Dietro le maschere

di Ashla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dietro le maschere-Capitolo bivio ***
Capitolo 2: *** Oltre la maschera ***
Capitolo 3: *** Sotto la maschera ***



Capitolo 1
*** Dietro le maschere-Capitolo bivio ***


Dietro le maschere

 

Capitolo bivio

 
Il tintinnio di un campanello legato al collo.
«Bene, bene, guarda chi c’è qui».
Un sorriso malizioso che fa quasi brillare gli occhi ambrati.
«Ti va di giocare, ragnetto?»
Un indice guantato di nero gli sfiora una guancia.
«Che ne dici? Solo io e te».
La luce della luna illumina i capelli argentati mentre in lontananza suona un allarme.
«Che peccato, sarà per la prossima volta, ragnetto».
 
 
È la suoneria del telefono di casa che porta alla realtà Daichi.
Il ragazzo sobbalza e solo i suoi riflessi pronti gli impediscono di cadere in modo rovinoso dalla sedia su cui è seduto.
Salta in piedi e il suo primo istinto è quello di guardare l’occupante del suo letto che, per nulla disturbato da quel rumore, continua a dormire.
Per un secondo si sente sollevato, poi realizza: sarebbe potuta anche scoppiare una bomba e l’altro non si sarebbe svegliato visto che il suo era tutto fuorché un sonno naturale, quanto piuttosto uno indotto da chissà quale intruglio che gli avevano iniettato solo perché lo aveva difeso.
Sospira affranto.
All’improvviso lo squillo del telefono tace e il silenzio cala di nuovo nella casa.
Quando Daichi si gira a guardarla, la sveglia sul comodino indica che manca poco a mezzanotte e il ragazzo aggrotta la fronte non riuscendo a capire chi mai potesse chiamarlo a quell’ora così tarda.
Un’ulteriore realizzazione lo colpisce facendolo imprecare ad alta voce.
La partita di pallavolo di Michimiya!
Corre ad afferrare il cellulare che aveva lasciato sulla scrivania e sgrana gli occhi alla vista del numero delle chiamate perse.
Impreca una volta ancora e richiama l’ultimo contatto che lo aveva cercato mentre si allontana verso la porta della camera.
Hayato risponde subito, senza dargli il tempo necessario per uscire dalla stanza.
«Daichi! Eccoti!»
Il ragazzo sussulta e si volta di scatto verso il letto dove, per sua fortuna, non è cambiato nulla.
«Hey…»
Si blocca realizzando che indossa ancora la propria maschera da Spiderman e se la alza quel tanto che basta per lasciare libera la bocca.
«Hey? Davvero, Daichi? Hey? È solo questo che sai dire? Sei sparito per ore! Yui, ho in linea Daichi! Aspetta, metto in vivavoce».
Daichi tace, aperta la porta, sguscia in corridoio posandosi con la schiena contro la parete opposta in modo da poter vedere la camera e il suo occupante.
«Daichi! Per fortuna stai bene! Che è successo?»
A parlare questa volta è Michimiya Yui e lui non può non sentirsi male ad udire la preoccupazione nella voce dell’amica.
«Scusami… scusatemi. Non sono stato bene».
Non sopporta dover mentire ma, in quel momento, non può fare altro se non dire una bugia, l’ennesima bugia.
«E non si avvisa? Ti abbiamo chiamato non so quante volte! Stavamo per venire a cercarti!»
Hayato è più arrabbiato di quanto non l’abbia mai sentito e lo conosce fin dalle elementari.
«Davvero scusate. Mi sono addormentato con il cellulare in silenzioso».
Non gli è possibile rivelar loro la verità, lo sa bene, ma ciò non toglie che faccia male dover mentire ai suoi più cari amici.
D’altro canto dire loro la verità li avrebbe fatti preoccupare ancora di più.
Oltre a metterli in pericolo, si intende.
«Ti sei dimenticato il cellulare in silenzioso!? Io ti giuro che…»
«Hayato. Basta».
È Michimiya a zittire l’amico e Daichi non può fare a meno di ringraziarla in silenzio; sa che l’altro ha tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato con lui, ma in quel momento non vuole proprio ricevere una ramanzina né, tantomeno, dover inventarsi ancora scuse.
«Mi dispiace, domani vi spiegherò tutto».
Bugia.
Non avrebbe spiegato niente, non avrebbe detto loro che non era andato alla partita perché era impegnato a combattere contro dei super-cattivi in un parco della città.
Dei sospiri giungono alle sue orecchie e Daichi riesce ad immaginarsi lo sguardo che si devono essere scambiati Hayato e Michimiya.
«Va bene, scusa per averti svegliato. Ci sentiamo domani».
Gli si spezza il cuore a sentire l’amica così abbattuta, ma non c’è niente che possa fare in quel momento.
«Sì… certo. Davvero, scusatemi».
C’è uno sbuffo da parte di Hayato e un saluto di Michimiya e poi la chiamata si interrompe.
Daichi sospira lasciandosi scivolare a terra: ancora una volta ha finito per deludere i suoi amici.
Per quanto ci provi, sembra che non riesca mai a farne una giusta.
Nel giro di poche ore ha fallito sia come amico che come eroe e le prove sono lì con lui sotto forma di un registro di chiamate perse e di un giovane uomo, drogato, nel suo letto.
Daichi abbandona il capo contro il muro e chiude gli occhi sconfitto: lui è Spiderman, dovrebbe difendere la gente, eppure continua a deludere, a ferire, tutti.
 
 
Un gemito spezzato distrae Daichi che per poco non viene colpito da un pugno di Rhino.
Solo il senso di ragno lo salva facendolo saltare via un istante prima.
Si volta e sgrana gli occhi sotto la maschera: il Gatto si divincola cercando di sfuggire dalla presa di Poisonus* che, con una mano alla gola, lo tiene sollevato, bloccandolo contro il tronco di un albero.
Il giovane eroe prova ad intervenire in soccorso dell’alleato, ma ancora una volta si ritrova a dover evitare un attacco di Rhino.
Quando riesce a liberarsi abbastanza da dare un’occhiata alla situazione, il suo cuore perde un battito vedendo il nemico iniettare nel collo dell’altro il contenuto di un’intera siringa.
Piano il Gatto smette di divincolarsi e, quando Poisonus lo molla, scivola a terra senza più rialzarsi.
Il giovane eroe urla invano il nome dell’alleato.
 
 
Col respiro affannoso, Daichi spalanca gli occhi e si guarda intorno: è a casa, si è solo appisolato seduto per terra sul pavimento del corridoio buio.
Il suo sguardo vaga, fermandosi sulla figura che, in camera sua, è stesa immobile sul letto.
Il Gatto.
Daichi scatta in piedi a quel pensiero e rientra nella stanza, chiudendosi a chiave dentro, prima di tornare accanto al letto.
Osservando i segni rossi sul collo candido dell’altro, stringe con forza i pugni.
Nella sua memoria è ancora impressa l’immagine del capo del Gatto abbandonato all’indietro quando l’ha preso tra le braccia a fine scontro.
Si ricorda del suo peso morto nel momento in cui l’ha sollevato da terra e di come l’altro, alla luce della luna, sembrasse così spettrale da parere…
Impreca sottovoce.
Se solo fosse stato più forte e veloce, niente di ciò che era successo sarebbe accaduto.
Se solo…
 
 
«Dai, sono di fretta oggi. Quindi se possiamo finirla veloce mi fai un piacere».
Una smorfia delusa compare sul volto del Gatto che si poggia una mano guantata di nero, la stessa con cui tiene la collana rubata, all’altezza del cuore.
«Ti sei già stancato di me, ragnetto? Così mi ferisci».
«N… non è…»
Daichi si morde il labbro quando si rende conto che si sta cercando di giustificare.

Un sorriso malizioso appare sul viso dell’altro che si avvicina toccandogli la guancia mascherata con l’indice.
«Non è cosa, ragnetto?»
Un brivido percorre Daichi.
Trattiene il respiro al fugace tocco dell’altro.
È solo un istante, poi il Gatto si allontana.
«Va bene allora: ogni tuo desiderio è un ordine».
 
 
Se solo avesse afferrato il Gatto in quel momento, non sarebbe caduto nella trappola di Poisonus e Rhino, non avrebbe rischiato di essere smascherato e l’altro non sarebbe lì privo di sensi.
E invece si è fatto incantare dall’altro, gli ha permesso di scappare via con quella stupida collana e l’ha inseguito dritto nelle fauci dei suoi nemici.
È stato uno sciocco.
Mentre il Gatto fuggiva da lui, si voltava a guardarlo con aria triste.
Se solo avesse colto prima la stranezza di quel fatto.
Ma no, non lo aveva fatto, e così ha messo in pericolo tutti.
Trattiene un brivido mentre le parole di Poisonus gli tornano in mente.
«Non è chiaro, micetto? Lo smascheriamo per fargliela pagare. Non vedo l’ora di incontrare i suoi cari».
Quella sera ha rischiato troppo.
Se Poisonus avesse scoperto la sua vera identità…
Non ci vuole neanche pensare.
Scuote la testa.
Non era così che doveva andare la serata, no.
 
 
«È sempre così solo… invitiamo anche lui?»
Daichi e Hayato si voltano seguendo lo sguardo di Michimiya: Sugawara Koushi, il loro nuovo compagno di classe da tre mesi a quella parte, mangia tranquillo al proprio banco.
«Buona idea, magari così Daichi smette di fissarlo durante le lezioni e gli chiede di uscire».
«Hayato…»
Quasi ringhia Daichi e l’altro ridacchia.
«Allora è un sì? Perfetto! Sugawara!»
Il ragazzo dai capelli cinerei sobbalza appena e si volta a guardarli confuso.
«Sta sera c’è la partita di pallavolo, vieni? E poi esci con noi a prendere un gelato!»
Michimiya gli sorride dolce e l’altro prima sgrana gli occhi per la sorpresa e poi un’espressione grata gli illumina il viso senza, però, accendere lo sguardo appesantito dalle occhiaie.
«Mi piacerebbe molto, ma sta sera devo lavorare».
«Oh…»
La delusione di Michimiya è palpabile.
«Ma magari riesco a finire prima e a vedere almeno un set».
L’amica torna a sorridere, ma Daichi ha l’impressione che non Sugawara non verrà.
Si astiene dal commentare: in ogni caso la serata andrà bene.

 
 
Daichi sospira e, dopo essersi calato di nuovo tutta la maschera sul viso, si toglie un guanto della tuta per poi, allontanati i capelli argentei ed umidi del Gatto dalla sua fronte, posarci la mano su.
Sotto al suo tocco, l’altro è ancora bollente e madido di sudore.
Si mordicchia l’interno guancia.
Sa per esperienza che quel veleno di Poisonus è abbastanza forte da stordire con un solo graffio procurato da un coltello intinto in esso, ma un’intera siringa?
Con grandi probabilità il Gatto ci metterà ancora ore a smaltirlo.
Il giovane eroe si lascia cadere sulla sedia accanto al letto mentre ringrazia in silenzio l’assenza di sua zia Mei**, fuori città per una visita ad una vecchia amica, che gli ha permesso di portare l’altro lì.
A mente fredda, non è stata una scelta brillante ma, visto che il Gatto aveva rischiato la propria vita per la sua, non poteva lasciarlo nel parco, né consegnarlo alla polizia.
Daichi controlla ancora una volta di aver reso la propria camera il più impersonale possibile; appena arrivati, dopo aver messo a letto l’altro, si era prodigato a nascondere foto e quaderni di scuola in modo da proteggere il più possibile la sua vera identità nel momento in cui il Gatto si fosse svegliato.
Non che avesse intenzione di lasciarlo girare troppo per la camera ma, se si fosse alzato, almeno non avrebbe visto molto di compromettente.
Appurato che nulla è fuori posto, Daichi torna ad osservare in silenzio il volto crucciato dell’altro, rendendosi conto di come, per la prima volta da quando lo conosce, il ladruncolo dai capelli argentati paia indifeso.
Per un attimo il suo pensiero corre, traditore, a Sugawara Koushi.
Il ragazzo aggrotta la fronte quando gli torna in mente il viso del compagno di classe e si domanda il perché di tale associazione: Sugawara e il Gatto nulla hanno da spartire.
Da una parte c’è un goffo e timido ragazzo dai capelli cinerei e i maglioni oversize, dall’altra c’è un aggraziato e malizioso giovane dalla chioma di un’innaturale argenteo e la tuta attillata nera con tanto di campanello al collo.
Più diversi di così non si può.
Daichi ridacchia all’assurdità di quell’associazione poi, all’improvviso, si irrigidisce.
Il Gatto è in camera sua, privo di sensi, e lui può scoprire chi si cela dietro quella maschera di velluto color pece.
Appena quel pensiero lo coglie, subito allunga la mano ma poi, di scatto, la ritrae come scottato.
L’altro si è messo in pericolo per aiutarlo a mantenere la sua identità segreta, il minimo che può fare per ringraziarlo è lasciarlo andare senza scoprire la sua.
No?
Il Gatto, però, è un criminale che si nasconde dalla legge, non un super eroe che vuole proteggere i propri cari, c’è una netta differenza e non bastano le azioni di una serata per cambiare la verità dei fatti.
Daichi allunga la mano ancora una volta, ma di nuovo si ferma e si mordicchia l’intero guancia, osservando in silenzio il volto crucciato dell’altro mentre cerca di capire cosa fare.
Ha tutte le ragioni del mondo per smascherarlo, ma gli sembra così sleale da parte sua.
Allo stesso tempo, però, si rammenda che conoscere un viso non significa sapere chi sia davvero la persona e che potrebbe solo soddisfare la propria curiosità senza poi ricercare l’identità dell’altro.
Dopotutto è da quando il Gatto è comparso nella sua vita, il precedente giugno, che desidera sapere quale volto si nasconda dietro quella maschera.
Ora può farlo, certo, ma gli sembra così sbagliato: smascherandolo si approfitterebbe di un momento d’estrema debolezza dell’altro.
Si rammenta di nuovo che il Gatto è solo un criminale e che, nonostante l’aiuto fornito quella sera, ha compiuto troppi furti per rimanere libero.
Per i crimini che il ladro ha compiuto, sarebbe poco professionale non smascherarlo.
Daichi allunga la mano.
Il Gatto ha protetto la sua identità segreta, gli deve un favore.
Dopo quello che il suo alleato improvvisato ha fatto per lui, sarebbe ingiusto togliergli la maschera.
Daichi stringe la mano protesa a pugno e la tira indietro.
Ora può farlo, certo, ma gli sembra così sbagliato: smascherandolo si approfitterebbe di un momento d’estrema debolezza dell’altro.
Si rammenta di nuovo che il Gatto è solo un criminale e che, nonostante l’aiuto fornito quella sera, ha compiuto troppi furti per rimanere libero.
Per i crimini che il ladro ha compiuto, sarebbe poco professionale non smascherarlo.
Daichi allunga la mano.
Il Gatto ha protetto la sua identità segreta, gli deve un favore.
Dopo quello che il suo alleato improvvisato ha fatto per lui, sarebbe ingiusto togliergli la maschera.
Daichi stringe la mano protesa a pugno e la tira indietro.
Sbuffa incerto: smascherarlo o non smascherarlo?
 


*Poisonus l'ho inventato io perché mi serviva un nemico del genere, ups!
 ** Zia Mei (nome giapponese) al posto di zia May, dai sono abbastanza simili!

NdA:
Io non ci credo! Ce l'ho fatta!
Ho scritto una storia in tre ore!
Ok, in verità gran parte della storia c'era, ho solo cambiato l'intreccio!
Comunque... ciao!
Se sei arrivato fino a qui: complimenti!
Spero che sia stata una lettura decente! Questa fic è la prima storia che scrivo al presente da una vita e mi rendo conto che rischio di essermi un po' fregata da sola facendola così lunga.
Questa è la fic che mi ha dato l'idea per la mia challenge "Tra bivi e porte scorrevoli" presente sul forum Ferisce la penna.
I prossimi capitoli saranno "interattivi" ovvero tu, sì proprio tu che stai leggendo, potrai decidere se fare togliere o meno la maschera del Gatto a Daichi!
Come? Semplicemente leggendo prima un capitolo o l'altro, a seconda della tua scelta! Poi nulla ti vieta di leggere entrambi, eh! Solo che, in questo caso, puoi decidere da quale partire!
Ora scappo ma, mi raccomando, se recensisci ricordati di farmi sapere che scelta vuoi far fare a Daichi!
Ciao,
Aiko

Ps: vi lascio Spider-Daichi perché merita: link

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Capitolo 2
*** Oltre la maschera ***


Attenzione: questo capitolo contiene le conseguenze della scelta di non smascherare il Gatto, si vada al prossimo se si vuole leggere ciò che accade se Daichi sceglie di smascherarlo.
 
 

Oltre la maschera

(Daichi non smaschera il Gatto)

 
 

Daichi sbuffa incerto: smascherarlo o non smascherarlo?
Vorrebbe davvero farlo, vedere chi si cela dietro quel costume nero, scoprire se è davvero bello come lo immagina.
Gli sembra però così ingiusto, così sleale.
Soprattutto visto che l’altro, per evitare che venisse svelata l’identità segreta di Daichi, si è inimicato tutti i super cattivi della città, o almeno quelli che lavorano per Testa di Martello.
Non c’è infatti dubbio che Poisonous e Rhino abbiano fatto rapporto al loro capo sul tradimento del Gatto e che, arrivati a quel punto, il ladro sia solo e braccato da tutta la malavita della città.
Il Gatto è tante cose, ma alla fine è solo un umano con gadget super tecnologici fornitegli dallo stesso Testa di Martello.
Senza di essi come potrebbe sperare di difendersi dagli attacchi futuri da parte della gang?
Da parte sua, Daichi non può fare a meno di volerlo al sicuro.
Solo… come?
Forse potrebbe togliergli la maschera e ricattarlo per allontanarlo dalla città.
Sì, sarebbe la cosa migliore da fare.
Allunga la mano.
Tentenna: forse sarebbe la cosa migliore, ma resta il fatto che è comunque così disonesta.
Accade tutto in un istante.
Gli occhi ambrati del Gatto si schiudono appena ma, al veder quella mano protesa a pochi centimetri dal viso, in un attimo si spalancano terrorizzati e il Gatto rotola via con una velocità sorprendente.
Finisce per sbattere contro il muro e, imprecando, si rannicchia dandogli le spalle.
Daichi si sporge verso di lui, sfiorandogli la spalla.
«G-Gatto?»
L’altro lo scosta e poi scatta a sedere: nel suo sguardo c’è il fuoco.
«Cosa stavi pensando di fare, eh!?»
Al ringhio roco, Daichi alza le mani in segno di resa e si riaccomoda sulla sedia.
«Scusa. Davvero, io non…»
«L’hai tolta?»
L’eroe scuote il capo in segno di diniego.
«No! Non lo nasconderò: ero tentato, ma non l’ho tolta».
Per un istante il Gatto lo guarda con gli occhi assottigliati, diffidente, poi sospira, annuisce appena e posa la schiena contro il muro alle sue spalle, chiudendo gli occhi mentre si massaggia la fronte con due dita guantate.
«Stai bene?»
C’è un secondo di silenzio.
«Vuoi la verità? No, mi sento uno schifo. Che è successo?»
«Poisonous ti ha avvelenato, ti ha iniettato una siringa intera».
Gli occhi ambrati si sgranano ancora una volta e la mano libera scivola sul collo insieme allo sguardo di Daichi: il nastro nero con il campanellino è stato tolto e i segni rossi del tentato soffocamento e della puntura ricoprono la pelle altrimenti candida.
«Beh… questo spiega tutto».
Non parla più nessuno e qualche istante dopo il Gatto, nonostante gli occhi lucidi e arrossati, comincia ad esaminare la stanza con uno sguardo tale da far venire i brividi a Daichi.
Sembra che l’altro stia analizzando ogni centimetro della camera e il proprietario si chiede se non avesse dovuto togliere più robe ancora: magari i libri sugli scaffali e l’anonima felpa sulla scrivania.
«Siamo in casa tua?»
Potrebbe mentire? Magari dicendo che è solo uno dei tanti rifugi sicuri che ha sparsi per la città.
«Sì».
Un secondo di silenzio poi una sonora risata che si trasforma in fretta in uno scoppio di tosse.
Sotto la maschera, Daichi sgrana gli occhi.
Si affretta a passargli il bicchiere d’acqua che aveva in precedenza messo sul comodino.
Il Gatto sorseggia in silenzio per qualche secondo, poi gli sorride divertito.
«Davvero, ragnetto? Porti sempre i nemici in casa tua?»
Daichi fa spallucce.
«Solo quelli che combattono con me per difendere la mia identità segreta».
Il Gatto ci pensa su e sembra essersi convinto della sua logica perché annuisce.
«Sai essere proprio uno sciocco quando vuoi, ma… grazie».
Gli sorride e il cuore di Daichi perde un battito, colpito dalla sincerità che dimostra quell’espressione.
Per un istante nessuno dei due parla.
«Gatto… non dovresti più farlo».
Il ladro alza lo sguardo battendo piano le palpebre che sembrano intenzionate a chiudersi e il giovane super eroe stenta a riconoscerlo tanto l’altro sembra stanco.
«Cosa?»
«Farti vedere in giro come Gatto. Ora la gang di Testa di Martello si vorrà vendicare su di te».
Alle parole di Daichi, le labbra dell’altro si aprono in una piccola o, dura un istante poi un lieve sorriso divertito gli illumina a malapena il volto affaticato.
«Dì la verità, ragnetto: ti vuoi togliere dai piedi un avversario troppo bravo».
L’eroe ridacchia e finge di pensarci.
«Può essere… sì».
Il Gatto sorride e chiude gli occhi posando la nuca contro il muro poi, qualche istante dopo, la sua espressione si incupisce.
«Non posso».
«Come no? Perché?»
Daichi riceve uno sguardo diffidente, ma dopo il ladro sospira.
«Tu non capisci, mi servono soldi».
«Perché? Non c’è un modo più onesto?»
Il Gatto scuote piano il capo e distoglie lo sguardo, fissando la trapunta azzurra.
«Costa troppo».
È un sussurro a mala pena udibile, ma il giovane eroe riesce a sentirlo e si sporge in avanti incuriosito.
«Costa troppo?»
«Ho… ho spese importanti da sostenere. I lavori onesti non pagano abbastanza».
Sotto la maschera, Daichi si mordicchia il labbro pensoso.
Gli tornano in mente la collana rubata dal museo e i soldi che Poisonous ha dato all’altro per aver svolto il suo compito di attirarlo in trappola.
«Tra collana e contanti quanto avrai?»
Il Gatto tace per un istante.
«Un paio di mesi, forse tre se mi gestisco bene».
«Se ti lascio tenere i soldi e la collana tu…»
«Mi lasceresti tenere il mio bottino, ragnetto? Non è molto da supereroe».
«Non è neanche da cattivo difendere la mia identità segreta».
Si scambiano una lunga occhiata e, quando è chiaro che l’altro non ha intenzione di ribattere, l’eroe riprende.
«Dicevo… se ti lascio tenere la tua refurtiva, smetterai di rubare? Ti puoi trovare dei lavori onesti più remunerativi, sei pieno di risorse, non deve essere difficile per uno come te».
«Perché lo faresti?»
Già, perché?
Se lo chiede anche il giovane eroe. È consapevole dei furti dell’altro e sa quale sarebbe la giusta pena ma, di nuovo, non vuole condannarlo al carcere, non dopo che l’ha salvato.
Se fosse sincero con sé stesso, ammetterebbe quello che prova per il ladro, così capace di fargli perdere la testa, ma non lo fa e cerca di ignorare qualunque sentimento che non sia la gratitudine che prova nei suoi confronti.
«Mi hai salvato la vita, la vita dei miei cari. Alla fine sei una brava persona e non meriti di ritrovarti contro la gang di Testa di Martello».
Il Gatto sospira e per un secondo Daichi teme che stia per dire di no alla proposta ma poi, sorprendendolo, annuisce.
«Ci posso provare. Tanto anche volendo rubare non ho quasi più gadget per farlo».
Il giovane eroe ringrazia in silenzio la sorte, felice che per una volta sia a suo favore.
«Non ti assicuro niente, ragnetto. Ho ancora bisogno di soldi e non esiterò a riprendere se lo riterrò opportuno».
Ecco, era troppo bello per essere vero.
Daichi si lascia sfuggire un sospiro affranto.
«Immagino di dovermi accontentare».
Il ladro incrocia le braccia al petto.
«Immagini bene. Allora ora che si fa, ragnetto? Mi riporti a casa? O mi inviti per colazione?»
Per un solo istante, l’immagine del Gatto che mangia biscotti al tavolo della cucina gli balena in mente e Daichi ridacchia per poi scuotere il capo in segno di diniego.
«Mi spiace, niente colazione insieme».
«Peccato».
Daichi sorride e con una ragnatela prende una vecchia sciarpa, che di proposito aveva tirato fuori.
«Ti devo bendare».
Il Gatto annuisce e si sposta in avanti sul letto prima di girarsi dandogli la schiena per facilitargli il compito.
«Forse non sei così sciocco come credevo».
L’eroe alza gli occhi al cielo divertito e procede a bendarlo poi, dopo essersi assicurato di averlo fatto bene, lo aiuta ad alzarsi e lo prende in braccio, facendosi dire dove andare.
Quasi inconsapevole, trattiene il respiro quando le gambe dell’altro gli circondano la vita e il suo volto si posiziona nell’incavo del collo.
Se il Gatto lo nota, però, non fa commenti a riguardo, limitandosi a dargli il luogo della loro destinazione prima di tacere.
Escono dalla finestra con cautela e, complice il sole che non è ancora sorto, riescono ad allontanarsi non visti dalla casa.
Solo più tardi, quando Daichi è a qualche isolato di distanza, comincia a piroettare tra un’oscillazione e l’altra per mascherare ancora di più la strada anche se è quasi convinto che l’altro si sia appisolato.
Dopo l’ennesimo volteggio, il Gatto sbuffa.
«Mi stai facendo venire la nausea, ragnetto. Se ti vomito addosso non ti lagnare».
Daichi ridacchia e rallenta un attimo le oscillazioni mentre lotta con l’impulso di stringerlo più a sé.
Si fermano mezz’ora dopo, sul tetto piano di un vecchio magazzino abbandonato nella zona industriale.
«Sicuro che vada bene qui?»
Chiede l’eroe cercando di mascherare la sensazione sgradevole che prova a causa dell’assenza del calore dell’altro contro il suo corpo.
Il Gatto si guarda intorno con attenzione e annuisce.
«Non posso mica invitarti a casa mia… io».
Il ladro gli sorride divertito e Daichi sa già che gli mancherà quell’espressione, sospira.
«Giusto».
Per un attimo c’è un imbarazzante silenzio, poi il giovane eroe prende l’iniziativa.
«Stai attento».
«Hey, non sono io il supereroe qui».
Ridacchiano entrambi.
Quando smettono, Daichi si porta una mano alla nuca esitante, dovrebbe andarsene ma non riesce, non vuole credere che quella rischia di essere l’ultima volta che vedrà il Gatto.
Certo, è meglio così e l’ha convinto lui a proteggersi, ma non riesce a non sentirsi un po’ male all’idea di non incontrarlo più se tutto va bene.
«Dovresti andare».
Sono le parole del ladruncolo ad attirare la sua attenzione e lui annuisce, non potendo però non sentirsi deluso dal comportamento dell’altro.
Forse era un po’ infantile, ma sperava che quell’ultimo saluto andasse in maniera diversa, che durasse un po’ di più.
Annuisce.
«G-giusto, sì. Ciao».
Daichi si volta e fa per andarsene quando una mano lo blocca, stringendogli il polso, e lui si volta confuso e allo stesso tempo imbarazzato verso il Gatto che gli regala un sorriso malizioso.
«Stavo pensando… dovrei quanto meno ringraziarti, no?»
«Uh… ecco…»
Le mani del Gatto scivolano lungo il suo petto, facendolo arrossire, e si fermano sotto il mento, dove la maschera incontra la tuta.
Un secondo, poi l’altro comincia a spostargli il pezzo di stoffa che gli cela il viso.
Daichi si irrigidisce e gli stringe i polsi tirandosi appena all’indietro.
«Tranquillo ragnetto, solo la bocca. Parola di micio».
Sussurra divertito il Gatto e l’eroe molla la presa quasi senza rendersene conto, trattenendo il fiato mentre l’altro torna ad alzare la maschera e si ferma proprio dove aveva detto.
Per un istante non succede nulla, poi le labbra del rivale incontrano le sue e il cuore di Daichi prende a battere furioso mentre le orecchie gli ronzano più forti di qualunque senso di ragno.
È un secondo solo, veloce il contatto si spezza, lasciandolo imbambolato a portarsi una mano sulla bocca.
L’altro l’ha baciato.
Riesce a pensare solo a quello mentre sente le guance scaldarsi e una sensazione di calore piacevole invadergli il petto.
Realizza forse, anzi sicuro, troppo tardi perché quando batte le palpebre non c’è più nessun altro sul tetto.
Il Gatto se ne è andato.
Daichi non sa che fare: una parte di lui vorrebbe solo seguirlo per baciarlo ancora, un’altra non riesce a muoversi mentre cerca di comprendere fino in fondo quello che è appena accaduto e ciò che ha provocato in lui.
Sospira e stringe a sé la sciarpa con cui aveva bendato l’altro mentre cerca di capire.
Si è davvero innamorato del Gatto?
 
 
Quella domanda lo perseguita per tutto il fine settimana, ma quando il lunedì mattina Daichi si avvicina propria classe, il dubbio è un altro: i suoi amici saranno ancora arrabbiati con lui?
Per sua fortuna, Hayato e Michimiya sembrano aver perdonato la sua assenza alla partita della ragazza perché gli vanno incontro mentre entra in aula.
«Eccoti! Ci deve essere qualche brutto malanno in giro, ma almeno tu sembri essere guarito del tutto».
Daichi guarda Michimiya confuso e lei si limita ad indicare qualcosa, o meglio qualcuno, con un cenno di capo che l’altro segue con lo sguardo: Sugawara è chino sul banco e sembra dormicchiare con la testa sulle braccia incrociate.
«Quando è entrato in classe ho preso un colpo, sembra che sia appena tornato dall’aldilà».
Sbotta Hayato, incrociando le braccia al petto, e Yui annuisce con un’espressione preoccupata in volto.
«Già, però insiste a dire che sta bene».
I tre rimangono a fissare l’altro fino a quando un colpetto di tosse li fa voltare.
Il professore è fermo sulla soglia e li guarda in attesa.
Gli amici si affrettano ad andare al proprio posto e, passando vicino a Sugawara, Daichi gli sfiora una spalla per svegliarlo.
Il ragazzo dai capelli cinerei scatta seduto e si guarda intorno con gli occhi sgranati e in stato di allerta, nonostante le profonde occhiaie.
Daichi si affretta a sorridergli seppur stupito da quella reazione esagerata da parte dell’altro.
«Scusa, è arrivato il professore».
A quel sussurro, Sugawara sembra calmarsi, gli sorride dolce e si alza lasciandosi sfuggire un piccolo sbadiglio.
Sedendosi al proprio posto, Daichi lo fissa in silenzio con lo sconcerto per quanto accaduto che si mescola alla preoccupazione che prova per il compagno di classe.
Se sta così tanto male perché è a scuola? Non poteva rimanere a casa?
Durante le lezioni del giorno, di tanto in tanto lo guarda di sottecchi, ottenendo solo sbuffi da parte di Hayato che deve ormai ritenerlo innamorato di Sugawara.
«Sawamura, con chi farai il lavoro di gruppo?»
A quelle parole, Daichi sobbalza e distoglie lo sguardo dal ragazzo dai capelli cinerei, fissando invece il professore dell’ultima ora della mattina.
Esita e si guarda intorno alla ricerca di un possibile candidato.
Hayato sospira esasperato per poi tirargli una gomitata, indicando con un piccolo cenno di capo Sugawara.
«Con… Sugawara?»
Sembra più una domanda che un’affermazione tanto che il compagno di classe si volta a fissarlo confuso, prima di annuire grato mentre il professore approva il gruppo e passa oltre.
«Magari è la volta buona che ti confessi».
Gli sussurra l’amico e Daichi si limita ad alzare gli occhi al cielo, non sapendo come fargli capire che non prova niente per l’altro.
La lezione finisce in fretta e, dopo un veloce pranzo, Michimiya e Hayato lo lasciano solo, desiderosi di cominciare la ricerca.
Daichi rimane così da solo in classe, o meglio... quasi solo, perché quando si guarda intorno scopre che anche Sugawara è rimasto.
Lo osserva in silenzio: il suo panino giace abbandonato sul banco e il ragazzo è di nuovo chinato sulla scrivania, con il capo sulle braccia incrociate.
Solo che, a differenza di quella mattina, il volto del compagno di classe è voltato verso di lui che può quindi vedere l’espressione tranquilla.
L’altro sembra così vulnerabile e Daichi vorrebbe solo prenderlo, avvolgerlo in una coperta e portarlo al sicuro.
Il giovane eroe arrossisce a quel pensiero saltato fuori dal nulla e si affretta a scacciarlo con un cenno di mano, prima di andare a sedersi al contrario sulla sedia del banco davanti a quello del ragazzo.
Per qualche istante lo fissa in silenzio indeciso sul da farsi: svegliarlo o non svegliarlo?
È la seconda volta nel giro di pochi giorni che ha un dubbio davanti ad una persona dormiente.
Allontana anche quella riflessione, deciso a non pensare al Gatto, e poi chiama il compagno di classe con un sussurro non volendo farlo sovra reagire come ad inizio della giornata.
Dopo un paio di richiami, Sugawara alza piano il capo e batte le palpebre disorientato, poi lo vede e accenna ad un lieve sorriso.
«Hey…»
Daichi aggrotta le sopracciglia per il tono di voce dell’altro che gli sembra diverso dal solito.
Il compagno di classe sembra svegliarsi un po' di più e tossicchia portandosi una mano al collo e alla sciarpa azzurra che lo copre.
«Ciao, scusa, devo essermi appisolato. Cosa posso fare per te?»
Daichi, sentendosi in colpa per averlo svegliato, si gratta la nuca.
«Uh, volevo chiederti se possiamo già accordarci per il lavoro di gruppo, ma se vuoi ti lascio riposare».
«Nono, va bene, Sawamura. Quando e dove?»
 
 
Il giorno dopo, Daichi apre la porta della propria camera e si sposta di lato per far passare Sugawara.
«Vieni, accomodati».
Dice Daichi, ma l’altro rimane fermo, guardandosi intorno con gli occhi sgranati poi, dopo qualche istante si ricompone e tossicchia imbarazzato.
«Scusa, è che… è grande quasi contro il mio appartamento».
Daichi non sa come rispondere a quella frase perché ha visto stanze ben più grandi rispetto alla sua misera cameretta e di certo non si aspettava un commento del genere da parte del compagno di classe.
Per un attimo è sul punto di chiedergli dove abiti, ma poi nota che c’è solo una sedia e sospira.
«Perdonami, mi sono dimenticato di portare su una sedia in più. Accomodati pure, arrivo subito».
Si affretta ad uscire dalla camera, ancora confuso dalle parole dell’altro, e quando torna lo trova seduto alla scrivania, così intento a fissare qualcosa da non voltarsi neppure.
Si avvicina in silenzio e il suo sguardo scivola sulla superficie piana e sull’oggetto abbandonato su di essa.
La sciarpa con cui aveva bendato il Gatto è ancora lì, macchiata d’argento.
Perché quegli splendidi capelli non sono mai stati naturali, non che Daichi avesse qualche dubbio a riguardo, ma da quando ne ha la prova evidente non può non chiedersi di che colore siano davvero.
Scuote piano il capo, cercando di cacciare via quel pensiero per concentrarsi sul compagno di classe e su ciò che devono fare insieme.
«Sugawara».
Gli poggia una mano sulla spalla e l’altro, sobbalza accorgendosi infine della sua presenza.
«Scusa, stavo pensando».
Daichi annuisce e, sistemata la sedia, si accomoda al suo fianco, lanciando via la sciarpa sul letto nella speranza di riuscire a dimenticarsi del Gatto che, da quando se n’è andato, continua a tornare nei suoi pensieri a tradimento.
Il giovane eroe si ancora al presente, fissando il compagno di classe che in quei giorni pare non essere in sé, ma forse è solo perché è stato male durante il fine settimana.
«Brutto pensiero, Sugawara?»
Il ragazzo gli lancia uno sguardo indecifrabile, poi accenna ad un sorriso e scuote il capo.
«No, tranquillo. E comunque puoi chiamarmi solo Suga».
«Oh… allora chiamami Daichi».
Si sorridono.
«Bene, Daichi, allora iniziamo, ti va?»
C’è qualcosa di diverso nel tono di Suga e Daichi, a sentir pronunciare il suo nome in quel modo, viene percorso da un piccolo fremito e distoglie l’attenzione, sentendo le sue guance riscaldarsi.
Una risatina contenuta riempie il silenzio che si è creato dopo la domanda.
«Lo devo prendere come un sì? Il gatto ti ha mangiato la lingua?»
Daichi tossicchia imbarazzato.
«S-Sì, iniziamo».
Cominciano così il lavoro di gruppo e il giovane eroe non può non rimaner sorpreso dal compagno di classe che non sembra più così timido e silenzioso come in classe, ma si dimostra pronto a scherzare e stuzzicarlo con aria bonaria ogni volta che fanno una pausa.
Stanno studiando da un ore quando il cellulare di Sugawara, o meglio Suga, squilla e il ragazzo subito si affretta a rispondere.
«Hey, fratellino».
Daichi si lascia sfuggire un piccolo sorriso a quelle parole e si allontana, facendo capire a cenni all’altro che sta andando a prendere dell’altra acqua, per dare ai due la privacy necessaria che il suo super udito non garantisce.
È ancora in cucina quando, cinque minuti dopo, Suga lo raggiunge con lo zaino in spalla.
«Scusami, devo proprio andare o finisce l’orario di visita».
Daichi rimane confuso a quell’affermazione: orario di visita? Suo fratello è in ospedale o cosa?
Il compagno di classe sembra leggergli nella mente perché annuisce.
«Sì, il mio fratellino è in ospedale. Beh, grazie… per tutto».
Suga gli sorride e Daichi, mentre lo accompagna alla porta, ha l’impressione che ci sia qualcosa che gli sfugge, ma non riesce proprio a capire cosa.
Perché ringraziare? Non ha fatto niente di che.
«Ci vediamo domani, Daichi».
Dice Suga e si allontana lungo il vialetto.
All’improvviso si ferma, si volta per tornare veloce sui suoi passi e, prima ancora che Daichi possa chiedergli qualcosa, gli lascia un veloce bacio sulla guancia per poi, come se nulla fosse, andarsene, lasciandolo immobile a fissarlo dal pianerottolo.
 
 
Sabato sera, Daichi si guarda allo specchio e si sfiora la guancia che Suga gli ha baciato ad inizio settimana.
Non ne hanno più parlato; per tutta la settimana si sono visti a scuola, ma di quello strano saluto non n’è stata fatta alcuna menzione, né Suga non ha compiuto più nulla di così strano.
Anche se, almeno nei suoi confronti, si è dimostrato più libero e aperto, tanto da suscitare la curiosità di Hayato e Michimiya, ormai simili a delle vecchie pettegole visto quanto hanno continuato ad insistere per scoprire come mai l’altro sembrasse diverso in sua presenza.
I suoi amici si sono convinti che ci fosse qualcosa tra di loro e non c’è stato modo di far cambiare loro idea.
Daichi sospira a quel pensiero, poi sbadiglia e, strofinandosi i capelli con l’asciugamano, esce dal bagno dirigendosi in silenzio verso la propria camera.
Escludendo lo strano comportamento di Suga, la settimana è andata più che bene e di super cattivi non c’è stata nemmeno l’ombra quindi può dirsi felice di quella pausa inaspettata, anche se ammette che è abbastanza confuso e la cosa lo preoccupa un po’.
Arrivato alla porta, un brivido lo percorre bloccandolo prima che possa abbassare la maniglia, si acciglia nel buio del corridoio e rimane in attesa.
Dalla stanza proviene solo un brusio indistinto della radio lasciata accesa in precedenza, nulla lascia presagire il motivo del risveglio del suo senso di ragno.
Daichi sospira e scuote il capo: è solo stanco e una volta andato a letto tutto si sarebbe risolto.
Entra in camera e per un attimo rimane nella penombra poi, all’improvviso, la luce sulla sua scrivania si accende senza che lui abbia fatto nulla.
«Hey, ragnetto…»
Quella voce così familiare e, allo stesso tempo, estranea in quel contesto fa sussultare Daichi che si volta verso di essa con gli occhi sgranati.
Il Gatto è nella sua stanza e se ne sta mezzo seduto contro la scrivania, fissandolo con un debole sorriso divertito sulle labbra.
«C-chi sei?»
Chiede, fingendo di non riconoscerlo, mentre il suo cuore batte veloce.
La vera domanda è però un’altra: come ha fatto il Gatto a trovarlo?
Credeva di essere stato abbastanza attento nel portarlo fuori dalla camera quindi non riusciva proprio a capire.
«Dai, ragnetto, non prendermi in giro. O basta qualche giorno di assenza per dimenticarmi?».
Il ladro ridacchia, ma ben presto la risata si trasforma in un gemito e lui si piega appena in avanti stringendosi un braccio intorno al ventre mentre con la mano libera si tiene ancorato al bordo della scrivania lasciando del rosso su di essa.
Sangue.
Il cuore di Daichi perde un battito a quella realizzazione e si muove in avanti di un passo prima di immobilizzarsi.
Andare a soccorrere un noto criminale non è una cosa che un normale cittadino farebbe, ma l’altro è ferito, ha bisogno di lui.
Cosa deve fare? Come si deve comportare?
«Ragnetto… Daichi».
La voce spezzata del Gatto lo riscuote dai suoi pensieri e Daichi alza lo sguardo sentendo il cuore impazzire: quel secondo richiamo gli risulta così familiare eppure non riesce ancora a collocarlo.
Il Gatto stacca a fatica la mano dal ventre e se la porta al viso, sfiorando il bordo della maschera.
Daichi deglutisce a vuoto capendo ciò che sta per succedere.
Il braccio del ladro ricade, incapace di svolgere quel semplice compito; il suo capo crolla in avanti e l’intruso barcolla.
«Daichi…»
Il petto del ladro si muove convulso, il suo corpo trema eppure non si arrende e si stacca dal sostegno fornitogli dalla scrivania per fare qualche passo verso il padrone di casa che lo fissa immobile.
Accade quello che mai Daichi si sarebbe immaginato: l’aggraziato Gatto inciampa nel nulla.
Incespica sui suoi stessi piedi e sarebbe di certo crollato a terra se Daichi non si fosse fiondato ad afferrarlo: lo stringe tra le sue braccia, arrestando la rovinosa caduta, mentre lo chiama preoccupato.
Il Gatto alza appena il capo per guardarlo mentre con mano tremante si toglie la maschera.
Daichi sgrana gli occhi, apre la bocca e la richiude sentendola secca.
Il Gatto… no, Sugawara Koushi sorride appena poi, all’improvviso, i suoi occhi ambrati si rovesciano e Daichi si ritrova a dover sostenere da solo il peso dell’altro.
Per un secondo non si muove, troppo stordito da quello che è successo.
Come? Perché? Non riesce a credere che il ladruncolo dai capelli argentei sia il suo compagno di classe.
Non ha senso, è così strano, perché un ragazzo della sua età dovrebbe andare a rubare rischiando di farsi del male?
Suga è ferito.
Non appena gli torna in mente la cosa, Daichi impreca e si affretta a distendere l’altro sul letto poi, non senza imbarazzo, gli toglie la parte superiore della tuta nera.
Per un secondo rimane a guardarlo non riuscendo a credere che, sotto i maglioni oversize, ci possa essere un fisico così ben allenato.
A dire la verità non si sarebbe mai aspettato che sotto la maschera del Gatto ci fosse Sugawara Koushi quindi…
Quando si accorge che lo sta fissando ancora, arrossisce e distoglie lo sguardo, prima di correre a recuperare il kit di pronto soccorso che tiene nell’armadio.
Che è successo al Gatto? Perché è lì quando gli aveva promesso che non avrebbe più rubato?
Daichi non riesce proprio a capire che cosa abbia spinto Suga a ritornare dei panni del ladro visto che era più che consapevole dei rischi che avrebbe corso.
Sbuffa e scuote la testa per cacciare via quei pensieri invadenti, prima deve dedicarsi alla ferita sul fianco del ragazzo, poi avrà tutto il tempo per scervellarsi.
Cura con attenzione il taglio e sospira sollevato quando questo si rivela meno grave di quanto sembri, abbastanza superficiale.
Aggrotta la fronte: se è quasi solo un graffio, allora perché l’altro pare moribondo? Possibile che ci sia dietro Poisonous con i suoi veleni?
Afferra il cellulare e scorre le notizie alla ricerca di qualche informazione.
Un articolo di giornale di neanche mezz’ora prima dice che il Gatto è stato costretto a lottare con Poisonous.
Daichi sospira, odiando aver ragione, e lancia uno sguardo all’altro che, steso sul letto, riposa provocandogli una strana sensazione di dejà vu.
Perché il Gatto, Suga, non gli aveva dato retta?
 
Il panorama dalla cima del grattacielo è stupendo.
«Ragnetto, guarda che vista qua. Questa non è finzione».
Daichi si volta di scatto verso il Gatto.
Non c’è il ladro, no, c’è Sugawara, avvolto in un maglione azzurro.
È seduto sul bordo del letto, con le gambe che penzolano nel vuoto.
Daichi aggrotta la fronte: perché Suga è lì? Dov’è il Gatto?
«Non sei mai stanco di fingere, ragnetto?»
Gli occhi ambrati sono tristi, spenti.
Daichi non capisce: perché Suga lo chiama come il Gatto?
Sugawara allunga una mano e Daichi si tira indietro di scatto.
Un sorriso tanto dolce quanto mesto compare sul volto dell’altro.
«Hey…»
 
«Hey…»
A riportarlo alla realtà dal suo sogno è un semplice sussurro.
Daichi sobbalza e solo i suoi riflessi pronti gli impediscono di cadere in modo rovinoso dalla sedia su cui è seduto.
Per un attimo non capisce cosa ci faccia lì, poi realizza: stava vegliando sul Gatto, su Sugawara Koushi, che è ferito nel suo letto.
Di scatto punta poi lo sguardo sull’altro solo per trovarlo sveglio, intento a fissarlo dalle palpebre schiuse.
Il cuore di Daichi comincia a battere veloce mentre lui si sporge in avanti.
«Sei sveglio, stai meglio?»
Sugawara annuisce e distoglie lo sguardo, mentre con una mano si sfiora la fasciatura sul ventre.
D’impulso Daichi lo blocca poi, rendendosi conto di ciò che ha fatto, arrossisce e lo lascia come scottato, facendo ridacchiare l’altro per un secondo.
Il Gatto viene azzittito da un gemito e l’eroe si china in avanti posandogli una mano sulla spalla con gli occhi sgranati per la preoccupazione.
«Hey…»
«Tranquillo, ragnetto. Sto bene».
Sugawara gli sorride dolce e Daichi deglutisce a vuoto, annuendo senza un preciso motivo.
L’altro diventa serio all’improvviso.
«Scusami. L’ho seminato, ma non sarei dovuto venire».
Daichi ci mette un secondo a comprendere, ma poi scuote con decisione il capo.
«Non lo pensare neanche. Sei ferito, hai bisogno di cure».
«Ma…»
Sugawara si interrompe umettandosi le labbra e Daichi non perde tempo e, preso il bicchiere dal comodino, gli solleva appena il capo per aiutarlo a bere.
E mentre Suga beve, Daichi lo osserva in silenzio facendo ancora fatica a credere a ciò che ha appena scoperto.
L’altro deve leggergli nel pensiero perché, una volta finita l’acqua, gli sorride con una scintilla di divertimento negli occhi stanchi.
«Sorpreso?»
«Molto. Ho così tante domande».
Sugawara annuisce a quella risposta.
«Comprensibile».
Si fissano per qualche istante in completo silenzio.
«Perché? Mi avevi promesso che non ti saresti più fatto vedere come Gatto».
«Hai ragione, purtroppo però Sugawara Koushi non può andare a vendere al mercato nero un gioiello rubato».
Giusto, la collana. Se ne era dimenticato.
«Immagino che abbia senso, sì».
Daichi accenna ad un sorriso, poi torna serio, colto da un pensiero improvviso.
«Lo fai per tuo fratello».
Non è una domanda ma Suga, umettatosi le labbra, annuisce.
Il giovane eroe sospira e si massaggia la fronte con due dita.
Gli è tutto più chiaro e l’idea che l’altro lo abbia fatto per altruismo e non per avidità lo rasserena, ma comunque non può permettergli di continuare.
«Ti prego, non farlo mai più. Ti prometto che troveremo un modo alternativo».
«Come vuoi tu, ragnetto».
Suga gli sorride malizioso e Daichi per un istante rimane spaesato da quell’espressione così estranea, e allo stesso tempo così conosciuta, sul volto del compagno di classe.
Dura solo qualche secondo perché poi arrossisce e nessuna maschera lo può proteggere.
Gli occhi ambrati del Gatto brillano divertiti e il giovane eroe deglutisce a vuoto, grattandosi la nuca.
«Mi fai impazzire quando mi chiami così».
«In senso buono o in senso cattivo?»
«In senso buono...più che buono».
«Davvero? Non si vede... e sì che hai la tuta attillata…»
Daichi sente le guance andargli a fuoco come non mai e si ritrova a boccheggiare, incapace di rispondere.
Suga ridacchia, poi solleva appena il busto e, passatagli una mano sulla nuca, lo tira piano verso di sé facendo sfiorare le loro labbra.
È solo qualche istante, poi Suga si ritira di poco, giusto quanto basta per guardarlo bene negli occhi.
«E questo? Ti fa impazzire in senso buono?»
«Sì. Diamine, sì».
Suga sorride prima di baciarlo ancora e Daichi, quella volta, si gode tutto: dalle labbra screpolate dell’altro al respiro caldo sulle sue.
Il cuore gli rimbomba furioso nel petto.
Quando si separano, si sorridono, poi Daichi sussulta vedendo Suga tremare per lo sforzo e così con delicatezza lo spinge contro il materasso.
«Dovresti riposarti».
Sussurra sistemandogli una coperta addosso.
Suga gli prende una mano.
«Resti con me? C’è spazio, sai?»
Daichi coglie quell’invito sottinteso e, pur arrossendo appena, sorride e annuisce, stendendosi al fianco dell’altro, poi chiude gli occhi mentre stringe piano a sé quel ragazzo pieno di vita, risultato della sua giusta scelta, prova della sua vittoria più grande.
 
 
 
NdA:
Eccoci alla fine di questo capitolo!
Sono proprio curiosa di scoprire quanta gente abbia “sbloccato” questo finale che tra i due è il mio preferito (oltre ad essere il primo a cui ho pensato).
Spero che sia piaciuto.
Ammetto che, a partire da questa fine, ho già in mente un paio di altre fic sequel (e un prequel) ma si vedrà!
Grazie a chi ha partecipato a questo esperimento di fic interattiva.
Ogni commento è ben accetto, ora fuggo!
Ciao,
Aiko
 

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Capitolo 3
*** Sotto la maschera ***


Attenzione: questo capitolo contiene le conseguenze della scelta di smascherare il Gatto, si vada a quello precedente se si vuole leggere ciò che accade se Daichi sceglie di non smascherarlo.
 
 

Sotto la maschera

(Daichi smaschera il Gatto)

 

 
Daichi sbuffa incerto: smascherarlo o non smascherarlo?
Vorrebbe davvero farlo, vedere chi si cela dietro quel costume nero, scoprire se è davvero bello come lo immagina.
Gli sembra però così ingiusto, così sleale.
Soprattutto visto che l’altro, per evitare che venisse svelata l’identità segreta di Daichi, si è inimicato tutti i super cattivi della città, o almeno quelli che lavorano per Testa di Martello.
Non c’è infatti dubbio che Poisonous e Rhino abbiano fatto rapporto al loro capo sul tradimento del Gatto e che, arrivati a quel punto, il ladro sia solo e braccato da tutta la malavita della città.
Il Gatto è tante cose, ma alla fine è solo un umano con gadget super tecnologici fornitegli dallo stesso Testa di Martello.
Senza di essi come potrebbe sperare di difendersi dagli attacchi futuri da parte della gang?
Da parte sua, Daichi non può fare a meno di volerlo al sicuro.
Solo… come?
Può scoprire la sua identità e ricattarlo per allontanarlo dalla città.
Non è il massimo ma è la cosa migliore da fare.
Allunga la mano e, senza esitare ancora, toglie la maschera.
Il suo cuore perde un battito.
Con gli occhi sgranati fissa il viso nudo di… Sugawara!?
Accade tutto in un istante.
Gli occhi ambrati del Gatto- Sugawara- si schiudono appena ma, vedendolo con il pezzo di stoffa nera in mano, in un attimo si spalancano mentre il proprietario rotola via con una velocità sorprendente.
Finisce per sbattere contro il muro e, imprecando, si rannicchia dandogli le spalle.
Daichi ci mette un secondo a riprendersi, ma poi si sporge verso di lui e prova a sfiorargli una spalla.
«H-Hey?»
Di scatto, l’altro si volta e schiaffeggia via la mano tesa.
«Che cazzo!? Ma ti è andato di volta il cervello!? Che problemi hai!?»
Il volto deformato in una maschera d’odio che mai Daichi avrebbe immaginato sul volto di Sugawara e, forse, neanche su quello dello stesso Gatto.
«Io… l’ho fatto per tenerti al sicuro».
Il giovane eroe è quasi intimorito, incapace di riconoscere la persona che gli sta davanti, così diversa da entrambe le sue identità.
«Al sicuro? Che vuoi fare? Mettermi in prigione? Non pensi che appena mi sbatterai in galera la gang di Testa di Martello mi darà il ben servito? Quanto puoi essere idiota».
Daichi scuote il capo in segno di diniego: non l’avrebbe mai fatto, sa bene anche lui i rischi.
«No! Non ti avrei mandato in prigione, non come prima scelta. Ti avrei invitato ad andartene a cambio del mio silenzio».
Sugawara assottiglia lo sguardo a quelle parole.
«Un ricatto? Non è molto da supereroe».
Daichi si porta una mano alla nuca mascherata, poi sospira sapendo che l’altro ha ragione.
«Non è neanche da cattivo difendere la mia identità segreta».
Il Gatto alza lo sguardo al cielo.
«Sì, beh… guarda dove mi ha portato! Io ti salvo il culo e tu…sei proprio un…»
Il ladro scoppia a tossire e Daichi, quasi inconsapevole, si sporge in avanti carezzandogli la schiena fino a quando non si placa.
«Hey, stai bene Sugawara?»
L’eroe realizza il passo falso solo dopo averlo compiuto.
Sugawara si irrigidisce e, un istante dopo, gli salta addosso facendolo cadere a terra.
Daichi non se lo aspettava, non sarebbe dovuto essere possibile, ma cosa non fa l’adrenalina.
Finiscono sul pavimento, il Gatto seduto sul suo bacino con un pugno alzato e uno sguardo carico d’odio e, allo stesso tempo, di confusione.
«Come fai a sapere chi sono? Rispondi!»
Daichi si morde l’interno guancia mentre cerca di pensare a qualcosa da dire che non comprometta la sua identità segreta.
«Io… ci siamo incontrati per caso mentre eri al lavoro».
Prega tra sé e sé che il lavoro non sia solo una copertura per i suoi furti.
«Al bar?»
Daichi annuisce grato che la fortuna sia dalla sua parte.
«Sì, al bar. Davvero non ho intenzione di farti del male, tranquillo».
Sugawara lo fissa con gli occhi assottigliati per qualche istante, poi si rilassa e lascia cadere il braccio, o forse non riesce solo a tenerlo su perché all’improvviso vacilla.
«Hey, non svenirmi addosso. Almeno scendi».
Il Gatto sbuffa appena, ma si lascia scivolare di lato, poggiando poi le mani a terra nel tentativo di sostenersi, mentre con gli occhi chiusi respira affannoso.
Daichi si morde l’interno guancia e si limita ad alzarsi per poi aiutarlo a poggiare la schiena contro il letto.
«Ecco, così… buono. Vuoi dell’acqua?»
Al segno affermativo, l’eroe si affretta a passargli il bicchiere e poi rimane in silenzio ad osservarlo, non riuscendo ancora a realizzare ciò che ha scoperto.
Mentre beve, il Gatto sembra riprendersi perché sbatte le palpebre e si guarda in giro con un tale fare indagatorio che Daichi trema.
È chiaro che il Gatto sia arrabbiato per essere stato smascherato e lui l’ha portato in casa sua, di certo alla prima occasione l’altro avrebbe cercato di scoprire la sua identità.
«Dove siamo? A casa tua?»
Daichi tentenna: dire la verità o cercare di mentire in qualche modo?
Il silenzio deve valere come una conferma.
«Sei davvero così scemo da portare un tuo nemico a casa tua? Ti avevo sopravvalutato».
In modo inaspettato, quelle parole sono peggio di un pugno alla bocca dello stomaco e il giovane eroe abbassa il capo.
«Stavi male, avrei dovuto lasciarti là? In balia di quei due?»
Sugawara gli lancia un’occhiataccia sbieca.
«Forse sarebbe stato meglio».
«Hey, mi dispiace, davvero. Volevo solo proteggerti. Ho sbagliato, me ne rendo conto, ma se smetterai di rubare andrà tutto bene».
Un attimo di silenzio.
«No».
Daichi sgrana gli occhi sotto la maschera.
«No? Come no?»
Cerca di guardare Sugawara, ma l’altro non lo degna di alcuna attenzione.
«Già, no. Non posso».
Daichi davvero non riesce a comprendere: per quale motivo l’altro dovrebbe rischiare la propria libertà, addirittura la vita, per continuare a rubare? È davvero messo così male a livello economico?
«Perché non puoi? Sei giovane, pieno di risorse… hai tutto il futuro davanti. Perché rischiare la vita così?»
Il Gatto fa spallucce, fissando la porta davanti a sé.
«Non capiresti».
Il suo tono è privo di ogni inflessione e Daichi resiste all’impulso di toccarlo.
«Mettimi alla prova».
Sugawara si volta, con gli occhi di nuovo pieni di sdegno e rabbia.
«Oltre alla mia identità vuoi sapere pure la mia vita privata?»
Daichi alza le mani in segno di resa.
«Su-Gatto».
Il ladro sbuffa e incrocia le braccia al petto, poggiando bene la testa contro il materasso alle sue spalle.
«Ho gente che conta su di me. Ho bisogno di soldi. Fine».
«Ma lavori al bar».
È un’obbiezione sciocca, Daichi se ne rende conto appena la dice.
«Beh, non basta. Forse tu non lo sai, ma non tutti possono permettersi una vita agita come la tua».
Daichi vorrebbe urlargli contro, dirgli che non è per nulla una vita semplice, ma tace e si limita a sospirare.
«In ogni caso non puoi tornare a rubare. Testa di Martello e i suoi ti daranno la caccia».
Il giovane eroe sa che non è affar suo eppure non riesce a non intromettersi, vuole che l’altro sia al sicuro e dopo quello che è successo non c’è modo che venga lasciato in pace.
«Persona più, persona meno. Non ho intenzione di smettere, fattene una ragione o buttami in galera».
Qualcosa in quella risposta immediata fa capire a Daichi che Sugawara sa che non lo manderà mai in prigione e così si limita a sbuffare mentre pensa tra sé e sé a come convincerlo.
Non sa niente dell’altro quindi non sa neanche quali leve potrebbe utilizzare per farlo.
Se solo si fosse sforzato di conoscerlo meglio in classe.
«Bene. Portami fuori da qui».
Daichi alza lo sguardo di scatto a quell’ordine e aggrotta la fronte sotto la maschera mentre fissa l’altro che non è in alcun modo nelle condizioni adatte per andarsene.
Prova a dirglielo, ma Sugawara è più veloce.
«Non osare dirmi di no. Più tempo resto qui più mi cresce la voglia di picchiarti e smascherarti. Non lo ripeterò un’altra volta: portami fuori da qui. Ora».
Il giovane eroe non può far niente, gli è chiaro che opporsi non porterà a nulla di buono, così sospira e afferra una vecchia sciarpa per bendarlo.
In modo secco e veloce, il Gatto gli comunica un indirizzo a cui portarlo e poi si mette a fatica in piedi, senza accettare il suo aiuto, per poi tacere mentre gli vengono coperti gli occhi con la stoffa.
Daichi esita un istante, poi lo prende in braccio e subito trattiene il fiato mente le gambe dell’altro gli circondano la vita.
Se il Gatto lo nota, però non fa commenti a riguardo.
I due escono dalla finestra con cautela e, complice il sole che non è ancora sorto, riescono ad allontanarsi non visti dalla casa.
Solo più tardi, quando Daichi è a qualche isolato di distanza, comincia a piroettare tra un’oscillazione e l’altra per mascherare ancora di più la strada anche se è quasi convinto che l’altro si sia appisolato.
Il viaggio procede nel più completo silenzio e si fermano solo mezz’ora dopo, sul tetto piano di un vecchio magazzino abbandonato nella zona industriale.
«Sicuro che vada bene qui?»
Chiede l’eroe cercando di mascherare la sensazione sgradevole che prova a causa dell’idea di lasciare da solo l’altro in un luogo del genere.
Il Gatto si guarda intorno con attenzione e annuisce senza neppure degnarlo di un’occhiata.
Daichi sa che il ladro ha tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato con lui, ma non sopporta quel silenzio così innaturale che si è creato fra loro.
Gli si avvicina appena.
«Gatto, io…»
«Non mi interessa, Spiderman. Ci si vede».
Senza lasciargli tempo di parlare, il Gatto si allontana e Daichi rimane a fissarlo fino a quando l’altro non si cala giù dal tetto.
Vorrebbe inseguirlo, obbligarlo a smettere di rubare, ma non sa come fare e teme di poter peggiorare le cose ad andargli dietro in quel momento.
Sospira e si lascia cadere a terra.
Continua a sbagliare, non importa quanto ci provi.
 
 
Il lunedì, entrando in classe, Daichi quasi ignora Hayato e Michimiya tanto è preso da guardare Sugawara che, incurante di tutto, dormicchia al proprio banco.
È passato un intero fine settimana, ma il giovane eroe non riesce ancora a credere di aver scoperto l’identità segreta del Gatto e gli sembra così assurdo che il suo compagno di classe, tutto dolcezza e maglioni extralarge, sia anche uno dei suoi avversari più ostici.
«Lo consumerai se lo guardi così. Già sta male…»
«Sta male?»
Sobbalza attirato dalle parole di Hayato: sa per esperienza che il veleno di Poisonous è una brutta rogna, ma non si sarebbe mai aspettato una reazione così lunga.
«A quanto pare questo fine settimana c’è stata un’epidemia di qualcosa. Lui dice di stare bene, ma guardalo… quanto meno è ancora in convalescenza».
Spiega Michimiya con voce dolce e Daichi annuisce, senza però distogliere lo sguardo da Sugawara.
A guardarlo meglio, si rende conto che è ancora più pallido del normale e indossa una grossa sciarpa, di sicuro per nascondere i segni del tentato strangolamento.
«Terra chiama Daichi, Daichi rispondi. Si può sapere che ti prende? Hai finalmente deciso di confessarti al caro Sugawara?»
Daichi vorrebbe negare, ma viene interrotto dall’arrivo del professore e si affretta ad andare al suo posto.
Durante il tragitto, passa accanto a Sugawara e gli sfiora una spalla per svegliarlo.
L’altro scatta a sedere, guardandosi intorno con gli occhi sgranati per l’agitazione.
«C’è il professore».
Daichi accenna ad un sorriso, sperando che non risulti troppo forzato, e si siede al proprio posto.
Durante tutta la lezione, il suo sguardo scivola spesso verso l’alter ego civile del Gatto che pare faticare a rimanere sveglio.
Sarebbe dovuto rimanere a casa per guarire ma cos’altro poteva aspettarsi da uno come lui che aveva annunciato che avrebbe continuato a rubare nonostante si fosse inimicato molti dei più pericolosi criminali della città?
Daichi sospira e lo guarda sbadigliare, mentre cerca di ignorare Hayato che, al suo fianco, lo sta fissando esasperato.
«Sawamura, con chi farai il lavoro di gruppo?»
A quelle parole, Daichi sobbalza e distoglie lo sguardo dal ragazzo dai capelli cinerei, fissando invece il professore dell’ultima ora della mattina che ricambia in attesa.
«Con Sugawara!»
Deve averlo pronunciato con troppa enfasi, perché l’insegnante lo guarda con un sopracciglio alzato mentre Hayato ridacchia e Sugawara… lo guarda sospettoso per un istante, prima di sorridergli cordiale senza, però, ingannarlo.
«Ben fatto. Forza che sta volta riuscirai a confessarti».
Gli sussurra Hayato e Daichi si limita ad alzare gli occhi al cielo, non sapendo come fargli capire che non prova niente per l’altro.
La lezione finisce in fretta e, dopo un veloce pranzo, i suoi amici lo lasciano solo, desiderosi di cominciare la ricerca.
Daichi non può non essere felice della situazione che gli permette di parlare faccia a faccia con Sugawara che è ancora in classe.
Si volta ad osservare il ladruncolo e un lieve sorriso gli spunta involontario sul viso: il ragazzo è di nuovo chinato sulla scrivania, con il capo sulle braccia incrociate, e sta dormicchiando con un’espressione tranquilla, così tanto diversa da quella che gli ha visto sul volto mentre erano a casa sua.
Sugawara sembra così innocuo che Daichi si deve ricordare a forza dell’identità segreta dell’altro e che, per quanto vorrebbe lasciarlo riposare, deve svegliarlo in modo da potergli parlare per cercare di scoprire qualcosa in più su di lui.
Il giovane eroe si avvicina e, sedutosi sulla sedia davanti al banco dell’altro, lo chiama con un sussurro non volendo farlo sovra reagire come ad inizio della giornata.
Dopo un paio di richiami, Sugawara alza piano il capo e batte le palpebre disorientato, poi lo vede e accenna ad un lieve sorriso.
«Hey…»
Daichi quasi sobbalza al sentire la voce del Gatto che, a sua volta, sembra svegliarsi un po' di più perché tossicchia portandosi una mano al collo e alla sciarpa azzurra che lo copre.
«Ciao, scusa, devo essermi appisolato. Cosa posso fare per te?»
Sugawara gli sorride ancora e Daichi si trova a chiedersi come abbia fatto a non riconoscere l’altro in tutto quel tempo: certo, il ladruncolo è abbastanza bravo da mascherare un po’ anche la sua voce, parlando poco e basso da civile, ma comunque è pur sempre lui.
Deve essersi fermato a pensare per troppo tempo perché Sugawara lo guarda confuso, così il giovane eroe si mordicchia l’interno guancia e finge che vada tutto bene.
«Volevo solo chiederti se possiamo già accordarci per il lavoro di gruppo, ma se vuoi ti lascio riposare».
«Nono, va bene, Sawamura. Quando e dove?»
Non può portarlo a casa sua, lo sa bene.
Basterebbe poco, pochissimo, per rivelargli sa sua identità e non vuole correre il rischio.
«Non so, casa mia è piuttosto inagibile in questi giorni».
«Capisco, anche la mia non è nella situazione migliore per studiare. Aula studio?»
Daichi annuisce sperando di riuscire a mascherare bene la delusione che prova; sarebbe stato utile sapere dove viveva l’altro, almeno se fosse successo qualcosa avrebbe saputo dove cercare, ma di certo non poteva costringerlo a rivelare il suo indirizzo.
 
 
Il giorno seguente, i due si incontrano come semplici studenti fuori dall’aula studio.
Daichi osserva Sugawara che, tranne per la sciarpa al collo, sembra essersi ripreso abbastanza bene.
Il giovane eroe nasconde il proprio sollievo dietro ad un saluto, non riuscendo però a non interessarsi alla sua salute.
«Oggi stai meglio?»
Per un secondo il Gatto pare confuso, o forse sorpreso, ma poi annuisce e gli sorride.
«Oh? Sì, grazie».
È sincero, Daichi lo capisce bene e, in cuor suo, se ne rallegra anche se poi decide di mettere alla prova l’altro.
«Cosa hai avuto?»
Sugawara fa spallucce e distoglie lo sguardo e il giovane eroe sa che sta arrivando una bugia.
«Penso un’influenza intestinale, niente di grave ma…»
«Fastidiosa».
«Già».
La conversazione si smorza e Sugawara entra nell’aula e Daichi ci rimane male: di certo l’altro sa come evitare di dover parlare molto perché lì dovranno fare più silenzio possibile e non c’è modo che possano continuare il loro discorso.
Sugawara si siede in modo da vedere l’entrata e solo allora l’eroe si rende conto di quanto l’altro sia stato teso e guardingo fin dal giorno precedente, vorrebbe provare a dirgli qualcosa, ma non sa come introdurre l’argomento e così si limita a tirare fuori il materiale per la ricerca.
Lavorano per un paio d’ore, poi è proprio Sugawara a proporgli di uscire.
«Ho bisogno di una boccata d’aria».
Daichi non potrebbe essere più felice, così annuisce e coglie al volo l’opportunità.
I due escono sulla terrazza sul tetto della scuola e si avvicinano alla ringhiera.
Per un po’ nessuno parla e, quando Daichi si volta verso Sugawara, lo trova intento ad osservare il paesaggio con un piccolo sorriso sul volto.
«Ti piace il panorama?»
Il ladro sobbalza appena e lo guarda per un istante prima di tornare alla propria attività.
«Abbastanza. Ne ho visti di migliori, ma è comunque carino».
Il Gatto si sposta spesso sui tetti quindi Daichi annuisce non faticando a credere al fatto che l’altro ne abbia visti di migliori.
«Tipo? Secondo te qual potrebbe essere la vista migliore della città?»
Magari non otterrà nulla di utile, ma lui ha l’abitudine di andare sul tetto del palazzo più alto quando si trova in qualunque tipo di difficoltà o vuole riflettere, e se fosse così anche per Sugawara, almeno avrebbe un indizio su dove cercarlo.
«Non saprei… immagino che dall’eliporto sul grattacielo ci sia una bella vista. Non che ci sia mai stato, ma mi sembra abbastanza alta da poter godere di uno splendido panorama».
Bingo.
Daichi esulta in silenzio mentre visualizza la struttura citata dall’altro: è quasi sempre inutilizzata e, deve proprio concederglielo, ha un’ottima vista sulla città.
In più in quei tempi è piena di impalcature per dei lavori quindi il tetto è facile da raggiungere anche senza doversi arrampicare.
Per non far sembrare quella conversazione un interrogatorio, il giovane eroe sposta l’attenzione su di sé, raccontandogli di come gli piaccia la vista dall’attico di Hayato. È una mezza bugia visto che non è proprio la sua vista preferita, ma almeno non si esporrà troppo.
Solo dopo ciò, il giovane eroe prova a fargli una seconda domanda nella speranza di ottenere qualche risposta in più che gli faccia capire perché Sugawara si sia dato alla criminalità.
«Perché lavori così tanto?»
«In che senso?»
«Beh, alla nostra età lavorare non è poi così comune. Soprattutto come fai tu che sei occupato tutte le sere».
Per un secondo Sugawara non risponde facendogli credere di essere stato troppo precipitoso e invadente.
«Ho un fratellino minore molto malato. Ho bisogno di soldi per le cure».
Daichi si lascia sfuggire un piccolo suono sorpreso e l’altro distoglie lo sguardo, fissando la ringhiera.
Ecco ciò che spinge il Gatto a rubare. Non può dire di capirlo e giustificarlo, ma almeno non lo fa per avarizia, è già qualcosa di buono, no?
«Mi spiace, non sapevo».
«Sì, beh, non che parliamo molto di solito».
Giusto, a pensarci bene nel corso del tempo ha parlato molto di più con l’alter ego criminale che con quello civile.
«Scusa, ma devo proprio andare da lui ora, altrimenti il tempo delle visite finisce».
Daichi annuisce un po’ deluso dal fatto di doverlo già salutare, poi rimane a guardarlo mentre si allontana.
Mentre l’altro sta per rientrare, il giovane eroe scatta in avanti e lo raggiunge.
«Aspetta, ti va se un giorno di questi usciamo insieme? Per conoscerci meglio e…»
Si sente arrossire e tace rendendosi conto di quanto possa essere fraintendibile la cosa.
Sarebbe folle a negare che prova qualcosa per l’altro, ma in quel momento non sta cercando un appuntamento, quanto più di conoscere meglio il ladro.
Sugawara sgrana gli occhi e, dopo un attimo, gli sorride dolce contribuendo a fagli aumentare il rossore sulle guance: è stato frainteso, lo sa.
«Oh… Sawamura, non credevo che… scusa davvero, ma non posso. Davvero sei una brava persona ma...»
Sugawara esita, chiaramente in difficoltà, e Daichi geme tra sé e sé: perché deve sempre combinare qualche casino? Lui non si stava neppure confessando in quel momento e… è un disastro.
«S-sì, ho capito. Allora ci vediamo…»
Alle sue parole, il Gatto gli sorride, di certo felice di essere sfuggito a quella situazione spinosa, e lo saluta prima di allontanarsi veloce, lasciandolo solo sul tetto.
Daichi sbuffa e si lascia cadere a terra portandosi il capo tra le mani: è un completo disastro.
 
 
Sabato sera, Daichi sospira, sbadiglia e, strofinandosi i capelli con l’asciugamano, esce dal bagno per poi dirigersi in silenzio verso la propria camera.
Imbarazzo a parte per la questione di Sugawara, la settimana è andata più che bene e di super cattivi e ladruncoli in tuta nera non c’è stata nemmeno l’ombra quindi può dirsi felice di quella pausa che, a suo parere, è più che meritata oltre che salvifica.
Entra in camera e si chiude la porta alle spalle, godendosi per un secondo il buio e la radio accesa, per poi andare a stendersi a letto.
La sua mente non riesce a non divagare fino al Gatto e così si ritrova a chiedersi che cosa stia facendo l’altro.
Spera che Sugawara abbia capito da solo che non può più rubare e che si stia attrezzando per ottenere più soldi in modo onesto.
Magari avrebbe potuto informarsi un po’ di più sul suo lavoro al rientro a scuola, se solo non fosse così imbarazzante dovergli parlare dopo essere stato rifiutato senza neanche essersi proposto per davvero.
Sospira e si posa le mani sugli occhi.
È già difficile parlargli sapendo della sua identità segreta ma così è improponibile.
Se solo avesse scelto meglio le parole.
A riscuoterlo dai suoi pensieri è una particolare notifica del cellulare posato sul comodino.
Sbuffa e si affretta a prenderlo ben conscio che quello è il suono delle notizie flash della sua città che, di solito, sono abbastanza importanti da richiedere la presenza di Spiderman.
Per un secondo rimane abbagliato dalla luminosità e socchiude gli occhi, poi si abitua e leggendo la notifica li sgrana, scattando a sedere.
Il Gatto e Poisonous hanno combattuto.
Era inevitabile, lo sa, ma sperava davvero che Sugawara si fosse tirato fuori da quella faccenda.
Apre veloce la pagina e legge l’articolo mentre il suo cuore accelera sempre di più.
Il finale lo fa imprecare: la giornalista responsabile dell’articolo ritiene che il ladro sia stato ferito e costretto alla fuga e afferma anche che Poisonous lo stia cercando.
Daichi scatta a sedere e si affretta a mettersi la propria tuta, poi apre la finestra e, solo con un piede già sul davanzale, si blocca rendendosi conto di una semplice cosa: non sa bene dove andare.
Chiude gli occhi e ripensa alla conversazione che hanno avuto da civili.
Forse è un azzardo, ma deve provare ad andare al grattacielo.
Annuisce e si lancia fuori, dirigendosi più in fretta che può verso la sua destinazione mentre in silenzio spera di star andando nel posto giusto.
Il Gatto è lì.
Daichi si lascia sfuggire un sospiro di sollievo mentre atterra sull’eliporto a pochi passi dall’altro che, semidisteso all’angolo del tetto con il basso muretto a sostenerlo, guarda all’esterno, verso la città piena di luci.
Al suo arrivo, Sugawara non si muove.
Strano, eppure aveva fatto rumore di proposito.
Con il cuore in gola, Daichi si affretta a raggiungerlo, gli si inginocchia accanto e lo chiama sottovoce, posandogli una mano sulla spalla.
Un piccolo mugugno è l’unica risposta che ottiene e così lo scuote piano.
«Sugawara! Hey!»
La sua voce, piena di preoccupazione e urgenza, riscuote infine l’altro che volta di poco il capo per guardarlo con gli occhi schiusi.
«Hey, ragnetto».
Daichi sente una sensazione di caldo a quel soprannome ormai a lui caro e si lascia sfuggire un sospiro di sollievo che, però, dura poco quando si ricorda del perché siano entrambi lì.
«Sei ferito. Dobbiamo portarti in un luogo sicuro».
Sugawara scuote appena il capo.
«No, non voglio».
Daichi si deve trattenere dall’alzare gli occhi al cielo a quella protesta. Possibile che l’altro non si renda conto di quanto sia in pericolo?
«Sugawara-»
«No. Non usare quel tono con me, ragnetto. Vattene e lasciami qui o rimani e ammira il panorama».
Il Gatto lo interrompe e poi, senza dirgli nient’altro, ritorna a guardare il paesaggio notturno.
Il giovane eroe sbuffa alla testardaggine del ladro e rimane a guardarlo in silenzio per qualche istante mentre cerca di trovare un modo per convincerlo.
Certo, potrebbe sempre caricarselo in spalla e portarlo via, ma non gli sembra la cosa giusta da fare.
A sorpresa è l’altro che parla per primo.
«Sono stanco, ragnetto. Stanco di fingere. Guarda che vista qua. Questa non è finzione, no».
È solo un sussurro ma colpisce Daichi come se fosse un urlo.
Lo capisce, lo capisce benissimo: finge da quando è stato morso da quel ragno radioattivo, tiene tutto per sé mentendo sempre ai suoi cari.
Certo, lo fa per proteggerli ma a volte desidererebbe solo avere qualcuno con cui confidarsi.
Daichi capisce cosa deve fare.
Si alza piano la maschera, liberandosi l’intero viso, e chiama ancora una volta Sugawara, posandogli una mano sulla spalla.
Quando l’altro si gira, il supereroe riesce a riconoscere la sorpresa e l’incredulità sul suo volto e allora gli sorride tra il dolce e il triste.
«Ciao, Sugawara».
«S-Sawamura?»
Domanda il ladro con gli occhi sgranati come mai prima e Daichi annuisce.
Vuole che l’altro si fidi di lui, che capisca che non è solo.
«Solo Daichi. Ora vieni con me? Ti prego, voglio solo tenerti al sicuro».
Si guardano in silenzio per qualche istante, poi Sugawara scuote il capo facendolo sospirare esasperato.
«Sugawara, ti prego. Se non per me, per il tuo fratellino».
Il Gatto alza un sopracciglio e un piccolo sorriso divertito gli compare in volto.
«Questo è un colpo basso».
Daichi fa spallucce e gli tende una mano.
«Vieni?»
Silenzio. Dopo un tempo che sembra infinito, il ladro la afferra annuendo e Daichi si trova a respirare di nuovo, rendendosi conto di aver trattenuto il fiato fino a quel momento.
Si guardano negli occhi e un timido sorriso sboccia sul viso di entrambi.
Sentendosi sollevato, Daichi si alza in piedi e, tiratasi giù la maschera, aiuta l’altro ad alzarsi prima di prenderlo in braccio mentre un senso di dejà vu lo pervade: nel giro di una settimana ha fatto quella semplice azione due volte.
All’improvviso, il suo senso di ragno pare esplodere e il giovane eroe salta all’indietro stringendo a sé l’altro che si lascia sfuggire un urletto sorpreso.
Un tintinnio e a terra, proprio vicino a dove c’era loro, giace un coltello.
Con il cuore in gola, Daichi si volta verso la direzione dell’arma e sbianca sotto la maschera a vedere Poisonous che gli sorride crudele.
«Tana per il micetto e il suo amichetto».
Tra le sue braccia, Sugawara si irrigidisce e lui per un secondo lo stringe di più a sé nel tentativo di rassicurarlo.
«Gatto, ora ti metto giù e poi lo trattengo. Tu scappa».
Sussurra concitato il giovane eroe mentre, facendo un passo indietro, tiene d’occhio la loro nemesi.
«Ma-»
«Gatto».
Sa bene che il suo tono non ammette repliche e lo deve aver capito anche Sugawara perché tace e annuisce.
Daichi lo lascia scendere e subito si sposta davanti a lui, spingendolo piano verso il bordo del tetto e l’impalcatura che circonda l’edificio.
«Hey, Poisonous, giochiamo un po’ io e te?»
Senza dargli tempo di reagire, Daichi si lancia contro di lui nella speranza di distrarlo abbastanza da far scappare Sugawara.
Cominciano a lottare, ma il giovane eroe si trova fin da subito in difficoltà. Poisonous è sempre stato un avversario ostico, soprattutto in campi aperti come quell’eliporto in cui c’è poco nulla che Daichi possa usare a suo vantaggio e così lui si limita a cercare di schivare i coltelli velenosi del nemico e di tenerlo lontano dalla via di fuga del Gatto.
Gli lancia contro una ragnatela, ma il criminale la trancia a metà con la sua lama che poi gli tira contro.
Daichi salta in aria, compiendo una capriola all’indietro, e atterra poco distante, un calcio però lo atterra facendogli sbattere la testa al suolo.
Per un attimo è tutto buio e quando torna a vederci l’eliporto è immerso nel silenzio.
Scatta a sedere ma è costretto a serrare le palpebre mentre il mondo intorno a lui gira vorticoso provocandogli un forte senso di nausea.
Solo quando quella sensazione cessa, Daichi apre piano gli occhi e si porta una mano al volto, sospirando sollevato al sentire la stoffa della maschera sotto il suo tocco.
È solo un istante, poi impreca rendendosi conto che è da solo e che quindi Poisonous deve essere andato a cercare il Gatto che non è proprio nelle condizioni adatte per una lotta con un avversario del genere.
Si mette in piedi e non esita a corre verso il bordo del tetto anche se la sua testa pare sul punto di esplodere e, a quel movimento veloce, la nausea torna a farsi sentire con prepotenza.
Il giovane eroe ignora il malessere, troppo preoccupato per Sugawara, e si butta dentro ad una botola che porta al piano di sotto dell’impalcatura, per poi cercarne un’altra e continuare così la sua discesa.
Deve fare in fretta, non ha tempo da perdere, deve raggiungere il Gatto e il loro nemico comune prima che quest’ultimo faccia del male al ladro.
Li trova quasi a metà strada e ciò che vede gli fa sgranare gli occhi.
Poisonous ha squarciato il telo protettivo dell’impalcatura e stringe il collo del Gatto che, inerme, è sospeso nel vuoto fuori dalla pedana.
Nell’esatto momento in cui il giovane eroe atterra sul ponteggio, il criminale molla la sua vittima che cade di sotto, sparendo dalla vista.
Daichi lancia un urlo, senza esitare si scaglia contro Poisonous e con un pugno ben assestato lo manda a tappeto prima di incatenarlo al pavimento con le proprie ragnatele.
Si sporge poi veloce oltre il varco del tessuto: Sugawara è in caduta libera ed è ormai troppo distante da lui.
Senza pensarci, lancia un’ulteriore ragnatela e con gli occhi sgranati osserva quel filo sintetico tendersi veloce verso l’altro.
Il cuore gli batte furioso nel petto. Riuscirà a prenderlo?
Tutto sembra andare a rallentatore. Deve prenderlo, non può fallire.
Il Gatto non sta neanche provando a rallentare la caduta. La ragnatela deve raggiungerlo.
Il corpo immobile del ladro è sempre più vicino alla strada. Manca poco.
Il giovane eroe trattiene il fiato. Una litania di “ti prego” gli rimbomba in testa.
Infine la ragnatela raggiunge il petto di Sugawara e si tende, arrestando brusca la sua discesa.
Daichi crolla in ginocchio e sospira: ci è riuscito, lui ce l’ha…
Ce l’ha fatta davvero? Perché il Gatto non si muove?
Un brivido lo coglie e la bocca gli si secca.
Lancia una veloce occhiata a Poisonous per assicurarsi che sia ancora imprigionato e lega l’estremità della tela all’impalcatura prima di gettarsi veloce di sotto.
Atterra a pochi passi dall’altro che, ancora immobile, è appeso al filo ad un metro da terra.
Il capo argenteo è piegato all’indietro e il suo corpo è rigido.
Il petto sotto la tela…
Daichi sgrana gli occhi e si toglie la maschera, gettandola a terra.
«G-Gatto!»
Scatta in avanti e lo prende tra le braccia, crollando in ginocchio per il peso morto dell’altro.
Una mano guantata di nero scivola inerme al suolo.
«Sugawara!»
Tremando, Daichi gli carezza il volto abbandonato all’indietro e così pallido da sembrare spettrale.
Non ottiene alcuna reazione.
«Hey!»
Gli lascia un paio di leggeri buffetti sulla guancia ma quelle splendide iridi ambrate non fanno capolino dalle palpebre chiuse.
La vista gli si appanna e all’improvviso respirare non è più così semplice.
«Sugawara!»
Il suo cuore rimbomba forte nel petto; unico battito in quel vicolo semibuio.
Lacrime amare gli scivolano lungo le gode, cadendo sul volto del Gatto.
Un singhiozzo riempie il silenzio lasciato da quei richiami disperati.
Daichi si china in avanti sconfitto, posa la fronte su quella di Sugawara e stringe piano a sé quel corpo privo di vita, risultato della sua scelta sbagliata, prova del suo fallimento più grande.
 
 

NdA:
Eccoci alla fine di questo capitolo brutto brutto!
Sono curiosa di scoprire quanta gente abbia “sbloccato” questo finale alternativo.
Spero che sia piaciuto anche se, ammetto, io tifo per il primo dei due xD
Grazie a chi ha partecipato a questo esperimento di fic interattiva.
Ogni commento è ben accetto, ora fuggo!
Ciao,
Aiko

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