L’Amore in un colpo di spazzola

di Deilantha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Izayoi ***
Capitolo 2: *** Kikyo ***
Capitolo 3: *** Kagome ***
Capitolo 4: *** Kagome II ***
Capitolo 5: *** Mamma Higurashi ***
Capitolo 6: *** Inuyasha ***



Capitolo 1
*** Izayoi ***


1) Izayoi

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Quel giorno il cielo era limpido e il sole caldo sulla pelle, era uno di quei giorni che invitava a fare una passeggiata, per godersi il piacere della natura circostante. Ma nel palazzo nessuno prestava attenzione all’esterno, soprattutto la servitù che come ogni mattina si aggirava affannata, intenta alle faccende quotidiane. E come ogni mattina Izayoi percorreva le sue stanze, con una spazzola in mano.

«Inuyasha! Inuyasha dove sei?»

Ancora una volta, suo figlio era scappato prima che potesse pettinargli i capelli. Era sistematico: il bambino riusciva sempre ad approfittare di un momento di distrazione della madre, per sgattaiolare fuori e iniziare la giornata senza torture.

Inuyasha aveva sei anni e i suoi capelli non erano mai stati toccati da un paio di forbici. Sin dalla nascita aveva ricevuto una folta chioma e sua madre, così fiera dei propri lunghi capelli neri, era stata risoluta nel lasciare che suo figlio avesse a sua volta una lunga capigliatura.

Ma il bambino non aveva la stessa dedizione materna: Izayoi amava pettinare i propri capelli e poi curarli con creme e impacchi; Inuyasha, al contrario, era sempre stato un tipetto vivace, incapace di stare fermo, soprattutto se si trattava di cure personali. Finiva le sue giornate sempre coperto di fango, dopo qualche corsa nei campi, giochi nell’acqua o sugli alberi. Non proprio il tipo adatto ad avere dei capelli lunghi.

A volte sua madre aveva valutato l’idea di accorciarli, ma il pensiero era fugace come il vento: i capelli di suo figlio erano così belli, così voluminosi, così fieri… così simili a quelli del padre…

Dopo aver vagato per tutte le stanze di loro pertinenza, Izayoi si diresse all’esterno: sapeva benissimo che suo figlio preferiva starsene all’aperto anziché tra le mura di casa, ma gli concedeva sempre qualche minuto prima di rintracciarlo e col tempo quel rituale era diventato una sorta di gioco tra loro, un gioco che rendeva l’inevitabile momento della spazzola un po’ meno fastidioso.

Come da copione, lo trovò accovacciato sul bordo del piccolo stagno nel retro del palazzo, intento a colpire la superficie dell’acqua con le mani, per spaventare i pesci. Nel poco tempo in cui era stato lì, era riuscito a schizzare l’acqua ovunque e lui stesso aveva le vesti bagnate. Izayoi tirò un sospiro, prima di annunciarsi.

«Eccoti, finalmente!», sorrise, avvicinandosi alla piccola figura in lontananza. Il bambino si alzò e si voltò in direzione della madre, andandole incontro a grandi passi «Siete stata lenta, oggi!» sghignazzò felice, ma quando vide la spazzola nelle mani materne, il suo volto s’incupì. «Non potremmo saltare questa parte, oggi?» chinò il capo e quel movimento illuminò improvvisamente la sua chioma argentata.

Il cuore di Izayoi ebbe un sussulto.

«No, piccolo mio, i capelli vanno spazzolati ogni giorno.»

«Uffa!» il bambino incrociò le braccia, mostrando il suo disaccordo, ma non scappò via. Sua madre si chinò verso di lui e poggiò le sue mani sulle piccole spalle «Ma prima devi asciugarti o prenderai un raffreddore.»

«E va bene, ma dopo torno a giocare!» lo sguardo di Inuyasha era serio e deciso, e sua madre sapeva che quando aveva quell’espressione, non c’era niente che avrebbe potuto fargli cambiare idea. Era un piccolo testardo a cui era difficile dire di no.

«Certamente» sorrise, conciliante e allungò una mano verso suo figlio, che ricambiò la stretta; insieme si diressero verso le loro stanze.

La prima cosa che fece, una volta rientrati, fu togliere la veste dell’Hinezumi al bambino: la stese all’esterno per farla asciugare il prima possibile, in modo che Inuyasha potesse tornare a indossarla subito. Dopo essere passata ad asciugare il viso di suo figlio, lo fece sedere sul pavimento esterno del palazzo: le gambette pendevano, e il bambino ne approfittò per muoverle in modo alternato, alleviando la tortura dell’immobilità a cui doveva sottoporsi il resto del suo corpo.

Izayoi si inginocchiò dietro suo figlio, prese una ciocca di capelli con una mano e iniziò a passargli la spazzola con l’altra.

Le proteste del bambino non si fecero attendere «Ahi!»

«Su piccolo mio, un po’ di pazienza.»

I capelli di Inuyasha erano folti ma anche doppi: erano dotati di una fibra molto forte e lievemente ispida, un tipo di capello che facilmente si annoda e nonostante la delicatezza con cui Izayoi passava la spazzola, non era facile districare quella rete. Un tipo di capello non umano.

«Anche i grandi guerrieri devono pettinarsi per mantenere splendidi i loro capelli.»

«Come mio padre?»

«Sì.» come ogni volta in cui si parlava di Toga, Izayoi ebbe un fremito nella voce.

Aveva perso l’uomo che amava proprio il giorno in cui era nato il loro bambino.

Quel giorno lui le fece i suoi ultimi doni: l’aveva riportata in vita usando la spada Tenseiga, le aveva donato la veste dell’Hinezumi per proteggerla nella sua fuga - perché sapeva di non poterlo più fare personalmente - e le aveva donato un nome.

«Inuyasha. È il nome del bambino: si chiama Inuyasha. Ora scappa via e vivi. Tu devi vivere, Izayoi!»

L’aveva fatto: con il loro piccolo appena nato tra le braccia era fuggita via, lasciando l’uomo che amava a combattere la sua ultima battaglia, quella per garantire la sopravvivenza alla sua famiglia.

«Tuo padre era un grande guerriero, Inuyasha.»

«E a lui piaceva farsi pettinare? Ahi!» il bambino portò una mano lungo la tempia per massaggiare il punto in cui la spazzola l’aveva colpito.

«Sì, gli piaceva» la donna procedeva a rimuovere i nodi con delicatezza «Aveva i tuoi stessi capelli: lunghi e folti fili d’argento. Glieli spazzolavo ogni sera, mentre lui mi raccontava le avventure magnifiche che aveva vissuto.»

Toga era un demone maggiore tra i più potenti del suo tempo, responsabile e vigilante del territorio del Kyushu, un demone cane dal manto argentato, che nella sua forma umana conservava una lunga capigliatura folta e spessa, vigorosa e fiera come lui. Erano un simbolo della sua potenza e una delle caratteristiche che avevano fatto innamorare Izayoi, una nobile umana, di lui.

«A tuo padre piaceva portarli in una coda alta, ma io ero felice quando, prima di dormire, li slegava e gli cadevano sulle spalle: erano splendidi e io ero felicissima di pettinarli!»

«Erano lunghi come i vostri, madre? Ahi!»

«Sì, come i miei, e come i tuoi.»

«I miei sono più corti!»

«Solo perché sei più piccolo, ma quando crescerai saranno della stessa lunghezza, ne sono sicura.» Inuyasha sorrise, soddisfatto. A volte avrebbe voluto tagliare quei fastidiosi capelli lunghi: si sporcavano continuamente e questo lo costringeva a doverli lavare e pettinare di continuo. E poi gli andavano davanti agli occhi, in bocca, si impigliavano… Ma sapeva che sua madre amava spazzolarli ed era così difficile vederla sorridere, che non poteva toglierle quel piacere. E poi, gli piaceva pensare di somigliare al grande combattente che era stato suo padre: un demone potente, rispettato e temuto da tutti.

«Madre, sarò un grande guerriero anche io e non dovrete preoccuparvi di niente. Vi proteggerò!»

Suo figlio le dava ancora le spalle e la donna represse un singhiozzo. Aveva cercato di mostrarsi sempre positiva verso di lui, ma spesso finiva col piangere in sua presenza. Era così difficile vivere sentendo la mancanza del suo amato, ospitata da parenti solo in virtù del suo nobile lignaggio, ma che poco tolleravano quella donna che si era unita a un demone e aveva generato un abominio: un mezzo demone.

Si fece forza per mandare indietro le lacrime: non voleva rattristare ulteriormente suo figlio, anche la sua vita non era facile, allontanato e giudicato da tutti per via della sua natura. Vederlo sorridere era la sua unica spinta alla vita.

«Sì, piccolo mio, sarai un guerriero eccezionale, come tuo padre.» accarezzò la testa argentata del bambino, toccò delicatamente le sue piccole orecchie canine e poi riprese a spazzolargli i capelli.

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Be', cosa dire: erano dieci anni che non pubblicavo qualcosa su questo sito e mi fa davvero strano essere qui dopo tanto tempo, ma la Musa capricciosa esigeva attenzioni e chi sono io per sottrarmi al suo richiamo?

Spero che questa prima One Shot vi sia piaciuta, nonostante la sua brevità. Ho sempre pensato che il rapporto tra Inuyasha e sua madre sarebbe interessante da indagare, visto che non se ne parla granché all'interno della storia originale. Mi piacerebbe approfondirla, ma non sarà questa la sede.

Se vi farà piacere, lasciate pure un commento, sono curiosa di sapere cosa ne pensate di questo piccolo prodotto della mia ispirazione ballerina.
E grazie per essere arrivati/e fin qui. ^^

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Capitolo 2
*** Kikyo ***


2)     Kikyo

 

 





Kikyo sedeva sulla sponda del torrente, godendosi una pausa tra le attività giornaliere imposte dal suo ruolo di sacerdotessa. Lo scorrere dell’acqua aveva un effetto rilassante sul suo animo e si ritrovò a sospirare, lasciando andare le spalle contratte. Erano pochi i momenti in cui si concedeva quel lusso: quando era in servizio tutto il suo corpo era contratto, intento ad assolvere il suo compito con ogni cellula di cui disponeva e spesso dimenticava di dare sollievo alle sue membra.

Dinnanzi a lei il cielo era sfolgorante: le sfumature calde e vibranti del tramonto riempivano la sua vista, il sole calante stava lasciando dietro di sé una scia dorata, lo stesso colore degli occhi di Inuyasha.

Sorrise al pensiero di quel nome, che per lei aveva un valore immenso. Aveva capito da tempo di provare qualcosa per lui e quel sentimento non faceva che rinforzarsi giorno dopo giorno, dandole un nuovo motivo per vivere. Era stanca di essere vista da tutti solo come una sacerdotessa: grazie al suo grande potere spirituale, era immersa nel suo ruolo da quasi tutta la sua vita, senza sosta; non ricordava come fosse vivere una giornata da semplice essere umano, perché a lei non era consentito mostrarsi debole e vulnerabile. Come lei, anche Inuyasha fingeva: fingeva di essere cattivo, di essere invincibile, ma in realtà aveva un codice morale che non si addiceva a un demone malvagio, si atteggiava a tale solo per difendersi, perché in quanto hanyou, un mezzo demone, non poteva dimostrare di essere debole ed esposto.

Proprio come lei fingeva di essere forte, di non essere umana, ma dentro si sentiva sola e fragile.

Erano così simili loro due!

Forse si erano incontrati proprio per salvarsi a vicenda. Forse, un giorno, avrebbe potuto smettere di essere una sacerdotessa, smettere di rinnegare se stessa. L’unica cosa che voleva era essere una donna.

Una donna libera di amare.

E forse, un giorno, avrebbe potuto vivere la sua vita insieme a Inuyasha, se lui l’avesse voluto.

Come se l’avesse evocato, sentì i passi del ragazzo sempre più vicini e attese, senza voltarsi, di scorgere con la coda dell’occhio la figura che veniva ad accucciarsi a poca distanza da lei.

«Visto che bel tramonto, Inuyasha?»

«Hmm.»

Kikyo si voltò verso di lui: come si aspettava, si era seduto nella sua tipica posizione con le ginocchia piegate in alto e le braccia dritte, poggiate sull’erba. Era buffo ma anche molto tenero: le ricordava costantemente che nelle sue vene scorreva il sangue di un inuyoukai, un demone cane, anche se, a differenza di molti suoi simili, aveva un cuore gentile, eredità probabile della sua madre umana.

Inuyasha non era tipo di molte parole ed era facile vederlo assorto nei suoi pensieri. Un’altra cosa che li accomunava: quando viaggiavano insieme potevano trascorrere delle ore in silenzio, ognuno immerso nel proprio mondo. Tra di loro non servivano molte parole perché si capivano, l’avevano fatto dal primo momento.

Approfittò di quel momento di pace per osservare il suo compagno. La vista di Inuyasha la lasciava sempre senza fiato: aveva incontrato altri inuyoukai e sapeva che tendevano a essere tutti molto belli, ma la loro era un’algida bellezza, fredda e distaccata. Inuyasha invece aveva un fuoco che ardeva nei suoi occhi dorati, c’era un calore nei suoi tratti che era vitale, confortante e appassionato; la sua era una bellezza unica, che lo rendeva diverso da tutti i suoi simili. E in quel momento, la luce dorata del tramonto, così simile a quella dei suoi occhi, si riflesse anche sui suoi capelli, facendoli risplendere in uno scintillio d’oro e argento. Il mezzo demone sembrava emanare luce propria. Kikyo rimase ammaliata da quella vista.

«I tuoi capelli sono davvero belli!»

«G…grazie.» il ragazzo arrossì.

Inuyasha non era abituato ai complimenti: l’unica persona che gli aveva rivolto parole gentili era stata sua madre, tanti troppi anni prima, e quando Kikyo si rivolgeva a lui con quelle frasi dirette, non sapeva mai cosa rispondere.

Kikyo gli aveva sconvolto la vita. Si erano incontrati come nemici: lui un mezzo demone e lei una sacerdotessa che i demoni li uccideva, eppure nessuno dei due aveva mai attaccato seriamente l’altro. Come se entrambi avessero capito che dietro le apparenti differenze tra loro, si celavano due anime molto simili, due anime sole che si facevano compagnia, si confortavano e si comprendevano. E forse si amavano. Lui era certo dei sentimenti che provava per lei: non poteva più immaginare di vivere la sua esistenza solitaria, non poteva più concepire un mondo in cui Kikyo non fosse accanto a lui. E un giorno, forse, gliel’avrebbe detto apertamente.

«Sai, spazzolare i miei capelli è l’unica cura che concedo a me stessa. Mi piace tenerli sempre in ordine.  Prima di iniziare la mia giornata sistemo anche quelli di Kaede, perché voglio che anche lei impari a essere sempre ordinata.»

«Uhm.» quelle parole echeggiavano le stesse dette da Izayoi tanti anni fa, una vita fa. Non riuscì a dire altro. Nonostante i suoi sentimenti per lei, c’erano degli argomenti che non era pronto ad affrontare con la ragazza, come quello dei suoi capelli, perché gli riportavano alla mente ricordi troppo dolorosi che lui teneva chiusi in un angolo nascosto del suo cuore.

«Tu possiedi una spazzola?» tempo prima, Inuyasha le aveva detto di avere solo due oggetti appartenuti alla madre: la veste dell’Hinezumi e il rossetto che aveva donato a lei. Quel rossetto che conservava come un tesoro prezioso.

«No.» Inuyasha chiuse le braccia intorno alle ginocchia, e non proseguì. Tuttavia quella risposta aveva incuriosito la sacerdotessa.

«Come fai a pettinare i tuoi capelli?»

«Non lo faccio.» la voce del mezzo demone era ovattata: il viso era nascosto in parte dalle ginocchia.

«Non ti piace?»

«Non ne ho bisogno, va bene così.»

Kikyo era stupita dal fatto che quei capelli potessero essere così belli nonostante non venissero curati. Forse era dovuto al fatto che non fossero del tutto umani. Cercò tuttavia di non mostrare troppo il suo stupore, perché aveva notato l’atteggiamento insicuro e sulla difensiva del mezzo demone, e lei invece voleva che il ragazzo le aprisse il suo cuore, che si fidasse di lei.

«Se vuoi, posso pensarci io. Kaede non si lamenta quando le spazzolo i capelli, sono brava.» cercò di parlare con un tono conciliante, voleva infondere fiducia nelle sue parole, ma l’espressione imbronciata di Inuyasha non cambiò.

Quello era un argomento su cui l’hanyou non voleva indugiare ancora. Kikyo comprese che non avrebbe dovuto insistere, perché sapeva che se avessero fatto lo stesso con lei, si sarebbe alterata e non voleva risultare sgradita a quel ragazzo, che iniziava a essere la sua ragione di vita. «Se non ti fa piacere va bene lo stesso, sono i tuoi capelli, del resto.» gli sorrise, comprensiva.

La voce di Kikyo era dolce, così diversa da quella autoritaria e fredda della sacerdotessa. Quando usava quel tono, Inuyasha sapeva che stava parlando la parte più vera di lei, quella che nascondeva a tutti tranne che a lui. Alzò il viso e si voltò verso la ragazza, il cui viso sorridente fu come un abbraccio caldo per lui.

«Kikyo, io…»

«Non ti preoccupare, quando avrai voglia sarò pronta con la mia spazzola.» la ragazza sorrise e il cuore di Inuyasha si sentì in pace. Le era grato perché non aveva insistito e aveva compreso. Era sempre più convinto che loro due fossero fatti per stare insieme.

Se sarà necessario, darò la vita per te, Kikyo; ti proteggerò sempre.

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«Inuyasha, sei sicuro?»

«Di cosa?»

«Che una come me è veramente ciò che vuoi?»

«Keh, non fare domande che non hanno bisogno di risposta.»

Aveva trovato il coraggio di rivelare a Kikyo i suoi sentimenti e le aveva dato la risposta che la ragazza voleva: ormai era certo, sarebbe diventato umano e avrebbe vissuto accanto a lei come suo compagno di vita. Era sicuro di fare quella scelta perché il pensiero di vivere il resto dei suoi anni accanto alla donna che amava, gli bastava a non desiderare altro. La ricerca del potere non aveva più senso perché il suo cuore era pieno.

«Domani a mezzogiorno, davanti all’albero divino del bosco ovest. Aspettami lì, verrò con la Sfera dei Quattro Spiriti.»

«Sì… va bene.»

Era notte e stavano tornando al villaggio: per la prima volta nella sua vita, Inuyasha guardava al futuro con gioia e speranza. L’emozione che stava provando era tale che prese la mano di Kikyo, ancora incredulo che l’indomani sarebbe cambiato tutto per loro e avrebbero iniziato una nuova vita insieme.

Quella gioia sembrava spazzare via tutto il dolore vissuto fino a quel giorno, persino quello più profondo.

Si fermò, per guardare negli occhi la donna che amava. «Kikyo… Quando sarò un umano, vorresti spazzolarmi i capelli?»

Gli occhi di Kikyo scintillarono di gioia, e il sorriso sul suo volto si ampliò. Prese l’altra mano di Inuyasha e la strinse nella sua «Molto volentieri.»

Rimasero a guardarsi negli occhi per un po’, felici come non era mai accaduto nelle loro vite, impazienti che arrivasse l’indomani.

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Eccomi con la seconda One Shot. Questa mi ha fatto un po' penare perché nell'ultima revisione prima di pubblicarla, mi sono resa conto di aver sbagliato tutta la cronologia della loro storia! -_-' 

E quindi ho riscritto il brano cercando di mantermi in canon, ma non sono del tutto soddisfatta del risultato. 

Spero che per voi, invece, sia stata una lettura piacevole. Che siate o meno fan di Kikyo, io sono convinta che i sentimenti che provavano lei e Inuyasha fossero profondi e sinceri, altrimenti la reincarnazione in Kagome non avrebbe avuto senso. 

Grazie per essere arrivati/e fin qui, se vi va lasciate pure i vostri pensieri su questa piccola OS, li leggerò con piacere. ^^

E Buon Natale!

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Capitolo 3
*** Kagome ***


3)     Kagome

 

Ogni volta che tornava nell’epoca Sengoku, Kagome provava una forte nostalgia di casa, in particolare del suo bagno e dell’acqua calda. Finché era in giro con gli altri sulle tracce di Naraku non dava peso al fatto che doveva lavarsi con l’acqua corrente, e in qualche modo ci si era abituata; ma quando tornava alla sua epoca, la prima cosa che faceva era un bagno caldo, seguito dalla cura attenta per i suoi capelli.

Era sempre stata molto orgogliosa del suo aspetto e amava prendersi cura della sua chioma scura. Ma la vita nel Sengoku concedeva pochi agi, soprattutto quando era in viaggio, per cui spesso aveva dovuto rinunciare a prendersi cura come si deve dei suoi capelli, nonostante portasse sempre con sé, all’interno del suo zaino, creme e balsami. Quella sera però, il gruppo si era accampato nei pressi di una pozza d’acqua termale e la ragazza decise di cogliere al volo l’opportunità di farsi un bel bagno nell’acqua calda, seguito dalla cura completa dei suoi capelli.

Dopo cena lei e Sango si diressero verso l’acqua, pronte a rilassarsi e dopo una bella chiacchierata, Kagome tirò fuori l’artiglieria pesante: shampoo, balsamo, crema ristrutturante e districante. La cacciatrice di demoni osservò incuriosita quella serie di flaconi e bottiglie dalle strane forme, anche se si era abituata alle stranezze provenienti dall’epoca della sua amica.

Kagome si accorse dell’interesse della sua amica e ne fu felice «Vuoi provarli anche tu, Sango?»

«Pensi che mi facciano bene?» la sterminatrice di demoni sembrava titubante

«Ma certo, vedrai che differenza, dopo: i tuoi capelli ti ringrazieranno!»

«Non capisco cosa ci sia dentro, sicura che sia tutto innocuo?»

«Ti basta guardare i miei capelli: non hai mai notato che quando torno dalla mia epoca sono più morbidi e lucidi?»

«Sì, è vero. Mi sono sempre chiesta cosa ci facessi, non ho mai avuto i capelli così belli!»

«È grazie a questi prodotti» sorrise soddisfatta «E non è mai successo che siano caduti, fidati di me!»

Il sorriso di Kagome era coinvolgente e Sango decise di accettare l’offerta «D’accordo, visto che siamo amiche, mi fiderò di te» le sorrise in risposta.

Kagome fu felicissima di condividere quel momento di cura personale con Sango: le mancavano le serate tra ragazze che faceva con le sue amiche, quei momenti da teenager che appartenevano a una vita tranquilla e totalmente diversa, una vita che aveva quasi abbandonato.

Trascorsero un paio d’ore dedicandosi al loro benessere finché decisero di tornare al loro accampamento per asciugare i capelli vicino al fuoco.

«Oh, siete di ritorno… già vestite.» il tono di Miroku non nascondeva la delusione; il monaco sperava di poter vedere qualche centimetro di pelle giovane, ma non ebbe fortuna.

«Muoviti Miroku, andiamo a farci il bagno!» Inuyasha invece, non perse tempo: si alzò dal suo giaciglio e tirò la veste del monaco per distoglierlo dai suoi pensieri impuri.

«Ah… Sì, arrivo.» sospirando, Miroku si arrese al suo destino.

«Shippo anche tu, sbrigati!»

«Eccomi!»

Solo quando i ragazzi erano già lontani, Kagome si rese conto che avrebbe voluto dare i suoi prodotti anche a Inuyasha, ma non voleva rischiare di seguire i ragazzi e vedere cose che preferiva rimanessero private: era già capitato in passato e se ci pensava il suo viso diventava ancora rosso fuoco!

Si avvicinò al fuoco per asciugare la sua chioma, ma il pensiero dei capelli di Inuyasha non la lasciava: le dispiaceva non essere riuscita a sfruttare quell’opportunità, perché avrebbe voluto occuparsi dei capelli del mezzo demone sin da quando Yura aveva notato che erano pieni di nodi e lasciati all’incuria.

“Ah, Yura, quella maledetta! Aveva osato dire che i suoi capelli, così ben curati, erano brutti! Però aveva avuto ragione nel trovare splendidi quelli di Inuyasha: erano folti, lunghissimi e avevano quel colore così brillante!  Era un vero peccato che il ragazzo non se ne prendesse cura.

«Kagome, va tutto bene?» la voce di Sango la distolse dai suoi pensieri.

«Eh?»

«Sei stranamente silenziosa.»

«Sì, sì, è tutto a posto.» forzò uno sbadiglio «Credo di essere stanca. Anzi credo proprio che ora andrò a dormire!» fece un sorriso all’amica e poi, con un sospiro segreto, la ragazza si preparò il giaciglio.

 

Il risveglio di Kagome fu accolto dai caldi raggi del sole che le accarezzavano il viso: la giornata era splendida e la ragazza decise di fare un altro bagno rinvigorente nella sorgente termale, prima che il gruppo fosse pronto per proseguire il viaggio. Sulla strada del ritorno verso il loro accampamento, incontrò Inuyasha, che era andato a pescare la loro colazione. Aveva legato i pesci a un bastone che era poggiato sulla sua spalla, ma quando lo raggiunse Kagome, il ragazzo stava combattendo con il legno, che si era impigliato tra i suoi capelli.

«Maledetto, esci fuori!»

Kagome corse subito in aiuto dell’hanyou «Oh, guarda che disastro, aspetta che ti libero.»

«No, lascia stare, ci penso io.» disse il ragazzo, mentre cercava di avere la meglio su pesci e bastone, ma finendo col peggiorare le cose.

«Non essere ridicolo, riesci a malapena a girare il viso, tutta colpa di questi nodi!»

I capelli di Inuyasha erano un disastro: per la ragazza era un vero mistero il motivo per cui lui non si prendesse cura dei suoi capelli, ai suoi occhi era un sacrilegio lasciare all’incuria quella chioma argentea.

Senza perdersi in altre chiacchiere, la ragazza prese in mano la situazione e tra qualche protesta e un po’ di tentativi, riuscì a districare l’intreccio di legna, pesci e capelli.

«Ecco fatto, visto che ti serviva una mano?» sorrise soddisfatta

«Hm» si limitò a bofonchiare Inuyasha «Andiamo dagli altri: prima mangiamo, prima ci muoveremo.»

Kagome annuì senza replicare, era abituata ai modi bruschi del ragazzo. Ma dopo aver toccato quei capelli si sentì risoluta nel continuare la sua azione: non poteva tollerare un momento di più che il ragazzo che amava andasse in giro con quei capelli così rovinati. Quell’incuria era intollerabile: era orgogliosa dell’aspetto di Inuyasha, era così esotico, così appariscente e affascinante, non poteva e non doveva rovinare il suo aspetto andando in giro in quelle condizioni. Chissà da quanti anni non passava una spazzola tra quei capelli!

Durante la colazione rimase a osservare l’hanyou, che più di una volta, si voltò verso di lei con sguardo sospettoso, ma Kagome gli rivolgeva sempre un sorriso e poi iniziava a parlare con Sango. Quando finirono di mangiare, la cacciatrice di demoni e Miroku andarono in cerca di qualche provvista, mentre Shippo si allontanò dal gruppo per bisogni privati. Era il momento giusto per passare alla carica!

Kagome prese la sua spazzola e si avvicinò al mezzo demone, intento a raccogliere le loro cose.

«Inuyasha.»

«Hm?»

La ragazza si avvicinò alle sue spalle e prese una ciocca argentata tra le sue dita «Che ne dici di dare una spazzolata a questi capelli?»

Il ragazzo si voltò verso di lei e abbassò lo sguardo sulla spazzola nella mano di Kagome «Perché dovrei?» la sua espressione si fece distante e contrariata.

«Perché non hai mai cura dei tuoi capelli e poco fa ti sei anche impigliato. Pensa se accadesse durante uno scontro con qualche demone!»

«Non accadrà.» Inuyasha tornò a darle le spalle, per lui il discorso era chiuso. Ma Kagome non era della stessa opinione. «Come fai a saperlo? Non ti ho mai visto con una spazzola in mano, questi capelli sono in uno stato pietoso: quando te ne prenderai un po’ cura?»

Il ragazzo si voltò nuovamente verso di lei, stavolta con un’espressione alterata sul viso «Questo non ti riguarda, non ho mai avuto problemi in battaglia e in generale non ho bisogno di fare niente!»

«Ma come puoi dire una cosa del genere quando poco fa ti sei impigliato in un pezzo di legno?»

«Era una sciocchezza, e comunque non mi capita spesso.»

«Ma…»

«La vuoi smettere? Non ho bisogno della spazzola, né da te, né da nessun’altra. Perché siete tutte ossessionate dai nodi nei miei capelli?» con un gesto di rabbia, gettò a terra gli oggetti che aveva in mano e si lanciò nel bosco.

Kagome rimase impietrita per un momento, sorpresa dalla reazione del mezzo demone, ma poi le salì la rabbia per le parole dure che il ragazzo le aveva rivolto.

«Sei uno stupido, Inuyasha. Uno stupido, stupido!» gridò verso il bosco.

Sango e Miroku giunsero in quel momento, portando della frutta tra le braccia, mentre Shippo saltellava allegro verso di loro.

«Cos’è successo Kagome?» chiese Sango, curiosa «Avete litigato di nuovo?»

«Inuyasha è uno stupido! Hai visto quanto ti ha fatto bene quel balsamo per i capelli e lui invece si rifiuta persino di pettinare i suoi!» con rabbia, la ragazza lanciò la sua spazzola nello zaino.

«Be’, suppongo che ora dovremo aspettare che quella testa calda sbollisca la rabbia, prima di andarcene.» Miroku si sedette accanto al fuoco morente «Vieni Sango, fammi sentire ancora un po’ il profumo tra i tuoi capelli.» il monaco rivolse uno sguardo malizioso alla sua compagna che, imbarazzata, lo colpì con uno schiaffo, ma poi si accomodò accanto a lui, rossa in viso.

«Ci vado io a far ragionare Inuyasha.» si offrì Shippo, ma Kagome sapeva che Miroku aveva ragione: il mezzo demone doveva sbollire la rabbia prima di poter affrontare un discorso con calma, e il piccolo demone volpe l’avrebbe solo fatto infuriare di più. «Non ti preoccupare Shippo-chan, aspetterò un po’ e poi andrò a cercarlo io stessa.»

 

Inuyasha aveva messo una certa distanza tra lui e Kagome: era corso via furioso, ma dentro di lui c’era anche una punta di paura. Aveva scaricato la tensione correndo e saltando sugli alberi e per finire, aveva deciso di farsi una nuotata nel torrente vicino. Sbollita la rabbia si adagiò sulla sponda del corso d’acqua, per fare ordine nei suoi pensieri. Forse nella sua reazione c’era stata più paura che rabbia: l’argomento dei suoi capelli era legato a ricordi dolorosi che non voleva far riaffiorare. Le uniche donne che si erano prese cura della sua capigliatura l’avevano poi lasciato: sua madre per prima e Kikyo successivamente. Quest’ultima in realtà non era nemmeno riuscita nel suo intento, perché il malvagio piano di Naraku aveva colpito prima, uccidendo la donna.

Kikyo era tornata, ma non era più la stessa, non era nemmeno realmente in vita, ed era così fugace nelle sue apparizioni, che quella promessa di spazzolargli i capelli non sarebbe stata più mantenuta.

Aveva vissuto tanti anni senza curarsi della sua chioma e andava bene così.

Anche se l’idea che Kagome si prendesse cura di lui lo allettava, aveva paura di ripercorrere ancora quella strada e temeva di rivivere nuovamente un dolore insopportabile.

Proprio mentre i suoi pensieri erano rivolti a lei, sentì i passi di Kagome: era venuta a cercarlo.

Il suo cuore gioì, come accadeva ogni volta che la ragazza dimostrava delle premure nei suoi confronti, ma sapeva che era venuta per continuare il discorso spinoso lasciato a metà, e lui non aveva intenzione di cedere.

Quando la ragazza fu a pochi passi di distanza, fu Inuyasha a prendere parola per primo «Cosa c’è, vuoi continuare il discorso? Ho già det…»

«No, non ho intenzione di litigare.» Kagome si sedette accanto a lui e il ragazzo diede un’occhiata fugace: non c’era ombra della sua spazzola.

«Vorrei solo capire perché hai reagito così.» fece una piccola pausa «Forse sono stata troppo insistente, ma l’ho fatto solo perché ci tengo a te.»

Inuyasha sentì il cuore accelerare. Sapeva che Kagome voleva stargli accanto nonostante lui non riuscisse a liberarsi dal suo legame con Kikyo e sapeva che ciò significava qualcosa di importante. Lui stesso non sarebbe mai riuscito a separarsi dalla ragazza e aveva capito da tempo di provare qualcosa di profondo per lei. Ma sentirle dire apertamente che ci teneva a lui l’aveva scosso lo stesso, perché erano state poche le persone nella sua vita che gli avevano detto una frase simile.

«Ci tengo a te e per questo tengo anche a ciò che è parte di te. Tu hai dei bellissimi capelli e non capisco perché non voglia farli splendere.» Pensa a quanto sono belli quelli curati di Sesshomaru!

Kagome avrebbe voluto esprimere quest’ultimo pensiero ad alta voce, ma sapeva che nominare il fratello di Inuyasha non avrebbe portato al discorso pacifico che lei aveva in mente.

«È a causa di Kikyo?» fece una pausa per prendere fiato, perché parlare della sacerdotessa era sempre difficile per lei «Prima hai detto che siamo tutte ossessionate dai tuoi capelli… ti riferivi a lei, vero? Lei te li pettinava e non vuoi che io faccia lo stesso.» girò il viso davanti a sé, sforzandosi di trattenere le lacrime. Il continuo paragone con Kikyo era un peso difficile da sopportare, soprattutto quando Inuyasha sembrava favorire la sacerdotessa anziché lei. Era difficile scontrarsi ogni volta con la consapevolezza di essere la seconda.

«Non è affatto così.» la voce di Inuyasha era bassa, ma riuscì a interrompere i suoi pensieri. Kagome si voltò verso di lui che, a sua volta, aveva il viso chino sulle sue ginocchia «Lei non ci è mai riuscita.»

Kagome sentì battere forte il cuore al suono di quelle parole miste di rimpianto e malinconia.

«Non voglio perché… mi vengono alla mente brutti ricordi.» sospirò, come a darsi coraggio «L’unica che me li ha pettinati è stata mia madre.»

«Ah.» Kagome sapeva che quello era un argomento difficile per Inuyasha e menzionarlo di sua spontanea volontà doveva causargli una certa sofferenza. Tuttavia fu felice che il ragazzo che amava stesse condividendo un pezzo di se stesso con lei.

«Perciò non chiedermelo più, perché non è una cosa piacevole, per me.» Inuyasha aveva alzato il volto ma lo sguardo rimase dritto avanti a sé, le braccia chiuse intorno alle ginocchia, proprio come Kagome.

Sembravano due bambini feriti, ma la ragazza dal cuore grande aveva compreso che dietro una cosa apparentemente stupida c’era un dolore profondo che Inuyasha non riusciva ancora ad affrontare, e si arrese. Si avvicinò al mezzo demone e poggiò la mano sulla sua. «Va bene, non te lo chiederò più.» cinse la spalla dell’hanyou con il braccio e rimasero per un po’ in silenzio, cercando di far comunicare i loro cuori, senza bisogno delle parole.









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È giunto il turno della nostra eroina. Con Kagome ho avuto vita facile, il brano è venuto da sé senza indugi (in realtà anche il precedente, ma la versione che poi è risultata sbagliata T_T). Comunque, al di là della mia soddisfazione nello scrivere, spero che sia stata una lettura piacevole per voi.

Grazie ancora per i vostri commenti e per il tempo speso tra queste righe, lo apprezzo molto. <3

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Capitolo 4
*** Kagome II ***


4) Kagome II






 

Inuyasha era irrequieto. Per quanto il letto di Kagome fosse incredibilmente morbido e comodo, non amava starsene con le mani in mano e quella sera in particolare, la piega degli eventi l’aveva messo a dura prova.

Non era mai contento quando Kagome tornava al suo tempo, non era a suo agio sapendola lontana da lui, era come se mancasse qualcosa al suo spirito che perdeva forza e convinzione. Ma la ragazza era stata categorica: anche se erano a buon punto con la ricerca di Naraku, Kagome doveva affrontare dei mostri spaventosi nel suo tempo, gli esami, e non poteva tirarsi indietro. Era partita da sola, come spesso accadeva, e come spesso accadeva, il ragazzo l’aveva seguita a distanza di poche ore.

L’aveva trovata addormentata sui libri, in camera sua e l’aveva coperta, vegliando sul suo sonno. Osservandola così inerme e tranquilla, il ragazzo sentì la forza dei suoi sentimenti farsi più chiari e, anche se inconsciamente, qualcosa cambiò dentro di lui. Soffriva terribilmente per la morte di Kikyo, e quel dolore avrebbe fatto parte della sua anima per molto tempo, perché era legato all’impotenza provata davanti alla perdita del suo primo amore. Tuttavia una parte piccola del suo cuore si sentiva sollevata. Non voleva ammetterlo e forse non l’avrebbe mai fatto, ma la scomparsa di Kikyo gli aveva permesso di affrontare apertamente dentro di sé i suoi sentimenti per Kagome. Sentimenti già chiari e forti, innegabili a qualsiasi occhio esterno. Sentimenti a cui però non osava dare troppa voce, finché c’era Kikyo. Avrebbe voluto proteggere entrambe, come suo padre aveva protetto sua madre, perché è così che si fa quando ami qualcuno: lo proteggi a costo della vita. Purtroppo non era riuscito nel suo intento con Kikyo, ma si era ripromesso che non avrebbe più fallito, che con Kagome sarebbe andata diversamente. Quella sera, quando la ragazza si era svegliata, lui aveva dato voce ai suoi sentimenti, le aveva detto che l’avrebbe protetta a costo della propria vita, era pronto a dimostrarle tutto il suo amore, aveva trovato persino il coraggio di baciarla… ma la famiglia Higurashi era sopraggiunta in quel preciso istante, rovinando tutta l’atmosfera e il suo coraggio era evaporato, lasciandolo più esasperato che mai.

Ma ormai il suo cuore aveva raggiunto una sicurezza che prima non osava raggiungere: sapeva cosa provava per Kagome ed era sicuro di essere ricambiato, perciò voleva fare un passo importante verso di lei, nonostante la ragazza fosse presa dallo studio.

«Kagome.»

«…»

«Ehi, Ka…»

«Non ora Inuyasha, lo sai che sto studiando.»

«Volevo solo dirti che, se vuoi fare una pausa, io avrei bisogno di aiuto con questi.»

Kagome si voltò incuriosita dall’insolita richiesta: Inuyasha era seduto a gambe incrociate sul suo letto, e in una mano aveva una ciocca dei suoi capelli argentati.

«Credo che sia arrivato il momento di togliere ques…»

«Fermo lì, arrivo!» la ragazza fuggì dalla stanza e in pochi secondi fu di ritorno con le braccia piene di cose, tra cui la spazzola che il ragazzo ormai conosceva bene.

Saltò sul letto e si pose dietro al mezzo demone per controllare lo stato di quei capelli. Inuyasha si sentiva felice ed emozionato, ma aveva anche paura della luce che aveva visto negli occhi della ragazza «Vacci piano però, ho tantissimi nodi!»

«Non ti preoccupare, sei in mano sicure!» il tono burbero non scalfì la sicurezza di Kagome.

Era così felice! Non riusciva a credere che Inuyasha avesse finalmente deciso di fidarsi di lei. Poco tempo prima aveva liquidato la questione capelli dicendo che per lui era un argomento difficile da affrontare, perciò aver preso quella decisione era un passo importantissimo per lui e per il loro rapporto. Quella sera sembrava davvero diverso: poche ore prima aveva promesso di proteggerla con la vita, e finalmente, finalmente, stava per baciarla… Se solo Sota non fosse entrato!

Vedrai, Inuyasha, mi prenderò cura di te come tu fai con me.

La situazione era davvero critica: anni e anni senza un pettine erano degenerati in un intrico impossibile da sbrogliare senza qualche aiuto, così la ragazza decise di ricorrere al suo arsenale. Prese un barattolo e ne distese il contenuto sui capelli del mezzo demone.

«Ehi, cos’è questa roba? Ti ho chiesto una spazzola, non strani unguenti!»

«Stai tranquillo, è un impacco districante, serve a sciogliere i nodi.» Kagome non si limitò: riempì i capelli argentei con la crema, partendo dalle radici fino alle punte; le richiese un po’ di tempo perché il ragazzo aveva tanti capelli ed erano incredibilmente lunghi, ma era decisa a fare un lavoro impeccabile, perché non poteva in alcun modo deludere la sua fiducia in lei.

Inuyasha accolse quelle cure con disagio: non era abituato a sentire altre mani tra i suoi capelli e il suo istinto fu quello di spostarsi. Ma cercò di trattenersi e in breve iniziò a ricordare con malinconia sua madre che si prendeva cura dei suoi capelli e gli raccontava storie sulla vita gloriosa di suo padre. Solo quando cercò di accettare quei ricordi senza sentire dolore, si rese conto che le mani di Kagome tra i suoi capelli gli procuravano un incredibile piacere. Brividi partivano dalla nuca e gli attraversavano la schiena, soprattutto quando sentiva le mani della ragazza intente a massaggiargli la testa, e in quel momento il piacere si mischiava al rilassamento, a una sensazione di pace che gli aveva fatto dimenticare tutti i pensieri negativi.

Intento a godersi quelle nuove sensazioni, non si rese conto del tempo che scorreva, finché Kagome terminò le sue cure e decise di raccogliere i capelli argentei in uno chignon.

«E questo ora cos’è?»

Senza rispondergli, Kagome uscì dalla stanza a tornò subito dopo con un telo, che avvolse intorno alla sua testa.

«Lasciamo che la crema faccia effetto, non ti muovere e rilassati.» la ragazza osservò il suo operato, soddisfatta, e tornò saltellando ai suoi studi.

Lo sguardo di Kagome su di lui l’aveva imbarazzato, e tutto il relax provato pochi minuti prima sembrava evaporato da quella nuova sensazione di disagio: cosa doveva fare ora, con quel telo arrotolato sulla testa? Inoltre la ragazza gli aveva detto di restare fermo: si ritrovava punto e a capo!

«Ehi, Kagome, quanto ancora devo aspettare… Kagome!»

«Un momento, finisco questi calcoli e sono da te.»

Era esasperato, non aveva fatto altro che stare seduto su quel letto da quando aveva attraversato il pozzo, poche ore prima. Iniziò a muovere le gambe ritmicamente; quella sera ogni passo verso Kagome gli si ritorceva contro!

Quando la ragazza terminò i suoi esercizi, si voltò verso di lui e lo trovò a braccia conserte, intento a sbuffare: però Inuyasha era rimasto sul letto, non si era mosso, proprio come gli aveva detto lei. Sorrise soddisfatta e lo prese per mano, conducendolo in bagno.

«Che altro c’è, ora?»

«Fidati di me.»

Seduto su uno sgabello, con un altro telo a proteggergli le spalle, il ragazzo sentì Kagome armeggiare con il turbante finché la sua testa fu di nuovo libera da costrizioni e  i suoi capelli ritrovavano la loro lunghezza.

Quella crema fece il suo effetto: quando la spazzola passò tra quei fili d’argento molti nodi si sciolsero e incontrò poca resistenza. Il tocco di Kagome era delicato: la ragazza era molto attenta a districare ogni nodo con gentilezza, senza provocare dolore al mezzo demone; doveva essere impeccabile!

Dopo quella lunga e attenta spazzolata (e una matassa inimmaginabile di capelli morti sul pavimento) fu il turno del risciacquo, una passata di shampoo, e poi una spazzolata finale. Inuyasha borbottò tra un passaggio e l’altro, ma si stava godendo tutto il momento: non si era reso conto di quanto desiderasse quelle cure amorevoli e quelle attenzioni che gli erano state tolte troppo presto nella sua vita. E che fosse Kagome a farle rendeva tutto perfetto.

La ragazza a sua volta riusciva a stento a contenere il batticuore: era felice, era soddisfatta di sé, era speranzosa per il suo futuro con Inuyasha. Quella sera il loro legame si era rinforzato, qualcosa tra loro aveva raggiunto una nuova certezza e i dubbi nel cuore di Kagome avevano iniziato a scomparire.

Una volta che i capelli furono asciutti, osservò il suo lavoro, fiera di sé: la massa intricata era sparita, i capelli erano lucenti, morbidi e districati, lievemente meno voluminosi, come quelli di Sesshomaru, ma ai suoi occhi erano più belli di quelli perfetti del demone. Era davvero orgogliosa di sé, e ancora più del ragazzo che amava, perché ora poteva sfoggiare una chioma da vero demone, che non aveva rivali!

Inuyasha sedeva con le braccia incrociate al petto, il viso in fiamme e gli occhi lontani, incapace di sostenere lo sguardo fisso e concentrato di Kagome. Fece per alzarsi, ma la ragazza lo fermò.

«Aspetta, ci vuole il tocco finale.»

L’hanyou la guardò perplesso, convinto che fosse tutto finito «Che altro c’è?»

Temeva la risposta, sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto con tutta quella immobilità.

«Non posso permettere che tutto il mio lavoro venga sprecato: se vai a dormire così, torneranno i nodi.»

«E allora cosa vuoi fare, impedirmi di dormire?» Inuyasha sentì le gambe che scalpitavano, pronte alla fuga.

«Non ce ne sarà bisogno.» Kagome sorrise con una luce inquietante negli occhi. Le gambe di Inuyasha erano pronte allo scatto.

La ragazza però fu più veloce: con gesto fulmineo passò alle spalle del mezzo demone e armeggiò con i suoi capelli «Ecco fatto, ora potrai dormire e io sarò tranquilla.»

Il ragazzo poté finalmente alzarsi e con cautela si guardò nello specchio: i suoi capelli non cadevano più intorno al suo viso «C-cosa hai fatto?»

«Una semplice treccia» Kagome spinse il ragazzo in modo che potesse guardarsi di lato «Vedi, i tuoi capelli ora sono ordinati e raccolti e anche se ci dormirai su non si annoderanno»

«Non vorrai mica che abbia questa cosa sempre?» sin da piccolo aveva lasciato i suoi capelli liberi e non era disposto a cambiare acconciatura; per di più era la stessa di Bankotsu, il capo dei Sette che, per quanto fosse stato un guerriero formidabile, aveva vissuto come un bandito tutta la sua vita, e lui non aveva intenzione di essere associato a quel tipo.

«Ma no, mi piace vedere i tuoi capelli liberi e al vento, la treccia è solo per stasera.» gli sorrise attraverso lo specchio, conciliante.

Tra un borbottio e l’altro, Inuyasha continuò a guardarsi, non convinto di quell’aspetto insolito, ma accettò di tenere quell’acconciatura durante la notte.

 







Quando si svegliò, Kagome ebbe un solo pensiero: controllare i capelli di Inuyasha.

Senza darsi nemmeno il tempo di cambiarsi, uscì dalla sua stanza in pigiama e sentì le voci della sua famiglia provenire dal basso: dovevano essere già tutti intenti a fare colazione. Kagome li raggiunse.

Come previsto, la famiglia Higurashi, era riunita intorno al tavolo della cucina, per consumare il primo pasto quotidiano, ma al centro dell’attenzione anziché il cibo, c’era l’insolita acconciatura del mezzo demone.

«Fratellone cane, sei strano con quella treccia.»

«Lo so» disse, Inuyasha, intento a masticare un boccone di riso. Tutti quegli sguardi lo mettevano a disagio, e stava cercando di concentrarsi sul cibo per non pensarci. Kagome quando ti deciderai a svegliarti?!

La signora Higurashi lo guardò, sorridendo «Ti sta molto bene, mette in risalto i tuoi occhi.»

Il ragazzo si fece rosso in viso, non abituato ai complimenti «G-grazie.»

«Mi ricordi un’illustrazione antica tramandata dalla nostra famiglia, che risale ai tempi in cui si cacciavano i demoni; chissà dove l’ho messa?» il nonno dei ragazzi si perse presto nei suoi pensieri e Inuyasha continuò a concentrarsi sul cibo, evitando di sottolineare che anche lui aveva sangue demoniaco nelle vene.

Fu in quel momento che Kagome fece il suo ingresso e vide quello strano quadretto familiare. Ma diede poca importanza alla scena, perché i suoi occhi cercavano solo una matassa argentea. Senza dare nemmeno il tempo a Inuyasha di rivolgerle la parola, si chinò dietro di lui e osservò lo stato della treccia: la alzò, la tastò e l’annusò.

«Kagome, io starei cercando di mangiare!»

«Sono proprio soddisfatta, la treccia ha tenuto!» con un sorriso enorme la ragazza si sedette accanto al mezzo demone e prese parte alla colazione.

«Appena avremo finito qui, ci occuperemo dei tuoi capelli.»

«Basta con quegli intrugli, la mia pazienza è finita ieri sera!»

«Sei proprio un ingrato!» Kagome prese una ciotola di riso «Non ho intenzione di ricominciare, voglio solo sciogliere la treccia e riordinare i capelli.»

«Che vuoi dire con riordinare?» il tono del ragazzo si fece sospettoso.

Kagome si avvicinò con fare intimidatorio «Voglio dire che i tuoi capelli avranno un altro incontro ravvicinato con la mia spazzola, stupido!»

Inuyasha distolse lo sguardo, imbarazzato e confuso da tutto quel discorso che non capiva. «Keh!»

«Sorellona voglio vedere anche io i capelli del fratellone cane!»

«Sono curiosa anch’io, voglio proprio vedere che effetto hanno avuto i tuoi prodotti sui capelli di Inuyasha. A vederli così, sembrano già molto più belli.»

«E va bene.» masticando l’ultimo boccone, Kagome si alzò, decisa. «Io vado a prendere la spazzola, Inuyasha aspettami nel cortile.»

«Eh? Perché lì?»

«Fa’ come ti dico.» la ragazza sembrava pronta a usare il comando e il mezzo demone, non volendo finire con la faccia sul pavimento, non obiettò ulteriormente.

«Sota, porta uno sgabello per far sedere Inuyasha.»

«Signorsì!»

Kagome corse a prendere la sua spazzola e quando scese al pian terreno, si diresse direttamente nel cortile, dove tutti l’aspettavano. Inuyasha sedeva a braccia conserte, la solita espressione contrariata era colorata dal rossore che non l’aveva più abbandonato dalla sera precedente.

«Vedrai che ci vorrà pochissimo.»

Kagome sciolse la treccia e con un balzo del cuore vide i capelli argentei riprendere volume, inoltre, per l’effetto dell’acconciatura, in quel momento le ciocche erano tutte ondulate. La ragazza si portò di fronte a Inuyasha per guardarlo e rimase estasiata: era bellissimo!

Purtroppo quelle onde erano destinate a sparire un po’ sotto i colpi di spazzola, ma era felice di essere riuscita a godere di un tale spettacolo. Mentre passava la spazzola non incontrò nodi, i capelli erano rimasti setosi e morbidi e non resistette all’impulso di passare anche una mano tra quelle ciocche.

Quando terminò quegli ultimi gesti, si sentì un’artista fiera della sua creazione «Puoi alzarti, abbiamo finito.»

«Finalmente, non ne potevo più!» il ragazzo si alzò all’istante e quel movimento repentino fece brillare i capelli alla luce del sole: tutta la famiglia Higurashi rimase senza parole nel vedere la bellezza di quei capelli.

«Ora sì che somigli a quel demone!» esclamò il nonno di Kagome

«Fratellone, i tuoi capelli sono bellissimi!» Sota girava intorno al ragazzo, entusiasta.

La signora Higurashi si avvicinò per toccare l’oggetto dello stupore generale «Sono davvero morbidi, brava Kagome!»

«Insomma la smettete tutti!» Inuyasha era al limite: non era pronto ad affrontare tutti quei complimenti e non sapeva cosa dire o fare. Era una situazione completamente nuova per lui, una delle tante dovute alla presenza di Kagome nella sua vita. E una parte di lui si sentiva confortato e felice per questo.

«Come sono contenta.» la voce della ragazza era appena percettibile persino per lui; si girò verso di lei e vide il suo volto emozionato: gli occhi le brillavano e un sorriso sereno e soddisfatto le illuminava il viso.

Sono stato io a renderla così felice? Il cuore di Inuyasha prese a battere velocemente, colto da un’emozione improvvisa. Era abituato a sentirsi in colpa verso di lei, e al pensiero di averle causato quell’espressione gioiosa, si sentì gratificato, fu felice di se stesso.

«Be’… io ora andrei… Torno dai ragazzi, così potrai studiare.»

«Oh cielo, gli esami!» il viso di Kagome perse tutto il colore per fare spazio a un’espressione di terrore. «Ti accompagno al pozzo!»

«Ciao fratellone cane, ci vediamo fra dieci giorni!» Sota e gli altri rientrarono, mentre i due ragazzi si diressero al pozzo mangia ossa.

Giunsero al piccolo tempio in silenzio, ognuno immerso nelle proprie emozioni, sentendo che qualcosa era cambiato in meglio tra loro. Prima di separarsi da lei, Inuyasha si voltò verso Kagome e la strinse in un abbraccio. «Grazie.»

La ragazza rispose a quel gesto improvviso stringendosi a lui, felice di quel contatto intimo, del calore del suo corpo, del battito del suo cuore e del profumo dei suoi capelli.

Quando si sciolsero dall’abbraccio, Kagome non mancò di fargli le sue raccomandazioni «Passa le mani tra i capelli durante la giornata, o almeno prima di dormire e poi al tuo risveglio, così eviterai che tornino subito i nodi.»

«Sì, sì… va bene. E tu cerca di fare in fretta: io tornerò a prenderti tra dieci giorni esatti, non uno di più!»

Il ragazzo le rivolse un’espressione imbronciata: detestava separarsi da lei, ma sapeva che sarebbe stato meglio così in quei giorni. E al solo pensiero di restare ancora immobile su quel letto si sentì impazzire! Si voltò e fece un salto nel pozzo.

Kagome sospirò quando, dopo il bagliore, non vide più la figura di Inuyasha, ma tornò subito alla realtà della sua vita da studentessa. Era in ritardo con lo studio e doveva concentrarsi per studiare sodo, quel giorno.

Tuttavia, si concesse un sorriso soddisfatto mentre sentì le guance arrossarsi di piacere, ripensando a ciò che era accaduto nelle ultime ore.

 














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Eccoci al punto di svolta. Ho scritto questa OS di getto, come se fossero proprio Inuyasha e Kagome a suggermi le parole (infatti gli eventi sono andati per una strada a cui non avevo pensato inizialmente). Adoro quando mi succede, perché la maggior parte delle volte in cui scrivo mi ritrovo a cancellare continuamente pezzi di brani perché non mi convincono (che frustrazione!). In questo caso, invece, ho solo dovuto correggere qua e là qualche parola o aggiungere qualche dettaglio perché la storia si è scritta da sola. *_*

A maggior ragione, quindi, spero che la mia ispirazione abbia dato dei frutti carini. 

Grazie per essere arrivati/e fin qui e grazie a chi vorrà lasciarmi un parere, l'apprezzo sempre molto.

A presto ^^

 

 

 

 

 


 

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Capitolo 5
*** Mamma Higurashi ***


5)     Mamma Higurashi







 

Stare senza Kagome era una tortura.

Normalmente la ragazza era solita trascorrere tre giorni nella sua epoca, perché era il massimo che Inuyasha poteva sopportare. Quei tre giorni senza di lei erano infiniti, si sentiva ansioso, era agitato e impaziente. Credeva che fosse dovuto solo alla pausa forzata dalla ricerca di Naraku, o perlomeno era ciò che raccontava a tutti, ma dentro di sé sapeva benissimo che il motivo era più personale. Senza Kagome, gli mancava l’energia necessaria a combattere, e la gioia di vivere.

Perciò era orgoglioso di se stesso per essere riuscito a sopportare ben dieci giorni senza di lei. Non avrebbe voluto farlo, ma Kagome era stata intransigente: aveva gli esami di ammissione alle scuole superiori, ed era una questione di vita o di morte, a quanto pare più urgente dello scontro con Naraku. Il mezzo demone sapeva di non avere scelta.

In quei dieci giorni si era impegnato nel mantenere districati i suoi capelli: ci passava le mani appena sveglio e prima di dormire, proprio come gli era stato detto di fare, e se sentiva resistenza, cercava subito di sciogliere il nodo appena formato. Voleva dimostrare a Kagome di essere in grado di badare a se stesso e, soprattutto, era sollevato all’idea di non sentire qualche furiosa ramanzina o, peggio ancora, una crudele messa “a cuccia”. Gli venivano i brividi al solo pensiero.

Il sole era sorto da poche ore sul decimo giorno quando si era lanciato nel pozzo per andare a prendere la ragazza, ma la sua impazienza l’aveva tradito: era arrivato in anticipo di ore, Kagome doveva sostenere gli esami proprio quella mattina.

E che mattina!

Era stata una continua corsa prima per raggiungere lei, e poi per recuperare il suo zaino perso nel treno.

E dopo, quando tutto sembrava andare per il meglio, le speranze di Kagome erano crollate all’improvviso, perché nel prezioso zaino non c’era l’ancora più prezioso tesserino!

Non aveva la più pallida idea di cosa stesse succedendo davvero, ma il viso disperato di Kagome gli diceva che i problemi erano aumentati.

Stava per chiederle come poteva aiutarla, quando era comparsa la signora Higurashi che aveva salvato il futuro scolastico della figlia, portandole l’ancora più prezioso tesserino.

Kagome aveva ritrovato il sorriso ed era corsa all’interno dell’edificio, di nuovo piena di energie e lui, senza nemmeno accorgersene, aveva tirato un sospiro di sollievo.

Gli restava solo di attendere la fine degli esami e sarebbe potuto tornare nel Sengoku insieme a lei.

«Tu vai sempre in giro vestito in quel modo?» i suoi pensieri furono interrotti dalla signora Higurashi. La domanda della donna lo colse di sorpresa, trovando la risposta piuttosto scontata.

«Ma certo.» Ormai la signora lo conosceva bene da sapere che quella era l’unica veste di cui disponeva e di cui non si sarebbe mai privato.

«Almeno copri le orecchie.» senza nemmeno chiederglielo, prese la propria sciarpa e la pose sulla testa del ragazzo.

«È proprio necessario?»

«Certo che lo è, lo sai bene anche tu che in quest’epoca i demoni non circolano liberamente per le strade. Potresti spaventare qualcuno.»

Inuyasha incrociò le braccia «Uhm, e va bene.»

Al viso imbronciato del ragazzo, si contrappose il sorriso gentile della donna «Hai intenzione di restare qui?»

«Sì, aspetterò Kagome sul tetto, e controllerò che non accada niente di grave.» si erse in tutta la sua altezza, orgoglioso del suo ruolo di protettore.

«Che ne dici di farmi un po’ compagnia?»

«Come?»

«Kagome è al sicuro, e dev’essere noioso per te aspettare per ore da solo. Ti va di farmi compagnia mentre faccio qualche commissione?»

Inuyasha non sapeva cosa rispondere alla donna, era una situazione insolita e il pensiero di lasciare Kagome lo rendeva inquieto.

«Ti ruberò poco tempo e poi potrai tornare qui. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti con la spesa.»

Quell’ultima frase sembrò fare breccia: l’idea di poter aiutare la donna lo convinse a separarsi per un po’ dalla ragazza che amava. Inoltre, la signora gli trasmetteva sempre molta tranquillità e armonia, gli piaceva stare in sua compagnia.

«Va bene, se è solo per un po’, andiamo.»

La signora portò il ragazzo in alcuni negozi in cui c’erano oggetti disparati di cui il mezzo demone ignorava l’uso, ma lei ogni volta ne usciva con delle buste piene, che passavano nelle mani del ragazzo. A volte la donna gli chiedeva se volesse qualcosa, ma se vedeva il cibo ninja che gli piaceva tanto, lo prendeva senza nemmeno chiederlo. Inuyasha era confortato da quelle attenzioni: era abituato al fatto che Kagome si prendesse cura di lui, ma che lo facesse anche la madre era sorprendente. In tanti anni di vita solitaria aveva dimenticato il piacere di avere qualcuno che pensasse a lui e ai suoi desideri, ma da quando aveva conosciuto Kagome, le persone intorno a lui si erano moltiplicate e la signora Higurashi si aggiungeva alla lista. Era tutto così diverso ora, che non gli sembrava vero! Quando fu soddisfatta della sua spesa, la donna chiese a Inuyasha di accompagnarla alla stazione, ma lungo il tragitto vide un parchetto e si fermò.

«Ti dispiace se ci fermiamo qui?» il ragazzo scrollò le spalle e insieme proseguirono verso una panchina.

Una volta seduti, Inuyasha incrociò le braccia, chiedendosi cosa stesse facendo Kagome. La signora Higurashi osservò il ragazzo accanto a lei e sorrise, pensando a come quella creatura non umana fosse diventata parte della sua famiglia in modo così naturale, in breve tempo. Gli era piaciuto sin dal primo momento, nonostante fosse entrato in casa sua senza annunciarsi e senza nessuna buona maniera. Ma lei aveva un sesto senso per le persone, riusciva a capirne l’animo a prima vista, le bastavano poche occhiate per fidarsi oppure no. E quando Inuyasha era apparso, oltre a essere stata colpita dal suo aspetto insolito, aveva visto qualcosa nei suoi occhi che gli avevano dato immediata fiducia. Sapeva che Kagome era in mani sicure, perché dietro l’apparenza dura e scostante, c’era un ragazzo che teneva a sua figlia quanto lei.

«Noto che il trattamento ai tuoi capelli sta funzionando ancora.» esclamò, osservando le ciocche argentate lisce e districate.

«Oh, sì.» il viso di Inuyasha si fece delicatamente più roseo «Kagome mi ha detto di passare le dita tra i capelli ogni giorno per non farli tornare come prima.»

«Mi sembra un ottimo consiglio.» la donna sorrise, conciliante «Avresti bisogno di una spazzola.»

Il ragazzo sembrò imbronciarsi «Non ne ho mai avuto bisogno.»

«Infatti ricorderai in che stato erano i tuoi capelli.» esclamò lei, sorridendo.

Inuyasha arrossì, colpevole.

«Quando Kagome era piccola, mi piaceva tanto spazzolarle i capelli, era un momento tutto per noi, in cui mi prendevo cura della mia bambina.» il sorriso allegro della signora divenne malinconico «Scommetto che anche la tua mamma ti spazzolava i capelli, vero?»

Inuyasha s’incupì, come in ogni occasione in cui si nominava Izayoi, ma quella volta gli sembrò meno difficile affrontare l’argomento.

Forse perché accanto a lui c’era un’altra madre.

«Sì. Voleva pettinarli sia la mattina che la sera. Diceva che era importante che curassi il mio aspetto, ma per me era una tortura.»

La donna accanto a lui tornò a sorridere serena «Posso immaginarlo: anche Kagome a volte non voleva che le pettinassi i capelli. Ai bambini non piace, ma è vero che bisogna curare il proprio aspetto sin da piccoli, ed è compito di un genitore farlo capire ai figli.»

Inuyasha chinò il capo, con espressione seria.

«Ti manca tanto la tua mamma?»

Il ragazzo fu sorpreso da quella domanda così diretta e riuscì a rispondere con fatica «È… è passato tanto tempo, ormai.»

Comprendendo la tristezza del ragazzo, la signora Higurashi gli poggiò una mano sulla spalla «Il suo amore sarà sempre con te, Inuyasha. Le madri amano sempre, anche se vengono separate dai figli. Sota e Kagome sono parte di me, e lo saranno anche se saremo lontani fisicamente, perché i nostri cuori sono stati collegati una volta e quel legame dura in eterno. Sono sicura che anche tua madre provasse lo stesso amore per te.»

Inuyasha annuì debolmente, il nodo in gola non gli permetteva di articolare parola.

«Non dimenticare l’amore che hai ricevuto e fanne tesoro come un dono di cui avere cura, così vivrà sempre dentro di te.»

Il ragazzo rimase in silenzio. La donna vide i suoi occhi agitarsi e capì di non dover andare oltre.

«Bene, direi che ho riposato abbastanza. Accompagnami alla stazione, così potrai tornare da Kagome.» la donna gli riservò un altro dei suoi sorrisi incoraggianti e lui tornò ad annuire.

 











 

«Siamo a casa!» la voce di Kagome risuonò allegra e soddisfatta e sua madre seppe che era andato tutto bene. Vide la figlia passare velocemente per salire in camera, e quando scorse la figura di Inuyasha, lo chiamò «Vieni un attimo qui.»

L’hanyou varcò la soglia della cucina, incuriosito, e l’odore di cibo che impregnava l’ambiente gli fece brontolare lo stomaco.

«Hai fame? Sto preparando un po’ di cose da farvi portare via.» prese qualcosa dalla tasca del grembiule e la porse al ragazzo «Questo invece, è per te.» si trattava di un foglio ripiegato in più parti: Inuyasha le rivolse uno sguardo perplesso.

La donna sorrise «Sono ingredienti e istruzioni per fare un impacco per i tuoi capelli con prodotti che puoi trovare nella tua epoca. So che Kagome porta i suoi, ma se dovessero finire avrai una riserva.»

«Ma perché la dà a me?» il ragazzo incrociò le braccia al petto.

«Perché è giusto che impari a prenderti cura di te.» esclamò la donna, con un tono che non voleva obiezioni, un tono da madre. Poi proseguì più dolcemente «Anche tua madre lo vorrebbe.»

Inuyasha arrossì e allungò una mano per prendere il foglio, rispondendo con un filo di voce «Grazie.»

La donna gli rivolse un sorriso affettuoso e il ragazzo si sentì nuovamente confortato da quel gesto gentile e premuroso.

Se sua madre fosse stata ancora viva, forse gli avrebbe detto le medesime parole.

Forse era vero che le madri provavano tutte lo stesso amore per i propri figli e per un attimo, guardando la signora Higurashi, provò a immaginare che fosse sua madre, intenta a prendersi cura di lui.

 











 

Quando giunse il momento di attraversare il pozzo, Inuyasha prese sulle spalle l’ingombrante zaino e si diresse verso la porta di casa Higurashi, mentre Kagome salutava la sua famiglia.

«Inuyasha.» prima di varcare quella soglia, il ragazzo fu fermato da un richiamo: si voltò e scorse la signora «Prenditi cura di Kagome… e di te.»  

«Certo.» rispose il ragazzo, in tono sicuro.  

La donna lo salutò, rivolgendogli il suo immancabile sorriso rassicurante. Sorriso a cui lui rispose, timidamente, per poi uscire dall’abitazione.










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Quetsa OS mi ha dato un po' di filo da torcere, ma alla fine sono contenta del risultato. Mi piaceva l'idea di mostrare un momento più intimo tra la mamma di Kagome e Inuyasha, perché la donna sin da subito ha trattato il nostro hanyou come uno di famiglia, e volevo dare a Inu un momento madre-figlio, che non potrà più avere con la sua vera madre.
Spero che l'idea sia piaciuta anche a voi. ^^
Grazie come sempre per i commenti, questa raccolta sta volgendo al termine (purtroppo T_T) e i vostri pareri hanno reso la sua pubblicazione un vero piacere.
Arigatou ❤️

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Capitolo 6
*** Inuyasha ***


6)     Inuyasha









Quel mattino il sole splendeva alto nel cielo e poche nuvole vaganti non riuscivano ad oscurare la sua luce. Era una splendida giornata e Inuyasha aveva sperato che fosse un segno che il pozzo mangia ossa avrebbe riportato Kagome da lui. Si recò in quel luogo speciale pieno di speranza, e attese.

Attese per ore.

Attese finché il sole alto a picco nel cielo, iniziò a fargli male.

E poi, a malincuore, quando l’astro diurno prese il suo percorso discendente, Inuyasha si arrese.

Anche quella volta le sue speranze non sarebbero state esaudite.

Erano ormai tre anni che si recava al pozzo, ogni tre giorni, per cercare un segno che il passaggio temporale tra le due epoche si fosse riaperto. Ma, purtroppo, dal pozzo emergeva solo una spietata oscurità.

Innumerevoli volte era saltato dentro quel tunnel oscuro, con la speranza di ritrovarsi in un Giappone lontano cinquecento anni in avanti e ogni volta, invece, si era ritrovato sulla nuda terra del Sengoku, intento a guardare un cielo che dal pozzo di casa Higurashi non poteva essere visibile.

Si allontanò, frustrato, con le ossa doloranti per l’eccessiva immobilità.

«Be’, tanto meglio, così ho il tempo di sistemarmi i capelli.»

L’hanyou cercava di farsi coraggio, nonostante quelle continue delusioni gli togliessero sempre un pizzico di speranza. Ma lui aveva fiducia in Kagome e nei sentimenti che li legavano. Quando si era ritrovato nel Meido, aveva affermato, sicuro, che loro due erano destinati a incontrarsi, e lo credeva ancora: tra loro non era ancora finita, nonostante quella separazione di tre anni, nonostante quella separazione temporale di cinquecento anni.

E proprio perché sapeva che sarebbe tornata, e non voleva ricevere i rimproveri di Kagome, aveva tenuto fede alla sua promessa di prendersi cura dei propri capelli.

Per fortuna la signora Higurashi gli aveva dato quel foglio con le istruzioni per prepararsi un impacco, così anche in assenza dei prodotti moderni della ragazza, avrebbe potuto mantenere i suoi capelli morbidi e districati.

Lo zaino di Kagome era stato messo nella capanna di Kaede e l’hanyou sapeva che lì dentro c’erano tutti i prodotti che la ragazza portava con sé per prendersi cura del corpo e dei capelli: avrebbe potuto usufruire sia della spazzola che della crema. Ma si era detto che l’unica ad aprire quello zaino sarebbe stata la sua proprietaria, e così sarebbe stato: aprire quello zaino personalmente avrebbe significato darsi per vinto e quella era una possibilità inammissibile.

Sapeva che anche Sango e Rin usavano delle erbe per i loro capelli, ma non si era mai unito a loro in quel momento di cura personale: era qualcosa che aveva condiviso solo con Kagome e voleva che restasse una faccenda privata tra loro due. L’unico a cui ne aveva fatto parola era stato Jinenji, perché aveva bisogno di un esperto che l’aiutasse a trovare e riconoscere le erbe.

Sorrise, pensando alla signora Higurashi: era stata davvero gentile con lui, l’aveva fatto sentire parte della famiglia sin dal primo giorno in cui si erano incontrati. Non aveva urlato spaventata nel vedere un mezzo demone nella sua cucina, né si era dimostrata ostile al pensiero che sua figlia passasse tanto tempo con lui in un’altra epoca. Era stata accogliente e gentile, era facile capire da chi avesse preso Kagome.

Un po’ gli mancava la famiglia Higurashi, persino il nonno strampalato, che credeva di essere un sacerdote.

«Ah, maledizione, perché ci mette tanto tempo?» lanciò un sasso tra l’erba, frustrato, e iniziò a cercare le erbe per l’impacco.

In realtà, non era solo per Kagome che si dedicava ai suoi capelli. Dopo aver parlato con la signora Higurashi si era reso conto di una verità scontata quanto importante: sua madre l’amava e voleva che lui fosse sempre curato perché doveva volersi bene a sua volta.

Nei pochi anni in cui erano stati insieme, Izayoi aveva fatto del suo meglio per proteggerlo, dargli amore e sicurezza, perché voleva che lui crescesse forte e sicuro di sé. Ma, col tempo, quell’amore materno era diventato un ricordo sempre più doloroso e il senso di quel sentimento si era perso nell’amarezza di una vita di solitudine e di rabbia.

E quando la mamma di Kagome aveva condiviso con lui i suoi sentimenti di madre, qualcosa si era risvegliato dentro la sua anima, come se le parole della donna fossero state dette per lui da sua madre attraverso la voce di un’altra madre.

L’amarezza si era messa da parte per far spazio all’affetto, al calore di un abbraccio e di una parola dolce: la piccola attenzione che a lui sembrava solo tortura era un gesto d’amore, una coccola che doveva curare anche la sua anima. Non se n’era mai reso conto prima perché non aveva ancora imparato ad accettarsi. Perché il pensiero che lui fosse degno d’amore si era perso nel tempo, coperto da strati di sofferenza.

Kikyo era riuscita a scalfire la corazza con cui si proteggeva dal dolore, dandogli la speranza che anche lui, forse, sarebbe potuto essere amato. Ma il tempo a loro concesso non era bastato a dargli fiducia in se stesso, soprattutto dopo il tragico finale del loro amore.

E poi era arrivata Kagome, che gli aveva insegnato la forza della gentilezza, la generosità, la compassione e gli aveva fatto vedere cosa c’era di buono in lui così com’era, senza dover diventare interamente umano o demone. Che gli aveva fatto ricordare che lui era meritevole di amore come ogni essere vivente.

Per questo non fuggiva sugli alberi, per questo motivo continuava a lavorare con Miroku, a far visita a lui e Sango e sopportava le loro gemelline che gli si arrampicavano addosso. Per questo motivo ora sapeva di essere accettato e benvoluto dalla gente del villaggio, che anni prima fuggiva terrorizzata alla sua vista.

Lui era meritevole di amore e doveva prendersi cura di sé.

Perciò, ora che si accettava e si piaceva così com’era, le attenzioni verso i suoi capelli non erano più un problema.

Lo doveva a sua madre, a Kikyo e a Kagome, che gli avevano donato amore, ma, soprattutto, lo doveva a se stesso.

E poi non poteva di certo sfigurare di fronte a Sesshomaru!

Erano figli di Toga, il Generale Cane, e dovevano esserne entrambi degni, sia nella forza che nell’aspetto.

«Vedrai Kagome, quando tornerai sarai fiera di me per aver mantenuto i miei capelli in ottimo stato.» sorrise e, rinvigorito dall’orgoglio e dalla speranza, decise di combattere l’immobilità della giornata con una corsa tra gli alberi.













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E con questa One Shot si chiude la mia raccolta. 
Sono un po' triste perché non avrò un appuntamento con la pubblicazione la settimana prossima, ma sono contenta di essere riuscita a scrivere qualcosa in questo fandom, e averlo fatto dopo anni di inattività.
Spero che la mia musa mi sorrida e mi lasci produrre ancora qualcosa, ma nel frattempo vi ringrazio per avermi accompagnato in questa pubblicazione, soprattutto Sunnydafne, Solandia e Lady__94, sempre puntuali nel lasciare i propri pensieri relativi ai singoli capitoli. 
Spero che questa ultima OS vi sia piaciuta e che sia un degno finale di questa raccolta. 
Io ho adorato scriverla e mi auguro sia stata una lettura altrettanto piacevole. 
A presto, spero. ^^

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