Crooked di Anown (/viewuser.php?uid=625123)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Giorno uno ***
Capitolo 5: *** Giorno due, artigli ***
Capitolo 6: *** Giorno tre ***
Capitolo 7: *** Fobie e buon vicinato ***
Capitolo 8: *** Proiettili e complessi ***
Capitolo 9: *** In una fredda mattina... ***
Capitolo 10: *** La vecchia, il coniglio e il bottone. ***
Capitolo 11: *** Primo amore ***
Capitolo 12: *** Tristo Mietitore ***
Capitolo 13: *** Una fine per una falsa pace ***
Capitolo 14: *** Alien ***
Capitolo 15: *** Famiglia... o ragnatela... ***
Capitolo 16: *** Roza ***
Capitolo 17: *** L'ospite indesiderato(?) ***
Capitolo 18: *** Brucia la strega! (prima parte) ***
Capitolo 19: *** Brucia la strega! (seconda parte) ***
Capitolo 20: *** Brucia la strega! (terza parte) ***
Capitolo 21: *** Le ceneri della strega nell'aria ***
Capitolo 22: *** La domenica in cui, quasi, tutti si scannarono. ***
Capitolo 1 *** Capitolo primo ***
Quel pomeriggio, quindici persone erano riunite attorno a un ampio
tavolo color della pece, ricoperto di vetro, nello studio di un notaio.
Singhiozzavano tutti, meno la più giovane del gruppo, una
ventiduenne afroamericana piuttosto robusta il cui ventre cominciava ad
essere pesante. Tuttavia l'atmosfera della stanza la infastidiva. E non
solo a causa dei sette orologi ticchettanti sparsi per la stanza... era
l'unica a sentirli?
”Quest'uomo ha davvero un atroce gusto per gli arredi! Ma a
parte questo... stanno facendo scena o sono inconsolabili
davvero?” si chiese guardandosi intorno furtivamente. Aveva
attirato sufficientemente l'attenzione dei proprio parenti in
quell'ultimo periodo. “Oltre il primo grado, e a volte
neanche, i parenti sono solo un covo di serpi... ma almeno le serpi non
hanno la parola, né sanno lacrimare... o almeno credo...
Qualcuno che conosco sicuramente saprebbe dirmelo.”
sospirò il più sommessamente possibile mentre
osservava un fiore di plastica decorativo di colore rosso.
“Quasi non lo conoscevo lo zio Amos, sono qui per i soldi...
come tutti...” era l'unico suo familiare che conosceva ad
essere riuscito ad arricchirsi, la bellezza di novantatré
anni aveva. I nipoti avevano fatto praticamente a gara per accudire il
vecchio sperando di ingraziarselo e ottenere una buona parte
dell'eredità. Ora era bello che morto e tutti erano curiosi
di vedere se i loro sforzi avevano avuto successo, solo il documento
che il notaio si apprestava a leggere poteva dirlo.
In realtà Leshawna non ci aveva neanche provato a stare a
presso al vecchio. Del resto lui che aveva fatto per lei e la sua
famiglia? Assolutamente nulla... Vivevano in un quartiere povero e
malfamato e neanche gli altri presenti nella stanza avevano avuto vita
facile, anche per questo si erano organizzati per assistere lo zio
cercando la sua simpatia e i suoi soldi. Chi avrebbe avuto
più successo si sarebbe assicurato più soldi, se
avessero condiviso equamente, la ricompensa sarebbe stata magra per
tutti.
Anche se non aveva fatto granchè, Leshawna, magari era stata
presa in simpatia dallo zio e l'uomo le aveva lasciato qualcosa...
questa speranza aveva spinto la ragazza a sospendere il suo periodo di
latitanza per presentarsi alla lettura del testamento.
-“Io, il sottoscritto Amos Nansy, ancora in possesso delle
mie facoltà mentali, lascio tutti i miei
beni a mia moglie...”-
cominciò a leggere il notaio e dovette fermarsi a causa dei
rumori di sottofondo.
I singhiozzi e i tristi lamenti si erano improvvisamente fermati,
nipoti e pronipoti cominciarono a confrontarsi fra loro allarmati:
“Moglie?! Quale moglie?!” “Ma la zia
è morta trentanni fa! Mi sa che tanto in possesso delle sue
facoltà mentali, lo zio, non era!”
“Bisogna annullare il documento e spartirci equamente soldi e
beni...” “MA CHE STATE DICENDO?! EQUAMENTE?! DOPO
TUTTI QUEGLI ANNI CHE SONO STATO AD ACCUDIRE IL VECCHIO ASPETTANDO CHE
SCHIATTASSE?!”
-E-Eh... s-stavo dicendo...- continuò il notaio con voce
tremolante. -”Mia moglie, la signora Angelise...”-
com'era prevedibile fu interrotto nuovamente:
“ANGELISE?! MA E' LA BADANTE! PUR DI NON LASCIARCI NULLA SI
E' SPOSATO A QUELLA!” “Hai capito il vecchio
porco...” “QUANDO CAZZO SI SONO SPOSATI?!”
Leshawna non era particolarmente delusa, né dal testamento,
né dal comportamento dei familiari. Forse l'avrebbe pure
trovato ironicamente divertente in un'altra situazione, ma in quel
momento non poteva importargliene meno, aveva solo
voglia di uscire di lì. Si sentiva innaturalmente
suscettibile, eppure non mai stata realmente sensibile alle situazioni
caotiche... Anche se potendo avrebbe distrutto ad uno ad uno quegli
stramaledetti orologi davanti ad un notaio piangente, ma impotente che
la supplicava in ginocchio! Come faceva ad udirli nonostante tutto il
chiasso del suo parentame?!
“Detesto questa instabilità emotiva!”
-Ehm, ehm...- richiamò l'attenzione il notaio.
“Ma perchè insiste nel continuare?” si
chiese Leshawna “Non c'è più nulla di
quel pezzo di carta che possa interessare...”
-“Alla mia cara nipotina che non ricordo di aver mai visto
prima di un mese fa, ma che ho apprezzato per non aver cercato di farmi
simpatia nella speranza di assicurarsi parte dell'eredità (a
differenza di diverse sanguisughe che mi sono state col fiato sul collo
negli ultimi anni) lascio una scatola rompicapo che si trova sotto il
mio letto, certo che il suo amico l'apprezzerà. Per
sdebitarmi con lei di aver permesso il mio matrimonio sacrificando il
suo giorno.” Eh..- lesse un po' perplesso il notaio. Nel
mentre i clienti discutevano fra loro poco pacificamente per cercare di
capire cosa fosse successo. -Allora... Se non è scritto il
nome della donna, come dovrei capire a chi si riferisce?- Nel frattempo
i clienti sembravano essere giunti alla loro conclusione, peccato che
la colpevole si fosse dileguata...
-Ah, ecco il nome, eccolo...- disse fra sé e sé
il notaio. -Leshawna Gardner...-
-Ah, vecchio di merda!- si sfogò Leshawna al telefono,
parlando con la cugina mentre si nascondeva in macchina da altri cugini
furiosi. -Quindi è così che sono andate le
cose...-
-Mi dispiace, ma lasciatelo dire... hai fatto un macello.-
sospirò Leshaniqua. La cuginetta piccola non rispose.
-Comunque, inutile piangere sul latte versato! Quindi... che hai
intenzione di fare?-
-Penso che me ne starò per conto mio ancora per un po'...-
confessò Leshawna. -Ma ci vedremo presto, contaci!- rise
nervosamente.
Leshawna sospirò, poi si preparò per fare questa
seconda telefonata.
“Forse non dovrei dispiacermi più di tanto se non
mi risponde...” si disse mentre attendeva.
“Perchè diavolo non mi sta rispondendo?!”
-...Leshawna?- rispose una voce insicura.
-Ehi! T..t...- “Non posso chiamarlo tesoro...”
-Harold... ciao...- “Perfetto... Come glielo chiedo ora?
Perchè non ho l'abitudine di preparami i discorsi
prima?” in quel momento i suoi istinto e capacità
di improvvisazione sembravano essere ancora latitanti.
-Sei in salute?- si limitò a domandare Harold.
-Beh... direi di sì.-
-...Bene.- fu un veloce e difficilmente percettibile sussurro, quasi
Leshawna si sarebbe potuta domandare se l'aveva sentito davvero. Poi la
telefonata si chiuse.
-...Che?- sussurrò incredula. -Stiamo scherzando?-
ripetè la telefonata.
-Sì?- rispose Harold scocciato. Inaspettatamente
bastò per avere un impatto eccessivo sulla ragazza, si
sentiva davvero scoraggiata.
“Mah... che mi prende?” si chiese lei,
massaggiandosi le tempie.
-Ehi? Sei... ancora lì?- domandò Harold.
-Niente, lasciamo perdere!-
-...Cosa?-
questa volta fu Leshawna a riattaccare.
Inclinò la testa verso l'alto e osservò
pensierosa il tetto dell'auto mentre stava accovacciata fra i sedili.
“Gli ho richiamato solo per poter essere io a riattaccare?
Sul serio?” il telefono squillò. Leshawna lo
guardò esasperata. “Se ha richiamato solo per
poter essere lui a riattaccare per ultimo, vado lì e gli
spezzo quel piccolo, pallido collo!” si calmò un
attimo, prima di rispondere. “E' la
pancia a parlare, non io...”
-Qual è il problema, perchè mi hai chiamato?-
chiese Harold. -Q-qualcosa n-non è... andato a buon fine?-
domandò atterrito.
-No! La gravidanza procede tranquillamente...- sospirò.
-Ma...-
-Ma?!-
-Non c'entra ma è successa una cosa di cui vorrei
parlarti...-
-Va bene...- rispose apparentemente più calmo.
-Ecco... Hai presente il giorno in cui non mi sono presentata al
matrimonio?- chiese nervosa.
-Stai scherzando?!- Harold cominciava a sentirsi preso in giro.
-Beh, visto che non ci siamo sposati noi, un mio vecchio zio, ne ha
approfittato per sposarsi lui con la sua badante... il vecchio porco ha
ben pensato di crepare lasciando tutto in eredità alla
moglie... e niente... i miei familiari non l'hanno presa proprio
benissimo e ci ritengono responsabili...-
-Hanno anche ragione... e poi, non mi sembra il caso di giudicare tuo
zio così alla leggera. Era un uomo a cui restava poco da
vivere e che sentiva la sua ora che si avvicinava, un...- Leshawna lo
interruppe.
-Lo dici solo per darmi contro?- chiese nervosa.
-Eh... sì e no... Volevi solo sfogarti con me?-
-No...- Leshawna deglutì. -Senti... dopo non essermi
presentata al matrimonio non sono sparita solo per te...-
-Lo so, io e tua cugina eravamo preoccupatissimi! Ok, n-non volevi
sposarmi...- si bloccò un attimo. -Certo, magari avvertirmi
prima! Ma come ti è venuto in mente di scomparire in quel
modo?!-
-Non ce la facevo più, stavo soffocando!- si
sfogò. La madre di lei aveva fatto loro pressione
affinché si sposassero anche per questioni religiose
“Mentre lei si è sposata quando avevo
già otto anni... da che pulpito... tutta 'sta fissa
religiosa ora le è venuta...” Harold si era
adattato con naturalezza alla situazione lasciandola indietro... lei
poco lucidamente aveva aspettato fino all'ultimo per poi scappare.
-Dopo che non avevo avuto il coraggio di sposarmi non ho avuto nemmeno
quello di affrontare la mia famiglia, non sono più riuscita
a rimane lucida così...- sentì Harold sospirare.
Non sapeva cosa significasse ma nel dubbio si incazzò. -Non
ce la facevo con gli studi prima, figuriamoci ora, non sono riuscita a
trovarmi un lavoro e mi ritrovo in questa situazione... non riesco
neanche a sposarmi, qualunque disperata sembra farcela!-
-Già... per sposare me bisogna essere davvero disperate...-
-N-non volevo dire questo, lo sai!-
-No, che non lo so...- sospirò il ragazzo -N-non so nulla,
n-non ho idea di cosa... tu pensi... Lascia perdere...-
-Non volevo ferirti, dico sul serio...-
-Ok... ti credo...- si limitò a risponderle piuttosto
rassegnato.
-Sono una stupida... Sai, in teoria ero quella intelligente della
famiglia e invece mi sono ritrovata a fallire in tutto... con un
bambino in arrivo da crescere, non so come, da sola!- “Non mi
sento neanche tanto bendisposta nei suoi confronti al momento... Se lo
dessi a qualcun altro? Forse gli farei anche un favore...”
-Sì, hai sentito bene! I miei familiari mi hanno sempre
considerata molto intelligente e avevano delle buone aspettative per
me... immagino che per te sia assurdo ma, apparentemente era
così!- rise nervosamente.
-In modo differente da me, ma sei molto intelligente e non ne ho mai
dubitato...- chiarì Harold. -Perchè senti il
bisogno di essere sulla difensiva?- chiese profondamente infastidito.
-Lascia perdere... Sono sulla difensiva nei confronti di chiunque,
è un casino... sarà una questione di ormoni.-
-Sei anche esaurita di tuo negli ultimi tempi...-
-Ah, grazie! Davvero consolante!-
-Guarda che non intendevo... forse non avrei dovuto scegliere il
termine esaurita...-
-Lo so, lo so...- lo interruppe -Beh, certo... se sono particolarmente
intelligente e sono finita così, gli altri che ce la fanno
cosa sono? Geni?- chiese infastidita.
-Indipendentemente dall'intelligenza e il rendimento scolastico, capita
che finita la scuola ed entrati nel mondo degli adulti ci si ritrovi
completamente spaesati magari per cause esterne. Forse dovremmo... eh,
dovresti individuare la tua e...-
-Mi sembra inutile a questo punto, no?- lo interruppe di nuovo.
-Quindi... posso rimanere da te per un po'?- decise di sganciare quella
bomba senza prepararlo ulteriormente, continuando a temporeggiare non
sarebbe più riuscita a chiederglielo.
-Cosa?!-
-Beh, ho accidentalmente fatto in modo che mio zio non lasciasse niente
ai miei familiari... vorranno la mia testa... e in ogni caso non ho
tutta questa voglia di averci a che fare ora. D'altra parte non mi va
di approfittare ulteriormente dell'ospitalità di Gwen...-
-Ah, quindi eri da lei...- si sentiva un idiota a non averci pensato.
-Comunque, fammi capire...- sospirò. -Mi abbandoni
all'altare, ma torni per chiedermi aiuto... sai, mi sento leggermente
usato e preso per i fondelli...-
-Ok, fa finta che non abbia detto nulla, allora! Farei volentieri a
meno di...-
-Ti aiuterò, non posso lasciarti sola in questa situazione,
è anche una mia responsabilità.-
puntualizzò -Ma avrei perlomeno il diritto di lamentarmi
fino a prova contraria, no?-
Una parte di lei provava quasi un bisogno irrazionale di litigare anche
se non aveva torto, ma provò a sopprimerla. -Farei
volentieri a meno di sfruttarti, dico sul serio, ma...-
-In questo momento hai bisogno di aiuto, è inutile che ti
faccia problemi chiederlo e suppongo sia naturale tu ti rivolga a
me...- riflettè Harold. -Certo, gravidanza a parte, sono
problemi che avresti potuto evitare con la tua famiglia chiarendo dal
principio che non avevi intenzione di sposarmi...- sentì il
bisogno di specificare nuovamente. -Però anche per il
bambino, se io non fossi intenzionato a darti una mano spontaneamente,
potresti sempre cercare qualche appiglio legale per costringermi,
quindi da quel punto di vista, stai tranquilla.-
-Hai... davvero uno strano modo di rassicurarmi...- involontariamente
sorrise. -Ma non farei mai una cosa del genere... inoltre i soldi per
l'avvocato?-
-Per tua fortuna ti aiuterò per il bambino a prescindere.-
affermò Harold senza slanci di alcun tipo. -Ripeto,
è anche una mia responsabilità...-
Leshawna si sentiva irritata. -Grazie...-
-Li hai fatti i controlli? Sappiamo di che sesso è?
È il terzo mese, dovrebbe essere visibile.-
domandò interessato.
-E' l'ultima cosa a cui volevo pensare sinceramente, sai?-
sbirciò dal finestrino per assicurasi che non ci fosse
più nessuno in giro. -Quindi, sto venendo da te ora o hai
bisogno di prepararti o qualcosa del genere?- cambiò
volentieri discorso.
-Puoi passare da mia sorella così ti do le chiavi
dell'appartamento.-
-Eh? Perchè sei da Celia?-
-Ho deciso di rimanere da lei per un po'... non faccio la sanguisuga
ovviamente.- chiarì con una punta di orgoglio. -L'aiuto con
la casa e con il bambino. Lei e il marito hanno molto lavoro
ultimamente e non ci sono quasi mai... Riff ha già quattro
anni, sai? Da non credere, mi sembra ieri che è nato!- era
la prima volta da quando avevano cominciato a parlare che aveva un tono
così leggero. Non sapeva se si sentiva rassicurata o
inquieta. Una parte di lei non riusciva a non sentirsi infastidita dal
fatto che si trovasse facilmente a suo agio in un contesto domestico...
anche se era sollevata di sentirlo più tranquillo.
-E riesci a studiare lì? Dovesti laurearti quest'anno se non
sbaglio...- cambiò nuovamente discorso.
-Ho voluto staccare un po' non... non riuscivo proprio a
concentrarmi... non riuscivo più neanche a leggere... sono
andato nel panico, credevo di avere qualche danno al cervello!- rise
nervosamente.
-Immagino.- sorrise di nuovo, non capiva il perchè -Certo
che fare la domestica e la baby sitter per qualcun altro è
proprio uno strano modo per staccare, eh?-
-Per ora è buono per distrarmi...- si limitò a
rispondere.
-Ok... allora sto arrivando, tanto sono già in macchina e...-
-Leshawna!- si voltò, il cugino Josh si era accorto della
sua presenza e si avvicinava infuriato.
-Merda!- partì in fretta e furia.
Leshawna arrivò verso le sedici, era sollevata che ci fosse
solo Harold in casa, per quando rimanesse una situazione tesa.
Inizialmente il ragazzo si sporse dalla porta e le passò le
chiavi. Le diede un'occhiata e disse che gli faceva piacere che stesse
bene. Poi si ritirò.
Leshawna rimase un momento ferma dietro la porta, poi Harold
rispuntò di nuovo.
-Non è stato carino il modo in cui hai chiuso la chiamata.-
-Beh, sarebbe stato meno carino dover stare li a menare mio cugino.-
Harold la guardò molto preoccupato.
-Non devi esporti a certe situazioni.- disse tenendo le braccia
conserte.
-Sì, si lo so... sono incinta ecc...- odiava quella
situazione.
-Non dovresti esporti a situazioni in cui puoi farti male o finire in
galera, a prescindere.- commentò Harold infastidito
-Comunque tranquilla, è normale che per ora la pancia non si
veda soprattutto considerando che è la prima gravidanza.-
Leshawna lo guardò storto.
-Non mi ero nemmeno posta il problema in realtà.-
“Vorrei pensarci il meno possibile onestamente.”
Mentre Harold insisteva per spiegarle, poco sinteticamente come al suo
solito, che era importante che invece monitorasse la situazione, si
accorse di una presenza alle spalle del ragazzo che la osservava con i
suoi occhietti grigi. Il minuscolo bambino sporgeva la testolina
castana da dietro la gamba dello zio. Appena si accorse di essere
osservato fece un timido gesto della mano per salutarla, poi corse via
dentro casa. Era sempre stato molto schivo e timido come la madre...
Harold prima di rientrare, si girò e le diede un'ultima
occhiata.
-Sono contento che tu stia bene... sul serio...- ripetè di
nuovo accennandole un sorriso teso.
“Perchè qualunque cosa cerchi di dirmi si
trasforma in domande e commenti sulla mia salute? Sta diventando
insostenibile...”
Ma anche Leshawna cercò di sorridergli. -Anche io sono
contenta che tu stia bene...- era molto magro e teneva una postura
storta, ma era così anche prima. Le sembrava particolarmente
pallido, ma probabilmente era colpa dell'autunno inoltrato, tendeva ad
acquisire e perdere colore facilmente a seconda della stagione. Anche
le occhiaie, era da qualche mese che le aveva, non dipendevano dalla
sua fuga. Si sentì sollevata.
Harold rientrò in casa, sentire Leshawna era stato un
sollievo. Era stato davvero preoccupato e non solo per il bambino e per
la poca attenzione e prudenza di Leshawna. Ma si era sentito anche
molto a disagio vedendola.
“Per quanto tempo ha intenzione di evitare la sua
famiglia?” non gli sembrava avesse dei cattivi rapporti con
loro, per quanto potesse comprendere un suo imbarazzo era un
atteggiamento inusuale. Non era mai stata il tipo da angosciarsi troppo
ma era da un po' di tempo, ben prima della gravidanza che gli era
sembrata strana, quasi malinconica e spesso di cattivo umore.
“Indipendentemente dal rapporto con i suoi familiari, la
memoria umana funziona così, se sei triste richiamerai
più facilmente ricordi tristi, con più
difficoltà ricordi legati ad altri stati d'animo... forse in
questo momento non riesce ad avere molti ricordi positivi dei suoi
familiari e non li vede come supporto, ma come figure ostili e
deluse... oltre a sentirsi in una situazione umiliante a quanto
pare...” cominciò provare una morsa allo stomaco.
“E... io? Come dovrei sentirmi?”
Non era mai andato d'accordo con i familiari di Leshawna. L'avevano
sempre visto come l'animaletto strano e fastidioso che a volte si
trovava nelle vicinanze della ragazza. Non era mai riuscito ad entrare
in confidenza con nessuno di loro. Non lo odiavano, ma decisamente non
lo rispettavano...
“Del resto sono il tizio con cui per sei anni ha avuto una
strana relazione di tira e molla con pause di mesi... non sono
esattamente elementi che ti fanno prendere sul serio...” non
era mai riuscito a staccarsi completamente da lei e anche la ragazza
tornava a cercarlo. Erano prima di tutto amici e Leshawna aveva di suo
un rapporto complicato con le relazioni quindi l'aveva sempre un po'
giustificata quando aveva un comportamento contraddittorio nei suoi
confronti.
Negli ultimi due anni avevano avuto una relazione più
stabile, avevano anche cominciato a convivere... più o
meno... Quando, con poco entusiasmo, si era trasferito in un
appartamento per stare più vicino l'università,
la ragazza aveva cominciato a passare più tempo da lui che a
casa propria. “Comincio a chiedermi se non lo facesse
più per problemi a casa di cui non mi aveva mai parlato che
per altro... Sono sempre più confuso sulla nostra...
“relazione”... Spero si decida a tornare a casa
presto. Non posso rimanere qui per sempre, per ora sono utile, ma mio
cognato mi odierà... Ritrovarti a casa il fratellino di tua
moglie non deve essere proprio il massimo...” Era un uomo
tranquillo, un po' più piccolo di Celia, ma si sentiva a
disagio nei suoi confronti. Sospettava di non piacergli anche se non
gli aveva mai accennato niente del genere. Anche questo lo motivava a
cercare di rendersi il più utile possibile in casa, non
voleva essere il parassita da cacciare.
“Eh... Forse sto diventando un po' paranoico... e... e se lei
rimanesse nel mio appartamento e dovessi ritornarci?”
pensò angosciato. “No... non voglio ricascarci...
Mi sembra di essermi umiliato abbastanza, no? Sono stanco! Lei non
riesce mai a tenere in considerazione i miei sentimenti e... davvero
non ne posso più, subisco sempre il contraccolpo peggiore
fra i due! E... e ho paura...” si era sentito molto male a
causa di tutta quella situazione, era una cosa che non voleva ripetere.
“Però non è che se stiamo a contatto
debba per forza ricascarci e dovremo per forza stare vicino se avremo
un bambino...” deglutì “Ma non voglio
rivederla ora, non sono pronto!” si sentiva come se avesse
qualcosa di incastrato in gola, respirava sempre peggio e cominciava ad
avere la vista appannata come se stesse per avere un mancamento.
“No, non ora...” si costrinse a a controllare il
respiro, prese in braccio la gatta e si distese sul divano tenendola
sulla pancia.
-Scusami Kunoichi...- disse carezzando la testa della gatta fulva. Lei
lo osservò con gli occhi socchiusi e assonnati. In teoria
non apprezzava essere presa in braccio, ma con l'età si era
fatta più docile. Se così non fosse stato non
avrebbe potuto portarsela in una casa con un bambino piccolo che
cercava di abbracciarla, rincorrerla e tirarle orecchie e coda, ma da
giovane era stata un animaletto piuttosto feroce...
-Uh... stai male ancora?- domandò Riff avvicinandosi con
carta e matite.
-Emh... già...- sospirò Harold.
-Se non ti stendi, cosa succede?- domandò curioso.
-Potrei perdere l'equilibrio, svenire...-
-Uh... non ho mai visto qualcuno svenire...- disse molto interessato.
Harold sorrise, gettò un braccio all'indietro,
inclinò un po' il collo e cercò di simulare uno
svenimento scenico. Lui e il bambino ridacchiarono.
-Magari avrai l'occasione di vedermi svenire quando ci saranno mamma e
papà in casa, ma in questo momento non posso permettermelo.-
-Ok... ma Kuni che c'entra?- Harold ci pensò.
-Kunoichi... Mi fa sostegno morale.- Il bambino pensò di
sedersi bruscamente davanti la gatta in corrispondenza del plesso
solare dello sventurato ragazzo. Harold fece un suono strozzato.
-Ahi!- esclamò. Spostò il nipote e lo mise
giù mentre Kunoichi ne approfittò per svignarsela.
-Riff... non puoi sederti così sopra una persona!- disse
massaggiandosi.
-...No sostegno morale?- chiese Riff confuso.
-Mi daresti più sostegno facendo il bravo.-
-Lo sono sempre!- protestò il bambino.
-Sì, si lo so. Fai un ottimo lavoro infatti.-
sospirò carezzandogli la testa. Il bambino si convinse, poi
gli punzecchiò la pancia.
-Il bambino quando esce?- Harold lo guardò perplesso.
-Non... non c'è un bambino... il bambino c'è l'ha
Leshawna...- “Probabilmente non è neanche tuo,
siete sempre stati prudenti...” odiava quando gli arrivavano
quei pensieri, ma ormai era quasi abituato “Prudenza o no, la
sfiga esiste... non mi chiamavano lo sfigato, del resto?” non
avrebbe mai pensato che quella parola potesse rassicurarlo in qualche
modo.
-Ma mamma dice che sei incinta... E mamma non dice mai le bugie!-
affermò punzecchiandolo con insistenza.
-E' per prendermi in giro perchè continuo ad avere vertigini
come una donna incinta...- sospirò. -Per essere incinta devi
essere una donna... E della cicogna che mi dici?-
-E' una bugia!- rispose infastidito. -Ho visto donne con la pancia
grossa e dicevano che c'era il bambino dentro... se il bambino sta
dentro la pancia, non può averlo la cicogna!-
spiegò infervorato. Harold non potè non
sorridergli, gli ricordava lui da bambino. -Forse mamma qualche bugia
la dice...- ammise.
Mentre il Riff disegnava, Harold venne incuriosito dal colore del
sole... il bambino lo aveva fatto rosso. “Se non è
un sole che tramonta, di solito i bambini lo fanno giallo...
chissà perchè proprio rosso...” il
rosso era il colore a matita meno consumato, Riff non sembrava
favorirlo... a giudicare dallo stato delle matite, sembrava preferire i
colori freddi... verde, verde acqua, azzurro, viola...
“Il rosso è un colore che mette in allarme...
è il colore del sangue... e... della rabbia? Forse lei prova
del rancore nei miei confronti...” riflettè
Harold. “Posso permettermi di dedicarmi allo studio
perchè l'affitto per il momento può pagarmelo mia
madre... e che si tratti di scuola o università non ho mai
avuto grossi problemi... dall'esterno sembro il genio che non deve
neanche sforzarsi...” pensò irritato
“Lei invece ha inizialmente tentato di distribuirsi fra
lavoro e studio e aveva le migliori intenzioni... peccato sia rimasta
sempre più indietro, si sia sentita sempre più
scoraggiata... ad un certo punto era come se il solo aprire il libro la
angosciasse. Sembrava stesse sviluppando quasi una fobia...”
ricordò Harold “Ma ci ha provato lo stesso, ad un
certo punto ha deciso di dedicarsi solo a quello, ma ha continuato a
non andare a parare da nessuna parte... quella scelta mi ha comunque
stupito. L'ha fatto perchè si sentiva in competizione con
me?” ricordava che si innervosiva spesso quando lui sembrava
non capire i suoi problemi, le ricordava quando aveva esami, di
studiare. Sembrava infastidita dal fatto che a lui, almeno in
apparenza, venisse tutto facile. Sentì di nuovo il bisogno
di stendersi “Facile? Ho un'ottima capacità
mnemonica, ma è uditiva... Quando si tratta di studiare dai
libri non sono avvantaggiato. È solo che sono stato abituato
a stare sui libri per ore... non sono un cheater, mi sono impegnato...
mi sono sempre impegnato!” gli sembrò di essere
ancora a scuola e di doversi giustificare con i suoi bulli e compagni
di classe. Fece un respiro profonde. “Se Leshawna me lo
chiede glielo dico...” si appuntò “Mi
dispiace per lei... non credo che riuscirebbe a comprendere quanto...
ma avrebbe potuto chiedermi di aiutarla... o forse lo avrebbe trovato
imbarazzante?”
Harold si rese finalmente conto di star solo facendo congetture, non
sapeva se Leshawna davvero provasse risentimenti per lui. Per quanto in
quel momento gli sembrasse più che plausibile, forse era
solo influenzato dalle sue emozioni. “No, non avrò
mai il coraggio di chiederlo...” si rese conto. “In
ogni caso... se aveva prima rancore nei miei confronti... se il bambino
è mio, potrebbe... ah, anche se a livello inconscio deve
odiarmi! No, no basta congetture...”
-Riff... perchè il tuo sole è rosso?- chiese al
bambino. Riff lo guardò confuso poi indicò fuori
dalla finestra.
-E' rosso, vedi?-
-G-giusto... è il tramonto...- sospirò -Scusa era
una domanda stupida, come ho fatto a non pensarci?- sorrise.
-Zio è stupido...- commentò innocentemente Riff.
-E il sole sembra... il rosso dell'uovo! Mi piace!- continuò
il bambino -Sarebbe bello mangiarlo... un rosso di uovo gigante...-
disse osservando l'astro con interesse.
-Già... ma magiare tanto rosso potrebbe farti male alla
pancia.- Harold gli pose la mano sopra il capo. -E non guardarlo
troppo, potrebbe farti male alla vista... Vuoi finire mezzo ciecato
come il sottoscritto?- scherzò.
-Oh... preferisco no...-
Angolo dell'autrice.
Finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa... troppe idee, ma troppa
poca testa per sedersi a scrivere... Questo è un tema che ho
provato ad accennare più volte, ma non ne sono mai uscita
soddisfatta quindi ci riprovo, magari è la volta buona! O
forse no...
Spero che questo primo capitolo possa piacervi e che la storia possa
interessarvi, una vostra opinione fa sempre molto piacere. Mi scuso per
eventuali errori.
-Con kunoichi si intende un ninja di sesso femminile. Mi sembrava
adatto come nome.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo secondo ***
Leshawna non era riuscita a provare niente per i primi sette giorni da
quando l'aveva scoperto. Non le era possibile pensarci seriamente, come
se non stesse accadendo a lei e non fosse reale. Lo era diventato solo
quando si era decisa a parlarne con Harold... l'aveva presa bene, era
svenuto...
Non era un evento così innaturale, lo aveva visto perdere i
sensi alcune volte nel corso di quei sei anni, ma l'aveva sempre
inquietata, anche se lo prendeva in giro come se in qualche modo
potesse dissuaderlo da “quell'atteggiamento”, come
dipendesse dalla sua volontà... Magari era svenuto
appositamente per sfuggire al problema? Altamente improbabile che
avesse imparato a svenire a piacimento o simularne uno così
bene.
Forse per dirglielo avrebbe dovuto aspettare un altro po', Harold in
quei giorni sembrava più strano del solito. Era molto
nervoso e lei pensava che cercasse di nascondere di avercela con lei
per qualche motivo non identificato, ma poteva anche essere solo una
sua impressione.
Senza che lei se ne accorgesse, il ragazzo aveva riaperto gli occhi e
si era seduto a gambe incrociate pensando silenziosamente. Era tesa ma
aspettò che parlasse.
-Ormai è fatta, ma ci inventeremo qualcosa...- rispose
pacatamente con un sorriso nervoso.
-Cosa?- C'era qualcosa che la turbava nella calma con cui l'aveva presa
Harold.
-Beh, non è il momento migliore per avere un bambino. Per il
momento non possiamo fare a meno di appoggiarci alle nostre famiglie,
anche se sto per finire con la triennale avrei bisogno della
specializzazione, ma prima o poi avremmo...-
-No, non ho mai detto che avrei mai volto bambini.- lo interruppe.
“E perchè dai per scontato che voglia
tenerlo?!” non se l'era davvero chiesto nemmeno lei in
realtà, quando provava a farlo era come se i suoi pensieri
si oscurassero e le impedissero di riflettere.
-Quindi... non lo vuoi?-
Sussultò, l'aveva colta impreparata. -Si.- rispose
impulsivamente evitando di guardarlo. -Ma è irritante che tu
l'abbia subito...-
-Davo per scontato che l'avresti specificato se era il caso...- si
giustificò.
-Giusto...- “Se era il caso, mi avresti odiata...”
-Non ho particolari problemi di salute, né fisica,
né mentale... non è frutto di un trauma, quindi
devo tenerlo...- disse dura.
Le sembrò che Harold la guardasse con sospetto -Va bene...-
si limitò a risponderle a disagio.
Entrambe le famiglie sembravano essersi adattate alla situazione dopo
lo shock iniziale... a parte lei, credeva che sarebbe impazzita. I suoi
le stavano addosso, Harold era spaventosamente apprensivo e si era
fatto più sensibile ai disturbi psicosomatici.
L'aveva quasi sposato... quasi...
Non sapeva cosa le fosse preso, non riusciva più a
ragionare... di nuovo...
Non aveva pensato di lasciare Harold, voleva solo evitare il
matrimonio. Non pensava neanche di ferirlo, lui l'aveva fraintesa...
giusto?
Ma decise di non chiarire. Aveva sempre sentito come se ci fosse
qualcosa di sbagliato in loro e ultimamente il ragazzo si era fatto
davvero soffocante. Aveva sentito il forte bisogno di distaccarsi
almeno da lui.
Tornando in città si rese conto che probabilmente aveva
fatto una cosa inutile. Sarebbero comunque dovuti rimanere in contatto
per il bambino... Si era pure rivolta a lui per nascondersi
temporaneamente dal parentame arrabbiato e ora si trovava nel suo
appartamento da sola... Sarebbe stato più facile occuparsi
di un bambino in due, come coppia. Non erano buoni motivi per rimanere
sentimentalmente legata a qualcuno, forse. Ma tendeva alla via
più pratica quando era lucida.
“Questa volta non posso rimangiarmi tutto.”
cominciò a dubitare anche delle sue ragioni. “Che
non abbia voluto chiarire subito perchè mi sentivo stupida a
dirglielo... qualcosa del tipo... Hey, il fatto che ti abbia
abbandonato all'altare non significa che non voglia stare con te...
cos'è che te l'ha fatto pensare, scusa?” rise
imbarazzata. “Davvero stupido... ma non è andata
davvero così... spero...” sospirò
“Non sono più sicura di niente... o forse
è colpa della lontananza. Non vederlo per un po' mi ha fatto
scordare perchè non riuscivo più ad averlo
intorno e...”
Detestava stare lì da sola. Si sentiva così
inutile, si scordava di dover bere e mangiare. Non aveva voglia di fare
niente e in quella situazione nessuno l'avrebbe presa per un impiego...
aveva paura di essere condannata al nulla, per un bel po'... Si chiese
se c'era qualcosa di utile che potesse fare... “Devo
parlargli...” pensò infastidita. Non aveva nulla a
che fare con loro come coppia, ma c'era qualcosa di cui dovevano
discutere. Si sentiva in colpa all'idea di cercare di sfuggire alla
situazione in quel modo, ma non era per il suo bene.... Si giustificava
pensandola così.
-Ecco...- si trovava nella cucina di Celia, lei e Harold avevano preso
due sedie e si erano seduti l'uno di fronte all'altra “Di
nuovo, avrei dovuto prepararmi il discorso prima!” Si era
scordata di quanto si sentisse a disagio nei confronti di Harold, non
ci era abituata. Ma non era l'unico problema, si sentiva osservata.
Decise di temporeggiare.
-Sono venuta perchè volevo farti le condoglianze per
Kunoichi...- Harold era scioccato mentre accarezzava la gatta sulle sue
ginocchia che sembrava guardarla storto... in realtà
sembrava guardare storto chiunque, sempre... “Almeno questa
volta ha un buon motivo.” -Ma vedo che sta bene... mi ero
sbagliata, non trovandola in casa tua, credevo fosse passata a miglior
vita...- mentì.
-Mwroooo...- commentò l'animale con voce graffiante.
-Leshawna... sul serio, di che cosa volevi parlarmi?- disse
Harold moderatamente esasperato. Lei indicò irritata la
porta dietro di lui.
Il ragazzo si girò e sussultò. Poi
guardò meglio l'occhio e i lunghi capelli castani che
sbucavano da dietro la porta socchiusa. Sentendosi scoperta, la sorella
del ragazzo se la svignò.
“Tale madre, tale figlio...” pensò
Leshawna, Riff le aveva giocato uno scherzetto simile due giorni prima.
-Mi considera ancora come un bambino...- sbuffò Harold.
Mentre Kunoichi scendeva per seguire Celia... si sentiva abbandonato.
-Beh, sei “il fratellino minore”- lei sorrise
comprensiva. -Avete tipo... cinque anni di differenza, per dei bambini
sono tanti, nella sua testa è normale che tu sia rimasto
impresso come bambino.- almeno in questo le veniva facile comprenderla.
-Strano...- commentò Harold un po' stupito. -Non mi
è mai sembrato che voi andaste tanto d'accordo... comunque
sono nove anni, non cinque anni...- Leshawna rimase stranita.
-G-giusto... sembra minuscola...-
-Non è tanto più bassa di te, non che tu sia
molto alta.-
-Non era in quel senso...- c'era qualcosa di strano, infantile e
inadatto in quella donna “Eppure anche lei sembra essere in
grado di adattarsi a un contesto familiare...” forse questa
consapevolezza avrebbe dovuto tranquillizzarla un po' ma in quel
momento aveva solo l'esito di infastidirla.
-Ok... allora, che cosa volevi?- chiese Harold un po' più
confidente. -Ma... In realtà c'è prima una cosa
che volevo dirti io, se me lo permetti...-
-Ok...- concesse senza dispiacere.
-Credo che sarebbe una buona idea se provassimo ad esercitarci per
convivere da separati in casa...- propose osservando le proprie dita
intrecciate.
-...Che?- sussurrò tra sé e sé
Leshawna. -Come, scusa?- ripetè più forte,
incredula. -Due giorni fa non volevi neanche parlarmi al telefono...
neanche di uscire di casa per parlarmi ti andava ed ora... e poi
com'è che ti è venuta questa idea, scusa? Non so
neanche se mi piace!-
-Sicuramente potrebbe non funzionare, ma potremmo almeno fare un
tentativo. Se riuscissimo a convivere pacificamente sarebbe
più conveniente per il bambino e più facile per
noi occuparcene. O almeno credo...- nemmeno lui appariva
proprio sicuro della sua idea, mentre per quel che riguardava Leshawna,
pensava di potersi riabituare ad Harold e forse a breve termine sarebbe
stato utile averlo a disposizione, la sua presenza l'avrebbe potuta
tenere abbastanza in tensione da non lasciarsi andare. Non sopportava
quando diventava apprensivo, ma in quel periodo, visto la pausa che si
era preso per aiutare la sorella, probabilmente avrebbe dovuto studiare
molto e loro due pur condividendo gli spazi non avrebbero potuto
parlarsi più di tanto, solitamente andava così.
Ma sarebbe stata una situazione sostenibile a lungo termine? Inoltre...
-Per te sarebbe davvero tutto a posto? Riusciresti a stare tranquillo
con me in giro? Mi sei sembrato abbastanza...-
-Tornare con te è fuori questione.- la interruppe mettendosi
sulla difensiva.
-Non è questo che intendevo.- precisò
fulminandolo con lo sguardo.
-Comunque... premettendo che non voglio tornare con te...-
“E questo lo hai già detto...”
-Mi sembra che come conoscenti che si supportano siamo sempre
funzionati abbastanza bene...- “E forse saremmo dovuti
rimanere così...” si disse il ragazzo.
“Un po' tardi per pensarci” -Inoltre... ci ho
pensato e non credo che per un bambino sia l'ideale essere spedito
avanti e indietro come una missiva postale fra casa di mamma e casa di
papà.-
“Perfetto, te lo cedo volentieri, perchè non lo
tieni tu?” si trattenne dal dirlo ad alta voce, ma era per
quello che era venuta lì. Però c'erano troppe
cose che non le quadravano e non poteva essere sicura che non avrebbe
cambiato idea, o almeno ci sperava...
-Perlomeno con me non ha funzionato, per niente bene.-
continuò Harold dopo un lungo momento di silenzio.
“Ah... giusto...” Leshawna per diverso tempo era
stata convinta che il padre del ragazzo fosse o morto o per qualche
motivo non rintracciabile, magari scappato, chissà dove.
Anche quando ne aveva saputo di più, aveva preferito non
fargli domande a riguardo. Chiunque fosse l'uomo, non l'aveva mai
incontrato, a quanto ne sapeva viveva in un'altra regione, ma
sospettava che non fosse in buoni rapporti con Harold o la madre del
ragazzo, mentre entrare nella testa di Celia... era impossibile...
-Quindi, i tuoi non sono sempre rimasti che tu e tua sorella restavate
da tua madre mentre tuo fratello con tuo padre?- Harold scosse la testa
infastidito.
-Si sono separati quando avevo quattro anni e visto che ero il
più piccolo hanno provato a
“condividermi”- si fece ancora più
infastidito. -Ovviamente mio padre abitava ancora nei dintorni
all'epoca... ma non funzionò lo stesso...-
sospirò. -Non sentivo come se avessi davvero una casa mia...
non toglievo mai le mie cose dallo zaino perchè tanto ogni
tre, quattro giorni avrei dovuto cambiare casa e soffrivo molto i mezzi
di trasporto, ogni tragitto era un un incubo... c'erano giorni in cui
sentivo una specie di mal di mare per tutto il giorno... era come se
tutto intorno a me si muovesse e galleggiasse anche una volta uscito
dalla macchina... lo so che sembra assurdo!- si difese preventivamente.
-Poi quando ho cominciato le elementari è andata pure
peggio. Scordavo spesso libri e quaderni fra una casa e l'altra...
può sembrare molto, molto stupido...- disse imbarazzato. -Ma
non ho mai davvero imparato a organizzarmi con i libri e non
è che i miei mi fossero tanto d'aiuto. Se è
possibile mio padre era anche più distratto e incurante di
me, non sembrava gli importasse realmente darmi una mano, mentre mia
madre fu più sincera e disse chiaramente che dovevo
cavarmela da solo... Poi visto che il mio rendimento scolastico faceva
già schifo, la maestra cominciò a suggerire che
potessi avere vari problemi d'apprendimento. Mio padre accolse subito
la tesi... cominciò a comportarsi come se fossi stupido
anche se non è questo che si intende con disturbi
dell'apprendimento...- ricordò esasperato. -Mia madre invece
intuì che probabilmente non dipendeva realmente da me. O
forse non voleva accettare che fossi tipo... difettoso? Non so...-
Harold tornò a guardare Leshawna, si era scordato che fosse
lì in un certo senso. -Ehm... il punto è che non
andò affatto bene!- concluse imbarazzato. -Può
darsi che fossi poco adattabile, già da piccolo. Non
è detto che vada davvero in modo così disastroso,
certo... ma vorrei provare a percorrere una strada differente, se non
ti dispiace. Se non funziona torneremo indietro, tutto qua.- Leshawna
lo guardò ancora dubbiosa, era molto scettica, abbastanza
sicura che non potesse durare, ma... sul breve periodo le sarebbe stato
utile... sembrava meschino pensarla in quel modo, doveva convincersi
che fosse un idea valida.
“Tanto peggio di così... perchè non
provare a seguire la sua idea.”
-Ok...- sospirò lei. -Si può provare, se ne sei
convinto.- Harold annuì sollevato. Sembrava abbastanza
rilassato nei suoi confronti in quel momento e anche lei si sentiva
più tranquilla. -Mi spiace per la situazione con i tuoi
genitori, non me ne avevi mai parlato...-
-Non era un segreto o niente del genere, solo che non avevo motivo di
parlarne...- disse un po' teso. -E' che non mi sento in colpa per mio
padre, non ci riesco... sono un figlio degenere forse.- ammise.
Osservò Leshawna come volesse un suo parere, ma lei distolse
lo sguardo.
“Meglio un figlio che non riesce ad affezionarsi a un
genitore, che viceversa.” ma non lo disse al ragazzo. -Eri un
bambino e non ti trovavi bene, tutto lì... forse avrebbero
potuto gestirla meglio, o forse non c'era niente da fare e non era una
buona situazione per te.-
-Nnn... Non è così semplice...-
confessò Harold. -Una volta capitò che mi
scordassi i medicinali per l'asma... da piccolo ci soffrivo
moltissimo... comunque, ebbi un attacco proprio mentre ero da mio padre
e lui non sembrava avere la minima idea di cosa fare. Ci mise anche un
po' a capire cosa mi stesse accadendo... ah...- anche se per un breve
momento, Leshawna ebbe l'impressione di sentire una specie di risata
nervosa. -Rimase a osservarmi mentre temevo di soffocare e chiedeva a
mio fratello cosa doveva fare, che medicinale mi serviva, se era il
caso che chiamasse mia madre... se si sarebbe arrabbiata... il tutto
con tono molto tranquillo, non prendeva minimamente sul serio la
situazione.- granò gli occhi mentre continuava a guardarsi
le mani che sembravano cercare di arrampicarsi l'una sull'altra, come
due pallidi ragni. Harold sembrava quasi ipnotizzato dai loro
movimenti. -Non ha mai preso niente sul serio se si trattava della mia
salute, per lui erano tuuutte esagerazioni di mia madre...-
sospirò sonoramente. Poi abbassò le mani e
tornò a guardarla. -Non ricordo più nulla di quel
giorno, ho perso i i sensi, poi non so più nulla... dissi
tutto a mia madre e da quel giorno vidi mio padre raramente... non
venni più affidato a lui e...
In realtà per me fu anche un sollievo... non mi sentivo a
mio agio nei suoi confronti e penso che il sentimento fosse del tutto
reciproco... Sai, ho fatto pure un test del DNA per assicurami che
fossi effettivamente suo figlio... magari poteva essere una spiegazione
del perchè non gli piacessi...
Puoi anche considerarmi uno spione, se ti va. Mio fratello mi detesta
per questo.- guardò Leshawna con rassegnazione.
Lei ricambiò lo sguardo perplessa.
-Meh... Eri solo un bambino piccolo e spaventato...- “Lo
sembri ancora un bambino spaventato...” -Scaricarti la colpa
è stupido, sia da parte tua che di tuo fratello. E se non
riesci ad essere affezionato a tuo padre, beh... non puoi mica
forzarti! Non capisco davvero perchè ti fai tutti questi
problemi inutili, davvero!- disse un po' scocciata.
Harold sembrava abbastanza stupito, abbassò lo sguardo e
arrossì. Sorrise leggermente.
-Certo, uno spione come te, non sarebbe sopravvissuto a lungo dalle mie
parti.- doveva prenderlo in giro, a volte era più forte di
lei e in quel momento ne aveva particolarmente bisogno...
-Lo so. - rispose pacificamente. -Non sempre mi so adattare agli altri
e alle circostanze, non mi piego facilmente... Sicuramente, sarei
schiattato.- disse stiracchiandosi e alzandosi momentaneamente.
-Ti avrei protetto io.- affermò Leshawna facendogli perdere
l'equilibrio per un momento. Harold si rimise seduto evitando
palesemente di guardarla. -Non era per provarci, l'ho detto solo
perchè probabilmente sarebbe andata così...
Beh... prima ti avrei sicuramente picchiato almeno una volta... Sai
essere insostenibile.- sorrise quasi affettuosamente.
-Ok... grazie?- rispose incerto. -Tu invece di cosa volevi parlarmi?-
-Uhm... tu sei interessato a occuparti di questo bambino, giusto? E non
mi sembra ti dispiaccia in un certo senso...-
-B-beh... Occuparmi di Riff non si è dimostrato un problema
fino ad ora... un bambino più piccolo richiede
più attenzione però credo di potercela fare.-
-Sì... nonostante sia un imprevisto, sei abbastanza positivo
sulla situazione, giusto?-
-Non avevo mai riflettuto sull'eventualità di avere dei
figli, ma sì... non la vedo come una tragedia... ecco...-
lei non gli era sembrata proprio dello stesso avviso fino a quel
momento e non sapeva bene come gestirla. -Almeno per questo sono... un
po'...- “Felice... No, non è la cosa migliore da
dire...”
Nel mentre anche lei rifletteva, forse parlarne con Harold la
facilitava in qualche modo.
“Al momento sento che non potrei in alcun modo occuparmene,
ma potrei cambiare idea... e non voglio pensare al caos che si
genererebbe nella mia famiglia se il bambino fosse solo affidato ad
Harold... Però...” osservò
con attenzione il ragazzo magrolino che aveva di fronte.
-Leshawna, è tutto a posto?-
“L'altro fratello... Cecil o qualcosa del genere, non lo
conosco, ma sia Harold che Celia... sembrano così deboli...
Lei non lo so, ma lui finiva all'ospedale spesso da piccolo... anche
Riff non ha un aspetto molto resistente... se il bambino somigliasse a
loro, sarebbe costantemente malaticcio? Ed io come diavolo lo dovrei
gestire! Ho già problemi quando a stare male è
Harold... Che... cosa diamine dovrei fare?”
-Ehi?- alzò lo sguardo e si ritrovò Harold a
qualche centimetro dal viso che la osservava preoccupato.
Istintivamente si spinse all'indietro e rischiò di
capovolgersi sulla sedia, fortunatamente Harold la trattenne.
-S-sul serio, che ti prende?! È tutto a posto?-
-Certo, sono un po' stanca e non dormito bene, tutto qua...- rise
nervosamente lei. -Lo so che non dormire non mi fa bene ecc...-
sbuffò.
-Ok...- Harold la guardò storto.
-Ero semplicemente venuta qua per accertarmi di come la pensavi e per
mettermi in ordine qualche idea... comunque, sono contenta che tu sia
abbastanza tranquillo per il bambino, non abbia problemi per la
paternità e cose del genere.- Harold sembrò un
po' a disagio.
-Beh... in realtà... non vorrei essere per qualcuno quello
che è stato mio padre per me... anche per questo vorrei
provare a coabitare e darti una mano.- confessò grattandosi
il viso. -Non so se sarò davvero capace di essere un buon
padre o perlomeno decente, ma provarci sarà meglio di
niente.-
A Leshawna venne un po' da ridere, si alzò e pose le mani
sulle braccia del ragazzo.
-Tranquillo.- sdrammatizzò. -Tanto la parte di tuo padre
l'avrò io.- a giudicare dalla smorfia che aveva sul viso,
Harold non riusciva a vederci alcun lato divertente.
-Se posso chiedere, se lo sai...- cominciò la ragazza. -Come
mai i tuoi si sono lasciati?-
-Lui era un po' fedifrago, a quanto ne so.- rispose Harold. -Se non
stiamo insieme posso dirtelo tranquillamente.-
-...Eh?-
-Nel senso...- sospirò Harold. -Metà del mio
patrimonio genetico dipende da lui, no?-
-Non capisco il punto, essere inclini al tradimento è
ereditario o qualcosa del genere?- chiese scettica.
-Beh... potrebbe... perchè no?-
-Considerando le circostanze del matrimonio dei miei genitori, io
potrei non essere figlia di mio padre, dovrebbe significare qualcosa?-
disse non prendendo le preoccupazioni del ragazzo sul serio.
-Tu e lui vi somigliate moltissimo, non mi preoccuperei di questo.-
Harold sorrise, forse per rassicurarla. La ragazza ghignò.
-Non so come dovrei prenderla visto che sembri terrorizzato da lui.-
-Non sono terrorizzato...- rispose infastidito. -Non ho un parere
negativo su di lui anche se sembra testardo e un tipo che trascura
ciò che gli sembra poco importante... Solo che non gli
piaccio affatto. Quindi trovo più saggio evitarlo, tutto
qua.-
-Ok... ma sai, anche se non fosse mio padre, per me non farebbe la
differenza. È quello che mi ha cresciuta, sopportata,
supportata e... gli voglio bene.- affermò sicura. -Tutti i
problemi che ci si fa sui genitori biologici, io davvero, non capisco.-
-Quindi suppongo tu abbia avvertito lui e la tua famiglia che sei
tornata, giusto?- la guardò con sospetto.
-Non ancora, ma lo farò.-
-Io non ti capisco...- affermò lui con le mani ai capelli.
-Harold, guarda che non è un problema grosso come credi.
È dalle medie che non faccio altro che sparire senza dire
niente, ormai nessuno si spaventa più.-
Quell'informazione, era per Harold, meno strana di quanto avrebbe
voluto...
Durante il primo anno di liceo, tutto ciò che sapeva di
Leshawna era che si trattava di una tipa sempre distratta a scuola che
di tanto in tanto spariva.
Inizialmente Harold aveva pensato potesse soffrire di qualche problema
di salute così un giorno si era avvicinato a lei per
chiederglielo.
-No... è solo che non mi va di essere qui. Così,
a volte, ho bisogno di delle luuunge pause.- gli aveva risposto
annoiata, seduta sul muretto nonostante fosse già iniziata
da un pezzo la lezione. -Tu invece? Che ci fa un bravo e diligente
bambino come te fuori dall'aula?- chiese saltando giù con
poca grazia con un sorriso da stregatto sul volto.
Harold indietreggiò un po' intimorito. -Dovevo andare in
bagno e ti ho vista qui...- aveva risposto il ragazzino evitando il suo
sguardo.
Lei immaginava che mentisse, si era accorta che il piccolo quattrocchi
dalle orecchie a sventola l'aveva osservata per un po' attraverso la
finestra della sua aula. Pensava fosse uscito per andare a parlarle o
forse era la sua visione egocentrica della situazione.
Gli posò una mano sul capo. -Su, su, torna a lezione da
bravo bambino.- lo esortò.
Harold la guardò di traverso sentendosi preso in giro, il
suo modo di porsi non gli piaceva per niente. -E' quello che dovresti
fare anche tu.- rispose infastidito voltandole le spalle.
-Sono una visuale molto interessante, lo so... sicuramente
più di una lavagna, ma sai, dovresti concentrarti
più su quella.- aggiunse Leshawna.
Harold arrossì e balbettò qualcosa, poi disse
più chiaramente, probabilmente dopo aver fatto qualche prova
fra sé e sé: -N-non ti consiglio di metterti su
un piedistallo così alto, dubito fortemente che possa
reggerti! E cadendo potresti farti molto male!- le aveva fatto una
linguaccia poi era corso di fretta dentro l'edificio, forse immaginando
che l'avrebbe inseguito. Ma quel giorno si sentiva troppo pigra per
occuparsi di inseguire il topino.
Indagò un po' di più su di lei. Nonostante il
numero di assenze e la sua attenzione a scuola, non sembrava affatto a
rischio bocciatura. Chi la conosceva dalle medie diceva che era sempre
stata fatta in quel modo, ma non aveva perso anni. Era notevole... non
aveva comunque un rendimento alto, ma rapportato al contesto era
impressionante. Non si applicava, ma era apparentemente molto
sveglia... Meritava un po' più di attenzione...
-Aspetta un attimo... i tuoi sapevano quando rimanevi da me, giusto?
N-non sono stato il complice delle tue fughe da casa negli ultimi anni,
vero?- chiese riemergendo dai suoi pensieri.
-La complicità non è forse molto importante in
una coppia?- gli rispose divertita.
-Bene... certo che i tuoi mi odiano...- Harold non potè fare
a meno di risponderle con un sorriso amaro. Il modo in cui lei sembrava
trovarsi nuovamente a suo agio nei suoi confronti lo rendeva irrequieto.
“Per lei è di nuovo tutto normale? Dovrei essere
contento... non avrebbe senso chiederle di condivide gli spazi se
dovessimo stare a detestarci ventiquattro ore su ventiquattro, ma
allora... perchè mi sento così? Mi sento male
solo io per la nostra rottura? Sta nascondendo il suo stato d'animo?
Forse da per scontato che visto che le ho proposto io di abitare
insieme, per me ora sia tutto passato... ma l'ho fatto
perchè mi sembra la scelta più logica per il
bambino e perchè non mi fido a lasciarla da sola in questo
momento...” il ragazzo sospirò.
“Facciamo finta che sia... un rapporto professionale... lei
è... una paziente? Oppure siamo colleghi e... dobbiamo
condividere un appartamento e... osservare lo stato della sua
gravidanza... in seguito badare al bambino... o alla bambina...
Sì, rapporto professionale, freddo rapporto professionale...
evviva! Ho detto rapporto professionale! Perchè questa mi
sta abbracciando?!”
-Hai un mancamento?- la voce gli uscì stranamente stridula,
Leshawna gli stava anche calpestando un piede.
-No... è che... non ci vediamo da un po'... mi sembra una
cosa normale...- disse alzando la testa mentre lo teneva saldamente
intrappolato.
-No...- intervenne una vocina mentre qualcuno cercava di fare forza per
spostarli. Guardando in basso videro Riff. -Mamma ha detto no... troppo
vicini è no!- ripetè il bambino cercando di
separarli.
I due si scambiarono uno sguardo confuso poi si allontanarono un po'
l'uno dall'altra.
-Eh... ciao Riff...- disse Leshawna. Il bambino sembrò non
sentirla. Harold si inclinò un po', per guardarlo meglio
mentre tornava a osservarli da dentro la credenza. -E' diventato
sordo?- si chiese Leshawna.
-No... ha dei tappi nelle orecchie.- spiegò Harold. -Forse
Celia l'ha fatto per mantenere la nostra privacy.- ipotizzò
mentre Leshawna tornava a guardare incredula nella direzione della
credenza. -O forse per non fargli sentire cose inadatte alla sua
età...-
“Quella donna! Quella donna non è
normale!” pensava Leshawna mentre si massaggiava le tempie.
-Quindi siamo rimasti che torniamo a vivere insieme per ora o perlomeno
ci proviamo?- chiese conferma Leshawna. Harold annuì con un
espressione molto tesa. -E tu... sei sicuro che questa cosa ti vada
bene, vero?- chiese di nuovo.
-Sì, mi sta bene...- sbuffò Harold. -Non sono
stupido, non te lo chiederei se non fosse così...-
Angolo dell'autrice:
Sarà il caldo, sarà l'influenza negativa che ha
sul sonno (autunno e primavera sono le stagioni migliori!) ma
ultimamente la mia dislessia si fa sentire sempre di più
(sono sul serio dislessica, non è una battuta.) se word non
segnalasse gli errori non voglio sapere cosa ne uscirebbe fuori... e
già così, ho paura del risultato... mi scuso in
anticipo...
Mi piacerebbe aggiornare più frequentemente, ma ultimamente
sono stata molto impegnata. Non so quanto possa interessarvi la storia.
Alla fine scrivo quel che mi interessa e piace scrivere, ma spero che a
qualcuno di voi possa effettivamente piacere e interessare
ciò che scrivo.
Grazie per aver letto fin qui, se volete darmi un pare, sono a vostra
disposizione come al solito.
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Capitolo 3 *** Capitolo terzo ***
L'ex cucciolo umano era strano... Fischiettava mentre le versava la
pappa, ma non sembrava un fischiettare allegro.
Da quando, il giorno prima, l'invasore femmina si era presentato, era
irrequieto. Forse temeva che si ripresentasse. -Mwrooo.- “Se
ritorna, Kunoichi si occuperà di cacciarla.” la
benevola e nobile Kunoichi rassicurò il debole umano, la
volta precedente non si era ritirata... si era solo ricordata di avere
altro da fare, ovviamente...
-Non hai molta fame... Qualcosa che non va?- l'umano le
grattò il mento con un'espressione preoccupata,
sembrò meno sospettoso quando lei si mise col muso sulla
ciotola. L'umano cominciò a canticchiare a voce bassa.
-Cerco un centro di gravità permanente... che non mi faccia
mai cambiare idea, sulle cose... e sulla gente... na nanna na...-
finì di cantare e sospirò. -Senza cambiamento non
c'è vita, tutto scorre... Però sarebbe
bello avere almeno qualche punto di rifermento, sai?- l'umano
intrecciò le dita fra i capelli con fare rassegnato mentre
Kunoichi osservava. -Ah scusa... non ti senti tranquilla a mangiare se
ti fisso... Beh, non ti frego i croccantini, tranquilla.- sorrise e si
allontanò.
Harold non poteva più fidarsi delle sue percezioni, ormai.
Se, qualche giorno prima, l'idea anche solo di vedere Leshawna lo
mandava nel panico, ora non gliene fregava più niente... La
fuga della ragazza lo aveva reso “leggermente”
instabile... La sua mente era vittima di fastidiosi sciami sismici. Non
poteva costruirsi delle idee, farsi i conti e cercare di capire cosa lo
faceva stare male, cosa gli era d'aiuto e cosa era importante, che la
sua mente avrebbe tremato distruggendo e mutando tutto. In particolare
quando si addormentava era certo che l'indomani, qualunque cosa avesse
pensato il giorno prima, sarebbe stata invalidata... il suo cervello
approfittava del sonno per modificare tutto senza che lui potesse avere
alcun controllo.
Quando era riuscito a confessarsi con la sorella, lei aveva cercato di
essere positiva. Secondo la donna, stava riordinando le sue
priorità e si stava adattando alla situazione...
“Non sono io! Non lo sto facendo io!” aveva urlato
internamente, ma non gli andava di sentire discorsi sull'illusione del
libero arbitrio di cui era perfettamente a conoscenza ma che non
avevano mai pesato tanto su di lui come quei giorni.
Non voleva che le cose che aveva considerato fondamentali perdessero
completamente ogni valore e sentiva di essere preso in giro quando
diventava apatico a qualcosa che un momento prima lo disturbava o
spaventava.
Stava perdendo pezzi e nulla aveva più senso. Era solo un
burattino che subiva emozioni negative e disconnesse senza una
logica... sopratutto ora che non doveva essere più
preoccupato per Leshawna e il bambino, visto che sapeva dove si
trovavano.
Ma provare dolore era rassicurante in un certo senso... quando smetteva
di essere triste prevalentemente provava il nulla... provare qualcosa,
anche se spiacevole, era comunque una sensazione migliore di non
sentire niente... sentire dolore voleva dire essere vivo, dispiacersi
significava essere in grado di attribuire valore a qualcosa.
Forse se si trovava in quello stato d'animo doveva evitare di prendere
decisioni come coabitare con il fattore scatenante della situazione. Ma
si era presentata proprio quando era riuscito a concentrarsi abbastanza
da formulare quel piano, quel tempismo sembrava significare qualcosa...
Se si era temporaneamente trasferito da Celia per aiutare con Riff e la
casa era assurdo non attuare lo stesso comportamento con Leshawna, era
suo dovere e non voleva essere assente come suo padre, nonostante non
avesse mai sofferto della sua mancanza... forse...
Alla fine tenersi occupato preoccupandosi di aiutare qualcun altro era
un vantaggio per il suo umore, in teoria... ma c'era un altro fattore
che aveva metabolizzato solo qualche ora dopo che Leshawna se ne era
andata... Credeva di star diventando apatico alla sua presenza, ma
l'essere abbracciato gli aveva provocato un dolore intenso... Si era
spaventato all'inizio, ma forse, se dosata, la vicinanza della ragazza
gli avrebbe impedito di perdere le emozioni. Il dolore era solo un
piccolo prezzo da pagare.
Probabilmente anche quella trovata avrebbe perso la sua efficacia dopo
poco, ma era troppo eccitato dall'aver trovato una specie di soluzione
per pensarci seriamente.
Celia aveva provato a spiegargli che non stava perdendo le proprie
emozioni, ma soffrendo di depressione e c'era una causa. Era convinta
che si sarebbe trattato di un semplice fenomeno passeggero, non doveva
essere così spaventato.
Ma Harold sentiva che se non avesse fatto niente per prendere
controllo della situazione tutto sarebbe degenerato...
-Harold, possiamo parlare?- fece un uomo dai capelli scuri e gli occhi
grigi.
-Arthur?- Harold squadrò perplesso il marito della sorella.
-Ok... di cosa vorresti parlarmi?- Sentiva puzza dello
zampino di sua sorella...
-Allora, per quanto riguarda il tuo progetto di tornare a vivere con
Leshawna...-
-Non torneremo una coppia.- specificò sulla difensiva.
-Si, ok...- sospirò l'uomo. -Ma non pensi che sarebbe meglio
se vi facesse una nuova vita per conto vos...-
-E' incinta.- l'ho interruppe.
-Già, ma hai pensato all'influenza che avrà
l'avere una coinquilina fissa sulla tua vita privata?-
-E' incinta...- ripetè il ragazzo. Arthur sperava che la
diminuzione della velocità nella risposta fosse un segnale
buono. -E non sono positivo sulle probabilità di trovarmi
un'altra ragazza, non mi interessa nemmeno.- se il suo interlocutore
fosse stato Celia, non l'avrebbe scampata visto che la mancanza di
interesse rientrava nella depressione, non era una reale
argomentazione. -Lei invece non è particolarmente
compatibile con le relazioni stabili. Per questo è sempre
tornata con me, non per altro... Rimanevo disponibile indipendentemente
dal suo comportamento scostante.- disse con amarezza.
-Ah, ma siete giovanissimi.- ricordò Artur divertito,
terribile strategia... -Capirei la tua scelta se foste una coppia sulla
mezza età, ma per due ragazzini...- peggiorava di frase in
frase, ma sembrava preso dal proprio discorso. -Capisco che
è la tua prima ragazza e siete stati in una situazione da
tira e molla per anni. Alla tua età è
comprensibile che l'idea di essere indissolubilmente legato a qualcuno
sia consolante, ma non è applicabile alla realtà
e...-
-Non. È. Questo.- lo interruppe scandendo con chiarezza ed
esasperazione le parole. -Il. Motivo... Che! Diamine! C'entra?!- Arthur
indietreggiò un po' confuso.
-Vaaa bene!- in scena entrò Celia, portandosi Arthur da
parte, mentre il fratellino li inceneriva con lo sguardo. -Che diavolo
fai? Ti avevo chiesto di parlargli da uomo a uomo, non di buttare la
cosa in un “tu ragazzino, con motivazioni infantili, ora ti
spiego io”!- sussurrò Celia con voce rauca,
esprimere un urlo mantenendo bassa la voce era un martirio per la gola.
-Ma... è vero...- rispose ingenuamente Arthur. -E' troppo
giovane per optare per una coabitazione con una ex... dovrebbero
staccarsi...-
-La verità ha un'importanza relativa, moolto relativa, in
diplomazia.- gli fece notare.
-Guardate che vi sento...- sussurrò Harold apparendo alle
loro spalle. -E non sono uno spettro. Non è colpa mia se so
essere particolarmente silenzioso.- sospirò con una punta di
orgoglio vedendoli sussultare. -Potreste farmi almeno provare a vedere
se questa cosa funziona, per favore? Vorrei essere presente come padre
e magari avere una coinquilina a cui non sono sentimentalmente legato
potrebbe essere positivo. Se poi sarà un problema per la
nostra vita privata, si vedrà...-
-Eh... quindi tu saresti capace di separarti completamente dal punto di
vista sentimentale da Leshawna e conviverci comunque... eh?- chiese
scettica.
-Sottovaluti la mia capacità di razionalizzare.- sorrise
fiducioso. Celia non si convinse, sarebbe stato più facile
se lui stesso non l'avesse messa al corrente del suo stato emotivo e se
le sue doti attoriali non fossero state così altalenanti.
-Beh... suppongo che trattenerti contro la tua volontà
sarebbe sequestro di persona... lo è?-
-Lo è.-
-Lo è, amore!- confermò Arthur, allegro. Harold
starnutì... forse era diventato allergico alle coppie.
-Ok... ma se dovesse presentarsi qualunque problema, fatti consigliare
e non esitare a tornare sui tuoi passi.- gli disse severa.
-Potrai controllare il mio stato quando vorrai, del resto
continuerò a farti da baby sitter per un po'...-
-Bravo fratellino, ma... quand'è che torni a studiare? Devi
sbrigarti...-
-Posso farlo anche mentre bado a Riff, non è un grosso
problema.- la rassicurò.
-Tesoro, potresti lasciarci soli?- chiese Celia al marito facendo
prudere il naso del fratello.
“Dai, non posso essere allergico anche a questo,
ora!”
Arthur si avviò verso la porta non proprio dispiaciuto.
-Comunque...- si fermò un attimo. -Se ci fosse qualche
problema, potremo ospitarti di nuovo.- sorrise. Harold si
sentì un po' in imbarazzo, in fondo era un uomo molto
gentile, si era sbagliato ad essere così diffidente e
paranoico nei suoi confronti. -Sei praticamente un figlio, ormai.-
Celia sgranò gli occhi castani colmi d'orrore e raggiunse
l'uomo.
-Perchè?!-
-Beh... lui e tuo padre non vanno d'amore e d'accordo così
ho pensato...-
-Ha ventidue anni, non dodici! Non è granchè per
un ventiduenne sentirsi trattato come un bambino e sei troppo giovane
per essere una figura paterna!-
-Ah... 'Lia, non ho proprio idea di come gestirlo un ragazzino
problematico...- sospirò rassegnato l'uomo.
-Pff... E' una fortuna che abbiate ancora tempo prima che Riff diventi
adolescente.- disse Harold ridendo con le lacrime. Era inutile, la
cucina era troppo piccola per parlare in privato. -S-scusate... il mio
umore è un po' strano ultimamente...- balbettò
ridendo e piangendo. -Non c'entrano gli ormoni della gravidanza,
finitela con questa battuta!- li guardò male preventivamente.
-Non avevo ancora detto niente... perchè fa
così?- sospirò Arthur.
-E'... timido...- gli disse Celia.
-...Timido?-
-Non sono timido!-
-Beh, le persone timide non sono sempre tenerelle...-
-Oh, lo so bene.- Le sorrise Arthur. Celia si sentì un po'
troppo osservata.
Una volta andato Arthur, passò un bicchiere d'acqua al
ragazzo per quietarlo un po'.
-Non mi veniva da piangere.- cercò di controllare il respiro
mentre la donna lo osservava con sospetto. -Non capisco cosa mi sia
successo.- forse non dandogli importanza sarebbe apparso meno strano,
del resto poteva capitare di ridere e piangere incontrollabilmente.
-Somigli un po' alla mamma, sai.-
-La mamma non ha mai pianto...- obbiettò Harold, Celia si
limitò a sorridergli dolcemente. Poi guardando Kunoichi
rimasta ad osservarli disse:
-Non prenderà bene che tu voglia lasciarla qui, anche se
temporaneamente.- Harold guardò preoccupato la
gatta. -Potresti portartela...- gli suggerì -Il toxoplasma
lo potrebbe prendere mangiando carne cruda e infetta mentre Kunoichi
non caccia da anni...-
-Mi ha portato un uccellino morto solo ieri. Non posso sapere se
mangiucchia animaletti, se si limita a ucciderli per gioco o a
regalarmeli...-
-Ah... forse dovremmo farle fare dei controlli... Ma per essere
contagiata da Kunoichi, Leshawna dovrebbe perlomeno entrare in contatto
con le sue feci, basta che sia tu ad occuparti della lettiera.-
-Beh, dubito che Leshawna muoia dalla voglia di pulirla... ma, non
so...- sospirò Harold accovacciandosi di fronte Kunoichi.
-Ehi, Kunoichi... non mi farai come Argo, vero?- chiese Harold
carezzandole la testa.
-A Leshawna restano sei mesi di gravidanza, mentre Ulisse rimase per
mare decenni... Non è un paragone appropriato, rilassati...
Kunoichi è più in salute di me a momenti- gli
pose una mano sulla spalla.
Il tragitto in macchina si stava rivelando più naturale del
previsto, ma forse, la causa era che Harold si sentiva male. Era tutto
molto più facile se era vulnerabile. Leshawna si
sentì un po' in colpa a fare quella considerazione.
Cominciava a fare freddo e non sapeva se poteva effettivamente aiutarlo
con la nausea, anche se ne era convinto, ma... -Puoi aprire il
finestrino.- gli disse. Vide nello specchietto che il ragazzo
chinò leggermente il capo per ringraziare. -E' la mia
impressione o il tuo mal d'auto sta peggiorando?-
-Non ci sono più abituato, sono settimane che riesco a
evitare queste scatole infernali...- si giustificò. -Te lo
avevo detto che potevo venire in bici, non c'era bisogno che mi venissi
a prendere...-
-Uhm...- l'idea di una persona maldestra come Harold in bici in mezzo
alle macchine non le piaceva affatto... ma era anche vero che lei
stessa aveva dei brutti trascorsi con le bici quindi guardava la
situazione con più apprensione.
Non aveva mai voluto una bici, la prima che aveva provato l'aveva
rubata a dieci anni da un idiota che infastidiva sua cugina. Dopo
diverse cadute si era vendicata sulla bicicletta, buttandola
giù da una scarpata.
Il secondo incontro ravvicinato con la temibile bicicletta era stato
quando una fulva squilibrata con cui andava a scuola le aveva offerto
un passaggio sul mezzo... a scuola non erano mai arrivate. La pazzoide
le aveva fatte sfrecciare fra le macchine in contro senso. Non
contenta, Izzy, si era diretta fuori dalla città ed aveva
cominciato a fare slalom fra gli alberi di un boschetto, alla fine si
erano impantanate in una palude. Probabilmente una delle ore peggiori
della giovane vita di Leshawna. “La palude c'era... mi chiedo
cosa mi ha trattenuta dall'ucciderla e nascondere in
corpo...” scherzi a parte, era stata troppo traumatizzata per
infuriarsi con Izzy in quella situazione. -E' normale che alle donne
incinta venga spesso in mente l'omicidio?- chiese a voce alta. Harold
la guardò con sospetto.
-Aspetta almeno che ti abbia vomitato in macchina prima di fantasticare
di uccidermi.-
-In realtà sei forse l'unico che può dirsi al
sicuro dalle mie fantasie omicide, sai?- scherzò Leshawna.
-Oh... grazie, credo?- mormorò Harold. -Strano, ricordo
diverse tue minacce alle superiori...- disse quasi con nostalgia, forse
la nausea lo rendeva davvero poco lucido.
-Erano perchè mi mettevi un po' in imbarazzo alle volte...-
-Il o la fortunata delle tue fantasie omicide, comunque?- chiede
incuriosito.
-Izzy...-
-Pff...-
-Cosa c'è di divertente?-
-E' che eravate inseparabili... certo che attrai persone strane...-
Leshawna si chiedeva se si stesse riferendo anche a se stesso.
-Sì... mi sembrava abbastanza attratta da te nonostante il
tuo mal sopportarla...-
-Ti senti meglio?-
-Più o meno...-
-Senti... non sono affari miei ma è passata dal tuo
appartamento una poliziotta...-
-La tua spasimante? Non ci provare, era li per tue notizie, io non ho
fatto nulla...- rise debolmente.
-Ah... neanche il fattore gravidanza e fuga la scoraggiano?-
sospirò -Ma è passato anche un vecchio
sospetto... non puzzava ma aveva un'aria disordinata e agitata, credo
fosse un drogato e voleva entrare per forza... ma tranquillo, l'ho
messo in fuga.- disse contenta del suo operato.
-Ah...- Harold ci mise un po' per ricollegare. -Non è un
drogato... almeno che io sappia... era solo agitato perchè
non capiva chi fossi e perchè ti trovassi là.
Sì, mi ha raccontato che l'hai minacciato con una pistola.
È una fortuna che abbia deciso di chiamare me prima che la
polizia.- disse quasi allegro mentre l'immagine della ragazza
nello specchietto appariva confusa. -Giusto, era mio padre...-
-Doveva comparire proprio ora?!- esclamò
imbarazzata. -Poteva spiegarsi invece di fare il sospetto... comunque
quanti anni ha?-
Harold ci pensò -Fra i sessantotto e settanta credo... ha
una decina di anni più di mia madre... Dal mio punto di
vista sono i tuoi genitori ad essere particolarmente giovani... tua
madre... aveva la tua età se non sbaglio, quando sei
nata...- era ovvio, ma Leshawna si sentì un po' a disaggio.
-La pistola era finta, vero?- chiese Harold con apparente leggerezza.
-...Tranquillo, la restituirò a mio padre al più
presto.- rispose con naturalezza.
Harold si tenette la testa -Potresti cercare un posto dove fermarti?
Ho... bisogno d'aria...-
Fortunatamente la strada non era affollata. Harold si
accovacciò rivolto a un cespuglio mezzo secco.
-Devi rovesciare?- chiese Leshawna raccogliendogli preventivamente i
capelli. Harold mosse la testa come avesse avvertito una scossa.
Fortunatamente la ragazza non stava stringendo, così i
filamenti rossi le sfuggirono con facilità dalle dita.
-Sembra di no, ma grazie...- rispose senza guardarla.
-Sono più corti...- riflettè ad alta voce.
-Abbastanza...- disse voltandosi, evitando movimenti bruschi. -Prima mi
arrivavano diversi centimetri sotto le spalle...- in quel momento le
toccavano appena. -Non hai molta attenzione per i dettagli.- sorrise
leggermente.
-Beh... li avrai accorciati mentre ero via quindi, non vedendoti per
diverso tempo non ho fatto caso al cambiamento.-
-Non hai neanche pensato che quel vecchio catorcio era mio.- disse
indicandole l'auto. -In realtà devo ringraziarti per averlo
rubato. Mi hai dato una scusa per non usare più la
macchina... è stato bello finchè è
durato...-
-Eh... le chiavi le avevo sempre io, guidavo quasi sempre io, quindi...
N-non intendevo rubarti l'auto è che non ho proprio
riflettuto sul fatto che fosse tua... del resto non ho riflettuto molto
quel giorno...- disse imbarazzata. -Per quello che vale, mi spiace per
tutto...- sospirò.
Harold stava studiando la sua espressione. -Ti spiace per come mi hai
lasciato o anche per...- mormorò -Niente. Mi sono ripreso...
Andiamo?- si alzò e si diresse alla macchina.
Prima di entrare nel condominio, Harold, rimase qualche momento col
braccio appoggiato al muro e la testa sopra di esso, aveva barcollato
un po' uscito dalla macchina.
-Forse sei tu a dover fare qualche controllo... mi sembri meno in forma
del solito...- gli disse avvicinando una mano.
Harold voltò leggermente la testa verso di lei -Non
è che di norma io sia...- sospirò e non
continuò.
-Non ho problemi col fatto che tu sia debole.- disse diretta.
Harold le sorrise debolmente. Non le piaceva che lo vedesse in quel
modo... del resto, chi vorrebbe essere considerato debole? Alcune
persone avrebbero odiato anche solo il fatto di essere guardati in un
momento di debolezza... “Ma per me... è
confortante sapere di avere qualcuno vicino quando sei in
difficoltà... anche se non fa nulla... anche se è
solo una presenza... Io... voglio che rimanga vicino a me... L-lo
voglio?” arrossì e tornò a guardare al
muro.
-Harold? Ehi... non è che ti è venuta pure la
febbre ora?-
Il ragazzo strinse le labbra infastidito. Guardò verso il
basso. -Che fai qua? Non è un po' tardi per essere ancora in
giro? Beh, spero che tu abbia compiuto il tuo obbiettivo...-
-Stai... stai anche delirando?- seguendo lo sguardo del ragazzo vide
che stava parlando ad una farfalla bianca che si muoveva appena.
“E' un insetto... non un cagnolino... perchè ci
parli?” Forse per lui non era così differente,
effettivamente Harold aveva avuto diversi insetti come animali
domestici... delle formiche rosse, qualche mantide, una lumachina che
secondo lui le somigliava e che non avrebbe voluto fosse chiamata
insetto... una volta si era messo ad allevare bruchi per poi liberarli
quando diventavano farfalle. L'ultima volta era andata male e da
qualche bozzolo erano uscite delle vespe che avevano parassitato i
bruchi e si erano nutrite dei poveracci mentre stavano dentro il
bozzolo. Ci rimase davvero male, ma si riprese dopo qualche giorno.
“Alla fine le vespe non sono cattive... lo fanno per
sopravvivere... beh, neanche quei poveri bruchi lo erano...”
le aveva detto. “Però sono contento per Derzio,
anche se era diventato una crisalide da poco, si muoveva molto poco
rispetto ai fratelli... temevo che non sarebbe riuscito a terminare la
metamorfosi o sarebbe uscito inadatto alla sopravvivenza, invece ne
è uscita davvero una splendida farfalla...”
Leshawna non sapeva neanche che le crisalidi si potessero muovere,
invece quando Harold le aveva posizionate si erano messe a
“scodinzolare” come dannate.
-Ti porto in un bel posto...- disse mentre raccoglieva con attenzione
la farfalla. Leshawna lo guardò interrogativa. -Voglio
metterlo in un vaso... del terriccio con le piante mi sembra un luogo
piacevole dove trascorrere gli ultimi momenti per un insetto...-
Leshawna rimaneva sempre un po' perplessa per i ragionamenti
sentimentali di Harold, avevano sempre cozzato con l'essere un genietto
fissato con scienza e matematica dal suo punto di vista.
In ascensore il ragazzo riprese a parlare -Giusto... stai lontana dagli
escrementi dei gatti randagi...-
-Eh?-
-Uhm... forse sarebbe meglio che stessi lontana dai randagi in
generale...-
-Cosa farei senza di te! Starei già a collezionare cacche e
accarezzare cani con la rabbia e tante malattie!- rispose infastidita.
-...Mi spiace.- disse e tornò con l'attenzione alle proprie
mani messe a coppa per la farfalla. -In alcune culture le farfalle
vengono viste come spiriti... cosa ne pensavano quando morivano o
venivano uccise? È così facile uccidere uno
spirito? Gli spiriti muoiono?- riflettè di punto in bianco.
-Beh, gli antichi non sono mai stati molto razionali.- la ragazza
sorrise bonariamente. -Anche tu non sei così razionale a
volte... con tutte le tue credenze varie.-
-No...- disse Harold davanti la porta di casa. -Non c'è
niente al di fuori della materia... il corpo umano è solo
una macchina e le sensazioni sono frutto di reazioni chimiche...- disse
vuoto. Conosceva la biologia anche prima, ma in quel momento, sentire
il proprio cervello come difettoso rendeva quella realtà
esclusivamente fisica più tangibile. “Siamo il
nostro cervello... se viene danneggiato anche la personalità
della persona può cambiare, non si scappa... se il cervello
muore la persona muore, non esiste l'anima. Nulla si crea e nulla si
distrugge? Certo... infatti il nostro materiale organico si
decomporrà e andrà a fare parte di altri
organismi e della terra, ma noi come entità... cessiamo di
esistere...” il pavimentò sembrava tremare, ma
osservando Leshawna capì che non tremava davvero, il suo
corpo gli stava giocando un brutto scherzo di nuovo... a volte poteva
percepire il sangue scorrere su e giù per le gambe, il corpo
pulsare... quando si manifestava, questa nuova
ipersensibilità gli dava l'impressione che tutto intorno a
lui tremasse, la situazione peggiorava quando era a letto...
“Non è colpa tua... sono io così debole
da essermi lasciato danneggiare, ma mi riprenderò
vedrai...” pensò come se stesse sfidando qualcuno,
non sapeva neanche lui chi. Lei lo studiava silenziosamente.
Era dispiaciuta... non era mai stata credente, li prendeva anche in
giro, tanto per... senza cattiveria... prendeva bonariamente in giro
pure Harold, con tutte le sue idee spirituali anche se indipendenti da
una vera e propria religione. Ma... gli dispiaceva sentirlo parlare in
quel modo... non ci credeva lei, ma gli faceva piacere che almeno lui
potesse credere a qualcosa e si mettesse a punzecchiarla quando non era
rispettosa verso qualche credo.
-Eh... apriresti la porta?- chiese Harold risvegliando entrambi dai
propri pensieri. -Ho le mani occupate...-
Angolo dell'au...
Harold: Prima le note; Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si... Dunque:
-Ad essere canticchiata è la canzone “Centro di
gravità permanente” di Battiato.
-Il toxoplasma gondii è un microrganismo che causa la
toxoplasmosi. In un soggetto sano, solitamente non si manifestano i
sintomi o si manifestano come semplici sintomi influenzali. Ma
è pericolosa per soggetti debilitati e donne incinta potendo
causare; aborto, morte del feto, malformazioni e lesioni cerebrali.
Nonostante abbia procurato una brutta fama ai gatti, le
probabilità che l'infezione venga trasmessa tramite gli
escrementi di un gatto domestico è bassa.
-L'autrice precisa che è agnostica, neutra sia sui credenti
che sugli atei. La penultima parte è concentrata sulle
percezioni di una persona con l'umore depresso non devono essere prese
come un giudizio contrario alla spiritualità o qualcosa del
genere. In realtà anche una persona tranquillissima
può pensare in modo materialista, non c'è nulla
di male, l'importante è non imporre il proprio pensiero agli
altri e... l'acqua è bagnata. Ma... è una
precisazione necessaria?
Anown: Non ne ho davvero la minima idea... ma per sicurezza, sempre
meglio mettere le mani avanti.
Angolo dell'autrice:
Descrivere stati d'animo irrazionali è difficile... spero
non risulti tutto troppo strano, confuso e/o noioso.
Come al solito, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, spero che la
storia vi stia piacendo.
A presto!
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Capitolo 4 *** Giorno uno ***
Harold posò la farfalla moribonda dentro
un vasetto di medie dimensioni. Le mise vicino qualche fiore appassito,
ciò che rimaneva della povera aster.
-Morta sola, io non c'entro.- si discolpò Leshawna.
La vittima era una pianta erbacea dai fiori blu tendenti all'indaco,
simili alle margherite ma con petali più sottili e numerosi.
L'imputata era accusata di... non lo sapeva nessuno dei due e il
ragazzo non l'aveva accusata esplicitamente, ma l'aveva guardata di
traverso dalla scoperta della piantina passata a vita migliore.
-Molto sospetto... planticida...-
-Ma per favore! È sopravvissuta a Kunoichi che cercava di
mangiarla. Per ammazzarla,cosa avrei dovuto fare? Forse non stava bene
nel vaso o... forse è che non sei stato a casa per settimane
e la pianta è rimasta senza l'acqua per troppo tempo...-
-Sono tornato ogni tanto per occuparmene... oltre che per controllare
che nessun senza tetto avesse approfittato della mia assenza, visto
ciò che è successo ai vicini... tu invece, l'hai
annaffiata?-
-E' una domanda trabocchetto?- era abbastanza soddisfatta di averlo
scoperto. -Se rispondo di si, l'ho annegata, se dico di no l'ho fatta
morire di sete...-
-Ok, lascia stare, caso archiviato...- rispose svogliatamente, era
insolito che mollasse l'osso con tanta facilità.
Il ragazzo guardò il vaso con malinconia, la farfalla aveva
ormai smesso di muoversi. Leshawna lo osservò mentre cercava
di mettere in piedi uno dei fiori. Forse doveva essere una specie di
piccolo monumento funebre. -Forse... sarebbe carino se prendessi
un'altra piantina da mettere nella stessa terra, una sorta di riciclo
di materia organica...- commentò a voce alta e si
allontanò dalla ragazza con fare nervoso.
A lei venne il dubbio che il motivo di quella che le era parsa
ostilità non fosse la defunta aster. Ma considerando la
situazione, a comportarsi in modo strano era lei, magari.
-Vuoi che ti aiuti con i bagagli?-
-No, faccio da solo. E... potresti smetterla di starmi addosso, per
favore? Anche prima mentre sistemavo il vaso... mi sei stata attorno
tutto il tempo fissando... come se ti aspettassi di sbloccare qualche
evento...- disse come stesse parlando di un videogioco. -Se devi dirmi
qualcosa potresti sbrigarti? Ho sempre apprezzato il tuo essere
schietta...-
-Ah, scusa... è solo che sono un po' stanca quindi, vedimi
un po' come uno zombie che vaga vicino al primo cervello che ha a
disposizione.-
Harold la guardò sospettoso -Ok... effettivamente, hai delle
belle occhiaie...- commentò distogliendo lo sguardo,
sembrava non poter mantenere a lungo il contatto visivo. Poi
sparì nella camera da letto/soggiorno. Con il bagno,
l'appartamento era di tre stanze.
Il ragazzo non riemergeva da un po' così Leshawna
andò a controllare e lo trovò seduto sul
divano-letto dal lato del muro con un volume in mano, nell'altra una
matita che faceva ruotare nervosamente e sulle ginocchia vari fogli in
disordine. Alzò brevemente lo guardo verso di lei, poi
tornò a sottolineare.
Una vista fastidiosa per Leshawna. Era stupido, ma vederlo studiare la
bloccava, si sentiva in difetto. In teoria era ancora iscritta in
sociologia e, nonostante di facciata avesse rinunciato, si era portata
i libri dietro... libri che non era riuscita a tenere aperti per
più di qualche minuto per poi buttarli a terra frustrata
visto che non riusciva a concentrarsi.
Non riusciva a studiare, ma non era riuscita neanche a cercarsi un
lavoro mentre era... in quella condizione... ed Harold a causa dei suoi
episodi di svenimenti e vertigini sempre più comuni aveva
perso il part-time... “Chissà se la situazione si
è sistema mentre ero via...” ma non si sentiva a
proprio agio a chiederglielo, almeno lui qualcosa di utile la stava
facendo.
Poteva essere il momento peggiore per provare, esporsi ad un confronto
era una pessima idea, ma decise di tirare fuori da sotto il divano uno
dei suoi libri dell'università, quale fosse non era
importante. Si sedette all'altra estremità del divano.
“Ok, mettiamoci a lavoro...” deglutì.
-Posso aiutarti, se vuoi.- disse Harold incuriosito, spuntando vicino a
lei come dal nulla.
-No! Non ho bisogno del tuo aiuto, pensa per te!- l'apparente
aggressività non era voluta.
Harold sbuffò. -Senti, capita a tutti di avere dei periodi
di blocco e più si rimane fermi, più ci si sente
scoraggiati. Se in questa fase avessi bisogno di aiuto non ci sarebbe
niente di male, quindi se cambiassi idea sei libera di chiedere...-
disse diplomatico, ma Leshawna aveva i nervi a fior di pelle.
-Ho detto che non ho bisogno del tuo aiuto! Ti rendi conto che
è ridicolo? Non vado più a scuola!-
-Stai reagendo in modo illogico...- sentenziò scoraggiato.
Si alzò per spostarsi a studiare in cucina.
Guardò per un attimo fuori dalla finestra. “E'
ancora là...” c'era una vecchia macchina verde
acido che girovagava nei dintorni, era abbastanza sicuro che non
appartenesse a nessuno del vicinato. “Magari sto diventando
un po' paranoico... prima o poi riuscirò collezionare tutti
i disturbi che un essere umano può avere, ci sarà
un premio per me?” pensò sdrammatizzando, poi si
sentì un po' in colpa. Avendo passato diverso tempo in
ospedale da bambino, sapeva che le cose potevano andare molto peggio.
Nonostante le avesse detto che non voleva che gli stesse addosso, non
vedendola più uscire dalla camera sentì il
bisogno di andare a controllare come stava.
Il libro era a terra e Leshawna era distesa, Harold andò ad
assicurasi della situazione inquieto. Stava dormendo, che si aspettava?
Tirò comunque un sospiro di sollievo. Poi
allontanò istintivamente gli occhi dalla ragazza. Da quando
erano entrati cercava di mirarla il meno possibile e, se proprio
doveva, guardare nella sua direzione senza concentrarsi sulla sua
immagine.
“Carina... sembra un orso addormentato...”
-Leshawna? Leshawna...- provò a chiamarla, la ragazza
ringhiò letteralmente. Harold incurante rimase al suo posto
pur allontanando lo sguardo di nuovo.
“Che razza di nodi... ma è andata in giro
così?” si chiese notando alcune masse sulla sua
testa... i suoi capelli non erano uniformi. Alcuni erano un po'
più lisci anche se spessi, altri erano incontrollabilmente
crespi e arricciati. Con l'umidità diventavano tutti
così, ma lei non li sopportava. Dovevano essere un casino da
gestire...
Harold provò a vedere se era possibile sciogliere i nodi,
lei emise un ringhio nuovamente “Glieli farò
notare una volta svegliata...” -Leshawna? Devi restare
sveglia e aspettare che sia sera per dormire, se vuoi rimettere in
ordine il tuo ciclo sonno-veglia.- lei aprì gli occhi per un
attimo, ma gli morse la mano. -...Ahi.- disse in ritardo,
più per la sorpresa che per altro. Leshawna mollò
la presa e si rimise a dormire. -Non scherzavi quando mi dicevi di
vederti come uno zombie...- commentò mentre si strofinava la
mano sulla maglietta.
-Non... ho le mani... abbastanza forti, devo contare sui denti...-
disse Leshawna più addormentata che sveglia.
-Ah si? A me sembra che tu abbia molta forza, invece.-
commentò abbozzando involontariamente un sorriso.
-Oh... giusto... ma quando ero piccola, non ne avevo molta...-
confessò continuando a non dare prove di
lucidità. -Una volta ho dovuto mordere al collo uno di
sedici anni che infastidiva una mia amica di undici... l'ho morso
così forte da fargli perdere i sensi...- rise brevemente.
-In realtà... è stata una tragedia... credevo di
averlo ucciso... non che me ne pentissi, ma... non mi andava di andare
in prigione a neanche dodici anni...-
-Forse gli hai provocato una contrazione nei muscoli che ha bloccato
momentaneamente il flusso di sangue dalla carotide.-
ipotizzò Harold.
-Tu non sembri molto forte... se qualcuno ti attacca... ricorda di
saltargli al collo e morderlo...-
-Come un cane?- sorrise nuovamente non prendendola molto sul serio.
-Esatto, un cane... i cani sono ottimi esempi... non voglio che ti
succeda qualcosa, quindi ricordatene...-
-Grazie... lo farò.- magari era strano che si sentisse
felice della preoccupazione della ragazza nonostante il modo in cui
fosse esposta. “Deve avere il sonno davvero
scombinato...” era abituato a sentire Leshawna parlare in
modo strano. A volte la trovava brutale, ma così era
cresciuta, non l'aveva mai turbato in modo spiacevole, al contrario...
“Ok, potrebbe essere problematico...”
Istintivamente le posò la mano sulla testa, poi la
ritirò come si fosse punto.
Decise di farsi due passi per schiarirsi le idee.
Uscendo trovò la vecchia macchina verde acido. Ora che
l'aveva davanti la riconosceva, ma il conducente non l'aveva ancora
notato.
-Signor Gardner, è qui per spiare sua figlia?- chiese
infastidito. L'uomo inizialmente ebbe un sussulto, poi lo
guardò arcigno.
Il padre di Leshawna non era imponente da alzato. Era piuttosto piccolo
per un uomo, ma aveva delle spalle ampie e un espressione poco
amichevole, a volte di presa in giro, perlomeno quando lo sguardo era
rivolto ad Harold.
Fra Russel Gardner e Harold McGrady il rapporto non era cominciato nel
migliore dei modi.
Quando, alla terza volta che Leshawna si portava dietro il ragazzo,
Russel si era finalmente degnato di notarlo, la figlia glielo aveva
presentato come suo ragazzo. La reazione dell'uomo fu quanto meno
bizzarra... piuttosto maleducata anche.
-Ah, ho capito.- affermazione che niente di buono lasciava presagire.
-Sei lesbica e non hai il coraggio di presentarmi la tua fidanzata,
così hai deciso di mettermi alla prova presentandomi 'sto
coso.- disse sotto gli occhi sgranati di Harold. L'uomo gli diede
un'energica pacca sulla schiena con fare allegro. -Mi spiace che ti sia
dovuto prestare al gioco.- gli disse Russel. Leshawna si mise a ridere,
prima di spiegargli effettivamente che non era uno scherzo.
Forse non era un buon segno per l'inizio di una relazione...
Anche la madre del ragazzo, non aveva avuto un approccio molto normale.
Era rimasta tranquilla ad osservare con attenzione la situazione le
prime volte, del resto la signora Agnes non era tipo da giudicare
così su due piedi... ma un giorno si era avvicinata ai due
dicendo: -Tu sei aggressiva e hai evidentemente dei pessimi freni
inibitori.- si era rivolta a Leshawna in tono neutrale. Non era sua
figlia quindi voleva essere una semplice constatazione. -Mentre tu,
provi una preoccupante attrazione verso chi è aggressivo e
potenzialmente pericoloso oltre ad avere una bussola morale non sempre
affidabile.- disse più critica rivolgendosi al figlio
minore. -Siete una combinazione potenzialmente problematica.- concluse
-Non voglio dirvi come agire, ma mi sembrava giusto darvi la mia
opinione.- scosse le spalle e dopo averli salutati pacificamente se
andò.
Leshawna, fu talmente presa alla sprovvista da non riuscire a
rispondere prima che la donna se ne fosse andata.
-Non ti odia, ha solo cercato di dare un giudizio e mia madre pensa
sempre a sottolineare tutto ciò che le sembra potenzialmente
negativo in modo... beh, negativo...- Leshawna l'aveva guardato
malissimo, forse come lui c'era rimasto male per il fatto che la
ragazza avesse riso quando il padre lo aveva ridicolizzato, lei non
aveva preso bene che lui non avesse nulla da dire in contrario a
ciò che aveva detto la madre.
Almeno dopo quell'episodio la donna era sempre stata abbastanza
disposta a conoscere meglio la ragazza... Era anche troppo curiosa per
certi aspetti... Russel invece aveva continuato a dimostrare che
l'avrebbe presa meglio se Leshawna gli avesse presentato una ragazza al
posto di Harold.
Stranamente, o forse no, i loro genitori sembravano andare
particolarmente d'accordo. Non fosse stato per la differenza di
età fra i due, Harold si sarebbe preoccupato un po'.
Almeno a Lupe, la madre della ragazza, Harold sembrava ispirare
simpatia, per quanto desse l'impressione di non prenderlo sul serio.
-Vuole salire per vederla?- chiese Harold più gentilmente.
-Non c'è bisogno. Quando vorrà vedermi,
verrà di sua spontanea volontà. Sono
più che sicuro del suo spirito di sopravvivenza, volevo solo
assicurarmi che fosse qui come pensavo.-
-E il fatto che si sia appostato nei d'intorni con un binocolo non
è affatto inquietante... potrebbe essere scambiato per un
maniaco...-
-Non devi dirmi tu come comportarmi, ragazzino. Se si lamenta qualcuno
spiegherò la situazione.- affermò sicuro di
sé.
-Perchè i padri che conoscono sono tutti così
strani?- si chiese fra sé e sé, Harold.
“Il mio non sarà una brutta persona, per quello
che so di lui, ma era molto negligente. Quello di Gwen, dopo il secondo
figlio è andato a prendere le sigarette e non è
tornato più. Il padre di Duncan sembrerebbe normale ma era
talmente severo e freddo col figlio da ottenere il contrario di quello
che avrebbe voluto che diventasse. I genitori di Heather non la
considerano... forse Arthur è normale ma aspetto che Riff
cresca per esserne sicuro... ed io? Io che cosa devo fare? ...Come mi
dovrò comportare?”
-Non ne hai uno, che ne sai di padri, tu?- ribattè Russel -E
guarda che Agnes è parecchio strana...- gli fece notare
improvvisamente allegro. La cosa, aggiunta al fatto che si riferisse a
sua madre per nome dava ad Harold vibrazioni negative. -Sempre a
sghignazzare malefica mentre parla delle disgrazie altrui.-
“Perchè il tatto tuo invece...” -Eh,
no... sghignazzare il più delle volte è un
segnale di nervosismo.- “Forse anche per questo sembra
così allegra nelle foto del suo matrimonio.” -Ogni
volta che è preoccupata, triste o infastidita, ghigna.-
“L'ho vista raramente manifestare tristezza in modo
normale...”
-Rimane poco normale... a proposito, io ed Agnes ne abbiamo parlato. Se
doveste decidere di sposarvi nuovamente non siamo interessati a
partecipare a 'sta farsa, non so lei, ma io personalmente della vostra
relazione instabile ne ho abbastanza...-
“Bello sapere che mia madre e suo padre confabulano alle
nostre spalle...”
-Quasi avrei preferito sapere che non era tornata da te...-
“Non stiamo più insieme se può
consolarla...” ma si trattenne dal dirglielo, non sapeva di
cosa avesse paura, ma gli sembrava un'informazione che gli si poteva
rivolgere contro. “Che tragga le conclusioni che
vuole...”
-Capisco che la nostra relazione le sembri strana.- “Non ha
funzionato infatti, forse lo nascondo solo perchè non voglio
darle ragione? Non lo so...” -Ma le dispiacerebbe spiegarmi
cos'ha contro di me?- gli disse con più trasporto di quello
desiderato. -Non spaccio, non sono mai finito in prigione o in un
riformatorio, non ho mai procurato ferite ad altre persone... perlomeno
non di proposito, a volte sono stato un po' maldestro e... ok, altre mi
sono dovuto difendere, ma insomma, non mi sembra di essere un pericolo
o un poco di buono!-
-Proprio questo è il problema...- sospirò Russel
infastidito. -Ok, dovrò essere crudele...- lo
avvertì. -Vuoi?- chiese quasi beffardo al ragazzo. Harold
rimase immobile ad aspettare, si pentì un po'.
-Sei patetico, appiccicoso ed emotivamente dipendente! Mia figlia
è sempre stata molto libera. Per lei un carattere come il
tuo è una disgrazia, ma non sei una cattiva persona, proprio
per questo viene difficile scacciarti senza sentirsi in colpa,
è un ricatto morale! Ora non è più
questo il problema... beh, certo, l'hai messa incinta!- disse mostrando
i denti minaccioso e aggrottando le fosche sopracciglia. -E poi... poi
c'è quell'imbecille di mio zio, che non poteva limitarsi a
schiattare normalmente, ma certo che no! L'ha allontanata dalla
famiglia ancora di più col suo stupido matrimonio, la sua
stupida eredità e la sua stupida putta-moglie!-
alzò la voce l'uomo liberando la sua frustrazione. Harold
rimaneva immobile, capo chino, viso imporporato e pugni chiusi. Un
odioso pidocchio, era come dare contro ad un piccolo stupido cane che
si limita a subire con la coda fra le gambe. Cos'era passato per la
mente di Leshawna? La conosceva davvero sua figlia?
Il ragazzo rosso rimuginò su cosa rispondergli mentre l'uomo
accendeva la macchina. Se se ne fosse andato e lui fosse rimasto muto
ci avrebbe ripensato per tutto il resto del giorno, magari anche per
quello dopo. Non poteva permetterselo... ma l'uomo stava già
andato... Le gambe di Harold ebbero uno scatto, decise di assecondarle
così raggiunse l'auto e ci saltò su appoggiandosi
sul parabrezza. Russel frenò sorpreso, ma il ragazzo rimase
in equilibrio posizionato con una raganella.
-Eh... prima vorrei dirle una cosa...- accennò il ragazzo.
Russel azionò i tergicristalli facendo togliere dal vetro le
mani del ragazzo, poi provò a fare altri passi con la
macchina e frenare, ma Harold non sembrava fare una piega. -Eh... Lo sa
cosa ho di positivo?- disse stranamente leggero in quell'assurda
situazione.
-L'essere incurante della tua sopravvivenza può essere
considerato come positivo?- ringhiò l'uomo.
Harold sorrise nervoso. -Il mio equilibrio... fa schifo! Ma proprio
tanto... però se sono in una situazione di tensione o
particolarmente concentrato diventa ott...- prima che potesse finire,
l'uomo ripartì e frenò bruscamente. -Ok, ammetto
che 'sta volta ho avuto paura...- disse Harold riuscendo a rimanere in
equilibrio. -Vuole davvero farmi cadere... rischiare di investirmi per
sbaglio?- Russel sembrò pensarci. -Uh... lo temevo.- il
sentimento di pericolo lo rendeva particolarmente loquace anche con
lui.
-Ciò che volevo dire è che io... magari
sarò dipendente, appiccicoso quello che vuole lei, ma le
assicuro che ho un lato positivo...- l'uomo sembrava molto poco
interessato, Harold pensava che probabilmente volesse riprovare a
buttarlo giù. -Sono comunque capace di stare per conto mio,
ci sono abituato e sto anche bene così.- “Bugia...
era così prima che Leshawna mi desse corda... ora... dovrei
rimparare...” -Mi irrita che una persona possa starmi intorno
per pena, se avessi mai avuto l'impressione che Leshawna l'avesse
fatto, l'avrei mandata al diavolo.- disse frustrato “Non
bugia... forse...” -Non è così che
è andata e...- “...e se Leshawna ha sempre avuto
dei moti di fuga dalla famiglia, si faccia due domande invece di
incolpare me o il morto!” forse doveva ringraziare la gola
secca e lo scemare dell'adrenalina. Magari non sarebbe sopravvissuto se
glielo avesse detto in faccia. E non sapeva neanche molto di come
funzionasse la famiglia di Leshawna, forse non era giusto che parlasse
in quei termini? Stava diventando stranamente sensibile all'argomento
familiare. “Lui invece dice peste e corna quando non sa
niente! Davvero niente...”
-Forse... visti i moti di... indipendenza di Leshawna dalla famiglia...
non potrebbe fare lei il primo passo e salire a vedere come st..?- la
macchina ricominciò a camminare, questa volta non sembrava
intenzionata a fermarsi così, Harold, per evitarsi una
passeggiata fra le macchine si buttò cercando di limitare i
danni prima che la macchina uscisse dalla zona del condominio.
-Com'è che non le piaccio quando sto zitto, ma neanche
quando parlo?!- tentò di urlare Harold ancora a terra con la
voce rauca a causa della saliva asciutta, poi tossì e si
rimise in piedi.
Provava una curiosa combinazione di euforia e vergogna, un po' per la
passata sensazione di pericolo, un po' perchè sentiva che si
sarebbe pentito più tardi di ciò che aveva detto
o fatto. L'imbarazzo a cui non era stato particolarmente sensibile in
adolescenza, per vendicarsi di essere stato ignorato, aveva cominciato
a fargli visita negli ultimi tempi per ficcare gli artigli in eventuali
piaghe approfittando del periodo di debolezza. “Quando
nascerà il bambino mi adatterò e
tornerà tutto alla normalità.” era una
speranza, ma la teneva stretta. All'improvviso cominciò a
vedere male e cadde mentre tutto si muoveva sotto di lui.
Intuì che le sue gambe dovevano aver ripreso a pulsare e
fremere al di fuori del suo controllo.
Sospirò seccato, ormai era annoiato dalla situazione, e
prese il telefono per chiamare Leshawna.
“Aspe'... perchè lo sto facendo? Voglio forse che
trasporti fin dentro casa o cosa?!” chiuse la chiamata e
sbuffò. “Però... sarebbe stato
comodo...” si riposò qualche secondo, nel mentre
che stava disteso sull'asfalto salutò pure una vicina di
mezza età che lo ricambiò con un sorriso forzato
e indietreggiando lentamente. Approfittando che fosse andata,
scalciò un po', per riprendere il controllo degli arti
inferiori. “Credo di aver dato abbastanza spettacolo per
oggi...”
Leshawna si svegliò dopo cena.
-C'è dell'insalata di riso in frigo.- fece presente Harold
seduto al tavolo mentre leggeva, questa volta per svago nonostante
tenesse comunque una matita per sottolineare.
Leshawna scosse il capo con gli occhi semi aperti. -No, temo di dovermi
rimettere a dormire per notte...-
-Ma da quant'è che non dormivi?- chiese Harold inquieto.
-Meh... ieri... avrò dormito tipo tre ore.- disse mostrando
quattro dita, pessimo segno. -E anche l'altro ieri non avrò
dormito di più... forse di meno...-
-E tu hai guidato in queste condizioni?- disse il ragazzo sgranando gli
occhi.
-Ehi! Finchè il sole è alto sono comunque
pienamente funzionante, infatti non ti sei accorto di niente!-
affermò ritrovando le energie. -Il problema è il
pomeriggio e non posso neanche bere il caffè.- disse
guardandolo storto.
-A parte che il caffè andrebbe preso moderatamente in
generale, rischieresti di vomitare, mi limito a sconsigliartelo. Non
è una cosa che ho stabilito io, sono innocente.-
-Ah, già... allora incolperò lo spirito santo.
Comunque... ti ho detto qualcosa di strano mentre... dormivo?-
Harold mostrò istintivamente la mano anche se non erano
rimasti segni. -Ti sei limitata a mordermi, tranquilla.- non sapeva se
avrebbe condiviso con lui volentieri l'aneddoto da sveglia quindi
preferì fare finta che non gli avesse raccontato niente.
-Ah... deve essere la gravidanza...-
-Ti sei informata dai film dell'orrore con donne che partorisco
l'anticristo o robe simili?- chiese lui divertito. -Non credo che il
bambino necessiti di carne umana.-
-Non si dice di fare attenzione agli animali con dei cuccioli?- chiese
infastidita. -Magari la maternità rende più
aggressivi.- espose con una certa sicurezza la sua ipotesi.
-Uh...- ci riflettè ma non disse nulla in proposito, si
ricordò invece di una cosa. -Tuo padre sa che sei qui
comunque...-
-Come?!-
-Dava per scontato che... se non ti eri diretta a casa ed eri ancora in
città, saresti tornata qui... e che io non avrei fatto una
piega...-
-Ma che diamine!- esclamò infastidita e imbarazzata.
-Sembrerò una barzelletta se pensano che sia fuggita per poi
tornare da te!- vide il ragazzo osservarla perplesso -Ed...
è proprio ciò che è successo! M-ma...
non è proprio come pensano!- sbuffò -Comunque...
non sono scappata da te, detta così suona male... ti voglio
bene e mi fido di te solo... eh...- “Eh... perchè
mi sono messa in questa situazione?” -Beh, ottima idea
togliere il lato amoroso della faccenda! Sono sicura che ora
andrà tutto meglio!-
-...Ok.- rispose Harold dopo un lungo silenzio, non gli andava di
mettere in dubbio la natura della loro situazione dopo aver preso
finalmente una decisione definitiva. -Comunque se mai dovessi
considerare mia madre pazza, ricorda che non era lei che si aggirava in
modo sospettosamente sospetto nei paraggi armata di binocolo...-
-Mai spacciato mio padre per normale...-
-E ha cercato di farmi cadere dalla macchina... forse anche di
investirmi...-
-Cos...-
-Comunque ho sempre cercato di tenerti mia madre alla larga quando la
vedevo troppo in vena di domande e osservazioni...- non era sicuro del
perchè volesse parlarne, anche se i loro genitori avessero
influito nel non far funzionare le cose, ormai era andata...
-Beh, anche io ho provato a tenerti alla larga mio padre quando mi
sembrava rabbioso, ma stavamo parlando di...-
-E tuo padre potrebbe essere interessato a mia madre. Tua madre
potrebbe ucciderli.-
La ragazza scoppiò a ridere. -E' troppo grande per lui e
poi, per quando possa apparire diversamente è molto legato a
mia madre... I nostri genitori sono due antisociali, è
normale che si trovino bene insieme, tutto qui.-
Il ragazzo accennò ad un sorriso, parlarne a voce alta aveva
già fatto sembrare il suo timore più stupido. Un
po' sorpreso, un po' sollevato, pensò che complessivamente,
nonostante tutto, era contento Leshawna fosse lì.
“Beh, c'è l'ho voluta io...”
Il ragazzo si alzò. -Dove vai?-
-Sul divano sto più comodo.-
-No, aspetta ti ho detto che volevo dor...- disse seguendo il ragazzo
nell'altra stanza. -Oh... merda è un divano-letto...-
mormorò osservando Harold seduto.
-Che c'è? Sì, è un divano letto...
questa è una stanza... all'interno di un'abitazione... io
sono un essere umano seduto su... oh merda, è un divano
letto!- realizzò -Non ci ho pensato, è l'unico
posto per dormire... non c'è neanche un altro divano...-
Leshawna sospirò -Va beh, non sarà la fine del
mondo.- rassegnata abbassò il letto incurante del ragazzo.
-Da Celia ho una brandina, potrei andare a...-
-Oh, e vuoi metterti a guidare? ...di notte? ...al buio?- come aveva
previsto, il viso del ragazzo parve atterrito. Provava una bizzarra
soddisfazione in quel momento...
-Posso usare la bici.- Leshawna afferrandolo lo costrinse a cadere sul
letto.
-Dovrei bruciartela la bici!- sbuffò e gli mise una mano
davanti gli occhi. -Fai il bravo e dormi.- Lo liberò dalla
presa. Harold riprese a respirare, eppure era certa di non
avergli stretto il torace o bloccato le vie respiratorie, era un po'
preoccupata.
-T-tu...- pronunciò Harold, arrossato, sedendosi a gambe
incrociate mentre puliva con fare nervoso gli occhiali dalle ditate
lasciate da lei. -Dì, la verità, odi l'ambiente e
vuoi vederlo soccombere sotto i gas di scarico di quei mezzi infernali
comunemente chiamati automobili!- si sfogò imbarazzato.
“Ok... forse la troppa vicinanza gli fa uno strano
effetto...”
-E non è che perchè tu non sai starci sulla bici,
allora io devo essere peggio di te. Non sei migliore in tutto dal punto
di vista fisico.- continuò con quello strano nervosismo.
-No, ma trovo ridicolo che ti faccia tutti questi problemi per l'auto e
poi non te ne faccia quando si tratta di un mezzo instabile e leggero
come una bici.- disse infastidita. -Non dico se ti investe, ma
già se ti tocca un auto mentre sei in bici voli e ti rompi
tutto!-
-In macchina ci sto male e non riesco ad orientarmici...-
sospirò, ma si arrese e tornò a leggere. -Non vi
divertite tutti ad evidenziare quanto io sia una mina vagante? Ad una
mina vagante faresti mai guidare un auto?-
-Spegni la luce quando hai finito o va di là, ancora
meglio.- disse la ragazza coprendosi il capo con le coperte.
-Sto più comodo qua...- disse prendendo dall'armadio un
cuscino da sistemare dietro la schiena. -Dormi v...-
“Sì, è meglio che dorma con i
vestita...” -No, niente...- “Dovrebbe
cambiarsi... in bagno? Dovrò anche io cambiarmi in bagno?
Non avevo pensato a tutti questi problemi di spazi
personali...” ripensò turbato al modo in cui
l'aveva afferrato e bloccato, gli era sembrato di morire, gli sembrava
di morire di nuovo. “Non sa cosa siano gli spazi personali...
Non
può trattarmi come una bambola solo
perchè bla bla è forte e se lo può
permettere!”sospirò buttando un occhio alla
ragazza accanto a lui sotto le coperte. “Sarà una
lunga nottata...”
Angolo dell'autrice:
Salve come va? Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come avrete
capito, storia è molto incentrata sull'aspetto slice of life
in un certo senso, non essendoci trame fantasy, sci-fi o sparatorie di
mezzo. Spero comunque di riuscire a mantenere il vostro interesse su
questa storia credo un po' insolita e che sia una lettura piacevole. I
vostri pareri sono come al solito ben accolti.
Avrei voluto aggiornare prima, ma non c'è una cosa che sia
andata come doveva in questo 2020...
Spero di non aver fatto errori o altro.
Nota:
-Lupe si legge come si scrive, è un nome di origine spagnola
(forma abbreviata di Guadalupe) Non so perchè ho voluto fare
la madre di Leshawna afrolatina... mi ispirava così...
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Capitolo 5 *** Giorno due, artigli ***
Harold passò la notte in bianco. Inizialmente cercando di
concentrarsi sul libro, poi spense la luce, ma non si
quietò. Di tanto in tanto si alzava e girava in punta di
piedi per la stanza sperando di convertire e sfogare l'agitazione
mentale in lavoro fisico.
Si sedette accovacciato dal suo lato del letto e si girò
irrequieto verso la donna, avvertendo che si stava gradualmente
spostando verso di lui.
“Non avevo pensato neanche a questo...”
sospirò. Leshawna aveva sempre avuto il vizio di invadere il
suo lato mentre dormiva.
Consapevole che il suo nervosismo fosse eccessivo canticchiò
il tema del film “Lo squalo” mentre l'avvertiva
sempre più vicino per allentare la propria tensione ed
esorcizzarla un po'. Ma sussultò quando si sentì
tirare la maglietta.
Stava ancora dormendo, ma l'aveva afferrato... cercando di farle aprire
la mano per farsi lasciare, ottenne solo di farsi prendere il polso.
Prese un respiro, aveva imparato a correlare il gesto di afferrare e
portare a sè le cose durante il sonno ad un particolare
stato di nervosismo quindi provò ad accarezzarle la nocca
per calmarla e farle allentare la presa.
Le toccò accidentalmente le dita e si rese conto che la
carne dell'anulare che sarebbe dovuta essere protetta dall'unghia era
quasi del tutto esposta, il mignolo era nella medesima condizione e
nonostante l'indice avesse la parte superiore dell'unghia intatta anche
se innaturalmente corta, non aveva più la radice. Forse
aveva pigiato accidentalmente la carne a giudicare dal modo in cui
Leshawna aveva ritirato la mano e dal verso lamentoso che aveva emesso.
“Deve fare malissimo... come ha potuto mangiarle fino a quel
punto?!” pensò con un po' di nausea, era
preoccupato. “No... decisamente non posso lasciarla sola ad
affrontare questa situazione...” si ripetè,
paradossalmente pensarci attenuava il suo senso di malessere
nell'essere toccato dalla donna.
“Certo, potevi rendermi le cose più facili...
potevi evitare di abbandonarmi, se sei qua significa che non mi trovi
così intollerabile, giusto? Se non volevi più la
nostra relazione potevi comunicarmelo in maniera più
ortodossa...” Ripensandoci, lei gli aveva detto nulla in
proposito? Era stato lui ad ufficializzare che avevano rotto quando le
aveva chiamato avvelenato dopo il mancato matrimonio. Per un attimo
sudò freddo. “No... non avrebbe mai fatto una cosa
come non presentarsi al matrimonio se non aveva intenzione di
rompere... giusto?” sospirò. “Se
così non fosse mi aspetto che abbia il coraggio di propormi
di sposarla in ginocchio... ovviamente declinerei la proposta... in
modo cortese, senza gongolare, sono un gentiluomo dopo
tutto...” ci pensava tanto per, non credeva che gli avrebbe
mai chiesto niente del genere.
“Io cosa provo nei suoi confronti?” si
interrogò. “Al di la del malessere nel contatto
non ne ho idea...” realizzò nervoso. Non riusciva
a provare una cosciente rabbia o ostilità nei suoi
confronti, ma non aveva neanche sentimenti positivi. Era in una di
quelle fasi in cui non sentiva nulla... Nè per lei,
né per l'eventualità che il bambino non fosse
suo, per i suoi doveri di studente, quello che sarebbe venuto dopo.
Sarebbe anche potuto morire in quel momento ma non provava nulla a
riguardo, tutto contava niente... Per qualcuno abituato come lui ad
essere emotivamente sovrastimolato quel silenzio mentale era desolante,
ma tutto quello che poteva fare per non rimanere bloccato e deviare le
sue preoccupazioni era cercare di adempiere ai propri doveri
nell'attesa che la sua testa ricominciasse a funzionare.
“Spero sia davvero solo un meccanismo di difesa temporaneo...
Non è nemmeno un meccanismo efficace, se mi tocca
crepo!”
Rimase seduto a gambe incrociate finchè l'orizzonte non
divenne di un leggero rosa violaceo.
Notando la variazione nella luce, Harold aprì un occhio, poi
l'altro.
“L'alba rimane bella...” pensò
sollevato. “Ha dei colori più delicati e ben
mescolati rispetto al tramonto... sì, il tramonto
è decisamente sopravvalutato...” sorrise
leggermente poi cambiò espressione. “A che diavolo
sto pensando? Se è già l'alba significa che mi
restano poche ore di sonno! Domani sarò praticamente uno
zombie... E' già domani!”
-Sei davvero buffo quando pensi...- disse una voce assonnata.
Prevedibilmente Harold sussultò vedendo quegli occhi di pece
nera che lo osservavano. -Con tutte le espressioni che fai, sembri
parlare con qualcuno...- gli disse stiracchiandosi.
-Ciao...- le sorrise. “Si è addormentata molto
presto, ieri ha anche dormito il pomeriggio... era prevedibile che si
svegliasse molto prima del solito! Grazie, potrò dormire
quattro o cinque ore in pace senza svegliarmi ad orari eccessivamente
indecenti!”
-Ah, finalmente ho dormito bene...- disse Leshawna abbastanza
soddisfatta, Harold non potè fare a meno di osservarla con
un misto di stanchezza e invidia.
-Strano... mi sembravi arrabbiata...-
-Se ho sognato qualcosa che mi ha fatto arrabbiare non me ne ricordo...
Ma... tu non sei rimasto sveglio a causa mia... vero?- disse sospettosa.
-Ma certo che no...-
-Ok e... come pensavi di prendere sonno seduto in quella specie di
posizione da meditazione?- chiese scettica. Rendendosi conto di aver
mantenuto le gambe incrociate, Harold si stese e si mise sotto le
coperte.
-Riesco... ad addormentarmi nelle posizioni più
improbabili...- si giustificò debolmente dandole le spalle.
-Cambiati in bagno.- le disse preventivamente.
-C-ci avevo già pensato!-
Fu un brutto risveglio. Il ragazzo disorientato, senza occhiali non
riusciva a capire dove si trovava e poi c'era quell'odore... non era il
suo, qualcun altro aveva dormito lì.
-Leshawna?- chiese senza capire il perchè, poi si
ricordò della situazione e si sentì molto stupido.
-Sì? Stai bene? Perchè mi hai chiamato in quel
modo?- domandò un po' preoccupata e perplessa.
-E... N-niente...- balbettò imbarazzato guardando verso la
figura sfocata alla porta. -Sai dove ho posato gli occhiali?-
Leshawna sospirò, sentì i passi che si
avvicinavano. -Tieni... erano sul mio comodino...-
Si rese conto di essersi spostato nel sonno dal lato della ragazza.
-Ecco perchè il tuo odore...- “Mi sono procurato
da solo uno stato d'ansia inutile con poco... non sta andando molto
bene...”
-Guarda che sono pulitissima.- disse infastidita.
-Era in senso neutro, ho detto odore, non puzza... Hai la spazzola
incastrata fra i capelli?-
-Ah, ma sai che non me ne ero proprio accorta!- disse sarcastica. -Ci
penserò quando dovrò uscire...-
-Ho parlato con mio padre e mi sono fatta spiegare meglio cosa
è successo ieri...- gli disse in cucina poco più
tardi. -Come ti è saltato in mente di saltargli sopra la
macchina?! Volevi ammazzarti o cosa?!-
-Posso assicurarti di non avere istinti suicidi... solo non ero molto
in me in quel momento... e-ed era ancora nell'area condominiale, non
era veloce e non c'era nessun altro, non abbiamo corso grossi rischi...
Comunque, ti ha detto di cosa abbiamo parlato?- chiese nervoso.
-Non è stato preciso, saranno state cazzate...- gli
lasciò il tempo di dirle qualcosa, ma il ragazzo non lo
colse. -Mi ha solo detto che prima hai fatto scena muta, poi hai
ribattuto come una femminuccia triste e confusa che prova a
giustificarsi. Paragone suo, eh. Mi dissocio!-
-Fammi indovinare, non ha detto proprio femminuccia... Finocchio?
Frocio?-
-Eh, vedi che lo conosci?- disse un po' a disagio. -Comunque, la
prossima volta che ti senti arrabbiato per qualcosa che ti dice, cerca
di rispondergli normalmente...- sospirò. -Invece di
aspettare l'ultimo momento per saltargli sull'auto e dirgli cose
confuse...- riflettè.
-Non sono io ad essere confuso, semmai è lui che non
capisce!- rispose infastidito. -Possibile che se non gli dai dello
stronzo e non cerchi di aggredirlo verbalmente non capisca?-
Leshawna gli sorrise leggermente. -Tess... eh... Tessa?-
-E chi è ora questa Tessa?- chiese sospettoso. -'ho
già un nome femminile...-
-N-niente lascia perdere...- “Si chiama Harold, non
è più il mio fidanzato quindi devo chiamarlo per
nome!” -Volevo solo dire che le discussioni con mio padre non
sono politica estera! Non c'è bisogno che cerchi di fare il
diplomatico e non offenderlo come se ti aspettassi una dichiarazione di
guerra e dei dazi. Puoi adeguarti al suo tono. Se è educato,
sì educato. Se ti insulta, insultalo. Se ti critica,
criticalo. È facilissimo, no?-
-Ti sbagli, le discussioni all'interno di una famiglia sono delicate
come la politica estera!- precisò serio. -Per ora non siamo
economicamente autonomi e in generale è probabile che ci
ritroveremo a doverci appoggiare ai nostri genitori per gestire un
bambino e se viene lasciato ai tuoi, preferirei che evitassero di
passare il tempo a dire peste e corna di me. Il fatto che non stiamo
insieme mi mette in una posizione delicata... Sai in quante famiglie
gli ex coniugi vengono aizzati l'uno contro l'altro dai rispettivi
genitori per avere una sorta di monopolio sui nipoti?-
-Ci consideri così stupidi da incappare in una situazione
del genere?- domandò infastidita. -Pensi troppo e finisci
sempre per andare a parare su seghe mentali assurde...-
-Non sono seghe mentali... è capitato che mia madre fosse
ingaggiata dal tribunale dei minori come consulente tecnico d'ufficio
in qualità di psichiatra e ne ho sentite parecchie... ho
anche letto documentazioni atroci..-
-...Eh? Ma non ci dovrebbe essere il segreto professionale o qualcosa
del genere? Perchè ti ha fatto leggere del materiale del
tribunale, ma è legale 'sta cosa?-
-Ehm... beh, segreto professionale, eh?- rise nervosamente.
-Sì, naturalmente c'è... ma alcuni medici,
chiacchierano parecchio del loro lavoro... è da quando ho
cinque anni che lei non fa altro che parlare di lavoro ed io sono
sempre stato molto curioso... mi ha fatto dare un'occhiata ad alcuni
resoconti del tribunale perchè pensava di aiutarmi con lo
studio, i casi reali sono un'altra cosa rispetto alla teoria, tutto
qua...- improvvisamente sembrava sentirsi un po' in colpa.
-Ok... Ok un corno! Credi che mio padre ci farebbe finire in
tribunale?!-
-No... Ma non voglio creare ulteriori tensioni, già non mi
può vedere. Se poi non gli piaccio, pazienza, ma non voglio
dargli materiale per litigare.- disse serio.
-Sai, ironicamente potresti piacergli se non subissi passivamente tutto
ciò che ti dice...-
-Cerco di ribattere civilmente, è completamente diverso!-
sbuffò. -Col cavolo che mi metto a compiacerlo... se
è immaturo e vuole litigare, che si metta davanti uno
specchio e lo faccia per conto suo! Perchè sorridi in quel
modo?-
-N-niente!- era quasi confortante vederlo ragionare in modo infantile,
avvertiva come se ci fosse qualcosa che non andava quando quando si
metteva a fare i calcoli... o forse gli sembrava di non conoscerlo
più e si sentiva lasciata indietro. -Comunque, qualunque
cosa ti abbia detto, non darci peso. Anche se tanto sei resistente, non
dovrebbe essere un problema quindi...- riflettè a voce alta.
“Sarebbe carino se non lo dessi per scontato ma che ti
preoccupassi per me qualche volta... che mi dicessi qualcosa di
incoraggiante...” si sentì in imbarazzo.
“Ma che cosa sto pensando?! La resistenza alle opinioni
altrui è l'unica cosa che mi viene riconosciuta come punto
di forza. Fisicamente mi considera debole, anche più di quel
che sono, non posso perdere il mio unico punto di forza e farmi vedere
come un completo incapace. Sopratutto ora che non sono particolarmente
in forma...”
-Probabilmente c'è andato piano, ti considera troppo debole.
Ha molti difetti, ma a modo suo cerca di non essere prepotente... Beh,
ripeto, a modo suo...-
“Sì! Decisamente non posso perdere quel punto di
forza!” pensò con fastidio.
-Se non sbaglio non gli hai detto che non stiamo più
insieme, giusto?-
-Già... non volevo espormi troppo. Se vuoi parlargliene
tu... beh, è tuo padre, sono affari tuoi...-
-In realtà penso che vada bene così. Se l'avesse
saputo conoscendolo avrebbe cercato di riportarmi a casa e ci saremmo
scontrati... E' inutile, ha sempre voluto che fossi autonoma, ma sembra
contemporaneamente incapace di rendersi conto che non sono una bambina.
A volte è proprio una grandissima... Ah, lasciamo stare!-
-Ma tu...- “Perchè vuoi rimanere con me? Conosco i
miei motivi per volerti qua, ma tu... a cosa diavolo pensi?
Perchè hai seguito la mia idea? Saresti d'accordo col punto
di vista di tuo padre sulla nostra relazione?” -Leshawna...-
prima che potesse dire qualunque cosa, qualcuno suonò alla
porta. Leshawna sbuffò.
-Aspetta, hai ancora la spazzola incastrata.- la avvertì.
Scocciata la ragazza cercò di liberare la spazzola dal nodo.
Harold notò che muoveva le dita in modo goffo e cauto
“Deve essere colpa della mancanza di unghie... sopratutto per
quella radice...” sospirò nervoso. Vedendola in
difficoltà si avvicinò. -Ti do una mano...-
Leshawna accettò la collaborazione imbarazzata e un po'
stranita dall'atteggiamento del ragazzo. A quattro mani riuscirono ad
estrarre il corpo estraneo.
-Lascia perdere, per sciogliere quei nodi ci vorrebbe un'ora, proviamo
a nascondere e appiattire.- disse infastidita la donna.
Nel mentre suonarono nuovamente alla porta. I due si scambiarono uno
sguardo rassegnati. Anche se temporeggiavano, l'intruso non si
arrendeva e continuava ad attendere.
-E' Leshaniqua...- disse Harold guardando dallo spioncino.
-Nasconditi...?- disse incerto di come volesse gestire la situazione.
-Va beh, aprile.- sbuffò Leshawna. Harold scosse le spalle
ed seguì la richiesta.
-Ah, come pensavo... è più comodo
così.- disse la donna soddisfa vedendoli. -Che dite
cuginastri, mi fate entrare?- chiese cordiale.
Si sedettero al tavolo. Leshaniqua mise al centro un oggetto,
probabilmente una scatola, imballata da del tessuto magenta. -Come
dicevo, è comodo avervi trovati qua entrambi.- mise una mano
nella tasca del cappotto e ne tirò fuori una lettera che
porse alla cugina. -Questa è per te, la scatola è
per Harold. Il ragazzo prese in mano l'oggetto, particolarmente
incuriosito dall'imballaggio.
-Che cosa sarebbero?- chiese Leshawna.
-Uhm... vero, mi avevano detto che te ne sei andata prima. È
l'eredità dello zio, siete gli unici che hanno ricevuto
qualcosa.- spiegò quasi divertita. -Ehi, vuoi aprirla o no?-
disse rivolta ad Harold. Per un attimo la scatola sfuggì al
ragazzo, ma la riprese al volo.
-Ero incuriosito dal tessuto... era un sarto, giusto?-
-Sì, e...- provò a dire Leshaniqua, ma Harold si
alzò portando con sé la stoffa e lasciando la
scatola di legno sul tavolo.
-Potrebbe tornarmi utile, vado a posarlo nella scatola da cucito.-
-...Cucito?-
-Sì, Harold aveva una passione per il cosplay... e tende
anche a conservare piccoli oggetti o ritagli di stoffa che pensa
potranno tornargli utili...- spiegò distrattamente Leshawna
mentre posava la lettera in un cassetto, poi esaminò
l'oggetto lasciato ad Harold. -Una scatola di legno... impossibile da
aprire, perchè?- chiese frustrata.
-E' una scatola rompicapo.- disse Harold tornando dalla camera da
letto. Si trattava di un cubo di legno con un piccolo foro e diverse
scanalature.
-Già e sapresti dirci perchè nostro zio l'ha
lasciato a te?- domandò Leshaniqua. Leshawna sembrava
pensierosa.
-Non so, non sono nemmeno sicuro di averlo mai visto.- rispose
distratto dall'osservazione del cubo di legno.
-Eppure nell'eredità suggeriva che potesse piacerti, sei
proprio sicuro che non vi siete mai parlati?- continuò a
chiedere la donna mentre Leshawna era sempre più sospettosa.
-Mi spiace, non so come aiutarvi... Forse Leshawna gli ha detto
qualcosa di me.- disse scambiandosi un'occhiata con Leshawna che lo
guardò spaesata. -Suppongo vorrete parlare da sole,
comunque. Io vedo se riesco ad aprire la scatola...- disse il ragazzo
tornando in camera da letto.
-Sono sicura di non aver mai detto nulla di particolare su Harold, al
vecchiaccio!- disse infastidita Leshawna.
-Uhm... non è importante... forse ha colpito la sua
curiosità, in fondo il tuo fidanzato ha un aspetto proprio
bizzarro!-
-Ah, il vecchio ci vedeva abbastanza? Ma perchè pensava che
dovesse piacergli quella scatola?- mentre si interrogava si
bloccò. -Comunque non è più il mio
fidanzato.- aggiunse.
La cugina sospirò. -Che stai combinando? Perchè
non sei venuta da me?- disse accigliata. -Guarda che le acque si sono
calmate e per fortuna nessuno dovrebbe ricordarsi dell'ultima parte del
testamento, tutti troppo occupati a protestare per ascoltare il
notaio... ma seriamente, cosa vuoi che succeda? Sei pure incinta!-
-E'-è... è complicato! Diciamo che stiamo
provando a coabitare anche se non stiamo più insieme per
gestire meglio il moccioso.-
-Quindi sei meglio disposta verso la gravidanza ora?-
-Sì.- rispose l'altra infastidita.
-Come attrice sei a dir poco terrificante...-
-E se vai a dire a qualcuno che non stiamo insieme o se qualche altro
simpaticone viene a sapere dove mi trovo, sei una donna morta! Voglio
starmene in pace... niente visite! Niente domande!-
specificò minacciosa.
-Come fa lo spaventa passeri ad essere ancora intero non lo so.-
rispose Leshaniqua con tono canzonatorio.
-Beh, non si alzano le mani su chi vive con te. Il mondo è
un luogo già abbastanza angosciante, immaginati doversi
guardare le spalle anche dentro casa.-
-Mi fa piacere vedere che hai dei saldi principi morali!-
continuò a scherzare prendendo poco sul serio la cugina
più piccola. -Cambiando discorso, sappiamo se è
maschio o femmina?-
-Oh... capisco i dubbi, ma sì, Harold non è una
femmina.-
-Molto divertente... lo prenderò per un no...-
sospirò la donna. -Curioso il modo in cui consideri lo
spaventa passeri, non ho mai capito cosa c'entrasse con te...-
-Eh...- la ragazza sospirò passandosi una mano fra i capelli
facendo saltar fuori diversi nodi. Sbuffò. -Avevo... forse
continuo ad avere, un debole per lui... anche se non credo di esserne
mai stata innamorata. In realtà credo proprio di non poter
andare oltre l'attrazione e innamorarmi.- scosse le spalle infastidita,
perchè stava parlando di qualcosa di tanto stupido.
-Mi piacerebbe capire cosa sia cambiato per fartelo mollare. Sai, ti ho
sempre visto come una persona molto pratica... ma quando c'è
quello di mezzo smetti di funzionare! Per essere una che non ne
è mai stata innamorata, hai la testa bacata!- Leshawna si
limitò a guardarla con aria truce per comunicarle che non le
andava di parlarne. -Sei stata tu a cominciare, cuginetta bella...
almeno mi spieghi perchè fra le persone per cui avevi un
debole sei andata a pescare proprio il “piccolo
topo”?- per Leshawna era nostalgico sentirlo chiamare
così, era la prima cosa che le era venuta in mente per
descriverlo alla cugina quando lo aveva visto in prima, anche se forse
procione sarebbe stato più appropriato. Aveva parecchie
lentiggini molto fitte a quell'età che ricordavano vagamente
la parte inferiore della maschera del procione.
In due anni l'aveva superata in altezza e le macchie si erano diradate,
ma le orecchie a sventola e il naso sottile e allungato erano rimasti.
-Non so, è sempre stato gentile e disponibile...- disse
vaga. -Col tempo ho cominciato a vederlo un po' come un familiare
acquisito o comunque una figura di appoggio... E-ehi! Non guardarmi in
quel modo!-
-Scusa... ma normalmente, quando dici a qualcuno che per te
è come un fratello poi non ci vai a letto!-
-E infatti non gli ho mai detto niente del genere! Ah... no...
aspetta...- forse una o due volte era capitato. Il volto smarrito e
imbarazzato del ragazzino all'epoca, era impagabile... -Ma non
è mai accaduto quando abbiamo cominciato a frequentarci,
quindi è a posto... sul serio, smettila di guardarmi in quel
modo!-
-Ok... scherzi a parte, vi siete cacciati in un bel guaio...-
-So quello che faccio, sul serio... e per il bambino ho solamente
bisogno di adattarmi all'idea e... ho ancora un po' di tempo, no?-
- Va bene... ma la brillante idea di continuare la convivenza a chi dei
due è venuta? Per curiosità...-
-Non è stata mia... Perchè pensi che potrei
averla avuta io?-
-Perchè innamorata o meno sei molto attaccata ad Harold...
Comunque per un bambino potrebbero essere molto meglio due genitori
separati piuttosto di due che litigano costantemente...-
-Allora, lo so io, Harold lo saprà per esperienza diretta
ammesso che si ricordi qualcosa dei suoi come coppia, ma vedremo come
andrà... Sono piuttosto stanca adesso, potresti levare il
disturbo?- il suo tono era stato brusco forse, ma sperava che la cugina
fosse abbastanza sveglia da capire che non era il momento per
infastidirla e aveva abbastanza fiducia in questo.
Trovò il ragazzo seduto sul divano letto mentre studiava
l'eredità ricevuta con una lente di ingrandimento.
-Trovato niente?-
Il ragazzo sussultò e per poco non perse la lente.
-Niente... è come se mancasse un pezzo...-
sospirò. -No, non utilizzerò una sega, magari
c'è dentro qualcosa di fragile e poi non mi va di barare.-
le disse preventivamente. -Tua cugina è andata?- era tanto
distratto da non accorgersi di un eventuale rumore della
porta.
-Sì...- rispose lei distrattamente. “La
verità è... è che l'idea di dover
passare tutta la vita con una persona è agghiacciante... per
quanto si possa provare affetto per qualcuno, prima o poi svanisce e
subentra la noia... anche se a causa del bambino siamo legati, l'idea
di non avere nessun patto di amore e fedeltà a pendere sulla
mia testa e di non dovermi sentire in colpa quando per te provo il
nulla cosmico è infinitamente meno angosciante... troveremo
un modo per prenderci i nostri spazi... sono sicura che anche per te
sarà molto meglio così anche se in questo momento
non te ne rendi condi conto...” per qualche motivo erano
parole che gli suonavano molto tristi in testa... e non gliele avrebbe
mai dette...
“E' improbabile che non sia una situazione temporanea, non
sono fatta per stare in coppia, ma per lui potrebbe essere diverso...
quando si sarà trovato qualcun altro ci
separeremo...” era un sollievo per certi aspetti, l'aveva
pensato anche quando erano ancora a scuola.
Si sarebbe sentita più a suo agio se quel suo strano amico
si fosse trovato una fidanzata visto che non riusciva a ricambiare del
tutto il suo interesse, poi si era resa conto di una cosa ovvia.
L'attenzione di Harold non era disinteressata, se avesse trovato una
ragazza avrebbe smesso di calcolarla... Non aveva mai provato una reale
gelosia nei confronti del ragazzino allampanato, ma da un punto di
vista razionale, l'idea che si interessasse a qualcun altro era
diventata meno piacevole...
“Ora che la situazione è cambiata lo accetterei
senza problemi, ovviamente...”
-Prima o poi prenderanno vita... e cominceranno anche loro a volere da
mangiare...- commentò Harold spostandole una nodosissima
ciocca di capelli con un sorriso nervoso. La toccava con cautela come
se avesse realmente paura che si animasse e lo azzannasse.
-Cerca di fare più rumore quando ti muovi!- disse Leshawna
scostandosi infastidita. -Ero sovrappensiero e mi hai un po' presa alla
sprovvista...- aggiunse per scusarsi della reazione brusca
notando il viso imbarazzato del ragazzo. -Conoscendoti immagino che
avrai già in mente qualche creatura strana a cui paragonarmi
per i capelli... giusto?- provò a sorridergli. Harold si
illuminò apprezzando il tentativo.
-Medusa è abbastanza scontata... ma la futakuchi-onna va un
po' fuori tema con la sua bocca dietro la testa...- poi si
rabuiò - A proposito di spiriti e vendette...
credo che le tue dita si vendicheranno...- le disse incerto. Leshawna
istintivamente nascose fulminea le mani.
-Sai, le unghie sono diventate stranamente fragili ultimamente.- si
discolpò debolmente.
-Per la radice mancante in parte potrebbe essere... nessuno
sceglierebbe arbitrariamente di cominciare a staccare un'unghia dalla
radice. Perlomeno non la propria, nelle torture è un altro
discorso... ma vedendo che la radice aveva smesso di aderire alla pelle
devi averci messo del tuo per rimuoverla... non può essere
caduta da sola. E poi i mignoli e gli anulari sono stati sicuramente
mangiati...- sospirò turbato. -Sul serio come diavolo...?
Devi avere una buona resistenza al dolore ma...- sentì un
po' di nausea e dovette sedersi, non sapeva se dipendesse da un
eccessiva empatia col pensiero di staccarsi le unghie in quel modo, per
come stava funzionando il suo corpo in quei giorni poteva essere
ordinaria amministrazione.
-Sto già provando a smettere, tranquillo...-
Harold la guardò sospettoso. -Hai bisogno di uno specialista
con cui parlare?- domandò cercando di tranquillizzarsi.
“Anche se forse sarei il primo ad averne bisogno...”
-Non sono pazza! Per delle unghie non stai facendo il melodrammatico?-
-Non è una cosa per pazzi e non è per le unghie!
Anche se atti di autolesionismo sono il sintomo di un disagio quindi in
un certo senso...-
-Autolesionismo?! Ora ho capito perchè hai scelto psicologia
e non medicina, sei così impressionabile!-
-Non ho alcun problema con le lesioni o il sangue, il problema
è se riguardano te!- si scambiarono una sguardo teso. -Nel
senso che fa impressione se a ledersi è una persona cara...-
distolse lo sguardo agitato. -V-volevo dire conoscente intimo! No...
aspetta... Volevo dire conoscente che si conosce da tanto tempo!-
normalmente si sarebbe morso un dito in quel momento, ma sarebbe stato
un pessimo esempio oltretutto ironico. -In ogni caso, non
sarà un atto appariscente come tagliarsi, ma ti sei resa
conto di avere difficoltà ad afferrare e manipolare gli
oggetti perchè hai le dita troppo indolenzite e
ipersensibili? E ti sei causata questa situazione spontaneamente... Non
puoi neanche separare bene i nodi...- disse serio.
-Come ti ho già detto sto cercando di smettere, quindi non
hai di che preoccuparti. Non sono un'alcolista, una ludopatica o una
drogata!- rispose innervosita. -E no, non voglio nemmeno parlarne con
un estraneo!-
-Va bene... va bene...- sospirò l'altro portandosi una mano
ai capelli. -Vuoi parlarmi di qualcosa? Che ne so, qualcosa ti
disturba?- se gli sguardi potessero uccidere, probabilmente Harold non
avrebbe avuto scampo in quel momento.
-Non sei il mio terapeuta e hai un mare di problemi, quindi smettila di
fare il superiore!- disse con tono aggressivo andandosene dalla stanza.
Harold rimase sbigottito. “Eh... scherziamo?” non
sapeva se ridere o arrabbiarsi. “Sto facendo del mio meglio
per comportarmi in modo corretto...” sicuramente si sentiva
frustrato, si mise a contare aspettando di raffreddarsi... doveva
stringere i denti, se si fosse messo a discutere in quel momento non ne
sarebbero più usciti. Leshawna era irrazionalmente
suscettibile e preventivamente aggressiva, litigare mentre era in
quello stato starebbe stato inutile. “Devo tenere a mente che
è in un momento difficile, dal punto di vista biologico
sarà scombussolata...” inspirò ed
espirò. “Perchè io invece sto
benissimo?” buttò fuori l'aria e cercò
di calmarsi. “Dovrò comunque dirle qualcosa, mi
sta facendo impazzire! E poi non è giusto... non
è l'unica ad avere dei problemi... Non voglio fare una gara
per decidere chi sta peggio e ha più colpe, ovviamente,
ma... ma chi me lo fa fare? Non le interessa niente di come stanno gli
altri in questo momento, perchè dovrei parlarle? Per darmi
la zappa sui piedi?”
I due evitarono di parlarsi per il resto della giornata e per quanto
l'atmosfera tesa fosse sgradevole, forse era meglio così...
Era solo il secondo giorno, ma le cose non sembravano andare bene...
Nota:
-La futakuchi-onna è una creatura mitologica
giapponese. Una donna a cui, a causa di un maleficio, il desiderio
represso di mangiare o uno spirito vendicativo, cresce una bocca sulla
parte posteriore della testa continuamente affamata che se non
soddisfatta potrebbe diventare molesta o provocare dolore. In alcune
versioni, i capelli della donna si animano per afferrare il cibo e
portarlo alla bocca.
Questa figura dovrebbe essere l'ispirazione del pokemon Mawile.
Angolo dell'autrice:
Ehi... mi spiace pubblicare così in ritardo, non mi sono
sentita molto in forma ultimamente come scrittura, faccio praticamente
un errore ogni tre parole... stanchezza e dislessia sono una
combinazione abbastanza deprimente se devi scrivere, leggere e studiare
o_o
Spero che la cosa non pesi troppo con l'aiuto del controllo ortografico
automatico...
Spero anche che in generale il capitolo possa piacervi, è
piuttosto diverso da come l'avevo strutturato all'inizio, ma non voglio
scrivere capitoli eccessivamente lunghi...
Poi da una parte non voglio trattare troppo superficialmente alcune
cose, dall'altra ho paura di annoiare, gestire male le cose,
soffermarmi su cose che su carta non funzionano o interessano... non
so, in fondo questa long è un po' un esperimento, spero di
riuscire a intrattenervi e interessarvi.
Grazie di cuore per l'attenzione e buona serata o giornata a seconda di
quando state leggendo, spero di avervi tenuto compagnia ^^
A presto!
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Capitolo 6 *** Giorno tre ***
“No, non posso credere di essermene scordato... Non ci posso
credere... Cosa non va nella mia testa?!”
Harold con le braccia conserte e una gamba che produceva
un'oscillazione appena accennata ma visivamente fastidiosa, osservava
il letto.
-...Ehm, Harold?-
Si era quasi scordato della presenza di Leshawna con le sopracciglia
aggrottate che si trovava sotto le coperte. Eppure era molto
importante, non un dettaglio da poco...
-Perchè non mi hai ricordato di andare di recuperare la
brandina da mia sorella?-
-Perchè non te lo sei ricordato da solo?- rispose perplessa
dall'agitazione dell'altro.
-In teoria dovrebbe interessare anche a te non dormire insieme...-
-Sono abituata alla tua presenza, non mi infastidisce.- rispose,
complice il sonno, eccessivamente sincera.
“Questa rottura è una barzelletta? Questo va fuori
il rapporto professionale...” Harold sospirò e
soffocò la sensazione di fregatura. “Non ti
capirò mai...” si mise sotto le coperte e si
arrese.
-E poi hai un buon odore.- aggiunse Leshawna sovrappensiero, riuscendo
a peggiorare la situazione.
-Eh? Ehm... grazie?- rispose nervoso. -O forse dovrei preoccuparmi
visto che mi hai morso la mano l'altro giorno... magari non sei
incinta, stai solo diventando un lupo mannaro.- cercò di
drammatizzare per distrarsi dallo strano complimento.
-Mi sono espressa male... E' che da quando mi è venuta
questa specie di super olfatto del cavolo, tutti hanno improvvisamente
cominciato a puzzare! Il tuo odore rimane sopportabile rispetto a
quello degli altri... più o meno era anche un complimento...
Mica sono come te che appena sveglio ti fai venire un attacco di panico
per dirmi che puzzo!-
-Ah... non era un attacco di panico e non puzzi... tranquilla, non noto
sostanziali cambiamenti percettibili da un naso umano.-
-B-bene... Suppongo che Gwen e tutti gli altri non mi abbiano
mentito...- disse sollevata. -Eh comunque...-
-Sì?-
-Niente. Notte...-
Dopo un po' nel buio percepì la ragazza sospirare. -Mi
spiace per oggi...- disse lei qualche secondo dopo ancora. -Ma mi sento
continuamente sul piede di guerra, vorrei... distruggere? Non so
neanche cosa...- il silenzio continuò, non era sicura che
Harold fosse sveglio, aveva delle abitudini notturne molto casuali.
-Non sono arrabbiata con te... ma sei nelle vicinanze, quindi... forse
sarebbe meglio che evitassimo di parlarci, non sono cosa di... beh non
riesco a stare con altre persone senza litigare per ora. Richiamami
quando avrò partorito... o forse le cose peggioreranno,
chissà!- sorrise amaramente. -Anzi... è molto
probabile...-
-E' un'idea terribile...- sospirò una voce dal regno dei
morti.
Leshawna sussultò, cominciava a credere che fosse un
soliloquio. -Ci sono mie idee che non ti sembrano stupide?-
domandò infastidita.
-In questo caso, ne hai avuta una pessima, scusa. Siamo animali
sociali, uno dei modi migliori per far soffrire qualcuno è
impedirgli di parlare e toccare altri esseri umani, ostracizzarlo. Se
io che sto vivendo con te, prendessi a ignorati, volente o nolente ti
sentiresti solo più arrabbiata. Magari salterebbe pure
qualche testa, chissà...-
Anche se sapeva che non intendeva sul serio, l'ultima frase l'aveva
infastidita. -Devi sempre mettere in mezzo i tuoi studi...- ma non le
dispiaceva che non fosse d'accordo con lei in quel caso.
-E' normale regolarsi sul proprio bagaglio di conoscenze... scusa, ma
assimilare e sfruttare informazioni è l'unica cosa che so
fare! Sono noioso, non riuscirò mai a far interessare gli
alti a quello che dico, ma non posso non essere così...
È la mia natura. Pazienza...- disse frustrato. -Almeno le
cose in cui mi sento a mio agio e capace lasciatemele fa...-
-Ah... cazzo dici?- sbuffò Leshawna. Lo afferrò
da dietro e gli scompigliò i capelli per infastidirlo.
-Suppongo non si debba stuzzicare un'ex vittima di bullismo facendo
leva su qualcosa che abbia a che fare col suo trauma...- nel mentre
Harold era sotto shock. -Eh... stai bene?-
-N-non respiro! A-allontanati!- farfugliò. -Notte!- disse
sotterrandosi con le coperte, una volta libero.
-...Se pensi di non respirare bene perchè ti copri la testa?
...Ehi, Harold?- stava fingendo di dormire o comunque non voleva
risponderle. -Fa come vuoi...-
“Devo dormire... per chiudere occhio non posso aspettare di
nuovo che lei si svegli...” gli occhi di Harold bruciavano,
ciò nonostante non riusciva di nuovo a prendere sonno.
-...Morite tutti.-
-C-Che?!-
-Vi toglierò tutte quelle disgustose zampine...-
continuò a sibilare la creatura addormentata a cui dava le
spalle.
-...Parli di nuovo nel sonno?- chiese continuando a stare rivolto verso
la parete.
-Muoiono e scricchiolano...-
-Ok... lo prenderò per un sì...- “E'
strano che parli così tanto durante il sonno... ma suppongo
non ci sia nulla di che preoccuparsi... muoiono e scricchiolano...
tante... zampine? Credo di aver capito...”
-Lontano... spaventosi... brutti cosi... vi stacco tutte le zampine
pelose...- a giudicare dai rumori stava strisciando le gambe.
-Credo che i ragni abbiano molte più ragioni di avere paura
di te che vice versa.- sorrise, per qualche inspiegabile motivo gli
faceva tenerezza. “Una tizia che sogna di brutalizzare
aracnidi innocenti... Forse potrei davvero avere qualcosa che non v...
a-a-aaah?” si sentì addosso il braccio della
ragazza. Era tanto vicina da poterne avverti il respiro sulla nuca.
-Aaaaah!-
-Che c'è?!- Leshawna si svegliò e ritraendosi
diede una testata al muro. -Ahia!-
-Eh... mi eri addosso, mi hai fatto spaventare...-
-Non l'ho fatto a posta, ma secondo te, chi altro poteva essere?- disse
infastidita mentre si massaggiava la testa.
-Tu non hai dormito con Gwen, giusto?-
-Credo di non essere bi...-
-Cos...? No, intendevo quando ti eri nascosta da lei.-
sospirò e si ristese dandole le spalle -È
claustrofobica e tu tendi a stare molto appiccicata alle persone con
cui dormi... e a confinarle sul bordo del letto...- anche per quello il
divano letto confinava col muro, in modo che Harold non finisse
accidentalmente spinto giù. -Per chi soffre di claustrofobia
devi essere un vero incubo!-
-Potevi dirmelo che ti davo tanto fastidio, sarei stata più
attenta.- sbuffò.
-In realtà... non mi dispiaceva essere tenuto bloccato...
E-eh, nel senso... mi costringevi a dormire su un fianco e questa
posizione mi aiuta a non russare che alla lunga può dare
problemi alla salute...- spiegò abbastanza a disagio.
Sentì Leshawna pericolosamente vicina. -No! Lontano!-
-Stavo scherzando...- lei sospirò e si adagiò dal
suo lato.
“...Davvero non si accorge di quanto è inopportuna
o vuole solo di farmi diventare pazzo!? Non capisco... non la
capisco...”
-Sarebbe stato divertente dormire con Gwen e farle qualche scherzetto,
o forse no... è piccola ma combattiva, mi avrebbe mollato
qualche calcio!-
-In condizioni normali, te lo saresti meritata. Non si gioca
così con le fobie altrui.- sbuffò il ragazzo.
-Beh, non dovresti preoccuparti. Tanto tra poco non potrò
più tenere troppo vicino a me altre persone, la pancia
sarà talmente grossa da fare da barriera naturale...-
lasciò trasparire della preoccupazione dalla voce.
-Hai una visione drastica... e irrealistica...- si girò
verso di lei, anche se al buio non poteva vederla. -E poi il pancione
potrebbe vedersi solo all'ultimo e considerando la tua struttura
potrebbe non essere così evidente.- cercò di
rassicurarla. -Però proprio per il tuo peso dovresti stare
molto attenta... potresti essere a rischio...- disse preoccupato.
-Lo so, lo so... Non ti pago per ricordarmi cose ovvie, mi pare.-
Harold rimase un po' in silenzio per impedirsi di rispondere
impulsivamente. -Sssssh- sibilò poi. -Non ricordarmelo che
non mi paghi, potrei cominciare a sentirmi sfruttato...-
scherzò a bassa voce, dopo sospirò. -Lo so che
sai cosa devi fare e cosa devi evitare... ma se te lo ripete anche
qualcun altro è meglio penso... comunque...- uscì
la mano e cercò goffamente la spalla della ragazza. -Con la
dieta stai andando bene... fino ad ora... Beh, sei stata brava.- le
picchiettò la spalla cercando di scimmiottare un gesto
amichevole e incoraggiante.
-Grazie...-Leshawna istintivamente gli afferrò la mano. Ebbe
delle sensazioni contrastanti quando quelle dita fredde scivolarono via.
-Prego...- avvertì che le voltava le spalle di nuovo.
La mattina dopo, Leshawna si risvegliò sola, ma non si
lasciò prendere dal panico. “Harold non
è il tipo da fuggire... Si è solo scordato di
salutarmi prima di uscire...” Avrebbe potuto studiare, invece
decise di uscire anche lei per un po'. Ma il tempo passò e
tornata poco prima dell'ora di pranzo, non trovò nessuno.
Camminava avanti e indietro già da diversi minuti.
“Non si è nemmeno portato il cellulare...
Perchè ha sempre la testa fra le nuvole?!” si
sentiva preoccupata, ma sapeva di essere irrazionale. “O
forse no... è una calamita per disastri! È quello
che aveva dei mancamenti perchè scordava di mangiare quando
studiava per un esame... Si è arrampicato su un albero per
recuperare quel genio di Kunoichi che gli ha pure graffiato mezza
faccia per paura di cadere!” scosse la testa e si
schiaffeggiò mentalmente. “Se è
sopravvissuto per sedici anni prima di frequentarmi ci sarà
un motivo... il peggio che può essere capitato è
che abbia deciso davvero di andarsene...” pensò
infastidita. “Ma... sarebbe un bene... chi se ne frega se
c'è o non c'è... già... certo che
però, che razza di bastardo! Eh, eh... ma avrei pensato lo
stesso di me al suo posto, quindi...”
Sentì bussare, ma capì subito che non era il
fuggitivo, anche se quel modo di bussare forte e sgraziato come se si
desiderasse abbattere la porta, era decisamente familiare... rimase
immobile, non doveva far pensare di essere in casa.
-Ok... Dobbiamo sfondare la porta!- disse una voce femminile burbera.
-M-MacArtur?! Che stai dicendo?!- rispose un'allarmata voce femminile
più stridula.
-Beh Sanders... mi duole dirtelo... ma i miei timori sono ormai
certezze!- disse MacArtur con tono melodrammatico. -Se McGrady non ci
sta più aprendo... è perchè ha
sicuramente ceduto alla depressione e si è suicidato! Ora il
suo cadavere sarà abbandonato da qualche parte in quel
triste appartamento ed è nostro dovere recuperarlo!-
“Ma che sta a dire quella psicofessa?! Harold non
è tipo da suicidio, è solo un po' giù,
è normale!”
-In che lingua devo dirtelo... McGrady non è in casa! Ha
detto che andava dalla sorella per un po'! Non capisco
perchè mi trascini sempre qui ultimamente. Speri che lei
ritorni?- chiese Sanders sbuffando. -Se lo facesse non sarebbe
sicuramente per te!-
-Ah, sei davvero un'ingenuotta! A giudicare dall'aumento di spazzatura
del condominio malgrado la mancanza di nuovi coinquilini, questo
appartamento ha ricominciato ad essere abitato da una settimana circa.
Eppure nessuno ci ha mai aperto quando siamo passate...
perchè secondo te?-
“Perchè sei una cazzo di stalker!”
pensò Leshawna attenta a non lasciarsi sfuggire un sospiro.
-Forse ti sbagli o magari non è in casa...- Sanders
cercò timidamente di farla ragionare.
-No! È perchè è troppo sconsolato per
aprirci! Se non si è già ammazzato lo
starà facendo o rischia di farlo! È nostro dovere
di poliziotte salvarlo o recuperare il corpo, non trovi?-
Sanders rimase in silenzio per un po', pessimo segno che la compare le
stava facendo venire dei dubbi -L-lo dici solo perchè vuoi
sfondare una porta!-
Leshawna pensando che MacArtur stesse prendendo la rincorsa si
appostò dietro la porta aspettando il momento giusto...
-Uno, due...- la poliziotta cominciò a contare e Leshawna
contò in mente con lei. Poi aprì la porta di
colpo lasciando che la poliziotta cicciotta corresse per un po' per poi
perdere l'equilibrio e atterrare di faccia in cucina.
Leshawna la guardò soddisfatta sotto lo sguardo
atterrito della poliziotta afroamericana che dopo averla guardata con
biasimo andò a controllare la collega -MacArtur, stai bene?-
“Beh, lei voleva sfondarmi la porta... come dovevo
reagire?!”
-Sto bene, sto bene... cos'è success...?- poi si accorse di
Leshawna, si alzò immediatamente e la raggiunse. -Bel colpo,
dolcezza!- le disse afferrandole le mani divertita. -Comunque...
perchè sei...-
-Wr...WR...WROOOOUUUH!-
MacArtur fu interrotta da un suono rauco e vibrante. Guardando verso la
porta rimasta spalancata, le donne videro un essere dal pelo
prevalentemente fulvo irto e la dentatura da carnivoro esposta. Le
orecchie dell'animale erano portate all'indietro, le enormi pupille
facevano apparire gli occhi quasi neri.
-Un chupacapra!- esclamò MacArtur, non si capiva se era
entusiasta o spaventata.
-N-no penso sia un g-gattino... eh... g-gattone ferocie...-
balbettò Sanders.
-Sei qui come alleata o nemica, Kunoichi?- domandò Leshawna
nervosa, non aveva mai visto la gatta in quelle condizioni.
“Ma non può essere venuta da sola, Harold deve
essere nelle vicinanze...”
-UHUUWROHUURU'H- “Umani femmina imprudenti e arroganti... che
ci fate in un territorio che non vi appartiene? Scappate! Voi non
volete vedere Kunoichi in berserk, non è vero?”
pensò Kunoichi cercando di metterle in fuga, in fondo era
magnanima... ma le creature erano troppo stupide per cogliere la
possibilità che stava loro offrendo, così si
preparò a scattare. “Quindi avete scelto il
combattimento, eh?”
-...Miohm?- perplessa si sentì sollevata da degli arti dalla
struttura e l'odore familiare.
-Kunoichi! N-non scappare più in quel modo...- disse Harold
riprendendo fiato. Portava sulle spalle uno zaino scuro apparentemente
molto pesante. La gatta che teneva in braccio si era leggermente
sgonfiata, ma rimaneva rigida e nervosa.
“Harold, mollami! Se ne occupa Kunoichi di sbarazzarsi delle
intruse!”
-Ah...- il ragazzo si accorse delle due poliziotte. -Ecco
perchè eri così arrabbiata... Sembrava che stessi
cercando di evocare un demone... o facendo un provino per una band
metal.- le parlò per tranquillizzarla ma anche se Harold
emetteva i suoi versi da umano con cadenza tranquilla, Kunoichi non
sapeva se significava che non stava accadendo niente di grave o che il
suo umano stava sottovalutando il pericolo rappresentato delle intruse.
Sanders si avvicinò ai due. -E' una femmina, davvero? Ma
è gigantesca!-
-Eh... era randagia, forse è l'incrocio fra specie con una
struttura imponente... Non avvicinarti così, è
nervosa!- si ritrasse infastidito.
-Scusa, è che ho avuto dei gatti e prima sembrava molto...
alterata... volevo vedere come stava.-
-...Grazie? Ma devi aver avuto a che fare con gatti molto mansueti se
pensi che avvicinarti così sia una buona idea...- sorrise
nervosamente cercando di non essere troppo sgarbato.
-Ah... non era un chupacabra?- disse delusa MacArtur dopo aver
osservato Kunoichi a distanza di sicurezza.
-La tua collega è sempre così gentile?- chiese
Leshawna sospettosa.
-Meh... è un cuore tenero e il tuo ex è uno
straccio! Sembra anche un ragazzino, non come te che sei una vera
donna.- rispose con un tono irritantemente ammiccante. -E'...
è ancora il tuo ex, veeero?- anche quel tono era irritante...
Intercettò Harold mentre spostava un'incazzata Kunoichi
nella stanza da letto.
-Ehi! Hai chiamato i rinforzi?- cercò di scherzare Leshawna.
-Uhm...- Harold riflettè sulle tensioni del giorno prima e
si chiese se Leshawna pensasse che avesse bisogno di un supporto per
sopportarla. -In realtà ero andato da mia sorella per la
brandina, poi mi sono reso conto che non potevo trasportarla con la
bicicletta...- confessò imbarazzato, aveva l'impressione di
poter leggere la mente di Leshawna in quel momento.
“Gliela brucio la bicicletta!”
-E Kunoichi sembrava molto giù... così ho deciso
di portarla con me.-
-Ah... Beh, una cosa sanno fare i gatti, ignorare il prossimo. Sempre
saputo che eri taroccata...- la prese bonariamente in giro, ma ebbe
l'impressione che Kunoichi non l'avesse presa bene.
-Ehi, guarda che i gatti sanno essere molto affettuosi e sentire la
mancanza delle persone...- la informò Harold un po'
infastidito vedendo lo sguardo scettico della ex.
Kunoichi si sporse verso Leshawna annusandola. Harold la
avvicinò per favorirla.
-Eh... Cosa state facendo?- chiese Leshawna perplessa.
-E' che vuole annusarti...- la donna li guardò storto.
-Potresti aver mangiato qualcosa di insolito e lei lo avverte.-
spiegò per non toccare tasti dolenti. -O... magari le sei
solo mancata.- disse più allegro. Leshawna guardò
con sospetto Kunoichi. -Dovrebbe essere sana, ma per sicurezza stai
lontana dalla sua lettiera.- disse serio.
-Come se morissi dalla voglia di... Aspetta, in quello zaino hai la sua
lettiera? Hai portato un sacco di lettiera che a momenti pesa
più di te con la bici e... e pure una gatta?! Capisci che
sarebbe stato più comodo e sicuro con...-
-Con la macchina, blah blah blah, lo so!- rispose imbarazzato. -Ma le
fobie non sono razionali.- si giustificò sbrigativamente.
Tornando in cucina ritrovarono le poliziotte ad aspettarli.
-Eh... volete pranzare con noi?- Leshawna guardò Harold
temendo fosse serio o che lo prendessero sul serio.
-Con piacere!- esclamò MacArtur.
-N-no! Togliamo il disturbo! Eravamo solo nelle vicinanze e volevamo
controllare se eri tornato e come stavi...- si giustificò
Sanders imbarazzata. -E siamo felici che anche tu sia tornata...- disse
rivolgendosi a Leshawna.
-Perchè sei qui? Avevi delle cose da riprendere e ora hai
bisogno di un posto dove andare? Casa mia è disponibile!- si
offrì MacArtur. Sanders si portò la mano al viso
con fare nervoso.
-Eh...- non sapeva come tirarsi fuori dalla situazione ed Harold che si
tratteneva dal ridere non la stava aiutando. -Oh Harold! Volevi dirmi
qualcosa?-
-Eh?-
Leshawna lo trascinò lontano. -Posso dirle che siamo tornati
insieme?- sussurrò tesa.
-Uh... Vuoi trovare un modo carino per non illuderla di avere speranze
o vuoi semplicemente togliertela di torno nel modo più
efficacie possibile?- sorrise leggermente. -Ok, ma non credo che
mollerà l'osso.- la avvertì.
Il ragazzo era probabilmente di buon umore a causa della gatta
recuperata, ma anche se la bugia fosse stata realtà,
Leshawna non sarebbe stata stupita dall'atteggiamento divertito di
Harold. Non era geloso se non sentiva in pericolo la relazione e che
lei non era e non poteva essere interessata a quella donna rumorosa,
era abbastanza chiaro.
MacArtur era abbattuta alla notizia, ma inorgoglita cercò di
non nasconderlo.
-Mi spiace per il disturbo McGrady...- sospirò Sanders. -A
volte lei è così...- disse guardando la collega
davanti la porta.
-Tranquilla, non è un problema e... buona fortuna, sono
certo che saprai cavartela.- il ragazzo le fece l'occhiolino. Sanders
arrossì.
-Ah, è molto dura a volte! Ok, spesso!- si sfogò.
-Eh... di nuovo congratulazioni, mi fa piacere per voi.- aveva
l'impressione che Leshawna la stesse guardando male.
“Starò impazzendo...” -Ok, arrivederci.-
se ne andò dubbiosa.
-E' solo curiosità, non sono affari miei, ovviamente.- disse
Leshawna il più rilassata possibile. -Ti piace Sanders? Beh,
ha quattro anni in più di te, non che la consideri
pedofila...- “Approfittatrice di giovani giù di
corda, maniaca e criminale!” -Hai la mia benedizione, sono
solo... stupita!- sorrise tesa.
-Perchè ti da fastidio?- chiese Harold con sospetto.
-Ah, ma che dici...-
Il ragazzo, con aria preoccupata, le toccò le sopracciglia
tese. “Questo sarebbe un bel problema...”
pensò insicuro poi la guardò con biasimo
“E, come se non bastasse, perchè è
tanto ottusa?” sospirò. -Tu e la signorina
MacArtur siete fatte l'una per l'altra! Avete due teste... A Sanders
piace la collega, non le interesso io... e nemmeno lei interessa a me.-
-Ah...- realizzò Leshawna. -In effetti ha senso... ma allora
perchè sembrate così carini fra voi?-
-Perchè è stata gentile... non stavo molto bene e
visto che la collega girava qui attorno aspettando il tuo ritorno o
informazioni per trovarti, l'ha notato e si è comportata
cordialmente, tutto qua... E poi abbiamo entrambi pessimi gusti. Solo
le ragazze etero possono fare comunella per le loro sventure amorose?-
disse più leggero. -Non che sparlassimo davvero di voi... E
comunque, non dovrai preoccuparti che mi interessi ad altre donne per
un po'. Per questioni di... umore... la mia libido è
praticamente inesistente e potrebbe rimanere così per
qualche tempo.- spiegò con freddezza. -Beh, posso
approfittare per favorire la meditazione. Magari raggiungerò
una nuova consapevolezza...- sdrammatizzò. “Che la
meditazione è inutile come tutto il resto...”
-Ok...- rispose dubbiosa.
“E poi pensa davvero che mi cercherei qualcun altro
così in fretta?” pensò infastidito.
-Ah, giusto... Non è che più tardi mi
accompagneresti da mia sorella, per favore?- sorrise innocentemente.
“Dovrei costringerlo ad usare la macchina.” ma
guardandolo si sentì in colpa. -Va bene.- “Beh,
non sono granchè utile qui, suppongo che glielo
devo...”
-Vorrei recuperare anche la mia batteria...- disse pensieroso.
-B-batteria?- balbettò Leshawna atterrita.
-Sì... mi sentivo teso, così me la sono portata
dietro per sfogarmi un po'... spero che Riff non me l'abbia
distrutta... o anche Celia potrebbe inciampare e danneggiarla...-
-Ok... Ma non ti porterai la testa con la batteria, vero?-
-Ma... ma hai sempre detto che non ti infastidiva... e che non era male
come sottofondo... Mentivi anche quando dicevi che ti piaceva la
tastiera? E la tuba?!-
-Ecco... per la batteria mentivo...- ammise. -La tastiera invece mi
piaceva, ma per quanto riguarda la tuba... suona male se dico che
speravo che avessi troppi problemi respiratori per uno strumento a
fiato?- Harold rimase in silenzio guardandola di traverso.
-Tutta la nostra relazione... è stata una menzogna...-
commentò risentito a bassa voce mentre si allontanava.
Poteva prendersi ancora un po' di tempo prima di accompagnare Harold.
Una parte di lei sperava che si scordasse di chiederglielo.
“Non mi va di vedere Celia, non mi va di stare in macchina
con lui... non mi va proprio di portare la macchina...”
pensò stiracchiandosi sul divano.
-Wraho!- la chiamò Kunoichi.
-Eh... ciao.- “Penso che Harold mi abbia
contagiata...” Non aveva avuto gatti o cani, non era abituata
a parlarci ad alta voce.
-Wroooo!- la chiamò di nuovo avvicinandosi. Era insolito...
ancora più insolito che le salisse sulle gambe.
-Ecco... non ho nulla da mangiare, vedi?- le mostrò le mani,
ma la gatta continuava a fissarla intensamente annusando l'aria intorno
a lei.
“E' da un po' che ci pensavo, ma ora è evidente...
il tuo odore è cambiato! È molto, molto
strano!” pensò Kunoichi irrequieta. “Che
sia collegato al motivo di tutti quegli strani comportamenti e al fatto
che hai lasciato questo luogo per un po'? Beh, però sei
comoda! Non ci avevo fatto caso... E la tua temperatura sembra
più alta, eh eh, che bello!” la gatta ne
approfittò per sistemarsi comodamente sulle cosce della
donna.
-Ah... Harold! Vieni che il gatto taroccato s'è sfasciato!-
sentì la corsa frenetica e scoordinata del ragazzo.
-Cosa?! Che succede?!- esclamò entrando, poi fissandole
trattenne il riso. -Pfff... mi fa piacere che vi siate mancate
avvicenda...-
-Eh? A me sembra che voglia ottenere qualcosa...- guardò la
gatta con sospetto.
“Kunoichi deve assorbire tutto il tuo calore corporeo...
yeeyee...” pensò allegra Kunoichi. “No,
aspetta! Non devo lasciarmi corrompere! La situazione è
sospetta, perchè l'umana ha cambiato odore e temperatura?
Sta avvenendo sicuramente qualcosa!” pensò
rimanendo acciambellata.
-Non so se capisce che sei incinta, ma probabilmente percepisce i
cambiamenti chimici tramite l'olfatto, per questo la incuriosisci...-
“Anche se significherebbe che Kunoichi non è
troppo recettiva ai cambiamenti di Leshawna. Se ne sarebbe dovuta
rendere conto prima e davo per scontato che avesse già
percepito qualcosa... Forse quando si tratta di lei è un po'
stupida...” -Ma se questa cosa può avvicinarvi
è un vantaggio. Malgrado le apparenza, i gatti sono molto
bravi a dare sostegno emotivo. Sarebbe utile se diventaste
più amichevoli fra voi.- Leshawna sembra parecchio scettica
ogni volta che parlava di queste cose. -Dovresti porti in modo
più rilassato con lei, per non trasmetterle il tuo
nervosismo...- continuò pur accorgendosi che la ragazza lo
fissava in modo sgradevole.
-Scusa, ma non credo nella stregoneria...-
-Non lo è! I gatti sono molto percettivi e realmente utili
per... ah...- sapeva che era inutile, non riusciva a prenderlo sul
serio in quei momenti. -Gradirei che non mi trattassi come se studiassi
astrologia! Non sono un fattucchiere...-
-Sembri mia madre in questi momenti...- osservò la ragazza.
-Anche lei si innervosisce molto quando io e mio padre la prendiamo in
giro, ripete “Sono laureata e tutti i miei alunni, anche i
più indisciplinati mi ascoltano! Solo a voi due sembro una
lavandaia!”- disse vagamente divertita.
-Te la ricordo solo per questo? Mi sembra una reazione normale...
dovete proprio sfinirla a volte...-
-Era lei che si metteva in mezzo quando dovevo fare i compiti
perchè aveva deciso di dovermi per forza aiutare. Credeva
che insegnare lettere la rendesse un genio in tutto, quindi doveva
farle capire che non era vero.- disse come se ostentasse
superiorità.
-...Non deve essere stato facile avere a che fare con una mini-te.-
-Ma che dici, ero una bambina adorabile e tranquilla, solo crescendo mi
sono rovinata...-
-L'autocritica non è da te per quanto sia una buona cosa...-
sospirò -Non ti sei rovinata... anche se a volte sei davvero
difficile.- sorrise leggermente.
-Eh... guarda che stavo chiaramente scherzando! E poi...-
“Smettila di essere gentile. Siamo in conflitto,
ricordi?” Era un irrazionale lamentarsi. Disgraziatamente,
Harold aveva ragione. Se si fosse lasciato andare ad un comportamento
più ostile, probabilmente si sarebbe sentita solo peggio, ma
non le andava giù essere trattata con cautela a causa della
sua condizione.
-Stavi dicendo qualcosa?- chiese il ragazzo.
-Nulla di importante...- “In realtà sei
così da sempre... ma è strano vedere questo
comportamento ritorto contro di me...” Harold tendeva ad
affogare i rancori fin da quando erano a scuola.
Sapeva essere molto velenoso e mettersi sulla difensiva anche quando
non serviva se si alzava col piede sbagliato o era nervoso. Ma quando
era abbastanza lucido, tendeva ad essere tranquillo e amichevole anche
con chi di norma teneva un atteggiamento aggressivo, violento o
irrispettoso nei suoi confronti.
Era un comportamento che Leshawna aveva sempre odiato.
Più o meno sapeva i motivi che lo spingevano a evitare le
tensioni, glielo aveva chiesto verso l'inizio del terzo anno a scuola,
all'ultima ora, quando erano rimasti soli in classe.
-Eh? Con la salute che ho non posso permettermi di essere costantemente
arrabbiato e di cattivo umore.- gli aveva risposto come fosse ovvio, ma
vedendo l'espressione infastidita della sua interlocutrice
continuò. -Se dovessi essere rancoroso verso chiunque mi
tratti male, il mio organismo sarebbe continuamente stressato e le mie
viscere non la prenderebbero tanto bene, aumenterebbero anche i miei
mal di pancia da nervosismo... Ed è fastidioso dovermi
sedere in posizioni strane per sentire meno dolore all'addome... Mi
capita abbastanza spesso quando sono in classe, ma se lo dicessi ogni
volta sembrerebbe una scusa per evitare lezioni e compiti...-
-Quindi è per quello che invece di stare seduto a volte ti
incurvi in avanti a uovo e altre ti inclini all'indietro come se
cercassi di stenderti?-
-Si nota molto, eh?- soffiò imbarazzato.
-La scuola non sembra molto salutare per te, dovresti fare
più assenze!- consigliò scherzosamente,
ammorbidita dalla sfiga del ragazzino, nonostante il fastidio iniziale.
-Attirerei di più l'attenzione... E poi...- era indeciso.
Forse la ragazza l'avrebbe preso per pazzo. -Non ho il fisic du role
giusto per potermi permettere un comportamento aggressivo. Se lo fa un
ragazzo con un determinato carattere e aspetto può sembrare
normale, addirittura fico se il ragazzo è carismatico e
anche in alcune ragazze può sembrare forte, ma se mi
comportassi così io, potrei essere visto come un potenziale
serial killer o comunque un ragazzo problematico e disturbato... E le
persone non smetterebbero di darmi fastidio perchè non
incuterei abbastanza timore per scoraggiarle, anzi... potrei divertirli
di più se cominciassi a fare l'isterico... potrei farli
sentire più nel giusto quando si comportano male se reagissi
male...- vide chiaramente il disgusto negli occhi della ragazza, o
almeno ne fu convinto, e se una parte di lui era nel panico, l'altra si
sentiva perversamente confortata dall'aver ottenuto una reazione
conosciuta, ma fu la prima parte ad avere la meglio. -Non mi nascondo
dietro delle scuse! Ho provato a reagire e gli altri hanno cominciato a
vedermi come un ratto infetto... ho provato a parlarne con gli
insegnanti, ma a nessuno a quanto pare importa e chiedere aiuto mi fa
sembrare solo più debole!- “Perchè ci
tengo a discolparmi? Io non ho fatto niente di male...”
-Calmino pulcino, calmino!- disse la ragazza facendo il segno del time
out. -Ti credo... Quindi sta' calmo, ok?- Harold arrossì per
l'imbarazzo e lei con quel sorriso rassicurante sembrava una persona
matura, cosa che paradossalmente non lo calmava affatto.
“Magari sta mentendo...” pensò lui
ancora in stato di allerta, ma decise di scacciare quel pensiero, tanto
qualora fosse stato così, non poteva farci nulla. -Non ero
arrabbiato con te, io stavo... Beh, niente...- sospirò
guardando il pavimento. -Alla fine credo sia anche sbagliato aspettarsi
che gli esseri umani siano gentili e coerenti, semplicemente non
è nella nostra natura... Intendo... Per esempio ci sono
persone stronze in gruppo che si lasciano trasportare facilmente da
altri idioti che danno il cattivo esempio. Però alcune di
quelle persone quando sono da sole e non hanno nessuno su cui far colpo
prendendo in giro qualcuno, sono più tranquille, meno
sceme... Credo sia giusto dare seconde possibilità alle
persone se in quel momento sembrano più disponibili e non
hanno l'aria di avere secondi fini. Forse conoscendo meglio le vittime
delle loro idiozie si renderanno conto di aver commesso un errore.-
-Eh...- “Perchè passa dall'essere inquietante,
all'essere spaventosamente ingenuo? Non ha vie di mezzo 'sto
tipo?” -Meh... Ma che cretino devi essere per prendertela con
qualcuno per fare il figo? Certi soggettoni non meritano alcuna
considerazione!- stabilì determinata. Harold sembrava
perplesso.
-Eh... guarda che un po' lo fai anche tu...-
-Che?!-
-E in generale, quando hai molte persone intorno diventi poco paziente
e abbastanza disposta a liquidare chi consideri meno prendendolo in
giro, facendo ridere il tuo gruppetto di amici.-
-Ok... forse può essere...- con quelle osservazioni l'aveva
messa un po' in imbarazzo.
-Però posso anche dire che sai essere gentile e attenta alle
persone a cui tieni...- aggiunse Harold.
-Non mi sembra comunque giusto fare finta di niente e comportarsi da
amici con i pezzi di sterco... E mi spiace dirtelo caro, ma guarda che
tu sei tipo una bomba ad orologeria! Passi da momenti di sottomissione
ad altri di isteria casuale verso chi ti passa vicino! Forse se
evitassi di reprimere la rabbia e sbranassi gli altri come Dio
comanda...-
-Senti, conosco i miei difetti...- rispose infastidito. -E sto cercando
di fare ciò che è meglio per me. Almeno quando
sono in momenti in cui riesco a controllarmi, voglio cercare di essere
affidabile...- deglutì. -Ma sono curioso! Hai altre
incredibili soluzioni a cui io in tutti questi anni non sono arrivato?-
fece una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso per prenderla in
giro... ma dava l'impressione di essere abbastanza disperato da sperare
che lei avesse davvero una soluzione. -Scherzo, è un
problema mio... ma credo di essere con le mani legate.- unì
i polsi, forse istintivamente, forse come gesto teatrale, sospirando
con un viso apparentemente più rilassato. -Forse avrei
dovuto risponderti domani, preparandomi tutto un discorso meno
strano... avrei potuto utilizzare una qualunque scusa per uscire
dall'aula dicendo che ero di fretta. Essendo pendolare sarebbe stato
abbastanza credibile... Eh... non so neanche perchè ti sto
dicendo tutte queste cose... aiuto...- sorrise nervosamente, una volta
che cominciava a parlare era difficile per lui fermarsi. Forse era
davvero un ordigno instabile che perdeva parole ogni volta che lo si
toccava, ma non arrivava mai a esplodere del tutto...
-Beh, non è un problema, anche se sembri un bel po'
confuso...-
-Uhm... Però... Grazie per esserti preoccupata per me...-
scandì le parole lentamente, non era sicuro di aver
interpretato bene il motivo dell'interessamento di Leshawna e in quel
momento non aveva abbastanza controllo su di sé per farle
qualche battuta ammiccante. L'aveva preso alla sprovvista trattenendolo
il aula ed ora si trovava esaurito dalle spiegazioni che le aveva dato.
-Prego? No, aspetta...- “E' un fraintendimento. Non ero
preoccupata, è che col tuo modo di causarti problemi da solo
è impossibile ignorarti... ok, forse gli altri ci riescono
benissimo...” non era sicura di doversi giustificare. Era un
ragazzino strano e difficile da capire per lei, ma a volte temeva di
piacergli. “Ma se gli dicessi che non riesco a ignorare il
disastro che è, penserebbe che mi preoccupo per lui, non
smentirei un bel niente... Non è una bugia, sì,
lui mi preoccupa... ma perchè è troppo fastidioso
perchè riesca a non averlo in testa, non perchè
mi piaccia...”
-Beh... Non sto andando da nessuna parte... Puoi tranquillamente
dirmi... qualunque cosa volessi dirmi...- disse con abbastanza
curiosità e aspettative.
-Ma no, puoi andartene!-
-...Mi stai cacciando?- la guardò confuso, poi si diresse
fuori dall'aula.
-Eh, però volendo, se mi pagassi, potrei proteggerti, sai?-
“Visto che ci sono, perchè no?”
-I-in che modo pagare una ragazza per farmi da guardia del corpo
dovrebbe aiutarmi a non essere preso di mira? Ammiro la tua
determinazione nel cercare di guadagnare da qualunque situazione, sai?-
“Ma quindi stavi solo cercando di capire se ero abbastanza
disperato da diventare una fonte di guadagno?! R-razza di...”
-Ma non batto in strada, non ho bisogno di alcun protettore. Grazie
comunque per il pensiero... Ora, con permesso...- accennò un
inchino, un po' fuori luogo, e se ne andò offeso.
Angolo dell'autrice:
In ritardo di nuovo... e questa non è neanche l'unica storia
da aggiornare!
Purtroppo ho periodi in cui mi blocco perchè non riesco a
scrivere come vorrei...
MacArtur e Leshawna per certi aspetti le trovo simili, in Missione
Cosmo Ridicola, la prima, mi era sembrata una versione
maschiaccio(penso che Leshawna sia abbastanza femminile... cosa che mi
sa non riesco proprio a far trasparire! E metterla in confronto con
Harold forse non aiuta molto...) e comic relief di Leshawna e credo che
la concorrente del primo cast potrebbe anche piacerle(ha delle
qualità che MacArtur apprezzerebbe?) per questo l'ho
inserita in questo modo. E voi che ne pensate?
In ogni caso, spero che vi sia piaciuto il capitolo e che continui a
piacervi anche la storia.
Se vi fa piacere, fatemi sapere i vostri pensieri.
Alla prossima! (Sperando che sia un po' più presto!)
Nota:
-Il sovrappeso può rappresentare un problema sia per la
salute della donna che per quella del nascituro. Può anche
essere causa di complicazione durante il parto.
Non dovrebbe essere il periodo adatto in cui perdere peso, ma bisogna
comunque tenere sotto controllo il peso che si guadagna, alimentarsi
secondo determinate regole e rimanere attive facendosi guidare dal
medico.
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Capitolo 7 *** Fobie e buon vicinato ***
La prima volta che Leshawna entrò nella stanza di Harold, fu
perchè li avevano messi in coppia per un progetto scolastico.
A colpo d'occhio le risultò subito una vista strana. Fatta
eccezione per una finestra al centro dell'ambiente, era tutto sistemato
specularmente. Ai lati opposti della stanza c'erano due scrivanie, una
con una pianta carnivora, l'altra con un formicaio sistemato sopra; due
coppie di mensole con libri, quaderni e fumetti sistemati casualmente
che potevano essere trovati anche sparsi per il resto della stanza; due
cassettiere dall'aria vissuta e consumata e... due letti singoli...
-L'altro lato è di mia sorella.- spiegò Harold,
notando l'aria perplessa della compagna. -Non toccarle nulla. Il
disordine è solo apparente. Noi, ovviamente, sappiamo dove
abbiamo sparpagliato le nostre cose e come ritrovarle.- disse il
ragazzo a metà fra il solenne e lo scherzoso.
-Eh... non deve essere il massimo della privacy...- rispose perplessa.
-Basta che uno dei due vada in bagno quando bisogna cambiarsi i ve...-
-...Come si fa a masturbarsi?- osservò sovrappensiero la
ragazza.
-Eventualmente... Beh... Non siamo sempre nella stessa stanza...-
“Risposta sbagliata? Dovevo scherzarci su? O... dire che non
erano affari suoi?” rimuginò disorientato.
-Scusa! Non so perchè l'ho detto ad alta voce, sul serio!-
Leshawna rise, forse imbarazzata.
-Comunque, ormai lei spesso non è a casa. Inoltre siamo
molto tranquilli e non ci siamo mai infastiditi o ostacolati fra noi.
È come condividere la stanza con un fantasma! Beh... fin
quando non rapisce le mie formiche per darle in pasto alla sua pianta
carnivora...- sospirò. -Già... Devo trovare un
posto per nascondere il mio formicaio...- la preoccupazione per le sue
piccole coinquiline lo distrasse dalla tensione causata dalla presenza
di Leshawna.
-E' più grande o più piccola?-
-Più grande, lei ha...- nella stanza entrò un
nanetto pallido e lentigginoso dai capelli castano chiaro, lunghi con
una frangetta che colpiva parzialmente gli occhi già
nascosti da una grigia montatura di occhiali. -Ah, capiti a proposito!
Leshawna, lei è la mia sorella Celia. Celia, lei
è una mia compagna di classe.- con un sorriso teso,
sperò che la sorella, anche ricollegando il nome, non
dicesse alla ragazza che gli aveva parlato molto di lei.
Con uno sguardo da gufo, la nuova arrivata osservò i due
ragazzi con curiosità e confusione. Fece un leggero cenno
della mano e pronunciò un “Ciao” a voce.
Poi andò a sedersi pacificamente sul suo letto.
Come le aveva detto Harold, Celia era una ragazza molto silenziosa e
tranquilla, anche troppo. Passavano i giorni, per abitudine, per farsi
aiutare con le materie e per cambiare aria, Leshawna si trovava
lì abbastanza spesso, ma non era ancora capace di inquadrare
il folletto. Forse sapeva che alla “sorellina”
piacevano gli horror... o forse no, quando il portatile di Celia
emetteva suoni inquietanti, urli e lamenti disperati, il viso della
ragazza rimaneva completamente neutro, come se trovasse la visione poco
interessante.
Col tempo, anche cominciando a uscire col ragazzo, divenne sempre
più fastidioso per Leshawna non riuscire a capire la ragazza.
-Gwen è molto chiusa, tu sei strano forte, eppure vado
più che d'accordo con entrambi... in teoria dovrei essere
perfetta per fare simpatia ad una come tua sorella, non capisco
perchè sembra far finta che io non esista.-
borbottò un pomeriggio cercando di darsi un tono scherzoso.
-Ma no, non lo fa...Ti rivelerò una cosa...- le disse Harold
con un saccente tono da maestrina. -Non per tutti parlare è
naturale e divertente. Celia è di poche parole e le ci vuole
molto per entrare in confidenza con qualcuno, quindi abbi pazienza, non
è che non le piaci... pensandoci la sua socievolezza
è anche migliorata molto crescendo...- alla fine si fece
apprensivo e nostalgico.
Ci volle tempo, ma effettivamente i suoi rapporti con Celia divennero
più naturali e in generale la donna sembrò
diventare più socievole.
Ma Leshawna ora era molto irrequieta all'idea di rivederla. Avrebbe
preferito che Harold avesse scordato di chiederle di accompagnarlo. Non
aveva tutta questa voglia di uscire dalla macchina.
-Harold, sbrigati a prendere quella cavolo di brandina, io preferirei
aspettarti qui.-
-Aspetta...- disse il pallidissimo ragazzo prendendo aria, nonostante
il freddo aveva tenuto tutto il finestrino abbassato durante il
tragitto.
-Ok, puoi prenderti il tempo che vuoi per riprenderti dalla nausea...-
sospirò.
-Non sto così male!- dissimulò il ragazzo. -Tu
invece stai bene? Come mai hai fretta di tornare a casa? Uscire dalla
macchina ti farebbe bene...- cambiò discorso ansioso di
evadere.
-Ma non è niente, è solo che non mi va di
disturbare, già Celia non era entusiasta di vedermi l'ultima
volta.- spiegò.
-Non devi sentirti a disagio, sono affari e decisioni mie, non di
Celia. Se vogliamo collaborare la situazione è questa...-
-Figurati se ho paura della tua sorellina! Solo che oggi sono stanca...-
“Paura?”-Non era proprio quello che intendevo, ma
ok... cercherò di metterci poco.- uscendo dalla macchina
quasi cadde a terra. Leshawna uscì per controllare la
situazione e lo trovò appoggiato alla macchina mentre
fissava il mezzo con aria truce.
-Quando prenderò il controllo del mondo mi
sbarazzerò di tutti i mezzi di trasporto forniti di
motore...- sibilò inviperito. -In fondo cosa c'era di
sbagliato negli asinelli? Potevi essere mezzo addormentato o ubriaco,
ma loro ti riportavano a casa comunque... mica come quei presuntuosi
dei cavalli!-
-Parli come mio nonno... e poi tutte le cacate d'asino chi le
raccoglierebbe?-
-Nessun piano è perfetto.- sospirò
Harold cominciando a riprendersi. -Mal d'auto del cavolo... Come faccio
a ridurmi così ogni volta?-
-Facciamo che ti accompagno.- disse Leshawna poggiandogli la mano sulla
schiena. Il ragazzo perse l'equilibro nuovamente, ma per un attimo,
Leshawna, ebbe l'impressione che si fosse buttato di lato. -Ma che
ca...-
-Un mancamento, niente di grave!- precisò lui,
frettolosamente. Leshawna gli offrì la mano, ma Harold
sembrò ignorarla e si alzò da solo. -Bene,
andiamo?- le disse stranamente agitato.
Come Leshawna temeva, i due fratelli si misero a parlare, anche se
aveva l'impressione che Celia stesse cercando di esaminarlo nel mentre.
“Calma, non è mica in pericolo di vita, non te lo
ammazzo.” come se potesse percepire i suoi pensieri, la
piccola donna la raggelò con uno sguardo... non era
aggressivo o particolarmente espressivo, solo freddo, come fosse in
grado di farle impietrire la mano se fosse stata abbastanza imprudente
da avvicinargliela.
Poi la reginetta delle nevi tornò a chiacchierare
allegramente col fratellino come se niente fosse.
“E... Era un'allucinazione?” Leshawna si
strofinò il braccio per mandare via la sensazione di gelo.
“Ha nove anni più di noi... quindi...
trentuno?!” Celia non era particolarmente graziosa o
femminile, ma continuava ad essere difficile capirne l'età
al volo.
Ricordò che rimase molto sorpresa la prima volta che
realizzò la vera età di quella piccola presenza
che stava spesso in casa con lei e Harold quando erano ancora al liceo.
Quel giorno Celia si era avvicinata al fratello con un sorriso furbetto
mentre teneva le mani dietro la schiena.
-Cosa c'è?- le domandò Harold con sospetto.
-Guarda...- fece la ragazza mostrandogli una fotografia. Harold
inizialmente sorrise, mentre Leshawna si sporse per guardare. -L'ho
trovata dentro un libro, sembra passata un'eternità!-
Nella foto c'era un minuscolo Harold con l'aria infastidita e la faccia
arrossata che fissava una ragazzina.
-Sembra che stia per mettersi a piangere...- si intromise Leshawna
concentrandosi sulla figura del bambino. Harold sussultò
ricordandosi della sua presenza.
-In tutte le foto dell'asilo e delle elementari è
così.- precisò Celia.
-In tutte quelle in cui compaio con te... chissà come
mai...- sbuffò Harold, nervoso.
-E tu diventi fastidioso quando c'è lei in giro...-
commentò Celia, si accorse di aver detto la cosa sbagliata
solo vedendo il viso impanicato del fratello. -Ah... Sono troppo
vecchie per questi timori adolescenziali...- disse sovrappensiero
facendo agitare ulteriormente il fratellino. Fortunatamente Leshawna
pensava ad altro.
-Quindi l'altra nella foto sarebbe Celia da bam.... e-eh....- Leshawna
si interruppe. Se Harold nell'immagine era palesemente un bambino
dell'asilo, Celia sembrava avere almeno dodici anni. -Quindi sei
vecchia!- esclamò Leshawna. Harold trattenne una risata
sorpresa.
“Ti uccido!” probabilmente lo pensarono entrambe.
-Leshawna, guarda che...- prima che il ragazzo potesse aggiungere
altro, Celia fece un gesto con la mano per fermarlo, comunicando
silenziosamente che se ne sarebbe occupata da sola.
Si raccolse i capelli e tolse gli occhiali per mostrare meglio i suoi
lineamenti da giovane donna uscita già da un po'
dall'adolescenza.
-Guarda che avrei venticinque anni...- disse pacatamente.
-Ah... non mi dire... che bello...- pronunciò lentamente la
ragazza, sgranando gli occhi. -Harold caro... ma precisarmelo, no?
Credevo avesse due o tre anni più di noi!- disse infastidita.
-Beh, non pensavo potessi sbagliarti di così tanto.- lui
scosse le spalle.
-Ma se è praticamente tascabile!-
-Uh?!- Celia andò di fronte la ragazza e si mise sulle punte
riuscendo a malapena a raggiungerla.
-Non è solo una questione di altezza, hai le spalle
così strette e magroline.- disse Leshawna tastandogliele con
le mani. -Inoltre...- si accorse troppo tardi di starle toccando il
petto appena accennato. Celia la guardò stranita, ma Harold
strascinò Leshawna via dalla stanza.
-Sai, dovresti un po' evitare... beh, di mettere le mani addosso alle
persone... L'ultima volta che ho visto Celia così arrabbiata
avrò avuto tipo sei anni...- sospirò come se
avessero scampato un grande pericolo.
-Quindi quella... era la sua faccia arrabbiata, eh?- “Cos'ha
di diverso dalla sua faccia normale?!”
-Tranquilla, non è realmente suscettibile come sembra...- la
rassicurò il ragazzo.
“Non ho la minima idea di come sia... dal suo tono e le sue
espressioni non si capisce tantissimo...”
-Se continuerai a stare qui, sono sicuro che avrà tutto il
tempo per fare anche lei la sua gaffe.-
-E già... mi spiace per il disturbo... ho... sai la mia casa
è un disastro per la disinfestazione quindi...-
-Lo so, tranquilla...-
Detestava ripensare al debito che aveva avuto nei confronti del
ragazzo... e ripensandoci era improbabile che Harold non si fosse
accorto che era un'ennesima scusa quella che gli aveva rifilato.
Ma sembrava ingenuamente contento di aiutarla.
“E' sempre stato facilmente spennabile...”
pensò con affetto e senso di colpa. Cercò di
concentrarsi su qualcosa che non fosse Harold. E i piccoli
piedi che uscivano da sotto il tavolo facevano a caso suo.
-Quella... non sembra più rotonda del solito
però...- disse a bassa voce il bambino nascosto.
Apparentemente, parlava con un peluche a forma di tardigrado.
-Ciao Riff, non mi chiamo “Quella” e non
è carino fare commenti sulla mia forma, sai?-
sussurrò Leshawna abbassandosi sotto il tavolo.
Il bambino sussultò ed emise un flebile suono sorpreso.
-Ciao...- disse timidamente. -Tu e Zio rimanete qui?-
-No, tranquillo, togliamo il disturbo tra poco.- il bambino la
guardò deluso.
-Ma... qui c'è spazio per tutti... perchè non
rimanete?- domando sbuffando.
-Beh, ognuno ha la sua casa, no?- “Forse avere qui Harold e
Kunoichi gli piaceva... poverino... mi detesterà di sicuro,
i bambini sono fatti così.” pensò
intenerita. I bambini avevano sentimenti molto semplici e rassicuranti.
-Se cambiate idea sono qui...-
-Me ne ricorderò pulcino, tranquillo.-
-Ma il bambino c'è o no? La tua pancia non è a
palla.- disse il bambino muovendole davanti la faccia il peluche
tardigrado.
“Ma devi ricordarmelo anche tu?! Forse però non mi
odia... me lo direbbe in faccia, che strano... o forse ero io una
bambina strana?” -Prima o poi diventerà rotonda,
non preoccuparti...-
-Quando?- chiese sospettoso.
“Mi stai rompendo, bambino, lo sai?”
-Leshawna, possiamo andarcene...- disse Harold. Sia l'ex che il nipote
tirarono fuori la testa da sotto il tavolo. -Riff, ciao!-
-Zio, c'è abbastanza spazio qui sotto, puoi dormirci!-
Ritornati all'appartamento, nonostante il mal d'auto e il traffico per
tirare fuori le cose dal bagagliaio e portarle su, Harold si era
ripreso subito per sistemare la sua ritrovata brandina pieghevole.
“Quando gli conviene è attivo...”
Osservò Leshawna.
La brandina, non sembrava il massimo della comodità, il
materassino era poco meno sottile dei tappetini luridi della palestra
malandata della loro scuola, ma Harold sembrava fin troppo felice.
-Finalmente potrò dormire da solo!- disse fra sé
e sé molto sollevato e soddisfatto. “Niente
più fonti di calore estranee... niente più mani
non mie sopra il sottoscritto e invasioni dello spazio personale!
Niente più strani discorsi nel sonno...” il
ragazzo canticchiò, poi si accorse dell'occhiata
apparentemente omicida di Leshawna. “Ma che ha?!”
-Senti Harold, e se ci dormissimo a turno finchè non
sostituiamo il divano letto?- domandò la donna con malcelato
fastidio. Il ragazzo si appoggiò alla brandina come se
dovesse proteggerla.
-Eh, no... è mia! La romperesti...- Leshawna si fece
più minacciosa. Harold continuò. -E considerando
come ti muovi nel sonno, probabilmente con uno spazio così
stretto a disposizione cascheresti...-
-Non ho tre anni!-
-No, ma è meglio non rischiare...- “Inoltre
dovremmo cambiare le lenzuola un giorno sì e l'altro pure,
in questo momento non voglio avvertire che un altro essere umano ha
usato le mie coperte...” Si rendeva conto di essere
esagerato, ma in quel momento era per lui una questione di vitale
importanza. -Perchè tutto questo interesse poi? Non posso
avere cose mie?-
-Questo è il tuo appartamento... e anche il divano letto
è tuo, insomma, non è che mi senta molto a mio
agio se decidi spontaneamente di dormire su quella cosa, sai? Mi sento
fastidiosamente in debito!- dichiarò irritata.
“Perchè non fai minimamente caso a queste cose, eh
cretino? Inoltre è davvero così importante
dormire il più lontano possibile da me, che differenza ti
fa?”
-...Hai una mentalità molto territoriale.-
osservò il ragazzo.
-Ok, qualunque cosa tu intenda...-
-Ma è molto più pratico come dico io, tutto qua.-
Harold sospirò. -E poi non posso considerarmi molto
indipendente... non ci guadagno molto con le ripetizioni...- disse
infastidito.
-Ripetizioni?-
-Sì, alla fine il proprietario del locale si è
accorto delle mie perdite di equilibrio e delle mie vertigini, ho
rischiato di rompere i piatti varie volte così... non posso
più fare il cameriere, anche se non ci guadagnavo molto
neanche con quello...-
-In realtà sapevo che avevi smesso di fare il cameriere.-
“Lo davo per scontato più che altro... e quindi...
sono davvero l'unica bloccata a non fare niente qui! Perfetto!
Merda...” -Non sapevo che avessi trovato qualcos'altro da
fare.-
-Eh già... per ora non ho trovato di meglio... sto dando
ripetizioni al figlio del tizio che mi ha ceduto l'appartamento, non so
se ricordi.-
-Ah... si... quello strano uomo di mezza età che ha passato
un'oretta buona a parlare in modo nostalgico della sua giovinezza,
senza nessun motivo, giusto? Non mi aspettavo avesse un figlio...-
“Suppongo sia consolante, se c'è l'ha fatta lui...
devo pensare positivo...” era un po' che cercava di pensare
ad altri soggetti improbabili con dei figli, ma non funzionava molto.
-Ma per le vertigini non hai trovato niente che ti aiutasse?-
Harold strinse le labbra. -Niente che funzionasse...
cercherò ancora, farò altre visite...- disse
vago. Leshawna avvertì una strana pesantezza nella sua voce.
-La verità è che ho avuto problemi con gli
effetti collaterali del medicinale più forte che mi hanno
dato... Per ora preferisco tenermi le vertigini e non provare altro...-
confessò.
-Tranquillo, lo capisco...- rispose messa a disagio dall'umore nero del
ragazzo. -Concentrati sulla laurea piuttosto...- “E poi ci
sono io... che la triennale non la supererò... mai... Ah,
suppongo di dover studiare almeno oggi per sentirmi meno in
colpa...” -Comunque, che effetti collaterali hai avuto?-
-Non ti offendere, ma sono affari privati.- si mise immediatamente
sulla difensiva. Leshawna lo trovò strano.
-Non c'è niente di cui vergognarti, non sono cose che
dipendono da te, no? Semmai la colpa è di chi ti ha dato
quei medicinali. Alcuni dovrebbero semplicemente cambiare mestiere!-
-In realtà quei medicinali vanno bene per altri pazienti...
in questo il mio organismo a non reagire nel modo giusto...- la
corresse Harold.
“Stavo cercando di sostenerti se non te ne fossi accorto, non
c'era bisogno di fare il precisino...” pensò
infastidita.
Era una strana sensazione nostalgica trovarsi entrambi seduti al tavolo
a studiare.
-Hai bisogno di una mano?- chiese Harold.
-Chi ti ha chiesto niente? Pensa alle tue cose e smettila di fare il
maestrino...- rispose Leshawna infastidita.
-Mi fissavi, credevo volessi chiedermi qualcosa...- nel mentre, i
vicini al piano di sopra stavano apparentemente litigando a giudicare
dai rumori. Per Leshawna che c'era abituata non rappresentavano una
forma distrazione, Harold che aveva vissuto in una zona più
tranquilla, invece sembrava piuttosto disturbato dal rumore.
-Vuoi che vada a dirgli qualcosa?- si offrì Leshawna.
-Eh?- “Sembra molto compiaciuta dal sentirsi
utile...” non riuscì a fare a meno di studiarla.
-No grazie... Se siamo tolleranti noi loro, loro dovranno stare zitti
quando ci sarà un neonato a emettere stridii tutto il
giorno, regole del buon vicinato.- liquidò la questione.
Leshawna sembrava di nuovo arrabbiata. “E' perchè
ho parlato di neonati?”
-Perchè sempre questo atteggiamento accomodante del cazzo?!-
sbuffò Leshawna alzandosi.
-Leshawna, le vicine hanno già i loro problemi familiari,
non mi va di intromettermi e causarne altri.- disse Harold con tono
serio.
-Oh...- Leshawna era ancora un po' infastidita. -Certo che sei molto
socievole quando si tratta di altre persone problematiche...-
-Beh, a volte la solidarietà è necessaria...-
scosse le spalle e tornò ai libri.
-Però, le vicine si sono trasferite mentre eri via, questi
sono nuovi...- ricordò Leshawna impensierita.
-Ah...- Harold si sentì irrequieto, ma chiunque abitasse
l'appartamento di sopra si era calmato. -In ogni caso, non era nulla di
cui preoccuparsi, visto?- ma i rumori ricominciarono più
forti di prima, con l'aggiunta di suoni di oggetti che cadevano
violentemente sul pavimento fracassandosi.
I due si scambiarono un'occhiata allarmata.
-Ok... forse è il caso di chiamare la polizia... meglio
essere esagerati che trovarsi feriti o peggio sulla coscienza.- disse
Harold. Leshawna aprì la cassettiera e ne estrasse la
pistola del padre.
-Già... io nel frattempo vado a controllare la situazione...-
-Sei impazzita?!- Harold scattò in piedi e la
seguì nell'ascensore. -Aspetta! Presentandosi con una
pistola, nel caso pure l'altra persona ne abbia una significa farsi
sparare addosso!-
-Sempre meglio che senza e poi in caso sparerò sicuramente
prima...-
-Non potrai decidere lucidamente se farlo o meno!- la interruppe
agitato. -Visto! Ti stanno pure tremando le mani!-
-E' colpa tua che mi innervosisci! Ora silenzio o avvertiranno la
nostra presenza...- nel mentre che discutevano, con disapprovazione di
Harold, erano arrivati davanti la porta dei vicini, era socchiusa.
“Perchè non chiudono mai a chiave, brutti
imbecilli!” pensò Leshawna irritata.
“Come ci sono finito in questa situazione?” Harold
non le toglieva gli occhi di dosso un attimo mentre controllava il
proprio respiro.
Entrando silenziosamente, si trovarono di fronte una situazione
inaspettata. Sopra i fornelli spenti stava rannicchiata una figura
femminile che dava loro le spalle e allungando la mano prendeva i
piatti dal mobile sopra di lei per tirarli a terra. In piedi sul tavolo
invece c'era un uomo pallido e massiccio all'incirca della loro
età che aveva apparentemente finito gli oggetti da lanciare.
-Cosa diavolo sta succedendo qui?!- si chiese Harold a voce alta. Vide
un oggetto animato scuro e peloso, grosso all'incirca quanto la sua
mano che sgambettava allegramente sul pavimento. -Oh... capisc...- un
proiettile colpì in pieno il povero aracnide. Harold per
sicurezza afferrò il braccio armato e tremante dell'omicida
accanto a lui e lo tenne giù. -Leshawna?- provò a
richiamarla sotto voce, ma la donna sussurrava maledizioni
incomprensibili fissando la carcassa. Irrigidita per lo spavento gli
piantò la mano libera sulla schiena e si aggrappò
a lui. Harold deglutì disturbato.
-McGrady... e...- non ricordava il cognome dell'altra pur
riconoscendola. -Leshawna?- disse con voce tesa la vicina accorgendosi
finalmente della loro presenza.
-Courtney?!- esclamò Harold preoccupato.
-Beh! Grande mira!- disse l'uomo sul tavolo complimentandosi. -Ora...
ci sarebbe in giro anche un grosso serpente... non è che per
caso...-
Harold percependo nuovamente l'istinto omicida di Leshawna,
rafforzò dovette rafforzare la presa sul braccio della
donna. -Tarantole e serpenti... che diamine sta succedendo qui?!-
esclamò esasperato.
-Dillo al ragazzino dell'appartamento accanto! Sono sicura che
è colpa di quel piccolo psicolabile con i suoi improbabili
animaletti!- spiegò Courtney furiosa.
-A-ah... quindi il ragno aveva pure famiglia...- sussurrò
Harold nervosamente. -Potremmo evitare altra violenza sugli animali
gratuita per oggi?!- avvertendo qualcosa di strano sui piedi
guardò verso il basso e vide strisciare un piccolo pitone.
Il ragazzo rimase immobile aspettando che l'animale passasse oltre,
troppo esausto ed esaspero per sentirsi in pericolo. Leshawna fece lo
stesso ancora irrigidita per la paura irrazionale del ragno.
Quando il serpente superò il breve ingresso e si
ritrovò fuori, la tensione nella stanza diminuì
un po', a parte per Leshawna che rimaneva in stato di allerta
guardandosi intorno e Harold non era troppo contento di ritrovarsela
appiccicata anche se non se la sentiva di lasciarle il braccio...
-Pitty! Ecco dov'eri finito!- all'esterno videro una ragazzino bassino
e paffuto con una strana capigliatura viola a scodella che corse
incontro all'animale. Poi il ragazzo guardò verso di loro,
Courtney in particolare aveva un'espressione molto minacciosa.
-Eh... Buona sera, vicini cari...- disse il ragazzo confuso.
-Sera...- Harold rispose un po' perplesso a quello che gli sembrava un
adolescente.
-Muori...- disse l'altro ragazzo scendendo dal tavolo.
-...Dissolviti!- sibilò Courtney.
-Odio i ragni...- mormorò Leshawna non prestandogli troppo
attenzione.
-Se ti sei ripresa, non è che smetteresti di tirarmi la
felpa, per favore?- bisbigliò Harold non ottenendo risposte
mentre il ragazzino e il pitone si allontanarono il più
velocemente possibile.
-Voi due...- cominciò Courtney minacciosa fissando la
pistola.
-Grazie dell'aiuto, io sono Scott, quindi voi vi conoscete
già?- disse l'uomo con tono calmo e gioviale.
Courtney lo fulminò con lo sguardo, poi provò a
continuare.
-Cosa vi è saltato in mente di fare irruzione ar...-
-Me ne sarei occupato io ovviamente, ho un'ottima mira!- Scott la
interruppe di nuovo tirando fuori un fucile. -Ma ho i proiettili
nell'altra stanza così...- si giustificò.
-Ok... Credevo di trovarmi in Canada, perchè stanno tutti
tirando fuori delle armi?- bisbigliò Harold.
Vedendo il fucile, i muscoli di Leshawna si contrassero di nuovo, ma
Harold continuava a bloccarle il braccio per sicurezza. Come se ne
prendesse finalmente coscienza lo guardò storto.
-Ma credi che possa mettermi a sparare all'impazzata?-
domandò a bassa voce, ma con astio avvicinando la testa
all'orecchio del ragazzo. Harold non sapeva cosa rispondere ma la
mollò, lui e Courtney erano tesi come corde di violino,
Leshawna era in uno stato dall'allarme anomalo. L'unico a non riuscire
a leggere l'atmosfera era Scott, tranquillo come se due estranei che
entrano con una pistola fosse una situazione di tutti i giorni che
stava blaterando qualcosa di incoerente...
-Sai, forse dovremmo organizzare delle ronde per sorvegliare il
vicinato, la città mi mette abbastanza a disagio,
così tanti esseri umani tutti vicini... dovremmo conoscerci
meglio e organizzarci per difenderci! Ma in questo edificio sembrano
esserci sopratutto vecchiette e tizi strani...- continuò
Scott.
-Eh... scusa ma non mi fido nel formare una ronda con degli
sconosciuti... e sai, le persone con le armi spesso sono strane, ed
esaltate, senza offesa!- rifiutò tesa, la donna con la
pistola.
-Peccato... però potresti avere ragione, ci sono certi
squilibrati!- annuì l'altro grattandosi la tempia con la
canna del fucile mentre Courtney e Harold guardavano increduli la
scenetta.
-Magari è il caso di separare questi due incivili, eh?-
suggerì Courtney stringendo i denti.
Harold annuì sorpreso dal trovare un punto di incontro con
quella ex compagna di classe.
-Comunque... la porta era aperta...-
-Lo so, speravamo che quegli animalacci uscissero...-
-E siamo venuti perchè eravamo preoccupati per i rumori,
pensavamo stesse avvenendo un crimine o qualcosa del genere...-
-L'avevo capito, altrimenti non saresti intero... Eh, probabilmente la
situazione ci è sfuggita di mano...- Cortney
sospirò guardando i piatti e i bicchieri rotti sacrificati
inutilmente visto che non avevano nemmeno sfiorato gli animali. -E' una
fortuna che Maya abbia il sonno così pensante... povera
bambina potevamo traumatizzarla...- disse preoccupata.
-A-ah... sembra strano, forse dovreste farla controllare, ma
congratulazioni! Non pensavo che...-
-Grazie.- lo interruppe. -Leshawna ha il porto d'armi?- chiese
subdolamente.
-E Scott?- ribattè Harold sulla difensiva.
-Non è del suo fucile quella pallottola, ma visto che mi
sento buona, facciamo che ve ne andate e non ne riparliamo
più...- Harold annuì e i due separarono Leshawna
e Scott intenti a parlare, uno con dei modi tranquilli e divertiti,
l'altra disorientata dallo strano ragazzo e stanca per la situazione
anomala vissuta negli ultimi minuti.
“Un tempo ero più resistente?” si chiese
Leshawna rientrando nell'appartamento, si sentiva molto strana.
Con le mani che tremavano, afferrò i polsi del ragazzo e
poggiò la propria fronte alla base del collo dell'altro
respirando con pesantezza.
-E-ehi... cosa?-
Angolo dell'autrice:
Bene... eccomi nuovamente in ritardo!
Impegni a parte, non mi sento molto a mio agio con la mia scrittura in
questo periodo... e c'è anche un'altra storia che devo
aggiornare da un pezzo, ma con il capitolo che sto scrivendo mi sono
bloccata, c'è la farò mai?!
Sarà anche a causa di ciò che ho letto e guardato
ultimamente, ma mi piace non gestire la storia in modo troppo lineare
da un punto di vista cronologico... ma spero che i vari flashback
funzionino...
In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto e grazie mille per
la lettura! Spero di andare più spedita... ma ho esami da
dare...
Sì, so che Scott e Courtney come coppia canon non hanno
futuro (e probabilmente neanche Harold e Leshawna, ma va beh!) e che
sono stati gestiti malissimo in All Stars(e probabilmente anche nelle
mie storie!) ma continua ad essere la mia ship preferita sia di
Courtney che di Scott e una delle pochissime cose che ho apprezzato di
All Stars...
Sapevate che in teoria sono state annunciate due nuove stagioni?(Non
parlo dell'asilo) Anche se ho apprezzato molto Missione Cosmo Ridicola,
ho paura di qualcosa tipo All Stars(o anche Pakitew...) ma vedremo, la
speranza è l'ultima a morire!
Grazie dell'attenzione e alla prossima.
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Capitolo 8 *** Proiettili e complessi ***
Era inquietato dal comportamento di Leshawna, ma prima di farlo andare
nel panico, il cervello di Harold aveva deciso di concedergli del tempo
per identificare le ragioni della ragazza.
Forse sospirava minacciosamente e si stava appoggiando a lui
perchè si sentiva male e gli teneva i polsi
perchè... perchè temendo di perdere l'equilibrio
doveva afferrare qualcosa?
-Ti senti male? Sapresti dirmi con esattezza cos'hai?-
domandò con una falsa calma innaturale. Provò a
muoversi verso una sedia per far sedere la ragazza, ma nonostante la
presa di lei fosse tremante, non riusciva né a smuoverla,
né a farsi mollare.
-Ho caldo... e freddo... e ho fatto una figura di merda...-
mormorò irritata.
-Ti converrebbe sederti...- era come parlare al muro.
-E c'è un ragazzino al piano di sopra che alleva grossi
ragni e serpenti...-
-Leshawna... d-davvero...- “Lasciami...”
-L'ho già detto che ho fatto una figura di merda?
Perchè ho fatto una figura di merda?-
-Ah... direi che il tuo cervello ha erroneamente interpretato
quell'aracnide come una grande minaccia... una minaccia tanto
importante da portare il tuo sistema nervoso simpatico a preparare il
corpo ad uno scontro o una fuga aumentando pressione arteriosa, battito
cardiaco e respirazione...- “Ironico che debba spiegartelo in
questo momento che sei tu il mio ragno...” -E a quanto vedo
sei ancora in stato di allerta... dovresti sederti... bere un bicchiere
d'acqua e...- “...Mollarmi!”
-C-così sembro scema!- esclamò frustrata.
“Lasciami...”-Sono processi involontari, l'ho
spiegato in quel modo proprio perchè cercavo di togliere la
componente emotiva e farti vedere la cosa da un punto di vista
più freddo...- “Calmo, è spaventata...
imbarazzata, non è una minaccia per la nostra esistenza,
è il nostro sistema nervoso a star facendo confusione...
Calmo...” cercò di autoconvincersi e ignorare la
vicinanza della ragazza.
-Dai, non è successo nulla di troppo grave.- “Hai
solo sparato in casa d'altri...” -Al massimo sarà
uno strano aneddoto, magari una fonte di frecciatine per le prossime
riunioni di condominio.-
-Dio...-
-Riunioni a cui andrò io.-
-Un aneddoto, eh? Ma se mi hai trattata come una criminale!- nonostante
l'espressione e il tono frustrato non sembrava minacciosa nei sui
confronti.
“Perfetto, a furia di percepirla a prescindere come un
pericolo, non riesco più a distinguere quando è
aggressiva o meno! Molto utile cervello...” gli
mollò i polsi. “Ah... Libero...” per un
attimo si sentì in colpa, poi la donna decise di
abbracciarlo.
“Smettila di toccarmi! Vattene! Non voglio più
vederti! Toglimi le mani di dosso!” -C-che fai?- disse
impanicato.
-...Non lo so.- confessò stranita, ma perlomeno lei sembrava
stare meglio. -Hai la tachicardia...- si staccò da lui e lo
guardò con più attenzione. -E non hai una bella
cera! Ma stai bene?-
-No!- reagì istintivamente. “E te ne accorgi
ora?!” -Volevo dire...- sospirò esasperato
“Non volevo che se ne accorgesse... Non ha senso che me ne
lamenti adesso... Si? Si...” -Ah... Mi gira la testa!-
-Siediti, ti prendo dell'acqua...-
-...Ma è uno scherzo?- disse fra sé e
sé sottovoce “Perchè la situazione si
è capovolta così?” la guardò
con sospetto, si chiedeva se aveva capito di essere la causa del suo
malessere e se era per quello che improvvisamente si mostrava
preoccupata e gentile. “Beh... essere gentile non
è anomalo da parte sua...” ma non riusciva ad
abbassare la guardia.
E anche lei quando gli porse il bicchiere sembrava abbastanza
guardinga. Per un attimo Harold ebbe l'irrazionale sentore che l'acqua
fosse avvelenata. Ma bevve comunque... Era più irrequieto
per il coltello che la ragazza teneva in mano... Glielo
indicò...
-Te l'ho levato dalla tasca.- gli rispose.
-Oh... avevo dimenticato di averlo con me...- “Aspe'...
Perchè mi hai toccata la tasca dei pantaloni?!”
-Meno male che mi hai fatto la predica per la pistola.- disse tenendo
le braccia conserte.
-Con un coltello è più difficile uccidere o
ferire qualcuno con leggerezza o per sbaglio... devi rifletterci per
forza.- si giustificò Harold.
-Ma proprio per questo può essere inutile. Tu riusciresti ad
affondare un coltello in un essere vivente? Anche solo per ferirlo...
Non è così semplice come sembra, sai?-
-Tu ci hai mai provato?- le chiese. Leshawna inizialmente rimase in
silenzio.
-Secondo te?- gli domandò con aria infastidita. -Tanto sono
pericolosa, no?-
-No, non ti considero pericolosa per chi non è un ragno.-
“O per chi non è il sottoscritto... o per
Heather...” sospirò. -Avrei sentito il bisogno di
bloccare qualunque persona armata che non fosse addestrata,
indipendentemente dal fatto che possa o meno considerarla pericolosa.
Sul serio, non era niente di personale.- “Bugia, dato il tuo
stato di allerta, avevo paura che ti convincessi di vedere altre cose
muoversi sul pavimento e che cercassi di colpirle facendo altro rumore
e magari allarmando qualcuno... inoltre odio i rumori
forti...”
-Non me la sono presa per quello... E se la pistola, l'avessi avuta tu,
avrei fatto lo stesso probabilmente...- ammise la ragazza, ancora con
qualche riserva.
-Allora perchè il discorso sul trattarti come una
criminale?- “E in effetti, cosa può fregartene
della mia opinione?” -Tranquilla, anche a quei due
probabilmente sembravi semplicemente scossa...- credette di aver
capito. -Un po' ridicola anche... e il fatto che fossi appiccicata a me
in quel modo avrà contribuito a farti apparire molto
più buffa e spaventata che realmente minacciosa.- sorrise
leggermente divertito, anche se non era un'esperienza che voleva
rivivere.
-Questo... questo non mi aiuta per niente, sai?-
-Meglio sembrare patetici che potenziali assassini...-
-Chissà perchè, non mi stupisce che la pensi
così...-
-Cosa vorresti dir...-
-Ma non era neanche questo il problema più grosso! Ad avermi
dato più fastidio del resto è che... Sono io ad
essere diventata fisicamente e mentalmente inutile o sei tu a
nascondermi qualcosa? Da quando sei in grado di tenermi il braccio
bloccato?!-
-...Eh?-
-Beh, come ti sentiresti se credendo di conoscere la mia
incompatibilità con la bici, scoprissi che ho vinto delle
gare di corsa in bicicletta? Ti sentiresti un po' tradito,
no?- “...o è davvero il mio corpo ad
avere qualcosa che non va?” si chiese preoccupata.
-Mi sentirei più tradito se scoprissi che mi nascondi un
conto in banca segreto... o un'altra famiglia con un altro bambino...
ma anche saperti vincitrice del Tour de France mi lascerebbe molto
stranito, sì...-
-Per carità, un'altra famiglia!- “Un'altra?
...Siamo una famiglia?”
-Comunque, ho imparato a bloccare le persone a causa di mia sorella. Si
è spaventata perchè in pronto soccorso un
paziente instabile ha storpiato un infermiere, così ha preso
lezioni di auto difesa e ha sfruttato me e Arthur per allenarsi, ma
solo a bloccarci visto che voleva essere sicura di non rischiare di
farci male...- Leshawna sembrava distratta. “Ehi! Ascoltami
quando ti rispondo almeno!” -Ehi...-
-Il microbo? Far male a qualcuno?- rimuginò. -...Ma anche
per riuscire a bloccare una persona normo-alta come dovrebbe...? Vi
abbraccia le gambe sperando di farvi perdere l'equilibrio?-
“A volte mi chiedo se hai un disturbo
dell'attenzione...”
-Capisco.- sembrò più tranquilla. -Certo che
apprendi molto facilmente anche solo osservando... sei bravo...-
-Grazie...- si sentiva un po' disorientato.
-Ma sono brava anche io. Hai visto che ho beccato il ragno al primo
colpo? E tu che ti preoccupavi! Avrei salvato delle vite se si fosse
davvero trattato di un malintenzionato.-
-E se mia nonna avesse le ruote sarebbe una carriola...-
sospirò. -Però sì, hai una buona
mira.- le sorrise leggermente. “No, non è il
momento giusto per permetterle di montarsi la testa con dei
complimenti!” -Col cavolo! Se non avessi avuto le lenti a
contatto voglio vedere cosa pigliavi! E conoscendoti neanche ti
ricordavi di star portando le lenti... Ma almeno... suppongo che tu ti
sia allenata per sparare. Ti ho sottovalutata! Ammetto che credevo
avessi preso la pistola senza neanche saperla usare...-
-Mi ha insegnato mio padre.- spiegò finito di lanciargli
un'occhiataccia.
-...Tipica attività padre e figlia? Al massimo mia madre mi
ha insegnato a tirare freccette.-
-Beh, mi ha insegnato anche cose più normali, tipo
pescare... gli sarebbe piaciuto anche insegnarmi qualche sport se ne
fosse stato capace. Dei suoi amici d'infanzia mi hanno raccontato che
la prima e ultima volta che l'hanno invitato a giocare a calcio, ha
tentato tre autogol di cui uno è pure riuscito.-
raccontò con leggerezza. -Comunque non sapevo ti piacesse
giocare a freccette.-
-Uh...- Harold non rispose.
-Visto che tuo padre non ti ha insegnato a sparare, magari posso farlo
io! Non che me ne freghi granchè delle armi come
passatempo... Però...- nonostante il debole tentativo di
dissimulare sembrava particolarmente interessata.
“Le piace insegnare...” constatò. Non ne
era particolarmente sorpreso.
Quando andavano a scuola, aveva lasciato che gli insegnasse come dare
un pugno.
Si era lasciato docilmente manipolare il braccio e le dita
perchè lei potesse spiegargli come danneggiare meglio il
ricevente e meno sé stesso, ma in tutto questo, Harold
sapeva già farlo da solo. Sapeva anche dare calci molto
meglio della ragazza... Ma, non gliel'aveva fatto presente e l'aveva
lasciata fare perchè... Perchè?
Un po' era per farsi perdonare dei suoi comportamenti saccenti.
“Ma è anche più semplice di
così... A lei faceva piacere insegnarmi, così non
ho detto nulla e ho assecondato la sua aspettativa... Ah... Questa mia
tendenza ad assecondare i desideri altrui mi ha dato più
problemi che altro e l'ho sempre avuta... Non volevo neanche imparare a
giocare a freccette! Non mi ha mai divertito! Ma, mia madre vedendo che
osservavo mentre giocava pensò che mi interessasse e visto
che non aveva mai molto tempo per me, accettai...”
-Leshawna, guarda che io ho giocato a paintball qualche volta.-
“E tu dovresti saperlo quindi perchè credi di
dovermi insegnare a mirare?” pensò innervosito.
“Ma dovevi anche sapere che non ero incapace di dare un
pugno... perchè mi sottovaluti sistematicamente?!”
-So anche usare e costruire una balestra!-
-Non penso sia proprio la stessa cosa...- rimuginò. -Ma ok,
peccato.- scosse le spalle con aria pacifica.
-Sei sicura di non vederlo anche come un potenziale passatempo?
Sembravi abbastanza divertita all'idea di insegnarmi?- a volte aveva
l'impressione che tendesse a nascondere ciò che le piaceva
se non si trattava di cose ben viste dagli altri, ma forse il problema
era usare sé stesso come metro di paragone. Rispetto a lui,
un po' chiunque sembrava interessato a nascondere qualunque cosa
potesse sembrare potenzialmente strana e imbarazzante.
-Non sono una fanatica delle armi né niente del genere. Al
massimo posso trovare utile saperle usare, niente di più.-
ribadì. -Ma ho ripensato ad alcuni ricordi d'infanzia...
infondo era divertente andare in campagna e fare a gara con mio padre e
i miei zii per chi centrava più lattine... tutto qua.- disse
tranquilla.
-Ah...- per quanto poco gli interessassero le freccette, anche per lui,
in fondo competere con sua madre e avere qualcosa da condividere non
era così brutto come ricordava pochi minuti prima.
-Comunque, penso che sarai un buon genitore.- rassicurò
Leshawna ammorbidendosi. -Senti il bisogno di trasmettere e condividere
le tue conoscenze. È quello che un adulto dovrebbe fare.-
“Ed è tutto ciò che deve interessarmi
di te ora.” non gli piaceva quella sensazione gelida, ma non
poteva ragionare diversamente.
Si accorse che Leshawna sembrava un po' turbata. “Questo
è un cattivo segno invece.”
-Sai, mi hai ricordato che non odiavo le freccette.- provò a
cambiare discorso, non pensava fosse la cosa giusta, ma non aveva idea
di cosa dirle in quel momento. -Anche se ci ho messo anni per riuscire
a far incastrare la punta della freccia nel bersaglio.- ammise.
Nonostante pensasse di essere ormai totalmente disinteressato, era
stata una sorpresa molto piacevole quando la freccia per la prima volta
non era caduta sul pavimento. Si rendeva conto di star crescendo, che
le sue capacità cambiavano di conseguenza ed era una
consapevolezza a suo modo entusiasmante. Si sentì abbastanza
infastidito quando sua madre reagì con un divertito
“Era anche ora!”
-Prima dei dodici anni non ero abbastanza forte... Per capire dove
avevo colpito e calcolare i punti dovevo intingere di vernice la punta
della freccia.- “Forse anche per questo avevo sentimenti
contrastanti sulle freccette... erano il promemoria della mia
inadeguatezza...”
-Eh... Harold...- Leshawna sembrava perplessa per qualche motivo.
-Forse dodici anni sono un po' troppi per sviluppare la forza
necessaria a far rimanere la freccetta attaccata al bersaglio...-
-Beh, questo potevi risparmiartelo... forse sei tu ad essere
eccessivamente forte, ci hai mai pensato?- “Bugia... conosco
il mio corpo.”
-Non era questa la cosa strana... quanti anni avevi quando tua madre ha
cominciato a insegnati a giocare?- continuò la ragazza.
-Uh... forse cinque... non ricordo se andavo ancora all'asilo...-
-Ah... cinque...- ripetè pensierosa.
-Sì...- i due si scambiarono un'occhiata perplessa.
“Aspetta... è... è normale dare a un
bambino di cinque anni delle freccette appuntite?” si chiese
confuso, si rese conto che non ne aveva idea. “Mamma non
tradirmi, sei l'unico esempio di genitore che ho!” -Leshawna,
cinque anni è un'età normale per giocare a
freccette?- le domandò speranzoso di ricevere una risposta
affidabile e normale. Ma Leshawna aveva l'aria di un'alunna che
sorpresa in un momento di distrazione, aveva ricevuto dall'insegnate
una domanda che sperava di non ricevere. “Ok, forse non posso
più contare su Leshawna come parametro di
normalità... Siamo rovinati!”
-Eh...- Leshawna aveva finalmente aperto bocca... e avrebbe preferito
non essere guardata da Harold con così tante aspettative.
-Beh, ricordo che quando ero molto piccola mia nonna non aveva problemi
a darmi degli aghi... mi permettevano di tagliare con dei coltelli non
di plastica... e non ricordo di aver mai usato forbici con le punte
arrotondate quindi...-
-Ah, neanche io ho usato mai forbici con la punta arrotondata.-
“Mia madre mi regalò delle forbici da chirurgo
quando avevo sette anni... erano pesanti... e più lunghe
della mia testa... Mamma, ma che cazzo!?”
-Suppongo che la sicurezza dipenda da quant'è tranquillo il
bambino...- concluse Leshawna un po' incerta.
-E come si calcola?!- chiese Harold agitato.
-E... con l'osservazione?- per Harold era comunque una risposta troppo
vaga. -Senti gioia, non credo che arriveremo ad una conclusione decente
ora e abbiamo abbastanza tempo per pensarci, ok?-
-Hai ragione, hai ragione...- Harold riprese il controllo. -...Tuo
padre quando ha cominciato a farti usare la pistola?-
-Tranquillo, avevo già dodici anni.- disse fiduciosa.
-Ok...- “Sorellina... sei appena diventata il mio principale
modello genitoriale! Mi assicurerò di studiarla molto
più attentamente la prossima volta che la vedo...”
pianificò Harold.
La notte Harold si sistemò tranquillamente sulla brandina
che aveva sistemato in cucina. Leshawna aveva ancora dei sentimenti
contrastanti a riguardo ma cercò di non farlo trasparire e
provocare strani viaggi mentali nella testa già
confusionaria di Harold.
Kunoichi si guardò intorno disorientata dalla nuova
ripartizione del territorio. Dipendeva da un litigio? Chi dei due umani
aveva vinto? Essere tenuta all'oscuro era fastidioso...
Di norma avrebbe dormito sul divano letto... ma dormire dove c'era solo
Leshawna sarebbe stato strano nonostante l'umana avesse cominciato a
suscitare il suo interesse. Com'era prevedibile, alla fine decise di
sistemarsi sulle gambe del ragazzo.
Leshawna provò a leggere sul letto, non era da lei e le
ricordava fastidiosamente il ragazzo nell'altra stanza quest'abitudine,
ma non riusciva a prendere sonno. Aveva molti pensieri fastidiosi in
testa e si sentiva osservata in un certo senso...
“Ah, ci mancavano solo le oscure presenze!” si
prese in giro, non aveva mai creduto a niente del genere e aveva sempre
allegramente preso in giro chiunque avesse tirato fuori argomenti di
quel tipo. La sensazione svanì, ma si ripresentò
proprio quando stava per prendere sonno... si girò a
guardare la porta che non ricordava di aver lasciato socchiusa pensando
che magari poteva esserci Kunoichi a spingerla.
Ma mentre la porta avanzava verso l'interno della camera, si rese conto
che filtrava luce dietro di essa e le permetteva di identificare una
piccola sagoma che si sporgeva di poco... ne era certa, c'era
una bambina piccola che la stava osservando con attenzione...
Le due si studiarono per qualche secondo, poi la bambina corse via, non
ne sentì i passi e anche la luce presente fino a qualche
istante prima svanì.
Ancora presa dai brividi, Leshawna si precipitò in cucina
cercando in giro con l'ausilio della torcia del telefono qualcosa che
sapeva non avrebbe trovato, ma non si sarebbe data pace se prima non
fosse riuscita ad accertarsi che davvero non c'era nessun intruso.
-Wraaaa... Wrao?- le venne domandato.
Non riconoscendo la voce, Leshawna, ebbe un sussulto e il telefono le
cadde. -Ah Kunoichi...- realizzò. -Harold, sono solo io.-
disse preventivamente. Nonostante avesse un sonno tendenzialmente
pesante, c'erano alcuni stimoli che svegliavano Harold con
facilità. La sua sveglia e il graffiante verso di Kunoichi
erano fra questi.
-Che... stai facendo?- domandò l'assonnato ragazzo. La
ragazza emise uno strano respiro. Harold ebbe l'impressione che non le
piacesse sentirlo parlare.
-Ho visto... mi è sembrato di vedere qualcosa e volevo
accertarmi di essermi sbagliata...- si chinò per raccogliere
il telefono.
-Ragni?-
-No, una bambina fantasma.- rispose infastidita prendendo la domanda
del ragazzo come se stesse insinuando che fosse rimasta
suggestionata... “Forse parlando di bambine fantasma non ci
faccio una figura migliore...” si rese conto. -Lo so, sono
impazzita, grandioso!- sdrammatizzò.
-Credere di vedere qualcosa che non esiste è più
comune di quanto pensi, soprattutto nei periodi di stress o poco prima
di addormentarsi, nulla di irregolare.- aveva troppo sonno per riuscire
a interpretare il suo tono, così cercò di
rassicurarla.
-Puoi evitare quel tono cadaverico, grazie?-
Harold sbuffò e si rigirò nelle coperte.
-Scusa per averti disturbato...- disse pensando di averlo
inavvertitamente offeso -Buona notte...-
-Buona... notte... signorina... necromante...- la ragazza
avvertì un brivido, il ragazzo aveva modulato la voce per
ottenere un suono fastidiosamente flebile e sibilante. Dopo essersi
schiarito la gola rise leggermente. -Scusa, scusa... è che
dimentico quanto tu possa essere suggestionabile a volte.- disse con un
tono regolare e allegro.
-Io non sono... Ah. Da che pulpito!- ma si sentì un po'
più a suo agio. -Beh... Notte...-
-Notte... Attenta a non sbattere il dito del piede contro...-
-Merda!- esclamò dolorante, la ragazza.
-...La sedia. Sei stata carina a non voler accendere la luce per non
disturbarmi... non scorderò il sacrificio del tuo coraggioso
piede...-
-Ah... non so quanto ne sia valsa la pena, ma prego...-
tornò in camera borbottando.
Angolo dell'autrice:
Grazie della pazienza, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sia
stato una buona continuazione dello scorso. Forse non dovrei
più spezzare i capitoli in questo modo...
In ogni caso, grazie mille della lettura.
Alla prossima!
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Capitolo 9 *** In una fredda mattina... ***
Durante la colazione, la signora Agnes sentì squillare il
cellulare. Il nome sulla schermata non prometteva niente di buono.
-Non mi piacciono le ragazze incinte e instabili, non mi piacciono i
neonati e non mi piacciono i ragazzi-padre sotto i trent'anni. Se non
c'è un'emergenza, la risposta è no.-
comunicò freddamente.
-Sto bene anche io, mammina carissima!- rispose Harold in tono giulivo.
Era mezzo preparato ad una risposta simile. -No... non ho chiamato per
chiederti qualcosa del tipo “Mamma, io e la mia
non-più-fidanzata possiamo stare da te?” anche se
da un punto di vista economico credo che complessivamente potrebbe
convenire ad entrambi e potrei anche badare alla casa, farti
risparmiare del tempo e...-
-Ci sono fra le due e mezzo, e le tre ore di macchina fra questa casa e
la tua università. A meno che tu non voglia diventarmi una
casalinga, e te lo puoi scordare, non vedo come un tuo ritorno qui
possa rappresentare un vantaggio per uno di noi due. Inoltre...
figlioletto caro, come va il tuo rapporto con i mezzi di locomozione?-
Gli sembrò di percepire del sadismo compiaciuto in quella
voce. -Benissimo! Ormai io e la guida siamo... due concetti proprio
inseparabili!-
-...Posso percepire l'odore della tua paura da qui, lo sai?- disse
malignamente divertita. Non lo considerava un vero problema. Pensava
che quando gli sarebbe servito, Harold si sarebbe suo malgrado
adattato, come sempre. -Tornando a noi, Leshawna ha mostrato segni di
squilibrio mentale?- chiese tranquillamente.
-Cos...? No!-
-Allora... Tu ti sei accorto di mostrare segni di squilibrio mentale? E
come va la tua depressione? Hai pensieri suicidi? Stai prendendo i
farmaci?-
-Non ho mai avuto pensieri suicidi, né mostro segni di
squilibrio mentale!- sbottò. -Per quanto riguarda i farmaci,
visto l'effetto ottenuto da quello per le vertigini sul mio tono
dell'umore, preferirei evitarli finché riesco a cavarmela da
solo.- sentì la donna sospirare. Sapeva che era convinta che
non fosse colpa di un effetto collaterale del farmaco se per una
settimana aveva passato gran parte delle giornate piangendo per gli
stimoli più disparati e casuali, o al contrario, in altri
giorni e momenti, a farlo rimanere apatico davanti a un qualunque
stimolo.
Harold era consapevole che la depressione non gliel'aveva procurata il
medicinale, ma era piuttosto sicuro che avesse fatto precipitare le
cose ed in quel momento era terrorizzato all'idea di prenderne altri.
Non poteva permettersi altre crisi di pianto incontrollato,
specialmente davanti a Leshawna. Sarebbe stata la pietra sulla sua
tomba...
Lei non doveva sapere e accorgersi di nulla, non doveva guardarlo con
pietà e biasimo, non doveva pensare che fosse una creatura
debole e inutile che aveva bisogno di stare sotto la sua ala, non
doveva mettergli le mani addosso... dall'alto della sua megalomania,
non doveva attribuirsi il merito del suo malessere...
“E' colpa sua... è colpa sua... è tutta
colpa sua...” ripeteva in sotto fondo una parte di lui mentre
si grattava il collo. -M...- non riusciva a più a parlare a
causa di un groppo alla gola e gli occhi avevano preso a bruciargli.
Ricordare lo faceva sentire suscettibile al ripresentarsi dei sintomi.
Si ricordò della donna dall'altra parte della linea, non
voleva farsi sentire durante una crisi neanche da lei... né
tanto meno dai passanti... -M...Mamma...- deglutì e
continuò a parlare ignorando la sensazione di sentirsi
strangolato. Si grattò più intensamente. -Mamma,
se ritenevi probabile che ti avessi chiamato per qualcosa del genere,
magari non avresti dovuto rispondere in quel modo. Sai, dire ad una
persona che non la vuoi tra i piedi, non ti piace e non ti piace la sua
situazione quando pensi che sia depressa, non è proprio
l'ideale... Magari potresti anche spingere questa persona a mentirti
sulla sua condizione...-
-Ma tu mi conosci. Sai che se hai bisogno realmente di aiuto sono
disponibile e sai anche che ho un modo molto schietto di chiarire la
mia posizione...- si giustificò la donna. -Il lato positivo
di parlare con un familiare dovrebbe essere anche non dover fingere una
personalità che non si ha e non doversi fare innumerevoli
ragionamenti prima di dire una frase.-
-In un certo senso hai ragione...- “Ma sarebbe carino se
dimostrassi di tenere allo stato d'animo di chi ti sta
vicino.” si disse che era inutile farglielo presente, lei era
una persona che riusciva a dimostrare di tenere alle persone solo con
le azioni. Nel parlare in modo affettuoso e confortante, era abbastanza
terribile...
Nonostante il pensiero, o forse a causa di esso, Harold sorrise
leggermente. Sentì che le mani invisibili avevano smesso di
pressargli la gola.
-E' per questo che la concezione moderna di matrimonio non funziona!
C'è l'assurda pretesa di essere sempre piacevolmente colpiti
l'uno dall'altro o che la metà più debole della
coppia sia sempre disponibile per accontentare l'altro
indipendentemente da come si sente. Alcuni non riescono proprio ad
essere realisti e capire che la passione finisce... o che si sono
sposati, mica hanno acquistato uno schiavo!-
-Uh... Mamma? Ci sei? Di cosa stiamo parlando? Ho accidentalmente
toccato un nervo scoperto?-
-Ma no...- la donna rise... era un pessimo, pessimo segno... -Volevo
solo dire che capisco la tua decisione di convivere con una persona a
cui non sei sentimentalmente legato...-
-Oh... grazie...- “Strano...”
-Ma... è una tua ex... ci sono trascorsi animosi fra voi e
il tuo attaccamento a lei è strano... Non...-
-Lo so da me che ci sono dei problemi e potrei anche rivalutare la mia
scelta... Ma non mi va di parlarne ora, ok?- disse avvertendo una fitta
alle viscere. “Sto mentendo? No? Non so...”
-Ok... Ma... No, niente...- la donna sospirò a voce bassa
pensando di non poter essere utile in quel momento. -Uhm... se vuoi che
sia utile e delicata...- in realtà, lei non credeva nella
delicatezza affiancata al concetto di utile. Ma purtroppo, per trattare
con alcuni esseri umani sembrava così necessaria... -Beh,
magari la prossima volta non chiamarmi di mattina, d'accordo? Sai
com'è, sono poco trattabile e mi viene difficile ragionare.-
-In realtà ho calcolato l'orario sulla tua abitudine di
svegliarti alle sei... visto che impieghi circa un'ora per diventare
trattabile e che dovresti uscire per andare a lavoro alle otto meno
venti, ho pensato che le sette fossero un buon orario...-
-Hai scordato un fattore importante dell'equazione. Se a chiamarmi sei
tu, un'ora di ripresa dal sonno non basta e mi viene voglia di
attaccarmi alla bottiglia già di prima mattina.-
-...Grazie mamma.-
-Scherzavo... era per dire che mi dai molti pensieri, sopratutto
ultimamente... vedi perchè non ci sentiamo così
spesso al di fuori delle emergenze? Non siamo mai dell'umore giusto per
comprenderci.- esorcizzò la cosa con un tono scanzonato. -A
proposito, mi avevi chiamata per...?-
-Nulla di importante, volevo solo sentirti... ma mi chiedevo anche di
quelle forbici da chirurgo... ricordi? Quelle che...-
-Dovrebbero essere ancora nella tua vecchia stanza... ma a cosa ti
servono?- chiese sospettosa.
-No, in realtà volevo sapere perchè me le avevi
date, perchè...-
-Avevo scordato il tuo compleanno.- ammise candidamente.
-L'onestà prima di tutto... aspetta, no... non era quello
che intendevo.-
-Sapevo che non ci avresti fatto nulla di male né su di te,
né su altri bambini. Chiamalo istinto materno se vuoi... ma
considera che prima di te ho avuto altri due mostriciattoli, avevo
accumulato esperienza... tu evita di essere così
approssimativo col tuo primogenito... quelli dopo possono anche
marcire. Ah, stavo di nuovo scherzando.- purtroppo non aveva mai avuto
un tono troppo chiaro da interpretare.
-Tranquilla...- anche se non era soddisfatto, lasciò
perdere. Era già stato sfinito con discussioni che avrebbe
preferito non avere.
-Sono macchine quelle che sento in sottofondo?- chiese ad un certo
punto, la donna, concentrandosi sui rumori che provenivano dal telefono.
-Sì, sto facendo una passeggiata.- rispose Harold.
-Distratto come sei, forse dovresti evitare di camminare parlando al
telefono...-
-Grazie per la fiducia, ma sono fermo sul marciapiede.-
sospirò gettando qualche briciola ai piccioni. -A meno che
qualcuno non decida di schiantarsi contro il muro nella speranza di
arrotarmi, dovrei essere al sicuro...- un gabbiano piombò
giù dal cielo e cominciò a mangiare uno dei
piccioni di Harold spaventando gli altri. Il ragazzo
indietreggiò emettendo un verso acuto e lamentoso portando
la mano libera alla bocca.
-...Harold?-
-Un... un gabbiano mi ha ammazzato il piccione... e non siamo neanche
vicino al mare!- disse con una di quelle risatine nervose che spesso
precedevano lo scoppiare in lacrime.
-Harold, è la vita. O predi, o muori di fame.- gli disse con
calma, riconoscendo il tono.
-L-lo so bene! È che non è comunque una bella
vista...- rispose nervoso.
Rientrando nel condominio, intercettò una donna sulla
sessantina, sottile come un grissino, che portava due buste della spesa
apparentemente pesanti. Era la sorella della responsabile del
condominio, la signora Allen.
Le due vivevano insieme e avevano la nomea di essere particolarmente
pettegole, anche se Harold non ne aveva avuto esperienza diretta. Ma in
quel momento c'era un'informazione di cui aveva bisogno così
si avvicinò alla donna.
Visto che aveva avuto la chiara sensazione di non starle simpatico e
che fosse poco incline a parlare con lui, cominciò a farsi
una strategia.
-Signora.-
-Signorina.- lo corresse la donna voltandosi. Stranamente una volta che
lo riconobbe, non lo guardò con l'espressione stizzita che
gli rivolgeva di solito.
-Giusto, giusto... vuole una mano con...- non aveva neanche finito la
frase che gli vennero messe in mano le buste della spesa. Il ragazzo si
chinò sotto il peso inatteso, erano realmente pesanti.
-Grazie, giovanotto!-
-Ok, prego. Senta, volevo chiederle...- la donna era già
entrata nell'ascensore. Harold sospirò e la
seguì. -Volevo chiederle...- ripetè.
-Mi spiace moltissimo, McCarthys, ti sei un po' ripreso? Ti vedo
sciupato...- disse la donna cercando di scimmiottare un'espressione e
un tono triste, ma dava l'impressione di essere in qualche modo
impaziente...
-Sarebbe McGrady...- la corresse. Aveva una pessima sensazione, ma
cercò di darle il beneficio del dubbio e imputare il tutto
all'ansia sociale. -A cosa si riferisce?- gli occhi della donna
brillarono.
-Oh... forse le mie informazioni erano sbagliate..-
“Si è finta dispiaciuta per ottenere o verificare
qualcosa...” sospettò infastidito.
-La sua compagna non aveva abortito? Non era per questo che avevate
litigato e se ne era andata?- chiese innocentemente mentre uscivano
dall'ascensore.
-Le sue informazioni sono decisamente sbagliate!- ribatè
inacidito. -Ma che aspettiamo un bambino come lo sa?- “Chi
è che se ne va a dire i cazzi miei in giro?!”
-Visto che ve ne eravate andati e c'erano due strane poliziotte che di
tanto in tanto sembravano sorvegliare l'appartamento ho chiesto a
loro...-
“MacArthur... sei una donna morta...” dava per
scontato che fosse stata lei.
-Di solito non mi farei i fatti degli altri...-
-Oh, davvero?- “Ah ah aah...”
-Ma sa, visti i suoi precedenti per droga...-
-E da quando li avrei questi precedenti per droga?!-
-Quella era una supposizione errata a quanto sembra... Ma sa, cos'altro
potevo pensare? Ha quei capelli a femmina, quel modo di vestire sempre
disordinato e randomico, quell'aspetto insalubre e quella...
compagna... Ha tutta l'aria di essere aggressiva, inaffidabile,
incapace di autocontrollo... Quella donna, non è esattamente
un buon biglietto da visita.- disse con un sorriso mellifluo.
-Ah... e lei avrebbe dedotto tutto ciò, da cosa,
esattamente? Nasconde una sfera di cristallo da qualche parte, per
caso?- chiese sempre più irritato. “Non mi
interessa più niente di Leshawna...”
ripetè fra sé e sé. “Ma odio
le persone che dicono cose stupide, tutto qua...”
pensò razionalizzando il suo fastidio.
-Ah, non capisco perchè vi mettiate subito sulla
difensiva...- il volto della donna si deformò per un attimo.
-Poi ovviamente sono curiosa di ascoltare la sua versione dei fatti!
Quella grassona della poliziotta mi ha parlato di cose strane... lo sa
che la pazza sembra invaghita della sua compagna? Lei cosa ne pensa?-
Harold senza dire una parola rientrò nell'ascensore
tenendosi le buste e salì al piano di sopra, sotto lo
sguardo attonito della donna. -Ma è impazzito?! Che fa con
le mie buste?!-
Dopo poco, Harold, facendo finta di niente, tornò scendendo
le scale a mani vuote.
-Le mie buste!- ribadì la donna premendo nervosamente il
pulsante per richiamare l'ascensore.
Harold finse un'espressione di ingenua confusione.
-Ops... Ma quindi il suo piano è questo? Non era quello
sopra? Ho lasciato le buste lì... O no... Ma sa
com'è, dopo anni di droghe, le mie sinapsi sono ormai
andate... povero, povero me...- disse con un sorrisetto innocente e con
una voce palesemente e volontariamente artefatta per rendere
impossibile credergli.
-Io ti uccido! Anzi, ti butto fuori! Tu e quell'altra...-
-Ci provi!- esclamò il ragazzo per evitare di sentire altro
che potesse innervosirlo. Nel mentre si era già precipitato
correndo giù lungo la rampa di scale, saltando a tre a tre
gli scalini. Non aveva motivo di correre, sentiva solo il bisogno di
consumare energia. Forse aveva esagerato ed era stato immaturo? Aveva
pure lasciato la porta dell'ascensore aperta perchè la
signorina dovesse farsela a piedi... o forse, invece non si era fatto
rispettare e avrebbe dovuto risponderle duramente?
“Pazienza! Non posso farci più nulla!”
si ripetè frustrato. “Ops... devo decisamente
rallentare, se continuo così finirò per svegliare
tutto il condominio...” frenò riuscendo per
miracolo a non perdere l'equilibrio.
Vide un condomino affacciarsi dalla porta. Harold si sentì
accaldato, evitò lo sguardo dell'uomo e continuò
le scale sperando di non far trasparire nessuna emozione.
“Spero non si sia affacciato a causa mia... o che comunque
non mi ricolleghi al rumore...” pensò imbarazzato.
Finite le scale, andò a urtare accidentalmente una persona
piuttosto piccola... entrambi persero l'equilibrio.
-Come osi?!- esclamò una voce vagamente infantile. Era il
ragazzino paffuto e dai capelli viola che aveva visto la sera
precedente... e Harold ricordò improvvisamente
ciò che voleva chiedere alla signora Allen.
-Ehi tu! Non è che per caso...- il ragazzino si
alzò e cercò di fuggire. Harold
sospirò e lo inseguì riuscendo a superarlo e
pararglisi davanti. -Allora, violetto, io...-
“violetto” corse via dalla parte opposta. Dopo aver
ripetuto quella dinamica altre due volte, il ragazzino si
accasciò a terra sfinito. Apparentemente era anche meno
resistente di Harold, o forse il ragazzo era migliorato negli anni e
non se ne era mai accorto.
-Cavolo! Stai bene?!- il ragazzino annuì e si sedette a
terra respirando con affanno. “Perfetto... ho accidentalmente
bullizzato un ragazzino sovrappeso!” -Vuoi una bottiglietta
d'acqua?- gliela porse. -Non l'ho ancora usata, ma gradirei che bevessi
senza appiccicarci la bocca... Ok, troppo tardi, te la regalo...-
-N-non dire niente ai miei genitori...- disse il giovanotto, staccatosi
dalla bottiglietta.
-Eh? Se è per ieri sera, non dovresti chiederlo a me. Io non
abito nell'appartamento vicino al tuo, ero lì per caso...-
trovava un po' strano che Courtney non fosse già andata a
lamentarsi per il serpente.
-No! Intendevo che non devi digli che non sono andato a scuola oggi!-
-Eh... perchè dovrei fare la spia?-
-Ecco, appunto! NON devi farlo... CHIARO?!-
-Ok...- aveva abbastanza difficoltà a prendere sul serio
quel tono. “Da adolescente, davo anch'io un'impressione
così bambinesca?” il giovane semi-sconosciuto gli
ispirava una strana e istintiva simpatia.
-Mads, volevo chiederti se sai...-
-Mads? É Max! Ma... come hai fatto a indovinare
metà del mio nome?!-
-Ho sentito i tuoi genitori richiamarti per le scale una volta...-
-Inquietante...-
-Ho solo un'ottima memoria per i dettagli che non dovrebbero
interessarmi... Comunque, sai qualcosa delle vicine che
abitavano nell'appartamento prima della giovane coppia di
ieri sera? Fanno Novak di cognome...-
-..Perchè questa domanda?- chiese l'altro, improvvisamente
scuro in volto.
-Ecco...- aveva una pessima sensazione. -Avevo parlato qualche volta
con la figlia e... per quel che so, trovo un po' strano che lei e la
madre se ne siano andate e... Vorrei solo sapere se c'è
stato qualche problema... Se ti è sembrato che stessero
bene, se le hai viste...-
-Eri amico di Roza?- domandò Max quasi infastidito.
-Ci ho parlato solo qualche volta...- disse inquieto.
Madre e figlia litigavano molto spesso, anche se l'unica voce udibile
dall'esterno, non era quella flebile di Roza...
Dopo la separazione dei suoi, Harold, era sempre stato abbastanza
isolato, con un solo genitore e una sorella terribilmente discreta. Non
aveva vissuto così a stretto contatto con famiglie litigiose
e non riusciva a valutare se quella delle vicine fosse una situazione
usuale o meno, sapeva solo che quei rumori lo destabilizzavano e
monopolizzavano la sua attenzione.
Già instabile per essere stato abbandonato da Leshawna,
sotto una spinta egoistica, Harold, un pomeriggio salì al
piano superiore senza sapere neanche cosa avrebbe dovuto fare.
Si sentì in colpa quando, seduta davanti la porta
dell'appartamento, trovò quella ragazza pallida, poco
più grande di lui, dall'aria trascurata e occhi morti.
-Tu sei suo amico, invece?- chiese a Max.
-Lei... lei era in prova per diventare un mio scagnozzo...-
commentò il ragazzino, fissando il pavimento.
-Scagnozzo?-
-Conquistare il mondo è un duro lavoro, sai?-
Harold pensò fosse una sorta di gioco di ruolo. Sorrise
leggermente. Gli faceva piacere che Roza avesse qualcuno a tenerle
compagnia, la ragazza era... come lui... ma peggio... forse era
qualcosa che sarebbe potuto diventare anche lui se non fosse riuscito a
tenere la depressione sotto controllo...
-Come sta lei?-
-Morta...- rispose Max faticando un po'. -In coma in
realtà... Ma è la stessa cosa!-
Rispetto a ciò che aveva sentito all'inizio, Harold si
sentì un po' sollevato anche se quell'informazione poteva
non valere niente. “Ho troppe poche informazioni! ...In che
senso in coma? Cos'è successo?!”
-Dicono che sia stato un tentato suicidio! Ma io sono sicuro che
c'entra la madre... l'ha sempre odiata! La insultava sempre! L-lei!
L-lei...- balbettò il ragazzo torturandosi le mani.
-In un certo senso...- sussurrò Harold senza farci troppo
caso.
-Sai qualcosa?!- esclamò Max scattando in piedi e
afferrandogli i polsi.
Harold sapeva solo che la ragazza era tanto grave da non riuscire quasi
più ad uscire di casa e ad essere produttiva nel lavoro o
nello studio. Era questa la causa delle tensioni con la madre, degli
urli e gli insulti... la ragazza si sentiva probabilmente con l'acqua
alla gola. Era priva di un posto in cui sentirsi al sicuro e non
credersi un macigno indegno d'esistere, che fosse dentro casa, o nel
mondo esterno...
“Sapevo che sarebbe andata così... Bugia...
bugia... Ma avrei dovuto parlarle di più... dovevo
conoscerla meglio... cercare di fare qualcosa... Meh! Non sono capace
di risolvere i miei problemi in realtà... figuriamoci quelli
di un'altra persona! Però... avrei dovuto consigliarla...
che sto studiando a fare?!” cercò di calmarsi.
“E' ancora viva... forse non è finita...”
-Ehi! Sveglia! Stai facendo un viaggio extra corporeo o cosa?!- Max lo
scosse per riportarlo alla realtà.
-Non sono della polizia, non ho idea di cosa sia successo!- rispose
Harold nervosamente. Max digrignò i denti. -Nell'ipotesi che
sia un caso di tentato suicidio, cambieresti opinione sulla ragazza?-
chiese Harold severamente.
-Lei non avrebbe mai...-
-Quindi se lo avesse fatto, perderebbe il tuo rispetto?-
-Non l'ha fatto! Non l'ha fatto!- ringhiò l'altro.
-Ma se lo avesse fatto?- ripetè Harold con un certo fervore.
-Per quanto il suicidio possa essere un errore, dall'esterno non si
può dare un giudizio. Non si può capire cosa la
persona abbia passato, cosa abbia provato mentre prendeva quella
decisione, quanto fosse realmente lucida e avesse davvero il controllo
delle proprie azioni! Una persona che si suicida o tenta di farlo ha
già sofferto abbastanza! Non sarebbe giusto stigmatizzarla
neanche da morta!- quasi lo sgridò.
-N-non volevo dire nulla del genere!- balbettò Max.
-Scusami... tu... tu avrai sicuramente i tuoi motivi per pensare ad un
tentato omicidio... se sai qualcosa, parlane con la polizia... Mi
spiace...- ripetè Harold mortificato. -E' che...
è molto delicato per me...-
-E' importante che non si bullizzi chi muore da suicida o chi lo
tenta?- chiese il ragazzino infastidito. -Lasciando perdere chi non ci
riesce, che vuoi che gliene freghi ad una persona morta?- disse in tono
di scherno.
“E' crudele... i morti devono essere lasciati in pace...
specie se hanno già sofferto...” ma non era una
risposta logica. La logica voleva che una persona che smetteva di
esistere non potesse soffrire, la morte significava quello... -Se si
scherniscono le persone che commettono suicidio, chi è
depresso o ha pensieri suicidi potrebbe vergognarsi e sentirsi
scoraggiato a chiedere aiuto.- cercò di giustificare il suo
pensiero. - Inoltre mettersi su un piedistallo morale parlando di
quanto quelle persone siano state stupide, irrispettose della vita e di
quanto noi non faremmo mai niente del genere...- “Certo,
pensano tutti così, ma più alto è il
piedistallo, più cara sarà la
caduta...” pensò non riuscendo a trattenere
un'espressione malevola. -...E' inutile per prevenire altre tragedie.-
-Beh... forse potresti diventare il mio nuovo assistente, l'espressione
malvagia è quella giusta...- ammise Max un po' a disagio. -E
anche se potresti avere ragione su Roza, prometto che non ce
l'avrò con lei e cercherò di capirla quando se
mai si sveglierà...- disse emettendo un risucchio dal naso
-Perchè piangi adesso?!- chiese Max infastidito.
-S-sei tu che stai piangendo! Ma stimoli lo stesso meccanismo anche in
me... No, non ti sto prendendo in giro...- ammise Harold.
Max si strofinò gli occhi con la manica. -B-buono a sapersi!
Sfrutterò questo... ehm... super potere del pianto
contagioso d'ora in poi!- disse continuando a strofinare occhi e naso.
-No...- pronunciò Harold con un lieve sorriso nervoso.
-Funziona solo su di me. La mia empatia si è tipo rotta...-
gli venne spontaneo essere sincero, tanto non aveva nessun altro a cui
dirlo. -Ultimamente il mio corpo tende a imitare automaticamente le
manifestazioni di tristezza che vede. È come se cercasse di
ricalibrarsi regolandosi sulle emozioni altrui per tornare a funzionare
bene... lo so, non ha molto di scientifico.- disse sedendosi su uno
scalino.
-A me sembra estremamente scientifico.- Max si sedette accanto a lui,
sembrava molto affascinato da quella tesi. -Quindi sei un depresso?-
chiese con inopportuna esaltazione. -Oh... ecco perchè ti
eri arrabbiato...- disse fissandolo storto.
-Ah... non me la sono presa per questo... non sono grave e non ho
pensieri suicidi, ma non voglio comunque che le persone che li hanno
vengano trattate come pezze... tutto qua...-
-Ok... signor Depresso...-
-Il mio nome è Harold...-
-Signor Depresso, ma se è stato un tentato suicidio,
è comunque colpa della madre!- disse con uno sguardo
fervente. -Lo pensi anche tu...- affermò.
-P-probabilmente...-
-Dovrebbe pagarla per questo!-
-E'... è complicato...- disse dando una fastidiosa
sensazione di alienazione. -Forse si sente già male per come
la trattava...-
-Ma se la odiava!-
-Non è detto... si può tranquillamente fare il
male di una persona volendole bene...- “Forse, forse...
è anche più facile...” -E se le vuole
bene...- non voleva parlarne al passato “E'
viva...” -...La starà pagando.- disse il ragazzo
con tono funereo e sguardo basso.
Max lo guardò estremamente infastidito, gli diede un
pugnetto sul braccio.
-Perchè non sei arrabbiato?! Eri suo amico anche tu!-
-Sono arrabbiato...- mormorò Harold. “Ma non con
quella donna... O almeno credo... Il problema è
che...” -Sono molto arrabbiato...- affermò
nuovamente senza lasciar trasparire molto di ciò che diceva.
Max gli picchiettò sulla testa. -Hai ragione, il tuo
encefalo deve essere rotto... posso aprirlo e dargli una
controllata...- disse palpando con cura la testa di Harold.
-No, grazie!- notò che Max aveva ancora gli occhi lucidi,
Harold si rassegnò calcolando che gli sarebbe accaduto lo
stesso. -Come hai conosciuto Roza?-
-Ha recuperato Pitty una volta che si era perso...-
“Il serpente?”
-Era una ragazza molto gentile...- disse tristemente Max.
-Sì...- “Non la conoscevo molto, ma è
l'impressione che mi ha dato...” -E' una ragazza gentile...-
lo corresse utilizzando il presente, sperava di fare bene. -Magari
potremmo andare a trovarla uno di questi giorni.- Max sbuffò
a quella proposta.
-Ho visto il suo fantasma... era distesa sul soffitto della mia camera
e mi fissava...- confessò il ragazzino con lo sguardo perso
nel vuoto.
-Potrebbe star facendo un viaggio extra-corporeo.- ipotizzò
Harold pensando che offrire opzioni non paranormali all'esperienza di
Max non sarebbe stato utile. Max lo studiò con diffidenza,
cercando di capire se lo stesse prendendo in giro. -Magari se l'andiamo
a trovare, si sentirà più invogliata a tornare
nel suo corpo.- continuò Harold.
-Ero troppo arrabbiato per farmi dire dov'è stata
portata...- ammise Max.
-Troverò un modo per rintracciarla...- sospirò
Harold.
-Ottimo, nuovo assistente!- disse l'altro ritrovando un po' di fiducia.
Prima di lasciare il ragazzo, Harold, tornò un attimo
indietro e chinò lievemente il capo.
-Mi spiace per il tuo ragno, la mia ragazza...- preferì
semplificare indicandola in quel modo, ma gli dava molto fastidio. -E'
incinta e questo la rende impulsiva e violenta davanti le minacce, o
presunte tali, per questo gli ha sparato...-
L'unico segnale che diede Max inizialmente fu sbuffare e stringersi un
po'. -Era vecchio per la sua specie... quindi suppongo, vada bene...-
disse alla fine. Harold continuava a non sentirsi troppo bene. -E' che
per i miei animaletti, casa di Roza era un posto in cui potevano
andare...- Harold si sentì ancora peggio sentendolo.
-Potresti chiamare tuo figlio con un nome che ricordi la parola ragno,
per farti perdonare...- suggerì Max.
-E' facile che venga ucciso proponendolo.- affermò Harold.
-Tu provaci.- rispose Max in tono beffardo.
Lasciato solo dal ragazzino, Harold venne risucchiato dai suoi
pensieri. Consciamente non accettava che la semi-sconosciuta di cui si
era preoccupato, fosse più morta che viva.
Forse era destino che fosse ancora in vita, la ragazza poteva
risvegliarsi...
“Non l'hai ancora capito? Il destino non esiste, non sei
stato attento?”
L'ultima volta che aveva parlato con Roza, era stato un pomeriggio,
quando l'aveva vista su un marciapiede poco lontano dal condominio.
Era strano vederla fuori casa e la ragazza era rimasta per
così tanti secondi ad osservare le macchine con
inquietudine, che Harold aveva sospettato che Roza non sapesse
più attraversare la strada.
-Novak!- l'aveva chiamata andandole incontro. La ragazza lo aveva
guardato disorientata, come se avesse bisogno di qualche secondo per
riconoscerlo.
-McGrady...- aveva detto con un cenno della mano. Sembrava abbastanza
tesa.
-Sono contento di vederti qui in giro...- ci riflettè un
po', poi decise che era inutile, erano consapevoli dei rispettivi
problemi. -Anche per me a volte è un po' difficile uscire di
casa...- pensò di metterla a suo agio esponendosi in quel
modo, ma non sapeva come continuare. “E' bene allenarsi a
uscire? Sono fiero di te? Ma così suonerebbe strano... come
una presa in giro? Sarebbe inopportuno? È solo una vicina ed
è più grande... Se ci fosse un ragazzino che mi
trattasse così, come la prenderei?” -Magari
qualche volta possiamo fare la spesa insieme?- le chiese alla fine.
“Cosa diavolo ho detto?!”
Roza sembrò indecisa su come comportarsi. -Ok...- disse
mostrando un sorriso tremolante.
Harold aspettò pensando che la ragazza volesse dire
qualcos'altro “Avrò avuto l'impressione
sbagliata...”
Di tacito accordo, fecero la strada di ritorno insieme.
-McGrady...-
-Si?- il ragazzo si bloccò.
-Se non ti incontravo non tornavo a casa...- affermò la
ragazza in tono neutro.
Harold la guardò stranito. -Volevi fuggire di casa?-
-No...- ad Harold vennero i brividi ripensando alla ragazza mentre
guardava il traffico con aria inquieta, non era preoccupata di non
sapere più come attraversare...
-Dovresti parlarne col tuo terapista.- disse preoccupato.
-Sì... ma quello che intendevo è grazie... La tua
presenza e il tuo modo gentile di fare, mi tirato su di morale e mi hai
distratta dai miei... progetti...- gli sorrise. -Quante
probabilità c'erano che incontrassi qualcuno che conoscevo
per caso? Non conosco più così tante persone...-
disse con una strana allegria.
-Magari è stato il destino a farci incontrare proprio ora.
Quindi, vedi di starmi bene, ok?- le diede una pacca sulla spalla. In
un primo momento Roza sembrò sul punto di indietreggiare,
non era abituata al contatto. -Ma sul serio, parlane col tuo terapista,
è molto importante.-
-Uh... forse non dovevo dirtelo, ti ho messo sotto pressione...-
riflettè la ragazza senza mostrare particolari emozioni.
-Non dire sciocchezze, sapere di aver accidentalmente evitato il
suicidio di qualcuno può solo farmi sentire onorato.
Inoltre... non hai motivo di vergognarti nel parlarne con un depresso
traumatizzato dalle persone che urlano. Anzi, se hai voglia di parlare
di qualcosa, ci sono.-
-McGrady, tu credi ai fantasmi?-
-Non lo so... perchè?-
-Si dice che dal tuo piano, si sentano dei lamenti, soprattutto durante
la notte...-
-...L-lamenti?- deglutì.
-Qualcuno che inspira e sospira profondamente, emettendo suoni
perlopiù acuti... come un fantasma piangente... forse sembra
un maschio...-
Harold arrossì violentemente, temeva di essere lui
l'origine. Anche Roza probabilmente l'aveva capito. -Accidenti... Beh,
grazie dell'avvertimento...-
A causa dell'intensificarsi delle sue crisi, Harold finì per
stabilirsi dalla sorella per un po'.
Anche se ora sapeva di non essere l'unica persona nel condominio, con
cui Roza poteva parlare, si sentiva in colpa per essersene andato.
“Mi sto dando troppa importanza... sicuramente non mi
calcolava, ero un quasi-estraneo...” cercò di
convincersi. “Ma in certi momenti, i quasi-estranei diventano
molto importanti...
Il destino non esiste... il fatto che l'avessi incontrata per caso
distogliendola dai suoi intenti suicidi, non è servito a
niente, l'ha fatto comunque! Forse si rivelerà inutile anche
che sia rimasta viva per il momento...” sentì gli
occhi bruciare. Però era consolante che non avesse bisogno
di imitare Max per lacrimare e che gli venisse da piangere in quel
momento era perfettamente normale, non era il segnale di una crisi...
Ma la sensazione si fermò e il ragazzo non pianse, ma si
sentì profondamente stordito e dovette tornare a sedere
sugli scalini. Finì per stendersi. Per qualche secondo
sentì la propria coscienza svanire. “Mi
sarò affaticato troppo...”
Si risvegliò per il freddo, la temperatura sembrava calata
di molto. Il ragazzo si strofinò le braccia, poi si
rialzò e decise di prendere le scale.
Aveva la sensazione di essere seguito e si girò
più volte ma non riuscì a vedere nessuno,
nonostante sentisse chiaramente dei passi. Riprese a grattarsi il collo
nervosamente.
“Eppure, sembra così vicino... e si avvicina
sempre più...” ma non compariva nessuno.
Harold riprese a camminare un po' innervosito, aumentò il
passo senza neanche esserne consapevole.
“McGrady, tu credi ai fantasmi?” ripensò
alla voce consumata e difficile da udire di Roza... la voce di un
morto? Ora capiva perchè Leshawna fosse infastidita dalla
sua voce, la notte prima...
-Mi sarebbe piaciuto risponderti di sì...- disse Harold in
un sussurro.
Si fermò sulle scale ascoltando i passi che continuavano ad
avvinarsi. In fondo non era mai stato così infastidito dalle
basse temperature e la pelle d'oca, ma i passi si fermarono poco prima
di raggiungerlo.
Si girò e non vide nessuno.
-A me va bene giocare...- Sospirò. Si sentiva un po'
frustrato. Che fosse un'allucinazione data dallo stress, il senso di
colpa, il desiderio di rivedere qualcuno con cui si ha un conto in
sospeso o un vero fenomeno paranormale, non aveva realmente
importanza... non capiva bene perchè esperienze simili
avessero il potere di inquietare altre persone...
“Se fossi dentro un film horror, forse sarei quello ingenuo
che da accidentalmente il permesso allo spirito maligno di possederlo,
o di diventare il suo coinquilino...” ma era inutile, solo le
cose vive potevano essere realmente spaventose, per quello gli alieni
erano così terrificanti!
-Se sei tu, tanto verrò presto a farti visita.- disse
facendo un cenno di inchino per congedarsi.
Angolo dell'autrice:
Questo capitolo è stato difficile da scrivere e inizialmente
doveva essere meno... speranzoso(?)
Sarà anche colpa dei documentari sul crimine che ho visto di
recente, più uno su una piovra(vi assicuro che era
assolutamente commuovente...) ma non mi sono sentita a mio agio ad
“uccidere” definitivamente Roza. Inoltre ho pensato
che mi avrebbe potuto dare anche problemi nella trama... spero di aver
preso la decisione giusta e di essere riuscita a gestire le
tematiche... in caso contrario mi scuso, ma volevo provarci...
Non so quanto senso abbia Max contestualizzato in questo modo... ma mi
fa tenerezza per qualche strano motivo ed è uno dei pochi
personaggi di quella stagione ad essermi piaciuti, quindi mi
è venuto naturale inserirlo nella storia.
Mi spiace se la storia risulta lenta, ma voglio provare a delineare i
rapporti fra i personaggi, le loro situazioni, problematiche e il loro
contesto mentre vanno avanti con la storia... ma voglio anche evitare
di scrivere capitoli troppo lunghi... Alla fine, questa storia
è un esperimento per me. Spero di riuscire a scrivere
decentemente e interessare in qualche modo o comunque di migliorare...
In ogni caso, grazie mille della pazienza e di aver letto fino a qui.
Mi scuso per eventuali errori. Se volete darmi dei pareri mi fa molto
piacere.
Alla prossima.
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Capitolo 10 *** La vecchia, il coniglio e il bottone. ***
Leshawna osservava, con sconforto e nostalgia, l'anziana signora che
dicevano le somigliasse.
La ascoltava, a distanza, biascicare cose senza senso, in preda alla
demenza senile.
-Oh, poveretta... patetica 'nevvero?- disse un'altra signora alle sue
spalle, identica alla disgraziata che stavano osservando, ma Leshawna
non captava nulla di anomalo. -Posso comprendere perchè ti
piacesse così poco farle visita...- sorrise la donna
amaramente. -L'avrei evitata anche io se avessi potuto, sai?- disse
poggiando una mano sulla spalla della giovane.
Leshawna forse avrebbe dovuto scansarla, ma rimase ferma con il corpo
dolorante, stanco e il respiro pesante.
La giovane si svegliò di colpo, agitata e sola, ma con la
sensazione di essere osservata.
-Ha...- la voce le morì in gola, la sentì
profondamente sbagliata. “E' normale che voglia sapere se
c'è o meno... Non c'è niente di sbagliato o
imbarazzante...” -Harold?- chiamò infastidita
dall'inquietudine che traspariva dalla sua voce. Nessuno rispose...
Leshawna andò a controllare e constatò la
mancanza di Harold. Ne era delusa. “Tanto che mi cambiava?
Non ho bisogno di parlare a qualcuno dei miei incubi, ne conosco
già il significato... Però è un
maleducato... Si è di nuovo scordato di
salutarmi...” si disse incupita. “Beh, se dovesse
succedergli qualcosa, io come faccio a dare indicazioni sul posto in
cui era diretto per dare un indizio alla polizia su dove trovare il suo
corpo?” si chiese giustificando più o meno
razionalmente il fastidio provocato dalla mancanza di
quell'informazione.
Avvertì un vocalizzo di Kunoichi. A giudicare dal miagolio
gracchiante stava puntando qualcosa. Non aveva mai capito
perchè facesse quel suono quasi rituale... facendolo non
segnalava, alla preda, la sua posizione? “Roba da gatti,
immagino... Ma se è qui, Harold non dovrebbe essere
scappato. Se non torna saprò che gli è successo
qualcosa e che devo preoccuparmi. Ah... Quanto è assurdo che
cominci ad avere una sorta di ansia da abbandono?! Nei confronti di
qualcuno per cui non provo nulla, per giunta! Io che mi sono sempre
distaccata istintivamente da ciò che non
funziona...” ritenendolo debole e a rischio, non si era mai
realmente affezionata al coniglietto che gli avevano regalato da
piccola, così non aveva sofferto per la sua morte prematura.
E a otto anni aveva cominciato ad evitare il più possibile
le visite a sua nonna.
Aveva cominciato a soffrire di demenza senile e starle vicino causava
ansia e paura nella Leshawna bambina. Quando l'anziana era morta anni
dopo, Leshawna non ricordava di aver provato molto. Era come se la vera
morte della donna fosse avvenuta molto tempo prima e intuì
che i sentimenti di suo padre erano simili.
Ripensando al funerale, si chiese perchè nei film continuava
a dire “Sembra stia dormendo” parlando di cadaveri.
Alla giovane Leshawna, quell'involucro vuoto sembrava solo una bambola
rotta.
“Sono una persona orribile...”
sdrammatizzò amaramente. “E il mio subconscio deve
pensarlo a giudicare dall'incubo che ho fatto... Beh,
pazienza!”
Per scacciare i pensieri, Leshawna andò a vedere cosa stava
puntando Kunoichi.
La gatta era davanti il balcone chiuso della stanza da letto. Come la
ragazza sospettava, osservava gli uccelli.
Si trattava di un rumorosissimo gruppetto di gabbiani troppo lontani da
quello che in teoria era il loro ambiente. “Sarà
il cambiamento climatico?”
Molti si lamentavano dei piccioni, ma non avevano idea di quanto
fossero territoriali e invadenti quei demoni bianchi. “Avessi
un bel lanciafiamme a lunga gittata. La pistola è troppo
appariscente... Credo sapranno di pollo...” la
ragazza tornò in sé e si rese conto
dell'illogicità del pensiero. “Eh... suppongo che
il cambio di alimentazione mi abbia resa strana...” come per
punizione, avvertì la nausea e il sapore amaro e bruciante
del reflusso, ma il suo corpo resistette. Leshawna si sentì
sollevata.
La gatta richiamò la sua attenzione, era come se le stesse
chiedendo di aprire il balcone. -Non puoi afferrarli, quei cosi volano!
Perchè ti rivolgo la parola? Non puoi capirmi...-
In tutta risposta, un gabbiano le atterrò sul balcone.
Sembrava interessato a cominciare una gara di sguardi cattivi. -Begli
occhi di ghiaccio, complimenti, sono molto inquietanti...- disse
Leshawna con tono poco impressionato. -Perchè diavolo ti sto
parlando?!- quella mattina le sembrava tutto terribilmente storto e per
confermare quell'impressione, Kunoichi probabilmente frustrata dal non
poter azzannare il volatile, cominciò a scattare in giro per
l'appartamento.
Leshawna la inseguì per limitare i danni. Per fortuna
l'unica “vittima” fu il portafoglio di Harold,
caduto sul pavimento. “Che mezza testa, è uscito
senza!” commentò Leshawna raccogliendolo. Vide che
qualcosa ne era caduto fuori. “Un bottone? Boh...”
la cosa le riportò in mente una situazione bizzarra di anni
prima.
Erano nel corridoio della scuola, Harold la stava osservando in
silenzio. Leshawna credeva le stesse osservando il seno. Era un tipo
strano e indiscreto. Un po' come lei che però, se fissava
troppo a lungo il seno di una compagna poteva giustificarsi facendo un
commento sulla maglietta o su delle presunte macchie. Da ragazza
appariva meno sospetta. Invece la sua discrezione nei confronti dei
ragazzi attraenti faceva pena e basta...
Leshawna osservandosi il petto notò che uno dei bottoni
della giacca era andato... lo sfilò sbuffando e notando come
il ragazzino rosso aveva seguito il movimento delle sue dita, ebbe
l'assurdo sospetto che più che dal seno, l'attenzione del
buffo ragazzino fosse stata attirata dal bottone...
-Ti serve a qualcosa?- chiese la ragazza porgendoglielo. Harold apparve
sorpreso e in qualche modo emozionato. “Ma che problema
ha?!”
-Nnn... no...- negò il ragazzo, ma il modo in cui il suo
sguardo si alternava fra il viso di Leshawna e il bottone, le
comunicava che voleva quell'oggetto... -Però... me lo stai
dando spontaneamente? È un gesto spontaneo?-
“Sono finita nel mezzo di qualche stravagante
rituale?” la ragazza non sapeva più se
consegnarglielo o meno, ma glielo tirò e Harold lo
afferrò al volo. Si pentì vedendo la contentezza
del ragazzo col suo “regalo”. Non capirne la
reazione la disturbava. “Ah... gli servirà per
costruire qualcosa ma si sentiva in colpa a chiedermelo probabilmente.
Ha sempre la testa persa per i suoi strani progetti...”
-Se vuoi, però, te lo posso riattaccare...- le propose
allegramente. -E... ho visto che avevi le cuciture delle maniche di una
camicia, allentate. Posso ricucirtele, sono bravo a non far notare le
riparazioni!-
-E' una presa in giro per i miei abiti vecchi?- gli chiese sospettosa.
-Se si rompono posso ricomprarli, non sono messa così male.-
gli disse aspra.
-Anche se fosse, non capisco perchè dovrei prenderti in
giro.- rispose il ragazzo infastidito. -Mi piaci e sei gentile spesso.
Quindi volevo fare qualcosa per te, tutto qua.-
-Sei inquietantemente sfruttabile.- affermò la ragazza.
-Sei tu che pensi da egoista!- la criticò imbarazzato. -Per
me è utile aggiustare i vestiti e riutilizzarli e ne porto
molti di seconda mano, non ci vedo proprio nulla di imbarazzante.-
-Quindi è per questo che porti vestiti larghi? Credevo
volessi nascondere un disturbo alimentare.- disse con uno strano
umorismo di cattivo gusto.
Harold la prese sul serio e sollevò la maglietta incurante
del contesto. -Sono magrolino, ma non sono mal nutrito, guarda...
è tutto perfettamente normale!-
“Ma che sta facendo?!” si chiese Leshawna
trattenendosi dal ridere, ma non riuscì a trattenere gli
stupidi impulsi e solleticò bruscamente costato e fianchi
del ragazzino che si contorse emettendo qualche riso incontrollato.
-Ma che fai?!- esclamò il ragazzino rosso e arrossato,
allontanandola.
-Dovevo farti abbassare la maglietta, sembravi strano tutto scoperto
nel mezzo di un corridoio.-
-E dovevi farlo per forza così!?- per Harold stava
chiaramente mentendo.
-Non c'è di che, gioia!-
Harold la seguì. -Devi dirmi dove soffri il solletico. Devo
vendicarmi, ma non posso andare per tentativi. Molto in fondo,
estremamente in fondo, sei una donna. Se cominciassi a tastarti si
farebbero l'idea sbagliata...- Leshawna lo ignorò
allegramente. -Leshawna!- la richiamò agitato.
Quel ragazzino buffo e ingenuo, spaventosamente influenzabile da
qualunque cosa lei dicesse o facesse, le mancava molto e osservare quel
bottone aumentava sgradevoli sensazioni. Temeva fosse lo stesso bottone
del ricordo. “No... nemmeno qualcuno di sentimentale come
Harold conserverebbe qualcosa del genere...” sperò
la ragazza.
“Da quanto tempo non lo vedo nudo? Starà mangiando
come si deve? Il suo istinto di sopravvivenza è troppo
influenzabile dal suo umore... Ma sono affari suoi, perchè
mi preoccupo? Perchè dovrebbe fregarmene? Avevo
ragione a non volerci una relazione! Perchè diavolo mi sono
fatta convincere da quell'idiota?! Io un coniglietto fragile non lo mai
chiesto...” si sentì in colpa per quel paragone.
“Beh, del resto i bambini sono egoisti...”
pensò giustificando il proprio distacco emotivo nei
confronti della nonna e di quel coniglietto a cui non aveva mai dato
affetto. Non voleva essere ferita, ma anche se demente, sua nonna
avrà avuto dei sentimenti, forse anche il coniglio...
Sentì un'ambulanza avvicinarsi troppo... sembrava essersi
fermata proprio davanti il condominio...
“No, non è successo assolutamente nulla ad
Harold.” me mentre lo pensava, stava già scendendo
velocemente le scale. Alle ultime quattro saltò per fare
prima, ma atterrando, pur mantenendo l'equilibrio, si fece tanto male
alle caviglie da cominciare a imprecare mentalmente
“Quell'imbecille di Harold lo fa sembrare tanto semplice! Ah,
giusto... Harold...”
-McGrady!- chiamò una delle Allen, la responsabile del
condominio.
Leshawna si guardò intorno, poi si accorse con orrore che si
riferiva a lei. -No, non siamo legalmente correlati e nemmeno
consanguinei, non abbiamo lo stesso cognome.- precisò
nervosamente.
-Non c'è tempo, puoi spiegare a questi ambulanzatori, o
comunque si chiamino, che non sono pazza?!- disse la donna
apparentemente esaurita. -Ho chiamato l'ambulanza perchè ho
trovato il suo convivente svenuto sulle scale, ma mi distraggo un
attimo e il ragazzo svanisce nel nulla! E ora credono che abbia avuto
un'allucinazione! Mi aiuti!- nel mentre i tizi cercavano di calmarla
ottenendo di innervosirla maggiormente.
-Scusate. Per il mio coinquilino, svenire e rialzarsi come se niente
fosse, è praticamente la norma, sopratutto negli ultimi
mesi. Ma considerando che non ci sono traccie di sangue per le scale,
è più probabile che abbia semplicemente deciso di
dormire un po' lì... è un caso perso. Se
è stanco, è capace di addormentarsi ovunque in
pochi secondi.- spiegò Leshawna.
Gli uomini ne parlarono fra loro. -Ok, ma signorina, rintracci il suo
convivente e gli faccia fare degli accertamenti.-
-Sì, suppongo che gli svenimenti siano strani.-
-Non solo, se è svenuto e ha sbattuto la testa, capace o
meno di rialzarsi sulle sue gambe, potrebbe aver subito qualche danno.
È urgente che lo faccia controllare, intesi?-
-Certamente.- rispose Leshawna un po' turbata. “Con tutte le
botte che ha preso non gli è mai successo nulla! Stanno
esagerando..:” pensò le stesse tornando
la nausea, ma doveva essere stata solo un'impressione. -Beh, buon
lavoro.-
-Sarebbe meglio augurarci buon riposo. Se nessuno ha bisogno di noi
è meglio. Buona giornata, signorina.- disse gioviale,
l'uomo. -A proposito, non salti più dalle scale in quel
modo, intesi?-
Leshawna se ne era già andata. “Figurati se gli
è successo qualcosa!” ripetè, ma
entrata nell'ascensore, finalmente libero, provò a
telefonargli. “Ultimamente mi contraddico troppo spesso.
Sarà anche questa colpa delle gravidanza.” si
prese in giro, ma non ricevere alcuna risposta la inquietò.
Provò a richiamargli nell'appartamento. “Se gli
fosse successo qualcosa, ma si trovasse ancora nel condominio, potrei
comunque trovarlo seguendo la suoneria del cellulare.”
pensò pianificando di uscire nuovamente, ma la telefonata fu
riattaccata. -Bastardo! Allora c'è! Perchè
riattacca, questo imbecille?!- si sfogò.
-Perchè sono qua, forse!?- rispose una voce proveniente dal
bagno. Ne uscì un Harold, insolitamente pallido, con gli
occhi lucidi e arrossati... -Scusa, era silenzioso e non mi sono
accorto delle prime chiamate... avevi bisogno di qualcosa?-
-Sei svenuto sulle scale?- gli chiese in tono di interrogatorio.
Harold sembrava disorientato. -No... ma mi ci sono accovacciato e ho
riposato un po' gli occhi, solo questo... e solo per un po'...-
-E non hai sentito la responsabile cercare di svegliarti o le sirene
dell'ambulanza?- disse incredula.
-Ambulanza?! È successo qualcosa? Stai bene?-
“Quindi si era semplicemente addormentato... meno
male!” la ragazza fece un sospiro di sollievo. “Ma
come può essere così rintronato da non accorgersi
di un'ambulanza?!” -Sto bene, erano qui per un idiota che ha
pensato che le scale fossero un buon posto per un riposino!-
Cominciando a capire, il ragazzo si sentì un po' a disagio.
-Ops... Beh, mi spiace di averti fatto preoccupare.- “Almeno,
suppongo che se dovessi sparire, qualcuno se ne
accorgerebbe...” forse non c'entrava l'imitare i segnali di
tristezza altrui, era suscettibile a prescindere all'umore altrui e il
fatto che la ragazza sembrasse felice di vederlo tutto intero, gli dava
sensazioni contrastanti. -Anche se alle volte sei stronza e
egocentrica, ti voglio molto bene...- “In realtà
non so cosa provo, ma suppongo non sia falso... credo che se mi
sentissi più stabile lo penserei.”
-Eh... anche io non voglio il tuo male anche se sei idiota,
imbarazzante, distratto, strano, lagnoso e...-
-Che fai?!- esclamò il ragazzo come se dovesse mettersi a
piangere.
-Beh, hai cominciato tu!- sbuffò la ragazza.
-Ho usato solo due aggettivi...- il ragazzo abbracciò la
gatta che l'aveva richiamato da sopra il tavolino. -Ovviamene voglio
molto bene anche a te Kunoichi!-
“Umano? Perchè blocchi Kunoichi?”
-Mooo!- protestò, ma si lasciò abbracciare, ormai
era abituata a quelle dimostrazioni affettive.
-Stai bene?- chiese Leshawna.
“Benissimo... mi hanno solo detto che una mia amica ha
tentato il suicidio e ora è in coma...” -Sono
idiota, imbarazzante, distratto, strano, lagnoso e non so cosa volessi
aggiungere, ricordi?- poi disse la verità o meglio una
parte. -Non so quando potremmo non rivederci più...
quindi... mi andava di dirti che ti voglio bene...- “Che sia
vero o no, non fa differenza...” -E' difficile non
affezionarsi a qualcuno che è con te da tanto tempo. Anche
se si trattasse di un pessimo soggetto, davanti alla morte perde
importanza.-
-Ti spogli un attimo?- chiese la ragazza discretamente.
Harold perse quasi l'equilibrio per l'inquietante assurdità
sentita. -D-dicevi cosa?- chiese con un sorriso nervoso. “Ho
sentito malissimo!” ma istintivamente indietreggiò.
-N-niente. Perchè, hai sentito qualcosa?- rispose la
ragazza, era terribilmente sospetta.
“...Stronza! Perchè deve essere così
stronza?! Per chi mi ha scambiato?! Sono un uomo serio, io! Se ho
deciso di chiudere, ho chiuso! Inoltre, perchè non fa pace
con il cervello questa?! Ah... ok, forse è semplicemente
irresistibilmente attratta dalla sofferenza fisica e mentale. Si, ha
perfettamente senso, è sadica... Ma non è affatto
meglio messa in questo modo!”
-Ehi, la finisci di guardarmi come fossi un maniaco che ti ha appena
chiesto di fargli leccare i piedi? Hai semplicemente frainteso. Come al
tuo solito...-
“Come potrei avere...” capì, si
scoprì interamente il braccio e si avvicinò.
-Così dovrebbe bastare... o comunque accontentati!-
“Non gliene fregava nulla di me prima, perchè
dovrei cominciare ad attrarla adesso?” pensò
infastidito. -E' un braccio perfettamente normale, non sono
malnutrito... e non ci sono neanche segni di tagli. Mai avuto questo
tipo di problema, ma perchè non controllare anche quello,
no?-
Leshawna gli tastò il braccio nonostante fosse perfettamente
inutile per quello che era teoricamente il suo scopo. Harold si
immobilizzò intenzionato a resistere.
“Avrà capito che non voglio assolutamente che mi
tocchi e mi sta facendo tutto questo per dispetto...” gli
toccò anche il collo. “Perchè mi odia
così tanto?!” poi tornò razionale.
“Forse vuole solo capire velocemente la mia temperatura. Devo
avere un pessimo aspetto...”
-Ok, ho finito...- disse finalmente Leshawna, e Harold si
preparò mentalmente alla libertà, ma prima la
ragazza gli pressò leggermente le labbra sul polso.
Il ragazzo scattò all'indietro finchè non
trovò il muro, tenendola d'occhio come se fosse una
terrorista armata. “AAAAAAAAAH! È ANCHE UN PUNTO
SENSIBILE QUELLOOOOO!”
-Ok, scusa. Ho esagerato! Ma volevo farti uno scherzo innocente visto
che ultimamente ti comporti come se avessi la lebbra!-
spiegò Leshawna, sdrammatizzando.
Harold non riusciva ad essere genuinamente arrabbiato con qualcuno con
cui c'era un problema di incomunicabilità di fondo, ma si
sentiva svenire. “Ah! Non ne posso più!”
per l'ennesima volta quel giorno, si grattò nervosamente il
collo. -Non sei per niente divertente...- disse esasperato. -Piacerebbe
anche a me essere così... così... io non
c'è la faccio più...- disse con affanno.
-Vuoi fermarti!- ordinò Leshawna mantenendo il sangue
freddo. -Ti rendi conto che ti stai facendo uscire sangue?-
Guardandosi i polpastrelli notò che erano tinti di un rosso
scuro. -Che sollievo, così scuro deve essere per forza
carico di anidrite carbonica...-
Harold si risvegliò sul divano-letto. Non ricordava
perchè dovesse trovarsi lì. Forse doveva fare
qualcosa... chiamare sua madre? Chiedere di Roza? “Aspetta...
l'ho già fatto... Devo essere svenuto. Giusto. Il
collo...”
-La prossima volta che fai una tragedia per me che mi mangio le unghie,
te le strappo una ad una con una pinza.- disse la ragazza cercando di
tramutare la rabbia in una battuta aggressiva.
-Sì... in effetti è un po' imbarazzante...- lui
sorrise debolmente. -A proposito, ti è ricresciuta
l'unghia?- disse acquistando un po' di severità, in
contrasto col tono debole.
Leshawna nascose la mano. -Certamente.- poi ci ripensò e la
espose. -In realtà, mi è direttamente caduta. Da
sola, giuro. Ma ricrescerà, tranquillo!-
sdrammatizzò.
-C-cosa?-
-Eh, eh... cambiando discorso, che ultime parole sarebbero quelle
farneticazioni sull'anidrite carbonica?!-
Harold ci mise un po' per ricollegare. -Oh... Uhm... se il sangue fosse
stato rosso vivo, sarebbe stato arterioso, temevo di essermi rotto la
carotide... sì, lo so, era un timore assurdo, ma mi ha fatto
impressione essermi fatto sanguinare da solo.- ammise. -Così
non ci ho più visto... letteralmente...- aggiunse
più leggero. Una parte di lui, lo trovava quasi divertente.
Ma l'apprensione con cui si sentiva guardato lo metteva a disagio.
“E' troppo vicina...” -Eh... giusto, volevo dirti
che dovresti stare lontana dalla sorella della responsabile. Potrebbe
dirti cose strane... forse è anche un po' razzista, ma
potrei aver interpretato male io... Comunque non è la
persona migliore con cui fare due chiacchiere, sopratutto quando si
aspetta un bambino.- le raccomandò.
Leshawna sorrise amaramente. -Ah, e chi ci vuole parlare con quella!
Tanto poi, mi evita come la peste, è come se avesse paura di
me...- sospirò. -Sul serio, non è un problema.
È facile che quelli di età avanzata siano
razzisti, ci sono abituata. Ma ammetto che è fastidioso
quando piagnucolano che gli togli la libertà di essere
razzisti e deliri simili... Aww... Le mie povere stelline in un modo
crudele, che tenerezza!-
Harold le accarezzò la testa, Leshawna rimase interdetta, ma
non si scompose. “Anche se nasconde la rabbia dietro le prese
in giro, è certamente molto forte.”
pensò il ragazzo -Avrà molti pregiudizi e sembra
che si passi il tempo a compiacersi delle disgrazie altrui, ma non so
se lo fa con cattiveria. Probabilmente si annoia ed è
cresciuta in un certo modo.- disse cercando di tranquillizzarla.
-Sapevi che secondo voci e segni inconfondibili sarei un
tossicodipendente? Io non lo sapevo!- sdrammatizzò
continuando a carezzarla.
Con parecchi secondi di ritardo si rese conto dei propri gesti.
“...Che sto facendo? P-perchè non mi sono sentito
male toccandola? Non va bene... non va bene per niente...” si
disse osservandosi la mano bianca e tremolante con molta inquietudine.
-Ehm... Harold...-
Kunoichi li interruppe saltando sgraziatamente vicino al ragazzo.
“Umanoooo! Kunoichi ha un utile dono!” gli
posò vicino, una lucertolina, fresca d'uccisione.
“Avrai bisogno di cibo per rimetterti in sesto e non mi
sembri proprio un bravo cacciatore...”
-Kunoichi!- la rimproverò Leshawna.
Kunoichi sussultò sorpresa, poi le ringhiò.
“Che hai da aggredirmi?! Kunoichi ovviamente non ti teme, ma
rischi di spaventare Harold! Nessuna pietà per chi non sta
bene? Sei cattiva e orribile!”
Harold raccolse la lucertola e accarezzò Kunoichi. Poi si
alzò e un po' traballante uscì.
Leshawna lo seguì. -Se non la rimproveri, non
imparerà mai.-
Harold le aveva lanciato un'occhiata furtiva, poi era tornato
pensieroso sul corpicino del rettile.
“Ma che gli prende adesso?” lo seguì
fino ad un'aiuola secca, dove il ragazzo scavò una piccola
buca per depositare il corpo. Poi mise le mani giunte e
cominciò a bisbigliare qualcosa.
-Che... che stai facendo?-
-Prego Yig, il signore dei serpenti, affinché non scagli su
di noi la sua terribile maledizione.- disse con uno sguardo
inquietantemente serio. Poi sorrise docilmente. -Scherzavo.-
-Non sei un po' troppo grande per fare il bambino dei film
horror? Poi non eri mica diventato ateo?-
-Sì, ma anche se non c'è nessun paradiso delle
lucertole, si tratta comunque di un insieme di rituali con lo scopo di
rasserenarmi... gli esseri umani sono parecchio strani, eh?-
-Suppongo che il tic nervoso delle mani giunte colpisca gran parte
della popolazione...- rispose lei un po' a disagio.
-Ok... comunque ci vediamo più tardi.-
-Eh?! Dove te ne staresti andando?- chiese la ragazza con sospetto.
-Fra un po' dovrei essere a casa dell'ex proprietario dell'appartamento
per badare al figlio e dargli ripetizioni. Parto un po' prima,
così posso prendermela comoda.-
-Perfetto, ti accompagno io.- affermò la ragazza. -Magari
rimango pure e vedo se posso rendermi utile...- riflettè a
voce alta.
Il ragazzo celò il fastidio dietro una maschera di cortesia
-Non voglio in alcun modo disturbarti e le mie gambe funzionano
perfettamente.-
-Vediamo un po'; ti sei addormentato sugli scalini, mi hai fatto strani
discorsi di cui il succo era; devo dirti che ti voglio bene
perchè potrei crepare male da un momento all'altro...-
-Mi sembra una tua libera interpretazione...-
-Infine sei svenuto e ti ho dovuto prendere di peso per metterti a
letto.- concluse con un sorriso forzato la sua argomentazione. -Mi
sembra che tu non stia così bene, eh?-
-Sì realista, se dobbiamo aspettare che sembri in forma,
sono condannato ad essere sorvegliato da te per un periodo che potrebbe
estendersi fra i due mesi e il resto della mia vita. Inoltre, non ti
eri forse stufata di me? Mi hai mollato, no?- disse inacidito, poi
sospirò. -Il rischio di alzarsi un giorno e non fare
più ritorno a casa, c'è sempre. E qualunque cosa
ti abbia detto, non è che faccia aumentare magicamente le
mie probabilità di finire sotto un camion, cascare dentro un
tombino, essere rapito da un'aquila affetta da gigantismo o portato via
da una folata di vento.- nonostante lui cercasse di rendere il tutto
ridicolo, l'espressione di Leshawna rimaneva seria e irrequieta.
-Fa come vuoi, dovresti almeno portarti dietro il portafoglio.-
-In effetti, con i documenti, riconoscere il mio corpo sarà
decisamente più facile...- disse con aria svampita. Leshawna
lo guardava con aria truce. -Era solo una battuta! Magari con un
pessimo tempismo...-
-No, tu non meriti un portafoglio.- sbuffò la ragazza. -E si
può sapere perchè lo usi come porta-bottoni?-
Harold riflettè qualche secondo sul senso della domanda.
-Oh... beh, sicuramente non te lo ricorderai...- disse fra
sé e sé. -E' solo una specie di portafortuna...-
rispose il ragazzo per levarsi d'impiccio.
-E perchè questa fissazione per i bottoni? Qualche anno
fa hai insistito per prendertene uno mio... non che me ne
freghi... lo trovo strano, tutto qua.- disse sembrando infastidita.
“Se lo ricorda, suppongo lo trovi imbarazzante.”
-Infatti è il tuo quello.- “Non ha importanza,
quindi perchè trovarlo imbarazzante.” -E' che...
in alcuni vecchi manga ad ambientazione scolastica che leggevo, si
ripeteva una strana usanza per cui la ragazza, per la cerimonia dei
diplomi chiedeva al ragazzo che le piaceva il secondo bottone
dell'uniforme o era il ragazzo a darlo spontaneamente. Essendo il
più vicino al cuore, dovrebbe essere quello più
intriso di sentimenti e ricordi. È un'usanza probabilmente
diventata popolare a causa di un romanzo in cui accadeva e che potrebbe
essere nata a causa di un film in cui un soldato, incerto del proprio
ritorno, donava il bottone all'amata... Anche se non c'era nessuna
cerimonia dei diplomi e non sei un uomo in divisa, ho pensato che fosse
carino da parte tua, darmi spontaneamente il tuo secondo bottone...-
“E' imbarazzante invece! Come ho fatto anche solo a finire la
spiegazione?!” a peggiore la situazione c'era Leshawna a
guardarlo di traverso. -B-beh, tutti da adolescenti abbiamo avuto le
nostre fantasie romantiche strane e imbarazzanti, no?! Voi femmine alle
medie non stavate in fissa con Twilight, poi con cinquanta sfumature?-
rise nervosamente.
-Fantasticare sul diventare vedova di guerra, ma in possesso di un
bottone, è ben più strano...-
-Non era esattamente questo il punto, Leshawna...- disse imbarazzato.
-Ma sono sicuro che saresti stata un soldato molto onorevole e non
avresti seviziato nessuno inutilmente...-
-Grazie, caro. Ma basta con le fantasie di me che muoio per la patria,
per favore...- i due si sorrisero per un attimo, poi interruppero il
contatto visivo sentendosi a disagio. -Anche se Twilight era la noia
bibblificata in cui gli innamoratissimi si conoscevano poco e niente,
ammetterai invece che diventare ricchi e immortali senza avere nessuna
capacità particolare, ha decisamente il suo fascino come
fantasia! E il tizio era figo anche se sociopatico, ma credo fosse
manipolabile con un po' di furbizia. Del sociopatico senza la
giustificazione del non essere umano delle cinquanta sfumature, invece
ammetto che non ne ho mai capito il senso. I soldi senza
l'immortalità non valgono la pena di sopportarsi un
imbecille simile.-
-Il tuo non perdere di vista l'opportunismo neanche nelle fantasie,
è una capacità che ammiro molto.-
commentò Harold. Leshawna sembrò infastidita.
-Era un complimento, davvero... Anche se, effettivamente, mi fossi
interessato a Duncan sarebbe stata la stessa cosa...- pensò
ad alta voce.
-Eh?!-
-Niente, pensavo solo che era strano che avessi problemi con Duncan
visto che alla fine siete molto simili. Forse siete quel tipo di
persone simili che non si sopportano fra loro. In effetti avete anche
gli stessi gusti per le ragazze...-
-Io e lo spaccone, simili? E poi, Gwen interessava pure a te...-
-Perchè ha sollecito il mio istinto masochista. Infatti
quando mi sono accorto del rischio cotta, l'ho evitata
finchè il rischio non è passato.-
-Devi stare attento a questo tuo istinto...- “E' per questo
che parli con tanta leggerezza di quello lì? Ho
l'impressione di essere stata più io quella che cercava di
tenertelo lontano. Tu non ti sei mai occupato di difenderti... e ora mi
paragoni a quello?! Che razza di considerazione hai di me...”
Leshawna gli sembrava particolarmente infastidita, ma decise di non
indagare. -Se non ti serve trattenermi ancora, io me ne andrei...-
l'avvertì.
-Ah, sì... certo...- la ragazza sospirò. -Credo
che andrò a chiarire con Courtney allora...-
Harold fu sorpreso. “Se non fossi preoccupato per la mia
incolumità, farei un'eccezione e l'abbraccerei! Sono
commosso, non è roba da tutti i giorni che vada a scusarsi
con qualcuno anziché aspettare che scordi tutto...
starà maturando anche lei.”
“Perchè improvvisamente sembra felice?! Cosa
diavolo succede in quella testa?!” si chiese Leshawna
irritata.
-Visto che vai da Courtney, potresti portarle un fiore? Ti
restituirò i soldi.- chiese il ragazzo.
-E che sarebbe? Un segnale segreto fra amanti?- chiese Leshawna
incuriosita, senza mostrare turbamento.
-No! E' che... la ragazza che abitava nell'appartamento di Courtney
è in coma e non so dove si trovi, così ho pensato
che sarebbe carino metterle in casa un fiore...- Harold si interruppe
sentendo nelle orecchie un suono simile a quello delle mani che
applaudono, ma molto più lento e sottile. Tornando a
guardare Leshawna, vide poco distante la lei, una giovane pallida e
trasandata che con un debole sorriso, batteva le punte dei polpastrelli
seguendo un ritmo regolare. -Eh, Leshawna, guarda! Quella nuvola non ha
un aspetto strano?!- disse il ragazzo indicando, per portare la ragazza
a voltarsi nella direzione dell'altra.
Leshawna, anche se perplessa, seguì la sua indicazione,
mostrando di non notare la presenza dell'altra ragazza. -Io non vedo
proprio niente...- disse guardandolo con preoccupazione.
-Volevo solo farti uno stupido scherzo...- “Allucinazioni...
bene... ma visto che anche lei approva, le farò consegnare
quel fiore... ormai l'ho detto, sarebbe triste non farlo...”
si disse osservando Roza. “Perchè mi preoccupo dei
sentimenti di un'allucinazione?” -Comunque, per il fiore, va
bene?-
-Se per te è importante, allora va bene...-
-Grazie mille! Allora, vado!-
-Fa attenzione e non dimenticare che ti conviene non morire...
Altrimenti, ovunque la tua coscienza vada a finire, non importa,
perchè ti troverò e ti farò talmente
tanto male da farti rimpiangere per l'eternità la tua scelta
di andartene prematuramente.- disse Leshawna con la
solennità e la pesantezza di una maledizione.
La ragazza spettrale vicino a lei spalancò gli occhi
incuriosita e cominciò a girarle attorno come per studiarla.
“Non importa quanto poco senso abbia, ma con quella
determinazione, potrei crederle anche se mi dicesse che il sole sorge a
nordovest e tramonta fra le fauci del lupo cosmico...”
-Quindi, sarei salvo se morissi, ma non fosse una mia scelta?-
-Dipende da quanto realmente non dipenda da te.- ribattè la
ragazza turbata.
-Puoi stare tranquilla, se avessi tendenze suicide, sarebbe mio dovere
metterti al corrente delle mie condizioni. Non sono così
scorretto.-
-E' comunque inquietante e sospetto il modo in cui ne parli.- gli fece
notare.
-Temo di averti suggestionato un po'... e mi spiace...
Tornerò di certo e anzi, hai bisogno che ti porti qualcosa?-
“Carne e ossa!” pensò la ragazza
istintivamente. -Ehm... fave? Hanno molto ferro... e
proteine...- Concentrare la propria frustrazione sulle
privazioni alimentari, forse l'avrebbe aiutata a scacciare quel senso
di morte che percepiva attorno a sé, in particolare da
quella mattina. -Ma tu occupati solo di non finire sotto qualche
macchina. Ci penso io alla spesa. Sei anche senza portafoglio, ti
ricordo...-
-Vero... allora vado. A presto!-
-Ciao...-
“Sono abbastanza certo che ci fosse qualcosa da cui dovevo
metterla in guardia riguardo a Courtney... qualcosa che poteva
potenzialmente turbarla... ma cos'era? Eh... spero niente di
importante...”
Angolo dell'autrice:
Stranamente questo capitolo mi è venuto abbastanza facile da
scrivere, spero risulti anche apprezzabile da leggere... anche se i
personaggi sono piuttosto instabili per ora, spero ci si capisca
qualcosa.
Mi scuso ancora per la lentezza degli avvenimenti (oltre che degli
aggiornamenti) ma non voglio descrivere le situazioni frettolosamente,
per me sarebbe anche noioso e parecchio frustrante scrivere di fretta,
anche se spero che questo mio “stile”(ne ho uno?)
non dia troppi problemi.
Se volete darmi un vostro parere mi fa molto piacere.
Cercherò fin dove è possibile di correggermi e
migliorare.
Alla prossima e grazie davvero a chiunque abbia letto fin qui.
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Capitolo 11 *** Primo amore ***
Lei odiava alzarsi presto, oltre ad odiare la scuola, eppure quella
mattina era talmente in anticipo da essere l'unica nel cortile davanti
l'edificio scolastico ancora chiuso. Purtroppo la persona che attendeva
era mattiniera...
Era tentata si fare un'altra assenza, ma non poteva. Era un giorno di
pausa rispetto gli altri di quella settimana fitta di verifiche e
interrogazioni di fine trimestre, ma temeva che se non avesse sistemato
subito la questione con quella persona, le cose sarebbero peggiorate.
Rimaneva tesa e concentrata sull'osservazione della strada, non poteva
perderla...
-Sembri un usuraio che tende un'imboscata...- All'improvviso, una testa
rossa rischiarata dalla luce solare invase il suo campo visivo
mettendola in allarme. Per poco non lo colpì istintivamente.
-Sei anche in allerta come un criminale.- aggiunse innocentemente
notando la reazione della ragazza.
-Dannazione Harold! Avvicinati in modo meno inquietante!-
sbuffò Leshawna.
-Inquietante?- ripetè Harold dubbioso. Probabilmente aveva
ragione il ragazzo ed era lei ad aver reagito in modo eccessivo. -Cosa
fai?- le domandò incuriosito. -Non è da
te essere qui così presto.-
-Aspetto Ellen, abbiamo avuto un problema ieri durante
un'interrogazione, quando lei ha provato a suggerirmi facendosi
scoprire dal professore.- rispose tornado a fissare la strada.
-L'aspetti con quell'espressione?- chiese Harold un po' nervoso.
-Cos'ha che non va?- chiese lei rigida, senza girarsi verso di lui.
-Prova a rilassare un po' le sopracciglia almeno...-
suggerì, ma involontariamente, Leshawna le contrasse ancora
di più. Il ragazzo sopirò e si
allontanò un po' pur rimanendo nei paraggi.
La presenza di Harold la infastidiva, si sentiva osservata e sentiva di
dover osservare, ma si forzò di lasciarlo perdere.
“Attira troppo la mia attenzione... sarà per il
suo aspetto strano...” a risvegliarla dai suoi pensieri fu la
ragazza dai capelli scuri, raccolti in uno chignon.
Leshawna le si avvicinò, forse in modo troppo brusco. La
ragazza la guardò stranita mentre a Leshawna non uscivano le
parole di gola.
“Che succede?” si chiese mentre sentiva il viso
bruciare, cominciò ad avvertire uno strano tremore... -Mi
spiace per la mia reazione di ieri! È stata una settimana
atroce. Dormo poco e niente. Ma dovevo rispondere alla domanda
dell'interrogazione e poi c'eri tu che borbottavi facendoti sentire dal
prof così...- Sentiva qualcosa di strano nella propria voce.
Era veloce e nervosa, le sembrava di impazzire e che il suo corpo non
le rispondesse adeguatamente. Era mossa da una strana energia
disordinata “Cosa mi succede?!” -Lo so, volevi
aiutarmi, ma in quel momento ho pensato di essere un'idiota con un
interrogazione andata malissimo. Per questo ti ho guardata in quel modo
e ho chiesto incazzata al professore di farmi un'altra domanda dopo
avergli dato la risposta che mi avevi suggerito con scazzo. Ma non ero
realmente arrabbiata con te! Non era un moto di orgoglio o altro, non
sono mica la studentessa modello che si offende se si prova ad
aiutarla! È stato solo un insieme di cose sbagliate al
momento sbagliato.- Leshawna riprese fiato, sentiva la bocca
completamente asciutta.
Ellen la fissava con gli occhi spalancatati, un'espressione simile a
quella che aveva fatto quando Leshawna l'aveva fulminata con gli occhi
dopo il suggerimento, ma meno inquieta. Ad un certo punto l'espressione
della ragazza si addolcì e divenne... compassionevole...
preoccupata...
“Ma che razza di impressione le ho fatto?” si
chiese Leshawna esaurita mentre il viso le bruciava sempre di
più.
-Va tutto bene. Siamo tutti stressati in questo periodo.- Ellen le
sorrise e la salutò. -Ci vediamo in classe.-
-Certo... a più tardi...- la voce continuava ad uscirle come
se fosse ad un'interrogazione. “Sembro una completamente
esaurita!” pensò con rassegnazione. Sarebbe stata
arrabbiata se non avesse sentito che tutte le energie l'avevano
abbandonata. “Che merda ho questa mattina?!” si
rassicurò pensando che non c'era nessuno in giro. Fu grata
di aver scelto quell'orario per parlarle. Poi la sua mente
ritornò ad Harold e si rese conto che era li “Quel
grandissimo figlio di t...!”
-Credevo fossi arrabbiata con Ellen!- esclamò stupito,
andandole vicino. -In effetti, mi sembrava strano che te la fossi presa
per ieri, ma con quella faccia da usuraio arrabbiato...-
Quando lei si girò il ragazzo fu inizialmente sorpreso. -Ho
una faccia così strana?- gli chiese innervosita.
-Non così tanto, sembri solo un po' giù... oppure
una che sta per crollare a terra...-
Leshawna sospirò e lo afferrò per gli avambracci
per poterlo utilizzare come appoggio.
-...Che fai?- chiese smarrito.
-E che ne so? Non dovrei neanche essere sveglia a quest'ora! Ah... non
so neanche perchè le ho parlato con quel tono idiota!-
-Uh... Hai confermato tu stessa una carenza di sonno,
suppongo tu sia stressata perchè in questi giorni ti sei
dovuta studiare grossi blocchi di materie tutte in una volta...- il
ragazzo si risparmiò di aggiungere “Mannaggia a
te! Se solo studiassi tutto l'anno non ti ridurresti
così.” -Forse hai anche scordato di idratarti e
fare colazione visto che non sei abituata ad alzarti così
presto... probabilmente questo insieme di cose ti ha messo in una
situazione di vulnerabilità e scarso controllo
così, visto che eri preoccupata di aver ferito Ellen con la
tua occhiataccia e non volevi che la ragazza conservasse un'idea
sbagliata, le tue emozioni sono uscite sotto forma di quel tono
affannato e tremolante più una sensazione di calore
eccessivo considerando il colorito della tua faccia, seguito da una
forte stanchezza. In breve si può dire semplicemente che tu
ti sia emozionata e che la cosa ti abbia stancata? Infondo non
è così strano per te farti strascinare,
è proprio per questo che ti sei dovuta scusare, no? Solo che
di solito sei abituata alla rabbia e all'euforia...-
Alla ragazza pulsò la palpebra.
-Sapere perchè è accaduto non ti aiuta a
razionalizzare e sentirti più tranquilla?- chiese Harold
perplesso.
-Non se ad analizzare è uno strizzacervelli non pagato e
autorizzato!-
-Ah... Ops... Volevo aiutarti a ridimensionare il tutto,
pardòn.- disse il ragazzo dall'aria svampita. -Comunque sono
abbastanza fiero di te...-
Leshawna lo guardò stranita in attesa di qualche cazzata che
avrebbe reso il tutto peggiore.
-Sei riuscita a tenere conto dei sentimenti di Ellen e ti sei scusata
nonostante ti venga innaturale. È ammirevole!- le disse
senza sembrare sarcastico. E ciò rendeva tutto
più imbarazzante.
-Cosa vorresti dire? Che sono una insensibile e orgogliosa?-
-No, prendi a cuore gli altri facilmente, però...- il
ragazzo si interruppe.
-Quindi per te quello che è successo questa mattina sarebbe
una sorta di karma?-
-Uhm... che intendi? Non mi sembra sia successo niente di male...-
La ragazza sospirò. -Probabilmente hai ragione... Va beh,
pazienza, vuol dire che Ellen mi considererà un'esaurita
d'ora in avanti. Tanto non è che parlassimo molto!-
sdrammatizzò amara.
-Non farti trasportare dalle tue fantasie catastrofiche...- Harold
sospirò. -Mi sembra che abbia capito i tuoi sentimenti.
Avete anche sincronizzato le espressioni, quindi credo che l'empatia
abbia funzionato. Pure il suo modo di sorridere mi è
sembrato molto sincero... e carino... di solito lei non...-
-Abbiamo cosa?- una parte di lei si sentiva rasserenata all'idea di
aver risolto tutto e che la pace stabilita con quella ragazza fosse
sincera, l'altra le diceva di stare all'erta anche nei confronti del
ragazzino impiccione che cercava di tranquillizzarla. -Non è
che mi fidi molto di uno che ronza con tranquillità intorno
ai propri bulletti!- finalmente si accorse di quanto fossero
ridicolmente vicini, nell'agitazione finì per spingerlo.
-Perchè mi stavi abbracciando?!-
-Che? Sei tu che ti sei aggrappata a me!-
-Ops, non ci avevo fatto caso.- ammise ridendo nervosamente.
-Non è la prima volta...- le fece notare con un tono
sospettosamente distaccato. La ragazza si stranì, poi si
rese conto che era abbastanza plausibile. -Lo fai con chiunque o sono
un caso particolare?-
-Eh... scusa, è che quando mi prendo di confidenza con
qualcuno a volte non faccio più caso agli spazi personali.-
-Quindi, ti capita anche con altre persone a caso?-
ripetè la domanda nervoso.
Leshawna rimase in silenzio per un po' a rifletterci.
-Ho visto computer con il disco rigido pesantemente danneggiato
rispondere più in fretta agli input...-
-E che ne so? Non ci ho fatto caso! Mi spiace e tranquillo.
Starò molto più attenta al tuo spazio personale,
d'ora in poi.- gli promise con leggerezza.
-Non è un problema in realtà, volevo solo capire
un po' meglio...- il ragazzo sospirò. -Vuoi andare a
prendere dell'acqua zuccherata? Mi sembri ancora stranamente
indebolita.-
-Sto benissimo!- protestò irritata. -E poi che effetto
dovrebbe avere? Tutte leggende metropolitane quelle sul sentirsi male
per non aver assunto zuccheri di mattina e cose così. A meno
che non si sia a digiuno da giorni, cibo, acqua e zuccheri non danno
alcuna energia o beneficio, è tutta una questione di testa!-
disse con allegra arroganza.
-Ho l'impressione che tu sia troppo abituata ad avere pieno controllo
del tuo corpo... è buono, ma può renderti
impreparata come questa mattina... oltre che un po' ottus... eh, no,
non ho detto nulla...-
“Perchè deve sempre intromettersi nei miei
ricordi?! Ci vuole un esorcista!”
Esorcista era il termine giusto visto l'aspetto spiritato con cui
Harold l'aveva salutata una ventina di minuti prima. “L'ho
sempre saputo che la sua mente era una bomba ad orologeria.”
pensò Leshawna mentre pigiava delicatamente sul
fiore giallo a forma di pon pon che aveva appena preso dal fioraio per
Courtney e per l'ex vicina col piede nella fossa.
“Non andrò fuori di testa scusandomi in modo
imbarazzante questa volta... ero una ragazzina stupida in un brutto
momento...” si accorse di essere di nuovo in un
brutto momento e che la gravidanza sembrava facilitarne gli sbalzi di
umore. “Non ricordo se ho mangiato e bevuto questa mattina...
Ah! Sciocchezze, questo non può condizionare il controllo
delle proprie reazioni! Tutte leggende!”
Mentre rientrava nel condominio riguardò quel fiore di cui
non conosceva il nome. “Non sarà strano
presentarsi con questo? E forse un tipo perfettino come Courtney
avrebbe preferito un fiore dal significato specifico, qualcosa del
tipo... boh, scusa se ho fatto irruzione armata in casa
tua...” rise fra sé e sé.
“Chissà se esiste un fiore del genere? Queste
perdite di tempo da simbolisti del giardinaggio non fanno proprio per
me... comunque ho preso un fiore allegro, andrà sicuramente
bene. Credo di averne visti alcuni in chiesa per i
matrimoni...” si bloccò un attimo.
“Forse non ha un significato così
positivo...” pensò dando un'occhiataccia al fiore.
Mentre aspettava l'ascensore, qualcuno la raggiunse e
aspettò con lei. Era il pallido ragazzino grassoccio col
caschetto viola. Rimase ad osservarla con le sopracciglia aggrottate.
-Mi spiace per l'incidente col ragnetto, ok?- disse preventivamente
Leshawna.
-Non sembri molto incinta...- disse il ragazzino dando l'impressione di
non averla sentita.
“Eh? Perchè lo sa?!” pensò
innervosita.
-Sarà per il grasso?- si chiese Max.
“...Vuole proprio morire giovane, eh?” si disse
minacciosa. -Non voglio problemi, se ti serve un moccioso per qualche
rito satanico, te lo cedo volentieri una volta che sarà
uscito da me, puoi pazientare?-
Mentre l'ascensore si apriva, il ragazzino la guardava mezzo
traumatizzato.
-Stavo scherzando...- precisò “Detesto la
gravidanza, ma non fino a questo punto... giusto?” ma il
ragazzino fu titubante prima di entrare con lei.
I due rimasero in silenzio fino a quando le porte dell'ascensore non si
riaprirono. Si congedarono, anche se Max la osservò
sospettoso mentre bussava all'appartamento di Courtney.
Courtney stessa non la guardò proprio benissimo dopo aver
aperto la porta.
Leshawna alzò le mani e ruotò lentamente -Puoi
tranquillamente perquisirmi.- le disse con tono apparentemente allegro
“Fin'ora mi sento più o meno normale! Eh... Quanto
è triste vantarsi di questa cosa?”
-Ok, entra.- disse Courtney con tono annoiato.
“E' stato... facile... Ma perchè fa freddo qui
dentro?” si chiese strofinandosi le braccia.
-Vuoi del te?- le chiese con cortesia la ragazza ispanica.
-No, grazie. Dovevo solo...- Courtney la interruppe sfilandole il fiore
con un eleganza in contrasto con l'aria corrucciata con cui lo
osservava.
-Ha qualcosa che non va?- chiese Leshawna.
-Eh...- Courtney rispose con un'espressione stizzita. -Sono abituata a
vederlo sulle tombe.- disse.
-Ah...- “Pazienza suppongo...”
-In realtà il crisantemo ha questo significato
più che altro in Italia, infatti la famiglia con la cappella
vicina a quella della mia era di italiani, non è colpa tua.-
sospirò, poi la sua espressione si fece più
severa. -Anche se potevi informarti! I crisantemi gialli simboleggiano
un amore trascurato... O vuoi forse confessarmi qualcosa?-
-Assolutamente no!- negò disgustata. -Eh, scusa. Il fiore
era semplicemente per...- Courtney la interruppe nuovamente andando
nell'altra stanza. Leshawna sbuffò.
-Scusami, devo sistemare delle robe al computer. Intanto siediti.-
sembrava a metà fra una richiesta cortese ed un ordine.
Leshawna non si fece pregare e osservò la ragazza trafficare
da lontano. Per un attimo la sua mano sembrò emettere uno
scintillio sospetto. Leshawna si sporse per capire meglio, vide un
anello un po' troppo anonimo per essere ornamentale.
“Che aaaansia!” pensò ritornando
composta. “Ci deve essere un'altra spiegazione!
Così giovane, un tipo come Courtney, non può
essersi già accasato seriamente... vero?” ma
ripensandoci, l'aura di perfezionismo di Courtney era più
una costruzione illusoria che altro. Quando veniva meno, la ragazza
aveva sempre mostrato una spiccata attrazione per l'imprevedibile, un
po' per domarlo, forse anche per il desiderio di lasciarsi trascinare.
Visto in quell'ottica, l'uomo fulvo che Leshawna aveva incontrato in
quell'appartamento, non era un compagno così strano per
Courtney.
Quei lineamenti del nord sgradevolmente marcati le aveva ricordato
inizialmente l'ex di Courtney, ma il ragazzo le era sembrato
più bonaccione, anche se strano e puzzava pure, ma in modo
diverso da Duncan.
“Io e Courtney abbiamo per forza un olfatto
diverso!” pensò Leshawna arricciando il naso.
Pensare a Duncan la innervosiva.
Harold non si era mai nascosto dietro una maschera d'ordine. Vestiva a
caso anche con indumenti fuori misura, colori accesi e sconnessi.
Studiava con zelo ciò che lo conquistava, ma non si
preoccupava di essere un perfezionista con le materie che non lo
interessavano, non si turbava per i voti, se era in disaccordo con un
professore non gli interessava fingere diversamente e, a meno che non
fosse incaricato da altri o sè stesso di svolgere un compito
in cui contava la precisione, era l'incarnazione della
disorganizzazione. Ma come Courtney, sembrava provare un'inspiegabile
curiosità, forse simpatia per quello la...
Anche Leshawna avrebbe teoricamente potuto provare simpatia per Duncan.
Nonostante puzzasse... E alcune sue uscite le facessero venire voglia
di metterlo sotto e fargli ammettere quanto fosse uno spaccone del
cazzo! Era riuscito a farsi prendere in simpatia persino da Gwen che a
differenza di Courtney una testa sulle spalle l'aveva davvero!
“Perchè quello doveva stare attorno a tutte le
persone che interessavano a me?! Che nervi!”
La verità era che in quel momento non poteva distaccarsi
dalla sua irritazione e pensarlo lucidamente.
“Perchè diavolo, Harold, mi hai paragonato a
quello?!”
Effettivamente, per come le si era posto all'inizio, il piccolo Harold
quattordicenne non sembrava averla presa in simpatia pur mostrando
curiosità nei suoi confronti.
Forse anche lui come Courtney ricercava qualcuno di diverso da
sé e imprevedibile.
Lei invece? Come c'era finita incastrata in quella situazione con
Harold?
Forse perchè era un'adolescente arrabbiata. Lentamente ma
inesorabilmente non aveva potuto fare a meno di notare quel ragazzino
che tendeva a non reagire agli attacchi e a cerca di perseguire una
pacifica convivenza. Le causava un'irritazione viscerale, al posto suo
avrebbe spaccato e ridotto al macello tutto e tutti. Harold era uno
spettacolo frustrante, ma non poteva ignorarlo e per qualche motivo non
riusciva neanche ad odiarlo davvero.
Forse per questo si era interessata a lui e non lo aveva scacciato
tutte le volte che le ronzava attorno tutto allegro... in
realtà era stato solo il motivo iniziale. La
verità era che senza quel ragazzino probabilmente avrebbe
perso il controllo e niente l'avrebbe fermata dall'uccidere quella
persona... Non che si sarebbe dispiaciuta se un giorno le fosse
arrivata la notizia che quell'uomo era morto, ma...
-Potresti mettere il crisantemo in un vaso con dell'acqua? Se lo lasci
così appassisce.- le disse Courtney.
-Il mio preferito...- sussurrò piano ma soddisfatta la
padrona di casa quando Leshawna ebbe sistemato il fiore.
-Come? Credevo che i crisantemi non...- Leshawna si rese conto che
quella voce proveniva da troppo vicino per essere di Courtney...
“Non ha nulla in comune con la voce squillante di
Courtney...” realizzò con un brivido che le
percorreva le braccia e la colonna vertebrale.
-Che dicevi?- chiese Courtney.
-N... niente...- Leshawna si guardò intorno, poi
tornò a sedersi ma sentì una specie di squittio
sotto il tavolo. “Non sono in vena di scherzi!”
pensò la ragazza abbassandosi a guardare. Era
così convinta che fosse tutta una sua immaginazione e che
non avrebbe trovato nulla che si tirò indietro lanciando un
urlo, anche se breve, vedendo una bambina piccola che la fissava. Anche
la creaturina lanciò un grido.
-Che succede?!- esclamò Courtney precipitandosi
lì. -Maya?! Papà non doveva accompagnarti
all'asilo?!- disse facendo uscire la bambina da sotto il tavolo.
Aveva i capelli di un castano vagamente rossiccio e la carnagione un
po' più chiara di quella di Courtney, ma gli stessi grandi
occhi da civetta anche se più sul grigio. Leshawna la
guardava come ipnotizzata.
-Ecco, ecco...- disse la bambina intimidita mentre dondolava sui
piccoli piedi fissandosi le mani intrecciate. La sua voce era comunque
troppo infantile e squillante per essere quella sentita poco prima da
Leshawna.
-Ti ha di nuovo permesso di saltare la scuola...- affermò
Courtney con una smorfia infastidita. La bambina rise sommessamente.
-Leshawna? Stai bene?- chiese Courtney vedendola immobile.
Leshawna scattò in piedi. -Mi sono solo accorta di avere un
impegno molto urgente.- disse la donna. -Hai capito perchè
ero qui, giusto? Per scusarmi e... mi spiace di non potermi fermare
oltre a parlare con te, ma...-
-Non mi sembri informa.- osservò Courtney sospettosa.
-Andrà meglio quando sarò nel mio appartamento!
Grazie di tutto e scusa ancora di più visto che ho sparato
con una bambina in casa.- rise nervosamente.
-Sparo?- pronunciò Maya confusa.
-Tanto non la svegliano neanche le bombe...- commentò
Courtney.
Leshawna fece il possibile per congedarsi nel modo meno brusco, ma una
volta uscita scoprì di star camminando molto velocemente. Il
bisogno di camminare era troppo forte per farle prendere l'ascensore.
“P-perchè sono così agitata? Mi sembra
di avere il cuore che pulsa nelle orecchie e lo stomaco in alto al
posto dei polmoni!” soffiò via l'aria furiosamente.
Forse il problema era che la bambina somigliava troppo a quella che
aveva visto o sognato a sbirciarla dietro la porta della sua camera da
letto.
“Non può mica essere un appartamento stregato,
sono diventata scema?!” si chiese e si rese conto di essere
già arrivata al suo appartamento, ma sentiva ancora il
bisogno di camminare.
Purtroppo sapeva che ad averle fatto impressione non era la sensazione
del paranormale.
Mentre camminava nervosamente colpì accidentalmente la sedia
con il piede e si accovacciò a terra.
Le veniva di nuovo da vomitare e nel suo addome si avvertiva movimenti
sospetti.
-Ok, mi arrendo...-
Ad Harold gli esseri umani erano sempre piaciuti molto. Peccato che la
cosa non sembrasse reciproca.
Tradire, aggredire, parlare alle spalle, cercare di sottomettere,
abbandonare, erano tendenze perfettamente naturali in tutti gli esseri
umani.
O forse era Harold ad essere guasto. Per questo era incapace di trovare
un altro essere umano che dimostrasse di apprezzarlo e rimanesse con
lui quando ne aveva bisogno...
Va beh, la realtà era indifferente, la conclusione rimaneva
la stessa; se voleva continuare ad amare gli esseri umani, Harold ne
doveva accettarne la natura con tutti i lati oscuri e doveva accettare
di essere ferito e manipolato.
“Ad un certo punto credevo di essere cresciuto e di potermi
lasciare questa concezione alle spalle. Pensavo fosse solo la
percezione distorta del mio io infantile, invece, scordare questa
regola è stato un errore...” pensò il
ragazzo mentre finito il lavoro, temporeggiava sdraiato su una panca
del parco.
Ma nonostante le intenzioni buone e pacifiche, il ragazzino, non
riusciva a non provare un certo disagio nei confronti di chi si
comportava bene con lui per mantenere l'apparenza di bravo ragazzo per
poi parlargli dietro e dire che gli teneva compagnia per dovere visto
che Harold sembrava incapace dal punto di vista sociale. Questi
soggetti di solito finivano ugualmente per bullizzarlo quando erano in
compagnia. Sì, l'essere in compagnia faceva sentire
qualunque atto di bullismo più autorizzato e senza
importanza.
Alla fine, forse Harold aveva accettato di essere guasto, ma voleva
sentirsi normale, così cominciò a preferire la
compagnia di persone... problematiche?
Heather era pessima con tutti, per lei non c'era differenza fra Harold
e Gwen e questo lo faceva sentire più a suo agio!
La sua curiosità nei confronti di Duncan invece era molto
più difficile da spiegare... lui alternava momenti da pezzo
di merda a momenti da bravo ragazzo, ma sembrava popolare in entrambe
le modalità e con Harold era più merda che con
gli altri. Eppure ad Harold piaceva, aveva finito per voler essere
genuinamente amichevole nei suoi confronti e dopo due anni pessimi era
anche riuscito a instaurare un rapporto decente con lui, molto
più decente di quello che aveva con molti presunti bravi
ragazzi... a parte Owen, ma lui non era bravo ragazzo a convenienza,
era adorabile e basta.
“Insistere nell'avere un rapporto amichevole con una persona
che ti sta simpatica, ma sembra non ricambiarti manco ammazzata non
è per niente sano, eh... ma sono mai stato sano?”
biasimò il sé ragazzino, ma solo in parte.
“Avevo forse altra scelta? Non potevo contare su una prima
buona impressione per fare amicizia...”
Anche Heather non era male come poteva sembrare. Se ti adattavi a lei,
poteva avere dei momenti quasi gentili, ma anche non aspettandosi
niente, per Harold era una buona compagnia.
Harold inoltre non poteva odiarla... lei stessa sembrava vittima del
suo carattere e delle sue paure. Se da una parte sembrava fare di tutto
per allontanare gli altri e mantenere un rapporto distaccato
convincendosi che fossero solo oggetti, dall'altro sembrava aver
bisogno di attenzioni e affetto.
Discolpare qualcuno delle sue responsabilità non era
educativo... ma neanche far sentire Heather accerchiata si era mai
rivelato utile e dal punto di vista di Harold, Heather non era peggiore
degli altri, solo meno brava a nascondersi e più sola.
“Ah, in ogni caso, lei mi prenderebbe in giro fino alla morte
se sapesse di questi pensieri...” rise tra sé e
sé guardando il terso cielo autunnale. “Anche
Leshawna si prenderebbe gioco dei miei sentimenti...” ma
questo pensiero non riusciva ad accoglierlo con la stessa
spensieratezza...
Era stato convinto che gli piacesse Heather, ed in un certo senso era
anche vero. Era una cosa su cui aveva scherzato tranquillamente a
scuola con la stessa Heather. Ma nonostante fosse terribilmente abile
in quel campo, non c'era niente che Heather potesse dire o fare per
ferirlo. Era palesemente disinteressata a lui, ma questo non gli faceva
né caldo, né freddo. E quando si interessava ad
altri ragazzi, Harold era pure curioso di vedere come le sarebbe andata
a finire.
Essere amico di qualcuno che non poteva ferirlo era rassicurante per
Harold, allo stesse modo, col carattere che aveva, avere la compagnia
di qualcuno impossibile da ferire era quasi rilassante per Heather. Con
Leshawna invece, era tutto terribilmente anomalo per Harold...
Di norma era Harold a dover fare tutto il lavoro per ottenere un minimo
di considerazione dagli altri, quasi mai gli si veniva incontro, invece
ad un certo punto, Leshawna aveva cominciato a interessarsi attivamente
a lui. Eppure, per quelle che erano le esperienze di Harold, non si era
impegnato affatto per farla affezionare. Lei aveva pure osato fargli
dei complimenti qualche volta, quando la normalità era che
fosse Harold a doversi complimentare con sé stesso per
compensare la mancanza di apprezzamenti dall'esterno. Lei aveva
frantumato le regole del suo mondo lasciandolo disorientato...
“All'inizio, pensavo fosse uno shock positivo, anche
romantico. Prima qualunque cosa gli altri pensassero di me non mi
toccava più di tanto, mi sostenevo e confortavo per conto
mio. Ma il parere di Leshawna è finito per diventare
vitale... se proveniva da lei, anche la più piccola critica
diventava terribilmente dolorosa. E pensavo fosse normale, significava
semplicemente che per me lei era molto più importante degli
altri... ma...” non sapeva se la colpa della loro relazione
traballante era stata della sua insicurezza data dall'avere per la
prima volta una persona che sembrava spontaneamente tenere a lui o se
fosse colpa di Leshawna con il suo alternarsi di momenti in cui era
molto affettuosa e interessata a periodi in cui per lei Harold
diventava invisibile o esclusivamente fonte di fastidi e imbarazzi...
Harold non era neanche tanto sicuro che l'alternanza di periodi fosse
reale o un parto della sua immaginazione.
“No, era reale! Non sono pazzo! Altrimenti la nostra
relazione non sarebbe stata così incostante! Lei si
comportava realmente come se fossi solo un peso, fastidioso e
imbarazzante!” ci riflettè un po' sù...
forse certi atteggiamenti da parte di Heather non potevano ferirlo
perchè essendo parte del carattere di Heather non poteva
prenderli pesantemente, era consapevole che la ragazza non lo facesse
con cattiveria, era solo fatta in quel modo. “Leshawna invece
lo faceva con cattiveria? Non lo so... Non voglio pensare che mi abbia
mai ferito per cattiveria...” il ragazzo sospirò.
“Alla fine probabilmente avevo ragione. L'errore è
stato scordare che ferire le persone è inevitabilmente parte
della natura umana. Mi sono solamente fatto delle aspettative sbagliate
su Leshawna e l'affidabilità dei suoi sentimenti.”
Harold si mise seduto e si stiracchiò. “Perfetto,
visto che ho ristabilito questa sana, sanissima conclusione e non sono
più sentimentalmente legato a Leshawna quindi non ho motivo
di farmi strane aspettative e rimanere ferito da lei, ora posso
tranquillamente tornarmene a casa!”
ma i suoi arti inferiori non si volevano muovere, se non tremando come
se ci fosse un terremoto.
“Ho mentito! Voglio solo rimanere qui a dare da mangiare ai
miei amici piccioni... per il resto della vita!
Yeeeeeeeeeh...”
Anche se sviluppare una vera e propria fobia per il contatto fisico con
Leshawna era apparentemente scomodo, Harold aveva realizzato che era
una buona difesa... Non era la prima volta che rompeva con la ragazza,
ma alla fine erano sempre tornati sui loro passi. Harold non voleva
assolutamente che la storia si ripetesse e quella fobia faceva proprio
a caso suo...
Peccato che prima di andarsene, il ragazzo aveva accarezzato il viso
della ex senza ricevere alcun contraccolpo...
“Se la repulsione viene meno rischio di ricascarci! In questo
momento sono troppo instabile, confuso e privo di difese! Non
è giusto! Perchè proprio ora?!” una
piccola parte di lui gli segnalava che forse stava esagerando, ma il
suo cervello sembrava impedirgli di mettere a posto i pensieri.
“Ma non posso non tornare, io le ho promesso che l'avrei
fatto...”
“Ma lei ha promesso che sarebbe venuta al
matrimonio...” voleva cercare qualcosa per ribattere contro
sé stesso, ma non trovava niente, anzi... “Credi
davvero che se la situazione fosse stata a sessi invertiti lei sarebbe
rimasta con te incinta invece di scappare e non farsi rivedere mai
più abbandonandoti come ha fatto tuo padre?”
Harold fu colto dai tipici brividi di freddo che precedono il vomito.
“No, che cosa sto pensando? Primo; mio padre non mi ha
abbandonato, sono io che ci stavo male con lui e non ho voluto
più andarci! Beh, l'ho fatto perchè lui sembrava
volermi tenere alcuni giorni della settimana più per dovere
che per genuino interesse nei miei confronti, ma non è mica
la stessa cosa di abbandonare. Secondo... eh? Giusto, secondo; Leshawna
potrà anche non essere la persona più affidabile
del mondo, ma non sarebbe stata così terribile da lasciarmi
senza dirmi niente, giusto? Beh, lo ha fatto... più volte...
e più volte... ma non l'avrebbe mai fatto se io fossi stato
una donna incinta. Si sarebbe preoccupata delle mie condizioni di
salute, proprio come sto facendo io ora...” Harold si accorse
di star ridendo sottovoce. Non riusciva a smettere, anche mordendosi la
mano, la sua bocca continuava a produrre quei deboli sussulti.
Liberò la mano e prese dei respiri profondi.
“Calmati, rifletti... forse stai esagerando perchè
sei arrabbiato con lei...” Harold cercò di
recuperare i ricordi utili per stabilire se Leshawna era davvero una
brutta persona come se la stava prefigurando in quel momento, ma si
rese conto di quanto i suoi ricordi su Leshawna fossero sempre
più offuscati. Nel panico, capì che stavano
scomparendo. “Beh, credo sia normale... non mi sono
più utili visto che non stiamo insieme... anche se... vorrei
almeno ricordare che tipo di persona è... se devo viverci
insieme mi serve e sarebbe pesante vivere con qualcuno di cui ricordo
solo cose negative, no? Non era questo che volevo quando pensavo ad una
specie di rapporto professionale...” doveva rassegnarsi,
anche se cercava di venire a patti razionalmente, se il suo cervello
aveva deciso di nascondergli le informazioni, cercarle gli avrebbe solo
fatto venire la nausea.
Ma aveva sempre più freddo e gli veniva da piangere.
“Ma è il mio primo amore... indipendentemente da
come è andata a finire, vorrei almeno...” Harold
si paralizzò. “...Cosa sto dicendo?! Se la penso
così finirò davvero per ricascarci!”
non fosse stato in un parco pubblico, si sarebbe preso a schiaffi.
“Perchè sono così incoerente?! Non mi
ricordo che tipo di persona è? Non c'è problema!
Basta stabilire che si tratta della mia coinquilina e che è
incinta quindi devo fare attenzione alla sua salute psicofisica...
anche perchè non sembra molto felice della
maternità... è un coacervo di odio... se
incontrasse un serial killer, quest'ultimo cambierebbe strada e
arrivato a casa si raggomitolerebbe nella doccia piangendo
sconsolato... però all'interno di questa finzione come
giustifico il dovermi tenere a distanza da lei? Il discorso sul serial
killer basterebbe se fossi una persona normale, ma...”
Guardò uno dei piccioni avvicinarsi inclinando la sua
testolina adorabilmente tonta. Harold non potè fare a meno
di buttargli delle bricioline “Che carino, è
così indifeso...” all'improvviso il ragazzo si
sentì fulminato da un'“incredibile”
rivelazione.
“Ecco perchè l'ho accarezzata senza problemi... in
quel momento mi ha fatto tenerezza...” rise con le lacrime e
fregandone di essere in pubblico si colpì il viso.
“Sono un completo imbecille! Come ho fatto a non capire
subito un meccanismo così semplice?! Ero talmente
spaventato...” non sapeva se sentirsi sollevato o arrabbiato
con sé stesso. “Beh... problema più o
meno risolto. Non dovrei rischiare di sentirmi attratto da lei per un
motivo simile, altrimenti mi sarei dovuto sentire attratto da
Lindsay... Grazie piccioni! Meritate più cibo.”
Mentre era finalmente un po' rilassato, sentì in cielo uno
strillo infernale, simile ad una risata colma di cattiveria...
“Cos'è una persecuzione?!” c'era un
gabbiano che volava troppo vicino per i gusti di Harold. Nonostante un
attacco ai piccioni non fosse così probabile, il ragazzo
preferì sfamarlo per prevenire problemi, così si
mise in equilibrio sulla spalliera della panca e cominciò a
sventolare il pane.
La creatura scese dal cielo e glielo portò via. Harold
tirò un sospiro di sollievo e rise fra sé e
sé.
“Vittoria” fece pure un saltello sul legno. Ma la
creatura gli piombò di nuovo addosso per capire se aveva
altro che poteva dargli e Harold finì per gesticolare e
gridare un po' per scacciarla.
Una volta fuggito il gabbiano, Harold fece il gesto dell'ombrello e gli
inveì contro per sfogarsi, finchè non
sentì un gruppo di anziani che conosceva almeno di vista,
parlottare fra loro e guardarlo male.
-Come se non volassero madonne ogni volta che giocate a briscola.-
commentò imbarazzato e saltò giù dallo
schienale.
-Per me è una strega, stava lanciando una maledizione...
preparatevi all'influenza aviaria!- disse una vecchia mentre Harold
lasciava il parco.
-Magari fossi uno stregone, signora mia!- commentò ad alta
voce senza voltarsi indietro. Si sentiva un po' imbarazzato ma
cercò di andarsene calmo e composto. Poi corse come una
lepre quando sentì qualcosa cadere alle sue spalle. Forse
aveva rotto la panchina su cui si era messo a saltellare.
“Non è la mia giornata...”
pensò Harold, appoggiandosi ad un palo della luce. Alzando
gli occhi vide una figura familiare dall'altro lato della strada.
Non sapeva se questa volta era lei o un'altra allucinazione, ma Harold
le fece un cenno della mano per dirle di avvicinarsi. Roza scese dal
marcia piede ma passò un autobus che gli oscurò
la visuale e la ragazza scomparve.
“E' frustrante...” Harold sospirò. Poi
non seppe il motivo, ma si ritrovò a cadere a terra in mezzo
alla strada...
Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo, mi scuso per l'ennesimo ritardo. Ho avuto vari impegni
e contrattempi, tra cui un computer con un piede nella fossa che mi ha
dato diversi problemi a scrivere e collegarmi ad internet. Ora ho un
computer che funziona! Non mi sembra vero!
La parte di Harold è stata abbastanza difficile da scrivere,
poi mi sono sbloccata tutta in una volta... alle tre di notte, ma
pazienza, i miei orari sono quelli... Volevo darle un tono
più alienato e immaturo, ma vista la mia mancanza di stile,
penso che l'intento sia venuto meno.
Mi scuso di nuovo per la lentezza della storia, ma questi passaggi mi
servono per arrivare ad un determinato punto, mentre altri elementi mi
servono per non rendere troppo monotoni i capitoli.
Spero comunque che anche questo capitolo possa piacervi e vi ringrazio
per la lettura (e la pazienza) Come al solito se vi va di lasciarmi una
recensione, sono qua... e ho anche delle recensioni a cui rispondere,
mi spiace per il ritardo, ma bloccarmi nella scrittura, che sia per
colpa del computer o altro, mi fa venire una strano disagio nel
rispondere alle recensioni... funziono in modo strano...
Appunti:
-Non nulla contro i gabbiani, ma mia sorella e una mia amica ne sono
abbastanza spaventate e questa visione ostile mi diverte un po', forse
perchè nessuna fobia per quanto riguarda gli animali quindi
la trovo una visione curiosa.
-Per qualche strano motivo, mi viene bene ricollegare Courtney e
Leshawna alla maternità... non sono sicura del
perchè.
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Capitolo 12 *** Tristo Mietitore ***
Harold era a terra in mezzo alla strada, la macchina che gli si era
fermata davanti stava suonando il clacson.
-M-mhm! S-scusi!- disse il ragazzo scattando in piedi col battito
cardiaco che risuonava in gola e nei timpani. Indietreggiò
fino ad arrivare al marciapiedi su cui quasi inciampò.
“Sapevo che prima o poi il mio equilibrio mi avrebbero messo
in questa situazione! E dire che mia sorella mi ha sempre preso in giro
per queste mie ansie! Più tardi le telefono per dirle che
avevo ragione...” il ragazzo deglutì e sentendo le
gambe cedere si accovacciò preventivamente, poi
riacquistò una quasi calma.
Proprio mentre cominciava a tranquillizzarsi provò una fitta
lancinante al polso. Scoprendolo, notò quella che sembrava
un'impronta di denti che lo faceva sanguinare. Sudò freddo.
“Su cosa diavolo sono caduto?!” guardò
l'asfalto per cercare qualcosa che potesse averlo ferito, ma non
trovò niente. Si arrese presto, voleva solo tornare al suo
appartamento. Non riusciva neanche a preoccuparsi del fatto che dopo la
fitta, non aveva più sentito non solo il dolore, ma aveva
perso la sensibilità al polso e alla mano, la sua mente
voleva rimandare.
-Scusa... non ero sicura di potermi rendere visibile a te. Devo averti
destabilizzato...- disse una voce monocorde.
Harold alzò lo sguardo, era di nuovo Roza che questa volta
fluttuava poco sopra di lui, con un volto bianco e poco espressivo.
“Non saprei proprio come risponderti...”
pensò Harold sospirando.
Roza si chinò al suo livello e continuò a
fissarlo con aria insicura. -Non puoi sentirmi?- chiese dopo un po' la
“ragazza”.
“Non puoi leggermi nel pensiero? Non è molto
efficiente... ma non posso mettermi a parlare per strada con un
interlocutore invisibile! Sembrerei pazzo! Beh, forse lo
sono...”
Harold si alzò, tirò fuori dalla tasca il
telefono e se lo portò all'orecchio per poter fingere di
star avendo una normale conversazione. -Si, ti sento, Novak- le
confermò.
-Oh... scusa, non avevo pensato che parlare con me fosse un problema...
mi sento più confusa del solito...- ammise annuendo, la
giovane dallo sguardo vuoto. -Volevo ringraziarti per il fiore che mi
hai fatto portare da quella donna. I Crisantemi gialli sono i miei
preferiti.- disse accennando un sorriso.
-Figurati... Crisantemi gialli, eh?- ripetè il ragazzo un
po' sorpreso.
-Oh... sì, suppongo che il giallo sia un colore strano per
me...- disse Roza con un tono cupo.
-N-non intendevo questo. A me piacciano le tonalità
bluastre, ma non sono una persona triste. Beh... per come mi conosci tu
in effetti non si direbbe... E nemmeno io ti conosco per come eri
prima. Magari eri una persona allegra o molto quieta... M-ma
può piacerti qualunque colore!- disse Harold goffamente,
avevano appena cominciato a parlare e già temeva di star
combinando un disastro. Il suo interlocutore era delicato e poteva
svanire da un momento all'altro.
Roza lo guardò con aria cupa. – Io non sono mai
stata bene...-
-Non puoi saperlo...- le rispose Harold. -Per come le emozioni
funzionano, se sei triste avrai difficoltà a ricordare di
quando non lo eri... n... non voglio dire che so i tuoi problemi,
magari ne hai sempre avuti di diversa natura, intendo solo...
intendo...- Harold sospirò, le sue doti di comunicazione
erano anche peggiori del solito. -Intendo che anche se non lo ricordi,
potresti essere stata bene in passato e sicuramente puoi tornare a
stare bene.-
Roza sembrava voler ignorare il contenuto del discorso, ma era
incuriosita. -Sei un fantasma?- gli chiese. Il ragazzo scosse la testa
un po' sorpreso. -E' che sembri tipo... amichevole per essere uno che
parla con un fantasma, così mi sono chiesta...- la ragazza
si interruppe all'improvviso guardando qualcosa dietro al ragazzo. -Non
voltarti!- gli disse allarmata. Istintivamente il ragazzo fece il
contrario di ciò che gli era stato chiesto, ma
sembrò non vedere niente, così si
rigirò verso la ragazza con aria interrogativa.
-Non riesci a vederlo...- riflettè lei ad ad alta voce. Poi
guardò il sangue sul polso di Harold. -Dovrebbe essere un
fraintendimento... finchè non ti metti di nuovo in pericolo,
quella specie di coccodrillo non dovrebbe attaccarti.- gli disse
cercando di tranquillizzarlo. Comprensibilmente Harold appariva ancora
più confuso. -Credo sia un effetto collaterale della
maledizione di quella donna. Aveva detto che se fossi morto te
l'avrebbe fatta pagare...- cercò di spiegargli Roza.
Harold si trattenne dal ridere, mentre lei lo guardava stranita.
L'idea che Leshawna l'avesse accidentalmente maledetto mettendogli uno
spirito coccodrillo alle costole, invisibile ai suoi occhi, era
così assurda e frustrante da suscitargli ilarità.
“Che senso avrebbe poi attaccarmi se muoio o rischio di
morire? È un mostro che dovrebbe avere qualche effetto
deleterio sull'anima tipo Ammit, la divoratrice dei morti?”
-Suppongo che stare a contatto con me possa farti sentire pazzo, dovevo
prevederlo... Mi spiace, volevo solo...-
-Non è un problema.- rispose il ragazzo facendo spallucce.
-Sono emotivamente instabile e alle persone in lutto potrebbe capitare
di avere allucinazioni visive e o uditive riguardanti le persona
perduta. Quindi... è tutto normale! Credo...-
“Anche se questa allucinazione post-lutto è
davvero perfetta e credibile... non ne avevo mai sentito descrivere una
così, non so se complimentarmi col mio cervello... o se
essere spaventato a morte e urlare!”
Poi Harold notò l'espressione agitata di Roza. “In
effetti non è molto carino dire ad un'allucinazione che la
consideri un'allucinazione... O sto empatizzando troppo con lei? Ma
cosa dovrei fare?” Voleva essere neutrale, ma se doveva
tenere in considerazione la logica, era da escludere che la ragazza
fosse reale. Le stava parlando solo per capriccio,
curiosità e per sfogare il proprio senso di colpa. Ma a
livello emotivo non poteva non percepirla come entità
differente da sé e non sperare che lo fosse. Più
cercava di fare ordine nella sua mente, più si sentiva
svuotato e a completare il tutto c'era quella bizzarra e sanguinante
ferita sul polso.
-I-in che senso in l-lutto?- chiese la ragazza timorosa. -Ho p-perso la
memoria e noi eravamo amici? Eh?!- sembrava agita all'idea che le
mancassero pezzi, o forse il problema era l'amicizia in sé.
-Non posso sapere della tua memoria, ma beh... Sei una mia vicina... e
mi stai simpatica, suppongo fossimo potenzialmente amici... in ogni
caso mi sento colpito da ciò che ti è successo.-
Roza cominciò a fluttuare avanti e indietro ripetendo
allarmata la parola “lutto”
“Forse ha frainteso ciò che intendevo per lutto...
lei potrebbe non sapere di essere in coma.” ma prima che
Harold potesse riparare, Roza, lo anticipò balbettando:
-Non voglio dare fastidio a nessuno! Non voglio che qualcuno pensi
qualcosa della mia morte... che si senta in lutto e niente del genere!
Voglio solo scomparire! Io non voglio... io voglio... i-io...-
-Vuoi incolparti del fatto che qualcuno si senta triste per te? Sono i
miei sentimenti, dipendono da me! Non puoi assumertene il peso ed io
non posso darti la colpa se li provo.- disse il ragazzo assumendo
inavvertitamente un'aria severa e rendendo il viso della ragazza,
ancora più privo di vita.
-Mi dispiace...- bisbigliò la ragazza.
-N-non intendevo che mi stavi dando fastidio! I-intendevo che mi spiace
che ti angosci così...- non poteva esserne certo, ma credeva
di potersi fare una vaga idea del problema. -Dovresti essere
più egoista! Se una persona si sente infastidita da tue
caratteristiche problematiche che non dipendono dalla tua
volontà e che non puoi risolvere nell'immediato, non
è colpa tua, è affar loro! Dando troppo peso al
giudizio degli altri ti angosci e ti blocchi... Sì, hai dei
problemi da risolvere, ma non è qualcosa che avviene per
magia, quindi...-
-Secondo te, se fossi stata una persona recuperabile, sarei in questa
situazione?!- era la prima volta che Harold la sentiva alzare la voce,
quasi ringhiare. Avvertì una fitta alla testa, ma si
sentì stranamente rassicurato.
-Tu sei recuperabile! E anche mettendo per ipotesi che non sia
così, sei proprio sicura che smettere di esistere sia la
scelta migliore!? Eri lucida quando l'hai deciso?-
-Io esisto ancora...-
-Sei in coma! Se il tuo corpo smettesse di essere tenuto in vita
potresti cessare di esistere! Potresti perdere te stessa e non
torneresti più indietro!- Harold deglutì, nella
foga si stava scordando che con ogni probabilità quella con
cui stava parlando era una sua proiezione mentale. “Al
diavolo! A-aspetta...” Harold si sentì come
paralizzato. Ne era sicuro, la sua mente e le sue percezioni sensoriali
funzionavano correttamente in quel momento. “Ok... Quindi
sono le leggi della fisica ad essersi rotte!”
pensò con istintivo terrore, se era così, avrebbe
potuto capitargli qualunque cosa assurda e pericolosa da un momento
all'altro.
Nel mentre, Roza fu inizialmente confusa dall'informazione sul coma,
poi per un attimo sollevata, ma durò, appunto, solo un
attimo. -Sarebbe davvero così tremendo smettere di
esistere?- gli disse freddamente con aria di sfida.
Harold decise che le leggi della fisica potevano anche crepare
malissimo e tornò a cercare contatto visivo. -Se davvero non
ti importasse di esistere, perchè faresti qualcosa di
così futile come ringraziarmi per un Crisantemo?
Perchè hai sentito il bisogno di farlo? Forse ti sei sentita
felice per il fatto che qualcuno abbia tenuto in considerazione la tua
esistenza e ti abbia pensata, non è forse così?-
poco gli importava di essere arrogante, voleva aiutarla e tirarla fuori
da quella situazione assurda e non sapeva in che altro modo porsi.
-Non ha importanza.- rispose la ragazza senza volerci riflettere.
-Tanto io provo solo agitazione e vuoto nell'interagire con altre
persone. Voglio farlo, poi scopro che era doloroso come ricordavo e
anche peggio. Che futuro posso avere? Cosa posso essere se non un
peso?- insistè gelida.
Harold non l'aveva mai sentita così testarda eppure... -Il
tuo modo di esprimerti mi sta sembrando abbastanza spigliato rispetto
alle poche volte in cui ci siamo parlati. Anche così, sei
sicura di non poter gestire l'interazione con altre persone?- disse
ansioso di trovare un appiglio.
-E'-è-è... è-è
p-perchè... è perchè non ho
più niente da perdere!-
-E detesti così tanto parlare con me?-
-Non è la stessa cosa! T-tu sei un fantasma come me!- si
sfogò. -Ma perchè non mi lasci in pace?! Anche se
mi svegliassi, a te che cambierebbe?! Non diventeresti mio amico e non
mi aiuteresti! Odio avere a che fare con persone gentili! Tanto
è inutile! Non possono stare con me e diventare mie amiche!-
esclamò il fantasma apparendo molto più piccolo e
giovane di quanto non dovesse essere. Non era solo una metafora...
-Potrei provare ad aiutarti fin quando ne avrai bisogno. Magari
possiamo essere amici, perchè escluderlo?- disse il ragazzo
intestardito.
-Imbecille! Hai già le tue cose a cui pensare! Sei un
imbecille!- disse agitandosi, il fantasma dall'aspetto infantile.
L'ultima volta che era riuscita a dare dell'imbecille a qualcuno,
andava alle elementari e tutto sembrava più facile. Veniva
maltrattata ma non era ancora troppo esausta per reagire.
-Q-quand'è che mi sono rimpicciolita?- si chiese fissandosi
gli arti superiori e inferiori, anche la sua voce suonava strana.
-Anche se ho le mie cose a cui pensare non significa che...-
“Non riesco neanche a badare a me stesso e non ho solo me
stesso a cui pensare... cosa diavolo voglio fare?!” -Posso
comunque tentare.-
-E poi quando ti sarei arreso, posso morire?- chiese esaurito il
piccolo spettro.
-No, troverai qualcun altro! Nessun legame è eterno, ma
può essere sostituito.- rispose Harold irremovibile.
-Non è possibile spezzare un mio legame, perchè
tanto non sono capace di formarne!- la piccola Roza rise istericamente.
-N-non mi riconosco più...- disse angosciata finito di
ridere. Si allarmò vedendo l'istintivo sorriso nervoso di
Harold, lui l'aveva sentita. Se era dispiaciuta dal non riconoscersi
significava che voleva rimanere sé stessa, rimanere viva,
quindi l'odioso ragazzino poteva vincere!
-McGrady...- sospirò tristemente. -Al posto mio, vorresti
che qualcuno cercasse di convincerti a sopravvivere o vorresti
convincerti da solo? Quando tu smetterai di essere interessato a farmi
compagnia, che fine farò io? Che fine farà il tuo
discorso e il tuo desiderio di convincermi?-
Harold deglutì e guardò verso il basso.
Comprendeva dove voleva arrivare... Per una persona che si sente
completamente abbandonata dagli altri e che è sopravvissuta
unicamente perchè incoraggiata da sé stessa, ad
un certo punto, i propri incoraggiamenti smettono di avere il minimo
valore e le spinte al rimanere in vita cessano.
“Non vuole più rimanere sola... Alla fine tutti
vogliamo qualcuno che ci tenga compagnia, qualcuno su cui riversare il
nostro affetto e che lo riversi su di noi...” istintivamente,
Harold pensò a Leshawna. I suoi pensieri congelarono.
-Novak... non è che mi daresti un pugno che possa
trapassarmi la testa, per favore?- le chiese con fredda cortesia. Roza,
che nel frattempo aveva ripreso l'età normale, anche se
confusa esaudì la richiesta.
Harold strinse i denti, aveva fatto più male di quanto
immaginava.
-Non credevo che il pugno di un fantasma potesse...- mormorò
Roza.
-Sto bene, non c'è problema.- Harold prese un respiro.
“Recidere un legame è molto doloroso, ma non si
può fare altrimenti...”
-Novak.- disse il ragazzo con aria seria. -Tu sei la sola persona che
con certezza matematica ti terrà compagnia per il resto
della tua vita. Non puoi dipendere da nessuno.- mentre parlava il volto
dello spettro tornava apatico e perdeva ogni colore acquisito. -Ma
questo non significa che rimarrai sola. Se qualcuno se ne va dalla tua
vita, può essere sostituito. Tutti sono utili, ma nessuno
è indispensabile.- “Non è il tipo di
cosa che farà sentire meglio una persona sola
probabilmente... ma non so cosa vorrebbe sentirsi dire, né
se dirglielo sarebbe utile! Se le dicessi una scemenza lo capirebbe e
si sentirebbe presa in giro!” -Lo so che non è
affatto romantico, ma il romanticismo porta solo rogne!-
“Ucciderei mille volte quel ragazzino che si è
fatto fregare dagli ideali!”
-McGrady, tu non hai capito...- disse la ragazza facendo affiorare un
sorriso spento sulle labbra violacee. -Io sono una persona rotta, non
posso creare legami e non posso provvedere a me stessa, semplicemente
non funziono e non mi va di continuare ad essere un parassita per
persone a cui non piaccio nemmeno...-
-Puoi sempre imparare finchè sei viva, non importa quanto
tempo ci metti o di quanto aiuto tu possa avere bisogno. Non sei una
causa persa e nemmeno il peggior cliente che uno psicoterapeuta
potrebbe ritrovarsi ad avere! Se smetti di esistere invece,
sarà tutto perduto.- insistè Harold. -Davvero non
ti mancheresti? Meriti davvero di scomparire prematuramente?-
-Mi piace la mia compagnia quando passeggio... osservo persone...
osservo animali... osservo il cielo...- ammise Roza. -Senza un corpo
fisico non ho nulla da temere. Non mi sento stanca, posso ascoltare le
persone senza sembrare strana, tanto non sento il bisogno di
intervenire e dire qualcosa...- disse galleggiando spensieratamente
lasciando che la luce solare l'attraversasse. -Essere un fantasma mi
piace, sei tu che hai rovinato tutto.- disse con un tono pacato
nonostante lo guardasse piuttosto minacciosamente.
-Te lo ripeterò ancora una volta; allora perchè
hai voluto interagire con me?- chiese Harold, testardo. -Hai sorriso un
po' quando mi hai ringraziato per il Crisantemo e sembravi sollevata
quando hai capito che potevi parlarmi...-
-Sul serio, perchè ti sei fissato con me? Non sono nemmeno
io a decidere se mi sveglierò o meno dal coma. Non mi sembra
ci siano tutte queste probabilità.-
-Può darsi, ma la tua volontà di farlo sarebbe un
inizio, sono fiducioso a riguardo... pensa solo a riposarti e a
sfruttare i tuoi poteri da fantasma se proprio ti diverte. Magari
può farti apprendere qualcosa in più sulle
persone o renderti più sicura di te. Per ora non ho nemmeno
idea di dove si trovi il tuo corpo...-
-Sono consigli così generici... potresti darli anche ad una
persona raffreddata...-
-Non so che persone raffreddate conosci tu, ma non penso possano fare
viaggi extracorporei...-
-Però, diventerai un bravo psicologo, penso.-
Harold sgranò gli occhi, poi rise con le lacrime sotto gli
occhi confusi di Roza. La reazione era dovuta anche alla tensione
accumulata parlando con lei, ma non solo. -Io sono pessimo! Tutto
ciò che ho cercato di dirti, è stato quasi
sicuramente pessimo e mi scuso per questo! Inoltre...- Harold
deglutì e si picchiettò il capo. -Ho troppe,
davvero troppe informazioni nella testa che cozzano fra loro. A meno
che non abbiano commesso reati gravissimi, non riesco più ad
essere genuinamente arrabbiato con altre persone e quando ci riesco mi
sento immediatamente in colpa perchè a causa dei miei studi
penso sempre “Eh, magari questa persona si è
comportata così male perchè ha questo problema o
perchè ha quest'altro problema, magari è vittima
di questi bias e questi meccanismi cognitivi e così
com'è non può farci niente, poverina!
È semplicemente e irrecuperabilmente scema!”
Sì... dovrebbe essere una buona cosa sapersi mettere nei
panni degli altri prima di arrabbiarsi con loro, no? Peccato che senta
di non avere più emozioni mie! N-non è normale...
vorrei essere libero di sentirmi genuinamente arrabbiato, dovrebbe
essere un'emozione naturale, ma a causa di tutto ciò che ho
studiato in questi ultimi anni, non c'è la faccio
più! S-sto i-impazzando...
Come se non bastasse tutto ciò è terribilmente
diseducativo! Come psicologo farei schifo! Se tutti
deresponsabilizzassero gli altri esseri umani perchè
“poverini, hanno i loro problemi” il mondo andrebbe
in fiamme e verrebbe bruciato da vittimisti del cavolo convinti di
poter fare del male ad altre persone perchè, eh, le vere
vittime sono loro che c'hanno i problemi!
Non si può pensare a prescindere che gli esseri umani non
abbiano capacità di scegliere come comportarsi...- le mani
del ragazzo, tremavano tanto che gli era caduto il cellulare senza
neanche che se ne accorgesse. Si chinò a raccoglierlo e
continuò a mormorare.
-Aveva ragione mia madre... una persona che si lascia ossessionare da
ciò che studia facilmente come il sottoscritto, non dovrebbe
immischiarsi con la psicologia... Già di base, mi faccio
influenzare troppo facilmente dalle emozioni degli altri!
Beh, in realtà a mia madre fa schifo la psicologia in
generale. La vede come un ammasso di vaccate pseudoscientifiche. Quando
le ho detto di voler fare lo psicologo, mi detto “Bene... Non
ho più un figlio!” scherzava ovviamente...-
alzò lo sguardo verso Roza, gli sembrava abbastanza
traumatizzata.
-S-scusa!- esclamò Harold chinando il capo. -Non avrei
dovuto vomitarti addosso tutte le mie paturnie!- “Anche se mi
sono venute in mente perchè non so cosa cavolo pensare di
tua madre! Ma non so che ripercussioni avrebbe parlare di lei quindi
lasciamola perdere... E non so neanche cosa pensare dei miei
genitori... un bel problema visto che dovrei diventare
genitore...”
-Non è niente.- mormorò Roza riassumendo
un'espressione apatica. -E' che non sono brava a riconoscere le facce
umane, quindi le espressioni eccessive e disperate mi mettono un po' a
disagio...- ammise.
-Eh? E'... è un problema da fantasmi?-
Roza distolse lo sguardo. -Ho... ho avuto anche difficoltà a
trovarti e riconoscerti perchè hai accorciato i capelli...-
ammise scocciata. -Fortunatamente hanno un colore facile da ricordare e
hai un corpo molto strano... Ma per quanto riguarda il tuo problema con
la psicologia, mi spiace, non posso esserti di alcun aiuto. Non so cosa
dirti.- disse sentendosi agitata, odiava quelle situazioni.
-E-ecco, non mi aspettavo che avessi la risposta ai miei problemi... e
già parlarne da l'illusione di poterli gestire e che non
siano qualcosa di vergognoso da nascondere quindi è
già d'aiuto. Grazie per avermi ascoltato.- le disse Harold
per tranquillizzarla. Roza accennò un sorriso e il ragazzo
cercò di contraccambiare l'espressione. “Se ne
avessi parlato con Leshawna mi avrebbe mandato a fare in culo... Poi
avrebbe cercato di riportarmi con i piedi per terra, darmi un punto di
vista più pragmatico e ridimensionare il mio problema...
Avrei davvero bisogno della sua opinione e del suo pragmatismo, lei
riusciva sempre a calmarmi... O forse ricordo male e sto
idealizzando... Leshawna... è una persona pragmatica? Le
è mai importato di ascoltarmi?”
-Non è che mi daresti un altro pugno al cervello?- chiese
Harold. Roza scosse la testa energicamente e il ragazzo
sospirò. -Ok, scusa per la richiesta... e scusa anche per il
mio comportamento in generale... io non so come rapportarmi a... io
sono solo...- si sentiva in imbarazzo. -Beh, se hai bisogno di un posto
dove stare, puoi venire nel mio appartamento. Il tuo appartamento non
è più tuo, ci sono Courtney, una bambina e quello
che presumo esserne il padre. Mentre quando hai provato ad andare a
casa di Max, lo hai accidentalmente spaventato, non è
così?-
Roza annuì. -Ma sei sicuro di voler invitare uno spirito in
casa tua?-
-Non hai bisogno di un letto o di mangiare, non sei di nessun
disturbo.- Roza continuò a guardarlo dubbiosa, poi
sparì.
-Ehi, dimenticavo! Cerca di spiare dei bravi terapisti visto che ci
sei!- “Ah... spero mi abbia sentito...”
pensò rimuginando sulle cose che aveva detto alla ragazza.
Harold potè finalmente incamminarsi verso casa. Dopo un po'
cominciò a bruciargli il viso...
“Magari sono davvero impazzito e ho parlato per tutto il
tempo con un'allucinazione!” pensò camminando come
se si sentisse inseguito. “Qualcuno mi avrà
visto?!” Anche se aveva finto di essere al
telefono, aveva avuto un comportamento bizzarro. Si guardò
intorno imbarazzato. Ma stranamente non c'era nessuno in giro. Era come
se fosse finito per sbaglio in un'altra dimensione, pure l'aria
sembrava differente.
“Ho bisogno di mettermi a letto...”
sospirò esausto, ma una parte di lui si sentiva sollevata.
“Chi se ne frega della psicologia! Voglio diventare una donna
delle pulizieeeh! Ehm... uomo delle pulizie... Ok, mi calmo, ora mi
calmo e troverò troverò una soluzione a tutto!
Devo solo contare fino a dieci... Uno, due...”
Leshawna si risvegliò nel mezzo di un bianco accecante,
risaltava solo una figura incappucciata avvolta in una tonaca nera che
teneva in braccio un piccolo essere bianco sporco, uno scheletrino...
ma si muoveva come se fosse un esserino vivente e indifeso.
Leshawna riconosceva l'uomo incappucciato anche se aveva una pelle
innaturalmente bianca, quasi trasparente e i capelli molto
più rossi del normale. Non la sorprendeva che per lei il
Tristo Mietitore potesse assumere quelle sembianze. In un certo senso,
per lei, Harold rappresentava la morte.
-Perchè faccio sempre sogni così strani?- disse
ad alta voce sentendosi abbastanza scocciata.
La figura incappucciata sopprimette un sorriso, come fosse divertita
dall'atteggiamento sfrontato della giovane donna. Si
avvicinò, Leshawna rimase impassibile. Poi la
creatura incappucciata le posò due dita gelide sul collo in
corrispondenza dell'arteria carotidea.
Leshawna istintivamente lo spinse via con forza.
La donna si risvegliò nel suo appartamento con una
sgradevole sensazione sul collo, qualcuno aveva davvero cercato di
misurarle la frequenza cardiaca in quel modo e lei l'aveva realmente
spinto via. Ora Harold si trovava a terra con le spalle al muro e senza
occhiali che erano stati scagliati via chissà dove.
Nel mentre da sotto il tavolo, Kunoichi la guardava irrequieta.
-Cazzo, scusami!- esclamò Leshawna provando ad avvicinarsi
al ragazzo.
Harold le fece cenno con la mano di calmarsi e restare dov'era. -Avrei
dovuto prevedere la tua reazione se ti fossi svegliata e mi sarei
dovuto riscaldare le mani prima di toccare una parte tanto recettiva al
freddo.- oltre alla pelle, anche il comportamento di Harold era
stranamente freddo.
Il ragazzo portò un dito al naso che oltre a fargli male gli
parve bagnato. La sostanza raccolta dal graffio che la ragazza era
riuscita a fargli, era rossa. -Perchè oggi non faccio altro
che sanguinare?- mormorò seccato.
-Eh, mangiarmi le unghie le ha rese particolarmente seghettate e
taglienti... mi dispiace.- disse Leshawna notando anche lei il danno.
-Poteva andare peggio, se non avessi avuto gli occhiali potevi
prendermi i bulbi oculari.- il ragazzo sospirò rassegnato.
-A proposito, non è che potresti trovarmi gli occhiali?
Grazie...-
Leshawna fu stranita dal fatto che non le stesse facendo un
interrogatorio per capire perchè fosse svenuta e che sintomi
aveva. Forse aveva finalmente capito che non aveva senso improvvisarsi
medico?
-Hai spaventato la povera Kunoichi...- commentò Harold
mentre lei gli cercava gli occhiali. -Sai, ti stava facendo la guardia
quando sono arrivato...-
-Forse cercava di capire se poteva mangiarmi.- commentò
Leshawna distrattamente.
-Insensibile...- sentenziò il ragazzo. Anche se era
estremamente contrariato, si lasciò mettere gli occhiali
dalla ragazza. -Ovviamente hai lasciato una bella ditata sul vetro.-
borbottò infastidito.
-Cristo, quanto sei lamentoso!-
-Non sono di buon umore, lo ammetto.- disse il ragazzo fissandola
nervosamente, alla fine si forzò ad abbracciarla.
-...E-eh?- Leshawna era molto disorientata dal gesto e dallo stato
tremolante del ragazzo. Gli provocò una sensazione sia
strana che familiare. Ma non era del tutto negativa e l'odore del
ragazzo non era sgradevole anche se, sapendo un po' di sangue, la
metteva a disagio...
-Mi hai fatto venire un colpo!- Harold si sfogò e fu come se
avesse gettato via una maschera. -Ricorda che se crepo oggi,
probabilmente sarà anche colpa tua.- mollò la
ragazza ma si accorse con orrore che non stava venendo mollato.
-C-che fai?- le chiese irrequieto. -P-potresti lasciarmi? Gentilmente?-
-No. Ti sto aiutando.- rispose Leshawna con fredda lucidità.
-E' evidente che per qualche motivo sei spaventato dal contatto fisico.
Manco ti avessi mai picchiato... Forse se ti costringo ad subirmi
abbastanza a lungo, il tuo cervellino capirà che non ti sta
succedendo niente di male quindi smetterà di essere
spaventato. Non c'è di che Harold, mi piace sentirmi utile!-
Harold si sentiva in trappola e cominciava a sentirsi nauseato. Non
vedendo altra scelta, cercò di essere sincero. -Leshawna,
guarda che a me questa paura, serve! È una strategia di
difesa e il miglior modo per farmi tenere le distanze da te!- non ci
sperava, ma Leshawna lo mollò bruscamente e si
allontanò offesa.
Harold tornò a respirare liberamente e si
massaggiò la gola, incurante dell'effetto avuto su Leshawna.
Ma dopo avergli gettato un'occhiataccia, la ragazza tornò
indietro.
Istintivamente Harold si riparò la testa con le braccia, ma
Leshawna si limitò a scoprirgli il polso per
controllarglielo. L'arto riprese improvvisamente sensibilità
e riprese anche il dolore. Harold emise un grido e ritirò il
polso, poco dopo la fine del contatto smise anche il dolore.
-Cosa diavolo ti ha morso?!- esclamò lei preoccupata.
-E-ecco... quindi... Vedi anche tu la ferita?- chiese, la
preoccupazione di Leshawna aumentò. -Credo di essere caduto
sopra un animale... è una ferita grave? I-io la vedo grave,
ma sai come sono fatto io, sono uno che esagera sempre!-
farfugliò Harold nel tentativo di distinguere la
realtà dalle suggestioni riguardanti spettri e maledizioni
accidentali.
-E' grave... vatti a disinfettarla.- gli disse amareggiata. -Comunque
sono ancora arrabbiata con te.- lo informò allontanandosi.
-Arrabbiata?! Sono io che dovrei essere arrabbiato! Sai che non voglio
essere toccato, che mi fai sentire male, ma hai comunque cercato di
costringermi!-
-E tu mi tratti come una criminale che potrebbe ammazzarti da un
momento all'altro anche se non ti ho mai fatto niente! Non è
una bella sensazione, idiota!-
-N-non è questo... è-è che io devo...-
vennero interrotti dalle sirene di un'ambulanza.
Leshawna sgranò gli occhi ed ebbe un'intuizione. -Ecco
perchè non mi hai fatto un interrogatorio sullo
svenimento... Bastardo! Io non ti costringo a dei controlli medici ogni
volta che svieni!-
-Eri priva di sensi non so da quanto, non mi hai permesso di
controllare, ma il tuo battito mi sembra strano e sei al terzo mese!
Cosa diavolo avrei dovuto fare?! Stai pure zoppicando e non so
perchè!-
-Avrò sbattuto il piede cadendo ed ora è un po'
indolenzito, cretino!-
Dopo una serie di accertamenti e una lunga serie di sguardi omicidi di
Leshawna all'ex fidanzato, la pseudo-coppia venne rassicurata sulle
condizioni della donna e del feto.
Fra un commento passivo-aggressivo e l'altro, Leshawna sembrava
avercela anche con Courtney, ma Harold non era sicuro di aver capito
bene cosa c'entrasse la loro ex compagna di scuola ora vicina.
-Mi dispiace...- disse Harold a Leshawna mentre tornavano a casa a
piedi. -Anche se non ho niente di cui scusarmi e il tuo modo di reagire
ai controlli è infantile... ma sembri avercela con me
quindi, mi dispiace.-
-Chi diavolo ti ha insegnato come scusarti?!-
-Potresti essere fra le mie fonti d'ispirazione, non essere modesta.-
-Ah, imbecille... Sarei potuta andare a farmi dei controlli con calma
tra qualche giorno! Credevano che quello per cui era stata chiamata
l'ambulanza fossi tu! Era evidente che stavo bene!-
-Non c'è niente di evidente quando si tratta di queste
cose!- disse il ragazzo esasperato, ma non voleva più
parlarne, così camminò più veloce per
distanziarla.
-E' un'impressione o oggi sei più strano del solito?- chiese
Leshawna seguendolo con fastidio.
Harold accelerò ulteriormente il passo ma si
fermò sentendo la ragazza dire “Ahi, il
piede!” e si sbrigò ad andare a controllarla.
Quando fu abbastanza vicino, Leshawna lo bloccò
afferrandogli la giacca. -Visto che non ti piace il contatto
diretto...- ghignò lei.
-Da te non mi aspettavo questo trucchetto da prima elementare...-
sbuffò il ragazzo un po' ferito dal fatto che avesse finto
di farsi male per attirarlo in trappola.
-Mi spieghi che problema hai problema oggi?-
-A parte l'aver saputo di una vicina in coma, aver trovato la mia ex
fidanzata incinta svenuta, essere stato morso e graffiato ed essere
svenuto a mia volta? Leshawna, non credo ci vogliano chissà
che spiegazioni sovrannaturali al mio umore. Non so neanche
perchè ti sembro diverso dal solito!-
-...Se non mi rispondi, ti salto addosso.-
-Fallo e mi metto a urlare...-
-Non vuoi davvero metterci in questa situazione, lo so...-
ribattè Leshawna. Vide che Harold aveva gli occhi lucidi.
Anche lei andò in crisi. -E-E... Non ti sembra di esagerare
un po'?!-
-Non è a causa tua, scemunita! È-è
che... p-pensi che potrei dire accidentalmente ad un depresso di
suicidarsi?- farfugliò Harold.
-Eh?!- Harold poteva anche arrivare ad essere molto scontroso e
maleducato quando si alzava col piede sbagliato, ma le sembrava strano
che potesse fare qualcosa di simile. -Spiegati meglio...- gli chiese
pazientemente, convinta che qualcosa non quadrasse.
“Non posso dirle di Roza e di quello di cui le ho
parlato...” Harold cercò di trovare un altro modo
per esprimere le sue preoccupazioni. -Intendevo, e-eh...
ipoteticamente, come dovrei fare a convincere una persona a non morire?
Se mi esprimo male o non risulto convincente è come se le
dicessi di ammazzarsi...-
-Beh...- “Boh, forse crede che la tizia in coma debba
svegliarsi e si domanda cosa dovrà dirle? Non è
così strano per lui pensare con largo anticipo anche a
discorsi che non farà mai...” -Se temi che una
persona sia a rischio, non dovresti rivolgerti ad una linea di
prevenzione suicidi e affidarla ad un esperto?-
Harold si portò una mano alla testa e con angoscia si
immaginò mentre spiegava al telefono che ad aver bisogno di
aiuto era il fantasma di una sua amica in coma che poteva essere anche
un'allucinazione. -E se ipoteticamente non potessi farlo?! E se
dipendesse tutto da me e da quello che dico a quella persona?!-
“Più che prevenire un suicidio, dovevo convincerla
a provare a tornare nel suo corpo... e a trovare il suo corpo... Non so
nemmeno se si rifarà più viva o se sono stato
talmente poco convincente da spingerla ad aspettare che il suo corpo
venga lasciato morire!”
-Ma no che non dipenderebbe da te!- disse scocciata riconoscendo il
tono da potenziale crisi isterica, poi cercò di cambiare
approccio. -Tesoro mio, conosci forse il senso della vita e non me lo
hai mai detto? Altrimenti come diavolo dovresti riuscire ad essere
davvero convincente nel dire ad una persona in una situazione delicata
di vivere? È comunque buono se cerchi di fare qualcosa...
non lo so non essendomi mai trovata nella situazione, ma penso che ad
una persona depressa possa far piacere avere qualcuno che si preoccupa
per lei, no?-
-Non quando la preoccupazione consiste nel dire qualcosa del tipo
“non hai motivo per stare male, perchè
c'è chi sta peggio e guarda che bella giornata di
sole!”-
-E tu diresti qualcosa del genere?-
-N...non lo s... non penso...?-
-L'importante e che tu faccia del tuo meglio e che ti affidi ad un
esperto...- “Invece di chiedere a me! Forse non l'hai capito,
ma non sono Dio!”
“Quale esperto? Un medium?!” -Il mio meglio
può non essere abbastanza! Non importa! L'importante
è se ottengo o meno l'effetto desiderato! E non so se...-
-Ma quanto sei presuntuoso!- continuava ad essere convinta che quando
lui partiva con certe paturnie senza via d'uscita, il modo migliore per
farlo rinsavire fosse prenderlo in giro. -Uno psicologo clinico non si
approccia fin dal primo colloquio pensando di sapere cos'ha il paziente
e come curarlo! E tu vorresti assicurarti di risolvere i problemi di
qualcuno fin dalla prima chiacchierata?-
“Infatti ho scordato tutti i manuali mentre parlavo con Roza!
Che vergogna! Aspetta...” -C-cosa hai detto?-
balbettò Harold accorgendosi che Leshawna voleva rivoltare
una delle sue materie contro di lui.
-Beh, ho ancora i traumi di tutte le volte in cui mi hai ripetuto gli
argomenti di psicologia clinica e ogni volta che credevi di aver
sbagliato un micro-dettaglio, ricominciavi tutto d'accapo!-
-Tu mi ascolti quando parlo? Questo è scioccante...-
mormorò disorientato. -Comunque stavamo parlando di una
persona che potrebbe morire perchè non ho saputo dirle la
cosa giusta... è un caso ipotetico, ovvio.-
-Harold, non potresti farci niente!-
-Lo so ma...- “Forse ha ragione ed ora è tutto
nelle mani di Roza e sopratutto del caso...” pensò
irrequieto.
-Continuerai a rimuginarci per il resto del giorno e magari anche
oltre, vero?- disse rassegnata, aveva imparato a conoscere abbastanza
bene lui e la sua capacità di fissarsi.
Harold annuì. -Però... grazie comunque di aver
provato a tranquillizzarmi a modo tuo. Anche se abbiamo i nostri
problemi, non so cosa farei se non ci fossi.- confessò
mettendola un po' a disagio. “Forse sei una persona
pragmatica?”
-Beh... prego? Lo sai che non sono davvero arrabbiata con te per la
storia dell'ambulanza, vero? Capisco perchè l'hai fatto,
magari avevi anche ragione... ma è stato comunque scocciante
così avevo bisogno di prendermela con qualcuno e beh... tu
sei resistente e visto che non stiamo più insieme non dovrei
riuscire a ferirti più di tanto, quindi ne approfitto un
po'. Tanto lo sai che non faccio sul serio! ...No?- disse irrequieta.
-Potresti essere una persona orribile, sai?- vedendola molto nervosa,
Harold le sorrise e cercò di scherzarci su.
-Beh, ho anche dei difetti!- “Ci siamo scambiati di ruolo
ora?” -Dai, torniamo a casa...- nella distrazione lo prese
per la mano sana.
Harold sentì la pelle d'oca, ma decise di resistere e di
lasciarsi condurre dalla ragazza. Fra l'irrequietezza che
provava a causa di Roza e l'aver temuto il peggio per Leshawna, le
paure e i buoni propositi sul tenerla a distanza passavano in secondo
piano, almeno temporaneamente. Inoltre sentiva di doversi mettere alla
prova. Se bastava un contatto così leggero per fargli temere
la catastrofe di un nuovo innamoramento o per fargli provare sentimenti
sgradevoli eccessivi, avrebbe dovuto abbandonare i suoi propositi sulla
coabitazione.
“E' un po' nostalgico, ma niente di più. Non ho
motivo di andare nel panico.” si ripetè regolando
la respirazione.
Angolo dell'autrice:
Come è consuetudine, mi scuso per il ritardo... avevo
temporaneamente dato priorità ad una storia che contavo di
finire in poco tempo e che dovevo finire in poco tempo trattandosi di
una storia per Halloween (e invece non è ancora finita!) ma
ho avuto degli impegni e delle preoccupazioni che mi hanno bloccata con
la scrittura (e con qualunque attività non fosse lo
studiare) così eccomi ad aggiornare questa storia solo ora,
mi spiace davvero! Inoltre il capitolo in sé è
stato molto difficile da scrivere. Spero di aver trattato decentemente
la tematica del capitolo, se non ci sono riuscita, davvero mi scuso.
È una tematica molto delicata, ma per vari motivi volevo
provare a svilupparla.
In ogni caso, vi ringrazio come sempre per la lettura e spero che il
capitolo possa esservi piaciuto.
Se avete qualcosa da dirmi mi fa piacere, farò quel che
posso per migliorare.
Ancora grazie e alla prossima!
Appunto: Ammit è una creatura del mito egizio composta da un
muso di coccodrillo, testa, zampe anteriori e tronco di leone e parte
posteriore di ippopotamo.
Nel mito egizio il cuore del defunto verrà pesato al
tribunale di Osiride (dio giudice dei morti, ma non è il suo
unico ruolo), se risulterà più pesante della
piuma di Maat (dea della giustizia raffigurata con una piuma sul capo)
esso verrà dato in pasto ad Ammit condannando l'anima
all'oblio.
Da piccola ero piuttosto fissata con la mitologia e l'antico Egitto e
la figura di Ammit era tremendamente terrificante per me per quello che
rappresentava rispetto alle figure mostruose che conoscevo che ti
uccidevano e basta, ma da morto non potevano più farti
niente (ora che ci penso anche i Dissennatori di Harry Potter in
effetti hanno un compito simile...)
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Capitolo 13 *** Una fine per una falsa pace ***
Harold si svegliò molto stordito. Aveva passato una nottata
movimentata e costellata di sogni ansiogeni che lo avevano fatto
svegliare più volte. Non ricordava bene cosa riguardavano e
la sua memoria era confusa anche sugli avvenimenti del giorno
precedente.
Guardò sotto le bende che si era ritrovato sul polso. -Ok...
che sono stato morso da qualcosa di non identificato è
vero... e...- rimanendo disteso sulla brandina per non infastidire la
gatta che gli dormiva sulle gambe, allungò la mano per
prendere il cellulare a terra e confermò di aver chiamato a
sua sorella per lamentarsi di qualcosa. Notando di avere alcune unghie
verdognole invece ricordò di avere sbucciato delle fave.
“Ho scordato di lavare le mani...”
Il ragazzo dovette spostare da sé una scocciata Kunoichi e
si alzò pensando che si sarebbe sentito meno confuso col
passare dei minuti.
Apparentemente Leshawna stava ancora dormendo. Fu tentato di
avvicinarsi alla ragazza senza spiegarsi il perchè, ma alla
fine decise di cambiare aria uscendo dall'appartamento.
Appena messo un piede fuori dalla porta, se lo ritrovò
calpestato. -Ahi!- Guardando in basso vide una bambina sulle sue scarpe
che stava per perdere l'equilibrio. La bloccò prima che
finisse a terra. -Signorina, fa più attenzione.- le disse
Harold.
La bambina alzò il visetto imbarazzato poi fuggì
dietro le gambe di una donna, Courtney.
Harold non era affatto stupito. Anche se la bambina aveva occhi e
carnagione un po' più chiari, i capelli di un castano quasi
rossicci e il naso un po' più rozzo, somigliava
spaventosamente a Courtney. “Però la immaginavo
più piccola...”
-Maya, ringrazia e scusati col signore.- disse Courtney, tenendo le
braccia conserte. -E' già abbastanza sfigato di suo, non
c'è bisogno di peggiorargli la giornata.-
Harold sorrise forzosamente a quell'aggiunta. “Forse
è colpa mia che sono suscettibile di mattina... eh,
eh...” pensò il ragazzo canticchiando nervosamente
nella sua testa.
Maya si sporse timidamente dalle gambe della madre e
cominciò a bisbigliare. -S-scusa se ti sono salita sui piedi
e... grazie per non avermi fatto dare una facciata per terra...-
-E' a posto... L'importante è che fai più
attenzione.- rispose Harold vedendo poi la bambina nascondersi di
nuovo. Gli dava una stranissima sensazione guardare qualcuno tanto
somigliante a Courtney comportarsi in quel modo. “Anche
Courtney da piccola era così?”
-Già. Se cadi troppo, ti verrà un naso storto
quanto il suo, amore.- aggiunse allegramente Courtney.
Harold la fulminò con lo sguardo poi sorrise verso la
bambina. -Tua madre mi conosce da tempo. È per questo che mi
prende in giro. Ma parlare in questo modo alle persone con cui non si
ha confidenza come risultato più probabile ha il farsi dei
nemici.- disse con fare saccente riprendendo Courtney fra le righe.
“Infatti io e Courtney non siamo mai stati in confidenza...
ma non voglio litigare, desidero solo restituirle la puntina di
fastidio che mi trasmette... Sono innocente!”
-Capito...- bisbigliò Maya annuendo come se prendesse degli
appunti mentali.
Courtney lo guardò infastidita, poi sospirò e
divenne improvvisamente cortese. -Leshawna come sta? Sai, quando se ne
andata dal mio appartamento sembrava veramente strana.-
-Non lo so... ieri non si è sentita bene. Tu hai notato
qualcosa in particolare mentre era da te?-
-Si parla di quella signora di ieri? Credo di averle messo paura io!-
disse Maya improvvisamente tanto energica da avvicinarsi a lui. Ma non
sembrava divertita, voleva solo rendersi utile.
Se Maya diceva il vero, Harold non era molto stupito che avere a che
fare con una bambina potesse mettere a disagio Leshawna in quel
periodo. “Mi sarei dovuto ricordare che Courtney aveva una
bambina per avvertire Leshawna e prepararla psicologicamente...
Però non può essere bastata una cosa simile a
metterla K-O... Vero?!” disse fra sé e
sé intrecciando nervosamente le dita fra le ciocche di
capelli.
-Probabile.- intervenne Courtney con aria seria. -Una bambina
selvatica che si nasconde sotto un tavolo per saltare l'asilo, non
può non far provare angoscia per le future generazioni.-
fece arrossire Maya che tornò immediatamente accanto a lei
per mostrarsi disciplinata.
“Mi ricordano me e mia madre!” pensò
Harold non riuscendo a non entrare in empatia con la bambina.
“Forse non avrei abbastanza polso per educare un
bambino...”
-Crescere una brava signorina è difficile...-
sospirò Courtney. -Un valido alleato mi sarebbe d'aiuto,
invece...- continuò infastidita. Harold pensò che
probabilmente il padre della bambina aveva un carattere molto
più libero e leggero. Poi Courtney lo stupì
sorridendo leggermente come se in fondo la donna non sentisse che le
cose andassero così male. -Forza, andiamo all'asilo.- disse
la donna alla bambina con un'espressione abbastanza dolce e calorosa.
Maya sbuffò e seguì la madre che si
fermò bruscamente. -Maya, non stai scordando qualcosa?- la
interrogò.
La bambina si toccò la schiena sperando di non aver
dimenticato lo zaino, per giunta sotto gli occhi di uno sconosciuto, ma
lo zainetto era li al suo posto.
-Maya... devi salutare il signore...- disse Courtney rassegnata.
-A-ah...- la bambina balbettò imbarazzata. Si
voltò verso Harold. -Buona giornata, signore.-
-Grazie! Anche a te, Maya. E buona giornata anche a Courtney.- rispose
Harold educatamente.
Una volta che madre e figlia scesero le scale che le avrebbero portate
un pianerottolo più in basso, Harold vide arrivargli addosso
dal lato opposto, un oggetto circolare piuttosto leggero.
“'Sta mattina sono un bersaglio mobile o cosa?!”
pensò il ragazzo guardando verso la direzione da cui gli era
arrivato l'oggetto e vide Max scendere silenziosamente le scale nella
sua direzione. Portava con sé un mucchio di oggetti come
quello che era arrivato addosso ad Harold. Li riconobbe come
acchiappa-sogni.
-La strega e la bambina se ne sono andate?- chiese Max mantenendo la
distanza e un tono guardingo. Quando vide Harold annuire, si
avvicinò.
-Perfetto!- disse soddisfatto, precipitandosi da lui e raccogliendo da
terra l'acchiappa sogni che gli aveva lanciato. -Questo è
per te! Gli altri li appenderò in giro per il condominio!-
-Ah... vuoi che i condomini abbiano sogni tranquilli? Oh, che pensiero
gentile...- disse Harold perplesso e sospettoso.
-No! Li ho modificati tramite dei riti trovati su internet! Visto che
non so cos'altro potrei fare dal punto di vista scientifico, ho deciso
di allargare i miei orizzonti e rivolgermi allo spiritismo!-
spiegò Max come se si aspettasse la comprensione e la
complicità di Harold che si guardò intorno prima
di accettare che il ragazzino stesse parlando proprio con lui.
“N...non ricordo di avergli suggerito niente di simile... Oh
no. Anche lui come Leshawna confonde aspiranti psicologi e
fattucchiere?”
-Ricordi quando mi hai detto che forse avevo visto Roza nella mia
stanza perchè il suo spirito si è staccato dal
corpo? …Signor Depresso? Ehi! Signor Depresso!-
Harold si era temporaneamente estraniato dal mondo esterno ricordando
improvvisamente di aver parlato con Roza, ma non riusciva a capire se
collocare quell'incontro nei suoi sogni o ad uno stato di veglia
“Ma io ne ho parlato con Leshawna ieri, quindi deve essere
accaduto mentre ero sveglio! Se no... di cosa ho parlato
ieri?”
-Signor Depresso!- lo chiamò nuovamente Max.
-Mi chiamo Harold!- sbuffò. -Per quale scopo avresti
modificato questi acchiappa-sogni?-
Max sembrò entusiasta della domanda -Ora servono ad
acchiappare gli spiriti! Se riesco a riacciuffare Roza con uno di
questi, possiamo rimetterla nel suo corpo e svegliarla dal coma! A
proposito, sei riuscito a scoprire dov'è ricoverata?-
-Eh... no...- Harold era combattuto... una parte di lui trovava l'idea
di Max ingenuamente adorabile. Lui stesso avrebbe potuto pensare di
fare qualcosa del genere per sfogare la sua sensazione di impotenza,
tenendosi occupato con qualcosa di logicamente inutile, ma che avrebbe
potuto dargli l'illusione di star facendo qualcosa per essere d'aiuto.
Ma in quel momento non si sentiva a suo agio pensando a Roza, la sua
condizione e gli strani ricordi del giorno prima. Inoltre,
indipendentemente dal fatto che quegli aggeggi funzionassero o meno e
che gli spiriti esistessero o meno, l'idea di pensare a un fantasmino
che vagando innocentemente per conto suo si ritrovava improvvisamente
intrappolato gli metteva ansia, a maggior ragione se pensava a Roza in
quella situazione.
-Max, forse lasciare a Roza i suoi spazi e chiederle di rientrare nel
suo corpo con le buone sarebbe un'idea migliore di costringerla. Stiamo
pure parlando di una persona che ha tentato di uccidersi...-
Max divenne improvvisamente ostile. -Continuo a preferire l'ipotesi del
tentato omicidio da parte della madre.- brontolò.
-E se con l'ex acchiappa-sogni prendessi lo spirito sbagliato e questo
prendesse il posto di Roza? Poi Roza potrebbe rimanere senza corpo.
Poverina, sarebbe così triste...-
-N-non ci avevo pensato!- balbettò Max mortificato.
Harold era stupito e imbarazzato per la facilità con cui
stava manipolando l'adolescente come se fosse un bambino. Max sembrava
credergli a prescindere come se stesse parlando di questioni
scientifiche e perfettamente logiche.
-Forse è meglio che mi faccia venire un'altra idea...-
pensò ad alta voce il ragazzino tondeggiante.
“E' proprio un bravo ragazzino...”
ripensò Harold sospirando. “Magari se Leshawna
conoscesse meglio i bambini ne sarebbe meno spaventata... In fondo non
mi sembrano così terribili! O magari non mi trovo male con
loro perchè sono una persona infantile?”
-Signor Depresso! Sembri così pallido... sicuro di stare
bene? Intendo... se vuoi diventare il mio scagnozzo nuovo devi essere
in salute, non mi sto preoccupando per te, ovviamente!-
-Sto benissimo... e mi chiamo Harold!-
Si congedò dal ragazzino e rientrò
nell'appartamento. Anche se non si sentiva a disagio con i bambini,
forse aveva avuto troppe interazioni sociali per una persona appena
sveglia. La porta della camera da letto era rimasta aperta,
così vide Leshawna seduta sul letto. “Oh, no...
altre interazioni sociali...” pensò anche se in
realtà era un po' sollevato.
-Come stai?- le chiese.
-'Na merda... Si può stare in altri modi di mattina?-
rispose Leshawna mentre infastidita cercava di appiattire e dare una
forma normale all'oscura selva di capelli disordinati e nodosi.
-Decisamente no, hai ragione, era una domanda stupida.-
concordò Harold sentendosi stranamente a suo agio per quella
reazione familiare.
-Inoltre, forse era un'allucinazione del dormi-veglia, ma sono stata
svegliata da delle terribili vocine acute e squillanti, che parlavano
con te. Buffo, non mi ero mai accorta di quanto mi infastidisca questo
tipo di voce.- si sfogò.
-Hai un ottimo udito, stavo davvero parlando con due persone dalla voce
squillante.-
-Ah... Fammi indovinare, Courtney e Mini-Courtney?- Harold
annuì. Leshawna sospirò. -Solo un super udito mi
mancava. Spero che questo e l'olfatto amplificato vadano via fatto
uscire il bambino! Ieri non riuscivo neanche avvicinarmi per pulire
quelle verdure del demonio...-
-Non penso che l'udito c'entri.- Harold trattenne il riso ricordando
improvvisamente di come Leshawna e Kunoichi avevano tagliato la corda
quando si era messo a rompere i baccelli dei legumi a causa del flebile
odore erboso sprigionato. “...Ah? È per questo che
non mi sono lavato le mani? Speravo che l'odore rimanesse tenendola
alla larga?” Harold biasimò i piani deliranti del
sé stesso del giorno prima con un po' di imbarazzo. Si
scusò mentalmente anche con la gatta. Se il suo bislacco
piano avesse funzionato, sarebbe stato un problema anche per lei.
-Sul serio, ieri non ti ho aiutato per l'odore, non è che
volessi una scusa per oziare...- disse Leshawna un po' imbarazzata.
-Ti credo, ti credo.- rispose Harold mettendo le mani avanti. Era
abbastanza stupito da quello strano comportamento insicuro. -E poi a me
rilassa lavorare con le mani, non è problema.-
“Sopratutto poter stare con te che non ti avvicini
è rassicurante!”
-Già, peccato... Sai, da piccola aiutavo spesso mia madre a
pulire verdure, pesce... cose così. Ieri mi hai messo un po'
di nostalgia a dire la verità.-
“Sai essere inaspettatamente sentimentale...
però... eh? Quindi ti ricordo tua madre?!”
sicuramente non era quello che intendeva, ma era un pensiero un po'
imbarazzante e lo tenne per sé. Non riusciva ancora a capire
quanto era il caso di stare in confidenza con la ragazza, né
se lei si facesse gli stessi problemi. L'idea che non fosse
così lo infastidiva un po'.
Harold percepì per buona parte della giornata una sensazione
sgradevole. Si sentiva osservato e casualmente quando si girava trovava
sempre Leshawna che distoglieva improvvisamente lo sguardo. Mentre era
seduto al tavolo per studiare non ne potè più.
-Leshawna, potresti smetterla di fissarmi ossessivamente?-
-Non ti sto affatto fissando, caro il mio paranoico! ...È
solo che l'appartamento è piccolo e tu sei l'unica cosa che
si muove qua dentro oltre a me. È normale che mi cada
accidentalmente l'occhio su di te.-
-Anche Kunoichi si muove.- disse indicandole la gatta che proprio in
quel momento saltò per acchiappare una mosca.
Riuscì a mangiarla.
-Mi fa un po' schifo...- commentò Leshawna. Harold
sembrò offeso, anche la gatta fulva cominciò a
fissarla come se si fosse sentita chiamata in causa. -Siete entrambi un
po' inquietanti ora che ci penso...-
-Magari potresti impiegare il tuo tempo in modo un po' più
costruttivo. Quando è che hai esami, ora che ci penso?-
-Harold, questo è un colpo basso.- disse la ragazza
guardandolo storto.
-Scherzi a parte, hai qualcosa di cui vuoi parlarmi?- nel momento in
cui lo disse, si rese conto che era da quando erano tornati a casa
dall'ospedale il giorno precedente che Leshawna si comportava in quel
modo. Era come se volesse parlargli o se stesse pensando intensamente a
qualcosa che aveva a che fare con lui. “Ero troppo
concentrato su di me e i miei problemi per darci
importanza...”
-Non disturberei mai uno studente modello.- disse Leshawna in tono
canzonatorio tentando di togliersi di impiccio.
-Mi disturbi molto di più tenendomi sotto costante
osservazione.- disse sorridendo nervosamente. -Se vuoi davvero parlarmi
di qualcosa, coraggio, spara! Sono a tua completa disposizione! Se le
tue attenzioni derivano invece dal fatto che sono diventato
improvvisamente irresistibile, beh, molto lusingato, ma ne farei
volentieri a meno!-
-Imbecille.- sentenziò Leshawna sistemando nervosamente i
capelli. -Ehm, ecco... Però non sembrare così
serio e concentrato! Mi metti a disagio!- allora Harold finse di
dormire adagiando la testa sul libro e chiudendo gli occhi, ma la
innervosì maggiormente.
-Qualunque cosa tu mi dica, non sarà più strano
del mio discorso di ieri, vai tranquilla.- le disse aprendo un occhio.
Apparire più deboli per far abbassare la guardia agli altri
era probabilmente la sua mossa preferita. Utilizzarla con Leshawna per
metterla a suo agio era rischioso, lei detestava quel comportamento. Ma
in quel caso, stranamente sembrò funzionare. Paradossalmente
Harold si sentì un po' a disagio
“Perchè i miei fallimenti risultano motivazionali
per gli altri?”
Leshawna decise finalmente di parlare. -Io e te dobbiamo diventare
genitori, giusto?-
“...Perchè me lo chiedi come se sperassi che ti
rispondessi che è tutto un pesce d'aprile?”
pensò Harold annuendo un po' teso.
-Non pensi che magari fra qualche anno potresti avere una specie di
crisi di mezza età anticipata ed uscirtene con qualcosa del
tipo “Oh, no! Ho sprecato la mia giovinezza! Ora come faccio?
È tutta colpa di quella donnaccia!”-
Harold rimase interdetto “C-che razza di idea hai di me?! No,
aspetta... sicuramente non era questo il senso della
domanda...” prese un respiro profondo e le fece cenno con la
mano di attendere. -Sto elaborando.- annunciò. Nel mentre
Leshawna annuì con aria nervosa.
-Bene...- esordì Harold dopo averci pensato. -Mettiamo che
l'Harold di un universo parallelo non abbia voluto saperne niente di te
e del bambino. Presto o tardi, potrebbe comunque pentirsene e pensare;
“La mia vita non ha condotto a nulla di buono. Forse se
avessi cresciuto quel bambino, ora non mi sentirei così
vuoto.” Mentre l'Harold di un'altra dimensione che ha preso
la stessa decisione, ma ha avuto una vita più soddisfacente
potrebbe comunque sentirsi in colpa; “Chissà come
starà ora quel bambino? Leshawna l'avrà tenuto?
Sarà stato adottato? Forse sono stato irresponsabile ed
essere padre in anticipo non sarebbe stato così
terribile.”- Leshawna gli sembrava particolarmente a disagio
mentre lo ascoltava.
-Leshawna, capisci cosa intendo? È inutile che io prenda
decisioni pensando a cosa potrebbe recriminarmi la mia versione del
futuro. Tanto una scusa per prendersela con me l'avranno comunque. Devo
pensare al me del presente... e Harold nel presente pensa che si
sentirebbe estremamente irresponsabile a lasciarti a sbrigartela da
sola e che non odia tanto l'idea di fare il genitore anche se
è molto, molto atterrito... Inoltre non so bene cosa si
intenda per sprecare la giovinezza...- ammise un po' imbarazzato.
-Non amo particolarmente uscire e non sono mai stato un animale da
branco, ci ho provato ma...- “Preferivo stare con te... O-ok,
qualcuno licenzi la rete neurale responsabile di questo
pensiero!” -Non era così divertente alla fine e
crescendo la vita del libertino ha perso il suo fascino su di me.-
“Inoltre da quando ho cominciato ad essere depresso
è come mi fosse caduto! ...Ed è anche un bene.
Essere sia depressi che allupati sarebbe una tortura, almeno ho un
pensiero in meno. E poi forse non ho mai voluto essere libertino,
volevo solo stare con te... Ripeto! Qualcuno licenzi quella rete
neurale!” -Essere genitore mi toglierà sicuramente
molto tempo libero e non posso sapere quanto, ma durante il periodo che
ho vissuto da mia sorella ho badato a tempo pieno a Riff e non mi ha
dato problemi... onestamente penso che sia qualcosa che posso
affrontare.
Se il me del futuro si scorderà che il me del presente aveva
esigenze diverse dalla sue e dovesse rimpiangere le mie scelte,
pazienza. Se ti userà come capro espiatorio, hai la mia
autorizzazione a picchiarlo!- disse serio, poi si ammorbidì.
-Potrebbe piacergli, magari avrà sviluppato una forma di
masochismo di cui non ti sei resa conto.- scherzò per
alleggerire l'atmosfera.
-Lo so già che hai sviluppato qualche forma di masochismo...-
-Oh... non dovevi prendere così sul serio le mie battute.-
mormorò imbarazzato.
Poi la donna sorrise tristemente mettendolo a disagio. -Sei sicuro che
non sia come la storia della volpe che non riuscendo a raggiungere
l'uva, dice che tanto non l'ha mai voluta perchè era
certamente acida? Magari pensi che non rimpiangeresti la tua giovinezza
perchè pensi che tanto non riusciresti ad avere comunque una
vita sociale soddisfacente...-
-Magari le mie capacità sociali non sono come quelle degli
altri, ma ho sempre fatto del mio meglio e ne sono soddisfatto. Forse
il me che prenderà il mio posto se ne scorderà e
penserà che non ho fatto abbastanza, ma ripeto, sono
problemi suoi. Tutte le decisioni che ho preso sono state fatte per dei
motivi.- disse assumendo lo stesso sorriso triste della ragazza.
-Vorrei che almeno tu lo tenessi a mente...-
“...Perchè suona tanto come la dichiarazione di
qualcuno che morirà da un momento all'altro?!”
cercò di sfuggire alla malinconia assorbita da Leshawna.
-P-poi i discorsi sulle crisi di mezza età sono senza
senso!- dichiarò Harold ridendo nervosamente, poi
sospirò e tornò serio. -Temo che alla fine il
problema non siano le decisioni prese. Semplicemente si avverte il
tempo che passa e si vorrebbe tornare indietro o si idealizza il
passato e si pensa di essere stati meglio a prescindere.-
-La tua solita arroganza. Parli di qualcosa che non hai mai
sperimentato.- la ragazza lo criticò bonariamente, ma con un
quantitativo preoccupantemente basso di energie. -Sei un po' strano
quando parti di te stesso del futuro o te stesso di un'altra dimensione
come se parlassi di persone differenti da te...- osservò
Leshawna riassorbendolo nel suo umore melanconico.
“Perchè mi sento come se il me stesso di ieri
fosse morto e io fossi nato solo questa mattina nonostante abbia dei
ricordi degli Harold precedenti... è come se non riuscissi
più a riconoscermi nei ricordi.
Chi è quell'uomo dalla postura storta con i capelli rossi e
gli occhiali? Perchè ha fatto quelle cose? Cosa provava
mentre le faceva? Perchè le sue reti neurali insistono su
Leshawna? Se quello di prima non c'è più ed io ho
i suoi ricordi, anche io scomparirò e il me stesso del
futuro si ritroverà una versione annacquata dei miei
ricordi?” Harold si trattenne dal ridere. “E' solo
colpa della mia instabilità emotiva! Devo tranquillizzarmi e
non pensarci più. Tutto si sistemerà senza
nemmeno che me ne accorga!” alla fine il ragazzo emise un
flebile verso vagamente somigliante a una risatina. “Si
risolverà tutto perchè morirò
lasciando il posto ad un Harold meno difettoso e tutto questo
avverrà, senza che né io né lui ce ne
accorgiamo...”
Una mano gli si posò sulla testa. -Harold, è
tutto ok?- chiese Leshawna. Era preoccupata ma non sembrava
più malinconica e indebolita, aveva riacquistato il
controllo. Un instante dopo si ritrassero entrambi.
“Giusto! Sto pensando troppo a me! Devo pensare ai problemi
di Leshawna per scappare dai miei, è uno scambio equo di
favori.” riprese il controllo del respiro. Gli sembrava di
star scappando da qualcosa che lo prendeva per la gola e cercava di
risucchiarlo al suo interno. Se si concentrava, aveva l'impressione di
poter avvertire il fiato della bestia sul collo. “Devo
mostrare più contegno, altrimenti lei non
prenderà più sul serio!” si
rimproverò. “Però... preoccupandosi per
me è tornata più simile alla Leshawna che
ricordavo... Forse il mio compito è questo?” Si
schiaffeggiò mentalmente. “Che idea
idiota!”
-Scusa se ti ho fatto preoccupare, stavo avendo dei terribili crampi al
tendine del piede.- Harold decise di usare come capro espiatorio una
sensazione che Leshawna conosceva e che trovava molto dolorosa. Come
previsto, la ragazza empatizzò istintivamente e almeno
apparentemente si distrasse dall'indagare oltre. -Comunque, io ti ho
detto come la penso e perchè ho preso la decisione di
assumermi la responsabilità della tua gravidanza, ma cosa
pensa la Leshawna del presente a riguardo? È quella la cosa
veramente importante, non cosa temi di pensare in futuro...-
“Non mi hai parlato di una mia eventuale crisi di mezza
età anticipata perchè temevi che fossi io ad
averla, non è così?”
-Non saprei spiegarmi nel tuo modo strano...- sbuffò
Leshawna.
-Uhm... Tranquilla, non mi aspetto questo...- Harold si rese conto che
non aveva mai realmente saputo cosa ne pensasse Leshawna della
situazione. La considerava una persona molto razionale al di
là degli scatti d'ira. Quindi si era limitato a dare per
scontato che sapesse quel che faceva. Inoltre dopo che lei aveva
scoperto di essere incinta, era diventato molto difficile parlare della
situazione con tranquillità e lucidità.
-In realtà mi sembra inutile parlarne, tanto per abortire
è tardi.- disse Leshawna.
“...Ok.” non era così stupito o
sospettoso per la risposta, era sempre stata piuttosto pessima a
spiegarsi quando era un minimo nervosa. -Non è corretto.-
disse Harold con calma. Per un attimo ebbe l'impressione che quel tono
la irritasse. -Potresti decidere di affidare il bambino a qualcun
altro... I tuoi genitori sono ancora giovani e tua madre era
interessata...-
-Dovrei scappare il più lontano possibile da loro in caso!
Sarebbe piuttosto ridicolo e imbarazzante crescere con i nonni e nel
mentre avere una madre incapace...- farfugliò imbarazzata -E
perchè quella donna parla di queste cose con te?!- si
sfogò.
-Uh, vediamo... Forse perchè non eri rintracciabile?!-
rispose Harold cercando di mantenere un tono neutro e fallendo
miseramente.
-Ah... è successo durante la mia latitanza, ok...-
mormorò la ragazza irrequieta.
-Inoltre... in realtà...- Harold sospirò. -Anche
mia sorella sarebbe interessata. Lo fa per me.- confessò.
-Mi ha detto che se mi occupo di Riff e della casa a tempo pieno,
può tenere me, il bambino e Kunoichi.- Lui e la sorella
avevano parlato dell'eventualità che Leshawna non volesse
occuparsi del bambino quando la ragazza era ancora scomparsa e Harold
si era stabilito in casa sua. Celia per rassicurarlo che non sarebbe
stato un disturbo gli aveva rivolto un'espressione particolarmente
divertita e quasi sadica; “Non preoccuparti, fratellino. Ti
metterò a lavorare molto duramente, non avrò
pietà...”
Quando Harold le aveva fatto notare che poteva essere un problema per
la privacy sua e di suo marito, l'espressione della donna si era
ammorbidita. “Abbiamo un bambino di quattro anni,
è molto più facile avere privacy con te che ci
badi. Ha anche cominciato a svegliare te di notte e non noi!”
aveva aggiunto ghignando.
-Bene, quindi si rischia la faida familiare? Sapevo che poteva andare a
finire così... Da un punto di vista giuridico sembra un
inferno!- disse Leshawna. Harold e sua madre, da un punto di vista
caratteriale erano molto compatibili. Ma nonostante la donna lo
considerasse un bravo ragazzo anche intelligente, lo vedeva come poco
più che un bambino. Probabilmente non sarebbe stata
d'accordo nel lasciargli l'infante se Leshawna si fosse tolta
dall'equazione e Leshawna era d'accordo, Harold era troppo piccolo ed
emotivo.
-E' per evitare una faida che hai deciso di tenerlo?- le chiese Harold
con tono calmo, ma sguardo indagatore. Lei lo osservò con
serietà ma non sembrava interessata a rispondergli. -Ci sono
altre due incognite...- aggiunse Harold per continuare quel tragicomico
quadro della situazione. -Tuo padre non so se è o meno in
accordo con tua madre...-
-Lo sarà, tendenzialmente la segue a ruota.- disse Leshawna
interrompendolo, poi lo lasciò continuare.
-Mentre il mio... Beh, è inutile parlarne! Non è
che lui possa decidere così a caso di diventare il tutore di
tuo figlio... ma mi da comunque fastidio!- ammise innervosito -Cosa
diavolo sarebbe? Una specie di tentativo di avere una seconda
possibilità? Con me? Insomma... tutti commettiamo degli
errori, però... Era un errore? Lui lo considerava un errore?
Perchè a me sembra che le nostre strade si siano divise
molto pacificamente, mica sono arrabbiato! ...Mi manda davvero in
confusione!-
-Mi sono persa, il soggetto era tuo... padre?-
-Lasciamo perdere.- sbuffò Harold.
-Comunque non devi preoccuparti, ho deciso io di tenere il bambino.-
disse Leshawna cercando di apparire sicura di sé come al
solito. -E' solo che inevitabilmente ho le mie preoccupazioni e mi
sento nervosa e... ah...- sospirò perdendo quell'apparenza
che si era costruita. -Quanti anni ha secondo te, Mini-Courtney?- gli
chiese con serietà.
-Forse quattro, massimo cinque... cosa c'entra?-
-Quindi Courtney l'ha avuta fra i diciassette e diciotto anni...
Courtney, quella tutta perfettina, con tutti i suoi progetti rigidi e
immodificabili da perfettina... E' rimasta incinta a
quell'età eppure sembra che in qualche modo se la cavi...-
osservò irrequieta. -N-non che goda delle disgrazie altrui!
È-è che... intendevo...-
-Beh, Courtney mi è sembrata tranquilla e visivamente in
salute. Se proprio lei che ti sembra incompatibile con una
maternità prematura se la sta cavando dovresti essere
più fiduciosa, no? Possiamo farcela pure noi, no?- le disse
cercando di tranquillizzarla.
-Col cazzo! Mi sento ancora più inadeguata... ho la
sensazione che possano farcela tutti tranne me!-
-Sai che è molto irrazionale tutto ciò? Non sei
nella testa di Courtney e non c'eri neanche durante la sua gravidanza.-
ebbe di nuovo l'impressione che il suo tentativo di essere calmo e
razionale la irritasse. “Io non so che altro fare!”
si sfogò Harold internamente.
-Grazie della notizia! Non sono scema, ma... N-non mi aspetto che tu
capisca. A te piaceva badare a Riff quando era appena nato e passavi
molto tempo appresso a lui e tua sorella... Infatti, svenimento
iniziale a parte ti sei adattato spaventosamente bene alla notizia
della mia gravidanza! Per te sembra facile adattarti a qualunque cosa!
N-non fraintendermi! Ti ammiro per questo, eh!- la ragazza si corresse
per non sembrare aggressiva nei confronti di Harold.
Lui sembrava a disagio, poi le sorrise nervosamente.
-Leshawna, in realtà c'è stato un...
fraintendimento, diciamo. Io sono diventato consapevole della tua
gravidanza, lo stesso giorno in cui tu ne hai avuto la conferma. In
realtà quando ti sei decisa a parlarmene, io avevo
già avuto già avuto una settimana di tempo per
riflettere sulla cosa e adattarmi all'idea.- ammise il ragazzo.
Leshawna era molto guardinga. -Come... Come diavolo l'avresti
scoperto?-
-Beh. Hai gettato il test nel sacchetto per la raccolta differenziata
della carta! Mi ha fatto venire un colpo, temevo che fossi impazzita e
ci avessi gettato un termometro! Poi l'ho tirato fuori e la
realtà era molto peggio di ciò che pensavo! Non
riesco a spiegarmi la cosa se non pensando che desiderassi essere
scoperta inconsciamente.- raccontò Harold quasi divertito.
Leshawna voleva sotterrarsi. Non poteva credere di essersi fatta
scoprire così facilmente, ma aveva ricordi molto confusi dei
minuti successivi al test di gravidanza, per lei era stato traumatico.
-Però volevo che fossi tu a darmi la notizia,
così ho aspettato... e aspettato... e aspettato ancora
mentre tu ti comportavi come se nulla fosse. Ho anche rimuginato
parecchio nel mentre, sul perchè non volessi dirmelo...-
Harold si interruppe come se ci fosse qualcosa di cui non voleva
parlare.
Leshawna sbuffò e mise le braccia conserte. -Quindi, sei
davvero capace di simulare uno svenimento alla fine.-
Harold guardò verso il basso con aria indecisa. -Non
è esattamente così, Leshawna.- tornò a
guardarla negli occhi. -Fingere uno svenimento non è fra le
mie doti. In realtà, dopo un po' di giorni in cui non
sembravi intenzionata a dirmi nulla, ho cominciato a pensare che il
motivo era che il bambino non era mio. Ma volevo comunque che fossi tu
a rivelarmelo e che fossi sincera con me... Per cui è stato
contemporaneamente un sollievo e una sorpresa quando hai attribuito a
me la paternità. Ma in quel momento l'eventualità
che trovavo più probabile e a cui mi stavo preparando era
un'altra, così non ho retto lo shock emotivo e sono svenuto
davvero...-
-Ah?- Leshawna cominciava a sembrare arrabbiata. -Grazie della
fiducia!- disse sarcasticamente mentre cercava di
trattenersi. “Bastardo, bastardo... hai così poca
fiducia in me, bastardo?” -Ma ti è bastato che io
non ti dicessi di essere incinta di un altro, per fidarti?- lo prese in
giro mentre le sue labbra si piegavano in una smorfia aggressiva. Si
sentiva molto accaldata e le interiora sembravano contorcersi nel suo
ventre.
-Mi fido del fatto che tu sia genuinamente convinta che la causa della
tua gravidanza sia io. So che non mi mentiresti su una cosa simile.-
ribattè lui freddamente.
-Ah. Quindi pensi di non essere la causa ma che io ne sia convinta?-
disse Leshawna, arrivando alla sua conclusione con le mani che
tremavano per la rabbia.
Il ragazzo serrò la mascella. Cercava di rimanere razionale
e calmo, ma non riusciva a dire niente.
-M-ma che cazzo...- balbettò Leshawna. Si sentiva furiosa,
moriva di caldo e aveva la muscolatura irrigidita ma non poteva
percuoterlo. Aveva moltissime cose da dirgli, ma istintivamente
stabilì che la priorità doveva essere trovare un
modo per fargli male. -Mi fai profondamente schifo! Quindi saresti
così debole da tenerti una donna che ti tradisce e un
bambino che non è nemmeno tuo?!- disse schernendolo
ferocemente.
Harold rimaneva bloccato e con le labbra serrate, ma respirava dal naso
in modo veloce e pesante.
-Mi rendi anche difficile litigare!- continuò Leshawna
gesticolando come se dovesse colpirlo da un momento all'altro. -Rischi
di piangere, poi di avere un attacco d'asma, alla fine di rovesciare
per lo stress! O non riesci a dire una parola o non si capisce un cazzo
di ciò che dici! S-sei... sei...-
-Vuoi stare zitta?!- rispose Harold respirando affannosamente. Nel suo
scattare in piedi aveva rovesciato la sedia per sbaglio, ma la gatta
anziché scappare spaventata dal rumore, si
avvicinò per osservare la situazione insolita.
Harold ci mise diversi secondi per riuscire a dire altro in modo
comprensibile, ma Leshawna gliene diede il tempo. -E' grazie alla mia
debolezza che puoi stare qui! Ti fa schifo? A-abbi la
dignità di andartene!- nonostante sembrava dover crollare da
un momento all'altro, per un attimo il ragazzo riuscì ad
intimorirla.
-Perfetto! Tanto stare con te è un inferno! Non capisco come
sia riuscita a sopportarti per...-
-Vattene! Fai le valigie e vattene!- il ragazzo la interruppe
ripetendolo. “Vattene, vattene, vattene...”
continuò a mormorare ossessivamente nascondendo il volto
sbiancato fra le mani.
Leshawna sentiva il bisogno di prenderlo in giro, ma venne interrotta
da Kunoichi che miagolava tirando la gamba di Harold, come se cercasse
di attirare la sua attenzione per chiedergli il motivo di quel
comportamento anomalo.
Distratto dalla gatta, il ragazzo non riuscì più
a mantenere la rigidità e cominciò a singhiozzare
e lacrimare.
Presa dalla foga, Leshawna stava per dargli una manata ma si
bloccò in tempo con la mano alzata davanti alla faccia del
ragazzo. Lui sembrò disorientato e amareggiato.
-Eh...- sospirò Leshawna. Odiava fino alla follia le persone
che frignavano per fare le vittime durante i litigi, ma non poteva e
non voleva colpirlo. “Sei tu che ti sei comportato di merda!
Non io... finiscila!” non lo disse, non poteva ammettere di
essersi sentita ferita.
Harold cercò inutilmente di darsi un contegno, ma
balbettò. -L'amore può spingere a comportamenti
stupidi, ma tu non puoi capirlo! Sei sempre stata con me per inerzia...
Ti conveniva e basta... e non avevi nessun altro...-
-Ah sì? Come farei a tradirti se non avessi nessun altro,
eh? E cosa vorresti dirmi? Che hai accettato un presunto tradimento per
amore?- “Bugiardo! Non lo accetteresti se mi amassi, ma non
dubiteresti neanche di me!” -Non è amore,
è solo demenza e desiderio di umiliarsi!-
-Te l'avevo detto...- disse il ragazzo con una flebile risata
disperata. -Tu non puoi capire.- si voltò staccando la gatta
dalla gamba. -Fai le valigie e vattene.- ripetè un'ultima
volta singhiozzando, poi si chiuse in bagno.
Kunoichi cominciò a prendere a pugni la porta come se si
fosse offesa. Leshawna bussò con forza, istintivamente
sentiva il bisogno di angosciarlo col rumore. Invece a spaventarsi fu
Kunoichi che si gonfiò tutta e cominciò a
soffiarle. Leshawna la imitò e partì una sorta di
strana gara tra le due che venne interrotta da Harold:
-Vuoi direttamente un'ascia per bussare?!- esclamò Harold da
dietro la porta.
-Non sono il lupo cattivo! E poi che razza di reazione è
chiudersi in bagno?!-
-S-sei capace solo di criticarmi? Che persona triste!-
-Guarda che non puoi occuparmi il cesso!- per tutta risposta, Harold le
fece arrivare le chiavi attraverso la fessura sotto la porta. -Idiota!
E se io non volessi farti più uscire di la?!-
-Son cazzi miei! E poi, posso uscire quando voglio!-
-Sicuramente!- Dopo aver dato un'ultima botta con la mano, Leshawna se
ne andò. Il suo istinto sadico e vendicativo attendeva
impazientemente che Harold cominciasse a supplicarla disperatamente di
farlo uscire dal bagno. Era come se la sua anima stessa avesse bisogno
di quella scena. “Che idiota... Perchè mi ha dato
la chiave mettendosi in questa situazione? Non riesco ad
accettarlo!” pensò con amarezza. “In che
altro modo pensa di usci... Cazzo, la finestra del bagno!”
Angolo dell'autrice:
Salve a tutti, mi scuso come al solito se non riesco a pubblicare
più velocemente.
Spero che i punti di vista e le reazioni dei personaggi siano
comprensibili anche se manca qualcosa. Descrivere pensieri e sensazioni
irrazionali è complicato, ma spero di riuscirci almeno un
po'.
Mi auguro che questo capitolo risulti di vostro gradimento.
È ironico e accidentale che sia stato pubblicato proprio a
San Valentino.
In realtà dovevo arrivare a questa parte della storia prima,
ma sono pessima a prevedere la lunghezza dei capitoli pur sapendo cosa
devo inserirci inoltre lasciare Roza in vita mi ha rallentato, ma ho
preferito gestirla in questo modo.
Vi ringrazio per la lettura, spero possa risultare piacevole.
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Capitolo 14 *** Alien ***
La mano di Leshawna tremava al punto che che ebbe difficoltà
ad inserire la chiave arrugginita nella serratura del bagno. Per un
attimo perse la pazienza e pensò di sfondare la porta
“E se si spaventasse e si buttasse davvero dalla finestra?!
Modi diplomatici, devo avere modi diplomatici...” si disse
Leshawna cercando di mantenere la calma.
Ma entrata nel bagno vide che la finestra era già aperta e
del ragazzo rimanevano solo scarpe e calze lasciate sul pavimento.
Corse a controllare, ma guardando in basso attraverso la finestra,
fortunatamente non vide nessun corpo spiattellato, così
potè riprendere a respirare.
“Se Harold si è sbarazzato di scarpe e calze,
forse gli servivano i piedi liberi per arrampicarsi
meglio...” affacciandosi guardò verso l'altro e
potè notare i piedi scalzi di una persona che sembrava
sedere sul tetto del suo condominio. “Quella sottospecie di
lemure!” -Chiamo i pompieri!- urlò per avvertire
l'arrampicatore, le cui gambe ebbero un tremito per la sorpresa. -Tu
stai fermo lì! Prova a buttarti e ti do fuoco mentre sei
ancora agonizzante a terra!-
-Ma ti ascolti quando parli?!- esclamò Harold. -Sei di una
violenza ridicola!- disse mettendo tutto il corpo sul tetto e sporgendo
solo la testa.
-Come altro devo scoraggiare un'aspirante suicida se non col dolore
fisico?-
-Ma sei cretina?! Secondo te faccio tutta questa fatica a salire per
poi buttarmi?! Volevo solo starmene solo e tranquillo in un posto per
te irraggiungibile, scema!-
Leshawna stava per rispondergli poi si bloccò “Che
voglia o meno ammazzarsi è indifferente. Se lo faccio
agitare troppo farà sicuramente qualcos'altro di molto
stupido!”
Si ricordò di quando durante un'ora di educazione fisica,
Harold era stato fatto salire sulla cima del quadro svedese.
L'insegnate aveva cominciato a dargli indicazioni incomprensibili su
come doveva scendere durante l'esercizio e alla fine, Harold, frustrato
e imbarazzato dallo stare sull'attrezzo sotto gli occhi di tutti mentre
non capiva niente, si buttò da circa quattro metri di
altezza per poi fuggire dalla palestra dopo essersi guardato attorno
con aria agitata.
“Questi sono decisamente più di quattro
metri...” pensò Leshawna spaventata mentre con gli
occhi seguiva la distanza fra la sommità e la base
dell'edificio. “Con calma... devo tenerlo buono lì
e chiamare i pompieri...” pensò angosciata mentre
cominciava a sentire dei rumori. Vide altri condomini affacciarsi a
finestre e balconi attirati dalla loro litigata.
-Oh no... un altro che vuole ammazzarsi? Ma cos'ha che non va questo
condominio!?- si lamentò un uomo mentre altri osservavano
Harold impietriti e qualcuno tirava fuori un cellulare, forse per
chiamare aiuto o filmare il ragazzo.
-Signor depresso! Che cosa ci fai la?- chiese con tono curioso il
ragazzino dai capelli viola vicino di Courtney facendo bisbigliare
altri che basandosi sul nomignolo cominciavano a trovare sempre
più plausibile che Harold intendesse buttarsi.
-Il maialino con i capelli viola non era amico anche dell'altra
aspirante suicida? Ma non è che è lui a portare
sfiga?!- disse una voce non identificata.
Deglutendo, Leshawna cercò di osservare Harold. Anche a
distanza, aveva la brutta impressione che il suo viso fosse arrossato e
i movimenti della testa le sembravano preoccupantemente nervosi.
Proprio come temeva Leshawna, il ragazzo sentendosi troppo osservato
cominciò a calarsi giù dal tetto riscendendo la
grondaia e aiutandosi ogni tanto con i cornicioni sottostanti come
appiglio.
“Scusate, scusate...” bisbigliava timidamente
appoggiando i piedi sulle ringhiere del balcone di un tizio che lo
fissava come se avesse a che fare con un alieno.
Leshawna si rifiondò dentro accovacciandosi sul pavimento
del bagno e tappandosi occhi e orecchie.
“Non voglio più saperne niente di questa storia!
Non voglio essere qui! Non voglio conoscere Harold! S-se me ne fossi
tenuta alla larga a scuola... s-se non avessimo mai avuto una
relazione, se non fossimo mai neanche diventati amici, potrebbe
ammazzarsi e non mi sentirei dispiaciuta... V-voglio tornare
indietro!” cominciò a ripersi terrorizzata.
“Però... Io gli volevo bene... a cosa è
servito?”
Le sembrò di stare in quella posizione per
un'eternità. Qualcosa le stava toccando la spalla ma per un
po' non ci fece caso, poi si sentì tirare il braccio
così spalancò gli occhi.
-Così come sono salito potevo anche scendere... era tutto
calcolato e compatibile con le mie abilità...- le disse con
freddezza il ragazzo rientrato dalla finestra. Aveva tolto gli occhiali
per limitare il contatto visivo e non aumentare l'imbarazzo. -Devi
ancora andartene. Hai tutto il tempo, ma vattene...- aggiunse cupamente
e uscì dal bagno.
Leshawna rimase ancora qualche secondo accovacciata cercando di
riprendersi. “E' tutto a posto, è intero... No!
Col cazzo che è a posto!”
Presa nuovamente dall'energia si alzò per inseguire il
ragazzo che era tornato al tavolo a studiare cercando di fingere che
fosse tutto normale.
-Cosa avevi in mente?!- esclamò Leshawna mentre Harold
cercava di ignorarla. -S-stare con te è sempre stato come
avere a che fare con una persona che si punta contro un coltello mentre
corre, col continuo rischio che cada e si infilzi! Sei una mina
vagante!- farneticò la ragazza cercando di trasmettergli
l'immagine e la frustrazione che sentiva.
-M-ma davvero?!- Harold balbettò -Beh, stare con te invece
è come essere inseguito mentre mi punto contro un coltello!
Se sei davvero preoccupata per me, perchè fai di tutto per
ferirmi o spaventarmi?! Allora signorina “ti do fuoco mentre
sei ancora agonizzante”?-
-Perchè mi esaurisci!- rispose inizialmente aggressiva.
-N-non capisco come gestirti e...- “Non capisco come frenare
le mie emozioni...”
-Nessuno ti ha chiesto di gestirmi! Ma in fondo hai ragione... Povera,
povera te! Quindi vattene!- le ripetè esasperato per poi
tornare con gli occhi fissi sul libro.
-Lo farò!- disse Leshawna andandosene in camera da letto. Ma
la sua testa non riusciva a fare mente locale per capire cosa dovesse
prendere e dove dovesse trovarlo mentre il suo corpo stava continuando
a darle idee stupide del tipo “Devo prendere a calci il
muro!” ma Leshawna si era già quasi rotta un piede
una volta cedendo a quel particolare tipo di bisogno fisico.
Si sentiva molto accaldata e confusa. Dovette stendersi per evitare di
perdere l'equilibrio. “Perchè il mio corpo non fa
altro che tradirmi?! Come ci sono finita in questa situazione?
Andarmene è ok... dovevo farlo prima... non mi sarei mai
dovuta trovare qui in realtà...” era abbastanza
imbarazzante accorgersi che inizialmente non aveva pensato che Harold
le stesse davvero chiedendo di sloggiare. Pensava fosse uno sfogo
temporaneo e lei l'aveva assecondato perchè sarebbe stato
imbarazzante mostrare di voler rimanere e allo stesso tempo dicendo che
non le importava di andarsene aveva più
probabilità di ferire efficacemente Harold. “E'
lui che mi ha fatto arrabbiare però... C-Cristo... divento
davvero infantile quando mi arrabbio!” pensò col
cuore in gola, ma avrebbe preferito spararsi ad una rotula piuttosto
che piangere.
“Voglio andarmene davvero... non è che mi senta
così perchè non voglia farlo...” Non si
stava affatto sentendo meglio, cominciò a temere che non
sarebbe riuscita a fare le valigie a breve e più se ne
rendeva conto più si sentiva indebolita, ma allo stesso
tempo, più aveva fretta di andarsene. Sarebbe stato
umiliante non essere subito pronta senza una buona scusa.
-Scusa Harold ma ho la nausea, per ora non posso prepararmi!- disse ad
alta voce cercando di mettere in scena un tono il più
menefreghista possibile.
Ma il ragazzo entrò nella stanza e la fissò con
freddezza come volesse analizzarla. Leshawna si sentiva a disagio,
quasi atterrita, ma cercò di non darlo a vedere.
Harold le prese un polso per accertarsi del battito. -Capisco... se
l'avversario lascia la zona, dovresti avere il tempo di
tranquillizzarti e sentirti meglio...- sussurrò fra
sé e sé con una voce flebile ed inespressiva.
-Vado a fare una passeggiata.- esplicitò formalmente ma
arrivato sulla soglia della stanza ebbe un tremito e si mise a ridere.
-Posso persino toccarti... Complimenti. Era così tanto tempo
che non riuscivo a provare una rabbia così genuina, ma tu ci
sei riuscita! G-grazie!-
Leshawna rimase interdetta per un po' dopo che se ne fu andato. Pur
sapendo che ridere potesse essere una reazione normale allo stress era
estremamente incerta sull'effettivo umore di Harold, conoscendo quella
strana creaturina, quel “grazie” poteva anche
essere sincero.
Ma pensare di non essere l'unica completamente esaurita la faceva
sentire un po' meglio.
“Si sarà ricordato di rimettersi le scarpe?
È sbadato...” si chiese per un attimo, poi
sospirò cercando di fregarsene di quella persona.
Alla fine Leshawna non era riuscita a muoversi granchè quel
giorno, ma aveva sviluppato uno strano indolenzimento muscolare per
tutto il corpo.
Ad un certo punto si era addormentata senza accorgersene, oppure aveva
perso i sensi, non ne era così sicura.
“L'importante è che non se ne accorga Harold e non
mi chieda altri controlli...” pensò risvegliandosi
un po' stordita. Fuori era buio. Dalla porta della stanza rimasta
aperta intravide Harold che camminava e le gettava un occhio -Lo
sapevo...- lo sentì bisbigliare fra sé e
sé guardandola come un esperimento che aveva seguito le
previsioni negative. -Puoi prepararti domani...- le disse neutrale.
Leshawna voleva sotterrarsi ma si mise in piedi e controllò
il cellulare. “In che senso solo le tre
inoltrate?!” a quel punto aveva disgraziatamente ragione
Harold. Non aveva senso andarsene in quel momento.
Mentre Harold provava a leggere un po' per distrarsi, sentì
dei passi. Sospirò. Anche Leshawna respirava in modo
inusuale e a giudicare dal suono disarmonico che produceva la sua
andatura o aveva gli arti indolenziti o era nervosa e si stava
costringendo ad avvicinarsi. “Farei a meno del suo sforzo!
Cosa diavolo vuole ora?!”
Rimase ferma dietro di lui per qualche istante senza parlare.
Sarà anche stato l'orario, ma era abbastanza inquietante.
“Magari vuole uccidermi. Può farlo? Glielo
permetterei? No, nonostante tutto non lo farebbe...”
-Credo che dovresti andare a dormire. Non hai una buona cera.- gli
disse con un tono forzato.
“M-ma che dice? Che fastidio...” -Non ho bisogno
del tuo senso di colpa, non è successo niente di grave... E
poi potresti stare peggio di me...-
La sentì sbuffare e andarsene. Era strano ma rassicurante
che gettasse la spugna così in fretta.
Dopo un po' sentì un rumore di zoccoli. Per un attimo
pensò di essere impazzito definitivamente, poi si
ricordò che ogni tanto fra le tre e le quattro del mattino
c'era chi faceva allenare o passeggiare i cavalli utilizzati per le
corse abusive che si tenevano ogni tanto in quella zona. Quello che non
capiva invece era perchè Leshawna fosse corsa a riempire una
pentola d'acqua e se la stesse portando in camera da letto.
Poi sentì il rumore dell'acqua che veniva rovesciata e
andando a controllare vide che Leshawna l'aveva buttata dalla finestra
probabilmente addosso al fantino.
-Sì!- esclamò Leshawna con un ghigno soddisfatto.
Sentendo imprecare in strada, Harold provò a far rientrare
Leshawna in modo che non venisse vista, ma era tardi. Stranamente il
fantino cambiò completamente tono quando la
individuò. -Oh ma sei soltanto tu, mia cara!- disse la
familiare voce di MacArthur.
“Sempre saputo che quella poliziotta fosse strana ma non mi
aspettavo fosse fra quelli che allenano i cavalli a
quest'ora...” pensò Harold. Nel mentre Leshawna
sembrava infastidita dal tono eccitato della poliziotta.
-Come facevi a sapere che avevo caldo e mi serviva una secchiata
d'acqua? Siamo proprio fatte l'una per l'altra!- dichiarò
MacArthur mentre Leshawna chiudeva il balcone con aria infastidita.
-Che sfortuna! Ma almeno mi sono levata una soddisfazione...-
-Quella di provare a provocare i fantini nella speranza che io subisca
qualche ritorsione?!- chiese Harold inacidito.
-No... è che mi svegliano sempre verso quest'ora,
così prima di andarmene volevo vendicarmi...- disse con tono
innaturalmente sommesso.
-Tu non ci pensi mai alle conseguenze delle tue azioni, non
è vero?-
-Mi conoscevi quando mi hai chiesto di stabilirmi qui. Ora piangine le
conseguenze! Però io... io volevo dirti... io...- Harold
sospirò prevedendo delle scuse che non era in vena di
sentire. -Io ti odio...- continuò lei per poi bloccarsi di
colpo e guardarlo con aria confusa. -No aspetta, non è
questo che volevo dirti, volevo... io... io ti odio.-
ripetè. Poi sospirò e assunse un'aria
più rigida. -Mi spiace molto per ciò che
è successo oggi, temo sia stato causato più da me
ma... ti odio comunque.-
Che fosse una delle sue solite prese in giro o un eccesso di
sincerità, non faceva differenza, Harold rise
nell'esasperazione. “Comincio a sembrare mia madre! Forse
prima era una donna normalissima ed è a causa di mio padre
che ha imparato a sghignazzare in risposta a qualunque
fastidio.” -Ah si? Chi se ne frega! Il sentimento
è reciproco! Anzi no... non sei abbastanza importante per
farmi provare odio...- “Dopo tutto hai solo dato la
coltellata finale alla mia psiche precaria, nulla di grave in
fondo!” -Ma mi piacerebbe davvero sapere, cosa cazzo ho fatto
per meritarmi il tuo odio?!-
-Hai tradito la mia fiducia, forse?!- ribattè amareggiata.
-Non so di cosa tu stia parlando.- disse con tono duro.
-Del fatto che io mi fidassi davvero molto di te! Anche se sapevo che
sei sempre stato un po' una serpe. Molto bravo a non essere diretto,
nascondere i tuoi sentimenti o a farli sembrare altro...-
-Si chiama diplomazia, Leshawna! Non tutti godono nel litigare, sai?!-
-A me non piace litigare!- affermò con amarezza. -E la tua
diplomazia mi sta benissimo! Ma non usata contro di me... avrei
preferito che mi avessi detto esplicitamente che sospettavi che ti
avessi tradito, invece no... Tu hai continuato a coltivare i tuoi film
mentali e tenerteli per te senza dirmi mai niente!-
-E quindi? Non capisco perchè questa cosa ti faccia uscire
di testa. Statisticamente parlando il tradimento è normale.
Non vedo perchè avrei dovuto fare dei miei sospetti un
dramma...-
-T-tu sei un idiota...- affermò incredula.
-No, sei tu ad essere incomprensibile! Non ti va bene quando sono
emotivo, mi liquidi come se non valessi niente o diventi
spaventosamente aggressiva! Ma ora, se tengo i miei pensieri per me,
sono il male?! Mi merito il tuo odio?! Fai pace col cervello!-
Leshawna che aveva tenuto per tutto il tempo le mani dietro la schiena
per evitare di gesticolare e spaventarlo, non riuscì
più a trattenersi e diede un calcio al piede del letto
urtando con forza le dita e l'osso della gamba. Dalla sua bocca non
uscì un lamento ma gli occhi le lacrimarono un po' in segno
di dolore fisico o forse frustrazione.
-S-senti, dovresti riposare. Non ne ricaveremo nulla dal discutere a
quest'ora. Ma se proprio devi sfogarti, utilizza qualcosa di morbido
che non ti danneggi se colpito, ok?- disse Harold irrequieto.
-E in tutto questo continua a non fregartene niente di me, ma rimani
fissato con la mia salute...-
-E' un con...-
-Non è un controsenso visto che sono incinta!-
-E' ovvio che mi interessi anche a te... Come persona tengo alla tua
incolumità, ma ci siamo lasciati! È normale che
cerchi di essere distaccato, stiamo pure litigando! Se non volevi che
il nostro rapporto cambiasse forse non dovevi mol...-
-Ma se è da quando hai scoperto che sono incinta che per te
sono diventata poco più che un contenitore!-
-Contenitore? Che diavolo dici?!-
-La verità! E non sei stato l'unico... Improvvisamente a
tutti importava solo di un bambino non ancora nato quindi la mia salute
era diventata ossessivamente importante! Il mio carattere fonte di
grandi preoccupazioni! E il mio umore avete cominciato a vederlo come
una bomba ad orologeria!- stava per dare un altro calcio alla rete
metallica del letto, ma riuscì a deviare la sua rabbia sulla
federa del cuscino che strappò.
-Tanto posso ripararla e non è poi così
importante...- commentò Harold fra sé e
sé. Leshawna, salita sul letto, lo guardò con
occhi lucidi di risentimento. Lei stava nuovamente impazzendo per un
caldo immaginario e subiva dei tremolii agli arti superiori e
inferiori. Si accovacciò in posizione difensiva.
Harold mormorò -Ecco...- animate dalla rabbia per Leshawna,
quel giorno le parti del suo cervello si erano mosse insieme come un
coro dandogli un'impressione di stabilità e chiarezza che
non sentiva da mesi ma ora che non era più certo di cosa
provare, la sua mente era nuovamente scissa in un caos a più
voci che cantavano contemporaneamente canzoni diverse. C'era chi ce
l'aveva con Leshawna, chi era preoccupato per lei, chi si sentiva
colpevole e chi voleva solo andare a dormire... -Era solo una tua
impressione. Alla tua famiglia e a me importa molto di te come
persona.- disse con fermezza, su quello erano
“tutte” d'accordo. -Mi spiace... suppongo che aver
creduto che mi avessi tradito possa avermi fatto comportare in modo un
po' distaccato senza che me ne accorgessi...-
-Ma davvero?! Che risvolto incredibile! Insospettabile! Assolutamente
imprevedibile!- gli disse con rancore e scherno tirandogli contro il
cuscino.
“Non fare marcia indietro! Si è comunque
comportata di merda! Diglielo, diglielo! È tutto un
tentativo di manipolarti!” diceva qualche voce infastidendo e
disorientando Harold. -Quindi... era questo il motivo per cui mi hai
abbandonato e hai fatto perdere le tue traccie?- “Non dire
così! Se vi siete lasciati per un malinteso rischiate di
avere ripensamenti e voler tornare sui vostri passi!” ad
Harold gelò il sangue pensandoci. “Non voglio! Non
va bene!”
-Eh... Credo di sì? In realtà sei stato tu a
mollarmi... Non ricordi? Mi hai chiamato furioso perchè non
mi ero presentata al matrimonio e hai detto che era finita quindi...-
-Cosa?! Come altro dovevo interpretare il tuo aver tagliato la corda se
non come un “Ti mollo” non verbale?!-
-Beh, dal punto di vista razionale ti do perfettamente ragione.-
confermò con rassegnazione e imbarazzo. -Ma io non funziono
così quando sono nervosa... e lo ero al punto da non
riuscire a presentarmi.- disse la ragazza leggermente sollevata
dall'ammissione.
-Tu però non hai insistito per chiarire!-
Leshawna sospirò -Beh, sarebbe stato ridicolo, no?-
-Se ti sei fatta fermare da questo, significa che in fondo di noi non
ti importava granchè!- le fece notare Harold con amarezza.
-Se non importava più a te, perchè doveva
importare a me?-
-Non riesci proprio a pensare che se non ho voluto indagare sul
sospetto di essere stato tradito, il motivo non era che non mi
interessi abbastanza, ma un altro, eh?-
-No, perchè non ha senso.- rispose lei con fermezza. -E poi
ho deciso di non fidarmi più di te, quindi zitto... tanto
non ti ascolto.-
-Hai la testa più dura della pietra lavica...- nonostante il
rammarico, nessuno dei due sembrava più interessato a
litigare per qualcosa di ormai perduto. “Non avrei le energie
per farlo. Sento che in questo momento potrebbe dirmi qualunque cosa,
ma non riuscirei ad arrabbiarmi...” era contemporaneamente
rassicurante e frustrante.
-A proposito di teste di pietra lavica... Sei ancora convinto che ti
abbia tradito?-
-Non ero convinto di niente... la tenevo in conto come
probabilità.-
-Non la tieni più in conto? Perchè?- lo
interrogò infastidita.
-Perchè è vero, sono io quello bravo o decente a
fingere di provare una cosa anziché un'altra. Tu una volta
che ti senti scoperta fai semplicemente schifo a negare! Cominci a
sparare cavolate con un tono imbarazzante e fai strane smorfie
involontarie. Invece quando oggi ti sei sentita accusata sei andata in
berserk... Quindi, o hai cambiato personalità o ho
preso un abbaglio io.- “Anche se continuo a trovare un po'
strano tempismo e modalità della tua gravidanza, ma mi stai
già incenerendo con lo sguardo, quindi eviterò di
chiedere...” -Scusa, non avevo un modo più gentile
di scagionarti.- aggiunse. “O forse sì, ma almeno
lasciami divertire un po'”
-Ok... proverò a interpretarle come scuse da parte tua.-
sospirò spostandosi nervosamente i capelli da davanti la
faccia. -E forse anche se in parte è colpa tua dovrei
scusarmi per averti addossato completamente la colpa di... No,
probabilmente anche senza di te e i miei familiari sarei comunque una
madre terribile...- ammise.
-A parte che mi sembra un po' prematuro stabilirlo, anche se fosse,
cosa c'entreremmo, scusa?- “Ho fatto male i calcoli, almeno
un po' irritato lo sono.”
-Non lo è.- disse seria e cupa. -Un genitore,
sopratutto quello che lo tiene all'interno per nove mesi, ha il dovere
di amare incondizionatamente il proprio mostriciattolo, no? Ma a me sta
già pesantemente sulle palle adesso! Lo detesto ogni volta
che sto male, sono nervosa o noto che qualcuno si sta preoccupando per
me non perchè io sono io, ma perchè contengo
un'altra persona! Che essendo non nata, quindi pura, fa istintivamente
più simpatia di un essere umano vivo da anni quindi di me...
E lo so che è immaturo e meschino! Sembro tipo gelosa di un
feto!- esclamò imbarazzata.
-No, Leshawna, aspetta...- Harold provò inutilmente a
intromettersi.
-Ma a meno che qualcuno non vada a tagliuzzarmi il cervello per
modificarlo non posso non sentire questa cosa! E s-sento di non avere
abbastanza pazienza, quindi che non riuscirò affatto ad
affezionarmi a quel coso che uscirà squarciandomi la pancia
o gli organi genitali...-
-No, Leshawna guarda, non siamo in Alien...-
-Ma secondo i tuoi libri di psicologia i neonati sono capaci di capire
se sono ben voluti o no e se non si sentono ben voluti crescono male
quindi... quindi è una tragedia! Non ho la minima idea di
come fare a fingere bene davanti ad un coso che per comunicare fa suoni
stordenti! Io li odio quei versi e vocette! Dovrò farmi un
auto-lavaggio del cervello! La mia vita è praticamente
finita...-
-Leshawna...- Harold perdeva sempre di più le speranze di
essere ascoltato.
-Non avrò più un secondo di pace quando
nascerà l'Alien!-
-Non piangere...-
-Non sto piangendo! Mi è solo entrata un po' di morte e
disperazione nell'occhio!-
-Infatti ti sta completamente oscurando la vista!- “Di solito
capirebbe...” era triste vederla così disperata e
spaventata. -E' normalissimo che tu abbia timori e sentimenti negativi,
ma non significa che detesterai in eterno l'Alien e che sarai una
pessima madre. Ti stai allarmando troppo in antic...-
-I miei timori non sono irrealistici!- puntualizzò irritata.
-No, ma la tua ansia...-
-Ho conosciuto qualcuna che è rimasta incinta durante le
medie, eppure sembravano abbastanza tranquille, mentre io che dovrei
essere...-
-Non ti viene in mente che alcune potrebbero essere troppo piccole, che
impressione, per prevedere determinati problemi e il peso della
situazione? Lo fai apposta?!- chiese esasperato. “Non ha la
testa così bacata... Mi starà sottoponendo dei
pensieri assurdi per avere una conferma esterna che siano assurdi, non
ci sono altre spiegazioni... vero?”
-Fare a posta che? Vuoi forse insinuare che ci sia qualcosa che non
vada con la frequenza di adolescenti madri nel mio quartiere?- lo
fulminò con lo sguardo ma gli parse una provocazione poco
sincera.
“Ma che c'entra?” aveva l'impressione che stesse
giocando con lui mischiando tutto ciò che le veniva in
mente. “Perchè? Si è sentita trascurata
e ora vuole che le dia corda?” l'ipotesi gli provocava una
sensazione strana. -Beh senza i dati, non posso dirlo.- rispose con
fredda pignoleria. -Ma in base alla mia visione che potrebbe essere
falsata dai fascicoli letti per mia madre e le visite a cui ho
assistito in particolare quando lavorava per il tribunale dei minori,
posso dire che anche se inizialmente non spaventata dalla
maternità, una madre adolescente potrebbe ritrovarsi
parecchi problemi e che in generale l'iniziale entusiasmo di una futura
madre non equivalga per forza ad una buona madre. Quindi dovresti
evitare certi paragoni cretini!-
-Almeno tua madre ha cominciato a pagarti per il tuo lavoro in nero da
segretario e assistente...-
-Io non lavoro in nero, assisto di tanto in tanto e purtroppo sono
anche inutile...- disse rammaricato, si sentiva impotente su
più fronti in quel momento. -Ma non stavamo parlando di
questo!-
-Lo so cosa intendi spiegarmi. Infatti anche se la stalker del tuo
amico basso del liceo sembrava avere un forte desiderio di
maternità, sarei molto preoccupata se sapessi che fosse
incinta...- ammise Leshawna, Harold tirò un sospiro di
sollievo. -Ma questo che significa? Che chi è terrorizzata
dalla maternità invece farà un ottimo lavoro come
figura materna?-
-Non... non ho i dati per dirlo...-
-Allora evita di parlare solo per cercare di convincermi che
andrà tutto bene!- lo rimproverò.
Harold sembrava abbattuto quanto lei. -E' vero, non capisco nulla...-
rispose lui invece di ribattere.
Leshawna si sentiva turbata da quella mancanza di reattività
così provò a infastidirlo -Sai, avevo deciso di
assecondare la stupida idea di mia madre sul matrimonio
perchè tanto la mia vita è finita e non
può andare peggio così. E nonostante tutto, tu
potevi essermi utile.- ma le venne naturale ammorbidire il tono. -Sei
sempre stato affidabile sotto diversi punti di vista...- “Ora
invece mi lascerai sola...”
Invece di provare fastidio per l'essere stato considerato un oggetto,
Harold si limitò a fare spallucce. -Tanto essere utile ad
un'altra persona è l'unica che mi fa andare avanti in questo
momento. Se dovessi vivere per me stesso e cercare qualcosa che mi
renda felice, vorrei solo chiudere gli occhi e non svegliarmi mai
più. O meglio, è l'unica cosa che finirei per
fare...- notando che Leshawna lo guardava atterrita, cercò
di correggere il tiro. -Non è una dichiarazione di intento
suicida, puoi stare tranquilla, ho troppa poca energia per avere certe
spinte. Era solo una constatazione... Ho sempre sonno e faccio sempre
più fatica a svegliarmi. Sembra che il mio cervello non sia
interessato a nulla e non provi piacere in nulla, l'unica cosa che lo
motiva a stare sveglio è fare le cose in funzione di qualcun
altro, io non conto più. Col tempo credo che il mio cervello
si riparerà, ma nel mentre, devo rendermi utile se non
voglio cadere in “letargo”
Ho anche un po' paura di dormire perchè non so se e come
aprirò gli occhi il giorno dopo. Infatti non so come il mio
cervello approfitterà del sonno per elaborare i nostri
scontri di oggi...- ma Leshawna continuava a guardarlo come se fosse
davanti a un fantasma. -Però quando è Justin a
parlare del suo cervello come un entità a parte lo trovi
carino...-
-Perchè lui è stupido...-
-E bello...-
-Non cambiare discorso. Penso che dovresti andare in terapia.- lo
avvertì cupa.
-Non mi fido dei terapeuti...-
-Rassicurante detto da uno studente di psicologia!-
Harold giunse le mani e abbassò il capo -E' che per ora non
posso chiedere aiuto esterno a persone o farmaci... fidati, ti
prego...-
-Non posso neanche affidarti un bambino se la tua salute è
così, beh... precaria e strana.-
-E' un ottimo segno che tu te ne sia accorta.- disse con un accenno di
sorriso, tristemente forzato -E' anche per questo che se riuscissi ad
ottenere l'affido condiviso, dovrei tornare a stare da mia sorella,
sotto il suo controllo... ma non credo ci sia da preoccuparsi. Nella
mia condizione è improbabile che qualcuno mi ritenga un
papabile tutore.- il ragazzo lo ammise guardando verso il basso.
Leshawna aveva difficoltà a mettersi nei suoi panni e capire
i suoi sentimenti. “Hai bisogno di concentrarti su qualcuno
che non sia tu e chiunque sia questa persona non fa differenza per
te?” pensò infastidita. “Non dovrei
prendermela se sei davvero messo così male, ma...”
Dopo essersene stato per un po' zitto a torturarsi nervosamente le
dita, Harold continuò. -Proverò comunque a
chiedere al padre di Trent qualche delucidazione su come dovrebbe
funzionare da un punto di vista legale... è avvocato,
ricordi? Probabilmente se Trent lo sapesse mi scoraggerebbe...
è gentile, ma sento di non piacergli e di sembrargli
ridicolo... è gentile ma in modo freddo. Ti sono sembrato
così anche io?- le domandò. Non ebbe bisogno di
una risposta, lesse un “si” nell'espressione della
ragazza. -Se vuoi dirmelo, tu che progetti hai?- le chiese cauto,
domande come quella tendevano ad innervosirla.
-Non so.- rispose con tono schivo.
-Come mai hai deciso di tenere il bambino? Forse all'inizio non eri
così disperata... Allora potresti...-
-Ero disperata.- disse con fermezza. -Ma t...-
-”T” cosa? Non provare a scaricare la colpa su di
me... Non potevi sapere la mia opinione, se sei tu ad avere problemi
con...-
-Non mi sarebbe interessata la tua opinione e non ho problemi con
l'aborto. Finchè non sono io a farlo...- “In
realtà se avessi pensato di abortire avrei evitato di
parlartene. Sei troppo emotivo perchè possa fidarmi delle
tue reazioni e proprio in quel momento non volevo rischiare di
perderti... ho sempre pensato che ci fosse qualcosa che non andava in
noi, ma eri una presenza importante per me... Mi sparo piuttosto che
dirtelo ora, bastardo!”
-...Ehi?- mormorò Harold. A giudicare da come la guardava,
lei doveva avere un'espressione piuttosto irrequieta.
“Maledetta la mia faccia...” -Intendo... Sono in
salute e sono mentalmente abbastanza forte da affrontare la gravidanza
quindi... beh, io sono io quindi devo farcela!- detto ad alta voce,
suonava stupido e infantile. -P-potrei essermi sopravvalutata ed
essermi messa in un guaio, eh?- si portò le mani al viso,
aveva la sensazione di sbriciolarsi. -Però alla fine non
sono una dodicenne, poteva andarmi peggio, quindi io non dovrei...-
-Togliti dalla testa le bambine incinta, per favore! Se si entra nella
logica del “c'è chi sta peggio, che diritto ho di
lamentarmi?” non se ne esce più e si finisce per
nascondere tutto i problemi sotto un tappeto senza risolvere mai un
cavolo! Inoltre chiunque, anche il più miserabile,
può pensare “Eh, ma c'è chi sta
peggio”- disse infastidito dell'eventualità di un
altro delirio senza via d'uscita. “Non è neanche
vero che tu sia così in salute... il tuo peso per il parto
potrebbe rappresentare un problema...” non lo disse ad alta
voce, non tanto per buon senso, ma perchè quel pensiero lo
spaventava.
-Hai ragione, ma ormai è fatta ed è inutile
parlarne, no? Cosa vorrò fare lo saprai a tempo debito... se
sopravvivrai...- disse lanciandogli un'occhiataccia.
-Non ho alcuna intenzione di morire, fidati.- le rispose abbozzando un
sorriso a quell'atteggiamento aggressivo ma familiare e quasi
rassicurante.
“Dovrei fidarmi? Forse una volta andata via, lasciando
passare un po' di tempo mi sentirò più serena...
Lontano da qualcuno che sembra sempre con un piede nella fossa...
potrei smettere di preoccuparmi per il mio... Harold.”
“Posso abbracciarti?” Leshawna sbattè la
schiena contro il muro sentendolo fare quella strana domanda. Non era
neanche sicura che fosse stata realmente pronunciata, forse era
un'allucinazione uditiva.
-Non hai più paura che possa ucciderti?- chiese con un
sarcasmo che si trasformò immediatamente in nervosismo.
-Non è mai stato quello il problema... comunque,
è per salutarti. Non so se domani sarò sveglio
per vederti.-
Anche se era un po' restia all'idea, Leshawna si alzò dal
letto e si lasciò toccare dal ragazzo. Lui era tremolante,
ma meno delle ultime volte in cui aveva provato a toccarlo.
L'instabilità di quella persona la mise terribilmente a
disagio, ma sentendo il respiro del ragazzo diventare più
calmo mentre si appoggiava a lui, di riflesso calmò anche il
proprio respiro. Erano stranamente tranquilli. Tanto che avrebbe potuto
addormentarsi in piedi utilizzando il ragazzo come appoggio.
“Strano... all'inizio mi sembrava di
disgustarla...” pensò Harold accorgendosi di
essere bloccato in una presa. Lei aveva sempre avuto un linguaggio del
corpo molto chiaro anche se a volte si contraddiva nel giro di pochi
secondi.
Sentì che la ragazza stava indirizzando molto peso su di lui
e un po' confuso cercò di guardarla in faccia
“M-ma... Aaaah! Si è addormentata!”
Harold sussultò gridando interiormente. Era un risvolto
strano e non sapeva come reagire. Poi sospirò e
pensò che poteva lasciarla riposare ancora per un po' in
quella posizione. Poi sarebbero tornati alla normalità.
Tanto lei se ne sarebbe andata. Non era il caso di sentirsi troppo
agitato per quella situazione. “Beh... almeno sarà
meno imbarazzante di quella volta che dopo esserci accidentalmente
sfiorati dopo aver litigato siamo scoppiati a piangere...”
era come se quella volta fosse avvenuto uno strano fenomeno di
trasmissione e amplificazione dell'umore tramite il tatto...
“In realtà per me non era stato così
traumatico... ma Leshawna continuò a sembrare irrequieta per
diversi giorni... sa essere eccessivamente orgogliosa.”
ricordò.
Si rese conto che per imitazione veniva anche a lui di assopirsi.
“No! Non posso! Tanto per cominciare cadremmo rovinosamente a
terra se mi appisolassi!”
Forse a causa dei leggeri sussulti di Harold, Leshawna alzò
gli occhi verso di lui con un'espressione carica di intento omicida
tipico di chi si è appena svegliato.
Resasi conto della situazione si allontanò lentamente e
Harold fece lo stesso.
Si dissero buona notte ed Harold uscì dalla stanza.
Dopo aver aspettato un po' che le passasse la nausea, Leshawna era
riuscita a fare le valigie.
Harold era steso sulla branda con gli occhi chiusi, ma a giudicare
dalle mani posizionate sul ventre a tenere il cellulare e le ginocchia
alzate, probabilmente era sveglio e aveva cominciato a fingere di
dormire sentendola uscire dalla camera. Dai segni attorno agli occhi
chiusi, sembrava che non avesse dormito proprio.
In parte Leshawna si sentiva sollevata di non dover parlare con lui.
Era un po' scombussolata dalla situazione del giorno prima e i ricordi
della notte erano confusi, ma non poteva cancellare la sensazione che
fossero accadute diverse cose stupide e imbarazzanti.
Ma la ragazza non riuscì ad uscire dall'appartamento e
guardò verso il ragazzo immobile con un po' di fastidio. Non
le piaceva essere ignorata.
Si avvicinò al suo corpo ignorando la gatta vicino a lui che
la guardava minacciosa, forse ancora offesa dal giorno prima.
-Io vado, ciao.- gli disse senza ricevere risposta così lo
baciò sulla guancia.
Il ragazzo scattò e si nascose sotto le coperte, dopo
qualche secondo le alzò appena per avere uno spiraglio per
guardarla storto mentre lei ghignava.
-Hai mantenuto le stesse modalità vendicative di una bambina
all'asilo...- sibilò Harold.
-E tu le stesse reazioni di una bimbetta d'asilo. Io sto andando...-
-Ok, ciao...- mormorò il ragazzo voltandosi dall'altra parte.
Angolo dell'autrice:
Lo scorso capitolo è capitato di San Valentino, questo
capita a Pasquetta... E' comunque passato troppo tempo! E mi scuso...
E' stato un altro capitolo difficile da scrivere ma spero che il
risultato possa piacervi.
Se avete qualcosa da dirmi, fate pure, le opinioni mi fanno piacere.
Intanto spero che abbiate passato una buona Pasqua, buona Pasquetta o
buon qualunque giorno sia quando leggerete questo capitolo. Grazie di
aver letto.
A presto!
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Capitolo 15 *** Famiglia... o ragnatela... ***
In quella fredda mattina domenicale non c'era nessuno in giro nel suo
vecchio quartiere.
Girare di nuovo dopo mesi per quelle strade sporche e dall'asfalto
crepato dava a Leshawna delle sensazioni contrastanti. Nostalgia in
parte, sicurezza data dalla conoscenza del luogo per altri aspetti, ma
era anche irrequieta all'idea che qualcuno potesse riconoscerla.
La donna aveva posteggiato in un luogo distante e girava con una
sciarpa rosso opaco che le copriva la parte inferiore del volto.
Portava i capelli raccolti sotto uno cappello impermeabile, grigio
molto scuro, somigliante nella forma a quelli stereotipicamente
utilizzati dai pescatori di lago e una lunga giacca anch'essa
impermeabile e in tinta col cappello.
Era ridicola, molto sospetta e per niente intimidatoria grazie anche al
suo rapporto stazza/statura medio bassa. L'ultima volta che si era
conciata in un modo simile era stato per una recita a cui l'avevano
costretta a partecipare in qualità di detective privato poco
raccomandabile in un contesto da noir.
In quell'occasione, Harold l'aveva definita un funghetto antropomorfo
molto incazzato e le aveva tirato la guancia per prenderla in giro.
La ragazza rabbrividì, in seguito sospirò.
Eradicare il ragazzo dalla sua testa sarebbe stato un processo lungo.
“Almeno questo aspetto ridicolo dovrebbe impedire a qualche
conoscente di riconoscermi...” Voleva la libertà
di un fantasma di muoversi senza essere vista, evitare con
facilità il prossimo se non aveva voglia, e negli ultimi
tempi non aveva mai voglia.
“A quest'ora di solito i miei sono addormentati...”
pensò salendo silenziosamente le scale del suo vecchio
condominio. Sperava di rintanarsi in quella che era stata la sua stanza
senza farsi notare. Sì, prima o poi i suoi
genitori si sarebbero chiesti come mai non era ancora arrivata e a quel
punto sarebbe dovuta saltare fuori ma voleva stare in pace per un po'.
Non aveva bisogno di cibo o acqua, le serviva solo un riparo per
pianificare con tranquillità le sue prossime mosse.
“Prossime mosse...” si sentì mancare
l'aria. Il polso le tremava e dovette aspettare qualche secondo per
poter infilare le chiavi e penetrare nella casa dei suoi senza farsi
notare.
Purtroppo appena varcata la porta sentì un urlo femminile.
“Dannata maniaca! Chi diavolo pulisce la casa alle sette di
domenica?!” pensò guardando sua madre con uno
straccio in mano che continuava a gridare non riconoscendola sotto il
suo incredibile travestimento.
Era sempre stata facile da spaventare, Leshawna ci si era divertita
molto quando era bambina a fare leva su questa debolezza della donna.
Leshawna sbuffò e si tolse sciarpa e cappello.
A quel punto la donna sorrise quasi commossa e le saltò
addosso abbracciandola.
La ragazza si sentiva in colpa, avrebbe davvero voluto condividere la
felicità di sua madre, ma... puzzava! Da quando aveva
memoria, Leshawna aveva sempre trovato l'odore della madre sgradevole.
Doveva essere colpa di qualche prodotto che utilizzava, ma in quel
momento il suo odorato era particolarmente sensibile e il suo stomaco
pure, così l'istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e
Leshawna si ritrovò a respingere con forza la donna per
salvarsi dallo scatenare il riflesso del vomito.
Inizialmente Lupe prese male la reazione della figlia poi
vedendola mentre cercava di riprendere fiato capì
che c'era qualcosa che non andava. -Tesoro, stai bene?!- chiese agitata
mentre Leshawna le gesticolava contro per allontanarla.
-PUZZI!- esclamò la donna più giovane e bassina.
-Eh... scusa ma hai addosso qualcosa che mi fa venire la nausea e
sai... vorrei evitare di rovesciarti addosso, eh eh...- disse
più pacata ma continuando ad allontanarla con le mani.
-No, per carità non rovesciare!- esclamò Lupe
passando lo straccio nervosamente
-Mi sei mancata anche tu...- Leshawna sospirò
improvvisamente triste. -Sono felice di vederti...- “Ma cosa
cazzo dovrei fare adesso che sono qua?” -Ma non abbracciarmi,
cazzo!- disse preventivamente cercando un po' di sdrammatizzare con un
tono non serio.
-Sei sempre delicatissima, vedo...- commentò la donna con
un'espressione di disapprovazione. Leshawna alzò le spalle e
cercò di andare nella sua stanza.
-Aspetta!- la donna la fermò. Anche se se lo aspettava,
Leshawna ebbe un sussulto, aveva una pessima sensazione. Lupe
continuò. -Vuoi parlare un po' con me?- disse amichevolmente
la donna sedendosi sul divano e facendole segno di mettersi accanto a
lei.
-No.- rispose Leshawna con un sorriso forzato. Poi guardando i delusi
occhi castani della madre, la ragazza si sentì costretta a
raggiungerla.
Quando, nonostante fosse evidentemente rigida e contrariata, Leshawna
fu seduta, la donna si rallegrò. -Hai fatto bene a chiuderla
definitivamente con Harold.- disse Lupe con un tono leggero.
Leshawna la percepì come una pugnalata agli intestini.
Sbuffò. Sapeva cosa voleva fare la donna, voleva denigrare e
sminuire la sua relazione e il suo ex pensando così di farla
sentire meglio. Capiva il ragionamento ma l'aveva sempre irritata quel
modo di fare.
Lupe aveva una specie di simpatia per il buffo e disgraziato ragazzo
che era il suo ex, così la donna si limitò a
qualche commento ridicolizzante ma bonario ma Leshawna dovette fare del
suo meglio per non risponderle male mentre lo stomaco le ribolliva.
“Mi sono arrabbiata abbastanza ieri, non posso farlo di
nuovo. Il mio corpo non c'è la fa più e non
saprei dove andare poi...” si disse mentre grattava delle
pellicine sulle dita.
Lupe le bloccò i polsi canticchiando nervosamente.
“STREGA!” esclamò internamente Leshawna
infastidita.
-Non mi sei mai sembrata molto innamorata di quel ragazzo. E se non si
è entusiasti almeno all'inizio quando lo si dovrebbe essere?
Restare incastrati un una relazione che parte già male
è una perdita di tempo, sei d'accordo?- la donna sorrise
fiduciosa ignorando, forse volutamente, il fastidio crescente di
Leshawna -Sì. Finalmente ti sei liberata del peso di quella
relazione inutile. Ora puoi ricominciare da capo e goderti la vita.-
“Con un mostro neonato?! Come?!” convinta che
parlarne avrebbe solo peggiorato il suo umore, Leshawna,
continuò a serrare le labbra, lasciando che il suo corpo
sfogasse la tensione facendo tremare le gambe che portavano il divano a
vibrare come se ci fosse un terremoto. “E poi che senso ha
parlare d'amore?! L'amore è una cazzata fantasy! Non esiste!
Mai provati quel tipo di sentimenti che mi sono stati descritti. Posso
trovare qualcuno eccitante! Posso volergli saltare addosso! Ma niente
sentimenti romantici! Non esistono! ...O forse esistono ma io ne sono
immune, porco schifo! Non che ci perda, tanto sono qualcosa di seccante
e temporaneo...”
-Eh, amore? Potresti smetterla di muovere le gambe in quel modo?
È a me che sta venendo la nausea ora...- disse Lupe, ma
Leshawna non le prestò attenzione.
“Però crescere dei mostriciattoli è
più comodo in due... Ecco! È a questo che serve
l'amore! A dare il tempo a tizio e tizia di legare! Ah, quindi sono
un'idiota...” le gambe della ragazza si fermarono stanche.
“Se non mi fossi mai fatta problemi per i miei inesistenti
sentimenti romantici e non mi fossi sentita a disagio per quelli di
Harold, questa relazione sarebbe potuta essere più
stabile... indipendentemente da come sarebbe andata a finire non mi
avrebbe lasciato così esaurita come adesso. O forse poteva
durare ancora un po' e in questo momento mi sarebbe potuto essere
d'aiuto... gli volevo bene... e insieme stavamo bene... più
o meno? Forse una volta?” la ragazza emise un sospiro
affannato. “I rimpianti non servono a nulla! Devo
semplicemente smetterla e cancellare questi pensieri dalla mia testa...
facilissimo! Come bere un bicchiere d'acqua! Acqua avvelenata...
Yeeeeeeh...”
-Tesoro, che hai?- era tipo la cinquantesima volta che la madre glielo
chiedeva ignorando che forse se non le rispondeva c'era una ragione.
“Sono una bomba ad orologeria, adorabile ingenuotta! E questo
tono piagnucoloso e preoccupato che hai non mi ha mai aiutata! Mi crea
ansia! Mi agita! Perchè in tanti anni non l'ha mai
capito?” -Niente, sono solo stanca, ho dormito poco.- disse
infastidita provando di nuovo a svignarsela.
-No, aspetta.- con un tono giulivo la donna si alzò e la
spinse nuovamente a sedersi.
“Cristo... è sicuramente convinta di stare per
dire qualcosa che mi tirerà su... e invece mi
farà rodere il fegato come al solito! Va sempre
così! Siamo incompatibili! Perseverare è
diabolico, no? Perchè questa donna insiste sempre
nell'intrappolarci nelle stesse identiche, orrende situazioni?!
Aiuto!”
-Penso che tu sia più che adatta ad essere madre.-
dichiarò ingenuamente Lupe mentre Leshawna urlava
internamente. -Ricordi? Da piccola hai sempre avuto un forte ascendente
sui bambini più piccoli ed eri molto brava a badarci...-
“Non era simpatia reciproca! Non ho mai capito
perchè piacessi ai bambini più piccoli di me,
cercavo di essere responsabile con loro perchè non avevo
scelta! Non giocavo a fare la mamma! È solo che non potevo
abbandonarli da qualche parte visto che manco erano miei! E poi che
c'entra?!” ma Leshawna deglutì e fece un sorriso
forzato.
-E' per questo che ti sei legata ad Harold, no?- Leshawna la
percepì di nuovo come una coltellata. Lupe
continuò. -Era un ragazzino molto solo sia a scuola che in
famiglia... è per questo che passavi molto tempo a casa sua,
no? Ma non puoi costringerti a stare con qualcuno per pena...-
“No! Come al solito io e te non ci comprendiamo
affatto!” non sapeva se ridere o piangere. Sapeva di essere
una persona orribile, quella donna stava solo cercando di aiutarla come
sempre. Non si sarebbe dovuta sentire così nervosa e
iraconda nei suoi confronti, giusto? “Sono un'ingrata, ma
no... se stavo da Harold non era per qualche strano sentimento
altruistico nei confronti di un ragazzino solo... beh sì, un
po' mi dispiaceva... gli volevo bene... ma volevo anche il mio bene. E
il mio bene era stare lontano da questa casa qui...”
deglutì... sapeva che era follia, che quell'essere stava
solo nella sua testa, ma sua madre l'aveva accidentalmente portata
indietro con la mente.
Quell'essere non c'era più, ma lei si sentiva osservata come
allora, minacciata come allora e, anche se odiava ammetterlo,
spaventata come allora. E la persona che l'aveva imprigionata in quella
situazione dagli otto ai tredici anni senza mai chiederle scusa era
proprio accanto a lei...
“Non ti perdonerò mai...”
ripetè una vocina nella testa di Leshawna. Anche quando
l'essere se ne era andato, quella vocina e la rabbia verso quella donna
avevano continuato a perseguitarla durante l'adolescenza. Leshawna non
voleva sentirsi arrabbiata ogni giorno, ma durante quel periodo l'unico
modo per evitarlo era stare lontano da sua madre e lì era
venuto inconsapevolmente in aiuto il piccolo e solitario Harold...
La ragazza tornò in sé al tempo presente e
cercò di sbarazzarsi della sensazione di avere qualcosa di
incastrato in gola.
“E' passato, è passato... ma io sono di nuovo qui
in questa casa e non so cosa fare! Non posso più neanche
usare la scusa di andare a trovare il mio fidanzato per
scappare!”
-Ok, mamma. Ora posso andare a vedere la mia vecchia stanza?-
inorridì sentendo la propria voce tremolante.
-Tesoro dai, davvero non devi essere triste per la rottura,
è una cosa positiva!- insistè Lupe.
Leshawna non ce la fece più -Non pensi che il mio problema
possa essere un altro?!- “Ovviamente per una mente come la
tua non posso essere triste per una gravidanza, vero?! I bambini sono a
prescindere una bella cosa, vero?! Un dono?! Va al diavolo!”
-O-ok sono triste! Non è un crimine! Ok?! Vivevo con quella
persona fino a poche ore fa. Secondo te è così
grave che non sia già in grado di scherzare su quella
persona e di pensare a quanto sia bello non starci più?!-
“Sono libera un corno! Ho un Alien piazzato
nell'utero!” -E non voglio parlare né di Harold
né di altro con te! Credi che il mio cervello non sia in
grado di riflettere da solo se non ti intrometti tu?!-
-Io volevo solo aiutarti!- rispose la donna sulla difensiva.
“Perfetto! Fa di tutto per farmi esplodere... poi fa la
vittima! Finisce sempre male quando parliamo! È per questo
che volevo evitare!” Leshawna aprì la bocca ma non
ne uscì alcun suono... era come se i muscoli fossero tutti
pensanti e parzialmente bloccati. Sforzandosi avrebbe potuto articolare
i suoni, ma i suoi occhi e la sua gola bruciavano pericolosamente,
avrebbe pianto. “No grazie! L'umiliazione finale non la
voglio!”
Rimase zitta con gli occhi tenuti il più immobile possibile
per evitare perdite aspettando che il momento passasse e si
asciugassero da soli. “Poi le dico: Scusa, ma sono stanca,
voglio dormire. Poi mi rintano nella mia vecchia stanza e non ne esco
più. Proprio come ai vecchi tempi! Semplice!
Semplicissimo!” si disse per motivarsi mentre la madre la
guardava stranita.
-Non litigate che vi siete appena riviste.- disse un uomo appena uscito
dalla stanza da letto.
“Papà, non anche tu! Cosa ho fatto di male per
meritarmi questo?!” come un topo in trappola Leshawna
guardava verso quella che era stata la sua tana, ma i rapporti sociali
e forse anche lo stress e la mancanza di sonno ed energie la
costringevano a rimanere immobile.
Lei e sua madre avevano la straordinaria capacità di
irritarsi a vicenda anche quando partivano armate delle migliori
intenzioni, ma anche essere stressati accanto a suo padre poteva essere
un inconveniente.
Mentre sua madre poteva occasionalmente sdrammatizzare e minimizzare i
problemi del suo interlocutore con modi dolciastri per essere
consolatoria, suo padre quando non riusciva a mettersi nei panni degli
altri, cosa che accadeva spesso, finiva per prendere in giro i problemi
e il tono altrui senza capire che chi lo ascoltava non era dell'umore
giusto. Sembrava incapace di riconoscere una persona arrabbiata che
stava per esplodere e tendeva a sminuire automaticamente chi gli
sembrava debole. Qualche volta era anche riuscito a causare una rissa
grazie a questa sua incredibile perspicacia.
-Ciao pa'...- Leshawna rispose cercando di sorridere. “Devo
fuggire di qui!” insisteva l'istinto dell'animale minacciato.
-Ah, quanto tempo!- l'uomo le scosse la spalla scherzando
affettuosamente. -Finalmente ci siamo liberati del
finocchio!-
-Ehm... Russeluccio? Forse non dovresti...- Lupe nervosa
provò a fermarlo.
“Io... Lo... Ammazzo...” cominciò a
canticchiare Leshawna dentro di sé. “Non posso!
Non voglio sentirmi di troppo e in territorio nemico come
ieri!” si disse facendo un respiro profondo.
-Insomma, senza offesa, ma è ovvio che avevi bisogno di un
uomo che fosse un uomo e non di quel coso strano. L'ho sempre detto,
io. Non eravate compatibili per carattere. Era una checca lamentosa.-
-Russel...- ripetè Lupe perdendo le speranze.
“Il mio problema non è Harold! È il
mostriciattolo nella pancia! È davvero così
inconcepibile?! E poi da che pulpito mi parli di relazioni! Vi siete
sposati quando avevo otto anni per poi lasciarvi il mese dopo! Poi
siete tornati insieme anni dopo e già all'epoca mi sembrava
una cosa insensatissima! Speravo rinsaviste! Ora siete felici? Se
è vero mi fa piacere, ma lasciatemi in pace!”
-Non capisco perchè non ti sei mai messa con DJ invece...
siete sempre andati d'accordo.-
Leshawna scoppiò a ridere -Con quel frocio?!- lo
esclamò con un tono crudelmente divertito che
lasciò sua madre senza parole.
-Frocio?- ripetè Russel un po' stupito. -Eppure mi critichi
o fai strane smorfie quando sono io ad usare queste parole...- le fece
notare severo.
-Perchè tu sei un troglodita! Io invece sono un'amante della
coerenza! Se mi chiami Harold a volte finocchio, a volte frocio, per
coerenza lo è anche DJ! Secondo quale logica DJ non sarebbe
frocio, ma Harold si?! È una questione di aspetto fisico,
razza di troglodita?! Nella tua testa dovrebbero essere entrambi
femminucce!- non c'è l'aveva con DJ, non ci trovava nulla di
male nell'omosessualità ma se suo padre utilizzava parole a
caso, il suo carattere infantile e competitivo la portava a mettersi
sul suo stesso piano per sbattergli in faccia le sue incoerenze.
Nel mentre Lupe li fissava come se stesse osservando due cavernicoli
che facevano a gara per vincere non si sa cosa...
-Harold è isterico, DJ no.- affermò l'uomo serio.
-Se Harold è o non è isterico posso dirlo solo io
che lo conosco bene.- disse Leshawna imponendo una sua
autorità. “A volte lo è, ma pensa a tua
moglie prima di giudicare quelle degli altri! E anche tu non sei sempre
una gioia da avere accanto!” -Ora possiamo bandire
completamente l'argomento Harold se non vi dispiace?-
Russel sorrise vedendo la figlia che tornava apparentemente ai suoi
modi di sempre.
Leshawna si ricordò che il lato positivo di suo padre era
che era molto difficile fargli perdere la pazienza. Perlomeno se si
trattava di lei... se parlava con qualcun altro era estremamente
iracondo, specie se aveva già un'impressione negativa di
quella persona. “Povero Harold. Avere a che fare con questa
testa di legno non era facile, eh?” ripensò
all'aura di disagio che sembrava emanare il ragazzo quando suo padre lo
osservava o si rivolgeva a lui.
-Harold è un uomo col suo carattere, può
sembrarti strano quanto vuoi ma ha i suoi pregi.- disse la ragazza con
tono severo. -Se gli interessassero gli uomini non sarebbe un problema
o affar tuo, papà, visto che non siamo più
legati. Ma vorrei sapere da dove ti viene questa fissazione... L'ultima
volta che ho controllato non ero un uomo...-
-Ma rilassati, son solo modi di dire.- si lamentò suo padre.
Leshawna riuscì finalmente a chiudersi alle spalle la porta
della sua stanza e mettere giù la maschera usata col padre.
Riprese fiato. Stava per crollare ma i suoi muscoli si irrigidirono.
La stanza non era molto cambiata, ma Leshawna non riusciva
più a percepirla come propria. Si mosse con cautela e si
sedette sul letto come se fosse quello di qualcun altro e dovesse fare
molta attenzione a non scombinarlo ed essere educata per non fare
brutta figura con un proprietario invisibile che la osservava e
giudicava costantemente.
I muscoli non volevano sciogliersi e non riusciva a rilassarsi nemmeno
mentalmente.
“Tanto non starò qua a lungo. Sfornato il
mostriciattolo taglierò la corda...”
-E' la scelta migliore che possa fare per te, fidati...-
mormorò ad alta voce pizzicandosi il ventre. -Potrebbero non
farti una buona impressione, ma papà e i nonni sono
sicuramente genitori migliori di me, in caso di necessità
sono sicura che riuscirebbero a mettersi d'accordo... Non è
solo per il tuo bene, è anche per il mio, ma, credimi...
è molto meglio se separiamo le nostre strade dal
principio...- si stranì sentendo della tristezza nel suo
sussurrare. Lei non voleva un marmocchio e non era adatta a crescerlo e
sopportarlo, perchè si sarebbe dovuta sentire triste?
Sospirò -No, scherzavo... non può andarmi
così liscia, saremo costretti a stare almeno un po' insieme
e boh, forse prima o poi mi abituerò a te quindi quando
potrò davvero andarmene ti porterò con me?
Perchè tanto anche fantasticare sullo scappare è
inutile come tutto il resto...-
“Esatto! Con quali soldi dovrei farlo?! Rimanendo nel legale
non posso procurarmeli. Nessuna persona sana di mente mi assumerebbe in
questo momento e di rubare non se ne parla, sopratutto a qualcuno che
conosco. Anche i prestiti sono una pessima idea.” per un
attimo si immaginò a costruirsi un bunker in una foresta e a
vivere come un'eremita auto sufficiente, poi fortunatamente
tornò in sé. “E no... è
decisamente una scelta troppo drastica per scappare da un
bambino.” si disse prendendosi in giro.
“Visto che non ho di meglio da fare, potrei riprovare a
studiare? Magari capita il miracolo, mi sblocco e faccio qualcosa che
forse, prima o poi, potrebbe tornarmi utile?” si chiese
tirando fuori dallo zaino dei libri che si era portata dietro. Per un
attimo le sembrò che la guardassero minacciosi e che
dovessero cominciare ad aprirsi e chiudersi da soli mostrando delle
fauci pronte a ghermirla.
-Come non detto! Scherzavo di nuovo!- disse infastidita buttando
giù il materiale cartaceo.
Sussultò sentendo vibrare il telefono, era Harold. Rispose
immediatamente e si pentì subito dopo. “Perfetto,
sembrerò disperata!”
-Leshawna, sei già arrivata?- le chiese con una voce flebile
e stanca.
-Sì... Sei mia madre che mi chiami per sapere se arrivo a
destinazione?- chiese Leshawna con un sorriso amaro. -Vuoi
già chiedermi di tornare?- lo prese in giro. “La
mia risposta sarebbe... Si!” voleva strozzare quella parte di
sé, ma in quel momento le sembrava molto meglio per la sua
sanità mentale stare con Harold. -Scherzavo, ovviamente so
che non volevi chiedermi questo...- “Non devo gettare la
spugna fin da subito...”
-Infatti, volevo dirti...-
Leshawna lo interruppe. -Comunque dovresti riposare, non mi hai fregato
'sta mattina, sono sicura che non hai chiuso occhio. Hai anche la voce
di uno zombie appena uscito dalla sua tomba...-
Harold si limitò a sospirò. -Grazie del pensiero
ma nemmeno tu sei mia madre... Leshawna ho avuto un' idea.-
-Sputa il rospo.-
-Potresti parlarne con tua madre dei tuoi sentimenti contrastanti
riguardanti la g...-
-Mi vuoi davvero così male?!- esclamò Leshawna
impedendogli di terminare la frase.
-Leshawna, forse parlando con persone che ci sono passate, smetteresti
di vedere il tuo modo di sentirti come anormale e maligno. Anche tua
madre era giovane quando è rimasta incinta, potreste capirvi
meglio di quanto pensi...-
-Io e quella donna non abbiamo niente in comune! Potrei anche pensare
di essere stata adottata...-
-Se vuoi registro un' intervista a mia madre senza dirle che
è per te. Sono sicuro che ha peste e corna da dire delle sue
gravidanze, sopratutto della mia! L'ha scoperta quando ormai era al
quinto mese perchè credeva che l'assenza di mestruazioni e
il gonfiore fossero causate dall'arrivo della meno pausa. Sono stato
una simpatica sorpresa per lei!- disse con un tono ironico. -Forse...
Scusa, in effetti non ci ho fatto caso! Sentire parlare male tua madre
del periodo in cui aspettava te potrebbe essere deprimente...- disse a
disagio per non esserci arrivato subito.
-No Harold, il problema non è questo. Non sono
così sensibile. È che mia madre è
cattolica. Non può accettare che si parli male di
un “dono divino”- disse facendo una vocetta
fastidiosa.
-Leshawna, religioso o meno, qualunque essere umano che c'è
già passato dovrebbe poter capire capire le ansie
che comporta la tua situazione...- obbiettò Harold temendo
che la ragazza si stesse creando delle scuse controproducenti.
-Sarà... Fatto sta che in casa mia certi argomenti sono
sempre stati tabù. Considera che fino ai quattordici anni
non sapevo neanche dell'esistenza della contraccezione
perchè sia a casa che a scuola quando erano stati costretti
a parlare a me e alle mie coetanee della riproduzione avevano
accuratamente nascosto la possibilità di evitare la
gravidanza... ti rendi conto di che disastro poteva succedermi se da
adolescente fossi stata un po' più impulsiva e
intraprendente?- gli disse con crudele divertimento. -Magari alcune si
saranno fatte un'idea del tipo “Se non esistono metodi per
evitarlo ma il mondo non è sommerso di mocciosi, deve essere
davvero difficile rimanere incinta!”-
Sentì il ragazzo borbottare fra sé e
sé. -Ora non mi stupisce più che ci siano state
gravidanze precoci fra le tue conoscenze delle medie...-
sbuffò esasperato.
Leshawna canticchiò, era diverte stupirlo e farlo sentire
indignato per qualcosa. Leshawna era diventata cinica molto in fretta,
ma Harold riusciva sempre a preoccuparsi per le situazioni che riteneva
ingiuste. -Per i genitori sprovveduti non si può fare nulla,
ma i vostri insegnanti avrebbero meritato qualche bella sanzione...
sarebbe bello se contribuissero al sostentamento dei bambini delle loro
ex alunne. Così imparano a non voler spiegare a degli
adolescenti in crisi ormonale come funzionano le cose!- Harold emise un
lungo sospiro, ma sembrava meno assonnato.
-Mi spiace se speravi di sviarmi, ma tornando a noi...- disse Harold.
-Penso davvero che tu possa pensarci a parlare con tua madre...-
Leshawna sbuffò, ma Harold continuò.
-Tabù o non tabù, cattolica o non cattolica, ti
ha avuta al di fuori del matrimonio, ha anche avuto una separazione se
non sbaglio. L'ho vista mangiare carne di venerdì e ultimo
ma non per importanza, non mi ha mai dato fuoco quando mi ha scambiato
per pagano.- scherzò il ragazzo facendola sbuffare di nuovo.
-Mi ha pure regalato un libro di esoterismo oltre ad una Bibbia
l'ultima volta che io e te ci siamo mollati. È stata carina
a modo suo, no?- disse riacquistando un tono più docile.
-Non mi sembra una religiosa rigida. E tu sei sua figlia. Se ha avuto
anche lei dubbi durante la gravidanza dovrebbe riuscire a confidartelo
facendoti sentire meno inadeguata. Se non li ha avuti, comunque
potrebbe riuscire a darti un punto di vista utile.-
-Esci dalla modalità aspirante psicologo, per favore, non ti
sto pagando.- sapeva che il suo fastidio era irrazionale, ma non poteva
farci niente.
-Come altro dovrei comportarmi, scusa? Voglio aiutarti...- disse con un
tono testardo e rigido.
“Mi sono messa con la versione meno lagnosa e suscettibile di
mia madre? Ma che ca...”
-Si, ma non sono scema, ok? Saprò da sola se ho bisogno o
meno di parlare con mia madre, non è che tu abbia avuto
l'idea del secolo!-
-Non...- Harold si interruppe. Rimase in silenzio per diversi secondi,
poi sospirò. -Non farci caso... la mia mente in stato di
depressione, stress e deprivazione da sonno ha deciso di distrarsi
concentrandosi su di te senza considerare che le mie idee potessero
essere scontate e banali.- disse freddamente. -Una volta non ti sei
lamentata che non ti avessi mai fatto qualche chiamata imbarazzante
sotto effetto dell'alcol? Bene, rallegrati di questa qua...-
“In fondo però mi sei davvero d'aiuto.”
pensò Leshawna rendendosi conto che quella telefonata era
riuscita a farla sentire a suo agio nella sua vecchia stanza e a
riprendere il controllo del suo corpo e dello spazio. Era distesa sul
letto come se fosse di nuovo il suo. -Invece di preoccuparsi di me, la
tua mentre ti avrebbe semplicemente dovuto suggerire di dormire. Te
l'ho detto fin dall'inizio... Visto che ho sempre ragione io? Lo sai,
lo sai? L'alcol può indurre sonnolenza...-
-Grazie della notizia! Cosa farei senza di te? Peccato che non faccia
dormire così be...-
-Che importa?! Bevi per me che non posso farlo!-
-Perchè? Fatta eccezione per quella volta in cui hai rubato
la macchina a tua cugina e hai minacciato di sfondarmi la porta, non
hai mai bevuto granchè.-
-La macchina l'avevo presa in prestito! E comunque, sai
com'è? Se non puoi più fare una cosa
improvvisamente ti viene voglia...-
-E' infantile...-
-Infatti mi riporta all'infanzia e a quando ho bevuto una birra per la
prima volta a causa di mio padre che mi ha sfidata. Che bei ricordi.-
-Ti prego... tieni quell'uomo lontano da tuo figlio...- era abbastanza
sicuro che la ragazza stesse solo giocando con la sua mente come al
solito, ma il consiglio rimaneva valido. -Sei più tranquilla
rispetto a ieri?-
-Tu?-
-Non vuoi rispondere, va bene...-
-Nemmeno tu stai rispondendo...- Leshawna sospirò. -Ma sai?
Anche se non ho discusso di quello, ho già retto una
conversa con mia madre nonostante fosse mattina e nonostante anche io
abbia dormito poco. Sono stata incredibilmente diplomatica! Saresti
davvero fiero di me!- scherzò la ragazza.
Dall'altro capo del telefono percepì solo silenzio, poi dei
rumori non identificati. Alla fine sentì il ragazzo ridere.
Leshawna sentì il suo stomaco contorcersi. Aveva detto
qualcosa di troppo ridicolo? Gli aveva dato l'impressione di tenere
eccessivamente a lui e al suo giudizio. “Non è
così, l'ho detto solo per scherzare!”
-C-che c'è?- mormorò nervosa.
-Nulla... è che sei buffa... o hai parlato in modo buffo...
non saprei spiegarlo...- rispose il ragazzo con una voce dolcemente
assonnata e stranamente armonica.
-Eh...- Leshawna sospirò. -Non vuoi diventare cattolico,
giusto?- gli chiese cercando una scusa per trattenerlo al telefono, non
voleva rimanere senza un appiglio. “Sono veramente
scema...” -Sai un po' troppe cose per i miei gusti... non
conosco quasi nessun cattolico che si ricordi di non mangiare carne il
venerdì!-
-Anche se fosse? Non ti riguarda...-
-Non che abbia qualcosa contro i cattolici! Ne conosco tanti! Ho anche
degli amici cattolici!- si giustificò scherzosamente.
“Dannazione, somiglio un sacco a mio padre! Non è
che sono io la testa di legno?”
-Non voglio diventare cattolico, è che dove è
nata mia madre il cattolicesimo andava molto, sai?-
-Ah...- Leshawna faceva molta fatica a immaginarsi la madre di Harold
in un contesto religioso di qualsiasi tipo.
-Era l'incubo di tutte le suore dell'istituto! Già alla
tenera età di sette anni si era guadagnata il soprannome di
“Nessie l'anticristo”- disse divertito.
-Ah, mi sembrava strano...- disse Leshawna, ma cercando di immaginarsi
la donna come una bambina vestita con qualcosa che facesse pensare ad
una vecchia uniforme cattolica si immaginò l'Harold che
aveva conosciuto a quattordici anni con una lunga gonnella scura.
-Non mi ha trasmesso molto ma credo che anche mio padre fosse
cattolico...- ricordò Harold malinconico. -Non so, ma
ricordo che quando mia madre era di buon umore a volte scherzava con
lui sul fatto che in quanto fedifrago sarebbe andato all'inferno.-
-Quando era di buon umore?-
-Sì, di ottimo umore.- confermò il ragazzo con un
tono leggermente allegro, poi tornò più freddo.
-Ora, scusa, ma ora dovrei lasciarti... mi ha fatto piacere sentirti...
ti auguro un buon nuovo inizio, un buon... tutto, ok?- disse
nascondendo il nervosismo tramite dei modi formali.
-Sì... ha fatto piacere anche a me... ti auguro il meglio
eh...- “Mi manchi...”
Leshawna infastidita chiuse la chiamata. Non riusciva a controllare
quella parte dei suoi pensieri. “E' un'illusione causata
dalle mie paure... non devo darci alcun peso... già nessuno!
Però è una telefonata strana per due persone che
si sono lasciate.” mentre si stiracchiava distesa sul letto
sospirò.
In qualche modo riuscivano sempre a tornare pacifici fra loro. Forse
era per questo che chiudere definitivamente era sempre stato difficile.
“Nah... farà in questo modo perchè sono
incinta. Non c'è da fidarsi di quello... è sempre
a fare buon viso a cattivo gioco ed è troppo fissato con
cavolate come l'onore e il dovere inoltre...”
Quando non stava bene, Harold tendeva a diventare docile, poco incline
ai rancori e collaborativo. Forse era un meccanismo difensivo. Per una
persona debole, rendersi gradevole poteva essere un modo per avere meno
probabilità di essere abbandona e rimanere priva di difese.
“Eppure, alla fine sei rimasto solo... eh Harold? Non sei
più un mio problema...” non si sentiva affatto
sollevata. “Non potrei pensare a te neanche volendo. Se tu
hai bisogno di concentrarti sugli altri, io al contrario, stando male
non riesco a non concentrarmi quasi esclusivamente su di me. Non lo
faccio per egoismo... non ho davvero le forze in questo momento per
preoccuparmi di qualcun altro...”
-Mi stai rubando l'energia, vero?- disse posando una mano sul ventre
mentre chiudeva gli occhi. -Non sono arrabbiata con te, ti capisco, lo
fai solo per sopravvivere.- disse con tono inizialmente gentile. -E per
dimostrarti che non ti porto rancore, il tuo nome all'anagrafe
sarà... Merdina!- disse con un sorriso truce. -Scherzo ma,
dai... almeno è simpatico. Pensa che prendendo ispirazione
dal cristianesimo potrei chiamarti tipo... Crocifissa... Addolorata...
Incatenata...-
All'improvviso si sentì di nuovo osservata e giudicata. Si
sedette sul letto e si guardò intorno, poteva sentire
chiaramente il proprio battito cardiaco e gli effetti che produceva su
tutto il corpo.
“E' nella mia testa... E' tutto solo nella mia
testa...” sospirò e provò a stendersi e
riposarsi cercando di ignorare il pulsare del sangue fin troppo chiaro
e distraente.
Angolo dell'autrice:
Ancora una volta, devo scusarmi per questi aggiornamenti lenti, di una
storia lenta. Mi spiace e spero che questo capitolo e la storia possano
piacervi.
Vi ringrazio tantissimo di aver letto fin qui e sentitevi liberi di
lasciarmi una recensione se avete qualcosa da dirmi.
In questo periodo ho troppe cose per la testa, tralasciando impegni e
problemi e guardando l'aspetto creativo ho molte idee (troppe idee) e
sono frustrantemente lenta a scrivere, ricontrollare (per dire, ho
scritto più di un mese fa un oneshot su danganronpa e non
l'ho ancora ricontrollata, aiuto o_O ) e non riesco a concentrarmi su
una cosa sola... sto anche disegnando parecchio nonostante non sia
nemmeno brava... non che lo sia a scrivere purtroppo, faccio quel che
posso per raccontare quel che voglio raccontare -_-
E niente... Voi state bene? Mi auguro di sì! Riparatevi dal
caldo e grazie ancora infinite per aver letto.
A presto ^^
Appunto: Nessie, oltre ad essere il nomignolo del mostro di Loch Ness
è anche usato per abbreviare il nome Agnes
|
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Capitolo 16 *** Roza ***
Mesi prima di chiudere gli occhi per non risvegliarsi più,
Roza si era addormentata naturalmente.
“Novak...”
Era il suo cognome, ma visti i pochi contatti con le persone che Roza
era riuscita a tenere negli ultimi anni, temeva che prima o poi
l'avrebbe dimenticato.
-Novak...- sentì il suo cognome ripetuto più
chiaramente. A pronunciarlo era una voce maschile sconosciuta.
“Anche le voci immaginarie del dormiveglia pensano che se non
me lo ripetono, lo scorderò...” la ragazza rise
leggermente continuando a tenere serrate quelle palpebre sempre
così pesanti, sia la notte che il giorno.
-Se ridi suppongo sia tutto a posto, signorina Novak...- la voce
sospirò in un miscuglio di sollievo e rassegnazione.
-Oooh... la voce degli incubi di questa mattina è davvero
mooolto chiara. Sembra vera! Di solito fate perlopiù
sibili...- disse Roza cominciando ad aprire gli occhi, ma quella che
vide di fronte a sé era una persona in carne ed ossa.
-Eh... mi spiace ma non sono un'allucinazione uditiva...- quella
persona portava gli occhiali e aveva i capelli castano rosso di una
lunghezza difficile da stabilire perchè erano
disordinatamente inseriti in una coda ripiegata e attorcigliata su
sé stessa, tenuta ferma da un laccio.
-Che ci fai in camera mia?- ma Roza indietreggiando sbattè i
fianchi contro una superficie rigida che non poteva appartenere al suo
letto. In realtà neanche il piano duro su cui era seduta
poteva essere il suo letto. Guardandosi intorno, si rese conto di
trovarsi seduta sulle scale del condominio. -Stavo dormendo qui?
Perchè?- bisbigliò a sé stessa.
Cominciò a ricordare di aver pianificato di fare la spesa.
Si sentiva nervosa perchè temeva di non ricordare
più la strada. La sua memoria non faceva altro che giocarle
brutti scherzi e non si fidava abbastanza dei processi automatici che
le avrebbero dovuto far ricordare la strada man mano che camminava,
così si era seduta per riflettere, ma probabilmente, il
sonno che aveva deciso di ignorarla le due notti precedenti, l'aveva
colpita tutta in una volta mentre teneva la guardia bassa.
-Dovrei essere giovane, ma il mio corpo mi tradisce già...-
constatò a voce bassa scordandosi dell'altra persona che
sentì ridere sommessamente. Roza si sentì in
imbarazzo. “Devo perdere l'abitudine di pensare ad alta voce
quando sono nervosa...”
-No, non ridevo per te è che... non sono messo molto bene
nemmeno io, diciamo...- disse l'altra persona sorridendo amaramente.
“Quindi... sei giovane? Quanto?” Roza si trovava in
estrema difficoltà quando si trattava di riconoscere e
trarre informazioni dai volti.
La voce di quella persona le comunicava che doveva trattarsi di un
maschio con cui non aveva parlato precedentemente. Ma non riusciva a
capire che età potesse avere. Il massimo che riusciva a
intuire è che doveva superare almeno i quattordici anni,
mentre provando a dargli un età massima, pensava fosse
improbabile che superasse di molto i trentanni.
-Ti senti bene? Hai bisogno di aiuto?- le domandò la persona
con gli occhiali con fare formale.
Roza scosse il capo, poi concentrandosi sui capelli di quella persona
le venne un'intuizione: -Sei la persona che ho visto salire al mio
piano qualche giorno fa.- le era rimasto in testa perchè
l'aveva guardata con un'espressione triste e un po' inquieta. Poi se ne
era andato velocemente come se stesse scappando. -Mi avevi scambiato
per uno spettro?- “Avevi bisogno di qualcosa?”
realizzò di aver invertito ciò che doveva dire e
ciò che doveva solo pensare. Si sentì nuovamente
in difetto. “In fondo non ho detto niente di male,
credo.”
-Non mi hai spaventato, ero solo sovrappensiero.- rispose lo
sconosciuto con un tono un po' infastidito.
-Meglio così. Allora, ciao.- gli disse domandandosi se era
il modo giusto in cui salutare, ma si bloccò in mezzo alle
scale.
-Stai bene?- domandò il ragazzo rosso.
Roza si girò e gli indicò con un gesto della mano
di darle un momento. Il ragazzo la squadrò come se cercasse
di analizzarla.
-Il prossimo piano è il secondo.- le disse pensando che
fosse confusa per il risveglio.
-A-ah, ok...- lei annuì nervosa. -L'avrei capito anche da
sola.-
-Beh, sì...- il ragazzo non distoglieva lo sguardo, sembrava
interessato alla sua faccia e forse al collo.
“Mi trova attraente?” pensò spaventata.
“Spero mi trovi solo strana... Lui ha dei capelli strani, non
è imbarazzante essere considerata strana da una persona
strana.”
-Sai guidare?- le domandò titubante.
-No... volevi un passaggio?- “O vuole fare
conversazione?” non sapeva se l'idea le piaceva o la
inquietava. “Vuole delle informazioni per
uccidermi?”
-N-no, volevo solo capire se... beh, comunque se avessi qualche
emergenza puoi rivolgerti a qualcuno dei vicini. Potrebbe sembrare
umiliante però se sospettassi di rischiare di morire...
n-non farti problemi... ok?-
Roza era indecisa su chi fra i due fosse più confuso in quel
momento. -Ah, ecco perchè mi fissavi, cercavi segni di
violenza domestica.- pensò di nuovo ad alta voce. -No, il
problema sono io. Ho... ho delle situazioni scomode di salute... e
rendono abbastanza frustrante vivere con me, per questo senti che lei
mi urla contro, ma non sono abusata. È solo un problema
mio.- si pentì subito di quanto detto, ma avendo perso
l'abitudine al dialogo, aveva perso inevitabilmente anche i filtri. Non
che fosse mai stata particolarmente brava. -Comunque sto risolvendo per
conto mio.- Non doveva apparire debole, la debolezza attirava i
predatori. Non importava se era una bugia e lei sarebbe sempre rimasta
un'incapace, malata sia fisicamente che mentalmente e in via di
peggioramento costante da oramai cinque anni... o forse da
più tempo? Aveva perso il conto. “Se sono senza
speranze per il futuro e sono solo un peso, cosa me ne frega di
attirare un predatore?” per un attimo quel pensiero la fece
sentire più leggera.
-Ed io sono uno studente di psicologia in preda ad un esaurimento
nervoso.- confessò il ragazzo. -Scusa se sono stato
invadente e inopportuno, ma non sono la persona più
simpatica e rassicurante da incontrare in questo momento.-
-Ah, credevo che stessi cercando di reclutarmi come cliente.-
-Ti verrò a cercare quando avrò la licenza, se
avrai problemi di cui posso occuparmi.- rispose lui in tono scherzoso.
-E' mai davvero guarito qualcuno che avesse qualcosa di debilitante,
per esempio, una depressione?- chiese incupita.
-Ah, credo che ti risponderò quando sarà passato
l'esaurimento, quando sarò più positivo... E
magari quando mi sarò liberato di quell'ignorante,
megalomane e antiscientifico del mio professore...- disse con una
smorfia nervosa. -Lo giuro! Con la giusta attenzione al metodo
scientifico, la psicologia sarebbe uno strumento efficacie! Ma
quell'uomo giustifica tutti i pregiudizi sugli psicologi che ha Le...
ehm, l'innominata...- si interruppe all'improvviso come preda di un
dolore improvviso. -S-scusa lo sfogo, sono... beh, esaurito! Comunque,
se hai bisogno, dovresti consultare uno specialista, non uno
studente... inoltre in questo momento non penso di essere adatto a
rispondere, scusa se non ti sono stato utile...- disse sospirando.
-Tu sei?- gli chiese forse provando una specie di simpatia per quella
persona che sembrava con l'acqua alla gola.
-Mi chiamo Harold McGrady e abito nell'appartamento sotto al tuo.-
disse porgendole la mano. Ma i due invece di darsi una stratta di mano
le fecero toccare senza stringere come se entrambi si aspettassero che
fosse l'altro a condurre il gesto.
“Giusto... dovrei dare una forte stretta di mano... debole
dovrebbe rappresentare una personalità sottomessa... o forse
sono tutte scemenze?”
Ma mentre Roza ragionava fu McGrady a cingere delicatamente il palmo
della ragazza tra il pollice e il resto delle dita e a farlo oscillare
leggermente su e giù in quella che era probabilmente la
stretta di mano più patetica e debole della storia umana.
“Anche in una situazione così ho perso
l'opportunità di mostrarmi quella più
decisa.” Roza sospirò rassegnata. “Forse
lui ha più energia perchè è
più giovane?”
La notte seguente mentre Roza fissava il soffitto nella speranza di
addormentarsi, il vento si mise a fare dei suoni spettrali.
Sembrava quasi un lamento umano. Fortunatamente Roza era immune alle
suggestioni legate ai suoni notturni. Non che facesse differenza. Non
riusciva ad addormentarsi comunque nonostante fosse esausta.
In assenza di distrazioni si concentrò sul rumore del vento.
Cominciò a sembrargli davvero che ci fosse un lamento umano
nascosto in quel suono.
-E' la persona con i capelli rossi...- lo ascoltò per
qualche minuto, ma era sempre più sicura della propria
intuizione così Roza si alzò e andò in
punta di piedi a bollire dell'acqua.
Uscì dall'appartamento portandosi dietro il bollitore. Forse
la disperazione dell'attesa del sonno l'aveva resa poco lucida. Mentre
percorreva le scale senza scarpe non sentiva più neanche i
lamenti soffocati che l'avevano spinta ad uscire.
“Forse sono definitivamente impazzita...” ma
ricominciò ad avvertirli flebilmente quando fu davanti la
porta del ragazzo. Si bloccò appoggiata alla parete per
qualche secondo. Perchè una persona poco socievole come lei
era venuta a intromettersi nella vita di un altra persona?
“La noia fa davvero brutti scherzi...”
pensò. “Ma ora che sono qui davanti, cosa
faccio?”
Stava per tornare indietro. Ma l'idea di mollare a quel punto la faceva
sentire peggio di quanto la faceva sentire lo stare bloccata davanti la
porta. Non riuscire, per l'ennesima volta, in qualcosa che si era
prefigurata era terribilmente frustrante.
Ascoltò qualche secondo ancora i suoni singhiozzanti al di
la della porta per assicurarsi che avesse senso per lei essere
lì, poi bussò... molto piano, ma era un inizio.
“Devo riuscire a bussare più forte,
altrimenti...” ma sentì dei passi veloci
avvicinarsi.
Una persona con i capelli rossi ma sciolti aprì con
un'espressione allarmata e il respiro affannato. Guardò Roza
con aria sorpresa. Per un attimo la sua espressione le
sembrò delusa, sussurrò qualcosa che suonava tipo
“Bussava troppo piano per essere...” Roza pensava
che quella persona si aspettasse, o temesse, di vedere qualcuno che
evidentemente non era lei.
-Novak, hai bisogno di qualcosa?- chiese la persona con un lungo
sospiro. Era pallido ed esausto. Ma Roza fece un sospiro di sollievo, a
causa dei capelli sciolti che coprivano di più il viso
facendolo percepire molto diverso, Roza inizialmente non era stata
sicura al cento per cento che quello fosse il McGrady con cui aveva
parlato il pomeriggio e non un convivente, forse parente, con lo stesso
colore di capelli e un tono simile e ciò l'aveva fatta
sentire ancora più a disagio. Ma sentendolo parlare a voce
alta e sentendosi riconosciuta poteva finalmente essere sicura di
averlo identificato correttamente.
Per portare a compimento il suo obbiettivo, Roza porse a McGrady il
bollitore.
-Camomilla...- capì il ragazzo annusando poi la
guardò disorientato. -Entra pure...- le disse con un tono
arrendevole.
-Eh?- Roza non aveva previsto che le avrebbe chiesto di entrare. L'idea
la metteva tanto a disagio da farle venire in mente le ipotesi
peggiori. Era troppo disabituata al contatto con le persone, chiunque
poteva essere un serial killer.
Il ragazzo continua ad osservarla con perplessità. Roza,
molto stanca di tutto ciò che riguardava sé
stessa e la sua piccola bolla, decise di abbandonarsi alla corrente e
rischiare varcando la porta. “Anche se fosse un omicida,
anche se sparissi, che importerebbe? A chi importerebbe?”
Con le mani instabili, il ragazzo versò ad entrambi la
camomilla mentre un severo felino rossiccio li sorvegliava con la coda
che si agitava ritmicamente.
A causa del vapore che gli aveva appannato gli occhiali il ragazzo li
aveva momentaneamente tolti cambiando volto per la terza volta.
“Fastidio, fastidio...” aveva canticchiato fra
sé e sé Roza per diminuire lo stress.
-Allora, avevi bisogno di qualcosa?- le chiese nuovamente McGrady con
un sorriso stanco.
Non sembrava infastidito dalla sua presenza nonostante l'orario.
“Ragione in più per credere che sia un serial
killer...” il ricordo dei singhiozzi e dei lamenti mise in
pausa quel pensiero. “Forse qualunque cosa lo distragga dai
suoi demoni gli va bene... anche io sono qui per distrarmi, non
è così strano...”
-In realtà ho sentito che facevi dei rumori strani.- disse
facendo sgranare gli occhi del ragazzo che abbassò lo
sguardo. -Ho pensato che potessi avere un attacco di panico... sono
pesanti... Così, visto che ero sveglia ti ho portato
qualcosa per calmarti un po'...- che fosse o meno quello,
“attacco di panico” suonava più
giustificabile di “stavi piangendo
incontrollatamente” così Roza preferì
quel termine pensando di metterlo meno a disagio.
McGrady si stava pizzicando alla base del collo, era molto arrossato.
“Ah, anche io a volte mi sono pressata la gola per smettere
di piangere...” le sembrava di guardarsi allo specchio, poi
distolse lo sguardo. “O forse tende ad arrossire dal
collo...” fare supposizioni su qualcuno che non
conosceva la faceva sentire in colpa.
-S... sei una brava persona... grazie...- le disse fissando la tazza,
era divento tutto rosso.
Per Roza era comodo che il ragazzo mostrasse facilmente il suo stato
d'animo ma la reazione esasperatamente imbarazzata la mise a disagio.
-Tranquillo, forse si sente solo dalla mia stanza perchè
è direttamente sopra la tua. Mentre scendevo le scale non si
sentiva nulla...-
McGrady produsse un lungo sospiro ma sembrava sollevato. -Ehm... tu
invece come stai? Hai bisogno di qualcosa? Posso fare qualcosa per
aiutarti?- le chiese nervosamente alla disperata ricerca di pezzi da
raccogliere, visto che era impossibilitato a raccogliere e aggiustare i
propri.
-No, davvero. Dovevo solo portarti il bollitore.-
-Ok...-
-Posso tenerti compagnia fino a quando non ti senti più
tranquillo, ma non sono di molte parole, probabilmente starò
solo zitta.- spiegò Roza.
McGrady ridacchiò nervosamente. -Ok, grazie per
l'avvertimento. Ma sto già meglio, puoi anche tornare a
dormire.- disse gentilmente.
-Posso aspettare con te quella persona.-
-Ma, non sto aspettando nessuno...-
-Scusa, ho frainteso... è che quando hai aperto la porta
tu... Credevo fossi preoccupato per qualcuno che ritardava.-
-Sono preoccupato... Estremamente preoccupato... Ma se questa persona
si facesse viva la rispedirei da dove è venuta.- disse
serio. -Prima dovrei assicurarmi delle sue condizioni di salute... ma
il problema non si pone, perchè non tornerà.- la
stanchezza lo faceva apparire freddo e rassegnato. -Vuoi che ti presti
delle scarpe per tornare sopra?- le disse successivamente.
-Eh?-
-Però in effetti con delle scarpe più grandi
potresti cadere...- disse McGrady fra sé e sé.
-Non ho freddo ai piedi, sto bene così.-
Varcata la porta dell'appartamento, Roza si sentì molto
più leggera, quasi energica. Forse perchè era
riuscita ad avere un contatto umano senza impazzire o forse
perchè alla fine quell'umano non l'aveva ammazzata.
-Ti accompagno?-
“No, ancora!” pensò Roza. A giudicare
dall'espressione stranita di McGrady, probabilmente l'aveva guardato
male accidentalmente. -Non voglio disturbarti!-
-Non è un disturbo per me, ma se ti metto a disagio non...-
-Accompagnami.- lo interruppe Roza. “Non volevo sembrare
scortese, ma forse quello sembrava un ordine quindi qualcosa di
scortese...”
-Ok...- acconsentì il ragazzo un po' perplesso e teso.
Notò che il ragazzo aveva rimosso le proprie scarpe.
“E' un rituale da serial killer? Uno strano gesto di
solidarietà? È entrambe le cose?”
I due rimasero in silenzio mentre aspettavano nell'ascensore.
“Scusa se penso che tu sia serial killer, niente di
personale, lo penserei di chiunque...” pensò Roza.
Ma il ragazzo la guardò come se avesse capito che voleva
dirgli qualcosa. Roza si stranì un po', non era mai stata
molto espressiva.
Davanti la porta del proprio appartamento Roza si controllò
le tasche inutilmente. “O no... sono un' idiota...”
-Ha-hai scordato le chiavi, non è così?- Harold
deglutì.
“Legge nel pensiero o cosa?” si chiese la ragazza
irrequieta.
-Il fantasma della mia ex deve essere tornato a tormentarmi! Anche lei
una volta quando l'ho riaccompagnarmi non aveva le chiavi!- disse
agitato, pur trattenendo il tono a causa dell'orario. -N-non me la sto
prendendo con te, non ti conosco neppure! S-scusa, sono solo agitato...
puoi chiamare tua madre?-
-...Condoglianze.-
-C-cosa?! Fantasma della mia ex era per dire, in realtà lei
è viva e vegeta... a-almeno credo...- balbettò
cominciando ad andare avanti e indietro per il pianerottolo.
“Gli sta per venire un'altra crisi? Come facciamo
ora?” avrebbe dovuto chiamare sua madre, anche se, quasi
quasi, piuttosto che svegliarla, preferiva dormire sul pianerottolo.
“Ho scordato le chiavi... un'altra conferma delle mia
incapacità...” forse era lei che stava per avere
una crisi. Poi le arrivò un messaggio da sua madre. Con una
fitta allo stomaco lo lesse.
“Non ti faccio rientrare, peggio per te, smettila di fare
l'incapace. Se vuoi un riparo puoi chiedere al ragazzino che ti ha
accompagnato. Puoi provaci, tanto dovrebbe essere disperato,
è stato mollato da poco e non è troppo
più piccolo di te. Ma tanto tu mentalmente sei parecchio
indietro. Devi imparare a vedertela con gli altri esseri umani e questa
è la tua occasione.”
Roza pronunciò un lungo “aaaaaaaaaaah”
senza poter urlare davvero. “E' IMPAZZITA! Che c'entra
l'imparare a vedersela con gli esseri umani col provarci con uno
sconosciuto che fino a qualche secondo fa classificavo come serial
killer?! Neanche mi piacciono gli uomini!”
-Cos'è successo?!- esclamò McGrady interrompendo
la propria passeggiata nervosa.
-M-M...- fra un balbettio e l'altro, Roza disse di essere stata
sbattuta fuori di casa. -Dovevo aspettarmelo... in fondo sono una
maggiorenne inutile da troppo tempo...-
-Un corno!- esclamò il ragazzo fregandosene di essere
sentito. -Non importa quanti problemi tu abbia! Non ti può
abbandonare così!- disse piuttosto alterato.
-Sei molto idealista...-
-No! Sfido chiunque ad avere fiducia sull'umanità e una
visione idealista del mondo dopo aver letto i capitoli dedicati agli
abusi sessuali e i loro effetti in un manuale sui disturbi della
personalità! Se tua madre non ti fa entrare scassino la
porta.- disse deciso. -Non posso farti dormire da me, non ho neanche un
divano! E tu non mi sembravi proprio a tuo agio nel mio appartamento.-
Roza era abbastanza sorpresa dal fatto che l'avesse capito. Le persone
avevano sempre grosse difficoltà ad interpretare il suo tono
monocorde e il suo volto inespressivo.
-Signora!- disse McGrady in tono di protesta. -Sua figlia è
stanca, ha i piedi scalzi, nessun posto dove dormire e una carenza di
serotonina che può portarle umore basso, ansia, attacchi di
panico, credo soffra di depressione, sospetto non curata! Qualunque
problema abbiate, risolvetelo domani, in modo civile. Questa situazione
le provoca frustrazione? Beh, sono sicuro che la porti anche a sua
figlia! Se non apre prendo esempio dalla mia ex e sfondo la porta! Me
ne frego di un'eventuale denuncia!- si impuntò il ragazzo,
con un tono alto, ma stabile. Solo i movimenti della gamba ne
mostravano l'irrequietezza.
Roza era sicura che sua madre l'avrebbe umiliata per il fatto che
qualcun altro avesse preso le sue difese. Ma non aveva memorie di
qualcuno che si fosse arrabbiato al posto suo e vedere il ragazzo
farlo, fu in qualche modo liberatorio.
“Toccherà a me affrontare il disprezzo di mia
madre ovviamente... il problema, è che sono d'accordo con
lei... io mi odio profondamente...”
Mesi dopo la situazione non era cambiata granchè, a parte
per il fatto che Roza era morta ed adesso era un fantasma. Anche se
McGrady le aveva detto che il suo corpo era in coma da qualche parte.
Non aveva ancora capito se la percepiva come buona notizia o meno...
McGrady si era mostrato preoccupato perchè temeva che se il
suo corpo fosse morto anche il suo fantasma avrebbe cessato di
esistere. Anche quell'ipotesi, Roza non era sicura se percepirla
positivamente o negativamente.
Mentre McGrady di aspetto era cambiato molto... in realtà
no, ma visto che Roza aveva difficoltà a riconoscere i
volti, il fatto che il ragazzo in quel momento tenesse i capelli troppo
corti per essere legati con facilità l'aveva reso
diversissimo e inizialmente difficile da riconoscere...
“Maledetto...”
Visto che l'appartamento in cui viveva era stato occupato da una
persona biondo rossa, una castana e un infante e che McGrady si era
mostrato disponibile, Roza si era messa nel suo appartamento ma fino a
quel momento il ragazzo non aveva dato prova di riuscire a vederla.
Invece la gatta fulva che aveva capito chiamarsi
“Kunoichi” sembrava fissarla ogni tanto.
“E' una buona cosa che lui non mi veda. Sarebbe stato
abbastanza imbarazzante...” pensò ricordando i
litigi che il ragazzo aveva avuto con la ex il giorno precedente.
Ma quella mattina il ragazzo aveva chiamato alla ex, Roza aveva
ascoltato appoggiando l'orecchio al cellulare. Era strano ma divertente
stare così vicino a qualcuno senza essere vista.
I due ex fidanzati erano riusciti a parlare senza litigare e Roza era
contenta per lui ma non era sicura che fosse normale essere
così appiccicosi fra ex.
“Mia sorella ha domani l'appuntamento col commercialista?
Forse dovrei telefonarle per ricordarglielo...”
pensò McGrady poco dopo aver terminata la telefonata.
Rimanendo molto vicino alla sua testa, Roza riuscì ad
avvertire quel pensiero, si sentì emozionata da quella nuova
scoperta sulle sue capacità.
“Non posso, lei noterebbe che ho qualcosa che non va e mi
tempesterebbe di domande...” continuò a pensare
McGrady inconsapevole di essere spiato. “Potrei chiamare a
mia madre per vedere se ha qualche cliente con cui posso aiutarla, ma
se le chiamassi di domenica mattina probabilmente mi farebbe pentire di
essere nato...” anche se McGrady l'aveva pensato come un
mezzo scherzo, Roza si era sentita inquietata da quel pensiero e si era
allontanata.
“Non c'è la faccio più... dentro di me
non ci sono più risorse di alcun tipo... prima di telefonare
a Leshawna per quanto tempo sono rimasto a fissare il vuoto? Ho bisogno
della presenza di qualcuno che non sia me o
impazzirò...” pensò Harold reggendosi
il capo.
Kunoichi attirò la sua attenzione tirandogli la maglia.
Il ragazzo sospirò e accarezzò la testa della
gatta. -Perdono Kunoichi... ovviamente tu sei una presenza molto
comunicativa. Ti faccio preoccupare quando sto troppo fermo, eh?-
tranne che per mettere il cibo alla gatta, cambiarle l'acqua della
ciotolina e ingerire dei medicinali, Harold era rimasto sulla brandina
dalle cinque del mattino. Aveva solo cambiato posizione sedendo a gambe
incrociate invece di rimanere steso.
Non aveva chiuso occhio ma temeva che dormire durante il giorno e
svegliarsi chissà quando avrebbe compromesso disastrosamente
il suo umore. “Sono solo in casa... non posso rischiare di
farmi venire voglia di farla finita e di non avere nessuno a
fermarmi...” la gatta lo tirò di nuovo.
“Nessuno che sia fisicamente in grado di
fermarmi...” si corresse e accarezzò di nuovo
Kunoichi.
“Spero che quel regolatore del tono dell'umore
funzioni.” il ragazzo si alzò e cercò
di ignorare lo spettro accovacciato nell'angolo della stanza.
“Deve essere un'allucinazione causata dalla mancanza di sonno
e dal mio bisogno di sentirmi utile per qualcuno.” si sentiva
in imbarazzo ad aver precedentemente scambiato quell'allucinazione per
un vero spettro. Purtroppo era sempre stato predisposto a credere a
parecchie assurdità.
“Però... anche se è un'allucinazione mi
sento un po' in colpa a lasciarla lì triste.
Chissà cos'ha? Sembrava così allegra mentre
origliava la telefonata...” sbuffò e si
pizzicò per punirsi e svegliarsi un po'. “Non ha
niente. È un'allucinazione. Non può avere niente
e pensare niente.”
“Però è pur sempre un tentativo
disperato del mio cervello per sopperire a un bisogno... se la
ignorassi, forse il mio cervello si arrenderebbe e potrei
dire addio a ogni speranza di migliorare la mia situazione
mentale...” -Ah! Non so più che fare...-
Sentì bussare alla porta. “Allucinazione uditiva o
qualcuno alla porta?” vide Kunoichi che fissava la porta
così concluse che doveva trattarsi di qualcuno in carne ed
ossa.
Dallo spioncino vide un adolescente bassino e paffuto dai capelli viola
a scodella.
-Max, posso fare qualcosa per te?-
-Sì, mi servirebbe il tuo aiuto per un lavoretto che ho
accettato dalla signora Allen. Sai, quella più vecchia fra
le due sorelle...- il ragazzino si irrigidì per un attimo.
-C'è un freddo terribile che viene dal tuo appartamento, hai
qualche finestra rotta?-
-No, ma è risaputo dove ci sono i fantasmi la temperatura
cala...- rispose Harold sdrammatizzando.
Gli occhi scuri di Max si illuminarono. -Davvero? Hai l'appartamento
infestato? Oh! Sei riuscito a catturare lo spirito di Roza?!- chiese
con entusiasmo.
-M-Max?! In che senso catturato?!- disse spaventata una voce femminile.
Harold cercò di ignorarla ma rise nervosamente. -No, Max...
l-la mia era una battuta! Al massimo nell'appartamento ci sono i
fantasmi della mia relazione fallita... della mia sanità
mentale...- vide che il ragazzino osservare l'interno dell'appartamento
con aria irrequieta. -Max?-
-C'è qualcun altro in casa? Quella non sembrava la voce
della tua fidanzata malvagia.-
-Fidanzata malvagia?- Max lo ignorò e andò a
controllare all'interno dell'appartamento.
Harold sospirò e lo seguì. “Deve
essersi suggestionato. Non può aver sentito anche lui la mia
stessa allucinazione uditiva.” pensò nervosamente.
Tirò un sospiro di sollievo capendo che non riusciva
più a vedere il fantasma mentre Kunoichi nascondendosi sotto
la brandina si dimostrava poco contenta dell'intrusione di Max.
-Max, sono certo che alla mia fidanzata malvagia farà
piacere avere un vicino che si preoccupi che non abbia altre ragazze
nell'appartamento, ma forse hai solo sentito male.- disse Harold al
ragazzino dall'aria delusa.
-Sì... probabilmente hai ragione...- rimase
abbattuto ancora per un po', poi sembrò risollevarsi.
“Ah... l'energia dei bambini.” pensò
Harold sorridendo leggermente.
-Comunque mi insegni ad arrampicarmi sul tetto come hai fatto tu ieri?-
“Maledetti i bambini e il loro spirito di emulazione! Devo
fare molta più attenzione a non dare pessimi esempi d'ora in
poi...” -Max, abbiamo un altezza e un baricentro troppo
diversi. Se provi a imitare i miei passi caschi e ti spiattelli sul
terreno. E morire sul colpo sarà la cosa migliore che ti
potrà capitare, dubito tu te ne voglia andare da questo
mondo agonizzando, vero?- disse Harold con tono cupo e severo. -Se
proprio vuoi toglierti lo sfizio, va in palestra e allenati
nell'arrampicata.-
-Palestra?- mormorò Max con aria minacciosa.
-Palestra...- ripetè Harold -Allora... andiamo dalla signora
Allen e vediamo un po' cosa vuole...-
Allen, una donna sulla sessantina, era le responsabile del condominio.
Aveva ricevuto delle lamentele da alcuni condomini riguardo all'odore
di decomposizione proveniente da una stanza in disuso di cui si era
persa la chiave.
-Scusi, ma non si dovrebbe rivolgere alla polizia?- disse Harold non
nascondendo il proprio fastidio.
-Lo definiscono odore di decomposizione perchè sono dei
melodrammatici senza speranza. Certo... magari se un ragazzino
instabile dai capelli rossi evitasse di tentare il suicidio e di fare
rumore di notte alimentando dicerie su un fantasma piangente, saremmo
tutti un po' meno nervosi...- disse la donna.
-Sono piuttosto sicuro di non essere l'unico abitante problematico qui.-
-Sei quello che si fa notare di più...-
-Sono un capro espiatorio. E se sua sorella minore evitasse di spargere
voci su di me, magari mi farei notare meno, non pensa?-
-Lo penserei se ieri non ti fossi comportato come una scimmietta troppo
vivace in cerca di una morte da esibizionista...-
-Comunque non stava cercando di uccidersi.- si intromise Max. -Stava
solo litigando con la sua fidanzata.-
-Grazie dell'aiuto Max...- commentò Harold incerto.
-Ah, prego!-
-Sono felice che andiate tanto d'accordo.- li interruppe Allen.
-Quindi, mi sgombrate o no la stanza da qualunque cosa emetta
quell'odore? Mi sono già messa d'accordo con altri per
portare tutto all'impianto di stoccaggio.-
-Mi scusi! Max è minorenne e domani ha scuola! Non penso che
voglia passare il resto della domenica a pulire delle stanze sporche
per poi passare ore a mollo per togliersi l'odore di decomposizione.
Inoltre se si trattasse realmente di un cadavere e il ragazzino
rimanesse traumatizzato?-
-Pff... non sono una femminuccia! Posso reggere la vista di tutti i
cadaveri che volete!- protestò il ragazzino.
-Non c'è nessun cadavere! Sarà colpa di qualche
furbetto che scordando il giorno in cui viene portato via l'organico e
non volendo continuare a tenere in casa o sul balcone l'immondizia l'ha
buttata in quella stanza. Comunque vi pagherò per il
disturbo e ovviamente non mi aspetto che ripuliate nel caso doveste sul
serio ritrovare un cadavere.- disse la Allen.
-Comunque Max...-
-Se hai paura che gli succeda qualcosa sorveglialo.-
-Non ho alcun bisogno di sorveglianza!- Max se ne andò
offeso.
-Aspettami.- Harold sbuffò poi guardò la signora
Alllen.
-Se dovessi continuare a dare fastidio farò il possibile per
sbatterti per strada.- lo avvertì la donna con un sorriso
gentile.
“Ma va a...” -Complimenti per il tatto. Se crede
davvero che sia a rischio suicidio, questo è sicuramente un
ottimo modo per non mettermi sotto pressione.- Harold rispose a sua
volta con un sorriso docile.
-Infatti mi dispiace molto. Sei un giovane diligente, proprio per
questo in futuro non vorrei ritrovarci il tuo di cadavere in una stanza
abbandonata.-
Harold sospirò. -Grazie della preoccupazione. Mi piace
pensare che in fondo possa davvero dispiacerle l'idea di reperire il
mio cadavere.-
Non gli piaceva l'idea di creare problemi ed era troppo emotivamente
suscettibile per riuscire a capire se le lamentele della Allen fossero
giuste o meno.
Era anche troppo stanco per riflettere davvero sull'incarico che gli
era stato dato, così si arrese ma chiese buste e prodotti
per le pulizie alla Allen nel tentativo di risparmiare.
Mentre si incamminava con Max si sentì improvvisamente
pesante. Percepì come se qualcuno si fosse seduto sulla sua
ombra e si stesse lasciando trascinare.
-Weeee...- disse una voce femminile con un' infantile allegria.
Harold si voltò verso Max, ma questa volta sembrava che il
ragazzino non avesse sentito niente. “Sto impazzendo... le
ombre non hanno nemmeno il senso del tatto! E che cavolo!”
Harold sentì che chi si stava facendo dare un passaggio
dalla sua ombra si stava accovacciando. Il respiro della ragazza si
faceva sempre più calmo, si stava addormentando.
“Va bene, almeno qualcuno di noi due si
riposerà... Questo insieme di sensazioni deve essere la
vendetta della mia mente per averla ignorata 'sta mattina...”
All'improvviso Harold sentì il bisogno di appoggiarsi alla
parete del corridoio. Stava sudando freddo, aveva la sensazione che un
corpo estraneo stesse penetrando nel proprio e non percepiva
più la ragazza. Sembrava la ragazza stessa che si era fatta
assorbire dalla sua ombra e dal suo corpo.
-Eh... Signor Depresso?- lo chiamò Max preoccupato.
-Sto bene!- Harold sbuffò e si portò avanti. Poi
si voltò. -Sto bene...- ripetè più
calmo come per scusarsi. Ma Max lo guardò storto.
Le stanze in disuso erano un appartamento che per un motivo o per un
altro non era mai stato ristrutturato. Il pavimento non era stato
piastrellato e vi erano diversi dossi di cemento.
-Max, fa attenzione a dove metti i piedi.-
L'adolescente sembrò ignorarlo. Quel luogo effettivamente
puzzava molto. Era disseminato di mosche e buste dell'umido.
-Visto, la signora Allen aveva ragione.- disse Max per prenderlo in
giro.
Ma Harold era concentrato su un oggetto talmente ricoperto di mosche da
essere difficile da identificare. Il ragazzo trattenne un conato. -In
qualche modo avevo ragione anche io.- commentò turbato.
-Temo sia la carcassa di un procione...-
-Oh...- per un attimo Max sembrò intristirsi, ma si riprese
immediatamente. -Gli animali morti vanno messi nell'umido?- chiese.
-Che ne so?! Cercalo su internet!- Harold si sfogò e si
allontanò reggendosi il capo. Aveva la nausea. Si mise
vicino ad una finestra aperta.
Max ridacchiò -Sei proprio una principessa!-
Questo commento ricordò ad Harold un suo vecchio compagno di
scuola evocandogli una strana nostalgia. -Bene, visto che sono una
principessa occupati tu di sbarazzarti del cadavere. Puoi farlo, caro?-
gli chiese con un tono apparentemente gentile ma dispettoso mentre
cercava di distrarsi dal proprio stato di malessere.
-Come vuoi.- disse Max ostentando indifferenza. Indossando i quanti in
lattice spostò il corpo in un sacchetto. Poi lo
buttò dalla finestra vicino l'altro ragazzo.
Harold sgranò gli occhi ma evitò di commentare,
non aveva neanche il coraggio di affacciarsi e cercare di capire in che
condizioni erano il sacco e il suo contenuto, sperava solo che non
fosse finito sulla testa di qualcuno.
-Umh... forse ho fatto un errore...- Mormorò Max.
-Tu... tu dici?-
Max si occupò di portare fuori i sacchi dell'immondizia
mentre Harold cercò di pulire, deodorare la stanza e
cercò di sbarazzarsi di larve e mosche.
-Non sarebbe meglio dell'insetticida?- obiettò Max vedendo
l'altro ragazzo che cercava disperatamente di far uscire il numero
maggiore di mosche dalle finestre aperte inseguendole
gesticolando.
Harold ignorò la proposta di Max e cercò di far
staccare le mosche dai vetri muovendo le imposte e passando la mano sul
vetro.
-Non credo che la Allen ci pagherà se le rompi le
finestre...- obbiettò di nuovo il ragazzino.
Harold si fermò a guardarsi la mano. Aveva accidentalmente
schiacciato qualche mosca.
-Perchè... Perchè non avete il minimo istinto di
sopravvivenza? Perchè non vi togliete quando metto le mani?
Perchè tornate sempre sullo stesso punto?-
domandò Harold con voce tremante ed esasperata.
-Perchè sono mosche.- rispose Max ma vide Harold muovere le
mani sul vetro altre volte con fare agitato.
Harold sentì le sue mani inumidirsi, le vide tingersi di
nero e rosso. -P-perchè l'ho fatto? È stato un
incidente o...- “Le ho uccise a posta? Le ho uccise
perchè ero arrabbiato con loro?” -Io non... Non
volevo... mi spiace...- “E' così che si sente
Leshawna quando per impazienza distrugge qualcosa? Lei mi
manca...” ammise mentre stava perdendo il controllo del
proprio flusso di pensieri.
-Wow! Sembri proprio sporco di sangue!-
-G-grazie Max... senza di te non me ne sarei proprio accorto!- rispose
Harold cominciando a singhiozzare e lacrimare. -M-mi dispiace...-
Max rimase interdetto dalla reazione. -E... e dai calmati! Sono solo
mosche... vivono poco e... e poi potrebbero portare malattie, dovevamo
sbarazzarcene.- un po' preoccupato cercò di calmare l'altro
ragazzo. Poi si deconcentrò vedendo un altro oggetto che
sembrava fonte di mosche. -Oh guarda, un altro procione morto.-
commentò leggermente seccato.
Max udì due urli familiari, uno dei due era femminile. Poi
Harold perse i sensi.
-Poteva dirlo subito che era sensibile allo sporco!-
commentò infastidita la signora Allen mentre lei e Max
osservavano il ragazzo rosso privo di sensi. -Non c'è la fa
proprio a non creare problemi... comunque...- la donna si fece
inquieta. -C'era una ragazza con voi? Mi è parso di sentire
anche un urlo femminile...-
Max deglutì. Aveva cercato ovunque ma non c'era traccia di
nessuna ragazza.
Harold rinvenne lentamente. Si guardò intorno con aria molto
disorientata. Sbattè le palpebre più volte, poi
si toccò la faccia toccando i vetri degli occhiali, come se
avesse scordato di portarli. Li tolse inserendoli in tasca e si
riguardò intorno sembrando di poco più a suo agio.
-McGrady?-
-Signor Depresso?-
Harold fece un sorriso nervoso stringendo le labbra sottili.
Balbettò qualcosa con una voce stranamente acuta.
Sembrò fare diverse prove vocali, ci mise un po' prima di
parlare chiaramente.
-S-scusate... non mi sento molto bene, tornerei nel mio appartamento se
non vi dispiace.- sussurrò con una voce molto flebile e
innaturalmente femminile.
Max e la Allen lo guardarono perplessi mentre si alzava e si
allontanava con un' andatura instabile ma sempre più
velocemente, alla fine si mise a correre in modo scoordinato.
-E'... E'... è davvero bravo a modificare la voce, eh?-
disse Max ridacchiando un po' spaventato. -Però è
anche uno scherzo di pessimo gusto... Mi domando cosa abbia in
mente...- aggiunse il ragazzino mentre la Allen rimaneva in un silenzio
irrequieto.
Angolo dell'autrice:
La prosopagnosia è un deficit cognitivo-percetivo che
compromette la capacità di riconosce i volti e trarne
informazioni (esempio; riconoscere età, sesso ed espressioni
facciali)
Può svilupparsi nel corso della vita a causa di lesioni in
alcune aree del cervello o può essere congenita. Ma non
è curabile, per compensare il problema la persona deve
affidarsi a strategie alternative per riconoscere le persone.
I livelli di gravità possono essere diversi. In quello
presentato nella storia Roza è comunque capace di
riconoscere le emozioni della persona che vede (ma potrebbe aiutarsi
grazie agli indizi dati dall'udito e dal linguaggio del corpo invece di
basarsi solo sulla mimica facciale) riesce a farsi un idea
dell'età dell'altra persona e ad avere un'impressione del
volto pur essendo instabile, molto influenzata da altri fattori (il
modo in cui sono sistemati i capelli, la presenza degli occhiali) e non
riuscendo a memorizzarlo.
Alcune persone non riescono neanche a riconoscere il proprio volto o a
riconoscere che un volto è un volto.
Spero di non aver fatto qualche gaffes nel descrivere la situazione e
di essere riuscita a rappresentare il punto di vista del personaggio.
Mi spiace per la parte relativa alla pulizia, ma mi servivano le mosche
per innescare una situazione... inoltre ho la tendenza ad andare verso
l'horror e il grottesco, ma allo stesso tempo cerco di censurarmi e il
risultato sono alcune parti strane... che spero non risultino troppo
strane... Insomma, aiuto! Spero che questo capitolo possa piacervi e
che possa piacervi la storia, sono estremante dispiaciuta per il
proseguimento lento e per il fatto che sia strana, ma non riesco a fare
altrimenti e in generale questa storia è partita come un
esperimento che spero possa piacervi.
In ogni caso, ringrazio come sempre per la pazienza chiunque sia qui a
leggere, grazie mille, davvero ^^
Se volete darmi dei pareri sono qui.
Alla prossima e statemi bene! Spero abbiate passato una bella estate!
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Capitolo 17 *** L'ospite indesiderato(?) ***
Quella persona aveva un punteruolo lungo e affilato. Lo affondava
contro i canidi giganti che le venivano addosso per masticarla, ma non
riusciva a penetrare nella loro carne con l'oggetto per ucciderli o
ferirli e di conseguenza salvarsi.
Si sforzava ma non ci riusciva, i suoi arti si facevano sempre
più pesanti, deboli e lenti mentre il respiro diventava
più affaticato e disperato.
Non importava quando desiderasse difendersi, quanto si arrabbiasse e
agitasse gli arti superiori. Erano tutti sforzi inutili.
Mordendola i canidi mutavano in un liquame nero sangue pestato, denso e
viscoso che cercava di penetrarle nelle ferite e le rimaneva attaccato
addosso. Non importava quanto si agitasse per toglierselo di dosso.
Tutto inutile, ancora.
Si rese conto che il liquame si trovava anche sul pavimento della sua
stanza e lo ricopriva completamente. Era vivo e cercava di arrampicarsi
su di lei e inglobarla.
Non pensava che la sostanza fosse riuscita a coprirle gli occhi, ma la
ragazzina non ci vedeva più.
Poteva solo sentire con le orecchie e con il tatto l'entità
viscida che le strisciava lungo il corpo concentrandosi maggiormente
sulle game per immobilizzarle e separarle, il proprio respiro affannato
e il battito cardiaco impazzito.
Ma sulla pelle percepiva il respiro di qualcun altro.
“Per difenderti dai cani mi stavi imitando?” disse
una voce maschile compiaciuta che aveva sempre trovato stupida e
insopportabile.
“Ah... ho sempre amato la profonda ammirazione che hai per
me, anche io adoro il nostro rapporto! Ma sei una donna di dodici
anni... non puoi imitare un uomo adulto. Non hai la forza di difenderti
e penetrare nella carne di qualcuno, non importa quanto sia
morbida.”
Davanti a quella gargantuesca mole di minchiate, la bambina
cercò di ribellarsi e liberarsi dalla sostanza che la
immobilizzava.
“Perchè fai i capricci? Lo sanno tutti che ho
ragione io! Nessuno ti ascolta. Dai solo fastidio... Perchè
fai piangere tua madre con i tuoi stupidi capricci da bambina? Ormai
sei una donna e... a proposito...”
La bambina sentì il normale rumore di passi pesanti che
calpestano un liquido. La sostanza non lo aggrediva, per lui era
semplice acqua.
“Le altre adolescenti terrebbero la loro stanza come un
gioiello! Perchè la tua è così
sporca?!” esclamò furioso.
La bambina avrebbe voluto urlargli addosso buttandogli contro tutto il
suo odio mettendogli davanti il fatto che i canidi, il liquame e lo
sporco erano tutti sicuramente colpa sua! Era uno schifoso incoerente a
fare dei danni per poi darle la colpa! Non era affatto cambiato!
Ma la bambina aveva perso la voce. Era impossibilitata a far uscire il
suo odio. Sarebbe rimasto dentro e l'avrebbe avvelenata. Ma cosa ancora
peggiore, non sarebbe riuscita a comunicarlo a quell'idiota che nella
sua biblica idiozia avrebbe continuato a convincersi di essere amato da
lei.
“Sei un'irresponsabile! Non mi stupisce che tu sia rimasta
incinta.”
Incinta? La bambina non aveva idea di cosa quel pazzo stesse dicendo ma
sentì qualcosa di affilato all'interno del proprio ventre.
“E' colpa di quella femminuccia strana con cui ti ho visto
tornare a casa? Non me ne capacito... hai gusti e modi di approcciarti
così strani... devi davvero smetterla di imitare gli uomini
adulti!”
Era sempre spiata e quell'uomo aveva sempre pensato di essere nel
giusto quando la spiava. Quell'uomo doveva morire soffocando nel suo
stesso sangue, solo immaginarlo agonizzante riusciva a rasserenare la
bambina immobilizzata e inumidita dal liquame.
“Va beh, suppongo che alla fine le donne siano donne e
l'istinto sessuale rimanga l'istinto sessuale, eh eh...”
Le lame all'interno del suo ventre la squarciarono permettendo al
liquame di entrare.
L'ultima cosa che percepì fu il calore della fronte
dell'uomo contro la propria.
“Bentornata a casa Leshawna.”
La donna si svegliò con respiro e battito cardiaco impazziti.
Sì toccò la pancia, nonostante non fosse ancora
particolarmente gonfia rispetto al solito, ebbe la consapevolezza che
la gravidanza era reale anche nella realtà, ma almeno non si
era risvegliata col ventre aperto, non aveva delle lame all'interno e
non aveva dodici anni.
Anche il fatto che si trovava a casa di sua madre, purtroppo era reale.
“E' perchè sono tornata qua che l'ho sognato!
Erano anni che non sognavo più quella persona!”
Il suo cervello aveva deciso di mischiare la sua situazione attuale con
quella vecchia conoscenza.
Se fosse tornato nella sua vita e fosse venuto a conoscenza della sua
situazione l'avrebbe schernita?
“Lo troverò e lo sgozzerò! Lo
ammazzerò! Lo finirò!”
Non riusciva a calmarsi. Impugnò il cellulare con la mano
tremante. Erano quasi le tredici.
Conoscendo i ritmi di Harold, visto che non aveva chiuso occhio la
notte era probabile che a quell'ora fosse crollato nel sonno. Ma in
quel momento Leshawna voleva solo scacciare la sensazione di rabbia e
agitazione e calmare il proprio battito cardiaco quindi era
estremamente tentata di chiamarlo. Non aveva idea di cosa avrebbe
dovuto dirgli, non voleva parlargli dei quei ricordi e quegli incubi.
Non l'aveva fatto per anni, non l'avrebbe fatto ora.
“Anche lui non mi prenderebbe sul serio se gli raccontassi
dei motivi per cui odio quella persona... Direbbe che esagero... Non
capirebbe niente... Ma deve distrarmi! Se parliamo mi
distrarrà... e mi calmerò...” si disse
cercando di convincersi a telefonare.
“Non posso farmi sentire con un tono affannato e patetico da
qualcun altro. Con Harold ho dovuto togliere la maschera più
volte ma se telefonassi a Gwen così a caso, senza motivo
apparente e con questo tono sarebbe la morte per me...”
Se i suoi parametri vitali avessero continuato in quel modo sentiva che
sarebbe esplosa, si sarebbe ritrovata davvero il ventre squarciato.
Posò il telefono e tirò fuori la pistola che
aveva nascosto sotto il letto. Maneggiandola si sentì
meglio. “Inquietante...” le veniva da ridere.
Capì che fantasticare sull'uccisione di quella persona
riusciva a rilassarla e a farla sentire più calma e in
controllo di sé.
Non lo vedeva da anni, magari non era più la stessa persona
ma immaginarlo morto era terribilmente gratificante...
“Non provo alcun senso di colpa.” rise sul serio
anche se sommessamente. “Beh, tanto sono fantasie
innocenti... non sto veramente pianificando di uccidere
qualcuno...” si disse giocherellando con l'arma a cui aveva
tolto i proiettili e messo la sicura. “Però
magari... se morisse sul serio... il mio subconscio lo accetterebbe e
smetterebbe di propormelo nei miei incubi?” fece un lungo
sospiro, si sentiva rovinata.
Harold, forse per allenarsi nella sua materia di studi e fissare
concetti e dinamiche o per spirito di masochismo e bisogno di
autopunirsi, aveva avuto un periodo in cui aveva approfondito e fatto
ricerche su fatti di cronaca nera.
Vedendolo turbato, Leshawna lo aveva spesso aiutato, gli aveva fatto
compagnia e lo aveva tenuto d'occhio per assicurarsi di fermarlo quando
le sembrava che non reggesse più. Lei non era insensibile ma
non si sentiva neanche così facile da turbare da non potersi
permettere di fare la parte di quella resistente in quella situazione.
Inoltre essersi incaricata di vegliare il ragazzo la faceva sentire
più forte.
Ma nonostante facesse del suo meglio per non far trasparire niente di
sospetto dalla sua espressione, quando incappavano in vicende di
persone che finivano per abusare e uccidere i figli delle persone con
cui stavano, Leshawna non poteva non notare che a volte c'erano delle
avvisaglie del pericolo. Segnali d'allarme che potevano manifestarsi,
anche più volte, tempo prima delle tragedie vere e proprie.
Segnali che i bambini notavano e di cui parlavano ma che venivano presi
sotto gamba dagli adulti che li ascoltavano solo in apparenza.
Lei era stata fortunata. Il compagno che sua madre aveva avuto per
circa quattro anni era solo un molestatore represso, malsanamente
possessivo, psicologicamente abusivo e tanto idiota da scambiare per
stima l'odio manifesto che aveva Leshawna per lui.
“Danzerò il Tip Tap sulla sua tomba... Dopo le
darò fuoco!”
Ma la Leshawna giovane adulta non poteva fare a meno di notare che i
comportamenti invadenti, molesti e allusivi dell'uomo di cui la
sé stessa bambina si era lamentata innumerevoli volte, erano
inquietantemente simili ai comportamenti di cui si erano lamentati i
bambini finiti sulle pagine della cronaca nera. Eppure gli adulti
attorno a lei, sua madre in primis ma anche il padre quando si
vedevano, non l'avevano mai presa sul serio. Anzi, avevano cercato di
farla sentire in colpa per ogni accusa e lamentela non capendone
neanche l'entità e il significato.
“Potevo benissimo esserci io al posto di quei
bambini...” la cosa non la rendeva triste, ma furiosa.
“Avrò tutte le vostre teste un
giorno...” diceva la bambina avvelenata dal rancore che
continuava a dimorare nella sua mente.
Nonostante la rabbia, Leshawna non voleva allungare il numero di
vittime delle sue innocenti fantasie omicide con delle persone
colpevoli sostanzialmente di essere rintronate.
Il telefono suonando interruppe le sue riflessioni. Si sentì
in parte sollevata. Era imbarazzante ma un po' sperava si trattasse di
Harold. Invece si trattava di una certa “Strega
condominiale”
“Ok... Ma chi diavolo è?! Ah... deve essere
l'amministratrice del condominio.”
Inizialmente non era interessata a rispondere.
“Però potrebbe c'entrare Harold... potrebbe
essergli successo qualcosa...” -Pronto?- disse facendosi
sfuggire un tono teso e guardingo.
-Sei la coinquilina o ex coinquilina di McGrady, gusto? Qui
è Allen...- rispose l'interlocutrice inaspettatamente
nervosa.
-Uhm... sì...-
-Cortesemente, sapresti passarmi il numero di telefono di un familiare
del ragazzo?-
-Perchè?- chiese Leshawna sospettosa.
-Il ragazzo... beh, si sta comportando in modo un po' strano... Visto
che non mi è sembrato stabile negli ultimi tempi preferirei
che venisse qualche parente ad accertarsi della situazione. Meglio
essere troppo prudenti che...-
Leshawna la interruppe. -Ok, vengo immediatamente.-
-Per carità no! L'ultima volta che avete litigato McGrady ce
lo siamo ritrovati sul tetto!-
-Sto arrivando!- insisté ancora più intestardita.
Senza guardare in faccia nessuno, uscì dalla sua stanza e si
diresse verso la porta.
-Tesoro, dove stai andando? Ehi?!-
Leshawna ignorò la madre. Quando sentì la sua
mano sull'avambraccio dovette trattenersi per non togliersela di dosso
bruscamente. Si limitò a brontolare fra sé e
sé.
-Un fastidioso uccellino mi ha detto che Harold si sta comportando in
modo strano, quindi vado a controllarlo.- annunciò senza
voltarsi mentre girava la chiave.
-Eh... Non mi sembra una buona idea andare a controllare un ex che si
comporta in modo strano...- suggerì sua madre inquieta.
A quel punto Leshawna si girò mostrando la pistola e
paradossalmente un sorriso rassicurante. -Tranquilla, se si comporta in
modo troppo strano metto fine alle sue sofferenze, tutto qui.-
-Ah, ecco chi aveva rubato la mia pistola...- disse il padre della
ragazza affacciando la testa dal bagno.
-Pensavi ti avessero rubato una pistola e non hai detto niente?!-
esclamò Lupe guardando il marito.
-Tranquillo papà, poi te la restituisco...-
-Ok.-
-Come ok?!- si lamentò Lupe. Poi si girò verso la
figlia e vide che era già uscita, la seguì.
-Non puoi uscire armata...- sussurrò avvicinandosi mentre
scendevano le scale -Inoltre scherzavi quando dicevi di mettere fine
alle sue sofferenze, vero? Ho sempre qualche problema a capire il tuo
senso dell'umorismo, a vole mi sembra di pessimo gusto...-
Leshawna accelerò il passo e non le rispose.
-Leshawna, dove stai andando?- chiese Lupe una volta uscite dal
condominio. -La mia macchina è posteggiata in un'altra
direzione.- la informò intenzionata ad andare con lei.
-Prendo la mia macchina.- rispose Leshawna con un tono infastidito.
-...Hai una macchina?- chiese Lupe sospettosa.
-Eh...- “Giusto, ho fregato la macchina ad Harold! Di nuovo!
Mi è venuto così istintivo...”
pensò stupita. “Beh, visto che non la usava,
mentre io sì, è diventata mia! Non
sarà così a livello legale ma a livello pratico
si!”
Mentre Leshawna andava a prendere la macchina posteggiata distante
continuava suo malgrado ad essere seguita dalla madre. A un certo punto
si rassegnò all'idea di essere accompagnata.
Disse alla donna di parlare il meno possibile giustificandosi dicendo
che essendo nervosa non voleva essere distratta mentre era al volante.
La donna acconsentì.
Fra la preoccupazione per Harold e i ricordi negativi sulla madre
riportati a galla dal ritorno a casa e l'incubo, Leshawna sembrava ed
era effettivamente molto tesa.
-Magari più tardi mi accompagni a messa?- chiese Lupe
allegramente, convinta di fare una proposta carina. Ma Leshawna
sgranò gli occhi e fece una smorfia involontaria.
-No grazie. Se entro in una chiesa prendo fuoco.- rispose con distacco.
-Harold è invischiato con credenze e mitologie strane,
eppure mi ha accompagnato qualche volta senza andare a f...-
-In che senso accompagnata?!- la interruppe Leshawna irrigidendosi. Poi
riprese leggermente la calma pur mantenendo un tono vagamente ostile.
-Quel ragazzo ha già abbastanza problemi. È
instabile, l'ultima cosa che gli serve è avvicinarsi ad una
religione.- disse decisa.
Lupe sospirò. -Non mi risulta che tu sia la sua tutrice
legale o sua madre, mi sbaglio?-
-Non lo sei neanche tu, eppure mi sembri troppo incline a impicciarti.-
protestò Leshawna a denti stretti.
-Boh, sono solo gentile.- rispose Lupe seccata.
Da quando sua madre si era rimessa con suo padre, Leshawna aveva avuto
l'impressione che la donna avesse tentato più volte di
avvicinarsi di più a lei, forse intuendo che sotto sotto il
suo ex compagno aveva compromesso un po' il loro rapporto.
“Che donna perspicace!”
Uno degli effetti collaterali di questi tentativi di riavvicinamento
era stato l'impicciarsi molto di Harold, aveva cominciato a tempestarlo
di domande e ad avvicinarsi da prima che Leshawna lo avesse
esplicitamente presentato come fidanzato.
Inoltre Leshawna era abbastanza sicura che sua madre avesse sempre
voluto una figlia più affettuosa, gentile e disponibile a
parlarle dei suoi interessi. Pur mantenendo le distanze, Harold, col
suo carattere docile e cordiale nei confronti delle persone
più adulte non ostili, poteva essere una specie di figlio
secondario. “O figlia!” avrebbe commentato suo
padre...
Dopo qualche minuto, Leshawna ricominciò a rivolgersi alla
donna. -Comunque, cosa c'è di male se un'ex fidanzata che
stava con una persona con dei problemi, si preoccupa per questa
persona? Perchè si insinua subito che si sia instaurato un
rapporto madre-bambino? Se fossi un uomo faresti lo stesso
ragionamento?-
-Si.- Lupe rispose con facilità innervosendola. -Penserei
che sicuramente lo ami ma che sì, ti comporti come se fossi
suo padre.-
Leshawna non sapeva nemmeno da dove cominciare e cosa la facesse
arrabbiare di più di quella risposta. -Quindi, secondo te,
una persona deve per forza non avere problemi e insicurezze se vuole
una relazione perchè se no finirà per diventare
“figlia” della persona con cui si mette?- chiese
con fastidio.
-Esatto.- rispose l'altra sicura di sé.
“Bugiarda! Non mi sembra che tu fossi priva di problemi
quando ti sei messa con mio padre!” -E poi come sarebbe a
dire; sicuramente lo ami? In che senso?! Non stiamo più
insieme e avevo già cercato di spiegarti che non sono mai
stata innamora di...- si interruppe percependo che la madre accanto a
lei si stava trattenendo dal ridere.
“Io questa donna la uccido!” Detestava che i suoi
punti di vista non venissero creduti.
-Oh no... quindi sei davvero rimasta alle fasi delle elementari in cui
dire di amare qualcuno è fonte di disonore e imbarazzo?-
Lupe non sapeva se essere divertita o preoccupata. -Sai, ammettere una
cosa è il primo passo per riuscire a razionalizzarla.-
-Scusa madre, in questo momento vorrei concentrarmi sulla strada.-
-Tu e lui avete sempre avuto uno strano rapporto basato sullo scambio
dei ruoli... a volte sei tu che ti comporti come quella più
adulta che si preoccupa per il fidanzato svampito, troppo emotivo e
autodistruttivo. Altre volte è lui a dover essere maturo e
responsabile nei confronti di una fidanzata scostante, irresponsabile e
agitata... se siete entrambi in un periodo in cui siete sommersi dai
problemi è chiaro che le cose non reggano... inoltre mi
chiedo se siate in grado di avere un rapporto paritario e di stare
insieme anche quando non avete bisogno di una stampella emotiva...-
“La risposta è no! Se non ho bisogno d'aiuto
finisco per diventare distante e per ignorarlo accidentalmente, poi lui
si deprime, va in crisi, si chiese cosa ha fatto di sbagliato ed io non
ho la minima idea di come gestirlo... Non sono fatta per i rapporti di
coppia! E questo vale anche per te feto malefico!
Andiamo, per avere metà del mio codice genetico, devi essere
per forza il male fatto feto, lo so io e lo sai tu con quel sistema
nervoso primitivo che ti ritrovi. In realtà non ho la minima
idea dello stadio dello sviluppo in cui dovresti essere e...
Sono impazzita di nuovo e sto immaginando di parlare con un feto...
Mia madre è sicuramente ben intenzionata parlando di queste
cose con me e se fossi nel giusto stato d'animo potrebbe essermi utile
ma ora come ora mi farà impazzire! Aspetta, in effetti
c'è una cosa di cui potrebbe essermi utile
parlare...”
-Uh... mamma...-
-Si, tesoro?-
-Per caso quando eri incinta hai mai pensato che fossi arrivata al
momento sbagliato, che fossi una catastrofe, hai mai provato
ostilità nei miei confronti e per il fatto di essere una
donna incita?-
-Ma no! Come potrei...-
Leshawna la interruppe. -Sei sicura mammina?- disse nervosa. -Puoi
essere sincera con me, non mi offenderei perchè non
significherebbe che hai odiato me come persona ma me come... feto...
entità sconosciuta.... quindi sarebbe tutto a posto se tu
avessi provato sentimenti ostili nei miei confronti! Puoi ammetterlo!-
-No amore... ero molto felice.- rispose la donna sembrando sincera.
-Ok, non parliamone più.- rispose Leshawna infastidita.
-Scusa... ma cosa volevi che ti rispondessi? Che ti detestavo?- chiese
la donna offesa.
“Sì...”
Leshawna accostò la macchina. -Mammina?- cercò di
usare il tono più innocente di cui era capace in quel
momento. -Potresti un attimo scendere? Mi è sembrato di
sentire uno strano rumore proveniente dalla macchina. Magari potresti
dirmi se vedi qualcosa di strano dall'esterno.-
La donna collaborò e appena Leshawna la vide in piedi, fuori
dall'auto e a distanza di sicurezza ripartì velocemente.
Sul viso di Leshawna si formò un ghigno imbarazzante.
“LIBERTÀ!!!”
“Eh eh... scusa mamma, sicuramente non stavi facendo nulla di
male o anormale... ma sono io ad essere anormale al momento,
così per salvare la mia sanità mentale ho bisogno
di averti il più lontano possibile da me!” disse
fra sé e sé mentre proseguiva per la sua strada e
ignorava le telefonate della donna.
“Mi sento proprio matura e in pace col mondo adesso... Avrei
potuto risolverla in modo molto meno elegante e pacifico. Invece non ho
neanche risposto in modo aggressivo quando mi ha definita scostante,
agitata e irresponsabile! Sono diventata davvero una persona a modo...
dovrebbero darmi il Nobel per la pace!” pensò
allegra mentre si diceva consapevolmente un mare di cazzate.
“Ok... vado a controllare cos'è successo ad
Harold, poi si vedrà...” si disse cercando di
rimandare l'ansia per quando si sarebbe ritrovata davanti
l'appartamento. Sperò che la strada durasse il
più a lungo possibile.
Harold era rinvenuto nel suo appartamento seduto sul pavimento e con la
schiena contro il muro, ma poteva capirlo solo guardandosi
perché aveva perso la propriocezione, non sentiva
più il corpo e non era capace di sapere automaticamente la
posizione in cui si trovava.
“Il mio sistema nervoso è fottuto! Completamente
fottuto!” pensò nel panico rendendosi conto di non
riuscire a muoversi.
“Paralisi del sonno! Forse è una paralisi del
sonno!” si disse cercando di mantenere la calma e far
diminuire la sensazione di malessere.
Poi cominciò a percepire una vocetta terrorizzata che
ripeteva frasi del tipo “Mi spiace” “Sono
intrappolata” “Verrò
assorbita” “Ora che è sveglio non riesco
più a muoverlo”
Oramai Harold era quasi abituato a quel sintomo. Ma in questo caso
l'illusione uditiva sembrava partire direttamente dalla sua testa. La
cosa lo spaventò, non era mai stata così vicina.
Col passare dei minuti e i tentativi di muoversi che continuavano ad
essere inutili, l'ipotesi della paralisi del sonno scemava lasciando il
ragazzo nella disperazione più soffocante.
“Paralizzato, senza propriocezione, incapace di comunicare
con l'esterno e in preda alle allucinazioni...” temeva che
quella situazione fosse permanente e che essendo incapace di spostarsi
e nutrirsi sarebbe morto di inedia perchè nessuno avrebbe
scoperto il suo corpo e lo avrebbe aiutato.
Una morte lenta, dolorosa e solitaria. Aveva molta paura di come
avrebbe potuto reagire il suo cervello, ma anche immaginarsi per il
resto della sua vita in quello stato era agghiacciante.
Prima di esserne pienamente coscienze cominciò a sperare che
qualcuno lo uccidesse.
La voce femminile interagì esplicitamente con lui:
“Finalmente siamo sulla stessa lunghezza d'onda!”
esclamò, poi balbettò mortificata:
“Ops... scusa io non...”
Sentendosi imbarazzato e tradito, Harold rispose mentalmente:
“Roza, non ti ho mai detto che dovevi vivere per forza!
Volevo solo che avessi l'opportunità di pensare in maniera
lucida se davvero non ci fosse più nulla da fare per te! Mi
spiace se ti sono sembrato prepotente, ok?! Puoi fare quello che vuoi
ovviamente! Non ho né la possibilità,
né l'intenzione di controllarti!”
Scoprì di avere ancora il senso del tatto percependo
qualcosa di bagnato.
Non capiva da quale parte del corpo arrivasse lo stimolo, ma grazie
alla vista appannata si accorse che si trattava degli occhi. Nonostante
gli venisse da piangere non sentiva quelle lacrime come causate dai
propri sentimenti. Era Roza ad utilizzarlo per piangere...
“Scusa, non volevo essere aggressivo, ma non è un
buon momento per me!” pensò isterico.
“No... non è questo è che... sentirmi
chiamare per nome fa un effetto davvero strano...”
confessò la voce sorpresa. “Posso chiamarti
Harold?” gli chiese timidamente.
“Beh, sì... fa come vuoi...”
“Haaarold, Haaarold, Haaarold...”
canticchiò la voce. Ma il momento di semi-allegria
durò poco e Roza tornò ai suoi mormorii
angosciati.
Harold invece oscillava fra disperazione e goffi tentativi di calmarsi:
“Fingiamo di essere certi che qualcuno ti trovi in tempo e
che quindi vivrai anche se in queste condizioni, ok? Le piante vivono
da ere in questo modo, magari ti ci abituerai anche tu...” si
disse “Il tuo cervello si atrofizzerà per
permetterti questo stile di vita da piantina... aspetta... in che modo
sarebbe consolante?!
Magari ci penseranno le allucinazioni a tenerti compagnia... e poi puoi
sempre imparare a comunicare sbattendo gli occhi! E poi... e poi le
persone odieranno ancora di più passare il tempo con te...
sarai solo un peso e accoglieranno con sollievo la tua morte!”
“Inquietante... siamo sempre più sulla stessa
lunghezza d'onda.” commentò di nuovo Roza.
Harold era molto confuso su cosa provare. Forse avere qualcuno che
poteva capire le sue paure era consolante e distraente. Ma una parte di
lui voleva solo che si stesse zitta... si sentì colpevole.
Provò a ripetersi che sarebbe andato tutto bene, che
l'avrebbero trovato e che qualche modo per risistemare il suo sistema
nervoso potesse esserci ma era come cantarsi una ninna nanna per
tranquillizzarsi, non riusciva a credere realmente in quelle speranze.
Sentendo una sensazione umida mosse gli occhi alla ricerca dello
stimolo: Kunoichi gli stava annusando le dita strusciandoci contro il
naso. Alzò il capo per guardarlo in faccia e gli
domandò più volte “Mwra?”
Gli diede dei colpetti con le zampe, continuando a fissarlo e a
miagolare in tono di domanda.
“Ora sei preoccupata, ma probabilmente per non morire di fame
mi mangerai... va comunque bene, ti perdono in anticipo...”
Questa volta era Harold a piangere, ma mentre teneva gli occhi nella
direzione di Kunoichi notò di avere gli occhiali in tasca.
Per quanto si sforzasse con la vista, non riusciva a percepire la
montatura di un eventuale paio di occhiali di riserva sul volto.
Eppure, ci vedeva molto bene.
Percepì con l'udito la propria risatina sommessa. Anche se
faticava a muoverla aveva abbastanza controllo sulla bocca.
“Non è un problema del sistema nervoso! Non
avrebbe come effetto collaterale la guarigione miracolosa dei miei
bulbi oculari! Sono semplicemente posseduto da uno spettro...
È meraviglioso!”
“Cosa c'è di meraviglioso?! Se stiamo troppo nello
stesso corpo rischiamo di assorbirci a vicenda! Sto già
facendo fatica a distinguere i tuoi pensieri dai miei! E i miei ricordi
dai tuoi!” disse la ragazza disperata. “Non voglio
scomparire! Non voglio non voglio non voglio non vogliooo!”
singhiozzò la voce.
-Non dicevi di voler morire?- commentò Harold sospirando.
Entrò accidentalmente nella mente della ragazza e
scoprì che in realtà le aveva fatto piacere che
almeno qualcuno volesse la sua sopravvivenza.
“Smettila di guardare cose che non ti riguardano! Non
assorbirmi!”
-Sc-Scusami! Non l'ho fatto a posta. Non cercavo di assorbirti!- disse
imbarazzato. -Ma sono felice... temevo di essere stato troppo
invadente. Al posto tuo, forse mi sarei arrabbiato... Se qualcuno
pensasse di sapere cosa è meglio per me meglio del
sottoscritto mi arrabbierei! Potrò essere masochista, ma so
essere piuttosto orgoglioso, sai?- confessò forse a causa
della positività che riprendere il controllo dell'apparato
boccale gli aveva trasmesso -Non ci assorbiremo a vicenda,
riuscirò a separarti da me, ma dobbiamo collaborare.- le
disse serio.
Quando era piccolo sua madre non aveva molto tempo per lui e sua
sorella essendo abbastanza più grande aveva spesso altri
impegni così Harold passava molto tempo da solo a doversi
prendere cura di sé stesso e dei suoi spaventi quotidiani di
bambino.
Aveva imparato a spaccarsi. Una parte di lui andava nel panico e
piangeva cercando il conforto di una figura di riferimento che
fisicamente non c'era.
L'altra aveva il compito di proteggerlo cercando soluzioni ai problemi
e di tranquillizzarlo dicendogli che sarebbe andato tutto bene anche
mentendo spudoratamente, nascondendo alla coscienza tutto
ciò che poteva andare storto e distorcendo la
realtà.
Quest'ultima parte in quel momento aveva preso il controllo. Avrebbe
trovato le soluzioni logiche al problema
“possessione” non si sarebbe fermata neanche
davanti a un muro da abbattere a testate.
“Siamo già stretti qui! Non metterci in mezzo
anche le personalità multiple!”
protestò Roza sentendosi soffocare.
-Si dice disturbo dissociativo dell'identità! E poi non si
tratta di questo! Il mio è un gioco delle parti
consapevole...- sospirò e cercò di convincere la
ragazza ad ascoltarlo.
Harold aveva ipotizzato che Roza fungesse da interferenza fra il suo
sistema nervoso centrale e quello periferico impedendo la trasmissione
di alcuni comandi del suo cervello al resto del corpo, così
chiese alla ragazza di provare a sincronizzare i loro pensieri sugli
stessi movimenti da far compiere al suo corpo.
Anche se la parola “sincronizzazione” la
terrorizzava, Harold riuscì a convincerla che fosse l'unico
modo per muoversi e mettere in pratica dei piani per farla uscire dal
suo corpo.
I due non riuscivano a coordinarsi per mantenere Harold in equilibrio e
camminare. E Harold non poteva permettersi di cadere troppe volte
danneggiando o uccidendo il proprio corpo magari rompendo il cranio o
le vertebre cervicali cosa resa più probabile
dall'impossibilità di pararsi con le mani che lui e Roza non
riuscivano a coordinare abbastanza velocemente.
Ma con un po' di esercizio cominciarono a riuscire abbastanza bene a
muoversi su quattro rampe e ad arrampicarsi sugli oggetti. Nel mentre
Kunoichi li seguiva abbastanza confusa e curiosa.
Non aveva una scienza su cui basarsi, così Harold decise di
puntare tutto sull'effetto placebo. Avrebbe dovuto convincere Roza che
lei era capace di lasciare il suo corpo e sé stesso di
poterla espellere.
Per prima cosa, Harold pensò che allontanando il suo corpo
dalle condizioni in cui era avvenuta la possessione sarebbe stato
più semplice permettere a Roza di lasciarlo. Così
sì arrampicò dentro la vasca da bagno e con tutti
i vestiti si lavò per bene per togliersi il puzzo della
stanza infestata di spazzatura e procioni diversamente vivi in cui era
stato con Max.
Harold realizzò che l'acqua fredda gli piaceva, si sarebbe
potuto addormentare. “Forse il mio corpo si sta indebolendo,
ma magari è la strada giusta per permettere ad uno spettro
di entrare e uscire con facilità...”
“Di la verità... volevi solo lavarti...”
commentò Roza sconsolata. “Mi hai
fregata...” poi cominciò a canticchiare un
motivetto triste.
Visto che la ragazza aveva paura di finire per non distinguere
più i suoi processi mentali da quelli di Harold, il ragazzo
che condivideva le sue stesse paure le aveva suggerito di parlargli
spesso affinché entrambi potessero avvertirsi come autonomi
e distinti. Se non aveva niente da dire, Harold le aveva consigliato di
canticchiare, se non sapeva cosa canticchiare, avrebbe cantato lui.
Potevano cantare anche insieme per sentirsi più in compagnia
e comunicare, l'importante era concentrarsi ognuno sulla propria voce.
-Cerca di immedesimarti nell'acqua. Come questa scivola via dal mio
corpo, scivola via anche tu.-
Percepì gli sforzi di Roza nel lasciare il corpo ma erano
inutili. La ragazza si abbatté facilmente ma Harold aveva
altri piani.
Uscirono dalla vasca col corpo di Harold completamente zuppo ma pulito.
“Eh eh... sono il fantasma del pozzo...”
pensò per un attimo Harold divertito da ciò che
immaginava delle proprie sembianze.
“Harold, devi prendere questa situazione
seriamente!” disse Roza allarmata.
Per il piano successivo, Harold si ispirò al modo di dire
“vomitare anche l'anima” ma non
funzionò, lo lasciò solo stremato.
“Volevi che mi immedesimassi nel vomito?!”
-N-no... ma pensavo che con lo sforzo e la disperazione avrei potuto
spingerti fuori... Se solo avessi lo stimolo di partorire magari...-
“Non dire sciocchezze!”
-Chissà se c'è un modo per indurmi le doglie...-
“Sì serio!!!” In realtà era
serio, ma allo stesso tempo doveva allentare lo stress con qualche
cazzata se voleva rimanere lucido.
Dopo aver pronunciato formule e spinto Roza ad aiutarlo in degli strani
movimenti, Harold si tagliò una ciocca di capelli.
C'erano voluti diversi tentativi per riuscire a padroneggiare bene le
forbici e Harold aveva finito per ferirsi la mano con cui teneva la
ciocca prima di riuscire nel suo intento, ma Roza continuava a stare
dentro il suo corpo. La cosa lo deprimette molto.
“Se volevi buttarmi fuori grazie ad uno shock emotivo forse
dovevamo tagliare più capelli...”
-Ho avuto già abbastanza shock emotivi eppure sei ancora
qui!- disse Harold contrariato all'idea. -Pensavo che il taglio potesse
fungere da rito per allontanare gli spiriti maligni...-
“Spiriti... maligni?” ripetè Roza
depressa e infastidita.
-Era per dire! Forse non ha funzionato proprio perchè non
sei uno spirito maligno!- disse Harold per tirarla su di morale.
“Qual'è il prossimo piano? Farti un salasso con le
sanguisughe?”
-Mi sono già indebolito abbastanza con l'acqua fredda e la
nausea, non penso sia il caso di perdere altro sangue o almeno
teniamola come ultima opzione. Se non funziona e non riusciamo a
controllare il mio corpo abbastanza bene da fermare il sangue e
disinfettare la ferita potrei trovarmi nei guai...-
Forse accedendo all'immaginario di Roza avrebbe trovato qualche
superstizione per far funzionare l'effetto placebo. Ma intrufolandosi
nella sua mente più del necessario l'avrebbe solo
spaventata. Così cercarono su internet dei riti per
liberarsi dalla possessione e Harold cercò di studiare le
reazioni di Roza per capire cosa avrebbe potuto funzionare meglio, ma
non c'era niente che potessero praticare da soli.
-A quanto pare non è previsto che un posseduto si auto
esorcizzi... né che uno spirito non voglia stare nel corpo
di cui ha preso il possesso...- commentò Harold.
Roza era abbastanza spaventata. I riti non sembravano molto gentili e
indolori per gli spiriti. “Ma io sono entrata qui per
sbaglio...”
-Tranquilla, lo so, mi fido.- disse Harold cercando di trasmetterle
fiducia. -Mi è venuta un'altra idea.-
Pensò che forse Roza potesse avere dei motivi di cui era
inconsapevole per essersi infilata nel suo corpo. Forse capendo meglio
la dinamica sarebbe stato possibile rimediare.
“Ero solo un po' stanca così mi sono seduta sulla
tua ombra e ho visto che era capace di trainarmi. Mi sono rilassata un
po' troppo così mi ci sono addormenta. Quando mi sono
svegliata eravamo dentro quella stanza puzzolente e tu avevi le mani
sporche di sangue a grumi!”
-No... erano mosche...-
“Poi hai urlato, io ho urlato, tu hai perso i sensi e io mi
sono ritrovata nel tuo corpo... E poi c'erano Max e un'altra persona
che mi... che ti... che ci fissavano...” spiegò la
ragazza angosciata.
-Un'altra persona...- ripetè Harold. Roza conosceva la Allen
ma nei ricordi della ragazza il suo volto e anche quello di Max non
erano riconoscibili. Harold si rese conto che lo stesso valeva per
tutti i volti nei ricordi della ragazza, anche prima che diventasse un
fantasma. Non sembrava un effetto collaterale di quello stadio.
“Smettila di impicciarti!” esclamò
atterrita, espellendolo con forza dai suoi ricordi.
-Scusa di nuovo! È stato un incidente! Però
potevi dirmelo di avere la prosopagnosia. Avrei cercato di rendermi
più riconoscibile...-
“In realtà non avevo idea che il mio problema
avesse un nome.” l'idea che si trattasse di qualcosa con un
nome e che anche altre persone avevano, fece sentire Roza un po'
meglio. Harold invece si sentì molto infastidito.
“In pratica nessuno ha mai fatto caso ai sintomi di questa
ragazza?! Com'è possibile essere così
negligenti?! Ma vaffan...” gli venne un dubbio e chiese a
Roza collaborazione per gattonare fino al bagno e arrampicarsi sul
lavandino per potersi guardare allo specchio. Harold non
riuscì a riconoscere il proprio viso, ghignò
involontariamente al riflesso un momento prima di riscendere sul
pavimento.
“Non solo è come se gli occhi che stessi usando
non fossero i miei, anche l'elaborazione della vista non è
la mia ma quella di Roza!” pensò esaltato.
“I nostri encefali si stanno suddividendo i compiti? Come
vorrei studiarmi e fare degli esperimenti...”
“Eh... Harold?”
-Uh... Perdonami, ovviamente darò la priorità al
mettere fine a questa situazione.- la rassicurò producendo
un sorriso teso. C'era un'altra cosa che aveva notato guardandosi allo
specchio.
“Sono innaturalmente pallido... le mie labbra hanno un
colorito violaceo... anche la pelle sotto le mie unghie...”
si mise la mano sul petto e con sollievo sentì il cuore
battere anche se lentamente. Ma aveva la sensazione che il suo corpo
potesse trasformarsi da un momento all'altro in un cadavere.
“Harold, dobbiamo sbrigarci.” disse la ragazza
testimone dei suoi pensieri e anche lei sospettosa che le condizioni
del corpo fossero una conseguenza di quell'innaturale convivenza.
-Già... ma anche se sarà un casino a livello di
movimenti e coordinazione credo che prima dovremmo mettermi dei vestiti
asciutti... sai com'è, non vorrei andare in ipotermia e
trasformarmi davvero nel fantasma del pozzo. Eh eh...-
“Comincio già a sentire una strana attrazione per
il freddo...”
Angolo dell'autrice:
Eccomi qua... Mi sono resa conto che forse la parte che mi rallenta
nelle pubblicazioni è ricontrollare il capitolo. Ho molta
difficoltà ad entrare in modalità trova gli
errori. In particolare leggendo capitoli già pubblicati mi
rendo conto di un sacco di errori nonostante tutte le ricontrollate che
do prima di pubblicare. La cosa mi mette un po' a disagio, ma mi sa che
mi devo arrendere, anche se ricontrollo ci saranno sempre diversi
errori. Non mi resta che scusarmi con voi e sperare che essi non
inficino troppo nella lettura...
Ero molto preoccupata per la parte onirica ma devo dire che alla fine
ne sono abbastanza contenta!
Spero possa piacere anche a voi.
Ero un po' insicura con le parti relative a Leshawna e il suo trauma,
mi sento sempre un po' a disagio a trattare tematiche delicate
perchè sento di non riuscire a farlo bene e allo stesso
tempo non voglio dare un tono monocorde. Ma in questa storia ho scritto
molte che mi metteva a disagio scrivere e alla fine sono contenta di
questi esperimenti.
Anche qui, spero che il risultato possa piacere anche a chi legge.
Sono molto atea ma ho un debole per il paranormale, le storie di
fantasmi e gli elementi horror. È una simpatica coincidenza
scrivere il capitolo proprio in questo periodo!
In realtà c'è un'altra storia a più
capitoli che avevo scritto a tema per le festività dei morti
con cui mi ero fermata a causa di impegni e che vorrei continuare...
Detto questo, grazie per la compagnia! Spero tanto che il capitolo vi
sia piaciuto, se volete darmi un parere ne sono felice nonostante stia
rispondendo con molta lentezza e non mi scuserò mai
abbastanza di ciò...
Vi auguro un periodo sereno!
Alla prossima ^^
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Capitolo 18 *** Brucia la strega! (prima parte) ***
Cambiarsi i vestiti bagnati mentre era impossibilitato a stare in
equilibrio sui soli arti posteriori e mentre, per potersi muovere,
doveva coordinarsi con lo spettro che aveva preso il parziale controllo
del suo corpo, era stato un processo lungo ed estenuante.
Ma per qualche motivo, Roza, stava canticchiando allegramente. Harold
non se ne lamentava, che fosse più rilassata poteva
tornargli utile, ma era comunque curioso. -Cosa c'è?- le
domandò.
“Stai tranquillo. Non ho guardato mentre ti
cambiavamo.” affermò molto orgogliosa della
propria galanteria.
-Ah, grazie... era l'ultima cosa di cui mi preoccupavo ma...
sì... sì grazie...- era stato preso alla
sprovvista, la trovava abbastanza buffa. Però:
“Forse è anche perchè non stava
guardando che è stata un'impresa cambiarmi... questo
potrebbe spiegare anche perchè ho avuto dei problemi alla
vista in quei momenti...”
Con quei pensieri e quella risposta aveva abbassato il morale della
ragazza spettro. “Forse per le persone normali non
c'è nulla di strano nell'essere guardati mentre ci si cambia
i vestiti e mi sono esaltata per qualcosa di molto stupido e
infantile...” rimuginò abbattuta.
-Ma no! Sei stata molto gentile e delicata a preoccuparti di
non mettermi a disagio. Non è una cosa scontata, sopratutto
nei confronti di un uomo.- disse Harold cercando di complimentarsi e
rassicurala. Lo mostrava in modo buffo, ma Roza ci teneva molto a non
essere troppo di peso nonostante la situazione e Harold poteva
empatizzare facilmente con lo stato d'animo della ragazza.
-E' che... sai, è una situazione assurda quindi non mi ero
posto il problema. Inoltre non ho mai sviluppato un accentuato senso
del pudore. Sarà che ho sempre condiviso la stanza con mia
sorella.- Fino a quando non aveva compiuto nove anni si erano cambiati
nella stessa stanza senza problemi, avevano anche usato la vasca da
bagno contemporaneamente per non consumare acqua in eccesso.
Per alcuni aspetti, Harold, era cresciuto molto lentamente. Ci aveva
messo parecchio per capire il motivo per cui Celia aveva cominciato a
volersi cambiare separatamente e per cui improvvisamente risparmiare
l'acqua non fosse più una priorità.
Inizialmente era stato convinto che sua sorella fosse offesa con lui
per qualcosa e che per questo cercava delle scuse per passare meno
tempo insieme. Quando Harold glielo aveva fatto presente, la ragazza
gli era sembrata piuttosto divertita e gli aveva scompigliato i capelli
con fare dispettoso. “Non c'è l'ho con te, scemo!
Preferisco darti più privacy per farti maturare
meglio.” ma dopo quella risposta, il bambino si era convinto
ancora di più che la sorella fosse segretamente arrabbiata e
che si fosse inventata una motivazione a caso.
“Oh... ecco perchè sei cresciuto così
appiccicoso...” commentò Roza riportando Harold al
tempo presente.
-Tu puoi frugare nelle mie memorie quanto vuoi, se sono io a farlo per
sbaglio invece è la fine del mondo... ho l'impressione che
si facciano un po' due pesi e due misure qui!- percepì la
ragazza spettro sorridere nervosamente. -Tranquilla, tranquilla. Te
l'ho già detto, non ho molto senso del pudore. Ti basterebbe
una domanda generica perchè io cominci a parlarti della
storia della mia vita a caso...- confessò sorridendo
malinconicamente, aveva passato l'infanzia e l'adolescenza sentendosi
solo, forse anche per quello aveva un disperato bisogno di parlare di
sé...
-Ho cambiato idea, se non ci riesci non fa niente, ma cerca di frugare
nella mia testa il meno possibile.- ritrattò dandosi un tono
più freddo. Sentiva il bisogno di esporsi, ma c'erano alcune
emozioni che avrebbe voluto nascondere o mascherare...
Per un attimo gli sembrò di sentire la ragazza bisbigliare
“Capisco...”
Dopo un tentativo andato male di asciugare i capelli, non erano
riusciti a stare in piedi e a tenere la mano abbastanza ferma da
inserire lo spinotto nella presa, Harold mise in atto il suo ultimo
piano per staccare Roza da sé ed estrasse da un contenitore
uno strumento che a Roza sembrò una specie di tromba grossa,
triste e deformata.
-E' una tuba...- disse Harold sentendosi un po' offeso per conto dello
strumento.
“Non la so suonare...” mormorò lei
percependo le intenzioni del ragazzo.
-Tranquilla, devi solo leggere i movimenti che voglio fare e
assecondarli, semplice...-
“Ok, ma perchè devi suonare il tubo?”
-Tuba...- la corresse. -Ho un piano! In diverse culture, respiro e
anima sono concetti associati. Sono certo che a furia di soffiare aria
nella tuba, riuscirò a buttare fuori anche te... scusa se
buttare fuori non suona così bene, ma ci siamo capiti, no?
Inoltre la musica è sempre connessa sia ai rituali che
all'anima... penso che potremmo essere sulla pista giusta!- disse
fiducioso.
“Ho l'impressione che ti vada semplicemente di
suonare...”
-No...- “A quanto pare Leshawna detesta la mia tuba! Ora che
non c'è posso suonare in santa pace! Sì... forse
i vicini non saranno troppo contenti... Ma dopo aver pulito la loro
spazzatura mi merito di suonare un po', finalmente!” dopo
aver fallito nel bloccare quei pensieri, Harold cercò di
ridarsi un tono serio mentre percepiva la perplessità di
Roza.
Come se il vecchio complesso di appartamenti volesse darle un perverso
benvenuto, Leshawna percepì un odore particolarmente
sgradevole che la rese irrequieta.
Inizialmente pensò si trattasse di suggestione, ma man mano
che si avvicinava l'odore si fece sempre più chiaro;
decomposizione.
“Beh, sicuramente non può essere Harold, quindi
sono ancor meno affari miei.” l'odore la condusse ad una
busta con quella che sembrava la carcassa scomposta di un mammifero,
forse un procione. A giudicare dalle condizioni, il sacco era stato
lanciato da un balcone...
“Eppure questo posto mi mette comunque meno ansia di casa
mia... Questa è una tragedia!”
Dirigendosi all'entrata vide sua madre che stava parlando con Max.
-Come hai fatto ad arrivare prima di me?! Eri a piedi!- chiese alla
donna che la fulminò con lo sguardo, ma Leshawna smise di
prestarle attenzione riconoscendo su Max l'odore sgradevole.
“Quindi è lui che l'ha gettato...”
Accorgendosi di essere fissato con ostilità, Max le
ringhiò contro ma indietreggiò nascondendosi
dietro Lupe che non si scompose: -Questo ragazzino mi ha detto delle
cose interessanti. A quanto pare, lui e Harold, sono stati incaricati
dall'amministratrice di pulire delle stanze piene di spazzatura. Harold
ha cominciato a comportarsi in modo strano, poi è svenuto e
si è comportato in modo ancora più strano. Forse
dovendo pulire tutta quella roba si è fatto prendere
dall'isteria. A me succede.- disse Lupe molto più positiva
sulle sorti del ragazzo.
-Harold non è mai stato uno che va in crisi per le pulizie e
il disordine...- riflettè Leshawna. -Però...-
-E' venuta davvero? Non c'era bisogno...- commentò
infastidita, l'amministratrice di condominio, appena uscita dal portone.
-Ha mandato una persona depressa a ripulire una stanza con delle
carcasse?- domandò Leshawna in tono di provocazione.
-Ha scelto lui di farmi questo favore.- rispose la donna di un decennio
oltre la mezza età mantenendo la calma. -Mi sembra
più stressante la visita di un'ex intenzionata a
controllarti. Eppure eccola qua, signorina! Ah, quell'occhiata omicida
non funziona con me.-
-Non sto facendo nessun occhiataccia! È la mia faccia
normale questa.- disse Leshawna con un tono scontroso.
“Con una fidanzata così scortese è
ovvio che le persone si facciano idee strane.”
pensò la signora. “Sono davvero mal assortiti...
Come si sono conosciuti? Spaccio di droga?” non ci credeva
davvero ma il collegamento più facile che le veniva vedendo
una persona aggressiva e territoriale che sapeva di quartiere
trasandato e un ragazzo strano, svampito ed emotivo, era che si
trattasse di ex spacciatrice ed ex cliente messi insieme.
“Ah, non avrei dovuto chiamarla, un po' mi dispiace per il
ragazzo. Ma alla fine non son affari miei, quello che potevo fare l'ho
fatto.” pensò sperando che la crisi del ragazzo
rientrasse e che non facesse la stessa fine della signorina Novak.
Aveva trovato lei il corpo della ragazzina e ne era rimasta turbata.
Forse in realtà la ragazzina aveva sui venticinque anni, ma
pur essendo alta sembrava molto più piccina con quel visetto
pulito e gli indumenti ampi che nascondevano eventuali forme. Da quel
momento, la signora Allen aveva cominciato a interessarsi e
preoccuparsi più facilmente per le persone che abitavano nel
suo condominio.
“Certo che però mio nipote poteva affittare
l'appartamento ad una coppia meno problematica.”
pensò scocciata.
All'improvviso nell'aria si diffuse una melodia bassa e malinconica.
-L... Le sento solo io?- chiese Lupe irrequieta. -Le trombe
dell'apocalisse?-
Leshawna trattenne una risata davanti l'impressionabilità e
la superstizione della madre.
-Ah, l'apocalisse...- ghignò Max. -Tutto come nei miei
pia... No, aspetta! Non ho mai organizzato niente di simile!-
Al suono dello strumento a fiato si aggiunse un arco, probabilmente un
violino. -Oh! C'è anche il violino dell'apocalisse?!- chiese
Max guardandosi intorno entusiasta. Poi si finse serio. -Violini... che
cosa poco virile...-
-Ehi, rincoglionito! La cosiddetta tromba dell'apocalisse è
la tuba di Harold!- disse Leshawna bruscamente. -Mentre il violino...-
-Ah, deve essere la ragazza ispanica con la figlia all'asilo.- la
interruppe la Allen. -A volte quando è stressata si mette a
suonare... Io vado a fare la spesa. Me ne lavo le mani, buona
giornata.- disse la donna congedandosi un sorriso mellifluo.
Mentre Leshawna, seguita dalla madre, si apprestava a salire
all'appartamento, al duetto tuba più violino si
unì uno strano suono spettrale a metà fra un
fischio prolungato e una voce distorta.
-Sei proprio sicura che sia tutto normale?- chiese Lupe irrequieta.
-Sicura!- disse Leshawna scocciata. -Sarà un altro strumento
musicale! A quanto pare siamo pieni di musicisti qui...-
Nel frattempo videro Scott correre giù per le scale. -Odio
la musica classica!- si sfogò l'uomo.
-Anche pieni di gente strana...- commentò Lupe.
-Non dirlo a me.- Leshawna scosse le spalle con un sorriso rassegnato.
Poi il suo volto divenne nervoso mentre inseriva le chiavi nella
serratura.
Harold, percependo l'umore cupo di Roza, decise di fare una pausa.
“Mmmmmh... rimarremo così per sempre e per
adattarci le nostre menti si assorbiranno a vicenda...”
ricominciò a ripetere Roza con dei lamenti che la facevano
somigliare ad un fantasma tradizionale. “Oppure
finchè non morirai...” pensò percependo
che i parametri vitali di Harold sembravano di molto rallentati. La
temperatura le sembrava più bassa della norma e la
circolazione sanguigna era lenta. Il pensiero arrivò ad
Harold che si stava innervosendo, ma cercò di trattenersi e
non trasmetterlo a Roza a sua volta.
Kunoichi che fino a quel momento si era limitata ad vegliare a distanza
si avvicinò. Incuriosito dalla cosa, Harold si
concentrò istintivamente sui suoni per cercare delle cause
al comportamento del felino. Mettendo in secondo piano il duetto di
violino e lama sonora, percepì qualcuno davanti la porta e
un tintinnio metallico. “Chiavi” pensò
allarmandosi e spingendo all'allerta anche Roza.
Leshawna e sua madre trovarono il ragazzo seduto a terra che guardava
nella loro direzione, stessa cosa per Kunoichi posizionata davanti al
ragazzo. Lui chinò in avanti la schiena e
appoggiò i palmi sul pavimento.
Ma più che la posizione, Leshawna trovava bizzarra
l'apertura dei suoi occhi. Non portando gli occhiali avrebbe dovuto
stringerli nella speranza di metterle a fuoco. Si chiese se fosse
capace di vederle abbastanza bene da capire chi erano. -Ehi.- disse la
ragazza per assicurarsi di essere riconosciuta, ma non vide modifiche
nell'espressione del ragazzo, segno che l'aveva già
identificata correttamente.
-Miò.- le disse la gatta. Lupe la osservò
incuriosita.
-Anche se non è un verso minaccioso, ti sta avvertendo che
questo è il suo territorio e non devi avvicinarti troppo.-
tradusse Leshawna. Per un attimo Harold sembrò sollevato dal
fatto che Leshawna avesse capito e rilassò la postura, poi
ritornò guardingo.
A giudicare da ciò che poteva percepire Leshawna con
l'olfatto, il ragazzo si era lavato, non aveva lo stesso odore di Max
pur essendo stato con lui a fare pulizie. Era un sollievo per il suo
naso sensibile ed era anche un buon segno che il ragazzo fosse in grado
di provvedere a sé, ma per qualche motivo aveva la testa
ancora bagnata, sembrava particolarmente spossato, teneva le labbra
semiaperte per far passare dell'aria extra che sembrava servirgli e
aveva una ciocca di capelli stranamente corta, sembrava che fosse stata
tagliata di due terzi.
“Cosa ha combinato? E dove ha messo gli occhiali?”
lui sembrava molto a disagio, era strano che non mettesse gli occhiali,
tendeva ad essere molto più insicuro quando non ci vedeva
bene. Quando avevano cominciato a dormire insieme aveva continuato a
coricarsi con gli occhiali per almeno un mese perchè era
irrazionalmente agitato quando si risvegliava senza poter mettere a
fuoco l'ambiente se avvertiva una persona“intrusa”
nelle vicinanze.
Lupe perplessa guardò prima la figlia, poi il ragazzo a
quattro zampe, poi di nuovo la figlia, poi di nuovo il ragazzo.
Sembravano due animali che si studiavano aspettandosi che l'altro
attaccasse.
Sospirò e decise di avvicinarsi ignorando quelle dinamiche
primitive. Ma la gatta cominciò a gonfiarsi ed emettere dei
versi più profondi per allontanarla. Era come se volesse
difendere un membro del branco ferito. Non sapeva che anche i gatti
potessero avere questa mentalità di gruppo.
Sottovoce il ragazzo cominciò a sussurrare qualcosa che
suona tipo “nonononono” poi con tono emozionato e
tremolante disse: -Andate via! Non dovete stare qui!- sembrava che
già formulare quella frase lo avesse privato di molta
energia. -Io abito qui! Non tu... o tu... voi...- era amareggiato.
Leshawna si rese conto di non aver preso in considerazione il suo punto
di vista. Non si aspettava che si sarebbe posto con quella strana
ostilità. Avrebbe voluto sentirsi in colpa, ma il proprio
malessere era più che altro dovuto al sentirsi trattata come
un invasore. Era arrabbiata.
-Se cominci a comportarti normalmente, mi sentirò tranquilla
e me ne andrò.- lo sfidò con un tono minaccioso.
-Eh?- Lupe era molto stranita dal suo atteggiamento.
-C...Cosa?- mormorò Harold esasperato. Il ragazzo
provò ad alzarsi dandosi una spinta con le braccia ma queste
tremarono e lo mantennero a terra. Questo portò Leshawna ad
avvicinarsi, con grande disapprovazione di Kunoichi che
ringhiò cercando di dissuaderla.
Ciò fece accelerare il respiro di Harold che
portò indietro la schiena e le ginocchia al petto assumendo
una posizione fetale come per difendersi.
Era scosso dai tremori e respirava sempre peggio almeno in apparenza,
ciò portò Leshawna ad aprire bruscamente il
cassetto dei medicinali per cercare qualcosa. Lupe prese la parola -No,
tesoro, guarda che non è questione di medicinali.-
l'avvertì pensando di aver riconosciuto la sintomatologia
del ragazzo.
A giudicare dall'affare che aveva tirato fuori dal cassetto, Leshawna
invece era convinta che fosse un attacco d'asma. Vedendola, Harold
protesse la parte inferiore del viso con le braccia ricominciando a
mormorare “nonononono” con tono spaventato.
-No un corno!- disse Leshawna incazzata cercando di scoprirgli la bocca
con la forza per somministrargli il farmaco.
-Non uccidermi, non uccidermi...- ripetè Harold cercando di
difendersi.
-Ma sei impazzito?!- esclamò Leshawna sempre più
agitata e incline ad utilizzare la forza, era così
concentrata sul suo obbiettivo da non fare caso nemmeno ai denti di
Kunoichi che le si conficcavano nel polso.
-Leshawna!- la richiamò la madre tirandola all'indietro.
-Non è asma! È un attacco di panico!-
scandì forte e chiaro. -Per questo farnetica sul non
ucciderlo... il coso dell'asma dovrebbe contenere il ventolin, giusto?
È abbastanza comune che questo medicinale abbia come effetti
collaterali ansia, aumento delle palpitazioni e tremori.-
sospirò, da piccola di asma ne aveva sofferto anche la
donna. -Non penso che lo ucciderà ma è probabile
che lui abbia già il cuore a mille in questo momento, che
sia in uno stato d'ansia è sicuro e puoi vedere anche tu che
trema come una foglia. Il ventolin potrebbe farlo sentire mezzo morto o
come se stesse per morire da un momento all'altro. Inoltre sarebbe
inutile, non mi sembra asma ciò che ha in questo momento...-
Fra un respiro affannato e l'altro, Harold cominciò a
sghignazzare esasperato e a dondolare. La donna ci aveva preso
perfettamente! Era passato da dei parametri vitali bassi al sentirsi i
vasi sanguigni a rischiò scoppio per l'afflusso di sangue
mentre il cuore risuonava assordante come un tamburo! Non importa
quando sembrasse improbabile, sentiva che il ventolin l'avrebbe ucciso!
Ma l'attacco di panico non gli aveva permesso di spiegarsi chiaramente,
era tragicomico quanto fosse nei guai e incapace di difendersi.
A peggiorare le cose, a causa di Roza sentiva di avere un omino che
correva avanti e indietro per il suo cervello urlando. Aveva cercato di
tenerla a bada ma era stato inutile. Ritrovarsi a sorpresa delle
sconosciute che “la fissavano” in un corpo non suo
e di cui non aveva il pieno controllo, con una delle due
particolarmente aggressiva, l'aveva terrorizzata.
Ma un'altra anomalia ancora l'aveva fatta andare definitivamente in
tilt... A causa dell'influenza di Harold era accaduto qualcosa di
estremamente insolito; Lei che aveva dei grossi problemi a memorizzare
e distinguere i volti, riusciva chiaramente a percepire il volto di
Leshawna che era quasi una sconosciuta e che per giunta “la
guardava” con una rabbia che le ricordava sua madre.
“Roza, se ne è andata... Se ne è
andata...” le ripetè Harold cercando di
tranquillizzarla per poter uscire dallo stato di panico.
“NON MI INGANNI” ribattè lo spettro
sempre più irrazionale e meno disposto a collaborare.
Con la sua influenza di proprietario originale del corpo, Harold la
“costrinse” a guardare la stanza.
La ragazza arrabbiata non c'era più, a giudicare dalla
memoria visiva di Harold se ne era andata molto abbattuta, doveva
essere successo qualcosa fra lei e il ragazzo mentre Roza era distratta
dal suo panico personale.
Harold era in parte sollevato dell'assenza di Leshawna ma si sentiva
molto in colpa per ciò che le aveva detto. Roza invece era
talmente sollevata da essere sicura che se quel corpo fosse appartenuto
solo a lei, sarebbe scoppiata a piangere. Un po' le dispiaceva
perchè le sembrava irrispettoso nei confronti di Harold, ma
non riusciva a trattenersi.
“Hai il mio permesso, tranquilla...” le disse il
ragazzo e Roza emise i suoni di un pianto ad alta voce.
Harold si irrigidì per impedire al proprio corpo di
assecondare la ragazza e cercò di distrarsi accarezzando la
gatta che gli era salita sulle gambe. C'era ancora la madre di Leshawna
lì, non poteva piangere di punto in bianco accentrando
ancora di più l'attenzione su di sé.
-Vuoi un bicchiere d'acqua?- chiese gentilmente Lupe. Harold e Roza
annuirono e con loro sollievo la donna si allontanò. -Sai,
facendo l'insegnante sono abituata a questo tipo di situazione, ti
sorprenderebbe sapere a quanti attacchi di panico ho assistito fra
alunni e colleghi completamente esauriti.- disse Lupe cercando di fare
conversazione.
-Quindi ti sei affidata all'esperienza per capire se ero in ansia o
avevo l'asma e per escludere che avessi entrambe...-
-Stavi solo respirando molto velocemente, non tossivi e non emettevi
quella specie di sibili e fischi che si fanno durante un attacco di
asma, così ho preferito risparmiarti il ventolin...-
-Grazie...- mormorò il ragazzo.
-Penso che tu sia stato troppo velenoso con lei...-
-L-lo so!- singhiozzò il ragazzo nascondendo la testa con le
mani. -Mi dispiace che tu sia dovuta rimanere qui...-
-Beh, lasciare sola una persona con un attacco di panico e un
successivo senso di colpa mi è sembrato un po' pericoloso...
Inoltre conoscendo mia figlia in questo momento preferisce stare
sola...- “Sopratutto, non vuole me fra i piedi...”
-Suppongo che dobbiate scusarvi entrambi... però mi spiace,
non so proprio cosa sia preso a Leshawna.- la donna sospirò.
-Di solito quando c'è qualcuno che sta male è
razionale e fredda come un un chirurgo con decenni d'esperienza! Ma
quando ci sei tu di mezzo diventa completamente scema...-
cercò di non diventare troppo accusatoria, ma non
riuscì del tutto.
-L'avevo detto che doveva fare i test di medicina, ha la
mentalità perfetta per fare il medico.- rimuginò
Harold. Gli effetti dell'attacco di panico sembrano affievolirsi ma a
volte il ragazzo continuava ad inspirare come se avesse pianto a lungo
e veniva scosso da dei tremori.
Lupe non capiva se trovare carina o preoccupante quella specie di stima
ostinata da parte del ragazzo. -Suppongo di sì,
finchè un paziente non le ricorda te, potrebbe anche
funzionare...-
-Potrei averla esaurita...- confessò Harold. -Si
è sempre innervosita per i miei problemi di salute e sintomi
psicosomatici. Forse non mi regge più...-
Lupe stava per dire qualcosa, ma rimase in silenzio. Harold era
consapevole che anche per la donna era un problema che la figlia stesse
con una persona così problematica. Percependo quel pensiero,
Roza si sentì infastidita da Lupe, anche lei era una persona
problematica per motivi simili a quelli di Harold. Il ragazzo si
accarezzò la testa cercando di tranquillizzare anche lo
spettro.
Lupe si avvicinò porgendogli il bicchiere. Harold lo prese
con fare incerto e se lo portò alle labbra maldestramente.
-Hai dei problemi a muoverti?- gli chiese.
-Sarà colpa dei sintomi di prima, continuo a sentirmi molto
indebolito.- Harold si giustificò.
-A parte l'attacco di panico, hai avuto altri problemi? Leshawna
è voluta venire qua perchè qualcuno le ha
telefonato dicendo che ti stavi comportando in modo preoccupante.-
-Eh, ecco... mi sono solo sentito collassare perchè c'erano
degli odori molto forti e sgradevoli in una stanza che dovevo pulire,
eh eh. E' stata la signora Allen a chiamare, giusto? Probabilmente si
turba facilmente perchè c'è stato un tentativo di
suicidio qualche mese fa. Credo sia molto più sensibile di
quanto mostra...-
“Mi spiace” mormorò Roza. “Non
credevo di causare tanti problemi...”
Harold abbassò istintivamente il capo in cenno di scuse e lo
accarezzò di nuovo per confortare il fantasma. -Forse anche
la sorella minore della signora non è solo una pettegola
fastidiosa? In fondo è una brava persona?- si chiese.
-Uhm... Boh, non so che dirti, non le conosco...- disse Lupe.
-Ah, mi spiace...-
“Forse sei un po' troppo ingenuo?” Lupe non ne era
sicura, ma a causa di Leshawna che le parlava continuamente di Harold
come di qualcuno che aveva un bisogno disperato di fidarsi, era portata
a pensare che il ragazzo stesse vedendo in modo troppo positivo le
persone di cui stava parlando. “Mi spiace ragazzo, ormai ho
un pregiudizio molto forte nei tuoi confronti...”
Leshawna era nel cortile del condominio. Era imbarazzante ma aveva
battuto in ritirata.
“Attacco di panico?! Quella cosa che fa andare in tilt
l'organismo di qualcuno perchè crea la convinzione
irrazionale che morirà da un momento all'altro?! E per cosa
l'avresti?!” aveva chiesto ad Harold più agitata
di quanto avrebbe voluto.
“Secondo te?! Cos'è cambiato nell'appartamento
rispetto a quando ti sei presentata qui?!” aveva risposto
Harold esasperato. Leshawna aveva capito che stava indicando lei come
la causa e in seguito le aveva anche dato dell'insensibile megalomane.
“Ma tu ovviamente dall'alto della tua superiorità
non prendi in considerazione l'attacco di panico! Come potresti averne
mai avuto uno?! Come potresti capirmi?! Ovviamente mi credi solamente
un melodrammatico coglione che vuole tenersi la crisi d'asma,
vero!?” si era sfogato, poi aveva guardato verso il basso
come se si fosse sentito in colpa per quello che aveva detto.
Le veniva da piangere ma non l'avrebbe fatto. Le veniva da strangolare
qualcuno, ma non poteva farlo. Cercò di calmarsi e decise
che doveva tornare a sorvegliare Harold perchè non era solo
l'attacco di panico la fonte delle sue stranezze di quel giorno e lei
doveva assicurasi della situazione.
“Mia madre non sa quanto quel mostriciattolo possa diventare
agile! Se gli venisse in mente di doversi buttare dalla finestra lei
non riuscirebbe a gestirlo, io si! Inoltre se torno lì
scoprirò se sono davvero io la causa del suo malessere...
forse l'ho spaventato un po' ma non sono una minaccia...”
Per chiacchierare, Lupe si era messa a parlare del loro argomento
preferito oltre che dell'unica cosa che avevano in comune oltre al
folclore cristiano-cattolico; Leshawna!: -Beh, il medico è
un lavoro che richiede molto tempo anche come corso di studi. Con
questa gravidanza non ce l'avrebbe fatta in ogni caso.- la donna
sospirò pensando che non aveva idea di come fosse combinata
la figlia con gli studi, la ragazza aveva sempre amato tenerle nascoste
le cose.
-Non è detto, se le poni davanti il giusto obbiettivo va
avanti come come una locomotiva...- disse Harold accennando un sorriso
malinconico. “Il problema è trovare un
obbiettivo...” -Ma per me, come medico era adatta. La vedo
bene a voler passare a casa il minor tempo possibile...-
pensò che era ironico parlarne proprio con quella donna.
-Beh, però con una moglie medico potevo tranquillamente fare
la casalinga e occuparmi della prole.- sdrammatizzò. -Oppure
potevo prendermi un altro appartamento qui e farci uno studio lavorando
come psicologo praticamente da casa... Oh! Potevo comprarmi finalmente
un divano da mettere qua e ricevere direttamente i pazienti senza dover
perdere di vista il bambino.- pensò divertito.
-Mh... Non penso daresti un'impressione molto professionale...- rispose
la donna perplessa. -Eh, non pensi di essere un po' troppo pi...
giovane per parlare in questo modo?-
Harold si sentì a disagio e si strinse ulteriormente nella
posizione fetale assunta. Aveva scherzato su quella situazione
impossibile perchè lo faceva sentire un po' meglio, ma
quella donna aveva il talento di farlo sentire sbagliato.
Lo sbaglio per lei era dal principio l'approccio serio che aveva avuto
alla relazione. Per Lupe, se non fosse stato per quella gravidanza, non
avrebbero dovuto pensare ad eventuali figli, a pianificare cose per il
futuro, né alla convivenza. Infatti a quest'ultima cosa era
stata fin dall'inizio contraria. Per lei avrebbero dovuto avere un
approccio molto più leggero alla relazione. Anche per questo
aveva sempre visto come un problema la salute del ragazzo, portava
parecchie preoccupazioni e stress a Leshawna, non era compatibile alla
leggerezza che per quella donna era necessaria tra due persone prima di
una certa età.
“Quelli malaticci come noi, dovrebbero solo marcire da
soli?” chiese Roza con un sussurro simile a quello di uno
spirito vendicativo.
Harold non era impressionato, si accarezzò il capo
“Credevo che tu fossi dello stesso avviso...”
“Uh... cambiato idea...” disse lo spettro
più innocentemente.
A labbra strette, Harold ridacchiò sommessamente
“Mi fa piacere.” interpretava positivamente quella
maggiore assertività che lo spettro stava mostrando, ma
sperava di non essere lui ad indebolirsi di conseguenza come se la sua
forza vitale stesse venendo assorbita.
-Eeehì...- pronunciò improvvisamente Harold per
richiamare l'attenzione della donna. Aveva usato un tono stranamente
sottile e allegro per quella che era stata l'atmosfera fino a quel
momento. -Tu alla mia età cosa stavi facendo?- chiese il
ragazzo con tono innocente.
Lupe sospirò, aveva colto la critica. -Erano tempi
diversi... Ora certe dinamiche non funzionano più... Ho
pensato di farvi sposare perchè ormai c'era una gravidanza.
Tanto valeva fare le cose come comanda il Signore. Ma ora non
c'è più bisogno, mi occuperò io del
bambino, tu puoi farti gli affari tuoi o fare una visita di tanto
intanto, è meglio così, no?- pensava di far
notare una cosa positiva ma dall'espressione infastidita del ragazzo
capì che la prospettiva non lo entusiasmava. -Ah, non ne
azzecco davvero mezza con voi due...- la donna sospirò.
-Adoro mia figlia, non ho mai pensato di non volerla quando ho scoperto
di essere incinta, ma ammetto che sarei stata sollevata se se ne
fossero presi cura i miei nell'attesa di sistemarmi e diventare
più responsabile. Ora con mio marito le cose vanno bene, ma
quando eravamo molto giovani non era esattamente così...
abbiamo fatto molti errori... Non dire nulla di tutto questo a
Leshawna, ok?- chiese la donna un po' a disagio.
Harold sbuffò, non capiva perchè non fosse
più sincera e diretta con la figlia. Sua madre non gli
avrebbe mai nascosto nulla di scomodo.
“Come vuole il Signore... ma è
cristiana?” chiese Roza. Harold rispose annuendo
impercettibilmente. Roza rabbrividì. Non le piaceva il modo
in cui i cristiani trattavano i presunti demoni durante gli esorcismi.
Non voleva essere spedita fra le fiamme dell'inferno e cose
così!
“Tranquilla, non vuole e non può farti alcun
esorcismo, manco sa che sei qui. Probabilmente neanche ci crede a certe
cose...” le disse Harold carezzandosi il capo. -Credi nei
demoni?- domandò ignorando l'opposizione di Roza che temeva
che la donna potesse insospettirsi.
Lupe rise. -Ma no!- poi si incupì un po': -Anche se... sai,
a volte mi metti in difficoltà. Sembri una creaturina a
parte...- disse la donna esaminandolo con i suoi grandi occhi scuri.
Roza si spaventò, Harold pure ma cercò di fare
finta di niente. -Creaturina... a parte?- ripetè. -So di
avere un aspetto terribile in questo momento, ma creaturina a parte mi
sembra fin troppo crudele!- rispose fingendosi infastidito.
-Sì, sembri più strano e malaticcio del solito
oggi e il modo in cui ti coordini con quel gatto come apparteneste alla
stessa specie è... particolare, direi.- Harold
carezzò la testa della gatta che la fissava storto. -Ma
soprattutto i tuoi cambi di voce... fossi superstiziosa...
Sì, potrei effettivamente pensare che tu sia posseduto dalla
spirito di una ragazza....- osservò seria.
Il ragazzo rise prendendo sia la donna che Roza in contropiede. -Ah, mi
spiace! Negli ultimi giorni per passare il tempo mi stavo allenando in
un trucchetto di prestigio e per farlo meglio ho pensato che fare
più voci sarebbe stato divertente! Devo aver continuato ad
allenarmi a fare una vocina più femminile senza neppure
farci caso... mi spiace di averti spaventata!-
-Oh, sei molto bravo, complimenti!- disse allegra la donna. Ma Roza
rimase in allerta.
-Ma se avessi pensato che fossi posseduto, quale sarebbe stato il mio
destino?- domandò Harold fingendo una curiosità
innocente. -Avrei subito un qualche esorcismo?- chiese in tono di
scherzo.
-Ma no.- rispose la donna. -Non credo ai demoni, ma credo molto nei
fantasmi, sai?-
Harold inizialmente rimase sorpreso, poi si ricordò che
Leshawna qualche volta l'aveva presa in giro per qualcosa di simile. La
donna continuò: -Ma penso che anche se un fantasma
possedesse qualcuno, sarebbe solo una cosa temporanea. Altrimenti ci
sarebbe notizie di persone che cambiano completamente
personalità senza presentare danni cerebrali che possano
spiegarne le ragioni, no? È anche per questo che siamo
sicuri che i demoni non possano esistere! Ma invece sono sicura che i
fantasmi esistono!- disse la donna molto vivace.
“Questa donna non mi piace per niente! Ci scoprirà
e mi scioglierà buttandoci addosso il sale!”
“E' tutto sotto controllo, tranquilla, abbi pazienza solo per
un altro po'...”
-Tu comunque mi sembri troppo incline ad interessarti al paranormale e
robe strane.- gli disse Lupe. -So di averti regalato un libro di
esoterismo ma era semplicemente un' offerta di pace. Non dovresti
curiosare troppo o potresti finire in qualche guaio con le persone
sbagliate o... con le cose sbagliate! Non è che invece di
allenarti a fare un giochetto di prestigio ti stavi allenando a
modificare la voce per organizzare uno scherzo durante una seduta
spiritica? Anche se ho detto che i demoni non esistono per sicurezza
dovresti evitare cose sataniche!-
Harold la guardò infastidito, poi sorrise e prese la voce di
Roza in prestito per ridacchiare. -E cosa ti dice che la seduta
spiritica non sia già stata fatta e che non abbia evocato
qualcosa a possedermi? Del resto fra un gioco di prestigio e l'altro,
ho sempre avuto il potenziale per essere un ottimo fattucchiere, non
pensi?-
“Sei impazzito?! Cosa diavolo stai facendo?!”
protestò Roza atterrita mentre Lupe sembra paralizzata
dall'inquietudine.
-Scherzavo, Leshawna ha ragione! È semplicissimo
spaventarti!- disse divertito utilizzando la sua voce naturale.
La donna tirò un sospiro di sollievo e si sentì
abbastanza stupida. -Ti pregherai di non bullizzarmi come fa la mia
crudele figlioletta, per favore... Perchè ho l'impressione
che abbiate imparato le cose peggiori l'uno dall'altra?- la donna
andò a prendere qualcosa nella parte della stanza in cui
c'era la cucina.
“Se mi comporto in modo stupido e scherzoso si convince che
sto bene e se ne va... In questo modo potremo ricominciare a tentare di
separarci prima, no?” spiegò ad una Roza molto
infastidita. “E' questo che intende Leshawna quando si
lamenta di non potersi fidare di me?” si chiese poi pensando
al fatto che forse qualche tendenza manipolatoria l'aveva.
Roza invece provava stupore e ammirazione, dal suo punto di vista
Harold era spaventosamente socievole. Era capace di scherzare anche con
persone molto più vecchie di lui che l'avevano guardato
durante un momento di vulnerabilità e imbarazzo come un
attacco di panico! Era un lato di quella persona che non si sarebbe mai
aspettata!
“G... Grazie ma non esagerare... è una persona che
conosco da tanto, è normale che non abbia grossi
problemi...” disse un po' a disagio. Era abituato a ricevere
complimenti da sé stesso ma ricevere quello strano
quantitativo di ammirazione da uno spettro con cui stava condividendo
corpo e sistema nervoso era una sensazione molto disorientate.
“Per te anche le cose più semplici sono fonte di
stupore, eh?” pensò dispiaciuto, passato
l'imbarazzo.
Lupe si era presa una sedia e l'aveva posizionata davanti a lui. Non
sembrava un buon segno. Notando l'espressione corrucciata del ragazzo
la donna gli disse con un tono gentile. -Non preoccuparti,
rimarrò un po' qua nell'attesa che tu ti ristabilisca.
Oppure hai bisogno di andare da un medico? Cosa ti senti esattamente?
È solo qualcosa di emotivo o hai qualche sintomo fisico?-
-Eh... signora, io sto già meglio, non ho alcun problema
fisico o emotivo, sono solo un po' stanco.- disse il ragazzo cercando
di sorridere mentre Roza ripeteva: “Ahi, ahi,
ahi...”
-Ti ho mai raccontato di quel mio zio che si è suicidato
dopo una serata passata insieme in famiglia in cui sembrava
particolarmente allegro?-
“Ok, non si fida...” Harold sbuffò.
“Ahi, ahi, ahi...” continuò Roza.
-Non hai freddo lì sul pavimento? E poi dovresti asciugarti
i capelli...- si ricordò del modo in cui suo marito
nascondeva stupidamente i propri problemi di salute per non andare dal
medico. Si era tenuto un dente spezzato e una gengiva gonfia per
diversi mesi. -Non è che ti sei rotto qualcosa e non riesci
ad alzarti?- chiese la donna con tono di rimprovero.
-Eh...? Perchè cavolo dovrei nascondere una cosa del
genere?!-
-Magari sei convinto che sia solo una storta e non vuoi disturbare...
ti dispiacerebbe scoprire le tue cavigliette magroline e facilmente
frantumabili, per favore?- disse scendendo dalla sedia e avvicinando la
mano come se la domanda fosse solo una formalità.
Ma la donna venne bloccata e trascinata via per il braccio da Leshawna.
-Vorrei parlare in privato col mio ex coinquilino, grazie.-
sbuffò ignorando le lamentele della madre, arrivando a
spingerla fuori dall'appartamento.
-Dunque... tornando a noi...- Leshawna si interruppe vedendo che,
muovendosi sui quattro arti piuttosto velocemente, il ragazzo aveva
quasi raggiunto la camera da letto per sfuggirle. -Ok, ora sappiamo che
non hai nulla di rotto, bene.- dichiarò Leshawna.
Mettendogli una mano sotto l'addome e una a proteggergli la parte
posteriore della testa, Leshawna capovolse il ragazzo mettendolo a
pancia sopra e lo tenne per un piede per evitare ci si allontanasse.
Harold la osservava contrariato con le braccia conserte e serrava le
labbra come per indicarle che non voleva rivolgerle la parola.
-Volendo avrei potuto semplicemente prenderti per la caviglia e tirare.
Invece non l'ho fatto per non rischiare di farti sbattere la faccia,
romperti qualcosa e farti sanguinare. Mi sembra chiaro che non abbia
intenzione di danneggiarti. Potresti quindi mostrarti più
collaborativo?-
“Non mi fido affatto del suo tono...”
“La conosco, Roza, lo so...” aveva il tono
forzatamente gentile di qualcuno che vorrebbe saltare alla gola del suo
interlocutore ma che si trattiene. Nonostante tutto, sapendo quanto
fosse impulsiva, Harold ammirava i suoi sforzi.
Leshawna si staccò la bocca di Kunoichi dalla caviglia. -Non
ti offendere, ma fai schifo come guardia del corpo.- le disse con aria
severa.
-E' una brava gatta! Non vuole farti male...- disse Harold allungando
la mano verso la testa di Kunoichi. -Se volesse ti avrebbe affondato i
denti nella carne stimolando i nervi e portandoti a nausea e
appannamento della vista... dovresti dirle grazie!-
-Grazie.- disse Leshawna toccando a sua volta la testa di
un'infastidita Kunoichi e sfiorando la mano del ragazzo che la
ritirò tempestivamente. -Ripeto, sei una pessima guardia del
corpo. Se pensassi che un mio compagno stia venendo aggredito, col
cavolo che mi limiterei!-
-Ah... sa che non rappresenti veramente un pericolo.-
“Ne siamo sicuri?!” commentò Roza.
Leshawna si sentì un po' felice per la risposta di Harold ma
cercò di nasconderlo. -Non sono tutto fumo e niente arrosto
come quello smidollato di Duncan...- borbottò.
Il ragazzo sospirò. -Mi fa piacere che tu ti sia preoccupata
tanto da venirmi a controllare, grazie, ma come tu stessa puoi vedere,
sto benissimo!- disse esasperato, ma la cosa rese Leshawna ancora
più sospettosa. -Il fatto che non riesca a stare in piedi
è un effetto collaterale di un farmaco che ho usato unito
alla mancanza di sonno e ai miei normali problemi con le vertigini.
Quindi nulla di preoccupante, svanirà presto.- decise che
era la scusa migliore da darle ed effettivamente la ragazza
sembrò un po' sollevata.
-Oh...- Leshawna non si fidava per niente dell'istinto di sopravvivenza
di Harold, ma era sicura che non avrebbe mai corso il rischio di
compromettere le funzioni del proprio corpo e di doverci convivere ed
era sicura anche della sua conoscenza dei farmaci che utilizzava.
Pauroso com'era, se avesse sospettato che ci fosse il rischio di non
potersi più rimettere in piedi avrebbe immediatamente
chiamato un'ambulanza. -In realtà ho pensato che ti muovessi
da quadrupede per qualche capriccio infantile... Magari visto che cadi
facilmente, ti senti più al sicuro a contatto col pavimento
o forse è una posizione da cui ti viene meglio difenderti e
scalciare, cose così...-
“Effettivamente sarebbe una cosa da me... Lo ammetto, mi
conosce abbastanza bene...” pensò un po'
imbarazzato.
La presa di Leshawna sulla caviglia si allentò permettendo
ad Harold di sfilare il piede e rimettersi seduto. Ma la ragazza
continuò ad osservarlo rendendo Roza sempre più
tesa.
-Per quanto tempo hai intenzione di tenermi sotto osservazione?- le
chiese Harold guardandola di traverso.
La ragazza si sedette davanti a lui. -Boh...- sbuffò.
Il ragazzo scattò e cercò di nascondersi sotto al
letto, ma Leshawna lo ribaltò e bloccò nuovamente.
-Ok, quello di prima potrà anche essere stato un attacco di
panico, ma se ti infili là sotto, l'attacco d'asma ti
verrà sicuramente.- Leshawna lo rimproverò
aspramente.
Harold sbuffò, sapeva che aveva più o meno
ragione, mettersi dove c'era polvere non era una grande idea e non
capiva perchè l'istinto gli avesse suggerito quella mossa.
“Roza?”
“Non è colpa mia!”
Angolo dell'autrice:
Scusate il tempismo come sempre, ultimamente non sono stata dell'umore
per scrivere né per fare altro, ho praticamente studiato e
basta e una volta finito ci sono voluti un po' di giorni per
riprendermi.
Detto questo; questo è stato un capitolo piuttosto
difficile. La situazione di Harold è strana e complicata da
descrivere e gestire, inoltre non riesco proprio a fare i capitoli
della lunghezza che vorrei, dall'altra parte ho capito che scrivendo
pensando continuamente di non dover superare un certo numero di righe,
pagine e di dover far entrare tutto in un capitolo, scrivo molto peggio
di quanto farei normalmente, così ho deciso di rilassarmi e
di scrivere come mi veniva naturale senza prefissarmi di dover far
entrare tutta una serie di avvenimenti in un solo capitolo. Spero non
risulti un problema, ma per me questa è stata la soluzione
migliore...
Spero che abbiate passato una serena giornata dell'immacolata e che
questo capitolo possa esservi piaciuto, mi scuso per eventuali errori.
In ogni caso, come sempre sono molto grata a tutti quelli che hanno
avuto la pazienza di arrivare fino a qui.
Grazie di cuore, davvero ^^
Alla prossima!
Nota; lama sonora: è uno strumento che derivato dalla sega
musicale (una sega trapezoidale in acciaio usata per suonare, tramite
un archetto da violino, contrabbasso, violoncello o viola usata sulla
parte senza denti) differentemente dalla sega, la lama è
priva di denti su entrambi i lati e viene concepita a posta per fungere
da strumento musicale.
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Capitolo 19 *** Brucia la strega! (seconda parte) ***
Leshawna, di sua iniziativa, aiutò Harold a lasciare la
posizione distesa e a rimettersi seduto sul pavimento. -Potevo farlo
anche da solo...- mormorò infastidito. Mentendo.
Lui e il fantasma con cui condivideva il corpo, non stavano
più riuscendo a coordinarsi bene. Riuscivano comunque a
muovere il corpo ospitante, ma in modo meno preciso.
“Temo che Leshawna ci abbia messo in tilt...”
pensò Harold, ma Roza aveva un'altra, catastrofica teoria:
“Ci stiamo rompendo, rimarremo intrappolati nel tuo corpo
senza poterlo più muovere.”
“Oppure le nostre prestazioni calano perchè sono
stanco.” propose Harold infastidito. “Ho
passato la notte in bianco, dopotutto...”
Roza tirò metaforicamente un sospiro di sollievo, le piaceva
quella spiegazione, poi si preoccupò: “Ma se ci
addormentiamo... cosa ci succederà al risveglio?”
Anche Harold era preoccupato. Durante il sonno, il cervello
riorganizza molte informazioni, emozioni e ricordi. Ma, anche
condividendo lo stesso spazio, le loro menti erano due. Sarebbero state
riorganizzate come una sola?
Leshawna era tesa per altri motivi. Non ricordava perfettamente cosa
avesse detto al ragazzo quando ci aveva litigato il giorno prima, o
peggio ancora la notte prima. Ma era abbastanza sicura di aver detto di
odiarlo più volte e di non esserselo rimangiata
esplicitamente. “Beh... però dal contesto si
capisce, giusto? Ma lui mi ha rinfacciato più volte di non
avergli detto esplicitamente qualcosa quindi... Magari per cominciare
col piede giusto dovrei scusarmi? Ah, certo che lui è un
rompi... no, forse sono io un po' maleducata...”
pensò imbarazzata. Maleducata, suonava meglio di codarda.
-Smetti di fissarmi in quel modo cupo. Mi metti a disaggio.-
dichiarò Harold.
“Come fa a vedere come lo fisso se non ha gli
occhiali?” pensò infastidita. -Sono qui, eppure
non stai avendo alcun attacco di panico.- gli fece notare.
“No, non era questo quello che volevo dirgli...”
-...Vuoi che mi scusi perchè ti ho fatta sentire in colpa
per l' attacco di panico, prima?- disse perplesso.
-Così mi fai sembrare meschina.- affermò
irrequieta. -Volevo solo farti notare che non era colpa mia. Altrimenti
saresti ancora spaventato, no?- “Mi sa che
aspetterò un momento migliore per scusarmi... Ah ah... Ah...
AIUTO!”
-Non è esattamente così che funziona.- rispose
lui con un po' di fastidio, poi sospirò. -Però...
magari... potrei essere stato troppo frettoloso a incolparti.-
“Sei comunque la goccia che fa traboccare il vaso, ma non ho
voglia di litigare con te.” pensò stanco.
Roza era un po' infastidita da quelle scuse, Harold stesso non si
sentiva del tutto a posto. “In effetti perchè sono
solo io a scusarmi?!” Poi avvertì che Leshawna lo
aveva afferrato per i fianchi cercando di portarlo più
vicino a sé e di sollevarlo.
Per compensare le braccia deboli, il ragazzo chinò
all'indietro la schiena e poggiò le piante dei piedi contro
le spalle della ragazza per mantenerla a distanza. -Che fai?- le chiese
accusatorio.
-Ti sposto sul divano letto. Così non ti congeli.-
Infastidito, Harold rotolò via fino al divano letto e ci si
arrampicò sopra. “Suppongo che a questo punto, le
difficoltà nei movimenti che abbiamo avuto prima, fossero
solo dovute a un blocco psicologico.” comunicò
mentre era irritato.
-Avresti faticato meno lasciando fare a me.- disse Leshawna con
rassegnazione.
-Beh, sarebbe stato carino da parte tua, dirmi cosa volevi fare e
chiedermi il permesso. Solo perchè hai la forza di farlo non
significa che puoi...-
Leshawna lo interruppe. -Ok, va bene, mi spiace.- disse scocciata
sedendosi accanto a lui.
-In tuo atteggiamento mi dice che non sei affatto dispiaciuta.- rispose
il ragazzo cercando di allontanarsi. Per non guardarla le diede le
spalle. Pur assecondandolo, Roza protestò “Non mi
sento molto al sicuro così!”
Leshawna sospirò, era mentalmente stanca e irrequieta.
-Senti, mi spiace davvero. Sono solo preoccupata per te e ho avuto una
pessima giornata.-
-E secondo te, io come sto? E... Ehi!- si interruppe accorgendosi che
la ragazza gli stava tenendo e muovendo la ciocca di capelli
più corta delle altre.
-L'hai accorciata per... lutto?- ipotizzò Leshawna.
-Stavo facendo un esorcismo.- confessò Harold con
naturalezza facendo atterrire Roza.
-Un esorcismo per cosa?- Leshawna glielo chiese tranquillamente per
rassicurarlo.
-Uhm... Uuuhm... per qualcosa...-
A Roza venne un colpo “Harold, dimmi la verità,
vuoi farle capire che qualcosa non va e farti portare da un esorcista
che mi faccia svanire nell'oblio... o che mi releghi all'inferno... Non
ho la minima idea di come funzionino le cose, ma sono sicura che se gli
esorcisti hanno un effetto, non è positivo! Ma se vuoi
sbarazzarti di me... lo capisco...”
“Al massimo mi porterebbe in ospedale...” Harold
avrebbe voluto risponderle per rassicurarla che non stava complottando
contro di lei ma venne interrotto dalla sensazione di qualcuno che gli
teneva gli avambracci e gli appoggiava la fronte contro la nuca.
-Che fai?!- Harold cercò di limitare al minimo la sua
isteria.
-Ah, scusa... Ero sovrappensiero.-
Roza puntualizzò infastidita: “Te l'avevo detto
che non mi piaceva darle le spalle...”
Ma Leshawna continuò a tenerlo per gli avambracci per
avvicinarlo. -Pensavo che l'avessi superato il... ribrezzo nell'essere
toccato da me.- disse vagamente indispettita.
-Vero, il meccanismo di difesa è purtroppo crollato.- ammise
freddamente “Lo hai fatto crollare di proposito? Complotti
per rimettermi con con te o per distruggermi?”
Pensò Harold irrequieto. Poi ci ripensò. Era
irragionevole comportarsi come se Leshawna avesse dei poteri mentali
che potevano disattivare i suoi meccanismi difensivi come e quando
voleva. “Anche se a volte ho l'impressione che sia proprio
così...”
“Le relazioni sono terrificanti...”
mormorò Roza. Harold concordò.
-Non è niente di inappropriato se cerco di riscaldarti,
giusto? Sei un fottuto ghiacciolo!- disse Leshawna prima sfregandogli
le mani. Poi si alzò e abbassò il divano letto
con lui sopra che in un primo momento cappottò.
Mentre cercavano di riassumere una posizione difensiva, Roza
immaginò i peggio scenari. Harold era un po' in confusione
ma cercò di acquietare lo spettro. Leshawna semplicemente
disfò le coperte e le sistemò attorno ad Harold
probabilmente nel tentativo di riscaldarlo. Inizialmente aveva anche
cercato la gatta per mettergliela vicino, ma Kunoichi stava dormendo su
una sedia della cucina.
“Visto, Roza? Non aveva brutte intenzioni, te lo avevo detto.
Ah ah...” disse Harold fingendo di esserne stato certo per
tutto il tempo. “Almeno questa volta ha dato una specie di
spiegazione e chiesto una specie di permesso. Son piccoli progressi,
eh...”
“Ma se non ha aspettato la tua risposta!”
obiettò Roza.
-Vado a bollire dell'acqua.- disse Leshawna lasciando la stanza.
“No Roza, non vuole bollirci. Non ho mica pentole
così grandi! Non sono uno stregone...”
“Ormai mi aspetto di tutto da te... Dici che fai un esorcismo
e lei non fa una piega, che devo pensare?”
Harold non riuscì a toccare la tazza di tè. Era
troppo calda, non sapeva se fosse Leshawna ad aver bollito troppo
l'acqua o lui a percepire un'eccessiva differenza di temperatura fra
sé e la tazza. Effettivamente anche le mani di Leshawna gli
sembravano insopportabilmente calde.
Roza con la sua solita positività aveva deciso che la donna
volesse deliberatamente ustionarli! Ma allo stesso tempo, la ragazza
spettro era imparanoiata all'idea di star seccando il suo compagno di
sventure.
“Roza, sul serio, va tutto bene.” preoccupato, il
ragazzo decise di volersi affrettare con la risoluzione della
possessione anche con la presenza di Leshawna.
-Ehi, Leshawna.- disse cercando di usare il tono più
innocente che gli usciva. -Non è che mi porteresti la mia
tuba? Vorrei suonare un po'... magari mi sentirei meglio!- fece del suo
meglio per farlo sembrare il naturale desiderio di una persona
convalescente annoiata.
Con un po' di perplessità, Leshawna gli accarezzò
il capo. Harold si sentì a disagio “No, no, no...
non stavo richiamando la tua attenzione e il tuo affetto! Ti stavo
chiedendo un favore!” pensò nella
contrarietà e nella confusione.
-Quando starai meglio.- rispose Leshawna, contrariata a sua volta ma
dal fatto che il ragazzo avesse la testa umida. Controllandola meglio
si accorse che alcune parti erano proprio bagnate. -Tutto il lavoro che
ho fatto per riscaldarti è inutile.- sbuffò
andando in bagno.
-Io non te l'ho chiesto!- si lamentò Harold. -Ti avevo
chiesto la mia tuba, ma a quanto pare mi devi odiare proprio come
musicista...- fece offeso.
Leshawna uscì dal bagno con il phon e una prolunga. Mentre
la ragazza gli asciugava i capelli, lui era estremamente stordito dal
rumore e dal calore. Sentiva la testa leggera, come se stesse per
svenire “O evaporare.” pensò. Non sapeva
nemmeno lui perchè rimaneva così passivo, si
sentiva strano. Forse voleva avere un malore e far sentire Leshawna in
colpa? Era troppo stanco e debole per respingerla? Sentiva che non gli
importava particolarmente di cosa gli sarebbe successo.
Si risvegliò da quello stato perchè non sentiva
più la presenza di Roza. -Non mi sento bene! Calo di
pressione!- esclamò allarmando Leshawna che spense il phon e
capendo dopo qualche tentativo andato a vuoto che lui non voleva o non
poteva rispondere alle sue domande cercò di controllare che
fisicamente il ragazzo fosse integro.
A parte la pelle fredda, il sudore freddo che produceva dalle tempie,
qualche tremore e il fatto che sembrava improvvisamente traumatizzato
sembrava ,che fosse tutto a posto... “Quindi non è
apposto per niente!” -Ha... Har... Mi spieghi cosa ti senti e
cosa devo fare per aiutarti, cazzo?! Eh, intendevo, per favore...-
Nel frattempo Harold cercava di ritrovare la calma
“T-tranquillo! Forse Roza è solo tornata al suo
corpo o... o magari esiste un al di la ed è passata a
miglior vita o... magari è semplicemente uscita dal tuo
corpo e non riesci più a vederla! Non è
ciò che volevate?! Perchè devi per forza pensare
che si sia disintegrata a causa del phon!?” si disse.
“aaaaah... uccisa da un phon! Che fine triste, miserabile e
patetica... è orribile!” se pensava troppo a
quell'ipotesi gli veniva da urlare.
Riusciva a muoversi in autonomia ora, anche se sentiva il suo corpo
pesante e la sua vista... “Continuo a non avere gli occhiali,
giusto?” si toccò il viso per accertarsene e
rabbrividì. Non aveva gli occhiali, ma ci vedeva ancora.
“Ho tenuto la vista di Roza... che significa?”
ripetè l'ultima frase più volte mentre nella sua
testa emergeva un'ipotesi spregevole. “Io... io ho... Io ho
assorbito la mia amica e ho tenuto la sua vista?!”
pensò assalito dalla nausea. “E' stata uccisa dal
mio istinto passivo e autolesionista?! I-io...”
La sua crisi venne interrotta da uno strano rumore. C'era qualcuno che
russava, ma il suono proveniva dalla sua testa... dall'interno della
sua testa...
“Mentre io soffrivo, questa qui... Si è
addormentata per il calore del phon?” -Fanculo!-
esclamò. Era estremamente sollevato, ma il suo corpo
chiedeva vendetta per lo spavento provato.
-Fanculo lo devo dire io!- esclamò Leshawna furiosa. Mentre
Harold spaventato emise uno squittio acuto. Leshawna
continuò: -Mi hai fatto prendere un colpo! Ho perso minimo
nove anni di vita! Si può sapere cosa avevi?!-
Harold cercò in fretta una scusa. -Ehm... ecco, è
che... mi sono sentito morire... poi ho capito che non stavo morendo...
così mi sono sentito preso in giro e... e...- Leshawna nel
mentre sospirò affaticata, portandosi una mano alla testa.
Harold si sentì molto in colpa. -Scusami, davvero...-
mormorò col capo chino. Le porse un lembo di lenzuolo per
farle asciugare gli occhi.
Leshawna balbettò qualcosa agitata, poi cominciò
a toccarsi la faccia nervosamente. -Mi sarà entrato qualcosa
negli occhi.- disse per giustificarne l'umidità. -E comunque
usare le lenzuola per asciugarsi non è affatto igenico!- lo
criticò continuando ad evitarne lo sguardo. Dopo qualche
secondo di imbarazzante silenzio gli chiese frustrata “Non
è deludente?”
Harold visibilmente confuso scosse le spalle. -Cosa?- le
domandò con una smorfia nervosa.
Lei parlò guardandolo con rancore, ma Harold non era sicuro
di essere davvero l'oggetto del suo sentimento. -Harold, a te piacciono
le persone con un carattere molto forte... che sanno sempre cosa
fare... che prendono decisioni al posto tuo... che non...- si
interruppe sentendo con disappunto che Harold si stava trattenendo dal
ridere. Alla fine il ragazzo non riuscì a trattenersi e
produsse una risatina da persona stressata.
-Ma sei deficiente?!- esclamò incredulo. Mentre cercava di
smettere di ridere si scusò -P-pardon... il mio corpo deve
aver accumulato parecchie risa isteriche già da prima.-
Leshawna lo fulminava con lo sguardo in una disarmonica combinazione di
furia e imbarazzo.
Harold provò ad assumere un'espressione neutrale, per un
attimo sorrise di nuovo nervosamente, poi si schiarì la voce
e parlò: -Dicevo... Sei cretina?- sospirò.
-Indipendentemente da cosa mi ha attratto di te inizialmente, non
è per quello che mi sono innamorato. Mi sono innamorato di
te, non di alcune tue caratteristiche!- Leshawna lo guardò
stranita, Harold, un po' arrossato, si corresse. -Mi ero... Al
passato... Quello che intendevo è che ciò che ti
spinge ad essere attratto da una persona è solo una scusa
per conoscerla meglio. Volendola guardare da un punto di vista
più... più naturalistico e meno romantico, serve
qualcosa per creare l'attrazione iniziale e spingere alla conoscenza,
ma poi serve innamorarsi della persona per quello che è.
Altrimenti tutte le coppie sarebbero formate a cazzo e non sarebbero
abbastanza funzionali e stabili per l'accudimento di un' eventuale
prole.-
-Ma è proprio così che funziona. A cazzo.-
commentò Leshawna con un'inappropriata allegria.
-...Perchè ti piace così tanto sabotarmi?- chiese
Harold, più abbattuto di quanto Leshawna si sarebbe
immaginata.
-Beh scusa... ti volevo contraddire perchè era un discorso
strano. Volevo sdrammatizzare.- ammise. -Però ho ragione io.
Gli innamorati sono rincoglioniti, non vedono i difetti l'uno
dell'altro. Poi passa il periodo dell'infatuazione e si rendono conto
di quanto sia deludente la persona che un attimo prima speravano di
avere accanto per tutta la vita.- disse sorridendo compiaciuta.
“Sì, decisamente lei adora sabotarmi.”
-Ah, si? E tu che ne sai? Tanto non ti sei mai innamorata.- disse con
fare dispettoso.
-Vero. Ma gli occhi li ho. So come funzionano le cose.-
ribattè infastidita.
-Ma davvero? Ma se pensavi che dovessi essere deluso da te
perchè in quanto essere umano hai dei momenti di
debolezza...- non potè fare a meno di sorridere tristemente.
Sapeva che lei non si era mai considerata innamorata di lui,
però avrebbe voluto sentirle dire che si era sbagliata e che
in realtà l'aveva amato, almeno per un periodo. Non aveva
senso provare ciò, forse era solo un capriccio infantile che
si era portato dietro.
Harold sospirò, gli venne un dubbio: -Non è che
ti sei sentita sotto pressione a causa mia?- chiese preoccupato. -Io
non ho mai voluto che tu...-
Leshawna fece una smorfia imbarazzata. -C-che dici?! E poi che me ne
frega a me di non deludere qualcuno e di compiacerlo? L'hai detto anche
tu, non mi sono mai innamorata! F-figurati se sono capace di
rincretinire al punto da preoccuparmi perchè non sono la
donna ideale di qualcuno. Ah ah...- rise nervosamente sotto ci
occhietti a palla straniti di Harold.
Leshawna distolse lo sguardo e cercò di riacquistare un tono
meno imbarazzante: -Sono delusa da me in questo periodo, devo aver
fatto quel commento sull'essere deludente per quello... Ovviamente lo
so che sei affezionato a me, quindi che non ha più
importanza se non sono il tuo tipo ideale. Ti voglio bene quindi lo
capisco come funziona.-
Harold sospirò nervosamente. -Ehm... posso farti una domanda
imbarazzante?- le chiese.
Lei rispose con un sorriso rassegnato. -Perchè? Fino ad ora
non è stato tutto imbarazzante?-
-Tu sai come sei rimasta incinta?- le domandò cauto. -Dici
che il padre sono io. E mi fido, ok... ma non ricordo di aver fatto
sesso con te in un periodo compatibile con la tua gravidanza.
Però... si tratta di un periodo di cui ho alcuni buchi nella
memoria.- ammise a disagio e si mise a fare un elenco segnandosi le
cose con le dita:
-Ero stressato, c'era una situazione molto frustrante in
università, stavo provando dei medicinali per le vertigini
che hanno avuto degli effetti collaterali sul mio tono dell'umore, poi
ho dovuto prendere degli antistaminici che mi hanno indotto sonnolenza
avendo anche quelli effetti collaterali sul mio tono dell'umore.
Insomma, il mio cervello potrebbe aver registrato male gli eventi di
quel periodo. In particolare ricordo alcune mattine in cui ero molto
disorientato e inconsapevole su ciò che era successo il
giorno precedente... Vorrei capire cos'è successo. Non
eravamo in buoni rapporti in quel periodo, non avremmo dovuto avere
rapporti...-
Leshawna era a sua volta molto tesa. -Ah... quindi, tu non ricordi
davvero, giusto? Non è una questione di “Ah
sì... c'è stata quella volta, ma è
imbarazzante. Fingiamo che non sia successo, tanto è
improbabile che sia accaduto proprio... in quell'occasione”-
-Eh... no... non ricordo sul serio.- confermò Harold.
-Quindi, non abbiamo più parlato di quella volta
perchè non ricordavi, non perchè volevi
cancellarlo dalla tua mente...- ripetè lei sorridendo
nervosamente e coprendosi la fronte con una mano.
Harold si insospettì. Quell'espressione e quel modo di
nascondere il viso, gli ricordavano quelle situazioni in cui lei si
accorgeva con ritardo di aver detto o fatto una cavolata...
-Ah... Ehm... Dunque...- disse Leshawna preparandosi al discorso. -Tu
reggi bene l'alcol. Non ti sei mai davvero ubriacato... o almeno io non
ti ho mai visto davvero non lucido, incapace di intendere e di volere,
di reggerti in piedi o cose così...-
-Uhm... già. È sempre stato molto deludente per
quelli che alle feste o alle gite speravano di farmi ubriacare per
giocarmi degli scherzi. Poveri sfigati illusi...- ricordò
Harold con un lieve sorriso. -Peccato per l'effetto collaterale,
fortunatamente non sono mai arrivato a quel punto davanti a quelli...-
-Esatto... il tuo effetto collaterale...- ripetè Leshawna
tesa.
Su alcune persone, un po' di alcol induceva un po' di euforia o
alleggeriva i freni inibitori. Su Harold invece, quando arrivava ad
avere effetti lo rendeva sistematicamente triste, appiccicoso verso chi
conosceva, alla ricerca di rassicurazioni e più incline a
piangere senza motivo.
Non avrebbe dovuto farlo, ma a volte aveva sfruttato gli effetti
collaterali dell'alcol quando si sentiva in crisi ma non riusciva a
sfogarsi. Prima i suoi sentimenti negativi e le sue paure venivano
liberate, prima poteva riprendersi.
Ma non tornava a casa quando succedeva, pensava che Leshawna si sarebbe
infastidita. Tanto lei non si chiedeva dove stava e cosa faceva,
bastava che l'avvertisse prima che non tornava, non le interessavano le
motivazioni. Questo contribuiva a farlo sentire ancora più
abbandonato a sé stesso. “Quindi è
così che è andata? Mi sono sentito solo e sono
voluto tornare a casa anche se temevo che lei mi avrebbe trovato
insopportabile?”
-Quindi, quello che vuoi dirmi è che avevo bevuto e che
presentavo i miei tipici sintomi da alcol, ma che visto che
tendenzialmente reggo bene l'alcol non ti sei preoccupata che non fossi
lucido e hai fatto sesso con me?- era un po' turbato, ma
illustrò il tutto con freddezza.
-Eri consenziente. Ti conosco da anni, me ne accorgerei se non fossi
consenziente. Saresti stato perfettamente capace di dirmelo se non ti
andava o di respingermi fisicamente.- precisò Leshawna
nervosamente. -Non so perchè non ricordi nulla! Non eri
messo così male da non ricordare nulla...-
-Ok, ok... Però perchè? Ci siamo ignorati per
tipo un mese. Perchè proprio mentre ero in uno stato
alterato hai voluto fare sesso?- chiese nervoso. Si sentiva molto
irrequieto ma non voleva farsi trasportare delle emozioni su qualcosa
di andato, fece del suo meglio per non far trasparire troppo.
-Mi dispiaceva per te, sembravi estremamente abbattuto. Non mi
disturbava fare sesso, quindi ho pensato perchè no? Ho
pensato che era un modo per starti vicino.- ammise imbarazzata. -Non
avevo preservativi e non ho preso precauzioni... ma posso dire che
onestamente ho sempre pensato che fossi sterile dopo tutti i colpi che
hai preso fra sbadataggine e sfiga?- chiese con una smorfia nervosa.
-Se il mio apparato riproduttore esterno fosse stato compromesso da un
urto, fidati che l'avrei notato...- affermò perplesso.
-E io che ne so di come funzioni?- disse scocciata.
-Non è una questione di come sono fatto io! Penso che anche
tu se...-
-Ok! Ma di nuovo, in mia difesa, posso dire che abbiamo avuto
effettivamente sfiga visto che non abbiamo manco terminato il rapporto.
Di punto in bianco ti sei staccato e ti si messo in un angolino a
piagnucolare... O-ok, capisco che suoni un po' sospetto ma...-
-Eh... Siamo proprio sicuri che fossi consenziente?-
-Se non fossi stato consenziente ti saresti lamentato di quello!-
ribattè. -E invece hai piagnucolato di quanto detesti il tuo
professore... Ed io invece di infuriarmi per la tua ossessione per quel
vecchio cafone ti ho ascoltato... Sono una santa!-
-Non ho mai avuto un'ossessione per il mio professore... Ero solamente
in crisi perchè questo passava la lezione a dare
informazioni errate e a me non andava di dire il falso per farmi
promuovere all'esame.-
-Ti conosco, so che non riesci a mettere da parte il tuo pensiero per
farti furbo e ottenere vantaggi e temo che vivrai male se continui
così... Ma ogni volta che tornavi da lezione sembravi
prosciugato nell'anima! Inoltre quando eri a lezione mi mandavi un
sacco di messaggi in cui ti segnavi tutte le cose che non ti stavano
bene di ciò che quello ti diceva. Questo non significa
ossessionarsi?-
-Volevo solo il parere di una persona esterna per capire se stavo
esagerando o se davvero il professore diceva cavolate...-
-So qual è stato il tuo principale problema con quell'uomo.
Ha preso in giro te e tutte le altre persone cresciute
perlopiù solo dalle madri dicendo che non avendo avuto una
figura autoritaria siete con ogni probabilità deboli,
mammoni, dipendenti e irresponsabili... solo che invece di farlo in
veste di vecchio bestia che si lamenta delle nuove generazioni viziate,
l'ha fatto in veste di vecchio strizzacervelli... Non avevi bisogno che
fossi io a confermarti che erano cavolate, potevi benissimo capirlo da
solo.-
-Il fatto che volessi una tua conferma non mostra che almeno su di me
quell'uomo aveva ragione?- chiese Harold incupito.
-Cos... no! È normale volere parere estern...- lei si
accorse che si stava contraddicendo. -Harold, tu sei molto
indipendente. Sei davvero bravo a stare per conto tuo, sei sempre
riuscito anche a rimanere isolato senza andare fuori di testa!- disse
come se si stesse complimentando.
Harold rise tristemente. -Come scusa? Ma se chiaramente non ti fidi di
me e pensi che muoia dalla voglia di ammazzarmi!-
-In questo momento non sei proprio al tuo meglio, ma se fossi davvero
debole, ti saresti ammazzato molto prima o saresti diventato un serial
killer! Io onestamente ci avrei fatto un pensierino se fossi stata
circondata da facce di culo ipocrite. Già ho pensieri
omicidi e violenti sulle facce di culo ipocrite della mia vita! Se i
nostri compagni di classe avessero riservato a me lo stesso trattamento
che hanno riservato a te, sarebbero morti supplicando e invocando
terrorizzati le loro madri e...- lei si stava scaldando e stava
cominciando a gesticolare violentemente ma sentendosi osservata si
fermò. -Scusami... stavo ripensando... ad alcune persone che
mi hanno davvero fatta infuriare e mi sono lasciata trasportare...-
-Cosa ti è successo?- domandò il ragazzo in un
sussurrò flebile ma apprensivo. Leshawna era consapevole che
anche se erano a meno di un metro di distanza, Harold senza occhiali
non poteva mettere a fuoco il suo viso, ma si sentì comunque
a disagio.
-Nulla... Comunque temo che tu stia così a causa mia. Ti sei
troppo abituato alla mia compagnia. Se fossi rimasto solo, non ti
saresti preoccupato di quel vecchio strizzacervelli. Ti saresti difeso
da solo mandandolo a quel paese come hai col professore di storia
quando... Cos'è che ti aveva detto il professore che ti
aveva fatto arrabbiare?- chiese sorridendo leggermente per alleggerire
l'atmosfera.
Harold ignorò quella domanda e ne fece un'altra: -Sarebbe
stata una buona cosa se fossi rimasto con la modalità di
difesa che avevo quando ero solo? Senza il bisogno di confrontarmi e
aprirmi con nessuno...-
-Direi di sì.- rispose la ragazza pensandoci poco, era
distratta dai suoi di pensieri. Gli pose affettuosamente la mano sul
capo. -Al posto tuo non vorrei scombinarmi per una relazione,
altrimenti è un bel casino quando finisce, no?- si
incupì e ritirò la mano. -Ormai è
tardi quindi non mi resta che portare avanti la cosa ma se avessi
saputo come mi sarei incasinata, avrei abortito.-
Pensava che confessandolo si sarebbe sentita meglio ma si
sentì giudicata, non sapeva se da Harold, da sé
stessa o da un' ombra invisibile che l'aveva perseguitata fin da quando
era tornata a casa dei suoi. Aveva praticamente ammesso che quella
gravidanza era stata colpa della sua imprudenza.
Inoltre continuava a temere che la sua situazione mentale potesse solo
peggiorare. -Come insegna quella tua materia sulle cose che possono
andare storte nell'utero, la sanità mentale della madre e i
suoi livelli di stress possono avere tanti simpatici effetti suoi
cervelli dei neonati... ma allo stesso tempo anche i medicinali per
tenere sotto controllo depressione e disturbi vari posso avere altri
simpatici effetti... Se qualcosa va storto dovrò anche
sentirmi in colpa per uno stato che non posso neanche controllare!-
affermò con un'ironia crudele per nascondere la sua
disperazione.
Non sapeva se erano o meno paranoie ma Harold percepì
un'accusa nei suoi confronti. Stava per rispondere, ma venne fermato
dai suoi stessi pensieri. “Forse è davvero colpa
mia...Forse mi sentivo solo, non volevo essere abbandonato e l'ho messa
incinta per legarla a me?”
In un primo momento bollò il suo stesso pensiero come
irrazionale. Ciò che era accaduto era al di fuori del suo
controllo... Poi si rese conto che la verità era che lui non
aveva la minima idea di cosa gli fosse passato per la testa quella
notte. Forse aveva approfittato dell'imprudenza della ragazza... magari
l'aveva manipolata lui stesso... poi si era sentito in colpa e aveva
interrotto il coito ma non era servito.
Harold rabbrividì “Potrei davvero fare qualcosa di
così irresponsabile? Con quello che è il mio
materiale genetico poi...” il ragazzo deglutì,
sentiva qualcosa di incastrato in gola.
-Quindi... il coso è mio, non ci sono altre
possibilità?-
-Speravi ti avessi tradito?- chiese Leshawna perplessa e infastidita.
-Sarebbe stato meglio. Se la natura avesse un senso non dovrei potermi
riprodurre! Sono guasto! Sono guasto!- balbettò allarmato.
-Ma che... oh no... fammi indovinare, sono altre perle di saggezza del
tuo professore, eh?-
-No! No! Prova a guardarmi un attimo!- disse esasperato dal modo in cui
le sue preoccupazioni venivano ridicolizzate. Provò ad
abbassare il tono, ma tutto quello che riuscì a fare fu
provocarsi l'ennesima risatina nervosa -Davvero ti sembro qualcuno
idoneo a generare individui sani?- disse con un timbro pericolosamente
vicino a quello di Roza.
“Così sembri davvero posseduto, la stai
spaventando... E' lei che dovrebbe partorire il coso guasto,
ricordi?” a parlargli non fu lo spettro, si era rimproverato
da solo, ma solo in seguito a quell'auto-rimprovero si rese conto di
ciò che stava facendo. E con quella postura storta data dai
problemi motori che aveva in quel momento e con quel colorito
particolarmente morto sembrava anche più guasto e
potenzialmente dannoso nel generare della prole di quanto era in
realtà.
-S-scusami...- disse a Leshawna cercando di non guardarla.
-Ah, tranquillo. Sono troppo intelligente per farmi trascinare nelle
tue paranoie del cavolo!- rispose furiosa. Anche lei sembrava non
volerlo guardare.
-Non sono nelle condizioni per farlo in questo momento, ma
più tardi ti darò dei testi su quella che tu hai
chiamato “materia su ciò che può andare
storto nell'utero” per ridimensionare le tue paure... o forse
è meglio di no perchè potrebbe caricarti di ansie
inutili! Ah! Non so che fare!- balbettò e respirò
affannosamente, poi continuò: -C-comunque... Gli altri figli
dei miei genitori sono normali. E mio nipote è normale.
Quindi col mio DNA non dovrebbero esserci davvero dei problemi. Forse
qualcosa è andato storto mentre crescevo o... Magari i miei
genitori erano troppo avanti con gli anni quando sono stato
concepito... Tanto essere posseduti non dovrebbe c'entrare con il
DNA... O forse è colpa del mio carattere se sono in questo
stato? In quel caso il DNA potrebbe c'entrarci un pochettino... M-ma
con un'educazione decente non ci dovrebbero esserci rischi!- si
affrettò a dire sentendosi in colpa per la sua lingua lunga.
-D-dovrei tagliarla...- balbettò abbassando e tenendo fra le
dita la sua testa.
-Harold, cosa cazzo stai...-
Il ragazzo la interruppe con quello che sembrava un altro delirio:
-Ehi, Leshawna. È peggio se sei incinta perchè ho
preparato un piano malvagio da ubriaco che non ricordo o
perchè stavo pensando al mio vecchio professore?- disse con
una piccola voce tremolante e innaturale.
-Harold, ma che...- guardandolo si accorse che il ragazzo stava
lacrimando. Sentendosi osservato, lui nascose il volto con le braccia.
-Mi dispiace, non voglio infastidirti oltre, sono una persona
fastidiosa che dovrebbe stare da sola.- disse il ragazzo. -Scusa non
dovrei lamentarmi. Scusa, sto continuando a farlo. Scusa, davvero non
lo faccio a posta. Mi spiace se ti ho costretta a stare con me per
pena. Mi spiace se sto continuando a farlo.- ad ogni frase il tono
sembrava frantumarsi e tremare maggiormente.
Leshawna sospirò mantenendo la calma e cercò di
scoprire il volto del ragazzo. -Am... Harold, calmiamoci un attimo.
Sarai anche uno stramboide, ma non sei affatto una persona
intollerabile...- la sua voce si fece più bassa man mano che
parlava. -Sì... potrei aver detto qualcosa sull'odiarti...
ed è vero, ma non ti odio sempre! Per la maggior parte del
tempo mi piace stare con te... sono felice di essere con te anche
ora...- forse il ragazzo non l'aveva sentita “Ma
così non vado da nessuna parte!”
Leshawna si costrinse ad alzare la voce: -Insomma, io davvero ti sembro
tipo da addossarmi il peso di qualcun altro per pena? Io che detesto le
situazioni seccanti, problematiche e le cause perse?-
Il corpo raggomitolato del ragazzo smise di vibrare. Pian piano si
scoprì il volto. Aveva l'espressione di qualcuno stupito e
confuso che stava realizzando qualcosa. -E' vero... tu sei molto
egoista!- affermò il ragazzo ridendo e lacrimando un altro
po'. Visto il tono positivo con cui l'aveva detto, Leshawna decise di
farglielo passare come complimento.
Harold si chinò il avanti e si poggiò con la
fronte sulla spalla della ragazza abbracciandola leggermente. -Anche io
sono... sono a posto sull'essere con te ora, comunque...-
mormorò a disagio e rimase in quella posizione probabilmente
aspettando che il proprio respiro si stabilizzasse. -Se ti fa stare
meglio, dopo il parto puoi fare la parte del padre assente...- era
l'unica cosa rassicurante che gli veniva in mente per ripagarla.
“Altri deliri?” si chiese la ragazza. Gli
accarezzò la schiena con cautela. Supponeva che il ragazzo
volesse vicinanza affettiva.
Harold non sapeva perchè si comportava in quel modo,
cercò di distrarsi pensando ad altro. “Forse a
Roza farebbe bene interagire e parlare con qualcuno che non sono io...
Magari potrebbe esserle d'aiuto...” la sua mente stava
cercando un modo per parlare a Leshawna della sua situazione.
Ma forse era solo egoismo. Tenere quella persona e i suoi ricordi
all'interno era un grosso peso, sentiva di volerne parlare e
condividerlo. “E' questo che sentiva Leshawna dicendo di
sentirsi ridotta ad un contenitore?” pensò per un
attimo. “No, no... Il feto non parla, non russa...”
il russare occasionale dello spettro gli provocava un gorgoglio e una
sensazione di calore alle orecchie. Se lo prendeva di sorpresa gli
faceva solletico.
“Il bambino farà sentire la sua presenza
più avanti...” ed era un po' preoccupato per come
si sarebbe sentita Leshawna quando avrebbe cominciato a muoversi, non
mancava molto in realtà. “La mia situazione invece
è molto temporanea... e nessuno mi chiederebbe di tenere a
lungo un' altra persona nella testa e nel corpo. Almeno
credo...” mosse un po' a disagio le scapole percependo delle
dita che gli toccavano la schiena.
Leshawna percependo il fastidio del ragazzo era tentata di peggiorare
la situazione. Era nella sua natura essere dispettosa e vendicativa, ma
si trattenne. “Vuole rimanere in questa posizione a lungo?
Deve essere scomoda... è già abbastanza storto...
Ah, perchè doveva essere così
allampanato?” pensò infastidita.
Con naturalezza decise di stendersi con il ragazzo sopra per fargli
smettere di tenere la schiena piegata. Ma Harold non percepì
le sue buone intenzioni e saltellò velocemente all'indietro
fino a finire sul pavimento. Se era una caduta accidentale, il ragazzo
non lo diede a vedere. Rimase a osservarla con fare guardingo,
accovacciato, dietro il lato opposto del letto.
-Non è che provi eccitazione quando gli altri soffrono o
sono particolarmente vulnerabili?- le domandò sospettoso.
Sentendosi un po' meglio, Leshawna non si scompose. -Ehi, ti assicuro
che l'ho fatto senza malizia. Ho una mente pura e innocente io.- lo
prese in giro, a giudicare dalla smorfia di Harold, il ragazzo non ci
vedeva molta verità dietro quel tono scherzoso. -Hai bisogno
che ti aiuti a risalire?- gli chiese con un sorriso soddisfatto.
Harold si arrampicò sul letto per conto suo, ma Leshawna ne
fu un po' delusa.
-Comunque mi hai interrotto mentre pensavo ad una cosa importante.-
fece presente Harold.
-Ah mi spiace! Io cerco di non pensare troppo visto che tutto
ciò che mi direbbe il mio cervello è
“Sarai una madre terribile”- nella sua testa doveva
essere una battuta, ma suonava abbastanza passivo-aggressiva.
-Non mi sono comportato bene...- disse Harold nervoso. -Se vuoi, per
sentirti meglio puoi; strattonarmi, pizzicarmi, tirarmi i capelli,
tagliarmi i capelli o molestarmi.- elencò freddamente ad una
Leshawna incredula. Lui mostrò disagio solo quando
parlò di tagliare i capelli. L'idea di tenere orecchie e
nuca eccessivamente esposte a lungo non gli piaceva e le sue orecchie a
sventola sarebbero state troppo evidenti. -Comunque sarebbe meglio se
ti trattenessi dal fare cose penalmente perseguibili.-
puntualizzò Harold con naturalezza. Era come se fosse in
attesa di togliersi un grosso peso della coscienza.
-Ha-Harold, guarda che le molestie sono...-
-Se ti do il permesso è ok. Se dovessi esagerare ti
dirò di fermarti ma farò del mio meglio per
ripagarti.- Harold scosse le spalle e si preparò
coraggiosamente a qualunque cosa dovesse subire.
Leshawna non aveva neanche voglia di spaventarlo per fargli capire a
cosa l'aveva sfidata. Già se provava ad avvicinargli la
mano, il ragazzo stava zitto ma strizzava gli occhi e si stringeva di
più su sé stesso come per proteggersi.
Indipendentemente da cosa le avesse detto, era chiaro che non volesse
farsi toccare in nessun senso.
-Non penso che tu sia tanto in te... ora che ci penso, non sei sempre
un po' stordito dopo aver pianto?- gli chiese apprensiva.
-Non sono io ad essere stordito! È che il pianto induce il
rilascio di ormoni che inducono stanchezza e rilassamento. Alla faccia
di chi dice che piangere non serve a niente, ha una sua
utilità biologica invece!- sussurrò ghignando con
soddisfazione. -Ah, ma tu non puoi saperlo, dici di non piangere
mai...- la punzecchiò.
“Sì... Sì, è decisamente
stordito...”
-Comunque... Leshawna? Perchè sei a testa in
giù?- le chiese confuso.
-Amore mio, non sono io... a testa in giù...-
Il ragazzo si rese conto finalmente di star tendo le gambe e la parte
inferiore della schiena sollevate come se fosse una verticale
incompleta o se i suoi piedi avessero preso una coscienza propria e
avessero cercato di arrampicarsi verso soffitto.
-Eh... da quanto sono così?- le chiese rosso in viso ma con
un tono calmo e rassegnato.
-Direi che ti sei messo in questa posizione subito dopo che ho smesso
di minacciare di toccarti. Non mi sembra una buona posizione di difesa,
ma ehi, in fondo che ne so.-
“Roza?!” si lamentò lui istintivamente.
“Perchè dai la colpa a me?! Mi sono appena
svegliata!” protestò l'assonnato fantasmino.
“Roza! Sono così felice di riveder... sentir... di
percepirti! Mi hai fatto prendere un colpo...”
“Oh... non mi sono mai sentita così ben
voluta...” disse imbarazzata. “Quasi quasi rimango
qui, eh eh...” ridacchiò commossa.
“Eh... No. Non ci pensare nemmeno...” -Leshawna,
ora finalmente posso parlarti di una cosa.- disse Harold con fare
allegro, rimettendosi in una posizione umana... più o meno,
era più una posizione da gatto o cane seduto. Roza era un
po' agitata per l'improvviso entusiasmo del ragazzo, Leshawna invece si
chiedeva se non doveva essere lei ad averli gli sbalzi d'umore.
-Leshawna, vuoi fare un gioco con me?-
-...Sono abbastanza sicura che ci sia qualche horror che comincia
così.-
-No, al massimo potrebbe essere la frase che fa cominciare le vicende.-
-Per favore, non farmi di nuovo una proposta sadomasochista a cui in
realtà non vuoi sottoporti.-
-Allora, avevo ragione! Non hai affatto una mente pura e innocente...-
commentò Harold, Roza nel mentre sembrava confusa. Harold
cercò di spiegarsi: -Si tratta di un gioco di... di punti di
vista, di proiezione e... interpretazione.- disse incerto. -Facciamo
finta che io sia posseduto da uno spettro e che ti ci voglia far
parlare.- Roza buttò nella sua testa un urlo che lo fece
vibrare dall'interno, ma all'esterno decise di non far trasparire
nulla, si lasciò sfuggire solo una smorfia nervosa. Il gioco
non era ancora cominciato.
Angolo dell'autrice:
Ciao! Come ve la passate? Spero bene.
Anche questo è stato un capitolo difficile da scrivere.
C'è anche il fatto che ogni volta devo andare a
ricontrollare cose dei capitoli precedenti per accertarmi di non fare
alcuni errori e questo mi fa notare ancora di più quanto,
per quante volte possa ricontrollare un testo, troverò
sempre errori grammaticali, soggetti troppo sottointesi e altro...
Anche per questo, mi scuso molto per gli errori che mi saranno sfuggiti
in questo capitolo, spero non diano troppi problemi e spero anche che
il capitolo in sé possa piacervi. Difficile o meno, sono
contenta di come mi è venuto.
Per ora è tutto sullo strano o inquietante o
strano-inquietante, affettuoso-inquietante o affettuoso-strano... ma
per il momento avendo un personaggio posseduto, un'allegra fantasmina e
un'allegra donna incinta è un po' difficili che le cose non
siano strane e inquietanti...
Mi scuso di nuovo per i ritmi di pubblicazione, fra esami e altro
faccio il possibile ma scrivere mi piace molto e spero che
ciò che scrivo possa piacere in qualche modo anche a voi.
Sopratutto vi ringrazio come sempre di essere arrivati fin qui. Mi
scuso se sono ripetitiva con i ringraziamenti ma lo dico sinceramente;
grazie di cuore e vi auguro il meglio!
Se volete darmi dei pareri, come al solito sarò molto
contenta di ascoltarvi anche se purtroppo sono molto lenta nel
rispondere o_o
Alla prossima e statemi bene ^^
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Capitolo 20 *** Brucia la strega! (terza parte) ***
-Facciamo finta che io sia posseduto da uno spettro e che ti ci voglia
far parlare.- aveva detto Harold a Leshawna dopo averle chiesto di fare
un gioco, mentre erano seduti uno accanto all'altra sul letto.
“So quello che faccio, Roza, calma...” Aveva
provato a rassicurare la nervosa ragazza spettro. Poi aveva ripreso a
parlare ad alta voce per giustificarsi con Leshawna: -Sono rimasto un
po' più turbato di quel che pensassi dal tentativo di
suicidio e dal coma della nostra ex vicina. Non riesco a non pensare a
cosa stia facendo e pensando in questo momento, forse potrebbe farla
sentire un po' meglio parlare con qualcuno. Stavo pensando di provare
ad interpretarla e tu potresti stare al gioco.-
Leshawna sembrò perplessa solo all'inizio. -Ok, va bene.-
accettò con gentilezza, ma poco entusiasmo.
Roza si stranì molto e protestò “Che
problemi ha questa?! Perchè accetta senza fare una
piega?!”
Harold continuò: -Prima posso esercitarmi con la sua voce?
Per ora la spaventi e non vuole uscire a parlarti.- disse Harold con
naturalezza.
-Eh... ok...- Leshawna suppose che volesse allenarsi ad entrare nel
personaggio. Si inquietò un po' sentendo che il ragazzo
canticchiando a bassa voce riusciva a produrre un'intimidita vocetta
femminile piuttosto credibile.
Lo aveva già sentito imitare vari suoni ed era bravo a
rendersi indistinguibile dalla gatta, ma non lo aveva mai sentito
imitare voci umane. -Spero che tu non ti metta a sfruttare questa
abilità per fingerti una ragazza sui siti d'incontri e
ingannare qualcuno per scippargli soldi...- disse Leshawna sospettosa,
ma distaccata. Continuavano a non essere più affari suoi.
-Hai quest'idea così orribile di me? Al massimo potrei
vendicarmi di qualcuno con qualche scherzo innocente... eh, volevo
dire; non farei mai qualcosa del genere, ovviamente! Ah ah...-
“Sei strano...” commentò Roza mentre
Harold tornava ad allenarsi ad sfruttare la sua voce.
“Che intenzioni hai?” gli chiese. “Pensi
che spingendomi a parlare con questa, avrò talmente tanta
voglia di fuggire da riuscire a scappare dal tuo corpo?”
“Se funziona, perchè no?”
“Non funzionaaaa!” protestò nel panico
la ragazza spettro.
“Non è comunque questa la mia intenzione
principale! È un gioco di interpretazione,
ricordi? Se non hai niente di cui vuoi parlarle con lei,
sarò io ad interpretare la tua parte.”
“Ma perchè?!”
“Sto seguendo il mio istinto...” a quella risposta
insoddisfacente, Roza brontolò. “Roza, forse
mettermi nei tuoi panni riuscirà a farmi capire alcune cose
e a farmi trovare il modo migliore per farti uscire. Visto che non
sembri avere molta fiducia nel mio esorcismo musicale con la tuba,
meglio avere un piano di riserva. Inoltre, per te potrebbe essere
interessante guardare qualcuno che recita la tua parte, no?”
Roza deglutì. Non voleva sapere come la vedevano le altre
persone. Sapeva di fare schifo.
Harold si strinse la mano da solo per tranquillizzare sé
stesso e lo spettro che coabita nel suo corpo. “Sicura di non
volerle parlare tu? Sono l'unica persona con cui hai parlato dopo mesi
di solitudine... Forse interagendo con un' altra persona potresti
distaccarti più facilmente da me. Inoltre potrebbe essere
un'esperienza positiva... un'esperienza... normale? Un po' di
normalità potrebbe rilassarti e ridimensionare le tue
paure.”
“D-dove la vedi la normalità in tutta questa
storia?!”
“Bene, se sei frustrata potresti approfittarne per sparlare
di me con lei o per sfogarti della situazione. Immagino ti venga
difficile parlare male di una persona con quella persona
direttamente.” voltò quella frittata con un tono
allegro.
“Ti stai divertendo? E perchè vuoi che sparli di
te? È una tua perversione?”
“Voglio solo tranquillizzarti e presentarti i lati positivi
della situazione. Non c'è niente di losco!” le
disse Harold un po' offeso. Percepì che la ragazza si
sentiva spinta nella tana del leone. “Non voglio
costringerti! Ho detto che posso recitare io la tua parte!”
ripetè a disagio, non riusciva a gestire le cose senza
spaventarla e non capiva quando sottoporla a tutto ciò fosse
necessario e quando invece fosse un suo capriccio. “Come
terapista per spettri faccio schifo...” pensò
nervoso.
“Il problema non sei tu, è quella!”
rispose Roza pensando con intenso sospetto a Leshawna.
“Uhm, Lei? Beh, fa un po' paura ma non è una
cattiva persona, dico sul serio.”
“Non è una cattiva persona?!”
ripetè Roza confusa e spazientita. Prese il controllo dei
muscoli del viso del ragazzo e decise di parlare con Leshawna, ma
balbettò: -La verità è che non stai
chiamando un' ambulanza per farci ricoverare perchè non te
ne frega nulla di noi! Quindi non ti preoccupi se ci comportiamo in
modo strano e deliriamo! Giusto?! O-o-o oppure sei annoiata e ti stai
divertendo alle nostre spalle!-
Leshawna dopo un primo momento di smarrimento, capì che il
gioco era cominciato. “Fastidioso, ma recita bene”
-No. È che conosco Harold e so che può avere
comportamenti strani, strani modi di divertirsi e strani modi di
risolvere i problemi e confortarsi. Soprattutto quando è
convalescente... Quindi... Piacere di conoscerti, fantasma della
vicina.- stando al gioco, Leshawna rispose con tranquillità
e le porse la mano.
-E-e...e...- Roza allungò un po' la mano, poi la
ritirò di scatto e la nascose dietro la schiena. Rimase in
silenzio per un po' evitando lo sguardo della donna. Leshawna l'attese
con pazienza. Roza si sentiva molto a disagio, si chiese cosa Leshawna
stesse pensando di lei.
“Calmati, non ti sta giudicando. Al massimo giudica
me.” le ricordò Harold. “Poi anche se
fosse, non significa che stia pensando qualcosa di negativo... essere
straniti, incuriositi, chiedersi cosa sta facendo qualcuno o il
perchè lo sta facendo, non significa per forza
denigrare...”
“A me dai tuoi ricordi sembra che questa persona abbia la
tendenza di giudicare chi le sembra strano sentendosi autorizzata a
schiacciarlo...”
“Ci provi almeno a rispettare la mia privacy?” si
chiese Harold infastidito. “Le persone sono complesse. Se
Leshawna stava con me significa che non giudica e maltratta
così tanto le persone in base alla loro stranezza, no?
È un po' dispettosa, ma in realtà è
anche molto aperta e gentile...”
“Oppure vuole qualcuno da sottomettere e di cui
approfittarsi!” non avrebbe voluto dirglielo, ma le era
sfuggito. Era difficile controllare quali pensieri trasmettere e quali
no quando si condivideva un corpo.
Harold però non si sentì turbato. “E'
così che può apparire. Ma non è tanto
semplice.” disse malinconico.
Roza parlò di nuovo a voce alta ma continuò ad
evitare il contatto visivo. -C-comunque... congratulazioni e buona
fortuna per il bambino... Eh... E' insensibile dire congratulazioni a
qualcuno per una gravidanza non voluta?!- finì di nuovo per
balbettare.
“Roza, decidi tu, ti lascio la massima autonomia su cosa
dire...” disse Harold nervosissimo.
“Però... ricorda che dal punto di vista di
Leshawna sono io a parlare recitando un altro ruolo! Quindi per lei
potrei approfittare di questa situazione per sparare
sentenze...” questo rese sia Roza che Harold ancora
più nervosi.
“Per fortuna non ho aggiunto che mi sarebbe piaciuto avere un
bambino...”
“Già per for... Eh?!”
“E' strano, vero? Ma non mi piacciono gli uomini... e anche
se mi piacessero non riuscirei a instaurare una relazione per come sono
fatta. E non sarei stata capace neanche di crescere un bambino... Forse
è meglio che le cose siano andate così, eh
eh...”
“Roza...” era intristito ma non sapeva cosa dirle.
-C-Comunque!- balbettò Roza. -Ti a-ammiro in un certo senso!
Io alla tua età non, non, non so come l'avrei presa una
gravidanza...- Si era sempre sentita terribilmente indietro e la sua
malattia e i suoi sfasamenti del sonno avevano peggiorato la
situazione. Provava rabbia verso sé stessa e verso il mondo,
invidia e ammirazione per chiunque non fosse lei.
“Com'è che non sono diventata uno spirito
vendicativo?” si chiese tristemente.
-Secondo te la sto gestendo bene?- chiese Leshawna divertita. -Beh, non
mi sto buttando da un balcone quindi suppongo che in fin dei conti
potrei gestirla peggio.- continuò imbarazzata.
Roza si spezzò. Harold ne prese immediatamente il posto
cercando di metterla al sicuro.
-Leshawna, ti sembrano le cose da dire ad una che ha tentato il
suicidio?!- la criticò allarmato.
-Non ci ho pensato.- rispose Leshawna infastidita.
“Ehi! Sto bene!” lo richiamò Roza.
“Ci sono rimasta male solo un attimo piccolo, piccolo... ho
avuto dei piccoli, piccoli flashback spaventosi, ma ora sto
bene.”
-Ok...- disse Harold sospirando. Sembrava sul punto di svenire.
“Ti impressioni molto facilmente, Harold. Comunque... Questa
donna ha la tua età, giusto?” Da un punto di vista
puramente di aspetto, fino a poco prima, aveva pensato che lei fosse
più grande, ma il suo comportamento e i ricordi di Harold a
riguardo la rendevano ambigua. Roza poteva essere stata tratta in
inganno dal fatto che fosse molto più facile capire il sesso
di quella persona quindi classificarla come più lontana
dall'adolescenza, Harold era più ambiguo.
“Sì, siamo coetanei... In che senso più
ambiguo?!”
“Beh. Dalla voce si capisce cosa sei. Ma per quanto ne sapevo
la prima volta che ti ho visto, chi mi assicurava che non usassi i
vestiti a strati per nascondere qualcosa? Anche la sua postura era
sospetta, magari stai ingobbito per nascondere un piccolo
seno...”
“Tu ti vesti in modo simile! E anche la tua postura non
è granchè...”
“Infatti! Io nascondo qualcosa!” disse divertita.
“La barba però dovrebbe rendere più
facile classificarmi.”
“Eh? Hai la barba?!” esclamò sconvolta.
Prese il controllo di quel corpo e si toccò il viso.
-Che sensazione orribile!- disse paradossalmente entusiasta. -Punge...
Sono dei piccoli spuntoni fastidiosi! Piccoli spuntoni quindi... sono
spuntini?- chiese energica.
Leshawna era molto perplessa. -Ehm... Intendi la barba?-
-Sì, sì! Non ti da fastidio? Come fanno le
femmine etero ad avere a che fare con uomini con la barba? Non da una
sensazione di sporco e di pungente? Se è lunga diventa
sporca... alle barbe viene fatto lo sciampo?! Inoltre è
normale che lui abbia la barba così? Mi sembra poca! Ha
qualche malattia strana?- incuriosita la bombardò di
domande. Poi percepì che Harold era a disagio e si
sentì molto in imbarazzo. Si rese conto che si stava
comportando in modo strano.
“Ripeto, hai la massima libertà di comportarti e
dirle ciò che ti pare...” Era estremamente nervoso
ma sentiva un dovere nei suoi confronti “Mi fa piacere che tu
ti stia divertendo.” disse più positivo.
“Sembro stupida...” Imbarazzo a parte, Roza si
sentiva molto stanca.
Leshawna le accarezzò la testa. -Eh, direi che per oggi hai
fatto abbastanza. Per un fantasma deve essere faticoso parlare con una
persona viva.- disse la donna percependo le difficoltà di
entrambi i suoi interlocutori.
“Potrebbe avere ragione e potrei averti fatta sforzare
troppo.” ammise Harold preoccupandosi di eventuali effetti
collaterali.
“No, non è nulla.” Roza lo
tranquillizzò, ma fece un sospiro di sollievo scambiandosi
di posto con lui.
-Uhm... Grazie di esserti prestata al gioco. So che le cose strane non
ti piacciono, ma finisci sempre per assecondarmi in qualche modo.
Grazie...- ripetè. Leshawna rispose con un sorriso.
Era realmente grato alla ragazza, forse eccessivamente. Non riusciva ad
esprimerlo bene e non poteva farlo, doveva tenerla a
distanza.“Eh? Non mi sembra affatto che tu sia capace di
tenerla a distanza!” si lasciò sfuggire Roza.
“E' un'eccezione perchè non sto bene!”
-Sai, alla fine è un po' divertente stare dietro alle tue
stranezze.- confessò Leshawna. -Non... non che lo faccia
perchè mi diverta...-
-Oh. Quindi sei venuta qui per divertirti alle mie spalle, ora
sì che quadra tutto.- Harold sorrise leggermente e scosse le
spalle.
Leshawna sbuffò, il modo in cui scherzava la irritava.
-Ma è rassicurante che tu non ti scomponga troppo quando
dico cose strane.- disse Harold. -Probabilmente se ci fossimo sposati
in un' epoca passata non mi avresti consegnato ad un tribunale
dell'inquisizione.- disse stranamente sollevato. -E non sarei neanche
finito come “l'ultima strega d'Irlanda” torturata e
ammazzata dal marito convinto che fosse una fata che aveva preso il
posto della moglie.- canticchiò lentamente e a bassa voce
una filastrocca in cui si chiedeva alla sfortunata Bridget Cleary,
l'ultima strega “Sei una strega o sei una fata? O sei la
moglie di Michael Cleary?” -E' molto triste quello che
può succedere quando capiti con la persona sbagliata...- il
ragazzo sembrava un po' assente.
-Beh, sì...- Leshawna era un po' stranita. “Quando
capiti? In effetti credeva nel destino se non ricordo
male...” -Ma spero che se fossi vissuto in un periodo storico
differente, avresti messo da parte i tuoi istinti di fratello minore
annoiato e ti saresti comportato normalmente.-
Harold ci riflettè. -No, penso che mi sarei comportato come
mi viene naturale. Faccio schifo ad essere come vogliono gli altri. E
tanto senza la medicina moderna non sarei vissuto a lungo e bene in
ogni caso.-
Leshawna gli accarezzò la testa. -In un certo senso ammiro
la tua testaccia, anche se sei un idiota.-
-Grazie...- mormorò lui allontanandole la mano. -Quindi
molti dei miei comportamenti li liquidi pensando “Ma
sì, lui appartiene alla specie, fratello minore, si
comporterà in modo strano strano per questo”?-
Harold era il primo a ricercare una spiegazione su ogni suo
comportamento servendosi anche di eventi passati. Ma lui era lui, aveva
accesso alle sue memorie, che a farlo fosse qualcun altro lo faceva
sentire strano. Si sentiva osservato e studiato come una bestiolina
insolita. Non capiva se sentirsi lusingato o molto frustrato.
“Non mi considera proprio come uomo, eh?”
La ragazza gli pose una mano sulla spalla. Lui la spostò. La
ragazza per dispetto gliela rimise addosso sul fianco. -Sai che non
devi per forza toccare la persona con cui parli, per farti ascoltare,
vero?- le chiese scocciato.
-Ah, lo so. Lo so.- rispose lei divertita.
“Credo ci stia aggredendo...” ipotizzò
Roza vedendo che la donna stava continuando a provare a toccarli, forse
ad afferrarli.
“No... trova divertente il modo in cui cerco di spostarmi
quando avvicina la mano.”
“Eh...? Perchè?”
“Appartiene alla specie figlia unica. Magari da bambina
voleva giocare alla lotta con qualcuno, ma non era un atteggiamento ben
visto nel suo asilo, così si sta sfogando adesso.”
-Prima mi avresti schivato molto più facilmente.-
commentò Leshawna. La preoccupazione sembrava sincera.
-Volevi capire come sto fisicamente, allora?- Harold si
sentì un po' più positivo. -Tranquilla. Se mi
lasci in pace mi riprenderò più in fretta.-
Ma Leshawna decise di tenerlo bloccato abbracciandolo. -Così
ti sentirai incentivato a riprenderti velocemente per poterti liberare.-
Roza rabbrividì, Harold provò inutilmente a
liberarsi, inizialmente era molto scocciato -Perchè ti fingi
così cretina, cretina?- sbuffò poi si
ammorbidì un po': -Da cosa stai cercando di distrarti? Sei
strana, inquietante e appiccicosa, cosa c'è sotto?
È solo per la gravidanza o c'è altro?-
-Che differenza fa? Non voglio parlarne comunque...- disse Leshawna con
un tono ingannevolmente pacifico. -Io ho giocato con te, tu gioca con
me. Fa come le brave vittime di rapimento che sopravvivono; adattati ai
miei capricci e cerca di compiacermi.- disse con un sorriso vagamente
minaccioso e malevolo.
Roza lo trovò molto inquietante.
“E' un commento orribile nei confronti delle vittime che non
sono riuscite a manipolare i loro aguzzini e a salvarsi...”
riflettè Harold sospettoso. Sapeva che nonostante le sue
prediche sull'adattarsi ed essere furbi, anche Leshawna odiava
sottostare ai capricci altrui e fare buon viso a cattivo gioco. Lei non
poteva davvero percepire negativamente le vittime che non riuscivano a
fingersi accondiscendenti con il loro aguzzino.
“Puoi smetterla di darle retta con questa storia dei
rapimenti! Sei sicuro che non sia pericolosa?!Perche sta facendo
così?!” gli chiese Roza.
“Forse ha un trauma riguardante la perdita di controllo e il
dover assecondare qualcuno di prepotente. E per esorcizzarlo e sentirsi
più sicura, tende a voler rivivere situazioni in cui
qualcuno subisce una perdita del controllo sul proprio corpo ma
mettendo sé stessa nei panni dell'aggressore.”
Era un' ipotesi ben più pesante rispetto al discorso
sciocchino sull'essere figlia unica e Harold non sapeva se aveva o meno
ragione, ma pensava che ci fosse qualcosa che non quadrava nei sistemi
di difesa, attacco e controllo dello stress che Leshawna attivata al
minimo segnale di disturbo. Nascose da Roza il ricordo che nello
specifico aveva dato vita a quei pensieri.
Probabilmente Harold doveva essere preoccupato per quel comportamento
di Leshawna. Ma il respiro e battito della ragazza sembravano calmi.
Tenerlo bloccato non era qualcosa che lei stava facendo per sfogare la
rabbia, al contrario sembra calmarla e rassicurarla un po'.
“A questo punto mi sento quasi in colpa a liberarmi
ma...” Harold che era stato teso per tutto il tempo provando
a ribellarsi, decise di rilassare tutti i muscoli e smise di opporre
qualunque resistenza. Roza non era d'accordo, ma anche se si fosse
opposta il risultato sarebbe stato lo stesso.
-Non intendevo che dovevi arrenderti a me, era una sfida...- disse
Leshawna, i suoi sentimenti su quella situazione erano contrastanti. Ma
vista la mancanza di aggressività della
“preda” istintivamente la presa di Leshawna si
rilassò e Harold ne approfittò per liberarsi e
spingersi più lontano da lei sul materasso.
Il volto di Leshawna era molto sorpreso, forse anche per questo oltre
che per il successo del suo piano, Harold rise. Leshawna sorrise a sua
volta, ammirava un po' il ragazzo. Ma non gli lasciò troppo
tempo per compiacersi del suo operato. -Però hai barato.-
gli disse prendendolo per gli avambracci e cercando di riavvicinarlo a
sé.
-Ah...- Harold brontolò. Chinò il capo,
velocemente le diede un bacio sulle labbra poi si tirò
indietro. Confusa Leshawna lo mollò, Harold questa volta si
sotterrò con le coperte sibilando
“Vendetta!”
Roza protestò “P-perchè ce l'hai fatta
baciare?! Era la prima volta che mi accadeva!”
“S-scusami, non ci avevo pensato! Volevo semplicemente
sorprenderla per farmi mollare...”
“E se l'avesse interpretato come il permesso per
molestarci?”
Harold sentì una mano attraverso le coperte che gli cercava
la testa, ma la mano si limitò a toccargliela gentilmente.
Leshawna stava ridendo: -Ma che diavolo era?! E vendetta in che senso?!-
Fra i vari mormorii incomprensibili del ragazzo, Leshawna
riuscì a distinguere qualcosa del tipo “E' che sei
stata troppo invadente e appiccicosa, ti sei presa troppe confidenze.
Comunque sono un bruco! Non capisco il linguaggio umano, lasciami in
pace, grazie.”
Ma dopo un po', il silenzio, venne rotto dal ragazzo stesso, stranito
dal fatto che Leshawna sembrava interessata a rimanere seduta vicino a
lui. -Perchè rimani qui come un avvoltoio? Gli avvoltoi non
predano i bruchi... Non è che stai pianificando di tornare a
vivere qua? Te ne sei andata per poche ore ma ho già
cominciato a mancarti?- disse, rimanendo nascosto sotto le coperte, in
tono petulante e infantile per mascherare il suo stato d'animo.
Leshawna sbuffò. -Mi manchi? Che domande mi fai? Anche se
fosse, mica potrei dirtelo.-
-Quando ci sono di mezzo le apparenze e l'orgoglio diventi proprio
scema...- nonostante sentisse che il sonno stesse prendendo il
sopravvento e non si scomodò a scoprire neanche la testa,
Harold cercò di parlare nel modo più serio
possibile: -Indipendentemente dai nostri attriti, se ti sei ricordata
il perchè preferivi convivere con me rispetto al convivere
con i tuoi genitori, è più sensato per tutti e
tre che tu e il feto torniate a stare qui per ora... Non so che traumi
tu abbia avuto con i tuoi o a casa tua ma mi sembra chiaro che qualcosa
non vada. Ma se hai bisogno di tornare a coabitare devi avere il
coraggio di chiedermelo tu... Dopo, ovviamente, avermi chiesto scusa
come si deve! Sono stanco di essere sempre io a rincorrerti anche
quando dovresti essere tu ad interessarti...-
Leshawna rimase in silenzio, anche il ragazzo non dava più
segni di vita così lei sollevò le coperte. Si era
addormentato. -Ma che diavolo...- Leshawna sospirò.
“Sembra così innocuo e tranquillo in questo
momento...” pensò rilassandosi involontariamente.
Le aveva fatto venire voglia di dormire. “Aspetta, E se si
sveglia prima di me?” sarà stata la
stanchezza o lo stress o i comportamenti bizzarri del ragazzo, ma lei
non poteva fare a meno di immaginarsi scenari più o meno
assurdi in cui Harold si ammazzava o infortunava più o meno
volontariamente.
Leshawna, con delle forbici ricavò due strisce di tessuto da
una vecchia coperta e legò polsi e caviglie di Harold.
“La prudenza non è mai troppa.”
pensò fra sé e sé stendendosi vicino
al ragazzo e chiudendo gli occhi. Poi li riaprì e si
avvicinò al ragazzo ponendogli un proprio braccio di sopra.
“Così se dovesse cominciare a muoversi troppo
perchè si sta svegliando, avrei più
probabilità di svegliarmi anche io.”
Nel mentre Roza era atterrita. Non aveva intenzione di muovere il corpo
mentre la mente di Harold era addormentata, ma ora non poteva muoversi
neanche volendolo. “Cos'ha che non va questa tizia?!
Perchè ci ha legato come se fosse la cosa più
normale del mondo?! Harold, aiuto!”
Lupe si annoiava seduta davanti la porta dell'appartamento da cui
l'amorevole figlioletta l'aveva gentilmente scacciata.
-Mi scusi...- disse a bassa voce una giovane donna minuta con gli
occhiali e i capelli castani raccolti in uno chignon.
Lupe si alzò. Sorrise istintivamente riconoscendola ma anche
perchè le piacevano le cose carine e anche se quella donna
non era particolarmente attraente e aveva curve insoddisfacenti, l'aria
familiare e la statura la rendevano molto gradevole alla sua vista. -Ti
trovo molto bene. Sei la sorellina di Harold, giusto? Uhm... Elia?-
-No, Celia...- la corresse la donna un po' a disagio notando quello
sguardo familiare troppo interessato. Quando Leshawna fissava in quel
modo qualcuno, di solito significava che stava per diventare piuttosto
irrispettosa degli altrui spazi personali, Celia non poteva sapere se
quella caratteristica fosse ereditata dalla madre quindi rimase in
allerta. -Cosa la porta qui?-
-Ah, nulla. Mia figlia mi ha buttata fuori. E prima ancora mi ha
buttata fuori dall'auto. Insomma, cose che capitano in un normale
rapporto madre e figlia.- disse scherzandoci su.
-Ah... mi spiace. Non ricordo che mio fratello abbia mai passato fasi
simili con me o con nostra madre e non ricordo di averlo fatto nemmeno
io. Non so proprio come aiutarla.- disse chinando il capo. -Ehm,
però perchè vi trovate qui? Se le mie
informazioni sono giuste, quei due avevano deciso di mettere fine alla
coabitazione.- disse facendosi sospettosa.
-Tuo fratello non si è sentito bene e lei è
venuta subito a controllare. Sono ancora un po' troppo fissati...-
Più in allerta di prima, sapendo che il campanello era
rotto, Celia bussò discretamente alla porta.
Vendendo che nonostante l'aria determinata, la donna si faceva sentire
a malapena, Lupe si stranì, poi la vide tirare fuori delle
chiavi.
Percependo la perplessità di Lupe, Celia spiegò.
-Rispetto la sua privacy e per questo busso, ma facendo valere la mia
autorità di sorella maggiore, entro lo stesso.- disse con un
sorriso teso.
Celia smise d'essere tesa appena vide la gatta dormire serenamente
sulla sedia. Se Kunoichi era tranquilla significava che non c'era
un'emergenza. Accarezzò la testa dell'animale poi
avanzò e andò a poggiare il proprio orecchio
contro la porta della camera da letto. Lupe la imitò e non
sentì nulla.
Celia bussò di nuovo con leggerezza poi aprì la
porta. Vedendo i due che dormivano vicini, le donne aggrottarono la
fronte e si scambiarono uno sguardo. Poi Celia richiuse la porta con
delicatezza e si allontanarono.
-Questa è una pessima cosa.- commentò Celia
sistemandosi gli occhiali.
-Sicuramente... ma non possiamo farci nulla.- disse l'altra sospirando.
“Questa volta non ci casco, lo so che è un
sogno...” Pensò Leshawna irritata ma anche
rassegnata.
Inizialmente doveva ballare con una tipa conciata come le dame nobili
dei film sulla sanissima famiglia di Enrico VIII d'Inghilterra. Ma per
qualche motivo inerente alla trama del sogno che Leshawna non aveva ben
presente, sapeva di dover uccidere quella donna col un paletto di legno
perchè altrimenti quella donna l'avrebbe uccisa.
“Andrà a finire di nuovo con me che non riesco a
infilzare un bel niente e vengo ammazzata...”
Anche se era consapevole che si trattava di un sogno, non era per
niente entusiasta. Morire era sempre sgradevole e in quel momento
sentiva come se qualcosa che le stesse otturando petto e gola.
Era in ansia da prestazione. La damigella non sembrava minacciosa ma
Leshawna sentiva già che avrebbe fallito. “Voglio
chiuderla qua e svegliarmi!”
Colpì ripetutamente il petto della dama che strillava
teatralmente. “Quanto odio questo rumore! Muori
silenziosamente!” pensò Leshawna sempre
più esaspera . Alla fine le scivolò di mano il
paletto. Rimase infilzato nel petto della donna che sorrise mostrando i
denti insanguinati.
“Sapevo che sarebbe finita così...” si
disse mentre la donna le afferrava gli avambracci e la tirava con forza
verso di sé, infilzando il paletto incastrato nel suo petto
nel corpo di Leshawna.
Leshawna cominciò a svegliarsi col sorriso compiaciuto della
donna che svaniva lentamente dalla sua mentre insieme alla sua risata
stereotipata da pazza.
Percepì qualcosa che le solleticava il viso.
Immaginò che la gatta fosse salita sul letto e la stesse
solleticando per sbaglio con la coda, ma aprendo gli occhi vide sopra
di sé un viso femminile da cui scendevano dei lunghi, umidi,
serpeggianti e spettinati capelli castani.
La ragazza le sorrideva incuriosita. Leshawna rimase a fissarla e
cercò di mantenere la calma. “Sarò
mezza addormentata... ma per sicurezza...” Leshawna
sollevò il braccio da sopra Harold e colpì il
viso della ragazza che sparì nel nulla.
Sospirò. Non si sentiva ancora tranquilla. Una parte di lei
desiderava alzarsi e mettere la stanza sotto sopra per assicurarsi che
non ci fosse nessuna ragazza incorporea in giro. Un'altra parte era
imbarazzata all'idea. Ma un' altra parte ancora era troppo abbattuta
fisicamente e mentalmente per mettersi in piedi...
“Lasciatemi in pace... voglio solo essere lasciata in pace!
Smettetela di uccidermi nei sogni... o di uscire dai sogni per
spaventarmi mentre sono mezza addormentata!”
Sospirò di nuovo. Ricircondò Harold con il
braccio e lo avvicinò di più a sé come
se lo stesse usando per ripararsi. “Tutta colpa tua come al
solito, Harold. Mi hai suggestionato con quella storia della vicina e
con tutto quel parlare dell'ultima strega d'Irlanda.”
Pensò imbarazzata. A causa del nervosismo la sua mano si
stava aggrappando al ragazzo in modo un po' strano.
Nel frattempo Harold cominciò a svegliarsi. Si sentiva una
pezza e non riusciva a muoversi. “...Roza?” chiese
mezzo addormentato.
“Ho una buona notizia e una cattiva notizia.”
comunicò lo spettro.
“Sa tanto di fregatura... spara, dai.” rispose
emotivamente piatto.
“Mentre dormivi sono riuscita ad uscire dal tuo
corpo.”
“Yeppy...” non riuscì a simulare
entusiasmo. “Scusa, dormire durante il giorno fa malissimo al
mio tono dell'umore... il lato positivo è che non ho le
forze per ammazzarmi. Comunque la tua è un'ottima notizia,
brava. Ma... la cattiva notizia, invece?” chiese sospettoso.
“Beh... ero ritornata nel tuo corpo per avvertirti e... e ora
non riesco ad uscire di nuovo...” ammise.
“Merd... ah, ok...” disse rassegnato con le
palpebre che si richiudevano. “Tanto se ci sei riuscita una
volta, puoi rifarlo... Magari la chiave è che... che io
dorma?” disse sorridendo leggermente prima di arrendersi alla
stanchezza. “Ci pensiamo dopo... quando sarò in
grado di pensare.” Percependo che qualcosa stava spaventando
Roza, Harold cercò di rimanere sveglio.
“Qualcuno ci sta palpando il seno!” lo
avvertì lo spettro.
“...Umh? Sciocchina, noi non abbiamo il seno.” quel
pensiero stupido lo divertiva quasi. Poi però si
concentrò e si rese conto di sentire davvero qualcosa di
estraneo che si muoveva sul suo petto. “Oh... Forse sto
sognando... Sarà una di quelle strane fantasie che vengono
dopo aver letto un hentai leggero... Aspe'... non ne leggo da
secoli!” Decidendo che la sensazione era reale, Harold
urlò.
-Che c'è?!- esclamò Leshawna preoccupata.
-Qualcuno mi sta palpando il seno!- poi il ragazzo fece mente locale.
Se in quella stanza le uniche persone dotate di un corpo erano lui e
Leshawna e dietro di lui c'era Leshawna il colpevole doveva essere...
-Leshawna.- disse in tono di accusa dopo essere rotolato lontano
dall'imputata.
-Non hai il seno, quindi il crimine non sussiste...- rispose la
ragazza. Sembrava giù d'umore, ma Harold non lo
notò.
-Prima mi tocchi, poi ti lamenti pure? Visto che sono così
orribilmente piatto, cercati una ragazza!-
“Harold, ti stai concentrando sul problema
sbagliato...” gli fece presente Roza abbastanza perplessa
mentre Harold si interrogava e si deprimeva su cose in quel momento
poco utili del tipo: “Sono così indesiderabile da
averle fatto rivalutare le donne?”
Nel mentre Leshawna si limitò a sospirare. Harold
notò che aveva gli occhi lucidi. -Ah... hai avuto un incubo?
Mi stavi toccando per questo?- le chiese ricordando che aveva
già avuto risvegli simili. Leshawna rispose con una smorfia
infastidita.
“Che c'entra?” chiese Roza.
“Fa tanto la spaccona, ma in realtà si spaventa e
si impressiona molto facilmente. Le ci vuole poco per aggrapparsi a me
quando si sente minacciata da qualcosa che non può
picchiare. Probabilmente è questo ciò che
è accaduto anche ora...”
Leshawna si ridiede un tono ed un'espressione seria: -Quindi, se
decidessi di uccidere qualcuno, mi basterebbe fare un' espressione
triste per portarti dalla mia parte?- gli chiese infastidita.
Harold rispose in modo schivo: -Che ne so! Dipende dal contesto, le
motivazioni... le attenuanti...- “Lo so anche io di essere
troppo accondiscendente, non c'è bisogno di farmelo
pesare!” -Però in questo caso ho ragione io, non
mi stavi molestando, no?- poi il ragazzo guardò verso il
basso e si rese finalmente conto di avere i polsi legati.
-Non è come sembra...- disse Leshawna nervosa perdendo tutta
l'apparenza scontrosa.
Harold si slegò con pochi movimenti -Proprio quando ci
molliamo cominci a diventare perversa?- il ragazzo sbuffò.
-Leshawna, qualcosa che non va?- chiese accorgendosi che la ragazza
aveva un'espressione strana.
-Tutto a posto... mi è solo morta l'autostima...- disse fra
sé e sé, davanti alla facilità con cui
si era liberato. -Volevo dire... ovviamente non ti ho legato bene per
non farti male.- affermò -Comunque era solo per la tua
sicurezza...-
-Immaginavo...-
“Bene, Harold... ora che avete chiarito puoi occuparti di
risolvere il nostro problema?” chiese Roza speranzosa.
“Mi piace il tuo rinnovato ottimismo!” disse Harold
pensando che l'essere riuscita, anche per poco, ad andarsene dal suo
corpo l'avesse motivata. “Però più
tardi, prima voglio leggermi un manga...”
“...Eh?!”
“Te l'ho già detto, dormire durante il giorno per
il mio umore e le mie capacità cognitive è un
dramma le prime ore che seguono il risveglio. Lasciami il tempo per
riprendermi. Considera anche che il mio organismo è entrato
in allarme a causa delle presunte molestie sprecando energie che
già non avevo... ora che l'allarme è passato il
mio corpo ne sta pagando le conseguenze.”
Roza percepì che il ragazzo era realmente fuori uso in quel
momento. Avvertiva anche che aveva paura che se l'avesse fatta separare
dal suo corpo mentre era mentalmente debilitato, avrebbe perso il
controllo di sé e si sarebbe depresso e ammazzato.
-Leshawna, non è che mi porteresti un medicinale che ho
lasciato sul tavolo? È in una piccola scatolina con le
scritte evidenziate in giallo. Si tratta di gocce quindi mi servirebbe
anche un bicchiere con due dita d'acqua.-
Leshawna lo guardò con sospetto, Harold rispose con un
sorriso nervoso.
Lei sospirò ed uscì dalla stanza. Si
immobilizzò un attimo vedendo sua madre e Celia sedute al
tavolo. “Deve essere un incubo. Come diavolo sono
entrate?!”
Le due la fissarono, lei decise di ignorarle, aveva altro a cui
pensare. Il medicinale era dietro una bottiglia, forse le due donne non
l'avevano notato e memorizzato, così Leshawna lo prese e lo
nascose immediatamente dietro la schiena mentre con l'altra mano
prendeva con sè la bottiglia che incastrò sotto
il braccio per poter liberare la mano e prendere pure un bicchiere.
Indietreggiò poco aggraziatamente mentre Lupe e Celia la
fissavano sempre più perplesse e sospettose. Ma la ragazza
non sembrava intenzionata a parlare e loro rispettarono la sua
decisione.
Leshawna rientrò nella stanza sbuffando -Ci sono mia madre e
tua sorella nell'altra stanza.-
Harold stava leggendo qualcosa sul telefono alzò gli occhi
leggermente ma non reagì più di tanto.
“Se non va a sparlare con l'adorata sorellina, deve essere
veramente fuori gioco...” commentò mentalmente
Leshawna. Poi gli fece vedere il medicinale.
-Yee... la droga...- canticchiò debolmente il ragazzo.
Anche capendo lo scherzo, Leshawna lo guardò storto. -Ho
cercato di non far capire a quelle là cosa stavo prendendo.-
-Uhm... Non era necessario, mia sorella sa a cosa serve, non si sarebbe
fatta delle idee strane. Ma grazie per aver cercato di tutelare la mia
privacy, molto cavalleresco da parte tua.- il ragazzo porse
la mano, ma Leshawna si tenne la scatola, la aprì e
cominciò a leggersi con calma il foglietto illustrativo.
-Sei sempre così prudente e responsabile... Non è
che pensi che voglia avvelenarmi con la tua inconsapevole
complicità? Sarebbe troppo diabolico... mi credi diabolico?-
Finito di leggere il libretto illustrativo Leshawna non diede ancora il
medicinale ad Harold. Prese il telefono per fare ulteriori
approfondimenti. -Perchè dice che si tratta di un medicinale
per l'anoressia e mi viene classificato come antipsicotico?- chiese
sospettosa.
-Non cercare una scusa per spogliarmi, mi hai già palpato
quindi lo sai che non sono più magro del normale...- disse
in atteggiamento difensivo mentre si riparava l'addome con le braccia.
-Poi, nonostante la tua attenzione si sia diretta proprio
all'anoressia, in realtà è un medicinale che a
seconda del dosaggio può essere usato per trattare disturbi
dell'apparato digerente, cefalee, stati depressivi ma anche
schizofrenia. Io nello specifico lo sto usando sia come stabilizzatore
dell'umore, sia per prevenire perdite d'appetito e dolori causati dallo
stress. Ora, potresti passarmi quelle gocce prima che mi venga voglia
di gettarmi dalla finestra?- chiese con una tranquillità
inquietante.
Leshawna rassegnata lo accontentò, non era sicura neanche
lei di cosa avesse paura.
-Leshawna... non è che potresti dire a quelle due losche
figure di smetterla di osservarci da dietro la porta? Mi danno
l'impressione di essere sul letto di morte... Non mi piace per niente.-
Inizialmente guardò il ragazzo con perplessità e
preoccupazione “Ha appena mandato giù il
medicinale e ha già le visioni come effetto
collaterale?” poi capì e rivolse un'occhiata
omicida a sua madre e alla sorella del ragazzo.
Celia mise le mani in alto come se avesse una pistola puntata contro.
-Volevo solo accertarmi che non avessi ucciso mio fratello.- ammise ma
con tono pacifico e calmo.
Lupe guardò Celia stranita, poi rispose. -Io volevo solo
controllare la situazione. Non sospettavo nessun omicidio, tesoro.-
-Se non sloggiate lo compio davvero un omicidio, anzi due!- Leshawna
ringhiò e chiuse la porta in faccia alle intruse.
Harold stava ridacchiando -Adorabile. Sei un' ottima medicina. Grazie
alla tua presenza potrei rimettermi in un'oretta.-
pronosticò.
-G...Grazie?- sentirglielo ammettere così facilmente, con
quel tono addolcito e sentirsi chiamare “adorabile”
la stranì. “E' un effetto collaterale del
medicinale?” pensò tesa mentre si sedeva vicino a
lui. Harold si appoggiò leggermente con la testa sulla sua
spalla stranendola ancora di più e le mostrò il
cellulare, c'era la pagina di un fumetto in bianco e nero.
Il ragazzo le spiegò con affetto che si trattava del nuovo
capitolo un fumetto che era rimasto in pausa per quattro anni e che
l'autore aveva dei problemi di salute cronici. Harold sembrava molto
affezionato a quella roba e si mise a spiegarle vari elementi della
storia per provare a farla seguire.
Leshawna non ci stava capendo molto né della storia,
né del perchè ad Harold piacesse ma
cercò di seguire le vignette con lui.
Era una situazione molto nostalgica. All'inizio della loro
frequentazione, quando aveva tempo tendeva ad assecondare Harold quando
provava a coinvolgerla e informarla dei suoi interessi. Al tempo si
diceva che lui le faceva pena perchè era un ragazzetto
abbastanza solo ed essendo molto più piccolo di sua sorella
era probabile che fosse cresciuto come un figlio unico. Ma a pensarci
adesso, in realtà passare il tempo in quel modo le piaceva
nonostante non fosse interessata all'hobby in sé.
Lei non aveva molte passioni. Aveva l'impressione di trovare tutto
stupido o poco meritevole del suo tempo. Ma paradossalmente si era
accorta di provare quasi una sorta di invidia per chi riusciva ad
appassionarsi a cose dal suo punto di vista stupide o inutili. Aveva
giustificato la sua ammirazione per Gwen con il fatto che la ragazza
avesse intenzione di fare della sua passione per l'arte un percorso di
studi e un lavoro. Ma anche Harold aveva la straordinaria
capacità di contagiarla col suo interesse per cose inutili.
Ascoltarlo e tenergli compagnia era rilassante e le piaceva anche in
quel momento.
Era piacevole anche la sua vicinanza fisica e il modo ingenuo e
disattento in cui le si appoggiava alla spalla. Si sentiva abbastanza
in colpa visto, in pratica stava traendo vantaggio dal fatto che il
ragazzo fosse convalescente, era sicuramente per quello che lui teneva
la guardia così bassa.
“Sono una persona terribile...” le venne un'idea
per sabotare quella situazione così tranquilla e
pericolosamente amichevole. -Sono una persona terribile...-
ripetè ad alta voce con un sospiro.
Harold la fissò stranito. Leshawna sapeva che essendo molto
curioso, il ragazzo le avrebbe chiesto spiegazioni, lei gli avrebbe
spiegato che si stava approfittando della sua ingenuità e
disattenzione facendo paradossalmente la figura della persona onesta
che si accorge dei suoi peccati.
Ma Harold sorrise. -Sembri un dodicenne che per attirare l'attenzione
cerca di fare il tenebroso.-
Leshawna rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto a contemplare
il suo orgoglio che moriva orribilmente una seconda volta.
“Un dodicenne... un dodicenne che fa il
tenebroso...”
Angolo dell'autrice:
Col prossimo capitolo, questa fase della possessione dovrebbe finire.
Spero che questa parte e la storia possano piacervi nonostante i miei
limiti nella scrittura e i miei ritmi di pubblicazione.
Come sempre, vi ringrazio della pazienza e se vi va di commentare mi fa
molto piacere.
Qualunque cosa stiate facendo, spero che vada per il meglio.
Alla prossima ^^
Note:
“rispetto la tua privacy e per questo busso, ma facendo
valere la mia autorità di […] entro lo
stesso” è una frase ripresa dalle scenette di un
episodio di “Due fantagenitori”
In teoria non è un cartone che mi piaceva particolarmente,
ma in realtà ci sono abbastanza affezionata e ha delle scene
che mi risultano abbastanza difficili da dimenticare.
Quando stavo pianificando questa parte è uscito dopo quattro
anni un nuovo capitolo di HunterxHunter. Non sono mai stata
particolarmente infastidita dall'interruzione, mi viene innaturale
prenderla a male quando gli autori hanno problemi, ma la ripresa del
manga è stata una cosa che mi ha fatto molto piacere.
(Sì, pianifico le cose con largo anticipo... ma no, questo
non mi rende meno lenta ç_ç )
“Sei una strega o sei una fata? O sei la moglie di Michael
Cleary?” “Are you a witch or are you a fairy? Or
are you a wife of Michael Cleary?” è una
filastrocca irlandese che si riferisce all'omicidio della ventiseienne
irlandese Bridget Cleary il 15 marzo del 1895.
Bridget e il marito si erano trasferiti in un cottage che si trovava
nelle vicinanze di un'antica costruzione preistorica in pietra
costruita secondo il folklore irlandese dagli spiriti e che metteva in
comunicazione con il mondo fatato. Mentre Bridget non era una donna
superstiziosa sembra che il marito lo fosse. Sembra che un giorno in
cui c'era stato un acquazzone la donna tornò a casa
raffreddata e febbricitante e sembra che Michael cominciò a
convincersi che quella donna non fosse Bridget.
Secondo il folklore irlandese, le fate avrebbero la tendenza a rapire
gli esseri umani (ma tendenzialmente si tratta di bambini) e a
sostituirli con esseri più fragili, malati e anomali
chiamati changelin (probabilmente si trattava di una credenza nata per
giustificare bambini malaticci, rientranti nello spettro autistico o
con altre sindromi o in generale per giustificare il desiderio di non
riconoscere come proprio un figlio visto come
“difettoso” “indesiderato”)
Michael per scacciare il changelin e farsi restituire la moglie
(perlomeno a detta di Michael, la storia del changelin potrebbe essere
stata tutta una scusa per quei maltrattamenti e per l'omicidio) la
interrogò per giorni sulla sua vera identità
minacciandola, facendole ingerire delle pozioni e maltrattandola
riuscendo a coinvolgere anche altre persone fra cui anche il padre di
Bridget e altri parenti della ragazza.
Infine la donna venne bruciata da Michael.
Il fatto che questo capitolo venga pubblicato il quindici marzo
è davvero solo una coincidenza, non era premeditato o_O
Comunque ringrazio ulteriormente per la pazienza chi ha letto pure le
note. Spero di essere stata chiara ^^
Alla prossima, di nuovo :)
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Capitolo 21 *** Le ceneri della strega nell'aria ***
Lupe si era sempre sentita un po' veggente. "Lo sapevo dalla prima
volta che li ho visti insieme che la situazione si sarebbe trascinata a
lungo. Perché la mia cara figlioletta la rende
così difficile?”
Mentre era nell'appartamento del quasi ex genero con la sorella di lui,
Lupe ripensò a circa sei anni prima.
Leshawna andava ancora alle superiori, in terza forse. La ragazza stava
avendo dei problemi a scuola. C'era da tenere presente che
Leshawna faceva un sacco di assenze ma alcuni professori aveva
suggerito a Lupe che i problemi di sistematica disattenzione,
stanchezza e mancanza di interesse della ragazza potessero avere
origine psicologica o organica.
Lupe non poteva ammettere che la figlia avesse qualche problema
psicologico. Se così fosse stato, se ne sarebbe sicuramente
accorta, giusto? Le madri sanno sempre tutto, giusto? Poi lei era pure
mezza veggente!
Ma anche ammettere che potesse avere qualche disturbo dell'attenzione
non diagnosticato per tutto quel tempo sarebbe stato un po'
imbarazzante. Era un'insegnante, se ne sarebbe dovuta rendere conto
prima!
Ma Lupe mise da parte l'orgoglio e portò l'adolescente da
una neuropsichiatra. Quella era la seconda visita, ma quando
citofonò allo studio, accadde qualcosa di bizzarro. A
rispondere fu una voce maschile che, quando Lupe spiegò chi
era e perché era lì, reagì in modo un
po' strano: "Ma... sono le diciassette? La dottoressa vi aspettava
per... Oh cavolo! Ehm. Va bene, entrate..."
La cosa bizzarra, in realtà, fu che Leshawna, nonostante
fosse lontana, sul marciapiede a cazzeggiare, sentendo la voce si
avvicinò stranamente interessata. -Non era la dottoressa...-
disse un po' incerta, probabilmente era stata troppo lontano per
sentire bene la voce.
-Anche se la dottoressa ha un tono da ex fumatrice incallita, penso che
questo fosse un maschio. Forse è un assistente.-
ipotizzò Lupe.
La porta dello studio era aperta. "Accomodatevi, sarò
lì fra un attimo." disse da un'altra stanza la voce che
aveva parlato al citofono. Leshawna si accigliò. Sembrava
abbastanza interessata o disturbata da quella voce.
Le due donne si sedettero e videro entrare una persona alta, ma
eccessivamente magrolina che avanzava con la testa china su dei
fascicoli che portava con sé e i capelli castano rame che
scendevano nascondendo un po' i connotati del volto.
-Ci deve essere stato un fraintendimento o un'annotazione errata. La
dottoressa vi aspettava fra mezz'ora, io sono arrivato prima per caso.-
disse la persona mentre sistemava la scrivania. -L'ho avvertita,
dovrebbe essere qui a momenti.-
Dalla voce era l'uomo del citofono. "Uhm... uomo..." ma Lupe
pensò che sembrava molto giovane, troppo per essere un
assistente. "Potrebbe sembrare un po' più piccolo di mia..."
si fermò vedendo che Leshawna squadrava il ragazzo con molto
interesse. Aveva l'aria di una gatta che osservava un ingenuo passero
posarsi sul balcone sbagliato. Lupe si sentiva molto stranita dalla
situazione.
Mentre si sedeva, il giovinetto continuò a parlare: -Nel
frattempo potete cominciare a dirmi come va, cosa non va, come vi
trovate con i farmaci... Appunterò tutto.- disse
cordialmente mentre impugnava una penna. -Se le annotazioni sono
corrette, alla ragazza è stata prescritto il...- il
ragazzetto aveva finalmente alzato il viso lentigginoso verso di loro,
ma si immobilizzò quasi subito. Leshawna lo osservava
divertita con un'aria un po' intimidatoria.
Pallido, il ragazzo interruppe il contatto visivo giocherellando
nervosamente con la penna. Sospirò chiudendo gli occhi.
Quando li riaprì si ritrovò Leshawna a cinquanta
centimetri di distanza.
-Ehi, Harold!- disse la ragazza davanti a lui con fare particolarmente
allegro.
Il ragazzo sussultò rischiando di cadere dalla sedia. Si
ricompose facendo del suo meglio per ignorare Leshawna e si rivolse a
Lupe. -Ecco... Mi scusi, ma dovrete aspettare m... la dottoressa.
Conosco la ragazza, non sarebbe carino, ehm, non sarebbe corretto se
raccogliessi informazioni mediche su di lei.- disse nervoso mentre
cercava di mantenere il tono il più pacato e formale
possibile. -Se volete posso fare del tè.- era apparentemente
ansioso di scusarsi e rendersi utile.
Leshawna gli prese il braccio -Ehi topino! Quindi ti sei tolto quella
specie di barbetta da adolescente per non far notare subito che sei
solo un bambino alto e poter... com'è che si dice?
Esercitare abusivamente... la professione medica?- chiese la ragazza
saltellandogli intorno allegramente.
-Non dire cose strane davanti ad altre persone! Sto solo facendo da
assistente a mia madre! Tengo in ordine lo studio, bado ai bambini
piccoli quando lei vuole parlare solo ai genitori o tengo d'occhio i
genitori se vuole parlare solo con i bambini, tengo conto degli
appuntamenti...-
-Ah sì? Quindi sei stato tu a segnarci male l'appuntamento?
Ottimo lavoro!- disse Leshawna sghignazzando.
"Oh no... È decisamente rimasta alla fase delle elementari
in cui per corteggiare qualcuno devi prenderlo in giro. Cielo..." si
disse Lupe un po' imbarazzata, ma visto che Leshawna tendeva a tenerla
a distanza, poterla osservare con un coetaneo era interessante.
-Perchè dai per scontato che abbia sbagliato io?!-
infastidito il ragazzo distolse lo sguardo. -Comunque non faccio niente
di strano... al massimo raccolgo informazioni... È tutto
assolutamente regolare! Regolarissimo!-
-Ah...- Leshawna fece un finto sospiro mentre giocherellava col braccio
del ragazzo. -Dovevo aspettarmi che avessi questa tendenza a fare cose
che non dovresti dopo che hai soffiato il lavoro a quella povera
infermiera...-
-Avrei fatto cosa?! A quell'assenteista? Non è colpa mia se,
differentemente da me, in infermeria non c'è quasi mai... Ma
non faccio nulla al di fuori delle mie competenze! Non è
colpa mia nemmeno se voi adolescenti scemi non sapete manco
disinfettare le ferite! È per questo che vi sembra che io
faccia chissà che, vi mancano proprio le basi... A volte mi
ha aiutato anche Bridgette! Perché diventi paladina della
legalità solo quando si tratta di me? È
discriminazione verso le infermiere maschio? Ehm, infermieri... eh,
intendevo... Non sto fregando il lavoro a nessuno, mi annoio, sono
spesso lì, l'infermiera non c'è mai, quindi aiuto
un po'... ok?-
-Sarebbe meglio se la facessi licenziare e basta... Sei intelligente,
caro, ma col tuo bisogno di approvazione rischi di metterti nei guai,
capisci?- disse Leshawna improvvisamente seria.
Lupe era sorpresa, forse sua figlia era più matura di quel
che sembrava?
Anche il ragazzo sembrava essere cascato in quell'illusione. Lui
sorrise nervosamente: -Eh? Ti preoccupi per me? Non è che
è per questo che ti presenti spesso in infermeria? Pensavo
che lo facessi per saltare le lezioni ma...- il ragazzo si interruppe e
guardò nervosamente verso Lupe ricordandosi della sua
presenza.
-No.- rispose Leshawna calma. -Quella che fa la malata immaginaria per
tenerti d'occhio è Beth e dovresti starci po' attento...-
-È fidanzata ufficialmente.- affermò il ragazzo
con ingenua rigidità.
-Tu intanto tieni la guardia molto alta! Anzi... bassa... è
così piccola che se tieni la guardia alta rischi di non
vederla...- Leshawna sospirò. -Ma sì, decisamente
mi preoccupo per te. Per qualche oscuro motivo sono l'unica ad
accorgersi che sei solo un bambino alto. Gli altri ti trattano come un
ragazzo delle superiori... Cose da pazzi!-
"Bene... il suo corteggiamento peggiora di minuto in minuto,
è tutta suo padre!" pensò Lupe rassegnata.
-Guarda che abbiamo meno di due mesi di differenza, sono pure il
più vecchio tra noi...-
-Però ti faccio i miei complimenti...- disse Leshawna. Il
ragazzo era teso, voleva crederle ma probabilmente si aspettava qualche
battuta. Leshawna continuò con nostalgia: -Ricordo ancora
quando non riuscivi a sorridere di rimando alle persone del bar o a
quelli della segreteria quando ti porgevano le cose... rimanevi
imbambolato con un' espressione neutra e assente. Invece oggi, te la
sei cavata ad essere ospitale.-
-Ah, davvero? Sono migliorato?- disse il ragazzo con un sorriso
incerto. -Ah? Aspetta, era solo un modo per insultarmi come sempre! Non
è affatto vero che ero così socialmente inetto!-
-Ma non ti prendo in giro, sono commossa dal vederti crescere!- la
ragazza rise e gli pose una mano alla base della schiena portandoselo
più vicino.
Il ragazzo sussultò, poi cominciò a parlare con
tono sommesso -Sono contento che tu sia felice di vedermi, davvero. Ma
sei troppo...- disse titubante, poi sorrise -È spaventoso
quanto tu sia un libro aperto. Ma, beh... se a te non da fastidio fare
così davanti a tua madre, va bene.- disse divertito.
Leshawna sembrò disorientata. -Fare così?
Così come?- la ragazza si impietrì, poi
levò immediatamente la mano dalla schiena del ragazzo e fece
un passo indietro.
Leshawna sì schiarì la voce e divenne rigida come
un soldato. -Mamma, questo è un mio compagno di classe.-
disse seria e cupa. -Era quello con cui sono stata messa in coppia per
un progetto scolastico. Sono andata a casa sua qualche volta per questo
motivo.- spiegò cercando di contestualizzare la loro
vicinanza.
A Lupe veniva quasi da ridere. -Ah, sì? Ma non era una
ragazza quella con cui eri stata messa in coppia?-
-Ragazza...- ripeté fra sé e sé il
ragazzo con un mano sul petto.
-L'ho detto per non farti fare strane idee!- ribatté
Leshawna sorridendo nervosamente.
Lupe si concentrò sul ragazzo e gli porse la mano. -Piacere
di conoscerti, sono Lupe, la mamma di questa qui.-
Il ragazzo sorrise leggermente e annuì. -Piacere, mi chiamo
Harold.- poi le fissò la mano e ricordandosi di essere anche
lui provvisto di braccia le diede una stretta di mano debole e timida.
"Uhm... È molto anomalo per i gusti di Leshawna..."
rifletté la donna prima di cominciare a tempestarlo di
domande sotto lo sguardo incazzato di Leshawna.
"Il bambino alto ci aveva preso..." pensò la Lupe attuale.
"Leshawna è un libro aperto... Forse se ammettesse i suoi
sentimenti invece di insistere sulla linea del non sono mai stata
innamora, riuscirebbe a razionalizzare meglio e ad accettare la
perdita. Il problema è; come farglielo ammettere e
accettare?"
-Ahm... cosa sta pensando?- chiese Celia con aria guardinga.
-Ah, niente di importante, cara...- rispose Lupe con un sorriso che non
prometteva molto di buono.
Da quando Harold aveva risposto al suo "Sono davvero una persona
orribile" paragonandola ad un dodicenne che vuole fare il tenebroso,
Leshawna era corrucciata.
Roza commentò "No, non fa affatto tenerezza! Smettila di
pensarlo..."
"Non lo stavo... eh, suppongo che nascondere le cose a qualcuno che
vive nella tua testa non sia così semplice..." -Ok Leshawna,
cosa volevi dirmi prima quando hai detto di essere una persona
orribile?-
-Per esempio, che in questo momento mi sento un po' troppo a mio
agio...- Harold non capì. La ragazza continuò:
-Il fatto che tu sia buttato sulla mia spalla... indebolito e
convalescente mi fa... beh, non mi provoca sensazioni negative.- ammise
cupamente. -N-non intendo che mi faccia piacere quando stai male, anzi
ti od... lo odio!- si accorse che ciò che aveva detto
suonava peggio di quello che pensava effettivamente.
Harold smise di appoggiarsi per sicurezza, ma non sembrava colpito. -Ci
stai pensando troppo. Siamo stati in conflitto, è normale
che tu ti senta più a tuo agio se sono calmo, di per
sé il fatto che io sia calmo significa che sto bene, anche
se sono stanco e debole e in realtà... a me piace sentirmi
spossato dopo essermi sentito male.- ammise sorridendo debolmente.
-Perchè significa che gli altri devono prendersi cura di te
e darti attenzione?- chiese Leshawna infastidita.
Harold sorrise cupamente -No sciocca... Mia madre non aveva tutto
questo tempo per me. Fin da piccolo se stavo male ero convinto di dover
stare attento a non essere troppo di peso perché altrimenti
sarei stato abbandonato in un cassonetto... o in un monastero se mia
madre fosse riuscita ad avvicinarvisi senza diventare pietra.-
Poi il ragazzo abbassò lo sguardo e cominciò a
ridacchiare fra sé e sé -Però
più pensavo di dover stare attento a non stare male e a non
aver bisogno di aiuto, più stavo male e avevo bisogno
d'aiuto... inoltre io desideravo attenzione... a volte ho finito per
fare i capricci. Forse cercavo di mettere le persone alla prova per
vedere se mi avrebbero abbandonato davvero?- alla fine alzò
gli occhi verso di lei e sorrise normalmente. -Ora stai meglio? Ti
senti meno manipolatoria in confronto?- le chiese come se fosse stato
tutto un teatrino per distrarla e tirarla su di morale.
Leshawna non era convinta -E se ti preferissi convalescente
perché mi fa sentire meglio con me stessa? Insomma... ci
conosciamo dalle superiori e ti ho visto crescere molto in questi
anni... Credimi, mi ha fatto molto piacere. Forse è anche
per questo che mi sento così legata a te... ma io invece ho
la sensazione di non essere cambiata di una virgola, forse averti
debole e sotto il mio controllo se lo volessi, mi fa stare meglio.-
confessò la ragazza.
Inizialmente Harold rimase a studiarla senza avere particolari
reazioni. -Ahem... Grazie per avermi detto i tuoi sentimenti... credo?-
disse un po' incerto e imbarazzato.
-C-cos... Eh? Che significa grazie?!- "Non è che del mio
discorso ha sentito solo; mi ha fatto piacere vederti
crescere e mi sento molto legata a te?!" -Ma mi vuoi prendere sul
serio?! Sto cercando di metterti in guardia, cazzo!-
-Uhm... Vuoi che ti detesti così puoi liberarti di me? Ma
non stiamo già più insieme e sei tu che sei
venuta qui con le tue gambe...-
-Ma che diavolo?! Non è così.-
-Deciditi... Nei miei confronti hai sentimenti protettivi o
distruttivi? A parole sono distruttivi, ma il tuo tono e il tuo
comportamento vanno in netto contrasto con le tue parole...-
"Come sempre..."
-No, sei tu che capisci solo quello che ti fa comodo!-
Harold sospirò. "Roza, cosa ne pensi? Di solito sei pronta a
giudicarla spaventosa qualunque cosa dica o faccia, questa volta sei
rimasta silenziosa."
"Eh, in realtà non mi sembra che questa donna abbia detto
niente di strano... L'invidia e l'essere stati lasciati indietro sono
le sensazioni con cui riesco a rispecchiarmi di più.
È strano che ne abbia parlato ad alta voce, ma...
Sì, penso che la sua sincerità sia da ammirare."
Harold sorrise e annuì in approvazione -Roza mi ha detto di
dirti che i tuoi sentimenti sono normali e ti sembrano strani solo
perché li hai detti ad alta voce. Ed io sono piuttosto
d'accordo... Credo sia per questo che la tua confessione non mi suscita
emozioni negative.-
"Non ti ho detto di dire niente! Perché mi metti sempre in
mezzo?!"
-Bene, di nuovo l'amica fantasma...-
-Dovresti ascoltarla, è molto saggia.-
"Ah, davvero?!" Roza era felice del complimento, non ne riceveva spesso.
Leshawna lo guardava con frustrazione. Harold sospirò
-L'importante è che non mi avveleni e non mi rompi qualcosa
per farmi stare buono. Molte persone al posto tuo neanche si
accorgerebbero di avere secondi fini e motivazione poco nobili quando
stanno dietro ad una persona malaticcia o in difficoltà...
Nel tuo essere frustrante, sei eccezionale come sempre! E sono un po'
lusingato se mi invidi... ma è anche abbastanza stupido, non
hai niente che non vada rispetto a me! Anzi... Sono anche infastidito,
sembra che tu sia convinta che io non possa difendermi da te e che
quindi ti tocchi mettermi in guardia...-
La ragazza si seccò. -Bene, allora cerca di essere sincero
anche tu e parlami dei tuoi secondi fini, dei tuoi pensieri orribili e
delle tue motivazioni poco nobili...-
-Ehm... Boh...- disse Harold distogliendo lo sguardo con fare nervoso.
-Facciamo così, ti dirò tutto ciò di
poco nobile che mi viene in mente, se mi confesserai il tuo segreto...-
-Uhm... Quale segreto?-
-Dai... qualunque sia la cosa che ti rende così irrequieta.
Indipendentemente dal fatto che sia qualcosa avvenuto di recente, oggi,
qualche minuto fa, oppure...- si prese una pausa, era incerto di
chiederglielo. -Oppure anni fa? Mi piacerebbe sapere cosa ti
turba...-
-Anni fa...- ripeté la ragazza fra sé e
sé, poi lo guardò -Che senso avrebbe parlartene
ora?- nonostante tutto la ragazza decise di provarci.
Si allontanò da Harold di qualche metro. Non le piaceva
essere guardata e voleva accertarsi che il solitamente quattrocchi, in
quel momento senza occhiali, non potesse mettere a fuoco la sua
espressione.
-Allora...- disse nervosa. Ma tutti i ricordi che le portavano rancore
cominciarono ad ammassarsi come se volendo uscire contemporaneamente
stessero lottando su chi fosse il ricordo più importante,
quale ricordo la facesse sentire più inerme, quale
più arrabbiata... Tutti i ricordi volevano la giusta
attenzione e il giusto riconoscimento oltre che la giusta vendetta...
Stava già cominciando a surriscaldarsi e a contrarre i
muscoli delle braccia come se dovesse picchiare qualcuno da un momento
all'altro.
Percepì qualcosa di strano. L'espressione di Harold era
cambiata. Sembrava concentrato su di lei e troppo vigile... Sembrava
che potesse vederla...
Le venne un dubbio atroce. Si rese conto che per tutto il giorno, anche
senza occhiali il ragazzo non sembrava aver avuto nessuna
difficoltà, era stato attento a tutto ciò che lo
circondava. Eppure sapeva benissimo che Harold senza occhiali non
riusciva a mettere a fuoco le cose a partire da trenta centimetri di
distanza dai suoi occhi.
Raggelando, Leshawna ripensò alla storia della fantasmina e
a quello strano modo in cui Harold aveva cambiato voce per farla
conversare con lei. "Ma mi state prendendo per il culo?! Chi sei tu?
Chi siete voi?!" pensò furiosa guardando... Lui? Lei? Loro?
“C-che succede?" chiese Roza, percepiva qualcosa che non
andava nella donna ma anche in Harold. Anche se Roza non aveva un corpo
proprio si sentiva tremare tutta.
"È arrabbiata, molto arrabbiata..." disse fra sé
e sé Harold. Era finalmente spaventato?
Roza ebbe l'impressione di essere fuori dal corpo di Harold. Era anche
fuori dall'appartamento. Si era ritrovata in un posto sconosciuto ma
familiare e spaventoso allo stesso tempo. "Una scuola?"
pensò guardandosi intorno.
Dalla presidenza vide uscire, a testa bassa, una ragazza alta dai
lunghi capelli neri con una faccia strana, aveva delle macchie e
arrossamenti. "Qualcosa l'ha colpita?" si chiese irrequieta.
Mantenendosi a distanza, silenziosa e cupa, uscì un'altra
persona dalla presidenza. "Leshawna?"
Senti un rumore di corsa sgraziata, poi la voce di Harold: -Che diavolo
è successo?! State bene?!- chiese il ragazzo riprendendo
fiato -Mi hanno... mi hanno detto che...-
-Non sei la mia balia! Vattene!- Leshawna gli aveva gridato contro.
Harold la guardò con preoccupazione e questo
sembrò innervosirla ulteriormente.
A quel punto anche lo stress di Harold aumentò: -I-Io... Io
vado dove cazzo mi pare!-
La ragazza dai capelli neri rise crudelmente -Vuoi sapere cosa
è successo? Non ne ho una cazzo di idea! Non ricordo nemmeno
per cosa stavamo litigando! So solo che ad un certo punto è
impazzita e mi ha aggredita!- la ragazza strillò, se era
triste o spaventata lo stava nascondendo bene.
Un altra voce parlò, ma poteva sentirla solo Roza: -In
effetti...- si girò, vicino a lei c'era un altro Harold -Mi
sono sentito meno spaventato per Heather perché lei mi
sembrava più forte... ma forse in realtà anche
lei era spaventata e sola?- si chiede quel Harold. -Uh... Potrei essere
una persona orribile...-
Heather mise in guardia l'Harold del ricordo: -Invece di startene qui
con quella faccia sofferente, dovresti dare ascolto a quella stronza e
andartene! Potrebbe aggredire anche te, non sei speciale!- disse la
ragazza con un sorriso minaccioso.
Harold le guardò disorientato, Roza avvertiva che era
disturbato dal modo furioso in cui Leshawna lo stava guardando e da
ciò che aveva fatto all'altra ragazza.
"Strano..." pensò Roza. Aveva pensato che Harold fosse un
ragazzo molto imprudente con una percezione distorta o assente del
pericolo invece non era così "Eppure..."
-Leshawna.- Harold pronunciò il suo nome con chiarezza e
determinazione e si avvicinò alla ragazza . -Potresti dare
una spiegazione, per favore?- le chiese serio ma supplicante allo
stesso tempo.
-Vattene e basta.- ringhiò la ragazza.
Heather sorrise amaramente -Non ci credo... Anzi, no! Ci credo fin
troppo! Anche ora ti stai mettendo dalla sua parte! Spero che un giorno
ti ammazzi e ti faccia a pezzi! È quello che ti meriti,
puttana!-
-Heather?!- Harold la richiamò mentre correva via.
-Mi date entrambi la nausea!- dichiarò Leshawna andandosene
nella direzione opposta.
-L-Leshawna...- Harold guardò le due scombussolato, si
appoggiò con la schiena al muro. -P-perchè?
Credevo che le cose stessero migliorando...- mormorò fra
sé e sé.
Roza guardò interrogativa l'Harold vicino a lei. Stava
fissando l'altro sé stesso con un' espressione nervosa.
Roza avvertiva che la ragazza con i capelli neri era percepita da lui
come amica. -Se era tua amica ed era stata presa a pugni da Leshawna ti
saresti dovuto...- poi però si interruppe incerta.
Il ragazzo si portò le mani al collo grattandolo
nervosamente -Ero sconvolto... forse dovevo subito dare supporto morale
ad Heather? Ma volevo che Leshawna mi desse una spiegazione, lei n-non
sembrava stare bene neppure... e poi cosa dovevo fare? Heather non ha
mai voluto l'aiuto e il sostegno di nessuno! Non avevo idea se
l'avrebbe apprezzato o se l'avrebbe messa a disagio! Idealmente per lei
dovevo essere più aggressivo con Leshawna? Ripeto, ero
sconvolto e spaventato, volevo che si spiegasse!- ripetè
affaticato. -Non avevo idea di come comportarmi e anche ora che ho
rivisto la scena, continuo a non averne la minima idea! Sono solo molto
imbarazzato...-
-Uhm...- anche Roza non avrebbe saputo come gestirla. “Alla
fine quella gli ha praticamente augurato di subire violenza domestica e
crepare... e l'ha chiamato puttana...” Roza lo
guardò quasi rassegnata. “Che razza di amicizie si
sceglie questo?! È capace di instaurare relazioni normali?!
Io esageravo nel vedere tutti come potenziali serial killer, ma anche
lui ha dei problemi!”
-Sono felice di star facendo alzare la tua autostima...-
commentò Harold un po' infastidito. -Guarda che siamo dentro
i miei ricordi... siamo ancora connessi, posso sentire i tuoi
pensieri...-
Harold si stiracchiò. -Però l'illusione di avere
di nuovo un corpo tutto per me è piacevole.- disse
cominciando a spostarsi per il corridoio saltando e ruotando su
sé stesso.
“Cos'è? Un balletto della
felicità?”
-Eh? Tipo la danza del latte?- chiese il ragazzo chiudendo le mani a
pugno e mimando delle zampe di gatto che pigiavano su qualcosa di
invisibile.
Roza lo trovò imbarazzante “...Che diavolo
è la danza del latte?!” Per qualche motivo,
l'avrebbe visto bene a comportarsi in quel modo anche se fossero stati
in una scuola reale in cui era visibile a tutti. “Suppongo
che quando non entra in depressione, Harold sia uno spirito molto
leggero... sarà per questo che Heather l'ha chiamato
puttana?” si chiese innocentemente mentre il ragazzo si
accigliava. “Non credo che saremmo andati d'accordo... E
visto che sembra che gli piaccia muovere un corpo, suppongo di non
poterlo neanche uccidere e portarmelo in giro come compare fantasma...
peccato...”
-Non ci giurerei, sono molto bravo a legarmi a persone scontrose,
quindi... Ma per quanto riguarda l'uccidermi... era una battuta per
mettermi alla prova o spaventarmi?- la studiò approfittando
del fatto che potevano essere finalmente faccia a faccia.
Roza fece spallucce -Non né ho idea, l'ho pensato
così a caso... era la prima volta che mi veniva in mente...-
confessò.
Harold sorrise nervosamente. -Sarà l'istinto dello
spettro... Sarebbe bello avere più tempo per osservarti.-
Ma Roza non sembrava dello stesso avviso: -Allora, come usciamo dalla
tua testa?-
-Bisogna passare al ricordo più collegato a questo qua...-
il ragazzo sospirò e chiuse gli occhi. L'ambientazione
cambiò. L'Harold del ricordo si trovava davanti alla porta
di un' abitazione di un condominio.
Ad aprire la porta fu una Leshawna arcigna, con i capelli sciolti e
tanto disordinati da sembrare senzienti, era praticamente Medusa con lo
sguardo omicida.
-Ti ho portato gli appunti delle lezioni di oggi...- disse Harold un
po' sulla difensiva.
-Perfetto!- Leshawna invece era decisamente aggressiva. -Non posso
nemmeno approfittare della sospensione per non fare niente, secondo
te!- ringhiò.
Harold si fece severo. -Non è a farti rilassare che serve la
sospensione.-
-Blah, blah, blah... si ok, interessante!-
-Sei sempre molto matura, vedo...- il ragazzo distolse lo sguardo.
Cercò di respirare con calma. -Posso entrare?- le chiese.
Leshawna spalancò la porta, ma rimase in mezzo osservandolo
minacciosa.
Harold sorrise nervosamente davanti a quell'atteggiamento di sfida.
Passò comunque nonostante l'aggressività della
padrona di casa. Leshawna sembrò molto frustrata dalla cosa.
Roza si rivolse all'Harold accanto a lei. -Perchè ti trovavi
a fare visita ad una picchiatrice? In modalità aggressiva e
territoriale per giunta...-
-Sì, è decisamente adorabile.- disse Harold per
sdrammatizzare, poi sospirò. -Forse sbagliavo, ma ero
più preoccupato per lei che per Heather... Heather stava
migliorando nel socializzare in quel periodo, anche se si fosse
arrabbiata con me perchè non chiudevo i rapporti con
Leshawna, avrebbe comunque ricevuto supporto, ma Leshawna... per lei e
per i suoi rapporti sociali, essere moralmente nel giusto è
sempre stato fondamentale. Avevo paura che se l'avessi
mollata da sola durante i giorni di sospensione si sarebbe isolata,
magari avrebbe continuato a coltivare quella rabbia senza capo
né coda e avrebbe cominciato a frequentare cattive
compagnie...-
“Ma... non sei sua madre... Forse sono troppo asociale per
capire...”
Entrarono in casa, l'Harold del ricordo si guardava in giro con
particolare interesse per la cucina. Leshawna era sempre più
nervosa. -Allora, cosa sei venuto a...-
Harold la interruppe. -Vuoi che ti aiuti a preparare da mangiare?-
-Eh?-
-Nonostante l'orario, hai l'aria di una che si è appena
alzata dal letto... così ho pensato di aiutarti. Se hai
problemi posso andarmene prima che tornino i tuoi.-
-Sei scemo? Sei qui per questo?!-
Vedendola così aggressiva, Harold si indispettì.
-Ho sudato sette camicie per aiutarti a studiare, sarebbe uno spreco se
ti permettessi di essere bocciata...-
-Ah? Per una semplice sospensione?- Leshawna lo derise.
-Tu non sei affatto stupida, il tuo problema è la
demotivazione e sì, una sospensione può causare
un effetto di demotivazione a catena!- disse gesticolando nervoso.
Poi la ignorò per diversi secondi per cercare di calmarsi.
-Bene... che cosa prepariamo?- pensò ad alta voce
continuando a evitare la ragazza come se niente la riguardasse.
-Ehi... Ma ricordi che non sei a casa tua...- mormorò
irrequieta. -Vuoi guardarmi?!- esclamò spazientita la
ragazza.
Girandosi Harold si vide un coltello puntato contro l'addome,
inizialmente fece un passetto all'indietro un po' stupito.
Roza invece era in crisi -Cosa diavolo sta succedendo?!-
Ma l'Harold accanto a lei ridacchiò -Ah, questo l'avevo
dimenticato! Da piccola era molto più aggressiva.- disse con
affetto.
L'Harold del ricordo sembrava più incuriosito che allarmato.
Si limitò a osservare Leshawna. Era visibilmente
infastidita, ma la sua presa sul coltello era estremamente ferma.
-Ma che problema hai?- a dirlo però fu proprio Leshawna.
-Ah? Non so... sei tu quella che mi sta puntando un coltello...-
-Tu però non reagisci...- disse accigliandosi.
-Beh... è fin dall'asilo che sono abituato collezionare
aggressori anche più grandi e grossi di me...-
Leshawna era inizialmente incredula, poi cominciò a
schernirlo un po' divertita e parecchio disgustata. -Ah, ecco
perchè mi sei venuto a presso! Heather ci ha preso! Beh, mi
spiace per la tua perversione ma se ti eccitano le persone violente
cercati qualcun altro con cui divertirti! Non ho alcuna intenzione di
iniziare una relazione sadomasochistica con te e ammazzarti per
sbaglio! Fatti curare!-
-Ehi, deficiente!- disse Harold mettendo le mani avanti. -Primo;
complimenti per la delicatezza da elefante con i pattini a rotelle
dentro una cristalleria, signorina!- disse irritato.
Poi cercò di nuovo di ritrovare la calma -Guarda che
ciò che volevo dire era che a furia di subire atteggiamenti
aggressivi fin da piccoli si diventa piuttosto bravi a capire quando
una persona è interessata a farti del male e tu... non ho la
minima idea di quali siano le tue intenzioni.
Ma dalla tua espressività non percepisco nulla... il modo in
cui impugni il coltello è inefficiente e la posizione del
tuo braccio non è adatta ad affondarmelo nella carne,
anzi... Ho l'impressione che lo scopo della muscolatura dell'arto in
questo momento sia proprio bloccarlo in caso ti innervosissi troppo,
non prepararlo a colpirmi...-
Leshawna sospirò continuando a tenerlo sotto tiro. -Non
credi di essere un po' troppo presuntuoso?- chiese minacciosa. -Magari
ti fidi un po' troppo del tuo istinto... potrei anche essere molto
brava a mascherare il mio linguaggio del cor...- si bloccò
notando che Harold stava cercando di non ridere. Sapeva anche lei che
lui ed Heather la ritenevano una sempliciotta quando si tratta di
mentire.
Innervosita dall'imbarazzo mise la mano sul collo del ragazzo per
cercare di nuovo di incutergli timore, ma lui rimase tranquillo, al
massimo continuava a sembrare incuriosito.
-Sul serio, mi spieghi che cosa vuoi comunicarmi?- chiese Harold quasi
divertito dalla situazione. Sentì che la mano della ragazza
a contatto diretto con la sua gola tremò leggermente ma
anziché strangolarlo, le ricadde lungo il busto. L'Harold
adolescente si sentì un po' preoccupato.
Roza intervenì. -Quando non cerca di strozzarti o
accoltellarti ti preoccupi?-
-Eh...- per un attimo il ragazzo accanto a lei sorrise nervosamente,
poi si fece più serio. -La stavo spaventando.- si
sentì un po' divertito dell'espressione confusa di Roza.
-Niente è più spaventoso di qualcuno con cui non
riesci a comunicare. Lei stava cercando di comunicarmi che era
arrabbiata e che dovevo avere paura, ma la mia reazione era
“Oh, buffo... cosa vuoi fare?” e questo mi
classificava come un pericolo che poteva essere tolto di torno solo con
la violenza... ma anche se è un po' sadica, Leshawna ha
anche un animo gentile, arrivare a tanto sarebbe stato doloroso.-
-C-che?! Ma non la stavi minacciando! Solo io dovrei essere
così paranoica!-
-Già, da un punto di vista razionale è
così, ma un cervello agitato prende in considerazione molti
scenari...-
Roza cominciò ad avvertire i pensieri dell'Harold del
ricordo: “Uhm... devo trovare un modo per rassicurarla e
diminuire i suoi livelli di stress” pensava osservando
l'adolescente irrequieta e dalle mani chiuse che lo teneva
insistentemente d'occhio. “Anche se... è un
peccato. Sarebbe bello studiare le sue reazioni e capire cosa la porta
oltre il confine di non ritorno... cosa potrebbe spingerla realmente ad
aggredirmi fisicamente... eh eh...”
-Ma avevi la segatura in testa, da ragazzino?!- esclamò Roza.
-Eh eh...- per un attimo anche l'Harold accanto a lui
ridacchiò. -Oh, aspetta... ero... davvero così
maligno da piccolo?- si chiese un po' perplesso. -Dovevo aver preso
piuttosto male l'accoglienza di Leshawna... anche quando ho buone
intenzioni, lei ha sempre il potere di sviarmi e mettermi in
confusione. Sono sempre stato piuttosto debole davanti a lei...-
-M-maligno?- balbettò Roza. -Saresti stato tu ad uscirne
morto! Davvero non capisco...-
L'adolescente Harold ricominciò ad esporre i suoi pensieri:
“Uhm... No, non posso giocare così, farei dei
danni... Non sono venuto qui per questo... Devo
tranquillizzarla.” tornò in sé con un
po' di imbarazzo. “Se appaio intimidito, andrà
tutto per il meglio.”
L'adolescente interruppe il contatto visivo e abbassò il
capo in segno di sottomissione cercando di muoversi nel modo
più naturale possibile.
-Che diavolo stai facendo adesso?!- esclamò Leshawna ancora
più indisposta.
-E-e... sto...-
-La smetti di prendermi per il culo? Pensi forse che non me ne accorga
se reagisci così in ritardo? Che sono, scema?-
-Potrei anche... avere un cervello lento che ha capito solo adesso
quanto tu sia... minacciosa... no?- ma Leshawna era sempre
più stizzita. Harold era emozionato -Scusa, credevo che
potesse farti piacere.- disse improvvisamente allegro. -E' fantastico,
sei davvero intelligente!-
Questa nuova reazione fuori posto del ragazzo la innervosì:
-T-tu, piccolo...- ma anche se era un idiota, Harold era un idiota che
aveva imparato a conoscere, quella familiarità la
tranquillizzò un po'. -Cerca di riservare certe recite per i
sempliciotti come Duncan, non a me.- disse altezzosa. -E smettila di
guardarmi così!-
-Scusa, ma la tua aria di superiorità è molto
piacevole.- ammise il ragazzo.
-Non... Non è colpa mia se non sono sotto il livello di
quel...-
-A me in realtà sembra...- anche Harold si interruppe. La
ragazza sembrava imbarazzata. “E' per come ha perso il
controllo a scuola?” era il momento giusto di provare a
parlarle finalmente di quello, ma in quel momento non aveva idea di
come farlo. -Ecco...- temporeggiò.
-Perchè sei venuto qui?- gli chiese mantenendosi sulla
difensiva.
-Eh?- “Perchè sono preoccupato per te, cretina,
non te l'ho detto? Ah, no... giusto...” -Se invece di dirti
che voglio aiutarti perchè se ti bocciano avrò
l'impressione di aver sprecato il mio tempo, ti avessi detto tipo; Sono
perdutamente innamorato di te, ti avrebbe fatto piacere? Saresti stata
meno aggressiva?- le chiese leggero. Ma vide la ragazza irrigidirsi e
stringere i pugni osservandolo con aria irrequieta. Il ragazzo sorrise
-Ovviamente scherzavo.-
Leshawna continuò a guardarlo storto. -Non... Non sarai tipo
quelle tizie che vedendo il cretino violento e patetico, invece di
allontanarsi pensano; Oh poverino, devo capirlo!-
-Anche se fosse, cosa ci sarebbe di male?-
Leshawna lo schernì -Scherzi, vero? ...Vero?-
Harold sospirò e si portò una mano alla testa.
-Hai proprio un cervello da rettile...- si sentiva abbastanza
rassegnato e incompreso. -Le teste di cazzo dovranno pure stare con
qualcuno, no? N... non che tu lo sia... Ma apparentemente ti sei data
della cretina da sola, genio...-
-Se sono violenta io va bene, gli altri non sono un cazzo e non se lo
possono permettere...- disse imbarazzata. -Ovviamente scherzo.-
sbuffò. Harold non sapeva cosa dirle.
Leshawna riprese di nuovo parola. -Senti... mi piaci molto... come
personalità intendo! Però... non pensi che
dovresti cercare di stare con persone più tranquille,
più in linea con... te?-
-Eh? Non ero un pervertito che deve andarsi a curare?-
L'Harold accanto a Roza sospirò: -Ha sempre avuto una
visione molto estremizzata di me... O ero il bambino ingenuo e
innocente, o un pervertito subdolo che chissà cosa sta
pianificando e nascondendo! Però... in effetti, ero
così sciocco da piccolo...- disse con un' espressione
d'affetto.
-E fu così che ti sei messo con una che picchia la gente a
caso?- constatò Roza in tono neutro mentre lo guardava con
curiosità e confusione.
-Non ha più alzato le mani su nessuno, è molto
brava a trattenersi.- disse con un po' di ammirazione e un po' di senso
di colpa. “Non sono mai davvero riuscito a capire cosa avesse
e a capire come comportarmi, ha fatto tutto lei...” -Ma
sì, è stato un rischio. Ho scommesso mettendomi
in questa relazione... è andata... bene tutto sommato...-
sorrise nervosamente. -E' stata razionalmente una scelta terribile! Ma
l'ho deciso io... non mi pento di nulla, non ho solo ricordi
negativi... - ammise forse per la prima volta con
tranquillità da quando si erano mollati.
Gli veniva da sorridere forse per la propria ingenuità.
-Avevo percepito che nonostante la maschera di normalità e
moralità, anche lei aveva un lato più contorto e
questo mi ha fatto sentire vicino a lei, mi ha fatto pensare che potevo
capirla molto meglio di chiunque altro...- rise nervosamente. -A
pensarci ora, è tutto piuttosto adolescenziale e
imbarazzante! Beh, alla fine ero molto solo, lei mi piaceva e... mi
dava un po' di corda, cosa a cui non ero abituato... non ho agito per
nobiltà d'animo e niente del genere, ho solo assecondato i
miei sentimenti, bisogni e desideri.- Guardò Roza come se si
aspettasse qualche assoluzione o commento.
Roza era rassegnata. -Non ci capisco niente di questo tipo di cose. Non
mi attraggono le persone indipendentemente dal loro sesso...-
-Uhm... già, scusa... Comunque, è stato
interessante. Magari visitiamo anche la tua memoria?-
Per tutta risposta, Roza si riparò la testa con le braccia
con un'espressione stizzita.
“Uhm... non mi sembra affatto corretto che sia l'unico ad
esporsi. Ma sono un gentiluomo, quindi lascerò correre senza
lamentarmi...”
-Guarda che ti sento...- segnalò la ragazza con le braccia
ora conserte.
-Oooops...- Forse era Roza ad essere paranoica, ma aveva l'impressione
che il ragazzo la stesse un po' prendendo in giro e che stesse
temporeggiando.
-Tranquilla che ora ti lascio libera...- affermò Harold.
“Mi dispiacerà un po' essere di nuovo da
solo...”
-Vuoi che ti uccida?- aveva chiesto Roza mentre l'istinto prendeva di
nuovo il sopravvento.
-Eh...- Harold era rimasto imbambolato a guardarla per qualche istante.
-Non sono lucido... non potrei darti il mio pieno consenso...- aveva
risposto vago, deviò lo sguardo per un attimo, poi
tornò a guardarla. -Uhm... cerca di rimanere in te ancora
per un altro po'... un ultimo sforzo, ok?- un po' preoccupato
cercò di incoraggiarla.
Roza annuì massaggiandosi la testa con aria stordita. Harold
chiuse gli occhi, quando li riaprì era seduto sul suo letto
nel presente. Leshawna lo osservava preoccupata. -Hai perso i sensi per
qualche minuto.- lo informò.
Harold annuì, continuava a sentire il suo corpo pesante.
“Roza... ancora lì?”
“Già...”
Harold non si sentiva del tutto deluso, sarebbe stato scomodo non
poterla salutare. “Hai ancora l'istinto di
uccidermi?”
“No... almeno non penso... Però se rimanessi
intrappolata con te per altro tempo ancora, non sono sicura di cosa
potrebbe accadere.”
“Tranquilla... so cosa fare... Vuoi darmi un po' di fiducia?
Che fastidio...”
-Harold, quante dita vedi?- gli chiese Leshawna con una strana
determinazione.
-Sommando le due dita alzate della mano con cui stai facendo il gesto
delle corna e il dito con cui stai facendo il dito medio, direi tre?
È un messaggio in codice? Stai dicendo che dovrei farmi
sodomizzare dal demonio?-
Leshawna lo guardò storto. Roza era tesa.
“Harold... tu quanto ci vedi senza occhiali?”
“Un cazzo. Sono praticamente cieco.”
“...Continui a non avere gli occhiali.”
“O... Diavolo...”
“Digli che stai portando delle lenti a contatto!”
“Uhm... Se così fosse sarebbe evidente... i miei
occhi hanno delle reazioni orribili alle lenti a contatto e lei lo
sa... avrei gli occhi talmente rossi da...”
“Perchè sei così passivo?! Ho come
l'impressione che tu voglia farti scoprire!”
“Uhm...”
Leshawna sbuffò -Lascia perdere, non voglio saperne niente.-
-Eh? Perchè? Io sarei curiosissimo se una persona smettesse
improvvisamente di aver bisogno degli occhiali! Sopratutto se sembrasse
perdere parte della coordinazione del corpo in cambio!- disse
incuriosito. Roza voleva ucciderlo.
Anche Leshawna ci stava facendo un pensierino. Ma pur mantenendo un
tono duro cercò di essere ragionevole: -Non preoccuparti. Se
continui ad avere questi problemi ti porto di peso a... no, non
posso... non c'entro più niente con te...-
realizzò frustrata. -Sai che ti dico? Non me ne frega
più niente! Per me puoi anche essere posseduto dallo spirito
di una rompipalle in coma, chi se ne frega!-
-EHI!-
-Chi dei due si è offeso e mi ha risposto?- chiese
fingendosi divertita. -Scherzo. L'anima non esiste, la morte
è per sempre... per questo dovresti fare più
attenzione Harold...-
Il dichiarato menefreghismo di Leshawna e la sua maleducazione
l'avevano fatto sentire irrazionalmente tradito all'inizio, ma ora lo
interpretava in modo diverso. Anche se Leshawna sospettava qualcosa,
preferiva non saperne niente per non farsi tentare di fare qualcosa di
avventato.
Roza ci tenne a precisare che era molto in disaccordo con
ciò che Harold stava per dichiarare: -Mi sento molto al
sicuro con te.- ammise. “Non ti lasci intralciare dalla
curiosità come me...” anche se gli dispiaceva non
poter condividere la situazione con la ragazza.
Leshawna era infastidita. -Fa un po' come ti pare...-
“Non capirà i miei sentimenti come al solito...
peccato...” -Leshawna, mi porti di là dalla mia
adorata tuba? Voglio suonare.- le chiese innocentemente.
Rassegnata, la ragazza gli fece da stampella per farlo muovere
più velocemente e in modo meno sospetto. Peccato che per
andare a salutare la sorella, si staccò e si rimise a
quattro piedi per un attimo prima di abbracciare la donna. -Scusa se
prima non ti ho salutato come si deve.- disse allegro poi si mise a
bisbigliarle all'orecchio: -Non preoccuparti, è solo un
esperimento...-
-Uhm... Capito, sospettavo qualcosa...- rispose Celia sottovoce. Dopo
essersi staccati si annuirono a vicenda in segno di accordo. Poi Harold
si mise al balcone contento di riabbracciare la sua tuba.
“Sono sempre molto stupita dalle tue doti
manipolatorie.” confermò Roza con ammirazione.
“E-Eh? Beh... è il vantaggio di essere quello
strano... basta che io sia convinto di quello che dico e di solito le
persone non si straniscono e non indagano più di tanto...
Quella che ho detto a mia sorella è una mezza
verità. Non la chiamerei manipolazione
comunque...” le disse un po' risentito. “Mi
conosce... si fida che abbia un buon motivo per muovermi in modo strano
anche se non posso dirle tutto. E sa che se avessi realmente
bisogno di aiuto glielo direi... Ora... concentrati e seguimi,
Roza...”
Cominciarono a suonare la tuba, Harold era sicuro questa volta di poter
liberare l'anima in più nel suo corpo espellendola con il
respiro tramite lo strumento, ma individuò un intoppo...
Poteva sentire ed essere influenzato dalla paura di Roza derivante
dall'essere sotto gli occhi Leshawna, la madre di lei e Celia che
stranite osservavano quello che percepivano come il suo nuovo
capriccio. In realtà le donne stavano parlando fra loro e lo
osservavano solo di tanto in tanto, ma non era così che lo
percepiva Roza.
Harold potè sentire distintamente che più cercava
di riversare lo spettro all'esterno, più degli artigli gli
si conficcavano all'interno della carne, era come cercare di tirare
fuori dalla sua tana un animale che si sente in pericolo, ma la tana a
cui quelle unghie si aggrappavano disperatamente, erano i le sue
viscere...
Cercò di riportarla alla ragione cercando di farle capire
che non stavano guardando in modo strano lei, ma lui e che non
l'avrebbero vista quando sarebbe uscita allo scoperto, ma aveva
l'impressione che Roza non riuscisse ad ascoltarlo. Alla fine,
indolenzito, dovette smettere di suonare...
“Mi spiace...” mormorò Roza mortificata.
Harold era troppo scosso per provare consapevolmente qualcosa.
“Hai il numero di Max?” si limitò a
chiederle.
Max si dimostrò molto felice di potersi esibire col suo
pitone domestico mentre Harold suonava la tuba. Così
l'attenzione delle donne fu rubata da Max con il suo flauto dolce e dal
pitone che non voleva farsi incantare e cominciò a
strisciare allegramente per l'appartamento.
Lupe era terrorizzata e se all'inizio anche Leshawna era un po'
irrequieta, vedendo la reazione della madre cominciò a
ghignare come una bambina pestifera e cerco di far toccare l'animale
alla donna che protestava e cercava di scappare, nel mentre Celia
osservava il tutto con preoccupazione da sopra il tavolo.
Harold dovette fermarsi di nuovo, questa volta per ridere
“Scusami Roza.” disse cercando di farsi notare il
meno possibile ma anche Roza stava ridendo e piangendo.
“Harold, dispiace anche a me! Non so perchè questa
situazione mi faccia ridere... non è divertente..”
“Proprio no...” disse Harold cominciando a perdere
anche le proprie lacrime. “Sarà lo
stress...” disse riuscendo a calmarsi un po'. Notò
che la vista gli stava cominciando a ritornare normale, cioè
pessima. -Eh?- Roza se ne stava andando.
“Mi spiace per tutti gli inconvenienti Harold... Ma... tutto
sommato mi sono divertita... Mi piacerebbe rincontrarti un
giorno...” ammise ridendo nervosamente.
-F-figurati... anche io...- mormorò. -C-ciao...- si sentiva
completamente vuoto e già solo.
Angolo dell'autrice:
Eccomi di nuovo qui, come state? Devo (per l'ennesima volta o_o)
scusarmi per il tempo passato fra una pubblicazione e l'altra (e non
solo di questa storia ç_ç) Ma ho avuto un periodo
di studio davvero molto intenso (Sono arrivata al punto che il mio
cervello si rifiutava categoricamente di apprendere e mi impediva di
ripassare i giorni prima degli esami... traditore!) è stato
anche un periodo non troppo allegro e anche il mio computer ha cercato
di sabotarmi guastandosi temporaneamente (una parte di questo capitolo
l'ho cominciata a scrivere sul cellulare... e l'ho dovuta riscrivere
tre volte visto che il programma di scrittura che avevo installato ci
ha messo un po' a ingranare e mi ha cancellato il testo due volte, non
contando tutte quelle in cui invece di ha cancellato solo alcune parti
o_O)
Detto questo, spero sinceramente che il capitolo e la storia possano
piacervi, lo dico sempre, ma sono davvero grata a chi sta continuando a
leggere nonostante scrittura e tempi di pubblicazione siano... beh,
questi qua ^^'
E' comunque una storia che mi piace scrivere anche se è un
po' strana (mi piace anche per questo) e ringrazio chiunque mi stia
pazientemente “tenendo compagnia” in questo
esperimento.
Se avete qualche opinione da darmi mi fa piacere, cercherò
sempre di fare del mio meglio.
Vi auguro delle buone giornate e... delle serene esistenze
(è un po' troppo pesante detta così? ^^')
Alla prossima :D
(Spero il più presto possibile...)
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Capitolo 22 *** La domenica in cui, quasi, tutti si scannarono. ***
Harold si sistemò gli occhiali e sollevò la
maglia per controllarsi l'addome, tirò un sospiro di
sollievo verificando che era pallido ma privo di lividi e graffi come
era giusto che fosse.
-Cosa pensavi di trovare, esattamente?- chiese Leshawna facendolo
sussultare, non aveva notato di essere stato seguito fino al bagno.
-Beh, hai detto qualcosa del tipo; scusate, vado un attimo in bagno a
controllare se gli organi interni continuano ad essere interni...
è normale che ti abbia seguito.- rispose lei con naturalezza.
Harold la osservò con un po' di diffidenza. -Ho anche detto
che stavo scherzando...- da quando Roza si era distaccata dal suo corpo
provava una sorta di bruciore alle viscere che saliva lungo l'esofago.
-Sembravi un morto vivente fino a poco fa, non fidarmi mi sembra
normale.-
-Però ho già ripreso colore, no?- un po' allegro,
chiese una conferma.
Sorridendo leggermente Leshawna concordò. -Allora, che ti
cercavi sulla pancia? Qualche ernia?-
-Ehm...- era stato piuttosto irrazionale, ma Harold si era chiesto se
sul suo corpo non fossero visibili delle tracce nonostante si fosse
sentito ferito dall'interno. Si era anche chiesto se a partire da quei
punti doloranti il suo corpo si sarebbe rotto collassando su
sé stesso. “Non so proprio mantenere la calma."
sospirò imbarazzato. Forse capiva un po' meglio
perché Leshawna avesse sentito il bisogno di sorvegliarlo e
in realtà si sentiva a disagio da quando il fantasma se ne
era andato lasciando la sua testa silenziosa. Anche per quello, era
abbastanza contento che Leshawna fosse poco distante da lui. -Cosa ne
pensi di ciò che è successo poco fa?- chiese
desideroso di risentire la sua voce.
Una smorfia stizzita comparve sul volto di lei che disse, alzando gli
occhi: -Farò finta di nulla.-
Del distacco da Roza, il corpo di Harold non era stato l'unico a
pagarne le conseguenze. Forse a causa dell'energia dispersa
nell'ambiente oppure a causa di uno scherzo della ragazza stessa che
voleva lasciare il segno di essere stata lì, due bicchieri
sul tavolo era andato in pezzi.
Celia era rimasta calma e aveva fatto delle ipotesi sul fenomeno, Max
dopo una prima reazione terrorizzata, aveva cominciato a vantarsi
pensando che a rompere i bicchieri fosse stata la sua aura malefica. Ma
Harold non aveva idea di cosa stessero facendo Leshawna e sua madre.
Erano troppo silenziose, ma aveva la sensazione che una delle due
stesse pigiando qualcosa su telefono.
Non potendo più contare sula vista di Roza, Harold aveva
potuto basarsi solo sui suoni per interpretare la situazione caotica
che gli si era posta davanti.
Leshawna sbuffò. -Mia madre penserà sicuramente
che si sia trattato di qualche fenomeno paranormale. Diventeremo
l'argomento preferito del suo club di gioco di ruolo...-
-Il suo che?!- esclamò Harold incuriosito.
-Il suo gruppetto di cattolici molto superstiziosi... Alcuni sembrano
più aspiranti fattucchiere che religiosi...-
spiegò lei. Harold sembrò un po' divertito dalla
cosa e Leshawna si sentì più a suo agio.
-Potrebbero interpretare la situazione come una punizione per aver
provocato una gravidanza al di fuori del matrimonio. Dopo tanta
indifferenza, finalmente, il loro Dio da segnale di disapprovare il
sesso prematrimoniale! Anche se avrebbe altre priorità...-
il ragazzo scherzò innocentemente.
-Quanto odio questo tipo di... di cose...- sussurrò
infastidita puntando di nuovo gli occhi verso l'alto. Notando Harold
che guardava verso la porta del bagno come se volesse uscire, gli prese
delicatamente il polso. -Rimaniamo un po' qui? Non mi va di tornare in
quella gabbia di matti.-
-Umh...- Harold sembrava abbastanza teso.
-Di nuovo problemi quando ti tocco?-
-N... no... Ma se rimaniamo troppo da soli, mia sorella e tua madre
entreranno a controllarci.-
-Probabile... Ah! Che scocciatura!-
Anche se Harold ora riusciva a stare in piedi correttamente, uscito dal
bagno si rannicchiò sul pavimento. Ormai lo trovava
confortevole. Gli ricordava un po' quando da piccolo giocava, disegnava
e costruiva sul pavimento fresco. Non aveva sedie su misura e
arrampicarsi su quelle degli adulti era scocciante, erano meglio usate
come tavolini quando non aveva voglia di rimanere sdraiato a pancia
sotto.
Mentre si lasciava distrarre da quei ricordi, sentì qualcuno
avvicinarsi, la madre di Leshawna gli stava porgendo qualcosa.
-Tieni... un rosario... più tardi ti porto da un pret...-
Ma venne intercettata da Leshawna. -Finchè ci sono io in
questa casa, niente rosari!- disse togliendo ad Harold l'oggetto.
-Niente preti, niente messe e niente Bibbie!- poi si rivolse ad Harold.
-E niente animismo, niente scintoismo, niente paganesimo, niente
voodoo...-
Harold rise. -O-ok... mi sento leggermente calpestato. Non abiti
più qui... ricordi?-
Leshawna per dispetto approfittò che fosse ancora
accovacciato a terra e gli appoggiò un piede sulla spalla,
facendo reagire molto male Lupe.
-Mamma, è solo un modo per scherzare! Non lo sto calpestando
sul serio!- disse insistendo a toccarlo con il piede. -Harold, potresti
scagionarmi?-
-Leshawna può giocare, mostrare i suoi sentimenti e il suo
affetto in modo anche peggiore, signora. E' tutto a posto.-
confermò positivo. Leshawna non sembrava apprezzare quella
linea difensiva.
Cercando di ignorare quelle interazioni bizzarre, Lupe
parlò: -Ho avuto un'idea.-
-Oh no...- mormorò Leshawna con una voce tombale.
-Ah, ah... molto divertente tesoro! Allora, stavo pensando...
perché non pranziamo tutti insieme?-Chiese la donna
ricevendo un'occhiataccia dalla figlia, ma un leggero sorriso dall'ex
genero.
-A me sta bene.- disse Harold facendo spallucce "Scusami, Leshawna, ma
non voglio rimanere da solo!" pensò guardando l'ex incredula
e infastidita.
-Anche per me va bene.- disse Celia.
Leshawna era sempre più confusa "Mi tradisci anche tu,
sorella fredda, strana ed asociale? Non hai una famiglia da cui
tornare? Traditrice!"
Come se avesse avvertito i pensieri di Leshawna che le andavano contro,
Celia si sentì in dovere di spiegare: -Avevo già
deciso di mangiare con mio fratello, infatti avevo portato qualcosa...-
disse tirando fuori dei sacchetti in cui erano contenute delle patate.
-Che ci siate anche voi due, non mi fa molta differenza. Oh... senza
offesa, ovviamente.-
Anche Max si unì. -Ah, che bello! I miei sono usciti e non
mi andava proprio di dare fuoco a... volevo dire cucinare!- disse
allegro trotterellando verso il frigo.
Celia si avvicinò agli altri e disse a bassa voce:
-Scusate... ma quel ragazzino... chi diavolo è?- chiese
confusa. -È qualcuno che dovrei conoscere ma di cui mi
dimenticata?-
Leshawna sorrise maligna -Ma come? Non lo riconosci? Come puoi essere
così insensibile da non ricordarti di...?-
Ma Harold le rovinò il gioco: -È un vicino del
piano di sopra e un amico di una mia amica.-
Leshawna sbuffò ma si sentiva un po' più calma.
"In fondo perché non dovremmo pranzare insieme?
Perché sono così tesa?" si chiese. Alla fine non
le andava di lasciare solo Harold. Rimanere ancora un po' era comodo
per i suoi interessi, ma non riusciva a scacciare la sensazione che ci
fosse qualcosa fuori posto. "È davvero giusto assecondare
questi interessi?"
I pensieri di Leshawna si interruppero sentendo Max che apriva il
frigo, tornò a sentirsi tesa: -Moccioso. Non è
casa tua.- disse autoritaria andando verso di lui, l'adolescente emise
uno squittio per lo spavento.
Harold la seguì. -Non essere così aggressiva,
è solo un ragazzino...-
-Un corno! Da bambina sapevo come comportarmi in casa d'altri se non
volevo richiami.-
Mantenendosi a distanza con Lupe, Celia sospirò. -Bene...
neanche il tempo di far nascere il bambino e hanno già dei
diverbi sull'educazione?-
Anche Lupe sospirò, però pensava che fosse strano
che sua figlia fosse così rigida. "Sente il bisogno di
strafare per compensare Harold... Non è un cattivo ragazzo,
ma non ha polso e non sa farsi rispettare... Ma forse anche lui
è influenzato negativamente da mia figlia ed è
così passivo per compensare l'aggressività di
lei... Un bel circolo vizioso..."
Nel mentre la coppia continuava la discussione. -Non è che
sei così permissivo solo perché vuoi metterti
contro di me?-
-C-cosa?! È che non mi piace il tuo tono dispotico! E poi
sono in debito con Max per... una questione. Non voglio che venga
traumatiz...-
Leshawna lo interruppe: -Traumatizzato?! Pensi basti così
poco? Sei davvero...- quasi lo derise poi vedendolo abbassare lo
sguardo con fare nervoso, riacquistò buon senso e si
fermò. Un po' in imbarazzo, decise di provare ad essere
più morbida, ma Max sembrava avere altri piani:
-Signor depresso, non trattarmi come un bambino! Guarda che quando
sarò il dominatore del mondo non avrò alcun
riguardo per te! Quanto alla racchia invece...-
-Muto che sembri l'aborto mal riuscito di un orgia fra un barile, un
maiale anemico e il nano scemo di Biancaneve!- Oltre Max con
un'espressione da funerale, Leshawa vide Harold e sua madre con gli
occhi spalancati portarsi una mano davanti la bocca come delle piccole
donne mortificate d'altri tempi. "Perchè è
diventato così bacchettone da quando ha cominciato
l'università!?"
Max si schiarì la voce e parlò dandosi un tono
altezzoso: -Siete gentili a preoccuparvi dell'affronto che ho subito,
ma è difficile prendersela quando a darti del maiale
è un rinoceronte.- ridacchiò un po' mentre sul
volto di Leshawna comparve una smorfia infastidita. Ma durò
solo un attimo, si trasformò presto in un sorriso maligno.
La ragazza fece un passo verso di lui con fare minaccioso portandolo a
indietreggiare facendolo finire con le spalle al muro. -Quindi lo sai
anche tu che fra noi non c'è confronto... un rinoceronte il
maiale se lo mangia...- ghignò facendogli notare la
differenza di altezza e spalle che intercorreva fra loro. Anche Max
provò ad essere minaccioso:
-G-guarda che fra qualche anno sarò sicuramente
più alto di te...-
-Ah sì? Bene, sono abituata ad abbattere persone il doppio
di me!- disse divertita.
Lei non aveva bisogno di girarsi per avvertire gli sguardi
disapprovazione di sua madre ed Harold. -Scherzo, tranquilli! Non sto
minacciando alcun minorenne.- disse strofinando la spalla del ragazzino
che continuava a fissarla un po' con sospetto, un po' con inquietudine.
-Era solo per giocare... e per insegnargli qualcosa. Gli ho fatto
prendere un sano spavento per non farlo mettere nei guai con persone
meno pazienti della sottoscritta.- disse molto sicura di sé
cercando di spingerli ad esserle grati. -Andiamo, ragazzino... non ti
avrò mica messo troppa paura, eh?-
Max sembrò pensarci. -Uhm... Certo che no. Ho capito
benissimo lo scherzo!- affermò Max cercando di imitare il
tono sicuro e tranquillo della donna.
Lupe li guardava poco convinta, ma non commentò. Harold
sospirò. Non sapeva se essere affascinato o infastidito
dalla faccia tosta con cui la donna tranquillizzava persone che lei
stessa aveva messo in allarme fingendosi un'innocente buona samaritana.
Decise di optare per la prima opzione: -Saresti stata un'ottima sorella
maggiore. Comunque i rinoceronti non sono carnivori...-
Leshawna non sembrò capire, Celia si. -Ehi, io non mi sono
mai comportata così.- protestò senza scomporsi,
aggrottò solo un po' le sopracciglia.
Harold tirò fuori la lingua -Mi hai fatto piangere spesso
invece, poi mi consolavi in modo che non ti mettessi nei guai.-
ricordò divertito.
-Per me te lo stai inventando...- affermò la sorella
guardando da un'altra parte.
Visto che le cose portate da Celia e le cose che Harold aveva
già, non bastavano, Leshawna decise di andare a fare la
spesa, poi si guardò intorno irrequieta e chiese a sua madre
se poteva farlo lei al posto suo. Harold sospettò che
probabilmente non si sentiva sicura a lasciare lui e Celia soli con sua
madre.
Prima di andarsene, Lupe fece una proposta: -Più tardi,
magari, qualcuno vuole venire a messa con me?- vedendo la figlia che la
squadrava cupa e sospettosa, Lupe specificò: -Tranquilla,
non ho intenzione di portare nessuno da un esorcista né di
parlare degli eventi di oggi.-
-In ogni caso non ho voglia di accompagnarti, passo...- disse Leshawna.
Celia si guardò intorno un po' a disagio. -Eh... sono atea
e... non ci conosciamo così bene da fare cose come andare
insieme da qualche parte... è una proposta strana in primo
luogo...- disse un po' disorientata dalla socievolezza della donna.
Lupe non poteva certo dirsi sorpresa di quelle reazioni, ma
puntò gli occhi verso la sua ultima speranza. Harold non
disse nulla che non fosse “Eh...” mentre pensava.
Ma alla fine per lui era triste essere abbandonati per i propri
interessi quindi non era del tutto contrario all'idea.
Leshawna fiutò il pericolo. -No, lui non viene. Ricordi? Dio
odia avere gli asmatici in casa, infatti non li protegge dall'avere una
crisi respiratoria a causa di quegli stupidi fiori o quegli stupidi
incensi e stupidi prodotti per pulire le stupide panchine in legno...
stupido legno...-
-Non è che odia gli asmatici! È solo che Dio non
interviene direttamente sulla realtà che lui stesso ha
creato per impedire crisi respiratorie et simili.- disse la donna
sicura di sé.
-Ah? Quindi neghi i miracoli...- disse Leshawna con un ghigno. -Al
rogo! I tuoi antenati inquisitori si staranno rivoltando nella tomba!-
-Se ho davvero degli antenati nell'inquisizione spagnola, mi sa tanto
che hai preso tutto da loro.- commentò la donna.
Harold riprese parola: -Mi spiace interrompere questo simpatico scambio
di battute, ma posso decidere da me dove posso o non posso andare.-
puntualizzò Harold guardandole storto. -Allora...-
-No, non puoi decidere da solo.- affermò Leshawna con
naturalezza. -Ti lasci impietosire troppo facilmente finendo per fare
favori che ti danneggiano.-
Harold sospirò, Celia pure, Max osservò
incuriosito non riuscendo a inquadrare la situazione, ma spuntando a
tradimento dietro le spalle della figlia, Lupe commentò
senza riflettere troppo: -Ok, che lo ami... ma non ti sembra di essere
un po' troppo protettiva nei suoi confronti?-
Il gelo scese nella stanza. Harold guardò con
preoccupazione Leshawna che era rimasta paralizzata. Lupe
cominciò a realizzare di aver infranto una sorta di
tabù e indietreggiò.
Leshawna cacciò fuori un breve urlo per sfogarsi, poi si
girò lentamente verso la madre. -Irresponsabile! Come ti
salta in mente di dire una cosa simile?!- ma la donna tagliò
la corda.
Leshawna, frustrata e senza nessuno su cui scaricarsi, diede un pugno
al muro. Il suo corpo sembrava essere incandescente,
cominciò ad andare avanti e indietro per la stanza
pensierosa e nervosa, mentre i due fratelli non si azzardavano a dire
parola, solo Max inconsapevole aprì bocca: -Ma... si
è rotta? Che succede?- vedendo la donna voltarsi di scatto
verso di lui, il ragazzino saltò per lo spavento.
Leshawna, tesa, si rivolse ad Harold. -Non darle retta! Non ti amo
affatto, ok?-
Il ragazzo si limitò a mormorare un “Ok,
tranquilla...” a cui Leshawna rispose con un
“Bene!”
Nonostante quel “bene” la ragazza
continuò ad andare avanti e indietro. -Che irresponsabile!-
disse fra sé e sé. -Come può dire con
leggerezza una cosa simile ad una persona convalescente e depressa?
Perchè quelli come lei non pensano mai?!-
Harold si irrigidì. -Ehi! Guarda che non ho alcun desiderio
di tornare con te, quindi non devi preoccuparti che mi faccia
illusioni.-
Leshawna sospirò e si fermò un attimo
appoggiandosi al muro. -Meglio così... ma potrebbe farti
male comunque.- dopo un po' ricominciò a camminare per
scaricarsi. -Io la ammazzo!- diceva per sfogarsi fra un' intervallo e
l'altro.
Per un po' i due ex sembrarono troppo in imbarazzo per guardarsi, poi
Harold ricominciò ad avvicinarsi alla ragazza per chiederle
se voleva dell'acqua o qualcosa per calmarsi e per prenderla un po' in
giro. Leshawna continuava ad essere in imbarazzo ma non odiava del
tutto Harold e il suo modo di fare.
La coppia di fratelli si mise a sbucciare le patate. Vedendo Harold un
po' troppo allegro, Leshawna si avvicinò a loro un po'
indecisa. -Posso aiutarvi o interromperei qualche momento familiare?-
-Fa come meglio credi.- disse Harold mantenendo l'umore tranquillo.
“Forse non è stata una buona idea...”
Leshawna si ritrovò a pensarlo qualche secondo dopo.
Quando impugnava un coltello, a volte richiamava alla mente
tutte le volte in cui avrebbe voluto essere violenta ma non l'aveva
fatto e tutti i sentimenti che aveva provato in quei momenti.
Le piaceva cucinare, non capiva perchè impugnare utensili da
cucina anche solo vagamente pericolosi potesse portarle tanta
frustrazione. Forse perchè durante la sua preadolescenza, la
ragazza aveva spesso immaginato di colpire chi la metteva con le spalle
al muro con qualcosa e non importava che si trattasse di coltelli,
rompighiaccio, forchette o cucchiai, sentiva che qualunque oggetto se
utilizzato con la forza giusta e sulla parte del corpo giusta poteva
recare danno. Quell'ex di sua madre in particolare, era un mago quando
si trattava di trasformare la bambina in una potenziale assassina.
“Non mi sento affatto maturata da allora in momenti come
questo... Qualcuno mi sta fissando?” sentiva un paio di occhi
addosso. “Non ha importanza, respira e comportati
normalmente...”
Cercò di concentrarsi solo sul lavoro manuale, ma forse
nemmeno quella era una buona idea...
Aveva sempre avuto l'impressione di essere poco precisa e di mettere
troppa forza in tutto quello che faceva. Di solito non era un problema
ma se era nervosa, sì... In quel momento le bastava puntare
gli occhi casualmente sulle mani di Harold che, al contrario delle sue,
separavano le patate dalla buccia gestendo il coltello con una
precisione chirurgica, per farla sentire irrazionalmente adirata...
Manco fosse la matrigna di Biancaneve davanti lo specchio:
“Coltello, coltello, delle mie brame... chi taglia meglio nel
reame?”
“Sicuramente non tu, fai cagare! Meglio Harold!”
“E che cazzo!” Leshawna si sentì
tagliare dal coltello traditore e per riflesso, come se la sua mente
l'avesse scambiato per un animale, lo lanciò dall'altro lato
del tavolo. Fortunatamente non c'era nessuno.
-M-Mi spiace! Mi è sfuggito!- balbettò
mortificata. Mentre Celia e Max la guardavano straniti.
Harold si avvicinò sospettoso. -Ti sei tagliata?-
Leshawna nascose la mano ferita dietro la schiena e
gesticolò con l'altra per tenerlo a distanza. -Non
è niente! Non sono affari tuoi!- disse imbarazzata.
-Dovresti disinfettare la ferita.- disse Harold mentre testardamente
cercava di avvicinarsi per vedere l'entità del danno.
-Faccio da sola! Faccio da sola!- ripetè Leshawna andando in
bagno. “Vado in surriscaldamento per niente! Peggio di
così non può andare... questo è
positivo...” ma quando sua madre tornò con un
ananas Leshawna cambiò idea.
-Ah? Perchè lo guardi così? Non ti piacevano gli
ananas?- chiese Lupe ingenuamente notando lo sguardo sorpreso e adirato
che la figlia rivolgeva a quella busta della spesa.
Ma Leshawna era talmente innervosita che non riuscì a
rispondere. -Le provoca dermatite allergica...- disse Harold notando
quella strana atmosfera.
-Eh? Da quando?- chiese Lupe sorpresa.
“Da sempre!” erano anni che ciclicamente la donna
comprava gli ananas sorprendendosi quando la figlia le ricordava che
entrare in contatto col frutto le faceva irritazione. Ormai non le
serviva neanche più toccare l'ananas in realtà,
era diventato qualcosa di psicosomatico. Il corpo di Leshawna aveva
già cominciato a prudere e bruciare.
La ragazza sospirò nervosamente. Non aveva senso arrabbiarsi
perchè sua madre era smemorata... ma visto che era
già tesa e con un'irrazionale sentore di disgrazia
imminente, quell'evento non poteva che alzare la sua irritazione anche
mentale oltre che fisica.
Quando finalmente le patate furono bollite e la carne, comprata da
Lupe, arrostita, venne il momento di sedersi a tavola. Leshawna e
Harold per abitudine stavano per mettersi vicino, ma Celia
tirò il fratellino per il braccio e spinse a sedersi al suo
posto un Max piuttosto disorientato a fare da zona cuscinetto. I due ex
si fissarono e fissarono il ragazzino. “Era strano sedersi
vicino a lei?” si chiese Harold un po' a disagio.
“E' meglio stare separati anche nelle piccole cose come
questa in effetti...” pensò Leshawna.
-Eh... che sta succedendo?- si chiese Max fra sé e
sé visto che di tanto in tanto, i due separati si gettavano
un'occhiata. Sentendosi a disagio, il ragazzino spinse la sedia un po'
all'indietro e si mise il piatto sulle ginocchia per non stare
perfettamente nel mezzo. Anche perchè Leshawna aveva
cominciato a guardare Harold di traverso.
“E che cosa le avrei fatto adesso?!” Harold
inizialmente era un po' disorientato. “Oh no... sta di nuovo
cercando di farmi pressione psicologica perchè non
mangio?” -Se mi fissi così a maggior ragione non
riuscirò a inghiottire nulla...- bisbigliò il
ragazzo.
-N-non sono preoccupata per ora. Stavo solo pensando a...-
Le parenti sospirarono, pensando entrambe qualcosa del tipo
“Siamo alle solite.”
Questo aumentò il nervosismo della giovane. -Invece di
prendermi per pazza, spero che lo sorveglierai quando me ne
sarò andata! Prima che col suo umore ballerino si scorda di
mangiare per giorni e poi sviene...- disse rivolgendosi a Celia ma
senza guardarla.
-A-anche tu dovresti essere sorvegliata per... per un sacco di cose!-
ribattè Harold.
-Non l'ho detto per metterti in imbarazzo! Io sono...- “Sono
realmente preoccupata per te, piccola sciocca creatura!”
-Senti ci penso io a decidere se è o meno il caso di tenere
d'occhio mio fratello. E fino ad ora i suoi malumori alimentari sono
sempre stati l'ultima delle potenziali minacce alla sua salute. Se
così non fosse, me ne sarei già accorta.-
spiegò Celia con freddezza mentre era apparentemente
più concentrata sul raccogliere i pezzi di patata col
cucchiaio che sul mondo circostante.
-Non ho bisogno che qualcuno prenda le mie difese... Né hai
bisogno di giustificarti se non mi fai da balia. Non ne ho bisogno....-
disse Harold innervosito. In realtà sperava di poter
chiedere aiuto alla sorella per alcune cose, ma in quel momento non
aveva più il coraggio di farlo.
Anche Celia a quel punto palesò un minimo di nervosismo.
-Non sto prendendo le tue difese. Trovo seccante il venire coinvolta,
tutto qua... Eh?- Celia vide gli occhi del fratello minore inumidirsi.
-Mi... spiace. Cercherò di non trascinare più
nessun altro nei miei problemi...- mormorò Harold mentre i
suoi occhi producevano acqua involontariamente. -Se continuo
così morirò solo, lo so...- disse a bassa voce
ridacchiando nervosamente.
Celia si stava un po' preoccupando, per quanto suo fratello potesse
essere emotivo, questo era anomalo anche per lui. Leshawna la
fulminò con lo sguardo. -Te lo avevo detto che non stava
bene, cosa gli hai combinato?!-
-Eh?! Non l'ho fatto a posta! Se vogliamo dirla tutta, qualunque cosa
stia succedendo è sicuramente colpa tua! O... lo
è sicuramente almeno per tre quarti!-
-Smettetela, non sto piangendo! È solo allergia!- disse
Harold piangendo. Nel mentre Max si era allontanato sempre di
più con la sua sedia e il suo piatto. Lupe aveva seguito il
suo saggio esempio.
Ad un certo punto Harold aveva preso la tuba l'aveva usata per
assordare tutti mettendo fine al litigio. -Se ricominciate,
soffierò di nuovo.- minacciò il ragazzo
appollaiato sulla sedia con lo strumento in braccio.
-Molto maturo, pulcino...- commentò Leshawna sospirando.
Harold avvicinò le labbra al beccuccio per ricordarle la
minaccia. Ricominciò a lacrimare accidentalmente
perché tenere in braccio la tuba gli ricordava che aveva
esorcizzato Roza e che trovarsi solo in quel corpo lo faceva sentire
triste, ma l'occhiataccia preventiva che aveva rivolto a Leshawna
l'aveva scoraggiata dal commentare. In generale aveva cominciato a
guardare Leshawna con un po' di sospetto, il modo in cui cercava a modo
suo di essere protettiva nei suoi confronti lo metteva a disagio. "Se
non mi vuoi fra i piedi smettila di fare così..."
Lupe si avvicinò alla figlia e le toccò il
braccio facendola sussultare. -Forse è meglio che ce ne
andiamo e lasciamo i fratelli alle loro questioni familiari...-
suggerì sotto voce la donna.
-Eh?- "Sei tu quella di troppo... sei tu quella che si è
impicciata! Ora vuoi fare la parte di quella che rispetta l'altrui
privacy? Sul serio?!" pensò con i nervi a fior di pelle, una
pelle che aveva preso a bruciare proprio nel punto in cui era stata
toccata... Leshawna allontanò allarmata il braccio arrossato
e confermò guardando il piatto in disparte di sua madre che
la donna aveva cominciato a tagliare l'ananas sporcandosi la mano che
le aveva posto sul braccio.
Aveva avuto la brutta idea di annusare l'aria, l'odore dell'ananas in
quel momento le suscitava nausea. Leshawna si mise la mano davanti la
bocca cercando di resistere, ma Lupe non riuscendo a leggere la
situazione cercò di avvicinarsi e toccarla di nuovo. -Ehi,
cosa c'è che non va?- chiese preoccupatissima.
-Finiscila con 'sto tono di merda!- esclamò Leshawna
allontanandola bruscamente per poi correre in bagno.
-Tono di merda?! Oh! Io mi preoccupo e tu mi insulti?!- disse la donna
mettendosi dietro la porta, a quel punto Leshawna cominciò a
bestemmiare facendola arrabbiare veramente e la donna
ribattè: -Oh! Ma come osi mancarmi di rispetto
così?!-
-Imbecille! Ho la nausea per colpa tua! Preferisci che bestemmi o che
ti butti tutta la rabbia repressa negli anni?!-
-Rabbia repressa?! E per cosa!? Sono stata una madre tranquillissima ma
tu sei sempre pronta a darmi la colpa di tut...-
-AHAHAHAHAHA! Credici pure!-
Harold si mise fra la donna e la porta accovacciandosi e cercando di
fare una faccia da persona nel panico credibile. Non si dovette
impegnare molto, gli bastò esagerare le sensazioni di
disagio che provava in quel momento -Per favore, potreste smetterla?!
Mi sto sentendo male!- si lamentò tappandosi le orecchie
scenicamente, anche per sembrare disperato non dovette impegnarsi.
Capendo la situazione, Celia venne in soccorso del fratello. -Esatto,
la pregherei di smetterla di danneggiare la psiche di mio fratello.-
disse guardandola con aria severa. -I nostri genitori hanno divorziato
quando era piccolo ed essendo il più piccolo si sente anche
un po' colpevole quindi sentire le persone che si urlano addosso lo
traumatizza... gli ricorda i nostri genitori...- la donna si
accovacciò vicino al fratellino e gli carezzò la
testa per accentuarne la pateticità. L'espressione di Harold
per un attimo si inasprì, poi tornò nel ruolo.
Lupe li guardò perplessa. Mentre a causa di quella
distrazione la rabbia diminuiva, cominciava a sentirsi un po' in
imbarazzo per la scenata. -Oh... ehm... mi spiace... Allora... Mi sa
che vado. Leshawna, poi quando ti senti meglio e vuoi ritirarti a
casa...-
-Fanculo! Odio quel tono da santarellina di stocaz...-
Harold, nel panico, soffiò nella tuba per coprire l'ex.
Celia forzò Lupe ad uscire dall'appartamento.
I due fratelli poterono tirare un sospiro di sollievo, poi Celia
parlò: -Beh, è stato piuttosto nostalgico
utilizzarti per impietosire qualcuno.-
-Uhm, già... Come sarebbe questa storia per cui sarei la
causa del divorzio dei nostri genitori?- Chiese Harold
sorridendo, poi sospirò. -È stato imbarazzante...
ma non mi veniva in mente nient'altro per interromperle...- "Tanto la
famiglia di Leshawna mi vede di base come un bambinetto..." si disse
per convincersi a non pensarci più.
Celia riprese il discorso un po' perplessa: -Comunque... Eh, mi
sapresti dire cosa è successo fra quelle due?
Perché di punto in bianco si stavano scannando?-
-Temo che sentirsi attaccati facilmente e rispondere in modo esagerato
rispetto alla provocazione, sia una cosa di famiglia...- "Che sia una
predisposizione biologica o causata da un ambiente traumatizzante in
comune, non l'ho ancora capito..."
Leshawna intervenne: -Infatti! Posso anche stare male, ma se quella si
sente offesa perché la scaccio, comincia a fare la vittima
isterica!- disse uscendo dal bagno adirata.
Harold la guardò storto senza commentare, Celia
preferì astenersi, le chiese solo: -Hai vomitato alla fine?-
-Ah! Quando mai... dovrò tenermi questa nausea per non so
quante ore ancora.- si dirisse barcollando verso la camera da letto.
Per poco non inciampò sulla gamba della sedia dove era
seduto Max, intento a finire di mangiare il più lontano
possibile dal resto delle persone dalla arrabbiatura facile.
Quando Harold entrò nella stanza invece di trovarla stesa
sul divano-letto, la vide che camminava avanti e indietro infastidita e
con un'andatura incerta. Non era stupito, continuava a capire
l'esigenza della ragazza di muoversi per scaricare la tensione
accumulata, anche se in quella situazione specifica era
controproducente. -Il prurito come va?- le chiese per distrarla.
-Domanda di riserva?!- rispose lei irritata.
-Comunque, per far passare la nausea sarebbe meglio stenderti...- disse
poco speranzoso.
-Grazie al cazzo! Ah... non posso!- "Non sei tu che dovrai tornare a
casa da quella donna! Non sai quanto ti sto rimpiangendo, rompere la
convivenza è stata un'idea di merda!" per un attimo aveva
pensato di dirlo facendola passare per una battuta, per fortuna si era
fermata in tempo.
Harold si sedette. -Se vuoi puoi parlarne, se non vuoi, non fa niente.
Tanto il codice deontologico mi impone il segreto professionale.- disse
cercando di sembrare freddo e serio.
-Smettila di fare il terapeuta senza licenza.- sbuffò. Si
tenne la testa a causa di un giramento. Harold non potè fare
a meno di guardarla con preoccupazione. Lei non potè fare a
meno di guardarlo storto. Non sapeva neanche lei il perché,
ma le persone preoccupate la innervosivano. Era come se la parte
più primitiva del suo cervello le interpretasse come una
minaccia che poteva approfittare dei suoi momenti di debolezza.
Quando finalmente riuscì ad esaurire l'energia, si
buttò sul divano-letto, stendendosi accanto le gambe di
Harold. Ma non riuscì a stare ferma a lungo, la parte
superiore del suo corpo si alzò come se stesse facendo una
flessione. -Comunque quella donna è pazza e isterica!-
ringhiò Leshawna.
Harold la fece rimettere giù, Leshawna continuò:
-Quando ero piccola, aveva l'adorabile abitudine di impazzire per
qualunque cosa andasse storta... Si rompeva qualcosa? Bene! Partiva una
filippica su quanto Dio la odiasse e su quanto volesse morire! Il tutto
urlando e piangendo con una voce assordante e acuta!-
ricordò la ragazza tappandosi le orecchie.
Harold rimane in ascolto con molta apprensione mentre lei continuava a
sparare parole come una mitragliatrice avrebbe sparato proiettili: -Poi
si lamentava di continuo di quanto non potesse uscire e andare a
divertirsi e combinava il tutto con le manie di persecuzione: Per lei,
tutti la odiavamo, tutti la incolpavamo di tutto! Poi continuava a
frignare di quanto fosse miserabile! Ed io che ero bambina, cosa cazzo
le dovevo rispondere?! Eh?!-
-C... capisco... Deve essere stato molto triste, io...-
Il corpo di Leshawna si sollevò di nuovo di scatto. -Odio le
persone che fanno scenate dicendo di essere delle merde! Vogliono forse
che chi le ascolta si impietosisca e dica: “Ma, no... non
è vero, non sei orribile come ti descrivi”? Ah! Io
avrei tanto voluto dirle: Hai ragione! Sei una merda! Smettila di fare
la vittima che non sono mica io ad aver deciso di nascere! Ora ne paghi
le conseguenze!- esclamò Leshawna lasciandosi andare ad un
riso crudele. -A-ahia...- mormorò massaggiandosi le tempie
in seguito all'aumentare di dolorose e pulsanti fitte.
Harold sgranò gli occhi, poi rise nervosamente. -O-ok... ma
puoi inveire mentre stai giù? Se hai ancora mal di testa da
nausea, dubito che fare le flessioni ti aiuterà...- disse
riconducendola verso il materasso. -In realtà...-
“Neanche arrabbiarti facendo aumentare la pressione sanguigna
aiuterà...” ma in quel momento pensava
che lei non potesse farne a meno e che fosse importante farle buttare
via il veleno, così smise di parlare. “Devi
sentirti la testa che sta per esplodere, eh? Mi dispiace...”
Leshawna sembrava ancora immersa nei suoi ricordi, ma stanca di nuotare
contro corrente, parve calmarsi in po': -Ah... se non le ho mai
risposto in modo simile non era per essere gentile... avevo solo paura
che mi aggredisse... Non fraintendere, non mi ha mai alzato le mani,
ma... Aveva tirato sul pavimento degli oggetti per romperli, una
volta... Se faceva così con degli oggetti, perché
non avrebbe dovuto fare lo stesso con me?- Si chiedeva da bambina...
Furiosa, ma incapace di reagire...
-Non ti sei mai sentita al sicuro neanche in casa, quindi...-
commentò Harold dando l'impressione di parlare fra
sé e sé.
Leshawna rise -Quello della mia prima infanzia non è stato
neanche lontanamente il periodo in cui mi sono sentita meno al sicuro
in casa mia!- poi il sorriso ferale si spense e cambiò
argomento: -Comunque... è bene che bambini non si fidino
ciecamente dei genitori, no? Sono solo esseri umani, possono sbagliare
e farti male anche se non hanno cattive intenzioni... poi
c'è anche chi ha la sventura di nascere con genitori molto
mal intenzionati! Quindi, no, non si può mai abbassare la
guardia neanche quando si è bambini, anzi! Specialmente se
si è bambini!- disse annuendo con decisione. -Cazzo!-
esclamò sentendo nuovamente dolore.
Harold le accarezzò la testa chiedendosi se poteva fare
qualcosa. -È una visione molto solitaria, puoi contare solo
su di te... è anche realistica ma...- mormorò fra
sé e sé. "...ma non fa affatto bene a un bambino
non avere persone di cui fidarsi e un luogo in cui sentirsi al sicuro.
Ne abbiamo bisogno anche dopo... devo essere convinto di essere al
sicuro a casa mia anche se in realtà potrebbe esserci un
terremoto da un momento all'altro o qualcuno che entra con la forza e
armato. In un certo senso, realismo e salute mentale non vanno sempre
d'accordo, eh?" pensò tristemente mentre cercava di
trattenersi dal farle una diagnosi affrettata a causa del desiderio di
convincersi di aver ottenuto i pezzi del puzzle che gli mancavano dal
racconto dei suoi ricordi.
Il ragazzo sospirò ammettendo di non avere la minima idea di
cosa dirle. Notò un po' incuriosito un' espressione di
imbarazzo sul volto di Leshawna. La ragazza parlò come se
fosse appena ritornata al tempo presente: -O... Ovviamente ti
sembrerò pazza io... Ho tirato fuori storie di quando ero
bambina...-
-No, tranquilla... Lo so che ogni volta che ti arrabbi con qualcuno,
partono alla carica della tua mente, i flashback delle altre volte in
cui ti sei arrabbiata con quella persona...- per istinto di difesa, la
buttò sul ridere. "Non è per niente
professionale!" si innervosì con sé stesso.
Leshawna tornò cupa. -Tanto lo so che mi disprezzi
perché non amo incondizionatamente la mia genitrice e non
lodo e onoro qualunque cosa che fa come comanda il Signore mio Dio!-
disse apparendo come un serpente stressato mentre gesticolava col dito
indice verso il soffitto.
-Io non ho detto nulla.- rispose Harold mantenendo la calma.
-L'educazione religiosa ti ha traumatizzato un po', eh?- sorrise
garbatamente. Pensò che forse da piccola avesse provato a
lamentarsi dei suoi problemi a casa e che gli ascoltatori avessero
cominciato a condannarla dando per scontato di avere davanti una
bambina cattiva e capricciosa che osava non rispettare chi l'aveva
messa al mondo.
"Mi spiace così tanto..." Harold sospirò, quando
era così, mostrarsi tristi per lei, di solito era una
pessima idea. Il ragazzo si sistemò gli occhiali e
parlò con calma: -Come psicologo clinico, ho il dovere di
ascoltarti senza pregiudizi in questo primo colloquio. Sentiti libera
di esternare i tuoi sentimenti e le tue lamentele senza preoccuparti di
un eventuale giudizio morale da parte mia o chiunque altro. Sulle tue
emozioni ci lavoreremo poi, al momento non devi preoccuparti di...-
Con aria irritata, Leshawna fece un'altra flessione mettendosi seduta.
-Se volessi parlare con uno psicologo clinico, non sarei in questa
stanza con uno studente! Io voglio parlare col mio... col mio ex...
voglio parlare semplicemente con Harold! Detesto quando entri in
modalità pseudo professionale!- disse seria guardandolo
negli occhi.
Dopo un primo istante di smarrimento, Harold sorrise come se fosse
molto sollevato e in qualche modo lusingato. "Eh? È messo
così male che gli basta essere interpellato direttamente per
sentirsi considerato e apprezzato?" si chiese Leshawna un po' per
sentirsi quella messa meno peggio.
"Già... patetico!" pensò Harold divertito come se
avesse intuito i pensieri della ragazza guardandola in faccia. -Anche
in quanto Harold, penso che tu debba sentirti libera di esporre i tuoi
sentimenti senza subire un processo. Se li hai non puoi farci nulla...
Sei abbastanza intelligente da contestualizzare gli eventi che ti hanno
fatta arrabbiare, il modo in cui puoi e non puoi reagire...- "Sa che
anche sua madre deve avere dei disturbi d'ansia che la portano ad
accendersi ed esplodere e non è sicura che abbia il libero
arbitrio di non fare la pazza, per questo si sente in colpa a
criticarla."
-Insomma, sai di non poter sparare a chi ti fa arrabbiare e... infatti
non lo fai. Sei migliorata molto in questi anni ed... indipendentemente
dalle circostanze, quella con tua madre era una situazione ingiusta da
fare vivere ad una bambina...-
Leshawna gli sembrò a disagio così lui
evitò di andare avanti. "Per alcune persone è un
sollievo quando qualche ingiustizia che hanno subito in passato viene
riconosciuta... ma immagino che per lei in questo momento sia
più qualcosa del tipo; Grazie al cazzo, che me ne faccio che
venga riconosciuta ora? Il danno ormai è stato fatto..."
Aveva l'impressione di vedere, e di essere fissato, attraverso gli
occhi scuri della donna, dalla bambina che era stata... e appariva
ancora furiosa. Niente sa è essere più crudele e
vendicativo dello spirito di un piccolo essere umano che è
stato ferito...
Harold sospirò e si risistemò gli occhiali.
-C-comunque, in quanto tuo terapeuta ti sconsiglierei di... scontrarti
con tua madre su cose passate. Non sembrate nelle condizioni... Invece
di essere un confronto costruttivo temo finireste solo per andare a
stuzzicare vecchie ferite, non mi è sembrata molto incline a
parlare con distacco di queste cose e sfogare la rabbia è
buono solo quando non ci si mette in condizioni di generarne altra o in
condizioni di dire o fare cose di cui poi a mente lucida ci si
vergogna...- provò a rimanere serio, poi sorrise
nervosamente "Ops, sono tornato in modalità pseudo
professionale..."
Reggendosi la testa, Leshawna tornò a stendersi guardandolo
di traverso. -Se fossi veramente il mio terapeuta, penso rischieresti
di essere radiato per avermi messo incinta.-
-Beh, probabile!- rispose Harold rimanendo al gioco.
Leshawna si fece seria. -Penso proprio che non la perdonerò
mai...- non era detto con aggressività, era semplicemente
una fredda e malinconica constatazione.
Harold sorrise educatamente. -Siete ancora giovani, avete tutto il
tempo per scannarvi, sono sicuro che col tempo, lavorandoci riuscirai a
seppellire del tutto l'ascia di guerra.- la rassicurò.
Leshawna era un po' stranita dal commento iniziale. -Ah, giusto...-
anche se erano nati lo stesso anno, il fatto che, come età,
i genitori di Harold potessero venire genitori ai suoi, li metteva in
due circostanze molto diverse. Percependola come anziana, Harold
tendeva ad accettare positivamente ogni sgarbo della madre e a
preoccuparsi per lei. Aveva vissuto determinare fasi con un ritmo
differente? -Quando è stata spostata la tua fase di
ribellione adolescenziale, in terza elementare?-
-In realtà prima media...- il ragazzo sorrise. -Tranquilla,
ti calmerai e crescerai anche tu.- scherzò.
-Non penso mi piaccia la tua filosofia del riappacificarsi per forza...
se non stai bene con qualcuno dovresti allontanarti e basta, anche se
è un tuo familiare...- rispose guardandolo storto.
Harold si sentì a disagio. -Non cercavo di metterti sotto
pressione, è solo che ho pensato tu volessi interagire
pacificamente con tua madre, scusami se ho interpretato male...-
rispose teso.
-Eh? Non devi sentirti giudicato come psicologo. Hai ragione su di me,
ma... non stavo pensando a me in quel momento specifico.- ammise. -Te e
tuo...-
-Ah, non volevo sembrarti ipocrita...-
“No. Non intendevo questo...”
-E' che non sono pronto e non so se lo sarò mai in tempo...
ma a maggior ragione perché mio padre è
vecchietto, è meglio che eviti contatti imprudenti che
magari potrebbero portare dispiacere ad entrambi...- disse nervoso,
cercò di sdrammatizzare: -Eh, sarebbe imbarazzante se
ritornassi psicologicamente a quando avevo undici anni! O ancora peggio
a sei...-
-Ah... vecchio o meno non dovresti farti rovinare la vita per uno
stupido legame di sangue!- disse nervosa con la testa che ricominciava
a pulsare.
-Lo so! Ma non voglio essere la causa del dolore di qualcun altro...
è un problema solo mio, lasciami stare...-
-Capisco... scusa per aver turbato la tua sensibilità con il
mio poco edificante rapporto con mia madre...-
-Eh?! Io non...- Harold un po' arrossito sospirò. -Se avrai
altri brutti ricordi di cui lamentarti, non farti problemi a sfogarti
con me, mi serve ad allenarmi... un terapeuta che si turba facilmente
non è proprio l'ideale, sai?- cercò di essere
positivo e darsi un tono leggero.
“Perfetto! Non riuscirò mai più a
parlare con Harold, ma solo con Harold lo studente! Vorrei tanto
bruciare l'università... Forse se lo demolissi proprio come
psicologo potrei fargli abbandonare queste cavolate? In fondo sarebbe
una buona azione, no?! M-meglio di no... Forse non è nemmeno
ossessionato dallo studio della sua materia... potrebbe comportarsi in
questo modo fastidioso con me per mettere le distanze... Temo di
doverlo accettare...”
Leshawna si accorse, fra una pulsazioni dolorosa del capo e l'altra di
avere le dita affusolate del ragazzo che si aggiravano fra i cappelli
sfiorando delicatamente la cute e lasciandole una leggera sensazione di
solletico. -Cosa fai?-
-Cerco di distrarre il tuo senso del tatto e sovrascrivere la
sensazione dolorosa... sta avendo un qualche effetto?-
-Boh... ma penso che se non fai niente la sensazione sia peggiore...-
disse abbastanza incerta. Harold nel dubbio continuò
sperando almeno in un effetto placebo.
"Mi fa comunque piacere perché apprezzo che sia sempre
disponibile nei miei confronti. Sfruttarlo è facile...
è l'unico così facile da portare dalla mia
parte..." pensò la ragazza. Si sentiva colpevole ma era
difficile rinunciare a qualcosa quando serviva e non si aveva altro a
cui appoggiarsi, richiedeva un'energia che in quel momento lei non
aveva.
Leshawna distesa su di un fianco e col braccio usato come poggiatesta
che le si stava intorpidendo, era piuttosto scomoda, le venne un'idea.
O forse era solo una scusa per infastidire Harold e o testarne la
pazienza... La ragazza si mise con la testa sulla gamba del ragazzo,
poco sopra il ginocchio.
-Che?!- esclamò il ragazzo con un tono un po' acuto.
-È scomodo...- mormorò, Leshawna, fra
sé e sé. -Ma mi serviva un appoggio per la
testa.-
-Ah... beh in effetti...- Harold divenne più comprensivo,
"In effetti non ci avevo pensato ma era in una posizione piuttosto
scomoda..." poi tornò in sé. -Un corno! Se ti
serve un appoggio prendi un cuscino...- disse infastidito
passandogliene uno.
Leshawna prese l'oggetto e lo mise sulle gambe di Harold per potersi
mettere più comoda. -Grazie, ora ho un appoggio e non mi
sembra più di stare su un osso!- disse con un ghigno.
"Perché mi si ritorce sempre tutto contro?!" si chiese
Harold. Anche se era presto per gettare la spugna, si vedeva
già sopraffatto. -Senti, Leshawna, tu...-
Nonostante lo stesso interrompendo, gli parlò in modo
educato: -Potresti ricominciare a massaggiarmi la testa, per favore?-
-Oh, sì certo...- rispose Harold molto meno sarcastico di
quanto avrebbe voluto. Alla fine le ubbidì davvero.
"Perché non riesco a farne a meno? Ah... e che cavolo..."
-Lo sto facendo solo perché non sto bene emotivamente e alla
fine averti vicina mi rassicura...- disse con freddezza.
-Perfetto... mi piacciono le situazioni in cui ci si usa esplicitamente
a vicenda!- ammise un po' rassicurata.
-Lo immaginavo, chissà perché...- Harold
sospirò. -Tu lo sai che passato completamente il malessere
troverai questa situazione imbarazzante, vero?- l'avvertì
vagamente divertito.
-Non me ne parlare! È un problema per la me stessa del
futuro come il dover tornare da mia madre.- si lamentò.
-Cosa vuoi che faccia?- chiese serio, Harold.
Leshawna si irrigidì e si alzò di nuovo con la
parte superiore del corpo. -Non devi fare nulla! Mi stavo solo sfogando
a vuoto, me la cavo da sola!- disse imbarazzata per quell'attentato a
ciò che rimaneva del suo orgoglio.
Harold sbuffò carezzandole il capo. Leshawna inizialmente lo
guardò storto, poi giustificò il gesto
ricontestualizzandolo come tentativo di distrazione tattile per il mal
di testa.
Harold le permise di rimettersi con la testa, sul cuscino, sulle sue
gambe, anche se una parte di lui si chiedeva perché diavolo
non ne avesse approfittato per farla spostare e tagliare la corda.
-Comunque, sei un maniaco?- chiese Leshawna candidamente.
-Eh?!-
-Hai qualche perversione per i miei capelli?-
-Mi piacciono solo moderatamente i tuoi capelli...-
-E' comunque più di quanto piacciano a me...-
-Poverini... ci credo che poi si ribellano.- disse sorridendo
leggermente. "Ha ragione quando dice che potrebbe commettere un
omicidio ma rischierei di volerle bene comunque...”
pensò in quel momento calmo. “Ma... è
una cosa reciproca?"
Tutte le persone con cui era stato abbastanza stupido da parlare dei
suoi dubbi e sentimenti avevano esposto lo stesso verdetto: "Ehm...
Harold, guarda che quella palesemente non tiene a te quanto tu tieni a
lei, non è un rapporto reciproco..." Quello in particolare
glielo aveva detto Trent se non ricordava male.
Invece Duncan, dopo averlo sentito parlare con Trent, si era inserito
nello discussione ridendo e dicendogli direttamente: "Ah, quella non
starà mai con te! Non posso credere tu sia così
patetico da andarle ancora dietro!"
"Ehm... Duncan, ma sei deficiente? Guarda che abbiamo una relazione da
tre mesi..." gli aveva risposto non sapendo se essere più
offeso o preoccupato per la salute cognitiva dell'altro ragazzo,
talmente concentrato sul suo pregiudizio da non rendersi conto di una
relazione pubblica.
C'erano poche cose che lo irritavano come uno spreco deliberato di
intelligenza. "Idiota... e dire che non è del tutto scemo,
perché deve ridursi così?!" aveva pensato "Almeno
la sua espressione ebete è divertente...
P-però... anche se io e Leshawna stiamo insieme, lui
potrebbe aver ragione in un certo senso?"
Ma indipendentemente dal passato, quel giorno che era stato male,
Leshawna si era dimostrata molto protettiva nei suoi confronti... anche
cadendo in diversi atteggiamenti da testa di cazzo che avrebbero dovuto
accendergli molti campanelli di allarme che da un punto di vista
razionale coglieva! Ma... non poteva comunque non sentirsi un po'
felice e lusingato di quei comportamenti...
"Con quella che era la mia famiglia, è abbastanza
inevitabile che finisca contro ogni logica per apprezzare qualunque
attenzione nei miei confronti anche quando è un po'
inquietante... comunque sono un po' ossessivo anche io quindi..." si
giustificò un po' imbarazzato.
-Ehi...- lo chiamò la compare di sventura.
-Si? Stai meglio?-
-Ehm... credo. Mi sento ancora un po' intontita ma non fa
più male, male... quindi grazie.-
-Oh, figurati.- Harold rispose genuinamente sollevato. -Anche io sono
in debito, comunque...-
-Comunque ti amo.-
Harold rispose automaticamente -Ah, grazie!- Poi gli si gelò
il sangue nelle vene, gli si chiuse la gola e sentì il
battito cardiaco direttamente nei timpani. "No... non può
farmi questo... non può dirmelo ora..." si sentì
profondamente tradito. Provò a mantenere la calma e a fare
entrare un po' di aria nella gola. -Uhm... Leshawna, che cosa hai detto
prima?- chiese nervoso trovando improbabile l'essersi sbagliato. Ma la
ragazza stava apparentemente dormendo.
-Mi stai prendendo in giro?- sibilò e provò a
svegliarla. -G-guarda che hai dormito poco fa...-
Lei non la presa bene: -Senti... ho dormito un due o tre ore questa
notte, un oretta stamattina e ho fatto un incubo! Un'altra ora qualche
ora fa e ho fatto un altro incubo! Col cavolo che ho dormito
abbastanza!-
-Scusa... in effetti hai ragione...- mormorò incerto il
ragazzo perdendo di vista la domanda che voleva farle. Pensandoci
qualche secondo dopo aver lasciato che la ragazza si riaddormentasse,
forse non aveva avuto il coraggio di insistere e capire cosa
intendesse. Tutte le ipotesi gli davano sentimenti contrastanti in quel
momento. "Probabilmente intendeva solo, ti voglio bene... Non
è che Leshawna non abbia mai utilizzato quella combinazione
di parole in un contesto amicale o spiritoso... Però mi ha
fatto prendere un colpo, dannazione!"
Anche se era bizzarro... Con lui lo diceva molto raramente,
tendenzialmente per sbaglio quando era sovrappensiero. Era come se
dicendogli "ti amo" avesse l'impressione di mentirgli. Questo ricordo
però non lo fece sentire affatto meglio, voleva tornare alla
calma di prima.
"Niente di meglio di un racconto horror per anestetizzare qualunque
sentimento e sentire che in confronto alla vita dei personaggi, la mia
non fa poi così schifo." pensò cercando nel
cellulare se avesse salvato qualcosa che faceva a caso suo. Non era mai
stato fan del genere, infatti lo utilizzava sono per quello scopo. Era
un'abitudine che aveva preso con la depressione.
Dopo qualche minuto entrò Celia nella stanza -È
troppo tempo che non sento Leshawna che parla incazzata, che sta
succedendo?- chiese. Poi notò l'imputata stesa sul
divano-letto chiuso, di nuovo addormentata su suo fratello minore,
questa volta con la testa su un cuscino sulle sue gambe. Nel mentre
Harold stava con la schiena buttata all'indietro sulla spalliera a
leggere qualcosa dal cellulare.
-Non commentare...- le chiese il ragazzo imbarazzato senza staccare gli
occhi dal cellulare.
-Va beeeeene...- disse Celia moderatamente tranquilla.
Angolo dell'autrice non-morta:
E naturalmente, verso la vigilia dei morti, rieccomi! No... morta non
lo sono ancora (anche se ieri proprio benissimo non sono stata o_o')
Sono in ritardo? Sempre!
A parte lo scherzo, mi spiace, non sto proprio riuscendo a prendere un
buon ritmo e oltre ad impegni vari, ho dei problemi sia col computer
che col cellulare che mi hanno portato a scrivere un po' con uno e un
po' con l'altro... moltiplicando gli errori visto che è il
touch del cellulare a darmi problemi spostandomi il cursore, cliccando
lettere che non sto cliccando, diventando di tanto intanto insensibile
al mio tocco (meh, che poeta!) praticamente per scrivere devo fare i
salti mortali! >:(
Ovviamente correggo e rileggo dal computer, ma da brava dislessica
diversi errori rischio di non notarli, perlomeno questo mi è
successo con un'altra storia pubblicata... spero non succeda anche con
questa, ma in caso, mi scuso davvero per gli eventuali errori! Almeno
il cellulare dovrei sostituirlo a breve...
Sono comunque contenta di aver finito questa parentesi della storia!
Farò del mio meglio per non fare altri capitoli
così lunghi, ho tagliato molto comunque... ho fatto del mio
meglio... E beh, spero che la lettura possa esservi piaciuta fino ad
ora. Vi ringrazio di aver letto questo capitolo, grazie anche della
pazienza nel seguire questa pubblicazione, spero di riuscire in qualche
modo a ripagarvi ^^'
Se vi va di commentare, mi fa molto piacere ^^
Alla prossima e... buoni morti? Beh, buon tutto. Passate delle serate e
delle giornate serene :)
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