Dreams are all but gone

di Yuki Delleran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Cap. 1

Era buio. Dopotutto era stato lui a decidere che fosse meglio muoversi di notte. Meno rischio di incontrare qualcuno, di essere scoperti. Dovevano essere prudenti, erano dei ricercati. Nessuno doveva sapere, nessuno doveva vedere. Mettere nelle mani di qualcun altro la propria vita e, soprattutto, quella del proprio fratello, faceva paura, ma non c’erano alternative. Era stata una sua decisione. Era per il bene dell’unica persona che gli era rimasta. Non aveva importanza se faceva male, se bruciava più del fuoco, se era come sentirsi lacerare corpo e anima. Se il dolore era talmente intenso da impedirgli persino di perdere i sensi, nonostante fosse stremato, nonostante si sentisse svuotare di ogni forza, ogni linfa vitale, ogni sospiro. Non sentiva più nemmeno la propria voce che urlava, la gola bruciava, il respiro era solo un ansito spezzato. Non importa, non importa. Non era importante cosa ne sarebbe stato di lui, non era importante se non riusciva a respirare, se dove prima c’era un uragano non sarebbe rimasto altro che una pozza d’acqua morta.

Morta.

 

«Wei Ying!»

 

Aprì gli occhi di scatto e subito li richiuse, accecato dal debole bagliore che filtrava dalla finestra. Respirava affannosamente e tremava dalla testa ai piedi, come se fosse stato reduce da una doccia gelata. La sua mano stringeva convulsamente qualcosa.

Quando si azzardò a sollevare di nuovo le palpebre, scoprì che si trattava della manica della veste di Lan WangJi. Faticosamente, costrinse le proprie dita a lasciare la presa.

«Come ti senti?»

Le parole di Lan WangJi raggiunsero il suo orecchio in un sussurro morbido e preoccupato. La sua mano si era sollevata ad accarezzargli la schiena in modo rassicurante.

«Sto… bene.» disse Wei WuXian, senza riuscire a impedire alla propria voce di spezzarsi.

«Non è vero.»

Wei WuXian si raggomitolò tra le braccia del compagno, appoggiando la testa al suo petto. Il battito del cuore di Lan WangJi gli trasmise sicurezza, permise al suo respiro di regolarizzarsi e alle mani di smettere di tremare.

Andava tutto bene. Stava bene. 

«È stato solo un incubo.» disse. «Non è niente di grave. Se mi abbracci me lo scorderò in un secondo.»

Lan WangJi lo strinse a sé, ma non lasciò comunque cadere il discorso.

«Racconta.»

Wei WuXian sorrise appena, il volto affondato tra le pieghe della veste bianca del compagno. Era trascorsa poco più di una settimana da quando avevano fatto ritorno ai Meandri delle Nuvole e già era tornato a essere una seccatura per chi gli stava vicino.

Lan XiChen li aveva accolti con piacere nonostante il periodo di lutto che ancora stava attraversando e SiZhui era stato felice di avere di nuovo accanto le uniche figure genitoriali che avesse mai avuto. Il vecchio Lan Qiren, ovviamente, non era stato d’accordo e aveva suo malgrado accettato la presenza di Wei WuXian sul suolo del clan, a patto che quest’ultimo stesse lontano dagli studenti e non causasse problemi. Il fatto stesso che vivesse nel Jingshi gli causava disturbo, ma Lan WangJi era stato irremovibile su quella soluzione e lo zio non si era opposto oltre, forse nel timore che lasciassero entrambi nuovamente Gusu per tornare a vagabondare chissà dove. Tuttavia non bastava vivere lì per avere un ruolo tra le file del clan Lan. Anche se si sforzava il più possibile di non darlo a vedere e di trascorrere giorni spensierati finchè ne aveva la possibilità, quella situazione lo faceva sentire stranamente instabile. Aveva appena iniziato ad accettare la possibilità di vivere in pace e costruirsi un futuro tranquillo, quando erano giunti gli incubi. Non appena la sua mente cessava di essere all’erta e costantemente sul chi vive, immagini del passato la travolgevano, riportando a galla episodi dolorosi che gli spezzavano il respiro. Quando succedeva e si svegliava di soprassalto madido di sudore, tentava di essere il più discreto possibile. Lan WangJi non meritava che anche il suo riposo fosse turbato, ma spesso, nonostante tutti i suoi sforzi, l’altro si svegliava al minimo tremito inusuale. Wei WuXian aveva provato già altre volte a sviare il discorso e a distrarlo, anche con battute e atteggiamenti maliziosi, ma questa volta non ne aveva la forza.

«Ho sognato la notte in cui mi è stato sottratto… anzi, no, ho ceduto il mio nucleo dorato.»

A quelle parole sentì il corpo di Lan WangJi irrigidirsi, come ogni volta che si accennava a quel discorso. Wei WuXian sapeva che conoscere quella parte della sua storia l’aveva fatto soffrire ed era il motivo per cui avrebbe voluto tenergliela nascosta per sempre. Purtroppo le cose erano andate diversamente.

«Scusami.» mormorò. «Non volevo metterti a disagio. Davvero, va tutto bene.»

«Non scusarti.»

Lan WangJi lo strinse di più. 

Tra quelle braccia si sentiva al sicuro, avrebbe davvero voluto rimanere lì per sempre, senza far preoccupare più nessuno, ma sapeva che non avrebbe funzionato.

«La tua energia è diversa.» sentì dire Lan WangJi accanto al suo orecchio. «Posso sentirla.»

«Intendi dalla mia vita passata? Mo XuanYu era un cultore meno addestrato, quindi immagino sia normale che io ora sia meno potente di un tempo. Inoltre il suo corpo è notevolmente più debole.»

L’aveva ripetuto mille volte per scherzo o per farsi coccolare da Lan WangJi, ma in fondo era vero: quando era stato il Patriarca di Yiling la sua forza era stata senza ombra di dubbio maggiore.

Lan WangJi scosse appena la testa.

«Nella tua scorsa vita sentivo che la tua energia vitale era compromessa, ma non avrei saputo dire perchè. Non avevo capito.»

Ancora incolpava sé stesso per quell’incapacità.

«Ora scorre libera, come un tempo.»

Wei WuXian si portò una mano al petto: questo corpo non era stato straziato e privato della sua fonte vitale, gli era stato dato in dono integro e funzionante, l’aveva capito dal primo istante, eppure non aveva osato davvero farne uso. Forse non ne era più nemmeno in grado.

«Non credo che potrei…»

S’interruppe, mordendosi un labbro, indeciso. Non era da lui arrendersi senza nemmeno provare. Eppure la sola idea era un rischio: una speranza che poteva essere disillusa lo spaventava più che affrontare una vita senza speranza alcuna.

«Lo faremo insieme.» disse Lan WangJi, stringendogli una mano e fissandolo con occhi luminosi.

Wei WuXian si sporse in avanti e baciò quelle labbra serie.

«Grazie di essere sempre al mio fianco, Lan Zhan!»

«Mn. Non serve ringraziare.»

 

Non era mai stato tentato nulla di simile prima, mai si era sentito di qualcuno che avesse perso il nucleo dorato e poi l’avesse recuperato. Non esistevano testi che contenessero nozioni tecniche sull’argomento e di conseguenza nessuno aveva mai studiato un tipo di addestramento adatto alla situazione. La coltivazione effettuata da persone prive di nucleo che sfruttava l’energia risentita era sempre stata considerata un tabù, un'eresia capace di corrompere corpo e spirito. Per questo veniva chiamata “demoniaca”, sebbene non fosse il termine corretto. Wei WuXian ci aveva riflettuto parecchio ed era giunto alla conclusione che, in questa nuova vita, la lucidità della sua mente non aveva vacillano nonostante l’utilizzo ad alto livello dell’energia risentita proprio grazie al nucleo di Mo XuanYu che, in qualche modo, era in grado di gestirne il flusso. La differenza stava tutta lì, quindi quello che avrebbe dovuto fare era imparare nuovamente a gestire il flusso dell'energia vitale e non di quella risentita. A parole sembrava semplice, ma nei fatti era tutt’altra cosa.

Lan WangJi gli aveva suggerito di seguire il programma di addestramento dei giovani discepoli ma l’idea non si era rivelata del tutto vincente. Un conto era imparare a usare un’energia che il corpo possedeva naturalmente, tutt’altro era disimparare a usarne una che ormai per lui era come respirare. Richiedeva disciplina, fatica e concentrazione, tutte doti in cui Wei WuXian era consapevole di non brillare. Lan WangJi gli aveva offerto il suo aiuto e insieme avevano stilato un programma che gli avrebbe permesso di procedere per gradi e riprendere confidenza con l’uso dell’energia vitale senza sottoporre sia il corpo che la mente a uno sforzo eccessivo. 

C’era voluto del tempo ma, piano piano, si iniziavano a intravedere i primi risultati. 

Anche SiZhui si era accorto che i suoi genitori adottivi stavano lavorando su qualcosa di importante e si era offerto di dare una mano. Wei WuXian era stato piuttosto riluttante all’idea, tutt’altro che desideroso di mettere al corrente il ragazzo della condizione che l’aveva portato a un simile allenamento, ma SiZhui si era dimostrato come sempre molto sensibile e aveva evitato di fare domande che sapeva essere scomode. I suoi padri lo avrebbero informato se e quando lo avrebbero ritenuto opportuno, nel frattempo lui avrebbe fatto tutto quanto in suo potere per supportarli ed essere d’aiuto.

Era successo un paio di settimane dopo l’inizio dell’allenamento. Quella notte Wei WuXian aveva sognato Wen Chao che lo trafiggeva con la sua spada e lo gettava dalla rupe che dava sui Colli dei Sepolcri. Si era svegliato urlando.

«Wei Ying!»

Lan WangJi lo aveva abbracciato immediatamente.

«Sto bene.»

«Non è affatto vero.»

«D’accordo, non è vero.» si era rassegnato a rispondere. «Ma sono solo sogni, non ci si può fare niente. Passeranno.»

Lan WangJi lo aveva tenuto stretto per il resto della notte ma il suo riposo non era più stato sereno.

L’indomani si era allontanato dal solito luogo dove si allenava per appartarsi in un angolo solitario. SiZhui si era offerto di seguirlo per dare una mano, mentre Lan WangJi era occupato con pratiche riguardanti il clan, ma Wei WuXian aveva gentilmente declinato. Il ragazzo aveva le sue lezioni da seguire, non poteva stare tutto il tempo dietro a lui. Inoltre voleva provare a fare qualcosa da solo.

Aveva portato con sé Suibian ed era deciso a manovrarla. Non aveva ancora provato a farlo ma si era convinto che, se fosse riuscito a utilizzare la sua spada come faceva un tempo, almeno parte della sua ansia si sarebbe dissolta. Sarebbe stato come riparare ciò che era stato rotto e reso inutilizzabile in passato.

Ovviamente sulle prime non era stato affatto semplice. La lama si lasciava sfoderare, riconoscendolo come il suo proprietario, ma quando si trattava di muoversi era tutto un altro discorso. La concentrazione necessaria era di molto maggiore rispetto a quella richiesta per il semplice scorrimento dell’energia e occorsero svariati tentativi anche solo per farla sollevare da terra.

Era stato un procedimento lungo e frustrante, Wei WuXian aveva sentito le gocce di sudore imperlargli la fronte e scivolare dietro il collo per lo sforzo di mantenersi focalizzato sull’obiettivo. L’energia risentita che aleggiava nei paraggi lo attirava come api con il miele, ma era consapevole che non sarebbe servita al suo scopo, al contrario avrebbe mandato all’aria giorni interi di impegno. Per questo quando finalmente Suibian si era sollevata da terra con un tremolio, aveva lanciato un’esclamazione entusiasta e si era abbandonato a una giravolta, completamente su di giri. Ce l’aveva fatta! Poteva tornare a essere quello di un tempo! Ora doveva solo riuscire a salirci sopra e tutto sarebbe tornato a posto. Un gioco da ragazzi.

Era stato con questo incontenibile entusiasmo che aveva posato un piede sulla lama, a non più di mezzo metro da terra, ed era stato quello il suo errore.

Forse per via della concentrazione insufficiente o forse per l’instabilità del suo potere, la lama si era inclinata da un lato facendolo scivolare e, tutto d’un tratto, si era sentito mancare il terreno sotto i piedi.

In un istante era stato come essere di nuovo là, sul ciglio di quel dirupo, con una ferita insanguinata che gli impediva di respirare e due occhi crudeli che lo scrutavano decretando la sua fine. Una spinta, la roccia che franava. Il vuoto sotto di sé che faceva gelare il sangue. Il suo cuore perse un battito. 

Un istante dopo due braccia forti lo strinsero, impedendogli l’impatto con il terreno.

Stava tremando.

«Wei Ying!»

Lan WangJi era sopraggiunto a salvarlo ancora una volta.

«Sto…»

«Non dire che stai bene.»

No, non stava bene per niente. Cosa gli era appena passato per la testa?

«Pensavo stessi lavorando.» disse invece.

«SiZhui mi ha chiamato, era preoccupato perché volevi allenarti da solo e a quanto pare aveva ragione.»

Alle sue spalle SiZhui aveva un’espressione spaventata.

«Baba, per favore…» iniziò.

Wei WuXian sospirò nel tentativo di riprendere il controllo.

«Scusami, A-Yuan, non volevo farti spaventare. Non è successo niente di grave. Anche se fossi caduto non mi sarei fatto niente.»

«Baba, sei pallido. Dovresti riposare.» continuò il ragazzo. «Se ti sforzi troppo otterrai l’effetto contrario.»

«SiZhui ha ragione. Dormi male ogni notte e di giorno ti prosciughi di energia. È normale crollare.» rincarò Lan WangJi.

Non era stato esattamente quello il problema, ma Wei WuXian non ritenne opportuno parlarne in presenza del ragazzo.

«Va bene.» capitolò. «Per oggi andiamo a casa.»

Rientrarono al Jingshi dopo aver salutato SiZhui e averlo rassicurato, nonostante il ragazzo non fosse ancora del tutto tranquillo.

«Passerò più tardi a vedere come state, se non vi disturba.» disse, mentre si congedava sulla porta.

«Non disturbi mai, ravanello!» esclamò Wei WuXian facendolo arrossire.

Una volta soli, Lan Wangji tornò a sedersi al proprio tavolo dove si trovavano i rapporti di cui si stava occupando.

«Riposa, è ancora presto per la cena.» disse. «Stasera la farò servire qui.»

Wei WuXian fu sul punto di protestare che non era affatto necessario, che non era così stanco da non poter adempiere ai suoi doveri di ospite e cenare con suo fratello e suo zio come facevano sempre, ma un’occhiata all'espressione del compagno lo fece desistere: era davvero preoccupato per lui.

«Possiamo chiedere a SiZhui di venire.» gli concesse Lan Wangji, guadagnandosi immediatamente un enorme sorriso. 

«Però, Lan Zhaaan! Lo sai che non riesco a dormire nel letto da solo!» si lagnò Wei WuXian lasciandosi cadere sulle lenzuola fresche. «Vieni a farmi compagnia!»

Allungò le braccia verso di lui in un infantile gesto di ricerca di attenzioni. 

«Devo lavorare.» sospirò Lan WangJi.

«Solo per poco! Daaaaiii! Solo finchè non mi addormento!»

Sapeva che l’avrebbe avuta vinta a breve: l’altro non era davvero in grado di negargli nulla.

«Mn.» fu infatti la risposta, prima che Lan WangJi si alzasse e lo raggiungesse sul letto.

Soddisfatto, Wei WuXian gli si raggomitolò contro. Avrebbe voluto scherzare ancora un po’ su quanto fosse felice di essere viziato in quel modo, ma si rese conto di essere più stanco di quanto pensasse e di sentire le palpebre pesanti. Lasciò che un braccio di Lan WangJi lo cingesse, appoggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò cullare dal suo respiro fino a sprofondare nell’oblio del sonno.

 

Correva nel buio, braccato da qualcosa di invisibile e oscuro, che lo circondava come una nebbia malevola. Non riusciva a vedere niente del luogo in cui si trovava, ma sapeva che si trattava di qualcosa di malvagio. Sentiva male dappertutto, per la ferita, per la caduta, per la mancanza di forza, per le ultime energie che se ne stavano andando attraverso il sangue che gocciolava sul terreno. Qualcosa se ne stava nutrendo, si stava nutrendo di lui e avrebbe continuato finché non ne fosse rimasto più nulla. Doveva trovare la forza di reagire… doveva… se solo avesse avuto un po’ più di energia… se solo non avesse fatto tanto male… se solo non avesse sentito crescere il panico… se solo tutto quello che c’era dentro di lui non fosse morto.

Bastò un minimo cedimento perché l’oscurità lo raggiungesse, lo avvolgesse e lo soffocasse, gli addentasse la carne e si abbeverasse al suo sangue. L’avrebbe distrutto. Di lui non sarebbe rimasto più nulla. Nessuno lo avrebbe aiutato. Nessuno. Nemmeno…

«Lan Zhan!»

 

Allungò istintivamente una mano e si ritrovò a stringere la stoffa bianca di un’ampia manica posata lì accanto.

Lan WangJi si chinò subito su di lui, con espressione preoccupata.

«Sono qui. Cos’era questa volta?» chiese, aggrottando le sopracciglia.

Un altro dannato incubo, ecco cos’era.

Wei WuXian spostò lo sguardo di lato e notò la serie di fogli sparpagliati sul pavimento. Lan WangJi era davvero rimasto accanto a lui mentre dormiva, portandosi dietro il lavoro che doveva finire e che chiaramente aveva lasciato cadere quando lui lo aveva afferrato in quel modo.

Una mano delicata scostò i ciuffi che gli ricadevano sugli occhi e si posò sulla sua fronte.

«Non vuoi dirmelo?»

«Erano… i Colli dei Sepolcri. Prima che diventassero un luogo familiare, quando la loro energia risentita ha rischiato di uccidermi.» mormorò Wei WuXian, il volto affondato nella stoffa della manica. «Ero debole, avevo appena perso il nucleo dorato, Wen Chao mi aveva ferito e buttato di sotto. Ero certo che non sarei sopravvissuto.»

«Ma l’hai fatto.» disse Lan WangJi, circondandogli le spalle con un braccio e inducendolo ad alzare lo sguardo.

«Sì, l’ho fatto. A un prezzo che non pensavo avrei mai pagato.» Sorrise. «Però ora sono qui, non ha senso rivangare tutto questo.»

«Forse la tua mente sta solo cercando di elaborare tutto quello che è successo.» ipotizzò Lan WangJi. «Non è poco.»

«Non è più di quello che avete sopportato tu e altri.»

Ma quelle non erano le parole giuste da pronunciare in quel momento. L’espressione di Lan WangJi si oscurò, mentre si tratteneva chiaramente dal rimproverarlo. Wei WuXian sapeva bene quanto lo disturbasse sentirlo sminuire sé stesso e le proprie sofferenze.

«Passerà, Lan Zhan, passerà. Ne sono sicuro. Sono solo sogni, non c’è niente che possiamo fare.» disse quindi, lasciando vagare lo sguardo sulla stanza.

Imbruniva, quasi si dispiaceva di aver dormito così tanto, eppure sentiva ancora gli arti pesanti, come se non si fosse riposato affatto.

«La cena verrà servita tra poco.» disse Lan WangJi. «Ho chiesto che portassero anche una tisana che favorisca un sonno tranquillo. E anche SiZhui sarà qui a momenti, è passato mentre dormivi ma ha preferito non disturbarti.»

Wei WuXian balzò a sedere sul letto, in un impeto di nuova energia, mentre un sorriso si dipingeva spontaneo sulle sue labbra.

«Se A-Yuan sta arrivando allora dobbiamo darci una mossa! Non posso certo farmi trovare in questo stato!»

Lan WangJi si scostò per lasciarlo scendere dal letto e lo osservò mentre si rassettava le vesti e legava di nuovo i lunghi capelli scompigliati.

«Hai intenzione di dirglielo, prima o poi?»

Wei WuXian scosse piano la testa, facendo ondeggiare la coda appena legata.

«Non ce n’è motivo. È una faccenda del passato, finirebbe solo per farlo intristire e preoccupare. Non è qualcosa su cui possa intervenire e sai com’è fatto il nostro bambino, vuole sempre essere d’aiuto.»

«Se verrà a saperlo da altri sarà peggio.»

«Qui non c’è nessuno a parte te e me che possa dirglielo, e non è esattamente il mio argomento di conversazione preferito…»

Lan WangJi annuì e lasciò cadere il discorso.

La cena venne servita poco dopo e SiZhui li raggiunse quasi subito, accolto da entrambi con gioia. Wei WuXian era sempre estremamente felice di passare del tempo in compagnia di quello che considerava un figlio ritrovato. Era una  condizione insolita, visto che non si trattava del suo vero figlio e il tempo che avevano trascorso insieme quando SiZhui era piccolo era stato poco. Gli anni trascorsi a Gusu e la cura che Lan WangJi aveva avuto di lui erano stati indubbiamente maggiori. Eppure, da quando erano tornati, quando parlava con lui SiZhui aveva iniziato a usare quel nomignolo, “baba”, al posto del consueto “Wei-qianbei” e Wei WuXian si era sentito sciogliere d’amore.

Quando si furono seduti tutti al tavolo della cena, subito il ragazzo s’interessò alla sua salute.

«Sei riuscito a riposare un po’, baba? Ti senti meglio?»

«Sono in forma smagliante!» esclamò Wei WuXian con un largo sorriso. «Non devi preoccuparti di niente.»

Eppure SiZhui aveva uno sguardo teso.

«C’è qualcosa che non mi state dicendo?» chiese in tono basso e preoccupato. «Se è così, vi prego, non tenetemi all’oscuro di qualcosa che vi fa soffrire. Sapete che, se posso, farò tutto il possibile per essere d’aiuto.»

Ed eccolo, il suo A-Yuan, pronto a farsi in quattro per dare una mano.

Lan WangJi gli posò una mano sul capo, in una sorta di carezza rassicurante.

«È una vecchia storia. Il tuo baba ha solo bisogno di tempo per venire a patti con quello che gli è successo in passato.»

«Ne so così poco.» continuò SiZhui. «E anche quello che ricordo è così frammentario. So che si tratta di vostre questioni private ma, vi prego, se posso fare qualcosa, qualsiasi cosa, fatemelo sapere.» Si rivolse direttamente a lui. «Non voglio più vederti stare male, per nessun motivo al mondo.»

Wei WuXian avrebbe voluto abbracciarlo. Era così simile a Lan WangJi da fare male.

«Facciamo così.» disse invece. «Continuerai ad assistermi negli allenamenti con la spada finché non avrò raggiunto un grado di controllo decente. Sono sicuro che se ci sei tu anche Lan Zhan sarà più tranquillo.»

«Mn.» fu il solo assenso di conferma, e SiZhui annuì.

«E adesso mangiamo prima che si raffreddi tutto!»

 

La cena era stata consumata all’insegna delle chiacchiere incessanti di Wei WuXian e degli aggiornamenti di SiZhui sui suoi studi. L’indomani sarebbe iniziato un nuovo ciclo e nuovi studenti sarebbero giunti ai Meandri delle Nuvole. Tra questi, lo sapevano tutti, ci sarebbe stato anche Jin Ling, il nuovo capo del clan Jin di Lanling che non aveva ancora un’età adeguata per prendere le redini del potere. Avrebbe studiato a Gusu per un periodo e, per gli anni che mancavano alla sua maggiore età, il Clan Jin sarebbe stato sotto la supervisione del suo parente più prossimo, suo zio, il capoclan Jiang di Yunmeng. 

Lan WangJi ricordava fin troppo bene come fosse andato il loro ultimo incontro con Jiang WanYin, le accuse urlate e le scuse quasi sussurrate che ne erano seguite. Non era certo di come Wei WuXian avrebbe reagito alla presenza di quello che ormai non poteva più considerare un fratello. Alzò lo sguardo per assicurarsi che fosse tutto sotto controllo e si sorprese di vederlo sorridere con calore a SiZhui.

«Sono contento che Jin Ling venga a stare qui.» disse. «Gli farà bene allontanarsi per un po’ dal caos e dalle malelingue e poi potrete stare di nuovo insieme come durante la caccia notturna. Andavate d’accordo, sono sicuro che vi divertirete!»

Il sorriso di risposta di SiZhui esitò un attimo di troppo e il ragazzo deviò lo sguardo di lato.

«Sì, andavamo d’accordo…» disse.

Lan WangJi si chiese che genere di problema potesse mai esserci tra suo figlio, che non aveva mai discusso con nessuno in vita sua, e il giovane maestro Jin. Sperava solo che non si trattasse di qualcosa che aveva a che fare con una certa parentela indesiderata. Parentela che era, in realtà, la vera fonte delle sue preoccupazioni.

«E mi fa piacere che venga anche Jiang Cheng.» disse Wei WuXian in quel momento, come leggendogli nel pensiero. «Certo, magari non vorrà nemmeno vedermi, ma se per caso capitasse di incrociarci non scapperò. Magari avremo modo di parlare con calma.»

Sembrava tranquillo, ma dal modo in cui tamburellava con le dita sul ripiano del tavolo Lan WangJi capì che la sola idea lo rendeva ansioso. Qualsiasi cosa fosse successa, si ripromise, sarebbe stato al suo fianco e l’avrebbe protetto sia dalla frusta che dalle parole sferzanti del capoclan Jiang. Non avrebbe permesso che lo ferissero ancora.

SiZhui si congedò poco dopo augurando a entrambi un sereno riposo e dando loro appuntamento l’indomani per l’allenamento e l’accoglienza dei nuovi studenti. Wei WuXian non poté trattenersi dal salutarlo con un abbraccio rapido ma carico di affetto.

Quando tornò a voltarsi verso di lui, aveva un’espressione serena, completamente diversa da quella con cui si era svegliato e Lan WangJi desiderò vederlo sempre così.

«Non devi vedere Jiang WanYin se non vuoi.» disse.

Wei WuXian alzò le spalle, fingendo noncuranza. «Forse un po’ lo voglio, non posso evitarlo per sempre. Ma non cercherò guai, te lo prometto. Se capiterà gli parlerò, se no sarà per la prossima volta.» 

Avanzò verso di lui, mentre le sue ciglia si abbassavano lentamente sui grandi occhi grigi e lo sguardo si faceva più intenso.

«Adesso che siamo soli dobbiamo proprio parlare di Jiang Cheng?» disse in tono basso e allusivo.

«Certo che no.» rispose Lan WangJi mentre lo accoglieva tra le braccia.

Con dita sicure sciolse il nastro rosso che gli legava i capelli e affondò le mani in quelle onde corvine, mentre Wei WuXian gli circondava il collo con le braccia, per raggiungere le sue labbra. Bastò quel contatto per accendere un fuoco dentro di lui, che lo portò a sollevare il compagno e trasferire entrambi sul grande letto del Jingshi. Mentre lo baciava con impeto crescente, sfilò il proprio nastro frontale e le parole smisero di avere un significato.

Wei WuXian si avvolse il nastro attorno alle dita. Sembrava che gli piacesse averlo tra le mani, giocarci e tenerlo stretto. Questo ogni volta provocava a Lan WangJi una fitta al cuore. Era quel tipo di intimità che andava oltre il mero atto fisico e che lo faceva sentire legato all’altro per la vita. Lo aveva aspettato così tanto che averlo lì tra le sue braccia sembrava ancora un sogno. Per lui sarebbe stato disposto ad andare di nuovo contro tutto e tutti, persino al senso comune e alla morte.

Con un gesto deciso sfilò la fascia che gli cingeva la vita e le falde della sua veste si aprirono davanti ai suoi occhi, rivelando pelle candida e invitante. Lan WangJi si chinò sull’incavo del suo collo, baciandolo con passione e poi affondandovi i denti. Wei WuXian strillò senza vergogna.

«Lan Zhan! Quante volte te lo devo dire di non mordere?! Sei un cane? Il grande e stimato Hanguang-jun che si comporta in questo modo spudorato! Chi l’avrebbe mai detto che tutta la disciplina dei Meandri delle Nuvole nascondesse in realtà un’indole così lasciva! A quanto pare non sono sufficienti tremila regole scolpite nella pietra per un’esistenza come questa…»

Da quando si erano ritrovati, Lan WangJi non aveva mai saputo cosa significasse amarsi in silenzio e non aveva la minima intenzione di lamentarsene. Amava la sua voce, come amava tutto di lui, e per troppo tempo ne aveva patito la mancanza. Anni di dolore, di battaglie, di pochi scontri verbali carichi di rabbia e rancore. E poi anni di silenzio mortale che credeva sarebbero proseguiti per sempre. Poterlo stringere ora era qualcosa di incredibile, potersi intossicare del calore del suo corpo e del suono della sua voce lo mandava in estasi.

«Lan Zhan! Dove stai toccando? Non ti ho mai dato il permesso di… Oh, non fermarti! Non fermarti! Ripensandoci non hai davvero bisogno del mio permesso. Puoi farmi tutto quello che vuoi, basta che non ti fermi! Ah, no, non posso farcela! Abbi pietà di me! Dammi un attimo di respiro! Fai più piano, insomma!»

E Lan WangJi quasi avrebbe voluto ridere se tutta la sua concentrazione non fosse volta a mantenere un minimo di lucidità tra le ginocchia che gli cingevano i fianchi, le braccia che gli circondavano il collo, le labbra affamate che cercavano le sue e quel torrente di chiacchiere ininterrotte che lo stordivano. 

Riusciva solo a rispondere un unico nome sussurrato ancora e ancora.

«Wei Ying… Wei Ying…»

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2

La mattina schiarì delicatamente il cielo lasciando filtrare i primi pallidi raggi di luce dall’ampia finestra del Jingshi. Wei WuXian si svegliò lentamente e impiegò alcuni secondi a rendersi conto di dove si trovava. Lan WangJi dormiva accanto a lui nel letto, quindi non dovevano essere nemmeno le cinque. Un braccio era posato sopra la sua vita, con fare protettivo. La sua veste da camera gli lasciava le spalle scoperte ed era abbassata oltre la schiena, ricordo di ciò che li aveva impegnati quella notte. Un debole rossore si dipinse sulle sue guance mentre una stretta al petto gli faceva salire le lacrime agli occhi. Era così fortunato.Immagini del sogno che lo aveva accompagnato durante il sonno gli vorticavano nella mente. Questa volta non erano di violenza e sangue, ma un soffuso struggimento, una solitudine che lo aveva consumato per troppo tempo. Aveva rivisto la sua vita ai Colli dei Sepolcri, un’esistenza dura che si era autoimposto per proteggere persone innocenti che altrimenti sarebbero andate incontro a una fine orribile e ingiusta. Fine che, in ogni caso, non era riuscito a impedire. Aveva visto Wen Ning e Wen Qing il giorno in cui lo avevano lasciato per andare a immolarsi nel tentativo di impedire a una tragedia che lui stesso aveva provocato di ripercuotersi su tutti loro. Un sacrificio straziante e ancora una volta vano.

Ricordava le sue parole disperate e impotenti.

«Adesso cosa dovrei fare? Qualcuno mi dica cosa devo fare!»

E il tocco delicato della mano di Wen Qing sulla sua spalla.

«Mi dispiace… e grazie.»

Un singhiozzo gli si spezzò nel petto.

Il braccio posato sulla sua vita lo strinse.

«Lan Zhan…»

«Sei qui. Sei al sicuro.» mormorò Lan WangJi accanto al suo orecchio.

Wei WuXian gli si strinse addosso.

«Sì…»

 

I nuovi allievi arrivarono ai Meandri delle Nuvole nel primo pomeriggio. Non erano previste cerimonie ma nel caso delle famiglie più importanti Lan Qiren si era preso il disturbo di allestire un discreto benvenuto. Lan XiChen si teneva ancora lontano dagli eventi mondani, per questo Lan WangJi aveva dovuto prendere il suo posto e di conseguenza Wei WuXian lo aveva seguito, indipendentemente dal parere dello zio. Il clima nella sala era rimasto disteso finché il clan LanlingJin non aveva fatto il suo ingresso, con in testa il capoclan Jiang accompagnato dal nipote.

Nel momento in cui gli sguardi di Wei WuXian e Jiang Cheng s’incorciarono l’atmosfera si gelò.

«Wei WuXian!» fu l’esclamazione che precedette ogni tipo di saluto, lasciando senza parole persino Lan Qiren.

Lan WangJi si tese immediatamente, sporgendosi istintivamente verso il compagno seduto accanto a lui. Wei WuXian era rimasto immobile ma aveva sgranato gli occhi per poi restringerli immediatamente, come se si aspettasse un attacco da un momento all’altro.

Jiang Cheng portò la mano sinistra a ruotare Zidian sull’indice della destra, avanzando di un passo, minaccioso.

La mano di Lan WangJi corse a Bichen, nel fodero al suo fianco.

Fu Jin Ling a spezzare la tensione, facendo un passo avanti e inchinandosi agli anziani del clan Lan che stavano accogliendo i nuovi studenti.

«Porgo i miei omaggi a nome del clan LanlingJin.» disse.

L’attenzione si spostò su di lui e il confronto evaporò prima di iniziare.

Lan WangJi si stupì che il ragazzo avesse avuto la prontezza di spirito di evitare un incidente diplomatico che avrebbe messo in crisi i rapporti tra il clan Lan e il clan Jiang. Nel frattempo Jiang Cheng non aveva staccato gli occhi di dosso al fratello e la sua espressione stava gradualmente mutando dalla rabbia allo sconcerto, fino a una sorta di muta domanda che gli increspava le sopracciglia. Doveva aver capito che qualcosa non andava. Inaspettatamente fece un passo avanti a sua volta, unì le mani e s’inchinò prima agli anziani e poi in direzione degli stessi Lan WangJi e Wei WuXian, prima di girare sui tacchi e uscire dalla sala a grandi passi.

Dopo quel momento di tensione, l’accoglienza dei nuovi allievi proseguì senza ulteriori incidenti e ben presto le cerimonie si esaurirono. Quando gli anziani iniziarono a congedarsi e a lasciare la sala, anche Lan WangJi e Wei WuXian si avviarono per ritirarsi, sollevati che non fosse successo niente di irreparabile.

 

«Jiujiu! Come ti è saltato in mente di lasciarmi lì da solo? Ho fatto la figura dello stupido!»

Jin Ling si stava lamentando da cinque minuti buoni e Jiang Cheng aveva smesso di ascoltarlo. Per essere totalmente sincero con sé stesso, lui ai Meandri delle Nuvole non ci sarebbe nemmeno voluto andare. L’ultima cosa al mondo che desiderava era recarsi nel luogo più probabile dove avrebbe potuto incontrare la persona che ancora gli causava bruschi sbalzi emotivi: suo fratello adottivo tornato dalla morte. E proprio perché non lo voleva vedere, se lo ritrovò davanti insieme a Lan WangJi che svoltavano l’angolo uscendo dall’edificio che ospitava le lezioni.

Non appena li vide, Jin Ling smise all’istante di parlare, s’rrigidì e sgranò gli occhi.

«Hanguang-jun!» esclamò.

I due nuovi venuti si bloccarono sul posto e vide i loro sguardi schizzare dal ragazzo a lui stesso, chiaramente a disagio. Avrebbero entrambi preferito un modo rapido e indolore per fare finta di nulla e andarsene, ma ormai era troppo tardi.

Come sempre in situazioni del genere, Lan WangJi fece un passo avanti e si frappose fra Wei WuXian e qualsiasi cosa potesse rappresentare una minaccia. Quest’ultimo però gli posò una mano sul braccio, con il chiaro intento di tranquillizzarlo.

Jiang Cheng indugiò con lo sguardo sul suo volto, studiandolo da vicino come non aveva potuto fare nella sala poco prima. Appariva decisamente meno vivace del solito, era pallido e i suoi occhi erano cerchiati da occhiaie scure. Sembrava che non se la stesse passando molto bene, che fosse malato? O che fosse stato ferito di nuovo? Un pensiero gli attraversò la mente come un lampo: non poteva trattarsi di un problema legato al nucleo dorato, vero? Se non si era mai manifestato da quando era tornato, non poteva certo trattarsi di quello. Anche se, si rese conto, lui non aveva davvero gli strumenti per dire cosa fosse o non fosse successo a suo fratello da quando era tornato, visto che i loro incontri erano stati sempre e solo scontri. Non aveva idea di cosa avesse passato.

Istintivamente fece per muovere un passo in avanti, per porre una domanda che gli bruciava sulla lingua, ma quando, a quell’accenno, vide l’espressione di Wei WuXian farsi circospetta, abbassò lo sguardo. Non aprì bocca, afferrò Jin Ling per un braccio e lo trascinò via.

Per i giorni successivi, mentre era ospite ai Meandri delle Nuvole come gli altri capiclan, fece in modo di tenere d’occhio la situazione per capire cosa stesse succedendo e perché la persona che una volta avrebbe voluto distruggere con le sue mani improvvisamente gli apparisse sull’orlo di un crollo.

La mattina, con la scusa di seguire le prime fasi dell’addestramento di Jin Ling, faceva particolarmente attenzione a dove si dirigevano Lan SiZhui e Wei WuXian e dopo alcuni giorni scoprì che si dedicavano a un allenamento insolito. Sembrava che suo fratello si stesse impegnando a maneggiare la spada ma la sua ben nota destrezza era completamente venuta meno. Più di una volta si era fermato a osservarli da lontano ed era stato quasi doloroso constatare che il ragazzo più giovane gli era di fatto superiore a livello di abilità. Wei WuXian faticava a muovere la lama con il suo potere e si stancava in fretta, come se questo lo prosciugasse di qualunque energia. Quando lo vide cadere dalla spada per l'ennesima volta e SiZhui accorrere sollecito ad aiutarlo, ebbe la conferma definitiva dei suoi sospetti: quello era un allenamento per ripristinare l’uso dell’energia vitale al posto di quella risentita. Wei WuXian aveva di nuovo un nucleo dorato e stava imparando a usarlo. Una fitta al petto lo portò a distogliere lo sguardo da quello spettacolo che, fino a poco tempo prima, avrebbe definito pietoso. Suo fratello era stato un coltivatore brillante e pieno di talento, persino durante la sua deriva eretica, vederlo in quello stato gli provocava un profondo disagio. Wei WuXian era stato colui a causa del quale il suo clan era stato distrutto, i suoi genitori e sua sorella erano morti, quello che aveva fatto per lui, per sua stessa ammissione, era stato solo un pagamento dovuto. E allora perchè, guardandolo, si sentiva così in colpa?

 

Visto che suo zio sembrava impegnato in cose che non gli era dato conoscere, Jin Ling aveva iniziato ben presto a non badare alla sua eventuale presenza o assenza. Dopo i primi giorni di smarrimento aveva ritrovato l’equilibrio familiare con i discepoli del clan Lan, SiZhui, JingYi e ZiZhen. Diversamente da quanto si era aspettato, erano stati tutti felici di vederlo e si erano informati subito su come stesse dopo la perdita appena subita. La sua famiglia vantava già pochi membri e la morte di suo zio GuangYao lo aveva fatto sentire perso. Ora il peso dell’intero clan sarebbe gravato sulle sue spalle e, a parte lo zio Jiang Cheng, non aveva nessun altro parente di sangue in vita. Era destabilizzante e, come se non bastasse, letteralmente chiunque avesse avuto attorno prima della partenza non aveva fatto altro che parlare, ad alta voce e ignorando il fatto che potesse sentirli, di quanto lui fosse inadeguato al ruolo di capoclan e quanto per questo i Jin si potessero considerare finiti. Arrivare ai Meandri delle Nuvole era stato un toccasana per i suoi nervi.

Più o meno consapevoli di come andassero le cose fuori Gusu, gli altri ragazzi si erano mostrati solidali con lui e lo avevano incoraggiato, facendogli le condoglianze per il lutto appena subito e rassicurandolo sul fatto che lì ogni tipo di pettegolezzo era proibito quindi nessuno gli avrebbe dato fastidio. SiZhui soprattutto era stato particolarmente sollecito nell’assicurarsi che fosse a proprio agio, cosa che aveva fatto sentire Jin Ling vagamente in imbarazzo. SiZhui era sempre così gentile, calmo e posato che spesso non sapeva come reagire di fronte a lui e finiva per fare pessime figure. Spesso restava a guardarlo da lontano e si era reso conto, senza ombra di dubbio, che fosse il più dotato fra i discepoli in fase di addestramento: era agile, veloce e intuitivo, era abile con la spada e con il guqin, la maggior parte dei suoi colpi andava a segno ed era davvero una gioia per gli occhi ammirare i suoi movimenti. Oltre a essere innegabilmente attraente.

Jin Ling s’irrigidì quando quel pensiero si affacciò alla sua mente e distolse di scatto lo sguardo dal combattimento simulato a cui stava assistendo. Cosa si metteva a pensare? Doveva essere la cattiva influenza di quella mezza-manica del suo nuovo zio acquisito!

«Bello, eh?» esclamò una voce accanto a lui, facendolo sobbalzare.

«Cosa?!» ribatté con un tono di voce troppo stridulo.

«Lo stile di combattimento di SiZhui.» disse Lan JingYi, che l’aveva raggiunto. «È così elegante. Beato lui che ha potuto imparare da Hanguang-jun fin da piccolo!»

«Anch’io ho imparato da mio zio fin da piccolo!» protestò Jin Ling, punto sul vivo.

JingYi ridacchiò.

«Perdona la franchezza, Jin-gongzi, ma si vede!»

«Cosa vorresti dire?» fece Jin Ling, piccato. «Magari non sarà lo stile più elegante del mondo, ma almeno è efficace! Vogliamo parlare del tuo?»

Indicò sprezzante la veste bianca dell’amico macchiata di polvere e fango sul davanti e sugli orli.

«Almeno io non mi concio in questo modo. Ma poi, davvero, chi ve lo fa fare di vestirvi di bianco? Oh, certo, molto suggestivo il richiamo della veste sacra, del lutto e bla bla bla, ma in quanto a praticità durante una caccia notturna è molto discutibile.»

JingYi si piantò le mani sui fianchi, indignato.

«Come ti permetti di parlare male della sacra veste dei Lan? Proprio tu, che te ne vai a zonzo nei boschi vestito d’oro dalla testa ai piedi! Mimetismo perfetto!»

Jin Ling aprì la bocca per ribattere a tono, ma una mano posata sulla spalla lo interruppe.

«Su, su, non litigate per queste sciocchezze.» disse SiZhui con un sorriso, mentre si tergeva il sudore con un piccolo asciugamano. «Ha davvero importanza il colore ufficiale di un clan?»

A quel tocco Jin Ling schizzò di lato, avvampando fino alle orecchie.

«C-certo che ha importanza! Ne va del buon nome del clan LanlingJin!»

«E del buon nome del clan GusuLan, invece?» protestò JingYi.

«Dai, ragazzi…»

Fu in quel momento che tutti e tre si resero conto del leggero brusio di voci poco distanti. Un piccolo capannello di discepoli di clan minori li stava fissando e parlottava sottovoce. Li raggiunsero solo poche frasi ma tanto bastò per far sbiancare Jin Ling.

«Avete visto che coraggio Jin-gongzi? Mettersi a discutere addirittura con i discepoli Lan, come se il clan Jin non fosse già caduto abbastanza in disgrazia.»

«Mah, è sempre stato una testa calda, del resto senza un genitore a fargli da guida cosa ci si poteva aspettare?»

«È già tanto che gli abbiano permesso di venire qui, dopo tutto quello che è successo tra suo zio e Zewu-jun. La sua presenza è un insulto all’intero clan.»

Jin Ling serrò i pugni per impedire alle sue mani di tremare. Prese un respiro e s’impose di non andare a picchiarli. Era abituato a sentirsi parlare alle spalle, si disse. Non era una novità. Lo sapeva.

«Lan SiZhui non dovrebbe dargli confidenza, finirà per rovinargli la reputazione.»

Jin Ling sentì qualcosa che si spezzava dentro di sé e mosse un istintivo passo avanti, travolto dalla rabbia.

«Basta!»

La voce ferma che riecheggiò sul campo di allenamento gelò tutti sul posto.

SiZhui si frappose tra Jin Ling e il gruppetto, le mani sui fianchi e l’espressione minacciosa.

«I pettegolezzi sono proibiti nei Meandri delle Nuvole, mi auguro che non intendiate infrangere le regole già dai primi giorni. Se lo farete di nuovo sarò costretto a fare rapporto ad Hanguang-jun. Quello che accade al di fuori del vostro clan non è affare che vi riguardi e non tollererò un comportamento meno che rispettoso nei confronti di un ospite di riguardo come Jin-gongzi

Dopo un attimo di smarrimento, i componenti del gruppetto s’inchinarono rigidamente.

«Chiediamo scusa, Lan-shixiong.» dissero, prima di voltarsi e darsela a gambe.

Jin Ling era senza parole. Al punto che quando SiZhui si avvicinò per assicurarsi che fosse tutto a posto, arrossì furiosamente e corse via a sua volta.

 

Wei WuXian scoppiò in una sonora risata.

«Sono così trasparenti.» disse, dando di gomito a Lan WangJi.

Si erano attardati su uno dei camminamenti che circondavano il campo di allenamento, in modo da poter assistere al combattimento simulato di SiZhui, ma la loro attenzione era stata attirata dalla scenetta tra Jin Ling e JingYi e da quello che era seguito. Wei WuXian lo trovava estremamente interessante.

«Non trovi anche tu che siano molto teneri, Lan Zhan? Si vede lontano un miglio che Jin Ling si è preso una cotta per il nostro bambino, ma non lo ammetterà mai.» continuò. «Del resto come dargli torto, A-Yuan è bello, nobile ed elegante, fa parte di un’ottima famiglia, è leale e sincero e non esita a schierarsi contro le ingiustizie. Ha preso tutto da suo padre!»

Ammiccò in direzione di Lan WangJi, poi il suo sorriso di addolcì.

«Forse Jin Ling ci metterà un po’ a capire, ma può permettersi di fare il ritroso, non siamo in guerra. Ha tempo.»

Lan WangJi gli strinse una mano.

«Quando ho iniziato a corteggiarti non eravamo in guerra.» obiettò.

Wei WuXian gli rivolse un’espressione esageratamente indignata.

«Lan Zhan! Tu non mi hai mai corteggiato!»

«O forse non te ne sei mai accorto.»

Wei WuXian fece per ribattere ma Lan WangJi mise fine a ogni possibile recriminazione chinandosi su di lui e zittendolo a modo suo, non badando affatto a dove si trovassero. Lo lasciò solo quando il respiro di entrambi si fece affannoso e le guance di Wei WuXian raggiunsero lo stesso colore del suo nastro.

«Insomma, Hanguang-jun, che spudoratezza!» lo rimproverò scherzosamente. «Farai piangere tuo zio!»

Ma dopo quel bacio l’ultima cosa a cui Lan WangJi voleva pensare era il parere di suo zio.

«Non dicevi di volermi mostrare qualcosa?» chiese.

«Non me lo sono dimenticato!» esclamò Wei WuXian afferrandolo per un braccio e cominciando a trascinarlo con entusiasmo. «Vieni! Andiamo in un posto dove nessuno ci può disturbare!»

Si appartarono lontano dal campo di allenamento, protetti dalla vista altrui da alcuni lussureggianti cespugli.

Wei WuXian lo lasciò andare e si mise di fronte a lui. Non disse una parola, si limitò a chiudere gli occhi e a portare davanti al viso la mano destra, indice e medio sollevati nel rituale gesto di concentrazione e incanalamento dell’energia. Suibian, che pendeva dal suo fianco, emise un bagliore e un piccolo lampo rossastro, prima di sfoderarsi senza venire toccata e schizzare in avanti. La spada si sollevò e compì un’ampia parabola prima di scendere in picchiata e trafiggere con precisione alcune foglie. Quando raggiunse di nuovo il terreno, Wei WuXian aprì gli occhi e balzò sulla lama. Era stabile, non s’inclinava in modo pericoloso e lo sosteneva senza problemi. Era una sensazione inebriante, dopo tanti fallimenti. Aveva imparato a essere cauto, certo, ma questa volta non si sarebbe risparmiato. Avrebbe mostrato a Lan WangJi tutti i suoi progressi. Al suo comando, Suibian lo portò in alto, facendogli fare un giro completo del boschetto e, quando tornò ad abbassarsi, vide che Lan WangJi lo stava fissando con occhi luminosi, sinceramente stupefatto. D’istinto, Wei WuXian allungò le braccia verso di lui e spiccò un balzo, abbandonando la spada, che s’inclinò fino a conficcarsi nel terreno. Lan WangJi sollevò immediatamente le mani e un istante dopo lo strinse a sè, inebriato dalla sua risata.

«Sei stato bravo.» mormorò con voce calda accanto al suo orecchio, e Wei WuXian sentì gli occhi inumidirsi.

Ce l’aveva fatta. Dopo tanta fatica finalmente era riuscito a manovrare Suibian come una volta. Di questo passo sarebbe tornato a essere un coltivatore degno di questo nome e sentirsi fare i complimenti da Lan WangJi lo riempiva di gioia e commozione.

«Potremo andare di nuovo a caccia insieme, alla pari questa volta.» disse. «Sarò alla tua altezza.»

«Sei sempre stato alla mia altezza e anche di più.» rispose Lan WangJi senza smettere di stringerlo e, se questo poteva essere vero a livello di mero potere e poteva farlo sentire lusingato, decisamente non lo era sotto altri punti di vista. Ora però tutto si sarebbe sistemato. La sua ansia si sarebbe finalmente placata e avrebbe potuto trascorrere una vita tranquilla al fianco delle persone che amava.

Questa volta fu lui a lasciarsi andare per primo alle effusioni e, complice il fatto di essere fuori portata d’orecchio, si fece molti meno scrupoli e finì per farsi prendere anche troppo dall’entusiasmo. Non che Lan WangJi si sognasse mai di mettergli un freno.

 

Quando lasciarono il boschetto, con le vesti ancora leggermente spiegazzate e in disordine, l’ultima persona che si aspettavano di incrociare sulla via verso il Jingshi era Jiang Cheng.

Il capoclan Jiang questa volta non li ignorò, anzi, si piazzò sulla loro strada con sguardo deciso, scrutando entrambi con attenzione. A Lan WangJi quello sguardo non piaceva per niente, sembrava che stesse analizzando ogni piega fuori posto dei loro vestiti e li stesse giudicando. E l’idea che uno come Jiang WanYin avesse qualcosa da ridire sulla condotta di qualcun altro lo irritava particolarmente.

«Ho visto quello che avete fatto.» disse, con un certo cipiglio.

Al suo fianco, Wei WuXian arrossì, chiaramente pensando alle attività appena concluse tra le fronde, e tossicchiò imbarazzato.

«Non mi riferivo a quello!» protestò Jiang Cheng, indignato. «Non me ne importa nulla delle vostre devianze spudorate! Oltretutto, se non volete che vi si chiacchieri alle spalle fareste meglio a essere presentabili in pubblico. Hai delle foglie nei capelli.»

Allungò una mano e ne sfilò una dalle ciocche spettinate di Wei WuXian.

Lan WangJi provò l’istinto di sfoderare Bichen e tagliargli quella mano.

«Parlavo della spada.» chiarì Jiang Cheng, rigirandosi la foglia tra le dita con espressione assorta. «Ho visto come ti allenavi e i risultati che hai ottenuto. Possiamo parlarne?»

Wei WuXian fu colto completamente alla sprovvista ma, dopo uno sguardo fugace a Lan WangJi, annuì appena.

«Certo.» disse.

«Da soli.» ribadì Jiang Cheng.

A Lan WangJi quel tipo non piaceva proprio per niente.

«Wei Ying…» iniziò, ma l’altro gli appoggiò una mano sul braccio, rassicurante.

«Non preoccuparti, Lan Zhan. Parleremo e basta, te lo prometto. Jiang Cheng non cercherà di frustarmi con Zidian o nulla del genere.» Scherzava, ma forse neanche troppo. «Hai del lavoro da finire, ti raggiungo più tardi.»

«Mn.»

Annuendo, si avviò per primo. Era abbastanza certo che lì, nei Meandri delle Nuvole, non potesse davvero succedere niente di male, ma la sfiducia che provava nei confronti del capoclan Jiang faticava a svanire. Avrebbe potuto ferire Wei WuXian in molti altri modi e lui non era più disposto a vederlo in quello stato.

Portare a termine la lettura dei rapporti fu più difficoltoso del solito: non riusciva a togliersi dalla mente il pensiero della discussione tra i due fratelli e di tutti i modi in cui poteva degenerare. Era certo che Wei WuXian sapesse difendersi in caso di bisogno, ma non era altrettanto sicuro che avrebbe voluto farlo. Quell’incertezza gli rendeva impossibile concentrarsi e avrebbe voluto mollare tutto e correre da lui ma, allo stesso tempo, sapeva che era una questione che il compagno aveva il diritto di risolvere come riteneva opportuno, senza che lui si mettesse in mezzo.

All’imbrunire non era ancora tornato e la tensione che si era accumulata nel corpo e nella mente di Lan WangJi era decisamente troppa per essere sciolta con la consueta meditazione serale, quindi decise di recarsi alla sorgente fredda curativa come faceva ogni volta che non riusciva a tenere a bada i pensieri.

Si era appena immerso nell’acqua gelida fino alla vita ed era pronto a spostarsi sotto la cascata, quando percepì la presenza di qualcuno sul bordo della polla. Alzò lo sguardo e lo vide. Fu come un tuffo nel passato che gli provocò una stretta al cuore. Portava i capelli sciolti sulle spalle, poche ciocche raccolte da un nastro scarlatto. L’ampia veste scura bordata di rosso celava la sua figura. I suoi occhi infuocati brillavano di energia risentita.

Allungò istintivamente una mano verso di lui.

«Wei Ying…»

Un battito di palpebre e la figura riprese i suoi contorni reali: i capelli scompigliati, la vestaglia da bagno che copriva la veste da camera e gli occhi grigi gentili che riflettevano i bagliori argentei dell’acqua.

Wei WuXian lo notò e sorrise.

«Non pensavo di trovarti qui, Lan Zhan. Volevo solo prendermi un attimo per calmarmi prima di tornare a casa.»

Si tolse la sopraveste, la piegò e si chinò sulle rocce per poi scivolare in acqua.

Il solo fatto che avesse detto che sarebbe “tornato a casa” fece sciogliere il cuore di Lan WangJi. Era sempre un’emozione sentirlo parlare così di quelli che fino a poco tempo prima erano stati appartamenti troppo grandi e vuoti per una persona sola. Era bello sapere che ora era il luogo dove la persona che amava tornava per sentirsi al sicuro e riposare.

Wei WuXian avanzò verso di lui, la pelle candida in perfetto contrasto con la cascata nera che gli scendeva sulle spalle e ondeggiava sul pelo dell’acqua. Era così bello che non riusciva a distogliere lo sguardo.

«Lan Zhan, Lan Zhan, prima mi hai fissato in modo strano. Cosa stavi pensando? Credevi che fosse qualcun altro?» si sentì chiedere.

Mettere insieme le idee per rispondere fu più complicato del previsto. Non qualcun altro, qualcuno di un altro tempo.

Scosse la testa.

«Per un attimo mi è parso di vedere… il vecchio te stesso.»

«Oh?»

Il sorriso di Wei WuXian si fece malizioso.

«Non dirmi che il virtuoso Hanguang-jun in realtà aveva una passione segreta per il malvagio Patriarca di Yiling?»

«Non sei mai stato malvagio. E non è mai stata segreta.»

Wei WuXian lo schizzò d’acqua, ridacchiando.

«Se ti piaceva tanto lo stile del vecchio me, posso tornare a portare i capelli così. Sarebbe divertente cambiare ogni tanto.»

Lan WangJi lo raggiunse scuotendo la testa.

«No. In quel periodo non eri felice, non voglio riportartelo alla mente per motivi futili.»

Wei WuXian fece per ribattere ma Lan WangJi notò qualcosa che per la distanza e la penombra prima gli era sfuggito. Gli sollevò il mento e lo fissò dritto negli occhi.

Ricevette in cambio uno sguardo spiazzato.

«Hai gli occhi arrossati.» disse, mentre sentiva la rabbia montare. «È stato Jiang WanYin?»

«Cosa? No! O meglio, sì, ma non ha fatto niente di male. Davvero!»

«Sei venuto qui per calmarti e hai pianto. Cosa ti ha fatto?»

Il desiderio di mandare Jiang WanYin a incontrare i suoi tanto amati genitori e antenati si stava facendo impellente.

«Nulla, sul serio! Abbiamo solo parlato ed è stato stranamente calmo. Si è congratulato con me per il successo dell’allenamento e ha detto di essere felice che io abbia di nuovo un nucleo dorato funzionante. Ha detto che anche quando diceva di odiarmi, non ha mai smesso di sentirsi in colpa…»

Vedendo quegli occhi argentei riempirsi di nuovo di lacrime, Lan WangJi provò l’impulso di abbracciarlo.

«E poi ha detto che gli farebbe piacere che passassimo a salutare lo zio e la signora Yu se capitassimo dalle parti di Pontile del Loto.»

Ricordando com’era finita la volta precedente nella sala ancestrale del clan Jiang, Lan WangJi poteva capire fin troppo bene perché Wei WuXian si fosse commosso.

«Non so se torneremo mai come prima, sono successe davvero troppe cose, ma mio fratello mi ha parlato di nuovo, senza aggredirmi o tentare di frustarmi e io…»

La sua voce si spezzò e Lan WangJi lo strinse a sé. Gli accarezzò piano la schiena nuda, passando le dita tra i capelli già ricoperti di goccioline.

«Sono felice per te.» disse.

Wei WuXian annuì, scostandosi quel poco che bastava a strofinarsi gli occhi con il dorso della mano.

«Non c’è proprio nulla da piangere, dovremmo festeggiare!» esclamò.

Avvolse le braccia attorno al collo di Lan WangJi e gli scoccò un bacio sulla guancia.

«Soprattutto festeggiamo che tu non abbia ancora ucciso Jiang Cheng! Che ne dici, Hanguang-jun, ti va di farmi vedere cosa ti piaceva tanto del Patriarca di Yiling? Visto che era un gentiluomo affascinante e virile magari desideravi che fosse lui a prendere l’iniziativa?»

Lan WangJi mise fine a quegli sproloqui sollevandolo di peso tra le braccia e avanzando fino al tappeto erboso appena oltre le rocce, fuori dalla polla, dove lo depositò tra una risatina e l’altra.

«Va bene, va bene, sei stato fin troppo chiaro! Lascia che ti dimostri quanto il Patriarca di Yiling ti desideri allo stesso modo!»

Lan WangJi era sul punto di sfilarsi il nastro frontale e mettere fine a quell'assurdo gioco delle parti, quando Wei WuXian scattò a sedere, sorprendendolo.

«Accidenti, speriamo che nessuno zombie selvaggio scappi stanotte! Visti i precedenti delle nostre visite alla sorgente, sappi che non ho la minima intenzione di lasciare tutto questo a metà!» esclamò.

Lan WangJi scosse appena la testa, condiscendente, mentre un piccolo sorriso gli si dipingeva sulle labbra.

«Niente mi distrarrà da te.»

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


«A-Xian! Sto per sposarmi. Vieni, dammi un parere.»

Il frusciare della stoffa rossa ricamata d’oro lucente invase il suo campo visivo mentre Shijie piroettava, mostrando entusiasta l’abito nuovo di zecca. Era incantevole: una gioia per gli occhi. L’immagine della felicità. Non potè che rimanere incantato a guardarla sorridere. Se lei stava bene, tutto il resto non aveva importanza. Se Shijie era felice, anche accanto a un pavone come Jin ZiXuan, allora lui non avrebbe più aperto bocca e si sarebbe impegnato ad andare d’accordo con il cognato. Perché Shijie si meritava un mondo di amore.

«Sei bellissima.» le disse.

«Non credo a una sola parola!» rise lei. «Vieni, devi scegliere un nome di cortesia!»

Prese tra le dita il pennello e lo intinse nell’inchiostro, ma quando fece per posarlo sul foglio una goccia cadde macchiando la carta. Una goccia di un rosso intenso.

Quando alzò lo sguardo si rese conto che tutto intorno a sé era buio, il suolo era ricoperto di cadaveri e le sue stesse mani erano macchiate di sangue. Delle dita leggere gli sfiorarono la guancia. Sgranando gli occhi, tornò ad abbassarli e scoprì di tendere Shijie tra le braccia, una ferita orribile che le squarciava il petto e il sangue scuro che le macchiava le vesti. La mano ricadde al suolo senza vita e qualcosa si spezzò dentro di lui.

Non riconobbe nemmeno la sua voce che gridava un’incontenibile disperazione.

Wei WuXian spalancò gli occhi, ansimando, il petto che si alzava e si abbassava a un ritmo troppo accelerato. Portò una mano allo sterno e si sforzò di regolarizzare il respiro. Rimase a fissare le travi del soffitto del Jingshi, impossibilitato a chiudere di nuovo gli occhi per il terrore di rivedere quella scena che lo aveva già distrutto una volta.

«Sto bene. Sto bene. Sto bene.» si ripetè più volte.

Erano solo sogni. Era il passato e non si poteva cambiare. Non poteva più fargli del male. Era tutto a posto.

Quando i suoi polmoni ricominciarono a funzionare normalmente e la sua mente si schiarì, si rese conto di essere solo nel letto. In effetti, notò, era strano che Lan WangJi non lo avesse immediatamente abbracciato dopo un risveglio così brusco. Che si fosse alzato prima del solito? Sbirciò verso la finestra da cui filtrava una luce intensa. Forse era lui ad aver dormito troppo. Se così fosse stato si sarebbe di nuovo attirato i rimproveri di Lan Qiren e non aveva tutta questa voglia di sentirsi strigliare e dare del lavativo.

Con un sospiro, spostò le gambe giù dal letto e si apprestò a vestirsi, quando il suo sguardo cadde sul tavolino da notte. Proprio lì giaceva uno splendido fiore di loto accanto a un biglietto su cui la perfetta calligrafia di Lan WangJi gli augurava il buongiorno.

Wei WuXian sentì le labbra piegarsi in un piccolo sorriso che scacciò almeno in parte l’angoscia dell’incubo: anche se non era fisicamente accanto a lui, il suo amato sapeva sempre come fargli avvertire la sua presenza ed essergli di sostegno.

Lan WangJi si era svegliato alle cinque come al solito. Abbassò lo sguardo sul compagno e lo osservò mentre, per una volta, riposava tranquillo. Wei WuXian non faceva un sonno decente da giorni, quindi non trovò nulla di male nel lasciarlo riposare il più possibile. Il giorno prima gli aveva mostrato i suoi progressi nell’allenamento e sembrava che ormai non avesse più problemi con l’uso dell’energia vitale e del nucleo dorato. Sapeva però che per ottenere quel risultato erano stati necessari molti sforzi e molto impegno. Era davvero orgoglioso di lui e quel sonno supplementare era più che meritato.

Dopo la meditazione mattutina, si era recato in visita dal fratello, che ancora stava osservando il lutto per Jin GuangYao e si teneva lontano da tutto e da tutti. Lan XiChen stava soffrendo enormemente e Lan WangJi aveva l’impressione di poterlo comprendere. Anzi, forse era l’unico a poterlo fare davvero.

Il volto di suo fratello appariva sciupato, gli occhi spenti, ma non per questo si mostrò in disordine o gli negò il suo sorriso gentile. Nonostante, tutto XiChen mostrava sempre di apprezzare le sue visite.

«Come sta Wei-gongzi?» gli chiese, dopo i consueti convenevoli.

«Dorme.» rispose Lan WangJi. «Ieri mi ha mostrato i suoi progressi con la spada. Ha fatto davvero un ottimo lavoro, credo che possa tranquillamente raggiungere il livello che aveva nella… voglio dire… che aveva anni fa.»

Non voleva parlare della vita passata di Wei WuXian, gli sembrava irrispettoso nei confronti del fratello che aveva appena perso qualcuno che di certo non sarebbe tornato.

Lan XiChen sorrise.

«Molto bene. Sono felice per lui.» disse. «E per voi. Immagino che parteciperete insieme alla prossima caccia notturna.»

Lan WangJi annuì, scrutando il fratello con attenzione. C’era qualcosa che non gli stava dicendo?

«WangJi…» iniziò infatti, «Ora che Wei-gongzi è di nuovo in grado di usare il suo potere e sta bene, pensi che desideri rimanere ai Meandri delle Nuvole?»

«Non sta bene.» obiettò Lan WangJi, prima di realizzare il resto della frase. «Cosa intendi, Xion-zhang

Il pensiero fuggevole che Wei WuXian volesse andarsene o che qualcuno della sua famiglia intendesse allontanarlo gli era insopportabile.

«Niente di drastico, didi. Solo mi chiedevo se a entrambi stesse bene questa situazione un po’, passami il termine, ambigua.»

«Ambigua?»

Per Lan WangJi non c’era niente di ambiguo nella loro situazione: si appartenevano a vicenda e così sarebbe stato per sempre; pensava che fosse chiaro a chiunque, ma se non lo fosse stato non aveva importanza, bastava che lo sapessero loro.

Lan XiChen scosse la testa.

«Non è importante, WangJi. Se voi state bene, nessuno ha diritto di parola in proposito.»

Era vero; eppure Lan WangJi aveva già pensato e ripensato a quella situazione sospesa dalla visita a Pontile del Loto e più specificatamente da quei due inchini rivolti agli antenati dei Jiang. Ciò che ne sarebbe derivato era un passo enorme per qualsiasi appartenente al mondo della coltivazione e non aveva mai osato esprimere a nessuno i suoi pensieri. Ma, se suo fratello iniziava a porsi delle domande, era possibile che anche Wei WuXian se le fosse fatte e non avere risposte poteva essere destabilizzante. Forse era giunto il momento di mettere in chiaro le cose, anche a costo di ricevere un rifiuto che gli avrebbe spezzato il cuore.

«Xion-zhang, in realtà io vorrei…» iniziò.

L’emozione di esprimere quel concetto ad alta voce gli chiuse la gola, ma sembrò che suo fratello capisse comunque.

Gli sorrise, gentile e comprensivo.

«Richiederò che sia fatto un ordine di seta rossa di ottima fattura e farò venire dei sarti da Caiyi. Tu pensa solo a parlare con lui.»

Lan WangJi annuì, grato di non dover esprimere oltre il turbine confuso di emozioni che gli vorticava in testa.

«Grazie, Xion-zhang

Quando tornò verso il Jingshi, aveva in mente solo di parlare con Wei WuXian, null'altro aveva importanza. Ignorò completamente alcuni segretari che tentavano di passargli i rapporti delle ultime cacce notturne e anche un paio di studenti giunti per chiedere chiarimenti sulla precedente lezione. Ora non aveva tempo per nessuno, solo per la persona che voleva accanto per sempre.

Quando raggiunse la loro stanza, lo trovò seduto sul davanzale della finestra, dando le spalle all’ingresso. Aveva i capelli sciolti e disordinati, le mani che tenevano un fiore di loto abbandonate in grembo. Sembrava perso nella contemplazione delle vette di Gusu.

«Wei Ying.» lo chiamò dolcemente.

Non ottenne risposta.

«Wei Ying!»

A quel secondo richiamo, il giovane si voltò, rivolgendogli uno sguardo spento prima che i suoi occhi lo mettessero a fuoco e lo riconoscessero.

«Lan Zhan! Buongiorno!» esclamò, forzando un’allegria nella voce che sembrava fuori posto.

«È successo qualcosa?» si preoccupò subito Lan WangJi, ma l’altro scosse la testa.

«Solo un po’ di malinconia.»

«Altri sogni?»

Wei WuXian impiegò un attimo di troppo prima di annuire con aria mesta.

«Ma non devi preoccuparti, Lan Zhan, davvero! Sto bene! Mi passerà!»

Sembrava così smarrito, così solo, che Lan WangJi mise da parte ogni remora e si lasciò cadere in ginocchio di fronte a lui.

«Wei Ying.» disse, sforzandosi di trovare le parole per farsi capire. «Wei Ying, io… vorrei dirti una cosa importante.»

Gli occhi di Wei WuXian si spalancarono stupiti, allarmati, incerti su cosa aspettarsi.

Lan WangJi sciolse il proprio nastro frontale e lo ripiegò con cura in una mano.

«So che abbiamo giocato spesso con questo ma vorrei che tu lo accettassi per davvero. Vorrei che diventassimo compagni di coltivazione. Sai… sai cosa significa?»

Vide le sue labbra tremare e quel tentennamento che gli parve infinito fu sul punto di spezzargli il cuore.

«È per sempre.» disse infine Wei WuXian. «Per l’eternità.»

«Sì. Vuoi passare l’eternità con me?»

Wei WuXian allungò le dita fino a sfiorare il nastro candido, ma invece di prenderlo si lasciò scivolare dal davanzale dritto tra le sue braccia.

«Certo che voglio, Lan Zhan!» esclamò con voce rotta. «Io… io non ho fatto nulla per meritarmi un simile onore e tu sei così fantastico che di certo potresti trovare mille persone migliori di me, ma… ma voglio restare con te! Voglio restare con te per sempre!»

Lan WangJi lo strinse forte quando sentì le lacrime bagnare il tessuto della sua veste: l’avrebbe protetto per sempre, l’avrebbe aiutato a stare meglio, non si sarebbero separati mai più.

«Non piangere…» mormorò dolcemente. «Vorrei solo vederti felice.»

«Ma Lan Zhan!» protestò Wei WuXian sollevandosi un poco e strofinandosi gli occhi. «Mi hai appena chiesto di sposarti, come dovrei reagire? Certo che sono felice!»

Gli si accoccolò di nuovo addosso, prendendo finalmente il nastro bianco dalla sua mano e avvolgendoselo attorno a un polso.

«È vero, ci abbiamo giocato tanto, forse troppo per il significato che ha.»

Lan WangJi vi posò sopra una mano.

«Adesso è tuo, puoi tenerlo.»

«Ma…»

«Il nastro è solo un simbolo, te ne darò uno più prezioso durante la cerimonia.»

Non appena pronunciò quella parola, sentì Wei WuXian irrigidirsi tra le sue braccia.

«Cosa c’è?»

Un leggero scuotere della testa.

«Nulla. Solo, è un po’ da metabolizzare. Sarò il marito e il compagno di coltivazione del famoso Hanguang-jun. È incredibile.»

Lan WangJi gli sollevò il viso e lo baciò delicatamente.

«Sarà presto reale.»

Lan XiChen mantenne la promessa e nei giorni seguenti giunsero sia i sarti che una quantità di seta rossa splendida sufficiente a vestire l’intero clan. I preparativi presero finalmente il via, tra misure, tagli e modifiche dell’ultimo momento.

Wei WuXian faceva di tutto per tenere la mente impegnata e lontana da quei metri di stoffa rossa che lo mettevano profondamente a disagio. In quei giorni si impegnò ancora di più con l’allenamento, tanto che ormai riusciva tranquillamente a tenere testa a SiZhui e avrebbe voluto chiedere direttamente a Lan WangJi di duellare con lui: necessitava di avversari più esperti per migliorare ancora le sue tecniche. Questo, purtroppo, non impedì al giorno della prova di arrivare e fu Lan WangJi stesso, visibilmente emozionato, a portargli il sontuoso abito scarlatto fresco di cucitura.

«Puoi provarlo.» disse, adagiandolo sul grande letto del Jingshi.

SiZhui, che era seduto a prendere il tè insieme a suo padre, si alzò rispettosamente e s’inchinò all’altro genitore.

«Allora mi congedo.» disse.

«Resta.» gli disse semplicemente Lan WangJi, posandogli una mano sulla spalla.

Wei WuXian li ignorò entrambi. Il suo sguardo era fisso sull’abito, immobile.

Davanti ai suoi occhi scorrevano le immagini della sua Shijie che volteggiava avvolta da morbida stoffa rossa e oro. Il suo sorriso radioso, la gioia che trapelava da ogni gesto, da ogni parola.

«A-Xian! Sto per sposarmi!»

«Sei bellissima, Shijie!»

«A-Xian, vieni. Scegli un nome di cortesia.»

Poi l’oscurità, il sangue, un ultimo tocco gentile prima della fine.

«A-Xian… Falli smettere… basta… basta…»

«Shijie, li ho fermati.»

«Bene, ben fatto… A-Xian…»

Shijie…

«Non posso farlo.»

Le parole uscirono prima che riuscisse a mettere loro un freno. Quando se ne rese conto era troppo tardi e alzando gli occhi vide Lan WangJi fissarlo incredulo. Alle sue spalle anche SiZhui sembrava sconvolto.

«Io…» iniziò, ma non c’era davvero modo di rimangiarsi quanto appena detto.

L’espressione di Lan WangJi era terribilmente ferita e l’ultima cosa che avrebbe voluto al mondo era fargli del male.

«Nonono, Lan Zhan, io…»

Afferrò una sua mano e la strinse come un naufrago che stava per affogare.

«Io ti appartengo, lo sai! Non posso vivere senza di te! Sei la persona che mi è più cara al mondo e ti amo tantissimo! Non pensare mai, mai, mai il contrario, nemmeno per un momento!»

Lan WangJi coprì quelle dita che lo stringevano disperate con le sue.

«Ma…?»

Wei WuXian abbassò gli occhi.

«Ma non posso indossare un abito del genere. Non posso. Non dopo aver distrutto la felicità della mia Shijie. Lei era così… così bella e piena di gioia e io… io le ho portato via tutto, persino la sua vita.»

Si portò le mani al volto, coprendosi gli occhi.

«Non me lo merito. Non… non posso e basta.»

Era egoista, terribilmente egoista da parte sua uscirsene con un discorso del genere adesso. Avrebbe dovuto chiarirlo prima, ma semplicemente non ce l’aveva fatta. Aveva ignorato il problema, sperando che si risolvesse da solo e che quel rifiuto, magicamente, scomparisse davanti alla vista dell'abito che avrebbe dovuto rappresentare il suo “per sempre”. Ma non era stato così, e se adesso Lan WangJi avesse deciso che non lo voleva più non avrebbe potuto dargli torto. Era un inutile ragazzino capriccioso che piangeva su un passato ormai lontano e irrimediabile.

Inaspettatamente sentì due braccia forti che lo stringevano, a cui se ne aggiunsero subito due più sottili.

«Va bene così.» disse la voce calda di Lan WangJi accanto al suo orecchio.

Allontanando le mani dal volto vide che entrambe le persone più importanti della sua vita lo stavano abbracciando.

«Baba, tu ti meriti tutta la felicità del mondo.» disse SiZhui in tono gentile.

Wei WuXian scosse la testa: non poteva essere così semplice. Non poteva.

«Wei Ying.» disse Lan WangJi prendendogli il volto tra le mani. «Wei Ying, guardami. Non ha importanza. Un abito è solo un abito e una cerimonia è solo una formalità. Non hanno importanza. Non dobbiamo fare nulla se non vuoi.»

Lan WangJi aveva capito tutto, come sempre. Del resto lui c’era stato, quella notte terribile. Aveva visto con i suoi occhi il sangue versato e tutto quello che era successo. Nessuno meglio di lui poteva comprendere come si sentisse, era stato ingiusto da parte sua dubitarne.

«Mi dispiace.»

«Te l’ho detto tante volte, nessun “mi dispiace” tra di noi. Voglio solo che tu stia bene.»

SiZhui teneva ancora una mano tra le sue.

«Ne hai passate tante, più di quante io possa anche solo immaginare.» disse accarezzandogliela piano. «Non scusarti mai con noi di qualcosa che ti fa soffrire. Non spetta a me dirlo, lo so, ma questa è la tua casa, noi siamo la tua famiglia, non abbiamo bisogno di formalità e scuse. Vogliamo solo il tuo bene.»

Wei WuXian appoggiò la fronte contro quella del suo bambino che ora sembrava così adulto e così saggio. Quelle mani calde che lo stringevano, le braccia che lo sostenevano, lo facevano sentire al sicuro, amato, capito. Era una sensazione strana a cui non era abituato. Per lui era più normale essere frainteso, offendere qualcuno, suscitarne il disappunto o l’ira: quel nuovo supporto gli scaldava il cuore in modi che ancora non era certo di poter capire e accettare del tutto.

«Grazie.» mormorò, lasciandosi cullare dall’abbraccio.

Rimasero così per un tempo che gli parve infinito, in un nido di calore che lo faceva sentire protetto. Quando SiZhui non si sciolse dall’abbraccio se ne accorse a malapena.

«Vi lascio riposare. Buona notte, baba, Hanguang-jun.» disse, inchinandosi a entrambi con la consueta cortesia.

Guardandolo allontanarsi, Wei WuXian non poté trattenersi dall’ammirarlo profondamente.

«È davvero meraviglioso.» mormorò.

«Ti somiglia tanto.» rispose Lan WangJi. «È generoso e gentile come te.»

«Non fare confusione, quello sei tu, Lan Zhan!» tentò di scherzare Wei WuXian, ma l’altro lo guardava con un sorriso che valeva più di mille parole.

Decidendosi finalmente a lasciarlo andare, Lan WangJi si diresse verso il letto, dove raccolse l’abito nuziale e lo ripiegò tra le braccia. Spalancò un’anta dell’armadio e lo infilò sul fondo dello scomparto.

«Domani dirò ai sarti che possono tornare a casa.»

Lo disse in tono neutro, ma Wei WuXian vi lesse comunque una nota di rimpianto.

«Mi…»

«Non dire di nuovo che ti dispiace.» venne interrotto in tono tranquillo.

Sospirò.

«D’accordo. Ma mi dispiace davvero.»

Lan WangJi sbuffò l’accenno di una risatina.

«Faccio preparare il bagno. Hai bisogno di rilassarti come si deve.»

Quando la vasca fu pronta e piena d’acqua fumante, sistemata dai domestici oltre un separè che divideva la camera da letto del Jingshi dallo spogliatoio, Lan WangJi lo invitò a raggiungerlo allungando una mano.

Wei WuXian si lasciò spogliare lentamente, uno strato di vesti dopo l’altro, tessuti neri e scarlatti che si ammucchiavano ai suoi piedi. Quando anche il nastro che gli stringeva i capelli venne sciolto, morbide onde corvine scesero sulle sue spalle, coprendogli buona parte della schiena. Lan WangJi le scostò di lato, scoprendogli il collo e posandovi un bacio gentile.

«Precedimi.» disse. «Ti raggiungo subito.»

Wei WuXian non se lo fece ripetere due volte e s’immerse nell’acqua piacevolmente calda che, a poco a poco, sciolse la tensione che si era accumulata nei suoi muscoli. Lentamente, appoggiò la testa all’indietro, al bordo della tinozza, distese le gambe più che poteva e chiuse gli occhi. Non si era reso conto di essere tanto stanco. In effetti, per lui era normale: capitava spesso che non si rendesse conto di essere arrivato al limite, finché non crollava. Quel giorno si era allenato più del solito per tenere la mente impegnata e quello era il risultato.

Era sul punto di assopirsi, quando sentì finalmente delle braccia avvolgerlo e il corpo solido di Lan WangJi prendere posto accanto al suo. Aprendo a malapena gli occhi, si appoggiò al suo petto. Era piacevole rimanere abbracciati nell’acqua calda, un contatto pelle contro pelle che non permetteva nessuna barriera e metteva a nudo ogni fragilità. Nella sua naturalezza faceva quasi paura.

Senza alzare la testa, le ciocche bagnate che gli ricadevano sulla fronte e sugli occhi, si ritrovò a mormorare: «Mi vuoi ancora?»

Mi vuoi ancora bene? Mi vuoi ancora sposare? Mi vuoi ancora vicino?

Si sentiva così stupido… però non riusciva a scacciare la consapevolezza che, a ogni contrasto, era inevitabilmente seguita una rottura o una perdita che lo aveva lasciato più solo di prima.

Sentì la stretta delle braccia di Lan WangJi farsi più salda, senza la minima esitazione.

«Sempre.» disse. «Per sempre. Mi rendi felice. Ti amo. Ti voglio. Non posso lasciarti… non voglio nessun altro… non può essere nessun altro.»

Wei WuXian sentì il cuore saltare un battito. Erano le stesse parole che lui aveva usato e Lan WangJi aveva ripetuto durante la loro reciproca dichiarazione al tempio di Guanyin. Il confermarsi di un sentimento che non sarebbe mai svanito, che aveva atteso anni ed era disposto ad attenderne altrettanti.

«Lan Zhan…»

«Puoi mostrarti vulnerabile. Puoi sbagliare. Puoi dire di no. Non pensare di non potertelo permettere per via delle conseguenze. Io non ti abbandonerò. Noi non ti abbandoneremo, non perderai più nessuno.»

Sotto il suo orecchio, il cuore di Lan WangJi batteva a un ritmo regolare e sicuro. Ascoltarlo lo calmava.

«Accidenti, Lan Zhan, vuoi davvero farmi piangere.» scherzò debolmente, ma non ebbe la forza di aggiungere altro.

Rimase così, abbandonato contro di lui, avvolto dal tepore rigenerante dell’acqua, mentre la voce sommessa di Lan WangJi intonava una melodia delicata che lo cullò fino a farlo addormentare.

Quando riaprì gli occhi era notte fonda. Lan WangJi lo aveva asciugato e rivestito con una candida veste da notte, e ora dormiva accanto a lui, circondandolo in un abbraccio protettivo, come sempre. Era stato estremamente tenero e ancora Wei WuXian faticava a realizzare cos’avesse fatto per meritarsi tanto amore e devozione. A volte pensava che fosse tutto un sogno e che prima o poi si sarebbe svegliato sulla fredda pietra, là nella sua caverna ai Colli dei Sepolcri.

Lentamente e con attenzione, badando a non fare il minimo movimento brusco che potesse turbare il sonno di Lan WangJi, si districò dal suo abbraccio e posò i piedi nudi sul pavimento, rabbrividendo.

Si avvicinò alla finestra e scostò piano gli scuri, lasciando filtrare all’interno la luce argentea della luna. La notte era limpida e stellata, in cielo non si vedeva neanche una nuvola e le lanterne accese nel cortile creavano solo pallide ombre lungo i muri delle costruzioni. Il silenzio regnava sovrano e tutto era immobile nella notte di montagna. Per questo notò all’istante il baluginio dorato dove non avrebbe dovuto esserci e il movimento inusuale che ne seguì. Accennando un sorriso condiscendente tra sé, spalancò la finestra, balzò sul davanzale e la richiuse. La notte di inizio inverno a Gusu sapeva essere fredda e non voleva che Lan WangJi si prendesse un malanno. A piedi nudi, silenziosamente, spiccò un salto per raggiungere il tetto del Jingshi e da lì quello dell’edificio di fronte. Raggiunse la figura misteriosa alle spalle, con un ghigno.

«Pene d’amore o fuga per l’alcool?» chiese.

Jin Ling sobbalzò talmente tanto che per poco non ruzzolò giù dal tetto.

«Tu!» esclamò, puntandogli contro un dito accusatore. «Cosa ci fai fuori a quest’ora? E in camicia da notte!»

Wei WuXian rise e si strofinò le braccia per scaldarsi.

«In effetti fa freddino. Mi sono svegliato, ti ho visto e mi è venuta voglia di venire a parlarti, tutto qui. Allora? Stai andando di nascosto a Caiyi a prendere delle giare di Sorriso dell’Imperatore?»

«Non sono come te.» brontolò Jin Ling, sedendosi a gambe incrociate sul tetto e incrociando anche le braccia. «Non ho intenzione di violare il coprifuoco e mettermi nei guai.»

«Allora sono pene d’amore?» lo stuzzicò Wei WuXian.

Ebbe la soddisfazione di vederlo arrossire anche nella scarsa luce lunare.

«Ma che sciocchezze.»

Rimasero in silenzio per un po’, entrambi fissando le cime in lontananza, poi Jin Ling parlò di nuovo, in tono sommesso.

«Pensavo al periodo in cui mio padre ha frequentato qui le lezioni.» disse senza guardarlo. «Se gli piaceva studiare, se aveva degli amici, se già amava mia madre.»

Wei WuXian sentì il consueto velo di malinconia calargli addosso come ogni volta che si parlava di Jin ZiXuan e Shijie.

«Tuo padre era…» Si morse la lingua per bloccare la parola che gli era nata spontanea - un pavone - «… una persona molto dotata. E sì, il loro fidanzamento era già stato deciso, ma ancora non si conoscevano bene.»

E poi lui ci aveva messo lo zampino, rischiando di mandare tutto a monte. Non ricordava nemmeno più il numero di volte in cui aveva preso a pugni Jin ZiXuan perché mancava di rispetto alla sua Shijie senza sapere nulla.

«Senti un po’.» lo interruppe Jin Ling, lanciandogli un’occhiata obliqua. «Non c’è bisogno che ogni volta che parli dei miei genitori abbassi le orecchie e ti metti la coda tra le gambe.»

Il paragone canino fece rabbrividire involontariamente Wei WuXian.

«Lo so che non li hai uccisi tu, il mio jiujiu me l’ha detto.»

«Jiang Cheng ha…»

«Sì, mi ha detto tutto. So che la morte di mio padre è stata un incidente e quella di mia madre non è stata colpa tua. Jiujiu era lì, l’ha visto che non sei stato tu. Ha detto che tu non le avresti mai fatto del male.»

Erano parole volutamente pronunciate con noncuranza, ma Wei WuXian si sentì comunque stringere il cuore.

«Shijie era… splendida. Era davvero meravigliosa e meritava tutta la felicità del mondo. Non avrebbe dovuto sacrificare la sua vita per uno come me.»

Anche se non era stato lui a ucciderla fisicamente, era stata colpa sua, era accaduto perché lei l’aveva protetto da un colpo di spada che gli sarebbe stato fatale. Ai suoi occhi era sempre stato come se quel colpo l’avesse inferto lui stesso.

«Ti ho odiato, sai?» disse Jin Ling, sempre fissando davanti a sé. «Perché ero convinto che li avessi uccisi con le tue mani e non te ne importasse nulla. Te ne andavi in giro scherzando e ridendo tutto il giorno, facendo lo stupido con Hanguang-jun, sembrava non avessi un problema al mondo.»

«Mi dispiace.»

Non glielo avrebbe mai ripetuto abbastanza spesso.

«Ma jiujiu mi ha detto che lei ti amava.» continuò Jin Ling come se non avesse sentito le sue parole. «Mi ha fatto rabbia, perché lì per lì ho pensato che avrebbe dovuto amare di più me, che avrebbe dovuto vivere per me che avevo bisogno di lei, ma era in corso uno scontro terribile e lei ha visto la tua vita in pericolo. Ed eri il suo fratellino.»

La voce del ragazzo tremò e si spezzò sull’ultima sillaba.

«Ti amava troppo.»

Wei WuXian si sporse in avanti per abbracciarlo, ma Jin Ling lo bloccò sul nascere.

«Non ci provare! Non voglio consolazione da te! E non ho detto che ti ho perdonato, solo che non ti odio più così tanto!»

Quell’atteggiamento brusco era tale e quale a quello di Jiang Cheng. Chissà se Shijie avrebbe riso nel vederlo così. O se si sarebbe commossa.

Sospirando, si alzò in piedi e gli posò una mano sulla testa, in una goffa carezza.

«Va bene, va bene. Ora però rientra o ti prenderai un raffreddore.»

«Parla quello in camicia da notte!» esclamò Jin Ling, prima di alzarsi a sua volta e balzare agilmente giù dal tetto.

Abbozzando un sorriso alla luna, Wei WuXian tornò verso la finestra del Jingshi. L’aprì silenziosamente, s’infilò all’interno e subito sotto le lenzuola.

Lan WangJi rabbrividì al contatto e aprì gli occhi.

«Sei gelido.» borbottò, mezzo addormentato.

«Scusami, Lan Zhan. Ho fatto due passi fuori, la luna è bellissima.»

«Mn.»

Gli si raggomitolò vicino.

«Però è vero, fa freddo. Riscaldami.»

Lan WangJi lo circondò con le braccia e se lo tirò addosso, sciogliendo con dita leggere la cintura che gli legava la veste in vita. Le sue mani calde percorsero la pelle gelata al di sotto e Wei WuXian chiuse gli occhi, grato di potersi abbandonare a quel tepore.

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Lan WangJi aveva rimandato a casa i sarti quella stessa mattina, ma spiegare il motivo a Lan XiChen si era rivelato più arduo del previsto ed era riuscito a mettere insieme solo poche frasi spezzettate per esprimere il proprio dispiacere e rammaricarsi della propria mancanza di gratitudine. Ovviamente Lan XiChen aveva liquidato quello scrupolo con una scrollata di spalle, per concentrarsi maggiormente sul vero nocciolo della questione.

«Sei deluso per la risposta di Wei-gongzi

Lan WangJi scosse la testa.

«Non voglio niente che lui non voglia e se ora non lo desidera, va bene così.»

La sua reale preoccupazione era tutt’altro: i suoi incubi, il suo malessere generale, il disagio e l’ansia che vedeva nei suoi occhi sempre più spesso. L’angoscia di non sapere come aiutarlo.

«Lui… non mi dice niente. Soffre sempre in silenzio e io…» iniziò, interrompendosi poi sul pensiero che suo fratello stava già patendo a sufficienza, non era davvero necessario che si facesse carico anche delle sue preoccupazioni.

Lan XiChen gli rivolse un sorriso gentile e lo invitò a continuare con un cenno leggero della mano.

«Ha incubi quasi tutte le notti, ma raramente me li racconta e sempre in poche parole. Si sforza di mostrarsi tranquillo e vivace come sempre, ma vedo che è in ansia. Non so come essergli d’aiuto.»

Lan XiChen annuì e il suo sorriso si appannò appena, lo sguardo perso dietro un ricordo fuggevole.

«Ha bisogno di tempo. Entrambi ne avete bisogno.» disse infine. «Per te sono passati tredici anni, hai avuto la possibilità di elaborare le esperienze passate. Lui è… perdona la mia brutale franchezza, didi, ma lui è morto. Non è un’esperienza che si può accantonare così facilmente. Per lui quei fatti, quelle tragedie, quei lutti distano solo pochi mesi, è normale che ne sia ancora sconvolto. Ricordo bene in che stato vertevi tu dopo la notizia della sua fine.»

Lan WangJi abbassò lo sguardo, fin troppo consapevole della propria condizione dell’epoca, quando si era lasciato andare alla più cupa disperazione.

«Ci sono voluti anni per superare i traumi di quella guerra.» continuò Lan XiChen. «Non solo per te, ma per tutti noi. Lui non ha avuto il privilegio del tempo che passa. Non mi permetterei mai di definirlo immaturo, non dopo tutto quello che ha attraversato, ma non ha avuto la possibilità di metabolizzare tutti i traumi che ha subito. La sua mente è ferma a tredici anni fa.»

Lan WangJi abbassò lo sguardo, sospirando. Quello che suo fratello stava dicendo era vero e avrebbe dovuto tenerne conto. Invece troppo spesso si era comportato come se Wei WuXian avesse vissuto la sua stessa esperienza. Non aveva badato allo scorrere del tempo, agli anni che aveva perso e a tutto quello che per lui era passato, ma per il suo amato ancora un drammatico presente.

«Stagli vicino. Non forzarlo a parlare se non vuole, ma fagli sapere che ci sei, che lo sostieni sempre. Quel ragazzo ha disperatamente bisogno di un legame reale a cui aggrapparsi.»

Lan WangJi annuì, grato dell’appoggio e della comprensione del fratello. Avrebbe fatto qualunque cosa per aiutare Wei WuXian a stare meglio.

«Domani si terrà l’ultima caccia notturna della stagione.» disse Lan XiChen cambiando bruscamente argomento. «Il capoclan Jiang e il capoclan Jin vi prenderanno parte quindi sarà necessaria una presenza di rappresentanza anche da parte del clan Lan.»

«Lo farò.» rispose Lan WangJi ancora prima che il fratello formalizzasse la sua richiesta. «Potrebbe essere una buona distrazione per Wei Ying.»

Lan XiChen annuì, soddisfatto, e Lan WangJi si congedò con il cuore un po’ meno pesante.


 

«Certo che vengo!» esclamò Wei WuXian, non appena gli venne proposto. «Sono anni che non vado a caccia come si deve e Suibian freme per tornare al lavoro!»

Sarebbe stato un ottimo banco di prova per le sue rinnovate capacità e Lan WangJi sembrava contento della sua compagnia.

«Sarà come ai vecchi tempi, Lan Zhan!» proseguì, entusiasta.

I preparativi furono rapidi ed efficienti. Il clan GusuLan schierò buona parte dei suoi discepoli, compresi SiZhui e JingYi, i capiclan Jiang e Jin si presentarono fianco a fianco alla testa di alcuni componenti di clan minori e il comando della spedizione venne preso dal famoso Hanguang-jun. Wei WuXian si piazzò alle sue spalle, quasi volesse fargli da secondo, anche se percepiva su di sé gli sguardi perplessi della maggior parte dei presenti.

Lan WangJi dispose lo schieramento con poche e concise parole. Gli zombie selvaggi di quella sera erano particolarmente agguerriti, quindi bisognava fare attenzione e coprire più territorio possibile. I discepoli si allargarono a ventaglio, Jiang Cheng si spostò sull’ala sinistra, facendo cenno a Jin Ling di passare a quella destra. SiZhui si affiancò istintivamente a Wei WuXian, mentre JingYi si spostava poco più indietro. Lan WangJi si mosse in avanti.

«Stanno arrivando da quella direzione.» indicò. «State pronti.»

Lanciò un ultimo sguardo a Wei WuXian.

«Fai attenzione.» disse, prima di schizzare in avanti.

Lui annuì, carico di un’energia che rasentava l’euforia. Gli prudevano le mani per l’anticipazione. Era passato davvero troppo tempo dall’ultimo scontro che aveva affrontato e non vedeva l’ora di ingaggiare un combattimento degno di questo nome.

Quando il primo zombie apparve tra gli alberi, posò la mano sull’elsa di Suibian e la sfoderò con un unico gesto fluido, ponendola in guardia davanti a sé. Un combattimento vero era diverso da un allenamento, ma i suoi movimenti avevano ripreso l’agilità e la destrezza di un tempo, quindi riuscì a schivare gli attacchi e a colpire lo zombie senza eccessiva difficoltà. Poco distante da lui anche SiZhui se la stava cavando egregiamente, abbattendo ogni creatura che gli si parava davanti con colpi precisi ed efficaci. Quando avvistò un secondo zombie in avvicinamento, Wei WuXian lanciò Suibian e la indirizzò in modo che lo colpisse e lo abbattesse con un solo fendente, per poi tornare direttamente tra le sue mani. Non appena l’afferrò, l’intera lama s’illuminò della sua energia rosso brillante, intensa e calda. Un sorriso gli distese le labbra mentre un brivido di eccitazione gli correva lungo la schiena.

«Patriarca di Yiling! Wei WuXian!»

Il grido interruppe la sua concentrazione e all’entusiasmo della caccia si sostituì un subitaneo gelo e un dolore bruciante.

Wei WuXian, che a quel richiamo si era voltato istintivamente, abbassò lo sguardo e vide spuntare dalla propria spalla destra una lunga asta piumata. Lo shock e il dolore gli piegarono le ginocchia. Ben presto la manica della veste si inzuppò di sangue, che colò lungo il braccio e gli fece perdere la presa sulla spada. Suibian cadde a terra con un clangore sordo.

Era sempre la stessa storia. Non cambiava mai, nonostante il tempo, gli anni, la sua morte, il suo riscatto. Ci sarebbe sempre stato qualcuno che lo odiava, qualcuno che voleva vendetta per torti che non sarebbero comunque mai stati perdonati. Era così stanco. Così esasperato. Voleva solo una vita tranquilla, eppure tentavano sempre di trascinarlo nel passato, nella violenza, nel dolore.

Un’aura oscura iniziò ad addensarsi attorno alle sue mani, la sinistra illesa corse alla cintura ad afferrare Chenqing. Un bagliore rosso cupo illuminò i suoi occhi.

«Lo vedete? È pericoloso! Userà l’energia risentita contro di noi e ci ucciderà tutti come ha fatto con mio padre alla Città Senza Notte!»

Non voleva uccidere nessuno, non aveva mai voluto farlo. Era sempre stato provocato, attaccato, ferito per primo.

«Quello è il flauto maledetto Chenqing, volete davvero lasciarlo fare? Avete così paura delle ritorsioni del clan GusuLan?! Non è un loro discepolo, non è nulla per loro!»

No, non Lan Zhan. Non doveva davvero coinvolgerlo.

Lingue rosso intenso simili a fiamme si avvolsero a spirale attorno all’oscurità che lo circondava. Con una presa salda afferrò la freccia e la strappò con violenza dalla propria spalla. Il dolore lo accecò ma l’ira stava prendendo il sopravvento.

«Non ci sarà mai fine a tutto questo, vero? Non sarà mai sufficiente!»

Allargò il braccio che stringeva il flauto, ma si sentì afferrare improvvisamente.

«Baba

La voce di SiZhui squarciò le tenebre in cui era precipitato.

«Baba, fermati! Stai perdendo troppo sangue!»

Rumori di colluttazione gli giunsero in lontananza. Qualcuno stava combattendo.

«A-Yuan…»

La sua vista si sfocò. Il dolore prese il sopravvento e si lasciò cadere su un ginocchio.

Dal nulla due braccia forti lo circondarono e lo sostennero.

«Wei Ying!»

«Lan Zhan…»

Altre voci si aggiunsero.

«Ohi, Wei WuXian!»

«Wei-qianbei

Ma Wei WuXian sentiva le forze venire meno e non riuscì a rassicurare nessuno. Faceva così male. Ed era così stanco.

«Resisti. Ti porto a casa.»

Non ebbe nemmeno la forza di rispondere, si lasciò sollevare senza protestare, appoggiò la testa alla spalla di Lan WangJi e permise al buio di inghiottirlo.


 

Il guaritore aveva lasciato la stanza da tempo, ma Lan WangJi non ne voleva sapere di andarsene a sua volta. Sapeva che il capoclan Jiang si era preso l’onere di occuparsi dell’aggressore - sembrava anche aver preso piuttosto male l’accaduto - quindi era abbastanza certo che almeno su quel lato la questione sarebbe stata trattata con la dovuta serietà. Per sicurezza aveva inviato SiZhui a tenere d’occhio la situazione, anche se era stato complicato convincerlo ad allontanarsi dal capezzale del suo baba, e aveva accettato solo quando gli era stato assicurato più volte che fosse fuori pericolo.

Le ore passavano ma Wei WuXian non aveva ancora ripreso conoscenza. Quando se l’era trovato davanti insanguinato, Lan WangJi aveva sentito il cuore fermarsi.

«Non di nuovo!» aveva pensato, mentre accorreva a sostenerlo tra le braccia, del tutto incurante dell’energia risentita che lo circondava.

Aveva sentito le parole dell’uomo che lo aveva aggredito, lui non era nulla per il clan GusuLan, e aveva visto la reazione istintiva di Wei WuXian. Il gesto di strapparsi di dosso la freccia in quel modo non aveva fatto altro che aggravare la ferita, ma poteva ben comprendere lo scatto di rabbia che lo aveva portato a farlo. Lui stesso avrebbe reagito in quel modo. Se solo avessero portato a termine la cerimonia, ora nessuno avrebbe avuto il diritto di dire nulla. Ma non era certo quello il momento di recriminare qualcosa, non quando il suo amato si trovava in quello stato di sofferenza.

Anche nell’incoscienza, aveva un sonno agitato. Poteva vedere le sue ciglia tremare, le sopracciglia aggrottarsi e il leggero velo di sudore che gli imperlava la fronte. Che stesse avendo di nuovo un incubo legato al passato? Lan WangJi gli strinse una mano tra le sue sussurrandogli piano: «Sono qui. Non ti lascio. Non avere paura.»

Invece l’aveva lasciato, aveva permesso di nuovo che qualcuno lo ferisse, nella sciocca illusione che non avrebbe corso pericoli nell’avere a che fare con i clan, non più. Era stato incauto e se ne pentiva ogni secondo, mentre pregava di vedere quegli occhi luminosi che tanto amava aprirsi di nuovo e fissarlo con dolcezza.

Doveva essersi appisolato, perché alzò la testa di scatto non appena sentì le dita tra le sue contrarsi e stringergli la mano.

«Lan Zhan…»

Un mormorio sottile, sofferente.

«Sono qui.»

Wei WuXian lo fissò per un attimo, confuso. Il suo sguardo si mise a fuoco lentamente.

«Cosa… quanto ho dormito?»

«Un giorno intero.» rispose Lan WangJi, non facendo nulla per nascondere la sua apprensione.

«Oh.»

Per un attimo sembrò riflettere, riordinare i pensieri, poi si sollevò su un gomito. La sua espressione si contrasse in una smorfia di dolore.

Subito Lan WangJi lo spinse di nuovo sul materasso e con un gesto rapido gli aprì la veste per controllare la fasciatura. Nessuna macchia di sangue, la ferita non si era riaperta.

«Non fare sforzi inutili, il guaritore ha detto che devi rimanere a letto per un po’.» disse.

«E tu non approfittarne per spogliarmi impunemente.» rise Wei WuXian, lanciandogli un’occhiata maliziosa mentre riaccostava i lembi della veste. Rilasciò un sospiro e tornò serio. «Mi sono fatto prendere la mano, mi dispiace. Se non fosse stato per A-Yuan, io…»

«Ti stavi difendendo.» lo interruppe Lan WangJi. «Sei stato aggredito, era il minimo che potessi fare.»

«Lo so, ma ho lasciato che l'energia risentita prendesse il sopravvento. Quell’uomo ha accusato il Patriarca di Yiling… ha accusato me, di essere pericoloso… e io gli ho dato ragione.»

Si portò una mano a coprire gli occhi.

«Mi sono sentito frustrato. E arrabbiato. E stanco. Ma non avrei dovuto farlo. Ti ho messo in una brutta situazione, mi dispiace.»

Di fronte a quel tono affranto, di fronte alla vittima che, per l’ennesima volta, si scusava per aver osato difendersi, Lan WangJi si sentì spezzare il cuore.

«Non hai nulla di cui scusarti con me, non farlo mai. Quanto a quell’uomo, suo padre è morto durante lo scontro alla Città Senza Notte. Sappiamo entrambi in che stato ti trovavi all’epoca, non ha senso rivangare il passato. È stata commessa un’aggressione contro un ospite del clan GusuLan, non resterà impunita. Ora se ne sta occupando Jiang WanYin, ma l’ultima parola spetta a mio zio e a me. Non devi temere.»

«Non fategli del male.» sospirò Wei WuXian. «Non aveva torto a voler vendicare suo padre.»

Rimase in silenzio per un attimo, poi riprese, come ricordando qualcosa: «Jiang Cheng? C’era anche Jiang Cheng alla caccia, l’ho sentito chiamare il mio nome. E A-Yuan come sta? Si sarà spaventato a morte.»

In effetti, quando Lan WangJi lo aveva sollevato tra le braccia per riportarlo ai Meandri delle Nuvole, Jiang Cheng lo aveva tallonato da vicino, pallido come un cencio, e c’era voluto un ordine perentorio del guaritore per farlo rimanere fuori dalla stanza durante la medicazione. Sia lui che SiZhui avevano voluto rimanere al suo fianco il più possibile.

«Il capoclan Jiang ha voluto accertarsi che fossi fuori pericolo prima di offrirsi di occuparsi del caso.» disse Lan WangJi, risparmiando di descrivere al suo già fin troppo provato compagno l’espressione truce con cui suo fratello aveva assunto l’incarico, frusta sfrigolante alla mano. «SiZhui sta bene. Era molto in ansia e ha accettato di seguire Jiang WanYin solo quando il guaritore gli ha assicurato che non correvi ulteriori rischi.»

«Dovrò scusarmi di nuovo con lui. Sono un pessimo padre.»

«SiZhui non vuole le tue scuse, come non le voglio io. Vogliamo solo che tu stia bene.»

Già, continuava a ripeterglielo. Voleva solo che lui stesse bene. Eppure, puntualmente, succedeva qualcosa che lo feriva, che destabilizzava il suo equilibrio, e lui non poteva fare niente se non assistere alla sua ennesima, dolorosa caduta. Lan WangJi si detestava per questa sua incapacità. Aveva giurato di proteggerlo, ma non sembrava mai abbastanza.

«Riposa.» disse, chinandosi in avanti e posandogli un bacio sulla fronte. «Resterò qui con te per tutto il tempo che vorrai.»

Wei WuXian gli sorrise, grato, e lasciò che le ciglia si abbassassero di nuovo su quegli occhi che tanto adorava.


 

L’indomani mattina, quando Lan WangJi si destò, si ritrovò da solo nel letto. Era presto, di solito Wei WuXian faticava a svegliarsi a quell’ora, inoltre era ferito, non avrebbe dovuto andarsene in giro autonomamente.

Il gelo del panico lo invase. Era stato aggredito solo il giorno prima, benché l’assalitore fosse stato rinchiuso non era detto che fosse stato l’unico e, anche se attorno ai Meandri delle Nuvole c’erano diverse barriere protettive, un cultore esperto poteva essere riuscito a disattivarle. Poteva essere successo di tutto.

Buttandosi sulle spalle la prima cosa che trovò accanto al letto, uscì di corsa dalla stanza e prese a guardarsi attorno freneticamente. I corridoi erano deserti, così come il giardino di fronte al Jingshi. Sempre più in ansia, si diresse verso i campi di allenamento e fu lì che lo vide, seduto sul prato, circondato dai discepoli, che ridevano e mangiavano panini al vapore.

«Wei Ying!» esclamò, correndogli incontro.

Lui alzò lo sguardo, stupito, e gli sorrise come se nulla fosse.

«Buongiorno, Lan Zhan. I ragazzi e io stavamo facendo colazione all’aperto, per goderci l’aria frizzante del mattino.»

Poi sembrò notare che qualcosa non andava.

«Va tutto bene? Perché hai addosso la veste da camera? Dov’è il tuo nastro frontale?»

Solo in quel momento Lan WangJi si rese conto di non essere per nulla presentabile, di essere uscito senza vestirsi adeguatamente e con i capelli sciolti e scarmigliati. L’ansia dentro di lui si sciolse in una punta di irritazione.

«Colazione?» disse con voce bassa e fredda.

«Sì, i ragazzi volevano sapere come stessi e…»

«Sei convalescente.» lo interruppe Lan WangJi. «Dovresti stare a letto. Riposare. Non prendere freddo.»

Wei WuXian si lasciò sfuggire una risatina.

«Lan Zhan, Lan Zhan, non fare la mamma chioccia. Io sto benone, non morirò certo per una cosa del genere!»

Fu come se gli avessero gettato addosso una secchiata d’acqua gelida. S’irrigidì e non riuscì a fare altro che fissarlo. Avrebbe voluto dirgli molte cose, prima tra tutte di non scherzare in quel modo sulla propria morte, che faceva male, troppo male, ma le parole non ne vollero sapere di uscire. Quindi si limitò a stringere le labbra, a voltargli le spalle e allontanarsi.

«Lan Zhan?»

Non lo guardò nemmeno, tornando a grandi passi verso il Jingshi. Possibile che non capisse? Possibile che avesse così poca considerazione di sé stesso da non capire quanto male facesse agli altri la sua leggerezza? Lui lo amava più di ogni altra cosa al mondo e il solo pensiero di perderlo di nuovo lo distruggeva. Come poteva Wei WuXian scherzarci sopra come se fosse la più innocente delle battute?

Sentiva male al petto. Era arrabbiato e addolorato allo stesso tempo. Voleva tornare indietro, abbracciarlo, prenderlo a schiaffi, urlargli addosso, baciarlo fino a togliergli il fiato. Fargli capire che lui era l’aria stessa che respirava.

Non fece niente di tutto ciò, tornò al Jingshi, si vestì adeguatamente e si dedicò alla meditazione mattutina.

Per diverse ore non riuscì a calmarsi, pensieri orribili vorticavano nella sua mente e il suo umore era peggiore che mai. Non riuscendo a concentrarsi in nessun modo, si rifugiò in biblioteca, dove era certo di trovare la tranquillità e il silenzio di cui aveva bisogno. Tentò di dedicarsi ai rapporti della caccia notturna e poi al caso dell’aggressore, ma le parole si confondevano davanti ai suoi occhi come macchie confuse. Solo dopo l’ennesima tazza di tè riuscì a trovare la lucidità necessaria per proseguire. L’uomo che aveva aggredito Wei WuXian faceva parte di un clan minore associato ai Lan, suo padre aveva partecipato al massacro della Città Senza Notte e lui stesso era stato membro delle squadre che avevano assediato i Colli dei Sepolcri. Era sempre stato una persona fedele al clan ma dall’interrogatorio risultava che non aveva potuto accettare che il redivivo Patriarca di Yiling, con tutto il carico di atrocità che si portava sulle spalle, venisse accettato all’interno della famiglia del capoclan. Poco importavano le rivelazioni che avevano scagionato Wei WuXian, ai suoi occhi era una macchia indelebile nel bianco candido di GusuLan.

Si massaggiò la fronte. Era un caso complesso. Punirlo semplicemente avrebbe creato un precedente che avrebbe potuto portare gli altri clan ad additare come repressivo il clan Lan, ma allo stesso tempo non si poteva lasciare impunito un tentativo di assassinio. La madre dell’uomo proveniva dal clan Jiang e questo complicava ulteriormente la faccenda. Avrebbe dovuto discuterne a fondo con suo zio. Mai come in quel momento avrebbe voluto che suo fratello uscisse dall’isolamento.

All’ora di pranzo avrebbe dovuto tornare al Jingshi e mangiare con Wei WuXian, ma sapeva che se l’avesse visto ora l’avrebbe probabilmente trattato in un modo che non meritava, quindi rimase in biblioteca, chiedendo solo che gli venisse servito altro tè. Ritornò nei propri appartamenti solo nel primo pomeriggio. Era sceso a patti con sè stesso sia riguardo l’aggressore (chiarire che un’aggressione doveva essere punita non era una dimostrazione di dispotismo, ma semplice giustizia) sia all’infelice uscita di Wei WuXian (il suo amato si portava dietro traumi ben peggiori dei suoi, quindi lui non aveva nessun diritto di sentirsi parte offesa).

Quando entrò nella camera da letto trovò Wei WuXian intento a preparare un bagaglio.

Vedendolo sulla soglia, quello sobbalzò leggermente e assunse un’espressione colpevole.

«Ah, Lan Zhan, bentornato… Se non fossi arrivato sarei venuto a cercarti presto…»

Sia Suibian che Chenqing erano alla sua cintura.

Lan WangJi lo fissò vagamente allarmato, chiedendosi cosa stesse succedendo, cosa fosse andato storto nelle poche ore in cui si era rifiutato di vederlo.

«Mi dispiace per quello che è successo stamattina, non era mia intenzione farti arrabbiare. Non me ne andrò più via senza avvertirti. Infatti stavo per venire a dirtelo.»

Il livello di allarme di Lan WangJi crebbe. Dirgli cosa?

«Lan Er-gege, sono davvero dispiaciuto, credimi.» continuò Wei WuXian, probabilmente interpretando il suo silenzio come irritazione. «Quando tornerò potrai punirmi quanto vorrai.»

Giocherellava con il nastro che gli legava i capelli, avvolgendoselo attorno alle dita, a disagio.

«Dove vai?» sputò fuori Lan WangJi, che ormai si sentiva un fascio di nervi. Qualunque cosa stesse succedendo, lui non voleva. Non voleva nel modo più assoluto.

«Jiang Cheng mi ha invitato a passare la convalescenza a Pontile del Loto e anche il guaritore ha detto che stare in un posto con un clima più mite mi farebbe bene. Posso andare?»

Quella domanda fece evaporare tutta la tensione accumulata fino a quel momento e Lan WangJi avvertì un senso di sconfitta. Non era così che doveva andare. Non era così che voleva che lui si sentisse.

«Non sei un prigioniero, qui. Non devi chiedere il permesso per fare quello che vuoi.» rispose, avvertendo tutto il peso della tristezza e del senso di abbandono.

Wei WuXian gli lanciò un’occhiata incerta, come se stesse prendendo le misure su cosa potesse o non potesse dire.

«Vuoi venire con me?» chiese infine.

Lan WangJi sentì lo stomaco chiudersi in un nodo doloroso. Tutto quello che voleva era urlargli di non partire, di non allontanarsi da lui mai più. Ma era una pretesa folle e ingiusta.

Scosse la testa.

«Non posso. Il caso del tuo aggressore deve essere trattato a dovere e le lezioni devono proseguire.»

Il sorriso stentato di Wei WuXian si spense definitivamente.

«Ho capito. Però non mi va di partire sapendoti arrabbiato.»

«Non sono arrabbiato.»

Non con lui almeno. O forse un po’ sì. Ma era anche arrabbiato con sé stesso e con la sua incapacità di chiarire le cose.

«Va bene. Allora…»

Si mise la sacca sulla spalla sana.

«Ti prometto che starò attento, non farò sciocchezze e mi prenderò cura di me stesso. Non litigherò con Jiang Cheng, mi terrò alla larga da Zidian e, se ne avrà voglia, gli lascerò fare il fratello protettivo senza protestare.»

Lan WangJi non voleva che nessuno sulla faccia della terra facesse il fratello protettivo con Wei WuXian.

«Mn.»

«Allora vado. Ci… ci vediamo presto…?»

L’inflessione della domanda gli provocò una stretta al cuore.

Wei WuXian si sporse appena verso di lui, gli occhi che cercavano i suoi, incerti.

Non trovando risposta, si ritrasse, deluso.

Lan WangJi si sentì un verme, ma se l’avesse toccato adesso non l’avrebbe più lasciato andare. E forse era un bene prendere una boccata d’aria ognuno per conto proprio, gli sarebbe stato d’aiuto nel capire cosa stava sbagliando.

«A presto.» disse, e sentì quelle parole gravose come macigni precipitargli nell’animo.

Wei WuXian sviò lo sguardo, tese le mani davanti a sé e chinò il capo in segno di commiato.

Lan WangJi rimase a osservare la coda di cavallo ondeggiargli lentamente sulla schiena mentre si allontanava nel corridoio.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***


Quando aprì gli occhi scoprì che attorno a sé tutto era immerso nel buio. Faceva freddo e l’aria era impregnata di umidità. Era sdraiato su una superficie dura e scomoda, coperto solamente da un tessuto sottile insufficiente a scaldarlo. Man mano che il suo sguardo si metteva a fuoco e si abituava all’oscurità, scoprì che questa era permeata da bagliori rossastri e che quell’ambiente gli era familiare. Vi viveva da tempo, ormai era diventata la sua casa: la caverna ai Colli dei Sepolcri.

Mentre un senso di ineluttabilità gli gravava sul petto, si alzò a sedere e spostò le gambe dalla roccia piatta che gli faceva da letto. Si sentiva la testa confusa, come se avesse fatto un lungo sogno. Era stato un sogno felice, probabilmente, e gli capitava di rado da quando si trovava lì, ma i contorni già gli sfuggivano. La sua realtà era quella, non aveva senso tentare di rifuggirla. Era la via che aveva scelto, non c’erano alternative.

Sopra la sua testa, diverse catene bloccavano il Sigillo della Tigre sopra la grande matrice spirituale che imprigionava l’energia risentita e teneva sotto controllo quel luogo. Numerosi talismani tappezzavano le pareti emanando un lieve bagliore. Erano la sua sola ancora per mantenere il controllo ora che…

La sua mente si schiarì e una serie di immagini la attraversò con brutale chiarezza.

Pontile del Loto che andava a fuoco. I cadaveri straziati dello zio Jiang e della signora Yu. Jin ZiXuan che agonizzava, crollando in ginocchio sulle assi di legno di un ponte. Wen Qing che si scusava con lui e lo ringraziava prima di andare incontro alla sua fine. La spada che trafiggeva il petto di Shijie, lasciandola a terra in un lago di sangue. Il dolore straziante, ottundente, soverchiato dalla rabbia. Il desiderio di distruggere tutto e tutti.

«Sono qui. Non ti lascio. Andrà tutto bene. Troveremo il modo.»

«Vattene! Va’ via! Va’ via!»

Una mano che si sollevava, stanca, a scacciarne un’altra gentile.

«Vattene, vattene, vattene!»

Dolore. Sangue. Morte.

Si sentiva soffocare.

Corse fuori dalla grotta. Aveva bisogno d’aria.

Ma quello che lo aspettava là era molto peggio delle immagini nella sua testa.

L’intero spiazzo era ricoperto di cadaveri e due figure svettavano nel mezzo di quel massacro. Ai loro piedi, due corpi spiccavano in quel panorama di morte. Uno portava la veste bianca dei Lan, macchiata di fango e sangue, il volto nascosto da una massa di capelli scuri che ricadevano scomposti nella polvere non più trattenuti da un nastro frontale candido. L’altro, in uno stato altrettanto pietoso, lo sguardo spento rivolto al cielo e le gote rigate di lacrime, indossava l’inconfondibile giallo oro dei Jin.

Quando il suo sguardo si posò su di loro, sentì il cuore fermarsi. No. Non A-Yuan. Non Jin Ling. No!

Le due figure in piedi gli puntarono contro un dito accusatore.

«È colpa tua.» gridò Jiang Cheng con voce rotta. «Distruggi ogni cosa che tocchi e non te ne rendi nemmeno conto!»

«Lui voleva solo starti vicino e l’hai portato a questo.» disse con voce gelida Lan WangJi. «Ti considerava suo padre e questo è stato il risultato.»

Sentiva che stavano per cedergli le ginocchia. Sarebbe crollato a terra da un momento all’altro. Aveva ancora senso resistere? L’orgoglio e la dignità erano inutili se causavano solo la rovina di tutto ciò che veniva in contatto con lui.

«Sei un portatore di morte!»

Si coprì il volto con le mani.

«Io non volevo. Non ho mai voluto che succedesse nulla di tutto questo…»

La sua voce si spezzò. Sentì le prime lacrime di disperazione affiorargli agli angoli degli occhi.

«Trascini chiunque nella tua spirale. Starti vicino è una condanna, chiunque ci provi finisce annientato. Non meriti nessuna comprensione.»

«Lan Zhan…»

«Non meriti amore. Non meriti nulla.»

Il grido di disperazione proruppe dalle sue labbra senza che facesse più nulla per fermarlo.

 

Wei WuXian spalancò gli occhi nel buio, destato dal suo stesso urlo. Si guardò attorno frenetico, mentre il suo cuore batteva a mille.

Non è vero, non è vero, non è vero…

Per un interminabile istante non riuscì a capire dove si trovasse e la sua mente associò quell’oscurità estranea alla caverna sui Colli dei Sepolcri. Una mano corse a stringere la veste sul petto nel tentativo di placare i battiti impazziti. Se era così, nulla di quello che aveva visto era reale, nulla era ancora successo, poteva impedirlo, poteva ancora tentare di salvare…

Il suo sguardo si mise a fuoco sugli arredi di una stanza sconosciuta, il tavolino basso accanto al letto, i drappi viola che ornavano le pareti, lo stendardo con il loto. E a poco a poco ricordò.

Non era ai Colli dei Sepolcri. Non c’era nulla che potesse fare per salvare persone già morte da anni. Era a Yunmeng, a Pontile del Loto, ospitato da Jiang Cheng per la sua convalescenza. E aveva lasciato i Meandri delle Nuvole dopo una discussione con Lan WangJi. In questo modo sembrava una fuga. L’ennesima dalle sue responsabilità e dalla sua incapacità di gestire le situazioni.

Richiuse gli occhi e si massaggiò la fronte, un senso di vuoto e di abbandono che gli riempiva il petto.

«Distruggi ogni cosa che tocchi e non te ne rendi neanche conto!»

La voce del Jiang Cheng del sogno gli echeggiò nelle orecchie. Era vero? Aveva distrutto anche quella parvenza di felicità con Lan WangJi senza nemmeno capirne il motivo? Era stupido e avventato, parlava sempre prima di riflettere e le conseguenze delle sue azioni venivano sempre pagate dagli altri. Si detestava per questo. E si sentiva solo.

Si era abituato a dormire accanto a Lan WangJi e ora avvertiva tremendamente la mancanza del calore del suo corpo, del suo profumo di sandalo e incenso. Era una nostalgia talmente intensa che faceva male al cuore, ma era solo colpa sua. Aveva rovinato tutto con le sue mani, come al solito. Si era illuso di potersi crogiolare in quella felicità, ma la realtà dei fatti era che non aveva la più pallida idea di come funzionasse una relazione vera, non aveva mai avuto nessun modello a cui guardare: non i suoi genitori, era troppo piccolo, non gli zii Jiang e men che meno la sua Shijie. Aveva seguito l’istinto, era stato il più sincero e spontaneo possibile e aveva combinato un disastro. Aveva ferito Lan WangJi e lo aveva fatto arrabbiare per un motivo davvero futile. Non c’era da stupirsi se era stato trattato freddamente: se l’era meritato.

Almeno SiZhui e Jin Ling stavano bene, si disse, tentando di ritrovare la calma. Non importava come si sentisse lui in quel momento, quanto senso di colpa provasse e quanta sofferenza: i suoi bambini, se davvero poteva definirli tali, erano sani e salvi ai Meandri delle Nuvole, lontano da lui e sotto la protezione di chi poteva garantirgliela.

Almeno questo, almeno questo…

Si alzò e si avviò alla finestra. Albeggiava e le prime luci rosate illuminavano i canali attorno a Pontile del Loto. Quella dove alloggiava era una residenza per gli ospiti separata da quella principale, che gli permetteva di muoversi in totale autonomia; eppure, questo gli provocava una dolorosa fitta di nostalgia. La sua stanza, all’interno dell’edificio principale, non esisteva più. Dopo che Pontile del Loto era stato raso al suolo ed era stato ricostruito, la sua conformazione era cambiata, almeno in parte, e le camere principali erano state riassestate. Aveva trascorso così poco tempo in quella residenza, a cui sentiva di non appartenere più, che non era stato necessario ricavare un ambiente privato a suo uso personale. Per come stavano le cose ora, un alloggio degli ospiti era anche più di quello che si sarebbe aspettato.

La veranda appena fuori dalla stanza dava direttamente su un canale a cui era ormeggiata una piccola barca. Affacciandosi, vide che i pescatori si stavano già avventurando a bordo delle loro imbarcazioni lungo i canali dalle acque placide, punteggiate di foglie di loto dal verde brillante. Le donne si affannavano sui pontili, portando grandi cesti ripieni di merce dirette al mercato. Nonostante l’ora, le strade fremevano di attività.

Forse avrebbe fatto meglio anche lui a prendere una boccata d’aria: lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, a riflettere meglio e ad allontanare gli ultimi brandelli dell’ennesimo sogno angosciante.

Si vestì adeguatamente, infilò Suibian alla cintura e si diresse verso il pontile principale, dove attraccavano le barche più grandi e dove sapeva avrebbe trovato il maggior numero di persone. Per diversi minuti, si perse a osservare i commercianti che allestivano le bancarelle, disponendo le mercanzie e chiamandosi a gran voce tra di loro. Era uno spettacolo familiare e confortante. Poi, la sua attenzione venne attirata da un capannello di gente che si assiepava sul pontile principale, indicando qualcosa e commentando. Incuriosito, si avvicinò a sua volta e seguì con lo sguardo la direzione indicata. Una sagoma si stava avvicinando nel cielo, a giudicare dalle apparenze un cultore solitario sulla propria spada. Quando la figura fu abbastanza vicina da distinguerne il profilo, il cuore di Wei WuXian perse un battito. Si fece largo a spintoni tra la folla, fino a raggiungere il bordo del pontile, ignorando le proteste degli astanti e, quando vide che l’altro era abbastanza vicino, sollevò le mani. Un istante dopo, Lan WangJi gli volò tra le braccia, mentre Bichen si rinfoderava senza un sibilo.

«Wei Ying.»

La sua voce, accanto all’orecchio, gli provocò un brivido che rischiò di far sgorgare quelle lacrime che si stava tanto sforzando di trattenere.

«Wei Ying.»

«Mi dis…» iniziò Wei WuXian, ma Lan WangJi lo interruppe, spiazzandolo.

«Mi dispiace!»

Wei WuXian scosse la testa, stringendolo a sé, incurante della piccola folla che li fissava.

«Nessun “mi dispiace” tra noi.» mormorò.

Voleva baciarlo lì, davanti a tutti. Non ce la faceva più ad aspettare.

Districandosi faticosamente da quell’abbraccio avvolgente, gli afferrò la mano e prese a trascinarlo verso le proprie stanze. Dovevano andare in un posto dove stare da soli, dove avrebbero potuto parlare, finalmente, dove avrebbero potuto toccarsi. Non se n’era reso conto, ma ora sapeva che sarebbe morto se non avesse avuto la propria bocca sulla sua entro massimo cinque minuti.

Attraversarono i pontili in un turbinio affannato di stoffe bianche e nere, del tutto dimentichi degli sguardi perplessi e vagamente allarmati dei passanti. Raggiunsero gli alloggi degli ospiti e Wei WuXian si sbatté il pannello scorrevole alle spalle. Lì, nella penombra della sua stanza, spinse Lan WangJi contro lo stipite e lo baciò con un trasporto che non sarebbe riuscito a trattenere oltre. Si staccarono solo quando entrambi furono a corto d’aria, ma rimasero così, stretti l’uno all’altro, per interminabili secondi. Sembrava non si vedessero da una vita intera ed era passata solo una notte. Era stato sciocco a pensare di aver rovinato tutto.

«Yunmeng è lontano da Gusu.» mormorò tra i suoi capelli. «Hai volato tutta la notte?»

«Mn.» fu la risposta, più che esplicativa.

«E le lezioni? E il caso dell’aggressore?»

«Niente è più importante di Wei Ying.»

Con orrore, si rese conto che le mani di Lan WangJi erano percorse da un tremito leggero. Lo vide crollare in ginocchio di fronte a lui, le braccia a cingergli la vita e la testa appoggiata sul suo ventre.

«Fa male.» disse.

Wei WuXian sentì la stoffa della propria veste inumidirsi.

«Fa male quando scherzi sulla tua morte.»

A quelle parole di Lan WangJi capì finalmente cos’era successo e sentì il cuore spezzarsi per la sua stupidità, per la sua superficialità e per non aver compreso subito qualcosa di così ovvio.

«Non lo farò più. Te lo prometto.» sussurrò. «Non ti ferirò più. Non dirò più stupidaggini senza pensare e non andrò più via da solo.»

Ma Lan WangJi non aveva finito.

«È difficile da spiegare, ma…» Scosse piano la testa. «A volte penso di non essere alla tua altezza. Tu sei così… luminoso. Brilli di luce propria e io posso solo guardarti. Non riesco nemmeno a proteggerti. Ho più bisogno io di te di quanto tu ne avrai mai di me.»

Wei WuXian si lasciò cadere in ginocchio a sua volta, abbracciandolo di slancio.

«Non è così. Non è così! Sai che ti amo tantissimo e non posso immaginare la mia vita senza di te. È solo colpa mia se non so esprimerlo come si deve e ti faccio stare male.»

«Sei un portatore di morte! Non meriti amore. Non meriti nulla.»

Quelle parole rimbombarono sul fondo della sua mente e si sovrapposero a quelle del Lan WangJi reale. Le lacrime iniziarono a scendere arbitrariamente. Non si era reso conto di avere uno spasmodico bisogno di conferme, come se quell’amore così assoluto dovesse davvero essere confermato per l’ennesima volta.

Lan WangJi alzò la testa e affondò le mani nei suoi capelli. Wei WuXian si chinò su di lui e lo baciò ancora e ancora, finchè non si trovarono entrambi sdraiati sul pavimento, lui sopra Lan WangJi. Vide una muta domanda passare negli occhi dell’altro, subito sostituita da un sorriso dolce e dal suo totale abbandonarsi nelle sue mani.

«Andiamo sul letto?» disse, mentre gli accarezzava una guancia asciugandogli le lacrime.

Si alzarono insieme e Wei WuXian si fermò per un attimo di fronte al compagno, le dita incerte che indugiavano sui bordi della sua veste, prima di iniziare a sciogliere i nodi dei nastri. Il primo strato di tessuto candido scivolò sul pavimento, seguito poco dopo dal resto.

«Lan Er-gege, hai troppi vestiti.» scherzò per spezzare le tensione.

Lan WangJi sbuffò una risatina.

«I tuoi sono fin troppo facili da togliere.»

«Ma che spudorato!» esclamò Wei WuXian, sentendosi finalmente di nuovo sé stesso.

Senza più barriere tra loro, Lan WangJi si lasciò distendere sul materasso morbido. Wei WuXian gli baciò le ciglia, le guance, le labbra, il collo, fino a scendere sulle clavicole e sul petto. Posò le labbra sulla bruciatura del sigillo Wen che ne deturpava la pelle pallida, mentre con le mani si prodigava in carezze per regalare più piacere possibile a quel corpo stupendo. Il respiro che si faceva sempre più affrettato era musica per le sue orecchie. Normalmente era abituato a chiacchierare all’infinito nei momenti di intimità: succedeva quando perdeva ogni inibizione e la sua mente andava a ruota libera. Ma questa volta avrebbe mantenuto la lucidità e la concentrazione. Voleva trattare Lan WangJi con ogni riguardo, non voleva perdersi nemmeno il più piccolo sospiro. Venne premiato quando, in seguito a un tocco più audace, l’altro si lasciò sfuggire un piccolo gemito. Immediatamente sbarrò gli occhi e si portò una mano a coprire la bocca. Wei WuXian scoppiò in una risatina alla vista del rossore che si stava diffondendo dai lobi delle orecchie al viso di Lan WangJi.

«Va tutto bene, Lan Zhan.» disse, accarezzandogli una guancia. «Mi piace la tua voce, non trattenerti.»

Lui, di solito, era sempre più che rumoroso e non si poneva remore a esprimere a voce alta le sue sensazioni. Poteva capire, tuttavia, come una persona morigerata e schiva come Lan WangJi potesse sentirsi a disagio. Allungò una mano e prese tra le dita l’estremità del suo nastro frontale, portandoselo alle labbra.

«Puoi lasciarti andare.»

Bastò uno strattone leggero perché il nastro, già allentato, si sciogliesse del tutto, lasciando ricadere i capelli raccolti e spargendoli sul lenzuolo come sottili fili di seta scuri.

Lan WangJi afferrò l’altra estremità e gliela avvolse attorno al polso, un gesto dal significato più che chiaro: il suo amato si stava mettendo completamente nelle sue mani.

Wei WuXian sorrise, intenerito ed eccitato al tempo stesso: gli avrebbe mostrato tutto l’amore che provava.

 

Doveva essersi addormentato, perchè a destarlo fu una melodia delicata e familiare. Aprì lentamente gli occhi e si rese conto che, ai piedi del letto, Lan WangJi era seduto di fronte al guqin e stava suonando. Aveva addosso solo i pantaloni, gli dava le spalle con soltanto i lunghi capelli sciolti a fargli da manto, lasciando comunque in vista le cicatrici di tanti anni prima. La musica che stava suonando era quella che aveva composto per lui quando erano adolescenti, la stessa che gli aveva permesso di riconoscerlo immediatamente al loro primo incontro: WangXian. Ripensarci gli portò un moto di commozione e si sporse in avanti, oltre il bordo del letto, per posare un bacio su uno dei segni che deturpavano la schiena di Lan WangJi, segni che erano la prova tangibile dei suoi sentimenti.

«Ben svegliato.» lo salutò l’altro con un piccolo sorriso, senza smettere di suonare.

Wei WuXian si spostò piano da una cicatrice all’altra, baciandole una ad una con reverenza e affetto. Solo quando ebbe finito, si alzò dal letto e si drappeggiò sulle spalle la veste che Lan WangJi aveva abbandonato sul pavimento. Così, senza altro addosso che la sopraveste dei Lan appena chiusa in vita e i capelli sciolti e scomposti sulle spalle, si presentò agli occhi del compagno, che a quella vista inciampò su una nota e smise di suonare.

Wei WuXian ridacchiò.

«Riesci ancora a sentirti in imbarazzo, Lan Zhan?» lo prese in giro. «Ti faccio ancora questo effetto dopo tutto quello che abbiamo fatto?»

Lan WangJi si alzò, lasciando il guqin sul pavimento, e gli circondò la vita con le braccia.

«Perchè sei bellissimo. Il bianco dei Lan ti dona.»

«Lan Zhaaan, ti prego, il mio povero cuore!»

Si portò una mano alla fronte in un gesto esageratamente drammatico.

«Di’ la verità, non ti ricordo un po’ il Patriarca di Yiling, in questo momento?»

Stuzzicare Lan WangJi su quell’argomento era diventato divertente, non si sarebbe mai aspettato che gli venisse data corda. Lan WangJi, però, passò le dita tra quelle lunghe ciocche scomposte e ne sollevò una per posarvi un piccolo bacio.

«Sì, e sei meraviglioso adesso come allora.»

Wei WuXian si coprì la faccia con le mani.

«Va bene, va bene, non c’è partita con te. Hai vinto. Non scherzo più. Mi arrendo.»

Si divincolò dall’abbraccio e prese a raccogliere i propri vestiti.

«Era da tanto che non dormivo così bene. Lan Er-ge, è merito tuo?» chiese, mentre si rivestiva. «Forse WangXian mi ha rilassato.»

«Mn. Ho suonato Clarity per farti riposare meglio, sono felice che abbia funzionato.»

Wei WuXian gli sorrise, radioso.

«Grazie, Lan Zhan! Sei davvero il migliore!»

Lanciò un’occhiata alla finestra e stabilì che doveva essere circa ora di pranzo.

«Che ne dici se andiamo a cercare qualcosa da mangiare? Al mercato di certo avranno ancora le frittelle di carne, oppure possiamo cercare dei panini al vapore. Di sicuro voglio dei semi di loto con il vino! Quello tipico di qui è più speziato rispetto al Sorriso dell’Imperatore, devi assolutamente assaggiarlo!»

Lan WangJi annuì, si rivestì di tutto punto a sua volta e lo seguì. Avevano fatto pochi passi fuori dalla porta, quando entrambi percepirono uno sguardo fisso su di loro e, voltandosi in direzione del molo, videro Jiang Cheng che li fissava da lontano. Aveva un’espressione corrucciata e per nulla amichevole, ma Wei WuXian sapeva ormai che quella era la sua aria abituale. Con un sorriso solare, prese ad agitare la mano nella sua direzione.

«Buongiorno, A-Cheng!» esclamò, suscitando stupore nell’uomo al suo fianco e irritazione in quello che si stava avvicinando a grandi passi.

«Ti ho detto di non chiamarmi in quel modo!» sbottò Jiang Cheng. «E tu. Ma che sorpresa, un ospite che non ha avuto nemmeno la buona grazia di annunciarsi.»

Lan WangJi unì le mani di fronte a sé e chinò appena la testa in segno di saluto.

Jiang Cheng sbuffò, alzando gli occhi al cielo, per poi tornare a rivolgersi a Wei WuXian.

«Ti aspettavo per pranzo, ma siccome non ti sei fatto vedere mi chiedevo se stessi ancora dormendo. Mi stavo addirittura preoccupando che avessi bisogno di assistenza, ma vedo che non era necessario.»

Il suo sguardo scese dai suoi occhi alle sue labbra, e improvvisamente Wei WuXian divenne acutamente consapevole dei segni che Lan WangJi doveva avervi lasciato con la sua abitudine di morderlo in certi momenti. Quella mattina nessuno dei due era stato particolarmente controllato e sentiva ancora la piccola ferita pulsare dolorosamente.

«Sto bene.» rispose, accennando un sorrisetto. «Siccome nessuno dei due ha riposato come si deve questa notte, abbiamo dormito fin adesso. Mi dispiace aver saltato il pranzo. Stavamo andando al mercato, vuoi unirti a noi?»

Un’occhiata obliqua di Lan WangJi gli rese chiaro che quella non era una proposta particolarmente gradita, ma fortunatamente Jiang Cheng agitò una mano nell’aria con sufficienza.

«Ho cose ben più importanti di cui occuparmi che farvi fare il giro turistico di casa mia.» disse, e girò sui tacchi per allontanarsi.

Fece un paio di passi, poi tornò a voltarsi con espressione irritata.

«Ricordati che sei ancora convalescente! Vedi di non strafare!» esclamò, agitandogli un dito contro, per poi andarsene definitivamente.

Wei WuXian scoppiò a ridere.

«Il solito Jiang Cheng! Si morderebbe la lingua piuttosto che ammettere che è preoccupato per me.»

Per tutta risposta Lan WangJi gli circondò la vita con un braccio e se lo tirò vicino.

«Non mi piace quando ti guarda così.» disse.

«Uh? Lan Zhan, è mio fratello, cosa…?»

Lan WangJi si chinò su di lui e pose un bacio sulla ferita che gli arrossava le labbra.

«Non voglio che ti guardi così.» ribadì.

Continuava a stupirsi di quanto il suo amato potesse essere geloso, specialmente quando le ragioni erano del tutto ingiustificate. Gli accarezzò una guancia con la punta delle dita.

«Va bene, va bene, non hai nulla di cui preoccuparti. Davvero. Adesso andiamo a mettere qualcosa sotto i denti.»

 

La vita a Pontile del Loto non era cambiata quasi per nulla in tredici anni e Wei WuXian si trovò spesso ad abbandonarsi alla nostalgia e a dolci ricordi d’infanzia. Tutto con il tempo e la distanza sembrava assumere sfumature più delicate, persino le sfuriate e le punizioni della signora Yu. Ricordava quando faceva il bagno nei canali e si abbuffava di semi di loto raccolti senza badare a spazi e proprietà, oppure quando andava a rubare le giuggiole solo per farne una scorpacciata di nascosto, quando si arrampicava su tutti gli alberi che trovava per scommessa o per nascondersi per un po’. Ricordava Shijie che lo andava a cercare e che, con pazienza, lo convinceva sempre a tornare a casa. Ricordava i dolci che lui e Jiang Cheng prendevano al mercato e non pagavano mai, perchè ci pensava lo zio Jiang, e la zuppa di loto di Shijie, che sarebbe per sempre stata il suo piatto preferito e ora gli mancava tanto.

Aveva portato a spasso Lan WangJi in lungo e in largo, mostrandogli dove si era allenato da giovane e i luoghi che era solito frequentare. Si era tenuto alla larga solo dalla sala ancestrale, temendo che Jiang Cheng, nonostante il loro parziale riavvicinamento, potesse non apprezzare.

 

Wei WuXian era ancora convalescente. A seguito di un’ispezione di Lan WangJi dopo il loro appassionato ritrovo, era emerso che la ferita si fosse in parte riaperta. Il suo amato era stato irremovibile: doveva stare a riposo assoluto. Passò quindi le giornate successive riposando sul pontile di fronte alla sua stanza, sotto il suo occhio vigile. A volte leggevano insieme, a volte suonavano dei duetti. La prima volta che Wei WuXian aveva preso Chenqing, Lan WangJi lo aveva fissato con un’espressione preoccupata.

«Non preoccuparti, Lan Zhan. Non evocherò zombie selvaggi, posso anche suonarlo normalmente.»

Lan WangJi continuò a fissarlo senza dire una parola.

«Non dirmi che credi alla storia del dizi maledetto?»

Ancora nulla, solo un intenso scrutare.

«Lan Zhan… Mi stai prendendo in giro?»

Un attimo dopo, ne avevano riso insieme e Wei WuXian si era reso conto di quanto potesse essere rinfrancante scherzare in modo così sciocco. E quanto fosse bello e coinvolgente suonare insieme. La musica di Lan WangJi era sempre serena e composta, la melodia semplice da seguire eppure elegante e raffinata. Wei WuXian lo seguiva facilmente con il flauto e, sebbene la sua preferita in assoluto fosse la loro WangXian, ben presto prese confidenza anche con la più nota delle melodie tramandate dal clan Lan, Clarity.

La mattina del terzo giorno trascorso in pace, quando ormai pensava che la sua intera convalescenza sarebbe stata solo domestica vita quotidiana, romantici intermezzi musicali e sporadiche visite di un fratello sempre troppo irritabile, qualcuno bussò con discrezione alla porta. Non poteva essere Jiang Cheng, che a malapena si sprecava a bussare e di certo non lo faceva con delicatezza. Incuriosito, Wei WuXian andò ad aprire e il suo cuore fece un balzo di gioia quando si trovò davanti Lan SiZhui.

«Il mio ravanellino!» esclamò, giulivo, gettandogli le braccia al collo e stringendolselo addosso.

«Baba…» fece quello, vagamente imbarazzato. «Sono felice di vedere che stai bene.»

Lan WangJi sembrava perplesso.

«Perché sei qui? È successo qualcosa ai Meandri delle Nuvole?»

SiZhui chinò il capo in segno di saluto rispettoso, poi scosse la testa.

«No, stanno tutti bene. Visto che la precedente caccia notturna è stata sospesa a causa dell’incidente, il capoclan Jiang ne ha organizzata un’altra per chiudere degnamente la stagione, quindi era necessario che Jin Ling tornasse a Yunmeng.»

«E tu l’hai accompagnato.» dedusse Wei WuXian.

Il sorriso di SiZhui si incrinò appena, mentre le sue guance si tingevano di un inaspettato rosa.

«Ho pensato che non fosse appropriato per un capoclan viaggiare da solo. JingYi e ZiZhen mi hanno detto che non era il caso, che avremmo potuto mandare delle guardie, ma… ho pensato che sarebbe stato utile al mio addestramento partecipare alla caccia. E volevo assicurarmi che stessi bene, baba

Wei WuXian annuì.

«Quindi sei venuto fin qui da solo con Jin Ling.»

SiZhui evitò il suo sguardo e annuì.

Oh.

Oh.

Il sorriso di Wei WuXian si allargò a dismisura.

«Sei stato bravo, ravanello!» esclamò scompigliandogli i capelli. «Quel ragazzo è una calamita per i guai e di certo non sarebbe arrivato sano e salvo fin qui, se non ci fosse stato qualcuno di coscienzioso come te con lui.»

SiZhui sembrò sollevato da quelle parole e ricambiò il sorriso.

«Pensavamo di pranzare presto oggi, ti unisci a noi?» continuò Wei WuXian, che aveva tutte le intenzioni di approfondire la questione.

SiZhui però lo stupì con un’espressione contrita.

«Mi dispiace molto. Dopo i saluti al capoclan, Jin Ling ha detto che ci terrebbe molto a farmi visitare i luoghi più importanti di Pontile del Loto. Sono davvero spiacente.» rispose. Poi aggiunse, come ulteriore giustificazione: «Ho pensato che fosse importante per la mia istruzione geopolitica conoscere come si deve la residenza di un clan alleato.»

Wei WuXian dovette trattenersi a forza dallo scoppiare a ridere, entusiasta.

«Oh, certo, la geopolitica tra clan alleati è mooolto importante!» esclamò.

«Wei Ying.» lo raggiunse la voce di Lan WangJi alle sue spalle, in tono di avvertimento.

«Che c’è, Lan Zhan? È vero. È importante conoscere bene i propri alleati, e se nel frattempo ci si gode anche un bel giro turistico che male c’è? Anche noi lo abbiamo fatto.»

Lan SiZhui non sapeva più da che parte guardare e aveva iniziato a stringere tra loro le mani, nascoste dalle maniche della veste bianca. Era così tenero.

«S-se non vi dispiace, ora mi congederei.» disse.

«Certo! Possiamo sempre vederci più tardi. Vai e divertiti! Ti consiglio di assaggiare i semi di loto con il vino!» esclamò Wei WuXian e, dopo averlo seguito con lo sguardo mentre correva fuori, si rivolse a Lan WangJi con un sorrisetto che non prometteva niente di buono. «Lan Zhan, il nostro bambino ha una cotta. Non avrei mai pensato che Jin Ling sarebbe stato ricambiato così presto. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa!»

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Jin Ling era al settimo cielo. Non solo avrebbe partecipato alla nuova caccia organizzata da suo zio, che non aveva fatto storie riguardo la sua presenza usando come scusa l’incidente dell’altro zio mezza manica, ma vi avrebbe preso parte anche Lan SiZhui. Ciò significava che non avrebbe dovuto andarsene in giro per i boschi da solo, piazzando trappole e annoiandosi. Quel pomeriggio lo aveva trascorso mostrando al suo fin troppo morigerato amico tutte le bellezze di cui poteva vantare Pontile del Loto, dalle prelibatezze tipiche agli scorci suggestivi. Gli ampi canali e i laghi ricoperti di foglie di loto dal verde intenso erano stati studiati con ammirazione dal discepolo della scuola di Gusu, che non aveva mancato di notare quanto fiorente fosse il commercio del porto. Jin Ling gli aveva mostrato ogni angolo della residenza come se si trattasse di casa sua, e forse un po’ lo era. Di certo gli era più familiare della Torre della Carpa Dorata, anche se ora risiedeva ufficialmente là. Il palazzo di Yunmeng aveva uno stile decisamente più sobrio di quello di Lanling, ma gli stendardi viola con il simbolo del loto sventolavano fieri sopra ogni portone e Jin Ling non aveva messo minimamente freni al proprio orgoglio.

Anche la cucina era stata ampiamente apprezzata, sia i dolcetti comprati al mercato sia la più elaborata cena a palazzo. Lan SiZhui gli era sembrato così felice e così estasiato da ogni cosa che gli mostrava, che Jin Ling non poteva fare a meno di sprizzare entusiasmo a sua volta.

Ora sedevano sui rami di un albero che si affacciava sul pontile principale, osservando il sole abbassarsi sempre di più oltre l’orizzonte, regalando riflessi dorati e infuocati alle acque dei canali.

«È davvero bello qui.» disse SiZhui a voce bassa, quasi temendo di disturbare quello spettacolo incantevole. «È strano pensare che sia tu che mio padre siete cresciuti qui.»

A sentir nominare Wei WuXian, Jin Ling fece una piccola smorfia, ma si curò di non darlo troppo a vedere. Di tutte le persone a cui voleva pensare in quel momento, il suo strambo secondo zio era l’ultima sulla faccia della terra, ma SiZhui teneva a lui quindi non poteva essere scortese.

«Sì, quando ero piccolo era divertente, in estate facevo il bagno tutti i giorni e in autunno rubavo i semi di loto. Certo, il mio jiujiu minacciava di spezzarmi le gambe ogni volta che rientravo fradicio gocciolando sul tappeto della sala di ricevimento, ma…»

«Ma non l’ha mai fatto.» concluse SiZhui.

Jin Ling alzò le spalle.

«Come vedi no.»

Lan SiZhui si sistemò più comodamente sul ramo, appoggiandosi con la schiena al tronco e lasciando dondolare pigramente una gamba. Vedendolo così, Jin Ling non poté reprimere un sorriso intenerito. Lui che era sempre così controllato, elegante e posato, solo in questi piccoli momenti di intimità si permetteva di rilassarsi. Era così bello, con il sole al tramonto che gli rendeva le gote più rosee.

Non appena realizzò quel pensiero, Jin Ling si sentì mancare un battito. Cosa diamine stava succedendo? Un attimo prima era lì con il suo amico a godersi il tramonto dopo una giornata divertente e un attimo dopo stava pensando a quanto sarebbe stato bello coronare quella vicinanza con…

Scosse la testa. Che stupidaggine.

«Da questa angolazione, se aguzzi la vista, si vedono le cime di Gusu.»

La voce di SiZhui lo riportò alla realtà.

«Davvero?»

«Certo! Guarda!»

Jin Ling gli si fece più vicino e seguì con lo sguardo la direzione che l’altro stava indicando. Vide delle sagome indistinte che potevano essere montagne o nuvole.

«Così lontani, eppure così vicini.» disse SiZhui.

Jin Ling si sporse di più, appoggiando una mano al tronco per sostenersi.

«Non sono sicuro di…»

Quando si voltò per finire la frase, si ritrovò con il naso a un centimetro da quello di SiZhui, gli occhi che si specchiavano nelle sue iridi cerulee, spalancate.

Sentì le guance andare a fuoco, eppure non riuscì a scostarsi nemmeno di un millimetro. Un istante dopo, fu con un tuffo al cuore che vide SiZhui, il suo amico SiZhui, il compagno di caccia, il miglior discepolo della scuola di Gusu, chiudere gli occhi come in un muto invito.

Non stava succedendo davvero. Non era possibile. …O forse sì?

Osò spingersi solo un poco più avanti, quel tanto che bastava per poter sentire il suo respiro sulle labbra. Solo un poco di più…

«JIN LING!»

Al suono di quella voce sobbalzò talmente tanto che per poco non cadde dall’albero. A onor del vero, quasi caddero entrambi.

«Jiujiu?» chiamò tra le fronde, sperando che la sua voce non tremasse troppo e non osando mostrarsi in volto per l’assoluta certezza di avere le guance in fiamme.

«Stai ancora ciondolando in giro, quando di certo il tuo compagno Lan si è già ritirato da un pezzo. Sei proprio come quel mentecatto di Wei WuXian, che se ne va a zonzo tutta la notte. Se domani ti addormenterai durante la caccia, non contare che venga a salvarti!» brontolò Jiang Cheng, con la sua consueta grazia.

Jin Ling si voltò verso Lan SiZhui, che si stava premendo una mano sulla bocca per evitare di scoppiare a ridere palesando la propria presenza; questo non bastava a celare il rossore del suo viso e gli occhi brillanti. Sollevò una mano verso di lui, incerto se fare o dire qualcosa, per via di quello che era stato sul punto di succedere. Ma sarebbe successo davvero?

Lan SiZhui scosse la testa e gli fece cenno di andare: non sarebbe stato conveniente essere beccati entrambi in cima a un albero a guardare romanticamente il tramonto e fare…

Jin Ling abbassò lo sguardo e annuì appena.

«Arrivo, jiujiu!» esclamò, e balzò giù dal ramo.

 

«Andiamo a bere!»

Quando Lan SiZhui aprì la porta della sua stanza e si trovò davanti suo padre con un sorriso a trentadue denti e quella proposta sulle labbra, rimase piuttosto perplesso.

Diverse obiezioni si affacciarono alla sua mente: è tardi, stavo per andare a dormire, bere alcol è vietato, Hanguang-jun non approverebbe, sono appena stato sul punto di baciare il mio amico nonchè nuovo capoclan di una delle scuole più importanti e non sono nelle condizioni emotive per sostenere una qualunque conversazione.

Nessuna gli sembrò adeguatamente efficace.

«Sei ancora convalescente, baba, non dovresti bere.» disse, invece.

Wei WuXian mise il broncio.

«Oh, andiamo! Non sono mai andato in nessuna locanda, da quando sono qui. E certi discorsi non si possono fare davanti a una tazza di tè!»

Quell’affermazione lasciò SiZhui ancora più sconcertato: che fosse successo qualcosa di importante di cui non era al corrente? Se Wei WuXian si comportava in modo tanto spensierato non doveva essere niente di grave, ma non era nemmeno mai successo che gli richiedesse un colloquio privato, se così quell’invito si poteva definire. Doveva esserci sotto qualcosa.

«Dov’è Hanguang-jun?» chiese quindi.

«Dorme. Non preoccuparti, occhio non vede, cuore non duole!»

Anche quell’affermazione era ampiamente discutibile, ma SiZhui non era davvero capace di negare qualcosa alla sua prima figura paterna, considerando anche che non l’aveva visto per tutto il giorno.

Quindi, ovviamente, finirono entrambi seduti a un tavolo della locanda del Loto Dorato, che si affacciava su uno dei canali principali, poco distante dagli attracchi delle barche. Qualche fiore tardivo ancora sbocciava oltre i pontili che la circondavano.

Wei WuXian ordinò il miglior vino della casa e semi di loto come accompagnamento.

«Cos’è successo, baba, devo preoccuparmi? Non stai bene?» esordì SiZhui, che non ne poteva più di tutto quel mistero.

Wei WuXian rise nervosamente.

«Io sto benissimo! Qui non si parla di me, ma di te!»

SiZhui era sempre più confuso.

«Di me? Ho fatto qualcosa che ti ha offeso?»

«A-Yuan, ascolta, sei il miglior figlio che un padre possa desiderare, mai e poi mai potrai fare qualcosa che mi offenda. Siamo qui perché so perfettamente cosa sta succedendo e voglio che tu sappia che hai il nostro totale appoggio. Oltre che per fornire qualche consiglio in qualità di adulto.»

SiZhui inghiottì a vuoto. Di cosa stava parlando? Cosa esattamente stava succedendo?

Il vino arrivò e Wei WuXian riempì due ciotole per poi spingerne una verso di lui.

«Alla salute, ravanello! E all’amore, che è sempre una cosa meravigliosa!»

SiZhui per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Non era possibile, non poteva averli visti! Era certo che non ci fosse nessuno ai piedi dell’albero, prima che arrivasse il capoclan Jiang. E allora com’era possibile…?

Wei WuXian doveva aver percepito il suo disagio, perché allungò una mano e la posò sopra la sua, ancora appoggiata accanto alla ciotola.

«Va tutto bene, A-Yuan. Noi siamo qui per te, ti vogliamo bene e vogliamo solo che tu sia felice. Certo, Jin Ling non è la più malleabile delle persone, ma sono ragionevolmente certo che anche tu gli piaccia. Non devi stare in ansia.»

Certo, come se fosse semplice non stare in ansia quando tuo padre ti porta a ubriacarti per parlare della tua cotta disperata e senza senso. Lui lo faceva con le migliori intenzioni, era chiaro, ma…

SiZhui sollevò la ciotola e bevve il contenuto tutto d’un fiato, bruciandosi la gola e iniziando a tossire.

Wei WuXian rise gentilmente.

«Com’è andato il giro turistico di oggi? Vi siete divertiti?» chiese, appoggiando il mento sulle mani, l’attenzione completamente focalizzata su di lui.

SiZhui pregò che un abisso acquatico si spalancasse sotto i loro piedi in quell’esatto momento.

«S-sì.» rispose, quando questo non avvenne.

«E…?»

«E cosa?»

«Vi siete tenuti per mano? Avete ammirato il tramonto sul lago? Magari vi siete baciati?»

«Baba, ti prego!»

Lan SiZhui si coprì la faccia con entrambe le mani. No, nemmeno morto glielo avrebbe raccontato. Non poteva farlo.

Wei WuXian gli riempì di nuovo la ciotola. Senza pensarci, SiZhui l’afferrò e la svuotò.

Iniziava a sentirsi la testa leggera. Non era abituato a bere e non sapeva quali reazioni avrebbe potuto avere.

«Mmm… Devo prenderlo per un no, immagino. Però avresti voluto?»

«Certo!» sbottò SiZhui, prima di rendersi conto che la sua bocca aveva parlato senza connettersi al cervello e schiaffarvi quindi sopra una mano.

Wei WuXian smise di incalzarlo e sorrise, mentre versava altre due ciotole e prendeva a sbucciare dei semi di loto.

«A-Yuan, ascoltami. Capisco come ti senti, credimi. Sei un ragazzo fin troppo giudizioso. Io alla tua età, quando studiavo ai Meandri delle Nuvole, infrangevo almeno dieci regole solo respirando, quindi penso che tu sia davvero ammirevole. Però, penso anche che questa giovinezza dovresti un po’ godertela. Non c’è niente di male a provare dei sentimenti e non c’è niente di male a volerli dimostrare. Io ci ho messo due vite a capire che amavo tuo padre ed è una cosa che non auguro a nessuno. Se fossi stato più onesto con me stesso quando ne ho avuta l’occasione, invece di giocare e provocare, forse alcune cose sarebbero andate diversamente e ci saremmo risparmiati un po’ di dolore.»

Si infilò in bocca un seme e masticò con gusto, facendolo seguire da un sorso di vino.

«Non dico che sarà sempre tutto rose e fiori, ma a volte un po’ d’intraprendenza non guasta, non trovi? Il rischio è quello di essere felici.»

SiZhui lo fissò da sopra la sua ciotola di vino vuota. Non ricordava quante ne aveva bevute, ma si sentiva la faccia bollente.

«Sai, baba.» mormorò. «Mi piace proprio tanto.»

Wei WuXian si alzò per fare il giro del tavolo e stringerselo al petto.

«Sono davvero felice per te, ravanellino.» disse dolcemente. «Questo comunque ci riporta allo scopo primario di questa chiacchierata!» continuò poi con voce allegra. «E cioè che per fare le cose per bene devi essere informato a dovere per ogni evenienza. Non come il tuo baba, che la prima volta con tuo padre non sapeva cosa stesse facendo.»

SiZhui sgranò gli occhi nella poca lucidità che gli era rimasta. Oh, no. No.

«Devi sapere che con un uomo funziona un po’ diversamente che con una donna. Innanzi tutto…»

SiZhui si portò le mani alle orecchie e scosse forte la testa.

«Baba, ti prego, smettila! Lo so!»

«Cosa?»

Wei WuXian rimase senza parole, probabilmente per la prima volta nella sua vita.

«Lo so. Come funziona. L’ho visto nella biblioteca ai Meandri delle Nuvole.»

«Avete una biblioteca di libri erotici e nessuno ha pensato di informarmi?»

Lan SiZhui dovette ricordare a sé stesso che voleva bene a quella persona e che gli doveva la vita.

«Nei trattati di anatomia!» esclamò, paonazzo. «Che sono consultabili da chiunque voglia studiare un po’ di medicina.»

Tutta quella storia era andata fin troppo oltre. Si alzò in piedi, deciso ad andarsene, ma barcollò miseramente e la sua vista si sfocò. Forse era più ubriaco di quanto pensasse.

Un istante dopo, una stretta energica lo sostenne per la vita e una mano afferrò la sua che aveva mancato il bordo del tavolo.

«Andiamo a casa.» disse Wei WuXian. «Mi sa che abbiamo un po’ esagerato entrambi.»

SiZhui annuì e questo gli provocò un giramento di testa che lo costrinse ad appoggiarsi ancora di più alla spalla di suo padre.

«Sì, andiamo a casa.»

 

Quando Lan WangJi si svegliò e non trovò Wei WuXian al suo fianco, la prima sensazione istintiva che provò fu il gelo della paura. Dovette imporre a sè stesso di non cedere all’ansia, ricordandosi che non si trovavano in un territorio ostile e che ragionevolmente nessuno sarebbe venuto a rapire il suo compagno dal suo letto. Era molto più probabile che, di nuovo, fosse stato lui stesso ad andarsene a zonzo da qualche parte. Sospirò mentre si alzava: se anche non fosse andato a cercarlo, non avrebbe chiuso occhio per il resto della notte a causa della preoccupazione, quindi tanto valeva muoversi.

Scartò immediatamente la residenza principale come luogo di ricerca, era improbabile che Wei WuXian si fosse recato in visita al fratello a quell’ora - o almeno se lo augurava. I campi di addestramento erano una meta altrettanto improbabile, così come gli altri luoghi ufficiali di Yunmeng. Restavano le locande del porto. Poi, improvvisamente, lo colpì un’intuizione.

La porta della stanza di Lan SiZhui era spalancata e, se non fosse stato per la situazione che già immaginava, l’avrebbe trovato allarmante. Invece, il suo discepolo migliore, nonché figlio adottivo, dormiva della grossa sdraiato di traverso sul letto, completamente vestito e con il nastro frontale mezzo sciolto che pendeva da un lato. Seduto sul pavimento, con una giara di vino tra le mani, Wei WuXian alzò lo sguardo verso di lui quando lo vide entrare e squillò un saluto. I suoi occhi erano lucidi e brillanti.

«Buonasera, Lan Zhan!»

L’intera stanza puzzava innegabilmente di alcol.

Lan WangJi arricciò il naso e la sua espressione s’indurì.

«Non alzare la voce, è tardi.» lo rimproverò.

Per tutta risposta Wei WuXian lo fissò, poi ridacchiò.

Lan WangJi si chiese quanto fosse ubriaco.

«Avete bevuto.» disse in tono accusatorio, anche se era un’ovvietà.

«Non arrabbiarti, Lan Zhan, non è così brutta come sembra. Qui non siamo nei Meandri delle Nuvole e poi A-Yuan aveva bisogno di parlare.»

«O tu avevi bisogno di impicciarti?»

Wei WuXian gonfiò le guance, indignato.

«Sono suo padre, devo sapere come stanno le cose ed è mia responsabilità assicurarmi che sia consapevole della situazione!»

Lan WangJi sollevò un sopracciglio, scettico.

«Ero preoccupato! Non volevo che si trovasse impreparato!»

Il sopracciglio svettò ancora più in alto.

«Va bene, va bene, ero curioso come una scimmia! Lo ammetto!»

Lan WangJi sospirò di rassegnazione.

«Non avevamo detto che non siamo in guerra? Che loro avevano tempo? Non è necessario affrettare le cose.»

L’espressione di Wei WuXian si fece più seria.

«Lo so. Ma io ho sbagliato tante cose perché non capivo cosa stessi facendo, cosa stesse succedendo, e ti ho fatto soffrire per troppo tempo. È vero che ero curioso, ma non voglio che la storia si ripeta. E volevo che A-Yuan sapesse che gli vogliamo bene e lo supportiamo.»

Come nessuno aveva fatto con lui quando era giovane, capì Lan WangJi, e nemmeno dopo. Non avrebbero mai saputo se Cangse Sanren e Wei ChangZe avrebbero approvato la loro unione, ma era abbastanza certo che Jiang FenMiang e Yu ZiYuan non ne sarebbero stati entusiasti, tanto quanto non lo era stato il suo cosiddetto fratello. Era comprensibile che Wei WuXian volesse che suo figlio avesse dei genitori che gli mostravano un maggiore affetto. Forse non lo faceva nel modo migliore, ma almeno ci provava.

Lan WangJi allungò una mano e lo aiutò ad alzarsi da terra, poi s’impegnò in silenzio a sistemare al meglio SiZhui. Gli tolse la sopraveste e gli stivali, lo coprì con una coperta, poi ripiegò il nastro frontale sul comodino. Terminata l’operazione, prese per mano il suo amato e lo condusse fuori dalla stanza.

«Andiamo a dormire.» disse.

Wei WuXian appoggiò la testa sulla sua spalla, ma all’altro non sfuggì la giara ancora nelle sue mani.

«E quello?»

«Sarebbe un peccato sprecarlo, no?»

«Mn. Non siete scappati senza pagare, vero?»

Wei WuXian si portò una mano al petto.

«Hanguang-jun! Così mi offendi! Non scapperei mai da una locanda senza pagare! Non ti preoccupare, abbiamo fatto alla maniera di Pontile del Loto!»

 

La mattinata era iniziata in modo soddisfacente per il capoclan Jiang: non erano arrivati rapporti di incursioni di briganti dai territori di confine, le conferme delle partecipazioni alla caccia notturna di quella sera erano giunte tutte e l’organizzazione era ormai ultimata. La sua colazione non era niente male e, soprattutto, il suo disgraziato fratello non aveva ancora attirato nessuna forma di morte e distruzione sulla sua casa. Tutto sommato, le cose andavano alla grande. Stava sorseggiando il suo tè di metà mattina scorrendo le ultime missive, quando un servitore gli si accostò inchinandosi rispettosamente.

«Capoclan, il padrone della locanda del Loto Dorato le invia questo.» disse.

Jiang Cheng aggrottò le sopracciglia: se non ricordava male, la locanda del Loto Dorato era quella che si affacciava sul canale principale, prima dello sbocco del porto. Non ci metteva piede da anni.

Perplesso, prese la busta e scorse le poche righe scritte sul foglio in essa contenuto. Poi lo accartocciò brutalmente in una mano rimangiandosi tutte le sue previsioni e ringhiando un infuriato: «Wei WuXian!!!» che fece scappare il servitore a gambe levate.

 

 

La caccia era iniziata nel migliore dei modi, con tutti i partecipanti schierati e pronti per lo scontro. Ovviamente, la formazione non era durata oltre la prima mezz’ora, dopodiché ognuno era andato per i fatti suoi, inseguendo o venendo inseguito da qualche zombie selvaggio o creatura demoniaca. Lan SiZhui era ormai abituato a questo schema e, per quanto si fosse ripetuto che sarebbe stato l’ombra di Jin Ling per evitare che il nuovo capoclan si facesse del male, alla fine lo aveva perso. Combattere nei boschi era sempre un caos, ma l’altro ragazzo non faceva proprio nulla per rendere più agevole la sua protezione, saltando di ramo in ramo completamente a caso inseguendo prede con il suo arco. Almeno Fata era con lui, si consolò doppiamente SiZhui, visto che quello era anche l’unico deterrente che aveva convinto Wei WuXian a non seguirli e a badare alla sua convalescenza. Inevitabilmente, il pensiero ritornò al discorso della sera prima e di nuovo sentì montare il disagio e il batticuore allo stesso tempo. Suo padre era la persona più imbarazzante sulla faccia della terra, eppure era anche l’unico davanti al quale sapeva di poter ammettere impunemente i suoi sentimenti e da cui avrebbe ricevuto in risposta solo affetto. Per quanto fosse assolutamente certo che anche Lan WangJi non avrebbe reagito negativamente, a volte il suo contegno lo intimidiva un po’ e non era certo che sarebbe riuscito a parlare apertamente con lui. Certo, quella della sera prima era stata una situazione terribile per i suoi poveri nervi e ancora ne riportava gli strascichi. Faticava a guardare Jin Ling in faccia, non solo per le potenziali conseguenze di qualche sguardo più intenso, ma anche per i discorsi tremendi che Wei WuXian aveva tentato di intavolare con lui. Però, allo stesso tempo, ne serbava un ricordo dolce, di qualcuno che, nel suo modo indiscreto e decisamente sopra le righe, aveva tentato di stargli vicino, di interessarsi al suo benessere e di fargli sapere che era amato. Quel pensiero gli scaldava il cuore.

Un movimento alla sua destra attirò la sua attenzione, disperdendo quelle riflessioni. Non doveva dimenticarsi che era a caccia, non aveva tempo per indugiare su dolci fantasie. A pochi metri da lui, uno zombie emerse dai cespugli e si avventò nella sua direzione. La sua spada schizzò dal fodero e disegnò un ampio arco di fronte a lui, creando una barriera respingente. In un attimo, estrasse i talismani sigillanti che si portava sempre dietro e li scagliò in direzione della creatura. Ne aveva già usati diversi quella sera, ma se era fortunato non ne sarebbero occorsi altri per bloccare l’essere che aveva davanti. Non sembrava particolarmente agguerrito e infatti, dopo averlo bloccato, bastò disegnare una semplice matrice di purificazione per placarlo.

Lan SiZhui doveva davvero avere la buona sorte dalla sua, quella sera. Finora gli erano capitati solo avversari docili e di facile risoluzione; questo era un bene anche per gli abitanti dei villaggi vicini, che non erano tormentati da zombie selvaggi pericolosi o creature maligne. Si augurava che anche per i suoi compagni coltivatori la nottata stesse procedendo bene e senza troppi affanni. Certo, se fosse riuscito ad assicurarsi che anche Jin Ling non stava avendo problemi, sarebbe stato più tranquillo. Non fece in tempo a finire di formulare il pensiero che un ringhio risuonò da qualche parte alle sue spalle.

«Fata!» riconobbe immediatamente, lanciandosi in quella direzione.

Lo spettacolo che gli si parò davanti lo fece rabbrividire. Jin Ling stava lottando con uno zombie particolarmente feroce, tenendolo a bada a stento con la sua spada, mentre il cane spirituale ringhiava e tentava di azzannarne un secondo. Era un combattimento senza esclusione di colpi, in cui era chiaro quale dei contendenti stesse avendo la meglio. SiZhui frugò frenetico nelle maniche alla ricerca di talismani sigillanti, ma scoprì con orrore che quelli usati poco prima erano gli ultimi.

Con un colpo più violento dei precedenti, il secondo zombie scagliò Fata lontano, facendola atterrare su un cespuglio con un debole guaito. SiZhui avrebbe voluto soccorrerla, ma non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi perché la creatura si stava avventando su Jin Ling, ancora impegnato in combattimento. Stava succedendo tutto troppo in fretta, non aveva il tempo di lanciare la spada a fare da scudo, non aveva il tempo di fare nulla. Agì d’istinto, senza pensare. Si gettò in avanti e un dolore bruciante gli attraversò il petto. Vide qualcosa di rosso schizzargli davanti agli occhi, poi la sua vista si oscurò.

 

Jin Lin ebbe l’impressione che tutto si svolgesse al rallentatore: Fata che veniva sbalzata via, lo zombie che lo aggrediva, SiZhui che sbucava dal nulla e si metteva in mezzo, per poi crollare a terra. La sua mano si mosse da sola, decapitando con un solo colpo lo zombie che stava affrontando e trafiggendo a morte il secondo. Poi Suihua cadde a terra e lui stesso crollò in ginocchio accanto a SiZhui. C’era così tanto sangue che non aveva idea di cosa fare, dove mettere le mani e come riuscire a smettere di tremare. Un ricordo inopportuno gli attraversò la mente.

«Chi ve lo fa fare di vestirvi di bianco? In quanto a praticità durante una caccia notturna, è molto discutibile.»

E ora quel bianco candido e innocente era deturpato da tre squarci e da macchie scarlatte che si allargavano sul tessuto e gocciolavano sull’erba circostante.

«SiZhui!» gridò, riconoscendo a stento la propria voce. Lo afferrò per le spalle e lo scosse, chiamandolo di nuovo, ma quando ritirò le mani le trovò macchiate di sangue e sentì il panico farsi strada dentro di lui. No, no, no! Non doveva andare così! Avrebbe dovuto essere una serata divertente! Avrebbero abbattuto un po’ di zombie, poi sarebbero tornati a casa vincitori, acclamati da tutti, e magari si sarebbero appartati in un angolo di Pontile del Loto e, trascinati dall’euforia, si sarebbero lasciati andare a quello che il giorno prima era stato interrotto. Jin Ling voleva baciare SiZhui, non vederselo morire tra le braccia! Doveva fare qualcosa! Qualcuno doveva dirgli cosa! Ma lì non c’era nessuno, suo zio era chissà dove nel bosco e non avvertiva la presenza di altri coltivatori nelle vicinanze. C’era solo lui e non si sarebbe mai perdonato se avesse lasciato morire la persona che amava perché era un codardo incapace. Non riuscendo a pensare ad altro di sensato, strappò con forza un lembo della sua veste e lo usò per tamponare il sangue e premerlo sulle ferite, sperando di bloccare almeno in parte l’emorragia.

«Mi fai male…»

La voce appena percettibile e carica di sofferenza di Lan SiZhui lo raggiunse facendolo sobbalzare.

«Sei vivo!» esclamò, mentre gli occhi gli si appannavano per le lacrime che avevano iniziato a scorrere. «Cosa ti è saltato in mente?! Sei impazzito?! Buttarti in mezzo così! E io… io…»

SiZhui sollevò faticosamente una mano e gliela appoggiò sulla testa.

«Ssshhh, va tutto bene. Non potevo permettere che la persona che mi piace si facesse male.»

Il cuore di Jin Ling perse un battito. No, doveva aver capito male. O SiZhui delirava per il dolore.

«Dimmi cosa devo fare!» lo pregò, ma quando abbassò lo sguardo vide che aveva perso i sensi.

Ok, doveva stare calmo. C’erano state delle lezioni che avevano spiegato il primo soccorso e le cure d’emergenza. A parte fermare il sangue e bendare dove esserci altro, qualcosa che mantenesse in vita il ferito. Ma certo, il trasferimento dell’energia vitale! Quello avrebbe anche aiutato le ferite a rimarginarsi più velocemente. Non aveva mai provato in prima persona, ma aveva assistito al procedimento durante la lezione ai Meandri delle Nuvole, quindi doveva solo applicare quello che ricordava. Prese la mano di SiZhui tra le sue e si concentrò il più possibile, lasciando scorrere l’energia del suo nucleo dorato verso quello dell’altro.

«A-Yuan.» si concesse di chiamare nella sua mente, usando il nome di nascita che tante volte aveva sentito uscire dalla bocca di Wei WuXian carico d’affetto, ma che non aveva mai osato pronunciare. «A-Yuan. A-Yuan.»

Le sue dita erano rese scivolose dal sangue e ormai anche la parte davanti della sua veste ne era completamente imbrattata, per questo impiegò un po’ a capire che quello che sgorgava dalle ferite si stava lentamente fermando. In ogni caso, non potevano restare lì in mezzo al bosco, non sarebbe venuto nessuno o comunque ci avrebbero messo troppo tempo. Dovevano tornare a Pontile del Loto immediatamente.

Facendosi forza, si alzò in piedi e si passò un braccio di SiZhui attorno alle spalle. Se avesse potuto volare su Suihua sarebbero arrivati prima, ma non sarebbe mai riuscito a tenere in volo la spada mentre sorreggeva il compagno e gli passava energia vitale. Sarebbe andato a piedi a costo di trascinarsi.

«Fata!» chiamò con un fischio, e il cane spuntò uggiolando debolmente dal cespuglio. «Vai a cercare jiujiu

Quando quella partì, anche Jin Ling s’incamminò, un po’ spingendo e un po’ trascinando il corpo esanime di Lan SiZhui, ma sempre tenendogli stretta la mano con cui gli passava energia.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo impiegò a giungere a casa, solo che la sua mente annebbiata dalla stanchezza e dalla trasfusione spirituale gli suggerì che nessuno li avrebbe accolti alla residenza principale; ma c’era comunque qualcun altro a cui appellarsi. Si trascinò quindi fino agli alloggi degli ospiti, sempre sostenendo in modo precario SiZhui, e bussò a una porta appena prima che le sue ginocchia cedessero definitivamente.

Quando la vide aprirsi, riuscì solo a mormorare: «Aiutami, shishu…» prima di sprofondare nel buio.

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


C'era voluto del bello e del buono per convincere Wei WuXian a non partecipare alla caccia di quella sera e l’ultima delle argomentazioni che prese in considerazione era la sua salute.Solo quando aveva visto Fata avanzare al fianco di Jin Ling, aveva stabilito che non sarebbe stato conveniente rimanere sulle spalle di Lan WangJi per tutto il tempo. Nonostante questo, aveva passato tutta la serata imbronciato o brontolando mentre si dedicava a disegnare nuovi talismani di scorta. L’idea era quella di crearne per nuovi usi, ma quando era di quell’umore non aveva mai intuizioni interessanti. Aveva addirittura pensato di usare la sagoma di carta per volare a vedere come se la cavavano i ragazzi, ma, a quel punto, Lan WangJi lo aveva afferrato per le spalle e lo aveva spinto contro una parete, baciandolo con una passione che gli aveva svuotato la mente all’istante. Le sue mani erano subito volate tra i capelli di Lan WangJi a giocare con il suo nastro frontale, che ben presto era finito a terra insieme ai suoi vestiti e al suo stesso nastro. Il legno laccato della parete aveva graffiato contro la sua schiena quando Lan WangJi lo aveva sollevato di peso facendogli avvolgere le gambe attorno alla sua vita. L'incavo del collo di Wei WuXian si riempì di morsi e un sospiro sonoro lasciò le sue labbra; non c’era più stato posto per altro che loro due e i loro corpi intrecciati.

Un ottimo metodo di distrazione, pensò più tardi, mentre se ne stava disteso tra le lenzuola sfatte, coccolando Lan WangJi, che teneva la testa appoggiata sul suo petto.

«Ah, Lan Zhan…» sospirò. «Sai sempre come farmi fare quello che vuoi.»

Un sorriso soddisfatto si dipinse sulle sue labbra mentre si chinava a posare un bacio sui capelli dell’uomo che dormiva accanto a lui. Dopotutto, non gli era mancata per nulla quella caccia notturna.

Per questo, quando avvertì un incerto bussare alla porta, si stranì. Chi poteva essere a quell’ora di notte, quando tutte le persone che lo conoscevano erano fuori? Magari si trattava di qualcuno che aveva sbagliato porta? Un ubriaco di ritorno da una notte di baldoria? Chiunque fosse, non era carino lasciarlo fuori senza indicazioni.

Facendo attenzione a non svegliare Lan WangJi, sgusciò via dal suo abbraccio e dalle coperte, s’infilò i pantaloni e si buttò sulle spalle la vestaglia.

«Sì, chi…?»

Quando aprì la porta, un mormorio giunse alle sue orecchie.

«Aiutami, shishu…»

Lo spettacolo che si trovò davanti gli spezzò la voce e gli gelò il sangue.

Jin Ling e Lan SiZhui erano riversi a terra con le vesti coperte di sangue, entrambi apparentemente privi di sensi.

L’immagine del ricordo di un sogno si sovrappose crudelmente alla realtà e una voce irosa gli rimbombò nelle orecchie.

«Distruggi ogni cosa che tocchi! Sei un portatore di morte!»

Le sue mani presero a tremare incontrollabilmente e un grido gli sfuggì dalle labbra, carico del più puro terrore.

«LAN ZHAN!»

Il compagno gli fu accanto in un istante.

«Wei Ying!» lo chiamò, afferrandolo per le spalle.

Il suo occhio critico analizzò la situazione in un attimo. Si chinò a sentire il battito di entrambi i ragazzi, poi tornò a focalizzarsi su di lui.

Wei WuXian aveva l’impressione che tutto si muovesse al rallentatore e che avesse contorni sfocati. Stava tremando dalla testa ai piedi, sapeva di dover smettere ma non ci riusciva. E non riusciva nemmeno a staccare gli occhi dai suoi bambini insanguinati. Morti? No, per gli dei. No, no, no…

«Wei Ying!»

Le mani di Lan WangJi che lo scuotevano lo fecero tornare alla realtà.

«Ho bisogno che tu sia con me adesso. Sono vivi entrambi, ma devono essere portati subito da un guaritore. Puoi farlo?»

«Certo…»

Lan WangJi gli posò un bacio sulla fronte, poi si chinò subito a sollevare SiZhui tra le braccia. La vista dei tre squarci sulla parte davanti della veste e tutto il sangue che la ricopriva fece rabbrividire Wei WuXian. Non era da lui impressionarsi per cose del genere, era un coltivatore demoniaco che maneggiava cadaveri, ma al pensiero di perdere i suoi bambini…

Raccolse Jin Ling e se lo strinse al petto, poi si affrettò dietro Lan WangJi.

 

«Com’è potuto succedere?!»

La voce di Jiang Cheng risuonò irosa nell’infermeria.

Alcuni guaritori avevano tentato di blandirlo ma erano stati allontanati con gesti bruschi e il crepitare di Zidian alla sua mano destra. Ora nessuno si frapponeva tra lui e il suo disgraziato fratello.

Wei WuXian tuttavia non gli badava minimamente: se ne stava rannicchiato su una sedia accanto al letto in cui giaceva Lan SiZhui e teneva stretta la mano del ragazzo. Tremava e sembrava in stato di shock.

Gli avevano detto che si era trattato di un brutto incidente durante la caccia, quindi trovarselo davanti in infermeria aveva mandato all’aria tutte le sue certezze.

«Sono venuti a chiamarmi perchè c’è stato un incidente, trovo entrambi i ragazzi in fin di vita e tu ti presenti in modo così…»

Lo squadrò da capo a piedi, dai pantaloni leggeri alla vestaglia aperta, fino ai capelli sciolti che gli ricadevano in ciocche scomposte sugli occhi.

«… Indecente!»

Irritato, fece per afferrare una coperta e lanciargliela, ma Lan WangJi lo prevenne. Si sfilò la sopraveste e gliela appoggiò sulle spalle, stringendolo poi a sé e strofinandogli la schiena per scaldarlo.

«Inveire in questo modo non è d’aiuto, capoclan Jiang.» disse in tono freddo. «Wei Ying è già abbastanza provato.»

«Oh, certo, è provato! Non è suo nipote quello esanime in un letto!»

Lo sguardo di Lan WangJi avrebbe incenerito un sasso.

«Lo è. E l’altro è suo figlio.»

«Basta, Lan Zhan. Jiang Cheng. Non è il momento.» intervenne Wei WuXian con voce flebile. «Il guaritore ha detto che Jin Ling non corre rischi e che A-Yuan è vivo praticamente grazie a lui. Non aggraviamo la situazione inutilmente.»

Jiang Cheng incrociò le braccia e si appoggiò alla parete in fondo alla stanza, da dove poteva tenere d’occhio l’intera situazione. Non gli era ancora chiaro cosa fosse successo esattamente, sapeva solo che i ragazzi avevano bussato alla porta di Wei WuXian stremati e feriti ed erano stati portati in infermeria. Dopo tutte le raccomandazioni che gli aveva fatto, Jin Ling avrebbe dovuto spiegargli un bel po’ di cose.

Rimasero tutti nell’infermeria per il resto della notte. Lan WangJi provò più volte a convincere il compagno ad andare a riposare, o almeno a stendersi su uno dei letti disponibili, ma quello non volle saperne. Jiang Cheng rimase stoicamente nel suo angolo a guardare quei due e i guaritori affaccendarsi attorno ai feriti, finché non gli garantirono che erano entrambi fuori pericolo. Non si sarebbe perdonato se fosse successo qualcosa al figlio della sua amata sorella e l’eventuale morte del ragazzino Lan avrebbe scatenato un incidente diplomatico di proporzioni colossali. Sarebbe stato terribilmente seccante. Di certo, più che vedere suo nipote e suo fratello piangere.

Solo quando sorse il sole e un intendente venne a cercarlo con le incombenze della giornata, accettò di lasciare la stanza, non senza aver prima dato l’ordine di venire informato di qualsiasi cambiamento.

 

Non aveva chiuso occhio tutta la notte, nonostante Lan WangJi gli avesse ripetuto più volte di andare a riposare. Non aveva intenzione di lasciare il fianco del suo bambino finché non fosse stato certo oltre ogni ragionevole dubbio che non corresse più alcun rischio. Le sue ferite erano state pulite, medicate e trattate con un unguento per prevenire l’avvelenamento da zombie, dopo che i guaritori avevano stabilito che fossero state effettivamente inferte da artigli. Gli avevano anche detto che il trasferimento di energia vitale fatto da Jin Ling era stato provvidenziale: senza quello l’infezione sarebbe stata inevitabile e la perdita di sangue troppo abbondante. Anzi, era stato addirittura eccessivo, al punto da causare il collasso dell’altro. Ora la situazione era stabile: le ferite di SiZhui avrebbero impiegato un po’ di tempo a rimarginarsi, ma non avrebbero lasciato conseguenze e Jin Ling aveva solo bisogno di riposare e recuperare le forze.

Quando Jiang Cheng lasciò l’infermeria per gli impegni della giornata, Wei WuXian si concesse finalmente di appoggiare la testa sopra le braccia incrociate, sul materasso accanto a SiZhui. Ora che sapeva che tutto si sarebbe risolto per il meglio, le forze lo stavano abbandonando. Non voleva andare a casa e lasciare i ragazzi ancora incoscienti, ma faticava a tenere gli occhi aperti.

«Wei Ying, vai a riposare.» tentò per l’ennesima volta Lan WangJi. «Posso rimanere io a vegliare su di loro. Non sarai di nessun aiuto se collasserai anche tu.»

Wei WuXian scosse piano la testa.

«Sono venuti da me. Voglio essere qui quando si riprenderanno.»

Come evocata dalle sue parole, una vocina si levò dal letto accanto.

«Jiujiu…?»

Wei WuXian si alzò di scatto e si precipitò in quella direzione.

«Jin Ling! Come ti senti? Ah, Jiang Cheng è appena rientrato alla residenza, posso andare a chiamarlo, se vuoi.»

Il ragazzo sembrò confuso e lo scrutò per un attimo inclinando la testa, poi distolse lo sguardo, mentre le sue guance si arrossavano.

«Grazie, shishu.» mormorò.

A quell’appellativo, Wei WuXian si sentì salire le lacrime agli occhi e lo abbracciò di slancio, incurante del sobbalzo di sorpresa dell’altro.

«Pensavo di morire! Non fatemi più spaventare in questo modo!» esclamò, continuando a stringerlo finchè Lan WangJi non gli fece notare che il ragazzo stava tentando di dire qualcosa.

«Non c’è bisogno di fare così.» brontolò Jin Ling, voltandosi di lato per tentare di nascondere il rossore che ancora gli colorava il volto. «Piuttosto, dov’è SiZhui? Sta bene vero?»

Dall’urgenza nella sua voce, entrambi capirono quanto fosse preoccupato e perché non fosse riuscito a controllarsi nello scambio di energia.

Wei WuXian si scostò un poco per mostrare l’altro letto dove era disteso il giovane Lan.

«Non si può dire che stia ancora bene, ma sta dormendo e si riprenderà. Gli hai salvato la vita.»

Per tutta risposta, Jin Ling si lasciò sfuggire un sospiro sollevato e si portò una mano a coprire gli occhi.

«Non sapevo quello che stavo facendo…» mormorò. «Si è buttato in mezzo per proteggermi… C’era così tanto sangue, non sapevo cosa fare…»

Quando la sua voce si spezzò, Wei WuXian lo abbracciò di nuovo.

«Sei stato bravo. Hai fatto quello che potevi, l’hai tenuto in vita e l’hai riportato da noi. Sei stato ammirevole.»

Era forse la prima volta che Jin Ling si lasciava consolare così da lui e Wei WuXian si sentì sciogliere il cuore. Abbracciare il figlio della sua Shijie che era stato salvato e aveva a sua volta salvato il suo bambino dava l’impressione di un cerchio che si chiudeva e gli trasmetteva un senso di pace.

Fu Lan WangJi a interrompere quel piccolo idillio.

«A-Yuan dormirà ancora per un po’ e Jin Ling ha bisogno di riposo.» disse appoggiandogli una mano sulla spalla. «È ora che anche tu dorma un po’.»

Il suo tono non ammetteva repliche, quindi Wei WuXian capitolò.

Sul volto di Jin Ling si disegnò un sorrisetto.

«In effetti, shishu, hai un’aria più disastrata del solito.»

Wei WuXian lo punzecchiò su una guancia.

«Ehi.» brontolò. «Adesso non esageriamo con la confidenza.»

 

Dopo che Wei WuXian e Lan WangJi furono usciti, Jin Ling rimase disteso per un po’ di tempo in silenzio. Si sentiva particolarmente stanco e privo di forze, ma non stava male nel senso specifico del termine. Sapeva che avrebbe dovuto dormire per riprendersi più in fretta, ma la sua mente non poteva fare a meno di ripercorrere ancora e ancora i momenti terribili trascorsi nel bosco e lungo la strada, prima di crollare davanti alla porta del suo secondo zio. Se non fosse riuscito nel suo intento, se Lan SiZhui fosse morto… No, non voleva nemmeno pensarci. Era così arrabbiato con lui! Cosa gli era saltato in mente? Non era la sua guardia del corpo, non era tenuto - non doveva assolutamente - mettersi in pericolo per proteggerlo!

Infuriato, si voltò su un fianco e fu in quel momento che vide SiZhui sollevare una mano e portarsela lentamente al volto.

«Cosa…» lo sentì mormorare.

Jin Ling balzò dal letto, ignorando il capogiro che rischiò di assalirlo.

Avevano detto che avrebbe dormito ancora per un po’, che non si era ripreso. Forse doveva chiamare i guaritori.

«SiZhui.» si azzardò a chiamare, accostandosi al letto.

Quello spostò su di lui lo sguardo ceruleo, appannato e confuso.

«Jin Ling…?»

Un istante dopo spalancò gli occhi.

«Jin Ling! Stai bene?» esclamò tentando di alzarsi a sedere e ricadendo subito tra le lenzuola con un gemito dolorante.

«Io sì, che sto bene! Sei tu quello che si è quasi fatto infilzare da uno zombie!» gli strillò contro Jin Ling, non riuscendo a trattenere il tono di voce alterato. Poi si lasciò cadere in ginocchio accanto al letto e gli prese una mano. «Ho davvero creduto di impazzire, non sapevo cosa fare, ho pensato che saresti morto. Che ti avrei perso. Non… non me lo sarei mai perdonato. Perchè sei sempre così… così… impulsivo quando si tratta di proteggermi, che non pensi alle conseguenze. Tutti pensano che tu sia il discepolo modello di GusuLan, ma io la vedo, quella voglia di fare colpi di testa, di cacciarti nei guai, e non posso accettare che sia per colpa mia.»

Che accidenti stava blaterando? Doveva smetterla. Doveva smetterla subito.

«Perchè tu sei una persona meravigliosa, sei abile, sei gentile, sei bellissimo e mi piaci tantissimo, ma hai il vizio di sacrificarti. Proprio come tuo padre, quando ha ceduto il suo nucleo dorato a mio zio, siete tali e quali, e io non voglio vedere la persona che amo morire davanti a me per proteggermi!»

Vide SiZhui sgranare gli occhi e fissarlo con espressione sconvolta. Due piccole lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi e scivolarono sulle sue guance. Lentamente, dolorosamente, allontanò le coperte e si mise in piedi, dopo aver liberato la mano dalla stretta di Jin Ling.

Il ragazzo rimase paralizzato e incredulo a guardarlo zoppicare, con una mano premuta sulla ferita, fino a uscire dalla stanza.

«SiZhui…?» mormorò, imbarazzato e mortificato al tempo stesso.

Cos’era appena successo? Si era davvero dichiarato in un fiume di parole senza senso? E SiZhui era davvero scappato dalla stanza, da lui?

Si prese la testa tra le mani. Oh, che disastro. Aveva appena distrutto con le sue mani una delle poche cose belle che gli fossero mai successe. Era un idiota completo, lui e la sua boccaccia a cui non sapeva dare un freno.

«Jin Ling!»

Una voce nota lo indusse ad alzare la testa.

«Jiujiu

Suo zio era sembrato sul punto di dire qualcosa, ma la sua espressione burrascosa si spense non appena posò gli occhi su di lui. Jin Ling si rese conto della lacrima che gli scorreva sulla guancia solo quando questa cadde e gli bagnò la veste da camera.

«Ero venuto a controllare se eri sveglio.» disse Jiang Cheng facendoglisi subito vicino. «Stai male? Qualcuno dei guaritori ti ha trattato in modo irrispettoso?»

Era incredibile come suo zio diventasse apprensivo solo in situazioni come quella.

Jin Ling scosse la testa.

«No, nessuno mi ha trattato male e nel complesso credo di essere solo molto stanco.» disse. «E molto stupido.»

Jiang Cheng gli rivolse un’espressione confusa, chiaramente non capendo il punto di quell’ultima affermazione.

«In effetti ho reali motivi per pensare che tu lo sia, considerando lo stato in cui sei rientrato dalla caccia e quello che mi dovrai spiegare.» commentò. «Ma immagino tu ti riferisca ad altro.»

Jin Ling si ritrovò a pensare che gli sarebbe piaciuto avere qualcuno con cui parlare, con cui sfogare tutta l’apprensione che aveva provato prima e che, per motivi diversi, stava provando anche ora, ma suo zio non era la persona adatta da cui cercare comprensione. Chissà, forse qualcuno come Wei WuXian lo avrebbe ascoltato senza prenderlo in giro, non troppo almeno, ma per il momento doveva accontentarsi di quello che aveva.

«Ho detto qualcosa di…» Sospirò. «… irrispettoso a Lan SiZhui. Ho parlato senza pensare e non l’ha presa bene.»

Jiang Cheng si accigliò.

«Quando ti ho suggerito di intrattenere rapporti civili con i Lan, non intendevo salvarne uno e poi insultarlo. Sei davvero troppo simile a…»

Sbuffò e distolse lo sguardo.

«In ogni caso è tua responsabilità evitare che si crei un incidente diplomatico, non ho intenzione di mettere una pezza alle tue stupidaggini, ora che hai un ruolo di rilievo. Vedi di non mettere nei guai l’intero clan Jin per le tue antipatie private.»

Antipatie. Magari fosse stato così.

«Jiujiu, credo che sarebbe un miracolo se SiZhui volesse ancora parlarmi. Probabilmente non mi guarderà più in faccia.» rispose Jin Ling, abbattuto.

Aveva frainteso tutto. L’atteggiamento durante la visita a Pontile del Loto, la loro vicinanza al tramonto, le parole di SiZhui quando non era lucido. Era stato tutto un enorme errore, anche se non riusciva a capacitarsi di come fosse stato possibile. Gli erano sembrati segnali così chiari. Ma di certo era stato tutto nella sua testa, filtrato dai suoi desideri. Una persona esemplare come SiZhui non avrebbe mai potuto provare qualcosa per un ragazzino come lui.

«Allora dovrai scusarti con Hanguang-jun.» sentenziò suo zio, e Jin Ling si sentì morire.

 

Wei WuXian si era appena disteso sul letto, sforzandosi di allontanare dalla mente le immagini di quella notte da dietro le palpebre chiuse, quando bussarono alla porta. Lan WangJi, che teneva il guqin sulle ginocchia e aveva cominciato a suonare per garantirgli un riposo sereno, s’interruppe e fece per alzarsi, ma l’altro era già balzato dal letto e corso ad aprire. Quando si trovò davanti SiZhui, con una mano premuta sulle bende che si stavano arrossando e gli occhi pieni di lacrime, per poco non si sentì cedere le gambe, di nuovo.

«A-Yuan! Cos’è successo?» esclamò, turbato. «Santo cielo, vi siete messi tutti d’accordo per farmi venire un infarto entro la fine della giornata?»

Lan WangJi gli fu subito accanto e senza dire una parola sostenne il ragazzo che si reggeva in piedi a stento. Quello non vi badò particolarmente, troppo concentrato su altro.

«Baba!» esclamò disperato. «Perchè non me l’hai detto? Forse non avrei potuto essere d’aiuto, ma almeno non avresti sofferto da solo!»

«Aspetta, di cosa stai parlando?»

Wei WuXian mosse istintivamente un passo indietro. Quando qualcuno gli faceva quella domanda, di solito l’argomento era sempre lo stesso. Però non era possibile che SiZhui fosse venuto a saperlo.

«Del tuo nucleo dorato! Jin Ling ha detto che l’hai ceduto a suo zio!»

Wei WuXian si sentì gelare. Jin Ling. Non aveva tenuto in considerazione quella possibilità, si era completamente dimenticato della presenza del nipote al tempio di Guanyin, o forse aveva solo sperato che non avesse capito. Ma Jin Ling non era uno sciocco e non aveva un vero motivo per tenere celata la cosa. Solo… perché adesso?

«So cosa significa, l’ho letto nei trattati di medicina! So cosa comporta! E la coltivazione demoniaca! Per tutto questo tempo, tu…»

SiZhui, si piegò in avanti, stringendosi la ferita e Wei WuXian gli fu subito vicino.

«Calmati, A-Yuan, ti stai facendo del male.» disse, preoccupato.

Per quanto quella rivelazione potesse sconvolgerlo, ora era molto più importante che suo figlio non soffrisse più di quello che già stava facendo.

Lan WangJi sollevò il ragazzo di peso e lo portò nella stanza, adagiandolo sul letto.

«Le tue ferite si sono riaperte.» disse, notando le bende macchiate. «Devi tornare in infermeria.»

«Lo farò, ma prima voglio sapere cos’è successo.» disse SiZhui, voltandosi a guardare Wei WuXian, con le guance rigate di lacrime e lo sguardo implorante. «Baba, ti prego…»

Wei WuXian si sedette accanto a lui, mentre Lan WangJi faceva lo stesso dal lato opposto.

«È una storia di tanto tempo fa. Ora non ha più così importanza. Erano brutti tempi, c’era la guerra, i Wen avevano bruciato Pontile del Loto e Jiang Cheng ed io eravamo riusciti a scappare solo grazie al sacrificio della signora Yu. Ma poi lui è stato catturato e…»

S’interruppe. Lan WangJi allungò una mano per stringerne una delle sue e trasmettergli la sua vicinanza. Non devi raccontarlo se non vuoi, significava quella stretta. Ma SiZhui aveva bisogno di sapere.

«Per farla breve, ho tentato di salvarlo, ma abbiamo finito per essere salvati entrambi da Wen Qing e Wen Ning. Ma Jiang Cheng aveva perso il suo nucleo a causa di Wen ZhuLiu e, insomma, lui era l’erede del clan e io non ero nessuno. Avevo promesso alla signora Yu che l’avrei protetto a costo della vita. Quindi ho chiesto a Wen Qing, che era letteralmente il miglior medico in circolazione, di darmi una mano.» Alzò le spalle sforzandosi di apparire tranquillo. «Il resto si sa.»

La stretta della mano di Lan WangJi sulla sua aumentò.

C’erano stati i Colli dei Sepolcri, l’energia risentita che prendeva possesso di lui, l’isolamento, l’incapacità di usare ancora una spada, la necessità di ricominciare da zero. E poi la morte che lo accompagnava ovunque andasse, la vita a Yiling in cui la vicinanza di un piccolo orfano era stata l’unico spiraglio di luce in un cammino oscuro, l’assedio, il sangue… Ma non era necessario che lui sapesse anche queste cose.

Si rese conto di avere le guance bagnate solo quando sentì la stretta di SiZhui attorno al suo petto.

«Io… so così poco! E tu, voi, avete sofferto così tanto. Non sminuire questo dolore, lascia che lo portiamo insieme! Lascia che ti stia vicino!»

Parole cariche di amore, che caddero dentro di lui come gocce di calore, facendo sciogliere quelle lacrime che sempre tentava di trattenere. Era ora di smettere di fingere che andasse tutto bene, che fosse solo una seccatura passeggera, per non dare fastidio, per non pesare sugli altri, per evitare che si stancassero di lui quando diventava un problema.

Circondò SiZhui con un braccio.

«È vero.» ammise con un sospiro. «Ha fatto male. Per due notti e un giorno, ha fatto male. E anche dopo. Ha fatto tutto così male. Lo sogno continuamente, non riesco a dimenticarlo, anche se vorrei. Lo zio, la signora Yu, Jin ZiXuan, Wen Qing, Shijie, la Città Senza Notte, l’assedio, la… la mia morte.» Scosse la testa. «Vorrei solo dimenticare, che voi dimenticaste, che non doveste più soffrire per colpa mia.»

Sentì le braccia di Lan WangJi circondarli entrambi e stringerli.

«Non è stata colpa tua, hai sempre fatto del tuo meglio con i mezzi che avevi. Forse non potremo aiutarti a dimenticare, ma siamo qui con te e possiamo portare questo fardello insieme.»

«Sì!» ribadì SiZhui commosso. «Quando ti senti triste, puoi venire da noi! Imparerò a suonare Clarity per esserti d’aiuto e cercherò nei trattati di medicina qualcosa che possa servire a farti stare meglio. Tu però parlacene, non tenerti tutto dentro. Per favore!»

«SiZhui ha ragione.» ribadì Lan WangJi. «Sono traumi difficili da elaborare e l’aiuto degli altri è fondamentale. Noi siamo qui per te.»

«Come se tu fossi un gran chiacchierone, vero, Lan Zhan?» tentò di scherzare Wei WuXian, ma la sua battuta cadde nel vuoto.

«Ho sempre avuto qualcuno a cui appoggiarmi.» rispose seriamente il compagno. «Dopo che ti ho perso sono stato in reclusione per tre anni, se non ci fosse stato mio fratello, non avrei mai superato quel periodo. Tu non hai mai avuto nessuno e noi siamo qui per sopperire a quella mancanza. Puoi fidarti di noi, siamo la tua famiglia.»

«La mia famiglia…» ripetè Wei WuXian, assaporando la parola.

Non ne aveva più avuta una, da quando i suoi genitori erano morti. Si era illuso che i Jiang lo fossero, ma, a parte Shijie, non era mai stato davvero così. Ora però era diverso.

«Il mio compagno, il mio bambino…» mormorò, assorto. «Mio marito, mio figlio…»

Lasciò che quelle parole si depositassero dentro di lui, che prendessero forma e consistenza, che diventassero reali.

Si abbandonò al loro abbraccio.

«Vi amo immensamente.»

Ed era un sollievo incredibile dirlo ad alta voce.

Restarono avvolti in quell’abbraccio confortante per un tempo indefinito, crogiolandosi gli uni nel calore e nella vicinanza degli altri. Wei WuXian raccontò finalmente i propri sogni, collegandoli alla realtà dei fatti avvenuti. SiZhui pianse di nuovo, consapevole della crudeltà di cui si era macchiato il suo stesso sangue. Lan WangJi li consolò entrambi, porto sicuro in cui rifugiarsi da ogni tempesta.

«È stato uno shock rendermi conto che avevo di nuovo un nucleo dorato funzionante.» disse a un certo punto Wei WuXian, lasciando i pensieri scorrere liberi. «Grazie all’energia risentita potevo fare di tutto e in questa vita il suo utilizzo non mi danneggia, ma imparare di nuovo a usare il flusso vitale è stato impegnativo. Ancora adesso devo concentrarmi per far muovere Suibian. Com’è venuto in mente a Jin Ling di tirare fuori questo discorso adesso, a distanza di così tanto tempo?»

Quel riferimento all’amico fece irrigidire SiZhui.

«Oh.» mormorò portandosi una mano a coprire le labbra. «Oh, no.»

Subito entrambi si voltarono verso di lui, preoccupati.

«Ti fa male la ferita?» chiese Lan WangJi. «Saremmo dovuti tornare in infermeria subito.»

«No, io… Jin Ling ha detto quella cosa nel bel mezzo di un discorso che…»

Si coprì la faccia con entrambe le mani mentre le sue guance si arrossavano.

Wei WuXian gliele spostò, più preoccupato che mai.

«Cosa ha detto?»

«Che… gli piaccio tantissimo. Che mi ama. E io me ne sono andato piangendo! Oh, per gli dei, avrà pensato che lo odio!»

Il sorriso di Wei WuXian si allargò da un orecchio all’altro.

«Oh, no, no, no. Niente panico. Ora torni in infermeria, ti fai medicare come si deve e poi gli dici che anche a te piace tantissimo. Che eri solo sconvolto per una notizia inaspettata. Semplice. Andrà tutto a posto.»

O almeno sperava che sarebbe stato semplice. Voleva disperatamente che quei due ragazzini fossero felici e avrebbe fatto di tutto per aiutarli.

«Andiamo, ti accompagno!»

Ma Lan WangJi gli posò una mano sulla spalla, bloccandolo.

«Tu devi riposare.» disse risoluto, poi sollevò SiZhui tra le braccia, come se non pesasse nulla. «Lo porto io e torno subito da te.»

Wei WuXian rispose con un piccolo sorriso rassegnato.

«E va bene. In bocca al lupo, ravanello!»

 

«Quante volte ti ho detto che anche se c’è Fata con te non devi ingaggiare più di uno scontro alla volta?!»

Quando SiZhui e Lan WangJi rientrarono in infermeria, la prima cosa che sentirono furono gli aspri rimproveri di Jiang Cheng.

«Quante volte?»

«Tante.» rispose in tono rassegnato Jin Ling.

«E allora, perché fai sempre di testa tua? Questa volta poteva finire molto male!»

«Ho capito, jiujiu, me lo stai ripetendo da un’ora.»

«E non è ancora sufficiente a farlo entrare in quella tua testaccia, a quanto pare!»

Quando videro entrare i due Lan, si zittirono entrambi e Jin Ling spalancò gli occhi.

«SiZhui!» esclamò.

Nel suo tono traspariva una velata speranza, ma a nessuno sfuggì l’occhiataccia che gli lanciò Jiang Cheng.

Lan WangJi fece distendere il figlio sul letto, poi chiamò i guaritori, che approntarono immediatamente un paravento e si occuparono di lui. SiZhui era consapevole di avere un aspetto terribile, aggravato dal sangue che macchiava di nuovo le bende e le vesti bianche, ma quello che più gli importava in quel momento era riuscire a rassicurare Jin Ling. Si impose la pazienza: non poteva parlare davanti a tutta quella gente e confidava nel fatto che suo padre trovasse il modo di allontanarli.

Quando finirono di medicarlo, furono i guaritori stessi a dire che avevano entrambi bisogno di riposo, evitando però con attenzione di rivolgersi direttamente al capoclan.

«Mi congedo.» disse Lan WangJi. «Non vorrei mai essere di disturbo.»

SiZhui percepì il suo sguardo e il minuscolo sorriso che gli rivolse e lo ricambiò con affetto.

«Ritiratevi tutti!» esclamò il capoclan Jiang, come se fosse stata una sua iniziativa. Poi lanciò un’ultima occhiata intimidatoria a Jin Ling. «E tu, scusati come si deve!»

Il ragazzo distolse lo sguardo, imbronciato.

Quando tutti se ne furono andati, SiZhui si sollevò lentamente a sedere, facendo attenzione alla propria ferita, e sorrise nella sua direzione.

«Di cosa ti dovresti scusare?» chiese, tentando di alleggerire l’atmosfera, ma Jin Ling gli parve più a disagio che mai.

«Di… beh… di quello che ti ho detto.» rispose, continuando a non guardarlo. «Pensavo che… No, non ha importanza quello che pensavo, ho detto una stupidaggine e ti ho messo a disagio. Mi dispiace, dimentica tutto, ti prego.»

«Ma io non voglio!»

Vide gli occhi di Jin Ling spostarsi finalmente su di lui, incerti, timorosi.

«A-Ling, per favore, vieni qui.» disse, mentre il cuore gli batteva a mille. Doveva riuscire a spiegarsi, a fargli capire. «Perdonami, verrei io da te ma non riesco a muovermi come vorrei.»

Il giovane Jin gli fu accanto in un attimo.

«Non voglio dimenticare quello che hai detto, perchè mi ha reso molto felice.»

Vide l’attimo esatto in cui la speranza di Jin Ling si trasformò in scetticismo e ricordò le parole di Wei WuXian.

«Sono io in realtà a dovermi scusare. Ho reagito in modo esagerato a una cosa di cui non ero a conoscenza e se non l’avessi chiarita subito… Ma non è colpa tua, non…»

«Il nucleo dorato!» esclamò Jin Ling, battendosi una mano sulla fronte. «Non lo sapevi! Oh, cielo, sono un idiota! Se mi odi hai perfettamente ragione!»

Stavano mancando il punto del discorso. Perché era così difficile? SiZhui gli prese una mano tra le sue.

«No. A-Ling, guardami. Non ti odio. Non ti odio affatto. Al contrario, mi piaci tanto. Davvero tanto. Al punto che non so esprimermi decentemente, se non buttandomi davanti a uno zombie che ti sta aggredendo. Chi è adesso quello che fa stupidaggini, eh?»

Gli occhioni dorati di Jin Ling si spalancarono ancora di più.

«Sul serio?»

«Sul serio.» ribadì SiZhui che, sentita la tensione sciogliersi, ora aveva solo voglia di ridere, sollevato.

Jin Ling sollevò una mano e gliela appoggiò su una guancia.

«A-Yuan…» mormorò, per poi interrompersi subito. «No, scusa.»

SiZhui coprì la mano con la sua.

«A-Yuan va bene.»

Erano così vicini. Sarebbe bastato sporgersi in avanti di pochi centimetri…

Invece allungò una mano dietro la testa e sciolse il nodo del suo nastro frontale. Lo sfilò e lo porse a Jin Ling.

«Lo accetteresti?»

La sua voce tremò appena. Un conto era scambiarsi tenere effusioni, agire in modo corretto era un’altra cosa e lui era un Lan nonostante tutto, non si sarebbe comportato da sconsiderato. Ma non poteva nemmeno pretendere che qualcun altro accettasse un impegno del genere.

Jin Ling lo fissò a bocca aperta, paonazzo.

«Cosa…» balbettò. «Io… tu…»

«Non sei obbligato, se non vuoi. So che è un fardello.»

«Ma quale fardello?!» esclamò Jin Ling, sfilandogli il nastro dalle mani e avvolgendoselo attorno a un polso. Poi si spinse in avanti e premette le labbra sulle sue. Gli tenne il volto tra le mani mentre esclamava, risoluto: «Tu non sei un fardello!» E lo baciò di nuovo.

SiZhui non poteva credere che stesse succedendo davvero. Se l’era immaginato tante di quelle volte che per un attimo pensò che anche quello fosse frutto della sua fantasia. Ma non era così, Jin Ling era lì e lo stava baciando davvero, aveva addirittura accettato il suo nastro. Era incredibile.

Osò appena appoggiargli le mani sulle spalle, per non risultare troppo invadente, ma Jin Ling gliele afferrò e se le portò dietro il collo.

«Puoi toccarmi, non mordo.» disse a un soffio dalle sue labbra. «Non ho la minima intenzione di tenerti più lontano di così per un bel po’!»

SiZhui sorrise, intenerito, e se lo strinse addosso, finchè il fastidio alle ferite non lo costrinse ad allentare la presa. Quindi Jin Ling appoggiò la testa sulla sua spalla, intrecciando le loro dita.

«Un Lan, chi l’avrebbe mai detto…» mormorò tra sé.

«Doveva essere destino, è scritto nel tuo nome.» commentò SiZhui con un sorriso, guadagnandosi uno sguardo confuso. «Rulan.»

Jin Ling arrossì furiosamente.

«Detesto quel nome!» sbottò. «Me l’ha dato…»

«Il mio baba.» concluse SiZhui. «Che non odi più, vero? Quindi non hai motivo di non apprezzarlo.»

«Sicuramente aveva una cotta per Hanguang-jun già all’epoca, altrimenti non se ne sarebbe uscito con un nome del genere.» brontolò Jin Ling.

«Chi lo sa? Ma a me piace tanto… A-Lan.»

Jin Ling si coprì la faccia con la mano libera.

«Ti prego, smettila. È davvero troppo imbarazzante!»

E SiZhui rise dolcemente.

 

Passarono un paio di giorni prima che SiZhui potesse lasciare l’infermeria senza correre il rischio che le ferite si riaprissero. Ovviamente la sua prima visita fu ai genitori, ma poi nessuno lo vide in giro per il resto della giornata.

Wei WuXian appoggiò il gomito al davanzale della finestra del piano superiore del suo alloggio e sospirò deliziato. La vista che si godeva da quel punto sopraelevato era incantevole. Lan WangJi lo raggiunse e gli circondò la vita con le braccia.

«Hai visto qualcosa di bello?» gli mormorò all’orecchio.

Wei WuXian gli indicò un punto sotto di loro, senza smettere di sorridere.

All’altezza della strada, celati alla vista da un folto cespuglio, si trovavano Lan SiZhui e Jin Ling, seduti sul prato. Quest’ultimo era appoggiato al tronco di un albero e fissava l’altro con un misto di imbarazzo e adorazione. SiZhui raccolse una sua ciocca di capelli e se la portò alle labbra, facendolo arrossire, poi lo spinse contro il tronco e lo baciò. Jin Ling gli circondò il collo con le braccia e si abbandonò a quella passione appena sbocciata.

Wei WuXian sospirò.

«Ha proprio preso il romanticismo da te. Ah, che bella la gioventù! Gli amori appassionati, il sangue che si scalda per un nonnulla…»

Lan WangJi lo fissò, chiaramente perplesso, come se l’altro stesse parlando di qualcosa di cui non poteva godere in prima persona.

«Senti, Lan Zhan.» continuò, il tono fattosi più serio, ma carico di affetto. «Vedendo come stanno bene i nostri bambini, in fondo penso che anche noi non abbiamo bisogno di nient’altro. Non ci servono una cerimonia, abiti sfarzosi e l’approvazione del mondo. Possiamo sposarci qui, solo io e te. Io ti appartengo, tu mi appartieni, non ci serve altro.»

Lan WangJi lo strinse di più e gli posò un bacio nell’incavo del collo.

«Ho te, non mi serve altro.» confermò.

 

Non fu una cerimonia, ma un semplice scambio di promesse alla sola presenza di Lan SiZhui come testimone, nella loro stanza, lì a Pontile del Loto. Non ci furono abiti sgargianti scarlatti e dorati, solo uno scambio di nastri. Wei WuXian si legò i capelli con il nastro frontale bianco di Gusu, Lan WangJi si cinse la fronte con quello rosso del suo amato. Completarono i tre inchini poi si strinsero a vicenda in un abbraccio che suggellava il loro amore.

Avrebbero affrontato il resto della loro vita insieme, non avevano bisogno d’altro.

END

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