Vaniglia e caramello

di Juliet8198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


INTRODUZIONE

 

CW: questa storia conterrà menzioni e discussioni di abuso e violenza sessuale ma non conterrà scene descritte nel dettaglio. 

 

Benvenut* a tutt*! Allora, faremo una cosa breve e indolore, ma non voglio ammazzarvi di esposizione nella storia perciò stabiliamo un po' di cose qua riguardo al funzionamento dell'omegaverse (per come sarà sviluppato in questa storia quantomeno, ci sono tante versioni diverse con le proprie regole e io ho tratto ispirazione dagli stilemi fondamentali per creare le mie). 

 

Dato che il genere non è stato molto tradotto in italiano al momento, per quanto ho potuto vedere, mi sono ritrovata davanti al dilemma di alcuni termini fondamentali del genere che non riuscivo a rendere in italiano. Metterò quindi anche una guida sui nomi in inglese che terrò così come sono. 

 

SHIFTER: in questo mondo esisteranno sia umani che shifter, ovvero coloro che nascono con la designazione Alpha, Beta e Omega. Gli shifter, come suggerisce il nome, erano dei mutaforma, quindi erano in grado di trasformarsi nella loro parte animale, ma con il passare dei secoli hanno perso questa abilità, mantenendo la designazione del secondo genere e alcuni dei comportamenti animali.

 

Le designazioni sono legate ai classici concetti di Alpha, Beta e Omega per quanto non saranno eccessivamente restrittivi. Gli shifter si raggruppano comunque in branchi e hanno un capo branco designato. 

 

MATE/COMPAGNA: tradurrò il concetto del "mate" con compagno/a (è il modo in cui ad esempio viene tradotto in Acotar) perché è il termine che si avvicina di più, anche se non rende perfettamente l'idea. Tradurlo in anima gemella però non era propriamente adeguato per il genere perciò ho deciso per questo metodo. 

 

Ogni branco ha un "mate" predestinato, la persona che la loro parte animale riconosce come una sorta di anima gemella.  

 

OMEGASPACE/ALPHASPACE: lo "spazio mentale" in cui cadono talvolta Alpha e Omega quando confrontati con situazioni molto cariche emotivamente. In questo "spazio mentale" gli istinti animali prendono il sopravvento su quelli umani come forma di meccanismo di difesa. 

 

SCENTBLOCKERS: deodoranti che permettono di annullare il naturale odore di una persona per non triggerare o infastidire gli shifter, sopratutto se in uno stato particolarmente sensibile. 

 

RUT/CALORI: beh, se non conoscete questo concetto... immagino che lo scoprirete XD if you know you know, sappiate che sarà presente nella storia e che in genere avvengono con intervalli di 4-5 mesi. 

 

Ok, per ora è tutto! In caso mi ritrovi a introdurre nuovi concetti aggiornerò man mano questo capitolo. E ora, buona lettura.

CAPITOLO 1


 

-Centro protezione Omega, mi chiamo Annabeth, come posso aiutarla? 

 

-Pronto? Agente Sheen, del dipartimento investigativo. 

 

-Buongiorno agente, avete necessità per un intervento? 

 

-Sì, ma non è per una segnalazione privata. Abbiamo appena portato a termine con successo un sopralluogo nel covo di uno spacciatore su cui stavamo indagando da un po' e... come dire... 

 

-Mi faccia indovinare. Avete scoperto che era anche un pappone? 

 

-Precisamente. Abbiamo prelevato tre Omega, maschi, con tratti asiatici, in stato di shock e probabile malnutrizione. 

 

-Età? 

 

-Sembrano essere poco più che ventenni. 

 

-Dove si trovano ora? 

 

-Li abbiamo portati... cosa... accidenti... 

 

-Agente? 

 

-Chiedo scusa, non... li abbiamo portati all'ospedale per assicurarci che non abbiamo... cosa diavolo sta succedendo? 

 

-Agente? C'è qualcosa che non va? 

 

-Accidenti... mandate qualcuno alla svelta, sta succedendo un casino qua... ah! Parlano a stento l'inglese! Serve qualcuno che possa tradurre! 

 

-E che lingua parlano? 

 

Agente? 

 

Pronto? 

 

 

 

Scarlett grugnì. 

 

Serrando gli occhi, contò fino a dieci, perché se il signore anziano davanti a lei non avesse smesso di tirarle gomitate mentre si lamentava ad alta voce con la cassiera per non aver accettato la sua carta fedeltà scaduta, avrebbe abbandonato ogni suo buon principio umanitario. 

 

Pazienza. 

 

Calma e pazienza. 

 

Doveva pensare a unicorni e pumpkin spice latte, o a quella torta al caramello salato che amava tanto e che si sarebbe potuta concedere una volta uscita di lì. 

 

Inspirando a fondo, si concentrò sul picco di dolcezza che avrebbe colpito il suo palato, seguito dal retrogusto sapido. Immaginò la salsa accarezzarle la lingua, sciogliendosi lentamente mentre la crosta le dava un accenno di texture. 

 

All I wanna do 

Is see you turn into 

A giant woman 

A giant woman

 

Scarlett spalancò le palpebre. Alla velocità della luce, ficcò la mano nella grande, eccessivamente grande, borsa che portava appesa alla spalla. Aprì la tasca davanti. E la tasca dietro. E la tasca interna. E la tasca dello scomparto dove teneva gli assorbenti. 

 

All I wanna do

Is help you turn into 

A giant woman 

A giant woman

 

Degli sguardi innervositi iniziavano lentamente a posarsi su di lei mentre ricominciava il giro delle tasche della borsa. Fu solo allora che si accorse della vibrazione che stava agitando la sua chiappa destra, perciò sfilò con rapidità il telefono che vi aveva inserito, per chissà quale motivo, e strisciò immediatamente il dito verso l'alto. 

 

-Pronto? 

 

-Scar? Ti disturbo? 

 

Ah, non aveva neppure guardato il mittente. Lanciando uno sguardo attorno a sé, sull'uomo anziano che ancora si rifiutava di pagare perché la cassiera insisteva a non dargli lo sconto che gli spettava, sulla donna intenta a schiaffeggiare la mano del suo bambino in lacrime perché aveva tentato di infilarsi in tasca una barretta di cioccolato e sulla signora con il carrello carico fino al bordo che fissava la fila davanti a sé come se avesse potuto sparare raggi laser dagli occhi e incenerire ognuno dei presenti in un batter di ciglia, deglutì.

 

-No Beth, di cosa hai bisogno? 

 

-Scar... perdonami. 

 

La ragazza abbandonò il capo all'indietro. 

 

"No. Ti prego no." 

 

Trattenendo un grugnito, inspirò contando ancora fino a dieci. 

 

-Lo so che è il tuo giorno libero e mi sento davvero in colpa a chiedertelo ma... abbiamo bisogno di un intervento urgente e quasi tutti sono fuori per dei colloqui. 

 

Calma e pazienza. 

 

Calma e pazienza. 

 

Calma e pazienza. 

 

-Dovrebbe esserci Louise in ufficio. Non può andare lei? 

 

"Calma e pazienza, Scar." 

 

La torta al caramello salato le rimbalzava ancora sulla lingua. 

 

Aveva ricevuto cinque nuovi casi in quella settimana. 

 

Cinque. 

 

Cinque casi di abuso grave nell'ambiente domestico, tre dei quali perpetrati dallo stesso capo branco. 

 

Quel giorno, aveva bisogno di una tregua mentale ed emotiva. Quel giorno sarebbero stati solo lei e la sua divina, paradisiaca, ultraterrena torta al caramello salato. 

 

-Anche lei è uscita. Inoltre, mi hanno comunicato che gli Omega hanno tratti asiatici e hanno difficoltà a parlare in inglese. 

 

Addio calma e pazienza. 

 

Scarlett si tolse gli occhiali da vista, strofinandosi le palpebre mentre tentava di eliminare dal suo tono ogni traccia di raptus omicida. 

 

-Beth... sant...- sospirò -Abbiamo già avuto questo discorso. L'Asia è un graaaaaande continente e io non posso magicamente comunicare con ogni asiatico che incontro a prescindere dal loro paese di origine. Dio, anche in Kazakistan hanno tratti asiatici! E parlano russo! L'ultima volta che è successa una cosa simile, l'Omega era filippina! 

 

-Lo so lo so Scar, lo so! Ti prego, abbi pazienza! C'è una possibilità che siano coreani e io non so davvero chi mandare. Ti prego. 

 

Scarlett sentì un mal di testa pungente nascere nella parte frontale del suo cranio. Appoggiando il gomito sul porta caramelle al suo fianco, continuò a strofinarsi le palpebre. 

 

Non poteva neppure passare da casa a farsi una doccia. 

 

Aveva rimasto almeno dei scentblocker nella borsa? 

 

Aveva delle coperte in macchina che poteva usare per... no, ricordò dopo qualche attimo che erano da rilavare. 

 

Non aveva coperte inodore sigillate. 

 

Non aveva tempo di lavarsi per togliere il tanfo delle persone con cui si era scontrata al supermercato. 

 

Scarlett, per l'ennesima volta, sospirò. 

 

E avrebbe dovuto dire addio alla sua torta. 

 

Riaprì gli occhi. Infilandosi gli occhiali, lanciò uno sguardo all'uomo che stava attendendo con sguardo irritato mentre la cassiera chiamava il direttore. La ragazza, allora, si voltò verso la mamma che cercava di calmare il figlio ancora in lacrime. 

 

-Mi scusi, torno subito. 

 

La donna sollevò uno sguardo interrogativo verso di lei, guardandola per un istante prima di annuire e farsi da parte per lasciarla passare. 

 

-Scar? 

 

-Dammi i dettagli, Beth. Vedo se riesco a ricavare dei materiali da nido. 

 

Allungando il passo, ringraziò per il fatto di essere una persona abitudinaria. Conosceva alla perfezione quel supermercato perché veniva lì ogni settimana per fare la spesa, perciò prese a marciare con decisione verso la sezione dedicata agli Omega. 

 

-Tre maschi ventenni prelevati durante un intervento della squadra investigativa. Li hanno salvati dal rifugio di uno spacciatore che si è rivelato essere anche un pappone. 

 

Scarlett corrugò la fronte. 

 

-Erano tenuti imprigionati a casa sua? 

 

-Immagino di sì. Sono in grave stato di shock, alias, sicuramente intrappolati in omegaspace. E chissà da quanto tempo. 

 

Scar si morse il labbro inferiore mentre sollevava lo sguardo sulle coperte richiuse in buste sigillate. Fantasie a colori pastello, con cuori, fiori e arcobaleni. Ne afferrò due che riusciva a vedere davanti a sé e riprese a marciare per la corsia.

 

Non si preannunciava un intervento facile. Aveva avuto modo in poche altre occasioni di avere a che fare con Omega salvati da una situazione simile. Quanto dovevano essere impauriti? Quanto dovevano essere stressati, sia nella loro parte umana che in quella animale? 

 

-Dove devo andare? 

 

Infilandosi le coperte sotto il braccio, afferrò un sacchetto pieno di peluche, lanciandogli un'occhiata inquisitoria mentre saettava verso la corsia per l'igiene personale. 

 

I peluche erano piuttosto bruttini, ma le catene di supermercati non erano famose per allestire una buona selezione di prodotti nelle loro sezioni per Omega. Questo se avevano una sezione per Omega, quantomeno. 

 

-Li hanno portati all'ospedale, immagino per un check-up dato che non mi hanno segnalato alcuna lesione. Anche se... accidenti, spero non li stiano già esaminando per il kit. Li stresserebbero ulteriormente. 

 

Scarlett imprecò a denti stretti, afferrando un scentblocker senza neppure fermarsi e scansando all'ultimo secondo una donna intenta a studiare la fila dei dentifrici. Doveva davvero correre. Se tentavano di esaminarli per raccogliere prove di stupro, avrebbero rischiato davvero di incastrarli definitivamente in omegaspace.

 

-Ok, grazie Beth. Vado e ti aggiorno appena arrivo. 

 

-Grazie ancora Scar, non sai davvero com-

 

Scarlett chiuse la chiamata mentre iniziava a vedere la sua cassa in fondo alla corsia lungo la quale stava ormai correndo. E... oh. Il signore anziano stava già silenziosamente imbustando la sua spesa, con un broncio ostinato sul volto ma con lo sguardo abbassato. La mamma che era stata dietro di lei aveva lo sguardo saettante tra il bambino che le tirava il braccio e la sua direzione. E la signora con il carrello carico per un esercito era direttamente girata verso di lei, con le mani piantate sui fianchi, un cipiglio irritato e un piede tamburellante a terra. 

 

Cavolo. 

 

Aveva bloccato la fila. 

 

Gli ultimi metri corse senza ritegno, scivolando accanto alla donna senza rivolgerle uno sguardo. 

 

-Scusate, scusate davvero, scusat-

 

-Signorina! Non possiamo stare qua tutto il giorno per lei, lo sa? Già abbiamo aspettato mezz'ora per una stupida carta scaduta, non possiamo lasciare che ognuno faccia avanti e indietro per i suoi comodi! 

 

Scar si fermò davanti al rullo automatico puntando i piedi a terra e abbandonando le coperte, i peluche e il scentblocker sopra il resto della sua spesa ansimando in cerca di aria. 

 

-Signorina! 

 

-Mi scusi, di solito non abbandono la fila ma era un'emergenza. Mi scusi ancora- ringhiò Scarlett con un po' troppa asprezza mentre affondava nuovamente la mano nella borsa in cerca del portafogli e osservando la cassiera passare un prodotto dietro l'altro sul lettore, dopo aver scansato con non troppa grazia la spesa dell'uomo imbronciato guadagnandosi un'occhiata risentita. 

 

-Ah, è pure maleducata! 

 

Scar si concentrò sulle dita che scavavano nell'abisso più profondo che era la sua borsa. 

 

"Fazzoletto. 

 

Fazzoletto usato. 

 

Rossetto. 

 

Aperto. 

 

Ugh, chewing-gum che non è stato ben avvolto nel fazzoletto. 

 

Scontrino accartocciato." 

 

-Sono 56,40. 

 

Scarlett strinse i denti, sollevando gli occhi sullo sguardo della cassiera fisso su di lei in maniera snervante. Finalmente, sollevò il portafogli rosa e azzurro. Mentre estraeva la carta di credito, poteva ancora sentire il piede sempre più impettito sbattere ritmicamente a terra. 

 

Non appena il pos segnalò che il pagamento era andato a buon fine, la ragazza schizzò per buttare tutto nella busta, afferrando in fretta e furia le coperte e i peluche. 

 

-Buona giornata e grazie! 

 

In un istante, era in auto. Afferrando il volante, si permise un momento per abbandonare il capo sul poggiatesta e respirare. 

 

E piangere mentalmente. 

 

"Addio torta al caramello salato." 

 

Scavando nella busta della spesa, estrasse il scentblocker, strappando la pellicola protettiva e rimuovendo il tappo. Nella sua fretta, aveva preso un roller, che contemplò con leggero sgomento. In quella situazione sarebbe stato meglio uno di quelli in spray, che avrebbe preso un'area più ampia camuffando anche gli odori che aveva accumulato nella giornata. Ma... troppo tardi. Strofinando il prodotto su entrambi i polsi, portandolo su lungo tutto l'avambraccio, lo passò infine per tutta la lunghezza del collo. 

 

Dopo un istante immobile, lo richiuse. Era il meglio che poteva fare nelle circostanze. Mettendo in moto la macchina, si affrettò a mettersi in strada in direzione dell'ospedale testando la sua migliore versione legale di Fast and Furious. Nel giro di dieci minuti si trovava già davanti all'ingresso del parcheggio, quando dovette affondare il piede nel freno. Ringhiando esasperata, si trattenne dal colpire con violenza il clacson. 

 

-Andiamo, non ora! Si muova, signora!- urlò, più per sé stessa che per la donna impossibilmente anziana alla guida di un vecchio Maggiolone che si era fermata in mezzo alla strada. La strada a senso unico con una sola maledettissima corsia. Scarlett si protese in avanti quando vide il faro della retromarcia accendersi e il Maggiolone indietreggiare lentamente. 

 

Calma... e pazienza. 

 

Finalmente premette sul clacson prima che la signora provocasse un incidente, giusto per culminare quella fantastica giornata e, poco prima che le due macchine collidessero per fortuna la vide fermarsi. La ragazza fece un respiro profondo, appoggiando il gomito al finestrino e osservando il Maggiolone avviarsi molto, molto lentamente in avanti verso il parcheggio. Non appena la vecchia signora si fu spostata dalla sua traiettoria, si buttò nel primo parcheggio che trovò, lanciandosi fuori dalla macchina. Iniziò a correre, ma dovette tornare indietro tre volte. La prima perché ovviamente le era scivolato il cellulare dalla tasca ed era finito sul sedile. La seconda perché aveva dimenticato le coperte. E la terza perché era convinta di aver lasciato il tesserino in macchina ma ovviamente era stato tutto il tempo nella sua borsa. 

 

Era davvero, davvero una fantastica giornata per Scarlett. 

 

Le porte automatiche del pronto soccorso si aprirono con placidità e la ragazza voltò immediatamente a destra, dove sapeva avrebbe trovato il front desk. L'infermiera, una donna di corporatura robusta avvolta in una divisa azzurra, non sollevò neppure gli occhi su di lei quando si fiondò contro il bancone. 

 

-Mi scusi sono del Centro Protezione Omega devono aver portato qui tre ragazzi da un sopralluogo mi può dire dove li posso trovare?

 

Scar pronunciò la frase in un solo fiato infilando una parola dietro l'altra come un'infinita catena e facendo finalmente sollevare il capo dell'infermiera. Lei, dopo averla squadrata in silenzio per un minuto buono seppur ignorando il tesserino identificativo che Scarlett teneva sollevato davanti a sé, le rispose. 

 

-In fondo al- 

 

Un rumore improvviso di metallo che cadeva a terra fece voltare di scatto il viso della ragazza. Non riusciva a vedere oltre l'angolo di destra, ma sentiva chiaramente del movimento e delle voci concitate sollevarsi. 

 

-Segui il casino e li trovi- replicò allora con noncuranza l'infermiera, attirando nuovamente il suo sguardo. Scarlett sollevò un sopracciglio ma al ripetersi del rumore di metallo che cadeva e all'urgenza crescente nelle voci, si fiondò verso l'angolo. E quando ebbe finalmente imboccato il corridoio, spalancò gli occhi. 

 

Per un istante, si congelò sul posto, troppo scioccata dalla scena che si prospettava davanti a lei. Un cerchio di medici e infermieri e un poliziotto, concitati e con siringhe in mano, che tentavano di nascondere dietro la schiena mentre aprivano i visi in sorrisi pieni di panico e voci che supplicavano. Gli occhi di Scarlett si abbassarono, seguendo un sentiero di vassoi metallici e provette, lacci emostatici e aghi ancora incartati abbandonati per terra, uniti a striature raccapriccianti di sangue che, come frecce, puntavano verso un unico obbiettivo. 

 

Le tre figure tremanti, con il petto ansimante e occhi terrorizzati, pupille scure dilatate e arti attorcigliati attorno a se stessi per tenersi impossibilmente vicini, rattrappiti sotto un tavolo per le medicazioni.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Ed eccoci qua per il primo capitolo! Volevo scrivere una storia più leggera (che dato l'argomento non lo è ma va beh), almeno nello stile. Mi sono infatti potuta sbizzarrire con qualcosa di un po' più frizzante. Per chi mi trova per la prima volta, benvenut*! Aggiornerò la storia ogni due settimane di mercoledì, in alternanza con un'altra storia che ho iniziato da un po', il Filo turchino. Di solito sono puntuale con la pubblicazione e se devo saltare avviso in anticipo nell'angolo autrice qui o nell'altra storia, in caso non vediate il capitolo o sarà in ritardo di un giorno o ho avuto circostanze improrogabili che mi hanno impedito di scrivere durante la settimana ma metterò almeno un annuncio nella bacheca. 

 

E adesso, volete sapere cosa succederà?

 

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Capitolo 2
*** 2 ***


Le ci volle qualche istante per uscire dallo stato di stupore in cui era caduta. Ma quando riuscì a farlo, Scarlett si riempì il petto di aria. 

 

-Allontanatevi tutti! 

 

Spingendo la sua voce in un urlo, riuscì a sovrastare il parlottio concitato del cerchio che circondava i tre ragazzi, portando i presenti a voltarsi verso di lei con sguardi confusi. Scarlett, indurendo la sua espressione in un severo rimprovero, schiuse nuovamente la bocca. 

 

-Allontanatevi immediatamente. Tutti quanti. 

 

Il personale medico rimase immobile, scambiandosi sguardi interrogativi in silenzio per poi tornare a guardarla come se avesse due teste e stesse ballando la Macarena. Scarlett, nel mentre, lanciò uno sguardo veloce sui loro tesserini appesi alla tasca della divisa. Come immaginava. Solo un infermiere delle sei persone presenti era uno shifter, segnalato dalla scritta in chiare lettere rosse. Un beta, immaginava. Tutti gli altri erano, disgraziatamente, umani. Si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo. L'educazione alla gestione degli shifter, e tanto più degli Omega, era ancora terribilmente carente. Se avessero fornito maggiori corsi di aggiornamento sul miglior comportamento in casi come quello e sulla psicologia degli shifter non si sarebbe arrivati a un risultato talmente disastroso, pensò iraconda Scarlett. 

 

-Lei chi sarebbe?- chiese un uomo sulla cinquantina sollevando un sopracciglio e osservandola come se fosse lì per... rapinare lo scaffale dei medicinali? Un dottore, a giudicare dal camice. Scar, semplicemente, sollevò il tesserino con un gesto secco, prendendo a marciare in avanti con falcate martellanti. 

 

-Sono un'assistente sociale del Centro protezione Omega e voi state combinando un disastro- replicò con freddezza, superando il cerchio del personale medico. 

 

-Signorina, non si avvicini, sono imprevedibili. 

 

Scarlett si fermò. Traendo un lungo respiro, fissò il muro come se avesse potuto trivellarci un buco con lo sguardo. Infine, si voltò tendendo la mandibola. 

 

-No, sono terrorizzati e traumatizzati! E la vostra migliore soluzione era tentare di sedarli?

 

Sulla fine della domanda, il suo tono assunse una vena canzonatoria mentre indicava con il capo la siringa in mano a una delle infermiere, la quale nascose immediatamente la mano dietro la schiena. Il dottore si raddrizzò appena, guardandola con aria di sfida mentre sollevava appena il mento. 

 

-Sono senza controllo. Abbiamo bisogno di visitarli per assicurarci che non abbiano lesioni interne e per... raccogliere prove di eventuali reati, ma non è possibile in queste condizioni. Il primo di loro è scattato non appena gli abbiamo inserito la flebo e gli altri due sono impazziti quando lo hanno sentito dall'altra stanza. 

 

Scarlett, facendo stridere i denti, nel frattempo aveva abbandonato le coperte a terra, evitando accuratamente le strisce di sangue, per afferrare l'igienizzante che teneva appeso alla borsa. Una volta messo sul palmo, si strofinò le mani in attesa che si asciugasse, quando, in un lampo, spalancò gli occhi. Con uno scatto della testa, riportò lo sguardo di fuoco sul dottore dal cruccio testardo. 

 

-Voi avete fatto cosa? 

 

Il dottore incrociò le braccia, contemplandola con un sopracciglio sollevato. 

 

-Gli abbiamo messo la flebo per tamponare la disidratazione- 

 

-Li avete separati?- intervenne Scarlett con tono tagliente, senza lasciare che il dottore terminasse. 

 

L'uomo rimase per un momento in silenzio. L'espressione sul suo volto aveva assunto una nota dubbiosa, come se avesse appena posato il piede su una trappola ma non avesse idea di in che cosa quella trappola consistesse. Dopo un altro attimo di esitazione, prese a parlare con tono guardingo. 

 

-Certo, non possiamo visitarli tutti assie-

 

Scarlett chiuse le palpebre, mordendosi l'interno della guancia mentre inspirava profondamente. Non potevano davvero essere così stupidi. 

 

-Mi faccia capire bene. Vi sono arrivati tre Omega sotto shock, in omegaspace, che si suppongono essere vittime di abuso e voi li avete separati? Avete separato un branco nel momento di maggiore vulnerabilità? 

 

La voce della ragazza, inavvertitamente, si sollevò in volume e in tono al progredire della frase. E poté vedere la confusione e un accenno di panico iniziare a danzare sul viso del dottore. 

 

-Non potevamo... dare per scontato che fossero... un branco, insomma... potrebbero provenire da branchi diversi e... essersi incontrati solo dopo essere stati portati nel covo... 

 

Scarlett si prese il ponte del naso con le dita ma si forzò a tacere perché se avesse iniziato a parlare sarebbe rimasta in quel posto per ore a spiegare come "È LA BASE DELLA CONOSCENZA SHIFTER CHE ANCHE SE APPARTENENTI AD ALTRI BRANCHI GLI OMEGA IN PARTICOLARE POTEVANO CREARE SOTTOBRANCHI SOPRATTUTTO IN CASI DI EMERGENZA E CHE TENDEVANO ISTINTIVAMENTE A CONNETTERSI CON ALTRI OMEGA NELLO STESSO AMBIENTE". Ma si trattenne. Aveva cose più urgenti che richiedevano la sua attenzione. Abbassandosi, infatti, afferrò la busta sigillata della prima coperta, affondando le unghie nella plastica e strappandola. 

 

-Perché uno di loro sta sanguinando?- chiese con asprezza senza neppure rivolgere uno sguardo al dottore. Sollevando la coperta e alzandosi in piedi, si voltò. E, per un istante, rimase immobile a contemplare la visione di fronte a sé. 

 

-Si è strappato la flebo per scappare. 

 

Scarlett a malapena sentì la risposta. L'ira sul suo viso si era sciolta con la velocità di uno schiocco di dita, lasciando un'espressione assorta, quasi rapita. C'era qualcosa che non poteva negare, neppure in quella situazione. I tre giovani uomini avevano gli sguardi lucidi e terrorizzati puntati su di lei, con labbra tremanti e corpi rannicchiati ma erano, dovete ammetterlo, straordinariamente belli. Di una bellezza quasi mozzafiato, che la lasciava a contemplare i loro visi con il desiderio di poter essere un'artista per poter catturare uno sprazzo del loro splendore. 

 

Il primo, quello il cui braccio era percorso da rivoli di sangue e che stava al centro, lo scudo al quale gli altri due sembravano aggrapparsi pareva, in parole estremamente semplici, un angelo. Con i capelli corvini a contornare il volto dagli zigomi alti, occhi sottili ma grondanti di espressività, un naso schiacciato e delicato e labbra piene, impossibilmente carnose e di una perfetta sfumatura rubiconda, appariva essere stato creato direttamente da uno scultore neoclassico. Un connubio perfetto di tratti femminili e maschili a creare l'ideale modello da catturare nel marmo. 

 

Il secondo, alla destra dell'angelo, aveva lo sguardo di una tigre. Non sapeva perché quell'associazione giungeva alla sua mente, ma i suoi tratti, seppur plasmati dalla paura, avevano l'affilata l'intensità di un grande felino. Forse era nelle iridi, che pur essendo di un profondo castano sembravano quasi brillare di un oro sepolto nelle profondità. Forse era nella leggera asimmetria delle due palpebre o nella curva pronunciata ma elegante del naso. Nell'espressività delle sopracciglia o nella perfetta forma del viso. Ma era accattivante, quasi ipnotico, e, con il passare degli istanti, Scarlett ebbe quasi l'impressione che il suo sguardo si facesse sempre meno impaurito. 

 

Il terzo, infine, era un curioso contrasto che non riusciva ad assimilare. Uno scontro tra delicatezza e mascolinità che cozzava e al tempo stesso risuonava con l'immagine tradizionale di un Omega. Il suo viso era curve morbide e innocenti. La sua mandibola, seppur definita dalla maturità dell'età adulta, era sormontata da guance che non sembravano perdere la rotondità infantile. I suoi occhi erano grandi, lucidi e brillavano di innocenza. Il suo naso, a sua volta arcuato in una linea elegante, terminava su delle piccole labbra arricciate. Ma il suo corpo... il suo corpo era linee aspre e nette, accentuate dal nero marcato dei tatuaggi che percorrevano il suo braccio destro, in cui sporadici sprazzi di colore interrompevano un'intricata rete di disegni incastonati insieme. Era evidente che l'Omega aveva speso tempo ed energie a scolpire il suo corpo in una forma solida e muscolosa, dando al suo petto un aspetto fermo e alle sue spalle un'ampiezza che gridava di una forza notevole.

 

Scarlett, bloccandosi, sbatté le palpebre. Per quale diavolo di motivo stava facendo quegli stupidi pensieri? Schiarendosi la gola, voltò appena il capo di lato. 

 

-Potrete esaminarli una volta che si saranno calmati. Non hanno lesioni gravi che hanno bisogno di essere immediatamente curate, perciò al momento la priorità è la loro salute mentale. E sembra che voi non abbiate fatto altro che traumatizzarli ulteriormente. 

 

-Ma- una debole replica la raggiunse da dietro di lei, ma la ragazza non la lasciò neppure sbocciare. 

 

-Allontanatevi. Ci sono già troppi odori attorno a loro e le vostre emozioni non faranno che appesantire ancora di più l'aria. 

 

Scarlett non poteva annusare la stanza ma sapeva che se avesse potuto il tanfo l'avrebbe fortemente irritata. Essendo un'umana, non aveva mai potuto davvero capire fino in fondo cosa voleva dire percepire così profondamente il mondo come facevano gli shifter. Non poteva sapere cosa voleva dire captare il leggero fluttuare dell'umore di una persona con cui si sta parlando, o essere immersi in un ambiente pieno di persone ed essere sovrastati non solo dai rumori che si scontravano e si amplificavano ma anche da decine, centinaia di odori che si mescolavano in una zuppa nauseante. Nel corso degli anni che aveva speso al Centro, però, aveva imparato con meticolosità dai racconti degli Omega le sensazioni che in loro scatenavano. Aveva imparato a catturare nei loro visi il fastidio a malapena soffocato, il disagio che tirava le loro espressioni e, in certi casi, il disgusto che certe persone istintivamente incitavano in loro. 

 

A volte, raccontavano, era una benedizione. 

 

Non c'era nulla di più sublime, non c'era balsamo più efficace per un cuore triste che poter annusare la gioia pura.

 

Non c'era nulla di più intimamente rassicurante che tornare a casa e sentire la presenza dei membri del proprio branco prima ancora di vedere i loro volti. 

 

E non c'era felicità più grande che catturare per la prima volta il profumo del proprio compagno. 

 

Altre volte, però, era un incubo. 

 

E Scarlett lo vide, l'incubo riflesso nelle pupille dei tre Omega, solido e incombente. Decise di ignorare le persone alle sue spalle. Se avessero avuto un briciolo di buon senso, se ne sarebbero andati all'inizio di quella conversazione. La ragazza vi aveva già rivolto fin troppa attenzione, quando coloro che davvero la necessitavano erano proprio lì, di fronte a lei. 

 

Scarlett, allora, si abbassò lentamente. Quando fu inginocchiata a terra a distanza di un metro e mezzo da loro, sollevò gli angoli della bocca. 

 

-Scusate, non volevo urlare. 

 

I tre la fissarono con la stessa imperante apprensione, guardinghi e tremanti. Lei, a quel punto, assottigliò lo sguardo e piegò debolmente il capo. 

 

-Riuscite a capirmi? 

 

Non appena le parole coreane lasciarono la sua lingua, vide le tre paia di occhi spalancarsi e i corpi protendersi lievemente in avanti. Il sorriso di Scarlett si fece più ampio. 

 

-Capite? Capite quando parlo? 

 

Dopo un istante di esitazione, forse dovuto allo stupore, annuirono con veemenza. Con assorta ammirazione, contemplò l'angelo sollevare le folte ciglia che adornavano i suoi occhi scuri e le labbra carnose schiudersi appena, come un bocciolo di rosa, e per un istante dimenticò tutto. Dimenticò l'ambiente in cui si trovavano, l'indelicato personale medico, il fatto che stava lavorando nel suo giorno libero. Dopo un momento, sbatté le palpebre e quel bizzarro incantesimo che la teneva incatenata come una stupida ad ammirare i tre parve affievolirsi appena. 

 

Scarlett avrebbe voluto ringraziare il cielo per una volta in quella assurda giornata. Una singola fortuna l'aveva davvero avuta. Non fu mai così grata a suo padre per aver insistito affinché continuasse a studiare la sua lingua natale anche se vivano in America e anche se sua madre non era coreana. Il maledetto vegliardo avrebbe gongolato fino al giorno della sua morte se lo avesse scoperto. 

 

Scarlett, però, dovette fare un'altra considerazione. Un dubbio le attraversò la mente, spingendola a parlare nuovamente. 

 

-Mi potete dire i vostri nomi?- esordì con un tono dolce, come zucchero filato o come la salsa al caramello di quella torta che avrebbe voluto gustare, una delicata carezza che doveva aiutare i tre ad abbandonare di un passo il rifugio mentale in cui erano intrappolati. Ma la ragazza vide gli sguardi degli Omega, in parte confusi, in parte quasi impotenti nell'aspetto. Tornarono a guardarla con sopracciglia arcuate e occhi smarriti. 

 

Come temeva. 

 

Erano incastrati nel livello non verbale. 

 

Erano talmente affondati nell'omegaspace da non riuscire neppure a esprimersi a parole. 

 

Sorridendo, però, annuì. Potevano ancora uscirne, con la dovuta delicatezza. 

 

-Non c'è problema, me li potrete dire più tardi. Io sono Scarlett... 

 

Piegando appena il capo di lato, si toccò il petto e osservò gli sguardi attenti degli Omega saettare per tutto il suo viso. 

 

-... ma potete chiamarmi Scar. 

 

Dopo aver pronunciato le parole con tono basso e ritmo lento, lasciò ai giovani un istante di silenzio. In quell'istante, vide lo sguardo di tigre assumere una scintilla curiosa, avvicinandosi appena in avanti e piegando il capo a sua volta, quasi come se volesse imitarla. L'Omega il cui braccio era decorato da intricati tatuaggi, invece, rimase immobile e guardingo, ma vide le sue narici allargarsi e il suo naso arricciarsi appena. Cercava di catturare meglio il suo odore, capì. Forse, cercava di capire le sue vere emozioni. 

 

Rimanendo a una rispettosa distanza, perciò, allungò appena la coperta che teneva in mano verso di loro. 

 

-Guardate cosa ho portato- disse con tono pacato ma infuso con una vena entusiasta. 

 

-Che ne dite di fare un piccolo nido?

 

A quelle semplici parole, tutti e tre si raddrizzarono appena, tendendo la schiena e sbattendo le palpebre su occhi sorpresi. Perfino il più cauto dei tre, l'Omega con il corpo scolpito, si allontanò lievemente dalla protezione dell'angelo per osservare la coperta con avidità. Dopo un momento, però, vide le loro teste ritrarsi, abbassandosi e incassandosi fra le spalle. Inizialmente, Scarlett li osservò con un velo di confusione. Poi vide gli occhi che poco prima erano stati spalancati e ammirati contemplarla dal basso, osservandola cautamente da sotto le ciglia. 

 

Non fecero neppure una mossa per avvicinarsi alla coperta. Scar, finalmente, capì. Riconobbe la posizione di sottomissione che avevano assunto e gli sguardi più bassi del suo indicavano cautela, come se si aspettassero di essere disciplinati se si fossero concessi di indulgere nel loro istinto. La ragazza si costrinse a trattenere la smorfia sofferente che sorse sulle sue labbra. 

 

-Va tutto bene, avete il permesso di fare il nido. Ma prima... che ne dite se curiamo quella ferita? 

 

Con un gesto del mento, indicò il braccio dell'angelo, portando gli Omega ad abbassare lo sguardo sul rosso che macchiava la sua pelle candida. 

 

-Non vogliamo che il nido odori di sangue, che ne dite? 

 

I tre riportarono gli occhi su di lei. Non annuirono né negarono, ma vide sguardi cauti incontrarsi per interrogarsi silenziosamente su quale fosse la replica migliore. Scarlett, mordendosi il labbro, iniziò a studiare il pavimento attorno a sé. Fortunatamente, accanto a lei era abbandonato un flacone di disinfettante che doveva essere rotolato giù dal tavolo delle medicazioni sotto il quale gli Omega si erano rifugiati. Allungandosi appena, riuscì anche ad afferrare una confezione di garze ancora chiusa senza doversi alzare in piedi. Quando riportò la sua attenzione sui tre ragazzi, però, vide i corpi schiacciarsi contro il muro che stava dietro di loro, abbassandosi e tornando nella posizione rattrappita in cui li aveva trovati. 

 

-Oh no, no, non abbiate paura!

 

Scarlett scosse il capo, cercando lo sguardo di ognuno dei tre anche se continuava a saettare dal suo viso agli oggetti che teneva in mano. Impercettibilmente, parvero stringersi l'uno all'altro ancora di più. 

 

-Non ho intenzione di separarvi come hanno fatto loro. Voglio solo pulire velocemente la ferita per impedire che continui a sanguinare, non avete bisogno di spostarvi da qua. Una volta finito, potrete costruire un bel nido e starci tutto il tempo che vorrete. 

 

L'angelo la osservò con occhi lucidi e labbra tremanti. Ai suoi fianchi, poteva vedere le unghie degli altri due affondare nella pelle delle sue braccia, arpionandosi violentemente a lui come a dire che avrebbero dovuto strapparlo da loro prima che lasciassero che qualcuno lo portasse via. Scarlett, emettendo un sottile sospiro, in silenzio prese ad aprire la confezione di garze e versarci sopra il disinfettante con lenti gesti. Doveva essere estremamente delicata se non voleva spaventarli. Quando la garza fu umida, abbassò appena la testa. 

 

-Posso avvicinarmi? 

 

La ragazza osservò con attenzione il naso dell'Omega con il braccio tatuato arricciarsi, questa volta in una smorfia di disgusto, mentre occhi di tigre si allontanava appena, inarcando la schiena come ad assumere una posizione di attacco. L'angelo, invece, rimase immobile a contemplarla. Scarlett, umettandosi nervosamente le labbra, spostò appena il corpo in avanti. 

 

-Lo so, l'odore del disinfettante non è il massimo. 

 

Con estrema lentezza, si sollevò appena dalla sua posizione inginocchiata e allungò un piede. I tre la contemplarono con occhi irremovibili ma... non si allontanarono. Scarlett trasse un respiro. Evitando una goccia di sangue sul pavimento, fece un altro passo. Gli Omega rimasero immobili. Un altro passo. Il suo piede era ormai vicino alla gamba del tavolo. 

 

Scarlett si accovacciò nuovamente. Tirando le labbra in un sorriso, abbassò lo sguardo sul braccio percorso da strisce carminie. Infine, allungò la mano in avanti, sollevando lo sguardo sull'angelo. Lui la guardò con occhi attenti e labbra tese. Passò un momento, e poi un altro. Scar non poteva contare quanto tempo era trascorso, ma attese pazientemente che il braccio di lui si sollevasse prima di posarsi sulla sua mano. E quando successe, la ragazza aprì le labbra in un sorriso più ampio. Passando la garza bagnata con movimenti delicati, sfiorando appena la pelle all'inizio, per poi premere appena in modo da pulire adeguatamente il sangue, si accorse con delizia che la ferita si stava già richiudendo e non sembrava poi così grande. Posando la garza sporca dietro di sé, Scarlett lasciò la mano candida che stringeva. Si girò improvvisamente, però, quando tre dita le circondarono delicatamente il polso. 

 

Con occhi spalancati, la ragazza osservò l'angelo sollevare la sua mano, studiandola con occhi assorti e capo appena piegato. Infine, con il fiato incastrato nel petto, vide il viso etereo avvicinarsi al suo polso. 

 

E il piccolo naso schiacciato si posò sulla sua pelle, strofinandola con una timida carezza mentre inspirava a fondo. 

 

ANGOLO AUTRICE 

Eh beh, che dire... abbiamo finalmente iniziato a vedere i tre misteriosi omega (indovina indovinello, chi saranno mai? Non è poi così tanto un mistero XD) e le cose si stanno muovendo. Adoro troppo scrivere così spontaneamente sopratutto questi momenti di scoperta e di incontro. 

 

Credo che sposterò gli aggiornamenti al giovedì da ora in poi, vedremo in base a come va. Per ora rimaniamo che ci becchiamo giovedì 26 😚

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Capitolo 3
*** 3 ***


Scarlett rimase immobile come se il tempo si fosse fermato. Anzi, per lei il tempo si era effettivamente fermato e il suo corpo sembrava congelato sul posto come se fosse stata la protagonista di un film fantascientifico. Non riusciva a chiudere la bocca dalla sua posizione stupita e non riusciva neppure a forzare il suo petto a fare un singolo respiro. 

 

Questo, fino a quando la carezza della pelle che strofinava contro la sua non si trasformò in elettricità pura, percorrendo il suo braccio fino a raggiungere il cuore e forzandolo a battere in un ritmo frenetico. E nonostante ciò, non poté che contemplare il viso così improvvisamente vicino, con gli occhi chiusi e le lunghe ciglia ad accarezzare le guance pallide, le ciocche scure calate sulla fronte come una tenda a nascondere in parte un prezioso segreto. Il piccolo naso non si accontentò di appoggiarsi brevemente sul suo polso: sembrava insoddisfatto, perché prese a navigare la sua pelle come un'esploratore, percorrendola fino a quasi raggiungere il gomito e strappando un sottile verso di sorpresa alla ragazza. E vide quelle labbra carnose dischiudersi e venire umettate dalla lingua, trasportandola in una visione che la ipnotizzava stupidamente. 

 

Mentre continuava la sua avida esplorazione, il bellissimo volto si increspò appena, arricciando le sopracciglia in una smorfia frustrata. 

 

Solo allora, Scar sembrò ritrovare un briciolo di ragione, nascosto negli anfratti del suo cervello vuoto. Con imbarazzo a rendere il momento ancora più innaturale, si schiarì la gola, incespicando appena al punto da sembrare quasi un colpo di tosse. 

 

Gli occhi scuri, finalmente, si aprirono, come se il loro possessore fosse stato immerso in un sogno fino a quel momento. Ma Scarlett si pentì immediatamente di aver attirato la sua attenzione quando le due perle corvine si posarono su di lei, donandole la loro totale attenzione. 

 

-Ehm... chiedo scusa... probabilmente sentirai un sacco di odori. Non ho fatto in tempo a lavarli via prima di venire qua e il scentblocker ha i suoi limiti- pronunciò con un sorriso rigido, forzando una risata a uscire dalle sue labbra. 

 

L'angelo aveva ascoltato le sue parole con attenzione. Non appena ebbe finito di parlare, infatti, lo vide piegare il capo di lato. Inizialmente, pensò che fosse un segno di quesito, ma l'espressione confusa sembrava essere stata spazzata via. Al suo posto, invece, gli occhi scuri si erano assottigliati in uno sguardo assorto, incentrato interamente sul suo volto. 

 

E Scarlett sentì inevitabilmente un calore estraneo salirle alle guance. 

 

Un altro colpo di tosse strozzato sfuggì dalle sue labbra. 

 

-Che... ne dite se pensiamo a costruire il nido? Ho... anche dei peluche! 

 

La parola doveva essere l'incantesimo magico di cui aveva bisogno, perché lo sguardo assorto posato su di lei si ruppe, portando gli occhi spalancati a cercare freneticamente attorno a sé. Nervosamente, lasciò la sua mano scivolare via dalla presa dell'angelo, allontanandosi appena per afferrare la busta sigillata contenente gli animali di pezza che aveva comprato. Erano piuttosto piccoli, pensò mentre strappava la plastica, ma quantomeno erano una collezione da sette. Si accorse solo in quel momento, guardandoli mentre apriva la busta, che sembravano però raggruppati senza alcun senso logico. 

 

Un lupo, un gatto, un pulcino, uno scoiattolo, un criceto, un coniglio e una tigre. 

 

Un branco bizzarro, constatò, ma aveva poca importanza. I tre Omega erano diventati agglomerati di energia curiosa, incapaci di stare fermi e con sguardi impazienti indecisi tra lei e il contenuto della busta. Scar sentì un sorriso nascere sulle sue labbra. Allungando le mani, lasciò che i tre si immergessero nella busta per raccogliere fra le loro braccia i peluche, sollevandoli con sguardi estasiati. 

 

-Prendete anche la coperta. Starete più comodi. 

 

Scarlett offrì loro ancora una volta la busta contenente il morbido materiale e, questa volta, l'angelo l'afferrò senza esitazione. In quel momento, nella magia di un istante, il calore che era salito al suo viso parve scendere nel suo cuore. I tre corpi, agitati da un'aria che sapeva di timida felicità, presero ad arrotolare la coperta in una sorta di ciambella, al centro del quale si sistemarono stringendo i peluche fra le braccia e incastrandosi in un abbraccio perfetto, così naturale da sembrare il risultato di un'estrema famigliarità. 

 

Scar strinse appena le labbra con occhi attenti, prima di rilassare il viso.

 

-Ho un'altra coperta, ma vorrei usarla per creare una tenda in modo che siate protetti dai rumori e dalla luce. Che ne dite? 

 

Tre paia di occhi si sollevarono su di lei. Nervosamente, attese che una qualsiasi emozione li animasse. Permettere a qualcuno di contribuire alla costruzione dal nido, anche se in minima parte, era un atto di fiducia e accettazione, sopratutto per degli Omega tanto sensibili. Perciò non avrebbe mosso neanche un muscolo fino a quando non avrebbe ricevuto il loro permesso. 

 

E, dopo istanti, vide finalmente l'angelo annuire debolmente, anche se il suo sguardo sembrava essere tornato ad analizzarla con quella misteriosa intensità come quando aveva il naso incollato al suo polso. 

 

Scarlett, distogliendo gli occhi da lui, sorrise, voltandosi per afferrare la seconda coperta. Sollevandosi appena, vide flaconi ancora pieni di disinfettante abbastanza pesanti da permetterle di fermare gli angoli della coperta sopra il tavolo e impedire che cadesse a terra. In questo modo, scendeva in avanti proprio come una tenda, coprendo interamente il fronte del tavolo e nascondendo i tre giovani. Soddisfatta, scostò leggermente il lembo per vedere il gruppo abbracciato in una posa assai più rilassata, con le teste abbandonate all'indietro e gli occhi meno vigili. 

 

-Vi lascio riposare un po', ma sarò qua fuori a controllare che nessuno si avvicini, ok? 

 

I tre la guardarono con occhi a malapena attenti, annuendo con gesti letargici, perciò Scar si affrettò a richiudere la coperta con una sottile risata, per poi appoggiarsi contro la gamba del tavolo, seduta a terra mentre guardava il corridoio ormai tranquillo.

 

-Uhm... posso, signorina? 

 

I suoi occhi scattarono di lato non appena udirono la voce estranea, posandosi sulla figura di un uomo vestito in giacca e camicia, che stava in piedi con le mani conserte dietro la schiena in una posa impacciata mentre teneva la sua distanza da lei. Scarlett lo osservò per qualche istante in silenzio. 

 

-Lei sarebbe?

 

L'uomo, con un gesto fluido, aprì la giacca per estrarre dal taschino interno un distintivo recante il logo della polizia di Detroit.

 

-Agente Sheen. Sono io ad avervi chiamato per venire ad assistere gli Omega. 

 

Scar, studiando la foto che era integrata nel porta distintivo con le informazioni personali dell'agente, annuì. 

 

-La ringrazio per averci chiamato.

 

Sapeva che il suo tono doveva risultare freddo e sbrigativo, ma non le importava. La permanenza dell'agente lì doveva avere un unico scopo. Infatti, un sorriso nervoso si aprì sulle labbra dell'uomo. 

 

-Immagino... che non mi è concesso interrogare gli Omega in questo momento. 

 

Gli occhi affilati di Scarlett si allontanarono in un lampo dal distintivo per posarsi sul suo viso. Poi, fece schioccare la lingua con un gesto secco. 

 

-Sarebbe piuttosto inutile. Non parlano.

 

Le sopracciglia folte dell'uomo si sollevarono in un lampo. 

 

-In... che senso? 

 

Scarlett sospirò, lanciando uno sguardo alle sue spalle. Anche se non poteva vedere i tre corpi, si chiedeva se nonostante il rassicurante abbraccio del loro nido stessero ascoltando la loro conversazione. Il suo tono, a quel pensiero, si abbassò appena anche se il ricordo della loro scarsa comprensione della lingua riemerse. 

 

-Sono regrediti allo stadio non verbale per via dello shock. Se trattati con la dovuta cura, non durerà per molto. Ma in questo momento, anche volendo non riuscirebbe a dare delle dichiarazioni. 

 

L'agente rimase in silenzio a guardarla con confusione a tingergli i lineamenti e Scarlett, nuovamente, sospirò. Aveva davvero senso prendersela con quell'uomo per la sua ignoranza? Era solo un detective, non si aspettava che fosse informato sui delicati meccanismi della psiche Omega. 

 

-La chiamerò non appena saranno in grado, fisicamente ed emotivamente, di reggere l'interrogatorio. Non credo che un paio di giorni faranno una grossa differenza, no? 

 

Dopo un istante rimasto immobile l'uomo, finalmente, annuì con un'espressione crucciata. Infilando nuovamente la mano nella giacca, estrasse un biglietto da visita e, accovacciandosi senza troppe riserve, glielo porse. 

 

-Questo è il numero del mio ufficio. Mi chiami pure appena riterrà che saranno pronti. 

 

Scarlett afferrò l'oggetto, osservandolo per un istante, prima di infilarlo nella tasca dei suoi jeans. L'uomo, nel frattempo, si era risollevato in piedi, compiendo un passo verso il corridoio prima di fermarsi. 

 

-Per quanto riguarda i loro branchi? 

 

Scar scosse il capo. 

 

-Ci penseremo noi, abbiamo già accesso ai vostri database per le persone scomparse. Anche se credo vi dovrete mettere in contatto con la polizia coreana per unire le indagini. Immagino che abitassero lì prima di venire presi dato la loro carenza nell'inglese. 

 

L'uomo, in un istante, aveva estratto un bloc-notes dalla tasca inferiore della giacca, scrivendo immediatamente. 

 

-Grazie per la dritta, renderà più facile il processo. Allora, arrivederci signorina. 

 

Con un gesto del capo, l'uomo le diede le spalle, scivolando velocemente per il corridoio con passo silenzioso. Scar trasse un lungo respiro. 

 

I loro branchi. 

 

Era una cosa di cui si doveva occupare. Anche se, in cuor suo, iniziava a dubitare di doverne cercare tre separati. Per quanto gli Omega legassero tra di loro in situazioni di crisi, era difficile che raggiungessero il livello di intimità che condividevano i membri di uno stesso branco. 

 

Era possibile che provenissero tutti e tre dallo stesso posto? 

 

Era statisticamente difficile, certo, ma non impossibile. Potevano essere stati presi insieme nello stesso momento. Se avesse avuto almeno i loro nomi, avrebbe già potuto trovare questa informazione nei registri degli Omega scomparsi. Questo, ovviamente, a meno che non fosse stato il branco stesso a venderli. 

 

Il suo stomaco si strinse istintivamente all'idea. 

 

Sperava davvero non fosse così. 

 

Pregava non fosse così. 

 

Ma non poteva escludere la possibilità. Aveva visto fin troppe storie come quella nei volti degli ospiti del centro. E anche se avesse trovato i loro nomi tra i registri della polizia, avrebbe dovuto accertarsi che non fossero stati gli stessi Omega ad allontanarsi dal branco, magari in seguito a soprusi e molestie. In quel caso, la denuncia di scomparsa non era che uno strumento per intrappolarli nuovamente nelle proprie mura. 

 

Non lo avrebbe permesso. 

 

Avrebbe indagato sul branco prima di comunicargli che gli Omega erano stati salvati. Avrebbe cercato di captare ogni straccio di informazione da loro per capire che rapporto avevano con i membri e in che modo erano finiti nel maledetto covo di uno spacciatore. 

 

Nessuno avrebbe più fatto loro del male. 

 

Mai più.

 

 

 

 

-Mi scusi? 

 

Scar sbatté le palpebre. Sollevando lo sguardo, notò la figura comparsa davanti alla sua visuale, un giovane con un sorriso conciliante leggermente piegato verso di lei. Il tesserino appeso al taschino della sua divisa le ricordò che era l'infermiere Beta che aveva avvistato nel gruppo che accerchiava i tre Omega. 

 

-Mi dispiace davvero disturbare ma sono già passate due ore e sta diventando difficile tenere le persone lontane da quest'area. 

 

La ragazza corrugò la fronte. Due ore? Era davvero passato così tanto tempo? Non si era neppure assopita, fatto che avrebbe giustificato la sua distrazione, aveva semplicemente contemplato il pavimento mentre un milione di pensieri riguardo al caso dei tre Omega le attraversavano la mente. 

 

Forse aveva bisogno di una vacanza. 

 

No, aveva decisamente bisogno di una vacanza. 

 

-Mi dispiace, capisco che deve essere difficile, ma loro avevano davvero necessità di un po' di tempo per il nido. 

 

L'infermiere si aprì in una smorfia comprensiva. 

 

-Ma certo. E sono molto desolato per la reazione del personale, ma nessuno sembrava ascoltarmi quando davo indicazioni su come comportarsi. Però purtroppo non riesco davvero a guadagnare ulteriore tempo- disse con un sorriso contrito il giovane. Scarlett annuì, anche se trasse un sospiro. 

 

-Quali esami devono fargli? 

 

-Dovremo fare una tac per assicurarci che non ci siano lesioni interne che possano causare problemi. Sarebbe necessario che ricevessero un po' di liquidi endovena a causa della grave disidratazione ma penso che riusciremo a lasciare la responsabilità a voi per quando arriveranno nel centro. E per ultimo... 

 

Scarlett chiuse gli occhi, annuendo senza dire una parola. 

 

Schiarendosi la gola, tornò a osservare l'infermiere. 

 

-Mi può assicurare che non verranno separati? Gli permetterete di restare nella stanza per tutti gli esami che verranno svolti? 

 

Il giovane si aprì in un'espressione invitante. 

 

-Non potranno rimanere nella stessa stanza per la tac ma potranno stare con l'operatore dietro il vetro protettivo. Si vedranno comunque anche durante l'esame. Ma farò in modo che non vengano mai separati per tutto il resto e che il personale li tratti con la massima delicatezza, glielo garantisco. 

 

Scarlett annuì ancora. Raddrizzando la schiena, si accorse solo in quel momento di quanto si era irrigidita stando seduta in quella posizione. 

 

-Mi dia un istante per favore. 

 

La ragazza, inginocchiandosi sul pavimento freddo, si voltò. Con dita esitanti, scostò timidamente la coperta. Gli Omega avevano gli occhi chiusi e i petti sollevati da lenti respiri. Le teste incastrate nel collo del compagno vicino, ferme dove dovevano avere strofinato il naso per inondarsi del profumo rassicurante del piccolo branco. Sembravano più piccoli, accartocciati in quel modo come cuccioli, ammassati in un unico nodo addormentato. 

 

Gli occhi della tigre si aprirono lentamente mentre il suo naso si sollevava appena e Scarlet lo guardò con un sorriso che doveva riflettere senza tante censure il calore che provava ancora nel cuore. 

 

-Mi dispiace, non volevo interrompervi. Purtroppo, dobbiamo spostarci da qua. 

 

Gli occhi di tigre si fecero un po' più chiari all'avanzare delle sue parole, piegandosi verso il basso quando comprese il loro significato. Un verso di protesta nacque dalla sua gola. Quando il timido suono acuto, appena udibile, si sollevò nell'aria, gli occhi degli altri due si schiusero immancabilmente. 

 

-Vi prometto che vi porterò in un posto dove potrete avere una stanza tutta per voi e potrete fare un nido molto più grande di questo. E non puzzerà di malattie e medicinali. 

 

A quelle parole, una scintilla curiosa animò prontamente gli sguardi dei tre, portandoli a scacciare il sonno che vi era ancora aggrappato. 

 

"Erano rilassati al punto da abbandonare le loro difese e addormentarsi profondamente. O erano molto stanchi o hai già guadagnato la loro fiducia." 

 

Scarlett li contemplò per un istante, stringendo i denti in attesa di quello che sarebbe seguito. 

 

-Ma prima... devono finire di controllare che non abbiate ferite interne. 

 

Come se un interruttore fosse stato acceso, la serenità lasciò immediatamente i tre Omega, portandoli a spalancare gli occhi terrorizzati e a schiacciarsi contro il muro, tremando appena mentre si aggrappavano l'uno all'altro. La ragazza si affrettò a scuotere il capo, sollevando le mani. 

 

-No, non dovete avere paura! Non vi faranno del male e mi assicurerò che non vi dividano più. Ve lo prometto. E se vi tratteranno ancora come hanno fatto prima... ce ne andiamo. Non sarete costretti a restare qui un solo secondo in più. 

 

I tre sguardi la osservavano con cauta apprensione, anche se poteva vedere un accenno di sollievo appianargli i visi. Lentamente, presero a staccarsi dalla parete alle loro spalle. Scarlett sollevò le labbra in un sorriso sempre più ampio. 

 

-Mi prenderò cura io di voi. 

 

I giovani la studiarono immobili. Anche se i loro occhi erano illeggibili poteva vedere il dubbio muovere le loro labbra, esitanti tra la fiducia e la paura. Scar, deglutendo, sollevò la mano verso di loro. 

 

Fu l'angelo, come si aspettava, ad afferrarla per primo. Con lo sguardo attento puntato verso di lei, lasciò che lo conducesse con delicatezza fuori dal nido, fino a emergere sulla sala che era stata abitata dal circolo di personale medico poco prima. La ragazza sentì dei sottili versi di protesta quando le accecanti luci bianche colpirono improvvisamente i loro occhi assonnati, portandoli a sollevare le braccia per rintanarsi dietro alla protezione dell'oscurità. Ma quando si furono finalmente abituati ai freddi led del soffitto, i tre corpi sparirono. 

 

Scar sollevò le sopracciglia, voltandosi alla ricerca degli Omega. Questo, prima di scoprirli rintanati dietro alla sua schiena, come se fosse stata una barriera protettiva, mentre osservavano con labbra tirate un punto davanti a lei. E, seguendo i loro sguardi, scoprì il perché. 

 

L'infermiere Beta li guardava con un sorriso comprensivo e aveva cercato di mantenere un'appropriata distanza che non li mettesse a disagio, ma non doveva essere sufficiente a cancellare il ricordo della sua presenza nel momento in cui erano stati accerchiati come prede. 

 

-Lui è bravo, non è come gli altri. Non dovete avere paura. 

 

Nonostante le sue parole, però, i corpi rimasero immobili dietro di lei e i loro sguardi non si sollevarono dal Beta. Il giovane uomo, senza scomporsi, fece un  passo all'indietro. 

 

-Che ne dite se vi accompagno dove dovete andare senza avvicinarmi? 

 

Scarlett annuì lanciandogli uno sguardo grato, prima di tornare a guardare gli Omega. 

 

-Ehi. 

 

Le tre paia di occhi si posarono con esitazione su di lei. 

 

-Ci sono io. Non vi succederà nulla. 

 

Piegando il capo, addolcì il suo tono fino a che solo loro potevano sentirne la delicatezza. 

 

-Andiamo? 

 

Con pazienza, attese. E quando sentì delle mani posarsi sulle sue braccia, circondandole delicatamente in una morbida presa, spalancò gli occhi mentre i loro passi iniziavano a risuonare nel corridoio. 

 

ANGOLO AUTRICE 

Dunque, per chi è nuovo nelle mie storie, vi sembrerà forse che le cose stiano procedendo abbastanza lentamente. Sappiate che a me piace prendere le mie storie con calma, per farvi anche assaporare ogni piccola interazione dei personaggi e come il loro rapporto, un poco alla volta, un mattoncino dopo l'altro, si costruisce. In questo modo, poi, quando arrivano i momenti romantici, hanno anche più impatto. 

 

Questo è per dire che spero non vi stiate annoiando XD e con questo passo e chiudo, ci vediamo sempre di giovedì tra due settimane!

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Capitolo 4
*** 4 ***


-Eccoci qua. 

 

Anche senza guardare i loro volti, Scarlett poteva sentire gli sguardi apprensivi con cui i tre Omega stavano scrutando la porta davanti al quale l'infermiere si era fermato con un sorriso conciliante. Le mani che erano aggrappate alle braccia di lei come un'ancora si strinsero impercettibilmente, portando la ragazza a mordersi brevemente il labbro. Ce l'avrebbero fatta? Iniziava a pensare che forse avrebbe dovuto insistere per portarli via immediatamente invece che restare in quel posto. 

 

-Se desidera, può accompagnarli all'interno, signorina. 

 

Scarlett sollevò le sopracciglia a quelle parole. Con sguardo esitante, si voltò di lato, posando gli occhi sui due visi che si susseguivano al suo fianco destro. Anche se non lo vedeva, poteva però sentire la presenza del terzo alla sua sinistra. 

 

-Se volete, ho il permesso di entrare con voi. La decisione è vostra. 

 

I due sguardi offuscati di ansia si sollevarono su di lei. Le bocche arricciate non si aprirono ma in un istante si ritrovò i tre corpi molto più vicini al suo, quasi incollati alle sue braccia, al punto da accarezzare la sua pelle con il loro naturale calore. Deglutendo, sbatté le palpebre, distogliendo lo sguardo con un risolino nervoso. 

 

-Immagino sia un sì. 

 

Fece quasi fatica a camminare mentre entrava per la porta bianca a causa delle mani che la tenevano stretta e i piedi che si trascinavano dietro di lei, ma non lasciò che alcun commento in merito le sfuggisse. Una volta fatto il suo ingresso nell'ambulatorio, infatti, si concentrò sull'operatore piegato sulla sua scrivania con il viso immerso nel suo computer e la schiena piegata in avanti sulla tastiera. 

 

-Il primo paziente entri. Rimuova catenine, orecchìni, piercing o qualsiasi cianfrusaglia di metallo che abbia addosso-pronunciò l'uomo con voce atona. Scarlett annuì, ma il suo sguardo cadde sul vetro oltre il quale si intravedeva il lettino sospeso e il grande anello bianco che costituiva il macchinario. Nervosamente, posò lo sguardo sui tre ragazzi, forzando un sorriso sulle labbra. 

 

-Allora, ascoltatemi bene. Uno alla volta, dovrete andare in quella stanza e sdraiarvi sul lettino.

 

Fece appena in tempo a terminare la frase che poteva già vedere l'apprensione colorare i visi degli Omega, portandoli ancora una volta ad allungare le mani l'uno verso l'altro, quasi come se quel contatto avrebbe potuto difenderli dall'essere separati. 

 

-Lo so, dovrete allontanarvi temporaneamente, ma resterete a vista l'uno dell'altro per tutto il tempo. Purtroppo non possiamo stare dentro la stanza durante l'esame, ma resteremo qua davanti al vetro in modo che vi potrete vedere, e in più l'esame durerà appena una decina di minuti. 

 

Degli sguardi esitanti saettarono fra i tre, balzando come parole inespresse da un volto all'altro per tornare a posarsi su di lei. Scarlett trasse un respiro profondo prima di continuare. 

 

Ce l'avrebbero fatta. 

 

Doveva crederci almeno lei, anche per loro. 

 

-L'importante è che stiate fermi durante l'esame, ok? La macchina emette un rumore molto forte e anche se vi daranno le cuffie potrebbe spaventarvi comunque, ma è importante che anche in quel caso non vi muoviate. Dovrete resistere un po'. Ma voi sarete bravi e ce la farete sicuramente, non è vero? 

 

Scar si aprì in ampio sorriso, sperando che il tono con cui aveva innalzato la frase risultasse convincente, perché continuava a vedere l'apprensione nei loro occhi sempre più pressante a ogni parola che pronunciava. Se non avrebbe potuto affidarsi alla loro parte razionale per fargli capire che l'esame era necessario e che se avrebbero seguito le sue istruzioni sarebbe passato molto velocemente, avrebbe attirato la parte emotiva che li stava comandando. 

 

Se avessero fatto come indicava, sarebbe stata fiera di loro. 

 

Ma... avrebbe funzionato? 

 

I tre sguardi si confrontarono con muto accordo. Vedeva mani nervose stringersi e aggrapparsi a lembi di vestiti e denti mordere labbra arrossate. Ma, dopo secondi di silenzio, un corpo si fece avanti, ponendosi davanti a lei e sciogliendo la stretta delle dita che lo proteggevano, seppur con il capo leggermente inclinato in avanti e la schiena non del tutto dritta. 

 

Era sorpresa. 

 

Dei tre, non si aspettava di vedere l'Omega decorato da tatuaggi prendere l'iniziativa. Fino a quel momento, per quanto avesse il fisico più massiccio del branco, si era sempre dimostrato il membro più cauto, spesso nascosto dietro all'ombra dell'angelo. Infatti, notò come i due Omega alle sue spalle avanzarono istintivamente verso di lui con occhi angosciati e mani allungate. 

 

Scarlett assottigliò appena gli occhi. 

 

Lo proteggevano. Nonostante era evidente fosse il più forte fisicamente, lo trattavano come se fosse... 

 

Certo, avrebbe dovuto capirlo. 

 

Doveva essere il più giovane. Il prezioso cucciolo del branco. Seppellendo un sorriso, osservò come il ragazzo lanciò un broncio ai due alle sue spalle, sbuffando appena, non come se fosse infastidito dalle loro cure, ma come se cercasse di scacciare le loro preoccupazioni. Con esitazione, infatti, le mani estese verso di lui si abbassarono e lui poté tornare a guardarla, con la schiena un po' più dritta e il capo appena più alto anche se il suo sguardo brillava di timore. 

 

Scarlett si concesse di sorridere. 

 

-Dovrai togliere gli orecchini. Hai bisogno di una mano?- pronunciò dolcemente, sollevando il braccio per indicare la fila di piercing che decoravano le sue orecchie. Il giovane deglutì visibilmente quando le sue dita si avvicinarono al suo viso ma, abbassando la testa come un docile animale, annuì debolmente mentre a sua volta iniziava a sfilare uno a uno i gioielli che decoravano il suo lobo destro. Scarlett, nonostante ciò, esitò per un istante. Cautamente, fece movimenti estremamente lenti che il ragazzo potesse osservare senza il timore di un improvviso attacco mentre portava le mani al suo orecchio sinistro. 

 

Cercò di essere veloce per non metterlo a disagio con il contatto della sua pelle, ma non voleva fargli male inavvertitamente perciò impiegò qualche minuto per portare a termine il compito. Quando ebbe terminato, si allontanò velocemente dal viso del giovane, che pareva avere iniziato a emettere più calore rispetto a quando si era avvicinata. Scarlett, schiarendosi la gola, fece saettare lo sguardo sul suo volto, benché appena oscurato dalle ciocche scure che gli scivolavano sulle guance. 

 

-Anche... riesci a togliere anche... il piercing? 

 

Perché la sua lingua incespicava in quel modo ridicolo? Certo, non aveva ancora avuto modo di notare l'anello argentato aggrappato al labbro del ragazzo, che catturava la luce ogni volta che la sua lingua percorreva nervosamente l'interno della bocca, ma era pur sempre un semplice piercing. Davvero, non era nulla di particolare, assolutamente nulla che lo rendeva ancora più mascolino in quel corpo che urlava asprezza e robustezza. 

 

Scarlett tirò le labbra in sorriso, voltandosi velocemente per afferrare una bustina in cui l'Omega poté riporre il piccolo anello, lasciando l'angolo del suo labbro inferiore improvvisamente vuoto. 

 

-Molto bene, ora puoi andare. 

 

Scarlett annuì con quella che sperava fosse convinzione, ma il suo sguardo fu attirato dal movimento nervoso della gola di lui, che deglutì visibilmente mentre le sue mani prendevano a tremare in maniera impercettibile. La ragazza esitò per un istante. Poi, dopo un attimo di silenzio, fece un passo avanti e abbassò lievemente il tono. 

 

-Andrà tutto bene. Ti prometto che resteremo qua e potrai vederli. E ti prometto che non farà male. Se il rumore diventa troppo spaventoso, prova a canticchiare qualcosa nella tua testa. 

 

Il giovane, per la prima volta, portò gli occhi in quelli di lei. La guardò, con una nuda sincerità che la fece incespicare appena. Quei grandi occhi scuri, assomigliavano quasi a quelli di un cerbiatto grazie alle folte ciglia che li enfatizzavano e al luccichio di genuino timore nel nero profondo. Ma, nel giro di pochi istanti, li vide tingersi di una timida determinazione, mentre le sue mani si stringevano appena in pugni. Con leggera sorpresa, Scar lo osservò raddrizzare il capo e dirigersi verso la porta che conduceva alla stanza con il macchinario senza neppure rivolgere uno sguardo ai due Omega rimanenti. 

 

Con falcate lente ma decise, il ragazzo oltre il vetro si avvicinò al lettino e si sdraiò con un movimento fluido, sistemandosi autonomamente in modo da incastrare gambe e braccia nei supporti giusti. Solo allora Scarlett vide gli occhi scuri saettare nella loro direzione, posandosi nervosamente sulle loro figure mentre teneva i pugni stretti lungo i suoi fianchi. La giovane, allora, gli rivolse un sorriso ampio. 

 

-Finalmente. Vado a stringere le cinghie e possiamo iniziare, abbiamo già perso troppo tempo. 

 

Gli occhi spalancati di Scarlett si fiondarono sull'operatore dal tono annoiato che si stava alzando dalla sua scricchiolante sedia girevole con una postura stanca. Senza un attimo di esitazione, la ragazza si pose davanti a lui sollevando le mani. 

 

-No, aspetti! Non mettetegli le cinghie! 

 

Non poteva lasciarglielo fare. Erano già terrorizzati al pensiero di essere separati, poteva solo immaginare dell'orrore che avrebbero provato all'essere ristretti fisicamente a quel modo. L'operatore, però, sollevò lo sguardo arcigno su di lei. 

 

-Devo mettergliele o si muoverà durante l'esame. 

 

Scarlett si affrettò a scuotere il capo con veemenza. 

 

-Le assicuro che resterà assolutamente immobile. Se gli metterà le cinghie, invece, inizierà a tremare come una foglia e immagino che questo lei non lo voglia. 

 

La ragazza terminò la frase con uno sguardo piccato, sollevando appena le sopracciglia per enfatizzare le sue parole. L'uomo, a quel punto, emise un lungo, trascinato sospiro, grattandosi la testa di capelli diradati. 

 

-Si prenderà lei la responsabilità se l'esame fallisce. 

 

Scar annuì senza esitazione, voltandosi verso il vetro con il petto un po' più leggero. Non appena posò lo sguardo sul lettino, però, incontrò immediatamente gli occhi scuri e apprensivi focalizzati su di lei, in attesa. Guardandosi attorno, trovò il pulsante che attivava l'interfono e lo premette fino a che non vide la lucina rossa che stava accanto accendersi. 

 

-È tutto a posto. La cosa fondamentale è che resti immobile, ok? Riesci a farlo, sì? 

 

Scarlett trattenne una risata quando vide il capo dell'Omega annuire con veemenza. 

 

-Bravissimo. Adesso indossa le cuffie che sono lì accanto e sdraiati del tutto. Noi saremo qua. 

 

E, a quelle parole, gli occhi della ragazza scivolarono sulle due figure con i palmi incollati al vetro e gli sguardi apprensivi fissi sul giovane. Di certo, pensò fra sé, loro non sarebbero andati da nessuna parte.

 

 

 

 

Una volta che il più giovane ebbe fatto il suo ritorno senza aver subito danni, e dopo essere stato ricoperto di attenzioni dai due compagni che lo circondarono emettendo versi acuti con occhi attenti a osservare che il suo corpo fosse, effettivamente, intatto, sembrò diventare tutto più semplice. I due Omega rimanenti entrarono e completarono l'esame senza una minima forma di protesta e attendendo con pazienza dietro al vetro quando non era il loro turno, senza dimenarsi con angoscia per ogni singolo minuto ma osservando, in silenzio e con attenzione. 

 

Sembravano anche aver apprezzato le lodi con cui Scarlett li aveva ricoperti ogni volta che uno di loro usciva dalla stanza del macchinario, a giudicare dal rossore che poteva vedere nascere sulle guance di ognuno dei tre, ma la ragazza tentò di non soffermarsi su quel dettaglio. 

 

Tutto quello, però, sembrò sparire come fumo non appena si ritrovarono davanti alla porta del nuovo ambulatorio che li attendeva, presso il quale l'infermiere Beta li aveva condotti con un sorriso mesto. I piedi di Scarlett sembravano incapaci di muoversi. Pareva tutto così semplice fino a poche ore prima nella sua testa. 

 

Arrivare, trovare gli Omega, eseguire gli esami e portarli via. 

 

Era il suo lavoro. 

 

Ma... per qualche motivo, non riusciva semplicemente a spingerli oltre quella porta, come era suo compito fare, senza curarsi delle conseguenze per loro. 

 

E, forse... avrebbe almeno voluto dargli la scelta. Sapeva che avrebbe rimpianto questa decisione, sapeva che dandogli la possibilità, si sarebbero inevitabilmente ritirati mandando all'aria le indagini della polizia, ma... 

 

Non poteva. 

 

Non poteva costringerli a sottoporsi a... quello. 

 

Perciò, con il petto appesantito da un enorme macigno, si voltò, dando le spalle alle porta chiusa e portando invece gli occhi sui tre Omega in attesa dietro di lei. Loro, con sguardi innocenti ed espressioni confuse, la guardavano curiosamente, privi di almeno una parte di quella paura che li aveva accompagnati fino a prima. 

 

Scarlett inspirò a fondo. 

 

Voleva essere degna di quella fiducia. 

 

-Avete visto che, come vi avevo detto, l'esame non vi avrebbe fatto male e che nessuno vi avrebbe separato. Ora, c'è un'ultima cosa che vi attende. 

 

Scar deglutì, ma resistette la tentazione di abbassare lo sguardo. 

 

-Non sarà doloroso, ma sarà sicuramente qualcosa che vi metterà a disagio. Dovranno... 

 

La sua lingua si incollò al palato. Con labbra tremanti, si costrinse a continuare. 

 

-Dovranno vedere se... avete segni di violenza. Dovranno esaminarvi per controllare se avete lacerazioni o infezioni dovute a... rapporti forzati. 

 

Quello che Scarlett si aspettava era corpi indietreggianti, tremanti, avviluppati gli uni agli altri come avevano fatto finora. Oppure, per contro, sguardi ostili, posture aggressive e gole ringhianti in una statura difensiva. Invece, la reazione che non si aspettava fu il ghiaccio che sembrò avvolgere i tre Omega che, immobili come statue, avevano pupille dilatate e bocche tese, mani strette l'una nell'altra come erano state fino a un istante prima e il vuoto nello sguardo. 

 

-Sentite... so che se... vi è successo quello che penso, chiedervi questo è come trascinarvi dentro un incubo, perciò... 

 

Scarlett, per un istante, chiuse gli occhi. Avrebbe ricevuto una strigliata dopo tutto questo. 

 

"Incoraggiare sempre a fare il kit stupro. Questo è il vostro compito!" 

 

Ma il suo compito era anche proteggerli. E, in quel momento, sapeva che quella era la cosa giusta da fare a quello scopo. 

 

-... se vi rifiuterete, vi porterò via di qua. 

 

I corpi parvero liberarsi impercettibilmente dalla loro gabbia di ghiaccio. Le pupille dilatate osservarono il suo volto e un leggero strato di sorpresa si dipinse sui loro lineamenti. Ma l'esitazione pareva trattenerli come un guinzaglio, il dubbio li incatenava a terra, trascinandoli per impedire che una fiducia mal riposta li portasse alla rovina. 

 

-A essere onesti, questo servirebbe molto a punire le persone che vi hanno fatto del male. Ma non voglio costringervi a farlo, se non vorrete. Non posso stare qui e dirvi che non sarà spaventoso o che non risveglierà brutti ricordi. Perciò... la scelta è vostra. Io vi seguirò, qualsiasi cosa vogliate fare. 

 

Le pupille esitanti si fecero più curiose. Erano indecise tra abbassarsi a terra, guardarsi a vicenda o scrutare il suo volto. Sinceramente, Scarlett si aspettava che al solo menzionare della parola, avrebbero girato le schiene e sarebbero corsi il più lontano possibile da quel posto. Invece, vide una mano tremante allungarsi con scatti incerti. Con espressione sorpresa, la ragazza la osservò protendersi verso di lei, fino a toccarle delicatamente il braccio. Infine, la vide stringersi attorno a esso, mentre uno sguardo apprensivo ma eloquente sembrava celare una domanda dentro di sé. 

 

Scarlett corrugò la fronte. Studiò la bocca indecisa, che si schiudeva appena nel tentativo di pronunciare parole senza successo. Allora, vide lo sguardo dell'angelo implorarla, mentre le sue dita diafane si contraevano sul suo braccio. Le stava chiedendo di capire le sue parole? 

 

-Volete... andarvene? 

 

Con sua sorpresa, però, l'angelo scosse la testa, anche se i suoi movimenti mancavano di spontaneità. Lo vide deglutire, ma il suo sguardo tornò a implorarla, mentre i suoi piedi si avvicinarono appena a lei. 

 

-Volete...- Scar esitò per un istante -che... vi accompagni? 

 

La testa dell'angelo iniziò ad annuire con veemenza. E, in un istante, si ritrovò il suo petto incollato al suo braccio, con le mani di lui avviluppate attorno ad esso quasi quanto lo erano state attorno ai corpi dei suoi compagni. Scarlett fu in istante catapultata al loro posto, perché i suoi arti si congelarono in una posizione immobile, sopratutto quando altri due corpi si incollarono al suo allo stesso modo, circondandola in un abbraccio che la copriva interamente. 

 

Sbattendo le palpebre, cercò di forzare la sua mente a riprendere a funzionare. 

 

-Ma certo che vi accompagnerò. Staremo insieme tutto il tempo e vi aiuterò in qualsiasi modo vorrete. 

 

Tre sguardi si sollevarono su di lei e, anche se l'angoscia vi risedeva ancora, poteva vedere dei timidi sorrisi nascere con esitazione agli angoli delle loro bocche e un pensiero sorse spontaneamente nella sua testa confusa.

 

Che cosa le stavano facendo quei tre Omega?

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Eccomi, I’m back! Scusate ancora per aver fatto slittare il capitolo ma ultimamente sono talmente stanca e impegnata che mi ritrovo sempre a correre all’ultimo per scrivere per poi ritrovarmi che se sto poco bene oppure ho un imprevisto va tutto all’aria. Questa volta, premetto subito che il prossimo capitolo potrebbe arrivare in ritardo perché la prossima sarò alla Games week (se volete venire a trovarmi sarò in Artist Alley 😚) e perciò avrò molto meno tempo a disposizione. 

 

Vi ringrazio ancora della vostra comprensione 🙏🏻

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Capitolo 5
*** 5 ***


Scarlett dovette ammettere almeno a sé stessa di essere tesa quasi quanto i tre Omega mentre facevano il loro ingresso nella stanza. Il lettino ricoperto da una carta blu e la fila di pinze, dilatatori e tamponi che si susseguiva sul tavolo di sterile acciaio non facevano che rendere l'ansia più reale, mentre il forte tanfo di disinfettante nell'aria rendeva già difficile il respiro. I corpi incollati al suo iniziarono a tremare impercettibilmente e la ragazza non poteva biasimarli. Fu solo quando la porta dell'ambulatorio attiguo si aprì che riuscì, finalmente, a lasciare che un minimo di sollievo le alleggerisse il petto. 

 

-Scusate se vi ho fatto attendere, cari! So che dovete già essere in apprensione, ma vedrete che ci metteremo pochissimo! 

 

La donna che fece il suo ingresso nella stanza aveva un viso tondo e gote arrossate, che enfatizzavano ancora di più il suo sorriso rassicurante, e il caschetto corto che le abbracciava i lineamenti sembrava rendere la sua espressione ancora più dolce. Ma, inevitabilmente, il dettaglio che catturò davvero l'interesse di Scarlett fu la scritta evidente sul suo distintivo. 

 

Omega. 

 

Non sapeva se fosse opera dell'infermiere Beta o se fosse solo una coincidenza, ma Scarlett voleva ringraziare il cielo in ginocchio. Il tremore che proveniva dai tre corpi scemò velocemente e poté percepire la loro presa allentarsi appena dalle sue braccia. 

 

Un'altra Omega come loro. Qualcuno che poteva capirli e poteva trattarli con la delicatezza dovuta. Qualcuno che non avrebbe potuto fare loro del male. 

 

-Allora, cari, adesso ho bisogno che uno alla volta vi stendiate qua e io cercherò di essere super veloce, ok? Se vi faccio male, mi chiamate e io mi fermo! Se non riuscite a chiamarmi bussate contro il lettino e io saprò che devo fare una pausa. 

 

Scarlett sorrise alla donna, respirando un po’ più profondamente prima di lanciare uno sguardo ai tre giovani accanto a lei. Con occhi curiosi ma corpi cauti, guardavano la dottoressa prima di fissare gli strumenti sul tavolo, come se non riuscissero a decidere se credere alle sue parole o indulgere nelle proprie paure. Ma quando la voce della donna eruppe nuovamente, Scar si ritrovò a voltare di scatto la testa verso di lei. 

 

-E voi, signorina, volete restare con loro? 

 

Non sapeva perché, ma la ragazza si ritrovò a combattere con un muro di imbarazzo mentre si forzava a pronunciare una risposta. 

 

-Ah, ehm... sì. Io sono del Centro protezione Omega. Sono qui per assisterli durante gli esami prima di riaccompagnarli al dormitorio. 

 

Alla sua risposta, però, Scarlett vide gli occhi della donna percorrere il suo viso per poi scivolare sui tre corpi aggrappati a quello di lei. Un sorriso, più mitigato di quello che aveva mostrato in precedenza, quasi nascosto, come se volesse essere solo per se stessa, nacque sulle labbra della dottoressa. Lo sguardo che tornò a osservarla sembrava nascondere un segreto che non sapeva se condividere o meno. Poi, la vide annuire lentamente. 

 

-Ma certo. È evidente che gli Omega siano... molto a loro agio con voi, perciò se a loro va bene potrete assistere all'esame. 

 

Scarlett analizzò per un istante le parole della donna nella sua testa, soppesando il tono e la pausa con cui aveva enfatizzato il comportamento dei ragazzi. Ma non ebbe tempo di arrivare a capo di ciò che poteva significare perché la dottoressa si era già voltata per afferrare i guanti di lattice e accedere un vaporizzatore che aveva mancato di notare, posto su un mobiletto accanto al lettino. 

 

-Cerchiamo di spingere un po' di odori rilassanti in questa stanza, che dite? Dunque, chi è il primo coraggioso? 

 

Quando la donna si rivolse nuovamente verso di loro con un ampio sorriso, quasi come se stesse chiedendo ai tre Omega chi volesse ricevere un gelato, Scar riportò lo sguardo su di loro. La sua bocca era già in procinto di tradurre le parole della dottoressa, che si fermò. I tre sguardi si osservavano come se già sapessero e dovessero solo prendere quella decisione. Con serietà, si contemplavano a vicenda e, di nuovo, non pronunciarono neppure un suono. Scarlett posò gli occhi sul viso dell'angelo quando si allontanò appena dal suo corpo, fermandosi a pochi passi per guardarla con sopracciglia aggrottate e una leggera tensione nelle labbra. La ragazza inghiottì la preoccupazione dalla sua gola e si forzò a sollevare gli angoli della bocca. 

 

-Andrà tutto bene. Siamo qua. 

 

L'angelo annuì debolmente, prima di voltarsi per dirigersi verso il lettino. Mentre si sdraiava, Scar poteva vedere gli arti rigidi come legno forzare i movimenti, pezzi di un burattino che cercava di resistere al percorso in cui il suo padrone lo costringeva. Quando fu finalmente disteso, la testa dell'Omega si voltò infallibilmente verso di loro e, con labbra tremanti, allungò una mano. Scarlett non esitò neppure per un istante. Con poche ampie falcate, fu al suo fianco, mentre i due Omega restanti si portarono al suo lato opposto, aggrappandosi al suo braccio. 

 

La ragazza prese delicatamente la mano protesa, avvolgendola nelle proprie come se avrebbe potuto proteggerla. 

 

-Caro, preferisci che ti tolga i pantaloni io o vuoi pensarci da solo?- sentì la voce delicata della donna chiedere. Quando Scarlett ebbe tradotto le parole per beneficio del ragazzo, vide davvero il terrore iniziare a seppellire i suoi occhi. Ma, stringendo le palpebre, l'Omega trasse un respiro tremante. Quando le riaprì, guardò la donna che si era sistemata ai piedi del lettino. 

 

-Faccio io?- lo incalzò lei con dolce cautela. Il ragazzo, deglutendo, annuì. 

 

-Allora alzerò questo piccolo divisore così non dovrai guardare mentre lavoro, ok caro? E se hai bisogno di fermarti ricorda di chiamarmi! 

 

La dottoressa attese che Scarlett riferisse le sue parole per ricevere un timido cenno affermativo da parte dell'Omega, prima di sollevare un supporto a cui un telo era attaccato, sistemandolo appena sopra l'altezza dei suoi fianchi. La ragazza, ferma al limite di dove il divisore si trovava, riusciva a vedere entrambi i lati della delicata operazione, perciò quando le dita prudenti della donna iniziarono ad afferrare delicatamente la banda dei pantaloni sdruciti, capì perché il viso del ragazzo si chiuse all’istante in una smorfia sofferente, mentre le sue dita affondavano nella pelle di lei. Poco le importava. Scarlett lo lasciò fare, perché se poteva anche solo aiutarlo ad ancorarsi contro quel terrore che lo paralizzava, ne sarebbe stata felice. 

 

-Ho bisogno che apri le gambe, caro. Piano piano, non c'è fretta. 

 

Scarlett concentrò il suo sguardo interamente sul viso dell'Omega, ponendosi oltre la barriera che li separava dall'azione che stava avvenendo per preservare la privacy del ragazzo. 

 

-Fai un beeeeel respiro. E continua a respirare profondamente, ok caro? Voglio che conti ogni respiro che fai, sì?

 

La ragazza osservò la concentrazione nel volto dell'Omega mentre cercava di assimilare le parole della donna. E mentre la sua espressione si faceva sempre più tesa, con le labbra tremanti e gli occhi strizzati e il naso intento a incamerare avidamente aria, poteva vedere i due ragazzi al fianco opposto avvolgere le mani attorno al suo braccio ed emettere versi acuti, carichi di apprensione. Quando l'orecchio di Scarlett sentì il metallo della pizza tintinnare nell'aria, non fu sorpresa dalla lacrima che scivolò via dalla morsa delle ciglia scure, incespicando sulla guancia pallida e affondando nei capelli color pece. 

 

La mano della ragazza, prima ancora che potesse riflettere sulla sua azione, si era protesa verso il volto angosciato. Le proprie dita, però, si fermarono a mezz'aria, congelate in posizione rigida dopo che la sua mente le aveva trattenute dal giungere a destinazione a un soffio dalla fronte diafana. Le palpebre strizzate si aprirono appena mentre timide lacrime continuavano a solcare il suo viso e Scar ritrovò due occhi imploranti a fissarla in attesa di qualcosa. Gli occhi si posarono sulla sua mano sospesa che, colta nel mezzo del crimine, si stava ritirando lentamente. Ma l'Omega continuò a guardarla con insistenza, prima di posare lo sguardo su di lei. La ragazza, per un istante, esitò. 

 

-Vuoi... 

 

Con la lingua impastata, umettò le labbra secche e percorse da increspature. 

 

-Posso... toccarti? 

 

Il viso percorso di lacrime annuì. Con sua sorpresa, i suoi occhi quasi la implorarono, come se agognassero con disperazione quel contatto. Scarlett dovette trattenere il tremore dalle sue dita. Non sapeva perché nel giro di poche ore si era trasformata in un disastro di impacciatezza, ma le pareva quasi che ogni parola e ogni movimento uscisse da lei come un singhiozzo. Improvviso, inaspettato e imbarazzante. E quando la sua mano sfiorò finalmente la pelle della fronte corrugata, aveva la lenta cautela di chi stava per maneggiare una preziosa porcellana, con il timore e la riverenza di chi non voleva assolutamente rompere la creazione che stringeva. 

 

Scarlett lasciò timidamente che le sue dita stuzzicassero l'attaccatura dei capelli scuri, infiltrandosi tra le ciocche e percorrendole fino a che non si scontrò con il lettino sotto la sua testa. Gli occhi che la fissavano in attesa si socchiusero a quell'azione, sfarfallando appena prima di tornare a fissarla. La ragazza piegò lievemente il capo. Una parte di lei, una piccola vocina chiusa dentro una stanza nella sua mente, continuava a domandare con insistenza cosa stesse facendo. Ma una voce più possente, benché calda e rassicurante, contrastava quelle lamentele con un semplice mantra:

 

"Segui il tuo istinto". 

 

E Scarlett sembrava incapace di fare altro. Si ritrovò ad accarezzare la fronte diafana per poi fare scivolare la mano nei capelli corvini più e più volte, con gesti lenti e misurati. E, con il passare dei secondi, le pareva quasi di vedere il respiro dell'Omega farsi più profondo e controllato e le lacrime diventare sempre più sparse. Il ragazzo dai lineamenti angelici teneva gli occhi chiusi, quasi come se volesse concentrarsi su qualcosa, e, dopo qualche istante, spostò appena il viso. 

 

Scar rimase immobile, bloccando la sua mano. Fissandolo, studiò rapita mentre lui posava la guancia sul suo palmo, per poi strofinarla appena con piccoli movimenti. La ragazza deglutì, ma la sua mano fu più veloce di lei. Il pollice prese ad accarezzargli delicatamente la pelle, asciugando le tracce umide che l'avevano dipinta. 

 

-Stringi i denti, caro, arriva la parte peggiore. Ma dopo questa, sarai libero! 

 

Scar fece appena in tempo a rivolgere la sua attenzione alla dottoressa che vide i lineamenti del ragazzo contorcersi nuovamente, tirando la bocca in una smorfia sofferente ed emettendo un verso straziato dalla gola. La ragazza lasciò che anche la mano che ancora stringeva la sua raggiungesse il viso angelico, avvolgendolo in un abbraccio. 

 

-Sei bravissimo. Sei molto coraggioso. È quasi finito. Ce ne potremo andare e non dovrai più fare nulla del genere- continuò a mormorare lei, accarezzando le guance bagnate da nuove lacrime. Le due pupille scure si fissarono su di lei, implorandola di porre fine a quella tortura mentre solo versi acuti sfuggivano dalle sue labbra. 

 

-Lo so. Respira. Conta i respiri. Bravissimo, proprio così. 

 

-Finito! 

 

Scarlett voltò di scatto il viso con espressione stupita. Ma la dottoressa stava già sfilando i guanti di lattice dalle sue mani emettendo uno schiocco sonoro e abbassando la mascherina che le copriva la bocca per mostrare un sorriso incoraggiante. 

 

-È libero! 

 

Scarlett non si era neppure accorta che la donna aveva già fatto in tempo a sistemare i vestiti del ragazzo, ma un rumore improvviso fece riportare la sua attenzione sull'Omega. O almeno lo avrebbe fatto, se un paio di braccia non si fossero buttate attorno alla sua vita e un corpo non si fosse scagliato su di lei, stringendola con veemenza. Sbattendo le palpebre, la ragazza abbassò gli occhi sull'angelo che la teneva in un abbraccio disperato, affondando il volto nell'incavo del suo collo e aggrappandosi alla sua maglia con dita tremanti. 

 

Le braccia di Scarlett rimasero sospese nell'aria per diversi istanti. Con lo sguardo perso nel vuoto, le avvicinò con estrema lentezza al busto di lui, posandosi sui vestiti con tanta cautela che il suo tocco doveva essere quasi impercettibile. 

 

 

 

Il tavolo di acciaio sterile che prima recava la fila di strumenti dall'aspetto minaccioso era diventato vuoto, abitato solo da tre buste sigillate contenenti tamponi e provette. I tre Omega non stavano più avviluppati attorno alle sue braccia, ma i loro corpi non si allontanavano mai dal suo di più di un soffio, seguendola come calamite che non riuscivano a contrastare la forza opposta. Scarlett cercò di ignorare quel dettaglio, concentrandosi invece sul pennarello nero che la dottoressa stringeva in mano e che stava sospeso sopra le buste. 

 

-Cari, potreste dirmi i vostri nomi? 

 

Scar sollevò uno sguardo cauto sui tre, che si scambiarono sguardi incerti. Le loro labbra rimasero sigillate. 

 

-Capisco. E alla signorina? A lei potreste dirli i vostri nomi? 

 

La domanda parve sollevare l'attenzione dei tre ragazzi, che raddrizzarono le schiene e posarono gli occhi frenetici sul viso di lei. Vide bocche schiudersi e versi cercare di uscire da loro, mentre una frustrazione quasi bambinesca rendeva le loro espressioni ostinate. 

 

-Non c'è problema, non forzatevi. Allora, facciamo così. Può alzare la mano chi di voi è il maggiore? 

 

Scarlett riportò con curiosità la domanda ai tre. Gli Omega rimasero per un istante fermi in un'espressione perplessa, quando un braccio incerto si sollevò appena. La ragazza posò lo sguardo sull'angelo, che la osservava con cautela e quella che sembrava una lieve nota di imbarazzo. 

 

L'avrebbe quasi fatta sorridere, se si fossero trovati ovunque al di fuori di quella stanza. 

 

-Molto bene, allora per il momento segnerò le buste come appartenenti al maggiore, al membro di mezzo e al minore e non appena avrete voglia di dire i vostri nomi all'adorabile signorina, lei mi potrà chiamare per comunicarmeli. 

 

Scarlett incontrò il sorriso eloquente della donna, che la stava fissando con insistenza. Ovviamente aveva necessità dei nomi per poter catalogare adeguatamente i kit. Doveva assolutamente ricordare di chiamarla appena sarebbe riuscita a farli parlare. Ma la sua mente riuscì a malapena a soffermarsi su quel pensiero. I suoi occhi, infatti, continuavano a scivolare sulle tre buste sigillate dispiegate sul tavolo di metallo. E la domanda continuava a premere insistente nella sua testa, tanto rumorosa che perfino la donna doveva averla percepita. 

 

-Volete trattenervi un momento con me? 

 

Scarlett posò gli occhi sui tre Omega che la fissavano con confusione ma aspettativa. Cosa attendevano? Perché la guardavano come se... 

 

Scacciò quel pensiero. 

 

-Volete aspettarmi fuori dalla porta? 

 

Ma le tre teste presero a scuotersi con violenza, cogliendola alla sprovvista. La sua lingua, per un istante, non riusciva a trovare le parole. 

 

-Ok, ok... va bene. Parlerò un attimo con la dottoressa e poi andremo.

 

Le tre teste annuirono all'unisono senza esitazione. Scarlett, indugiando appena sugli sguardi che la fissavano, si allontanò verso l'angolo della stanza, sapendo che la dottoressa l'avrebbe seguita. Schiarendosi la gola, abbassò gli occhi al pavimento. 

 

-Non comprendono abbastanza l'inglese, ma non avrei comunque voluto discutere di questo davanti a loro. 

 

-Sembrano affidarsi molto a voi. In questo momento, siete il loro punto di riferimento perciò non vorranno perdervi di vista per alcuna ragione. 

 

Scarlett sollevò lo sguardo alle parole della donna. Sul suo viso tondo, si dispiegava ancora una volta quel sorriso curioso, che non riusciva a comprendere. Ma non era quella la questione più pressante. 

 

-Avete già... un'idea? 

 

Per la prima volta da che aveva messo piede in quella stanza, il sorriso si spense da quel volto solitamente allegro. 

 

-Sì. 

 

Scarlett sapeva che quella semplice parola voleva rispondere anche alla domanda che non aveva ancora espresso. Abbassando lo sguardo, si trattenne dal guardare ansiosamente i tre Omega. 

 

-Le lacerazioni più recenti sembrano risalire ad almeno un mese fa, però... è evidente. Non penso che dai tamponi risulteranno resti organici incriminanti, ma quantomeno ci permetteranno di assicurarci che non abbiano contratto alcuna malattia. E le prove fotografiche saranno immediatamente inviate alla polizia non appena potremo catalogarle con i loro nomi. 

 

Scarlet si morse il labbro con violenza, annuendo seccamente. 

 

Maledetti bastardi. 

 

Normalmente non era incaricata di seguire i casi giudiziari più efferati, ma in quel caso si sarebbe personalmente premurata di incentivare le indagini fino a che almeno il colpevole principale non fosse stato gettato in prigione fino alla fine dei suoi giorni. 

 

-Lavorerò subito a risolvere quel problema- pronunciò con tono piatto, tenendo gli occhi incollati al pavimento. 

 

-Non abbiate fretta, cara. Non temete. Si apriranno con voi molto prima di quanto pensiate. 

 

Finalmente, Scarlett risollevò lo sguardo sulla donna. Le sue labbra erano tornate ad assumere quel sorriso che le ingentiliva ancora di più i lineamenti. Un sorriso materno. 

 

-Sembrate essere molto sicura delle mie doti. 

 

La dottoressa si lasciò sfuggire un lieve risata. 

 

-Vi stanno aspettando ansiosamente. Non fateli attendere- replicò semplicemente la donna, dandole le spalle subito dopo e ignorando la sua espressione interrogativa. Ma Scarlett scosse il capo, cercando di non darvi peso. Voltandosi, infatti, non riuscì a fare a meno di concentrarsi sulle smorfie ansiose che la attendavano. 

 

Scar trasse un profondo respiro.

 

Avanzando verso di loro, questa volta non esitò. Con una mano prese quella dell'angelo, mentre con l'altra afferrò quella di occhi di tigre. E lasciò che quella stanza rimanesse alle sue spalle, lontana da loro. 

 

-Andiamo via di qua.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

CE L’HO FATTA. Nonostante la maratona della Games week sono riuscita a pubblicare, urrà per me. E tutto sommato non è uscito neanche un capitolo niente male XD fun fact, in questi primi momenti le interazioni tra di loro sarebbero dovute essere ancora più caute (so che logicamente parlando sono ancora degli estranei) ma al diavolo! Come ho detto all’inizio, ho scritto questa storia per indulgere nei tropes che amo di più perciò lascerò la logica per un’altra volta XD voglio solo scrivere di momenti dolciosi hurt-comfort senza vergogna!

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Capitolo 6
*** 6 ***


Quando misero piede nell'ingresso del Centro, Scarlett iniziò finalmente a respirare. Quel sottile velo di ansia nascosto sotto alla superficie, quell'onnipresente tensione e diffidenza che l'aveva seguita ogni istante che aveva passato in ospedale, si sollevò da lei come una coperta, rivelando la serenità che l'ambiente famigliare regalava. Un ambiente in cui sapeva che gli Omega sarebbero stati al sicuro. 

 

I tre ragazzi con lei, però, non parevano condividere gli stessi sentimenti. I loro corpi, infatti, erano ancora incollati al suo, arpionati alle sue braccia per impedire di allontanarsi di un solo passo mentre si guardavano attorno con occhi cauti e nasi ansiosamente pronti a catturare ogni minima traccia di pericolo. 

 

-Scar, ce l'hai fatta! 

 

La ragazza distolse lo sguardo dai tre quando una voce energica la richiamò. Annabeth era la persona perfetta per accogliere le persone al Centro, con la sua personalità materna ma risoluta, i suoi capelli sempre perfettamente in piega di un allegro arancio e l'esperienza che aveva accumulato nei suoi vent'anni di lavoro. Era diventata la persona a cui la direttrice affidava la maggior parte delle responsabilità in sua assenza e ognuno rispettava la sua autorità senza remore grazie alla sua estrema competenza. 

 

-Perdonamiiiii ancoraaaa per averti chiamata nel tuo giorno libero! 

 

Beth allungò le labbra in un broncio, congiungendo le mani in segno di preghiera nella sua direzione. 

 

"Ah... è vero."

 

Aveva dimenticato che quello era il suo giorno libero. Come aveva fatto a dimenticarlo? Ricordava l'irritazione che aveva provato al ricevere la chiamata solo poche ore prima eppure... era come se quel tempo fosse diventato impossibilmente lontano. 

 

-Non ti preoccupare, Beth. 

 

Trattenne la sua lingua dal pronunciare le parole che stavano sorgendo immediatamente dopo. 

 

"Ti sono forse perfino grata di avermi chiamato." 

 

Invece, lasciò che un semplice sorriso seguisse la sua replica, distogliendo velocemente lo sguardo dalla donna. Non poteva fare a meno di controllare la reazione degli Omega, ormai un'azione inconscia che si ritrovava a compiere ogni paio di minuti. I suoi occhi scivolavano inavvertitamente sui loro visi, per studiare quale emozione li stesse attraversando. In quel momento, stavano guardando Annabeth con circospezione, portando i loro corpi impercettibilmente nascosti dietro al suo. 

 

-Voi dovete essere i nostri nuovi ospiti. Benvenuti, spero vi troverete bene qui ma per qualsiasi problema non esitate a chiedere a me. Mi chiamo Annabeth, è un vero piacere conoscervi. 

 

La donna rivolse un ampio sorriso ai tre, enfatizzato dalle fossette che apparvero agli angoli della sua bocca, un sorriso che riusciva a mettere a proprio agio chiunque entrasse nella struttura. Scar, dopo un istante, si ricordò di riportare le parole di Beth ai ragazzi. 

 

-Ah, stavo dimenticando della lingua! Quindi alla fine sono coreani? 

 

Scarlett annuì. 

 

-Fortunatamente. Ha semplificato molto tutto il processo in ospedale, nonostante il casino che avevano combinato... 

 

Alle sue parole, sul viso della donna si formò un'espressione interrogativa, ma Scarlett scosse il capo con un sospiro. 

 

-Dopo ti spiegherò.

 

Beth, senza abbandonare la traccia di curiosità nei suoi occhi, annuì, prima di far scorrere lo sguardo sui tre Omega ancora riparati dietro al corpo della ragazza. 

 

-Si sono abituati a te molto in fretta, vedo. Sono in omegaspace? 

 

Scarlett deglutì, cercando di scacciare ogni pensiero intrusivo riguardo a quella frase che iniziava a suonare famigliare. 

 

-Sì, sono in omegaspace. 

 

E no, non avrebbe affrontato l'altra affermazione in quel momento. Ma Beth parve non fare caso a quel fatto, concentrandosi invece sull'indirizzare un dolce sorriso ai tre ragazzi. 

 

-Allora vi lascerò andare in fretta così potrete andare a riposarvi in un bel nido nuovo. Ma prima, vestiti!

 

Le vivide ciocche arancioni frustarono l'aria mentre la donna si piegava per afferrare uno scatolone che teneva sotto la scrivania, in uno scomparto a scorrimento che Scarlett conosceva già a memoria. Sollevando il pesante carico, la donna sollevò i lembi di cartone per affondare le mani nel suo contenuto.

 

-Vediamo un po'... tu hai un corpo piuttosto minuto perciò questo dovrebbe andare...

 

Estrasse una prima coppia di felpa e pantaloni di una tuta grigia imbustati in una confezione di plastica sigillata, per poi presentare un paio di magliette in una confezione che doveva contenere anche una scorta di biancheria intima. La donna allungò i vestiti verso l'angelo, che li osservò per qualche secondo prima di protendersi appena per afferrare il carico e tornare a nascondersi dietro la schiena di Scarlett. 

 

-Per te un'ottava dovrebbe andare... ma per te invece... 

 

Scar vide la donna esitare dopo aver consegnato la tuta a occhi di tigre, soffermandosi per qualche istante a osservare le spalle solide e la figura scolpita del terzo Omega. 

 

-Dovremo salire un po' di più per farci stare tutti quei muscoli che ti ritrovi- pronunciò infine con una risata, estraendo l'ultimo set identico ai precedenti e porgendolo al ragazzo decorato da tatuaggi. La sua espressione confusa davanti alla risposta di Beth faceva quasi intenerire Scar, ma la ragazza non aveva alcuna intenzione di tradurre quella frase. E, pensandoci, non riusciva a capire neanche il perché sembrava così determinata nel rifiutarsi, ma non indugiò troppo in quel pensiero.

 

-Portali alla stanza tredici, il letto dovrebbe bastare per tutti i tre, ma lo possono separare in due a mezza piazza se preferiscono. 

 

Scarlett annuì in silenzio, afferrando la chiave argentata a cui era attaccato il portachiavi di un lupo di peluche che Beth le stava porgendo. 

 

-Non penso ce ne sarà bisogno, ma riferirò. Grazie Beth. 

 

Un verso divertito giunse alle orecchie della ragazza mentre osservava distrattamente il "13" inciso sull'argento lucido della chiave, portandola a sollevare uno sguardo interrogativo sulla donna seduta dietro la scrivania. Quella che incontrò fu un'espressione compiaciuta, che la studiava con un'aria affascinata negli occhi. 

 

-Che c'è?- domandò Scar sollevando un sopracciglio. 

 

-No, mi chiedevo solo...- esordì Annabeth con un tono misterioso. Ma, dopo qualche secondo, scosse la testa mantenendo l'espressione sul suo viso. 

 

-Nulla. Dal momento che sei l'unica che riesce a comunicare con loro, li affido a te. Appena hai novità sui loro nomi e i loro branchi fammi sapere, ma la responsabilità del caso è interamente sulle tue spalle. 

 

Scar annuì lentamente, continuando a studiare il viso della donna. C'era una possibilità che, data la richiesta improvvisa e la difficoltà del caso, una volta che avesse svolto il suo compito di riportare gli Omega al Centro sarebbero passati sotto la custodia di un altro operatore. Ma Scarlett aveva cercato di tenere quel pensiero lontano dalla sua mente, almeno fino a quando Beth non aveva posto fine alla questione. E, se ci pensava, la ragazza sapeva in cuor suo che non avrebbe mai ceduto il caso a qualcun altro. Ma perché? 

 

Perché sembrava essere così ostinata? 

 

-Grazie Beth. Ti darò tutte le informazioni appena saprò qualcosa- si affrettò a salutare Scar, prendendo a marciare verso il corridoio di destra con i tre Omega al seguito. Conosceva quell'edificio forse più di casa sua, perciò non doveva neppure osservare la targhetta appesa al muro per sapere quali stanze si susseguivano davanti a loro. L'ala maschile era contrassegnata da una sequenza di numeri dispari in contrasto con la fila di porte dai numeri pari che si trovava nella zona opposta dell'edificio, l'ala femminile. 

 

Le porte erano numerate a partire dal novantanove, perciò sapeva che doveva girare due angoli prima di raggiungere l'ultima sequenza, che includeva le stanze dalla diciannove alla uno. La penultima porta sulla destra era dipinta di un bianco sporcato di beige su cui il numero tredici era indicato dalla scritta dorata su cui si rifletteva la porta di fronte. Grazie alla moquette color tortora e al muro rivestito per metà da eleganti finiture in legno laccato di bianco, Scarlett poteva associare con orgoglio l'aspetto del Centro più a un elegante hotel che a un corridoio d'ospedale, come spesso era comune in altre strutture simili. 

 

Perciò, con impazienza, infilò la chiave nel pomello dorato e aprì la porta. Con un sorriso genuino, si spostò leggermente, esponendo le tre figure rintanate dietro di lei alla vista della stanza. 

 

-Qui è dove starete per un po'. Spero vi piaccia. 

 

Gli Omega allungarono le teste in avanti con bocche dischiuse e grandi occhi attenti. La camera, identica alle altre del corridoio, era piccola ma accogliente. Un panna delicato colorava le pareti e un ampio armadio marrone si stagliava sul fianco destro. Ma era il grande letto al centro che richiamava l'attenzione maggiore, molto più largo di un letto normale dal momento che avevano unito le due strutture per creare un unico spazio, scelta che solitamente veniva utilizzata per mettere a proprio agio piccoli branchi come quello che stava sulla soglia. 

 

-Entrate, non abbiate timore. Questo spazio è solo per voi. 

 

I tre rivolsero sguardi esitanti verso Scarlett, ma lei rispose con un semplice sorriso e un cenno del capo. Molto lentamente, gli Omega iniziarono a fare piccoli passi, introducendosi nell'ambiente abbassando sempre di più le spalle e sollevando il naso per studiare eventuali tracce olfattive. 

 

-Dentro l'armadio troverete un po' di materiali per creare un nuovo nido, ma se avrete necessità di qualcosa in particolare non esitate a chiedermelo. A sinistra troverete il bagno con un kit per la cura personale per ognuno di voi. Ora vado a scovare qualcosa da mangiare mentre vi sistemate, starete morendo di fame- disse allora, attirando l'attenzione dei ragazzi mentre si allontanava dallo stipite contro il quale si era appoggiata mentre li osservava esplorare la stanza. Ma i loro occhi la osservarono allarmati, riavvicinandosi a lei con versi acuti non appena fece un passo all'indietro. 

 

-Ehi, ehi, non scappo via! Vado solo in cucina a prepare qualcosa per voi e poi torno. Ok? Vi prometto che siete al sicuro qua. Tenete.

 

Scar estrasse la chiave argentata dal pomello, posandola nella mano di occhi di tigre, che la osservò con pupille spalancate. 

 

-Se vi sentite più sicuri, chiudete la porta quando me ne vado. 

 

Gli Omega osservarono la chiave per lunghi istanti, prima di tornare a osservarla mentre tornava nel corridoio. 

 

-Torno presto, prometto. Intanto esplorate un po'. O fate un bel nido. Mi piacerebbe vedere cosa riuscirete a costruire in uno spazio adeguato- terminò lei, ricascando in quel tono incoraggiante, un po' infantile, che voleva richiamare a sé la parte più istintiva degli Omega. Sembrò funzionare, perché le parve di vedere i tre sguardi animarsi di una luce nuova, quasi determinata, prima che lei sparisse lungo il corridoio e sentisse la porta chiudersi dietro le sue spalle. Come aveva suggerito, la chiave girò due volte nella serratura. 

 

 

I suoi passi erano leggeri mentre portava il vassoio carico di cibo oltre il primo angolo dell'ala maschile. Dopo essere stata in cucina ed essere riuscita a strappare tre porzioni anticipate della cena ai cuochi, i suoi piedi avevano preso la direzione del corridoio senza un istante di esitazione. Era come se ogni momento che passava lontana, il suo cuore prendesse a battere più rapidamente. Una misteriosa ansia ronzava nel sottofondo della sua mente, incoraggiandola a sbrigarsi e a tornare. 

 

E di nuovo, la domanda sorgeva. Perché?

 

Perché si stava comportando a quel modo? 

 

E di nuovo non riusciva a fare altro che la stessa cosa: seppellire ogni quesito nel fondo della sua coscienza. Perché non aveva una risposta o perché non voleva accettarla, oppure perché era una professionista e avrebbe fatto il suo lavoro diligentemente. 

 

Non appena voltò l'ultimo angolo del corridoio, però, il suono della chiave che girava nella serratura attirò la sua attenzione. Non aveva ancora neppure raggiunto la porta che questa si aprì, mostrando tre paia di occhi sporgere oltre lo stipite, esponendo solo la sommità della testa. Scarlett dovette trattenere un sorriso divertito quando la vista le fece pensare che in quel momento assomigliassero a tre topini di un cartone animato. 

 

-Visto? Come promesso, sono tornata. 

 

Quando la ragazza fu finalmente davanti alla porta, i tre visi la attendevano con ansia e i corpi tremavano leggermente di energia nervosa. Scarlett allora allungò con un sorriso il vassoio. 

 

-Ecco qua. Mangiate più che potete, ma lentamente. Non vorrei che vi sentiste male se i vostri stomaci non sono abituati. 

 

Gli occhi dell'angelo si sollevarono allarmati su di lei. Quando Scarlett fece per ritrarsi nuovamente, la mano di occhi di tigre si allungò, prendendole delicatamente il polso mentre un verso interrogativo lasciava la sua gola. 

 

-Non voglio impuzzolentire il nido con tutti gli odori che ho addosso. È meglio che non entro, non trovate? 

 

Scar osservò le tute grigie che avvolgevano i corpi dei tre Omega, segno che dovevano almeno essersi cambiati e, probabilmente, anche lavati per liberarsi del tanfo che si portavano dietro come un ricordo dell'incubo che avevano passato. Anche il ragazzo con il braccio tatuato però allungò la mano a sua volta per prenderle il polso, mentre l'angelo la guardava e indicava con la testa la stanza dietro di sé emettendo una serie di versi che sembravano un'implorazione. Lo sguardo di Scarlett si spostò brevemente oltre le sue spalle, dove poteva vedere una vaga sagoma scura sistemata sopra il grande letto. 

 

-Ah, volete mostrarmi il nuovo nido?- chiese con un sorriso sempre più ampio. I tre Omega annuirono all'istante, prendendo a tirarla verso l'interno della stanza e chiudendo la porta dietro di lei non appena fu al cospetto del letto. Per qualche istante, Scarlett rimase ferma davanti a quel piccolo capolavoro, immobile ad ammirare con uno stupida smorfia dipinta sul viso. Non era niente di speciale, certo, ma non c'era segno più incoraggiante del benessere di un'Omega di un bel nido curato e ordinato. 

 

Avevano creato due pile di cuscini ai lati, perfettamente simmetriche in modo da impedire che quelle pareti di fortuna crollassero e, usando la testiera del letto come sfondo, avevano poggiato una coperta sopra, creando una sorta di tenda. All'interno, poteva anche intravedere altre coperte arrotolate in forme di ciambelle e i peluche che aveva donato loro in ospedale e che fortunatamente aveva ricordato di portare con sé. Sembravano amarli molto, per qualche motivo che a Scarlett davvero sfuggiva dato il loro aspetto malandato. 

 

Il nido era un po' più piccolo rispetto alla lunghezza del letto su cui era costruito, ma Scar immaginava già che lo spazio sarebbe stato più che sufficiente per loro tre una volta che si fossero infilati lì dentro. Era come se potesse vederli, aggrappati l'uno all'altro in un bandolo di calore, impossibilmente vicini non tanto per necessità quanto perché era naturale per loro. 

 

-È bellissimo- disse infine con tono fiero, continuando a contemplare la loro creazione. Li poteva sentire osservarla con il fiato sospeso, come se fossero nervosi in attesa del suo parere. Perciò lasciò che il sorriso sul suo volto si allargasse ancora di più, illuminando la sua intera espressione. 

 

-Siete stati davvero bravissimi. Gli Omega più bravi che io abbia mai visto. 

 

Caricò ancora di più la sua voce di calore mentre pronunciava le ultime parole, appoggiando infine il cibo per poter guardare meglio i tre con grandi occhi sollevati su di lei. Il ragazzo decorato da tatuaggi sembrava esitante, quasi come se non volesse concedersi di credere ai suoi complimenti, ma l'angelo e occhi di tigre la ammiravano come se fosse stata una stella cadente, indossando sorrisi estatici ed emettendo versi entusiasti. Occhi di tigre, a un certo punto, prese pure la sua mano e la sollevò. Scar non capì che cosa stesse cercando di fare fino a che non vide le sue dita raggiungere la testa di folti capelli scuri. 

 

Dopo un momento di immobilità, con cautela iniziò ad accarezzare il capo lievemente abbassato dell'Omega, che la osservava timidamente da sotto le folte ciglia. Passò appena qualche istante prima che anche l'altra sua mano venisse portata sulla testa dell'angelo, intento a cercare di attirare la sua attenzione come se fosse stato un cucciolo geloso. Infine, con le dita impegnate a passare fra le ciocche morbide dei due, Scarlett lanciò un'occhiata al più giovane che, ancora leggermente in disparte, studiava la scena con una sorta di invidia. La ragazza, sorridendo, sollevò la mano da occhi di tigre allungandola verso di lui. L'Omega con il suo fisico massiccio e le spalle muscolose abbassò il capo come un timido cerbiatto prima di avvicinarsi, come se l'azione lo imbarazzasse terribilmente. 

 

Scarlett sospirò. 

 

La sua testa le stava chiedendo cosa diavolo stesse facendo, per la millesima volta in quella giornata. E per la millesima volta, decise di porla a tacere. 

 

-È ora di cena ormai. Mangiate prima che si freddi il cibo. Io tornerò domani mattina a trovarvi, ok?

 

Le teste che fino a quel momento si erano rilassate sotto al suo tocco si sollevarono con uno scatto secco, portando occhi ansiosi su di lei. Scarlett cercò di mantenere la stessa espressione conciliante. 

 

-Non posso restare qui per tutto il tempo, devo tornare a casa mia. E questo adesso è il riparo del vostro branco, il vostro spazio sicuro. Prendetevi un po' di tempo per voi tre, ve lo meritate. 

 

La ragazza sentì il cuore spezzarsi quando, non appena fece un passo indietro, gli Omega protesero le mani in avanti come se non volessero che lasciasse mai più quella stanza. 

 

Doveva sbrigarsi. Se avesse indugiato ancora, rischiava di cedere ai loro sguardi imploranti. 

 

-Tornerò, ve lo prometto. Finora ho sempre mantenuto le mie promesse, no? 

 

Ma i tre ragazzi non annuirono. La guardavano esitanti, incapaci di decidere come agire. Ma prima che il suo corpo la tradisse e la riportasse al loro fianco, con le braccia protese a circondare i loro fragili cuori, aprì la porta dietro alle sue spalle. 

 

-Andrà bene. Godetevi il vostro bel nido, vedrete che il tempo volerà. 

 

Eppure, quando la serratura della porta risuonò dietro di lei, non poteva fare a meno di vedere ancora di fronte a sé gli occhi ansiosi che la osservavano. 

 

 

 

 

All I wanna do

Is see you turn into

A giant woman, a giant woman 

 

Non aveva idea idea di che ore fossero. Non aveva neanche idea del perché non aveva spento il cellulare prima di andare a dormire. Le coperte frusciarono contro il suoi pigiama quando, con palpebre serrate, rotolò fino al comodino per porre fine a quel rumore. 

 

-Pronto? 

 

La sua gola era gracchiante come un vecchio televisore e aspra come l'asfalto. Dall'altro capo, però, la voce che era abituata a sentire carica di entusiasmo risuonò estranea nella sua serietà. 

 

-Scar, scusami davvero per l'orario, ma abbiamo un'emergenza. 

 

Sentiva parole, ma non comprendeva neppure se stava ancora sognando. 

 

-Co... sa?

 

-Gli Omega che hai portato oggi, cioè... ieri. Non fanno che piangere da ore. E continuano a chiamare il tuo nome.

 

ANGOLO AUTRICE 

Ciao a tutti, miei cari piccoli lettori. Oggi niente battute, ma vi lascio in regalo questo capitolo per sanare un po' la tristezza che questa settimana ci ha portato. Spero vi posso essere un minimo di conforto e che possiate indulgere un po' in questi piccoli momenti di dolcezza anche se fittizia. Spero vi sia piaciuto e che siate ansiosi di scoprire di più. 

 

Un abbraccione forte dalla vostra Juliet, che continuerà a scrivere fino al 2025 e oltre.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Non appena Scarlett aveva messo piede in casa, non aveva guardato altro nel suo cammino se non la doccia che l'attendeva nel suo invitante abbraccio. Eliminando velocemente i vestiti sporchi dalla lunga giornata, li appallottolò in mano, allontanandoli appena quando un lieve accenno di disinfettante le salì alle narici. Entrata in bagno, li gettò con urgenza nel cesto dei panni sporchi, più lontano possibile dal suo naso e dai ricordi di ospedali da incubo. 

 

Amava la sua doccia come amava la sua tazza di latte serale: bollente. Anche se la sua pelle diventava fin troppo rossa sotto il getto di acqua calda, amava la sensazione quasi ustionante che scioglieva i muscoli e le rilassava la cervicale. E il vapore che annebbiava i vetri del box e le abbracciava il corpo le faceva quasi immaginare di essere in una spa. Quella sera prestò particolare cura nello strofinarsi la pelle con il suo fedele sapone senza fragranze; avrebbe eliminato ogni traccia di fetore accumulato nella giornata e, sopratutto, nell'ospedale. Quando sarebbe tornata alla struttura la mattina dopo, avrebbe voluto essere perfettamente pronta per gli Omega. Non avrebbe portato neanche un briciolo di odori estranei nella loro nuova tana! 

 

Asciugandosi i capelli, il suo sguardo cadde velocemente sul scentblocker che stava ormai costantemente sul ripiano dello specchio. Lo spray l'avrebbe aiutata maggiormente la mattina dopo a coprire aree più ampie per mascherare il suo odore prima di andare a trovare gli Omega. Forse, come misura di sicurezza, si sarebbe coperta ulteriormente con un roller nei punti caldi. 

 

L'appartamento di Scarlett non era minuscolo, ma non poteva dire di navigare in una magione. Nonostante ciò, la sua vita si ritrovava concentrata su piccole, precise aree mentre lasciava completamente inutilizzate altre. Ad esempio, per quanto avesse un tavolo al centro del salotto-cucina, ogni suo pasto lo spendeva sul divano, circondata da peluche e spaparanzata davanti alla televisione. Ma quella sera, invece che ricominciare la seconda stagione di Steven universe, si posò il computer sulle ginocchia mentre mordicchiava le tre fette di pizza riscaldata della sera prima. 

 

Le sue dita digitarono con urgenza i suoi dati nel portale dell'archivio delle persone scomparse. Dopo minuti di esplorazione, riuscì a capire come spostarsi nella sezione della Corea del sud e concentrò la ricerca sugli Omega. Una fila di foto iniziò a susseguirsi sotto i suoi occhi, volti dopo volti tratti da profili di Facebook o ricordi di famiglia. 

 

La sua pizza era da tempo terminata e Scarlett non aveva ancora cessato di far scorrere i visi sullo schermo. Quando il suo occhio cadde sull'orario nell'angolo dello schermo, sospirò. Non avrebbe fatto alcun progresso a quel modo. Sparivano troppi Omega ogni singolo giorno per poter sperare di incappare fortuitamente proprio nel loro profilo, sempre ammesso che il loro branco avesse fatto la denuncia. Ma senza ulteriori informazioni sui loro nomi o il loro capo branco sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio. In due ore di lavoro, aveva a malapena coperto le persone scomparse nell'arco degli ultimi sei mesi senza trovare alcuna traccia dei tre Omega, perciò doveva rassegnarsi ad attendere con pazienza. 

 

Sollevandosi dal divano, distese la schiena generando un sonoro schiocco, prima di preparare il suo latte caldo. Stringendo la sua tazza di Bulbasaur, afferrò il telecomando e accese le televisione. Anche per quella sera, si sarebbe abbandonata alla sua solita routine.

 

 

 

 

All I wanna do

Is see you turn into

A giant woman, a giant woman 

 

Non aveva idea idea di che ore fossero. Non aveva neanche idea del perché non aveva spento il cellulare prima di andare a dormire. Le coperte frusciarono contro il suo pigiama quando, con palpebre serrate, rotolò fino al comodino per porre fine a quel rumore. 

 

-Pronto? 

 

La sua gola era gracchiante come un vecchio televisore e aspra come l'asfalto. Dall'altro capo, però, la voce che era abituata a sentire carica di entusiasmo risuonò estranea nella sua serietà. 

 

-Scar, scusami davvero per l'orario, ma abbiamo un'emergenza. 

 

Sentiva parole, ma non comprendeva neppure se stava ancora sognando. 

 

-Co... sa?

 

-Gli Omega che hai portato oggi, cioè... ieri. Non fanno che piangere da ore. E continuano a chiamare il tuo nome.

 

In un istante, Scarlett era seduta sul letto con gli occhi spalancati e la mano freneticamente in cerca dell'interruttore dell'abat-jour. 

 

-Co-Cosa? In che senso? Cos'è successo? 

 

Beth trasse un profondo sospiro. 

 

-Non credo sia successo niente. Anzi, non siamo neppure riusciti a entrare nella stanza perché hanno chiuso a chiave. Gli altri nel corridoio dicevano che inizialmente c'era stato un silenzio tombale ma quando è arrivata la notte hanno iniziato a fare versi disperati e pronunciare sempre la stessa parola. 

 

Scarlett era già in piedi diretta verso il suo armadio quando si fermò e trattenne il respiro. 

 

-"Scar".

 

Ci fu un lungo istante di completa stasi. I piedi della ragazza erano incollati al pavimento e i suoi occhi erano spalancati, fissi sulle ante aperte del suo armadio. Poi, come se fosse stata liberata da un incantesimo, il suo corpo prese a muoversi al doppio della velocità, fiondandosi ad afferrare i primi vestiti che trovò. 

 

-Abbiamo provato a calmarli, a convincerli ad aprire e parlare con noi, ma sembravano diventare solo più ostinati. Abbiamo provato a tranquillizzarli per due ore, ma sembra che l'unica soluzione sia la tua presenza. 

 

Scarlett premette freneticamente il tasto vivavoce mentre si infilava i jeans cercando di non avere un incontro ravvicinato con il pavimento. 

 

-Arrivo subito, sarò lì in dieci minuti. Beth, mi dispiace tantissimo, non so com'è successo, forse... gli ho dato troppa confidenza, io... non lo so, ma non potevo- 

 

-Scar, Scar, ehi, no. Va tutto bene, non hai fatto niente di sbagliato. 

 

La ragazza deglutì riprendendo in mano il telefono e osservandolo con i denti affondati nel labbro. Nonostante le sue parole, la sua testa non sembrava capace di fare altro che ripetere la stessa cantilena: 

 

"Hanno bisogno di me, devo andare da loro, devo raggiungerli, hanno bisogno di me..." 

 

Perché? Perché? PERCHÉ? 

 

-Ma Beth, io... 

 

-Scarlett. 

 

La ragazza si morse la lingua, fermandosi sulla soglia di casa con le chiavi strette in mano. 

 

-Fidati di me. Quello che sta succedendo... capirai più avanti. Comunque, voglio che comprendi che non hai sbagliato. Davvero. 

 

La sopracciglia di Scarlett si sollevarono appena. 

 

-Cosa intendi con... lo capirò più avanti? 

 

Dal telefono, si udì un nuovo sospiro, anche se questo sembrò scivolare lentamente in un tono quasi divertito. 

 

-Non sta a me dirtelo. Non è nulla di brutto, anzi... non devi preoccupartene. Al momento giusto, lo capirai. 

 

La ragazza allontanò appena il cellulare dal viso, guardandolo con il naso arricciato e la fronte aggrottata. 

 

-... ok. Immagino. Comunque, sto partendo. 

 

E, non appena la chiamata si chiuse, la sua mente tornò a concentrarsi su quel semplice, ripetitivo pensiero. 

 

"Hanno bisogno di me."

 

Quando le porte del Centro si aprirono, i suoi occhi scorsero distrattamente lo spazio vuoto dove avrebbe normalmente trovato il vivace arancio dei capelli di Annabeth o il viso cordiale della ragazza che la sostituiva. Ma i suoi piedi non si fermarono neppure per un istante, imboccando invece il corridoio con urgenza. Svoltato il secondo angolo, le sue orecchie potevano già sentirli. 

 

Nonostante la distanza e l'ostacolo della porta, i lamenti la raggiungevano, a ogni passo più chiari e più disperati, rendendo i suoi piedi veloci come il vento. E poi, quell'accenno di parola... un suono vago, un po' indistinto, ma fin troppo famigliare. 

 

La ragazza lo aveva sentito molte volte nella sua vita. 

 

Lo aveva pronunciato agli stessi Omega ore prima. 

 

Quando voltò l'ultimo angolo, dovette aggrapparsi al muro per frenare la sua corsa e impedire al suo corpo di schiantarsi contro la parete opposta. All'istante, incontrò il viso di Annabeth, che era inginocchiata davanti alla porta tredici e che fece scattare la testa nella sua direzione non appena apparve nel corridoio. 

 

Insieme a lei, altri due operatori stavano davanti alla porta, con braccia conserte ed espressioni stanche, ma sembravano aver capito che la loro utilità in quella situazione era poca. Non appena la videro emergere, infatti, la salutarono silenziosamente, allontanandosi in fretta e lasciando solo Beth insieme a lei. La donna le rivolse un semplice cenno del capo, sollevandosi in piedi e facendo un passo indietro. 

 

Solo in quel momento Scarlett si accorse che i lamenti erano cessati. Eppure, i suoi piedi sembravano essere piantati nel pavimento. Deglutendo nervosamente, si costrinse ad avvicinarsi con cautela alla porta beige. 

 

Di cosa aveva paura? 

 

Non sembrava saperlo. Forse della loro reazione? O di cosa avrebbe potuto scatenare un tale comportamento? 

 

Scarlett si fermò davanti al numero "13", osservandolo riflettere la luce calda del corridoio. 

 

-Ragazzi? Sono qua. 

 

Non passò neppure un istante. La ragazza fece appena in tempo a sbattere le palpebre che il rumore della chiave nella serratura la raggiunse e la porta si spalancò generando una ventata violenta. Tre corpi si fiondarono sul suo senza che lei potesse pronunciare una sola parola, avviluppandosi attorno a lei come un bozzolo di braccia. 

 

Scarlett abbassò gli occhi stupiti sulle tre teste appoggiate sulle sue spalle, ascoltando i bassi singhiozzi seppelliti dalla sua vecchia felpa nera. Inspirando, riuscì a sollevare una mano per posarla sui capelli leggermente arricciati di occhi di tigre. 

 

-Ehi, ehi, che succede? Pensavo vi sareste trovati bene nel vostro nuovo nido. C'è qualcosa che non va? Qualcuno vi ha spaventato? 

 

Ma i tre scossero le teste allo stesso tempo senza esitazione. Scarlett aggrottò la fronte. 

 

-Qual è il problema allora? Me lo potete dire?- chiese con tono zuccheroso, abbassando la voce in modo che fosse poco più di un sussurro. Un viso si sollevò appena, rivelando occhi lucidi e un delicato naso arrossato. L'angelo la guardò con le labbra arricciate e le guance umide. 

 

-Scar. 

 

La ragazza piegò appena il capo. 

 

-Sono io il problema? 

 

La voce dell'angelo era delicata come il suo viso. Anche se era rovinata dall'asprezza delle lacrime, Scarlett poteva determinare con certezza la nota melliflua, dalla sfumatura vagamente femminile nella sua intonazione acuta, che lo faceva assomigliare quasi a una sirena. 

 

Una sirena che aveva appena cantato il suo nome. 

 

Perché il suo nome era stato la prima parola che avevano pronunciato? 

 

L'angelo, alla sua domanda, scosse la testa con veemenza. 

 

-Scar!- ripetè con tono disperato, allungando ancora di più le labbra arrossate. 

 

-Scar... nido! 

 

La ragazza spalancò gli occhi. Sbattendo le palpebre lentamente, osservò l'altra testa che si sollevò, guardandola con le suoi penetranti iridi scure e le lunghe ciglia enfatizzate dalle lacrime che le rendevano lucide e ancora più definite. 

 

-Scar- la chiamò la voce di occhi di tigre. E ancora una volta dovette sbattere le palpebre perché, se l'angelo era l'essenza stessa della grazia androgena, lui era il perfetto opposto. La sua voce sembrava fuoco crepitante, minaccioso ma fin troppo invitante. Nella sua intonazione grave e le sue note calde, ricordava maggiormente il Dio dei mari, in contrasto con la sirena che stava accanto a lui. 

 

-Volete che... stia con voi... nel nido? 

 

Le due teste annuirono con veemenza. 

 

-Scar!- ripetè quasi con infantile insistenza la dolce voce dell'angelo, liberandosi delle lacrime per lasciare posto a un tono sempre più melodioso. Scarlett deglutì, facendo saettare lo sguardo tra i due. 

 

-I-io... io... 

 

La sua voce si bloccò quando sentì qualcosa solleticarle il collo. Il suo respiro si fermò nel petto. La terza testa non si era ancora sollevata, perciò poteva dedurre a chi appartenesse quel viso ancora posato sulla sua spalla che stava strofinando il naso umido sulla sua pelle. E solo in quel momento ricordò... il maledetto scentblocker! Non se l'era spruzzato dopo la doccia perciò il suo naturale odore stava sicuramente impestando l'ambiente. 

 

Allora perché... l'Omega dal braccio tatuato... stava ricercando il punto dove il suo odore era concentrato? 

 

-Tutto bene, Scar? 

 

La sua testa si voltò in uno scatto all'indietro e la ragazza trattenne appena un sobbalzo. Aveva dimenticato che Beth era ancora lì e stava osservando la scena, appoggiata contro il muro opposto e con un sorriso divertito dipinto sul viso.

 

Scarlett sentì un calore estraneo salirle dal collo fino alle guance per raggiungere infine la punta delle orecchie. La sua bocca si schiuse, ma nessun suono inizialmente uscì. Come uno stupido pesce, si ritrovò a boccheggiare per istanti apparentemente incapace di pronunciare una parola di senso compiuto. 

 

-I-io... non... 

 

Riportando lo sguardo sui due Omega che la osservavano con espressioni imploranti, sentiva il cervello svuotarsi alla rapidità della luce. 

 

-Loro... vorrebbero che... restassi con loro... nel nido- pronunciò con voce incerta e occhi spalancati, osservando Beth nella speranza che potesse dare senso a quello che stava succedendo. La donna, però, la osservò per un lungo istante immobile. Infine, scoppiò a ridere buttando la testa all'indietro, come se l'avesse appena vista scivolare e atterrare con il sedere per terra strappandosi nel mentre anche i pantaloni. 

 

-Beth?- chiese Scarlett, guardandola come se avesse perso la testa. La donna scosse il capo, ignorando i suoi sguardi stralunati. 

 

-Dovrei avere un materassino gonfiabile in magazzino se vuoi. Così non devi dormire per forza nel nido ma puoi comunque stare con loro. 

 

Scar pensava che dovesse esistere un limite alla mobilità muscolare del viso umano, perché stava decisamente testando quanto ancora potesse spalancare le palpebre prima che le cadessero gli occhi dalla testa. 

 

-Beth? In che senso- aspetta, cioè, mi stai dicendo che posso restare?- domandò con tono sempre più acuto. No, aveva sbagliato la domanda. Tecnicamente, avrebbe dovuto chiederle perché stava suggerendo qualcosa di così assurdo, eppure le parole sembravano essere state rubate da lei. La donna di fronte a sé trattenne una nuova risata, iniziando ad allontanarsi da loro. 

 

-Portali dentro e pensa a tranquillizzarli, io vado in magazzino. Quando trovo il malloppo busso. 

 

E prima che Scarlett potesse pronunciare un'altra parola, il vivido arancione era sparito dalla sua visuale. Abbassando gli occhi ancora spalancati sui tre Omega, deglutì. 

 

-Non penso sia il caso che entri nel nido non essendo neppure parte del branco però... intanto torniamo nella stanza, che dite? 

 

Due ampi sorrisi dipinsero all'istante i volti ancora umidi di lacrime. Le sue mani furono afferrate e il suo corpo fu trascinato in avanti senza un attimo di esitazione, mentre il terzo Omega la seguiva a breve distanza. La porta si chiuse alle sue spalle con un tonfo mentre sentiva nuovamente il calore dei tre ragazzi tornare a circondarla. E il solletico del naso freddo che strofinava contro lo spazio dove il suo collo incontrava la mandibola la fece tremare appena. 

 

-Il scentblocker!- esclamò, facendo sobbalzare appena i due Omega di fronte a lei. Scarlett infilò immediatamente la mano nella borsa che aveva ancora appesa alla spalla, navigando nel caos nella speranza di ritrovare il roller che aveva comprato quella mattina e di non averlo invece lasciato sul sedile della macchina, come temeva fosse. 

 

-Scusate tanto ragazzi, ho dimenticato il scentblocker a casa, provo a chiedere a Beth se-

 

Ma un lieve ringhio incontrò la sua pelle, bloccando le parole nella sua gola. Il naso che stava strofinando il suo collo si fermò per un istante, il tempo per farla concentrare su quel rombo vagamente minaccioso che poteva percepire nello stesso petto che era incollato alla sua schiena. E i suoi occhi, infine, caddero sui due sguardi improvvisamente oscuri che la fissarono come se avesse appena estratto un coltello. 

 

-Tutto… bene? 

 

L'angelo la fissò con quell'intensità che si accendeva in lui in quegli sporadici momenti che Scarlett aveva iniziato a riconoscere. In un qualche modo, sembravano trasformarlo per un istante in un demone. 

 

-Scar... no. 

 

La ragazza piegò appena il capo, aggrottando la fronte. 

 

-No? 

 

Due colpi leggeri alla porta ruppero l'intensità con cui l'angelo l'aveva incatenata al suo sguardo. Voltandosi velocemente, Scar si allontanò appena dall'Omega con il braccio tatuato per andare ad aprire la porta. Oltre di essa, Beth teneva sollevato un ammasso di plastica blu con un sorriso fin troppo ampio. 

 

-Trovato! È uno di quelli auto... gonfianti o come caspita si dice. Basta che tiri la leva e fa tutto da solo. 

 

La ragazza annuì lentamente, afferrando il materassino appallottolato con occhi ancora non del tutto focalizzati. 

 

-Beth... 

 

Sollevò lo sguardo sulla donna, che la osservava ancora con quell'irremovibile sorriso. Le sue labbra esitarono. Voltandosi appena alle sue spalle, scorse gli sguardi attenti e guardinghi dei tre Omega. 

 

-... niente. Non è niente. Grazie, ma... 

 

-Andrà tutto bene. So che sei confusa ma lascia che ti dia un unico consiglio. 

 

Scarlett la osservò in attesa, ferma nonostante la curiosità morbosa che le riempiva la testa. 

 

-Segui il tuo istinto. 

 

E a discapito dello sguardo confuso della ragazza, se ne andò chiudendo la porta dietro di sé senza aggiungere un'altra parola. Scarlett rimase per lunghi istanti immobile sul posto. Schiarendosi la gola, girò lentamente su se stessa per tornare a guardare i tre Omega. 

 

-Ehm... preparo... il mio letto. 

 

Le ci volle appena un minuto per avere il materassino pronto e gonfio ai suoi piedi e fortunatamente riuscì a trovare delle coperte di scorta dentro l'armadio. Osservando la sua sistemazione di fortuna, si rivolse infine ai tre ragazzi, che osservavano l'ammasso di coperte con un'espressione di disappunto sui lineamenti. 

 

Scar si umettò le labbra, ferma in piedi. 

 

-Perché... 

 

Il suo sguardo contemplò il pavimento. 

 

-... mi volete qua? 

 

I tre volti la osservarono non con confusione, come si aspettava, ma con una misteriosa fermezza. Non sembravano neppure sbattere le palpebre mentre la fissavano con quella curiosa intensità. 

 

-Scar- ripetè l'angelo fissandola, prima di afferrare il suo polso e avvicinarlo al suo naso. La ragazza osservò rapita mentre iniziava a strofinare la pelle, chiudendo gli occhi. Distolse lo sguardo solo quando anche l'altra sua mano venne sollevata e occhi di tigre iniziò a imitare i gesti dell'angelo. Infine, il naso che le era ormai diventato famigliare tornò nel suo posto, intento a strofinare la delicata pelle del suo collo. 

 

-Scar. 

 

Il suo corpo era rigido come un tronco secco, ma Scarlett si costrinse a riportare lo sguardo sulle iridi dell'angelo. Lui, cessando il suo movimento spostò la sua mano a farla posare sulla guancia diafana. 

 

-Scar... Jimin. 

 

La ragazza non riuscì a trattenere il verso di sorpresa che sorse sulle sue labbra.

 

-Jimin? 

 

Il ragazzo la osservò, annuendo. 

 

-È il tuo nome? 

 

Un lieve sorriso sollevò le labbra carnose, mentre la guancia iniziava a strofinarsi contro la sua mano. Scarlett sentì una piega sempre più ampia decorare anche le sue stesse labbra. 

 

L'angelo... si chiamava Jimin. 

 

Non avrebbe potuto pensare a nome più perfetto. 

 

-Taehyung

 

Una voce leggermente irritata la fece voltare su occhi di tigre, che la osservava con un velo di infantilità, come se fosse geloso dell'attenzione che non aveva ancora ricevuto. Il sorriso della ragazza si fece ancora più largo.

 

-Taehyung? 

 

Occhi di tigre annuì. 

 

Una voce nuova, un misto tra le due che aveva già conosciuto per la sua intonazione più dolce, ma arricchita da una nota mascolina appena esacerbata dalla giovane età, si scontrò con la sua pelle. 

 

-Kookie. 

 

Scarlett sperò di non aver deglutito troppo visibilmente. 

 

-Il tuo nome è Kookie? 

 

La voce sembrò accettare una sfida che non sapeva neppure di avere lanciato. Abbassandosi appena, assunse una qualità quasi graffiante. 

 

-Jungkook.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

EBBENE. Allora, lo so che la protagonista ‘ingenua’ che non riesce a fare due più due è un tropes trito XD ma come ho detto all’inizio, questa storia è “self-indulgent”. Voglio solo vedere i miei tropes preferiti dispiegati in un unico posto. Perciò abbiate un po’ di pazienza e lasciatevi trascinare fino al momento della “rivelazione”. E per il resto, che mi dite dei nostri piccoli Omega possessivi? 😗

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Capitolo 8
*** 8 ***


Scar.

 

Scar.

 

Scar. 

 

Scar profumava di vaniglia e caramello. 

 

Come una di quelle crostate che Jin-hyung amava cucinare per loro. Poteva ricordare ancora quando rientrava a casa, come il profumo fragrante si infilava sotto la porta per raggiungerlo ancora prima di mettere piede in cucina e iniziava già a salivare al solo pensiero di gustarne un pezzo. 

 

Il profumo di Scar gli faceva perdere la testa. Voleva di più, di più, di più. 

 

Le mani di Scar erano delicate. Li toccavano con cautela, come se fossero stati petali di un fiore pregiato. Come se avesse avuto paura di romperli con un solo soffio. 

 

Ma non era abbastanza. 

 

Lui voleva di più. 

 

Scar era il paradiso alla fine del loro cammino attraverso l'inferno. Era l'oasi dalle acque scintillanti e le foreste rigogliose, irrorate dai raggi del sole e da arcobaleni. Il suo cuore non poteva neppure concepire il passaggio in una sola giornata dalla miseria a cui era ormai abituato al premio più grande che potesse anche solo sperare di ricevere. 

 

Fino a poche ore prima, la loro realtà era chiusa in una stanza buia e fredda, stretta su un letto cigolante e troppo piccolo per tutti e tre. Gli unici arredi, la paura e il terrore. L'attesa angosciante. La disperazione. Le lacrime amare e le ferite nel loro cuore che continuavano a sanguinare, anche dopo un anno. La famiglia che ancora non riuscivano ad abbandonare. La speranza che non volevano lasciare andare. 

 

Un altro po'. 

 

Solo per un altro po' volevano continuare a illudersi che li avrebbero rivisti, un giorno. 

 

La speranza li uccideva quasi più della violenza. 

 

E poi, uno spiraglio di luce. 

 

Non capivano. C'erano uomini ovunque, urlavano cose, ordinavano loro di seguirli. Ma non potevano fidarsi. Cercavano di separarli. Doveva saperlo, non c'era davvero speranza. 

 

Ma alla fine arrivò il sole in tutta la sua potenza. Stava lì, di fronte a loro, fiero e sfavillante. Li aveva protetti dalle persone che volevano separarli e improvvisamente sembrava che nessun male potesse mai raggiungerli. E quando si avvicinò... odorava di casa. 

 

Casa. 

 

Scar sarebbe stata bene a casa. 

 

Scar era perfetta per il branco. 

 

 

 

 

Scarlett non poteva dire di aver goduto di un sonno sereno. Se l'improvvisa scarica di adrenalina risultata dall'essere svegliata nel mezzo della notte e dover correre al Centro non fosse bastata, il materassino gonfiabile non l'aveva di certo aiutata. A ogni movimento, si ritrovava sbilanciata verso il bordo grazie all'aria che si spostava e la spingeva nei posti più scomodi, fino a che non si forzò a rimanere immobile con il viso rivolto verso il soffitto e gli occhi incapaci di chiudersi. Il fatto di trovarsi nella stanza con tre giovani Omega insolitamente attaccati a lei probabilmente non aiutava. Durante la notte, non era riuscita a trattenersi dal acuire l'udito ogni volta che un lieve rumore proveniva dal nido, ma disse a se stessa che era solo la sua mancanza di sonno. Non era perché voleva sentire i deboli sospiri o i versi deliziati che uno dei tre lasciava sfuggire quando si spostava leggermente o quando si accoccolava ancora di più ai suoi compagni. 

 

Il risultato, soprassedendo tutto ciò, fu un mal di testa mattiniero e occhi arrossati davanti allo specchio. Quando uscì dal bagno in cui si era rinchiusa per rinfrescarsi, trovò che nel mentre l'angelo si era svegliato e stava seduto sul bordo del letto strofinandosi il viso con le piccole mani, prima di passare le dita fra i capelli scompigliati. 

 

Jimin. 

 

Doveva iniziarlo a chiamare con il suo nome. 

 

-Buongiorno- disse lei sollevando le labbra, osservandolo mentre stava appoggiata allo stipite della porta. L'Omega rivolse il viso verso di lei, aprendosi in un sorriso ampio nonostante il sonno fosse ancora aggrappato al suo sguardo. 

 

-Dormito bene?

 

Jimin annuì con ampi movimenti del capo, tornando a guardarla con un sorriso ancora più ampio e allungando una mano verso di lei. Scar, dopo un attimo di esitazione, si avvicinò al letto, lasciando che quella mano le prendesse il polso per sollevarlo sotto il piccolo naso e venire strofinato dolcemente. La ragazza scosse il capo mentre un sorriso timido le piegava le labbra. 

 

-Sono davvero curiosa sul perché ti piace così tanto fare così. 

 

Le dita di Scarlett trovarono per istinto la testa di Jimin, passando distrattamente fra le ciocche mentre lo osservava. Gli occhi scuri di lui si sollevarono sul suo viso a quelle parole. Per un attimo, alla ragazza parve di vedere un lampo animare le labbra dell'Omega, qualcosa che somigliava a malizia. Ma prima che potesse indugiare oltre, era già sparito, lasciando posto alla dolce innocenza che ormai era abituata a vedere sul suo volto. 

 

Un mugolio improvviso fece però distogliere entrambi da quel momento condiviso. Le loro teste scattarono sul nido, dove un suono simile a un lamento proveniva. Scar si avvicinò appena, abbassandosi per osservare dentro alla cortina costituita dalla coperta e dalle pile di cuscini. All'interno, potè infatti posare lo sguardo sui due Omega rimasti, abbracciati l'uno all'altro e con le gambe avviluppate. E poté allora vedere il viso contorto di occhi di tigre ansimare, stringendo ancora di più il ragazzo tatuato contro il suo petto e lasciando che il suo viso si deformasse in un'espressione angosciata. 

 

Improvvisamente, spalancò gli occhi, osservando la coperta che costituiva il soffitto del nido con il petto intento a sollevarsi e abbassarsi visibilmente. Gli ci volle qualche istante per realizzare cosa stava davanti a lui e Scarlett lo capì dallo sguardo confuso con sui osservava l'ambiente circostante. Attese con pazienza che i suoi respiri si calmassero, prima di parlare con tono sottile. 

 

-Taehyung. 

 

Il ragazzo fece voltare di scatto la testa verso di lei. Come se una fata madrina avesse schioccato le dita e avesse disciolto una maledizione che teneva imprigionato il protagonista, parve ricordare all'istante dove si trovava nel momento in cui posò gli occhi su di lui. Senza esitazione, iniziò ad avvicinarsi al bordo del letto fino a che non l'ebbe raggiunta, portando le braccia attorno alla sua vita e incastrando il viso nell'incavo del suo collo. La ragazza sollevò una mano per posarla sulla schiena di lui e iniziare ad accarezzarla con lenti movimenti circolari. 

 

-Va tutto bene. Sei al sicuro ora.

 

Un lieve verso giunse alle sue orecchie, smorzato dalla sua pelle. Taehyung iniziò a strofinare il viso contro il suo collo, quasi come aveva fatto Jungkook il giorno prima. 

 

-Scar...- pronunciò l'Omega debolmente. La ragazza sollevò appena le labbra. Prima che se ne potesse accorgere, altre due braccia le avevano avvolto la vita, inglobando anche Taehyung e stringendoli a sé. Quando abbassò lo sguardo, vide una testa di capelli arruffati incastrata tra i loro due corpi e una serie di tatuaggi che iniziavano ormai a esserle famigliare. Per la prima volta, però, iniziò a studiarli con più attenzione, distinguendo alcuni elementi riconoscibili. Un orologio, un pattern geometrico sul gomito, un microfono e una scritta: Bulletproof. 

 

Due timidi colpi alla porta la fecero distogliere dalle figure. Voltandosi, sollevò un sopracciglio con un'espressione confusa. Allontanandosi dagli Omega, e generando di conseguenza una sequela di versi di protesta, andò ad aprire. Dallo spiraglio che aveva lasciato, scrutò un viso famigliare sorriderle con calore. 

 

-Dormito bene, Scar? 

 

La ragazza, ignorando la nota vagamente canzonatoria, si lasciò andare a un sorriso sollevato e aprì completamente la porta. 

 

-Iris, come sapevi che ero qui? 

 

L'Omega sulla trentina, dal corto caschetto scuro e avvolta nel cardigan rosa che portava sempre, le sorrise con fare complice. 

 

-Beth mi ha raccontato un po' la situazione stamattina. Ho pensato di portarvi la colazione e approfittarne per fare un salto. 

 

Scarlett abbassò allora gli occhi sul vassoio fornito di tre piatti, una torre di pancake e un adorabile teiera in miniatura contenente lo sciroppo d'acero. 

 

-Grazie, ci avrei pensato io, non dovevi. 

 

La donna scosse il capo, sollevando un sopracciglio come se fosse in procinto di lanciare una replica ironica ma si fosse trattenuta. Invece, rimase in silenzio, portando gli occhi sulle tre figure alle spalle di Scarlett, prima di allungare il vassoio verso di lei. 

 

-Tieni, non credo sia il caso che entri nella tana in questo momento. Volevo solo vedere com'era la situazione. Sono ancora in omegaspace? 

 

Scar lanciò una rapida occhiata alle sue spalle dopo aver afferrato il vassoio, notando gli Omega privi di ogni traccia di sonno e con gli occhi attenti posati su Iris. Poteva notare che il fatto che la donna fosse un'Omega a sua volta aveva fatto abbassare parte delle loro difese ma sembrava che comunque non amassero l'idea che un'estranea potesse mettere piede nel loro rifugio. 

 

-Sì, sono ancora in omegaspace. Hanno iniziato a pronunciare le prime parole stanotte, però, perciò penso che nel giro di qualche giorno riusciranno a uscirne senza complicazioni. 

 

L'Omega annuì distrattamente, osservando un punto davanti a sé come se fosse immersa in delle considerazioni personali. 

 

-Volevi... fare la valutazione oggi?- chiese con cautela Scarlett, osservando la donna. Iris era una degli psicologi del Centro con cui aveva più famigliarità, perciò era sollevata che il caso dei ragazzi fosse stato affidato a lei. Sapeva che avrebbe avuto la delicatezza necessaria per trattare una situazione tanto sensibile. Nonostante ciò, un lieve timore sorse nel suo cuore al pensiero di mandare immediatamente gli Omega da soli in una stanza con una persona che non conoscevano. 

 

Ma non poteva pensare a quel modo. 

 

-No, non oggi. Ieri è già stata una giornata molto stressante per loro, voglio che abbiano un minimo di pace prima. Magari nel mentre riusciranno anche a recuperare la capacità di parlare rendendo le cose un po' più semplici. Non bisogna aver fretta in questi casi. 

 

Scarlett annuì e si trattenne dal rilasciare un sospiro sollevato.

 

-Inoltre, immagino che ancora non avrai contattato il branco. 

 

La ragazza si morse nervosamente il labbro alle parole di Iris, scuotendo il capo e forzandosi a non voltarsi verso i tre giovani alle sue spalle. 

 

-Non ho ancora trovato le loro schede nelle persone scomparse perciò non ne avrei neanche la possibilità. Ma se anche avessi già il contatto del capo branco non mi sarei mossa senza il tuo ok. 

 

La psicologa le sorrise sollevata. 

 

-Ottimo. Nel mentre, se dicessero qualunque cosa che può darti un'idea su com'era l'ambiente da cui vengono, sarebbe l'ideale. E forse è più probabile che rivelino a te l'informazione prima che a me. 

 

Scarlett aggrottò la fronte, ma acconsentì. 

 

-Presterò attenzione a qualsiasi riferimento al branco che faranno in questi giorni. 

 

Iris la ringraziò, lasciando infine che la sua facciata professionale si abbassasse leggermente. 

 

-Ho anche sentito che Beth ti ha liberato l'agenda oggi, così non dovrai uscire per le ispezioni e non avrai bisogno di allontanarti da loro. 

 

La ragazza si raddrizzò, sollevando le sopracciglia e studiando incredula la donna. 

 

-Co-cosa? Mi ha liberato l'agenda? 

 

Iris si abbandonò a una breve risata. 

 

-Ha pensato che non ti avrebbero lasciata andare tanto facilmente e dopo aver visto la situazione io stessa mi trovo d'accordo. Ne potresti approfittare per creare un piccolo nido per loro nell'ufficio, così potranno stare con te mentre lavori. 

 

Nuovamente, Scarlett si ritrovò incapace di fare qualsiasi cosa a parte boccheggiare stupidamente e osservare la donna con palpebre spalancate. 

 

-I-io... t-tu... pensi davvero... che... sia una buona idea?

 

Il volto della psicologa si aprì in un'espressione allegra. 

 

-Assolutamente, non ho alcun dubbio in merito. Ora vi lascio, verrò a cercarli da te nei prossimi giorni per la valutazione allora. 

 

-Co- aspetta, Iris! 

 

La ragazza la contemplò sparire lungo il corridoio con un sorriso divertito, lasciandola ferma con una fessa. Sembrava che tutto l'edificio avesse deciso di comune accordo di prendersi gioco di lei, apparentemente. Scarlett si voltò lentamente verso gli Omega, mordendosi il labbro inferiore mentre cercava nella sua testa il senso di quello che stava succedendo.

 

"Ok, iniziamo con ordine. Partiamo dalle cose più semplici e al resto penseremo più tardi."

 

Schiarendosi la gola, posò il vassoio sulla piccola scrivania bianca ai piedi del letto. 

 

-Spero vi piacciano i pancake. Dopo aver fatto colazione io... dovrei andare a lavorare. 

 

Gli occhi scintillanti che si erano famelicamente posati sulla colazione si sollevarono di scatto su di lei. Scar vide le loro spalle alzarsi in una posa difensiva e udì versi contrariati uscire dalle loro labbra. 

 

-No Scar! 

 

-Scar! 

 

-Scar resta! 

 

Sbattendo le palpebre, la ragazza sollevò le mani davanti a sé, silenziando le proteste dei tre che, con fronti aggrottate e labbra imbronciate, cercavano di riavvicinarsi a lei. 

 

-Dovrei andare a lavorare... però...- riprese la ragazza, sottolineando l'ultima parola. Gli Omega la fissarono con tutta la loro attenzione, restando immobili in attesa delle sue prossime parole. 

 

-A quanto pare avete il permesso di venire in ufficio con me. Possiamo portarci dietro un po' di coperte e fare un nido temporaneo dove potrete passare il tempo. Cosa ne dite? 

 

I ragazzi ci misero qualche istante per reagire alle sue parole. Poi, come se la realizzazione si fosse finalmente depositata nel loro cervello, esplosero in versi entusiasti e si fiondarono su di lei per avvolgerla nelle loro braccia. Immaginava che l'idea doveva essergli piaciuta. 

 

 

 

 

Gli Omega avevano insistito anche allora per portarsi dietro quei pupazzi malformati nonostante la smorfia scettica sul volto di Scarlett. Fortunatamente, alla ragazza era stato assegnato un ufficio personale alla fine dell'ala centrale dell'edificio, dedicata alla parte amministrativa del Centro. La stanza non era grande, ma era tranquilla e silenziosa, mentre la tendina davanti al vetro sulla parete di destra le dava un minimo di privacy dall'essere costantemente in vetrina come un manichino in un negozio. 

 

I tre ragazzi, appena entrati, avevano ispezionato ogni centimetro dello spazio alla ricerca del posto più vicino possibile alla sua scrivania ma che fosse anche il meno impestato da odori estranei. Alla fine, avevano creato il loro piccolo nido di coperte rosa e lilla e morbidi beanbag nell'angolo dietro alla sua sedia, incastrandosi anche in un punto cieco da cui chi entrava dalla porta non avrebbe potuto scorgerli a primo impatto. E ogni qualvolta Scarlett si ritrovava a fermare le sue dita dal frenetico premere sulla tastiera e riposare gli occhi, si voltava per osservare i tre intenti a spingersi o stuzzicarsi, giocando con i pupazzi o ridendo quando i capelli di uno venivano scompigliati al punto da restare dritti sulla sua testa. 

 

La ragazza sorrise. In quell'atmosfera così rilassata, forse avrebbe potuto approfittarne per aiutarli un po' a esercitarsi nel parlare. 

 

-Dato che siete stati così bravi da dirmi i vostri nomi, mi sapreste dire anche i vostri cognomi? 

 

Gli Omega sollevarono lo sguardo su di lei, scrutandola con occhi attenti a ogni sua mossa. Jimin si portò appena un po' più vicino a lei, piegando il capo come se volesse studiarla con più minuzia. 

 

-Park. 

 

La ragazza si aprì in un sorriso entusiasta, battendo le mani. Ottimo, iniziavano già ad aumentare il loro vocabolario dalla singola parola con cui erano partiti! 

 

-Kim- disse Taehyung, avvicinandosi a sua volta come aveva fatto il suo compagno. Scarlett fece di nuovo un piccolo applauso per premiare l'Omega, portando infine gli occhi sul ragazzo tatuato. 

 

-Jeon- replicò lui, abbassando leggermente lo sguardo come se fosse in imbarazzo per qualcosa. Curioso, pensò lei. La sicurezza con cui si era mosso la sera prima sembrava essere un'ombra lontana dell'Omega che stava in quel momento di fronte a lei. Sarebbe stata curiosa di scoprire di più di quella dualità che sembrava caratterizzarlo su così tanti aspetti. 

 

-Siete stati bravissimi!- reiterò, premiando i tre con un sorriso fiero. La reazione che questo produsse nei ragazzi fu espressioni cangianti dal timido al pavoneggiante, protesi verso di lei con sguardi soddisfatti e smorfie civettuole. 

 

La lingua di Scarlett esitò per qualche momento prima di pronunciare il seguito di quello che stava pensando. Aveva finalmente i loro nomi completi, questo avrebbe velocizzato la ricerca delle loro schede. Ma, poteva davvero rischiare di andare oltre? 

 

-Mi sapreste anche dire... 

 

Pregava di non stare per fare un errore di portata catastrofica. 

 

-... il nome del vostro capobranco?

 

Non appena le parole lasciarono la sua bocca, si morse la lingua, deglutendo nervosamente. Il silenzio che seguì e il vuoto che riempì all'istante i tre sguardi fecero palpitare il suo cuore in un ritmo sempre più serrato.

 

"Oh cavolo, ho combinato un casino. E adesso? Retrocederanno? Torneranno allo stato non verbale? Mi odieranno? Perché sono così stupida?" 

 

Non era mai così ansiosa con nessuno degli Omega sotto la sua cura. Non era mai così terrorizzata di sbagliare. Perché era così proprio con loro? 

 

-Namjoon-hyung. 

 

Appena il suono la raggiunse, la ragazza spalancò la bocca. Lo sguardo vuoto negli occhi di Jimin sembrava lentamente essere stato rimpiazzato con qualcosa. Scarlett provò a scrutare quell'emozione, a tracciarne la natura e comprenderne il significato. Era forse... paura? Oppure... 

 

Malinconia? 

 

-Joon-hyung...

 

Taehyung mormorò la parola come se fosse un ricordo lontano, abbandonandosi contro la spalla dell'angelo. E mentre sbatteva freneticamente le ciglia scure, Scarlett poté vedere i suoi occhi diventare sempre più lucidi. Ma fu l'ultima voce ad attirare la sua attenzione. Era simile a un lamento, un pianto inespresso che urlava di tristezza e fece saettare lo sguardo della ragazza sull'Omega che sembrava tanto massiccio ma che si ritrovava con le gambe strette dalle sue braccia come se avesse voluto farsi sempre più piccolo. 

 

-Joon-hyung... voglio Joon-hyung.

 

 

ANGOLO AUTRICE

BENE BENE BENE abbiamo forse le prime menzioni del branco? E il primo cambio di pov nella storia? Ad essere sincera quella parte è la mia preferita del capitolo. Se mi conoscete, sapete quanto amo giocare con i punti di vista dei personaggi e preparatevi a vederne di più con l’avanzare dei capitoli (questa è, d’altronde, una storia OT7). Ma cosa mi dite voi? Cosa siete più curiosi di vedere nel prossimo capitolo?

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Capitolo 9
*** 9 ***


Scarlett osservò con bocca tesa mentre una lacrima iniziava silenziosamente scivolare a sulla guancia dell'Omega. Mordendosi il labbro inferiore, cercò le parole adeguate nella sua mente prima di parlare. 

 

-Vi manca molto il vostro capobranco?- chiese con tono cauto. Le tre teste annuirono allo stesso tempo e da Jungkook si sollevò un sottile singhiozzo. Scar assottigliò lo sguardo. 

 

-E il resto del vostro branco? Vi mancano anche loro? 

 

Di nuovo, i tre annuirono senza esitazione, osservando il pavimento con occhi pieni di una malinconia che sembrava indecisa tra il tirarli fuori con violenza dall'omegaspace o il spingerli fino a che non ritornavano al punto di partenza. Scarlett si umettò le labbra con sopracciglia aggrottate, osservandoli. Dopo qualche istante, distese il viso in un'espressione serena. 

 

-Che ne dite di fare un disegno di loro? Così mi fate vedere che aspetto hanno?- propose con un piccolo sorriso, portando i tre visi a sollevarsi verso di lei con lieve sorpresa. Anche i timidi singhiozzi di Jungkook sembrarono fermarsi all'istante e sembrò perfino bizzarramente impaziente di ricevere il foglio di carta e il set di matite colorate da lei. I tre Omega, stringendo i materiali da disegno, si chiusero in un piccolo cerchio con le teste vicine e sguardi concentrati sul pavimento che era diventato il loro piano di lavoro. Scarlett osservò perfino con una punta di divertimento come Taehyung afferrava i pastelli a cera con una concentrazione che si traduceva nella punta della lingua stretta tra le labbra. 

 

Attese pazientemente, osservando ogni loro minimo movimento. Aveva imparato molto dagli psicologi del Centro su come comunicare con degli Omega chiusi in omegaspace. Per certi aspetti, era come cercare di parlare con dei bambini, anche se il parallelo non era esattamente calzante. Anche in omegaspace, il loro cervello rimaneva quello di un adulto, ma si concentrava maggiormente su risposte istintive e la censura che normalmente regolava le interazioni sociali si abbassava. E nel caso dei suoi tre Omega, si creava una barriera comunicativa. Lei, perciò, doveva cercare di creare un linguaggio che anche loro potessero usare, un linguaggio in cui avrebbero potuto essere più sinceri che se avessero usato le parole. 

 

Era evidente che il loro capobranco doveva essere una figura a cui erano affezionati. Ma non poteva dare per scontato che anche un solo elemento del loro branco potesse essere abusivo e, magari, perfino furbo abbastanza da non farsi scoprire neppure dal resto dei membri. Forse il branco in sé poteva essere composto da brave persone, ma ne bastava soltanto uno. Solo uno di loro poteva averli traditi e lei non avrebbe lasciato che quell'eventualità rimanesse ignorata. Non li avrebbe rimessi in braccio al pericolo. 

 

Un foglio spuntato improvvisamente sotto i suoi occhi la riportò alla situazione attuale. Sbattendo le palpebre, si concentrò sulla mano protesa di Taehyung, che la osservò con sguardo attento e ansioso. Scarlett gli rivolse allora un ampio sorriso, ringraziandolo mentre afferrava il disegno. Quando posò l'attenzione sulle linee tracciate, il suo sopracciglio si sollevò. 

 

I volti non erano in alcun modo realistici. Sembravano quasi raffigurazioni simboliche, volutamente astratte per rappresentare un'essenza più che dei tratti somatici. Una serie di quattro maschere delineate da linee spesse e nette si dispiegavano sul foglio, simili nella composizione ma diverse nel colore e nelle espressioni. La prima era rosa e aveva la bocca a forma di cuore. La seconda era blu e sembrava addormentata. La terza era gialla e aveva un ampio sorriso. La quarta era verde e sembrava osservare le altre con espressione pacata. 

 

Scarlett osservò il disegno in silenzio. Nessuna delle maschere sembrava avere tratti minacciosi o esprimere emozioni negative. Nessuna era stata colorato con toni tetri, come il nero o il rosso. Il secondo a porgerle il disegno fu Jimin, anche se sembrava troppo imbarazzato per guardarla negli occhi mentre lo presentava a lei. Mordendosi il labbro, la osservò da sotto le ciglia con sguardo esitante, studiando la sua reazione. 

 

Jimin non doveva avere particolari doti artistiche, a giudicare dalla semplicità con cui aveva ritratto le figure. Ma non era un esercizio di stile quello che lei voleva. Infatti, era l'aspetto unico che lo distingueva da Taehyung che le diede nuove informazioni. Jimin non aveva ritratto quattro figure, ma sette. E anche se erano semplici nelle forme e indistinte nei tratti, erano vicine, strette per mano e di simili altezze. Nessuna torreggiava prepotentemente sulla altre, né alcuna diventava minuscola in paragone. 

 

Un branco composto da sette membri che sembravano vivere in armonia, tutti sullo stesso livello. 

 

Scarlett sollevò il volto e rivolse un sorriso a Jimin, che la osservò con occhi spalancati. Il suo sguardo, allora, cadde su Jungkook. Non riusciva a vedere cosa stesse facendo, perché il ragazzo era ostinatamente ricurvo sul suo disegno, stringendo una matita in mano e generando un frenetico rumore di grafite che sfregava su carta. Di scatto, sollevò la testa puntando le pupille su di lei, porgendole il disegno con il petto gonfio e le spalle sollevate. La ragazza lo osservò incuriosita per un istante, prima di posare lo sguardo sul suo lavoro. 

 

Dovette sbattere gli occhi per diverse volte prima di concepire cosa stava stringendo. Tornando a guardare l'Omega, la sua lingua esitò per un istante. 

 

-Jungkook sei... un artista per caso? 

 

Il ragazzo abbassò il capo con un sorriso timido, giocando con il bordo della sua felpa. 

 

-Jungkook... disegna... sulla pelle!- esclamò Taehyung con tono fiero, sollevando il braccio tatuato del ragazzo per porgerlo a lei come aveva fatto con il suo disegno. Scarlett schiuse la bocca, prima di distenderla in una O sorpresa. 

 

-Sei un tatuatore! 

 

Jungkook annuì guardando il pavimento, ma lanciandole brevi occhiate di tanto in tanto come a voler controllare la sua reazione. Lei si aprì in un largo sorriso. 

 

-È una cosa fighissima! Devi essere davvero bravo! 

 

In risposta alle sue parole, Scar notò un rossore nascere sulle guance del ragazzo che abbassò il braccio tatuato per tornare a giocare con il bordo della sua felpa. Scarlett, allora, tornò a studiare il disegno. I quattro volti che vi si trovavano erano stati ritratti con una leggera stilizzazione, ma avevano un aspetto abbastanza realistico da avere comunque tratti riconoscibili. Ognuno dei quattro era stato realizzato con la stessa dose di precisione e impegno e, curiosamente, portavano espressioni che le ricordavano automaticamente le maschere di Taehyung. 

 

Quella rosa sembrava collegarsi al giovane uomo dalle labbra carnose e occhi allegri, un piccolo viso dai tratti piacevoli che recava un'espressione indecisa tra il severo e il giocoso. Quella blu doveva essere il volto dall'aspetto assonnato, un giovane dagli occhi semichiusi e un piccolo naso che ingentiliva i tratti mascolini. Quella gialla non poteva che essere il ragazzo che rideva allegramente, tanto che i suoi alti zigomi venivano ancora più enfatizzati e il suo interno viso sembrava illuminarsi, facendo quasi scomparire i numerosi piercing che lo decoravano. Infine, quella verde le ricordava il giovane dall'espressione calma e pacifica, con gli occhi pieni di quello che sembrava affetto e un paio di adorabili fossette a decorargli le guance. Benché l'ordine non fosse lo stesso con cui Taehyung li aveva ritratti, era evidente che i disegni si sovrapponessero. 

 

La risposta sembrava farsi sempre più chiara.

 

 

 

 

Quando aveva finalmente finito di completare i documenti del caso che aveva da poco chiuso, i tre Omega erano profondamente addormentati. Scar si abbandonò contro lo schienale della sua sedia, dondolando leggermente mentre posava gli occhi sui tre. Seduti a terra con lo schiene posate sui beanbag e stretti in un unica coperta come un burrito umano riempito fino a scoppiare, respiravano profondamente con espressioni serene e teste incastrate l'una contro l'altra. 

 

La ragazza, irrigidendo la bocca, tornò a guardare il computer. Il ticchettio dei tasti la portò in breve tempo alla schermata delle persone scomparse e il mouse selezionò rapidamente la barra di ricerca. 

 

>Omega

 

>Maschi

 

>età compresa tra 20-30 anni

 

Le sue dita iniziarono a volare sulla tastiera. 

 

>Park Jimin 

 

>Kim Taehyung 

 

>Jeon Jungkook 

 

Il piccolo cerchio che ruotava a ripetizione le ipnotizzò gli occhi. Ruotava e ruotava fino a farle perdere la testa. 

 

"Stupida connessione scadente. Stupido computer. Stupido server. Stupid-"

 

Tre profili apparvero sulla schermata. Tre profili accompagnati da tre foto che sembravano essere frammenti di un'unica immagine. Scarlett si morse con violenza il labbro. 

 

>Park Jimin

Data di nascita: 13 ottobre 1995

Data della scomparsa: 15 gennaio 2022

 

>Kim Taehyung 

Data di nascita: 30 dicembre 1995

Data della scomparsa: 15 gennaio 2022

 

>Jeon Jungkook 

Data di nascita: 1 settembre 1997 

Data della scomparsa: 15 gennaio 2022

 

Nelle foto, avevano sorrisi così allegri che gli facevano bruciare gli occhi. Avevano i capelli un po' più corti e sembravano avere le braccia posate l'uno sulle spalle dell'altro. Alla fine aveva ragione, Jungkook era il cucciolo del gruppo. I suoi occhi scorsero sull'informazione che fino a quel momento aveva ignorato. 

 

>Capobranco: Kim Namjoon 

 

>La denuncia è stata sporta il giorno stesso della scomparsa dal capobranco. Segni di effrazione nel luogo del presunto rapimento. Nessuna richiesta di riscatto avanzata. 

 

Accanto a quel nome, il suo sguardo osservò le informazioni di contatto. Erano scomparsi da poco più di un anno. Erano sopravvissuti per più di un anno in chissà quali condizioni. Un anno... era sufficiente per uccidere la speranza che un giorno la libertà potesse essere raggiunta. E il loro branco? Sicuramente, gli avevano detto la regola delle quarantotto ore. 

 

Se non si ritrova una persona scomparsa entro quarantotto ore, è più probabile che faccia la sua apparizione in una bara che sui suoi piedi. 

 

Scarlett trasse un profondo respiro. Afferrò il telefono e digitò lentamente un numero dopo l'altro. Lo squillo ripetitivo iniziò a riempirle le orecchie. 

 

-Pronto? 

 

Scarlett si schiarì la gola. 

 

-Agente Sheen? 

 

-In persona. Con chi parlo? 

 

La ragazza posò la testa sullo schienale. 

 

-Sono l'assistente del Centro protezione Omega. La chiamo riguardo al caso dei tre Omega che avete portato alla nostra attenzione. 

 

-Ma certo! Attendevo la sua chiamata. 

 

Scarlett sospirò. 

 

-Non la chiamo per l'interrogatorio, non sono ancora pronti per quello. Però ho finalmente i loro nomi completi e le loro schede nell'archivio delle persone scomparse. Se mi dà la sua mail le giro le informazioni. 

 

-La ringrazio molto. È per caso sorta qualche indicazione su come potrebbero essere finiti nel covo dell'individuo che abbiamo arrestato? 

 

La ragazza si tolse per un istante gli occhiali da vista, strofinandosi gli occhi. 

 

-Da loro non so ancora niente, ma in base alla scheda facevano parte dello stesso branco e sono scomparsi insieme un anno fa. Sembra stato un atto premeditato di rapimento. 

 

-Capisco. Questo... complica le cose. Ma l'informazione sarà molto utile. 

 

Scarlett abbassò lo sguardo sulla scrivania bianca, sfregando l'unghia lungo il bordo. 

 

-Pensavate che avessero semplicemente raccolto degli Omega dalla strada? Che avessero comprato i loro servizi incastrandoli a lavorare per loro? 

 

Un sospiro provenne dall'altro capo del telefono. 

 

-Era la nostra teoria. Ma in base a quello che mi dite sembra che ci fosse invece in atto una rete di rapimenti mirati e programmati per trovare la loro... manodopera. Vedremo di porre la nostra attenzione su altri casi di scomparse immotivate. 

 

La ragazza annuì tra sé e sé. 

 

-La prego di tenermi aggiornato su eventuali sviluppi. Io la chiamerò di nuovo non appena avranno recuperato completamente la parola. 

 

-Certamente, la ringrazio per il suo aiuto signorina. 

 

Scarlett fece cadere lo sguardo sui fogli posati accanto alla tastiera del suo computer. 

 

-Agente Sheen, potrei chiederle un'ultima cosa? 

 

-Chieda pure. 

 

La ragazza si umettò lentamente le labbra. 

 

-Avrei bisogno di un favore. Riuscirebbe a fare una piccola indagine sul background di quattro persone? 

 

-Non dovrebbe volerci molto, sarà il mio ringraziamento per la sua collaborazione. I loro nomi?

 

Gli occhi della ragazza tornarono sullo schermo. 

 

>Membri del branco

 

-Kim Namjoon, Kim Seokjin, Min Yoongi e Jung Hoseok. Ho bisogno di sapere se sul luogo di lavoro o i posti che frequentano abitualmente abbiano mai manifestato comportamenti problematici o si siano immischiati in affari poco puliti. 

 

-Sarà fatto. La richiamerò non appena avrò le informazioni per lei. 

 

Scarlett tese la bocca in una linea netta. 

 

-Grazie agente. Buona giornata.

 

La linea cadde, ma la ragazza non posò il telefono. Invece, riprese a digitare, posando l'interfono all'orecchio e ascoltando nuovamente gli squilli ripetersi in una cantilena. 

 

-Dottoressa Kaine? 

 

-Sì? Oh, devi essere tu, cara!

 

Scar ringraziò il cielo per essersi ricordata di prendere il contatto della dottoressa che aveva visitato gli Omega prima di andarsene, anche se il ricordo di quella giornata non faceva che produrre un sapore amaro nella sua bocca. 

 

-Sì, sono l'assistente del Centro. La chiamo per darle i nomi degli Omega per la catalogazione dei campioni. 

 

-Oh, sapevo che saresti riuscita a farli aprire! Ma dimmi, dimmi, come sta andando? 

 

Scarlett deglutì, posando gli occhi sui tre volti addormentati. Ogni volta che il suo sguardo li raggiungeva, sentiva una parte di lei sciogliersi inesorabilmente e non riusciva a capirne il motivo. 

 

-Non riesco... a comprendere alcuni loro comportamenti. A essere sincera... 

 

Andava bene dire la verità con un'estranea? La ragazza si fermò per un istante. Non aveva il coraggio di parlarne con le persone che conosceva perché era troppo imbarazzante. Forse con qualcuno che non avrebbe mai più rivisto ce l'avrebbe fatta. 

 

-Non riesco a capire neanche i miei comportamenti a volte. È tutto molto strano... è tutto diverso con loro. 

 

Scarlett si massaggiò la fronte, posando il gomito sulla scrivania. 

 

-Oh, cara... capisco la tua apprensione, ma non devi per forza pensare che sia una cosa negativa. Immagino che ancora nessuno ti abbia detto... 

 

La ragazza sollevò un sopracciglio. 

 

-Mi abbia detto cosa? 

 

Un lieve sospiro sorse dall'interfono. 

 

-Non possiamo davvero intrometterci d'altronde. Questa è una cosa sacra. Pensa solo a non avere timore. Lascia che le cose prendano il loro corso e quando saranno pronti tutto avrà senso. 

 

-Perché... 

 

Scarlett emise uno sbuffo spazientito. Alla fine, decise di abbandonare la domanda che premeva sulla sua lingua. 

 

-Oh giusto, cara! Stavo dimenticando di una cosa molto importante! Dovrai stare in occhio per eventuali calori in arrivo. È assai probabile che, a causa del trauma e della situazione stressante, ne abbiano saltati alcuni e probabilmente il loro corpo, sentendosi finalmente rilassato e al sicuro, cercherà di recuperarli. In casi come questi, risorgono da qualche giorno a qualche settimana dal salvataggio. 

 

La ragazza spalancò gli occhi, colpendosi la fronte e generando un sonoro schiocco. Come poteva essersi dimenticata di un dettaglio tanto importante? Succedeva spesso che, non appena venivano portati nel Centro, gli Omega andassero in calore per il sollievo di essere finalmente in un ambiente sereno. 

 

Ma nello stato in cui erano come sarebbero riusciti a gestire quella situazione? 

 

-Sarà violento? 

 

-Oh, dipende. Sai per quanto tempo sono stati imprigionati? 

 

Le pupille della ragazza scattavano freneticava mentre si stringeva il ponte del naso. 

 

-Poco più di un anno. 

 

Un mormorio le raggiunse le orecchie. 

 

-…quindi dovrebbero aver saltato due calori all'incirca. Non è il peggio, ma dato il forte stress a cui sono stati sottoposti temo che sarà piuttosto intenso. Avranno bisogno di antidolorifici e sicuramente avranno febbre molto alta. Sarà piuttosto doloroso, almeno questa prima volta. 

 

Scarlett annuì, sospirando con petto tremante. I suoi occhi continuavano a tornare su di loro. Perché dovevano stare male? Perché dovevano soffrire ancora? 

 

-Potrebbero assumere soppressori, ma non lo consiglio. Non farebbero che peggiorare il problema per i prossimi calori. Se invece il loro corpo ha modo di sfogarsi completamente in questo, è più probabile che quelli dopo tornino a un ciclo e una portata normale. È anche possibile che questo sarà seguito a breve distanza da un altro calore, molto più blando e più corto, all'incirca a uno o due mesi di distanza. 

 

Scarlett deglutì. Sentiva la saliva asciugarsi sulla sua lingua a ogni parola che calava nella sua mente. 

 

-Capisco. Cercherò di spiegare loro la situazione e lasciare che scelgano cosa fare. Grazie, dottoressa. 

 

La ragazza si costrinse a distogliere lo sguardo, schiarendosi la gola. 

 

-Se è pronta a scrivere, le do i loro nomi. 

 

 

***

Un'ombra torreggiava su di lei. Un edificio? No. Un albero. Un possente albero. 

 

Era un'ombra rassicurante. La circondava con il calore del sole nonostante la nascondesse da esso. 

 

Un viso. Le sorrideva? Delle braccia solide la avvolsero. Aveva voglia di aggrapparvisi e lasciare che la trascinassero ovunque il suo cuore voleva. 

 

Non aveva mai sopportato un tocco come quello. Non avrebbe mai voluto che qualcuno come lui la stringesse, eppure non avrebbe voluto essere in altro posto se non quello. 

 

Le sue fossette le scaldavano l'anima. Le sue dita non riuscivano a stare lontane dalla linea della mandibola, così netta eppure rassicurante. 

 

Una voce calda come il fuoco, profonda e al tempo stesso melodiosa le sussurrava all'orecchio. 

 

"Sono tuo.” 

 

 

ANGOLO AUTRICE 

OH OH OH, babbo natale è arrivato e porta quesiti, domande e? 🫣 vorrei dire che sono davvero grata dell’attenzione che la storia sta ricevendo e mi fa molto piacere che vi stiate appassionando così tanto. In diversi mi chiedete di aggiornare più spesso e posso capire l’impazienza (so che vorrete vedere la grande riunione ma tempo al tempo, io non regalo niente, vi dovete guadagnare i momenti più belli con un’attesa soddisfacente 😌) . Vi posso dire che l’altra storia che sto pubblicando sta giungendo al termine perciò non appena sarà conclusa potrò dedicarmi ogni settimana a questa, promesso! 

 

Ps: ho visto il video di Love wins all e sto malissimo? Cioè, com’è possibile che mi faccia piangere ogni singola volta? Also, per chi è nuovo e non lo sa ho una pagina insta @juliet_caramelmacchiato dove condivido le mi e fanart e parlo di Bangtan se siete interessat*!

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Capitolo 10
*** 10 ***


Ci volle un po' di opera di convincimento per far accettare agli Omega che lei aveva necessità di allontanarsi almeno per qualche ora, il tempo per tornare a casa sua, fare un cambio di abiti e magari anche una doccia. Ma dopo quello, Scarlett sapeva che il suo posto nella tana la attendeva, insieme a tre figure impazienti, ferme a fissare la porta fino a quando lei non avrebbe fatto ritorno. Dopo essersi rinfrescata e cambiata, prese una piccola borsa in cui infilò qualche vestito di scorta per i giorni avvenire, lasciando il suo appartamento alle spalle. 

 

Stava davvero pensando di rimanere ancora? 

 

Non c'era motivazione razionale per farlo. Molto probabilmente, gli Omega si sarebbero stufati di lei prima che potesse accorgersene e allora sarebbe tornata alla sua solita stanza, nel suo appartamento accogliente ma tremendamente silenzioso. Eppure... le avevano detto di lasciarsi andare. Di seguire il suo istinto. Perciò, almeno per il momento gli avrebbe dato ascolto.

 

Ancora qualche giorno e poi, se tutto andava bene, loro sarebbero tornati a casa. 

 

Le sue dita strinsero istintivamente il volante quando quel pensiero emerse nella sua mente. I suoi occhi cercarono di distrarla osservando la strada, identificando in lontanava un'insegna conosciuta. Le ci vollero due istanti per decidere di accostare la macchina e infilarsi nella pasticceria. 

 

Quando fu di fronte alla porta numero tredici, dieci minuti dopo, indossava un sorriso soddisfatto e aveva le mani occupate da una scatola di cartone bianco. Le tre figure apparvero freneticamente davanti a lei come se avessero corso per aprire il prima possibile, abbassando occhi curiosi sulla scatola. 

 

-Ho portato un regalo. Spero vi piacciano i dolci. 

 

Mentre Scar faceva il suo ingresso nella stanza con andatura allegra, sentiva gli Omega seguirla a poca distanza, allungando il collo e annusando con attenzione per cercare di capire cosa stesse nascondendo. Posando il cartone sulla scrivania, appoggiò infine la sua borsa a terra, prima di sollevare il coperchio della scatola. 

 

-Questa è la torta al caramello salato più deliziosa della città. O, almeno... del quartiere. È la torta del mio cuore- annunciò fiera, lasciando che i tre ammirassero la crosta dorata di biscotti sbriciolati e il ricco colore del caramello, intervallato da piccoli ciuffi di panna che, sapeva, avrebbero aggiunto una nota fresca sul palato per spezzare la cremosità del ripieno. 

 

I ragazzi si avvicinarono lentamente, abbassandosi per osservare meglio la torta e sbattendo le palpebre freneticamente. 

 

-Regalo...- bisbigliò Taehyung con voce sottile. 

 

-Regalo di... Scar...- ripetè, e alla ragazza parve di scorgere dell'incredulità nel suo tono. Le tre teste si sollevarono si scatto verso di lei, guardandola con un misto tra sorpresa e ammirazione. Sembravano serbare un'eccitazione tale che qualcuno avrebbe potuto pensare che Scarlett avesse appena donato loro una casa. 

 

-Primo regalo di Scar! 

 

In un istante, i tre corpi la stavano circondando, stringendola in un abbraccio che la inglobava completamente e indossando sorrisi estatici. 

 

-Scar ha fatto un regalo!

 

Non riusciva neanche a distinguere chi stesse inneggiando in quel momento, perché le loro voci si alternavano e sovrapponevano, esclamando ed esultando senza che la ragazza potesse aggiungere una sola parola. Ma quando sentì una carezza lungo il collo, il freddo della punta di un naso famigliare, sapeva chi fosse dietro di lei. Respiri calmi e profondi le colpivano la pelle, prima di diventare sempre più erratici e brevi. Un verso contrariato sorse accanto alle sue orecchie, prima di trasformarsi in irritazione quando il naso continuava a strofinare lungo la stessa striscia di pelle inspirando spasmodicamente. 

 

Alla fine, Jungkook sollevò il capo per guardarla negli occhi con un'espressione corrucciata. 

 

-Ho dovuto rimettere il scentblocker. Non posso stare così tanto tempo al Centro senza, anche se a voi piace il mio odore può dare fastidio agli altri. 

 

Dei nuovi versi sorsero dai due Omega restanti, che afferrarono rapidamente le sue mani e iniziarono a ricercare il suo odore strofinando la pelle del suo polso. Quando si accorsero di non avere successo, sollevarono a loro volta occhi offesi su di lei. 

 

-Scar! Vogliamo il profumo di Scar! 

 

La ragazza sorrise, anche se sentiva un accenno di calore salirle alle guance. 

 

-Niente profumo. 

 

Il corpo dietro di lei, però, iniziò ad annusare freneticamente attorno a sé, analizzando l'ambiente come se fosse alla ricerca di qualcosa. All'improvviso, si abbassò a terra, avvicinandosi alla borsa che Scarlett aveva lasciato sul pavimento. Dopo un istante immobile, il ragazzo si fiondò su di essa, aprendola senza un momento di esitazione. 

 

-Ehi! 

 

Ma Jungkook sembrava non sentirla, focalizzandosi sull'estrarre una vecchia maglia che indossava per dormire ogni notte e sollevandola davanti al suo viso. Scarlett lo osservò con curiosità mentre affondava il naso nel tessuto nero, traendo un lungo respiro prima di strofinarvi la guancia. 

 

-Jungkook, gradirei che mi chiedessi il permesso prima di rovistare tra le mie cose. 

 

Due occhi scuri si sollevarono su di lei, mentre il suo corpo rimaneva accovacciato a terra con la maglia stretta in una morsa ferrea e la parte inferiore del viso immersa in essa. Le pupille la fissavano come se... 

 

La mente di Scarlett, per un momento, smise di funzionare. 

 

La guardava come se avesse voluto divorarla. 

 

-Scusa. 

 

La ragazza deglutì, respirando un paio di volte nella speranza che l'improvvisa nebbia che le offuscava il cervello si dissipasse. Infine, incrociò le braccia nella speranza che il suo viso non la tradisse. 

 

-Non mi sembri molto dispiaciuto. 

 

Jungkook rimase immobile per qualche momento. Se qualcuno che non sapeva nulla di lui avesse osservato la scena in quell'istante... avrebbe pensato che fosse un Alpha. 

 

Alla fine, il ragazzo si sollevò in piedi, porgendole lentamente la maglia, anche se sembrava che dovesse forzare il suo braccio ad allungarsi per compiere il gesto. 

 

-Scusa Scar. 

 

La ragazza osservò per un istante il tessuto appallottolato. Un piccolo sorriso le sollevò le labbra. I suoi occhi, nonostante tutto, sembravano davvero ricercare il suo perdono, anche se al tempo stesso scivolavano brevemente sulla maglia per contemplarla con bramosia. 

 

-La puoi tenere. Se ti piace sentire il mio odore puoi usarla, ma non puoi frugare tra le cose della gente. 

 

Una scintilla entusiasta animò lo sguardo di lui, che la contemplò con trepidazione mentre annuiva freneticamente e riportava la maglia sotto il suo naso. 

 

-Ehi! Anche io!- aggiunse una voce lamentosa portandola a posare la sua attenzione su Taehyung, che si fiondò su Jungkook per dividere la maglia tra deboli ringhi e versi irritati. Scar li osservò con un velo di divertimento, seppur faticava a capire che cosa avesse il suo odore da essere così interessante per loro. I suoi pensieri furono interrotti dalle dita che sollevarono il suo polso e dalla lieve carezza di boccioli di rosa. Il suo sguardo si posò all'istante sull'angelo con gli occhi di demone che la osservava da sotto le folte ciglia, sfiorando con le labbra le timide valli e colline create dai tendini appena sotto l'epidermide.

 

-A me piace... la pelle di Scar. 

 

Scarlett sentì di aver deglutito in modo troppo cospicuo quando un sorriso deliziato la osservò, come se attendesse di bere la sua reazione. 

 

-Anche senza profumo... la pelle di Scar... mi piace...- continuò a mormorare quella voce lussuriosa, abbassandosi quel tanto che bastava da far quasi dimenticare l'androgena musicalità che la caratterizzava. Ogni parola sembrò rimbombare nel suo corpo come un tamburo, scandita dai brevi respiri che colpivano il suo polso e dalle labbra che si muovevano contro di esso. La ragazza non riusciva a distogliere lo sguardo. 

 

-State... migliorando molto... nel parlare. È un'ottima cosa. 

 

L'Omega sorrise, tirando appena in modo che lei fosse costretta a fare un passo in avanti e avvicinarsi un po' di più a lui. Il suo braccio era ormai quasi adeso al petto di lui mentre il ragazzo era intento a strofinare tutta la sua mano con carezze gentili. 

 

-Per Scar. Vogliamo parlare con Scar. 

 

Scarlett non riuscì a impedire ai suoi denti di affondare nel labbro inferiore mentre le labbra di Jimin tracciavano un percorso dal polso al dorso della sua mano, trascinandosi lungo la pelle come se gli fosse impossibile staccarvisi. 

 

-Vogliamo dire... a Sca-

 

Il movimento si bloccò e la ragazza tornò, per un istante, a respirare. Perché la sua testa era così leggera? Perché non era in grado di formulare un singolo pensiero razionale? Perché sentiva come se qualcuno l'avesse incatenata a terra, bloccandole il corpo e impedendole di muovere un singolo muscolo? 

 

Jimin allontanò leggermente il viso dalla sua mano, contemplando con occhi confusi qualcosa su di essa. Scarlett sollevò un sopracciglio, attendendo mentre l'espressione del ragazzo perdeva tracce di giocosità a ogni istante che passava. 

 

-Jimin? 

 

L'Omega parve incapace di sentirla. Con la fronte aggrottata sollevò l'altra mano per toccare qualcosa sul dorso della sua, strofinando dolcemente in un punto che Scarlett non riusciva a vedere. Infine, un ansimo inorridito e due occhi che non avevano più niente del demone tentatore la guardarono con angoscia crescente. 

 

-Scar no! 

 

La ragazza spalancò le palpebre, guardandolo confusa. 

 

-Jimin, cosa-

 

-No! No no no no no no no! Scar! No, ti prego! 

 

Le sue pupille scure la imploravano, mentre scuoteva la testa senza fermarsi, stringendo la sua mano fra le proprie e accarezzandola disperatamente con i pollici. 

 

-Jimin, calmati, spiegami cosa succede-

 

-Scar è perfetta! Scar va bene! Non farlo! 

 

Il petto dell'Omega aveva preso a sollevarsi e abbassarsi a causa dei respiri frenetici e ansimanti che lo sconvolgevano. Un velo lucido scese sui suoi occhi che continuavano inesorabilmente a implorarla. 

 

-Jimin, calmati e spiegami qual è il problema...

 

-Scar è bellissima! 

 

La ragazza si bloccò. Con la bocca dischiusa, lo osservò immobile mentre il ragazzo baciava spasmodicamente la sua mano, strofinando poi la guancia su di essa. Delle lacrime le inumidirono la pelle, scintillando sul volto di angelo che strizzò le ciglia corvine, prima di tornare a guardarla. 

 

Scarlett abbassò lo sguardo sulla sua mano. Girandola appena, riuscì a vedere il punto che prima le era nascosto. Lungo la distesa di pelle intonsa, un unico, minuscolo segno la marchiava. Un occhio distratto non ne avrebbe neppure notato l'esistenza. Una persona qualsiasi lo avrebbe scambiato per la piccola cicatrice di un taglio o una vecchia contusione. 

 

Possibile che... 

 

I suoi occhi tornarono su quelli umidi che la pregavano. 

 

Non poteva davvero aver... capito... 

 

-Jimin, tu... 

 

-Scar, non farlo. Scar non ha bisogno. 

 

Scarlett sentì un freddo imperante scenderle nelle ossa. Sbattendo le palpebre, lasciò che i suoi occhi si posassero per un'ultima volta su quel minuscolo segno. 

 

Una piccola cicatrice rosea. Il segno di denti che erano affondati ripetutamente nella pelle. 

 

Solo chi sapeva poteva riconoscerli. 

 

Solo chi era passato per quel cammino ne sapeva identificare le tracce. 

 

-Non devi preoccuparti, Jimin.

 

Il piccolo naso inspirò debolmente le lacrime, mentre lui la guardava come se non riuscisse a comprendere le sue parole. 

 

-Sono passati anni ormai. Sono guarita ora. Davvero. 

 

La voce di Scarlett era poco più di un sussurro. Questa volta, fu lei a tirarlo dolcemente verso di sé, accogliendo il corpo che si era accartocciato in avanti per stringerlo con le sue braccia. 

 

-Davvero?- sussurrò in risposta la voce acuta, come se non sapesse se crederle o meno. La ragazza sorrise. Chiudendo gli occhi, inspirò. Le sue labbra si sollevarono, posandosi con delicatezza sulla fronte del ragazzo. In quel momento Scarlett avrebbe permesso che il suo corpo prendesse il sopravvento sulla sua mente per lasciare un cauto bacio sulla pelle diafana. 

 

-Davvero.

 

L'Omega posò la testa sulla sua spalla e la ragazza ebbe l'impressione che piano piano stesse lasciando che il suo peso si appoggiasse sempre di più, accoccolandosi contro il suo corpo mentre lei stringeva la sua vita con il braccio. Quando i suoi occhi si allontanarono, incontrarono due sguardi zoppicanti tra il confuso e il preoccupato saettare fra di loro. 

 

-Forza, ora mangiamo la torta.

 

E Scarlett cercò nel suo tono una vena di serenità nonostante la stanza grondasse di angoscia. 

 

 

 

 

 

Ferma con le mani posate sulla ceramica fredda del lavandino, la luce dello specchio del bagno sembrava enfatizzare i tratti più spiacevoli del suo volto. I suoi occhi viaggiarono lungo quei lineamenti che le erano famigliari mentre respirava lentamente. 

 

Era passato del tempo dall'ultima volta che aveva ricordato. 

 

La sua mente indugiava ancora per qualche istante di troppo in quei vecchi meccanismi, per quanto avesse lavorato per distruggerli e sradicarli. Sapeva che non avrebbe mai potuto eliminarli del tutto, per quanto avesse voluto. Poteva però imparare a conviverci e navigare quei giorni in cui i suoi pensieri diventavano come onde violente su una scogliera erosa. 

 

Per un istante, solo per un istante, il suo riflesso nello specchio scomparve. Vedeva degli occhi malevoli fissarla. Dei sorrisi canzonatori. Nelle sue orecchie, delle risate riecheggiavano come rumore di unghie su una lavagna. E quando la sua immagine tornò a riflettersi sulla superficie, le sue occhiaie erano diventate verdi come cibo putrefatto, la sua pelle emetteva un grigiore malsano e la sua bocca pareva scomparire nella proporzione innaturale del suo viso. 

 

Aprì il rubinetto. Lasciò che acqua gelida le intorpidisse le dita, prima di spruzzarsela sul viso, quasi con violenza. Quando le sferzate di ghiaccio si estinsero, il suo riflesso era tornato a mostrarle un'immagine quasi normale di lei. 

 

La sua mente cadde su Jimin.

 

Aveva motivo di credere che il ragazzo fosse passato attraverso la sua stessa esperienza, ma non sapeva che se ne fosse già uscito. Avrebbe dovuto osservarlo. Il suo corpo era più asciutto degli altri, se ne era accorta sopratutto quella sera quando lo aveva stretto a sé, ma fino a quel momento Scarlett aveva imputato il motivo al maltrattamento che dovevano aver subito nel posto in cui erano stati rinchiusi, insieme a una costituzione più femminea. 

 

Ma doveva iniziare a pensare altrimenti. 

 

Doveva assicurarsi che non fosse al centro del baratro in cui era sprofondata lei. 

 

Respirando a fondo, si allontanò dal lavandino e aprì la porta del bagno. A malapena si accorse della figura ferma accanto a essa, fino a quando non si fermò in tempo dall'evitare di sbatterci contro. Due occhi ansiosi la fissarono con insistenza, studiandola in silenzio mentre annusava l'aria. 

 

-Jimin- eruppe lei, sollevando le sopracciglia. Il ragazzo continuava a studiare con attenzione il suo volto, prendendole la mano e avvicinandosi al suo viso per continuare ad annusare. 

 

-Mi stavi aspettando? Ero solo andata in bagno- disse con un leggero sorriso che, sperava, lo avrebbe rassicurato. Ma quando lo sguardo angosciato persistette, Scarlett si fermò per un istante. 

 

Era di guardia, come se temesse un pericolo. 

 

Ma lei era solo stata... 

 

Chiuse gli occhi, sospirando. 

 

Ma certo. Era chiaro cosa temesse. 

 

Sollevando la mano che era stretta nella propria, ne baciò dolcemente il dorso. 

 

-Te l'ho detto, non devi preoccuparti. E comunque, sentiresti l'odore se anche fosse, no? Vedi? Non è successo niente. 

 

Jimin abbassò leggermente il capo, anche se una smorfia malinconica ancora gli dipingeva le labbra. Avvicinandosi di più a lei, si accoccolò nell'incavo del suo collo, muovendo timidamente la guancia. Anche se non sentiva il suo odore, sembrava davvero apprezzare il contatto e la vicinanza. 

 

-Ora basta!

 

Scarlett sollevò il capo sorpresa quando la voce baritonale eruppe con irritazione. Taehyung e Jungkook si avvicinarono a loro, il primo recando un'espressione corrucciata, il secondo uno sguardo dall'apparenza invidiosa concentrato su Jimin.

 

-Jiminie ha già ricevuto due baci! E noi?- continuò la voce di Taehyung, seppur sembrava aver assunto un tono leggermente infantile. La ragazza rimase per un momento immobile, con occhi spalancati mentre osservava i due fermi a un passo da loro. 

 

All'improvviso, scoppiò in una risata scrosciante. Gli Omega abbassarono lievemente le teste, assumendo all'istante un velo di imbarazzo, ma Scarlett allungò una mano verso di loro. 

 

-Forza, venite qui. 

 

Nonostante l'imbarazzo che gli colorava le guance, gli Omega non si fecero ripetere l'invito. Strisciando rapidamente fino a lei, la osservarono con grandi occhi carichi di aspettativa mentre si sporgeva in avanti. Indossando un sorriso, sfiorò la fronte di entrambi con le labbra, allontanandosi poi per vedere smorfie soddisfatte dipingersi sui loro visi. 

 

Quella sera, cercarono a convincerla con maggiore insistenza a infilarsi con loro nel nido ma Scarlett era irremovibile. Sdraiandosi sul suo "fantastico" materassino gonfiabile, cercò di ignorare le ondulazioni che le spostavano il corpo in maniera scomoda, chiudendo gli occhi e sollevando con teatralità le coperte in modo che gli Omega recepissero il messaggio. Li sentì ritirarsi nel loro fortino di coperte dopo qualche minuto, lasciando che lievi versi contrariati gli sfuggissero dalle labbra. 

 

 

 

 

 

Scarlett non sapeva che ore fossero quando sentì le coperte del grande letto frusciare leggermente. Ovviamente non riusciva a dormire perciò il suono non le sfuggì. Sapeva che era notte fonda, ma non sapeva quanto fosse passato da che avevano spento le luci. Attese nel buio, mantenendo gli occhi chiusi per capire chi fosse dei tre a uscire dal nido. Pensò che fosse solo qualcuno che doveva andare in bagno. 

 

Lentamente, però, si accorse di un respiro sempre più vicino. Cercò di rimanere immobile mentre sentiva una coperta venire trascinata giù dal letto per essere posata sul pavimento, proprio accanto al suo materassino. Strinse gli occhi quando sentì un corpo distendersi a terra, rannicchiandosi il più vicino possibile a lei senza toccarla. 

 

Dopo qualche istante, altre due figure scivolarono giù dal letto. Una si sistemò all'altro suo fianco, l'altra si rannicchiò ai piedi del materassino. Scarlett tacque. Trattenendo un sorriso, si strinse la coperta attorno al corpo. 

 

***

Fragole rosse e panna montata. 

 

Avrebbe voluto divorarlo in un solo boccone da quanto era delizioso nel suo innocente imbarazzo. 

 

Quelle guance rubiconde, così sensibili al suo sguardo. Un contrasto con la pelle pallida che sapeva di dolce. Non poteva fare a meno di sorridere quando quelle grandi mani si sollevavano sul viso per coprire i segni del suo tocco. Quel gesto così futile che tentava di nasconderlo al suo sguardo vorace non faceva che farla sorridere di più. 

 

Gli occhi spalancati, imploranti, sospesi sull'orlo che separava pazzia e ragione, lucidi e dalle pupille dilatate, la osservavano come quelli di una preda che chiede pietà al cacciatore. 

 

Così adorabile...

 

Irresistibile con la sua dolce voce e i sospiri acuti. Lo avrebbe tenuto lì per giorni e giorni. 

 

-Ti pre... ti prego...

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Ok la prima parte del capitolo era drama e mistero e tragic backstory ma con l'ultima parte 🔥😗🫣 e parte l’indovina chi sul membro misterioso (settimana scorsa avevate indovinato). E dopo? Quali altre “visioni” avremo?

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Capitolo 11
*** 11 ***


Era riuscita ad addormentarsi quella notte. 

 

Se ne accorse quando aprì le palpebre incrostate dal sonno residuo che cercava di richiuderle con insistenza. Il suo corpo sembrava aver dimenticato la scomodità del materassino perché pareva non volersi allontanare dal piccolo bozzolo che si era creata per sé. Ma forse era stato il calore che la circondava a rendere il suo sonno più piacevole. 

 

La prima cosa che vide quando i suoi occhi iniziarono a osservare effettivamente ciò che stava di fronte a lei, fu il viso di un cherubino addormentato nell'espressione più pacifica che avesse mai visto. La fronte distesa, le labbra carnose appena arricciate, le guance arrossate e i capelli leggermente scompigliati, che scendevano delicatamente sul volto per accarezzare la pelle. Doveva essere a poco più di un palmo da lei e Scarlett ebbe come la sensazione di sentire un accenno del suo respiro colpirle il collo. 

 

Si voltò leggermente, cercando di non fare rumore. Dietro di lei, un cucciolo di tigre stava rannicchiato nella sua coperta con la bocca appena contratta in un broncio e capelli selvaggi sparati in ogni direzione. Trattenendo uno sbuffo divertito, si sollevò per scrutare ai suoi piedi. Il terzo corpo, seppur più massiccio degli altri, stava raggomitolato in posizione fetale, abbracciando il cuscino contro cui strofinava dolcemente la guancia con l'espressione più innocente che gli avesse mai visto fare. Le ci volle qualche istante per notare il tocco di nero che emergeva da sotto il cuscino. 

 

La sua maglia. 

 

La sua attenzione fu velocemente riportata davanti a sé quando una presa delicata le circondò il polso. L'angelo sembrava ancora immerso nel suo sonno a giudicare dagli occhi chiusi ma le sue mani parevano essersi protese istintivamente, attirando la sua verso di sé. Scarlett osservò curiosamente il ragazzo addormentato portare la sua mano alla bocca, posando le labbra sulla pelle. E rimase lì, fermo con le labbra premute sul suo palmo, incapace di lasciarla andare. 

 

Quello che Scarlett non si aspettava, però, fu il secondo attacco che la sorprese alle spalle. Un respiro sconosciuto, infatti, iniziò a colpire il retro del suo collo, portandola a irrigidirsi. Un naso iniziò a strofinare pigramente la pelle, percorrendo pochi centimetri alla volta. 

 

La ragazza si schiarì la gola. 

 

-Buongiorno belli addormentati. È ora di alzarsi. 

 

Scarlett provò a sollevarsi in posizione seduta, ma la mano che le teneva il polso non sembrò intenzionata a lasciarla andare e il corpo che si era avvicinato alle sue spalle aveva fatto passare un braccio attorno alla sua vita. Dei versi accennati trascinati dal sonno segnalarono la loro protesta. 

 

-Non sapevo di essere andata a dormire in mezzo a tre sconosciuti. Chissà come saranno arrivati qua...- pronunciò con tono ironicamente accusatorio Scar. Due occhi si schiusero lentamente davanti a lei, posandosi all'istante sul suo viso e scrutandola con placidità, come se il suo rimprovero non li toccasse minimamente. Con improvvisa spudoratezza, invece, si avvicinarono ancora di più, sollevandosi appena in un placido sorriso.

 

Il corpo dietro di lei, alla stessa maniera, si era ormai incollato alla sua schiena, emettendo bassi versi arrochiti dal sonno. 

 

Con uno scatto, si sollevò a sedere allontanando lo sguardo dai due Omega. 

 

-Forza forza! Non ho neppure idea di come abbiate fatto a dormire sul pavimento... 

 

Dei brontolii contrariati emersero alle sue spalle ma Scar li ignorò. Scivolò via dalla presa dei due, rizzandosi in piedi come se fuoco liquido le scorresse nelle vene. Attenta a non calpestare Jungkook, superò il suo corpo con una larga falcata prima di marciare verso il bagno e rinchiudersi all'interno. 

 

 

 

 

-Scar? 

 

La ragazza piegò leggermente il capo, voltandosi per rivolgere lo sguardo verso gli occhi di tigre che la guardavano ansiosamente. 

 

-Sì?

 

Le pupille di Taehyung saettarono da una parte all'altra. Non sembravano conoscere riposo nell'osservare l'ambiente attorno a sé e, al tempo stesso, apparivano quasi voler nascondere il loro frenetico nervosismo. 

 

-Noi non... andiamo... lavoro? 

 

Scarlett sollevò gli angoli della bocca. Tutti e tre gli Omega la stavano fissando con apprensione crescente, passando gli occhi sul corridoio sconosciuto. Il suo sorriso non sembrava essere in grado di nascondere la verità. 

 

-Oggi no, farete una chiacchierata con Iris. È la persona che ci ha portato la colazione ieri, è molto brava, vi troverete bene. 

 

Gli Omega studiavano il suo volto con occhi apprensivi e fiati sospesi, ma continuavano nonostante ciò a seguirla nella sua placida camminata. Forse, neppure lei avrebbe voluto arrivare così in fretta. Forse stava cercando di ritardare, anche solo di qualche secondo. 

 

-Perché? 

 

Scarlett guardò il resto del corridoio mentre apriva la strada al gruppo. 

 

-Iris vi aiuterà a iniziare a sbrogliare i complicati sentimenti che sicuramente state provando in questo momento. O, almeno per ora, vi aiuterà a capire in che stato è la vostra mente dopo tutto quello che vi è successo. L'omegaspace... vi sta proteggendo ma vi sta anche trattenendo dal tornare alla vostra piena potenzialità. 

 

Per qualche istante, solo il cigolio delle loro scarpe sul pavimento riempì il silenzio. Poi, una voce fece fermare Scarlett sui suoi passi. 

 

-Non... bisogno... di... lei per... questo. Noi abbiamo Scar. 

 

La ragazza abbassò lo sguardo al terreno. Si voltò lentamente, osservando Taehyung per primo, per poi scivolare sui due Omega restanti, che continuavano a fissarla con lo stesso mix di timore e impenetrabile fiducia che alimentava una scintilla incessante negli occhi. 

 

Guardandosi appena attorno, Scarlett constatò velocemente che non c'era nessuno a parte loro nel corridoio. Solo allora permise alla sua mano di sollevarsi, facendo incontrare il palmo con la guancia del ragazzo. Lui non esitò un istante ad accoccolarsi contro di essa, abbandonando il suo viso alla sua carezza. 

 

-So che vi fidate di me e sono molto grata di questa fiducia. Ma esistono anche cose in cui io non vi posso aiutare. Non ho gli strumenti per farlo. Vi posso sorreggere e posso essere lì per voi nei momenti in cui avrete paura o in cui non riuscirete a fare altro che piangere. E potrò essere il vostro rifugio quando non saprete a chi rivolgervi. Ma ci sono ferite che non possono essere guarite solo con carezze e parole rassicuranti. Quello che avete passato... non oso neppure immaginare che cosa vi abbia fatto o il modo in cui abbia segnato la vostra mente. È come se il vostro corpo avesse subito un incidente stradale. Non basterebbe un cerotto e un bacio della buona salute a far sparire le ossa rotte o le emorragie interne. Per questo, avete bisogno di andare da qualcuno che saprà riconoscere quelle ferite e ricucirle, una dopo l'altra. In questo modo, potrete ricominciare a camminare senza provare dolore. 

 

Scar non abbandonò nemmeno per un istante lo sguardo tremante di Taehyung, che la contemplava con ciglia sfarfallanti. Quando guardò i due Omega al suo fianco, vide il viso di Jungkook abbassato verso il pavimento mentre una solitaria lacrima solcava la guancia di Jimin. L'angelo si afferrò l'avambraccio sinistro con la mano destra, stringendo appena come se volesse riscaldarsi. 

 

-Farà... male?

 

Scar attese un momento per racimolare il coraggio di ricominciare a parlare. 

 

-Tutte le ferite fanno male all'inizio. Poi, con il passare del tempo e con il giusto trattamento, non diventano che ricordi lontani, piccoli dolori occasionali che riemergono solo nei giorni di pioggia. 

 

La ragazza si costrinse a piegare la bocca all'insù. Sollevando la mano libera, sfiorò la guancia diafana dell'angelo, spazzando via con una carezza del pollice la singola lacrima. 

 

-Un giorno vi guarderete indietro e non sarà rimasta che la cicatrice sbiadita di questa ferita. Potrete parlarne come di un lontano passato che appena ricordate. Ve lo prometto. 

 

L'istinto di Scar le diceva di protendersi in avanti e posare le labbra sulla fronte di tutti e tre. Sentiva che loro volevano la stessa cosa, che lei li rassicurasse con la sua presenza fisica. Sperava, però, che in quel momento la loro fiducia in lei bastasse come rassicurazione. 

 

Il suono di una porta che si apriva alle sue spalle le fece abbassare le mani dai visi degli Omega. 

 

-Scar? Siete pronti? 

 

Il caschetto scuro della psicologa emergeva da oltre la soglia, circondando il viso sorridente della donna che la guardava in attesa. La ragazza, dopo aver risposto al suo sguardo, tornò a rivolgere la sua attenzione ai tre. 

 

-Iris è molto brava. Se siete a disagio, fateglielo sapere, ma non abbiate paura di lei. È una persona fidata. 

 

Jungkook, sobbalzando appena, spalancò gli occhi. Con le sue folte ciglia scure a contornare le pupille scintillanti, pareva quasi assomigliare a un cerbiatto, un contrasto così netto con il predatore che sembrava far emergere talvolta. 

 

-Aspetta... Scar non... Scar non viene?

 

Scarlett tese la bocca per un istante. Deglutendo, cercò di rilassare la sua espressione. Arrivava finalmente la nota dolente. 

 

-Almeno per questa volta, non posso venire. Legalmente, non devono esserci influenze esterne che possano modificare il risultato di questo colloquio. Se un giorno verrete chiamati a testimoniare in tribunale riguardo a quello che è successo, la mia presenza oggi potrebbe diventare un'arma per invalidare le vostre parole. 

 

Scarlett vide i tre Omega iniziare a respirare sempre più velocemente, guardandola con apprensione crescente prima di scambiarsi sguardi angosciati. 

 

-Ehi, andrà tutto bene. Ve l'ho promesso, no? Resterò fuori dalla porta perciò non sarò troppo lontana. E se succede qualcosa che vi mette a disagio potrete sempre andarvene e io sarò lì ad aspettare. Allora, che ne dite? 

 

I tre la guardarono con denti affondati in labbra arrosate e sguardi incerti. Nonostante ciò, dopo qualche momento annuirono lentamente, avvicinandosi con piccoli passi alla porta dove la psicologa li attendeva con un sorriso. Un uomo asiatico magro come uno stecco, probabilmente sulla sessantina e i cui capelli erano stati trasformati in un semicerchio scuro a causa della imperante calvizie, emerse silenziosamente alle sue spalle, salutando gli Omega con un semplice inchino. 

 

-Vi presento il signor Cho. Tradurrà la nostra conversazione in modo da facilitare il nostro scambio- disse la donna, indicando l'uomo magro con un'espressione conciliante. I ragazzi si inchinarono a loro volta, ma Scarlett poteva vedere come i loro occhi continuassero a saettare con frenesia attorno a sé. Prima che i loro corpi sparissero oltre la porta, vide i tre sguardi posarsi ansiosamente su di lei. La ragazza sorrise debolmente, mostrando loro con un lento movimento mentre si accomodava sulla fila di sedie al lato opposto. Posando la schiena, mantenne lo sguardo su di loro senza dire una parola. 

 

"Non mi muoverò da qui." 

 

Era quello che gli stava dicendo. 

 

Loro, fortunatamente, sembrarono capirla perché, seppur con un velo di esitazione negli occhi, le voltarono le spalle, entrando lentamente nello studio.

 

 

 

 

 

 

Iris sorrise non appena i tre Omega si appoggiarono rigidamente sulle sedie, posando occhi attenti su di lei e sull'uomo che stava seduto al suo fianco. Pupille fisse, irremovibili, caute la seguivano in ogni micro espressione. Era curioso. La presenza di Scarlett doveva far sembrare che l'omegaspace fosse regredito più di quanto effettivamente avesse fatto. Le loro menti erano ancora impregnate di quell'istinto animale di fuga, pronti a scattare a ogni segno di pericolo. Vivevano in punta di piedi, sul filo del rasoio, pronti a essere attaccati da cattive sorprese a un batter di ciglia. Doveva essere stata quella la loro vita per tutto l'anno precedente. 

 

L'unico luogo che li faceva sentire al sicuro da tutti i mali del mondo erano le braccia in cui il destino li aveva portati. 

 

-Non abbiate timore. Voglio solo conoscervi un po' meglio, tutto qua. Prima che ve ne accorgerete, avremo finito e potrete tornare da lei- li rassicurò la donna, piegando leggermente il capo mentre cercava di infondere calore nella sua voce. L'insistenza dei tre sguardi parve rompersi per un istante alla menzione della persona che li attendeva fuori dalla porta. Li osservò voltarsi istintivamente verso di essa, con labbra protese in una smorfia come se avessero sperato di riuscire a vedere la ragazza nonostante il muro che li separava. 

 

Mentre il signor Choi traduceva le sue parole, Iris cercò di ricordare alla sua mente di fermarsi a ogni frase per dare il tempo all'uomo di stare al passo. 

 

-Sono contenta che l'abbiate trovata. Vi meritate una persona come lei. E sono sicura che voi siete meritevoli di lei. 

 

Con un velo di ilarità, notò che non appena la traduzione delle sue parole li raggiunse, i loro visi si abbassarono per nascondere il leggero rossore che sembrava nascere sulle loro guance e le loro spalle si sollevarono in un gesto di improvvisa timidezza. Un sorriso genuino sorse sulle labbra della donna. Essendo shifter a sua volta, sapeva bene quali meravigliose emozioni stavano vivendo i tre Omega in quel momento. Poteva solo sperare che questa grande felicità fosse l'ancora che poteva sorreggerli nella tempesta che li attendeva. 

 

-E il vostro branco? Pensate che si meritino una come lei?

 

Iris avvolse la sua voce in un tono leggermente canzonatorio. Ma quello non era che un involucro all'obbiettivo che la sua domanda nascondeva. I suoi occhi studiarono attentamente l'espressioni sui tre volti reagire alla menzione del branco. Sopracciglia contratte, smorfie soffocate, guance scavate dai denti. Era pronta a captare qualsiasi segnale di sconforto. 

 

I tre volti, però, si accesero improvvisamente come le luci di una città al tramonto. La diffidenza aveva lasciato posto a sguardi persi in dolci ricordi, la cautela era stata spazzata via da sorrisi estasiati. Uno di loro, quello che doveva chiamarsi Taehyung, iniziò a cicalecciare concitatamente. Il più massiccio dei tre lo seguì poco dopo, sciorinando un fiume di parole nonostante sembrasse il più timido. Il ragazzo al centro, quello più magro e dai tratti delicati, restava in silenzio. 

 

La donna si voltò verso il signor Choi con un sorriso divertito. 

 

-Un riassunto di quello che hanno detto? 

 

L'uomo annuì seccamente. 

 

-Dicono che il branco la adorerà. Jin la tratterà come una principessa e Namjoon la adulerà con le parole più belle che esistano al mondo. Hobi la farà ridere ogni giorno della sua vita e Yoongi scriverà centinaia di canzoni per lei. 

 

Iris annuì. Tutti e quattro i membri mancanti erano stati citati. La sua mente tornò alle raffigurazioni nei disegni che Scarlett le aveva mostrato. Tutto coincideva. Con un sopracciglio appena sollevato, però, riportò lo sguardo sul ragazzo al centro, che ancora non aveva pronunciato una parola. Bizzarro. La sua postura era dritta, quasi regale. I suoi occhi erano imperscrutabili nella loro fermezza. Finalmente, quando ebbe appurato di avere la sua piena attenzione, anche lui iniziò a parlare. 

 

Le parole lasciarono la sua bocca chiare e nette, quasi affilate. Non vi era l'inflessione un po' infantile che riempiva le voci dei suoi due compagni. 

 

Iris, in quel momento, sentì una realizzazione accenderle finalmente il cervello. 

 

-Dice che il branco è un posto sicuro e che nessuno di loro ha nulla a che fare con quello che è successo. Di non provare ad accusare il loro branco di nulla, o ce la vedremo con lui. 

 

 

 

 

 

 

 

Un piede saltellava nervosamente su e giù, su e giù, su e giù. Tutto il suo gomito, poggiato sul ginocchio, veniva scosso di conseguenza dal movimento. Quando la porta davanti ai suoi occhi si aprì, il suo corpo scattò in piedi come se una scossa di elettricità l'avesse attraversato. Fece appena in tempo a vedere le tre figure emergere dalla porta che già si ritrovava avvolta da un involtino di Omega, strofinata da ogni lato da guance e nasi e voci che la chiamavano. 

 

-Scar ci è mancata! 

 

-Scar non ci lascia più soli! 

 

Trattenendo un sorriso, sentiva improvvisamente l'attenzione delle due persone che stavano sulla soglia della porta. Degli elementi esterni, fu come li catalogò il suo cervello. Degli alieni al loro gruppo. 

 

-Siete stati bravi con Iris? 

 

Sapeva ancora prima di guardare chi fosse ad aver afferrato il suo polso per portare la sua mano su una guancia morbida. 

 

-Siamo... stati... braaaaaavissimiiii...- replicò con tono cantilenante Jimin, sollevando le labbra in un sorriso innocente. Scarlett strinse appena le palpebre, scrutandolo per qualche istante. Poi sollevò lo sguardo su Iris, anche se il sorriso sornione della donna fece nascere un'improvvisa ondata di imbarazzo in lei. 

 

-Tutto bene?- chiese Scar con tono, sperava, leggero. La psicologa, per un momento, posò lo sguardo sull'angelo che stava accarezzando il suo polso con il naso. Poi, tornò a guardarla come se nulla fosse. 

 

-Tutto bene. E...

 

Scarlett cercò di ignorare le voci attorno a sé, rivolgendo tutta la sua attenzione alla psicologa. 

 

-... puoi chiamare il branco. 

 

La ragazza spalancò gli occhi. 

 

Inspirò. 

 

Ma certo. Poteva... finalmente.... Chiamare il branco...

 

Era quello che loro stavano aspettando. 

 

E allora perché... 

 

...sentiva come se il terreno stesse crollando sotto i suo piedi? 

 

 

 

 

***

Lui era la notte. 

 

Era l'oscurità che la avvolgeva, era polvere di stelle e fredda luce lunare. 

 

Lei non poteva che sollevare lo sguardo e ammirarlo in silenzio. 

 

Le sue dita accarezzavano il corpo di lei con la delicatezza con cui sfioravano il suo pianoforte. Stuzzicavano le sue corde con l'esperienza con cui pizzicava la sua chitarra. 

 

Il plettro che teneva appeso al collo era una visione ipnotica che la catturava, e quando dondolava sul petto di lei sentiva centinaia di brividi nascere come fiori in un campo. E allora lo afferrava, tirandolo come un guinzaglio fino a quando il suo padrone non era costretto a piegare il capo per lei. 

 

Era così tra loro due. Un gioco di sottomissione e ribellione, una continua lotta di prevaricazione che li faceva impazzire. 

 

In lui non c'era alcuna parola. 

 

Solo un ringhio selvaggio le riempì le orecchie. 

 

Proprio come la sua musica, lui era istinto, puro e privo di repressioni.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Indovina indovinello, chi è lo shifter misterioso con il plettro appeso al collo? (Ok, questo non è poi così criptico, con la descrizione del prossimo forse vi sorprendo un po' di più). Dunque, buone notizie perché manca davvero poco al momento che state aspettando. Un altro pochino di pazienza e avrete quello che desiderate. Sto cercando di pensare se fare un doppio aggiornamento per il prossimo capitolo oppure per quello dopo, non sono sicura su quale cliffhanger posso lasciarvi XD forse vi lascerò in sospeso ancora il prossimo capitolo e poi per quello dopo vi regalo il seguito senza farvi aspettare due settimane.

 

E COMUNQUE volevo ringraziarvi tantissimo per l'attenzione che questa storia sta ricevendo! Spero che potrà esserne all'altezza essendo iniziata un po' così, per capriccio. Cercherò di soddisfare le vostre aspettative al meglio! 🫡

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Capitolo 12
*** 12 ***


Un incubus. 

 

Il suo incubus. 

 

Un mutaforma impossibile da prevedere. Impossibile da comprendere leggendone lo sguardo. 

 

Quello sguardo era una ruota di colori che girava e girava. Giocoso, allegro, infantile. Serio, oscuro. 

 

Era un re e uno schiavo. 

 

Era luce e ombra. 

 

Durante il giorno, illuminava la stanza con i sorrisi più ampi e la risata più scrosciante. 

 

Ma di notte... 

 

Di notte cambiava aspetto. Diventava il suo insaziabile incubus. 

 

Era il loro piccolo segreto. 

 

Il sorriso di lui perdeva la sua infantile giovialità, affondava fino a diventare un'oscura promessa. 

 

E lei beveva ogni goccia di lui. 

 

Ogni colore nel suo sguardo e ogni sfumatura del suo cambiamento. 

 

Lo attendeva in ginocchio. La sua voce rombava nel suo orecchio, silente eppure così sconvolgente. 

 

-Sarai brava per me? 

 

 

 

 

 

-Scar? 

 

La ragazza sbatté le palpebre. Finalmente, dopo quella che parve un'eternità i suoi occhi misero a fuoco lo schermo che stava davanti a lei. Voltandosi appena, incontrò tre sguardi apprensivi posati sul suo viso. 

 

-Sì?- chiese lei, sollevando appena gli angoli della bocca. I tre non sembrarono rispondere al suo sorriso. 

 

-Stai bene?- pronunciò esitante la voce di Taehyung. Scarlett fece per replicare con una risposta istintiva ma si fermò. Aveva passato gli ultimi, lanciò un'occhiata all'orologio, quindici minuti a fissare la schermata del computer senza spingere neanche un tasto. 

 

Avrebbe potuto sciorinare un semplice "Tutto bene", ma sarebbe risultato inutile. E tutto ciò solo perché era una stupida. Una stupida che non riusciva a fare ciò che era giusto. 

 

Perché? 

 

Che cosa stava aspettando? 

 

Una semplice telefonata era tutto quello che doveva fare. 

 

E poi loro... loro... sarebbero stati... 

 

... felici. 

 

... lontani.

 

Dall'altra parte del mondo. 

 

Certo. Era giusto. Era quello che doveva auspicare succedesse. Una felice riunione e poi sarebbero tornati a casa, insieme alla loro famiglia. 

 

Il posto a cui appartenevano. 

 

E lei avrebbe continuato la sua vita, come aveva sempre fatto. Come era sempre stato. E sapeva che ce l'avrebbe fatta. Era ovvio che ce l'avrebbe fatta! Perché non avrebbe dovuto? Era il ciclo naturale delle cose! 

 

Quindi... doveva solo fare una semplice telefonata. 

 

Un trillo improvviso la fece sobbalzare. Per un istante, un singolo stupidissimo istante, pensò che fosse stata anticipata. Ma sapeva che era impossibile. Afferrò il telefono sulla scrivania, portandoselo all'orecchio e schiarendosi la gola. 

 

-Centro protezione Omega, sono Scarlet. Come posso aiutarla? 

 

-Salve, sono l'agente Sheen. Ci siamo sentiti qualche giorno fa. 

 

La ragazza deglutì. Aveva dimenticato di quel dettaglio. Doveva averla chiamata... per...

 

-Ma certo, agente. Per caso è riuscito ad avere la informazioni che le avevo chiesto? 

 

Cosa sperava che rispondesse? Se avesse detto di no, avrebbe avuto un motivo per ritardare l'inevitabile. Ma se avesse detto di sì...

 

Cosa le avrebbe risposto? 

 

E se avesse trovato qualcosa su uno dei membri? 

 

E se invece... 

 

... era tutto perfetto? 

 

-Sì. Ho spinto un po' di contatti e chiesto un paio di favori ma ci siamo riusciti. Ho racimolato tutte le informazioni possibili da colleghi, amici e raccolte legali. 

 

Scarlett respirò lentamente. Voltandosi appena, incontrò in un istante i tre sguardi che la fissavano con la stessa immobile apprensione. 

 

-Un momento per favore- pronunciò al telefono. Allungando una mano, accarezzò la guancia di Taehyung. 

 

-Torno subito, ok?- disse con un debole sorriso. E mentre le sue dita scivolavano via dal viso del ragazzo, vide i tre sguardi inseguirla come se avessero voluto allungarsi a loro volta e trattenerla. Scarlett inghiottì il senso di colpa, sollevandosi in piedi e lasciando il suo ufficio. Non voleva che sentissero. Non voleva che sapessero che stava scavando nel passato del loro branco. 

 

Sistemandosi a qualche passo dalla porta, appoggiò la schiena contro il muro. 

 

-Ok, mi dica pure agente. 

 

Dal telefono, sentì l'uomo schiarirsi la gola. 

 

-Dunque, la nostra indagine è iniziata dal capobranco, Kim Namjoon. Lavora come insegnante di inglese presso una scuola media statale nonostante sia un Alpha. È conosciuto per essere una persona molto pacifica e competente nel suo lavoro. Ha un ottimo rapporto con gli studenti e sa trattare i genitori con diplomazia. Non sembra che si abbandoni a tipici comportamenti da Alpha, si sottomette facilmente ad autorità superiori anche quando vengono da altri generi e a detta di molti sembra essere un leader giusto ma indulgente con il suo branco. 

 

Scarlett annuì tra sé e sé. La descrizione corrispondeva con le conclusioni che aveva tratto fino a quel momento. Non poteva però fare a meno di essere sorpresa. 

 

Un insegnante? 

 

Era un lavoro che un Omega o forse un Beta avrebbe preferito solitamente. Richiedeva qualità come pazienza, umiltà e cura per i cuccioli. Gli Alpha, sopratutto se uomini, prediligevano di solito ruoli di dirigenza o contesti lavorativi più competitivi. Spesso, questo risultava anche in un'esaltazione ancora maggiore dei loro aspetti più problematici, ma la società amava mantenere la sua gerarchia e la sua distinzione di genere. Finché gli Alpha si comportavano da Alpha, non importava che usassero la loro autorità per sovrastare gli altri. 

 

Non doveva essere stata una passeggiata per Kim Namjoon scegliere quella carriera. Non che ritenesse tutti gli Alpha uguali o che pensasse che tutti vestissero gli stereotipi del secondo genere, ma non doveva essere facile combattere con le aspettative lavorative che la società aveva, tanto più in una conservatrice come quella coreana. Doveva essere stata un'impresa anche solo riuscire a superare il pregiudizio dei selettori al momento della candidatura come insegnante. 

 

Stranamente, si ritrovò a nutrire una piccola ma crescente curiosità verso il resto dei membri. Assottigliando lo sguardo, iniziò a prestare appena un po' più attenzione alle parole che l'agente pronunciava. 

 

-Anche se Kim Namjoon è il capobranco, il membro più grande è il suo Beta, Kim Seokjin. Non siamo riusciti a trovare molto sul suo conto, se non che ha lavorato come chef presso un ristorante rinomato per qualche anno prima che il branco si stabilisse nella casa che hanno comprato assieme. Da quel momento, sembra abbia lasciato il suo lavoro e si sia dedicato unicamente alla cura del branco. Non sono rimasti molti dei suoi colleghi di allora, ma quelli che siamo riusciti a contattare lo ricordano come una persona un po' petulante ma molto divertente. Aveva talento e lavorava sodo ma quando gli hanno chiesto perché mollava ha risposto che fare il casalingo era la sua vera aspirazione. Sembra che abbia mantenuto il suo lavoro solo per aiutare a pagare la casa del branco. 

 

Ah, il caregiver dunque. 

 

Ovviamente il Beta più anziano. 

 

La gerarchia doveva quindi avere una certa rilevanza all'interno del branco, dopotutto. Se non quella del secondo genere, quantomeno quella per anzianità. Era normale che uno dei membri, solitamente quello più propenso, decidesse di dedicarsi unicamente alla cura del branco e della tana. Beta o Omega, non faceva molta differenza. 

 

Un Beta, però, poteva davvero solidificare le fondamenta di una casa. 

 

I Beta erano il collante che teneva il branco unito. Erano la presenza che univa Alpha e Omega in un unico, coeso insieme attraverso le loro vaste differenze. Un branco senza Beta era un branco destinato allo scioglimento. E Kim Seokjin doveva essere quel perfetto perno che manteneva in equilibrio il branco. Tanto più se era il maggiore, doveva avere quasi la stessa autorità di Kim Namjoon. 

 

Anche se non sapeva molto del suo carattere, il fatto che esistesse un caregiver nel branco era un ottimo segno di equilibrio nelle sue dinamiche.

 

-Subito dopo Kim Seokjin, il secondo membro più grande è l'altro Alpha, Min Yoongi. 

 

Una piega profonda tagliò la fronte di Scarlet a quelle parole. 

 

-Mi scusi, agente, ha detto che... c'è un altro Alpha... ed è quindi più vecchio di Kim Namjoon? 

 

-Esattamente. Dei quattro, Kim Namjoon in effetti è il più giovane.

 

La ragazza prese a scavarsi l'interno della guancia con i denti. 

 

Insolito. 

 

Era estremamente insolito che l'Alpha più vecchio non fosse capo. Era insolito già che ci fossero due Alpha in un branco, ma data la dimensione non era poi così inaudito. Ma che fosse perfino più anziano di Kim Namjoon...

 

Perché non era lui il capobranco? 

 

Se avessero seguito strettamente la gerarchia, quella sarebbe stata la scelta naturale. 

 

-Min Yoongi lavora come compositore presso un'etichetta musicale. È abbastanza famoso, ha lavorato anche con celebrità americane, ma non è facile avere informazioni su di lui. È una persona molto riservata, a detta di chi lavora all'etichetta. Passa tutto il tempo rintanato nel suo studio, interagisce il minimo necessario con il resto dello staff e spesso lavora da casa. È il tipico tizio misterioso, che non si fa avvicinare facilmente dalle persone. 

 

Scarlett prese a massaggiarsi il labbro con le dita. La questione poteva potenzialmente nascondere qualcosa. Un tipo di cui non si sa molto... non era mai un buon indizio. 

 

Tanto più che c'era la questione del perché non fosse capobranco. 

 

-Si sa niente sul suo rapporto con il resto dei membri? O con gli Omega in particolare? 

 

-Abbiamo provato a indagare in merito. Sembra che, per quanto sia piuttosto schivo con il resto del mondo, tenda a mostrare un lato un po' più docile con i componenti del suo branco. I più giovani in particolare venivano visti spesso fare avanti e indietro dallo studio. E uno dei compositori che lavora al suo fianco ha detto che tiene nascosta una foto del branco al completo dietro al computer. 

 

Prima che se ne potesse accorgere, un sorriso le aveva sollevato appena le labbra. 

 

Se aveva capito bene, Min Yoongi doveva dunque essere il tipo "scorza dura-cuore morbido", se le informazioni erano accurate. Se fosse stato vero... doveva amarli davvero.

 

-Per caso sapete perché non è lui il capobranco in quanto Alpha più anziano? 

 

Un verso di dissenso la raggiunse. 

 

-Sinceramente no. Anche se dicono che non sia una persona estremamente ambiziosa, perciò forse è per quello. Se avesse voluto, avrebbe potuto trasferirsi in America definitivamente e diventare uno dei compositori più famosi della scena. Non hai mai spiegato perché non ha voluto fare il salto, ma molti pensano sia per stare con il suo branco. 

 

Scarlett annuì. Aveva senso in effetti. Una volta trovati dei compagni affini, gli shifter non amavano allontanarsi troppo l'uno dall'altro. 

 

-Quindi, manca solo... 

 

-Jung Hoseok. Su questo nome in particolare... ho qualche dubbio. 

 

Scarlet raddrizzò appena la schiena. 

 

-Per quale motivo?

 

La sua domanda uscì veloce e affilata. L'uomo all'altro capo del telefono sembrò pensare per un istante. 

 

-Diciamo che di tutti e quattro, è quello per cui c'è una base più solida per del sospetto ma... non so proprio come dire. Ok, partiamo dal principio. È il secondo Beta del branco e possiede uno studio di tatuaggi insieme a uno degli Omega, Jeon Jungkook. 

 

L'attenzione sospettosa di Scarlet si dissipò per un istante alla menzione di quel nome. Taehyung le aveva detto in effetti che Jungkook era un tatuatore. Dunque, lavorava insieme a un membro del branco. 

 

-I due hanno preso in carico il negozio due anni fa, diventando soci alla pari. Già da prima, però, lavoravano per lo stesso studio come dipendenti. E qui sorgono i miei dubbi. L'attività per cui lavoravano era gestita da due Alpha che sono poi stati condannati per spaccio e contrabbando. 

 

Scarlett mormorò un verso di comprensione. 

 

-Ci sono prove che leghino Jung Hoseok agli affari degli Alpha? 

 

-No. Anche se la maggior parte dell'attività illecita veniva svolta nel loro negozio, non ci sono prove che Jung Hoseok vi abbia mai preso parte. Inoltre, l'investigazione ha avuto inizio solo dopo che i due avevano già lasciato lo studio. 

 

-Quindi, solo un principio di dubbio, possiamo dire. 

 

-Sì. 

 

-E per quanto riguarda il suo carattere? Come si comportava con i colleghi? 

 

-I suoi dipendenti nel nuovo negozio ne cantano profusamente le lodi. Dicono che è generoso e comprensivo, che non li ha mai fatti sentire sotto pressione e che non gli ha mai fatto pesare alcun errore. Anche se non hanno avuto modo di conoscere molto Jeon Jungkook, dicono che i due avevano un ottimo rapporto. Sembrava molto a suo agio con Jung Hoseok. E, anche in questo caso, gli altri due Omega venivano spesso visti passare il tempo libero allo studio, tanto che era stata riservata una piccola stanza per loro per quando volevano stare in pace in un nido tutti insieme. 

 

Scarlet arricciò le labbra. Avevano creato uno spazio sicuro solo per loro per fare il nido... era un segno di sensibilità che perfino nella maggior parte dei branchi era sottovalutato. 

 

Era sintomo di estrema considerazione per i bisogni degli Omega. 

 

-Per quanto riguarda il vecchio negozio, sembra che Jeon Jungkook vi fosse entrato fresco di diploma per fare il suo apprendistato. Pare che lui e Jung Hoseok avevano avuto proprio così il loro primo incontro. Jung lavorava già lì da prima e l'ha preso sotto la sua ala protettiva. Per via del fatto che era un'Omega in un ambiente predominato sopratutto da Alpha, e piuttosto fissati con una determinata immagine mascolina, ha avuto non poche difficoltà a inserirsi ma sembra che il Beta lo abbia protetto in diverse occasioni. E sembra che sia stata sua l'idea di lasciare quel posto e rischiare di aprire un'attività tutta loro. 

 

Scarlett chiuse gli occhi. Inspirando a fondo, per un istante fu come se vedesse i pezzi di un'immagine incastrarsi uno dopo l'altro per comporre un unico, intricato disegno.

 

-Capisco. 

 

La ragazza annuì di nuovo, per nessuno se non per se stessa. 

 

-La ringrazio infinitamente per le informazioni, agente Sheen. A breve la contatterò per accordarci per la testimonianza degli Omega. 

 

Senza attendere una risposta, il suo dito premette la cornetta rossa. 

 

Nel corridoio del Centro costellato di porte chiuse, solo il suono del suo profondo sospiro riempì le pareti. No, in realtà non era proprio così. Se si concentrava bene, poteva sentire chiaramente la sua collega a due porte di distanza discutere al telefono. E i due Beta nell'ufficio alla sua sinistra chiacchieravano allegramente degli ultimi gossip di ufficio. Il debole ticchettare di tastiere scandiva un ritmo serrato e l'orologio appeso al muro davanti ai suoi occhi segnava sommessamente ogni secondo con i suoi scatti netti. 

 

La sua schiena scivolò contro il muro fino a che non si ritrovò seduta sui suoi talloni, quasi accovacciata in avanti. 

 

Il branco sembrava... 

 

Fantastico. 

 

Sembravano perfetti. 

 

Sembravano amare gli Omega. 

 

Cercò di raccogliere alla mente la memoria del disegno di Jungkook. I quattro volti che aveva disegnato con tanta maestria si delinearono lentamente nella sua testa, offuscati a tratti ma colorati dai nuovi dettagli che aveva raccolto. Provò a pensare, in quel momento, a qualcosa che aveva tenuto lontano fino ad allora. 

 

Se erano uniti come sembravano... quanto dovevano aver sofferto alla scomparsa dei loro tre Omega? 

 

Un anno senza avere notizie erano un tempo infinito. Era sufficiente per distruggere la speranza e dilaniare l'animo. 

 

E per disintegrare un branco.

 

Una singola lacrima scivolò sulla sua guancia. 

 

Dio, da quando era diventata così emotiva? Perché aveva una reazione così forte? 

 

Deglutendo, si asciugò rapidamente il volto. Il suo corpo si raddrizzò, riportandola in posizione eretta. Togliendosi gli occhiali, si sfregò delicatamente il viso con un fazzoletto nella speranza di cancellare ogni traccia di lacrime. 

 

Li avrebbe resi felici. 

 

Avrebbe fatto ciò che era bene per loro. 

 

E avrebbe seppellito il desiderio di non separarsi mai da loro nella profondità più recondita della sua mente.

 

Quando fece il suo ingresso con passo deciso nell'ufficio, tre teste si voltarono immediatamente verso di lei. Gli Omega si alzarono di scatto, avvicinandosi con visi ansiosi. 

 

-Perché Scar odora triste? 

 

-Scar ha gli occhi rossi. 

 

-Scar, coccole? 

 

La ragazza respirò a fondo, sollevando gli angoli della bocca. 

 

-Triste? O no, no. Sono solo un po' stanca per aver guardato lo schermo per troppo tempo. 

 

Jimin, a quelle parole, allungò le labbra in un broncio stizzito. Prendendole il polso, la tirò dolcemente fino a che non si ritrovò seduta sulla sedia della scrivania, rivolta però in direzione opposta al computer. L'Omega, seguito a poca distanza dagli altri due, si inginocchiò allora a terra, posando la coperta che avevano usato per il loro nido di fortuna sulle sue cosce e appoggiandosi alle sue gambe con tutto il corpo. 

 

-Allora Scar riposa! 

 

La ragazza sorrise e, questa volta, sentì la genuinità tornare nella sua espressione. Quando tre visi la osservarono con sguardi attenti dal basso, mentre iniziavano a massaggiarle le mani e accarezzarle le braccia, piegò leggermente il capo. 

 

-Devo prima fare una telefonata molto importante. 

 

-No!- rispose ostinatamente l'angelo -Scar riposa!- ripetè con tono pungente. Scarlett emise una lieve risata. 

 

-Questa è una chiamata per voi. È... 

 

La ragazza abbassò lo sguardo. Afferrò il fascicolo che teneva sulla sua scrivania, contemplando il nome in chiare lettere nere che richiamava la sua attenzione. 

 

-È una bella sorpresa. 

 

Il suo dito digitò lentamente un numero dopo l'altro. Il cuore le rombava sempre più forte nelle orecchie. 

 

Mancava solo un numero. 

 

L'ultimo tasto emise un trillo acuto. 

 

Per un istante, il suo pollice rimase sospeso sulla cornetta verde. 

 

Premette. 

 

Non riuscì ad abbassare lo sguardo sugli Omega mentre portava il telefono all'orecchio. 

 

E, in silenzio, iniziò ad ascoltare gli squilli susseguirsi ripetutamente.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

OK. CI SIAMO QUASI. QUESTA NON È UN'ESERCITAZIONE. RIPETO, QUESTA NON È UN'ESERCITAZIONE. Ok, adesso che vi ho aggiunto ancora più ansia, posso crogiolarmi nella vostra miseria mentre aspettate impazienti XD PERÒ 

ANNUNCIO IMPORTANTE: il prossimo capitolo arriverà la PROSSIMA settimana invece che tra due settimane. 

Quindi gioite miei plebei, riceverete presto ciò a cui anelate di più e non dovrete attendere come al solito.

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Capitolo 13
*** 13 ***


(SUGGERIMENTO: ascoltate Love wins all da metà capitolo in poi. You’re welcome)

 

Che cos'è il tempo? 

 

Fino a un anno prima, per Namjoon era una misura empirica della realtà. Una perfetta, scientifica successione di secondi, minuti, ore, giorni. Un secondo era la perfetta durata di un battito di ciglia. Un'ora era la lunghezza di una sua lezione. Un giorno era una successione di luce e buio. Un mese era un terzo del trimestre che scandiva il suo ritmo di insegnamento. Un anno era... il tempo che spendeva con una classe. 

 

Poi, tutto era cambiato. 

 

Namjoon si era accorto solo allora che il tempo non era nulla della misura perfetta che pensava che fosse. Si era accorto di quale volubile, fragile e parziale creatura in realtà fosse. 

 

Per lui, che viveva la sua vita a un ritmo perfetto, un secondo divenne come un anno e un anno come un secondo. Sbatteva le ciglia e un mese passava senza che avesse la minima memoria di cosa vi fosse accaduto. Metteva piede in casa sua e i minuti si trascinavano come unghie su una lavagna, ticchettandogli nelle orecchie e riverberando, anche quando non c'era nessun orologio. 

 

Il tempo non era perfetto. Si contraeva e si allungava, come una molla. No, come un liquido non newtoniano. 

 

Imperfetto. 

 

Incomprensibile. 

 

Lo aveva congelato, lui insieme ad altre tre figure. Poteva essere seduto alla cattedra, con gli occhi a malapena sollevati a ripetere la stessa lezione che aveva già impartito a una classe diversa la mattina precedente, ma il mondo attorno a lui tornava all'instante in cui era rimasto congelato. E la cattedra spariva, facendo posto al tavolo rettangolare, lungo abbastanza per otto persone, la misura quasi perfetta per loro. 

 

Tempo e spazio. 

 

Entrambi, apparentemente così precisi. Entrambi, estremamente irreali. Lo spazio si frantumava, si plasmava, lo trasportava negli stessi luoghi. 

 

Quella maledetta cucina, la stanza più grande della loro casa perché Jin-hyung era stato così petulante nelle sue lamentele da convincere l'intero branco che fosse necessario. 

 

Perché "anche se non siamo più animali, mangiate quanto un branco di lupi!"

 

"E chi le sfama poi tutte le vostre maledette bocche?"

 

Tutti sapevano che non avrebbero avuto pace fino a che non lo avrebbero accontentato. Perciò lo fecero. Ed ecco apparire un mastodontico frigorifero a due sportelli, più alto di Namjoon di ben dieci centimetri e più largo delle spalle di cui Jin-hyung andava così stupidamente fiero. Ed ecco un ridicolo fornello a sei fuochi con piano a induzione, perché era più veloce da pulire. 

 

E Namjoon era seduto al tavolo che si trovava proprio nella cucina, perché Jin-hyung non voleva lo stress di dover trasferire il cibo da una stanza all'altra ogni singolo pasto. Dunque niente sala da pranzo, ma solo una grande, stupida cucina. E nelle orecchie di Namjoon doveva rimanere il ricordo delle centinaia di mattine passate nel silenzio, a scambiare grugniti e parole arrochite con Hoseok e Yoongi perché i più giovani non si svegliavano mai presto quanto loro. Si alzavano almeno un'ora dopo che tutti gli altri avevano lasciato la casa e si trascinavano lentamente a colazione con il sonno ancora appeso agli occhi. Era un inferno svegliarli e solo Jin-hyung ne aveva fatto un arte. 

 

Invece, Namjoon era incastrato in una singola mattina. Una mattina diversa dalle altre perché la cucina risuonava delle voci troppo eccitate dei più giovani. Era un insolito scenario, uno a cui avevano raramente assistito. Yoongi li osservava con uno strato di irritazione a coprire i suoi occhi felini, insieme al tenero affetto che provava nel vedere i tre corpi rincorrersi e abbracciarsi attorno a lui. Namjoon li guardava con un sorriso stanco sulle labbra e, a tratti, una risata divertita. 

 

Taehyung avrebbe fatto il suo primo tatuaggio. Normalmente, avrebbe speso la mattina a ciondolare pigramente fino a che non si fosse rinchiuso nel suo studio a sviluppare pellicole, sparendo per ore perché senza la luce del giorno non aveva alcun ricordo del passaggio del tempo e Jin sarebbe dovuto sfondare la porta con espressione furiosa e ricordargli di mangiare qualcosa. Ma quella mattina era sveglio e carico di energie assai prima del normale. Jungkook ci aveva messo mesi a convincerlo a fidarsi di lui. A Taehyung piaceva l'idea ma era terrorizzato dal dolore. Si era convinto solo quando Jimin aveva spontaneamente preso un giorno di permesso dal lavoro per accompagnarlo e fargli da supporto morale. 

 

Quella mattina lo studio era chiuso al pubblico, perciò sarebbero stati solo loro tre. Nessuno li avrebbe disturbati e Jungkook non crebbe dovuto interrompere il suo lavoro per fare consultazioni. E Taehyung avrebbe potuto frignare come un moccioso senza testimoni, aveva detto Yoongi. 

 

Non facevano che parlare, parlare, parlare. 

 

Voleva una tigre, no, voleva una macchina fotografica. Un sentiero di montagna. Un gatto grassoccio. Un elefante attorno ai nei che aveva sul braccio. Jungkook aveva sbottato al decimo cambio di idea e aveva deciso per lui. 

 

-Vedrai, sarà meglio di quanto pensi! 

 

Jimin aveva cercato di rassicurarlo con ampi sorrisi. I tatuaggi che possedeva sulla schiena e sullo sterno erano la testimonianza che si poteva sopravvivere all'esperienza, aveva enfatizzato più volte. Prima che uscissero di casa, Jin-hyung aveva svolazzato nervosamente attorno a loro come una madre apprensiva. Spingendo nelle loro mani i pranzi che aveva preparato svegliandosi prima di tutti, continuava a urlare raccomandazioni a Jungkook di non essere troppo malefico e di ricordare che Taehyung era pur sempre più grande e di non fare tardi e di disinfettare bene la ferita perché di certo lui non l'avrebbe medicato se qualcosa fosse andato storto. 

 

Hoseok era quasi caduto a terra dalle risate. 

 

Un casalingo che insegna a un tatuatore come prendersi cura di un tatuaggio era di certo una vista inedita. 

 

-Chiudete la porta a chiave quando siete dentro!

 

Era l'ultima frase che aveva urlato quando i ragazzi erano ormai entrati in macchina. Non sapeva neanche se l'avessero sentito. 

 

"Chiudete a chiave."

 

Il negozio di Hoseok e Jungkook era esteticamente intrigante, merito del consulenza artistica di Tae. La sua porta era parte di una grande vetrata che permetteva la vista su un muro costellato di immagini di tatuaggi e schizzi composti insieme in un ordine apparentemente casuale, oltre che mostrare il bancone della reception. Quando avevano disegnato la struttura, non avevano pensato a quanto fosse facile rompere quella grande vetrata.

 

Lo avevano scoperto. 

 

Con i cocci ai loro piedi, pupille spalancate e un negozio vuoto. 

 

-Professor Kim? 

 

Namjoon sbatté le palpebre. Gli era successo ancora? Quel viaggio attraverso lo spazio e il tempo che lo trascinava a proprio piacimento. Abbassò gli occhi. Una pila di test compilati stava sulla sua scrivania. Il materiale bianco, ruvido al tatto, annerito leggermente dove un tempo stava una foto del suo branco ma dove ormai c'era solo il vuoto gli suggerì che era nell'aula insegnanti. 

 

Non era ancora in classe?

 

Da quanto era finita la sua lezione? 

 

Sbatté ancora le palpebre perché l'immagine di quella mattina gli era rimasta appiccata nelle pupille. I tre volti sorridenti che salutavano mentre uscivano di casa. I battibecchi, le risate, gli spintoni scherzosi. 

 

-Chiedo scusa, mi ha chiesto qualcosa? 

 

La professoressa di matematica lo guardò per un istante come se fosse interdetta. 

 

-Oh, volevo chiederle solo se finiva qua. Noi stiamo andando via perciò nel caso può spegnere lei le luci e chiudere la porta. 

 

Namjoon riportò lo sguardo sulla pila di fogli sulla sua scrivania. Erano ancora intonsi. Aveva di nuovo passato un eternità a fissare un punto davanti a sé mentre fingeva di lavorare? Doveva ormai sembrare un pazzo ai suoi colleghi. 

 

Si guardò attorno. La stanza, in effetti, era ormai vuota. Non voleva stare in un luogo immerso nel silenzio più totale, completamente solo. 

 

Curioso. 

 

Fino a un anno prima amava così tanto i suoi momenti di solitudine... 

 

Non voleva stare lì. Avrebbe potuto prendere il mazzo di fogli e portarselo dietro per correggerli una volta arrivato a... 

 

Un lieve colpo al petto gli serrò le labbra. 

 

Forse, si sarebbe concentrato meglio se fosse rimasto in ufficio. Sì, lavorava sempre meglio in ufficio. Non aveva distrazioni. E poi doveva ancora cominciare. Non poteva tornare a casa con tutto quel lavoro. Avrebbe almeno dovuto iniziare qualcosa. 

 

Avrebbe... 

 

-Grazie, ci penso io- rispose infine, massaggiandosi gli occhi mentre faceva un gesto di assenso verso la professoressa. Per quanto tempo era rimasto in silenzio a fare le sue considerazioni? 

 

Ah... chi se ne importava. 

 

La professoressa era sparita dopo solo qualche occhiata dubbiosa. Avrebbe dovuto lavorare. Era rimasto lì per quel preciso motivo. Non era rimasto per nessun altro motivo. Per nessuno. 

 

Prese la penna. 

 

La punta incontrò la carta. 

 

Un tratto breve, incerto, comparve sul bianco che sotto la luce della sua lampada da scrivania diventava giallognolo. 

 

Prima o poi sarebbe dovuto tornare a casa. 

 

Ogni giorno, ogni volta si ritrovava in quell'ufficio. C'era un archivio da sistemare. Il computer da pulire. Nuovi compiti da prepare, lezioni da ripassare. I minuti scorrevano come gocce di miele, densi e appiccicosi. Un minuto in più. Dieci in più. 

 

Non era ancora ora. 

 

Aveva altro lavoro da fare. 

 

C'era sempre qualcosa da fare. 

 

E quando finiva, non aveva più niente che potesse trattenerlo. 

 

Quel piccolo colpo tornava. 

 

Quella leggerezza nella testa, quella breve ma terrificante sensazione di essere improvvisamente incapace di respirare. 

 

Durava solo un istante. 

 

Un istante, o un anno intero. 

 

Non poteva rimandare per sempre. Ogni sera, prima o poi, sarebbe dovuto tornare a casa. Ogni sera, sentiva per un istante il respiro sparire. 

 

Namjoon sbatté le palpebre. 

 

Le riaprì. 

 

Aveva delle chiavi in mano. Le chiavi della sua macchina, notò dal nome della marca stampato sopra. Quando si girò, la vide parcheggiata a pochi passi da lui, sotto la tettoia che avevano costruito nel retro di casa. 

 

Aveva almeno spento le luci dell'aula? 

 

Non aveva alcun ricordo di aver chiuso la porta dietro di sé. 

 

Molto probabilmente quando sarebbe arrivato la mattina seguente, avrebbe trovato il suo computer ancora acceso, sospeso in standby come molte altre volte. 

 

Fece tintinnare le chiavi strette nelle sue dita. Le osservò riflettere la luce dei primi lampioni nonostante il cielo fosse ancora leggermente illuminato dai residui del giorno. Deglutire era particolarmente difficile quella sera. Ma non poteva stare in piedi fermo davanti alla macchina per ore. 

 

Un altro battito di ciglia e le sue mani erano intente a levarsi le scarpe nell'ingresso. La porta era chiusa alle sue spalle perciò dovevano essersi accorti del suo arrivo, ma non ricordava se avessero detto alcuna frase nella sua direzione. 

 

-Min Yoongi, tu ti siederai a tavola e mangerai con il resto del tuo branco come è buona educazione fare! È una settimana che non passi nemmeno un pasto con noi! 

 

-Facciamo che... rifiuto l'offerta? 

 

Namjoon osservò i mocassini consumati che stavano accanto ai suoi piedi. Forse, avrebbe potuto reinfilarseli e fingere di non essere mai entrato. Ma le sue mani si allungarono per afferrare la pelle scolorita e riporli nel porta scarpe contro la parete. C'era molto più spazio. 

 

Mancavano le solite ciabatte da damerino che stavano sempre in basso a sinistra. E mancavano gli stivaletti neri lucidi con un leggero tacco sulla destra. Ma, soprattutto, mancavano le enormi trainer, grandi il doppio di un piede normale. Non che vestissero dei piedi enormi. Ma... il loro proprietario amava vestire alternativo. 

 

-Yoongi! 

 

-Sì, quello è il mio nome. 

 

-Vieni qua! Non ho finito di parlare con te! Non darmi le spalle mentre ti parlo! 

 

-Ma le mie spalle sono molto attraenti. 

 

-Min Yoongi, torna immediatamente in cucina o giuro che entro nel tuo dannatissimo studio e do fuoco a tutto quello che trovo. 

 

Oh... oh no. 

 

Namjoon sollevò lo sguardo per vedere una sagoma immobilizzarsi. 

 

No.

 

Non doveva toccare quel tasto. 

 

-Sai cosa, hyung? La tua cucina fa cagare. 

 

-Cosa hai detto? No, girati e prova a ripeterlo guardandomi in faccia se ne hai il coraggio! 

 

Namjoon lasciò che i suoi passi si trascinassero fino all'ingresso della grande, stupidamente grande cucina. I tre personaggi che vi stavano attorno non si voltarono per riconoscere la sua presenza e lui rimase ai confini del cono di luce che emanava da essa, immobile. 

 

-Devi essere anche stupido. Sei andato a scuola, hyung? 

 

-Yoongi, giuro su tutto ciò che c'è di buono a questo mondo che ti rifaccio la faccia a suon di schiaffi! 

 

-È evidente che non hai neppure fatto le elementari. Non sai contare? 

 

Un silenzio perplesso cadde sulla stanza. Hoseok, che osservava la scena come Namjoon, con le braccia incrociate appoggiato contro il muro, abbassò gli occhi sul tavolo tentando di trattenere una smorfia. Namjoon vide anche Jin abbassare lo sguardo, la rabbia furente che gli deformava i lineamenti sempre più sfumata in confusione e poi imbarazzo e infine... 

 

Distolse lo sguardo. 

 

-Sette piatti? Non mi sembra abbiamo ospiti a cena- la frase apparentemente pronunciata con naturalezza era inasprita da un tono affilato. Le labbra di Jin si schiusero un paio di volte prima che fosse in grado di emettere alcun suono. 

 

-I-io... abitudine.

 

Una risata asciutta, aspra rombò nell'aria. Namjoon vedeva la scena come se il suo corpo non fosse stato che legno e fili. Una marionetta, mentre i suoi occhi osservavano la cucina dall'alto, all'esterno del corpo. Come se fosse stato un topo nascosto in un buco nella parete. Lui non era dentro il suo guscio di legno. Lui era solo un osservatore, un passante che era capitato per caso. 

 

-Abitudine?- chiese una voce graffiante. Un cigolio fastidioso. Namjoon arricciò appena il naso quando il rumore gli raggiunse le orecchie. Le mani di Yoongi avevano afferrato i piatti. Li gettò con violenza nel lavello, facendoli cozzare rumorosamente l'uno con l'altro.

 

-È passato un cazzo di anno, è ora che le abitudini muoiano. 

 

-Yoongi... 

 

La voce di Jin aveva perso parte del mordente con cui aveva iniziato al conversazione. Yoongi, invece, guardò il soffitto con le braccia spalancate come un pazzo. 

 

-È passato un anno. Basta. Buttali via, questi stramaledetti piatti! Butta via i vestiti che continui a lavare e le stupide coperte da nido e gli stramaledetti peluche che non fanno che prendere polvere! 

 

-Yoongi, non puoi davvero parlare in questo modo. Non azzardarti a dire cose del genere...

 

-Perché? Eh? Quanto vuoi aspettare? Quanto? 

 

-Ragazzi, ora calmiamoci tutti. 

 

Erano le prime parole che sentiva pronunciare a Hoseok. Il Beta aveva sollevato le braccia, facendo saettare lo sguardo dall'uno all'altro.

 

-Stanne fuori, Hobi. 

 

-Smettila di essere volgare e parlare in questo modo a noi. 

 

-Vaffanculo. 

 

-Come hai detto? 

 

-Ho detto vaf-fan-

 

-Min Yoongi, sciacquati la bocca prima di parlare con il tuo hyung o vado a prendere il sapone! 

 

-Ah sì? Avanti, provaci... Beta. 

 

Un sonoro schiocco risuonò nella stanza. Namjoon spalancò gli occhi. Il primo movimento cosciente che compì da che aveva messo piede in quella casa. 

 

Yoongi si teneva la guancia con la mano. Vedeva il suo petto trarre respiri profondi mentre il suo viso era ancora voltato di profilo nella direzione in cui lo schiaffo lo aveva spinto. Con le pupille fisse, osservava spasmodicamente un punto nel pavimento. Jin-hyung aveva ancora la mano ferma a mezz'aria con il petto altrettanto sollevato dai respiri frenetici e occhi infuocati puntati sul minore.

 

-Namjoon, disciplina il tuo branco- pronunciò il Beta senza spostare lo sguardo da Yoongi. 

 

-Hyung, Namjoon è stanco per il suo lavoro- 

 

-Namjoon è il nostro capobranco! È suo compito gestire e comandare il branco! E a quanto pare è l'unico che ha autorità di dare ordini al grande Alpha qui presente!- urlò Jin in risposta alla debole replica di Hoseok.

 

Aveva ragione. 

 

Certo, Jin aveva ragione. 

 

Era suo compito intervenire. 

 

Era suo compito porre fine allo scontro. 

 

Uno scontro che si ripeteva ogni giorno. 

 

Ogni sera. 

 

Ogni settimana. 

 

Era suo compito. 

 

I suoi piedi avrebbero dovuto farsi avanti e la sua bocca avrebbe dovuto parlare. 

 

-Namjoon. 

 

-Lascia stare Joon, questa storia è tra me e te- emerse improvvisamente la voce bassa e ruvida della persona che aveva finalmente lasciato la presa sulla sua guancia rubiconda. 

 

-No, Namjoon ha il dovere di intervenire e fare il capobranco per una dannatissima volta! 

 

-Basta! Namjoon non si può accollare il peso di questo intero disastro che non ha più alcun senso chiamare branco! Che gran pezzo di branco, senza Omega! 

 

Namjoon strinse le labbra. Una vibrazione attirò la sua labile attenzione. Abbassando lo sguardo, si accorse che proveniva dalla sua tasca. 

 

-Namjoon, sto parlando con te. 

 

-E io sto parlando con te, hyung! 

 

Senza riflettere, estrasse il telefono dalla tasca. Non conosceva l'utente e il numero era piuttosto insolito ma non si soffermò troppo sui piccoli dettagli. 

 

-Namjoon, non vorrai davvero rispondere al telefono in questa situazione. 

 

L'Alpha deglutì. 

 

-Potrebbe essere il genitore di uno dei miei alunni- replicò rapidamente portandosi il telefono all'orecchio. 

 

-Namjoon, seriamente? 

 

-Jin-hyung, davvero, lascialo stare. 

 

Namjoon convinse la sua mente che poteva fare finta che le voci alle sue spalle non esistessero. Si voltò verso il salotto, allontanandosi di appena un passo dalla sua posizione iniziale. 

 

-Namjoon! 

 

-Pronto?- pronunciò con voce stanca e un sospiro trattenuto. 

 

-Pronto? Parlo con l'Alpha Kim Namjoon? 

 

Una voce femminile emerse dalla cornetta. Non poteva essere una madre. Nessuno si riferiva a lui con il suo secondo genere come forma di cordialità. In generale, era estremamente raro che qualcuno lo facesse a meno che non lavorava a stretto contatto con gli shifter o fosse shifter a sua volta. 

 

-Sono io, con chi parlo? 

 

-Namjoon, metti via quel telefono e parla con il tuo branco. 

 

-Il mio nome è Kim Scarlett del Centro protezione Omega. 

 

-Ah... centro protezione Omega. Certo- ripetè l'Alpha, massaggiandosi gli occhi con un sospiro. 

 

-Digli che li picchiavamo e li tenevano legati a un letto dalla mattina alla sera. Forse finalmente se la smetteranno di chiamare. 

 

-Yoongi maledizione basta! 

 

Namjoon sospirò ancora una volta. Non era la prima volta che il centro li chiamava. Avevano fatto indagini, interviste, sopralluoghi nella casa, perquisizioni...

 

Aveva perso il conto. 

 

Per assicurarsi che non se ne fossero andati di loro spontanea volontà a causa di abusi. 

 

Per escludere che fossero loro stessi ad essersi liberati dei propri Omega. 

 

Namjoon si inumidì la bocca. 

 

-Come posso aiutarla, signorina... 

 

Si era già dimenticato il nome, pensò stancamente.

 

-Scarlett. 

 

-Namjoon, non mi importa se è il Centro o il presidente o un missile terra aria. Spegni quel telefono! 

 

Scarlett. 

 

Il nome gli rotolò nella testa un po' più a lungo del previsto. 

 

-Signor Kim, devo chiederle per motivi di sicurezza dove si trova in questo momento. 

 

Namjoon aggrottò leggermente la fronte. 

 

-Sono... a casa. 

 

-Con il suo branco? 

 

Namjoon si voltò verso la cucina, scrutando le tre persone che la abitavano. 

 

-... sì. 

 

-Ottimo, quindi non è solo. 

 

La piega sulla sua fronte si approfondì ancora di più. 

 

-Signor Kim, le chiedo conferma del fatto che lei e il suo branco avete sporto denuncia per la scomparsa di tre Omega, Park Jimin, Kim Taehyung e Jeon Jungkook. 

 

-Namjoon, giuro su Dio... 

 

Questa volta, l'Alpha sollevò una mano davanti a sé. Il maggiore si ammutolì all'istante. Sentì anche gli sguardi degli altri due presenti calare rapidamente su di sé. 

 

-Sì, è corretto. 

 

Un breve silenzio fu l'unica risposta alla cornetta per qualche istante. La voce femminile finalmente riprese a parlare. 

 

-Signor Kim, le devo dare una notizia molto importante. 

 

Ah. 

 

Ecco cos'era. 

 

Il tempo era un buco nero. 

 

Un buco nero sotto i suoi piedi.

 

Un buco nero che lo portò direttamente alla sua tomba.

 

Per un anno, aveva tenuto il telefono in tasca e la mano su di esso. Di notte, lo teneva sotto il cuscino. La prima settimana perché aspettava l'arrivo della notizia che tutti attendevano con ansia. 

 

Tutto si sarebbe risolto. 

 

Tutto sarebbe tornato alla normalità. 

 

Doveva crederci con tutto il suo essere perché accettare l'altra eventualità era inconcepibile nella sua mente. 

 

Ma poi attendeva che arrivassero altre notizie. 

 

Non sapeva se preferiva ricevere quelle parole piuttosto che morire senza sentirle mai. Da una parte, c'era una definitiva condanna. Ma era anche un punto. Un finale. 

 

Dall'altra parte c'era speranza. Speranza che anche se fossero stati lontani forse, in qualche modo, potessero ancora essere... 

 

Ma era una speranza che consumava. Era un'onda che continuava a sommergerli a ogni giorno passato nella delusione. Li affogava come una crudele marea. 

 

Era arrivato il momento.

 

Quelle parole impronunciabili avrebbero raggiunto le sue orecchie. 

 

Il punto di una frase lunga un anno. 

 

Il gran finale. 

 

Ma Namjoon... si accorse solo allora di non essere pronto. 

 

La sua mano afferrò istintivamente lo schienale della sedia davanti a sé. Sentiva già le sue gambe cedere.

 

-Joon-ah? Che succede?

 

La voce di Jin lo raggiunse come il suono lontano del vento. Forse avrebbe potuto ritardare ancora per qualche istante. Avrebbe potuto illudersi del fatto che loro potessero ancora essere...

 

… potessero ancora essere... 

 

-Li abbiamo trovati, signor Kim. 

 

Nel cervello annebbiato di Namjoon, l'immagine di tre cadaveri senza volto apparve. La sua bocca si schiuse ma nessun suono uscì. 

 

-Sono qui al Centro, al sicuro. Sono sani e salvi. 

 

Il tempo si fermò. 

 

Quella capricciosa creatura bloccò il suo petto, gli congelò il corpo, gli ruppe il cervello. 

 

La sua voce non riusciva a uscire.

 

-Joon? Chi è? Che cosa sta dicendo? 

 

Namjoon sentiva un velo di sudore imperlargli la fronte.

 

-Che cosa... ha detto? 

 

Aveva sentito male.

 

La sua mente era marcia, doveva aver allucinato quelle parole. 

 

Le sue gambe erano al limite della loro resistenza. 

 

Un soffio di vento e lo avrebbero fatto crollare a terra. 

 

-Jimin, Taehyung e Jungkook sono stati salvati. Sono al sicuro e sono impazienti di parlare con voi. 

 

La sedia emise un fastidioso rumore gracchiante contro il pavimento.

 

Le mattonelle si fecero sempre più vicine.

 

Così vicine che finalmente sentì il loro freddo tocco. 

 

-Namjoon!

 

 

ANGOLO AUTRICE 

La prima parte di questo capitolo è stata scritta sette mesi fa, ben prima che questa intera storia venisse alla luce. Ho atteso pazientemente, mese dopo mese, di arrivare a questo momento e finalmente poterlo condividere con voi. Questa storia praticamente esiste per via di questo capitolo XD 

 

Devo ammettere di avere avuto un po’ di timore nel riprenderlo in mano dopo così tanto tempo, ma quando l’ho fatto le parole sono scivolate una dopo l’altra come se non aspettassero altro. In effetti ho pensato a questa scena per mesi. 

 

Spero davvero che abbia raggiunto le vostre aspettative. 

 

Anche il prossimo capitolo arriverà a distanza di una sola settimana. Ci vediamo al prossimo giovedì!

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Capitolo 14
*** 14 ***


Hoseok non capiva. 

 

Un momento Namjoon era in piedi con la bocca dischiusa, la mano aggrappata alla sedia e il volto più pallido della camicia che indossava. Il momento dopo, era a terra. 

 

-Namjoon! Namjoon, mio Dio! 

 

Si fiondò su di lui senza un attimo di esitazione. Il grande corpo dell'Alpha era abbandonato sul pavimento, come se fosse stato un gonfiabile a cui avessero improvvisamente sottratto l'aria. Prendendolo per le spalle, lo fece voltare verso l'alto per scrutare il suo viso. 

 

-Namjoon, mi senti? 

 

Jin stava all'altro lato del capobranco con un'espressione che doveva riflettere la propria. Gli prese la mandibola, portando il volto nella sua direzione. Passò appena qualche secondo prima che Namjoon sbattesse le palpebre e prima che Hoseok potesse vedere il suo petto ricominciare a respirare. 

 

Occhi frenetici si guardarono attorno come se si fossero appena svegliati in una terra sconosciuta. 

 

-Joon, che è successo? Ti senti bene? Ti gira la testa?

 

Ma, davvero, aveva bisogno di chiedergli cosa era successo? Le pupille di Hoseok scivolarono dal corpo del suo Alpha fino al pavimento, dove il cellulare che fino a poco prima stringeva in mano giaceva abbandonato e da cui giungeva una debole voce che ripeteva il nome di Namjoon. 

 

Hoseok deglutì. 

 

-Joon, parla con hyung! Hai mangiato? Hai bisogno di zucchero? 

 

La voce di Jin aveva perso ogni traccia dell'ostilità con cui si era rivolto a Namjoon fino a quel momento, ma aveva assunto una nota acuta che sapeva di angoscia. L'Alpha non rispose alle sue domande. I suoi occhi continuavano a guardare attorno a sé mentre le sue mani prendevano a tastare il terreno. Dopo istanti di ricerca, le sue pupille si dilatarono quando scorse il cellulare a poca distanza da lui. Le sue dita si allungarono verso di esso come se non esistesse altro in quella stanza in quel momento. 

 

Una mano, però, fu più rapida di lui.

 

Hoseok sollevò occhi apprensivi su Seokjin, che si alzò rapidamente in piedi con dita arpionate attorno all'oggetto. 

 

-No! 

 

Namjoon protese una mano disperata verso il cellulare con sguardo stralunato. Il Beta, però, sembrava essersi trasformato in gelida pietra quando avvicinò il dispositivo al suo viso. Invece che portarselo all'orecchio, però, toccò lo schermo. Una voce femminile iniziò a risuonare chiaramente in tutta la stanza. 

 

-Signor Kim, mi sente? C'è qualcuno del suo branco che possa accertarsi della sua salute? 

 

Seokjin guardò il cellulare con sguardo rigido. 

 

-Chi è lei e che cosa ha detto a Namjoon? 

 

Hoseok non sapeva dove posare lo sguardo. L'Alpha accanto al quale era inginocchiato stava cercando di racimolare le forze per sollevarsi su braccia tremanti. Il maggiore della casa stava in piedi come una minacciosa statua. Yoongi... 

 

Hoseok strinse le labbra. 

 

Un corpo rimaneva immobile, con il capo abbassato e le braccia incrociate attorno al petto. Aveva lasciato che i capelli gli crescessero fino a raggiungergli il collo perciò le ciocche scure si riversavano davanti al suo viso, impedendo al Beta di scrutare la sua espressione. Ma la vedeva da quell'immobilità. Vedeva quella posa apparentemente non curante, che altro non era che un tentativo di stringersi attorno a se stesso. Stringeva tutto il suo essere per impedire che si decomponesse in uno schiocco di dita. 

 

Vedeva i pensieri che attraversavano la sua mente. 

 

Erano gli stessi che attraversavano la propria in quel momento. 

 

Una telefonata improvvisa. 

 

Namjoon perde i sensi. 

 

Avevano davvero il coraggio di sentire quelle parole ad alta voce? 

 

Ma non potevano lasciare che solo il loro capobranco ne portasse il peso. Non potevano lasciargli la responsabilità di trasmettere la notizia a loro. 

 

Eppure, Hoseok voleva scappare. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato eppure avrebbe voluto scappare. Ma non poteva. Non poteva lasciare Yoongi da solo. 

 

Perché Yoongi sembrava metallo. Freddo, rigido, impossibile da scalfire. Ma Yoongi in realtà era come un un palloncino. 

 

Una singola ferita e sarebbe esploso. 

 

-Il mio nome è Kim Scarlett. Con chi parlo? 

 

Il maggiore di loro irrigidì la mandibola. 

 

-Kim Seokjin, membro del branco di Kim Namjoon- sputò con irritazione.

 

-Ah, ma certo, Beta Kim. Le posso chiedere se il suo Alpha sta bene? 

 

Jin trasse un breve respiro, incrociando le braccia al petto in una posizione difensiva. 

 

-Mi dica per favore per quale motivo ha chiamato. 

 

Hoseok spostò rapidamente lo sguardo sul corpo che si era appeso al tavolo nel tentativo di rialzarsi in piedi. 

 

-No no no, Joon, stai steso, aspetta un attimo che la tua pressione torni alla normalità- lo incoraggiò a bassa voce, tirandolo dolcemente per farlo tornare in posizione supina.

 

-Jin-hyung... dammi... il telefono...- biascicò l'Alpha con voce roca, allungando una mano tremante verso il maggiore. Hoseok osservò con orrore delle lacrime iniziare a scendere sulle sue guance. 

 

-I ragazzi... i ragazzi...- mormorò debolmente, mentre le sue dita si protendevano attraverso lo spazio. 

 

Hoseok trasse un lento respiro. 

 

Avevano tutti pianto. 

 

Per un anno, era sempre successo all'uno o all'altro. 

 

Namjoon lo aveva fatto una volta. Quando la polizia aveva dichiarato il caso come "difficile da risolvere". Quando gli avevano suggerito che fossero ormai entrati nella fascia di tempo dalla scomparsa in cui era quasi impossibile ritrovare le vittime. 

 

Quantomeno, vive. 

 

Da quella volta, non aveva più speso una lacrima. 

 

Hoseok sbatté gli occhi infastiditi dal bruciore, deglutendo prima di afferrare la mano di Namjoon e stringerla a sé mentre lo avvolgeva fra le sue braccia. 

 

-Hyung, ti prego, dammi il telefono! 

 

Hoseok non ce la faceva. 

 

Non ce la faceva. 

 

Si morse il labbro con tutta la violenza che possedeva in corpo pur di fermare le lacrime pronte a scorrere. 

 

-Ho chiamato il vostro Alpha per dargli una notizia sullo stato del vostro caso di scomparsa. Ma penso che... forse sarà meglio se siano direttamente loro a dirvelo. 

 

Hoseok aggrottò le sopracciglia. 

 

Sollevando la testa, per un momento le lacrime che premevano con urgenza per uscire sembrarono fermarsi. 

 

Chi erano... loro? 

 

Sul viso di Jin, la piega profonda che gli dipingeva la fronte si enfatizzò. 

 

-Signorina, arrivi al punto e non mi faccia perdere tempo. Di cosa dovete-

 

-HYUNG! 

 

Le sue palpebre si spalancarono. 

 

La stanza era improvvisamente diventata una landa vuota, una distesa di bianco infinito. La sua testa vorticava come quell'unica volta che si era lasciato convincere da Jungkook a salire sulle montagne russe. Quando era sceso, non era in grado di sentire altro che nausea e ancora nausea. Gli sembrava che il cervello gli fosse stato shackerato peggio che se fosse finito dentro a un frullatore. Quando alzava lo sguardo, non riusciva neanche a distinguere quale fosse il basso e quale fosse l'alto. 

 

In un istante, quello era diventato il mondo per Hoseok. 

 

Il suo corpo lo doveva ingannare. 

 

La sua mente doveva essere così confusa dal non riuscire neanche a trovare il cielo.

 

Oppure aveva riguardato così tante volte i video nel suo telefono che era arrivato a sentire le loro voci. 

 

-HYUNG! JIN HYUNG! SEI DAVVERO TU? 

 

Non potevano essere loro. 

 

Non potevano. 

 

L'unica possibilità per cui avrebbero potuto riabbracciarli era... in una bara. 

 

Gliel'avevano detto e ridetto e ridetto. 

 

Loro stessi se l'erano detto e ridetto e ridetto. 

 

Hoseok sollevò lo sguardo sul maggiore. La pietra di cui era fatto il suo corpo avevano iniziato a riempirsi di crepe. La schiena era piegata in una curva. Le braccia tremanti posate sul tavolo. La bocca dischiusa e occhi spalancati. Ma nessun suono usciva da lui. 

 

Jin si voltò per portare lo sguardo nel suo. 

 

Avevano spesso avuto momenti come quelli. I due Beta avevano imparato a comunicare senza esprimersi ad alta voce perché dovevano essere pronti a collaborare nei momenti in cui il branco aveva bisogno di loro. 

 

Eppure i loro sguardi non avevano parole in quel momento. 

 

-HYUNG? Scar, hyung non risponde! 

 

Hoseok vide le labbra del Beta boccheggiare per secondi che sembrarono secoli. 

 

-Ragazzi? 

 

-HYUNG! HYUNG CI SIETE? DOVE SONO TUTTI? CI MANCATE COSÌ TANTO! HYUNG HYUNG HYUNG! 

 

Le tre voci si alternavano e sovrapponevano. Si parlavano una sopra l'altra come se non riuscissero a darsi spazio a vicenda. Possedevano una sorta di cantilena insolita, che gli aveva sentito usare in poche occasioni. 

 

Ma le voci... 

 

Era passato un anno ma Hoseok ogni giorno si era svegliato scorrendo la sua galleria fino a che non ritrovava i numerosi video che aveva fatto a ognuno dei suoi cuccioli. Non voleva dimenticare il suono della loro voce. Con il passare delle settimane e poi dei mesi, sentiva la distanza che si stava creando con quelle memorie. Ma non voleva. Voleva fare finta che vivessero ancora lì, ogni singolo giorno. 

 

Perciò non aveva dimenticato il suono della loro voce. 

 

Era stampato nella sua mente in maniera indelebile. 

 

-Rag... ragazzi siete... davvero... 

 

Un singhiozzo strozzò la gola di Jin, che si accartocciò sul tavolo.

 

-HYUUUUUUNG! Smettila, voglio parlare con Jin-hyung! 

 

-Spostati, Tae! 

 

Ma le lacrime avevano riempito il viso del loro hyung. Riverso sul tavolo, le gocce gli colavano lungo il naso fino a cadere sul legno mentre non riusciva a smettere di singhiozzare. 

 

Fu allora che Hoseok si accorse di faticare a respirare. Non riusciva... non riusciva a... 

 

Strinse il corpo di Namjoon con violenza. Soffocando la sua voce nel tessuto della sua camicia, sentì la sua mente prosciugarsi. Come se il dolore accumulato per un anno potesse magicamente trasformarsi in liquido e uscire da lui. Non come debole pioggia. Sembrava più... una diga che finalmente traboccava, impetuosa e inarrestabile. 

 

-Ragazzi... ra... gazzi, state bene? Dove siete? Hyung verrà a prendervi- sentì pronunciare a Jin con voce collosa, impastata dai singhiozzi malamente soffocati. 

 

-Siamo al Centro con Scar! Dovete vedere Scar! Oh, hyung! Scar ci ha fatto già un regalo! 

 

Il nome sembrava piovere nelle parole dei ragazzi, ma Hoseok non riusciva a raccogliere l'energia sufficiente per concentrarsi su cosa significasse. 

 

-Ok, ragazzi, state...- Jin continuava a faticare a fare uscire la parole dalla sua bocca -Dio... siete vivi. 

 

-Stiamo bene, hyung! Scar ci ha protetto! 

 

-HYUNG, HYUNG, DOVE SONO TUTTI? 

 

Il corpo che Hoseok stringeva si mosse dolcemente. Una mano si posò sulla sua mano, incoraggiandolo a lasciare andare la camicia a cui si era aggrappato. Namjoon sollevò occhi arrossati su di lui. 

 

Erano vivi. 

 

Erano... davvero... 

 

Vedeva negli occhi del suo Alpha la complessità dei suoi sentimenti come la stratificazione di una pietra. Gioia incontaminata, incredulità, timore, senso di colpa, terrore di quello che poteva essere successo loro. 

 

Sentiva il peso di quel ruolo che Namjoon aveva provato a vestire al meglio delle sue possibilità. 

 

Sentiva il suo imbarazzo per come aveva mancato di investirlo appieno in quell'ultimo anno. 

 

Ma Hoseok lo guardò con un sorriso tremante. 

 

Lui era sempre il loro capo. Nulla avrebbe cambiato quella realtà. E Namjoon sembrò capirlo. Sembrò ritrovare anche in quel viso bagnato di lacrime parte di quella scintilla che possedeva, quella che spingeva tutto il branco a guardarlo con ammirazione. Lentamente, si alzò in piedi, dirigendosi verso il maggiore.

 

Una mano si posò sulla schiena del Beta.

 

L'altra prese dolcemente il telefono dalle sue dita. 

 

-Jiminie? Tae Tae? Kookie?

 

-JOON-HYUNG! 

 

Le tre voci risuonarono all'unisono dal dispositivo. Namjoon serrò gli occhi, stringendo la bocca come se non voleva lasciarsi scappare altre lacrime. 

 

-Ragazzi, vi verremo a prendere. Ovunque siate, verremo a prendervi subito, ok? 

 

Hoseok non se n'era reso conto fino a quel momento. Sentiva dei suoni soffusi provenire dal telefono ma non aveva capito che cosa fossero fino a che un violento singhiozzo non sorse. 

 

-Ti prego, hyung! Ci mancate così tanto! Ci siete mancati così tanto! Hyung... 

 

Hoseok sentì nuove lacrime emergere, ma cercò di trattenerle stringendo le labbra. 

 

-... vogliamo tornare a casa. 

 

Il Beta riuscì finalmente ad alzarsi in piedi anche se le sue gambe, ormai, erano addormentate dalla posizione. 

 

-Vi rimporteremo a casa, ragazzi. Ve lo prometto. Hyung vi verrà a prendere e tutto tornerà come prima. 

 

Hoseok si accostò al capobranco, sorreggendosi al tavolo mentre cercava di ritrovare parte della sua voce. 

 

-Ehi, cuccioli! State facendo i bravi? State mangiando a dovere? 

 

-HOBI HYUNG HOBI HYUNG HOBI HYUNG! 

 

Un sorriso tremante gli allargò le labbra. 

 

-Stiamo mangiando, hyung! Scar si assicura sempre che mangiamo bene! 

 

Ancora quel nome. 

 

Ne sembravano ossessionati. 

 

-Bravi i miei cuccioli. Continuate a mangiare, altrimenti Jin-hyung dovrà sgridarvi se avrete perso peso. 

 

Un sussulto provenne dal corpo riverso sul tavolo. Il debole lamento che prima fuoriusciva da lui era diventato un sommesso pianto ormai. 

 

-Dov'è Yoongi hyung? Non lo abbiamo ancora sentito! 

 

Hoseok schiuse la bocca, ma si bloccò. Quando sollevò gli occhi verso l'angolo in cui la figura con il viso nascosto dai lunghi capelli doveva essere, trovò solo il vuoto. Accanto a sé, sentì Namjoon schiarirsi la gola. 

 

-Hyung è ancora al lavoro. Appena torna vi richiameremo così potrete parlare con lui. 

 

Il Beta si voltò verso il capobranco, ma lui rispose con un semplice gesto del capo. Gli occhi di Hoseok scivolarono verso il corridoio che portava alle loro camere da letto. 

 

-Ragazzi, adesso potreste passare il telefono alla signorina che ve l'ha dato così possiamo capire come raggiungervi?

 

Il tono di Namjoon, nonostante la voce ruvida a causa delle lacrime, diventava sempre più zuccheroso, sempre più delicato a ogni parola che pronunciava. Imbevuto di una nota che solo un'Alpha riusciva a dare, era una freccia che puntava a un aspetto che Hoseok fino a quel momento non riusciva a nominare. 

 

Erano in omegaspace. 

 

Il pensiero della vulnerabilità in cui gli Omega erano rinchiusi in quel momento lo rese sempre più inquieto.

 

-Ah sì, devi parlare con Scar, hyung! Ti piacerà, vedrai! Scar? 

 

Le tre voci chiamarono il nome più e più volte come se fosse una canzone. Lo intonavano con il sorriso nella voce, un'impaziente allegria che, Hoseok pensò, doveva essere il risultato dell'omegaspace. Li stavano trattando a dovere? Quella donna sapeva come comportarsi in una situazione tanto delicata? 

 

Un senso di apprensione iniziò a fiorire sempre più velocemente nel suo cuore. 

 

Il Beta acuì l'udito quando una lontana risata iniziò a risuonare al telefono. 

 

-Eccomi, eccomi. Penso che avrà capito anche lei, Alpha Kim, dello stato mentale in cui si trovano in questo momento... 

 

I tre membri rimasti circondavano il cellulare con sguardi fissi e orecchie attente. Anche Jin-hyung, nonostante fosse ancora leggermente piegato in avanti, era riuscito a placare il suo pianto per prestare ascolto. 

 

-Sì, capisco. E la ringrazio già della cura che sta prestando loro. La prego di essere particolarmente attenta ai loro bisogni fino a che non arriveremo lì e... a questo proposito. 

 

Hoseok non riuscì a evitare di sollevare gli occhi su Namjoon e studiarne il volto. Una leggera traccia umida gli segnava ancora la guancia. Nonostante ciò, sembrava essere scivolato nella sua vecchia pelle come se non l'avesse lasciata per un momento. L'Alpha gentile ma fermo, il cui carisma trasudava naturale autorevolezza non lo avevano mai abbandonato. 

 

Come un interruttore magico che aveva fatto tornare la luce dopo mesi. 

 

-A quale Centro vi trovate? 

 

-Ecco... non a Seoul, Alpha Kim. Ci troviamo nel Centro protezione Omega della città di Detroit. 

 

I tre shifter spalancarono gli occhi, allontanandosi leggermente dal telefono. 

 

-Ha detto... Detroit?- ripetè Namjoon con voce incredula.

 

-Purtroppo sì. Per quanto riguarda come siano arrivati qua... 

 

Hoseok sentì un violento brivido attraversargli la schiena quando quelle parole lo raggiunsero. 

 

-... penso che possiamo discutere in dettaglio della cosa in un secondo momento. Avete già una grossa notizia da digerire. 

 

Il Beta sollevò istintivamente lo sguardo su Seokjin. Come se le loro menti fossero collegate, il maggiore fece la stessa cosa. Non sapeva se voleva urlare fino a che la donna gli avesse rivelato immediatamente quale tremenda verità nascondeva, o se preferiva vivere la sua vita senza mai scoprirla. Avrebbero potuto... semplicemente gioire di quella meravigliosa riunione e tornare a essere felici come prima. 

 

Ma i ragazzi... sarebbero stati come prima? 

 

-Immagino che, così all'improvviso, sarà difficile per voi organizzarvi. Non abbiate timore perché gli Omega sono ospiti benvenuti perciò attenderemo fino a che non riuscirete a-

 

-Non ce ne sarà bisogno- replicò immediatamente Namjoon. Rivolgendo un'occhiata ai due Beta, annuì seccamente. 

 

-Uno di noi non lavora e l'altro è il titolare di un negozio perciò potrà chiudere temporaneamente l’attività. 

 

Hoseok fece un gesto di assenso senza un momento di esitazione. Avrebbe perfino venduto tutto se voleva dire raggiungere più in fretta i ragazzi. 

 

-Il secondo Alpha ha un lavoro abbastanza flessibile e per quanto riguarda me, chiederò una sostituzione urgente. Prenderemo il primo aereo disponibile ma saremo lì nel giro di due giorni al massimo. 

 

-Ottimo. Allora le manderò l'indirizzo della struttura tramite messaggio. Le lascerò anche il mio numero personale in modo che potrete contattarmi in qualsiasi momento lo riterrete necessario. 

 

Namjoon annuì. 

 

-Sì, sarebbe... perfetto. Eccellente. Dunque, ecco... posso... 

 

L'Alpha si umettò brevemente le labbra. 

 

-Possiamo salutarlo ancora una volta? 

 

La voce della donna sembrò nascondere un sorriso nella sua risposta. 

 

-Ma certo. Ragazzi? 

 

Hoseok sentì il respiro rallentare. Per un minuscolo istante, la sua stupida mente pensò che... era tutto finto. Nessuno avrebbe risposto e questa non era altro che un'illusione. 

 

-HYUNG! HYUNG! HYUNG, QUANDO CI VENITE A PRENDERE? 

 

La piega che sollevò le labbra di Namjoon era appena tremante. 

 

-Presto, ragazzi. Saremo lì prima che ve ne accorgerete. Fate i bravi. 

 

-LO FAREMO! 

 

Hoseok si avvicinò alla spalla del capobranco. 

 

Alla fine... era davvero la realtà. 

 

-Non fate impazzire la signorina. 

 

-SI HOBI HYUNG! 

 

L'ultima voce, ancora tremante, si unì. 

 

-Mangiate tanto. 

 

-SI JIN HYUNG! 

 

Jin annuì tra sé e sé ma aveva ancora il capo riverso in avanti. 

 

-Hyung vi vuole bene. 

 

Hoseok serrò gli occhi.

 

-ANCHE NOI HYUNG! 

 

 

 

 

Le voci gli risuonavano ancora nel cervello anche dopo istanti da che la chiamata era terminata. La cucina era diventata avvolta da un silenzio strano. Non era inquietante, ne fastidioso. Era solo... 

 

Così vuoto da essere bizzarro. 

 

Come se una meteora fosse appena caduta al centro della loro casa e loro fossero troppo ammirati dal fenomeno per riuscire a capire davvero la situazione. 

 

-Dove diavolo è Yoongi in un momento come questo?- borbottò finalmente Jin. 

 

Hoseok sollevò il viso con spalle tese. Namjoon non lo guardò. Aveva lo sguardo fisso davanti a sé, puntato sul muro mentre osservava qualcosa di imperscrutabile. Fece un semplice gesto con il capo. 

 

Hoseok sapeva. 

 

Il suo corpo si mosse perché sapeva che il capobranco gli aveva appena fatto una richiesta. Quando si trattava di Yoongi, era compito suo. 

 

E sapeva dove trovarlo. Quando aprì lentamente la porta della sua camera, il corpo era lì, seduto sul bordo del letto con i gomiti poggiati sulle ginocchia e la fronte posata sulle mani. Ancora non vedeva il suo viso. 

 

Se qualcuno non avesse saputo che fosse vivo, avrebbe potuto pensare che fosse parte dell'arredamento nella sua immobilità. 

 

Hoseok non disse una parola. Con passi silenziosi, si avvicinò al letto. Si abbassò fino a sedersi accanto a lui, facendo sprofondare leggermente il materasso. 

 

Infine, con un braccio circondò le sue spalle. 

 

Quell'eterna immobilità, finalmente, si ruppe. 

 

La schiena del suo amico iniziò a sobbalzare a ritmo impreciso. Il petto si espandeva e contraeva sempre più velocemente. 

 

E Hoseok posò la testa sulla spalla dell'Alpha. 

 

Un singhiozzo violento tagliò la stanza. Era così rumoroso che doveva aver raggiunto perfino la cucina, perché due figure comparvero poco dopo sulla soglia della porta. Hoseok non le guardò in viso. Chiuse invece gli occhi, lasciando che nuove gocce silenziose scendessero sul suo viso. 

 

Yoongi annaspava in cerca di aria mentre sembrava affogare nelle sue lacrime. Si stropicciava il viso con le dita rattrappite, spalancava la bocca per lasciare andare bassi lamenti mentre il suo pianto riempiva la casa. 

 

Sentì le due figure sedersi attorno a loro e circondarli in un abbraccio. Non si stringevano a quel modo da... 

 

Hoseok non ricordava. 

 

Quando schiuse le palpebre incrostate, vide Jin-hyung inginocchiato davanti all'Alpha, intento a massaggiarne le braccia pallide. 

 

-Li andiamo a prendere, Yoongi. 

 

L'Alpha si rannicchiò in avanti, lasciando che il suo pianto diventasse ancora più violento.

 

 

 

ANGOLO AUTRICE 

DUNQUE. Ancora dobbiamo attendere per la tanto attesa riunione, ma abbiamo già una prima interazione! Cosa ne pensate? Anche questa scena l’ho immaginata più e più volte nella mia testa. Spero che abbia il peso emotivo che volevo che avesse. Ho prestato particolare attenzione a Yoongi perché ci tenevo che attraverso lui si mostrasse il contrasto più totale da come i ragazzi mascheravano il dolore fino a quel momento al punto di rottura. 

 

PURTROPPO si torna agli aggiornamenti regolari, perciò ci vediamo tra due settimane! (I know I know, abbiate un po’ di pazienza, sarete ricompensati)

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Capitolo 15
*** 15 ***


-Scar è la migliore! 

 

-Scar è fantastica! 

 

-Scar, Scar, Scar! 

 

La ragazza si lasciò sfuggire una breve risata mentre riponeva il telefono sul tavolo. I tre corpi che la circondavano si strinsero a lei ancora di più mentre intonavano il suo nome. 

 

-Su, ragazzi, in fondo non ho fatto niente di speciale. 

 

Tre visi si raddrizzarono per guardarla con espressioni improvvisamente serie. Jimin in particolare sembrava possedere una forza nel suo sguardo che la penetrava in maniera disarmante. 

 

-Scar. Non capisci. 

 

Lei piegò leggermente il capo a quelle parole. 

 

-Che cosa non capisco?

 

Jimin la fissò senza battere le ciglia. 

 

-Tu ci hai dato... tutto. 

 

Scarlett abbassò per un momento lo sguardo sulle sue gambe. Dopo un istante, lo riportò sull'Omega.

 

-Io vi ho dato la base. Quando uscirete dall'omegaspace, dovrete piano piano tornare a ricordare che cosa meritate. Ho come il sentore che... in questo ultimo anno lo abbiate dimenticato. 

 

I tre sguardi si voltarono l'uno verso l'altro. Scarlett poteva vedere una luce di comprensione alle sue parole. La ragazza sospirò. Il loro branco sembrava tenere molto a loro, se i suoni che aveva sentito venire dal telefono erano davvero le loro lacrime come pensava. Poteva stare tranquilla, loro sarebbero stati in grado di trattare gli Omega con con la cura che si meritavano. 

 

Sarebbero riusciti a far ricordare loro l'affetto che gli era dovuto. 

 

Un piccolo brivido le camminò sotto la pelle. 

 

Bizzarro. Sembrava capitarle a ogni istante che ricordava la voce che era emersa dal cellulare. All'inizio, pensava fosse timore. Era quella l'emozione che era abituata ad associare a un Alpha. Eppure... si era presto accorta che non era così. Quel brivido misterioso non le riempiva le ossa di freddo e non la faceva tremare. Sembrava, piuttosto, solleticarla. Le stuzzicava le dita e poi saliva fino al cuore e infine scendeva e si gettava nel suo stomaco. Un bizzarro prurito continuava a spingerla a strofinarsi le mani. 

 

L'Alpha sembrava una brava persona. Aveva compreso in fretta la situazione e aveva agito con tempestiva razionalità.

 

Aveva una bella voce. 

 

Scarlett immaginò di schiaffeggiare il suo cervello a quel pensiero. No, lei stava pensando al fatto che sembrasse una persona affidabile. Avrebbe potuto stare serena nel lasciare gli Omega nelle sue mani. 

 

E quando aveva iniziato a usare la sua autorità da Alpha per guidare i ragazzi in omegaspace, la sua voce aveva assunto un calore che, aggiunto alla sua leggera asprezza, la faceva assomigliare a un bicchiere di brandy-

 

Scarlett strizzò le palpebre, trattenendo un'imprecazione. 

 

Era stanca. Sì, era stata una giornata molto carica di avvenimenti. Doveva staccare il cervello e non concentrarsi sul caso, per un momento. Era solo per quello che i suoi pensieri stavano prendendo una piega strana. 

 

Solo per quello! 

 

-Scar?  

 

Lentamente, la ragazza riaprì gli occhi per osservare i tre volti che la guardavano con curiosità. Aveva fatto delle espressioni strane mentre litigava con il suo cervello, vero? Sospirando, tirò le labbra in un sorriso, scuotendo il capo. 

 

-Scar ha bisogno di riposare. Ha fatto tanto oggi. Scar lascia che ci prendiamo cura di lei. 

 

Scarlett corrugò leggermente le sopracciglia alle parole di Taehyung, che le prese la mano con un'espressione determinata sul viso. Jungkook annuì con un gesto secco del capo. Prima che se ne potesse accorgere, la ragazza si ritrovò tirata verso il basso, costretta a inginocchiarsi e gattonare fino all'angolo dove la piccola montagna di cuscini era disposta. 

 

Quando la sua mano stava per posarsi sul lembo della coperta rosa che stava stesa a terra, si bloccò, portando i tre Omega a fissarla. 

 

-Ragazzi, è il vostro nido, non posso- 

 

-Scar può. Noi vogliamo.

 

Scarlett rivolse uno sguardo sorpreso in direzione di Jungkook davanti alla risposta secca e decisa. Quando vide che tutti e tre la osservavano con la stessa dose di determinazione, lasciò che il suo corpo venisse tirato ancora un po', fino a entrare ufficialmente nel loro spazio. 

 

Anche se non era il loro vero nido, le sembrava di mettere piede in un reame sacro. Quello era il loro angolo sicuro. Era il loro dominio, dove solo i membri del branco erano accetti. Eppure, trascinavano lei, una quasi sconosciuta, dentro di esso fino a farla sistemare contro la parete di fondo, coprendole le gambe con una seconda coperta e un largo cuscino azzurro. 

 

Normalmente, quando erano nel nido Scar aveva notato che tendevano ad assumere la stessa sistemazione: tutti e tre stretti in un unico bozzolo, solitamente con Jimin al centro. Questa volta, però, sembrò che fosse diventata lei il perno della loro nuova configurazione. Tutti e tre, infatti, si sistemarono spontaneamente attorno a lei, posando la testa sul cuscino che avevano messo sulle sue gambe come se fossero uniti da un'unica mente. Jimin, sdraiato alla sua destra, le circondò la vita con il braccio prima di sollevare lo sguardo su di lei. 

 

-Scar, riposa. 

 

L'ordine le arrivò chiaro e infuso di fermezza. Scarlett, perciò, annuì senza obbiettare, abbandonandosi contro la parete. Un pensiero, però, la bloccò per un momento. La sua mano scese fino alla tasca dei suoi pantaloni, tastando il tessuto in cerca del cellulare. 

 

Una volta trovato, lo sollevò davanti a sé. 

 

-Scar? 

 

La ragazza sentì tre sguardi carichi di rimprovero posarsi su di lei. 

 

-Ok, ok, ragazzi. Datemi solo un attimo. Devo fare una cosa per il vostro branco. 

 

Scarlett aprì la fotocamera e sollevò il telefono in posizione orizzontale. Dopo ave scattato, osservò la foto con un leggero sorriso. Fortunatamente, non si vedeva il suo corpo oltre il grande cuscino azzurro, ma solo le tre teste rivolte verso l'alto con un misto di sorpresa, confusione e sonnolenza. 

 

Scorse fino a trovare il nome che aveva salvato poco prima e a cui non era ancora collegata nessuna chat. Quel brivido le solleticò la punta delle dita ancora una volta prima che potesse digitare le prime parole. Scarlett, però, lo scacciò dalla sua mente. 

 

Da te: 

Salve Signor Kim, questo è il mio numero privato. Kim Scarlett 

 

E questo è un piccolo regalo per rassicurarvi nell'attesa di arrivare. 

 

La ragazza osservò la foto caricare lentamente fino a che non fu inviata. Mordendosi il labbro, spense lo schermo e ripose il telefono, posando la testa contro il muro e passando istintivamente le mani fra i capelli degli Omega sdraiati sulle sue gambe.

 

 

 

 

 

-Salve signora Lee, sono... estremamente desolato per l'orario. 

 

Namjoon si passò una mano fra i capelli, afferrando poi la prima maglia che gli capitò sotto gli occhi. 

 

-Professor Kim? Non si preoccupi, è successo qualcosa? 

 

La voce della donna sessantenne lo fece bloccare sul posto per un momento. Contemplando il pavimento, si passò la lingua sulle labbra secche. 

 

-In effetti, sì. Mi dispiace metterla in difficoltà con questa richiesta improvvisa, ma ho bisogno di assentarmi per tutta la prossima settimana.

 

Attese immobile con un velo di sudore a imperlargli la fronte. 

 

-Non si preoccupi ma... posso chiedere la motivazione? Professore, se ha bisogno di un congedo più lungo non esiti a chiedere.

 

Sapeva che la donna doveva aver capito che la sua richiesta era legata ai suoi Omega. Tutti nella scuola ormai sapevano di quello che era successo. La sua prima assenza subito dopo la sparizione aveva fatto sollevare molto domande fra i suoi colleghi, fino a che i giornali non avevano riportato la notizia. 

 

-No, non credo, per lo meno, penso che una settimana dovrebbe bastare, io... 

 

La signora Lee doveva aver dato per scontato che avesse ricevuto la notizia che tutti aspettavano. La spiegazione era sulla punta della sua lingua ma non riusciva a pronunciarla. Come faceva a concretizzare a parole l'innominabile? 

 

Inspirando a fondo, stropicciò la maglietta che teneva ancora in mano. 

 

-Dobbiamo... andare a prendere i nostri Omega. Sono stati... 

 

Le parole non riuscivano a uscire. Non capiva perché, ma sembravano sapere di bile nonostante fossero così dolci. 

 

Perché era sul punto di vomitare all'idea di pronunciarle? 

 

-... sono stati ritrovati, ma li stanno ospitando in un Centro protezione Omega a Detroit. Perciò, ecco, ci vorrà un po' di tempo, dovremo prendere l'aereo e- 

 

Stava iniziando a parlottare nervosamente. Le parole uscivano una dopo l'altra e lui era incapace di chiudere la bocca ormai. 

 

-Oh, ma che fantastica notizia! Sono molto contenta per lei, professor Kim! Non si preoccupi assolutamente, si prenda tutto il tempo di cui ha bisogno! Organizzerò subito una sostituzione di due settimane, ma non esiti a chiamarmi se dovesse avere bisogno di più! 

 

Namjoon rimase con la bocca semichiusa e le restanti parole incastrate in gola. Infine, serrò le labbra, racimolando la poca saliva rimasta per cercare di combattere l'arsura che gli aveva trasformato la lingua in deserto. Appoggiandosi allo stipite sotto cui era, i suoi occhi osservarono le due figure davanti a lui rimpinzare freneticamente le valigie "da riccone" di Yoongi perché nessuno di loro ricordava l'ultima volta in cui avevano fatto un viaggio più lungo di tre giorni e, Dio, Namjoon pensava di non avere neppure un trolley che fosse in grado di sostenere un viaggio aereo senza cadere a pezzi. 

 

-Non so come ringraziarla, signora Lee. Due settimane dovrebbero essere più che sufficienti, ma... se dovessero avere bisogno di maggiore cura i primi giorni che torneremo la terrò aggiornata. 

 

-Ma certo, professore, ci mancherebbe altro! Le auguro un buon viaggio! 

 

Namjoon riuscì finalmente a sollevare gli angoli della bocca. 

 

-Grazie, signora Lee. 

 

Non appena ebbe riposto il cellulare nella tasca, si avvicinò per posare la maglia ormai piena di grinze nella prima valigia. 

 

-A posto con il lavoro?- gli chiese Hoseok senza neppure alzare lo sguardo dalle felpe che stava piegando. Namjoon annuì brevemente. 

 

-Tu con il negozio?

 

-Ho chiamato i ragazzi per capire cosa fare. Abbiamo deciso che chiuderemo al pubblico, loro si occuperanno di fare solo gli appuntamenti già prenotati che non possono essere rimandati. 

 

Il capobranco annuì nuovamente. 

 

-Yoongi? 

 

-Sta pagando l'appartamento- rispose il diretto interessato. Namjoon si voltò, notando l'Alpha seduto sul letto con il Pc sulle gambe e la carta di credito sollevata davanti a sé. Avvicinandosi a lui, si abbassò per guardare la prenotazione. 

 

-Yoongi, costa un accidente! 

 

L'Alpha non staccò lo sguardo dallo schermo ma sollevò le sopracciglia. 

 

-Si trova a dieci minuti dal Centro, è l'unico che sono riuscito a trovare con così tanta urgenza e, quando arriveremo, dovrà tenere sette persone, le opzioni non erano molte. Stai tranquillo, Joon. I soldi ce li ho. 

 

Namjoon sospirò, massaggiandosi le tempie. 

 

-Ok, ok, signor compositore di fama internazionale. Per l'aereo? 

 

-Siamo a posto. Abbiamo uno scalo a Tokyo con sei ore di attesa, ma non c'erano voli diretti disponibili. I visti? 

 

Namjoon annuì. 

 

-L'ambasciata ha detto che non appena riceve la conferma dal Centro e dalla polizia di Detroit ce ne rilasceranno di temporanei. Speriamo solo che arrivino in tempo.

 

-Hyung, non c'è spazio per un altro pigiama di pile. 

 

-Ma non sappiamo che tempo fa laggiù! E loro? Non avranno i loro vestiti! Non ci bastano tre valigie, dobbiamo portare qualcosa anche per loro! Si potrebbero ammalare, è ancora inverno, qua è stramaledettamemte freddo e- 

 

-Hyung, ehi, calma.

 

Namjoon si avvicinò appena al maggiore. Aveva già iniziato a sproloquiare. Lo faceva sempre quando era eccitato o estremamente nervoso, perciò l'Alpha sollevò le mani in cerca di calmarlo. 

 

-Facciamo ancora in tempo ad aggiungere una valigia in più con i loro vestiti. Mal che vada, ne compreremo una là insieme a tutto quello che gli occorre. 

 

Il capobranco vide un lampo di esitazione attraversare il viso del maggiore, un momento in cui la sua bocca stava per schiudersi nel tentativo di trovare nuove cose per cui preoccuparsi, ma alla fine sembrò trattenersi, annuendo semplicemente. Namjoon sospirò, sobbalzando appena quando una vibrazione provenne dalla sua tasca. Immediatamente, estrasse il cellulare. 

 

-È l'ambasciata?- domandò immediatamente Hoseok. L'Alpha scosse il capo, corrugando la fronte. Il primo messaggio di un numero sconosciuto gli comparve nella notifica. 

 

DA: XXX-XXXX-XXX

Salve signor Kim, questo è il mio numero privato. Kim Scarlett. 

 

E questo è un piccolo regalo per rassicurarvi nell'attesa di arrivare.

 

Namjoon vide un'immagine venire caricata subito dopo, osservando la sfocatura fino a che la rotellina non smise di vorticare. 

 

Rimase immobile, con gli occhi fissi sullo schermo e le dita congelate. 

 

-Joon? 

 

Non rispose. Non mosse un muscolo. Non riusciva a fare altro che fissare quell'immagine, con la bocca stupidamente aperta. Il bruciore che sembrava essersi dissipato dai suoi occhi fece un breve ritorno. Non poteva rimettersi a piangere. Non poteva. 

 

-Joon, che cosa hai-

 

Sentì un corpo porsi al suo fianco per guardare lo schermo a sua volta e sentì una voce venire mozzata da un verso sorpreso. Sentì l'attenzione degli altri due posarsi immediatamente su di loro per poi spingerli a raggiungerli immediatamente. 

 

-Ragazzi? È successo qualcos... oh mio Dio. 

 

Silenzio. Era tutto quello che riuscivano a rispondere. 

 

-Oh mio Dio- ripetè Jin. 

 

Se Namjoon fosse stato in grado di parlare, non sarebbe stato capace di dire molto di più. La sua lingua sembrava essere stata bombata di anestetico. Era pesante e insensibile, incapace di muoversi. 

 

Quella foto era il secondo tassello di un'immagine che diventava sempre più vera. 

 

Lui sapeva con incrollabile certezza che nella mente di ognuno dei suoi amici, come nella propria, era incastrato un gigantesco terrore. Avevano sentito le loro voci, certo. Ma potevano non essere davvero loro. Poteva essere tutta una truffa. Poteva essere una bizzarra trappola che sarebbe risultata in una richiesta di riscatto. Poteva essere una registrazione. Poteva essere il loro cervello disturbato che era pronto a sentirli ovunque. 

 

E tutto ciò era maledettamente irrazionale, ma avevano passato così tanto a convincersi ad accettare la loro scomparsa che non erano fisicamente pronti ad accogliere il miracolo senza venire attanagliati dalla paura che l'illusione si dissolvesse all'improvviso. 

 

Ma avevano un secondo tassello. 

 

Tre volti famigliari ma abbastanza diversi da mostrare il passaggio del tempo. 

 

-Sono... dimagriti così tanto- bisbigliò Jin. Portando le dita sullo schermo, allargò l'immagine fino a studiare ognuna delle tre facce nel dettaglio. Aveva ragione. Il colorito dei tre Omega era vivo, ma Namjoon poteva vedere le mandibole più affilate, gli zigomi accentuati e gli occhi leggermente scavati. 

 

-Gli sono cresciuti un sacco i capelli- borbottò Yoongi. Il capobranco prese nota del tono più rigido, leggermente canzonatorio, che serviva solo a mascherare. Lui sapeva cosa cercava di mascherare. 

 

-Senti chi parla- replicò Jin senza sollevare lo sguardo dallo schermo. Namjoon sollevò leggermente le labbra. In effetti i capelli di Jungkook erano della stessa lunghezza di quelli di Yoongi. Gli scendevano sulla fronte coprendogli quasi gli occhi e gli raggiungevano il collo arricciandosi leggermente all'estremità. Quelli degli altri due non sembravano raggiungere la stessa lunghezza, ma circondavano comunque i loro visi con abbondanza. 

 

-Sembrano... sereni. 

 

Le parole di Hoseok riportarono immobilità nel gruppo. I tre visi guardavano la fotocamera come se fossero stati catturati in un momento spontaneo, rilassati su un cuscino e sul punto di addormentarsi. Vulnerabili. Così li avrebbe descritti il suo istinto. 

 

Al sicuro, in un nido. 

 

Sì, sembravano sereni. 

 

-Come pensate che... saranno quando li ritroveremo? 

 

Namjoon udì la vera domanda che si nascondeva dietro a quelle parole. 

 

"Che cosa gli sarà successo?" 

 

Erano in omegaspace, perciò dovevano essersi quantomeno sentiti sotto stress. Ma l'Alpha non era pronto ad affrontare quel pensiero in quel momento. Non poteva pensarci, non quando davanti lo aspettavano quattordici ore richiuso in un dispositivo sospeso in mezzo al cielo con troppo tempo per lasciare la sua mente vagare. 

 

-Finiamo di fare le valigie. Dobbiamo essere all'aeroporto fra due ore- concluse semplicemente, deglutendo prima di allontanarsi dal gruppo. Alle sue spalle, un silenzio impacciato riempì l'ambiente mentre solo rumori di zip, lacci e ante di armadio lo raggiunsero. 

 

Quando emerse nella sua stanza, si appoggiò contro il muro, sfilando nuovamente il cellulare. 

 

Da: te 

Le sono molto grato, signorina Kim. Non sa quanto significhi per noi anche un piccolo gesto come questo. 

 

A breve prenderemo l'aereo, ma posso disturbarla per chiederle un altro favore?

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Well, Scarlett, tell us more riguardo a quei tuoi pensieri su Namjoon, non essere timida (don't worry, vedrete mooolto dei suoi pensieri in futuro XD). E ancora procediamo a piccoli passi verso il grande incontro! Aspettative? Teorie? Timori? 👀

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Capitolo 16
*** 16 ***


La maledetta vetrata davanti al quale era seduto era posizionata in maniera perfetta per catturare le prime luci dell'alba. In un momento diverso, Namjoon avrebbe apprezzato la vista. Ma con i raggi aranciati del sole mattutino che si infilavano sotto le sue palpebre serrate, non poteva fare altro che imprecare. Con le braccia incrociate, rannicchiato sulla sedia di metallo scricchiolante, dalla conformazione perfettamente incompatibile con la schiena umana, aveva sperato di strappare almeno qualche ora di sonno dalla lunga attesa che li separava dal secondo volo. 

 

Ovviamente, anche a quell'ora del mattino l'aeroporto doveva già essere pieno e non c'era nessun posto disponibile che desse le spalle alla "fantastica" vetrata. Grugnendo, si raddrizzò sulla sedia strofinandosi gli occhi e abbandonando ogni tentativo di assopirsi. Il suo sguardo percorse la fila di sedie che fronteggiava la propria. 

 

Uno. 

 

Due. 

 

I suoi occhi si spostarono al posto affianco al suo. 

 

Tre. 

 

Non li contava da dieci minuti circa. Non che si aspettava che le tre figure improvvisamente sparissero ma non poteva farne a meno. Era da un anno che succedeva. Ovunque andasse, che fosse con uno solo dei membri del suo branco o con tutti e tre, doveva riaffermare la loro presenza a intervalli regolari. 

 

Ci sono ancora tutti. 

 

Sono a portata di occhio. 

 

Sono al sicuro. 

 

E se sparivano per un istante, temporaneamente risucchiati dalla folla o coperti da un qualsiasi ostacolo, il suo cuore iniziava a martellare come se si trovasse sull'orlo di un precipizio. Per quanto tentasse di respirare, non smetteva di colpirgli il petto fino a quando non tornava ad averli tutti sotto il suo sguardo. 

 

Una vibrazione fece improvvisamente volare la mano nella sua tasca dei pantaloni. 

 

Non era un messaggio, però. Sopratutto, non era il messaggio che aspettava. Nonostante ciò, sospirò appena, avvicinandosi a Hobi, che nonostante il berretto calato sugli occhi era riuscito a prendere sonno quanto lui. 

 

-Ci hanno mandato i visti- mormorò Namjoon con tono sollevato, mostrando all'amico lo schermo con l'email dell'ambasciata. 

 

-Dio grazie...- esalò Hoseok al suo fianco, abbandonando il capo all'indietro. 

 

-Ero già pronto a finire in cella.

 

Namjoon sollevò un angolo della bocca. 

 

-Perché eri così sicuro di finire in cella?- domandò con ilarità a colorargli la voce. Il Beta si indicò con un ampio gesto delle mani. 

 

-Ho già l'aspetto da galeotto. Se avessero pensato che fossi pure clandestino non penso avrei più rivisto la luce del giorno. 

 

Namjoon riuscì a emettere una breve risata. 

 

-Ehi, almeno avresti potuto contare su Yoongi per farci uscire con il suo stipendio da compositore riccone. 

 

Hoseok annuì con sguardo pensoso. 

 

-In effetti, hai ragione... 

 

Una seconda vibrazione fece quasi scivolare il cellulare di mano a Namjoon, che era sobbalzato appena sul posto prima di stringere l'oggetto e controllare freneticamente lo schermo. Poteva vedere la striscia della notifica ma il suo pollice si fermò.

 

DA: KIM SCARLETT

 

Un video era attaccato al messaggio. Namjoon deglutì. 

 

-Chi è?- domandò curiosamente Hoseok dopo la sua reazione, avvicinandosi per scrutare lo schermo. L'Alpha non emise una parola. Invece, trascinò il dito sulla superficie e gli sembrava che il suo petto fosse stato rimpinzato di piume. Era un bizzarro cuscino, gonfio e mal funzionante e solleticato da ogni parte. 

 

Quando aprì la chat, il primo frame del video gli fece immediatamente stringere i denti. I ragazzi erano seduti su un letto uno accanto all'altro. Namjoon poteva intravedere alle loro spalle anche quello che doveva essere un grande nido fatto proprio come amavano loro, con tanti cuscini e ampio abbastanza da ospitare tutti e tre insieme. Sulle gambe di ognuno di loro era posato un vassoio traboccante di cibo. E loro mangiavano. Con ampi sorrisi sulle labbra, si imboccavano l'uno con l'altro o si spingevano per irritarsi a vicenda finendo per giocare invece che mangiare. 

 

Il video durava dieci minuti.

 

Fino a che i piatti non furono completamente lucidi, infatti, l'immagine non si interruppe. Era stata perfino più zelante di quanto avesse sperato. E questo nonostante il video fosse disseminato di momenti in cui gli Omega sollevavano lo sguardo sull'obbiettivo, guardando con occhi talvolta severi talvolta imploranti la persona che vi stava dietro. 

 

-Scar mangia! 

 

-Scar deve mangiare! 

 

E ogni che volta la richiesta si ripeteva, sempre più incessante, la voce da dietro la telecamera rispondeva sempre con la stessa pazienza. 

 

-Quando avrò finito mangerò. Prometto. 

 

Ma gli Omega non sembravano mai soddisfatti dalla risposta. A intervalli regolari, infatti, si alzavano per raggiungere quella figura nascosta dall'obiettivo con bacchette cariche di cibo e sguardi determinati. Non sembrava esserci potreste che teneva al loro bisogno di condivisione. 

 

Quando il video terminò, si ritrovò a riportarlo istintivamente al punto di partenza per ricominciare a guardarlo da capo. Accanto a sé, percepì Hoseok gesticolare in direzione di Yoongi e Jin per segnargli di avvicinarsi ma i suoi occhi rimasero incollati sullo schermo. 

 

-È stato molto carino da parte della signorina Scarlett mandarci perfino un video-sentì commentare dal ragazzo accanto a sé mentre tornava a guardare il cellulare a sua volta. 

 

-Gliel'ho chiesto io- mormorò Namjoon in risposta, tenendo gli occhi incollati sui volti sorridenti. Un breve silenzio gli rispose. 

 

-Lo capisco- fu la semplice risposta del Beta. Quando l'Alpha sentì gli altri due corpi mezzi addormentati raggiungerli, allungò il cellulare davanti a sé senza aggiungere una parola. 

 

Per un umano sarebbe stato un concetto difficile da comprendere. Un altro shifter, invece, avrebbe condiviso. 

 

Prendersi cura del branco era la base del loro istinto. Non spingeva a creare affetto tra i membri, quella era una parte cosciente che ognuno di loro doveva impegnarsi ad alimentare, ma li stimolava ad assicurarsi che ognuno fossero al sicuro e in salute. 

 

E ben nutriti. 

 

-Devono mangiare di più o non riusciranno a tornare in forze di questo passo. Quelle porzioni messe insieme sarebbero bastate solo per Jungkook- borbottò con tono piccato Seokjin, incrociando le braccia e sollevando il mento in una posa altezzosa. 

 

-Tu esageravi sempre nelle misure al punto che avevamo il frigo pieno di avanzi per tutta la settimana- replicò con tono asciutto Yoongi senza sollevare lo sguardo. Namjoon osservò con attenzione gli occhi di Jin saettare sul minore carichi di una fiamma iraconda, pronta a divampare non appena avesse aperto bocca. Dopo un istante, però, era già svanita. Vide il Beta trattenersi fisicamente, respirando fino a spegnere tutte le repliche che doveva avere sulla punta della lingua. 

 

E anche gli allarmi nella mente del capobranco si spensero. 

 

Almeno avrebbe provato a mantenere la pace. 

 

-E comunque questa persona... come si chiama... 

 

-Kim Scarlett- rispose brevemente Namjoon. Seokjin tirò le labbra in una smorfia.

 

-Questa Kim Scarlett... non mi piace. Sembra stargli troppo addosso. E perché loro sono così ossessionati da lei? Non li avrà abbindolati in qualche modo? Sono facilmente impressionabili in questo stato, potrebbe averli attirati a sé per-

 

-Per fare cosa, hyung?- lo interruppe sospirando Hoseok. 

 

-Si sta solo prendendo cura di loro. Preferiresti che fossero lasciati a se stessi, in omegaspace? 

 

Jin non rispose immediatamente, voltandosi invece con aria stizzita. 

 

-Dico solo che non mi dà una buona impressione. Il mio istinto dice di non fidarsi di lei. 

 

Namjoon seppellì le parole del maggiore lontano dalla sua attenzione. Guardò l'orologio nell'angolo dello schermo e dopo aver fatto un rapido calcolo, prese a digitare rapidamente sulle lettere della tastiera. 

 

-Che cosa le scrivi?- chiese con rinnovata curiosità Hoseok, ignorando la montagna brontolante che stava in piedi con le braccia conserte. 

 

Namjoon non rispose, ma non fece nulla per nascondere lo schermo e la chat ancora aperta mentre osservava il messaggio venire velocemente letto. 

 

DA: TE

La ringrazio ancora per aver soddisfatto la mia richiesta. Le posso chiedere se fosse possibile chiamarla in modo da salutarli prima che prendiamo il secondo volo? 

 

La risposta comparve poco dopo nello schermo. 

 

DA: KIM SCARLETT 

Non è un problema! 

 

Namjoon fece appena in tempo a leggere le parole che le sue dita avevano già fatto partire la chiamata. Appena due squilli dopo, il cellulare iniziò a trasmettere delle voci famigliari. 

 

-HYUNG SEI TU? 

 

L'Alpha non si accorse neppure del sorriso che era comparso sulle sue labbra. 

 

-Sono io, ragazzi. Volevamo salutarvi ancora una volta dato che quando saremo sull'aereo non potremo farlo. Ho visto che avete mangiato tutto da bravi cuccioli, non è vero? 

 

Le voci assentirono con entusiasmo. 

 

-Tuuuttissimooo! Però Scar non ha ancora mangiato! 

 

In sottofondo, sentì dei sommessi "Scar siedi!" e "Scar mangia tutto!" intervallati da proteste divertite della voce femminile che ricordava. 

 

-Molto bene, continuate a mangiare, mi raccomando. Jin-hyung vuole che spazzolate tutto. 

 

Sentì il maggiore sobbalzare appena alla menzione del suo nome. La posa irritata che aveva assunto si era infatti sciolta velocemente in una protesa in avanti e completamente rivolta verso il telefono che Namjoon aveva messo in vivavoce. Poco gli importava di disturbare gli altri passeggeri in attesa attorno a loro in quel momento.

 

-Joon ha ragione. Dovete mangiare molto per tornare in forze. 

 

L'Alpha sentì la leggerezza che il maggiore forzò nel suo tono mentre pronunciava quelle parole. Nessun sorriso però si trovava sulle sue labbra. 

 

-Ah, c'è qualcuno che vi vuole salutare prima che andiamo.

 

Namjoon riprese il controllo del telefono, spingendolo poi nelle mani impacciate dell'altro Alpha che stava di fronte a lui e che sollevò uno sguardo smarrito. 

 

-È YOONGI HYUNG? YOONGI HYUNG È TORNATO? 

 

Il capobranco vide il suo amico deglutire pesantemente, facendo saettare lo sguardo dal cellulare al suo viso come se gli fosse appena stato chiesto di praticare un'operazione a cuore aperto con un coltellino da bistecca e una cannuccia di plastica. 

 

Namjoon, semplicemente, annuì. 

 

"Non avere paura." 

 

Non lo disse ad alta voce perché sapeva che Yoongi non avrebbe voluto. Ma Yoongi capiva. Afferrava le cose in fretta. 

 

Lo vide abbassare il capo, incassarlo fra le spalle come faceva quando cercava di fare il duro. La sua posa difensiva. 

 

-Ehi mocciosi- eruppe con voce bassa, quasi graffiante, ma non aspra. Non era mai aspra quando era direzionata ai loro Omega. 

 

-YOONGI HYUUUUUUNG! PERCHÉ NON CI HAI CHIAMATO PRIMA? VOLEVAMO SENTIRTI! 

 

Namjoon osservò con un sorriso nascente le labbra di Yoongi paralizzarsi. Si aprivano e chiudevano, prima di allungarsi tremando leggermente. Alla fine, lo vide ingoiare quello che doveva essere un groppo di lacrime prima di ritrovare la sua voce graffiante. 

 

-Avete ragione. Ma adesso sono qui. 

 

Annuì, e Namjoon avrebbe voluto davvero scoprire quale pensiero stava passando per la sua mente in quel momento. 

 

-Fate i bravi, marmocchi. Stiamo arrivando da voi. 

 

-DAVVERO? TRA QUANTO ARRIVATE? 

 

Quando Namjoon vide i denti di Yoongi affondare con violenza nel suo labbro, riprese in mano il telefono. 

 

-Molto presto, ragazzi. Per domani dovremmo già essere lì con voi. 

 

-SBRIGATEVI HYUNG! 

 

Namjoon sorrise, sospirando. 

 

-Sì, lo faremo. 

 

-Mangiate tanto, cuccioli- intervenne Hoseok, poggiandosi sulla spalla dell'Alpha per avvicinarsi al cellulare. 

 

-SI HOBI HYUNG. 

 

-E... grazie, signorina Kim, se ci sente- aggiunse Namjoon. Non udì risposta ma solo una serie di frasi confuse che gli Omega dovevano essere nel mentre di dirle. Senza attendere, chiuse la comunicazione. 

 

-"Boarding now: Flight to Detroit 97845."

 

Namjoon sollevò lo sguardo. 

 

-Andiamo.

 

 

 

 

 

Occhi scuri, circondati da occhiali dalla montatura argentata.

 

Una risata impacciata, quasi uno squittio a causa del suo imbarazzo. 

 

-È un modo inconsueto per introdursi. Non mi succede tutti i giorni di ricevere richieste del genere in un café qualunque. 

 

Avrebbe voluto proporle qualcosa di molto diverso. Non riusciva a ragionare. Non riusciva a smettere di guardarla. 

 

La sua testa stava impazzendo.

 

Doveva essere il jet-lag. 

 

Perché si stava comportando in modo tanto bizzarro? 

 

Chi era quella ragazza? 

 

 

 

 

Yoongi aggrottò la fronte. Emettendo un basso brontolio, si stropicciò le palpebre, posando lo sguardo sullo schermo davanti a sé. Ormai il film che stava guardando assieme a Joon era finito da un pezzo. Doveva essersi addormentato a tre quarti circa. Accanto a lui, infatti, il capobranco aveva già rivolto la sua attenzione a un libro, sicuramente un qualche stupido filosofo vecchio mille anni che parlava di divino e l'universalità del concetto di bene e bla bla bla... 

 

Joon adorava tutte quelle fesserie.

 

L'Alpha non gli rivolse attenzione mentre Yoongi allungava le braccia per distendere i muscoli rattrappiti. Lo vide invece con la coda dell'occhio voltare placidamente la pagina. 

 

-Hai già avuto modo di parlare con hyung? 

 

I suoi arti si bloccarono a metà. 

 

-Avrei dovuto? 

 

Il suo tono finiva sempre per essere più abrasivo di quanto prevedeva. Ma in quella circostanza in particolare non poteva farne a meno. Il libro che Joon teneva in mano venne chiuso dolcemente. Non sollevò gli occhi su di lui ma lo sentì sospirare debolmente, come se non avesse voluto farsi sentire. 

 

-So... di non essere libero di parola in questo momento. E so che è ridicolo da parte mia... ricominciare a fare il capo all'improvviso dopo tutto questo periodo-

 

-Non hai nulla di cui scusarti- si affrettò a intervenire Yoongi. Benché ancora non sollevasse lo sguardo sul suo amico, aveva cercato di addolcire leggermente la sua voce. 

 

-Ho molte cose per cui scusarmi, invece- replicò debolmente Namjoon. 

 

-Non ti ho mai fatto una colpa. Per nulla. 

 

Yoongi contemplò il tessuto sdrucito attorno agli strappi nei suoi jeans neri che gli scoprivano le ginocchia. 

 

-Lo so. 

 

-Ognuno di noi ha reagito a modo suo. 

 

-Lo so. 

 

Yoongi deglutì. 

 

-Di certo non sarei stato libero di accusarti di nulla. Non io, quantomeno. 

 

Sentì gli occhi gentili di Namjoon posarsi su di lui. I propri seguirono la cucitura bianca che correva lungo il fianco dei pantaloni. 

 

-Sappiamo come sei fatto, Yoongi. E sappiamo quello che provi. 

 

L'Alpha annuì debolmente. 

 

-È una bella scusa dietro cui nascondersi. 

 

-Lo hai detto tu. Ognuno di noi ha reagito a modo suo.

 

Yoongi annuì ancora. 

 

-Io ho reagito come un pezzo di merda. 

 

Silenzio. L'Alpha strinse le labbra fino a che non sentì il mento tremare. 

 

-Ce l'hai con lui? 

 

Yoongi inspirò profondamente. 

 

-Ogni singola cosa che faceva mi irritava. Ero convinto che... fosse più facile per tutti se... ci fossimo abbandonati alla... 

 

La sua voce si spense. Sentì l'amico accanto a sé far schioccare la lingua. 

 

-Eravate entrambi estremamente sensibili in modo molto simile. Vi scontravate perché affrontavate in maniera opposta la stessa identica sensazione. 

 

Gli occhi di Yoongi caddero sulle sue scarpe scolorite. Erano le sue scarpe di fiducia per quando faceva volti lunghi per lavoro. 

 

-Lo so. 

 

Il capobranco sospirò. Questa volta non parve trattenersi. 

 

-Non pretendo che risolviate tutti i vostri conflitti immediatamente e che proseguiate da ora in poi solo d'amore e d'accordo. Però, ti chiedo solo... di provare a parlare. 

 

Per la prima volta, Yoongi provò a incontrare lo sguardo di Namjoon. Non amava guardare dritto negli occhi delle persone. Molti pensavano che, essendo un Alpha, era il suo modo di evitare di essere percepito come arrogante. Ma la verità era che per lui incontrare lo sguardo di un altro era un gesto estremamente intimo. E non riusciva a riservare quella sua intimità a chiunque, soprattutto se non era pronto. 

 

-Non voglio che questa cosa si trascini silenziosamente tra di voi senza che la affrontiate. Potrebbe trasformarsi in rancore represso e conflitti pronti a nascere sotto la superficie. 

 

Yoongi annuì. 

 

-Ci proverò. 

 

Namjoon si morse il labbro inferiore. 

 

-Grazie- rispose stancamente, sollevandosi dal sedile e dirigendosi verso il bagno. Yoongi estrasse il menu dell'aereo, osservando placidamente le figure anche se non aveva un briciolo di appetito. Come poteva averne? Il suo stomaco non si sarebbe riaperto fino a che non sarebbero scesi da quell'aereo. 

 

Fino a che... 

 

Yoongi deglutì. 

 

Sembrava che le immagini del cibo gli stimolassero quasi più nausea che fame. Nonostante ciò, chiuse il menu solo quando la figura accanto a sé tornò a sprofondare nel sedile. 

 

-Tu che prendi? Penso che scroccherò da te, non ho voglia di un piatto intero. 

 

-Penso che prenderò il bibimbap. È l'unica cosa decente che servono qua.

 

Gli occhi di Yoongi saettarono accanto a sé. Seokjin stava seduto con il capo abbassato e un peluche stretto tra le braccia, con lo sguardo accuratamente lontano dal suo. 

 

-Quando sono tornato dal bagno, Joon mi aveva rubato il posto dicendo di dover parlare di una cosa con Hobi- spiegò il maggiore. L'Alpha osservò rapidamente le file di passeggeri fino a trovare due volti famigliari seduti uno accanto all'altro. Incontrò brevemente il loro sguardo, ma li vide tornare a parlare tra di sé come se non lo avessero neppure notato. 

 

Maledette comari. 

 

-E comunque sono disposto solo a cedere al massimo il venti percento del mio piatto, non di più. 

 

Yoongi riportò lo sguardo accanto a sé. Jin aveva provato a formare la sua espressione in qualcosa di più giocoso, ma l'Alpha poteva vedere la rigidità che ancora vi sembrava aggrappata. 

 

-Affare fatto- mormorò in risposta. I suoi occhi scivolarono sul peluche che stringeva. Le sue dita affondarono istintivamente nello zaino che teneva in mezzo alle gambe, scavando tra oggetti buttati a casaccio e una felpa appallottolata fino a che non sentì qualcosa di morbido sotto le dita. Silenziosamente, estrasse l'oggetto e lo posò sopra alle gambe del suo amico, senza incontrare il suo sguardo. 

 

Con la coda dell'occhio, vide il maggiore contemplare il coniglio di pezza che stava al suo cospetto, afferrandolo dolcemente e avvicinandolo al viso. 

 

-Lo hai portato... per loro?

 

Yoongi si voltò dalla parte opposta. 

 

-Sì. E... so che volare ti innervosisce. 

 

Un lungo silenzio portò Yoongi a mordersi la lingua. 

 

-Grazie. 

 

Fece un semplice gesto del capo.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

I KNOK I KNOW vi prometto che non vi farò più attendere per il momento che state aspettando. Giurin giurello. L’attesa è finita. Ma pensavo fosse importante trasmettere la difficoltà di transizione del resto del branco e dare anche un po’ più di contesto a come è stata la vita per loro prima della chiamata di Scar. Sarà un lungo percorso non solo per gli Omega ma anche per loro. 

 

E volevo dire ancora che sono davvero stupita da quanta attenzione questa storia stia ricevendo! Penso che abbia perfino superato Il principe come livello di popolarità contando che siamo solo all’inizio ancora! Grazie mille per seguire questa storia e spero che continuerà ad appassionarvi!

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Capitolo 17
*** 17 ***


-Gli hyung stanno arrivano! Hyung! Hyung! Hyung! 

 

Scarlett lasciò che un sorriso le sollevasse gli angoli della bocca mentre si stendeva sul materassino. Per l'ultima notte, ricordò a se stessa. Finalmente sarebbe tornata a dormire nel suo amato letto. 

 

Il pensiero... non la confortava affatto. 

 

Quando pensava al momento in cui sarebbe tornata nel suo appartamento accogliente, che aveva sempre adorato, non sentiva alcuna nostalgia. Sembrava che solo uno spiacevole senso di vuoto le riempisse il petto.

 

Scarlett sospirò, voltandosi verso i corpi intenti a saltare sul letto come bambini eccitati. 

 

-Ragazzi, andate a dormire se non vorrete essere distrutti domani- li redarguì dolcemente. Tre visi imbronciati si sporsero oltre il letto per guardarla. 

 

-Possiamo scendere? 

 

La ragazza scosse il capo, trattenendo una risata. 

 

-Ai vostri Alpha non piacerà ritrovarvi immersi nell'odore di un estraneo. 

 

I tre visi sembrarono allungarsi in bronci ancora più evidenti. 

 

-Ma tu non sei un- iniziò a replicare Taehyung, prima che una mano di Jimin posata sulla sua spalla fermasse la sua protesta. I due si guardarono negli occhi e parve che il maggiore stesse dicendo all'amico di darsi una calmata. Taehyung, allora, si accasciò sul letto senza abbandonare l'espressione imbronciata ma con aria leggermente frustrata. Scar fece per aprire la bocca quando la suoneria del cellulare le fece distogliere l'attenzione. 

 

Sentì i tre Omega mettersi sull'attenti, guardandola con attenzione mentre afferrava il dispositivo. 

 

-Ah, sono i miei genitori- annunciò lei, sollevandosi in piedi mentre i tre corpi si scioglievano come se avessero perso ogni energia. Dovevano aver sperato che fosse il capobranco, pensò Scarlett con un'accenno di dispiacere. Chiudendosi la porta del bagno alle spalle, strisciò il pollice sullo schermo prima di appoggiare il cellulare all'orecchio. 

 

-Ehi. 

 

-Ehi?- fu la replica sarcastica che sorse dal dispositivo. La ragazza si lasciò sfuggire una risata.

 

-Signorina, ti prendi forse gioco dei tuoi vecchi? 

 

-Scusa, pa'. Lo so, avrei dovuto chiamarvi. 

 

-L'accordo era una volta a settimana almeno. Ti stai forse dimenticando di noi? 

 

Un velo di tristezza rese il sorriso sulle sue labbra un po' più amaro. 

 

-Lo so, lo so. È stata solo... una settimana molto impegnativa a lavoro. 

 

Inoltre, pensò fra sé, sentire la voce di suo padre era sempre terribilmente difficile. Ma non aveva il coraggio di dirglielo. Era una donna adulta, con un lavoro, un affitto e un'assicurazione sanitaria. Non poteva mettersi a piagnucolare come una bambina perché le mancavano i suoi genitori. 

 

Sopratutto perché quando avevano deciso di trasferirsi a Seoul per il lavoro di suo padre era stata lei a insistere per rimanere in America. Aveva giurato loro che se la sarebbe cavata, che tutto sarebbe andato bene. Che anche se erano lontani nulla sarebbe cambiato. 

 

Eppure... 

 

-Che è successo, pulce? Un caso difficile? 

 

Strinse le palpebre. Le mancava così tanto. Sentire la voce apprensiva di suo padre le faceva sentire di più la mancanza. E non poter stare stretta nell'abbraccio di sua madre a volte la spediva in un baratro di sconforto. Forse era così difficile quella sera perché era già particolarmente emotiva. Le sembrava di essere incastrata in un singolo punto, incapace di muoversi mentre persone importanti per lei continuavano a scivolare lontano. 

 

Tre volti apparvero nella sua mente a quel pensiero. Scarlett, però, scacciò l'immagine scuotendo il capo.

 

-Diciamo... in un certo senso. È un po' complicato. 

 

Il suo tono era assente. I suoi occhi scrutavano le mattonelle della parete, percorrendole una a una. 

 

-Jane!- sentì la voce di suo padre allontanarsi appena dal telefono. 

 

-Vieni, tua figlia è criptica, c'è bisogno di un po' di intuito femminile! 

 

Scarlett scoppiò in una risata sommessa. 

 

-Non sono criptica. 

 

-Sei turbata per qualcosa. Ma io non ho i poteri di telepatia di voi donne perciò non posso magicamente indovinare di cosa si tratta. 

 

Scar si prese la fronte con le dita. 

 

-Pa'... 

 

-Qual è il problema? È un ragazzo? Qualcuno ti tratta male al lavoro? 

 

La voce di sua madre eruppe con il suo tono impetuoso, portando la ragazza sollevare gli occhi al cielo. 

 

-Non è niente, ma'. È tuo marito a essere apprensivo. 

 

Un piccato "Chiedo scusa, signorina!" si udì in sottofondo portandola a sollevare la bocca in un'espressione divertita.

 

-No no, puoi ingannare quello stolto di tuo padre, ma non me! Hai il tono da Scarlett stanca e preoccupata per qualcosa. 

 

"Donna, perché mi devi insultare in questo modo?" replicò la voce di suo padre. Le labbra di Scarlett lasciarono che il sorriso scivolasse appena in un'espressione più tiepida. 

 

-È solo... domani chiuderò un caso che mi ha coinvolto più del previsto. Ma una volta chiuso, penso che tutto tornerà alla normalità. 

 

Scar forzò una dose di convinzione nel suo tono. Doveva solo crederci fino a che tutto non sarebbe finito. E gli strani pensieri che le attraversavano la testa se ne sarebbero andati come erano venuti. 

 

Un breve silenzio le rispose dal telefono, prima che un verso meditabondo emergesse. 

 

-Ho capito. 

 

Scarlett sollevò un sopracciglio. 

 

-Che cosa hai capito?- domandò con tono confuso. Sua madre fece semplicemente un verso affermativo. 

 

-Sì, capisco. Scar, non posso dirti come svolgere il tuo lavoro ma una cosa posso dirtela, quantomeno per la tua pace mentale. 

 

La ragazza attese con orecchie attente. 

 

-Sii più sincera con i tuoi sentimenti. Non cercare di negare la loro esistenza. 

 

La sua bocca si tese in una linea rigida. 

 

-Non capisco di cosa parli, ma'. 

 

-Ci risentiamo tra qualche giorno. Voglio aggiornamenti e una descrizione più dettagliata della situazione. 

 

-Io... cosa, aspetta- balbettò lei con tono confuso. 

 

-Ehi, fammela salutare! Pulce, fai la brava, tua madre ha una strana espressione perciò penso che i suoi super poteri si siano attivati e ormai non puoi farci più niente. 

 

Scarlett si massaggiò la fronte con le mani, sospirando. 

 

-Salutala e... dille che si sbaglia. 

 

-Dice che non sbaglia mai. Comunque, pulce... 

 

La ragazza si raddrizzò, guardando brevemente la sua espressione stanca allo specchio. Perché le sembrava che un edificio le premesse sul petto fino a farla soffocare? Perché non poteva semplicemente... fermare il tempo e rimanere in quella sera? Perché non poteva riabbracciare suo padre in quel momento in cui ne aveva così tanto bisogno? 

 

-... chiamaci. Magari vedi se riesci a prendere le ferie un po' prima per venire qua. Ci manchi molto. 

 

Scar annuì. Le sarebbe piaciuto poter riuscire a volare immediatamente da loro. 

 

-Anche voi. Vi racconterò tutto più avanti, ma adesso... non è il momento giusto, ok? 

 

Una breve pausa le riempì le orecchie di silenzio. 

 

-Ok pulce. Noi ci siamo quando vuoi. 

 

Scarlett annuì. Forse, aveva bisogno di sentirselo dire. Strinse gli occhi, poggiando la testa contro la porta del bagno. 

 

Presto sarebbe tutto finito. Si sarebbe dimenticata di tutta quella storia e sarebbe tornata alla sua vita normale. 

 

Come doveva essere.

 

 

 

 

 

-Come faremo, Jiminie?

 

-Non ti preoccupare per quello. 

 

-Ma senza sentire il suo odore- 

 

-Lo so. Troveremo una soluzione. 

 

-Agli... hyung, piacerà. Vero? 

 

-Ne sono certo. Saranno pazzi di lei. 

 

 

 

 

 

-Avete le chiavi dell'appartamento? 

 

-Cazzo. 

 

-Linguaggio. 

 

-Ho lasciato la sciarpa dentro. Va beh... 

 

-Ti prederai un accidente con l'aria che c'è qui! Torna a prenderla! 

 

-L'uber sta arrivando. 

 

-Non ho voglia di ritornare su. 

 

Il petto di Namjoon si sollevò lentamente. Continuava a espandersi ed espandersi ed espandersi. Quanta aria poteva ancora incamerare? Eppure non era abbastanza. La mano sudaticcia che stringeva il telefono tremava leggermente. L'Alpha però si concentrò sul rileggere per la trentesima volta la targa del veicolo che era dietro l'angolo. 

 

-La macchina è qua- annunciò, zittendo le voci alle sue spalle e sollevando occhi febbrili sulla strada. La Toyota che li attendeva era spaziosa, ma mentre l'Alpha si sistemava nel posto accanto al guidatore sciorinando un saluto in inglese, osservò nei sedili posteriori mani che si spingevano ed espressioni irritate. 

 

-Fatti più in là. 

 

-Guarda che è il tuo culone che prende tutto lo spazio. 

 

-Prova a ripeterlo! 

 

-Hobi, dovevi metterti proprio la giacca di pelle? Fa troppo attrito ed è super ingombrante. 

 

Namjoon soffocò un cipiglio imbarazzato, ringraziando il cielo che l'autista non capiva il coreano e fece un cenno di assenso quando gli chiese conferma della destinazione. 

 

Dieci minuti, diceva il telefono fissato vicino al volante. Dieci minuti e sarebbero arrivati. 

 

Non appena la macchina si allontanò dal marciapiede, fu come se un incantesimo avesse avvolto l'abitacolo. Il battibecco che aveva incessantemente riempito lo spazio tra di loro era improvvisamente morto, lasciando dietro di sé solo la sommessa voce della radio. Gli occhi del capobranco volarono sullo specchietto retrovisore, da cui riusciva a vedere uno sprazzo dei visi di Yoongi e Jin. Erano rivolti in direzioni opposte, chiusi in espressioni che a malapena riusciva a decifrare. Non c'era tensione, almeno in apparenza. Nessuna piega delle fronti, nessuna smorfia sulle labbra. Ma poteva vedere la rigidità sotto la superficie, una rigidità che li teneva congelati. Nonostante ciò, avrebbe quasi voluto ridere. Si erano seduti uno vicino all'altro nonostante avessero continuato ad attaccarsi per ore. 

 

In circostanze diverse, avrebbe amato tenere gli occhi incollati al finestrino e studiare la città passare davanti a lui. La sua mente avrebbe analizzato il fluido correre degli edifici, studiando come i quartieri si susseguivano e indicavano le varie influenze che avevano contribuito a costruirne l'aspetto. Eppure in quel momento non riusciva a fare altro che osservare attorno a sé senza vedere. L'unica cosa su cui riusciva a concentrarsi era il ripetitivo susseguirsi dei lampioni ai lati della strada, un movimento ipnotico che gli intorpidiva la mente e aumentava il senso di nausea che già albergava nel suo stomaco. 

 

-Siamo arrivati. 

 

Sbatté le ciglia. A malapena si era accorto che la macchina si era fermata. Sollevando appena lo sguardo, dal finestrino poteva vedere l'insegna blu su sfondo bianco in bella mostra sulle porte scorrevoli di vetro opaco. Namjoon deglutì, ringraziando il guidatore. Quando scese, esitò solo per un momento prima di chiudere la portiera. Aveva bisogno di un istante per appoggiarsi, perché sentiva che le sue gambe non avevano la forza di restare dritte.

 

Era bizzarro. Fino a qualche giorno prima, il tempo spariva in un battito di ciglia. Le giornate venivano cancellate dalla sua memoria come quando puliva le scritte dalla lavagna. In quel momento, invece, sentiva ogni istante con estrema precisione. Sembrava quasi allungarsi a dismisura, calando su di lui e depositandosi nel suo cervello. La sua mente era acutamente consapevole di ogni singola azione che si susseguiva attorno a lui. 

 

Deglutì ancora. Iniziava a sentire anche il suo intestino contorcersi.

 

-Ci siamo?- domandò, inizialmente senza girarsi. Quando nessuna risposta sorse, si voltò per scrutare le tre figure immobili con i volti sollevati sull'ingresso del Centro protezione Omega. Namjoon annuì tra sé e sé, obbligando i suoi piedi a muoversi in avanti. Le porte scorrevoli si aprirono davanti a lui, mostrandogli un tavolo ampio che doveva costituire la segreteria. Con passi esitanti, si avvicinò a esso e attese che la donna dai vibranti capelli che vi stava seduta concludesse la telefonata a cui stava dando la sua attenzione. Quando finalmente lei posò il telefono sulla scrivania, rivolse un sorriso allegro verso il loro gruppo. 

 

-Salve, come posso aiutarvi? 

 

Namjoon si umettò le labbra. Pregava, pregava così tanto che la sua voce non uscisse tremante nonostante sentiva la sua gola arpionata in una morsa. 

 

-Sono Namjoon Kim. La signorina Scarlett mi ha contattato per dirmi che i nostri tre Omega erano stati portati al vostro Centro. 

 

Namjoon vide la realizzazione negli occhi della donna farsi sempre più chiara, fino a farle congiungere le mani davanti a sé con un sorriso estasiato. 

 

-Oh, voi siete il branco! Che splendida cosa, non pensavo sareste arrivati così presto! Prego, procedete pure per il corridoio centrale, l'ufficio di Scarlett è l'ultimo sulla sinistra. A quest'ora i ragazzi saranno sicuramente lì con lei. 

 

L'Alpha la ringraziò con un timido gesto del capo prima di allontanarsi seguito dalle tre silenziose figure. Non capiva perché, ma il sorriso della donna gli aveva trasmesso una bizzarra sensazione. Sembrava ansioso, quasi complice. Forse, però, era solo la sua mente a vedere la realtà in maniera tanto maniacale. 

 

I suoi passi nel corridoio venivano assorbiti dalla moquette. Si susseguivano e susseguivano e non sembravano finire. Fino a quando non vide la parete di fondo e una finestra che segnavano il loro capolinea. 

 

Namjoon deglutì. 

 

Voltandosi sulla sinistra, incontrò la targhetta, un pezzo di cartoncino infilato in un supporto di plastica, mostrare il nome accanto alla porta chiusa. 

 

Scarlett Kim

 

Sentì il suo pugno stringersi. Respirò. Respirò. Respirò. 

 

Sollevò il pugno per colpire due volte la porta. Forse era stato un po' troppo timido perché il suono a malapena gli raggiunse le orecchie. 

 

-Avanti.

 

Una parola sommessa li raggiunse da oltre di essa. Namjoon respirò ancora. Abbassò la maniglia e la porta si aprì lentamente su un banale ufficio. Una scrivania con qualche documento, uno schermo di computer ricoperto di post it lungo tutta la cornice e una poltrona ergonomica che sembrava aver visto giorni migliori. 

 

Una poltrona vuota. 

 

In un ufficio deserto. 

 

Confuso, si guardò attorno, voltandosi poi verso i suoi amici che guardavano attorno a sé con espressioni altrettanto smarrite. 

 

-Dietro la scrivania- una voce disse, facendo scattare quattro volti in direzione dello spazio vuoto. Cautamente, il capobranco si avvicinò, superando appena la scrivania e allungando il collo. 

 

Un respiro gli rimase intrappolato nella gola. 

 

Sentiva il suo addome contrarsi e contrarsi di nuovo. 

 

La bile saliva nella sua bocca, prima di tornare giù. 

 

La mente sembrava una sostanza collosa, inconsistente, impossibile da afferrare. 

 

Una giovane donna stava seduta a terra nell'angolo della stanza. Con la schiena posata su un beanbag, stringeva in mano un plico di fogli e un penna, con lo sguardo assorbito nelle scritte. Ma non era sola. Era incastrata in una conformazione che sembrava vederla come una calamita circondata da metalli. Tre corpi stavano adesi a lei, persi in un sonno sereno. Uno stava appoggiato al suo fianco, con la guancia sulla sua spalla e il viso immerso nell'incavo del suo collo. Due stavano distesi a terra, con le teste posate sulle gambe di lei e le braccia avviluppate attorno al suo busto. 

 

I loro petti si sollevavano e abbassavano in un ritmo calmo. 

 

Bocche dischiuse appena, come succedeva quando erano sul punto di iniziare a russare. 

 

Namjoon sentiva che le gambe non lo avrebbero retto in piedi molto a lungo. 

 

Gli occhi della donna, circondati da occhiati argentati, finalmente si sollevarono su di lui. Li vide prendere atto della sua presenza e poi saltare sulle tre figure che stavano alle sue spalle. 

 

-Ah, dovete essere voi. Alpha Kim?- chiese con un sorriso cordiale, incontrando lo sguardo di Namjoon. Lui annuì. Era l'unica cosa che pensava di riuscire a fare in quel momento. 

 

-Benvenuti. Mi dispiace accogliervi in questo modo ma...

 

Una breve risata sfuggì dalla giovane mentre abbassava gli occhi sui corpi addormentati. 

 

-... erano talmente eccitati al pensiero di rivedervi che non hanno chiuso occhio tutta notte e alla fine questa mattina sono crollati. Ho cercato di usare più scentblocker per evitare di lasciargli addosso il mio odore ma loro tendono ad essere dei ruffiani, sopratutto quando sono assonnati. Dev'essere un effetto dell'omegaspace. 

 

Namjoon osservò la scena con sguardo fisso. 

 

In teoria, il suo istinto avrebbe dovuto farlo sentire irritato al pensiero che i suoi Omega, gli Omega che finalmente aveva ritrovato, proprio in quel momento erano avviluppati attorno a qualcuno che non era "branco".

 

Eppure... bizzarro. Non sentiva alcuna sorta di sentimento negativo. Al contrario, sentiva quasi come un... 

 

... un calore estraneo riempirgli il petto. 

 

-Volete svegliarli? Non vedono l'ora di riabbracciarvi-

 

-No.

 

La sua sua voce uscì tremante ma rapida. 

 

Deglutì. 

 

Era ancora a tre passi di distanza dei corpi addormentati, perciò accorciò la distanza con piedi incerti e gambe inferme. 

 

-Li lasci così- mormorò senza neanche accorgersene. Posto finalmente davanti a loro, le sue ginocchia crollarono fino a toccare terra. 

 

Respirava. Respirava. Respirava. 

 

Ma i respiri erano tremolìi. E i tremolìi divennero lacrime silenziose. 

 

Dietro di sé, sentiva le tre figure aleggiare come ombre. Anche quelle ombre, per quanto non riuscivano ad avvicinarsi più di così, singhiozzavano sommessamente. Una mano avanzò verso la testa più vicina. Sospesa sopra i capelli insolitamente lunghi, sembrò essere presa da timidi spasmi prima di posarsi e scostare le ciocche dal viso. Jimin era dimagrito più degli altri. 

 

Eppure... 

 

Eppure era lui. 

 

Era fisico. Reale. 

 

Era lì, sotto la sua mano. 

 

Namjoon, istintivamente, contò. 

 

Uno, due, tre... 

 

quattro, cinque, sei. 

 

Sei. Erano tutti e sei. 

 

Gli occhi su quel viso addormentato si schiusero pigramente. Due nasi iniziarono ad annusare l'aria. Due pupille scure incontrarono le sue. Confuse, all'inizio. Poi, sempre più grandi. Sempre più limpide e consapevoli. 

 

Due braccia gli circondarono il collo e la forza di un corpo che si lanciò contro di lui lo fece cadere all'indietro fino a ritrovarsi quasi disteso a terra. 

 

Un pianto acuto gli riempì le orecchie. 

 

-Jiminie, che succed-

 

Namjoon strinse le palpebre e nuove lacrime vennero spremute fuori dai suoi occhi. I ragazzi gli dicevano sempre di essere cauto nel modo in cui muoveva il suo corpo perché tendeva ad avere più forza di quanto fosse consapevole e creare imbarazzanti incidenti attorno a sé. Ma in quel momento circondò il busto di Jimin con le braccia e strinse. Strinse senza cautela, strinse fino a che non sentiva che il corpo non sarebbero più scomparso dalla sua presa. 

 

-H-hy-hyu-h- sentiva singhiozzare nel suo orecchio. Namjoon strinse di più. Sollevando appena lo sguardo, vide che altre due figure erano inginocchiate come lui. Jin che stringeva Taehyung in un ammasso di lacrime e parole confuse e Jungkook, il silenzioso Jungkook che non piangeva mai, con il viso umido avvolto nell'abbraccio di Hobi, la cui schiena continuava a sollevarsi e abbassarsi con movimenti frenetici. 

 

Uno, due... tre, quattro... cinque...

 

Sapeva che l'ultima figura mancante era ancora in piedi, probabilmente a pochi passi da loro, intenta a osservare la scena con una calma che nascondeva le lacrime che stava trattenendo. Lui li osservava sempre dalla periferia. 

 

Ma i tre Omega sollevarono le teste per guardare attorno a sé, alla ricerca di quell'ultimo elemento. E non appena lo trovarono, fu come se fossero mossi da un'unica mente. Si sollevarono all'unisono, lanciandosi su Yoongi da ogni direzione mentre l'Alpha spalancava gli occhi. La forza con cui i tre corpi si buttarono su di lui per avvolgerlo nel loro abbraccio lo fece incespicare all'indietro, ma Namjoon poté vedere la linea netta delle labbra sollevarsi. Gli tremava il mento, facendolo quasi assomigliare a un bambino. Infine, immerse il volto fra il circolo di teste che lo aveva accerchiato. 

 

E pianse. 

 

Pianse con lamenti, perché Namjoon sapeva che quando scoppiava  non riusciva a restare in silenzio. Era come una bomba che finalmente scatenava tutta la sua forza. 

 

E Namjoon allora voltò lo sguardo sulle figure ancora inginocchiate come lui. Hoseok non riusciva a fare a meno di guardarli e sorridere fra i singhiozzi. Jin aveva il viso nascosto dalle mani e stava curvato su se stesso. 

 

E una figura estranea li osservava con occhi lucidi e un sorriso sulle labbra. Li osservava in disparte, seduta nel suo angolo, con le mani conserte come se non sapessero più cosa fare. 

 

Sembrava l'unico accenno di malinconia in quella stanza che trasudava di gioia.

 

 

ANGOLO AUTRICE 

Ebbene, spero che l'attesa sia valsa la pena. La storia è ben lontana dall'essere finita però so che questo era il nodo a cui tutti volevate arrivare (non temete, ci sono molti altri momenti degni di nota ad attendervi!). Da lettrice, amo le storie che non buttano all'aria momenti attesi come questi, ma che me li fanno gustare creando aspettativa e costruendo la tensione attraverso un'accurata narrazione a monte. Spero di esserci riuscita con questo, per questo ci ho impiegato qualche capitolo in più perché volevo davvero che si percepisse la gravità dei sentimenti del branco nel momento del loro incontro.

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