From Eden

di La Fra
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Drago ***
Capitolo 2: *** Bacio ***
Capitolo 3: *** Diavolo ***
Capitolo 4: *** Bugia ***



Capitolo 1
*** Il Drago ***


Malta, 1764

 

«In una terra lontana attanagliata dal male, i locali sacrificavano esseri umani per placare la sete di sangue di un drago. San Giorgio, un Cavaliere nobile noto come il "Soldato di Cristo", giunse in soccorso: sconfisse il Drago, salvò la principessa e portò la fede in Dio.»

Mizrak, piegato sul banco con le mani sotto al mento, ascoltava le parole del maestro Tristian che, in piedi davanti alla cattedra, leggeva con enfasi. La pioggia batteva sulle finestre e il vento portava l'odore del mare. 

Nei racconti del Maestro, come delle parabole, ogni evento accadeva per un motivo e c'era sempre una morale da imparare. Mizrak amava scovarne i significati nascosti.

«E, infine, il mostro venne assoggettato e il bene trionfò.» Tristian girò il libro e mostrò alla classe l'illustrazione.

Su un lato, c'era il Cavaliere in armatura completa sul suo destriero bianco, la lancia dritta davanti a sé e capelli ricci fino alle spalle. Sullo sfondo, la principessa, vestita di seta rosa, pregava Dio affinché la lotta avesse buon fine. E in mezzo, così imponente da occupare due pagine, c'era il Drago. Le sue zampe erano spesse come case, le ali da pipistrello potevano oscurare un villaggio intero. Scaglie dorate gli ricoprivano la schiena e il muso, dove occhi ferali contornavano una bocca piena di denti che ospitava una lingua biforcuta. Dal naso, usciva un rivolo di fumo, respiro di fuoco. Nella storia, il drago era descritto come un mostro orribile, ma il suo aspetto era straordinario.

«Chi vuole fare un commento?»

Mizrak alzò la mano.

 

*

 

Il Vampiro ha la pelle del colore della sabbia di Malta, le iridi del mare in estate. I suoi capelli, ah, i suoi capelli, fili di seta sciolti sulle sue spalle. In loro, riconosco l'odore di salsedine, pioggia lontana, cera delle candele e pagine antiche di libri proibiti.

Gli orecchini suonano nella notte e lo sguardo da serpente mi giudica senza pietà. «Mi stai fissando,» sibila, mentre si avvicina, nudo, senza pudore. «A cosa stai pensando?»

«A niente.»

«Non mi mentire, Mizrak.» Sale su di me e mi costringe a sdraiarmi. Il letto cigola sotto al nostro peso. «Sento i tuoi occhi su di me, so cosa ti passa per la testa.»

È terribile e meraviglioso. Mi incanta in modo diverso dalla mia terra, dal mare, da ogni cosa io abbia conosciuto fino a ora. È come quei versetti della Bibbia contorti e pieni di violenza che devi leggere e rileggere per comprendere davvero.

Mi mette soggezione, ma non ho intenzione di fuggire da lui. Se la battaglia di una vita intera non mi ha dato pace, la resa, forse, lo farà.

«Se sai cosa penso, perché me lo chiedi?» lo sfido.

I denti affilati di quel sorriso potrebbero piegare molti uomini, ma io so che sono minacce a vuoto. Malgrado l'aspetto, non morderà, non sputerà fuoco. «Voglio sentirtelo dire,» mi sfida anche lui.

Deglutisco, passo in rassegna ogni vocabolo in francese, inglese, in tutte le altre lingue che conosco. Voglio una parola che non insulti il mio animo e la mia fede, una non blasfema. Non importa quanto ci pensi su, ne esiste solo una che può esprimere ciò che ho ora dinnanzi.

 

*

 

Il suo intervento aveva suscitato divertimento generale e qualche schiamazzo. Persino Andre si era piegato con la testa sul banco, le mani alla bocca per soffocare una risata.

Il maestro Tristian era invece serio. «Bello?» ripeté, indicando il disegno dai tratti netti. «Cosa ci sarebbe di bello in un mostro come questo?»

Mizrak si alzò, titubante. «I Cavaliere non hanno paura dei mostri,» disse con sguardo basso. «Vivono nell'ombra per aiutare i bisognosi a trovare la luce.»

Nei primi anni nell'Ordine, aveva imparato che non tutte le cose vicine a Dio erano belle e il Suo dominio si estendeva anche nell'oscurità. Era là che i Cavalieri Ospitalieri dovevano guardare, nei luoghi nei quali nessun altro osava. Come aveva fatto anche San Giorgio.

Tristian chiuse il libro. «Attento a non confondere coraggio con sconsideratezza, Mizrak. Con le tue parole, stai concedendo benevolenza al Diavolo.» Fece segno agli alunni di rabbonirsi e finalmente il silenzio tornò nell'aula. «Il Demonio seduce gli occhi di coloro che non lo sanno riconoscere, i deboli aprono il loro animo per ospitarlo. Apri gli occhi: il drago della storia è il male e, per questo, è orrendo per definizione.»

«Mi dispiace,» disse Mizrak, sentendosi avvampare. Come aveva potuto essere così cieco e ingenuo? Era stato davvero il Diavolo a mettere la meraviglia nei suoi occhi? Tornò a mettersi seduto, ma David, dietro di lui gli calciò la sedia. «Il Diavolo è dentro di te, Mizrak,» cantilenò.

Si stava per girare, ma Andre gli mise una mano sul braccio. «Lascialo perdere.» La sua rassicurazione che non servì a molto perché ormai la frase gli rimbombava in testa.

Quella sera, quando tutti andarono a dormire, Mizrak svegliò Andre e lo convinse a seguirlo nella biblioteca. Entrarono di soppiatto e passarono in rassegna ogni scaffale fino a quando non riconobbero i graffi nella copertina di cuoio. Alla luce di una candela tremolante, sfogliarono il libro dei miti fino alla pagina di San Giorgio e il Drago.

«Secondo te esistono davvero mostri così?»

«Di certo, non qui e non in Italia, mio zio me lo avrebbe detto.» Andre era sempre un passo davanti a tutti. «Magari dall'altra parte del mondo,» aggiunse. Poi, sbarrò gli occhi. «E se ci mandassero lì una volta diventati Cavalieri? Li dovremmo combattere come fece San Giorgio?»

Mizrak fece un broncio. «Solo i migliori partono e non credo che sarò fra loro.»

«Ma tu sei abile, sia nelle lezioni che con la spada. So che puoi farcela.» Andre si girò a pancia in su e si mise la mano dietro la testa. «E, comunque, resterò anche io fino a quando non sarai Cavaliere.»

Mizrak alzò gli occhi dal libro. «Ma il Maestro dice che puoi sperare nella nomina prima degli altri.»

«Non ho fretta, preferisco stare con i miei amici.»

Mizrak emulò il suo sorriso. La candela sembrava animare il disegno del Drago, ma non ne rivelava nessuna parvenza di orrore. Era bello e fiero. Era sicuro di sé e senza paure. Più di tutto, era qualcosa di nuovo, di diverso, qualcosa che non conosceva e dal quale non riusciva a levare gli occhi.

Sfogliando le pagine piene di creature fantastiche, lui e Andre trascorsero la notte a immaginare una vita lontana, avvenute in luoghi sconosciuti, mondi che non potevano nemmeno comprendere. Mizrak non lo disse ad alta voce, ma in tutti quei viaggi, al loro fianco c'era il drago che sputava fuoco, avvolgeva la coda intorno a loro come un gatto e li faceva volare in alto, liberi sopra le nuvole.

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Capitolo 2
*** Bacio ***


Il Vampiro parla molto. Non gli serve una risposta, ma qualcuno che ascolti. Mentre racconta, vedo con l'occhio della mente il Nuovo Mondo, navi con vele bianche, terre sconfinate, boschi umidi più grandi della Francia, no, dell'Europa intera! Alcuni dei suoi ricordi risalgono a prima che perdesse l'anima, l'ho capito dal tono malinconico. Non mi dispiace starlo a sentire. Amo ancora le storie e i suoi mostri, mi perdo fra le contraddizioni del mondo e le mie.

Le parole scivolano fra noi senza fatica. C'è trasporto, un'insolita intesa, voglia recondita di condivisione. La solitudine, senza un'anima e senza un dio, deve essere stata meno amara per lui, immagino.

Lo ascolto in silenzio, mentre nell'oscurità davanti ai miei occhi si dipingono piogge senza fine, piramidi di gradini erette per il cielo e le stelle, animali dalle proporzioni bizzarre e frutti mai assaggiati. Mi sembra di sentirne la dolcezza sulla bocca, ma mi accorgo tardi che è il suo sapore.

Il bacio mi coglie alla sprovvista. Non per com'è arrivato, nel buio senza preavviso, ma perché è lento, privo di fretta o vergogna. Il Vampiro, come il Drago, conosce se stesso e la sua natura. L'accetta e non la teme. Comprendo solo ora che è lì che sta la sua bellezza. Nella sua sicurezza c'è un'innocenza che sento di aver perduto tanto tempo fa.

Quando sorge il sole, sono ancora al suo fianco e non so più chi sia l'eroe con la lancia e chi il mostro sconfitto.

*

Malta, 1764

«Faccio io il Cavaliere.» Andre prese un bastone e lo ripulì da germogli e rametti.

Mizrak ne cercò uno simile tra l'erba secca, ma Andre scosse la testa. «I draghi non hanno lance.» Fendette l'aria con il bastone. «Non hanno nemmeno le mani per impugnarle.» Si mise in posa fiera e alzò il bastone al cielo. Il sole, fra le fronde dell'ulivo, lo illuminava come provvidenza divina. «Le tue armi sono solo artigli, coda e respiro di fuoco.»

«Solo?» Mizrak si rannicchiò sulle gambe, le mani fra la sabbia e mostrò i denti. «Stai pronto, Cavaliere.» Fece un ringhio, immaginando come potesse essere la voce del drago, e balzò verso Andre.

Lui però era agile. Il maestro Tristian diceva sempre che Andre sarebbe diventato un Cavaliere presto. Vedeva le cose prima degli altri e che eccezionale perché Dio aveva baciato i suoi occhi quando era nato. Di Mizrak, invece, il Maestro diceva che Dio lo aveva toccato una solo volta, quando l'aveva condotto in fasce alle porte dell'Abbazia. Diceva che avrebbe dovuto ringraziare per il resto della sua vita per quell'unico gesto e non pretendere nulla di più.

Raramente il Maestro sbagliava: infatti, Andre schivò senza fatica e Mizrak finì a terra, sollevando una nuvola di polvere.

«Il drago ha soffiato il suo fuoco sul villaggio!» Senza dargli tregua, Andre caricò la lancia come un vero combattente. Fin da quando era piccolo aveva osservato suo zio, Cavaliere dell'Ordine, e lo aveva imitato in ogni gesto. «Arrenditi, mostro, o perirai sotto alla mia lancia!»

Forse, si aspettava che Mizrak stesse al gioco. Ma, anche se il Drago non era agile come lui e non aveva Dio dalla sua parte, era più forte e non si sarebbe lasciato sconfiggere così facilmente. Mizrak si accucciò di nuovo e, con un ringhio più convinto, si gettò su Andre, afferrandolo in vita e portandolo a terra con sé.

Mentre ruzzolavano giù per la lieve pendenza del cortile, non riuscivano a smettere di ridere.

«Ti ho sconfitto!» Mizrak si fermò sopra di lui. «Arrenditi!» disse, mentre riprendeva fiato.

«Mai!» Ande lottò, ma Mizrak gli bloccò i polsi. 

Gli occhi di Andre erano lucidi per la polvere, verdi come le foglie novelle. Dalle sue labbra socchiuse usciva un alito caldo.

«Arrenditi,» ripeté Mizrak a bassa voce. Con un misto di adrenalina e paura, gli diede un bacio casto e asciutto, come quello che il Maestro appoggiava sulle loro fronti.

Andre spalancò gli occhi, il respiro interrotto. «Ma cosa ti prende?» Spinse via Mizrak e si alzò. «Il Cavaliere dovrebbe vincere e il drago morire.» Si passò la manica sulla bocca. «Perché fai sempre tutto al contrario?» Andre sarebbe diventato un grande Cavaliere, un giorno, ma nella sua voce ora c'era ferocia. «Hanno ragione gli altri: devi ravvederti, perché hai il male dentro.»

Nei giorni successivi, Andre si spostò di qualche posto più in là in classe e non si presentò per i loro giochi pomeridiani. Iniziò a trascorrere il tempo con altri bambini, parlare e ridere di argomenti che, quando Mizrak si avvicinava, mutavano d'improvviso.

Mizrak passava il tempo da solo. Nel colore verde smeraldo delle lucertole che si arrampicavano sull'arenaria rivedeva il drago, ma da, da solo, non c'era divertimento nel fuggire con la mente e inventare storie né nell'andare in biblioteca la sera. Non aveva perso l'abitudine di sgattaiolare fuori dal letto di notte, però, nella speranza di trovare Andre ad aspettarlo.

Andre non si presentò mai e, una notte, Mizrak non trovò nemmeno il libro dei miti sullo scaffale. Al suo posto, qualcuno aveva messo la Bibbia.

«Devi smettere di pensare ai miti.» Tristian, nel patio dell'Abbazia, si segnò in viso e gli mise una mano sulla spalla. La croce bianca del tabarro arrivava a malapena all'altezza occhi di Mizrak. «È tempo che tu cresca come i tuoi compagni o resterai indietro. Loro hanno già chiaro quel che vogliono fare e dove vogliono essere assegnati. Se ti perdi in storie frivole, sprechi tempo prezioso.» Guardò la Bibbia che Mizrak aveva sottobraccio. «Sono felice tu abbia accettato il mio suggerimento,» disse. «Vedi, esistono cose ben peggiori in questo mondo dei mostri e dei draghi, cose che non possono essere rappresentate nei nostri libri.»

«Quindi, il drago non esiste, è solo un simbolo.» Mizrak, per un momento, colse lo sguardo inquisitorio del suo Maestro. «Ma allora contro cosa combatteva davvero San Giorgio?»

Tristian si mise seduto fra le colonne del porticato e Mizrak fece lo stesso, riluttante. «I draghi e i serpenti sono rappresentazioni del male, specialmente nelle terre dei pagani e dei senza Dio. Un tempo, rivolgevamo le nostre lance a loro, invocando San Giorgio. Oggi, cerchiamo quello stesso male dentro di noi.»

«E come facciamo a riconoscerlo?»

«A volte, devono essere gli altri a riportarci sulla strada giusta,» disse Tristian, prendendogli la mano e stingendola sulla Bibbia. «A noi non resta che sperare nel perdono di Dio.»

*

I capelli ricadono sul viso del Vampiro e si spargono sul mio petto. Glieli sposto leggermente e i suoi occhi, tra le palpebre socchiuse, si alzano su di me in cerca di una conferma. Gli sfioro la guancia e la bocca e lui mi asseconda, mi provoca, e sfiora le mie dita con la lingua violacea. Prova godimento nel tentarmi, nel vedermi cadere. Mi afferra la mano, unisce l'indice e il medio e se li porta alla bocca. Li bacia. Poi, li fa scivolare tra le labbra, le fauci, in un gesto volgare e dolce allo stesso tempo. I suoi denti potrebbero dilaniare la mia carne. Il mio corpo lo sente, mi sussurra di fuggire e sottrarmi a lui, ma sono più forte del mio istinto e spingo le dita per esplorare la bocca che ora sembra così calda.

Gli occhi del Vampiro si chiudono e il verso che emette è profano. È il male, il Diavolo. Egli è il Drago e io, senza armi e senza difese, riesco a vederlo per quello che è, riesco a riconoscerlo. Ma non a combatterlo.

Non posso nascondergli i miei pensieri. Sa che lo sto guardando con brama, che sono ammaliato dalla sua bellezza. Le sue labbra lasciano le mie dita e si aprono in un taglio ampio. Dio, perché hai voluto che il male fosse tanto bello? L'hai fatto per farmi cedere e fallire?

Le mani del Vampiro percorrono la mia pelle fino a stringersi nei fianchi. Sbuffi gelidi scendono sul mio torso, lungo l'addome e l'inguine. Là si fermano. «Impara a conoscere cosa desideri, Mizrak,» mi ammonisce, «solo così potrai averlo.»

Non voglio sentirlo, ora. Gli sposto gentilmente la testa per farlo scendere. La lingua lunga appare un istante tra le labbra, ma non riesco a guardare mentre la sua bocca mi avvolge di nuovo con il suo calore. Con la testa nel cuscino e gli occhi rivolti al soffitto, affondo le mani nei suoi capelli e, nella resa, trovo finalmente un po' di pace dalla lunga battaglia.

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Capitolo 3
*** Diavolo ***


Malta, 1765

Mizrak portò il polpastrello alle labbra e voltò la pagina. Un'orma rossa rimase impressa sulla carta. Le bende legate sulle nocche erano intrise di sangue.

Si era impegnato al massimo per completare il dettato, ma scrivendo aveva macchiato il foglio d'inchiostro. Non era la prima volta, ma quel giorno il maestro Tristian lo aveva punito, obbligandolo a continuare a scrivere con la mano destra. «Non tollereremo più questo tipo di abitudini,» aveva detto. Non soddisfatto della calligrafia tremolante, lo aveva punito ancora.

Ultimamente, il Maestro pretendeva troppo da lui e non apprezzava più i suoi sforzi. «La colpa non è tua, Mizrak,» gli aveva detto con la bacchetta di ferro in mano, «è mia, ti ho abbandonato quando ne avevi più bisogno.»

Gli aveva ordinato di leggere la Bibbia e, una volta conclusa, di ricominciare da capo. Mizrak si era riparato all'ombra dell'ulivo, lontano dalle grida e dai giochi dei compagni nel cortile.

Nessuno voleva allenarsi con un mancino, nessuno voleva giocare al Cavaliere e il Drago con un invertito. Lo avevano apostrofato così in classe, prima della lezione, senza neanche cercare di tenerlo lontano dalle sue orecchie.

La sua unica compagnia era quel vecchio tomo, ma era difficile concentrarsi sulla Genesi, sapendo che tutti si stavano divertendo tranne lui.

«Ehi, Mizrak.» Andre saltò tra le radici e girò intorno al tronco contorto dell'ulivo. «Ti va una battaglia?» Era la prima volta che gli rivolgeva la parola dopo tanto tempo, e Mizrak chiuse il libro di colpo.

Andre aveva il bastone appoggiato alla spalla e la solita aria tronfia. «Ci serve il quarto.» Gli fece cenno verso David ed Eli, che li osservavano seduti sul bordo del pozzo.

Mizrak afferrò il bastone al volo con la mano sinistra, un'abitudine che avrebbe dovuto imparare a combattere. Lo scambiò nella mano destra. «Il quarto... Cavaliere?» chiese, attonito.

Andre stava già saltando a ritroso tra le radici, ma a metà strada si girò per fargli cenno di seguirlo.

Mizrak lasciò la Bibbia a farsi sfogliare dal vento.

Il sole era caldo a quell'ora, l'aria secca e carica di salsedine. David ed Eli saltarono giù dal bordo del pozzo e presero un bastone a testa. Andre li imitò, ma impiegò più degli altri a scegliere la sua arma dal mucchio, valutandone il bilanciamento e lo spessore.

«Chi fa il drago?» chiese Mizrak, sventolando il legno davanti a sé. David ed Eli si scambiarono un'occhiata divertita. «Ne abbiamo uno vero, oggi.» Ai loro piedi c'era una scatola di legno con il coperchio spostato.

«Uno vero?» Mizrak si sporse per guardare all'interno. Un serpente dalle scaglie nere e lucide, ferito su un fianco, si era attorcigliato su se stesso. Non appena alzò la testa e perlustrò l'aria con la lingua, David diede un colpo sonoro al legno, costringendolo a tornare al sicuro tra le pareti. «Stai al tuo posto!»

«Lascialo stare.» Mizrak abbassò il bastone. «È un biacco, è innocuo.»

«È un serpente,» ribatté Eli. «Uno dei mostri che i Cavalieri devono sconfiggere.»

David ribaltò la scatola, e il biacco, finito nella sabbia, provò subito la fuga, ma si trovò la strada sbarrata dai bastoni dei tre ragazzi.

«Avanti, Mizrak, non volevi dimostrare di essere anche tu un Cavaliere?» La voce di Andre si mescolava alle risate degli altri. «Forza, uccidi il drago.»

*

La mia mente è alla deriva. La pace è rara, di questi tempi, e dura pochi istanti; brevi, ma sufficienti a farmi dimenticare l'orrore delle notti di Machecoul. Il fuoco della passione soffoca facilmente l'amarezza del mio rimorso.

Quando sento l'aria della notte sulla schiena, torno in me un pezzo alla volta. Ho il torso premuto contro quello del Vampiro, umido; ho la fronte sudata appoggiata alla sua spalla. Le sue dita pigre si muovono tra i capelli della mia nuca, le gambe forti sono strette intorno alla mia vita, i talloni incrociati dietro la schiena. Sono seduto sul letto nella camera della locanda e lo tengo ancora stretto in grembo.

Fuori, il sole sta sorgendo e i miei dubbi... sono ancora tutti qui. Non posso soffocare il peccato con il peccato. Faccio un respiro tremante, mentre il cuore rallenta. Dentro e fuori, aria gelida nel mio petto bollente.

«Hai freddo?» mi sussurra, «o hai paura?» Il Vampiro non vuole insultarmi né fare insinuazioni. Deve aver notato cosa mi affligge. Ma è normale che io tremi. Ogni suo gesto riaccende in me il ricordo dei giorni passati, alimenta il mio dolore.
«Devo andare.» Devo uscire da qui.
Quando lo allontano, emette un verso di sconforto. Mi metto seduto sul bordo del letto ed esito un attimo. Anche io sento il disagio della separazione, una spinta che mi fa desiderare di tornare fra le sue braccia.
Il Vampiro mi avvolge le mani intorno alle spalle, una richiesta silenziosa di rimanere. Una che non posso soddisfare.
Ho ancora la sensazione di piacere in corpo, il calore nel ventre, la traccia del suo tocco sulla pelle e il suo sapore sulle labbra... ma ogni contatto con lui, prima così dolce, ora è angosciante.
Devo tornare in chiesa. Là, c'è una pace differente. Quella che trovo con la carne è sfuggente; quella dell'anima duratura.
Ma anche quando entro dal portone, anche quando lo chiudo alle mie spalle e l'eco dei miei passi percorre la navata, sento qualcosa nelle ossa. Lo sguardo di Cristo mi giudica, sa chi sono davvero. L'incenso si insinua dentro di me. E brucia, brucia intensamente sotto la mia pelle.

*

«Uccidilo, uccidilo!» Il disegno della pelle del serpente, la coda sottile e la testa ben proporzionata... Mizrak avrebbe creduto che a modellarlo fosse stato lo straordinario lavoro di Dio. Era, in realtà, un'illusione del Diavolo?

Mizrak aveva provato a colpirlo, ma la nausea gli era salita per lo stomaco. «Non posso farlo.»

Andre gli strappò il bastone dalle mani. «Dai qua, ti insegnerò come si fa a essere un vero Cavaliere.»

Mizrak però si gettò d'istinto tra lui e il serpente. «No, ti prego, aspetta!»

Andre si fermò di colpo. «Levati o colpirò anche te.»

David ed Eli afferrarono Mizrak sotto le braccia e lo trascinarono via, costringendolo a guardare. Le lacrime gli colmarono gli occhi quando il biacco si contorse sotto ai colpi sicuri di Andre. Si avvolse intorno al legno e lo morse. Lottò per la vita, ma invano. Si rivoltò con il ventre al cielo, le fauci spalancate in un urlo silenzioso. La coda si mosse un'ultima volta, prima che la vita lo abbandonasse.

«Guarda come piange.» Un bastone punzecchiò Mizrak nel fianco.

«Non ha speranza.»

«Non sarà mai un Cavaliere.» Un colpo più forte sulla schiena lo fece cadere a carponi nella sabbia.

«Dovremmo far uscire il male anche da lui.»

Mizrak cercò di alzarsi. «Credevo fossimo amici,» balbettò, mentre Andre gli si avvicinava, «mi avevi promesso che mi avresti aiutato a diventare un Cavaliere e mi avresti aspettato.»

David rise. «Cos'è questa storia?»

«Non vi starete per dare un altro bacio,» scherzò Eli.

«Attento, non avvicinarti o lo darà a te e ti renderà impuro.» Entrambi fecero versi di disgusto, poi risero ancora.

Andre aveva lo sguardo carico d'ira. «Io sono puro,» disse. «Mi sono confessato e ho fatto la comunione. Dio ha baciato i miei occhi e la mia anima e mi ha permesso di vedere il male anche dove gli altri non riescono.» Rivolse il bastone a Mizrak. «È lui l'invertito. Se non fosse stato per me, il Maestro sarebbe rimasto cieco nei suoi confronti.»

Mizrak strizzò gli occhi al sole e fu certo di vedere, nel patio della scuola, il maestro Tristian che, appoggiato a una colonna, lo guardava da lontano.

Ci provò, ci provò davvero, a trattenere le lacrime, ma quelle ricominciarono a scendergli per le guance. Il dolore alle mani, l'umiliazione che doveva subire tutti i giorni... erano stati causati da Andre. Ora tutti lo avevano abbandonato e Mizrak non trovava un motivo per combattere e opporsi al suo destino.

I tre ragazzi si misero di fronte a lui, bastoni alti e sguardi glaciali. «Possiamo aiutarti,» disse David. «Fare uscire il male dalla tua carne.»

«Magari, non ti renderà un Cavaliere, ma di certo lo farà con noi.»

Mizrak chiuse gli occhi. Anche senza guardare fu sicuro che il primo colpo di bastone nello stomaco, feroce e pieno di risentimento, venisse proprio da Andre. E quello fece più male di tutti gli altri che seguirono.

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Capitolo 4
*** Bugia ***


 

I tuoi racconti, Vampiro, sono sempre stati solitari, tanto da farmi pensare non ci sia stato nessuno che valga la pena ricordare nella tua dannazione eterna. Una parte di me, la più egoista, sperava che questo mondo non avesse riservato nulla di buono a un mostro come te; non dopo aver restituito solo solitudine e dolore a me.

Ma stasera sembri voler contraddire questa mia convinzione.

Il tuo sguardo si rilassa, tutto d'un tratto, e le labbra si curvano in un sorriso dolce. È un po' come quando, dopo i nostri incontri, ti soffermi a guardarmi con palpebre pesanti. Ma no, sono solo illusioni... quello sguardo non ha nulla a che vedere con me. A dire il vero, non l'ho mai visto prima sul tuo viso.

Mentre mi parli del tuo amore perduto, che di perduto non ha nulla, vorrei essere felice per te e capire quello che provi. Vorrei poter dire di comprendere il tuo dolore per un amante perduto e un sogno mai realizzato. Ma, mentre parli, provo solo rabbia.

Non trovi sia ingiusto? Un mostro non dovrebbe custodire qualcosa di così raro in un petto vuoto che nemmeno palpita. E quell'uomo del quale parli, mostro come te, non merita di vivere nei tuoi ricordi, quando a stringerti sono io.

Parli di amore, Vampiro, tu che sei senza anima. Parli di libertà, tu che non avrai mai pace, né in vita né in morte. Parli di cose che io non ho avuto e non posso comprendere.

Dio mi perdoni se, in mezzo a tutta quella rabbia e quella paura, mi riempio di invidia.

 

*

 

Malta, 1770

L'ostia gli era andata giù a fatica. Mizrak, chino sull'altare, la sentiva ancora in gola. Come avrebbe fatto a concludere la veglia?

I discepoli e gli apprendisti cavalieri si erano radunati in chiesa per rivolgere un'ultima preghiera a Tristian e aspettavano di essere congedati. "Vorresti dire due parole sul maestro?" gli avevano chiesto. Mizrak non era ancora riuscito a trovare quelle giuste.

Passi affrettati risalirono la navata centrale e si fermarono accanto a lui. «Figliolo, faresti meglio ad andare.»

«Prima finisco la preghiera, Padre, arrivo fra poco.» Mizrak aveva riconosciuto la voce del diacono.

«Fra poco potrebbe essere troppo tardi. Gli ho già dato l'estrema unzione.»

Mizrak alzò lo sguardo e annuì piano.

Avevano portato il Maestro in una stanza della torre sud. Nel corridoio aspettavano una decina di bambini, tutti con gli occhi rossi ed espressioni gravi.

Dalla porta socchiusa, filtrava un raggio di sole.

All'interno, c'erano due donne. La prima girava per la stanza facendo oscillare il turibolo e riempiendo l'aria d'incenso. La seconda, seduta al capezzale, pregava a voce bassa, il rosario tra le mani e il viso celato dalle tende del letto a baldacchino.

Quando Mizrak entrò, entrambe le sorelle, senza dire una parola, si spostarono sul balcone.

Dalla portafinestra, si vedevano solo cielo e mare. Tristian era sdraiato nelle lenzuola di lino, il sole gli sfiorava la pelle macchiata. Aveva le labbra socchiuse e gli occhi aperti, fissi sul soffitto. Era invecchiato molto, prima del tempo, ma la morte faceva quell'effetto, rendeva ogni cosa sulla quale allungava le dita più brutta e angosciante.

Mizrak si mise seduto e gli prese una mano, unta di olio. «Maestro, riuscite a sentirmi?»

In risposta, solo il frinire delle cicale e il fischio del respiro di Tristian.

«Sono Mizrak. È da un po' che non ci vediamo, ma confido vi ricordiate di me anche se sono un uomo, ormai. Ho studiato tanto, Maestro, ho imparato diversi libri della Bibbia a memoria e in loro ho trovato risposte che pensavo di non avere. Ci tenevo a dirvelo prima che... Non sentite nemmeno quello che dico, vero?» Mizrak si corrucciò e usò l'olio sulla fronte di Tristian per segnare una croce. «Preghiamo insieme, Maestro, un'ultima volta, vi aiuto io.» Gli baciò la mano e recitò «Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno.»

«An...dre...» Delle sillabe uscirono dalle labbra di Tristian, secche come sabbia, aride come il vento estivo. «Sei tu... Andre... figlio mio?»

«Maestro!»

Tristian girò il viso, sbarrando occhi vitrei come quelli di un morto. «Sei tornato... da me?»

Mizrak rivolse uno sguardo alle donne, ombre sul balcone. Il turibolo smise di oscillare, le preghiere si interruppero. Lo sconcerto delle sorelle era la prova che quel che stava avvenendo fosse un miracolo. Nessuno ricordava più l'ultima volta nella quale Tristian aveva reagito ai pianti dei suoi discepoli.

«Rispondigli,» disse la donna con il rosario, «in nome di Dio, parlagli.»

«Maestro, mi dispiace, non sono Andre,» continuò allora, «ma sì, sono vostro figlio, Mizrak.»

«Mizrak,» ripeté Tristian e quelle parole sembrarono adombrarlo. La sua mano cercò invano di sfilarsi dalla presa. «L'orfano... delle terre dei blasfemi e dei draghi...»

«Parlate del mito di San Giorgio, vi ricordate quanto lo amassi.»

Tristian aprì la bocca impastata ed emise un suono secco. «Egli andò... fra la tua gente... portò Dio e li battezzò... come io fatto con te.»

«Vi siete preso a cuore la mia anima e vi ringrazio,» disse Mizrak. «Ci sono stati dei momenti nei quali ho creduto mi odiaste e voleste punirmi, ma oggi comprendo che il vostro fu un atto di amore. Ho dovuto soffrire più degli altri, non ho avuto una mano tesa che mi aiutasse ad alzarmi, ma in compenso ho trovato quella di Dio. Il suo amore mi ha salvato, grazie a voi.»

«L'amore... non basta...» disse Tristian. «Il sangue dei figli del drago... non si può cancellare.»

«Si può, Maestro,» ribatté Mizrak. «La mia carne appartiene alla Cirenaica, ma sono figlio vostro e di Cristo nell'anima e nel sangue.» Mizrak gli strinse la mano con forza. «Io non sono il drago, sono un Cavaliere. Ho imparato a usare la spada. Il Maestro Lude dice che non sono portato per scudo e lancia, che la spada e il pugnale si adattano meglio a chi usa entrambe le mani. Non mi piace vantarmi, ma...» Sorrise appena. «Sostiene io sia uno degli allievi migliori che abbia avuto. Secondo lui, Dio ha benedetto le mie mani. Mi ha affidato dei giovani da addestrare e sto facendo del mio meglio per renderli Cavalieri. Ho cercato di scacciare il Diavolo che c'era dentro di me, Maestro,» la voce gli si ruppe. «So di aver peccato, di essere stato impuro, in passato. Il Diavolo ha cercato di tentarmi, ma io non ho ceduto, ho pregato tanto, tutti i giorni, fino a farmi male alle ginocchia. Ho chiesto a Dio di perdonarmi per quello che sono, che ho fatto, per i miei pensieri e lui mi ha udito.» Si asciugò il viso in fretta, poi prese un respiro. «Ho fatto voto di castità, di povertà... come avete detto voi. Ho fatto tutto quello che mi avete chiesto e anche di più. So che avete avuto tanti allievi nella vostra vita e non potete ricordare, quindi lasciate che vi dica che ora ho sedici anni. Sono un Cavaliere agli occhi di tutti, tranne che ai vostri. Ho bisogno che mi diciate che sono pronto a lasciare quest'isola e difendere la Chiesa e la nostra Fede come un Ospitaliero.»

«No... tu non sarai mai... mai...» Gli occhi di Tristian sembrarono annebbiarsi mentre si agitava, debole nel letto.

Le sorelle giunsero al capezzale e cercarono di trattenerlo. Gli misero un panno bagnato sulla fronte e ricominciarono a pregare, questa volta accanto a lui.

«Vi prego,» disse Mizrak, «almeno in punto di morte, datemi la vostra benedizione, così che queste donne la possano udire e farmi da testimoni.» Strinse la mano del maestro troppo forte. «Fatemi andare via da qui, come avete fatto con Andre e tutti gli altri.»

«Tu... sei tu...» Tristian sembrò rilassarsi, allungò la mano verso il suo viso. «An... dre?» Gli sfiorò la guancia. Il gesto fu delicato sulla pelle di Mizrak, ma caldo nella sua anima. «Sei tornato... da me?»

Mizrak sussultò. Quella carezza non era per lui, come non lo era mai stata. Avrebbe voluto sottrarsi e ripetere a Tristian che no, lui non era Andre e mai lo sarebbe stato, che non sarebbe stato all'altezza dei suoi compagni, ormai tutti lontani, sparsi per il mondo. Avrebbe voluto alzarsi e urlare, dirgli che voleva solo che lo riconoscesse e gli desse la sua benedizione guardandolo negli occhi, riconoscendolo, ma una parte di lui sapeva che quel desiderio non si sarebbe mai avverato.

Se una bugia era l'unico modo per andare avanti con la sua vita, Mizrak l'avrebbe accettata.

«Andre...» lo chiamò ancora Tristian.

«Sono qui, Maestro, sono qui,» disse, «vi prego, datemi la vostra benedizione.»

La mano di Tristian lo segnò in viso con le ultime forze. «Tu, mio orgoglio, sei destinato a grandi cose... Dio ti ha baciato perché tu... sei nato per servirlo.»

«Sì, Maestro.» Mizrak lasciò che le lacrime gli scendessero per le guance. «Sarà così, ve lo giuro.»

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