A come Amicizia

di Padmini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A come Amicizia ***
Capitolo 2: *** B come Bacio ***
Capitolo 3: *** C come Coraggio ***
Capitolo 4: *** D come Denti ***
Capitolo 5: *** E come Eremita ***
Capitolo 6: *** F come Furto e Famiglia ***
Capitolo 7: *** G come Ghiacciolo ***
Capitolo 8: *** H come Hokage ***
Capitolo 9: *** I come Impermeabile ***
Capitolo 10: *** J come Jugo ***
Capitolo 11: *** K come Kurama ***
Capitolo 12: *** L come Lucciole ***



Capitolo 1
*** A come Amicizia ***


Ben ritrovati! Io sono sempre Padmini, mi conoscete ormai, ma in questa nuova avventura non sarò sola! Questa nuova fanfiction verrà scritta a quattro mani, io e Nunzia decideremo insieme la trama e scriveremo un capitolo a testa, alternandoci. Questo primo capitolo è proprio opera di Nunzia, che ora si presenterà! Noi ci sentiremo nel prossimo capitolo. Per ora vi auguro buona lettura!

 

Salve a tutti, vi parlerò brevemente di me, prometto di non annoiarvi! 

Mi chiamo Nunzia, ho 42 anni, e sono mamma di 2 bambini e una cagnolina. Non vi dirò quale dei tre mi obbedisce di più, potete immaginarlo. 😅

Ho tante e diverse passioni: Hogwarts è la mia seconda casa, nello specifico la casa di Corvonero, adoro la matematica, leggere romanzi e guardare serie tv. Una delle passioni che si sono aggiunte negli ultimi anni è il mondo di Naruto, al quale mi sono avvicinata grazie ai miei figli. Non mi dilungherò oltre, spero che questa nostra storia scritta a 4 mani vi piaccia! 



 

A - Amicizia
(Scritto da Nunzia)

 

A quando risale il ricordo più vecchio della vostra prima vera amicizia? Lo rammentate o siete sempre stati così tanto circondati da affetto da non rendervi nemmeno conto di quanto sia preziosa? Non siamo tutti così fortunati, ma forse quanto più siamo soli più possiamo apprezzare l'affetto sincero, quando questo arriva. 

Vi racconterò una storia, se vorrete fare un piccolo viaggio in Giappone con me, in un grande villaggio ninja nel paese del Fuoco. 

 

Era tarda primavera e a Konoha i ciliegi erano tutti in fiore. Oltre il muro di cinta della città, seguendo uno stretto sentiero in direzione est si giungeva in una piccola radura solitamente deserta sulle rive di un fiume.

Quel mattino molto presto, però, era arrivato un bambino. Aveva capelli biondi molto spettinati, limpidi occhi azzurri e un'espressione seria e concentrata sul volto infantile.

"Dannazione, oggi non vogliono proprio saperne di abboccare, sto morendo di fame!" brontolò mentre il suo stomaco gli faceva eco. Continuò ancora a provare e riprovare, alternando momenti di sconforto nei quali gettava via la canna da pesca con rabbia, ad altri in cui cercava di incoraggiarsi con la speranza di mettere qualcosa sotto i denti. Trascorsero così diverse ore, durante le quali il bambino fu sempre solo ma non sembrò curarsene, come se fosse normale.

Non aveva qualcuno che lo aspettava a casa? Nessuno era in pena per lui non vedendolo tornare?

Tanta era la sua concentrazione mentre cercava di acchiappare un grosso pesce che aveva appena intravisto, che non si rese neppure conto di non essere più solo.

"Ah, sei tu" esclamò una voce che gli si faceva incontro mentre un altro bambino usciva dal folto degli alberi. Aveva capelli neri legati strettamente sulla cima della testa e camminava trascinando i piedi con le mani infilate nelle tasche.

"Che cosa vuoi?" rispose subito il primo bambino mettendosi sulla difensiva "sei venuto a rubarmi il pranzo?"

L'altro si limitò ad alzare un sopracciglio guardandosi intorno "Andiamo, Naruto, ma se non hai preso niente! E poi mia madre mi ha preparato un bento per pranzo, vedi" e si sistemò su una roccia aprendo una scatolina piena di pietanze profumate dall'aspetto squisito.

Naruto lo guardò per un momento, poi il brontolio del suo stomaco gli ricordò che se non fosse riuscito ad acchiappare almeno un pesce sarebbe rimasto a digiuno. Distolse lo sguardo con un profondo desiderio negli occhi ma l'orgoglio gli impediva di implorare l'altro bambino...d'altra parte gli sembrava che ci fosse fin troppo da mangiare per una persona sola, quasi quasi...

"Avanti Naruto, non vedi che non c'è neanche un pesce? Vieni a sederti con me, ho abbastanza cibo per tutti e due! La mamma abbonda sempre in caso ci sia anche Choji e lui aveva già un altro impegno quindi non è potuto venire con me" disse con un veloce sorriso.

"Va bene" rispose l'altro dopo un attimo di esitazione, e si sedette.

Mangiarono in silenzio, ma l'atmosfera era rilassata, nonostante non sembrasse una scena usuale per due bambini di quell'età.

"Grazie per aver diviso il tuo pranzo con me, Shikamaru"

L'altro sollevò le spalle "tu avresti fatto lo stesso per me, no?"

Naruto sgranò gli occhi "beh, ma nessuno si avvicina mai a me, lo sai, tutti mi odiano perché sono quello cattivo, no?" si alzò e corse via stringendo i pugni per trattenere le lacrime.

 

Quella sera Shikamaru era sdraiato sotto le coperte ma non riusciva a dormire. Perché Naruto si era definito bambino cattivo? Aveva notato l'ostilità degli adulti, e di conseguenza degli altri bambini, ma suo padre Shikaku gli aveva insegnato a non farsi influenzare dal giudizio degli altri, e a ragionare sempre con la sua testa.

Naruto era vivace e combinava spesso guai, ma questo non faceva di lui una persona cattiva, a lui sembrava soltanto molto solo. Adesso che ci pensava non ricordava di averlo mai visto in compagnia dei suoi genitori, era stato forse abbandonato? Non si curavano di lui? Nei suoi pensieri innocenti da bambino di 6 anni non aveva contemplato l'ipotesi più triste: che fosse orfano.

 

Nello stesso momento, a poche centinaia di metri di distanza nel suo appartamento, anche Naruto era sotto le coperte e ripensava alla giornata appena trascorsa. Si domandava se non fosse stato maleducato da parte sua correre via in quel modo, forse domani avrebbe dovuto scusarsi...sì, lo avrebbe fatto, aveva deciso! Sorrise e finalmente sereno si addormentò.

 

Il giorno successivo cominciò come tanti altri, molto spesso i negozianti scacciavano via Naruto senza nemmeno chiedergli se fosse lì per comprare qualcosa e lui si era in un certo senso abituato arrivando a considerarlo un comportamento normale. Avrebbe voluto soltanto prendere un dolcetto da regalare a Shikamaru per ringraziarlo della sua gentilezza del giorno prima, ma non riusciva neanche ad entrare per fare la sua richiesta. Dopo l'ennesimo tentativo inutile si voltò sconfortato e si ritrovò davanti proprio Shikamaru che però non guardava lui, ma l'uomo che inveiva alle sue spalle con disprezzo poco macelato negli occhi neri.

"Non vedi che è soltanto un bambino? Perché lo tratti così? Non ti ha fatto nulla e tu lo cacci via come se avesse la peste!"

L'uomo continuò ad inveire cacciandoli via entrambi, e i bambini presero a correre tenendosi per mano per non perdersi tra la folla del mercato vicino.

" Scusami per ieri Shikamaru, avrei voluto comprarti un dolcetto per ringraziarti della tua gentilezza, ma nessuno ha voluto vendermelo" sussurrò Naruto mentre erano sdraiati vicini sull'erba osservando le nuvole.

L'altro rimase in silenzio per un po' rimuginando sulle sue parole. "Lo ammetto, non ho capito perché quell'uomo ti ha trattato in quel modo, ma quello che mi hai detto ieri mi ha fatto riflettere. I tuoi occhi non sono mai stati cattivi, nemmeno quando lui gridava contro di te in quel modo. I suoi invece mi hanno dato i brividi. Erano pieni d'odio, lo capisco perfino io che sono un bambino, è lui ad essere cattivo, non tu"

Naruto si mise seduto e guardando Shikamaru un sorriso cominciò ad affiorargli sulle labbra. "Grazie... " mormorò. 

"Io e Choji ci conosciamo fin da piccolissimi, penso di dare un po' per scontata la sua presenza, io faccio parte di lui e lui di me, capisci quello che voglio dire?" Naruto non ne era sicuro, dopotutto non aveva nessuno nella sua vita che potesse considerare come parte di sé, ma annuì lentamente.

Shikamaru continuò "Il fatto che Choji ed io siamo amici non significa che non possa avere anche un altro amico, non lo credi anche tu?"

Naruto non era molto sicuro di quello che volesse dire ma la verità cominciò pian piano a farsi strada e il suo sorriso si allargò ancora di più raggiungendo finalmente gli occhi. " Mi stai dicendo che..."

" Mi sembravi più sveglio, sai? " ribattè Shikamaru in tono irriverente e canzonatorio scoppiando a ridere, subito seguito da Naruto.

Risero così tanto che non si resero conto del tempo che trascorreva, giocarono tra gli alberi, pescarono insieme e Shikamaru propose di portare i pesci da sua madre per farglieli cucinare così da mangiarli insieme.

La donna abbracciò il suo bambino in un moto d'orgoglio vedendo chi aveva portato a cena "mamma, ma cosa fai, mi metti in imbarazzo!" balbettò Shikamaru con le guance rosse.

Lei rise, poi si voltò ed entrò in casa "tu e il tuo amico correte a lavarvi le mani, preparerò un banchetto degno di due principi!"

Qualche ora dopo i due erano così pieni da non riuscire nemmeno a muoversi, si guardarono e Shikamaru sussurrò  "Amici allora?"

Un sorriso smagliante accompagnò le parole di Naruto "certo che sì!!!"

 

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Capitolo 2
*** B come Bacio ***


Bentrovati! Ecco il secondo capitolo con la lettera B! Questo l’ho scritto io!

Buona lettura!

Padmini


B - Bacio
(Scritto da Padmini)



 

Era appena entrato al villaggio e già tutti si erano accorti di lui. I negozianti, i passanti, perfino dalle finestre, tutti avevano iniziato, come facevano sempre, ad additarlo e a sparlare di lui. Naruto era abituato a questo genere di cose, ormai non li vedeva e non li sentiva nemmeno più, andava fiero per la sua strada senza curarsi di ciò che gli accadeva attorno.

Ogni tanto, però, capitava che non riuscisse ad essere del tutto indifferente, il suo sguardo da bambino notava tutto, e c’erano alcune cose che lo ferivano più di altre, com’era successo il giorno precedente.

Era al parco e stava cercando, senza troppo successo, di integrarsi nei giochi degli altri bambini, aiutato anche da Shikamaru e Choji. Qualcuno aveva appena raccontato una storia divertente, alla quale tutti avevano riso, tranne Naruto, che invece stava fissando qualcosa poco lontano.

“Hey, Naruto!” lo chiamò Choji “Era divertente, vero?” chiese, cercando di coinvolgerlo.

Naruto non rispose, si alzò e si allontanò di qualche passo.

“Hey!” ripeté Choji “Dove …”

“Lascialo stare” gli disse Shikamaru, che aveva osservato Naruto e capito cosa era successo.

“Ma …” insistette Choji.

“Ti spiego dopo, va bene? Non ce l’ha con te.”

Choji, che si fidava di Shikamaru, sorrise, rassicurato dalle sue parole.

 

Naruto continuò a camminare finché non si avvicinò abbastanza per osservare meglio. Pochi istanti prima una bimba molto piccola era inciampata ed era caduta a terra, sbucciandosi un ginocchio e graffiandosi la fronte. La mamma, che era seduta poco distante, era corsa subito da lei per consolarla e rassicurarla e Naruto, avvicinandosi, la sentì parlare alla figlia.

“Non preoccuparti, tesoro mio” le diceva “Vedrai che passerà presto.”

Naruto vide la mamma estrarre dalla borsa il necessario per medicare le ferite della figlia: un po’ d’acqua in un fazzoletto pulito per lavarla, una garza imbevuta di disinfettante, un cerotto e, infine, la cosa più preziosa, un bacio dato con amore al di sopra dei due cerotti.

“Vedrai, così guarirai subito!”

La mamma abbracciò la bimba, che pian piano si calmò e smise di piangere.
“Visto? Stai meglio ora?” chiese “Andiamo a casa ora, dobbiamo preparare la cena per il papà!”

Naruto restò fermo, immobile, ad osservare la scena, e continuò ad osservare fino a quando non vide le due uscire dal parco.

“Naruto?” chiese Shikamaru, avvicinandosi “Qualcosa non va?”

Naruto si voltò di scatto, sul suo viso c’era un sorriso enorme ma, osservò Shikamaru, sembrava forzato.

“Certo! Tutto bene!” chiese “Perché me lo chiedi?”

Shikamaru aprì la bocca, stava per chiedere altro, ma decise di lasciar stare.

“Nulla, non fa niente.” disse “Torniamo a giocare?”

Proprio in quel momento, la madre di Shikamaru lo chiamò.

“Shikamaruuuuu! Vieni, andiamo a casa, è ora di cena! Vieni anche tu Choji, ti accompagno a casa!”

Shikamaru avrebbe preferito continuare a restare lì, ma sapeva che se sua madre fosse stata costretta a chiamarlo una seconda volta sarebbero stati guai.

“Ci vediamo, Naruto!” disse, avviandosi.

“Ciao.” rispose lui, alzando appena la mano, per poi girarsi nuovamente verso il luogo in cui era caduta la bambina.

Restò lì ancora qualche istante, aspettando qualcosa, forse qualcuno che si prendesse cura di lui, ma quel qualcuno non arrivò; giunse invece il freddo, pian piano, mentre il sole calava all’orizzonte, un venticello freddo iniziò a soffiare dalle montagne, gli scompigliò i capelli e lo fece tremare per il freddo, ma lui non si mosse, rimase lì, immobile, mentre la luce del lampione si rifletteva sulle lacrime che gli rigavano il viso, lacrime sgorgate silenziose ma inesorabili, senza che un vero pianto lo scuotesse.

“Non sto piangendo” sussurrò “è il vento.” aggiunse, asciugandosi il viso e voltando le spalle a quel soffio gelido, che sembrò quasi spingerlo verso casa.

“Ho sonno, sono stanco.” mormorò ancora, avviandosi lentamente fuori dal parco.


Nei giorni seguenti Naruto non sembrò tanto diverso dal solito, rideva, scherzava come al solito, ignorava gli sguardi dei passanti e si metteva nei guai, ma Shikamaru notò qualcosa di diverso nel suo sguardo, sembrava assente, perso in chissà quali pensieri, sembrava che stesse cercando qualcosa o qualcuno o forse, semplicemente, il coraggio di fare qualcosa, cosa Shikamaru non lo sapeva.

Quel pomeriggio, come sempre, Naruto si era recato al parco con la speranza di trovare Shikamaru e Choji, che stavano già giocando con alcuni ragazzini della loro classe.

“Hey, Naruto! Siamo qui!” gridò Shikamaru.

“Stai zitto!” lo rimproverò uno dei ragazzini “Non vorrai che venga qui con noi, no?”

“Perché no?” chiese Choji “è simpatico!”

“Allora andate voi a giocare con lui!” rispose il moccioso “Se mia mamma dovesse vedermi vicino a quel tipo mi sgriderebbe!”

Shikamaru sospirò, ce la metteva tutta per cercare di far integrare Naruto, ma gli altri sembravano non capire, non voler andare oltre.

“Andiamo, Choji” disse “Raggiungiamolo, non voglio lasciarlo lì da solo.”

Naruto era in piedi, sembrava cercare qualcosa o qualcuno, ma quando vide i suoi amici sorrise e gli corse incontro.

“Giochiamo?” chiese.

“Sì! Dai! Ho un nuovo gioco da farti vedere!” disse Choji “Me l’ha insegnato un mio amico!”


Più tardi i tre ragazzi erano pienamente immersi nel gioco, quando Naruto notò qualcosa, era la bambina che aveva visto cadere qualche tempo prima, che era appena arrivata al parco con la sua mamma, la quale la osservava giocare senza perdere un suo singolo movimento.

“Stai attenta a non cadere!” le disse, guardandola correre via.

Naruto si fermò, stava per prendere al volo la palla che gli stava lanciando Shikamaru, ma la lasciò rimbalzare e rotolare via.

“Hey! Naruto! Cosa …”

Naruto non rispose, si voltò, seguì con lo sguardo la palla che continuava a rotolare verso la bambina e, senza preavviso, le corse dietro. Scattò all’improvviso, ma dopo pochi metri inciampò e cadde rovinosamente a terra.

“Sei scemo?” chiese Shikamaru, correndogli incontro “Sei inciampato sul nulla!”

Naruto si mise in ginocchio e si osservò le mani e le ginocchia e si sfiorò la fronte, dove c’era un bel graffio, poi si voltò verso la mamma della bambina, cercando il suo sguardo come per chiederle aiuto.

La donna non solo lo ignorò, ma si avvicinò alla figlia, la prese per mano e la trascinò via.

“Vieni, tesoro” disse lanciando un’occhiataccia a Naruto “Allontaniamoci.”

Naruto era rossi in viso, sembrava sull’orlo delle lacrime, ma non le lasciò uscire, si alzò in piedi, recuperò la palla e tornò da Shikamaru e Choji.

“Non ti sei fatto male?” chiese Choji, osservando le ferite.

“No, non preoccuparti” rispose Naruto, sorridendo “Continuiamo!”

 

Più tardi erano tutti e tre esausti, il sole stava iniziando a calare all’orizzonte e in quel momento arrivò Yoshino per prendere Shikamaru e Choji.

“Shikamaru!” gridò “Choji! Venite! è ora di cena! Oh!” esclamò, osservando Naruto, che aveva ancora in viso, sulle ginocchia e sulle mani i segni della caduta.

“Naruto! Sei caduto? Ti sei fatto male?” chiese, avvicinandosi per osservare meglio.

Naruto si limitò ad annuire.

“Sì, mamma” rispose Shikamaru “è inciampato!”

“Sembra che tu stia meglio” disse lei, posandogli una mano sulla spalla “Ti fa ancora male?” chiese.

“Un po’ …” mentì Naruto.

Yoshino inclinò leggermente la testa e sorrise, poi si chinò e baciò la ferita sulla fronte di Naruto, facendolo arrossire.

“Vieni a casa con noi, stasera per cena ho preparato ramen e carne alla griglia!”

Naruto sorrise.

“La ringrazio!”

I tre ragazzi esultarono e, raccolta la palla, seguirono la signora Nara, mentre il parco si svuotava.


Più tardi, dopo una scorpacciata di Ramen e carne alla griglia, Naruto osservava il soffitto della sua camera, felice. Era bastato quel piccolo bacio a scaldargli il cuore e a dargli serenità.

“Dì la verità, sei inciampato apposta, vero?”

 

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Capitolo 3
*** C come Coraggio ***


C - Coraggio
(Scritto da Nunzia)



 

Quella che state per leggere è  un'avventura per cuori impavidi, siete pronti? 

 

Nel paese del fuoco, da un po' di tempo girava voce che una misteriosa creatura si aggirasse tra i boschi nei dintorni di Konoha. Molti erano stati gli avvistamenti, e in più alcune aggressioni di mercanti, avevano aumentato i timori della popolazione, così le chiacchiere erano aumentate. E si sa, le chiacchiere fanno presto a girare, ma anche a gonfiarsi a dismisura! Nel giro di poche settimane si era sparsa la voce che un' enorme tigre, tanto grossa come non se ne era mai vista una, si aggirasse nei boschi cacciando esseri umani. E una tigre mangia uomini è quanto di più spaventoso possa esserci! Il terzo Hokage aveva inviato squadre di ninja in esplorazione, ma queste non avevano ancora raccolto prove sufficienti.

Un gruppo di bimbetti di circa 6 o 7 anni al massimo parlottava seduto accanto alla fontana del villaggio.

"Tu che ne pensi Shikamaru? Ci sarà davvero un mostro mangia persone sulle montagne?" disse un bimbetto dalle guance paffute che divorava patatine da un sacchetto.

"Avanti Choji, non avrai mica paura! Io dico di andare a vedere!" si intromise un bimbo biondo e spettinato con un largo sorriso.

Shikamaru sospirò "Naruto non pensarci nemmeno, anche mio padre mi ha fatto promettere di non avvicinarmi ai boschi, dice che qualunque cosa ci sia lì fuori dev'essere pericolosa, e nemmeno i ninja dell'Hokage sono riusciti ancora a trovarla!"

"Siete soltanto due fifoni" sbuffò Naruto "possibile che non siate per niente curiosi?".

 

In quello stesso momento il ninja copiatore, Kakashi, si trovava nascosto immobile sul ramo di un albero ed osservava con attenzione l'ingresso di una caverna tra le montagne cercando di non fare rumore. Pochi minuti dopo un cane ninja uscì silenzioso dalla caverna e gli si avvicinò. "Allora Pakkun, hai trovato qualcosa?" "Anche questa è vuota Kakashi, ne restano soltanto altre tre e poi non saprei più dove cercare"

 

I tre bambini intanto continuavano a chiacchierare seduti sul bordo della grande fontana, e il piccolo Naruto insisteva "Avanti, non ci avvicineremo mica! Voglio soltanto dare un'occhiata alla tigre da lontano, non ne ho mai vista una! Sarà una prova di coraggio!"

Choji scosse la testa "Non mi interessa se pensi che sia un fifone Naruto, se disobbedisco alla mamma, si arrabbierà tantissimo e potrebbe non comprarmi più le mie patatine preferite!" affermò rabbrividendo.

"Dai Shikamaru!" continuò Naruto rivolto all'altro dopo aver alzato gli occhi al cielo "non lascerai mica che vada da solo!" e detto questo si alzò con un balzo e si avviò trascinando i piedi.

Pochi istanti dopo, quando Shikamaru lo raggiunse, Naruto sogghignò "sapevo che saresti venuto, tu non sei un fifone"

"Non si tratta di questo, tu sei talmente incosciente da metterti nei guai, non posso lasciarti andare da solo" gli rispose guardandolo con aria seria negli occhi infantili "ci scopriranno e la mamma mi metterà in punizione...che seccatura!"

I due bambini scavalcarono il muro di cinta approfittando di un grosso albero, e cercando di non farsi notare si inoltrarono nel bosco. Trascorse un paio d'ore, Naruto cominciò a spazientirsi "Dev'essere tutta una montatura, qui non c'è nessun animale gigantesco!" si lamentò.

Shikamaru in cuor suo sperava che l'amico avesse ragione, non aveva nessuna voglia di correre un rischio inutile, in più non sapeva se temere più la belva oppure la mamma!

Proprio mentre era assorto in questi pensieri, un profondo ruggito squarciò l'aria ed entrambi si voltarono all'unisono nella stessa direzione. Centinaia di uccelli presero il volo tutti insieme con un rumore assordante lasciando la foresta insolitamente silenziosa.

"Sei contento? C'era davvero, adesso corriamo via prima che ci mangi!" mormorò Shikamaru con voce stridula cercando di tirare Naruto verso di sé. Ma l'altro restava immobile mentre il sudore gli imperlava la fronte "Non ho paura di te, non ho paura di te, non ho paura..." continuava a sussurrare guardando un punto fisso tra gli alberi.

Ed ecco che una belva enorme e dalla pelliccia striata uscì dal bosco avvicinandosi a loro senza emettere alcun suono. Non l'avessero vista con i loro stessi occhi, avrebbero potuto dubitare che fosse davvero lì.

Un lievissimo rumore alle loro spalle tradì la presenza di una terza persona: "PARAMENTO TERRESTRE" disse con voce chiara il ninja posando entrambi i palmi delle mani sul terreno.

Naruto e Shikamaru videro improvvisamente apparire davanti ai loro occhi un muro di pietra alto e spesso, che impedì alla tigre di avanzare oltre. Si voltarono e videro che le mura erano in realtà quattro, a formare un piccolo recinto con loro tre all'interno al sicuro, mentre i ruggiti che udivano facevano capire che la belva stava girando intorno a quella strana struttura che non c'era fino a pochi istanti prima.

Kakashi osservò i bambini per qualche secondo "Tu devi essere il figlio di Shikaku, scommetto che ti farà una bella ramanzina quando scoprirà che eri qui fuori. E tu" si interruppe guardando Naruto che lo osservava con aria di sfida nonostante il volto pallido "il terzo non sarà affatto contento".

La belva continuava a girare intorno alle mura ruggendo e colpendole di tanto in tanto con gli artigli ma ovviamente loro non potevano vederla, finché non udirono improvvisamente uno schiocco seguito da un rumore elastico, e un ruggito si interruppe a metà. Ancora qualche fruscio e poi... "Sento qualcuno parlare! Sono venuti ad aiutarci!" esclamò Naruto, ma era evidente che Kakashi avesse già intuito di chi si trattava, perché velocemente abbassò di nuovo il muro.

Davanti a loro Shikaku Nara osservava il figlio con espressione severa e alle sue spalle un uomo alto con lunghi capelli biondi sorrideva più indulgente "Avanti, non prendertela con lui, è andato tutto bene, la tua tecnica del controllo dell'ombra l'ha bloccata prima che potesse abbattere il muro"

"Ma è stato il tuo capovolgimento spirituale che ha convinto la tigre ad entrare nella gabbia, se non ci fossi stato tu Inoichi..."

"...Avresti trovato un altro modo" lo interruppe l'altro guardando intensamente i due bambini "vado a chiamare la squadra di recupero, ci vediamo al villaggio" ed andò via.

"Siete stati imprudenti, se Choji non ci avesse detto dove eravate andati e Kakashi non si fosse trovato proprio vicino a voi non sarei più potuto tornare a casa" guardò l'altro uomo con sconforto "mia moglie mi avrebbe ucciso" borbottò mentre l'altro scoppiava a ridere e la tensione diminuiva.

Naruto sembrava aver ripreso un po' di colore, si avvicinò al padre del suo amico e lo osservò serio dal basso verso l'alto "le chiedo scusa, è stata tutta colpa mia, Shikamaru è venuto soltanto per impedirmi di cacciarmi nei guai" disse senza abbassare lo sguardo.

"Ho fiducia in mio figlio e so che lui si fida di te, tanto basta. Siete stati entrambi coraggiosi, ma non fatelo mai più. Chiaro?" li scrutò entrambi per un lungo momento finché non annuirono.

"Bene, la tigre verrà trasportata e liberata lontano da insediamenti umani, voi due tornate a casa, Choji sarà preoccupatissimo a quest'ora"

Restarono ancora qualche istante ad osservare la grossa bestia addormentata nella gabbia, incuteva timore ma era così maestosa, anche dietro le sbarre, da essere meravigliosa. 

 

Ancora silenzio, soltanto qualche goccia d'acqua in lontananza e rumore di passi su un pavimento bagnato...la volpe era sdraiata nello stesso posto dell'ultima volta dietro l'alto cancello sbarrato e guardava il bambino con un ghigno sul muso "E così volevi fare una prova di coraggio? Credevi davvero di averne bisogno?" disse con un latrato simile ad una risata "Se i tuoi amici mi vedessero se la farebbero sotto dalla paura!" "Ma dai Kurama, non lo sai che non ci si deve fidare delle apparenze?" rispose ridendo Naruto facendole l'occhiolino.

 

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Capitolo 4
*** D come Denti ***


Una nuova lettera, un nuovo capitolo! Spero che questo, come gli altri, vi piaccia! Fatecelo sapere!

Un abbraccio

Mini


D come Denti

(Scritta da Padmini)


Naruto aveva la scorza dura, fin da piccolissimo aveva dovuto sopportare occhiatacce, offese e perfino attacchi fisici, ma aveva imparato a farsi scivolare tutto addosso, ormai nulla o quasi poteva oscurare il sorriso che gli illuminava. O almeno questo era quello che credeva.

Senza che se ne accorgesse tutte le cose che credeva di evitare si accumulavano: una parola di troppo, un giudizio, un’occhiataccia, una spinta fuori da un negozio perché “non vogliamo gente come te”, un sasso che qualche volta non riusciva a schivare: tutte queste cose erano come granelli di sabbia, innocui da soli, ma se si accumulavano crescevano di dimensione e peso e, quando lui meno se lo aspettava, lo facevano crollare.

Quando accadeva spesso riusciva a controllarsi e sceglieva di sfogare il proprio dolore in solitudine, lontano da tutto e da tutti, ma capitava che alcuni ragazzini, aizzati probabilmente dai genitori, lo prendessero di mira e non gli lasciassero scampo, allora poteva fuggire o difendersi e, di solito, sceglieva la prima opzione.

Quel giorno aveva deciso di passare del tempo nella foresta, si trovava in giro da solo per cercare dei funghi da cucinare per la cena, quando arrivarono. Naruto era così concentrato sul cercare di individuare i funghi giusti che non si era reso conto che qualcuno lo aveva seguito: cinque ragazzini lo avevano pedinato dal villaggio ed erano riusciti a circondarlo senza che se ne rendesse conto in una piccola radura poco lontana dal villaggio.

“Così sei qui, mostro?”

Uno di quei monelli si era fatto avanti all’improvviso, armato di un sasso molto grande. Se avesse avuto più tempo probabilmente Naruto sarebbe riuscito a scappare ma loro iniziarono a bersagliarlo, un sasso dopo l’altro, colpendolo ovunque riuscissero: alla testa, alla schiena, alle gambe, al petto, a viso, Naruto era circondato e non riusciva a evitare nessun colpo.

L’attacco durò poco, nemmeno un minuto, ma fu sufficiente per ferirlo fino a farlo sanguinare e, cosa non trascurabile, a fargli perdere la pazienza. Quando uno dei ragazzini gli tirò l’ennesimo sasso che lo colpì dietro al collo, si voltò di scatto, gli occhi rossi di rabbia mentre il charka di Kurama fuoriuscì dai suoi pori come veleno e prese forma in una lunga coda che si abbattè sul ragazzino che proprio non se l’aspettava. La coda fu come una frusta, il ragazzo andò a sbattere contro un albero dietro di lui e cadde a terra, dolorante.

“MOSTRO!” gridò uno dei ragazzini “SEI UN MOSTRO! MAMMA!! PAPà!!”

Mentre un altro di quei teppisti aiutava il ragazzo ferito ad alzarsi, arrivarono alcuni genitori, attirati dalle urla del marmocchio spaventato, e lo spettacolo che gli si presentò di fronte era spaventoso: da una parte Naruto ricoperto di sangue, pieno di botte e graffi, con gli occhi rossi e i denti affilati della volpe, dall’altra il ragazzino che stava già bene, con un piccolo bernoccolo dietro la testa e tante lacrime di coccodrillo.

“Mi ha aggredito! Mi ha aggredito, mamma!” piagnucolò, alzandosi e fingendo di zoppicare.

“Sei solo un mostro” disse la donna a Naruto “Non capisco perché l’Hokage ti permetta di stare al villaggio. Se fosse per me saresti morto!”

Naruto non rispose, strinse i denti e abbassò lo sguardo.

“Andiamo” disse il padre del bambino, aiutandolo a camminare “Lasciamolo solo, è ciò che si merita.”

Tutti si allontanarono, non senza aver lanciato occhiatacce a Naruto e uno dei padri, addirittura, uno sputo.

Naruto era furioso, lui era stato attaccato, lui era stato ferito e si era solo difeso, nemmeno volontariamente a dir la verità, era stato Kurama ad agire, perciò perché ora lo stavano rimproverando? Perché lo guardavano con odio? Quelle domande gli vorticavano in testa e il dolore delle ferite non faceva che amplificare quello mentale così Naruto, solo, ferito e confuso, scoppiò a piangere, rannicchiato e nascosto dietro a un cespuglio.

Non erano trascorsi pochi minuti quando arrivò Shikamaru.

 

"Naruto?" chiamò, ma non ottenne risposta “NARUTO?”

Shikamaru si aspettava che non rispondesse, aveva sentito alcuni genitori parlare di ciò che il “mostro” aveva fatto ai loro figlioletti e aveva deciso di indagare, andandolo a cercare.

“So che sei qui, vieni fuori!” disse “Non voglio farti del male!”

Naruto si era zittito, non voleva essere trovato, ma Shikamaru vide che il cespuglio dove si nascondeva si muoveva lievemente e lì si avvicinò.

“Ti ho trovato, finalmente!” disse, avvicinandosi abbastanza per vederlo di schiena “Cosa …”

“VAI VIA!” gridò Naruto, che ancora stava piangendo.
“Naruto, per favore …”

“N-non voglio farti del male …” sussurrò lui, sempre dandogli la schiena.
“Sono sicuro che non lo farai” rispose Shikamaru “Ora vorrei solo …”

Naruto si voltò, era ancora ricoperto di sangue e lividi, i suoi occhi erano ancora rossi e i denti erano quelli di un animale in trappola che vuole difendersi, i canini erano quelli della volpe, appuntiti, affilati e spaventosi, anche le labbra erano nere, deformate dalla rabbia.

Shikamaru, vedendolo, fece un passo indietro, pallido in viso.

“Te l’ho detto. Ora vai via!” sussurrò Naruto, freddo come il ghiaccio.

Shikamaru fece qualche altro passo indietro, poi corse via, spaventato.

 

“Ecco! Ecco! Lo sapevo!” pensò Naruto “Almeno lui era mio amico, ora anche lui avrà paura di me! Non è giusto!”

Il pianto tornò, prepotente, le lacrime scivolavano sulle sue guance come piccoli fiumi, il viso sempre teso, gli occhi sempre rossi, i denti sempre fuori come difesa da un mondo in cui, evidentemente, non c’era spazio per lui.

Naruto pianse a lungo, pianse forte, il suo piccolo corpo era scosso dai singhiozzi e lui non si era trattenuto, tutto il dolore stava uscendo, forse anche stavolta sarebbe riuscito a guarire le ferite provocate dall’odio degli altri, ma quella che si era formata nel suo cuore vedendo gli occhi spaventati di Shikamaru? Quella sarebbe guarita? Aveva sperato che almeno lui potesse essergli amico, che potesse stargli vicino, che potesse accettarlo per ciò che era, invece anche lui …

Questi pensieri furono interrotti dal suono di passi familiari: Shikamaru era tornato indietro e aveva con sé una valigetta.

“Ti chiedo scusa” disse “Ma tutto quel sangue è spaventoso. Sono tornato a casa per prendere qualcosa per medicarti!” disse, avvicinandosi.

Naruto era senza parole. Davvero era tornato a casa per quel motivo? Nella tempesta che stava devastando il suo cuore si fece spazio un timido raggio di speranza.

“Ho sentito cosa dicevano di te, che hai aggredito un ragazzino, ma vedendoti si direbbe il contrario, giusto? Probabilmente ti hanno attaccato tutti e cinque e tu hai solo provato a difenderti.”

Mentre Shikamaru parlava la sua voce rassicurante placò Naruto, che lentamente si rilassò, gli occhi rossi sfumarono nel suo solito azzurro, i denti rientrarono e anche le labbra tornarono rosa e sorridenti.

“Ma …” borbottò Shikamaru, osservando che ormai le ferite erano quasi del tutto rimarginate “Credo che disinfettante e cerotti siano inutili, giusto?” chiese, grattandosi la testa.

“Guarisco molto rapidamente” spiegò Naruto.

“Però potrei sempre pulirti dal sangue!” propose Shikamaru “Forza, fammi vedere.”

Shikamaru prese del cotone e, pian piano, pulì il viso dell’amico.

I due non si parlarono, i gesti furono più importanti di tante parole. Quella sera Shikamaru invitò Naruto a casa sua, quando spiegò a suo padre ciò che era successo, Shikaku uscì di casa e tornò un paio d’ore più tardi, spiegando che era tutto risolto.


Più tardi, nel suo letto, Naruto ripensò a ciò che era successo.

“Hai preso paura, vero? Quando hai visto Shikamaru correre via. Non devi preoccuparti per lui, è a posto.”

“Lo so.” rispose Naruto “Shikamaru è il mio migliore amico.”

 

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Capitolo 5
*** E come Eremita ***


E - Eremita
(Scritto da Nunzia)




La pioggia cadeva scrosciante a Konoha, erano ormai due giorni che non si vedeva il sole, e un piccolo gruppo di bambini stava riunito sotto un portico guardando il temporale.

"Sembra quasi che qualcuno mandi giù l'acqua a secchiate, non vi sembra?" esclamò Naruto parecchio annoiato guardando la pioggia battente.

Due bambine si voltarono a guardare anche loro, poi una delle due, con lunghi capelli rosa e un'ampia fronte spaziosa, si rivolse all'altra, una bimba molto carina con lunghissimi capelli biondi e limpidi occhi azzurri "io vado a casa, non ho più voglia di stare qui. Tu vieni con me Ino?" "non stavolta Sakura, oggi resto a pranzo a casa di Choji insieme a Shikamaru"

Sakura corse via con un'alzata di spalle correndo tra le pozzanghere, e in poco tempo scomparve alla vista degli altri.

Ino si rivolse a Naruto con aria altezzosa nonostante la giovanissima età "beh, io vado perché mi staranno aspettando, ci si vede" agitò brevemente la mano e corse via anche lei prendendo un'altra direzione.

Il bambino rimase da solo con i suoi pensieri: cosa fare adesso? Nessuno lo aspettava a casa per pranzo, e fuori c'era troppa pioggia anche solo per andare a fare una passeggiata. Si sarebbe annoiato a morte! Si alzò in piedi ed allungò una mano oltre il portico guardando le gocce d'acqua che subito andavano a riempirla, quando una voce lo colse alla sprovvista facendolo trasalire "Non hai un posto dove andare? Nessuno dovrebbe stare fuori casa con questo temporale!"

A parlare era stato un uomo molto alto, con folti capelli bianchi e un grosso rotolo dietro la schiena. Naruto non lo aveva mai visto in giro, ma non voleva dire niente, forse era soltanto un ninja di passaggio, o magari uno che aveva vissuto lì in passato, in ogni caso esitò solo per un momento prima di rispondere "Sto andando a pranzo da Ichiraku, mio padre mi aspetta lì".

L'uomo lo osservò con un'espressione difficile da decifrare, poi sorrise malinconico e disse "mi sarebbe piaciuto molto rivedere tuo padre, gli somigli molto, ma sappiamo entrambi che non ci sarà. Vieni, ti offro il pranzo" e si avviò sotto la pioggia battente. Naruto lo guardò estremamente incuriosito: davvero quell'uomo conosceva suo padre? E senza perdere altro tempo gli corse dietro tenendo le mani sulla testa cercando di non bagnarsi. Impresa impossibile! Perché quando arrivò da Ichiraku era completamente bagnato, tanto che il vecchio oste corse ad asciugare il pavimento brontolando.

"Ramen per due!" ordinò il vecchio con un largo sorriso sollevando due dita, e poi si sedette accanto al bambino. Lo osservò a lungo mentre mangiavano, Naruto aveva davvero appetito e una ciotola di Ramen non gli era bastata, perciò con un cenno del capo il vecchio se ne fece portare ancora. Quando vide che era finalmente sazio gli sorrise ancora una volta e alzandosi in piedi disse "dopo averti visto mangiare sono ancora più convinto che sei la copia di tuo padre" e così dicendo esplose in una grassa risata. 

Fino a quel momento il bambino si era limitato a mangiare, era digiuno da parecchie ore e moriva letteralmente di fame, ma le parole del vecchio ancora una volta lo incuriosirono. "Come conosci mio padre? Cosa sai di lui? Chi sei tu?" "Fermo, fermo, Naruto!" esclamò l'altro alzando una mano per interrompere il fiume di domande. Stava per andare via, ma esitò un momento, e poi si lasciò andare nuovamente sullo sgabello. "Conoscevo tuo padre da quando era poco più grande di te. Era un bel monello, sai? Sempre in vena di scherzare! Ma era anche un ninja molto dotato, e tu gli somigli moltissimo, sono sicuro che crescendo mostrerai il tuo talento anche tu" 

Era la prima volta che un adulto mostrava di aver fiducia nelle sue capacità, e lui davvero non se lo aspettava. Non aveva conosciuto i suoi genitori, non ne aveva alcun ricordo, ma le persone del villaggio il più delle volte lo evitavano, e quindi era cresciuto da solo, con pochi amici che sapeva gli volevano bene. "Mio padre aveva degli amici?" chiese improvvisamente. Il vecchio sorrise "tuo padre sapeva farsi voler bene, molti lo ammiravano. Ricordo che spesso andava a pescare al fiume con altri ragazzini, penso che siano i genitori dei tuoi amici, sicuramente ti avranno raccontato molte storie su di lui". Ma nessuno mai aveva pensato di raccontare al piccolo Naruto qualche aneddoto su suo padre, e difatti il bambino non conosceva nulla di lui, nemmeno il suo nome "e mia madre? Conoscevi anche lei?". Adesso l'altro rise apertamente "Oh, tua madre era incredibile, un vulcano! Aveva stupendi capelli rossi, era una vera teppista, soltanto tuo padre riusciva a tenerle testa. Non avrei mai creduto che un giorno si sarebbe sposata, era uno spirito libero, bellissima e ribelle…pensandoci bene mi ricordi moltissimo anche lei, aveva energia da vendere, proprio come te!" poi sospirò, guardando la pioggia che diminuiva leggermente d'intensità e alzandosi di nuovo in piedi. 

" Non andare via, vecchio, raccontami ancora di mio padre, non so nulla di lui! "

Ma l'uomo lo guardò con un sorriso appena accennato agli angoli della bocca "Un giorno ti parlerò ancora di lui, mi piacerebbe molto, ma adesso devo andare, non c'è più tempo" e dopo aver pagato Ichiraku andò via camminando con passo leggero nella pioggia.

Il bambino lo guardò allontanarsi, era felice che finalmente qualcuno gli avesse parlato dei suoi genitori, ma avrebbe voluto sapere così tante cose ancora, e l'uomo non gli aveva detto neanche il suo nome. Provò a chiedere all'oste se lo conoscesse, ma l'altro agitò la mano dicendo semplicemente "Oh, quello lì è soltanto l'eremita, nessuno di particolare" ma Naruto sapeva che stava mentendo, da come l'aveva guardato era evidente che sapesse ben più di quello, solo che per qualche strano motivo non voleva dirglielo. 

 

"Sei curioso, vero, Naruto?" rise la voce con un suono simile a un latrato "l'eremita non aveva torto, sei la loro copia sputata! "

 

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Capitolo 6
*** F come Furto e Famiglia ***


F come Furto e Famiglia

(Scritto da Padmini)



 

Da qualche tempo a Konoha l’ufficio di Sarutobi era stato invaso da denunce di furti, una dietro l’altra, anche più di una al giorno. Nonostante i ninja cercassero disperatamente di scoprire chi fosse o fossero gli autori dei furti non c’erano ancora riusciti, sembrava che fossero anche loro dei ninja.

Molte case erano state derubate, soprattutto quelle dei Clan più ricchi, molti cimeli di famiglia erano stati sottratti, oggetti preziosi non solo dal punto di vista economico ma anche e soprattutto emotivo, perciò tutti sentivano la necessità di sfogarsi, non passava giorno senza che qualcuno si lamentasse.

In tutto questo, l’unico che ancora passeggiava in giro per il villaggio senza preoccupazioni era Naruto.

Naruto non amava la sua casa, non l’aveva mai considerata tale, non c’era nulla in quelle stanze che lo facesse sentire al sicuro e amato, considerava quei luoghi solo un posto dove dormire quando faceva troppo freddo per farlo fuori o quando pioveva, anzi, erano per lui luoghi in cui si sentiva ancor più solo: se nella natura amava ascoltare i versi degli animali, il vento tra le foglie, il fruscio dell’acqua del torrente, il silenzio della sua “casa” era opprimente e lo faceva sentire abbandonato.

Per questo motivo, mentre gli altri si lamentavano di aver subito uno o più furti, lui se ne fregava, oltre alle poche monete che era riuscito a risparmiare e a qualche confezione di ramen vuota non c’era altro in casa sua, chi mai avrebbe pensato di volerlo derubare?

 

Quando sei tranquillo e cammini sereno per strada perché, ehi, le cose non potrebbero andare peggio di così, ecco, è allora che la sfiga colpisce brutalmente e ti ferisce fisicamente ed emotivamente.

Naruto non aveva dormito a casa nelle notti precedenti, odiava farlo quando era estate, preferiva approfittare della brezza che accarezzava le fronde degli alberi del bosco, mangiare il pesce che lui stesso pescava, tanto nessuno si preoccupava per lui, nessuno lo aspettava, nessuno gli diceva di riordinare, anche perché possedeva talmente poche cose  la sua “casa” era in ordine per forza, se non fosse stato per le ragnatele e la polvere che si accumulavano soprattutto quando lui restava fuori per tanto tempo.

Per questo motivo, quando quel giorno tornò a casa restò di sasso vedendo che era stata completamente distrutta.

Al contrario dei furti perpetrati nelle altre case, dove i ladri avevano adoperato una precisione quasi chirurgica e avevano lasciato pochissimi segni visibili, la casa di Naruto era stata devastata, apparentemente in un impeto d’ira.

I vetri delle finestre erano rotti, le tende lacerate, i mobili devastati, il letto sfatto e ogni cosa fatta di stoffa strappata, la spazzatura era sparsa sul pavimento, inoltre erano spariti i pochi centesimi che era riuscito a mettere da parte e tutto il cibo.

Naruto era allibito, tutta quella devastazione lo aveva spaventato non tanto per la rovina di quei pochi oggetti che possedeva ma per la ferocia che c’era stata dietro.

Cosa poteva fare? Non aveva soldi per pagare qualcuno che gli riparasse i vetri e tantomeno per comprare dei vetri nuovi, così come i mobili, perciò cercò di rimediare come meglio poté ai danni.

Prese le tende e, grazie all’aiuto di qualche chiodo e pezzi di legno presi dai mobili rotti le fisso nei buchi lasciati dai vetri, quindi si dedicò a ciò che  restava degli scaffali e decise di tenere solo quelli che ancora potevano svolgere la loro missione. Dopo ore e ore di lavoro si ritrovò con le finestre chiuse dalle tende, i pensili della cucina privi di sportelli ma vuoti e il letto sfatto ma in qualche modo comodo e, stanchissimo, si addormentò.

 

I giorni seguenti nessuno notò nulla, nessuno guardava casa sua perciò se nessuno si era reso conto che qualcuno l’aveva distrutta, nessuno si era reso conto delle maldestre riparazioni di Naruto perciò lui aveva continuato così, aggiustando man mano ciò che cadeva e ricucendo maldestramente ciò che si strappava.

Fino a quella notte.

Naruto aveva sperato di poter dormire ancora fuori ma pesanti nuvole grigie si stavano addensando all’orizzonte e aveva preferito ritornare a casa, si era chiuso dentro e aveva sperato che il temporale non diventasse troppo violento.

Poche ore più tardi, mentre stava dormendo, era accaduto: il vento forte aveva brutalmente strappato le sue finestre di stoffa e i mobili già precari erano crollati definitivamente mentre Naruto aveva appena fatto in tempo a svegliarsi per mettersi al riparo.

Quando tutto era finito, però, la casa era tornata allo stato di devastazione procurato dai ladri, Naruto era sporco di fango e sembrava fosse appena uscito da un uragano.

Forse non sarebbe cambiato niente se, proprio in quel momento, non fosse passato di fronte a casa sua Kakashi Hatake.

Il copia-ninja era appena tornato da una lunga missione perciò non aveva saputo del tentativo di furto compiuto a casa di Naruto, pensava di tornare e trovare tutto a posto, invece c’era solo distruzione.

Entrò silenziosamente e trovò Naruto in bagno mentre cercava di pulirsi dal fango appiccicato ai capelli.

“Hey, piccolino.”

Naruto si voltò di scatto. Si ricordava di quel ninja strano ma non lo vedeva da quel giorno, quel giorno in cui … Rivederlo gli fece tornare in mente quel giorno, quanto aveva sofferto, ma anche quanto lui gli era stato d’aiuto e quanto quell’incontro fosse stato illuminante per lui.

“Sto bene” disse “Devo solo rimettere tutto in ordine.”

Kakashi si guardò attorno.

“Qui c’è ben poco da mettere in ordine” disse “La tua casa è distrutta, non lo vedi?”

“Non ho un altro posto dove andare” spiegò Naruto “Non c’è nessuno che mi possa aiutare a sistemare perciò mi devo accontentare.”

Kakashi continuò a guardarsi attorno. Le finestre erano distrutte, i mobili a pezzi, le pareti e i pavimenti pieni di foglie e rami secchi.

“Non so cosa sia successo e forse me lo racconterai, ma non qui” disse Kakashi “D’ora in poi vivrai a casa mia. Da quel giorno mi sono proposto di tenerti d’occhio, la mia ultima missione mi ha tenuto decisamente troppo impegnato, ma d’ora in poi sarà diverso. Vuoi vivere a casa mia?”

Kakashi aveva detto quelle cose senza pensare, il senso di colpa per non essergli stato vicino nel momento del bisogno lo aveva portato a pensare che, avendolo più vicino, avrebbe potuto proteggerlo meglio; si chiese se il Terzo Hokage avrebbe approvato, ma in quel momento non gli importava, c’era un altro Hokage a cui doveva la sua fedeltà, in quel momento.

Naruto nel frattempo aveva esitato, era molto legato alla sua libertà e vivere con Kakashi avrebbe cambiato molto. Tuttavia … tuttavia forse quel cambiamento gli avrebbe fatto bene, in fondo aveva sempre desiderato uscire dalla sua solitudine.

Non conosceva bene Kakashi, non sapeva se poteva fidarsi di lui, ma decise di farlo.

“Dopotutto” pensò “Cosa potrebbe andare storto?”

 

Più tardi, pulito, profumato e sfamato, disteso su un comodo letto, il più comodo in cui avesse mai dormito, Naruto ascoltava.

“Non ti preoccupare” gli disse “Conosco Kakashi, puoi fidarti di lui, è posto.”

Naruto sorrise e, esausto, si addormentò.

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Capitolo 7
*** G come Ghiacciolo ***


G  come Ghiacciolo
(Scritto da Nunzia)



 

Era un giorno di festa a Konoha, alcuni dei ninja più importanti e famosi del villaggio della foglia erano rientrati dopo una lunga missione e il terzo Hokage aveva indetto una giornata di festeggiamenti, con giochi, tanto cibo e fuochi d'artificio. Naruto e Kakashi avevano trascorso insieme un bellissimo pomeriggio girando tra le bancarelle e chiacchierando senza troppi pensieri, ma soprattutto avevano riso tantissimo. A pranzo avevano mangiato il migliore ramen di Ichiracu, e poi si erano fermati a giocare al tiro al bersaglio con i kunai e avevano vinto un enorme panda di peluche. Naruto era davvero felice per la prima volta da tanto tempo, a Kakashi importava di lui, e non pensava che fosse un mostro, lo aveva dimostrato in più di un'occasione. Ad un certo punto avevano anche incontrato Shikamaru con suo padre e i due adulti si erano fermati a parlare dell'esito della missione, perciò i bambini si erano allontanati per andare a giocare intorno ad una grande fontana che zampillava poco più in là. Ridendo i piccoli si rincorrevano schizzandosi d'acqua, e ogni volta ridevano più forte, finché ad un certo punto Naruto era inciampato e involontariamente aveva urtato una vecchia che portava un grosso cesto pieno di pane di varie forme e dimensioni. Il piccolo si era subito scusato ed era stato immediatamente raggiunto da Kakashi che non aveva smesso di tenerlo d'occhio e che aveva risarcito la vecchia irosa per il danno provocato, nonostante lei continuasse ad inveire animatamente lamentandosi che il suo pane era rovinato. 

"Sensei l'hokage ha bisogno di parlare con lei, l'aspetta al suo palazzo" a parlare era stato un ninja piuttosto giovane, con corti capelli a spazzola, che non aveva degnato il bambino di un'occhiata, ma osservava il maestro con profonda ammirazione. 

"Naruto devo andare, ti dispiace aspettarmi a casa? Ceneremo insieme" -il piccolo aveva scosso la testa con un sorriso incerto (si era aspettato una ramanzina per il guaio combinato) ma si voltò a salutare Shikamaru e, obbediente, fece per incamminarsi. Aveva fatto soltanto un paio di passi quando udì la vecchia parlare con un'altra donna dall'espressione altrettanto malevola "Sono sicura che si sia pentito di averlo preso con sé, guardalo, quel ragazzino è sempre stato un mostro e non migliora certo crescendo! Ne ha sempre combinata una dietro l'altra, ha il male dentro, te lo dico io! Quel poveretto avrà voluto fare un'opera di bene per pietà, ma non si aspettava certo di aver davanti un caso perso!..."

Naruto aveva accelerato il passo fino a mettersi a correre con il cuore che batteva forte nel petto, gli occhi lucidi e un peso sull'anima. Era davvero così? Era un peso? Quella donna maligna stava sicuramente ancora parlando male di lui, e se avesse avuto ragione? Era stata una giornata tanto perfetta e l'aveva rovinata perché non era stato attento, a lui succedeva sempre così, forse davvero il male faceva parte di lui e non c'era modo di sfuggirgli. Una lacrima silenziosa gli scorse lungo la guancia. Invece di ritornare verso casa, si allontanò fuori dal villaggio e si diresse al fiume. Seduto su un grosso masso con i piedi che sfioravano la superficie dell'acqua, il bambino pianse a lungo, ma non per sé stesso, dopotutto era abituato. Fin dalla sua prima infanzia le persone lo avevano evitato, escluso, insultato, perfino picchiato e minacciato, ma non credeva che lo stesso destino sarebbe stato riservato a quell'uomo tanto buono che l'aveva accolto in casa sua. Kakashi sarebbe diventato un emarginato, l'hokage non l'avrebbe più convocato per le missioni, forse quel giorno l'aveva fatto chiamare proprio per quel motivo, era stato uno stupido a non pensare alle conseguenze che ci sarebbero state dopo essere andati a vivere insieme! Così continuava a rimuginare, senza accorgersi che intanto si era fatto buio. 

Al villaggio, nel frattempo, Kakashi era ritornato a casa e non aveva trovato il piccolo ad aspettarlo, avrebbe voluto parlargli della proposta di Sarutobi, avrebbero potuto ufficializzare la loro "famiglia", ne era così felice! Ma il bambino non c'era, non si trovava da nessuna parte, le ore passavano e pian piano il sole aveva lasciato il passo al buio e alle stelle. Fu proprio mentre cercava Naruto in ogni angolo del villaggio, che si imbattè nel ninja leggendario, che si offrì di aiutarlo. 

 

"Non dirmi che hai dato retta alle parole di quella megera!" disse un omone alto con un sorriso che gli illuminava il volto. Naruto aveva riconosciuto il vecchio eremita che aveva conosciuto in una giornata di pioggia qualche tempo prima, ma era troppo scosso dalle emozioni per parlare, così si limitò a seguirlo quando l'altro gli fece cenno di andare con lui.

Si accomodarono su una panchina e il ninja comprò da un carretto due ghiqccioli uniti a cui divise lo stecco, e gliene porse uno. Mangiarono in silenzio, mentre mille pensieri turbinavano nella mente del bambino. Era diviso a metà, uno stupido incidente era riuscito a rovinare un pomeriggio perfetto. Ma anche qualcos'altro si scuoteva nel suo animo, un lontano ricordo che il gesto di Jiraiya, di dividere il ghiacciolo con lui, stava lentamente risvegliando.

Il vecchio ninja lo osservò mangiare per un po', poi riprese a parlare con un tono di voce calmo e rassicurante. "Sia io che Kakashi eravamo molto legati a tuo padre, anche se per motivi diversi, ma non devi pensare che lui ti abbia preso con sé soltanto per onorare la sua memoria. Ho sentito quell'orribile donna dirne di cotte e di crude su di te, eppure quello che ti ha ferito di più è stato il pensiero che lui potesse essersi pentito, che ti avesse accolto soltanto per pietà e adesso dovesse pagare le conseguenze di un'azione tanto avventata. Credi che un maestro, un jonin così tanto rispettato e ammirato si sarebbe fatto influenzare dal giudizio della gente? Vi ho osservati durante la festa, siete molto uniti, non c'è finzione nel vostro legame, è autentico. Allora dimmi, davvero volevi farlo? Scappare di casa e lasciarlo solo? Davvero l'avresti fatto?"

Ma la mente di Naruto vagava lontano, aveva ascoltato e compreso le parole del vecchio eremita, eppure continuava ad avere una strana sensazione, come se in fondo alla sua mente ci fosse un ricordo che premeva per salire a galla.

 

"Davvero volevi farlo?" quella frase entrò nella sua mente come un fulmine, un vecchio ricordo che affiorava…

 

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Capitolo 8
*** H come Hokage ***


H - Hokage

(Scritta da Padmini)



 

“Davvero volevi farlo?”

La domanda di Jiraya aveva aperto uno scrigno segreto nel suo cuore che per troppo tempo aveva tenuto sigillato, una chiave per scoprire qualcosa che aveva preferito tenere segreto perfino a se stesso ma che, in qualche modo, aveva cambiato la sua vita in meglio.

Naruto non aveva fatto in tempo a rispondere al vecchio Eremita perché era sopraggiunto Kakashi che lo aveva bonariamente sgridato per essere scappato.

“Mi hai fatto preoccupare!” gli disse “Perché non eri a casa? Ho una bella notizia per te! Per noi!”

“Non è niente” rispose Jiraya per lui “Andate a casa ora e festeggiate!”

Kakashi sorrise, non sapeva cosa fosse successo ma intuì che, qualsiasi fosse stato il problema, era risolto.

“Vieni anche tu?” chiese Naruto.

“Un’altra volta” rispose l’Eremita con un sorriso “Ora avrete bisogno di tempo per voi.

 

Più tardi, dopo aver festeggiato la buona notizia di Kakashi, i due si erano distesi a letto. Il Copia Ninja si era addormentato ma Naruto, nonostante fosse esausto per le tante emozioni provate quel giorno, rimase sveglio a fissare il soffitto.

Quella semplice domanda era entrata nella mente di Naruto e lo aveva iniziato a punzecchiare giorno e notte, scavando nella sua memoria per recuperare un ricordo perduto, il ricordo di un giorno in cui aveva creduto di essersi perso per sempre.



 

Era stato un incidente.

Era stato tutto un incidente.

Tutto era rosso.

Le voci gli rimbombavano in testa, tutto era confuso, colori, suoni, sensazioni e rosso, tanto rosso.

Non ricordava nemmeno come tutto era iniziato, forse non c’era nemmeno un motivo, forse stava solo camminando, ma a nessuno piaceva quando lui camminava, c’era sempre qualcuno che trovava un motivo per cacciarlo via, per offenderlo o fargli del male. Quel giorno, però, fu diverso, Naruto non mangiava decentemente da troppo tempo, si sentiva debole e stanco e, forse per questo, non era riuscito a trattenersi.

Era incredibile che un bambino di sei anni riuscisse ad ignorare commenti crudeli, sassi lanciati e tanto altro, ma quel giorno non era riuscito a trattenersi.

Stava camminando, sì, stava solo camminando, non ricordava dove stesse andando, ma non aveva nulla con sé, era solo lui con le sue gambe, le sue braccia, le sue mani … Cosa c’era che non andava? Non stava facendo nulla di male, ma all’improvviso un fruttivendolo aveva iniziato a offenderlo.

“Vattene!” gli aveva detto “Non sei il benvenuto, qui!”

Niente di nuovo, non era la prima volta che doveva sopportare quel tipo di comportamento, ma quel giorno qualcosa scattò in lui: sarà stata la fame, la debolezza o forse semplicemente era stanco, ma invece di andarsene semplicemente si girò e guardò il tizio talmente male da impressionarlo. Naruto non poteva saperlo, non se ne rendeva conto, ma i suoi occhi erano diventati rossi come quelli del Demone.

“Visto?” gridò l’uomo, indicandolo “Sei un mostro! Sei un mostro!”

“MOSTRO!” gridò un ragazzo, arrivando alle spalle del padre “VATTENE!”

Forse Naruto se ne sarebbe andato, forse i suoi occhi sarebbero tornati azzurri, ma quel ragazzino scelse di afferrare un grosso sasso trovato lungo la via e lanciarglielo. Probabilmente voleva spaventarlo, mirando alla sua sinistra, ma sfortunatamente lo colpì sulla fronte, ferendolo.

La sorpresa, il dolore, fisico ed emotivo, lo fecero scattare. Naruto corse verso il ragazzino, si avventò su di lui facendolo cadere.

Il resto accadde tutto molto rapidamente, Naruto avrebbe voluto graffiarlo, ferirlo in qualche modo, restituirgli ciò che aveva ricevuto, ma in quel momento non era consapevole della sua forza, perciò ferì gravemente il braccio, il cui padre lo salvò calciando via Naruto.

Sangue. Paura, Dolore.

Naruto scappò, ma non abbastanza velocemente per evitare di sentire l’uomo che gridava.

“MOSTRO! MOSTRO! DOVRESTI MORIRE BRUTTO MOSTRO!”

 

Kakashi teneva d’occhio Naruto da tempo, da quando era nato, a dir la verità. Sapeva che Sarutobi aveva affidato il neonato ad una donna del Villaggio, ma da quando il piccolo era stato sufficientemente grande per badare a se stesso lei era scomparsa e lo aveva lasciato totalmente solo.

Lui disapprovava, così come disapprovava l’assenza del vecchio Hiruzen nella vita del bambino e allo stesso tempo rimproverava se stesso per non essere apertamente presente per lui, ma le missioni lo tenevano lontano da Konoha più di quanto volesse e tutto ciò che poteva fare era osservarlo da lontano e cercare di proteggerlo come meglio poteva.

Quel giorno era appena tornato da una missione, era andato a cercare Naruto non perché pensasse che avesse bisogno di aiuto, più per abitudine, perché ormai era diventato abbastanza grande, ma forse non sufficientemente forte da difendersi dall’odio degli abitanti del villaggio.

Kakashi si era spesso chiesto cosa facesse accadere le cose, per quale misterioso motivo ci troviamo nel posto giusto al momento giusto, ma aveva appena trovato Naruto quando era successo l’incidente.

Gli insulti, la pietra lanciata contro di lui … e poi l’attacco. Se fosse stato più veloce probabilmente sarebbe riuscito ad evitare il peggio, ma ormai Naruto aveva aggredito quel ragazzino maleducato e lo aveva graffiato, procurandogli una ferita superficiale ma che sanguinava parecchio.

“MOSTRO! MOSTRO! DOVRESTI MORIRE BRUTTO MOSTRO!”

L’uomo era accecato dall’ira, vedeva rosso, come il sangue di suo figlio, come gli occhi di Naruto, che erano quelli del demone. Con un calcio il padre aveva cacciato Naruto, che era scappato, terrorizzato per ciò che aveva fatto, con gli occhi di nuovo azzurri.

Dal momento che ormai si erano radunati in parecchi per prestare soccorso al ragazzino, Kakashi decise che era il caso di sincerarsi che Naruto stesse bene, perciò lo seguì a distanza.

Sembrò più facile a dirsi che a farsi, cercò Naruto a casa, nella foresta, in giro per il villaggio, ma non lo trovò da nessuna parte, ma aveva un brutto presentimento, perciò continuò a cercare a sorvegliare i posti in cui andava di solito e finalmente, quando ormai stava rinunciando, vide la luce accesa in casa sua.

Lentamente e senza far rumore si avvicinò, l’unica luce accesa era quella camera da letto. Kakashi si avvicinò alla finestra e ciò che vide gli fece mancare un battito.

Naruto era rosso in viso per un pianto recente, gli occhi erano gonfi e umidi, le spalle tremavano ma le mani erano ferme, salde, le nocche sbiancate dal pugno serrato su quel kunai. La casa era silenziosa ma Naruto continuava a ripetere qualcosa sottovoce, a ripetizione.

“S-sei un m-mostro … devi morire … sei un mostro … devi morire … sei un mostro …”

Kakashi impallidì, ricordava bene quella sensazione, una paura profonda, paralizzante, che non gli aveva permesso di impedire a suo padre di suicidarsi. Non era certo che quello fosse il caso, non sapeva cosa volesse fare Naruto, se avesse semplicemente intenzione di ferirsi o se volesse spingersi oltre, ma non esitò oltre, aveva bisogno d’aiuto e lui ora poteva darglielo.

Senza tante cerimonie entrò nella stanza e gli tolse dalle mani il kunai.

“Cosa pensi di fare?” chiese con dolcezza, per non spaventarlo più di quanto fosse necessario, anche perché lui stesso era terrorizzato.

Naruto non rispose, aprì la bocca per parlare ma non riuscì a trovare le parole per spiegarsi.

“Ho visto quello che è successo” disse Kakashi, togliendolo dall’imbarazzo “Il ragazzo sta bene, c’era tanto sangue ma si trattava di una ferita superficiale.”

Naruto si passò un braccio sugli occhi per asciugare le lacrime mentre il suo corpo continuava a tremare.

“M-mi odiano tutti …” sussurrò “Sarebbero più felici se …”

Kakashi posò il kunai e gli prese una mano.

“Troverai sempre qualcuno che ti tratterà male, qualcuno a chi non piacerai, ma non devi dare importanza a questo, devi dare importanza a chi ti vuole bene.”

Naruto sbuffò.

“Nessuno mi vuole bene.”

Kakashi sospirò piano. Naruto aveva ragione, fino a quel momento nessuno, tranne forse Sarutobi di tanto in tanto, gli aveva dimostrato affetto, nemmeno lui.

“Io ti voglio bene” gli disse, posandogli una mano sulla spalla e guardandolo negli occhi.

Naruto rimase immobile, non era abituato a quel genere di contatto fisico, Kakashi lo intuì e tolse la mano.

“Vorrei essere come l’Hokage” mormorò piano, raggomitolato su se stesso, con la testa sul cuscino, mentre dalla finestra osservava i volti di pietra, freddi e immobili, ma anche maestosi e temibili.

“Perché vorresti essere come lui?” chiese Kakashi. Ci sarebbero state tante cose che avrebbe voluto dirgli fargli discorsi importanti, ma Naruto era perso nei suoi pensieri, in quel momento l’unica cosa che poteva fare per lui era ascoltare.

“Tutti amano l’Hokage” rispose Naruto con la semplicità che solo i bambini possono possedere “Tutti lo ammirano e lo rispettano. Anch’io vorrei che facessero così con me.”

“Non sarà facile” rispose Kakashi, accarezzandogli piano la testa “Sarà un percorso lungo e difficile e …”

Kakashi si interruppe, Naruto si era addormentato. Lo coprì delicatamente per non fargli prendere freddo e se ne andò in silenzio.


Più tardi, nel bel mezzo della notte, Naruto si svegliò di soprassalto, una voce gli aveva parlato, era una voce terrificante, cavernosa, spaventosa.

“Davvero volevi farlo?”

 

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Capitolo 9
*** I come Impermeabile ***


I come Impermeabile

(Scritto da Nunzia)



 

Contrariamente alla maggior parte dei bambini della sua età, a Naruto piacevano da sempre le giornate di pioggia, fin da quando ne aveva memoria. Aveva sempre pensato di essere nato durante un temporale, perché ogni volta che al mattino si accorgeva di nuvoloni neri in lontananza era felice come un bimbo alle giostre. 

Aveva fantasticato spesso sulla sua nascita, e aveva immaginato nevicate, temporali e tempeste, ma la verità è che non aveva alcuna idea di come fossero andate le cose, perché nessuno glielo aveva mai raccontato. 

Quell'anno il mese di giugno era stato particolarmente piovoso e lui ne aveva approfittato spesso per saltare nelle pozzanghere e guardare in su con gli occhi chiusi e le braccia aperte girando su se stesso, prima lentamente e poi sempre più veloce fino a cadere gambe all'aria ridendo felice. Indossava un impermeabile giallo abbastanza consunto di alcune taglie più piccolo di lui che aveva trovato tra i rifiuti diverso tempo prima. Era appartenuto a qualche bambino che doveva averlo usato parecchio, ma quando si era fatto troppo stretto per indossarlo, a quanto pare l'avevano gettato via. Ogni volta Kakashi gli faceva notare che fosse troppo piccolo per lui, ma il bambino non voleva saperne di cambiarlo, perché non voleva fargli spendere altri soldi oltre quelli che era costretto già ad usare per mantenerlo, così inventava delle scuse. "Mi piace molto il mio impermeabile, non è affatto piccolo!" rispondeva ogni volta, e l'uomo non aveva capito la vera motivazione dietro quel rifiuto e si era convinto che fosse semplicemente legato a quell'indumento per questioni sentimentali, e per il momento aveva smesso di insistere. 

Un pomeriggio però, mentre Kakashi era fuori in missione per l'Hokage, il piccolo era uscito per una passeggiata e si era pericolosamente avvicinato al fiume. Non pioveva molto forte, ma il terreno era fangoso e scivolando su un grosso sasso Naruto aveva battuto la testa e perso i sensi. La pioggia stava pian piano ingrossando il fiume, che si avvicinava inesorabilmente al bambino inerme, ma per fortuna, prima che fosse raggiunto dalle acque impetuose, proprio da lì passò un uomo con un carretto diretto verso il villaggio che lo vide e subito lo soccorse. Lo caricò con facilità a bordo del carretto, perché il bimbo era davvero minuto ma toccandolo si accorse che aveva la febbre molto alta, perciò lo portò in ospedale quanto più velocemente poteva. Erano probabilmente trascorse diverse ore durante le quali aveva continuato a piovere, perciò il bimbo si ammalò gravemente. 

La febbre durò alcuni giorni durante i quali Naruto alternò brevi momenti di lucidità ad altri, più lunghi, in cui la sua mente era completamente intorpidita e parlava soltanto delirando. I medici inviati dall'Hokage facevano il possibile, entravano nella stanza del bimbo a controllarlo varie volte al giorno e non tralasciavano di fargli esami e somministrargli le cure adeguate. Kakashi era al colmo della preoccupazione, non lasciava l'ospedale se non per brevissimi momenti, e nel resto del tempo restava seduto accanto a quel letto dove il bimbo sembrava ancora più piccolo e pallido tra le lenzuola bianche, vegliando costantemente su di lui. 

 

"Se ti svegli ti porto da Ichiracu e prometto di farti preparare il migliore ramen di Konoha! Avanti piccolo mio, non puoi lasciarmi solo proprio ora"

Ogni giorno si trascinava uguale al precedente, anche Shikamaru e Choji andavano spesso a trovarlo in ospedale, a volte con un mazzolino di fiori, altre con dei palloncini, ma Naruto continuava a restare nello stesso stato di torpore del primo giorno. Un giorno perfino Sakura e Ino erano andate a trovarlo con un orsetto di peluche ed erano rimaste un po' con lui raccontandogli le loro giornate. 

 

"Hey piccolo, non vorrei essere proprio io a doverti mandare via, ma lì fuori sempre più persone ti aspettano, dovresti proprio svegliarti"

Naruto guardava il suo vecchio amico negli occhi, seduto sul freddo pavimento con il mento sulle ginocchia, e sospirò. "Non volevo mettermi nei guai, far preoccupare tutti, saranno arrabbiati con me" "Non dire fesserie! Saranno arrabbiati se non torni!" latrò l'altro. 

Aveva ragione ovviamente, lo sapeva, non poteva nascondersi lì per sempre, e poi cominciava ad avere una certa fame...avrebbe mangiato due ciotole intere di Ramen! 

 

E così, dopo un sonno durato alcuni giorni, lentamente Naruto aprì gli occhi. Le tende aperte lasciavano entrare la luce tenue del sole appena sorto, e il bambino in principio dovette richiudere gli occhi, poi pian piano li riaprì e si guardò intorno. Vasi di fiori, palloncini colorati e pupazzi di peluche riempivano la stanza, e ad un gancio accanto alla porta c'era appeso uno stupendo impermeabile di un bellissimo arancione brillante con un paio di stivaletti abbinati nuovi di zecca. Spontaneamente gli sfuggì dalle labbra un "Ooohhh" di sorpresa, e l'uomo seduto sulla poltrona all'altro lato del letto si risvegliò all'istante. 

Dal momento in cui Kakashi realizzò che Naruto era finalmente fuori pericolo, a quello in cui lo stritolò in un abbraccio trascorse meno di un secondo. "Scusami, non volevo farti preoccupare" bisbigliò con la testa bassa.

L'uomo non rispose subito, ma il modo in cui continuava a tenerlo stretto strofinandogli i capelli sulla testa diceva abbastanza sul grande affetto che provava.

"Come stai?" gli chiese guardandolo per assicurarsi che si sentisse bene. Un sordo brontolio accompagnò la risposta leggermente imbarazzata "Muoio di fame!".

Quando pochi minuti dopo i medici si avvicinarono alla stanza per la consueta visita di controllo, li sentirono ridere di cuore.

Un paio di giorni dopo i medici diedero a Kakashi il permesso di riportare Naruto a casa, e quando i due entrarono, il bimbo ebbe appena il tempo di sistemarsi comodo dopo essersi tolto le scarpe, che qualcuno suonò il campanello.

"Una promessa è una promessa!" esclamò l'altro con un occhiolino aprendo la porta, e con grande sorpresa di Naruto un fattorino entrò in cucina e sistemò sul tavolo una gran quantità di ramen di Ichiracu della migliore qualità. Mangiarono a sazietà, finché tutte le ciotole furono ripulite e sorrisero all'unisono quando il forte rumore di un tuono squarciò l'aria.

 

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Capitolo 10
*** J come Jugo ***


Ciao a tutti! Ecco un nuovo capitolo! Speriamo davvero che vi piaccia!
 


J come Jugo
(Scritto da Padmini)

 

Kakashi aveva ormai capito che Naruto non si era ancora abituato al fatto di vivere insieme a lui e alle conseguenze che quella convivenza comportava; sembrava che Naruto non avesse ancora interiorizzato l’idea di avere qualcuno che si prendesse cura di lui e continuava a cercare di cavarsela da solo, cosa che ovviamente non riusciva a fare e la recente caduta nel fiume ne era la prova lampante.

Per questo motivo aveva iniziato a preoccuparsi quando l’Hokage gli aveva annunciato che sarebbe dovuto partire per una missione nel Paese delle Terme che lo avrebbe tenuto lontano dal villaggio per almeno un mese.

Con chi sarebbe stato Naruto? Ancora una volta da solo? Era la missione più lunga che gli avevano assegnato da quando aveva deciso di prendersi cura di Naruto e, alla luce di quanto era successo, non si sentiva sicuro.

“Dovrò portare Naruto con me” disse “Non voglio lasciarlo solo.”

“Sai che gli altri Jonin non sono molto d’accordo sulla tua scelta di adottarlo, sai?” disse l’Hokage “Se lo portassi con te …”

“Quello che gli altri Jonin pensano non è un problema mio” rispose Kakashi, piccato “Vuole sapere invece cosa penso io?”

Hiruzen annuì, calmo come sempre e con un strano sorriso sul volto.

“Io credo, con tutto il rispetto, che siate tutti ipocriti e stronzi, lei per primo. Dov’è finito il rispetto che provava verso Minato e verso Kushina? Non un solo ninja ha pensato per un solo istante a Naruto, è stato accudito fin quando ha imparato a camminare e poi, ciao, arrangiati e beccati pure tutto l’odio di un villaggio abitato da gente di merda. Il suo dovere era quello di tutelarlo, di proteggerlo! Già il fatto che non abbia ereditato il nome del mio Maestro e che sia trattato con il rispetto che merita in quanto figlio del Quarto Hokage mi disgusta.”

“Serve per proteggerlo da …”

“Da chi vuole impossessarsi della Volpe a Nove Code? Tutti lo sanno. Non ha alcun senso. Sono arrabbiato, anche con me stesso perché non ho fatto nulla fino ad ora. Ha idea di come viveva? So che di tanto in tanto va a fargli visita, ma non ha idea di quanto soffra, di quanto sia solo. Perciò, con o senza il suo permesso, lo porterò in missione con me, non posso lasciarlo da solo, non ancora.”

“Potreste essere attaccati, per lui è pericoloso uscire dal villaggio” commentò Sarutobi, che aveva accolto lo sfogo di Kakashi con piacere, consapevole del fatto che avesse pienamente ragione.

“Lo proteggerò io” annunciò Kakashi e, detto questo voltò le spalle al vecchio Hokage e uscì dalla stanza senza nemmeno chiudere la porta.

 

Erano trascorsi alcuni giorni, Naruto era al settimo cielo, era la prima volta che usciva dal villaggio e farlo con Kakashi era ancor più bello. Avevano viaggiato rapidamente e, dal momento che Naruto era ancora troppo piccolo per stare dietro al Jonin, Kakashi lo aveva tenuto sempre sulle spalle e si era perfino sorpreso di notare che, a metà strada, si era perfino addormentato.

Arrivati a destinazione Kakashi aveva preso dimora presso un piccolo albergo dove aveva chiesto alla proprietaria di badare al piccolo mentre lui durante il giorno o la notte.

Kakashi aveva avuto in effetti qualche dubbio a riguardo, alla fine aveva deciso che fosse più prudente portarselo dietro rispetto a lasciarlo solo al Villaggio, temeva che potesse succedergli qualcosa mentre lui era via, ma Naruto lo aveva piacevolmente sorpreso perché si comportava come se nemmeno ci fosse: quando lui era lì appariva allegro e spensierato, quando se ne andava, secondo ciò che gli diceva la signora dell’albergo, se ne stava tutto il giorno nella sua stanza o in giardino, qualche volta chiedeva di poter disegnare, ma era tutto sommato tranquillo, forse proprio perché sapeva che Kakashi tornava sempre da lui.

 

Kakashi e Naruto si trovavano lì da qualche settimana, quando accadde qualcosa di inaspettato. Kakashi era fuori da un paio di giorni, ormai aveva imparato a fidarsi di Naruto, che se ne stava tranquillo nella sua stanza o nel giardino che circondava l’albergo, ma quella notte accadde qualcosa di diverso.

Era notte fonda, Naruto stava dormendo, quando all’improvviso Kurama lo svegliò.

“C’è qualcosa che non va, percepisco un chakra strano, oscuro, fuori controllo.”

Naruto si alzò e andò alla finestra, in lontananza si sentivano dei rumori strani, in apparenza degli animali selvatici.

“Davvero?” chiese Naruto “Magari sarà spaventato! Avrà bisogno d’aiuto!”

Kurama esitò, si concentrò per identificare la fonte del Chakra, quindi annuì.

“Kakashi ti ha detto di restare qui” disse “Ma credo che tu possa aiutarlo. Andiamo? Avrai bisogno anche del mio aiuto.”

Naruto annuì, quindi sgattaiolò fuori dalla finestra e in pochi minuti si trovò nella foresta.

“Sarà pericoloso” disse Kurama “Ti aiuto io, così potrai anche vedere al buio.”

In pochi istanti il corpo di Naruto fu completamente circondato dal Chakra dorato della volpe e i suoi occhi diventarono rossi.

“Andiamo!” disse Kurama “So dove si trova!”

Naruto e Kurama si avventurarono nel folto del bosco e non ci misero molto a trovare l’origine di quei suoni: un mostro era solo in mezzo a una piccola radura formata dagli alberi che lui stesso aveva spezzato.

Naruto si avvicinò senza timore e, grazie al Chakra di Kurama, riuscì a fermarlo.

“Calmati!” disse “Qualsiasi cosa sia successa, calmati! Va tutto bene, ci sono io qui! Non sei un mostro, sei buono, lo so!”

Il mostro si fermò, per un istante sembrò che stesse per attaccare con maggior forza, invece si calmò, così Naruto potè vederlo meglio.

Sembrava un essere umano, eppure di umano aveva poco, era deformato, ma pian piano sembrò tornare normale, come se l’aspetto che aveva assunto precedentemente fosse temporaneo e dettato dalla sua emotività.

“Sembra quasi una Forza Portante” commentò Naruto.

“Non lo è” rispose Kurama “Non sento il Chakra di uno dei miei fratelli.”

“Come ti chiami?” chiese Naruto al bambino che lo osservava spaventato.

“J-Jugo …” rispose lui, tremando “N-non voglio fare del male a nessuno! Lo giuro! Ma io … non posso farne a meno! Dovete andare via! Dovete scappare da me!”

“No” rispose Naruto con decisione “Te l’ho detto, non sei un mostro. Io sono Naruto, tanto piacere.” concluse, sorridendo e porgendogli la mano.

Jugo esitò, poi sorrise e rispose alla stretta di mano.

 

Naruto e Jugo chiacchierarono parecchio, poi Jugo disse che doveva andare e anche Kurama fece notare a Naruto che era quasi l’alba e che Kakashi sarebbe arrivato a breve. Rapidamente i due bambini si salutarono, quindi Naruto tornò nella sua stanza e finse di dormire poco prima che arrivasse Kakashi. Il ninja entrò silenziosamente ma Naruto si mosse e si mise a sedere.

“Sei tornato?” chiese con voce assonnata.

“Sì, ma è presto, torna a dormire. Ti sei divertito ieri?” chiese.

“Sì. Sai una cosa? Ho un nuovo amico ora!”

Kakashi sorrise.

“Mi fa piacere. Me lo presenterai?”

“Lo spero …” mormorò Naruto, con gli occhi chiusi e quasi già addormentato “Ti voglio bene papà …”

Kakashi restò paralizzato per la sopresa. Lo aveva davvero chiamato “papà”?

 

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Capitolo 11
*** K come Kurama ***


K come Kurama

(scritto da Nunzia)

 

Era trascorsa qualche settimana da quando Naruto aveva conosciuto il piccolo Jugo, e le sue parole continuavano a ronzargli in testa "Dovete scappare da me!...sono un mostro!"

Era riuscito a calmarlo perché aveva saputo mettersi nei suoi panni, lui conosceva bene quella sensazione...quante volte al villaggio l'avevano chiamato mostro? Era stato isolato, deriso...quante madri avevano impedito ai propri figli di giocare con lui? Ovviamente Naruto era stato del tutto inconsapevole del motivo, il terzo Hokage aveva fatto in modo che nessuno gli raccontasse dell'attacco della volpe di tanti anni prima, eppure un giorno...

 

Pochi anni prima, in un pomeriggio di primavera a Konoha.

 

Naruto osservava incantato una mamma gatta che allattava i suoi due cuccioli; era lì già da un po', seduto immobile sul ramo di un grosso albero, e non aveva intenzione di fare rumore e spezzare la quiete, perché sapeva che altrimenti i gattini sarebbero scappati via. A volte gli capitava di osservare scene simili e si chiedeva ogni volta se anche la sua mamma avesse allattato lui, se lo avesse accudito e coccolato. Non aveva alcun ricordo del passato, era troppo piccolo quando era rimasto orfano, e aveva smesso da tempo di fare domande, perché finora nessuno aveva mai voluto dargli le risposte che cercava. 

La gatta leccava lentamente e meticolosamente la testa di uno dei piccoli, mentre l'altro curiosava in giro. D'improvviso s'interruppe sentendo un forte rumore di risate proveniente da poco distante, si mise velocemente in piedi rizzando il pelo con aria minacciosa. Due uomini sbucarono nel prato, i volti rossi visibilmente alterati dal sake, e s'imbatterono nel terzetto formato dai due micini curiosi e dalla mamma diffidente e aggressiva. Uno degli uomini ridendo si chinò per afferrare un sasso e fece per lanciarlo quando il piccolo Naruto saltò giù dal ramo gridando "NO!" con quanto fiato aveva in corpo e parandoglisi davanti con le braccia aperte. 

Dopo un breve momento di sorpresa l'uomo lo fissò sprezzante "Guarda chi c'è qui, il piccolo mostriciattolo!" 

"Cosa fai, ti metti a difendere i tuoi simili?" aggiunse l'altro con una risata sguaiata. 

Naruto li guardò con aria di sfida, non li conosceva ma aveva capito che non avessero buone intenzioni e seppur ancora soltanto un bambino, non aveva intenzione di voltarsi dall'altra parte. 

"Non farete del male a questa mamma con i suoi piccoli, non ve lo permetterò!" disse con i grandi occhi azzurri che mandavano lampi furiosi. 

I due risero ancora più forte e quello più vicino lo derise "Cosa vuoi difendere tu, sei solo feccia! Un moccioso che porta dentro di sé la volpe a nove code. L'assassina di sua madre!" e con un ghigno malevolo al suo visetto sconvolto, si lasciò portare via dal suo compagno e sparì dietro gli alberi. 

Naruto sentiva la testa girare vorticosamente... quella frase sembrava averlo privato di tutte le forze. Sobbalzò quando qualcosa di solido e al contempo soffice gli si strofinò sulla gamba nuda: la gatta gli stava facendo le fusa e i cuccioli avevano ripreso a giocare. 

Rimuginò a lungo seduto sull'erba, adesso la verità si faceva strada nei suoi pensieri ricomponendosi come un puzzle. Mostro. Assassino. Mamma... 

Chiuse gli occhi mentre lacrime calde gli scorrevano sul morbido visetto da bambino. 

Silenzio. 

E poi...un lieve rumore d'acqua, qualche goccia che cadeva, e un respiro pesante e roco molto vicino. 

Naruto aprì gli occhi e la vide, l'enorme volpe giaceva dietro un cancello gigantesco. Dormiva, così come avrebbe fatto un gatto, e non gli parve poi così spaventosa. Si svegliò lentamente percependo la presenza di qualcun altro, e aprendo di scatto gli occhi lo fissò. 

Non ci fu esitazione da parte del bambino, nonostante le parole degli uomini intuiva di non essere in pericolo. 

"Tu sei la volpe a nove code che vive dentro di me, vero? Mi hanno detto che hai ucciso la mia mamma, che sei un mostro" gli occhi di Naruto per un attimo brillarono di lacrime "lo dicono anche a me, sai. Che sono un mostro. Però non è vero, e sono sicuro che anche tu non lo sei" tacque per un istante, poi proseguì "volevi fare del male alla mia mamma?" 

Kurama lo guardò, ammirando il coraggio di quel bambino tanto piccolo, e per la prima volta in molti anni finalmente parlò "No, non volevo fare del male a Kushina, lei era la mia forza portante ma ciò che è accaduto non è dipeso da me. Non volontariamente" 

Naruto annuì con aria seria. 

Gli credeva. Qualcosa dentro di lui gli diceva che poteva fidarsi di quel gigante. Nessuno dei due era davvero un mostro, nonostante ciò che pensava la gente. 

 

Erano trascorsi anni da quel primo incontro, ma da allora i due si erano ritrovati ancora diverse volte, spesso per parlare, ma anche semplicemente quando Naruto si sentiva solo. 

Kurama era con lui in ogni momento, non lo abbandonava mai, e anche se quasi tutti ne avevano paura, non avrebbe mai fatto del male al bambino, né avrebbe permesso che gliene facessero. 

 

 

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Capitolo 12
*** L come Lucciole ***


L come Lucciole

(scritto da Padmini)

 

Se c’era una cosa che Sakura adorava erano le lucciole, le piaceva osservarle durante le notti estive, erano come delle piccole stelle scese a farle visita dal cielo e lei amava passeggiare tra di loro, immaginandosi di poter volare in alto, di volare via dalla paura, dell'imbarazzo, dalla debolezza.

A Sakura amava osservare le lucciole, ma le sarebbe piaciuto ancor di più condividere quei momenti con qualcuno, invece si ritrovava sempre sola.

Una volta aveva tentato di invitare qualcuno, erano al parco giochi e lei aveva fatto la proposta.

"Hey! Che ne dite di andare a vedere le lucciole stasera? Vicino a casa mia c'è un prato dove se ne trovano tantissime! è un posto magico!"

Una sua compagna di classe aveva riso di lei.

"Cosa sei, una bambina?" aveva chiesto "Andare a vedere le lucciole è una cosa da poppanti!"

Sì, sono una bambina!, avrebbe voluto rispondere lei, e in effetti lo era, non aveva nemmeno dieci anni, ma quando si cresce in un villaggio di ninja non si è mai abbastanza piccoli per essere considerati dei bambini.

Sakura aveva ingoiato il rospo ed era corsa via, senza accorgersi che Ino le era andata incontro per consolarla.

 

Da quel giorno era passato tanto tempo, i giorni erano diventati settimane, le settimane mesi, era arrivato l'autunno, poi l'inverno e infine la primavera. Con l'inizio dei primi caldi Sakura aveva continuato ad uscire di notte per vedere le lucciole, fregandosene di chi la prendeva in giro, quei momenti erano solo per lei, erano speciali e, sebbene avesse voglia di condividerli con qualcuno, non aveva il coraggio di chiederlo ancora.

 

Passarono altri giorni, altre settimane, una sera vide che la luna era quasi piena, la sera successiva sarebbe stata l'ideale per osservare le lucciole sotto il suo chiarore, magari mangiando qualcosa distesa su una coperta, come una specie di pic nic notturno.

Per tutto il giorno successivo attese trepidante, anche a lezione fu meno attenta del solito, cosa strana per lei, e quando finalmente le lezioni terminarono uscì di corsa dall'aula per tornare a casa, voleva che tutto fosse perfetto per la sua serata preferita ... ma non tutto sarebbe andato come aveva programmato.

Era tornata a casa da poco, aveva appena fatto in tempo a mangiare e si era fiondata al piano superiore per fare i compiti: non aveva tempo da perdere, doveva preparare tutto per quella sera se voleva che fosse perfetto, ma sua madre la fermò quando la vide entrare in cucina.

"Sakura, hai finito i compiti?" chiese.

"Sì, certo mamma! Ora posso ..."

"Puoi andare a fare qualche commissione per me?" chiese "Stamattina non ho avuto tempo di fare nulla perché ho dovuto controllare alcuni documenti di tuo padre. Tieni" aggiunse, porgendole un foglio "Qui troverai tutta la lista.

"Ma ..." iniziò Sakura, osservando ciò che aveva scritto sua madre "Mi ci vorrà tutto il resto del pomeriggio! Io volevo ..."

"Sakura!" la riprese la madre "è urgente!"

La bambina sospirò, ma annuì, magari la sera successiva la luna sarebbe stata ancora abbastanza piena. Così, sospirando, si preparò e uscì.

 

Arrivò a casa che era sera inoltrata, avrebbe voluto preparare qualcosa invece di cenare, ma suo padre fu irremovibile, perciò restò a tavola finché non finirono di cenare. Quando finalmente riuscì a sparecchiare e lavare i piatti insieme alla madre era tardissimo.

Sakura guardò fuori, la luna era alta nel cielo, da lontano poteva vedere le lucciole volare leggiadramente tra gli alberi, le sarebbe piaciuto uscire, ma ormai era troppo tardi ...

Stava per andare in camera sua, quando suonarono al campanello: era Ino.

"Sakura!" esclamò "Vieni con me!"

La bambina osservò l'amica con gli occhi sgranati per la sopresa.

"D-dove vuoi andare?" chiese, sospettosa.

"Vieni e basta!"

Sakura si voltò per osservare i suoi genitori, chiedendosi se le avrebbero concesso di andare, ma loro le fecero l'occhiolino. Che fossero d'accordo con Ino?

Ino prese Sakura per mano e la condusse verso il prato, ma più lontano, in un luogo che lei non poteva vedere da casa sua.

"Dove stiamo ..."

Sakura non fece in tempo a terminare la domanda, quando li vide.

In una radura poco distante, c'era un'enorme coperta, sulla quale erano posati piatti con ogni genere di cibo dolce e salato e tazze di tè caldo. Attorno alla coperta, c'erano tutti i suoi amici: Hinata, Kiba, Shino, Shikamaru, Choji, Naruto e perfino Sasuke.

"CIAO SAKURA!" esclamarono tutti in coro "VUOI VEDERE LE LUCCIOLE CON NOI?"

Sakura stava per piangere dalla gioia, si passò rapidamente il dorso della mano sugli occhi e corse verso di loro insieme a Ino.

"Che bella sorpresa! Vi voglio bene amici miei!" esclamò, andandosi a sedere insieme a loro "Come avete fatto?"

"Non ci pensare!" le rispose Ino "Sappiamo quanto ami osservare le lucciole e abbiamo pensato che questa fosse la notte ideale per poterlo fare insieme!"

 

La notte passò rapidamente, il giorno dopo non dovevano andare a scuola, quindi decisero di dormire all'aperto: faceva caldo e si stava bene, inoltre avevano portato dei sacco a pelo per tutti, anche per lei, così fu bello addormentarsi vicini, osservando le lucciole.

La mattina dopo tutti si svegliarono con calma, fecero colazione con gli avanzi della notte e si salutarono, andando ognuno a casa sua, non dopo che Sakura ebbe ringraziato tutti di cuore.

Sakura stava per tornare a casa, quando fu raggiunta da Shikamaru.

"Hey, Sakura!" le disse "C'è una cosa che devo dirti."

Lei si fermò, incuriosita, era insolito che Shikamaru le parlasse o le volesse confidare un segreto.

"Devi sapere che abbiamo organizzato tutto insieme" disse, guardandosi attorno per assicurarsi di non essere ascoltato "Ma l'idea è stata di Naruto, è stato lui a convincerci."

"N-naruto?" chiese lei, incredula "Come? Quando?"

Shikamaru rise.

"Ieri si era reso conto che eri impaziente per qualcosa, sapeva come tutti noi quanto ami le lucciole perciò, sapendo che questa notte ci sarebbe stata la luna piena, ha immaginato che avresti fatto qualcosa di speciale ... da sola. Per questo, quando ti ha vista correre via, è venuto da noi e ci ha proposto questa cosa. Siamo andati da tua mamma e le abbiamo chiesto di tenerti impegnata tutto il giorno, in modo che non potessi fare nulla, perché tanto lo avremmo fatto noi per te!"

Sakura arrossì.

"Devo ammettere che all'inizio non ne avevo molta voglia, ma Naruto sa essere molto convincente e ci ha coinvolti. Alla fine è stato anche divertente! Mi piacerebbe rifarlo!"

Sakura divenne ancor più rossa.

"Ah, un'altra cosa" aggiunse Shikamaru "Sai che Naruto è sempre pieno di energia e di idee ... ma ieri era più carico del solito, si vedeva che ci teneva davvero tanto!"

Sakura sorrise.

"Grazie Shikamaru."

Lui le fece l'occhiolino e se ne andò, lasciandola lì, felice, mentre ripensava a Naruto e a ciò che aveva fatto per lei.




 

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