L’Amore in un colpo di spazzola di Deilantha (/viewuser.php?uid=133509)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Izayoi ***
Capitolo 2: *** Kikyo ***
Capitolo 3: *** Kagome ***
Capitolo 4: *** Kagome II ***
Capitolo 5: *** Mamma Higurashi ***
Capitolo 6: *** Inuyasha ***
Capitolo 1 *** Izayoi ***
1)
Izayoi
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Quel
giorno il cielo era limpido e il sole caldo sulla pelle, era uno di
quei giorni
che invitava a fare una passeggiata, per godersi il piacere della
natura
circostante. Ma nel palazzo nessuno prestava attenzione
all’esterno,
soprattutto la servitù che come ogni mattina si aggirava
affannata, intenta alle
faccende quotidiane. E come ogni mattina Izayoi percorreva le sue
stanze, con
una spazzola in mano.
«Inuyasha!
Inuyasha dove sei?»
Ancora
una volta, suo figlio era scappato prima che potesse pettinargli i
capelli. Era
sistematico: il bambino riusciva sempre ad approfittare di un momento
di
distrazione della madre, per sgattaiolare fuori e iniziare la giornata
senza
torture.
Inuyasha
aveva sei anni e i suoi capelli non erano mai stati toccati da un paio
di
forbici. Sin dalla nascita aveva ricevuto una folta chioma e sua madre,
così
fiera dei propri lunghi capelli neri, era stata risoluta nel lasciare
che suo
figlio avesse a sua volta una lunga capigliatura.
Ma
il bambino non aveva la stessa dedizione materna: Izayoi amava
pettinare i propri
capelli e poi curarli con creme e impacchi; Inuyasha, al contrario, era
sempre
stato un tipetto vivace, incapace di stare fermo, soprattutto se si
trattava di
cure personali. Finiva le sue giornate sempre coperto di fango, dopo
qualche
corsa nei campi, giochi nell’acqua o sugli alberi. Non
proprio il tipo adatto
ad avere dei capelli lunghi.
A
volte sua madre aveva valutato l’idea di accorciarli, ma il
pensiero era fugace
come il vento: i capelli di suo figlio erano così belli,
così voluminosi, così
fieri… così simili a quelli del padre…
Dopo
aver vagato per tutte le stanze di loro pertinenza, Izayoi si diresse
all’esterno: sapeva benissimo che suo figlio preferiva
starsene all’aperto
anziché tra le mura di casa, ma gli concedeva sempre qualche
minuto prima di
rintracciarlo e col tempo quel rituale era diventato una sorta di gioco
tra
loro, un gioco che rendeva l’inevitabile momento della
spazzola un po’ meno
fastidioso.
Come
da copione, lo trovò accovacciato sul bordo del piccolo
stagno nel retro del
palazzo, intento a colpire la superficie dell’acqua con le
mani, per spaventare
i pesci. Nel poco tempo in cui era stato lì, era riuscito a
schizzare l’acqua
ovunque e lui stesso aveva le vesti bagnate. Izayoi tirò un
sospiro, prima di
annunciarsi.
«Eccoti,
finalmente!», sorrise, avvicinandosi alla piccola figura in
lontananza. Il
bambino si alzò e si voltò in direzione della
madre, andandole incontro a
grandi passi «Siete stata lenta, oggi!»
sghignazzò felice, ma quando vide la
spazzola nelle mani materne, il suo volto
s’incupì. «Non potremmo saltare
questa parte, oggi?» chinò il capo e quel
movimento illuminò improvvisamente la
sua chioma argentata.
Il
cuore di Izayoi ebbe un sussulto.
«No,
piccolo mio, i capelli vanno spazzolati ogni giorno.»
«Uffa!»
il bambino incrociò le braccia, mostrando il suo disaccordo,
ma non scappò via.
Sua madre si chinò verso di lui e poggiò le sue
mani sulle piccole spalle «Ma
prima devi asciugarti o prenderai un raffreddore.»
«E
va bene, ma dopo torno a giocare!» lo sguardo di Inuyasha era
serio e deciso, e
sua madre sapeva che quando aveva quell’espressione, non
c’era niente che
avrebbe potuto fargli cambiare idea. Era un piccolo testardo a cui era
difficile dire di no.
«Certamente»
sorrise, conciliante e allungò una mano verso suo figlio,
che ricambiò la
stretta; insieme si diressero verso le loro stanze.
La
prima cosa che fece, una volta rientrati, fu togliere la veste
dell’Hinezumi al
bambino: la stese all’esterno per farla asciugare il prima
possibile, in modo
che Inuyasha potesse tornare a indossarla subito. Dopo essere passata
ad
asciugare il viso di suo figlio, lo fece sedere sul pavimento esterno
del
palazzo: le gambette pendevano, e il bambino ne approfittò
per muoverle in modo
alternato, alleviando la tortura dell’immobilità a
cui doveva sottoporsi il
resto del suo corpo.
Izayoi
si inginocchiò dietro suo figlio, prese una ciocca di
capelli con una mano e
iniziò a passargli la spazzola con l’altra.
Le
proteste del bambino non si fecero attendere «Ahi!»
«Su
piccolo mio, un po’ di pazienza.»
I
capelli di Inuyasha erano folti ma anche doppi: erano dotati di una
fibra molto
forte e lievemente ispida, un tipo di capello che facilmente si annoda
e
nonostante la delicatezza con cui Izayoi passava la spazzola, non era
facile
districare quella rete. Un tipo di capello non umano.
«Anche
i grandi guerrieri devono pettinarsi per mantenere splendidi i loro
capelli.»
«Come
mio padre?»
«Sì.»
come ogni volta in cui si parlava di Toga, Izayoi ebbe un fremito nella
voce.
Aveva
perso l’uomo che amava proprio il giorno in cui era nato il
loro bambino.
Quel
giorno lui le fece i suoi ultimi doni: l’aveva riportata in
vita usando la
spada Tenseiga, le aveva donato la veste dell’Hinezumi per
proteggerla nella
sua fuga - perché sapeva di non poterlo più fare
personalmente - e le aveva
donato un nome.
«Inuyasha.
È il nome del bambino: si chiama Inuyasha. Ora scappa via e
vivi. Tu devi
vivere, Izayoi!»
L’aveva
fatto: con il loro piccolo appena nato tra le braccia era fuggita via,
lasciando l’uomo che amava a combattere la sua ultima
battaglia, quella per
garantire la sopravvivenza alla sua famiglia.
«Tuo
padre era un grande guerriero, Inuyasha.»
«E
a lui piaceva farsi pettinare? Ahi!» il bambino
portò una mano lungo la tempia
per massaggiare il punto in cui la spazzola l’aveva colpito.
«Sì,
gli piaceva» la donna procedeva a rimuovere i nodi con
delicatezza «Aveva i
tuoi stessi capelli: lunghi e folti fili d’argento. Glieli
spazzolavo ogni
sera, mentre lui mi raccontava le avventure magnifiche che aveva
vissuto.»
Toga
era un demone maggiore tra i più potenti del suo tempo,
responsabile e
vigilante del territorio del Kyushu, un demone cane dal manto
argentato, che
nella sua forma umana conservava una lunga capigliatura folta e spessa,
vigorosa e fiera come lui. Erano un simbolo della sua potenza e una
delle
caratteristiche che avevano fatto innamorare Izayoi, una nobile umana,
di lui.
«A
tuo padre piaceva portarli in una coda alta, ma io ero felice quando,
prima di
dormire, li slegava e gli cadevano sulle spalle: erano splendidi e io
ero
felicissima di pettinarli!»
«Erano
lunghi come i vostri, madre? Ahi!»
«Sì,
come i miei, e come i tuoi.»
«I
miei sono più corti!»
«Solo
perché sei più piccolo, ma quando crescerai
saranno della stessa lunghezza, ne
sono sicura.» Inuyasha sorrise, soddisfatto. A volte avrebbe
voluto tagliare
quei fastidiosi capelli lunghi: si sporcavano continuamente e questo lo
costringeva a doverli lavare e pettinare di continuo. E poi gli
andavano
davanti agli occhi, in bocca, si impigliavano… Ma sapeva che
sua madre amava
spazzolarli ed era così difficile vederla sorridere, che non
poteva toglierle
quel piacere. E poi, gli piaceva pensare di somigliare al grande
combattente
che era stato suo padre: un demone potente, rispettato e temuto da
tutti.
«Madre,
sarò un grande guerriero anche io e non dovrete preoccuparvi
di niente. Vi
proteggerò!»
Suo
figlio le dava ancora le spalle e la donna represse un singhiozzo.
Aveva
cercato di mostrarsi sempre positiva verso di lui, ma spesso finiva col
piangere in sua presenza. Era così difficile vivere sentendo
la mancanza del
suo amato, ospitata da parenti solo in virtù del suo nobile
lignaggio, ma che
poco tolleravano quella donna che si era unita a un demone e aveva
generato un
abominio: un mezzo demone.
Si
fece forza per mandare indietro le lacrime: non voleva rattristare
ulteriormente suo figlio, anche la sua vita non era facile, allontanato
e
giudicato da tutti per via della sua natura. Vederlo sorridere era la
sua unica
spinta alla vita.
«Sì,
piccolo mio, sarai un guerriero eccezionale, come tuo padre.»
accarezzò la
testa argentata del bambino, toccò delicatamente le sue
piccole orecchie canine
e poi riprese a spazzolargli i capelli.
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Be', cosa dire: erano
dieci anni che non pubblicavo qualcosa su questo sito e mi fa davvero
strano essere qui dopo tanto tempo, ma la Musa capricciosa esigeva
attenzioni e chi sono io per sottrarmi al suo richiamo?
Spero
che questa prima One Shot vi sia piaciuta, nonostante la sua
brevità. Ho sempre pensato che il rapporto tra Inuyasha e
sua madre sarebbe interessante da indagare, visto che non se ne parla
granché all'interno della storia originale. Mi piacerebbe
approfondirla, ma non sarà questa la sede.
Se vi farà
piacere, lasciate pure un commento, sono curiosa di sapere cosa ne
pensate di questo piccolo prodotto della mia ispirazione ballerina.
E grazie per essere arrivati/e fin qui. ^^
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Capitolo 2 *** Kikyo ***
2)
Kikyo
Kikyo
sedeva sulla sponda del torrente, godendosi una pausa tra le
attività
giornaliere imposte dal suo ruolo di sacerdotessa. Lo scorrere
dell’acqua aveva
un effetto rilassante sul suo animo e si ritrovò a
sospirare, lasciando andare
le spalle contratte. Erano pochi i momenti in cui si concedeva quel
lusso:
quando era in servizio tutto il suo corpo era contratto, intento ad
assolvere
il suo compito con ogni cellula di cui disponeva e spesso dimenticava
di dare
sollievo alle sue membra.
Dinnanzi
a lei il cielo era sfolgorante: le sfumature calde e vibranti del
tramonto
riempivano la sua vista, il sole calante stava lasciando dietro di
sé una scia
dorata, lo stesso colore degli occhi di Inuyasha.
Sorrise
al pensiero di quel nome, che per lei aveva un valore immenso. Aveva
capito da
tempo di provare qualcosa per lui e quel sentimento non faceva che
rinforzarsi
giorno dopo giorno, dandole un nuovo motivo per vivere. Era stanca di
essere
vista da tutti solo come una sacerdotessa: grazie al suo grande potere
spirituale, era immersa nel suo ruolo da quasi tutta la sua vita, senza
sosta;
non ricordava come fosse vivere una giornata da semplice essere umano,
perché a
lei non era consentito mostrarsi debole e vulnerabile. Come lei, anche
Inuyasha
fingeva: fingeva di essere cattivo, di essere invincibile, ma in
realtà aveva
un codice morale che non si addiceva a un demone malvagio, si
atteggiava a tale
solo per difendersi, perché in quanto hanyou, un mezzo
demone, non poteva
dimostrare di essere debole ed esposto.
Proprio
come lei fingeva di essere forte, di non essere umana, ma dentro si
sentiva
sola e fragile.
Erano
così simili loro due!
Forse
si erano incontrati proprio per salvarsi a vicenda. Forse, un giorno,
avrebbe
potuto smettere di essere una sacerdotessa, smettere di rinnegare se
stessa.
L’unica cosa che voleva era essere una donna.
Una
donna libera di amare.
E
forse, un giorno, avrebbe potuto vivere la sua vita insieme a Inuyasha,
se lui
l’avesse voluto.
Come
se l’avesse evocato, sentì i passi del ragazzo
sempre più vicini e attese,
senza voltarsi, di scorgere con la coda dell’occhio la figura
che veniva ad
accucciarsi a poca distanza da lei.
«Visto
che bel tramonto, Inuyasha?»
«Hmm.»
Kikyo
si voltò verso di lui: come si aspettava, si era seduto
nella sua tipica
posizione con le ginocchia piegate in alto e le braccia dritte,
poggiate
sull’erba. Era buffo ma anche molto tenero: le ricordava
costantemente che nelle
sue vene scorreva il sangue di un inuyoukai, un demone cane, anche se,
a
differenza di molti suoi simili, aveva un cuore gentile,
eredità probabile
della sua madre umana.
Inuyasha
non era tipo di molte parole ed era facile vederlo assorto nei suoi
pensieri. Un’altra
cosa che li accomunava: quando viaggiavano insieme potevano trascorrere
delle
ore in silenzio, ognuno immerso nel proprio mondo. Tra di loro non
servivano
molte parole perché si capivano, l’avevano fatto
dal primo momento.
Approfittò
di quel momento di pace per osservare il suo compagno. La vista
di Inuyasha la lasciava sempre senza fiato: aveva incontrato altri
inuyoukai e
sapeva che tendevano a essere tutti molto belli, ma la loro era
un’algida
bellezza, fredda e distaccata. Inuyasha invece aveva un fuoco che
ardeva nei
suoi occhi dorati, c’era un calore nei suoi tratti che era
vitale, confortante
e appassionato; la sua era una bellezza unica, che lo rendeva diverso
da tutti
i suoi simili. E in quel momento, la luce dorata del tramonto,
così simile a
quella dei suoi occhi, si riflesse anche sui suoi capelli, facendoli
risplendere in uno scintillio d’oro e argento. Il mezzo
demone sembrava emanare
luce propria. Kikyo rimase ammaliata da quella vista.
«I
tuoi capelli sono davvero belli!»
«G…grazie.»
il
ragazzo arrossì.
Inuyasha
non era abituato ai complimenti: l’unica persona che gli
aveva rivolto parole
gentili era stata sua madre, tanti troppi anni prima, e quando Kikyo si
rivolgeva a lui con quelle frasi dirette, non sapeva mai cosa
rispondere.
Kikyo
gli aveva sconvolto la vita. Si erano incontrati come nemici: lui un
mezzo demone
e lei una sacerdotessa che i demoni li uccideva, eppure nessuno dei due
aveva
mai attaccato seriamente l’altro. Come se entrambi avessero
capito che dietro
le apparenti differenze tra loro, si celavano due anime molto simili,
due anime
sole che si facevano compagnia, si confortavano e si comprendevano. E
forse si
amavano. Lui era certo dei sentimenti che provava per lei: non poteva
più
immaginare di vivere la sua esistenza solitaria, non poteva
più concepire un
mondo in cui Kikyo non fosse accanto a lui. E un giorno, forse,
gliel’avrebbe
detto apertamente.
«Sai,
spazzolare i miei capelli è l’unica cura che
concedo a me stessa. Mi piace
tenerli sempre in ordine. Prima
di
iniziare la mia giornata sistemo anche quelli di Kaede,
perché voglio che anche
lei impari a essere sempre ordinata.»
«Uhm.»
quelle parole echeggiavano le stesse dette da Izayoi tanti
anni fa, una vita fa. Non riuscì a dire altro. Nonostante i
suoi
sentimenti per lei, c’erano degli argomenti che non era
pronto ad affrontare
con la ragazza, come quello dei suoi capelli, perché gli
riportavano alla mente
ricordi troppo dolorosi che lui teneva chiusi in un angolo nascosto del
suo
cuore.
«Tu
possiedi una spazzola?» tempo prima, Inuyasha le aveva detto
di avere solo due
oggetti appartenuti alla madre: la veste dell’Hinezumi e il
rossetto che aveva
donato a lei. Quel rossetto che conservava come un tesoro prezioso.
«No.»
Inuyasha chiuse le braccia intorno alle ginocchia, e non
proseguì. Tuttavia
quella risposta aveva incuriosito la sacerdotessa.
«Come
fai a pettinare i tuoi capelli?»
«Non
lo faccio.» la voce del mezzo demone era ovattata: il viso
era nascosto in
parte dalle ginocchia.
«Non
ti piace?»
«Non
ne ho bisogno, va bene così.»
Kikyo
era stupita dal fatto che quei capelli potessero essere così
belli nonostante
non venissero curati. Forse era dovuto al fatto che non fossero del
tutto
umani. Cercò tuttavia di non mostrare troppo il suo stupore,
perché aveva
notato l’atteggiamento insicuro e sulla difensiva del mezzo
demone, e lei
invece voleva che il ragazzo le aprisse il suo cuore, che si fidasse di
lei.
«Se
vuoi, posso pensarci io. Kaede non si lamenta quando le spazzolo i
capelli,
sono brava.» cercò di parlare con un tono
conciliante, voleva infondere fiducia
nelle sue parole, ma l’espressione imbronciata di Inuyasha
non cambiò.
Quello
era un argomento su cui l’hanyou non voleva indugiare ancora.
Kikyo comprese
che non avrebbe dovuto insistere, perché sapeva che se
avessero fatto lo stesso
con lei, si sarebbe alterata e non voleva risultare sgradita a quel
ragazzo,
che iniziava a essere la sua ragione di vita. «Se non ti fa
piacere va bene lo
stesso, sono i tuoi capelli, del resto.» gli sorrise,
comprensiva.
La
voce di Kikyo era dolce, così diversa da quella autoritaria
e fredda della
sacerdotessa. Quando usava quel tono, Inuyasha sapeva che stava
parlando la parte
più vera di lei, quella che nascondeva a tutti tranne che a
lui. Alzò il viso e
si voltò verso la ragazza, il cui viso sorridente fu come un
abbraccio caldo
per lui.
«Kikyo,
io…»
«Non
ti preoccupare, quando avrai voglia sarò pronta con la mia
spazzola.» la
ragazza sorrise e il cuore di Inuyasha si sentì in pace. Le
era grato perché
non aveva insistito e aveva compreso. Era sempre più
convinto che loro due
fossero fatti per stare insieme.
Se
sarà necessario, darò la vita per te, Kikyo; ti
proteggerò sempre.
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-
«Inuyasha,
sei sicuro?»
«Di
cosa?»
«Che
una come me è veramente ciò che vuoi?»
«Keh,
non fare domande che non hanno bisogno di risposta.»
Aveva
trovato il coraggio di rivelare a Kikyo i suoi sentimenti e le aveva
dato la
risposta che la ragazza voleva: ormai era certo, sarebbe diventato
umano e
avrebbe vissuto accanto a lei come suo compagno di vita. Era sicuro di
fare
quella scelta perché il pensiero di vivere il resto dei suoi
anni accanto alla
donna che amava, gli bastava a non desiderare altro. La ricerca del
potere non
aveva più senso perché il suo cuore era pieno.
«Domani
a mezzogiorno, davanti all’albero divino del bosco ovest.
Aspettami lì, verrò
con la Sfera dei Quattro Spiriti.»
«Sì…
va bene.»
Era
notte e stavano tornando al villaggio: per la prima volta nella sua
vita, Inuyasha
guardava al futuro con gioia e speranza. L’emozione che stava
provando era tale
che prese la mano di Kikyo, ancora incredulo che l’indomani
sarebbe cambiato
tutto per loro e avrebbero iniziato una nuova vita insieme.
Quella
gioia sembrava spazzare via tutto il dolore vissuto fino a quel giorno,
persino
quello più profondo.
Si
fermò, per guardare negli occhi la donna che
amava. «Kikyo… Quando
sarò un umano, vorresti spazzolarmi i capelli?»
Gli
occhi di Kikyo scintillarono di gioia, e il sorriso sul suo volto si
ampliò.
Prese l’altra mano di Inuyasha e la strinse nella sua
«Molto volentieri.»
Rimasero
a guardarsi negli occhi per un po’, felici come non era mai
accaduto nelle loro
vite, impazienti che arrivasse l’indomani.
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Eccomi con la seconda One
Shot. Questa mi ha fatto un po' penare perché nell'ultima
revisione prima di pubblicarla, mi sono resa conto di aver sbagliato
tutta la cronologia della loro storia! -_-'
E quindi ho riscritto il
brano cercando di mantermi in canon, ma non sono del tutto soddisfatta
del risultato.
Spero che per voi, invece,
sia stata una lettura piacevole. Che siate o meno fan di Kikyo, io sono
convinta che i sentimenti che provavano lei e Inuyasha fossero profondi
e sinceri, altrimenti la reincarnazione in Kagome non avrebbe avuto
senso.
Grazie per essere
arrivati/e fin qui, se vi va lasciate pure i vostri pensieri su questa
piccola OS, li leggerò con piacere. ^^
E Buon Natale!
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Capitolo 3 *** Kagome ***
3)
Kagome
Ogni
volta che tornava nell’epoca Sengoku, Kagome provava una
forte nostalgia di
casa, in particolare del suo bagno e dell’acqua calda.
Finché era in giro con
gli altri sulle tracce di Naraku non dava peso al fatto che doveva
lavarsi con
l’acqua corrente, e in qualche modo ci si era abituata; ma
quando tornava alla
sua epoca, la prima cosa che faceva era un bagno caldo, seguito dalla
cura
attenta per i suoi capelli.
Era
sempre stata molto orgogliosa del suo aspetto e amava prendersi cura
della sua
chioma scura. Ma la vita nel Sengoku concedeva pochi agi, soprattutto
quando
era in viaggio, per cui spesso aveva dovuto rinunciare a prendersi cura
come si
deve dei suoi capelli, nonostante portasse sempre con sé,
all’interno del suo
zaino, creme e balsami. Quella sera però, il gruppo si era
accampato nei pressi
di una pozza d’acqua termale e la ragazza decise di cogliere
al volo
l’opportunità di farsi un bel bagno
nell’acqua calda, seguito dalla cura
completa dei suoi capelli.
Dopo
cena lei e Sango si diressero verso l’acqua, pronte a
rilassarsi e dopo una
bella chiacchierata, Kagome tirò fuori
l’artiglieria pesante: shampoo, balsamo,
crema ristrutturante e districante. La cacciatrice di demoni
osservò
incuriosita quella serie di flaconi e bottiglie dalle strane forme,
anche se si
era abituata alle stranezze provenienti dall’epoca della sua
amica.
Kagome
si accorse dell’interesse della sua amica e ne fu felice
«Vuoi provarli anche
tu, Sango?»
«Pensi
che mi facciano bene?» la sterminatrice di demoni sembrava
titubante
«Ma
certo, vedrai che differenza, dopo: i tuoi capelli ti
ringrazieranno!»
«Non
capisco cosa ci sia dentro, sicura che sia tutto innocuo?»
«Ti
basta guardare i miei capelli: non hai mai notato che quando torno
dalla mia
epoca sono più morbidi e lucidi?»
«Sì,
è vero. Mi sono sempre chiesta cosa ci facessi, non ho mai
avuto i capelli così
belli!»
«È
grazie a questi prodotti» sorrise soddisfatta «E
non è mai successo che siano
caduti, fidati di me!»
Il
sorriso di Kagome era coinvolgente e Sango decise di accettare
l’offerta
«D’accordo, visto che siamo amiche, mi
fiderò di te» le sorrise in risposta.
Kagome
fu felicissima di condividere quel momento di cura personale con Sango:
le
mancavano le serate tra ragazze che faceva con le sue amiche, quei
momenti da
teenager che appartenevano a una vita tranquilla e totalmente diversa,
una vita
che aveva quasi abbandonato.
Trascorsero
un paio d’ore dedicandosi al loro benessere finché
decisero di tornare al loro
accampamento per asciugare i capelli vicino al fuoco.
«Oh,
siete di ritorno… già vestite.» il tono
di Miroku non nascondeva la delusione;
il monaco sperava di poter vedere qualche centimetro di pelle giovane,
ma non
ebbe fortuna.
«Muoviti
Miroku, andiamo a farci il bagno!» Inuyasha invece, non perse
tempo: si alzò
dal suo giaciglio e tirò la veste del monaco per
distoglierlo dai suoi pensieri
impuri.
«Ah…
Sì, arrivo.» sospirando, Miroku si arrese al suo
destino.
«Shippo
anche tu, sbrigati!»
«Eccomi!»
Solo
quando i ragazzi erano già lontani, Kagome si rese conto che
avrebbe voluto
dare i suoi prodotti anche a Inuyasha, ma non voleva rischiare di
seguire i
ragazzi e vedere cose che preferiva rimanessero
private: era già
capitato in passato e se ci pensava il suo viso diventava ancora rosso
fuoco!
Si
avvicinò al fuoco per asciugare la sua chioma, ma il
pensiero dei capelli di
Inuyasha non la lasciava: le dispiaceva non essere riuscita a sfruttare
quell’opportunità, perché avrebbe
voluto occuparsi dei capelli del mezzo demone
sin da quando Yura aveva notato che erano pieni di nodi e lasciati
all’incuria.
“Ah,
Yura, quella maledetta!”
Aveva osato dire che i suoi
capelli, così ben curati, erano brutti! Però
aveva avuto ragione nel trovare
splendidi quelli di Inuyasha: erano folti, lunghissimi e avevano quel
colore
così brillante! Era
un vero peccato che
il ragazzo non se ne prendesse cura.
«Kagome,
va tutto bene?» la voce di Sango la distolse dai suoi
pensieri.
«Eh?»
«Sei
stranamente silenziosa.»
«Sì,
sì, è tutto a posto.» forzò
uno sbadiglio «Credo di essere stanca. Anzi credo
proprio che ora andrò a dormire!» fece un sorriso
all’amica e poi, con un
sospiro segreto, la ragazza si preparò il giaciglio.
Il
risveglio di Kagome fu accolto dai caldi raggi del sole che le
accarezzavano il
viso: la giornata era splendida e la ragazza decise di fare un altro
bagno
rinvigorente nella sorgente termale, prima che il gruppo fosse pronto
per
proseguire il viaggio. Sulla strada del ritorno verso il loro
accampamento,
incontrò Inuyasha, che era andato a pescare la loro
colazione. Aveva legato i
pesci a un bastone che era poggiato sulla sua spalla, ma quando lo
raggiunse
Kagome, il ragazzo stava combattendo con il legno, che si era
impigliato tra i
suoi capelli.
«Maledetto,
esci fuori!»
Kagome
corse subito in aiuto dell’hanyou «Oh, guarda che
disastro, aspetta che ti
libero.»
«No,
lascia stare, ci penso io.» disse il ragazzo, mentre cercava
di avere la meglio
su pesci e bastone, ma finendo col peggiorare le cose.
«Non
essere ridicolo, riesci a malapena a girare il viso, tutta colpa di
questi
nodi!»
I
capelli di Inuyasha erano un disastro: per la ragazza era un vero
mistero il
motivo per cui lui non si prendesse cura dei suoi capelli, ai suoi
occhi era un
sacrilegio lasciare all’incuria quella chioma argentea.
Senza
perdersi in altre chiacchiere, la ragazza prese in mano la situazione e
tra
qualche protesta e un po’ di tentativi, riuscì a
districare l’intreccio di
legna, pesci e capelli.
«Ecco
fatto, visto che ti serviva una mano?» sorrise soddisfatta
«Hm»
si limitò a bofonchiare Inuyasha «Andiamo dagli
altri: prima mangiamo, prima ci
muoveremo.»
Kagome
annuì senza replicare, era abituata ai modi bruschi del
ragazzo. Ma dopo aver
toccato quei capelli si sentì risoluta nel continuare la sua
azione: non poteva
tollerare un momento di più che il ragazzo che amava andasse
in giro con quei
capelli così rovinati. Quell’incuria era
intollerabile: era orgogliosa
dell’aspetto di Inuyasha, era così esotico,
così appariscente e affascinante,
non poteva e non doveva rovinare il suo aspetto andando in giro in
quelle
condizioni. Chissà da quanti anni non passava una spazzola
tra quei capelli!
Durante
la colazione rimase a osservare l’hanyou, che più
di una volta, si voltò verso
di lei con sguardo sospettoso, ma Kagome gli rivolgeva sempre un
sorriso e poi
iniziava a parlare con Sango. Quando finirono di mangiare, la
cacciatrice di
demoni e Miroku andarono in cerca di qualche provvista, mentre Shippo
si
allontanò dal gruppo per bisogni privati. Era il momento
giusto per passare
alla carica!
Kagome
prese la sua spazzola e si avvicinò al mezzo demone, intento
a raccogliere le
loro cose.
«Inuyasha.»
«Hm?»
La
ragazza si avvicinò alle sue spalle e prese una ciocca
argentata tra le sue
dita «Che ne dici di dare una spazzolata a questi
capelli?»
Il
ragazzo si voltò verso di lei e abbassò lo
sguardo sulla spazzola nella mano di
Kagome «Perché dovrei?» la sua
espressione si fece distante e contrariata.
«Perché
non hai mai cura dei tuoi capelli e poco fa ti sei anche impigliato.
Pensa se
accadesse durante uno scontro con qualche demone!»
«Non
accadrà.» Inuyasha tornò a darle le
spalle, per lui il discorso era chiuso. Ma
Kagome non era della stessa opinione. «Come fai a saperlo?
Non ti ho mai visto
con una spazzola in mano, questi capelli sono in uno stato pietoso:
quando te
ne prenderai un po’ cura?»
Il
ragazzo si voltò nuovamente verso di lei, stavolta con
un’espressione alterata
sul viso «Questo non ti riguarda, non ho mai avuto problemi
in battaglia e in
generale non ho bisogno di fare niente!»
«Ma
come puoi dire una cosa del genere quando poco fa ti sei impigliato in
un pezzo
di legno?»
«Era
una sciocchezza, e comunque non mi capita spesso.»
«Ma…»
«La
vuoi smettere? Non ho bisogno della spazzola, né da te,
né da nessun’altra.
Perché siete tutte ossessionate dai nodi nei miei
capelli?» con un gesto di
rabbia, gettò a terra gli oggetti che aveva in mano e si
lanciò nel bosco.
Kagome
rimase impietrita per un momento, sorpresa dalla reazione del mezzo
demone, ma
poi le salì la rabbia per le parole dure che il ragazzo le
aveva rivolto.
«Sei
uno stupido, Inuyasha. Uno stupido, stupido!»
gridò verso il bosco.
Sango
e Miroku giunsero in quel momento, portando della frutta tra le
braccia, mentre
Shippo saltellava allegro verso di loro.
«Cos’è
successo Kagome?» chiese Sango, curiosa «Avete
litigato di nuovo?»
«Inuyasha
è uno stupido! Hai visto quanto ti ha fatto bene quel
balsamo per i capelli e
lui invece si rifiuta persino di pettinare i suoi!»
con
rabbia, la ragazza lanciò la sua spazzola nello zaino.
«Be’,
suppongo che ora dovremo aspettare che quella testa calda sbollisca la
rabbia,
prima di andarcene.» Miroku si sedette accanto al fuoco
morente «Vieni Sango,
fammi sentire ancora un po’ il profumo tra i tuoi
capelli.» il monaco rivolse
uno sguardo malizioso alla sua compagna che, imbarazzata, lo
colpì con uno
schiaffo, ma poi si accomodò accanto a lui, rossa in viso.
«Ci
vado io a far ragionare Inuyasha.» si offrì
Shippo, ma Kagome sapeva che Miroku
aveva ragione: il mezzo demone doveva sbollire la rabbia prima di poter
affrontare un discorso con calma, e il piccolo demone volpe
l’avrebbe solo
fatto infuriare di più. «Non ti preoccupare
Shippo-chan, aspetterò un po’ e poi
andrò a cercarlo io stessa.»
Inuyasha
aveva messo una certa distanza tra lui e Kagome: era corso via furioso,
ma
dentro di lui c’era anche una punta di paura. Aveva scaricato
la tensione
correndo e saltando sugli alberi e per finire, aveva deciso di farsi
una
nuotata nel torrente vicino. Sbollita la rabbia si adagiò
sulla sponda del
corso d’acqua, per fare ordine nei suoi pensieri. Forse nella
sua reazione
c’era stata più paura che rabbia:
l’argomento dei suoi capelli era legato a
ricordi dolorosi che non voleva far riaffiorare. Le uniche donne che si
erano
prese cura della sua capigliatura l’avevano poi lasciato: sua
madre per prima e
Kikyo successivamente. Quest’ultima in realtà non
era nemmeno riuscita nel suo
intento, perché il malvagio piano di Naraku aveva colpito
prima, uccidendo la
donna.
Kikyo
era tornata, ma non era più la stessa, non era nemmeno
realmente in vita, ed
era così fugace nelle sue apparizioni, che quella promessa
di spazzolargli i
capelli non sarebbe stata più mantenuta.
Aveva
vissuto tanti anni senza curarsi della sua chioma e andava bene
così.
Anche
se l’idea che Kagome si prendesse cura di lui lo allettava,
aveva paura di
ripercorrere ancora quella strada e temeva di rivivere nuovamente un
dolore
insopportabile.
Proprio
mentre i suoi pensieri erano rivolti a lei, sentì i passi di
Kagome: era venuta
a cercarlo.
Il
suo cuore gioì, come accadeva ogni volta che la ragazza
dimostrava delle
premure nei suoi confronti, ma sapeva che era venuta per continuare il
discorso
spinoso lasciato a metà, e lui non aveva intenzione di
cedere.
Quando
la ragazza fu a pochi passi di distanza, fu Inuyasha a prendere parola
per
primo «Cosa c’è, vuoi continuare il
discorso? Ho già det…»
«No,
non ho intenzione di litigare.» Kagome si sedette accanto a
lui e il ragazzo
diede un’occhiata fugace: non c’era ombra della sua
spazzola.
«Vorrei
solo capire perché hai reagito così.»
fece una piccola pausa «Forse sono stata
troppo insistente, ma l’ho fatto solo perché ci
tengo a te.»
Inuyasha
sentì il cuore accelerare. Sapeva che Kagome voleva stargli
accanto nonostante
lui non riuscisse a liberarsi dal suo legame con Kikyo e sapeva che
ciò
significava qualcosa di importante. Lui stesso non sarebbe mai riuscito
a
separarsi dalla ragazza e aveva capito da tempo di provare qualcosa di
profondo
per lei. Ma sentirle dire apertamente che ci teneva a lui
l’aveva scosso lo
stesso, perché erano state poche le persone nella sua vita
che gli avevano
detto una frase simile.
«Ci
tengo a te e per questo tengo anche a ciò che è
parte di te. Tu hai dei
bellissimi capelli e non capisco perché non voglia farli
splendere.» Pensa a
quanto sono belli quelli curati di Sesshomaru!
Kagome
avrebbe voluto esprimere quest’ultimo pensiero ad alta voce,
ma sapeva che
nominare il fratello di Inuyasha non avrebbe portato al discorso
pacifico che
lei aveva in mente.
«È
a causa di Kikyo?» fece una pausa per prendere fiato,
perché parlare della
sacerdotessa era sempre difficile per lei «Prima hai detto
che siamo tutte
ossessionate dai tuoi capelli… ti riferivi a lei, vero? Lei
te li pettinava e
non vuoi che io faccia lo stesso.» girò il viso
davanti a sé, sforzandosi di
trattenere le lacrime. Il continuo paragone con Kikyo era un peso
difficile da
sopportare, soprattutto quando Inuyasha sembrava favorire la
sacerdotessa
anziché lei. Era difficile scontrarsi ogni volta con la
consapevolezza di
essere la seconda.
«Non
è affatto così.» la voce di Inuyasha
era bassa, ma riuscì a interrompere i suoi
pensieri. Kagome si voltò verso di lui che, a sua volta,
aveva il viso chino
sulle sue ginocchia «Lei non ci è mai
riuscita.»
Kagome
sentì battere forte il cuore al suono di quelle parole miste
di rimpianto e
malinconia.
«Non
voglio perché… mi vengono alla mente brutti
ricordi.» sospirò, come a darsi
coraggio «L’unica che me li ha pettinati
è stata mia madre.»
«Ah.»
Kagome sapeva che quello era un argomento difficile per Inuyasha e
menzionarlo
di sua spontanea volontà doveva causargli una certa
sofferenza. Tuttavia fu
felice che il ragazzo che amava stesse condividendo un pezzo di se
stesso con
lei.
«Perciò
non chiedermelo più, perché non è una
cosa piacevole, per me.» Inuyasha aveva
alzato il volto ma lo sguardo rimase dritto avanti a sé, le
braccia chiuse
intorno alle ginocchia, proprio come Kagome.
Sembravano
due bambini feriti, ma la ragazza dal cuore grande aveva compreso che
dietro
una cosa apparentemente stupida c’era un dolore profondo che
Inuyasha non
riusciva ancora ad affrontare, e si arrese. Si avvicinò al
mezzo demone e
poggiò la mano sulla sua. «Va bene, non te lo
chiederò più.» cinse la spalla
dell’hanyou
con il braccio e rimasero per un po’ in silenzio, cercando di
far comunicare i
loro cuori, senza bisogno delle parole.
-------------------------------------------------------
È
giunto il turno della nostra eroina. Con Kagome ho avuto vita facile,
il brano è venuto da sé senza indugi (in
realtà anche il precedente, ma la versione che poi
è risultata sbagliata T_T). Comunque, al di là
della mia soddisfazione nello scrivere, spero che sia stata una lettura
piacevole per voi.
Grazie
ancora per i vostri commenti e per il tempo speso tra queste righe, lo
apprezzo molto. <3
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Capitolo 4 *** Kagome II ***
4) Kagome
II
Inuyasha
era irrequieto. Per quanto il letto di Kagome fosse incredibilmente
morbido e
comodo, non amava starsene con le mani in mano e quella sera in
particolare, la
piega degli eventi l’aveva messo a dura prova.
Non
era mai contento quando Kagome tornava al suo tempo, non era a suo agio
sapendola lontana da lui, era come se mancasse qualcosa al suo spirito
che
perdeva forza e convinzione. Ma la ragazza era stata categorica: anche
se erano
a buon punto con la ricerca di Naraku, Kagome doveva affrontare dei
mostri
spaventosi nel suo tempo, gli esami, e non poteva tirarsi indietro. Era
partita
da sola, come spesso accadeva, e come spesso accadeva, il ragazzo
l’aveva
seguita a distanza di poche ore.
L’aveva
trovata addormentata sui libri, in camera sua e l’aveva
coperta, vegliando sul
suo sonno. Osservandola così inerme e tranquilla, il ragazzo
sentì la forza dei
suoi sentimenti farsi più chiari e, anche se inconsciamente,
qualcosa cambiò
dentro di lui. Soffriva terribilmente per la morte di Kikyo, e quel
dolore
avrebbe fatto parte della sua anima per molto tempo, perché
era legato
all’impotenza provata davanti alla perdita del suo primo
amore. Tuttavia una
parte piccola del suo cuore si sentiva sollevata. Non voleva ammetterlo
e forse
non l’avrebbe mai fatto, ma la scomparsa di Kikyo gli aveva
permesso di
affrontare apertamente dentro di sé i suoi sentimenti per
Kagome. Sentimenti
già chiari e forti, innegabili a qualsiasi occhio esterno.
Sentimenti a cui
però non osava dare troppa voce, finché
c’era Kikyo. Avrebbe voluto proteggere
entrambe, come suo padre aveva protetto sua madre, perché
è così che si fa
quando ami qualcuno: lo proteggi a costo della vita. Purtroppo non era
riuscito
nel suo intento con Kikyo, ma si era ripromesso che non avrebbe
più fallito,
che con Kagome sarebbe andata diversamente. Quella sera, quando la
ragazza si
era svegliata, lui aveva dato voce ai suoi sentimenti, le aveva detto
che
l’avrebbe protetta a costo della propria vita, era pronto a
dimostrarle tutto
il suo amore, aveva trovato persino il coraggio di baciarla…
ma la famiglia
Higurashi era sopraggiunta in quel preciso istante, rovinando tutta
l’atmosfera
e il suo coraggio era evaporato, lasciandolo più esasperato
che mai.
Ma
ormai il suo cuore aveva raggiunto una sicurezza che prima non osava
raggiungere:
sapeva cosa provava per Kagome ed era sicuro di essere ricambiato,
perciò
voleva fare un passo importante verso di lei, nonostante la ragazza
fosse presa
dallo studio.
«Kagome.»
«…»
«Ehi,
Ka…»
«Non
ora Inuyasha, lo sai che sto studiando.»
«Volevo
solo dirti che, se vuoi fare una pausa, io avrei bisogno di aiuto con
questi.»
Kagome
si voltò incuriosita dall’insolita richiesta:
Inuyasha era seduto a gambe
incrociate sul suo letto, e in una mano aveva una ciocca dei suoi
capelli
argentati.
«Credo
che sia arrivato il momento di togliere ques…»
«Fermo
lì, arrivo!» la ragazza fuggì dalla
stanza e in pochi secondi fu di ritorno con
le braccia piene di cose, tra cui la spazzola che il ragazzo ormai
conosceva
bene.
Saltò
sul letto e si pose dietro al mezzo demone per controllare lo stato di
quei
capelli. Inuyasha si sentiva felice ed emozionato, ma aveva anche paura
della
luce che aveva visto negli occhi della ragazza «Vacci piano
però, ho tantissimi
nodi!»
«Non
ti preoccupare, sei in mano sicure!» il tono burbero non
scalfì la sicurezza di
Kagome.
Era
così felice! Non riusciva a credere che Inuyasha avesse
finalmente deciso di
fidarsi di lei. Poco tempo prima aveva liquidato la questione capelli
dicendo
che per lui era un argomento difficile da affrontare, perciò
aver preso quella
decisione era un passo importantissimo per lui e per il loro rapporto.
Quella
sera sembrava davvero diverso: poche ore prima aveva promesso di
proteggerla
con la vita, e finalmente, finalmente, stava per
baciarla… Se solo Sota
non fosse entrato!
Vedrai,
Inuyasha, mi prenderò cura di te come tu fai con me.
La
situazione era davvero critica: anni e anni senza un pettine erano
degenerati
in un intrico impossibile da sbrogliare senza qualche aiuto,
così la ragazza
decise di ricorrere al suo arsenale. Prese un barattolo e ne distese il
contenuto sui capelli del mezzo demone.
«Ehi,
cos’è questa roba? Ti ho chiesto una spazzola, non
strani unguenti!»
«Stai
tranquillo, è un impacco districante, serve a sciogliere i
nodi.» Kagome non si
limitò: riempì i capelli argentei con la crema,
partendo dalle radici fino alle
punte; le richiese un po’ di tempo perché il
ragazzo aveva tanti capelli ed
erano incredibilmente lunghi, ma era decisa a fare un lavoro
impeccabile,
perché non poteva in alcun modo deludere la sua fiducia in
lei.
Inuyasha
accolse quelle cure con disagio: non era abituato a sentire altre mani
tra i
suoi capelli e il suo istinto fu quello di spostarsi. Ma
cercò di trattenersi e
in breve iniziò a ricordare con malinconia sua madre che si
prendeva cura dei
suoi capelli e gli raccontava storie sulla vita gloriosa di suo padre.
Solo
quando cercò di accettare quei ricordi senza sentire dolore,
si rese conto che
le mani di Kagome tra i suoi capelli gli procuravano un incredibile
piacere.
Brividi partivano dalla nuca e gli attraversavano la schiena,
soprattutto
quando sentiva le mani della ragazza intente a massaggiargli la testa,
e in
quel momento il piacere si mischiava al rilassamento, a una sensazione
di pace
che gli aveva fatto dimenticare tutti i pensieri negativi.
Intento
a godersi quelle nuove sensazioni, non si rese conto del tempo che
scorreva,
finché Kagome terminò le sue cure e decise di
raccogliere i capelli argentei in
uno chignon.
«E
questo ora cos’è?»
Senza
rispondergli, Kagome uscì dalla stanza a tornò
subito dopo con un telo, che
avvolse intorno alla sua testa.
«Lasciamo
che la crema faccia effetto, non ti muovere e rilassati.» la
ragazza osservò il
suo operato, soddisfatta, e tornò saltellando ai suoi studi.
Lo
sguardo di Kagome su di lui l’aveva imbarazzato, e tutto il
relax provato pochi
minuti prima sembrava evaporato da quella nuova sensazione di disagio:
cosa
doveva fare ora, con quel telo arrotolato sulla testa? Inoltre la
ragazza gli
aveva detto di restare fermo: si ritrovava punto e a capo!
«Ehi,
Kagome, quanto ancora devo aspettare… Kagome!»
«Un
momento, finisco questi calcoli e sono da te.»
Era
esasperato, non aveva fatto altro che stare seduto su quel letto da
quando
aveva attraversato il pozzo, poche ore prima. Iniziò a
muovere le gambe
ritmicamente; quella sera ogni passo verso Kagome gli si ritorceva
contro!
Quando
la ragazza terminò i suoi esercizi, si voltò
verso di lui e lo trovò a braccia
conserte, intento a sbuffare: però Inuyasha era rimasto sul
letto, non si era
mosso, proprio come gli aveva detto lei. Sorrise soddisfatta e lo prese
per
mano, conducendolo in bagno.
«Che
altro c’è, ora?»
«Fidati
di me.»
Seduto
su uno sgabello, con un altro telo a proteggergli le spalle, il ragazzo
sentì
Kagome armeggiare con il turbante finché la sua testa fu di
nuovo libera da
costrizioni e i
suoi capelli ritrovavano
la loro lunghezza.
Quella
crema fece il suo effetto: quando la spazzola passò tra quei
fili d’argento
molti nodi si sciolsero e incontrò poca resistenza. Il tocco
di Kagome era
delicato: la ragazza era molto attenta a districare ogni nodo con
gentilezza,
senza provocare dolore al mezzo demone; doveva essere impeccabile!
Dopo
quella lunga e attenta spazzolata (e una matassa inimmaginabile di
capelli
morti sul pavimento) fu il turno del risciacquo, una passata di
shampoo, e poi
una spazzolata finale. Inuyasha borbottò tra un passaggio e
l’altro, ma si
stava godendo tutto il momento: non si era reso conto di quanto
desiderasse
quelle cure amorevoli e quelle attenzioni che gli erano state tolte
troppo
presto nella sua vita. E che fosse Kagome a farle rendeva tutto
perfetto.
La
ragazza a sua volta riusciva a stento a contenere il batticuore: era
felice,
era soddisfatta di sé, era speranzosa per il suo futuro con
Inuyasha. Quella
sera il loro legame si era rinforzato, qualcosa tra loro aveva
raggiunto una
nuova certezza e i dubbi nel cuore di Kagome avevano iniziato a
scomparire.
Una
volta che i capelli furono asciutti, osservò il suo lavoro,
fiera di sé: la
massa intricata era sparita, i capelli erano lucenti, morbidi e
districati,
lievemente meno voluminosi, come quelli di Sesshomaru, ma ai suoi occhi
erano
più belli di quelli perfetti del demone. Era davvero
orgogliosa di sé, e ancora
più del ragazzo che amava, perché ora poteva
sfoggiare una chioma da vero
demone, che non aveva rivali!
Inuyasha
sedeva con le braccia incrociate al petto, il viso in fiamme e gli
occhi
lontani, incapace di sostenere lo sguardo fisso e concentrato di
Kagome. Fece
per alzarsi, ma la ragazza lo fermò.
«Aspetta,
ci vuole il tocco finale.»
L’hanyou
la guardò perplesso, convinto che fosse tutto finito
«Che altro c’è?»
Temeva
la risposta, sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto con
tutta quella
immobilità.
«Non
posso permettere che tutto il mio lavoro venga sprecato: se vai a
dormire così,
torneranno i nodi.»
«E
allora cosa vuoi fare, impedirmi di dormire?» Inuyasha
sentì le gambe che
scalpitavano, pronte alla fuga.
«Non
ce ne sarà bisogno.» Kagome sorrise con una luce
inquietante negli occhi. Le
gambe di Inuyasha erano pronte allo scatto.
La
ragazza però fu più veloce: con gesto fulmineo
passò alle spalle del mezzo
demone e armeggiò con i suoi capelli «Ecco fatto,
ora potrai dormire e io sarò
tranquilla.»
Il
ragazzo poté finalmente alzarsi e con cautela si
guardò nello specchio: i suoi
capelli non cadevano più intorno al suo viso
«C-cosa hai fatto?»
«Una
semplice treccia» Kagome spinse il ragazzo in modo che
potesse guardarsi di
lato «Vedi, i tuoi capelli ora sono ordinati e raccolti e
anche se ci dormirai
su non si annoderanno»
«Non
vorrai mica che abbia questa cosa sempre?» sin da piccolo
aveva lasciato i suoi
capelli liberi e non era disposto a cambiare acconciatura; per di
più era la
stessa di Bankotsu, il capo dei Sette che, per quanto fosse stato un
guerriero
formidabile, aveva vissuto come un bandito tutta la sua vita, e lui non
aveva
intenzione di essere associato a quel tipo.
«Ma
no, mi piace vedere i tuoi capelli liberi e al vento, la treccia
è solo per
stasera.» gli sorrise attraverso lo specchio, conciliante.
Tra
un borbottio e l’altro, Inuyasha continuò a
guardarsi, non convinto di
quell’aspetto insolito, ma accettò di tenere
quell’acconciatura durante la
notte.
Quando
si svegliò, Kagome ebbe un solo pensiero: controllare i
capelli di Inuyasha.
Senza
darsi nemmeno il tempo di cambiarsi, uscì dalla sua stanza
in pigiama e sentì
le voci della sua famiglia provenire dal basso: dovevano essere
già tutti
intenti a fare colazione. Kagome li raggiunse.
Come
previsto, la famiglia Higurashi, era riunita intorno al
tavolo della
cucina, per consumare il primo pasto quotidiano, ma al centro
dell’attenzione anziché
il cibo, c’era l’insolita acconciatura del mezzo
demone.
«Fratellone
cane, sei strano con quella treccia.»
«Lo
so» disse, Inuyasha, intento a masticare un boccone di riso.
Tutti quegli
sguardi lo mettevano a disagio, e stava cercando di concentrarsi sul
cibo per
non pensarci. Kagome quando ti deciderai a svegliarti?!
La
signora Higurashi lo guardò, sorridendo «Ti sta
molto bene, mette in risalto i
tuoi occhi.»
Il
ragazzo si fece rosso in viso, non abituato ai complimenti
«G-grazie.»
«Mi
ricordi un’illustrazione antica tramandata dalla nostra
famiglia, che risale ai
tempi in cui si cacciavano i demoni; chissà dove
l’ho messa?» il nonno dei
ragazzi si perse presto nei suoi pensieri e Inuyasha
continuò a concentrarsi
sul cibo, evitando di sottolineare che anche lui aveva sangue demoniaco
nelle
vene.
Fu
in quel momento che Kagome fece il suo ingresso e vide quello strano
quadretto
familiare. Ma diede poca importanza alla scena, perché i
suoi occhi cercavano
solo una matassa argentea. Senza dare nemmeno il tempo a Inuyasha di
rivolgerle
la parola, si chinò dietro di lui e osservò lo
stato della treccia: la alzò, la
tastò e l’annusò.
«Kagome,
io starei cercando di mangiare!»
«Sono
proprio soddisfatta, la treccia ha tenuto!» con un sorriso
enorme la ragazza si
sedette accanto al mezzo demone e prese parte alla colazione.
«Appena
avremo finito qui, ci occuperemo dei tuoi capelli.»
«Basta
con quegli intrugli, la mia pazienza è finita ieri
sera!»
«Sei
proprio un ingrato!» Kagome prese una ciotola di riso
«Non ho intenzione di
ricominciare, voglio solo sciogliere la treccia e riordinare i
capelli.»
«Che
vuoi dire con riordinare?» il tono del
ragazzo si fece sospettoso.
Kagome
si avvicinò con fare intimidatorio «Voglio dire
che i tuoi capelli avranno un
altro incontro ravvicinato con la mia spazzola, stupido!»
Inuyasha
distolse lo sguardo, imbarazzato e confuso da tutto quel discorso che
non
capiva. «Keh!»
«Sorellona
voglio vedere anche io i capelli del fratellone cane!»
«Sono
curiosa anch’io, voglio proprio vedere che effetto hanno
avuto i tuoi prodotti
sui capelli di Inuyasha. A vederli così, sembrano
già molto più belli.»
«E
va bene.» masticando l’ultimo boccone, Kagome si
alzò, decisa. «Io vado a
prendere la spazzola, Inuyasha aspettami nel cortile.»
«Eh?
Perché lì?»
«Fa’
come ti dico.» la ragazza sembrava pronta a usare il comando
e il mezzo demone,
non volendo finire con la faccia sul pavimento, non obiettò
ulteriormente.
«Sota,
porta uno sgabello per far sedere Inuyasha.»
«Signorsì!»
Kagome
corse a prendere la sua spazzola e quando scese al pian terreno, si
diresse
direttamente nel cortile, dove tutti l’aspettavano. Inuyasha
sedeva a braccia
conserte, la solita espressione contrariata era colorata dal rossore
che non
l’aveva più abbandonato dalla sera precedente.
«Vedrai
che ci vorrà pochissimo.»
Kagome
sciolse la treccia e con un balzo del cuore vide i capelli argentei
riprendere
volume, inoltre, per l’effetto dell’acconciatura,
in quel momento le ciocche
erano tutte ondulate. La ragazza si portò di fronte a
Inuyasha per guardarlo e
rimase estasiata: era bellissimo!
Purtroppo
quelle onde erano destinate a sparire un po’ sotto i colpi di
spazzola, ma era
felice di essere riuscita a godere di un tale spettacolo. Mentre
passava la
spazzola non incontrò nodi, i capelli erano rimasti setosi e
morbidi e non
resistette all’impulso di passare anche una mano tra quelle
ciocche.
Quando
terminò quegli ultimi gesti, si sentì
un’artista fiera della sua creazione
«Puoi alzarti, abbiamo finito.»
«Finalmente,
non ne potevo più!» il ragazzo si alzò
all’istante e quel movimento repentino
fece brillare i capelli alla luce del sole: tutta la famiglia Higurashi
rimase
senza parole nel vedere la bellezza di quei capelli.
«Ora
sì che somigli a quel demone!» esclamò
il nonno di Kagome
«Fratellone,
i tuoi capelli sono bellissimi!» Sota girava intorno al
ragazzo, entusiasta.
La
signora Higurashi si avvicinò per toccare
l’oggetto dello stupore generale
«Sono davvero morbidi, brava Kagome!»
«Insomma
la smettete tutti!» Inuyasha era al limite: non era pronto ad
affrontare tutti
quei complimenti e non sapeva cosa dire o fare. Era una situazione
completamente nuova per lui, una delle tante dovute alla presenza di
Kagome
nella sua vita. E una parte di lui si sentiva confortato e felice per
questo.
«Come
sono contenta.» la voce della ragazza era appena percettibile
persino per lui;
si girò verso di lei e vide il suo volto emozionato: gli
occhi le brillavano e
un sorriso sereno e soddisfatto le illuminava il viso.
Sono
stato io a renderla così felice? Il cuore di
Inuyasha prese a
battere velocemente, colto da un’emozione improvvisa. Era
abituato a sentirsi
in colpa verso di lei, e al pensiero di averle causato
quell’espressione
gioiosa, si sentì gratificato, fu felice di se stesso.
«Be’…
io ora andrei… Torno dai ragazzi, così potrai
studiare.»
«Oh
cielo, gli esami!» il viso di Kagome perse tutto il colore
per fare spazio a
un’espressione di terrore. «Ti accompagno al
pozzo!»
«Ciao
fratellone cane, ci vediamo fra dieci giorni!» Sota e gli
altri rientrarono,
mentre i due ragazzi si diressero al pozzo mangia ossa.
Giunsero
al piccolo tempio in silenzio, ognuno immerso nelle proprie emozioni,
sentendo
che qualcosa era cambiato in meglio tra loro. Prima di separarsi da
lei,
Inuyasha si voltò verso Kagome e la strinse in un abbraccio.
«Grazie.»
La
ragazza rispose a quel gesto improvviso stringendosi a lui, felice di
quel
contatto intimo, del calore del suo corpo, del battito del suo cuore e
del
profumo dei suoi capelli.
Quando
si sciolsero dall’abbraccio, Kagome non mancò di
fargli le sue raccomandazioni
«Passa le mani tra i capelli durante la giornata, o almeno
prima di dormire e
poi al tuo risveglio, così eviterai che tornino subito i
nodi.»
«Sì,
sì… va bene. E tu cerca di fare in fretta: io
tornerò a prenderti tra dieci
giorni esatti, non uno di più!»
Il
ragazzo le rivolse un’espressione imbronciata: detestava
separarsi da lei, ma
sapeva che sarebbe stato meglio così in quei giorni. E al
solo pensiero di
restare ancora immobile su quel letto si sentì impazzire! Si
voltò e fece un
salto nel pozzo.
Kagome
sospirò quando, dopo il bagliore, non vide più la
figura di Inuyasha, ma tornò
subito alla realtà della sua vita da studentessa. Era in
ritardo con lo studio
e doveva concentrarsi per studiare sodo, quel giorno.
Tuttavia,
si concesse un sorriso soddisfatto mentre sentì le guance
arrossarsi di
piacere, ripensando a ciò che era accaduto nelle ultime ore.
-----------------------------------------------------------------------
Eccoci al punto di svolta.
Ho scritto questa OS di getto, come se fossero proprio Inuyasha e
Kagome a suggermi le parole (infatti gli eventi sono andati per una
strada a cui non avevo pensato inizialmente). Adoro quando mi succede,
perché la maggior parte delle volte in cui scrivo mi ritrovo
a cancellare continuamente pezzi di brani perché non mi
convincono (che frustrazione!). In questo caso, invece, ho solo dovuto
correggere qua e là qualche parola o aggiungere qualche
dettaglio perché la storia si è scritta da sola.
*_*
A maggior ragione, quindi,
spero che la mia ispirazione abbia dato dei frutti carini.
Grazie per essere
arrivati/e fin qui e grazie a chi vorrà lasciarmi un parere,
l'apprezzo sempre molto.
A presto ^^
|
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Capitolo 5 *** Mamma Higurashi ***
5)
Mamma
Higurashi
Stare
senza Kagome era una tortura.
Normalmente
la ragazza era solita trascorrere tre giorni nella sua epoca,
perché era il
massimo che Inuyasha poteva sopportare. Quei tre giorni senza di lei
erano
infiniti, si sentiva ansioso, era agitato e impaziente. Credeva che
fosse
dovuto solo alla pausa forzata dalla ricerca di Naraku, o perlomeno era
ciò che
raccontava a tutti, ma dentro di sé sapeva benissimo che il
motivo era più
personale. Senza Kagome, gli mancava l’energia necessaria a
combattere, e la
gioia di vivere.
Perciò
era orgoglioso di se stesso per essere riuscito a sopportare ben dieci
giorni
senza di lei. Non avrebbe voluto farlo, ma Kagome era stata
intransigente:
aveva gli esami di ammissione alle scuole superiori, ed era una
questione di
vita o di morte, a quanto pare più urgente dello scontro con
Naraku. Il mezzo
demone sapeva di non avere scelta.
In
quei dieci giorni si era impegnato nel mantenere districati i suoi
capelli: ci passava
le mani appena sveglio e prima di dormire, proprio come gli era stato
detto di
fare, e se sentiva resistenza, cercava subito di sciogliere il nodo
appena
formato. Voleva dimostrare a Kagome di essere in grado di badare a se
stesso e,
soprattutto, era sollevato all’idea di non sentire qualche
furiosa ramanzina o,
peggio ancora, una crudele messa “a cuccia”. Gli
venivano i brividi al solo
pensiero.
Il
sole era sorto da poche ore sul decimo giorno quando si era lanciato
nel pozzo
per andare a prendere la ragazza, ma la sua impazienza
l’aveva tradito: era
arrivato in anticipo di ore, Kagome doveva sostenere gli esami proprio
quella
mattina.
E
che mattina!
Era
stata una continua corsa prima per raggiungere lei, e poi per
recuperare il suo
zaino perso nel treno.
E
dopo, quando tutto sembrava andare per il meglio, le speranze di Kagome
erano
crollate all’improvviso, perché nel prezioso zaino
non c’era l’ancora più
prezioso tesserino!
Non
aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo davvero,
ma il viso
disperato di Kagome gli diceva che i problemi erano aumentati.
Stava
per chiederle come poteva aiutarla, quando era comparsa la signora
Higurashi
che aveva salvato il futuro scolastico della figlia, portandole l’ancora
più
prezioso tesserino.
Kagome
aveva ritrovato il sorriso ed era corsa all’interno
dell’edificio, di nuovo
piena di energie e lui, senza nemmeno accorgersene, aveva tirato un
sospiro di
sollievo.
Gli
restava solo di attendere la fine degli esami e sarebbe potuto tornare
nel
Sengoku insieme a lei.
«Tu
vai sempre in giro vestito in quel modo?» i suoi pensieri
furono interrotti
dalla signora Higurashi. La domanda della donna lo colse di sorpresa,
trovando
la risposta piuttosto scontata.
«Ma
certo.» Ormai la signora lo conosceva bene da sapere che
quella era l’unica
veste di cui disponeva e di cui non si sarebbe mai privato.
«Almeno
copri le orecchie.» senza nemmeno chiederglielo, prese la
propria sciarpa e la
pose sulla testa del ragazzo.
«È
proprio necessario?»
«Certo
che lo è, lo sai bene anche tu che in quest’epoca
i demoni non circolano
liberamente per le strade. Potresti spaventare qualcuno.»
Inuyasha
incrociò le braccia «Uhm, e va bene.»
Al
viso imbronciato del ragazzo, si contrappose il sorriso gentile della
donna
«Hai intenzione di restare qui?»
«Sì,
aspetterò Kagome sul tetto, e controllerò che non
accada niente di grave.» si
erse in tutta la sua altezza, orgoglioso del suo ruolo di protettore.
«Che
ne dici di farmi un po’ compagnia?»
«Come?»
«Kagome
è al sicuro, e dev’essere noioso per te aspettare
per ore da solo. Ti va di
farmi compagnia mentre faccio qualche commissione?»
Inuyasha
non sapeva cosa rispondere alla donna, era una situazione insolita e il
pensiero di lasciare Kagome lo rendeva inquieto.
«Ti
ruberò poco tempo e poi potrai tornare qui. Ho bisogno di
qualcuno che mi aiuti
con la spesa.»
Quell’ultima
frase sembrò fare breccia: l’idea di poter aiutare
la donna lo convinse a
separarsi per un po’ dalla ragazza che amava. Inoltre, la
signora gli
trasmetteva sempre molta tranquillità e armonia, gli piaceva
stare in sua
compagnia.
«Va
bene, se è solo per un po’, andiamo.»
La
signora portò il ragazzo in alcuni negozi in cui
c’erano oggetti disparati di
cui il mezzo demone ignorava l’uso, ma lei ogni volta ne
usciva con delle buste
piene, che passavano nelle mani del ragazzo. A volte la donna gli
chiedeva se
volesse qualcosa, ma se vedeva il cibo ninja che gli piaceva tanto, lo
prendeva
senza nemmeno chiederlo. Inuyasha era confortato da quelle attenzioni:
era
abituato al fatto che Kagome si prendesse cura di lui, ma che lo
facesse anche
la madre era sorprendente. In tanti anni di vita solitaria aveva
dimenticato il
piacere di avere qualcuno che pensasse a lui e ai suoi desideri, ma da
quando
aveva conosciuto Kagome, le persone intorno a lui si erano moltiplicate
e la
signora Higurashi si aggiungeva alla lista. Era tutto così
diverso ora, che non
gli sembrava vero! Quando fu soddisfatta della sua spesa, la donna
chiese a
Inuyasha di accompagnarla alla stazione, ma lungo il tragitto vide un
parchetto
e si fermò.
«Ti
dispiace se ci fermiamo qui?» il ragazzo scrollò
le spalle e insieme
proseguirono verso una panchina.
Una
volta seduti, Inuyasha incrociò le braccia, chiedendosi cosa
stesse facendo
Kagome. La signora Higurashi osservò il ragazzo accanto a
lei e sorrise,
pensando a come quella creatura non umana fosse diventata parte della
sua
famiglia in modo così naturale, in breve tempo. Gli era
piaciuto sin dal primo
momento, nonostante fosse entrato in casa sua senza annunciarsi e senza
nessuna
buona maniera. Ma lei aveva un sesto senso per le persone, riusciva a
capirne
l’animo a prima vista, le bastavano poche occhiate per
fidarsi oppure no. E
quando Inuyasha era apparso, oltre a essere stata colpita dal suo
aspetto
insolito, aveva visto qualcosa nei suoi occhi che gli avevano dato
immediata
fiducia. Sapeva che Kagome era in mani sicure, perché dietro
l’apparenza dura e
scostante, c’era un ragazzo che teneva a sua figlia quanto
lei.
«Noto
che il trattamento ai tuoi capelli sta funzionando ancora.»
esclamò, osservando
le ciocche argentate lisce e districate.
«Oh,
sì.» il viso di Inuyasha si fece delicatamente
più roseo «Kagome mi ha detto di
passare le dita tra i capelli ogni giorno per non farli tornare come
prima.»
«Mi
sembra un ottimo consiglio.» la donna sorrise, conciliante
«Avresti bisogno di
una spazzola.»
Il
ragazzo sembrò imbronciarsi «Non ne ho mai avuto
bisogno.»
«Infatti
ricorderai in che stato erano i tuoi capelli.»
esclamò lei, sorridendo.
Inuyasha
arrossì, colpevole.
«Quando
Kagome era piccola, mi piaceva tanto spazzolarle i capelli, era un
momento
tutto per noi, in cui mi prendevo cura della mia bambina.» il
sorriso allegro
della signora divenne malinconico «Scommetto che anche la tua
mamma ti
spazzolava i capelli, vero?»
Inuyasha
s’incupì, come in ogni occasione in cui si
nominava Izayoi, ma quella volta gli
sembrò meno difficile affrontare l’argomento.
Forse
perché accanto a lui c’era un’altra
madre.
«Sì.
Voleva pettinarli sia la mattina che la sera. Diceva che era importante
che
curassi il mio aspetto, ma per me era una tortura.»
La
donna accanto a lui tornò a sorridere serena
«Posso immaginarlo: anche Kagome a
volte non voleva che le pettinassi i capelli. Ai bambini non piace, ma
è vero
che bisogna curare il proprio aspetto sin da piccoli, ed è
compito di un
genitore farlo capire ai figli.»
Inuyasha
chinò il capo, con espressione seria.
«Ti
manca tanto la tua mamma?»
Il
ragazzo fu sorpreso da quella domanda così diretta e
riuscì a rispondere con
fatica «È… è passato tanto
tempo, ormai.»
Comprendendo
la tristezza del ragazzo, la signora Higurashi gli poggiò
una mano sulla spalla
«Il suo amore sarà sempre con te, Inuyasha. Le
madri amano sempre, anche se
vengono separate dai figli. Sota e Kagome sono parte di me, e lo
saranno anche
se saremo lontani fisicamente, perché i nostri cuori sono
stati collegati una
volta e quel legame dura in eterno. Sono sicura che anche tua madre
provasse lo
stesso amore per te.»
Inuyasha
annuì debolmente, il nodo in gola non gli permetteva di
articolare parola.
«Non
dimenticare l’amore che hai ricevuto e fanne tesoro come un
dono di cui avere
cura, così vivrà sempre dentro di te.»
Il
ragazzo rimase in silenzio. La donna vide i suoi occhi agitarsi e
capì di non
dover andare oltre.
«Bene,
direi che ho riposato abbastanza. Accompagnami alla stazione,
così potrai
tornare da Kagome.» la donna gli riservò un altro
dei suoi sorrisi
incoraggianti e lui tornò ad annuire.
«Siamo
a casa!» la voce di Kagome risuonò allegra e
soddisfatta e sua madre seppe che
era andato tutto bene. Vide la figlia passare velocemente per salire in
camera,
e quando scorse la figura di Inuyasha, lo chiamò
«Vieni un attimo qui.»
L’hanyou
varcò la soglia della cucina, incuriosito, e
l’odore di cibo che impregnava
l’ambiente gli fece brontolare lo stomaco.
«Hai
fame? Sto preparando un po’ di cose da farvi portare
via.» prese qualcosa dalla
tasca del grembiule e la porse al ragazzo «Questo invece,
è per te.» si
trattava di un foglio ripiegato in più parti: Inuyasha le
rivolse uno sguardo
perplesso.
La
donna sorrise «Sono ingredienti e istruzioni per fare un
impacco per i tuoi
capelli con prodotti che puoi trovare nella tua epoca. So che Kagome
porta i
suoi, ma se dovessero finire avrai una riserva.»
«Ma
perché la dà a me?» il ragazzo
incrociò le braccia al petto.
«Perché
è giusto che impari a prenderti cura di te.»
esclamò la donna, con un tono che
non voleva obiezioni, un tono da madre. Poi proseguì
più dolcemente «Anche tua
madre lo vorrebbe.»
Inuyasha
arrossì e allungò una mano per prendere il
foglio, rispondendo con un filo di
voce «Grazie.»
La
donna gli rivolse un sorriso affettuoso e il ragazzo si
sentì nuovamente confortato
da quel gesto gentile e premuroso.
Se
sua madre fosse stata ancora viva, forse gli avrebbe detto le medesime
parole.
Forse
era vero che le madri provavano tutte lo stesso amore per i propri
figli e per
un attimo, guardando la signora Higurashi, provò a
immaginare che fosse sua
madre, intenta a prendersi cura di lui.
Quando
giunse il momento di attraversare il
pozzo, Inuyasha prese sulle spalle l’ingombrante zaino e si
diresse verso la
porta di casa Higurashi, mentre Kagome salutava la sua famiglia.
«Inuyasha.»
prima di varcare quella soglia, il
ragazzo fu fermato da un richiamo: si voltò e scorse la
signora «Prenditi cura
di Kagome… e di te.»
«Certo.»
rispose il ragazzo, in tono sicuro.
La
donna lo salutò, rivolgendogli il suo immancabile sorriso
rassicurante. Sorriso
a cui lui rispose, timidamente, per poi uscire
dall’abitazione.
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Quetsa OS mi
ha dato un po' di filo da torcere, ma alla fine sono contenta del
risultato. Mi piaceva l'idea di mostrare un momento più
intimo tra la mamma di Kagome e Inuyasha, perché la donna
sin da subito ha trattato il nostro hanyou come uno di famiglia, e
volevo dare a Inu un momento madre-figlio, che non potrà
più avere con la sua vera madre.
Spero che l'idea sia piaciuta anche a voi. ^^
Grazie come sempre per i commenti, questa raccolta sta volgendo al
termine (purtroppo T_T) e i vostri pareri hanno reso la sua
pubblicazione un vero piacere.
Arigatou ❤️
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Capitolo 6 *** Inuyasha ***
6)
Inuyasha
Quel mattino il
sole splendeva
alto nel cielo e poche nuvole vaganti non riuscivano ad oscurare la sua
luce.
Era una splendida giornata e Inuyasha aveva sperato che fosse un segno
che il
pozzo mangia ossa avrebbe riportato Kagome da lui. Si recò
in quel luogo
speciale pieno di speranza, e attese.
Attese per ore.
Attese
finché il sole alto a
picco nel cielo, iniziò a fargli male.
E poi, a
malincuore, quando
l’astro diurno prese il suo percorso discendente, Inuyasha si
arrese.
Anche quella
volta le sue
speranze non sarebbero state esaudite.
Erano ormai tre
anni che si
recava al pozzo, ogni tre giorni, per cercare un segno che il passaggio
temporale tra le due epoche si fosse riaperto. Ma, purtroppo, dal pozzo
emergeva solo una spietata oscurità.
Innumerevoli
volte era saltato
dentro quel tunnel oscuro, con la speranza di ritrovarsi in un Giappone
lontano
cinquecento anni in avanti e ogni volta, invece, si era ritrovato sulla
nuda
terra del Sengoku, intento a guardare un cielo che dal pozzo di casa
Higurashi
non poteva essere visibile.
Si
allontanò, frustrato, con le
ossa doloranti per l’eccessiva immobilità.
«Be’,
tanto meglio, così ho il
tempo di sistemarmi i capelli.»
L’hanyou
cercava di farsi
coraggio, nonostante quelle continue delusioni gli togliessero sempre
un
pizzico di speranza. Ma lui aveva fiducia in Kagome e nei sentimenti
che li
legavano. Quando si era ritrovato nel Meido, aveva affermato, sicuro,
che loro
due erano destinati a incontrarsi, e lo credeva ancora: tra loro non
era ancora
finita, nonostante quella separazione di tre anni, nonostante quella
separazione temporale di cinquecento anni.
E proprio
perché sapeva che
sarebbe tornata, e non voleva ricevere i rimproveri di Kagome, aveva
tenuto
fede alla sua promessa di prendersi cura dei propri capelli.
Per fortuna la
signora Higurashi
gli aveva dato quel foglio con le istruzioni per prepararsi un impacco,
così
anche in assenza dei prodotti moderni della ragazza, avrebbe potuto
mantenere i
suoi capelli morbidi e districati.
Lo zaino di
Kagome era stato
messo nella capanna di Kaede e l’hanyou sapeva che
lì dentro c’erano tutti i
prodotti che la ragazza portava con sé per prendersi cura
del corpo e dei
capelli: avrebbe potuto usufruire sia della spazzola che della crema.
Ma si era
detto che l’unica ad aprire quello zaino sarebbe stata la sua
proprietaria, e
così sarebbe stato: aprire quello zaino personalmente
avrebbe significato darsi
per vinto e quella era una possibilità inammissibile.
Sapeva che anche
Sango e Rin
usavano delle erbe per i loro capelli, ma non si era mai unito a loro
in quel
momento di cura personale: era qualcosa che aveva condiviso solo con
Kagome e
voleva che restasse una faccenda privata tra loro due.
L’unico a cui ne aveva
fatto parola era stato Jinenji, perché aveva bisogno di un
esperto che
l’aiutasse a trovare e riconoscere le erbe.
Sorrise,
pensando alla signora
Higurashi: era stata davvero gentile con lui, l’aveva fatto
sentire parte della
famiglia sin dal primo giorno in cui si erano incontrati. Non aveva
urlato
spaventata nel vedere un mezzo demone nella sua cucina, né
si era dimostrata
ostile al pensiero che sua figlia passasse tanto tempo con lui in
un’altra
epoca. Era stata accogliente e gentile, era facile capire da chi avesse
preso
Kagome.
Un po’
gli mancava la famiglia
Higurashi, persino il nonno strampalato, che credeva di essere un
sacerdote.
«Ah,
maledizione, perché ci
mette tanto tempo?» lanciò un sasso tra
l’erba, frustrato, e iniziò a cercare
le erbe per l’impacco.
In
realtà, non era solo per
Kagome che si dedicava ai suoi capelli. Dopo aver parlato con la
signora
Higurashi si era reso conto di una verità scontata quanto
importante: sua madre
l’amava e voleva che lui fosse sempre curato
perché doveva volersi bene a sua
volta.
Nei pochi anni
in cui erano
stati insieme, Izayoi aveva fatto del suo meglio per proteggerlo,
dargli amore
e sicurezza, perché voleva che lui crescesse forte e sicuro
di sé. Ma, col
tempo, quell’amore materno era diventato un ricordo sempre
più doloroso e il
senso di quel sentimento si era perso nell’amarezza di una
vita di solitudine e
di rabbia.
E quando la
mamma di Kagome
aveva condiviso con lui i suoi sentimenti di madre, qualcosa si era
risvegliato
dentro la sua anima, come se le parole della donna fossero state dette
per lui
da sua madre attraverso la voce di un’altra madre.
L’amarezza
si era messa da parte
per far spazio all’affetto, al calore di un abbraccio e di
una parola dolce: la
piccola attenzione che a lui sembrava solo tortura era un gesto
d’amore, una
coccola che doveva curare anche la sua anima. Non se n’era
mai reso conto prima
perché non aveva ancora imparato ad accettarsi.
Perché il pensiero che lui
fosse degno d’amore si era perso nel tempo, coperto da strati
di sofferenza.
Kikyo era
riuscita a scalfire la
corazza con cui si proteggeva dal dolore, dandogli la speranza che
anche lui,
forse, sarebbe potuto essere amato. Ma il tempo a loro concesso non era
bastato
a dargli fiducia in se stesso, soprattutto dopo il tragico finale del
loro
amore.
E poi era
arrivata Kagome, che gli
aveva insegnato la forza della gentilezza, la generosità, la
compassione e gli
aveva fatto vedere cosa c’era di buono in lui così
com’era, senza dover
diventare interamente umano o demone. Che gli aveva fatto ricordare che
lui era
meritevole di amore come ogni essere vivente.
Per questo non
fuggiva sugli
alberi, per questo motivo continuava a lavorare con Miroku, a far
visita a lui
e Sango e sopportava le loro gemelline che gli si arrampicavano
addosso. Per
questo motivo ora sapeva di essere accettato e benvoluto dalla gente
del
villaggio, che anni prima fuggiva terrorizzata alla sua vista.
Lui era
meritevole di amore e
doveva prendersi cura di sé.
Perciò,
ora che si accettava e
si piaceva così com’era, le attenzioni verso i
suoi capelli non erano più un
problema.
Lo doveva a sua
madre, a Kikyo e
a Kagome, che gli avevano donato amore, ma, soprattutto, lo doveva a se
stesso.
E poi non poteva
di certo
sfigurare di fronte a Sesshomaru!
Erano figli di
Toga, il Generale
Cane, e dovevano esserne entrambi degni, sia nella forza che
nell’aspetto.
«Vedrai Kagome,
quando tornerai
sarai fiera di me per aver mantenuto i miei capelli in ottimo
stato.» sorrise
e, rinvigorito dall’orgoglio e dalla speranza, decise di
combattere
l’immobilità della giornata con una corsa tra gli
alberi.
------------------------------------------------------------------------------------
E
con questa One Shot si chiude la mia raccolta.
Sono
un po' triste perché non avrò un appuntamento con
la pubblicazione la settimana prossima, ma sono contenta di essere
riuscita a scrivere qualcosa in questo fandom, e averlo fatto dopo
anni di inattività.
Spero
che la mia musa mi sorrida e mi lasci produrre ancora qualcosa, ma nel
frattempo vi ringrazio per avermi accompagnato in questa pubblicazione,
soprattutto Sunnydafne,
Solandia e Lady__94,
sempre puntuali nel lasciare i propri pensieri relativi ai
singoli capitoli.
Spero
che questa ultima OS vi sia piaciuta e che sia un degno finale di
questa raccolta.
Io
ho adorato scriverla e mi auguro sia stata una lettura altrettanto
piacevole.
A
presto, spero. ^^
|
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