Touching Souls

di Elizabeth_3rd
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mezza anima nel vuoto ***
Capitolo 2: *** Uno scambio di libri ***
Capitolo 3: *** Frasi che spariscono ***
Capitolo 4: *** Analisi e deduzioni ***
Capitolo 5: *** Primo contatto ***
Capitolo 6: *** Un 'amico' tra le pagine ***
Capitolo 7: *** Una piccola crepa sul mondo ***
Capitolo 8: *** Halloween ***
Capitolo 9: *** Camera dei Segreti ***
Capitolo 10: *** Quidditch e mancanze ***
Capitolo 11: *** Duelli e Serpenti ***
Capitolo 12: *** Pozione Polisucco ***
Capitolo 13: *** Scomode verità ***
Capitolo 14: *** Crolli ***



Capitolo 1
*** Mezza anima nel vuoto ***


Mezza anima nel vuoto

 

Penso sia oltremodo impossibile descrivere cosa si provi ad essere metà anima intrappolata in un diario a tempo indeterminato.

Tom Riddle non avrebbe saputo spiegarlo a parole, e lui era effettivamente metà anima intrappolata in un diario.

Più precisamente, era la metà dell’anima di un potente mago sedicenne che aveva deciso di usare il suo vecchio diario di scuola per preservare il ricordo di sé e un giorno sguinzagliare un enorme basilisco assassino con l’unico scopo di uccidere la feccia sanguesporco che studiava a Hogwarts.

A pensarci bene, forse non era stato un grande piano lasciare un Horcrux responsabile di un basilisco, le cui zanne erano una delle poche armi che potessero distruggere tale Horcrux, pertanto metà della sua anima.

Ma Tom Riddle non avrebbe mai ammesso, neanche sotto tortura, che una sua idea non fosse eccezionale e perfetta.

Perché lui era così: eccezionale e perfetto.

E… intrappolato in un diario che veniva sballottato in giro senza sapere minimamente quando e se sarebbe un giorno uscito fuori da lì e avrebbe completato la missione che gli era stata affidata.

Per sua fortuna, o forse sfortuna, non l’avrebbe saputo dire neanche lui, non è che provasse molto, a stare in quel diario.

Era uno stato come di sonno, e allo stesso tempo consapevolezza di sé, ma era una consapevolezza minima.

E non aveva sogni, solo una sorta di pensieri generali, qualche ricordo, nessuna idea del tempo che passava.

Non era neanche del tutto certo di esistere ancora in quanto persona, non provava alcuna sensazione oltre alla leggera consapevolezza di sé.

Non vedeva, non sentiva, non avvertiva un corpo fisico, era come se fluttuasse nel nulla.

Come se avesse in realtà smesso di vivere.

Ma non era morto, di questo era certo.

Era solo in attesa.

Ma per quanto? Quanto a lungo ancora? Si sarebbe mai svegliato, prima o poi? O sarebbe rimasto lì per sempre, a vagare con minima consapevolezza della sua stessa esistenza nel vuoto, nel limbo, nel nulla?

Erano domande che, nel suo stato, non riusciva a porsi del tutto, in realtà.

Erano un pensiero fugace in un angolo della mente che neanche possedeva fisicamente.

Erano considerazioni che provava in quei rari momenti dove si sentiva leggermente meno inesistente, meno addormentato, quando qualcuno prendeva in mano, anche solo per un istante, il diario dove la sua anima risiedeva dormiente, in attesa, desiderando, di essere svegliata.

E negli ultimi… giorni (ma potevano essere anche minuti, anni, settimane o mesi) si era sentito preso più spesso, forse spostato, tenuto in mano da diverse persone, direttamente o indirettamente.

Era più un’impressione che una vera e propria sensazione fisica, dato che di fisico non aveva più niente, ma la magia reagiva ad altra magia, e lui era diventato un concentrato di pura magia.

Forse l’anima era una specie di magia allo stato puro? Tom sperava di no, perché sennò spezzarla poteva renderlo più debole, e ottenere la massima forza era il suo unico obiettivo.

Beh, insieme all’essere immortale, e creare un Horcrux era l’unico modo per diventarlo nella maniera più assoluta, senza dipendere da sciocche pietruzze o magici intrugli.

Non che Tom avesse speranze, al momento, o fosse in grado di fare delle riflessioni complesse, ma alcuni punti fondamentali del suo essere gli erano chiari anche in quello stato, e il potere e l’immortalità erano gli obiettivi principali che avrebbe ottenuto in quell’unica vita che aveva a disposizione.

Beh… non necessariamente l’unica, giusto?

Aveva diviso l’anima per quello, per avere un’ancora nel caso qualcosa di imprevisto capitasse.

Chissà se poteva creare altre ancore come quella… avrebbe dovuto chiedere a Lumacorno informazioni, con astuzia. Tom aveva molti progetti per quell’anno, ora che la camera dei segreti era stata chiusa per un po’.

Chissà… forse l’altra metà della sua anima aveva già concluso tali progetti.

Chissà se aveva incontrato suo padre… quell’inutile sporco babbano.

E chissà se aveva anche trovato qualche parente dal lato utile della famiglia. Gli sarebbe piaciuto conoscere qualcun altro che parlasse serpentese come lui.

Tom iniziò a rendersi conto che il torpore sempiterno degli ultimi anni (o giorni, o mesi, o minuti, non poteva proprio dirlo) stava lasciando posto ad una certa abilità di iniziare a riflettere.

La consapevolezza di esistere stava diventando leggermente più forte, e gli sembrava di sentire qualcosa, dall’altra parte delle pagine.

Una persona stava forse tenendo il diario? Era forse giunto il momento di svegliarsi?

Forse l’altra metà della sua anima aveva affidato il diario a qualcuno da usare per ottenere i loro obiettivi.

Qualcuno di potente ma manipolabile, che lo seguiva con lealtà e che Tom avrebbe comandato come un burattino.

Era quello il piano, dopotutto: uscire da Hogwarts, diventare insegnante di difesa contro le arti oscure (magari dopo qualche anno di ricerche personali) e aprire nuovamente la camera dei segreti avendo però un ottimo alibi da insegnante usando invece il diario per accusare altre persone. I dettagli erano ancora da definire, ma sicuramente il sé più grande li aveva definiti bene.

Tom provò una leggera, minima nota di fastidio al pensiero che ci fosse un altro sé stesso che controllava la sua… vita? 

Ma chi meglio di sé per affidarlo a qualcuno, giusto?

I suoi pensieri sempre più consapevoli vennero interrotti quando sentì, per la prima volta da decenni (o mesi, o anni, o giorni, o ore, non poteva saperlo) una sensazione.

Qualcuno stava scrivendo qualcosa.

Si aspettò un bel saluto.

Qualcosa del tipo “Lord Voldemort, mi prostro al suo volere, mi dica come aprire la camera dei segreti e liberare dall’illustre scuola di Hogwarts la feccia sanguemarcio”.

Ovviamente non avrebbe dato informazioni personali, non aveva intenzione di rivelare a nessuno l’ubicazione della camera e il modo per arrivarci. No, avrebbe preso possesso dell’ignaro servitore e avrebbe fatto il compito lui stesso.

Chissà se avrebbe provato vere sensazioni fisiche, possedendo il corpo di qualcuno, o se avrebbe controllato la persona a sensazione, come un burattinaio, come un imperius. Essere una testa pensante e basta era filosofico, ma non era particolarmente piacevole.

Cioè, non era neanche spiacevole, semplicemente non era proprio.

E Tom Riddle voleva essere.

Intanto, il futuro servo dei suoi piani malvagi aveva cominciato a scrivere in modo piuttosto disordinato, a tratti si poteva dire quasi svogliato.

Tom non lesse ciò che aveva scritto, lo provò. Gli arrivarono le parole in testa, come un pensiero non suo.

Lui era il diario, dopotutto, e quelle parole erano diventate parte del suo essere.

Ma… non erano minimamente le parole che Tom si era aspettato: 

 

“Compiti di Erbologia: una ricerca sulle mandragole e i loro usi tecnici (chiedere a Neville qualche aiuto). P.s. Evitare Allock”

 

…ma che Merlino era quello?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Non era esattamente il tono che volevo per questa storia, ma non riesco a non mettere un po’ di comicità nelle cose, anche in quelle serie.

Non riesco a credere che sto davvero scrivendo questa storia. Sulla carta è troppo strana, insomma, Tom Riddle/Harry Potter, WTF?!

Ma mi è venuta questa idea mentre parlavo con una mia amica di come sarebbe troppo interessante se il diario fosse trovato da una persona che insegna o spinge Tom a provare emozioni e a redimersi, e chi meglio di Harry? (C’era una mezza idea di metterci Hermione, in realtà, ma capirete presto che Harry è la scelta migliore).

E tutto si è un po’ scritto da solo.

Non voglio spoilerare troppo di questa fic, ma per darvi un’idea di come sarà, vi dico subito che la ship sarà molto slow-burn, e il meno inquietante possibile. Questa è più una fanfiction per mostrare una eventuale redenzione di Tom Riddle, un’analisi del personaggio, per certi versi, e ho in mente tantissimi momenti davvero interessanti per lui.

Il piccolo Tommy affronterà una carrellata di emozioni.

Potrei cambiare alcuni aspetti del passato di Voldemort e alcune cose riguardo alla magia, agli horcrux, e cose del genere, ma per il resto mi mantengo abbastanza vicina alle leggi magiche e alla timeline del canon, anche per quanto riguarda i libri, che cambieranno un po’, ma con un senso. (E non mi dispiacerebbe far sopravvivere qualche personaggio… vedremo… Fred sopravvive sicuro, ve lo dico).

Comunque spero che la storia vi potrà interessare, e fatemi sapere che ne pensate in una recensione, se volete.

E anche se pensate sia una brutta storia, accetto le critiche ma vi prego siate garbati :3

Sono molto sensibile alle offese gratuite e agli insulti.

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Capitolo 2
*** Uno scambio di libri ***


Uno scambio di libri

 

Quando Harry era tornato da Diagon Alley, si era sentito parecchio stanco. Era stata una giornata piena, e non solo di cose positive.

Certo, era stato felice di rivedere Hermione, e di tornare a Diagon Alley, quella città era davvero magica e gli ricordava costantemente che essere un mago non era solo un sogno, ma una realtà che un giorno avrebbe vissuto ogni momento della sua vita, lontano centinaia di chilometri dai Dursley.

Ma comunque non era stato affetto bello rivedere Malfoy, finire a Notturn Alley per sbaglio, e inalare così tanta cenere che era piuttosto sicuro avrebbe starnutito per giorni.

Doveva ammettere che non vedeva l’ora di fare un bagno e togliersi lo sporco che sentiva ovunque nonostante i Weasley avessero cercato di ripulirlo, ma era un ospite in quella accogliente casa, e non si sentiva di fare richieste, al momento.

Era già tanto che lo stessero ospitando per ciò che rimaneva dell’estate, dopotutto.

Così, tornato alla Tana, Harry si limitò a non stare tra i piedi mentre la signora Weasley sistemava le cose che aveva comprato, e ordinava ai figli di aiutarla.

Aveva provato ad offrire anche il suo aiuto, ma la signora Weasley lo aveva rassicurato che non c’era bisogno e che era sicuramente stanco quindi meglio se si riposava un po’ prima di cena.

Harry era effettivamente stanco, ma avrebbe preferito aiutare che starsene in camera di Ron senza Ron presente, sentendosi un peso inutile sulle spalle di quella meravigliosa famiglia.

Un tonfo sordo fuori dalla porta della camera attirò la sua attenzione, e si precipitò a controllare, trovando Ginny a terra, con parecchi libri sparsi intorno a lei.

Aveva fatto cadere il calderone mentre provava a portarlo in camera sua, rovesciandone il contenuto.

Harry si affrettò verso di lei.

-Bisogno di aiuto?- si propose, ansioso di poter dare una mano, iniziando già a raccogliere i libri.

Ginny lo fissava come se fosse un fantasma.

No, anzi, i fantasmi erano normali a Hogwarts… lo fissava come se a Harry fosse appena spuntata una coda.

-Io… ecco… non c’è bisogno…- borbottò, in un pigolio imbarazzato, rialzandosi e cercando di sistemarsi i vestiti e i capelli arruffati.

-Non c’è problema! In due porteremo tutto più facilmente- Harry insistette, con un grande sorriso.

Temeva di non piacere molto a Ginny, dato che continuava ad evitarlo a ogni occasione, e sebbene Ron gli avesse assicurato che non doveva preoccuparsi, Harry ci teneva a fare una buona impressione sulla famiglia del suo migliore amico.

Erano sempre tutti così gentili con lui, voleva dimostrare di meritarlo.

E gli piaceva l’idea di sentirsi, di riflesso, un pochino parte di quella famiglia.

-G_grazie- borbottò Ginny, prendendo il calderone e qualche altro libro, e superandolo per dirigersi in camera sua.

Harry la seguì sentendosi finalmente utile in quella casa.

Avrebbe voluto fare conversazione, ma non si sentiva abbastanza a suo agio con Ginny per cominciare un discorso, quindi si limitò a restare in silenzio, e iniziò ad osservare distrattamente i libri che teneva in mano: un manuale di incantesimi, qualche libro di Allock che Harry stesso le aveva dato al Ghirigoro, e un volume parecchio logoro di trasfigurazione, lo stesso che quello snob di Lucius Malfoy aveva commentato con sprezzo.

La differenza tra quei libri e quelli di Allock era evidente, e Harry non potè fare a meno di provare un moto di empatia nei confronti della ragazzina davanti a lui.

Sapeva perfettamente cosa si provasse a cominciare una nuova scuola con vestiti, libri e oggetti di seconda, terza o anche quarta mano, pescati dal secchio dell’umido perché non si avevano soldi per permettersi di meglio, o, nel caso di Harry, i suoi tutori non pensavano che lui meritasse di meglio, e non si davano la pena neanche di provarci.

-Hey, Ginny…- attirò l’attenzione della ragazza, che si girò di scatto a guardarlo, sorpresa che le avesse rivolto la parola.

-S_Sì?- chiese lei, stringendo con più forza il calderone contro il petto come se potesse proteggerla da qualcosa.

Harry non capì minimamente la reazione, ma cercò di non farci caso, e allargò il sorriso.

-Sai, anche l’anno scorso avevamo lo stesso manuale di trasfigurazione. Ora non mi serve più, ma è ancora in ottime condizioni. Se vuoi posso darti il mio, questo mi sembra quasi illeggibile- le propose -Anche incantesimi ed Erbologia se vuoi- aggiunse poi, indicando gli altri libri di seconda mano.

Certo, anche quelli di Harry erano di seconda mano, ma erano edizioni molto più recenti, e il ragazzo doveva ammettere con una certa vergogna che sembravano davvero nuovi, quasi mai usati.

Che dire, era stato impegnato, l’anno prima, non è che avesse avuto molto tempo di studiare teoria. 

Ginny lo fissò qualche secondo, come cercando di capire le parole che Harry le avesse appena detto.

-I tuoi libri?- ripeté poi, in un sussurro.

-Solo se li preferisci. Sono ben conservati, sembrano quasi nuovi, e… beh… non è che li uso, comunque. Mi dispiace non averci pensato prima, avremmo potuto risparmiare un po’- Harry si ritrovò ad usare il “noi” come se fosse parte della famiglia, inconsciamente. 

Ginny però non sembrò accorgersi del suo piccolo lapsus.

-Non vorrei… non vorrei approfittarne, non credo di poter accettare, la mamma…- abbassò la voce.

Harry aveva dovuto lottare con le unghie e con i denti per far accettare a Molly Weasley che Harry regalasse i suoi libri di Allock a Ginny, e comprendeva perché Ginny si sentisse a disagio all’idea di accettarne altri.

-Non dobbiamo dirlo per forza alla signora Weasley. In realtà mi faresti un favore, non so neanche dove mettere tutti quei libri, ora che non mi servono più- Harry provò a convincerla, incoraggiante.

Ginny sembrava in conflitto interiore, ma alla fine un lato di lei ebbe la meglio sull’altro, e annuì appena, con un sorrisino pieno di gratitudine.

-Mi… mi piacerebbe avere i tuoi libri. Avrei dovuto prendere quello di Ron di trasfigurazione, ma…- si morse il labbro.

-Sì, Ron mi ha raccontato che gli è inavvertitamente esploso- Harry ridacchiò al pensiero.

Anche Ginny allargò il sorriso.

-Il libro di incantesimi gira dai tempi di Bill- ammise, abbassando lo sguardo.

Wow, un libro di incantesimi longevo.

-Rischia di esplodere anche lui, meglio tenerti al sicuro. Ti poso i libri di Allock in camera e ti vado a prendere gli altri, che ne dici?- propose Harry, indicando la porta.

Ginny annuì, e lo invitò in camera sua.

Era molto carina nonostante non fosse molto grande, né molto piena. Harry notò un libro sul quidditch sul comodino, ma non fece commenti, e si limitò a posare tutti i libri nuovi per terra, accanto al baule, e a prendere di nuovo in mano quelli vecchi e logori.

Lo scambio fu effettuato senza troppi problemi, e senza che nessuno li notasse.

Alla fine Ginny ringraziò Harry con il cuore, e il ragazzo si sentì decisamente meglio all’idea di averle impedito di essere presa in giro da bulli tipo Malfoy a causa delle condizioni dei suoi libri.

Era veramente il minimo che potesse fare per ripagare l’enorme sacrificio che i Weasley stavano affrontarlo per ospitarlo lì.

E se c’era una famiglia che meritava qualche libro o qualche galeone in più, quella era la famiglia Weasley.

Ritornato in camera e senza molto altro da fare mentre Ron aiutava la madre a cucinare, Harry si avvicinò ai libri vecchi che aveva appena scambiato.

Gli dispiaceva buttarli, anche se non gli erano più utili.

Nonostante ciò che aveva detto a Ginny, lo spazio al momento non gli mancava nel baule, e Hermione gli aveva consigliato di tenere i libri degli anni passati perché si sarebbero potuti rivelare utili per eventuali ripassi.

Harry non credeva che avrebbe mai più avuto bisogno del libro di Incantesimi volume primo, ma si fidava di lei. Riguardo lo studio era quella intelligente dei tre.

Prese il manuale di trasfigurazione, in assoluto il più vecchio e logoro di tutti, e iniziò a sfogliarlo chiedendosi se effettivamente fosse leggibile, rimanendo piuttosto sorpreso quando un altro libro, più piccolo, si sfilò dalle pagine e gli cadde in grembo.

Harry posò il volume scolastico da un lato, e afferrò la nuova scoperta con un po’ di curiosità e confusione.

Che fosse un altro libro di Ginny che era finito in mezzo per sbaglio? Forse doveva restituirlo.

Lo prese in mano cercando un titolo, ma non c’era alcun titolo, perché non era un libro, ma un diario.

Vecchio, dalla copertina nera, e malandato, le uniche informazioni erano una data che risaliva a cinquanta anni prima, e un nome scritto sulla prima pagina: T. O. Riddle. 

Probabilmente tale Riddle era il vecchio proprietario del libro di Trasfigurazione, e si era dimenticato di aver messo anche il suo diario all’interno prima di rivenderlo.

Era già capitato una volta a Harry che in un vecchio libro di quarta mano per le elementari avesse trovato anche una striscia di adesivi colorati. Capitava.

Spinto dalla curiosità, Harry sfogliò appena il libro, chiedendosi cosa mai si poteva scrivere in un diario di cinquant’anni prima, ma le pagine erano vuote.

Oh, curioso.

Harry non era mai stato tipo da diari. Hermione ne aveva uno dove segnava tutti i compiti e le cose che doveva fare, tipo agenda, ma Harry di solito li segnava su una pergamena che poi buttava, o chiedeva direttamente a lei.

Un diario poteva tornargli utile, anche se era vecchio, e logoro.

Ma era piccolo, portatile, e… c’era qualcosa di strano in quel diario, qualcosa che incuriosiva Harry, anche se non avrebbe saputo spiegare il motivo di tale curiosità.

Gli unici libri che l’avevano incuriosito erano stati i primi libri magici che aveva sfogliato prima di entrare a Hogwarts, quando tutto gli sembrava inverosimile e magico, e i libri di Quidditch.

Però quel diario, abbandonato e dimenticato in un libro così vecchio, sembrava chiamarlo, in qualche modo. Irradiava una certa energia.

-Harry, è pronta la cena!- la voce di Ron da sotto le scale lo richiamò all’attenzione, e Harry mise tutti i libri nel baule, tra cui anche il diario di Riddle, e lo chiuse con un tonfo, affrettandosi a scendere per mangiare.

Alla fine non era niente di speciale, probabilmente.

Però magari Harry poteva davvero usarlo per scriverci sopra i compiti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Per il momento i capitoli cerco di tenerli un po’ corti, ma in futuro potrebbero essere più lunghi, dipende un po’ dal tipo di capitolo.

Soprattutto perché sarebbe una storia piuttosto lunga.

E i punti di vista si alterneranno tra Harry e Tom, non credo ce ne saranno altri.

Non prometto di aggiornare con frequenza giornaliera, ma si scrivono molto facilmente questi capitoli, e cinque capitoli sono già pronti quindi ne approfitto, per il momento.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :3

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Capitolo 3
*** Frasi che spariscono ***


Frasi che spariscono

 

Sebbene Harry ne avesse di esperienze pazzesche da raccontare in un diario, non aveva mai pensato di segnare ciò che gli capitava, i suoi pensieri, o altre cose del genere.

Intanto Harry era un maschio, e si sa che sono più le ragazze a tenere i diari, e poi Harry era cresciuto con Dudley Dursley, pertanto con la totale e assoluta certezza che se avesse mai tenuto un diario segreto a cui rivelare ogni sua emozione o pensiero o anche solo ciò che gli succedeva, sarebbe stato trovato dal cugino nel giro di pochissimi minuti, e usato contro di lui nei modi peggiori.

La regola d’oro della convivenza con i Dursley era di non mostrare alcuna debolezza che i parenti potessero usare contro di lui, e un diario sarebbe stato un bersaglio troppo grande sulla sua schiena.

Pertanto, dopo aver trovato il diario vuoto di T. O. Riddle, Harry se n’era completamente dimenticato.

Aveva avuto altro a cui pensare, dopotutto.

Tra lo studio dell’ultimo minuto per finire i compiti prima di tornare a Hogwarts, l’emozione degli ultimi giorni alla tana, e soprattutto un viaggio in una macchina volante con il terrore di non arrivare e poi di essere espulso, Harry aveva avuto la mente altrove, e si ricordò di avere un diario di seconda mano solo la mattina della sua prima lezione di erbologia e trasfigurazione, quando per cercare i libri della giornata si ritrovò a stringere il diario tra le mani, di nuovo.

E di nuovo sentì qualcosa che lo intrigava, in quel diario.

Non avrebbe saputo dire esattamente che cosa, ma voleva trovare il modo di usarlo.

Era piccolo, comodo, e non utilizzava molto spazio, quindi Harry decise di metterlo nella borsa insieme agli altri libri, e poi si avviò velocemente alla prima lezione.

E trovò subito il modo di usare il diario mentre cercava un foglio di pergamena dove segnare i compiti.

Beh, scriversi i compiti nel diario era decisamente molto più comodo che portarsi appresso troppe pergamene.

Lo tirò fuori, prese la piuma con l’inchiostro, e segnò velocemente ciò che la professoressa Sprite aveva appena annunciato alla classe: 

“Compiti di Erbologia: una ricerca sulle mandragole e i loro usi tecnici (chiedere a Neville qualche aiuto)”

Neville era bravo in Erbologia, e a differenza di Hermione, sicuramente lo avrebbe aiutato senza criticarlo troppo per la sua poca voglia di studiare le cose da solo.

Poi Harry ripensò all’incontro avuto a inizio lezione con il professore di difesa contro le arti oscure, e decise di aggiungere una piccola postilla, per ricordarlo al sé stesso del futuro:

 “P.s. Evitare Allock”

Harry poi chiuse il diario senza neanche aspettare che l’inchiostro si asciugasse, e seguì Ron e Hermione, non notando che, pochi secondi dopo aver scritto i suoi compiti di Erbologia, tali parole erano sparite dal suo diario, come risucchiate dentro le pagine.

 

Tom Riddle era senza parole.

E non solo per via del fatto che non poteva letteralmente parlare perché era un diario che non sentiva neanche il suo corpo ma solo pensieri e vaghe sensazioni di esistenza, ma perché tutto si sarebbe aspettato, tranne di finire nelle mani di un tizio a caso che lo avrebbe usato per scrivere i compiti di erbologia.

Ma chi si credeva di essere quel ragazzo, ad inzozzare le sue illustri pagine con dei semplici compiti, scritti anche con una grafia disordinata che lasciava macchie di inchiostro?!

Non che Tom potesse vedere la grafia, ma la percepiva, in qualche modo.

Ed era infastidito.

Perché il piano era un altro!

Il piano era di affidarsi a qualcuno di segnato, manipolabile, che avrebbe desiderato aprire la camera dei segreti, e che sapesse delle proprietà del diario, non un tizio qualunque!

E come ci era finito il suo diario nelle mani di un tizio qualunque, in primo luogo?!

L’altra parte della sua anima non poteva essere stata così imbecille da perdersi il proprio diario e Horcrux, vero?!

O forse erano passati secoli, e la il suo corpo era ormai…

No, macché, non era possibile. 

Secoli o no, lui sarebbe comunque rimasto in vita, era immortale, dopotutto.

Il punto degli Horcrux era quello, per le mutande di Merlino!

Ma comunque non spiegava che Morgana stesse facendo la sua altra mezza anima rimasta in un corpo, e perché affidarlo ad un tizio qualunque!

Okay, okay, calmo Tom, rifletti.

La scrittura era disordinata, quindi poteva essere uno studente giovane, del primo o del secondo anno.

Probabilmente del secondo se stavano studiando le mandragole, o forse del terzo, se l’insegnante di erbologia era poco preparato o lento con il programma. Il fatto che lo studente avesse scritto i compiti significava che fosse a Hogwarts, e il fatto che si fosse segnato di chiedere aiuto a qualcuno voleva dire che non era un grande studioso.

Per il calcolo delle probabilità era un maschio, a giudicare dalla scrittura, ma non era affatto detto. 

Usava la mano destra, dato che non aveva sbafato l’inchiostro, ed era probabilmente di fretta, dato che non lo aveva fatto asciugare. Oppure era solo goffo.

Il post scriptum faceva capire che aveva intenzione di usare il diario anche per scrivere altro, oltre ai compiti. Quel tipo di nome Allock poteva essere un ammiratore (o ammiratrice) indesiderato, oppure un bullo che lo aveva preso di mira. A giudicare dalle precedenti affermazioni, era più probabile fosse un bullo, perché lo scrittore non sembrava una persona abbastanza degna di attenzione da avere ammiratori.

Ma Tom non aveva ancora abbastanza informazioni, quindi decise di non rivelarsi, per il momento.

Si limitò a cancellare l’annotazione, e aspettare di ricevere altre scritte.

Era meglio avere un quadro migliore di chi ci fosse dall’altra parte della pagina.

Certo, era un Horcrux, ed era difficile distruggere un Horcrux, in linea generale, soprattutto se chi provava a distruggerlo non sapeva che fosse un Horcrux, ma uno studente prudente avrebbe comunque potuto portarlo ad un insegnante se avesse temuto che il diario fosse pregno di magia oscura o qualcosa del genere.

Tom avrebbe fatto finta di nulla e non avrebbe risposto a nessun eventuale insegnante, ma non voleva attirare l’attenzione, in ogni caso.

Meglio essere paziente, aveva aspettato anni (o secoli, o settimane, o ore, o giorni, chissà), poteva aspettare un po’ di più.

Se avesse avuto fortuna, lo studente dalla brutta grafia avrebbe potuto perdere il diario, o darlo a qualcuno di più interessante.

Se non avesse avuto fortuna… beh, avrebbe sudato sette camicie immaginarie per manipolare lo studente dalla brutta grafia e convincerlo comunque a fare quello che voleva lui.

Era persuasivo, e irresistibile.

Anche in forma di diario.

Nessuno poteva avere la meglio su Tom Orvoloson Riddle.

 

Harry si rese conto della stranezza del diario dopo qualche giorno dall’ultima e unica volta in cui l’aveva utilizzato.

Si era nuovamente dimenticato della sua esistenza, e se lo era ritrovato in mano mentre cercava affannosamente una pergamena su cui scrivere i compiti che Piton stava assegnando velocemente e con chiara intenzione di dare fastidio a Harry e non farglieli segnare per bene.

Harry sapeva che avrebbe potuto limitarsi a chiedere a Hermione in futuro, ma non voleva dare scuse a Piton di prendersela nuovamente con lui o togliergli qualche punto perché non era attento, quindi prese il diario, e iniziò a scrivere i nuovi compiti di Piton in una pagina bianca presa a caso.

“Pozioni di qualcosa che non mi ricordo, dieci centimetri di pergamena (?), Piton è insopportabile! Tanto poi chiedo a Hermione. Ma perché non lo cacciano e basta?! Non dovrebbe poter insegnare!” 

Harry si distrasse presto dal segnare le informazioni giuste e si limitò a fingere di scrivere qualcosa, tanto non riusciva proprio a capire ciò che diceva con quella voce biascicata.

E scrivere la sua irritazione era una valvola di sfogo stranamente appagante.

-Potter, si può sapere cosa continui a scrivere? Ho concluso le istruzioni da parecchi secondi- la voce lenta e allo stesso tempo trionfante del professor Piton lo distolse dai suoi pensieri.

-Stavo finendo di scrivere ciò che ha dettato, professore. Sono solo più lento degli altri- Harry si giustificò in fretta, chiudendo il diario e facendo per metterlo nella borsa.

Se Piton gli chiedeva di vederlo, Harry era spacciato.

Ecco perché non teneva i diari e non scriveva i suoi pensieri.

Lo sapeva che erano una debolezza non indifferente!

-Potter, portami quel diario- gli ordinò Piton, sollevando la mano, e impedendo a Harry di seguire i suoi compagni fuori dalla classe.

Ron e Hermione si fermarono e lo guardarono preoccupati.

Harry fece cenno loro di andare senza di lui, sospirò, tirò nuovamente fuori il diario dalla borsa, e si avviò verso il professore, pronto a vedersi togliere almeno cinquanta punti, ricevere una punizione severa, e almeno una minaccia di espulsione, ad essere generosi.

Porse il diario senza riaprirlo alla pagina giusta, sperando che Piton non la trovasse proprio.

Il professore lo prese con un sopracciglio inarcato.

-Un oggetto con una sua storia, a quanto pare. Con i soldi lasciati dai tuoi genitori non puoi permetterti un diario nuovo per scrivere i tuoi importanti compiti?- lo prese immediatamente in giro, insultando le condizioni del diario di seconda mano.

Harry strinse i denti, ma non rispose.

Non doveva cedere alle sue provocazioni, anche se ogni volta che Piton nominava i suoi genitori sentiva un nodo formarsi nello stomaco.

Si concentrò sul fatto che quantomeno Ginny non avrebbe ricevuto offese simili a causa delle condizioni dei suoi libri.

Tsk, come se Piton potesse parlare delle condizioni delle cose, poi, lui che non si lavava neanche mai i capelli!

Deluso dal non aver provocato nessuna reazione in Harry, Piton iniziò a sfogliare velocemente il diario, senza leggere il nome in copertina o la data, ma cercando il foglio incriminato con i compiti che Harry non aveva segnato.

Harry si preparò a ricevere una batosta, ma dopo qualche secondo, Piton sbuffò, e gli disse le ultime cose che si sarebbe aspettato di sentire.

-Vedo che il grande Harry Potter è troppo superiore per scrivere i compiti come i suoi compagni comuni mortali. Cinque punti in meno a Grifondoro, e vedi di non fare ritardo con il tuo tema, Potter- gli restituì il diario con un’occhiataccia, e lo incoraggiò ad uscire dall’aula di pozioni.

Harry era estremamente confuso dalle sue parole, ma non se lo fece ripetere due volte, e si affrettò a correre fuori dall’aula prima che Piton decidesse di controllare meglio il diario.

Non aveva trovato la pagina? Non era da Piton, che era molto meticoloso quando si trattava di rendere la vita di Harry un inferno.

-Tutto bene, Harry?- gli chiese Ron, una volta che Harry ebbe raggiunto lui e Hermione in sala grande.

Harry annuì.

-Non ha trovato l’annotazione e mi ha tolto solo cinque punti- spiegò, osservando le clessidre con i punti e rallegrandosi del fatto che la classifica non era cambiata poi così tanto.

-Non sapevo che avessi un diario- commentò Hermione, che sembrava combattuta sul rimproverarlo per aver scritto qualcosa di sbagliato, o elogiarlo perché aveva seguito il suo consiglio di non scrivere più su fogli di carta volanti. L’ultima settimana era stata l’unica che sapeva sempre i compiti che dovevano svolgere, e iniziava a farlo pesare ai due amici.

-Sì, beh, l’ho trovato in mezzo a un libro- Harry alzò le spalle, e iniziò a sfogliare il diario per cercare l’annotazione incriminata. Avrebbe dovuto cancellarla o strappare la pagina per assicurarsi che Piton non la vedesse mai, ma… non la stava trovando.

-Comunque avresti dovuto scrivere i compiti e basta. Non so cosa hai aggiunto ma era meglio se non lo facevi- ed ecco il rimprovero di Hermione.

-Lascialo in pace, Hermione! Almeno lui ci ha provato a scrivere qualcosa. Io non riuscivo a capire nulla di quello che stava dicendo Piton- Ron prese subito le sue difese, e Hermione alzò gli occhi al cielo.

-Era semplice se prestavi attenzione- insistette.

-Comunque Piton…- continuò Ron, ma Harry li interruppe entrambi quando si accorse dell’inaspettato.

-Non c’è!- esclamò, sorpreso, sfogliando per la terza volta il diario e confermando che l’annotazione scritta durante l’ora di pozioni era sparita.

-Cosa non c’è?- chiesero in unisono Ron e Hermione.

-Quello che ho scritto… è sparito dal diario- spiegò Harry, indicando le pagine bianche.

Hermione lo guardò incuriosita.

-Sei sicuro di averlo scritto?- chiese, analizzando il diario anche lei.

-Sì, e anche i compiti di Erbologia sono spariti, li avevo segnati in prima pagina- spiegò Harry, mostrando la prima pagina, completamente bianca.

-Forse è un libro stregato- suppose Ron, osservandolo con leggero timore.

-Magari il vecchio proprietario ha fatto un incantesimo per evitare che qualcuno leggesse ciò che ci scriveva dentro- indovinò Hermione, rigirandoselo un po’ tra le mani, ma poi restituendolo a Harry senza indagare ulteriormente.

-Ma a che serve un diario dove non puoi scrivere?- Ron scosse la testa, poco convinto dall’utilità di quel libricino.

-Di certo non serve a segnare i compiti. Dovresti prenderne un altro, Harry- gli suggerì Hermione, tornando poi al suo pasto.

Harry annuì, e rimise il diario nella borsa, ma nella sua mente, un pensiero aveva iniziato a formarsi.

Era vero che un diario del genere era inutile per segnare cose che si volevano ricordare, come i compiti.

Ma poteva essere davvero utile per scrivere ciò che Harry teneva dentro da sempre, e non aveva mai avuto occasione di esprimere.

Ricordi, dubbi, paure e sfoghi, in quel diario sarebbero stati scritti, e poi dimenticati per sempre.

Nessuno avrebbe potuto usare le sue parole scritte come una sua debolezza.

Era solo questione di poco, prima che Harry decidesse di prendere una piuma, e scrivere le prime vere interessanti parole su quel diario.

Parole che Tom avrebbe cancellato dal libro, ma tenuto per sempre nella sua memoria.

“È più probabile che Allock abbia causato i disastri piuttosto che li abbia risolti. Non riesco a credere che abbia davvero fatto ciò che dice! È assolutamente incompetente!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Scrivere il pov di Tom è tipo troppo divertente. Dovrei farlo serio, ma non ci riesco! Per essere uno psicopatico megalomane con mezza anima che non prova emozioni di alcun genere, è davvero una drama queen.

Piton mi sta antipatico, e penso che si vedrà nel corso della storia. Non lo renderò peggio del canon, ma non lo esalterò come fanno in molti. E non credo che comparirà troppo, in generale.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto ^^

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Capitolo 4
*** Analisi e deduzioni ***


Analisi e deduzioni

 

“È più probabile che Allock abbia causato i disastri piuttosto che li abbia risolti. Non riesco a credere che abbia davvero fatto ciò che dice! È assolutamente incompetente!”

Oh, finalmente il suo possessore aveva iniziato a scrivere altro oltre i compiti.

Anche se Tom aveva avuto l’impressione già dalla seconda scritta che i compiti sarebbero stati presto dimenticati a favore di piccoli sfoghi personali verso professori o altri studenti.

Sembrava un ragazzino nervoso, e il fatto che non sopportasse le persone poteva essere un punto a favore di Tom e un buon modo per spingerlo ad ammazzare mezza scolaresca.

Con calma, un passo alla volta, ma era un inizio.

Nella speranza che le persone che odiasse fossero quelle giuste, e che lo studente non fosse un un fan dei babbani o un sanguesporco lui stesso.

Perché in tal caso, ew, che schifo farsi maneggiare da uno così.

Ma c’era ancora speranza, perché il professor Piton, su cui il possessore del diario si era sfogato la seconda volta, non aveva un cognome conosciuto e associabile ad una famiglia altolocata di maghi. E Tom li conosceva tutti i cognomi importanti, aveva passato tutto il suo primo anno a studiare con foga ogni registro cercando di ricollegare il proprio nome a quello di una qualsiasi famiglia magica importante, anche solo per allontanare le malelingue della sua casa che lo additavano come sanguesporco.

Non che Tom fosse mai stato particolarmente ferito dal bullismo nei suoi confronti, insomma… cioè, non che Tom fosse mai stato bullizzato!

Lui era bello, intelligente, il migliore studente che Hogwarts avesse mai avuto e il migliore mago mai esistito in tutto il mondo! 

Persino Grindelwald sicuramente si era inchinato a lui, ad un certo punto.

E quindi aver cercato in lungo e largo delle prove che fosse incredibile quanto sapeva di essere era stato solo un modo per affrettare la sua ascesa al potere e farsi dei seguaci il più in fretta possibile.

E tutti quelli che (non) lo avevano bullizzato erano stati i primi a pagarla cara! 

Comunque stiamo tergiversando…

Tom aveva analizzato con il suo grande acume anche il secondo messaggio, scoprendo più cose sullo studente che si era ritrovato il suo diario tra le mani.

“Pozioni di qualcosa che non mi ricordo, dieci centimetri di pergamena (?), Piton è insopportabile! Tanto poi chiedo a Hermione. Ma perché non lo cacciano e basta?! Non dovrebbe poter insegnare!” 

E aveva dedotto che fosse: un idiota, un ribelle, non un grande ascoltatore, aveva un’amica di nome Hermione che sicuramente faceva i compiti per lui (poteva anche essere una ragazzina che prendeva di mira perché gli facesse i compiti), non aveva grande rispetto verso l’autorità o comunque verso quel Piton, e o non sapeva cosa fosse una pergamena (che rafforzava l’idea che fosse veramente stupido) o non era sicuro di dover scrivere solo dieci centimetri di pergamena.

Tsk, ai tempi di Tom i temi di pozioni erano di quaranta centimetri.

…okay no, in realtà Lumacorno era sempre stato molto indulgente, era Tom che li faceva lunghi per essere sempre costantemente nelle sue grazie.

Lumacorno era così manipolabile e stupido, non a caso era sempre stato il suo insegnante preferito, con il suo Lumaclub e il suo chiudere sempre un occhio ogni volta che Tom faceva qualcosa di leggermente discutibile.

Ah, in effetti Tom aveva scoperto un’altra cosa.

Sicuramente era passato qualche anno, perché Lumacorno non era più insegnante di pozioni, evidentemente, ed era stato sostituito da quel Piton.

Da un lato a Tom dispiaceva un po’, dato che avrebbe potuto raggiungerlo e usarlo in qualche modo, visto che lo conosceva bene, ma dall’altro era felice che non ci fosse quell’uomo a rischiare di mettergli i bastoni tra le ruote o riconoscere il suo diario o il suo operato.

Chissà se Silente era ancora lì.

Tom sperava che avesse tirato le cuoia, perché si sarebbe potuto rivelare un problema ancora maggiore di Lumacorno.

Non aveva modo di scoprirlo a meno che non lo chiedesse allo studente, cosa che non aveva ancora intenzione di fare.

Si limitava ancora ad osservare e analizzare, come il bravo stratega che era.

Ed era infine arrivato il terzo messaggio, non collegato a nessun compito, ma che forse si riferiva ancora una volta ad un professore.

“È più probabile che Allock abbia causato i disastri piuttosto che li abbia risolti. Non riesco a credere che abbia davvero fatto ciò che dice! È assolutamente incompetente!”

La teoria di Tom derivava dal fatto che un alunno difficilmente potesse risolvere dei disastri, a meno che non si contavano alcune sciocche bighellonate da studenti.

Ma da come ne parlava lo scrittore, Allock sembrava un millantatore di gesta eroiche, pertanto, forse, un professore.

Forse trasfigurazione, o difesa contro le arti oscure.

La seconda era più probabile, ma provocava un fastidioso nodo allo stomaco di Tom, che lo stomaco neanche ce lo aveva.

Perché doveva trovarsi lui dietro la cattedra di difesa contro le arti oscure! 

Probabilmente era troppo occupato a governare il mondo e non aveva tempo di insegnare, o magari lo avevano già fatto preside.

Sì, probabilmente era così.

Era troppo forte per essere solo un semplice insegnante.

…ma se era preside, non avrebbe mai assunto un incompetente per fare quel lavoro. Era una materia importante.

Beh, al momento era più importante capire che tipo fosse il suo scrittore, e decisamente non sembrava rispettare molto i suoi professori.

O forse era solo molto emotivo verso alcuni di loro.

Tom non sapeva se sperarlo, l’emotività era fastidiosa, ma poteva rivelarsi un buon punto su cui premere per manipolarlo meglio.

Era anche possibile che il ragazzo si stesse solo sfogando approfittando di un diario che non faceva leggere nulla di ciò che era scritto sopra.

Tom continuò ad analizzare, e nel corso dei giorni, le frasi iniziarono ad essere sempre più frequenti.

 

“Finalmente ricomincia il quidditch! Non vedo l’ora di sfrecciare sulla mia Nimbus e farla vedere ai Serpeverde! Quest’anno la coppa deve essere nostra, o è la volta buona che Oliver si auto-maledice per la disperazione”

 

Okay, no!

No!

Nope!

Col cavolo!

Troppe cose di quella frase turbavano non poco Tom, che dovette fare uno sforzo immane per non rispondergli qualcosa del tipo “Ma come ti permetti i Serpeverde sono i migliori!”

Ma si trattenne, e si limitò ad analizzare, come sempre.

Beh, chiaramente lo studente non era un Serpeverde, e vista la rivalità con i Serpeverde, era molto probabile che fosse un Grifondoro, o forse un Tassorossso, ma i Tassorosso non si infervoravano particolarmente, in linea generale.

Lo studente poi amava giocare a Quidditch, cosa degna di biasimo perché Tom odiava i giocatori di Quidditch, e il Quidditch in generale.

Tsk, un gruppo di gente eccessivamente pagata per andare in giro su una scopa a passarsi le palle e segnare su dei cerchi, bah, davvero ridicolo e inutile.

Il fatto che Tom a malapena riuscisse a restare a cavallo di una scopa era completamente irrilevante, e non era il motivo di tale odio.

Tom era troppo intelligente e ambizioso per distrarsi con stupidi sport.

E comunque lui ci sapeva andare su una scopa, non lo faceva solo perché era inutile.

(Sperava che il sé non chiuso nel diario fosse riuscito a creare l’incantesimo che lo faceva volare senza scopa perché non poteva più continuare a creare scuse per non salire mai su una scopa, maledizione!)

Insomma, lo studente era un fanatico di Quidditch, quindi sì, era sicuramente molto stupido, e probabilmente molto manipolabile, ma era anche probabilmente Grifondoro, quindi era possibile che avesse una moralità buonista, e questo poteva rivelarsi un problema.

Comunque niente che un po’ di sana manipolazione mentale alla Tom non potesse risolvere, soprattutto se quel tipo era effettivamente stupido come sembrava.

E poi, chissà, magari era un purosangue. C’erano delle famiglie purosangue famose che erano celebri Grifondoro e che non vedevano di buonissimo occhio i mezzosangue e i nati babbani.

L’unica cosa positiva di quel messaggio era che non avevano vinto la coppa negli anni passati.

TIÉ!

 

“L’allenamento di Quidditch non poteva andare peggio di così! Prima Colin mi ha seguito per tutto il tempo a farmi domande. Non sarebbe neanche stato male se non fossi stato così stanco, e soprattutto se non avesse cercato di farmi autografare la sua stupida foto di me e Allock! Che imbarazzo! 

Poi Oliver ci ha tenuto ore intere con le strategie, e non siamo neanche riusciti a fare in tempo a metterci in sella che sono arrivati i Serpeverde a sfrattarci, e il nuovo cercatore è Malfoy! Che ha regalato scope a tutti per farsi accettare in squadra. Hermione ha ragione a dire che ha comprato l’iscrizione. E lui ha anche osato insultarla! Non sapevo neanche cosa significasse quel termine, ma se l’avessi saputo prima mi sarei gettato anche io contro di lui come Fred e George. Non lo sopporto proprio più! 

Se solo Ron non avesse la bacchetta rotta, a quest’ora sarebbe Malfoy a sputare lumache, e non lui.

Se lo meriterebbe.

Spero che Ron stia meglio presto.

Oggi abbiamo anche la punizione per la questione della macchina volante. E devo andare ad aiutare Allock, tra tutti! Preferirei di gran lunga lucidare i trofei insieme a Ron, ma quel montato di testa ha chiesto espressamente di me. Ma si può sapere perché tutti sono così ossessionati?!”

 

Ah… beh… 

Era in assoluto lo sfogo più lungo che lo studente avesse scritto fino a quel momento.

E aveva appena rotto ogni singolo uovo nel paniere di Tom, che se non avesse avuto come ambizione primaria l’immortalità, in quel momento sarebbe voluto morire.

Insomma, non solo lo studente che lo stava maneggiando era un Grifondoro (palese!) amante del Quidditch, che già era un punto a suo sfavore, ma a quanto pareva aveva dei veri e propri ammiratori, a caso, senza sicuramente nessun motivo valido perché maledizione il ragazzo avrà avuto dodici, massimo tredici anni?!

E uno studente con ammiratori sicuramente sarebbe stato sotto gli occhi di tutti, e avrebbe avuto più difficoltà ad agire nell’ombra.

Beh, anche Tom era pieno di ammiratori e sotto gli occhi di tutti e non aveva mai avuto problemi ad agire nell’ombra, ma era anche vero che Tom era intelligente, e quel tizio non lo sembrava proprio.

Poi aveva una accesa rivalità con Malfoy, che in questo caso era palesemente uno studente, e anche un membro di una delle famiglie più importanti, purosangue e ricche dell’Inghilterra. (Chissà, forse era il figlio di Abraxas? O il nipote?).

Una famiglia che era anche una sua grande alleata, a meno che in future generazioni non si fossero rivelati degli sporchi traditori, ma era improbabile.

Perché se così fosse stato, Tom li avrebbe già estinti tutti.

Pertanto se Malfoy era ancora un membro d’elite dei purosangue Serpeverde di Hogwarts, lo studente che possedeva il diario non era minimamente dello stesso avviso, dato che erano rivali.

E il fatto che Malfoy avesse insultato quella amica, Hermione, la ragazza intelligente che Harry aveva citato riguardo i compiti, con un termine specifico, rendeva piuttosto probabile che tale Hermione fosse una sanguesporco.

Ewww.

Ma almeno era molto probabile che lo studente non fosse un sanguesporco a sua volta, perché in tal caso Malfoy lo avrebbe chiamato allo stesso modo per insultarlo, e così non era stato.

Tsk, lo studente non aveva neanche idea di cosa significasse quel termine, era proprio stupido!

O cresciuto tra i babbani e quindi ignorante circa quel mondo.

Ewwww.

(Il fatto che anche Tom fosse cresciuto tra i babbani non è degno di nota in questo momento! Lui è erede del grande Salazar Serpeverde, non dimenticatelo!)

Un’altra interessante informazione era che un altro amico del ragazzo misterioso, tale Ron, aveva la bacchetta rotta.

E questo sollevava due deduzioni: 

1) Quel Ron era un poveraccio che non poteva permettersi neanche di comprarsi una bacchetta nuova (inutile);

2) I fondi per studenti bisognosi di Hogwarts che non potevano permettersi materiali erano ancora parecchio scarni

E questo, unito alle informazioni precedenti, rendeva chiaro che lui non era responsabile di quella scuola in alcun modo, perché altrimenti avrebbe rimpinguato quei fondi (e avrebbe anche cacciato tutti i sanguesporco dalla scuola, ma quello era un altro discorso).

Infine c’era un’ultima informazione da tenere d’occhio.

IN CHE SENSO UNA PUNIZIONE A CAUSA DI UNA MACCHINA VOLANTE?!

Da quando le macchine volavano?! E da quando gli studenti dodicenni o tredicenni potevano guidare?!

Almeno se c’erano auto volanti, Tom avrebbe potuto usare una di quelle. Erano senz’altro meglio di una scopa, non c’erano dubbi al riguardo.

Ma era più figo volare, doveva mettersi d’impegno per quell’incantesimo.

…o meglio, la parte di sé che era ancora in vita doveva mettersi d’impegno, e forse si era già impegnata.

Tom, dopotutto, era bloccato lì.

Ad analizzare un idiota Grifondoro che amava mettersi nei guai e aveva come amici una sanguesporco e un poveraccio.

Una persona fondamentalmente inutile.

Forse era arrivato il momento di rivelarsi e provare a comunicare, ma Tom non credeva di avere ancora abbastanza informazioni, e quelle che aveva non gli davano una buona impressione.

Certo, il suo disdegno per alcuni professori lo rendevano difficilmente incline a denunciare il diario a qualcuno.

E il fatto che fosse Grifondoro permetteva a Tom di agire senza temere di essere subito beccato.

Ma non era esattamente il burattino che Tom avrebbe voluto manipolare.

 

“Chissà che tipo era T. O. Riddle…”

 

...?

Il messaggio arrivò dopo qualche giorno (forse) da quello del Quidditch.

C’erano stati altri commenti, ma niente di particolarmente rilevante.

Qualche insulto verso Malfoy, una lamentela riguardo alla punizione, un complimento verso la sanguesporco Hermione e una filippica su come la McGranitt fosse fantastica ma davvero troppo rigida con i compiti.

Tom non si aspettava assolutamente di essere citato, così, all’improvviso.

 

“Oggi Malfoy ha cercato di rubarmi il diario. Lo ha visto a lezione di pozioni e ha pensato fosse il mio diario segreto. Non ha tutti i torti, ma ci è rimasto parecchio male quando non ha trovato nulla, e ha tentato di bruciarlo per dargli una lezione”

 

MALFOY AVEVA FATTO COSA?!

Una volta uscito di lì, Tom gliel’avrebbe fatta pagare carissima!

Brutta progenie traditrice di Abraxas!

 

“Ma il diario ha respinto l’incantesimo. Sono riuscito a recuperarlo, e penso che lo terrò più nascosto. Un po’ mi dispiacerebbe smettere di scrivere. È difficile aprirsi, anche ad un oggetto inanimato, ma è piacevole non dover temere ripercussioni, per una volta. 

E non sono riuscito a non pensare a T. O. Riddle.

Se è stato lui a incantare il diario, mi chiedo come mai.

Forse anche lui, come me, sapeva che scrivere i propri pensieri e le proprie sensazioni sarebbe stata un’arma che si poteva usare contro di lui? Forse anche lui viveva con persone che avrebbero sfruttato ogni singola sua debolezza? Forse anche lui è stato preso di mira da altri compagni? 

So che sono passati cinquant’anni, e probabilmente non lo conoscerò mai. Forse non è stato neanche lui ad incantare il diario, ma è stato venduto già così.

Però non riesco a fare a meno di pensare a lui.

Chissà qual è il suo nome completo…”

 

Tom era senza parole, e anche questa volta non solo perché non poteva effettivamente parlare dato che non aveva una bocca.

Ma al contrario dell’altra volta, Tom era senza parole anche perché non si aspettava minimamente un’analisi su di lui.

Non così, comunque.

Fino a quel momento era stato lui ad analizzare lo scrittore, e non concepiva che potesse avvenire il contrario. Non aveva messo in conto che lo studente potesse essere così… empatico? 

Era la giusta parola?

Tom non aveva mai provato empatia.

Riusciva a capire le persone, ma non a mettersi nei loro panni, era un sentimento di cui conosceva solo la teoria.

Ma quell’analisi non gli piaceva, non gli piaceva affatto.

Lo faceva sentire troppo vulnerabile.

Chi era quel tizio stupido con amici sanguesporco che si permetteva di insinuare che Tom vivesse con persone che avrebbero sfruttato le sue debolezze, e che fosse preso di mira dai compagni?!

Come si permetteva di comparare loro due?!

Tom era impossibile da analizzare, perché era unico, e speciale!

Tom era perfetto!

Tom era amato da tutti!

E il motivo per il quale aveva incantato il diario era perché c’erano dei terribili segreti da conservare, e di certo non perché i suoi compagni di dormitorio avevano cercato di leggerlo più volte, e nel dormitorio di Serpverde le informazioni personali erano le maggiori debolezze di ogni individuo!

Tom era furioso con lo sconosciuto.

Talmente furioso che neanche fece caso al fatto che, per le mutande di Merlino, erano passati cinquant’anni?!

Ma allo stesso tempo, sentiva qualcosa di strano dentro di lui.

Una sensazione che non aveva mai provato in tutta la sua vita.

Una sorta di… connessione.

Stava inavvertitamente stabilendo una connessione con la persona dall’altra parte delle pagine.

Appena Tom se ne rese conto, il suo primo pensiero fu un’ondata di panico.

Non aveva mai sperimentato delle emozioni del genere (si poteva dire che non avesse mai sperimentato emozioni di alcun tipo rivolte verso altre persone, a meno che non fossero rabbia o indifferenza pura), e lo spaventavano.

Ma si impose immediatamente di mettere tali sensazioni in un angolo ed estirparle a forza da sé stesso.

Lui era il grande Tom Riddle, il futuro Lord Voldemort, non avrebbe mai, MAI, provato paura.

Soprattutto non nei confronti di un’emozione che non poteva ferirlo fisicamente.

Il fatto che quella fosse la prima volta che si sentiva compreso in qualche modo da qualcuno e non giudicato non era minimamente motivo di diventare sentimentale o altre sciocchezze del genere.

Datti un contegno, Tom!

Quel momento di debolezza venne quindi presto sostituito da un enorme trionfo.

Perché se aveva stabilito una connessione emotiva con il tipo dall’altra parte del diario, significava che il tipo (non lui) iniziava ad affezionarsi in qualche modo, e Tom aveva la possibilità di usare quel legame per controllarlo, possederlo, e fargli aprire la camera dei segreti per fare una strage.

Non era persa la speranza.

Doveva solo esporsi, parlare con lui, mettersi sulla sua stessa lunghezza d’onda, e creare una connessione sempre più forte (da parte dello studente, non sua, lui avrebbe solo mentito e manipolato).

Per la prima volta da quando il ragazzo aveva iniziato a scrivergli, Tom decise di rispondere.

Era solo giusto, dopotutto.

Lo aveva interpellato direttamente questa volta.

Gli aveva praticamente fatto una domanda.

 

“Il mio nome completo è Tom Orvoloson Riddle” 

 

Rispose, con una certa semplicità.

Un secondo dopo, si sentì inondare completamente di inchiostro.

Ah, beh, grazie della doccia, idiota!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

…questa doveva essere una storia seria, perché è diventata così inavvertitamente comica con Tom Riddle Drama queen?!

Ho fatto anche il primo cambiamento rispetto al libro facendo in modo che l’allenamento di Quidditch fosse a qualche settimana dall’inizio delle lezioni perché volevo che Harry si aprisse più lentamente al diario ma volevo anche parlare di quel momento del libro. Alla fine non cambia moltissimo ai fatti, e secondo me è anche più realistico che le attività extra-scolastiche comincino dopo qualche settimana, e non subito.

Ovviamente Malfoy non ha idea che suo padre ha dato a Ginny il diario di Tom Riddle, quindi non l’ha riconosciuto quando ha trovato il diario di Harry.

Nessuno sa niente del diario tranne Lucius, e forse Silente lo riconoscerebbe se lo vedesse. 

E comunque… finalmente c’è un contatto diretto!! Yeeee!

 

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Capitolo 5
*** Primo contatto ***


Primo contatto

 

“Il mio nome completo è Tom Orvoloson Riddle” 

Appena Harry aveva letto quella frase che lui decisamente non aveva mai scritto, fu preso così in contropiede da rovesciare inavvertitamente tutto il calamaio con l’inchiostro sul quaderno.

Ma potete biasimarlo? Il suo diario segreto, nel quale scriveva da settimane, gli aveva appena risposto!

Con una scrittura parecchio elegante, ma non era importante al momento.

Il diario gli aveva risposto!!

Quindi aveva letto ciò che Harry aveva scritto!

Chi era quella persona? Chi era quel Tom?

Forse per tutto quel tempo Harry non aveva scritto in un diario, ma a distanza con il suo precedente possessore? Forse due diari erano collegati in qualche modo?

Harry non era abbastanza esperto di magia da poter fare vere e proprie teorie con un senso. Per quanto ne sapeva, poteva essere uno scherzo di Malfoy per prenderlo in giro.

O il diario poteva essere posseduto da un fantasma.

Ma perché non gli aveva risposto prima, se poteva farlo?!

Anche solo per chiedergli di smettere di scrivere i suoi pensieri sul diario. Era scortese scrivere dei pensieri sui diari altrui.

Rimase fermo a fissare le pagine per qualche minuto, senza sapere cosa fare. 

La cascata di inchiostro che era finita sul diario era già sparita dalle pagine, anche se aveva sporcato le coperte del letto dove si era messo a scrivere, lontano da occhi indiscreti e giudicanti.

Avrebbe dovuto cambiarle prima di andare a dormire.

Ma al momento era più preoccupato circa quel diario.

Non tanto per il fatto che rispondesse, ma perché aveva creduto per tutto quel tempo di essere l’unico a leggere ciò che scriveva, e lo imbarazzava pensare che per tutto quel tempo, tale Tom Orvoloson Riddle aveva sempre visto tutto.

Dopo qualche minuto di immobilità e panico, nuove parole comparvero sul diario.

“Non era mia intenzione spaventarti, va tutto bene?”

Pareva gentile…

Harry fece per prendere la penna e scrivere una risposta, ma non aveva più inchiostro, e si affrettò a prendere un’altra boccetta.

“Non mi aspettavo di ricevere una risposta, a dire il vero” ammise, un po’ incerto.

“Comprensibile. Non avevo intenzione di rivelarmi, ma poi ho visto che parlavi di me e mi sembrava educato risponderti”

Harry sentì risalire il rossore sulle sue gote.

Quindi Tom aveva letto tutto quello che aveva scritto, non c’erano dubbi al riguardo.

“Mi dispiace aver scritto nel tuo diario, non sapevo qualcuno lo leggesse” mise subito le mani avanti, e decise che da quel momento in poi non avrebbe mai più scritto neanche una parola lì dentro.

(Oh oh, Tom, le cose si mettono male per te).

Prima che potesse chiudere il diario e buttarlo in un angolo, però, Tom rispose, molto di fretta, come se si fosse reso conto delle intenzioni di Harry.

“Non è più il mio diario, a quanto pare. Posso chiederti come ne sei entrato in possesso?” continuò la conversazione.

Non era una difficile domanda, Harry poteva comunque rispondere.

“Era in un libro di trasfigurazione molto vecchio. Ci è finito per sbaglio? Vuoi riaverlo? Posso mandartelo via gufo se vuoi” propose, accomodante e gentile. 

Era sicuro che se avesse chiesto a Edvige di consegnare il diario a Tom Riddle, lei lo avrebbe trovato, era veramente meravigliosa e abile nel suo lavoro di civetta postina.

Tom Riddle ci mise qualche secondo a rispondere.

Principalmente perché era impegnato a maledire tutti gli antichi maghi e streghe famosi e a chiedersi come Merlino fosse possibile che il suo preziosissimo diario fosse finito in un Morgana di libro vecchio di trasfigurazione, maledetta Tosca!

Ma ovviamente Harry non aveva idea dello stato mentale di Tom Riddle in quel momento, e rimase pazientemente in attesa.

“Una proposta molto gentile, ma penso sia piuttosto difficile. Vedi, io sono il diario” spiegò, in poche parole.

Harry era sempre più confuso.

In che senso lui era il diario?

Ah beh, non doveva più farsi troppe domande nel mondo magico. I quadri parlavano, le piante urlavano, e poteva trasformare scarafaggi in bottoni. Non era così strano che un diario segreto gli rispondesse.

“Scusa la domanda, ma… sei nato diario, oppure ti hanno tipo intrappolato? Insomma, eri una persona vera, prima?” Harry chiese per stare sicuro. 

Se era stato intrappolato lì era terribile. Avrebbe dovuto dirlo a Silente o alla McGranitt e cercare di aiutarlo in qualche modo.

Di nuovo, Tom esitò appena nel rispondere.

(STAI FORSE INSINUANDO CHE IO MI FAREI MAI INTRAPPOLARE IN UN DIARIO CONTRO LA MIA VOLONTÀ?! MA PER CHI MI HAI PRESO?! ERO IO QUELLO CHE IMPRIGIONAVA LA GENTE!) 

E poi, sappiatelo, non sapeva esattamente cosa scrivere.

Il piano non prevedeva certo di rivelare informazioni su di sé a chiunque scrivesse nel diario.

Ma non poteva neanche farsi beccare o essere messo in un angolo e dimenticato. Non ora che iniziava a creare un contatto.

“Una buona domanda. È più o meno lo stesso concetto dei quadri magici. Ero una persona vera, ma il ricordo del me che ha scritto in queste pagine è parte di esse, e non ho più alcun collegamento con il Tom Riddle che possedeva questo diario. Sono solo un ricordo. E i tuoi pensieri sono al sicuro con me. Non li direi a nessuno, e non ti giudicherei mai” 

Harry si sentì un po’ meglio.

Il diario sembrava davvero gentile.

E lo rassicurava che non ci fosse nessuno intrappolato dentro, né che altre persone potessero leggere ciò che Harry aveva scritto.

“Okay, penso di aver capito… quindi non ti dispiacerebbe se continuassi a scrivere?” chiese Harry, un po’ incerto.

Iniziava a diventare un’abitudine, ed era davvero tanto liberatorio.

“Gradirei se continuassi a scrivere, sono qui per questo, per accogliere pensieri e ricordi” lo rassicurò il diario.

Harry non trattenne un sorriso.

Ma esitava ancora un po’ a confidarsi.

“Posso chiedere perché non mi hai risposto prima?” chiese, sperando di non sembrare troppo sospettoso.

Voleva solo cercare di capire un po’ che tipo fosse quel Tom Riddle, e se davvero poteva fidarsi di lui.

Il mondo magico era pieno di insidie, dopotutto.

Solo l’anno prima aveva scoperto che il suo professore di Difesa contro le arti oscure aveva Voldemort dietro la testa, non voleva rischiare un’altra cosa del genere.

Anche se era piuttosto convinto che se Voldemort avesse a che fare con il diario, Harry se ne sarebbe accorto a causa della sua cicatrice. Sembrava sempre fare male ogni volta che Voldemort era coinvolto.

“Non volevo spaventarti. Ed ero sorpreso che qualcuno scrivesse sul mio diario. Ho preferito restare nell’ombra, ma poi mi hai incuriosito quando mi hai citato esplicitamente” rispose Tom Riddle.

Sembrava sincero.

“A che anno eri? Quanti anni hai?” continuò a chiedere Harry, iniziando ad essere semplicemente incuriosito dalla persona dall’altra parte delle pagine.

Una persona che probabilmente aveva frequentato Hogwarts cinquant’anni prima.

“Oh, eri anche tu a Hogwarts?” chiese poi, prima che Riddle potesse rispondere, rendendosi conto che non poteva darlo per scontato.

“Non credo di poter definire un’età, ma questo è il diario del mio quinto anno, avevo sedici anni quando l’ho scritto, e sì, ero a Hogwarts. Ero prefetto” raccontò il diario, senza dare segno che le domande personali lo turbassero.

Harry era sempre più interessato.

“In che casa eri smistato? Io sono un Grifondoro” confermò ciò che Tom già sospettava.

Il diario esitò.

“Non credo molto nelle case di Hogwarts, temo che possano provocare inutili rivalità tra studenti” evitò la domanda in modo davvero intelligente.

Harry non insistette, non voleva farsi i fatti suoi.

Cercò qualcos’altro da chiedere, o da scrivere in generale, ma si sentiva come bloccato.

Si sentiva un po’ strano.

Non capiva neanche lui cosa lo spingesse a ricercare così tanto un contatto con quel diario, ma voleva continuare a parlare con lui.

Eppure, fino a qualche momento prima, voleva usare il diario solo per sfogarsi ogni tanto, per condividere la sua giornata, per qualche minuto al giorno.

Ora sentiva una specie di connessione.

Eppure Riddle era solo uno studente di cinquant’anni prima.

Cos’era che lo spingeva così tanto ad aprirsi a lui senza pensarci troppo?

Era il suo chiaro bisogno di un confidente con il quale solo lui poteva parlare, senza che ci fosse nessuna traccia di giudizio o di prova?

C’era una qualche forza oscura all’opera?

Sia il diario che Harry possedevano un pezzo dell’anima della stessa persona e stavano in qualche modo cercando di connettersi? (Sì, certo, come no)

O magari Harry aveva sinceramente bisogno di uno psicologo a causa di tutti i traumi della sua vita e il diario sembrava la seconda migliore ipotesi?

Forse tutte queste cose insieme.

Fatto stava che Harry voleva parlargli, ma non voleva sembrare disperato o insistente, quindi non sapeva assolutamente cosa dirgli.

Forse era meglio chiudere per il momento.

Ma prima che il dodicenne potesse scrivere un saluto generico e chiudere il diario per andare da Ron e Hermione e chiedere a quest’ultima un aiuto per finire il compito di Pozioni, Tom scrisse qualcosa.

“Che sgarbato, non ti ho neanche chiesto come ti chiami. Pensa, so che sei nella squadra di Quidditch, conosco i nomi dei tuoi amici e anche dei tuoi rivali, eppure non so neanche una cosa così semplice come il tuo nome” commentò, affabile.

Harry si diede del maleducato per non averci pensato prima, ma per qualche motivo dava per scontato che Tom lo sapesse già, come se gli leggesse nel pensiero o qualcosa del genere.

Ma era vero che non aveva mai scritto il proprio nome sulle pagine di quel diario, almeno fino a quel momento.

“Mi chiamo Harry, Harry Potter” si presentò.

E un secondo dopo, si pentì di quanto aveva scritto.

Avrebbe potuto fingere di non essere Harry.

Per una volta avrebbe potuto parlare con qualcuno che non conosceva la sua identità di ragazzo sopravvissuto.

Forse era anche questo che aveva spinto Harry a continuare a parlare a Riddle.

Era la prima volta che nel mondo magico riusciva a parlare con qualcuno che non conoscesse nulla di lui.

Sapeva di dover essere grato che tanta gente conoscesse il suo nome, ma la celebrità gli stava scomoda.

Era l’unica cosa della sua vita a Hogwarts che non sopportava.

Sempre tutti quegli occhi che lo fissavano, che lo scrutavano, in positivo, o in negativo.

Tutti che si aspettavano da lui qualcosa di più, tutti che gli fissavano sempre la cicatrice, come se potesse uscire qualcosa di magico da essa da un momento all’altro.

Harry si sentiva un fenomeno da baraccone, per certi versi non diverso da quando la gente lo fissava per motivi meno lusinghieri, nella sua vecchia scuola, e nella sua vecchia vita, dove era visto come un ragazzo difficile, un poveraccio, uno strano, o la vittima eterna di Dudley. Insomma, il tipo che era meglio non approcciare per nessun motivo.

A prescindere dal mondo in cui era vissuto, Harry era sempre stato osservato e giudicato, per qualsiasi cosa.

Ma Tom non aveva neanche mai saputo il suo nome, fino a quel momento.

Tom non l’aveva visto con occhi diversi.

“Harry Potter? Non c’erano Potter quando ero a scuola, ma conosco di nome Fleamont Potter, penso sia un pozionista. Forse era un tuo parente” rispose Tom, dimostrando verso Harry la stessa curiosità che Harry provava per lui.

E il ragazzo si rese finalmente conto che il suo nome, per Tom, non significava assolutamente nulla.

Tom era vissuto prima di Voldemort, prima di Harry, ben cinquant’anni prima.

Per Tom, lui non era il grande Harry Potter, non era il ragazzo che è sopravvissuto.

Era solo Harry, un dodicenne che aveva trovato il suo diario.

E capì finalmente perché desiderava così tanto continuare la conversazione, e conoscere meglio il ragazzo dietro le pagine.

Finalmente, per la prima volta nella sua vita, sarebbe potuto essere trattato come un ragazzo normale.

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Non è estremamente interessante che le due nemesi a questo punto della storia non hanno la minima idea che sono nemesi?

Tom non ha la minima idea che Harry è il ragazzo che nel suo futuro lo sconfiggerà.

E Harry non ha la minima idea che Tom è il ragazzo che nel suo passato ha ucciso i suoi genitori.

Ed entrambi comunque si tengono delle informazioni personali per loro.

Certo, Tom lo sta manipolando perché vuole aprire la camera dei segreti, mentre Harry sta solo non dicendo di essere famoso per aver sconfitto un mago oscuro, ma insomma, per dire, c’è comunque una specie di parallelismo.

Nel prossimo capitolo comunque tornerà Tom con tutti i suoi pensieri riguardo a Harry e alla situazione.

Non vedo l’ora di scrivere il suo punto di vista, mi fa troppo ridere (anche se non dovrebbe).

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

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Capitolo 6
*** Un 'amico' tra le pagine ***


Un “amico” tra le pagine

 

Tom Riddle aveva già preso molto in antipatia Harry Potter.

A pelle gli stava antipatico.

Non che avesse la pelle, ma avete capito che intendo!

E non era neanche solo una sensazione, ma sembrava esattamente il prototipo di tutto ciò che Tom aveva sempre odiato: giocatore di Quidditch, idealista, irritante, stupido, e decisamente troppo emotivo.

Tom odiava le persone emotive.

Ma forse ciò che davvero Tom non riusciva a sopportare di Harry Potter, era la sua insaziabile curiosità.

Non che Tom fosse estraneo a persone che gli chiedevano informazioni personali, un sacco di ragazze a Hogwarts erano sempre interessate a lui a causa del suo bell’aspetto, modestamente (non era modesto manco per niente), quindi era abituato alle persone che provavano a estorcergli informazioni, per curiosità o con intenti meno nobili.

Ma quando aveva un corpo era facile fare il misterioso o evitare le domande e fare in modo che le ragazze (o i ragazzi, o i professori o chi altro) si distraessero con altro.

Quando si era un diario era decisamente più difficile.

Soprattutto se doveva indurre colui che scriveva su di lui a continuare a scrivere e rivelare più informazioni su di sé.

Perché conoscere meglio Harry Potter, per quanto sgradevole come prospettiva, era l’unico modo che Tom aveva di rafforzare il legame, e avere la possibilità di possederlo e usarlo come burattino per la sua missione di sterminio.

Era una nobile causa!

E il modo migliore per convincerlo ad aprirsi in fretta, era essere il primo ad aprirsi a sua volta.

Ergo, non poteva esimersi troppo spesso dal rispondere, anche se qualcosa aveva comunque evitato di dirla, tipo la sua casa a Hogwarts.

Visto l’astio che Harry aveva dimostrato nei confronti di Malfoy e dei Serpeverde, non voleva partire con il piede sbagliato ammettendo di essere membro della sua casa rivale.

Forse Harry sospettava qualcosa (anche se visto il suo scarso intelletto Tom ne dubitava), ma non aveva più posto la domanda, e ciò dimostrava che fosse sensibile.

Ew, disgustoso!

Grazie a Merlino, però, sebbene Harry avesse già fatto parecchie domande personali generiche tipo il colore preferito di Tom (“Mi piace molto il verde”), o se gli piaceva giocare a Quidditch (“Ho sempre preferito concentrarmi sui miei studi”), non aveva mai toccato l’argomento famiglia.

E di solito, dopo aver fatto una domanda a Tom, rispondeva anche lui.

Infatti ora Tom sapeva che il colore preferito di Harry era il rosso (tipico di uno spocchioso Grifondoro) e che era cercatore della squadra (non che a Tom importasse granché).

E nei giorni seguenti Harry aveva iniziato ad aprirsi sempre di più, e Tom sentiva la connessione crescere, e non poteva che sentirsi alquanto vittorioso riguardo a come le cose si stavano evolvendo.

Forse aveva sopravvalutato la forza mentale del ragazzino dietro le pagine.

O forse aveva sottovalutato le sue immense capacità persuasive e manipolatorie.

Ed era molto strano che lui sopravvalutasse qualcuno o sottovalutasse sé stesso, era un egocentrico con manie di grandezza che voleva conquistare il mondo e commettere genocidi, dopotutto.

Classico teenager.

In realtà era probabile che Tom avrebbe potuto già iniziare a controllarlo, ma voleva comunque giocarsela bene, e non era il caso di andare subito nella camera dei segreti senza essere certo di avere la piena lealtà del suo sottoposto.

…la lealtà non l’avrebbe mai avuta, ma quantomeno il pieno controllo mentale.

Non voleva che un dodicenne andasse in giro a sbandierare i suoi segreti.

Per fortuna era riuscito a farsi promettere da Harry di tenere le informazioni che gli confidava per sé, perché, e qui aveva dovuto sfoggiare doti da attore degne di un Oscar: “Tu sai che io non potrei mai tradire la fiducia che hai riposto in me nel confidarti in questo diario, ma temo di non poter fare altrettanto. Non che non voglia fidarmi di te, Harry, ma interagisci con molte persone, e come puoi ben intuire da come è strutturato il mio diario, non ho mai troppo apprezzato espormi con gli altri”.

Era proprio un genio della scrittura!

E Harry aveva risposto con un semplicissimo “Lo capisco benissimo, non preoccuparti, Tom, non l’ho detto a nessuno”.

Tom non sapeva quanto potesse fidarsi per il lontano futuro, ma per il momento andava bene.

Era un Grifondoro, e i Grifondoro erano giusti, solitamente.

Non che Tom fosse il tipo da contare sugli stereotipi delle case per giudicare le persone.

Non aveva mentito quando aveva detto a Harry che non credeva moltissimo alla divisione delle case.

Aveva conosciuto dei Serpeverde dotati di forte lealtà, dei Grifondoro estremamente codardi, dei Tassorosso capaci di grande cattiveria, e dei Corvonero privi di razionalità.

Però bisognava ammettere che, da una prima analisi, quel Potter sembrava la definizione perfetta di Grifondoro, quindi Tom poteva in parte basarsi sugli stereotipi nel giudicarlo.

Ma non poteva comunque buttarsi subito nel controllo, perché sentiva che nonostante la sua apertura nel parlare con lui, Harry restava ancora piuttosto restio a confidargli le cose più importanti.

E Tom non aveva la minima intenzione di fare domande, perché poi avrebbe dovuto rispondere a tali domande come faceva sempre Harry, e odiava quella reciprocità.

In effetti si chiedeva già da un po’ perché Harry fosse così interessato a scoprire informazioni su di lui.

Era solo un diario, dopotutto.

E così i giorni passavano…

 

“Tom, avevi delle rivalità ad Hogwarts? Io non sopporto Malfoy da prima ancora dello smistamento! E non fa che prendermi di mira da allora”

“Sono felice di poter affermare di essere sempre stato abbastanza apprezzato dai miei compagni di classe. C’è un motivo che ha scatenato la rivalità con questo Malfoy?” Tom ogni tanto provava a indagare sulle relazioni di Harry per capire meglio i suoi pensieri riguardo i babbani e i sanguesporco.

Non che servissero doti da Sherlock per conoscerle.

“Ha insultato Ron e la sua famiglia! È una persona orribile ossessionata dalla fama, dalla ricchezza e dalla purezza del sangue. Non si può non essere suoi rivali! E comunque ha cominciato lui. Io volevo solo passare un anno tranquillo e imparare più cose possibili” infatti la risposta faceva ben intendere i suoi ideali da difensore di babbani e simile marmaglia.

In effetti i Potter erano famosi per essere molto indulgenti con i babbani, che aiutavano quando ne avevano bisogno. Probabilmente i genitori di Harry lo avevano cresciuto allo stesso modo.

BAH!

“In effetti non sembra particolarmente gentile” rispose per dare l’impressione ad Harry di essere dalla sua parte.

“Eri fortunato ad andare d’accordo con tutti” arrivò il commento di Harry.

E arrivò anche qualcos’altro, a Tom.

Come un sospiro.

Non era che una leggerissima sensazione, quasi impercettibile, ma tirava il collegamento che Tom stava iniziando a ottenere tra lui e Harry, come se i due si stessero, leggermente, allontanando.

“Non andavo proprio d’accordo con tutti, ma non avevo una grande rivalità come te” ammise, sincero.

E non seppe neanche lui perché non aveva chiuso l’argomento e basta, dato che di certo non serviva dare informazioni non necessarie.

Eppure, forse, serviva.

Perché la leggera linea che li univa sembrò quasi rafforzarsi, un minimo.

Forse perché Tom si era relazionato a Harry?

Serviva questo? Relazionarsi? Tom non era del tutto certo di come farlo, dato che aveva tante qualità, anzi, aveva tutte le qualità del mondo perché era perfetto, ma se c’era una qualità che non era proprio al massimo, era quella cosa chiamata empatia.

Si poteva dire che non l’aveva mai provata in tutta la sua vita.

Però… forse… con Harry…

NAAAAH, era solo un modo come un altro di manipolarlo.

E se doveva dare l’impressione di essere leggermente meno perfetto per fare in modo che Harry, badate bene, HARRY empatizzasse con LUI, poteva fare questo sacrificio.

Per la missione!

 

“C’è un’epidemia di influenza ultimamente. Un sacco di studenti sono andati in infermeria per prendere un rimedio per il raffreddore. Mi dispiace per Ginny”

Ginny? E chi era Ginny adesso?

“Una tua amica? Mi dispiace per lei”

“Beh, non proprio, insomma, è la sorella minore di Ron. In realtà credo di starle un po’ antipatico…” Tom poteva capire il sentimento “…è l’unica tra le persone che conosco che sta male, quindi mi dispiace. Mi dispiace per tutti, comunque. L’influenza è fastidiosa”

Ecco, quel sentimento invece Tom non lo capiva. 

Perché a Harry doveva importare se qualcuno stava male? L’importante era che lui stesse bene. E magari i suoi amici, se il fatto che stavano male poteva renderli inutili per lui, ma comunque perché preoccuparsi degli altri se non gli giovava per niente?

“Sono sicuro che starà meglio presto. Quando ero a Hogwarts l’infermeria era molto efficace, suppongo sia solo migliorata con gli anni” Tom disse una frase incoraggiante generica per farlo stare buono.

Una frase che però era anche sincera, perché era vero che l’infermeria era molto efficiente.

“Oh, decisamente! L’anno scorso ho passato gli ultimi giorni dell’anno in infermeria, e Madama Chips è stata bravissima. Anche se spero di non doverci più tornare. Non mi piace stare a letto” rispose Harry, dando qualche informazione in più.

Informazione che Tom trovò curiosa.

Non aveva mai sentito di studenti rimasti in infermeria per più di un giorno, a meno che non fossero davvero gravi.

“Cosa è successo?” chiese, sperando di ottenere qualche informazione in più sui trascorsi a Hogwarts di quel Harry Potter.

Anche se, conoscendolo, poteva essere stato a causa di una partita di Quidditch andata male, o una delle sue scorribande con macchine volanti.

“Oh, niente… si è risolto in fretta, Madama Chips mi ha tenuto solo per sicurezza” Harry, per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare con Tom, evitò la domanda.

Tom si sentì in parte offeso, in parte curioso, perché da un lato non capiva cosa potesse Harry tenere segreto ad un diario che nessuno oltre a lui poteva leggere, e ciò lo portava anche a pensare che fosse qualcosa di veramente interessante.

Avrebbe voluto indagare, ma decise di essere rispettoso e tenere l’informazione a mente per tirarla fuori in un secondo momento, quando il loro legame sarebbe stato più forte.

“Stai bene adesso?” chiese solo, fingendo di preoccuparsi per la sua salute.

“Sì, non prendo un raffreddore da anni… tu sei mai stato in infermeria, Tom?”

Ma perché continuava a fargli domande?!

Tom valutò l’idea di mentire e dire di no, perché lui era perfetto! Ma poi si ricordò che per legare meglio con Harry doveva essere relazionabile, e quindi pensò di dire di sì e mentire sulla causa solo per togliersi l’affare di torno.

Ma Tom sapeva di dover essere molto attento a come mentiva, a Harry, perché a differenza di Tom, lo studente era a Hogwarts, e aveva accesso a documenti che avrebbero potuto attestare se Tom diceva il vero o il falso nelle loro chiacchierate.

E se Tom diceva il falso e Harry lo scopriva, sarebbe stato meno incline a fidarsi delle sue risposte in futuro, e Tom aveva bisogno che Harry si fidasse di lui.

Decise di dire una verità molto generica.

“Sono stato in infermeria qualche volta, i primi anni. Niente di grave, solo qualche incantesimo andato male” ammise, tenendosi largo.

“Sembri tipo che sperimenta con la magia” commentò Harry, e Tom riusciva a percepire che fosse… divertito?

Ehi, rideva di Tom?!

“Beh, bisogna sperimentare se si vuole cambiare il mondo, no?” rispose, difendendo il suo onore.

“Wow! Molto ispirante. Personalmente non voglio troppo cambiare il mondo, ma ammiro le persone che sperimentano, tipo Fred e George, anche se loro lo fanno per gli scherzi”

Scherzi?! 

Harry stava paragonando le grandi sperimentazioni di Tom Riddle a degli stupidi scherzi?!

Non che Harry sapesse ciò che Tom faceva davvero, ma comunque si sentiva offeso

“Io non facevo molti scherzi” disse solo, sperando che Harry non potesse percepire la sua irritazione

“Lo immaginavo, Tom, ahah”

…aveva sinceramente scritto ‘ah ah’, tipo la risata? Ma che razza di scrittura era?!

Tom non commentò oltre.

Ma se avesse avuto una bocca, probabilmente gli sarebbe comparso un sorrisino, appena accennato.

Scherno, ovviamente!

Un sorrisino di scherno!

Tom Riddle non era divertito o intenerito.

Lui neanche le conosceva, quelle parole!

 

“Eri bravo a scuola?”

Era prefetto, vedi un po’ tu! Ma guardate un po’ questo, che faceva domande così ovvie!

“Non voglio vantarmi, ma me la cavavo abbastanza. Ho sempre dato molto valore ai miei studi” rispose Tom, vantandosi eccome.

Però, dai, non aveva detto di essere il primo della classe, si era tenuto umile.

“Lo immaginavo. Eri prefetto, dopotutto” 

Ma se lo sapevi perché lo hai chiesto?!

“E avevi una materia preferita?”

Ma a te che importa?! 

“Ero davvero molto bravo in pozioni, ma la mia materia preferita era in assoluto Difesa contro le arti oscure” 

Tom aveva deciso di essere onesto per quanto poteva, e ammettere le sue materie preferite sembrava innocuo.

Anche se comunque non capiva perché Harry gli facesse tutte quelle domande.

“Bravo in pozioni?! Scommetto che non avevi Piton come insegnante” si lamentò Harry. Ogni scusa era buona per insultare quel Piton.

“No, infatti. Il mio insegnante di Pozioni era Lumacorno, era molto amichevole con certi studenti, e sono stato abbastanza fortunato da finire nelle sue grazie” spiegò Tom, ripensando al Lumaclub.

Certo che quel professore aveva proprio un fiuto per le persone in gamba. Era piuttosto soddisfacente.

“Io invece con Piton sono sfortunato! Mi odia perché mio padre gli ha salvato la vita quando erano a Hogwarts insieme” la successiva frase di Harry, tolse Tom dai suoi pensieri nostalgici.

Allora, lui non era un esperto di gratitudine, di empatia, o di emozioni, ma persino lui non avrebbe odiato qualcuno che gli salvava la vita.

Forse non avrebbe dato a quella persona un trattamento di favore, e se si fosse rivelato pericoloso per i suoi piani l’avrebbe comunque ucciso, ma ci avrebbe comunque pensato due volte, e non lo avrebbe odiato per quel motivo.

Non aveva il minimo senso neanche per lui.

E lui era un genocida pazzo, quindi non esattamente un esempio di moralità.

Quel Piton era strano. 

“…sembra uno strano motivo per odiare qualcuno” commentò, confuso da tale mentalità.

“Erano anche rivali, come io e Malfoy” spiegò Harry.

“Non è comunque giusto prendersela con i figli” osservò Tom, che odiava essere associato ai suoi genitori, che considerava insignificanti, e aveva vissuto fin troppo con il cognome babbano di suo padre, che non gli aveva portato altro che guai.

“Lo penso anche io!”

“Qual è la tua materia preferita, Harry?” Tom cambiò argomento prima di essere costretto a pensare troppo alla propria famiglia, e prima che Harry potesse domandare qualcosa su ciò.

Era onestamente l’ultimo argomento di cui voleva parlare.

“Non credo di averne una a dire il vero. Odio pozioni, non sono bravo in erbologia, Astrologia mi fa sempre un po’ addormentare. Trasfigurazione è molto complicata anche se è interessante, e incantesimi mi piace molto ma non so se considerarla una materia preferita. Penso che Difesa contro le arti oscure potrebbe essere davvero interessante, ma Allock è davvero pessimo a insegnarla, e Raptor…” Harry smise di scrivere.

Tom aspettò qualche secondo.

E poi non si trattenne.

“Chi è Raptor?” chiese, innocentemente.

“L’insegnante dell’anno scorso. Non era bravo neanche lui” Harry rispose con poche parole.

Oh, Tom voleva indagare tantissimo.

Ma si impose di non fare troppe domande.

“Mi dispiace” disse solo, generico.

“Chissà se qualche insegnante è rimasto da quando frequentavi Hogwarts” questa volta fu Harry a cambiare argomento.

In effetti era un cambio interessante.

“Dubito, erano tutti piuttosto anziani, e sono pur sempre passati cinquant’anni” suppose Tom, riflettendo a quanto vecchio sarebbe potuto  essere Silente in quel momento se fosse sopravvissuto in quei cinquant’anni. Sperava proprio di no, comunque. Non sarebbe stato giusto se Lumacorno fosse morto, e Silente invece no. Era anche più vecchio di lui!

“Suppongo che non conoscevi la McGranitt, lei è probabilmente la mia insegnante preferita, anche se è molto severa” Harry continuò a scrivere. Aveva voglia di chiacchiere quel pomeriggio.

E in effetti Tom doveva ammettere che McGranitt come cognome gli suonava, e non solo perché Harry l’aveva già nominata qualche volta.

“Per caso di nome fa Minerva?” chiese, ricordando qualcuno che aveva visto il suo primo anno.

“Non lo so a dire il vero, perché?” 

“C’era una Minerva McGranitt a Hogwarts con me. Solo per un anno però. Era all’ultimo anno quando io ero al primo. Grifondoro, star del Quidditch” spiegò Tom, ripensando al suo primo anno.

Non era stato un buon anno.

Forse il peggiore da quando era arrivato a Hogwarts.

“La McGranitt giocava a Quidditch?!” Harry sembrava sconvolto.

Tenero… CIOÈ, RIDICOLO! AD EMOZIONARSI PER COSÌ POCO! BAH!

“Da ciò che ricordo. Poi ha avuto un incidente, quell’anno” ricordò Tom, stando ben attento a non raccontare che erano stati i suoi compagni di casa a causare l’incidente, e Tom aveva dato una mano non indifferente, così da farsi finalmente accettare da… non era importante! 

“Che peccato. In effetti ci tiene molto che vinciamo la coppa” rifletté Harry.

“Dovrete renderla orgogliosa” commentò Tom, generico come spesso succedeva, anche se una parte di lui pensava che forse, per un anno, potevano anche vincerla i Grifondoro la coppa del Quidditch.

Dopotutto i Serpeverde avevano tutto il resto.

“Faccio del mio meglio”

Dopo l’ultima frase di Harry, ci furono parecchi secondi senza nessuna frase, e Tom pensò che il ragazzo avrebbe chiuso il diario e sarebbe andato da qualsiasi parte dovesse andare.

Ma dopo qualche minuto, tornò a scrivere, velocemente, come se avesse fretta di condividere il pensiero con Tom.

“Forse so chi potevi conoscere!”

“Chi?” Tom era sorpreso dalla veemenza, e anche un po’ curioso.

“Silente!” 

Cosa?!

Oh, no!

Tom pregò con tutto il cuore che fosse un figlio o nipote di Silente, o un fratello, o qualsiasi altro Silente, e non il SUO Silente!

“…Silente?” chiese, facendo il finto tonto, e cercando di non esternare la sua rabbia interiore al solo sentirlo nominare.

“Sì, è il preside. Lo conoscevi, Tom?”

PRESIDE?! ERA DIVENTATO PRESIDE?! QUEL VECCHIO GIUDICANTE ERA UN… calmo, Tom, calmo, o ti sale la pressione.

No, non poteva salirgli la pressione, era un diario!

Ma comunque era meglio mantenere la calma davanti a Harry.

“Oh, quindi Silente è diventato preside, non dovrebbe sorprendermi” fece una risposta generica che tradiva una rabbia sconfinata.

“Non lo era quando frequentavi Hogwarts?” Harry era sorpreso.

Ma ti pare che uno è preside per più di cinquant’anni?

Anche se in effetti visto che Silente era vecchio come il cucco, era normale pensare che fosse preside da mezzo secolo E DOVESSE ANDARE IN PENSIONE!

“Era insegnante di trasfigurazione. Ammetto che non ho mai particolarmente brillato in quella materia” ammise Tom, mite.

Trasfigurazione in sé era interessante, ma era un po’ difficile concentrarsi quando il professore ti fissava costantemente con sguardo inquisitore che pensava avessi fatto qualcosa di male.

Okay, Tom il più delle volte faceva davvero qualcosa di male, ma Silente non poteva saperlo, no? Giudicava e basta!

“Eppure Silente è fantastico! È il mago migliore del mondo! Il più potente e il più in gamba, persino più di…” Harry si interruppe.

Tom per una volta non lo notò, e non ci fece per niente caso.

Era troppo occupato a indignarsi.

Silente? Silente era il migliore mago?! Quel vecchio che faceva sempre favoritismi verso i Grifondoro e che lo aveva visto di cattivo occhio dal giorno in cui Tom aveva scoperto di essere un mago grazie a lui? Gli sarebbe anche stato grato se quel giorno non gli avesse anche fatto una ramanzina non richiesta e se da allora non lo avesse sempre guardato con quella assoluta mancanza di fiducia qualsiasi cosa Tom facesse.

Se c’era una persona che Tom davvero odiava con tutto sé stesso, quella era Silente.

Ma non poteva farlo notare troppo a Harry, che a quanto pareva lo stimava non poco.

“Mi fa piacere che Hogwarts sia in buone mani” disse la prima cosa che gli arrivò in mente.

“Assolutamente!”

Harry, evidentemente, aveva pessimi gusti in fatto di professori.

Oppure, a differenza che con Tom, con Harry Silente faceva favoritismi e lo trattava bene.

Tsk, e osava persino dire che il Lumaclub non fosse una buona idea. Silente era il Lumacorno dei Grifondoro! Ipocrita.

UGH! Tom non riusciva a CREDERE che fosse lui il preside.

Ora avrebbe dovuto essere ancora più attento!

 

“Tom, posso chiederti una cosa un po’ personale?”

Non faceva altro da giorni, in realtà.

“Certo, Harry, qualsiasi cosa”

Ma guarda un po’ che doveva dire Tom per fare in modo che Harry si fidasse di lui!

“Avevi una ragazza, quando eri a scuola?”

…che?!

Ma che gli importava, a lui?!

La vita sentimentale di Tom era personale!

E inesistente…

Ma soprattutto personale! 

Ma poi erano cose che un ragazzino di dodici anni pensava?!

“Perché me lo chiedi?” chiese, provando ad evitare la domanda.

“Oggi Allock ha parlato di qualche strega che ha conquistato e di un qualche premio per il sorriso più affascinante o che so io, e ho sentito Calì e Lavanda che parlavano di ragazzi alle mie spalle, e… non so, mi ha fatto pensare. Tu avevi sedici anni, giusto? Avevi l’età per una ragazza, suppongo”

Il ragionamento aveva senso, ma non spiegava perché, per le mutande di Merlino, Harry fosse interessato alla vita romantica di TOM.

Ma in generale, alla vita di Tom.

Non aveva il minimo senso!

“Perché mi fai sempre tutte queste domande?” si ritrovò a chiedere, senza neanche pensarci seriamente. La domanda era stata scritta nel diario praticamente da sola.

Tom non avrebbe voluto chiedere, in realtà, ma non riusciva proprio a concepire come un dodicenne con tante cose da dire, fosse così interessato alla vecchia vita di un sedicenne vissuto cinquant’anni prima che al momento era in un diario e basta.

Non avrebbe dovuto usarlo per sfogarsi e ottenere conforto? Per rivelare i suoi segreti e basta? Che gli importava di Tom? Non lo aveva mai visto, non lo avrebbe mai visto, e per quanto ne sapeva Harry, poteva essere morto!

…Tom non era morto e non poteva letteralmente essere morto perché era immortale, ma questo era un dettaglio che Harry non conosceva.

Harry ci mise parecchio a rispondere, e quando finalmente lo fece, Tom riuscì a percepire che era molto timoroso e a disagio.

“Ti da fastidio?” chiese, con scrittura titubante.

Ecco, Tom aveva fatto un casino!

Cosa che non accadeva mai perché era perfetto!

Tutta colpa di Harry, sicuramente!

Era sempre colpa di altri.

Ma doveva comunque provare a rimediare.

“No, certo che no! Mi fa piacere ricevere le tue domande, semplicemente non capisco perché me le poni. Non sono una persona particolarmente interessante” si sminuì Tom, che si considerava estremamente interessante, ma non voleva dare l’impressione a Harry di vantarsi troppo.

“Per me sei molto interessante, Tom. E mi piace conoscere cose dei miei amici” 

La risposta di Harry aveva mandato in corto il cervello di Tom (che lui non aveva) per qualche istante.

A_amici?

Amici?!

Ma che Salazar stava dicendo Harry?!

Tom a malapena conosceva quella parola, a dire il vero.

E non gli si addiceva per niente.

Amici? Bah! Tom non aveva mai avuto amici, per scelta (degli altri all’inizio, e poi sua) e non avrebbe di certo cominciato con Harry Potter!

Ma… ma… vedendo la situazione con logica, era una cosa positiva.

Perché se Harry si considerava amico di Tom, allora poteva continuare con il piano.

Sì, era un’ottima cosa per Tom.

Ah! Ti aveva fregato, Harry! La manipolazione stava riuscendo.

Allora perché Tom sentiva una specie di nodo allo stomaco?

Tom cancellò la sensazione, mettendola in un angolo.

Lui non aveva uno stomaco!

“Tom?” Harry attirò la sua attenzione, e Tom tornò concentrato.

Sì, doveva rispondergli, ma come poteva rispondere ad una tale dichiarazione? 

Mmmmm, doveva essere tranquillo, come sempre.

Un Tom sicuro e pieno di figaggine intrinseca.

Shallo.

“Oh, scusa, Harry, ma non ho mai avuto molti amici, e il tuo messaggio mi ha sorpreso”

Okay, poteva uscirgli meglio.

“E avevi una ragazza?” c’era un chiaro sottotesto di presa in giro dietro quel messaggio, ma Tom non se ne accorse, troppo occupato a cercare di recuperare il savoir faire.

“Non sono mai stato tipo da ragazze, preferivo pensare ad altro”

Anche questa poteva uscirgli meglio.

Ma che gli stava succedendo in quel momento?!

“Anche io preferisco pensare al Quidditch piuttosto che alle ragazze” Harry sembrava soddisfatto dalla risposta.

Sì, certo, Quidditch.

Tom era più verso il dominio del mondo, ma ognuno aveva i suoi hobby, giusto?

La cosa importante era aver fatto un passo avanti nel conquistare Harry.

Ma… Tom iniziava a credere che il collegamento che si stava formando tra i due non fosse esattamente ciò che sperava.

Però doveva lavorare con ciò che aveva, tenere la mente lucida, e soprattutto sperimentare un’eventuale possessione.

Avrebbe agito presto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

In realtà volevo mettere altro in questo capitolo ma stava uscendo troppo lungo quindi l’ho diviso. 

Sono le prime conversazioni. Niente di troppo importante, ma si delina una relazione tra Harry e Tom, e Tom inizia ad essere sinceramente interessato a ciò che succede a Harry, e a rispondere sempre più sinceramente, anche se ci metterà un po’ a cambiare davvero, e il suo obiettivo primario è ancora di aprire la camera dei segreti e ammazzare mezza scuola.

Robe da teenager.

Come sempre adoro troppo scrivere di Tom, è così drama queen!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e grazie a tutti quelli che leggono e seguono questa storia.

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Capitolo 7
*** Una piccola crepa sul mondo ***


Un piccola crepa sul mondo

 

-Che stai scrivendo che ti fa ridere così tanto?- chiese ad un certo punto Ron, lanciando un’occhiata verso di Harry e sollevando lo sguardo dalla scacchiera dove stava stravincendo su Neville.

Erano nel dormitorio prima di dormire, e Harry ne aveva approfittato per scrivere le ultime novità a Tom.

-Niente- rispose, alzando le spalle e chiudendo il diario, dove l’ultima risposta di Tom era già sparita dalle pagine.

Era strano per lui avere un segreto da non condividere con Ron e Hermione, ma gli piaceva l’idea che Tom fosse un amico tutto suo, un confidente personale che solo lui conosceva.

E poi Tom gli aveva chiesto di non parlarne troppo con altri, quindi non poteva certo tradire la sua fiducia.

Anche se Harry si sentiva un po’ in colpa a tenergli nascoste alcune informazioni, come il suo status di bambino sopravvissuto, i suoi trascorsi con Voldemort, e la sua famiglia.

C’erano state occasioni di parlarne, e di certo era una delle cose di cui voleva più sfogarsi, ma non riusciva proprio a raccontare niente a Tom.

Era davvero troppo piacevole scrivere costantemente a qualcuno che non aveva la minima idea di chi fosse davvero Harry Potter.

Ed era davvero felice di poterlo considerare un amico, anche se ammetteva pure lui di non conoscere abbastanza cose del ragazzo dietro le pagine per fidarsi del tutto, e a volte gli era sembrato che rispondesse in modo un po’ generico alle sue domande.

E temeva fosse perché lo annoiava, e si sentiva un po’ in colpa.

Ma poi Tom rispondeva in modo più leggero, sincero e rassicurante, e Harry si convinceva che forse se l’era solo immaginavo.

E continuava a scrivere.

E continuava a fare domande.

Perché Tom Riddle era una persona davvero, davvero interessante, così come era interessante scoprire cosa facessero i maghi cinquant’anni prima.

E ora Harry sapeva che era un secchione, che non giocava a Quidditch, il suo colore preferito era il verde, non aveva mai avuto né gufi, né gatti né rospi a Hogwarts, e non aveva mai avuto neanche molti amici né una ragazza.

Per qualche motivo, anche se Tom non gli aveva rivelato la sua casa, Harry aveva l’impressione che potesse essere un Corvonero, e nella sua mente Tom Riddle era un ragazzo molto sensibile e gentile che però veniva costantemente preso di mira dai suoi compagni di casa nonostante la sua bravura.

Harry, questa descrizione è più simile a Mirtilla Malcontenta che a Tom Riddle, ma vabbè… sappiamo che Harry non è la persona più analitica del mondo, ha altre qualità.

A prescindere da tutto, a Harry piaceva parlare con Tom, e sentiva un vero e proprio legame che iniziava a formarsi tra i due.

Era stato molto divertente vederlo agitarsi quando Harry lo aveva definito suo amico. Chissà quante poche persone glielo avevano detto.

Harry non era molto bravo ad analizzare gli altri, e non era un grande osservatore, ma compensava ciò con una forte empatia verso il prossimo, e una volta che si rendeva effettivamente conto di qualcosa, si immedesimava molto nelle emozioni che una persona poteva provare in determinate circostanze.

E gli sembrava di iniziare a capire davvero Tom, dal modo in cui rispondeva.

E lo sentiva come un’anima affine (eh eh, Harry, non hai idea di quanto affine).

-Di certo non è per il tema di trasfigurazione. Altro che ridere, quello ti fa piangere!- la frase seguente di Ron lo riscosse dai suoi pensieri.

-Il tema di trasfigurazione?- chiese Harry, cadendo dalle nuvole.

-C’era un tema di Trasfigurazione?!- anche Neville sembrava scioccato, e la sua distrazione non aiutò la sua situazione sulla scacchiera, permettendo a Ron di mangiargli un alfiere.

-Venti centimetri di pergamena, e Hermione ha già detto e ripetuto che non ha intenzione di aiutarci… e lei ne ha fatti quaranta, di centimetri. Quaranta! Non poteva darne dieci a noi e aiutarci un po’?- Ron iniziò a lamentarsi facendo scacco matto a Neville, che sospirò e recuperò i poveri resti dei suoi pezzi di scacchi, avviandosi al suo baule e prendendo il necessario per Trasfigurazione, che sicuramente avrebbe iniziato a fare.

-La cosa divertente è che per quanto scrive piccolo Hermione, avremmo potuto ricavare venti righe dalle sue dieci- ridacchiò Harry, facendo sbuffare Ron.

-Infatti! Pensavo fossimo amici!- si lamentò, melodrammatico.

Harry alzò gli occhi al cielo. 

-Siamo amici, Ron. E ci aiuta già tanto senza che le facciamo fare anche i nostri temi- gli fece presente.

Ogni tanto ci stava lamentarsi dei compiti, ma Hermione era veramente un angelo la maggior parte delle volte, e persino quando Harry era spacciato con i compiti non se la sentiva mai di dare la colpa a Hermione per la propria incompetenza.

-Lo so… lo so… comunque suppongo non stessi facendo il tema- Ron tornò al succo del discorso, indicando il diario chiuso tra le mani di Harry, che scosse la testa.

-Ad essere onesto… mi ero dimenticato che ci fosse un tema da fare- ammise, portandosi una mano tra i capelli a disagio.

-Vogliamo lavorarci insieme domani? Almeno falliamo in due- gli propose Ron, e Harry annuì, sollevato.

-Se Oliver non ci tiene troppo sul campo di Quidditch per gli allenamenti… ma domani dovremmo avere il campo solo la mattina, quindi possiamo lavorare sul tema il pomeriggio- propose Harry, che non sarebbe mai riuscito a fare quel tema da solo in così poco tempo.

-Okay, e io approfitto della mattinata per provare a convincere Hermione ad aiutarci- Ron sembrava determinato.

Harry lo trovava improbabile, ma non glielo disse, e tornò al suo diario, chiedendosi se Tom sarebbe stato in grado di aiutarlo con un tema di Trasfigurazione.

Non lo aveva mai interpellato per i compiti fino a quel momento perché non voleva dare l’impressione di non essere bravo a scuola, ma dato che il suo amico dietro le pagine era un secchione, ed era anche più grande, si sarebbe potuto rivelare molto utile, anche se trasfigurazione non era la sua materia preferita, da quanto aveva detto.

Non era sembrato molto felice di scoprire che Silente era preside, e questo era strano.

Ma forse Harry aveva solo frainteso.

Silente era un mago straordinario, dopotutto, solo i maghi oscuri potevano vederlo con cattivo occhio.

E Tom non poteva assolutamente essere una cattiva persona.

 

“Io non capisco come è possibile che Gazza lavori a Hogwarts!! Perché è stato assunto?! Lui odia profondamente gli studenti, cerca solo di punirci tutti quanti per ogni motivo, e a volte fa quasi paura! Persino il suo gatto è spaventoso. E a me fondamentalmente i gatti piacciono” 

Wow… era da un po’ che Harry non si sfogava. Era sempre interessante quando buttava i suoi pensieri così, senza freni.

Più cose da analizzare, per Tom.

Ma prima era meglio rispondere.

“Cosa è successo, Harry? Stai bene?” sempre meglio essere sempre gentili.

“Sì, ma ho rischiato una brutta punizione… per un attimo temevo che Gazza mi avrebbe torturato come minaccia sempre di fare, e per nulla! Non è giusto! Fortuna che Nick-quasi-senza-testa mi ha aiutato…”

“Calma, Harry, non ho capito molto bene la dinamica… cosa è successo?” provò a chiedere di nuovo Tom, iniziando a confondersi.

“Oggi l’allenamento di Quidditch è stato un disastro. Il tempo era orribile, ci sono stati altri problemi per la prenotazione del campo, e alla fine sono tornato di sera, sporco di fango e stanco morto! E come se non bastasse, Gazza mi ha portato nel suo ufficio per punirmi perché stavo sporcando i corridoi, e poi Nick lo ha distratto con Pix, e…” Harry esitò un attimo.

“Cosa?” Tom lo incoraggiò a continuare, iniziando ad interessarsi alla faccenda.

Non perché fosse interessante, ma gli dava sempre informazioni da poter usare contro Harry, e poi, anche se non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, iniziava ad appassionarsi un po’ alle vicende di Harry Potter.

Forse a causa del collegamento tra i due che si stava rafforzando, forse perché quando Harry gli scriveva, Tom si sentiva meno un libro e più una persona, o forse solo perché non aveva assolutamente altro da poter fare in quel vuoto oltre a leggere le sue parole, ma ogni volta che sentiva la familiare sensazione della piuma che scriveva sulle pagine del diario, Tom si sentiva sempre un po’ più… vivo.

Anche se l’obiettivo era sempre e comunque manipolare Harry, possederlo, e fargli aprire la Camera dei Segreti.

Era quello il piano, e lo sarebbe rimasto finché tutti i sanguesporco non fossero stati eliminati.

“…ammetto che potevo evitare di leggere la sua corrispondenza, ma ero lì da solo e la lettera era lì, e mi è venuta la curiosità. Comunque Gazza è davvero impazzito, ma era solo un corso di magia per corrispondenza, non mi è sembrato niente di ché” alla fine Harry rispose, e se Tom avesse avuto gli occhi, li avrebbe roteati, scuotendo la testa.

Era proprio da Harry non farsi gli affari suoi, quel curioso ragazzo.

Ma una cosa del suo racconto colpì Tom.

…corso di magia per corrispondenza?

“In che senso un corso di magia?” provò a chiedere, confuso.

“Non lo so, dovrò chiederlo a Ron quando…” Harry smise di scrivere, e Tom fu troppo occupato a riflettere per accorgersi subito che si era interrotto bruscamente.

Un corso di magia… evidentemente Gazza era il custode e non un professore, dato che si era lamentato dello sporco e Harry gli aveva bene o male parlato di quasi tutti i suoi professori, fino a quel momento.

Ma se chiedeva un corso di magia, era possibile che non fosse… un mago? 

Poteva essere da Silente assumere un babbano, ma dubitava che fosse legale, dal punto di vista delle leggi per l’uso improprio delle arti magiche, che stabilivano che non si potesse praticare la magia davanti ai babbani a meno che non ci fossero delle circostanze straordinarie.

Quindi, forse… era un magonò?

Più probabile, ma comunque perché mai assumere un magonò come custode?!

Ma quanto era crudele da parte di Silente assumere una persona per pulire l’intero immenso castello… senza che potesse farlo con la magia.

Disumano!

…non che Tom considerasse umani i magonò, i babbani o i sanguesporco, che meritavano anche peggio, ma comunque che stupida decisione! 

“Tom…”

Tom era così intento a riflettere sulla questione, rabbrividendo al pensiero di quanto fosse caduta in basso Hogwarts da quando Silente era preside, che in un primo momento non si rese conto che Harry aveva ricominciato a scrivergli.

“Tom… posso chiederti un favore?” ma queste parole lo riscossero.

Un favore? 

Harry voleva chiedergli un favore?

Poteva essere interessante.

Se si fidava abbastanza da chiedergli un favore, Tom poteva guadagnare ancora di più la sua fiducia, e magari anche iniziare a sperimentare con il controllo a distanza.

Certo, dipendeva dal favore.

Ma Tom era certo di essere in grado di fare qualsiasi cosa per Harry.

…qualsiasi cosa che potesse fare da dentro un diario, ma Harry sapeva che lui era un diario, non gli avrebbe chiesto niente di impossibile, giusto?

“Certo, Harry. Se posso farlo, qualsiasi cosa” diede la sua disponibilità, chiedendosi cosa mai un dodicenne potesse volere da un diario senziente.

“Allora… non è che mi sono tenuto all’ultimo, e di solito non ho problemi con i temi, li preparo in anticipo, ma oggi ho avuto degli imprevisti, come ti dicevo, e Ron mi ha appena detto che ha convinto Hermione ad aiutarlo e lo ha fatto con lei perché io non c’ero, e… si è proposto di farmi copiare ma penso che la McGranitt lo noterà se lo facciamo uguale, e ora Ron sta facendo una cosa con Fred e George, e Hermione sta già facendo i compiti di Pozioni e non voglio disturbarla, quindi, mi chiedevo…” Harry iniziò una premessa così lunga che se Tom avesse avuto un corpo si sarebbe addormentato nell’attesa.

E alla fine lo interruppe, capendo dove sarebbe voluto andare a parare.

“Vuoi che ti aiuti con dei compiti di Trasfigurazione?” chiese, andando al punto, supponendo con grande acume che volesse aiuto, e che la materia fosse Trasfigurazione perché aveva citato la McGranitt.

Harry ci mise qualche secondo a rispondere.

“Sì, abbiamo un tema di venti righe per domani, e sono alquanto disperato. So che Trasfigurazione non era la tua materia preferita, ma se mi puoi suggerire qualcosa mi aiuteresti comunque tantissimo” ammise, e si capiva dal tremore della scrittura che era molto a disagio nel chiederlo.

Tom sentì una stranissima sensazione fiorire leggermente in lui, delicata come una piccola carezza, che non riusciva del tutto a definire o a comprendere, e di cui a malapena si accorse, in generale. Un senso di tenerezza, forse divertimento… chissà.

Infatti non durò neanche un istante, e fu subito rimpiazzato dal fastidio.

Come si permetteva Harry Potter di supporre che Tom non fosse in grado di fare un semplicissimo tema di Trasfigurazione del secondo anno?!

Lui era in età da GUFO, e avrebbe preso Eccezionale a ogni singolo corso, pure Trasfigurazione! Lui era eccezionale come persona! 

Però si guardò bene da mostrare la sua indignazione.

“Certo che posso aiutarti, Harry. Su cosa è il tema?” avrebbe scritto un tema così spettacolare che Harry sarebbe diventato il più bravo della scuola!

…anche se forse questo avrebbe attirato l’attenzione dei professori, se Harry non era un grande studente, e non sembrava un grande studente.

Ma niente che uscisse dalle mani di Tom Orvoloson Riddle poteva essere altro che perfetto, quindi sarebbe stato davvero difficile non fare un tema altrettanto perfetto, anche se non si impegnava. 

Ma soprattutto… forse poteva approfittare di quel momento per controllare davvero Harry.

Poteva ipnotizzarlo con le parole nel diario, prendere il suo controllo, scrivere personalmente il tema, e se Harry avesse avuto qualche sospetto, poteva dire che si era semplicemente distratto mentre faceva i compiti, su alcune persone avevano effetti stordenti.

Non su Tom, ovviamente, Tom si entusiasmava sempre a fare i compiti.

Cioè, non perché fosse un secchione che si entusiasmava nel fare delle cose così basilari, ma erano così semplici, per lui che era perfetto, che non aveva problemi a mettersi d’impegno e concentrazione.

…un momento.

Harry non stava rispondendo.

Perché non stava rispondendo?

Aveva cambiato idea? 

Ma come?! Proprio ora che Tom aveva l’occasione di possederlo e sperimentare i poteri del diario, Harry se ne andava così?

Che fosse stata tutta una prova per vedere se Tom era disposto a imbrogliare, e ora che aveva capito che Tom lo avrebbe fatto, voleva accantonarlo?!

Tom non avrebbe mai capito questa caratteristica Grifondoro!

E poi Tom gli aveva offerto aiuto, mica di scrivere il tema al posto di Harry… cosa che aveva intenzione di fare ma dettagli.

“Harry?” provò a chiamarlo, confuso che non gli stesse rispondendo, e anche piuttosto risentito.

Una parte di lui iniziò a considerare anche che… wow… si stava rendendo sempre più conto del tempo che passava. Probabilmente il collegamento con Harry lo rendeva più attivo anche sotto questo punto di vista, come svegliato dal suo lungo sonno.

“Il tema è sulla differenza tra le trasfigurazioni animali e quelle di oggetti inanimati” arrivò la risposta di Harry dopo un po’, scritta molto di fretta e piena di macchie di inchiostro.

…oh.

Fortuna che Tom non aveva un corpo, perché se l’avesse avuto gli sarebbe scappata una risatina.

“Non lo sapevi?” chiese, anche se era certo di sapere già la risposta.

Tsk, quello sciocco di Harry non aveva idea neanche del tema che voleva fare… Tom doveva assolutamente scrivere il tema più mediocre della sua vita, o Harry sarebbe stato scoperto subito. Era chiaramente poco studioso.

“Volevo solo essere sicuro, e ho chiesto a Hermione. Per fortuna era in sala comune e ho fatto subito” la risposta di Harry nascondeva la sua chiara ammissione. Tom non insistette, ma lo assalì un piccolo dubbio.

“Sei in sala comune adesso?” chiese, per avere un quadro della situazione dove Harry si trovava.

“No, sono in camera. Non vorrei che Hermione e Ron capissero che sei tu ad aiutarmi… circa. Non ti chiedo di scrivere il tema per me, solo di darmi dei consigli e…” Harry tornò a mettere delle mani avanti, e Tom sentì nuovamente quella flebile emozione di tenerezza e divertimento di prima, che però accantonò immediatamente.

Erano futili emozioni che non gli appartenevano davvero. Doveva lavorare, lui! E in quel momento in particolare doveva concentrarsi.

“Non preoccuparti, Harry, non c’è niente di male ad affidarsi a un tutor, ogni tanto. E mi fa piacere aiutarti. Sono qui anche per questo” rispose, molto affabile, pronto ad aiutarlo.

“Okay… come… come organizzeresti il lavoro?” Harry era chiaramente a disagio, si notava da come teneva la piuma in mano.

E Tom ne approfittò, senza esitare neanche un momento.

Iniziò a dare indicazioni, dividendo il lavoro, poi a suggerire introduzioni, e poi trascinò Harry nel cominciare a scrivere sotto dettatura, usando le sue parole scritte per abbassare la sua guardia, e la sua concentrazione.

E poi lo sentì.

Riuscì a percepire quasi fisicamente il filo che lo collegava a Harry.

Lo riuscì ad afferrare, e a muoverlo appena.

Vide una luce, lontana, all’orizzonte, la prima luce nel buio che sembrava sempre circondarlo.

E poi, avvicinandosi sempre di più a tale luce, finalmente raggiunse quello che si poteva definire una specie crepa, una crepa in un muro di oscurità, a forma di saetta.

E per la prima volta da quando Tom aveva iniziato a scrivere a Harry, gli sembrò di vedere qualcosa.

Era lontano, ma era sempre più vivido.

E lo inondò la familiare sensazione di controllo che provava quando lanciava la maledizione imperius, che aveva imparato l’anno prima, e si era rivelata davvero molto utile.

Non era esattamente uguale, ma era in controllo du Harry senza sentire fisicamente il corpo di Harry, o la sua mente.

Come se lo avesse ipnotizzato, in un certo modo, con una finestra 

Tom provò a guardarsi intorno, e identificò delle tende rosse e oro… il dormitorio di Grifondoro, chiaramente.

Non c’era nessuno nella stanza oltre a lui… beh… Harry, e la luce delle candele illuminava a malapena la pergamena con il tema, e il diario.

Il diario.

Tom doveva accertarsi di avere davvero il controllo, e che non fosse solo la sua sensazione, e ordinò a Harry di prendere la piuma, e scrivere qualcosa.

Qualcosa di semplice e che non destasse sospetti nel caso che Harry fosse stato cosciente, ma comunque qualcosa che sicuramente Harry non avrebbe scritto.

“Silente non è un bravo insegnante” 

Le parole gli arrivarono, e Tom si affrettò a cancellarle dal diario, estasiato dal controllo che era riuscito a stabilire.

Non era ancora totale, e non poteva mantenerlo a lungo, ma era qualcosa.

Un ottimo inizio.

E la scrittura era anche quella di Harry, non quella di Tom, quindi poteva scrivere il tema senza preoccuparsi che qualcuno riconoscesse la sua scrittura.

Ottimo anche quello.

Probabilmente Tom avrebbe potuto approfittarne per uscire dalla sala comune ed esplorare un po’ in giro, ma se voleva che Harry si fidasse sempre di più di lui, doveva effettivamente fare cose degne di fiducia, e finire il tema iniziato insieme sembrava una buona cosa.

Allora, aveva detto venti righe, giusto?

E Tom non poteva farlo troppo più lungo.

Doveva pensare come Harry, e Harry non era un bravo studente.

…ma c’era così tanto da dire su quegli incantesimi! Venti righe erano troppo poche.

E alla fine… Tom si fece prendere un po’ la mano.

Pur mantenendosi il più simile possibile ad un dodicenne, ed evitando accuratamente di copiare lo stile dei suoi precedenti temi, per non essere riconosciuto.

Ma c’era qualcosa che Tom decisamente non aveva valutato, in quel controllo.

Ovvero… quanto fosse bello essere tornato a fare i compiti! Wow!

Tom sperò che Harry gli chiedesse aiuto più spesso, perché era davvero entusiasmante.

…CONCENTRATI, VOLDEMORT!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Tom: Questo ragazzino mi aiuterà a commettere un genocidio! Sono il più figo del mondo e un grandissimo manipolatore muahahhaaha

Harry: Awww, questo tizio è un asociale senza amici e bullizzato, devo prenderlo sotto la mia ala protettiva

Plot twist… ha più ragione Harry rispetto a Tom.

Questo capitolo è stato un po’ meh da scrivere, perché non sapevo bene cosa metterci ed è un po’ di passaggio, anche se c’è la prima possessione di Harry, ed è un passo non indifferente nel piano di Tom, ma dal prossimo, che sarà sulla notte di Halloween, finalmente iniziano le cose veramente serie.

Peccato perché avrei voluto far uscire il capitolo di Halloween a Halloween, ma non ho avuto molto tempo di scrivere.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! 

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Capitolo 8
*** Halloween ***


Halloween

 

Harry era un po’ diviso tra tre emozioni contrastanti.

Da un lato si sentiva un po’ in colpa per aver palesemente imbrogliato con il tema.

Da un altro era confuso perché non si era minimamente reso conto di aver scritto un tema così lungo e ben realizzato, e a malapena ricordava proprio di averlo scritto, oltre le prime righe.

E dall’ultimo lato, era super orgoglioso e felice perché la McGranitt gli aveva fatto i complimenti a fine lezione, dicendo che il suo tema era stato il secondo migliore della classe.

Lo aveva guardato con un cipiglio un po’ sospettoso, ma gli aveva anche sorriso, e questo era abbastanza per farlo sentire più orgoglioso che altro.

Solo che poi Hermione lo aveva guardato con sospetto, Ron ci era rimasto male perché Harry non aveva aiutato anche lui, ed entrambi, sapendo quanto Harry fosse indietro con il tema e come si fosse ridotto all’ultimo, lo avevano tartassato di domande su come fosse riuscito a far uscire ben trenta righe in così poco tempo.

E Harry non aveva saputo rispondere.

O meglio, non aveva voluto farlo.

Perché Tom era il suo piccolo segreto.

E poi già si immaginava la reazione di Hermione se le avesse rivelato di lui: “Harry, non puoi imbrogliare così! Non è giusto! E poi chi è questo Tom? Sicuro che puoi fidarti di un diario in questo modo? Forse è meglio se lo consegni a un professore”.

E se anche l’avesse detto solo a Ron, la reazione non sarebbe stata molto migliore: “Hai imbrogliato con un libro magico?! Perché non me lo hai detto prima! Possiamo copiare insieme! Me lo presti, Harry? Posso farmi aiutare anche io da Tom?”

Era di certo meno pericoloso che se avesse detto tutto a Hermione, ma Harry non voleva condividere Tom Riddle con lui.

Non aveva problemi a condividere le cose con i suoi amici, ma Tom Riddle era a parte.

Era il suo confidente, il suo amico, e il suo diario.

Non voleva che Ron iniziasse a parlare con lui.

E soprattutto non voleva sfruttarlo per farsi fare i compiti, si sarebbe sentito di approfittarsi di lui, e Harry non voleva farlo.

A volte si sentiva come se Tom fosse dipendente da Harry, e non gli piaceva la sensazione. Per questo gli faceva sempre delle domande, e cercava di essere il più accomodante possibile. Voleva stabilire un rapporto paritario, come due amici, e non come un ragazzo e il suo diario segreto.

A volte si immaginava come fosse solitario e triste, essere lì, tutto solo in un diario, senza poter fare nulla oltre a parlare con chi gli scriveva sopra. Sembrava una vita davvero infelice.

Pertanto non aveva la minima intenzione di chiedergli di fargli nuovamente i compiti.

…forse qualche leggero aiuto se Harry si fosse trovato disperato, ma niente di più.

Comunque, a prescindere dalle sue emozioni contrastanti, una volta rientrato in camera si precipitò immediatamente a prendere il quaderno dalla borsa.

“Tom! Il tema è andato benissimo!!” scrisse, emozionato e felice di condividere la bella notizia con il responsabile del suo successo.

“Mi fa piacere averti aiutato” arrivò immediatamente la risposta di Tom.

“Non ero sicuro che andasse troppo bene, a malapena mi ricordo di averlo scritto. Mi sembra di aver imbrogliato” aggiunse poi Harry, ammettendo i suoi dubbi con l’unica persona a conoscenza della genesi del suo tema.

“Suvvia, Harry, non hai fatto niente di male. Hai solo chiesto un po’ di aiuto ad uno studente più grande, mi è capitato molte volte di aiutare altri studenti quando ero a scuola” lo rassicurò Tom.

Era bravo a dire sempre le cose giuste, e faceva sempre sentire meglio Harry.

“Sì, sicuramente hai ragione. Ma cercherò di non chiedere troppo il tuo aiuto prossimamente” in ogni caso, non voleva approfittarsene, e non voleva far pensare a Tom che fosse un incapace che aveva bisogno che qualcuno gli facesse i compiti.

Era vero che preferiva giocare a Quidditch piuttosto che studiare, ma gli piaceva frequentare le lezioni di Hogwarts, e imparare incantesimi.

“Se anche dovessi farlo, a me non crea alcun disturbo. Sono felice di aiutarti” lo rassicurò Tom.

Sembrava davvero che non gli avesse pesato, per fortuna.

“Sei un vero amico, Tom” Harry sorrise al diario, anche se sapeva che lui non poteva guardarlo, probabilmente.

“Allora… è stato il tema migliore della classe?” chiese poi il diario, ed era raro che fosse il primo a fare una domanda.

Sicuramente un secchione come lui era curioso circa il risultato del tema che aveva aiutato a scrivere.

“Al secondo posto dopo Hermione! Un record! La McGranitt era davvero sorpresa” raccontò con entusiasmo. Aveva riletto il tema di sfuggita prima di consegnarlo, ed era veramente un bel tema, persino Harry se ne rendeva conto. 

“Congratulazioni! E congratulazioni anche a Hermione per il tema migliore” rispose Tom.

Harry sorrise pensando alla sua amica.

“È normale per lei, è la migliore di tutta la scuola. Se fossi andato meglio di lei mi sarei sentito parecchio in colpa, devo ammetterlo” scrisse.

E poi probabilmente Hermione non gli avrebbe parlato per almeno una settimana, orgogliosa com’era.

“Sembra imbattibile”

“Lo è davvero! Nessuno è più bravo di lei, impossibile fare di meglio” Harry si vantò della sua amica, e allo stesso tempo cercò di rassicurare Tom che sebbene Hermione fosse andata meglio, non significava che il tema di Tom non fosse fantastico comunque. Aveva l’impressione che il suo amico di penna fosse piuttosto orgoglioso, come persona.

“Ed è anche una nata babbana, giusto?” chiese lui, e Harry sentì un leggero nodo formarsi nello stomaco.

Non avevano molto parlato di Hermione e della purezza di sangue, ma Harry aveva notato che spesso avevano sfiorato l’argomento, e Tom sembrava sempre piuttosto interessato a sentire la sua opinione, senza però chiederla esplicitamente.

Onestamente Harry non riusciva a comprendere perché alcuni maghi fossero così ossessionati dall’avere parenti maghi anch’essi, gli sembrava completamente irrilevante.

E il commento di Tom non gli piaceva particolarmente.

“Sì… quindi? Perché dovrebbe cambiare qualcosa?” si mise leggermente sulla difensiva, un po’ preoccupato all’idea che il suo amico nel diario potesse avere la stessa visione di Malfoy.

Sarebbe rimasto davvero deluso.

“Trovo solo che sia ammirevole che non conoscendo nulla del mondo magico fino agli undici anni, sia riuscita comunque ad integrarsi con tale facilità. Sai, anche io ho scoperto di essere un mago pochi mesi prima di arrivare a Hogwarts” arrivò la risposta di Tom, che sciolse il leggero nodo che gli si era formato nello stomaco.

“Sei un nato babbano?” chiese Harry, curioso.

Se era nato babbano anche lui, sicuramente non aveva pregiudizi. Forse si rispecchiava un po’ in Hermione dato che erano entrambi due secchioni.

Probabilmente se un giorno si fossero conosciuti sarebbero andati molto d’accordo… o si sarebbe creata una piccola rivalità.

Non che Harry avesse intenzione di farli incontrare.

Era così perso nei suoi pensieri che non notò la lunga esitazione che ebbe Tom prima di rispondere alla sua domanda.

“Padre babbano, madre strega” rispose infine, con pochi dettagli.

Wow, un po’ come Harry!

I suoi genitori erano entrambi maghi, ma sua madre era nata babbana, quindi spesso le persone lo definivano un mezzosangue.

Stava giusto per scriverlo a Tom, quando si interruppe.

Era un argomento che ancora aveva difficoltà a trattare con il diario.

Alla fine decise di mantenersi vago anche lui.

“Padre mago, madre nata babbana… ti devo lasciare, Tom. Devo andare a fare i compiti di pozioni e penso che se ti chiedessi aiuto Piton se ne accorgerebbe” decise di chiudere il diario e la conversazione, prima che Tom gli chiedesse altri dettagli.

E non si accorse della particolarità di ciò che Tom gli aveva detto.

Perché se sua madre era una strega, e il padre un babbano… come mai aveva scoperto di essere un mago solo a undici anni? Sua madre non glielo aveva detto?

Per fortuna di Tom, Harry non si fece mai questa domanda, e non la fece a lui.

Perché sarebbe stato piuttosto difficile per il diario rispondere.

 

Tom era così soddisfatto di sé stesso che persino l’argomento scottante e la consapevolezza che una sanguesporco fosse stata migliore di lui in un tema, facendolo arrivare secondo (onta inaccettabile) non erano riusciti a turbare la sua… non gioia, ma diciamo orgoglio e soddisfazione per quanto era riuscito ad ottenere dopo aver posseduto Harry durante quella serata.

E non era solo uno splendido tema (per quanto mediocre secondo i canoni di Tom, che aveva comunque cercato di non dare il massimo ma, hey, non riusciva a fare niente di non eccezionale, dopotutto), ma una finestra sul mondo.

Perché infatti, da quando Tom era riuscito a trovare quella crepa a forma di saetta nell’oscurità che lo circondava da quando era finito lì dentro, ogni volta che Harry aveva il diario vicino, e Tom si concentrava con forza, riusciva a guardarsi un po’ intorno, vedendo il mondo dagli occhi di Harry.

Era un po’ diverso dal controllo, ed era come sbirciare dal buco di una serratura, ma era comunque molto più di quanto avesse visto fino a quel momento, ed era un punto di svolta nella sua missione.

Pertanto era riuscito a vedere un po’ Hogwarts, e non sembrava molto cambiata da quando lui era studente.

Considerando che non era molto cambiata da quando era stata fondata, Tom considerava piuttosto normale che in soli cinquant’anni non ci fossero state modifiche degne di nota.

Anche se gli aveva fatto una certa impressione vedere quanto fosse invecchiata Minerva McGranitt.

Tom non l’aveva conosciuta tanto bene, le aveva solo rovinato la vita al primo anno, ma comunque era difficile associare quella donna austera con la giovane giocatrice di Quidditch di Grifondoro.

E si era reso conto una volta per tutte del tempo che era effettivamente passato.

Non aveva potuto ascoltare niente, per il momento aveva sbloccato solo la vista, anche un po’ appannata, ma era già qualcosa.

E quando poteva si sintonizzava per qualche minuto per controllare la situazione, annoiato e curioso, dato che comunque non aveva altro da fare.

Così poteva ottenere ancora maggiori informazioni senza chiedere necessariamente a Harry.

E aveva visto Ron, o almeno colui che credeva essere Ron, spesso in compagnia di Harry, con i capelli color carota e tante lentiggini.

E Hermione, probabilmente, con un cespuglio crespo al posto dei capelli e l’urgente bisogno di farsi dare una ritoccata ai denti… okay, non era brutta o altro, ma a Tom bruciava che fosse stata più brava di lui nel tema, anche se PALESEMENTE lui l’avrebbe battuta, se avessero giocato ad armi pari! 

Comunque, aveva visto anche altri professori, e Malfoy, probabilmente.

Somigliava un po’ ad Abraxas, in effetti. Gli stessi capelli biondi e la stessa espressione saccente.

L’unico che non era riuscito mai a vedere, dato che non era mai passato davanti ad uno specchio e Tom osservava il mondo dalla sua soggettiva, era proprio Harry stesso.

Cosa che gli era dispiaciuta, un pochino.

Perché era curioso di sapere come fosse il ragazzo che gli scriveva ormai ogni giorno da settimane.

E in tutto questo, Tom si era anche reso conto che era arrivato Halloween.

E in quella che supponeva sarebbe stata la notte di Halloween, si preparò a sintonizzarsi per assistere al grande banchetto, che quando lui era a Hogwarts era sempre stato incredibile.

…cioè, più o meno accettabile.

Ma quando aprì la piccola crepa, rimase sorpreso nel notare che Harry era in una stanza piuttosto inquietante e piena di fantasmi.

Non era la sala grande, chiaramente.

Ma dov’era, Harry?

E perché non aveva detto a Tom che sarebbe andato in un posto pieno di fantasmi a Halloween?!

Bah! Diario segreto e confidente speciale, e poi si dimenticava questi importanti dettagli che…

Il pensiero irritato di Tom si spense quando notò, in un angolo, una visione familiare.

Tom non si sarebbe mai aspettato che tra tanti fantasmi, molti dei quali aveva personalmente conosciuto durante i suoi anni a Hogwarts, l’unico che gli sarebbe saltato all’occhio sarebbe stato quello della sua prima, e al momento unica, vittima.

Principalmente perché non aveva mai pensato che Mirtilla Warren sarebbe ritornata come fantasma.

Non si era ancora palesata quando Tom aveva creato il diario, ma forse avrebbe dovuto pensarci.

Perché la presenza di Mirtilla come fantasma a Hogwarts poteva rivelarsi davvero pericolosa per il suo piano. E se avesse visto qualcosa?! Se si fosse ricordata cosa l’avesse uccisa? Sicuramente non chi, perché altrimenti l’avrebbe detto subito… forse… ma comunque poteva essere pericolosa.

-Mirtilla…- era così sorpreso, e così bisognoso di informazioni, che si ritrovò inavvertitamente a passare al controllo di Harry, e gli fece sussurrare quella parola, come se per un momento la sua anima avesse agganciato quella di Harry in un tentativo disperato di restare a galla nel mondo reale.

Riuscì, per la prima volta da quando era un diario, a sentire.

Un suono da lontano, attutito e non del tutto chiaro, ma fu comunque così inaspettato e improvviso da sembrare un tuono.

Anche se la voce di Harry, sentita dall’interno, aveva un timbro stranamente gradevole, per quanto giovane.

Fu solo la prima cosa che notò, prima di essere inondato da suoni di ogni tipo, dai fantasmi che parlavano, al vento tra le fessure dei muri, i passi di Harry e dei suoi amici che si allontanavano da Mirtilla, e tutto… tutto il resto.

Tom era quasi sopraffatto dal suono che sentiva per la prima volta da sicuramente tantissimo tempo.

-Sì, Mirtilla Malcontenta, abita nel bagno delle ragazze al secondo piano- spiegò Hermione, prendendo il sussurro di Harry come una domanda.

Abitava in quel bagno?! Ma perché?! E ora come faceva Tom a liberare il basilisco se c’era quella stupida ragazza fantasma a controllare l’entrata e fare da guardia il giorno e la notte?!

-Abita in un bagno?- chiese Ron, confuso al riguardo.

Appunto, era un pessimo luogo dove abitare! Non era meglio infestare il cortile, la torre dell’orologio, o i dormitori? L’aula di divinazione era molto confortevole, poteva stabilirsi lì. Perché vivere in un bagno?!

-Sì, è sempre fuori uso perché ha crisi di nervi e allaga tutto. Cerco sempre di evitarlo, se posso- raccontò Hermione, a bassa voce per evitare che il fantasma alle loro spalle la sentisse.

Tom le lanciò un’occhiata di sbieco. 

Era identica a quando Tom l’aveva vista per l’ultima volta, solo più evanescente e pallida.

Tsk, aveva fatto bene a farla fuori. Dava fastidio nella morte come quando era in vita! Una vera piaga! 

Aveva un nodo allo stomaco… perché aveva un nodo allo stomaco?!

Tom non aveva uno stomaco da annodarsi.

-Si sa perché infesta proprio quel bagno?- provò a chiedere Tom, servendosi della voce di Harry, e sperando di non mostrare il suo nervosismo.

Hermione alzò le spalle.

-Non so, nessuno parla mai di Mirtilla Malcontenta- 

-Deve essere triste essere morti e non avere nessuno che pensa a te, poi sembra così giovane- osservò Harry, e questa volta era proprio Harry a parlare.

Tom riusciva ancora a controllarlo, ma era un controllo a metà, e Harry era ancora abbastanza cosciente di quanto capitava, ma ignaro che ciò che Tom gli faceva dire non venisse interamente da lui.

E a Tom arrivò qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di provare.

Empatia… pena… tristezza.

Dal legame che gli permetteva di vedere e sentire ciò che Harry vedeva e sentiva, gli venne trasmessa l’emozione che stava provando in quel momento.

Riusciva a vedere l’oscurità del bagno, che fungeva da sua tomba, oscuro, freddo e vuoto come un sottoscala, tutti che lo odiavano e lo evitavano, o che ridevano di lui.

Nessuno che si ricordava, nessuno a cui importava.

Il futuro che gli veniva strappato via. Restare per sempre un sedicenne in un luogo oscuro, senza poter mai essere più di questo.

Vedeva Mirtilla, in un angolo, ignorata anche dai fantasmi intorno a lei, e gli sembrava di vedere sé stesso.

Un frammento di un’anima intrappolato in un diario da cinquant’anni, abbandonato in un libro di trasfigurazione. Dipendente da altri per avere un minimo di consapevolezza di sé stesso.

Per certi versi, Mirtilla, la sua vittima, stava messa persino meglio di lui, perché lei almeno poteva muoversi, interagire con gli altri, vedere e sentire senza bisogno di un tramite.

Eppure, Tom non la invidiava.

La compativa.

E si sentiva strano come se… come se… come se si sentisse in col…

NO!

Assolutamente no!

Ma cosa gli stava succedendo?! 

Cos’era quell’improvvisa e inspiegabile debolezza?!

Lord Voldemort non era così! Non compativa le persone! Non si sentiva inutile! E di certo non si sentiva in colpa! 

Il senso di colpa, l’empatia, la pena, non erano emozioni contemplate nella vita di Lord Voldemort! 

E Lord Voldemort non era neanche un tipo che esitava, e Tom stava esitando troppo, era ormai chiaro.

Si scriveva con Harry da settimane, e lo aveva controllato già una volta senza conseguenze.

Aveva stretto un legame così forte che era riuscito a sbloccare la vista e adesso anche l’udito, attraverso Harry. Certo, con il collegamento si stavano insinuando in lui anche una serie di inaspettate e sgradite emozioni, ma Tom non era un sentimentale, ed era molto pratico, poteva seppellire e ignorare, anzi, cancellare completamente tali emozioni e rispedirle al mittente.

Voldemort non esitava. 

Voldemort non provava emozioni.

Voldemort non aveva rimorsi.

E se Tom voleva finalmente uscire dall’ombra delle disgustose origini babbane di suo padre, doveva assolutamente diventare Lord Voldemort, e abbandonare ogni traccia di Tom.

Doveva aprire la camera dei segreti, e doveva farlo subito! 

Uccidere Mirtilla era stata la cosa giusta da fare, e lo avrebbe dimostrato continuando il lavoro!

-Potete aspettarmi un secondo? Devo andare un attimo in bagno- fece dire a Harry, stringendo il controllo, che per un po’ gli era sfuggito dalle mani, su di lui come una corda attorno al suo collo.

-Ti accompagno? Non voglio restare qui se posso evitarlo- provò a proporsi Ron, avvicinandosi a lui. Tom lo tenne a distanza.

-Non vorrei che Sir Nicholas ci rimanesse male, e non possiamo lasciare sola Hermione. Ci metterò pochi minuti, torno subito- evitò che Ron gli mettesse i bastoni tra le ruote, e praticamente corse via diretto verso il bagno che celava l’ingresso alla camera, approfittando che Mirtilla fosse alla festa per fare i suoi comodi senza che lei lo notasse.

-Sir Nicholas?- Hermione lo guardò un po’ accigliata, ma né lei né Ron fecero nulla per fermarlo.

Nessuna esitazione.

Nessun rimorso.

Voldemort era a Hogwarts, e avrebbe completato la missione affidatagli dal suo importante e illustre antenato.

Quella sera il castello si sarebbe tinto di rosso.

Metaforicamente, dato che lo sguardo del basilisco uccideva istantaneamente senza bisogno di spargimenti di sangue, ma dettagli.

…a meno che non prendesse un po’ di vernice e lasciasse un vero segno rosso… era un’idea interessante.

 

Harry era un po’ intontito, in quel momento.

Si sentiva come se non fosse del tutto cosciente, e aveva davvero bisogno di dormire.

Forse complice anche l’atmosfera lugubre della festa, e le luci soffuse, ma era come se ogni ricordo di ciò che gli stava accadendo quella sera gli scivolasse via appena smetteva di vivere il momento, lasciandogli solo una vaga consapevolezza delle azioni che aveva compiuto. 

Non che stesse facendo molto: aveva raggiunto la festa, parlato con Ron, Hermione e qualche fantasma. Era andato in bagno, e ora cercava una scusa per congedarsi e tornare alla Sala Grande con la speranza che fosse rimasto qualcosa nel banchetto per riempire il buco che sentiva nello stomaco.

-Giuro che se Nick prova ad invitarmi ad un’altra festa, mi do malato piuttosto!- si stava lamentando Ron, sbuffando, mentre Harry aspettava che Nick si liberasse per chiedergli il permesso di andarsene.

Aveva le palpebre pesanti, anche se si sentiva stranamente più sveglio rispetto a poco prima.

Forse la prospettiva di un pasto e di andarsene da lì lo stavano svegliando.

Non trattenne però un profondo sbadiglio.

-Tutto bene, Harry?- chiese Hermione, guardandolo corrucciata.

Da quando era andato bene al tema di Trasfigurazione, Hermione tendeva ad osservarlo spesso con un cipiglio sospettoso, anche se Harry non ne capiva il motivo.

Ignorò l’occhiata per concentrarsi sulle sue parole.

-Sono solo un po’ stanco, e ho fame- alzò le spalle.

-A chi lo dici! Mangerei la gatta di Gazza se me la trovassi davanti!- gli diede man forte Ron, con lo stomaco che brontolava facendo più rumore dei trapani di zio Vernon.

-Ron!- si lamentò Hermione, trovando la sua battuta di cattivo gusto, o forse dovrei dire di gatt-ivo gusto.

…scusate tutti.

-Secondo me non serve neanche chiederlo. Ha visto che siamo qui, hai parlato con Sir coso della caccia senza testa, possiamo tranquillamente andare e non credo che ci rimarrà male- Ron provò a convincerlo a tagliare la corda e basta. Harry era un ragazzino educato, e non gli sembrava proprio l’ideale andare via senza avvertire, ma doveva ammettere che si stava davvero stancando di stare lì.

-In effetti… non credo che si offenderà. Andiamo in Sala Grande?- Harry indicò la porta, e si rivolse ai due amici che aveva trascinato lì rovinando loro la festa di Halloween.

Entrambi annuirono con forza.

Persino Hermione, che aveva trovato affascinante l’idea di partecipare a quella festa, non vedeva l’ora di abbandonarla e riempirsi lo stomaco.

Uscirono dalla sala senza dare troppo nell’occhio, e iniziarono a percorrere i corridoi tetri della scuola, illuminati dalle tenue luci delle candele.

-Speriamo che ci siano ancora le tortine di zucca- Ron iniziò a pregustare la cena.

-E magari anche la torta di mele- aggiunse Hermione.

A Harry bastava mettere qualsiasi cosa nello stomaco, e non vedeva soprattutto l’ora di andare a dormire, anche se mentre lasciava l’atmosfera cupa della sala della festa, iniziava a sentirsi più sveglio e presente.

Finché una voce inaspettata e inquietante, che sembrava provenire dai muri, non attirò completamente la sua attenzione, portandolo sull’attenti.

-Sangue… uccidere… squartare… tanto tempo…- Harry si fermò di scatto, con un enorme brivido che gli attraversava la schiena.

Ron e Hermione si girarono verso di lui, sorpresi che si fosse fermato così all’improvviso.

-Andiamo, Harry, o finiranno tutto!- provò ad incoraggiarlo Ron, avvicinandosi pronto a trascinarlo nel caso Harry non lo avesse seguito.

Harry però non lo stava proprio ascoltando, e si avvicinò al muro, cercando di capire da dove venisse quella inquietante voce che sembrava quasi, leggermente, familiare.

Come se l’avesse sentita in un sogno… e molto di recente.

-Finalmente… tornato… pronto a uccidere…- continuava la voce, e sembrava spostarsi.

-La sentite anche voi?- chiese a Ron e Hermione, che si guardarono a vicenda confusi.

-Sentito cosa?- provò a chiedere Hermione, un po’ incerta.

-Una voce… nei muri… e penso… penso che voglia uccidere qualcuno!- il panico si sostituì alla confusione, e Harry iniziò a correre nella direzione dove aveva sentito la voce, pronto a fermare qualunque minaccia gli fosse comparsa davanti.

Ron e Hermione iniziarono a seguirlo, sempre più preoccupati, fino a ritrovarsi davanti ad un corridoio deserto e allagato.

-Harry, non c’è nessuno, andiamo a…- Ron provò a prendergli un braccio per farlo desistere, ma fu interrotto da un’esclamazione strozzata di Hermione, che attirò l’attenzione dei due ragazzi, che si girarono a vedere ciò che stava indicando.

Sul muro, scritto di rosso acceso, c’era un messaggio inquietante, e per terra, immobile come una statua, c’era Mrs Purr, la gatta di Gazza.

“La camera dei segreti è stata aperta. Temete, nemici dell’erede”.

Harry, Ron e Hermione non ebbero il tempo neanche di emettere un fiato, prima che i corridoi iniziassero a riempirsi di gente che usciva dal banchetto di Halloween ormai concluso, portando anche il caos nella scuola, e sempre maggiore confusione nella mente confusa e dolorante di Harry.

C’era qualcosa che proprio non andava, a Hogwarts.

E Harry sentiva di doverne assolutamente parlare con Tom.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Non volevo copiare parola per parola il capitolo del libro, anche se me lo sono riletto per essere sicura che fosse coerente. Harry in questa storia è più empatico rispetto alla saga originale, e sta trasmettendo questa sua forte empatia anche ad un molto reticente Tom.

Anche se il giovane Voldemort ne ha ancora di strada da fare prima di redimersi. E quando sembra fare un piccolo passo… ecco che gli prende il panico e apre la camera dei segreti.

Le cose sembrano essere andate allo stesso modo, per fortuna, con nessuna morte.

Anche se stavolta Harry è più coinvolto, speriamo che Tom non abbia lasciato prove.

Scusate se ho aggiornato così tardi, volevo farlo prima ma ho avuto dei giorni davvero intensissimi e dei problemi al computer quindi non riuscivo a scrivere. Poi volevo che questo capitolo uscisse bene, è anche abbastanza lunghino. Il prossimo dovrebbe arrivare presto, perché ne ho già scritta una parte che devo solo trascrivere e concludere. Penso tra due giorni.

Si vedranno le conseguenze delle azioni di questo capitolo, e soprattutto lo stato mentale di Tom.

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Capitolo 9
*** Camera dei Segreti ***


Camera dei Segreti

 

“Tom, sai qualcosa della Camera dei Segreti?” fu la prima frase che Harry scrisse una volta tornato nel dormitorio. Se Tom aveva effettivamente imparato a discernere il tempo che passava, ne era passato pochissimo da quando aveva aperto la Camera dei Segreti servendosi di Harry.

…E HARRY AVEVA GIÀ CAPITO CHE TOM ERA COINVOLTO?!

Ma come era possibile?! Harry era stupido!

Forse la sua amica Hermione ci sarebbe arrivata, ma Hermione non sapeva dell’esistenza di Tom… vero?

Decise di fare il vago.

“Perché mi fai questa domanda?” chiese, fingendo sorpresa.

Avrebbe voluto semplicemente negare e dire qualcosa del tipo “Mai sentita in vita mia”, ma non era esattamente una buona idea. Quando lui era a Hogwarts, almeno nel dormitorio Serpeverde, era una leggenda molto comune. Tom ricordava di aver scoperto della sua esistenza il primo anno, quando aveva sentito alcuni compagni dire che speravano che l’erede di Serpeverde sarebbe arrivato presto a Hogwarts per liberarla dalla feccia sanguemarcio come lui.

E da allora Tom, nella sua infinita meschinità, aveva iniziato a ricercare informazioni perché se trovava il modo di aprire la camera lui stesso, l’avrebbe fatta vedere lui agli altri chi aveva il sangue sporco!

Poi aveva scoperto di essere effettivamente lui l’erede di Serpeverde, ed era stata la soddisfazione più grande della sua vita, probabilmente, ma dettagli.

Il punto era che era una leggenda comune, e c’era la possibilità che Harry scoprisse che, ops, Tom aveva vinto un premio per i servigi resi alla scuola proprio per aver catturato chi aveva aperto la camera per la prima volta cinquant’anni prima.

E a quel punto se Tom non gli diceva nulla al riguardo sarebbe stato sospetto, e sarebbe stato ancora più sospetto se Tom mentiva proprio dicendo di non conoscerla.

E se infine Harry trovava il collegamento tra il Tom di cinquant’anni prima e il Tom del diario con l’apertura della camera, e si rendeva conto che il tempismo coincideva troppo bene…

Forse Tom aveva agito leggermente di impulso.

Tutta colpa di Mirtilla che lo aveva destabilizzato!

Okay, dai, niente panico. Harry era stupido, non avrebbe mai scoperto che lui era coinvolto.

Non c’era neanche l’assoluta certezza che la camera fosse aperta, no? Insomma, era tutto avvolto nel mistero.

Persino per Tom… non aveva indicato una vittima, infatti, aveva solo detto al basilisco di attaccare un essere indegno a caso, e poi eclissarsi fino a nuovo ordine.

“Durante il banchetto qualcuno ha aggredito il gatto di Gazza e ha lasciato un messaggio sul muro, vicino ai bagni: ‘La camera dei segreti è stata aperta. Temete, nemici dell’erede’ con il sangue!!”

…forse Tom avrebbe dovuto frequentare un corso sull’impulsività e uno sulla comunicazione.

Il primo perché la frase scritta con il sangue (che poi era solo vernice rossa) se la poteva sicuramente risparmiare, soprattutto scriverla proprio accanto all’ingresso della camera. Ma che idiozia!

Il secondo era perché… in che senso era stata aggredita UNA GATTA?! Tom aveva detto di attaccare qualcuno di indegno, ma non credeva di dover specificare anche “umano”.

Tom ripensò all’improvviso attacco non organizzato la sera prima.

Aveva fatto andare Harry in bagno, si era assicurato che non ci fosse nessuno, e poi aveva aperto la camera dei segreti, scivolando al suo interno.

Si era premurato, ovviamente, di far coprire gli occhi a Harry prima di procedere meglio, e aveva chiamato il basilisco, sperando di riuscire a parlare serpentese anche controllando una persona che il serpentese non lo sapeva parlare, e per fortuna ci era riuscito.

Il basilisco era comparso, sorpreso e pronto all’azione. E Tom gli aveva ordinato, presentandosi come erede di Serpeverde e suo padrone, di uscire da lì, fare fuori una creatura indegna di frequentare Hogwarts, e poi tornare nella camera senza essere beccato. L’aveva detto in termini più elucubrati, ma quello era il sunto.

Poi era uscito stando attento a non essere visto, aveva scritto un messaggio minaccioso sulla parete perché voleva spaventare tutti quanti e far partire con il botto la nuova ascesa di Voldemort, e… era tornato alla festa. 

Ci era tornato a malapena, alla festa, in realtà, e si era dovuto eclissare perché controllare Harry così a lungo lo aveva sfiancato. E non era riuscito più a stabilire neanche un minimo contatto per il resto della serata.

Anche in quel momento sentiva che non sarebbe riuscito neanche a controllare occhi e orecchie… era frustrante.

Ma insomma… non credeva che ci sarebbe stato niente di importante da scoprire. Lui era bravo quando si trattava di coprire le sue tracce.

Anche se… Harry magari lo era un po’ meno? 

Meglio indagare un minimo.

“Terribile, si sa chi è stato?” chiese, cercando di non mostrare nessuna reazione che poteva essere fraintesa, e allo stesso tempo chiedendo ulteriori informazioni. Era anche curioso di scoprire se era effettivamente riuscito a terrorizzare tutti quanti.

“Danno la colpa a me” rispose Harry, e si vedeva dal tremore della penna che era nervoso.

MA COME?! MA PERCHÉ?! NON AVEVA LASCIATO PROV… in effetti Tom era stato incauto, a dirla tutta.

Non aveva dato a Harry un alibi completo, mentre quasi tutta la scuola era al banchetto. Aveva scritto il messaggio con la scrittura di Harry, e Mirtilla era anche rientrata in bagno poco prima che Tom uscisse dalla camera. Non che si fossero incontrati, ma Tom l’aveva sentita piangere e aveva inondato il bagno e i corridoi adiacenti.

Insomma, era stata l’operazione meno discreta dell’universo.

Se Tom non avesse imparato a riconoscere ogni sfumatura della scrittura di Harry, avrebbe quasi potuto pensare che Silente o qualche altro professore avesse trovato il diario e stesse scrivendo a lui per ottenere informazioni.

Avrebbe avuto senso.

Ma Tom riconosceva la scrittura di Harry e il suo modo di porsi.

“Perché dovrebbero pensare una cosa del genere?! Tu non faresti male a nessuno” gli disse in modo confortante, per levare ogni sospetto da sé stesso, e soprattutto cercando di evitare che Harry chiedesse ancora cosa Tom sapesse della camera dei segreti, perché era un argomento sul quale doveva assolutamente mentire, o quantomeno tacere.

“Ho scoperto io Mrs Purr, per questo pensano che sia stato io, ma non ho fatto niente. Per fortuna Silente mi ha difeso” spiegò Harry.

“In che senso l’hai scoperta tu? Stai bene?” oh no! Che si fosse reso conto di ciò che Tom stava facendo con lui, e una volta uscito fuori dal controllo fosse andato a trovare la gatta per aiutarla o… beh, non doveva sapere che proprio la gatta sarebbe stata aggredita, ma era davanti al bagno, quindi forse era andato al bagno per controllare o qualcosa del genere, e aveva beccato la prima vittima.

Vabbè, comunque non aveva certezze che fosse stato Tom a controllarlo, in tal caso, giusto?

Forse per questo stava indagando? 

Tom iniziava un po’ ad agitarsi, ma non aveva niente da temere.

Era un diario, nessuno oltre a Harry sapeva della sua esistenza e della sua coscienza, e aveva la situazione sotto controllo.

“Stavamo uscendo dal complemorte di Nick, e stavamo per andare, con Ron e Hermione, in Sala Grande, quando…” Harry si interruppe.

Oh…

Allora non lo aveva fatto perché si ricordava, forse.

Però era comunque strano.

Insomma, Tom aveva fatto la strada dal complemorte di Nick al bagno delle ragazze, ed era molto distante dalla Sala Grande, nella direzione quasi opposta. 

Perché Harry si sarebbe dovuto trovare lì se si stava dirigendo in Sala Grande?

“Suppongo che ci sei passato davanti per caso nella strada. Mi dispiace, Harry, non deve essere stato bello” Tom si fece partecipe, allestendo però una piccola trappola, per vedere se Harry gli avrebbe mentito.

“Già, era di strada e l’ho scoperto per sbaglio, ma Piton e Gazza sono convinti che siamo stati io, Ron e Hermione solo perché eravamo lì” Harry cadde dritto nella trappola, e ciò attirò l’attenzione e il sospetto di Tom.

C’era qualcosa che chiaramente non gli stava dicendo.

Non aveva trovato la vittima e la scritta per caso.

E poteva essere un problema, se era uscito dal controllo vedendo qualcosa.

A meno che non avesse sentito il basilisco, che aveva la brutta abitudine di parlare da solo, e non avesse sentito la sua voce, ma era impossibile, perché Harry non parlava serpentese. Nessuno oltre a Tom parlava serpentese.

Purtroppo Tom non poteva chiedergli informazioni esplicitamente senza rischiare di dare via il suoi coinvolgimento.

“E la gatta come sta?” chiese invece, curioso circa lo status della sua prima vittima da cinquant’anni, sebbene non quella che avrebbe voluto colpire.

“È stata pietrificata, ma Silente dice che riusciranno a salvarla” scrisse Harry, ottimista.

“Oh, che sollievo”

E CHE CAVOLO! Ma come solo pietrificata?!

Doveva essere morta!

Va bene, niente di grave. Alla fine era solo una gatta, non poteva far risalire l’attacco a nessuno. Non potevano interrogarla, o prenderle il ricordi, e il suo peggior peccato era essere il gatto di un aggressivo e disgustoso magonò. Non esattamente una vittima designata.

“Hai mai sentito parlare della camera dei segreti, quando eri a Hogwarts?” Harry ripetè la domanda che gli aveva fatto appena entrato.

Tom avrebbe sbuffato se avesse potuto.

Perché Harry era così insistente?! Non era ancora il momento di rivelare troppe cose a Harry circa la camera.

Maledetto il momento in cui era finito nelle mani di un ragazzo così curioso!

“Cos’è questo complemorte di Nick? Non me ne avevi parlato” cercò di cambiare argomento, sperando che Harry non si insospettisse, ma che comunque capisse che era meglio non insistere.

Per sua fortuna, Harry si distrasse, e gli raccontò nei dettagli la terribile e noiosa serata passata alla festa di fantasmi.

Non chiese più a Tom informazioni sulla camera, e dopo poco andò a dormire. Tom sperò che non gli scrivesse per un po’. Doveva riordinare le idee e capire cosa fare da quel momento in poi.

 

Tom aveva evitato la domanda.

Persino Harry se n’era accorto, e non capiva perché.

Se Tom non conosceva informazioni sulla camera, avrebbe risposto qualcosa del tipo “Non ne ho mai sentito parlare, Harry, mi dispiace”, invece aveva proprio evitato di rispondere.

Di solito, quando evitava una domanda, era perché la risposta non era molto lusinghiera nei suoi confronti, come quando Harry gli aveva chiesto se aveva una ragazza. Tom era sempre gentile e disponibile, oltre che umile, ma Harry aveva notato che rispondeva molto più in fretta quando poteva vantarsi di qualcosa, e molto più lentamente se non faceva proprio una bella figura con la risposta. Forse non aveva risposto sulla camera proprio perché davvero non sapeva niente, e non voleva risultare ignorante?

Era una buona ipotesi, ma Harry non ne era convinto. 

Forse parlare della camera gli evocava brutti ricordi?

Possibile.

In ogni caso, meglio non insistere.

Pertanto avevano chiesto informazioni al professor Rüf, che aveva spiegato tutto sulla camera dei segreti e il mostro di Serpeverde. Informazioni molto inquietanti e interessanti. Sicuramente la lezione più entusiasmnte che il professor Rüf avesse mai tenuto nei centinaia di anni di insegnamento, sia in vita che come fantasma.

Poi lui, Ron e Hermione avevano esplorato un po’ i dintorni del luogo dove era stata ritrovata Mrs Purr, senza purtroppo ottenere molte informazioni.

Ma avevano un sospettato principale, e un piano per scoprire se fosse effettivamente lui l’erede di Serpeverde.

E tale sospettato era ovviamente Malfoy.

Aveva senso, dopotutto. Il suo disprezzo per i nati babbani, l’aria soddisfatta quando aveva visto la scritta, il suo commento…

Tra le ricerche, lo studio, le indagini e anche gli allenamenti di Quidditch, che diventavano sempre più pesanti mano a mano che si avvicinava la prima partita, che si sarebbe svolta proprio contro Serpeverde, Harry aveva avuto pochissimo tempo per scrivere a Tom.

E con “pochissimo tempo”, si intendeva che gli scriveva praticamente solo il buongiorno e la buonanotte, si dimenticava di portarlo con sé in giro, lasciandolo perlopiù nel dormitorio, e al momento erano due giorni che non lo prendeva in mano.

Non è che non volesse scrivergli, anzi, gli mancava farlo, ma era davvero distratto, e le uniche cose che avrebbe voluto dirgli non voleva tirarle fuori perché temeva di infastidirlo, dato che c’era la possibilità che la Camera dei Segreti fosse un argomento pesante, per lui.

Quindi fu solo alla vigilia della partita di Quidditch, subito dopo aver preso il libro di Pozioni per creare la pozione polisucco che Hermione avrebbe fatto il prima possibile per spiare Malfoy e scoprire se era stato lui, che si ritagliò un minimo di tempo per scrivere a Tom qualcosa di più che il solito “Buongiorno, oggi c’è Trasfigurazione, spero che non assegni troppi compiti” o “Giornata pienissima oggi, ho troppo sonno, buonanotte”.

Anche se esordì allo stesso modo.

“Oggi Allock è stato più insopportabile del solito” ripensò alla dimostrazione che aveva dovuto fare davanti a tutta la classe nei panni di lupo mannaro che Allock aveva sconfitto. Decisamente umiliante!

“Capisco, buonanotte allora” rispose Tom, sorprendendo un po’ Harry per la freddezza delle sue parole.

“Perché buonanotte?” chiese, confuso.

“Oh, perdonami, volevi scrivermelo tu per primo? Ho solo giocato d’anticipo” 

Sembrava irritato.

“Tutto bene, Tom?” chiese Harry, iniziando a preoccuparsi di aver fatto qualcosa di male.

Forse Tom iniziava a irritarsi a parlare sempre e solo con lui. Forse Harry si stava lamentando troppo. O forse a Tom non piaceva che gli scrivesse cose futili.

“Certo, perché non dovrebbe? Sono solo un diario, dopotutto. Non posso letteralmente stare male” rispose Tom.

Da un lato le sue parole sembravano tranquille, ma Harry sembrava di avvertire una nota di estremo fastidio, e di sarcasmo in ciò che scriveva.

Esitò appena prima di rispondere, cercando le parole giuste.

Forse stava capendo male, e avrebbe dovuto semplicemente scrivere normalmente, magari parlare della sua giornata, o fare qualche domanda a Tom, che sembrava sempre felice di rispondere.

Però non riusciva a fare finta di niente, e preferiva essere sicuro.

Non voleva che Tom ce l’avesse con lui.

“Ho fatto qualcosa di male? Ho detto qualcosa che ti ha dato fastidio? Se è così dirmelo e ne possiamo parlare” scrisse, accomodante e pronto a comunicare. La comunicazione era importante tra amici, e tenersi tutto dentro non faceva bene.

“Questa domanda dovrei farla io, in realtà. Sei tu quello che all’improvviso ha praticamente smesso di scrivermi” rispose Tom, sorprendendo non poco Harry, che finalmente capì cosa avesse infastidito Tom.

Non era per via di ciò che Harry poteva aver detto, ma qualcosa che NON gli stava dicendo.

E riuscì a comprendere il motivo.

Dopotutto Tom viveva attraverso Harry. Harry era l’unica persona con la quale il diario aveva un contatto, e se fino a quel momento Harry aveva pensato che Tom non avesse una grande concezione del tempo che scorreva, dato che sembrava essere sorpreso degli anni passati da quando era un diario, si stava finalmente rendendo conto che si accorgeva comunque quando Harry non gli scriveva per un po’.

E probabilmente si sentiva solo o annoiato.

A Harry dispiaceva.

Ma allo stesso tempo, sentì un leggero calore nello stomaco.

Perché non gli era mai capitato che qualcuno fosse così felice di parlargli, tanto da arrabbiarsi se non si sentivano per un po’.

Nella sua vecchia vita, prima di scoprire di essere un mago, tutti cercavano sempre di allontanarlo, o lo reputavano noioso e irritante, soprattutto i Dursley.

E da quando era un mago era sì circondato da persone sempre ansiose di conoscerlo, e aveva anche ottimi amici, ma era per via di una fama che non poteva controllare.

Tom non sapeva nulla, e, certo, sicuramente voleva parlare con Harry principalmente per il fatto che fosse l’unica persona con la quale potesse parlare, ma era comunque piacevole sentirsi importante per qualcuno.

Sebbene fosse una grande responsabilità.

E comunque, se Tom avesse preferito parlare con altre persone, bastava che lo dicesse a Harry, e lui si sarebbe organizzato. Il fatto che avesse chiesto al ragazzo di restare un segreto significava che si fidava di lui e che Harry, alla fine, bastava.

Stavano creando davvero un bel legame.

Consapevole finalmente di ciò che turbava Tom, Harry si affrettò a rispondere.

“Scusami, non l’ho fatto di proposito, ma sono stati giorni impegnati. Tra le lezioni, il quidditch e le indagini” scrisse, giustificando la sua assenza.

“Indagini su cosa?” chiese Tom, sorpreso.

Oh, maledizione! Harry non voleva parlarne con lui! Ma aveva scritto senza pensare.

“Su nulla di importante” provò a chiudere subito l’argomento, sperando che Tom non insistesse.

“Non ti fidi di me? Pensavo che ci dicessimo tutto, Harry” ovviamente Tom insistette. 

In realtà Harry voleva parlargli della camera, e di Malfoy, e anche di tutte le orribili occhiate che riceveva da quando era comparso quel messaggio, ma non voleva appesantire Tom con i suoi problemi.

“Non è questo, è che non voglio turbarti” rispose, sincero, senza però offrire dettagli.

“…turbarmi? Perché dovresti turbarmi?” Tom non accennava a chiudere la questione.

Harry esitò appena, ponderando se fosse effettivamente il caso di dire qualcosa o no, ma non voleva creare incomprensioni con Tom, quindi alla fine decise di essere sincero.

Glielo doveva.

“Riguarda la camera dei segreti, e siccome hai evitato l’argomento, immagino che potrebbe essere un argomento che ti da fastidio” spiegò, un po’ imbarazzato.

Tom ci mise qualche secondo a rispondere.

“Oh.. non è che ho evitato l’argomento! Ma forse è meglio se non indaghi sulla camera dei segreti, potrebbe essere pericoloso” scrisse infine.

Era chiaro che sapesse qualcosa che non gli voleva dire.

“Perché? Tu sai qualcosa della camera?” e ora che l’argomento era fuori, forse Harry poteva indagare un minimo. Era importante per capire come procedere.

“Solo che è pericolosa ed è meglio non indagare al riguardo”

Harry sospirò, deluso, e non rispose. Non voleva farsi fare la morale da Tom come gliel’aveva già fatta Percy. Alla fine Tom era un prefetto, sicuramente era rigido proprio come il fratello di Ron.

Decise che era meglio cambiare argomento e non condividere più nulla con Tom riguardo la camera.

Chiaramente non era un buon argomento da tirare fuori con lui.

“Ma se ci tieni tanto a indagare, almeno dimmi che hai intenzione di fare, così posso aiutarti” l’aggiunta di Tom, dopo qualche secondo, lo sorprese non poco.

“Aiutarmi?” non si aspettava minimamente che Tom si offrisse di aiutarlo.

Temeva che l’avrebbe rimproverato e basta perché andava contro le regole.

Dopotutto sembrava un secchione ed era prefetto, no?

“Harry, non sono qui per giudicarti o rimproverarti. Sono qui per ascoltarti se vuoi sfogarti, e aiutarti se ne hai bisogno. Ma non posso farlo se tu non mi racconti ciò che ti turba o le indagini che fai. Sono il tuo diario” gli ricordò Tom, cercando di convincerlo a scrivergli.

In effetti Tom non lo aveva mai giudicato, e Harry aveva iniziato a scrivergli proprio per sfogarsi su quelle cose.

Eppure, più diventavano amici, e più lo trovava difficile, per certi versi.

“Non mi piace considerarti un diario, preferisco vederti come un amico” ribatté Harry, un po’ nervoso.

Tom ci mise qualche secondo a rispondere.

Sebbene Harry gli avesse già scritto che lo considerava un amico, e anche quella volta Tom era sembrato sorpreso dall’affermazione, il diario non aveva mai ricambiato dicendo di considerare Harry un amico a sua volta.

Chissà, forse non era abituato, o forse non si sentiva abbastanza umano da essere l’amico di qualcuno? Però Harry sperava che prima o poi avrebbe ricambiato.

“Se essere tuo amico significa che non vuoi disturbarmi con i tuoi pensieri o non ti senti abbastanza sicuro da sfogarti, o temi il mio giudizio, allora preferisco essere solo il tuo diario” rispose infine.

Harry non sapeva minimamente come prendere quelle parole. E non sapeva come rispondere.

In qualche modo aveva centrato completamente il punto del comportamento di Harry, che stava cambiando mano a mano che si avvicinavano.

Ma allo stesso tempo, Tom si stava comportando in modo strano.

Eppure, nonostante si stesse dimostrando diverso dall’immagine affabile e precisa che aveva voluto trasmettere in quei giorni, a Harry non stava del tutto dispiacendo vedere anche quel lato.

Lo rendeva più… umano.

E più era umano, più era effettivamente difficile continuare a vederlo semplicemente come un diario con il quale sfogarsi.

Harry però cercò di sbloccarsi un po’, perché riusciva a capire l’irritazione di Tom, in quel momento.

Insomma, era normale innervosirsi quando si era annoiati ad essere un diario e nessuno gli parlava.

“Va bene, ho capito. Scusa se non ti ho scritto per un po’. Non serve prenderla così male. Comunque non ho moltissimo da dire. Il professor Rüf ci ha parlato della camera dei segreti, non abbiamo trovato indizi vicino ai bagni dove è comparsa la scritta, nessun altro è stato aggredito, e pensiamo che l’erede di Serpeverde potrebbe essere Malfoy” fece il riassunto degli ultimi giorni, informando Tom delle scoperte.

“Malfoy?” Tom sembrava sorpreso dall’accusa.

“Purosangue, Serpeverde, e quando ha visto la scritta ha detto: ‘La prossima volta tocca a voi, sanguesp… nati babbani’, ma non ha detto nati babbani” spiegò Harry, rabbrividendo al pensiero della frase che il ragazzo aveva pronunciato, con un sorrisetto davvero inquietante.

“Normale comportamento da Serpeverde purosangue, in effetti” si lasciò sfuggire Tom.

“Erano cattivi anche quando tu frequentavi Hogwarts?” chiese Harry, curioso.

Se scopriva che i Serpeverde avevano bullizzato anche Tom, si sarebbe davvero arrabbiato. Era una pessima casata.

…una casata dove il cappello avrebbe voluto mandarlo, ma Harry cercava di non pensarci.

“Non direi cattivi. Non credo che i Serpeverde siano tutti cattivi, Harry. Ti ho detto che non credo agli stereotipi sulle case” si affrettò a difenderli Tom.

Ma Harry non era convinto.

In qualche modo sentiva l’esigenza di allontanarsi il più possibile da quella casa di Hogwarts, per evitare a tutti i costi che qualcuno lo associasse ad essa.

Bastavano già tutte le occhiate sospettose, senza che la gente scoprisse che sarebbe dovuto effettivamente essere proprio un Serpeverde.

“Beh, ma sicuramente l’erede di Serpeverde non può essere un Tassorosso, no? Sempre meglio essere cauti. Non ho mai incontrato un Serpeverde decente” pensò a Malfoy, a Tiger, Goyle, Piton. 

E soprattutto pensò a Voldemort, il Serpeverde peggiore di tutti.

Perché il cappello parlante avrebbe voluto metterlo nella stessa casa dell’assassino dei suoi genitori, l’uomo che lo aveva condannato quando aveva solo un anno di vita?!

In quel momento odiava profondamente i Serpeverde.

Era tutta colpa di quella casa, e del loro fondatore, se Harry non riusciva ad avere neanche un anno di scuola normale!

“Ovviamente… e che prove avete contro Malfoy?” Tom cambiò argomento, e Harry notò che la sua scrittura sembrava più marcata e rigida.

Ma non ci fece troppo caso, perché non era un grandissimo osservatore.

“Ancora nessuna, ma abbiamo intenzione di interrogarlo il prima possibile e farlo confessare” spiegò Harry, non parlando della pozione polisucco e del piano perché non voleva che Tom scoprisse che avrebbero infranto le regole.

Sicuramente non avrebbe approvato.

“Buona fortuna con qualsiasi sia il piano. Spero otterrete un’ottima confessione” Tom, per fortuna, non chiese informazioni aggiuntive, anche se la scrittura rimase molto rigida.

“Lo spero anche io. Voglio trovare il responsabile prima che possa attaccare altre persone” Harry però si fomentò e basta, determinato a risolvere anche questo inghippo il prima possibile e passare normalmente ciò che restava dell’anno scolastico.

“Posso chiedere perché un dodicenne è responsabile di indagare su una pericolosa creatura in una camera segreta? Non dovrebbe essere responsabilità dei professori o quantomeno dei prefetti e caposcuola?” chiese Tom, dopo qualche secondo.

Sollevava ottimi punti.

Ma Harry si irritò.

“Pensavo che avessi detto che non mi avresti giudicato” quella era una frase molto da Percy, in effetti.

“Non ti stavo giudicando, era una domanda. Mi preoccupo per te e non voglio che ti fai male” arrivò la ragionevole risposta di Tom.

Harry sospirò, valutando meglio le sue parole senza mettersi subito sulla difensiva.

In effetti avrebbe dovuto lasciare che altri se ne occupassero, ma non sentiva che fosse la cosa migliore.

Sentiva che lui era l’unico che potesse effettivamente fare qualcosa.

Forse a causa della voce che aveva sentito prima di ritrovare Mrs. Purr? Forse era solo una sensazione? O forse credeva che se non fosse stato lui a trovare il colpevole, nessuno avrebbe smesso di guardarlo con sospetto.

“Mi sembra di dovermene occupare io, in qualche modo” disse solo, senza scendere nei dettagli.

Non voleva parlare a Tom della voce misteriosa. Non voleva che Tom lo prendesse per pazzo. Persino Hermione e Ron lo avevano guardato straniti.

“Posso chiedere perché? Tu non hai niente a che fare con questo” Tom continuò ad indagare.

Era stranamente insistente.

“Ma tutti pensano che sono stato io”

Eddai, Tom, è abbastanza come scusa! Smettila!

“Solo perché l’hai trovata? E poi perché non accusano anche Ron e Hermione. Non ha molto senso che accusino te e basta”

Ovvio che accusavano solo Harry. Era Harry quello famoso, sempre sulla bocca di tutti.

“È diverso, Tom. Non potresti capire” scrisse di getto, irritato, sperando che Tom la smettesse di indagare.

Aveva il diritto di avere dei segreti!

“Capire cosa? Cosa non mi stai dicendo, Harry?”

C’erano molte cose che non gli stava dicendo.

Che era famoso, che era il bambino sopravvissuto, che tutto lo fissavano sempre e lo consideravano sempre nel bene e nel male, che l’anno prima aveva ucciso un uomo e tutta la scuola lo sapeva, che il motivo per il quale aveva trovato Mrs Purr era perché aveva sentito una voce inquietante.

Troppe cose che avrebbe davvero voluto confidare ad un diario.

Ma non a Tom.

Perché Tom era suo amico, non il suo diario.

E ogni giorno sembrava diventare sempre più umano.

E, nel bene e nel male, Harry iniziava a stare più attento a ciò che diceva e ciò che teneva nascosto.

Perché era vero che con i suoi amici si metteva sempre qualche censura, per apparire meglio, o non dare fastidio.

Sono norme sociali, dopotutto. Raramente ci mostriamo agli altri senza maschere.

E così come Tom indossava una maschera, anche Harry si sentiva in diritto di indossare ogni tanto la propria, con lui.

“Niente. E penso che è il caso che io vada a dormire. Sono stanco, e domani c’è la partita di Quidditch contro Serpeverde. Devo essere in forma” provò a chiudere l’argomento. 

“Sì, certo, capisco. Dovrai assolutamente battere tutti quegli orribili mascalzoni di quella casa irredimibile!” gli augurò Tom, e per la prima volta la sua scrittura non sembrava solo rigida, ma anche rabbiosa. Lasciò addirittura qualche macchia di inchiostro.

Harry avrebbe volentieri chiuso il diario e basta, ma non voleva concludere in quel modo la conversazione.

Non gli sembrava giusto.

“Perché sei arrabbiato con me?!” chiese, esasperato, non comprendendo minimamente questo improvviso astio.

Solo perché non gli diceva tutto? Ma che diritto aveva Tom di conoscere tutto di Harry?

“Non sono arrabbiato!”

Sì, certo, come no!

“Sembri arrabbiato!” persino Harry se n’era accorto, non poteva fingere di non avercela con lui.

“Sono solo… non lo so, Harry. Meglio se vai a dormire e basta” Tom però non aveva voglia di parlare.

Bene!

Un sentimento che Harry poteva capire!

Ma non gli avrebbe lasciato l’ultima parola.

“Comunque non mi puoi fare la morale solo perché non ti dico tutto della mia vita. Neanche tu mi dici mai nulla della tua, a meno che non te lo chiedo io!” disse come ultima cosa.

Tom non rispose.

E Harry andò a dormire piuttosto turbato.

Quella notte sognò una cosa davvero molto strana: un sotterraneo cupo e umido fatto di pietra, e una lunga coda di un serpente gigante vicino ai suoi piedi.

Sentì anche vagamente una voce sibilante sussurrare una cosa del tipo: -Un essere umano, padrone?-

E una voce che sembrava la propria rispondere -Sì, umano, dopo la partita di Quidditch. Non importa chi sia, deve solo essere indegno, e distrarre l’attenzione da quella stupida partita!-

Quando Harry si svegliò, il giorno della partita, non si sentiva per niente riposato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Ohhhhh, Tommy è irritato.

E deve assolutamente frequentare un corso sull’impulsività perché finirà per fare cose di cui si pentirà amaramente.

Intanto già sta litigando con Harry perché si sente abbandonato e ignorato, e la cosa non va affatto bene per il suo piano.

Anche se va benissimo per Harry, perché inizia a conoscere anche il vero Tom, e non solo la versione patinata che il diario cerca di mostrare di sé. E mi piace molto questa cosa.

E penso che piaccia in realtà anche a Harry. 

Alla fine il capitolo è uscito più lungo di quanto mi aspettassi, spero vi piaccia.

Nel prossimo si capirà perché Tom è così irritato, anche se è abbastanza chiaro. Ma comunque è più complesso di quanto appare ad un primo sguardo. 

Spero che il capitolo sia piaciuto. Non sono proprio convintissima dalla parte di Harry, ma ho fatto del mio meglio.

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Capitolo 10
*** Quidditch e mancanze ***


Quidditch e mancanze 

 

Sì, è vero che Tom aveva sperato che Harry non gli scrivesse per un po’, dopo le domande scomode sulla camera, ma non che smettesse praticamente di scrivergli!

E comunque non era solo irritato per il fatto che Harry gli stava tenendo dei segreti, e gli parlava sempre meno.

C’erano in realtà tantissime cose che lo stavano irritando oltre ogni misura, e alcune di queste cose si contraddicevano anche tra di loro.

Innanzitutto era ovviamente irritato dal fatto che Harry gli stesse tenendo segreti e lo stesse ignorando, perché sentiva che il collegamento tra i due iniziava a farsi traballante, e, senza il collegamento, Tom rischiava di non essere più in grado di aprire la Camera dei Segreti, che era sempre la missione principale.

Ma non era solo a causa della Camera, in realtà.

Perché Tom si era ormai abituato a parlare con Harry ogni giorno, a volte anche piuttosto a lungo.

Si era abituato alle sue domande, alla sua curiosità e ai suoi sfoghi.

E ora che Harry non lo portava neanche in giro, impedendogli di accedere ai suoi occhi e alle sue orecchie, a Tom iniziava a mancare parlare con Harry.

Si sentiva non solo annoiato, ma abbandonato, in qualche modo.

Perché aveva bisogno di Harry.

Dipendeva da Harry.

Ed era forse questa sensazione la cosa che più detestava.

Lui era Lord Voldemort, lui non dipendeva da niente e da nessuno oltre che sé stesso.

Eppure tutta la sua vita in quel momento era in mano a Harry.

E non poteva farne a meno.

Perché il collegamento non serviva solo ad aprire la camera dei segreti, ma serviva anche a farlo sentire vivo, umano, esistente per davvero.

E quando Harry non gli dava attenzione si sentiva molto meno reale.

Ed era combattuto e confuso sui suoi sentimenti. E quando Tom era confuso e combattuto, solitamente ignorava tali sentimenti e li sostituiva con la rabbia, l’irritazione, il comportamento manipolatorio e passivo-aggressivo.

Più passivo-aggressivo che manipolatorio.

Aveva cercato di essere gentile con Harry, come sempre.

Ma un po’ del suo veleno interiore era uscito fuori, senza che Tom potesse trattenerlo.

Ed era un rischio enorme per la missione.

Anche se un lato di Tom sperava quasi, molto molto in fondo, che Harry smettesse di scrivergli.

Perché sarebbe stata la prova che Tom aveva ragione su di lui.

Insomma, se Harry abbandonava Tom solo perché una volta si era dimostrato vagamente sgradevole, avrebbe dimostrato che Tom aveva fatto benissimo a controllarlo per i suoi scopi. Tante chiacchiere sull’essere una brava persona e un bravo Grifondoro, e abbandonava Tom al primo litigio?! Stupido ragazzino viziato!

Però, allo stesso tempo, l’idea di essere abbandonato da Harry, per quanto infuriante, era anche terrorizzante.

Senza Harry, Tom che fine avrebbe fatto?!

Il collegamento si sarebbe spezzato? Tom sarebbe tornato nel vuoto? Senza vedere, sentire e provare nulla? 

Ora che aveva avuto un assaggio della vita, Tom non poteva tornare ad essere solo un diario.

E come avete potuto appurare dal capitolo di Halloween, quando Tom era nervoso e si sentiva in qualche modo combattuto, faceva casini e agiva d’impulso, pertanto aveva ordinato al basilisco di attaccare qualcuno dopo la partita di Quidditch.

Non era così arrabbiato da non far giocare Harry, ma era abbastanza irritato da voler distrarre l’attenzione dalla partita per concentrarla tutta su di lui.

Però, a differenza che a Halloween, aveva imparato la lezione, e si era assicurato con il basilisco di uccidere un essere umano, questa volta.

Anzi, non ucciderlo.

Tom non aveva esitazioni ad uccidere, in realtà, ma visto che la volta prima il basilisco lo aveva deluso andando a colpire un semplice gatto, e adesso lui non si trovava esattamente nelle condizioni di designare delle vittime appropriate, aveva dato ordine al basilisco di colpire per pietrificare, quindi di non guardare direttamente le persone, ma assicurarsi che la vittima lo guardasse tramite riflesso.

Il gatto era stato pietrificato, dopotutto, quindi sarebbe stato chiaro che fosse un’altra vittima dell’erede di Serpeverde, ma almeno Tom non rischiava di colpire per sbaglio un purosangue o Harry stesso (o Ron o Hermione) perché il suo serpentone gigante e assassino era completamente incompetente.

Ovviamente non lo faceva per qualche rimorso, o altro.

Semplicemente non voleva scatenare vittime inutili e non in linea con il suo nobile scopo.

E poi chissà, se spaventava e basta, potevano comunque cacciare tutti i sanguesporco per sicurezza e l’obiettivo si sarebbe raggiunto con anche maggiore facilità.

In ogni caso, Tom non voleva affidare la morte di qualcuno al basilisco, sapeva benissimo quanto potesse essere incapace, anche se ce la metteva tutta.

E finché non riusciva a possedere Harry abbastanza da guidare il suo animaletto gigante, era il caso di pietrificare e basta.

Per sicurezza.

Sì.

Non per altro.

Tom si sentiva decisamente strano.

E solo.

E vuoto.

E Harry era alla partita in quel momento, sicuramente, e non gli aveva neanche dato il buongiorno.

Né lo aveva portato con lui.

Meglio così! Hmpf! Harry era inutile!

…non era meglio così.

Ugh, perché doveva sentirsi in quel modo?!

Tom scosse la sua metaforica testa che non aveva, deciso a non farsi controllare da Harry.

Era un controllo a senso unico, e il senso era di Tom verso Harry.

Quindi doveva fare un respiro profondo, aspettare il suo ritorno, e cercare di riportarlo dalla sua parte, scusandosi con tranquillità del suo comportamento poco consono della sera prima, e sperando di recuperare il rapporto.

Ogni parola sarebbe stata finta, una maschera per convincere Harry a fidarsi nuovamente di lui.

…anche se le maschere non funzionavano granché, con quel ragazzo.

Vabbè, l’importante era ritornare a parlare con Harry, in un modo o nell’altro.

Per la missione.

 

A meno che la partita non fosse durata almeno dodici ore, a questo punto Harry sarebbe dovuto essere già tornato.

Era passato parecchio da quella mattina… giusto?

Tom non era sicuro di discernere ancora bene il tempo che passava, ma sembravano passate ore.

E Harry non si stava avvicinando.

Lo sapeva perché quando Harry si avvicinava Tom sentiva il collegamento, ma al momento era debole, quasi inesistente, e ciò significava che Harry era lontano.

Era come se il mondo fosse in bianco e nero.

Anzi, solo in nero.

Un enorme nero vuoto e incolmabile.

Dov’era Harry?!

Perché non tornava?

Era successo qualcosa alla partita?

No, probabilmente no.

Sicuramente i Grifondoro avevano vinto e Harry stava festeggiando con una burrobirra o qualcosa del genere.

…era abbastanza grande per andare a Hogsmeade?

No, no, era solo al secondo anno e si andava a Hogsmeade dal terzo.

Forse stava festeggiando in sala comune, o in sala grande, o in cortile, o da qualsiasi altra parte che lo tenesse lontano da Tom.

Chissà se il basilisco aveva già attaccato.

Oh, magari non stava tornando perché i professori stavano interrogando tutti riguardo all’attacco di Tom.

Ah! Quindi era riuscito nell’intento.

…ma non voleva che l’attacco impedisse a Harry di tornare.

A Tom l’oscurità iniziava a sembrare piuttosto avvolgente.

E asfissiante.

Il filo che lo collegava a Harry sembrava anche molto più sottile del solito.

Quasi trasparente.

Harry?

…Harry, dove sei?

 

Tom non si era reso conto di quanto fosse orribile essere un diario, fino a quel momento.

Erano passati due giorni da quando Harry gli aveva scritto per l’ultima volta. Due giorni dal primo e probabilmente ultimo litigio che avevano avuto, e Tom si sentiva ogni secondo di più come se la sua coscienza iniziasse a svanire.

Come se il suo corpo, che non aveva, lo stesse portando sempre più vicino ad addormentarsi contro la sua volontà.

Non riusciva più a vedere, non riusciva più a sentire, e non avvertiva più il filo che lo collegava a Harry.

Harry non si era avvicinato, in quei due giorni, o forse semplicemente Tom non lo aveva notato.

Non era neanche del tutto sicuro che fossero passati due giorni, perché poteva benissimo essere un mese, dato che non riusciva più a capire il tempo che passava.

C’era solo il nero.

Il vuoto.

Il nulla.

Forse Harry l’aveva buttato da qualche parte.

Aveva deciso che la personalità sgradevole che aveva intravisto dietro la maschera perfetta di Tom, durante il loro litigio, fosse troppo orribile per perderci ancora tempo.

Forse Tom gli ricordava Malfoy, forse ora lo odiava e basta.

Tom non provava molte emozioni al riguardo, neanche rabbia o tristezza.

Perché era come se le emozioni gli stessero sfuggendo, tutte quante, sostituite solo da una apatia asfissiante.

Non che Tom non stesse lottando, per tenerle ancorate a sé.

Voleva arrabbiarsi con Harry.

Voleva odiare i sanguesporco.

Voleva indignarsi con Silente.

Ma la verità era che voleva anche sentire quel calore che aveva provato mentre parlava con Harry.

Quel senso di tenerezza che aveva solo sfiorato, un paio di volte, e che aveva poi seppellito in fondo, ma mai cancellato del tutto.

E ora che gli stava venendo strappato via, gli mancava.

Gli mancava Harry.

Se c’era una cosa che Lord Voldemort odiava, era dipendere da qualcuno o qualcosa.

Aveva creato gli Horcrux proprio per quello, per avere sempre sé stesso su cui contare per non morire mai.

Non aveva mai avuto amici, solo seguaci.

Era stato abbandonato da ogni persona che gli fosse mai stata vicina. Il suo stesso padre lo aveva abbandonato prima ancora che Tom nascesse, figuriamoci.

Solo perché aveva scoperto che sua madre, la sua debole madre, che non lo aveva mai neanche tenuto in braccio, fosse una strega.

E ora anche Harry se n’era andato.

E Tom avrebbe solo dovuto pensare che era meglio così, perché Harry non era alla sua altezza.

Meglio soli che male accompagnati.

Meglio il vuoto che dipendere da qualcuno.

Meglio essere apatici che avere debolezze.

Ma in quel momento, mentre perdeva la consapevolezza di essere effettivamente esistente, e la coscienza di sé, provando ad aggrapparsi con tutte le sue forze alla vita che da dentro il diario non poteva considerare tale, Tom avrebbe rinunciato a tutto pur di sentire nuovamente la penna scrivere.

Odiava dipendere da qualcuno, ma aveva bisogno di Harry!

Aveva davvero bisogno di lui! 

E non solo per la missione, ma per sé stesso.

Non poteva vivere se non c’era Harry.

Poteva solo sopravvivere.

E pregava, con tutto il cuore, che Harry sarebbe tornato presto, prima di perdersi del tutto.

Tom si sarebbe scusato, sarebbe stato il diario perfetto, non si sarebbe mai più lamentato.

Ma Harry doveva tornare!

Tom voleva vedere e sentire di nuovo.

Voleva provare delle emozioni. Qualsiasi emozione, anche quelle brutte, che erano la maggior parte di quelle che provava solitamente.

Era meglio del vuoto che lo stava reclamando a sé.

Perché si era reso un Horcrux?! 

Era stata une terribile idea!

 

“Tom, non hai idea del disastro che è successo!”

Harry?

Quando gli arrivarono quelle parole, scritte così veloci che era probabile che Harry fosse corso in camera, avesse preso il diario, e avesse scritto senza neanche dare il tempo a Tom di accorgersi della sua presenza per quanto avesse fatto in fretta, per il diario fu come tornare a respirare dopo essere stato per ore intere sotto l’acqua.

Harry era tornato!

…e gli scriveva in tono così normale?

“Tutto bene, Harry?” chiese Tom, molto teso.

Si erano lasciati malissimo e Harry non gli aveva scritto per tantissimo tempo… probabilmente.

Tom non sapeva proprio cosa dire, cosa fare, cosa pensare.

“Non so neanche da dove cominciare! È stato un weekend assurdo! C’è stato un altro attacco, e abbiamo vinto a quidditch, ma sono rimasto ricoverato in infermeria e per sicurezza Madama Chips mi ha tenuto fino ad ora ma sono corso subito a scriverti perché era passato un sacco di tempo e mi dispiaceva lasciarti così ad aspettarmi” Harry scriveva così velocemente che Tom non era del tutto certo di aver capito tutto di quanto scriveva.

Perché non aveva molto senso.

Perché Harry gli stava scrivendo in modo così tranquillo, come se non avessero mai discusso?

E in che senso era stato in infermeria così a lungo?

La parte sull’attacco non lo sorprendeva, ma…

Un momento…

“Sei stato attaccato?!” chiese, sconvolto.

Possibile che il suo basilisco fosse stato così stupido da attaccare Harry stesso?! 

E Harry si era assentato perché era rimasto pietrificato e quindi aveva dovuto aspettare di essere spietrificato prima di tornare in camera?!

Per fortuna che Tom aveva detto solo di pietrificare, altrimenti sarebbe stata la fine!

Solo il pensiero di Harry che veniva ucciso dal basilisco era inconcepibile, per Tom.

Lui aveva bisogno di Harry.

E non voleva che morisse, al momento.

…e probabilmente in generale.

Non era necessario ucciderlo, quindi meglio se non moriva!

“No… beh, sì, circa. È complicato. Durante la partita un bolide mi ha puntato e mi ha inseguito e mi ha rotto un braccio, per questo sono finito in infermeria” spiegò Harry, e Tom riusciva a percepire la sua frustrazione.

Ora che Harry era tornato a scrivergli, riusciva a percepire moltissime cose. Tutte le emozioni che gli gli erano state strappate via erano tornate come se non se ne fossero mai andate, facendolo anche sentire piuttosto patetico nell’averle desiderate con tale disperazione.

Cercò di calmarsi e pensare con logica.

Allora, Harry quindi non era stato attaccato dal basilisco, ed era un sollievo. Ed evidentemente era stato ricoverato in infermeria per via di un braccio rotto, ma…

“Tre giorni in infermeria per un braccio rotto?” chiese, sorpreso e anche un po’ scettico.

Quando lui era a Hogwarts, i bracci rotti venivano curati senza neanche andare in infermeria, bastava un tocco di bacchetta.

Poi si andava in infermeria comunque per sicurezza, ma si stava cinque minuti al massimo.

“Eh, lo so! Io volevo andare dritto da Madama Chips e finirla in cinque minuti, ma quell’idiota di Allock voleva pensarci lui e mi ha fatto sparire tutte le ossa del braccio! Mi sono ricresciute in una notte ma Madama Chips mi ha tenuto due giorni per sicurezza, dato che era comunque il finesettimana e dovevo recuperare meglio l’uso del braccio. Uno strazio!” spiegò Harry, indignandosi e cominciando a sfogarsi riguardo Allock.

“Come è possibile che quell’uomo sia insegnante di difesa contro le arti oscure?! È completamente incompetente!” si indignò Tom, che in quanto aspirante insegnante proprio di quella materia, era sicuro che avrebbe fatto un lavoro decisamente migliore di lui, e invece Silente assumeva tizi del genere!

Bah! 

“Dicono che il posto sia maledetto. Per me è maledetto Allock! Spero che lo licenzino presto!” continuò a lamentarsi Harry, dandogli piena ragione.

“Quindi è per questo che non mi hai scritto per qualche giorno…” osservò Tom, rendendosi finalmente conto che tutta la sua disperazione, la sua paura e la sua sicurezza che Harry l’avesse abbandonato, erano del tutto infondate.

Lo avvolse un sollievo che non credeva di poter fisicamente provare, ma che sembrò riempirlo di calore.

Grazie a Salazar Harry non lo odiava!

Non era ancora stato abbandonato.

Tom non poteva abbassare la guardia, ma si sentiva troppo sollevato, in quel momento, per essere completamente lucido.

“Sì, e mi dispiace tanto! So che ti avevo detto che ti avrei scritto di più ma mi è stato proprio impossibilitato. Avrei voluto chiedere a Ron di portarti, ma mi hai chiesto di essere discreto e ho pensato fosse un po’ meglio aspettare. Sei stato bene questi giorni?” chiese Harry, ed era evidente che fosse mortificato.

Tom avrebbe voluto rispondere in tono passivo aggressivo, qualcosa del tipo “Non posso stare bene, non esisto proprio dato che sono un diario”, oppure in modo eccessivamente cortese “Ovvio, sono sempre a tua disposizione, non devi scrivermi sempre, Harry, non preoccuparti”.

Ma alla fine rispose con la massima sincerità.

Probabilmente non la scelta giusta, ma gli venne spontaneo. Sicuramente colpa del torpore dei giorni precedenti che aveva ancora un po’ addosso, nonostante il ritorno di Harry.

Si era praticamente appena svegliato, doveva carburare un po’, prima di essere al massimo.

“Avevo paura che fossi arrabbiato con me. Mi sei mancato, Harry” ammise, e appena si rese conto di ciò che aveva scritto, cancellò la frase così in fretta che era molto probabile che Harry non fosse riuscito a leggerla tutta.

Tom lo sperò.

Si sentiva patetico, debole e vulnerabile.

Ma Harry, quando voleva, leggeva veloce.

“Sai, mi sei mancato anche tu. E mi dispiace per come ci siamo lasciati, ma non sono arrabbiato con te, per niente! Anzi, mi è piaciuto vedere anche questo lato di te, e capisco che tu possa essere infastidito, qui in questo diario. Mi piace vederti più umano, mi sembra che siamo più vicini” la risposta di Harry lasciò Tom completamente senza parole.

Più vicini?

Più umano?

Perché sentiva questo calore al petto?

Tom si stava sentendo… capito?

Non giudicato?

Accettato?

Harry era molto, molto strano.

“Sei molto maturo per la tua età” scrisse senza neanche pensarci, molto sorpreso dalle parole di Harry.

Lo aveva sempre considerato stupido, ma forse in qualcosa era più bravo di Tom, che in quanto a intelligenza emotiva era sempre stato piuttosto pessimo.

Non lo ammetterà mai neanche sotto tortura, ma è un dato di fatto.

“Grazie! E volevo anche dirti che puoi essere più rilassato quando parli con me. Insomma, come tu non mi giudichi, sappi che non ti giudico neanche io. Quindi puoi dirmi le cose senza problemi, okay? Insomma, a meno che tu non abbia ucciso qualcuno, ma lo trovo improbabile, ahahah” Harry cercò di essere incoraggiante e amichevole, senza avere la minima idea che quella battuta era un po’, come dire…

Insomma, Tom aveva effettivamente ucciso qualcuno, dopotutto.

Beh, almeno sapeva esattamente cosa non era il caso di dire a Harry.

“Lo terrò presente. E tu puoi parlarmi di tutte le volte che infrangi le regole” ricambiò, sperando che il ragazzo lo tenesse più informato circa la sua indagine riguardo alla Camera dei Segreti.

Anche se Tom ancora non capiva perché stesse indagando, dato che aveva solo dodici anni e non era minimamente sua responsabilità occuparsi della questione.

“A proposito di questo, tu eri bravo in pozioni, vero?” chiese Harry, cambiando argomento ma dimostrando che si stava aprendo di più.

“Sì, perché? Bisogno di aiuto con i compiti? Sono disponibile a farti un tema, se vuoi” Tom era ansioso di riprendere in mano foglio e pergamena. Gli mancava fare i compiti.

Probabilmente, ora che Harry era tornato, poteva riprendere l’uso di occhi e orecchie, ma aveva bisogno di concentrarsi, e non poteva farlo mentre scriveva a Harry nel diario. Almeno non con facilità. Quindi avrebbe aspettato la fine di quella conversazione.

“No, no, ma… sai… riguardo all’indagine sulla camera dei segreti, te ne ho parlato, no?” iniziò a spiegare Harry.

Oh, finalmente!

“Non sei sceso in dettagli” Tom si preparò ai gossip. Peccato non avere delle gelatine tutti i gusti da sgranocchiare mentre sentiva le novità.

Non aveva una bocca per mangiarle, ma era un altro discorso.

“Ecco, pensiamo che sia Malfoy, e per interrogarlo abbiamo deciso di fare la pozione polisucco. Purtroppo non sarà pronta prima di Natale, ma è molto urgente, vista la situazione” spiegò Harry, un po’ esitante nello scrivere.

Ohhh, pozione polisucco. Molto ambiziosa come pozione. Tom avrebbe aiutato per quanto possibile, se Harry avesse chiesto, anche se onestamente dubitava che dei ragazzini del secondo anno sarebbero stati capaci di portarla a termine, quindi si preparò ad impedire quantomeno a Harry di assumere la pozione nel caso molto probabile si fosse rivelata mal realizzata e pericolosa. Aveva bisogno di Harry, dopotutto, e non voleva affatto rischiare di separarsi nuovamente da lui. Mai più!

“Che situazione? Mi hai accennato che c’è stato un altro attacco” Tom accantonò però l’informazione, mettendola in un angolo, per concentrarsi su cose più importanti.

L’attacco, infatti, era andato a buon fine?

Qualcuno era stato pietrificato?

Era un sanguesporco?

Un umano?

Quanto doveva temere l’incompetenza del basilisco?

“Sì, Colin Canon. Per fortuna solo pietrificato, ma mi è dispiaciuto tantissimo quando ho scoperto che è stato pietrificato. E Ron mi ha detto che tutti sono ancora più convinti che sono stato io perché mi sono arrabbiato quando ha provato a farmi una foto senza le ossa del braccio. Ma non ce l’avevo con lui, ero arrabbiato con Allock!” spiegò Harry, e si percepiva che fosse sinceramente dispiaciuto.

Certo comunque che Harry aveva sfiga.

Era vero che era il responsabile indiretto, ma Tom non aveva mai cercato di colpire le persone a lui vicine, eppure la prima vittima era stata la gatta dell’uomo che l’aveva punito pochi giorni prima, e la seconda il fanboy con il quale Harry si era arrabbiato proprio quel giorno.

Che sfiga immensa!

“Spero che le voci si fermeranno presto. Sono sicuro che tu non faresti mai niente del genere, e che le persone lo capiranno presto” provò a rassicurarlo, sperando davvero che fosse così.

Non voleva attirare attenzione indesiderata.

“Soprattutto se scopriamo che è stato Malfoy! Forse sta cercando di incastrarmi, o ha colpito Colin perché ha scattato un sacco di foto alla partita, e ha fatto davvero una figuraccia alla partita. Gli sta bene!” Harry iniziò a sfogarsi come non faceva da tanto tempo.

Era stranamente piacevole.

Quasi rilassante.

“Come è andata la partita?” Tom chiese più informazioni.

Non servivano minimamente a nulla per il suo piano, e lui odiava il Quidditch.

Ma Harry era così entusiasta che gli sembrava doveroso chiedere qualche dettaglio in più.

“È stata faticosa! Le scope dei Serpeverde erano molto più veloci, e il bolide che mi inseguiva mi impediva di adocchiare il boccino, e a un certo punto il boccino era proprio accanto a Malfoy, ma lui non se n’è accorto, e per fortuna alla fine io…” Harry iniziò a raccontare con dovizia di dettagli la partita che aveva miracolosamente vinto, e Tom lo lasciò parlare, beandosi delle parole che fluivano attraverso di lui e fortificavano un legame che fino a poco prima aveva creduto sciolto per sempre.

Tom sapeva di non poteva abbassare la guardia, e di dover essere freddo e calcolatore, concentrato sulla sua missione.

Prima o poi Harry lo avrebbe abbandonato, come tutti, e doveva trovare un piano B per non finire mai più nella situazione in cui si era trovato quei giorni.

Ma per il momento, con Harry che sembrava tutt’altro che pronto a gettarlo via, Tom si concesse di rilassarsi per qualche secondo, e provare l’entusiasmo del ragazzo con il quale aveva stretto il legame. 

Era troppo piacevole per abbandonarlo subito.

Harry lo faceva davvero sentire umano.

Più di quanto non si fosse mai sentito, anche prima di diventare un Horcrux.


 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Insomma… Tom ha avuto molte rivelazioni sull’importanza di Harry per lui.

È passato da “Harry è un burattino inutile e sacrificabile da usare per i miei scopi malvagi” a “Harry è ancora un burattino ma non è inutile né sacrificabile e ho bisogno di lui”.

Speriamo che presto arrivi al “Harry è un mio amico e gli voglio bene”, e in futuro anche magari un “Harry è l’amore della mia vita”.

Ci vorrà un po’, ma noi ci speriamo.

Ve l’ho detto da subito che questa fanfiction è molto slow burn, dopotutto.

Comunque Tom inizia davvero ad aprirsi a Harry, e sollevare la sua maschera perfetta per mostrare le sue imperfezioni e i suoi timori.

Di certo aiuta che Harry sia un tenerino empatico ed emotivamente molto maturo.

Anche se è anche un po’ ipocrita, dato che dice che non accetta Tom nel caso fosse un assassino, quando Harry ha due morti sulla coscienza, circa, a soli dodici anni.

Dopotutto è responsabile della “morte” di Voldemort, e soprattutto ha ucciso Raptor, l’anno prima.

Eh! Legittima difesa, ma comunque omicidio.

Tralasciamo…

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Spero si pubblicare presto il prossimo ^^

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Capitolo 11
*** Duelli e Serpenti ***


Duelli e Serpenti

 

Le cose ultimamente procedevano bene per Harry. Con Tom era tutto risolto e avevano ricominciato a parlare ogni giorno, come al solito, forse anche con più confidenza di prima.

La pozione polisucco si stava preparando senza intoppi, e non c'erano stati altri attacchi, anche se gli studenti erano sempre sull'attenti, ed evitavano Harry come la peste, nonostante la sua schiacciante vittoria a Quidditch attirasse comunque qualche fan.

Inoltre era stato annunciato un club dei duellanti per addestrare gli studenti a difendersi in caso di attacco, e a tutti sembrava davvero una buona idea.

Persino Tom, quando Harry aveva annunciato del club, era sembrato interessato e gli aveva chiesto di restare aggiornato, commentando che quantomeno avrebbero avuto un'istruzione in difesa decente, visto che Allock non la provvedeva.

-Sempre che Allock non sia l'istruttore del club- sussurrò Harry, mentre scriveva la risposta con un sorriso divertito.

-Cosa?- Ron si girò verso di lui sollevando la testa dei compiti di incantesimi.

Harry arrossì appena, sorpreso da se stesso per essersi lasciato sfuggire ciò che stava scrivendo. Chiuse il diario prima di leggere la risposta di Tom.

-Niente, stavo pensando che spero che il club dei duellanti non sia curato da Allock- commentò, posando il diario per prendere i libri e i fogli di pergamena.

-Perché no? Secondo me sarebbe un ottimo istruttore- Hermione si unì alla conversazione, senza alzare lo sguardo dal suo tema.

-Solo perché ti piace, Hermione- si lamentò Ron, alzando gli occhi al cielo, e facendo arrossire l'amica.

-Piantala! Piuttosto, perché stiamo parlando di questo invece di fare i compiti?- Hermione fu svelta cambiare argomento, indicando i temi che non erano molto vicini ad essere completati.

-Non lo so, è stato Harry a cominciare- Ron alzò le spalle.

-Stavo solo pensando ad alta voce, non badate a me, sono solo un po' distratto oggi- si difese Harry. 

In effetti era un po’ distratto e si ritrovava spesso con la testa tra le nuvole, e non solo a causa di Tom. La sua mente andava agli attacchi, ad alcuni strani sogni fatti di recente, e agli avvertimenti che Dobby, l’elfo domestico, gli aveva fatto in infermeria, prima dell’attacco di Colin. Aveva parlato per enigmi, come sempre, ma comunque aveva lasciato un dilemma interessante per Harry, quando gli aveva chiesto che Voldemort fosse coinvolto.

Perché Dobby aveva risposto che colui-che-non-poteva-essere-nominato non aveva nulla a che fare con la situazione, ma l’aveva guardato con occhi che sembravano dire il contrario.

E Harry non poteva neanche chiedere consiglio a Tom perché non voleva fargli sapere di Voldemort e dei suoi genitori, quindi non sapeva cosa pensare e come interpretare le cose strane che diceva Dobby.

Voleva fidarsi di lui come alleato perché sembrava sincero, ma stava provocando più danni che altro, tra il portale bloccato e il bolide fellone! 

-Sì, e scrive sempre su quel diario con le parole che spariscono- Ron si sporse verso Harry e prese il diario che aveva nascosto sotto i libri, distogliendolo dai suoi pensieri.

-Pensavo lo avessi buttato, non è molto utile- commentò Hermione adocchiandolo.

-Beh, è stato utile quando Malfoy ha provato a prenderlo ed è rimasto umiliato- lo difese Ron, sfogliandolo distrattamente e sorridendo al ricordo.

-È un'ottima valvola di sfogo che nessuno può leggere- spiegò Harry, un po' imbarazzato, provando a riprendere il diario da Ron. Purtroppo fu intercettato prima da Hermione, che lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-Mi sembra un buon metodo, ma non va bene se ti distrai. Dobbiamo consegnare il tema entro domani ed è probabile che questo argomento sarà all'esame- lo riprese Hermione, sempre la solita secchiona. Anche Tom era un secchione, ma almeno lui non era così fissato da pensare solo a quello! Perché Hermione non poteva essere un po’ più come lui?!

-Va bene, va bene, hai ragione. Ridarmelo così lo rimetto in borsa- Harry sollevò la mano per farsi ridare il diario con un sorriso di scuse, cercando di chiudere l’argomento in fretta e soprattutto riprendersi Tom.

-Lo terrò io finché non finiamo i compiti- Hermione fece per mettere il diario nella sua borsa.

-Quando fai così sembri la McGranitt- commentò Ron ridacchiando, e tornando al suo tema.

Harry però sentì una sensazione davvero sgradevole nel vedere il diario sparire nella borsa di Hermione. Sapeva, consciamente, che l'avrebbe ripreso presto, e che non sarebbe successo nulla di male se non lo teneva per un paio d'ore.

Era stato tre giorni senza scrivere mentre era in infermeria, dopotutto, ma almeno quei giorni sapeva che il diario era al sicuro in camera sua e nessuno avrebbe potuto prenderlo.

Adesso era tra le mani di Hermione, e sebbene Harry sapesse che la sua amica fosse affidabile, anche più di lui, non si sentiva a suo agio all'idea di lasciare Tom in mano ad altri.

Il diario era una sua responsabilità, e se Hermione avesse iniziato a scriverci qualcosa, Tom avrebbe capito che Harry era stato incauto.

Harry si era reso conto che era molto permaloso, e non voleva che credesse che Harry lo prendesse alla leggera e lo desse in mano ad altri. Poteva rimanerci davvero molto male, e non fidarsi più di lui.

-Ridammelo subito!- esclamò, in modo molto più aggressivo di come volesse suonare, alzandosi in piedi e facendo cenno a Hermione di restituirgli il diario.

Sia Hermione che Ron rimasero ammutoliti da tale veemenza.

Harry stesso era sorpreso dal proprio comportamento. Non aveva intenzione di sbottare, ma era come se qualcosa dentro di lui l'avesse controllato per un attimo. Il panico, forse? Forse qualcosa di più profondo e inspiegabile.

-Scusa, Hermione, giuro che lo metto in borsa. Puoi ridarmelo?- chiese, più gentilmente, con un sorriso di scuse, tenendo il braccio sollevato ma sedendosi nuovamente sulla sedia.

-Sei strano ultimamente, Harry- commentò Hermione, aprendo il diario e iniziando a sfogliarlo.

Harry glielo sfilò dalle mani con forza, iniziando ad irritarsi.

-Chissà perché, con tutti gli attacchi, le accuse e i compiti- commentò, sarcastico, mettendo il diario nella borsa.

-Lo capisco, Harry, ma Hermione ha ragione. Di solito non sei così aggressivo- Ron prese le difese di Hermione, mettendo una mano sulla spalla dell’amico per calmarlo.

-Sono solo un po’ stanco. Non dovremmo tornare a studiare?- Harry cercò di cambiare argomento e concentrarsi sul suo tema.

Ron e Hermione si lanciarono un’occhiata preoccupata, ma poi entrambi decisero di lasciar perdere e tornare con la testa sui libri. Harry non se ne accorse, ma Hermione aveva scritto un appunto sul proprio diario dei compiti: T. O. Riddle.

E aveva tutta l’intenzione di indagare su di lui.

Harry, dal canto suo, sperò che la questione fosse archiviata, e si segnò mentalmente di regolarsi meglio, in futuro, per non preoccupare i suoi migliori amici.

La sua mente tornò al club dei duellanti.

Era sinceramente curioso di vedere come sarebbe andata, e non vedeva l’ora di riferire tutto a Tom.

 

Tom stava ponderando come agire, e stava procrastinando, se ne rendeva conto.

Ma doveva controllare bene Harry e far abbassare il sospetto su di lui prima di scendere nuovamente nella camera. Potevano volerci anni, anche.

Non si doveva affrettare l’arte. E comunque aveva raggiunto un certo equilibrio personale con Harry, e osservava e ascoltava il mondo attraverso i suoi occhi e orecchie con molta più facilità, anche se solo quando Harry lo teneva in mano, quindi non aveva visto granché, in realtà.

E purtroppo Harry non lo stava portando troppo in giro per evitare incidenti come quello di Hermione dell’altro giorno, pertanto Tom si stava perdendo il club dei duellanti.

E se ne dispiaceva.

Quando lui era a Hogwarts non c’era stato un club dei duellanti, anche se Tom stesso aveva fondato una cosa simile con i Cavalieri di Walpurgis. Chissà se quel club era un po’ una sua eredità, anche se con un nome decisamente peggiore.

Non vedeva l’ora di leggere Harry scriverne al riguardo.

I duelli gli erano sempre molto interessati, pertanto era sinceramente curioso ed entusiasta, anche se non lo avrebbe mai ammesso.

Sentì Harry rientrare in camera tramite il loro legame che si rafforzava quando erano fisicamente vicini, e si preparò ad essere preso in mano.

Era come un cagnolino che aspettava lealmente il padrone.

Se Tom leggesse questa similitudine è probabile che mi crucerebbe, ma dettagli.

Avvertì Harry prenderlo in mano, aprirlo, la prima goccia di inchiostro cadde sulla pagina.

E poi nulla.

Numerosi secondi passarono, senza che Harry scrivesse nulla.

Confuso, Tom iniziò a guardare dai suoi occhi, temendo fosse con qualcuno, ma il dormitorio sembrava vuoto.

E dico ‘sembrava’ perché la sua vista era appannata.

Che Harry avesse tolto gli occhiali? Indossava gli occhiali, giusto?

A Tom sembrava così dal tipo di visione. La camera era in silenzio assoluto, tranne un respiro un po’ affannato di Harry.

Che succedeva? Cosa stava aspettando?

Tom sentì qualche altra goccia di inchiostro bagnarlo e tornò concentrato sull’essere un diario.

Forse durante i duelli gli avevano lanciato un incantesimo che gli impediva di scrivere? Tom non ne conosceva nessuno, doveva informarsi. Potevano essere utili contro eventuali spie.

Altre gocce di inchiostro iniziarono a cadere.

E Tom si accorse finalmente che non era inchiostro, ma acqua.

Un momento… acqua?

Vista appannata…

Respiro affannato…

Harry stava forse… piangendo?

Tom non sapeva molto sul pianto, se non in linea teorica. Di solito il pianto lo infastidiva e metteva a disagio, dato che lo considerava rumoroso, inutile, e una forma di debolezza. Non voleva che Harry piangesse. Non sapeva come comportarsi! 

“Tutto bene, Harry? Che è successo?” indagò sinceramente preoccupato.

Che ci fosse stato un altro attacco? Magari era stata colpita Hermione? Ma perché il mostro colpiva sempre persone vicine a Harry?!

…un momento, non era possibile.

Tom non aveva dato nessun ordine di attaccare, e il basilisco non agiva da solo.

Per un attimo si era dimenticato di essere lui l’erede di Serpeverde. Si era immedesimato troppo nel perfetto prefetto amichevole e incoraggiante.

Ma quindi perché Harry piangeva, se non era morta Hermione? 

Di solito non si piangeva per cose davvero tristi?

“Tom…” scrisse Harry, in modo molto più disordinato del solito, come se la sua mano stesse tremando.

“Dimmi che è successo! C’è stato un altro attacco?” Tom sapeva perfettamente che non fosse possibile, ma era meglio fingere per sviare i sospetti.

E assicurarsi che il basilisco non fosse effettivamente diventato un ribelle e avesse iniziato ad attaccare da solo.

“No, non preoccuparti, va tutto bene, Tom. Non è successo niente” lo rassicurò Harry, velocemente.

Tsk e chi si preoccupava?! Di certo non Tom!

“E allora perché stai piangendo?” lo provocò, lasciando le macchie d’acqua che continuavano a cadere su di lui, per dimostrare a Harry che la sua analisi era esatta e che lui stava piangendo.

“Non sto…” Harry provò ad obiettare, Tom fece rispuntare le lacrime che aveva lasciato fino a quel momento, e Harry smise di scrivere.

Rimase in silenzio qualche secondo, e per un attimo Tom temette di aver esagerato e che Harry avrebbe chiuso il diario e basta.

Poco maturo, ma plausibile. Se qualcuno avesse accusato lui di piangere, Tom avrebbe usato crucio.

Ma perché Tom non piangeva! 

Non credeva di avere mai pianto in vita sua, neanche da piccolo.

Quindi non lo si poteva accusare di fare una cosa così debole!

Harry, invece, stava chiaramente piangendo.

Avrebbe dovuto nasconderlo meglio se non voleva che Tom lo affrontasse al riguardo.

Dopo qualche secondo, Harry scrisse come se niente fosse.

“Indovina chi era il responsabile del Club dei Duellanti” iniziò a parlare dell’evento del pomeriggio, e fece un lavoro piuttosto buono nel distrarre il suo diario.

“Allock” rispose immediatamente Tom, sperando di sbagliarsi.

“Già, supportato da Piton. È stato il caos!” rispose Harry, confermando i timori di Tom.

Ovviamente veniva affidato un lavoro così importante al più incompetente dei professori. 

Naturale!

Colpa di Silente che non assumeva persone migliori.

Sempre colpa di Silente!

“Capisco perché piangevi, allora” Tom provocò Harry, non facendosi distrarre fino in fondo. Voleva che Harry gli dicesse tutto, e non sopportava di non sapere qualcosa di lui. Forse iniziava ad essere un po’ ossessionato, ma chi poteva biasimarlo.

Harry era diventato tutto il suo mondo!

“Non piangevo per quello!” si lamentò lui, offeso.

“Quindi ammetti che stavi piangendo!” lo affrontò Tom, vittorioso, felice che Harry avesse ceduto al trucco più vecchio del mondo.

Forse stava esagerando con l’insistenza, ma Harry chiaramente aveva bisogno di sfogarsi.

E se non lo faceva con lui che era il suo diario segreto, con chi doveva farlo, con Hermione?!

“Non ti giudico, lo sai. Se hai bisogno di parlare io sono qui” lo incoraggiò poi a confidarsi, confortante.

Harry lasciò qualche macchia di inchiostro prima di convincersi a dirgli tutto.

Tom si aspettava che si sarebbe lamentato di Malfoy, o Allock, o Piton. Magari delle persone che continuavano ad accusarlo di una cosa che aveva effettivamente fatto lui ma di cui non era responsabile. Forse aveva litigato con Ron e Hermione.

L’ultima cosa che si aspettava fu quella che Harry gli scrisse, che lo lasciò completamente di stucco.

“Tu cosa sai dei rettilofoni?” chiese infatti il ragazzo.

Perché una domanda del genere? Avevano scoperto il basilisco? Harry aveva ottenuto informazioni su di lui? Non si fidava più di Tom solo perché parlava con i serpenti? Non è che ci fossero molti rettilofoni in giro, quindi perché mai Harry lo stava interrogando al riguardo? 

Tom decise di fare il vago, come faceva sempre con Harry quando non era certo di come rispondergli senza dire troppo.

“So che i maghi con questa abilità sono molto rari, come i metamorfomagus o i legilimens naturali. Perché mi fai questa domanda?” risposta da secchione, era il meglio.

“Secondo te sono malvagi, i rettilofoni? Geneticamente, intendo” chiese Harry, e qualche altra lacrima bagnò le pagine.

Sul serio stava giudicando Tom solo perché era un rettilofono e quindi era malvagio a prescindere?! Tom non credeva che Harry fosse così superficiale!

Beh, un po’ poteva crederlo, dato che odiava tutti i serpeverde senza motivo apparente, ma era amico di una sanguesporco, non aveva alti standard, quindi non si poteva permettere di giudicare!

“Perché mai parlare con i serpenti dovrebbe essere simbolo di malvagità? Le persone sono troppo sensibili! Allora i metamorfomagus sono cattivi perché si possono trasformare in chiunque e imbrogliare le persone o agire nell’ombra? E personalmente penso che i legilimens naturali abbiano il massimo potenziale malvagio, visto che leggono la mente di tutti indiscriminatamente. Ma non bisogna generalizzare neanche lì, e comunque i serpenti sono nobili creature capaci di grande affetto!” scrisse tutto d’un fiato, irritato dalla discriminazione.

Era vero che lui era il primo a discriminare, ed era fiero di essere malvagio e rettilofono, ma era solo il prodotto del suo tempo, che si era dovuto adattare per evitare di essere discriminato e isolato a sua volta!

Ed evidentemente aveva molta rabbia repressa su questo argomento.

Strano, di solito non si scaldava così tanto. Ma il pensiero che Harry lo giudicasse in negativo solo perché era un rettilofono lo irritava particolarmente.

Non aveva scelto lui di esserlo.

(E i nati babbani non scelgono di essere nati babbani, Tom).

“Grazie, Tom” scrisse  Harry, distraendo il diario dai suoi pensieri e confondendolo non poco.

Perché Harry lo stava ringraziando? Perché Tom lo aveva rassicurato? Ma non aveva senso ringraziarlo. Harry si sarebbe dovuto scusare per aver dubitato di lui. Hmpf!

“Per cosa?” chiese comunque lasciando che Harry si spiegasse.

“Per non giudicarmi” spiegò infatti Harry, senza spiegare assolutamente nulla.

Giudicare? Ma di che Merlino stava parlando?!

“Per cosa dovrei giudicarti, scusa?” insistette, sempre più confuso.

“Perché parlo con i serpenti” scrisse Harry, con una punta di incertezza nella scrittura.

…cosa?

Come, prego?

In che senso Harry parlava con i serpenti? 

E perché mai Tom avrebbe dovuto giudicarlo se era un rettilofono anche lui? 

A meno che… oh!

Quindi Harry non sapeva niente di Tom, ma aveva chiesto perché lui, Harry, era un rettilofono, e temeva che Tom avrebbe pensato che Harry fosse malvagio per questo.

E questo perché sicuramente tutti gli altri credevano che Harry fosse malvagio per questo. Forse anche Ron e Hermione.

Evidentemente lo aveva appena scoperto, magari al club dei duellanti.

Quindi era possibile che fosse un’abilità che aveva acquisito e che non riusciva a controllare bene.

Ma soprattutto.. Harry Potter era un rettilofono.

Tom non aveva mai conosciuto un altro rettilofono oltre a lui.

Ed era davvero combattuto su come sentirsi.

Perché da un lato lui doveva essere unico e inimitabile. Era speciale e perfetto e nessuno poteva essere simile a lui.

Ed essere l’unico rettilofono a Hogwarts era sempre stato motivo di grande vanto e soddisfazione, per lui. Una prova che era davvero speciale come voleva essere.

E ora arrivava questo ragazzino dodicenne che gli rubava la scena così? Facendo sfoggio di un’abilità così importante e rara senza neanche essere del tutto sicuro di averla o di come controllarla?! Era un insulto!

Mentre dall’altro lato… Tom aveva sempre voluto parlare in serpentese con un altro rettilofono come lui. Non aveva bisogno di amici perché non soffriva la solitudine, ma condividere le cose era un bisogno umano e innato. E Tom, in fin dei conti, era umano, per quanto cercasse di nascondere tale umanità con tutte le sue forze.

Era sempre stato solo, fin dalla nascita.

Era nato solo, cresciuto solo, e fino a quando aveva scritto quel diario, era sempre rimasto solo. Perché non aveva mai trovato nessuno come lui.

Nessuno alla sua altezza.

Lui era speciale, dopotutto.

Ma se fosse esistito qualcuno di speciale quanto lui. Qualcuno che potesse essere anche solo leggermente vicino al suo livello, con il quale condividere tutto, anche il dominio del mondo… era una prospettiva non completamente brutta, se tale persona era Harry. 

Se era Harry a rubargli la scena con la sua abilità speciale… Tom poteva accettarlo.

Anzi, si poteva dire che fosse piuttosto felice della cosa.

La persona che lo aveva trovato, la persona con la quale Tom aveva stretto un forte legame, era speciale a sua volta, come Tom.

Era come se fosse il destino che li aveva uniti, con cinquanta anni di distanza.

A meno che Harry non sapesse parlare serpentese proprio a causa del legame con Tom… era possibile, in effetti, e avrebbe spiegato come mai Harry non l’aveva scoperto prima.

Tom doveva indagare.

“Come lo hai scoperto?” chiese, cercando di ricapitolare i fatti.

“Stavamo facendo delle sfide a coppie, e Piton mi ha messo con Malfoy, che gioca sporco! Dovevamo solo disarmarci a vicenda, ma lui usava altri incantesimi. Io mi sono difeso, comunque, e alla fine ha fatto uscire un serpente, che si è diretto da Justin, un ragazzo Tassorosso del mio anno che ho incontrato a erbologia. Così ho detto al serpente di stare fermo e non attaccarlo, e il serpente mi ha ascoltato” Harry iniziò a ricapitolare, aggiungendo vari dettagli come spesso faceva Harry quando aveva bisogno di sfogarsi.

Tom lo ascoltò con attenzione.

“Mi sembrava una cosa gentile da fare, ma tutti mi hanno guardato davvero male, e dopo che Piton ha fatto sparire il serpente…” 

Tom si rammaricò per la povera creatura indifesa.

“…Ron e Hermione mi hanno trascinato via e mi hanno detto che stavo parlando un’altra lingua, il serpentese, e che sono un rettilofono, ma io non me ne sono nemmeno accorto. Per me stavo parlando normale” raccontò Harry, e la scrittura si fece più tremante mentre ricapitolava i fatti.

Una singola lacrima cadde sul diario, e Tom avvertì che Harry aveva cercato di asciugarla il più in fretta possibile, probabilmente nella speranza che Tom non la notasse.

Non fece commenti al riguardo.

Era troppo occupato ad analizzare la situazione.

Allora, Harry aveva parlato serpentese, era evidente, c’erano un sacco di testimoni.

Ma Tom aveva sempre avvertito chiaramente il cambio da inglese a serpentese, erano due lingue completamente diverse. Il fatto che fosse naturale non cambiava che si rendeva conto di quando parlava in un modo o in un altro. Era strano che Harry non sentisse la differenza. 

“Ed era la prima volta che parlavi con un serpente?” chiese poi Tom, curioso. Forse davvero aveva trasferito l’abilità a Harry.

Sarebbe stato davvero interessante, anche in quella circostanza. 

“No, in realtà mi è successo anche prima di scoprire di essere un mago. Ero allo zoo con mio cugino e i miei zii e ho accidentalmente liberato un boa constrictor che non aveva mai visto il Brasile. Era gentile” raccontò Harry, e la sua scrittura si stava facendo più calma.

Okay, questo confermava che era rettilofono da prima di conoscere Tom, ma ciò sollevava più domande.

In che senso ‘prima di scoprire di essere un mago’?

Tom aveva capito da parecchio che Harry evitava sempre di parlare della sua famiglia, ma aveva detto che i suoi genitori erano entrambi maghi. Com’era possibile che non gli avessero detto da appena nato che lui fosse un mago? Erano tipo talmente tanto fan di babbani da aver cresciuto il figlio come tale? Era strano pure per dei Potter.

“Prima di scoprire di essere un mago?” chiese, indagando al riguardo.

La risposta di Harry fu così rapida che Tom sentì come se lo inondassero di inchiostro.

“Prima di andare a Hogwarts! Intendevo quello! Mi sono espresso male. Comunque è stata l’unica volta” cercò goffamente di chiudere l’argomento e non soffermarsi sul suo scivolone.

Tom era senza parole.

Harry gli aveva appena deliberatamente mentito?

Tom era abituato a Harry che gli teneva nascosto qualcosa, ma era la prima volta che Harry gli mentiva.

Ed era chiaro che mentisse da come aveva scritto.

Tom percepiva bene queste cose, perché era diventato un maestro nell’evitare degli errori così grossolani.

Harry non era un grande bugiardo, solitamente, quindi questa frase colpì Tom più di quanto si sarebbe aspettato.

Avrebbe voluto indagare e arrabbiarsi. Era già arrabbiato, perché come si permetteva Harry di mentirgli così?! E perché, poi? Non aveva motivo di voler mentire a Tom!

Forse gli aveva mentito fin dal principio dicendo di essere mezzosangue quando in realtà era nato babbano e si vergognava del proprio stato di sangue? Ma era amico di una sanguesporco! Ed era un Potter. I Potter erano una famosa famiglia di maghi!

E poi perché mentire a Tom che aveva detto di essere cresciuto tra i babbani lui stesso?!

Perché mentire a qualcuno che non aveva un corpo, qualcuno che era vissuto cinquant’anni prima? Perché nascondere e mentire a un amico come Tom? L’amico perfetto a cui confidare proprio quelle cose?!

Tom non si riusciva a dare una risposta, ma fece un profondo respiro, cercando di calmarsi.

L’ultima volta che aveva litigato con Harry perché gli teneva nascoste le cose non lo aveva visto per giorni e aveva attaccato un ragazzo. Era il caso di evitare se non voleva ripetere il fatto.

No, Tom doveva stringere il legame, e spingere Harry a dirgli tutto con il tempo.

Era un ragazzo paziente… quando non gli partiva un embolo.

E stava facendo di tutto per evitare che l’embolo gli partisse, al momento.

Harry gli serviva troppo per essere arrabbiato con lui.

Quindi decise di accogliere il cambio di argomento.

“Per quello che vale, Harry, non ci vedo nulla di male. Penso che la tua sia un’abilità davvero speciale e interessante che potresti sfruttare per fare del bene” lo incoraggiò, con parole quasi interamente veritiere. Era una stupenda abilità.

…chissà se poteva rivelare a Harry di essere un rettilofono anche lui.

Li avrebbe sicuramente uniti.

Magari poteva dargli un’imbeccata e…

“Ma tutti sono convinti che sono io l’erede di Serpeverde perché Serpeverde era un rettilofono, e siccome non ne esistono altri l’unico rettilofono è sicuramente suo parente… pensi che potrei davvero esserlo, Tom?” Harry espresse ulteriori dubbi riguardo alla situazione, e Tom si frenò la lingua.

Dire di essere rettilofono era troppo rischioso, in quella circostanza.

Magari in futuro, quando i loro legame sarebbe stato ancora più stretto.

Pazienta, Tom, pazienta. La pazienza è il carburante dei buoni risultati.

Si concentrò su Harry.

“Sai di non essere tu ad attaccare le persone, quindi presto se ne accorgeranno anche tutti gli altri” lo rassicurò, confortante.

“E se lo facessi senza rendermene conto? Alla festa di Halloween avevo la mente un po’ confusa e non ricordo tutto quello che ho fatto, soprattutto quando sono andato in bagno, ho fatto le cose molto meccanicamente. E se fossi stato io controllato da qualcosa di Serpeverde?” suppose Harry, preoccupato.

…ma che Morgana…?!

Come aveva fatto Harry a capirlo?!

HARRY ERA STUPIDO!

…anche se Tom si stava rendendo sempre più conto che Harry non era stupido e basta, in realtà.

Era ottimista e poco percettivo, quindi non arrivava subito alle cose, ma era capace di qualche guizzo, soprattutto nel capire le persone.

E questo lo rendeva più pericoloso di quanto Tom avesse ponderato.

Doveva stare decisamente molto più attento!

(E non era una scusa per procrastinare ulteriormente, no no, cosa ve lo fa pensare?)

“Ma dopo partita di Quidditch eri in infermeria, hai un alibi di ferro!” provò a suggerire Tom.

“Ma ero mezzo addormentato e non c’era nessuno con me!” insistette Harry.

“Harry, non sei tu il responsabile, ne sono sicuro” Tom fu categorico.

Non poteva permettere che Harry lo scoprisse.

Le cose si stavano facendo improvvisamente troppo pericolose!

E la cosa peggiore era che non era neanche per via del suo essere rettilofono che Harry era il responsabile! E aveva sguinzagliato il basilisco prima della partita, non dopo! Quindi stava anche sbagliando l’analisi pur arrivando alla soluzione giusta.

Che stregoneria era mai quella?!

“Perché lo pensi?” chiese Harry, con una punta di incertezza ma anche cercando chiaramente rassicurazione.

Tom in realtà non aveva molto da dirgli.

…perché doveva convincerti di non esserlo?

Era l’unico vero motivo.

Perché obiettivamente era vero che Harry era in parte colpevole, anche se non responsabile.

“Perché sei un valoroso Grifondoro! Non hai nulla a che fare con i Serpeverde” provò a buttare una scusa a caso. Alla fine un vero erede di Serpeverde si sarebbe trovato nella casa Serpeverde, no? Era logica inattaccabile. E in effetti usare Harry era un ottimo alibi soprattutto perché era un Grifondoro. Era strano che nessun altro la vedesse allo stesso modo. Bah! Strani!

“Ma il cappello parlante voleva mandarmi a Serpeverde, e io ho detto di no!” obiettò Harry, con scrittura velata di panico.

…oh.

Wow…

Questo era inaspettato.

Molto inaspettato.

Quindi Harry era più collegato a Serpeverde di quanto volesse.

Un momento… che fosse anche lui effettivamente erede di Serpeverde?

Avrebbe spiegato molte cose: il legame stretto tra i due, il serpentese, perché tutti sospettavano di lui… 

Tom però accantonò presto il pensiero. Aveva fatto le dovute ricerche, e gli unici parenti di Serpeverde erano i Gaunt. Lui era l’unico discendente della famiglia Gaunt, oltre al suo vecchio e isolato zio, e Tom dubitava che un tipo del genere avrebbe avuto a che fare con dei Potter.

Quindi, a meno che Harry non fosse discendente di Tom stesso, cosa che non era solo improbabile, ma completamente impossibile, dato che lui non avrebbe mai e poi mai avuto progenie, il solo pensiero lo disgustava e lo annichiliva, non c’era verso che fosse anche lui erede di Serpeverde.

Era logica… e speranza.

E sensazione.

Anche se era vero che si sentiva collegato a Harry, ma da qualcosa di diverso dal sangue.

Era più una questione di magia.

Tom decise di non pensarci.

Doveva trovare il modo di convincere Harry che non fosse responsabile di nulla prima che andasse a spifferare tutti i suoi dubbi a Silente.

“Harry, non ho mai letto di nessuna magia genetica che ti rende cattivo. Ci sono incantesimi di altre persone che possono controllarti, ma non viene da te o da fantasmi o antenati, quindi fidati se ti dico che non sei il responsabile di ciò che sta accadendo. Non potresti mai fare del male a qualcuno, lo so. Io mi fido di te” disse, accorato, cercando di risultare convincente, e stringendo appena il filo invisibile che lo collegava a lui.

Harry rimase in silenzio per qualche secondo, ma poi sembrò convincersi.

Tom sentì un vago senso di sollievo e speranza.

E poi arrivarono le parole.

“Grazie, Tom. Sei davvero un amico” la scrittura era ancora incerta, ma non era più molto nel panico.

Se Tom avesse avuto un corpo, avrebbe tirato un sospiro di sollievo.

“Ron e Hermione cosa dicono?” chiese poi, indagando su quanto sapessero i suoi altri amici. 

E sperando, in fondo, che sapessero meno di Tom perché avrebbe significato che lui era il più amico di tutti.

“Sono dalla mia parte, ma ho un po’ paura” Harry non aveva molte parole, e Tom decise di non insistere.

Una parte di lui fu felice che quantomeno Harry non fosse solo ad affrontare tutto quello.

Una parte molto sepolta, di lui, ma che iniziava a prendere sempre più piede, senza che lui se ne rendesse del tutto conto.

“Dai che presto la pozione polisucco sarà pronta, e potresti trovare prove contro Malfoy” gli suggerì Tom, incoraggiante.

Non avrebbero trovato neanche mezza prova contro Malfoy, probabilmente, ma almeno fino a Natale Tom poteva essere tranquillo. E poi dubitava fortemente che una dodicenne sarebbe riuscita a concludere la pozione polisucco in modo esemplare, quindi sicuramente il piano sarebbe fallito, ne avrebbero cercati di nuovi, e nel frattempo Tom avrebbe elaborato una strategia vincente per la sua missione.

“Speriamo… spero di trovare prove contro chiunque, in realtà… meglio se vado a dormire, adesso, sono davvero stanco” Harry chiuse la conversazione, e Tom capì il motivo, dato che si era fatto tardi.

“Buonanotte, Harry, e se hai bisogno sai che sono sempre qui per te” lo salutò Tom, mettendosi sempre a disposizione anche per ottenere più informazioni per il piano malvagio che avrebbe messo in atto, prima o poi.

“Lo so, Tom. Buonanotte, ti voglio bene” scrisse Harry come ultima cosa, prima di chiudere il diario e mettersi a letto.

Le parole furono come una pugnalata nel petto che Tom non aveva.

E fecero molto più male di quanto pensasse fosse possibile per una mezza anima in un diario.

Ti voglio bene?

Nessuno aveva mai detto a Tom qualcosa del genere.

Aveva ricevuto qualche dichiarazione d’amore da ragazze variegate affascinate da lui, ma mai un sincero “Ti voglio bene” detto da qualcuno che lo conosceva davvero.

E sembrava mozzargli il respiro e bucargli lo stomaco.

Come potevano delle parole così positive fare così maledettamente male?

La risposta è che non era l’affetto a fargli male.

Ma il senso di colpa.

Una crepa sempre più grossa si stava formando nella spessa corazza di indifferenza del giovane Lord Voldemort.

Una crepa che rischiava seriamente di farla crollare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Ci ho messo tanto perché ho avuto delle settimane impegnative piene di lavoro. Dicembre è sempre un mese stressante!

Spero comunque di far uscire il prossimo capitolo durante le vacanze natalizie perché ironicamente si svolge proprio durante le vacanze di Natale perché è il capitolo della pozione polisucco dove si interroga Malfoy. E si scopriranno delle cose.

E si sono scoperte cose anche adesso: Harry è un rettilofono, e Tom l’ha presa meglio di quanto l’avrebbe presa se l’avesse scoperto prima della lunga assenza dopo la partita di Quidditch.

Il suo legame con Harry inizia a rasentare l’ossessione, ma non dovete temere, ho intenzione di rendere il loro rapporto il più sano possibile, è solo una fase. Tom non sarà uno yandere pazzo.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto nonostante il ritardo nell’aggiornamento e la cortezza rispetto ad alcuni precedenti.

E grazie a tutti quelli che stanno leggendo la mia storia e la stanno apprezzando. Non mi aspettavo nessuno, onestamente, vista la coppia controversa, quindi sono davvero felice! 

Buon Natale!

P.s. Scusate eventuali errori ma l’ho riletto un po’ di fretta, aggiungendo alcune cose, e non posso rileggerlo ancora perché tra pochi minuti devo uscire e poi non ho respiro

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Capitolo 12
*** Pozione Polisucco ***


Pozione polisucco

 

Tom non aveva mai capito perché i maghi festeggiassero il Natale, dato che era una festa religiosa e storicamente i maghi erano più indirizzati verso riti pagani.

Ma le riflessioni logiche venivano messe a tacere dalla grandiosità delle decorazioni e del banchetto, che Tom ricordava con una certa meraviglia.

E aveva vissuto Hogwarts in tempi di guerra, sia nel mondo babbano che in quello magico, quindi non credeva che il potenziale fosse sfruttato del tutto.

E aveva ragione nel crederlo, perché dagli occhi di Harry vedeva decorazioni ancora più strabilianti, e cori di fantasmi che giravano per i corridoi. Era davvero speciale.

Peccato che Harry lo portasse raramente in giro, e fosse troppo occupato con quella pozione polisucco e l’interrogatorio a Malfoy.

Dopo il disastroso club dei duellanti, la scuola sembrava essersi rivoltata tutta contro Harry, e a Tom non sfuggivano gli sguardi di sospetto e gli alunni che lo evitavano in massa.

E se se n’era accorto lui, che osservava e ascoltava il mondo esclusivamente attraverso lo sguardo di Harry, e anche piuttosto da lontano, a dirla tutta, sicuramente se n’era accorto anche Harry.

E faceva venire a Tom una estrema rabbia.

Come osavano guardarlo in quel modo ed evitarlo solo perché era un rettilofono?! Come si permettevano di trattarlo come se fosse appestato e colpevole quando non c’era prove?!

E soprattutto… come Merlino doveva procedere ora Tom, dato che il suo burattino era il principale sospettato degli attacchi?!

Comunque bisognava ammettere che era piuttosto comico che Harry fosse sospettato, e che tutti i motivi che lo rendevano sospetto non avevano nulla a che fare con il suo coinvolgimenti negli attacchi.

Il fatto che fosse rettilofono era effettivamente una caratteristica dell’erede Serpeverde, ma Tom aveva usato la propria abilità, non quella di Harry, per controllare il basilisco.

Quando aveva trovato il gatto, era finito lì per caso (ora che Tom ci rifletteva, chissà se magari non aveva sentito il basilisco tra i muri), mentre l’attacco a Colin era stato organizzato prima della partita di Quidditch. E il fatto che le due vittime fossero in qualche modo correlate a Harry era una totale coincidenza.

In ogni caso il sospetto su Harry non lo intralciava più di tanto, visto che Tom non aveva intenzione di attaccare nuovamente troppo presto.

Non che non volesse attaccare, lo voleva, ma era distratto, ultimamente.

Ed era curioso di vedere come sarebbe andata la missione della pozione polisucco, tanto che si era un po’ esposto e aveva chiesto a Harry di portarlo con sé ad interrogare Malfoy.

“Non lo so, se Malfoy vedesse il diario potrebbe riconoscerlo e insospettirsi”

“Ma se in un momento qualsiasi dovessi avere bisogno del mio aiuto, potresti scrivere al volo qualcosa e potrei essere di notevole ausilio”

Alla fine, dopo un po’ di botta e risposta, lo aveva convinto.

E Tom era pronto ad assistere ad ogni singolo istante della missione, anche se si era imposto di non intervenire a meno che non fosse estremamente necessario per salvarsi.

Insomma, se Malfoy avesse iniziato a parlare di un certo Tom Riddle che aveva aperto la Camera dei Segreti, era il caso di trovare il modo di interromperlo, anche se Tom dubitava che il suo nome sarebbe uscito dalle labbra di chiunque in relazione alla Camera dei Segreti. Aveva fatto pronunciare un voto infrangibile ai suoi sottoposti quando aveva rivelato le sue gesta, e nessuno avrebbe potuto dire che Tom Riddle era coinvolto.

La scelta più logica sarebbe stata non dirlo a nessuno e basta, ma come poteva trattenere per sé un’impresa così grandiosa?!

In ogni caso, comunque, era meglio tenere sotto controllo la situazione e intervenire il meno possibile, anche se una parte molto ampia di lui era convinta che la pozione polisucco non avrebbe funzionato proprio e non si sarebbero neanche avvicinati a Malfoy.

Dopotutto era oltremodo impossibile che una dodicenne, per di più sanguesporco, fosse in grado di distillare una pozione tanto complicata. 

Tom Riddle ci era riuscito a quattordici anni, al primo tentativo, ma lui era un’altra categoria (e aveva ricevuto aiuto da Lumacorno che l’aveva preso sotto la sua ala protettiva).

La missione era semplice: dare un po’ di pozione soporifera nascosta in dei dolcetti a Tiger e Goyle, nasconderli da qualche parte, prendere dei capelli, e dirigersi nel bagno delle ragazze dove avevano clandestinamente distillato la pozione.

Bisognava ammettere che era piuttosto ironico che nel periodo di preparazione per andare ad interrogare un ragazzino che non sapeva assolutamente nulla, il trio passasse la maggior parte del tempo nel bagno che celava l’entrata della Camera dei Segreti.

Letteralmente ciò che cercavano era ai loro piedi, e Harry poteva anche accedervi, dato che sapeva parlare serpentese.

Molto ironico… e molto pericoloso.

Tom doveva iniziare a pensare ad eventuali piani per assicurarsi di non essere mai implicato in nulla, perché iniziava a temere che presto o tardi avrebbe dovuto parlare della Camera dei Segreti, e aveva bisogno che Harry fosse dalla sua parte.

Non avrebbe mai permesso che ciò che era accaduto nei tre giorni in cui non avevano parlato si replicasse.

Doveva lottare per la sua mezza vita con le unghie e con i denti.

Ma al momento voleva godersi la scena.

La prima parte del piano, quella dell’avvelenamento, sequestro di persona, furto d’identità e furto letterale (dato che Harry e Ron avevano rubato le scarpe di Tiger e Goyle) andò liscia come l’olio.

Quindi se i Grifondoro impavidi e cavallereschi infrangevano la legge andava bene perché lo facevano “per il bene superiore”, ma se lo facevano i Serpeverde allora erano cattivi e pericolosi?

Che ipocrisia! 

Una volta arrivati nel bagno, Hermione li aspettava con abiti di riserva e la pozione pronta all’uso, in un grosso calderone.

-Consiglierei di cambiarvi e poi prendere la pozione, o rischiate che si rompano i vestiti- suggerì Hermione, e Ron e Harry eseguirono.

Per fortuna Harry si ricordò di mettere il diario nella nuova uniforme, così Tom rimase con accesso diretto alla situazione.

E finalmente riuscì a vedere la pozione polisucco finita e pronta ad essere usata.

-Ma è perfetta!- fece esclamare a Harry, prendendo il controllo delle sue azioni senza neanche rendersene conto, troppo scioccato per riuscire a trattenersi.

Hermione lanciò a Harry un’occhiata confusa.

-Perché questo tono sorpreso?- chiese, un po’ offesa, aggrottando le sopracciglia.

-E poi che ne sai che è perfetta? A me sembra disgustosa- commentò Ron, osservando la poltiglia con un certo disgusto.

Tsk, ignorante pel di carota! Era ovvio che fosse perfetta! La pozione polisucco doveva apparire esattamente così! E l’aveva realizzata una dodicenne in un bagno senza la minima supervisione?! Come Merlino aveva fatto?! Per di più… ERA UNA SANGUESPORCO! Le certezze di Tom iniziavano a sgretolarsi. 

-Secondo il libro dovrebbe essere così. Dobbiamo solo provarla per assicurarcene- Hermione iniziò a riempire dei bicchieri con il liquido, per smistarlo tra loro.

-Non ero sorpreso. Mi è uscito sorpreso? Sono solo agitato per la missione, e, non so… mi è uscita male. Volevo dire che è tutto pronto e perfetto- Harry, confuso quanto Hermione, cercò spiegarsi meglio e di spiegare anche a sé stesso le parole uscite senza che se ne accorgesse, mentre prendeva il proprio bicchiere e metteva dentro il capello di Goyle.

Tom lasciò un po’ andare il controllo, sperando di non farlo insospettire. Doveva stare più attento.

Ma allo stesso tempo… non poteva rischiare che una pozione così ben fatta venisse sprecata, anche se era fatta da una sanguesporco.

Così diede una piccola, sottile, imbeccata.

Un suggerimento sussurrato all’orecchio di Harry, come una piccola litania.

-Speriamo… dobbiamo berla tutta d’un fiato, e poi avremo solo un’ora prima di ritrasformarci- spiegò Hermione, surclassando il commento di Harry, e preparando anche la propria pozione con i capelli di Millicent.

-Hai già idea di cosa fare con la pozione avanzata?- chiese Harry, seguendo senza rendersene conto il suggerimento di Tom.

Hermione alzò le spalle, e questa volta non sembrava insospettita.

-Pensavo di liberarcene. È comunque una pozione pericolosa e se i professori la dovessero scoprire potremmo finire nei guai- spiegò la ragazzina.

No! Ma che pessima idea! Era una pozione utilissima e difficile da preparare! Potevano usarla in futuro! Tipo, magari… Harry poteva prendere le sembianze di qualcuno, e dare la colpa a lui per l’apertura della Camera dei Segreti… era un buon piano, anche se Tom avrebbe dovuto assicurarsi che fosse qualcuno che sarebbe stato impossibile da scagionare. Un nuovo Rubeus Hagrid a cui dare la colpa.

-Hai ragione, Hermione- Harry annuì.

Harry ma anche tu! Lavora un minimo con Tom, qui! Sta cercando di salvarti la reputazione!

-Perché? Una pozione del genere potrebbe essere utile in futuro. Metti che dobbiamo indagare su altre persone… oppure potremmo prendere le sembianze di un professore e…- Ron, per fortuna, era molto più collaborativo per Tom, che iniziò a tifare per lui dalla mente di Harry, sperando che alla fine avrebbe vinto.

-…e darti un voto buono e a tutti gli altri pessimi voti?- Hermione lo interruppe alzando gli occhi al cielo.

-…stavo per dire “scoprire cosa sanno gli altri professori” ma la tua idea è anche meglio- Ron aveva gli occhi brillanti alla prospettiva.

-Possiamo per favore prendere la pozione e interrogare Malfoy?! Ci pensiamo dopo a cosa fare con quella che avanza!- Hermione chiuse l’argomento con uno sguardo molto seccato, e indicò i bicchieri pieni che stavano solo aspettando di essere svuotati.

-Hai ragione, Hermione. Ma andiamo ognuno in un bagno, così non saremo troppo stretti- propose Harry, uscendo dal cubicolo con il calderone, e dirigendosi a quello accanto. 

Bevve la pozione, e come da copione, divenne uguale a Goyle.

Ron uscì poco dopo come Tiger, e i due amici si avvicinarono al bagno originale, dove era rimasta Hermione.

-Hermione, la pozione era davvero perfetta! Sei pronta per andare?- chiese Ron, bussando contro la porta.

-Io non credo che verrò, andate senza di me- arrivò la voce incerta e preoccupata di Hermione, dal cubicolo.

-Hermione, stai bene? È successo qualcosa?- Harry, preoccupato e sempre empatico, si avvicinò alla porta e cercò di capire come stesse la ragazza, appoggiando l’orecchio contro di essa.

-Sì! Andate! Non avete troppo tempo!- insistette Hermione, ma la sua voce appariva strozzata, come se si stesse trattenendo per non piangere.

Non che Tom sapesse come suona una voce del genere, quella era l’impressione che aveva Harry, e che aveva trasmesso a Tom con il loro legame.

-Hermione, sei sicura di…?- provò ad insistere Harry, sempre più preoccupato, ma Ron gli afferrò il braccio, e iniziò a trascinarlo fuori.

-Hermione ha ragione, dobbiamo andare! Non possiamo aver fatto tutto questo per nulla- lo incoraggiò a continuare.

Mmmm, Ron e Tom avevano molte opinioni in comune, quel giorno.

Brrrrrr… che brutta cosa!

E così il duo si diresse fuori dal bagno, determinato ad ottenere risposte che Tom già sapeva non avrebbero ottenuto.

Sarebbe stato davvero di intrattenimento.

E soprattutto… Tom non vedeva l’ora di rivedere la sala comune di Serpeverde. Chissà se era cambiata in quei cinquant’anni.

-Harry… ma tu hai idea di dove si trova la sala comune di Serpeverde?- chiese Ron dopo qualche metro nei corridoi.

-Mmmm…- Harry provò a rifletterci.

Ma era nei sotterranei!

Davvero non avevano fatto una ricerca al riguardo prima di iniziare la missione?!

Che mancanza di organizzazione! L’unica competente era Hermione!

Brrrrr… ma che stava pensando, Tom?!

Da quando elogiava i sanguesporco?!

-…credo che potrebbe essere nei sotterranei- disse Harry dopo qualche secondo, come colto da una illuminazione.

Almeno Harry era contagiato da Tom quanto lo era Tom da lui, anche se sarebbe dovuta essere una strada a senso unico.

-Giusto, vengono sempre da quella direzione- Ron annuì, e i due percorsero i corridoi fino ai sotterranei, incontrarono una prefetto Corvonero, il fratello maggiore di Ron, e infine lo stesso Draco Malfoy, che li condusse dritti dritti nella sala comune di Serpeverde.

Non era cambiata per niente dall’ultima volta che Tom ci era stato. 

Gli stessi mobili, le stesse luci, gli stessi suoni.

E gli stessi… odori.

Per la prima volta da quando Tom era diventato un diario, riuscì ad accedere anche all’olfatto di Harry, ed era un senso che Tom non credeva che gli sarebbe mancato così tanto. Riusciva a percepire ogni odore come amplificato, dato che non ne sentiva ormai da troppo tempo. Il legno del fuoco che scoppiettava nel camino, quel vago odore del lago che circondava la sala e inumidiva le pareti, formando in alcuni punti un leggero muschio che profumava meravigliosamente. 

Mano a mano che il legame si rafforzava e diventava più duraturo, Tom sbloccava sempre nuove cose da poter fare tramite Harry.

Creava dipendenza.

L’uso del nuovo senso distrasse per un po’ Tom dagli altri due sensi sbloccati, ma quando sentì un’importante frase pronunciata da Harry, ritornò in sé e alla sua missione.

-Ma tu avrai sicuramente un’idea di chi c’è dietro a tutto questo- stava infatti chiedendo.

Era il momento della verità.

Tom era più ansioso di Harry e Ron, e lui sapeva esattamente chi ci fosse dietro a tutto quello.

Ma doveva assicurarsi che Draco Malfoy non fosse dello stesso avviso, e soprattutto che non avrebbe rivelato nulla a nessuno.

Si preparò a controllare Harry nel caso avesse dovuto interrompere bruscamente Malfoy.

Un colpo di tosse improvviso, uno svenimento tattico, qualcosa di non troppo sospetto per chiudere il discorso e attirare l’attenzione senza dare a vedere a Harry che fosse responsabile del controllo.

Per sua fortuna, non dovette fare nulla, perché quel ragazzino non aveva grandi informazioni da dare.

-Lo sai che non ce l’ho, Goyle, quante volte te lo devo ripetere?- sbottò infatti Malfoy, con un certo fastidio, come se essere costretto ad ammettere la sua ignoranza gli costasse terribilmente.

Tom tirò un sospiro di sollievo.

Il voto infrangibile aveva funzionato, e nessuno sapeva nulla. Perfetto.

Non rischiava che Harry scoprisse che Tom era coinvolto.

-E mio padre non vuole dirmi niente sull’ultima volta che la Camera è stata aperta- continuò Malfoy.

Un momento, cosa?! Suo padre sapeva?! E sapeva che la Camera era stata aperta?!

Poco male, non era grave, Tom sapeva che fosse difficile tenere nascosto un evento così importante. L’importante era che Malfoy nipote non sapesse i dettagli di ciò che Tom aveva detto a Malfoy nonno, e quindi non poteva dare a Harry alcuna informazione che potesse fargli capire che Tom era correlato.

Tom tolse un po’ la presa sul controllo a Harry, e iniziò a prepararsi le frasi fatte da scrivergli quando inevitabilmente lui si sarebbe lamentato che non aveva scoperto nulla.

“Mi dispiace, Harry, sarà per la prossima volta. Forse meglio lasciar fare ai professori” chissà se sarebbe stato abbastanza per far desistere Harry del continuare la sua indagine.

Però se non aveva indizi da dove cominciare, non c’era nulla che potesse…

-Certo, è successo cinquant’anni fa, e quindi prima che lui fosse a Hogwarts, ma conosce la storia nei minimi particolari e dice che fu messo tutto a tacere- continuò Malfoy.

Per le mutande di Merlino!

Tom si era distratto un secondo… UN SECONDO… e mini-Malfoy spiattellava la data di apertura della Camera dei Segreti!? Così?! Su due piedi?! Senza avvertire?!

Faceva ancora in tempo a prendere il controllo di Harry e farlo svenire?

C’erano troppi testimoni per modificare i ricordi a tutti, e comunque Tom avrebbe dovuto cancellare la memoria a Harry stesso e non credeva di esserne in grado.

Calma, Tom, calma… magari Harry non si sarebbe accorto che l’apertura della Camera coincideva esattamente con la stesura del suo diario… proprio lo stesso identico anno… cinquant’anni prima…

Cinquant’anni è molto generico, comunque. Cinquant’anni possono significare dai quarantacinque ai cinquantanove anni prima…

Tom doveva iniziare a prepararsi nell’eventualità che Harry gli facesse delle domande… perché si era distratto?! 

Almeno però sapeva ciò che Harry aveva scoperto e aveva un po’ di tempo per prepararsi… ma era una consolazione minima.

-…l’ultima volta che la Camera dei Segreti è stata aperta è morto un sanguesporco…- stava intanto continuando a dire Malfoy.

Ma certo, ragazzino, ma continua… perché non condividi anche indirizzo di casa e codice fiscale di Tom, già che ci sei?! 

Ma quante cose sapeva, quel tizio?!

Per fortuna non erano informazioni vitali o eccessivamente pericolose, ma comunque alla faccia del “mio padre non vuole dirmi niente sull’ultima volta che la Camera è stata aperta”.

Sapeva tantissimo!

Il resto della conversazione non diede ulteriori informazioni, grazie a Salazar, e quando ormai l’ora iniziava a scadere, Ron e Harry in fretta scapparono dalla sala comune, lamentandosi delle poche scoperte ottenute ma felici di poter incastrare Malfoy con le informazioni sul suo nascondiglio segreto in salotto per gli oggetti oscuri.

Se lo meritavano! Quelle lingue lunghe che andavano in giro a rivelare le date importanti! Tsk, Tom iniziava proprio ad odiare i Malfoy.

…forse era anche un riflesso dell’odio di Harry, ma aveva anche le sue ragioni personali.

Fastidiosi Malfoy! 

Quando raggiunsero il bagno, Hermione era ancora chiusa nel suo cubicolo.

-Hermione, vieni fuori! Abbiamo un sacco di cose da dirti!- Ron iniziò a bussare forte mentre Harry si sistemava gli occhiali.

-Andate via!- esclamò la voce di Hermione, scossa dai singhiozzi e nel panico più totale.

Harry si precipitò da lei, preoccupato.

-Hermione, stia bene?- chiese.

Ron sembrava più che altro confuso.

-Non sei ancora tornata normale? Noi lo siamo da un po’- sia lui che Harry si appoggiarono sulla porta come se potessero sentire qualcosa in più.

Proprio in quel momento Mirtilla Warren uscì fuori dal suo cubicolo, ridacchiando maleficamente, e facendo stringere lo stomaco che Tom non aveva.

Ormai l’aveva vista spesso, in quel bagno, di sfuggita, ma ogni volta gli provocava una sensazione davvero spiacevole.

Era la peggiore che provava da quando era collegato a Harry, e non riusciva a toglierla, per quanto ci provasse.

-Oooooooooh, adesso vedrete, è orribile!- esclamò il fantasma, piena di gioia.

Beh, almeno Tom aveva ucciso una persona che se lo meritava, visto quanto si divertiva per le disgrazie altrui.

Ma che disgrazie, si chiedeva Tom.

Era impossibile che la pozione polisucco avesse avuto effetti collaterali su Hermione, perché era troppo perfetta!

Su Harry e Ron, dopotutto, aveva funzionato egregiamente.

Forse era perché Hermione era una sanguesporco? 

Magari su di loro non funzionava perché non erano abbastanza maghi?

Oppure… oppure c’era stato un problema con l’ingrediente finale.

L’ingrediente che Hermione aveva preso dalla divisa di Millicent, e che pensava fossero i suoi capelli.

E se non fossero stati i suoi capelli?

Ohhhh, un momento…

E proprio mentre Tom arrivava alla conclusione di cosa potesse essere capitato a Hermione, lei uscì dal cubicolo, piangendo, e spiegando l’accaduto.

Era pelo di gatto quello che aveva preso dalla divisa della compagna serpeverde.

E la pozione polisucco non poteva essere usata per trasformarsi in animali.

Ergo, ora Hermione era uno strano ibrido felino con orecchie, coda e baffi, e non sembrava dare cenno di volersi ritrasformare in umana.

Ron e Harry erano orripilati.

Mirtilla stava ridendo a crepapelle.

Tom… fu felice di non avere controllo di Harry, perché sennò avrebbe fatto ridere a crepapelle anche lui, e sarebbe stato poco da Harry.

Ma che ci poteva fare, la visione era esilarante!

Ora capiva l’ilarità di Mirtilla.

-Non ti preoccupare, Hermione, ora andiamo da Madama Chips, lei non fa mai troppe domande- Harry provò a rassicurarla, in tono gentile.

Un tono davvero dolce.

Era proprio un bravo ragazzo.

Ehm, cioè… ewww, che orrore, era troppo un bravo ragazzo!

Comunque Hermione si fece pregare parecchio, ma alla fine Harry e Ron riuscirono a portarla in infermeria.

Ron rimase a farle compagnia.

E Harry si offrì volontario per ripulire la scena del crimine in bagno per assicurarsi che nessuno scoprisse ciò che avevano fatto.

O meglio, Tom si offrì volontario.

Non prese il controllo totale di Harry, ma gli suggerì l’idea di pensare da solo alle cose, e quando arrivò il momento di liberarsi della pozione polisucco, su supplica di Hermione che era ormai traumatizzata dalla pozione e non voleva assolutamente che rimanesse in giro, Tom prese totale controllo di Harry per quel tanto che bastò a nasconderne una fiala dietro il lavandino che celava l’ingresso alla camera dei segreti.

Poteva sempre rivelarsi utile, dopotutto.

Mise da parte anche qualche campione di capelli prelevato durante quell’avventura: Tiger, Goyle, Ron, Hermione e anche un capello di Malfoy che si era posato sulla divisa di Harry durante il percorso verso la sala comune.

Poi Tom lasciò che Harry si liberasse di tutto il resto, e si ritirò nel suo angolo di vuoto, iniziando a riflettere su come rispondere nel caso Harry gli avesse chiesto informazioni nuove sulla Camera.

Doveva giocarsela bene.

Anche se, conoscendo Harry, era probabile che non avrebbe fatto due più due e che non si sarebbe mai reso conto che Tom poteva essere coinvolto nell’apertura della Camera, dato che era capitata proprio quando lui era a Hogwarts.

Hermione, d’altro canto… lei era abbastanza sveglia.

Ma Hermione non sapeva niente di Tom.

…giusto?

 

Per fortuna Madama Chips non faceva domande, e Hermione si stava riprendendo molto in fretta, anche se si lamentava di non poter assistere alle lezioni e aveva paura che questo l’avrebbe ostacolata una volta arrivati gli esami, quindi passava ogni secondo disponibile a studiare, e il suo letto in infermeria era diventato più fornito della biblioteca, con libri stipati in ogni angolo.

-Non dovresti riposarti?- chiese Harry, arrivando con ulteriori libri e una pergamena dove aveva segnato i compiti da portarle. Ora che non c’era più lei a segnarli per lui e Ron, si erano impegnati a non perdersi neanche una parola, anche se Piton era sempre difficile da seguire.

-Mi sto riposando anche troppo. Non riesco a credere che sto perdendo così tante lezioni! Alcuni cose potrebbero essere nei GUFO! Devo lavorare il doppio per recuperare- Hermione stava iperventilando, e Harry non sapeva se ammirare la sua tenacia, o incoraggiarla a rivalutare le sue priorità perché al momento aveva ancora una coda, quindi lo studio non era esattamente la cosa più importante a cui pensare.

Si limitò a passarle i compiti, cercando di essere il più incoraggiante possibile e non darle altri grattacapi.

-Mancano tre anni ai GUFO- si trovò a borbottare tra sé. Hermione gli lanciò un’occhiataccia, ma non rispose, e iniziò a controllare i compiti e i libri che Harry le aveva portato.

Il ragazzo approfittò del momento di calma per guardarsi intorno, e non riuscì a non osservare l’immagine coperta e immobile di Colin Canon, ancora pietrificato.

-Sai qualcosa circa Colin?- chiese ad Hermione, senza quasi pensarci. 

La ragazzina lo guardò con una certa tristezza.

-Pare che presto l’antidoto sarà pronto. Non ci sono stati altri attacchi, ma dopo il fiasco di Malfoy non possiamo…- si interruppe, quando si ricordò improvvisamente qualcosa -…a proposito, Harry, ho scoperto qualcosa su…- iniziò a dire, agitandosi abbastanza, ma venne fermata dall’arrivo di Ron, che portava altri libri e sembrava piuttosto seccato.

-Hermione, non capirò mai come fai a leggere tutta questa roba. Non dovresti riposarti?- si lamentò, scaricando i tomi con molta poca eleganza ai piedi del suo letto, e facendone cadere la maggior parte a terra.

-E tu invece non hai nessuna scusa per non studiare- lo provocò Hermione, agitando la bacchetta per recuperare i libri da terra senza essere obbligata ad alzarsi e mostrare la sua coda non ancora sparita ai due amici.

Ron arrossì in zona d’orecchie, senza sapere come obiettare, ma Harry interruppe la discussione sul nascere, e si rivolse a Hermione, incoraggiante.

-Mi stavi dicendo qualcosa che avevi scoperto- si avvicinò, interessato a qualsiasi cosa l’avesse fatta agitare così.

-Oh, sì! Ho scoperto chi era T. O. Riddle!- esclamò Hermione, con un sorriso emozionato.

Il cuore di Harry perse un battito.

-Oh… che? Perché?- iniziò a balbettare, confuso che Tom fosse uscito dalla bocca di Hermione come se fosse un argomento di conversazione che il trio aveva avuto spesso.

Lui non aveva mai parlato di Tom con Ron e Hermione, non lo aveva neanche nominato, come faceva Hermione a sapere chi fosse? E soprattutto, perché era così interessata?

-T. O. Riddle? Suona familiare- Ron socchiuse gli occhi, pensieroso.

-È il proprietario del diario di Harry, quello con le parole che scompaiono. C’è solo uno studente con il cognome Riddle nei vecchi documenti, ed è Tom Orvoloson Riddle. È stato un prefetto e caposcuola serpeverde cinquant’anni fa!- Hermione annunciò con enfasi, come se fosse la svolta del caso che avevano tra le mani.

Harry era solo molto confuso.

E anche piuttosto scioccato.

E un po’ imbarazzato.

-Tom è serpeverde?- sussurrò, tra sé, sconvolto.

Era convinto che fosse un corvonero.

Quindi tutte le volte che aveva insultato i serpeverde con Tom…

Ora capiva perché si era seccato, quando avevano discusso prima della partita di Quidditch.

Che imbarazzo!

E che sorpresa!

Tom non sembrava un serpeverde.

Forse era vero che non tutti i serpeverde erano cattivi.

-Tom Riddle! Sì! Me lo ricordo! Ha vinto un premio per i servigi resi alla scuola, cinquant’anni fa!- Ron sbatté con orgoglio la mano contro il comodino mentre realizzava dove avesse già sentito quel nome, facendo cadere qualche altro libro prontamente recuperato da un’accigliata Hermione.

-E tu come lo sai?- chiese, sorpresa dalla sua conoscenza.

-Ho vomitato lumache proprio su quel trofeo, durante la punizione con Gazza. Ho dovuto lucidarlo duecento volte, non mi scorderò mai quel nome!- Ron rabbrividì al pensiero.

-Purtroppo non ci sono praticamente informazioni su di lui, tranne nei documenti ufficiali. È come se fosse stato cancellato dalla storia della scuola. Non ho trovato nessuna informazione su cosa abbia fatto dopo. Ma mi sembra ovvio che è importante per questa situazione- Hermione continuò ad illustrare le sue scoperte, molto sicura di sé.

Harry però era completamente perso.

-Cosa ha a che fare Tom con questa situazione?- chiese, cercando di risultare casuale ma iniziando ad avvertire una nota di panico.

Non gli piaceva che Hermione e Ron scoprissero troppe cose su Tom, e non gli piaceva che indagassero al riguardo.

Forse perché non voleva scoprire più cose di quelle che Tom si sentiva di rivelargli, gli sembrava come se stesse tradendo la sua fiducia.

Era facile, dopotutto, per lui, cercare e trovare informazioni su Tom, dato che era vissuto prima. Ma per Tom era oltremodo impossibile anche iniziare a cercare informazioni su Harry, cosa di cui il ragazzo si era già approfittato non poco.

Non voleva approfittarsi di altre cose.

-Non è ovvio?- Hermione si rivolse a Ron, cercando aiuto. Lui alzò le spalle, confuso quanto Harry.

-Insomma, Tom Riddle è stato a Hogwarts cinquant’anni fa, quando è stata aperta per la prima volta la Camera dei Segreti, e ha anche vinto un premio speciale per i servigi resi alla scuola. Il suo diario non può essere letto da nessuno e le frasi spariscono. Sicuramente sa qualcosa. Forse è responsabile della chiusura della camera!- suppose Hermione, felice di aver trovato un punto di svolta nell’indagine.

Ma era l’unica emozionata nella stanza.

Harry era pallido come un cencio.

Ron sembrava un po’ scettico.

-Quei premi si possono vincere per un sacco di cose diverse: forse ha ottenuto trenta GUFO, oppure ha salvato un professore dal calamaro gigante. O magari ha ucciso Mirtilla, e questo sì che avrebbe fatto un favore alla comunità- scherzò, guadagnandosi un’occhiata stizzita da Hermione.

Se Tom avesse assistito alla scena, avrebbe probabilmente esclamato un sonoro “COME HA FATTO QUESTO TIZIO A SCOPRIRLO?!” nel panico, ma per sua fortuna, Tom era nel dormitorio Grifondoro e pianificare la sua prossima mossa, e le doti da veggente di Ron passarono inosservate. 

-Ma insomma, Ron, tre indizi fanno una prova, come dice Sherlock Holmes! Diglielo anche tu, Harry… Harry?- Hermione si girò verso l’amico, in cerca di supporto, ma rimase sorpresa nel vederlo spaesato e pensieroso, quasi con le lacrime agli occhi.

Harry non sapeva proprio cosa pensare.

Perché la teoria di Hermione aveva senso, lei era sempre molto intelligente, raramente aveva torto su queste cose. 

Ma se Tom era coinvolto direttamente con la Camera dei Segreti, perché non aveva mai detto nulla a Harry? Non aveva senso! 

A meno che non fosse coinvolto per motivi poco piacevoli.

Era un serpeverde, dopotutto.

E non l’aveva mai detto a Harry.

Erano tante le cose che non aveva detto a Harry.

E che Harry non aveva detto a lui.

Erano davvero amici, se si tenevano così tante cose l’uno dall’altro?

Perché non si trovavano informazioni su Tom se non nei documenti ufficiali?

No, non doveva tirare conclusioni affrettate.

Tom era suo amico.

Ed era solo un diario!

E il fatto che fosse un serpeverde non significava che fosse cattivo.

Era stato comprensivo e gentile quando Harry gli aveva confessato di essere un rettilofono, ed era sempre pronto ad ascoltarlo e aiutarlo, come nessuno aveva mai fatto prima per Harry.

Non poteva essere una finzione.

Harry tirò un profondo sospiro per calmarsi, e decise che avrebbe chiesto con calma la versione dei fatti di Tom, prima di giudicarlo.

Erano amici, glielo doveva.

E si fidava di lui.

-Stavo pensando che magari potresti prestarmi il diario e potrei provare qualche incantesimo per sbloccare ciò che è stato scritto all’interno- provò a suggerire Hermione, attirando la sua attenzione e facendogli alzare la testa verso di lei, sconvolto.

-Cosa?! No!- si rifiutò categoricamente, allontanandosi inconsciamente da lei come a proteggersi.

-Non leggerò niente di ciò che hai scritto tu. Oppure puoi leggere tu ciò che viene fuori così da non avere problemi di questo tipo. Ma potremmo scoprire informazioni sulla camera- insistette Hermione, incoraggiante.

Harry scosse la testa.

-No, ci penso io, da solo- si alzò, pronto a dirigersi in camera.

-Ci pensi tu?- chiese Ron, confuso.

Hermione lo guardava con un certo timore.

-In che modo ci pensi tu?- chiese, preoccupata.

Harry non le rispose.

Non salutò né lei né Ron.

Aveva bisogno di risposte.

E le avrebbe ottenute.

Corse in camera, dove aveva lasciato il diario, e lo aprì immediatamente, prendendo distrattamente l’inchiostro e lasciando parecchie macchie mentre scriveva una domanda che aveva già fatto, ma che era necessario porre nuovamente.

“Tom… tu cosa sai della Camera dei Segreti?"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Ci ho messo troppo tempo, non me lo aspettavo, ma finalmente il capitolo, sebbene corto, è qui! 

E finalmente iniziano ad uscire gli altarini.

Ve lo anticipo già, questa non è solo la storia di come Tom si affeziona a Harry, questa è una storia di redenzione, quindi il rapporto di Tom anche con Hermione, Ron e altre persone sarà ugualmente importante, e mi piace scrivere i momenti dove ammira la bravura di Hermione o si ritrova dalla parte di Ron (o odia Malfoy), inizia davvero ad aprirsi e non solo a Harry. 

Il prossimo capitolo sarà pieno di svolte, ve lo anticipo già, e dovrebbe essere anche piuttosto lungo, o almeno più lungo di questo.

Proverò ad aggiornare più in fretta ma non posso fare promesse perché è un periodo impegnato e potrebbe peggiorare :(

Ma spero che il capitolo vi sia piaciuto!

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Capitolo 13
*** Scomode verità ***


Scomode verità

 

“Tom… tu cosa sai della camera dei segreti?”

Tom si aspettava che prima o poi questa domanda sarebbe ritornata.

E si stava preparando ad affrontarla.

Solo che non credeva che sarebbe arrivata così in fretta.

Davvero Harry era riuscito a connettere le informazioni ricevute così rapidamente?! Che Tom lo avesse sottovalutato a tal punto?

No, probabilmente non era stato Harry.

In ogni caso, Tom doveva rispondere, ma non poteva dare per scontato che Harry avesse effettivamente scoperto il suo coinvolgimento.

Magari poneva la domanda per altri motivi.

Meglio non mettere tutte le carte in tavola.

“Perché mi poni questa domanda?” chiese, facendo il vago. 

Nel dubbio sempre fare il vago.

E si rese conto troppo tardi che fare il vago, in quella precisa circostanza, non era stata l’idea migliore del mondo.

Infatti, pochi istanti dopo aver rigirato appena la domanda, per prendere tempo e valutare quanto dire, sentì una sgradevole sensazione, come se il filo indissolubile che lo collegava a Harry da mesi e che ormai stava diventando una certezza sempre più spessa, gli venisse strappato via dalle mani, all’improvviso, lasciandolo a vagare da solo nel vuoto senza un faro che gli indicasse la via.

Fu una sensazione disorientante e anche particolarmente sgradevole.

Davvero bastava un attimo di esitazione per perdere la connessione con Harry.

Il ragazzo gli rispose dopo qualche secondo.

“Ogni volta che cerchi di evitare una domanda rispondi sempre così. Cosa mi stai nascondendo, Tom? Cosa sai della Camera dei Segreti che non mi hai detto?” c’era una certa pressione della penna, e qualche macchia di inchiostro. 

Secondo l’analisi di Tom, che aveva imparato a discernere il significato di ogni lettera scritta da Harry, al momento il dodicenne era nervoso, arrabbiato, possibilmente ferito e chiaramente agitato.

Ma Tom non sapeva cosa rispondere.

Per la prima volta, forse in tutta la sua vita, non aveva la minima idea di cosa fare.

Si era preparato a quel momento, l’aveva temuto, l’aveva aspettato, aveva creduto che non sarebbe mai arrivato perché Harry non sarebbe stato abbastanza sveglio da fare alcun collegamento, ma ora che lo affrontava, si sentiva in balia delle onde, perché qualsiasi cosa avrebbe detto in quel momento, avrebbe cambiato la concezione che Harry aveva di lui.

No, anzi, in realtà la concezione che Harry aveva di lui era già cambiata parecchio, vista l’improvvisa chiusura della porta che dava su di lui.

Tom non rispose.

Non riusciva a pensare.

Si sentiva soffocare nuovamente da quel nero che aveva sperato di non rivedere mai più.

Come poteva una persona che pochi giorni prima gli aveva detto che gli voleva bene, voltargli le spalle così facilmente?! Aveva ragione a non volersi fidare di nessuno! Nessuno, neanche Harry, era alla sua altezza.

Così, Tom, non rispose.

Lasciò Harry in attesa, in silenzio.

Per minuti, o forse ore, o forse anche settimane, chissà.

Non riusciva a capirlo.

Tom sperò che Harry lo gettasse via da qualche parte, così da non essere più costretto a provare quelle sgradevoli sensazioni.

Ma dopo quelli che parvero secoli, ma che si rivelarono essere pochi minuti, se non addirittura secondi, Harry gli scrisse di nuovo.

“Tu eri a Hogwarts quando è stata aperta. E hai ricevuto un premio per i servigi resi alla scuola quello stesso anno. Non può essere una coincidenza. Ti prego, Tom, dimmi cosa sai. So che potrebbe essere difficile, ma potrebbe aiutarci. Per ora è stato attaccato solo uno studente, ma potrebbero esserci altri attacchi. Ti prego parlami!” il collegamento sembrava ancora bloccato, ma le parole di Harry non erano piene di accusa o rabbia. Sembrava più che altro spaventato, timoroso, come se… come se stesse provando esattamente il senso di terrore che aveva assalito lo stesso Tom.

Erano parole che mostravano una grande paura di essere tradito, di non potersi fidare di qualcuno, perché le persone non erano mai disinteressate.

Tom si rese conto, per la prima volta da quando aveva iniziato a parlare con Harry, di quanto fossero effettivamente simili.

E non solo per il serpentese, o per qualche similitudine nel passato che nessuno dei due voleva rivelare.

Tom aveva sempre dato per scontato che Harry si fidasse un po’ troppo del prossimo. Dopotutto si era aperto al diario in poco tempo, ed era sempre stato molto disposto a parlare, sfogarsi, e mostrare tutte le proprie debolezze.

Ma ora che Tom rifletteva sulle possibili debolezze da usare contro di lui, si rendeva conto che non ne conosceva poi molte.

Sì, voleva bene a Ron e Hermione, ma Harry non gli aveva mai parlato della sua famiglia, del suo passato, della strana fama che sembrava seguirlo ovunque andasse, ciò che attirava i sospetti, l’odio e l’ammirazione di persone come Colin Canon.

Harry era stato criptico quanto Tom, e aveva posto tante domande al ragazzo nel diario, a volte pure troppe. Tom, abituato a scoprire informazioni in modi meno evidenti, aveva dato per scontato che fosse solo un ragazzo curioso, ma forse, anche solo inconsciamente, stava indagando e analizzando Tom quanto Tom stava analizzando lui?

Forse non agli stessi livelli, era chiaro che non avesse secondi fini… probabilmente… ma il commento sull’esitazione di Tom dimostrava che prendeva appunti sui suoi comportamenti, e che lo aveva inquadrato più di quanto Tom si sarebbe aspettato.

E Tom si rese conto, analizzando tutte le interazioni avute con Harry, che i momenti in cui il loro legame era stato più forte, erano stati i momenti in cui Tom aveva lasciato andare un po’ della sua vera essenza.

Anche quando avevano litigato, anche quando Tom aveva creduto che fosse finita per sempre, Harry era tornato più legato a lui di prima, dichiarandosi felice di aver scoperto un nuovo lato di lui.

Mettere su una maschera non avrebbe aiutato a riconquistare il suo favore.

E neanche essere vago l’avrebbe fatto.

Harry gli aveva chiesto risposte.

E avrebbe ottenuto risposte.

Se Tom avesse avuto un corpo, avrebbe tirato un profondo sospiro preparatorio.

Sarebbe stato difficile essere sincero e nascondere la verità allo stesso tempo, ma doveva farlo.

Avrebbe giocato sulle sensazioni che gli procurava il ricordo di ciò che aveva fatto, e poi avrebbe semplicemente raccontato i fatti come li conoscevano tutti, senza dare dettagli inutili.

“Non credo che la mia testimonianza potrebbe essere utile” disse infine, preparando la risposta alla inevitabile successiva domanda di Harry.

“Come può non essere utile?! Se la camera è stata già aperta una volta e tu sai chi è stato, può essere più che utile!” disse infatti Harry, come da copione, sollevando un’obiezione molto normale e logica da fare.

“Ma il colpevole è stato scoperto e mandato ad Azkaban! Non può essere stato nuovamente lui, sono stato io stesso a scoprire chi era stato” Tom disse la verità… circa… il capro espiatorio era stato effettivamente scoperto e mandato ad Azkaban, da ciò che Tom sapeva.

Insomma, sarebbe stato stupido non mandare il mezzogigante omicida ad Azkaban dopo quello che aveva fatto, no? Il processo era ancora in corso quando Tom aveva creato l’horcrux, ma era naturale supporlo.

Harry ci mise qualche secondo a rispondere.

“Perché non me lo hai detto prima, se lo sapevi?” scrisse poi, in una scrittura stranamente ordinata vista la circostanza, e molto lenta, come se Harry si stesse sforzando al massimo per non lasciar trasparire emozioni attraverso l’inchiostro.

Poi, proprio alla fine della frase, una goccia cadde sul diario.

Una goccia che cercò di essere asciugata dal ragazzo prima che Tom riuscisse del tutto a identificarla e assorbirla lui stesso.

Ma Tom non era uno sciocco.

Quella era una lacrima.

Tradimento…

Delusione…

Dubbio…

Sfiducia…

Tom riusciva a percepire, flebili, quelle strane e inaspettate sensazioni farsi largo dentro di sé, e non appartenevano a lui, di questo era certo. Ma come era possibile, se il legame era stato spezzato, al momento? 

Tom non voleva sentire quelle emozioni indirizzate verso di lui, non da Harry! 

Non… voleva… 

La consapevolezza lo colpì come un pugno nello stomaco, anche se uno stomaco, lui, non lo aveva: non era stato Harry ad allontanarsi da lui per sfiducia, o almeno, non era stato un trancio da parte solo sua. Lui stesso aveva allontanato le emozioni, il legame, il collegamento, per evitare di soffrire come stava effettivamente capitando.

Aveva già appurato che le emozioni negative erano meglio di non sentirne alcuna, ma non voleva assolutamente sentire la delusione che Harry stava provando per lui in quel momento.

Lo faceva sentire… strano.

Doveva recuperare la situazione, e giustificare le sue menzogne e omissioni. 

“Perché non volevo che mi guardassi con occhi diversi, Harry. Non volevo che mi giudicassi per qualcosa che non mi rappresenta davvero. È lo stesso motivo per il quale non ti ho detto a quale casa di Hogwarts sono stato smistato” porse metaforicamente la mano verso Harry, ammettendo una sua debolezza in modo più chiaro di quanto avesse fatto fino a quel momento.

I nodi arrivavano al pettine, e prime confessioni venivano alla luce.

Tom sperò solo che non gli si sarebbero ritorte contro nei modi peggiori.

“Serpeverde… Hermione ha fatto una ricerca” scrisse Harry, con la stessa scrittura rigida e cauta.

Stavano camminando in punta di piedi l’uno intorno all’altro, cercando di ritrovare il vecchio equilibrio o crearsene uno nuovo.

“E che cosa dice, Hermione?” provò ad indagare Tom, esponendosi meno, e in parte leggermente curioso circa cosa avrebbe potuto trovare.

Non aveva idea di cosa gli fosse successo in quei cinquant’anni, e il fatto che Harry non avesse mai nominato Lord Voldemort non lo faceva ben sperare sul successo della sua vita, anche se poteva benissimo aver cambiato nome, in quegli anni. E poi Harry non sembrava così particolarmente preparato in politica, forse non sapeva il nome del ministro della magia che poteva tranquillamente essere lui.

Forse Lord Voldemort agiva nell’ombra e stava cercando il momento perfetto per attaccare. Il tempo, dopotutto ce l’aveva. Era immortale, grazie agli horcrux.

“Ha scoperto che sei stato prefetto, caposcuola, e che poi si sono perse le tracce…” scrisse Harry, senza offrire quasi nessun dettaglio.

Oh, caposcuola! Beh, ovviamente lo era. Era solo naturale che l’avessero reso caposcuola. 

…in che senso si erano perse le tracce? 

Forse era perché aveva cambiato nome? Giustamente, meno persone conoscevano il suo nome babbano, meglio era. 

Tom però era turbato, aveva una brutta sensazione addosso. 

Ma non aveva tempo di pensare a ciò.

“Tom, chi ha aperto la camera, cinquant’anni fa?” Harry tornò al punto del discorso, scoprendo le carte e pretendendo la verità.

Rubeus Hagrid… era una risposta semplice da dare.

Ma Tom non poteva essere così chiaro, non avrebbe avuto senso dopo essere stato così misterioso… doveva provargli che diceva la verità, assicurarsi che Harry si fidasse di lui, mostrargli la via…

Mostrargli…

Tom tornò a sentire il legame che lo univa a Harry. Non era forte come prima, ma aveva un’intensa energia magica, quasi un’attrazione.

Era riuscito ad uscire dal diario, e andare nel corpo di Harry, possederlo per un po’, non fisicamente, ma comunque entrando nel suo mondo abbastanza da fargli fare ciò che voleva lui.

Forse era in grado di fare un processo inverso.

No… non era un forse, ne era in grado, lo sentiva.

“Se vuoi posso mostrartelo…” suggerì, senza sapere neanche lui esattamente come sarebbe riuscito nell’impresa, ma guidato dall’istinto che quella potesse rivelarsi la scelta migliore.

“Cosa?” La scrittura di Harry tornò più simile alla solita, un po’ confusa, disordinata, veloce.

“Se ti fidi abbastanza di me, potrei farti entrare in uno dei ricordi del mio diario, quello della notte in cui ho catturato il responsabile. Non dovrai credermi per forza, ma è la mia verità, come l’ho vissuta” spiegò, e riusciva a sentire l’apertura sul mondo di Harry farsi più ampia. Anche senza impegno, riuscì a vedere la sua soggettiva. Vide il diario con le parole che aveva appena scritto, l’inchiostro che brillava appena sotto la luce delle candele, e l’energia magica nell’aria, pronta a risucchiare Harry all’interno del libro.

Lesse la frase scritta di Harry prima ancora di sentirla nel suo essere.

“Mi fido, Tom… mostrami…”

Sentì una sensazione di calore mai provata prima, e per un secondo, un singolo istante, gli sembrò di toccare l’anima stessa di Harry.

Abbastanza da trascinarlo nel diario con lui.

 

Il palco era allestito, e per certi versi, il palco era Tom.

Era stato incredibilmente istintivo, ma anche molto strano ritrovarsi nel mezzo del suo stesso ricordo, ed era come aprire un piccolo cassetto e mostrare una parte di sé.

Tom non aveva niente da nascondere, nel ricordo che aveva scelto, ed era pronto a nascondere qualsiasi minima eventuale traccia della sua colpevolezza, ma per il resto avrebbe lasciato che la scena procedesse senza muovere un dito, come un film babbano impresso nella pellicola.

E quando il palco fu allestito, entrò il pubblico.

E per un singolo istante, tutto rimase completamente immobile, mentre Tom finalmente vedeva per la prima volta, interamente, senza filtri, il famoso giovane Harry Potter.

Non sapeva esattamente cosa aspettarsi, ma si era fatto un’idea del suo aspetto, dalla sua soggettiva.

Era basso, aveva i capelli neri, le mani piccole e le unghie rovinate. Era tutto ciò che era riuscito a vedere con chiarezza dal suo sguardo e dai fugaci riflessi che era riuscito a cogliere.

Adesso, Tom lo percepiva e osservava da ogni angolo, interamente, come se Tom fosse completamente intorno a lui. Vide il suo fisico mingherlino anche per un ragazzo della sua età, il volto magro ma comunque con i tratti dell’infanzia, i grandi occhi verdi che iniziavano a guardarsi intorno in quello che era l’ufficio del preside Dippet ai tempi in cui Tom frequentava Hogwarts. Il suo sguardo era confuso, disorientato, stranamente maturo e sull’attenti per un ragazzo di soli dodici anni, come se avesse visto già molte cose che molti adulti non potevano neanche immaginare, ed era uno sguardo circondato da occhiali tondi.

Sì, Tom aveva sempre intuito che portasse gli occhiali, riusciva a vederne i riflessi dai suoi occhi.

I capelli erano molto più disordinati del previsto, di un nero corvino, sparati ovunque.

E tra i capelli e gli occhi, un dettaglio colpì e attirò l’attenzione di Tom.

Una cicatrice a forma di saetta, molto peculiare, molto interessante, della stessa forma dello squarcio che si era aperto la prima volta che Tom era riuscito a raggiungere Harry.

Se avesse avuto un corpo, Tom avrebbe sollevato la mano per sfiorarla, irrimediabilmente attratto da quella strana e inusuale caratteristica.

Ma si limitò ad osservare, mentre Harry, con la sua poca lungimiranza, si approcciava al preside Dippet dietro la scrivania scusandosi di essergli piombato nell’ufficio.

Non si poteva negare che fosse un ragazzino educato e rispettoso, almeno, anche se un po’ tonto.

Un bussare alla porta interruppe la presa di coscienza di Harry che quello era un ricordo e lui non poteva interferire con gli attori in scena.

-Avanti- disse Dippet, con voce flebile.

E nell’ufficio entrò il Tom Riddle del ricordo, la versione completa, prima dell’horcrux, poco dopo il suo primo omicidio ad opera del basilisco.

Tom sapeva di avere fascino, ma a vedersi da fuori non poteva che confermarlo. Era proprio un bel giovane, modestamente.

Ma non poteva concentrarsi troppo su di sé, doveva carpire ogni singola emozione e reazione di Harry, era il momento migliore per analizzarlo perfettamente, capire i suoi pensieri dalle sue espressioni e atteggiamenti, e non solo dalle sue parole scritte. Era un’occasione irripetibile.

E quando Tom Riddle entrò nella stanza, Harry si girò verso di lui, e aggrottò le sopracciglia, confuso.

…reazione inaspettata.

-Ah, Riddle- lo accolse Dippet, in tono un po’ impacciato.

Harry sgranò gli occhi.

-Tom?!- lo indicò, incredulo, a bocca aperta.

…perché questa reazione?! Qual è il problema, Harry?! Che ti aspettavi?! 

-Voleva vedermi, professor Dippet?- chiese il sé del passato, professionale e formale, anche se un po’ nervoso.

Harry continuava a fissarlo a bocca aperta.

-Siediti, ho appena letto la lettera che mi hai mandato- annunciò Dippet, indicando una sedia davanti alla scrivania.

Il Tom del passato si sedette, leggermente a disagio. Harry continuava a fissarlo, girandogli intorno, e sembrava più interessato a lui che alla loro conversazione.

-Sei davvero Tom?- sussurrò molto tra sé, come se il ricordo potesse rispondergli, mentre Dippet gli dava delle brutte notizie.

-Mio caro ragazzo, non ho la minima possibilità di farti rimanere a scuola per l’estate. Non vuoi tornare a casa per le vacanze?- stava dicendo infatti, in tono contrito.

-Ma sei… bello…- borbottò Harry, le guance leggermente rosse.

…aspetta, cosa?!

Perché questo tono sorpreso?! Ti aspettavi una persona brutta, Harry?! Ma come ti permetti! 

-No, preferirei molto di più restare a Hogwarts che restare in quel… in quel…- intanto la conversazione continuava.

Ma visto dove stava andando a parare, era una buona cosa che Harry fosse distratto.

Forse Tom poteva cambiare un attimo il ricordo e…

-Se non sbaglio trascorri le vacanze in un orfanotrofio di babbani- troppo tardi, Dippet aveva rivelato tutto.

Colpa di Harry che distraendosi aveva distratto anche lui con i suoi strani commenti inaspettati.

Dai, magari non se n’era accorto.

Harry si girò verso Dippet.

-Orfanotrofio?!- esclamò, sorpreso.

Maledizione, Harry! Tu e la tua attenzione selettiva! 

Beh, tanto valeva approfittarne per costruire fiducia. Almeno si toglieva sospetti sull’essere l’erede di Serpeverde se diventava chiaro quanto ci tenesse a Hogwarts per via delle sue umili origini.

-Sì, signore- ammise quindi il Tom del ricordo, un po’ imbarazzato anche lui dal dover ammettere da dove venisse.

Beh, sì, non era esattamente piacevole ammettere di essere un orfanello dalla nascita. Non erano ben visti.

-Tu sei figlio di babbani?- chiese Dippet.

Eh no! Quello no, se permetti!

-Sono un mezzosangue, signore. Padre babbano e madre strega- si affrettò a correggerlo Tom, mantenendo la calma.

Harry faceva passare lo sguardo tra i due come se fosse ad una partita di tennis, senza perdersi neanche una parola.

-E i tuoi genitori sono tutti e due…- indagò Dippet.

I fatti tuoi mai, preside?!

-Mia madre è morta appena sono nato, signore. All’orfanotrofio mi hanno detto che ha vissuto abbastanza da darmi il nome: Tom come mio padre, Orvoloson come mio nonno- spiegò il Tom del ricordo, a voce bassa.

Harry lo fissava.

-Sei… un orfano…- nel suo sguardo però non c’era delusione o disgusto, e neanche la fastidiosa pietà che Tom detestava.

Gli occhi di Harry avevano solo partecipazione ed empatia, come se avesse trovato un’anima affine.

Sollevò una mano, e provò, esitante, a posarla sul braccio di Tom, trapassandolo con una certa delusione.

La conversazione proseguì con faccende molto più importanti, e Harry scoprì della morte di una ragazza a causa dell’erede di serpeverde, degli attacchi, e di come stessero pensando di chiudere la scuola.

Harry ascoltò con interesse, curiosità e preoccupazione, ma Tom non riusciva a smettere di pensare allo sguardo che gli aveva lanciato quando aveva scoperto delle sue origini. 

Era chiaro che si doveva preparare ad avere una conversazione al riguardo, in futuro.

Un pensiero che gli metteva timore, anche se per il momento doveva concentrarsi sul presente… ovvero il passato che stava rivivendo in quel momento.

Il colloquio con Dippet diede informazioni sull’attacco e la morte della ragazza.

E una volta concluso tale colloquio, per i corridoi, Tom del passato e un piccolo Harry che lo seguiva zompettando, incontrarono anche Silente, che come sempre guardò Tom con cipiglio un po’ sospettoso, anche se Harry non sembrò troppo accorgersene perché era occupato a fissarlo a bocca aperta. Doveva essere invecchiato molto se Harry era così stupito nel vederlo così giovane.

Se avesse avuto un corpo, Tom avrebbe fatto un sorrisetto soddisfatto.

E poi finalmente si giunse alla parte saliente di quel ricordo, quello che avrebbe finalmente dato un nome e un volto al temibile erede di Serpeverde.

Tom ricordava come se fosse ieri… e per certi versi era più o meno il suo ieri dato che aveva creato l’horcrux pochi giorni dopo quel fatto… la soddisfazione nell’aver trovato il capro espiatorio perfetto per quella sua malefatta.

Aveva scoperto del ragno nascosto circa a metà anno, durante il pattugliamento dei corridoi, e si era segnato l’informazione nell’eventualità di dover dare la colpa a qualcosa o qualcuno se avessero deciso di chiudere la scuola o fossero arrivati troppo vicini a scoprire lui.

In realtà aveva altri cinque o sei piani alternativi, a seconda della circostanza, ma quello di usare Rubeus Hagrid come capro espiatorio era il più semplice e attuabile in quella circostanza nella quale doveva agire in fretta.

Beh, in fretta relativamente, dato che dovette aspettare parecchio prima dell’arrivo del suo bersaglio… una noia mortale.

Anche se, a differenza che per il Tom del ricordo, costretto a restare immobile in attesa, il Tom diario poteva osservare Harry e analizzarlo ancora meglio, mentre Harry analizzava lui, fissandolo come se non riuscisse a credere che la persona con la quale aveva parlato nel diario per tutto questo tempo fosse lui.

-Tom… mi senti? Possiamo comunicare, da qui?- provò a chiedere Harry dopo quasi un’ora.

Forse Tom avrebbe potuto rispondergli mentalmente, ma non lo fece. Non poteva togliere il realismo e l’immersione di quel ricordo, o non sarebbe sembrato abbastanza autentico. 

Anche se Harry gli sembrava così lontano, in quel momento… 

-Tom… dura ancora molto, il ricordo?- insistette Harry, provando a toccarlo, ma trovandosi a trapassarlo di nuovo, come se Tom fosse un fantasma. 

E il Tom del ricordo non diede segno di essersi accorto di nulla. E come avrebbe potuto, non era che un ricordo costretto a compiere gli stessi gesti che aveva già compiuto in precedenza.

-…non mi aspettavo che fossi così, sai?- borbottò Harry dopo qualche secondo, poggiandosi al muro e scivolando a terra, distogliendo lo sguardo da Tom un po’ imbarazzato da ciò che stava dicendo.

E cosa ti aspettavi, Harry?

Questo era ciò che Tom gli avrebbe voluto chiedere, ma ovviamente non poteva farlo, e si limitò ad ascoltare sperando che Harry parlasse senza aver bisogno di ricevere un input.

-Pensavo fossi più tipo Percy… il fratello maggiore di Ron. Lui è molto secchione e rigido… oppure un po’ tipo Neville, impacciato e solitario... non è un’offesa, è solo che… sembri così perfetto, a vederti così. È strano- Harry, il solito chiacchierone, non si fece desiderare a lungo, ma disse le ultime cose che Tom si sarebbe aspettato.

Neville? Neville Paciock?! Tom l’aveva visto di sfuggita, mentre osservava dagli occhi di Harry, e non potevano essere più diversi! 

Non sapeva se essere offeso da questa comparazione, o soddisfatto per averlo stupito ed essere considerato perfetto, cosa che, modestamente, sapeva già di essere. Ma, come sempre, Harry lo faceva sentire in modo strano e inusuale.

E mentre fissava Harry, che fissava la sua versione che lo ignorava, Tom sentì un’emozione mai provata prima, che lo colse del tutto impreparato.

Un’emozione che non avrebbe saputo definire, ma che si palesò con il pensiero irritato “Perché a Harry piace tanto il me del passato? Dovrebbe guardare il me di adesso!”.

Il fatto che Harry non potesse vedere il Tom di adesso, perché tale Tom era inconsistente, e che a dirla tutta, per certi versi, osservare il Tom del passato era uguale ad osservare il Tom del presente, dato che erano praticamente la stessa cosa, era del tutto ininfluente.

Tom voleva che Harry guardasse lui.

E lui voleva guardare Harry, davvero, non voleva solo percepirlo.

E fu ciò che accadde.

Tom si girò verso Harry, per un istante. Non si rese neanche del tutto conto di ciò che stava facendo, né del fatto che era qualcosa che poteva fare, ma si ritrovò nella sua versione adolescente, quella del ricordo, e si girò verso Harry.

I due si guardarono negli occhi. Tom non si era mai sentito così vicino a Harry  come in quel momento, ed era strano, a dirla tutta, dato che Harry era letteralmente dentro il suo diario, circondato interamente da Tom. Tom stesso aveva posseduto Harry più volte, anche se in quel caso era sempre stato più come muovere i fili di un burattino. 

In quel momento si sentiva fisicamente vicino a Harry, come se potesse toccarlo, come se fossero sullo stesso piano.

-Tom…- lo chiamò Harry, in un sussurro, sollevando una mano, e sfiorandogli la spalla.

Tom sembrò percepire quel contatto.

Ma durò solo un istante, perché un suono all’esterno della stanza attirò l’attenzione di entrambi, e Tom venne sbalzato fuori dal sé del passato, dato che doveva restare concentrato sul far procedere il ricordo come stabilito, e non poteva permettersi distrazioni occhialute.

La mano di Harry trapassò nuovamente Tom, che tornò a guardare il corridoio, ignorando il ragazzino, che sembrò disorientato e anche un po’ deluso per un attimo, prima di fare altrettanto, comunque interessato a ciò che stava per scoprire.

E l’antagonista principale entrò presto in scena, enorme, agitato e con il mano una scatola. Iniziò ad attraversare il corridoio, e Tom, silenziosamente, lo seguì, tallonato da Harry.

Era il ritratto perfetto di un villain, si vedeva lontano un miglio. Come si poteva dubitare che fosse colpevole, con quella stazza e quelle tendenze violente tipiche della sua razza? 

Harry però non sembrava spaventato o allarmato, ma fissava Rubeus molto confuso.

Lo seguirono fino ad una piccola stanza, e fu solo allora che il Tom del passato si palesò al suo capro espiatorio.

-Buonasera, Rubeus- lo salutò, secco.

Il mezzogigante sobbalzò vistosamente, e nascose con il suo immenso corpo la creatura che stava celando a tutti.

-Tom, che ci sei venuto a fare quaggiù?- chiese, preoccupato.

-È finita, sarò costretto a consegnarti, Rubeus. Se non trovano il responsabile, si parla di chiudere Hogwarts- lo affrontò il Tom del passato, sguainando la bacchetta, con decisione e carisma. 

-Che diavolo…- Rubeus sembrava confuso… giustamente, dato che non aveva idea di cosa Tom stesse dicendo, visto che non era responsabile di nulla.

Ma Tom era abbastanza carismatico da convincere anche lui di essere colpevole. 

-Il minimo che Hogwarts può fare per i poveri genitori della ragazza morta è assicurarsi che ciò che ha ucciso la loro figlia sia eliminato, e il colpevole catturato- continuò infatti, avvicinandosi pronto ad uno scontro.

-Ma non è stato lui!- provò a lamentarsi Rubeus, sollevando al contrario le mani invece della bacchetta. Tsk, che rozzo! 

Seguì uno scontro tra Tom e il ragno gigante che Hagrid teneva nascosto, uno scontro che si concluse con… diciamo una situazione di parità, ma solo perché erano in due contro uno, e comunque Tom riuscì facilmente a tenere Rubeus sotto scacco, restando anche perfettamente pettinato mentre lo faceva.

Il ragno sfuggì, questo era vero, ma in realtà anche quello era calcolato. Così non potevano interrogarlo e scoprire che non era stato lui.

…ucciderlo sarebbe stato meglio, ma dettagli.

Tom era stato comunque fighissimo! 

Che audacia!

Che meraviglia!

Che prontezza!

Tom si sarebbe sposato da solo, se avesse potuto. Ora capiva perché riceveva sempre così tanti messaggi, a San Valentino. Harry non poteva più dubitare di lui dopo una performance così sentita.

-Hagrid?- sussurrò Harry. Non sembrava ammirato o spaventato, sembrava preoccupato. Ma non per Tom… fissava Rubeus… perché?

Un momento… come lo aveva appena chiamato? 

Tom non lo aveva mai chiamato per cognome, come faceva Harry a conoscerlo? 

-Hagrid!- gridò Harry, preoccupato.

Qualcosa non andava.

Interrompere, interrompere subito!

Harry venne sbalzato via dal ricordo. Tom era più confuso e disorientato di lui.

Come era possibile che conoscesse Rubeus Hagrid? Il mezzogigante doveva trovarsi ad Azkaban, in quel momento, ed esserci stato per cinquant’anni! 

Tom temeva che gli fosse sfuggito qualcosa di davvero importante, che avrebbe potuto mettere i bastoni tra le ruote a tutta l’operazione.

 

Harry non sapeva su quale pensiero concentrarsi prima.

Troppe informazioni scoperte tutte insieme, ma l’ultima era quella più scioccante. Non era oltremodo possibile che Hagrid fosse l’erede serpeverde e il responsabile dell’omicidio di una ragazza, neanche per errore. Ea vero che trattava con creature pericolose, e aveva messo in pericolo lui, Ron e Hermione lo scorso anno, tra draghi e cani a tre teste, ma non aveva intenti malvagi, non avrebbe mai permesso che le sue creature attaccassero o uccidessero qualcuno… vero?

“Harry… va tutto bene?” la frase preoccupata di Tom lo riscosse dai suoi pensieri carichi di turbamento.

“Hai sbagliato” si ritrovò a scrivere senza neanche rendersene del tutto conto. Sapeva che Tom fosse permaloso, e non voleva dubitare dei suoi ricordi, soprattutto considerando quanto si era esposto, ma era troppo sconvolto, e non voleva credere a quando aveva appena visto. 

Tom ci mise qualche secondo a rispondere.

“Odi così tanto i serpeverde da non credere neanche a ciò che vedi con i tuoi occhi se ti viene mostrato da uno di noi?” 

Nel leggere quelle parole, così piene di amarezza, a Harry saltò un battito, e si sentì profondamente in colpa.

“Non è vero! Ti credo, Tom!” si affrettò a rassicurarlo, ripensando alle tante cose che aveva visto in quel ricordo, ripensando a… Tom.

Era completamente diverso da come Harry se lo era figurato, e molte delle informazioni scoperte su di lui cozzavano profondamente con l’immagine che aveva visto nel ricordo. Come era possibile che un ragazzo così bello e sicuro di sé, con quel portamento, quello sguardo, e quel senso di giustizia, non avesse amici e nemmeno una ragazza?! No, seriamente, come poteva essere single?!

Non che fosse la cosa più importante, ma era un motivo di grande shock, in ogni caso.

Allock, avrebbe sfigurato davanti a Tom Riddle, ed era un dato di fatto. Non che Harry fosse esperto di bellezza maschile, era un maschio anche lui, dopotutto, ma comunque certe cose era normale notarle.

E non doveva distrarsi a pensarci.

“Mi credi ma pensi che mi sia sbagliato? Perché, Harry? Come conosci Rubeus Hagrid?” lo incalzò Tom, facendo tornare Harry concentrato.

“Hagrid è il custode delle chiavi e dei luoghi a Hogwarts! Non può essere l’erede serpeverde!” spiegò Harry, pensando al suo amico.

“Non è ad Azkaban?! Ma stiamo scherzando?! Lavora addirittura a Hogwarts?! Ma come è possibile?!” si lamentò Tom, sconvolto e indignato.

“Forse ti sei sbagliato ed è stato scagionato dopo che hai scritto il diario. Oppure hanno capito che è stato un incidente! È stato per forza un incidente, se è stato lui, Hagrid non farebbe mai del male a nessuno! È una brava persona!” lo difese Harry, deciso. 

Forse Hagrid poteva essere il responsabile, cinquanta anni prima, ma ora non era lui, questo era più che certo.

Non poteva essere lui!

“Perché lo difendi così tanto? Come ha ottenuto tutta questa lealtà da parte tua?” indagò Tom. Sembrava… geloso? No, impossibile! Offeso, forse. Incredulo che Harry si stesse fidando così tanto di un presunto assassino e non di lui.

Harry si rese conto che, con ogni probabilità, Tom era rimasto profondamente traumatizzato dall’apertura della camera dei segreti, e dall’aver catturato il colpevole.

Non lo aveva dato a vedere nel ricordo, perché era molto sicuro e coraggioso, ma era impossibile non essere spaventato da una cosa del genere. Sicuramente anche per questo motivo aveva esitato nel rivelare le informazioni che sapeva a Harry. Rivivere quel ricordo doveva essere terribile! 

Nella sua ottica, Hagrid era un assassino che aveva ucciso una ragazza poche ore prima. Si era sentito obbligato a fare qualcosa perché altrimenti avrebbe rischiato che la scuola venisse chiusa, e di tornare in quell’orfanotrofio babbano.

Harry… poteva capirlo.

Si sentiva allo stesso identico modo. Anche lui era un orfano. Anche per lui Hogwarts era casa. E pure lui si sentiva costretto ad indagare e a intervenire perché non poteva rischiare che chiudessero la scuola.

Tom e Harry… erano molto più simili di quanto Harry pensasse. Non era solo una buona valvola di sfogo in quanto diario, era una persona che poteva capire Harry, capirlo davvero, molto più di Hermione, Ron, o chiunque altro che conoscesse.

“Hagrid mi ha portato via dai Dursley” confessò Harry, con una leggera punta di incertezza, decidendo, però, di ammettere tutto ciò che aveva tenuto nascosto a Tom. Tom lo aveva fatto per lui, gli sembrava corretto ricambiare e aprirsi.

Poteva fidarsi di Tom, Tom lo avrebbe compreso.

“I Dursley?” chiese Tom, confuso. Harry li aveva citati, in precedenza, ma non era mai sceso nei dettagli.

“I miei zii. Io vivo con loro. Hagrid mi ha raggiunto quando loro volevano impedire a tutti i costi che scoprissi di essere un mago. Mi ha spiegato tutto, mi ha portato a Diagon Alley, mi ha regalato la mia civetta Edvige, è sempre stato gentile con me. È mio amico, e una delle persone più importanti, per me, non voglio credere che sia capace di fare del male a qualcuno come Colin, o chiunque altro” aprì il suo cuore, e non trattenne né provò ad asciugare le lacrime che bagnarono le pagine del diario, venendo in fretta assorbite.

Tom ci mise un po’ a rispondere.

“Perché vivi con i tuoi zii, Harry?” chiese poi, continuando ad indagare.

Harry si morse il labbro inferiore, nervosamente. Se doveva dire la verità, doveva andare fino in fondo.

“Ti ho tenuto nascosto qualcosa, Tom. Su di me. Il motivo per il quale Allock è così pressante. Il motivo per il quale Colin mi scatta sempre foto, Malfoy mi odia, e tutti sono sempre attenti ad ogni cosa che faccio. Non volevo tenertelo nascosto, ma… sei la prima persona che conosco che non lo sa, nel mondo magico, e volevo… restare per un po’ nell’anonimato e farmi conosce solo come Harry, e non come Harry Potter… con i miei tempi” spiegò, facendo un enorme preambolo.

“Capisco, Harry. Ma puoi fidarti di me. Qualsiasi cosa mi dirai, se vuoi dirmela, non cambierà nulla del nostro rapporto, te lo assicuro” gli scrisse Tom, confortante. Era sempre così gentile, Harry si sentiva sempre meglio quando parlava con lui, e sapeva di potersi fidare. Se non l’aveva giudicato per il fatto che parlava con i serpenti, non l’avrebbe fatto neanche per quello. Soprattutto perché era qualcosa che in parte avevano in comune.

“Quando avevo un anno, i miei genitori sono stati uccisi da un mago oscuro. Ha tentato di uccidere anche me, ma per qualche motivo la maledizione è rimbalzata e ha colpito lui, sconfiggendolo. Era un mago terribile che aveva generato un regno del terrore, quindi tutti mi consideravano il responsabile della sua sconfitta e della pace arrivata dopo. E tutti mi conoscono, mi chiamano il bambino che è sopravvissuto” spiegò Harry, arrossendo appena nel narrare la cosa come se lui fosse importante per davvero. La sua era stata solo fortuna, ed era stata sua madre la vera eroina.

“Un potente mago oscuro? Parli di Grindelwald?” chiese Tom.

Grindelwald? Chi era? Harry non lo aveva mai sentito nominare… forse di sfuggita da qualche parte, ma il nome non gli diceva nulla di importante.

“No, probabilmente è vissuto dopo di te. Si chiamava Voldemort”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

Wow… wow… Harry l’ha detto… chissà come l’ha presa Tom (si scoprirà nel prossimo capitolo ho già scritto la scena).

Questo capitolo è stato davvero pieno, pensavo che uscisse anche più lungo, ma ho riassunto qualche scena poco importante. C’è stato tutto il flashback della cattura del povero Hagrid, con tanto di rivelazione di Voldemort da parte di Harry, pare che la trama stia decisamente decollando…

Ho fatto un cambiamento piccolo dal canon e ho fatto che Tom crede che Hagrid sia stato mandato in prigione, perché se avesse saputo che era in giro, lo avrebbe accusato prima, probabilmente.

Scusate se ci ho messo così tantissimo, ma questo periodo davvero non ho tempo neanche di respirare, il lavoro mi prende tantissimo, ma spero che il capitolone ripaghi l’attesa, e il prossimo dovrebbe uscire un po’ prima perché l’ho già scritto in parte, ma non faccio promesse

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Capitolo 14
*** Crolli ***


Crolli

 

“Quando avevo un anno, i miei genitori sono stati uccisi da un mago oscuro” 

Sì, Harry, a questo Tom ci era più o meno arrivato già, dopo che gli aveva parlato degli zii, sicuramente babbani, che lo avevano cresciuto senza magia. Anche se la questione del mago oscuro e dell’assassinio era nuova, e molto specifica. Che Grindelwald avesse vinto? E in tal caso, perché uccidere un purosangue come un Potter? E soprattutto… continuava a creare scompiglio anche a quella veneranda età?! 

“Ha tentato di uccidere anche me, ma per qualche motivo la maledizione è rimbalzata e ha colpito lui, sconfiggendolo.” 

Ma che scemo! In primo luogo, chi tenta di ammazzare un bambino. E secondo… quanto devi essere scarso per far rimbalzare una maledizione su un bambino di un anno?! Mago oscuro stupido! 

Difficile che fosse Grindelwald, in tal caso, sarà stato un suo scagnozzo, o un novellino mago oscuro che si sentiva tanto forte ma in realtà non valeva granché. Ah, non c’erano più i maghi oscuri di una volta!

“Era un mago terribile che aveva generato un regno del terrore, quindi tutti mi consideravano il responsabile della sua sconfitta e della pace arrivata dopo.”

Eh, addirittura?! Tutta questa minaccia, e poi si fa sconfiggere da un poppante?! Merita umiliazione eterna e di non essere neanche ricordato dai posteri!

Dai, magari era davvero Grindelwald, ma aveva perso lo smalto perché era invecchiato. Capitava. Meglio chiedere. Era importante conoscere i maghi oscuri dell’epoca. Chissà se Tom era considerato un mago oscuro… 

Nah, lui era un precursore rivoluzionario! Era un grande! 

“E tutti mi conoscono, mi chiamano il bambino che è sopravvissuto” 

Si riusciva ad intuire dal modo in cui Harry scriveva che era imbarazzato. Tranquillo, Harry, non c’è niente di male. Anzi, avere un bambino sopravvissuto nel team è ottimo per Tom. un alleato ancora più interessante del previsto. Certo, sconfiggeva maghi oscuri, ma Tom non era mica oscuro.

Faceva cose oscure, ma per motivi nobilissimi. E Tom avrebbe lentamente portato Harry dalla sua parte.

Ma prima doveva saperne un po’ di più del mago oscuro che Harry aveva sconfitto, e possibilmente come ci era riuscito.

Sicuramente perché tale mago era pessimo, ma non si poteva mai sapere.

“Un potente mago oscuro? Parli di Grindelwald?” chiese quindi, con nonchalance.

“No, probabilmente è vissuto dopo di te” rispose Harry.

Ah, quindi uno stupido novellino che non sapeva fare niente. Aveva senso. Chissà quanto era insignificante tale cattivo. Tom dubitava valesse la pena conoscerlo, in fin dei conti. Un vero sfiga… 

“Si chiamava Voldemort” 

“Tom?”

“Tom, tutto bene?”

Ha appena scoperto di essere morto in modo idiota, vedi un po’ tu, Harry! 

Dire che Tom fosse sconvolto era un eufemismo.

Se avesse avuto un corpo, in quel momento Tom l’avrebbe usato per uccidere Harry seduta stante e poi fare lo stesso con il resto della scuola e del mondo magico in un raptus omicida.

Ma al momento Tom non aveva un corpo. E probabilmente non lo aveva neanche l’altra metà della sua anima.

Sconfitto da un infante!

Come era possibile?!

Che umiliazione profonda!

Se lo scopo principale di Tom non fosse stato la vita eterna, e se non fosse già, a quanto pare, morto, si sarebbe voluto sotterrare un’altra volta per la vergogna.

E la beffa più grande… era assolutamente legato al suo presunto assassino… un dodicenne.

Tra tutte le persone al mondo, ma anche solo a Hogwarts, era stato preso proprio dal bimbo che l’aveva ammazzato! Che sfiga! E non poteva neanche possederlo, andare nella camera dei segreti, e ammazzarlo con il basilisco, perché Harry, maledetto Salazar, gli serviva!

Non poteva perdere Harry, perché se era vero che lui l’aveva ucciso… quell’horcrux, quel Tom… poteva essere l’ultimo lui rimasto. Se Harry scopriva che lui era…

Oh, Merlino bruciato sul rogo insieme a Morgana… Harry era il suo assassino, ma Tom era l’assassino dei genitori di Harry. Sicuramente gente orribile che meritava la fine che aveva fatto, ma Harry si sarebbe potuto voler vendicare a avrebbe potuto tentare di distruggerlo, se avesse scoperto che Tom era Voldemort, e certo, lui non sarebbe mai stato capace di farlo, fisicamente, non era abbastanza potente, ma poteva portarlo da Silente, che era il preside. E Silente, per quanto irritante e odioso, era forte. Persino Tom era abbastanza obiettivo da ammetterlo. Lo era già cinquanta anni prima, e non poteva che essere migliorato, nel frattempo. Sicuramente avrebbe capito che il diario era un horcrux, e avrebbe trovato il modo di eliminarlo definitivamente.

Tom non voleva morire!

Era tutta la sua cosa! Lui non voleva morire!

Quindi, per quanto problematico, doveva uccidere Harry prima che Harry lo facesse con lui, era la legge del più forte, era inevitabile, e l’unica scelta veramente sicura.

Dopotutto, se il sé del passato e del proprio futuro aveva tentato di ucciderlo, c’era sicuramente un motivo più che logico.

E ora il lui del passato, che poi era il futuro di Harry, doveva finire il lavoro. 

Forse poteva trovare il modo di assorbire l’energia vitale di Harry e tornare in vita in quel modo. Aveva solo bisogno di aumentare il legame.

Sì, era l’unica opzione.

L’opzione migliore, il grande ritorno di Lord Voldemort, dall’ombra.

Chi mai avrebbe associato un sedicenne a quello che Harry aveva definito un grande mago oscuro che era stato un sedicenne ben cinquant’anni prima e che adesso era considerato sconfitto? Aveva anche una pozione polisucco da usare per uscire indisturbato dal castello. Sarebbe andato nella foresta, o magari direttamente nella camera dei segreti, avrebbe continuato la sua missione di nascosto, e programmato il suo ritorno in grande stile, con tutto il tempo del mondo e sconfiggendo quello che non era solo il suo assassino infante, ma che al momento era anche la sua più grande debolezza. Perché il pensiero di uccidere Harry, anche se era il piano più giusto, la scelta migliore, l’unica vera scelta, davvero… gli provocava un dolore atroce che non riusciva a spiegarsi.

Cosa era diventato?! In cosa lo aveva trasformato, Harry?! Un sentimentale debole che non riusciva ad uccidere un dodicenne, esitava ad attaccare gli studenti sanguemarcio con il basilisco, e si faceva sconfiggere da un poppante ancora in fasce.

Voldemort non era così debole! 

Harry era un pericolo!

Pertanto andava eliminato.

Ad ogni costo!

Ma prima, doveva stringere un legame ancora più forte.

Abbastanza da permettergli di assorbire tutta la sua energia vitale.

 

Harry era un po’ preoccupato. Dopo aver raccontato la sua storia a Tom, il ragazzo nel diario era diventato stranamente silenzioso, cosa molto poco da lui. 

Era capitato che esitasse nel rispondere, prima di allora, ma mai così a lungo, e di solito quando esitava, non era mai un buon segno. Ma quella era una confessione importante, forse Tom stava solo cercando le parole giuste, o scrivendo un messaggio molto lungo. O forse la magia non funzionava per qualche motivo perché far entrare Harry nel ricordo lo aveva sfiancato e aveva bisogno di recuperare un po’. Le opzioni erano tantissime.

Anche se Harry, sentiva qualcosa di strano, nel suo petto.

“Scusa, Harry, stavo riflettendo… ed elaborando. Insomma, non oso neanche immaginare cosa hai passato, con tutto questo peso sulle spalle” arrivò dopo un po’ la risposta di Tom.

A Harry vennero i brividi, anche se non seppe spiegarsi il perché. 

Era una risposta normalissima, anche dolce ed empatica.

Ma Harry la percepì molto fredda, studiata, assolutamente distante. Erano parole che aveva scelto con attenzione, non venivano dal cuore.

E sentì il proprio, di cuore, spezzarsi.

“Avevi detto che non sarebbe cambiato nulla…” lo accusò, scrivendo di getto le prime parole che gli vennero in mente.

“Di che parli, Harry? Non cambia nulla, infatti” rispose Tom, provocando un altro nodo nel petto di Harry.

“Sei falso, Tom! Pensi che non me ne sia accorto? Io voglio le tue parole sincere, non queste stupide frasi di circostanza! Credevo che tu, tra tutti, avresti capito…” spiegò il suo punto di vista, infastidito.

“Capire cosa? Io non ho perso i miei genitori perché sono stati assassinati, e non sono famoso per aver sconfitto un mago oscuro da infante” arrivò la risposta di Tom, poco dopo.

“Ma sei un orfano, come me! Hogwarts è la tua casa, come me! Anche tu faresti di tutto per evitare di far chiudere la scuola! Pensavo che tu, tra tutti, avresti capito… lascia perdere!” Harry era sopraffatto da tutte le informazioni e dalle conseguenze che la sua confessione aveva causato.

Sentiva un sentimento strano nel suo cuore.

Una presa soffocante nel petto.

Non riusciva a spiegarsi il motivo, ma aveva una brutta, orribile sensazione.

Sentiva di doversi allontanare, una specie di istinto di fuga.

“Harry, aspe…”

Harry chiuse il diario, con le lacrime agli occhi e tanta rabbia, e si sentì completamente svuotato.

Troppe cose erano successe tutte insieme, e aveva bisogno di elaborare.

Non parlò con nessuno, quella sera, e andò direttamente a dormire, sperando che la notte avrebbe portato consiglio.

Quella notte, però, Harry fece uno strano sogno.

Si ritrovò in una stanza spoglia e fredda, che sembrava una specie di soffitta. Harry riusciva a sentire freddo, come se gli entrasse nelle ossa, e iniziò ad abbracciarsi per farsi calore, mentre si guardava intorno per cercare di capire dove fosse. Gli sembrava troppo reale per essere un sogno, e troppo irrealistico per essere reale, come… il ricordo visto con Tom.

Ma non era possibile, non era entrato nel diario, ne era sicuro. Era semplicemente andato a dormire, posando il diario sulla scrivania.

Harry iniziò a guardarsi intorno, e, così come era avvenuto nel ricordo di Tom, non riusciva a modificare il luogo dove era, come se fosse un fantasma.

Lentamente, i suoi occhi iniziarono ad abituarsi all’oscurità.

E quando vide la figura davanti a lui, a meno di un metro di distanza, accucciato contro la porta con le ginocchia al petto e il volto sepolto sulle braccia, Harry sobbalzò vistosamente, perché non si aspettava proprio di trovare compagnia.

Per un secondo, un singolo istante, Harry ebbe l’impressione di essere in un suo ricordo d’infanzia. La soffitta non era familiare, ma la posizione sembrava quella che assumeva sempre dentro il ripostiglio del sottoscala, dai Dursley, ogni volta che lo mettevano in punizione per qualche giorno senza farlo uscire per nessun motivo, neanche per farlo andare in bagno o mangiare.

I capelli neri, il fisico minuto… sembrava un mini Harry, in effetti.

Ma durò solo qualche istante, perché poi Harry si rese conto che il bambino era più pallido, e con vestiti più… antichi.

-Allora, hai imparato la lezione, figlio del demonio?- una voce proveniente da fuori la porta distolse Harry dall’osservazione del bambino, e lo fece sobbalzare ancora più vistosamente. Non si aspettava minimamente che il silenzio sarebbe stato turbato da qualcosa, e solo in quel momento si rese conto di quanto fosse stato soffocante, tale silenzio.

Il bambino non emise un fiato, ma sollevò appena la testa, a lanciò verso la porta un’occhiata di puro odio.

E fu in quel momento che Harry lo riconobbe.

-Tom…?- sussurrò, sconvolto.

Era molto più piccolo del ricordo che Harry aveva visto poche ore prima, ma era indubbiamente lui.

Aveva gli stessi tratti, anche se meno spigolosi e più infantili, gli stessi occhi scuri e profondi, e anche i capelli, sebbene più corti e disordinati, erano acconciati in modo molto simile.

Una piccola versione di Tom.

Quindi quello era effettivamente un ricordo.

-Se non ti degni di rispondere, o di scusarti, resterai lì per tutta la notte!- lo minacciò la voce fuori dalla porta.

Il piccolo Tom continuò a non rispondere, e strinse i denti, dalla sua bocca sembrò uscire una specie di sibilo, che però Harry riuscì a comprendere come delle vere parole.

-Mai, brutta ubriaca!- era un sussurro, a malapena udibile.

Quindi Harry non si fece due domande sul fatto che la donna all’esterno reagì come non avesse proprio risposto.

Non comprese minimamente che il bambino davanti a lui aveva appena parlato una lingua che solo loro due potevano capire.

-L’hai… l’hai voluto tu! Demone!- con una leggera esitazione in più, come se fosse spaventata da qualcosa (un sibilo, forse, che sembrava quello di un serpente, ma Harry questo di certo non lo sospettava), la donna ribatté con una certa veemenza, e Harry sentì i passi allontanarsi mentre Tom poggiava nuovamente il volto tra le braccia, a denti stretti, gli occhi pieni di rabbia e odio, ma anche con le lacrime agli occhi.

Harry fu pervaso da un moto di empatia.

Tom non poteva avere più di sei anni, forse ne aveva ancora meno. Era molto magro, i suoi vestiti erano sporchi e rovinati.

Probabilmente era in orfanotrofio, ed era finito in punizione.

Harry gli si avvicinò lentamente, e si sedette accanto a lui, senza osare neanche provare a toccarlo. Dubitava potesse riuscirci, dopotutto, come aveva scoperto nel ricordo di poche ore prima.

Chissà perché era finito lì.

Forse era rimasto aperto un qualche legame dopo che Harry era stato trasportato nel diario, e forse andare a dormire gli aveva permesso di lasciare il suo corpo o qualcosa del genere. Harry era abituato a fare sogni strani, ma mai così tanto, però con la magia aveva imparato a non stupirsi più di nulla.

Tante erano le possibili spiegazioni a quel fenomeno, forse neanche Tom era del tutto cosciente di averlo portato lì, anche se Harry sperava fosse così. Non voleva entrare nei suoi ricordi senza il consenso di Tom, dopotutto, gli sembrava un’invasione della sua privacy.

-Alla fine non siamo così diversi… sai, spesso anche i Dursley mi lasciavano chiuso nel ripostiglio per giorni… mi lasciano ancora chiuso, anche se in camera. Quest’anno non volevano farmi tornare a Hogwarts, mi avevano chiuso in camera, sbarrato le finestre, sembrava una gabbia. Per fortuna è venuto Ron, con anche Fred e George, e mi hanno liberato. E tutto per colpa di Dobby… ti ho parlato di Dobby? Mi sa di no. È un elfo domestico che sta tentando di uccidermi anche se il suo intento è salvarmi e che mi ha detto che c’è un grande pericolo a Hogwarts, probabilmente si riferisce all’apertura della Camera dei Segreti. Purtroppo non mi può dire chi è coinvolto, ma mi ha assicurato che non è Voldemort…- Harry iniziò a parlare, anche se dubitava che Tom gli avrebbe risposto, ma il suo tono era confortante e leggero, come se in qualche modo cercasse di distrarre l’attenzione del bambino e farlo concentrare su altro. Qualcosa di diverso dalla sua situazione.

-Tsk…- lo sentì dire, dopo un po’. La sua voce era un po’ diversa da prima, più sicura, più vicina, se possibile più irritata, o forse più offesa.

Però fu abbastanza per zittire Harry, che si girò verso Tom, e fu stupito nel notare che il bambino aveva sollevato appena la testa, e lo guardava.

Harry si girò, chiedendosi cosa ci fosse dietro di lui che aveva attirato l’attenzione di Tom nel ricordo, ma c’era solo un muro, e l’oscurità.

Che Tom stesse guardando…

-Mi hai chiuso il libro in faccia, Harry… non è stato molto carino- la voce di Tom fece girare di nuovo Harry verso di lui, sorpreso.

-Tom… puoi parlarmi… tranquillamente?- chiese, sorpreso, indicandosi.

-I tuoi zii sembrano odiosi… ovvio, sono babbani, dopotutto…- Tom non rispose esplicitamente, ma continuò a parlare a Harry, mentre distoglieva lo sguardo da lui per puntarlo in un punto vuoto, il volto ancora poggiato sulle braccia e le ginocchia al petto.

-Non tutti i babbani sono cattivi… ma i miei zii lo sono. E anche mio cugino- spiegò Harry, un po’ incerto. Non voleva lamentarsi, soprattutto non nel ricordo di qualcosa di così brutto.

Tom continuò a non guardarlo.

-Com’erano i tuoi genitori? Sai qualcosa, di loro?- chiese, in tono neutro.

Era raro che facesse domande, e Harry rimase piuttosto sorpreso, in positivo.

Di solito si limitava più a rispondere, che a chiedere, ma a Harry piaceva che stesse cercando un dialogo per essere più vicini.

E lo sentiva più sincero, rispetto a prima.

-Non so molto, ma ho un loro album di foto… me l’ha dato Hagrid…- ammise, a voce bassa. Tom non commentò, così Harry continuò -…dicono tutti che somiglio molto a mio padre, tranne che per gli occhi, che sono quelli di mia madre. Mio padre era anche lui cercatore nella squadra di Quidditch, entrambi erano Grifondoro, e… mia madre è il motivo per il quale sono sopravvissuto. Non sono io ad aver sconfitto Voldemort, non sono speciale. Mia madre si è sacrificata per salvarmi, e questo mi ha protetto- raccontò, in tono piuttosto solenne. 

Tom rimase in silenzio per qualche secondo, sembrava in profonda contemplazione.

Harry lo fissò, senza riuscire a decifrare il suo sguardo, e aspettò.

Tanto avevano tutta la notte.

-Forse ho sbagliato, con Rubeus…- ammise Tom, dopo un po’.

Il cuore di Harry perse un battito, e qualcosa di positivo e piacevole gli scaldò il petto.

-Tu… credi?- chiese, sorpreso e rassicurato.

Tom raramente ammetteva uno sbaglio. Harry aveva notato che tendeva sempre a giustificarsi. Il fatto che anche solo valutasse l’idea di aver sbagliato qualcosa di così importante significava davvero tanto.

Era un segno che Tom si fidava di lui, e che era aperto e capace di mettersi in discussione, per Harry.

-…non lo so. So solo che avevo paura. La scuola rischiava di chiudere, e se non trovavo un colpevole…- si interruppe per un istante, sembrava in difficoltà -…insomma, pensavo che fosse lui. Aveva un’acromantula nascosta. Sono pericolose le acromantule. E non potevo permettermi di tornare qui e rinunciare a Hogwarts…- sussurrò, e affondò nuovamente il volto sulle ginocchia.

Harry rifletté sulla situazione, pensando al suo punto di vista. In effetti anche lui era sceso a conclusioni affrettate, anche solo l’anno prima, quando aveva accusato Piton di essere colui che cercava di rubare la pietra filosofale, senza prove, ma solo a sensazioni e perché Piton era sospetto.

Certo, alla fine le sue accuse infondate non avevano avuto conseguenze, ma sbagliare era umano, poteva capitare, l’importante era comprendere gli errori, e rimediare.

Per Tom era difficile adesso rimediare, ma era già tanto che ammettesse che poteva esserci un errore, ed era innegabile che Hagrid avesse comunque fatto qualcosa di sbagliato, portando quel ragno gigante a Hogwarts.

Inoltre… 

-…ti capisco, Tom. Hogwarts è anche la mia casa. Per questo indago e ce la metto tutta per capire cosa succede, anche se dovrei lasciar fare ai professori, ma… il fatto è… che prima dell’attacco di Mrs Purr, e anche prima di quello di Colin, ho anche sentito una voce, tra i muri- raccontò, un po’ nervoso. Hermione e Ron gli avevano sconsigliato di parlare di ciò che aveva sentito, ma lui era Tom. Harry poteva fidarsi di Tom, giusto?

Forse Tom poteva aiutarlo a capire meglio ciò che succedeva. Era intelligente, ed esperto, ed erano così simili che Harry dubitava che Tom l’avrebbe giudicato.

Non lo aveva fatto quando Harry aveva ammesso di parlare con i serpenti, dopotutto.

Tom rimase in silenzio qualche secondo, e con il volto coperto, Harry non poteva vedere la sua espressione.

-Scommetto che l’hai detto a Ron e Hermione, vero?- chiese, e il suo tono sembrava… in difficoltà?

-Sì, erano con me alla festa di Halloween… è per questo che sono finito nel corridoio dove abbiamo trovato Mrs Purr. Stavo seguendo la voce- spiegò Harry, ricordando quella terribile notte. Il ricordo era quasi come un sogno, non ricordava tutti i dettagli.

-Voldemort…- ci fu un tremore nella voce di Tom quando disse quel nome -…che sai di lui?- continuò ad indagare, cambiando argomento.

Harry esitò appena nel rispondere.

-Era un mago oscuro molto potente, che ha ucciso moltissime persone. Ha tentato di uccidermi quando ero piccolo, e ci ha riprovato anche lo scorso anno…- raccontò, rabbrividendo al pensiero di Raptor, dell’attacco nella foresta proibita, e delle prove per raggiungere la pietra filosofale. 

Tom sollevò la testa di scatto, e lo guardò con occhi sgranati.

-L’anno scorso?! Ma quindi non è morto?!- chiese, e Harry non riuscì a capire esattamente a cosa fosse dovuta la sua sorpresa.

Suppose fosse preoccupato per lui, e si sentì un po’ in imbarazzo.

Certo, non poteva immaginare che la preoccupazione era principalmente per Voldemort.

-Sì… beh… non proprio. In qualche modo è sopravvissuto, ma era attaccato al mio vecchio professore di Difesa contro le arti oscure… letteralmente, aveva Voldemort sulla nuca, solo il volto, come un parassita- raccontò, portando una mano dietro la nuca e mimando la situazione.

-Oh… ed era un bravo insegnante?- chiese Tom, in tono neutro, distogliendo nuovamente lo sguardo.

Harry non capì il perché di quella domanda, ma rispose comunque. 

-Beh, non proprio… ma era decente, finché non ha tentato di rubare la pietra filosofale per far tornare in vita Voldemort- ricordò quelle lezioni balbettanti all’odore di aglio. 

-E la pietra filosofale è ancora a scuola?- Harry iniziò ad essere un po’ confuso dal tipo di domande che Tom continuava a porre. Non sembravano avere un vero e proprio senso, in realtà. 

Dai, forse era solo curioso.

E si sentiva comunque in uno stato un po’ confuso, come in un sogno, anche se era del tutto cosciente di quanto stesse capitando intorno a lui.

-No, Silente l’ha distrutta, per evitare che Voldemort ci riprovasse- spiegò. Anche lui si era fatto due domande sulla necessità di distruggere la pietra filosofale, ma in effetti era stata una giusta idea. Gli dispiaceva per Nicolas Flamel e sua moglie, ma alcuni oggetti pericolosi era meglio non tenerli a portata di maghi oscuri.

-Oh, che fortuna- commentò Tom, ma non sembrava particolarmente sollevato.

-Comunque… Voldemort è cattivo e malvagio, e secondo Silente potrebbe tornare ancora. Non so molto altro, non so nemmeno perché ha provato ad uccidermi quando ero piccolo- Harry cercò di chiudere l’argomento con i pochi dettagli interessanti rimasti da dire. Non serviva conoscere molto di Voldemort per sapere che fosse crudele e che era molto meglio che non fosse in circolazione.

-Silente non ti ha detto nulla?- fu la successiva domanda di Tom.

-Mi ha detto che me lo dirà quando sarò più grande- Harry alzò le spalle.

-Tipico…- c’era una traccia di ilarità nella voce del bambino.

-Perché sei così curioso, Tom?- provò a indagare Harry, un po’ incerto.

-Voglio solo conoscerti meglio, Harry. Capirti meglio… essere sicuro che tu sia al sicuro da questo Voldemort, sembra davvero pericoloso per te- lo rassicurò Tom, gentile. Il suo tono era diverso da come Harry aveva letto le sue parole dal diario. Era incredibile come suonassero bene pronunciate dal vivo, anche se erano esattamente le stesse parole a cui Harry era abituato.

Ed era anche molto strano sentirle pronunciate da un bambino così piccolo che però si comportava come se fosse grande.

-Anche io voglio conoscerti meglio, Tom… sei cresciuto qui?- si guardò intorno nella soffitta oscura e fredda.

Tom fece lo stesso.

-Non qui in soffitta, anche se sono finito in punizione un considerevole numero di volte. Non mi sono mai trovato molto con i miei compagni di orfanotrofio- ammise, con voce bassa.

-Neanche io mi sono mai trovato con i miei compagni di classe, prima di andare a Hogwarts- Harry gli fece un sorrisino, voleva farlo sentire compreso.

Non avevano avuto esattamente le stesse esperienze, ma si potevano comunque capire.

-A Hogwarts sei riuscito a trovare degli amici… io non tanto, invece. Suppongo che i serpeverde siano effettivamente meno accoglienti verso coloro che vengono da contesti babbani, rispetto a voi grifondoro- il tono di Tom era neutro, ma non guardò Harry negli occhi.

-Mi dispiace che sei finito tra i serpeverde… sai, il cappello parlante avrebbe voluto mettere tra i serpeverde anche me, ma io ho chiesto di non andare lì. Non volevo finire nella stessa casa di maghi cattivi come Voldemort- rivelò, torturandosi le dita -…non che tu sia cattivo, Tom. Tu sei buono, serpeverde o no- si affrettò ad aggiungere, per non dare l’impressione di starlo accusando.

Tom gli fece un sorrisino.

-Non ti vedo bene tra i serpeverde, è una fortuna che tu non sia finito lì, ma… a me piace la mia casa di Hogwarts. Mi sono ambientato, e poi la sala comune è stupenda, con la vista sul lago nero. E non sono tutti cattivi, alla fine- spiegò, e Harry notò il suo orgoglio.

Era felice di essere un serpeverde, amava la sua casa di Hogwarts.

Forse sarebbe dovuto essere un campanello di allarme, visto quanto crudeli erano i serpeverde che Harry aveva conosciuto: Malfoy, Tiger, Goyle, Piton… lo stesso Voldemort… ma Harry si sentì invece rassicurato, quasi intenerito, e il suo unico pensiero fu che forse i serpeverde davvero non erano così male.

E che se lui fosse finito a serpeverde, non significava che sarebbe per forza stato cattivo.

Perché Tom non lo era, quindi non lo erano tutti.

-Alla fine non è importante la nostra casa a Hogwarts, ma chi siamo noi- si avvicinò a Tom, sentendosi il petto più leggero, e si rese conto, quando la sua spalla sfiorò quella di Tom, che poteva, effettivamente sentire la sua presenza.

Forse non era intangibile come lo erano stati i personaggi dell’altro ricordo.

-Quindi Hagrid…?- Tom iniziò a porre una nuova domanda, ma si interruppe, e si irrigidì vistosamente, quando Harry, un po’ incerto, gli mise una mano sulla spalla, confermando che poteva, in effetti, toccarlo.

Tom si ritirò, come scottato.

-Che stai facendo?!- chiese, lanciandogli un’occhiataccia.

-Scusa! È solo che… pensavo di non poterti toccare in un ricordo, e volevo… provarci. Scusami, se ti ha dato fastidio non lo farò più- Harry sollevò le mani, e si allontanò appena, sorpreso da tutta questa veemenza.

Anche Tom, dopo l’iniziale rabbia, si aprì in uno sguardo sorpreso, come se si fosse reso conto solo in quel momento che Harry era riuscito effettivamente a toccarlo.

-Va bene… ero solo… non me lo aspettavo- cercò di tornare tranquillo e padrone di sé, e si rimise in posizione.

In quel momento sembrava davvero il bambino che interpretava in quel ricordo.

Harry lo trovò molto dolce.

-Quindi… posso toccarti?- chiese, incerto, in un sussurro.

Tom alzò le spalle.

-Certo, certo, fai come vuoi. Allora, dicevo… Hagrid…- Tom provò a riprendere la domanda che stava per fare a Harry, ma venne di nuovo interrotto, quando Harry approfittò di aver ricevuto il permesso per avvicinarsi e abbracciarlo forte, vinto dal suo moto di empatia e dal desiderio di mostrare a Tom tutta la sua vicinanza e partecipazione.

Era da quando lo aveva visto, così piccolo e solo in quella soffitta polverosa, che voleva abbracciarlo e dirgli che tutto sarebbe andato bene.

Tom si irrigidì e si zittì, ma non si scansò questa volta, rimase fermo dov’era, come una bambola.

-Non sei più solo, Tom, okay? Siamo amici, e puoi aprirti con me, fidarti di me, e dirmi tutto- lo rassicurò, dicendo a Tom ciò che aveva sempre voluto che altri gli dicessero.

Percepiva il bisogno di connessione e contatto umano che aveva Tom, e lo condivideva con lui.

-Sono un diario, Harry…- sussurrò Tom, in tono neutro, ma con una traccia di malinconia.

-Non mi interessa, non cambia il fatto che sei mio amico. E ora abbiamo anche trovato il modo di vederci, no?- rispose Harry, con sicurezza e ingenua dolcezza, continuando ad abbracciarlo.

Lentamente, molto molto lentamente, Tom sollevò le braccia, e ricambiò la stretta.

-E se scoprissi che ho fatto qualcosa di brutto, Harry…?- sussurrò Tom al suo orecchio, un sibilo che Harry, ancora una volta, non capì trattarsi di serpentese.

E non si rese conto neanche di rispondere nella medesima lingua.

-L’importante è che cerchi di rimediare alle cose brutte. Ti aiuterò, se vuoi- rispose, incoraggiante.

Rimasero abbracciati per un po’. Sembrava che Tom non avesse mai abbracciato nessuno, e stringeva Harry come se tentasse in qualche modo di inglobarlo.

Alla fine, fu Harry a staccarsi, dato che iniziava a sentire che gli mancava il fiato.

-Allora, che mi volevi chiedere su Hagrid?- tornò all’argomento precedente, un po’ imbarazzato dall’averlo interrotto due volte.

-Non è così importante, piuttosto… parlami di te, Harry. Come ti trattano i babbani, esattamente?- chiese Tom, separandosi, ma continuando a fissare Harry con un’espressione piuttosto intensa e difficile da definire chiaramente.

Harry iniziò a raccontare un po’ la sua infanzia, e Tom disse qualcosa anche della propria.

Non si riusciva a comprendere esattamente il tempo che passava, ma fu tutto molto piacevole, e ad un certo punto Harry si svegliò, sentendosi più stanco di quando era andato a dormire.

E quando, in ritardo, scese per fare colazione, fu agghiacciato nello scoprire che durante la notte c’era stato un altro attacco, al tassorosso Justin Finch-Fletchley, uno dei più fervidi sostenitori della teoria che Harry fosse l’erede di Serpeverde.

Era stato pietrificato mentre rientrava in sala comune per prendere del materiale scolastico che aveva dimenticato.

E da lì, le cose iniziarono a crollare.

 

Nei due mesi successivi, ci furono altri due attacchi, e nessun indizio per capire chi ci fosse dietro.

Dopo tanta calma, fu come se improvvisamente si fosse scatenata un’immensa tempesta.

Harry tenne Tom aggiornato, ma neanche il diario sembrava avere risposte.

E i consigli che riusciva a dargli non si rivelarono particolarmente utili.

Tom gli aveva dato il permesso di confidare a Hermione e Ron che Hagrid era stato accusato la prima volta, ovviamente senza fare il nome di Tom, anche se Hermione aveva capito che Harry e il diario avevano in qualche modo comunicato, ma parlare con Hagrid non si era rivelato particolarmente utile.

“Tom, oggi abbiamo parlato con Hagrid, era molto agitato e non ci ha detto molto. Però ci ha spiegato che l’acromantula è sopravvissuta, ed è nella foresta proibita, ma non è responsabile… non so che pensare. Gli voglio credere. Pensi che dovrei andare a parlare con il ragno?”

“No, Harry, è troppo pericoloso. Perché non controlli cos’hanno in comune tutte le vittime?”

Harry indagò sulle vittime, ma l’unica cosa che avevano in comune, era che tutte erano, in qualche modo, anche alla lontana, relazionate a Harry.

Aveva litigato con Gazza e Mrs. Purr era stata pietrificata.

Aveva sbottato contro Colin, ed era stato pietrificato anche lui.

Justin lo accusava… nuova vittima.

Dean Thomas chiedeva di essere spostato di dormitorio… ed era finito all’infermeria.

Ed infine Penelope Wright… Harry non aveva alcuna relazione con il prefetto corvonero, tranne che aveva rimproverato Harry quando lo aveva trovato a correre nei corridoi fuori dall’aula di difesa contro le arti oscure… e aveva trovato la stessa fine degli altri.

La gente ormai iniziava ad evitarlo costantemente, come se fosse appestato, e Harry odiava la situazione, anche se i suoi migliori amici continuavano a stargli vicino.

Anche Fred e George cercavano di tirarlo su scherzando, ma non aiutavano più tanto come prima.

E la cosa peggiore era che non riusciva proprio a capire su cosa indagare, perché si sentiva sempre stanco e distratto. Troppo per pensare lucidamente a qualsiasi cosa.

Hermione faceva ricerche su ricerche, passando più tempo tra i libri che a fare qualsiasi altra cosa, ma anche lei sembrava persa, e si lamentava di avere dei vuoti di memoria e di non trovare i suoi appunti su cosa poteva celarsi all’interno della camera dei segreti.

Era frustrata, e lo erano anche lui e Ron.

“Tom, si parla di chiudere Hogwarts, non so cosa fare! È arrivata una lettera per licenziare Silente, e temo che anche Hagrid potrebbe essere portato via. Ho paura. Sta succedendo tutto così in fretta, ed è tutto confuso. Che mi consigli di fare?” 

“Mi dispiace, Harry… come procede la ricerca di un antidoto? E le ricerche di Hermione?” 

“Manca poco per liberare tutti, e Hermione stava pensando che potesse essere colpa di un basilisco”

“Hermione è davvero intelligente, ma non so se sia una giusta possibilità. I basilischi uccidono, non pietrificano, a meno che non vengano visti in modo indiretto. C’erano oggetti riflettenti vicino alle vittime?”

“Non mi pare, no. Forse solo Colin e Mrs. Purr”

“Allora probabilmente il responsabile e qualcos’altro. I professori non fanno niente?” 

“Ci accompagnano in giro, pattugliano i corridoi… onestamente penso che Allock passi tutto il tempo nel suo ufficio e basta, quell’incompetente!”

“Prova a dormire, Harry, la notte porta consiglio, e magari domani le cose potrebbero risolversi, o migliorare”

“Ne dubito, ma ci proverò… sono davvero stanco, questi giorni”

“Perché hai sempre il peso del mondo sulle spalle, ma non è tua responsabilità, Harry. Dormi un po’. Se vuoi stasera possiamo parlare della tua prima partita di Quidditch”

Ultimamente Harry passava le notti nei ricordi di Tom, che erano come dei sogni molto vividi. Era riuscito anche a mostrare a Tom alcuni dei suoi ricordi, anche se erano molto meno elaborati rispetto a quelli del diario. Il loro legame era sempre più stretto. Harry si sentiva in pace ogni volta che scriveva a Tom o passavano del tempo insieme. Era come un piccolo posto sicuro.

“Mi consolerà sul fatto che hanno cancellato le partite a causa degli attacchi” rispose, chiudendo poi il diario prima di andare a dormire, e mettendolo sotto il cuscino. Più erano vicini, più i sogni erano piacevoli, di solito.

Quando chiuse gli occhi quella notte, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stato come chiudere per sempre un capitolo della sua vita.

Perché quando li riaprì il giorno successivo, assolutamente distrutto nonostante avesse passato una lunghissima notte addormentato profondamente a sognare il Quidditch, Ron, responsabile primario del suo risveglio quel sabato mattina, lo accolse con le ultime parole che si sarebbe aspettato di sentire: 

-Harry, hanno scoperto chi è il responsabile! E Silente vuole vederti nel suo studio- rivelò infatti, agitato.

Harry improvvisamente si sentì super sveglio, e molto spaventato.

-Pensa che il responsabile sia io?!- chiese, preoccupato, infilando gli occhiali sul viso.

-No, non ci crederai mai, hanno scoperto che è stato Allock!- 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Angolo autrice)

ALLOCK?! WTF?!

Questo capitolo è stato una montagna russa, e in effetti doveva essere diviso in due, ma poi ho deciso di stringere un po’ e mettere tutto insieme, anche per aggiornare più in fretta.

E perché non vedo l’ora di arrivare al prossimo capitolo, dove tutto ciò che è stato solo accennato in questo, riguardo agli attacchi, verrà finalmente spiegato.

In che senso è stato Allock?! Qual è il piano di Tom? È tutta un’elaborata strategia per vendicarsi di Harry e ucciderlo? O ha cambiato i suoi piani dopo le parole di Harry? Cosa vuole Silente? Perché Hermione ha vuoti di  memoria? Come mai non è stata pietrificata anche lei? E soprattutto… aggiornerò presto anche la prossima volta?

Tutte le risposte si otterranno nel prossimo capitolo… soprattutto riguardo all’ultima che è un po’ meno scontata delle altre (no, forse anche le altre sono poco scontate, eheh) 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Personalmente ha molti momenti che mi è piaciuto scrivere, soprattutto la parte nel ricordo d’infanzia di Tom

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