Kuria la guerriera - L'amore non si chiede come l'acqua, ma si dona come il tè di martyvax (/viewuser.php?uid=81985)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Atto I - Prologo - La zanna della discordia ***
Capitolo 2: *** Lo scontro con Sesshomaru ***
Capitolo 3: *** La morte di Izayoi ***
Capitolo 4: *** Il ritorno di Kuria ***
Capitolo 5: *** Il passato non detto ***
Capitolo 6: *** Allora sei cambiato! ***
Capitolo 7: *** In trappola ***
Capitolo 8: *** Fuga, scusami Rin! ***
Capitolo 9: *** Riunione di famiglia, oppure no? ***
Capitolo 10: *** Come hai vissuto in questi anni? ***
Capitolo 11: *** Parenti misteriosi e demoni sbadati ***
Capitolo 12: *** Battaglia nel bosco dell'afflizione ***
Capitolo 13: *** Un incontro spiacevole ***
Capitolo 14: *** 'Riunione di famiglia' e il demone Genso ***
Capitolo 15: *** La squadra dei sette ***
Capitolo 16: *** Il mago dei veleni ***
Capitolo 17: *** Come ti è saltata in mente una cosa simile?!? ***
Capitolo 18: *** In realtà: cosa vuoi da me? ***
Capitolo 19: *** Incontri ***
Capitolo 20: *** Sii veloce come il vento e rapida come il tuono. ***
Capitolo 21: *** Ti ringrazio, amore mio! ***
Capitolo 22: *** I ricordi un giorno andranno affrontati ***
Capitolo 23: *** Dubbi ***
Capitolo 24: *** Quando amare sembra una maledizione ***
Capitolo 25: *** Non mi farò intimorire da nulla ***
Capitolo 26: *** Legame infranto? ***
Capitolo 27: *** Le spose rapite del maiale demoniaco ***
Capitolo 28: *** A volte bisogna partire ***
Capitolo 29: *** Un lungo apprendistato - Atto II ***
Capitolo 30: *** Nemici da occidente ***
Capitolo 31: *** Spiegazioni, fiori e medicazioni solo per te! ***
Capitolo 32: *** Orogoglio smisurato ***
Capitolo 1 *** Atto I - Prologo - La zanna della discordia ***
Avvertenza:
La storia segue
principalmente le vicende dalla 4a stagione in poi. Ho affrontato
diversi episodi aggiungendo questa nuova demone che sarà la
protagonista principale, Kuria. Verso il trentaquattresimo capitolo,
nel secondo atto, ho voluto aggiungere anche la storia della spada del
dominatore del mondo. Mentre tralascerò gli altri film di
Inuyasha. Con il terzo atto prenderò spunto dagli episodi
del Final Act.
Atto
I
Prologo
- La zanna della discordia
«Sesshomaru
dove stai
andando?»
Una
bella e giovane
demone comparve alle spalle del principe dei demoni
dell’Ovest.
«A
prendere ciò che è
mio.» Non le dava molta importanza, c’erano
questioni in sospeso da portare a
termine.
«Perché
ti comporti in
questo modo? Non spetta a te Tessaiga, lo sai!»
Portava
un grande
rispetto al demone maggiore Inu no Taisho e desiderava allontanare
Sesshomaru
dalla sua idea di disprezzo per il piccolo mezzo demone che si sarebbe
ritrovato come fratello minore.
«Me
la prenderò con la
forza.» Continuò ad allontanarsi. Quando le
rispondeva per monosillabi e in
modo scostante smetteva di infastidirlo e si allontanava offesa.
Stranamente la
tecnica non ebbe successo.
«Arriveresti
a fare
del male a un neonato, tuo fratello, solo per una stupida
spada?» Strinse le
mani in un pugno, irrigidendo tutto il suo corpo nell'intento di
trattenere i
suoi istinti violenti.
«Una
stupida spada?
Fratello! Quell’essere non è mio fratello. Un
mezzodemone è solo un’onta che va
lavata via.» Le si rigirò contro perdendo per
qualche secondo la sua solita
naturale freddezza e indifferenza.
«Se
è questo che pensi
degli esseri a metà Sesshomaru non mi resta che dirti addio!
Sappi che presterò
sempre aiuto a tuo fratello e mai a te. Finché
potrò lo difenderò dai tuoi
artigli velenosi quanto la tua stupida voce!»
Il
tono della sua voce
si era alzato con lo scorrere delle parole pronunciate. Sentiva una
rabbia
senza precedenti scorrerle dentro e con quella sensazione
spiccò il volo grazie
a due enormi ali piumate.
Sesshomaru
rimase come
al solito freddo ed immobile di fronte a quella che lui considerava una
furiosa
ritirata. Non si aspettava nulla di molto diverso da una demone figlia
di inu
yokai e demoni aquila.
La difesa
Una
mano del principe Sesshomaru
era pronta e protesa per colpire in un solo colpo il fratello in fasce
con la
madre, ma il verso di un’aquila, susseguito da una luce
abbagliante, lo bloccò.
Kuria si frappose tra il polso il demone e le sue vittime, pronta a
fare con il
suo corpo da scudo.
«Levati.»
«Te
l’ho detto, no? In
nome di Inu no Taisho sarò io a proteggere questo bambino e
sua madre! Ogni
volta che proverai ad attaccarli mi dovrai affrontare.»
Manteneva le grandi ali
piumate dispiegate per proteggere Izayoi.
Non
amando perdere
tempo prezioso per se stesso e neanche battersi con Kuria, che
probabilmente
avrebbe preferito farsi uccidere che cedere, Sesshomaru emise un verso
di
sprezzo.
«Sei
fortunata donna
questa volta sei salva. Ora non ho tempo da perdere!»
Svanì
nel nulla,
mentre Izayoi piangeva stringendosi al petto suo figlio.
«Mia
signora la prego
si rialzi, deve farsi forza la aiuterò!» Kuria le
tese una mano e l’aiutò a
rialzarsi, rassettandole leggermente il vestito sgualcito dalla caduta.
Izayoi
si profuse in mille ringraziamenti, ancora spaventata e confusa
dall’accaduto.
Come poteva un uomo così simile al suo amato essere tanto
diverso da lui?
«Mi
chiamo Kuria, sono
una demone nata dall’unione di un Inu-youkai e una demone del
clan europeo dei
demoni aquila.» Sorrise alla giovane amante del suo adorato
Generale Inu no
Taisho.
«Mi
chiamo Izayoi e
grazie ancora.» Tante lacrime le solcavano il volto. Triste
ma commossa pensò
che infine oltre al suo amato, ormai defunto, c'erano altri demoni
disposti ad
aiutarla. Sarebbe stata riconoscente in eterno a quella giovane il cui
significato del nome era 'chiara'.
«Onorevole
Kuria
grazie di aver protetto il signorino Inuyasha e la signora
Izayoi» Da una
spalla della scossa principessa il vecchio Myoga saltellava per farsi
notare.
«Vecchio
Myoga vedo
che un po’ di onore ti è rimasto! Complimenti, non
sei fuggito come al solito.
Sono davvero colpita!»
«Grazie
onorevole
Kuria, quando c’è bisogno mi sforzo per non
fuggire!» Il demone pulce gonfiò il
suo piccolo petto per darsi più importanza.
«Così
si fa!»
Fu
il pianto di fame di
Inuyasha a interrompere quello scambio di battute. Si rifugiarono in
una grotta
coperta da una cascata.
«Per
qualche tempo qui
starete al sicuro, soprattutto quando non potrò esserci.
L’acqua cancella l’odore.»
Accese il fuoco e mise qualche pesciolino ad abbrustolire.
“Sesshomaru
sei inqualificabile
e privo di onore, attaccare una madre ed un neonato indifesi. Codardo
ipocrita,
questa donna, anche se umana, è mille volte più
forte di te d’animo. Per questo
io proteggerò sia lei che Inuyasha finché
avrò vita!”
Si
strappò alcune
piume delle sue ali per offrirle come giaciglio al piccolo. La
principessa la ringraziò
con lo sguardo e dopo aver appoggiato suo figlio sul giaciglio
improvvisato si
addormentò sfinita.
Kuria
vegliò tutta la
notte su di loro. Rimpianse amaramente l'assenza di Inu no Taisho, era
stato la
figura più simile a un padre che potesse desiderare.
Note
autrice 2023:
Le
note originali sono andate perse da tempo, con i vari rimaneggiamenti,
purtroppo.
Mi
presento, sono MartyVax, e come potete notare questa storia ho iniziato
a pubblicarla nell'ormai lontano 2011! Sì, sembra assurdo
anche a me.
Ho
subito una lunga pausa causata dall'università,
principalmente e da un trasloco poi.
Spero
questa storia possa piacere ancora e che vorrete dirmi cosa ne
pensate!
PS:
so che è uscito l'anime yashahime e che quindi,
canonicamente ormai, Sesshomaru e Rin sono destinati a stare insieme,
ma quando ho cominciato non se ne aveva la certezza!
:*
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Capitolo 2 *** Lo scontro con Sesshomaru ***
Lo scontro
con Sesshomaru
Diverse
settimane dopo
l’accaduto Kuria avvertì una terribile sensazione
di pericolo attanagliarle lo
stomaco e la mente per qualche minuto. Il suo istinto le suggeriva di
scappare,
il periodo di pace giunto al termine.
Decise
così che
sarebbe stato meglio se Izayoi fosse andata a vivere tra i suoi simili.
Sapeva
che la vita sarebbe stata difficile in mezzo agli stolti umani, ma lei
accettò
la proposta. L’avrebbe scortata fino al palazzo di suo nonno
dove, nonostante
tutto, l’avrebbero accolta.
«Meglio
gli umani che
gli youkai Izayoi. Dalla tua razza ti posso proteggere con meno
difficoltà.»
Quando alla fine la giovane madre le fece un sorriso pieno di
gratitudine e
speranza Kuria si sentì leggermente imbarazzata. A sua
memoria nessuno le aveva
mai rivolto uno sguardo tanto luminoso.
Si
erano incamminate
da qualche giorno, con la sicurezza ulteriore rappresentata da Kage un
fedele
lupo servitore della demone, quando
il
grido acuto di un aquila in picchiata richiamò la loro
attenzione. L'animale si
appoggiò con grazia su un braccio di Kuria.
«Quali
notizie?» Chiese
nascondendo l' ansia dietro una facciata di sicurezza.
«Mia
signora ha una
lieve traccia del vostro odore, è molto vicino!»
«Capisco.
Tu e Kage portate
via Izayoi ed Inuyasha resto ad affrontarlo.»
«Ma
Kuria… No!» Protestò
Izayoi preoccupata. Si era così affezionata a quella ragazza
forte, ma anche impacciata,
non voleva perderla come aveva perso il suo unico amore.
«Andate
via! Presto!» Si
sentì una forte scossa del terreno. La preoccupazione della
demone aumentava a
ogni vibrazione, erano sempre più potenti e ravvicinate.
«ANDATE
VIA HO DETTO!»
Sfilò la spada dal fodero e usò una raffica di
vento per convincerli ad
allontanarsi. Un metodo sicuramente pericoloso, ma efficace.
Si
concesse solo
qualche minuto per pensare a quanto strana fosse quella situazione. A
logica avrebbe
dovuto esserci Sesshomaru, morto suo padre, a proteggere quella parte
della
famiglia, invece c'era lei a proteggerli proprio da quest'ultimo.
“Bene
a noi due
Sesshomaru. – Si avviò correndo verso il
principe dei demoni - Se lo raggiungo io non avrà
più tracce da seguire e sarà
bloccato per il tempo giusto, nel quale Izayoi potrà
ripararsi!”
«Ti
sei fatta vedere
alla fine.» La sua voce era molto beffarda, si aspettava
benissimo il suo
arrivo. Forse la conosceva bene oppure era semplicemente troppo sicuro
di sé
stesso.
«Non
ti lascerò
portare a termine i tuoi piani!» Rispose furiosa. Se credeva
di avere a che
fare con un'ingenua si sbagliava di grosso.
«Sforzi
vani, lo sai
benissimo. È inutile che insisti a fare la voce grossa, le
tue spade e la tua
forza non reggeranno mai contro di me. Perché ti ostini a
combattermi?» La sua
tranquillità la offendeva. Sembrava quasi come se stesse
parlando di una cosa
insignificante, con un tono leggermente derisorio, mentre si spostava
meccanicamente una ciocca di capelli bianchi dietro l'orecchio.
«Non
c’è bisogno che
mi rinfacci la tua purezza di Inu-youkai Sesshomaru e non dimenticare
che
comunque sono forte quasi quanto te! Riuscirò a fermarti il
tempo necessario.» Preparandosi
all’imminente scontro impugnò al meglio
l’elsa della sua spada, spostò il peso
e i piedi come le era stato insegnato dal Generale.
«Già,
quasi
dimenticavo - stese le labbra in un piccolo impercettibile sorriso
maligno -
sei per metà una testarda aquila. Peccato che con la
testardaggine e l’orgoglio
non risolverai nulla contro di me.»
Quell’affermazione
decretava la fine delle trattative. Lo scontro ebbe vita, Sesshomaru,
privo di
una spada propria, combatteva attraverso la sua frusta di luce, mentre
Kuria
maneggiava una delle sue due spade.
“Con
questa spada
ereditata dal clan delle aquile riesco solo a parare i suoi colpi.
È un arma
creata per manifestare il proprio potere contro un'altra lama. Devo
usare
quella creata con la mia zanna.” Velocemente la ragazza si
nascose dai colpi
dell'avversario, utilizzando un alto albero come riparo. Gocce di
sudore le
imperlavano effettivamente le tempie, poteva essere sbruffona con lui,
ma era
inutile mentirsi da sola, quello scontro non poteva concludersi che con
la
propria sconfitta. Respirò profondamente, ci voleva coraggio
per sfidare la
morte a viso aperto.
«Si
è arresa
finalmente.» Si disse Sesshomaru, osservando con apatia il
punto in cui era
scomparsa.
«Ti
sbagli di grosso,
Sesshomaru!» gridò e sfoderando la sua katana gli
si lanciò contro in una
controffensiva frontale. Anche se forse avrebbe fatto meglio a fuggire,
seminandolo in mezzo al bosco.
«Non
sai neanche come
si usa quella katana e vuoi ancora combattere contro di me? Sei proprio
un’impertinente testarda.» Le riservò
un'occhiata di gelido scherno.
«Meglio
essere
un’impertinente testarda che un bastardo!» Non
sapeva neanche lei se quella
frase fosse una creazione volontaria o meno.
L’Inu-youkai
spalancò
gli occhi, incominciò a sentire uno strano sentimento tra
l’arrabbiato ed il
sorpreso, velocemente si voltò verso Kuria e, senza che lei
se lo potesse
aspettare, le diede uno schiaffo sul viso, facendola cadere per terra.
«Come
mi hai definito?»
Chiese glaciale bloccandola a terra con il suo peso, tirandola
a sé per un
braccio e il viso con la mano libera, proprio sulla guancia appena
colpita.
«B-bastardo
- ripeté
Kuria, un po’ a fatica per colpa della stretta serrata alla
sua mandibola. –
P-pensavi… di farmi paura? Hm!»
Dopo
un ringhio
furioso Sesshomaru l’alzò di peso per il braccio.
«Ora
torniamo a palazzo,
là regoleremo la tua indisponenza!»
Il
suo sangue e il suo
onore gli imponevano di vendicarsi, nessuna migliore vendetta che
rinchiuderla
in un luogo dove avrebbe potuto controllarla. Le avrebbe tolto ogni
arma,
celebrato il matrimonio che suo padre da lungo tempo progettava e poi
si
sarebbe liberato dell’onta di quella misera donna umana con
il sangue.
«Te
lo puoi scordare,
non ci vengo. Lasciami!» Furiosamente Kuria iniziò
a dimenarsi dalla presa del
suo assalitore. Da secoli tentava di uscire da quel luogo, si sarebbe
strappata
il braccio pur di non seguirlo.
«Farai
ciò che ti
dico, con o senza il tuo volere.» continuò
strattonandola senza il minimo
accenno di fatica.
«Te
lo scordi! - Kuria
di dimenò fino allo stremo delle sue forze, ma era
più debole e stanca di lui
quindi decise di usare la furbizia. –Sesshomaru ti interessa
tanto ricondurmi a
palazzo? Sei cosi legato a me?» Sapeva quanto il suo
interlocutore fosse
attaccabile sotto quell'aspetto. Avrebbe fatto di tutto pur di
smentirla. Lo
schiocco della lingua e l’occhiataccia non si fecero
attendere.
«Non
provo
attaccamento per nessuno, sono un demone puro non so cosa siano i
sentimenti.»
rispose con fare saccente, guardandola dall'alto in basso.
«Riportandomi
al castello
invece darai solo la prova del contrario di ciò che affermi.
Tutti diranno
sottovoce o penseranno che non riesci a vivere senza di me.»
Raggirare
Sesshomaru con quei trucchi di solito era molto divertente e
soprattutto facile,
anche se in quel momento doveva fare appello a tutto il suo sangue
freddo per
mantenere la menzogna.
“Per
una volta nella
mia vita la malizia femminile torna utile.”
Il
demone irritato le
lasciò il braccio, spingendola per terra.
«Basta,
ho perso anche
troppo tempo con te oggi.»
Sparì
lasciandola in
terra come una bambola rotta.
“Ho
rischiato grosso e
con me anche Izayoi ed Inuyasha. Se mi avesse riportato a palazzo
sarebbe stato
difficile scappare mantenendo fede alla mia promessa. - Kuria guardando
la luna
ormai alta nel cielo e tirò un sospiro di sollievo. -
Sarà meglio che mi
incammini, saranno già enormemente preoccupati.”
Si
alzò dal terreno,
bloccandosi per tastare la parte offesa della faccia, lacrime di rabbia
e
tristezza scesero prepotenti dai suoi occhi azzurri. Grazie
all'adrenalina non
si era resa conto del gesto di cattiveria appena fattole, ma lo
realizzò in
quell'istante. Non gliel'avrebbe perdonato con facilità.
Quando
il Generale e
suo figlio Sesshomaru l’avevano raggiunta sui monti Pirenei
per portarla via in
Giappone per un matrimonio combinato, era stato l’odio e
l’intolleranza il
sentimento sbocciato tra i due giovani promessi. Nei secoli successivi
trascorsi a palazzo il fascino del principe si faceva spazio tra le
pieghe dei
suoi sentimenti, aveva imparato ad amare i momenti silenziosi in cui
era calmo,
ma continuava a odiare fortemente la sua prepotenza.
Forse,
alla fine,
nonostante tutte le aspettative riposte nella coppia, il loro destino
non
coincideva. Per lei iniziava una nuova tappa della vita e desiderava
affrontarla al meglio!
Note
dell'autrice (2023):
Avevo
già iniziato le modifiche a questi capitoli introduttivi tra
il 2014/2015. Le vecchie note sono andate perse già allora
per una mia disattenzione. Siamo a metà del prologo e ci
tengo a specificare che ho modificato abbastanza diverse frasi e
comportamenti, mantenendo ovviamente una coerenza con quanto scritto
dalla me stessa del 2011. Oddio, praticamente una vita fa!
Riconosco
in Kuria la me stessa adolescente e non desidero modificarla,
altrimenti sarebbe un personaggio senza sviluppo. Ho dovuto per forza
accantonare la scrittura dall'esame di maturità fino ad
oggi. Il percorso universitario è stato lungo e nel mentre
sono perfino andata a convivere! Finalmente questa estate sono libera
di tornare a scrivere e magari, finalmente, riuscirò a
concludere questa storia.
:*
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Capitolo 3 *** La morte di Izayoi ***
La morte di
Izayoi
Li
raggiunse pochi
giorni dopo, riuscì a scortare Izayoi ed Inuyasha fino ai
possedimenti del
nonno di lei senza ulteriori minacce. L’accoglienza fu
abbastanza gioviale,
considerata la situazione difficile.
«Ti
ringrazio Kuria,
sei stata molto gentile.» Giungeva per le due donne il tempo
di separarsi, la
principessa la guardò di nuovo affettuosamente.
«Dovere
Izayoi e poi
non avrei mai potuto lasciare che Sesshomaru vi facesse del male.
Verrò a
trovarvi, sarò sempre nei dintorni. Se aveste bisogno di me
usate questo - le consegnò
un corno – è usato tra noi demoni aquila per
avvertirci di un pericolo.» Sorridendo
mesta, dopo una carezza alla testolina argentea di Inuyasha,
voltò le spalle al
palazzo per addentrarsi nella foresta.
«Mia
signora ed ora
che si fa?» Ventus, la sua aquila, restava in attesa di
ordini.
«Ci
accampiamo un po’
lontani da loro e stiamo attenti che non succeda nulla. Questa
sarà la nostra
vita e il nostro compito da svolgere in vece del Generale.»
«Si,
mia signora!»
risposero insieme.
In
qualche giorno,
dopo ore di duro lavoro, riuscì a costruirsi una capanna.
Era piccola e molto
modesta, creata con il legno degli alberi della foresta. Tuttavia
l'aura di
silenzio e la tranquillità che regnava dentro e fuori di
essa rese la giovane
di ottimo umore. Da secoli non riusciva a stare da sola, nella foresta
per di
più, la signora Madre non lo avrebbe mai permesso.
“È
perfetta per me,
tanto ci devo stare da sola.” Guardò il cielo
sospirando.
Le
giornate
incominciavano ad allungarsi, entro poco sarebbe giunto il primo di
Marzo e di
conseguenza il suo compleanno.
“Sarà
il primo
compleanno senza il Generale Inu no Taisho… e
Sesshomaru.” Scosse la testa, ora
aveva Izayoi e Inuyasha.
In
quel periodo i ricordi
della sua permanenza a palazzo con la famiglia Reale dei demoni
tornarono a
farle periodicamente visita, nonostante cercasse di dimenticare.
Ricordava i
sorrisi incoraggianti del Generale, il suo ottimismo e la grande
tristezza che
la pervadeva ogni volta che partiva per una guerra o spedizione. Le
regole di
corte non ammettevano lacrime, la signora Madre si sarebbe molto
seccata,
quindi a lei toccava trattenersi e poi scoppiare in un pianto dimesso
una volta
giunta nella propria stanza.
Sesshomaru
si
dimostrava immancabilmente freddo e calcolatore, a volte spietato. Lei
era
sempre stata sicura di riuscire a scorgere in tutti i suoi
comportamenti
un'infinita tristezza e solitudine. Questo non lo aveva mai
giustificato,
naturalmente, ma l’aiutò inizialmente a
sopportarne meglio la presenza.
Ogni
notte per i primi
mesi si diresse da Izayoi e bambino per vedere come stavano. Sapeva
bene ormai
dove fosse la sua stanza, come introdursi senza dare
l’allarme e con cautela
bussava alla porta finestra:
«Oh
Kuria, sei qui!
Prego accomodati, Inuyasha si è appena
addormentato.» Izayoi sussurrava mentre
le apriva la porta scorrevole che dava sul giardino finemente curato.
Giustamente temeva le guardie.
Osservò
attentamente
quella principessa dolce e gentile, oramai divenuta sua amica e
confidente, tanto
forte d’animo. Doveva soffrire terribilmente la perdita del
suo uomo, eppure
non si dava per vinta e continuava ad accudire la sua ragione di vita.
«Vuoi
vederlo?» Le
sorrideva rassicurante. C’erano dei precisi istanti in cui a
Izayoi Kuria
pareva una bambina spaesata, bisognosa di una guida materna.
«Sì,
va bene.» Annuì
incerta, temeva sempre di svegliarlo.
Era
bellissimo, con un
espressione dolcissima sul volto da cucciolo e quelle orecchiette poi
erano
stupende! Proprio in quel momento le mosse ed un istinto materno
l’avvolse,
infondo anche lei era una donna oltre che una guerriera.
«È
bellissimo Izayoi,
queste orecchiette sono fantastiche!» ridacchiò e
si astenne dalla strana
voglia di toccarle.
«Vero,
non ti viene
voglia di accarezzarle?» Rise all’ imbarazzo
dell'amica.
«Già!
Comunque ora
devo andare, giro di ricognizione. Mi raccomando ricordati del corno,
suonalo
quando ne hai bisogno.» Izayoi annuì docilmente
alle raccomandazioni che
sentiva ogni sera e che avrebbe sentito per ancora tante sere
successive.
“Sarà
il degno erede
di suo padre!” Visualizzò il piccolo Inuyasha
nella sua mente, rimodellando il
viso paffutello in quello di un adulto con la corazza e le spade. Un
sorriso si
creò spontaneo sulle labbra, sarebbe diventato sicuramente
un bel giovane!
Gli
anni passarono
velocemente ed Inuyasha crebbe sotto lo sguardo vigile di Kuria e
quello
amoroso di Izayoi. Il piccolo mezzo demone, per quanto al palazzo fosse
scacciato da tutti gli umani, si sentiva amato. Aveva
l’affetto della sua mamma
e di quella che considerava una sorella maggiore o una zia, nessun
altro
bambino aveva una parente così bella e forte!
«Kuria
quando sarò più
grande mi insegnerai ad usare la spada?» A soli cinque anni
Inuyasha si
dimostrava già terribilmente affascinato dalle armi.
«Certo
piccolo e ne
avrai una speciale tutta tua, solo che non so dove si trovi.»
Avevano
interrotto la lettura di una favola e lui le stava tra le ginocchia,
mentre lei
gli accarezzava i capelli argentei.
«Sai
al palazzo
nessuno mi vuole mi chiamano mezzo demone e ho visto la mamma piangere.
Tu sai
cosa sia un mezzo demone?» le rivolse uno sguardo innocente,
ma come era
capitato con sua madre, anche Kuria parve adombrarsi e restare
addolorata.
«Sì
piccolo, ma è ancora
troppo presto perché te lo dica. Non badare a quegli stolti,
pensa solo che io
e la tua mamma ti vogliamo tanto bene.» Lo tenne stretto al
petto per qualche
minuto.
“Povero
Inuyasha, chi
meglio di me conosce questa sensazione, io stessa sono metà
demone aquila e
metà demone cane. Non è semplice.” Era
stata schernita dagli altri demoni,
anche Sesshomaru alla fine l’aveva ferita. Temendo di turbare
il piccolo
preferì non indugiare oltre su quei pensieri.
«Ora
torniamo al
castello, oppure la mamma si preoccuperà.» disse
sorridendogli e prendendolo
per mano.
Lo
riaccompagnò al
palazzo e dopo si inoltrò nella foresta con i pensieri che
le torturavano la
testa.
Pensare
a Sesshomaru
dopo cinque anni che non lo vedeva gli aveva riaperto una grande ferita
al cuore.
Si sfiorò di nuovo per riflesso quella guancia che lui le aveva colpito con forza e
cattiveria.
«PERCHÉ
DOVEVO PROPRIO
INNAMORAMI Dl TE?» Con grande furia scagliò un
sasso dentro alle acque limpide
di un laghetto e avvertì la propria aura demoniaca aumentare
per la rabbia.
Fece un altro lungo giro della foresta, per riuscire a scaricare i
pensieri
negativi. Tornata alla propria capanna, per una sola volta,
pensò di andare a
coricarsi si sarebbe scusata con Izayoi l’indomani mattina.
Si
svegliò sentendo il
suono di un corno.
Sgranò
gli occhi,
scattando in piedi e corredo verso il palazzo pregò gli Dei,
occidentali e shintoisti.
Dalla
stanza di Izayoi
e Inuyasha proveniva un fortissimo odore ferroso, sangue, molto sangue.
«IZAYOI,
INUYASHA!» Aprì
di scatto la porta finestra. Lo scenario che trovò
all’interno le fece
ghiacciare il sangue nelle vene e perdere diversi battiti. Izayoi
morente
riversa in una pozza del suo stesso sangue e Inuyasha che piangeva.
Kuria fissò
il corpo dell’amica esamine, agonizzante e dolorante per
terra, per un attimo
pensò perfino di sentire quelle sue ferite addosso a se
stessa.
«Per
tutti i Kami,
Izayoi!- L’amica a fatica aprì gli occhi
– tranquilla ora trovo il modo di
medicarti.» le disse guardandosi in giro turbata. Non aveva
mai medicato un
umano prima di quel giorno, non sapeva come fare. Quanto tempo ci
metteva un
mortale a guarire e come si mettevano le bende?
«N…
no ormai è troppo…
tardi… Kuria… fammi una…
promessa…» disse implorante, una mano fragile
sfiorò
il viso della giovane demone, in una carezza piena di dolcezza e
disperazione.
Ciò che stava per chiederle sarebbe stato un compito
pesante, ma non aveva
altra scelta. Si fidava solo di lei a quel mondo.
«Tutto
ciò che vuoi,
ma non morire!» Si guardava freneticamente attorno, con le
lacrime che le
rigavano ampiamente il viso. Aveva perso l’uomo
più vicino a un padre che
avesse mai avuto e ora anche lei, la sua unica amica. Era sempre stata
troppo
diversa, in ogni ambito, rispetto alle altre ragazze e queste
l’avevano sempre
allontanata, mentre Izayoi l’aveva accettata per la donna
guerriera che era,
con il suo carattere scontroso e ruvido. Le aveva donato il suo amore.
«Proteggi
il mio
bambino, sì forte. Dovete… vivere!»
Esalò l’ultimo respiro con quella
esclamazione. La mano sollevata ricadde pesante al suolo, mentre gli
occhi
scuri si chiudevano per sempre.
L'unico
desiderio di
Izayoi era quello di sapere Inuyasha al sicuro, amato e protetto.
Così ora
poteva ricongiungersi allo spirito del suo unico grande amore, avrebbe
rivisto
e abbracciato Inu no Taisho!
«Mamma…
mamma
rispondimi… MAMMA!» Inuyasha piangeva e
singhiozzava in preda al panico.
Poi
un odore
particolare risaltò nelle narici soprannaturali di Kuria.
Era stata uccisa da
uno di loro, da uno stupido e inutile umano. Il suo corpo gridava
vendetta,
ogni fibra del suo essere pronta a potare a compimento quel desiderio.
«Aspettami
qui, torno
subito.» Sibilò Kuria e velocemente
seguì l’odore dell’assassino.
Lo
trovò che rideva
con altri samurai contento del suo operato. Se ne vantava come se
avesse
compiuto un’impresa eroica, mentre era solo un brutto
vigliacco che aveva
attaccato e ucciso una donna totalmente indifesa.
«L'ho
uccisa quella
dannata. Ah, mio fratello Takemaru è stato
vendicato!» disse spavaldo, trangugiando
del Saké mentre alzava la katana con l’altra mano,
segno di vittoria.
«È
semplice
prendersela con gli indifesi, vero brutto bastardo?» chiese
sfoderando la sua
spada Caliburn e scagliandosi contro il samurai. Li uccise uno per uno,
lasciando che il sangue scorresse lungo la sua lama e ogni tanto anche
sulle
sue mani. Nessuno di loro sopravvisse per rivedere la luce del sole.
Appena il
respiro le si fece più leggero comprese quanto urgente fosse
la fuga.
Non avrebbe permesso a
nessuno di sfiorare
nemmeno con un dito il suo fratellino.
«Piccolo
vieni,
dobbiamo andare via. Seguimi e se c’è qualche
problema dimmelo.» disse
prendendo il corpo insanguinato di Izayoi tra le braccia.
«S…
si.»
Provò
pena per lui,
lei era stata abituata a vedere amici e parenti morire, lui era tanto
candido!
I
due sparirono nella
notte per non fare più ritorno in quel luogo pieno
d’orrore e tristezza. Kuria
diede una degna sepoltura, per quel che poteva, al corpo
dell’ amica e tentò di
crescere Inuyasha.
La
vita fu un continuo
spostarsi per il Giappone, ogni anno un luogo diverso. Se la donna
avvertiva
una aura maligna troppo potente diceva a Inuyasha di radunare i loro
averi e
che dovevano abbandonare il luogo. In condizioni normali sicuramente
non
l’avrebbe fatto, ma c’era il cucciolo con lei, non
poteva rischiare, cercava di
ragionare come avrebbe fatto una madre, come Izayoi.
Il
bambino diventò un
adolescente di cent'anni e intanto Kuria era stata richiamata nelle
terre in
cui era nata. Tra il clan delle aquile ed un altro stava per cominciare
una
violenta guerra.
All’inizio
si rifiutò
violentemente di andarsene dal Giappone anche se la sua patria e il suo
clan
erano in pericolo. Un giuramento aveva prestato e intendeva rispettarlo.
«Kuria
io sono grande
ormai, me la so cavare da solo e tu mi hai tirato su bene non
preoccuparti vai
pure.» Le disse il mezzo demone durante una sera
d’autunno. Il focolare di
quella casetta improvvisata danzava scoppiettante mentre le pietanze si
cuocevano.
Lei
gli aveva
raccontato molti aneddoti su quelle terre montanare, sulle sue sorelle
e Derik,
il suo patrigno, la madre, la gente della tribù, le feste e
tutto ciò che la
sua mente ancora ricordava.
«No,
non se ne parla e
se ti dovesse attaccare Sesshomaru, eh? Come faresti? Ho promesso a tua
madre
che mi sarei presa cura di te!» Lo guardò male e
strinse un pugno. Non
sopportava di dover parlare del ‘ghiacciolo
ambulante’ con il figlio di Izayoi.
«Ti
dico che devi
andare dannata, ma ogni tanto mi dai ascolto?» Ormai non era più
un bambino, sarebbe riuscito
a cavarsela da solo. Kuria gli aveva insegnato molto di combattimento,
tuttavia
la sua voglia di potere si era ingigantita durante le ultime sporadiche
battaglie. Avrebbe reso orgogliosa la sua sorellona diventando sempre
più
forte, e un giorno sarebbe stato lui a proteggerla, perché
lei si meritava
riposo e felicità.
Lei
si sciolse in un
sorriso materno e sospirò. Quella terminologia era una sua
eredità e non proprio
fine come si addiceva ad una giovane signorina del suo rango.
«Va
bene. Se però quando
torno ti sei cacciato nei guai prima ti salvo e poi ti disfo per
benino. Capito
fratellino?» La sua minaccia era assolutamente seria e gli
puntò contro un
indice.
«Tz,
sorella
apprensiva…» rispose il mezzo demone voltando il
capo i direzione opposta.
«Ti
voglio bene anche
io, Inuyasha.»
«Hm,
anch’io sorellina.»
Arrossì e mosse le orecchie canine, scatenando le risatine
di lei.
«Co-cos’
hai da ridere,
dannata?»
«Niente,
dormi
Inuyasha.» Il loro pasto frugale si era concluso e presto si
sarebbero dovuti
separare per la prima volta da quando lui era nato.
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Capitolo 4 *** Il ritorno di Kuria ***
Il
ritorno di Kuria
Un'ormai adulta Kuria
correva veloce per la foresta. Era
stata ferita ad un ala mentre combatteva. Solo mentre tentava di
riprendere
forze, cercando di non concentrarsi sull'accecante dolore all'arto,
aveva
sentito un odore molto familiare, quello di Inuyasha.
“Non
è possibile quando sono tornata cinquant’anni anni
fa
lui era sigillato ad un albero sacro!” con la speranza nel
cuore s'era avviata
verso suo fratello.
Era
finalmente
ritornata in Giappone e senza indugio aveva cercato la sua unica
famiglia.
Quasi
le si fermò il
cuore appena lo vide, pensava fosse morto e dovette reprimere un urlo
di dolore
tappandosi la bocca. Solo dopo con un po’ di
razionalità comprese
che era solo sigillato. Amara
consolazione.
«Mi
avevi promesso che
non ti saresti cacciato nei guai senza di me, Inuyasha!» Con
grande difficoltà
era riuscita a pronunciare quelle parole, cariche di dolore nei
confronti della
persona addormentata, non aveva la forza nemmeno per sfiorarlo.
Sussultò
spaventata sentendo lo schiocco di una lingua sul palato che ben
conosceva.
«Si
è fatto sigillare
da una stupida miko con cui aveva una relazione sentimentale. Debole,
voleva la
sfera dei quattro spiriti.»
Erano
circa centocinquant’anni
che non lo vedeva, esattamente da quella notte l’aveva
evitato come la peste.
Di riflesso ancora una volta si portò la mano alla guancia
ormai sana del
volto. Non voleva però voltarsi indietro a guardarlo, la sua
bellezza sarebbe
stata come un pugno nel ventre e i sentimenti per lui stonavano con
l’enorme
dolore per Inuyasha.
«Che
cosa vuoi
Sesshomaru? Lo sai, non ti permetterò di uccidere
Inuyasha.»
Rimase
con gli occhi
ben piantati sul corpo vestito di rosso, prendendo un lento respiro, le
orecchie
pronte a captare ogni minimo dettaglio. Possibile che la trovasse
ovunque
andava? Che un uomo stressante!
«No,
aspetterò che si
risvegli. È l’unico a sapere dove si trovi
Tessaiga e sarà all’ora che lo
ucciderò.» Il tono calmo, era consapevole solo in
parte di risvegliare gli
istinti più bassi della ragazza davanti a lui.
«Perdi
tempo in questo
caso. Non sa dove sia quella spada e poi nessuno riuscirà
mai a rompere un
sigillo tanto potente. Se succederà sarò
lì per proteggerlo, a costo della vita.»
«Quanto
melodramma
inutile per uno come lui. Avanti, torniamo a palazzo è
inutile stare qui a
discutere.» Sembrava non l’avesse sentita.
Sesshomaru era sicuramente un demone
potente, ma di donne ci capiva ben poco!
«Con
te non vengo da
nessuna parte!» Fu solo la sua prontezza di riflessi che le
concesse di creare
un diversivo e scappare.
Ora si ritrovava a correre
come un’ossessa per la foresta
mettendo a repentaglio la guarigione della sua ala.
«Mia signora,
Inuyasha è in pericolo!» esclamò il
Ventus
venendole incontro, lo aveva mandato lei stessa a controllare la
situazione.
«Sesshomaru, il
solito… bastardo!» esclamò la donna
aumentando il ritmo della corsa. Ora che sapeva della riacquistata
libertà del
fratello adottivo non avrebbe lasciato campo libero al loro nemico.
Estrasse la sua katana
degli elementi, Yoso, e nel preciso
momento in cui Sesshomaru provò ad attaccare Inuyasha la
scagliò facendola
conficcare in un albero.
Tutti sul campo di
battaglia si fermarono stupiti, persino
Sesshomaru sembrò avere un espressione vagamente diversa
dalla solita maschera
di ghiaccio. Il demone maggiore si voltò verso il punto dal
quale la spada era
stata lanciata con tale forza e ardore, attendendo che la proprietaria
si palesasse.
«Siamo alle
solite Sesshomaru, eh!» esclamò la yasha furiosa
sbucando dal folto della foresta, incrociando le braccia al petto,
stampandosi
sul volto un’aria sicura di se stessa. Sicuramente totalmente
diversa rispetto
a quella instabile, anche se tremendamente decisa, di quando era venuto
al
mondo il suo immondo fratello illegittimo.
«Tu sei la
solita cocciuta» rispose indifferente il demone.
“I suoi
lineamenti sono più maturi dall’ultima
volta.” Considerando
che cinque decadi prima non si era mai girata a osservarlo poteva
serenamente
affermare di non vedere bene il viso di Sesshomaru da circa duecento
anni, poi
voltò il suo sguardo verso Inuyasha.
«Come stai
Inu-chan? Vedo che non sei cambiato neanche un
po’!» Gli regalò un sorriso
perché quello non era il momento dei rimproveri.
«Ah, b-bene
grazie» rispose arrossendo sotto lo sguardo
stranito dei suoi compagni di viaggio.
«Patetiche
smancerie. Ho perso anche troppo tempo con voi,
Inuyasha hai un debito con me!» si intromise Sesshomaru non
poco adirato per
quell’attenzione di Kuria nei confronti del fratello minore.
Quando se ne fu andato
quest’ultima recuperò la sua katana
rinfoderandola.
«Inuyasha…»
disse piano, nulla dava l’idea della tempesta
che stava per scatenare.
«S-sì?»
rispose timoroso il mezzo demone sapendo già che
avrebbe ricevuto una strigliata, ma Kikyo, Naraku e
l’imbroglio, tutto era
stato così improvviso! Andava bene la vita prima che
quell’essere maligno
s’intromettesse per la sfera.
«Mi avevi
promesso che non ti saresti cacciato nei guai ed
invece quando torno cosa vedo? TE ATTACCATO AD UN ALBERO!»
Il suo tono di voce
salì di diverse ottave durante il breve
discorso. Le braccia rigide e i pugni stretti lungo la linea del corpo
le
conferivano un’aurea, insieme agli occhi scintillanti di
rabbia, paurosa.
«Sorellina ti
posso spiegare!» rispose il ragazzo intimorito
nascondendosi dietro a Miroku, in fondo era sempre sua sorella
maggiore, la
donna che lo aveva cresciuto. Era normale che avesse una certa
autorità su di
lui.
«Mi scusi
gentile signorina potremmo sapere chi sia lei?
Perché io e i miei amici non stiamo capendo la
situazione.» intervenne il
monaco in favore dell’amico.
«Certamente. Io
sono Kuria, una demone per metà Inu-youkai e
per l’altra demone aquila, anche se le mie radici sono
europee, in particolare.»
Dimenticandosi per qualche secondo di dover essere rabbia nei confronti
del
mezzo demone diede una risposta molto cortese.
«Or dunque
leggiadra signorina vorreste fare un figlio con
me?»
Neanche il tempo di
restare scioccata che Sango lo aveva
duramente punito con il suo gigantesco boomerang. Lei stessa
rincarò la dose
con un pugno sopra la testa, molto leggero e più simbolico.
«Ti è
andata malissimo Miroku. A quanto pare in Europa certe
cose fanno indignare le ragazze per bene, me l’ha sempre
detto.» lo schernì, sogghignando,
Inuyasha.
«Kuria, giusto?
Piacere io sono Kagome. Lascialo perdere fa
cosi con tutte, anche se secondo me è innamorato di Sango in
realtà. Ci penserà
lei a metterlo in riga.» bisbigliava sicura di non poter
essere ascoltata.
«Seguirò
il tuo consiglio, anche perché non ho molto tempo.
Inuyasha vorrei sapere cosa sta succedendo e come hai trovato Tessaiga.
Su
forza racconta!» e per spronarlo cercò di
troneggiargli sopra come quando era
bambino.
«Anche noi
vorremo sapere però di più su voi due,
però.»
intervenne Sango a nome di tutti.
«Pure questo
è un vostro diritto, vi spiegherò…
UH!- fece un
sussulto dandosi uno schiaffo al collo – vecchio Myoga sei
sempre il solito! Se
arrivi di soppiatto è ovvio che io ti schiaccio! Quando lo
capirai?» La povera
pulce si ritrovò anch’egli oggetto di una sfuriata.
«felice di
rivedervi onorevole Kuria» disse lui volando,
nella sua forma schiacciata, sulla mano della giovane padroncina.
«smettila di
appellarmi con onorevole, non sono Sesshomaru.
Chiaro?» chiese piano con occhi di fuoco, avvicinando la sua
testa alla figura
minuscola del demone.
«S-si, Kuria
s… ehm no, niente- balbettò il piccolo demone
–
comunque sono qui per dirvi che vi seguirò per spigarvi
alcuni fatti
importanti. Dovevo proprio fare rapporto!» concluse con aria
pratica.
«Mia signora vi
prego di sbrigarvi, presto inizierà a darvi
la caccia, dobbiamo cancellare le nostre tracce!» Kage
spuntò dal folto del
bosco preoccupato. Sesshomaru ora conosceva la loro posizione e li
avrebbe
inseguiti come un gatto con il topo, o forse era meglio dire come un
cane con
un cane-aquila?
La mora si
limitò ad annuire lentamente, quasi con una calma
studiata. Ultimamente Sesshomaru l’aveva inseguita molto
meno, ma negli anni in
cui Inuyasha era stato sigillato sembrava si divertisse a farla
trottare. La
sua aura compariva a qualche ri di
distanza e lei, che non voleva incontrarlo neanche per sbaglio, era
costretta a
scappare.
«Inuyasha spero
di rivederti presto insieme a tutta la tua
compagnia, ora devo andare. Vedi non cacciarti in troppi guai mentre
non ci
sono!» gli tirò un orecchietto peloso.
«Ciao…»
sussurrò il mezzo demone, confuso da quella fuga
improvvisa.
In poco tempo l'oggetto
dei desideri del principe dell'Ovest
fu sulla soglia della sua capanna. Tranquilla aprì di poco
il suo kimono, sotto
al quale indossava l’armatura, scrutandosi con fare molto
serio.
«Devo proprio
incominciare a stare più attenta ho rischiato
seriamente di rompermi un ala. - guardò scetticamente l'arto
danneggiato,
girando la testa verso la schiena. In un fruscio gli arti divennero
trasparenti. Continuò a parlare da sola: - in più
ho rivisto Sesshomaru, è
cambiato un po’ fisicamente. Ha perso un braccio,
però di testa è il solito
zuccone…» insultare il demone completo era il solo
modo per sfogare un po’
tutta quell’ansia accumulata durante la giornata.
«Onorevole Kuria
le devo parlare è importante, mi potrebbe
ascoltare?» Il vecchio Myoga era rimasto saldamente attaccato
ai vestiti della
sua signora e insisteva a usare gli onorifici.
«Ovviamente
Myoga, parla.» Si sedette su una pallida
imitazione di un futon, perché era stato anch'esso creato a
mano dalla
guerriera, pronta ad ascoltare.
Note dell'autrice
revisione 2023:
Ho preferito togliere alcune parole giapponesi che da sole
risultavano fuori contesto. Essendo tutto ambientato in Giappone
sarebbe stato strano sottolineare parole come nee chan o sama, ho
preferito usare una traduzione italiana il più aderente
possibile agli onorifici. Ho mantenuto solo i ri
perché erano l'unità di misura dell'epoca.
Chi ha letto precedentemente la fanfic noterà anche una
variazione nel nome di una delle due spade di Kuria. La spada ereditata
dal suo clan europeo inzialmente si chiamava Iwa, ma è una
parola giapponese per dire roccia, se non ricordo male. L'ho rinominata
Caliburn, un po' uno stereotipo, ma ci sta considerando che pare sia
stata una delle spade di Re Artù e che c'è il
nesso con la selettività dell'arma.
:*
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Capitolo 5 *** Il passato non detto ***
Il passato non detto
Myoga
le spiegò ogni particolare di quella strana storia nei
minimi dettagli, partendo da quando Inuyasha era stato risvegliato da
Kagome.
Una strana sacerdotessa del futuro, effettivamente ripensandoci i suoi
abiti
erano assolutamente anticonvenzionali.
«Quindi
questo Naraku li ha fatti rivoltare uno contro
l’altro, poi Kagome è arrivata da un pozzo che
collega la nostra epoca con
quella futura, l'ha liberato. Accidentalmente hanno distrutto questo
manufatto
magico e cercandone i frammenti hanno incontrato Shippo, Miroku e
Sango,
giusto?»
«Sì,
onorevole Kuria.»
«Proprio
non ce la fai a non darmi del voi, eh?» La smorfia
che assunse il suo viso dovette mettere molto a disagio il piccolo
demone.
«Ecco…
onorevole è il termine corretto per il
vostro lignaggio.» si sfregava le zampette con fare agitato.
«Che
nervi! Perché? Accidenti, non paragonarmi a Sesshomaru,
neanche con Inuyasha usi un tale onorifico, accidenti a te!»
Assottigliò gli
occhi per renderle simili a due fessure malefiche.
«H-ho
capito, m-ma il signorino… è il più
giovane in
famiglia, siate buona e cercate di comprendere.» La voce di
Myoga, si faceva
sempre più intimidita. Rimase sotto lo sguardo duro di Kuria
per qualche minuto
e poi, come sempre, la tempesta passò e lei si
rassegnò all’etichetta,
preferendo cambiare argomento.
«Per
favore dì a Totosai del mio allenamento con la katana.
– Dopo il cenno di assenso del piccolo demone
proseguì. – hai un compito Myoga,
devi andare da Inuyasha e informarlo sulla mia scelta di unirmi a loro
nella
ricerca di questo fantomatico Naraku e la sfera di Midoriko. Certo
però che quella
miko era proprio pericolosa, era risaputo che la sfera dei quattro
spiriti portasse
sfortuna.»
Si
chiese cosa fosse passato per la testa di Inuyasha.
«Sì
onorevole Kuria, corro!».
“Quindi
il mio fratellino ora sa proteggersi da solo contro
Sesshomaru, molto bene. Non credevo questo giorno sarebbe mai
giunto.” La
giornata era stata lunga e complicata, decise di sdraiarsi per
riposare, si
addormentò con parte del kimono aperto sulle spalle e la
katana poco lontano.
Kuria sentì qualcosa
sopra di se. Sembrava un fruscio, poi un leggero venticello le
soffiò sulla
faccia.
“Devo aver lasciata
aperta la finestra se sento questa strana brezza.” aveva
ancora gli occhi
chiusi, era troppo stanca per aprirli.
Poi all’improvviso
avvertì un peso sopra di se e li aprì di scatto,
vide Sesshomaru sdraiato sul
suo corpo. Fece per scostarlo ma lui le bloccò i polsi
più velocemente e ogni
movimento.
Kuria arrossì
violentemente sfidandolo con lo sguardo e cercò uno dei suoi
pugnali.
«Torna al castello con
me. Lascia perdere mio fratello, devi smettere di
combattere.» le sussurrò
al orecchio mentre lei si sentiva incatenata da quella voce
così suadente.
«No, non voglio. Lo
sai anche tu quando tornerò e se continui in questo modo
sarà mai.» Si ribellò alla stretta
tentando di recuperare le forze.
Improvvisamente sentì
dolore ai polsi, il demone glieli stava stringendo con violenza.
Sesshomaru
spostò le gambe a circondare il bacino della yasha in modo
che non avesse via
di scampo.
«Sei davvero così
sicura che io ti lasci andare con quella feccia? Fino ad ora sono stato
buono,
però posso ricordarti che siamo promessi? Ho il diritto di
richiamarti a me e
riportarti a palazzo quando voglio. Lo ammetto, ti ho solo lasciato
credere di
essere forte.» Le sibilò, avvicinandosi
pericolosamente al viso di Kuria.
«Lasciami, non mi
interessa!» rispose lei con la furia negli occhi azzurri.
«A me invece interessa.»
Sesshomaru sorrise maligno.
Kuria
strillò svegliandosi con il cuore a mille.
«Accidenti
a te anche nei sogni mi perseguiti?» gridò
tirando un pugno al pavimento di legno. Quel sogno le era parso
talmente reale
e vivido! Erano decenni che non le capitava più.
In
un moto di paura prese Caliburn e Yoso, si diresse nella
foresta per erigere una barriera, suoi bracciali tintinnarono mentre
muoveva i
polsi. Si alzò e lasciò cadere il kimono
rivelando sotto la bellissima armatura
di ferro, infine da lei si sollevò un alone di luce
purissima. Aveva appena fatto
un incantesimo per scacciare il suo odore, creando una barriera di
protezione
dagli intrusi.
«Che
fatica accidenti! Peccato che nasconda solo gli odori,
non mi sento molto sicura. Oh guarda la mia ferita sembra
essere guarita.» La velocità di guarigione dei
tessuti nei demoni potenti
poteva impiegare solo poche ore.
Le
era passato il sonno dopo quel sogno bellissimo e
terrificante, sospirò prendendosi la faccia tra le mani.
Era
vero ciò che Sesshomaru del sogno le aveva ricordato.
Lei era la sua promessa sposa, ma loro due si erano sempre considerati
buoni
amici, o meglio nemici, almeno fino a quando lei comprese di amarlo.
Non lo aveva
mai confessato all’interessato, per non rovinare quel
rapporto un po’ strano
che si era creato tra di loro e perché temeva si montasse la
testa ancora di
più. Poi Inu no Taisho aveva deciso di lasciare Tessaiga a
Inuyasha e Tenseiga
a Sesshomaru e la situazione, già precaria tra padre e
figlio, precipitò.
L’attenzione
del suo futuro sposo, già poco incline
all’affetto e alla dedizione reciproca, era drasticamente
calata. All’inizio
aveva tollerato, cercando di capire i punti di vista del futuro
consorte ma
quella sera, quella fatidica notte in cui il grande generale cane era
morto e
lei aveva giurato di difendere Inuyasha, qualcosa si era spezzato.
Dire
che c’era stato un tempo in cui neanche immaginava dove
si trovasse il Giappone.
Volava libera per la
montagna niente e nessuno la ostacolava. Lei era la figlia della regina
dei
demoni aquila, lei era la bellissima Eileen Kuria la principessa
guerriera che fin'ora nessuno era riuscito a domare.
Il corno delle
emergenze era stato suonato in maniera specifica per richiamarla alla
rocca.
«Madre mi avete
convocata?» Entrò in volo delle
grandi
finestre aperte, tenendo le ali ben spiegate.
«Sì, cara. Voglio
presentarti Inu no Taisho, uno dei più forti demoni
dell’oriente, e suo figlio
Sesshomaru.» Il sorriso forzato la insospettì fin
da subito. I due stranieri dovevano essere originari del
Giappone, sua madre si era imposta affinché imparasse anche
la lingua del padre, mai conosciuto.
«Piacere. - Non parlava in modo fluente,
ma si sarebbe sforzata prossimamente, quindi subito dopo si rivolse al
genitore nella loro lingua. - Madre se non
c’è altro tra un po’ ci attaccheranno
vorrei andare, devo ancora spiegare il
piano d’assalto ai combattenti.» La battaglia era
più importante delle
presentazioni educate, se quei due erano giunti fin lì da
tanto lontano sarebbero rimasti qualche settimana come minimo.
«Certo, ma verrà anche
Sesshomaru con te.» Di nuovo, quella accondiscenda seguita da
un ordine la
confuse e mise in allarme allo stesso tempo.
«Non ne capisco il
motivo.» Guardò freddamente il demone albino
davanti a lei.
«Perché d’ora in
avanti tu e lui siete promessi.» Una sentenza che le
spezzò il fiato come se le
si fosse abbattuta contro la scure dei nemici.
«No.»
«No? Mia cara… sapevi
che sarebbe successo, prima o poi…»
«Spero che ti si
arruffino le piume.» Conquistò l'uscita
dispiegando le ali e lasciandosi cadere nel vuoto
dietro di lei.
Non avrebbe dovuto
rivolgersi con quel tono maleducato alla propria madre e Regina, ma lo
sconvolgimento le annebbiava il cervello. Cercava solo di mettere
più distanza
possibile tra sé stessa e il castello quando
avvertì qualcuno seguirla e raggiungerla.
Era quel Sesshomaru!
«Mi è
parso di essere stata chiara prima, no?» Che
seccatore!
Venne attaccata dal
demone mentre era in volo, quest’ultimo la portò
sulla terra ferma bloccandola.
«Non tollero chi osa
pensare di superarmi e mi manca di rispetto! In particolare se
è la donna che
deve essere mia.» La teneva a terra con il suo peso e
scandiva le parole con
calma, ma anche estrema freddezza. Preciso come il taglio di una lama
affilata.
«Piuttosto che
eseguire gli ordini di un uomo come te mi faccio uccidere in
battaglia!» Si
dimenò furiosa Kuria per scrollarsi il corpo dell’
Inu-youkai di dosso. Non
sarebbe mai riuscita a sguainare la spada, ma magari a prendere una
pietra e
sbattergliela sulla tempia sì.
«Ti conviene fare ciò
che ti dico!» Ora gettava la maschera e si dimostrava molto
meno compassato, ma
anzi furioso. Livido di rabbia. Ricordava di essere davvero riuscita a
colpirlo
e la zuffa che ne era seguita, interrotta dall’intervento del
Generale e la
successiva strigliata nei confronti del figlio.
Scacciò
i ricordi dalla mente in modo furioso.
Un rumore sospetto la
costrinse a fermarsi e ad andare a
controllare.
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Capitolo 6 *** Allora sei cambiato! ***
Allora
sei cambiato!
Quel
rumore strano le sembrava sempre di più un pianto disperato,
forse un bambino.
«Chi
è là?»
«Aiuto!»
la voce spaventata di una bambina giungeva dai
piedi di un albero, appariva molto spaventata e infreddolita.
Kuria
si avvicinò cautamente, ancora attenta sospettando
potesse trattarsi di un inganno di qualche altro demone. Assicuratasi
della
umanità della piccola l’aiutò a
sollevarsi.
«Come
sei giunta fino a qui, piccola?»
Ripreso
un colorito più roseo la sua interlocutrice non si
fece pregare e le diede una buona spiegazione secondo la propria
visione.
«Stavamo
cercando da mangiare, io e Jacken, quando un demone
mi ha rapita! Poi una forte luce lo ha spaventato e mi ha buttata per
terra.»
«Hm,
capisco.»
“Sarà
stato il mio incantesimo.” Sorrise in modo rassicurante
alla bambina davanti a lei, che ora la fissava con
curiosità. Un comportamento
davvero singolare per un cucciolo umano.
«Vuoi
che ti riporti al tuo villaggio?- lei scosse il capo
con una certa veemenza, stava per dire qualcosa ma
incominciò a piovere con
lampi e fulmini – forse è meglio se vieni a casa
mia piccola non è
consigliabile girare da sola per la foresta con questo
tempo.»
«Sì,
va bene! Io sono Rin, e voi?» Nel tragitto di ritorno
gli occhioni curiosi di Rin non la lasciarono neanche un secondo.
«Piacere
Rin, il mio nome è Kuria e ti prego non darmi del
voi, non sono nessuno di tanto importante.»
Non
voleva rivelare alla piccola umana la sua vera natura,
sarebbe sicuramente morta di spavento. Quindi dovettero affrettarsi sul
tragitto che portava alla sua umile dimora.
«Ora
asciugati, lì ci sono delle stoffe. Potresti prenderti
un malanno altrimenti.»
«Sì!»
Con modi entusiasti Rin eseguì ogni ordine e fece ben
attenzione ad asciugarsi davanti al fuoco appena acceso. Assicuratasi
che la
bambina non corresse il rischio di buscarsi una bella influenza, Kuria
decise
di uscire nel campo della sua casa a meditare.
La
pratica le portò via un’ora all’incirca
di meditazione
intensa. Diventando una cosa sola con la natura, da lei si
liberò un’intesa
luce bianca, calda e confortevole. Rin dentro a casa si
sentì immediatamente
più distesa, le sue paure cessarono di colpo rendendola
serena e tranquilla.
«Rin,
raggiungimi.»
«Oh!
Siete una sacerdotessa!»
Una
cupola trasparente era comparsa a proteggerle dalla pioggia
e un’azione del genere non poteva di certo compierla un
qualsiasi umano,
neanche Jacken ci sarebbe riuscito!
«Il
temporale si farà più forte nei prossimi giorni
ho
dovuto erigere una barriera per proteggerci potrai uscire a giocare e
starai al
caldo. Non ti preoccupare, appena sarà conclusa questa
tempesta ti aiuterò a
ricongiungerti con il tuo amico Jacken.»
«Grazie!»
Si mise a saltellare dalla gioia, strappando una
risata a Kuria.
«Tu
gioca pure, preparo la cena, immagino che avrai tanta
fame!»
«Preferisco
aiutarti!» Inseguì Kuria dentro casa, cercando
di rendersi utile il più possibile.
“Una
bambina deliziosa piena di vita e allegria. Sarebbe la
figlia perfetta, mi divertirei molto.” Per qualche momento
permise a sé stessa
di cullarsi con una fantasia irrealizzabile.
I
suoi fedeli servitori rientrarono solo in tarda serata.
Notando
l’aspetto lupesco di Kage la piccola si nascose
dietro la figura della sua protettrice, estremamente spaventata.
Capendo la
paura istintiva, non conoscendo il passato di Rin, Kuria li fece
socializzare
con estrema calma e cautela. In realtà le bastò
pronunciare la parola ‘cane-lupo’
per calmarla del tutto.
Superata la naturale ritrosia iniziale Rin si azzardò
perfino ad accarezzarlo.
“Mia
signora l’ho incontrato e stava seguendo una traccia,
ma non vostra penso, perché… sembrava
preoccupato.” Considerando la natura
umana della bambina i suoi sottoposti sapevano di dover tentare di
comunicare
con lei attraverso il pensiero. Non una tipologia di comunicazione
tanto scontata,
serviva molto impegno e addestramento.
“Capisco.
Magari stava cercando il suo ego spropositato. Oppure
il suo cervello!” Non riuscì a trattenere una
risatina divertita.
«Come
mai ridi?» Rin la osservò confusa e curiosa.
«Niente
piccola, solo vecchi ricordi divertenti. Ne avrai
anche tu giunta alla mia età. Bene, direi che sia giunto il
momento di dormire.
Forza!»
Si
accoccolarono insieme nell’unico scalcagnato futon di
quella casa, Rin non ci mise tanto ad addormentarsi e nel sonno
borbottava
qualche parola incomprensibile. In cerca di ulteriore calore le si
girò contro
per abbracciarla.
«Mamma…»
La demone ebbe un piccolo sussulto, ma la bimba le
suscitava una tenerezza incredibile. Lentamente si abbandonò
al sonno anche
lei.
Sesshomaru
da ore era alla ricerca della sua piccola
protetta, cercava di non dare troppo nell’occhio. Sarebbe
stato terribile, per
Rin, se i demoni avessero scoperto quanto teneva a lei, neanche lui
sapeva
davvero quanto affetto provava per quella cucciola umana.
Affetto… o riconoscenza.
“Dove
può essere? Possibile che Naraku l’abbia rapita di
nuovo? Per di più con questo tempo molti odori sono stati
lavati via.” Non
l’avrebbe mai ammesso con nessuno ma iniziava a essere
preoccupato per Rin.
Ormai era notte fonda e senza alcuna traccia…
“Dovrei
portarla al castello e lasciarla fuori dai guai! O
forse meglio ancora riportarla a un villaggio umano…
Hm?”
All’improvviso
lo colpì una fortissima luce bianca e calda. Conosceva
quel tipo di cupola e anche di barriera per nascondersi e subito dopo,
fortissimo, l’odore di Rin.
«Kuria.
Non riuscirai mai a nascondermi la tua aura, non
capisco perché insisti.» Parole al vento, prima di
incamminarsi con
tranquillità verso il punto dove si trovavano la sua
promessa sposa e la
bambina. Proseguì seguendo la traccia di odore che non era
stata cancellata
dalla pioggia.
«Quale
spreco di energie.» E detto ciò
oltrepassò la
barriera protettiva.
Per
reazione Kuria si svegliò allarmata, il cuore le
galoppava dentro al petto, Sesshomaru si trovava a pochi passi da loro,
dovevano scappare velocemente. Il rischio era enorme per entrambe.
«Rin
svegliati! Dobbiamo scappare, siamo in grande
pericolo!»
La
piccola boffonchiò qualche nome strascicato a cui lei non
diede peso mentre si girava nel futon.
La
bambina aprì gli occhi di scatto. Anche a lei era parso
di avvertire un cambiamento nell’area circostante.
«Fa
tanto freddo!» Si lamentò mentre Kuria, a una
velocità
che riconobbe essere inumana, raccoglieva i pochi averi e se la
sollevava tra
le proprie braccia.
«Andiamo
via presto!»
«Mia
signora è qui!» L’urlo di Kage ruppe
l’ultimo barlume
che teneva Rin all’oscuro sull’identità
della propria salvatrice. Le
spiegazioni potevano attendere, c’era solo la fuga.
“Maledizione,
tra questo temporale infernale e la mia ala
ancora provata fuggire con Rin in collo non sarà
così semplice!”
Fu
d’improvviso che nel suo inseguimento si aggiunse
un’aura
nuova, sicuramente un demone intenzionato ad approfittarsi della sua
debolezza
per impossessarsi delle sue armi.
«Dammi
la bambina e non ti accadrà nulla!» La voce dello
sconosciuto rimbombò insieme ai tuoni del temporale.
«N-Naraku!»
Rin le si strinse meglio contro, ancora più
terrorizzata.
«Cosa
può volere da te?»
«Lui
è il nemico del signor… AH!» Un
tentacolo e il rombo di
un tuono le fecero sbalzare sul terreno e rotolare graffiandosi
entrambe.
«Maledetto!
Rin resta nascosta nell’incavo di quest’albero,
non ho altra scelta che combattere.» Sfoderando Yoso, la
spada degli elementi,
si mise in posizione di attacco mentre Naraku la derideva. Le bastava
un colpo
diversivo come Harriken creatore di
uragani distruttivi, quanto bastava per confonderlo e guadagnare
terreno.
Pronta per rimettersi a correre sotto di loro si aprì una
voragine nel terreno,
la loro salvezza fu la frusta di luce di Sesshomaru che le avvolse e
scagliò
dietro la figura del guerriero, fuori dal campo di battaglia.
Bastò un colpo di
Tokijin a far cessare la tempesta e mettere in fuga Naraku.
Le
due donne alzarono lo sguardo sul loro salvatore.
«Signor
Sesshomaru!» Rin sorrise entusiasta e tentò di
alzarsi per andargli incontro.
«Sei
ferita! Non ti devi avvicinare a lui.» La trattenne di
scatto, anche se le ferite e le botte le dolevano molto. Neanche si
rendeva
conto della confidenza di Rin verso Sesshomaru.
«Come
al solito ti piace dare consigli che non segui, Kuria.
Non dovresti alzarti così di scatto, rischi che ti si
incrini un osso.» Il
divertimento del demone davanti a lei si avvertiva benissimo e lui non
faceva
niente per nasconderlo.
«Maledetto!
come hai fatto a trovarmi e perché Rin ti
conosce?» Stringeva la piccola a sé mentre cercava
disperatamente un piano di
fuga. Si preparò ad aprire le ali, spiccare il volo poteva
essere una via di
salvezza effimera, ma pur sempre una speranza. Sesshomaru non intendeva
darle
alcuna spiegazione, ma anzi stava immobile a fissarla per studiare la
sua
reazione a quel comportamento. Nonostante gli adulti fossero i due
demoni
presenti, l’unica a reagire normalmente fu proprio
l’argomento della disputa.
«Il
signor Sesshomaru mi ha salvato riportandomi in vita con
la sua spada e mi protegge insieme allo zio Jacken! Posso andare da
lui?» La
richiesta fu posta con tanta dolcezza che Kuria non poté
più opporsi e lasciò
la bambina che corse ad abbracciare una gamba di Sesshomaru.
Quella
visione la sconvolse abbastanza, un lancinante mal di
testa stava iniziando a farsi presente insieme ai dolori del
combattimento.
«Perché
non viaggiamo tutti insieme? Il signor Sesshomaru vi
proteggerà da Naraku!» Povera Rin, non capiva, non
sapeva.
«No,
non è il caso! Posso tenere testa a questo Naraku anche
da sola.»
«Eh!
Sì, e pensi di guarirti da sola da quelle ferite tanto
in fretta?» La sbeffeggiava senza ritegno alcuno. Solo Rin
pareva non rendersi
conto della tensione.
«Se
cosi fosse cosa ti cambierebbe?»
«Sei
la solita bambina capricciosa.» In pochi secondi
l’aveva facilmente sollevata e presa in collo, anche se gli
restava un braccio
solo riusciva lo stesso a neutralizzarla.
«Mettimi
giù!»
«Andiamo
Rin, chiama Ah Hun.» Sordo agli urli e alle sempre
più deboli proteste di Kuria la sentì
afflosciarsi contro il suo petto, era
svenuta.
«Signor
Sesshomaru vi conoscevate già?»
Un
cenno affermativo e indifferente del principe dei demoni
mise fine alle domande. Dopo quasi due secoli quella divertente caccia
si era
conclusa.
Note
dell'autrice revisione 2023:
Questo
capitolo e il prossimo erano un disastro.
Semplicemente da mettersi le mani nei capelli, si notava
proprio come fossi agli inizi, scrivevo quasi tutti i capitoli nei
ritagli di tempo a scuola e ricontrollavo davvero poco. Ho eliminato
diversi discorsi e rimaneggiato moltissimo, mantenendo la struttura
intatta. Kuria incontra Rin, non ha idea del suo legame con Sesshomaru
e alla fine un attacco di Naraku fa incontrare definitivamente Kuria e
Sesshomaru.
In questa revisione ci
ho tenuto a precisare che nei cinquant'anni in cui Inuyasha
è sigillato effettivamente Sesshomaru si è
divertito a inseguire Kuria, così, perché rientra
abbastanza nel carattere cattivello e perfido del personaggio prima
dell'incontro con Rin.
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Capitolo 7 *** In trappola ***
In
trappola
Quando
si svegliò Kuria percepì subito un inteso profumo
di
fiori, poi il fresco movimento del vento sulla propria pelle e, infine,
il
calore del Sole. Molte delle sue ferita si erano rimarginate, ma le sue
ali
dovevano ancora guarire, mentre un dolore sordo al ventre le impediva
di
mettersi del tutto a sedere.
“Che
guaio. Dove sono?” Il ventre le doleva moltissimo.
«Si
è svegliata!» L’entusiasmo di Rin a
momenti le sfondò un
timpano, tanto la bambina si trovava vicino a lei. Un piccolo demone
Kappa poco
lontano invece bofonchiò qualcosa, con atteggiamento
disinteressato.
«Rin?
Dove siamo?»
«Al
sicuro, il signor Sesshomaru dice che potrai viaggiare
con noi, non dovrai più temere nulla!»
Kuria
trattenne a stento un sorriso amaro, no, non doveva
temere nulla perché era già immersa nei guai.
Come fuggire? Come non spezzare
il cuore di quella bambina che la guardava con aria candida mentre le
raccontava tutto ciò che avrebbero fatto insieme.
«Kage
e Ventus sono già qui?»
«Sì!
Non vanno d’accordo con Jacken, stanno a distanza.
Peccato!»
Rin
era a suo vedere una bambina davvero particolare, non le
era mai capitato prima di incontrare una cucciola d’uomo
tanto ben disposta con
i demoni. Perché Sesshomaru le aveva donato una seconda
vita? La osservò
meglio, l’annusò anche leggermente senza farsi
scoprire, no, niente odore di
mezzodemone su di lei, ne sangue in comune con il principe
dell’Ovest.
«Non
posso ancora muovermi bene, ma dimmi dov’è
Sesshomaru?»
«Non
lo so è partito di nuovo questa mattina! Non avere
timore, tornerà presto e c’è Jacken a
difenderci.» La demone non ebbe davvero
il cuore per spiegarle la situazione, preferì un semplice
non detto.
“Siamo
alle solite se né andato senza dare spiegazioni, lo faceva
anche a palazzo. È un irresponsabile, lasciare una bambina
da sola in una
foresta! Brutto stupido!”
«Rin.»
«Sì,
Kuria? Tieni, questa ghirlanda di fiori è per te!»
Rimase sorpresa e intenerita al punto tale da non riuscire a muovere
alcuna
obiezione mentre la piccola le poneva l’oggetto attorno al
collo.
«Tesoro,
dimmi, perché resti qui con Sesshomaru? È molto
pericoloso, saresti più al sicuro in un villaggio umano,
no?»
L’espressione
spaventata e addolorata le fece subito capire
che senza volerlo stavano toccando una nota molto dolente.
«Mia
madre, mio padre e i miei fratelli sono stati uccisi
dai briganti. Nessuno si è preso cura di me. Il signor
Sesshomaru mi protegge,
voglio stare con lui!» Rin non si era resa conto di star
piangendo, lo capì
quando le braccia di Kuria l’avvolsero e portarono sulle
ginocchia di lei. La
demone cantava una dolce melodia che presto la fece addormentare.
Si
addormentarono entrambe in quella posizione, anche grazie
al caldo del pomeriggio che conciliava il sonno. Sesshomaru le
trovò in quella
posizione e si permise uno sbuffo che assomigliava vagamente a una
risata
divertita. Lo strillare di Jacken svegliò le due
addormentate e subito Rin si
protese verso di lui per poterlo abbracciare o salutarlo. Kuria non era
dello
stesso avviso e tentò di sollevarsi a fatica per fingere
saluti e potersene
andare.
«Creatura
cocciuta, sei ancora debole.» Sesshomaru la
fulminava con lo sguardo, non sapeva dire se fosse davvero preoccupato
da
quella ferita sul ventre o dalla testardaggine e disobbedienza della
propria
futura sposa.
«Non
saranno un paio di graffi a fermarmi!»
«Non
chiamerei quelle ferite, graffi, visto che sono
riusciti a farti svenire.» Perché quella testona
non eseguiva gli ordini, mai?
«Un
piccolo incidente di percorso, che di certo non mi
tratterrà più a lungo del dovuto!» In
verità sapeva benissimo anche da sola
che, con delle ferite simili, fare branco sarebbe stato più
assennato, ma
quando si trattava del suo rapporto con il principe era
l’orgoglio a
predominare.
«Tu
rimarrai qui.» Kuria riconobbe un moto di ira da parte
di Sesshomaru dal modo in cui questo socchiuse gli occhi mentre le
rispondeva.
«Uhm!
Ti dico di no!»
Jacken
avvertendo aria di tempesta e sapendo quanto potesse
essere irascibile il proprio padrone decise, saggiamente, di portare
via Rin.
Normalmente sarebbe intervenuto a supporto del suo signore, ma
l’istinto di
sopravvivenza gli suggeriva di starne fuori. Sesshomaru attese quei
pochi
secondi per rispondere.
«Non
ti è ancora chiaro chi prende le decisioni tra me e te.
Lascia che ti rinfreschi la memoria.» La spinse a sedersi
solo con la semplice
pressione dell’unica mano che gli restava. La fatica nel
tentativo di
resistergli la lasciò accasciata e senza forze per rialzarsi.
«Sei
talmente incosciente, saresti capace di farti uccidere
o morire per quella ferita. In questo modo non ti alzerai per un
po’.» Le diede
le spalle, andandosene in modo altezzoso, come sempre.
Lei
gli mandò contro tutte le maledizioni che conosceva, in
latino, una lingua che lui non comprendeva per ovvi motivi.
Doveva
tornare da Inuyasha! Oppure, conoscendolo, sarebbe
venuto a cercarla per mari e per monti. Non c’era altra
soluzione che attendere
la notte e le sue tenebre, ma sfortunatamente la stanchezza e le ferite
ebbero
la meglio su di lei.
Accertatosi
dello stato dormiente di Kuria, Sesshomaru si
allontanò dall’accampamento improvvisato per
dirigersi dal demone che aveva
fabbricato la veste di Inuzumi, la veste del cane di fuoco. La distanza
non lo
impensieriva, poteva compiere enormi tragitti in poche ore.
«Grande
Sesshomaru in che modo posso esservi utile?»
«Devi
crearmi un abito femminile che mi mostri sempre la sua
aura. Anche a grandi distanze.»
In
realtà la sua connessione con Kuria era già molto
vincolante e stretta, altrimenti non avrebbe potuto inseguirla per
quasi tutto
il Giappone e divertirsi a cacciarla, se così si
può dire. Tuttavia,
effettivamente, le sue barriere la celavano fin troppo bene e
più passavano gli
anni più la sua tecnica si affinava.
«Oh!
Potente Sesshomaru, certamente, tornate tra qualche
settimana e vi darò una veste degna di voi e del vostro
ceto.» Sospettava a chi
fosse destinata, anche se non conosceva minimamente le vicissitudini
del
principe e della sua promessa sposa.
«No,
la completerai entro l’alba.»
Non
desiderando rischiare la morte il demone sfruttò alcune
bei kimono già in lavorazione ed entro le prime luci del
mattino porse il suo
lavoro al principe.
Sesshomaru
se ne andò con un cipiglio severo. Al suo ritorno
trovò Rin e Kuria che dormivano abbracciate protette dal
calore di Ah Un. Proprio
in quel momento notò un flusso di luce tra le due, era
azzurro chiaro ma le
legava, pochi secondi dopo era scomparso.
«Signor
Sesshomaru!» Rin sgusciò dalla braccia di una
accigliata Kuria.
«Questo
kimono per chi è? È meraviglioso!»
Continuò nella
sua raffica di domande mattutine, mentre il suo interlocutore restava
impassibile e fissava Kuria, ricambiando l’occhiataccia.
Lanciò contro di lei
il vestito.
«Un
regalo incredibile, Sesshomaru. Non ti credevo capace di
una cosa simile, visto che non ti sei mai interessato.»
L’acidità di Kuria lo
urtò come sempre, tanto da spingerlo a comportarsi in modo
ancora più
scostante.
«Non
è un regalo! La tua armatura ti copre poco e non
dà un
buon insegnamento a Rin!»
La
testardaggine di quella demone, gli stimolava dalla prima
volta il desiderio demoniaco di dominarla e possederla. Per quel che ne
sapeva
lui, per come l’aveva sempre vissuta, per i demoni
l’accoppiamento non era
altro che l’unione di corpi, dove uno dei due è
più potente. Spesso era stato
vicino a dar fondo ai suoi impulsi più atavici, ma lei
conosceva i suoi punti
deboli.
«Forza,
muoviamoci.» Secondo un rituale ormai consolidato,
ricevuti gli ordini da parte del suo padrone, Jacken corse a prendere
il drago
Ah Hun, gracchiò a Rin di muoversi e smettere di raccogliere
fiorellini.
Kuria
si coprì con quel kimono con ancora molte domande a
riguardo. La fattura di altissima qualità e i ricami
così precisi, di sicuro un
vestito non di fattura umana.
“Molto
strano a lui non importa solitamente delle
convenzioni umane, ma conoscendolo ora è meglio non
irritarlo. Se voglio
fuggire in sordina devo assolutamente dargli l’impressione di
essere rassegnata
a questo destino. Mi dispiace solo per Rin, si meriterebbe di avere la
dolcezza
di una madre o di una sorella maggiore. Lo stesso trattamento che ho
riservato
a Inuyasha da bambino.”
Pensando
a Inuyasha avvertì l’urgenza di andarsene, non
voleva rischiare che i due fratelli si scontrassero. No, i due non si
sarebbero
dovuti incontrare.
Si
fermarono solo molte ore dopo e Sesshomaru se ne andò
come al solito ordinando a Jacken di sorvegliare sia Kuria, sia Rin.
La prima indignata gli
aveva gridato contro, mentre Rin
aveva tranquillamente incominciato a raccogliere fiori.
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Capitolo 8 *** Fuga, scusami Rin! ***
Fuga,
scusami Rin!
L’amore
genitoriale provato nei confronti di Rin la tenne lì
ancora qualche giorno, il tempo di ideare una formula magica o creare
un
oggetto da lasciare alla piccola. Alla fine optò per un
braccialetto di
sassolini di fiume e conchigliette.
«Indossalo e
sarà come se fossi sempre con te!» Le
sussurrò
all’orecchio per non farsi sentire da Jacken.
«Sì,
signorina Kuria!» Jacken era stato perentorio. Non
stava parlando con una demone qualsiasi, ma di una importante
principessa.
Kuria sospirò, avrebbe preferito che la bambina non lo
scoprisse mai.
Giunta la notte con le sue
tenebre era il momento per
mettere in pratica il suo progetto di fuga. Tutto calcolato nei minimi
dettagli, ma non si era ricordata di un piccolo particolare: Sesshomaru
non
dormiva.
Dovette rinviare la sua
partenza. Il demone l’aveva ben
incastrata, ma lei sapeva che con un po’ di pazienza sarebbe
andato tutto come
desiderava.
Colse
l’occasione una notte, quando lo vide allontanarsi dal
campo.
“Finalmente!”
Si alzò e nel
mettere la mano sulla fronte di Rin notò un
bagliore azzurro. Sussultò.
Si era talmente legata a
quella piccola creatura indifesa
che il suo potere demoniaco la stava in un certo senso adottando. Ora
Rin sarebbe
stata parte di lei, sua figlia.
Le diede un bacio sulla
fronte e una carezza, attese le
prime luci dell’alba solo per paura che qualche demone
attaccasse la sua
piccolina.
Iniziò a
correre il più velocemente possibile, con indosso
il kimono che le aveva regalato Sesshomaru.
Doveva rintracciare
Inuyasha subito! Incominciò a fiutare
l’odore e andava verso le montagne della tribù
Yoro.
«lupi ma
perché Inuyasha va dai lupi?»
Il suo subconscio le
diceva di correre il più velocemente
possibile da Inuyasha, il suo fratellino, il suo istinto materno voleva
tornare
da Rin.
Non poteva ancora volare e
in quelle zone non era
consigliabile. Ricorreva raramente alle capacità da demone
cane, ma in questo
caso sfruttò la corsa estremamente veloce ereditata dal
proprio padre.
Arrivò ad una
cascata e decise di passarci attraverso e
ricominciò la sua corsa.
“Accidenti
Inuyasha, quando ti trovo ti picchio!” Ostacoli,
ostacoli ovunque.
Avvertì
chiaramente di essere inseguita, Sesshomaru era
sulle sue tracce.
“Via di
qui!”
La sua mente continuava a
chiedersi perché Inuyasha andasse
dai lupi… non capiva!
«INUYASHA!»
strillò Kuria infuriata, saltando da una roccia
molto alta. Suo fratello si nascondeva dietro Miroku
«C-ciao
sorellina, sembri arrabbiata.»
«Perché
diamine hai fatto quel percorso… SEI IMPAZZITO?»
|
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Capitolo 9 *** Riunione di famiglia, oppure no? ***
Riunione
di famiglia, oppure no?
Inuyasha
e il suo gruppo si erano diretti verso Koga e ciò che
restava della sua tribù yoro per riferirgli alcune questioni
urgenti su Naraku. L'improvvisa comparsa Kuria fu come un fulmine a
ciel sereno.
Il
mezzo-demone osservò incuriosito la sorella maggiore,
attendendo da lei delle risposte.
«Inuyasha
sono venuta a cercarti perché vorrei viaggiare con voi.
Soprattutto per tenerti d'occhio. Testa calda che non sei
altro!»
«Visto?
Non sei nient'altro che un cuccioletto!» Koga. Come sempre
tentava di innervosire il suo rivale.
«Il
riso abbonda sulla bocca degli sciocchi, Koga della tribù
Yoro e io non consento che si parli in questo modo a mio fratello,
farai bene a ricordartelo. - Il giovane demone la osservò
stupito, chiedendosi come quella donna conoscesse il suo nome. - Il
sole sta sorgendo velocemente. Non dovremmo rimetterci in viaggio?
»
Osservava
l'orizzonte, quanto poteva metterci ancora Sesshomaru a raggiungerla?
Sarà stato sicuramente furibondo per quella fuga.
«Sì,
Kuria ha ragione sarà meglio andare.»
confermò Miroku e anche Sango sembrava d'accordo.
Sicuramente essere quasi nel covo dei lupi antropofagi non doveva
divertirli.
Proprio
quando Kuria incominciò a rilassarsi avvertì la
presenza del suo inseguitore. Dovette scattare di lato per
evitare un colpo della sua frusta di luce.
«Sesshomaru
come sei caro. Ti preoccupi per la mia sorte?»
Quest'ultimo la guardò per mezzo secondo, probabilmente
pensando a quale terribile punizione infliggerle, e solo poi si decise
a parlare.
«Sempre
attaccata a quest'inutile mezzo demone Kuria. Quando ti deciderai a
crescere? Certe cose vanno accettate. Non puoi continuare a tentare di
sfuggire al tuo destino.»
«Dipende.
Tu quando ti deciderai a capire che ho una volontà? Che ho
una testa con cui ragionare? Non sono una tua...
proprietà!» Schivò un altro colpo.
«Sbagli
– sussurrava quasi, eppure sembrava calmo – tu non
hai volontà, né voce in capitolo.»
Infine fece in modo che la frusta di luce afferrasse Kuria per una
caviglia mentre saltava, sbattendola a terra.
«
Dannato Sesshomaru, lasciala stare! » Inuyasha come al solito
si era intromesso attaccando il maggiore a sproposito. Il mezzo demone
si ritrovò a colpire il nulla, suo fratello era molto veloce.
«Sei
proprio stupido. Ancora non l'hai capito? Sei solo un misero mezzo
demone che...»
Kuria
interruppe il suo sproloquio, riuscendo nell'impresa di cogliere il
grande demone dei cani di sorpresa.
«Taci
dannato!» Spiccò il volo creando una raffica di
vento intorno a Sesshomaru.
Dopo
l'iniziale sorpresa, durata circa qualche millesimo di secondo, il
demone maggiore assunse il suo tipico contegno. Si voltò
verso la creatrice di quel colpo e, con la frusta di luce,
afferrò una gamba di Kuria trascinandola nel suo stesso
vortice di d'aria. E lì dentro la strinse un braccio.
«Questa
è una mossa un po' stupida non trovi? – chiese
Kuria pensando di avere la situazione in pugno – insomma
Sesshomaru sei davvero cosi affezionato a me? Chissà che
pensieri fanno fuori.»
Lo
stava deridendo e questo solitamente lo irritava, anche se le sue
reazioni restavano sempre compassate. Tanto che per mantenere una certa
facciata con sé stesso dopo quelle affermazioni se ne andava
indispettito, volendo farti credere però di averti graziato.
«No,
per niente. È che io non spreco mai le mie armi e tu sei una
di loro. Di certo non lascio ciò che è mio nelle
mani di quello scemo del mio fratellino e di ciò che credono
degli insulsi umani e demoni lupo non mi importa.»
Naturalmente la parola 'fratellino' era stata pronunciata con tutto il
sarcasmo possibile e inimmaginabile.
"Vuoi
giocare sporco Kuria? Ti accontento. Non riuscirai più a
usare facilmente i miei punti deboli contro di me, perché
ora anche io ti colpirò con questo metodo. Dal grande
Sesshomaru non si scappa." Fece un piccolo sorriso maligno, che
scompari subito dal suo volto.
«Te
lo dissi anni fa, te lo dico e sono sicura te lo ripeterò
ancora: sei un gran bastardo Sesshomaru!» Lo schiaffo questa
volta arrivò più forte della precedente. Erano
tornati a quella notte di tanti anni fa. In pochi secondi le aveva
lasciato il braccio, schiaffeggiata e ripreso per tenerla ferma.
«
Tu sei una scema. Non sai mai quando è il momento di tenere
la lingua al suo posto donna. Anzi diciamo che non hai ancora capito
qual è il tuo posto.» A Kuria parve di sentire un
piccolo ringhio. Almeno era riuscita a ferirlo emotivamente.
«Non
so se conosci il detto: occhio per occhio dente per dente.» e
subito dopo riuscì a tirargli un calcio nel ventre ottenendo
la liberazione del suo braccio, che aveva ora un segno violaceo dato
dagli effluvi tossici che solo l'albino sapeva rilasciare. Con quel
poco di concentrazione che le era rimasto annullò
l'incantesimo che creava quel vortice.
Gli
altri, per la polvere che si era alzata, si erano dovuti nascondere
dietro a delle rocce.
«Sorellina
stai bene?» Inuyasha corse immediatamente al suo fianco, vide
il segno viola sul braccio della sorella, ma realizzò
l'entità della situazione solo dopo osservando il viso
arrossato e gonfio per l'impatto tra mano di suo fratello e la pelle di
sua sorella.
Il
mezzo-demone non volle infierire e stette in silenzio, ma solo un
mostro come Sesshomaru poteva anche solo pensare di picchiare una
donna. Una persona che conosceva da quando erano entrambi adolescenti.
"Quello
lì ha un pezzo di pietra ghiacciata al posto del cuore." Si
disse, rammaricato dalla situazione.
«Tranquillo.
Ho la pellaccia dura.» Il soggetto dei loro pensieri era
sparito come suo solito.
«Sicura?
– lei annuì semplicemente. – bene allora
Kagome saluta quel lupastro rognoso, che dobbiamo metterci in
marcia!»
«Lupastro
rognoso a chi, cagnaccio?» Ribatté prontamente il
pretendente di Kagome.
«Su,
su avrete tempo al prossimo incontro per scannarvi. »
sbuffò Kuria, intenzionata ad allontanarsi di lì
il più velocemente possibile e dimenticare l'accaduto.
«Trovo
anche io che sia ora di metterci in cammino divina Kagome.»
Asserì Miroku con fare serio.
«Ah
non perdiamo altro tempo allora! – Inuyasha si
voltò ed iniziò a camminare. – Kagome
su forza muoviti!»
La
sacerdotessa si attardava a salutare Koga e sventolava la mano mentre
raggiungeva il mezzo demone.
«Finalmente
ci siamo liberati della sua cattiva presenza!»
Il
viaggio iniziò così tra un: «A
cuccia!» di Kagome ad un: «Dannata!» di
Inuyasha, spiaccicato a terra. Tutti che risero di sano gusto.
Angolo
autrice - revisione 2023:
Molto
bene, ringrazio chi è giunto alla fine di questo breve
capitolo. Lo scrissi tantissimi anni fa e ne porta ancora le tracce pur
editandolo diverse volte.
Ringrazio
chi visualizza! Mi fa davvero molto piacere
<3.
Veniamo
alle note dolenti: Sesshomaru.
Non
amo scrivere scene di violenza, ci tengo a precisarlo perché
non si sa mai. Tuttavia ricorderete anche voi che all'inizio della
storia lui sia caratterialmente molto spietato e senza limiti. Kuria
invece lo provoca e gli si oppone. Praticamente sono due mine pronte a
esplodere.
Penso
che Sesshomaru non fosse più un adolescente nel periodo
della caccia ai frammenti della sfera, ma che non avendo ancora
compreso l'importanza della pietà e della gentilezza, la
paura e la preoccupazione verso coloro che si ama, compia azioni
moralmente non accettabili e molto 'adolescenziali'.
Poi
sappiamo tutti che in realtà è buono, quindi alla
fine la sua coscienza in qualche maniera riesce a prevalere.
Se
vi va fatemi sapere che ne pensate voi!
Adoro
gli scambi di opinione!
Marty
|
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Capitolo 10 *** Come hai vissuto in questi anni? ***
Come hai vissuto in questi anni?
Viaggiare
con il gruppo di Inuyasha era davvero divertente.
Impossibile sentirsi soli.
Kuria
riconobbe che suo fratello fosse ancora quella
testaccia dura di una volta. Eppure sembrava molto più
aperto. Capiva che
teneva molto a tutti i suoi compagni, anche al piccolo Shippo che
continuava a
picchiare. Ogni tanto per non passare la notte nel bosco Miroku faceva
una
scenata a qualche capo villaggio dicendo:
«sento una forte aura maligna che impregna la
vostra casa. Se ci darete
cibo e un posto dove riposarci vi purificherò la
casa.» Era serio e composto, a
parte alcune volte in cui spuntavano delle ragazze. Spesso non
c’era nessun
demone infido, ogni tanto sì.
Certo
se fosse stato per lei non si sarebbe avvicinata ad un
villaggio umano neanche a morire. Non che li disprezzasse, ma insomma
non era
propriamente il suo posto. Tuttavia faceva finta di nulla e si
comportava da
normale essere umano, sapeva fare anche quello. Era sempre molto
silenziosa.
C’erano dei villaggi che proprio non le piacevano! Negli
occhi della gente
poteva leggerci diffidenza, terrore e disprezzo.
La
demone sospirò pesantemente.
«Tutto
bene Kuria? È da qualche ora che mi sembri
pensierosa.»
le disse Kagome voltando la testa verso di lei. Stavano cenando.
«Non
amo i villaggi umani. Troppa presunzione, cattiveria ed
odio. Si nascondo in ogni angolo.» rispose posando la sua
ciotola contente il
riso. Era davvero buono, ma lei non aveva fame, era stranamente
malinconica.
«Diciamo
però a che non piace nessuna forma di società
sorellina.
Non mi dicevi sempre che anche a palazzo da Sesshomaru stavi
male?» intervenne
Inuyasha con la sua voce da: eh, so tutto io.
Quanto
odiava quando faceva così! Dava i nervi!
«Vorrei
vedere da quando in qua in un palazzo di ghiaccioli
ci si diverte?» Intanto la circondava un’aura di
fuoco. Aveva parlato con tanta
acidità e guardando talmente male Inuyasha che il poveretto
si sarebbe potuto
sciogliere da un momento all’altro. Non per niente il mezzo
demone iniziò a
tremare di paura.
«Certo
che da arrabbiata Kuria fa paura quasi quanto Kagome.»
sussurrò Sango a Miroku, che annuì velocemente,
tenendo gli occhi puntati sulla
scena.
«S-scusa
sorellina!» Lei parve acquietarsi immediatamente,
emettendo un sospiro di stanchezza.
«Ora
va meglio.» Riprese a mangiare come se nulla fosse
stato. Gli altri ormai iniziavano a intuire che quelle sottospecie di
litigate per
loro due dovevano essere la regola del giorno.
In
serata andarono tutti a coricarsi tranne Inuyasha, che
come al solito stava a gambe incrociate con Tessaiga in mano davanti al
sacco a
pelo di Kagome, e Kuria, che era uscita a farsi un volo notturno.
“Sesshomaru
sei cambiato. Anche se tenti di nasconderlo non
sei più lo stesso di prima. Non esiste un essere totalmente
malvagio, come non
ne esiste uno totalmente buono. Bisognava solo che qualcuno aprisse
quel
piccolo spiraglio di bontà. Ora mi chiedo perché
tu rincorra Naraku. Cosa ti
spinge a scontrarti con lui? Potere? No non è possibile,
egli non possiede
terre e si sposta continuamente. Possibile che sia la sfera? Mi rifiuto
di
crederci – rimase sospesa in un punto del cielo. Smettendo di
proseguire nel
suo tragitto a caso. – No ti sei sempre considerato il
più forte. Il più
potente e imbattibile dei demoni, dopo tuo padre ovviamente. Insomma il
tuo ego
è spropositato!” Kuria si mise una mano sul mento
e le sopracciglia si
corrucciarono.
Proprio
non capiva e dire che solitamente non le riusciva
difficile. “Non importa. Ora ho una lunga chiacchierata da
fare con Inuyasha.” Si
precipitò, con la velocità e l’eleganza
di un aquila, verso il villaggio.
Arrivata
nella stanza dove tutti dormivano, tranne Inuyasha,
si accovacciò di fianco a lui.
«Mi
sei mancato sai? Questi anni senza di te sono stati
difficili.»
«Anche
per me. Ora siamo di nuovo insieme e non permetterò
più a Sesshomaru di farti del male, sono molto
più forte di quando ci siamo
separati.» Inuyasha gonfiò il petto con orgoglio e
fierezza.
“Fermate
tutto! Da quando i ruoli si sono ribaltati?”
«
Ehm Inuyasha sarebbe il contrario sai? – face un piccolo
sorriso nostalgico – sei proprio cresciuto non
c’è che dire. Inoltre trovo che
questa ragazza, la sterminatrice ed il monaco ti abbiano aiutato molto.
Ora sei
più aperto. – sospirò di nuovo
– sono riusciti dove io non potevo che fallire »
Era
vero. Lei per paura l’aveva sempre tenuto lontano dai
villaggi, dalle gente, dalla civiltà. Troppo forte era il
ricordo della povera
Izayoi.
«
Che dici dannata? Tu hai fatto del tuo meglio! Sei stata
madre e sorella per me. Una guida, la mia salvezza.
L’esempio! Non ti devi
rimproverare niente. Non te lo permetto… hai capito?
» sulle ultime parole
aveva assottigliato un po’ gli occhi facendo un verso con la
voce buffo, quasi
comico.
La
sorella aveva annuito con le lacrime che stavano per
spuntarle dagli occhi. Era commossa, una cosa che non capitava mai.
Voltò la
faccia dalla parte opposta a quella di Inuyasha, sì
pulì gli occhi.
«
grazie Inuyasha. Dimmi tu cosa hai fatto, a parte dormire
per cinquant’anni – e qui la sua voce si fece un
po’ arrabbiata, come se avesse
fatto una qualche marachella -, in questo tempo? »
«Oh,
ecco io…» alla fine tra minacce velate di Kuria
gli aveva
rivelato tutto. Compreso ciò che gli aveva fatto Sesshomaru
dopo che si era
svegliato dal sonno.
«Quel
farabutto! Da prendere a schiaffi! Come ha osato
infangare la memoria di Izayoi. La prossima volta che lo vedo lo prendo
a calci
in quel posto! Certo ora capisco perché non ha
più un braccio. Sono cose che
succedono quando ci si comporta da: ehi sono il migliore del
mondo!»
continuarono a parlare tutta la serata. In generale Kuria non sembrava
troppo
addolorata dalla perdita del braccio sinistro di Sesshomaru. Lo amava
non per
il suo aspetto fisico, sfortunatamente, ma per quei rari attimi in cui
si
mostrava migliore di come si dimostrava per il resto del tempo. Un
braccio in
più o in meno non cambiava nulla. Oltre a una buona dose di
attrazione naturale
data dai loro continui scontri.
Nello
stesso momento da un’altra parte un demone vestito di
bianco stava, passivamente, ascoltando i litigi dei suoi due compagni
di
viaggio. Jacken iniziava davvero ad infastidirlo. Sgridava sempre Rin
per
qualsiasi motivo, poteva andare bene senza di lui, ma era presente in
quel
momento e poteva dare da solo gli ordini. Quel rospetto avrebbe dovuto
imparare
prima o poi che era lui il padrone. Al massimo era lui che avrebbe
dovuto
sgridare la bambina.
«Jacken
– il solo nome bastò per farlo azzittire, che pace
senza quella voce gracchiante – stai zitto.»
l’aveva comunque pronunciato con
totale indifferenza. Con la coda dell’occhio notò
che la piccola umana cadeva
dal sonno, non lo voleva dar a vedere ma era cosi.
«Rin»
«Sì,
signor Sesshomaru?» chiese guardandolo con quei suoi
occhi grandi e castani. Un colore intenso e caldo, al punto che ci si
sarebbe
potuti perdere dentro. Quella bambina lo aveva sempre guardato con
un’adorazione assoluta.
«Vai
a dormire, sei stanca e domani ci dobbiamo muovere
presto.» era più un ordine che un consiglio, anche
se detto con la voce più
calma che si potesse avere
«No,
io non sono stanca signor Sesshomaru!» era la prima
volta che Rin si ‘ribellava’, non c’era
molto da stupirsi ai cuccioli capitava
spesso. Eppure per una frazione di secondo il grande demone
spalancò gli occhi
dalla sorpresa.
Questo
aveva fornito una scusa a Jacken per riaprire la
bocca e gracchiare a più non posso.
«
Rin – la bambina alzò lo sguardo verso di lui con
un’aria
colpevole, non voleva offenderlo. – vieni qui vicino a me.
Siediti. » tentava
di mantenere il suo solito tono indifferente di voce, stava anche
guardando da
tutt’altra parte, solo la coda dell’occhio era
attenta su ciò che accadeva, la
testa leggermente piegata verso la scena.
La
bambina gli corse incontro senza paura e si sedette di
fianco a lui, fissandolo ed aspettando.
«Appoggia
la testa qui – indicò mokoto, la sua coda morbida
e candida – e cerca di riposare. Dormire a voi umani fa
bene.»
«Sì,
signor Sesshomaru!» appoggiò la testa e in pochi
secondi lui ne sentì il battito regolare e calmo. A quel
punto rivolse tutta la
sua attenzione al cielo stellato e il primo pensiero che gli
passò fu il viso
di Kuria. Quella stupida, ancora non capiva neanche lui
perché non avesse sciolto
il fidanzamento alla dipartita del proprio padre. Cosa se ne faceva lui
di una
consorte che non sapeva nemmeno fare il suo dovere? Per quanti anni
fossero
passati dal loro primo incontro lei rimaneva ancora quella testarda,
ribelle e
cocciuta ragazzina del loro primo incontro.
“Kuria
ci sono due secoli di differenza fra noi. Quando ti
conobbi eri poco più che una bambina, giocavi a fare
l’adulta perché avevi un
fisico completamente sviluppato. Eri e sei brava nella lotta, ma la
ripudi allo
stesso tempo. Non capisco perché sei più
interessata a proteggere, rispetto che
conquistare.”
Rifletté
un attimo sulla libertà e un altro volto a lui noto
si fece strada tra i suoi pensieri. Anche Kagura agognava alla
libertà. Kuria e
Kagura. Così simili e così diverse. Perso in quei
pensieri, e nell’assoluta
quiete in quanto Jacken si era addormentato, sorse in fretta
l’alba.
Doveva trovare quel
bastardo di Naraku!
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Capitolo 11 *** Parenti misteriosi e demoni sbadati ***
Parenti
misteriosi e demoni sbadati
«Hikari,
vieni qui! Hikari!»
Una
giovane demone dai capelli biondi quasi bianchi, la pelle nivea e
portamento elegante fece la sua comparsa.
«Mi
avete chiamato padre?» chiese inchinandosi davanti al
genitore per poi risollevare la testa.
Il
viso segnato da due piccole macchie lunghe color rosa scuro, gli occhi
erano color ambra. Tutti segni di appartenenza al clan degli inu youkai
albini.
«Sì.
Devi trovare tua sorella maggiore e chiederle perché non si
vede ancora ombra di matrimonio! Io e il Generale avevamo dato ordini
ben precisi a sua madre!» Infuriato il demone
sbatté violentemente un pugno sulla scrivania.
«Padre...
ma mia sorella mi disse che non ne voleva sapere niente del suo
promesso.» Titubò. Sua padre era un gran
combattente e sua sorella una grande testarda dalla testa di coccio. Se
si fossero scontrati... rabbrividiva al solo pensiero!
«Pensi
che mi importi? Ho piegato quella sciocca di vostra madre al mio volere
e prima o poi lo farò anche con lei se continua per questa
strada! – i suoi occhi la fulminarono – ora va, non
mi seccare oltre.» La figlia non poté che annuire
impotente.
«In
uitlimo, Hikari ti riconsegno il tuo tessen.» Il
tessen un'arma a forma di ventaglio che poteva sembrare in tutto e per
tutto innocua, ma che all'interno nascondeva affilate lame.
"La
mia amata arma, finalmente!"
«Eseguirò
gli ordini.» Si inchinò pronta a obbedire.
«Ora
vedi di muoverti.» Hikari sparì dalla sua vista.
Intanto
la compagnia di Inuyasha si era presa un bello spavento per la
scomparsa improvvisa di Kirara, ricomparsa dopo un intero pomeriggio di
paura e ansia per la sua sorte. Ora Inuyasha rincorreva Shippo che li
aveva fatti preoccupare inutilmente con le sue critiche continue e le
accuse all'intero gruppo.
Quando
il mezzo demone si fu sfogato ripartirono. Kuria sembrava pensierosa da
qualche giorno.
«Ehi,
Kuria si può sapere che hai?» Suo fratello minore
non sopportava di vederla triste.
«Ne
parliamo dopo.»
Si
fermarono in una piccola radura e come al solito Inuyasha e Kagome
iniziarono a litigare. Sango e Miroku commentavano, Shippo e Kirara
guardavano la scena con gli occhi sgranati e Kuria sospirò
voltando il capo dall'altra parte della scena. Erano giorni ormai che
non dormiva bene, non che le servisse, ma lo stress che stava
accumulando non le faceva di certo troppo bene.
Il
vero problema è che neanche lei comprendeva il motivo del
suo atteggiamento. Da qualche tempo si sentiva presa in trappola
sempre, spiata, stretta in una morsa invisibile. All'inizio aveva
pensato che fosse perché non era abituata a viaggiare in
gruppo, ma da sola. Si era dovuta ricredere. Le stavano tutti
simpatici. Kagome, Sango, Miroku, Kirara, Shippo e ovviamente Inuyasha.
Kage e Ventus li aveva lasciati liberi di esplorare i dintorni e
muoversi secondo il loro istinto.
"Allora
che cos'è questa sensazione fastidiosa e irritante?"
«Sorellina
inizi a preoccuparmi. Sei sicura che vada tutto bene?» Le
chiese Inuyasha che la stava scrutando attentamente.
«Si
tratta solo di stanchezza Inuyasha, come avrete notato sono sotto
pressione e non ne so neanche il motivo. Questo mi dà ancora
più nervosismo! » Sbuffò incrociando le
braccia al petto.
«Molto
semplice sorellina ciò che ti manca è l'azione.
Vedrai che quando troveremo quel bastardo di Naraku ti
tornerà un po' di buon umore!» Sorrideva sicuro
aver centrato l'argomento in pieno. Kuria era nata per combattere.
«Inuyasha
non sono te.»
«Sarà,
ma siete tremendamente simili caratterialmente.»
Commentò Shippo divertito.
L'albino
tornò a sedersi con un visetto sconsolato dipinto in volto.
Poi un'illuminazione:
«Non
è che ti manca quel mentecatto pazzoide di
Sesshomaru?» Si portò una mano sul mento e gli
occhi ruotarono verso il cielo.
«Ma
sei matto?» L'urlo di risposta riecheggiò per un
po' lasciando tutti frastornati.
«Ecco
Inuyasha sei il solito scemo!» esclamò Shippo.
«Che
cosa hai detto moccioso?» Era già pronto a dargli
una botta in testa quando un: «A cuccia.» annoiato
di Kagome lo spedì a far compagnia ai lombrichi.
"Sesshomaru.
Che mi manchi davvero quel dannato? Infondo ormai pensavo di essermi
abituata a stare senza di lui." Una nota di malinconia si
impossessò di lei.
«Comunque
Inuyasha certe sciocchezze non dovresti dirle! –
iniziò Kuria incrociando le braccia sul petto e assumendo
l'aria da rimprovero. – Inoltre sto molto bene qui con
voi.»
«Davvero
stai bene con noi Kuria?» Il viso di Miroku si era illuminato
e le aveva preso una mano tra le sue. Possibile che corteggiasse
persino le donne demone? Prese a toccarle il sedere. Ovviamente
ricevette uno schiaffo da quest'ultima e uno anche sull'altra guancia
da Sango.
«MONACO
PERVERTITO!» avevano urlato nello stesso momento. Kagome,
Shippo e Inuyasha sospirarono mestamente.
Per
fortuna erano da soli vicino a un fiume oppure avrebbero fatto la
figura dei pazzi. Insomma una compagnia tanto stramba non si trovava
tutti i giorni!
***
A
poca distanza i fedeli compagni di viaggio di Koga si trovavano da soli
alla ricerca di cibo e stavano meditando sui comportamenti irascibili e
prepotenti del loro capo. Improvvisamente un demone apparve loro
tentando di ucciderli per mangiarli e si salvarono solo grazie
all'intervento di una luce abbagliante che lo distrusse.
Ghinta
e Hakkaku si voltarono verso la loro salvatrice. Era una bellissima
demone, dai capelli biondi e gli occhi color oro, con due strane
macchie sul viso. Indossava un hakama bianco e blu scuro, di preziosa
fattura.
«Grazie!»
Esclamarono all'unisono.
«Che
voleva da voi quel demone di tale infimo livello?» chiese lei
scendendo con un balzo dal ramo dove si era seduta.
«Ehm,
non lo sappiamo!» risposero di nuovo insieme.
L'altra
alzò un sopracciglio «Parlate sempre all'unisono
voi due?»
«No!
Smettila di dire ciò che dico io!» si rivolsero
l'uno contro l'altro, fatto che provocò le risate della
demone bionda.
«Bene
è stato un piacere conoscervi.» Stava per
incamminarsi e andarsene quando i due la richiamarono.
«No,
non andate da quella parte signorina!» Lei
spalancò sorpresa gli occhi dorati.
«Perché
mai di grazia?»
«Da
quella parte c'è un demone molto forte che sarebbe capace di
uccidere senza pensarci due volte.» I due speravano davvero
tanto che la demone non volesse attaccar briga.
«Davvero?
Potreste descrivermelo?» chiese Hikari sospettando di
conoscerlo almeno di fama.
«È
molto alto, ha dei lunghi capelli argentei, una luna sulla fronte
blu... » Li fermò di scatto.
«Una
luna blu sulla fronte. Allora non c'è dubbio è il
Principe Sesshomaru! Devo proprio prendere la direzione opposta. Che
noia!»
I
due demoni lupo la seguirono subito chiedendo se potevano fare il
tragitto con lei. Sembrava molto tranquilla e socievole, a rovinare
tutto fu Koga.
«Che
odore nauseante! Tu chi saresti?»
«Che
modo di parlare rozzo. Chi ti credi di essere? E dire che i tuoi
compagni sono stati gentili come me. Non ti devo alcuna risposta.
– poi si rivolse agli altri due demoni lupo –
Grazie della vostra compagnia. Ora devo proprio andare!» Si
voltò e continuò da sola per la sua strada.
Ovviamente
i due poveri demoni si dovettero sorbire i rimproveri del loro
irascibile capo.
***
Lentamente
a Kuria il malore passò, non era mai stata una donna
svenevole. Alla fine lo implicò alle tensioni dell'ultimo
periodo.
«È
ora di rimettersi in viaggio!» esclamò Inuyasha
alzandosi da terra.
Gli
altri annuirono e si alzarono.
«Ehi,
Kagome posso farti una domanda?» chiese Kuria sorridendo, le
stava tornando il buon umore.
«Certo,
chiedi pure!»
«Che
cos'è questo affare di ferro che usi per
spostarti?» Era davvero un arnese strano. Non sarebbe stato
meglio usare un cavallo?
Kagome,
con molta vivacità, iniziò a spiegare tutto su
quello strano oggetto proveniente dal futuro. Bicicletta. Un nome che neanche
riusciva a pronunciare, ma rimase affascinata dalla meccanica che stava
alla base. Nonostante ciò decretò che comunque,
secondo lei, sarebbe stato più sicuro un cavallo per la
sacerdotessa.
"Anche
la schiena di mio fratello andrebbe bene, ma questo è meglio
non dirlo."
angolo
autrice (sclerata):
visto
che sono riuscita a trovare una puntata dal quale la Fanfic prende vita
dal presente in poi (ep. 96) sto cercando a grandi linee di riadattarli
per come posso alla Fanfic. Quindi non sempre seguirò un
filo preciso (anche perché se no la Fanfic diventerebbe
lunghissssssssssssimaaaaaaaaaaa XD)
ok
avete capito chi è Hikari (luce)? sappiate che
avrà un bel caratterino XD Kuria è presa da un
momento depressivo e, sappiate, che Inu ha beccato esattamente in tutto
XD sarà anche calma e tranquilla, ma ama combattere e odia
rimanere con le mani in mano (soprattutto ama Sesshomaru e fa di tutto
per non darlo a vedere XD quindi su di lui da parte di Kuria sentirete
sempre nomignoli o cattivi o buffi XD solo più avanti
potrebbe sciogliersi).
Ok
ringrazio infinitamente chi a letto e chi ha recensito ^^ Soprattutto
chi ha messo la Fanfic tra le seguite o preferite ^^
grazie!
ora
vi lascio Martyvax
Spazio
dell'autrice revisione 2023:
Ho
deciso di lasciare l'angolo autrice originale perché mi
sembra carino avere un collegamento con le prime pubblicazioni. Anche
questo è un capitolo molto aggiustato. Ho tolto la questione
del kimono che faceva da gps per Sesshomaru nel precedente capitolo,
ora è più che altro... un modo per avvertirla
meglio. In questo capitolo originariamente lei avvertiva la sensazione
di controllo. Ora effettivamente è più una
tristezza di fondo.
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Capitolo 12 *** Battaglia nel bosco dell'afflizione ***
Battaglia nel bosco
dell’afflizione
Giravano in tondo da
ormai un giorno intero. Quel bosco
metteva i brividi, pareva morta e inglobata da una nebbiolina scura. Un
luogo a
dir poco spettrale. La demone aveva provato a farlo presente a Inuyasha
verso
metà giornata, ma l’altro era stato irremovibile.
«Ritroverò
la strada con il mio fiuto!»
Kuria
sospirò sconsolata e da quel momento lo lasciò
agire
senza senso solo per dargli una lezione.
Fu il piccolo Shippo
che, sfidando la sua paura di prendersi
un pugno in testa, andò da Inuyasha riferendogli la dura
realtà dei fatti: era
da quella mattina che ripercorrevano lo stesso identico
tragitto! Subito dopo una ruota della bici di Kagome si
forò ed emise un suono imprevisto e scoppiettante,
terrorizzando il povero
volpacchiotto che istintivamente si
‘rifugiò’ sulla testa del mezzo demone.
«Eh, te
l’ho detto che stavamo girando in tondo Inuyasha. Tu
però non mi ascolti, sei talmente testardo quando
vuoi!»
Erano tutti molto
tesi, sicuramente il luogo era infestato
dai demoni e alla comparsa di una miriade di falene Kuria
cominciò a
comprendere quale potesse essere il proprietario di quel posto. La
situazione
volgeva al peggio.
Ovviamente Inuyasha
essendo una testa calda quasi come sua
sorella adottiva, si mosse subito per abbattere tutti quegli insetti
schifosi,
lanciando il povero Shippo che gli stava aggrappato sulla schiena.
Quest’ultimo
fu miracolosamente preso al volo e posato per terra. Anche Kuria
desiderava prendere
parte all’imminente scontro.
Quando il polverone
generato come sempre da Inuyasha con
Tessaiga sparì ne comparve un demone falena che diede loro
il benvenuto nel
‘bosco dell’afflizione.’
“Che tipo
simpatico. Bel nome da dare a un bosco! Lo
suggerirò a Sesshomaru come luogo di villeggiatura per la
sua prossima
avventura.” pensò ironica Kuria.
Venne a sapere
ascoltando in silenzio il breve colloquio tra
il gruppo e il demone, che solo qualche mese prima Inuyasha uccise il
fratello
del demone falena davanti a loro. Gatenmaru. Egli si accompagnava ai
banditi e
per questa sua propensione alla compagnia umana la sua famiglia
demoniaca lo
teneva lontano al pari di un lebbroso. Quindi il maggiore dei fratelli
falena non
cercava vendetta, voleva semplicemente ucciderli.
“Quasi
come dire: non siete voi, sono io, semplicemente vi
voglio morti.”
Probabilmente
mettersi a ironizzare la situazione tra sé e
sé non fu tra le scelte più sagge del momento.
Quando Kuria vide il suo
fratellino caricare a testa bassa riuscì solo a pensare che
mancasse
completamente di diplomazia. Non era lui quello che non voleva mai
perdere del
tempo prezioso? C’erano delle volte in cui anche lei faceva
fatica a
comprenderlo.
“Potrebbe
essere anche colpa mia, in effetti… non sono molto
diplomatica.”
Il demone falena
lanciò contro di loro delle sfere blu, lei
riuscì a schivarne quella diretta verso di sé.
Non si accorse però che non si
era neutralizzata colpendo il suolo ma che, perso il suo obiettivo, era
tornata
indietro. Si ritrovò attaccata alle spalle dalla sfera e
chiusa in un bozzolo
senza che potesse opporre la minima resistenza. Poi il buio.
Plic
Che
serenità quel
luogo.
Plic
Come
stava bene in
quel momento.
Plic
Eppure
qualcosa non
andava.
Kuria
si sforzò di
aprire gli occhi. Dov’era? Cosa le era successo? Sentiva
buona parte del corpo
immobilizzata, come se si fosse sfracellata al suolo.
«Ti
sei svegliata
vedo.» Spalancò gli occhi, Sesshomaru era
lì!
Scosse
il capo
violentemente. Com’era possibile?
«Ormai
siamo vicini.
No, non ti conviene muoverti. I tuoi arti sono ancora rotti. Hai
disobbedito a
mia madre, non ne sarà molto contenta.»
Ora
capiva! Certo.
Pochi
giorni addietro
era stata costretta dalle circostanze a ingaggiare una lotta contro un
demone mastodontico
e forte. Uno spreco di energie che la allontanavano dal suo obiettivo,
la fuga.
Alla fine del combattimento era talmente stremata che le sue ali non
l’avevano
retta. Si era sfracellata al suolo. Per fortuna era fatta di una buona
tempra.
«P-per
quale motivo mi
hai recuperato? Potevi lasciarmi dov’ero. Se fossi morta t-tu
non saresti più
stato obbligato a-a sposarmi.» Diversi colpi di tosse la
scossero.
«Per
dartela vinta
facilmente? – alzò un sopracciglio – non
fare più domande che non meritano
risposta, femmina. Se continui a muoverti aggraverai la situazione, non
te lo
ripeto.» Era freddo e tagliente come una lama che ti
trapassa.
“Già,
se fossi morta
sarei stata libera. Sembra che scappare da questo posto sia
un’impresa. In ogni
caso non ho la più pallida intenzione di sposarti
Sesshomaru.” Un misto di odio
e di rabbia le si mescolavano nell’anima.
«T-tempo
sprecato! Tu
da me non avrai proprio niente. N-né il mio
corpo… Né la mia anima.» Non tra le
affermazioni più intelligenti da fare quando si era bloccati
tra le braccia del
nemico, mentre il proprio corpo doveva rigenerarsi.
«Il
tuo corpo non mi
apparterrà? – sembrava quasi incuriosito da quella
presa di posizione – Dopo il
matrimonio tutto di te sarà mio e potrò disporne
come vorrò.» Questo gli era
stato insegnato, questo era dovuto a un Principe del suo calibro. Una
bella e
remissiva moglie oggetto. Si era fermato e la stringeva leggermente di
più, lei
si morse l’interno guancia per non emettere neanche un fiato
di dolore.
Nell’aria
c’era molta
elettricità. Erano entrambi molto giovani. Lei non sapeva
dosare le parole, lui
il suo orgoglio smisurato. La poggiò contro il tronco di un
albero per
prenderle il mento fra il pollice e l’indice, voltando il
viso macilento e
contuso di Kuria verso di lui in modo poco delicato. Negli occhi di lei
si
poteva leggere odio e una piccola pagliuzza di terrore. Sesshomaru si
stava
avvicinando pericolosamente alla sua faccia. Alla demone la faccenda
non faceva
molto piacere. Quindi pur avendo il braccio destro rotto lo
sollevò
graffiandogli una guancia con le sue unghie allucinogene. A risposta fu
quella sperata,
lo youkai preso
alla sprovvista si ritirò
di scatto allontanandosi e lei si accasciò per terra non
possedendo abbastanza
ossa sane per reggersi sulle proprie gambe.
Peccato
non fosse
riuscita a imprimere la giusta dose di allucinogeno nelle unghie.
Credeva di
essere l’unico ad avere degli artigli speciali?
Intanto fuori
Inuyasha combatté strenuamente contro il
demone falena, ma sfortunatamente dopo averlo ucciso i bozzoli non si
ruppero.
Il destino dei suoi compagni sembrava segnato, eppure lui non dava
segno di
volersi arrendere. Per nessuna ragione al mondo avrebbe permesso ai
suoi
compagni di cadere vittima di quell’incantesimo… e
non meno importante
lasciarlo solo.
Si mise a chiamare i
loro nomi, disse persino a Kagome di
mandarlo a cuccia! Se si fossero trasformati negli alter ego del demone
falena,
come quest’ultimo gli aveva detto, non sapeva cosa avrebbe
fatto. Avrebbe mai
potuto abbattere e sconfiggere la sua sorellina, Kagome, Shippo, Miroku
e
Sango?
In qualche modo la
urla e suppliche di Inuyasha raggiunsero
gli incubi di tutti loro, anche quello di Kuria.
Lo
scenario era di
nuovo cambiato. Quello di prima era stato un pezzo davvero vissuto
della sua
vita.
In
quel momento non
sapeva, era spaesata. Si trovava davanti al palazzo del clan del
Generale,
della Signora Madre e Sesshomaru, egli le era di fianco. Poco distante
correva
verso di loro un bambino. Kuria lo riconobbe all’istante: era
il suo piccolo
fratellino!
«Inuyasha,
no! Va via
scappa!»
«Sorellina
– durante
la corsa era cresciuto fino ad assumere l’aspetto da ragazzo.
– pensi davvero
che ti lascerei mai da sola contro questo qui? Reagisci con
me!» Puntò Tessaiga
contro suo fratello maggiore.
“Oh
Inuyasha. Sei
proprio cresciuto, sono tanto fiera.” Sorrise dolcemente.
Nello stesso istante
ormai fuori dagli incubi ognuno dei
compagni di viaggio di Inuyasha si stava liberando con le proprie armi
dai
bozzoli. Kuria aveva sfoderato Caliburn, che lacerò
facilmente il bozzolo,
Sango Hirakostu, Kagome usò le frecce sacre, Miroku il
bastone e Shippo il
fuoco fatuo.
«Eccovi,
finalmente!» Inuyasha li accolse con un enorme
sorriso di vittoria vedendoli vivi e salvi. Ne fu anche molto
rasserenato. Il
bosco era stata un’illusione, Tessaiga ruppe prontamente la
barriera che li
imprigionava e poterono mettere la parola fine
a quell’incubo.
«Ah!
Questa volta lo dovete ammettere, se non ci fossi stato
avreste fatto una bella figuraccia.»
Era sempre il solito
qualsiasi cataclisma capitasse.
Kagome a nome di
tutti loro lo ringraziò, infondo in tutti i
loro sogni era comparso lui a salvarli e dare loro speranza, Inuyasha
ne fu
molto sorpreso. Pensava, memore di quello che gli aveva detto prima,
che
l’avrebbe mandato a cuccia. Tutti si avviarono tranne Kuria e
Inuyasha,
quest’ultimo sbraitava a Kagome di ripetere quello che aveva
detto e la
sacerdotessa per ripicca lo spedì dritto a terra con la
formula.
«Su
Inuyasha non fare quella faccia. – disse Kuria
aiutandolo a rialzarsi – Guarda che se mi sono svegliata
è solo grazie a te.» Gli
sorrise.
Il sorriso di Kuria
era sempre stato una cosa rara. Quindi,
anche se facendo un po’ di storie, Inuyasha annuì
e insieme seguirono il resto
del gruppo. Quella giornata era stata piena di avvenimenti per Kuria e
Inuyasha, ma ne avevano tratto una lezione importante non erano
più soli.
Da
un’altra parte anche Sesshomaru avvertì una
sensazione
strana mentre osservava Rin. Era stata fino a qualche giorno prima
mogia e ora
era tornata a sorridere e raccogliere fiori.
“Umani.”
pensò il gelido demone.
Mai avrebbe
sospettato che tra la bambina e Kuria vi fosse
una specie di collegamento.
In
quell’esatto istante una Inu youkai dai capelli biondo
cenere e gli occhi dorati fece la sua inaspettata comparsa davanti a
Sesshomaru.
«Oh
accidenti, proprio voi dovevo incontrare?» si
mordicchiò
le labbra, portando le braccia sui fianchi, assumendo un aspetto
accigliato e
vagamente preoccupato.
angolo
autrice: (originale)
basato sull'ep. 100 il bosco dell'afflizione.
ciò che ha sognato la prima volta Kuria è parte
del suo passato. Kuria ha cercato più volte di scappare dal
palazzo reale e vivere libera.
Angolo
autrice 2023:
Molto
bene!
Ci
tengo a precisare che nei ricordi visti da Kuria sono entrambi due
giovani adolescenti. Lei avrà sì e no
centocinquant'anni e lui quasi trecento. In termini demoniaci due
ragazzini che si azzuffano per questioni più grandi di
loro.
Sesshomaru
adolescente è... beh secondo me è stato molto
'turbolento' e rabbioso, soprattutto sulla questione del predominio.
Parliamone, lascia andare il padre in fin di vita senza manco salutarlo
solo perché non gli ha consegnato le spade :') che figlio
amorevole!
Diciamo
che Kuria sarebbe, nelle intenzioni paterne, la perfetta controparte
che lo costringerà a furia di no e ribellioni a scendere dal
piedistallo, a scontrarsi con la realtà e provare a
comprendere le emozioni. Anche quelle che lui ritiene tra i
più condannabili, come l'amore, la compassione, il rispetto
del più debole e così via discorrendo. Anche
perché tutti questi concetti fanno comunque parte del
Bushido e quindi della vita del guerriero giapponese.
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto. Un grande grazie a chi legge,
segue e chi commenta facendomi conoscere la sua opinione personale, che
per me vale moltissimo e mi dà una grande energia.
Marty
<3
|
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Capitolo 13 *** Un incontro spiacevole ***
Un incontro poco piacevole
La
ragazza aveva sbuffato e aveva
fatto per voltare le spalle a Sesshomaru quando quest’ultimo
la richiamò:
«Donna!
che cosa stai facendo?»
il solito indifferente
«A
voi cosa interessa? State
tranquillo principe non ho intenzione di arrecarvi disturbo, quindi me
ne vado.»
Rispose lei, che alternava il voi e tu, in un gioco che poteva condurla
a morte
certa.
«Come
osi parlare così al mio
signore e padrone? Sciagurata dovresti imparare a tenere a freno la
lingua!»
Hikari
guardò il rospo con sdegno
e arricciò leggermente le labbra: «Rospetto vedi
di tacere o ti friggo.» era
stata tanto glaciale che il demonietto sudò freddo.
Rin
gli lo affiancò. «Hai
visto cosa succede a darsi tante arie?»
Hikari
percepì subito un potere
occulto dentro quella bambina, un potere che la collegava a quella
brontolona
di sua sorella Kuria.
«Certo
che mia sorella si è
scelta un’erede molto singolare.»
Assottigliò gli occhi e inclinò di poco la
testa per poterla osservare meglio.
Sesshomaru
si voltò verso Hikari,
chiedendosi di che cosa stesse parlando quella demone tanto sfrontata.
Jacken
si mise davanti a Rin in segno di protezione, se le fosse capitato
qualcosa il
padrone si sarebbe arrabbiato seriamente.
«Tranquillo
piccolo demone. Non
potrei mai fare del male all’erede di mia sorella.
» La situazione poteva
volgere nettamente a suo sfavore, meglio togliere il disturbo alla
svelta.
«Ferma,
voglio delle spiegazioni.
Chi ha scelto Rin come erede?» Il solito tono autoritario,
era davvero odioso
come sua sorella lo descriveva.
«Una
donna che tu conosci molto
bene, mio principe. Il suo nome è Kuria. » detto
ciò sollevò un gran polverone
sparendo tranquillamente alla vista del suo principe.
«Che
cosa intendeva dire sulla
signorina Kuria?» Rin era rimasta perplessa e guardava il
punto dov’era scomparsa
la demone.
Sesshomaru
non rispose si voltò e
intimò loro di seguirlo alla svelta, sempre che non
preferissero restare
indietro. Rin montò immediatamente su Ah-Hun, Jacken rimase
indietro a causa
della sua goffaggine.
Intanto
il gruppo di Inuyasha
aveva trovato ospitalità nel solito villaggio. Continuavano
a dirigersi verso
toro tigre e Kuria sperava di non incontrare Sesshomaru di nuovo.
L’incubo
avuto nel bozzolo l’aveva lasciata scossa, come ogni volta
che le veniva
ricordato il suo destino scritto. Il villaggio sembrava abbastanza
pacifico,
nessuno guardava troppo male Inuyasha e Shippo, nessuno si era accorto
della
sua natura demoniaca.
«Inuyasha
ti va di allenarti un
po’ con la spada?»
«Hum,
ti annoi cosi tanto sorellina?»
Emise uno sbadiglio enorme e si sdraiò meglio per terra.
«Già!
Se tu preferisci poltrire
qui in questa stanza andrò da sola ad allenarmi.»
Infatti si alzò pochi secondi
dopo e uscì per dirigersi verso la foresta.
Non
aveva intenzione di stare
ferma a fare niente!
Nello
stesso momento Miroku stava
corteggiando tutte le ragazze del posto chiedendo loro di dargli un
figlio, le
giovani ridevano.
“No,
no, non vi prende per niente
in giro questo bonzo depravato.” pensava Sango che, furiosa,
fissava la scena.
«Monaco
ma quella signorina
perché vi guarda tanto male? Accidenti fa più
paura di un demone!»
Miroku
si voltò e iniziò a sudare
freddo quando vide lo sguardo inceneritore della giovane sterminatrice.
Una
donna in quel momento, anziana e po’ svampita, si
avvicinò al monaco dicendo
«Ho
sentito che chiedete alle
giovani del villaggio di darvi un figlio, io sarei ben disposta a farne
anche
di più!» intanto ridacchiava tirando la mano del
monaco.
«Ehm
– Il giovane rise
nervosamente – ma ecco io… – si
grattò la testa in modo imbarazzato – ehm scusi
un secondo… – si precipitò di fianco
alla sterminatrice – Sango ti vedo molto
rossa non è che stai male? Dai ti porto dentro. »
cosi spinse dentro la casa
del capo villaggio la giovane. All’interno delle mura,
ovviamente, si prese una
cinquina in pieno viso.
«Sto
benissimo, grazie. Non
dovresti tornare da quella signora che, molto gentilmente, ti vorrebbe
dare
tanti bei bambini?» lo fulminò con lo sguardo e se
ne andò.
Kirara
guardò i due umani e fece
un versetto basso, disapprovava quei comportamenti.
Nel
bosco, isolata dal resto del
mondo, Kuria si era seduta alle radici di un grande albero. La
compagnia era
fantastica, impossibile sentirsi soli. Miroku e Sango avrebbero fatto
un’ottima
coppia pensava Kuria, per Inuyasha non sapeva bene cosa pensare.
Neanche
il tempo di un battito di
ciglia e notò la figura rossa di suo fratello, fino a poco
prima sdraiata a non
fare nulla, correre dietro a un lampo bianco e luminescente.
“Che
qui vicino ci sia la famosa
Kikyo? Sì, l’odore corrisponde a quello che mi ha
descritto Inuyasha. Odore di
terra tombale. Bella fidanzata si è andato a
scegliere!” Eppure lo capiva e
capiva anche lei, come forse capiva bene anche i sentimenti di Kagome.
Decise
di allontanarsi per
lasciare Inuyasha in ‘intimità’ con
Kikyo. Non le era mai piaciuto origliare i
discorsi altrui. Passarono molte ore e si fece sera, fu in quel momento
che
avvertì l’intenso odore di terra tombale.
«Quindi
sei tu la sacerdotessa
Kikyo?» chiese quando la figura della sacerdotessa le fu
visibile.
«E
tu chi saresti?» Giustamente
la non morta si sentiva minacciata.
«
Kuria. Colei che ha cresciuto
Inuyasha.»
«Allora
a quanto pare non sono la
prima donna al quale lui si sia avvicinato.»
«No,
ma sei la prima donna che ha
amato come donna. Un amore molto diverso da quello che aveva con me o
con
Izayoi. Tu non trovi?»
Perché
stesse instaurando un
discorso con quella persona non lo sapeva, solo che… solo
che le sembrava di
avere una grande quantità di sentimenti in comune.
Tristezza,
malinconia, amarezza,
rassegnazione e senso del dovere.
Kikyo
non le rispondeva, non che
a Kuria importasse poi molto della risposta, quindi si
incamminò e la superò.
Sarebbe
dovuta tornare al
villaggio dai suoi compagni, che sicuramente si stavano preoccupando,
ma non ne
aveva voglia. Ogni tanto la solitudine le faceva bene. Stare da sola
con i
propri pensieri per lei era bellissimo. Si arrampicò su un
ramo e lì rimase,
gambe a penzoloni, persa nelle proprie fantasie e pensieri.
«Ancora
non capisco perché
insisti tanto nel proteggere quell’inutile mezzo
demone.» La voce di Sesshomaru
la risvegliò dai suoi pensieri.
“Proprio
chi non avevo voglia di
incontrare doveva capitare sul mio cammino?” Era scocciata,
fece schioccare la
lingua contro il palato.
«Non
c’è che dire sei sempre il
solito – si voltò verso Sesshomaru –
antipatico e… – eccolo pronto a sfoderare
la frusta di luce – permaloso! Guarda
come te la prendi per così poco.» Lo stava
sbeffeggiando? Sì, assolutamente. Perché
non provava alcuna paura? Questo era uno degli enigmi che
più lo intrigavano di
lei.
«Stupida
donna, ciò che faccio
non ti riguarda. Non sei tenuta ad analizzare i miei
comportamenti!» Quella
demone trovava sempre il modo di salvarsi dalle sue grinfie e scappare.
«Avresti
ragione se sciogliessi
quello stupido matrimonio combinato, non ti darei più alcun
fastidio.» Kuria
incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente.
«È
una decisione presa da mio
padre e voglio rispettarne le volontà.»
“Una
scusa banale. Vuole solo
potermi esporre anche lui come un bel trofeo!”
Sesshomaru avvertì distintamente
l’emozioni irritate di Kuria.
«Rispettare
la volontà di tuo
padre? Da quando tu rispetti le volontà di Inu no Taisho?
Allora devi accettare
Tenseiga come eredità e smettere di bramare Tessaiga!
Dovresti accettare tuo
fratello come parente stretto!» La rabbia era come un
torrente in piena per
lei, la gestiva poco, perdendo il controllo e strillando, ma quando
Sesshomaru
diceva quelle stupidate perdeva sempre il senno. Si sporse
pericolosamente dal
ramo, la sua predica era talmente accorata se non fosse stata attenta
sarebbe
caduta di sotto.
«Smettila
di urlare. Sei
assordante!» replicò il principe dei demoni con un
tono leggermente irritato.
La vide darsi la spinta per scendere dal ramo e spalancare le ali solo
a metà
tragitto. Ora avanzava verso di lui senza alcun timore.
«Sei
vuoi vengo più vicino, cosi
ti faccio diventare del tutto sordo! Accidenti ha fatto più
che bene tuo padre
a lasciarti Tenseiga. Sei già forte e, forse, uno dei demoni
più puri che
esistano, ma che altro vuoi! Qualcosa te lo dovrai conquistare da solo
dico io!
Anche se lasci Tessaiga a Inuyasha non muori e poi so bene che sai
della parte
demoniaca di Inuyasha! »
Kuria
era esplosa e gli stava
dicendo tutto ciò che si teneva dentro da tempo. Insomma
possibile che fosse
tanto scemo e menefreghista?
Il
demone ascoltò in silenzio
quelle che lui considerava: ‘le pazzie della mia futura
sposa.’
«Non
provo sentimenti Kuria. Sono
da esseri umani e da demoni deboli.» Il suo modo di parlare
inflessibile, ma
ancora calmo, per quanto beffardo, mandò Kuria ancora di
più su di giri.
«Sì,
certo, come no! Secondo me
sei proprio tardo, non c’è che dire. »
Dovette massaggiarsi una tempia,
quell’uomo le faceva venire delle emicranie stupende.
«Vedi
di moderare i termini. Il
fatto che un giorno sarai mia moglie non ti salverà
sempre.»
«Ah
sì? Perché fino ad oggi mi
hai trattata con i guanti! – Un modo di dire che forse il suo
promesso non
comprendeva in modo completo. – Sai che ti dico? Vai al
diavolo Sesshomaru! Sono
stufa dei tuoi vaneggiamenti!»
«Vaneggiamenti?
– sfilò Tokijin –
Credo che tu abbia bisogno di una bella rinfrescata.»
Anche
Kuria estrasse Yoso dal
fodero. Era pronta ad affrontarlo, preferiva essere sconfitta che
arrendersi in
partenza!
Passarono
solo pochi secondi a
fissarsi, poi scattarono l’uno verso l’altro
incrociando le spade, nessuno dei
due stava tuttavia usando i poteri demoniaci della propria arma.
“È
migliorata, sento l’energia di
Yoso pulsare per essere usata. Mio padre le fece forgiare quella katana
per renderla
più forte. A me invece non ha mai lasciato
niente!” Provava un enorme rancore,
come aveva potuto suo padre dimenticarsi in quel modo del suo unico
figlio
legittimo?
“Quella
spada ha una forte aura
maligna, lo sento molto distintamente. Mi sembra di sentire quasi
l’aura di
So’unga, certo a livelli davvero minori eppure….
Ci ha visto giusto questo
dannato!” arricciò leggermente le labbra.
Kuria
stava cercando di disarmare
Sesshomaru, impresa epica, mentre lui tentava di colpire la futura
compagna,
anche se non in modo troppo grave. Infine entrambi sentirono lo stesso
odore avvicinarsi
a loro. Era la piccola Rin che, scapata alle cure del rospo, stava
correndo in loro
direzione, inseguita da un demone molto strano. Nello stesso momento
entrambi
si lanciarono contro il nuovo nemico. Kuria deviò la sua
direzione lasciando la
‘battaglia’ a Sesshomaru, mentre lei si
precipitò a prendere Rin in braccio e
portarla lontano dallo scontro.
«Signorina
Kuria! Sono felice di
rivedervi!» Il suo volto era radioso.
Del
potere demoniaco che aveva
nel suo corpo Kuria alla bambina era riuscita a trasmettere solo
l’immortalità
e non sapeva se sarebbe mai riuscita a farla diventare una donna
demone, non
era certa nemmeno di volerlo.
«Anche
io sono molto felice.
Scusami se ti ho lasciato da sola con quel rospo l’altra
volta, ma sai ho un
fratellino testa calda da controllare.» Sorrise di rimando
tenendola in braccio.
Le piacevano tanto i bambini, se la strinse contro e le
baciò istintivamente la
testa.
Si
erano spostate di qualche
metro, lontano dalla lotta e pochi secondi dopo furono raggiunti da
Sesshomaru,
che aveva abbattuto il demone. Lei non si era resa conto, ma
l’albino la stava
studiando il suo comportamento con Rin. Tutta quella dolcezza da dove
arrivava?
Sì, negli anni era capitato di trovarsi in attimi di tregua
dalle liti
frequenti e andare d’accordo, ma non gli era mai capitato di
poterla osservare
con dei cuccioli tra le braccia. Neanche pensava potesse possedere uno
spirito
materno tanto spiccato.
«Rin,
dov’è Jacken?» La sua faccia
restava imperscrutabile a entrambe.
“Certo
che la sa reggere bene la
sua maschera di ghiaccio, ma a me non mente la sua voce. Jacken
passerà un
brutto quarto d’ora.” pensò Kuria mentre
Rin dava una spiegazione
dell’accaduto.
«Volevo
raccogliere i fiori e
Jacken non voleva seguirmi, così mi sono allontanata e mi ha
trovato quel
demone. Quindi ho iniziato a correre istintivamente verso di
voi.»
Quell’ultima
frase lasciò Kuria
molto perplessa. Rin non avrebbe mai potuto vederli, erano nel folto
della
foresta!
«Non
capisco Rin come hai fatto a
trovare Sesshomaru?» anche il demone maggiore
sembrò molto interessato alla
risposta, eppure la bimba non riuscì a rispondere
perché un’altra voce si
sovrappose alla sua. Inuyasha, insieme al resto del gruppo, la stava
cercando e
l’aveva trovata.
«Tu
dannato Sesshomaru, stai
lontano da mia sorella!» la solita testa calda
pensò Kuria, non senza un
sospiro.
«Ah
sì, eh? E come pensi di fermarmi
Inuyasha?» Il tono sprezzante e divertito di Sesshomaru fece
digrignare i denti
al fratellastro e suscitò un’occhiata ammonitrice
da parte dell’interessata.
«Facendoti
saltare in aria. Vuoi
provare? » Al più giovane si dipinse il solito
ghigno sul volto che, tuttavia,
la povera Rin non comprese.
La
bambina iniziò a tirare il
kimono di Kuria in modo da richiamare la sua attenzione.
Perché se ne stava
ferma?
«Sesshomaru,
Inuyasha ora basta!
State terrorizzando la bambina!»
“Perché
tocca sempre a me
sgridarli? Sono due bambini!”
«Ma
sorellina io ora sono in
grado di proteggerti. Ora che ho Tessaiga lo posso fare a
pezzi!» replicò il
mezzo demone.
Ai
due demoni sembrò di vedere Inuyasha
bambino che batteva i piedi per terra continuando a esclamare:
«Posso
batterlo, uffa, non è
giusto! Sorellina posso batterlo!»
Kuria
scosse la testa leggermente
per scacciare quella strana visione.
«Non
farai proprio niente di
simile! – posò Rin a terra e gli si
avvicinò. - e poi se te ne fossi
dimenticato, dovrebbe essere il contrario. Io ti proteggo, non sei tu
proteggermi.»
Gli fece un occhiolino divertito.
«Ehi,
guarda che non ho più sette
anni! Inoltre quel bastardo – indicò suo fratello
– non ti lascia mai in pace!»
qualche secondo dopo a Inuyasha arrivò un forte pugno in
testa. Sesshomaru
sembrava molto irritabile sulla parola ‘bastardo’,
non sapeva dire se fosse
perché la parola in sé significava figlio
illegittimo o per il tentativo di
insultarlo.
«Ringrazia.
Oggi sono magnanimo
perché c’è Rin, ma la prossima volta
non la passi liscia!»
Intanto
la bambina in questione
era semi nascosta dietro a Sesshomaru e gli teneva con una manina un
pezzo del
kimono.
Il
resto del gruppo osservava la
scena con gli occhi sgranati. Non sapevano, forse, che quello era
l’incontro
più pacifico che avessero mai avuto in duecento anni.
«Oh,
ti ho trovato finalmente!» Da
un’altra parte del bosco comparve Hikari.
Ovviamente
nessuno dei presenti,
tranne Kuria, capiva chi fosse. Neanche Sesshomaru che, eppure,
l’aveva già
vista.
«Cos’è?
Oggi è stata indetta la
giornata della riunione di famiglia e nessuno me lo aveva
detto?» chiese
innervosita Kuria.
Ci mancava
solo Hikari a
completare l’opera. Quella giornata le sembrava
già abbastanza difficile!
Inoltre cosa ci faceva sua sorella lì?
|
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Capitolo 14 *** 'Riunione di famiglia' e il demone Genso ***
‘Riunione
di famiglia’ e il demone Gensō
Ovvero
quando la sfiga decide di accanirsi contro Kuria
«Oh
Kuria sei sempre molto
spiritosa a quanto vedo!» Hikari assottigliò di
poco gli occhi, come se stesse
ridendo.
«Certo
Hikari, in questo momento
poi il mio essere spiritosa potrebbe salire alle stelle dalla
‘felicità’.»
l’ultima parola fu detta con puro disprezzo.
«Oh
Kuria-»
«Devi
iniziare ogni discorso
dicendo ‘oh Kuria’? » la demone dai
capelli neri era davvero sotto pressione.
Si sentiva il centro di tre mondi diversi che cercavano di collidere.
Inuyasha
e il suo gruppo, Sesshomaru e Rin, ora anche sua sorella minore.
«Quanto sei
irascibile e brontolona, va bene! Ora fammi
parlare, non voglio perdere troppo tempo, siamo intesi? –
Kuria si impose
calma, sua sorella quando voleva era capace di farle saltare i nervi.
Ogni
frase era pronunciata con un tono disgustosamente falso e calmo,
innocente. – Nostro
padre Shihai vuole sapere, sue testuali parole, perché
ancora non si vede ombra
di matrimonio tra te e il principe Sesshomaru. Ti rimprovera ed esorta
a
eseguire gli ordini.» Hikari comunque voleva bene alla
sorella e, cosa non
trascurabile, non era stupida. Sapeva bene quali sarebbero state le
ripercussioni di tale informazione da lì a pochi secondi,
quindi si preparò e
tappò le orecchie.
“Tre, due, uno
e… ecco ha iniziato a sbraitare.”
«COME? COSA?
LUI… COSA? Come si permette quell’uomo, quel
demone, quell’essere meschino. Non l’ho neanche mai
visto, non si è neanche mai
degnato di conoscermi! Prima mi dà in sposa a qualcuno
così, perché non aveva
esattamente niente da fare, e ora pretende anche di sapere cosa faccio
e non
faccio?» Sesshomaru nel mentre aveva inarcato pericolosamente
un sopracciglio,
sentendosi additare come ‘qualcuno’.
«Ti prego sorella
cerca di limitare la tua rabbia, ci stai
spaccando i timpani!» Hikari ebbe paura che quella reazione
violenta potesse
degenerare sempre di più.
«Io non sono
arrabbiata!»
“Ma se ha
un’arteria grossa come una casa che le pulsa sulla
fronte!” pensarono tutti, meno Sesshomaru che ovviamente
trovava quello scoppio
esagerato.
«Ma sorellina hai
un’arte…» gli occhi furiosi di Kuria
fecero morire le parole in bocca a Inuyasha.
«Non mi hai lasciato
finire la frase, mio dolce fratellino,
io sono furiosa!» Esattamente ciò che si aspettava
Hikari e per quel motivo
sarebbe scappata molto volentieri.
«Come sempre
è colpa tua Sesshomaru!»
Il maggiore non
riuscì a replicare perché ci pensò
Kagome
con un: «A cuccia.» che lo spedì dritto,
dritto a fare la conoscenza di qualche
insetto.
«Quindi
quella fanciulla è vostra
sorella?» chiese Miroku, che aveva già gli occhi a
cuore.
«Eh
già, la nona figlia di mia
madre e la seconda di mio padre.» Tutti la guardarono come se
fosse matta,
anche Sesshomaru stentava a capire. Non si era mai interessato molto al
passato
e alla famiglia della sua futura compagna.
«Non
capisco sorellina ma tu non
avevi sette sorelle maggiori da parte di madre?» chiese
Inuyasha, che invece il
suo passato lo conosceva abbastanza bene.
Kuria
sospirò e, chiudendo gli
occhi per concentrarsi meglio, iniziò a raccontare della sua
vasta famiglia.
«Mia
madre è una potente demone e
nel suo primo ‘matrimonio’ partorì sette
figlie femmine, poi non so perché lei
e il suo compagno presero strade diverse. La lasciò libera
dagli impegni che
avevano contratto, e fu allora che mia madre si invaghì di
Shihai. Stettero del
tempo insieme, ma mia madre si rese conto che era un meschino e lo
lasciò
tornare in Giappone. Portava già in grembo me, Shihai non ne
sapeva niente.» Era
riuscita a parlare della sua nascita, da lì partiva la sua
natura duplice.
«
Anni dopo i nostri genitori si
rincontrarono e giacquero di nuovo insieme. Nostra madre è
una donna
imprevedibile, da quell’unione nacqui io, Hikari. A quel
punto, non potendo più
pretendere niente su Kuria, alla mia nascita, anche se ero una femmina,
nostro
padre – si poté sentire Kuria grugnire –
mi prese con sé, portandomi a vivere
con lui.»
Le
due ragazze si ero passate il
testimone nel raccontare la stessa storia, che però si
divideva in due.
La
vita di Kuria, che aveva
tratti fisici tipicamente giapponesi, e la vita di Hikari, che
possedeva al
contrario quelli occidentali. Certo quando assumevano una delle loro
due forme
demoniache complete cambiavano totalmente il loro aspetto, ma quello
quotidiano
era basato su tratti dominanti che sopravvivevano dalla fusione delle
loro due
forme.
«Accidenti
che tipo avido.»
sussurrò Shippo, spezzando il silenzio.
La
piccola Rin si era avvicinata
a Kuria abbracciandole le gambe. La sollevò subito tra le
proprie braccia per
darle sicurezza, non era mica fredda come Sesshomaru lei! I
comportamenti dei
bambini non le risultavano una novità, Inuyasha chiedeva a
sua volta molte
attenzioni da piccolo. Era abituata a cullare tra le braccia sia un
neonato,
sia un bimbo dell’età di Rin.
“Incredibile
lo sguardo Inuyasha
verso Rin. Sembra invidioso e malinconico allo stesso tempo. Forse per
lui non
sono così lontani i tempi in cui lo cullavo per farlo
addormentare meglio.”
Era
ormai notte fonda e la
piccola iniziava a sentire la stanchezza, piano, piano chiuse gli occhi
e si
addormentò, mentre gli adulti discutevano.
Nel
frattempo si era alzata
un’improvvisa nebbia molto fitta.
“Questa
è… nebbia demoniaca!”
pensò Sesshomaru guardandosi attorno e, prima di perderla,
attirò a se Kuria
con Rin in braccio.
Lo
stesso fecero Sango e
Miroku con Kirara,
Inuyasha, Kagome e
Shippo. Hikari si accorse in tempo della strana sostanza e spostando un
leggero
turbine di vento volò al di sopra della foresta. Doveva
cercare il demone che
l’aveva creata ed ucciderlo.
Intanto
la magia della nebbia
stava facendo provare ai tre gruppi divisi diverse illusioni.
“Questo
demone è conosciuto per
far provare alle sue vittime finte vite, mai vissute. Li fa diventare
dei
burattini, mi pare si chiami Genso.”
Kuria si svegliò nel fitto della foresta
e si guardò attorno spaesata.
In quella illusione non aveva armi con se, era vestita in modo molto
femminile
con un sacco da viaggio sulla schiena.
«Che cosa stavo facendo? - si chiese
guardandosi le mani – fino ad un
secondo fa ero sicura di stare sorreggendo qualcosa… eppure.
– scosse il capo –
devo aver sognato. Ora ricordo sono in viaggio perché i miei
genitori mi hanno
trovato marito!»
Al contrario di ciò che avrebbe fatto, e
aveva fatto la vera Kuria,
questa sorrideva tranquillamente scuotendo il capo dandosi della
sciocca.
Doveva rimettersi in marcia!
Si avventurò nella foresta ascoltando lo
scrosciare dell’acqua
zampillante e finalmente si trovò in riva a un fiume. Poteva
mangiare e
dissetarsi nello stesso tempo. Davvero un colpo di fortuna!
Sentì un odore improvviso di inu youkai,
ma non ci fece molto caso. Il
suo motto era “vivi e lascia vivere” se non
avessero avuto intenzioni cattive
neanche lei ne avrebbe avute.
«Ciao!» una bambina dai capelli
neri e una mezza luna sulla fronte le
si avvicinò. Il suo odore non era proprio quello di un
demone cane, ma Kuria
non ci fece molto caso.
«Ciao piccolina, come ti
chiami?» rispose guardandola con interesse,
non sapeva perché ma le stava davvero simpatica.
«Rin! Tu come ti chiami bella
signora?» le chiese interessatissima
fissando i suoi capelli color ebano e i suoi occhi color acqua.
«Il mio nome è Kuria. Una
contraddizione non trovi anche tu?» sorrise
cordiale.
«Kuria vuol dire chiara, vero?
Effettivamente sia i tuoi capelli che i
tuoi occhi rimandano più
all’oscurità.» rispose perplessa la
bambina fissandola
dritta nelle iridi blu celestine.
«Invece Rin vuol dire fosforo, un bel
nome davvero.»
«Non capisco perché i vostri
genitori vi hanno chiamata Kuria? Non potevano
chiamarvi Kurai o Yami.»
«Buio è Kurai e Yami vuol dire
oscurità avresti ragione, me lo chiesi
anche io, mia madre mi rispose che anche nel buio
c’è uno spiraglio di luce. Ha
riutilizzato la legge dello yin e dello yang. »
La piccola sembrava incantata dalla spiegazione.
«Il mio nome me l’ha dato il
mio nobilissimo padre. – indicò un demone
bianco e bellissimo – mia madre a quanto so non disse
niente.»
Il bel demone era accompagnato da
un’altra figura, bellissima anche
lei. Capelli lunghi raccolti in un’alta coda e bianchi,
vestita in modo molto
ricco.
“Come potrei mai competere? Ma cosa mi
viene in mente, perché dovrei
mai competere con quella demone? Ma come fa la bambina ad avere i
capelli neri
se i suoi genitori li hanno entrambi di un colore diverso?”
«Dimmi piccola Rin è lei tua
madre?»
«Hum no, mia madre è morta
poco dopo la mia nascita – ne parlava quasi
con il sorriso in volto, non doveva essere stato uno shock –
quella è solo la
sua nuova consorte. Personalmente non la sopporto, ma devo portare
pazienza per
non far sfigurare mio padre. »
Era la sua matrigna? Ah allora un po’ la
capiva, anche se da qualche
tempo anche suo padre aveva preso una seconda moglie, iniziando a
scartare la
prima.
«Ti comprendo sai? Solo che per me
è leggermente diverso.»
Restarono a parlare fino a pomeriggio inoltrato,
poi la coppia decise
che era ora di riprendersi la bambina e si avvicinarono a Kuria.
«Rin è ora di
andare.» disse freddo ed impassibile il demone bianco.
«Va bene, arrivo subito! Addio signorina
Kuria!»
«Mio signore Sesshomaru, guardate con chi
avete fatto stare vostra
figlia per tutto questo tempo! Adocchiate i suoi vestiti! Sono talmente
sporchi!» In verità erano macchiati di terra ed
erba in alcuni punti, ma solo
perché aveva voluto intraprendere il viaggio da sola.
«Non devi avvicinarti a gente di un rango
più basso del tuo Rin! – la
matrigna la strattonò per un braccio, il demone Genso, da
fuori, cercava di
irritare Kuria. – Non voglio più che ti
allontani.»
La vera Kuria, quella assopita
dall’illusione, ribollì di rabbia. Rin
era pur sempre la sua erede e, anche se la sua coscienza era assopita,
sentiva
se si trovava in pericolo.
Ancora non era riuscita a rendersi conto che si
trattava di
un’illusione, Sesshomaru invece sospettava qualcosa. Lui era
un demone potente
non sarebbe bastato far assopire un po’ la sua coscienza per
destabilizzarlo,
solo che non sapeva come uscire dalla trappola.
«Come osi? L’unico motivo per
cui viaggio cosi è perché non mi piace
dipendere da altra gente!» La giovane puntò i suoi
occhi blu contro quelli
dorati della donna, poi, come se fosse stata richiamata, li
puntò su
Sesshomaru.
Il suo cuore iniziò a battere in modo
molto veloce, portando un
afflusso di sangue alle guance davvero notevole. Cosa le prendeva?
Perché tanto
sconvolgimento nel fissare quelle iridi fredde? Erano talmente dorati e
ultraterreni! Un altro elemento che la bambina non possedeva.
Dal suo canto Sesshomaru sapeva di aver
già visto quegli occhi celesti.
Aveva già visto quel viso di porcellana e quella bocca,
aperta in una ‘o’ muta
di sorpresa. Improvvisamente per entrambi il mondo circostante
sparì. Kuria
stava arrossendo per lui?
Fuori
dalla nebbia Hikari
lanciava i suoi colpi di luce con i suoi tessen. In alcuni punti la
nebbia se
ne andava e, finalmente, la giovane ebbe modo di sentire
l’aura negativa del
nemico.
«Demone
Genso preparati a
morire!»
La
lotta fu breve, ma intensa.
Hikari però non era di certo una principiante e quando fu il
momento giusto lo
incenerì e con lui tutte le sue illusioni. La nebbia si
diradò e le sue vittime
furono libere.
Molto
semplicemente erano caduti
vittima di un sonno e con le loro menti vivevano un’esistenza
parallela.
Sesshomaru
era già da prima in
parte sveglio, Kuria lo seguì subito. Si vedeva che era
molto scossa.
Anche
Kagome, Inuyasha e gli
altri si svegliarono frastornati. Cosa era successo?
«Bene
vedo che era proprio come
pensavo. Abbattuto il demone Genso vi siete risvegliati, per
fortuna.»
Sesshomaru
se ne andò subito,
insieme alla piccola Rin. Sparirono silenziosamente.
«Hikari
credo proprio che tu
debba darci delle spiegazioni!» Tra le due sorelle si
scatenò un forte litigio!
Solo l’intercessione di Kagome riuscì a riportare
un minimo di calma.
Spiegata
la vicenda del demone
delle illusioni Hikari tentò di andarsene il più
lontano possibile, non sarebbe
di certo tornata dal padre ora che aveva la libertà!
«Aspettate
dolce signorina, voi
ci avete salvato quindi vi chiedo: vorreste fare un figlio con
me?» chiese il
monaco Miroku. A Sango stava per scoppiare una vena in fronte dalla
rabbia.
«Oh
monaco voi mi prendete in
giro! – rispose l’altra con fare civettuolo
– Così mi farete arrossire!»
ridacchiò
un po’ e poi si congedò.
«Hai
una sorella un po’ strana,
sorellina.»
«Ne
trovi uno in ogni famiglia
Inuyasha… nella tua potrebbe essere Sesshomaru.»
Se la risero anche loro, ora
che il soggetto era ben lontano dal poterli sgridare o peggio ancora.
«In
effetti non credo che mio
fratello abbia una grande intelligenza. Feh! Su forza sarà
ora di tornare al
villaggio per quell’
‘esorcismo’» Si rivolgeva soprattutto a
Miroku. Per il
resto, solo uno stupido si sarebbe fatto sfuggire una donna come Kuria.
“Se
lo sentisse Sesshomaru! Meno
male che se ne è andato! Però chissà
cosa mi è preso mentre ero intrappolata da
quella nebbia? Mah sarà stata colpa del demone Genso. Ne
sono sicura.” Scrollò
le spalle e seguì il gruppo.
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Capitolo 15 *** La squadra dei sette ***
La
squadra dei sette
Dopo
quell’inconveniente avvenuto
nella foresta contro il demone Genso il gruppo di Inuyasha si era
rimesso in
cammino.
Avevano
incontrato dei vecchietti
che parlavano di alcuni spiriti vendicatori, spiriti di mercenari
sanguinari e
indomiti. La squadra dei sette. Dopo aver ricevuto le dovute
spiegazioni ed
essersi rimessi in cammino, Kuria si chiuse in un silenzio quasi
ermetico,
sembrava che la sua testa stesse lavorando molto velocemente per
elaborare le
notizie ricevute.
Kirara
si comportava in modo
strano. Era scesa di fretta dalla spalla di Sango e si era trasformata.
La
sterminatrice le era montata sopra e pochi secondi dopo le due stavano
volando
alto nel cielo.
“Possibile
che qui nei dintorni
ci sia il fratello di Sango? Stando a ciò che mi hanno
raccontato ha un
frammento di sfera nel corpo con il quale Naraku lo controlla. Inoltre
questa
‘squadra dei sette’ non mi è nuova. Nel
periodo in cui Inuyasha è stato
sigillato sono rimasta a girare per l’intero
Giappone.”
Quando
la delusione nel vedere
Inuyasha sigillato l’aveva colpita Kuria non era riuscita a
tornare in patria,
anche perché era il primo posto dove Sesshomaru poteva
seguirla e braccarla. Al
tempo non sapeva usare benissimo Yoso, usava principalmente Caliburn,
la spada
del clan delle aquile. Ricordava di essersi scontrata contro dei tizi
strani,
possibile che fosse la famosa squadra dei sette?
Stava correndo da almeno due ore intere, la mano
stretta a una spalla
ferita che perdeva davvero molto sangue. Quel dannato Sesshomaru!
L’aveva
seguita? Figurarsi, si dovevano essere trovati per pura sfiga. Tentare
di
imporle il suo volere era cosa normale per lui. Kuria pensava fosse
ormai quasi
come un piccolo divertimento. Un pensiero che la faceva andare in
bestia!
Fatto stava che la demone non era riuscita a
contrattaccare i colpi
velenosi del suo promesso. Ora non solo era ferita, ma anche
avvelenata. Un
connubio fantastico! Il tutto era avvenuto talmente in fretta da non
lasciarle
neanche il tempo di guardarlo in viso, non fosse stato per il veleno
avrebbe
dubitato perfino che fosse Sesshomaru e non un altro demone cane.
Per fortuna aveva trovato un torrente
d’acqua cristallina, dove stava
lavando la ferita come meglio poteva, il veleno però
rimaneva. Era un veleno
potente, poteva destabilizzarla per qualche ora.
«Che cosa avete signorina?» le
chiese un uomo. Come al solito il suo
aspetto era stato confuso con uno umano.
Decise di stare al gioco, infondo non voleva di
certo far del male a un
indifeso!
«Sono stata avvelenata – fece
una smorfia di dolore – vi conviene
allontanarvi prima che il demone che mi ha colpito mi
raggiunga.»
«Non si preoccupi. Piuttosto prenda
queste erbe la cureranno. Siete una
samurai?» le chiese, sicuramente incuriosito dalle sue spade.
«Oh grazie. – mangiò
che gli aveva dato – qualcosa di molto simile sì,
perché?»
«Vedete il mio villaggio è
stato distrutto da dei terribili mercenari.
Si fanno chiamare ‘la squadra dei sette’ erano
stati ingaggiati dal signore di
un altro feudo contro il nostro. Vi volevo chiedere se mi potevate
accompagnare
fuori dalla foresta. Io non sono che un medico, non sono in grado di
difendermi.»
Un uomo che le chiedeva aiuto. Un uomo che sapeva
riconoscere le
proprie debolezze, doveva essere scioccato dalla carneficina avvenuta
nel suo
villaggio.
«Ti accompagnerò al primo
villaggio che troviamo sulla strada. Mi hai
salvato la vita – se voleva continuare a far finta di essere
una donna umana
doveva ammettere che quel veleno era letale, anche se era una
falsità. – Te lo
devo.»
Erano stati in tranquillità, Sesshomaru
non l’aveva seguita e riuscì a
riprendersi velocemente, ma proprio quando stavano per lasciare il
torrente la
voce di una ragazza risuonò.
«Oh, sei qui bel medico!»
Con sommo orrore l’uomo si nascose dietro
la figura di Kuria,
sussurrando un “aiuto” disperato. Con altrettanto
orrore la giovane Kuria si
rese conto che la voce apparteneva a un uomo e non una donna.
«Eh una donna? Levati di mezzo, non devi
interferire nell’incontro di
passione che avverrà tra me, il grande Jokostu, e il
medico!»
Kuria essendo originaria dell’Europa,
sapeva bene che esistevano alcune
persone che potevano invaghirsi o innamorarsi di persone con lo stesso
sesso,
non ci vedeva niente di male. Cresciuta a racconti greco romani, come
avrebbe
potuto? La disgustava il modo di comportarsi viscido.
“Comunque è solo un essere
umano, inoltre non ha mire verso di me. Sarà
più semplice batterlo. Userò Caliburn, non voglio
scatenare la forza demoniaca
di Yoso per un povero pazzo.” Non sapeva nulla sulla spada
del suo avversario.
« Mi dispiace per te, ma ho promesso a
quest’uomo di proteggerlo, mi ha
salvato la pelle. Vedi di andartene! » Provare a convincerlo
con calma forse
poteva servire. Non era da lei, solitamente Kuria attaccava, senza
disperdersi
in chiacchiere inutili, in maniera quasi brutale. Forse stava imparando
qualcosa da Sesshomaru, e stava mettendo a frutto le lezioni di Inu no
Taisho.
« Nobile signore fate attenzione, la sua
spada è una specie di
serpente. Non si riesce a prevederne i movimenti! » Kuria
annuì concentrata e
sfilò Caliburn dal suo pesante fodero. Per chiunque altro al
mondo quella spada
era impossibile da sollevare, tranne per lei, che era stata accettata
dall’arma
come padrona.
« Ho capito. Tu scappa e non ti
preoccupare per me, me la caverò! »
L’uomo
annuì e prese a correre verso nord.
« Donna ora affronterai la mia ira!
» strillò il suo avversario.
« NON FARMI RIDERE! »
Finalmente poteva mostrarsi per davvero, lanciarsi
verso Jackotsu in modo sprezzante e tenendo sollevata Caliburn per
sferrare il
colpo.
« Prendi questo stupida. »
Kuria fece in tempo a vedere un lampo di
luce sprigionarsi da quella spada, che come una folgore andava verso di
lei per
colpirla.
“Quel medico aveva detto che era come un
serpente. Questo vuol dire… sì,
sono più lame tenute assieme! L’odore è
inconfondibile! Caliburn è pesante, un
solo colpo piegherà quelle lame all’indietro
rispendendole al mio avversario!”
Aveva capito come evitare che la spada fosse
prevedibile, ora bisognava
mettere in pratica la sua idea. Non fu semplice, per niente! Quella
spada si
muoveva con solo gesto del polso del nemico. Infine però ci
riuscì, rimandò
indietro il colpo.
« Ehi tu che cosa sei? La tua spada
sembra essere molto pesante, lo
sento dai colpi e poi ti muovi a una velocità fuori dal
comune. Non sembri una
demone però! »
Kuria fece apparire le sue ali nere: «
Credo che tu debba rivedere le
tue convinzioni! »
Lo vide sgranare gli occhi, quella donna era forte
e per di più un demone.
Non valeva la pena continuare a combattere, si diede alla ritirata e
Kuria lo
lasciò fare. Stava meglio, ma il veleno di Sesshomaru le
dava ancora qualche
noia.
« che essere strano. La squadra dei sette
eh! Se sono tutti dei pazzi
come quello vuol dire che il mondo si sta riempiendo di matti!
– esclamò Kuria
rinfoderando la sua spada – eh spero solo che quel medico sia
riuscito ad
arrivare sano e salvo fuori dalla foresta. » decise che senza
farsi vedere
sarebbe andata a dare un’occhiata.
L’uomo arrivò protetto a un
villaggio e lì si fermò venendo accudito
dai paesani.
« che personaggi strani gli
umani… a parte Izayoi proprio non li
capisco – si grattò la nuca e poi fece spallucce
– sarà ora di rimettermi in
cammino se voglio continuare a depistare Sesshomaru. Eh già!
» sospirando, o
meglio sbuffando, Kuria riprese il suo percorso senza meta.
Una fuga senza sosta, nella speranza che un giorno
il demone si
stufasse di rincorrerla o che magicamente Inuyasha… tornasse
da lei.
Kuria
si riprese da vecchi pensieri
e ricordi quando sentì un forte odore di polvere da sparo.
«
Fucili? » si era chiesta Kagome
«
Hai ragione Kagome! questi sono
fucili! » Kuria aveva dato per scontato che li conoscesse
solo perché veniva
dal futuro. Kuria invece proveniva dall’Europa e
ciò le dava un vantaggio in
quanto ad armi da fuoco.
«
Fu- che cosa? Sorellina, Kagome
che state dicendo? »
«
Sono delle armi inventate dalle
parti delle mie terre… più o meno. In
realtà se non sbaglio la polvere da sparo
è cinese. In ogni caso per un essere umano sono davvero
pericolose! »
Poi
si aggiunse anche una grande
quantità di sangue:
«
Che si stia svolgendo una
battaglia in modo non equo? » si chiese Kuria decisero di
avviarsi per vedere
cos’era successo.
Quando
arrivarono alla fonte
dell’odore di sangue trovarono tutti gli uomini uccisi. Al
centro ce ne stava
uno solo e a Kuria sembrava terribilmente famigliare.
Quella
voce, quel modo di
comportarsi e quella spada, più il fatto che avesse un
frammento della sfera le
diedero la conferma.
Tra
tutte le cose che quel pazzo
stava dicendo l’aver puntato lo sguardo su Inuyasha e
pretendere di farlo suo
mandò Kuria si tutte le furie. Nessuno si poteva permettere
di toccare il suo
fratellino.
«
Sì, Inuyasha quello è uno dei
sette. Mi pare che il tuo nome sia Jokostu, no? » intervenne
Kuria fermando le
speculazioni mentali del monaco e del fratello.
«
Inuyasha è carino! Ma anche
questo monaco è davvero un tipo affascinante! »
disse calmo. Non rispondendo
alle loro domande.
“Lo
sapevo, è il pazzo viscido.” Perché
dovevano capitare tutti sul suo cammino quelli strani? Peccato che il
monaco
non potesse risucchiarlo nel suo vortice a causa del frammento della
sfera!
Senza
che avesse il tempo di
avvertire Inuyasha del pericolo il mezzo demone aveva sfoderato
Tessaiga e
Jakostu stava per usare la sua spada serpente.
«
Inuyasha attento! Non puoi
prevedere gli spostamenti di quella spada! » gli aveva
gridato, ma il giovane
non le aveva dato molta retta.
«
Non ti preoccupare sorellina! »
ma intanto stava venendo colpito ripetutamente, per fortuna le veste di
fuoco
lo proteggeva.
“Devo
intervenire, anche per me
quell’avversario non fu semplice!” Decise di
sfoderare Caliburn e nello stesso
momento giunse un inaspettato aiuto.
L’hirkostu di Sango aveva colpito la
spada serpente
facendola ripiegare su se stessa e deviando il colpo. Come la volta
precendente
si era ritrovata Kuria sotto l’ira del pazzo, ora era Sango,
che però venne
colpita. Mentre Jakostu sbraitava come un matto Inuyasha lo
colpì con un pugno
e Kuria, subito dietro di lui colpì la sua spada, spedendolo
lontano dal
gruppo.
Intanto
Kagome e Miroku erano
andati in soccorso di una scioccata Sango. Restavano Inuyasha e Kuria
stavano fronteggiare
il mercenario.
Non
ottennero nessuna
informazione e furono costretti anche a scappare per colpa di un veleno
potente.
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Capitolo 16 *** Il mago dei veleni ***
Il
mago dei veleni
Quel veleno era molto
potente,
Inuyasha standone a contatto con un piede si era bruciato, mentre
Kuria, che ne
era stata totalmente travolta, sentiva un dolore tremendo irradiarsi
dal centro
delle sue ali fino alle piume più esterne. Prese a tossire e
corse fuori dalla
nube oscura.
«
Accidenti! Questi non morti
sono dannatamente forti. Inuyasha la prossima volta vedi di stare
più attento
con quel Jakostu. L’ho incontrato anch’io e mi ha
messa in difficoltà. »
« Quel
tizio ti ha messo in
difficoltà? Non lo credo possibile! » Il mezzo
demone sgranò a più non posso
gli occhi dorati.
« Non fare
quella faccia da idiota.
Ti devo ricordare che sei stato inchiodato a un albero per cinquanta
anni
suonati? » ribatté l’altra scoccandogli
un’occhiataccia da ‘rapace arrabbiato’
come la definiva nella sua testa il ragazzo.
« Non
è il momento di litigare! »
intervenne Miroku
« il monaco
Miroku ha ragione –
intervenne Kagome che intanto medicava la ferita di Sango –
dobbiamo calmarci e
stare attenti. »
Si trovavano in un
luogo alle
pendici delle montagne, l’inizio della foresta.
« Jakostu
non dovrebbe essersi
allontanato molto. » pensò ad alta voce Inuyasha,
stava guardando verso il
folto della foresta, dove iniziavano gli alberi.
« Lo vuoi
inseguire? » Miroku
aveva una faccia molto seria, cosa rara e le braccia conserte al petto,
seduto
su una roccia, come Sango.
« Non
abbiamo altra scelta,
dobbiamo farci dire tutto quello che sa sull’ubicazione di
Naraku. » Inuyasha
chiudese le dita della mano in un
pugno.
“Che testa
dura! Proprio cocciuto
non c’è che dire. Se vuole scontrarsi con quel
tipo viscido non glielo impedirò
di certo, però resto preoccupata.” Sospirando
mentalmente Kuria tornò a
concentrarsi sulla conversazione tra il monaco e il mezzo demone.
Ci fu un attimo
di silenzio poi Miroku parlò di nuovo.
« Vero.
Cosa mi dici riguardo a
quel gas velenoso? »
« In che
senso? »
« Sembrava
che Jakostu ne sapesse
qualcosa, non credi? » Il monaco era dannatamente serio
quando si parlava di
Naraku. Molte volte Kuria si era ritrovata a pensare che sicuramente
fosse
molto in pensiero non solo per la sua salute, ma anche per le orribili
azioni
che compiva quel demone sanguinario.
« Potrebbe
essere un altro dei
sette. » Si capiva che Inuyasha fremeva dalla voglia di
ritrovare Naraku e
combattere.
In quel momento la
mente di Kuria
si distaccò da ciò che la circondava e
s’immerse in veloci pensieri. Sentì
Sango mormorare qualcosa, Inuyasha partire alla ricerca del tipo e
Miroku dare
una risposta affermativa, ma le scorreva tutto addosso. Buona parte
della sua
mente era occupata a ricordare dove quel medico era stato aiutato.
In quel momento le
sue
informazioni non superavano quelle dei compagni di viaggio. Non si era
più
imbattuta nella squadra dei sette, perché si era spostata
ancora più a nord est
e lì era rimasta. Isolata e sola, a parte per i suoi fidi
servi, che ora non
erano con lei, per molti anni.
“devo
ritrovare quell’uomo… però
- la fronte si corrucciò – se fosse già
morto? Sono passati molti anni da
allora, inoltre cose gli direi? Basta devo saperne di più!
Andrò a cercare quel
medico, infondo se restano qui gli altri non corrono
pericoli.”
« Sango,
Kagome, monaco Miroku –
mai dare troppa confidenza a un pervertito come il monaco –
vado alla ricerca
d’informazioni su gli altri sei membri di questa squadra. Mi
raccomando… state
attenti. »
« Va bene,
stai tranquilla Kuria.
» risposero.
La donna
voltò loro le spalle e
iniziò a correre. Non poteva arrivare volando, si sarebbero
accorti che era una
demone, meglio far finta di essere in fuga da qualcosa.
Cosi fece.
Inciampando anche per
finta qualche volta, in prossimità del villaggio. La sua
memoria non l’aveva
ingannata, si ferì apposta a un piede, pregando che la
ferita rimanesse
abbastanza da chiedere di un medico.
« Aiuto,
aiuto! » urlò uscendo
dalla boscaglia e, fingendo di avere il fiatone, si accasciò
di fronte a dei
contadini in modo teatrale
« Cosa vi
succede signorina? »
chiesero subito questi, erano bravi a preoccuparsi dei loro simili a
volte.
« dei
mercenari, ma no che dico
sembravano più dei mostri – si fermò a
riprendere fiato in modo affannato e si
portò una mano al cuore – erano tipi strani
– prese a farfugliare, come se
fosse stata in preda al terrore – non gli ho fatto nulla e
loro sembravano
volermi uccidere e... » di nuovo respirò
affannosamente, aggiungendo l’effetto
occhi lucidi
« Signorina
si calmi la prego. Oh
siete ferita! Venite, venite il nostro vecchio medico saprà
come curarla e
calmarla. »
“Nave
colpita, bene il mio piano
procede in modo molto spedito. Inoltre il kimono che mi ha regalato
Sesshomaru
sembra tornare utile. Non sarei mai potuta venire con solo
l’armatura e le
spade sono al sicuro sotto il vestito. Devo solo continuare a
fingere.”
Ogni tanto faceva una
faccia
addolorata per ‘la sua povera gamba’ tenendosi ben
aggrappata a quei signori.
Il più
anziano tra quei signori
andò a chiedere al medico se poteva visitare: «
quella poverina che doveva aver
incontrato gli spettri dei sette mercenari » come
l’aveva definita lui, Kuria
con il suo udito sopraffino sentiva tutto. Captò anche la
voce preoccupata e
agitata di quel signore che ordinava di farla entrare al più
presto. Fu aiutata
a salire i gradini che portavano all’abitazione, quella gente
era buona
dopotutto.
« Vi
ringrazio dal profondo del
cuore. » Kuria si inchinò rispettosamente prima di
entrare nella stanza del
medico, quegli le sorrisero imbarazzati e se ne andarono
silenziosamente.
Quando
varcò la soglia, trovò un
uomo ormai vecchio, ma che si reggeva dritto sulle proprie spalle,
anche se i
capelli erano ormai bianchi e sicuramente la sua vista iniziava a dare
problemi. Il posto era povero, c’era qualche tatami, gli
attrezzi per medicare
e un piccolo focolaio. La mancanza di oggetti era dispensata,
però dal colore
caldo e rassicurante delle pareti, inoltre il forte odore di legno
aggiungeva
un tocco di qualità.
« Salve!
» Un nuovo inchino di
rispetto.
« benvenuta
straniera, come ti
chiami? » le chiese il medico, la giovane preferì
dire un altro nome al posto
del proprio.
« il mio
nome è Kurai, signore. »
rispose alzando il volto e portandosi in posizione totalmente eretta.
L’uomo
ebbe un piccolo sussulto, subito represso.
« Bene
Kurai, vieni fammi vedere
quella gamba, la ferita non sembra molto seria. »
Trafficò con gli oggetti del
mestiere, le pulì la ferita e fasciò la gamba.
« Tenete
questo infuso di erbe,
mi sembrate piuttosto terrorizzata. – ci furono dei minuti di
silenzio in cui
Kuria si perse a guardare l’accogliente stanza –
sapete è buffo voi mi
ricordate tanto una donna che però – esitava
– credo sia morta. » gli occhi blu
di Kuria si posarono su quelli del dottore.
« Prego?
» chiese con voce
innocente
« Vedete
è molto probabile che
quei mercenari che avete visto siano dei ritornanti. Tu sei troppo
giovane per
ricordartelo, inoltre potresti non essere di qui, ma dieci anni fa
vennero
uccisi degli uomini che facevano i mercenari. – si mise a
raccontare di come
vivessero quegli scellerati e finalmente arrivò al punto che
stava aspettando
Kuria – vedete ero scappato, già scappato come un
vigliacco! Incontrai questa
donna, diceva di essere stata avvelenata e le porsi delle erbe. Sapevo
di
essere inseguito da uno di quei pazzi e, come un codardo, mi umiliai
chiedendo
l’aiuto di quella samurai. Alla fine quel pazzo, quel Jakostu
– rabbrividì
intensamente al ricordo il poveretto – ci trovò.
La samurai mi disse di fuggire
e che ci avrebbe pensato lei, feci come mi aveva detto. Scappai
nuovamente,
lasciandola da sola contro quella creatura sadica. Sapete me ne
vergogno tanto.
– sospirò – Tu… tu le
assomigli molto se devo essere sincero. »
Durante quel lungo
discorso gli
occhi di Kuria non avevano mai lasciato quelli del medico, proprio come
la
volta precedente l’aveva lasciato parlare rassicurandolo.
L’aveva ascoltato
senza fiatare, un silenzio comprensivo. Non provava pietà
per quell’uomo, ma
stima e comprensione assoluta.
« Avete
agito come ogni essere
umano avrebbe fatto. Non c’è niente di cui
vergognarsi nella paura, essa ci
mette in salvo dai pericoli e restando in quel luogo magari lo scontro
per
quella donna sarebbe stato più complicato del previsto.
Comunque credo di
potervi rasserenare. – sorrise impercettibilmente –
perché quella donna è viva.
Vecchia ovviamente, ma viva e vegeta »
« come fate
a dirlo? » chiese
sconvolto il medico
« molto
semplice: io sono sua
nipote signore. Posso dirvelo con certezza perché mia nonna
mi ha raccontato
molte volte questa strana storia. »
L’uomo
sembrò entusiasta, la
incitò a raccontargli altro e Kuria si mise di buon impegno
per inventare
qualcosa.
« Mi ha
detto che era stata la
grazia dei Kami a farla uscire illesa da quel combattimento, inoltre
era
contenta che quell’uomo si fosse messo al riparo, o cosi
sperava. Comunque mai
mi sarei aspettata di incontrare quegli spettri, né di
conoscervi. » Sorrise
sinceramente, infondo aveva solo detto ciò che pensava.
«
Comprendo. Su ora bevi il tè o
si raffredderà. » l’uomo le
apparì molto contento e più rilassato.
Dopo aver bevuto
qualche sorso di
tè, si decise a porgere la richiesta più
importante:
« Chiedo
scusa ma… – finse di
essere esitante – potreste parlarmi nel dettaglio di questi
esseri? Io sono
fuggita dall’orrore subito, ma se li dovessi rincontrare
vorrei sapere cosa
fare e soprattutto riconoscerli. »
« Oh certo,
ma potreste rimanere
al villaggio da noi, sareste al sicuro. » Rispose il medico,
si poteva mandare
un messaggero per riportarla a casa.
« Perdonate
ma tra poco, appena
mi sarà concesso dalle mie gambe, mi rimetterò in
viaggio. Devo arrivare in un
posto preciso e, sfortunatamente, è un percorso che devo
fare da sola. » chinò
il capo. Era diventata brava a furia di raccontare bugie a sua madre e
a quella
di Sesshomaru.
« dite sul
serio? Hum, in questo
caso capisco, va bene vi racconterò tutto ciò che
so giovane Kurai»
« Vi
ringrazio infinitamente,
siete una brava persona. » rispose Kuria inchinandosi con
rispetto.
« Ah, di
niente. Lo trovo un modo
per sdebitarmi verso quella buona donna che mi salvò.
»
Non sapeva che in
realtà si stava
riferendo proprio a quella donna che l’aveva strappato alle
grinfie della morte
più di dieci anni fa.
Raccolte le
informazioni, e
quindi raggiunto il suo scopo, Kuria salutò e
ringraziò di cuore, come avrebbe
fatto davvero una donna umana. Si lasciò il villaggio alle
spalle e appena fu
sicura di non essere vista spiccò il volo. Qualcosa non
andava se lo sentiva
dentro!
Poco dopo, infatti,
scorse le
figure di Sango e Miroku in groppa a Kirara. Dov’era Kagome?
Era troppo lontana
per gridare loro di fermarsi, quindi decise che li avrebbe raggiunti.
Infine
avvertì un’impercettibile traccia, nascosta
dall’odore schifoso di veleno, del
profumo di Kagome.
“Come
immaginavo quel tipo che ci
ha lanciato contro il veleno l’altra volta era uno dei sette.
Questo vuol dire
che ha… rapito Kagome?” spalancò gli
occhi preoccupata, mentre sbatteva le ali
nere freneticamente, affannandosi a cercare anche l’odore di
Inuyasha. Non lo
trovò ciò confermava la sua ipotesi.
Kagome era stata
rapita!
Immerso nella natura,
tra gli
alberi dalle chiome verdi, c’era Sesshomaru. Voleva parlare
con il fratello.
Aveva trovato quel ragazzino che tanto si affannava a cercare. E
proprio così
aveva scorto Kuria che volare agitata nel cielo come poche volte nella
sua
vita.
“Sarà
meglio andare a controllare
che non faccia qualche sciocchezza. Inoltre se seguo lei
troverò anche quel
fetente mezzo demone di Inuyasha.”
Una vocina dentro di
se gli
chiese perché stesse facendo quell’azione di
carità, la zittì subito.
Vedendo del veleno
uscire da
quella casa infernale e i suoi compagni di viaggio spaccare il tetto,
Kuria fu
sicura che il maledetto Mukostu fosse lì. Si
lanciò dentro la casa, mossa
azzardata e sbagliata!
Prima di lei erano
caduti Sango,
Miroku e anche Kirara, si parò di fronte ai suoi amici.
Essendo comunque una
demone di tipo maggiore su di lei il veleno ci metteva più
tempo per fare
effetto.
« Vattene
se vuoi salva la tua
seconda esistenza! » gli gridò
« Belle
ali! » commentò
quell’essere basso e grasso. Aprì un altro dei
suoi barattoli, Kuria sentì
fitte dalla punta più esterna delle sue ali fino alla parte
più interna, per
entrare ancora più in profondità nella schiena.
Cercò di
non cedere ma, piano,
piano, crollò a terra in preda a un tremendo dolore. Era
come se qualcuno le
stesse spezzando le ossa una dopo l’altra, lentamente.
“Maledizione
non immaginavo fosse
cosi bravo questo tizio. Fa male, maledettamente male.”
cercò di alzarsi, ma
ogni gesto era vano. Cadeva a terra stremata e le toccava assistere a
quella scena
cruenta dove uno dei sette tentava di sposare Kagome.
“Kagome
tieni duro, a costo di
morire dal dolore lo ammazzo.” Kuria si trascinava e
strisciava per terra
cercando di muoversi.
Inaspettatamente
qualcosa fermò
Mukostu facendolo cadere a terra.
Un raggio verde fu
l’unica cosa
che all’inizio Kuria e gli altri riuscirono a vedere poi, tra
i fumi del veleno
che appestavano l’aria, si scorse una figura bianca. Tutto
lì era tendente al
nero, perché fatto con il legno e annerito dai fumi, quindi
la figura di
Sesshomaru, candida, spiccò in quel luogo come quella di un
salvatore divino.
Un vero paradosso!
“Sesshomaru
non avrei mai pensato
di essere cosi felice nel vederti!” Si sentiva come se una
montagna le fosse
caduta addosso.
Ovviamente a
Sesshomaru importava
poco dei compagni di squadra di Inuyasha, ma lo voleva trovare al
più presto.
Quindi non si perse in tante cerimonie, come era solito fare, e
andò dritto al
punto.
«
Dov’è Inuyasha, non è qui? »
aveva chiesto, il suo sguardo puntato verso la parate davanti a lui.
“Scemo, ma
non sentivi dall’odore
che non c’era? Inoltre non lo vedi! Aspetta non è
lui quello che ha i sensi
ultra mega super sviluppati? Mister ehi sono il più grande e
puro demone del
mondo! – un’idea le passò per la testa
– questo potrebbe voler dire che… che ha
deciso di salvarci?” era scioccata, se avesse potuto avrebbe
scosso
violentemente la testa.
« Tu chi
diavolo sei? » chiese
Mukostu sorpreso dall’intervento del demone albino.
« Chi sei
tu, piuttosto. »
rispose Sesshomaru degnandolo di un’occhiata in tralice,
molto disgustata. I
suoi occhi dorati sembravano brillare.
« Cosa? mi
hai colpito senza
sapere chi fossi? » Chiese stupito l’essere,
perché chiamarlo uomo era un
insulto agli esseri umani.
Quello prese le sue
robe e corse
fuori dalla capanna. A quel punto Kuria si aspettava che, approfittando
del
momento, Sesshomaru l’avrebbe presa di peso e portata via.
Le sue previsioni
erano
totalmente sbagliate, almeno per il momento, il demone maggiore
uscì dalla
capanna inseguendo con molta eleganza e calma la sua preda.
Chiedendogli perché
si muoveva ancora.
“Ah ecco
vedi che c’era il
trucco! Mi sembrava troppo strano che fosse interessato a far fuori
quel
Mukostu solo perché ci ha avvelenati tutti, vuole sapere
perché è ancora in
grado di muoversi tranquillamente! Che diamine potrebbe pensare anche
un po’ ad
aiutarci eh! Oh ma che sto pensando sono matta? Sesshomaru che aiuta?
Ah, ah,
ah bella barzelletta! Il veleno deve essermi entrato nel
cervello!” Deriderise
se stessa.
Intanto Sesshomaru
pensava a
quanto quel tipo basso e tarchiato fosse scemo. Aveva davanti un demone
come
lui e lo affrontava? Con dei miseri veleni umani. Povero stolto. I modi
di fare
così senza senso di quell’essere non morto erano
davvero comici e, negli occhi
di Sesshomaru, brillava una piccola scintilla di derisione. Se non
fosse stato
perché lui era il grande e potente Sesshomaru, si sarebbe
messo a ghignare.
Lo fece fuori con un
solo colpo
di Tokijin. Ovviamente non si affannò nel prendere il
frammento della sfera che
c’era nel corpo di quell’essere abominevole e
stupido. Lui non era interessato
a quella schifezza immonda.
« Credevi
davvero che un veleno
umano potesse avere effetto su un essere come me? » chiese al
cadavere,
rimettendo al suo posto la spada.
Appena il demone
bianco finì di
parlare si sentì Inuyasha arrivare di corsa urlando il nome
della giovane
sacerdotessa.
“Bel
tempismo fratellino.
Totalmente fuori tempo!” Pensò un po’
acidamente Kuria mentre ancora tentava di
sollevarsi da terra.
«
Sesshomaru? – entrò di corsa
nella catapecchia – Kagome! » Urlò
Inuyasha preoccupato.
Shippo
costatò che erano stati
tutti battuti e Inuyasha si mise a strillare, ovviamente, contro suo
fratello.
« Ti sbagli
Sesshomaru ci ha
salvato. Ha ucciso uno dei sette. » Dalla voce di Kagome si
poteva intuire la
sua grande stanchezza. Chissà cosa doveva averle fatto
quell’essere spregevole
prima che arrivassero loro.
« Non
l’ho fatto intenzionalmente.
– A Kuria parve quasi tentasse di scusarsi. Aveva compiuto un
atto nobile e si scusava…
o meglio si giustificava. Quel demone era matto! – Volevo
solo parlarti, ma
quel nanetto m’infastidiva cosi l’ho sistemato.
Niente più di questo. » Terminò
Sesshomaru guardando da tutt’altra parte.
Per poco quelle
parole non
causarono un infarto a Kuria.
“Il mondo
ha preso a girare al
contrario! Oh Kami sama prima di tutto Sesshy mangia gessi che si
giustifica,
non si è mai visto ne in cielo ne in terra. Secondo lui che
ammette di voler
parlare con Inuyasha! Deve essere uno scherzo!” erano gli
unici pensieri più o
meno coerenti che riuscisse a formulare, nel delirio che le stava dando
il
dolore lancinante alle ossa.
« Cosa
dovevi dirmi? » chiese
sulle spine Inuyasha
« Nei
dintorni si sente l’odore
di quel ragazzino di nome Kohaku. Per caso anche Naraku è
qui? » chiese
circospetto Sesshomaru, fissando il fratello con la coda
dell’occhio dorato.
“Anche qui
mi sembrava fosse
troppo strano che non ci fosse un secondo fine. Ah, bene il mondo non
gira al
contrario a quanto pare – la sua mente si fermò
per qualche secondo a ragionare
– Fermi tutti perché all’improvviso
anche lui cerca quel demente pazzo
scatenato di nome Naraku?” tese le orecchie per ascoltare la
risposta del suo
fratellino
Visto
l’eloquente silenzio
prolungato del fratello minore Sesshomaru, disse: « Rispondi
Inuyasha sai dov’è
Naraku? » la sua voce era calma e priva del solito scherno o
presunzione.
« No.
Purtroppo neanche noi
l’abbiamo ancora trovato. Comunque i non morti che ci stanno
attaccando sono
stati rianimati da alcuni frammenti della sfera. Senza dubbio Naraku
è qui
vicino.» Affermò Inuyasha stringendo i pugni e
trattenendo la rabbia.
Sesshomaru
restò in silenzio,
come se stesse pensando, poi si mosse verso l’interno della
capanna. Inuyasha
lo guardava in attesa di qualcosa. Infatti, il demone prese in braccio
una
pallida e sfinita Kuria, che però era ancora totalmente e
mentalmente attiva.
Dentro di
sé, la sua testa, stava
dando i numeri. Sesshomaru l’aveva presa in braccio, senza
caricarsela addosso
come si fa con i sacchi di patate, Sesshomaru non aveva fatto a fette
Inuyasha,
Sesshomaru non era derisorio, Sesshomaru chiedeva informazioni a suo
fratello,
Inuyasha non muoveva un muscolo e non si lamentava del fatto che il
fratello
maggiore la stesse rapendo. Dopo un veloce vaglio di tutta quella
situazione il
suo cervello decise di chiudere bottega e andare finalmente in vacanza.
O per
meglio dire svenne tra le braccia dell’amato e odiato
Sesshomaru.
« Per ora
mi è sufficiente sapere
questo. Lei viene con me, sarebbe un peso per te. »
“Inoltre
non voglio che le capiti
niente.” Rigettò subito quel pensiero nel fondo
della sua coscienza
seppellendolo.
angolo
autrice (originale):
ok
allora cercherò di trovare un po' di allegria... *oooommmm,
ooooommm* ehm ehm
lungo
come capitolo no? ;) sono sette pagine di word. Quando le ho contate mi
sono bloccata XD e ho detto... COSA?!? non pensavo di aver scritto cosi
tanto (ho cercato di trovare e correggere gli errori anche aiutandomi
con il correttore di word). Ho aggiunto alcune parole o piccole frasi
in giapponese (alcune prese dal mio libro di Giapponese).
Bene
vi è piaciuta questa invenzione di Kuria? è brava
a fingere. Molto scaltra oserei dire (soprattutto se le battute erano
premeditate XD)
^^
bene Sesshomaru si è portato via Kuria, anche
perché trovo improbabile che sarebbero riusciti a
trasportare Kuria in giro, avrei dovuto farla rimanere ferma nel
prossimo capitolo, magari a sognare... ma sarebbe venuto qualcosa di
corto. Quindi preferisco farla scontrare/litigare con Sesshomaru XD :)
so
che non racconto molto di Inuyasha e co, ma principalmente la storia
è basata su Kuria. Se mi mettessi a descrivere per filo e
per segno gli ep sarebbe noioso e ripetivo non solo per me, ma anche
per voi no?
Come
avrete notato non copio i pensieri degli altri personaggi, ma solo i
discorsi. Il motivo è sempre lo stesso.
Allora nell'ultima
parte del capitolo Kuria ha fatto un po' la baka sclerando
mentalmente... insomma vorrei vedere voi al suo posto XD io avrei dato
di matto. Inoltre non si poteva muovere! XD
beneeeee ora io scappo
sperando che vi sia piaciuto come capitolo ^^
martyvax ^^
Angolo
autrice revisione 2023:
Non ho
modificato molto, solo tolto le frasi in giapponese che rileggendole
dopo anni ammetto un pochino stonavano. All'epoca non ci pensavo, ero
piccola e stavo anche tentando di imparare qualche parola. Ho mantenuto
invariate alcune battutine di Kuria verso Sesshomaru, altrimenti il
personaggio perderebbe tutto il suo lato comico.
Sesshomaru
è... un personaggio complicato. Freddo, ma passionale. Molto
arrabbiato perché si sente scartato dal padre e questo lo
porta a soffocare qualsiasi buon sentimento, anche quando agisce per il
bene altrui vuole far presente che 'è stato un caso'. In
parte lo capisco e forse anche per questo mi piace così
tanto.
|
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Capitolo 17 *** Come ti è saltata in mente una cosa simile?!? ***
Come ti è saltata in mente una cosa simile?
Quando
Kuria si fu svegliata,
sentì un gran mal di testa e gli uccellini che cantavano
sereni.
“che
diamine?” si chiese
portandosi una mano alla fronte. Dove si trovava? E chi
l’aveva portata lì? Quella
domanda la porto a chiedersi: che cavolo era successo?
«
ben svegliata signorina Kuria »
il visetto dolce e allegro di Rin spuntò improvvisamente
davanti alla demone
confusa.
«
eh? » fu la grande risposta
insensata
«
state ancora molto male? Quel
veleno era cosi forte? » domandò Rin presa quasi
dal panico
«
veleno? – Kuria si ritrovò a
fare quattro veloci conti e ricordò tutto – oh
kami sama! Rin sto bene. Dimmi
dov’è Sesshomaru? »
“gli
stacco la testa a quel
salame deficiente! Portarmi via proprio quando Inuyasha e gli altri
avrebbero
avuto bisogno di me! Quel farabutto, quel, quel…
quell’infingardo.” dentro la
sua testa stava dando a Sesshomaru un miliardo di epiteti poco carini.
«
il signor Sesshomaru è andato
via. Siamo qui con Jaken! » esclamò la bambina
sorridendo
«
la cosa ti emoziona cosi tanto?
» chiese perplessa Kuria
«
ehm no in realtà mi manca il
signor Sesshomaru, anche a voi manca? » chiese Rin sedendosi
di fianco alla
donna
«
ehm – stava per rispondere:
assolutamente NO – ogni tanto dipende dai momenti. Io sono
molto più grande di
te e a volte avere Sesshomaru vicino mi infastidisce »
«
perché? » chiese Rin
spalancando gli occhi
«
perché non riesce mai a farsi
gli affari suoi, perché pretende di sapere sempre tutto lui,
perché lui è sopra
di tutti, perché è egocentrico, perché
è un maschilista della peggior specie,
perché… »
«
che persona priva di tatto! »
esclamò sarcastica una voce. Proprio quella contro cui Kuria
stava lanciando
accuse di tutti i tipi. Kuria per poco non era saltata in aria dallo
spavento.
Si era contenuta e aveva voltato leggermente il capo.
«
Sesshomaru! Sì, certo, tu non
sei un demone molto gentile lo ammetterai. »
replicò la donna incrociando le
braccia sul seno.
«
Che cosa dite signorina Kuria,
il signor Sesshomaru è un demone molto gentile! »
per poco Kuria non aveva gli
occhi a palla. Certo c’era da ricordarsi che Rin era stata
salvata in più di un
occasione dal suddetto demone, che ora, per la precisione, faceva un
piccolissimo ghigno di vittoria nei confronti della sua promessa.
Era
come avere l’ultima parola in
quell’assurdo discorso. Lui non era cattivo, eliminava solo
chi gli dava delle
noie. Lo avvertiva anche prima! Certo odiava a morte Inuyasha e un
giorno lo
avrebbe ucciso, tessaiga o no.
«
Rin – la richiamò Sesshomaru
con quella sua voce gelida e indifferente – tieni porta
questa a Jaken. È
l’erba medicinale. »
“Fermi
tutti! Sesshomaru è andato
a cercare erbe per disintossicarmi? Non è
possibile!”
«
Jaken è avvelenato? » chiese
perplessa. Rin si mise a ridere socchiudendo gli occhi.
«
signorina Kuria siete voi a
essere intossicata da qualche veleno, il signor Sesshomaru è
andato a cercarvi
la medicina. » detto ciò Rin sparì
correndo via
«
che cosa? – rimase qualche
secondo in piena catalessi – Sesshomaru! – aveva
urlato, cosa che non piaceva
al demone – tu avresti preso delle erbe mediche per curare
me? » era
assolutamente incredula
«
me l’ha chiesto Rin. Mi ha
pregato di aiutarti » rispose con indifferenza il demone, che
si era seduto di
fianco a lei
«
ah vedi che c’era il trucco. Mi
sembrava troppo strano che tu tenessi alla mia vita » disse
sarcastica
«
oh ma io non ti lascerei mai morire
in quel modo » rispose il demone con tono un po’
freddo e ironico
«
eh certo dimenticavo: prima
devo portarti un minimo di rispetto, poi quando mi avrai domata,
potrò anche
morire sotto i tuoi occhi. – ringhiò quasi furiosa
– tanto a te non importa niente
di nessuno! » si stava alterando e anche molto. Quelle parole
dentro Sesshomaru
provocarono qualcosa. Era la solita stretta allo stomaco, la stessa che
avvertiva quando lo appellava con epiteti volgari.
Le
si avventò contro ringhiando
ferocemente. Le strisce ai lati della faccia arrossate e gli occhi
pure, anche
i canini sembravano più affilati.
«
non sfidare la mia pazienza
donna » ringhiò cupo
«
che c’è pensi di farmi paura?
Te lo scordi! Non sono di certo un’ipocrita. Ho tutta
l’intenzione di dirti come
penso che stiano le cose! » strillò di risposta
Kuria, mentre si divincolava
furiosamente.
Le
prese i polsi e li bloccò
sopra la testa di Kuria. Odiava quel modo di fare cosi irritante, ma
seducente,
della sua promessa. Non poterla avere in nessun modo lo mandava in
bestia.
Inoltre le sue parole lo colpivano sempre, che fossero volontarie o no,
in un
punto della sua anima sensibile. Sapeva che non si trattava
dell’orgoglio, ma
di altro.
«
mi stai sfidando? – la voce era
cavernosa e letale – vuoi che ti ricordi di cosa sono capace?
» eppure Kuria
sembrava non avesse la minima paura. Neanche un brivido gelido le era
passato
per il corpo. I suoi occhi color acqua lo fissavano con indignazione e
furore.
«
mi chiedo come faccia Rin a
dire che sei una persona buona. – assottigliò gli
occhi – ho paura che tu la
stia usando per qualche tuo remoto scopo »
Quell’accusa
improvvisa nella
quale Kuria non stava pensando a se stessa, neanche mentre il corpo di
Sesshomaru la sovrastava in tutti i sensi, fece perdere
l’ultimo briciolo di
lucidità al demone.
Con
un ringhio furioso si avventò
sulle labbra rosse e morbide della yasha. La costrinse a un bacio
forzato,
privo di passione e amore. Un bacio più che possessivo,
quasi animalesco. Con
uno smacco si staccò da quella labbra scendendo sul collo,
mordendolo e
leccandolo. Più che passione nel possederla, sembrava che
entrambi stessero
ingaggiando una lotta all’ultimo sangue.
Infatti
anche la yuki di Kuria
era aumentata e appena Sesshomaru si fu staccato dal suo collo
quest’ultima con
uno scatto veloce, nonché totalmente imprevisto dal demone
bianco, riuscì a
mordergli una spalla. Facendogli pure uscire un po’ di
sangue.
Improvvisamente
Sesshomaru si
sollevò dal corpo di Kuria, di certo non per quella piccola
ferita, e lei fece
lo stesso, anche se con un po’ di difficoltà
dovute al veleno. Provavano
entrambi una sorta di imbarazzo per ciò che era successo,
per la perdita più
totale di controllo.
«
Resta sdraiata. Non ho voglia
di raccoglierti di nuovo se svieni. Sta qua e aspetta Rin. »
Così Sesshomaru le
voltò le spalle andandosene.
«
Cosa? Come ti permetti? Prima…
ah ora non sono più buona neanche per un combattimento!
» infondo era sempre
una testa calda, sventolava un braccio per aria con modi indignati.
«
Se proprio ci tieni a venire
sconfitta e a far vedere a Rin il nostro odio. » disse
Sesshomaru freddo
«
Rin? » si voltò appena in tempo
per scorgere la figura della bambina tutta sorridente che correva nella
loro
direzione.
Quando
fu giunta a destinazione
smise di sorridere e guardò i due demoni perplessa:
« qualcosa non va? »
“perspicace
la bambina” pensò
Kuria
«
no stai tranquilla io e
Sesshomaru abbiamo avuto un piccolo disguido. Ora però
è tutto a posto… abbiamo
stabilito una tregua » di certo non poteva dirle che avevano
fatto pace.
Se
solo Sesshomaru avesse provato
un briciolo d’amore nei suoi confronti, allora sarebbe stato
tutto diverso.
Piano, piano lei avrebbe ceduto. Eppure non si poteva chiedere al Sole
di non
sorgere a est ogni mattina e tramontare a ovest. Cosi non si poteva
chiedere a
Sesshomaru di non di essere quel demone freddo e calcolatore che faceva
innamorare tutte a palazzo.
Sesshomaru
se ne andò senza dire
nulla a nessuno. Lasciando da sole le due ragazze. Due femmine che non
voleva
ammettere essere fondamentali nella sua vita.
Rin
bambina umana. Con
l’innocenza che potrebbe avere solo un fiore, non portava
nessun rancore ed era
sempre pronta ad aiutare il prossimo senza riserve. Era colei che gli
regalava
sempre un sorriso puro o qualche cosa raccolto da terra. Era colei che
aveva
riempito il silenzio dei suoi viaggi. Rin si fidava totalmente e
assolutamente
di Sesshomaru.
Kuria
invece era un argomento più
ispido e irto. Era cosi difficile comprendere cosa si aggirava nella
testa di
quella donna demone. Sesshomaru non riusciva a capire perché
tanto attaccamento
verso Inuyasha e neanche perché continuasse ad andare contro
il matrimonio che
Inu no Taisho aveva istituito anni a dietro. Sapeva solo che vederla a
volte
gli costava una stretta allo stomaco, spesso attribuita alla rabbia.
Vederla
viva dopo un combattimento era sempre stato rassicurante, anche se non
l’avrebbe mai ammesso. Poi in parte gli piaceva quel modo di
fare poco
civettuolo, quel mettersi sempre in gioco senza riserve. Sapeva che
Kuria
sarebbe sempre stata sincera con lui, non si comportava come
un’ipocrita e non
puntava a sposarlo solo per essere regina. C’era anche stato
un tempo che erano
andati persino d’accordo.
Kuria
era rimasta sola con la
piccola Rin che subito si era messa a raccogliere fiori.
«
signorina Kuria è vero che un
giorno lei sposerà il signor Sesshomaru? »
«
eh come cosa? Chi ti ha detto
una roba simile? » chiese Kuria allarmata
«
ah me l’ha detto Jaken –
rispose sorridendo contenta la piccola Rin – ma non mi avete
ancora risposto »
piagnucolò un po’
«
Rin la situazione è più
difficile e complicata di quanto tu possa pensare »
«
oh lei dice? »
Una
terza voce le interruppe di
colpo.
«
ah, ah, ah sfortunatamente la
mia sorellina ha ragione! Ehi ci rincontriamo eh! » da sopra
un albero era
spuntata proprio Hikari. I suoi lunghi capelli quasi banchi
risplendevano con
gli ultimi riflessi del sole calante, la sua voce era uno scampanellio
piuttosto irritante.
«
Hikari pensavo fossi tornata a
casa! » rispose Kuria fissandola male
«
Oh perché mai dovrei. Proprio
quando mi si presenta l’occasione di essere libera non me la
faccio scappare.
Lo sai io non faccio lo stesso errore due volte. » La giovane
saltò giù
dall’albero.
«
Buonasera anche a te piccola
erede » disse Hikari verso Rin e, parandosi il viso con il
tessen, ridacchiò un
po’.
«
buonasera » rispose stranita la
bambina.
Non
si incontrava tutti i giorni
una donna demone schietta e strana come Hikari, la sua visione lasciava
sempre
la gente un po’ tramortita.
«
Allora sorellona sei in una
marea di guai vero? – chiese amicando la sorella minore
– devi aver preso
qualcosa di davvero destabilizzante se sei ancora qui. » la
fissò da vicino
«
A te che importa Hikari? Si può
sapere che vuoi? »
«
Oh siamo permalose eh? Be prima
erano informazioni da parte di papà ora sono da parte di
mamma, contenta? »
aveva anche la gran faccia tosta di irritarla, povera Kuria.
«
Sentimi bene, Hikari, prima che
mi scoppi una vena sulla fronte, vedi di dirmi ciò che mi
devi dire e poi non
rompere più. »
Il
caratteraccio Inuyasha doveva
averlo ereditato proprio da Kuria.
«
Eh già tra moglie e marito non
mettere dito, è proprio vero accidenti! Tieni è
una lettera. »
Cara figliola
Vorrei che tu aiutassi tua sorella a ribellarsi dal
giogo di vostro
padre! Come bene sai non ho potuto molto per lei, questo mi fa sentire
in
colpa. Con le tue sorelle maggiori e te sono stata penso una brava
madre,
almeno ci ho provato. Lei però è caduta nelle
grinfie di quel demone e come
bene tu sai neanche qui sarebbe al sicuro.
Ti prego fa qualcosa!
Tua madre.
«
riguarda più te che me
disgraziata! » disse Kuria dando la lettera a sua sorella che
subito la lesse
avidamente.
«
ringrazio per il gentile
pensiero, ma non ti scervellare cara sorellina! Nostro padre non ha
molti piani
per me. Io non ho intenzione di dargli la possibilità di
rovinarmi la vita,
comunque. » concluse la giovane dai capelli chiari
«
scusate se mi intrometto
signorine – si fece avanti Rin – ma non capisco
davvero una cosa su di voi – le
due la guardarono come a incitarla a continuare – come fate a
conoscervi cosi
bene se avete vissuto sempre separate? » la sua voce era
talmente pura e
innocente che fece sorridere le due sorelle.
«
vedi Rin – iniziò Kuria
portando gli occhi al cielo ormai scuro – ci siamo conosciute
tanto tempo fa,
opterei per circa un secolo addietro. Io avevo lasciato qui da solo
Inuyasha ed
ero ripartita per la mia terra d’origine in Europa. Stava per
avvenire una
grande guerra ed ero indispensabile. Hikari fu mandata ad aiutarci. Nel
momento
in cui i miei piedi toccarono il suolo della terra delle aquile lei era
già lì.
»
«
all’inizio fu davvero difficile
andare d’accordo, sai? – continuò
sorridendo Hikari e inclinando un po’ la
testa – avevamo due mentalità diverse, inoltre io
la conoscevo già di nome la
mia fantomatica sorella maggiore. Sentivo il peso e
l’importanza che portava
intorno a se. A casa mia il solo nominarla faceva scaturire molto
vociferare.
Eppure nella terra di mia madre veniva rispettata in tutto e per tutto
non solo
come futura possibile regina, ma come un’amica e una
protettrice. Da me era
quasi come un fantasma inconsistente, Kuria era un fantasma creato sul
chiacchiericcio e le voci di salotto. Per quello ero tanto agitata.
»
«
ero tutto, ma allo stesso tempo
non ero nessuno. Promessa sposa del principe e straniera venuta da
chissà dove.
»
«
oh ma il signor Sesshomaru vi
avrà sicuramente aiutato! » replicò la
bambina con convinzione crescente nella
voce. Sesshomaru per lei era buono. Inoltre nessuno lì
voleva rovinarle quel
bel sogno, rovinando così anche l’incantesimo che
stava facendo sul demone.
«
Ora dormi Rin. » Kuria non
rispose a quell’affermazione, la sorella Hikari dopo poco se
ne andò salutando
amichevolmente.
La
giovane rimasta sola con il kappa
e Rin tentò da prima di non addormentarsi, ma era davvero
troppo stanca. Il
giorno prima erano successe tante di quelle cose e anche quella
giornata non
era da meno.
Prima
di addormentarsi però, tra
la veglia e il sonno, non poté fare a meno di chiedersi cosa
fosse quell’odore
di bruciato che già da qualche minuto permeava
l’aria.
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Capitolo 18 *** In realtà: cosa vuoi da me? ***
In
realtà: che cosa vuoi da me?
La
mattina dopo Kuria si alzò di
buona ora. Il suo fisico resistente aveva già smaltito quel
dannato veleno che due
giorni prima l’era entrato in circolo.
“certo
che questi sette, che ora
sette non sono più, non dovremmo prenderli cosi
sottogamba” pensò sbuffando. Il
giorno prima, per colpa di quel dannato Mukostu, era stato un vero
inferno.
Kuria aveva litigato, come sempre, con quel cane di Sesshomaru, visto
sua
sorella e ricevuto una lettera dalla madre. Per sua fortuna con lei
c’era Rin!
Si
era svegliata per prima, o
cosi credeva. Perché non sapeva se Sesshomaru avesse degnato
la compagnia
durante la notte della sua presenza.
“è
un dannato! L’ho sempre detto”
pensò mentre raccoglieva l’acqua dal fiume.
Essendo stata come una sorella
maggiore per Inuyasha sapeva bene come arrangiarsi per far mangiare una
colazione decente a una bambina dell’età di Rin.
Inoltre era più che sicura che
la piccola non mangiasse bene, insomma neanche Sesshomaru in persona
mangiava
bene con tutto quel nomadismo, figurarsi uno scricciolo umano!
«
Rin è ora di alzarsi. » le
disse per svegliarla
«
che ore sono? »
«
è tardi su forza! Il sole è già
sorto da un bel po’ di tempo, la colazione si fredda
» non che avesse cucinato
molto cibo, ma credeva che in quel frangente il pesce fosse
più buono da caldo.
Osservò
la bambina mangiare con
sano piacere e sorriderle a fine pasto.
«
bene, ora che hai finito devi
lavarti. » si aspettava un sacco di lamentele e di doverla
convincere che per
il suo benessere doveva fare come le diceva lei, Inuyasha sul quel
punto
l’aveva fatta diventare matta.
Invece
ricevette un placido
assenso, la bambina si lasciò pulire tranquillamente.
Giocarono per l’intero
pomeriggio, Jacken aveva tentato di partecipare ma infine aveva
preferito
rimanere a guardare.
«
signor Sesshomaru! » gridò Rin
improvvisamente correndogli incontro a braccia aperte.
Kuria
si limitò a guardarlo
attentamente, sentiva qualcosa nell’aria che non le quadrava.
Cos’aveva il
demone addosso per puzzare tanto? Dov’era andato a cacciarsi
durante quella
notte?
«
Sesshomaru hai fumato la pipa?
Puzzi terribilmente di… bruciato! »
«
non sono affari tuoi… femmina »
ecco la solita risposta maschio cavernicolo.
“Sesshomaru
a volte ti comporti
proprio come un bambino piccolo!” pensò Kuria
lanciandogli un’occhiata annoiata
per poi sbuffare, dandogli le spalle.
Finiti
i dovuti ‘convenevoli’ per
salutare il grande signor Sesshomaru, Rin e Kuria ripresero a giocare e
raccogliere fiori, Jacken si prodigò ad annoiare a morte il
suo signore con
quella voce stridula e gracchiante.
Come
buona norma Kuria stava già
organizzando nei più piccoli dettagli la sua fuga, Rin era
al sicuro con
sesshomaru ma Inuyasha poteva aver bisogno di lei. Inoltre la
convivenza con il
principe dei demoni era faticosa.
Era
sera ormai inoltrata, la
yasha stava solo attendendo che il demone si addormentasse. Si sarebbe
dovuta
ricordare che il suo promesso sposo non era cosi stupido, come spesso
dimostrava di essere. Mentre andava a mettersi lontano da lui per
dormire aveva
sentito la sua mano trascinarla verso terra, andando a sbattere contro
il suo
petto. Gli era in pratica in braccio.
“che
situazione tremendamente
imbarazzante” pochi secondi dopo un enorme afflusso di sangue
si diffuse per le
gote bianche di Kuria.
«
Se-Sesshomaru, mi hai fatta
cadere! » si lamentò divincolandosi a
più non posso.
Poche,
pochissime volte si erano
trovati cosi vicini l’uno all’altra. E se da una
parte per Kuria era
tremendamente imbarazzante, dall’altra per Sesshomaru era
molto divertente.
Mantenne uno sguardo indifferente, lui era il demone puro.
«
Oggi dormi vicino a me. Non
osare contraddirmi, non ho voglia di discutere e sveglieresti la
bambina. Dormi. »
più secco e tagliente di una lama. Antipatico!
La
posò sul terreno, avvolgendola
con la sua stola bianca, osservandola mentre tentava di addormentarsi
in preda
a un imbarazzo senza precedenti. Lui non avrebbe dormito quella notte.
Non era
consigliabile con quella squadra di pazzi umani deconcentrarsi.
“di
nuovo quell’odore di
bruciato… no è polvere da sparo! Inuyasha devo
andare ad aiutarlo”
Intanto
poco lontano il gruppo di
Inuyasha aveva ripreso la sua lotta con la squadra dei sette. Si
trovavano in
seria difficoltà, l’aiuto di Kuria sarebbe stato
molto efficace.
Inuyasha,
con i suoi soli artigli
da mezzo demone, stava perdendo contro Suikostu. Era già
stato colpito più
volte.
“Come
ti permetti dannato stupido
verme!” Kuria aveva fatto un patto, incredibile a dirsi, con
Sesshomaru. Ora
era arrivata anche lei sul campo di battaglia. Subito
scagliò uno dei suoi pugnali nascosti contro il non morto.
«
Mister gasato perché non ti
batti con qualcuno della tua taglia, eh? »
«
Kuria! » esclamarono i suoi
compagni di viaggio, mentre Inuyasha la osservava preoccupato.
«
Va via sorellina! Potresti
essere ancora debole! » Lei lo osservò appena con
la
coda dell’occhio, stare con Sesshomaru le faceva
più male che bene. Il suo
carattere diveniva freddo in battaglia.
«
Ah una semplice donna! Ti farò a pezzi,
ma se proprio ci tieni… » odiava quel sorriso
beffardo.
Kuria
assottigliò gli occhi, fino
a farli diventare due fessure e infine si lanciò contro il
nemico ad artigli
protesi, lanciando uno spaventoso urlo di guerra.
Durante
lo scontro dei bambini si
misero a pregare l’uomo di smetterla, di tornare come prima.
“Cosa
stanno farneticando questi
piccoletti? Tornare come prima? E ora cosa gli prende a questo tizio?
Crisi di
coscienza… non sarebbe male se venisse anche a Sesshomaru
eh!” pensò Kuria, il
combattimento si era fermato, ma lei rimaneva in posizione di difesa.
Come
fidarsi di quei personaggi infondo, non si doveva mai abbassare la
guardia.
Il
mostro orrendo si mise in moto
verso Kikyo stesa a terra, Inuyasha provò a salvarla ma
Suikostu con la sua
mole e la sua abilità placcava sia Kuria sia lui.
“Non
posso lasciare Inuyasha da
solo. Già prima ha rischiato di farsi ammazzare, ma
Kikyo…” lanciò un occhiata
al fratellino, ora anche Miroku, che era riuscito a liberarsi dalla
gabbia di
fiamme, era placcato.
«
Per i Kami se mi siete
antipatici. Ora basta. Harriken! » aveva scatenato con la sua
spada un uragano.
Sfortunatamente poteva creare soltanto un gran polverone.
C’era troppa gente per
farne uno di dimensioni giuste.
La
squadra dei sette continuava
la sua avanzata.
«
Ora Kuria, te lo tengo occupato!
» le gridò Inuyasha
«
Sì! »
Miroku
riuscì a liberarsi e ad
arrivare in tempo. Intanto Kuria era fuori dal mirino di Suikostu,
aveva la
netta sensazione che fosse stato… troppo facile quel
salvataggio.
«
Peccato che non fosse lei il
nostro vero obiettivo! » annunciò Renkostu.
“Ma
allora chi… i bambini?”
successe la stessa cosa di prima, e pur essendo confusa Kuria si
precipitò
affianco ai piccoli cuccioli d’uomo appena quel maniaco
fanatico di uomini si
fu allontanato.
“Ancora
qualche secondo e l’avrei
preso! Maledizione”
«
State bene? » chiese in
pensiero osservandoli
«
Sì… ma il signor Suikostu… »
disse il maschio.
«
Andiamo dalla signoria Kikyo.
Sembra stare male! » lo bloccò l’altra.
Kuria si limitò ad annuire afferrandoli
per le mani.
“Come
hanno osato prendersela con
dei bambini, li rispedirò tutti all’altro mondo.
Ora ne sono più che convinta.”
il suo pensiero corse senza volerlo alla piccola Rin. Per la prima
volta fu
felice che Sesshomaru fosse dannatamente potente e puro, la sua piccola
era al sicuro con lui.
In
pochi minuti erano tutti
attorno al corpo senza vita della somma sacerdotessa. Kagome, con il
suo grande
cuore, aveva suggerito come salvarla da morte certa. Gli spiriti che
portavano
le anime dei morti a Kikyo non riuscivano ad attraversare la barriera
di
purezza di quel luogo.
Dopo
che Inuyasha si fu
allontanato con Kikyo tra le braccia, Kuria posò una mano
sulla spalla a
Kagome.
«
Sono contenta che Inuyasha ti
abbia conosciuto, hai molto tatto. Grazie. » le disse le
parole che suo fratello
avrebbe dovuto dirle, ma sapeva che non ne aveva il coraggio, forse
neanche le
capacità.
«
Grazie a te. » Kagome le fece un
piccolo sorriso e poi si avviarono fuori dalla zona sacra.
Kikyo
infine aveva deciso di
rimanere al villaggio, si preoccupava per gli orfani che il
‘medico’ aveva
abbandonato lì.
Il
resto della notte Kuria lo
trascorse con i suoi compagni, ma prima o tardi avrebbe dovuto
mantenere la
promessa fatta a Sesshomaru.
Per
tutta la sera, o quel che ne
restava almeno, Kuria continuò a pensare alla filastrocca
detta da Kikyo:
Il pulito sporco è già
E lo sporco si pulirà.
Troppo bene spesso uguale al male è
E il male il bene porta in se.
“Questo
vuol dire che bisogna
stare attenti a coloro che sono troppo buoni. Da quel che ho capito
anche
questo personaggio era buono e gentile, ma forse proprio per il
principio del
male e del bene, un assoluto bene può essere uguale a un
assoluto male. No, mi
rifiuto di credere che esista qualcosa di assoluto. – con gli
occhi aperti
Kuria fissò attentamente la zona sacra poco lontana da loro.
– non è
assolutamente possibile. Quel luogo mi puzza di falso”.
Poi si
addormentò stremata.
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Capitolo 19 *** Incontri ***
Incontri
«Resisti
Kage! Dobbiamo solo
trovare la nostra padrona, vedrai che dopo starai meglio.»
disse Ventus al suo
compagno di sventure, che a terra gemeva dal dolore alle zampe.
Poco
lontano da lì una giovane
vestita con un prezioso kimono color turchese e i lunghi capelli biondi
stava
camminando in fretta. O meglio dire che stava saltando da un albero
all’altro
con grandissima agilità. La sua tranquillità fu
interrotta da due voci note.
Si
fermò all’improvviso tenendosi
aggrappata attraverso un ramo all’albero con una delle mani e
sporgendo il
busto pericolosamente in avanti.
«Oh,
voi due che ci fate qui da
soli?» chiese ai servitori di sua sorella.
«Principessa
Hikari! Dobbiamo
parlare con la nostra signora al più presto, ma
sfortunatamente abbiamo
ingaggiato una lotta contro un demone locale. Il povero Kage si
è ferito e ora
fatica a camminare. Siamo nei guai» spiegò subito
l’aquila.
«Uhm
si comprendo. – fece un
salto e leggera atterrò sul suolo umido – Non
preoccupatevi, ci penso io. Vieni
Kage per me non pesi nulla, ti porterò in braccio fino alle
sponde di un
rigagnolo d’acqua situato vicino, lì vedremo il da
farsi.»
Quando
furono arrivati Hikari
mostrò le sue doti meditative. Si strappò un
pezzo d’abito e poi raccolse
alcune erbe mediche che fece diventare poltiglia con un paio di sassi.
Applicò
infine la soluzione ottenuta sulle ferite.
«
Ecco qua! Ora stai per un po’ a
riposo Kage e vedrai che tra qualche ora ti sentirai come rinato. Bene,
ora
devo proprio scappare, è stato un piacere incontrarvi.
Sayonara!» In poco più
di qualche secondo era sparita lasciando un gran polverone dietro di
sé.
“Certo
che quella giovane diviene
sempre più strana ogni anno che passa!”
pensò Ventus stranito.
«È
una cara ragazza.» prese
parola Kage, mentre la giovane sorella di Kuria si allontanava.
«Sì,
hai ragione ma… non sai mai
cosa aspettarti, se aiuto o derisione.»
Lontano
da loro il gruppo di Inuyasha
si era rimesso in viaggio e Kagome furiosa lo stava sotterrando
continuando a
ripetere «Cuccia.»
Kuria
osservava quella scena, ma
non interveniva, quella volta suo fratello avrebbe dovuto cavarsela da
solo.
Non poteva sempre togliergli le castagne dal fuoco. In
realtà una parte di se
stava solo ripensando, preoccupata, alla promessa che Sesshomaru era
riuscito a
strapparle.
«Ti prego Sesshomaru, non posso
restare!»
«Non se ne parla.» aveva
ribattuto lui con il suo solito tono scocciato,
i contorni del viso già leggermente sfigurati
dall’odio per il fratellastro.
«Se mi lasci andare…
farò ciò che vuoi!» Ecco era la sua
fine, si stava
‘vendendo’ e tutto solo per non svegliare Rin.
«Uhm… ma davvero? Semplice
donna, dovrai tornare a palazzo con me
quando la battaglia contro Naraku sarà finita. Ti
è chiaro il patto?»
A Kuria era passato un brivido gelido lungo la
spina dorsale, ma non si
tornava indietro. O accettava quell’accordo svantaggioso o
restava lì con lui
mentre suo fratello e i suoi amici probabilmente finivano come il
cinghiale
dentro al forno. Arrostiti. Aveva vinto lui.
“Come
potrò mai vivere con lui?” Assottigliò
gli occhi mentre fissava il sole.
«Kuria
sembri tremendamente
preoccupata.» Sango la fissava incuriosita.
«Sì,
raccontami quale male ti
tormenta mia dolce Kur… Ah! Che male, Sango cara non stavo
facendo niente di
brutto!» Disse il monaco, mentre la sterminatrice di demoni
lo prendeva con
molta furia per un orecchio. Kuria scoppiò a ridere di
gusto.
«Non
preoccupatevi per me!
Qualsiasi cosa accada, me la cavo sempre.»
“Qualsiasi…
cosa accada? C’è
qualcosa che non va!” Lo pensarono tutti, la frase fu
talmente strana che
perfino Kagome interruppe la sua sfuriata contro Inuyasha.
«Sorellina
ti conosco meglio di
me e qui, sono sicuro, c’entra Sesshomaru!»
esclamò il mezzo demone convinto
delle sue parole.
«Inuyasha…
a cuccia.» infine solo
un tonfo e una potente esclamazione.
«Kagome!»
***
Hikari
aveva lasciato da qualche
tempo i due seguaci di sua sorella, stava camminando tranquillamente
sul bordo
di un fiume, quando sentì una presenza sconosciuta
avvicinarsi.
“Non
hanno intenzioni cattive. La
loro aura è a riposo ma non si sa mai, meglio stare sempre
in guardia.” Continuò
il suo cammino stando solo sull’attenti, per il resto era
molto calma.
All’improvviso
vide un giovane
ragazzo, seguito da un ometto basso e grassoccio comparire dalla
foresta. Fece
finta di nulla, non dava retta agli sconosciuti lei.
«Fermati.
Ho bisogno di sapere
dove mi trovo!» Hikari voltò lo sguardo nella
direzione dell’altro osservandolo
bene.
Era
alto, gli occhi di un color
grigio celeste, i capelli erano così neri che sembravano
tendere al blu,
raccolti in una crocchia sulla testa. Assottigliò il suo
sguardo perforante,
quel tipo portava abiti tipicamente cinesi, anche il taglio degli occhi
le
sembrava più affilato.
«È
ovvio che non lo sappiate.
Venite dal continente, anzi siete del continente.» Senza peli
sulla lingua
espresse subito il suo parere, poteva essere anche stata educata a
comportarsi
da brava ragazza, ma non lo era per davvero.
«Come
osi parlare in questo modo
al mio signore! Con quegli abiti stracciati e quei capelli malcurati
dovresti
solo abbassare lo sguardo. Piccola impertinente.»
Insultare
una Inu Youkai poteva
avere brutte conseguenze, anche drammatiche. La giovane dai capelli
d’oro
mostrò subito un’innata sfrontatezza davanti a
quelle frasi, ghignò mettendosi
le mani sui fianchi. Poi all’improvviso i suoi occhi si
fecero rossi ed
esclamò: «Taci nanerottolo!» con un
colpo del tessen lo spedì all’indietro.
“Mi
sto abituando ai modi di fare
di Sesshomaru? A furia di sentirne parlare…” La
fronte si corrucciò, pur non
essendo per nulla preoccupata dal gesto che aveva appena compiuto.
Il
giovane era rimasto in
silenzio godendosi la scena. Quella donna stava mostrando un coraggio e
un’impertinenza mai vista prima.
«Sì,
provengo dalla Cina. Sono in
viaggio da molto, avrei bisogno di una guida. Ho deciso che sarai
tu!»
«Te
lo scordi, con un viziato
come voi non andrei da nessuna parte. – Gli lanciò
uno sguardo di sfida, l’aria
si faceva pesante. Hikari sapeva si sarebbe scatenata una lotta, ma chi
avrebbe
vinto? – Comunque se t’interessa tanto saperlo
siamo vicino al monte Hakurei. »
Si preparò alla sfida.
«Voi
giovani giapponesi siete
tutte così poco ubbidienti? Ti conviene cambiare idea
finché sei in tempo.»
«Nessuno
mi dice cosa fare o no.
Combatti, vediamo se sei davvero potente come credi!» Si
sentiva irritata al
massimo da quel bell’imbusto. Sentiva i suoi occhi
lampeggiare di rabbia.
L’altro
in riposta aprì il palmo
della mano dove comparve, per magia, un’arma simile a una
nagitana.
«Il
mio nome è Akio, nella vostra
lingua.»
«Hikari,
Inu youkai.»
Poi
lo scontro ebbe inizio e le
lame si scontrarono, producendo un assordante suono metallico.
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Capitolo 20 *** Sii veloce come il vento e rapida come il tuono. ***
Sii veloce come il vento e rapida come
il tuono.
«Che
nome particolare ti è stato
assegnato. Raggio di luce. Hikari, sarà per i tuoi
bellissimi capelli?»
Il
ragazzo venuto dal continente
era davvero bravo nella lotta. Se non fosse stata molto attenta Hikari
avrebbe
perso miseramente la battaglia.
“Come
se non bastasse tenta di
far distrarre il nemico. Parla pure caro mio, da me non avrai
risposta.” Stava
incassando una serie di colpi molto potenti. I tessen non erano adatti
a quello
scontro, servivano per le operazioni veloci. Iniziava a essere stanca,
le
braccia le dolevano, non era poi cosi forte. Non aveva
l’età di sua sorella
maggiore, ne era stata addestrata dal padre del principe Sesshomaru.
Eppure il
pensiero della maggiore le diede una forza improvvisa. Erano sorelle e,
per
quanto Kuria avesse maggiore esperienza, avevano lo stesso sangue nelle
vene.
Poteva farcela, si doveva solo impegnare al massimo.
«Va
bene, se proprio devo… colpo
di luce!»
Un’improvvisa
luce si scatenò dai
due tessen della demone, accecando Akio. Quest’ultimo fu
costretto a fermarsi,
riparando gli occhi con un braccio e indietreggiando, senza mai darle
però le
spalle.
“Bene!
Vediamo di mettere un po’
di spazio tra me e questo stupido ora.” Fece un balzo
all’indietro lanciando un
altro colpo luminoso.
«Ora
hai capito che non sono
sottovalutabile?» Incrociò le braccia al petto
assumendo un’aria vittoriosa.
«In
effetti sei una fonte di
potere che mai mi sarei aspettato di trovare. Possiedi inoltre
un’acutezza
notevole, non solo istinto di sopravvivenza. Se solo fossi un
po’ meno…
scontrosa. Eh già, che peccato! Risolveremo.» Era
pensieroso, la fissava con
gli occhi ancora un po’ debilitati.
«Mio
padrone! Cosa vi ha fatto
quell’arpia?» Chiese il servo spaventato e
preoccupato.
“Scontrosa,
arpia? Io a questi
gli stacco la testa! Che nervi!” Hikari era indignata, non
sopportava i
commenti di quel genere. Stizzita voltò loro le spalle,
lanciando poi uno
sguardo di sufficienza.
“Brutti
antipatici.”
«Ah,
sai quanto mi importa di
quel pensi e dici. Non mi cambia nulla. Addio!» si era
distratta, proprio come
voleva il giovane, che dietro alle sue spalle sorrideva malignamente.
Subito le
fu addosso dandole un colpo alla nuca che le fece perdere i sensi.
«Perché
l’avete battuta in questo
modo?» Il servo guardava la scena restando perplesso.
«È
potente. Inoltre, in amore e
in guerra tutto è lecito. Il colpo è stato forte
e l’effetto dovrebbe durare
per qualche giorno. Ascolta voglio questa donna come mia consorte.
È bella,
forte e schietta. Alla raffinatezza ci penseremo con il tempo. Ora
andiamo!»
sollevò il corpo della demone svenuta tenendola fra le sue
braccia. Era
leggerissima, non pesava nulla.
«Dove
signorino? A casa?»
«No,
non hai sentito? È una Inu
youkai. Questi demoni sono simili agli umani. Hanno castelli,
ricchezze, servi
e quant’altro. La sparizione di una di loro non passerebbe
inosservata. Devo
solo informare il loro principe.»
Si
incamminarono verso il monte
Hakurei. Trovare Sesshomaru però, non sapevano, sarebbe
stato complicato.
Anche
Inuyasha e gli altri
stavano puntando a quella zona. Anzi erano ai piedi della barriera
ormai,
Shippo e Kirara non reggevano quell’aura così
pura, Inuyasha faceva fatica ad
avanzare. Kuria aveva un forte mal di testa. Neanche una donna demone
della sua
purezza avrebbe retto quell’aura a lungo, se non fosse stata
ben preparata
com’era lei.
Eppure
Miroku sembrava quello che
stava peggio di tutti loro, aveva insistito per tornare indietro, al
villaggio.
“Quel
bonzo deve esser proprio un
vero depravato se, proprio qui, si sente in soggezione.” Fu
l’unico pensiero di
Kuria, era troppo impegnata a reggersi la testa e poco dopo anche lo
stomaco.
Tornati
al villaggio i problemi
non finirono. Un vecchio signore disse loro di dileguarsi alla svelta o
sarebbero stati arruolati nell’esercito del signore feudale
di quelle terre.
Kuria quasi sbuffò, quei dannati sette potevano anche
starsene buoni invece che
combinare tutti quei casini. Erano davvero… irritanti! Le
prudevano le mani,
voleva picchiare, combattere, sfogarsi su qualcosa o meglio qualcuno.
Come
se la sua pazienza, e quella
di suo fratello, non fossero già state messa abbastanza a
dura prova, il capo
delle guardie di palazzo li scacciò in modo presuntuoso.
«Che
personaggio antipatico!»
esclamò Kuria con i nervi molto tesi. Quella situazione era
oltremodo
insopportabile.
«Lasciatelo
stare. Dicono che a
catturare e decapitare i sette sia stato proprio lui con le sue armate.
Credetemi quell’uomo è più forte di un
demone.» continuò il vecchietto.
“Come
no. Per abbatterlo non
avrei nemmeno bisogno di estrarre Yoso o Caliburn. Continuo a pensare
che sia
troppo sicuro di sé stesso. Come qualcun altro di mia
conoscenza!” Ovviamente
si riferiva a Sesshomaru, volente o nolente era sempre nei suoi
pensieri.
Poi
udendo il resto del discorso
si decise a sbuffare sonoramente. Possibile che ora non si potessero
nemmeno
più muovere?
«Se
i sette si faranno vivi in
quel luogo allora noi ci dirigeremo lì. Di certo non mi
faccio spaventare da
una persona che non ha neanche la metà dei miei
anni.» Corrugò le sopracciglia
in un’espressione arrabbiata e risentita.
«Cosa
dite? Il samurai è
sicuramente più vecchio di voi che avrete sì e no
diciannove anni!» sbottò il
vecchio.
Tutti
le lanciarono uno sguardo
interrogativo, poi posero lo sguardo sull’uomo.
L’aveva scambiata per una
semplice donna umana. Effettivamente, a parte le ali sempre nascoste,
la
giovane principessa e promessa di Sesshomaru non aveva tratti molto
demoniaci.
Niente strisce rosse ai lati della faccia, niente occhi rossi o dorati.
Il
kimono regalatole dal principe dei demoni aveva le maniche piuttosto
lunghe,
quindi le mani spesso non erano visibili. I delicati ricami sullo
sfondo bianco
inoltre le donavano un’aura più dolce e poco
minacciosa.
Non
ci volle molto, qualche
minuto dopo il battibecco con quel contadino anziano, Kagome
avvertì la
presenza dei frammenti inquinati. Si misero subito
all’inseguimento di quei
malviventi giungendo appena in tempo per salvare Koga da un forte colpo
di
spada.
“Possibile
che quel lupo agisca
senza pensare? Non ha idea di cosa fare, è troppo
istintivo.” pensava Kuria
scrutando il demone lupo. Poi osservò il palazzo distrutto e
il suo volto si
indurì di rabbia. Lei non era un’umana, quella
specie non l’aveva mai neanche
molto amata, ma l’attaccamento al ricordo di Izayoi non
l’era ancora passato.
Odiava
quegli esseri umani che
uccidevano per puro divertimento. Erano feccia, non avevano il diritto
di
esistere! Li osservò tutti, ricordò le
descrizioni di quel medico e ai visi
associò i nomi. In quel momento decise, sarebbero tutti
tornati all’altro mondo!
Era troppo il risentimento che nutriva nei loro confronti.
Nello
stesso momento Sesshomaru stava
scalando il monte sacro, voleva sapere se Naraku si trovava
lì. Inoltre
avvertiva una leggerissima scia dell’odore di Kuria. Come
poteva quella sciocca
essere andata proprio in quel luogo? Lui era un demone puro, chiunque
avrebbe
fatto fatica a purificarlo, non che lei non lo fosse, ma sicuramente il
rischio
di lasciarci la vita era molto più alto.
Anche
se dopo un certo punto neppure
lui poteva più proseguire, la barriera si faceva sempre
più forte e potente a
ogni passo. Naraku non poteva essersi rifugiato su quel monte, ma
allora perché
fino a dov’era arrivato poteva sentire l’odore del
suo servitore umano Kohaku?
Senza risposte si trovò costretto a tornare indietro.
“Sarà
mai possibile che questi
dannati attacchino sempre gli indifesi? Creature che non sanno neanche
cosa sia
l’onore!” La demone frappose il proprio corpo tra
un colpo mortale e la giovane
sacerdotessa.
«Kagome
come stai? Tutto bene?» Le
chiese apprensiva mentre combatteva.
«Sì,
grazie! Sango è in pericolo,
sta combattendo contro Jackostu. Presto va da lei!»
esclamò spaventata.
«Quel
dannato. Ho una battaglia
in sospeso con lui. Ehi brutto pervertito non osare fare del male a
Sango.»
gridò lanciandosi contro il nemico, parandosi di fronte
all’amica.
«Non
mi scocciate stupide
femmine!» Kuria subito sfoderò Caliburn, parando
alla perfezione l’attacco
della spada serpente che si ripiegò su se stessa facendo
sbilanciare il
proprietario che la guardò preoccupato.
«Te
la ricordi la mia Caliburn,
eh! Molto bene, ora ti farò a pezzi!»
A
interrompere i combattimenti
furono gli insetti velenosi di Naraku, diedero ai mercenari
l’ordine di fuggire
e poi un simulacro li intralciò, impedendo loro di
inseguirli.
Si
avviarono fuori da ciò che
rimaneva del palazzo. Dopo qualche ora Kuria cominciò ad
avvertire una
persistente e forte preoccupazione. Si chiuse nei suoi pensieri, non
disse più una
parola per ore, né ascoltato
le
discussioni dei membri del gruppo. Qualcosa dentro di sé, un
istinto fortissimo
e irresistibile, intimava alle sue ali di schiudersi prendendo il volo,
alle
sue gambe di correre e alle mani di impugnare le spade.
Arrivò quasi a sentirsi
soffocare dal desiderio di combattere. Il suo sangue di demone aquila
sembrava
volerla portare alla follia di improvviso. Credette anche di essere
rimasta
avvelenata durante i combattimenti.
“Che
cosa mi sta succedendo? Che
cosa mi sta dicendo il mio corpo?” Si mise una mano sul
petto. Il cuore pulsava
dolorosamente.
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Capitolo 21 *** Ti ringrazio, amore mio! ***
Ti ringrazio, amore mio!
Il
dolore al petto dentro Kuria
si fece via, via con lo scorrere delle ore sempre più
insistente e difficile da
controllare. Era come se qualcuno le stesse spappolando quel prezioso
organo
vitale. Per poco non si era accasciata a terra dal dolore infernale.
“Devo
fare qualcosa! Se Inuyasha comprende
le mie condizioni sono guai. Il mio istinto mi intima di correre
verso… il
monte sacro!”
«Inuyasha,
Kagome io mi devo
allontanare. Non posso darvi delle spiegazioni ora.»
parlò in fretta, mentre si
alzava da terra e sistemava le sue spade. Non stette ad ascoltare le
proteste
continue di Inuyasha, spalancò le ali prendendo il volo.
Ai
primi pendii dell’Hakurei
cominciò a sentirsi male, la barriera era aumentata e il
volo non era la
strategia più proficua per continuare. Doveva camminare se
voleva arrivare in
cima con il minor senso di nausea possibile. Sarebbe stata una vera e
propria
impresa non essere purificata, ma qualcosa la spingeva a continuare.
Durante
il lungo tragitto molti
odori colpirono il suo naso, tra tutti quello di Rin e Sesshomaru misti
a due
elementi della squadra dei sette.
“Ora
ho capito perché il mio
istinto di demone si è agitato in questo modo! Dannazione
allora non mi rimane
che seguire le tracce dell’odore di Rin. È
sicuramente in pericolo!” Cominciò a
correre, incurante della barriera e del dolore al fisico.
Serrò i denti e
strinse gli occhi per sopportare al meglio quelle sensazioni. Non si
rese
nemmeno conto che in alcuni momenti lacrime di sangue le scorrevano
lungo le
guance.
Dopo
ore di cammino la
situazione, soprattutto quella che l’aveva spinta a scalare
l’Hakurei, era
nettamente peggiorata. Si era aggiunto, come se non bastasse, un senso
di
ansia. Fece appena in tempo a vedere la sua bambina cadere
giù per un
precipizio e Sesshomaru che dava le spalle a Jakostu.
Un’intensa
rabbia si scatenò
dentro Kuria, gli occhi diventarono rossi e le unghie si allungarono.
«Come
ti sei permesso! Ti
rispedirò nel mondo dei morti, cadavere vivente!»
Gridò, con le zanne in bella
vista. Non ci pensò molto e attaccò Jackotsu
affondando le unghie allucinogene
nella carne morta. Poi si allontanò seguendo la scia del suo
promesso sposo.
Sulla
sponda del fiume però ebbe
un presentimento. Una stretta mille volte più forte delle
precedenti, le fece
girare la testa e si dovette sedere.
«
Sesshomaru… anf… sta andando
dalla parte sbagliata. Meglio prendere una scorciatoia.» Era
stanca e
affaticata, ma si levò lo stesso in volo.
Attraversò il bosco, sapeva bene di
aver superato il suo compagno, ma non arrivò in tempo, Rin
era di nuovo nelle
mani di uno dei sette. Stavano minacciando gli stessi bambini di
qualche tempo
prima, quelli che chiedevano a Suikostu di tornare normale.
«Sempre
voi, maledetti! A quanto
pare il mio veleno non fa effetto sui morti. Lascia andare Rin e gli
altri
bambini.» Non perse ulteriormente tempo e scagliò
contro Jackostu un pugnale
demoniaco, ne teneva sempre uno nella manica del kimono. In quel modo
riuscì a
deviare il colpo indirizzato ai cuccioli umani. Si frappose opponendosi
ai loro
attacchi.
«Il
vostro avversario sono
soltanto io ora. Noi tre abbiamo ancora un conto in sospeso!»
Non le importava
del forte dolore dato dalla barriera, sfoderò Caliburn e
attaccò senza
ripensamenti. Suikostu rispose con gli artigli, lo scontro era quasi
pari,
Kuria riusciva ancora a superarlo in potenza e tentava di scartarlo per
raggiungere Rin.
«Mi
dispiace ora abbiamo un po’
da fare. Addio!» I due malviventi batterono in ritirata con
Rin come ostaggio.
«Bambini…
nascondetevi in casa!»
disse loro prima di cominciare a rincorrere i suoi nemici. Non se li
sarebbe
lasciati sfuggire.
Rin
veniva prima di tutto.
La
sensazione combinata della
barriera e quel dolore ad altezza del petto la fece cadere a terra
stremata
dopo diversi metri. Si chiedeva disperata perché fosse
così debole.
«E
quindi alla fine ci sei anche
tu… Kuria.» I passi e la voce fredda di Sesshomaru
la affiancarono. La più
giovane voltò lo sguardo, un’espressione
preoccupata le solcava il volto, quasi
deformandolo. Sesshomaru iniziava a intuire che tra le due fosse nato
un
collegamento.
“Salvala!
Ci ho provato, ma è
tutto inutile, la situazione sta diventando ingestibile.”
Pensava, eppure il
suo orgoglio la fece rialzare, non senza barcolli continui. Non poteva
arrendersi, non davanti a Sesshomaru, qualsiasi dolore poteva essere
superabile
pur di salvare Rin.
«A-andiamo.»
Riprese a camminare
con molto sforzo, improvvisamente la stretta sembrò farsi
meno forte e lei
sentì le forze tornare lentamente.
Quando
furono vicino ai rapitori
fece per attaccare, ma Sesshomaru la prese per un polso allontanandola.
«Dobbiamo
anticiparli
sbarrandogli la strada.» Si limitò a spiegare
freddamente. Nella strategia
sotto pressione lui rimaneva nettamente superiore, quindi
annuì e lo seguì,
stupendolo leggermente.
Sia
Suikostu sia Jakostu non
mostrarono molta sorpresa nel vederli lì vivi e in piedi,
anzi diedero subito
vita al combattimento.
«Signorina
Kuria, signor
Sesshomaru, aiuto!» Suikostu puntava alla gola di Rin. La
demone fece un salto
in avanti ad artigli protesi verso il viso del nemico, che si
ritrovò costretto
ad arrancare all’indietro mentre la fissava con perfidia.
Dal
canto suo Kuria aveva assunto
la stessa facciata fredda di Sesshomaru, si rendeva conto che la
situazione era
dannatamente delicata. Avrebbe potuto perdere la bambina in un battito
di
ciglia. Fare degli affondi contro di lui però non sarebbe
servito a molto,
incassando si sarebbe spostato all’indietro e più
in là la barriera era molto
più forte.
Intanto
il pervertito della
coppia ripeteva il concetto a Sesshomaru:
«Hai
capito la situazione? Basta
che tu faccia una mossa falsa e puoi dire addio alla
ragazzina.»
«Non
ti permetterò di farle del
male.» s’intromise Kuria, che però
sentiva di nuovo quel dolore atroce nello
stesso punto. Trattenere le smorfie divenne difficile, perdeva
nuovamente
sangue dagli occhi.
«Nella
condizione in cui sei
credo proprio che non ti convenga parlare.»
L’assalitore di Rin ghignava in sua
direzione.
Kuria
stette in silenzio, ascoltando
la conversazione degli altri due combattenti. Avvertì
l’aura maligna di Tokjin
che si avvicinava da dietro, velocemente si scansò.
Sesshomaru intanto aveva
trafitto da parte a parte Jakostu.
“Sesshomaru
devo proprio dirlo a
volte sei un genio!” Allungò immediatamente le
braccia verso Rin. Cinque lame
si frapposero tra loro. Suikostu pur trafitto non riportava dolori e
nella
sorpresa Kuria si era lasciata colpire lievemente in pieno viso. Rin
con i suoi
occhioni grandi fissava inorridita la ferita che si apriva sul volto di
Kuria,
emise solo uno strillo di terrore che la demone scambiò come
paura di morire.
«Rin!
Ora basta mi hai stancato!»
Cercò di pulirsi goffamente dal suo stesso sangue, ma di
certo quel lieve
dolore non l’avrebbe fermata.
A
una velocità che nemmeno lei
era consapevole di possedere estrasse Caliburn dal suo fodero per
conficcarla
totalmente nel petto del mercenario. In quello stesso istante una
freccia sacra
lo colpì alla gola.
Ne
fu davvero grata perché era
consapevole che, anche trapassandolo da parte a parte, l’uomo
non sarebbe
morto. Non ne aveva paura, in condizioni normali non ci avrebbe messo
tanto a
eliminarlo, ma in quella situazione di normale non c’era
proprio nulla. Stare
dentro alla barriera significava meno potere demoniaco e quindi meno
difesa.
Prese
in braccio Rin sfilando
l’arma dal petto dell’uomo. Spiccò
diversi balzi indietro, il dolore al petto
si era placato e l’ansia era svanita. La donna
lasciò che la piccola andasse ad
attaccarsi alla gamba del suo signor Sesshomaru. Tirò un
sospiro di sollievo e
avvertì le gambe tremare un paio di volte, se non fosse
stato per l’orgoglio
smisurato si sarebbe appoggiata al demone di fianco a lei.
Poi
si voltò, colei che aveva
scagliato quella freccia era Kikyo, la ringraziò ancora
mentalmente.
Seguì
un toccante discorso tra
lei e il medico mercenario. Lui le chiese di estrarre il frammento per
mettere
fine alle sue sofferenze ma nel momento in cui la sacerdotessa stava,
pur
riluttante, per esaudire quell’ultimo desiderio comparve
Jakostu. Con la sua
spada trafisse il collo del fratello
portando via il frammento.
“Che
razza di… doppiogiochista!
Vile.”
«Va
bene anche così…» terminò il
dottore, prima di decomporsi in un mucchio di ossa.
Kuria
chiuse gli occhi
sospirando. Era finita, per ora erano salvi. Comunque se non si fossero
mosse
in fretta sia lei sia Kikyo, sarebbero rimaste bloccate in quel luogo.
La donna
demone in particolare aveva consumato molte energie. Il volto era
orrendamente
segnato da lacrime di sangue e lo sfregio sulla guancia.
«Kikyo
vuoi che ti accompagni
fino ai pendii dell’Hakurei?» chiese sforzandosi
nel restare in piedi.
«No,
tranquilla Kuria. Starò bene.»
Poi la videro spronare il cavallo al galoppo.
«Signorina
Kuria… volevo
ringraziare anche voi per esservi preoccupata. Vi siete
ferita.» La voce
leggermente piagnucolante di Rin la riportò immediatamente
presente al momento.
«Oh
bambina!» si abbassò al suo
livello per accarezzarle una guancia. Forse si era legata tanto a
quella
bambina perché le ricordava la sua infanzia spensierata e la
sua innocenza,
persa appena aveva imparato che nella vita bisognava combattere per
sopravvivere.
«Andiamo.»
Si limitò ad
annunciare il demone maggiore, senza nemmeno degnarle di
un’occhiata.
«Certo
signor Sesshomaru, arriviamo!»
Trillò allegra la bambina, non doveva più temere,
con loro era al sicuro.
A
Kuria non bastò in tempo per
fare mezzo sorriso intenerito che la vista si appannò, poi
il buio.
Sesshomaru
sentì distintamente un
tonfo dietro di sé, subito dopo le urla preoccupate di Rin.
Si
voltò. Kuria era distesa per
terra, esattamente come temeva.
Sembrava
una bambola rotta. Quel
viso solitamente cosi bello era tutto sporco di sudore, sangue e terra,
i
capelli color dell’onice arruffati, spettinati e sporchi. Era
sicuro che quella
donna si fosse spinta ben oltre il livello di sopportazione che il suo
corpo le
concedeva. Tutto per orgoglio e perché non si fidava
abbastanza di lui.
“Certo
che è proprio una testa
dura. Ha rischiato di essere purificata e di morire per essersi esposta
a un
pericolo troppo grande. Mi chiedo come mai agisca tanto
d’istinto.” La prese in
braccio, o meglio se la caricò su una spalla, in quel
momento era più semplice
sorreggerla così, e con Rin di fianco si avviò
fuori dall’Hakurei.
Pure
lui era infastidito
dall’aura purificatrice di quel luogo, un attimo di pausa
prima di riprendere
la sua ricerca non avrebbe fatto male né a lui né
a Kuria e nemmeno a Rin.
Quest’ultima doveva essere molto provata dagli avvenimenti
appena passati.
Scesi
dal monte posò, con poca
grazia in parte dovuta anche all’assenza del braccio
sinistro, il corpo della
presunta fidanza a ridosso di un albero. Poco lontano da lì
c’era un fiume,
sentiva lo scorrere dell’acqua e l’odore di due
animali demoniaci. Annusò meglio
l’aria e associò gli odori con i servi di Kuria il
lupo e l’aquila.
Dovevano
aver avvertito l’dore di
sangue che emanava la loro padrona perché si stavano
dirigendo nel luogo dove
Sesshomaru l’aveva portata a grande velocità.
«Tu
maledetto! – Kage ringhiò
contro il demone maggiore, era ormai del tutto guarito. – che
hai fatto alla
nostra padrona?»
A
salvare la situazione da uno
scontro che avrebbe visto Kage perdere miseramente fu Rin.
«No
aspetta! Non è come credi.
Ero stata rapita e il signor Sesshomaru e la signorina Kuria sono
venuti
insieme a salvarmi. Solo, non so perché, alla fine del
combattimento la
signorina è caduta a terra priva di sensi.»
Abbassò la testolina nera,
lanciando occhiate preoccupate alla figura femminile che
l’aveva salvata più di
una volta.
«Kage,
sei troppo avventato!
Chiedo scusa da parte sua, si era spaventato. Siamo molto apprensivi
con la
nostra padrona.» intervenne Ventus.
«Dovrebbe
imparare a tenere a
freno la lingua! Il sommo Sesshomaru è sempre dalla parte
del giusto, mai da
quella del torto. Lui è il più potente di tutti i
demoni e…» il rospetto aveva
cominciato il suo monologo.
Kuria
era stata risvegliata
proprio da quelle urla assordanti.
«Jaken
per l’amor dei Kami taci!
Mi stai trapanando i timpani.» aprì gli occhi di
scatto, mostrando le sue
splendide iridi blu un po’ più chiare del normale.
L’occhiataccia lo fece
raggelare, era assolutamente scocciata e irritata.
«Sìssignora!»
si ammutolì.
Stettero
in silenzio tutti per
molto tempo, ognuno preso dai suoi pensieri. Solo Rin giocava
nell’erba,
coinvolgendo ogni tanto sia Jacken sia Kage. Sesshomaru la osservava
impassibile, una perfetta statua. Ogni tanto il suo sguardo ricadeva
anche, con
la coda dell’occhio, alla stanca demone che gli stava a pochi
metri di distanza.
Era cosi immersa nei suoi pensieri lei che non fece caso alle occhiate
in
tralice che gli mandava, respirava ancora in modo affannato.
Si
sentiva debole, non tanto nel
fisico, quanto nell’anima. Con quell’esperienza
molte delle sue certezze erano
crollate. La maschera di odio e rancore si era incrinata, solo
l’orgoglio la
teneva insieme.
Alzò
gli occhi al cielo
sospirando malinconicamente.
«Sesshomaru…
- lui non si volse a
guardarla, ma diede un impercettibile segno di ascolto. –
Ricordi la prima volta
che sono giunta a palazzo?»
Perché
stava rievocando momenti
cosi dolorosi e lontani neppure lei lo sapeva. Forse era masochista.
«Hm,
eri spaventata come un
pulcino, ma cercavi di tenerti orgogliosamente in piedi. Ti tremavano
le gambe,
ma il volto era fiero. Sembrava stessi andando al patibolo. Ridicola,
si eri
davvero ridicola e incomprensibile.» il tono era totalmente
indifferente, come
a stare analizzando qualcosa che non lo riguardava.
Kuria
sentì una vena pulsarle
sulla fronte, ma non poteva fare nulla in quelle condizioni. La stava
elogiando
e poi le dava della stupida!
«Solo
uno scemo non capirebbe.»
Borbottò offesa.
Aveva
provato a fare
conversazione, ma Sesshomaru era sempre Sesshomaru. Prima che il demone
potesse
infuriarsi nuovamente lei riprese la parola.
«Comunque…
ti chiedo scusa
Sesshomaru. Ti avevo fatto una promessa quella notte di duecento anni
fa, non
l’ho mantenuta.» Ammetterlo le costava un grande
sacrificio. Nonostante tutto
lei non era un’ipocrita e quando sbagliava lo diceva. Sarebbe
tornata da lui
solo se avesse provato un briciolo di sentimenti positivi.
«Non
provo quelli che tu chiami…
sentimenti. Inoltre sei legata a me, sei mia, da un altro
accordo.»
Di
nuovo a fronteggiarsi con lo
sguardo, occhi negli occhi, blu contro oro. Sembrava il loro destino,
non
facevano altro.
A
fatica Kuria si alzò in piedi e
lui la seguì. Se lei voleva prenderne ancora quello era il
giorno buono. Pur
celandolo alla perfezione gli eventi appena trascorsi lo avevano
irritato,
sentiva il bisogno di sfogarsi.
«Sesshomaru
calma la tua aura
demoniaca, grazie! Te ne sarei molto grata. Poco lontano da qui
c’è anche Rin,
l’ultima volta non hai voluto lo scontro proprio per questa
ragione. Poi mi
sono alzata solo per andare a sciacquarmi il sangue dalla faccia e
pulirmi
dallo sporco!»
Se
la reazione di Kuria a quella
sfida era stata un’accecante rabbia compensata dimostrato da
qualche tremolio
di furia malcelata, quella di Sesshomaru era fredda e composta. I due
erano
davvero molto opposti.
«Anche
la tua aura combattiva era
aumentata. Non rivolgerti a me con quel tono!»
L’irritazione iniziava farsi
palese.
L’altra
spalancò gli occhi,
scosse la testa e poi in un moto di stizza
s’incamminò senza dire altro verso
il fiume. Cade al suolo dopo qualche passo e si rialzò a
fatica.
Intanto
Jacken, Kage e Ventus
notando l’aria pesante tra i due
‘fidanzati’ si erano allontanati con Rin.
Sesshomaru
non si era avvicinato
per aiutare la sua futura compagna. Lei lo avrebbe scacciato in malo
modo, non
era il caso di farsi prendere dall’ira con una bambina
piccola nei paraggi. La
vide rialzarsi e barcollare diverse volte prima di giungere al fiume.
Il
rapporto sembrava peggiorare
ogni giorno di più. A nulla erano giovate le giornate che
erano stati costretti
a passare insieme. Invece di imparare ad amarsi e a conoscere gli
altrui pregi
avevano capito come acuire il loro insensato odio.
Si
conoscevano bene era vero, ma
si attaccavano nei reciproci punti deboli.
“Dannazione
è tutto difficile!
Eppure anch’io sono stata una vera scema. Lo sapevo benissimo
qual era il suo
pensiero. Sono andata a stuzzicarlo, speravo che mi dicesse cose
più gentili.
Mi chiedo perché mi faccio ancora qualche
illusione.” Cercava di pulirsi
delicatamente il viso con l’acqua fredda.
Affondò
le mani in quel liquido
trasparente, mise le mani a coppa e le ritirò verso il viso
per lanciarsela
addosso. Osservando l’immagine che si rifletteva
nell’acqua rimase bloccata.
Sesshomaru era dietro di lei!
«S-Sesshomaru?»
Esclamò
spaventata dalla sua improvvisa venuta. Perché
l’era tanto vicino?
«Kuria.
– la fissava intensamente
negli occhi dal momento in cui si era voltata e per la sorpresa era
caduta
sgraziatamente al suolo. – Non hai idea di come si pulisce
una ferita simile.»
Non
era una domanda ma
un’affermazione. Con un unico gesto secco strappò
una manica del kimono che le
aveva regalato, per poi immergerlo nell’acqua. Altrettanto
velocemente le prese
il mento, in una morsa che di affettuoso non aveva nulla, per poi
disinfettarla
molto meglio di come aveva fatto lei stessa.
Dal
canto suo Kuria era troppo
scossa da quel gesto per cercare di liberarsi dalla presa del principe
dei
demoni. Sentiva già dei pizzichi alle guance, segno che
stava lievemente
arrossendo per la vergogna. Restava pur sempre una donna follemente
innamorata.
Inoltre quel tocco le riportava in mente molte vicende sepolte e
ripudiate da
entrambi, rari momenti di serenità del loro passato insieme.
Una
parte molto profonda e
lontana del subconscio di Sesshomaru esultava per quella vittoria,
vincere le
battaglie non verbali dava decisamente più soddisfazione.
Forse
uno dei motivi veri per cui
non voleva sciogliere quello stupido vincolo di matrimonio combinato
era perché
nei dialoghi lei riusciva sempre a tenergli testa. Quella donna si
distingueva
da molte altre. Pretendeva considerazione e rispetto, non aveva paura
di
esprimere la sua opinione, era sfrontata. Sfiorava, a volte,
l'indecenza.
Soprattutto lei per prima non si considerava inferiore a lui ma sua
pari. In
alcuni momenti appariva pronta a morire per le sue idee.
«Grazie,
Sesshomaru.» Si riprese
dai suoi pensieri. Fu il suo momento di rimanere sorpreso, mai da
quando aveva
conosciuto Kuria era stato ringraziato.
Lui
mantenne la sua facciata
seria, annuì semplicemente, mentre Kuria arrossiva in viso e
il cuore le
batteva nel petto molto velocemente. Avrebbe voluto aggiungere altri
suoi
pensieri molto importanti a quel semplice grazie.
La
loro tranquillità sembrò
destinata a finire quando dal folto del bosco comparve un ragazzo,
indossava
degli abiti di chiara fattura cinese.
«Oh!
Disturbo la coppia reale dei
demoni cane?» ghignò strafottente.
Quando
Sesshomaru lasciò libero
il campo visivo alla compagna Kuria si rese conto con orrore crescente
che
l’uomo teneva tra le braccia sua sorella.
«Hikari!»
strillò aggrappandosi
al braccio di Sesshomaru per aiutarsi a sollevarsi da terra,
stranamente lui
non si arrabbiò per quel gesto.
|
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Capitolo 22 *** I ricordi un giorno andranno affrontati ***
I ricordi un giorno andranno affrontati.
«Lascia
andare mia sorella!»
strillò Kuria fissando il demone del continente.
«Non
ci penso proprio. Ho deciso
che sarà la mia sposa, mi serve solo il consenso del
principe dei demoni e
poi la porterò via con me.» Il suo tono
rimaneva sicuro e strafottente.
Kuria
rivolse infine lo sguardo scioccato
all’uomo che amava e odiava contemporaneamente. Cosa avrebbe
fatto in quel
frangente? Sesshomaru sapeva bene che, qualsiasi fosse stata la sua
scelta, lei
avrebbe combattuto per liberare la più piccola. Inoltre
Hikari non doveva
rientrare nelle loro dispute come oggetto di offensiva.
«Poggiala
a terra e sparisci.» fu
l’unico commento che si degnò di esprimere.
«Cosa?!
– l’altro spalancò gli
occhi sorpreso, Kuria gongolò soddisfatta –
l’ho battuta in duello, ora posso
farne ciò che voglio! Vi è più chiara
la situazione?»
Il
principe degli Inu youkai si
limitò a trucidarlo con un’occhiata assassina.
Poche persone avevano il
permesso di contraddirlo e, a volte, neppure loro dopo ne uscivano
illese.
«No,
non cambia niente. Le regole
del tuo villaggio non mi fanno molta impressione. Territorio mio,
parente mia,
decido io. Ti sembra più logico così?»
Era incredibile come quel demone bianco
ed etereo non si scomponesse mai per nulla. Spesso neanche Kuria
riusciva a
comprendere ciò che gli passava per la mente.
“In
realtà non essendo ancora
sposati Hikari non è tua cognata. Tuttavia, per questa
volta, posso lasciar
correre.”
«Allora
non hai sentito ciò che
ha detto il mio venerabile signore? Sei sordo per caso? Lascia andare
quella
donna. Sicuramente non ne sei degno!»
Ecco
come al solito quel rospo
cercava di morire. Era giunto, insieme alla piccola Rin, vicino al
fiume
sentendo le grida della giovane sposa del suo padron Sesshomaru.
«Eh
Sesshomaru giusto? Dovresti
insegnare ai tuoi servi a tacere, sai ti fanno fare davvero brutta
figura.» Lo
canzonò Akio. Il demone maggiore si limitò a
spostare le iridi dorate su
Jacken, poi lo riportò placidamente sulla figura che lo
stava deridendo.
«Questa
conversazione… è durata
anche troppo per i miei gusti.»
Kuria
notò che sembrava
leggermente contrariato.
“Oh!
Miracolo sta provando un
sentimento diverso dall’apatia.” Si sarebbe messa a
ballare dalla felicità,
peccato che la situazione non fosse delle migliori. Il suo promesso
sposo aveva
attaccato il giovane di nome Akio al viso, si era ripreso Hikari e
gliel’aveva
consegnata tra le braccia.
«O
sparisci, o ti ammazzo.» Tipico
del principe minacciare di morte.
Quella
era, per Kuria,
un’ulteriore prova della decisone quasi irrevocabile di
Sesshomaru nei suoi
confronti. Sospirò stanca.
Aveva
difeso sua sorella. Ciò per
un demone come lui, indifferente a ogni cosa tranne che se stesso, era
il
chiaro segno che la riteneva già come parte integrante della
sua ‘famiglia’.
Nessuno poteva arrecare danno alla famiglia di Sesshomaru senza pagarne
le dovute
conseguenze.
Da
una parte si sentì emozionata
dall’attaccamento che stava dimostrando nei suoi confronti,
dall’altra era
preoccupata. Non le piaceva quella sensazione di obbligo sociale. La
disgustava!
«Per
ora posso anche andarmene,
ma tornerò!» La figura del cinese scomparve.
«Grazie
Sesshomaru.»
Era
già la seconda volta in un
giorno che lo ringraziava. Eppure non poteva farne a meno,
l’aveva stranamente
aiutata. Poteva dimostrarsi insensibile di fronte agli occhi addolorati
della
compagna, favoreggiando un matrimonio che avrebbe aggiunto splendore
alla
famiglia reale. Invece era stato ‘buono’ e aveva
fatto come gli era stato
silenziosamente chiesto.
«Tua
sorella dovrebbe imparare a
stare più attenta quando combatte.» Le
indicò un punto violaceo sulla nuca. Era
stata colpita di spalle!
«Infido
verme!» Soffiò tra i
denti quelle parole velenose. Il suo odio per quel personaggio cresceva
a
dismisura. In un attimo le passarono davanti agli occhi le immagini
degli anni
a palazzo con Sesshomaru. Un susseguirsi di eventi o umilianti, quando
non
c’era il generale, o noiosi. Rabbrividì alla
possibilità che anche sua sorella
potesse subire lo stesso destino, oppure uno peggiore: da deportata.
Scacciò
quelle immagini e i suoi
fantasmi del passato. Hikari aveva bisogno di cure, non capiva
perché non si
fosse ancora svegliata. Tornarono tutti allo spiazzo
dov’erano prima, Kuria
fece stendere sua sorella per terra e, con l’aiuto
volenteroso di Rin, prese
dell’acqua dal fiume. Bisognava bagnarle il viso.
Calò
la sera in fretta. La demone
sentiva il bisogno impellente di chiudere gli occhi e rilassare le
membra per
qualche ora, sapeva che era un segno di debolezza ma non le interessava
Perché
in ogni caso la stanchezza sarebbe prevalsa su di lei. Nonostante
ciò ancora
non si era distesa, troppo in pensiero per Hikari. I muscoli le
gridavano
pietà.
Era
al limite della sopportazione
quando sentì qualcosa arrotolarsi intorno a lei, per
sollevarla in aria e
posarla, con grazia, proprio sulle gambe incrociate di Sesshomaru. Dopo
un
primo momento di confusione prese fiato per protestare.
«Non
fare storie. Sono giorni che
non fai un sonno decente, si vede bene. Dormi, non vorrei che domani
mattina
svenissi per la stanchezza. Mi verrebbe voglia di mollarti
qui.» Freddo,
preciso, calcolatore. Sesshomaru non conosceva la delicatezza!
La
giovane dai capelli neri come
la notte sentì ribollire la rabbia dentro di se, ma stette
zitta. Anche se
gliel’aveva detto in modo estremamente duro, anzi al limite
del maleducato,
aveva ragione. Era stanca! Non aveva le forze per mettersi a litigare.
Comunque
sbuffò sonoramente, esprimendo tutto il suo disappunto per
quella posizione
equivoca.
«La
terra è sicuramente più
comoda di te!» Voltò il viso in direzione opposta
a quella del demone maggiore,
il naso all’insù.
«Non
dire stupidaggini. Qualche
secolo fa il tuo parere era leggermente diverso da ora, ci hai dormito
molto
bene in quella gita che organizzò mio padre.» Era
stato durante una primavera
particolarmente fruttuosa per il Generale. In quell’occasione
Kuria si era
divertita come non le accadeva da tanto tempo, aveva giocato con le sue
dame
tutto il tempo a rincorrersi, mangiato manicaretti che normalmente non
toccava
mai per orgoglio e per imitare Ino no Taisho e infine stremata, una
volta
seduta per terra di fianco a lui, il sonno l’aveva colta di
sorpresa.
Sesshomaru ricordava chiaramente che nell’incoscienza del
dormiveglia lei gli
chiese di poter restare appoggiata al suo petto per dormire.
Colpita
e affondata. Kuria
arrossì violentemente, tossicchiò, ma stette in
silenzio. Infondo il suo
‘fidanzato’ non aveva mai allungato troppo le mani
su di lei. Se si escludeva
qualche avvenimento, per cercare di dominarla.
Per
fortuna aveva avvisato
Inuyasha e gli altri della sua sparizione temporanea. Sperava non
accadesse
nulla di grave durante la sua assenza o non se lo sarebbe mai
perdonato. Hikari
aveva bisogno di cure e Kuria era pur sempre sua sorella maggiore.
«Sesshomaru?»
Lo chiamò incerta,
sembrava che stesse dormendo. Il suo volto si rilassava quando chiudeva
gli
occhi, era ancora più bello.
«Dimmi.»
mosse solo le labbra in
principio, poi puntò i suoi splendidi occhi dorati su Kuria.
«Vorrei
affidarti Hikari.»
«L’amore
che ti lega a Inuyasha è
più forte di quello che provi verso il vero sangue del tuo
sangue?» Inarcò un
sopracciglio. Non capiva perché tanto amore verso
quell’inutile insetto.
Inoltre sentì una punta d’invidia trapassarlo nel
cuore.
Cos’aveva
Inuyasha di speciale? Un
mezzo demone insignificante in confronto a lui, che era chiamato anche
il
demone puro.
«Smettila!
L’ho cresciuto da sola
fin da piccolissimo! Come puoi… Insomma no! Inuyasha
è molto importante per me.
Inoltre lui mi ha sempre compreso. Pensaci Sesshomaru e capirai
perché provo
tutto questo affetto. – Calcò bene quella parola -
Inoltre voglio bene anche a
Hikari! Eppure sono certa che stando con te sia al
sicuro…» non concluse la
frase abbassando il tono della voce a un sussurro. Com’era
difficile ammettere
che il principe dei demoni era più forte di lei!
«Dormi.
Ne riparleremo domani.» Le
intimò frettolosamente, trattenendo uno sbuffo. Non si
aspettava una simile
accondiscendenza, arrivare ad affidare la libertà della
sorella proprio a lui.
Voleva chiudere il discorso il prima possibile, il viso di lei lo
confondeva e
lo faceva sentire strano.
“Sto
cambiando Sesshomaru, l’orgoglio
sto imparando a metterlo da parte quando devo. Quando anche tu farai lo
stesso?” si domandò Kuria, lasciandosi cullare
verso il mondo dei sogni.
«Padre vi prego fate qualcosa! Vogliono
portare via Eileen.» aveva
gridato una delle sue sorella al proprio padre, usando il nome
occidentale
della demone.
Inu no Taisho aveva diviso Kuria e Sesshomaru
durante la zuffa e
ricondotti al palazzo. Nello stesso momento la regina aveva dato la
notizia del
fidanzamento imminente della più giovane delle sue figlie.
Se inizialmente per le sue sorellastre maggiori
accettarla non fu
facile, in quanto nate da un altro matrimonio e con il sangue che
proveniva
solo da quella terra, le ultime sei le si erano legate. Soltanto la
più anziana
la sminuiva in continuazione, la umiliava ogni volta che poteva e le
aizzava
contro la corte. L’antico signore di quel regno, dopo il
divorzio, era rimasto
a palazzo a vivere in quanto di nobile stirpe. Si era sempre comportato
bene
con Kuria, trattandola quasi al pari una figlia propria.
«Che cosa? Nessuno andrà via
di qui contro sua volontà!» Disse lui
sfidando con lo sguardo verde smeraldo i due youkai provenienti da
oltre la
Cina.
«Non possiamo farci nulla Derik. Sono i
voleri del vero padre di Kuria.»
Sua madre invece preferiva da sempre il nome giapponese, probabilmente
in
ricordo del suo amante? Mai avuto risposta a quell’enigma.
La regina sapeva nascondere bene il dolore provato
per quel distacco e
per l’odio improvviso della figlia nei suoi confronti. Eppure
sfidare il suo futuro
suocero sarebbe stato solo causa di guai. Si trovava costretta a
ubbidire!
«Non è cosa che mi interessi.
Nessuno si fa i suoi comodi a casa mia!
Combatterò se necessario.»
«Stolto demone.» si
limitò a sussurrare il generale cane, guardando lo
sfidante con astio represso. Non era di certo sua intenzione fare del
male alla
giovane.
«No! – Kuria si parò
di fronte al padre delle sue sorelle, una delle
poche persone che la trattasse con sincera gentilezza. Non voleva che
fosse
ferito, o peggio, morisse. – Verrò con voi
generale, ma non combattete contro
mio padre!» Fissava Inu no Taisho con rabbia, anzi rancore,
ma sapeva di
doversi piegare. Sesshomaru fu sorpreso sentendo la promessa definire
il
patrigno come un padre, ma non commentò.
«Sorella!» Un gemito di
sofferenza da parte di una delle maggiori e poi
i dissensi si placarono definitivamente.
La discussione che ne seguì fu lunga ed
esasperante. Il viaggio per
andare in Giappone, cioè per Kuria un altro mondo, fu anche
peggio. Sesshomaru
era fastidioso con quelle continue frecciatine di
superiorità maschile. Il
grande generale per lo più li lasciava litigare, sorridendo
di nascosto in
alcuni momenti. Kuria era la donna giusta per Sesshomaru, ne era
più che certo.
Quando giunsero a palazzo lei aveva già
da tempo compreso che la fuga
non sarebbe stata facile. Era da calcolare con precisione, astuzia. Non
sarebbe
mai potuta tornare a casa, lo sapeva bene, l’avrebbero
ripresa. La sua vita le
parve chiara, fuggiasca per sempre.
Peccato che la gente di quella splendida prigione
dorata le incutesse
inquietudine.
Mentre
Kuria sognava, agitandosi
e corrugando la fronte in varie espressioni di acuto fastidio, da fuori
Sesshomaru la osservava incuriosito.
Erano
trascorsi molti anni
dall’ultima volta che si erano parlati senza insultarsi a
vicenda. Non capiva
cos’avesse detto quella notte per farla arrabbiare.
Per
qualche ora entrambi
ritornarono ai loro problemi del passato, dimenticandosi di Naraku, i
sette
mercenari e anche Inuyasha. Analizzando, coscientemente e
incoscientemente, il
tempo passato assieme prima della nascita del piccolo mezzo demone.
Sesshomaru
cercando di capire,
incoscientemente, quale grave errore avesse commesso tempo addietro,
Kuria
tentando ancora una volta di lasciarsi il passato alle spalle.
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Capitolo 23 *** Dubbi ***
Dubbi
La
notte volò in fretta e la dea
Amaterasu riprese il suo posto nel cielo molto presto. Il Sole giungeva
di
nuovo, scacciando incubi e paure, rilassando gli animi atterriti delle
varie
compagnie guerriere e infastidendo Naraku.
Le
riflessioni dei due demoni
maggiori erano durate ben poco, contendendosi ancora per qualche tempo
il
premio al più orgoglioso. Kuria era sicura di avere ragione
e così anche
Sesshomaru. Ciò fu dimostrato dalla litigata che avvenne
quella mattina. Un
tremendo boato scosse la foresta, i due ‘amati’
cercavano nuovamente di
uccidersi a vicenda.
Per
quanto uno avesse ben mezzo
millennio alle spalle e l’altra tre secoli spaccati, si
comportavano ancora
come due adolescenti immaturi!
Il
risveglio della povera Hikari
fu, quindi, abbastanza traumatico e stressante. In primo luogo non
riuscì a
capire subito dove si trovasse, la sua mente aveva vagato nei regni del
sonno
per troppe ore, e poi perché quando quei due ci si mettevano
erano davvero
rumorosi!
«Piccioncini
so bene che il
vostro amore è cosi forte da sfociare nell’odio
più profondo, ma si dà il caso
che io abbia ancora un certo mal di capo!» strillò
irata.
Non
poté far a meno di
rabbrividire notando l’occhiata feroce che le rivolse sua
sorella maggiore,
sembrava che la volesse mangiare! Cosa le aveva fatto per meritarselo?
«Taci
piccola scema! Hai idea
dello spavento che mi hai fatto prendere? Rischiavi di essere deportata
in
Cina. Ah dannazione! Sesshomaru ma non hai un po’ di onore?
Stavo parlando e
per giunta ti davo le spalle, scemo!».
Kuria
si era dovuta spostare
quando, mentre sgridava da lontano la sorella, le era arrivata a un
millimetro
dal braccio la frusta di luce. Aveva quindi fatto un balzo
all’indietro tirando
su una gamba, nella posizione della gru.
«Non
ti dovresti distrarre. Si
vede che siete sorelle, eh! Non osare insultarmi, bambina
capricciosa!» Con uno
scatto le fu davanti. La sua figura alta e imponente sovrastava quella
della
futura moglie che non si lasciò intimidire. Puntandosi una
mano sul petto e
piegandosi leggermente in avanti, con una mano ben salda su
un’anca gli fece
presente tutta la sua indignazione.
«Scusa,
chi sarebbe la bambina
capricciosa?»
«Mi
fa piacere sentirti chiedere
scusa, per una volta, ma sei tu. Anche se possiamo includere benissimo
Hikari,
ma lei è meno isterica.» Il suo sarcasmo fece
ringhiare Kuria e ridere Hikari.
«Lo
prenderò come un complimento,
principe!»
Il
resto dell’improvvisato gruppo
ormai non faceva più caso né alle litigate tra
Sesshomaru e Kuria, né alle
repliche scocciate o divertite di Hikari. Rin raccoglieva fiori, faceva
coroncine e stava sotto lo sguardo vigile di Kage, Ventus era
appollaiato su un
ramo a fare da vedetta e Jacken… lui semplicemente
patteggiava mentalmente per
il suo adorato padrone.
«Jacken!»
le strilla si erano
concluse, miracolo!
«Sì,
mio signore?» Il rospetto
demoniaco si tirò subito in piedi, più veloce di
una molla, con gli occhi
brillanti.
«Andiamo
sul monte Hakurei.
Voglio trovare quel bastardo di Naraku e sconfiggerlo.»
Ordinò incamminandosi.
«Ehi
Sesshomaru! – lo richiamò
una voce leggermente irritata, voltandosi vide Kuria con il viso
corrucciato,
occhi chiusi e braccia al petto – non ti sembra di
dimenticare qualcuno?»
«È
talmente ovvio che non potete
venire, non mi sono sprecato in parole inutili. Tuttavia dovevo
intuirlo che sei
troppo sciocca per arrivarci.» l’ultima frase era
stata pronunciata di
proposito per sbeffeggiarla.
«Cosa?»
Boccheggiò al suono di
quelle parole. Davvero il suo possibile fidanzato voleva morire tanto
giovane?
Perché cercava di tirare fuori la bestia che c’era
in lei? Forse, si disse, era
autolesionista.
«La
prima gallina che canta ha
fatto l’uovo Sesshomaru!» agitò un pugno
in aria furiosamente, nel frattempo il
suo adorabilissimo e freddissimo principe si era incamminato senza
più
ripensamenti verso la montagna sacra.
«Dai
non ci pensare sorellina.
Guarda il lato positivo della faccenda, potrai passare
l’intera giornata con
noi. La tua adorabile famigliola felice e strampalata!»
Hikari sembrava essersi
ripresa e sorridendo si era messa vicino a Rin. Circondando i due
servitori e
la bambina che le esili braccia.
Kuria
sentì pulsare una vena
sulla fronte, il corpo teso al massimo dalla rabbia e indignazione.
«Se
non vuoi morire Hikari, mia
dolce sorella, taci!» le intimò fulminandola con
lo sguardo.
«Eh
già, è proprio vero che le
pene d’amore rendono nervosi. Nonostante ciò dopo
la litigata si può sempre
fare pace, no? Potresti trovare molti modi…»
amicò la più giovane delle due
sorelle.
«Come?
quali modi signorina
Hikari?» domandò con voce innocente Rin, fissando
Kuria e Hikari
alternativamente. Si era creato un silenzio imbarazzante.
«Ringrazia
la tua buona stella
sorellina, oppure ora saresti cibo per qualche animale.»
Era
incredibile la spudoratezza
della più giovane, non provava un briciolo di paura. Se
Kuria avesse usato un
tono simile contro Inuyasha quello si sarebbe spaventato a morte,
oppure no?
Infondo avevano sempre scherzato per quanto lei si dimostrasse
infuriata,
possibile che la sua fama di demone pauroso fosse una finta?
“Bah,
alla fine la mia intera
vita è una finta, quindi che problema ci sarebbe.”
L’ultima constatazione era
altamente amara. Perdere la sua aura di rispettabilità
sarebbe equivalso a…
morire dentro? Forse esagerava questa volta.
Sospirò
svogliata. Quel
fidanzamento le stava togliendo la carne di dosso. Era tremendo!
Lasciata
la sorella a narrare
qualche sciocca storia alla piccola Rin, Kuria si allontanò
in fretta. Si
sedette a gambe incrociate sulla riva del fiume, pose le mani in segno
di
meditazione, inspirò ed espirò lentamente. Quando
finalmente la concentrazione
fu ritrovata aprì gli occhi alzandosi in piedi.
Sentiva
il fruscio frondoso degli
alberi causato dal vento, il picchiettare regolare delle gocce
d’acqua contro
le rocce del fiume. In quello stato di tranquillità assoluta
mosse il piede
destro in avanti, in direzione del Sole sorgente e parallelo al
sinistro. Le
braccia al petto e le dita reclinate come artigli letali verso il palmo
della
mano. Sollevò con grazia e leggerezza il piede spostato,
allungandolo sopra la
testa, per rimanere in equilibrio sulla gamba sinistra qualche minuto.
Poi
assunse la posizione della
gru ed estrasse Yoso. Altri respiri profondi che precedevano uno
sforzo, il
piede sinistro si sollevò sulle mezze punte per ruotare
nella direzione del
fiume.
La
spada ben tesa davanti a se
tracciò un quarto di cerchio.
«Mizu.»
Uno strato d’acqua,
oppure è meglio dire una parete, prese forma, come una
piccola cascata curva.
Il tracciato era lo stesso di quello fatto dalla spada, come una
proiezione.
Nonostante ciò a Kuria ancora non bastava.
Girò
la lama della katana, da
orizzontale a verticale, e tracciò una parabola con
concavità verso il basso.
La cascatella rimase, ma il tracciato che venne a formarsi dopo fu
diverso. Era
come un tubo d’acqua.
Riposò
il piede sul terreno,
facendo un affondo e muovendo in circolo l’arma.
L’acqua si spostò come il
nastro di una ginnasta, seguendo il percorso tracciato.
Senza
nemmeno rendersene conto
Kuria stava ballando, una danza silenziosa, fatta di agili passi,
veloci e
scattanti. Una danza pericolosa, che faceva perdere la connessione con
lo
spazio e il tempo.
Poco
dietro le fronde degli
alberi Sesshomaru, partito solo per finta si potrebbe dire, osservava
la futura
consorte. Bella come solo lei poteva esserlo, una vera regina, sia nel
campo
militare che in quello di eleganza, anche se di buone maniere era un
po’
carente.
In
principio l’aveva considerata
come una palla al piede, un castigo, un’imposizione caduta
dall’alto, ma con il
trascorrere degli anni la forza di quella ragazza gli era entrata
sottopelle.
Come dell’erba selvatica, un fiore che metteva radici ovunque
andasse.
Quel
corpo agile e perfetto, i
suoi capelli color della notte che ondeggiavano trasportati da una
lieve brezza
fredda, gli occhi color dell’acqua. Il carattere indomabile,
ma non stupido.
Tutto
di lei lo attraeva, dai
lati positivi a quelli negativi. Stava proprio lì la sua
preoccupazione. Kuria
era come una calamita, se non gli avesse opposto resistenza si
sarebbero
scontrati. Sarebbe stato attratto, cadendo nella trappola di una
femmina. Quale
disonore peggiore di quello?
«Se ti sto cosi antipatica
perché non sciogli questa farsa? Non ha
senso! Ci stiamo facendo del male a vicenda, a che pro inoltre?
Sesshomaru per
i Kami ragiona!»
Così
gli aveva urlato una volta a
palazzo. Vestita di tutto punto nel suo abito principesco, che
però le impediva
i movimenti veloci e scattanti che stava riproducendo in quel momento.
Già
perché legarla a sé quando
faceva di tutto per allontanarla e ripudiarla? La maltrattava buona
parte delle
volte, come a scacciarla, ma appena la demone si allontanava la
inseguiva
ossessivamente.
«Io sono il vento e come tale devo
vivere.»
Sì,
Kuria e Kagura erano molto
simili, lottavano entrambe per lo stesso fine, la libertà.
Caparbie e testarde,
uniche nel loro genere. Donne ribelli, con l’unica differenza
che Kuria era
molto più forte caratterialmente. Non si abbassava mai a
chiedere aiuto,
piuttosto rischiava la morte in battaglia. Gli aveva già
dato prova di ciò più
volte, rompendosi varie ossa, o perdendo troppo sangue in
combattimento.
Intanto
la giovane guerriera aveva
preso ad allenarsi, attuando affondi e spostamenti sia del corpo che
della
katana demoniaca. Le piaceva sentire quella spada particolare che
rispondeva ai
suoi comandi, si sentiva in sintonia con il mondo.
Fu
per testare l’attenzione della
compagna che Sesshomaru si posizionò alle sue spalle
estraendo Tokijin e
attaccandola. Kuria avvertì semplicemente una forte aura
demoniaca alla
schiena, fece appena in tempo a ruotare per intero il busto in modo
tale da
frapporre la sua spada tra il colpo dell’avversario e il suo
corpo. Per infine
darsi una spinta all’indietro saltando e atterrando poco
più in là.
«Sesshomaru?»
Lo guardò
perplessa. Non era andato via?
«Fare
esercizi a vuoto ti servirà
a ben poco. Combatti Kuria, dimostrami che sei migliorata!»
Le
folate di vento erano
aumentate e producevano, nel silenzio assordante della foresta,
l’unico suono.
Per
qualche tempo Kuria rimase
allibita da quella proposta, gli occhi spalancati e il respiro
affannato. Poi
però si rese conto che effettivamente non c’era
nulla di strano, anzi le
piaceva l’idea di combattere, assunse
un’espressione di sfida, quasi arrogante.
«Come
preferisci Sesshomaru!» Esclamò
lanciandosi all’attacco, dandosi lo slancio con il piede
sollevato
appoggiandolo a terra d’improvviso per spiccare un salto in
avanti.
Se
davvero il suo unico desiderio
nei suoi confronti era combattere non si sarebbe tirata indietro. Era
nata per
fare quel mestiere, la guerriera, non di certo per essere una moglie
silenziosa
e devota!
“Se
solo tu fossi più gentile e
rispettoso Sesshomaru, ti avrei già sposato da
tempo.”
“Se
solo tu fossi meno ribelle e
testarda Kuria… forse non ci ritroveremmo qui in questo
istante.”
Dopo
quei pensieri simili
entrambi chiusero i loro cuori, pronti a iniziare l’ennesima
battaglia.
“L’acqua caduta dal vaso non
torna indietro, ciò che è fatto ormai
è
storia.”
Le
si abbatté sul proprio
compagno lanciando un urlo di guerra tremendo, degno di una demone
aquila qual era.
Lui si limitò a parare il colpo corrucciando il viso in una
smorfia d’odio.
Pur
avendo una veneranda età si
comportavano come dei cuccioli troppo orgogliosi e non sapevano che
qualcuno,
che fu molto più potente di loro messi insieme, li osservava
da lontano con sguardo
di rimprovero.
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Capitolo 24 *** Quando amare sembra una maledizione ***
Quando amare sembra una maledizione
Qualsiasi
essere vivente nel
corso della sua vita, presto o tardi, prova un sentimento denominato
amore.
Tuttavia non c’è bisogno che ciò
scaturisca verso una persona del sesso
opposto, anzi potrebbe nascere dell’amore nei confronti di un
oggetto, o del
proprio animale da compagnia, o ancora per se stessi.
Eppure
Kuria era convinta che
Sesshomaru non avesse mai provato un sentimento come l’amore,
lui stesso se ne negava
la possibilità perché troppo… umano!
Un
pensiero tanto sciocco e piena
d’ignoranza che solo chi ha paura di provarlo,
l’amore, può inventarlo e
raccontarselo. Non era amore paterno quello per Rin? Non provava
gelosia ogni
volta che Kuria rivolgeva la sua attenzione a Inuyasha? La risposta era
sì,
provava quei sentimenti. Si repelleva per ciò, si odiava e
soprattutto odiava
Kuria perché glieli aveva fatti conoscere e provare. Era
convinto che fosse
solo colpa sua.
Lei
e i suoi capelli color
dell’onice, con quegli occhi limpidi, sinceri, fieri,
ribelli, che potevano
tranquillamente attraversarti da parte a parte, e fulminanti! Lampi
nella
notte.
Kuria
era tremendamente e sempre
sé stessa, non si nascondeva dietro a qualche maschera di
finzione. Dolore,
rabbia, gioia, ogni sentimento passava con naturalezza sopra quel viso
deformandolo in tristi smorfie dolorose, oppure abbellendolo con un
sorriso che
valeva ben più di qualsiasi gemma preziosa. La
realtà era che sapeva bene che
la giovane in potenza contro di lui poteva poco e nulla, per quanto
fosse stata
ben addestrata il suo sangue per quanto potente non le permetteva
granché nei
loro scontri, ma se si entrava nel campo dei sentimenti lei vinceva.
Quale
disonore essere battuto così facilmente da una donna.
Un
valido esempio di come i
sentimenti influissero sulla forza della demone era il modo in cui lo
stava
sconfiggendo. Sì, lui il principe dei demoni, che un giorno
sarebbe diventato
Re, stava per essere battuto dalla sua futura consorte. Un vera e
propria
lacerazione dell’orgoglio, quale umiliazione insopportabile!
Kuria
lo stava incalzando,
costringendolo a ripiegare e a retrocedere. Attaccava spinta da un
sentimento
di rivalsa, voleva vincere! Sesshomaru lo poteva capire solo
dall’aura
combattiva e demoniaca che si espandeva nell’aria. Non
s’era mai reso conto che
nei lunghi viaggi da lei compiuti in quei cinquant’anni il
suo potere si era
tremendamente sviluppato.
Era
stata la noia a portarla a
voler accrescere il proprio potere, oppure il dolore per la perdita di
quel
piccolo mezzo demone, che come un idiota si trovava addormentato su un
albero
sacro. All’ultima ipotesi gli ribollì il sangue
nelle vene, più entrambi
combattevano più svariate ipotesi e vecchi rancori tornavano
a galla. Placcò il
colpo di Yoso, fissando la sua padrona come a volerla respingere e
attrarre nel
medesimo tempo. Il contraccolpo fu talmente potente che Kuria si
ritrovò
sbalzata all’indietro per un paio e più di metri.
Atterrò
con un tonfo sordo,
cadendo sulla schiena e sollevando un po’ di terra polverosa,
anche quella sera
i lividi sarebbero stati assicurati, ma l’importante era non
battere la testa.
Una
brezza gentile soffiò sui due
poveri animi feriti. Lenendo le ferite, causate dalla loro reciproca
ottusità e
portando un odore delicato di foresta, fiori e pulito.
L’odore del monte
Hakurei. Nel creare tutto quel trambusto si erano dimenticati della
guerra e di
Naraku!
Kuria
spalancò gli occhi e si
batté una mano sulla fronte dandosi della stupida.
«Non
era una novità Kuria,
peccato che tu lo scopri solo oggi.» Replicò
Sesshomaru alle parole di
autocommiserazione della sua futura sposa con tono seccato e forse
anche un po’
irritato. Lei non lo ascoltava.
«Avevo
detto che sarei stata un
po’ via, ma in totale quanto tempo è passato? Un
giorno, due? Siamo alle solite
quando sono con te perdo la percezione del tempo!»
rinfoderò la spada
scaricando tutta la colpa della sua immane distrazione sul principe dei
demoni.
Pareva non aver neppure sentito le parole di scherno che le erano state
rivolte.
Quest’ultimo
si limitò ad alzare
un sopracciglio: «Se sei tonta la colpa non è mia.
Oppure vorresti dire che
sono potente al punto tale che rimani frastornata?»
L’ultima frase fu pronunciata
in modo vagamente malizioso, da non risultare nemmeno da lui.
«Sesshomaru
stai bene? – Kuria si
portò le mani alla bocca assumendo un espressione
preoccupata. – non è da te fare
dell’umorismo!»
“Padre
ma che razza di moglie mi
avete scelto?” si chiese scettico Sesshomaru. Scosse la testa
e le voltò le
spalle stizzito dal non essere stato preso sul serio, rivolgendole
un’occhiataccia
prima d’incamminarsi.
«Non
muoverti da questo luogo e
non osare neppure salire sull’Hakurei.» Le
intimò cercando di essere il più
autoritario possibile.
«Perché?
Se no cosa mi fate vostra
tirannia?» chiese beffarda la mezza inu youkai, sfidandolo
con le parole.
«Io?
Kuria, sciocca donna,
salendo sull’Hakurei rischieresti di rimanere purificata.
– si voltò e alla sua
super velocità tornò indietro. Le
schiacciò la mano sul cuore. – quanto ci
metterebbe la barriera a ucciderti? Il tipo cinese in media dovrebbe
impiegare
qualche ora a rapire tua sorella, lasciandosi indietro delle stragi.
Sì,
ragionevole! Con Hikari c’è anche Rin e, per
quanto tu debba averle passato
qualcosa, lei non sarà mai forte abbastanza per combattere
contro un demone. A
te la scelta.»
Kuria
sentì il suo cuore venire dilaniato
in più parti. Doveva scegliere un’opzione andare
da Inuyasha, mantenendo la
promessa fatta a Izayoi anni addietro, oppure rinunciare per proteggere
Rin?
Andare o no? Chi amava di più?
La
sua espressione si fece vuota
e scivolò per terra atterrando sulle ginocchia, in capo
chino a fissare la
terra sotto di sé. Sesshomaru non riusciva a credere di
averla battuta con
quelle poche e semplici parole, neppure troppo offensive. Vederla in
quello
stato gli fece nascere l’istinto di sollevarla e scuoterla.
Mai prima d’ora gli
sembrava più arrendevole o peggio, fragile! Al contrario di
tutte le sue
ipotesi non sopportava di vedere una donna tanto potente abbattuta,
come un
soldato che si ribella all’idea di compatire un commilitone
in fin di vita
perché non intende accettare la fine di
quest’ultimo.
Eppure
per un attimo si chiese
cosa davvero sapesse della donna che gli stava prostrata davanti senza
vitalità.
Era come un corpo vuoto, una bambola con uno scheletro.
Stranito
dai suoi stessi
sentimenti si comportò in maniera codarda, anche se sulle
prime pensò d’aver
fatto l’indifferente. Le voltò le spalle e si
allontanò verso quella montagna
sacra. Avrebbe sconfitto Naraku un giorno e trasversalmente vendicato
anche
quell’attimo di debolezza che Kuria aveva dimostrato.
Dall’altra
parte Kuria s’era a
mala pena resa conto d’esser stata lasciata sola con se
stessa. Le mani premute
contro il terreno e la schiena volta verso il cielo oscurato da forti
nubi.
“Che
cosa devo fare? Izayoi dammi
un segno!” volse lo sguardo verso il cielo aspettando
trepidante un aiuto, un
ordine, qualsiasi cosa.
“Difendi i più
deboli.” In realtà a parlare fu una
voce nota e
maschile, ma che non riuscì a riconoscere dentro il casino
della sua mente.
Mentre si rialzava lo strillo di un’aquila le
segnò l’imminente arrivo del suo
fedele servitore, allungo il braccio per accoglierlo. Sistemandosi
l’abito come
meglio poteva.
«Mia
signora dobbiamo spostarci.
La barriera dell’Hakurei è caduta e ora un sacco
di demoni sembrano stare
scappando, se non facciamo in tempo sua sorella e Rin rischieranno di
morire!»
l’avvertì parlando e sbattendo le ali piumate
concitatamente.
«Fammi
strada Ventus.» Gli intimò
la giovane, preoccupata per le sorti di quella che poteva essere anche
detta la
sua compagnia.
Arrivarono
appena in tempo, la
piccola barriera protettiva eretta da Hikari stava cedendo. Jacken era
andato
con Sesshomaru. Kuria scattò verso il corpicino della
bambina sollevandolo con
le braccia e poi si caricò sulla schiena quello della
sorella.
«Via
di qui!» ordinò ai suoi due
servitori. Dovevano allontanarsi e trovare una grotta, qualsiasi posto,
bastava
che fosse riparato. Finalmente a furia di cercare scovarono un vecchio,
anzi
vecchissimo, capannone da caccia abbandonato. Il legno sembrava mezzo
marcito e
sul focolare c’era della cenere bagnata, colpa
dell’umidità oppure del tetto di
paglia.
“Meglio
non lamentarsi, potevamo
anche non trovare niente e rimanere all’aperto.”
Pensò Kuria adagiando il corpo
svenuto di Hikari al suolo e poggiando Rin in piedi, lei era sana. Per
coprire
il corpo della sorella dal freddo pungente, che stava calando sulla
terra,
Kuria si levò il kimono bianco regalatole da Sesshomaru,
rimanendo con la sua
armatura occidentale. Aprì le ali e le mosse un paio di
volte per vedere come
stavano. Erano in perfetta forma, un’ottima notizia in quel
mare di schifezza.
«Signorina
Kuria?» chiese Rin e
in quella domanda si poteva sentire tutta la sua paura.
«Non
ci rimane che attendere il
ritorno di Sesshomaru piccola Rin, per ora non possiamo… non
possiamo proprio
fare altro.»
Pensava
che mai si sarebbe arresa
al destino che la voleva protetta da un uomo, ma in quel caso, per il
bene di
tutti, doveva cedere. La lupa difende i suoi cuccioli rimanendo nella
tana e il
lupo esce a combattere, i ruoli vanno divisi. Tutto insieme non si
può fare
quando si è da soli.
“Kami
fate che non succeda nulla
di brutto sull’Hakurei. Per una volta, almeno questa,
ascoltate le mie
preghiere” Non sapeva che sarebbe stata in balia del suo
amore e dei suoi
sentimenti per altri, svariati, giorni. Il momento della riunificazione
con
Inuyasha e i suoi amici si prospettava molto, molto lontano.
“Sango,
Miroku, Shippo, Kirara, Kagome…
Inuyasha spero che ve la caviate. Ho dovuto fare una scelta, mi
dispiace.” In
lontananza si potevano sentire dei tuoni e vedere diversi lampi, che
rischiaravano a giorno l’abitacolo.
“Spero
che questa bagnarola di
legno regga al temporale che sta giungendo.”
La
tempesta giunse e infuriò per
diverse ore, l’oscurità calata era cosi fitta che
nemmeno gli uccellini osavano
cantare, spaventati.
«Signorina
Kuria il mio stomaco
fa male.» Rin fu la prima a spezzare il silenzio. Sicuramente
nel cielo, sopra
le nubi era ormai sorto il Sole, peccato che non si vedesse. La notte
si
confondeva con il giorno.
Kuria
spalancò le braccia e
incitò Rin a farsi abbracciare, la bambina non se lo fece
ripetere fiondandosi
su quel corpo caldo e amorevole. La guerriera sapeva cosa voleva dire
avere la
pancia che ruggiva affamata, tuttavia neppure volendo avrebbe potuto
farci
qualcosa.
«Devi
essere forte bambina mia,
nessuno di noi può lasciare questo luogo. Cerca di
dormire.» Le baciò la
fronte, cullandola fra le sue braccia. La piccola si
addormentò pensando al suo
signor Sesshomaru, mentre Kuria vegliò sui loro sogni,
cercando di mantenere la
concezione del tempo.
“Non
importa se non ci troverà,
appena questa tempesta sarà cessata ci sposteremo.
È pericoloso rimanere in un
unico luogo per troppo tempo, temo.”
Con il
tempo si sarebbe ripresa,
tornando a essere la sfrontata ragazza che non temeva niente e nessuno,
arrendendosi all’idea che Inuyasha era circondato da persone
che lo amavano
anche lei poteva andare avanti.
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Capitolo 25 *** Non mi farò intimorire da nulla ***
Non mi farò intimorire da
nulla
Una
donna dai capelli scuri, neri
come la notte, si aggirava per una delle tante foreste della Cina,
irrequieta e
tesa aspettava l’arrivo di un’altra donna, la quale
era il suo esatto opposto
fisicamente e caratterialmente.
Come
ogni madre era preoccupata
per la salute della sua prole e le sue azioni erano tutte tese verso la
salvezza di quest’ultime. Erano decenni che non aveva
occasione per vedere le
sue figlie, non era nemmeno sicura che fossero in salute o sane di
mente. Il regno,
le sue altre figlie più grandi, soffocavano le sue
apprensioni, ma… impedirsi
d’agire era stato impossibile! Al diavolo le conseguenze che
le sarebbero
ricadute addosso, di sé stessa non gliene fregava nulla.
Come poteva
dimostrarsi egoista quando le sue adorate bambine rischiavano la loro
felicità?
“Quella
donna è più lenta d’un
bradipo. Lei e quella sua stupida eleganza, orientali! Loro e la loro
ossessione per la perfezione.” quindi, irritata come mai,
decise che insultare
gli inu youkai e gli orientali fosse un gran bel passatempo.
Finalmente,
con un lampo di luce
bianco, la signora dell’ovest si presentò al suo
cospetto. L’altra regina alzò
un sopracciglio nell’osservare la nuova arrivata, i capelli
bianchi e perfetti,
i vestiti di seta molto eleganti, le scarpine ai piedi.
“Sì,
una perfetta bambola di
porcellana, ci credo che Taisho alla fine abbia preferito
un’umana. Tra
perfezione e noia assoluta – sorrise sarcastica –
la distanza è nulla” non
riusciva a frenare i commenti maligni nella sua testa.
«La
madre di Kuria, presumo.»
Esordì con molta calma e altrettanta freddezza la inu youkai.
“No,
sua nonna!” Quella donna le
dava seriamente sui nervi, contaminando i suoi metodi autoritari.
Trattane un
sospiro pesante e si preparò a parlare. La faceva ritornare
ai tempi in cui era
ancora una ragazzina sfrontata dalla lingua troppo lunga.
«Sì,
è esatto. Credo anche che
lei sappia già perché le ho chiesto
d’incontrarci, vero?»
«Sì
e stranamente sento di
trovarmi completamente d’accordo con le sue idee. Non
avrà bisogno di
convincermi.»
Niham,
madre di Kuria e Hikari,
sorrise, inclinando le labbra in maniera furba, come chi sa di aver
già vinto
una guerra e uno sguardo di vendetta le si dipinse sul volto.
***
Lontano
da quelle vaste terre
Kuria, Hikari e Rin stavano mangiando del cibo catturato dai due
animali
demoni. Certo la carne non era proprio il massimo da mangiare, cibo
impuro, dal
punto di vista della giovane demone, ma sua sorella Kuria e anche la
piccola
Rin sembravano non curarsene più di molto. Una
perché priva di cultura alcuna,
ovviamente non per colpa sua, l’altra perché
cresciuta in un ambiente
totalmente diverso. Hikari si apprestò quindi a mettere
qualcosa nello stomaco,
non voleva svenire di nuovo, non era piacevole o utile.
Ricordava
poco degli ultimi
giorni, che si potevano sommare a quelli passati
nell’incoscienza durante il
rapimento. Sua sorella si era ovviamente apprestata a spiegarle le sue
teorie,
per lei assurde. Non era possibile che un demone come Naraku si fosse
nascosto
all’interno del monte Hakurei!
“Anche
se sono sicura mi farebbe
molto piacere vederlo morire bruciacchiato da una barriera
purificatrice, ‘sto
tizio sembra creare più casini del mio vero padre.”
«Kuria,
per la miseria, ragiona!
Come fa un demone a nascondersi all’interno della barriera
purificatrice?
Semplice non può!»
«Saputella
e allora come me la
spieghi quell’orda di demoni?»
Da
quel momento in avanti presero
a insultarsi più o meno velatamente. Rin iniziava a pensare
che ci provassero
un certo gusto nel punzecchiarsi, anche se non si capacitava totalmente
della
comicità di una simile azione. La bambina scosse la testa e
riprese a giocare
con Kage, doveva ammettere che fosse un’alternativa migliore
rispetto a quel
petulante di Jacken.
La
notte Kuria dormiva poco,
preoccupata per il destino dei suoi altri compagni di viaggio, ogni
tanto il
suo pensiero si soffermava anche sulla figura distante di Sesshomaru,
ma al
momento sembrava quasi che l’avesse rimosso dalla sua testa.
Il
temporale era passato da
qualche giorno e con lui anche l’orda di demoni affamati,
tuttavia Kuria non
sentiva più il bisogno d’abbandonare quella
catapecchia. Hikari borbottava che
sicuramente il ragazzino viziato cinese aveva rinunciato a lei e che
voleva
riprendere la sua strada. La maggiore non le aveva dato il permesso
perché lo
spavento e la paura erano stati troppo forti, anche se comprendeva bene
la
voglia di autonomia.
Sospirò
piano e, chiudendo gli
occhi, immaginò come sarebbe stata la vita di tutti loro con
Inu no Taisho
sposato felicemente assieme a Izayoi, Inuyasha felice, cresciuto dai
suoi
genitori, la sua migliore amica morta di vecchiaia, in
serenità, amata da tutti
e non di morte violenta, dimenticata come un oggetto vecchio e
abbruttito.
Rannicchiandosi
in posizione
fetale si lasciò cullare dall’illusione
dell’odore della sua terra e delle sue
viste, dall’idea di un Sesshomaru privo di pregiudizi e in
pace egli stesso con
il mondo che lo circondava. Lanciò un ultima occhiata alle
stelle brillanti, al
di fuori della finestra, che rischiaravano il mondo durante la notte,
facendo
le veci del sole, poi cadde in un sonno ristoratore.
Non
lontano, ma neppure vicino
Sesshomaru camminava tranquillamente, ignorando i brontolii
dell'insulso servo.
La mente concentrata sull'aura del vestito che aveva regalato a Kuria,
infine
si stava rivelando utile a quanto pareva. Con tutta l'acqua caduta dal
cielo i
giorni precedenti ogni segno olfattivo era stato cancellato, spazzato
via senza
pietà, e la grande quantità di demoni liberati
gli impediva di sentirla
chiaramente come faceva di solito. Chissà se erano riuscite
a trovare riparo.
“A
volte Kuria è talmente
sciocca, se mi avesse dato retta prima di sicuro non saremmo in questa
situazione. Sarà meglio che non si muovano da dove sono ora,
anche se potrei
lasciare qui Jacken per arrivare da loro. No, meglio un altro
metodo.”
«Jacken
aggrappati alla mia coda.»
Ordinò il demone maggiore al suo servo.
«Certo
mio signore, siete troppo
buono…» cominciò il rospetto verde.
Gli
occhi dorati di Sesshomaru
mandarono lampi di fastidio che fecero zittire l'altro subito, pochi
secondi
dopo volavano ad alta velocità nei cieli scuri, in direzione
delle giovani
donne.
Non
troppo lontano, qualche
giorno dopo quella decisione, dal piccolo rifugio si sentivano voci
irritate
fuoriuscire:
«Basta!
Non intendo mangiare
altra carne Kuria!» uno strillo ruppe la quiete della sera.
Hikari sembrava
seriamente intenzionata a rendere la vita della sorella un inferno,
stava
diventando intrattabile.
“Troppo
viziata.” pensava
quest’ultima, con un principio di tic all’occhio.
«Cosa
desidera sua altezza?»
domandò sarcastica la maggiore, braccia strette al petto,
schiena dritta e un
piede che batteva furioso per terra un tempo inesistente, o forse era
la musica
dell'ira della demone occidentale. La voglia di strozzare la bionda
sorella
c'era tutta.
«Pesce.
È cosi difficile da
capire? Manda Ventus a catturare qualche pesce!»
ordinò con tono saputello la
più piccola, indicando con un indice il povero animale.
“Non
sono mica un gabbiano!”
pensò indignata l'aquila.
Quella
convivenza forzata stava
dando i suoi frutti, infondo si sapeva che non bisognava mai mettere
due
soggetti alfa nello stesso branco.
Rin
osservava l'evolversi della
situazione facendo scattare la testa da una contenente all'altra. Non
era
pauroso vederle litigare, ma di sicuro la preoccupazione sul suo viso
aumentava
man mano che le due alzavano la voce.
Di
solito Kuria stava ben attenta
a non mostrare quel lato di lei, quello da sceneggiate e arrabbiature,
per non
turbarla, tuttavia questa decisione era stata presa riguardo a
Sesshomaru e non
verso sua sorella Hikari.
«Vuoi
pesce? Vai a prendertelo da
sola se ci riesci! Forse non hai compreso che siamo lontane da un
fiume!»
sibilava Kuria per non urlare, tenendo la schiena inclinata verso la
contendente, braccia immutate nella loro posizione. Hikari si
limitò a sbuffare
sonoramente e ad asserire che si sarebbe accontentata di erba a quel
punto,
Kuria strillò portandosi le mani alla testa.
«Spero
per te che tuo marito, se
e quando ti sposerai, sia paziente o per lo meno sordo!»
esclamò uscendo dalla
catapecchia che si erano scelte come rifugio.
Fuori,
all'aria fresca e
rilassante, prese un bel respiro profondo, pensò alle sue
ali e quelle
spuntarono in tutto il loro splendore. Spiccare il volo fu automatico,
così
tanto che quasi si stupì a metà del viaggio di
essersi librata in aria,
disattenzione che quasi le costò una dolorosa caduta.
L'ultima delle disgrazie
che voleva era infatti rompersi tutte le ossa sfracellandosi al suolo
come una
dilettante il suo primo giorno di volo.
“Mia
sorella e le sue assurde
pretese, che ci sarà di male in un po' di sana carne!
Comunque sarà il caso di
prenderle questi stupidi pesci puzzolenti. Almeno starà
zitta!” pensò Kuria
solcando il cielo con l'ausilio delle sue grandi ali da volatile.
Quella sera
però gli eventi non erano destinati ad andare nella
direzione da lei
premeditata, perché pochi metri dopo andò a
scontrarsi violentemente con una
bolla di luce azzurra, una collisione che spinse entrambi distanti e
lontani.
«Sei
qui allora.» si limitò a
dire apaticamente il principe dei demoni, mentre la giovane futura
consorte si
teneva la testa con entrambe le mani per l’atroce dolore.
«Sesshomaru,
pezzo di vecchio che
non sei altro. – si domandò anche lei se
l’epiteto avesse un qualche senso – Guarda
dove metti la tua regale e grassa figura!» rispose la mora
fulminandolo con le
iridi blu. Dalla sua regale posizione l’uomo si
limitò ad alzare maestosamente un
sopracciglio, evidenziando con quell’unico gesto quanto
trovasse scettica
l’ultima parte del discorso della demone. Concluse alla fine
che la botta
doveva essere stata piuttosto forte.
«Accidenti,
ma se i Kami o Dio o
chi per lui/loro non vi hanno dato le ali vuol dire che i cieli non li
dovreste
solcare neppure per scherzo! Pazzoide!» continuò
quindi a sputare sentenze su
tutti coloro che levitavano al posto di volare, in modo particolare
riferimenti
al bianco demone davanti a lei.
«Pensi
di riuscire a smettere di
sbraitare entro l’alba?» chiese annoiato, forse
anche leggermente beffardo,
Sesshomaru.
«
Ovviamente, ma per fare ciò tu
dovresti sparire! Su forza, evapora. Rin si trova per di là
– indicò la casetta
– comunque ti basterebbe seguire la traccia del mio odore al
contrario. Io vado
a procurarmi dei dannatissimi pesci.» prima che
l’altro potesse replicare aveva
già ripreso il suo volo, con maggiore fretta rispetto a
prima.
Jacken
per fortuna era stato
zitto tutto il tempo, forse troppo intimorito dall’aura di
rabbia e negatività
che la demone aveva attorno a se. Era tornata a essere la vecchia
Kuria, quella
combattiva che gli sbraitava contro per ogni minima azione. Nel suo
delirio la
ragazza neppure si era accorta che agli insulti Sesshomaru non aveva
reagito
come al solito, ovvero innervosendosi e facendo il permaloso. La
predica gli
era scivolata addosso come acqua, aveva ancora in mente
l’immagine
psicologicamente distrutta e ferita di qualche giorno prima che si era
sovrapposta alla ritrovata Kuria.
Al
rifugio Rin si aggrappò a una
sua gamba, per poi saltellargli attorno come un satellite, non lo
perdeva di
vista neppure per un secondo.
«Oh,
cos’abbiamo qui? Principe
com’è andata la battaglia sull’Hakurei,
Naraku? » fu abbastanza sorpreso, sentimento
che ben celò, nel ritrovare lì anche Hikari. Se
era un minimo come sua sorella
non sarebbe rimasta a lungo con loro, aveva sempre pensato, eppure
eccola
ancora lì, ferma e seduta perfino.
«Non
sono argomenti che
riguardino una donna questi.» si limitò a
rispondere. Kuria lo avrebbe
assordato se fosse stata al suo posto e, in effetti, si era
già mentalmente
preparato i timpani per resistere all’attacco urlante che
sarebbe dovuto
avvenire. Si ritrovò spiazzato dalla risata cristallina
della versione bionda.
«Volete
privare a una come me un
po’ di sano pettegolezzo demoniaco mio principe? Avanti
– disse con malizia,
sbattendo le ciglia più volte, mal celando un sorrisetto
maligno. - Ho una
scommessa in corso con Kuria, anche se lei in realtà non lo
sa, voglio sapere
se Naraku era dentro il monte Hakurei.»
Hikari
dimostrò per l’ennesima
volta ciò che era, una giovane sfrontata e senza paure
alcune. Aveva appena
dato un ordine al suo principe! Eppure il modo in cui si era posta,
civettuolo,
non lo faceva sentire attaccato o minacciato, come invece era per le
reazioni
dure e scostanti di Kuria.
Sesshomaru
si limitò ad
affettarla con lo sguardo dorato, senza insultarla o aggredirla a sua
volta.
Calò il silenzio.
Nel
mentre che la giovane
attendeva una risposta, perseverando a tenere lo sguardo fisso sul
demone
maggiore. Una mano scostò la semi porta di quella
catapecchia e la voce
femminile ma furiosa preannunciò l’entrata in
scena di Kuria, bagnata da capo a
piedi.
«Io
non mangio carne! Che schifo!
– strillò in falsetto, prendendo in giro la
sorella – dimmi te che ci sarà di
tanto obbrobrioso. Tutte le persone normali mangiano carne!»
sbottò la donna,
ancora in piena crisi di nervi. Le consegnò malamente un
insieme di pesci, a
sua detta tremendamente puzzolenti e riuscì dalla capanna.
Hikari
accese il fuoco e cominciò
a cucinare ciò che lei definiva cibo commestibile. Avrebbe
voluto replicare
contro quella sfuriata, ma sapeva che prima era meglio che la sorella
sbollisse
un po’.
Con
calma, o forse la solita
indifferenza, Sesshomaru richiamò la sua consorte.
«Che
vuoi Sesshomaru?» chiese
brusca, riapparendo sulla soglia del rifugio. Il demone dovette
trattenersi
dalla voglia di prenderla a male parole e si costrinse a dire
ciò che si era
prefissato quando l’aveva chiamata.
«Rimettiti
il kimono.» non una
richiesta premurosa, ma un ordine impartito con freddezza, vide la
compagna
assottigliare gli occhi e chiudere un pugno.
Kuria
si ammonì mentalmente, non
doveva cedere e insultarlo, ne sarebbe scaturita solo una brutta lite,
davanti
a Rin non era il caso poi. Quindi optò per una soluzione,
sempre poco
educativa, ma sicuramente meno nociva, ovvero gli voltò le
spalle e ignorò
bellamente l’ordine appena espresso dalle sue glaciali labbra.
Hikari
sorrise quasi apertamente
mentre puliva il pesce, era sempre della sua testarda sorella maggiore
che si
parlava, non di una donnetta qualunque.
«Sapete
mio principe se non mette
da parte un po’ d’orgoglio non riuscirete mai a
farvi rispettare da quella
donna. Si prendono più mosche con il miele che con
l’aceto.»
«Come
ti permetti, trattare cosi
padron Sesshomaru, tu e la tua insignificante sorella siete…
» non riuscì a
completare il suo monologo perché Hikari gli aveva assestato
sulla testa una
potente gomitata.
«Ops
scusa Jacken… non ti avevo
visto.» sorrise perfida.
Nello
stesso momento,
silenziosamente, Sesshomaru era uscito dal rifugio e pochi istanti a
seguire
anche Rin cercò di fare la stessa cosa, bloccata da Kage.
***
Lontano
da lì un’altra donna
stava sorridendo allo stesso identico modo della giovane Hikari.
«Quindi
è annullato.» Dichiarò
vittoriosa la regina delle aquile, seppur con più eleganza,
anche la madre di
Sesshomaru aveva in volto la stessa espressione. Odiava non essere
stata presa
in considerazione per quel matrimonio dal suo ex-marito.
Non
negava che la giovane
prescelta avesse la stoffa per essere una regina potente, forse fin
troppo.
«Molto
meglio che Kuria regni
sulle sue terre che in queste, non finché mio figlio e tua
figlia decideranno
di insultarsi e picchiarsi reciprocamente.» aveva dichiarato.
L’occidentale
l’aveva fissata e
poi aveva risposto «Molto meglio che Sesshomaru, uomo potente
com’è diventato,
abbia una consorte più docile, più adatta anche
per fare figli. Kuria non
reggerebbe un marito che la ostacola.»
Pochi
accordi, veloci e precisi e
il matrimonio era stato annullato. Reciso alla radice, solo il volere
dei due
ex promessi avrebbe potuto cancellare quella decisione.
«Messaggero!
Va’ e trova mio
figlio, il tuo padrone, e la principessa Kuria. Digli che le loro madri
li
desiderano a palazzo e non devono mancare.» Questi
partì quindi dal palazzo
sulla nuvola, presto anche i due interessati avrebbero saputo.
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Capitolo 26 *** Legame infranto? ***
Legame infranto?
Quel
demone dovette volare senza
sosta per molti giorni prima di giungere nel luogo in cui la comitiva
si era
fermata per riprendere forze.
In
quel lasso di tempo i tre
‘adulti’ della situazione non avevano fatto altro
che litigare per un motivo o
per l’altro. Tuttavia ogni litigio fra Sesshomaru e Kuria
avveniva senza il
minimo contatto fisico o parole offensive e di solito in privato,
entrambi i
demoni si erano trovati d’accordo su un solo argomento: Rin!
La
bambina era troppo buona,
candida e innocente perché potesse vedere quei comportamenti
e loro si
sforzarono, consapevolmente, per dare un buon esempio.
«È
come se un cordone ombelicale
ci unisse. Per questo ne so quando si trova in una situazione di
pericolo lo
percepisco e lei sente alcune delle mie emozioni. Sarà
così fin quando il mio
corpo non le passerà tutto il potere che le serve per
acquisire l’immortalità.»
Le parvero le parole giuste per spiegare la sua nuova condizione a
Sesshomaru.
«Un
dono molto particolare.» Commentò
senza particolare inflessioni nella voce, Kuria annuì.
«Si
narra che fu la dea Brigit,
la dea madre, a donarcelo nell’antichità.
È un’arma a doppio taglio perché se
qualcuno, come hai visto, fa del male a Rin anch’io
m’indebolisco di
conseguenza. Devo ammettere che sarebbe strano il contrario, neppure i
demoni
sono onnipotenti.»
Sesshomaru
avrebbe volentieri
replicato che lui era onnipotente a tutti gli effetti, nessuno poteva
batterlo
e poteva anche riportare in vita i morti, ma si limitò a
fare un’altra domanda.
«Quante
volte puoi ripetere
quest’azione?»
Kuria
lo fissò con grave serietà,
negli occhi blu lesse una leggera preoccupazione, e infine rispose
secca: «Una.»
Rin
sarebbe stata la prima e
l’ultima figlia che avrebbe potuto avere in quel modo
‘artificiale’ e per quello
stesso motivo era tanto preoccupata. Inoltre era accaduto tutto in
maniera
spontanea, il dono s’era attivato da solo fin dal primo
incontro.
“Forse
era destino.” si ritrovò a
pensare Kuria. Possibile che lei non potesse avere figli naturali? Poi
si schernì
da sola, con chi mai avrebbe dovuto farlo un figlio? Sesshomaru era
l’unico
uomo da cui li avrebbe voluti, ma non lo reputava abbastanza maturo per
un
simile impegno.
“Inoltre
è meglio non illudersi
troppo. Perché mai dovrebbe stare con un maschiaccio come
me? – si alzò con un
gesto di stizza, dando le spalle al demone bianco. – Basta!
Mi sto comportando
come una ragazzina!” Lasciò la stanza senza dire
nulla di più, poco dopo la sua
figura fu sostituita dall’entrata di Hikari.
«Avete
litigato di nuovo?» Tratteneva
a stento le risate di scherno. Quei due si amavano era evidente anche
le pietre
del luogo, fatte a pezze nei loro incontri lontano dagli occhi di Rin.
“Se
solo non fossero testardi, ma
infondo l’amore non è bello se non è
litigato… no, litigante… mi pareva
dicessero questo i vecchi del clan in Europa.” La bionda
demone si sfiorò con
l’indice il mento assumendo un’aria concentrata,
sconfitta dal vuoto di memoria
scrollò le spalle e lasciò anche lei solo
Sesshomaru.
Nella
foresta invece Kuria continuava
a pensare agli avvenimenti che avevano scosso le sue ultime certezze.
La
stretta al cuore, l’impossibilità di muoversi e
combattere come aveva sempre
fatto, Inuyasha adulto che sapeva quasi sopravvivere senza il suo
aiuto,
Sesshomaru che aveva accolto Rin, ridonandole la vita. Si sentiva
debole e
inutile, non era nemmeno riuscita a fargli un graffio durante quel loro
duello,
prima che l’Hakurei crollasse miseramente al suolo.
Strinse
la mano in un pugno,
facendo una smorfia irata.
“Nemmeno
un solo maledettissimo graffio!”
continuava a pensare. Era dunque davvero così poco potente?
In quegli anni si
era allenata, credeva di essere diventata più forte. Non
riusciva neppure a
proteggere Rin da degli stupidi non morti! Il fatto che fossero la
famosa squadra
dei sette non era una scusante.
«Maledizione!»
Scagliò un pugno
contro un albero, spaccandolo in due.
Era
sempre stata una testa calda
con una forza dentro innata e doveva ammettere che, esclusi pochi,
nessuno le
aveva mai realmente insegnato come affinarla, lei era grezza. Se prima
ciò le
andava bene, bastavano le sue conoscenze di strategia per sconfiggere
un
nemico, in quel momento invece quell’opinione era totalmente
mutata.
Naraku
si stava dimostrando un
avversario da non sottovalutare, scaltro e viscido, tesseva la sua tela
e
rigirava tutto a suo favore. Un volto le passò spontaneo
nella sua mente,
Kikyo!
“Quindi
è morta? Mi sembra molto
strano, è fatta di terra e ossa, non di carne e sangue, non
più per lo meno. Potrà
anche averla presa di sorpresa ma la questione mi puzza, non
è cosi facile da
uccidere. – sospirò. – oppure sono solo
io a volerla credere viva perché in lei
rivedo me stessa.”
Inuyasha,
quando gli altri non
ascoltavano, le aveva parlato a lungo della sacerdotessa e del suo
amore per
lei unito a un grande senso di colpa. Sfortunatamente Kikyo ormai era
fatta
solo di terra e ossa e poi, la giovane sorrise, anche se non se
n’era accorto
il suo fratellino era innamorato pure di Kagome.
“Sono
diverse caratterialmente,
poco ma sicuro, ma alla fine è pur sempre la sua
reincarnazione. Ora come ora è
quasi come se fosse sua sorella maggiore, il problema di Kikyo
è che non può
avvicinarsi a nessuno. Deve soffrire molto per questa condizione di
stallo fra
vita e morte.”
Si
guardò indietro, non aveva
alcuna voglia di tornare perché tutto la metteva di cattivo
umore, Rin esclusa.
Restò per dei giorni nella foresta, Hikari non
provò neppure ad avvicinarsi,
conosceva la maggiore e sapeva quando doveva sbollire. Mentre
Sesshomaru due Soli
dopo lasciò il rifugio, sparendo per andare da lei.
All’inizio
in realtà la spiò
silenziosamente, nascondendo la sua aura. Osservò la sua
irritazione e le
smorfie del bel viso, gli sembrò perfino di sentire
l’odore salato delle
lacrime.
“Cosa
ti sta facendo questo?
L’essere bloccata qui e la lontananza da quel piccolo inutile
essere di mio
fratello? Anche tu preferisci lui a me. Mi chiedo che
cos’avrà di cosi speciale
un insulso mezzo demone. Non può neppure
proteggerti!”
«Pensi
di stare lì a spiarmi
ancora per molto? - chiese lei con voce dura, voltandosi in sua
direzione. – Lo
sai anche tu, non mi piace essere spiata. Che cosa vuoi?» se
prima i suoi gesti
si erano dimostrati arrabbiati, ora la sua voce era sicuramente
infastidita e
gli occhi carichi d’odio.
«Devo
avere un pretesto per
avvicinarmi a quella che sarà mia moglie?» Kuria
si morse un labbro, avvertiva
nei suoi confronti un odio smisurato, del tutto anormale, causato dal
suo
sentirsi debole. Una condizione fastidiosa, molto complicata
d’accettare alla
sua veneranda età. Gli rivoltò le spalle di
scatto.
«Vattene
via! Non sono in vena
per litigare con te.» Voleva allontanarsi da lui in fretta.
Se avesse capito
cosa si agitava nel suo cuore sarebbe stata la fine. Una vergogna tale
da non
poter essere tollerata sarebbe scesa su se stessa. Lui credeva che lei
l’odiasse e così doveva continuare a essere.
Scomparve
nella fitta vegetazione
del luogo, non rientrò al rifugio nemmeno quella sera.
“Sesshomaru
odio quando riempi
con la tua presenza la mia testa. Non riesco a far altro che pensare a
te e mi
sento un’idiota!”
Pensava
anche a Izayoi, avrebbe
tanto voluto sfogarsi facendosi consigliare, e a Inu no Taisho,
l’aveva
consolata tante volte prima di morire, le mancavano entrambi. Le
tecniche di
combattimento che conosceva sulle arti marziali, non molte in
realtà, era stato
il demone maggiore a insegnargliele.
Ai
primi incontri l’aveva
giudicato subito male, colpa del suo comportamento esteriore e del
matrimonio
combinato. Tuttavia, a dispetto di ogni previsione, l’aveva
aiutata a
rinascere.
“Sesshomaru
anch’io mi sono
sentita un po’ abbandonata, tuttavia ero felice che ti
arrivasse un fratellino,
ma tu l’hai ripudiato fin dal primo istante, ancor prima che
nascesse. – guardò
il cielo che schiariva per l’alba. – la
verità è che pur essendo una demone
completa io mi rivedo in Inuyasha. Non ho mai avuto completamente un
padre e le
mie sorelle maggiori per un periodo mi hanno odiata per ciò
che ero. Per questo
motivo gli sono tanto legata, insieme non eravamo più soli e
mi sono sentita
amata come non accadeva da tanto tempo.”
Il
principe dei demoni era
comunque una persona testarda e non si arrese facilmente, il giorno
seguente
tornò nella foresta.
«Dì
un po’ è una mia impressione
o ultimamente mi tratti con i guanti di velluto?» chiese la
donna voltando solo
la testa per guardarlo. L’odio era svanito, ma la rigida
serietà no. All’occhio
di un umano sarebbe potuta perfino sembrare tranquilla, un
po’ ombrosa certo,
ma calma, mentre Sesshomaru sentì qualcosa ribollire
nell’animo della futura
compagna.
«Non
ti va mai bene nulla vedo.
Rin è preoccupata e i tuoi due servitori sono seccanti. Non
credi che sia ora
di lasciar perdere queste scenate isteriche e crescere?»
chiese gelido.
Kuria
spalancò gli occhi ed emise
un singolo gemito, poi chiuse le palpebre e scoppiò in una
risata sarcastica.
Credeva si sarebbe messa a piangere per caso?
«Sesshomaru
cosa vuoi saperne tu
dei miei comportamenti, non fai che giudicare la gente – si
voltò avvicinandosi
lentamente – dall’alto della tua inutile purezza.
Sentiamo divino e nobile
Sesshomaru, che cosa stavo pensando?»
Sesshomaru
la osservò
attentamente, oltre il velo di sicurezza e spavalderia notava la
stanchezza dei
tratti, come se avesse da giorni perso il sonno. Era bella anche in
quel modo,
forse un po’ meno rispetto alle volte in cui veniva vestita e
acconciata.
“Ma
quella non era la vera Kuria,
questa donna con l’armatura e le spade, i capelli
scompigliati e gli sbalzi
d’umore frequenti lo è. L’altra resta
solo una finzione.” Gli ricordò una
vocina, forse la sua coscienza che si risvegliava.
«Penserai
a Inuyasha, come tuo
solito, è sempre nei tuoi pensieri.» Rispose
assottigliando leggermente gli
occhi, provando una strana morsa all’altezza dello stomaco.
Improvvisamente
tutte le brutte
sensazioni che l’avevano posseduta scomparvero e Sesshomaru
la vide scoppiare a
ridere puramente divertita gettando la testa indietro, poi riprese una
parvenza
composta.
«Mi
chiedo come stia lo ammetto,
ma ci sono Kagome, Sango, Miroku, Shippo e Kirara con lui, non sono
preoccupata. Quindi posso asserire che ti sbagli.» Lo sguardo
quasi sconcertato
del demone deliziò Kuria, adorava vederlo scomposto, anche
se per qualche
secondo.
«Allora
a chi pensavi?»
«Che
c’è, sei geloso per caso?»
Sesshomaru si limitò a fulminarla con lo sguardo, per poi
voltarsi e andarsene.
Non comprendeva davvero come quella donna potesse cambiare tanto
facilmente
d’umore, cosa l’aveva resa allegra tutto
d’un tratto? Inoltre lui non era per
niente geloso, di Inuyasha per di più!
“Sono
infinitamente migliore
rispetto a lui!” pensò camminando verso
l’accampamento, la modestia sicuramente
non si trovava tra le sue doti migliori e più sviluppate.
«Senti
coso qui mia sorella e il
principe non ci sono, va bene? Ti ho detto che sono andati nel bosco,
vai a
cercare se ne hai bisogno e non rompermi la pace.»
«Rompere
la pace? Hikari si deve
essere fumata qualcosa.» la voce di Kuria quasi lo colse di
sorpresa, non
l’aveva sentita camminargli dietro.
«Se
è come la sorella non mi
stupirei più di tanto.» ribatté
tranquillamente il demone maggiore. Beccandosi,
in risposta, un’occhiataccia che se avesse potuto lo avrebbe
trapassato da una
parte all’altra.
«A
chi?» le chiese
all’improvviso, senza neppure guardarla in viso, fingendo di
prestare attenzione
al litigio fra Hikari e il demone messaggero. L’aveva
riconosciuto subito per
gli abiti, veniva da palazzo, forse era sua madre che pretendeva il
compimento
del matrimonio.
«Non
capisco. Poi saresti tu
quello super educato eh!» gli rispose. Sesshomaru, per una
sola volta nella sua
vita, decise di portare pazienza e con tutta calma spiegò il
significato della
sua richiesta.
«Chi
era nei tuoi pensieri? Il
motivo per cui ti sei isolata anche se con te c’erano sia Rin
sia Hikari e i
tuoi fedeli servi.»
Era
strano, non avevano mai avuto
una conversazione normale, almeno c’erano state, ma finiva
sempre che qualcuno
o qualcosa li facesse litigare. Le loro chiacchierate amichevoli
duravano il
tempo del battito d’ali di una farfalla.
«Ti
interessa davvero saperlo?»
l’occidentale spalancò gli occhi, fissandolo come
se avesse davanti Naraku.
Ebbe almeno la decenza di tenere la bocca chiusa e non a forma di una
‘O’ muta.
Il
principe dei demoni voltò lo
sguardo dorato in sua direzione e Kuria si sentì congelata
sul posto. Altro che
cane quello era un serpente, si ritrovò a pensare a causa
dell’immobilità dei
suoi poveri arti.
“Ora
che gli rispondo? Non credo
proprio di potergli dire: ehi sai com’è sono
follemente innamorata di te sin
dal primo decennio di convivenza forzata! Quindi è normale
che ogni volta che
mi tratti male o con indifferenza mi sento una pezza.”
Corrugò le sopracciglia
e cercò di utilizzare tutte le sue risorse mentali per
ovviare il problema.
«S-sono
cose private!» Odiava
balbettare, Sesshomaru si voltò fissandola negli occhi. Il
suo viso, prima
calmo, ora s’era indurito.
Rimasero
in quella posizione
alcuni secondi, mentre Kuria si dava da sola della scema. Il demone
maggiore,
nonostante le parole che lei aveva detto in precedenza su Inuyasha,
bruciava
alla sola idea che fossero menzogne, ma poteva anche essere innamorata
di un
altro uomo e per quel motivo non voleva parlarne. Nessuna delle due
opzioni gli
andava a genio, da quasi duecentocinquant’anni viveva con la
convinzione che
Kuria sarebbe diventata sua moglie! Un matrimonio combinato, non si era
dovuto
neppure applicare per conquistarla.
Il
silenzio venne spezzato dal
demone messaggero.
«Perdonate
la mia intrusione
nobile Sesshomaru, ma le nobili regine, tra cui vostra madre Kuria
Hime, richiedono
urgentemente la vostra presenza al palazzo nel cielo.»
Si
inchinò umilmente di fronte
alle due figure. Sesshomaru l’oltrepassò, mentre
Kuria rimase ferma, un unico
pensiero le vorticava furioso in testa.
“Madre!”
schizzò fuori dalla
foresta in pochi secondi, a velocità demoniaca.
«Hikari
ti affido Rin, se lo
riterrete necessario spostatevi. Nostra madre è
qui!» Prese per le spalle la
sorella sorridendo come una stupida, almeno quello pensò la
giovane bionda, non
avvezza ai sentimentalismi essendo cresciuta dal padre.
«Signor
Sesshomaru, signorina
Kuria! Dove si va?» esclamò Rin vedendoli tornare,
appendendosi ai loro
vestiti.
«Tu
resti qui Rin.» Rispose secco
il principe dei demoni, con il tatto di un coccodrillo affamato, non
per nulla
gli occhioni della bambina incominciarono a farsi lucidi.
«Ah,
Sesshomaru sei il solito
insensibile! – lo scostò. – Piccola
dobbiamo andare a fare una cosa importante,
ma non è per bambini, per ora tu resta con Hikari.
Sesshomaru tornerà a
prenderti il prima possibile, capito?» le asciugò
teneramente una lacrima. La
bimba si limitò ad annuire tristemente e pochi minuti dopo i
due demoni erano
spariti fra le nuvole.
«Non
volevo farla piangere.» Ruppe
la quiete il demone bianco. Ovviamente non la stava guardando mentre
parlava,
quasi fosse un pensiero espresso ad alta voce, il tono era lo stesso di
quando
aveva salvato tutti loro da Mukostu.
Sentì
distintamente Kuria
sospirare, scoccandogli un’occhiata indecisa.
«Ne
sono consapevole, ma tu non
calibri il tono delle parole e Rin, come tutti i bambini, ha paura di
essere
abbandonata. È un sentimento normale, in particolar modo
quando si vive
un’esperienza come la sua. – poi aggiunse.
– Sono sicura che con il tempo
imparerai. Tutti facciamo errori, pure tu!» Sesshomaru si
limitò a una smorfia,
ma non la contraddisse.
Ci
vollero altri giorni per
raggiungere il palazzo volante, Kuria sperò che Inuyasha e
gli altri non si
preoccupassero troppo. Se lo sentiva questa volta sarebbe stato il suo
fratellino a farle la paternale e non il contrario.
“O
peggio… potrebbe essere Kagome
a urlarmi contro.” rabbrividì alla sola idea. La
miko del futuro era dolce e
gentile, ma se la si faceva preoccupare o arrabbiare diventava davvero
paurosa!
La
maestosa costruzione nel cielo
apparve ai loro occhi, eterea, immutata, così era
l’abitazione della madre di
Sesshomaru.
«Sembra
che alla fine tu sia
tornata a palazzo.» cominciò il principe,
probabilmente stava perfino
trattenendo un sorriso di vittoria. Kuria si limitò a
roteare gli occhi
annoiata.
«Muoviamoci,
non ho tempo da
perdere e neppure tu!» esclamò la ragazza
camminando verso l’interno del
maniero, voleva che l’agonia durasse il meno possibile.
Le
loro madri si trovavano appena
dietro la porta principale, ferme in piedi ad attenderli. Kuria non ci
rifletté
su molto e corse ad abbracciare la genitrice, la sua presenza
lì poteva voler
significare solo un rimando delle nozze ovvero più tempo per
fuggire dalla
condizione di sposa infelice.
«Figlia
mia – poi guardò
Sesshomaru. – venite dobbiamo parlarvi
urgentemente.»
Quando
furono finalmente nella
stanza del trono, ognuno di loro seduto in posizione seiza, la madre di
Sesshomaru sganciò la bomba con molta noncuranza:
«Il
vostro matrimonio è
annullato.»
Il
silenzio regnò sovrano per
diversi secondi, prima che i due potessero realizzare appieno la
notizia.
«Gli
ordini di mio padre erano
molto chiari a riguardo, madre.»
Non
si scompose minimamente,
quell’unione era tutelata dal volere del grande generale
cane, non di certo una
persona scontata.
«Sì,
te lo concedo figlio mio, ma
è anche vero che, ora, la regina qui sono io e tu non sei
ancora Re. La mia
volontà è legge.»
Kuria
tentava di capire se doveva
mettersi a ballare dalla felicità in giro per la stanza o
deprimersi perché
Sesshomaru era perso per sempre. Un miliardo di domande le si
formularono una
dietro l’altra nella sua mente.
«Sei
felice Kuria?» chiese
titubante sua madre. La figlia la osservò attentamente,
anche se lo nascondeva
facilmente Niham era molto turbata dalla perdita della sua settima
creatura.
«Mi
avete colto di sorpresa madre
io… sono piacevolmente stupita.» ammise con
sincerità, sciogliendosi in un
piccolo sorriso. Non si accorse d’essere osservata dal suo ex
promesso che, con
delicatezza e una dosa esagerata di eleganza,
s’alzò e se ne andò.
«Non
m’interessa.» fu l’unico
commento che espresse prima di uscire dalla porta. Le tre semplici
parole
potevano essere interpretate in due soli modi: non
m’interessa un accidenti di
questo matrimonio oppure non m’interessa del cambiamento
avvenuto.
Kuria
si limitò a sospirare,
guardando male il punto da cui Sesshomaru aveva fatto la sua plateale
scomparsa, poi scosse la testa. Lo stava ancora maledicendo quando la
voce
calma di sua madre richiamò l’attenzione.
«Kuria
potremmo parlare in privato?»
«Non
vi negherei mai una
richiesta simile, se volete scusarci Regina.» si rivolse poi
alla padrona del
palazzo, facendo un inchino educato, come l’era stato
insegnato. La madre la
osservò stupefatta, da quando suo figlia era cosi educata?
La
madre del glaciale demone fece
un piccolo sorriso e accordò loro il permesso
d’uscire e andarsene.
Ai
limiti dell’edificio volante
entrambe le demoni spiccarono il volo, liberandosi nell’aria
fresca. Finalmente
Niham poté rivedere la sua bambina, l’adolescente
che aveva lasciato andare
tempo addietro. Kuria fece diverse giravolte, facendo anche scattare il
lato
apprensivo del genitore, colpa di alcuni avvitamenti troppo pericolosi.
In
direzione opposta a quella
delle due donne Sesshomaru si stava convincendo che infondo non gliene
importava nulla. Alla fine Kuria era sempre stata una gran seccatura e
lui di
certo non si sarebbe ridotto a rincorrere una donna che non lo voleva!
Tuttavia
essere liquidato in quel modo l’aveva fatto rodere di rabbia.
“Sono
il demone puro per
eccellenza, eppure perché la sola idea che si metta con un
altro uomo mi da
tanto fastidio? Hai quello che volevi ora, Kuria?”
Nel
suo tragitto di ritorno
uccise molti demoni e anche diversi briganti, lo intralciavano!
Si
convinse infine che sarebbe
stata sicuramente lei a pregarlo di riprenderla con lui, una donna da
sola non
durava molto dal suo punto di vista.
«Quindi
ora tornerei a casa con
me?» chiese Niham alla figlia, speranzosa. Il popolo la
rivoleva, le sue sorelle,
tranne la prima e Derik era dello stesso parere. Vide il sorriso di
Kuria
spegnersi, facendosi preoccupato.
«Madre
io non posso. Qui ho delle
persone da proteggere, amici che mi amano e che se li lasciassi
rischierebbero
la vita, capite?» la donna sospirò annuendo, poi
le sorrise inaspettatamente.
«Sono
fiera di te, figlia mia. -
Le posò una mano sulla spalla. – Sei cresciuta
forte e coraggiosa. A dispetto
di quello che ti ha detto molto spesso tua sorella maggiore sei davvero
una di
noi. Sarai sempre la benvenuta a casa tua, ricordatelo.»
Kuria trattenne le
lacrime di commozione e si limitò ad annuire.
Non
aveva dimenticato Rin e il
suo legame con lei, ma ora con il matrimonio annullato non sapeva come
comportarsi e poi la questione Naraku era ancora aperta. Hikari le
aveva già
detto chiaramente che sapeva occuparsi da sola di se stessa, anche se
aveva un
pazzo alle calcagna.
«Permettimi
una domanda Kuria,
hai attivato il dono?» la giovane spalancò gli
occhi, come faceva sua madre a
saperlo rimaneva un mistero, annuì incapace di parlare.
Niham la fissò stupita,
sfiorandosi con le dita la bocca in maniera pensierosa e finalmente le
chiese
il motivo di tale scelta.
«In
realtà madre, non so il
perché, ma il dono si è attivato da solo, non
sono stata io a volerlo. Rin è
una bimba dolce e affettuosa e non ho nulla da ridire dalla scelta
effettuata
dal mio subconscio.» concluse con aria perplessa.
Sperava
in realtà che sua madre,
regina della loro clan e con un’età più
veneranda alle spalle, potesse
risolvere i suoi dubbi.
Stettero
in silenzio per diverso
tempo, ognuna immersa nei suoi pensieri, poi Kuria pose una domanda che
a Niham
fece tremare le ginocchia, o le ali.
«Cosa
succederebbe a me se Rin
dovesse morire prima di averle passato il dono?»
«Dipenderà
solo da te e dalla tua
forza di volontà. Gli umani sono cosi fragili, a volte
muoiono per qualche
secondo e dopo si riprendono. Ci sono state alcune fra di noi che sono
morte,
ma erano deboli di costituzione. Perché prospetti questo
evento per la tua
erede?»
Nella
mente di Niham cominciava
già a formarsi l’idea di prendere la bambina e
tenerla al sicuro con loro, ma
la distanza era sicuramente troppa da percorrere. Sperava solo che la
piccola
fosse in buona e forte compagnia.
«C’è
una guerra in corso madre,
non posso escludere nessuna opzione. Tuttavia voi non vi dovete
preoccupare è
in ottime mani.» la rassicurò, sorridendole in
maniera solare.
“Per
quanto dover ammettere
Sesshomaru come ottime mani mi dia sui nervi!”
pensò, cercando di trattenere un
potente tic all’occhio.
Niham
accompagnò la figlia, era
da molto tempo che non stavano insieme, verso il gruppo di Inuyasha,
seguendo
le scie del loro odore e dell’aura demoniaca del mezzo
demone. Nel tragitto
Kuria confessò alla demone le sue sensazioni di debolezza e
l’impellente bisogno
di un’istruzione più ampia.
«Conosco
una maestra, a nord
nell’isola di Ezo, potrebbe aiutarti a migliorare. Mi pare si
chiami Badma, è
potente e spesso ne ho sentito parlare da tuo padre prima che i nostri
rapporti
si perdessero del tutto.»
«Badma
dite? significa fiore di
loto in Mongolo, se non sbaglio.» Sua madre annuì.
Kuria
non si sorprese molto per
l’origine del nome, infondo Ezo era una terra abitata dagli
Ainu.
Le
due demoni arrestarono il loro
volo, si abbracciarono strette sospese a mezz’aria.
«Sono
felice che tu abbia trovato
la tua strada figlia mia. Mi mancherai.» Sussurrò
Niham al suo orecchio.
«Un
giorno verrò a farvi visita,
ve lo prometto. Nel frattempo pensate a regnare sulle nostre terre,
siete la
migliore delle regine mai avute.»
Le
due imboccarono strade
differenti, sparendo alla vista. Kuria si guardò indietro
una volta sola e poi
si lanciò alla ricerca dei suoi compagni di viaggio.
Al
rifugio Sesshomaru diede poche
spiegazioni, ma gli avvenimenti apparvero limpidi agli occhi di Hikari.
«Bene,
allora ci possiamo
salutare Nobile Principe. Kage, Ventus andiamo!»
ordinò, facendo segno di
seguirla con una mano. I due si guardarono stralunati, salutarono la
giovane
padroncina Rin, e seguirono senza fare storie la bionda demone.
“Sicuramente
Kuria ci avrebbe
ordinato di seguirla.” Avevano pensato entrambi.
Scoprirono
che Hikari era una
donna cordiale e particolarmente incline alle battute, sicuramente meno
rigida
rispetto alla loro principale padrona.
“Una
volta anche la signorina
Kuria era così, sorrideva e non aveva reali problemi, ma
infondo con l’età si
cresce.” Rimuginava Ventus. Serviva Kuria da quasi trecento
anni, ovvero quasi da
quando aveva capacità di parola e di stare in piedi.
L’interessata
di quei pensieri
raggiunse la compagnia al villaggio Musashi.
«Venerabile
Kaede, un demone!»
strillò un uomo del villaggio, scappando lontano da lei. La
giovane si limitò a
sbuffare in modo ben poco signorile, se non fosse per le ali spiegate
l’avrebbe
scambiata per una normale umana!
La
donna uscì in fretta dalla sua
umile casa. Si conoscevano quindi non l’attaccò,
ne intimò agli altri di
scappare. Seguendo i viaggi per sconfiggere Naraku avevano fatto spesso
tappa a
quel villaggio, il luogo in cui risedeva il pozzo mangia ossa che
congiungeva
il presente con il futuro.
«Non
devi preoccuparti, è amica
di Inuyasha e Kagome. – poi si rivolse a lei. – il
monaco Miroku e Sango sono
nella foresta.»
«Va
bene, grazie
dell’informazione Miko Kaede.» Quindi si
avviò tranquillamente seguendo i loro
odori. Per strada incrociò Shippo e Kirara.
«Sei
tornata Kuria!» esclamò il
piccolo volpacchiotto saltandole in braccio. La nekomata miagolava
felicemente,
invitandola a seguirla per arrivare prima dagli altri.
Trovò
il monaco e la
sterminatrice affianco al pozzo, ad aspettare.
«Sango!
Monaco Miroku!» si
sbracciò per farsi notare. Improvvisamente si sentiva
felice, come quando stava
con Izayoi, e corse verso di loro.
«Kuria
che bello, quando sei
arrivata?» le domandò Sango quando furono vicine,
nel frattempo il monaco non
perse tempo e allungo uno dei suoi tentacoli verso il fondoschiena
della
guerriera. Qualche secondo più tardi nella foresta
risuonarono due schiocchi
secchi.
«Monaco
Miroku!» Strillò la
giovane sterminatrice, stringendo una mano in un pugno e osservando il
malcapitato con sguardo inceneritore.
“Sempre
i soliti.” Scosse la
testa Shippo, allontanandosi in fretta dalla lite in corso.
«Inuyasha
e Kagome?» la nuova
venuta si guardò attorno cercandoli attentamente.
«La
divina Kagome e Inuyasha sono
al di là del pozzo, torneranno forse prima che faccia
buio.» rispose ai suoi
dubbi Miroku, massaggiandosi le guance e assumendo un tono da esperto.
Kuria
lo guardò incuriosita, si
avvicinò al pozzo mangia ossa e ne sfiorò la
superficie, infine si sporse per
osservare il fondo. Rimase leggermente delusa osservando la terra alla
fine del
portale.
«Kuria
tutto bene?» le domandò
Sango, poggiandole una mano sulla spalla destra.
«Oh,
certo scusate. Sono stati
giorni pieni d’emozioni e sono ancora un po’
scombussolata, mi stavo chiedendo
perché solo il mio fratellino sia di là e voi
no.»
«Molto
semplice Kuria, il pozzo
non ci lascia passare.» continuò Miroku sedendosi
sul prato, appoggiando la
schiena al legno.
«Capisco.
– passarono diversi
secondi di silenzio. – chissà
com’è dall’altra parte.»
pensò ad alta voce.
Cercava d’immaginare quali pericoli potesse correre, ma si
rassicurava pensando
che sicuramente Kagome fosse più brava a destreggiarsi nella
sua epoca che
nella loro.
“Non
ho da preoccuparmi, è in
ottima compagnia!” Sorrise e decise di andarsi a riposare su
uno dei rami del
Goshinboku.
Sdraiata
sui grandi rami
dell’albero sacro, con le braccia incrociate dietro la testa
e gambe
accavallate, ripensava agli ultimi avvenimenti.
“Sono
libera da qualsiasi legame.
È quello che ho sempre voluto, allora perché in
realtà nel fondo del cuore mi
sento così triste?” Si chiese guardando il cielo
limpido e privo di nuvole.
Allo stesso tempo il nome della maestra di Ezo la tentava assai, eppure
che
senso avrebbe avuto lasciare Inuyasha e gli altri per accrescere i
propri
poteri se poi mentre non c’era rischiavano tutti lo stesso la
vita?
Si
grattò la fronte, dicendosi
che alla fine erano i pericoli del mestiere.
“Ne
parlerò con Inuyasha, anzi
forse sarebbe meglio parlarne con Sango o Kagome. Lui è
troppo testardo e ben
poco egoista, se sapesse che ne ho bisogno mi darebbe il tormento come
l’ultima
volta.”
Solo
girandosi a pancia in giù
sul ramo si accorse, con sorpresa, di non avere con sé il
kimono bianco!
«Ah,
sai quanto m’importa!» Strillò
mettendosi seduta e sventolando un pugno per aria.
«Di
che cosa?» Shippo l’era
comparso davanti con un ‘pop’ dopo aver eseguito
una delle sue trasformazioni.
«Shippo
tesoro! Nulla di rilievo.
Senti un po’ ma Inuyasha ti sta insegnando qualcosa di
combattimento? Prima o
poi toccherà anche a te questa incombenza.» La sua
mente abituata alla guerra
vedeva oltre l’aspetto di bambino youkai, lei aveva dovuto
scegliere tra vita
di corte e armi molto presto per essere allenata al meglio.
Shippo
ricambiò le sue occhiate
con insicurezza.
«Io
però sono solo un bambino!»
protestò, portando in avanti i palmi delle mani.
Sentì distintamente il sospiro
rassegnato della mora.
«Mi
dispiace infrangere i tuoi
sogni Shippo ma tu non rimarrai in eterno un cucciolo. So che adesso
l’idea ti
fa accapponare la pelle, lo faceva anche a me. Non serve fare molto,
per ora
basterebbe tu allenassi sensi e resistenza, potrebbero risultarti molto
utili.»
«Se
lo dici tu, però deve proprio
insegnarmi Inuyasha?» era evidente che il volpino provava un
certo timore per
il mezzo demone.
«Sarebbe
meglio.» Gli spettinò i
capelli sorridendogli. Kuria sapeva che Inuyasha non sarebbe stato un
granché
come istruttore, in quanto a tecnica ne possedeva poca, ma sicuramente
in quel
modo i due avrebbero creato un vero e proprio rapporto. Lì
si concluse il loro
discorso e per il resto del giorno stette con Shippo tentando di
affinargli un
po’ l’uso dell’olfatto con qualche dritta.
Verso
il calare delle ombre,
mentre una brezza fresca soffiava accarezzandole i capelli e il corpo,
finalmente avvertì le presenze dei due, inconsapevoli,
innamorati. Non si
scomodò per andargli incontro, avrebbe avuto poco senso
visto che sicuramente
la loro meta era la casa della vecchia Kaede.
«Kuria
sei tornata!» esclamò
Kagome entrando nella capanna. Il borsone giallo alle sue spalle era
pieno
zeppo d’oggetti provenienti dal futuro e procurò
un certo fracasso quando venne
posato al suolo.
«Dannata,
ce ne hai messo di
tempo! Sesshomaru è stato lui a intralciarti, vero? Giuro
che gliele suono
quando se ne presenta l’occasione.» sbraitando
furioso. Odiava veder Kuria
reprimere le sofferenza quando si parlava di lui, nei momenti in cui lo
incrociavano e anche dopo.
«Tu
non picchierai Sesshomaru,
non è colpa sua. Sono successe molte cose, se avrete
pazienza ve le narrerò
tutte questa notte. – tutti annuirono. – tu Shippo
vai a dormire!» Il bambino
divenne una statua di sale, mentre Inuyasha sghignazzava contento di
essere
cresciuto.
«Perché?
Anch’io voglio sentire!»
protestò il volpino demoniaco.
«I
bambini devono dormire per
crescere sani e forti!» replicò serissima Kuria.
«Kagome!»
Il cucciolo si fiondò
nelle braccia della sua protettrice.
«Gne,
gne, ah, ah sentito
Shippo?» gongolò il mezzo demone. Kuria lo
fissò con un’occhiata di
sufficienza.
«Ti
disperavi ancora di più tu,
Inuyasha.»
All’improvviso
tutti
s’interessarono sull’avvenimento del passato
tuttavia lei eluse molte domande,
la maggior parte del monaco maniaco. Volente o nolente a
metà del racconto
Shippo si addormentò sulle gambe di Kagome.
«Fammi
capire sorellina ora non
hai più alcun dovere nei confronti di Sesshomaru?»
«Esattamente.»
Annuì stanca. Vide
suo fratello avvicinarsi pericolosamente al proprio viso, con indice
puntato
contro il naso della demone, lo sguardo indagatore.
«Allora
perché hai quella faccia
da funerale?»
«Inuyasha…
a cuccia!» Grazie al
provvidenziale intervento di una Kagome molto scocciata il mezzo demone
si
spiaccicò a terra, con Kuria che gli faceva pat pat sulla
testa distrattamente.
«Kagome
dannata, la vuoi
smettere?»
I
due presero a litigare
violentemente, tanto da far risvegliare il cucciolo di demone che
andò a
rifugiarsi nel suo futon. Kuria li abbandonò alla loro
discussione, troppo
stanca per separarli. Presto la capanna divenne silenziosa.
angolo
autrice (originale):
Io
sono morta quanto Kuria e domani comincia lo stage di pattinaggio...
*strilla*
Capitolo
corposo questo, credo siano più di 11 pagine, ci ho messo
tutta me stessa. Sesshomaru dovrà sudarselo l'amore di
Kuria! Capirà molto presto cosa vuol dire veder sparire una
persona a cui si tiene, che improvvisamente t'ignora. Non che lei
l'abbia mai tenuto sul piedistallo ma ha sempre risposto alle
provocazioni adesso chissà!
Ezo
è Hokkaido, dovete sapere che quest'isola perennemente
innevata è entrata a far parte del Giappone sono nel 19
secolo all'incirca. Credo che fosse anche chiamata la terra di nessuno.
La
madre di Kuria, Niham, si dimostra alla fine come una donna un po'
apprensiva e fondamentalmente buona con la sua discendenza. Kage e
Ventus seguono Hikari principalmente perché hanno in odio
Sesshomaru e poi per il fatto che la giovane demone bionda
è, come avete notato, un po' troppo sicura di sé.
Al
prossimo capitolo qualche puntata originale e forse un bel discorso tra
Inuyasha e Kuria, o Kagome, Sango e Kuria, potrei anche metterli
entrambi.
Martyvax
Angolo
autrice revisione 2023:
Questo
è stato un capitolo lungo, ma semplice da rimettere in
ordine. Confermo le parole della me stessa del passato. Da qui in poi
Sesshomaru dovrà applicarsi, in realtà forse
proprio questa decisione mi aveva mandata in blocco. Un'idea invece al
momento mi sovviene, vedremo come riuscirò a svilupparla.
:*
|
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Capitolo 27 *** Le spose rapite del maiale demoniaco ***
Le spose rapite del maiale demoniaco!
Dal
ritorno di Kuria la compagnia non s'era ancora mossa. Kagome non
percepiva
frammenti della sfera e perfino Inuyasha aveva riconosciuto ai suoi
compagni
umani il bisogno di riposo. La sorella era convinta che quella
concessione
fosse causata dalla presunta perdita della sacerdotessa Kikyo.
Le
giornate trascorrevano in una monotonia ciclica. Inuyasha faceva
arrabbiare
Kagome, la quale lo spediva al suolo. Shippo mostrava le sue tecniche
di volpe
a Kuria e infine la futura certa coppia, Miroku e Sango, si cimentava
in lunghe
litigate. Forse è più saggio specificare: Miroku
faceva il cascamorto con ogni
donna del villaggio e di conseguenza la sterminatrice, presa da
un’insana
rabbia, lo riempiva di schiaffi.
Con lo
scorrere dei giorni a Kuria erano tornate le forze, con
l’aggiunta di una certa
strana allegria. Per il momento la libertà stava mettendo a
tacere il dolore
amoroso. Si sentiva quasi galvanizzata dalla possibilità di
fare tutto ciò che
voleva senza dover scappare e nascondersi, non era obbligata a rendere
conto
delle sue azioni a nessuno!
Quindi
il gruppo l’aveva osservata buttarsi senza troppi
ripensamenti in lunghe ore
con il più piccolo di loro, usando i più svariati
giochi affinché Shippo
sviluppasse al meglio fiuto e udito. Ogni tanto aveva trascinato in
quegli
addestramenti Inuyasha, troppo rispettoso di quella figura femminile
per dirle
di no, e succedeva molto spesso che, alla fine, il più
divertito fra tutti e
tre fosse proprio il mezzo demone.
«Ah,
ho vinto di nuovo io!»
esclamò trovando con il suo olfatto sviluppato Kuria
nascosta per bene nel
folto della foresta. L’europea si limitò a far
roteare gli occhi, a volte si
comportava proprio come un bambino, con la pecca che ormai era quasi un
uomo
fatto e finito.
“Deve
essere un difetto di
famiglia. Io che credevo fosse un carattere della madre di Sesshomaru!
Inu no
Taisho allora il problema eri tu e non le madri, di sicuro questo
atteggiamento
non l’ha preso da Izayoi.” Pensò
critica, intristendosi al ricordo dell’amica.
«Questa
volta però c’ero quasi!»
disse sconsolato il volpino, grattandosi la testa rossiccia.
«Non
darti troppa pena Shippo, la
prossima volta andrà meglio. Sei già migliorato
tantissimo.» si complimentò la
guerriera, incamminandosi verso il villaggio.
Gli
abitanti del luogo avevano
ben accettato la sua presenza demoniaca, ormai più nulla
doveva sorprenderli
tra gente del futuro, mezzi demoni e demoni. Aggiungendo un monaco
maniaco e
una conseguente sterminatrice di demoni furiosa. Kuria passava il tempo
altalenandosi fra diversi sentimenti come l’allegria e la
più nera depressione,
capitava anche molto spesso che semplicemente tutto le scivolasse
addosso non
provocandole alcun effetto o reazione.
Riuscire
ad accettare silenziosamente
la sua condizione di debolezza era stato difficile, ma infine
s’era consolata
dicendosi che nell’arco di una vita lunga come la sua si
doveva continuare a
imparare, quindi non sentiva più un peso occluderle la gola
com’era avvenuto in
solitudine con Sesshomaru. Nulla di cui vergognarsi o da tenere
nascosto, certo
non avrebbe permesso a Inuyasha di vederla piegata dalla tristezza.
Kagome
era una giovane d’oro e le
narrava sempre del futuro, questione che affascinava la mora non poco!
Con Sango
condivideva l’arte della guerra e si erano anche sfidate un
paio di volte,
tuttavia la differenza di potere era evidente.
«Noi
sterminatori non siamo nati
per fermare demoni in forma umanoide, ma quelli più
animaleschi.» le aveva
spiegato un giorno, nonostante ciò bisognava riconoscerle
una grande tenacia e
una solida tecnica di combattimento.
Piuttosto
lei era davvero pronta
per riprendere ordini da un maestro, o meglio maestra, al di fuori per
giunta
del suo clan?
“Non
sarebbe certemente uno svago.
Q– si diceva ogni
tanto. – quegli
insegnamenti potrebbero segnare la vittoria o la sconfitta di Naraku e
quindi
implicitamente la salvezza dei miei compagni, Inuyasha e Rin. Di certo
farei
meglio a ingoiare l’orgoglio e chiedere aiuto.”
Eppure
l'occasione per parlarne
non si era ancora presentata. Sesshomaru non veniva nominato davanti a
lei
nemmeno per sbaglio, anche Inuyasha, di solito così ruvido,
sembrava farci una
particolare attenzione. Non le dispiaceva tutto quell'affetto da parte
dei
compagni di viaggio, anzi rimarcava ancora una volta le loro buone
intenzioni,
ma se c'era una cosa che non avevano compreso di Kuria era che poteva
benissimo
ascoltare discorsi interi sul suo ex compagno senza sentire lo stesso
dolore.
Come
donna mai si era sentita
all'altezza per stargli affianco, per il semplice fatto che lui
pretendeva una
giovane raffinata, un soprammobile da casa, che fosse fertile e gli
partorisse
un erede. Lei voglia di partorire per dovere non ce l'aveva e inoltre
era una
guerriera!
Sospettava
da sempre che quel fidanzamento
non avrebbe retto. Se fosse stato nelle intenzioni reali del Generale
farli
sposare allora in quel momento si sarebbe ritrovata piena di marmocchi
da un
matrimonio infelice. Solo per pochi secondi la sfiorò l'idea
di come si
facevano dei bambini e arrossì così tanto che
Inuyasha le domandò se si fosse
sentita improvvisamente male.
"Benissimo,
ho solo pensato
a come dev'essere un rapporto intimo con tuo fratello. Non te lo dico
perché
rimarresti sconvolto e mi rinchiuderesti in una casa a tempo
indeterminato."
Scosse
la testa.
«Nulla
di cui preoccuparsi.
Torniamo?» Shippo la gratificò con un sonoro
urlò di felicità e corse verso il
villaggio.
«Dì
un po' - cominciò Inuyasha
con voce sospettosa - non è che stavi pensando a
Sesshomaru?»
Se
c'era una cosa che non gli
andava giù era tutto quell'amore per il ghiacciolo
ambulante. Una vera
seccatura. Perché la sua sorellina si meritava di meglio, ci
sarebbe voluto un
demone dal carattere simile a quello di suo padre, quel padre di cui
lei e Izayoi
avevano tanto parlato. Sì insomma uno forte, ma non
prepotente, che le stesse
al fianco senza prevaricarla. Se non fosse stato perché non
era nel suo
carattere e perché erano in tempo di guerra gliel'avrebbe
cercato lui quello
giusto! Come facevano da sempre i fratelli, si ritrovò a
pensare
orgogliosamente.
“Sì,
ma dove lo trovo uno come
mio padre? Inoltre Kuria è adulta e mica una donnetta
qualsiasi. Sarebbe bello
comunque!” Il fatto che in realtà non avessero
nulla in comune di sangue non lo
scalfiva nemmeno in quei ragionamenti. Giustamente Inuyasha sentiva un
legame
di fratellanza maggiore con Kuria che con Sesshomaru.
Ovviamente
non fece parola di ciò
che pensava con sua sorella, che nel frattempo non gli aveva risposto,
ma si
era avviata verso la casa della somma Kaede.
«Muoviti
Inuyasha o ti lascio
lì!» Gridò osservandolo con la coda
dell'occhio.
Giunti
sul posto trovarono tutti
ad aspettarli più un giovane uomo di nome Kisuke che
spiegò loro di una brutta
situazione con un demone rinato al seguito del crollo del monte
Hakurei.
“Che
demone insolente! Rapire
fanciulle umane, antipatico presuntuoso gliela dò io una
bella lezione. Ho
proprio bisogno di sfogarmi.” pensò Kuria facendo
scrocchiare le ossa delle
mani.
Si
alzò per prima, seguita stranamente
da Inuyasha. Stava diventando particolarmente gentile nell'aiutare
umani
indifesi, non che quel cambiamento le dispiacesse, anzi!
«Per
fortuna. Sarebbe stato un
peccato racchiudere così tante belle ragazze in una
grotta.» Quelle poche
parole scatenarono l'istinto maniaco del bonzo.
Finì
che a salvare quelle giovani
donne ci andarono tutti. Ovviamente il monaco fece la sua tipica
proposta e
Sango lo picchiò con Hiraikotsu.
“Ben
ti sta!” Kuria era sempre un
po’ disgustata da quel comportamento. Se Sesshomaru avesse
mai tenuto un atteggiamento
simile in sua presenza sarebbe esplosa della gelosia nel giro di
qualche
minuto. Ammetteva però che le sarebbe molto piaciuto un
gesto galante o un
corteggiamento da parte sua, mai si era sentita desiderata o voluta.
L'idea
di Inuyasha fu quella di
mandare Kagome come esca. Kuria non ne fu affatto contenta, solo in
seguito gli
disse che secondo lei era una pessima idea e che a volte si dimostrava
davvero
scemo. Sarebbe stato meglio se fosse intervenuta prima, mentre la
ragazza si
lanciava in avanscoperta, ma stava perdendo di giorno in giorno il suo
cipiglio
da comandante.
“Ecco
come temevo ha preso di
mira Kagome. Scemo Inuyasha e stupida me.”
La
discussione che ne seguì
poteva venir definita comica oppure deprimente, dipendeva delle
inclinazioni
filosofiche. Il demone non era altro che un maiale inselvatichito,
maniaco
precisiamo, a cui piaceva farsi chiamare cinghiale perché
aveva un po’ troppo
pelo e due zanne.
Quando
la corona, o diadema, calò
sulla testa di Inuyasha Kuria fu pronta al finimondo, come vederlo
sparire
all’improvviso o altre sciocchezze. Si ritrovò
spiazzata dalle parole d’amore
del fratellino verso il rapitore.
«Questa
poi!» Kuria gli sbarrò la
strada.
«Quella
corona è sospetta! –
gridò il monaco – aiutatemi a
togliergliela.»
Nel
mentre che loro
sperimentavano i poteri dell’oggetto dorato il maiale,
scusate cinghiale, li
osservava domandandosi se erano realmente così stupidi o
quel comportamento era
per ingannarlo, ma soprattutto ogni suo pensiero era puntato verso la
sua nuova
sposa.
Quando,
per ripicca, la
sterminatrice infilò sulla testa del bonzo il suo prezioso
gioiello decise che
era ora di mettere fine ai giochi e rapire la sua compagna. In quel
modo la
corona finì dritta sul capo di Kagome che, sotto
incantesimo, si ritrovò
perdutamente innamorata del demone.
Mentre
il cinghiale combatteva
contro Inuyasha, Kuria fu sul punto di strappare quel maledetto
artefatto
magico, avendo ammattito i due seguaci di Chokyukai, ma proprio mentre
stava
per toccarlo il demone maiale guardò nella loro direzione.
“Potente
lo è di certo, si sente
da lontano e se viaggia con questi qua sicuramente non è
sposata. Magari è una
bastarda di qualche demone maggiore che, per non infamarsi, non
l’ha tenuta
come figlia legittima. Uno strumento potente nelle mie mani.”
Un’altra corona
d’oro venne estratta dalla tasca del kimono, calando a
tradimento sulla testa
di Kuria.
La
quale si accasciò, come se le
avessero tagliato i fili, tra le braccia esili di Kagome.
«Sorellina!
Kagome!» strillò
Inuyasha, ma la distrazione gli sarebbe stata fatale se Sango non
l’avesse
protetto. Dal canto suo Kuria non capiva più nulla, era
priva del libero
arbitrio e stava combattendo contro una magia che tentava
d’impossessarsi del
suo corpo.
Non
comprese nemmeno di essere
trasportata nel castello di quello stupido demone, né che
Kagome la stesse
aiutando a salire in uno dei punti più alti.
Quando
riprese conoscenza, solo a
livello mentale, tentò di muovere gli arti e afferrare la
spada. Tuttavia le
sembrava di essere paralizzata, solo gli occhi e il collo rispondevano
agli
impulsi del cervello. Comprese di non avere né Caliburn
né Yoso con sé e di
essere vestita come un’imperatrice, ciò la
lasciò schifata e turbata
contemporaneamente.
“Che
diavolo succede? Soprattutto
perché sono alla sinistra del maiale maniaco? Non riesco
neppure a muovermi.”
«Mia
squisita compagna versatemi
del sakè.» ordinò Chokyukai e Kuria si
stupì di aver pensato “Col diavolo!” e
aver risposto contro sua voglia
«Certamente,
mio signore.» Inorridì
da sola, anzi se avesse potuto si sarebbe schiaffeggiata. Avrebbe
voluto
gettargliela in faccia la bevanda alcolica, ma il suo corpo
tradì solo un
leggero tremito, subito riportato all’ordine dalla magia
della corona
demoniaca.
«Oh
mia cara siete in ansia per
sta sera?» continuò il demone.
“Quale
sera? Che diavolo va
blaterando ‘sto scemo?” la sua mente si ribellava e
il corpo rispondeva ai
comandi dell’oggetto magico come se fosse stato un nuovo
cervello.
«Vedrai
sarà magnifico e non ti
preoccupare per il parto. Infondo non sarai sola, dopo di te ti
seguirà anche
la tua compagna – annunciò mostrandogli Kagome,
dall’altro lato del
maiale/cinghiale - e tutte le altre.» a Kuria venne voglia di
spalancare gli
occhi per la sorpresa, alzarsi e infilzarlo con le sue lame, ma
l’istinto
principale fu di vomitare.
La
reazione esteriore fu
totalmente opposta abbassò il capo, si sentì
arrossire e tenne le braccia il
grembo.
«Posso?
È permesso?» chiese una
voce femminile, anche se l’odore non ingannò la
giovane guerriera, si trattava
di una delle trasformazioni del piccolo Shippo.
Con
Chokyukai uscì anche Kagome,
Kuria non seppe spiegarsi il motivo, improvvisamente tuttavia il suo
corpo si
alzò e prese a camminare verso l’uscita.
Sentì l’aura di Yoso avvicinarsi e
alzò involontariamente una mano afferrandola dal manico, sul
suo tragitto trovò
Caliburn, accantonata in un angolo.
“Troppo
pesante per te quell’arma
stupido maiale.” Fece per raccoglierla e sentì che
anche quel comando eseguito
dal suo corpo non era dettato da sé stessa ma
dall’incantesimo. Caliburn, per
la prima volta nella sua vita la respinse non riconoscendola come
padrona. Era
come tentare di sollevare una montagna per un umano. Sapeva che si
trattava di
una spada pesante e che lei era una dei pochi degna
d’impugnarla, ma non
credeva fosse talmente pesante! Dopo svariate sforzi il suo corpo si
allontanò.
Nel mentre Kuria combatteva una lotta inutile per liberarsi dalla presa
magica
di quel oggetto.
Fuori
vide Inuyasha in una sfida
contro il maiale demoniaco e Kagome, ancora ipnotizzata, a osservarli
con le
mani chiuse in segno di preghiera. Si domandò se pure la
mente di quelle
fanciulle fosse libera o imprigionata e soggiogata.
«Attaccalo.»
disse Chokyukai
comparendo al suo fianco.
“Ti
sei ammattito? Non combatterò
mai contro Inuyasha!” pensò, ma il suo corpo
ubbidì e Yoso, anch’essa di
malavoglia, si ritrovò a impattare contro la lama di
Tessaiga.
Troppo
sconvolto il mezzo demone
non fece particolari resistenze ai suoi attacchi, Kuria lo stava
battendo come
se nulla fosse. Dimostrando quanto realmente potente e pericolosa fosse
sua
sorella.
«Ti
prego Inuyasha, uccidimi!»
«Mai!»
Credeva
solo di aver pensato
quell’implorazione e invece poco a poco stava riprendendo il
controllo sul suo
corpo. Riuscì anche a spalancare gli occhi e per la sorpresa
non si oppose all’arrivo
dell’Hirahikostu che la colpì in pieno ventre,
scagliandola diversi metri più
in là. A causa dell’impatto il corpo si
piegò in due e la corona le scivolò
della testa.
«Perdonami
Kuria! – esclamò Sango
correndo al suo fianco – era necessario. Come stai? Ti ho
fatto molto male?» La
sterminatrice la sollevò per le spalle, controllando
freneticamente che fosse
tutta intera.
Kuria
si mise a ridere finalmente
libera.
«Meglio
di adesso non sono mai
stata! Credimi Sango e grazie.» L’altra sorrise
sollevata. Nel frattempo, tra
la confusione generale, Inuyasha aveva finalmente liberato Kagome che
tentò
d’imprigionare con un sigillo il demone. Sfortuna volle che
quest’ultimo
riuscisse a scappare.
Nel
percorso per liberare le
altre fanciulle imprigionate dall’incantesimo Kuria si
fermò davanti a Caliburn.
Respirò profondamente stringendo l’elsa fra le
mani e, ricordando lo sforzo
precedente, usò molta forza per sollevarla. Fu uno spreco di
forze inutile
perché la spada le risultò leggera e maneggevole
e lei si sbilanciò all’indietro
cadendo di sedere. Rimase pochi secondi incredula, poi
sospirò di sollievo.
Il
tempo di recuperare i suoi
abiti da guerriera e attaccare al loro posto le due armi, verso notte
s’incamminarono tutti per andare da Shinosuke e riportare le
giovani donne dai
loro genitori.
Tutto
riprese come sempre, Miroku
che faceva lo stupido in primis. Kuria restò particolarmente
turbata
dall’esperienza. Sesshomaru per quanto gelido, e a volte
subdolo, non aveva mai
provato a dominarla con simili trucchetti. O meglio, le ricordava
costantemente
che presto o tardi sarebbe divenuta sua moglie e con quello sarebbero
giunti
anche altri doveri, di una natura diversa, ma mai la faceva sentire
minacciata.
Si strinse leggermente nelle proprie spalle.
“Inoltre,
che gusto ci sarebbe?” All’ex
compagno piaceva avere tutto sotto controllo attraverso il suo status
di demone
e i suoi poteri, non perché sotto incantesimo.
Quella
sera al villaggio Musashi
Kagome e Kuria si ritrovarono insieme fuori dalla capanna di Kaede.
«Neanche
tu riesci a dormire?»
chiese Kagome sedendosi affianco alla sorella adottiva del suo amato.
«No,
ho troppi pensieri per la
testa e… posso chiederti un consiglio Kagome?»
«Non
devi neppure chiederlo. Sono
tua amica, puoi domandare sempre e comunque.» La giovane
sacerdotessa le mise
una mano sulla spalla come incoraggiamento. Sapeva che Kuria era forte
ma sola,
gliela si leggeva in volto quella verità.
«Grazie
– le sorrise
riconoscente, mandando giù un nodo alla gola per non
commuoversi. – Se tu
sapessi di essere troppo debole e avessi bisogno
d’incrementare il tuo potere
spirituale, perché non facendolo i tuoi cari saranno nei
guai, tuttavia l’unico
maestro che può aiutarti in quest’impresa si trova
a molte ri di distanza dal luogo in
cui combatti. Cosa faresti? Andresti?»
Kagome
si limitò a annuire
lentamente. Comprendendo che Kuria aveva bisogno di allontanarsi per
diventare
più forte e proteggerli.
«Sì,
anche se così facendo
rischio che vadano incontro a dei guai senza la mia presenza. Dovunque
tu abbia
bisogno di andare noi non ti fermeremo, se è utile a te per
proteggerci e per
proteggere altre persone. Non ti preoccupare Inuyasha
riuscirà a non cacciarsi
troppo nei guai, oppure mi basta dire a cuccia.»
«Kagome!»
uno strillo del
sottoscritto risuonò per tutto il paese. Kagome si mise una
mano sulla guancia
imbarazzata, mentre Kuria rideva e pensava al modo più
indolore per riferire
della sua partenza al fratello minore, non sapeva se l'avrebbe presa
bene.
Da
sempre le lasciava i suoi
spazi per allenarsi, ma quella volta erano in guerra e Kuria non sapeva
se
allontanarsi era la scelta migliore da prendere.
“Forse
se divento più forte anche
Sesshomaru mi noterà. Se non posso essere vista come
compagna di vita tanto
vale farsi conoscere come compagna di guerra.”
Non
sapeva cosa sarebbe successo
in seguito alla sconfitta di Naraku, ma probabilmente Inuyasha e
compagni si
sarebbero ritirati nel villaggio Musashi facendone una terra in pace e
protetta. Ormai era troppo legata a quella gente per tornare in maniera
definitiva sui Pirenei, erano stati la sua casa per diverso tempo e a
volte ne
sentiva ancora la nostalgia, ma i suoi amici erano lì, Rin
era lì… Sesshomaru.
Sperava
solo reggere al dolore che
le avrebbe arrecato lui il giorno in cui avesse trovato la sua vera
legittima consorte.
“Speriamo
vada tutto per il
meglio.”
Angolo
Autrice (originale):
Sì,
lo so sono in un ritardo eclatante e grosso quando la catena dei monti
Urali >< chiedo scusa.
La
buona notizia è che sono già a metà
del prossimo capitolo, felici? (Spero di si)
Allora
nel prossimo capitolo ritornerà il nostro demone
più amato/odiato di tutti i tempi... Sesshomaru!
Chissà se riuscite a indovinare su quale puntata si
baserà il prossimo capitolo.
Kuria
non si è realmente indebolita e Inuyasha non ha neppure il
suo livello d'esperienza nel combattimento, ma ella non conosce alcuni
trucchi demoniaci, diciamo che deve fare un 'corso d'aggioramento per
Guerrieriere' (?). Come la spada di Inuyasha s'evolve con il suo
padrone e Sessho fa passetti in avanti nella sfera emotiva anche la
nostra yasha deve evolversi (non stile Pokemon XD) e forse ritrovare se
stessa.
Avvertenze:
La presenza di Inu Taisho potrebbe tornare, tanto per far prendere
infarti in qua e in là.
Martyvax
Angolo
autrice revisione 2023:
Molto
bene. In questo episodio direi che si esprime bene una delle
più grandi paure di Kuria, quella di essere usata. Penso sia
normale anche che si senta molto in soggezione/inferiore/non degna di
Sesshomaru, nonostante la sua enorme spavalderia. C'è anche
un bel divario di età da considerare e che il nostro bel
demone glaciale non è un campione nella comunicazione. La
strada da percorrere per i due innamorati è solo all'inizio.
|
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Capitolo 28 *** A volte bisogna partire ***
A volte bisogna partire
Non ci
poteva credere! Doveva
essere uno
scherzo di sicuro, quello che credevano un accanito ladro di rotoli e
altri
oggetti importanti, di un enorme valore, non era altro che un inutile
demone di
bassa lega.
Shippo
applicò tutte le lezioni sul potenziamento del fiuto, Kuria
ne fu felice.
Poteva finire molto male quella faccenda, ma per fortuna il giovane
volpino
aveva combattuto contro un demone essenzialmente innocuo.
“Alla
fine è andato tutto nel migliore dei modi!”
pensava strofinandosi la fronte con
il dorso della mano.
Le
tracce di Naraku a seguito alla sconfitta dei Sette si erano rarefatte.
Quell'essere viscido quanto avrebbe atteso prima di attaccare? Sia
Kuria sia
Inuyasha davano segni evidenti di fastidio per tale contrattempo, per
loro i
codardi erano intollerabili, la donna demone in particolare tendeva a
istinti
violenti verso i vili di cuore.
«Non ci
sono più villaggi, per questa sera dovremo
accamparci.» annunciò Miroku nel
corso della loro marcia nel folto del bosco.
«Allora
propongo un bagno rilassante. Ovviamente sto parlando di me, Sango e
Kagome,
voi due no. Monaco non spiare, non penso tu voglia incorrere nelle ire di... ehm dei
miei elementi.»
Inuyasha
girò di scatto la testa, era una sua vaga impressione o
Kuria stava per dire:
nelle ire di Sesshomaru. Spalancò gli occhi e smise di
respirare. Sapeva che un
legame più forte di quello dell'odio univa sua sorella
adottiva verso suo
fratello biologico, ma pensava fosse l'ebbrezza della sfida e quindi
mancanza
di un compagno da battere. Non immaginava si trattasse d'amore!
Inarcò un
sopracciglio, davvero non se lo aspettava? Forse a essere sinceri se
l’aspettava eccome!
Quando
ancora era un cucciolo sua sorella gli narrava molte storie, su suo
padre
principalmente, sul palazzo dove era stata costretta ad abitare, su
Sesshomaru.
Lo metteva in guardia da lui, lo descriveva in modo minuzioso e
preciso,
calcava il racconto aggiungendo che era sprezzante con lei, incline ad
alzare
le mani per picchiare se si sentiva oltraggiato e che si odiavano. Poi,
però,
quando lei pensava si fosse addormentato o non la vedesse, sospirava e
diventava triste.
Quindi
calata la sera, mentre i ragazzi si occupavano del pasto, loro tre
s'incamminarono
con calma in direzione di una fonte d'acqua in cui lavarsi e togliere
lo sporco
del viaggio.
«Kagome
il Giappone è uno regno chiuso di questi tempi, quindi
com'è l'era moderna?» Cominciò
Kuria curiosa.
«Devi
sapere che adesso noi siamo alla fine dell'era Sengoku, ma fra quasi
duecento
anni gli americani, l'America è stata colonizzata dagli
Inglesi lo sai, no? Ci
costringeranno all'apertura. L'imperatore Meij cercò, anzi
sarebbero meglio
dire ‘cercherà’, quindi di farci
diventare una nazione potente al pari con le
altre. Se così non fosse gli altri paesi ci schiacceranno
con le loro
tecnologie moderne.»
«Per un
secondo ho pensato che tu stessi parlando dei pellerossa, mi sembrava
improbabile che fossero diventati così forti, anche se tutto
è possibile nel
futuro.»
Tuttavia
prima che potessero giungere al fiume un uomo anziano e spaventato a
morte corse
nella loro direzione.
«Vi
prego non uccidetemi!» disse inginocchiandosi a terra, con il
viso fra le mani.
Le tre si fissarono stupite.
«Bene
Kagome, sei tu la sacerdotessa.» Sango annui fissando la
più piccola del
gruppo.
«Non ne
ho proprio l'aspetto.» Balbettò la giovane donna,
leggermente in preda al
panico per la situazione improvvisa.
«Ma lo
sei!» continuò Kuria.
«Kuria
tu hai un aspetto umano, di solito ci sai fare...»
«Va
bene, va bene.»
Finì
che fu la donna demone a tentare di comprendere il problema. Mai fatta
prima
un’azione simile, rassicurare un umano! Esclusa Izayoi e le
sue nuove amiche
non amava molto quella razza.
«Un
villaggio di donne demone? - chiese stupito Inuyasha. - Non ho sentito
odori
strani e tu Kuria non mi hai avvertito!»
«Ti
avrei avvertito se l'avessi captato ma questo non è
successo. Pensi sia il caso
di controllare?»
«Propongo
di andare a vedere, vi ha detto se fossero carine?» Miroku
non si astenne dalle
solite battute ormai più volte collaudate e Sango lo
fulminò con lo sguardo.
«Feh!
Secondo me è una perdita di tempo! A meno che non ci
intralcino non ne voglio
sapere di questa storia. Aspetta Kuria mi hai dato libera
scelta?» Notò
stupito.
«Non
gongolare troppo, riconosco solo che sei cresciuto, fine.» Fu
molto dura nel
suo breve discorso, come se all'improvviso di fosse sentita degradata a
un
rango inferiore. Già di norma sentirsi dominata da qualcuno,
inclusa sua madre,
le dava un senso di nervosismo, se poi si trattava di Inuyasha, il suo
piccolo
dolce cucciolo, la situazione peggiorava.
“Se
fosse stato un demone completo forse la sua forza supererebbe quella di
Sesshomaru e non esclusivamente dal punto fisico.”
Nel
loro cammino alla ricerca delle famigerate Oni scortica umani
incontrarono un
giovane, cercava un villaggio di sole donne perché aveva
perso la sua amata.
“Un
villaggio di sole donne, niente male!” pensò
sarcastica Kuria. Tra femmine,
escluse Izayoi, Kagome e Sango, s’era sempre trovata a
disagio. Lei non
sembrava realmente una ragazza, dentro di sé batteva il
cuore di un guerriero e
ciò la distanziava dalle altre. Loro ridacchiavano e lei
rimaneva seria, loro
si truccavano e lei indossava un’armatura pesante, loro si
mettevano forcine
nei capelli e allacciavano ai polsi i ventagli, lei li raccoglieva in
una coda
scomposta e saldava per bene le spade al fianco. Due mondi totalmente
opposti,
un po’ la colpa stava dalla parte di Kuria, che da bambina si
era intestardita
per diventare forte e diversa dalla stragrande maggioranza delle sue
sorelle.
Le sue ambizioni vennero caldeggiate da tutta la popolazione e, senza
ripensamenti, la sua vita parve tracciata a priori e fu Inu no Taisho a
spezzare il fragile equilibrio.
Doveva
ammettere, però, che sua madre sulla sua istruzione fu molto
irremovibile.
Poteva diventare una guerriera, ma questo non la esonerava dal
conoscere le
loro danze, la musica e le arti in generale.
“Chissà
se Sesshomaru sapendo che sono scomparsa proverebbe a
cercarmi… ma cosa vado
pensando? Sarebbe una vera maledizione, io non lo voglio.”
Evitò di scuotere la
testa per levarsi quel pensiero dalla mente sarebbe solo risultata
matta, il
colmo!
Così
dalla tristezza i sentimenti evolsero, passando per la rassegnazione
verso
l’autoconvinzione. Sforzi vani, visto che il cuore non si
arrendeva a certe
imposizioni del cervello, Kuria avrebbe fatto prima a rassegnarsi: il
suo
organo vitale batteva per un personaggio becero, maschilista e spesso
senza
scrupoli.
Fatti
sempre più incredibili si susseguirono a quelle scoperte,
trovarono il
fantomatico villaggio e lì si fermarono, con grande
disappunto sia di Sango,
sia di Kuria e, ovviamente, di Inuyasha. Il monaco manico non
riuscì proprio a
trattenersi e dimostrò, per l’ennesima volta,
quanto poco fosse distaccato dai
beni materiali, scatenando l’ira della cacciatrice di Demoni.
Da quel momento
in poi la situazione fu tutta in discesa, la suddetta ragazza che
spariva, le
donne del villaggio in preda a un mostro e infine Sango stessa
comandata dal
demone salamandra!
Quella
compagnia non trovava mai un attimo di pace, ciò poteva
dimostrarsi stressante
e allo stesso tempo stimolante.
Kuria
non riuscì a fare nulla di speciale, in quanto bloccata da
quelle femmine
umane. Non intendeva ucciderle, non era colpa loro se
l’ingenuità le aveva
condotte in una brutta situazione.
“Perdere
in guerra mariti, fratelli, padri e anche i figli, dev’essere
terribile vedere
il proprio mondo crollare senza il minimo avviso. Improvvisamente sei
sola e
nessuno ti protegge, sono lieta, alla fine, di aver scelto una strada
diversa
rispetto a quella del mio sesso. È vero forse sto frignando
perché non potrò
mai essere qualcosa di più che un’ottima guerriera
per Sesshomaru, ma me la so
cavare da sola, vivo senza appoggi, sono una donna indipendente e ne
vado
fiera.”
Per
fortuna in combattimento Miroku si rese utile, dando loro il modo per
disincantare quelle ragazze dal tranello del demone. Il peggio ebbe
inizio con
il ritorno di Sango dall’acqua, intossicata dallo stesso uovo
maledetto.
L’odore di sangue del monaco si sentiva a grande distanza,
brutto segno. La
sterminatrice gli aveva squarciato metà guancia e un
braccio, nel caso in cui
il conflitto non si fosse risolto in fretta Miroku sarebbe sicuramente
morto!
“Se non
gli rimangono i segni a deturpargli il volto sarà veramente
fortunato!” pensò
fra se e se Kuria.
Per
grazia degli spiriti il suddetto uomo era di ottima costituzione e
rivaleggiava
quasi alla pari con la sterminatrice di demoni, quindi la situazione si
evolvette nel giusto verso. Sango ne uscì incolume e Miroku
se la sarebbe
cavata con le miracolose medicine di Kagome.
Il
giorno seguente abbandonarono il villaggio, avendo compiuto il loro
dovere e
alla prima tappa giunse la tanto sospirata dichiarazione
d’amore da parte del
monaco.
«Che
razza di dichiarazione d’amore è: ‘vuoi
dare alla luce gli eredi della mia
stirpe’? Voi uomini giapponesi non riuscite proprio a dire
parole d’amore, non
è difficile.» commentò caustica Kuria,
Kagome sospirò, c’era più o meno lo
stesso problema anche nella sua di epoca.
«Perché
i vostri ci riescono?» Domandò la giapponese, con
l’aria di un’anima in pena.
«Mio
cugino di quarto grado mi ha baciato, dopo avermi fatto una lunghissima
dichiarazione.» Ammise senza vergogna Kuria, infondo non
erano mica un regno
molto grosso e nelle famiglie reali era quasi tradizione che ci si
fidanzasse
con il proprio sangue.
«Stai
scherzando spero!» ribatté Kagome, leggermente
schifata.
«Beh –
passò una mano fra i capelli sopra la nuca. – non
è realmente mio cugino. È il
cugino di quarto grado delle mie sorelle maggiori, ma sta di fatto che
fu
abbastanza sicuro di sé da superare la paura dei miei scatti
irosi e baciarmi.
Ora, non dico che debbano essere tutti in preda agli ormoni, anzi
Miroku gli dà
anche troppo ascolto, ma una dichiarazione talmente ambigua non
l’avevo mai
sentita. Avrebbe potuto dirle… che vivere senza di lei gli
era impossibile o
che potrebbe perdersi nei suoi occhi.»
«Ah!
Queste sdolcinerie non te le avrà dette mio
fratello?» chiese sarcastico
Inuyasha. Kuria lo guardò talmente male che il poveretto fu
costretto a
nascondersi dietro un albero.
«Cerca
di capire bene: io e tuo fratello – faccia schifata
– siamo stati ‘insieme’ per
volere di tuo padre, capito? Lui non si è nemmeno dovuto
applicare per
conquistarmi, vuoi che venisse a farmi le dichiarazioni
d’amore?» Per un po’
calò il silenzio, agghiacciante e inquieto. Inuyasha si
sentì in colpa, Kuria
soffriva già abbastanza.
«Era
troppo occupato a dichiararselo da solo mentre si pettinava i
capelli.»
Sdrammatizzò scoppiando a ridere come una matta, adorava
prendere in giro
Sesshomaru. All’inizio lo trovava ridicolo ed effeminato,
forte certo, ma per
nascita. Lei si doveva impegnare ogni singolo giorno per diventare
più potente
nel periodo in cui si erano conosciuti. Anche se attualmente si stava
indebolendo di giorno in giorno, perdendo la sua formazione e il
cipiglio
battagliero che l’aveva contraddistinta nei suoi primi anni
di servizio.
La sera
calò e ricoprì il cielo di un manto di stelle
argentee, pareva una brillante
trapunta di diamanti e ogni tanto Kuria notava lo sguardo affascinato
della
giovane sacerdotessa. Quando rimasero da sole i commenti riguardanti la
neo
coppia poterono riprendere, questa volta con l’interessata al
centro della
discussione.
«Ci
proverà ancora con altre donne in sintesi?»
Domandò Kagome quando furono
appartate, scocciata dalla situazione.
«Ci
proverà, ma adesso sono giustificata e posso lanciargli
contro Hirakostu.»
Rispose la sterminatrice con aria determinata, serrando forte un pugno
per
aria.
«Oppure
puoi ripagarlo con la stessa moneta.» Kuria si
osservò con interesse le unghie
allucinogene.
«Ovvero?»
domandarono in coro Kagome e Sango.
«Fai la
carina con gli uomini giovani, qualche piccolo samurai o figlio di capo
villaggio, ma anche contadini che si dimostrano gentili nei tuoi
confronti. È
la tecnica della gelosia, occhio per occhio, dente per dente o Regola
dell'indifferenza, chiamala come vuoi, tanto la sostanza non
cambia.»
«Non so
Kuria, mi paiono azioni troppo avventate.»
«Donne!»
commentò scuotendo il capo la guerriera.
«Ehi,
guarda che lo sei anche tu.» esclamò Kagome
ridendo.
«Sono
una guerriera occidentale, il che è molto diverso. Ho votato
la mia vita al
combattimento e non alle beghe amorose. Se non fosse stato per Inu no
Taisho
non mi sarei mai mossa dai miie monti, ci stavo bene
là.»
Ammetterlo
non sembrò difficile visto da fuori, ma l’animo di
Kuria rappresentava un
sofferto dualismo, tra nostalgia della propria patria e voglia di
restare con
gli amici.
«Piuttosto,
hai deciso se partirai?» Sango tentò subito di
spostare l’attenzione, soffriva
dello stesso problema, solo che non aveva una villaggio ad attenderla.
«Fra
qualche giorno, finisco di spiegare degli attacchi base a Shippo. Il
suo fiuto
è nettamente migliorato e le sue intuizioni si dimostrano
veloci, è proprio una
volpe! Dovrei quindi partire tra poco.»
«Non
andrai via in sordina, vero? Inuyasha ci rimarrebbe molto male e
anch’io.» confessò
Kagome, preoccupata che l’amica un giorno sparisse senza
lasciare tracce.
«Ovviamente
vi saluterò il giorno della mia partenza, non ho intenzione
di farvi prendere
una sincope!»
Sperava
davvero che se la cavassero mentre lei faceva
quell’allenamento di vitale
importanza. Stare in un gruppo, in cui le decisioni venivano prese
democraticamente, le toglieva quella condizione mentale di
combattimento
animalesco, tutta quella speculazione non l'era congeniale. Si rendeva
conto
che non poteva continuare a combattere in maniera brutale per il resto
della
sua esistenza, sapeva di avere un grande potenziale, bisognava solo
raffinarlo.
“A quel
punto forse riuscirò a tenere testa pure a un demone come
Sesshomaru!” I suoi
occhi si socchiusero creando una linea sottile, era stufa di sentirsi
maltrattata. Il suo cuore accelerò i battiti, come se si
preparasse alla
battaglia.
Nel
loro pellegrinare continuo ed incessante, alla ricerca di quei
maledetti
frammenti, oltrepassarono un convento di suore.
«Qualche
traccia del cristianesimo è arrivata in Giappone!»
esclamò Kuria passando
davanti al luogo sacro. Nonostante Kagome desiderasse fermarsi Inuyasha
tirò
dritto senza darle il minimo ascolto, una perdita di tempo secondo lui.
Pochi
secondi dopo il convento, se si poteva definire in quel modo una
capanna di
paglia, era in fiamme e un’aura simile a quella di Naraku
pervadeva lo spazio
in lungo e in largo.
“Cos’è
questa storia? Perché dovrebbe trattarsi di
Naraku?” si chiese la giovane
fissando le fiamme.
Vide
gli altri precipitarsi verso il luogo dell’incidente con
Inuyasha riluttante
alle loro spalle, Kuria non li seguì, non subito.
«Che
fai sorellina, non vieni?» chiese il mezzo demone. Aveva uno
strano sguardo
assorto la sua sorellastra.
«No,
Inuyasha. Presto vi raggiungerò, promesso.»
“Sarà,
ma di solito quando fa certe affermazioni scompare nel nulla per
settimane.
Credo non abbia ben chiaro il concetto di ‘torno
subito’.” Pensò l’altro,
preoccupato.
Appena
suo fratello sparì dall’orizzonte Kuria si
posò una mano sul cuore.
«Ho
avvertito una profonda disperazione, talmente simile alla mia duecento
anni fa.
Quale sensazione spiacevole. – osservò il cielo,
l’aura maligna era sparita. –
forse ci metterò un po’ a tornare,
Inuyasha.» parole sussurrate al vento.
Lasciandosi trasportare dal suo istinto demoniaco camminò in
direzione opposta
a quella presa dai compagni.
«Dov’è
Kuria?» domandò Sango.
«Feh!
Ha detto che ci raggiungerà presto.»
«Non
sarai mica preoccupato, eh Inuyasha?» chiese scherzoso Miroku.
«Per
chi mi hai preso bonzo deviato e poi Kuria è un ottima
combattente, sa badare a
se stessa.»
“Sì, è
preoccupato.” Pensò Kagome guardando i suoi
atteggiamenti fintamente non
curanti. Ogni volta che la sorella spariva diventava intrattabile e le
dispiaceva molto, non solo perché soffriva di nostalgia e
viveva nella costante
paura che le accadesse qualcosa, ma anche perché, con tutti
i problemi che
affrontavano nel loro viaggio, Kuria era sicuramente una costante
rassicurante
nel gruppo. Una stella da seguire.
L’interessata
invece avvertiva un pizzico al cuore, non di quelli pericolosi, di
riflesso si
portò una mano sul ventre, resasi conto del gesto smise
subito. Qualcosa di
misterioso si avvicinava alla sua piccola Rin e non poteva permettere
che un
nuovo pericolo la sfiorasse, ne andava della vita di entrambe.
“Speriamo
che non le capiti niente mentre sarò via, ma infondo
Sesshomaru sa quindi… e
poi vuole troppo bene a quella bambina per lasciarla
incustodita.”
Volava
al di sopra delle nubi a una velocità moderata, in
realtà il suo scopo
principale era pensare al dolore avvertito in precedenza. Un misto di
preoccupazione, tristezza e amarezza, qualsiasi essere vivente poteva
provare
questo insieme, lei stessa ne saggiava più volte il sapore,
ma la stranezza era
solo in quell’onda d’urto.
“Un
umano non ha tutta questa forza, che cosa sarà successo?
Prima dell’esplosione
la gente si stava radunando per una povera monaca, una giovane donna
ancora nel
pieno della sua bellezza morta a causa di una malattia…
oppure è meglio dire a
causa di un incendio?” Inarcò di nuovo un
sopracciglio virando la traiettoria
in su. Un pensiero le sorse spontaneo.
«Non
c’erano le basi per un incendio! Insomma si tratta di
qualcosa che può avvenire
ovunque ma, escluso il caso in cui qualcuno non abbia voluto
appiccarlo, questo
non poteva crearsi. Non ne ho sentito l’odore e i volti della
gente apparivano
troppo disperati per dilettarsi in stupide scene razziste o
piromane.» Parlare
con il vuoto nel bel mezzo del cielo per Kuria non era da spostati di
mente.
Più volte le capitava di ideare piani mentre volava e non
potendone discutere
con nessuno sentire i propri ragionamenti a voce alta
l’aiutava a comprendere
gli errori che potevano derivarne.
«Inoltre,
in coincidenza, è subito subentrato un odore non dissimile a
quello di Naraku.
– lasciò correre diversi secondi. –
Certo, simile ma non uguale e il nostro
nemico da cosa è fatto? Insomma a meno che non fosse una sua
emanazione, e non
è da escludere, solo un agglomerato di demoni
può… Oh diavolo! Si è appena
creato un altro spirito maligno, solo un umano con tali sentimenti si
lascerebbe mangiare senza opporre resistenza. Devo controllare come sta
Rin,
ora quella stretta assume un valore del tutto diverso!»
In una
frazione di secondo scese in picchiata, se avesse seguito
l’odore di Sesshomaru
avrebbe trovato anche Rin, in quel momento non stava male quindi non
avvertiva
un fortissimo contatto con il corpo della bambina. Contraddizioni del
dono
probabilmente.
Giunse
in un luogo brullo, scuro, simile a una conca di terra,
c’erano ben cinque
odori diversi.
“Infatti
uno è di quell’essere! Sesshomaru lo
avrà seguito? Le impronte non vanno tutte
nella stessa direzione. – osservò meglio i calchi
del terreno. – sembrano molto
femminili quelle opposte a Sesshomaru e di piedi adulti. –
sbuffò incrociando
le braccia al petto. – Ma qui gli uomini non sono molto
mascolini.” Scosse
anche il capo e infine tornò seria.
«Ho
deciso!» quindi s’incamminò, o meglio
volò, in direzione di Rin, doveva
assolutamente fare in fretta perché Yoso pulsava al suo
fianco ed era la prima
volta da quando il grande generale l’aveva fatta giungere a
lei.
Volò
più velocemente di quanto in realtà le sue forze
le consentissero e subito
captò l’odore di Rin, l’avrebbe
riconosciuto fra mille, una fragranza di fiori
e quando fu distante solo qualche metro ne udì perfino il
canto.
«Rin!»
esclamò, si arrestò bruscamente davanti alla
bimba, rimanendo pur sempre in
volo.
«Signorina
Kuria! Che bello, giochiamo insieme?»
«Magari
più tardi tesoro, dimmi dov’è
Sesshomaru? Qui non lo vedo.» Si guardò attorno
ansiosa, ma di lui nessuna traccia, Jacken sospirava e Ah Un non faceva
nulla
di particolarmente rilevante.
«È
andato per di là.» Le indicò con il
braccio la via.
«Grazie
Rin, stai attenta e non ti allontanare da Jacken!»
riprendendo nella sua corsa
sollevò un gran polverone, stimolando le lamentele del
rospetto.
“Yoso
perché stai vibrando? Più vado avanti
più mi pare che tu impazzisca.”
Comprese
tutto solo quando Sesshomaru fu lontano da lei di una decina di metri.
Vide una
donna, il suo ex futuro sposo, suo fratello e Kagome.
“Infatti
era come pensavo, una donna!” il suo udito di demone le
permetteva di sentire
ogni parola. Quella piccola sgual… doveva calmarsi,
quell’agglomerato di
spettri possedeva Tessaiga e con il suo uccellaccio stava tentando di
aiutare
Sesshomaru nell’intento di uccidere Inuyasha.
Sbatté
al massimo le sue ali e riuscì miracolosamente a mettersi
davanti alla stupida
ladra, mollandole un pugno in pieno volto, il demone uccello, su cui
ella
volava, fu disintegrato dal veleno di Sesshomaru.
«Non mi
sono mai piaciuti i codardi! Molla Tessaiga!»
ringhiò mentre quella si
rialzava.
«Questa
appartiene al Nobile Sesshomaru!»
Sentì
distintamente il sangue andarle alla testa e la bocca incurvarsi per
ringhiare
al meglio.
«Vuol
dire che te la strapperò dalle mani con la forza!»
«Provaci
se ci riesci, non sei nemmeno un unico demone.» la
schernì ridacchiando
malefica, Kuria non batté ciglio, anzi forse sorrise pure
lei.
«Cencio
parla male di straccio!» commentò malignamente, ma
non fu compresa.
«Tz
piantatela! – la voce gelida di Sesshomaru non fece
sobbalzare tanto
l’occidentale quanto l’altra demone. –
volevi esaudire il mio più grande
desiderio e pensavi fosse questo? Se avessi intenzione di sconfiggere
Inuyasha
non avrei il bisogno di una come te.» Dette quelle parole
sparì nella sua bolla
di luce e, mentre la ragazzina si disperava come una adolescente al
primo
rifiuto, Kuria decise di riportare l’attenzione su se stessa.
«Per
tua informazione stupido agglomerato di demoni IO sono molto meglio di
tanti
altri! – la colpì con un calcio al ventre e
afferrò Tessaiga ma,
sfortunatamente, il fodero la respinse e fu costretta ad allontanarsi a
mani
vuote. – Inuyasha, ora!»
Il suo
adorato fratellino tentò invano di colpirla, ma
quell’arpia aveva un oggetto
magico con sé e pareva lo volesse pietrificare attraverso
una collana
spirituale.
“Se non
faccio qualcosa in fretta verrà pietrificato, ma pur
sacrificandomi, farmi
cristallizzare al posto suo non servirebbe!” Kagome distrusse
con tempismo
l’oggetto incriminato, con riconoscenza da parte della demone.
«Ottimo
lavoro Kagome!»
La
ladra di spade con un insano amore per il Principe dei Demoni
sparì e anche
Kuria, senza dire niente, scomparve per quella che si prospettava una
battuta
di caccia. Gli avvenimenti la stavano davvero turbando molto,
pretendeva un
chiarimento!
“Sesshomaru
la conoscevi e lei ti ama, non vorrei provare ciò che sto
provando! Giuro che
se scopro che mi hai rotto le scatole per anni essendo innamorato di
un’altra
ti ammazzo nella maniera più dolorosa possibile.”
Strinse i pugni e s’infiltrò
cautamente nella foresta, in un piccolo spiazzo c’erano le
due figure che
cercava.
Le
davano entrambi le spalle e la giovane narrava di come si fossero
conosciuti,
lei umana, figlia di Samurai, lui demone, bello, bisognoso di cure
perché
ferito dallo schifoso – a Kuria quasi implose una vena in
quell’istante –
fratello mezzo demone. Non poté osservare il viso della
nemica in amore, se poteva
definirla in tale modo, fin quando non si sedette alle radici di un
grande
albero, protagonista silenzioso di tutti gli avvenimenti.
“Brutta
stupida il braccio Inuyasha ha fatto più che bene a
segarglielo! Lo deturpa in
bellezza e magari lo rende anche più debole ma se
l’è cercata! E poi, guarda
caso, ci sono sempre degli alberi importanti come sfondi di queste
storie.”
Tuttavia
s’intenerì ascoltando quella storia, capiva i suoi
sentimenti e non la
biasimava se il cuore la portava ad amarlo, lei faceva la stessa
identica
azione ogni singola volta che lo vedeva.
“Non
sono docile come lei, ma infondo so quanto possa essere subdolo,
rompiscatole,
cattivo, maschilista e… forse è meglio che mi
fermi qui. Eh ragazza mia credo
che l’avresti picchiato pure tu o forse ti saresti messa a
frignare, una delle
due opzioni.”
Alla
fine del racconto ebbe la risposta che tanto stava cercando, la suora
in fin di
vita era l’agglomerato di demoni.
“Si è
fatta mangiare l’anima per realizzare il più
grande desiderio di Sesshomaru
pensando fosse Tessaiga. Mi duole ammetterlo ma se quel ghiacciolo
ambulante
volesse la zanna di suo padre non ci metterebbe molto a
prenderla… usarla
sarebbe un altro paio di maniche, la barriera non lo consentirebbe.
Questa
ragazza non sa che la spada è un sigillo per il potere
demoniaco di Inuyasha,
probabilmente schizzata com’è non le
interessa.”
Non
sapeva dirsi se gelosa o infuriata, forse l’arrabbiatura era
da mettere in
conto da qualsiasi parte si guardasse la faccenda. Prima di tutto
l’ira verso
Sesshomaru che si comportava da stupido facendo il bambino offeso ogni
volta
che si parlava dell’argomento
‘eredità’, poi con se stessa
perché aveva mancato
nel suo ruolo di protettrice.
Inavvertito
e incontrollato Inuyasha apparve dal cielo, strillando come un matto,
Kuria si
schiaffò una mano sulla fronte.
“Con le
teste calde poco c’è da fare. A volte dimentico
che è solo un adolescente e
deve ancora imparare molto.”
Sesshomaru
si parò innanzi alla donna, impedendo qualsiasi attacco da
parte del
fratellastro, colpendolo con Tokjin, ciò spinse Kuria allo
scoperto. Provava
un’ira fredda, quasi controllata, pronta a riversarsi sul bel
demone come un
fiume in piena. Asseriva stupidamente che la faccenda non lo riguardava.
« Non
lo riguarda! Dimmi ti sei dato al saké negli ultimi tempi,
nobile Sesshomaru? –
la penultima parola fu piena di sarcasmo. - Credi che solo
perché lei ti piace
allora tutto le sia concesso?» Si bloccò al suono
delle sue stesse parole,
trattenendo un ringhio frustrato. Lui non doveva comprendere quanto
fosse realmente
gelosa di quella donna! Dall’altra parte anche Sesshomaru fu
molto stupito
dall’ultima affermazione. Non lo diede a vedere esternamente
ma la fissò per
diversi secondi. Sentiva l’odore della rabbia traspirare
dalla sua pelle.
“Sei
arrabbiata perché il tuo adorato Inuyasha è stato
derubato?” Desiderò di
poterle leggere dentro, abbandonare tutti lì e portarsela
via, costringerla a
parlare.
Cogliendo
impreparati entrambi, il mezzo demone colpì Sara con una sua
vecchia tecnica.
Dal braccio ferito di questa scaturirono demoni di basso livello,
intrappolarono Inuyasha e tentarono di colpire Kuria. La demone non si
fece
cogliere di sorpresa, facendoli a pezzi con la sola forza delle unghie
demoniache.
«Maledetto
Inuyasha, ti meriti di morire come un animale!»
L’urlo d’indignazione che si
levò dalla bocca di Kuria fu assordante, più
simile a uno strillo d’aquila,
pauroso.
«Ora
hai davvero passato il segno! – con un balzo prese il volo,
le sue ali
sollevarono un gran polverone e nella confusione scese in picchiata,
colpendola
al collo con il suo veleno. – abbiamo capito cosa siete e la
pagherete.» Sussurrò
in preda al rancore. Giocare con l’amore, non esisteva azione
più abominevole!
L’odore disgustoso che proveniva dalla ragazza non era un
misto di umano e
demoniaco, ma solo quest’ultimo.
Perché
non aveva compreso prima la reale pericolosità della
situazione?
I
demoni che avevano divorato il corpo della giovane ragazza la
respinsero,
Sesshomaru si parò davanti a lei e Inuyasha. Kuria lo
osservò stupita mentre
intimava alla non donna di andarsene.
«Può
andarsene dove gli pare? Ma dico non ti sei… »
Il suo
interlocutore non la degnò di uno sguardo quando
attaccò il comune nemico,
rivelando la vera natura di quell’essere.
«
Quindi ci avete scoperto sin da subito Sesshomaru e compagna!
» disse una voce
bassa e cavernosa, anche il corpo mutò, assumendo una forma
più demoniaca
rispetto all’inizio. La guerriera arrossì senza
volerlo.
Sara
emerse a fatica dal luogo in cui l’avevano confinata i suoi
aguzzini, pregò il
Principe dei Demoni di ucciderla, perché non voleva vivere
con loro e implorava
perdono per la sua stupidità. Kuria si commosse. Riconosceva
quel sentimento e,
anche se reagiva in maniera differente, restava una donna. Una unica
lacrima
scese dai suoi occhi, simbolo di sofferenza mai sfogata.
Osservò
basita Sesshomaru impugnare Tessaiga, scagliando un fendente mortale
degno del
grande generale cane, ma l’odore di bruciato si spanse
intorno a loro. La
barriera della spada non lo accettava, tuttavia egli non sembrava
turbato e
Inuyasha liberò tutti dagli ultimi demoni rimasti in
circolazione con un’unica
mossa.
Kuria
sprofondava in un mondo solo suo, guardando il mucchietto di anima di
Sara con
occhi spiritati e colmi di malinconia. L’unico gesto che
Sesshomaru si concesse
fu quello di ascoltare in silenzio le ultime parole della giovane
principessa e
poi poggiare il flauto dentro il cumolo di cenere. Partì
senza voltarsi
indietro, l’odore salato delle lacrime di Kuria e la morte di
quella giovane lo
turbavano.
«Sorellina
perché piangi?»
«Kuria stai
male?» Shippo le saltò su una spalla.
Si
voltò verso di loro stupita.
«Sto
piangendo? - chiese toccandosi una guancia e sentendo i polpastrelli
bagnarsi.
– N-non lo sapevo. Scusatemi, mi ricompongo
subito.»
Kagome
la osservò silenziosamente, domandandosi quali ricordi
quell’avventura le
avesse riportato alla mente.
«Povera
infelice, la sua storia è così triste. Mi fa
tanta pena.» commentò Sango,
comprendendo quali dolori stessero affliggendo l’amica,
mentre guardava le
ceneri di Sara.
«Vi
sbagliate, c’è stato un lieto fine per lei. Il suo
viso era sereno nel momento
del trapasso.» spiegò Miroku.
Il
resto Kuria lo sentì con un solo orecchio, colse solo le
ultime frasi del
discorso.
«Bene.
Ora che ho nuovamente Tessaiga possiamo andarcene, non perdiamo altro
tempo.»
s’incamminò verso la loro meta, ma la sorella
maggiore parve non volerli
seguire.
«Kuria
si può sapere perché fai quel muso
lungo?»
«Inuyasha?
A cuccia!»
«Non ti
arrabbiare Kagome. – esordì lentamente la demone
aquila. – Il poco tatto è nei
suoi geni, non ci faccio neanche caso.»
«Dannata,
staresti dicendo che io non ti capisco o in qualche modo non ti
rispetto? »
esclamò Inuyasha furioso.
«Ho mai
detto ciò?» Kuria lo fissò pacatamente.
«No,
ma…»
«Basta,
Inuyasha. Taci! Smettila di fare l’orgoglioso o ti ritroverai
come tuo
fratello. Ora andiamo, stare qui, in effetti, non giova proprio per
niente.»
Il
povero mezzodemone la osservava confuso, alcuni scatti d’ira
di Kuria e Kagome
erano proprio simili!
Quella
sera, con tutti davanti al fuoco, Kuria decise che era giunto il
momento di
fare il suo annuncio importante.
«Devo
partire.»
Calò il
silenzio, interrotto solo da Inuyasha.
«Perché?»
Non era mai stato egoista, ma tale notizia l’aveva colpito
alla sprovvista.
«Non
riesco più a proteggervi come vorrei, le mie tecniche sono
arretrate, ho
bisogno che qualcuno mi spieghi come usare al meglio Yoso, oppure
diverrà una
spada inutile. Non ci tengo a sentirmi rinfacciare come non sappia
utilizzare
un’arma che possiedo da quasi più di duecento
anni. Ti ricordi, vero?»
«Lo sai
che quel bastardo lo fa di proposito per farti sentire inferiore ed
è passato
un centennio! Ti ho visto usare Hariken contro i sette.»
«Ma non
sono riuscita a proteggere Rin!» replicò
alzandosi, cominciava a infuriarsi.
«Rin?
La bambina che Sesshomaru protegge?» chiese Kagome.
«N-non
capisco!» Inuyasha fissava la sorellastra con molta
confusione in testa. Perché
doveva salvare Rin?
«Oh,
Inuyasha. Ci ho messo dei mesi a comprendere, come potresti tu in
qualche
minuto?» Gli sorrise dolcemente, quasi fosse tornato da poco
bambino.
«Volete…
che vi lasciamo soli?» domandò Miroku,
comprendendo la tensione creatasi con
quell’argomento nell’aria.
Kuria
sospirò e si risedette sul terreno, buttando indietro la
testa.
«No,
voglio spiegare questa situazione un’unica volta. Il giorno
in cui colsi il tuo
odore e mi feci spiegare da Myoga chi fosse Naraku incontrai una
bambina, si
era persa e pareva disperata. La tenni con me, promettendole che il
mattino
seguente l’avrei riportata dal suo tutore. Quella notte tra
noi venne a crearsi
un legame, le sto involontariamente passando la mia eredità
demoniaca, è come
dire che sono… incinta. – Tutti la guardarono in
modo allibito. – Quando
abbiamo affrontato i Sette Rin venne rapita e io stetti male, se non
fosse
stato per Sesshomaru sarei morta di dolore e con me la bambina. Finita
quella
disavventura un pazzo ci cercò per
‘informarci’ che si portava via Hikari,
voleva farne la sua sposa a seguito di un combattimento andato a mal
fine. Il
crollo del monte, una fuga a rotta di collo con in braccio Rin e sulle
spalle
mia sorella. Sesshomaru a combattere, io a controllare il focolare. Sai
quali
sono le mie reazioni a tutto ciò, vero Inuyasha?»
domandò fissando il
fratellino.
«Sì, sorellina.
Una crisi d’identità. Vuoi partire per tornare
più forte?»
«Ovviamente.
Mia madre mi ha consigliato di rivolgermi a una donna che vive nelle
terre di
nessuno.»
«Le
terre di nessuno?» chiese Kagome perplessa.
«Sì, in
molti la chiamano così, è detta anche terra di
Ezo. Non ho idea di come si
chiami nella tua epoca Divina Kagome.» Intervenne Miroku.
“Sarà
pure un maniaco, ma ha studiato per bene.” pensò
Kuria lanciando un occhiata
alla giovane sacerdotessa che pareva aver capito.
«Hokkaido!
È talmente lontano Kuria, non faresti prima a chiedere aiuto
al vecchio
Totosai?» domandò la ragazza del futuro.
«No, se
dice che le serve una maggiore istruzione è più
sicuro che vada da una demone
guerriera esperta. Anche se Totosai ha fabbricato Yoso rimane sempre e
solo un
fabbro.» Si intromise Inuyasha.
«Però
proprio perché l'ha creata lui quella spada dovrebbe
conoscerla al meglio.» Contrattaccò
Kagome.
«In
realtà la situazione è più complicata.
Ogni spada nasce in un modo, ma sta a me
comprendere come farla evolvere. Sono affine all'aria, in quanto
aquila, e alla
terra, in quanto cane. Yoso è la spada degli elementi, ma
non riesco ad usare
tutte le tecniche di cui essa dispone. Anche Caliburn nasconde del
potenziale,
non è solo un simbolo che si trasmette di padre in figlio,
solo che, anche
intuendo come usarla, ho bisogno di un aiuto più consistente
e formativo.»
Quella
sera l’aria si riempì di lievi saluti e di
preghiere mute. Improvvisamente il
mondo perse qualche colore per il gruppo, mentre Kuria seguiva il suo
destino e
cercava un modo per tornare più forte.
Il Sole
illuminò con i suoi primi raggi le terre fredde di nessuno
quando finalmente la
guerriera le raggiunse dopo un lungo viaggio durato dei giorni. A
chilometri
distanza gli stessi raggi illuminavano una valle in piena fioritura e
una
bambina, inginocchiata sul manto erboso, pareva pregare assorta.
«Rin!
Dobbiamo andare.» Gracchiò Jacken, pronto a
strattonarla se la giovane si fosse
soffermata nonostante il suo richiamo. Fortunatamente non ce ne fu
bisogno, Rin
lo raggiunse con aria seria, mentre Sesshomaru avvertiva un cambiamento
curioso
nella bambina, forse espressione inconsapevole delle emozioni della sua
futura
sposa? Una vocina malefica gli ricordò che tra lui e la
donna in questione non
esisteva più alcun contratto, lo sguardo si posò
istintivamente sul cucciolo
umano e, sotto lo sguardo terrorizzato del kappa, un leggero e lieve
sorriso si
aprì sul suo viso.
Lui
e Kuria erano legati strettamente, più quanto l'interessata
osasse immaginare.
Angolo
ritardataria (Originale):
Sono
terribile, me ne rendo conto! Perdonatemi è stato un anno
duro, il pc su cui lavoravo prima si è rotto e ho dovuto
cambiare. Passando da XP a 7 e tra un po' passerò al 10 XD
Comunque! Il capitolo mi pare lungo, spero soddisfi almeno un pochino
l'attesa ><
Si,
Sesshomaru sta sorridendo non è un miraggio, da ora la
faccenda cambia! Tuttavia non pensate male, Rin è al sicuro
^^
Spero
tanto vi sia piaciuto e non siate troppo arrabbiate/i con me ^^ Per
qualsiasi domanda o curiosità vi risponderò
:*
Martyvax
Angolo
autrice revisione 2023:
Questa
lunghissima revisione ha termine qui, perché da adesso si
torna a scrivere i capitoli. Sono sicura che ci sia ancora qualcosa da
sistemare, ma lo rivedrò tra qualche tempo. Il nuovo
capitolo è già concluso e vorrei iniziare la
stesura del prossimo. Partirò per le vacanze tra due
settimane, chissà che non riesca a pubblicare due o tre
volte in questo lasso di tempo.
:*
|
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Capitolo 29 *** Un lungo apprendistato - Atto II ***
Un lungo apprendistato
«Non
trovate anche voi
che il principe Sesshomaru sia molto bello?» chiese una delle
dame di compagnia
di Kuria alla sua giovane signora. Lei fece una smorfia insofferente a
causa
dell’abito che era costretta a indossare, quella trappola
stretta, pesante e…
calda!
Sbuffò prima di rispondere.
«La
sua eterea
bellezza viene annullata dalla sua totale mancanza di empatia verso
chiunque e
la grande arroganza.» Incrociò le braccia sotto al
seno, in segno di ulteriore
chiusura. Non capiva perché ma lì ogni donna
demone presente lo adorava.
«Mia
signora come
potete spendere un’opinione tanto sgradevole su un demone
pieno di coraggio, forza
e intelligenza come il vostro futuro consorte? Trovo, invece
– e lì sospirò
innamorata. – che siate una donna estremamente
fortunata.»
«Mi
permetto di
dissentire, mia cara. Vado incontro a un matrimonio forzato, con un
uomo che mi
guarda con disprezzo, odia il mio reale modo di vivere. Se anche mi
innamorassi
mai di lui… sarei infelice per tutta
l’eternità. Come si può convivere con
una
persona che non è capace neppure di sorridere?»
Una profonda parte di sé
sperava da qualche anno in un sorriso. Invano provava a tendergli un
ramoscello
d’ulivo, come avrebbero detto in occidente, ma lui pareva
palesemente
ignorarlo.
«Il
principe è un uomo
singolare, vero, ma non sorride mai a nessuno… non credo sia
sua reale
intenzione offendervi.» La povera dama parve dispiaciuta per
lei, poi le
sorrise incoraggiante.
«Proprio
per questo mi
piacerebbe che il suo sorriso fosse per me.» Il sussurro fu
appena udibile, ma,
essendo la sua compagna una demone dalle orecchie molto sensibili, non
passò
inosservato.
«Provate
a dirglielo,
forse cambierà atteggiamento nei vostri confronti. Ormai
avrete compreso che la
nostra etichetta di corte è molto più rigida
della vostra.»
Le
due donne si
sorrisero e ritornarono all’interno del palazzo reale.
Kuria
ebbe la sua
occasione di conversare da sola con Sesshomaru qualche giorno dopo, in
una
delle loro consuete passeggiate obbligatorie, in modo che potessero
conoscersi
meglio. Normalmente le ore trascorrevano in silenzio, ognuno immerso
nei suoi
pensieri personali, ogni tanto qualche parola formale, mai di
più.
«Potremmo
fermarci qui
per qualche minuto? Questo paesaggio è splendido, mette pace
nell’animo. Sono
stupendi i giochi di luce che si creano sulla cresta
dell’acqua e il ritmico
scorrere e scrosciare del fiume. Tu non trovi?»
Sesshomaru
la osservo
internamente stupito dalla quantità di parole dette dalla
sua promessa. Si
limitò ad annuire con un cenno impercettibile del capo, era
innegabile che
fosse un vero spettacolo di madre natura.
«Sesshomaru…
- lo
richiamò, voltandosi a guardarlo. Sembrava dubbiosa se
continuare a parlare o
meno. – mi farebbe piacere… se ogni tanto mi
sorridesti.» Sganciata la bomba
riprese a camminare velocemente, dandogli le spalle. Non
poté quindi assistere
al sorrisino di divertimento e ammirazione che le rivolse lui.
Aprire
gli occhi immersi in una
stanza buia è come essere ciechi o ancora addormentati, solo
con lo scorrere
del tempo ci si abitua all’oscurità e finalmente
attraverso rari spiragli di
luce lunare si riesce a cogliere la forma ci ciò che ci
circonda.
L’esperienza
vissuta in sogno era
ancora potentemente vivida e a tratti quasi palpabile nella mente
stanca di
Kuria. L’indomabile guerriera demone si trovava infatti da
diversi mesi nella
casa della sua nuova ed attuale maestra di combattimento. Badma, una
demone
potentissima, dalla infinite capacità.
Gli
esercizi si stavano rivelando
sfiancanti, puntavano sul rafforzarla psicologicamente più
che fisicamente.
«Sei forte, sicuramente, ma la tua mente
è debole, fragile. Sei ancora
molto giovane, è normale, soprattutto considerando che il
tuo addestramento è
stato bruscamente interrotto per seguire il Grande Generale al suo
palazzo. Non
sarà facile, ma questo già lo sai, dovremmo prima
di tutto partire dalla tua…
poca concentrazione. Ti sarai resa conto che, per quanto irrilevante,
una
porzione del tuo animo è estremamente in ansia e stressata
mentre combatti. È
più comprensibile per un essere umano, ma non per una demone
del tuo rango e
forza, non hai assolutamente nulla da invidiare al tuo caro Sesshomaru
se
riesci ad applicarti.»
Ricordava
bene il sorrisino che
era nato dalla maestra a quel punto, in risposta alla sua espressione
sorpresa.
All’epoca si stava allenando lì da una sola
settimana, eppure lei già sapeva
molte cose e altrettante le aveva intuite da sola, quindi inutile
negare.
“Non
mi ero mai sottoposta a un
allenamento così pesante, mai. Sento di essere migliorata,
presto, forse, potrò
tornare da Inuyasha e Rin, presto… sarò
più potente, forse potrei pure
eguagliare quel pallone gonfiato di Sesshomaru.”
Ridacchiò tra sé e sé, le
mancava un pochino, lui e quell’espressione perennemente
imbronciata.
“Andrà
bene.” Con questa
consapevolezza ritornò nel mondo dei sogni.
***
Un
timido raggio del mattino
baciò una gota di Rin, scaldandola e svegliandola
lentamente.
«Ah!
Jacken guarda che alba
stupenda!» Saltò in piedi, piena di energie,
scuotendo con forza il kappa al
servizio del suo ‘signor Sesshomaru’.
«Aaah!
Ma cos’hai da strillare di
prima mattina?» Borbottò irritato, voltandosi
dalla parte opposta alla luce.
Ultimamente la piccola Rin era piena di vitalità e gioia,
insomma, più del
solito e appariva sempre più immune alla stanchezza.
“Il
padrone non dice nulla a
riguardo, che lui sappia qualcosa che io, Jacken, il suo più
umile servitore,
non so?”
«Ehi!
Giovane Erede, come stai?
Il principe ti ha nuovamente lasciata in custodia al
rospetto?» La fragranza
delicata di Hikari annunciò la sua comparsa prima ancora
della sua voce.
«Come
ti permetti? Io sono
Jacken! Servitore del sommo Sesshomaru, mentre tu-» il suo
monologo venne
interrotto subito dalla biondina, con un ghigno leggermente maligno.
«Se
tutto va come dico io, caro
rospetto, io sarò sua cognata. In ogni caso, ti supero
comunque nella scala al
potere, quindi vedi di calmarti.»
«Oh,
ma certo mia signora, chiedo
umilmente scusa.» Replicò subito, sbattendo la
testa al terreno mentre si
inchinava.
«Vedi
a fare sempre il prepotente
Jacken? Sto bene signorina Hikari, il signor Sesshomaru manca da
qualche
giorno, Kuria da tanto tempo ormai, ma Inuyasha ha detto che
è andata ad
allenarsi.» assunse un’aria triste e sconsolata.
Ripensò all’incontro avuto
tanti mesi prima con il fratello minore del signor Sesshomaru. Il suo
protettore aveva scrutato il gruppo, stupito dall’assenza di
Kuria. Questi
pensieri la tennero prigioniera fin quando la bionda demone non la
sollevò tra
le sue braccia.
«Oh,
non corrucciarti, piccola
Erede, mia sorella fa sempre qualche viaggio di aggiornamento, nella
sua
stolida convinzione di non essere all’altezza delle
aspettative. Tornerà da te
il prima possibile. Piuttosto… Il principe ghiacciolo ha
riempito di botte il
suo fratellino quando vi siete incontrati? Voglio sapere
tutto.»
Hikari
non perdeva mai il suo
infinito gusto per i pettegolezzi e, si sa, i bambini sono le voci
della
verità.
«Oh
no, il signor Sesshomaru non
ha detto nulla a riguardo.» La bambina scosse quindi la
testa, sconsolata,
mentre la sua futura zia sorrideva divertita dalla situazione.
«Non
si smentisce mai, ora fa il
sostenuto. Sono davvero una coppietta di permalosi.»
«Perché
mai padron Sesshomaru
dovrebbe correre dietro a una come tua sorella? Lei aveva
l’altissimo onore di
sposarlo e dargli una nobile discendenza, essere la sua onorevole
moglie e
invece lo tratta sdegnosamente… come se fosse un insetto! Un
comportamento
inaudito!»
La
fragorosa risata di scherno di
Hikari si avvertì chiara e precisa a metri e metri di
distanza dopo quelle
affermazioni.
«Oh
Jacken! Sei così accorato e
furioso nel tuo discorso che quasi, quasi, credo che voglia essere tu l’onorata sposa dell’onorato
principe
ghiaccioloso.» Si immaginò pure la scena, con il
rospetto tutto truccato e
vestito di bianco con lo tsunokakushi.
Rise tanto che rischiò di cadere all’indietro, ma
Rin le si aggrappò meglio al
collo e la demone riprese il controllo di sé.
«Signorina
Hikari è vero che
Kuria e il signor Sesshomaru non si sposeranno?» Rin assunse
di nuovo
un’espressione triste.
«Adorata
Giovane Erede le
questioni di cuore non sono facili come appaiono, ma vedrai che i due
innamorati riusciranno a ricongiungersi… tu però
non devi dire nulla a loro,
capito? Tra moglie e marito non mettere dito. - ridacchiò e
la poggiò sul
terreno erboso. – Ebbene per me è ora di andare,
è stato un piacere spettegolare
con voi, alla prossima!»
***
«In
questi anni sei molto
migliorata Kuria, davvero. Nell’ultimo decennio sei la
guerriera che meglio
sono riuscita ad addestrare. Siamo quasi giunte alla fine del nostro
percorso,
ammetto che mi mancherà allenarti, ma tutto ha un suo inizio
e una sua
fine.»
L’interessata
sorrise a quei
complimenti, in quell’addestramento ci aveva messo tutte le
sue forze e le
speranze di una vita. Ora che non era più legalmente
obbligata a sposare
Sesshomaru doveva considerare l’idea di tornare a essere una
guerriera vera,
proteggere Rin e anche quella piattola combina guai della sorella.
«Quindi
quale sfida devo ancora completare?»
Domandò tranquilla, la maestra sorrise portandosi una tazza
di tè fumante alle
labbra.
«La
tua liberazione dal complesso
di inferiorità che hai per Sesshomaru e la dipendenza che ne
provoca, seppur
generata dall’amore che provi nei suoi confronti. Per essere
una sua pari, devi
sentirti tale.»
Ecco
l’ultima prova, l’ultimo
sfiancante allenamento stava iniziando a tradimento. I contorni della
realtà
sfumarono e si dissolsero, la demone poteva facilmente manipolare la
mente
altrui.
Kuria emise un lungo
respiro per tranquillizzarsi. In quella realtà tutto era
buio intorno a lei, una sola e semplice katana al proprio fianco per
proteggersi,
in lontananza si trovava proprio lui, il più puro dei
demoni. La sua lunga
chioma bianca le sembrava che a tratti emanasse una luce, stava seduto
a gambe
incrociate a fissare il nulla. Con lentezza emerse il paesaggio
maestoso del
palazzo del Generale.
«Avvicinati…
Kuria.» Era passato
molto tempo ma la sua voce non appariva mutata.
Calma, disinteressata e sicura.
«Va
bene.» Sentì le gambe
estremamente pesanti, come se in realtà non intendesse
affatto avvicinarsi, una
volta raggiuntolo gli si sedette esattamente innanzi.
«Perché
sei fuggita?»
Sbuffò
e lo guardò male,
indispettita dalla domanda.
«Non
sono affatto fuggita! Avevo
semplicemente bisogno di essere allenata al meglio per la battaglia
finale, per
proteggere me stessa e le persone che amo.»
«Quindi
non te ne sei andata per
evitare un confronto con me? Oppure temevi la vergogna di essere stata
ripudiata.»
«Non
mi hai ripudiata Sesshomaru!
– strillò furiosa. – Inoltre per
ripudiare bisogna prima sposarsi… è
come… se
non fosse mai esistito alcun fidanzamento.»
Abbassò la voce, un po’ contrita.
«A
te dispiace! – Un sorrisino
vittorioso si dipinse sul volto diafano e perfetto. - Solo che non vuoi
ammetterlo e per questo, per digerire ciò che è
successo senza tradirti, che ti
sei allontanata.»
«Sei
proprio uno sciocco, sono
felice di non essere forzata a sposarmi, tutto qui. Non è
divertente non poter
decidere da sé del proprio destino.»
Lui
la osservava con sguardo
estremamente serio, di nuovo, le palpebre socchiuse.
«Pensi
davvero che non lo sappia?
Finché siamo rimasti fidanzati a palazzo, quando mio padre
era in vita, mai ti
ho messo fretta, ma tu lo sai perfettamente che se
avessi…»
Il
volto di Kuria era rosso
d’ira, ma ancora tentava di trattenersi
dall’esplodere.
«No,
no, Sesshomaru, non provare
a usare contro di me la carta del buon samaritano! Non hai mai ordinato
la
celebrazione delle nostre nozze perché principalmente tuo
padre pensava fossi
troppo giovane, tua madre troppo indisciplinata e tu volevi viverti la
tua
libertà con la sicurezza di avere una bella fidanzata a
casa! Appena dopo la
nascita di Inuyasha hai tentato di riportarmi a palazzo con la forza.
In modi
continuamente intimidatori mi hai dato la caccia per un secolo
intero!» Ora si
era alzata, urlava, mentre anche Sesshomaru si sollevava da terra.
«Ti
sei rafforzata molto con
quegli inseguimenti, mi pare. Di volta in volta acquisivi nuove
conoscenze, non
crederai di essere stata davvero in grado di sfuggirmi. Quante volte
sono stato
sul punto di raggiungerti? Una volta ti ho lasciata scappare anche dopo
averti
colpita con il veleno.»
«Che
sciocca! Lo hai fatto per
istruirmi, ma certo! A chi credi di raccontare queste bugie? Mi
inseguivi e poi
perdevi interesse all’improvviso, come sempre.»
Anche se effettivamente in modo
passivo da quei cinquant’anni di macchia le nozioni imparate
erano state
molteplici.
Parevano
entrambi pronti alla
lotta, i corpi e le mani tese rispettivamente verso le proprie else, ma
Kuria
inspirò profondamente e distese i muscoli. No, basta, in
quel rapporto lei non voleva
sentirsi in dovere di difendersi. Grazie a quel lungo periodo di
isolamento si
era resa conto della propria propensione a cominciare per prima lo
scontro
fisico e soprattutto a fomentarlo.
«Qualsiasi
sia la verità, per te
è una e per me è un’altra, non ho
bisogno di giustificarmi né tanto meno di
combattere con te. Non sei un mio superiore. Ho avuto i miei motivi per
non
volerti sposare, e in realtà li conosci. Basta
così.»
La
spada al suo fianco si
dissolse nel nulla e anche il paesaggio circostante. Sesshomaru davanti
a lei
la fissò con sguardo penetrante prima di svanire nel nulla
di quella visione.
«Molto
bene, hai capito che per
essere una guerriera potente devi saper vincere le tue battaglie anche
senza
sferrare un colpo. Il mio lavoro è
concluso.»
Sentite
queste parole Kuria si
accasciò contro il tatami su cui era stesa, la fine
dell’addestramento
rappresentava il suo ritorno a sud.
***
“Kuria, quindi sei viva.”
Sesshomaru
scrutò la volta
celeste notturna punteggiata di stelle, la sensazione di connessione
con Kuria
si era riaccesa di improvviso, quella che gli aveva sempre indicato
dove trovarla.
Sapeva
da Inuyasha del suo
desiderio di aumentare le proprie capacità militari ma un
giorno all’improvviso
aveva perso il legame con lei. I giorni erano diventati settimane, le
settimane
mesi, i mesi quasi tre anni.
Anche
Naraku perseverava a nascondersi,
creava qualche emanazione per distrarli tutti e confondeva le acque.
Rin dopo i
primi mesi aveva iniziato a piagnucolare, ma dopo il primo anno si era
quietata
e forse rassegnata. Nessuno che avesse notizie certe, il nulla. Perfino
lui
cominciò a convincersi che fosse morta, persa per sempre e
doveva trattenersi
dal digrignare i denti e dal picchiare suo fratello minore. Poi
osservava la
piccola cucciola umana che viaggiava instancabile con lui.
Forse… un giorno
l’avrebbe rivista.
Quel
giorno era giunto! Quel
sogno tanto reale e la traccia flebile gli fecero incurvare di nuovo le
labbra
in un sorrisino di vittoria.
“Hai
ancora diverse promesse da
mantenere nei miei confronti. Le salderai tutte.”
***
Caliburn
e Yoso erano state la
sua unica compagnia in quegli anni, il flebile ma tangibile legame con
il mondo
esterno. Quando era giunta lì non possedeva altri beni,
esclusa la sua vecchia
armatura, irrimediabilmente crepata e rotta durante uno dei primi
allenamenti
fisici. Da quel giorno era rimasta senza. Badma le fornì un
paio di pantaloni
di tela larghi e una sorta di camicia per coprirsi sopra, nulla di
più e
probabilmente con quegli abiti sarebbe anche partita.
«Posso
disturbarti, mia allieva?»
«Certo
maestra, venite. Hm? Siete
molto felice della mia partenza se sorridete in questo modo.»
Ridacchiò,
stranita da quel comportamento.
«Oh,
mi fa sempre piacere vedere
un allievo che torna nel mondo esterno ben preparato. Tuttavia sorrido
per
altre motivazioni.»
Con
cenno della mano fece segno
ai suoi servitori di portare in stanza un baule che Kuria
osservò con grande
curiosità. La invitò ad aprirlo con un gesto
della testa, seppur stranita lei
fece come richiesto e spalancò la bocca meravigliata dal
contenuto. Un’armatura
di perfetta fattura! La parte superiore richiamava quelle celtiche,
spallacci
che ricordavano le ali di un’aquila, il busto in cuoio con
una placca metallica
a coprirla davanti e dietro e un gonnellino che richiamava di
più il mondo
mediterraneo. Lo stemma delle aquile bene inciso sul cuoio.
«M-ma
maestra Badma questa…
questa…»
«L’armatura
di tua madre, sì!»
Sorrise innanzi allo sguardo incredulo e spaesato.
«Tua
madre desiderava l’avessi in
dono quando il tuo addestramento si fosse concluso. Se non puoi tornare
da
loro, allora una parte di loro resterà con te. Tua madre ti
ama, Kuria, non
dimenticarlo mai.»
La
più giovane annuì lentamente,
per tanti, tantissimi anni aveva provato un odio smisurato per la
genitrice.
Colpevole di tradimento e abbandono nelle mani di perfetti sconosciuti,
per
ordine di un padre ancora più sconosciuto e terribile. Solo
con l’età e
conoscendo Inu no Taisho comprese le scelte che era stata costretta a
fare. Si
conoscevano, probabilmente lei si fidava molto di più del
Generale che del
proprio amante, ma sapeva anche che reazione avrebbe scatenato un
rifiuto.
«Lo
so e oggi capisco le sue
motivazioni.» Accarezzò l’armatura con
affetto.
«Vestiti,
adesso devi ripartire.»
Le
ci volle poco tempo, raccolse
i capelli in un fermaglio facendo una coda alta che ricordava vagamente
il
cimiero, per ultimi indossò gli schinieri e ai piedi i
sandali che da sempre l’accompagnavano
e legò le spade al proprio fianco. Si permise di guardarsi
allo specchio
un’ultima volta prima di uscire. Tre anni per i demoni sono
pochi ma dalla
somma Badma tutto il tempo era relativo e scorreva come preferiva la
sua
padrona. Si vide diversa, nettamente più adulta.
Sulla
soglia del palazzo nevicava
e il vento soffiava forte, come sempre.
«Ora
sono pronta, maestra. Vi
sarò per sempre grata.» Le fece un profondo
inchino, la demone le mise le mani
sulle spalle.
«Rendimi
fiera.»
Kuria
annuì convinta e infine si
girò iniziando il suo cammino fuori dalla barriera.
Angolo
autrice:
Questo
capitolo è in lavorazione almeno dal 2016!
Sinceramente
ormai mi ero quasi arresa. L'università e i suoi mille
esami, la patente, il pochissimo tempo mi hanno prosciugato qualsiasi
capacità relativa all'immaginazione. Quando mi sono laureata
ho iniziato a lavorare a botta, poi è scoppiato il Covid e
il mio lavoro è triplicato visto che sono in ambito
sanitario. Quando finalmente mi sarei potuta riposare ho deciso che non
ero stata abbastanza autolesionista e mi sono iscritta alla magistrale
della mia triennale. Ho concluso il percorso e ripreso a
lavorare.
Ormai
non ci pensavo neanche più, quindi cosa è
successo per farmi cambiare rotta? Mi viene da ridere, ma semplicemente
YouTube mi ha riproposto all'improvviso un amv su Sesshomaru. Questo
unito al riprendere uno sport mi ha sbloccata. Lo so, sembra assurdo,
ma è andata proprio così. Incitata dal mio
compagno quindi ho riletto io stessa questa fanfic. Penso ancora abbia
del potenziale, quindi mi sono data da fare per correggerla il
più possibile, come già detto in altri angoli
autrice sparsi.
Con
Kuria sono cambiata anche io, per questo ho deciso di far passare
qualche anno anche all'interno della storia.
Spero
possa essere gradito questo proseguo e che vorrete farmi sapere cosa ne
pensate!
I
prossimi capitoli sono già ampiamente in produzione,
così durante l'anno avrò modo di continuare a
pubblicare.
:*
MartyVax
|
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Capitolo 30 *** Nemici da occidente ***
Nemici da occidente
«Maledizione!
Hakudoshi ci è
scappato di nuovo!» Inuyasha rinfoderò Tessaiga e
sbuffò contrariato.
Quel
moccioso combinava guai da
un paio di anni ma di Naraku neanche l’ombra, era sempre il
bambino che
portava disastri.
Sembrava
che il nemico avesse
rimpiazzato con il ragazzino la ‘perdita’ di Kagura
e Kohaku, che poco più di
un anno prima erano stati liberati in modo molto rocambolesco dal
gruppo di
Inuyasha. In aiuto un inconsapevole Sesshomaru, il quale ci teneva a
specificare di aver solo provato a stanare e distruggere Naraku.
Il
villaggio attorno a loro distrutto
dalla ricerca dell’inviato del nemico, neanche un
sopravvissuto. Una visione molto spettrale.
«Per
ora non possiamo fare nulla
Inuyasha, sarà bene cominciare a seppellire i
morti.» Miroku posò il suo
bastone da monaco mentre si accingeva a cercare degli strumenti per
scavare con
l’aiuto di Sango e del mezzodemone.
Kagome
invece si allontanò con
Shippo per non farlo assistere anche a quel macabro spettacolo.
Verso
il calare del Sole Inuyasha
avvertì distintamente l’odore di Sesshomaru,
seguito dalla bimba umana Rin, il
suo servitore Jacken, Kohaku e Kagura. Nessuno dei due ex servitori di
Naraku
poteva pensare di viaggiare da solo, il primo perché per il
frammento della
sfera in corpo, la seconda per non rischiare di essere uccisa.
«Sesshomaru,
arrivi tardi.
Hakudoshi si è allontanato da ore. Si diverte a farci girare
a vuoto.»
«Hm,
non sei neanche capace a
trattenere un servitore di Naraku, Inuyasha. Inutile come
sempre.» Lo sguardo
dorato del maggiore trapassò il mezzodemone che prima si
irrigidì e poi si
arrabbiò.
«Se
per questo non sei tanto
meglio! Se non l’hai capito sei in ritardo!»
Prima
che Sesshomaru lo potesse
picchiare con un pugno in viso o in testa intervenne prontamente
Kagome, con
una domanda rivolta a Kagura.
«Secondo
te perché sta assaltando
tutti i villaggi e aprendo il petto delle persone?»
«Suppongo
la motivazione sia
uguale a quella per cui uccideva i monaci di alto livello. Capire in
quale
luogo dell’aldilà sia l’ultimo
frammento.»
Un
interrogativo a cui nessuno di
loro sapeva dare una risposta.
Seppelliti
tutti i cadaveri ed
eseguite le corrette preghiere da parte del monaco Miroku, entrambe le
compagnie preferirono lasciare quel villaggio distrutto per una
questione di
rispetto, ma anche per non rivangare ricordi troppo dolorosi agli
sterminatori.
Per
qualche ora, quando capitava,
Sango e Kohaku cercavano di stare insieme e chiacchierare. Generalmente
in quei
momenti Sesshomaru si allontanava dalla comitiva, mettendo distanza tra
sé e
suo fratello minore.
Capitava
che Kagura lo seguisse e
imparò presto che lui odiava sentir parlare. La situazione
si complicava
soltanto se per casualità Hikari incrociava il loro
percorso, la sorella minore
di Kuria sembrava odiare la demone del vento e nei casi più
idilliaci non le
rivolgeva la parola.
Rin
si dimostrava gentile con
tutti, ma istintivamente manteneva una buona distanza da Kagura.
La
compagnia
riunita fu colta da un'improvvisa imboscata. La radura in cui si
trovavano a riposare fu invasa da
demoni in forma umanoide che li attaccarono. I loro tratti del viso non
sembravano asiatici ma caucasici e in realtà, se
dall’interno poteva non
sembrare, avevano un obiettivo ben preciso. Puntarono a destabilizzare
e
uccidere tutti, ma in particolare verso Rin che per creare delle
ghirlande si era
leggermente distaccata dal gruppo.
Sango
fu la prima ad accorgersene
e tentò di salvarla lanciando Hiraikostu, ma troppi
avversari le furono
addosso. La bambina sarebbe di sicuro morta se all’improvviso
la lama di
Caliburn non si fosse frapposta fra lei e il suo assassino. Rin
osservò con
stupore la schiena e i capelli della sua salvatrice.
Kuria
non disse nulla, la sua
espressione determinata e sicura parlava da sola. Con poche mosse
costrinse il
suo avversario ad abbassare la guardia per poi dargli il colpo di
grazia, così
fu per tutti i demoni che l’assalirono. Era estremamente
veloce e sembrava
prevedere ogni loro mossa, pareva una sorta di danza.
I
sicari le furono tutti addosso,
interessati solo a ucciderla ma senza il minimo risultato, in pochi
attimi
ne rimase solo uno che lei fece crollare a terra puntandogli la spada
alla gola. Neanche un piccolo segno di distrazione o
esitazione.
«Se mi dici perché sei
qui ti
darò una morte rapida.»
L’ostaggio ghignò divertito, accade tutto in pochi
secondi.
«Eileen spostati alla tua sinistra!*»
Istintivamente Kuria fece
quanto le venne urlato e rotolò per terra prima che una
freccia le potesse
trapassare il petto, ferendole solo il braccio destro.
L’ostaggio sotto di lei
fece per scappare ma venne fermato e ucciso dalla voce che l'aveva
avvertita, un demone aquila che lo trafisse con la propria lancia.
Nella foga del
momento neanche si era accorta che uno dei figli di Derik, Isidorus,
fosse
realmente lì.
Si
rialzò da terra e tolse la
polvere dall’armatura, solo in quel momento
ritornò alla realtà ricordandosi di
essere in Giappone. I nemici della sua famiglia materna
perché erano lì? Perché
minacciavano Rin? Isidorus possedeva le risposte? Qualunque domanda
volesse
esprimere doveva aspettare. Dopo i primi momenti di sorpresa generale,
dovuti
anche all’imboscata, tutti capirono che Kuria non era un
miraggio, ma reale.
«Signorina
Kuriaaaa!» L’urlo di
Rin fu il primo a spezzare la tensione. La bambina si alzò e
le corse incontro,
stringendole le gambe.
«Sorellina!»
Inuyasha non credeva
ai suoi occhi, rimase ammutolito ancora qualche secondo.
Sesshomaru
era tornato di fretta
e in tempo per osservare Kuria combattere con una forza e sicurezza
come mai
prima. Si ritrovò quasi ammirato nel seguire la sua danza
guerriera, non le
staccò lo sguardo di dosso neanche per un istante e sarebbe
intervenuto
prontamente a salvarla con la frusta di luce se non fosse stato per il
nuovo
arrivato.
Non
lo diede a vedere, ma si
sentì ribollire leggermente il sangue sentendolo chiamarla
con il suo nome
occidentale e planarle tanto vicino che le loro braccia si sarebbero
potute sfiorare.
Passati
i primi istanti di
sorpresa anche il gruppo di Inuyasha cercò le attenzioni di
Kuria per salutarla
festosamente.
«Sorellina,
chi è lui?» Inuyasha
indicò Isidorus con un cenno della testa.
«Lui
è-»
«Sono
uno dei figli illegittimi
di Derik, il patrigno di Eileen. Tu devi essere Inuyasha, non ha fatto
altro
che parlare di te quando è tornata a casa.»
Sorprese tutti parlando un quasi
perfetto giapponese, segno che probabilmente era dentro al paese da
tempo o
forse che Hikari o Kuria glielo potevano aver insegnato.
«Eileen?»
Rin la osservava
confusa e anche il resto del gruppo, prima che altri potessero parlare
Sesshomaru decise che fosse giunto il momento di riportare
l’attenzione su di sé.
«Eileen
è il nome occidentale di
Kuria.» Quella voce per l’interessata fu in ogni
caso come una doccia fredda e
bollente insieme. Lentamente i loro sguardi si incrociarono, lui
poté
apprezzare una maturità superiore ma anche molto distacco.
Kuria prese un
piccolo respiro e distolse lo sguardo per riportarlo su Rin.
«Isidorus
ho molte domande da
porti e mi piacerebbe ricevere delle chiare risposte.»
«Risponderei
a qualsiasi tua
domanda Eileen ma dovrai perdonarmi, il tuo sicario è
scappato e ho il compito
di inseguirlo. Domani mattina tornerò da te. Lo
prometto.» Le prese la mano
sinistra e portò delicatamente le labbra a contatto con la
pelle dell’anulare,
per fare un lieve inchino e spiccare il volo. In risposta Kuria si
imbarazzò
molto, era abituata alla sua galanteria ma così davanti a un
gruppo che non
conosceva le loro usanze!
Si
sentì trapassare dallo sguardo
di Sesshomaru, i loro occhi si incontrarono ancora una volta, lei
divenne quasi
color porpora e rifuggì qualsiasi contatto ulteriore
incitando Inuyasha a
narrarle ciò che desiderava, mentre sollevava Rin da terra e
la teneva tra le
braccia.
“È
lui il misterioso uomo di cui
non volevi parlarmi?” Un illegittimo che faceva il cascamorto
con lei. Voltò
nuovamente le spalle alla comitiva e se ne andò a grande
velocità nella sua
bolla.
«Sesshomaru
dove state andando?»
Kagura tentò di seguirlo, ma fu tutto inutile, tranne per il
fatto che si fece
notare da Kuria.
“E
questa chi è? L’ennesima donna
che ti muore dietro? Oppure mi hai velocemente sostituita?”
Angolo
autrice:
*
Le frasi in grassetto sono in lingua spagnola, visto da dove proviene
Kuria.
Eileen
come nome lo trovate anche nei primi capitoli, nei flashback. Ho
pensato avesse più senso per lei possedere due nomi
differenti.
Passiamo
alle succose novità:
Capitolo
corto, lo so! Come preannunciato ho anticipato e modificato alcuni
eventi canonici. Quindi siamo all'inizio/metà della sesta
stagione all'incirca e Kohaku viaggia già con Sesshomaru,
mentre Kagura non è morta, anzi!
E da qui
diamo inizio all'operazione gelosia! Un metodo forse vagamente abusato,
ma che penso sia pertinente per cominciare e costringere questi due
testoni a dichiararsi con il tempo. Siete d'accordo?
Pubblicherò
i prossimi capitoli (già scritti e solo da revisionare) a
Settembre, al rientro delle vacanze.
Commentate
festosi e festanti (.cit Stefano Piffer)
Buone
ferie!
MartyVax
|
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Capitolo 31 *** Spiegazioni, fiori e medicazioni solo per te! ***
Spiegazioni, fiori e medicazioni solo
per te
Rin
non le lasciò la mano neanche
per pochi istanti, quasi pretendendo le sue attenzioni. Si
rifiutò di
addormentarsi, fino a quando non cadde stremata in grembo alla demone.
A quel
punto il resto della compagnia poté avvicinarsi e interagire
con discorsi più
da adulti.
«Sei
stato molto paziente,
Inuyasha, mi meravigli piacevolmente.» Sussurrò
Kuria al fratello minore.
«Non
potevo fare altrimenti, Rin
ha sofferto molto più di me.»
«La
mia bambina.» La tenne contro
il proprio petto, cullandola dolcemente.
A
distanza sentì gli occhi di
Kagura scrutarla, il gruppo le fornì tutte le spiegazioni
necessarie. Serva e
‘figlia’ di Naraku allo stesso tempo.
«Perdonami
se faccio delle
domande in questo momento di ricongiungimento Kuria, ma chi erano quei
demoni
che ci hanno attaccato?» Miroku si era avvicinato con una
serietà inaspettata
da parte sua.
«Sfortunatamente
si trattava di
demoni del clan avversario al mio. Siamo in lotta da tanti secoli, ma
mai mi
sarei aspettata di trovarli anche qui. Anzi, pensavo che
dall’ultima guerra
fosse tutto concluso. A quanto pare in questi cinquant’anni
si devono essere
riorganizzati, ma sul perché siano qui e mirassero alla mia
Rin… Non so dare
spiegazioni. Dovrò attendere il ritorno di
Isidorus.» Sospirò stanca. A quanto
pareva il suo rientro cominciava con il botto.
«L’armatura
nuova, invece? Non è
la tua solita.» Inuyasha la osservava cercando di capirne la
fattura.
«No,
hai ragione. Durante i miei
primi allenamenti con la somma Badma la mia fedele armatura si
è
irrimediabilmente crepata fino a spaccarsi. Ho proseguito gli
allenamenti con
dei normali vestiti di stoffa, credo fosse pensato di proposito per
costringermi a concentrarmi e aumentare la velocità dei miei
riflessi. Questa
armatura invece è di mia madre, un dono prezioso quanto lo
fu a suo tempo
Yoso.» Si sfiorò la spada, guardando verso il
cielo, Inuyasha di riflesso seguì
il suo esempio in un rituale ben consolidato. La compagnia
preferì lasciarli da
soli per rivangare i ricordi.
***
Con
la sua estrema velocità
Sesshomaru giunse presto dove desiderava. Dal decesso di suo padre, sua
madre
faceva levitare il palazzo senza una fissa dimora invece di lasciarlo
fisso al
suo posto. Troppo pericoloso senza lui o il Generale a protezione.
Atterrò
sulla soglia e senza
perdere ulteriore tempo entrò dirigendosi nelle stanze del
medico di palazzo.
«Oh,
mio signore! Voi qui!» Si
inchinò profondamente, stupito dalla improvvisa comparsa.
«Medico,
raccogli i tuoi
strumenti del mestiere, verrai con me. C’è una
ferita avvelenata da miasma da
ricucire.»
«Signore,
la signora Madre ne è
al corrente?» Sudò per l’occhiata
scoccata dal suo padrone.
«Non
ti devi preoccupare di
questo. Raduna i tuoi strumenti. Fai alla svelta!» Detto
ciò si voltò per
dirigersi verso le stanze di sua madre. Venne immediatamente annunciato
e
Inukimi lo accolse con il solito sorriso dolce, ma finto.
«Sesshomaru,
figlio mio, quale piacevole
visita. Mi riferiscono che hai richiesto al mio medico di preparare i
suoi
averi e seguirti. Non sai più rigenerarti?» Lo
schernì dolcemente, con un
sorrisetto divertito. Le lezioni che doveva impartirgli come madre non
erano
ancora concluse.
«Hm!
Non è per me.»
«A
chi rivolgi questo pensiero
gentile, figlio mio?» Lo sapeva già, o quanto meno
ne aveva il forte sospetto.
«Quella
sciocca di Kuria si è
fatta ferire un braccio da una freccia avvelenata, anche se non se
n’è ancora
resa conto.» Lo scampanellio di risatine che ne
conseguì fu molto irritante, ma
con sua madre doveva sempre trattenersi o la situazione sarebbe
peggiorata.
«È
tornata, allora! Mi pareva
avessi detto che non te ne importava. Te ne andasti con aria sdegnata
se ben
ricordo, senza nemmeno accennarle un saluto. Come mai questo interesse
tardivo?»
Erano pur sempre passati tre anni.
Questa
volta a fare un sorrisino
fu il figlio.
«Potete
anche aver annullato e
calpestato i desideri di mio padre, ma Kuria ha delle promesse da
mantenere nei
miei confronti e quindi non la lascerò corrodersi per del
miasma. Il nostro
fidanzamento è ancora valido.»
«Ah,
quindi le sei legato al
punto tale da usare questi mezzucci. Non guardarmi con
quell’espressione
arrabbiata e risentita, Sesshomaru. Lei può averti fatto
tutte le promesse che
vuoi, ma se resto contraria all’unione non potrai agire
molto. Quanto alle
volontà di tuo padre ti ricordo che ne sai davvero
poco.» Il figlio fece una
smorfia di contrizione mista a rabbia. A quel punto la voce di Inukimi
cambiò
drasticamente, divenne dura e severa.
«Sei
mio figlio, che sappia non
hai mai perso una battaglia. La tua facilitazione l’hai
già ottenuta e non sei
stato capace di farla fruttare. Questa volta dovrai impegnarti. Prendi
pure il
medico con te, invierò un emissario per farlo
tornare.» Entrambi i suoi
genitori riponevano grandi aspettative in lui, nonostante suo padre non
gli
avesse lasciato Tessaiga, e Tenseiga fosse ancora un complicato enigma
da
risolvere.
Si
inchinò leggermente davanti
alla genitrice per poi voltarsi senza proferire nessuna parola. Diede
ordine al
medico di afferrare saldamente la sua stola e poi partirono veloci,
iniziava ad
albeggiare.
***
Durante
la notte Kuria avvertì la
pelle tirare e prudere, ma essendo un fastidio leggero non se ne
preoccupò.
Semplicemente la mattina si pulì con l’acqua del
fiume, confidava nel proprio
potere demoniaco affinché autonomamente completasse
l’opera di guarigione.
Se
non fosse diventata tanto
potente com’era attualmente di sicuro il veleno sulla ferita
sarebbe entrato in
circolo nel giro di poche ore, uccidendola. Sempre con Rin che le
teneva una
mano, destra o sinistra a seconda degli spostamenti, notò la
prolungata assenza
di Sesshomaru.
Quella
constatazione le diede il
nervoso.
“Avrà
continuato a lasciarla da
sola con Jacken pur sapendo della mia condizione?” Scosse la
testa e respirò
profondamente, non c’era motivo di arrabbiarsi. Rin era sana
e in salute.
Fu
riscossa dai suoi pensieri per
il rumore forte provocato dal battito d’ali. Isidorus stava
planando in sua
direzione con Hikari al seguito.
«Bentornata
sorella!»
«Sono
felice anche io di
rivederti, Hikari!»
Fece
per voltarsi verso il figlio
del suo patrigno così da riprendere il discorso lasciato
ammezzato la sera
precedente, ma prima che potesse proferire parola si ritrovò
un mazzo di fiori
di campo sotto il naso e poi nella mano libera. Isidorus le stava
donando dei
fiori!
«Per te, Eileen, che sei la più bella.»
Percepì il sangue finirle
dritto in faccia e un gran calore, riuscì a non balbettare
per fortuna.
«Grazie, Isidorus! Un pensiero tanto gentile.»
La
guerriera nuovamente sentì un
brivido risalirle lungo la schiena, quasi in uno schiocco di frusta.
Ricomparso
da poco Sesshomaru fissava la situazione restandole alle spalle e non
sapeva
perché ma lo avvertiva più che vagamente
alterato. Nel mentre suo fratello
minore sussurrava a Kagome qualcosa su corteggiamento e simili. Smise
immediatamente
perché l’occhiataccia gelida di Sesshomaru
colpì pure lui.
Kagura,
che fino a quel momento
era rimasta indifferente e in disparte, si interessò
improvvisamente allo
svolgimento degli eventi avvicinandosi al demone albino.
«E
tu chi sei, piccoletto?»
Chiese la signora del vento al medico. Di aspetto il demone era molto
basso e
un po’ paffutello e abbastanza spaventato
dall’essere fuori dalle sue stanze.
«Il
medico per Kuria.» Rispose
secco il padrone per lui.
L’interessata
si voltò di scatto
stando attenta a non fare male a Rin torcendole il braccio.
«Ah!
Vecchio Ichiro! Quanti
secoli! Sto bene, comunque, la mia ferità si
chiuderà a breve.»
«Ormai
sono qui, lasciate che vi
curi lo stesso.»
Ichiro,
dai modi delicati e
gentili, conosceva diversi metodi per ammansire la quasi sposa di
Sesshomaru.
Stranita dalla situazione a lei non rimasero opzioni e cedette
sedendosi per
terra.
«Perché
ti sei scomodato tanto,
Sesshomaru?»
Le
loro iridi si incontrarono, si
studiarono quasi gentilmente considerando come normalmente avvenivano
le loro
dispute. Tutta quella tranquillità mise i brividi a
Inuyasha, che fosse una
tregua prima di una tempesta distruttiva?
«Il
tuo olfatto non è abbastanza
fine, ma sento perfettamente l’odore di un veleno provenire
dalla tua ferita.»
Non
disse di più, si limitò a
fissare la bambina che non si scollava dal fianco della demone. Kuria
sospirò,
le stava salvando la vita cosicché la bambina non soffrisse.
Peccato! Per pochi
secondi la speranza che fosse perché le interessava la sua
vita le aveva
scaldato il petto.
«Capisco.
Va bene, grazie
Sesshomaru.» Annuì tranquilla abbozzando perfino
un sorriso che, seppur di
cortesia, restava pur sempre un sorriso! Lui rimase sorpreso e la
fissò mentre si
faceva suturare il taglio sul braccio e tornava a dare attenzioni a
quell’insulso
Isidorus. Ponendogli domande sul perché fosse lì
e sulla situazione con i nemici
in patria.
Generalmente
lei gli procurava sempre
un pretesto per battibeccare, uno qualsiasi! Un insulto, una parola
sprezzante,
una richiesta ulteriore di attenzione e ora il nulla. Lo stava
ignorando? Era
completamente disinteressata?
Di
nuovo a captare la situazione
di anormalità e il vago stordimento di Sesshomaru,
incredibilmente, fu proprio
Inuyasha. Anche se al maggiore non piaceva ammetterlo restavano
fratelli da
parte di padre e a lui erano già capitate situazioni simili
tra Kagome e Koga. Per
quanto lo stesso mezzo-demone sapesse di non dover temere davvero il
lupo… lo
stesso non si sarebbe potuto affermare con certezza sullo straniero.
«Ancora
non comprendo perché i
demoni orso nostri nemici siano giunti fino a qui, attaccando loro per
di più.»
«Per
secoli tua madre ha nascosto
la tua ‘sparizione’, anche dopo che eri tornata in
patria per aiutarci. Temo
l’abbiano seguita qualche anno fa. Ci ha avvisati Hikari
della loro presenza su
questo territorio, a quel punto sono stato mandato qui per aiutarla a
diminuirne il più possibile il numero.»
Hikari
lo osservava con
espressione quasi dolce ma lui pareva avere occhi solo per la maggiore.
«Scusate
se interrompo il
discorso, ma la sutura e il bendaggio sono conclusi. Prestate solo
attenzione
nei prossimi giorni, ma non dubito che guarirete
completamente.»
«Ti
ringrazio Ichiro, sei stato
molto gentile.» Quel demonietto l’aveva ricucita e
riassemblata talmente tante
volte che entrambi avevano perso il conto.
«Per
la mia principessa questo ed
altro.» Rispose subito lui inchinandosi con devozione.
Kuria
parve arrossire e si grattò
la nuca a disagio. Sesshomaru, posizionato a pochi passi lì
davanti a lei, alzò
un angolo della bocca.
«Mi
dispiace Ichiro, ma non sono
più la tua principessa. Lo sai, vero?» O la
notizia non era trapelata ai servi
del palazzo? L’ometto risollevò la testa e
guardò in modo interrogativo
entrambi.
«Pensavo…
fosse tutto risolto vista
la richiesta del mio padrone. Mi dispiace mio signore, non volevo farvi
fare
una cattiva figura.» Si inchinò di nuovo
profondamente, fino a che la testa non
raggiunse il terreno.
Comprendendo
che Kuria si sentiva
estremamente a disagio, seppur gongolandone leggermente, gli fece cenno
di non
preoccuparsi.
«Non
hai nulla di cui
preoccuparti.» Gli angoli della bocca si mossero
impercettibilmente, donandogli
l’espressione enigmatica che spesso lo contraddistingueva.
La
demone davanti a lui alzò un
sopracciglio in un interrogativo muto, ma lui non apparve intenzionato
a darle
alcun tipo di spiegazione.
Vedendolo
voltarsi, e con Kagura
che gli ronzava attorno, Kuria sospirò e decise di rivolgere
le proprie
attenzioni a Isidorus per progettare un piano di attacco. Sarebbe stato
un
disastro se Naraku si fosse coalizzato con i demoni orso.
Il
medico venne presto ricondotto
a palazzo da un emissario della signora Madre, salutò con
estremo rispetto sia
il suo padrone Sesshomaru, sia la principessa Kuria. Nutriva nel cuore
la
speranza che il principe dell’Ovest la riconquistasse e gli
augurò mentalmente
tutta la fortuna possibile. Quasi tutti a palazzo ci speravano, in
verità.
“Vi
auguro Principe di riuscire
ad appianare i dissapori con la Principessa e di vedervi presto insieme
a
palazzo, uniti in matrimonio e felici. Sareste una meravigliosa e
splendente
coppia reale. Proprio ciò di cui l’Ovest ha
bisogno.”
***
«Quindi
Kuria e mio figlio sono
riusciti a dialogare in modo civile?»
Inukimi
osservava Ichiro dal suo
scranno all’esterno del palazzo. Lo scrutava per comprendere
se le raccontava la
verità o una menzogna.
«Sì,
mia signora. Ho potuto
constatare una certa maturità nei modi della Principessa e
anche vostro figlio,
il Principe, mi è apparso conciliante… anche
se…»
«Piccolo
demone medico, sai bene
che odio i balbettii. Parla e basta.»
«Temo
che il Principe Sesshomaru abbia
una nuova compagna e anche la Principessa Kuria, per quanto entrambi
guardassero con malcelato disprezzo le rispettive
controparti.»
La
signore dell’Ovest emise una risatina
divertita e scosse la testa.
«Non
hai nulla di cui
preoccuparti!»
Angolo autrice:
Bentornati!
Spero che questo capitolo vi sia gradito e magari allieti un po' il
rientro.
Iniziamo a far sciogliere Sesshomaru con calma, ma anche Kuria che
altrimenti si trincerebbe nel suo orgoglio.
Da qui in avanti la signora Madre diventerà un personaggio
dietro le quinte abbastanza importante. Non la rivedremo presto, ma
state certi che spia i due testoni.
Cercherò di pubblicare un capitolo ogni due settimane
all'incirca! Sto finalmente leggendo il manga nel tempo libero :)
Ringrazio chi sta leggendo la storia o magari anche rileggendo, viste
le varie modifiche e gli anni di assenza.
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate in un commento!
MartyVax
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Capitolo 32 *** Orogoglio smisurato ***
Orgoglio smisurato
Le
due compagnie furono
letteralmente costrette ad accamparsi insieme. Questo perché
al primo tentativo
di Kuria di allontanarsi con Inuyasha e Isidorus, per poter elaborare
al meglio
una strategia di attacco verso il nemico, quella che a tutti gli
effetti era
sua figlia adottiva pianse e strepitò. Allo stesso tempo Rin
non voleva
assolutamente separarsi dal suo signor Sesshomaru, quindi divenne
un’inconsapevole collante.
Incredibilmente
Sesshomaru non
proferì parola davanti a quegli urli, ma in
realtà di rado la sgridava. Kagura
tentò di blandirla dicendole che non poteva intralciare
entrambi i demoni, che
dovevano adempiere ognuno ai propri doveri.
Hikari
si dovette trattenere
dallo spaccarle il viso a suon di tessen. Ventaglio contro ventaglio.
Conosceva
fin troppo bene il reale obiettivo del discorso della demone, ovvero
l’allontanamento
di Kuria dal Principe. Decise quindi di intervenire.
«Sorella,
non ti devi
preoccupare. Resta con la tua giovane Erede, io e Isidorus
pattuglieremo questa
zona per tutto il giorno! Questa notte invece potrebbero andare
Inuyasha e
Miroku. Domani mattina elaboreremo un piano di azione, vedrai! Vieni
Isidorus!
Andiamo!» Prese sottobraccio il sorpresissimo demone con una
risatina allegra e
lo spinse lontano da sua sorella.
«Principe,
siate carino,
accompagnate Rin e mia sorella a fare una passeggiata solo tra di voi!
Alla
piccola farà bene, ve lo assicuro!» E detto
ciò costrinse al decollo anche
Isidorus.
Due
al prezzo di uno, che fine giocatrice
sono, si disse da sola gongolando per la sua idea. Da tempo sapeva di
essersi
innamorata di Isidorus, forse già dalla prima volta in cui i
loro occhi si
erano incrociati. Peccato che lui pensasse solo a sua sorella. Da
ciò che l’era
stato raccontato se il Generale non fosse mai giunto probabilmente lui
l’avrebbe perfino chiesta in sposa.
“Temevo
di non rivederlo mai più,
ma ora che è qui la pacificazione e unione tra mia sorella e
Sesshomaru diventa
più impellente. Quella maledetta demone delle iridi rosse,
ogni volta che la
incontro fa gli occhi languidi al Principe. Spero che Kuria si
infuri.”
Il
resto della enorme compagnia
rimase alquanto allibito.
«Penso
che la soluzione di Hikari
sia l’ideale, Kuria. Per me non c’è
problema a fare una ronda notturna. Tu,
Inuyasha?» Il monaco si voltò verso il
mezzo-demone che si limitò ad alzare le
spalle. La ronda lo lasciava completamente indifferente, ma
ciò che stava
iniziando a intuire no.
In
tutto quel delirio Kuria era
rimasta con gli occhi sgranati, senza sapere bene come muoversi.
Ammetteva
di essersi infastidita
sentendo Kagura parlare con quel tono a sua figlia, per quanto
ciò che diceva
fosse giusto non era lei la madre della bambina. Stava al massimo a
sé, o a
Sesshomaru eventualmente, il compito di ammonirla.
La
reazione di sua sorella era stata
ancor più sorprendente. Una passeggiata con Sesshomaru? Come
veniva in mente a
quella pazza di farli passeggiare da soli? Per quale astruso motivo,
poi? In
quel turbinio di domande non si accorse che Rin tentava di salirle in
braccio,
ne assecondò il desiderio restando sovrappensiero. Pochi
istanti dopo il suo
corpo volava distaccato da terra senza che avesse aperto le ali.
«Eh?»
Sobbalzò stringendo meglio
Rin per non farla cadere in terra.
«Padrone!
Dovete andate?» Jacken
gracchiava a terra disperato mentre Sesshomaru si allontanava con Kuria
e Rin
da solo.
«Sesshomaru,
maledetto!» Inuyasha
fece per estrarre Tessaiga e inseguirli, certo che lui stesse rapendo
la
sorella in un momento di distrazione. Cambiò idea e si
immobilizzò dopo che il
maggiore girò leggermente la testa per fulminarlo con lo
sguardo.
«Credo…
che abbia seguito il
consiglio di Hikari.» Gli sussurrò allora Kagome.
«Poteva
allontanarsi a piedi,
come tutti. Eh! Lui e il suo maledetto orgoglio.»
Piegò le labbra in una
smorfia di stizza e acidità.
«Sei
un ingrato Inuyasha! Devi
portare più rispetto a tuo fratello, il mio padrone
è sempre troppo indulgente
con- ahi!» Il kappa si ritrovò pieno di pugni in
testa e lì si concluse la sua
arringa. Pochi attimi dopo anche Kagura si sollevò alta in
cielo sulla sua
piuma.
***
Sesshomaru
planò delicatamente su
un prato fiorito, un luogo già visitato nelle esplorazioni
delle settimane
passate e quindi più sicuro per lasciare Rin libera di
scorrazzare.
Perché
avesse seguito di colpo il
consiglio di Hikari neanche lo sapeva, non si era interrogato a lungo
sul da
farsi. Forse voleva allontanarsi da Kagura. Per lei nutriva
principalmente una
sorta di pietà, per la condizione alla quale era stata
ridotta da Naraku,
perché era quasi morta per i miasmi pur di essere libera.
Gli aveva ricordato
ancora una volta Kuria, ma allo stesso tempo si dimostrava estremamente
diversa. Il loro rapporto era diverso!
Come
quando erano stati costretti
a passeggiare insieme a palazzo rimasero entrambi a lungo in silenzio.
Solo il
suono degli uccellini e di Rin che giocava faceva da sottofondo
musicale.
«Quindi
non sei fuggita da me.»
«Come?»
La demone mezza aquila si
girò verso di lui, inclinando la testa per cercare di
comprendere.
«Me
lo hai detto tu, non sei
fuggita e hai i tuoi motivi per non sposarmi.»
«T-tu
come fai a sapere di questa
conversazione?» Sesshomaru la osservò diventare
paonazza e boccheggiare. Lasciò
che ci arrivasse da sola all’ovvia conclusione che entrambi
erano stati preda
della magia di Badma e si erano davvero
incontrati in un mondo onirico.
«Oh
Dei!»
Lui
si divertì a vederla
scomposta per la prima volta da quando era tornata. Kuria si
appoggiò al tronco
di un albero e si massaggiò le tempie, non sentiva alcuna
voglia di continuare
quel discorso.
«Te
lo chiedo ancora una volta,
quali sarebbero questi buoni motivi?» Le si parò
davanti, ancora molto calmo,
mentre la scrutava con viso inespressivo. Kuria lo sorprese,
perché invece di
arrabbiarsi sospirò, mise una sorta di broncio e
voltò lo sguardo incrociando
le braccia.
«Arrivaci
da solo.» Borbottò
senza offenderlo, evento ancor più strano. Non voleva
combattere con lui? La
paura di lei nei suoi confronti non c’era mai stata
all’apparenza, vero, ma il
desiderio di difendersi attaccandolo per prima la smascherava sempre.
Erano
a uno stallo, se
l’aggrediva per primo dimostrava soltanto di esserle
estremamente legato, o
così lei avrebbe pensato.
«Peggio
per te! Non ti darò una
seconda opportunità quando manterrai le tue promesse,
sappilo.»
Ebbe
il piacere di vederla
sobbalzare, dovette trattenersi dal ghignare contento. Bastava che lei
non
sapesse della contrarietà di sua Madre alla situazione, a
quel punto vuotato il
sacco, lui, Sesshomaru sarebbe riuscito a convincerla a tornare con
sé,
vincendo anche quella sfida. Perché di quello si trattava,
no? Di sconfiggere
le resistenze nemiche e conquistare.
Lei
sarebbe divenuta la sua
consorte, gli avrebbe dato dei figli, seguendo il tracciato paterno ma
soprattutto dimostrando a tutti che era lui, Sesshomaru, a tenere in
mano le
redini delle vite altrui. Nulla di più o di meno, no? Tutto
legale e legittimo.
«Guarda
che nelle mie promesse
non ho mai detto che ti avrei sposato.» La replica giunse
quasi beffarda,
leggermente alterata e piccata, ma niente a confronto con
l’ira che la
pervadeva un tempo. Perché? Forse la presenza di Rin?
Sì, poteva essere.
«Era
implicito. Non che mi
sorprenda la tua manca di arguzia.» Questo di sicuro le
avrebbe mandato i nervi
a fior di pelle, ma quel duello verbale si rivelò
più arduo del previsto. Kuria
roteò gli occhi e a momenti sbuffò annoiata.
«Si
può sapere perché cerchi di
irritarmi? Per di più con Rin qui vicino.»
In
realtà un po’ di paura la
provava, a suo tempo delle promesse le fece per davvero. La prima poi,
quella
in cui Inuyasha era nato, effettivamente si riferiva al tornare con lui
come
sua compagna o qualcosa del genere. La seconda era più un
tornare a vivere a
palazzo molto generico, ma anche lì ovviamente Sesshomaru si
riferiva al vivere
insieme. Lo sapeva perfino lei di star cavillando.
“Prendere
tempo, devo solo
prendere tempo. Probabilmente sta solo cercando di farmi arrabbiare per
qualche
suo sadico motivo e usa questo espediente. Ha detto chiaramente che del
nostro
matrimonio non gliene importa nulla.”
Lui
non le rispose e neanche
l’attaccò, stettero a fissarsi per un lungo
periodo di tempo.
«Signor
Sesshomaru! Kuria! Ho
fame!» La bimba saltellò loro intorno, mettendo
una tregua allo scambio di
occhiate. Prese dolcemente le mani di entrambi stando nel mezzo. I due
demoni
la portarono al fiume, Kuria accese il fuoco per Rin e
l’aiutò ad arrostire
pesciolini e funghetti commestibili.
Dopo
il pasto la bambina si
rannicchiò sulle gambe della demone e dormicchiò
serenamente.
«Sappi
che non mi piace come
quella Kagura la rimprovera.» Esordì dal niente
Kuria verso Sesshomaru.
«Potevi
intervenire tu stessa, in
tal caso. Sei la madre, adesso, no?»
La
sentì incassare il colpo con
un mugugno e attese la raffica, che non giunse. Si voltò
leggermente con la
testa per capire che diamine stesse facendo di tanto interessante per
distrarla
dal litigare con lui. Accarezzava la testolina mora della piccola con
sguardo
amorevole.
«Sì,
sono sua madre.» Sussurrò
dolcemente mentre la cullava e lo faceva con una maestria invidiabile.
Rimase
allibito. Eppure era sicuro non avesse figli! O forse sì?
Per una cinquantina
d’anni era tornata in patria e tra lei e quel Isidorus
sembrava esserci
un’enorme confidenza!
Kuria
nuovamente si sentì
investita da una fortissima carica di astio e alzò di scatto
gli occhi verso
Sesshomaru. Non leggendo nel pensiero e considerando la situazione, il
grande
legame tra lui e la bambina visto che le aveva donato una nuova vita,
travisò.
«Tranquillo
Sesshomaru. Tieni.»
Con leggiadria e velocità si spostò e le mise
sulle ginocchia Rin, contro il
petto. Gliela consegnò con un enorme sorriso.
«Ti
adora, lo sai.»
Per
la prima volta si sentì
completamente disarmato. Passarono altrettanto tempo con lui seduto con
Rin
sulle gambe e lei in piedi poco davanti a lui.
«Il
tuo dono si è ultimato?» Ebbe
il piacere di vederla girarsi stupita e annuire lentamente.
«Sono
passati quasi tre anni,
credo di essere riuscita solo a passarle
l’immortalità e qualche vago potere.
Suppongo che lo scopriremo con il tempo.»
«Scopriremo?»
«Sì.
I poteri non si manifestano
mai di colpo tutti insieme neanche per i demoni, lo sai.»
In
realtà la domanda di
Sesshomaru voleva essere un’altra, lei stava usando il
plurale. Lui non si
sarebbe separato facilmente da Rin e viceversa, quindi Kuria sarebbe
rimasta al
suo fianco? Era davvero così semplice?
«Quanto
è diventato potente
Naraku mentre sono stata via?»
«Ah!
Considerando come si
nasconde direi non tanto. È solo molto scaltro, ma rimane un
insulso mezzo-demone
anche lui.»
La
sentì sospirare e scuotere la
testa. Quello sguardo che significava? Non sarà mica stata
aria di sufficienza?
«Sì,
Sesshomaru, lo so quali sono
i tuoi pensieri sulle creature a metà, ho capito. Sei
diventato ripetitivo. Ho.
Capito.» Il tono di voce restava basso e controllato, ma lui
riuscì a percepire
un moto d’astio.
«Non
rivolgerti a me con questa
mancanza di rispetto.» La vide prendere un profondo respiro
per controllare la
propria aura demoniaca e la rabbia.
«Tu
invece puoi insultare chi ti
pare a quanto capisco. Anche la tua-» Si interruppe in tempo
e perché Rin si
svegliò tutta allegra proprio nell’istante in cui
stava per fregarsi con le sue
stesse mani. Sperava non avesse capito. Sì, stava per dire
fidanzata, ma poteva
anche essere famiglia.
Il
demone albino rimase in
silenzio. Per quanto l’ultima parola potesse essere famiglia,
tutti e due
sapevano che non era mai riuscito completamente ad accettare
l’esistenza di
Inuyasha. Quindi sicuramente la risposta doveva essere fidanzata, ma
esclusi
alcuni epiteti che assegnava più o meno a tutti, non si
ricordava di averla mai
insultata.
Gli
sarebbe piaciuto molto farle
il terzo grado per comprendere quali pensieri passassero in quella
bella
testolina mora ma dovette rimandare, perché tra il risveglio
di Rin e l’arrivo
inaspettato di Kagura non esisteva possibilità di
solitudine. Un interrogatorio
richiedeva invece tempo e un luogo appartato.
«Non
pensi dovremmo cercare le
tracce di Naraku, Sesshomaru? Se restiamo qui troppo a lungo di sicuro
le
perderemo.» Suggerì Kagura, conscia di dover
allontanare il demone della ex
compagna se desiderava anche solo minimamente prenderne il posto.
“Oh,
ma quanta familiarità che le
concedi. Se un discorso del genere l’avessi fatto io ti
saresti già infuriato.”
Kuria gli scoccò un’occhiata meno omicida rispetto
a quelle ricevute, ma solo
perché non desiderava farsi scoprire. Allo stesso tempo Rin
appena sveglia era
scesa dalle gambe del demone e ora le si appendeva a un braccio.
«Saresti
venuta fin qui solo per
dirmi questo, Kagura? Ricordati che io Sesshomaru non prendo ordini da
nessuno*.
Se ci tieni tanto inizia ad avviarti, le tracce di Naraku le puoi
cercare anche
da sola.»
Percepì
di essere riuscito nel
suo intento, perché la figlia ‘ribelle’
di Naraku se ne andò di colpo senza
proferire parola.
«Ormai
è il crepuscolo,
effettivamente. Forse anche a noi conviene tornare. Tra poco Isidorus
rientrerà
con qualche informazione.»
Il
Principe dell’Ovest socchiuse
gli occhi, trattenendo l’istinto rabbioso che quel nome gli
suscitava. Non
disse niente, semplicemente si limitò ad avvicinarla per
sollevarla.
«Uh? S-Sesshomaru,
che fai?» La vide
indietreggiare di scatto, con le guance che si chiazzavano di rosso per
l’imbarazzo.
«Hai
chiesto tu di tornare.»
«So
volare! Ho le ali!» Le
scrollò a dimostrazione di un fatto che lui già
ben doveva conoscere.
«Le
tue ali non sono paragonabili
con la mia velocità.»
Rin
seguiva il discorso cercando
di capire. Il signor Sesshomaru sembrava per lo più apatico
e annoiato da quel
battibecco, Kuria offesa. Eppure lei, anche se era solo una bambina,
sentiva
altro. Le parve di vedere un sorrisino da parte del demone mentre la
spuntava e
le sollevava entrambe e una strana remissività nella
controparte femminile.
Contro
il petto di Kuria
sollevata e avvolta da Sesshomaru, Rin si sentì
completamente al sicuro.
***
«CHE
COSA VUOI CHE FACCIA?»
Qualche
uccellino fuggì
spaventato all’urlo di Inuyasha verso Hikari. La demone
invece sospirò
rassegnata.
«Si
sente che ti ha cresciuto mia
sorella.» Borbottò massaggiandosi le orecchie
demoniache. Poco prima che
iniziasse il tramonto con una scusa era riuscita ad anticipare il suo
rientro
allo spiazzo, lasciando indietro Isidorus.
«Sei
pazza? Dovrei inventarmi
qualche rocambolesco modo per unire mia sorella e Sesshomaru?»
«Non
mi aspetto che te lo inventi
tu. So perfettamente che non sei capace!» Lo
stuzzicò piccata, dandogli
sottilmente del tonto.
Le
serviva l’appoggio della
squadra di Inuyasha se voleva davvero riunire quei due testoni!
«Perché
ci chiedi questo Hikari?»
Per fortuna Kagome si aggiunse alla conversazione prima che i due
potessero
affettarsi a vicenda.
«Mi
pare evidente. Quei due
testoni sono fatti per stare insieme, hanno già praticamente
una figlia
insieme. Per non parlare del fatto che nessuno desidera una Principessa
dell’Ovest diversa da Kuria. Con il pessimo gusto che ha
chissà che scelte
potrebbe fare quella lastra di ghiaccio.»
«Queste
sono motivazioni egoiste!
Non costringerò in alcun modo mia sorella a una scelta del
genere. Se le
volessi bene sapresti che ha sofferto immensamente per questo legame
combinato.
Lei non vuole stare con Sesshomaru!»
«Sei
proprio un fratellino scemo,
non c’è che dire!» Gli soffiò
contro la biondina, pronta al pestaggio.
«Inuyasha,
temo che tu stia
sbagliando.» Si frappose Sango, che generalmente cercava di
non entrare in quel
tipo di beghe familiari. Per fortuna il mezzo-demone parve intenzionato
ad
ascoltarla.
«In
parte sai la capisco Kuria.
Temo che lei sia davvero innamorata di tuo fratello, ma che desiderasse
maggiore considerazione e stima da parte sua. – Miroku
sentendosi preso in
causa si grattò la nuca e fece qualche passo sul posto.
– Ho letto molta
tristezza nei suoi occhi il giorno in cui ci ha raccontato
dell’annullamento.
Serenità e tristezza. Rassegnazione.»
«Sì,
lo so, non sono cieco
nonostante ciò che credete su di me e neanche tonto.
– Qui guardò male Hikari,
che voltò la testa in direzione opposta a braccia conserte.
– So anche, però,
che difficilmente quello scemo che mi ritrovo per fratello
cambierà modi e
idee. Ha sofferto per tutta la vita, la mia sorellina. Quando ero un
bambino e
credeva dormissi a volte la vedevo piangere disperata, anche se non
emetteva un
singolo suono. Esattamente come… mia madre. Credevo fosse la
nostalgia verso
mio padre per entrambe, ma con l’età ho capito
meglio. Quindi no, non
asseconderò un piano simile!»
«Inuyasha…»
Kagome emise un
sussurro quasi commosso, raramente lui si apriva tanto sul suo passato.
«Dovrà
fare tutto da solo, se la
desidera davvero. Non sarò d’aiuto, ma se proprio
ci tieni non interferirò.»
Hikari
si accontentò di quella
mezza vittoria, in ogni caso non era intenzionata a smettere di provare
a unirli.
Per fortuna di tutti loro Jacken e Kagura non si trovavano nei paraggi
e il
trio composto da Sesshomaru, Kuria e Rin sarebbe giunto solo qualche
momento
dopo, seguito dalla successiva comparsa di Isidorus.
Angolo
autrice:
*Io Sesshomaru è una formula molto usata nel doppiaggio
originale. E' tipico a quanto sembra di certe personalità
importanti e antiche riferirsi a sé stesse in questa
maniera. Me ne sono resa conto paragonando il doppiaggio inglese con
quello originale e ho pensato fosse carico riportarlo qui :)
Per quanto riguarda il resto: Il capitolo è abbastanza di
dialogo e introspezione, non ci siamo ancora ricollegati alla trama e
ci vorrà un po'. Desidero mostrare i cambiamenti di
carattere di Kuria principalmente, ma anche Sesshomaru e come Kagura si
sia integrata in questa realtà alternativa in cui
è stata precocemente salvata.
Inuyasha è normale che non desideri tantissimo vedere suo
fratello biologico con sua sorella adottiva, visti i trascorsi. Staremo
a vedere cosa combinerà! XD
Hikari farà il diavolo a quattro. Vuole diventare Cupido
della situazione.
Ora scappo a lavoro :)
Martyvax
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