Cultober 2023

di TheSlavicShadow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Conoscenza [UsUk] ***
Capitolo 2: *** 2. Museo [RuPru] ***
Capitolo 3: *** 3. Impero Romano [Roma/Germania] ***
Capitolo 4: *** 4. Nascosti tra gli scaffali [Germania e Prussia] ***
Capitolo 5: *** 5. And the walls kept tumbling down in the city that we love. (Pompeii - Bastille) [Impero Romano] ***
Capitolo 6: *** 6. That was the trouble with last nights. They were always followed by this mornings. (Small Gods - Terry Pratchett) [RuPru] ***



Capitolo 1
*** 1. Conoscenza [UsUk] ***


18**

 

Alfred F. Jones osservava le altre nazioni presenti quella sera. Li osservava parlare uno con l’altro, osservava ogni loro movimento, ogni loro gesto. Li osservava scrupolosamente e si rendeva conto che aveva ancora molto da imparare per poter essere davvero considerato un loro pari. 

Era giovane. Era considerato ancora un bambino agli occhi di tutti. Soprattutto agli occhi della nazione inglese. Arthur non lo degnava di alcuna attenzione. Si comportava sempre come se lui non esistesse. Come se fosse solo aria. Ogni volta che tentava di salutarlo, che voleva rivolgergli la parola, questi si comportava come se non lo vedesse affatto. Anche quando era assolutamente impossibile farlo. 

Come in quel momento.

Arthur era così vicino a lui. Se avesse allungato il braccio avrebbe potuto toccarlo, ma l’Inglese faceva finta che lui non ci fosse. Anche quando parlava, era come se la sua voce non fosse udibile alle sue orecchie. 

Era un fantasma. Il fantasma di un fratellino che non avrebbe più ritrovato. Glielo aveva detto una volta tra le lacrime, con la guerra ancora in corso, che quello che avevano avuto non sarebbe mai più potuto tornare. E lui non riusciva a spiegargli che per lui andava bene così. Non voleva più essere solo un fratello minore a cui badare. Voleva essere suo pari. Voleva essere per lui qualcosa di più di un fratello.

Forse era questo il tradimento più grave che avesse compiuto. La ribellione contro la Corona era qualcosa che Arthur avrebbe potuto accettare. Molti degli altri Stati che componevano il suo Impero si ribellavano. Ma sembrava si sentisse più tradito dalla sua dichiarazione, che dalla sua effettiva indipendenza. 

Pensava che la guerra lo avrebbe reso finalmente degno di Arthur. Pensava che questo sarebbe bastato. Ma ora si rendeva conto che gli mancava molta conoscenza del mondo per poter davvero dire di essere suo pari. Stava ancora imparando. Lo faceva arrancando, anche se non lo dava a vedere. 

Ma sembrava tutto inutile dato che per Arthur lui sembrava solo uno dei tanti fantasmi che popolavano le sue storie e i suoi castelli. 

Poteva anche aver vinto la guerra. 

Ma aveva perso ciò per cui l’aveva iniziata.

 

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Capitolo 2
*** 2. Museo [RuPru] ***


Gosudarstvennyj Muzej Ėrmitaž, 20**

“Certo che per essere un guerrafondaio, perdi molto tempo nei musei.” Ivan Braginskij si era avvicinato ad un uomo che se ne stava di fronte ad un quadro e lo osservava con attenzione. Come se fosse la prima volta che lo vedeva. Gli aveva solo detto che sarebbe stato a San Pietroburgo per qualche giorno. Non gli aveva dato appuntamento né altro, ma lui sapeva dove poterlo trovare quando visitava quella città.

“Avete questo gioiello perché la nostra principessa amava l’arte.” Gilbert Beilschmidt aveva sorriso senza smettere di osservare il quadro appeso al muro. Non sapeva nemmeno che in quel periodo sembrasse piacergli Picasso. Di solito lo criticava e basta. “Dico sempre che il vecchio ha scelto bene Sofia come vostra imperatrice, non credi?”

“Caterina.”

“Per fortuna non avete più una famiglia regnante che cambia il nome delle donne.” Gilbert si era voltato verso di lui e gli aveva sorriso ancora. Non sapeva cosa lo avesse portato in quella città. Non c’erano riunioni. Entrambi non sarebbero in ogni caso stati invitati. E soprattutto lui era odiato da buona parte del mondo. 

Come sempre.

“Sei venuto fin qui per discutere di questo ancora una volta? Sai che con la conversione cambiavano tutte nome.” Ivan aveva sospirato e gli si era avvicinato di più. Voleva capire cosa lo attirasse verso quel quadro in particolare, visto quanto tempo lo stava osservando. Di solito lo colpiva un Van Gogh, un Monet. Non un Picasso.

Una donna nuda. La driade.

“Dimmi, Gilbert, sei venuto qui per dirmi che ti piacciono improvvisamente le donne?”

Il Prussiano era scoppiato a ridere, incurante degli sguardi torvi degli altri visitatori del museo. E il Russo non aveva potuto fare altro che sorridere. 

“No, è solo una visita di piacere perché sono un cazzo di nostalgico e volevo vedere il tuo brutto muso.”

Poteva avere tutto il mondo contro, ufficialmente anche quell’uomo. Ma era fortunato, anche se non glielo avrebbe mai detto, che nonostante tutto quello che avessero passato nel corso dei secoli, Gilbert restava una costante nella sua vita.

 

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Capitolo 3
*** 3. Impero Romano [Roma/Germania] ***


Ravenna, 476

 

“E’ solo un ragazzo.” L’Impero, il glorioso Impero Romano, aveva parlato tra i denti. Era arrabbiato. Era frustrato. Aveva conquistato tutta l’Europa, e ora era prigioniero nella sua stessa casa.

“Odoacre non gli farà nulla. Lo ha promesso ad Oreste a Piacenza.” Il biondo rappresentate delle tribù germaniche lo osservava da qualche passo di distanza, ma non osava avvicinarsi. Poteva chiaramente vedere la rabbia che cresceva in quell’uomo. Lo conosceva bene. Lo conosceva da troppo tempo e avevano condiviso molte cose. 

“Odoacre doveva essere fedele all’Impero! Non invaderlo e deporre il suo imperatore!” Il moro aveva alzato la voce battendo un pugno sul tavolo di legno.

“Romolo non è mai stato imperatore, Roma. Sai meglio di me che era solo un fantoccio nelle mani del padre. E Odoacre non gli farà del male. Non ne avrebbe motivo.”

“Come se altro sangue sulle mani gli desse qualche fastidio!”

“Non hai diritto a dire questo dopo aver messo a ferro e fuoco l’Europa per tutti questi secoli. Hai esportato la tua cultura a discapito di molte altre culture che hai piegato al tuo volere con la forza. Ma ora non hai più quel potere.”

Lo aveva visto scattare in piedi, facendo cadere la sedia su cui era seduto. Fumava di rabbia, ma poteva anche vedere che non era più in forma come una volta. Sembrava più stanco. Più vecchio.

“Farà fare la stessa fine ai miei nipoti? Li spedirà da qualche parte a morire?”

“Non ho il potere di prevedere cosa farà, lo sai meglio di me. Ma Odoacre voleva dei possedimenti in Italia. I tuoi ragazzi saranno al sicuro, di questo ne sono certo. E anche se siamo barbari, sappiamo essere umani verso i nemici. Questo dovresti averlo imparato.”

Germania lo osservava e gli metteva tristezza vedere un nemico una volta tanto potente essere depauperato a questo modo di ogni potere che aveva conquistato. Nessuno lo avrebbe mai eguagliato. Nessuno sarebbe mai stato come quell’uomo che aveva tanto ammirato. La sua eredità sarebbe stata costante nei secoli a venire, di questo era assolutamente certo. Anche se nessuno dei due sarebbe stato lì per vedere quali frutti avrebbero lasciato ai posteriori.

 

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Capitolo 4
*** 4. Nascosti tra gli scaffali [Germania e Prussia] ***


18**

 

La giovane nazione si muoveva furtivamente nella biblioteca allestita da suo fratello e mentore in quel palazzo in cui si erano trasferiti da poco. Da quando avevano iniziato a vivere insieme, da quando aveva memoria e coscienza di sé, aveva visto suo fratello ogni sera ritirarsi in quella stanza per scrivere qualcosa. Come se dovesse redare ogni giorno un resoconto di ciò che aveva fatto. 

Lo osservava seduto alla scrivania posta sotto la grande finestra. Appoggiava la lampada con la candela dentro sul legno e poi si sedeva a scrivere. Lo aveva spiato più di una volta e suo fratello non si era mai accorto di nulla, troppo concentrato a mormorare tra sé e sé per rendersi conto di non essere da solo.

Lo aveva osservava da anni, e si era sempre chiesto cosa ci fosse da scrivere ogni sera incessantemente. 

Era per questo motivo che adesso se ne stava di fronte agli scaffali che sembravano ancora più grandi di quanto non gli sembrassero normalmente. Osservava le copertine di pelle scura, ordinate presumeva per anno. Guardava i numeri dorati e si chiedeva cosa avesse di così importante da scrivere per tutti quei secoli. 

Si chiedeva se potesse prenderne uno e vedere cosa contenessero davvero. Tutti quei quaderni scritti a mano, erano nascosti tra altri scaffali, messi in alto nelle mensole, come se volesse tenerli lontano da altri. Ma non aveva senso tenerli comunque così a portata di mano di chiunque. 

Erano forse resoconti di guerra? Ma non aveva senso. C’erano anni in cui quella nazione era stata in pace. Erano dei diari? Poteva davvero suo fratello, il grandioso Prussia, scrivere dei diari su base giornaliera? Cosa poteva annottarci con tanta cura?

Era troppo curioso. Gli sarebbe bastato prendere la scala e salire fino all’ultima mensola per dare una sbirciatina veloce e poi rimettere tutto a posto. Suo fratello non si sarebbe mai accorto di nulla. 

“Ludwig, dove sei?” 

Il ragazzo si era voltato con terrore in direzione della porta aperta. Non voleva farsi beccare a curiosare. Non avrebbe saputo come spiegare al fratello la propria presenza in biblioteca. Non in quel momento. Non quando gli aveva detto che sarebbe stato nella propria stanza a studiare.

Si era velocemente nascosto dietro uno scaffale, mentre suo fratello entrava nella biblioteca. Aveva sentito i suoi passi avvicinarsi e fermarsi di fronte allo scaffale che lui aveva guardato per così tanti minuti. 

“Dovrò trovare un altro posto per tutti questi diari.” Lo aveva sentito borbottare tra sé e sé, per poi notare che si stava di nuovo muovendo. Aveva chiuso la porta della biblioteca e Ludwig aveva tirato un sospiro di sollievo. 

Ma adesso era ancora più curioso di sapere cosa suo fratello avesse da scrivere ogni giorno.

 
 

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Capitolo 5
*** 5. And the walls kept tumbling down in the city that we love. (Pompeii - Bastille) [Impero Romano] ***


Pompeii, 79 d.C.

 

Si trovava in quella città quasi per caso. Non aveva mai un reale motivo per cui spingersi nel sud della penisola quando le sue mire di espansione guardavano altri orizzonti. Era un caso. Era fato. Qualche divinità probabilmente lo voleva lì in quel momento come testimone di un evento a cui non pensava avrebbe assistito.

La terra aveva tremato, il cielo si era fatto grigio e l’aria irrespirabile.

Aveva cercato di fare tutto ciò che era in suo potere per portare il più lontano possibile i cittadini di quella città. E non sapeva nemmeno cosa stesse succedendo in quelle vicine. Non osava pensare fino a dove quell’aria calda e malsana si fosse propagata mietendo vittime al proprio passaggio. Non sapeva fino a quale distanza erano piovute le rocce incandescenti che avevano causato fin troppa morte nelle strade, tra case crollate e muri che a malapena si reggevano in piedi.

L’aria bollente che gli entrava nelle narici gli bruciava le vie respiratorie. Sentiva i polmoni andare a fuoco mentre faceva avanti e indietro per le strade. Quella era la sua gente. Quelli erano i sudditi del suo impero. E lui doveva salvarli. Nessuno doveva essere lasciato indietro. Doveva salvarli tutti. 

Ma quello era l’inferno. 

Credeva di avere visto tutto nella sua lunga vita. Credeva che le atrocità delle guerre fossero la cosa peggiore a cui potesse assistere.

Invece di ritrovava ora ad assistere alla forza distruttrice della Natura. O all’ira di qualche divinità che li voleva punire per qualcosa che l’aveva offesa. 

Era l’inferno. Un inferno di fuoco e di morte a cui sembrava nessuno potesse sfuggire.

 

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Capitolo 6
*** 6. That was the trouble with last nights. They were always followed by this mornings. (Small Gods - Terry Pratchett) [RuPru] ***


Berlino Est, 10 novembre 1989

 

Ivan Braginskij aveva aperto gli occhi, trovandosi da solo nella stanza. Il letto era vuoto e freddo, eppure era sicuro si fossero addormentati insieme. Era sicuro del calore del corpo nudo di Gilbert tra le sue braccia. 

Era stata l’ultima notte. Una delle tante ultime notti, si poteva obiettare. Nel corso dei secoli ne avevano vissute di notti così, da entrambe le parti.

Solo che questa era davvero l’ultima notte. 

E la cosa peggiore delle ultime notti erano quelle mattine. Quei risvegli solitari. Il freddo lasciato nel letto. A volte se ne era andato lui alle prime luci dell’alba. Altre volte era stato Gilbert ad andarsene silenzioso. A volte erano consapevoli della fuga dell’altro, altre no.

Questa volta lo sapeva che si sarebbe svegliato da solo. Sapeva che sarebbe stato Gilbert ad andarsene prima dell’alba, o forse era stato nel pieno della notte. Non ne era certo. Ma sapeva che quella sarebbe stata l’ultima notte in cui aveva potuto amarlo, in cui aveva potuto stringerlo tra le braccia. Lo sapevano entrambi che quella era la fine, mentre la gente festeggiava per le strade di Berlino la caduta del muro, mentre la gente si riuniva con le famiglie a lungo separate. 

Gilbert era stato con lui in quella lunga notte. Non avevano litigato, non avevano combattuto. Sapevano che era la fine e non volevano che fosse tutto più penoso. Quello sarebbe stato un addio e non sapevano dopo quanto tempo le loro strade si sarebbero incrociate di nuovo. Se si sarebbero incrociate mai più. Il Prussiano non avrebbe più avuto alcun senso di esistere come Stato. Non si sapeva nemmeno se avrebbe continuato ad esistere una volta che la Germania fosse diventata uno Stato unico. 

Quella ultima notte aveva contenuto tutte quelle paure. Gilbert si era lasciato amare e lo aveva amato senza riserve, dandogli tutto sé stesso. Non sapevano cosa li avrebbe aspettati in futuro. Non sapevano nemmeno se ci sarebbe stato un futuro. Non era nemmeno sicuro se il Prussiano se ne fosse andato dal fratello o fosse semplicemente svanito. 

Quella ultima mattina lo aveva lasciato con l’amaro in bocca e le viscere che si attorcigliavano dall’ansia. 

“Se ci sei, Dio, fai che non gli succeda nulla…” Aveva mormorato affondando il viso nel cuscino su cui aveva dormito l’altro, cercando il suo odore per aggrapparsi a qualcosa e non permettere a sé stesso di pensare al peggio.

 

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