Ammenda

di Tynuccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Ammenda
 
 
 
Lo trovò appollaiato su uno degli sgabelli del bar, la camicia hawaiana che indossava slacciata sul petto ed un'espressione mesta ad appesantirgli i connotati, mentre giocherellava pigramente con un ombrellino infilato nel suo cocktail. 
 
Si sistemò il cappello a tesa larga e sospirò, andando ad accomodarsi vicino a lui. “Ecco dov'eri”, borbottò, e si tolse gli occhiali da sole, appoggiandoli sul bancone. “Sei proprio un grandissimo maleducato”.
 
“Dritta al punto”, notò l’altro, con una punta di fastidio nella voce. “Avevo bisogno di un po’ di silenzio. Un’altra spacconata di Asuka e mi sarei trasformato in una versione abbronzata di Yzak”.
 
Cagalli trovò quella frase particolarmente buffa, immaginandosi il Capitano Elthman con un caschetto argenteo, ma decise che non gliel’avrebbe fatta passare liscia. “Con tutto l’affanno che mi sono data, come minimo mi sarei aspettata un pelo di riconoscenza in più”. Sapeva che il problema vero non era certo il carattere arrogante di Shinn, ed era decisa a sbrogliare la matassa. Soprattutto perché, per una volta, il suo intervento non era legato a delicate questioni riguardanti Orb, e solo Haumea sapeva quanto avesse bisogno di qualche leggerezza. 
 
Accanto a lei, Dearka si accostò il bicchiere alle labbra. “Di sicuro non mi sarei aspettato una festa in piscina. Non da te, quantomeno”. 
 
Lei scosse il capo, decidendo di ordinarsi una birra. “L’idea è stata di Lacus”, confidò con fare sconfitto. “Avrei preferito una sobria cena, ma ho imparato a capire che quando si mette qualcosa in testa non la smuove nulla”. Sospirò, scocciata. “Ed è stupido stare in piscina quando c’è l'oceano a pochi passi”.
 
Dearka rise, memore delle trovate sempre un po’ originali della ex idol. “Beh, io non mi lamento di certo”.
 
Cagalli si sporse e gli diede uno scappellotto sulla nuca. “E allora mi spieghi perché sei così miserabile?”, lo rimbrottò, imbronciandosi. “Ero convinta che saresti stato l’animo della festa”. 
 
Lui andò a massaggiarsi la parte lesa, sollevando un sopracciglio. Che Cagalli fosse tutto fuorché una principessa lo sapeva già da quando aveva prestato servizio sull'Archangel, ma ogni volta che si imbestialiva in quel modo non poteva fare altro che rimanere perplesso, e domandarsi come fosse la vita di coppia con Athrun. "Solitamente lo sono", concesse quindi, sorseggiando il suo cocktail per nascondere la smorfia che gli piegava le labbra all'ingiù, "ma essere ignorato platealmente dalla persona che mi piace non è stato un bel colpo per la mia autostima".
 
Il Delegato di Orb socchiuse gli occhi, lieta che fossero finalmente giunti al nocciolo della questione. Credeva ci sarebbe voluto molto più tempo. "Approcciarti dopo due anni di silenzio facendole notare quanto fosse sexy con un bikini non è stata un'idea geniale", commentò con tono paziente. 
 
"Ehi, se una bella figa venisse a dirmi che sono la fine del mondo con questi addominali scolpiti non me la prenderei di certo!", protestò animatamente Dearka, provocando un risolino al barista, che stava discretamente asciugando dei bicchieri poco più in là.
 
Cagalli si schiaffò una mano sul volto, strofinandoselo stancamente. "Ma la conosci almeno un po', Miriallia?", lo accusò, iniziando a comprendere perché la giornalista non ne volesse più sapere. "Dannazione, solo una donna con gravi problemi di autostima potrebbe capitolare per una cosa del genere, e non è proprio questo il caso".
 
Il Capitano Elthman rimase in silenzio, il volto perennemente imbronciato. Effettivamente avrebbe potuto salutarla con una frase meno frivola, ma la verità era che, appena l'aveva vista arrivare, era andato nel panico più totale. Aveva trascorso un'imbarazzante quantità di tempo a pensare a cosa avrebbe potuto dirle, qualora il destino li avesse portati a incontrarsi nuovamente, e l'unica cosa che gli era uscita era stata quel complimento sgangherato. Non che fosse falso, del resto la Natural era rimasta un vero e proprio schianto, ma, come gli aveva fatto notare la giovane seduta al suo fianco, Miriallia Haww avrebbe probabilmente preferito se l'avesse accolta con un sonoro schiaffo in faccia. 
 
Lui, Yzak e Athrun si erano proprio scelti delle compagne particolari.
 
"Dimmi", ricominciò quindi Cagalli, decidendo di sorvolare sulle capacità relazionali del biondo, "si può sapere come mai è così arrabbiata con te? Certo, non sei la persona più semplice del creato, ma raramente ho avuto modo di vedere qualcuno tanto risentito".
 
"Perché non hai passato abbastanza tempo con Yzak", ridacchiò Dearka, ma bastò un'occhiataccia da parte della loro ospite per tornare in carreggiata. "Ho fatto una cazzata".
 
"E fin qui non mi stupisco".
"Ehi!".
"Scusa, non ho saputo resistere".
 
Dearka strinse le labbra e tornò a concentrarsi sul suo ormai fidato ombrellino di carta. "Andava tutto bene, più o meno, e poi ha deciso di diventare una reporter. Secondo lei era un modo per non mettere a tacere il fatto che, nonostante l'armistizio tra la Terra e i PLANT, c'erano ancora parecchie guerre che portavano distruzione, e tutte quelle menate che conosciamo fin troppo bene. Lì per lì mi sono sentito proprio orgoglioso. Di tutte le sciacquette che ho mai frequentato, Miri era di certo la più tosta". Fece una pausa e prese un sorso dal bicchiere. "Poi, però, ho afferrato le implicazioni della cosa, ossia che sarebbe stata lontana da me, e in costante pericolo, e, esattamente come è successo oggi, mi è uscita una frase poco felice. Seguita da un'altra pensata poco brillante".
 
Suo malgrado intrigata da quel racconto, che sicuramente non conosceva nessuno, Cagalli lo esortò a continuare con un ampio gesto della mano.
 
Il Coordinator prese un respiro profondo. "Le ho detto che il posto di una donna perbene non è a fare fotografie sotto una pioggia di proiettili. E che, se il suo ex fidanzato fosse stato ancora vivo, avrebbe concordato con me".
 
Il Delegato sobbalzò vistosamente, talmente indignata che iniziò a ricoprirlo di sberle sul braccio. "Ti scongiuro, dimmi che è tutto uno scherzo, o ti assicuro che ti tolgo il saluto a mia volta!".
 
Dearka pigolò debolmente e si nascose il viso dietro le mani. Perfino il barista lo stava guardando come se fosse un killer di cuccioli. "Non so cosa mi sia preso!", protestò. "Cazzo, sono circondato da femmine con sotto due coglioni tanti. Tu, che sei praticamente destinata a diventare la padrona dell'universo, e pure la Hahnenfuss, che in una squadra di soli maschi è più rispettata di tanti ufficiali uomini con sulle spalle anni di onorata carriera. Per non parlare del Capitano Ramius".
 
"Fare il leccaculo non ti servirà a molto", notò Cagalli, incrociando le braccia sul seno. 
 
"Ma è la verità", fece lui, sincero. "E giuro, me ne sono pentito ogni fottuto giorno da quando mi ha scaricato".
 
La ragazza sospirò, preferendo ingollare un sorso di birra per non infierire troppo su quel povero diavolo. Rispetto al solito, aveva un aspetto così mortificato che non faticava a credergli. "Quindi fammi capire. L'hai trattata come una casalinga dei tempi andati e la prima cosa che hai fatto, appena l'hai rivista, è stata mercificarla? Dovrebbero farti presidente di qualche gruppo femminista, altroché". Le sue parole, vere, servirono solo a farlo sprofondare ulteriormente sullo sgabello. "Te la butto lì: chiederle scusa?".
 
Dearka la fulminò con lo sguardo. "Cosa credi che abbia fatto, subito dopo che se ne è andata? Le ho mandato talmente tanti messaggi, vocali e non, che mi ha bloccato perfino sui social che non usa più manco il mio vecchio".
E, anche qui, Cagalli non poteva dirsi stupita. Se, già ai tempi dell'Archangel, Miriallia non si era mai fatta troppi problemi a schifarlo, più per autopreservazione che altro, dopo un'uscita del genere era già un traguardo se non avesse fatto un bis dell'attentato con il coltello in infermeria. 
"La cosa che vorrei è riuscire a parlarle con il cuore in mano, ma a questo punto dubito che mi voglia prestare ascolto".
 
La bionda si rigirò la bottiglia di birra tra le mani. "So cosa intendi. Quando ci sono di mezzo i sentimenti, ma non le capacità comunicative, può tramutarsi tutto in un affare rognoso". Lo vide ammorbidire leggermente lo sguardo, conscio che si stava riferendo all'allontanamento da Athrun, durante la seconda guerra. "Se potessi tornare indietro, non credo che mi comporterei diversamente, ma probabilmente mi consiglierei di aprirmi di più con il mio compagno. E a lui direi la medesima cosa".

"Nessun pugno ben assestato?", suggerì Dearka, che pure si era stranito di come fossero precipitate le cose tra di loro per una mera incomprensione.
 
Cagalli esibì un ghigno furbo. "Ah, a quello ci ha già pensato Kira. Quando gli ha fatto un culo così, con il Freedom". E, ad avvolarare le sue parole, tese entrambi i pollici e gli indici in un gestaccio. 
 
Dearka intrecciò le braccia dietro la nuca, lasciandosi andare all'ennesimo sospiro. "Peccato non avere un gemello con un Gundam a disposizione".
 
"Guarda che quello a cui dovrebbero fare il culo sei tu", replicò Cagalli. "Asino", aggiunse, in un'azzeccata imitazione di Yzak. 
 
"Credo che sarebbe stato più produttivo non farvi conoscere", mormorò il Capitano Elthman. 
 
"Lo dice anche Athrun", valutò lei con cautela, quindi tornò a mettersi gli occhiali da sole. "Ora perdonami, ma secondo Lacus non è educato se la padrona di casa si assenta da una festa che non voleva minimamente dare". Si alzò, portando con sé la bottiglia di birra mezza vuota. "E tu, asino, vedi di andare a farti valere con Miriallia. Se entro la fine di stasera non vi sarete chiariti, giuro che ti prendo a pugni finché tua madre non ti riconoscerà più. E ti ricordo che sono finita in una rissa".
 
Dearka non poté fare altro che rabbrividire, sentendosi dispiaciuto per Athrun, ma anche lieto di aver parlato con lei di tutta quella situazione. "Va bene, va bene", concesse, sollevando le mani in aria a mo' di resa. "Grazie per avermi ascoltato".
 
Cagalli annuì, sorridendo. "Spero almeno che, quando tornerò dagli altri, potrò finalmente sentire la storia di quella dannata scommessa per cui Yzak ha dovuto ballare nudo al chiaro di luna. Non è che tu ne sai qualcosa?".
 
Il ragazzo scoppiò a ridere. "Certo, ma non spetta mica a me raccontarla".

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Capitolo 2
*** 2. ***


Avrebbe ammazzato Cagalli, per quello scherzetto non proprio gradito.
 
Poi Athrun, probabilmente nel sonno, perché di sicuro non avrebbe opposto resistenza e mai avrebbe tollerato la dipartita della sua innamorata, e in più sarebbero stati pari per il piccolo disguido con Tolle.
 
Quindi avrebbe infierito anche sul Comandante Joule, tanto per gradire, che non le era mai piaciuto, soprattutto per quella sua fastidiosa abitudine di chiamarla 'Miranda'. 
 
Infine, con un gusto che neanche i serial killer più efferati, avrebbe trovato sicuramente un modo per uccidere quello stupido, pedante, insopportabile Coordinator dai capelli dorati che l'aveva praticamente trascinata via dalla piacevole conversazione che stava avendo con Kira e Lacus. Non con un coltello, o avrebbe peccato di poca originalità, ma magari una pistola, o qualcosa di acuminato su per il deretano.
 
"Non dirmi che ti sei coperta solo per il mio commento di prima", borbottò il bersaglio della sua furia, interrompendo i suoi pensieri omicidi e squadrandola da capo a pied, indugiando sul copricostume.
 
"Facciamo che non ti dico niente, e siamo tutti più felici", ritorse lei, incrociando le braccia sul petto per non concedergli il gusto di darle una delle sue penetranti occhiate. “E comunque no, non attribuirti il merito quando non ce l’hai: Lacus ha detto che non è elegante rimanere in bikini dopo il tramonto, o qualcosa del genere”.
 
Dearka fischiò e si appoggiò al muro. “Non la facevo così fascista sull’etichetta”, commentò, un sopracciglio alzato. “Certo, non è neppure troppo carino avere delle palle che ti schizzano in faccia”. Appena finì di parlare si rese conto del doppio senso e si affrettò ad aggiungere: “Gli Haro, eh? Non altro”.
 
A Miriallia non rimase altro da fare che mordersi l’interno della bocca per non ridere dell’assurdità della cosa. E, soprattutto, per non dargli soddisfazione. “Sbrigati a spiegarmi perché mi hai trascinata qua”, disse invece con tono perentorio. “Conoscendoti, non hai buone intenzioni”.
 
Il Coordinator non riuscì a dissimulare un’espressione afflitta per quella stoccata, benché manifestare emozioni negative non fosse tra le sue priorità del personaggio scanzonato e allegro che aveva costruito con fatica nel corso degli anni. “Non possiamo semplicemente essere civili?”. 
 
La giornalista sollevò il mento. “Non te lo meriti”. 
 
“Volevo scusarmi”, offrì lui, andando a tormentarsi la nuca con la mano, ignorando la sgradevole sensazione allo stomaco, sull’orlo di precipitare di un centimetro in più ad ogni velenosa sillaba pronunciata dalla giovane. 
 
“Lo hai fatto. Fin troppo”, replicò Miriallia. “Te ne do atto, mi ero immaginata che ti saresti fatto qualche profilo fake pur di continuare con la tua patetica sceneggiata”.
 
“Avrei voluto, credimi, ma mi è stato caldamente sconsigliato”, mugugnò il biondo, la spalla che ancora doleva al ricordo di Shiho, che lo aveva riempito di pugni nell’udire quella stupida idea, che a lui era parsa invece geniale.
 
L’altra aggrottò la fronte. “Ah, mi fa piacere che i nostri affari siano stati condivisi sulla pubblica piazza”, commentò con sarcasmo, e lo vide sospirare con un’aria sconfitta. Doveva continuare con quella facciata dura, soprattutto per se stessa. Quando era arrivata alla dimora degli Athha, pronta a trascorrere un piacevole pomeriggio con amici che non aveva modo di incontrare con la frequenza che avrebbe voluto, si era ritrovata tra i piedi il suo ex, e il suo cuore era sprofondato. 
Benché avesse preso l’abitudine di reagire con spocchia e fastidio qualvolta glielo si nominasse, Dearka Elthman era rimasto impresso sotto la sua pelle in una maniera che la faceva imbufalire. Era stato ingiusto con lei, dando prova di non essere intelligente come dicevano dei Coordinator, e il suo essere geloso e possessivo l’aveva spinta a troncare una relazione che non era partita esattamente con il piede giusto. Una parte di lei sapeva perfettamente che aveva colto la proverbiale palla al balzo, e ne aveva approfittato per scaricargli addosso tutta la colpa e fuggire, letteralmente. Il ricordo di Tolle, all’epoca, era ancora fresco, e lei non riusciva a non fare paragoni tra i due. Solitamente era il primo ad uscirne vincitore, essendo stato un dolcissimo e comprensivo compagno, ma quando capitava che ci fosse qualcosa in cui il soldato di ZAFT lo superava, lei si imbestialiva e si sentiva dannatamente in colpa per aver insultato la memoria di Tolle, in qualche modo. 
Non c’era quindi da stupirsi se lei se la fosse presa tanto per quella frase così denigratoria di Dearka. In poche, mirate parole aveva sminuito lei, il genere femminile e il suo rapporto con Tolle, che manco aveva mai conosciuto. 
 
“Miri”, continuò il biondo, con un tono di voce da cane bastonato, “è passato davvero tanto tempo. Credici o no, ma dammi almeno l’opportunità di farti sapere che non era mia intenzione farti soffrire, con quello che ho detto”. Fece una pausa e si prese un bel sorso di birra, per darsi la forza necessaria. “Non è una scusante, ma dovresti sapere che non sono famoso per dire sempre la cosa giusta”.
 
A differenza di Tolle, si ritrovò a pensare la giornalista, e la sua bocca si torse in una smorfia quasi disgustata. Erano passati anni, e ancora le veniva tanto naturale accostarli. Intimamente si sentì in difetto nei confronti del Capitano Elthman, che pure non aveva colpe se le era morto il fidanzato. Sarebbe stato tutto più semplice, se avesse potuto attribuire quella pratica alla vicinanza della dipartita di Tolle alla comparsa di Dearka nella sua vita, ma da quando aveva scaricato quel fanfarone le era capitato di avere altre relazioni, ed il fantasma del giovane Koenig era stato una presenza costante, facendole capire che, in fin dei conti, il problema originale apparteneva proprio a lei, e non ai poveretti di cui si infatuava.
Costantemente sull’orlo di una crisi di nervi, Miriallia marciò fino al suo ex e gli rubò di mano la bottiglia, finendo la birra. “Devo andare in terapia”, considerò in un borbottio infastidito. 
 
Stranito da quel commento che poco aveva a che vedere con la piega della discussione, Dearka si lasciò andare ad un sorriso stanco. “Credo che farebbe bene a un sacco di persone che conosco, a partire dal sottoscritto”. 
 
La ragazza appoggiò la bottiglia su un tavolo, combattuta se cedergli il beneficio del dubbio e seppellire l’ascia di guerra. “Ti consiglio di contare fino a dieci, prima di parlare”, disse, lanciandogli un’occhiata in tralice. “Ti porterebbe meno grattacapi”.
 
“Hai ragione, ma qualcosa mi suggerisce che eravamo in un contesto per cui qualsiasi parola di troppo sarebbe stata letale”, concesse lui, dando prova di una sensibilità cognitiva che la stupì. “Ci siamo trovati nel momento sbagliato, e il mio vero errore è stato non capire che avrei dovuto andarci con i piedi di piombo”.
 
Miriallia scosse il capo. “Conoscendomi, ti avrei odiato per un trattamento tale”. 
 
“Insomma, era una relazione destinata a fallire dal principio”, si arrese Dearka, sollevando lo sguardo al cielo e con le labbra piegate in un’espressione amareggiata. “Peccato”. 
 
“Forse sì”, replicò la Natural, senza specificare se si riferisse alla prima parte o alla seconda. Prese un respiro profondo e gli tese la mano. “Ti perdono”. 
 
Dearka sollevò un sopracciglio di fronte a quel gesto, ma non indugiò e le strinse l’arto. Nell’istante in cui si toccarono, il suo cuore riprese a battere, e si disse che, a prescindere da come si sarebbero evolute le cose, avrebbe cancellato i numeri di tutte le signorine che aveva corteggiato nell’ultimo periodo, per far fronte alla voragine che aveva dentro, lasciata dall’assenza di quella che, con tutta probabilità, era l’unica donna che avrebbe mai amato in vita sua. 
 
A sua volta, Miriallia valutò che il contatto fisico non era stata una brillante idea. Già all’inizio del pomeriggio non aveva potuto fare a meno di trovarlo ancora più bello di quando si erano mollati, con i capelli più lunghi ed un fisico allenato che si discostava parecchio da quello meno maturo di cui lei aveva potuto godere. In tutti i sensi. 
Deglutì pesantemente, alzando gli occhi sul suo viso, indugiando sulle labbra carnose, e si chiese se i disastri sentimentali in cui era incappata avessero per protagonisti non uno, ma ben due fantasmi. 
 
Dearka mollò la presa e le offrì un sorriso affascinante. “Forse è meglio se, per ora, ci limitiamo a questo”, considerò. “Non vorrei mai diventare l’errore di una notte”.
 
“Spaccone”, mormorò Miriallia, ma con le guance scarlatte perché, comunque, non aveva tutti i torti.
 
Divertito, lui si schiarì la gola, si tolse la camicia e la lasciò su una sedia lì vicino, un po’ per sano esibizionismo stuzzicante, un po’ per la proposta che gli uscì di bocca: “Per fare ammenda, ti concedo di buttarmi in piscina. La camicia costa troppo perché si rovini, ovvio”.
 
La giornalista non poté fare altro che dargli un poderoso spintone, facendolo finire in acqua con parecchio gusto. Si accovacciò sul bordo, guardandolo riemergere con i boccoli biondi incollati al volto. “Sappi solo che se hai intenzione di afferrarmi una caviglia e farmi cadere, sarà mia premura correre in cucina e trovare il coltello più affilato che hanno”.
 
Nonostante avrebbe semplicemente adorato vedere il copricostume fradicio aderire perfettamente alla figura snella di Miriallia, Dearka si limitò a ridere e scostarsi i capelli dalla fronte. “Te l’ho già detto che non ho intenzione di farti bagnare”.
 
Lei sbuffò, ma evitò di redarguirlo per quella battutaccia. Del resto, ora poteva tranquillamente ammettere con se stessa che, sotto sotto, lo humor del Capitano Elthman le era estremamente mancato. 

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