Beautiful boy

di Giorgi_b
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I N F A N Z I A ***
Capitolo 2: *** A D O L E S C E N Z A_ 2012 ***



Capitolo 1
*** I N F A N Z I A ***


 
Glossario:
Genkan: è la tradizionale anticamera d'ingresso che separa l'ambiente esterno da quello interno nelle abitazioni e in alcune strutture pubbliche in Giappone.
Mochi: dolce di pasta di riso ripieno.
Ojiichan/san: nonno.
Okāchan/san: mamma
Tadaima/Okaeiri: “Sono a casa”/“Bentornato”.
Taiyaki: dolce giapponese a forma di pesce, ripieno di marmellata di azuki, crema o cioccolato.
Note:
Kazuyo Kageyama è il nonno di Tobio, nella versione giapponese del manga talvolta Tobio lo chiama Kazuyo-san oltre che Ojiichan.
 
 
 
 
“Life is what happens to you 
while you’re busy making other plans.” 
 
John Lennon, Beautiful boy 
 
 
 
I N F A N Z I A
1996_2008
 
 
 
22/12/2002
[6]
 
 
«Tobio! Miwa! Chi mi raggiunge per primo vince un taiyaki!» 
Ha il fiato spezzato, la gola in fiamme ogni volta che respira e nel petto sente il cuore rimbalzare sulle costole come una palla da tennis agitata con forza dentro una scatola di scarpe. 
Ojiichan è a un centinaio di metri davanti a lui, in cima alla ripida salita che porta all’ingresso del giardino panoramico che ama tanto.
Anche a Tobio piace andare lì con lui e Miwa: giocano a pallavolo, danno da mangiare ai pesci nello stagno e fanno gare di corsa, ma oggi quella salita sembra insormontabile, non riesce più a fare un passo, è esausto e, ora che ci pensa, a dirla tutta, gli scappa anche un po’ la pipì. 
Durante la notte c’è stata la prima grande nevicata invernale, si è svegliato emozionatissimo in un mondo bianco e morbido e, lungo tutto il tragitto da casa, si sono fermati un’infinità di volte a tirarsi palle di neve e a plasmare pupazzi volutamente brutti e storti. Ne hanno fatti sei di altezze diverse: uno per ogni suo anno compiuto. 
Già, perché oggi è la sua festa ed è una giornata bellissima! C’è la neve ma non fa troppo freddo, sta andando a giocare con Ojiichan e Miwa, Okāchan a casa sta preparando il manzo al curry per pranzo e la cosa più bella di tutte è che è domenica e non c’è scuola!
Tobio è in prima elementare solo da qualche mese e ha già capito che non gli piace per niente studiare, non gli piace star seduto tutto il giorno, non gli piacciono gli altri bambini che non sanno nemmeno cosa sia la pallavolo e parlano solo di videogiochi, carte dei Pokèmon e anime idioti.
Lui vorrebbe stare a casa con il nonno come quando era piccolo.
Altra cosa che ha capito subito: diventare grande è una fregatura, ma con Ojiichan hanno un piano infallibile. Se Tobio si impegna, studia il giusto e beve tanto latte, crescerà alto, forte e intelligente e potrà andare a giocare a pallavolo nelle scuole migliori della prefettura. Poi, se dovesse diventare davvero molto bravo – il “se” lo mette sempre il nonno, invece Tobio è certo che sarà così –, verrà convocato in V-League: magari proprio negli Adlers, la squadra del cuore di Kazuyo-san che, a quel punto, invece di guardare e riguardare le loro partite registrate, si trasferirà con lui a Tokyo e le vedrà dal vivo. 
È un gran bel piano, no? Ci pensa sempre quando si annoia in classe.
«Dai, Tobio, l’ultimo sforzo! C’è un taiyaki caldo come piace a te che ti aspetta! Forza, manca solo lo sprint finale!» 
Il sole si riflette sulla neve frammentandosi in milioni di aghi di luce e Tobio deve socchiudere gli occhi per guardarli senza rimanere abbagliato. Intorno a loro è tutto candido, muto e sordo e per un attimo gli balena il sospetto che nel mondo siano rimasti solo lui, suo nonno e Miwa, ma poi sente il rumore di una macchina in lontananza e si ricorda all’improvviso che gli scappa la pipì e che nel parco c’è un bagno. Ha anche fame, sente in bocca il sapore dolce della marmellata di azuki, il calore della cialda a forma di pescetto scaldargli le dita infreddolite, l’impasto soffice sciogliersi in bocca in un’onda di piacere zuccherino e al solo pensiero, ecco le energie tornare: vuole assolutamente quel taiyaki. Tutto sommato non è così stanco e Ojiichan non è così lontano. La salita continua a essere molto ripida eppure… sa che può vincere. 
Certo, Miwa è un avversario tosto, è più alta e più veloce di lui, ma ora si è distratta a guardare forse un coniglio, forse un cerbiatto, forse un uccellino tra i rami fitti e scheletrici degli alberi del bosco sul ciglio della strada; se chiude gli occhi la luce del sole non lo accecherà e in un attimo sarà arrivato. E poi è il suo compleanno, la fortuna è dalla sua parte, non può perdere.
Inspira ed espira per concentrarsi come gli ha insegnato il nonno e quando è pronto, scatta.
Quel taiyaki sarà suo.
 
 
22/12/2004
[8]
 
 
«Toobiooo haa la fiiidanzataaa! Toobiooo haa la fiiidanzataaa!» 
Non sa nemmeno che vuol dire avere la fidanzata, ma deve essere una cosa proprio stupida com’è stupida Miwa quando parla con quella vocetta cantilenante e la faccia da saputella. 
Perché è venuta anche lei a prenderlo in palestra? Stanno tanto bene da soli, lui e il nonno! Da quando ha iniziato le superiori, poi, è diventata insopportabile. Più insopportabile di prima. 
Tobio alza lo sguardo a cercare solidarietà nel suo migliore alleato e invece scopre Ojiichan a ridere sotto i baffi ammiccando a quella baka di sua sorella. Tradimento!
«Beh, è innegabile che Mimiko-chan sia stata molto gentile a regalarti dei mochi per il tuo compleanno» gli spiega Kazuyo-san cercando di non ridere, mentre camminano verso casa. «Miwa non voleva prenderti in giro, Tobio, non offenderti, voleva solo dire che potrebbe essere stato il modo che la tua amichetta ha scelto per farti sapere che le piaci...»   
«…Sì, però tu hai mangiato i suoi mochi e ora siete fidanzati: siete legati per la vita, caro il mio fratellino! Forever and ever!» Mentre lo dice, Miwa forma un cuore con il pollice e l’indice delle due mani agitandolo davanti al proprio viso. 
Quel gesto del tutto frivolo e innocente gli sembra per qualche motivo osceno e spaventoso e Tobio, in preda al panico, schizza con lo sguardo da sua sorella a suo nonno (e ritorno) cercando rassicurazioni. 
«Via… Via… che esagerazione… non fare quella faccia! Miwa sta solo scherzando! Non è certo così che ci si fidanza! E allora tutte le volte che abbiamo mangiato il curry della nostra vicina, la signora Miboshi, ci siamo forse fidanzati con lei?! No, no, pesciolino mio, stai tranquillo! Però è abbastanza chiaro che Mimiko-chan vorrebbe che ricambiassi i suoi sentimenti… quindi? Tu che ne pensi? Vorresti essere il suo fidanzato?» Ojiichan lo guarda e cogliendo la domanda implicita negli occhi preoccupati di Tobio, riprende spiegando: «Fidanzati sono due persone che vogliono stare sempre insieme, che si vogliono bene, che pensano all’altro continuamente e a cui il cuore batte forte quando sono vicini».
«…E si tengono per mano e si danno i bacini…» Miwa schiocca dei baci in aria avvicinandosi pericolosamente alla sua guancia ed è velocissima a ritrarsi ridendo quando Tobio carica un calcio per allontanarla. 
Chiude gli occhi e inspira il vento gelido di questo fine dicembre, si concentra sul freddo delle parti esposte del viso, il pulsare lento del sangue sotto le guance e le labbra che sente arrossate e screpolate. 
Espira e con la destra stringe forte la mano calda e grande del nonno che ricambia la stretta, mentre con l’altra continua ad abbracciare la Mikasa regolamentare che gli ha appena regalato per il suo compleanno. 
Guarda Kazuyo-san poi Miwa, è ancora un po’ infastidito dalle sue cretinate, ma deve ammettere che è molto felice di essere qui con loro. Sono le sue persone preferite. 
Non vuole farsi sentire da sua sorella, allora tira il nonno per un braccio fino quasi a farlo abbassare alla sua altezza, si alza sulle punte dei piedi e sussurra al suo orecchio: «Ojiichan, possiamo essere per sempre fidanzati io, te, Miwa e la pallavolo?!»
 
 
22/12/2008
[12]
 
Escono dalla saletta del club di pallavolo che sembra già notte fonda nonostante non siano nemmeno le sei del pomeriggio. L’aria è pulita, il cielo è scuro sotto la coltre bianca e compatta che promette neve, c'è quell'odore inconfondibile che entra nelle narici pungente e freddo. 
Mentre scendono le scale, davanti a lui Kunimi e Kindaichi parlano fitto fitto di un nuovo videogioco di cui Tobio non sa nulla; ormai i suoi compagni non si preoccupano neanche più di fingere di volerlo coinvolgere, sembra che non riescano a capire come sia possibile che un loro coetaneo non abbia in casa una PlayStation, una Xbox o una Nintendo e che oltretutto non si mostri minimamente interessato all’argomento. Ma è vero, è proprio così, a lui importa solo della pallavolo. Esiste qualcosa di più bello?!
A metà della scalinata rallenta e si piega ad allacciare una scarpa già perfettamente allacciata per mettere un po’ di distanza tra sé e loro. Tutti i giorni, dopo gli allenamenti, c’è questo momento imbarazzante, quando i compagni di squadra si avviano verso le loro case formando gruppetti di due-tre ragazzi e Tobio viene sempre tagliato fuori.
A lui in verità non dispiace tornare a casa da solo perso nei suoi pensieri, dove strategie e azioni delle partite della V-League che vede in tv con suo nonno si ripetono, si ripetono e si ripetono, a diverse velocità, diverse prospettive, diversi esiti… ma Miwa gli ha detto di sforzarsi ad essere socievole e di non fare lo strano quando è con gli altri e allora…  
Si alza in piedi al rumore della porta del club che si apre e si richiude dopo pochi secondi, seguito da un tintinnare metallico di chiavi che girano nella toppa e un chiacchiericcio indistinto che diventa sempre più chiaro man mano che Iwaizumi e Oikawa si avvicinano. 
«Ohhh… quanto rompi! Ti ho già detto e ripetuto che NON ti accompagno all’open day della Shiratorizawa; non me ne frega un cazzo che è la scuola migliore del distretto e che è un colosso della pallavolo: non mi interessa, io non ci voglio andare! Tanto per cominciare, è un’accademia: ti tocca dormire lì, studiare lì, prendere bei voti, stare a scuola tutto il giorno, tutta la settimana… per carità! E poi ho già deciso che andrò all’Aoba Johsai dove ci sono anche un’ottima squadra di baseball e di calcio! Tu va’ un po’ dove ti pare, Shittykawa
«Iwa-chaaaan! Ma è dall’asilo che andiamo nella stessa scuola… non possiamo smettere proprio alle superiori, non ti pare?! E poi piantala con questa stronzata del baseball e del calcio! Sei il mio schiacciatore, a chi la alzo la palla se andiamo in due licei diversi?!»
«Allo Shiratorizawa ci è andato mio nonno, giocava come ala destra!» Tobio odia la propria voce, è stridula e strana, qualche volta esce troppo alta, qualche volta troppo bassa, lui non può farci niente e la cosa lo manda fuori di testa. Oikawa, invece, ha una voce bellissima, quindi immagina sia per questo che ogni volta che Tobio gli rivolge la parola lo fulmina con uno sguardo omicida: lo sguardo che riserva solo a lui.
«E questa preziosissima informazione te l’ha chiesta qualcuno, Tobio-chan?»
Vorrebbe poter mettere in pausa questo momento per telefonare a sua sorella e chiederle: adesso cosa dovrebbe fare uno non strano? Mettersi a ridere? Mettersi a piangere? 
Fortuna che Iwaizumi, con uno scappellotto sulla nuca e un “Tooru, non fare lo stronzo!” ringhiato, lo libera dall’imbarazzo.
«Ahia Iwa-chaan! Ok, ok, la smetto! Però lo vedi che è lui che è un rompiscatole, non è colpa mia…» 
«Ti ho detto di non chiamarmi così, Assykawa! …E comportati bene, imbecille! È un nostro kohai, devi essere paziente e dare il buon esempio!» Iwaizumi stavolta con uno spintone lo fa quasi rotolare per le scale, ma in realtà lo sta trattenendo saldamente per il colletto della felpa: si capisce che non vuole farlo cadere davvero, vuole solo spaventarlo. 
È il loro solito teatrino, tutti alla Daiichi Kitagawa ne sono a conoscenza e ormai non ci fanno più caso, ma oggettivamente è una cosa strana a cui assistere. Tobio non ha ancora capito se sono amici o no, se Iwaizumi non sopporta davvero Oikawa o fa solo finta. 
Se a lui capitasse di non andare d’accordo con qualcuno gli girerebbe le spalle e addio, a mai più rivedersi. È talmente semplice. Invece questi due sono complicati. Stupidamente complicati.
Ma forse essere amici vuol dire anche questo, essere complicati insieme.
 
 
***
 
«Tadaima!»
«Okaeri!»
Quando sente la voce del nonno rispondergli dalla cucina un sorriso gli esplode sul viso, lancia le scarpe nel genkan e si precipita ad abbracciarlo.
«Ojiichan! Ti sei alzato! Ti senti meglio?»
«Piano, Tobio! Mi incrini una costola se mi stringi così! Oi, ma da quando in qua sei diventato così forte?!»
«Scusa, non volevo farti male! Come stai?»
«Meglio, meglio… ma parliamo di cose belle: il tuo regalo!» Si infila una mano nella tasca del maglione giallo vecchio e sformato che usa in casa e tira fuori una busta di carta bianca.
Tobio alza un sopracciglio e mentre allunga la mano titubante Kazuyo-san gli legge nel pensiero e ride. «Coraggio, aprila! Non è una lettera e non sono soldi!»
Tobio fa un sorriso storto e sospira di sollievo, leggere non gli piace e francamente dei soldi non saprebbe che farsene, sarebbe stato il primo regalo sbagliato del nonno in dodici anni.
Apre la busta e intravede due strisce di carta colorata. Li prende continuando di tanto in tanto a occhieggiare sospettoso Ojiichan che invece se la ride, ha un sorriso larghissimo e luminoso. Tobio è talmente felice di vederlo felice che si dimentica per un secondo del suo compleanno e solo quando il nonno lo incalza si ricorda di cosa stava facendo e abbassa lo sguardo.
Ci mette un po’ a realizzare che ha in mano due biglietti per la partita degli Adlers contro i MSBY Black Jackals. Una partita vera, dal vero: i veri Adlers contro i veri Jackals. Lui e Ojiichan, il mese prossimo al Kamei Arena di Sendai.
Mentre lo abbraccia cercando di arginare l’emozione e la gioia per non stritolarlo, Tobio pensa che è tutto così semplice, facile. A cosa mi servono gli amici quando ho Kazuyo-san?!
 
 
*****

Tanti auguri, mio adorato Tobio! 
Ciò che avete appena letto (scritto sotto covid, quindi mi scuso per refusi o errori!) è nato nella mia testa come una drabble, poi è diventata una raccolta di flashfic (la parola flash vicino al mio nome fa molto ridere!) ed eccola infine pubblicata come una raccolta di os che racconteranno il mio headcanon su come Tobio sia diventato il meraviglioso e complesso Tobio che tutt* noi conosciamo e amiamo. Un grazie come sempre alla mia adorata Orikunie che fangirla con me dalla mattina alla sera alimentando questa passione: ti voglio benissimo, GRAZIE amor!  


 
 
 
 

 

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Capitolo 2
*** A D O L E S C E N Z A_ 2012 ***



Questo capitolo della raccolta partecipa alla challenge #acharacterestudy del gruppo facebook "Non solo Sherlock"



 A D O L E S C E N Z A
2009_2015
 
  
22/12/2012
[16]
 
«La fine del mondo?!» 
«Sì, Asahi, doveva essere ieri! Ma dove vivi?! Sono mesi, se non addirittura anni, che non si parla d’altro! I Maya avevano predetto che il ventuno dicembre duemiladodici ci sarebbe stata l’Apocalisse… e invece…!»
 
La sede del club di pallavolo maschile del liceo Karasuno è troppo piccola e troppo, troppo affollata quando vi si riversa dentro tutta la squadra.
Ha un’acustica pessima, è impossibile avere segreti, ognuno sa i fatti degli altri, le voci rimbombano rimbalzando sulle pareti e ti finiscono contro come fossero spallate. Come se poi non bastassero quelle vere di spallate, visto che, in trenta metri quadrati scarsi, stretti come sardine, anche un’azione semplice come cambiarsi i vestiti può trasformarsi in un incontro di wrestling tutti contro tutti. 
 
Per fortuna sono rare le volte in cui Tobio si ritrova a spogliarsi con il pienone: lui e Hinata arrivano sempre per ultimi con la scusa di un altro palleggio, un’altra veloce, un altro servizio. Che poi, quale scusa… è vero! L’idiota non ne ha mai abbastanza e, scarso com’è, non è male che si alleni un po’ di più.
Oggi però Sawamura è stato irremovibile: li ha cacciati dalla palestra urlando che mancano solo dieci giorni ai Nazionali, che devono riposarsi eccetera… e ha ragione, anche il riposo è importante, anzi, fondamentale… però… stasera non ha nessuna voglia di tornare a casa.
E quindi è incazzato, frustrato per non aver giocato abbastanza, assordato dai suoi rumorosissimi compagni di squadra e strizzato a morte tra Hinata e Tsukishima. 
Da una parte un nano esagitato, una scia sfocata arancione in costante movimento che, anche quando lo sguardo di Tobio è rivolto altrove, in qualche modo strano finisce sempre nel suo campo visivo. 
Dall’altra, un quattrocchi mestruato, stronzo, ma furbissimo: infatti, mentre si cambia, indossa le cuffie per il rumore e, dalla faccia che fa e dal fatto che sembra non respirare, è chiaro che pensa di profumare di fiori anziché di schifo come loro, il signorino. 
Sì, perché la cosa peggiore di tutta questa situazione è la puzza soffocante di dodici adolescenti sudati chiusi in un ex sgabuzzino per le scope dopo due ore di pallavolo. Roba da far lacrimare gli occhi.
 
«Psst! Kageyama! Non ti sembra che Suga-san sia quasi dispiaciuto che il mondo non è finito ieri?»
 
No, a ripensarci, la peggiore in assoluto è dover sopportare la voce acuta e penetrante da paperella sfiatata di Hinata.
 
«Oi, Kageyama?! Oh! Sei sordo?! Ka-ge-ya-maaa! Rispondimi!»
 
È la terza volta che glielo chiede schermando la propria bocca con la mano, forse pensando che in questo modo nessun altro possa sentirlo, invece lo avranno sentito pure sua madre e sua sorella sulle montagne in culo alla luna dove abitano loro. 
E mentre lo incalza con una serie infinita di Eh? Eh? Eh?! – proprio nel momento in cui Tobio si sta sfilando dalla testa la maglietta umida degli allenamenti appena finiti ed è totalmente esposto e indifeso – l’idiota gli pianta un gomito ossuto nelle costole, togliendogli il respiro. 
 
Eppure Tobio credeva di essere stato già abbastanza chiaro non rispondendo la prima e la seconda volta. Forse è stato ingenuo pensare che il silenzio e lo sguardo gelido che gli aveva riservato fossero sufficienti a metterlo a tacere o a tenerlo a distanza come era sempre stato prima con i compagni di squadra delle medie. 
Con lui, purtroppo, quel trattamento non funziona. 
Da otto mesi a questa parte, ha avuto modo di verificare, più e più volte, che Hinata capisce solo le maniere forti e quindi, massaggiandosi il costato con una mano, ringhiando tra i denti te lo strappo quel gomito, coglione, non risparmia energie sullo spintone che proietta il boke direttamente su Ennoshita, il quale, per non cadere, si aggrappa alla spalla di Yamaguchi che, a sua volta, artiglia la felpa di… coso… quell’altro del secondo anno, di cui Tobio non ricorda mai il nome, facendolo sbattere contro gli scaffali metallici da ufficio ministeriale del secolo scorso. 
Il tutto in un crescendo di bocca in bocca di oh…! Ohhh…! OHH! che aumenta proporzionalmente al livello di irritazione e si conclude con: «OHHH! Hinata-kun! Fa’ attenzione…!» 
«Scusa, Narita-san! È Kageyama che…»
…Narita! Ecco come si chiama! 
 
«…Chi?! Chi è che non parlava d’altro, Suga?! Che razza di gente frequenti fuori dal club di pallavolo? Anzi, no, non voglio saperlo, fa’ finta che non te l’ho chiesto… meglio non saperlo. Certe volte mi fai paura…»
«Asahi, dopo tutti questi anni non hai ancora capito che Koushi è un unicorno complottista? Un folletto amante dell’esoterismo, la fatina che illumina le profondità del dark web?!» ridacchia il Capitano.
«Smettila, Daichi! Quanto sei scemo!» ma anche Sugawara senpai ride mentre fa una palla della maglietta sudata che si è appena tolto e la lancia a Sawamura. «Sono solo una persona dall’intelligenza vivace, molto interessata al mondo che lo circonda!» 
 
Sì, lo è, Tobio può confermare. 
Si sente sempre la sua curiosità addosso e quando i loro sguardi si agganciano, invece di stornare gli occhi altrove facendo finta di niente, Sugawara senpai lo continua a studiare famelico, ma benevolo.
Tobio si sarebbe aspettato ostilità e risentimento da uno del terzo anno – il vice capitano, poi – finito in panchina per colpa sua. Invece no, lui è gentile, sorride, gli lancia occhiolini e altri segni di incoraggiamento e gli dà perfino consigli su come relazionarsi meglio con la squadra. 
Immagina per un attimo di trovarsi nella stessa situazione con Oikawa e un brivido di fanta-terrore si arrampica feroce sulla schiena. 
 
«Boh, che ci troverai mai di così entusiasmante nell’Apocalisse …»
«Stai scherzando Ryū?! Cioè, pensaci: sarebbe uno spettacolo pazzesco a cui assistere, parliamo di palle di fuoco dal cielo, onde di lava alte chilometri, terremoti che inghiottiranno intere città… l’inferno in terra!»
«Mmmm, no, mi dispiace, non mi hai convinto, Suga-san. Però… durante la fine del mondo… chissà quante ragazze spaventate da consolare!» Tanaka si stringe forte tra le spalle simulando un abbraccio e con una voce in falsetto miagola oh, Ryū, non mi lasciare, ho tanta paura e scocca baci all’aria tra le risate sguaiate di Nishinoya al suo fianco, finché… coso… – non Narita, l’altro… mmmh… Kinoshita? Sì, Kinoshita! – ridendo tira loro una scarpa per farli smettere, ma nello stesso momento Sawamura rilancia la palla di maglietta a Sugawara e quasi come fosse un segnale (“se lo fa il Capitano sono autorizzato a farlo anche io) in una reazione a catena alimentata a euforia, urla, risate e stupidera, iniziano a volare indumenti, pestoni, gomitate, spallate, mentre le pareti e il pavimento della saletta tremano.
Hinata – girando su se stesso come una trottola, lanciando cose a caso e sghignazzando come un deficiente – continua a finirgli addosso, Tobio lo respinge ogni volta più lontano mentre medita di fuggire, proprio come sta facendo Tsukishima, che, senza farsi notare nonostante il suo metro e novanta, riesce a sgattaiolare fuori seguito da Yamaguchi.
Vuoi vedere che quello stronzo e il suo pesce pilota saranno gli unici della squadra a salvarsi quando, tra pochi secondi, questa catapecchia crollerà?!
 
Ecco, è in momenti come questi che Tobio non può fare a meno di pensare alla Shiratorizawa. 
 
Se fosse riuscito a passare l’esame di ingresso avrebbe avuto accesso a delle strutture magnifiche: spogliatoi giganteschi con docce calde, sauna e bagno turco, palestre con il pavimento in parquet, soffitti altissimi, palloni nuovi di zecca. 
Immagina spesso come sarebbe stato vivere nei dormitori dell'accademia, a due passi dalla palestra, allenarsi in ogni momento libero, eliminando quei tempi morti delle trasferte a piedi da casa a scuola e viceversa. 
Per contro, avrebbe dovuto condividere la sua stanza con un compagno di scuola e questo non gli sarebbe piaciuto affatto. E se gli fosse capitato come coinquilino Goshinjuki… Goshunjiki… insomma, quel wing spiker antipaticissimo del primo anno coi capelli a scodella?! 
Senza dubbio, pur di giocare a pallavolo, Tobio avrebbe sopportato qualsiasi cosa, però, alla fine dei conti, tanto meglio così. 
Ai Nazionali c’è arrivato lo stesso con questa squadra sgangherata, battendo proprio la Shiratorizawa. E ormai anche il rientro a casa non è più un tempo morto, visto che si ferma tutti i giorni con Hinata a palleggiare ancora un’oretta al parco al bivio che separa le loro strade.
 
Insomma, ci è voluto quasi un anno per metabolizzare la notizia, ma ormai il bruciore della delusione si è stemperato e Tobio non si tormenta più troppo all’idea di non essere entrato. Quello che è rimasto è un sottile senso di colpa nei confronti di Kazuyo-san e del loro piano infallibile per arrivare in V-league.
Non essere stato ammesso alla scuola migliore della prefettura – la scuola di suo nonno – è una deviazione importante sulla tabella di marcia che si erano prefissati. Ma anche qui, ha smesso di girarci intorno e prendersi per il culo: l’unico, insormontabile ostacolo incontrato finora è che Ojiichan è morto due anni e mezzo fa. E questo è quanto.
 
«Va bene, ragazzi, adesso basta! Ehi, Noya, ho detto basta!» Nonostante anche Sawamura abbia giocato a tutti contro tutti, appena torna in modalità “Capitano ordine e disciplina” riesce a silenziare la stanza in un attimo. «Forza, raccogliete le vostre cose in fretta e scendete giù. I coach hanno detto che oggi offrono loro!»
 
Fuori li aspetta un buio freddo e pungente e una luna quasi piena che sorgendo illumina la scalinata. Tobio si infila il cappello di lana sui capelli umidi di sudore, soffia via una nuvola bianca e densa e appena Hinata gli si affianca iniziano a scendere insieme, mentre dietro di loro Tanaka ed Ennoshita chiudono a chiave la saletta del club.
 
«L’hai scritto sul tuo diario della pallavolo che oggi sono riuscito a fregare quattro volte il muro di Tsukishima e due volte le ricezioni di Noya-san?» 
 
Camminano verso il Sakanoshita a pochi passi di distanza dal resto del gruppo; come al solito Tobio ha accompagnato Hinata a prendere la bici che ora viene spinta tra loro due dal boke.
 
«No, idiota! Perché cazzo dovrei scrivere i tuoi risultati sul mio diario?! Fattene uno, te lo dico da mesi!»   
«Ma… ma scusa, l’hai detto tu che se segno io è comunque merito tuo
«Certo, perché è così. È il setter che dirige ogni azione, ma capisci che allora dovrei scrivere anche ogni punto su schiacciata di Azumane, Tanaka, Tsukishima e tutti gli altri? Perché solo i tuoi?!»
 
Hinata frena la bici all’improvviso, Tobio fa un altro passo e si volta indietro per guardarlo, giusto in tempo per vederlo strabuzzare gli occhi, gonfiare le guance, aggirare quel pezzo di ferro arrugginito e arrivargli sotto, minaccioso. 
Che poi, sai che paura, in piedi sulle punte gli arriva appena al mento.
 
«…Perché?! Come sarebbe: perché?! Perché IO sono il tuo partner, siamo IO e TE il “Duo bislacco” del Karasuno! Mica tu e Azumane senpai, tu e Tanaka-san… o… – oddei, non mi ci far pensare – tu e Stronzishima!»
 
Uno scatto ed entrambi voltano la testa di lato, uno da una parte, uno dall’altra e, tirando la lingua di fuori, fanno un verso simile a un conato. 
Hinata ride e torna su di lui puntandogli addosso occhi brillanti e tutti quei denti bianchissimi e, all'improvviso, in una maniera misteriosa che gli fa battere il cuore, Tobio si sente davvero minacciato da lui. 
 
Con una mano lo prende per le guance e le strizza per spegnere il suo sorriso, lo spinge via e riprende a camminare veloce, mettendo quanta più distanza possibile tra loro. 
Sente dietro di sé Hinata lamentarsi per il dolore poi, dopo una corsetta al passo della bici cigolante, lo raggiunge con una spallata e un beccati questo, baka sputato sottovoce.
Tobio ribatte non mi hai fatto niente, non ti ho nemmeno sentito, insetto e subito riceve un pestone sul piede e un e questo l’hai sentito, stronzo?
Si spintonano un altro paio di volte, prima forte, poi senza convinzione e alla fine rimangono lì, a camminare vicini vicini nel buio della sera, mentre l’insegna luminosa del Sakanoshita sorge come un’alba in fondo alla strada.
 
Di solito è a questo punto del percorso verso casa, quando vede le luci al neon pacchiane degli anni ottanta del negozio della famiglia Ukai, che, rispondendo a un riflesso incondizionato, lo stomaco di Tobio inizia a brontolare. Invece è stranamente silenzioso, oggi. Oggi non ha fame; oggi vorrebbe saltare la pausa merenda e andare diretto con Hinata nel loro angolino ai giardinetti, uno spiazzo di terra compatta senza erba, né alberi, illuminato dalla luce di un lampione. 
Lo sa che non c’è nemmeno bisogno di dirlo, perché dopo aver mangiato i nikuman unti e molto saporiti della mamma del Coach, s’incammineranno a passo svelto verso il parco.
Ma sente di volerlo chiedere comunque a Hinata, come se fosse una cosa speciale andare insieme lì, oggi. E sta quasi per parlare. Poi però non lo fa perché… 
Già, perché?
 
«Tuo nonno non ti ha detto niente su questa cosa di inserire il partner nel diario? Sai, io penso che… anzi, sono sicuro che dovresti scrivere anche di me!»
 
Scuote la testa. No, questo non gliel’ha detto. 
Chissà quante altre cose non ha fatto in tempo a dirgli.
«Magari potrei scrivere di te solo per conservare uno storico di tutti i tuoi miglioramenti. Miglioramenti che sarebbero solo per merito mio, ovvio. Sarebbe utile per segnarmi i tuoi punti di forza e le tue debolezze. Pregi e difetti. Sai, per quando diventeremo rivali, dico.»
«Davvero Kageyama? Scriverai di me sul tuo diario?! Di me e basta?» l’imbecille illumina la strada. Che esagerato, non può essere felice e sorridere in maniera normale come tutti gli altri?! 
«Sì. Ma vedi di meritartelo, boke! Perché per ora hai solo difetti!» 
Prima di pensarci gli infila una mano tra i capelli, poi si rende conto che forse è un po’ troppo, allora stringe le ciocche ramate strattonandole, col cuore che vuole uscirgli dalle dita, bofonchiando che schifo, sei tutto sudato e lo spinge via, mentre l’idiota ride con quel suono di campanelle, talmente stupido e leggero che ogni volta che Tobio lo sente vorrebbe ridere con lui, invece finisce sempre per picchiarlo. E infatti anche adesso gli tira un calcio mancandolo e l’altro continua a scampanellare, innervosendolo ancora di più. 
 
«Hinata!» Sulla porta del Sakanoshita, a circa duecento metri di distanza, Sawamura fa un cenno col braccio e poi si infila dentro. 
«Che gli prende oggi?! Sembra più agitato del solito!»
«Ehm… già… ehm, senti, Kageyama, mi tieni un attimo la bici che… che devo allacciarmi la scarpa?!» 
«Cazzo! Quanti anni hai che nemmeno un nodo fatto bene riesci a fare?! Ci penso io, boke!» Si accovaccia ignorando le sue proteste e, strattonandogli una gamba, Tobio lo costringe a poggiare la Converse di tela consumata sulla propria coscia. Quando alza il pantalone della tuta, scopre che i lacci sono ben legati.
«Non sono slacciate, idiota!» Alza lo sguardo e incrocia quello di Hinata. Ha il viso tutto rosso ed è evidentemente agitato. 
«Opss… m-mi sarò sbagliato…»
«Coglione! Magari, già che ci sono, te le lego strette, così non ti si sciolgono mentre pedali.»
«Non… non c’è bisogno… m-ma g-grazie…» 
«Prego, impedito!»
Libera i lacci dal nodo precedente e borbottando quanto l’idiota sia sciatto e pigro, li fa passare negli occhielli più alti – quelli che il boke non ha mai infilato –  all’inizio tirandoli e stringendoli a morte, infine trovando un compromesso con le lamentele di Hinata.
Passa qualche secondo di silenzio. 
Ma Hinata è rumoroso anche quando sta zitto. 
Tobio senza volerlo si riempie dei suoi suoni: il suo respiro, il suo deglutire, le sue dita che scrocchiano, la sua gola che si schiarisce e… stranamente non ne è irritato, odia ammetterlo, ma si sente anzi confortato da quella viva presenza che colma ogni spazio.
 
«Kageyama?»
«Mmh?»
«Sono contento che non c’è stata la fine del mondo, io voglio andare ai Nazionali!»
Tobio finisce con la prima scarpa e si mette ad armeggiare con l’altra.
«Anche io.»
«Kageyama?»
«Mmh?»
«Senti, sarò strano, ma io non sono come Tanaka o Nishinoya. A me delle ragazze e dei baci, eccetera… non m’importa proprio niente! Prima di morire bruciato da palle di fuoco dal cielo o ingoiato da un terremoto, voglio vincere e giocare quante più partite possibile!»
«Anche io!»
«Kageyama?»
«Mmh?»
«La smetti di ripetere tutto quello che dico?!»
Tobio saetta lo sguardo su di lui e lo trova a sorridere, di nuovo, in un modo che gli fa tremare lo stomaco, ma forse è solo fame. 
Forse non era vero che non voleva mangiare.
Sì, sarà sicuramente fame, pensa e comunque, in un moto di irritazione gli stringe forte la caviglia, immobilizzandola, gli sfila la scarpa destra e stringendola in mano fa uno scatto verso il Sakanoshita.
«No! Fermo! Kageyama! Ridammela… aspettami, stronzo!»
Arriva quasi davanti alla porta dell’alimentari guardandosi indietro, Hinata alle calcagna che sbraita zompettando su un piede solo, la bici ormai abbandonata sul marciapiede e Tobio sente un ghigno spaccargli in due la faccia, mentre il cuore gli esplode nel petto. 
Vuole ridere e sta per farlo, ma il dindon alle proprie spalle attira la sua attenzione, si volta e impiega qualche secondo a elaborare ciò che vede.
 
«…S O R P R E S A...!»
 
Su un vassoio tenuto dalle manager, una pila di taiyaki con una candelina sopra. 
Intorno, la squadra e i coach, tra risate e acuti stonati o bassi baritonali di Nishinoya e Tanaka, intonano Happy birthday to you proprio mentre, con una pacca che quasi lo fa cadere a faccia avanti sul vassoio, Hinata lo raggiunge e, strappandogli dalle mani la scarpa, lo strattona per il braccio facendolo abbassare fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso. 
«Tanti auguri, Bakayama!» Gli abbaia in un orecchio.
 
Tobio sta per avere un attacco di panico. 
 
Non ne ha mai avuto uno in vita sua, ma è così che deve essere: la sensazione quasi claustrofobica di sentirsi circondati, questa pienezza nel petto, il cuore che corre riempendogli la gola e mozzandogli il respiro, le ginocchia che tremano, il volto in fiamme…
 
«Soffia sulla candelina, Kageyama-kun!» 
 
Tobio ubbidisce docile a Yacchan, tutti applaudono e fischiano e Shimizu-san risponde alla domanda che non ha ancora fatto: «L’abbiamo scoperto io e Hitoka-chan! Poco prima degli allenamenti stavamo compilando i documenti richiesti dalla federazione per i Nazionali e abbiamo notato la tua data di nascita!» 
«Spero ti piacciano i taiyaki, mia madre non ha fatto in tempo a cucinare altri dolci, oggi…» Aggiunge il coach Ukai accendendosi una sigaretta.
«A te il primo, Kageyama-kun!» dopo aver sfilato la candelina, Takeda sensei gli passa un pesciolino di cialda in un tovagliolo di carta. È ancora tiepido. 
Come una molla, Tobio scatta in avanti in un inchino dall’angolatura perfetta. «Dōmo arigatō gozaimasu hontōni!» 
Cogliendolo di sorpresa, Hinata gli avvolge un braccio intorno al collo e lo stringe contro il proprio busto frizionandogli la testa con le nocche della mano libera.
«Non volevi dire al tuo partner che oggi è il tuo compleanno, eh? Beccati questa, così impari a tenerti i segreti! E d’ora in poi voglio che mi chiami Hinata-san visto che sono più grande di te!»
Quando Tobio inizia a dargli gomitate nello stomaco per liberarsi, il Capitano interviene a dividerli e a quel punto, uno per uno, i suoi compagni di squadra si avvicinano dandogli pacche e pugnetti sulle spalle augurandogli tanti auguri: perfino Tsukishima con la sua faccia da cazzo, prima di salutare tutti e avviarsi verso casa per primo insieme a Yamaguchi, gli chiede se sappia almeno contare fino a sedici. Che simpatico stronzo.
 
E mentre la vita quotidiana intorno a lui riprende il suo corso – Hinata racconta a Yacchan, Nishinoya e Ennoshita come l’ha distratto, facendo una sua pessima imitazione; i senpai parlottano con Takeda sensei degli esami vicini, Narita e Kinoshita guardano ridendo qualcosa sul cellulare, Tanaka ci prova spudoratamente con Shimizu-san e il coach Ukai già sbraita perché liberino l’ingresso del negozio – Tobio dà un morso al taiyaki sperando di deglutire anche il nodo alla gola che da qualche minuto lo sta soffocando. Erano anni che non ne assaggiava uno.
 
Ha un sapore buonissimo.
 
All’improvviso si rende conto di essere felice.
All’improvviso è certo che Kazuyo-san lo abbia perdonato per non essere entrato alla Shiratorizawa.
All’improvviso, per la prima volta, si riscopre grato di essere arrivato proprio con questa squadra ai Nazionali e pensa che…
 
«’Yama sbrigati a mangiare e andiamo al parchetto!»
 
…che non è tanto male avere degli amici.
 
 Vuoi vedere che il mondo è davvero finito ieri e ne è iniziato uno nuovo, oggi?!
 
 
*****
 
 
Dōmo arigatō gozaimasu hontōni: Grazie mille davvero
 
 
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Ciao a tutt*! È venuta un po’ più lunga di quello che avrei voluto (uh, strano sono così stringata di solito XD!), mi sarebbe piaciuto continuare il formato del primo capitolo e pubblicare in una sola volta tutti gli episodi salienti della sua adolescenza, ma era un progetto troppo ambizioso (o forse troppo poco XD) riuscire a condensare in qualche misera riga l’impatto che Hinata e tutto il Karasuno avrà sul nostro adorabile Tobio.
E quindi eccomi qui a scusarmi in anticipo per i pipponi che vi attaccherò sul mio amatissimo Kags.
Grazie per essere arrivat* fin qui, fatemi sapere cosa ne pensate, come sapete adoro fangirlare con voi, praticamente scrivo solo per quello! XD
Un grazie come sempre alla mia amichetta adorata Orikunie che legge sempre per prima<3!
Un abbraccio, a presto!

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