Arrivando a te

di ChiccaG
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, commenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Un grazie anticipato a chi spenderà anche solo qualche minuto del proprio tempo per leggere.


 
«La sentite anche voi?»
Ron la fissa con aria perplessa, un cipiglio interrogativo nello sguardo: «Cosa, Hermione?»
Lei sospira, un sorriso delicato sulle labbra e gli occhi rivolti di fronte a sé, verso quel corridoio vuoto che però, nella sua mente, si anima di voci e contorni familiari - rumori di passi e risate, il fruscio dei mantelli, la leggerezza di un’infanzia che ormai tutti loro si sono lasciati alle spalle.
«La sensazione di essere a casa, vero?» ad intervenire è Harry, che sorride all’amica con fare complice, affettuoso.
Harry è perspicace, lo è sempre stato: Hogwarts, del resto, lo è da sempre - la sua casa - più che per tutti loro; e dal suo sguardo, mentre cinge con un braccio le spalle di Ginny, è evidente che quella sensazione la senta anche lui, un brivido leggero e caldo sotto pelle che culla e scalda. Ed Hermione sorride a sua volta, annuendo leggermente con un movimento accennato del capo, prima di prendere Ron sottobraccio e tirarlo leggermente verso di sé come per invitarlo a muoversi.
«Siete fin troppo nostalgici voi due!» li rimbecca proprio Weasley, alzando gli occhi al cielo con fare bonario «Vi comportate come se mancassimo da Hogwarts da chissà quanto tempo, e invece sono passati solo– »
«Tre anni.» Hermione lo interrompe ed anticipa, posandogli un delicato bacio sulla guancia «Eppure a me sembrano tanti di più.»
«Beh, ma insomma!» la voce squillante di Ginny desta il trio da quel viaggio sul viale dei ricordi «Solo io sono curiosa di sapere perché la McGranitt vi ha convocati?! Vi ricordo che sono venuta apposta, ho anche saltato un allenamento» con le Holyhead Harpies «per questo, quindi andiamo prima di incontrare Gazza e farci mettere in punizione anche se non siamo più studenti!»
Quell’improbabile ipotesi strappa un sorriso al gruppetto, spingendo i quattro ad avviarsi fino alla Sala Grande dove, stando alla missiva ricevuta, l’incontro dovrebbe avere luogo: un tragitto breve, seppur denso di emozioni - tanto nel passare davanti ad aule dalle porte socchiuse all’interno delle quali gli studenti fanno lezione, quanto nell’incrociare volti anche troppo familiari.
«Dean!» è Harry a notare il Thomas per primo, poco più avanti di loro, accanto a Neville Paciock e Seamus Finnegan «Ragazzi, che ci fate qui?» il sorriso gli si apre sul volto, ed è istintivo dare loro calorose e genuine pacche sulle spalle in segno di saluto «La Preside ha convocato anche voi?»
«Ciao Harry!» Neville non è cambiato molto dall’ultima volta che si sono incontrati, qualche mese prima, eppure lo saluta con l’entusiasmo di chi non vede l’altro da tempo - il suo sguardo, solo quello tradisce una maturità diversa che la gestualità ancora un po’ goffa tenderebbe a far dimenticare «Già, forse ha organizzato una rimpatriata tra Grifondoro?»
«Ne dubito…» è Seamus ad indicare loro un gruppo nutrito di persone davanti alle porte della Sala Grande chiusa, tra cui diversi ex studenti delle altre Case «magari vuole che parliamo ai nuovi alunni e li incoraggiamo ad iniziare bene l’anno scolastico?» il tono è dubbioso, di chi è ben poco convinto della sua stessa ipotesi.
«Allora forse– »
Nessun altro ha tempo di commentare alcunché, poiché le porte si aprono lentamente sotto la spinta di un Argus Gazza dalla solita espressione accigliata e sgradevole - perché il tempo passa ma certe cose non cambiano mai: in fondo alla Sala, in piedi con le mani intrecciate all’altezza del ventre e gli occhiali squadrati sul naso, la Preside di Hogwarts attende pazientemente che tutti le si avvicinino col cipiglio severo e carismatico che da sempre la contraddistingue.
«Professoressa!»
«Preside!»
Qualcuno la saluta in un modo, qualcuno in un altro - qualcuno con freddo distacco, qualcun altro con affettuoso calore, tutti con assoluto rispetto.
«Siamo davvero in tanti» il sussurro di Ginny ha come destinatario l’orecchio di Harry «Chissà se sono l’unica che fa solo da accompagnatrice...»
«Ci sono anche io.»
«Luna!» l’abbraccio di Ginny verso l’amica è immediato, una stretta quasi soffocante ma breve che l’altra ricambia con delicata premura.
«Ho accompagnato Neville, speravo tanto di rivedervi tutti.» ammette 'Lunatica' Lovegood con un sorriso soave, quello di chi vive sempre in un mondo tutto suo e vede le cose da una prospettiva unica «Forse la Preside vuole commemorare tutti insieme l’anniversario» il terzo ormai «dell’inizio della Pace?»
«Silenzio, per favore.»
È proprio la donna a richiamarli tutti all’ordine, alzando leggermente il mento - ma non la voce, non ne ha bisogno «Se ci siete tutti– »
«Chiedo scusa per il ritardo.»
Non è dato sapere se avesse intenzione o meno di fare un’entrata in scena di spicco, certo è che la voce cantilenante di Draco Malfoy interrompe l’inizio del discorso della Preside, spingendola a rivolgergli uno sguardo impassibile carico, però, di silenzioso rimprovero. Non ch’egli sia da solo, comunque: insieme a lui un nutrito gruppo di ex studenti di Serpeverde della sua stessa età - Theodore Nott, Gregory Goyle, Blaise Zabini, Pansy Parkinson solo per citarne alcuni.
«Che diavolo ci fa qui quello stronzo decerebrato di un Furetto?!» la domanda viene pronunciata in un rabbioso sussurro a denti stretti da Ron, che Hermione tenta invano di calmare - ma a colpirla di più è la tensione che avvolge istantaneamente la sorella di lui, il lampo che le esplode nello sguardo.
«Ginny.» la richiama in un soffio che solo lei riesce a percepire, forse perché sente gli occhi dell’amica addosso «Non dirmi che ancora pensi a– »
«... stavo dicendo.» riprende a quel punto la Preside, tornando sul resto dei presenti e zittendo qualsiasi bisbiglio nato dall’arrivo degli ex Serpeverde «Grazie per essere venuti qui, oggi. Immagino vi chiediate il motivo di questa convocazione, perciò non mi dilungherò troppo nei convenevoli.»
«Si accettano scommesse!» mormora Seamus all’orecchio di Dean, beccandosi una gomitata nel fianco da parte di Calì Patil.
«Ho ricevuto qualche giorno fa una missiva dal Ministero della Magia su un argomento che vi riguarda tutti...» occhiata in tralice a Ginny e Luna «o quasi. Il vostro ultimo anno di scuola, per l’esattezza.»
Un silenzio strano avvolge la Sala Grande in quel momento: non serve una magia per capire che tutti i presenti siano, per un attimo, tornati con la mente a quel periodo, a quei mesi - a quella battaglia che ha cambiato per sempre le sorti del mondo magico.
«Ebbene, sembrerebbe che la decisione di annullare tutti gli esami dell’ultimo anno e consegnarvi direttamente il diploma di fine percorso scolastico, precedentemente attuata in accordo col Ministero, sia stata... revocata.»
Passano almeno una decina di secondi di perplesso silenzio prima che una ex Tassorosso, schiarendosi la voce, non azzardi un: «Scusi, professoressa McGranitt, ma... in che senso?»
«Per farla breve, signorina Bates, il Ministero della Magia pretende che tutti voi prendiate il diploma.» pausa «Regolarmente.»
«Regolarmente? Cioè con degli esami?» chiede qualcuno con aria incredula - tutti lo sono, a parte Hermione che pare la sola galvanizzata alla prospettiva di recuperare un passaggio a suo dire 'fondamentale' per la conclusione del suo percorso scolastico.
«Precisamente.»
La conferma della Preside genera un brusio di sconforto e malcontento tra i presenti: occhiate lanciate al cielo, imprecazioni sussurrate.
«Quindi quando dovremmo sostenerli? Mica adesso, vero?!»
«Non è così semplice, signor McMillan.» la Preside sospira, in difficoltà per un momento «Come dicevo, il Ministero vuole che prendiate il diploma... regolarmente. Ovvero seguendo il percorso scolastico dell’ultimo anno nella sua interezza.»
Di nuovo, tra i presenti, cala un confuso silenzio spezzato solo dopo qualche istante dalla voce basita di Hermione Granger: «Intende dire che il Ministero vuole... che ripetiamo il nostro ultimo anno scolastico? Qui, a Hogwarts?» è l’unica che pare aver capito, l’occhiata della McGranitt verso di lei pare confermarlo - ed il brusio s’accende come una miccia, salendo di tono fin troppo velocemente.
«Ma che diavolo sta dicendo?» a sovrastare tutti è la voce di Draco Malfoy, il tono sporcato da una sfumatura di tesa impazienza «Ci siamo lasciati il Castello alle spalle ormai, abbiamo iniziato le nostre vite fuori da queste mura. Questa storia è assurda, sono tutte str– »
«Signor Malfoy.» non importa che siano passati anni da quando Draco era un 11enne borioso e sgradevole, bastano quelle due parole pronunciate dalla McGranitt per zittirlo - negli occhi chiari, un baluginio stizzito «Non credo sia necessario ricordarle il luogo in cui si trova. Tantomeno sottolineare come questa situazione sia tanto singolare quanto complessa anche per la sottoscritta.» lo sguardo severo e profondo della Preside abbraccia tutti i presenti, dalle labbra le sfugge un piccolo e morbido sospiro «Tuttavia non posso venire meno ad una precisa indicazione da parte del Ministero della Magia.» e qualcosa, dal modo in cui lo dice, lascia intendere che in realtà ci abbia già provato pur senza ottenere i risultati sperati «Perciò non credo di potervi lasciare altra scelta, se volete proseguire le vostre vite come diplomati alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.» alza il mento, ritrovando il cipiglio di sempre e col tono di chi non ha intenzione di ammettere repliche «Tra una settimana vi aspetto tutti qui per iniziare il vostro ultimo anno di scuola.» pausa «Di nuovo.»

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, commenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Grazie a chi finora ha letto e chi continuerà/inizierà a farlo.


 
«Insomma, cioè... miseriaccia, è pura follia!»
È almeno la quarta volta che Ron tenta, senza successo, d’iniziare un qualche tipo di discorso. Ed è almeno la quarta volta che si arrende praticamente subito, preferendo arruffarsi i capelli rossi con gesti nervosi delle dita e borbottare a bassa voce l’assurdità di tutta la questione.
«Hermione, tu lavori al Ministero, fa’ qualcosa!»
«E cosa dovrei fare esattamente, Ronald?» lo guarda con la fronte aggrottata e l’aria vagamente risentita «Non hanno ascoltato la Preside di Hogwarts, pensi davvero che darebbero credito a me? E poi io non lavoro al Ministero, ho appena iniziato il tirocinio...»
«Secondo me Hermione è l’unica a cui l’idea di tornare a scuola non dispiace poi così tanto!» l’intromissione di Harry cerca, con poco successo, di strappare un sorriso dalle facce dei presenti «Vero, Ginny?» e soprattutto da quello della ragazza che, però, ha lo sguardo di chi è perso in chissà quali pensieri, una mente che si è fatta irraggiungibile anche per il fidanzato che le sta accanto.
«Harry!» è la stessa Granger che si affretta a rimproverare l’amico, più per colmare il silenzio della - non più tanto piccola - Weasley che per un qualche risentimento verso quella battuta «E comunque, a conti fatti, non mi sembra che ci rimanga altra scelta. Se rifiutiamo di presentarci sarà come se non ci fossimo mai diplomati, e che prospettive avremmo a quel punto?»
«Ma siamo gli eroi del mondo magico, porca miseria!» lo sbotto di Ron viene accompagnato da un sonoro pugno della mano sinistra sulla coscia, gli occhi puntati verso le doppie porte che, dal corridoio principale, danno sul cortile interno nell’ala ovest del Castello, lì dove il quartetto ha scelto di sostare dopo la bomba sganciata dalla McGranitt «Senza di noi il mondo magico sarebbe in mano a Voldemort, se lo sono dimenticato?! Se non avessimo saputo combattere non saremmo qui adesso, noi– »
«Anche chi è morto sapeva combattere.» la voce di Ginny è piatta, priva di qualsiasi inflessione mentre pronuncia quelle parole che, inevitabilmente, fanno scendere tra i presenti un silenzio freddo e disagevole.
Ron abbassa agli occhi, il senso di colpa ed il dolore che strisciano sotto pelle come serpenti velenosi - il volto del fratello privo di vita, quello del gemello distrutto dal dolore - mentre ad Hermione sfugge un sospiro pesante che tenta di mascherare nel gesto nervoso delle dita che prendono a giocare con una ciocca di capelli.
«... comunque» riprende il Weasley alcuni istanti dopo «trovo assurdo chiederci, no, imporci di perdere un anno della nostra vita a studiare cose che già sappiamo.»
«Beh...»
Il mormorio di Hermione spinge Ron ad alzare lo sguardo su di lei, fissandola con l’aria di chi subodora un qualche tradimento: «Beh cosa?» la incalza.
«Volevo solamente dire che sappiamo buona parte di quelle cose... ma ci sono nozioni che abbiamo dovuto abbandonare per forza di cose.» si spiega, modulando la voce così da apparire il più imparziale possibile e soprattutto offrire al giovane uomo una prospettiva diversa «E poi, in fondo... nessuno di noi si è davvero goduto l’ultimo anno. Potrebbe essere...» tentenna, cerca la parola giusta «in qualche modo divertente recuperarlo, no?»
«Divertente, come no.» borbotta Ron con uno scrollare stizzito delle spalle.
«Più che altro sarà imbarazzante.» aggiunge Harry, pensieroso «Dovremo indossare le divise scolastiche, suppongo, e seguire le lezioni con gli altri del settimo anno...»
«Sembreremo dei vecchi vicino a loro!»
«Per l’amore del cielo Ronald, abbiamo vent’anni, mica ottanta!» lo rimbecca Hermione, con un’esasperata occhiata al cielo «Mi preoccupa di più il fatto che la presenza di Harry potrebbe finire per distrarli dallo studio...»
«Capito? Finirà che la colpa di eventuali bocciature sarà la mia!» l’esclamazione di Potter riesce finalmente a rasserenare gli animi generali, contagiando tutti con sorrisi più o meno convinti.
«... basta che Malfoy ci stia lontano.»
È quella frase di Ron, tuttavia, a rompere l’idillio appena ritrovato: e se Harry si limita a stringere appena i pugni mentre la muscolatura si tende ed irrigidisce, Hermione non può fare a meno di lanciare un’occhiata di sottecchi all’amica Ginny, che si morde l’interno della guancia in silenzio.
«Dubito che gli convenga, in generale.» replica Hermione con una cautela leggera, come se pesasse le parole «Lucius Malfoy è ad Azkaban, e sua madre l’ha ripudiato dopo la testimonianza nel processo contro suo padre.» l’espressione si fa pensierosa, per qualche istante valutativa «Chi era dalla parte di Voldemort lo odia per come ha voltato le spalle alla sua famiglia proprio all’ultimo, mentre gli altri lo odiano per... beh, per tutto il resto. Gli unici amici che ha sono quelli con cui si è presentato oggi.»
«Non me ne frega un accidente se ha gettato fango sul padre per salvarsi il culo, se solo si avvicina io giuro che– »
«Ron.»
La voce di Harry è ferma nel richiamare l’amico, colorata da un’autorevolezza che da poco ha cominciato ad emergere, ma lo sguardo è tutto su Ginny che, immobile e silente, sembra essersi chiusa dietro muri tanto invisibili quanto invalicabili. Perché nessuno ha dimenticato - nessuno può dimenticare - e parlare di lui non fa che riportare a galla i ricordi più dolorosi della Weasley.

Era iniziato tutto per caso, durante il quinto anno di Ginny.
Occhiate casuali, sfuggenti, sguardi che stranamente non le facevano sentire addosso il disgusto da lui provato per lei.
Lei, traditrice del proprio sangue perché amica di NatiBabbani e SangueSporco, lei che proveniva da una famiglia povera e quasi fiera del proprio status.
Lei, che piano piano si era lasciata avvicinare da quegli occhi color grigio tempesta - in segreto, perché nessuno dei due voleva far sapere cosa tra loro stesse nascendo - ed aveva finito per annegarci dentro.
Era stata Hermione la prima a cui l’aveva confessato, con le guance rosse e gli occhi bassi, incapaci di sostenere lo sguardo - il giudizio - dell’amica; eppure Hermione aveva già capito, o forse a differenza di altri sapeva vedere ciò che al resto del mondo sfuggiva. L’aveva appoggiata con tutte le riserve del caso, cercando di consigliarla senza imporsi, di starle accanto senza opprimerla.
Dirlo a suo fratello, invece... non aveva mai sentito Ron urlare tanto in vita sua, nemmeno quando cadeva vittima degli scherzi di Fred e George. Era stato Harry a mettersi in mezzo ai due Weasley, a trascinare l’amico da parte, a calmarlo da quella rabbia incontrollata verso il ragazzo che per anni li aveva odiati - che loro avevano odiato - e che adesso sembrava intenzionato a sporcare l’innocenza candida di Ginny. Ci vollero settimane, forse quasi un mese, prima che Ron tornasse a parlare alla sorella, prima rivolgendole brevi grugniti e sguardi colmi di biasimo, poi lentamente accettando la cosa; o forse, semplicemente, fingendo che - la cosa - nemmeno esistesse.
Perché la storia tra Ginny e Draco non vide mai la luce del Sole, non davvero: gli amici più cari di lei lo sapevano e, seppur non se lo fossero mai detti apertamente, la Weasley ipotizzava che anche quelli di lui fossero stati messi al corrente della cosa; ma tutto rimase segreto, confinato nelle menti di chi sapeva e nei cuori dei due protagonisti di quella improbabile storia d’amore.
Ma era stato davvero amore? Per Ginny sì, senza alcun dubbio: lo aveva amato con un’intensità tanto viscerale e dolorosa da scavarle nel petto una voragine colma del suono della sua voce, del tocco delle sue dita, della profondità del suo sguardo. Lo aveva amato al punto tale da accettare le sue - discutibili - amicizie, lo aveva amato al punto tale da mantenere il segreto e rimanergli accanto quando le aveva mostrato il Marchio Nero a cui il padre lo aveva costretto. Lo aveva amato anche quando l’aveva trovato in lacrime dopo la morte di Silente, schiacciato dal peso di una vita da cui affermava di volersi liberare.
L’aveva amato senza riserve fino alla fine, fino a quando non aveva visto il corpo di Fred steso a terra sul pavimento impolverato e semi-distrutto della Sala Grande, sua madre a stringergli il capo tra le dita e cullarlo tra le lacrime, George con gli occhi vacui di chi aveva appena perso metà della propria anima.
«È colpa tua.»
«Ginevra, mi disp– »
«Non osare!!» voleva urlarlo, ma la voce era uscita spezzata, rotta in un sussurro mostruoso quanto la bestia che le stava divorando il petto e lacerando tutto l’amore provato per lui, pezzo dopo pezzo «Non. Osare. Dispiacerti.» glielo aveva ringhiato, le unghie conficcate nei palmi solo per resistere alla tentazione - suadente, piena della promessa di un sollievo in realtà inesistente - di graffiargli la faccia e sporcare di macchie scarlatte la sua pelle nivea tante volte accarezzata con tocchi devoti «Ti ho appoggiato, ho litigato con mio fratello, con i miei amici, con me stessa e tutto ciò che pensavo fosse giusto. Ho scelto te. Ogni volta, senza dubbi né riserve, io ho scelto te.» sentiva le lacrime pungerle gli occhi ma no, non doveva piangere. Se lo impose, sentendo le unghie scavare nella carne delle mani ed inumidirsi di un velo di sangue «E ti ho creduto. Quando hai detto che non volevi proseguire su questa strada, che stavi cercando un modo per uscirne, io ti ho creduto.»
«Ginevra, devi ascoltarmi, io– »
Draco aveva cercato di interromperla, di insinuarsi in quelle parole affilate come lame di ghiaccio, ma invano.
«Troverà una soluzione, mi dicevo.» era come se nemmeno lo vedesse, come se stesse parlando con un fantasma o un’ombra, o l’idea di qualcuno che all’improvviso aveva cessato di esistere «E se non la troverà, verrà a confidarsi con me e la cercheremo insieme. Me lo sono ripetuto così tante volte da convincermi, ed anche quando tutti mi dicevano che non potevo fidarmi, io ho creduto in te. E tu... tu li hai fatti entrare tu ad Hogwarts. Tu ci hai consegnati al suo esercito, tu hai permesso tutto questo.»
«Non credevo, non pensavo che– »
«Cosa, Draco? Non pensavi... cosa?» lo rimbeccò lei, gli occhi animati da un’ardore gelido e distruttivo, velenoso come il fiele che le scorreva nelle vene al posto del sangue «Non pensavi che ci sarebbe stata una guerra, che ci sarebbero stati dei morti?» la voce tremava, come una lastra sottilissima di ghiaccio che s’incrina pericolosamente.
«Io non... tu non capisci, non avevo scelta, non– »
«Sono STRONZATE!» l’urlo le uscì di bocca distorto dal disgusto e dalla rabbia, le mani che si appoggiavano sulle sue spalle per spingerlo con forza - tutta la forza che aveva - all’indietro, incapaci di restare ferma un secondo di più «C’è sempre una scelta, tu ne avevi una! Potevi scegliere di combattere contro la tua famiglia come avevi promesso... e non l’hai fatto.» una piccola lacrima dispettosa le scivolò lungo la guancia, e Ginny era piuttosto certa che fosse fatta di puro veleno perché ne sentiva il bruciore sulla pelle «E adesso Remus, Ninfadora, Lavanda, Fred» dovette chiudere gli occhi nel pronunciare il nome del fratello, perché le gambe le tremavano e non era sicura di poter proseguire senza rigettare anche l’anima «il loro sangue è sulle tue mani, e non c’è nulla che tu possa fare per lavarlo via.»
«Ginevra, ti prego...»
Draco aveva fatto un passo avanti, ma Ginny si era scostata indietro - un solo passo che sembrava aver aperto tra loro un enorme baratro senza fondo - scuotendo debolmente la testa. «Non voglio più parlarti.» non c’era più alcuna inflessione ad animare il suo tono, né alcun baluginio ad accendere il suo sguardo «Non voglio più vederti. Non voglio più sentire il tuo nome, non voglio più neanche pensare a te. Tu non esisti.»
«Ginevra...»
Aveva tentato di richiamarla, il Malfoy, ma l’altra gli aveva dato le spalle e se n’era andata senza più voltarsi indietro.

E da allora ha fatto di tutto per mantenere la promessa, Ginny: non l’hai più cercato, non ha più parlato di lui, e nel tempo ha imparato ad aprire il suo cuore a qualcun altro - Harry, pazientemente in attesa che la ragazza fosse pronta per lasciarsi amare da lui - ritrovando il sorriso, la serenità. Una pace incrinata sempre e solo dal ricordo di Draco, che di tanto in tanto riaffiorava tra i suoi pensieri o nei suoi sogni, e che ora sembra pericolosamente prossima a perdersi del tutto dopo quell’incontro inaspettato.
Per questo Harry ha stroncato i commenti caustici di Ron sul nascere, per questo Hermione guarda l’amica preoccupata: tutti possono immaginare a cosa la Weasley stia pensando, anche se poi i dettagli riguardano lei e lei soltanto.
«... forse è meglio andare, no?» a parlare è Hermione, lanciando un’occhiata veloce ad Harry e Ron «Non so voi, ma io ho parecchie cose da sistemare prima di poter tornare ad Hogwarts... come andare a comprare tutto il necessario a Diagon Alley!»
«Il necessario?»
«I libri, Ronald!» non è ovvio? «E probabilmente anche delle nuove divise scolastiche...»
«Miseriaccia!»
«Ginny, andiamo?»
È Harry a tenderle la mano dopo essersi alzato per primo, gli occhi verdi posati con intensità sulla ragazza che, dopo un istante lunghissimo, annuisce e sospira, sfiorando la sua mano nell’atto di tirarsi in piedi ed abbozzando un sorriso lieve: «Alla mamma prenderà un colpo quando lo saprà.» sono le prime parole che pronuncia con aria più distesa, in qualche modo leggera.
«Sì, appunto, vediamo di toglierci subito il pensiero andandoglielo a dire!» borbotta Ron, scompigliandosi i capelli e precedendo il quartetto verso le porte del Castello subito seguito da Harry e Ginny.
Hermione è l’ultima a muoversi, stiracchiandosi prima con le braccia sollevate in alto ed il corpo che si tende verso il cielo, lo sguardo a seguire il movimento delle dita che lentamente si agitano nel nulla: ed è così, a testa in su, che con la coda dell’occhio nota una figura ferma davanti ad una delle finestre del corridoio del terzo piano.
«Hermione, che fai? Andiamo!»
«Sì... arrivo!»
Draco Malfoy, chissà da quanto tempo e con quali pensieri per la testa, li stava osservando.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, commenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Grazie a chi finora ha letto, a chi continuerà/inizierà a farlo e a chi vorrà lasciarmi un piccolo commento sulla storia.


 
«Ridicolo.»
«Tutto sommato non è così male...»
«Ridicolo.»
«Harry ha ragione. Ed anche se ti piacerebbe pensarlo, fratello mio, non è che tu sia cresciuto poi tanto in questi tre anni!»
«Ridicolo.»
«Ron, santo cielo, è una divisa scolastica! Non mi sembra il caso di farla così tragica...»
«Vi dico che sembro ridicolo!»
Ronald Bilius Weasley è quel genere di persona che alcuni definirebbero "esagerata": quando qualcosa lo colpisce - in qualunque modo questa sensazione si declini - tende ad enfatizzare fino allo stremo ciò che prova e l’oggetto che l’ha scaturito, rendendo impossibile per chiunque ridimensionarlo. Ebbene, è esattamente ciò che succede nel momento in cui si ritrova nella propria camera da letto alla Tana insieme ad Harry, Hermione e Ginny, per provare le nuove divise scolastiche, che poi altro non sono che quelle vecchie, riadattate in altezza e larghezza al fisico allenato e sviluppato in quei tre anni dal ragazzo.
«Miseriaccia, in mezzo agli altri studenti faremo una figura di m– »
«Ronald Weasley!»
Hermione lo riprende con un’occhiataccia delle sue, le braccia incrociate sotto il seno ed il cipiglio severo: «Capisco il tuo disagio ma, davvero... la stai facendo più grande di quel che è. Non credo ci sarà così tanta differenza tra noi e quelli del settimo anno, ed anche se fosse non è su quello che dovremmo concentrarci.» lo riprende con una vena dolcemente materna nel tono della voce, un tentativo sottile di blandirlo a parole «In più ti ricordo che alcuni di noi» occhiatina vagamente divertita ad Harry «già famosi da tempo, probabilmente si vedranno stesi il tappeto rosso a terra appena metteranno piede al Castello.» dopotutto non è stato Harry ad uccidere Voldemort nella grande battaglia finale? «Pensi davvero che ci potrebbero mai prendere in giro?»
Ad Hermione Granger, in verità, non interessa nulla del giudizio altrui: per lei ciò che conta è la possibilità di tornare ad Hogwarts e diplomarsi nel modo giusto, rivivere quell’ultimo anno insieme ai suoi migliori amici come avrebbe sempre dovuto essere; e poi c’è un altro pensiero, un piccolissimo - fastidiosissimo - dettaglio che proprio non riesce a togliersi dalla testa.
Draco Malfoy.
Il suo sguardo su di loro le è rimasto in testa da quando, qualche giorno prima, l’ha colto ad osservarli da una delle finestre del terzo piano: perché non ha scostato gli occhi, quando li ha incrociati con quelli di lei? Perché non vi ha letto assolutamente nulla dentro? E perché quel vuoto in qualche modo le è rimasto impresso?
«... Hermione!»
La voce di Ginny la desta dai pensieri nei quali nemmeno s’era accorta di essersi immersa, facendola sobbalzare appena sul posto: «Sì?» domanda con aria vagamente confusa.
«A che pensavi? Ti ho chiesto se hai comprato tutto ciò che c’era nella lista!» quella che la McGranitt ha fatto recapitare loro appena un giorno dopo lo sgancio della "bella notizia».
«Ah, sì, certo!» conferma subito la Granger, glissando con eleganza sulla prima domanda dell’amica con uno sventolio leggero della mano sinistra «Francamente non era nulla di diverso da quello che abbiamo comprato per sette anni, e poi mi erano avanzate ancora molte cose! Un sacco di fogli di pergamena e boccette di inchiostro, per esempio...»
«Qualcuno ne dubitava, forse?»
«Prendimi pure in giro Harry, ma sappi che quest’anno di copiare da me potrai anche scordartelo!» lo rimbecca la ragazza, alzandosi in piedi con finta - e palese - stizza per dargli le spalle, prendere l’amica sottobraccio e scendere al piano di sotto.
«Cos– Scherzavo! Hermione, aspettami!» anche Harry sta al gioco, scattando dalla sedia su cui è accomodato per inseguire le due ex Grifone - una mica tanto ex in effetti - giù per le scale, lasciando solo l’amico Ron che rimane a fissarsi per qualche istante con cipiglio riflessivo di fronte allo specchio prima di alzare gli occhi al cielo.
«... ridicolo!»

~~~~~~~~~~~~


«Quello è Harry Potter!»
«Non ci credo, ma allora è vero che torna a scuola con noi!»
«E mica solo lui, guardate con chi sta salendo sul treno, ci sono tutti!»
«Non posso credere che staremo nel dormitorio con loro...»
«Ma se nemmeno ci hanno ancora smistati!»
«Che c’entra, dobbiamo per forza finire a Grifondoro sennò come facciamo a conoscerli?!»
«Pensate a quando lo racconteremo ai nostri nipoti...»
Il binario 9 3/4 è sempre stato un luogo affollato il 1° Settembre: da lì alle 11 in punto, come sempre spaccando il secondo, l’Espresso per Hogwarts è pronto a partire e trasportare gli studenti fino all’omonima Scuola di Magia e Stregoneria, dopo aver salutato parenti più o meno - di solito più - commossi nell’attesa di rivedersi durante le vacanze di Natale. Quest’oggi, però, il binario può contare su un’attrazione aggiuntiva che ha richiamato una folla talmente concentrata da rendere difficile persino camminare sulla piattaforma: anzi, un gruppo di attrazioni per essere precisi.
«Tutta questa attenzione non mi piace...»
«Non solo a te, Neville.»
«A me, invece, piace un sacco!»
A differenza di Neville ed Hermione, Dean Thomas sembra essere perfettamente a proprio agio di fronte agli sguardi ammirati degli studenti, che lo fissano - che fissano il gruppo di non-più-tanto-ex Grifondoro - bisbigliando tra loro con fare eccitato.
«Non capisco il perché di tutta questa agitazione, alcuni di loro erano già a scuola con noi!»
«Sì, ma se ci pensi quelli che ora frequentano il settimo, tre anni fa stavano al quarto... e la McGranitt fece evacuare la scuola da quasi tutti gli studenti prima dell’inizio della battaglia.»
«E quindi?» domanda lei con fare perplesso.
«Quindi» Ron si fa avanti, passando un braccio intorno alle spalle dell’altra «quello che intende Harry è che non hanno visto praticamente nulla della battaglia finale, né hanno avuto molto a che fare con noi nel corso del nostro ultimo anno.»
«Beh, mentre voi eravate in giro a cercare Horcrux, non è che noi avessimo molto tempo per socializzare...» Seamus interviene col viso contratto in una smorfia infastidita, perché certi ricordi rimangono indelebili nonostante il tempo «perciò diciamo pure che chi c’era era troppo piccolo, e chi non c’era...»
«Ci guarda come gli eroi che siamo!
Conclude Dean per l’amico, tirando una gomitata euforica all’amico e sghignazzando con tanta soddisfazione da strappargli un sorriso esasperato prima che Seamus si allontani insieme a lui verso la porta aperta di uno dei vagoni.
«Meglio se saliamo sul treno, prima che il tuo ego ti faccia arrivare ad Hogwarts volando...»
«Secondo te posso provarci con quelle dell’ultimo anno?»
«Dean!»
«Che ho detto?!»
«Ehm... meglio se salgo anche io ragazzi.» mentre le voci di Thomas e Finnegan si perdono nel cicaleccio vibrante della folla, Neville si volta verso il trio con un sorriso nervoso «Cerco uno scompartimento libero, così forse troverò un po’ di pace.»
«A tra poco, Neville!» Hermione gli sorride con aria incoraggiante, un buffetto sul braccio prima di voltarsi verso Ron e poi oltre la sua spalla «Ah, ecco tua madre!»
Molly Weasley non è più la stessa da quando suo figlio è morto - e come biasimarla? - eppure oggi ha sulle labbra un sorriso morbido e premuroso che abbraccia le tre figure di fronte a sé mentre si avvicina a passo svelto verso di loro: Harry ed Hermione li sente come suoi figli al pari di Ron, e forse in quella percezione c’è anche il desiderio inconscio - ed invano - di colmare il vuoto che l’assenza di Fred le ha scavato dentro.
«Mai vista così tanta gente al binario, rischiavo di perdermi la vostra partenza!» il solo pensiero le disegna per un momento sul viso un’espressione angosciata, che però scaccia velocemente con uno scuotere vigoroso del capo «Ma adesso sono qui e posso salutarvi come si deve! È un vero peccato che Ginny avesse quell’allenamento...»
La più piccola dei Weasley purtroppo non è riuscita a prendersi la mattinata libera, con gran dispiacere di Harry che però non gliel’ha fatto pesare; forse perché, in cuor suo, sa - o crede di sapere - quale sia il vero motivo di quella mancata presenza
«Allora, avete preso tutto?»
«Sì, mamma.»
«Tutti i vostri libri?»
«Sì, mamma.»
«E tutti i vostri indumenti?»
«Sì, mamma.»
«Siete sicuri?»
«Mamma...»
«Ma sicuri sicuri?»
«Mamma, porc– »
«Non si preoccupi, signora Weasley.» interviene Hermione, forse per evitare che Ron inveisca di colpo contro sua madre «Abbiamo tutto ciò che ci serve, glielo assicuro.»
«Hermione cara, se me lo dici tu mi fido!»
«E certo, se glielo dice lei si fida...» sussurra Ron all’orecchio di Harry, costringendo l’amico a mordersi l’interno della guancia per non scoppiare a ridere.
«Sarà meglio che andiate, adesso.» Molly posa una carezza sulla guancia del figlio, gli occhi pericolosamente lucidi «So che non ci sono più pericoli, però...»
«Staremo attenti, mamma.» la voce di Ron esce sorprendentemente morbida, velata da una premura che poche volte riserva a sua madre in modo tanto aperto «Te lo prometto.»
Molly Weasley annuisce, accarezzando anche i volti dei due "figli acquisiti" col medesimo affetto, prima di fare un passo indietro e salutarli con la mano, l’espressione di una madre orgogliosa benché sofferente, privata di una parte di luce eppure ancora piena di speranza.
«Arrivederci, signora Weasley!»
«Ci vediamo per Natale!»
«Ciao, mamma!»
Salgono sul vagone proprio mentre il fischio del capotreno avvisa la folla che il treno è quasi pronto per la partenza ed è ora di andare, emozionati in una maniera tutta nuova ed ancora col sorriso sul volto. Espressione destinata a sfiorire velocemente nell’esatto momento in cui, però, girandosi per avviarsi lungo il corridoio alla ricerca di un vagone, una figura proveniente dalla parte opposta si palesa di fronte a loro.
Draco Malfoy. Da solo.
«Tu, brutto b– »
«Ronald.»
Se Ron è veloce nel farsi livido di rabbia ed aprire la bocca per insultare Malfoy, Hermione è ancora più veloce nel tirarlo indietro per il braccio, cercando di alimentare la lucidità dell’altro affinché rimanga più forte della sua rabbia. Harry, dal canto suo, rifila al Serpeverde un’occhiata glaciale ed impassibile, le mani strette a pugno lungo i fianchi ed il corpo teso, rigido.
E Malfoy? Lui li osserva, per una manciata di istanti: poi, senza proferire parola, sfila loro accanto - il suo profumo che per un secondo solletica le narici di Hermione a quel passaggio - e li sorpassa, riprendendo il suo cammino prima di scomparire dentro uno scompartimento.
«... andiamo.»
È Hermione la prima a muoversi, tirando Ron per lo stesso braccio con cui l’ha trattenuto fino a quel momento ed afferrando Harry con la mano libera per la spalla, spingendolo ad avanzare lungo il corridoio e poi all’interno di uno scompartimento libero.
«Ma Neville e gli altri...» protesta Potter, ma l’amica non vuole sentir ragioni.
«Dopo. Prima dobbiamo parlare.» sentenzia, chiudendosi la porta alle spalle una volta che sono tutti e tre dentro e fissando poi gli amici con aria severa «Dobbiamo parlare» riprende, sospirando leggermente «di Malfoy.»
«Che cazzo c’è da dire?» sbotta subito Ron, le orecchie che si arrossano e l’espressione livida «Quel pezzo di merda dovrebbe marcire all’inferno, lui– »
«È proprio di questo che dobbiamo parlare, Ron.» lo interrompe lei, abbracciando con sguardo severo e preoccupato anche Harry «Capisco i tuoi... i vostri sentimenti. E non voglio difenderlo perché– fammi finire!» seda sul momento ogni tentativo di Ron di parlarle sopra «Non mi importa di lui.» riprende «Mi importa di voi due, e basta. Questa esperienza che stiamo per intraprendere... il modo in cui la vivremo dipenderà solo da noi. Dal modo in cui sceglieremo di affrontarla.» si morde il labbro inferiore, sospira lentamente mentre lo sguardo si scosta per un momento sul finestrino da cui s’intravede il treno cominciare a muoversi «E lo so che è stupido, ma una parte di me ha sempre pensato che ci meritassimo un ultimo anno normale.» torna su di loro con la stessa espressione, ed un baluginio di muta richiesta negli occhi «Questa è la nostra occasione per riprenderci l’ultimo anno a scuola e viverlo come avremmo voluto... ma rischiamo che tutto si rovini se voi due» occhiata più tagliente «passerete il tempo ad insultare Malfoy o trovare scuse per attaccarlo.»
«Che vuoi che facciamo, Hermione?!» Ron la fissa incredulo, poi sposta gli occhi su Harry alla ricerca di appoggio «Vuoi che finga che la sua presenza non mi dia fastidio?! È colpa sua se Fred è morto, se Ginny ha passato dei mesi alla stregua di un vegetale!»
«Lo so, Ronald.» replica lei, inchiodando lo sguardo al suo «Ero presente anche io.» quando hanno dato l’ultimo saluto a Fred, quando Ginny si svegliava urlando in preda agli incubi ed Hermione la abbracciava per farla riaddormentare «Ma farci andare di traverso quest’anno non lo riporterà indietro, non farà sentire meglio Ginny, non– »
«Parla per te, io di certo mi sentirei meglio a ridurgli la faccia una maschera di sangue!»
«Ronald Weasley!»
«Smettetela.»
Quando interviene, la voce di Harry è ferma, pacata eppure autorevole, capace di zittire entrambi: li studia con gli occhi, palleggiando con lo sguardo prima sull’uno e poi sull’altra. Alla fine si ferma su Hermione.
«Possiamo ignorarlo, se è questo che ci stai chiedendo.» si prende la briga di parlare anche a nome di Ron, che apre la bocca per replicare qualcosa ma alla fine - forse per l’occhiata penetrante che Potter gli rivolge - sceglie di desistere «Malfoy non vale il tempo che sprecheremmo nel pensare a tutti gli insulti che potremmo rivolgergli, o ai modi in cui potremmo vendicarci di lui.»
La Granger sembra sollevata, ma Harry non ha ancora finito.
«Ma ti avverto, Hermione.» fa un passo in avanti verso di lei senza smettere di guardarla, la voce profonda sporcata da una sfumatura che non è propriamente severa, forse al più minacciosa in modo sottile «Un solo passo falso da parte sua. Una sola parola fuori posto, un solo gesto sopra le righe...» lei sostiene il suo sguardo, ma un piccolo brivido le scivola lungo la schiena «e Malfoy rimpiangerà amaramente di non essere morto anche lui insieme agli altri, quel giorno.»
C’è un lungo istante di silenzio a seguito di quelle parole, una tensione impalpabile ed al tempo stesso quasi tangibile, come se tutti fossero sul ciglio di un burrone e si stessero barcamenando per mantenere l’equilibrio: alla fine è Hermione ad annuire lentamente, seria quanto l’altro che muove a sua volta il capo e scioglie l’espressione seria in un sorriso più morbido.
«Adesso possiamo andare dagli altri?» la domanda viene da Ron, le cui orecchie sono tornate del loro solito colorito «Ho sentito che Dean voleva trascinare Neville a firmare autografi in cambio di qualche zellino.»
«Ma non può farlo, è vergognoso!»
«A quest’ora chissà quanti studenti del primo anno li hanno già pagati...»
«Dean Alexander Thomas!»
Se la ridono, Harry e Ron, mentre Hermione spalanca la porta dello scompartimento e ne esce come una furia, lanciandosi giù per il corridoio.
«... eri serio prima? Su quello che hai detto ad Hermione, dico.»
«Sì.»
«Okay...»
«Ma spero tanto che quello stronzo la faccia, la cazzata.» Ron, che prima ha abbassato gli occhi in un moto di delusione, torna a guardare l’amico ed il baluginio minaccioso nei suoi occhi «Perché quando succederà, io sarò pronto ad aspettarlo.»

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, suggerimenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Grazie a chi finora ha letto, e a chi continuerà/inizierà a farlo. Se voleste spendere un momento del vostro tempo per lasciarmi un piccolo commento sulla storia, mi rendereste molto molto molto - l’ho detto molto? - felice.


 
«Ronald, santo cielo, vuoi darti un contegno?»
«Che c’è?! Ho fame, lo Smistamento è durato un’eternità!»
«Ci stanno guardando tutti, non puoi mangiare con un po’ più di finezza?»
«Sai Hermione, dubito che ci stiano fissando per la voracità con cui Ron si sta finendo tutte le cosce di pollo...»
Mai Cerimonia dello Smistamento era risultata più distratta: comprensibile, dal momento che tutti gli occhi erano puntati su di loro - il trio Grifondoro che aveva trionfato contro il Male e, per estensione, tutti gli amici che lo avevano affiancato nella battaglia finale - e la Preside aveva dovuto in più di un’occasione richiamare gli studenti all’ordine.
«Come faremo a studiare e concentrarci così?» le labbra di Hermione si stringono in un’espressione contrita «Mi sembra di essere come una formica sotto una lente d’ingrandimento...»
«Benvenuta nel mio mondo.»
Harry la prende a ridere, o almeno ci prova, rifilandole un buffetto sulla guancia, e la Granger sospira scuotendo leggermente il capo con fare rassegnato, gettando un occhio al tavolo dei Serpeverde: anche Draco Malfoy deve sentirsi allo stesso modo, una formica sotto una gigantesca lente invisibile viste le occhiate che tutta la Sala gli ha e gli sta ancora riservando; se però quelle verso il Bambino - ormai giovane uomo - Sopravvissuto e tutti i suoi amici sono occhiate ammirate, riconoscenti, forse condite dall’invidia di chi non ha passato ciò che loro si portano ancora addosso e nella mente, e quindi non capisce che non c’è proprio nulla da invidiare, quelle per il Serpeverde sono di tutt’altro tipo.
«Chissà cosa si prova.» commenta sprezzante Seamus, cogliendo lo sguardo di Hermione ed indicando Malfoy al gruppo intorno a lui con un cenno del capo «Passare dall’essere il Principe delle Serpi alla persona più odiata della scuola.»
Sono pochi gli sguardi verso Draco che non contengono fastidio, disprezzo, disgusto e forse persino odio; quelli dei - pochi - compagni intorno a lui, che in qualche modo si frappongono tra la sua figura ed il resto della tavolata Serpeverde.
«Li trattano come appestati...» mormora Neville, il tono neutrale di chi sta facendo una constatazione senza provare particolare empatia.
«È quello che si meritano.» replica Ron con un ringhio basso, il pugno della mano destra chiuso in un moto rabbioso a cui, però, ha promesso di non dare seguito senza giusta causa «Lui e quei coglioni che ancora gli danno corda.»
Theodore Nott, Gregory Goyle, Blaise Zabini e Pansy Parkinson sono gli unici che hanno preso posto accanto - intorno - a Draco: tutti gli altri Serpeverde si sono sistemati a quattro, cinque posti di distanza, lasciando fisicamente uno spazio vuoto tra loro stessi ed il quintetto oggetto di tanto parlare.
«E comunque credo che quello» indicando il vuoto nella tavolata verde-argento «sarà l’ultimo dei suoi problemi.»
«Che intendi, Harry?»
Potter lancia all’amica un’occhiata intensa, pregna di significati nascosti: «Molti dei suoi compagni di Casa hanno i genitori ad Azkaban per le dichiarazioni che Malfoy ha fatto durante i processi ai Mangiamorte.» lì dove Draco ha parlato, rivelando preziose informazioni su tutti i seguaci di Voldemort, compreso suo padre «Ed altri hanno visto i loro amici morire nella battaglia finale a cui lui ha dato il via facendo entrare i Mangiamorte ad Hogwarts.» lo sguardo verde si sposta lentamente sulla figura dell’ex Principe delle Serpi, che mangia con movimenti misurati e lo sguardo vacuo, come se nemmeno fosse lì «Pensi davvero che si limiteranno a tenerlo lontano durante i pasti?»
«Ma... non possono fargli realmente male, no? È contro le regole.» la ragionevolezza di Hermione si scontra con l’occhiata in tralice di Harry, che la spinge ad abbassare gli occhi in un moto di confusa frustrazione.
Sa cosa l’amico stia pensando - sa persino cosa le stia chiedendo senza parlare - e si sbaglia: lei non lo sta difendendo, come potrebbe? Malfoy ha fatto male a troppe persone con le sue scelte egoistiche e vigliacche... e tuttavia non trova giusto che ora debba continuamente guardarsi le spalle nel timore di chissà quale ritorsione, non tra le mura della scuola quantomeno.
«Smettila di pensarci, Hermione.» la voce di Potter le arriva all’orecchio in un sussurro sporcato di perentoria autorevolezza «Non c’è nulla che tu possa fare per evitare che qualcuno si prenda la propria vendetta.» non parla di sé, ovviamente, perché ha dato la sua parola all’amica.
Ma la Grifondoro non può certo costringere l’intera scuola a lasciar in pace il Serpeverde, e soprattutto... perché dovrebbe?
«Già...» un sussurro, quello di lei, che scrolla le spalle riprendendo a mangiare col cicaleccio allegro dei suoi compagni di Casa nelle orecchie.
E lo sguardo che, per motivi a lei stessa sconosciuti, danza lento fino all’ultima persona che dovrebbe occupare i suoi pensieri.

~~~~~~~~~~~~


«Il prossimo che mi guarda male, giuro che lo affatturo!»
«Bel modo di cominciare l’anno scolastico, Pansy...»
«E che dovrei fare, Zabini?! Ci fissano come se fossimo portatori infetti del vaiolo di drago, non lo sopporto!»
«Nemmeno a me piace, ma Blaise ha ragione. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è dare agli altri un motivo in più per odiarci.»
«Da quando sei così diplomatico, Nott?»
«E tu da quando conosci la parola "diplomatico", Goyle?»
«Quanto siete noiosi.» Pansy arriccia il naso in una smorfia infastidita, finendo in un sorso il resto del suo succo di zucca «Invece di punzecchiarvi tra voi dovreste aiutarmi a trovare un modo per rimettere al loro posto quei mocciosetti tanto sfacciati da guardarci negli occhi!»
«Come se le cose per Draco non fossero già abbastanza complicate, vuoi rendergli la vita qui ancora più una merda?»
«Draco lo proteggo io, Zabini, non ho certo bisogno del tuo supporto!»
«Se proprio dobbiamo dirla tutta, Pansy, penso che Draco– »
«Draco è qui accanto a voi, qualora ve lo foste dimenticato.» la voce di Malfoy è piatta, priva d’inflessione «E fino a prova contraria è un essere senziente a cui non serve la vostra protezione.»
«Ma Dray...»
Lo sguardo di Malfoy, fino a quel momento direzionato verso il proprio piatto, si alza lentamente sul volto di Pansy - un baluginio nelle iridi color grigio tempesta - e si pianta lì, sull’espressione premurosa della Serpeverde.
«Non. Chiamarmi. Dray.» scandisce ogni parola con una fermezza gelida, affilata, capace di far abbassare gli occhi della Parkinson con espressione contrita.
È nello spostarli, con l’obiettivo di tornare a guardare ciò che si è servito per cena - e che a stento ha assaggiato - che incrocia un paio d’iridi color nocciola intenti a fissarlo in modo diverso da chiunque altro: uno sguardo intenso quello di lei, profondo, animato da qualcosa che Draco non riesce ad interpretare e che, forse proprio per questo, lo incatena lì per un lungo istante.
«... Draco?»
La voce di Blaise ci mette un po’ ad insinuarsi nella sua mente, ma quando finalmente accade lo porta a distogliere l’attenzione da quegli occhi - che a ben guardare gli ricordano l’ambra scura - per focalizzarla sull’amico.
«Che c’è?»
«Ti ho chiesto se hai intenzione di finire o meno quello che hai nel piatto.»
La cena, sì, quella che non ha praticamente toccato.
«No. Sono stanco, andiamocene.»
Si alza in piedi, e così fanno gli altri quattro, gli unici amici che gli siano rimasti tanto dentro quanto fuori da scuola: danno le spalle ai compagni di Casa che bisbigliano propositi di vendetta, agli altri studenti e ai professori che si scambiano occhiate cariche di una trattenuta preoccupazione. L’ultima cosa a cui Malfoy rivolge un breve sguardo, prima di uscire dalla Sala Grande, sono un paio di iridi d’ambra che ancora non hanno smesso di studiarlo.

~~~~~~~~~~~~


«Signor Potter, signorina Granger.»
«Sir Nicholas, è bello rivederla!»
«Anche per me, signorina Granger.» il fantasma si afferra per i capelli e smuove lateralmente la testa - che, purtroppo per lui, rimane di qualche centimetro attaccata alla base del collo - in un elegante per quanto grottesco cenno di saluto «La Preside McGranitt vorrebbe vedervi entrambi nel suo ufficio.»
«Adesso?»
«Adesso, signor Potter.»
«D’accordo... andiamo?»
«Sì! Ron, ragazzi, ci vediamo dopo in sala comune.»
«Wow, nemmeno dodici ore che siamo tornati e già vi ha convocato la Preside? È un record!»
«Molto divertente Seamus, molto divertente davvero!»
L’occhiataccia di Hermione viene accolta con un sorriso benevolo da parte del Finnegan ed una risata generale dal gruppo Grifondoro, prima che Ron e compagni si avviino verso il dormitorio rosso-oro.
«... non possiamo aver combinato qualcosa di male, giusto?»
«Hermione...» Harry cerca di trattenersi, ma alla fine sbuffa una risata bonariamente goliardica «sei sempre la solita
Le passa un braccio intorno alle spalle, stringendola in un breve ma sentito abbraccio fraterno: «Scusa se a volte sembro un po’... stronzo, quando si parla di certe cose.» le lancia un’occhiata obliqua carica di affetto «Ma ho troppi conti in sospeso che vorrei saldare.» e che non salderà, se accuratamente non provocato, proprio in virtù della parola che le ha dato.
Hermione non risponde, si alza invece in punta di piedi per posargli un tenero bacio sulla guancia che vale più di mille parole: Malfoy non si è reso responsabile "semplicemente" di aver fatto entrare i Mangiamorte ad Hogwarts, azione che già da sola l’ha condannato per il resto della sua vita, ma anche di aver spezzato il cuore a Ginny con le sue scelte; e di sicuro Harry, che la ama più di qualsiasi cosa al mondo, non può proprio perdonarglielo.
«Ehm...» davanti alle statue di pietra che sorvegliano l’ufficio della Preside, lo sguardo della Grifondoro si fa perplesso «qual è la parola d’ordine?»
«Harry! Hermione!»
Forse non ci sarà bisogno di chiederselo ulteriormente perché, dall’ascensore magico - improvvisamente funzionante - che gira su se stesso appare di lì a qualche istante una figura corpulenta che entra di prepotenza nel loro campo visivo.
«Hagrid!»
Gli occhi di Potter brillano d’un affetto tutto particolare alla vista del MezzoGigante che, senza pensarci troppo, afferra entrambi con le braccia per stringerli in un abbraccio mozzafiato.
«Ci scommettevo che sareste tornati ad Hogwarts, mica potevate rinunciare al diploma!» il vocione dell’uomo è carico di orgoglio ed entusiasmo verso i due, che conosce fin da quando erano solo dei bambini.
«Come mai non eri in Sala Grande stasera?»
«Oh, qualche problema nella Foresta Proibita.» la mano di Hagrid fende l’aria in un gesto veloce, come a voler sminuire la questione «I Centauri non sono contenti quando Grop entra nel loro territorio, ma lui vuole solo esplorare!» Grop, il fratellino - mica tanto "ino" - del MezzoGigante è un tipetto piuttosto vivace «Devi venire a trovarlo Hermione, sarà felicissimo di vederti!»
«Molto volentieri.» la Granger sorride, lanciando un’occhiata complice ad Harry.
«Hagrid, tu per caso sai la parola d’ordine per andare dalla Preside? Ci ha convocati entrambi e sai, non vorremmo farla aspettare...»
«Ah, ma sicuro! La parola d’ordine è "erba gatta", simpatica vero?» l’uomo sorride allegro «Andate allora, mica voglio che ci fate tardi! Vi aspetto alla mia capanna per tè e biscotti, sono diventato bravissimo a fare quelli al cioccolato!»
«... immagino...» l’espressione di Harry dice tutto, ma Hagrid ha già dato loro le spalle, allontanandosi a passo deciso, per accorgersene «c’è qualche possibilità che non ci parta almeno un dente, se li assaggiamo?»
«Non vuoi saperlo.» replica Hermione, spingendolo dolcemente in avanti «Forza, muoviamoci!»
Dopo aver pronunciato la parola d’ordine, i due si ritrovano di fronte alla porta dell’ufficio, dal quale giunge un «Avanti.» pacato ma deciso non appena Harry bussa contro la superficie di legno spesso.
«Potter, Granger. Accomodatevi.»
L’ufficio della Preside non è cambiato molto da quando apparteneva al suo precedessore: forse è solo meno pieno, meno colmo di oggetti strani dall’improbabile provenienza ed uso inimmaginabile; ci sono più libri, indubbiamente, sui quali Hermione posa uno sguardo tanto curioso quanto affascinato.
«Buonasera, professoressa McGranitt.» è Harry il primo a salutarla, lanciando un’occhiata al quadro alle sue spalle, lì dove Albus Silente sta sonnecchiando su una sedia a dondolo con gli occhiali a mezzaluna calati sul naso ed un movimento lento e regolare del petto.
«Professoressa.»
Anche Hermione si riprende e si siede di fronte alla scrivania dietro alla quale l’anziana donna li osserva: non è cambiata di una virgola dall’ultima volta che l’hanno vista, come se il tempo per lei non fosse che un mero e trascurabile dettaglio dell’esistenza umana.
«Immagino che sarete stanchi e frastornati dal ritorno ad Hogwarts fuori programma, quindi sarò breve.» Minerva non è mai stata tipo da convenevoli, del resto «Mi piacerebbe che, per quest’anno, voi due occupaste il ruolo di Caposcuola per la Casa di Grifondoro.»
«N-Noi?!»
«Professoressa, è certa che...» Hermione aggrotta la fronte «che sia il caso? Dopotutto il nostro ritorno ha già attirato, ehm... troppa attenzione, non pensa?»
«Proprio per questo ho scelto voi, signorina Granger. Sono sicura che gli studenti della nostra Casa saranno più inclini ad ascoltarvi, in virtù di ciò che entrambi rappresentate.» due eroi del mondo magico, sopravvissuti alla battaglia finale, di cui uno è colui che ha sconfitto Voldemort una volta per tutte «Naturalmente mi aspetto che ambedue diate il buon esempio, sotto ogni aspetto.» l’occhiata è rivolta soprattutto ad Harry - chissà perché - che sospira con delicata lentezza prima d’annuire leggermente.
«Molto bene. Queste, allora, sono vostre.» con un sorriso soddisfatto, dal cassetto della scrivania sospinge verso di loro le spille da Caposcuola coi colori della Casa «Prima di andare... Potter, mi faresti parlare un momento con la signorina Granger in privato?»
«Ah, certo professoressa. Io...» occhiata veloce ad Hermione «aspetto fuori.»
«Grazie, Potter.» Minerva attende solo che Harry esca dall’ufficio per silenziarlo con un movimento veloce della bacchetta, poi posa gli occhi su Hermione «Signora Granger, ho una richiesta particolare per te.»
«Mi dica, professoressa...»
«So che non tutti sono felici del ritorno di certe persone al Castello.» ogni riferimento a Malfoy ed i suoi amici è puramente voluta «E che il malumore collettivo, se lasciato libero di crescere, può portare a conseguenze... quantomeno spiacevoli.» la donna stringe appena le labbra, poi rilascia dalle narici un respiro pesante «Posso contare sul tuo aiuto per tenere d’occhio i Grifondoro, ed assicurarti che non facciano nulla che costerebbe loro una sospensione solo per vendicarsi di ciò che è stato?»
Lo sguardo della Preside è penetrante, e trafigge Hermione con un’intensità tale che la Granger per un secondo teme possa leggerle nella mente solo col pensiero, e rivedere la conversazione tra sé, Harry e Ron sul treno.
«Sì, professoressa. Farò del mio meglio.»
Conferma alla fine, con un sorriso appena incerto ma volenteroso sulle labbra che sembra far rilassare anche l’altra.
«Molto bene.» si alza in piedi, la Preside, pronta a congedare la studentessa più brillante che Hogwarts abbia mai visto dopo aver interrotto l’incantesimo d’insonorizzazione «Può andare, signorina Granger. Le auguro una buona serata.»
«Grazie professoressa, anche a lei.»
Hermione va alla porta, la apre e vi trova Harry che la fissa con aria interrogativa: l’occhiata che gli lancia è un palese "non posso parlartene ora", silenziosa come il movimento con cui lo precede verso l’ascensore di pietra.
«Potter.»
Harry si volta, posa gli occhi sulla McGranitt tramite la porta ancora aperta: «Sì, professoressa?» Minerva lo guarda, gli occhi che brillano di un affetto che normalmente fa di tutto per contenere per il ruolo che quelle mura le impongono, ma che ora trapela anche attraverso le lenti squadrate degli occhiali.
«Bentornato a casa.»

~~~~~~~~~~~~


«Non mi stupisce che non l’abbia chiesto a me... sa bene cosa penso di Malfoy e dei suoi amici.»
«Sì, beh, onestamente spero di non dover mai far ricorso al mio ruolo per sedare risse... o peggio.»
Harry sbuffa una mezza risata pregna di sarcasmo, scuotendo leggermente il capo: «Hai fin troppa fiducia nei nostri compagni di Casa, Hermione.» la prende in giro bonariamente, accarezzandole la guancia «Ma ti voglio bene anche per questo.»
Al rientro in sala comune hanno trovato ad attenderli Ron e gli altri, a cui hanno raccontato la bella - forse - idea della Preside, che ha visto il gruppo reagire molto positivamente perché, dai, quanto sarebbe stato strano avere come Capiscuola degli studenti più piccoli di loro? Alla fine tutti sono andati a letto, tutti tranne Harry ed Hermione: la seconda ha raccontato allora all’amico della richiesta della McGranitt, un compito a cui non sa bene come rispondere.
«Che dovrei fare, secondo te? Minacciare chiunque parli male di Malfoy, o– »
«Sono la persona meno adatta a cui chiederlo, Hermione.» fosse per lui altro che parlare male, lo sanno entrambi «Ma qualunque cosa farai, so che alla fine saprai farti valere. Lo fai da sempre.»
La Granger gli sorride, annuendo con aria stanca: «Forse sarà meglio andare a dormire.»
«Sì, lo penso anche io... buonanotte Hermione.»
«Notte Harry.»
Lo osserva sparire nel proprio dormitorio, eppure lei non si muove: rimane lì, di fronte al camino le cui braci lentamente si spengono, con l’aria concentrata di chi è perso in chissà quali pensieri. Alla fine, incapace di rimanere seduta un attimo di più, si alza in piedi ed esce dalla sala comune in punta di piedi per non fare rumore.
«Ma che sto facendo...» se lo domanda in un sussurro assorto, dandosi poi mentalmente della stupida: ha cominciato proprio bene l’anno scolastico, sgattaiolando per i corridoi oltre il coprifuoco per andare... dove, poi? Non lo sa nemmeno lei, e a dirla tutta nemmeno se lo chiede mentre lascia che siano i propri piedi - e le scale in perenne movimento - a segnare il suo percorso.
«... che strano.» si ritrova al terzo piano, lì dove nemmeno una settimana prima, da una delle finestre, Draco Malfoy stava guardando lei, Harry, Ron e Ginny parlare dopo l’incontro con la McGranitt «Comunque sarà meglio– »
Il suo bisbiglio s’infrange contro un sommesso gemito di dolore provenire da dietro una delle spesse tende che arredano il corridoio, e verso cui si muove tirando fuori la bacchetta per impugnarla con la mano destra.
«Ma cosa...» è con la sinistra che la scosta, ritrovandosi di fronte ad una figura stesa a terra e piegata su se stessa, in una posa sofferente «... Malfoy?!» Draco alza la testa, sguardo vibrante di rabbia offesa che si posa sul volto della Granger e vi si cristallizza per un istante lunghissimo: poi si abbassano, occhi e volto, mentre il Serpeverde cerca faticosamente di rimettersi in piedi.
«Ti aiuto...»
«Non serve.»
«Malfoy, non fare l’orgoglioso.»
«Ti ho detto che non serve, Granger.»
Sbuffa, Hermione, alzando gli occhi al cielo con fare esasperato.
«Mi vuoi almeno dire che diavolo è successo?»
«Mi hanno lanciato uno Schiantesimo. Forse più di uno, non ne sono certo.» risponde lui a denti stretti, appoggiandosi al muro dietro la tenda per aiutarsi nel tentativo di tirarsi su «Non so chi sia stato, non l’ho visto in faccia.»
Una gamba gli cede, e lui ringhia di fastidio, prendendo un respiro lungo e spezzato di dolore prima di riprovare una seconda volta.
«Sto bene, quindi puoi procedere per la tua strada ovunque stessi– Granger, che cazzo fai?!»
All’improvviso si ritrova col braccio libero intorno alle spalle di Hermione, ed il suo corpo accostato al proprio.
«A te che sembra, Malfoy?» replica lei, respirando il suo odore che le solletica le narici mentre gli lancia una veloce occhiata obliqua, prima di guardare dritto di fronte a sé «Ti accompagno in Infermeria.»

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, suggerimenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Grazie a chi finora ha letto, a chi continuerà/inizierà a farlo e a chi finora ha recensito.
Se voleste spendere un momento del vostro tempo per lasciarmi un piccolo commento sulla storia, mi rendereste molto molto molto - l’ho detto molto? - felice.


«Quindi non è nulla di grave?»
«Piantala di fare l’apprensiva Granger, mi sta altamente sui cog– »
«Signor Malfoy!»
Draco alza gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente, incrociando le braccia: è sdraiato sul lettino su cui Hermione e Madama Chips l’hanno costretto a stendersi per poter essere visitato, pratica del tutto inutile visto che lui sta benissimo.
«Sì, signorina Granger, può stare tranquilla. Il signor Malfoy è giovane e di sana costituzione, una nottata in Infermeria– »
«Devo passare la notte qui?!»
« –e sarà come nuovo.»
Non si lascia scomporre, l’infermiera storica della scuola, concludendo la frase prima di scoccare un’occhiataccia al paziente più indisponente che abbia mai avuto.
«Meno male.» Hermione sembra in qualche modo sollevata, anche se il tono di voce risulta piuttosto piatto e distaccato «Posso rimanere ancora qualche minuto?»
«Non ce n’è alcun bisogno, puoi levarti dal ca– »
«Signor Malfoy, un’altra parola e la mando dalla Preside, altro che riposo in Infermeria!»
Madama Chips è abituata ad avere a che fare con studenti di un certo calibro e Malfoy, nel corso dei suoi anni ad Hogwarts, le ha dato non poco filo da torcere: forse non dovrebbe nemmeno stupirsi di rivederlo lì la prima sera del suo ritorno al Castello, ma ovviamente non commenta nulla né lascia trapelare i suoi reali pensieri a riguardo. A parte guardarlo male per il linguaggio scurrile, quello proprio non lo sopporta.
«D’accordo, signorina Granger. Ma solo qualche minuto, e...» occhiata eloquente al Serpeverde «vi ricordo che questa è un’Infermeria, quindi non provate a litigare o alzare la voce se non volete che mi arrabbi sul serio!»
«... stupida vecchiaccia bisbetica...» mormora Draco non appena Madama Chips si è allontanata dopo aver dato loro le spalle, ricevendo un’occhiata di biasimo da parte di Hermione a cui risponde all’istante con un «Ci tratta come se fossimo ancora dei bambini, che cazzo!»
«Fa solo il suo lavoro, senza mai lamentarsi!» replica lei scuotendo il capo «Non dovresti parlare di Madama Chips in questo modo, lei– »
«Ora me lo spieghi?»
«... cosa?» l’interruzione di lui la prende in contropiede, e la domanda che Malfoy le rivolge lo fa ancora di più.
«Perché sei voluta rimanere.» specifica lui, puntandole addosso gli occhi grigi dentro cui s’addensano nuvole di tempesta «Non avresti dovuto aiutarmi, tanto per cominciare: ce la facevo benissimo da solo, ma ovviamente l’altruismo Grifondoro non vi abbandona mai...»
«Non ne sarei così sicura.»
Non riesce a trattenere quel commento che le sfugge di bocca con una nota amara nella voce, e a cui il Serpeverde risponde con un iniziale silenzio.
«Sì, probabilmente hai ragione.» sentenzia alla fine, con un sogghigno sprezzante «Scommetto che se mi avesse trovato qualcun altro della tua Casa non solo mi avrebbe lasciato lì, ma avrebbe anche rincarato la dose.»
«Adesso non esagerare, noi– »
«Il che ci porta alla seconda considerazione della serata.» a Malfoy piace un sacco parlarle sopra, o forse si sta rifacendo su Hermione delle interruzioni di Madama Chips «I tuoi amichetti mi odiano, è un dato di fatto. E tu non solo mi hai aiutato, azione per la quale di certo ti biasimerebbero... ma sembri anche decisa a rimanere, ad assicurarti che stia bene. Come se tu fossi preoccupata per me.» lo sguardo di lui affonda nell’ambra scura dell’altra, incatenando i suo occhi ai propri «Perché, Granger?»
C’è un lungo istante in cui Hermione non risponde - in cui nemmeno respira - e non fa altro che rimanere immobile a fissarlo; poi sbatte le palpebre, ed è come se l’incantesimo di cui nemmeno sapeva d’essere vittima si interrompesse.
«Io...» comincia incerta, schiarendosi la voce solo per prendere tempo «non l’ho fatto per te.»
«Ah no?» la incalza lui, alzando il sopracciglio con espressione scettica.
«No.» conferma la Grifondoro con aria più convinta «L’ho fatto perché attaccare uno studente è contro le regole, e come Caposcuola di certo non potevo fingere di non averti visto!»
La risposta di lui, per qualche motivo, gli strappa un sorriso vagamente ilare.
«Quindi Miss So-Tutto-Io non è cambiata affatto dai tempi della scuola.» socchiude gli occhi, improvvisamente sembra stanco «Sei sempre la solita rompipalle bacchettona...»
Dovrebbe essere un insulto, eppure - forse, sicuramente per la stanchezza - il tono è sporcato di una morbidezza più divertita che sprezzante.
«Malfoy, sicuro di stare bene? Vuoi che chiami– » tenta di dire lei, ma Draco ha chiuso definitivamente gli occhi, il respiro lento e regolare di chi ha iniziato la sua discesa tra le braccia di Morfeo.
«Grazie... Granger.»
Sono quelle le ultime parole che le rivolge, con voce impastata dal sonno ma ancora comprensibile; e lei rimane lì, silente, a fissarne il volto disteso dai lineamenti non più adolescenziali, quella lieve peluria sul meno bionda quanto i suoi capelli. Un ciuffo gli è ricaduto sulla fronte, sfiora le ciglia chiare e folte dell’altro in un richiamo irresistibile: si sporge, Hermione, trattiene il fiato mentre allunga due dita e scosta quella ciocca ribelle dagli occhi; il cuore, nel petto, le salta un battito, o forse corre talmente veloce che non riesce più a distinguere quel suo martellare ritmico.
Improvvisamente si tira indietro di scatto, come se avesse realizzato solo in quel momento cosa stia facendo, i polpastrelli che bruciano nel punto in cui ha sfiorato il suo viso: si fa indietro allora, gli da’ le spalle e lascia l’Infermeria a passo svelto, scivolando oltre la porta e poi lungo le scale con un incedere che si fa via via sempre più veloce, finché non si ritrova letteralmente a correre su per la torre di Grifondoro, oltre il ritratto della Signora Grassa - che assonnata la fa passare dopo averle chiesto la parola d’ordine - e fino al proprio dormitorio.
Lì, dove può lanciarsi sul letto a pancia in giù ed il volto affondato nel cuscino.
Lì, dove potrà darsi della stupida senza che nessuno possa sentirla... o farle domande a cui sa di non poter dare una risposta.

~~~~~~~~~~~~

«Ti prego Hermione, dimmi che mi capisci... almeno tu!»
«Ginny...» aveva sospirato, la Granger, mordicchiandosi il labbro inferiore in un’implicita espressione di difficoltà «Non sono certa di... poterlo fare. Insomma, stiamo parlando di Draco Malfoy, è la stessa persona che ha vessato me, Ron ed Harry per anni.»
«Pensavo che almeno tu– »
«Ho detto che non sono certa di poter capire. Ma...» le labbra della Grifondoro si erano piegati in un sorriso delicato «posso fidarmi di te e del tuo giudizio.»
«Davvero?!» gli occhi di Ginny si erano illuminati di gioia «Grazie Hermione, grazie grazie grazie!» le era saltata al collo, abbracciandola di slancio e strappando all’altra una risata sorpresa ed affettuosa.
«Piano, così mi soffochi!» le aveva dato un buffetto sulla guancia, con un piccolo sospiro «Solo... sii prudente, okay? Me lo prometti?»
«Certo, promesso! Oooh, è così bello avere finalmente qualcuno con cui confidarmi! Non ce la facevo più a non potertene parlare...»
«Sì, beh, magari...» aveva tossicchiato, scostando lo sguardo dall’altra con aria imbarazzata «tieni i dettagli per te, mh?»
«Ahahah!»
«Che c’è?!»
«Sei arrossita di botto, sembri un peperone!»
«M-Ma non è vero!»
«Ahahahahah!»
«Ginny, smettila!» aveva sbottato contro l’amica che però non accennava a frenarsi «Guarda che se continuo ti distruggo di solletico, ti sto avvisando!»
«Ahahahahah– AHHH, il solletico noooo!!»
Alla fine se l’erano fatto fino allo sfinimento, il solletico, crollando sul pavimento del dormitorio di Hermione con la faccia - e la pancia - dolente dal troppo ridere.
Da quel giorno Ginny aveva sentito, con un certo sollievo, di aver trovato in Hermione un’alleata: certo, spesso doveva trattenersi dallo scendere troppo nei particolari, ma finalmente poteva confrontarsi con lei sulla questione e raccontarle cose che, fino a quel momento, aveva per forza dovuto tenere solo per sé.
Ed attraverso le parole della piccola Weasley, lentamente, Hermione aveva imparato ad osservare Malfoy con occhi diversi: giorno dopo giorno, racconto dopo racconto, era diventata capace di cogliere in lui gesti ed occhiate che a chiunque altro sarebbero sfuggiti, dettagli e sfumature di premure ed attenzioni verso Ginny così sapientemente nascoste che non si era stupita di non essersene accorta prima.
Ma c’era dell’altro: aveva preso, grazie all’amica, ad apprezzare certi lati di Draco che nemmeno sapeva esistessero, come la sua passione per il disegno a carboncino e la musica che spopolava nel mondo magico intorno agli anni ’30; aveva realizzato di saper leggere le sue espressioni - quando aggrottava la fronte e si passava il pollice sul labbro stava cercando di ricordare qualcosa, quando si grattava il braccio sinistro e si mordicchiava l’interno della guancia si stava trattenendo dal dire qualcosa di spiacevole - e quasi di poter intercettare i suoi pensieri, soprattutto se questi riguardavano Ginny. E a quest’ultima, senza nemmeno accorgersene, Hermione aveva progressivamente permesso di raccontarle sempre di più: più dettagli, più particolari, si era ritrovata persino ad ascoltare degli incontri intimi tra loro che, seppur mai davvero specifici, erano stati capaci di mandarle a fuoco la faccia e farle comunque desiderare di ascoltare ancora.
Poi, un giorno, era successa una cosa strana: una sera, dopo la cena in Sala Grande e un po’ di chiacchiere coi compagni in sala comune, pur essendo pronta per andare a letto Hermione si era accorta di come Ginny sembrasse sparita nel nulla; quell’assenza l’aveva preoccupata perché, ormai da settimane, l’amica la informava sempre per tempo degli incontri clandestini con Draco, proprio per evitare che l’altra si preoccupasse e, nel peggiore dei casi, potesse imbastire per lei un alibi convincente.
«Eppure stasera non dovevano vedersi...»
Quella consapevolezza l’aveva spinta ad andare contro ogni buon senso e a lasciare la Torre Grifondoro per mettersi a cercarla, sperando di non incrociare nessuno e di riuscire a recuperare l’amica in tempi brevi.
«Ma dove sei finita, Ginny...»
Perlustrare il Castello era l’ultima cosa che le andava di fare, soprattutto perché era in pigiama e stava morendo di freddo! Poi, mentre passava davanti all’aula di Storia della Magia, aveva sentito dei rumori che l’avevano spinta a tornare indietro.
«Forse è– »
Aveva scostato appena la porta già socchiusa, badando a non fare alcun rumore, ed era rimasta lì, nascosta ed immobile, ad osservare la scena che le si era palesata di fronte agli occhi: non c’erano candele accese, e l’unica luce che filtrava dalla finestra, quella della Luna che giocava di tanto in tanto a nascondino tra le nuvole, illuminava il corpo di Ginny steso su uno dei banchi, la camicetta aperta, la gonna tirata su fino ai fianchi, le mutandine a terra; in mezzo alle sue cosce, Draco le stava dando piacere con appassionata devozione, accarezzandole la pelle nivea del ventre con tocchi gentili eppure decisi, affondando con la lingua in lei a ritmo alternato per costringerla - come in un gioco simile alla più piacevole delle torture - a mordersi le labbra con forza per trattenere gemiti di puro piacere.
«Draco...»
La voce della piccola Weasley suonava come un’implorazione eccitata, le dita sottili che si allungavano per affondare tra i suoi capelli biondi e tirarne piano le ciocche per costringerlo a tirarsi su e raggiungerle la bocca: e Malfoy, da carnefice indulgente, l’aveva accontentata, tracciando una scia di baci dal centro della sua femminilità per risalire sul ventre, giocare col suo ombelico, morderle piano il fianco e farle indurire le gemme preziose del seno con tocchi di lingua calda che l’avevano portata in Paradiso ed all’Inferno nel medesimo istante.
«Draco...»
Aveva sussurrato ancora il suo nome mentre si avventava sulla sua bocca come fosse ossigeno e lei rischiasse di non respirare più, le mani piccole che gli artigliavano la schiena per tenerlo vicino, addosso, quasi a volersi fondere con lui.
«Ti prego...» l’aveva pregato con la bocca ancora sulla sua, inarcando la schiena per strofinare il bacino col suo «Ti prego, Draco...»
«Cosa vuoi, Ginevra?» l’aveva capito fin troppo bene, Malfoy, eppure non sembrava intenzionato a concederla nulla di più per quella sera a meno che lei non avesse fatto di meglio «Dimmelo.»
«Draco... i-io...»
«Dillo.»
«... voglio te.» la voce le era uscita spezzata, rotta da un piacere che non riusciva più a contenere «Qui. Adesso, Draco... prendimi...»
Aveva sorriso, Draco. E l’aveva accontentata, aprendosi i pantaloni con una mano e poi scivolando dolcemente dentro di lei, tappandole la bocca con un bacio mentre il corpo iniziava a dettare il ritmo di quella danza appassionata a cui lei non poteva fare altro che abbandonarsi senza riserve.
Ed in tutto questo, Hermione era lì: sapeva che era sbagliato, tutto quanto lo era fin dal principio. Era sbagliato che loro due fossero in quell’aula, era sbagliato ciò che stavano facendo, ed era ancora più sbagliato che lei fosse rimasta lì a guardarli invece di voltarsi ed andarsene. Eppure, nonostante avesse le guance in fiamme ed il cuore che le martellava nel petto, non era stata capace di muoversi: come congelata sul posto, aveva assistito a quell’amplesso segreto con una strana - opprimente - sensazione nel petto, e solo quando entrambi avevano raggiunto l’apice era riuscita a farsi indietro, dare le spalle all’aula, correre via per i corridoi dimentica di ogni cautela; era stato un miracolo che nessuno l’avesse intercettata, ma la cosa non la faceva sentire meglio. Anzi, forse avrebbe quasi voluto essere beccata, come sorta di punizione per ciò che sentiva dentro di sé: perché la cosa più sbagliata di tutte, quella che mai avrebbe potuto ammettere ad alta voce, era che guardando quella scena aveva desiderato esserci lei.
Lei, al posto di Ginny.
Lei, sotto Malfoy, a pregarlo di prenderla e darle piacere.
Lei, con le dita affondate nei suoi capelli biondi e la luce della Luna ad illuminarla.
Lei, che ora non poteva far altro se non dannarsi da sola per la propria stupidità.


~~~~~~~~~~~~

«Hai dormito male stanotte?»
«Perché?»
«Hai l’aria stanca.»
«Harry ha ragione, guarda che occhiaie ti sono venute...»
«Grazie Ronald, tu sì che sai fare complimenti ad una ragazza!»
«Ma ti trovo bellissima lo stesso– Hermione dai, non te la prendere!»
E invece lei se la prende eccome, alzandosi dal tavolo dei Grifondoro con uno scatto stizzito e dando le spalle tanto a Ron quanto ad Harry per marciare fuori dalla Sala Grande con passo offeso.
«Certo che pure tu, potevi evitare...»
«Ma che ho detto di male? Volevo farle capire che sono preoccupato per lei, non voglio che si stressi già al secondo giorno!»
«E non potevi dirglielo così?!»
Harry alza gli occhi al cielo con un sospiro esasperato, Ron si consola con del porridge in attesa che le orecchie, rosso fuoco dall’imbarazzo, tornino del loro solito colorito.
Hermione, intanto, è uscita dal Castello per fare una passeggiata nel cortile interno, lì dove può rimanere da sola a sbollire la frustrazione che le formicola in corpo: non pretende certo poesie e fiori da parte del Weasley, ma un po’ più di delicatezza è chiedere troppo?
«Dovrebbe essere il minimo dal mio ragazzo...»
Anche se, a dirla tutta, la loro situazione è un po’ strana: durante la battaglia di Hogwarts si sono baciati, e da lì in poi è venuto naturale ad entrambi considerarsi una coppia a tutti gli effetti... ma per Hermione è come se, in qualche modo, si stiano ancora frequentando; nonostante siano passati ormai tre anni, per esempio, nessuno dei due ha parlato di convivenza né ha fatto progetti a lungo termine che riguardino il loro futuro insieme.
Certo, lei lo sa che Ron le vuole bene, così come Hermione ne vuole a lui: il loro è un amore nato dall’amicizia e rafforzato dal rispetto, dalla complicità, dalla lealtà che provano l’uno per l’altra; ma tutto questo può bastare per immaginarsi una vita insieme? E se così non fosse, cos’è che manca?
Quasi a volersi dare una risposta, la sua mente le ripropone - di colpo, senza alcun preavviso - il ricordo di Ginny e Draco dentro quell’aula vuota di notte, e tanto le basta per farla avvampare: eppure, nonostante siano passati anni, nello stomaco le si forma nuovamente quello strano groviglio, la sensazione che ciò che forse manca con Ron stia proprio lì, in quella scena che nemmeno il tempo trascorso le ha fatto dimenticare.
Perché Ron non l’ha mai sfiorata nel modo in cui Draco aveva fatto con Ginny, non l’aveva mai provocata in quel modo né l’aveva portata al punto di sentirsi morire, se non l’avesse soddisfatta subito.
«Quanto sono... superficiale!» si rimprovera da sola, fermando il proprio incedere ed appoggiandosi di schiena contro una colonna di pietra: dopotutto lei e Ron si conoscono da sempre, hanno affrontato di tutto insieme ed hanno imparato a volersi bene - amarsi? - per come sono. È questo ciò che conta, no?
«Ne sei sicuro? Proprio sicuro sicuro?»
«Smettila di chiedermelo! Vedrai che volo farà dalla scopa tra meno di quindici minuti...»
Le voci di due studenti le arrivano alle orecchie mentre sta ancora lì, nascosta dalla colonna a cui si è appoggiata.
«E se prendesse un’altra scopa per la lezione?»
«Ti dico che non è così. Un Serpeverde del settimo gliel’ha sottratta mentre era distratto, l’ha incantata e poi l’ha rimessa al suo posto, tutto senza destare il minimo sospetto!»
«Ben gli sta, quel pezzo di merda avrà quello che si merita.»
«Pensava davvero di tornare ad Hogwarts come nulla fosse?»
«Peccato non poter assistere in prima persona...»
«Già. Dovremo accontentarci di ascoltare il racconto degli altri presenti... e farci due risate insieme al resto della scuola!»
«Ahahah, sì, alla faccia di bastardo di Malfoy!»
Le ci vogliono circa quaranta secondi per realizzare quanto ha appena sentito, ed altri dieci per dargli una forma concreta nella propria mente, con tutte le sue implicazioni.
Al cinquantunesimo secondo si è già staccata dalla colonna, e prima che sia passato un minuto sta correndo verso il campo di Quidditch, lì dove i Serpeverde dovranno seguire la prima lezione di Volo della giornata: una corsa mica da poco visto che Hermione si trovava dalla parte opposta quando ha sentito i due studenti parlare, ma questo - né il fatto che probabilmente, così facendo, arriverà in ritardo alla sua, di prima lezione della giornata - non sembra affatto impensierirla.
«Zabini!»
Riconoscerebbe il Serpeverde di spalle tra chiunque: la sua figura slanciata, la pelle d’ebano, l’incedere di un’eleganza innata che da’ quasi la sensazione di vederlo levitare a qualche millimetro da terra.
«Granger?» lui la fissa, inarcando un sopracciglio con aria a metà tra il perplesso ed il curioso.
«La lezione... pant... manomesso... pant... la scopa...» tenta di dire lei, ma quasi non riesce a riempirsi d’aria i polmoni per quanto velocemente ha corso.
«... Granger, non sto capendo un accidente.»
«Qualcuno ha manomesso... la scopa di Dr– Malfoy» si corregge all’ultimo, una mano sul petto e la voce ancora spezzata «per farlo cadere durante la lezione di Volo.» riesce finalmente a dire, osservando l’espressione di Blaise cambiare all’istante.
«Ne sei certa?» lo sguardo ora è glaciale, impietoso.
«Sì, ho sentito due studenti che ne parlavano. Non so chi fossero né chi tra i Serpeverde sia stato, non ho avuto tempo di informarmi.» non c’ha nemmeno pensato, a dirla tutta.
«Ma perché sei venuta fin qui di corsa per aiutare Draco, cosa– »
«Zabini non mi sembra questo il momento più adatto per parlarne, ti pare?» ribatte lei, nervosa al pensiero di doversi giustificare con l’altro «Vai, prima che Malfoy si faccia male sul serio!»
Blaise la guarda immobile, per un lungo istante.
«A buon rendere, Granger.»
Lo osserva riprendere a camminare, più svelto ma con la stessa andatura eterea di sempre, ed una strana sensazione di sollievo nel petto - perché ha avvertito il suo migliore amico, quindi Draco non dovrebbe correre rischi - che si trasforma molto velocemente nel panico più assoluto.
«Cazzo, la lezione!»
Quella a cui lei arriverà sicuramente in ritardo.
Quella in cui si dovrà inventare chissà quale scusa con Vitious e compagni di Casa.
Quella che non seguirà perché la mente non si scosterà dal campo di Quidditch dove, miracolosamente, un certo Serpeverde effettuerà una lezione pratica di volo più che esemplare.

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Piccolo disclaimer: alcuni dettagli si distaccano dalla storia ufficiale - aka licenze poetiche sparse qui e là a comodo della narratrice.
Si accettano pareri, suggerimenti, anche recensioni negative se risultano costruttive.
Grazie a chi finora ha letto, a chi continuerà/inizierà a farlo e a chi finora ha recensito.
Se voleste spendere un momento del vostro tempo per lasciarmi un piccolo commento sulla storia, mi rendereste molto molto molto - l’ho detto molto? - felice.


«Sei stato incredibile Draco!»
«Per una volta Pansy ha ragione, ti fissavano tutti come se non credessero ai loro occhi!»
«Infatti, hai dimostrato loro che– ... ehi, come sarebbe a dire "per una volta"? Blaise, hai sentito che ha detto Theo?!»
Zabini, al fianco di Draco mentre il gruppetto Serpeverde sta lasciando il campo da Quidditch, non sembra aver sentito il richiamo indignato della Parkinson dato che rimane con lo sguardo basso e l’espressione assorta.
«Sto parlando con te, razza di stronzo che finge di non sentirmi!» gli inveisce contro Pansy, ma di nuovo non ottiene alcuna reazione da parte dell’altro.
«Che hai?»
Draco glielo domanda con voce piatta, colorata da una punta lieve di preoccupazione sul finale: conosce Blaise da quando sono piccoli, ha imparato a leggerne ogni espressione e sfumatura. E sa, perché lo vede, che qualcosa non va.
Zabini, però, non risponde subito: alza gli occhi prima sull’amico e poi sugli altri, e successivamente fa loro cenno per indicare l’ingresso del Castello - un punto preciso, in corrispondenza di un acero secolare - verso cui si stanno dirigendo, come a far capire loro che parlerà solo quando saranno arrivati; nessuno fa domande, però tutti si guardano confusi, perplessi. Curiosi, anche, perché per quanto a Blaise piaccia fare il misterioso, di solito se ha qualcosa da dire la dice e basta. Solo Malfoy non guarda nessuno, tenendo gli occhi fermi di fronte a sé ed alla meta che l’altro ha designato.
«Allora?»
È Goyle ad incalzarlo una volta giunti a destinazione, incapace di attendere un secondo di più, eppure per qualche - ignoto - motivo Zabini sembra ancora restio a condividere i suoi pensieri.
«Blaise, ti decidi a parlare o devo strapparti le cose di bocca?»
Solo quando Draco sbotta in quel modo, a voce bassa ma tesa, l’amico sospira e pare decidersi a sciogliere il silenzio in cui si è chiuso da diversi minuti.
«... non fissavano Draco per i motivi che pensate voi.»
«Che? Ma di cosa– »
«Al campo di Quidditch.» specifica, a beneficio di Nott «I nostri compagni di Casa non stavano fissando tutti Draco perché colpiti dalla sua prova di volo.»
«E tu che ne sai?»
«E allora per quale motivo sembravano tanto sorpresi?»
Le due domande - rispettivamente pronunciate da Pansy e Gregory - si sovrappongono e fanno guadagnare ai loro "proprietari" un’occhiata lunga e penetrante da parte di Blaise.
«Gli avevano incantato la scopa.» la voce di Zabini si riduce ad un sibilo gelido «Qualcuno dei Serpeverde gli ha incantato la scopa, volevano che cadesse nel bel mezzo della prova.»
«... per questo mi hai dato la tua.»
Appena prima della lezione, in disparte, Blaise aveva chiesto - imposto - a Draco di scambiarsi le scope col pretesto di volergli far provare la propria, stesso modello di quella dell’amico - e quindi identica alla sua nell'estetica - ma in una versione "migliorata", ovvero modificata magicamente da qualcuno di esperto per risultare più performante. Una scopa truccata, per usare il gergo babbano. E poiché di fondo gli cambiasse davvero poco, Malfoy aveva acconsentito alla richiesta dell’altro senza fare troppe domande.
«Sì.» conferma Zabini «E per questo erano tutti sorpresi. Si aspettavano che ti rompessi l’osso del collo, e non è successo.»
«Che grandissimi pezzi di– »
«Merda.» la frase di Goyle la completa Nott, incrociando le braccia al petto con espressione furente «Sono tutti dei grandissimi pezzi di merda. Giuro che se scopro chi è stato– »
«Non hai risposto alla mia domanda, però.» Pansy interrompe l’invettiva dell’altro, gli occhi puntati su Blaise «Come facevi a saperlo?»
Anche Draco - con una strana tensione che gli corre giù per la schiena - lo fissa in attesa di risposta.
«Sono stato avvertito per tempo.»
«Da chi, Blaise?» lo incalza Malfoy.
«... dalla Granger.»
Per un attimo, nel gruppo, cala il silenzio.
«Stai scherzando?»
«Granger? Hermione Granger? Quella Granger?»
«Per Salazar, Goyle, quante Granger conosci?!»
«Che ne so, chiedevo per sicurezza!»
Mentre tutti parlano, l’unico in silenzio è Draco: appena Blaise ha pronunciato il nome della Grifondoro, negli occhi del Malfoy sono esplose nuvole grigie cariche di tempesta e la bocca è diventata una singola striscia stretta e sottile.
«Sei proprio... una stupida
Quando apre bocca, la voce è un sussurro carico di biasimo, stizza, e qualcos’altro che persino Blaise, il suo migliore amico, fa fatica a comprendere. E dopo essersi espresso con una sentenza che pare senza appello, gli altri nemmeno li guarda più; si muove, dando loro le spalle per allontanarsi ad ampie falcate in direzione dell’ingresso del Castello.
«Draco? Dove vai?»
«Che cazzo– Draco, aspettaci!»
«Ma dove diavolo va così di fretta?!»
La domanda di Pansy spinge tutti a guardare Zabini che però appare, come poche altre volte in vita sua, alquanto incerto sulla risposta.
«... mi auguro non a commettere qualche cazzata.»
È l’unica cosa da sperare, anche se la vita e le vicende affrontate insieme gli hanno insegnato che con Draco Malfoy non si può davvero mai sapere.

~~~~~~~~~~~~

«Certo che Madama Pince poteva scegliere un altro momento per riempirti di domande, ti ha fatta arrivare tardi a lezione!»
«Per fortuna Vitious ha chiuso un occhio...»
«Ovvio che l’ha fatto, Hermione è pur sempre la strega più brillante che Hogwarts abbia mai visto!»
Con quell’affermazione Ron tenta, a suo modo, di recuperare la gaffe fatta a colazione: passa un braccio intorno alle spalle della Granger, le sussurra uno «Scusami per prima...» all’orecchio e le sorride teneramente; ed Hermione, che si sente non poco in colpa per la bugia raccontata - all’insegnante, ai suoi amici - non può che perdonarlo all’istante, cercando con altrettanta velocità di cambiare argomento e parlare di qualcosa di diverso dalla presunta maleducazione della bibliotecaria nei confronti del suo orario scolastico.
«Avete sentito che la squadra di Quidditch di Grifondoro sta cercando nuovi membri?»
Non che a lei dello sport magico per eccellenza sia mai importato molto - lo conosce, tutto sommato le piace anche vedere qualche partita, ma di certo non è un’appassionata - ma è uno di quegli argomenti con cui è sicura di attirare l’attenzione di Harry e Ron.
E infatti...
«Harry, dovremmo andare a vedere le selezioni!»
«Non lo so...» l’altro appare più restio «Ho paura che finiremmo per distrarre i partecipanti, non passiamo esattamente inosservati.»
Anche Hermione, come l’amico, l’ha notato: che sia in Sala Grande, a lezione o semplicemente per i corridoi, c’è sempre qualcuno che li fissa, che li indica; alcune volte c’è persino chi cerca una qualsiasi scusa per avvicinarsi e scambiare con loro due parole, nemmeno fossero delle celebrità - in effetti lo sono - a cui è consono avvicinarsi con cautela.
«Beh ma chi meglio di noi potrebbe dare loro qualche consiglio? Tu sei stato il Cercatore più giovane che la scuola abbia avuto, dopotutto! E io...»
«Sei stato un ottimo Portiere, Ron.» è Hermione a pronunciare quelle parole con una morbidezza più marcata del solito, forse sentendosi ancora vagamente in colpa «La canzone "Perché Weasley è il nostro Re" la conoscono tutti mica per niente!»
Un complimento onesto, ma che basta a Ron per sentire le orecchie andare a fuoco e tossicchiare lievemente, il tutto mentre Harry sotto sotto se la ride un po’ intenerito dalla scena: l’amico riuscirà mai a fare il primo grande passo - la convivenza - con Hermione? È da un po’ che lui e Ginny se lo domandano ma, ovviamente, nessuno dei due ha domandato nulla alla coppia; del resto ognuno ha i suoi tempi, come dice sempre la sua meravigliosa fidanzata. Evidentemente quelli di Ron ed Hermione sono solo... più lenti.
«Suppongo che fare un salto non sia poi così una cat– »
«Signor Potter!»
Solo gli studenti del primo e del secondo anno chiamano gli ex - non più tali - studenti tornati al Castello con gli appellativi di "signore" e "signorina", nonostante a nessuno di loro piaccia particolarmente la cosa: in questo caso si tratta di un gruppetto di studenti del primo anno, che si avvicinano loro con gli sguardi ammirati e l’aria imbarazzata.
«Possiamo... avere il suo autografo?» domandano, allungando verso Harry pergamene e piume.
«Ed anche il suo!»
È a Ron che si rivolgono col medesimo gesto, e probabilmente chiederebbero la stessa cosa anche ad Hermione non fosse che lei è più svelta.
«Inizio ad andare, vi aspetto in Biblioteca!» annuncia ad alta voce verso gli amici, con un sorriso gentile verso gli studenti più piccoli che la guardano un po’ delusi: si sente profondamente a disagio in quel ruolo da celebrità che non ha mai richiesto.
Harry è abituato fin da piccolo ad essere riconosciuto da chiunque, e a Ron - è evidente da come gonfia il petto ed assume un’espressione gongolante - probabilmente piace essere finalmente identificato per chi è e non per essere "l’amico di Harry Potter"; non lo biasima per questo, ma a lei sta bene essere quella che è sempre stata, invisibile per chiunque non fosse il corpo docenti della scuola o i suoi amici più stretti.
Si avvia, dunque, imboccando il corridoio del terzo piano con gli occhi rivolti verso il basso, sul libro aperto che sta leggendo mentre cammina: se tenesse lo sguardo rialzato, probabilmente si accorgerebbe che qualcuno non solo sta camminando nella direzione opposta alla propria, ma sembra proprio puntare a lei.
«Granger.»
Invece, la concentrazione riposta nella lettura è tale che solo quando una voce familiare - e non dovrebbe esserlo - la richiama e la figura si ferma di fronte a lei, ad Hermione venga da alzare lo sguardo: e ritrovarsi Malfoy ad un passo da sé è una sorpresa tale da farla sussultare, il libro che quasi le cade dalle mani.
«M-Malfoy, mi hai spaventata!» sbotta con le guance che s’arrossano e le dita che stringono il libro «Non hai visto che ero dis– »
«La devi smettere.»
Il tono di Draco è lapidario, così come il suo sguardo grigio che preannuncia tempesta.
«... c-come, scusa?»
«Blaise mi ha detto quello che hai fatto.» Draco la osserva, coglie il lampo di consapevolezza che le anima gli occhi d’ambra scura «E la devi smettere.»
«N-Non capisco davvero di cosa tu stia parlando...» tenta di dissimulare, fingere sorpresa mentre il cuore nel petto accelera la sua corsa.
«Sì che lo sai Granger, non prendermi per il culo.»
«Ascolta Malfoy, tu– »
«No Granger, sei tu che devi ascoltare me.» fa un passo in avanti verso di lei, schiacciando contro il proprio petto il libro che l’altra tiene stretto al suo «Smettila. Di. Intrometterti.»
Deglutisce Hermione, cercando di mantenere alto lo sguardo e di non muoversi per non dare a Draco la soddisfazione di... cosa? Vederla indietreggiare, sentirla intimidita da lui? Non ha fatto nulla di male, non c’è niente per cui debba sentirsi in difetto!
«Scusa tanto se ti ho evitato di schiantarti con la scopa!» sbotta quindi di punto in bianco, forse con una veemenza inaspettato data l’espressione sorpresa del Serpeverde «Invece di essere così scocciato potresti ringraziarmi, io davvero non capisco perché– »
Di punto in bianco Draco le afferra il polso e, con uno strattone, la trascina dietro le spesse tende di velluto ai lati di una delle finestre del corridoio e, prima che la Grifondoro possa dire qualcosa, con l’altra mano le tappa la bocca e si schiaccia contro il suo corpo.
Non si muove, Hermione: forse dovrebbe spingerlo via, mordergli il palmo per liberare le labbra, o quantomeno guardarlo male; invece non fa altro che fissarlo con occhi sbarrati di sorpresa e confusione, e cercare di non pensare a quanto sia buono l’odore della sua pelle - il bagnoschiuma che certamente ha usato per lavarsi dopo la lezione di Quidditch - o a quanto sarebbe facile perdersi nelle piccole pagliuzze azzurrine nascoste tra le nuvole del suo sguardo.
Anche Draco la guarda: guarda l’ambra scura dei suoi occhi animata da emozioni a cui non sa dare un nome; guarda il suo petto che si alza ed abbassa a ritmo irregolare - troppo, per non pensare che il cuore della Grifondoro batta più velocemente di quanto dovrebbe. Guarda la forza che le dita sottili e femminili della sua mano destra imprimono al libro che tiene stretto al petto, unica barriera tra i loro corpi.
Dall’altra parte delle tende, un paio di voci maschili sono in avvicinamento: due voci che Hermione conosce fin troppo bene, ma a cui non riesce a dare il peso che dovrebbe perché, nel frattempo, Draco si è fatto più vicino ed ha accostato le labbra al suo orecchio.
«Shhh.»
Solo quel soffio che intima il silenzio, nonostante Hermione non stia dando alcun segno di volersi smuovere da lì: e mentre il Serpeverde respira lentamente l’odore della pelle di lei, Harry e Ron passano accanto alle tende ignari di chi vi si stia nascondendo dietro, ridendo con fare cameratesco per chissà quale battuta mentre camminano alla volta della Biblioteca.
Ci vuole qualche altro secondo, dopo che sono passati, prima che Draco si faccia indietro: non si scosta troppo da lei, non le lascia il polso da cui l’ha afferrata né smette di guardarla, ma lentamente abbassa la mano dalla sua bocca.
«...»
Dovrebbe dire qualcosa, Hermione.
Vorrebbe dire qualcosa, Hermione.
Ma è come se il cervello si fosse sconnesso improvvisamente, come se rifiutasse di collaborare: come se fosse ancora perso tra le nuvole scure dei suoi occhi da cui non riesce a sganciarsi, come se fosse molto più piacevole, a conti fatti, rimanere in quella posizione fermando il tempo.
«... è pericoloso, Granger.» è Draco a rompere il silenzio, sussurrando nonostante nel corridoio siano di nuovo soli «Non lo capisci?» il suo sguardo pare tingersi di un’emozione che Hermione non gli leggeva addosso da tanto tempo: premura.
«Sei tu...» c’è una strana tensione nella voce di lei, qualcosa che la Grifondoro cerca di scacciare schiarendosela piano «quello che rischia. È te che prendono di mira, è a te che cercano di fare del male!»
«Proprio per questo è pericoloso.» ribatte senza superbia né arroganza, senza nemmeno l’intenzione di piccarla dandole contro a prescindere: è serio, tanto nello sguardo quanto nel tono con cui le si rivolge «Possibile che non ci arrivi da sola?» sospira, le stringe appena di più il polso «Se qualcuno vedesse che ti preoccupi per me– »
«Io non mi sto– »
Di nuovo, senza preavviso, le tappa la bocca e spinge col palmo contro le sue labbra, forte quanto basta da strapparle un lieve gemito di fastidio.
«Granger, la prossima volta che tenti di rifilarmi una stronzata non sarò più tanto gentile.» la avverte in un sibilo più infastidito che minaccioso «Chiaro?»
Le libera lentamente la bocca, lo sguardo che per un momento scivola sulla loro arrossata pienezza prima di risalire sugli occhi ed inchiodarli lì, nei propri.
«Io sono uno dei cattivi, qui. E tu una dei buoni, l’eroina che ha salvato il mondo magico.» nessuna emozione anima la voce con cui Draco pronuncia quelle parole «Se uno dei tuoi amici, o semplicemente un altro studente qualsiasi si rendesse conto che per chissà quale cazzo di motivo ti importa della mia incolumità...» per un secondo si ferma, quasi la sfida a contraddirlo per l’ennesima volta «... la tua vita tra queste mura cambierebbe. La percezione che gli altri hanno di te cambierebbe. Dimenticherebbero tutto ciò che di buono hai fatto nel giro di un secondo, ti tratterebbero come la peggiore delle traditrici.» come altro definire una persona che fraternizza col nemico? «Perciò devi smetterla di aiutarmi, hai già fatto abbastanza.» conclude, supponendo e sperando di essere stato sufficientemente chiaro.
«... stai cercando di... proteggermi
Questa è l’unica domanda che ad Hermione viene spontanea pronunciare, un quesito capace di strappare a Malfoy un sospiro esasperato quanto lo è il gesto con cui la mano libera si tuffa tra i propri capelli per tirarli all’indietro.
«Cazzo Granger, hai sentito quello che ti ho appena– »
«Ho sentito.» conferma lei, alzando il mento con cipiglio deciso «Ma non ho bisogno che tu mi protegga, so perfettamente difendermi da sola. E sono in grado di gestire le cose per conto mio.»
Stavolta è uno sbuffo ad uscire dalla bocca del Serpeverde, uno sbuffo sprezzante e scettico.
«No, Granger. Tu pensi di saperlo di gestire. Ma se ti ritrovassi a litigare coi tuoi amici per colpa mia, se ti allontanassero e ti odiassero... non reggeresti.» non la biasima per questo, lo lascia intendere dal modo in cui le labbra si piegano in un sorriso triste o forse più nel ricordo di esso «Sappiamo entrambi che per quanto Potter e Weasley ti perdonerebbero quasi tutto, questo...» loro due così vicini, loro due in qualche modo connessi «questo non te lo perdonerebbero mai.» ha ancora gli occhi nei suoi mentre alza la mano libera ed appoggia il pollice sulla bocca di lei, tracciandone delicatamente il contorno col polpastrello con fare malinconicamente assorto «Ed io ho già rovinato la vita di troppe persone per potermi permettere di farlo ancora.»
La lascia andare del tutto, questa volta: fa un passo indietro lentamente, poi un altro ancora mentre le dita mollano la presa dal suo polso ed il corpo ruota per darle le spalle. Non c’è altro da aggiungere, né si aspetta che lei dica qualcosa: per questo sentire le dita di lei che gli afferrano il braccio lo sorprende così tanto, ed è con quella stessa sorpresa nello sguardo che si volta nuovamente verso di lei, lì dove lo sguardo risoluto della Grifondoro lo sta aspettando.
«Non puoi decidere per me.»
«Granger...»
«No, Malfoy.» stronca sul nascere qualsiasi sua protesta con quella testardaggine tipicamente rosso-oro «Ti ho ascoltato, ho capito perché mi hai parlato in questo modo, e... ti ringrazio.» di volerla tenere lontana da litigi, discussioni, drammi «Ma decido io quali sono le scelte giuste per me, e per chi preoccuparmi. Non puoi impormelo tu, né Harry o Ron. È una scelta mia.»
«... perché, Granger?» c’è qualcosa che davvero non gli torna, che lo tormenta dalla sera prima «Perché t’importa di me?»
«Perché...» nel profondo sa cosa dovrebbe dirgli, Hermione, ma è un pensiero a cui non concede nemmeno il lusso di formarsi nella propria mente «non credo tu sia il mostro che tutti dipingono. Hai sbagliato, e di certo ti sei comportato da vigliacco...» sospira, si morde l’interno della guancia, scuote il capo «ma la battaglia non è stata colpa tua. Voldemort sarebbe comunque venuto per uccidere Harry, la guerra ci sarebbe stata comunque. E adesso che è tutto finito continuare a vivere rivangando il passato... non fa bene a nessuno.» è una mezza verità, quella, ma è tutto ciò che ha da offrirgli.
«Sei veramente una stupida, Hermione Granger.»
Dovrebbe suonare come un insulto, eppure come la sera prima c’è una velata morbidezza - questa volta lucida e consapevole - nel tono con cui pronuncia quella parola, una sfumatura in qualche modo capace di strapparle un piccolo sorriso dalle labbra.
«Ora è... meglio che vada. Harry e Ron mi aspettano in Biblioteca, in realtà sarei dovuta arrivarci prima di loro...» le toccherà inventarsi un’altra scusa, eppure la prospettiva non le sembra così terribile come dovrebbe. Forse è perché ha ancora l’odore di Draco nelle narici? «Sai, ho sentito che la squadra di Quidditch di Grifondoro aprirà le selezioni per cercare nuovi membri della squadra.» le parole le escono di bocca prima che se ne renda conto «Se anche Serpeverde farà la stessa cosa, perché non provi a partecipare?»
Malfoy la fissa con espressione incredula ed un sopracciglio inarcato prima di sbuffare una mezza risata sarcastica.
«E secondo te mi potrebbero mai prendere in squadra dopo che hanno tentato di farmi cadere dalla scopa a più dieci metri da terra?»
«Sì, se vogliono vincere.»
La replica di lei è veloce, sicura, pregna di una convinzione che Hermione stessa non sa da dove provenga: però che Draco sia stato un giocatore eccezionale è un dato di fatto, l’unico capace di tenere testa ad Harry durante gli anni a scuola, e niente nei Serpeverde riesce ad unire come la voglia di primeggiare su tutto e tutti.
«Il mio è solo un consiglio. Pensaci.» gli passa accanto, uscendo per prima dalla tenda col battito ancora accelerato ed il libro stretto contro il petto.
«Granger.»
Il richiamo di Draco, che sbuca dalla tenda a sua volta, la spinge a voltarsi.
«Farai il tifo per me se mi prendono in squadra?»
Sorride, Hermione.
«È una possibilità, Malfoy.» in cuor suo conosce già la risposta, ma si guarda bene dal condividerla con lui «Te lo farò sapere!»
Gli da’ le spalle prima di dire o fare altro di cui potrebbe pentirsi, riprendendo il suo incedere a passo sostenuto verso la Biblioteca.
Ed anche Draco sorride, la guarda sparire per il corridoio mentre si porta il pollice alla bocca, quello stesso con cui le ha disegnato le labbra, per lambirne la carne con la punta della lingua ed assaggiare così il sapore di lei.
«... sì, sei davvero una stupida, Granger.»
Anche se forse, a conti fatti, lo stupido qui è solo lui.

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