Jocelyn

di Ombrone
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Isla Freyas ***
Capitolo 2: *** Jocelyn ***
Capitolo 3: *** Hoover Building ***



Capitolo 1
*** Isla Freyas ***


Aprendo gli occhi, la prima sensazione fu quella di vertigine e Toby li richiuse di colpo e si immobilizzò per alcuni secondi finché non gli sembrò che il mondo avesse smesso di girare.

Li riaprì per guardarsi intorno e sbatté le palpebre abbagliato. Il cielo era i un azzurro intenso, interrotto solo da rare nuvole di un bianco candido, era su un sentiero circondato da alte palme dall’aria tropicale.

Poi notò la figura ferma di fronte a lui.

Era una donna, dai lunghi capelli neri, vestita in uno stile casual, con una larga camicia e dei pantaloni svasati, entrambi in lino, apparentemente sui quarant’anni, in buona forma fisica.

“Toby Kaneshiro?” Chiese la donna e, allungando una mano, aggiunse: “Sarah Williams, ci siamo parlati in call, la aspettavo.”
“Piacere.” Fece Toby e provò a stringere la mano che gli veniva porta. Fu un errore: la mancò, calcolando male la distanza e un nuovo improvviso giramento di testa lo fece barcollare.

La donna, Sarah, gli afferrò il braccio, impedendogli di cadere.

“Prima volta da queste parti?” Chiese, una lieve meraviglia nel tono.

Toby annuì, di nuovo a occhi serrati, tentando di recuperare l’equilibrio. “Ok,” riprese la donna, “non si preoccupi. È normale la prima volta. Deve calibrarsi. Faccia due bei respiri profondi. Si rilassi. Adesso riapra gli occhi. La tengo io. Guardi dritto di fronte a lei, verso l’orizzonte, per qualche secondo. Fatto? Adesso guardi a destra, nella stessa maniera, poi dall’altro lato.”

Toby seguì le istruzioni che gli venivano date, le vertigini passarono e il suolo sembrò diventare stabile e solido sotto i suoi piedi.

“Grazie mille.” Fece, un po’ imbarazzato per quello che sicuramente era una ben magra figura.

“Ma le pare.” Fece Sarah sorridendo, aveva begli occhi di un blu profondo e un viso regolare, un po’ allungato. “Succede a tutti come le dicevo.” La voce aveva un tono allegro e dava una prima impressione di gentilezza e disponibilità. “Che dice, ce la facciamo a darci la mano adesso?” Gliela tese di nuovo e questa volta Toby riuscì a stringerla. Sarah aveva una bella presa, forte e decisa, quasi da colloquio di lavoro.

“Sono molto contenta di avere l’occasione di lavorare con lei.” Aggiunse a corollario.

“Grazie, Anche se onestamente questo non è proprio il mio campo.” Rispose lui, esprimendo di nuovo i dubbi che aveva già sollevato coi suoi capi e con chiunque avesse parlato.

Sarah non sembrò scoraggiata. “Questo non è il campo di nessuno, purtroppo, è una cosa tutta nuova, le assicuro.”
“Lei mi diceva che è della divisione Crimini Informatici? Giusto?”

“Sì.” Rispose la donna. “Ufficio Ricerca. Ma non parliamo qui in piedi andiamoci a mettere più comodi. Venga. Riesce a camminare, sì?”

Toby provò a muovere un passo esitante: ci riusciva. La seguì mentre lei faceva strada.
“Dove siamo?”

“Qui siamo su Isla Freyas, un’isola privata di proprietà della Chung Estates. L’incidente è successo qui, la villa della vittima è proprio qui dietro. A due passi.” Gli rispose Sarah.

Come aveva preannunciato, in poche decine di passi arrivarono a un grande cancello di ferro battuto, il posto, la villa, era circondato da un alto muro tinto di bianco.

Sarah avvicinò la mano al cancello che, con uno scatto, iniziò ad aprirsi.

“Mi sono fatta dare tutti i permessi di accesso e amministrazione, sia dalla Chung Estates che dalla PS Games, ovviamente, glieli farò avere pure a lei.”

Toby stava per rispondere che poteva anche evitare e che lui a malapena ci si orientava su cose simili, ma rimase senza parola dalla vista rivelata dal cancello che si apriva.

Di fronte a lui si trovava un viale alberato, che attraversava un parco all’italiana apparentemente enorme, dall’erba perfettamente curata e dalle siepi fiorite, in fondo, in lontananza, si scorgeva a una villa mastodontica e lussuosa.

Toby si lasciò sfuggire un fischio. “Sembra Beverly Hills.”

Sarah sorrise. “Decisamente sì. La vittima, Charles Roussel, aveva un abbonamento premium e si era tolto la soddisfazione. Tanta gente qui si costruisce quello che non potrà mai avere nella vita reale.”

Impiegarono un paio di minuti per percorrere il viale e arrivare al patio coperto e poi alla grande porta di entrata.
Il foyer, dal pavimento di marmo chiaro, era a doppia altezza, circondato da una balconata, di fronte a loro due scalinate ricurve e simmetriche portavano al piano superiore, e in mezzo all’ellisse creata dalle due scale c’era… una dannata fontana anche lei in marmo.

“Come le dicevo, non si era limitato.” Sarah interruppe la sua stupita contemplazione. “Venga, andiamo a sederci, che ci facciamo una prima chiacchierata.”

“Lei è stata già qui?”

“Si un paio di volte, quando abbiamo messo tutta la proprietà sotto sequestro e per fare una prima ricognizione.”
Sarah lo condusse in quello che doveva essere un enorme salotto, le larghe finestre a tutta altezza davano sul giardino e su una lussuosa piscina a sfioro.

Sarah si sedette su un sibaritico divano, vicino a un pianoforte a coda (come poteva mancare?) e gli fece cenno di sedersi anche lui.

Toby scelse una gigantesca poltrona in cui si sentì sprofondare.

“In un posto simile uno si immaginerebbe di essere ricevuto da un maggiordomo in alta uniforme.” Fece Toby più che altro per dire qualcosa.

Sarah rise, una risata cordiale e aperta. “Oh c’era, eccome, con parecchia servitù., ma, per impedire inquinamenti della scena del crimine, abbiamo disattivato tutti.”

Toby decise di andare al punto:

“Senta agente Williams…” Venne interrotto.

“Sarah, per favore.”

“Sarah, va bene. Chiamami, pure tu, Toby.” Accettò lui. “Sarah, come ti dicevo in call, non ho minimamente capito cosa c’entrate voi della Crimini Informatici e perché avete chiesto la collaborazione di noi della Accademia della FBI. Cosa mai centriamo con la morte, di questo Roussel?… che da quanto ho capito era un informatore che dava dritte a Criminal dept su un giro di droga nel Midwest. Corretto?”

“In verità noi, non abbiamo chiesto una collaborazione generale dell’Accademia.” Precisò Sarah. “Noi abbiamo chiesto specificatamente di te, ci serve la tua conoscenza in materia di interrogatori, e tu sei uno degli agenti più esperti che ha la FBI in questo campo, no?”

Questo Toby, non poteva negarlo. 30 e più anni di carriera nel Bureau, sul campo e formando nuovi agenti, metà dei manuali che parlavano di tecniche di interrogatorio li aveva scritti lui.

“Ok. Quindi avete qualcuno da interrogatore? Non capisco però perché arrivare a me? E cosa c’entrate voi? E cosa ci facciamo qui?” Rilanciò di nuovo.

Sarah sorrise un'altra volta. Aveva un sorriso simpatico, pensò Toby.

“Permettimi di spiegarti fin dall’inizio e capirai perché abbiamo bisogno di te.”

Toby le fece segno di proseguire e si mise comodo appoggiandosi allo schienale.

“Come hai letto nel dossier che ti abbiamo mandato, questo Roussel passava informazioni, per cui quando è morto la Criminal Investigation si è messa in allarme… e poi visto… come è morto il soggetto ha chiamato a noi della Informatica.” Sarah prevenne la sua scontata domanda, sollevando una mano. “Questi dettagli sono riservati e non c’erano nel dossier. Lo hanno trovato, morto di sete… con ancora in testa un caschetto di collegamento celebrale, di fronte al suo terminale. A quanto pare qualcosa aveva causato la sua morte celebrale… ed è rimasto lì seduto incosciente per vari giorni fino a che è definitivamente morto di sete…. Lo
ha trovato il suo contatto della Criminale quando si è accorto che lui era sparito.

Il punto delicato, è che la morte celebrale è stata provocata da qualcosa che è successo mentre era collegato qui, a Dream Beach 3. Da quello che abbiamo capito non è stato un incidente o un problema tecnico.

Visto il suo campo di attività e vista la sua seconda professione come informatore l’ipotesi di lavoro, da verificare è che sia stato assassinato, da qualcuno che con un metodo che non comprendiamo, da dentro una simulazione virtuale è riuscito a far arrivare una serie di stimoli che gli hanno fritto il cervello.

Se è così è omicidio, significa che una indagine della Criminale è in pericolo e per noi della Informatica è…. una prima mondiale.”

“Ok, questo spiega perché ci siete voi della Informatica. Ma perché vi serve il sottoscritto esperto in interrogatori?”

“Perché abbiamo un possibile testimone da interrogare…”

“E pensate che non vi basti un esperto “normale”, ma arrivate fino a me. Cosa c’è di particolare in questo interrogatorio?” Dedusse Toby.  “E perché mi hai portato qui dentro questa simulazione?”

“Perché non si tratta di un essere umano e dobbiamo interrogarlo qui dentro.”

“Non è un essere umano?” Toby lasciò trasparire lo stupore.

“No.” Rispose Sarah, scuotendo la testa. “Si tratta di una Beach Doll, un NPC della simulazione… che riteniamo fosse con lui, fino al momento della morte.” Sarah fissò il silenzioso Toby e si rese conto, di non essere stata capita. Per nulla. “Ok, non mi segui vero?”

“Ehm, esatto, scusa, ma per me stai parlando veramente arabo. Come ti ho detto non ho idea di come funzioni questo posto… mi devi dare qualche informazione di base… più terra, terra.” Poi sorrise per attenuare le sue parole. “Scusami, ma hai a che fare con vecchio rudere, per me i computer si usano ancora con mouse e tastiera.”

“No, no. Capisco perfettamente. Scusami tu. Sono io che ho dato troppe cose per scontate, essendo il mio campo. Tu, mi dicevi, non sei stato qui, e non hai mai partecipato ad altri universi virtuali come questo vero?” Toby allargò le braccia in un chiaro segno sconsolatamente negativo. Sarah si fermò a riflettere. “Ok, andiamo.” Fece alzandosi. “Penso che la cosa migliore per spiegarti sia farti conoscere il testimone.”

Toby la seguì fuori dal salotto e salirono una delle scalinate fino al piano superiore.

“Qui, al primo piano, c’è la zona notte, per così dire: le camere da letto. Allora Dream Beach è una simulazione di metaverso, sostanzialmente è un mondo virtuale. Uno dei primi a sfruttare pienamente le potenzialità del collegamento diretto celebrale. Insomma, come hai visto è quasi come stare nel mondo reale.”

“Fino qui ci siamo.””

“In universi simili si può interagire o con altri esseri umani che sono nella simulazione, o con dei personaggi artificiali, gli NPC i personaggi non giocanti, ci sono varie versioni e tipologie ma quelle più avanzate che simulano meglio i comportamenti umani qui sono solitamente soprannominati Beach Doll.”

Attraversarono un lungo lussuoso corridoio, Toby sbirciò dentro alcune delle porte aperte che rivelavano altrettanto sfarzose, se non lussuriose, enormi camere da letto.

Si fermarono di fronte a una porta chiusa.

“Qui su Dream Beach… il punto è godersi una vita lussuosa e ricca, o comunque simulare in maniera realistica della cose che nella vita reale non potresti permetterti… o non puoi fare per altre ragioni.” Sarah si fermò e Toby capì che aspettava che lui gli desse conferma di aver capito. Gli fece un cenno con la testa e lei andò avanti: “Il testimone è uno di questi NPC che il morto aveva comprato… per popolare la sua villa…” Toby non poté evitare di notare una certa nuova esitazione nella voce di Sarah. “Si chiama Jocelyn.”

Disse e aprì la porta.

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Capitolo 2
*** Jocelyn ***


Era un'altra sontuosa camera da letto, vasta come un campo da basket, il soffitto ricoperto di specchi e un enorme letto rotondo con delle lenzuola di seta rosse.

Quello che colpì Toby però non fu il luogo o l’arredamento, fu la ragazza che dormiva, apparentemente serena e pacifica, su quel letto.
Il suo occhio da poliziotto gliela fece descrivere come: circa vent’anni, altezza un po’ sotto la media, corporatura snella, capelli biondi, leggermente abbronzata, nessun segno particolare visibile.

Nessun segno particolare, a parte il fatto che sarebbe stata a suo aggio in una selezione di Miss America o sulla passerella di Victoria Secret, aggiunse il suo non più giovanissimo, ma non certo scomparso, occhio maschile.

La ragazza, un insieme di sfumature dorate che andavano dal biondo pallido dei capelli al miele intenso della pelle abbronzata, indossava solo della lingerie di pizzo nero, reggiseno e mutandine, decisamente microscopiche, e delle autoreggenti coordinate.

Toby si girò a guardare Sarah, come cercando qualcosa. Lei gli rispose con un sospiro e un’alzata di spalle.

“Come dicevamo, qui la gente cerca di simulare la vita che non ha nel mondo reale… yacht, ville hollywoodiane.” Allargò le braccia come a ricomprendere quel posto. “Donne bellissime.” Si fermò e poi continuò con un tono di scusa. “Non che noi donne ci si comporti in maniera diversa da voi uomini quando siamo qui… anzi.” Altra pausa.” Comunque questa è Jocelyn. È una Beach Doll, era di proprietà di Roussel e gli stava tenendo… compagnia quando è morto.” Il tono di Sarah diceva tutto.

Toby si girò a fronteggiare Sarah, evitando l’inevitabile tentazione di tornare a fissare la ragazza sul letto, Jocelyn.

“Ma perché interrogarla? Non vi siete fatti dare registrazioni, log o quello che è, dalla PS Games?”

“Non ci sono né registrazioni, né log. La Chung Estates assicura ai suoi clienti sulla piattaforma un elevato livello di privacy… e inoltre, a quanto pare, Roussel utilizzava delle applet che cancellavano ancora più dati… se conduceva parte del suo business di commercio di droga anche da qui dentro comprensibile non volesse lasciare traccia.

Abbiamo solo il log del front end del terminale, che riporta una scarica di attività fuori scala che venivano dalla simulazione, ma cosa o chi le abbia provocate è buio assoluto, non abbiamo nulla. Ma la rag… Jocelyn era presente, speriamo e magari ce lo possa raccontare.”

“Quindi la rag…” Si interruppe anche lui, cercando la parola. “La beach…?”

“La Beach Doll”.

“Questa Beach Doll, quindi, ha in memoria quello che è successo? Non potete scaricarlo? Estrarglielo? Qualcosa del genere?”
“Non funziona così. Non ha un log o una registrazione da… scaricare, esattamente come non è possibile “scaricare” le memorie di un cervello umano… dobbiamo parlarci, interrogarla… e qui entri in gioco tu.”

“Non capisco,” Fece Toby, per correggersi immediatamente: “O meglio capisco la tua affermazione, ma non capisco come si arrivi a queste conclusioni. Ho bisogno di maggiori informazioni. Anche perché non è detto che le tecniche di interrogatorio pensate per un essere umano siano valide in questo caso.”

Notò un certo scoramento nello sguardo di Sarah, che rispose: “Ce ne rendiamo perfettamente conto… ma chi meglio di te può giudicare e magari adattarle?” Il complimento implicito non passò inosservato a Toby. “Se te la senti di aiutarci ti invio della documentazione che spero possa essere di aiuto ad orientarti.”

Toby la guardò, riflettendo. “Certo che sono dei vostri.” Decise. “È comunque una sfida nuova. Mandami la documentazione e me la studio, avrò sicuramente bisogno di confrontarmi con te e farti domande.”

“Sono a tua completa disposizione, sono al 100% su questo caso. Chiama quando vuoi.”

“Se necessario, preferirei parlare di persona. Nel mondo reale.” Precisò.

“Sono di sede al Hoover Building, chiamami e ci organizziamo.” Disse Sarah sorridendo e Toby si sentì in dovere di spiegare.
“Sono abituato così, gli interrogatori si fanno in presenza fisica, il non verbale è fondamentale e ormai ci ho fatto la abitudine.”

“Ma certo, capisco, a me fa piacere incontrarti anche nella vita reale.” Rispose Sarah con un sorriso sincero. “Senti, visto che siamo qui, vuoi provare a fare una prima chiacchierata di prova con Jocelyn?”

Toby tornò a guardare la ragazza distesa sul letto. “Sì. Perché no? Visto che ci siamo potrebbe essere utile una prima esperienza diretta. Tanto immagino che non morda.”

“No, questa non credo che morda.” Fece Sarah con voce divertita.

“Ottimo, non ho cerotti.” Scherzò lui. “Come si riattiva?”

La risposta lo colse di sorpresa.

“Bisogna darle un bacio.” Toby fissò Sarah, non capendo se stesse scherzando e lei scoppiò a ridere, un po’ divertita e un po’ imbarazzata. “Non scherzo. La PS Games tra i vari metodi possibili si è inventata anche questo per risvegliare un NPC… modello cenerentola.”

Lui scosse la testa incredulo, poi fece un gesto verso il letto.

“Beh… se non ti disturba ti lascio fare. Alla mia età baciare fanciulle mezze nude addormentate mi sembra da… da maniaco. Anche se ovviamente non è una ragazza reale.” Precisò.

Sarah riprese a ridere. “Vabbene, vabbene, ma tu non pensare male!” Poi aggiunse. “Per questo primo contatto non le dire che il suo proprietario è morto. Ok?”

Si avvicinò al letto, si chinò, sfiorò la guancia di Jocelyn con un bacio e poi fece un passo indietro.

Per alcuni secondi non successe niente, poi Jocelyn si mosse, stiracchiandosi languidamente e aprì le palpebre.

Vedendoli si bloccò a all’improvviso, perplessa da quella presenza sconosciuta e li fissò sbarrando gli occhi di un azzurro intenso e luminoso.

“Chi siete? Dov’è Charlie?”

Fu Sarah a risponderle, con voce calma e materna. “Ciao Jocelyn, Charles non può essere qui adesso. Io sono Sarah e lui e Toby.” Lo indicò con un gesto. “Siamo due agenti della FBI, sai cos’è la FBI?”

Jocelyn si alzò con un gesto fluido ed elegante, accosciandosi sul letto, l’aria preoccupata, le belle labbra rosso ciliegia lievemente aperte in una espressione meravigliata.

“È successo qualcosa?”

“No, stai tranquilla, non è successo niente di male. Vogliamo solo parlare un attimo con te. D’accordo?”

Jocelyn annuì, spostandosi in una posizione più comoda.

“Certo, ditemi, come posso aiutarvi?” Toby capì che in qualche maniera aveva controllato le loro credenziali.

“Direi che possiamo parlare comodamente in salotto, che dici?”

“Certo!” Fece lei alzandosi immediatamente. Era piccolina, esattamente come Toby aveva valutato. Formosa nei posti giusti, ma piccolina.

“Senti Jocelyn.” Aggiunse Sarah come capendo i pensieri di Toby. “Perché non ti metti qualcosa di più comodo? Noi ti aspettiamo di sotto.”

Spinse fuori Toby e chiuse la porta prima che la ragazza iniziasse a cambiarsi senza nessuna esitazione.
 
Jocelyn li raggiunse in salotto dopo pochi minuti, in un abbigliamento decisamente più modesto: Sneaker ai piedi, pantaloncini a mezza coscia e una maglietta chiara con il logo dei Chicago Bulls.

Adesso sembrava la tipica ragazza della porta accanto, una studentessa di college o qualcosa del genere. Anche il trucco era decisamente più leggero, ma il viso rimaneva di una perfezione classica… ed era evidente che sotto la maglietta non portava il reggiseno.

“Scusate per prima.” Iniziò subito a dire. “Ma mi avevate colto di sorpresa. Comunque io sono Jocelyn e sono contenta di conoscervi.” E allungo una mano verso Sarah, che gliela strinse.

“Ciao, come ti dicevo io sono l’Agente Sarah Williams.”

“Jocelyn.” Ripeté e tendendo la mano verso Toby questa volta.

“Toby Kaneshiro, piacere.” La stretta di mano era salda, il sorriso sincero. Le reazioni, i comportamenti e la voce di Jocelyn erano perfettamente naturali. A un primo approccio indistinguibile da un essere umano, ma, Toby immaginava, qualche differenza sarebbe spuntata, approfondendo.
Jocelyn rimase in piedi di fronte a loro guardandosi intorno,

“Ma non c’è il maggiordomo?” Chiese.

Le rispose Sarah. “No, Jocelyn, il personale della casa è disattivato, al momento, ci siamo solo noi tre.”
Jocelyn sembrò accettare questa situazione senza scomporsi.

“Ma allora non vi hanno offerto niente! Gradite qualcosa da bere? Posso prepararvi qualcosa?” Fu la sua prima preoccupazione.

“No, grazie, tesoro. Gentilissima, siamo a posto così. Vogliamo solo scambiare quattro chiacchiere con te, perché non ti metti comoda con noi?”
Jocelyn ubbidì all’invito (sembrava accettare gli ordini con una disponibilità esagerata per un essere umano), sedendosi di fronte a loro. Immediatamente tirò su le gambe, accovacciandosi, sulla larga seduta, col busto in una posizione sinuosa, che… faceva risaltare i seni (altro tratto abituale, quella estrema sensualità? Probabilmente sì.).

“Ditemi, cosa vi serve? Come posso aiutarvi?” Aveva un sorriso gentile e disponibile… quasi da commessa che parla con un cliente.
Sarah guardò Toby invitandolo a prendere in mano la conversazione. Lui rifletté da che parte cominciare.
“Quanti anni hai Jocelyn?” Fu la sua prima domanda, chiedendosi automaticamente se avesse senso. Lei non sembrò meravigliata e rispose senza esitazioni.

“Ventuno anni.”

“E da dove vieni?”

“Portland.” Rispose immediatamente…e Toby con una certa meraviglia non poté evitare di notare che in effetti aveva un lievissimo accento della Cascadia. Una cura dei dettagli eccezionale.

Comunque, sembrava essersi abituata alla situazione senza esitazioni e senza troppe perplessità. Un essere umano vero, pensò Toby, sarebbe stato decisamente più a disagio e avrebbe insistito per avere notizie di Roussel e capire cosa volessero loro.

Cambiò tattica, decidendo di fare una domanda che la facesse parlare:

“Cosa ti piace fare, Jocelyn?”

“Oh… mi piace nuotare, giocare a beach volley o a paddle. Mi piace provare nuovi vestiti…e mi piace ascoltare musica.” Decisamente non un tipo intellettuale.

“Che musica ti piace?”

“Tailor Swift.” Risposta immediata e senza esitazione.

Fu Sarah a intervenire.

“Un bel classico, hai ottimi gusti.”

Jocelyn si girò verso di lei, con un largo sorriso.

“Piace anche a te?”

“Oh sì, molto. Era la mia preferita da ragazza, quando avevo la tua età.”

“Sei andata a un suo concerto?” Chiese con una chiara nota di eccitazione nella voce.

“Sì una volta.”

“Che invidia! Quanto vorrei aver avuto la possibilità di andare a un concerto di Taylor Swift!” Sospirò.

“A te cosa piace di musica, Toby?” Gli chiese all’improvviso Sarah.

“Io vado verso qualcosa di più duro e rock, però ascolto anche cose moderne tipo i Saturn.”

“Non sono male.” Concordò Jocelyn. “Hanno dei bei testi.”

Toby riporto l’attenzione su di lei.

“Quindi passi il tempo nuotando e ascoltando musica?”

Per la prima volta Jocelyn sembrò fermarsi a riflettere.

“Beh di solito c’è Charlie, passo il tempo con lui… a prendermi cura di lui e a fare quello che gli serve.”

“Vuoi bene a Charles?”

“Io lo amo.” Fu la risposta immediata.

Toby guardò Sarah.

Gli vuoi davvero bene, vero?” Chiese lei.

“È un uomo fantastico, il migliore.” Poi continuò. “Gli è successo qualcosa?” La voce questa volta piena di apprensione.

“No, tranquilla, va tutto bene.” Fece Sarah con voce suadente e dolce. Poi decise di interrompere quel primo contatto: “Forse è meglio che tu torni a dormire Jocelyn. Adesso anche noi andremo via.”

“Va bene, è stato un piacere conoscervi.”

Jocelyn si alzò, ubbidendo, ma si fermò dopo un paio di passi.

“Perché voi siete della FBI, no? Se siete della polizia c’è qualcosa che non va.” La paura dalla voce si era estesa agli occhi e al viso.

Fu Sarah a reagire, alzandosi e prendendola per le spalle per rassicurarla.

“Non è successo niente che non si possa sistemare. Nei prossimi giorni noi torneremo a parlarti e tu ci darai una mano a sistemare tutto.”

“Si può sistemare tutto? Vi posso aiutare? Posso aiutare Charlie?”

“Sì, Jocelyn, tu ci puoi aiutare.” La ragazza sembrò convincersi e rasserenarsi. “Vai a dormire adesso.”

Rimasero soli.

“Allora?” Chiese Sarah. Toby rispose con un fischio ammirato.

“Notevole… notevole… non pensavo di trovarmi di fronte a qualcosa di simile… non mi aspettavo tutta questa… naturalezza. Ok sapevo che il test di Touring ormai veniva passato senza problemi… ma questo è eccezionale.”

“E questo è un modello commerciale, standard… e pure superato ormai. Ma qui, per quello che serve, basta e avanza. Allora pensi che possa darci informazioni? Può essere interrogato?”

“Ci si può provare… non ha lo stesso comportamento di un essere umano, malgrado tutto, ma si può provare. Mandami un po’ di documentazione, fammi capire cosa diavolo è in realtà. E vediamo.”

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Capitolo 3
*** Hoover Building ***


Erano parecchi anni che Toby non tornava al rinnovato Hoover Building, nel centro di Washington, dopo la ristrutturazione la Direzione e i pezzi grossi si erano trasferiti in una sede nuova a sud del Potomac e adesso lì rimanevano solamente le direzioni tecniche.

All’entrata si avvicinò a uno dei tornelli, che riconobbe il suo chip e lo avvertì, con una voce che non aveva neppure da lontano il realismo di quella di Jocelyn, che l’Agente Williams era stata avvertita e che doveva prendere l’ascensore D e salire al 6° piano.

All’apertura delle porte, arrivato al piano, Sarah era lì. Era lei, molto simile all’Avatar che aveva incontrato dentro Dream Beach, forse un po’ meno idealizzata, reale con i suoi difetti, tipo le piccole rughe di espressione intorno agli occhi e alla bocca che, secondo lui, davano carattere e maturità al bel viso facendo sembrare troppo perfetto quello della versione simulata.

“Ciao Toby.”

“Sarah.”

La solita solida stretta di mano, anche lei immutata.

“Beh, sono lieta che mi hai riconosciuto anche nella vita reale. Il mio Avatar su Dream Beach è vecchio e mi toglie parecchi anni.”

“Assolutamente non vedo questa differenza di età, anzi, ti assicuro!” Fece lui, tentando, goffamente, di essere gentile se non galante.

“Beh grazie!” A quanto pare aveva fatto un lavoro sufficiente, perché venne ricompensato con un largo sorriso. “Vieni ho preso una stanza riunioni così nessuno ci disturba, ma prima passiamo dal direttore Universi Virtuali, che voleva conoscerti e ringraziarti per l’aiuto.”

Ci volle più di mezz’ora di presentazioni, convenevoli e ringraziamenti, ma alla fine il direttore li lasciò andare e approdarono alla sala riunione promessa, troppo grande per solo loro due, dove li aspettava un laptop collegato a uno schermo, delle bottigliette d’acqua e una pila di documenti stampati, tra i quali Toby riconobbe alcuni di quelli che Sarah gli aveva girato il giorno prima ,e che aveva passato serata e buona parte della notte a studiare e, piacevole sorpresa, una delle sue pubblicazioni “Psicologia degli Interrogatori”.

Sarah si accorse che l’aveva vista.

“Ho potuto solo sfogliarlo in fretta, ma mi sono studiata il tuo curriculum, sai, prima di farti coinvolgere.”

“Un onore, signora.”

“Dai siediti e cominciamo, che sono sicura che avrai più domande di quanto abbiamo tempo.”

Analisi probabilmente corretta, pensò Toby, che non se lo fece dire due volte.

“Allora, si di domande ne ho molte. Ho letto i documenti che mi hai mandato… anche se anch’io velocemente, visto il tempo scarso.”

“Mi dispiace.”

“Oh non ti preoccupare.” Fece lui. “Non è certo colpa tua. I cattivi ci lasciano sempre poco tempo, no?”

Sarah fece una sincera risata.

“Vero, allora cominciamo? Vai.”

“Primo, scusa se te lo chiedo, ma io non ho letto il tuo curriculum, tu sei specializzata in questi campi ovviamente? O avremo bisogno di altri esperti?”

“Certo, ho un PhD della Cornell, in intelligenze artificiali applicate agli ambienti virtuali… e ho lavorato per la PS Games, proprio su Dream Beach. Penso di poter rispondere a tutto.”

“Ok, perfetto, sono contento, molto meglio così. Allora, allora” Tirò fuori il suo tablet cercando il file degli appunti. “Spero mi scuserai se ti farò domande stupide…” Disse mentre continuava a cercare. “Se sembro un totale ignorante in materia è perché sono veramente un totale ignorante in materia, non fingo.” Altra risatina. “Oh, ecco qui!” Esclamò soddisfatto aprendo il file giusto.

“Dunque… cominciamo dal principio. Jocelyn sarebbe, dimmi se è la definizione corretta, un “modello generativo di linguaggio naturale” basato su una rete neurale che gira su un server quantistico della PS games. Corretto?”

“Esattamente. I server sono dei SaaS per lo più, ma questo è solo un tecnicismo. Per precisare di modelli generativi di linguaggio naturale ce ne sono di tanti tipi, anche la tua macchina sicuramente ne ha uno, per capire quello che dici e gli indirizzi dove deve andare e per risponderti, per esempio. Il modello di Jocelyn è più complicato, deve imitare un essere umano e quindi risponde a tre livelli di linguaggio: verbale, visivo e cinestetico… per dirla con un linguaggio psicologico.”

Toby annuì.

“È più una terminologia da PNL, ma è chiaro, grazie.” Guardò gli appunti: “Seconda domanda: dato che funziona sulla base di una rete neurale, noi conosciamo l’input, conosciamo l’output, ma non sappiamo il percorso logico che porta da l’uno all’altro. Corretto?”
“Sostanzialmente corretto. Tra input e output è il buio.”

“Punto importante… correggimi se per caso formulo male la domanda… tu mi dicevi che non abbiamo un file di “memoria” o un log di Jocelyn per capire cosa è successo, adesso capisco anche il perché, circa.

Ma Jocelyn è pur sempre un sistema informatico, quindi… possiamo salvarlo o ricrearlo per rendere, ehm, l’esperimento ripetibile, fargli le stesse domande in maniera diversa o domande diverse nella stessa maniera e studiare la differenza tra le risposte? Non so se mi sono spiegato.”

Sarah rimase pensierosa un secondo.

“No, no ti sei spiegato… è una idea… interessante. Vediamo. Allora sgombriamo il campo… Non possiamo “ricreare” Jocelyn. Ti spiego, ovviamente la base è un modello “standard” della PS Games, che viene customizzato al momento della creazione del singolo NPC, ci sono circa un centinaio di fattori in campo… e poi questa personalità base viene modellata da tutte le sue interazioni con il mondo circostante, ogni interazione porta a una lieve modifica ed evoluzione del modello. Quindi no, non possiamo ricrearla.”

“Per il secondo punto: questi NPC vengono salvati regolarmente, ma… c’è un caveat se ho capito quello che vuoi fare. Il sistema di base ha una componente stocastica, non risponde mai esattamente alla stessa maniera ad un input… esattamente come un essere umano, inoltre le reti neurali e il chip quantistici interagiscono tra loro in maniera altrettanto particolare, per cui un salvataggio di Jocelyn installato su un altro server, non è detto che avrebbe esattamente gli stessi comportamenti.

Detto tutto ciò, se vuoi ci proviamo, mi faccio dare dalla PS Games l’ultimo back up o me ne faccio fare uno apposito, se vogliamo fare delle prove.
Ho risposto ai tuoi dubbi?”

Toby finì di prendere degli appunti.

“Sì, direi proprio di sì, grazie. Non la risposta che avrei preferito, ma chiara di sicuro.” Si fermò e abbassò il tablet. “Sai una cosa simile ovviamente non la puoi fare nel mondo reale… ma si potessero fare esperimenti simili in virtuale e verificare i vantaggi e gli svantaggi dei vari approcci e tecniche… beh sarebbe interessante. Anche al di là del caso specifico, intendo.”

Riconsultò gli appunti e riprese.

“Chiuse le due principali domande generali. Abbiamo solo Jocelyn da interrogare, gli altri NPC della casa?”

“Jocelyn è al sola che possa darci informazioni, gli altri sono dei semplici bot che reagiscono in maniera standard.”

“Ok, passiamo ad altro. Jocelyn può mentire? Ad esempio, mi ci ha detto di avere 21 anni e di venire da Portland.”

Sarah scosse la testa “Dipende cosa intendiamo per mentire. Un attore recita, non mente. Jocelyn recita la parte di una ventunenne di Portland, sessualmente attiva. Perché così l’ha impostata Roussel, che aveva quella fantasia e lei segue questo personaggio. Se invece di chiederle quando era nata le avessi chiesto quando era stata creata, lei avrebbe detto quando la sua istanza era stata inizializzata a sistema.”

“Quindi abbiamo due livelli di personalità?”

“No, non abbiamo personalità in senso psicologico, questo ti deve essere chiaro. Jocelyn non ha coscienza di sé e non la ha neppure… la struttura sottostante. Jocelyn sceglie le sue azioni e reazioni su base puramente statistica. La rete neurale è stata addestrata con terabyte di dati sui comportamenti umani in una infinità di situazioni diverse. Jocelyn sceglie in questa immensa quantità di esempi il comportamento che gli sembra appropriato per una ventenne di Portland molto sexy e non troppo brillante, ma non ha autocoscienza.”

“Non troppo brillante?”

“Sì, Roussel non la voleva troppo intelligente o colta. Solo allegra, sportiva e sessualmente molto disponibile. Ti faccio vedere.” Gli iniziò a far vedere le impostazioni di partenza di Jocelyn. “Insomma con Jocelyn non ci giocava a scacchi.”

“Ma è legale?”

“Il sesso non è ancora illegale, che io sappia.” Ribatté Sarah con un sorriso, poi si fece seria. “Su Dream Beach diciamo che parecchi utenti cercano proprio questo. La PS Games fa finta di niente, loro bannano solo alcool, droghe, armi e manifestazioni eccessive di violenza… e pedofilia ovviamente, quella la passano direttamente a noi.”

“Ok, ma insomma Jocelyn può mentire?”

“Potrebbe, se è nel personaggio, potrebbe. Ricorda lei recita una parte”

Toby scrisse altri appunti prima di continuare.

“Ok… e dimmi: Jocelyn ha istinto di autoconservazione?”

“Nei limiti di quanto detto prima, no.”

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