armi dai bozzoli. Kuria aveva sfoderato Caliburn, che lacerò facilmente il bozzolo, Sango Hirakostu, Kagome usò le frecce sacre, Miroku il bastone e Shippo il fuoco fatuo.

«Eccovi, finalmente!» Inuyasha li accolse con un enorme sorriso di vittoria vedendoli vivi e salvi. Ne fu anche molto rasserenato. Il bosco era stata un’illusione, Tessaiga ruppe prontamente la barriera che li imprigionava e poterono mettere la parola fine a quell’incubo.

«Ah! Questa volta lo dovete ammettere, se non ci fossi stato avreste fatto una bella figuraccia.»

Era sempre il solito qualsiasi cataclisma capitasse.

Kagome a nome di tutti loro lo ringraziò, infondo in tutti i loro sogni era comparso lui a salvarli e dare loro speranza, Inuyasha ne fu molto sorpreso. Pensava, memore di quello che gli aveva detto prima, che l’avrebbe mandato a cuccia. Tutti si avviarono tranne Kuria e Inuyasha, quest’ultimo sbraitava a Kagome di ripetere quello che aveva detto e la sacerdotessa per ripicca lo spedì dritto a terra con la formula.

«Su Inuyasha non fare quella faccia. – disse Kuria aiutandolo a rialzarsi – Guarda che se mi sono svegliata è solo grazie a te.» Gli sorrise.

Il sorriso di Kuria era sempre stato una cosa rara. Quindi, anche se facendo un po’ di storie, Inuyasha annuì e insieme seguirono il resto del gruppo. Quella giornata era stata piena di avvenimenti per Kuria e Inuyasha, ma ne avevano tratto una lezione importante non erano più soli.

Da un’altra parte anche Sesshomaru avvertì una sensazione strana mentre osservava Rin. Era stata fino a qualche giorno prima mogia e ora era tornata a sorridere e raccogliere fiori.

“Umani.” pensò il gelido demone.

Mai avrebbe sospettato che tra la bambina e Kuria vi fosse una specie di collegamento.

In quell’esatto istante una Inu youkai dai capelli biondo cenere e gli occhi dorati fece la sua inaspettata comparsa davanti a Sesshomaru.

«Oh accidenti, proprio voi dovevo incontrare?» si mordicchiò le labbra, portando le braccia sui fianchi, assumendo un aspetto accigliato e vagamente preoccupato.

angolo autrice: (originale)
basato sull'ep. 100 il bosco dell'afflizione.
ciò che ha sognato la prima volta Kuria è parte del suo passato. Kuria ha cercato più volte di scappare dal palazzo reale e vivere libera.

Angolo autrice 2023: 

Molto bene!

Ci tengo a precisare che nei ricordi visti da Kuria sono entrambi due giovani adolescenti. Lei avrà sì e no centocinquant'anni e lui quasi trecento. In termini demoniaci due ragazzini che si azzuffano per questioni più grandi di loro. 

Sesshomaru adolescente è... beh secondo me è stato molto 'turbolento' e rabbioso, soprattutto sulla questione del predominio. Parliamone, lascia andare il padre in fin di vita senza manco salutarlo solo perché non gli ha consegnato le spade :') che figlio amorevole!

Diciamo che Kuria sarebbe, nelle intenzioni paterne, la perfetta controparte che lo costringerà a furia di no e ribellioni a scendere dal piedistallo, a scontrarsi con la realtà e provare a comprendere le emozioni. Anche quelle che lui ritiene tra i più condannabili, come l'amore, la compassione, il rispetto del più debole e così via discorrendo. Anche perché tutti questi concetti fanno comunque parte del Bushido e quindi della vita del guerriero giapponese. 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Un grande grazie a chi legge, segue e chi commenta facendomi conoscere la sua opinione personale, che per me vale moltissimo e mi dà una grande energia. 

Marty

<3 


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Capitolo 13
*** Un incontro spiacevole ***


 

Un incontro poco piacevole

La ragazza aveva sbuffato e aveva fatto per voltare le spalle a Sesshomaru quando quest’ultimo la richiamò:

«Donna! che cosa stai facendo?» il solito indifferente

«A voi cosa interessa? State tranquillo principe non ho intenzione di arrecarvi disturbo, quindi me ne vado.» Rispose lei, che alternava il voi e tu, in un gioco che poteva condurla a morte certa.

«Come osi parlare così al mio signore e padrone? Sciagurata dovresti imparare a tenere a freno la lingua!»

Hikari guardò il rospo con sdegno e arricciò leggermente le labbra: «Rospetto vedi di tacere o ti friggo.» era stata tanto glaciale che il demonietto sudò freddo.

Rin gli lo affiancò.  «Hai visto cosa succede a darsi tante arie?»

Hikari percepì subito un potere occulto dentro quella bambina, un potere che la collegava a quella brontolona di sua sorella Kuria.

«Certo che mia sorella si è scelta un’erede molto singolare.» Assottigliò gli occhi e inclinò di poco la testa per poterla osservare meglio.

Sesshomaru si voltò verso Hikari, chiedendosi di che cosa stesse parlando quella demone tanto sfrontata. Jacken si mise davanti a Rin in segno di protezione, se le fosse capitato qualcosa il padrone si sarebbe arrabbiato seriamente.

«Tranquillo piccolo demone. Non potrei mai fare del male all’erede di mia sorella. » La situazione poteva volgere nettamente a suo sfavore, meglio togliere il disturbo alla svelta.

«Ferma, voglio delle spiegazioni. Chi ha scelto Rin come erede?» Il solito tono autoritario, era davvero odioso come sua sorella lo descriveva.

«Una donna che tu conosci molto bene, mio principe. Il suo nome è Kuria. » detto ciò sollevò un gran polverone sparendo tranquillamente alla vista del suo principe.

«Che cosa intendeva dire sulla signorina Kuria?» Rin era rimasta perplessa e guardava il punto dov’era  scomparsa la demone.

Sesshomaru non rispose si voltò e intimò loro di seguirlo alla svelta, sempre che non preferissero restare indietro. Rin montò immediatamente su Ah-Hun, Jacken rimase indietro a causa della sua goffaggine.

Intanto il gruppo di Inuyasha aveva trovato ospitalità nel solito villaggio. Continuavano a dirigersi verso toro tigre e Kuria sperava di non incontrare Sesshomaru di nuovo. L’incubo avuto nel bozzolo l’aveva lasciata scossa, come ogni volta che le veniva ricordato il suo destino scritto. Il villaggio sembrava abbastanza pacifico, nessuno guardava troppo male Inuyasha e Shippo, nessuno si era accorto della sua natura demoniaca.

«Inuyasha ti va di allenarti un po’ con la spada?»  

«Hum, ti annoi cosi tanto sorellina?» Emise uno sbadiglio enorme e si sdraiò meglio per terra.

«Già! Se tu preferisci poltrire qui in questa stanza andrò da sola ad allenarmi.» Infatti si alzò pochi secondi dopo e uscì per dirigersi verso la foresta.

Non aveva intenzione di stare ferma a fare niente!

Nello stesso momento Miroku stava corteggiando tutte le ragazze del posto chiedendo loro di dargli un figlio, le giovani ridevano.

“No, no, non vi prende per niente in giro questo bonzo depravato.” pensava Sango che, furiosa, fissava la scena.

«Monaco ma quella signorina perché vi guarda tanto male? Accidenti fa più paura di un demone!»

Miroku si voltò e iniziò a sudare freddo quando vide lo sguardo inceneritore della giovane sterminatrice. Una donna in quel momento, anziana e po’ svampita, si avvicinò al monaco dicendo

«Ho sentito che chiedete alle giovani del villaggio di darvi un figlio, io sarei ben disposta a farne anche di più!» intanto ridacchiava tirando la mano del monaco.

«Ehm – Il giovane rise nervosamente – ma ecco io… – si grattò la testa in modo imbarazzato – ehm scusi un secondo… – si precipitò di fianco alla sterminatrice – Sango ti vedo molto rossa non è che stai male? Dai ti porto dentro. » cosi spinse dentro la casa del capo villaggio la giovane. All’interno delle mura, ovviamente, si prese una cinquina in pieno viso.

«Sto benissimo, grazie. Non dovresti tornare da quella signora che, molto gentilmente, ti vorrebbe dare tanti bei bambini?» lo fulminò con lo sguardo e se ne andò.

Kirara guardò i due umani e fece un versetto basso, disapprovava quei comportamenti.

Nel bosco, isolata dal resto del mondo, Kuria si era seduta alle radici di un grande albero. La compagnia era fantastica, impossibile sentirsi soli. Miroku e Sango avrebbero fatto un’ottima coppia pensava Kuria, per Inuyasha non sapeva bene cosa pensare.

Neanche il tempo di un battito di ciglia e notò la figura rossa di suo fratello, fino a poco prima sdraiata a non fare nulla, correre dietro a un lampo bianco e luminescente.

“Che qui vicino ci sia la famosa Kikyo? Sì, l’odore corrisponde a quello che mi ha descritto Inuyasha. Odore di terra tombale. Bella fidanzata si è andato a scegliere!” Eppure lo capiva e capiva anche lei, come forse capiva bene anche i sentimenti di Kagome.

Decise di allontanarsi per lasciare Inuyasha in ‘intimità’ con Kikyo. Non le era mai piaciuto origliare i discorsi altrui. Passarono molte ore e si fece sera, fu in quel momento che avvertì l’intenso odore di terra tombale.

«Quindi sei tu la sacerdotessa Kikyo?» chiese quando la figura della sacerdotessa le fu visibile.

«E tu chi saresti?» Giustamente la non morta si sentiva minacciata.

« Kuria. Colei che ha cresciuto Inuyasha.»

«Allora a quanto pare non sono la prima donna al quale lui si sia avvicinato.»

«No, ma sei la prima donna che ha amato come donna. Un amore molto diverso da quello che aveva con me o con Izayoi. Tu non trovi?»

Perché stesse instaurando un discorso con quella persona non lo sapeva, solo che… solo che le sembrava di avere una grande quantità di sentimenti in comune.

Tristezza, malinconia, amarezza, rassegnazione e senso del dovere.

Kikyo non le rispondeva, non che a Kuria importasse poi molto della risposta, quindi si incamminò e la superò.

Sarebbe dovuta tornare al villaggio dai suoi compagni, che sicuramente si stavano preoccupando, ma non ne aveva voglia. Ogni tanto la solitudine le faceva bene. Stare da sola con i propri pensieri per lei era bellissimo. Si arrampicò su un ramo e lì rimase, gambe a penzoloni, persa nelle proprie fantasie e pensieri.

«Ancora non capisco perché insisti tanto nel proteggere quell’inutile mezzo demone.» La voce di Sesshomaru la risvegliò dai suoi pensieri.

“Proprio chi non avevo voglia di incontrare doveva capitare sul mio cammino?” Era scocciata, fece schioccare la lingua contro il palato.

«Non c’è che dire sei sempre il solito – si voltò verso Sesshomaru – antipatico e… – eccolo pronto a  sfoderare la frusta di luce – permaloso! Guarda come te la prendi per così poco.» Lo stava sbeffeggiando? Sì, assolutamente. Perché non provava alcuna paura? Questo era uno degli enigmi che più lo intrigavano di lei.

«Stupida donna, ciò che faccio non ti riguarda. Non sei tenuta ad analizzare i miei comportamenti!» Quella demone trovava sempre il modo di salvarsi dalle sue grinfie e scappare.

«Avresti ragione se sciogliessi quello stupido matrimonio combinato, non ti darei più alcun fastidio.» Kuria incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente.

«È una decisione presa da mio padre e voglio rispettarne le volontà.»

“Una scusa banale. Vuole solo potermi esporre anche lui come un bel trofeo!”  Sesshomaru avvertì distintamente l’emozioni irritate di Kuria.

«Rispettare la volontà di tuo padre? Da quando tu rispetti le volontà di Inu no Taisho? Allora devi accettare Tenseiga come eredità e smettere di bramare Tessaiga! Dovresti accettare tuo fratello come parente stretto!» La rabbia era come un torrente in piena per lei, la gestiva poco, perdendo il controllo e strillando, ma quando Sesshomaru diceva quelle stupidate perdeva sempre il senno. Si sporse pericolosamente dal ramo, la sua predica era talmente accorata se non fosse stata attenta sarebbe caduta di sotto.

«Smettila di urlare. Sei assordante!» replicò il principe dei demoni con un tono leggermente irritato. La vide darsi la spinta per scendere dal ramo e spalancare le ali solo a metà tragitto. Ora avanzava verso di lui senza alcun timore.

«Sei vuoi vengo più vicino, cosi ti faccio diventare del tutto sordo! Accidenti ha fatto più che bene tuo padre a lasciarti Tenseiga. Sei già forte e, forse, uno dei demoni più puri che esistano, ma che altro vuoi! Qualcosa te lo dovrai conquistare da solo dico io! Anche se lasci Tessaiga a Inuyasha non muori e poi so bene che sai della parte demoniaca di Inuyasha! »

Kuria era esplosa e gli stava dicendo tutto ciò che si teneva dentro da tempo. Insomma possibile che fosse tanto scemo e menefreghista?

Il demone ascoltò in silenzio quelle che lui considerava: ‘le pazzie della mia futura sposa.’

«Non provo sentimenti Kuria. Sono da esseri umani e da demoni deboli.» Il suo modo di parlare inflessibile, ma ancora calmo, per quanto beffardo, mandò Kuria ancora di più su di giri.

«Sì, certo, come no! Secondo me sei proprio tardo, non c’è che dire. » Dovette massaggiarsi una tempia, quell’uomo le faceva venire delle emicranie stupende.

«Vedi di moderare i termini. Il fatto che un giorno sarai mia moglie non ti salverà sempre.»

«Ah sì? Perché fino ad oggi mi hai trattata con i guanti! – Un modo di dire che forse il suo promesso non comprendeva in modo completo. – Sai che ti dico? Vai al diavolo Sesshomaru! Sono stufa dei tuoi vaneggiamenti!»

«Vaneggiamenti? – sfilò Tokijin – Credo che tu abbia bisogno di una bella rinfrescata.»

Anche Kuria estrasse Yoso dal fodero. Era pronta ad affrontarlo, preferiva essere sconfitta che arrendersi in partenza!

Passarono solo pochi secondi a fissarsi, poi scattarono l’uno verso l’altro incrociando le spade, nessuno dei due stava tuttavia usando i poteri demoniaci della propria arma.

“È migliorata, sento l’energia di Yoso pulsare per essere usata. Mio padre le fece forgiare quella katana per renderla più forte. A me invece non ha mai lasciato niente!” Provava un enorme rancore, come aveva potuto suo padre dimenticarsi in quel modo del suo unico figlio legittimo?

“Quella spada ha una forte aura maligna, lo sento molto distintamente. Mi sembra di sentire quasi l’aura di So’unga, certo a livelli davvero minori eppure…. Ci ha visto giusto questo dannato!” arricciò leggermente le labbra.

Kuria stava cercando di disarmare Sesshomaru, impresa epica, mentre lui tentava di colpire la futura compagna, anche se non in modo troppo grave. Infine entrambi sentirono lo stesso odore avvicinarsi a loro. Era la piccola Rin che, scapata alle cure del rospo, stava correndo in loro direzione, inseguita da un demone molto strano. Nello stesso momento entrambi si lanciarono contro il nuovo nemico. Kuria deviò la sua direzione lasciando la ‘battaglia’ a Sesshomaru, mentre lei si precipitò a prendere Rin in braccio e portarla lontano dallo scontro.

«Signorina Kuria! Sono felice di rivedervi!» Il suo volto era radioso.

Del potere demoniaco che aveva nel suo corpo Kuria alla bambina era riuscita a trasmettere solo l’immortalità e non sapeva se sarebbe mai riuscita a farla diventare una donna demone, non era certa nemmeno di volerlo.

«Anche io sono molto felice. Scusami se ti ho lasciato da sola con quel rospo l’altra volta, ma sai ho un fratellino testa calda da controllare.» Sorrise di rimando tenendola in braccio. Le piacevano tanto i bambini, se la strinse contro e le baciò istintivamente la testa.

Si erano spostate di qualche metro, lontano dalla lotta e pochi secondi dopo furono raggiunti da Sesshomaru, che aveva abbattuto il demone. Lei non si era resa conto, ma l’albino la stava studiando il suo comportamento con Rin. Tutta quella dolcezza da dove arrivava? Sì, negli anni era capitato di trovarsi in attimi di tregua dalle liti frequenti e andare d’accordo, ma non gli era mai capitato di poterla osservare con dei cuccioli tra le braccia. Neanche pensava potesse possedere uno spirito materno tanto spiccato.

«Rin, dov’è Jacken?» La sua faccia restava imperscrutabile a entrambe.

“Certo che la sa reggere bene la sua maschera di ghiaccio, ma a me non mente la sua voce. Jacken passerà un brutto quarto d’ora.” pensò Kuria mentre Rin dava una spiegazione dell’accaduto.

«Volevo raccogliere i fiori e Jacken non voleva seguirmi, così mi sono allontanata e mi ha trovato quel demone. Quindi ho iniziato a correre istintivamente verso di voi.»

Quell’ultima frase lasciò Kuria molto perplessa. Rin non avrebbe mai potuto vederli, erano nel folto della foresta!

«Non capisco Rin come hai fatto a trovare Sesshomaru?» anche il demone maggiore sembrò molto interessato alla risposta, eppure la bimba non riuscì a rispondere perché un’altra voce si sovrappose alla sua. Inuyasha, insieme al resto del gruppo, la stava cercando e l’aveva trovata.

«Tu dannato Sesshomaru, stai lontano da mia sorella!» la solita testa calda pensò Kuria, non senza un sospiro.

«Ah sì, eh? E come pensi di fermarmi Inuyasha?» Il tono sprezzante e divertito di Sesshomaru fece digrignare i denti al fratellastro e suscitò un’occhiata ammonitrice da parte dell’interessata.

«Facendoti saltare in aria. Vuoi provare? » Al più giovane si dipinse il solito ghigno sul volto che, tuttavia, la povera Rin non comprese.

La bambina iniziò a tirare il kimono di Kuria in modo da richiamare la sua attenzione. Perché se ne stava ferma?

«Sesshomaru, Inuyasha ora basta! State terrorizzando la bambina!»

“Perché tocca sempre a me sgridarli? Sono due bambini!”

«Ma sorellina io ora sono in grado di proteggerti. Ora che ho Tessaiga lo posso fare a pezzi!» replicò il mezzo demone.

Ai due demoni sembrò di vedere Inuyasha bambino che batteva i piedi per terra continuando a esclamare:

«Posso batterlo, uffa, non è giusto! Sorellina posso batterlo!»

Kuria scosse la testa leggermente per scacciare quella strana visione.

«Non farai proprio niente di simile! – posò Rin a terra e gli si avvicinò. - e poi se te ne fossi dimenticato, dovrebbe essere il contrario. Io ti proteggo, non sei tu proteggermi.» Gli fece un occhiolino divertito.

«Ehi, guarda che non ho più sette anni! Inoltre quel bastardo – indicò suo fratello – non ti lascia mai in pace!» qualche secondo dopo a Inuyasha arrivò un forte pugno in testa. Sesshomaru sembrava molto irritabile sulla parola ‘bastardo’, non sapeva dire se fosse perché la parola in sé significava figlio illegittimo o per il tentativo di insultarlo.

«Ringrazia. Oggi sono magnanimo perché c’è Rin, ma la prossima volta non la passi liscia!»

Intanto la bambina in questione era semi nascosta dietro a Sesshomaru e gli teneva con una manina un pezzo del kimono.

Il resto del gruppo osservava la scena con gli occhi sgranati. Non sapevano, forse, che quello era l’incontro più pacifico che avessero mai avuto in duecento anni.

«Oh, ti ho trovato finalmente!» Da un’altra parte del bosco comparve Hikari.

Ovviamente nessuno dei presenti, tranne Kuria, capiva chi fosse. Neanche Sesshomaru che, eppure, l’aveva già vista.

«Cos’è? Oggi è stata indetta la giornata della riunione di famiglia e nessuno me lo aveva detto?» chiese innervosita Kuria.

Ci mancava solo Hikari a completare l’opera. Quella giornata le sembrava già abbastanza difficile! Inoltre cosa ci faceva sua sorella lì?

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Capitolo 14
*** 'Riunione di famiglia' e il demone Genso ***


‘Riunione di famiglia’ e il demone Gensō

Ovvero quando la sfiga decide di accanirsi contro Kuria

«Oh Kuria sei sempre molto spiritosa a quanto vedo!» Hikari assottigliò di poco gli occhi, come se stesse ridendo.

«Certo Hikari, in questo momento poi il mio essere spiritosa potrebbe salire alle stelle dalla ‘felicità’.» l’ultima parola fu detta con puro disprezzo.

«Oh Kuria-»

«Devi iniziare ogni discorso dicendo ‘oh Kuria’? » la demone dai capelli neri era davvero sotto pressione. Si sentiva il centro di tre mondi diversi che cercavano di collidere. Inuyasha e il suo gruppo, Sesshomaru e Rin, ora anche sua sorella minore.

«Quanto sei irascibile e brontolona, va bene! Ora fammi parlare, non voglio perdere troppo tempo, siamo intesi? – Kuria si impose calma, sua sorella quando voleva era capace di farle saltare i nervi. Ogni frase era pronunciata con un tono disgustosamente falso e calmo, innocente. – Nostro padre Shihai vuole sapere, sue testuali parole, perché ancora non si vede ombra di matrimonio tra te e il principe Sesshomaru. Ti rimprovera ed esorta a eseguire gli ordini.» Hikari comunque voleva bene alla sorella e, cosa non trascurabile, non era stupida. Sapeva bene quali sarebbero state le ripercussioni di tale informazione da lì a pochi secondi, quindi si preparò e tappò le orecchie.

“Tre, due, uno e… ecco ha iniziato a sbraitare.”

«COME? COSA? LUI… COSA? Come si permette quell’uomo, quel demone, quell’essere meschino. Non l’ho neanche mai visto, non si è neanche mai degnato di conoscermi! Prima mi dà in sposa a qualcuno così, perché non aveva esattamente niente da fare, e ora pretende anche di sapere cosa faccio e non faccio?» Sesshomaru nel mentre aveva inarcato pericolosamente un sopracciglio, sentendosi additare come ‘qualcuno’.

«Ti prego sorella cerca di limitare la tua rabbia, ci stai spaccando i timpani!» Hikari ebbe paura che quella reazione violenta potesse degenerare sempre di più.

«Io non sono arrabbiata!»

“Ma se ha un’arteria grossa come una casa che le pulsa sulla fronte!” pensarono tutti, meno Sesshomaru che ovviamente trovava quello scoppio esagerato.

«Ma sorellina hai un’arte…» gli occhi furiosi di Kuria fecero morire le parole in bocca a Inuyasha.

«Non mi hai lasciato finire la frase, mio dolce fratellino, io sono furiosa!» Esattamente ciò che si aspettava Hikari e per quel motivo sarebbe scappata molto volentieri.

«Come sempre è colpa tua Sesshomaru!»

Il maggiore non riuscì a replicare perché ci pensò Kagome con un: «A cuccia.» che lo spedì dritto, dritto a fare la conoscenza di qualche insetto.

«Quindi quella fanciulla è vostra sorella?» chiese Miroku, che aveva già gli occhi a cuore.

«Eh già, la nona figlia di mia madre e la seconda di mio padre.» Tutti la guardarono come se fosse matta, anche Sesshomaru stentava a capire. Non si era mai interessato molto al passato e alla famiglia della sua futura compagna.

«Non capisco sorellina ma tu non avevi sette sorelle maggiori da parte di madre?» chiese Inuyasha, che invece il suo passato lo conosceva abbastanza bene.

Kuria sospirò e, chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio, iniziò a raccontare della sua vasta famiglia.

«Mia madre è una potente demone e nel suo primo ‘matrimonio’ partorì sette figlie femmine, poi non so perché lei e il suo compagno presero strade diverse. La lasciò libera dagli impegni che avevano contratto, e fu allora che mia madre si invaghì di Shihai. Stettero del tempo insieme, ma mia madre si rese conto che era un meschino e lo lasciò tornare in Giappone. Portava già in grembo me, Shihai non ne sapeva niente.» Era riuscita a parlare della sua nascita, da lì partiva la sua natura duplice.

« Anni dopo i nostri genitori si rincontrarono e giacquero di nuovo insieme. Nostra madre è una donna imprevedibile, da quell’unione nacqui io, Hikari. A quel punto, non potendo più pretendere niente su Kuria, alla mia nascita, anche se ero una femmina, nostro padre – si poté sentire Kuria grugnire – mi prese con sé, portandomi a vivere con lui.»

Le due ragazze si ero passate il testimone nel raccontare la stessa storia, che però si divideva in due.

La vita di Kuria, che aveva tratti fisici tipicamente giapponesi, e la vita di Hikari, che possedeva al contrario quelli occidentali. Certo quando assumevano una delle loro due forme demoniache complete cambiavano totalmente il loro aspetto, ma quello quotidiano era basato su tratti dominanti che sopravvivevano dalla fusione delle loro due forme.

«Accidenti che tipo avido.» sussurrò Shippo, spezzando il silenzio.

La piccola Rin si era avvicinata a Kuria abbracciandole le gambe. La sollevò subito tra le proprie braccia per darle sicurezza, non era mica fredda come Sesshomaru lei! I comportamenti dei bambini non le risultavano una novità, Inuyasha chiedeva a sua volta molte attenzioni da piccolo. Era abituata a cullare tra le braccia sia un neonato, sia un bimbo dell’età di Rin.

“Incredibile lo sguardo Inuyasha verso Rin. Sembra invidioso e malinconico allo stesso tempo. Forse per lui non sono così lontani i tempi in cui lo cullavo per farlo addormentare meglio.”

Era ormai notte fonda e la piccola iniziava a sentire la stanchezza, piano, piano chiuse gli occhi e si addormentò, mentre gli adulti discutevano.

Nel frattempo si era alzata un’improvvisa nebbia molto fitta.

“Questa è… nebbia demoniaca!” pensò Sesshomaru guardandosi attorno e, prima di perderla, attirò a se Kuria con Rin in braccio.

Lo stesso fecero Sango e Miroku  con Kirara, Inuyasha, Kagome e Shippo. Hikari si accorse in tempo della strana sostanza e spostando un leggero turbine di vento volò al di sopra della foresta. Doveva cercare il demone che l’aveva creata ed ucciderlo.

Intanto la magia della nebbia stava facendo provare ai tre gruppi divisi diverse illusioni.

“Questo demone è conosciuto per far provare alle sue vittime finte vite, mai vissute. Li fa diventare dei burattini, mi pare si chiami Genso.”

Kuria si svegliò nel fitto della foresta e si guardò attorno spaesata. In quella illusione non aveva armi con se, era vestita in modo molto femminile con un sacco da viaggio sulla schiena.

«Che cosa stavo facendo? - si chiese guardandosi le mani – fino ad un secondo fa ero sicura di stare sorreggendo qualcosa… eppure. – scosse il capo – devo aver sognato. Ora ricordo sono in viaggio perché i miei genitori mi hanno trovato marito!»

Al contrario di ciò che avrebbe fatto, e aveva fatto la vera Kuria, questa sorrideva tranquillamente scuotendo il capo dandosi della sciocca. Doveva rimettersi in marcia!

Si avventurò nella foresta ascoltando lo scrosciare dell’acqua zampillante e finalmente si trovò in riva a un fiume. Poteva mangiare e dissetarsi nello stesso tempo. Davvero un colpo di fortuna!

Sentì un odore improvviso di inu youkai, ma non ci fece molto caso. Il suo motto era “vivi e lascia vivere” se non avessero avuto intenzioni cattive neanche lei ne avrebbe avute.

«Ciao!» una bambina dai capelli neri e una mezza luna sulla fronte le si avvicinò. Il suo odore non era proprio quello di un demone cane, ma Kuria non ci fece molto caso.

«Ciao piccolina, come ti chiami?» rispose guardandola con interesse, non sapeva perché ma le stava davvero simpatica.

«Rin! Tu come ti chiami bella signora?» le chiese interessatissima fissando i suoi capelli color ebano e i suoi occhi color acqua.

«Il mio nome è Kuria. Una contraddizione non trovi anche tu?» sorrise cordiale.

«Kuria vuol dire chiara, vero? Effettivamente sia i tuoi capelli che i tuoi occhi rimandano più all’oscurità.» rispose perplessa la bambina fissandola dritta nelle iridi blu celestine.

«Invece Rin vuol dire fosforo, un bel nome davvero.»

«Non capisco perché i vostri genitori vi hanno chiamata Kuria? Non potevano chiamarvi Kurai o Yami.»

«Buio è Kurai e Yami vuol dire oscurità avresti ragione, me lo chiesi anche io, mia madre mi rispose che anche nel buio c’è uno spiraglio di luce. Ha riutilizzato la legge dello yin e dello yang. »

La piccola sembrava incantata dalla spiegazione.

«Il mio nome me l’ha dato il mio nobilissimo padre. – indicò un demone bianco e bellissimo – mia madre a quanto so non disse niente.»

Il bel demone era accompagnato da un’altra figura, bellissima anche lei. Capelli lunghi raccolti in un’alta coda e bianchi, vestita in modo molto ricco.

“Come potrei mai competere? Ma cosa mi viene in mente, perché dovrei mai competere con quella demone? Ma come fa la bambina ad avere i capelli neri se i suoi genitori li hanno entrambi di un colore diverso?”

«Dimmi piccola Rin è lei tua madre?»

«Hum no, mia madre è morta poco dopo la mia nascita – ne parlava quasi con il sorriso in volto, non doveva essere stato uno shock – quella è solo la sua nuova consorte. Personalmente non la sopporto, ma devo portare pazienza per non far sfigurare mio padre. »

Era la sua matrigna? Ah allora un po’ la capiva, anche se da qualche tempo anche suo padre aveva preso una seconda moglie, iniziando a scartare la prima.

«Ti comprendo sai? Solo che per me è leggermente diverso.»

Restarono a parlare fino a pomeriggio inoltrato, poi la coppia decise che era ora di riprendersi la bambina e si avvicinarono a Kuria.

«Rin è ora di andare.» disse freddo ed impassibile il demone bianco.

«Va bene, arrivo subito! Addio signorina Kuria!»

«Mio signore Sesshomaru, guardate con chi avete fatto stare vostra figlia per tutto questo tempo! Adocchiate i suoi vestiti! Sono talmente sporchi!» In verità erano macchiati di terra ed erba in alcuni punti, ma solo perché aveva voluto intraprendere il viaggio da sola.

«Non devi avvicinarti a gente di un rango più basso del tuo Rin! – la matrigna la strattonò per un braccio, il demone Genso, da fuori, cercava di irritare Kuria. – Non voglio più che ti allontani.»

La vera Kuria, quella assopita dall’illusione, ribollì di rabbia. Rin era pur sempre la sua erede e, anche se la sua coscienza era assopita, sentiva se si trovava in pericolo.

Ancora non era riuscita a rendersi conto che si trattava di un’illusione, Sesshomaru invece sospettava qualcosa. Lui era un demone potente non sarebbe bastato far assopire un po’ la sua coscienza per destabilizzarlo, solo che non sapeva come uscire dalla trappola.

«Come osi? L’unico motivo per cui viaggio cosi è perché non mi piace dipendere da altra gente!» La giovane puntò i suoi occhi blu contro quelli dorati della donna, poi, come se fosse stata richiamata, li puntò su Sesshomaru.

Il suo cuore iniziò a battere in modo molto veloce, portando un afflusso di sangue alle guance davvero notevole. Cosa le prendeva? Perché tanto sconvolgimento nel fissare quelle iridi fredde? Erano talmente dorati e ultraterreni! Un altro elemento che la bambina non possedeva.

Dal suo canto Sesshomaru sapeva di aver già visto quegli occhi celesti. Aveva già visto quel viso di porcellana e quella bocca, aperta in una ‘o’ muta di sorpresa. Improvvisamente per entrambi il mondo circostante sparì. Kuria stava arrossendo per lui?

Fuori dalla nebbia Hikari lanciava i suoi colpi di luce con i suoi tessen. In alcuni punti la nebbia se ne andava e, finalmente, la giovane ebbe modo di sentire l’aura negativa del nemico.

«Demone Genso preparati a morire!»

La lotta fu breve, ma intensa. Hikari però non era di certo una principiante e quando fu il momento giusto lo incenerì e con lui tutte le sue illusioni. La nebbia si diradò e le sue vittime furono libere.

Molto semplicemente erano caduti vittima di un sonno e con le loro menti vivevano un’esistenza parallela.

Sesshomaru era già da prima in parte sveglio, Kuria lo seguì subito. Si vedeva che era molto scossa.

Anche Kagome, Inuyasha e gli altri si svegliarono frastornati. Cosa era successo?

«Bene vedo che era proprio come pensavo. Abbattuto il demone Genso vi siete risvegliati, per fortuna.»

Sesshomaru se ne andò subito, insieme alla piccola Rin. Sparirono silenziosamente.

«Hikari credo proprio che tu debba darci delle spiegazioni!» Tra le due sorelle si scatenò un forte litigio! Solo l’intercessione di Kagome riuscì a riportare un minimo di calma.

Spiegata la vicenda del demone delle illusioni Hikari tentò di andarsene il più lontano possibile, non sarebbe di certo tornata dal padre ora che aveva la libertà!

«Aspettate dolce signorina, voi ci avete salvato quindi vi chiedo: vorreste fare un figlio con me?» chiese il monaco Miroku. A Sango stava per scoppiare una vena in fronte dalla rabbia.

«Oh monaco voi mi prendete in giro! – rispose l’altra con fare civettuolo – Così mi farete arrossire!» ridacchiò un po’ e poi si congedò.

«Hai una sorella un po’ strana, sorellina.»

«Ne trovi uno in ogni famiglia Inuyasha… nella tua potrebbe essere Sesshomaru.» Se la risero anche loro, ora che il soggetto era ben lontano dal poterli sgridare o peggio ancora.

«In effetti non credo che mio fratello abbia una grande intelligenza. Feh! Su forza sarà ora di tornare al villaggio per quell’ ‘esorcismo’» Si rivolgeva soprattutto a Miroku. Per il resto, solo uno stupido si sarebbe fatto sfuggire una donna come Kuria.

“Se lo sentisse Sesshomaru! Meno male che se ne è andato! Però chissà cosa mi è preso mentre ero intrappolata da quella nebbia? Mah sarà stata colpa del demone Genso. Ne sono sicura.” Scrollò le spalle e seguì il gruppo.


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Capitolo 15
*** La squadra dei sette ***


La squadra dei sette

Dopo quell’inconveniente avvenuto nella foresta contro il demone Genso il gruppo di Inuyasha si era rimesso in cammino.

Avevano incontrato dei vecchietti che parlavano di alcuni spiriti vendicatori, spiriti di mercenari sanguinari e indomiti. La squadra dei sette. Dopo aver ricevuto le dovute spiegazioni ed essersi rimessi in cammino, Kuria si chiuse in un silenzio quasi ermetico, sembrava che la sua testa stesse lavorando molto velocemente per elaborare le notizie ricevute.

Kirara si comportava in modo strano. Era scesa di fretta dalla spalla di Sango e si era trasformata. La sterminatrice le era montata sopra e pochi secondi dopo le due stavano volando alto nel cielo.

“Possibile che qui nei dintorni ci sia il fratello di Sango? Stando a ciò che mi hanno raccontato ha un frammento di sfera nel corpo con il quale Naraku lo controlla. Inoltre questa ‘squadra dei sette’ non mi è nuova. Nel periodo in cui Inuyasha è stato sigillato sono rimasta a girare per l’intero Giappone.”

Quando la delusione nel vedere Inuyasha sigillato l’aveva colpita Kuria non era riuscita a tornare in patria, anche perché era il primo posto dove Sesshomaru poteva seguirla e braccarla. Al tempo non sapeva usare benissimo Yoso, usava principalmente Caliburn, la spada del clan delle aquile. Ricordava di essersi scontrata contro dei tizi strani, possibile che fosse la famosa squadra dei sette?

Stava correndo da almeno due ore intere, la mano stretta a una spalla ferita che perdeva davvero molto sangue. Quel dannato Sesshomaru! L’aveva seguita? Figurarsi, si dovevano essere trovati per pura sfiga. Tentare di imporle il suo volere era cosa normale per lui. Kuria pensava fosse ormai quasi come un piccolo divertimento. Un pensiero che la faceva andare in bestia!

Fatto stava che la demone non era riuscita a contrattaccare i colpi velenosi del suo promesso. Ora non solo era ferita, ma anche avvelenata. Un connubio fantastico! Il tutto era avvenuto talmente in fretta da non lasciarle neanche il tempo di guardarlo in viso, non fosse stato per il veleno avrebbe dubitato perfino che fosse Sesshomaru e non un altro demone cane.

Per fortuna aveva trovato un torrente d’acqua cristallina, dove stava lavando la ferita come meglio poteva, il veleno però rimaneva. Era un veleno potente, poteva destabilizzarla per qualche ora.

«Che cosa avete signorina?» le chiese un uomo. Come al solito il suo aspetto era stato confuso con uno umano.

Decise di stare al gioco, infondo non voleva di certo far del male a un indifeso!

«Sono stata avvelenata – fece una smorfia di dolore – vi conviene allontanarvi prima che il demone che mi ha colpito mi raggiunga.»

«Non si preoccupi. Piuttosto prenda queste erbe la cureranno. Siete una samurai?» le chiese, sicuramente incuriosito dalle sue spade.

«Oh grazie. – mangiò che gli aveva dato – qualcosa di molto simile sì, perché?»

«Vedete il mio villaggio è stato distrutto da dei terribili mercenari. Si fanno chiamare ‘la squadra dei sette’ erano stati ingaggiati dal signore di un altro feudo contro il nostro. Vi volevo chiedere se mi potevate accompagnare fuori dalla foresta. Io non sono che un medico, non sono in grado di difendermi.»

Un uomo che le chiedeva aiuto. Un uomo che sapeva riconoscere le proprie debolezze, doveva essere scioccato dalla carneficina avvenuta nel suo villaggio.

«Ti accompagnerò al primo villaggio che troviamo sulla strada. Mi hai salvato la vita – se voleva continuare a far finta di essere una donna umana doveva ammettere che quel veleno era letale, anche se era una falsità. – Te lo devo.»

Erano stati in tranquillità, Sesshomaru non l’aveva seguita e riuscì a riprendersi velocemente, ma proprio quando stavano per lasciare il torrente la voce di una ragazza risuonò.

«Oh, sei qui bel medico!»

Con sommo orrore l’uomo si nascose dietro la figura di Kuria, sussurrando un “aiuto” disperato. Con altrettanto orrore la giovane Kuria si rese conto che la voce apparteneva a un uomo e non una donna.

«Eh una donna? Levati di mezzo, non devi interferire nell’incontro di passione che avverrà tra me, il grande Jokostu, e il medico!»

Kuria essendo originaria dell’Europa, sapeva bene che esistevano alcune persone che potevano invaghirsi o innamorarsi di persone con lo stesso sesso, non ci vedeva niente di male. Cresciuta a racconti greco romani, come avrebbe potuto? La disgustava il modo di comportarsi viscido.

“Comunque è solo un essere umano, inoltre non ha mire verso di me. Sarà più semplice batterlo. Userò Caliburn, non voglio scatenare la forza demoniaca di Yoso per un povero pazzo.” Non sapeva nulla sulla spada del suo avversario.

« Mi dispiace per te, ma ho promesso a quest’uomo di proteggerlo, mi ha salvato la pelle. Vedi di andartene! » Provare a convincerlo con calma forse poteva servire. Non era da lei, solitamente Kuria attaccava, senza disperdersi in chiacchiere inutili, in maniera quasi brutale. Forse stava imparando qualcosa da Sesshomaru, e stava mettendo a frutto le lezioni di Inu no Taisho.

« Nobile signore fate attenzione, la sua spada è una specie di serpente. Non si riesce a prevederne i movimenti! » Kuria annuì concentrata e sfilò Caliburn dal suo pesante fodero. Per chiunque altro al mondo quella spada era impossibile da sollevare, tranne per lei, che era stata accettata dall’arma come padrona.

« Ho capito. Tu scappa e non ti preoccupare per me, me la caverò! » L’uomo annuì e prese a correre verso nord.

« Donna ora affronterai la mia ira! » strillò il suo avversario.

« NON FARMI RIDERE! » Finalmente poteva mostrarsi per davvero, lanciarsi verso Jackotsu in modo sprezzante e tenendo sollevata Caliburn per sferrare il colpo.

« Prendi questo stupida. » Kuria fece in tempo a vedere un lampo di luce sprigionarsi da quella spada, che come una folgore andava verso di lei per colpirla.

“Quel medico aveva detto che era come un serpente. Questo vuol dire… sì, sono più lame tenute assieme! L’odore è inconfondibile! Caliburn è pesante, un solo colpo piegherà quelle lame all’indietro rispendendole al mio avversario!”

Aveva capito come evitare che la spada fosse prevedibile, ora bisognava mettere in pratica la sua idea. Non fu semplice, per niente! Quella spada si muoveva con solo gesto del polso del nemico. Infine però ci riuscì, rimandò indietro il colpo.

« Ehi tu che cosa sei? La tua spada sembra essere molto pesante, lo sento dai colpi e poi ti muovi a una velocità fuori dal comune. Non sembri una demone però! »

Kuria fece apparire le sue ali nere: « Credo che tu debba rivedere le tue convinzioni! »

Lo vide sgranare gli occhi, quella donna era forte e per di più un demone. Non valeva la pena continuare a combattere, si diede alla ritirata e Kuria lo lasciò fare. Stava meglio, ma il veleno di Sesshomaru le dava ancora qualche noia.

« che essere strano. La squadra dei sette eh! Se sono tutti dei pazzi come quello vuol dire che il mondo si sta riempiendo di matti! – esclamò Kuria rinfoderando la sua spada – eh spero solo che quel medico sia riuscito ad arrivare sano e salvo fuori dalla foresta. » decise che senza farsi vedere sarebbe andata a dare un’occhiata.

L’uomo arrivò protetto a un villaggio e lì si fermò venendo accudito dai paesani.

« che personaggi strani gli umani… a parte Izayoi proprio non li capisco – si grattò la nuca e poi fece spallucce – sarà ora di rimettermi in cammino se voglio continuare a depistare Sesshomaru. Eh già! » sospirando, o meglio sbuffando, Kuria riprese il suo percorso senza meta.

Una fuga senza sosta, nella speranza che un giorno il demone si stufasse di rincorrerla o che magicamente Inuyasha… tornasse da lei.

Kuria si riprese da vecchi pensieri e ricordi quando sentì un forte odore di polvere da sparo.

« Fucili? » si era chiesta Kagome

« Hai ragione Kagome! questi sono fucili! » Kuria aveva dato per scontato che li conoscesse solo perché veniva dal futuro. Kuria invece proveniva dall’Europa e ciò le dava un vantaggio in quanto ad armi da fuoco.

« Fu- che cosa? Sorellina, Kagome che state dicendo? »

« Sono delle armi inventate dalle parti delle mie terre… più o meno. In realtà se non sbaglio la polvere da sparo è cinese. In ogni caso per un essere umano sono davvero pericolose! »

Poi si aggiunse anche una grande quantità di sangue:

« Che si stia svolgendo una battaglia in modo non equo? » si chiese Kuria decisero di avviarsi per vedere cos’era successo.

Quando arrivarono alla fonte dell’odore di sangue trovarono tutti gli uomini uccisi. Al centro ce ne stava uno solo e a Kuria sembrava terribilmente famigliare.

Quella voce, quel modo di comportarsi e quella spada, più il fatto che avesse un frammento della sfera le diedero la conferma.

Tra tutte le cose che quel pazzo stava dicendo l’aver puntato lo sguardo su Inuyasha e pretendere di farlo suo mandò Kuria si tutte le furie. Nessuno si poteva permettere di toccare il suo fratellino.

« Sì, Inuyasha quello è uno dei sette. Mi pare che il tuo nome sia Jokostu, no? » intervenne Kuria fermando le speculazioni mentali del monaco e del fratello.

« Inuyasha è carino! Ma anche questo monaco è davvero un tipo affascinante! » disse calmo. Non rispondendo alle loro domande.

“Lo sapevo, è il pazzo viscido.” Perché dovevano capitare tutti sul suo cammino quelli strani? Peccato che il monaco non potesse risucchiarlo nel suo vortice a causa del frammento della sfera!

Senza che avesse il tempo di avvertire Inuyasha del pericolo il mezzo demone aveva sfoderato Tessaiga e Jakostu stava per usare la sua spada serpente.

« Inuyasha attento! Non puoi prevedere gli spostamenti di quella spada! » gli aveva gridato, ma il giovane non le aveva dato molta retta.

« Non ti preoccupare sorellina! » ma intanto stava venendo colpito ripetutamente, per fortuna le veste di fuoco lo proteggeva.

“Devo intervenire, anche per me quell’avversario non fu semplice!” Decise di sfoderare Caliburn e nello stesso momento giunse un inaspettato aiuto.

L’hirkostu  di Sango aveva colpito la spada serpente facendola ripiegare su se stessa e deviando il colpo. Come la volta precendente si era ritrovata Kuria sotto l’ira del pazzo, ora era Sango, che però venne colpita. Mentre Jakostu sbraitava come un matto Inuyasha lo colpì con un pugno e Kuria, subito dietro di lui colpì la sua spada, spedendolo lontano dal gruppo.

Intanto Kagome e Miroku erano andati in soccorso di una scioccata Sango. Restavano Inuyasha e Kuria stavano fronteggiare il mercenario.

Non ottennero nessuna informazione e furono costretti anche a scappare per colpa di un veleno potente.

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Capitolo 16
*** Il mago dei veleni ***


Il mago dei veleni

Quel veleno era molto potente, Inuyasha standone a contatto con un piede si era bruciato, mentre Kuria, che ne era stata totalmente travolta, sentiva un dolore tremendo irradiarsi dal centro delle sue ali fino alle piume più esterne. Prese a tossire e corse fuori dalla nube oscura.

« Accidenti! Questi non morti sono dannatamente forti. Inuyasha la prossima volta vedi di stare più attento con quel Jakostu. L’ho incontrato anch’io e mi ha messa in difficoltà. »

« Quel tizio ti ha messo in difficoltà? Non lo credo possibile! » Il mezzo demone sgranò a più non posso gli occhi dorati.

« Non fare quella faccia da idiota. Ti devo ricordare che sei stato inchiodato a un albero per cinquanta anni suonati? » ribatté l’altra scoccandogli un’occhiataccia da ‘rapace arrabbiato’ come la definiva nella sua testa il ragazzo.

« Non è il momento di litigare! » intervenne Miroku

« il monaco Miroku ha ragione – intervenne Kagome che intanto medicava la ferita di Sango – dobbiamo calmarci e stare attenti. »

Si trovavano in un luogo alle pendici delle montagne, l’inizio della foresta.

« Jakostu non dovrebbe essersi allontanato molto. » pensò ad alta voce Inuyasha, stava guardando verso il folto della foresta, dove iniziavano gli alberi.

« Lo vuoi inseguire? » Miroku aveva una faccia molto seria, cosa rara e le braccia conserte al petto, seduto su una roccia, come Sango.

« Non abbiamo altra scelta, dobbiamo farci dire tutto quello che sa sull’ubicazione di Naraku. »  Inuyasha chiudese le dita della mano in un pugno.

“Che testa dura! Proprio cocciuto non c’è che dire. Se vuole scontrarsi con quel tipo viscido non glielo impedirò di certo, però resto preoccupata.” Sospirando mentalmente Kuria tornò a concentrarsi sulla conversazione tra il monaco e il mezzo demone.

Ci fu un attimo di silenzio poi Miroku parlò di nuovo.        

« Vero. Cosa mi dici riguardo a quel gas velenoso? »

« In che senso? »

« Sembrava che Jakostu ne sapesse qualcosa, non credi? » Il monaco era dannatamente serio quando si parlava di Naraku. Molte volte Kuria si era ritrovata a pensare che sicuramente fosse molto in pensiero non solo per la sua salute, ma anche per le orribili azioni che compiva quel demone sanguinario.

« Potrebbe essere un altro dei sette. » Si capiva che Inuyasha fremeva dalla voglia di ritrovare Naraku e combattere.

In quel momento la mente di Kuria si distaccò da ciò che la circondava e s’immerse in veloci pensieri. Sentì Sango mormorare qualcosa, Inuyasha partire alla ricerca del tipo e Miroku dare una risposta affermativa, ma le scorreva tutto addosso. Buona parte della sua mente era occupata a ricordare dove quel medico era stato aiutato.

In quel momento le sue informazioni non superavano quelle dei compagni di viaggio. Non si era più imbattuta nella squadra dei sette, perché si era spostata ancora più a nord est e lì era rimasta. Isolata e sola, a parte per i suoi fidi servi, che ora non erano con lei, per molti anni.

“devo ritrovare quell’uomo… però - la fronte si corrucciò – se fosse già morto? Sono passati molti anni da allora, inoltre cose gli direi? Basta devo saperne di più! Andrò a cercare quel medico, infondo se restano qui gli altri non corrono pericoli.”

« Sango, Kagome, monaco Miroku – mai dare troppa confidenza a un pervertito come il monaco – vado alla ricerca d’informazioni su gli altri sei membri di questa squadra. Mi raccomando… state attenti. »

« Va bene, stai tranquilla Kuria. » risposero.

La donna voltò loro le spalle e iniziò a correre. Non poteva arrivare volando, si sarebbero accorti che era una demone, meglio far finta di essere in fuga da qualcosa.

Cosi fece. Inciampando anche per finta qualche volta, in prossimità del villaggio. La sua memoria non l’aveva ingannata, si ferì apposta a un piede, pregando che la ferita rimanesse abbastanza da chiedere di un medico.

« Aiuto, aiuto! » urlò uscendo dalla boscaglia e, fingendo di avere il fiatone, si accasciò di fronte a dei contadini in modo teatrale

« Cosa vi succede signorina? » chiesero subito questi, erano bravi a preoccuparsi dei loro simili a volte.

« dei mercenari, ma no che dico sembravano più dei mostri – si fermò a riprendere fiato in modo affannato e si portò una mano al cuore – erano tipi strani – prese a farfugliare, come se fosse stata in preda al terrore – non gli ho fatto nulla e loro sembravano volermi uccidere e... » di nuovo respirò affannosamente, aggiungendo l’effetto occhi lucidi

« Signorina si calmi la prego. Oh siete ferita! Venite, venite il nostro vecchio medico saprà come curarla e calmarla. »

“Nave colpita, bene il mio piano procede in modo molto spedito. Inoltre il kimono che mi ha regalato Sesshomaru sembra tornare utile. Non sarei mai potuta venire con solo l’armatura e le spade sono al sicuro sotto il vestito. Devo solo continuare a fingere.”

Ogni tanto faceva una faccia addolorata per ‘la sua povera gamba’ tenendosi ben aggrappata a quei signori.

Il più anziano tra quei signori andò a chiedere al medico se poteva visitare: « quella poverina che doveva aver incontrato gli spettri dei sette mercenari » come l’aveva definita lui, Kuria con il suo udito sopraffino sentiva tutto. Captò anche la voce preoccupata e agitata di quel signore che ordinava di farla entrare al più presto. Fu aiutata a salire i gradini che portavano all’abitazione, quella gente era buona dopotutto.

« Vi ringrazio dal profondo del cuore. » Kuria si inchinò rispettosamente prima di entrare nella stanza del medico, quegli le sorrisero imbarazzati e se ne andarono silenziosamente.

Quando varcò la soglia, trovò un uomo ormai vecchio, ma che si reggeva dritto sulle proprie spalle, anche se i capelli erano ormai bianchi e sicuramente la sua vista iniziava a dare problemi. Il posto era povero, c’era qualche tatami, gli attrezzi per medicare e un piccolo focolaio. La mancanza di oggetti era dispensata, però dal colore caldo e rassicurante delle pareti, inoltre il forte odore di legno aggiungeva un tocco di qualità.

« Salve! » Un nuovo inchino di rispetto.

« benvenuta straniera, come ti chiami? » le chiese il medico, la giovane preferì dire un altro nome al posto del proprio.

« il mio nome è Kurai, signore. » rispose alzando il volto e portandosi in posizione totalmente eretta. L’uomo ebbe un piccolo sussulto, subito represso.

« Bene Kurai, vieni fammi vedere quella gamba, la ferita non sembra molto seria. » Trafficò con gli oggetti del mestiere, le pulì la ferita e fasciò la gamba.

« Tenete questo infuso di erbe, mi sembrate piuttosto terrorizzata. – ci furono dei minuti di silenzio in cui Kuria si perse a guardare l’accogliente stanza – sapete è buffo voi mi ricordate tanto una donna che però – esitava – credo sia morta. » gli occhi blu di Kuria si posarono su quelli del dottore.

« Prego? » chiese con voce innocente

« Vedete è molto probabile che quei mercenari che avete visto siano dei ritornanti. Tu sei troppo giovane per ricordartelo, inoltre potresti non essere di qui, ma dieci anni fa vennero uccisi degli uomini che facevano i mercenari. – si mise a raccontare di come vivessero quegli scellerati e finalmente arrivò al punto che stava aspettando Kuria – vedete ero scappato, già scappato come un vigliacco! Incontrai questa donna, diceva di essere stata avvelenata e le porsi delle erbe. Sapevo di essere inseguito da uno di quei pazzi e, come un codardo, mi umiliai chiedendo l’aiuto di quella samurai. Alla fine quel pazzo, quel Jakostu – rabbrividì intensamente al ricordo il poveretto – ci trovò. La samurai mi disse di fuggire e che ci avrebbe pensato lei, feci come mi aveva detto. Scappai nuovamente, lasciandola da sola contro quella creatura sadica. Sapete me ne vergogno tanto. – sospirò – Tu… tu le assomigli molto se devo essere sincero. »

Durante quel lungo discorso gli occhi di Kuria non avevano mai lasciato quelli del medico, proprio come la volta precedente l’aveva lasciato parlare rassicurandolo. L’aveva ascoltato senza fiatare, un silenzio comprensivo. Non provava pietà per quell’uomo, ma stima e comprensione assoluta.

« Avete agito come ogni essere umano avrebbe fatto. Non c’è niente di cui vergognarsi nella paura, essa ci mette in salvo dai pericoli e restando in quel luogo magari lo scontro per quella donna sarebbe stato più complicato del previsto. Comunque credo di potervi rasserenare. – sorrise impercettibilmente – perché quella donna è viva. Vecchia ovviamente, ma viva e vegeta »

« come fate a dirlo? » chiese sconvolto il medico

« molto semplice: io sono sua nipote signore. Posso dirvelo con certezza perché mia nonna mi ha raccontato molte volte questa strana storia. »

L’uomo sembrò entusiasta, la incitò a raccontargli altro e Kuria si mise di buon impegno per inventare qualcosa.

« Mi ha detto che era stata la grazia dei Kami a farla uscire illesa da quel combattimento, inoltre era contenta che quell’uomo si fosse messo al riparo, o cosi sperava. Comunque mai mi sarei aspettata di incontrare quegli spettri, né di conoscervi. » Sorrise sinceramente, infondo aveva solo detto ciò che pensava.

« Comprendo. Su ora bevi il tè o si raffredderà. » l’uomo le apparì molto contento e più rilassato.

Dopo aver bevuto qualche sorso di tè, si decise a porgere la richiesta più importante:

« Chiedo scusa ma… – finse di essere esitante – potreste parlarmi nel dettaglio di questi esseri? Io sono fuggita dall’orrore subito, ma se li dovessi rincontrare vorrei sapere cosa fare e soprattutto riconoscerli. »

« Oh certo, ma potreste rimanere al villaggio da noi, sareste al sicuro. » Rispose il medico, si poteva mandare un messaggero per riportarla a casa.

« Perdonate ma tra poco, appena mi sarà concesso dalle mie gambe, mi rimetterò in viaggio. Devo arrivare in un posto preciso e, sfortunatamente, è un percorso che devo fare da sola. » chinò il capo. Era diventata brava a furia di raccontare bugie a sua madre e a quella di Sesshomaru.

« dite sul serio? Hum, in questo caso capisco, va bene vi racconterò tutto ciò che so giovane Kurai»

« Vi ringrazio infinitamente, siete una brava persona. » rispose Kuria inchinandosi con rispetto.

« Ah, di niente. Lo trovo un modo per sdebitarmi verso quella buona donna che mi salvò. »

Non sapeva che in realtà si stava riferendo proprio a quella donna che l’aveva strappato alle grinfie della morte più di dieci anni fa.

Raccolte le informazioni, e quindi raggiunto il suo scopo, Kuria salutò e ringraziò di cuore, come avrebbe fatto davvero una donna umana. Si lasciò il villaggio alle spalle e appena fu sicura di non essere vista spiccò il volo. Qualcosa non andava se lo sentiva dentro!

Poco dopo, infatti, scorse le figure di Sango e Miroku in groppa a Kirara. Dov’era Kagome? Era troppo lontana per gridare loro di fermarsi, quindi decise che li avrebbe raggiunti. Infine avvertì un’impercettibile traccia, nascosta dall’odore schifoso di veleno, del profumo di Kagome.

“Come immaginavo quel tipo che ci ha lanciato contro il veleno l’altra volta era uno dei sette. Questo vuol dire che ha… rapito Kagome?” spalancò gli occhi preoccupata, mentre sbatteva le ali nere freneticamente, affannandosi a cercare anche l’odore di Inuyasha. Non lo trovò ciò confermava la sua ipotesi.

Kagome era stata rapita!

Immerso nella natura, tra gli alberi dalle chiome verdi, c’era Sesshomaru. Voleva parlare con il fratello. Aveva trovato quel ragazzino che tanto si affannava a cercare. E proprio così aveva scorto Kuria che volare agitata nel cielo come poche volte nella sua vita.

“Sarà meglio andare a controllare che non faccia qualche sciocchezza. Inoltre se seguo lei troverò anche quel fetente mezzo demone di Inuyasha.” 

Una vocina dentro di se gli chiese perché stesse facendo quell’azione di carità, la zittì subito.

Vedendo del veleno uscire da quella casa infernale e i suoi compagni di viaggio spaccare il tetto, Kuria fu sicura che il maledetto Mukostu fosse lì. Si lanciò dentro la casa, mossa azzardata e sbagliata!

Prima di lei erano caduti Sango, Miroku e anche Kirara, si parò di fronte ai suoi amici. Essendo comunque una demone di tipo maggiore su di lei il veleno ci metteva più tempo per fare effetto.

« Vattene se vuoi salva la tua seconda esistenza! » gli gridò

« Belle ali! » commentò quell’essere basso e grasso. Aprì un altro dei suoi barattoli, Kuria sentì fitte dalla punta più esterna delle sue ali fino alla parte più interna, per entrare ancora più in profondità nella schiena.

Cercò di non cedere ma, piano, piano, crollò a terra in preda a un tremendo dolore. Era come se qualcuno le stesse spezzando le ossa una dopo l’altra, lentamente.

“Maledizione non immaginavo fosse cosi bravo questo tizio. Fa male, maledettamente male.” cercò di alzarsi, ma ogni gesto era vano. Cadeva a terra stremata e le toccava assistere a quella scena cruenta dove uno dei sette tentava di sposare Kagome.

“Kagome tieni duro, a costo di morire dal dolore lo ammazzo.” Kuria si trascinava e strisciava per terra cercando di muoversi.

Inaspettatamente qualcosa fermò Mukostu facendolo cadere a terra.

Un raggio verde fu l’unica cosa che all’inizio Kuria e gli altri riuscirono a vedere poi, tra i fumi del veleno che appestavano l’aria, si scorse una figura bianca. Tutto lì era tendente al nero, perché fatto con il legno e annerito dai fumi, quindi la figura di Sesshomaru, candida, spiccò in quel luogo come quella di un salvatore divino. Un vero paradosso!

“Sesshomaru non avrei mai pensato di essere cosi felice nel vederti!” Si sentiva come se una montagna le fosse caduta addosso.

Ovviamente a Sesshomaru importava poco dei compagni di squadra di Inuyasha, ma lo voleva trovare al più presto. Quindi non si perse in tante cerimonie, come era solito fare, e andò dritto al punto.

« Dov’è Inuyasha, non è qui? » aveva chiesto, il suo sguardo puntato verso la parate davanti a lui.

“Scemo, ma non sentivi dall’odore che non c’era? Inoltre non lo vedi! Aspetta non è lui quello che ha i sensi ultra mega super sviluppati? Mister ehi sono il più grande e puro demone del mondo! – un’idea le passò per la testa – questo potrebbe voler dire che… che ha deciso di salvarci?” era scioccata, se avesse potuto avrebbe scosso violentemente la testa.

« Tu chi diavolo sei? » chiese Mukostu sorpreso dall’intervento del demone albino.

« Chi sei tu, piuttosto. » rispose Sesshomaru degnandolo di un’occhiata in tralice, molto disgustata. I suoi occhi dorati sembravano brillare.

« Cosa? mi hai colpito senza sapere chi fossi? » Chiese stupito l’essere, perché chiamarlo uomo era un insulto agli esseri umani.

Quello prese le sue robe e corse fuori dalla capanna. A quel punto Kuria si aspettava che, approfittando del momento, Sesshomaru l’avrebbe presa di peso e portata via.

Le sue previsioni erano totalmente sbagliate, almeno per il momento, il demone maggiore uscì dalla capanna inseguendo con molta eleganza e calma la sua preda. Chiedendogli perché si muoveva ancora.

“Ah ecco vedi che c’era il trucco! Mi sembrava troppo strano che fosse interessato a far fuori quel Mukostu solo perché ci ha avvelenati tutti, vuole sapere perché è ancora in grado di muoversi tranquillamente! Che diamine potrebbe pensare anche un po’ ad aiutarci eh! Oh ma che sto pensando sono matta? Sesshomaru che aiuta? Ah, ah, ah bella barzelletta! Il veleno deve essermi entrato nel cervello!” Deriderise se stessa.

Intanto Sesshomaru pensava a quanto quel tipo basso e tarchiato fosse scemo. Aveva davanti un demone come lui e lo affrontava? Con dei miseri veleni umani. Povero stolto. I modi di fare così senza senso di quell’essere non morto erano davvero comici e, negli occhi di Sesshomaru, brillava una piccola scintilla di derisione. Se non fosse stato perché lui era il grande e potente Sesshomaru, si sarebbe messo a ghignare.

Lo fece fuori con un solo colpo di Tokijin. Ovviamente non si affannò nel prendere il frammento della sfera che c’era nel corpo di quell’essere abominevole e stupido. Lui non era interessato a quella schifezza immonda.

« Credevi davvero che un veleno umano potesse avere effetto su un essere come me? » chiese al cadavere, rimettendo al suo posto la spada.

Appena il demone bianco finì di parlare si sentì Inuyasha arrivare di corsa urlando il nome della giovane sacerdotessa.

“Bel tempismo fratellino. Totalmente fuori tempo!” Pensò un po’ acidamente Kuria mentre ancora tentava di sollevarsi da terra.

« Sesshomaru? – entrò di corsa nella catapecchia – Kagome! » Urlò Inuyasha preoccupato.

Shippo costatò che erano stati tutti battuti e Inuyasha si mise a strillare, ovviamente, contro suo fratello.

« Ti sbagli Sesshomaru ci ha salvato. Ha ucciso uno dei sette. » Dalla voce di Kagome si poteva intuire la sua grande stanchezza. Chissà cosa doveva averle fatto quell’essere spregevole prima che arrivassero loro.

« Non l’ho fatto intenzionalmente. – A Kuria parve quasi tentasse di scusarsi. Aveva compiuto un atto nobile e si scusava… o meglio si giustificava. Quel demone era matto! – Volevo solo parlarti, ma quel nanetto m’infastidiva cosi l’ho sistemato. Niente più di questo. » Terminò Sesshomaru guardando da tutt’altra parte.

Per poco quelle parole non causarono un infarto a Kuria.

“Il mondo ha preso a girare al contrario! Oh Kami sama prima di tutto Sesshy mangia gessi che si giustifica, non si è mai visto ne in cielo ne in terra. Secondo lui che ammette di voler parlare con Inuyasha! Deve essere uno scherzo!” erano gli unici pensieri più o meno coerenti che riuscisse a formulare, nel delirio che le stava dando il dolore lancinante alle ossa.

« Cosa dovevi dirmi? » chiese sulle spine Inuyasha

« Nei dintorni si sente l’odore di quel ragazzino di nome Kohaku. Per caso anche Naraku è qui? » chiese circospetto Sesshomaru, fissando il fratello con la coda dell’occhio dorato.

“Anche qui mi sembrava fosse troppo strano che non ci fosse un secondo fine. Ah, bene il mondo non gira al contrario a quanto pare – la sua mente si fermò per qualche secondo a ragionare – Fermi tutti perché all’improvviso anche lui cerca quel demente pazzo scatenato di nome Naraku?” tese le orecchie per ascoltare la risposta del suo fratellino

Visto l’eloquente silenzio prolungato del fratello minore Sesshomaru, disse: « Rispondi Inuyasha sai dov’è Naraku? » la sua voce era calma e priva del solito scherno o presunzione.

« No. Purtroppo neanche noi l’abbiamo ancora trovato. Comunque i non morti che ci stanno attaccando sono stati rianimati da alcuni frammenti della sfera. Senza dubbio Naraku è qui vicino.» Affermò Inuyasha stringendo i pugni e trattenendo la rabbia.

Sesshomaru restò in silenzio, come se stesse pensando, poi si mosse verso l’interno della capanna. Inuyasha lo guardava in attesa di qualcosa. Infatti, il demone prese in braccio una pallida e sfinita Kuria, che però era ancora totalmente e mentalmente attiva.

Dentro di sé, la sua testa, stava dando i numeri. Sesshomaru l’aveva presa in braccio, senza caricarsela addosso come si fa con i sacchi di patate, Sesshomaru non aveva fatto a fette Inuyasha, Sesshomaru non era derisorio, Sesshomaru chiedeva informazioni a suo fratello, Inuyasha non muoveva un muscolo e non si lamentava del fatto che il fratello maggiore la stesse rapendo. Dopo un veloce vaglio di tutta quella situazione il suo cervello decise di chiudere bottega e andare finalmente in vacanza. O per meglio dire svenne tra le braccia dell’amato e odiato Sesshomaru.

« Per ora mi è sufficiente sapere questo. Lei viene con me, sarebbe un peso per te. »

“Inoltre non voglio che le capiti niente.” Rigettò subito quel pensiero nel fondo della sua coscienza seppellendolo.

 angolo autrice (originale):

ok allora cercherò di trovare un po' di allegria... *oooommmm, ooooommm* ehm ehm

lungo come capitolo no? ;) sono sette pagine di word. Quando le ho contate mi sono bloccata XD e ho detto... COSA?!? non pensavo di aver scritto cosi tanto (ho cercato di trovare e correggere gli errori anche aiutandomi con il correttore di word). Ho aggiunto alcune parole o piccole frasi in giapponese (alcune prese dal mio libro di Giapponese).

Bene vi è piaciuta questa invenzione di Kuria? è brava a fingere. Molto scaltra oserei dire (soprattutto se le battute erano premeditate XD)

^^ bene Sesshomaru si è portato via Kuria, anche perché trovo improbabile che sarebbero riusciti a trasportare Kuria in giro, avrei dovuto farla rimanere ferma nel prossimo capitolo, magari a sognare... ma sarebbe venuto qualcosa di corto. Quindi preferisco farla scontrare/litigare con Sesshomaru XD :)

so che non racconto molto di Inuyasha e co, ma principalmente la storia è basata su Kuria. Se mi mettessi a descrivere per filo e per segno gli ep sarebbe noioso e ripetivo non solo per me, ma anche per voi no?

Come avrete notato non copio i pensieri degli altri personaggi, ma solo i discorsi. Il motivo è sempre lo stesso.

Allora nell'ultima parte del capitolo Kuria ha fatto un po' la baka sclerando mentalmente... insomma vorrei vedere voi al suo posto XD io avrei dato di matto. Inoltre non si poteva muovere! XD

beneeeee ora io scappo sperando che vi sia piaciuto come capitolo ^^ 

martyvax ^^ 

Angolo autrice revisione 2023: 

Non ho modificato molto, solo tolto le frasi in giapponese che rileggendole dopo anni ammetto un pochino stonavano. All'epoca non ci pensavo, ero piccola e stavo anche tentando di imparare qualche parola. Ho mantenuto invariate alcune battutine di Kuria verso Sesshomaru, altrimenti il personaggio perderebbe tutto il suo lato comico. 

Sesshomaru è... un personaggio complicato. Freddo, ma passionale. Molto arrabbiato perché si sente scartato dal padre e questo lo porta a soffocare qualsiasi buon sentimento, anche quando agisce per il bene altrui vuole far presente che 'è stato un caso'. In parte lo capisco e forse anche per questo mi piace così tanto.

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Capitolo 17
*** Come ti è saltata in mente una cosa simile?!? ***


Come ti è saltata in mente una cosa simile?

Quando Kuria si fu svegliata, sentì un gran mal di testa e gli uccellini che cantavano sereni.

“che diamine?” si chiese portandosi una mano alla fronte. Dove si trovava? E chi l’aveva portata lì? Quella domanda la porto a chiedersi: che cavolo era successo?

« ben svegliata signorina Kuria » il visetto dolce e allegro di Rin spuntò improvvisamente davanti alla demone confusa.

« eh? » fu la grande risposta insensata

« state ancora molto male? Quel veleno era cosi forte? » domandò Rin presa quasi dal panico

« veleno? – Kuria si ritrovò a fare quattro veloci conti e ricordò tutto – oh kami sama! Rin sto bene. Dimmi dov’è Sesshomaru? »

“gli stacco la testa a quel salame deficiente! Portarmi via proprio quando Inuyasha e gli altri avrebbero avuto bisogno di me! Quel farabutto, quel, quel… quell’infingardo.” dentro la sua testa stava dando a Sesshomaru un miliardo di epiteti poco carini.

« il signor Sesshomaru è andato via. Siamo qui con Jaken! » esclamò la bambina sorridendo

« la cosa ti emoziona cosi tanto? » chiese perplessa Kuria

« ehm no in realtà mi manca il signor Sesshomaru, anche a voi manca? » chiese Rin sedendosi di fianco alla donna

« ehm – stava per rispondere: assolutamente NO – ogni tanto dipende dai momenti. Io sono molto più grande di te e a volte avere Sesshomaru vicino mi infastidisce »

« perché? » chiese Rin spalancando gli occhi

« perché non riesce mai a farsi gli affari suoi, perché pretende di sapere sempre tutto lui, perché lui è sopra di tutti, perché è egocentrico, perché è un maschilista della peggior specie, perché… »

« che persona priva di tatto! » esclamò sarcastica una voce. Proprio quella contro cui Kuria stava lanciando accuse di tutti i tipi. Kuria per poco non era saltata in aria dallo spavento. Si era contenuta e aveva voltato leggermente il capo.

« Sesshomaru! Sì, certo, tu non sei un demone molto gentile lo ammetterai. » replicò la donna incrociando le braccia sul seno.

« Che cosa dite signorina Kuria, il signor Sesshomaru è un demone molto gentile! » per poco Kuria non aveva gli occhi a palla. Certo c’era da ricordarsi che Rin era stata salvata in più di un occasione dal suddetto demone, che ora, per la precisione, faceva un piccolissimo ghigno di vittoria nei confronti della sua promessa.

Era come avere l’ultima parola in quell’assurdo discorso. Lui non era cattivo, eliminava solo chi gli dava delle noie. Lo avvertiva anche prima! Certo odiava a morte Inuyasha e un giorno lo avrebbe ucciso, tessaiga o no.

« Rin – la richiamò Sesshomaru con quella sua voce gelida e indifferente – tieni porta questa a Jaken. È l’erba medicinale. »

“Fermi tutti! Sesshomaru è andato a cercare erbe per disintossicarmi? Non è possibile!”

« Jaken è avvelenato? » chiese perplessa. Rin si mise a ridere socchiudendo gli occhi.

« signorina Kuria siete voi a essere intossicata da qualche veleno, il signor Sesshomaru è andato a cercarvi la medicina. » detto ciò Rin sparì correndo via

« che cosa? – rimase qualche secondo in piena catalessi – Sesshomaru! – aveva urlato, cosa che non piaceva al demone – tu avresti preso delle erbe mediche per curare me? » era assolutamente incredula

« me l’ha chiesto Rin. Mi ha pregato di aiutarti » rispose con indifferenza il demone, che si era seduto di fianco a lei

« ah vedi che c’era il trucco. Mi sembrava troppo strano che tu tenessi alla mia vita » disse sarcastica

« oh ma io non ti lascerei mai morire in quel modo » rispose il demone con tono un po’ freddo e ironico

« eh certo dimenticavo: prima devo portarti un minimo di rispetto, poi quando mi avrai domata, potrò anche morire sotto i tuoi occhi. – ringhiò quasi furiosa – tanto a te non importa niente di nessuno! » si stava alterando e anche molto. Quelle parole dentro Sesshomaru provocarono qualcosa. Era la solita stretta allo stomaco, la stessa che avvertiva quando lo appellava con epiteti volgari.

Le si avventò contro ringhiando ferocemente. Le strisce ai lati della faccia arrossate e gli occhi pure, anche i canini sembravano più affilati.

« non sfidare la mia pazienza donna » ringhiò cupo

« che c’è pensi di farmi paura? Te lo scordi! Non sono di certo un’ipocrita. Ho tutta l’intenzione di dirti come penso che stiano le cose! » strillò di risposta Kuria, mentre si divincolava furiosamente.

Le prese i polsi e li bloccò sopra la testa di Kuria. Odiava quel modo di fare cosi irritante, ma seducente, della sua promessa. Non poterla avere in nessun modo lo mandava in bestia. Inoltre le sue parole lo colpivano sempre, che fossero volontarie o no, in un punto della sua anima sensibile. Sapeva che non si trattava dell’orgoglio, ma di altro.

« mi stai sfidando? – la voce era cavernosa e letale – vuoi che ti ricordi di cosa sono capace? » eppure Kuria sembrava non avesse la minima paura. Neanche un brivido gelido le era passato per il corpo. I suoi occhi color acqua lo fissavano con indignazione e furore.

« mi chiedo come faccia Rin a dire che sei una persona buona. – assottigliò gli occhi – ho paura che tu la stia usando per qualche tuo remoto scopo »

Quell’accusa improvvisa nella quale Kuria non stava pensando a se stessa, neanche mentre il corpo di Sesshomaru la sovrastava in tutti i sensi, fece perdere l’ultimo briciolo di lucidità al demone.

Con un ringhio furioso si avventò sulle labbra rosse e morbide della yasha. La costrinse a un bacio forzato, privo di passione e amore. Un bacio più che possessivo, quasi animalesco. Con uno smacco si staccò da quella labbra scendendo sul collo, mordendolo e leccandolo. Più che passione nel possederla, sembrava che entrambi stessero ingaggiando una lotta all’ultimo sangue.

Infatti anche la yuki di Kuria era aumentata e appena Sesshomaru si fu staccato dal suo collo quest’ultima con uno scatto veloce, nonché totalmente imprevisto dal demone bianco, riuscì a mordergli una spalla. Facendogli pure uscire un po’ di sangue.

Improvvisamente Sesshomaru si sollevò dal corpo di Kuria, di certo non per quella piccola ferita, e lei fece lo stesso, anche se con un po’ di difficoltà dovute al veleno. Provavano entrambi una sorta di imbarazzo per ciò che era successo, per la perdita più totale di controllo.

« Resta sdraiata. Non ho voglia di raccoglierti di nuovo se svieni. Sta qua e aspetta Rin. » Così Sesshomaru le voltò le spalle andandosene.

« Cosa? Come ti permetti? Prima… ah ora non sono più buona neanche per un combattimento! » infondo era sempre una testa calda, sventolava un braccio per aria con modi indignati.

« Se proprio ci tieni a venire sconfitta e a far vedere a Rin il nostro odio. » disse Sesshomaru freddo

« Rin? » si voltò appena in tempo per scorgere la figura della bambina tutta sorridente che correva nella loro direzione.

Quando fu giunta a destinazione smise di sorridere e guardò i due demoni perplessa: « qualcosa non va? »

“perspicace la bambina” pensò Kuria

« no stai tranquilla io e Sesshomaru abbiamo avuto un piccolo disguido. Ora però è tutto a posto… abbiamo stabilito una tregua » di certo non poteva dirle che avevano fatto pace.

Se solo Sesshomaru avesse provato un briciolo d’amore nei suoi confronti, allora sarebbe stato tutto diverso. Piano, piano lei avrebbe ceduto. Eppure non si poteva chiedere al Sole di non sorgere a est ogni mattina e tramontare a ovest. Cosi non si poteva chiedere a Sesshomaru di non di essere quel demone freddo e calcolatore che faceva innamorare tutte a palazzo.

Sesshomaru se ne andò senza dire nulla a nessuno. Lasciando da sole le due ragazze. Due femmine che non voleva ammettere essere fondamentali nella sua vita.

Rin bambina umana. Con l’innocenza che potrebbe avere solo un fiore, non portava nessun rancore ed era sempre pronta ad aiutare il prossimo senza riserve. Era colei che gli regalava sempre un sorriso puro o qualche cosa raccolto da terra. Era colei che aveva riempito il silenzio dei suoi viaggi. Rin si fidava totalmente e assolutamente di Sesshomaru.

Kuria invece era un argomento più ispido e irto. Era cosi difficile comprendere cosa si aggirava nella testa di quella donna demone. Sesshomaru non riusciva a capire perché tanto attaccamento verso Inuyasha e neanche perché continuasse ad andare contro il matrimonio che Inu no Taisho aveva istituito anni a dietro. Sapeva solo che vederla a volte gli costava una stretta allo stomaco, spesso attribuita alla rabbia. Vederla viva dopo un combattimento era sempre stato rassicurante, anche se non l’avrebbe mai ammesso. Poi in parte gli piaceva quel modo di fare poco civettuolo, quel mettersi sempre in gioco senza riserve. Sapeva che Kuria sarebbe sempre stata sincera con lui, non si comportava come un’ipocrita e non puntava a sposarlo solo per essere regina. C’era anche stato un tempo che erano andati persino d’accordo.

Kuria era rimasta sola con la piccola Rin che subito si era messa a raccogliere fiori.

« signorina Kuria è vero che un giorno lei sposerà il signor Sesshomaru? »

« eh come cosa? Chi ti ha detto una roba simile? » chiese Kuria allarmata

« ah me l’ha detto Jaken – rispose sorridendo contenta la piccola Rin – ma non mi avete ancora risposto » piagnucolò un po’

« Rin la situazione è più difficile e complicata di quanto tu possa pensare »

« oh lei dice? »

Una terza voce le interruppe di colpo.

« ah, ah, ah sfortunatamente la mia sorellina ha ragione! Ehi ci rincontriamo eh! » da sopra un albero era spuntata proprio Hikari. I suoi lunghi capelli quasi banchi risplendevano con gli ultimi riflessi del sole calante, la sua voce era uno scampanellio piuttosto irritante.

« Hikari pensavo fossi tornata a casa! » rispose Kuria fissandola male

« Oh perché mai dovrei. Proprio quando mi si presenta l’occasione di essere libera non me la faccio scappare. Lo sai io non faccio lo stesso errore due volte. » La giovane saltò giù dall’albero.

« Buonasera anche a te piccola erede » disse Hikari verso Rin e, parandosi il viso con il tessen, ridacchiò un po’.

« buonasera » rispose stranita la bambina.

Non si incontrava tutti i giorni una donna demone schietta e strana come Hikari, la sua visione lasciava sempre la gente un po’ tramortita.

« Allora sorellona sei in una marea di guai vero? – chiese amicando la sorella minore – devi aver preso qualcosa di davvero destabilizzante se sei ancora qui. » la fissò da vicino

« A te che importa Hikari? Si può sapere che vuoi? »

« Oh siamo permalose eh? Be prima erano informazioni da parte di papà ora sono da parte di mamma, contenta? » aveva anche la gran faccia tosta di irritarla, povera Kuria.

« Sentimi bene, Hikari, prima che mi scoppi una vena sulla fronte, vedi di dirmi ciò che mi devi dire e poi non rompere più. »

Il caratteraccio Inuyasha doveva averlo ereditato proprio da Kuria.

« Eh già tra moglie e marito non mettere dito, è proprio vero accidenti! Tieni è una lettera. »

Cara figliola

Vorrei che tu aiutassi tua sorella a ribellarsi dal giogo di vostro padre! Come bene sai non ho potuto molto per lei, questo mi fa sentire in colpa. Con le tue sorelle maggiori e te sono stata penso una brava madre, almeno ci ho provato. Lei però è caduta nelle grinfie di quel demone e come bene tu sai neanche qui sarebbe al sicuro.

Ti prego fa qualcosa!

Tua madre.

« riguarda più te che me disgraziata! » disse Kuria dando la lettera a sua sorella che subito la lesse avidamente.

« ringrazio per il gentile pensiero, ma non ti scervellare cara sorellina! Nostro padre non ha molti piani per me. Io non ho intenzione di dargli la possibilità di rovinarmi la vita, comunque. » concluse la giovane dai capelli chiari

« scusate se mi intrometto signorine – si fece avanti Rin – ma non capisco davvero una cosa su di voi – le due la guardarono come a incitarla a continuare – come fate a conoscervi cosi bene se avete vissuto sempre separate? » la sua voce era talmente pura e innocente che fece sorridere le due sorelle.

« vedi Rin – iniziò Kuria portando gli occhi al cielo ormai scuro – ci siamo conosciute tanto tempo fa, opterei per circa un secolo addietro. Io avevo lasciato qui da solo Inuyasha ed ero ripartita per la mia terra d’origine in Europa. Stava per avvenire una grande guerra ed ero indispensabile. Hikari fu mandata ad aiutarci. Nel momento in cui i miei piedi toccarono il suolo della terra delle aquile lei era già lì. »

« all’inizio fu davvero difficile andare d’accordo, sai? – continuò sorridendo Hikari e inclinando un po’ la testa – avevamo due mentalità diverse, inoltre io la conoscevo già di nome la mia fantomatica sorella maggiore. Sentivo il peso e l’importanza che portava intorno a se. A casa mia il solo nominarla faceva scaturire molto vociferare. Eppure nella terra di mia madre veniva rispettata in tutto e per tutto non solo come futura possibile regina, ma come un’amica e una protettrice. Da me era quasi come un fantasma inconsistente, Kuria era un fantasma creato sul chiacchiericcio e le voci di salotto. Per quello ero tanto agitata. »

« ero tutto, ma allo stesso tempo non ero nessuno. Promessa sposa del principe e straniera venuta da chissà dove. »

« oh ma il signor Sesshomaru vi avrà sicuramente aiutato! » replicò la bambina con convinzione crescente nella voce. Sesshomaru per lei era buono. Inoltre nessuno lì voleva rovinarle quel bel sogno, rovinando così anche l’incantesimo che stava facendo sul demone.

« Ora dormi Rin. » Kuria non rispose a quell’affermazione, la sorella Hikari dopo poco se ne andò salutando amichevolmente.

La giovane rimasta sola con il kappa e Rin tentò da prima di non addormentarsi, ma era davvero troppo stanca. Il giorno prima erano successe tante di quelle cose e anche quella giornata non era da meno.

Prima di addormentarsi però, tra la veglia e il sonno, non poté fare a meno di chiedersi cosa fosse quell’odore di bruciato che già da qualche minuto permeava l’aria.


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Capitolo 18
*** In realtà: cosa vuoi da me? ***


In realtà: che cosa vuoi da me?

La mattina dopo Kuria si alzò di buona ora. Il suo fisico resistente aveva già smaltito quel dannato veleno che due giorni prima l’era entrato in circolo.

“certo che questi sette, che ora sette non sono più, non dovremmo prenderli cosi sottogamba” pensò sbuffando. Il giorno prima, per colpa di quel dannato Mukostu, era stato un vero inferno. Kuria aveva litigato, come sempre, con quel cane di Sesshomaru, visto sua sorella e ricevuto una lettera dalla madre. Per sua fortuna con lei c’era Rin!

Si era svegliata per prima, o cosi credeva. Perché non sapeva se Sesshomaru avesse degnato la compagnia durante la notte della sua presenza.

“è un dannato! L’ho sempre detto” pensò mentre raccoglieva l’acqua dal fiume. Essendo stata come una sorella maggiore per Inuyasha sapeva bene come arrangiarsi per far mangiare una colazione decente a una bambina dell’età di Rin. Inoltre era più che sicura che la piccola non mangiasse bene, insomma neanche Sesshomaru in persona mangiava bene con tutto quel nomadismo, figurarsi uno scricciolo umano!

« Rin è ora di alzarsi. » le disse per svegliarla

« che ore sono? »

« è tardi su forza! Il sole è già sorto da un bel po’ di tempo, la colazione si fredda » non che avesse cucinato molto cibo, ma credeva che in quel frangente il pesce fosse più buono da caldo.

Osservò la bambina mangiare con sano piacere e sorriderle a fine pasto.

« bene, ora che hai finito devi lavarti. » si aspettava un sacco di lamentele e di doverla convincere che per il suo benessere doveva fare come le diceva lei, Inuyasha sul quel punto l’aveva fatta diventare matta.

Invece ricevette un placido assenso, la bambina si lasciò pulire tranquillamente. Giocarono per l’intero pomeriggio, Jacken aveva tentato di partecipare ma infine aveva preferito rimanere a guardare.

« signor Sesshomaru! » gridò Rin improvvisamente correndogli incontro a braccia aperte.

Kuria si limitò a guardarlo attentamente, sentiva qualcosa nell’aria che non le quadrava. Cos’aveva il demone addosso per puzzare tanto? Dov’era andato a cacciarsi durante quella notte?

« Sesshomaru hai fumato la pipa? Puzzi terribilmente di… bruciato! »

« non sono affari tuoi… femmina » ecco la solita risposta maschio cavernicolo.

“Sesshomaru a volte ti comporti proprio come un bambino piccolo!” pensò Kuria lanciandogli un’occhiata annoiata per poi sbuffare, dandogli le spalle.

Finiti i dovuti ‘convenevoli’ per salutare il grande signor Sesshomaru, Rin e Kuria ripresero a giocare e raccogliere fiori, Jacken si prodigò ad annoiare a morte il suo signore con quella voce stridula e gracchiante.

Come buona norma Kuria stava già organizzando nei più piccoli dettagli la sua fuga, Rin era al sicuro con sesshomaru ma Inuyasha poteva aver bisogno di lei. Inoltre la convivenza con il principe dei demoni era faticosa.

Era sera ormai inoltrata, la yasha stava solo attendendo che il demone si addormentasse. Si sarebbe dovuta ricordare che il suo promesso sposo non era cosi stupido, come spesso dimostrava di essere. Mentre andava a mettersi lontano da lui per dormire aveva sentito la sua mano trascinarla verso terra, andando a sbattere contro il suo petto. Gli era in pratica in braccio.

“che situazione tremendamente imbarazzante” pochi secondi dopo un enorme afflusso di sangue si diffuse per le gote bianche di Kuria.

« Se-Sesshomaru, mi hai fatta cadere! » si lamentò divincolandosi a più non posso.

Poche, pochissime volte si erano trovati cosi vicini l’uno all’altra. E se da una parte per Kuria era tremendamente imbarazzante, dall’altra per Sesshomaru era molto divertente. Mantenne uno sguardo indifferente, lui era il demone puro.

« Oggi dormi vicino a me. Non osare contraddirmi, non ho voglia di discutere e sveglieresti la bambina. Dormi. » più secco e tagliente di una lama. Antipatico!

La posò sul terreno, avvolgendola con la sua stola bianca, osservandola mentre tentava di addormentarsi in preda a un imbarazzo senza precedenti. Lui non avrebbe dormito quella notte. Non era consigliabile con quella squadra di pazzi umani deconcentrarsi.

“di nuovo quell’odore di bruciato… no è polvere da sparo! Inuyasha devo andare ad aiutarlo”

Intanto poco lontano il gruppo di Inuyasha aveva ripreso la sua lotta con la squadra dei sette. Si trovavano in seria difficoltà, l’aiuto di Kuria sarebbe stato molto efficace.

Inuyasha, con i suoi soli artigli da mezzo demone, stava perdendo contro Suikostu. Era già stato colpito più volte.

“Come ti permetti dannato stupido verme!” Kuria aveva fatto un patto, incredibile a dirsi, con Sesshomaru. Ora era arrivata anche lei sul campo di battaglia. Subito scagliò uno dei suoi pugnali nascosti contro il non morto.

« Mister gasato perché non ti batti con qualcuno della tua taglia, eh? »

« Kuria! » esclamarono i suoi compagni di viaggio, mentre Inuyasha la osservava preoccupato.

« Va via sorellina! Potresti essere ancora debole! » Lei lo osservò appena con la coda dell’occhio, stare con Sesshomaru le faceva più male che bene. Il suo carattere diveniva freddo in battaglia.

« Ah una semplice donna! Ti farò a pezzi, ma se proprio ci tieni… » odiava quel sorriso beffardo.

Kuria assottigliò gli occhi, fino a farli diventare due fessure e infine si lanciò contro il nemico ad artigli protesi, lanciando uno spaventoso urlo di guerra.

Durante lo scontro dei bambini si misero a pregare l’uomo di smetterla, di tornare come prima.

“Cosa stanno farneticando questi piccoletti? Tornare come prima? E ora cosa gli prende a questo tizio? Crisi di coscienza… non sarebbe male se venisse anche a Sesshomaru eh!” pensò Kuria, il combattimento si era fermato, ma lei rimaneva in posizione di difesa. Come fidarsi di quei personaggi infondo, non si doveva mai abbassare la guardia.

Il mostro orrendo si mise in moto verso Kikyo stesa a terra, Inuyasha provò a salvarla ma Suikostu con la sua mole e la sua abilità placcava sia Kuria sia lui.

“Non posso lasciare Inuyasha da solo. Già prima ha rischiato di farsi ammazzare, ma Kikyo…” lanciò un occhiata al fratellino, ora anche Miroku, che era riuscito a liberarsi dalla gabbia di fiamme, era placcato.

« Per i Kami se mi siete antipatici. Ora basta. Harriken! » aveva scatenato con la sua spada un uragano. Sfortunatamente poteva creare soltanto un gran polverone. C’era troppa gente per farne uno di dimensioni giuste.

La squadra dei sette continuava la sua avanzata.

« Ora Kuria, te lo tengo occupato! » le gridò Inuyasha

« Sì! »

Miroku riuscì a liberarsi e ad arrivare in tempo. Intanto Kuria era fuori dal mirino di Suikostu, aveva la netta sensazione che fosse stato… troppo facile quel salvataggio.

« Peccato che non fosse lei il nostro vero obiettivo! » annunciò Renkostu.

“Ma allora chi… i bambini?” successe la stessa cosa di prima, e pur essendo confusa Kuria si precipitò affianco ai piccoli cuccioli d’uomo appena quel maniaco fanatico di uomini si fu allontanato.

“Ancora qualche secondo e l’avrei preso! Maledizione”

« State bene? » chiese in pensiero osservandoli

« Sì… ma il signor Suikostu… » disse il maschio.

« Andiamo dalla signoria Kikyo. Sembra stare male! » lo bloccò l’altra. Kuria si limitò ad annuire afferrandoli per le mani. 

“Come hanno osato prendersela con dei bambini, li rispedirò tutti all’altro mondo. Ora ne sono più che convinta.” il suo pensiero corse senza volerlo alla piccola Rin. Per la prima volta fu felice che Sesshomaru fosse dannatamente potente e puro, la sua piccola era al sicuro con lui.

In pochi minuti erano tutti attorno al corpo senza vita della somma sacerdotessa. Kagome, con il suo grande cuore, aveva suggerito come salvarla da morte certa. Gli spiriti che portavano le anime dei morti a Kikyo non riuscivano ad attraversare la barriera di purezza di quel luogo.

Dopo che Inuyasha si fu allontanato con Kikyo tra le braccia, Kuria posò una mano sulla spalla a Kagome.

« Sono contenta che Inuyasha ti abbia conosciuto, hai molto tatto. Grazie. » le disse le parole che suo fratello avrebbe dovuto dirle, ma sapeva che non ne aveva il coraggio, forse neanche le capacità.

« Grazie a te. » Kagome le fece un piccolo sorriso e poi si avviarono fuori dalla zona sacra.

Kikyo infine aveva deciso di rimanere al villaggio, si preoccupava per gli orfani che il ‘medico’ aveva abbandonato lì.

Il resto della notte Kuria lo trascorse con i suoi compagni, ma prima o tardi avrebbe dovuto mantenere la promessa fatta a Sesshomaru.

Per tutta la sera, o quel che ne restava almeno, Kuria continuò a pensare alla filastrocca detta da Kikyo:

Il pulito sporco è già

E lo sporco si pulirà.

Troppo bene spesso uguale al male è

E il male il bene porta in se.

“Questo vuol dire che bisogna stare attenti a coloro che sono troppo buoni. Da quel che ho capito anche questo personaggio era buono e gentile, ma forse proprio per il principio del male e del bene, un assoluto bene può essere uguale a un assoluto male. No, mi rifiuto di credere che esista qualcosa di assoluto. – con gli occhi aperti Kuria fissò attentamente la zona sacra poco lontana da loro. – non è assolutamente possibile. Quel luogo mi puzza di falso”.

Poi si addormentò stremata.

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Capitolo 19
*** Incontri ***


Incontri

«Resisti Kage! Dobbiamo solo trovare la nostra padrona, vedrai che dopo starai meglio.» disse Ventus al suo compagno di sventure, che a terra gemeva dal dolore alle zampe.

Poco lontano da lì una giovane vestita con un prezioso kimono color turchese e i lunghi capelli biondi stava camminando in fretta. O meglio dire che stava saltando da un albero all’altro con grandissima agilità. La sua tranquillità fu interrotta da due voci note.

Si fermò all’improvviso tenendosi aggrappata attraverso un ramo all’albero con una delle mani e sporgendo il busto pericolosamente in avanti.

«Oh, voi due che ci fate qui da soli?» chiese ai servitori di sua sorella.

«Principessa Hikari! Dobbiamo parlare con la nostra signora al più presto, ma sfortunatamente abbiamo ingaggiato una lotta contro un demone locale. Il povero Kage si è ferito e ora fatica a camminare. Siamo nei guai» spiegò subito l’aquila.

«Uhm si comprendo. – fece un salto e leggera atterrò sul suolo umido – Non preoccupatevi, ci penso io. Vieni Kage per me non pesi nulla, ti porterò in braccio fino alle sponde di un rigagnolo d’acqua situato vicino, lì vedremo il da farsi.»

Quando furono arrivati Hikari mostrò le sue doti meditative. Si strappò un pezzo d’abito e poi raccolse alcune erbe mediche che fece diventare poltiglia con un paio di sassi. Applicò infine la soluzione ottenuta sulle ferite.

« Ecco qua! Ora stai per un po’ a riposo Kage e vedrai che tra qualche ora ti sentirai come rinato. Bene, ora devo proprio scappare, è stato un piacere incontrarvi. Sayonara!» In poco più di qualche secondo era sparita lasciando un gran polverone dietro di sé.

“Certo che quella giovane diviene sempre più strana ogni anno che passa!” pensò Ventus stranito.

«È una cara ragazza.» prese parola Kage, mentre la giovane sorella di Kuria si allontanava.

«Sì, hai ragione ma… non sai mai cosa aspettarti, se aiuto o derisione.»

Lontano da loro il gruppo di Inuyasha si era rimesso in viaggio e Kagome furiosa lo stava sotterrando continuando a ripetere «Cuccia.»

Kuria osservava quella scena, ma non interveniva, quella volta suo fratello avrebbe dovuto cavarsela da solo. Non poteva sempre togliergli le castagne dal fuoco. In realtà una parte di se stava solo ripensando, preoccupata, alla promessa che Sesshomaru era riuscito a strapparle.

«Ti prego Sesshomaru, non posso restare!»

«Non se ne parla.» aveva ribattuto lui con il suo solito tono scocciato, i contorni del viso già leggermente sfigurati dall’odio per il fratellastro.

«Se mi lasci andare… farò ciò che vuoi!» Ecco era la sua fine, si stava ‘vendendo’ e tutto solo per non svegliare Rin.

«Uhm… ma davvero? Semplice donna, dovrai tornare a palazzo con me quando la battaglia contro Naraku sarà finita. Ti è chiaro il patto?»

A Kuria era passato un brivido gelido lungo la spina dorsale, ma non si tornava indietro. O accettava quell’accordo svantaggioso o restava lì con lui mentre suo fratello e i suoi amici probabilmente finivano come il cinghiale dentro al forno. Arrostiti. Aveva vinto lui.

“Come potrò mai vivere con lui?” Assottigliò gli occhi mentre fissava il sole.

«Kuria sembri tremendamente preoccupata.» Sango la fissava incuriosita.

«Sì, raccontami quale male ti tormenta mia dolce Kur… Ah! Che male, Sango cara non stavo facendo niente di brutto!» Disse il monaco, mentre la sterminatrice di demoni lo prendeva con molta furia per un orecchio. Kuria scoppiò a ridere di gusto.

«Non preoccupatevi per me! Qualsiasi cosa accada, me la cavo sempre.»

“Qualsiasi… cosa accada? C’è qualcosa che non va!” Lo pensarono tutti, la frase fu talmente strana che perfino Kagome interruppe la sua sfuriata contro Inuyasha.

«Sorellina ti conosco meglio di me e qui, sono sicuro, c’entra Sesshomaru!» esclamò il mezzo demone convinto delle sue parole.

«Inuyasha… a cuccia.» infine solo un tonfo e una potente esclamazione.

«Kagome!»

***

Hikari aveva lasciato da qualche tempo i due seguaci di sua sorella, stava camminando tranquillamente sul bordo di un fiume, quando sentì una presenza sconosciuta avvicinarsi.

“Non hanno intenzioni cattive. La loro aura è a riposo ma non si sa mai, meglio stare sempre in guardia.” Continuò il suo cammino stando solo sull’attenti, per il resto era molto calma.

All’improvviso vide un giovane ragazzo, seguito da un ometto basso e grassoccio comparire dalla foresta. Fece finta di nulla, non dava retta agli sconosciuti lei.

«Fermati. Ho bisogno di sapere dove mi trovo!» Hikari voltò lo sguardo nella direzione dell’altro osservandolo bene.

Era alto, gli occhi di un color grigio celeste, i capelli erano così neri che sembravano tendere al blu, raccolti in una crocchia sulla testa. Assottigliò il suo sguardo perforante, quel tipo portava abiti tipicamente cinesi, anche il taglio degli occhi le sembrava più affilato.

«È ovvio che non lo sappiate. Venite dal continente, anzi siete del continente.» Senza peli sulla lingua espresse subito il suo parere, poteva essere anche stata educata a comportarsi da brava ragazza, ma non lo era per davvero.

«Come osi parlare in questo modo al mio signore! Con quegli abiti stracciati e quei capelli malcurati dovresti solo abbassare lo sguardo. Piccola impertinente.»

Insultare una Inu Youkai poteva avere brutte conseguenze, anche drammatiche. La giovane dai capelli d’oro mostrò subito un’innata sfrontatezza davanti a quelle frasi, ghignò mettendosi le mani sui fianchi. Poi all’improvviso i suoi occhi si fecero rossi ed esclamò: «Taci nanerottolo!» con un colpo del tessen lo spedì all’indietro.

“Mi sto abituando ai modi di fare di Sesshomaru? A furia di sentirne parlare…” La fronte si corrucciò, pur non essendo per nulla preoccupata dal gesto che aveva appena compiuto.

Il giovane era rimasto in silenzio godendosi la scena. Quella donna stava mostrando un coraggio e un’impertinenza mai vista prima.

«Sì, provengo dalla Cina. Sono in viaggio da molto, avrei bisogno di una guida. Ho deciso che sarai tu!»

«Te lo scordi, con un viziato come voi non andrei da nessuna parte. – Gli lanciò uno sguardo di sfida, l’aria si faceva pesante. Hikari sapeva si sarebbe scatenata una lotta, ma chi avrebbe vinto? – Comunque se t’interessa tanto saperlo siamo vicino al monte Hakurei. » Si preparò alla sfida.

«Voi giovani giapponesi siete tutte così poco ubbidienti? Ti conviene cambiare idea finché sei in tempo.»

«Nessuno mi dice cosa fare o no. Combatti, vediamo se sei davvero potente come credi!» Si sentiva irritata al massimo da quel bell’imbusto. Sentiva i suoi occhi lampeggiare di rabbia.

L’altro in riposta aprì il palmo della mano dove comparve, per magia, un’arma simile a una nagitana.

«Il mio nome è Akio, nella vostra lingua.»

«Hikari, Inu youkai.»

Poi lo scontro ebbe inizio e le lame si scontrarono, producendo un assordante suono metallico.

 

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Capitolo 20
*** Sii veloce come il vento e rapida come il tuono. ***


Sii veloce come il vento e rapida come il tuono.

«Che nome particolare ti è stato assegnato. Raggio di luce. Hikari, sarà per i tuoi bellissimi capelli?»

Il ragazzo venuto dal continente era davvero bravo nella lotta. Se non fosse stata molto attenta Hikari avrebbe perso miseramente la battaglia.

“Come se non bastasse tenta di far distrarre il nemico. Parla pure caro mio, da me non avrai risposta.” Stava incassando una serie di colpi molto potenti. I tessen non erano adatti a quello scontro, servivano per le operazioni veloci. Iniziava a essere stanca, le braccia le dolevano, non era poi cosi forte. Non aveva l’età di sua sorella maggiore, ne era stata addestrata dal padre del principe Sesshomaru. Eppure il pensiero della maggiore le diede una forza improvvisa. Erano sorelle e, per quanto Kuria avesse maggiore esperienza, avevano lo stesso sangue nelle vene. Poteva farcela, si doveva solo impegnare al massimo.

«Va bene, se proprio devo… colpo di luce!»

Un’improvvisa luce si scatenò dai due tessen della demone, accecando Akio. Quest’ultimo fu costretto a fermarsi, riparando gli occhi con un braccio e indietreggiando, senza mai darle però le spalle.

“Bene! Vediamo di mettere un po’ di spazio tra me e questo stupido ora.” Fece un balzo all’indietro lanciando un altro colpo luminoso.

«Ora hai capito che non sono sottovalutabile?» Incrociò le braccia al petto assumendo un’aria vittoriosa.

«In effetti sei una fonte di potere che mai mi sarei aspettato di trovare. Possiedi inoltre un’acutezza notevole, non solo istinto di sopravvivenza. Se solo fossi un po’ meno… scontrosa. Eh già, che peccato! Risolveremo.» Era pensieroso, la fissava con gli occhi ancora un po’ debilitati.

«Mio padrone! Cosa vi ha fatto quell’arpia?» Chiese il servo spaventato e preoccupato.

“Scontrosa, arpia? Io a questi gli stacco la testa! Che nervi!” Hikari era indignata, non sopportava i commenti di quel genere. Stizzita voltò loro le spalle, lanciando poi uno sguardo di sufficienza.

“Brutti antipatici.”

«Ah, sai quanto mi importa di quel pensi e dici. Non mi cambia nulla. Addio!» si era distratta, proprio come voleva il giovane, che dietro alle sue spalle sorrideva malignamente. Subito le fu addosso dandole un colpo alla nuca che le fece perdere i sensi.

«Perché l’avete battuta in questo modo?» Il servo guardava la scena restando perplesso.

«È potente. Inoltre, in amore e in guerra tutto è lecito. Il colpo è stato forte e l’effetto dovrebbe durare per qualche giorno. Ascolta voglio questa donna come mia consorte. È bella, forte e schietta. Alla raffinatezza ci penseremo con il tempo. Ora andiamo!» sollevò il corpo della demone svenuta tenendola fra le sue braccia. Era leggerissima, non pesava nulla.

«Dove signorino? A casa?»

«No, non hai sentito? È una Inu youkai. Questi demoni sono simili agli umani. Hanno castelli, ricchezze, servi e quant’altro. La sparizione di una di loro non passerebbe inosservata. Devo solo informare il loro principe.» 

Si incamminarono verso il monte Hakurei. Trovare Sesshomaru però, non sapevano, sarebbe stato complicato.

Anche Inuyasha e gli altri stavano puntando a quella zona. Anzi erano ai piedi della barriera ormai, Shippo e Kirara non reggevano quell’aura così pura, Inuyasha faceva fatica ad avanzare. Kuria aveva un forte mal di testa. Neanche una donna demone della sua purezza avrebbe retto quell’aura a lungo, se non fosse stata ben preparata com’era lei.

Eppure Miroku sembrava quello che stava peggio di tutti loro, aveva insistito per tornare indietro, al villaggio.

“Quel bonzo deve esser proprio un vero depravato se, proprio qui, si sente in soggezione.” Fu l’unico pensiero di Kuria, era troppo impegnata a reggersi la testa e poco dopo anche lo stomaco.

Tornati al villaggio i problemi non finirono. Un vecchio signore disse loro di dileguarsi alla svelta o sarebbero stati arruolati nell’esercito del signore feudale di quelle terre. Kuria quasi sbuffò, quei dannati sette potevano anche starsene buoni invece che combinare tutti quei casini. Erano davvero… irritanti! Le prudevano le mani, voleva picchiare, combattere, sfogarsi su qualcosa o meglio qualcuno.

Come se la sua pazienza, e quella di suo fratello, non fossero già state messa abbastanza a dura prova, il capo delle guardie di palazzo li scacciò in modo presuntuoso.

«Che personaggio antipatico!» esclamò Kuria con i nervi molto tesi. Quella situazione era oltremodo insopportabile.

«Lasciatelo stare. Dicono che a catturare e decapitare i sette sia stato proprio lui con le sue armate. Credetemi quell’uomo è più forte di un demone.» continuò il vecchietto.

“Come no. Per abbatterlo non avrei nemmeno bisogno di estrarre Yoso o Caliburn. Continuo a pensare che sia troppo sicuro di sé stesso. Come qualcun altro di mia conoscenza!” Ovviamente si riferiva a Sesshomaru, volente o nolente era sempre nei suoi pensieri.

Poi udendo il resto del discorso si decise a sbuffare sonoramente. Possibile che ora non si potessero nemmeno più muovere?

«Se i sette si faranno vivi in quel luogo allora noi ci dirigeremo lì. Di certo non mi faccio spaventare da una persona che non ha neanche la metà dei miei anni.» Corrugò le sopracciglia in un’espressione arrabbiata e risentita.

«Cosa dite? Il samurai è sicuramente più vecchio di voi che avrete sì e no diciannove anni!» sbottò il vecchio.

Tutti le lanciarono uno sguardo interrogativo, poi posero lo sguardo sull’uomo. L’aveva scambiata per una semplice donna umana. Effettivamente, a parte le ali sempre nascoste, la giovane principessa e promessa di Sesshomaru non aveva tratti molto demoniaci. Niente strisce rosse ai lati della faccia, niente occhi rossi o dorati. Il kimono regalatole dal principe dei demoni aveva le maniche piuttosto lunghe, quindi le mani spesso non erano visibili. I delicati ricami sullo sfondo bianco inoltre le donavano un’aura più dolce e poco minacciosa.

Non ci volle molto, qualche minuto dopo il battibecco con quel contadino anziano, Kagome avvertì la presenza dei frammenti inquinati. Si misero subito all’inseguimento di quei malviventi giungendo appena in tempo per salvare Koga da un forte colpo di spada.

“Possibile che quel lupo agisca senza pensare? Non ha idea di cosa fare, è troppo istintivo.” pensava Kuria scrutando il demone lupo. Poi osservò il palazzo distrutto e il suo volto si indurì di rabbia. Lei non era un’umana, quella specie non l’aveva mai neanche molto amata, ma l’attaccamento al ricordo di Izayoi non l’era ancora passato.

Odiava quegli esseri umani che uccidevano per puro divertimento. Erano feccia, non avevano il diritto di esistere! Li osservò tutti, ricordò le descrizioni di quel medico e ai visi associò i nomi. In quel momento decise, sarebbero tutti tornati all’altro mondo! Era troppo il risentimento che nutriva nei loro confronti.

Nello stesso momento Sesshomaru stava scalando il monte sacro, voleva sapere se Naraku si trovava lì. Inoltre avvertiva una leggerissima scia dell’odore di Kuria. Come poteva quella sciocca essere andata proprio in quel luogo? Lui era un demone puro, chiunque avrebbe fatto fatica a purificarlo, non che lei non lo fosse, ma sicuramente il rischio di lasciarci la vita era molto più alto.

Anche se dopo un certo punto neppure lui poteva più proseguire, la barriera si faceva sempre più forte e potente a ogni passo. Naraku non poteva essersi rifugiato su quel monte, ma allora perché fino a dov’era arrivato poteva sentire l’odore del suo servitore umano Kohaku? Senza risposte si trovò costretto a tornare indietro.

“Sarà mai possibile che questi dannati attacchino sempre gli indifesi? Creature che non sanno neanche cosa sia l’onore!” La demone frappose il proprio corpo tra un colpo mortale e la giovane sacerdotessa.

«Kagome come stai? Tutto bene?» Le chiese apprensiva mentre combatteva.

«Sì, grazie! Sango è in pericolo, sta combattendo contro Jackostu. Presto va da lei!» esclamò spaventata.

«Quel dannato. Ho una battaglia in sospeso con lui. Ehi brutto pervertito non osare fare del male a Sango.» gridò lanciandosi contro il nemico, parandosi di fronte all’amica.

«Non mi scocciate stupide femmine!» Kuria subito sfoderò Caliburn, parando alla perfezione l’attacco della spada serpente che si ripiegò su se stessa facendo sbilanciare il proprietario che la guardò preoccupato.

«Te la ricordi la mia Caliburn, eh! Molto bene, ora ti farò a pezzi!»

A interrompere i combattimenti furono gli insetti velenosi di Naraku, diedero ai mercenari l’ordine di fuggire e poi un simulacro li intralciò, impedendo loro di inseguirli.

Si avviarono fuori da ciò che rimaneva del palazzo. Dopo qualche ora Kuria cominciò ad avvertire una persistente e forte preoccupazione. Si chiuse nei suoi pensieri, non disse più una parola per ore, né  ascoltato le discussioni dei membri del gruppo. Qualcosa dentro di sé, un istinto fortissimo e irresistibile, intimava alle sue ali di schiudersi prendendo il volo, alle sue gambe di correre e alle mani di impugnare le spade. Arrivò quasi a sentirsi soffocare dal desiderio di combattere. Il suo sangue di demone aquila sembrava volerla portare alla follia di improvviso. Credette anche di essere rimasta avvelenata durante i combattimenti.

“Che cosa mi sta succedendo? Che cosa mi sta dicendo il mio corpo?” Si mise una mano sul petto. Il cuore pulsava dolorosamente.

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Capitolo 21
*** Ti ringrazio, amore mio! ***


Ti ringrazio, amore mio!

Il dolore al petto dentro Kuria si fece via, via con lo scorrere delle ore sempre più insistente e difficile da controllare. Era come se qualcuno le stesse spappolando quel prezioso organo vitale. Per poco non si era accasciata a terra dal dolore infernale.

“Devo fare qualcosa! Se Inuyasha comprende le mie condizioni sono guai. Il mio istinto mi intima di correre verso… il monte sacro!”

«Inuyasha, Kagome io mi devo allontanare. Non posso darvi delle spiegazioni ora.» parlò in fretta, mentre si alzava da terra e sistemava le sue spade. Non stette ad ascoltare le proteste continue di Inuyasha, spalancò le ali prendendo il volo.

Ai primi pendii dell’Hakurei cominciò a sentirsi male, la barriera era aumentata e il volo non era la strategia più proficua per continuare. Doveva camminare se voleva arrivare in cima con il minor senso di nausea possibile. Sarebbe stata una vera e propria impresa non essere purificata, ma qualcosa la spingeva a continuare.

Durante il lungo tragitto molti odori colpirono il suo naso, tra tutti quello di Rin e Sesshomaru misti a due elementi della squadra dei sette.

“Ora ho capito perché il mio istinto di demone si è agitato in questo modo! Dannazione allora non mi rimane che seguire le tracce dell’odore di Rin. È sicuramente in pericolo!” Cominciò a correre, incurante della barriera e del dolore al fisico. Serrò i denti e strinse gli occhi per sopportare al meglio quelle sensazioni. Non si rese nemmeno conto che in alcuni momenti lacrime di sangue le scorrevano lungo le guance.

Dopo ore di cammino la situazione, soprattutto quella che l’aveva spinta a scalare l’Hakurei, era nettamente peggiorata. Si era aggiunto, come se non bastasse, un senso di ansia. Fece appena in tempo a vedere la sua bambina cadere giù per un precipizio e Sesshomaru che dava le spalle a Jakostu.

Un’intensa rabbia si scatenò dentro Kuria, gli occhi diventarono rossi e le unghie si allungarono.

«Come ti sei permesso! Ti rispedirò nel mondo dei morti, cadavere vivente!» Gridò, con le zanne in bella vista. Non ci pensò molto e attaccò Jackotsu affondando le unghie allucinogene nella carne morta. Poi si allontanò seguendo la scia del suo promesso sposo.

Sulla sponda del fiume però ebbe un presentimento. Una stretta mille volte più forte delle precedenti, le fece girare la testa e si dovette sedere.

« Sesshomaru… anf… sta andando dalla parte sbagliata. Meglio prendere una scorciatoia.» Era stanca e affaticata, ma si levò lo stesso in volo. Attraversò il bosco, sapeva bene di aver superato il suo compagno, ma non arrivò in tempo, Rin era di nuovo nelle mani di uno dei sette. Stavano minacciando gli stessi bambini di qualche tempo prima, quelli che chiedevano a Suikostu di tornare normale.

«Sempre voi, maledetti! A quanto pare il mio veleno non fa effetto sui morti. Lascia andare Rin e gli altri bambini.» Non perse ulteriormente tempo e scagliò contro Jackostu un pugnale demoniaco, ne teneva sempre uno nella manica del kimono. In quel modo riuscì a deviare il colpo indirizzato ai cuccioli umani. Si frappose opponendosi ai loro attacchi.

«Il vostro avversario sono soltanto io ora. Noi tre abbiamo ancora un conto in sospeso!» Non le importava del forte dolore dato dalla barriera, sfoderò Caliburn e attaccò senza ripensamenti. Suikostu rispose con gli artigli, lo scontro era quasi pari, Kuria riusciva ancora a superarlo in potenza e tentava di scartarlo per raggiungere Rin.

«Mi dispiace ora abbiamo un po’ da fare. Addio!» I due malviventi batterono in ritirata con Rin come ostaggio.

«Bambini… nascondetevi in casa!» disse loro prima di cominciare a rincorrere i suoi nemici. Non se li sarebbe lasciati sfuggire.

Rin veniva prima di tutto.

La sensazione combinata della barriera e quel dolore ad altezza del petto la fece cadere a terra stremata dopo diversi metri. Si chiedeva disperata perché fosse così debole.

«E quindi alla fine ci sei anche tu… Kuria.» I passi e la voce fredda di Sesshomaru la affiancarono. La più giovane voltò lo sguardo, un’espressione preoccupata le solcava il volto, quasi deformandolo. Sesshomaru iniziava a intuire che tra le due fosse nato un collegamento.

“Salvala! Ci ho provato, ma è tutto inutile, la situazione sta diventando ingestibile.” Pensava, eppure il suo orgoglio la fece rialzare, non senza barcolli continui. Non poteva arrendersi, non davanti a Sesshomaru, qualsiasi dolore poteva essere superabile pur di salvare Rin.

«A-andiamo.» Riprese a camminare con molto sforzo, improvvisamente la stretta sembrò farsi meno forte e lei sentì le forze tornare lentamente.

Quando furono vicino ai rapitori fece per attaccare, ma Sesshomaru la prese per un polso allontanandola.

«Dobbiamo anticiparli sbarrandogli la strada.» Si limitò a spiegare freddamente. Nella strategia sotto pressione lui rimaneva nettamente superiore, quindi annuì e lo seguì, stupendolo leggermente.

Sia Suikostu sia Jakostu non mostrarono molta sorpresa nel vederli lì vivi e in piedi, anzi diedero subito vita al combattimento.

«Signorina Kuria, signor Sesshomaru, aiuto!» Suikostu puntava alla gola di Rin. La demone fece un salto in avanti ad artigli protesi verso il viso del nemico, che si ritrovò costretto ad arrancare all’indietro mentre la fissava con perfidia.

Dal canto suo Kuria aveva assunto la stessa facciata fredda di Sesshomaru, si rendeva conto che la situazione era dannatamente delicata. Avrebbe potuto perdere la bambina in un battito di ciglia. Fare degli affondi contro di lui però non sarebbe servito a molto, incassando si sarebbe spostato all’indietro e più in là la barriera era molto più forte.

Intanto il pervertito della coppia ripeteva il concetto a Sesshomaru:

«Hai capito la situazione? Basta che tu faccia una mossa falsa e puoi dire addio alla ragazzina.»

«Non ti permetterò di farle del male.» s’intromise Kuria, che però sentiva di nuovo quel dolore atroce nello stesso punto. Trattenere le smorfie divenne difficile, perdeva nuovamente sangue dagli occhi.

«Nella condizione in cui sei credo proprio che non ti convenga parlare.» L’assalitore di Rin ghignava in sua direzione.

Kuria stette in silenzio, ascoltando la conversazione degli altri due combattenti. Avvertì l’aura maligna di Tokjin che si avvicinava da dietro, velocemente si scansò. Sesshomaru intanto aveva trafitto da parte a parte Jakostu.

“Sesshomaru devo proprio dirlo a volte sei un genio!” Allungò immediatamente le braccia verso Rin. Cinque lame si frapposero tra loro. Suikostu pur trafitto non riportava dolori e nella sorpresa Kuria si era lasciata colpire lievemente in pieno viso. Rin con i suoi occhioni grandi fissava inorridita la ferita che si apriva sul volto di Kuria, emise solo uno strillo di terrore che la demone scambiò come paura di morire.

«Rin! Ora basta mi hai stancato!» Cercò di pulirsi goffamente dal suo stesso sangue, ma di certo quel lieve dolore non l’avrebbe fermata.

A una velocità che nemmeno lei era consapevole di possedere estrasse Caliburn dal suo fodero per conficcarla totalmente nel petto del mercenario. In quello stesso istante una freccia sacra lo colpì alla gola.

Ne fu davvero grata perché era consapevole che, anche trapassandolo da parte a parte, l’uomo non sarebbe morto. Non ne aveva paura, in condizioni normali non ci avrebbe messo tanto a eliminarlo, ma in quella situazione di normale non c’era proprio nulla. Stare dentro alla barriera significava meno potere demoniaco e quindi meno difesa.

Prese in braccio Rin sfilando l’arma dal petto dell’uomo. Spiccò diversi balzi indietro, il dolore al petto si era placato e l’ansia era svanita. La donna lasciò che la piccola andasse ad attaccarsi alla gamba del suo signor Sesshomaru. Tirò un sospiro di sollievo e avvertì le gambe tremare un paio di volte, se non fosse stato per l’orgoglio smisurato si sarebbe appoggiata al demone di fianco a lei.

Poi si voltò, colei che aveva scagliato quella freccia era Kikyo, la ringraziò ancora mentalmente.

Seguì un toccante discorso tra lei e il medico mercenario. Lui le chiese di estrarre il frammento per mettere fine alle sue sofferenze ma nel momento in cui la sacerdotessa stava, pur riluttante, per esaudire quell’ultimo desiderio comparve Jakostu. Con la sua spada trafisse il collo del fratello portando via il frammento.

“Che razza di… doppiogiochista! Vile.”

«Va bene anche così…» terminò il dottore, prima di decomporsi in un mucchio di ossa.

Kuria chiuse gli occhi sospirando. Era finita, per ora erano salvi. Comunque se non si fossero mosse in fretta sia lei sia Kikyo, sarebbero rimaste bloccate in quel luogo. La donna demone in particolare aveva consumato molte energie. Il volto era orrendamente segnato da lacrime di sangue e lo sfregio sulla guancia.

«Kikyo vuoi che ti accompagni fino ai pendii dell’Hakurei?» chiese sforzandosi nel restare in piedi.

«No, tranquilla Kuria. Starò bene.» Poi la videro spronare il cavallo al galoppo.

«Signorina Kuria… volevo ringraziare anche voi per esservi preoccupata. Vi siete ferita.» La voce leggermente piagnucolante di Rin la riportò immediatamente presente al momento.

«Oh bambina!» si abbassò al suo livello per accarezzarle una guancia. Forse si era legata tanto a quella bambina perché le ricordava la sua infanzia spensierata e la sua innocenza, persa appena aveva imparato che nella vita bisognava combattere per sopravvivere.

«Andiamo.» Si limitò ad annunciare il demone maggiore, senza nemmeno degnarle di un’occhiata.

«Certo signor Sesshomaru, arriviamo!» Trillò allegra la bambina, non doveva più temere, con loro era al sicuro.

A Kuria non bastò in tempo per fare mezzo sorriso intenerito che la vista si appannò, poi il buio.

Sesshomaru sentì distintamente un tonfo dietro di sé, subito dopo le urla preoccupate di Rin.

Si voltò. Kuria era distesa per terra, esattamente come temeva.  

Sembrava una bambola rotta. Quel viso solitamente cosi bello era tutto sporco di sudore, sangue e terra, i capelli color dell’onice arruffati, spettinati e sporchi. Era sicuro che quella donna si fosse spinta ben oltre il livello di sopportazione che il suo corpo le concedeva. Tutto per orgoglio e perché non si fidava abbastanza di lui.

“Certo che è proprio una testa dura. Ha rischiato di essere purificata e di morire per essersi esposta a un pericolo troppo grande. Mi chiedo come mai agisca tanto d’istinto.” La prese in braccio, o meglio se la caricò su una spalla, in quel momento era più semplice sorreggerla così, e con Rin di fianco si avviò fuori dall’Hakurei.

Pure lui era infastidito dall’aura purificatrice di quel luogo, un attimo di pausa prima di riprendere la sua ricerca non avrebbe fatto male né a lui né a Kuria e nemmeno a Rin. Quest’ultima doveva essere molto provata dagli avvenimenti appena passati.

Scesi dal monte posò, con poca grazia in parte dovuta anche all’assenza del braccio sinistro, il corpo della presunta fidanza a ridosso di un albero. Poco lontano da lì c’era un fiume, sentiva lo scorrere dell’acqua e l’odore di due animali demoniaci. Annusò meglio l’aria e associò gli odori con i servi di Kuria il lupo e l’aquila.

Dovevano aver avvertito l’dore di sangue che emanava la loro padrona perché si stavano dirigendo nel luogo dove Sesshomaru l’aveva portata a grande velocità.

«Tu maledetto! – Kage ringhiò contro il demone maggiore, era ormai del tutto guarito. – che hai fatto alla nostra padrona?»

A salvare la situazione da uno scontro che avrebbe visto Kage perdere miseramente fu Rin.

«No aspetta! Non è come credi. Ero stata rapita e il signor Sesshomaru e la signorina Kuria sono venuti insieme a salvarmi. Solo, non so perché, alla fine del combattimento la signorina è caduta a terra priva di sensi.» Abbassò la testolina nera, lanciando occhiate preoccupate alla figura femminile che l’aveva salvata più di una volta.

«Kage, sei troppo avventato! Chiedo scusa da parte sua, si era spaventato. Siamo molto apprensivi con la nostra padrona.» intervenne Ventus.

«Dovrebbe imparare a tenere a freno la lingua! Il sommo Sesshomaru è sempre dalla parte del giusto, mai da quella del torto. Lui è il più potente di tutti i demoni e…» il rospetto aveva cominciato il suo monologo.

Kuria era stata risvegliata proprio da quelle urla assordanti.

«Jaken per l’amor dei Kami taci! Mi stai trapanando i timpani.» aprì gli occhi di scatto, mostrando le sue splendide iridi blu un po’ più chiare del normale. L’occhiataccia lo fece raggelare, era assolutamente scocciata e irritata.

«Sìssignora!» si ammutolì.

Stettero in silenzio tutti per molto tempo, ognuno preso dai suoi pensieri. Solo Rin giocava nell’erba, coinvolgendo ogni tanto sia Jacken sia Kage. Sesshomaru la osservava impassibile, una perfetta statua. Ogni tanto il suo sguardo ricadeva anche, con la coda dell’occhio, alla stanca demone che gli stava a pochi metri di distanza. Era cosi immersa nei suoi pensieri lei che non fece caso alle occhiate in tralice che gli mandava, respirava ancora in modo affannato.

Si sentiva debole, non tanto nel fisico, quanto nell’anima. Con quell’esperienza molte delle sue certezze erano crollate. La maschera di odio e rancore si era incrinata, solo l’orgoglio la teneva insieme.

Alzò gli occhi al cielo sospirando malinconicamente.

«Sesshomaru… - lui non si volse a guardarla, ma diede un impercettibile segno di ascolto. – Ricordi la prima volta che sono giunta a palazzo?»

Perché stava rievocando momenti cosi dolorosi e lontani neppure lei lo sapeva. Forse era masochista.

«Hm, eri spaventata come un pulcino, ma cercavi di tenerti orgogliosamente in piedi. Ti tremavano le gambe, ma il volto era fiero. Sembrava stessi andando al patibolo. Ridicola, si eri davvero ridicola e incomprensibile.» il tono era totalmente indifferente, come a stare analizzando qualcosa che non lo riguardava.

Kuria sentì una vena pulsarle sulla fronte, ma non poteva fare nulla in quelle condizioni. La stava elogiando e poi le dava della stupida!

«Solo uno scemo non capirebbe.» Borbottò offesa.

Aveva provato a fare conversazione, ma Sesshomaru era sempre Sesshomaru. Prima che il demone potesse infuriarsi nuovamente lei riprese la parola.

«Comunque… ti chiedo scusa Sesshomaru. Ti avevo fatto una promessa quella notte di duecento anni fa, non l’ho mantenuta.» Ammetterlo le costava un grande sacrificio. Nonostante tutto lei non era un’ipocrita e quando sbagliava lo diceva. Sarebbe tornata da lui solo se avesse provato un briciolo di sentimenti positivi.

«Non provo quelli che tu chiami… sentimenti. Inoltre sei legata a me, sei mia, da un altro accordo.»

Di nuovo a fronteggiarsi con lo sguardo, occhi negli occhi, blu contro oro. Sembrava il loro destino, non facevano altro.

A fatica Kuria si alzò in piedi e lui la seguì. Se lei voleva prenderne ancora quello era il giorno buono. Pur celandolo alla perfezione gli eventi appena trascorsi lo avevano irritato, sentiva il bisogno di sfogarsi.

«Sesshomaru calma la tua aura demoniaca, grazie! Te ne sarei molto grata. Poco lontano da qui c’è anche Rin, l’ultima volta non hai voluto lo scontro proprio per questa ragione. Poi mi sono alzata solo per andare a sciacquarmi il sangue dalla faccia e pulirmi dallo sporco!»

Se la reazione di Kuria a quella sfida era stata un’accecante rabbia compensata dimostrato da qualche tremolio di furia malcelata, quella di Sesshomaru era fredda e composta. I due erano davvero molto opposti.

«Anche la tua aura combattiva era aumentata. Non rivolgerti a me con quel tono!» L’irritazione iniziava farsi palese.

L’altra spalancò gli occhi, scosse la testa e poi in un moto di stizza s’incamminò senza dire altro verso il fiume. Cade al suolo dopo qualche passo e si rialzò a fatica.

Intanto Jacken, Kage e Ventus notando l’aria pesante tra i due ‘fidanzati’ si erano allontanati con Rin.

Sesshomaru non si era avvicinato per aiutare la sua futura compagna. Lei lo avrebbe scacciato in malo modo, non era il caso di farsi prendere dall’ira con una bambina piccola nei paraggi. La vide rialzarsi e barcollare diverse volte prima di giungere al fiume.

Il rapporto sembrava peggiorare ogni giorno di più. A nulla erano giovate le giornate che erano stati costretti a passare insieme. Invece di imparare ad amarsi e a conoscere gli altrui pregi avevano capito come acuire il loro insensato odio.

Si conoscevano bene era vero, ma si attaccavano nei reciproci punti deboli.

“Dannazione è tutto difficile! Eppure anch’io sono stata una vera scema. Lo sapevo benissimo qual era il suo pensiero. Sono andata a stuzzicarlo, speravo che mi dicesse cose più gentili. Mi chiedo perché mi faccio ancora qualche illusione.” Cercava di pulirsi delicatamente il viso con l’acqua fredda.

Affondò le mani in quel liquido trasparente, mise le mani a coppa e le ritirò verso il viso per lanciarsela addosso. Osservando l’immagine che si rifletteva nell’acqua rimase bloccata. Sesshomaru era dietro di lei!

«S-Sesshomaru?» Esclamò spaventata dalla sua improvvisa venuta. Perché l’era tanto vicino?

«Kuria. – la fissava intensamente negli occhi dal momento in cui si era voltata e per la sorpresa era caduta sgraziatamente al suolo. – Non hai idea di come si pulisce una ferita simile.»

Non era una domanda ma un’affermazione. Con un unico gesto secco strappò una manica del kimono che le aveva regalato, per poi immergerlo nell’acqua. Altrettanto velocemente le prese il mento, in una morsa che di affettuoso non aveva nulla, per poi disinfettarla molto meglio di come aveva fatto lei stessa.

Dal canto suo Kuria era troppo scossa da quel gesto per cercare di liberarsi dalla presa del principe dei demoni. Sentiva già dei pizzichi alle guance, segno che stava lievemente arrossendo per la vergogna. Restava pur sempre una donna follemente innamorata. Inoltre quel tocco le riportava in mente molte vicende sepolte e ripudiate da entrambi, rari momenti di serenità del loro passato insieme.

Una parte molto profonda e lontana del subconscio di Sesshomaru esultava per quella vittoria, vincere le battaglie non verbali dava decisamente più soddisfazione.

Forse uno dei motivi veri per cui non voleva sciogliere quello stupido vincolo di matrimonio combinato era perché nei dialoghi lei riusciva sempre a tenergli testa. Quella donna si distingueva da molte altre. Pretendeva considerazione e rispetto, non aveva paura di esprimere la sua opinione, era sfrontata. Sfiorava, a volte, l'indecenza. Soprattutto lei per prima non si considerava inferiore a lui ma sua pari. In alcuni momenti appariva pronta a morire per le sue idee.

«Grazie, Sesshomaru.» Si riprese dai suoi pensieri. Fu il suo momento di rimanere sorpreso, mai da quando aveva conosciuto Kuria era stato ringraziato.

Lui mantenne la sua facciata seria, annuì semplicemente, mentre Kuria arrossiva in viso e il cuore le batteva nel petto molto velocemente. Avrebbe voluto aggiungere altri suoi pensieri molto importanti a quel semplice grazie.

La loro tranquillità sembrò destinata a finire quando dal folto del bosco comparve un ragazzo, indossava degli abiti di chiara fattura cinese.

«Oh! Disturbo la coppia reale dei demoni cane?» ghignò strafottente.

Quando Sesshomaru lasciò libero il campo visivo alla compagna Kuria si rese conto con orrore crescente che l’uomo teneva tra le braccia sua sorella.

«Hikari!» strillò aggrappandosi al braccio di Sesshomaru per aiutarsi a sollevarsi da terra, stranamente lui non si arrabbiò per quel gesto.

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Capitolo 22
*** I ricordi un giorno andranno affrontati ***


I ricordi un giorno andranno affrontati.

«Lascia andare mia sorella!» strillò Kuria fissando il demone del continente.

«Non ci penso proprio. Ho deciso che sarà la mia sposa, mi serve solo il consenso del principe dei demoni  e poi la porterò via con me.» Il suo tono rimaneva sicuro e strafottente.

Kuria rivolse infine lo sguardo scioccato all’uomo che amava e odiava contemporaneamente. Cosa avrebbe fatto in quel frangente? Sesshomaru sapeva bene che, qualsiasi fosse stata la sua scelta, lei avrebbe combattuto per liberare la più piccola. Inoltre Hikari non doveva rientrare nelle loro dispute come oggetto di offensiva.

«Poggiala a terra e sparisci.» fu l’unico commento che si degnò di esprimere.

«Cosa?! – l’altro spalancò gli occhi sorpreso, Kuria gongolò soddisfatta – l’ho battuta in duello, ora posso farne ciò che voglio! Vi è più chiara la situazione?»

Il principe degli Inu youkai si limitò a trucidarlo con un’occhiata assassina. Poche persone avevano il permesso di contraddirlo e, a volte, neppure loro dopo ne uscivano illese.

«No, non cambia niente. Le regole del tuo villaggio non mi fanno molta impressione. Territorio mio, parente mia, decido io. Ti sembra più logico così?» Era incredibile come quel demone bianco ed etereo non si scomponesse mai per nulla. Spesso neanche Kuria riusciva a comprendere ciò che gli passava per la mente.

“In realtà non essendo ancora sposati Hikari non è tua cognata. Tuttavia, per questa volta, posso lasciar correre.”

«Allora non hai sentito ciò che ha detto il mio venerabile signore? Sei sordo per caso? Lascia andare quella donna. Sicuramente non ne sei degno!»

Ecco come al solito quel rospo cercava di morire. Era giunto, insieme alla piccola Rin, vicino al fiume sentendo le grida della giovane sposa del suo padron Sesshomaru.

«Eh Sesshomaru giusto? Dovresti insegnare ai tuoi servi a tacere, sai ti fanno fare davvero brutta figura.» Lo canzonò Akio. Il demone maggiore si limitò a spostare le iridi dorate su Jacken, poi lo riportò placidamente sulla figura che lo stava deridendo.

«Questa conversazione… è durata anche troppo per i miei gusti.»

Kuria notò che sembrava leggermente contrariato.

“Oh! Miracolo sta provando un sentimento diverso dall’apatia.” Si sarebbe messa a ballare dalla felicità, peccato che la situazione non fosse delle migliori. Il suo promesso sposo aveva attaccato il giovane di nome Akio al viso, si era ripreso Hikari e gliel’aveva consegnata tra le braccia.

«O sparisci, o ti ammazzo.» Tipico del principe minacciare di morte.

Quella era, per Kuria, un’ulteriore prova della decisone quasi irrevocabile di Sesshomaru nei suoi confronti. Sospirò stanca.

Aveva difeso sua sorella. Ciò per un demone come lui, indifferente a ogni cosa tranne che se stesso, era il chiaro segno che la riteneva già come parte integrante della sua ‘famiglia’. Nessuno poteva arrecare danno alla famiglia di Sesshomaru senza pagarne le dovute conseguenze.

Da una parte si sentì emozionata dall’attaccamento che stava dimostrando nei suoi confronti, dall’altra era preoccupata. Non le piaceva quella sensazione di obbligo sociale. La disgustava!

«Per ora posso anche andarmene, ma tornerò!» La figura del cinese scomparve.

«Grazie Sesshomaru.»

Era già la seconda volta in un giorno che lo ringraziava. Eppure non poteva farne a meno, l’aveva stranamente aiutata. Poteva dimostrarsi insensibile di fronte agli occhi addolorati della compagna, favoreggiando un matrimonio che avrebbe aggiunto splendore alla famiglia reale. Invece era stato ‘buono’ e aveva fatto come gli era stato silenziosamente chiesto.

«Tua sorella dovrebbe imparare a stare più attenta quando combatte.» Le indicò un punto violaceo sulla nuca. Era stata colpita di spalle!

«Infido verme!» Soffiò tra i denti quelle parole velenose. Il suo odio per quel personaggio cresceva a dismisura. In un attimo le passarono davanti agli occhi le immagini degli anni a palazzo con Sesshomaru. Un susseguirsi di eventi o umilianti, quando non c’era il generale, o noiosi. Rabbrividì alla possibilità che anche sua sorella potesse subire lo stesso destino, oppure uno peggiore: da deportata.

Scacciò quelle immagini e i suoi fantasmi del passato. Hikari aveva bisogno di cure, non capiva perché non si fosse ancora svegliata. Tornarono tutti allo spiazzo dov’erano prima, Kuria fece stendere sua sorella per terra e, con l’aiuto volenteroso di Rin, prese dell’acqua dal fiume. Bisognava bagnarle il viso.

Calò la sera in fretta. La demone sentiva il bisogno impellente di chiudere gli occhi e rilassare le membra per qualche ora, sapeva che era un segno di debolezza ma non le interessava Perché in ogni caso la stanchezza sarebbe prevalsa su di lei. Nonostante ciò ancora non si era distesa, troppo in pensiero per Hikari. I muscoli le gridavano pietà.

Era al limite della sopportazione quando sentì qualcosa arrotolarsi intorno a lei, per sollevarla in aria e posarla, con grazia, proprio sulle gambe incrociate di Sesshomaru. Dopo un primo momento di confusione prese fiato per protestare.

«Non fare storie. Sono giorni che non fai un sonno decente, si vede bene. Dormi, non vorrei che domani mattina svenissi per la stanchezza. Mi verrebbe voglia di mollarti qui.» Freddo, preciso, calcolatore. Sesshomaru non conosceva la delicatezza!

La giovane dai capelli neri come la notte sentì ribollire la rabbia dentro di se, ma stette zitta. Anche se gliel’aveva detto in modo estremamente duro, anzi al limite del maleducato, aveva ragione. Era stanca! Non aveva le forze per mettersi a litigare. Comunque sbuffò sonoramente, esprimendo tutto il suo disappunto per quella posizione equivoca.

«La terra è sicuramente più comoda di te!» Voltò il viso in direzione opposta a quella del demone maggiore, il naso all’insù.

«Non dire stupidaggini. Qualche secolo fa il tuo parere era leggermente diverso da ora, ci hai dormito molto bene in quella gita che organizzò mio padre.» Era stato durante una primavera particolarmente fruttuosa per il Generale. In quell’occasione Kuria si era divertita come non le accadeva da tanto tempo, aveva giocato con le sue dame tutto il tempo a rincorrersi, mangiato manicaretti che normalmente non toccava mai per orgoglio e per imitare Ino no Taisho e infine stremata, una volta seduta per terra di fianco a lui, il sonno l’aveva colta di sorpresa. Sesshomaru ricordava chiaramente che nell’incoscienza del dormiveglia lei gli chiese di poter restare appoggiata al suo petto per dormire.

Colpita e affondata. Kuria arrossì violentemente, tossicchiò, ma stette in silenzio. Infondo il suo ‘fidanzato’ non aveva mai allungato troppo le mani su di lei. Se si escludeva qualche avvenimento, per cercare di dominarla.

Per fortuna aveva avvisato Inuyasha e gli altri della sua sparizione temporanea. Sperava non accadesse nulla di grave durante la sua assenza o non se lo sarebbe mai perdonato. Hikari aveva bisogno di cure e Kuria era pur sempre sua sorella maggiore.

«Sesshomaru?» Lo chiamò incerta, sembrava che stesse dormendo. Il suo volto si rilassava quando chiudeva gli occhi, era ancora più bello.

«Dimmi.» mosse solo le labbra in principio, poi puntò i suoi splendidi occhi dorati su Kuria.

«Vorrei affidarti Hikari.»

«L’amore che ti lega a Inuyasha è più forte di quello che provi verso il vero sangue del tuo sangue?» Inarcò un sopracciglio. Non capiva perché tanto amore verso quell’inutile insetto. Inoltre sentì una punta d’invidia trapassarlo nel cuore.

Cos’aveva Inuyasha di speciale? Un mezzo demone insignificante in confronto a lui, che era chiamato anche il demone puro.

«Smettila! L’ho cresciuto da sola fin da piccolissimo! Come puoi… Insomma no! Inuyasha è molto importante per me. Inoltre lui mi ha sempre compreso. Pensaci Sesshomaru e capirai perché provo tutto questo affetto. – Calcò bene quella parola - Inoltre voglio bene anche a Hikari! Eppure sono certa che stando con te sia al sicuro…» non concluse la frase abbassando il tono della voce a un sussurro. Com’era difficile ammettere che il principe dei demoni era più forte di lei!

«Dormi. Ne riparleremo domani.» Le intimò frettolosamente, trattenendo uno sbuffo. Non si aspettava una simile accondiscendenza, arrivare ad affidare la libertà della sorella proprio a lui. Voleva chiudere il discorso il prima possibile, il viso di lei lo confondeva e lo faceva sentire strano.

“Sto cambiando Sesshomaru, l’orgoglio sto imparando a metterlo da parte quando devo. Quando anche tu farai lo stesso?” si domandò Kuria, lasciandosi cullare verso il mondo dei sogni.

«Padre vi prego fate qualcosa! Vogliono portare via Eileen.» aveva gridato una delle sue sorella al proprio padre, usando il nome occidentale della demone.

Inu no Taisho aveva diviso Kuria e Sesshomaru durante la zuffa e ricondotti al palazzo. Nello stesso momento la regina aveva dato la notizia del fidanzamento imminente della più giovane delle sue figlie.

Se inizialmente per le sue sorellastre maggiori accettarla non fu facile, in quanto nate da un altro matrimonio e con il sangue che proveniva solo da quella terra, le ultime sei le si erano legate. Soltanto la più anziana la sminuiva in continuazione, la umiliava ogni volta che poteva e le aizzava contro la corte. L’antico signore di quel regno, dopo il divorzio, era rimasto a palazzo a vivere in quanto di nobile stirpe. Si era sempre comportato bene con Kuria, trattandola quasi al pari una figlia propria.

«Che cosa? Nessuno andrà via di qui contro sua volontà!» Disse lui sfidando con lo sguardo verde smeraldo i due youkai provenienti da oltre la Cina.

«Non possiamo farci nulla Derik. Sono i voleri del vero padre di Kuria.» Sua madre invece preferiva da sempre il nome giapponese, probabilmente in ricordo del suo amante? Mai avuto risposta a quell’enigma.

La regina sapeva nascondere bene il dolore provato per quel distacco e per l’odio improvviso della figlia nei suoi confronti. Eppure sfidare il suo futuro suocero sarebbe stato solo causa di guai. Si trovava costretta a ubbidire!

«Non è cosa che mi interessi. Nessuno si fa i suoi comodi a casa mia! Combatterò se necessario.»

«Stolto demone.» si limitò a sussurrare il generale cane, guardando lo sfidante con astio represso. Non era di certo sua intenzione fare del male alla giovane.

«No! – Kuria si parò di fronte al padre delle sue sorelle, una delle poche persone che la trattasse con sincera gentilezza. Non voleva che fosse ferito, o peggio, morisse. – Verrò con voi generale, ma non combattete contro mio padre!» Fissava Inu no Taisho con rabbia, anzi rancore, ma sapeva di doversi piegare. Sesshomaru fu sorpreso sentendo la promessa definire il patrigno come un padre, ma non commentò.

«Sorella!» Un gemito di sofferenza da parte di una delle maggiori e poi i dissensi si placarono definitivamente.

La discussione che ne seguì fu lunga ed esasperante. Il viaggio per andare in Giappone, cioè per Kuria un altro mondo, fu anche peggio. Sesshomaru era fastidioso con quelle continue frecciatine di superiorità maschile. Il grande generale per lo più li lasciava litigare, sorridendo di nascosto in alcuni momenti. Kuria era la donna giusta per Sesshomaru, ne era più che certo.

Quando giunsero a palazzo lei aveva già da tempo compreso che la fuga non sarebbe stata facile. Era da calcolare con precisione, astuzia. Non sarebbe mai potuta tornare a casa, lo sapeva bene, l’avrebbero ripresa. La sua vita le parve chiara, fuggiasca per sempre.

Peccato che la gente di quella splendida prigione dorata  le incutesse inquietudine.

Mentre Kuria sognava, agitandosi e corrugando la fronte in varie espressioni di acuto fastidio, da fuori Sesshomaru la osservava incuriosito.

Erano trascorsi molti anni dall’ultima volta che si erano parlati senza insultarsi a vicenda. Non capiva cos’avesse detto quella notte per farla arrabbiare.

Per qualche ora entrambi ritornarono ai loro problemi del passato, dimenticandosi di Naraku, i sette mercenari e anche Inuyasha. Analizzando, coscientemente e incoscientemente, il tempo passato assieme prima della nascita del piccolo mezzo demone.

Sesshomaru cercando di capire, incoscientemente, quale grave errore avesse commesso tempo addietro, Kuria tentando ancora una volta di lasciarsi il passato alle spalle.

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Capitolo 23
*** Dubbi ***


Dubbi

La notte volò in fretta e la dea Amaterasu riprese il suo posto nel cielo molto presto. Il Sole giungeva di nuovo, scacciando incubi e paure, rilassando gli animi atterriti delle varie compagnie guerriere e infastidendo Naraku.

Le riflessioni dei due demoni maggiori erano durate ben poco, contendendosi ancora per qualche tempo il premio al più orgoglioso. Kuria era sicura di avere ragione e così anche Sesshomaru. Ciò fu dimostrato dalla litigata che avvenne quella mattina. Un tremendo boato scosse la foresta, i due ‘amati’ cercavano nuovamente di uccidersi a vicenda.

Per quanto uno avesse ben mezzo millennio alle spalle e l’altra tre secoli spaccati, si comportavano ancora come due adolescenti immaturi!

Il risveglio della povera Hikari fu, quindi, abbastanza traumatico e stressante. In primo luogo non riuscì a capire subito dove si trovasse, la sua mente aveva vagato nei regni del sonno per troppe ore, e poi perché quando quei due ci si mettevano erano davvero rumorosi!

«Piccioncini so bene che il vostro amore è cosi forte da sfociare nell’odio più profondo, ma si dà il caso che io abbia ancora un certo mal di capo!» strillò irata.

Non poté far a meno di rabbrividire notando l’occhiata feroce che le rivolse sua sorella maggiore, sembrava che la volesse mangiare! Cosa le aveva fatto per meritarselo?

«Taci piccola scema! Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere? Rischiavi di essere deportata in Cina. Ah dannazione! Sesshomaru ma non hai un po’ di onore? Stavo parlando e per giunta ti davo le spalle, scemo!».

Kuria si era dovuta spostare quando, mentre sgridava da lontano la sorella, le era arrivata a un millimetro dal braccio la frusta di luce. Aveva quindi fatto un balzo all’indietro tirando su una gamba, nella posizione della gru.

«Non ti dovresti distrarre. Si vede che siete sorelle, eh! Non osare insultarmi, bambina capricciosa!» Con uno scatto le fu davanti. La sua figura alta e imponente sovrastava quella della futura moglie che non si lasciò intimidire. Puntandosi una mano sul petto e piegandosi leggermente in avanti, con una mano ben salda su un’anca gli fece presente tutta la sua indignazione.

«Scusa, chi sarebbe la bambina capricciosa?»

«Mi fa piacere sentirti chiedere scusa, per una volta, ma sei tu. Anche se possiamo includere benissimo Hikari, ma lei è meno isterica.» Il suo sarcasmo fece ringhiare Kuria e ridere Hikari.

«Lo prenderò come un complimento, principe!»

Il resto dell’improvvisato gruppo ormai non faceva più caso né alle litigate tra Sesshomaru e Kuria, né alle repliche scocciate o divertite di Hikari. Rin raccoglieva fiori, faceva coroncine e stava sotto lo sguardo vigile di Kage, Ventus era appollaiato su un ramo a fare da vedetta e Jacken… lui semplicemente patteggiava mentalmente per il suo adorato padrone.

«Jacken!» le strilla si erano concluse, miracolo!

«Sì, mio signore?» Il rospetto demoniaco si tirò subito in piedi, più veloce di una molla, con gli occhi brillanti.

«Andiamo sul monte Hakurei. Voglio trovare quel bastardo di Naraku e sconfiggerlo.» Ordinò incamminandosi.

«Ehi Sesshomaru! – lo richiamò una voce leggermente irritata, voltandosi vide Kuria con il viso corrucciato, occhi chiusi e braccia al petto – non ti sembra di dimenticare qualcuno?»

«È talmente ovvio che non potete venire, non mi sono sprecato in parole inutili. Tuttavia dovevo intuirlo che sei troppo sciocca per arrivarci.» l’ultima frase era stata pronunciata di proposito per sbeffeggiarla.

«Cosa?» Boccheggiò al suono di quelle parole. Davvero il suo possibile fidanzato voleva morire tanto giovane? Perché cercava di tirare fuori la bestia che c’era in lei? Forse, si disse, era autolesionista.

«La prima gallina che canta ha fatto l’uovo Sesshomaru!» agitò un pugno in aria furiosamente, nel frattempo il suo adorabilissimo e freddissimo principe si era incamminato senza più ripensamenti verso la montagna sacra.

«Dai non ci pensare sorellina. Guarda il lato positivo della faccenda, potrai passare l’intera giornata con noi. La tua adorabile famigliola felice e strampalata!» Hikari sembrava essersi ripresa e sorridendo si era messa vicino a Rin. Circondando i due servitori e la bambina che le esili braccia.

Kuria sentì pulsare una vena sulla fronte, il corpo teso al massimo dalla rabbia e indignazione.

«Se non vuoi morire Hikari, mia dolce sorella, taci!» le intimò fulminandola con lo sguardo.

«Eh già, è proprio vero che le pene d’amore rendono nervosi. Nonostante ciò dopo la litigata si può sempre fare pace, no? Potresti trovare molti modi…» amicò la più giovane delle due sorelle.

«Come? quali modi signorina Hikari?» domandò con voce innocente Rin, fissando Kuria e Hikari alternativamente. Si era creato un silenzio imbarazzante.

«Ringrazia la tua buona stella sorellina, oppure ora saresti cibo per qualche animale.»

Era incredibile la spudoratezza della più giovane, non provava un briciolo di paura. Se Kuria avesse usato un tono simile contro Inuyasha quello si sarebbe spaventato a morte, oppure no? Infondo avevano sempre scherzato per quanto lei si dimostrasse infuriata, possibile che la sua fama di demone pauroso fosse una finta?

“Bah, alla fine la mia intera vita è una finta, quindi che problema ci sarebbe.” L’ultima constatazione era altamente amara. Perdere la sua aura di rispettabilità sarebbe equivalso a… morire dentro? Forse esagerava questa volta.

Sospirò svogliata. Quel fidanzamento le stava togliendo la carne di dosso. Era tremendo!

Lasciata la sorella a narrare qualche sciocca storia alla piccola Rin, Kuria si allontanò in fretta. Si sedette a gambe incrociate sulla riva del fiume, pose le mani in segno di meditazione, inspirò ed espirò lentamente. Quando finalmente la concentrazione fu ritrovata aprì gli occhi alzandosi in piedi.

Sentiva il fruscio frondoso degli alberi causato dal vento, il picchiettare regolare delle gocce d’acqua contro le rocce del fiume. In quello stato di tranquillità assoluta mosse il piede destro in avanti, in direzione del Sole sorgente e parallelo al sinistro. Le braccia al petto e le dita reclinate come artigli letali verso il palmo della mano. Sollevò con grazia e leggerezza il piede spostato, allungandolo sopra la testa, per rimanere in equilibrio sulla gamba sinistra qualche minuto.

Poi assunse la posizione della gru ed estrasse Yoso. Altri respiri profondi che precedevano uno sforzo, il piede sinistro si sollevò sulle mezze punte per ruotare nella direzione del fiume.

La spada ben tesa davanti a se tracciò un quarto di cerchio.

«Mizu.» Uno strato d’acqua, oppure è meglio dire una parete, prese forma, come una piccola cascata curva. Il tracciato era lo stesso di quello fatto dalla spada, come una proiezione. Nonostante ciò a Kuria ancora non bastava.

Girò la lama della katana, da orizzontale a verticale, e tracciò una parabola con concavità verso il basso. La cascatella rimase, ma il tracciato che venne a formarsi dopo fu diverso. Era come un tubo d’acqua.

Riposò il piede sul terreno, facendo un affondo e muovendo in circolo l’arma. L’acqua si spostò come il nastro di una ginnasta, seguendo il percorso tracciato.

Senza nemmeno rendersene conto Kuria stava ballando, una danza silenziosa, fatta di agili passi, veloci e scattanti. Una danza pericolosa, che faceva perdere la connessione con lo spazio e il tempo.

Poco dietro le fronde degli alberi Sesshomaru, partito solo per finta si potrebbe dire, osservava la futura consorte. Bella come solo lei poteva esserlo, una vera regina, sia nel campo militare che in quello di eleganza, anche se di buone maniere era un po’ carente.

In principio l’aveva considerata come una palla al piede, un castigo, un’imposizione caduta dall’alto, ma con il trascorrere degli anni la forza di quella ragazza gli era entrata sottopelle. Come dell’erba selvatica, un fiore che metteva radici ovunque andasse.

Quel corpo agile e perfetto, i suoi capelli color della notte che ondeggiavano trasportati da una lieve brezza fredda, gli occhi color dell’acqua. Il carattere indomabile, ma non stupido.

Tutto di lei lo attraeva, dai lati positivi a quelli negativi. Stava proprio lì la sua preoccupazione. Kuria era come una calamita, se non gli avesse opposto resistenza si sarebbero scontrati. Sarebbe stato attratto, cadendo nella trappola di una femmina. Quale disonore peggiore di quello?

«Se ti sto cosi antipatica perché non sciogli questa farsa? Non ha senso! Ci stiamo facendo del male a vicenda, a che pro inoltre? Sesshomaru per i Kami ragiona!»

Così gli aveva urlato una volta a palazzo. Vestita di tutto punto nel suo abito principesco, che però le impediva i movimenti veloci e scattanti che stava riproducendo in quel momento.

Già perché legarla a sé quando faceva di tutto per allontanarla e ripudiarla? La maltrattava buona parte delle volte, come a scacciarla, ma appena la demone si allontanava la inseguiva ossessivamente.

«Io sono il vento e come tale devo vivere.»

Sì, Kuria e Kagura erano molto simili, lottavano entrambe per lo stesso fine, la libertà. Caparbie e testarde, uniche nel loro genere. Donne ribelli, con l’unica differenza che Kuria era molto più forte caratterialmente. Non si abbassava mai a chiedere aiuto, piuttosto rischiava la morte in battaglia. Gli aveva già dato prova di ciò più volte, rompendosi varie ossa, o perdendo troppo sangue in combattimento.

Intanto la giovane guerriera aveva preso ad allenarsi, attuando affondi e spostamenti sia del corpo che della katana demoniaca. Le piaceva sentire quella spada particolare che rispondeva ai suoi comandi, si sentiva in sintonia con il mondo.

Fu per testare l’attenzione della compagna che Sesshomaru si posizionò alle sue spalle estraendo Tokijin e attaccandola. Kuria avvertì semplicemente una forte aura demoniaca alla schiena, fece appena in tempo a ruotare per intero il busto in modo tale da frapporre la sua spada tra il colpo dell’avversario e il suo corpo. Per infine darsi una spinta all’indietro saltando e atterrando poco più in là.

«Sesshomaru?» Lo guardò perplessa. Non era andato via?

«Fare esercizi a vuoto ti servirà a ben poco. Combatti Kuria, dimostrami che sei migliorata!»

Le folate di vento erano aumentate e producevano, nel silenzio assordante della foresta, l’unico suono.

Per qualche tempo Kuria rimase allibita da quella proposta, gli occhi spalancati e il respiro affannato. Poi però si rese conto che effettivamente non c’era nulla di strano, anzi le piaceva l’idea di combattere, assunse un’espressione di sfida, quasi arrogante.

«Come preferisci Sesshomaru!» Esclamò lanciandosi all’attacco, dandosi lo slancio con il piede sollevato appoggiandolo a terra d’improvviso per spiccare un salto in avanti.

Se davvero il suo unico desiderio nei suoi confronti era combattere non si sarebbe tirata indietro. Era nata per fare quel mestiere, la guerriera, non di certo per essere una moglie silenziosa e devota!

“Se solo tu fossi più gentile e rispettoso Sesshomaru, ti avrei già sposato da tempo.”

“Se solo tu fossi meno ribelle e testarda Kuria… forse non ci ritroveremmo qui in questo istante.”

Dopo quei pensieri simili entrambi chiusero i loro cuori, pronti a iniziare l’ennesima battaglia.

“L’acqua caduta dal vaso non torna indietro, ciò che è fatto ormai è storia.”

Le si abbatté sul proprio compagno lanciando un urlo di guerra tremendo, degno di una demone aquila qual era. Lui si limitò a parare il colpo corrucciando il viso in una smorfia d’odio.

Pur avendo una veneranda età si comportavano come dei cuccioli troppo orgogliosi e non sapevano che qualcuno, che fu molto più potente di loro messi insieme, li osservava da lontano con sguardo di rimprovero.

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Capitolo 24
*** Quando amare sembra una maledizione ***


Quando amare sembra una maledizione

Qualsiasi essere vivente nel corso della sua vita, presto o tardi, prova un sentimento denominato amore. Tuttavia non c’è bisogno che ciò scaturisca verso una persona del sesso opposto, anzi potrebbe nascere dell’amore nei confronti di un oggetto, o del proprio animale da compagnia, o ancora per se stessi.

Eppure Kuria era convinta che Sesshomaru non avesse mai provato un sentimento come l’amore, lui stesso se ne negava la possibilità perché troppo… umano!

Un pensiero tanto sciocco e piena d’ignoranza che solo chi ha paura di provarlo, l’amore, può inventarlo e raccontarselo. Non era amore paterno quello per Rin? Non provava gelosia ogni volta che Kuria rivolgeva la sua attenzione a Inuyasha? La risposta era sì, provava quei sentimenti. Si repelleva per ciò, si odiava e soprattutto odiava Kuria perché glieli aveva fatti conoscere e provare. Era convinto che fosse solo colpa sua.

Lei e i suoi capelli color dell’onice, con quegli occhi limpidi, sinceri, fieri, ribelli, che potevano tranquillamente attraversarti da parte a parte, e fulminanti! Lampi nella notte.

Kuria era tremendamente e sempre sé stessa, non si nascondeva dietro a qualche maschera di finzione. Dolore, rabbia, gioia, ogni sentimento passava con naturalezza sopra quel viso deformandolo in tristi smorfie dolorose, oppure abbellendolo con un sorriso che valeva ben più di qualsiasi gemma preziosa. La realtà era che sapeva bene che la giovane in potenza contro di lui poteva poco e nulla, per quanto fosse stata ben addestrata il suo sangue per quanto potente non le permetteva granché nei loro scontri, ma se si entrava nel campo dei sentimenti lei vinceva. Quale disonore essere battuto così facilmente da una donna.

Un valido esempio di come i sentimenti influissero sulla forza della demone era il modo in cui lo stava sconfiggendo. Sì, lui il principe dei demoni, che un giorno sarebbe diventato Re, stava per essere battuto dalla sua futura consorte. Un vera e propria lacerazione dell’orgoglio, quale umiliazione insopportabile!

Kuria lo stava incalzando, costringendolo a ripiegare e a retrocedere. Attaccava spinta da un sentimento di rivalsa, voleva vincere! Sesshomaru lo poteva capire solo dall’aura combattiva e demoniaca che si espandeva nell’aria. Non s’era mai reso conto che nei lunghi viaggi da lei compiuti in quei cinquant’anni il suo potere si era tremendamente sviluppato.

Era stata la noia a portarla a voler accrescere il proprio potere, oppure il dolore per la perdita di quel piccolo mezzo demone, che come un idiota si trovava addormentato su un albero sacro. All’ultima ipotesi gli ribollì il sangue nelle vene, più entrambi combattevano più svariate ipotesi e vecchi rancori tornavano a galla. Placcò il colpo di Yoso, fissando la sua padrona come a volerla respingere e attrarre nel medesimo tempo. Il contraccolpo fu talmente potente che Kuria si ritrovò sbalzata all’indietro per un paio e più di metri.

Atterrò con un tonfo sordo, cadendo sulla schiena e sollevando un po’ di terra polverosa, anche quella sera i lividi sarebbero stati assicurati, ma l’importante era non battere la testa.

Una brezza gentile soffiò sui due poveri animi feriti. Lenendo le ferite, causate dalla loro reciproca ottusità e portando un odore delicato di foresta, fiori e pulito. L’odore del monte Hakurei. Nel creare tutto quel trambusto si erano dimenticati della guerra e di Naraku!

Kuria spalancò gli occhi e si batté una mano sulla fronte dandosi della stupida.

«Non era una novità Kuria, peccato che tu lo scopri solo oggi.» Replicò Sesshomaru alle parole di autocommiserazione della sua futura sposa con tono seccato e forse anche un po’ irritato. Lei non lo ascoltava.

«Avevo detto che sarei stata un po’ via, ma in totale quanto tempo è passato? Un giorno, due? Siamo alle solite quando sono con te perdo la percezione del tempo!» rinfoderò la spada scaricando tutta la colpa della sua immane distrazione sul principe dei demoni. Pareva non aver neppure sentito le parole di scherno che le erano state rivolte.

Quest’ultimo si limitò ad alzare un sopracciglio: «Se sei tonta la colpa non è mia. Oppure vorresti dire che sono potente al punto tale che rimani frastornata?» L’ultima frase fu pronunciata in modo vagamente malizioso, da non risultare nemmeno da lui.

«Sesshomaru stai bene? – Kuria si portò le mani alla bocca assumendo un espressione preoccupata. – non è da te fare dell’umorismo!»

“Padre ma che razza di moglie mi avete scelto?” si chiese scettico Sesshomaru. Scosse la testa e le voltò le spalle stizzito dal non essere stato preso sul serio, rivolgendole un’occhiataccia prima d’incamminarsi.

«Non muoverti da questo luogo e non osare neppure salire sull’Hakurei.» Le intimò cercando di essere il più autoritario possibile.

«Perché? Se no cosa mi fate vostra tirannia?» chiese beffarda la mezza inu youkai, sfidandolo con le parole.

«Io? Kuria, sciocca donna, salendo sull’Hakurei rischieresti di rimanere purificata. – si voltò e alla sua super velocità tornò indietro. Le schiacciò la mano sul cuore. – quanto ci metterebbe la barriera a ucciderti? Il tipo cinese in media dovrebbe impiegare qualche ora a rapire tua sorella, lasciandosi indietro delle stragi. Sì, ragionevole! Con Hikari c’è anche Rin e, per quanto tu debba averle passato qualcosa, lei non sarà mai forte abbastanza per combattere contro un demone. A te la scelta.»

Kuria sentì il suo cuore venire dilaniato in più parti. Doveva scegliere un’opzione andare da Inuyasha, mantenendo la promessa fatta a Izayoi anni addietro, oppure rinunciare per proteggere Rin? Andare o no? Chi amava di più?

La sua espressione si fece vuota e scivolò per terra atterrando sulle ginocchia, in capo chino a fissare la terra sotto di sé. Sesshomaru non riusciva a credere di averla battuta con quelle poche e semplici parole, neppure troppo offensive. Vederla in quello stato gli fece nascere l’istinto di sollevarla e scuoterla. Mai prima d’ora gli sembrava più arrendevole o peggio, fragile! Al contrario di tutte le sue ipotesi non sopportava di vedere una donna tanto potente abbattuta, come un soldato che si ribella all’idea di compatire un commilitone in fin di vita perché non intende accettare la fine di quest’ultimo.

Eppure per un attimo si chiese cosa davvero sapesse della donna che gli stava prostrata davanti senza vitalità. Era come un corpo vuoto, una bambola con uno scheletro.

Stranito dai suoi stessi sentimenti si comportò in maniera codarda, anche se sulle prime pensò d’aver fatto l’indifferente. Le voltò le spalle e si allontanò verso quella montagna sacra. Avrebbe sconfitto Naraku un giorno e trasversalmente vendicato anche quell’attimo di debolezza che Kuria aveva dimostrato.

Dall’altra parte Kuria s’era a mala pena resa conto d’esser stata lasciata sola con se stessa. Le mani premute contro il terreno e la schiena volta verso il cielo oscurato da forti nubi.

“Che cosa devo fare? Izayoi dammi un segno!” volse lo sguardo verso il cielo aspettando trepidante un aiuto, un ordine, qualsiasi cosa.

“Difendi i più deboli.” In realtà a parlare fu una voce nota e maschile, ma che non riuscì a riconoscere dentro il casino della sua mente. Mentre si rialzava lo strillo di un’aquila le segnò l’imminente arrivo del suo fedele servitore, allungo il braccio per accoglierlo. Sistemandosi l’abito come meglio poteva.

«Mia signora dobbiamo spostarci. La barriera dell’Hakurei è caduta e ora un sacco di demoni sembrano stare scappando, se non facciamo in tempo sua sorella e Rin rischieranno di morire!» l’avvertì parlando e sbattendo le ali piumate concitatamente.

«Fammi strada Ventus.» Gli intimò la giovane, preoccupata per le sorti di quella che poteva essere anche detta la sua compagnia.

Arrivarono appena in tempo, la piccola barriera protettiva eretta da Hikari stava cedendo. Jacken era andato con Sesshomaru. Kuria scattò verso il corpicino della bambina sollevandolo con le braccia e poi si caricò sulla schiena quello della sorella.

«Via di qui!» ordinò ai suoi due servitori. Dovevano allontanarsi e trovare una grotta, qualsiasi posto, bastava che fosse riparato. Finalmente a furia di cercare scovarono un vecchio, anzi vecchissimo, capannone da caccia abbandonato. Il legno sembrava mezzo marcito e sul focolare c’era della cenere bagnata, colpa dell’umidità oppure del tetto di paglia.

“Meglio non lamentarsi, potevamo anche non trovare niente e rimanere all’aperto.” Pensò Kuria adagiando il corpo svenuto di Hikari al suolo e poggiando Rin in piedi, lei era sana. Per coprire il corpo della sorella dal freddo pungente, che stava calando sulla terra, Kuria si levò il kimono bianco regalatole da Sesshomaru, rimanendo con la sua armatura occidentale. Aprì le ali e le mosse un paio di volte per vedere come stavano. Erano in perfetta forma, un’ottima notizia in quel mare di schifezza.

«Signorina Kuria?» chiese Rin e in quella domanda si poteva sentire tutta la sua paura.

«Non ci rimane che attendere il ritorno di Sesshomaru piccola Rin, per ora non possiamo… non possiamo proprio fare altro.»

Pensava che mai si sarebbe arresa al destino che la voleva protetta da un uomo, ma in quel caso, per il bene di tutti, doveva cedere. La lupa difende i suoi cuccioli rimanendo nella tana e il lupo esce a combattere, i ruoli vanno divisi. Tutto insieme non si può fare quando si è da soli.

“Kami fate che non succeda nulla di brutto sull’Hakurei. Per una volta, almeno questa, ascoltate le mie preghiere” Non sapeva che sarebbe stata in balia del suo amore e dei suoi sentimenti per altri, svariati, giorni. Il momento della riunificazione con Inuyasha e i suoi amici si prospettava molto, molto lontano.

“Sango, Miroku, Shippo, Kirara, Kagome… Inuyasha spero che ve la caviate. Ho dovuto fare una scelta, mi dispiace.” In lontananza si potevano sentire dei tuoni e vedere diversi lampi, che rischiaravano a giorno l’abitacolo.

“Spero che questa bagnarola di legno regga al temporale che sta giungendo.”

La tempesta giunse e infuriò per diverse ore, l’oscurità calata era cosi fitta che nemmeno gli uccellini osavano cantare, spaventati.

«Signorina Kuria il mio stomaco fa male.» Rin fu la prima a spezzare il silenzio. Sicuramente nel cielo, sopra le nubi era ormai sorto il Sole, peccato che non si vedesse. La notte si confondeva con il giorno.

Kuria spalancò le braccia e incitò Rin a farsi abbracciare, la bambina non se lo fece ripetere fiondandosi su quel corpo caldo e amorevole. La guerriera sapeva cosa voleva dire avere la pancia che ruggiva affamata, tuttavia neppure volendo avrebbe potuto farci qualcosa.

«Devi essere forte bambina mia, nessuno di noi può lasciare questo luogo. Cerca di dormire.» Le baciò la fronte, cullandola fra le sue braccia. La piccola si addormentò pensando al suo signor Sesshomaru, mentre Kuria vegliò sui loro sogni, cercando di mantenere la concezione del tempo.

“Non importa se non ci troverà, appena questa tempesta sarà cessata ci sposteremo. È pericoloso rimanere in un unico luogo per troppo tempo, temo.”

Con il tempo si sarebbe ripresa, tornando a essere la sfrontata ragazza che non temeva niente e nessuno, arrendendosi all’idea che Inuyasha era circondato da persone che lo amavano anche lei poteva andare avanti.

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Capitolo 25
*** Non mi farò intimorire da nulla ***


Non mi farò intimorire da nulla

Una donna dai capelli scuri, neri come la notte, si aggirava per una delle tante foreste della Cina, irrequieta e tesa aspettava l’arrivo di un’altra donna, la quale era il suo esatto opposto fisicamente e caratterialmente.

Come ogni madre era preoccupata per la salute della sua prole e le sue azioni erano tutte tese verso la salvezza di quest’ultime. Erano decenni che non aveva occasione per vedere le sue figlie, non era nemmeno sicura che fossero in salute o sane di mente. Il regno, le sue altre figlie più grandi, soffocavano le sue apprensioni, ma… impedirsi d’agire era stato impossibile! Al diavolo le conseguenze che le sarebbero ricadute addosso, di sé stessa non gliene fregava nulla. Come poteva dimostrarsi egoista quando le sue adorate bambine rischiavano la loro felicità?

“Quella donna è più lenta d’un bradipo. Lei e quella sua stupida eleganza, orientali! Loro e la loro ossessione per la perfezione.” quindi, irritata come mai, decise che insultare gli inu youkai e gli orientali fosse un gran bel passatempo.

Finalmente, con un lampo di luce bianco, la signora dell’ovest si presentò al suo cospetto. L’altra regina alzò un sopracciglio nell’osservare la nuova arrivata, i capelli bianchi e perfetti, i vestiti di seta molto eleganti, le scarpine ai piedi.

“Sì, una perfetta bambola di porcellana, ci credo che Taisho alla fine abbia preferito un’umana. Tra perfezione e noia assoluta – sorrise sarcastica – la distanza è nulla” non riusciva a frenare i commenti maligni nella sua testa.

«La madre di Kuria, presumo.» Esordì con molta calma e altrettanta freddezza la inu youkai.

“No, sua nonna!” Quella donna le dava seriamente sui nervi, contaminando i suoi metodi autoritari. Trattane un sospiro pesante e si preparò a parlare. La faceva ritornare ai tempi in cui era ancora una ragazzina sfrontata dalla lingua troppo lunga.

«Sì, è esatto. Credo anche che lei sappia già perché le ho chiesto d’incontrarci, vero?»

«Sì e stranamente sento di trovarmi completamente d’accordo con le sue idee. Non avrà bisogno di convincermi.»

Niham, madre di Kuria e Hikari, sorrise, inclinando le labbra in maniera furba, come chi sa di aver già vinto una guerra e uno sguardo di vendetta le si dipinse sul volto.

***

Lontano da quelle vaste terre Kuria, Hikari e Rin stavano mangiando del cibo catturato dai due animali demoni. Certo la carne non era proprio il massimo da mangiare, cibo impuro, dal punto di vista della giovane demone, ma sua sorella Kuria e anche la piccola Rin sembravano non curarsene più di molto. Una perché priva di cultura alcuna, ovviamente non per colpa sua, l’altra perché cresciuta in un ambiente totalmente diverso. Hikari si apprestò quindi a mettere qualcosa nello stomaco, non voleva svenire di nuovo, non era piacevole o utile.

Ricordava poco degli ultimi giorni, che si potevano sommare a quelli passati nell’incoscienza durante il rapimento. Sua sorella si era ovviamente apprestata a spiegarle le sue teorie, per lei assurde. Non era possibile che un demone come Naraku si fosse nascosto all’interno del monte Hakurei!

“Anche se sono sicura mi farebbe molto piacere vederlo morire bruciacchiato da una barriera purificatrice, ‘sto tizio sembra creare più casini del mio vero padre.”

«Kuria, per la miseria, ragiona! Come fa un demone a nascondersi all’interno della barriera purificatrice? Semplice non può!»

«Saputella e allora come me la spieghi quell’orda di demoni?»

Da quel momento in avanti presero a insultarsi più o meno velatamente. Rin iniziava a pensare che ci provassero un certo gusto nel punzecchiarsi, anche se non si capacitava totalmente della comicità di una simile azione. La bambina scosse la testa e riprese a giocare con Kage, doveva ammettere che fosse un’alternativa migliore rispetto a quel petulante di Jacken.

La notte Kuria dormiva poco, preoccupata per il destino dei suoi altri compagni di viaggio, ogni tanto il suo pensiero si soffermava anche sulla figura distante di Sesshomaru, ma al momento sembrava quasi che l’avesse rimosso dalla sua testa.

Il temporale era passato da qualche giorno e con lui anche l’orda di demoni affamati, tuttavia Kuria non sentiva più il bisogno d’abbandonare quella catapecchia. Hikari borbottava che sicuramente il ragazzino viziato cinese aveva rinunciato a lei e che voleva riprendere la sua strada. La maggiore non le aveva dato il permesso perché lo spavento e la paura erano stati troppo forti, anche se comprendeva bene la voglia di autonomia.

Sospirò piano e, chiudendo gli occhi, immaginò come sarebbe stata la vita di tutti loro con Inu no Taisho sposato felicemente assieme a Izayoi, Inuyasha felice, cresciuto dai suoi genitori, la sua migliore amica morta di vecchiaia, in serenità, amata da tutti e non di morte violenta, dimenticata come un oggetto vecchio e abbruttito.

Rannicchiandosi in posizione fetale si lasciò cullare dall’illusione dell’odore della sua terra e delle sue viste, dall’idea di un Sesshomaru privo di pregiudizi e in pace egli stesso con il mondo che lo circondava. Lanciò un ultima occhiata alle stelle brillanti, al di fuori della finestra, che rischiaravano il mondo durante la notte, facendo le veci del sole, poi cadde in un sonno ristoratore.

Non lontano, ma neppure vicino Sesshomaru camminava tranquillamente, ignorando i brontolii dell'insulso servo. La mente concentrata sull'aura del vestito che aveva regalato a Kuria, infine si stava rivelando utile a quanto pareva. Con tutta l'acqua caduta dal cielo i giorni precedenti ogni segno olfattivo era stato cancellato, spazzato via senza pietà, e la grande quantità di demoni liberati gli impediva di sentirla chiaramente come faceva di solito. Chissà se erano riuscite a trovare riparo.

“A volte Kuria è talmente sciocca, se mi avesse dato retta prima di sicuro non saremmo in questa situazione. Sarà meglio che non si muovano da dove sono ora, anche se potrei lasciare qui Jacken per arrivare da loro. No, meglio un altro metodo.”

«Jacken aggrappati alla mia coda.» Ordinò il demone maggiore al suo servo.

«Certo mio signore, siete troppo buono…» cominciò il rospetto verde.

Gli occhi dorati di Sesshomaru mandarono lampi di fastidio che fecero zittire l'altro subito, pochi secondi dopo volavano ad alta velocità nei cieli scuri, in direzione delle giovani donne.

Non troppo lontano, qualche giorno dopo quella decisione, dal piccolo rifugio si sentivano voci irritate fuoriuscire:

«Basta! Non intendo mangiare altra carne Kuria!» uno strillo ruppe la quiete della sera. Hikari sembrava seriamente intenzionata a rendere la vita della sorella un inferno, stava diventando intrattabile.

“Troppo viziata.” pensava quest’ultima, con un principio di tic all’occhio.

«Cosa desidera sua altezza?» domandò sarcastica la maggiore, braccia strette al petto, schiena dritta e un piede che batteva furioso per terra un tempo inesistente, o forse era la musica dell'ira della demone occidentale. La voglia di strozzare la bionda sorella c'era tutta.

«Pesce. È cosi difficile da capire? Manda Ventus a catturare qualche pesce!» ordinò con tono saputello la più piccola, indicando con un indice il povero animale.

“Non sono mica un gabbiano!” pensò indignata l'aquila.

Quella convivenza forzata stava dando i suoi frutti, infondo si sapeva che non bisognava mai mettere due soggetti alfa nello stesso branco.

Rin osservava l'evolversi della situazione facendo scattare la testa da una contenente all'altra. Non era pauroso vederle litigare, ma di sicuro la preoccupazione sul suo viso aumentava man mano che le due alzavano la voce.

Di solito Kuria stava ben attenta a non mostrare quel lato di lei, quello da sceneggiate e arrabbiature, per non turbarla, tuttavia questa decisione era stata presa riguardo a Sesshomaru e non verso sua sorella Hikari.

«Vuoi pesce? Vai a prendertelo da sola se ci riesci! Forse non hai compreso che siamo lontane da un fiume!» sibilava Kuria per non urlare, tenendo la schiena inclinata verso la contendente, braccia immutate nella loro posizione. Hikari si limitò a sbuffare sonoramente e ad asserire che si sarebbe accontentata di erba a quel punto, Kuria strillò portandosi le mani alla testa.

«Spero per te che tuo marito, se e quando ti sposerai, sia paziente o per lo meno sordo!» esclamò uscendo dalla catapecchia che si erano scelte come rifugio.

Fuori, all'aria fresca e rilassante, prese un bel respiro profondo, pensò alle sue ali e quelle spuntarono in tutto il loro splendore. Spiccare il volo fu automatico, così tanto che quasi si stupì a metà del viaggio di essersi librata in aria, disattenzione che quasi le costò una dolorosa caduta. L'ultima delle disgrazie che voleva era infatti rompersi tutte le ossa sfracellandosi al suolo come una dilettante il suo primo giorno di volo.

“Mia sorella e le sue assurde pretese, che ci sarà di male in un po' di sana carne! Comunque sarà il caso di prenderle questi stupidi pesci puzzolenti. Almeno starà zitta!” pensò Kuria solcando il cielo con l'ausilio delle sue grandi ali da volatile. Quella sera però gli eventi non erano destinati ad andare nella direzione da lei premeditata, perché pochi metri dopo andò a scontrarsi violentemente con una bolla di luce azzurra, una collisione che spinse entrambi distanti e lontani.

«Sei qui allora.» si limitò a dire apaticamente il principe dei demoni, mentre la giovane futura consorte si teneva la testa con entrambe le mani per l’atroce dolore.

«Sesshomaru, pezzo di vecchio che non sei altro. – si domandò anche lei se l’epiteto avesse un qualche senso – Guarda dove metti la tua regale e grassa figura!» rispose la mora fulminandolo con le iridi blu. Dalla sua regale posizione l’uomo si limitò ad alzare maestosamente un sopracciglio, evidenziando con quell’unico gesto quanto trovasse scettica l’ultima parte del discorso della demone. Concluse alla fine che la botta doveva essere stata piuttosto forte.

«Accidenti, ma se i Kami o Dio o chi per lui/loro non vi hanno dato le ali vuol dire che i cieli non li dovreste solcare neppure per scherzo! Pazzoide!» continuò quindi a sputare sentenze su tutti coloro che levitavano al posto di volare, in modo particolare riferimenti al bianco demone davanti a lei.

«Pensi di riuscire a smettere di sbraitare entro l’alba?» chiese annoiato, forse anche leggermente beffardo, Sesshomaru.

« Ovviamente, ma per fare ciò tu dovresti sparire! Su forza, evapora. Rin si trova per di là – indicò la casetta – comunque ti basterebbe seguire la traccia del mio odore al contrario. Io vado a procurarmi dei dannatissimi pesci.» prima che l’altro potesse replicare aveva già ripreso il suo volo, con maggiore fretta rispetto a prima.

Jacken per fortuna era stato zitto tutto il tempo, forse troppo intimorito dall’aura di rabbia e negatività che la demone aveva attorno a se. Era tornata a essere la vecchia Kuria, quella combattiva che gli sbraitava contro per ogni minima azione. Nel suo delirio la ragazza neppure si era accorta che agli insulti Sesshomaru non aveva reagito come al solito, ovvero innervosendosi e facendo il permaloso. La predica gli era scivolata addosso come acqua, aveva ancora in mente l’immagine psicologicamente distrutta e ferita di qualche giorno prima che si era sovrapposta alla ritrovata Kuria.

Al rifugio Rin si aggrappò a una sua gamba, per poi saltellargli attorno come un satellite, non lo perdeva di vista neppure per un secondo.

«Oh, cos’abbiamo qui? Principe com’è andata la battaglia sull’Hakurei, Naraku? » fu abbastanza sorpreso, sentimento che ben celò, nel ritrovare lì anche Hikari. Se era un minimo come sua sorella non sarebbe rimasta a lungo con loro, aveva sempre pensato, eppure eccola ancora lì, ferma e seduta perfino.

«Non sono argomenti che riguardino una donna questi.» si limitò a rispondere. Kuria lo avrebbe assordato se fosse stata al suo posto e, in effetti, si era già mentalmente preparato i timpani per resistere all’attacco urlante che sarebbe dovuto avvenire. Si ritrovò spiazzato dalla risata cristallina della versione bionda.

«Volete privare a una come me un po’ di sano pettegolezzo demoniaco mio principe? Avanti – disse con malizia, sbattendo le ciglia più volte, mal celando un sorrisetto maligno. - Ho una scommessa in corso con Kuria, anche se lei in realtà non lo sa, voglio sapere se Naraku era dentro il monte Hakurei.»

Hikari dimostrò per l’ennesima volta ciò che era, una giovane sfrontata e senza paure alcune. Aveva appena dato un ordine al suo principe! Eppure il modo in cui si era posta, civettuolo, non lo faceva sentire attaccato o minacciato, come invece era per le reazioni dure e scostanti di Kuria.

Sesshomaru si limitò ad affettarla con lo sguardo dorato, senza insultarla o aggredirla a sua volta. Calò il silenzio.

Nel mentre che la giovane attendeva una risposta, perseverando a tenere lo sguardo fisso sul demone maggiore. Una mano scostò la semi porta di quella catapecchia e la voce femminile ma furiosa preannunciò l’entrata in scena di Kuria, bagnata da capo a piedi.

«Io non mangio carne! Che schifo! – strillò in falsetto, prendendo in giro la sorella – dimmi te che ci sarà di tanto obbrobrioso. Tutte le persone normali mangiano carne!» sbottò la donna, ancora in piena crisi di nervi. Le consegnò malamente un insieme di pesci, a sua detta tremendamente puzzolenti e riuscì dalla capanna.

Hikari accese il fuoco e cominciò a cucinare ciò che lei definiva cibo commestibile. Avrebbe voluto replicare contro quella sfuriata, ma sapeva che prima era meglio che la sorella sbollisse un po’.

Con calma, o forse la solita indifferenza, Sesshomaru richiamò la sua consorte.

«Che vuoi Sesshomaru?» chiese brusca, riapparendo sulla soglia del rifugio. Il demone dovette trattenersi dalla voglia di prenderla a male parole e si costrinse a dire ciò che si era prefissato quando l’aveva chiamata.

«Rimettiti il kimono.» non una richiesta premurosa, ma un ordine impartito con freddezza, vide la compagna assottigliare gli occhi e chiudere un pugno.

Kuria si ammonì mentalmente, non doveva cedere e insultarlo, ne sarebbe scaturita solo una brutta lite, davanti a Rin non era il caso poi. Quindi optò per una soluzione, sempre poco educativa, ma sicuramente meno nociva, ovvero gli voltò le spalle e ignorò bellamente l’ordine appena espresso dalle sue glaciali labbra.

Hikari sorrise quasi apertamente mentre puliva il pesce, era sempre della sua testarda sorella maggiore che si parlava, non di una donnetta qualunque.

«Sapete mio principe se non mette da parte un po’ d’orgoglio non riuscirete mai a farvi rispettare da quella donna. Si prendono più mosche con il miele che con l’aceto.»

«Come ti permetti, trattare cosi padron Sesshomaru, tu e la tua insignificante sorella siete… » non riuscì a completare il suo monologo perché Hikari gli aveva assestato sulla testa una potente gomitata.

«Ops scusa Jacken… non ti avevo visto.» sorrise perfida.

Nello stesso momento, silenziosamente, Sesshomaru era uscito dal rifugio e pochi istanti a seguire anche Rin cercò di fare la stessa cosa, bloccata da Kage.

***

Lontano da lì un’altra donna stava sorridendo allo stesso identico modo della giovane Hikari.

«Quindi è annullato.» Dichiarò vittoriosa la regina delle aquile, seppur con più eleganza, anche la madre di Sesshomaru aveva in volto la stessa espressione. Odiava non essere stata presa in considerazione per quel matrimonio dal suo ex-marito.

Non negava che la giovane prescelta avesse la stoffa per essere una regina potente, forse fin troppo.

«Molto meglio che Kuria regni sulle sue terre che in queste, non finché mio figlio e tua figlia decideranno di insultarsi e picchiarsi reciprocamente.» aveva dichiarato.

L’occidentale l’aveva fissata e poi aveva risposto «Molto meglio che Sesshomaru, uomo potente com’è diventato, abbia una consorte più docile, più adatta anche per fare figli. Kuria non reggerebbe un marito che la ostacola.»

Pochi accordi, veloci e precisi e il matrimonio era stato annullato. Reciso alla radice, solo il volere dei due ex promessi avrebbe potuto cancellare quella decisione.

«Messaggero! Va’ e trova mio figlio, il tuo padrone, e la principessa Kuria. Digli che le loro madri li desiderano a palazzo e non devono mancare.» Questi partì quindi dal palazzo sulla nuvola, presto anche i due interessati avrebbero saputo.

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Capitolo 26
*** Legame infranto? ***


Legame infranto?

Quel demone dovette volare senza sosta per molti giorni prima di giungere nel luogo in cui la comitiva si era fermata per riprendere forze.

In quel lasso di tempo i tre ‘adulti’ della situazione non avevano fatto altro che litigare per un motivo o per l’altro. Tuttavia ogni litigio fra Sesshomaru e Kuria avveniva senza il minimo contatto fisico o parole offensive e di solito in privato, entrambi i demoni si erano trovati d’accordo su un solo argomento: Rin!

La bambina era troppo buona, candida e innocente perché potesse vedere quei comportamenti e loro si sforzarono, consapevolmente, per dare un buon esempio.

«È come se un cordone ombelicale ci unisse. Per questo ne so quando si trova in una situazione di pericolo lo percepisco e lei sente alcune delle mie emozioni. Sarà così fin quando il mio corpo non le passerà tutto il potere che le serve per acquisire l’immortalità.» Le parvero le parole giuste per spiegare la sua nuova condizione a Sesshomaru.

«Un dono molto particolare.» Commentò senza particolare inflessioni nella voce, Kuria annuì.

«Si narra che fu la dea Brigit, la dea madre, a donarcelo nell’antichità. È un’arma a doppio taglio perché se qualcuno, come hai visto, fa del male a Rin anch’io m’indebolisco di conseguenza. Devo ammettere che sarebbe strano il contrario, neppure i demoni sono onnipotenti.»

Sesshomaru avrebbe volentieri replicato che lui era onnipotente a tutti gli effetti, nessuno poteva batterlo e poteva anche riportare in vita i morti, ma si limitò a fare un’altra domanda.

«Quante volte puoi ripetere quest’azione?»

Kuria lo fissò con grave serietà, negli occhi blu lesse una leggera preoccupazione, e infine rispose secca: «Una.»

Rin sarebbe stata la prima e l’ultima figlia che avrebbe potuto avere in quel modo ‘artificiale’ e per quello stesso motivo era tanto preoccupata. Inoltre era accaduto tutto in maniera spontanea, il dono s’era attivato da solo fin dal primo incontro.

“Forse era destino.” si ritrovò a pensare Kuria. Possibile che lei non potesse avere figli naturali? Poi si schernì da sola, con chi mai avrebbe dovuto farlo un figlio? Sesshomaru era l’unico uomo da cui li avrebbe voluti, ma non lo reputava abbastanza maturo per un simile impegno.

“Inoltre è meglio non illudersi troppo. Perché mai dovrebbe stare con un maschiaccio come me? – si alzò con un gesto di stizza, dando le spalle al demone bianco. – Basta! Mi sto comportando come una ragazzina!” Lasciò la stanza senza dire nulla di più, poco dopo la sua figura fu sostituita dall’entrata di Hikari.

«Avete litigato di nuovo?» Tratteneva a stento le risate di scherno. Quei due si amavano era evidente anche le pietre del luogo, fatte a pezze nei loro incontri lontano dagli occhi di Rin.

“Se solo non fossero testardi, ma infondo l’amore non è bello se non è litigato… no, litigante… mi pareva dicessero questo i vecchi del clan in Europa.” La bionda demone si sfiorò con l’indice il mento assumendo un’aria concentrata, sconfitta dal vuoto di memoria scrollò le spalle e lasciò anche lei solo Sesshomaru.

Nella foresta invece Kuria continuava a pensare agli avvenimenti che avevano scosso le sue ultime certezze. La stretta al cuore, l’impossibilità di muoversi e combattere come aveva sempre fatto, Inuyasha adulto che sapeva quasi sopravvivere senza il suo aiuto, Sesshomaru che aveva accolto Rin, ridonandole la vita. Si sentiva debole e inutile, non era nemmeno riuscita a fargli un graffio durante quel loro duello, prima che l’Hakurei crollasse miseramente al suolo.

Strinse la mano in un pugno, facendo una smorfia irata.

“Nemmeno un solo maledettissimo graffio!” continuava a pensare. Era dunque davvero così poco potente? In quegli anni si era allenata, credeva di essere diventata più forte. Non riusciva neppure a proteggere Rin da degli stupidi non morti! Il fatto che fossero la famosa squadra dei sette non era una scusante.

«Maledizione!» Scagliò un pugno contro un albero, spaccandolo in due.

Era sempre stata una testa calda con una forza dentro innata e doveva ammettere che, esclusi pochi, nessuno le aveva mai realmente insegnato come affinarla, lei era grezza. Se prima ciò le andava bene, bastavano le sue conoscenze di strategia per sconfiggere un nemico, in quel momento invece quell’opinione era totalmente mutata.

Naraku si stava dimostrando un avversario da non sottovalutare, scaltro e viscido, tesseva la sua tela e rigirava tutto a suo favore. Un volto le passò spontaneo nella sua mente, Kikyo!

“Quindi è morta? Mi sembra molto strano, è fatta di terra e ossa, non di carne e sangue, non più per lo meno. Potrà anche averla presa di sorpresa ma la questione mi puzza, non è cosi facile da uccidere. – sospirò. – oppure sono solo io a volerla credere viva perché in lei rivedo me stessa.”

Inuyasha, quando gli altri non ascoltavano, le aveva parlato a lungo della sacerdotessa e del suo amore per lei unito a un grande senso di colpa. Sfortunatamente Kikyo ormai era fatta solo di terra e ossa e poi, la giovane sorrise, anche se non se n’era accorto il suo fratellino era innamorato pure di Kagome.

“Sono diverse caratterialmente, poco ma sicuro, ma alla fine è pur sempre la sua reincarnazione. Ora come ora è quasi come se fosse sua sorella maggiore, il problema di Kikyo è che non può avvicinarsi a nessuno. Deve soffrire molto per questa condizione di stallo fra vita e morte.”

Si guardò indietro, non aveva alcuna voglia di tornare perché tutto la metteva di cattivo umore, Rin esclusa. Restò per dei giorni nella foresta, Hikari non provò neppure ad avvicinarsi, conosceva la maggiore e sapeva quando doveva sbollire. Mentre Sesshomaru due Soli dopo lasciò il rifugio, sparendo per andare da lei.

All’inizio in realtà la spiò silenziosamente, nascondendo la sua aura. Osservò la sua irritazione e le smorfie del bel viso, gli sembrò perfino di sentire l’odore salato delle lacrime.

“Cosa ti sta facendo questo? L’essere bloccata qui e la lontananza da quel piccolo inutile essere di mio fratello? Anche tu preferisci lui a me. Mi chiedo che cos’avrà di cosi speciale un insulso mezzo demone. Non può neppure proteggerti!”

«Pensi di stare lì a spiarmi ancora per molto? - chiese lei con voce dura, voltandosi in sua direzione. – Lo sai anche tu, non mi piace essere spiata. Che cosa vuoi?» se prima i suoi gesti si erano dimostrati arrabbiati, ora la sua voce era sicuramente infastidita e gli occhi carichi d’odio.

«Devo avere un pretesto per avvicinarmi a quella che sarà mia moglie?» Kuria si morse un labbro, avvertiva nei suoi confronti un odio smisurato, del tutto anormale, causato dal suo sentirsi debole. Una condizione fastidiosa, molto complicata d’accettare alla sua veneranda età. Gli rivoltò le spalle di scatto.

«Vattene via! Non sono in vena per litigare con te.» Voleva allontanarsi da lui in fretta. Se avesse capito cosa si agitava nel suo cuore sarebbe stata la fine. Una vergogna tale da non poter essere tollerata sarebbe scesa su se stessa. Lui credeva che lei l’odiasse e così doveva continuare a essere.

Scomparve nella fitta vegetazione del luogo, non rientrò al rifugio nemmeno quella sera.

“Sesshomaru odio quando riempi con la tua presenza la mia testa. Non riesco a far altro che pensare a te e mi sento un’idiota!”

Pensava anche a Izayoi, avrebbe tanto voluto sfogarsi facendosi consigliare, e a Inu no Taisho, l’aveva consolata tante volte prima di morire, le mancavano entrambi. Le tecniche di combattimento che conosceva sulle arti marziali, non molte in realtà, era stato il demone maggiore a insegnargliele.

Ai primi incontri l’aveva giudicato subito male, colpa del suo comportamento esteriore e del matrimonio combinato. Tuttavia, a dispetto di ogni previsione, l’aveva aiutata a rinascere.

“Sesshomaru anch’io mi sono sentita un po’ abbandonata, tuttavia ero felice che ti arrivasse un fratellino, ma tu l’hai ripudiato fin dal primo istante, ancor prima che nascesse. – guardò il cielo che schiariva per l’alba. – la verità è che pur essendo una demone completa io mi rivedo in Inuyasha. Non ho mai avuto completamente un padre e le mie sorelle maggiori per un periodo mi hanno odiata per ciò che ero. Per questo motivo gli sono tanto legata, insieme non eravamo più soli e mi sono sentita amata come non accadeva da tanto tempo.”

Il principe dei demoni era comunque una persona testarda e non si arrese facilmente, il giorno seguente tornò nella foresta.

«Dì un po’ è una mia impressione o ultimamente mi tratti con i guanti di velluto?» chiese la donna voltando solo la testa per guardarlo. L’odio era svanito, ma la rigida serietà no. All’occhio di un umano sarebbe potuta perfino sembrare tranquilla, un po’ ombrosa certo, ma calma, mentre Sesshomaru sentì qualcosa ribollire nell’animo della futura compagna.

«Non ti va mai bene nulla vedo. Rin è preoccupata e i tuoi due servitori sono seccanti. Non credi che sia ora di lasciar perdere queste scenate isteriche e crescere?» chiese gelido.

Kuria spalancò gli occhi ed emise un singolo gemito, poi chiuse le palpebre e scoppiò in una risata sarcastica. Credeva si sarebbe messa a piangere per caso?

«Sesshomaru cosa vuoi saperne tu dei miei comportamenti, non fai che giudicare la gente – si voltò avvicinandosi lentamente – dall’alto della tua inutile purezza. Sentiamo divino e nobile Sesshomaru, che cosa stavo pensando?»

Sesshomaru la osservò attentamente, oltre il velo di sicurezza e spavalderia notava la stanchezza dei tratti, come se avesse da giorni perso il sonno. Era bella anche in quel modo, forse un po’ meno rispetto alle volte in cui veniva vestita e acconciata.

“Ma quella non era la vera Kuria, questa donna con l’armatura e le spade, i capelli scompigliati e gli sbalzi d’umore frequenti lo è. L’altra resta solo una finzione.” Gli ricordò una vocina, forse la sua coscienza che si risvegliava.

«Penserai a Inuyasha, come tuo solito, è sempre nei tuoi pensieri.» Rispose assottigliando leggermente gli occhi, provando una strana morsa all’altezza dello stomaco.

Improvvisamente tutte le brutte sensazioni che l’avevano posseduta scomparvero e Sesshomaru la vide scoppiare a ridere puramente divertita gettando la testa indietro, poi riprese una parvenza composta.

«Mi chiedo come stia lo ammetto, ma ci sono Kagome, Sango, Miroku, Shippo e Kirara con lui, non sono preoccupata. Quindi posso asserire che ti sbagli.» Lo sguardo quasi sconcertato del demone deliziò Kuria, adorava vederlo scomposto, anche se per qualche secondo.

«Allora a chi pensavi?»

«Che c’è, sei geloso per caso?» Sesshomaru si limitò a fulminarla con lo sguardo, per poi voltarsi e andarsene. Non comprendeva davvero come quella donna potesse cambiare tanto facilmente d’umore, cosa l’aveva resa allegra tutto d’un tratto? Inoltre lui non era per niente geloso, di Inuyasha per di più!

“Sono infinitamente migliore rispetto a lui!” pensò camminando verso l’accampamento, la modestia sicuramente non si trovava tra le sue doti migliori e più sviluppate.

«Senti coso qui mia sorella e il principe non ci sono, va bene? Ti ho detto che sono andati nel bosco, vai a cercare se ne hai bisogno e non rompermi la pace.»

«Rompere la pace? Hikari si deve essere fumata qualcosa.» la voce di Kuria quasi lo colse di sorpresa, non l’aveva sentita camminargli dietro.

«Se è come la sorella non mi stupirei più di tanto.» ribatté tranquillamente il demone maggiore. Beccandosi, in risposta, un’occhiataccia che se avesse potuto lo avrebbe trapassato da una parte all’altra.

«A chi?» le chiese all’improvviso, senza neppure guardarla in viso, fingendo di prestare attenzione al litigio fra Hikari e il demone messaggero. L’aveva riconosciuto subito per gli abiti, veniva da palazzo, forse era sua madre che pretendeva il compimento del matrimonio.

«Non capisco. Poi saresti tu quello super educato eh!» gli rispose. Sesshomaru, per una sola volta nella sua vita, decise di portare pazienza e con tutta calma spiegò il significato della sua richiesta.

«Chi era nei tuoi pensieri? Il motivo per cui ti sei isolata anche se con te c’erano sia Rin sia Hikari e i tuoi fedeli servi.»

Era strano, non avevano mai avuto una conversazione normale, almeno c’erano state, ma finiva sempre che qualcuno o qualcosa li facesse litigare. Le loro chiacchierate amichevoli duravano il tempo del battito d’ali di una farfalla.

«Ti interessa davvero saperlo?» l’occidentale spalancò gli occhi, fissandolo come se avesse davanti Naraku. Ebbe almeno la decenza di tenere la bocca chiusa e non a forma di una ‘O’ muta.

Il principe dei demoni voltò lo sguardo dorato in sua direzione e Kuria si sentì congelata sul posto. Altro che cane quello era un serpente, si ritrovò a pensare a causa dell’immobilità dei suoi poveri arti.

“Ora che gli rispondo? Non credo proprio di potergli dire: ehi sai com’è sono follemente innamorata di te sin dal primo decennio di convivenza forzata! Quindi è normale che ogni volta che mi tratti male o con indifferenza mi sento una pezza.” Corrugò le sopracciglia e cercò di utilizzare tutte le sue risorse mentali per ovviare il problema.

«S-sono cose private!» Odiava balbettare, Sesshomaru si voltò fissandola negli occhi. Il suo viso, prima calmo, ora s’era indurito.

Rimasero in quella posizione alcuni secondi, mentre Kuria si dava da sola della scema. Il demone maggiore, nonostante le parole che lei aveva detto in precedenza su Inuyasha, bruciava alla sola idea che fossero menzogne, ma poteva anche essere innamorata di un altro uomo e per quel motivo non voleva parlarne. Nessuna delle due opzioni gli andava a genio, da quasi duecentocinquant’anni viveva con la convinzione che Kuria sarebbe diventata sua moglie! Un matrimonio combinato, non si era dovuto neppure applicare per conquistarla.

Il silenzio venne spezzato dal demone messaggero.

«Perdonate la mia intrusione nobile Sesshomaru, ma le nobili regine, tra cui vostra madre Kuria Hime, richiedono urgentemente la vostra presenza al palazzo nel cielo.»

Si inchinò umilmente di fronte alle due figure. Sesshomaru l’oltrepassò, mentre Kuria rimase ferma, un unico pensiero le vorticava furioso in testa.

“Madre!” schizzò fuori dalla foresta in pochi secondi, a velocità demoniaca.

«Hikari ti affido Rin, se lo riterrete necessario spostatevi. Nostra madre è qui!» Prese per le spalle la sorella sorridendo come una stupida, almeno quello pensò la giovane bionda, non avvezza ai sentimentalismi essendo cresciuta dal padre.

«Signor Sesshomaru, signorina Kuria! Dove si va?» esclamò Rin vedendoli tornare, appendendosi ai loro vestiti.

«Tu resti qui Rin.» Rispose secco il principe dei demoni, con il tatto di un coccodrillo affamato, non per nulla gli occhioni della bambina incominciarono a farsi lucidi.

«Ah, Sesshomaru sei il solito insensibile! – lo scostò. – Piccola dobbiamo andare a fare una cosa importante, ma non è per bambini, per ora tu resta con Hikari. Sesshomaru tornerà a prenderti il prima possibile, capito?» le asciugò teneramente una lacrima. La bimba si limitò ad annuire tristemente e pochi minuti dopo i due demoni erano spariti fra le nuvole.

«Non volevo farla piangere.» Ruppe la quiete il demone bianco. Ovviamente non la stava guardando mentre parlava, quasi fosse un pensiero espresso ad alta voce, il tono era lo stesso di quando aveva salvato tutti loro da Mukostu.

Sentì distintamente Kuria sospirare, scoccandogli un’occhiata indecisa.

«Ne sono consapevole, ma tu non calibri il tono delle parole e Rin, come tutti i bambini, ha paura di essere abbandonata. È un sentimento normale, in particolar modo quando si vive un’esperienza come la sua. – poi aggiunse. – Sono sicura che con il tempo imparerai. Tutti facciamo errori, pure tu!» Sesshomaru si limitò a una smorfia, ma non la contraddisse.

Ci vollero altri giorni per raggiungere il palazzo volante, Kuria sperò che Inuyasha e gli altri non si preoccupassero troppo. Se lo sentiva questa volta sarebbe stato il suo fratellino a farle la paternale e non il contrario.

“O peggio… potrebbe essere Kagome a urlarmi contro.” rabbrividì alla sola idea. La miko del futuro era dolce e gentile, ma se la si faceva preoccupare o arrabbiare diventava davvero paurosa!

La maestosa costruzione nel cielo apparve ai loro occhi, eterea, immutata, così era l’abitazione della madre di Sesshomaru.

«Sembra che alla fine tu sia tornata a palazzo.» cominciò il principe, probabilmente stava perfino trattenendo un sorriso di vittoria. Kuria si limitò a roteare gli occhi annoiata.

«Muoviamoci, non ho tempo da perdere e neppure tu!» esclamò la ragazza camminando verso l’interno del maniero, voleva che l’agonia durasse il meno possibile.

Le loro madri si trovavano appena dietro la porta principale, ferme in piedi ad attenderli. Kuria non ci rifletté su molto e corse ad abbracciare la genitrice, la sua presenza lì poteva voler significare solo un rimando delle nozze ovvero più tempo per fuggire dalla condizione di sposa infelice.

«Figlia mia – poi guardò Sesshomaru. – venite dobbiamo parlarvi urgentemente.»

Quando furono finalmente nella stanza del trono, ognuno di loro seduto in posizione seiza, la madre di Sesshomaru sganciò la bomba con molta noncuranza:

«Il vostro matrimonio è annullato.»

Il silenzio regnò sovrano per diversi secondi, prima che i due potessero realizzare appieno la notizia.

«Gli ordini di mio padre erano molto chiari a riguardo, madre.»

Non si scompose minimamente, quell’unione era tutelata dal volere del grande generale cane, non di certo una persona scontata.

«Sì, te lo concedo figlio mio, ma è anche vero che, ora, la regina qui sono io e tu non sei ancora Re. La mia volontà è legge.»

Kuria tentava di capire se doveva mettersi a ballare dalla felicità in giro per la stanza o deprimersi perché Sesshomaru era perso per sempre. Un miliardo di domande le si formularono una dietro l’altra nella sua mente.

«Sei felice Kuria?» chiese titubante sua madre. La figlia la osservò attentamente, anche se lo nascondeva facilmente Niham era molto turbata dalla perdita della sua settima creatura.

«Mi avete colto di sorpresa madre io… sono piacevolmente stupita.» ammise con sincerità, sciogliendosi in un piccolo sorriso. Non si accorse d’essere osservata dal suo ex promesso che, con delicatezza e una dosa esagerata di eleganza, s’alzò e se ne andò.

«Non m’interessa.» fu l’unico commento che espresse prima di uscire dalla porta. Le tre semplici parole potevano essere interpretate in due soli modi: non m’interessa un accidenti di questo matrimonio oppure non m’interessa del cambiamento avvenuto.

Kuria si limitò a sospirare, guardando male il punto da cui Sesshomaru aveva fatto la sua plateale scomparsa, poi scosse la testa. Lo stava ancora maledicendo quando la voce calma di sua madre richiamò l’attenzione.

«Kuria potremmo parlare in privato?»

«Non vi negherei mai una richiesta simile, se volete scusarci Regina.» si rivolse poi alla padrona del palazzo, facendo un inchino educato, come l’era stato insegnato. La madre la osservò stupefatta, da quando suo figlia era cosi educata?

La madre del glaciale demone fece un piccolo sorriso e accordò loro il permesso d’uscire e andarsene.

Ai limiti dell’edificio volante entrambe le demoni spiccarono il volo, liberandosi nell’aria fresca. Finalmente Niham poté rivedere la sua bambina, l’adolescente che aveva lasciato andare tempo addietro. Kuria fece diverse giravolte, facendo anche scattare il lato apprensivo del genitore, colpa di alcuni avvitamenti troppo pericolosi.

In direzione opposta a quella delle due donne Sesshomaru si stava convincendo che infondo non gliene importava nulla. Alla fine Kuria era sempre stata una gran seccatura e lui di certo non si sarebbe ridotto a rincorrere una donna che non lo voleva! Tuttavia essere liquidato in quel modo l’aveva fatto rodere di rabbia.

“Sono il demone puro per eccellenza, eppure perché la sola idea che si metta con un altro uomo mi da tanto fastidio? Hai quello che volevi ora, Kuria?”

Nel suo tragitto di ritorno uccise molti demoni e anche diversi briganti, lo intralciavano!

Si convinse infine che sarebbe stata sicuramente lei a pregarlo di riprenderla con lui, una donna da sola non durava molto dal suo punto di vista.

«Quindi ora tornerei a casa con me?» chiese Niham alla figlia, speranzosa. Il popolo la rivoleva, le sue sorelle, tranne la prima e Derik era dello stesso parere. Vide il sorriso di Kuria spegnersi, facendosi preoccupato.

«Madre io non posso. Qui ho delle persone da proteggere, amici che mi amano e che se li lasciassi rischierebbero la vita, capite?» la donna sospirò annuendo, poi le sorrise inaspettatamente.

«Sono fiera di te, figlia mia. - Le posò una mano sulla spalla. – Sei cresciuta forte e coraggiosa. A dispetto di quello che ti ha detto molto spesso tua sorella maggiore sei davvero una di noi. Sarai sempre la benvenuta a casa tua, ricordatelo.» Kuria trattenne le lacrime di commozione e si limitò ad annuire.

Non aveva dimenticato Rin e il suo legame con lei, ma ora con il matrimonio annullato non sapeva come comportarsi e poi la questione Naraku era ancora aperta. Hikari le aveva già detto chiaramente che sapeva occuparsi da sola di se stessa, anche se aveva un pazzo alle calcagna.

«Permettimi una domanda Kuria, hai attivato il dono?» la giovane spalancò gli occhi, come faceva sua madre a saperlo rimaneva un mistero, annuì incapace di parlare. Niham la fissò stupita, sfiorandosi con le dita la bocca in maniera pensierosa e finalmente le chiese il motivo di tale scelta.

«In realtà madre, non so il perché, ma il dono si è attivato da solo, non sono stata io a volerlo. Rin è una bimba dolce e affettuosa e non ho nulla da ridire dalla scelta effettuata dal mio subconscio.» concluse con aria perplessa.

Sperava in realtà che sua madre, regina della loro clan e con un’età più veneranda alle spalle, potesse risolvere i suoi dubbi.

Stettero in silenzio per diverso tempo, ognuna immersa nei suoi pensieri, poi Kuria pose una domanda che a Niham fece tremare le ginocchia, o le ali.

«Cosa succederebbe a me se Rin dovesse morire prima di averle passato il dono?»

«Dipenderà solo da te e dalla tua forza di volontà. Gli umani sono cosi fragili, a volte muoiono per qualche secondo e dopo si riprendono. Ci sono state alcune fra di noi che sono morte, ma erano deboli di costituzione. Perché prospetti questo evento per la tua erede?»

Nella mente di Niham cominciava già a formarsi l’idea di prendere la bambina e tenerla al sicuro con loro, ma la distanza era sicuramente troppa da percorrere. Sperava solo che la piccola fosse in buona e forte compagnia.

«C’è una guerra in corso madre, non posso escludere nessuna opzione. Tuttavia voi non vi dovete preoccupare è in ottime mani.» la rassicurò, sorridendole in maniera solare.

“Per quanto dover ammettere Sesshomaru come ottime mani mi dia sui nervi!” pensò, cercando di trattenere un potente tic all’occhio.

Niham accompagnò la figlia, era da molto tempo che non stavano insieme, verso il gruppo di Inuyasha, seguendo le scie del loro odore e dell’aura demoniaca del mezzo demone. Nel tragitto Kuria confessò alla demone le sue sensazioni di debolezza e l’impellente bisogno di un’istruzione più ampia.

«Conosco una maestra, a nord nell’isola di Ezo, potrebbe aiutarti a migliorare. Mi pare si chiami Badma, è potente e spesso ne ho sentito parlare da tuo padre prima che i nostri rapporti si perdessero del tutto.»

«Badma dite? significa fiore di loto in Mongolo, se non sbaglio.» Sua madre annuì.

Kuria non si sorprese molto per l’origine del nome, infondo Ezo era una terra abitata dagli Ainu.

Le due demoni arrestarono il loro volo, si abbracciarono strette sospese a mezz’aria.

«Sono felice che tu abbia trovato la tua strada figlia mia. Mi mancherai.» Sussurrò Niham al suo orecchio.

«Un giorno verrò a farvi visita, ve lo prometto. Nel frattempo pensate a regnare sulle nostre terre, siete la migliore delle regine mai avute.»

Le due imboccarono strade differenti, sparendo alla vista. Kuria si guardò indietro una volta sola e poi si lanciò alla ricerca dei suoi compagni di viaggio.

Al rifugio Sesshomaru diede poche spiegazioni, ma gli avvenimenti apparvero limpidi agli occhi di Hikari.

«Bene, allora ci possiamo salutare Nobile Principe. Kage, Ventus andiamo!» ordinò, facendo segno di seguirla con una mano. I due si guardarono stralunati, salutarono la giovane padroncina Rin, e seguirono senza fare storie la bionda demone.

“Sicuramente Kuria ci avrebbe ordinato di seguirla.” Avevano pensato entrambi.

Scoprirono che Hikari era una donna cordiale e particolarmente incline alle battute, sicuramente meno rigida rispetto alla loro principale padrona.

“Una volta anche la signorina Kuria era così, sorrideva e non aveva reali problemi, ma infondo con l’età si cresce.” Rimuginava Ventus. Serviva Kuria da quasi trecento anni, ovvero quasi da quando aveva capacità di parola e di stare in piedi.

L’interessata di quei pensieri raggiunse la compagnia al villaggio Musashi.

«Venerabile Kaede, un demone!» strillò un uomo del villaggio, scappando lontano da lei. La giovane si limitò a sbuffare in modo ben poco signorile, se non fosse per le ali spiegate l’avrebbe scambiata per una normale umana!

La donna uscì in fretta dalla sua umile casa. Si conoscevano quindi non l’attaccò, ne intimò agli altri di scappare. Seguendo i viaggi per sconfiggere Naraku avevano fatto spesso tappa a quel villaggio, il luogo in cui risedeva il pozzo mangia ossa che congiungeva il presente con il futuro.

«Non devi preoccuparti, è amica di Inuyasha e Kagome. – poi si rivolse a lei. – il monaco Miroku e Sango sono nella foresta.»

«Va bene, grazie dell’informazione Miko Kaede.» Quindi si avviò tranquillamente seguendo i loro odori. Per strada incrociò Shippo e Kirara.

«Sei tornata Kuria!» esclamò il piccolo volpacchiotto saltandole in braccio. La nekomata miagolava felicemente, invitandola a seguirla per arrivare prima dagli altri.

Trovò il monaco e la sterminatrice affianco al pozzo, ad aspettare.

«Sango! Monaco Miroku!» si sbracciò per farsi notare. Improvvisamente si sentiva felice, come quando stava con Izayoi, e corse verso di loro.

«Kuria che bello, quando sei arrivata?» le domandò Sango quando furono vicine, nel frattempo il monaco non perse tempo e allungo uno dei suoi tentacoli verso il fondoschiena della guerriera. Qualche secondo più tardi nella foresta risuonarono due schiocchi secchi.

«Monaco Miroku!» Strillò la giovane sterminatrice, stringendo una mano in un pugno e osservando il malcapitato con sguardo inceneritore.

“Sempre i soliti.” Scosse la testa Shippo, allontanandosi in fretta dalla lite in corso.

«Inuyasha e Kagome?» la nuova venuta si guardò attorno cercandoli attentamente.

«La divina Kagome e Inuyasha sono al di là del pozzo, torneranno forse prima che faccia buio.» rispose ai suoi dubbi Miroku, massaggiandosi le guance e assumendo un tono da esperto.

Kuria lo guardò incuriosita, si avvicinò al pozzo mangia ossa e ne sfiorò la superficie, infine si sporse per osservare il fondo. Rimase leggermente delusa osservando la terra alla fine del portale.

«Kuria tutto bene?» le domandò Sango, poggiandole una mano sulla spalla destra.

«Oh, certo scusate. Sono stati giorni pieni d’emozioni e sono ancora un po’ scombussolata, mi stavo chiedendo perché solo il mio fratellino sia di là e voi no.»

«Molto semplice Kuria, il pozzo non ci lascia passare.» continuò Miroku sedendosi sul prato, appoggiando la schiena al legno.

«Capisco. – passarono diversi secondi di silenzio. – chissà com’è dall’altra parte.» pensò ad alta voce. Cercava d’immaginare quali pericoli potesse correre, ma si rassicurava pensando che sicuramente Kagome fosse più brava a destreggiarsi nella sua epoca che nella loro.

“Non ho da preoccuparmi, è in ottima compagnia!” Sorrise e decise di andarsi a riposare su uno dei rami del Goshinboku.

Sdraiata sui grandi rami dell’albero sacro, con le braccia incrociate dietro la testa e gambe accavallate, ripensava agli ultimi avvenimenti.

“Sono libera da qualsiasi legame. È quello che ho sempre voluto, allora perché in realtà nel fondo del cuore mi sento così triste?” Si chiese guardando il cielo limpido e privo di nuvole. Allo stesso tempo il nome della maestra di Ezo la tentava assai, eppure che senso avrebbe avuto lasciare Inuyasha e gli altri per accrescere i propri poteri se poi mentre non c’era rischiavano tutti lo stesso la vita?

Si grattò la fronte, dicendosi che alla fine erano i pericoli del mestiere.

“Ne parlerò con Inuyasha, anzi forse sarebbe meglio parlarne con Sango o Kagome. Lui è troppo testardo e ben poco egoista, se sapesse che ne ho bisogno mi darebbe il tormento come l’ultima volta.”

Solo girandosi a pancia in giù sul ramo si accorse, con sorpresa, di non avere con sé il kimono bianco!

«Ah, sai quanto m’importa!» Strillò mettendosi seduta e sventolando un pugno per aria.

«Di che cosa?» Shippo l’era comparso davanti con un ‘pop’ dopo aver eseguito una delle sue trasformazioni.

«Shippo tesoro! Nulla di rilievo. Senti un po’ ma Inuyasha ti sta insegnando qualcosa di combattimento? Prima o poi toccherà anche a te questa incombenza.» La sua mente abituata alla guerra vedeva oltre l’aspetto di bambino youkai, lei aveva dovuto scegliere tra vita di corte e armi molto presto per essere allenata al meglio.

Shippo ricambiò le sue occhiate con insicurezza.

«Io però sono solo un bambino!» protestò, portando in avanti i palmi delle mani. Sentì distintamente il sospiro rassegnato della mora.

«Mi dispiace infrangere i tuoi sogni Shippo ma tu non rimarrai in eterno un cucciolo. So che adesso l’idea ti fa accapponare la pelle, lo faceva anche a me. Non serve fare molto, per ora basterebbe tu allenassi sensi e resistenza, potrebbero risultarti molto utili.»

«Se lo dici tu, però deve proprio insegnarmi Inuyasha?» era evidente che il volpino provava un certo timore per il mezzo demone.

«Sarebbe meglio.» Gli spettinò i capelli sorridendogli. Kuria sapeva che Inuyasha non sarebbe stato un granché come istruttore, in quanto a tecnica ne possedeva poca, ma sicuramente in quel modo i due avrebbero creato un vero e proprio rapporto. Lì si concluse il loro discorso e per il resto del giorno stette con Shippo tentando di affinargli un po’ l’uso dell’olfatto con qualche dritta.

Verso il calare delle ombre, mentre una brezza fresca soffiava accarezzandole i capelli e il corpo, finalmente avvertì le presenze dei due, inconsapevoli, innamorati. Non si scomodò per andargli incontro, avrebbe avuto poco senso visto che sicuramente la loro meta era la casa della vecchia Kaede.

«Kuria sei tornata!» esclamò Kagome entrando nella capanna. Il borsone giallo alle sue spalle era pieno zeppo d’oggetti provenienti dal futuro e procurò un certo fracasso quando venne posato al suolo.

«Dannata, ce ne hai messo di tempo! Sesshomaru è stato lui a intralciarti, vero? Giuro che gliele suono quando se ne presenta l’occasione.» sbraitando furioso. Odiava veder Kuria reprimere le sofferenza quando si parlava di lui, nei momenti in cui lo incrociavano e anche dopo.

«Tu non picchierai Sesshomaru, non è colpa sua. Sono successe molte cose, se avrete pazienza ve le narrerò tutte questa notte. – tutti annuirono. – tu Shippo vai a dormire!» Il bambino divenne una statua di sale, mentre Inuyasha sghignazzava contento di essere cresciuto.

«Perché? Anch’io voglio sentire!» protestò il volpino demoniaco.

«I bambini devono dormire per crescere sani e forti!» replicò serissima Kuria.

«Kagome!» Il cucciolo si fiondò nelle braccia della sua protettrice.

«Gne, gne, ah, ah sentito Shippo?» gongolò il mezzo demone. Kuria lo fissò con un’occhiata di sufficienza.

«Ti disperavi ancora di più tu, Inuyasha.»

All’improvviso tutti s’interessarono sull’avvenimento del passato tuttavia lei eluse molte domande, la maggior parte del monaco maniaco. Volente o nolente a metà del racconto Shippo si addormentò sulle gambe di Kagome.

«Fammi capire sorellina ora non hai più alcun dovere nei confronti di Sesshomaru?»

«Esattamente.» Annuì stanca. Vide suo fratello avvicinarsi pericolosamente al proprio viso, con indice puntato contro il naso della demone, lo sguardo indagatore.

«Allora perché hai quella faccia da funerale?»

«Inuyasha… a cuccia!» Grazie al provvidenziale intervento di una Kagome molto scocciata il mezzo demone si spiaccicò a terra, con Kuria che gli faceva pat pat sulla testa distrattamente.

«Kagome dannata, la vuoi smettere?»

I due presero a litigare violentemente, tanto da far risvegliare il cucciolo di demone che andò a rifugiarsi nel suo futon. Kuria li abbandonò alla loro discussione, troppo stanca per separarli. Presto la capanna divenne silenziosa.

angolo autrice (originale):

Io sono morta quanto Kuria e domani comincia lo stage di pattinaggio... *strilla*

Capitolo corposo questo, credo siano più di 11 pagine, ci ho messo tutta me stessa. Sesshomaru dovrà sudarselo l'amore di Kuria! Capirà molto presto cosa vuol dire veder sparire una persona a cui si tiene, che improvvisamente t'ignora. Non che lei l'abbia mai tenuto sul piedistallo ma ha sempre risposto alle provocazioni adesso chissà!

Ezo è Hokkaido, dovete sapere che quest'isola perennemente innevata è entrata a far parte del Giappone sono nel 19 secolo all'incirca. Credo che fosse anche chiamata la terra di nessuno.

La madre di Kuria, Niham, si dimostra alla fine come una donna un po' apprensiva e fondamentalmente buona con la sua discendenza. Kage e Ventus seguono Hikari principalmente perché hanno in odio Sesshomaru e poi per il fatto che la giovane demone bionda è, come avete notato, un po' troppo sicura di sé.

Al prossimo capitolo qualche puntata originale e forse un bel discorso tra Inuyasha e Kuria, o Kagome, Sango e Kuria, potrei anche metterli entrambi.

Martyvax

Angolo autrice revisione 2023:

Questo è stato un capitolo lungo, ma semplice da rimettere in ordine. Confermo le parole della me stessa del passato. Da qui in poi Sesshomaru dovrà applicarsi, in realtà forse proprio questa decisione mi aveva mandata in blocco. Un'idea invece al momento mi sovviene, vedremo come riuscirò a svilupparla.

:*

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Capitolo 27
*** Le spose rapite del maiale demoniaco ***


Le spose rapite del maiale demoniaco!

Dal ritorno di Kuria la compagnia non s'era ancora mossa. Kagome non percepiva frammenti della sfera e perfino Inuyasha aveva riconosciuto ai suoi compagni umani il bisogno di riposo. La sorella era convinta che quella concessione fosse causata dalla presunta perdita della sacerdotessa Kikyo.

Le giornate trascorrevano in una monotonia ciclica. Inuyasha faceva arrabbiare Kagome, la quale lo spediva al suolo. Shippo mostrava le sue tecniche di volpe a Kuria e infine la futura certa coppia, Miroku e Sango, si cimentava in lunghe litigate. Forse è più saggio specificare: Miroku faceva il cascamorto con ogni donna del villaggio e di conseguenza la sterminatrice, presa da un’insana rabbia, lo riempiva di schiaffi.

Con lo scorrere dei giorni a Kuria erano tornate le forze, con l’aggiunta di una certa strana allegria. Per il momento la libertà stava mettendo a tacere il dolore amoroso. Si sentiva quasi galvanizzata dalla possibilità di fare tutto ciò che voleva senza dover scappare e nascondersi, non era obbligata a rendere conto delle sue azioni a nessuno!

Quindi il gruppo l’aveva osservata buttarsi senza troppi ripensamenti in lunghe ore con il più piccolo di loro, usando i più svariati giochi affinché Shippo sviluppasse al meglio fiuto e udito. Ogni tanto aveva trascinato in quegli addestramenti Inuyasha, troppo rispettoso di quella figura femminile per dirle di no, e succedeva molto spesso che, alla fine, il più divertito fra tutti e tre fosse proprio il mezzo demone.

«Ah, ho vinto di nuovo io!» esclamò trovando con il suo olfatto sviluppato Kuria nascosta per bene nel folto della foresta. L’europea si limitò a far roteare gli occhi, a volte si comportava proprio come un bambino, con la pecca che ormai era quasi un uomo fatto e finito.

“Deve essere un difetto di famiglia. Io che credevo fosse un carattere della madre di Sesshomaru! Inu no Taisho allora il problema eri tu e non le madri, di sicuro questo atteggiamento non l’ha preso da Izayoi.” Pensò critica, intristendosi al ricordo dell’amica.

«Questa volta però c’ero quasi!» disse sconsolato il volpino, grattandosi la testa rossiccia.

«Non darti troppa pena Shippo, la prossima volta andrà meglio. Sei già migliorato tantissimo.» si complimentò la guerriera, incamminandosi verso il villaggio.

Gli abitanti del luogo avevano ben accettato la sua presenza demoniaca, ormai più nulla doveva sorprenderli tra gente del futuro, mezzi demoni e demoni. Aggiungendo un monaco maniaco e una conseguente sterminatrice di demoni furiosa. Kuria passava il tempo altalenandosi fra diversi sentimenti come l’allegria e la più nera depressione, capitava anche molto spesso che semplicemente tutto le scivolasse addosso non provocandole alcun effetto o reazione.

Riuscire ad accettare silenziosamente la sua condizione di debolezza era stato difficile, ma infine s’era consolata dicendosi che nell’arco di una vita lunga come la sua si doveva continuare a imparare, quindi non sentiva più un peso occluderle la gola com’era avvenuto in solitudine con Sesshomaru. Nulla di cui vergognarsi o da tenere nascosto, certo non avrebbe permesso a Inuyasha di vederla piegata dalla tristezza.

Kagome era una giovane d’oro e le narrava sempre del futuro, questione che affascinava la mora non poco! Con Sango condivideva l’arte della guerra e si erano anche sfidate un paio di volte, tuttavia la differenza di potere era evidente.

«Noi sterminatori non siamo nati per fermare demoni in forma umanoide, ma quelli più animaleschi.» le aveva spiegato un giorno, nonostante ciò bisognava riconoscerle una grande tenacia e una solida tecnica di combattimento.

Piuttosto lei era davvero pronta per riprendere ordini da un maestro, o meglio maestra, al di fuori per giunta del suo clan?

“Non sarebbe certemente uno svago. Q– si diceva ogni tanto. – quegli insegnamenti potrebbero segnare la vittoria o la sconfitta di Naraku e quindi implicitamente la salvezza dei miei compagni, Inuyasha e Rin. Di certo farei meglio a ingoiare l’orgoglio e chiedere aiuto.” 

Eppure l'occasione per parlarne non si era ancora presentata. Sesshomaru non veniva nominato davanti a lei nemmeno per sbaglio, anche Inuyasha, di solito così ruvido, sembrava farci una particolare attenzione. Non le dispiaceva tutto quell'affetto da parte dei compagni di viaggio, anzi rimarcava ancora una volta le loro buone intenzioni, ma se c'era una cosa che non avevano compreso di Kuria era che poteva benissimo ascoltare discorsi interi sul suo ex compagno senza sentire lo stesso dolore.

Come donna mai si era sentita all'altezza per stargli affianco, per il semplice fatto che lui pretendeva una giovane raffinata, un soprammobile da casa, che fosse fertile e gli partorisse un erede. Lei voglia di partorire per dovere non ce l'aveva e inoltre era una guerriera!

Sospettava da sempre che quel fidanzamento non avrebbe retto. Se fosse stato nelle intenzioni reali del Generale farli sposare allora in quel momento si sarebbe ritrovata piena di marmocchi da un matrimonio infelice. Solo per pochi secondi la sfiorò l'idea di come si facevano dei bambini e arrossì così tanto che Inuyasha le domandò se si fosse sentita improvvisamente male.

"Benissimo, ho solo pensato a come dev'essere un rapporto intimo con tuo fratello. Non te lo dico perché rimarresti sconvolto e mi rinchiuderesti in una casa a tempo indeterminato."

Scosse la testa.

«Nulla di cui preoccuparsi. Torniamo?» Shippo la gratificò con un sonoro urlò di felicità e corse verso il villaggio.

«Dì un po' - cominciò Inuyasha con voce sospettosa - non è che stavi pensando a Sesshomaru?»

Se c'era una cosa che non gli andava giù era tutto quell'amore per il ghiacciolo ambulante. Una vera seccatura. Perché la sua sorellina si meritava di meglio, ci sarebbe voluto un demone dal carattere simile a quello di suo padre, quel padre di cui lei e Izayoi avevano tanto parlato. Sì insomma uno forte, ma non prepotente, che le stesse al fianco senza prevaricarla. Se non fosse stato perché non era nel suo carattere e perché erano in tempo di guerra gliel'avrebbe cercato lui quello giusto! Come facevano da sempre i fratelli, si ritrovò a pensare orgogliosamente.

“Sì, ma dove lo trovo uno come mio padre? Inoltre Kuria è adulta e mica una donnetta qualsiasi. Sarebbe bello comunque!” Il fatto che in realtà non avessero nulla in comune di sangue non lo scalfiva nemmeno in quei ragionamenti. Giustamente Inuyasha sentiva un legame di fratellanza maggiore con Kuria che con Sesshomaru.

Ovviamente non fece parola di ciò che pensava con sua sorella, che nel frattempo non gli aveva risposto, ma si era avviata verso la casa della somma Kaede.

«Muoviti Inuyasha o ti lascio lì!» Gridò osservandolo con la coda dell'occhio.

Giunti sul posto trovarono tutti ad aspettarli più un giovane uomo di nome Kisuke che spiegò loro di una brutta situazione con un demone rinato al seguito del crollo del monte Hakurei.

“Che demone insolente! Rapire fanciulle umane, antipatico presuntuoso gliela dò io una bella lezione. Ho proprio bisogno di sfogarmi.” pensò Kuria facendo scrocchiare le ossa delle mani.

Si alzò per prima, seguita stranamente da Inuyasha. Stava diventando particolarmente gentile nell'aiutare umani indifesi, non che quel cambiamento le dispiacesse, anzi!

«Per fortuna. Sarebbe stato un peccato racchiudere così tante belle ragazze in una grotta.» Quelle poche parole scatenarono l'istinto maniaco del bonzo.

Finì che a salvare quelle giovani donne ci andarono tutti. Ovviamente il monaco fece la sua tipica proposta e Sango lo picchiò con Hiraikotsu.

“Ben ti sta!” Kuria era sempre un po’ disgustata da quel comportamento. Se Sesshomaru avesse mai tenuto un atteggiamento simile in sua presenza sarebbe esplosa della gelosia nel giro di qualche minuto. Ammetteva però che le sarebbe molto piaciuto un gesto galante o un corteggiamento da parte sua, mai si era sentita desiderata o voluta.

L'idea di Inuyasha fu quella di mandare Kagome come esca. Kuria non ne fu affatto contenta, solo in seguito gli disse che secondo lei era una pessima idea e che a volte si dimostrava davvero scemo. Sarebbe stato meglio se fosse intervenuta prima, mentre la ragazza si lanciava in avanscoperta, ma stava perdendo di giorno in giorno il suo cipiglio da comandante.

“Ecco come temevo ha preso di mira Kagome. Scemo Inuyasha e stupida me.”

La discussione che ne seguì poteva venir definita comica oppure deprimente, dipendeva delle inclinazioni filosofiche. Il demone non era altro che un maiale inselvatichito, maniaco precisiamo, a cui piaceva farsi chiamare cinghiale perché aveva un po’ troppo pelo e due zanne.

Quando la corona, o diadema, calò sulla testa di Inuyasha Kuria fu pronta al finimondo, come vederlo sparire all’improvviso o altre sciocchezze. Si ritrovò spiazzata dalle parole d’amore del fratellino verso il rapitore.

«Questa poi!» Kuria gli sbarrò la strada.

«Quella corona è sospetta! – gridò il monaco – aiutatemi a togliergliela.»

Nel mentre che loro sperimentavano i poteri dell’oggetto dorato il maiale, scusate cinghiale, li osservava domandandosi se erano realmente così stupidi o quel comportamento era per ingannarlo, ma soprattutto ogni suo pensiero era puntato verso la sua nuova sposa.

Quando, per ripicca, la sterminatrice infilò sulla testa del bonzo il suo prezioso gioiello decise che era ora di mettere fine ai giochi e rapire la sua compagna. In quel modo la corona finì dritta sul capo di Kagome che, sotto incantesimo, si ritrovò perdutamente innamorata del demone.

Mentre il cinghiale combatteva contro Inuyasha, Kuria fu sul punto di strappare quel maledetto artefatto magico, avendo ammattito i due seguaci di Chokyukai, ma proprio mentre stava per toccarlo il demone maiale guardò nella loro direzione.

“Potente lo è di certo, si sente da lontano e se viaggia con questi qua sicuramente non è sposata. Magari è una bastarda di qualche demone maggiore che, per non infamarsi, non l’ha tenuta come figlia legittima. Uno strumento potente nelle mie mani.” Un’altra corona d’oro venne estratta dalla tasca del kimono, calando a tradimento sulla testa di Kuria.

La quale si accasciò, come se le avessero tagliato i fili, tra le braccia esili di Kagome.

«Sorellina! Kagome!» strillò Inuyasha, ma la distrazione gli sarebbe stata fatale se Sango non l’avesse protetto. Dal canto suo Kuria non capiva più nulla, era priva del libero arbitrio e stava combattendo contro una magia che tentava d’impossessarsi del suo corpo.

Non comprese nemmeno di essere trasportata nel castello di quello stupido demone, né che Kagome la stesse aiutando a salire in uno dei punti più alti.

Quando riprese conoscenza, solo a livello mentale, tentò di muovere gli arti e afferrare la spada. Tuttavia le sembrava di essere paralizzata, solo gli occhi e il collo rispondevano agli impulsi del cervello. Comprese di non avere né Caliburn né Yoso con sé e di essere vestita come un’imperatrice, ciò la lasciò schifata e turbata contemporaneamente.

“Che diavolo succede? Soprattutto perché sono alla sinistra del maiale maniaco? Non riesco neppure a muovermi.”

«Mia squisita compagna versatemi del sakè.» ordinò Chokyukai e Kuria si stupì di aver pensato “Col diavolo!” e aver risposto contro sua voglia

«Certamente, mio signore.» Inorridì da sola, anzi se avesse potuto si sarebbe schiaffeggiata. Avrebbe voluto gettargliela in faccia la bevanda alcolica, ma il suo corpo tradì solo un leggero tremito, subito riportato all’ordine dalla magia della corona demoniaca.

«Oh mia cara siete in ansia per sta sera?» continuò il demone.

“Quale sera? Che diavolo va blaterando ‘sto scemo?” la sua mente si ribellava e il corpo rispondeva ai comandi dell’oggetto magico come se fosse stato un nuovo cervello.

«Vedrai sarà magnifico e non ti preoccupare per il parto. Infondo non sarai sola, dopo di te ti seguirà anche la tua compagna – annunciò mostrandogli Kagome, dall’altro lato del maiale/cinghiale - e tutte le altre.» a Kuria venne voglia di spalancare gli occhi per la sorpresa, alzarsi e infilzarlo con le sue lame, ma l’istinto principale fu di vomitare.

La reazione esteriore fu totalmente opposta abbassò il capo, si sentì arrossire e tenne le braccia il grembo.

«Posso? È permesso?» chiese una voce femminile, anche se l’odore non ingannò la giovane guerriera, si trattava di una delle trasformazioni del piccolo Shippo.

Con Chokyukai uscì anche Kagome, Kuria non seppe spiegarsi il motivo, improvvisamente tuttavia il suo corpo si alzò e prese a camminare verso l’uscita. Sentì l’aura di Yoso avvicinarsi e alzò involontariamente una mano afferrandola dal manico, sul suo tragitto trovò Caliburn, accantonata in un angolo.

“Troppo pesante per te quell’arma stupido maiale.” Fece per raccoglierla e sentì che anche quel comando eseguito dal suo corpo non era dettato da sé stessa ma dall’incantesimo. Caliburn, per la prima volta nella sua vita la respinse non riconoscendola come padrona. Era come tentare di sollevare una montagna per un umano. Sapeva che si trattava di una spada pesante e che lei era una dei pochi degna d’impugnarla, ma non credeva fosse talmente pesante! Dopo svariate sforzi il suo corpo si allontanò. Nel mentre Kuria combatteva una lotta inutile per liberarsi dalla presa magica di quel oggetto.

Fuori vide Inuyasha in una sfida contro il maiale demoniaco e Kagome, ancora ipnotizzata, a osservarli con le mani chiuse in segno di preghiera. Si domandò se pure la mente di quelle fanciulle fosse libera o imprigionata e soggiogata.

«Attaccalo.» disse Chokyukai comparendo al suo fianco.

“Ti sei ammattito? Non combatterò mai contro Inuyasha!” pensò, ma il suo corpo ubbidì e Yoso, anch’essa di malavoglia, si ritrovò a impattare contro la lama di Tessaiga.

Troppo sconvolto il mezzo demone non fece particolari resistenze ai suoi attacchi, Kuria lo stava battendo come se nulla fosse. Dimostrando quanto realmente potente e pericolosa fosse sua sorella.

«Ti prego Inuyasha, uccidimi!»

«Mai!»

Credeva solo di aver pensato quell’implorazione e invece poco a poco stava riprendendo il controllo sul suo corpo. Riuscì anche a spalancare gli occhi e per la sorpresa non si oppose all’arrivo dell’Hirahikostu che la colpì in pieno ventre, scagliandola diversi metri più in là. A causa dell’impatto il corpo si piegò in due e la corona le scivolò della testa.

«Perdonami Kuria! – esclamò Sango correndo al suo fianco – era necessario. Come stai? Ti ho fatto molto male?» La sterminatrice la sollevò per le spalle, controllando freneticamente che fosse tutta intera.

Kuria si mise a ridere finalmente libera.

«Meglio di adesso non sono mai stata! Credimi Sango e grazie.» L’altra sorrise sollevata. Nel frattempo, tra la confusione generale, Inuyasha aveva finalmente liberato Kagome che tentò d’imprigionare con un sigillo il demone. Sfortuna volle che quest’ultimo riuscisse a scappare.

Nel percorso per liberare le altre fanciulle imprigionate dall’incantesimo Kuria si fermò davanti a Caliburn. Respirò profondamente stringendo l’elsa fra le mani e, ricordando lo sforzo precedente, usò molta forza per sollevarla. Fu uno spreco di forze inutile perché la spada le risultò leggera e maneggevole e lei si sbilanciò all’indietro cadendo di sedere. Rimase pochi secondi incredula, poi sospirò di sollievo.

Il tempo di recuperare i suoi abiti da guerriera e attaccare al loro posto le due armi, verso notte s’incamminarono tutti per andare da Shinosuke e riportare le giovani donne dai loro genitori.

Tutto riprese come sempre, Miroku che faceva lo stupido in primis. Kuria restò particolarmente turbata dall’esperienza. Sesshomaru per quanto gelido, e a volte subdolo, non aveva mai provato a dominarla con simili trucchetti. O meglio, le ricordava costantemente che presto o tardi sarebbe divenuta sua moglie e con quello sarebbero giunti anche altri doveri, di una natura diversa, ma mai la faceva sentire minacciata. Si strinse leggermente nelle proprie spalle.

“Inoltre, che gusto ci sarebbe?” All’ex compagno piaceva avere tutto sotto controllo attraverso il suo status di demone e i suoi poteri, non perché sotto incantesimo.

Quella sera al villaggio Musashi Kagome e Kuria si ritrovarono insieme fuori dalla capanna di Kaede.

«Neanche tu riesci a dormire?» chiese Kagome sedendosi affianco alla sorella adottiva del suo amato.

«No, ho troppi pensieri per la testa e… posso chiederti un consiglio Kagome?»

«Non devi neppure chiederlo. Sono tua amica, puoi domandare sempre e comunque.» La giovane sacerdotessa le mise una mano sulla spalla come incoraggiamento. Sapeva che Kuria era forte ma sola, gliela si leggeva in volto quella verità.

«Grazie – le sorrise riconoscente, mandando giù un nodo alla gola per non commuoversi. – Se tu sapessi di essere troppo debole e avessi bisogno d’incrementare il tuo potere spirituale, perché non facendolo i tuoi cari saranno nei guai, tuttavia l’unico maestro che può aiutarti in quest’impresa si trova a molte ri di distanza dal luogo in cui combatti. Cosa faresti? Andresti?»

Kagome si limitò a annuire lentamente. Comprendendo che Kuria aveva bisogno di allontanarsi per diventare più forte e proteggerli.

«Sì, anche se così facendo rischio che vadano incontro a dei guai senza la mia presenza. Dovunque tu abbia bisogno di andare noi non ti fermeremo, se è utile a te per proteggerci e per proteggere altre persone. Non ti preoccupare Inuyasha riuscirà a non cacciarsi troppo nei guai, oppure mi basta dire a cuccia.»

«Kagome!» uno strillo del sottoscritto risuonò per tutto il paese. Kagome si mise una mano sulla guancia imbarazzata, mentre Kuria rideva e pensava al modo più indolore per riferire della sua partenza al fratello minore, non sapeva se l'avrebbe presa bene.

Da sempre le lasciava i suoi spazi per allenarsi, ma quella volta erano in guerra e Kuria non sapeva se allontanarsi era la scelta migliore da prendere.

“Forse se divento più forte anche Sesshomaru mi noterà. Se non posso essere vista come compagna di vita tanto vale farsi conoscere come compagna di guerra.”

Non sapeva cosa sarebbe successo in seguito alla sconfitta di Naraku, ma probabilmente Inuyasha e compagni si sarebbero ritirati nel villaggio Musashi facendone una terra in pace e protetta. Ormai era troppo legata a quella gente per tornare in maniera definitiva sui Pirenei, erano stati la sua casa per diverso tempo e a volte ne sentiva ancora la nostalgia, ma i suoi amici erano lì, Rin era lì… Sesshomaru.

Sperava solo reggere al dolore che le avrebbe arrecato lui il giorno in cui avesse trovato la sua vera legittima consorte.

“Speriamo vada tutto per il meglio.”


Angolo Autrice (originale):

Sì, lo so sono in un ritardo eclatante e grosso quando la catena dei monti Urali >< chiedo scusa.

La buona notizia è che sono già a metà del prossimo capitolo, felici? (Spero di si)

Allora nel prossimo capitolo ritornerà il nostro demone più amato/odiato di tutti i tempi... Sesshomaru! Chissà se riuscite a indovinare su quale puntata si baserà il prossimo capitolo.

Kuria non si è realmente indebolita e Inuyasha non ha neppure il suo livello d'esperienza nel combattimento, ma ella non conosce alcuni trucchi demoniaci, diciamo che deve fare un 'corso d'aggioramento per Guerrieriere' (?). Come la spada di Inuyasha s'evolve con il suo padrone e Sessho fa passetti in avanti nella sfera emotiva anche la nostra yasha deve evolversi (non stile Pokemon XD) e forse ritrovare se stessa.

Avvertenze: La presenza di Inu Taisho potrebbe tornare, tanto per far prendere infarti in qua e in là.

Martyvax

Angolo autrice revisione 2023: 

Molto bene. In questo episodio direi che si esprime bene una delle più grandi paure di Kuria, quella di essere usata. Penso sia normale anche che si senta molto in soggezione/inferiore/non degna di Sesshomaru, nonostante la sua enorme spavalderia. C'è anche un bel divario di età da considerare e che il nostro bel demone glaciale non è un campione nella comunicazione. La strada da percorrere per i due innamorati è solo all'inizio.

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Capitolo 28
*** A volte bisogna partire ***


A volte bisogna partire

Non ci poteva credere!  Doveva essere uno scherzo di sicuro, quello che credevano un accanito ladro di rotoli e altri oggetti importanti, di un enorme valore, non era altro che un inutile demone di bassa lega.

Shippo applicò tutte le lezioni sul potenziamento del fiuto, Kuria ne fu felice. Poteva finire molto male quella faccenda, ma per fortuna il giovane volpino aveva combattuto contro un demone essenzialmente innocuo.

“Alla fine è andato tutto nel migliore dei modi!” pensava strofinandosi la fronte con il dorso della mano.

Le tracce di Naraku a seguito alla sconfitta dei Sette si erano rarefatte. Quell'essere viscido quanto avrebbe atteso prima di attaccare? Sia Kuria sia Inuyasha davano segni evidenti di fastidio per tale contrattempo, per loro i codardi erano intollerabili, la donna demone in particolare tendeva a istinti violenti verso i vili di cuore.

«Non ci sono più villaggi, per questa sera dovremo accamparci.» annunciò Miroku nel corso della loro marcia nel folto del bosco.

«Allora propongo un bagno rilassante. Ovviamente sto parlando di me, Sango e Kagome, voi due no. Monaco non spiare, non penso tu voglia incorrere  nelle ire di... ehm dei miei elementi.»

Inuyasha girò di scatto la testa, era una sua vaga impressione o Kuria stava per dire: nelle ire di Sesshomaru. Spalancò gli occhi e smise di respirare. Sapeva che un legame più forte di quello dell'odio univa sua sorella adottiva verso suo fratello biologico, ma pensava fosse l'ebbrezza della sfida e quindi mancanza di un compagno da battere. Non immaginava si trattasse d'amore! Inarcò un sopracciglio, davvero non se lo aspettava? Forse a essere sinceri se l’aspettava eccome!

Quando ancora era un cucciolo sua sorella gli narrava molte storie, su suo padre principalmente, sul palazzo dove era stata costretta ad abitare, su Sesshomaru. Lo metteva in guardia da lui, lo descriveva in modo minuzioso e preciso, calcava il racconto aggiungendo che era sprezzante con lei, incline ad alzare le mani per picchiare se si sentiva oltraggiato e che si odiavano. Poi, però, quando lei pensava si fosse addormentato o non la vedesse, sospirava e diventava triste.

Quindi calata la sera, mentre i ragazzi si occupavano del pasto, loro tre s'incamminarono con calma in direzione di una fonte d'acqua in cui lavarsi e togliere lo sporco del viaggio.

«Kagome il Giappone è uno regno chiuso di questi tempi, quindi com'è l'era moderna?» Cominciò Kuria curiosa.

«Devi sapere che adesso noi siamo alla fine dell'era Sengoku, ma fra quasi duecento anni gli americani, l'America è stata colonizzata dagli Inglesi lo sai, no? Ci costringeranno all'apertura. L'imperatore Meij cercò, anzi sarebbero meglio dire ‘cercherà’, quindi di farci diventare una nazione potente al pari con le altre. Se così non fosse gli altri paesi ci schiacceranno con le loro tecnologie moderne.»

«Per un secondo ho pensato che tu stessi parlando dei pellerossa, mi sembrava improbabile che fossero diventati così forti, anche se tutto è possibile nel futuro.»

Tuttavia prima che potessero giungere al fiume un uomo anziano e spaventato a morte corse nella loro direzione.

«Vi prego non uccidetemi!» disse inginocchiandosi a terra, con il viso fra le mani. Le tre si fissarono stupite.

«Bene Kagome, sei tu la sacerdotessa.» Sango annui fissando la più piccola del gruppo.

«Non ne ho proprio l'aspetto.» Balbettò la giovane donna, leggermente in preda al panico per la situazione improvvisa.

«Ma lo sei!» continuò Kuria.

«Kuria tu hai un aspetto umano, di solito ci sai fare...»

«Va bene, va bene.»

Finì che fu la donna demone a tentare di comprendere il problema. Mai fatta prima un’azione simile, rassicurare un umano! Esclusa Izayoi e le sue nuove amiche non amava molto quella razza.

«Un villaggio di donne demone? - chiese stupito Inuyasha. - Non ho sentito odori strani e tu Kuria non mi hai avvertito!»

«Ti avrei avvertito se l'avessi captato ma questo non è successo. Pensi sia il caso di controllare?»

«Propongo di andare a vedere, vi ha detto se fossero carine?» Miroku non si astenne dalle solite battute ormai più volte collaudate e Sango lo fulminò con lo sguardo.

«Feh! Secondo me è una perdita di tempo! A meno che non ci intralcino non ne voglio sapere di questa storia. Aspetta Kuria mi hai dato libera scelta?» Notò stupito.

«Non gongolare troppo, riconosco solo che sei cresciuto, fine.» Fu molto dura nel suo breve discorso, come se all'improvviso di fosse sentita degradata a un rango inferiore. Già di norma sentirsi dominata da qualcuno, inclusa sua madre, le dava un senso di nervosismo, se poi si trattava di Inuyasha, il suo piccolo dolce cucciolo, la situazione peggiorava.

“Se fosse stato un demone completo forse la sua forza supererebbe quella di Sesshomaru e non esclusivamente dal punto fisico.”

Nel loro cammino alla ricerca delle famigerate Oni scortica umani incontrarono un giovane, cercava un villaggio di sole donne perché aveva perso la sua amata.

“Un villaggio di sole donne, niente male!” pensò sarcastica Kuria. Tra femmine, escluse Izayoi, Kagome e Sango, s’era sempre trovata a disagio. Lei non sembrava realmente una ragazza, dentro di sé batteva il cuore di un guerriero e ciò la distanziava dalle altre. Loro ridacchiavano e lei rimaneva seria, loro si truccavano e lei indossava un’armatura pesante, loro si mettevano forcine nei capelli e allacciavano ai polsi i ventagli, lei li raccoglieva in una coda scomposta e saldava per bene le spade al fianco. Due mondi totalmente opposti, un po’ la colpa stava dalla parte di Kuria, che da bambina si era intestardita per diventare forte e diversa dalla stragrande maggioranza delle sue sorelle. Le sue ambizioni vennero caldeggiate da tutta la popolazione e, senza ripensamenti, la sua vita parve tracciata a priori e fu Inu no Taisho a spezzare il fragile equilibrio.

Doveva ammettere, però, che sua madre sulla sua istruzione fu molto irremovibile. Poteva diventare una guerriera, ma questo non la esonerava dal conoscere le loro danze, la musica e le arti in generale.

“Chissà se Sesshomaru sapendo che sono scomparsa proverebbe a cercarmi… ma cosa vado pensando? Sarebbe una vera maledizione, io non lo voglio.” Evitò di scuotere la testa per levarsi quel pensiero dalla mente sarebbe solo risultata matta, il colmo!

Così dalla tristezza i sentimenti evolsero, passando per la rassegnazione verso l’autoconvinzione. Sforzi vani, visto che il cuore non si arrendeva a certe imposizioni del cervello, Kuria avrebbe fatto prima a rassegnarsi: il suo organo vitale batteva per un personaggio becero, maschilista e spesso senza scrupoli.

Fatti sempre più incredibili si susseguirono a quelle scoperte, trovarono il fantomatico villaggio e lì si fermarono, con grande disappunto sia di Sango, sia di Kuria e, ovviamente, di Inuyasha. Il monaco manico non riuscì proprio a trattenersi e dimostrò, per l’ennesima volta, quanto poco fosse distaccato dai beni materiali, scatenando l’ira della cacciatrice di Demoni. Da quel momento in poi la situazione fu tutta in discesa, la suddetta ragazza che spariva, le donne del villaggio in preda a un mostro e infine Sango stessa comandata dal demone salamandra! 

Quella compagnia non trovava mai un attimo di pace, ciò poteva dimostrarsi stressante e allo stesso tempo stimolante.

Kuria non riuscì a fare nulla di speciale, in quanto bloccata da quelle femmine umane. Non intendeva ucciderle, non era colpa loro se l’ingenuità le aveva condotte in una brutta situazione.

“Perdere in guerra mariti, fratelli, padri e anche i figli, dev’essere terribile vedere il proprio mondo crollare senza il minimo avviso. Improvvisamente sei sola e nessuno ti protegge, sono lieta, alla fine, di aver scelto una strada diversa rispetto a quella del mio sesso. È vero forse sto frignando perché non potrò mai essere qualcosa di più che un’ottima guerriera per Sesshomaru, ma me la so cavare da sola, vivo senza appoggi, sono una donna indipendente e ne vado fiera.”

Per fortuna in combattimento Miroku si rese utile, dando loro il modo per disincantare quelle ragazze dal tranello del demone. Il peggio ebbe inizio con il ritorno di Sango dall’acqua, intossicata dallo stesso uovo maledetto. L’odore di sangue del monaco si sentiva a grande distanza, brutto segno. La sterminatrice gli aveva squarciato metà guancia e un braccio, nel caso in cui il conflitto non si fosse risolto in fretta Miroku sarebbe sicuramente morto!

“Se non gli rimangono i segni a deturpargli il volto sarà veramente fortunato!” pensò fra se e se Kuria.

Per grazia degli spiriti il suddetto uomo era di ottima costituzione e rivaleggiava quasi alla pari con la sterminatrice di demoni, quindi la situazione si evolvette nel giusto verso. Sango ne uscì incolume e Miroku se la sarebbe cavata con le miracolose medicine di Kagome.

Il giorno seguente abbandonarono il villaggio, avendo compiuto il loro dovere e alla prima tappa giunse la tanto sospirata dichiarazione d’amore da parte del monaco.

«Che razza di dichiarazione d’amore è: ‘vuoi dare alla luce gli eredi della mia stirpe’? Voi uomini giapponesi non riuscite proprio a dire parole d’amore, non è difficile.» commentò caustica Kuria, Kagome sospirò, c’era più o meno lo stesso problema anche nella sua di epoca.

«Perché i vostri ci riescono?» Domandò la giapponese, con l’aria di un’anima in pena.

«Mio cugino di quarto grado mi ha baciato, dopo avermi fatto una lunghissima dichiarazione.» Ammise senza vergogna Kuria, infondo non erano mica un regno molto grosso e nelle famiglie reali era quasi tradizione che ci si fidanzasse con il proprio sangue.

«Stai scherzando spero!» ribatté Kagome, leggermente schifata.

«Beh – passò una mano fra i capelli sopra la nuca. – non è realmente mio cugino. È il cugino di quarto grado delle mie sorelle maggiori, ma sta di fatto che fu abbastanza sicuro di sé da superare la paura dei miei scatti irosi e baciarmi. Ora, non dico che debbano essere tutti in preda agli ormoni, anzi Miroku gli dà anche troppo ascolto, ma una dichiarazione talmente ambigua non l’avevo mai sentita. Avrebbe potuto dirle… che vivere senza di lei gli era impossibile o che potrebbe perdersi nei suoi occhi.»

«Ah! Queste sdolcinerie non te le avrà dette mio fratello?» chiese sarcastico Inuyasha. Kuria lo guardò talmente male che il poveretto fu costretto a nascondersi dietro un albero.

«Cerca di capire bene: io e tuo fratello – faccia schifata – siamo stati ‘insieme’ per volere di tuo padre, capito? Lui non si è nemmeno dovuto applicare per conquistarmi, vuoi che venisse a farmi le dichiarazioni d’amore?» Per un po’ calò il silenzio, agghiacciante e inquieto. Inuyasha si sentì in colpa, Kuria soffriva già abbastanza.

«Era troppo occupato a dichiararselo da solo mentre si pettinava i capelli.» Sdrammatizzò scoppiando a ridere come una matta, adorava prendere in giro Sesshomaru. All’inizio lo trovava ridicolo ed effeminato, forte certo, ma per nascita. Lei si doveva impegnare ogni singolo giorno per diventare più potente nel periodo in cui si erano conosciuti. Anche se attualmente si stava indebolendo di giorno in giorno, perdendo la sua formazione e il cipiglio battagliero che l’aveva contraddistinta nei suoi primi anni di servizio.

La sera calò e ricoprì il cielo di un manto di stelle argentee, pareva una brillante trapunta di diamanti e ogni tanto Kuria notava lo sguardo affascinato della giovane sacerdotessa. Quando rimasero da sole i commenti riguardanti la neo coppia poterono riprendere, questa volta con l’interessata al centro della discussione.

«Ci proverà ancora con altre donne in sintesi?» Domandò Kagome quando furono appartate, scocciata dalla situazione.

«Ci proverà, ma adesso sono giustificata e posso lanciargli contro Hirakostu.» Rispose la sterminatrice con aria determinata, serrando forte un pugno per aria.

«Oppure puoi ripagarlo con la stessa moneta.» Kuria si osservò con interesse le unghie allucinogene.

«Ovvero?» domandarono in coro Kagome e Sango.

«Fai la carina con gli uomini giovani, qualche piccolo samurai o figlio di capo villaggio, ma anche contadini che si dimostrano gentili nei tuoi confronti. È la tecnica della gelosia, occhio per occhio, dente per dente o Regola dell'indifferenza, chiamala come vuoi, tanto la sostanza non cambia.»

«Non so Kuria, mi paiono azioni troppo avventate.»

«Donne!» commentò scuotendo il capo la guerriera.

«Ehi, guarda che lo sei anche tu.» esclamò Kagome ridendo.

«Sono una guerriera occidentale, il che è molto diverso. Ho votato la mia vita al combattimento e non alle beghe amorose. Se non fosse stato per Inu no Taisho non mi sarei mai mossa dai miie monti, ci stavo bene là.»

Ammetterlo non sembrò difficile visto da fuori, ma l’animo di Kuria rappresentava un sofferto dualismo, tra nostalgia della propria patria e voglia di restare con gli amici.

«Piuttosto, hai deciso se partirai?» Sango tentò subito di spostare l’attenzione, soffriva dello stesso problema, solo che non aveva una villaggio ad attenderla.

«Fra qualche giorno, finisco di spiegare degli attacchi base a Shippo. Il suo fiuto è nettamente migliorato e le sue intuizioni si dimostrano veloci, è proprio una volpe! Dovrei quindi partire tra poco.»

«Non andrai via in sordina, vero? Inuyasha ci rimarrebbe molto male e anch’io.» confessò Kagome, preoccupata che l’amica un giorno sparisse senza lasciare tracce.

«Ovviamente vi saluterò il giorno della mia partenza, non ho intenzione di farvi prendere una sincope!»

Sperava davvero che se la cavassero mentre lei faceva quell’allenamento di vitale importanza. Stare in un gruppo, in cui le decisioni venivano prese democraticamente, le toglieva quella condizione mentale di combattimento animalesco, tutta quella speculazione non l'era congeniale. Si rendeva conto che non poteva continuare a combattere in maniera brutale per il resto della sua esistenza, sapeva di avere un grande potenziale, bisognava solo raffinarlo.

“A quel punto forse riuscirò a tenere testa pure a un demone come Sesshomaru!” I suoi occhi si socchiusero creando una linea sottile, era stufa di sentirsi maltrattata. Il suo cuore accelerò i battiti, come se si preparasse alla battaglia.

Nel loro pellegrinare continuo ed incessante, alla ricerca di quei maledetti frammenti, oltrepassarono un convento di suore.

«Qualche traccia del cristianesimo è arrivata in Giappone!» esclamò Kuria passando davanti al luogo sacro. Nonostante Kagome desiderasse fermarsi Inuyasha tirò dritto senza darle il minimo ascolto, una perdita di tempo secondo lui.

Pochi secondi dopo il convento, se si poteva definire in quel modo una capanna di paglia, era in fiamme e un’aura simile a quella di Naraku pervadeva lo spazio in lungo e in largo.

“Cos’è questa storia? Perché dovrebbe trattarsi di Naraku?” si chiese la giovane fissando le fiamme.

Vide gli altri precipitarsi verso il luogo dell’incidente con Inuyasha riluttante alle loro spalle, Kuria non li seguì, non subito.

«Che fai sorellina, non vieni?» chiese il mezzo demone. Aveva uno strano sguardo assorto la sua sorellastra.

«No, Inuyasha. Presto vi raggiungerò, promesso.»

“Sarà, ma di solito quando fa certe affermazioni scompare nel nulla per settimane. Credo non abbia ben chiaro il concetto di ‘torno subito’.” Pensò l’altro, preoccupato.

Appena suo fratello sparì dall’orizzonte Kuria si posò una mano sul cuore.

«Ho avvertito una profonda disperazione, talmente simile alla mia duecento anni fa. Quale sensazione spiacevole. – osservò il cielo, l’aura maligna era sparita. – forse ci metterò un po’ a tornare, Inuyasha.» parole sussurrate al vento. Lasciandosi trasportare dal suo istinto demoniaco camminò in direzione opposta a quella presa dai compagni.

«Dov’è Kuria?» domandò Sango.

«Feh! Ha detto che ci raggiungerà presto.»

«Non sarai mica preoccupato, eh Inuyasha?» chiese scherzoso Miroku.

«Per chi mi hai preso bonzo deviato e poi Kuria è un ottima combattente, sa badare a se stessa.»

“Sì, è preoccupato.” Pensò Kagome guardando i suoi atteggiamenti fintamente non curanti. Ogni volta che la sorella spariva diventava intrattabile e le dispiaceva molto, non solo perché soffriva di nostalgia e viveva nella costante paura che le accadesse qualcosa, ma anche perché, con tutti i problemi che affrontavano nel loro viaggio, Kuria era sicuramente una costante rassicurante nel gruppo. Una stella da seguire.

L’interessata invece avvertiva un pizzico al cuore, non di quelli pericolosi, di riflesso si portò una mano sul ventre, resasi conto del gesto smise subito. Qualcosa di misterioso si avvicinava alla sua piccola Rin e non poteva permettere che un nuovo pericolo la sfiorasse, ne andava della vita di entrambe.

“Speriamo che non le capiti niente mentre sarò via, ma infondo Sesshomaru sa quindi… e poi vuole troppo bene a quella bambina per lasciarla incustodita.”

Volava al di sopra delle nubi a una velocità moderata, in realtà il suo scopo principale era pensare al dolore avvertito in precedenza. Un misto di preoccupazione, tristezza e amarezza, qualsiasi essere vivente poteva provare questo insieme, lei stessa ne saggiava più volte il sapore, ma la stranezza era solo in quell’onda d’urto.

“Un umano non ha tutta questa forza, che cosa sarà successo? Prima dell’esplosione la gente si stava radunando per una povera monaca, una giovane donna ancora nel pieno della sua bellezza morta a causa di una malattia… oppure è meglio dire a causa di un incendio?” Inarcò di nuovo un sopracciglio virando la traiettoria in su. Un pensiero le sorse spontaneo.

«Non c’erano le basi per un incendio! Insomma si tratta di qualcosa che può avvenire ovunque ma, escluso il caso in cui qualcuno non abbia voluto appiccarlo, questo non poteva crearsi. Non ne ho sentito l’odore e i volti della gente apparivano troppo disperati per dilettarsi in stupide scene razziste o piromane.» Parlare con il vuoto nel bel mezzo del cielo per Kuria non era da spostati di mente. Più volte le capitava di ideare piani mentre volava e non potendone discutere con nessuno sentire i propri ragionamenti a voce alta l’aiutava a comprendere gli errori che potevano derivarne.

«Inoltre, in coincidenza, è subito subentrato un odore non dissimile a quello di Naraku. – lasciò correre diversi secondi. – Certo, simile ma non uguale e il nostro nemico da cosa è fatto? Insomma a meno che non fosse una sua emanazione, e non è da escludere, solo un agglomerato di demoni può… Oh diavolo! Si è appena creato un altro spirito maligno, solo un umano con tali sentimenti si lascerebbe mangiare senza opporre resistenza. Devo controllare come sta Rin, ora quella stretta assume un valore del tutto diverso!»

In una frazione di secondo scese in picchiata, se avesse seguito l’odore di Sesshomaru avrebbe trovato anche Rin, in quel momento non stava male quindi non avvertiva un fortissimo contatto con il corpo della bambina. Contraddizioni del dono probabilmente.

Giunse in un luogo brullo, scuro, simile a una conca di terra, c’erano ben cinque odori diversi.

“Infatti uno è di quell’essere! Sesshomaru lo avrà seguito? Le impronte non vanno tutte nella stessa direzione. – osservò meglio i calchi del terreno. – sembrano molto femminili quelle opposte a Sesshomaru e di piedi adulti. – sbuffò incrociando le braccia al petto. – Ma qui gli uomini non sono molto mascolini.” Scosse anche il capo e infine tornò seria.

«Ho deciso!» quindi s’incamminò, o meglio volò, in direzione di Rin, doveva assolutamente fare in fretta perché Yoso pulsava al suo fianco ed era la prima volta da quando il grande generale l’aveva fatta giungere a lei.

Volò più velocemente di quanto in realtà le sue forze le consentissero e subito captò l’odore di Rin, l’avrebbe riconosciuto fra mille, una fragranza di fiori e quando fu distante solo qualche metro ne udì perfino il canto.

«Rin!» esclamò, si arrestò bruscamente davanti alla bimba, rimanendo pur sempre in volo.

«Signorina Kuria! Che bello, giochiamo insieme?»

«Magari più tardi tesoro, dimmi dov’è Sesshomaru? Qui non lo vedo.» Si guardò attorno ansiosa, ma di lui nessuna traccia, Jacken sospirava e Ah Un non faceva nulla di particolarmente rilevante.

«È andato per di là.» Le indicò con il braccio la via.

«Grazie Rin, stai attenta e non ti allontanare da Jacken!» riprendendo nella sua corsa sollevò un gran polverone, stimolando le lamentele del rospetto.

“Yoso perché stai vibrando? Più vado avanti più mi pare che tu impazzisca.”

Comprese tutto solo quando Sesshomaru fu lontano da lei di una decina di metri. Vide una donna, il suo ex futuro sposo, suo fratello e Kagome.

“Infatti era come pensavo, una donna!” il suo udito di demone le permetteva di sentire ogni parola. Quella piccola sgual… doveva calmarsi, quell’agglomerato di spettri possedeva Tessaiga e con il suo uccellaccio stava tentando di aiutare Sesshomaru nell’intento di uccidere Inuyasha.

Sbatté al massimo le sue ali e riuscì miracolosamente a mettersi davanti alla stupida ladra, mollandole un pugno in pieno volto, il demone uccello, su cui ella volava, fu disintegrato dal veleno di Sesshomaru.

«Non mi sono mai piaciuti i codardi! Molla Tessaiga!» ringhiò mentre quella si rialzava.

«Questa appartiene al Nobile Sesshomaru!»

Sentì distintamente il sangue andarle alla testa e la bocca incurvarsi per ringhiare al meglio.

«Vuol dire che te la strapperò dalle mani con la forza!»

«Provaci se ci riesci, non sei nemmeno un unico demone.» la schernì ridacchiando malefica, Kuria non batté ciglio, anzi forse sorrise pure lei.

«Cencio parla male di straccio!» commentò malignamente, ma non fu compresa.

«Tz piantatela! – la voce gelida di Sesshomaru non fece sobbalzare tanto l’occidentale quanto l’altra demone. – volevi esaudire il mio più grande desiderio e pensavi fosse questo? Se avessi intenzione di sconfiggere Inuyasha non avrei il bisogno di una come te.» Dette quelle parole sparì nella sua bolla di luce e, mentre la ragazzina si disperava come una adolescente al primo rifiuto, Kuria decise di riportare l’attenzione su se stessa.

«Per tua informazione stupido agglomerato di demoni IO sono molto meglio di tanti altri! – la colpì con un calcio al ventre e afferrò Tessaiga ma, sfortunatamente, il fodero la respinse e fu costretta ad allontanarsi a mani vuote. – Inuyasha, ora!»

Il suo adorato fratellino tentò invano di colpirla, ma quell’arpia aveva un oggetto magico con sé e pareva lo volesse pietrificare attraverso una collana spirituale.

“Se non faccio qualcosa in fretta verrà pietrificato, ma pur sacrificandomi, farmi cristallizzare al posto suo non servirebbe!” Kagome distrusse con tempismo l’oggetto incriminato, con riconoscenza da parte della demone.

«Ottimo lavoro Kagome!»

La ladra di spade con un insano amore per il Principe dei Demoni sparì e anche Kuria, senza dire niente, scomparve per quella che si prospettava una battuta di caccia. Gli avvenimenti la stavano davvero turbando molto, pretendeva un chiarimento!

“Sesshomaru la conoscevi e lei ti ama, non vorrei provare ciò che sto provando! Giuro che se scopro che mi hai rotto le scatole per anni essendo innamorato di un’altra ti ammazzo nella maniera più dolorosa possibile.” Strinse i pugni e s’infiltrò cautamente nella foresta, in un piccolo spiazzo c’erano le due figure che cercava.

Le davano entrambi le spalle e la giovane narrava di come si fossero conosciuti, lei umana, figlia di Samurai, lui demone, bello, bisognoso di cure perché ferito dallo schifoso – a Kuria quasi implose una vena in quell’istante – fratello mezzo demone. Non poté osservare il viso della nemica in amore, se poteva definirla in tale modo, fin quando non si sedette alle radici di un grande albero, protagonista silenzioso di tutti gli avvenimenti.

“Brutta stupida il braccio Inuyasha ha fatto più che bene a segarglielo! Lo deturpa in bellezza e magari lo rende anche più debole ma se l’è cercata! E poi, guarda caso, ci sono sempre degli alberi importanti come sfondi di queste storie.”

Tuttavia s’intenerì ascoltando quella storia, capiva i suoi sentimenti e non la biasimava se il cuore la portava ad amarlo, lei faceva la stessa identica azione ogni singola volta che lo vedeva.

“Non sono docile come lei, ma infondo so quanto possa essere subdolo, rompiscatole, cattivo, maschilista e… forse è meglio che mi fermi qui. Eh ragazza mia credo che l’avresti picchiato pure tu o forse ti saresti messa a frignare, una delle due opzioni.”

Alla fine del racconto ebbe la risposta che tanto stava cercando, la suora in fin di vita era l’agglomerato di demoni.

“Si è fatta mangiare l’anima per realizzare il più grande desiderio di Sesshomaru pensando fosse Tessaiga. Mi duole ammetterlo ma se quel ghiacciolo ambulante volesse la zanna di suo padre non ci metterebbe molto a prenderla… usarla sarebbe un altro paio di maniche, la barriera non lo consentirebbe. Questa ragazza non sa che la spada è un sigillo per il potere demoniaco di Inuyasha, probabilmente schizzata com’è non le interessa.”

Non sapeva dirsi se gelosa o infuriata, forse l’arrabbiatura era da mettere in conto da qualsiasi parte si guardasse la faccenda. Prima di tutto l’ira verso Sesshomaru che si comportava da stupido facendo il bambino offeso ogni volta che si parlava dell’argomento ‘eredità’, poi con se stessa perché aveva mancato nel suo ruolo di protettrice.

Inavvertito e incontrollato Inuyasha apparve dal cielo, strillando come un matto, Kuria si schiaffò una mano sulla fronte.

“Con le teste calde poco c’è da fare. A volte dimentico che è solo un adolescente e deve ancora imparare molto.”

Sesshomaru si parò innanzi alla donna, impedendo qualsiasi attacco da parte del fratellastro, colpendolo con Tokjin, ciò spinse Kuria allo scoperto. Provava un’ira fredda, quasi controllata, pronta a riversarsi sul bel demone come un fiume in piena. Asseriva stupidamente che la faccenda non lo riguardava.

« Non lo riguarda! Dimmi ti sei dato al saké negli ultimi tempi, nobile Sesshomaru? – la penultima parola fu piena di sarcasmo. - Credi che solo perché lei ti piace allora tutto le sia concesso?» Si bloccò al suono delle sue stesse parole, trattenendo un ringhio frustrato. Lui non doveva comprendere quanto fosse realmente gelosa di quella donna! Dall’altra parte anche Sesshomaru fu molto stupito dall’ultima affermazione. Non lo diede a vedere esternamente ma la fissò per diversi secondi. Sentiva l’odore della rabbia traspirare dalla sua pelle.

“Sei arrabbiata perché il tuo adorato Inuyasha è stato derubato?” Desiderò di poterle leggere dentro, abbandonare tutti lì e portarsela via, costringerla a parlare.

Cogliendo impreparati entrambi, il mezzo demone colpì Sara con una sua vecchia tecnica. Dal braccio ferito di questa scaturirono demoni di basso livello, intrappolarono Inuyasha e tentarono di colpire Kuria. La demone non si fece cogliere di sorpresa, facendoli a pezzi con la sola forza delle unghie demoniache.

«Maledetto Inuyasha, ti meriti di morire come un animale!» L’urlo d’indignazione che si levò dalla bocca di Kuria fu assordante, più simile a uno strillo d’aquila, pauroso.

«Ora hai davvero passato il segno! – con un balzo prese il volo, le sue ali sollevarono un gran polverone e nella confusione scese in picchiata, colpendola al collo con il suo veleno. – abbiamo capito cosa siete e la pagherete.» Sussurrò in preda al rancore. Giocare con l’amore, non esisteva azione più abominevole! L’odore disgustoso che proveniva dalla ragazza non era un misto di umano e demoniaco, ma solo quest’ultimo.

Perché non aveva compreso prima la reale pericolosità della situazione?

I demoni che avevano divorato il corpo della giovane ragazza la respinsero, Sesshomaru si parò davanti a lei e Inuyasha. Kuria lo osservò stupita mentre intimava alla non donna di andarsene.

«Può andarsene dove gli pare? Ma dico non ti sei… »

Il suo interlocutore non la degnò di uno sguardo quando attaccò il comune nemico, rivelando la vera natura di quell’essere.

« Quindi ci avete scoperto sin da subito Sesshomaru e compagna! » disse una voce bassa e cavernosa, anche il corpo mutò, assumendo una forma più demoniaca rispetto all’inizio. La guerriera arrossì senza volerlo.

Sara emerse a fatica dal luogo in cui l’avevano confinata i suoi aguzzini, pregò il Principe dei Demoni di ucciderla, perché non voleva vivere con loro e implorava perdono per la sua stupidità. Kuria si commosse. Riconosceva quel sentimento e, anche se reagiva in maniera differente, restava una donna. Una unica lacrima scese dai suoi occhi, simbolo di sofferenza mai sfogata.

Osservò basita Sesshomaru impugnare Tessaiga, scagliando un fendente mortale degno del grande generale cane, ma l’odore di bruciato si spanse intorno a loro. La barriera della spada non lo accettava, tuttavia egli non sembrava turbato e Inuyasha liberò tutti dagli ultimi demoni rimasti in circolazione con un’unica mossa.

Kuria sprofondava in un mondo solo suo, guardando il mucchietto di anima di Sara con occhi spiritati e colmi di malinconia. L’unico gesto che Sesshomaru si concesse fu quello di ascoltare in silenzio le ultime parole della giovane principessa e poi poggiare il flauto dentro il cumolo di cenere. Partì senza voltarsi indietro, l’odore salato delle lacrime di Kuria e la morte di quella giovane lo turbavano.

«Sorellina perché piangi?»

«Kuria stai male?» Shippo le saltò su una spalla.

Si voltò verso di loro stupita.

«Sto piangendo? - chiese toccandosi una guancia e sentendo i polpastrelli bagnarsi. – N-non lo sapevo. Scusatemi, mi ricompongo subito.»

Kagome la osservò silenziosamente, domandandosi quali ricordi quell’avventura le avesse riportato alla mente.

«Povera infelice, la sua storia è così triste. Mi fa tanta pena.» commentò Sango, comprendendo quali dolori stessero affliggendo l’amica, mentre guardava le ceneri di Sara.

«Vi sbagliate, c’è stato un lieto fine per lei. Il suo viso era sereno nel momento del trapasso.» spiegò Miroku.

Il resto Kuria lo sentì con un solo orecchio, colse solo le ultime frasi del discorso.

«Bene. Ora che ho nuovamente Tessaiga possiamo andarcene, non perdiamo altro tempo.» s’incamminò verso la loro meta, ma la sorella maggiore parve non volerli seguire.

«Kuria si può sapere perché fai quel muso lungo?»

«Inuyasha? A cuccia!»

«Non ti arrabbiare Kagome. – esordì lentamente la demone aquila. – Il poco tatto è nei suoi geni, non ci faccio neanche caso.»

«Dannata, staresti dicendo che io non ti capisco o in qualche modo non ti rispetto? » esclamò Inuyasha furioso.

«Ho mai detto ciò?» Kuria lo fissò pacatamente.

«No, ma…»

«Basta, Inuyasha. Taci! Smettila di fare l’orgoglioso o ti ritroverai come tuo fratello. Ora andiamo, stare qui, in effetti, non giova proprio per niente.»

Il povero mezzodemone la osservava confuso, alcuni scatti d’ira di Kuria e Kagome erano proprio simili!

Quella sera, con tutti davanti al fuoco, Kuria decise che era giunto il momento di fare il suo annuncio importante.

«Devo partire.»

Calò il silenzio, interrotto solo da Inuyasha.

«Perché?» Non era mai stato egoista, ma tale notizia l’aveva colpito alla sprovvista.

«Non riesco più a proteggervi come vorrei, le mie tecniche sono arretrate, ho bisogno che qualcuno mi spieghi come usare al meglio Yoso, oppure diverrà una spada inutile. Non ci tengo a sentirmi rinfacciare come non sappia utilizzare un’arma che possiedo da quasi più di duecento anni. Ti ricordi, vero?»

«Lo sai che quel bastardo lo fa di proposito per farti sentire inferiore ed è passato un centennio! Ti ho visto usare Hariken contro i sette.»

«Ma non sono riuscita a proteggere Rin!» replicò alzandosi, cominciava a infuriarsi.

«Rin? La bambina che Sesshomaru protegge?» chiese Kagome.

«N-non capisco!» Inuyasha fissava la sorellastra con molta confusione in testa. Perché doveva salvare Rin?

«Oh, Inuyasha. Ci ho messo dei mesi a comprendere, come potresti tu in qualche minuto?» Gli sorrise dolcemente, quasi fosse tornato da poco bambino.

«Volete… che vi lasciamo soli?» domandò Miroku, comprendendo la tensione creatasi con quell’argomento nell’aria.

Kuria sospirò e si risedette sul terreno, buttando indietro la testa.

«No, voglio spiegare questa situazione un’unica volta. Il giorno in cui colsi il tuo odore e mi feci spiegare da Myoga chi fosse Naraku incontrai una bambina, si era persa e pareva disperata. La tenni con me, promettendole che il mattino seguente l’avrei riportata dal suo tutore. Quella notte tra noi venne a crearsi un legame, le sto involontariamente passando la mia eredità demoniaca, è come dire che sono… incinta. – Tutti la guardarono in modo allibito. – Quando abbiamo affrontato i Sette Rin venne rapita e io stetti male, se non fosse stato per Sesshomaru sarei morta di dolore e con me la bambina. Finita quella disavventura un pazzo ci cercò per ‘informarci’ che si portava via Hikari, voleva farne la sua sposa a seguito di un combattimento andato a mal fine. Il crollo del monte, una fuga a rotta di collo con in braccio Rin e sulle spalle mia sorella. Sesshomaru a combattere, io a controllare il focolare. Sai quali sono le mie reazioni a tutto ciò, vero Inuyasha?» domandò fissando il fratellino.

«Sì, sorellina. Una crisi d’identità. Vuoi partire per tornare più forte?»

«Ovviamente. Mia madre mi ha consigliato di rivolgermi a una donna che vive nelle terre di nessuno.»

«Le terre di nessuno?» chiese Kagome perplessa.

«Sì, in molti la chiamano così, è detta anche terra di Ezo. Non ho idea di come si chiami nella tua epoca Divina Kagome.» Intervenne Miroku.

“Sarà pure un maniaco, ma ha studiato per bene.” pensò Kuria lanciando un occhiata alla giovane sacerdotessa che pareva aver capito.

«Hokkaido! È talmente lontano Kuria, non faresti prima a chiedere aiuto al vecchio Totosai?» domandò la ragazza del futuro.

«No, se dice che le serve una maggiore istruzione è più sicuro che vada da una demone guerriera esperta. Anche se Totosai ha fabbricato Yoso rimane sempre e solo un fabbro.» Si intromise Inuyasha.

«Però proprio perché l'ha creata lui quella spada dovrebbe conoscerla al meglio.» Contrattaccò Kagome.

«In realtà la situazione è più complicata. Ogni spada nasce in un modo, ma sta a me comprendere come farla evolvere. Sono affine all'aria, in quanto aquila, e alla terra, in quanto cane. Yoso è la spada degli elementi, ma non riesco ad usare tutte le tecniche di cui essa dispone. Anche Caliburn nasconde del potenziale, non è solo un simbolo che si trasmette di padre in figlio, solo che, anche intuendo come usarla, ho bisogno di un aiuto più consistente e formativo.»

Quella sera l’aria si riempì di lievi saluti e di preghiere mute. Improvvisamente il mondo perse qualche colore per il gruppo, mentre Kuria seguiva il suo destino e cercava un modo per tornare più forte.

Il Sole illuminò con i suoi primi raggi le terre fredde di nessuno quando finalmente la guerriera le raggiunse dopo un lungo viaggio durato dei giorni. A chilometri distanza gli stessi raggi illuminavano una valle in piena fioritura e una bambina, inginocchiata sul manto erboso, pareva pregare assorta.

«Rin! Dobbiamo andare.» Gracchiò Jacken, pronto a strattonarla se la giovane si fosse soffermata nonostante il suo richiamo. Fortunatamente non ce ne fu bisogno, Rin lo raggiunse con aria seria, mentre Sesshomaru avvertiva un cambiamento curioso nella bambina, forse espressione inconsapevole delle emozioni della sua futura sposa? Una vocina malefica gli ricordò che tra lui e la donna in questione non esisteva più alcun contratto, lo sguardo si posò istintivamente sul cucciolo umano e, sotto lo sguardo terrorizzato del kappa, un leggero e lieve sorriso si aprì sul suo viso.

Lui e Kuria erano legati strettamente, più quanto l'interessata osasse immaginare.

Angolo ritardataria (Originale):

Sono terribile, me ne rendo conto! Perdonatemi è stato un anno duro, il pc su cui lavoravo prima si è rotto e ho dovuto cambiare. Passando da XP a 7 e tra un po' passerò al 10 XD
Comunque! Il capitolo mi pare lungo, spero soddisfi almeno un pochino l'attesa >< 

Si, Sesshomaru sta sorridendo non è un miraggio, da ora la faccenda cambia! Tuttavia non pensate male, Rin è al sicuro ^^

Spero tanto vi sia piaciuto e non siate troppo arrabbiate/i con me ^^ Per qualsiasi domanda o curiosità vi risponderò :* 

Martyvax

Angolo autrice revisione 2023: 

Questa lunghissima revisione ha termine qui, perché da adesso si torna a scrivere i capitoli. Sono sicura che ci sia ancora qualcosa da sistemare, ma lo rivedrò tra qualche tempo. Il nuovo capitolo è già concluso e vorrei iniziare la stesura del prossimo. Partirò per le vacanze tra due settimane, chissà che non riesca a pubblicare due o tre volte in questo lasso di tempo.

:*

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Capitolo 29
*** Un lungo apprendistato - Atto II ***


Un lungo apprendistato

«Non trovate anche voi che il principe Sesshomaru sia molto bello?» chiese una delle dame di compagnia di Kuria alla sua giovane signora. Lei fece una smorfia insofferente a causa dell’abito che era costretta a indossare, quella trappola stretta, pesante e… calda!
Sbuffò prima di rispondere.

«La sua eterea bellezza viene annullata dalla sua totale mancanza di empatia verso chiunque e la grande arroganza.» Incrociò le braccia sotto al seno, in segno di ulteriore chiusura. Non capiva perché ma lì ogni donna demone presente lo adorava.

«Mia signora come potete spendere un’opinione tanto sgradevole su un demone pieno di coraggio, forza e intelligenza come il vostro futuro consorte? Trovo, invece – e lì sospirò innamorata. – che siate una donna estremamente fortunata.»

«Mi permetto di dissentire, mia cara. Vado incontro a un matrimonio forzato, con un uomo che mi guarda con disprezzo, odia il mio reale modo di vivere. Se anche mi innamorassi mai di lui… sarei infelice per tutta l’eternità. Come si può convivere con una persona che non è capace neppure di sorridere?» Una profonda parte di sé sperava da qualche anno in un sorriso. Invano provava a tendergli un ramoscello d’ulivo, come avrebbero detto in occidente, ma lui pareva palesemente ignorarlo.

«Il principe è un uomo singolare, vero, ma non sorride mai a nessuno… non credo sia sua reale intenzione offendervi.» La povera dama parve dispiaciuta per lei, poi le sorrise incoraggiante.

«Proprio per questo mi piacerebbe che il suo sorriso fosse per me.» Il sussurro fu appena udibile, ma, essendo la sua compagna una demone dalle orecchie molto sensibili, non passò inosservato.

«Provate a dirglielo, forse cambierà atteggiamento nei vostri confronti. Ormai avrete compreso che la nostra etichetta di corte è molto più rigida della vostra.»

Le due donne si sorrisero e ritornarono all’interno del palazzo reale.

Kuria ebbe la sua occasione di conversare da sola con Sesshomaru qualche giorno dopo, in una delle loro consuete passeggiate obbligatorie, in modo che potessero conoscersi meglio. Normalmente le ore trascorrevano in silenzio, ognuno immerso nei suoi pensieri personali, ogni tanto qualche parola formale, mai di più.

«Potremmo fermarci qui per qualche minuto? Questo paesaggio è splendido, mette pace nell’animo. Sono stupendi i giochi di luce che si creano sulla cresta dell’acqua e il ritmico scorrere e scrosciare del fiume. Tu non trovi?»

Sesshomaru la osservo internamente stupito dalla quantità di parole dette dalla sua promessa. Si limitò ad annuire con un cenno impercettibile del capo, era innegabile che fosse un vero spettacolo di madre natura.

«Sesshomaru… - lo richiamò, voltandosi a guardarlo. Sembrava dubbiosa se continuare a parlare o meno. – mi farebbe piacere… se ogni tanto mi sorridesti.» Sganciata la bomba riprese a camminare velocemente, dandogli le spalle. Non poté quindi assistere al sorrisino di divertimento e ammirazione che le rivolse lui.

Aprire gli occhi immersi in una stanza buia è come essere ciechi o ancora addormentati, solo con lo scorrere del tempo ci si abitua all’oscurità e finalmente attraverso rari spiragli di luce lunare si riesce a cogliere la forma ci ciò che ci circonda.

L’esperienza vissuta in sogno era ancora potentemente vivida e a tratti quasi palpabile nella mente stanca di Kuria. L’indomabile guerriera demone si trovava infatti da diversi mesi nella casa della sua nuova ed attuale maestra di combattimento. Badma, una demone potentissima, dalla infinite capacità.

Gli esercizi si stavano rivelando sfiancanti, puntavano sul rafforzarla psicologicamente più che fisicamente.

«Sei forte, sicuramente, ma la tua mente è debole, fragile. Sei ancora molto giovane, è normale, soprattutto considerando che il tuo addestramento è stato bruscamente interrotto per seguire il Grande Generale al suo palazzo. Non sarà facile, ma questo già lo sai, dovremmo prima di tutto partire dalla tua… poca concentrazione. Ti sarai resa conto che, per quanto irrilevante, una porzione del tuo animo è estremamente in ansia e stressata mentre combatti. È più comprensibile per un essere umano, ma non per una demone del tuo rango e forza, non hai assolutamente nulla da invidiare al tuo caro Sesshomaru se riesci ad applicarti.»

Ricordava bene il sorrisino che era nato dalla maestra a quel punto, in risposta alla sua espressione sorpresa. All’epoca si stava allenando lì da una sola settimana, eppure lei già sapeva molte cose e altrettante le aveva intuite da sola, quindi inutile negare.

“Non mi ero mai sottoposta a un allenamento così pesante, mai. Sento di essere migliorata, presto, forse, potrò tornare da Inuyasha e Rin, presto… sarò più potente, forse potrei pure eguagliare quel pallone gonfiato di Sesshomaru.” Ridacchiò tra sé e sé, le mancava un pochino, lui e quell’espressione perennemente imbronciata.

“Andrà bene.” Con questa consapevolezza ritornò nel mondo dei sogni.

***

Un timido raggio del mattino baciò una gota di Rin, scaldandola e svegliandola lentamente.

«Ah! Jacken guarda che alba stupenda!» Saltò in piedi, piena di energie, scuotendo con forza il kappa al servizio del suo ‘signor Sesshomaru’.

«Aaah! Ma cos’hai da strillare di prima mattina?» Borbottò irritato, voltandosi dalla parte opposta alla luce. Ultimamente la piccola Rin era piena di vitalità e gioia, insomma, più del solito e appariva sempre più immune alla stanchezza.

“Il padrone non dice nulla a riguardo, che lui sappia qualcosa che io, Jacken, il suo più umile servitore, non so?”

«Ehi! Giovane Erede, come stai? Il principe ti ha nuovamente lasciata in custodia al rospetto?» La fragranza delicata di Hikari annunciò la sua comparsa prima ancora della sua voce.

«Come ti permetti? Io sono Jacken! Servitore del sommo Sesshomaru, mentre tu-» il suo monologo venne interrotto subito dalla biondina, con un ghigno leggermente maligno.

«Se tutto va come dico io, caro rospetto, io sarò sua cognata. In ogni caso, ti supero comunque nella scala al potere, quindi vedi di calmarti.»

«Oh, ma certo mia signora, chiedo umilmente scusa.» Replicò subito, sbattendo la testa al terreno mentre si inchinava.

«Vedi a fare sempre il prepotente Jacken? Sto bene signorina Hikari, il signor Sesshomaru manca da qualche giorno, Kuria da tanto tempo ormai, ma Inuyasha ha detto che è andata ad allenarsi.» assunse un’aria triste e sconsolata. Ripensò all’incontro avuto tanti mesi prima con il fratello minore del signor Sesshomaru. Il suo protettore aveva scrutato il gruppo, stupito dall’assenza di Kuria. Questi pensieri la tennero prigioniera fin quando la bionda demone non la sollevò tra le sue braccia.

«Oh, non corrucciarti, piccola Erede, mia sorella fa sempre qualche viaggio di aggiornamento, nella sua stolida convinzione di non essere all’altezza delle aspettative. Tornerà da te il prima possibile. Piuttosto… Il principe ghiacciolo ha riempito di botte il suo fratellino quando vi siete incontrati? Voglio sapere tutto.»

Hikari non perdeva mai il suo infinito gusto per i pettegolezzi e, si sa, i bambini sono le voci della verità.

«Oh no, il signor Sesshomaru non ha detto nulla a riguardo.» La bambina scosse quindi la testa, sconsolata, mentre la sua futura zia sorrideva divertita dalla situazione.

«Non si smentisce mai, ora fa il sostenuto. Sono davvero una coppietta di permalosi.»

«Perché mai padron Sesshomaru dovrebbe correre dietro a una come tua sorella? Lei aveva l’altissimo onore di sposarlo e dargli una nobile discendenza, essere la sua onorevole moglie e invece lo tratta sdegnosamente… come se fosse un insetto! Un comportamento inaudito!»

La fragorosa risata di scherno di Hikari si avvertì chiara e precisa a metri e metri di distanza dopo quelle affermazioni.

«Oh Jacken! Sei così accorato e furioso nel tuo discorso che quasi, quasi, credo che voglia essere tu l’onorata sposa dell’onorato principe ghiaccioloso.» Si immaginò pure la scena, con il rospetto tutto truccato e vestito di bianco con lo tsunokakushi. Rise tanto che rischiò di cadere all’indietro, ma Rin le si aggrappò meglio al collo e la demone riprese il controllo di sé.

«Signorina Hikari è vero che Kuria e il signor Sesshomaru non si sposeranno?» Rin assunse di nuovo un’espressione triste.

«Adorata Giovane Erede le questioni di cuore non sono facili come appaiono, ma vedrai che i due innamorati riusciranno a ricongiungersi… tu però non devi dire nulla a loro, capito? Tra moglie e marito non mettere dito. - ridacchiò e la poggiò sul terreno erboso. – Ebbene per me è ora di andare, è stato un piacere spettegolare con voi, alla prossima!»

***

«In questi anni sei molto migliorata Kuria, davvero. Nell’ultimo decennio sei la guerriera che meglio sono riuscita ad addestrare. Siamo quasi giunte alla fine del nostro percorso, ammetto che mi mancherà allenarti, ma tutto ha un suo inizio e una sua fine.»

L’interessata sorrise a quei complimenti, in quell’addestramento ci aveva messo tutte le sue forze e le speranze di una vita. Ora che non era più legalmente obbligata a sposare Sesshomaru doveva considerare l’idea di tornare a essere una guerriera vera, proteggere Rin e anche quella piattola combina guai della sorella.

«Quindi quale sfida devo ancora completare?» Domandò tranquilla, la maestra sorrise portandosi una tazza di tè fumante alle labbra.

«La tua liberazione dal complesso di inferiorità che hai per Sesshomaru e la dipendenza che ne provoca, seppur generata dall’amore che provi nei suoi confronti. Per essere una sua pari, devi sentirti tale.»

Ecco l’ultima prova, l’ultimo sfiancante allenamento stava iniziando a tradimento. I contorni della realtà sfumarono e si dissolsero, la demone poteva facilmente manipolare la mente altrui.
Kuria emise un lungo respiro per tranquillizzarsi. In quella realtà tutto era buio intorno a lei, una sola e semplice katana al proprio fianco per proteggersi, in lontananza si trovava proprio lui, il più puro dei demoni. La sua lunga chioma bianca le sembrava che a tratti emanasse una luce, stava seduto a gambe incrociate a fissare il nulla. Con lentezza emerse il paesaggio maestoso del palazzo del Generale.

«Avvicinati… Kuria.» Era passato molto tempo ma la sua voce non appariva mutata.
Calma, disinteressata e sicura.

«Va bene.» Sentì le gambe estremamente pesanti, come se in realtà non intendesse affatto avvicinarsi, una volta raggiuntolo gli si sedette esattamente innanzi.

«Perché sei fuggita?»

Sbuffò e lo guardò male, indispettita dalla domanda.

«Non sono affatto fuggita! Avevo semplicemente bisogno di essere allenata al meglio per la battaglia finale, per proteggere me stessa e le persone che amo.»

«Quindi non te ne sei andata per evitare un confronto con me? Oppure temevi la vergogna di essere stata ripudiata.»

«Non mi hai ripudiata Sesshomaru! – strillò furiosa. – Inoltre per ripudiare bisogna prima sposarsi… è come… se non fosse mai esistito alcun fidanzamento.» Abbassò la voce, un po’ contrita.

«A te dispiace! – Un sorrisino vittorioso si dipinse sul volto diafano e perfetto. - Solo che non vuoi ammetterlo e per questo, per digerire ciò che è successo senza tradirti, che ti sei allontanata.»

«Sei proprio uno sciocco, sono felice di non essere forzata a sposarmi, tutto qui. Non è divertente non poter decidere da sé del proprio destino.»

Lui la osservava con sguardo estremamente serio, di nuovo, le palpebre socchiuse.

«Pensi davvero che non lo sappia? Finché siamo rimasti fidanzati a palazzo, quando mio padre era in vita, mai ti ho messo fretta, ma tu lo sai perfettamente che se avessi…»

Il volto di Kuria era rosso d’ira, ma ancora tentava di trattenersi dall’esplodere.

«No, no, Sesshomaru, non provare a usare contro di me la carta del buon samaritano! Non hai mai ordinato la celebrazione delle nostre nozze perché principalmente tuo padre pensava fossi troppo giovane, tua madre troppo indisciplinata e tu volevi viverti la tua libertà con la sicurezza di avere una bella fidanzata a casa! Appena dopo la nascita di Inuyasha hai tentato di riportarmi a palazzo con la forza. In modi continuamente intimidatori mi hai dato la caccia per un secolo intero!» Ora si era alzata, urlava, mentre anche Sesshomaru si sollevava da terra.

«Ti sei rafforzata molto con quegli inseguimenti, mi pare. Di volta in volta acquisivi nuove conoscenze, non crederai di essere stata davvero in grado di sfuggirmi. Quante volte sono stato sul punto di raggiungerti? Una volta ti ho lasciata scappare anche dopo averti colpita con il veleno.»

«Che sciocca! Lo hai fatto per istruirmi, ma certo! A chi credi di raccontare queste bugie? Mi inseguivi e poi perdevi interesse all’improvviso, come sempre.» Anche se effettivamente in modo passivo da quei cinquant’anni di macchia le nozioni imparate erano state molteplici.

Parevano entrambi pronti alla lotta, i corpi e le mani tese rispettivamente verso le proprie else, ma Kuria inspirò profondamente e distese i muscoli. No, basta, in quel rapporto lei non voleva sentirsi in dovere di difendersi. Grazie a quel lungo periodo di isolamento si era resa conto della propria propensione a cominciare per prima lo scontro fisico e soprattutto a fomentarlo.

«Qualsiasi sia la verità, per te è una e per me è un’altra, non ho bisogno di giustificarmi né tanto meno di combattere con te. Non sei un mio superiore. Ho avuto i miei motivi per non volerti sposare, e in realtà li conosci. Basta così.»

La spada al suo fianco si dissolse nel nulla e anche il paesaggio circostante. Sesshomaru davanti a lei la fissò con sguardo penetrante prima di svanire nel nulla di quella visione.

«Molto bene, hai capito che per essere una guerriera potente devi saper vincere le tue battaglie anche senza sferrare un colpo. Il mio lavoro è concluso.»

Sentite queste parole Kuria si accasciò contro il tatami su cui era stesa, la fine dell’addestramento rappresentava il suo ritorno a sud.

***

“Kuria, quindi sei viva.”

Sesshomaru scrutò la volta celeste notturna punteggiata di stelle, la sensazione di connessione con Kuria si era riaccesa di improvviso, quella che gli aveva sempre indicato dove trovarla.

Sapeva da Inuyasha del suo desiderio di aumentare le proprie capacità militari ma un giorno all’improvviso aveva perso il legame con lei. I giorni erano diventati settimane, le settimane mesi, i mesi quasi tre anni.

Anche Naraku perseverava a nascondersi, creava qualche emanazione per distrarli tutti e confondeva le acque. Rin dopo i primi mesi aveva iniziato a piagnucolare, ma dopo il primo anno si era quietata e forse rassegnata. Nessuno che avesse notizie certe, il nulla. Perfino lui cominciò a convincersi che fosse morta, persa per sempre e doveva trattenersi dal digrignare i denti e dal picchiare suo fratello minore. Poi osservava la piccola cucciola umana che viaggiava instancabile con lui. Forse… un giorno l’avrebbe rivista.

Quel giorno era giunto! Quel sogno tanto reale e la traccia flebile gli fecero incurvare di nuovo le labbra in un sorrisino di vittoria.

“Hai ancora diverse promesse da mantenere nei miei confronti. Le salderai tutte.”

***

Caliburn e Yoso erano state la sua unica compagnia in quegli anni, il flebile ma tangibile legame con il mondo esterno. Quando era giunta lì non possedeva altri beni, esclusa la sua vecchia armatura, irrimediabilmente crepata e rotta durante uno dei primi allenamenti fisici. Da quel giorno era rimasta senza. Badma le fornì un paio di pantaloni di tela larghi e una sorta di camicia per coprirsi sopra, nulla di più e probabilmente con quegli abiti sarebbe anche partita.

«Posso disturbarti, mia allieva?»

«Certo maestra, venite. Hm? Siete molto felice della mia partenza se sorridete in questo modo.» Ridacchiò, stranita da quel comportamento.

«Oh, mi fa sempre piacere vedere un allievo che torna nel mondo esterno ben preparato. Tuttavia sorrido per altre motivazioni.»

Con cenno della mano fece segno ai suoi servitori di portare in stanza un baule che Kuria osservò con grande curiosità. La invitò ad aprirlo con un gesto della testa, seppur stranita lei fece come richiesto e spalancò la bocca meravigliata dal contenuto. Un’armatura di perfetta fattura! La parte superiore richiamava quelle celtiche, spallacci che ricordavano le ali di un’aquila, il busto in cuoio con una placca metallica a coprirla davanti e dietro e un gonnellino che richiamava di più il mondo mediterraneo. Lo stemma delle aquile bene inciso sul cuoio.

«M-ma maestra Badma questa… questa…»

«L’armatura di tua madre, sì!» Sorrise innanzi allo sguardo incredulo e spaesato.

«Tua madre desiderava l’avessi in dono quando il tuo addestramento si fosse concluso. Se non puoi tornare da loro, allora una parte di loro resterà con te. Tua madre ti ama, Kuria, non dimenticarlo mai.»

La più giovane annuì lentamente, per tanti, tantissimi anni aveva provato un odio smisurato per la genitrice. Colpevole di tradimento e abbandono nelle mani di perfetti sconosciuti, per ordine di un padre ancora più sconosciuto e terribile. Solo con l’età e conoscendo Inu no Taisho comprese le scelte che era stata costretta a fare. Si conoscevano, probabilmente lei si fidava molto di più del Generale che del proprio amante, ma sapeva anche che reazione avrebbe scatenato un rifiuto.

«Lo so e oggi capisco le sue motivazioni.» Accarezzò l’armatura con affetto.

«Vestiti, adesso devi ripartire.»

Le ci volle poco tempo, raccolse i capelli in un fermaglio facendo una coda alta che ricordava vagamente il cimiero, per ultimi indossò gli schinieri e ai piedi i sandali che da sempre l’accompagnavano e legò le spade al proprio fianco. Si permise di guardarsi allo specchio un’ultima volta prima di uscire. Tre anni per i demoni sono pochi ma dalla somma Badma tutto il tempo era relativo e scorreva come preferiva la sua padrona. Si vide diversa, nettamente più adulta.

Sulla soglia del palazzo nevicava e il vento soffiava forte, come sempre.

«Ora sono pronta, maestra. Vi sarò per sempre grata.» Le fece un profondo inchino, la demone le mise le mani sulle spalle.

«Rendimi fiera.»

Kuria annuì convinta e infine si girò iniziando il suo cammino fuori dalla barriera.

Angolo autrice:

Questo capitolo è in lavorazione almeno dal 2016!

Sinceramente ormai mi ero quasi arresa. L'università e i suoi mille esami, la patente, il pochissimo tempo mi hanno prosciugato qualsiasi capacità relativa all'immaginazione. Quando mi sono laureata ho iniziato a lavorare a botta, poi è scoppiato il Covid e il mio lavoro è triplicato visto che sono in ambito sanitario. Quando finalmente mi sarei potuta riposare ho deciso che non ero stata abbastanza autolesionista e mi sono iscritta alla magistrale della mia triennale. Ho concluso il percorso e ripreso a lavorare.

Ormai non ci pensavo neanche più, quindi cosa è successo per farmi cambiare rotta? Mi viene da ridere, ma semplicemente YouTube mi ha riproposto all'improvviso un amv su Sesshomaru. Questo unito al riprendere uno sport mi ha sbloccata. Lo so, sembra assurdo, ma è andata proprio così. Incitata dal mio compagno quindi ho riletto io stessa questa fanfic. Penso ancora abbia del potenziale, quindi mi sono data da fare per correggerla il più possibile, come già detto in altri angoli autrice sparsi.

Con Kuria sono cambiata anche io, per questo ho deciso di far passare qualche anno anche all'interno della storia.

Spero possa essere gradito questo proseguo e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate!

I prossimi capitoli sono già ampiamente in produzione, così durante l'anno avrò modo di continuare a pubblicare.

:*

MartyVax

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Capitolo 30
*** Nemici da occidente ***


Nemici da occidente

«Maledizione! Hakudoshi ci è scappato di nuovo!» Inuyasha rinfoderò Tessaiga e sbuffò contrariato.

Quel moccioso combinava guai da un paio di anni ma di Naraku neanche l’ombra, era sempre il bambino che portava disastri.

Sembrava che il nemico avesse rimpiazzato con il ragazzino la ‘perdita’ di Kagura e Kohaku, che poco più di un anno prima erano stati liberati in modo molto rocambolesco dal gruppo di Inuyasha. In aiuto un inconsapevole Sesshomaru, il quale ci teneva a specificare di aver solo provato a stanare e distruggere Naraku.

Il villaggio attorno a loro distrutto dalla ricerca dell’inviato del nemico, neanche un sopravvissuto. Una visione molto spettrale.

«Per ora non possiamo fare nulla Inuyasha, sarà bene cominciare a seppellire i morti.» Miroku posò il suo bastone da monaco mentre si accingeva a cercare degli strumenti per scavare con l’aiuto di Sango e del mezzodemone.

Kagome invece si allontanò con Shippo per non farlo assistere anche a quel macabro spettacolo.

Verso il calare del Sole Inuyasha avvertì distintamente l’odore di Sesshomaru, seguito dalla bimba umana Rin, il suo servitore Jacken, Kohaku e Kagura. Nessuno dei due ex servitori di Naraku poteva pensare di viaggiare da solo, il primo perché per il frammento della sfera in corpo, la seconda per non rischiare di essere uccisa.

«Sesshomaru, arrivi tardi. Hakudoshi si è allontanato da ore. Si diverte a farci girare a vuoto.»

«Hm, non sei neanche capace a trattenere un servitore di Naraku, Inuyasha. Inutile come sempre.» Lo sguardo dorato del maggiore trapassò il mezzodemone che prima si irrigidì e poi si arrabbiò.

«Se per questo non sei tanto meglio! Se non l’hai capito sei in ritardo!»

Prima che Sesshomaru lo potesse picchiare con un pugno in viso o in testa intervenne prontamente Kagome, con una domanda rivolta a Kagura.

«Secondo te perché sta assaltando tutti i villaggi e aprendo il petto delle persone?»

«Suppongo la motivazione sia uguale a quella per cui uccideva i monaci di alto livello. Capire in quale luogo dell’aldilà sia l’ultimo frammento.»

Un interrogativo a cui nessuno di loro sapeva dare una risposta.

Seppelliti tutti i cadaveri ed eseguite le corrette preghiere da parte del monaco Miroku, entrambe le compagnie preferirono lasciare quel villaggio distrutto per una questione di rispetto, ma anche per non rivangare ricordi troppo dolorosi agli sterminatori.

Per qualche ora, quando capitava, Sango e Kohaku cercavano di stare insieme e chiacchierare. Generalmente in quei momenti Sesshomaru si allontanava dalla comitiva, mettendo distanza tra sé e suo fratello minore.

Capitava che Kagura lo seguisse e imparò presto che lui odiava sentir parlare. La situazione si complicava soltanto se per casualità Hikari incrociava il loro percorso, la sorella minore di Kuria sembrava odiare la demone del vento e nei casi più idilliaci non le rivolgeva la parola.

Rin si dimostrava gentile con tutti, ma istintivamente manteneva una buona distanza da Kagura.

La compagnia riunita fu colta da un'improvvisa imboscata. La radura in cui si trovavano a riposare fu invasa da demoni in forma umanoide che li attaccarono. I loro tratti del viso non sembravano asiatici ma caucasici e in realtà, se dall’interno poteva non sembrare, avevano un obiettivo ben preciso. Puntarono a destabilizzare e uccidere tutti, ma in particolare verso Rin che per creare delle ghirlande si era leggermente distaccata dal gruppo.

Sango fu la prima ad accorgersene e tentò di salvarla lanciando Hiraikostu, ma troppi avversari le furono addosso. La bambina sarebbe di sicuro morta se all’improvviso la lama di Caliburn non si fosse frapposta fra lei e il suo assassino. Rin osservò con stupore la schiena e i capelli della sua salvatrice.

Kuria non disse nulla, la sua espressione determinata e sicura parlava da sola. Con poche mosse costrinse il suo avversario ad abbassare la guardia per poi dargli il colpo di grazia, così fu per tutti i demoni che l’assalirono. Era estremamente veloce e sembrava prevedere ogni loro mossa, pareva una sorta di danza.

I sicari le furono tutti addosso, interessati solo a ucciderla ma senza il minimo risultato, in pochi attimi ne rimase solo uno che lei fece crollare a terra puntandogli la spada alla gola. Neanche un piccolo segno di distrazione o esitazione. 

«Se mi dici perché sei qui ti darò una morte rapida.» L’ostaggio ghignò divertito, accade tutto in pochi secondi.

«Eileen spostati alla tua sinistra!*» Istintivamente Kuria fece quanto le venne urlato e rotolò per terra prima che una freccia le potesse trapassare il petto, ferendole solo il braccio destro. L’ostaggio sotto di lei fece per scappare ma venne fermato e ucciso dalla voce che l'aveva avvertita, un demone aquila che lo trafisse con la propria lancia. Nella foga del momento neanche si era accorta che uno dei figli di Derik, Isidorus, fosse realmente lì.

Si rialzò da terra e tolse la polvere dall’armatura, solo in quel momento ritornò alla realtà ricordandosi di essere in Giappone. I nemici della sua famiglia materna perché erano lì? Perché minacciavano Rin? Isidorus possedeva le risposte? Qualunque domanda volesse esprimere doveva aspettare. Dopo i primi momenti di sorpresa generale, dovuti anche all’imboscata, tutti capirono che Kuria non era un miraggio, ma reale.

«Signorina Kuriaaaa!» L’urlo di Rin fu il primo a spezzare la tensione. La bambina si alzò e le corse incontro, stringendole le gambe.

«Sorellina!» Inuyasha non credeva ai suoi occhi, rimase ammutolito ancora qualche secondo.

Sesshomaru era tornato di fretta e in tempo per osservare Kuria combattere con una forza e sicurezza come mai prima. Si ritrovò quasi ammirato nel seguire la sua danza guerriera, non le staccò lo sguardo di dosso neanche per un istante e sarebbe intervenuto prontamente a salvarla con la frusta di luce se non fosse stato per il nuovo arrivato.

Non lo diede a vedere, ma si sentì ribollire leggermente il sangue sentendolo chiamarla con il suo nome occidentale e planarle tanto vicino che le loro braccia si sarebbero potute sfiorare.

Passati i primi istanti di sorpresa anche il gruppo di Inuyasha cercò le attenzioni di Kuria per salutarla festosamente.

«Sorellina, chi è lui?» Inuyasha indicò Isidorus con un cenno della testa.

«Lui è-»

«Sono uno dei figli illegittimi di Derik, il patrigno di Eileen. Tu devi essere Inuyasha, non ha fatto altro che parlare di te quando è tornata a casa.» Sorprese tutti parlando un quasi perfetto giapponese, segno che probabilmente era dentro al paese da tempo o forse che Hikari o Kuria glielo potevano aver insegnato.

«Eileen?» Rin la osservava confusa e anche il resto del gruppo, prima che altri potessero parlare Sesshomaru decise che fosse giunto il momento di riportare l’attenzione su di sé.

«Eileen è il nome occidentale di Kuria.» Quella voce per l’interessata fu in ogni caso come una doccia fredda e bollente insieme. Lentamente i loro sguardi si incrociarono, lui poté apprezzare una maturità superiore ma anche molto distacco. Kuria prese un piccolo respiro e distolse lo sguardo per riportarlo su Rin.

«Isidorus ho molte domande da porti e mi piacerebbe ricevere delle chiare risposte.»

«Risponderei a qualsiasi tua domanda Eileen ma dovrai perdonarmi, il tuo sicario è scappato e ho il compito di inseguirlo. Domani mattina tornerò da te. Lo prometto.» Le prese la mano sinistra e portò delicatamente le labbra a contatto con la pelle dell’anulare, per fare un lieve inchino e spiccare il volo. In risposta Kuria si imbarazzò molto, era abituata alla sua galanteria ma così davanti a un gruppo che non conosceva le loro usanze!

Si sentì trapassare dallo sguardo di Sesshomaru, i loro occhi si incontrarono ancora una volta, lei divenne quasi color porpora e rifuggì qualsiasi contatto ulteriore incitando Inuyasha a narrarle ciò che desiderava, mentre sollevava Rin da terra e la teneva tra le braccia.

“È lui il misterioso uomo di cui non volevi parlarmi?” Un illegittimo che faceva il cascamorto con lei. Voltò nuovamente le spalle alla comitiva e se ne andò a grande velocità nella sua bolla.

«Sesshomaru dove state andando?» Kagura tentò di seguirlo, ma fu tutto inutile, tranne per il fatto che si fece notare da Kuria.

“E questa chi è? L’ennesima donna che ti muore dietro? Oppure mi hai velocemente sostituita?”

Angolo autrice: 

* Le frasi in grassetto sono in lingua spagnola, visto da dove proviene Kuria. 

Eileen come nome lo trovate anche nei primi capitoli, nei flashback. Ho pensato avesse più senso per lei possedere due nomi differenti. 

Passiamo alle succose novità:

Capitolo corto, lo so! Come preannunciato ho anticipato e modificato alcuni eventi canonici. Quindi siamo all'inizio/metà della sesta stagione all'incirca e Kohaku viaggia già con Sesshomaru, mentre Kagura non è morta, anzi!

E da qui diamo inizio all'operazione gelosia! Un metodo forse vagamente abusato, ma che penso sia pertinente per cominciare e costringere questi due testoni a dichiararsi con il tempo. Siete d'accordo?

Pubblicherò i prossimi capitoli (già scritti e solo da revisionare) a Settembre, al rientro delle vacanze. 

Commentate festosi e festanti (.cit Stefano Piffer)

Buone ferie! 

MartyVax

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Capitolo 31
*** Spiegazioni, fiori e medicazioni solo per te! ***


Spiegazioni, fiori e medicazioni solo per te

Rin non le lasciò la mano neanche per pochi istanti, quasi pretendendo le sue attenzioni. Si rifiutò di addormentarsi, fino a quando non cadde stremata in grembo alla demone. A quel punto il resto della compagnia poté avvicinarsi e interagire con discorsi più da adulti.

«Sei stato molto paziente, Inuyasha, mi meravigli piacevolmente.» Sussurrò Kuria al fratello minore.

«Non potevo fare altrimenti, Rin ha sofferto molto più di me.»

«La mia bambina.» La tenne contro il proprio petto, cullandola dolcemente.

A distanza sentì gli occhi di Kagura scrutarla, il gruppo le fornì tutte le spiegazioni necessarie. Serva e ‘figlia’ di Naraku allo stesso tempo.

«Perdonami se faccio delle domande in questo momento di ricongiungimento Kuria, ma chi erano quei demoni che ci hanno attaccato?» Miroku si era avvicinato con una serietà inaspettata da parte sua.

«Sfortunatamente si trattava di demoni del clan avversario al mio. Siamo in lotta da tanti secoli, ma mai mi sarei aspettata di trovarli anche qui. Anzi, pensavo che dall’ultima guerra fosse tutto concluso. A quanto pare in questi cinquant’anni si devono essere riorganizzati, ma sul perché siano qui e mirassero alla mia Rin… Non so dare spiegazioni. Dovrò attendere il ritorno di Isidorus.» Sospirò stanca. A quanto pareva il suo rientro cominciava con il botto.

«L’armatura nuova, invece? Non è la tua solita.» Inuyasha la osservava cercando di capirne la fattura.

«No, hai ragione. Durante i miei primi allenamenti con la somma Badma la mia fedele armatura si è irrimediabilmente crepata fino a spaccarsi. Ho proseguito gli allenamenti con dei normali vestiti di stoffa, credo fosse pensato di proposito per costringermi a concentrarmi e aumentare la velocità dei miei riflessi. Questa armatura invece è di mia madre, un dono prezioso quanto lo fu a suo tempo Yoso.» Si sfiorò la spada, guardando verso il cielo, Inuyasha di riflesso seguì il suo esempio in un rituale ben consolidato. La compagnia preferì lasciarli da soli per rivangare i ricordi.

***

Con la sua estrema velocità Sesshomaru giunse presto dove desiderava. Dal decesso di suo padre, sua madre faceva levitare il palazzo senza una fissa dimora invece di lasciarlo fisso al suo posto. Troppo pericoloso senza lui o il Generale a protezione.

Atterrò sulla soglia e senza perdere ulteriore tempo entrò dirigendosi nelle stanze del medico di palazzo.

«Oh, mio signore! Voi qui!» Si inchinò profondamente, stupito dalla improvvisa comparsa.

«Medico, raccogli i tuoi strumenti del mestiere, verrai con me. C’è una ferita avvelenata da miasma da ricucire.»

«Signore, la signora Madre ne è al corrente?» Sudò per l’occhiata scoccata dal suo padrone.

«Non ti devi preoccupare di questo. Raduna i tuoi strumenti. Fai alla svelta!» Detto ciò si voltò per dirigersi verso le stanze di sua madre. Venne immediatamente annunciato e Inukimi lo accolse con il solito sorriso dolce, ma finto.

«Sesshomaru, figlio mio, quale piacevole visita. Mi riferiscono che hai richiesto al mio medico di preparare i suoi averi e seguirti. Non sai più rigenerarti?» Lo schernì dolcemente, con un sorrisetto divertito. Le lezioni che doveva impartirgli come madre non erano ancora concluse.

«Hm! Non è per me.»

«A chi rivolgi questo pensiero gentile, figlio mio?» Lo sapeva già, o quanto meno ne aveva il forte sospetto.

«Quella sciocca di Kuria si è fatta ferire un braccio da una freccia avvelenata, anche se non se n’è ancora resa conto.» Lo scampanellio di risatine che ne conseguì fu molto irritante, ma con sua madre doveva sempre trattenersi o la situazione sarebbe peggiorata.

«È tornata, allora! Mi pareva avessi detto che non te ne importava. Te ne andasti con aria sdegnata se ben ricordo, senza nemmeno accennarle un saluto. Come mai questo interesse tardivo?» Erano pur sempre passati tre anni.

Questa volta a fare un sorrisino fu il figlio.

«Potete anche aver annullato e calpestato i desideri di mio padre, ma Kuria ha delle promesse da mantenere nei miei confronti e quindi non la lascerò corrodersi per del miasma. Il nostro fidanzamento è ancora valido.»

«Ah, quindi le sei legato al punto tale da usare questi mezzucci. Non guardarmi con quell’espressione arrabbiata e risentita, Sesshomaru. Lei può averti fatto tutte le promesse che vuoi, ma se resto contraria all’unione non potrai agire molto. Quanto alle volontà di tuo padre ti ricordo che ne sai davvero poco.» Il figlio fece una smorfia di contrizione mista a rabbia. A quel punto la voce di Inukimi cambiò drasticamente, divenne dura e severa.

«Sei mio figlio, che sappia non hai mai perso una battaglia. La tua facilitazione l’hai già ottenuta e non sei stato capace di farla fruttare. Questa volta dovrai impegnarti. Prendi pure il medico con te, invierò un emissario per farlo tornare.» Entrambi i suoi genitori riponevano grandi aspettative in lui, nonostante suo padre non gli avesse lasciato Tessaiga, e Tenseiga fosse ancora un complicato enigma da risolvere.

Si inchinò leggermente davanti alla genitrice per poi voltarsi senza proferire nessuna parola. Diede ordine al medico di afferrare saldamente la sua stola e poi partirono veloci, iniziava ad albeggiare.

***

Durante la notte Kuria avvertì la pelle tirare e prudere, ma essendo un fastidio leggero non se ne preoccupò. Semplicemente la mattina si pulì con l’acqua del fiume, confidava nel proprio potere demoniaco affinché autonomamente completasse l’opera di guarigione.

Se non fosse diventata tanto potente com’era attualmente di sicuro il veleno sulla ferita sarebbe entrato in circolo nel giro di poche ore, uccidendola. Sempre con Rin che le teneva una mano, destra o sinistra a seconda degli spostamenti, notò la prolungata assenza di Sesshomaru.

Quella constatazione le diede il nervoso.

“Avrà continuato a lasciarla da sola con Jacken pur sapendo della mia condizione?” Scosse la testa e respirò profondamente, non c’era motivo di arrabbiarsi. Rin era sana e in salute.

Fu riscossa dai suoi pensieri per il rumore forte provocato dal battito d’ali. Isidorus stava planando in sua direzione con Hikari al seguito.

«Bentornata sorella!»

«Sono felice anche io di rivederti, Hikari!»

Fece per voltarsi verso il figlio del suo patrigno così da riprendere il discorso lasciato ammezzato la sera precedente, ma prima che potesse proferire parola si ritrovò un mazzo di fiori di campo sotto il naso e poi nella mano libera. Isidorus le stava donando dei fiori!

«Per te, Eileen, che sei la più bella.» Percepì il sangue finirle dritto in faccia e un gran calore, riuscì a non balbettare per fortuna.

«Grazie, Isidorus! Un pensiero tanto gentile.»

La guerriera nuovamente sentì un brivido risalirle lungo la schiena, quasi in uno schiocco di frusta. Ricomparso da poco Sesshomaru fissava la situazione restandole alle spalle e non sapeva perché ma lo avvertiva più che vagamente alterato. Nel mentre suo fratello minore sussurrava a Kagome qualcosa su corteggiamento e simili. Smise immediatamente perché l’occhiataccia gelida di Sesshomaru colpì pure lui.

Kagura, che fino a quel momento era rimasta indifferente e in disparte, si interessò improvvisamente allo svolgimento degli eventi avvicinandosi al demone albino.

«E tu chi sei, piccoletto?» Chiese la signora del vento al medico. Di aspetto il demone era molto basso e un po’ paffutello e abbastanza spaventato dall’essere fuori dalle sue stanze.

«Il medico per Kuria.» Rispose secco il padrone per lui.

L’interessata si voltò di scatto stando attenta a non fare male a Rin torcendole il braccio.

«Ah! Vecchio Ichiro! Quanti secoli! Sto bene, comunque, la mia ferità si chiuderà a breve.»

«Ormai sono qui, lasciate che vi curi lo stesso.»

Ichiro, dai modi delicati e gentili, conosceva diversi metodi per ammansire la quasi sposa di Sesshomaru. Stranita dalla situazione a lei non rimasero opzioni e cedette sedendosi per terra.

«Perché ti sei scomodato tanto, Sesshomaru?»

Le loro iridi si incontrarono, si studiarono quasi gentilmente considerando come normalmente avvenivano le loro dispute. Tutta quella tranquillità mise i brividi a Inuyasha, che fosse una tregua prima di una tempesta distruttiva?

«Il tuo olfatto non è abbastanza fine, ma sento perfettamente l’odore di un veleno provenire dalla tua ferita.»

Non disse di più, si limitò a fissare la bambina che non si scollava dal fianco della demone. Kuria sospirò, le stava salvando la vita cosicché la bambina non soffrisse. Peccato! Per pochi secondi la speranza che fosse perché le interessava la sua vita le aveva scaldato il petto.

«Capisco. Va bene, grazie Sesshomaru.» Annuì tranquilla abbozzando perfino un sorriso che, seppur di cortesia, restava pur sempre un sorriso! Lui rimase sorpreso e la fissò mentre si faceva suturare il taglio sul braccio e tornava a dare attenzioni a quell’insulso Isidorus. Ponendogli domande sul perché fosse lì e sulla situazione con i nemici in patria.

Generalmente lei gli procurava sempre un pretesto per battibeccare, uno qualsiasi! Un insulto, una parola sprezzante, una richiesta ulteriore di attenzione e ora il nulla. Lo stava ignorando? Era completamente disinteressata?

Di nuovo a captare la situazione di anormalità e il vago stordimento di Sesshomaru, incredibilmente, fu proprio Inuyasha. Anche se al maggiore non piaceva ammetterlo restavano fratelli da parte di padre e a lui erano già capitate situazioni simili tra Kagome e Koga. Per quanto lo stesso mezzo-demone sapesse di non dover temere davvero il lupo… lo stesso non si sarebbe potuto affermare con certezza sullo straniero.

«Ancora non comprendo perché i demoni orso nostri nemici siano giunti fino a qui, attaccando loro per di più.»

«Per secoli tua madre ha nascosto la tua ‘sparizione’, anche dopo che eri tornata in patria per aiutarci. Temo l’abbiano seguita qualche anno fa. Ci ha avvisati Hikari della loro presenza su questo territorio, a quel punto sono stato mandato qui per aiutarla a diminuirne il più possibile il numero.»

Hikari lo osservava con espressione quasi dolce ma lui pareva avere occhi solo per la maggiore.

«Scusate se interrompo il discorso, ma la sutura e il bendaggio sono conclusi. Prestate solo attenzione nei prossimi giorni, ma non dubito che guarirete completamente.»

«Ti ringrazio Ichiro, sei stato molto gentile.» Quel demonietto l’aveva ricucita e riassemblata talmente tante volte che entrambi avevano perso il conto.

«Per la mia principessa questo ed altro.» Rispose subito lui inchinandosi con devozione.

Kuria parve arrossire e si grattò la nuca a disagio. Sesshomaru, posizionato a pochi passi lì davanti a lei, alzò un angolo della bocca.

«Mi dispiace Ichiro, ma non sono più la tua principessa. Lo sai, vero?» O la notizia non era trapelata ai servi del palazzo? L’ometto risollevò la testa e guardò in modo interrogativo entrambi.

«Pensavo… fosse tutto risolto vista la richiesta del mio padrone. Mi dispiace mio signore, non volevo farvi fare una cattiva figura.» Si inchinò di nuovo profondamente, fino a che la testa non raggiunse il terreno.

Comprendendo che Kuria si sentiva estremamente a disagio, seppur gongolandone leggermente, gli fece cenno di non preoccuparsi.

«Non hai nulla di cui preoccuparti.» Gli angoli della bocca si mossero impercettibilmente, donandogli l’espressione enigmatica che spesso lo contraddistingueva.

La demone davanti a lui alzò un sopracciglio in un interrogativo muto, ma lui non apparve intenzionato a darle alcun tipo di spiegazione.

Vedendolo voltarsi, e con Kagura che gli ronzava attorno, Kuria sospirò e decise di rivolgere le proprie attenzioni a Isidorus per progettare un piano di attacco. Sarebbe stato un disastro se Naraku si fosse coalizzato con i demoni orso.

Il medico venne presto ricondotto a palazzo da un emissario della signora Madre, salutò con estremo rispetto sia il suo padrone Sesshomaru, sia la principessa Kuria. Nutriva nel cuore la speranza che il principe dell’Ovest la riconquistasse e gli augurò mentalmente tutta la fortuna possibile. Quasi tutti a palazzo ci speravano, in verità.

“Vi auguro Principe di riuscire ad appianare i dissapori con la Principessa e di vedervi presto insieme a palazzo, uniti in matrimonio e felici. Sareste una meravigliosa e splendente coppia reale. Proprio ciò di cui l’Ovest ha bisogno.”

***

«Quindi Kuria e mio figlio sono riusciti a dialogare in modo civile?»

Inukimi osservava Ichiro dal suo scranno all’esterno del palazzo. Lo scrutava per comprendere se le raccontava la verità o una menzogna.

«Sì, mia signora. Ho potuto constatare una certa maturità nei modi della Principessa e anche vostro figlio, il Principe, mi è apparso conciliante… anche se…»

«Piccolo demone medico, sai bene che odio i balbettii. Parla e basta.»

«Temo che il Principe Sesshomaru abbia una nuova compagna e anche la Principessa Kuria, per quanto entrambi guardassero con malcelato disprezzo le rispettive controparti.»

La signore dell’Ovest emise una risatina divertita e scosse la testa.

«Non hai nulla di cui preoccuparti!»


Angolo autrice:

Bentornati!

Spero che questo capitolo vi sia gradito e magari allieti un po' il rientro.

Iniziamo a far sciogliere Sesshomaru con calma, ma anche Kuria che altrimenti si trincerebbe nel suo orgoglio.
Da qui in avanti la signora Madre diventerà un personaggio dietro le quinte abbastanza importante. Non la rivedremo presto, ma state certi che spia i due testoni.

Cercherò di pubblicare un capitolo ogni due settimane all'incirca! Sto finalmente leggendo il manga nel tempo libero :)

Ringrazio chi sta leggendo la storia o magari anche rileggendo, viste le varie modifiche e gli anni di assenza.
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate in un commento!

MartyVax


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Capitolo 32
*** Orogoglio smisurato ***


Orgoglio smisurato

Le due compagnie furono letteralmente costrette ad accamparsi insieme. Questo perché al primo tentativo di Kuria di allontanarsi con Inuyasha e Isidorus, per poter elaborare al meglio una strategia di attacco verso il nemico, quella che a tutti gli effetti era sua figlia adottiva pianse e strepitò. Allo stesso tempo Rin non voleva assolutamente separarsi dal suo signor Sesshomaru, quindi divenne un’inconsapevole collante.

Incredibilmente Sesshomaru non proferì parola davanti a quegli urli, ma in realtà di rado la sgridava. Kagura tentò di blandirla dicendole che non poteva intralciare entrambi i demoni, che dovevano adempiere ognuno ai propri doveri.

Hikari si dovette trattenere dallo spaccarle il viso a suon di tessen. Ventaglio contro ventaglio. Conosceva fin troppo bene il reale obiettivo del discorso della demone, ovvero l’allontanamento di Kuria dal Principe. Decise quindi di intervenire.

«Sorella, non ti devi preoccupare. Resta con la tua giovane Erede, io e Isidorus pattuglieremo questa zona per tutto il giorno! Questa notte invece potrebbero andare Inuyasha e Miroku. Domani mattina elaboreremo un piano di azione, vedrai! Vieni Isidorus! Andiamo!» Prese sottobraccio il sorpresissimo demone con una risatina allegra e lo spinse lontano da sua sorella.

«Principe, siate carino, accompagnate Rin e mia sorella a fare una passeggiata solo tra di voi! Alla piccola farà bene, ve lo assicuro!» E detto ciò costrinse al decollo anche Isidorus.

Due al prezzo di uno, che fine giocatrice sono, si disse da sola gongolando per la sua idea. Da tempo sapeva di essersi innamorata di Isidorus, forse già dalla prima volta in cui i loro occhi si erano incrociati. Peccato che lui pensasse solo a sua sorella. Da ciò che l’era stato raccontato se il Generale non fosse mai giunto probabilmente lui l’avrebbe perfino chiesta in sposa.

“Temevo di non rivederlo mai più, ma ora che è qui la pacificazione e unione tra mia sorella e Sesshomaru diventa più impellente. Quella maledetta demone delle iridi rosse, ogni volta che la incontro fa gli occhi languidi al Principe. Spero che Kuria si infuri.”

Il resto della enorme compagnia rimase alquanto allibito.

«Penso che la soluzione di Hikari sia l’ideale, Kuria. Per me non c’è problema a fare una ronda notturna. Tu, Inuyasha?» Il monaco si voltò verso il mezzo-demone che si limitò ad alzare le spalle. La ronda lo lasciava completamente indifferente, ma ciò che stava iniziando a intuire no.

In tutto quel delirio Kuria era rimasta con gli occhi sgranati, senza sapere bene come muoversi.

Ammetteva di essersi infastidita sentendo Kagura parlare con quel tono a sua figlia, per quanto ciò che diceva fosse giusto non era lei la madre della bambina. Stava al massimo a sé, o a Sesshomaru eventualmente, il compito di ammonirla.

La reazione di sua sorella era stata ancor più sorprendente. Una passeggiata con Sesshomaru? Come veniva in mente a quella pazza di farli passeggiare da soli? Per quale astruso motivo, poi? In quel turbinio di domande non si accorse che Rin tentava di salirle in braccio, ne assecondò il desiderio restando sovrappensiero. Pochi istanti dopo il suo corpo volava distaccato da terra senza che avesse aperto le ali.

«Eh?» Sobbalzò stringendo meglio Rin per non farla cadere in terra.

«Padrone! Dovete andate?» Jacken gracchiava a terra disperato mentre Sesshomaru si allontanava con Kuria e Rin da solo.

«Sesshomaru, maledetto!» Inuyasha fece per estrarre Tessaiga e inseguirli, certo che lui stesse rapendo la sorella in un momento di distrazione. Cambiò idea e si immobilizzò dopo che il maggiore girò leggermente la testa per fulminarlo con lo sguardo.

«Credo… che abbia seguito il consiglio di Hikari.» Gli sussurrò allora Kagome.

«Poteva allontanarsi a piedi, come tutti. Eh! Lui e il suo maledetto orgoglio.» Piegò le labbra in una smorfia di stizza e acidità.

«Sei un ingrato Inuyasha! Devi portare più rispetto a tuo fratello, il mio padrone è sempre troppo indulgente con- ahi!» Il kappa si ritrovò pieno di pugni in testa e lì si concluse la sua arringa. Pochi attimi dopo anche Kagura si sollevò alta in cielo sulla sua piuma.

***

Sesshomaru planò delicatamente su un prato fiorito, un luogo già visitato nelle esplorazioni delle settimane passate e quindi più sicuro per lasciare Rin libera di scorrazzare.

Perché avesse seguito di colpo il consiglio di Hikari neanche lo sapeva, non si era interrogato a lungo sul da farsi. Forse voleva allontanarsi da Kagura. Per lei nutriva principalmente una sorta di pietà, per la condizione alla quale era stata ridotta da Naraku, perché era quasi morta per i miasmi pur di essere libera. Gli aveva ricordato ancora una volta Kuria, ma allo stesso tempo si dimostrava estremamente diversa. Il loro rapporto era diverso!

Come quando erano stati costretti a passeggiare insieme a palazzo rimasero entrambi a lungo in silenzio. Solo il suono degli uccellini e di Rin che giocava faceva da sottofondo musicale.

«Quindi non sei fuggita da me.»

«Come?» La demone mezza aquila si girò verso di lui, inclinando la testa per cercare di comprendere.

«Me lo hai detto tu, non sei fuggita e hai i tuoi motivi per non sposarmi.»

«T-tu come fai a sapere di questa conversazione?» Sesshomaru la osservò diventare paonazza e boccheggiare. Lasciò che ci arrivasse da sola all’ovvia conclusione che entrambi erano stati preda della magia di Badma e si erano davvero incontrati in un mondo onirico.

«Oh Dei!»

Lui si divertì a vederla scomposta per la prima volta da quando era tornata. Kuria si appoggiò al tronco di un albero e si massaggiò le tempie, non sentiva alcuna voglia di continuare quel discorso.

«Te lo chiedo ancora una volta, quali sarebbero questi buoni motivi?» Le si parò davanti, ancora molto calmo, mentre la scrutava con viso inespressivo. Kuria lo sorprese, perché invece di arrabbiarsi sospirò, mise una sorta di broncio e voltò lo sguardo incrociando le braccia.

«Arrivaci da solo.» Borbottò senza offenderlo, evento ancor più strano. Non voleva combattere con lui? La paura di lei nei suoi confronti non c’era mai stata all’apparenza, vero, ma il desiderio di difendersi attaccandolo per prima la smascherava sempre.

Erano a uno stallo, se l’aggrediva per primo dimostrava soltanto di esserle estremamente legato, o così lei avrebbe pensato.

«Peggio per te! Non ti darò una seconda opportunità quando manterrai le tue promesse, sappilo.»

Ebbe il piacere di vederla sobbalzare, dovette trattenersi dal ghignare contento. Bastava che lei non sapesse della contrarietà di sua Madre alla situazione, a quel punto vuotato il sacco, lui, Sesshomaru sarebbe riuscito a convincerla a tornare con sé, vincendo anche quella sfida. Perché di quello si trattava, no? Di sconfiggere le resistenze nemiche e conquistare.

Lei sarebbe divenuta la sua consorte, gli avrebbe dato dei figli, seguendo il tracciato paterno ma soprattutto dimostrando a tutti che era lui, Sesshomaru, a tenere in mano le redini delle vite altrui. Nulla di più o di meno, no? Tutto legale e legittimo.

«Guarda che nelle mie promesse non ho mai detto che ti avrei sposato.» La replica giunse quasi beffarda, leggermente alterata e piccata, ma niente a confronto con l’ira che la pervadeva un tempo. Perché? Forse la presenza di Rin? Sì, poteva essere.

«Era implicito. Non che mi sorprenda la tua manca di arguzia.» Questo di sicuro le avrebbe mandato i nervi a fior di pelle, ma quel duello verbale si rivelò più arduo del previsto. Kuria roteò gli occhi e a momenti sbuffò annoiata.

«Si può sapere perché cerchi di irritarmi? Per di più con Rin qui vicino.»

In realtà un po’ di paura la provava, a suo tempo delle promesse le fece per davvero. La prima poi, quella in cui Inuyasha era nato, effettivamente si riferiva al tornare con lui come sua compagna o qualcosa del genere. La seconda era più un tornare a vivere a palazzo molto generico, ma anche lì ovviamente Sesshomaru si riferiva al vivere insieme. Lo sapeva perfino lei di star cavillando.

“Prendere tempo, devo solo prendere tempo. Probabilmente sta solo cercando di farmi arrabbiare per qualche suo sadico motivo e usa questo espediente. Ha detto chiaramente che del nostro matrimonio non gliene importa nulla.”

Lui non le rispose e neanche l’attaccò, stettero a fissarsi per un lungo periodo di tempo.

«Signor Sesshomaru! Kuria! Ho fame!» La bimba saltellò loro intorno, mettendo una tregua allo scambio di occhiate. Prese dolcemente le mani di entrambi stando nel mezzo. I due demoni la portarono al fiume, Kuria accese il fuoco per Rin e l’aiutò ad arrostire pesciolini e funghetti commestibili.

Dopo il pasto la bambina si rannicchiò sulle gambe della demone e dormicchiò serenamente.

«Sappi che non mi piace come quella Kagura la rimprovera.» Esordì dal niente Kuria verso Sesshomaru.

«Potevi intervenire tu stessa, in tal caso. Sei la madre, adesso, no?»

La sentì incassare il colpo con un mugugno e attese la raffica, che non giunse. Si voltò leggermente con la testa per capire che diamine stesse facendo di tanto interessante per distrarla dal litigare con lui. Accarezzava la testolina mora della piccola con sguardo amorevole.

«Sì, sono sua madre.» Sussurrò dolcemente mentre la cullava e lo faceva con una maestria invidiabile. Rimase allibito. Eppure era sicuro non avesse figli! O forse sì? Per una cinquantina d’anni era tornata in patria e tra lei e quel Isidorus sembrava esserci un’enorme confidenza!

Kuria nuovamente si sentì investita da una fortissima carica di astio e alzò di scatto gli occhi verso Sesshomaru. Non leggendo nel pensiero e considerando la situazione, il grande legame tra lui e la bambina visto che le aveva donato una nuova vita, travisò.

«Tranquillo Sesshomaru. Tieni.» Con leggiadria e velocità si spostò e le mise sulle ginocchia Rin, contro il petto. Gliela consegnò con un enorme sorriso.

«Ti adora, lo sai.»

Per la prima volta si sentì completamente disarmato. Passarono altrettanto tempo con lui seduto con Rin sulle gambe e lei in piedi poco davanti a lui.

«Il tuo dono si è ultimato?» Ebbe il piacere di vederla girarsi stupita e annuire lentamente.

«Sono passati quasi tre anni, credo di essere riuscita solo a passarle l’immortalità e qualche vago potere. Suppongo che lo scopriremo con il tempo.»

«Scopriremo?»

«Sì. I poteri non si manifestano mai di colpo tutti insieme neanche per i demoni, lo sai.»

In realtà la domanda di Sesshomaru voleva essere un’altra, lei stava usando il plurale. Lui non si sarebbe separato facilmente da Rin e viceversa, quindi Kuria sarebbe rimasta al suo fianco? Era davvero così semplice?

«Quanto è diventato potente Naraku mentre sono stata via?»

«Ah! Considerando come si nasconde direi non tanto. È solo molto scaltro, ma rimane un insulso mezzo-demone anche lui.»

La sentì sospirare e scuotere la testa. Quello sguardo che significava? Non sarà mica stata aria di sufficienza?

«Sì, Sesshomaru, lo so quali sono i tuoi pensieri sulle creature a metà, ho capito. Sei diventato ripetitivo. Ho. Capito.» Il tono di voce restava basso e controllato, ma lui riuscì a percepire un moto d’astio.

«Non rivolgerti a me con questa mancanza di rispetto.» La vide prendere un profondo respiro per controllare la propria aura demoniaca e la rabbia.

«Tu invece puoi insultare chi ti pare a quanto capisco. Anche la tua-» Si interruppe in tempo e perché Rin si svegliò tutta allegra proprio nell’istante in cui stava per fregarsi con le sue stesse mani. Sperava non avesse capito. Sì, stava per dire fidanzata, ma poteva anche essere famiglia.

Il demone albino rimase in silenzio. Per quanto l’ultima parola potesse essere famiglia, tutti e due sapevano che non era mai riuscito completamente ad accettare l’esistenza di Inuyasha. Quindi sicuramente la risposta doveva essere fidanzata, ma esclusi alcuni epiteti che assegnava più o meno a tutti, non si ricordava di averla mai insultata.

Gli sarebbe piaciuto molto farle il terzo grado per comprendere quali pensieri passassero in quella bella testolina mora ma dovette rimandare, perché tra il risveglio di Rin e l’arrivo inaspettato di Kagura non esisteva possibilità di solitudine. Un interrogatorio richiedeva invece tempo e un luogo appartato.

«Non pensi dovremmo cercare le tracce di Naraku, Sesshomaru? Se restiamo qui troppo a lungo di sicuro le perderemo.» Suggerì Kagura, conscia di dover allontanare il demone della ex compagna se desiderava anche solo minimamente prenderne il posto.

“Oh, ma quanta familiarità che le concedi. Se un discorso del genere l’avessi fatto io ti saresti già infuriato.” Kuria gli scoccò un’occhiata meno omicida rispetto a quelle ricevute, ma solo perché non desiderava farsi scoprire. Allo stesso tempo Rin appena sveglia era scesa dalle gambe del demone e ora le si appendeva a un braccio.

«Saresti venuta fin qui solo per dirmi questo, Kagura? Ricordati che io Sesshomaru non prendo ordini da nessuno*. Se ci tieni tanto inizia ad avviarti, le tracce di Naraku le puoi cercare anche da sola.»

Percepì di essere riuscito nel suo intento, perché la figlia ‘ribelle’ di Naraku se ne andò di colpo senza proferire parola.

«Ormai è il crepuscolo, effettivamente. Forse anche a noi conviene tornare. Tra poco Isidorus rientrerà con qualche informazione.»

Il Principe dell’Ovest socchiuse gli occhi, trattenendo l’istinto rabbioso che quel nome gli suscitava. Non disse niente, semplicemente si limitò ad avvicinarla per sollevarla.

«Uh? S-Sesshomaru, che fai?» La vide indietreggiare di scatto, con le guance che si chiazzavano di rosso per l’imbarazzo.

«Hai chiesto tu di tornare.»

«So volare! Ho le ali!» Le scrollò a dimostrazione di un fatto che lui già ben doveva conoscere.

«Le tue ali non sono paragonabili con la mia velocità.»

Rin seguiva il discorso cercando di capire. Il signor Sesshomaru sembrava per lo più apatico e annoiato da quel battibecco, Kuria offesa. Eppure lei, anche se era solo una bambina, sentiva altro. Le parve di vedere un sorrisino da parte del demone mentre la spuntava e le sollevava entrambe e una strana remissività nella controparte femminile.

Contro il petto di Kuria sollevata e avvolta da Sesshomaru, Rin si sentì completamente al sicuro.

***

«CHE COSA VUOI CHE FACCIA?»

Qualche uccellino fuggì spaventato all’urlo di Inuyasha verso Hikari. La demone invece sospirò rassegnata.

«Si sente che ti ha cresciuto mia sorella.» Borbottò massaggiandosi le orecchie demoniache. Poco prima che iniziasse il tramonto con una scusa era riuscita ad anticipare il suo rientro allo spiazzo, lasciando indietro Isidorus.

«Sei pazza? Dovrei inventarmi qualche rocambolesco modo per unire mia sorella e Sesshomaru?»

«Non mi aspetto che te lo inventi tu. So perfettamente che non sei capace!» Lo stuzzicò piccata, dandogli sottilmente del tonto.

Le serviva l’appoggio della squadra di Inuyasha se voleva davvero riunire quei due testoni!

«Perché ci chiedi questo Hikari?» Per fortuna Kagome si aggiunse alla conversazione prima che i due potessero affettarsi a vicenda.

«Mi pare evidente. Quei due testoni sono fatti per stare insieme, hanno già praticamente una figlia insieme. Per non parlare del fatto che nessuno desidera una Principessa dell’Ovest diversa da Kuria. Con il pessimo gusto che ha chissà che scelte potrebbe fare quella lastra di ghiaccio.»

«Queste sono motivazioni egoiste! Non costringerò in alcun modo mia sorella a una scelta del genere. Se le volessi bene sapresti che ha sofferto immensamente per questo legame combinato. Lei non vuole stare con Sesshomaru!»

«Sei proprio un fratellino scemo, non c’è che dire!» Gli soffiò contro la biondina, pronta al pestaggio.

«Inuyasha, temo che tu stia sbagliando.» Si frappose Sango, che generalmente cercava di non entrare in quel tipo di beghe familiari. Per fortuna il mezzo-demone parve intenzionato ad ascoltarla.

«In parte sai la capisco Kuria. Temo che lei sia davvero innamorata di tuo fratello, ma che desiderasse maggiore considerazione e stima da parte sua. – Miroku sentendosi preso in causa si grattò la nuca e fece qualche passo sul posto. – Ho letto molta tristezza nei suoi occhi il giorno in cui ci ha raccontato dell’annullamento. Serenità e tristezza. Rassegnazione.»

«Sì, lo so, non sono cieco nonostante ciò che credete su di me e neanche tonto. – Qui guardò male Hikari, che voltò la testa in direzione opposta a braccia conserte. – So anche, però, che difficilmente quello scemo che mi ritrovo per fratello cambierà modi e idee. Ha sofferto per tutta la vita, la mia sorellina. Quando ero un bambino e credeva dormissi a volte la vedevo piangere disperata, anche se non emetteva un singolo suono. Esattamente come… mia madre. Credevo fosse la nostalgia verso mio padre per entrambe, ma con l’età ho capito meglio. Quindi no, non asseconderò un piano simile!»

«Inuyasha…» Kagome emise un sussurro quasi commosso, raramente lui si apriva tanto sul suo passato.

«Dovrà fare tutto da solo, se la desidera davvero. Non sarò d’aiuto, ma se proprio ci tieni non interferirò.»

Hikari si accontentò di quella mezza vittoria, in ogni caso non era intenzionata a smettere di provare a unirli. Per fortuna di tutti loro Jacken e Kagura non si trovavano nei paraggi e il trio composto da Sesshomaru, Kuria e Rin sarebbe giunto solo qualche momento dopo, seguito dalla successiva comparsa di Isidorus.

Angolo autrice:

*Io Sesshomaru è una formula molto usata nel doppiaggio originale. E' tipico a quanto sembra di certe personalità importanti e antiche riferirsi a sé stesse in questa maniera. Me ne sono resa conto paragonando il doppiaggio inglese con quello originale e ho pensato fosse carico riportarlo qui :)

Per quanto riguarda il resto: Il capitolo è abbastanza di dialogo e introspezione, non ci siamo ancora ricollegati alla trama e ci vorrà un po'. Desidero mostrare i cambiamenti di carattere di Kuria principalmente, ma anche Sesshomaru e come Kagura si sia integrata in questa realtà alternativa in cui è stata precocemente salvata.
 
Inuyasha è normale che non desideri tantissimo vedere suo fratello biologico con sua sorella adottiva, visti i trascorsi. Staremo a vedere cosa combinerà! XD
Hikari farà il diavolo a quattro. Vuole diventare Cupido della situazione.

Ora scappo a lavoro :)

Martyvax

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