Ricordo di un primo amore

di lightoftheday
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una mamma sa sempre come fare (prologo) ***
Capitolo 2: *** Il primo impatto ***
Capitolo 3: *** Nubi all'orizzonte ***
Capitolo 4: *** Strani presagi ***
Capitolo 5: *** Inizio di una nuova vita ***
Capitolo 6: *** Contrattempi fortuiti ***
Capitolo 7: *** Ringraziando una bestiolina gialla ***
Capitolo 8: *** Indiscrezioni ***
Capitolo 9: *** Dubbi irrisolti ***
Capitolo 10: *** Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata ***
Capitolo 11: *** Nuove prese di coscienza ***
Capitolo 12: *** La mente di un bambino ***
Capitolo 13: *** Organizzare una festa di compleanno ***
Capitolo 14: *** Ricordi ***
Capitolo 15: *** Visite annunciate ***
Capitolo 16: *** Cadute ***
Capitolo 17: *** Profumi d'oriente ***
Capitolo 18: *** Inganni della mente ***
Capitolo 19: *** Giornate tristi ***
Capitolo 20: *** L'altra faccia della medaglia ***
Capitolo 21: *** Questione d'orgoglio ***
Capitolo 22: *** Salvataggi in extremis! ***
Capitolo 23: *** Paure ***
Capitolo 24: *** Quel diverso che non c'è ***
Capitolo 25: *** Punti di vista ***
Capitolo 26: *** Una pulce nell'orecchio ***
Capitolo 27: *** Semplici contatti ***
Capitolo 28: *** Non tutto è ciò che appare (o quasi...) ***
Capitolo 29: *** Altri ricordi ***
Capitolo 30: *** Errori passati ***
Capitolo 31: *** decisioni difficili ***
Capitolo 32: *** Giochi d'acqua ***
Capitolo 33: *** La malinconia su di noi ***
Capitolo 34: *** A presto ***
Capitolo 35: *** Quello che ho sempre sognato ***



Capitolo 1
*** Una mamma sa sempre come fare (prologo) ***


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Disclaimer: Leggete Dominic Monaghan e pensate che sia un nome qualsiasi. Una pura convenzione. Ovviamente non lo conosco affatto e non voglio offendere né lui né nessun altro con le mie divagazioni.

 

Nota del 23-5-2005: Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me, riportare il link di questo sito! Grazie!

 

 

v    Prologo - Una mamma sa sempre come fare

 

- Mamma! Per una buona volta mi staresti a sentire per cortesia? Bada che sei veramente prepotente!- aveva sbottato Dominic dopo un po’ che sua madre gli elencava tutti i motivi per cui quel favore che gli stava chiedendo di farle avrebbe giovato anche a lui.

- Sì, ti sto a sentire, parla!- aveva detto la donna rimanendo in silenzio per un momento.

- Oh, finalmente!- aveva risposto Dominic ironicamente, per poi continuare ed esporre le sue ragioni.

- Quanto tempo è che non vedo Irene? Dieci anni più o meno?-

- Ora non esagerare, non saranno più di sei… non sei venuto al suo matrimonio?- aveva chiesto sua madre convinta che il figlio avesse partecipato a quell’occasione.

- No mamma, ero in Nuova Zelanda!-

- Ah, allora ci sta che tu non la veda da dieci anni.-

- Se te lo dico sarà così, non sono mica rincretinito! Non la vedo dall’estate dopo il mio primo anno di università, mi pare che Melanie abbia passato un paio di settimane da noi e c’era anche lei.-

Sua madre era rimasta per qualche secondo in silenzio.

- Sì, può darsi che tu abbia ragione. Nemmeno al battesimo di Owen sei venuto?-

- Non l’ho nemmeno mai visto Owen, nemmeno in foto, ero già fisso a Los Angeles quando c’è stato il battesimo ed ero impegnatissimo con il lavoro.-

- Comunque sia è una buona occasione per rivederla, no? Mi sembra che Irene ti è sempre stata simpatica! Via, fallo per me, non sarà per molto.- gli aveva detto la donna con un tono quasi implorante.

- Rivederla va bene, se viene a Los Angeles sicuramente quanto meno la inviterò a cena qualche volta, sarò a sua completa disposizione se avrà bisogno di qualsiasi cosa, ma prendermela in casa mi sembra un po’ esagerato, non ti pare? E’ praticamente una sconosciuta! Che per di più si porta appresso un bimbetto di quattro anni! - aveva ribattuto Dominic convinto.

- Sei pessimo!- sbottò sua madre che non sapeva più che cosa fare per convincerlo, le aveva provate tutte, anche a fare leva sul fatto che, quando era un adolescente, Irene un po’ gli era sempre piaciuta, ormai non faceva effetto nemmeno più quello.

- Senti, Dom,- aveva cominciato a dire con la solita voce dolce che usava sempre quando voleva convincere il figlio a fare qualcosa per lei, - me lo fai almeno il favore di pensarci su per un momentino? In fondo non sarebbe per molto, tre settimane, un mese al massimo, finché non si può sistemare nel suo appartamento. Non puoi proprio farlo questo sforzo, per me, eh?-

- Sei sleale…- le aveva risposto lui che aveva capito perfettamente il suo gioco. Sua madre per tutta risposta aveva ridacchiato.

- Va bene, ci penso un po’ su ma non ti garantisco niente, capito?- aveva concluso Dominic.

- Va bene, va bene, ora però devo scappare. Ci sentiamo fra qualche giorno, mi raccomando fai il ragazzino a modo.- si era raccomandata.

- Sì, sì, come no. Ciao mamma.- l’aveva salutata, quindi aveva rimesso il cordless sul comodino, si era girato dall’altra parte e si era rimesso a dormire.

Quante volte aveva spiegato a sua madre che non doveva chiamarlo in pausa pranzo? Quando a Manchester erano le tredici da lui le cinque di mattina, insomma, non era proprio l’orario adatto per fare due chiacchiere. Sua madre, una distratta cronica da sempre, dopo tutti quegli anni che lui abitava a Los Angeles ancora non si era fatta una ragione del fuso orario che li separava. Del resto sua madre era fatta così, prendere o lasciare, per altro Dominic aveva preso parecchio da lei, quindi non si lamentava più di tanto. Anche quel favore che le stava chiedendo era del tutto in linea con il fatto che sua madre avesse una personalità quantomeno peculiare. 

 

Pensare ad Irene gli faceva sempre tornare alla memoria una gran moltitudine di ricordi. Si era ritrovato ad immergersi in tutti quei fatti e aneddoti divertenti, più o meno lontani, del resto Irene praticamente la conosceva da una vita. Era figlia di Melanie, una vecchia amica di sua madre, era per questo che si conoscevano fin da quando erano bambini e che avevano familiarizzato nonostante la differenza d’età. Irene aveva otto anni più di Dominic, forse per via di questo da piccoli non si erano mai veramente compresi, complice anche il fatto che fossero di due sessi diversi: poi gli anni erano passati e le cose erano radicalmente cambiate, almeno nell’ottica di Dominic. 

Se si ritrovava a pensare che erano dieci anni che non la vedeva, si stupiva largamente della cosa, gli sembrava ieri che si erano salutati sulla porta di casa sua a Manchester, prima che lei e sua madre ripartissero per tornare a Birmingham. Lui quell’anno avrebbe compiuto diciannove anni, a quei tempi aveva una ragazza e per altro, nonostante il fatto che fossero piuttosto giovani entrambi, l’avevano presa davvero molto seriamente, tanto che a volte Dominic in quel periodo aveva dei dubbi su molte cose. Aveva ottenuto quella parte nel serial “Hetty Waintrop Investigates”, era stato notato da qualcuno durante una delle rappresentazioni teatrali extra scolastiche alle quali partecipava attivamente. Era una grossa occasione per lui e ne era entusiasta, ma questo avrebbe comportato il dover passare diverso tempo a Londra per via di quel lavoro. Significava lasciare la sua città, gli amici e, soprattutto, lei. Non era il doversi spostare che lo spaventava, era abituato a queste situazioni dato che la sua famiglia, quando era piccolo, l’aveva fatto spesso e volentieri di spostarsi a vivere in posti differenti. Era lo staccarsi dal suo ambiente che gli dispiaceva.

Effettivamente poi il legame tra lui e quella ragazza, che entrambi credevano solidissimo, si era dimostrato per quel che era, ovvero una delle tante storielline adolescenziali di cui poi rimane solo il ricordo; per quanto poi piacevole esso fosse, questa non rappresentava certo una delle tappe fondamentali nella vita di una persona.

Pensandoci gli era presa come una specie di nostalgia di quei tempi, ma non una di quelle nostalgie che si provano quando si sta passando un brutto periodo e si pensa a tempi più felici. Dominic non stava affatto male, dato che alla fine aveva avuto tutto ciò che dalla vita aveva sempre desiderato: la sua carriera andava bene, là a Los Angeles si era ambientato senza troppi problemi anche se la città all’inizio non gli piaceva da impazzire, dato che era decisamente troppo caotica e piena di brutta gente; in quel periodo si vedeva anche con una donna: anche se non era cominciata per essere una cosa seria quella relazione continuava, e Dominic stava cominciando a pensare che forse quella poteva essere la volta buona che una delle sue relazioni potessero durare almeno un po’ più a lungo del solito, dato che fino a quel momento non era mai stato capace di tenersi una donna.

Quella nostalgia che stava provando piuttosto poteva considerarsi come una specie di attaccarsi ad un ricordo, al ricordo delle prime volte che provi cose certi sentimenti. Irene gli ricordava quel periodo dell’adolescenza di un ragazzo in cui si comincia a capire che le ragazze ti piacciono, e ti piacciono sul serio: le tue coetanee e compagne di scuola da un giorno all’altro cambiano sotto i tuoi occhi senza che tu capisca il perché. L’unica cosa che sai è che le hai sempre viste come delle femminucce rompiscatole, e tutt’un tratto invece diventano gli esseri più intriganti e desiderabili del tuo universo. Diventano una fonte continua di curiosità, un enigma che nella poca esperienza dell’inizio dell’adolescenza non sembra risolvibile. Per la verità spesso e volentieri quell’alone di mistero continua ad avvolgere l’universo femminile anche con l’avanzare degli anni, ma con il tempo riesci a fartene una ragione e non ti fai più troppe domande. In quel periodo della vita di ogni ragazzo però non puoi fare a meno di soffrirne un po’, soprattutto perché le ragazze, come del resto è comprensibile che sia con il senno di poi, nemmeno ti guardano dato che sono tutte impegnate a guardare quelli più grandi di te. 

Poi all’improvviso arriva una come Irene, che fino a quel momento lui non aveva mai notato sotto certi punti di vista, una ragazza di ventitré anni che non ti tratta come un bambino deficiente come normalmente succedeva con le sue coetanee, era ovvio che ci si poteva prendere una di quelle cotte spaventose che ci si possono prendere solo a quell’età. Era esattamente quello che era successo a lui, per altro Irene era sempre stata piuttosto carina, il che aveva facilitato la cosa.

Com’era normale che fosse, quella cosa era nata e cresciuta ovviamente da una sola parte e poi era finita, perché poi si cresce e le cose si evolvono.  

Ma di fatto per Dominic pensare ad Irene sarebbe stato sempre come ripensare ai suoi quindici anni e alla prima volta che si era innamorato. Non era una nostalgia nociva, era solo un po’ di tristezza per uno di quei momenti che lì per lì mentre li vivi non sembrano grandi cose, per lo meno non appaiono come grandi tappe della vita, ma poi lo sono, eccome.

Mentre si stava per riaddormentare gli si era increspato un sorriso sulle labbra: sua madre aveva usato quel tono, quello che usava sempre per convincerlo a fare qualcosa per lei.

Prima di ricadere tra le braccia di Morfeo si era ritrovato a pensare che, come sempre, anche quella volta sarebbe riuscita a fargli fare quello che voleva lei.

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Capitolo 2
*** Il primo impatto ***


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Buona sera a tutti!

Grazie mille per il commento Claudietta! In effetti da come caratterizzo il personaggio di Dominic solitamente è vero che potreste aspettarvi di tutto, stavolta però ho provato a fare qualcosa di un po’ diverso (del resto, sempre uno stronzo incurabile non posso farlo e non è nemmeno bello…) quindi spero di centrare l’obiettivo, quello sarete poi voi con i vostri commenti a confermarlo o a smentirlo clamorosamente!

Buona lettura e grazie a chiunque si sia soffermato a leggere, Mandy

 

 

v        Capitolo Primo - Il primo impatto

 

Quanto poteva essere cambiata Irene in dieci anni?

Se pensava a com’era cambiato lui stesso in quel lasso di tempo si poteva aspettare di trovarsi una persona davanti che era tutto l’opposto di quello che lui si ricordava. Tuttavia Dominic immaginava che era ben probabile che lui fosse cambiato più di lei per diversi motivi.

Innanzi tutto passare dai diciannove ai ventinove era decisamente diverso che passare dai ventisette ai trentasette, per di più lui in quei dieci anni si era trovato ad essere da perfetto sconosciuto ad una faccia vista praticamente in tutto il mondo, cosa che certamente non faceva parte del bagaglio di crescita di molti. Dall’altra parte c’era anche da considerare che Irene nel frattempo si era sposata, aveva avuto un figlio e si era anche affermata in campo lavorativo, come avvocato. Era decisamente incuriosito, era impaziente di vederla, anche di conoscere suo figlio Owen.

La stava aspettando da un po’, il suo volo avrebbe dovuto essere arrivato alle tre del pomeriggio, ma evidentemente doveva aver avuto un ritardo dato che erano già le quattro passate e lei ancora non era arrivata. Sua madre gli aveva chiesto di andare lui a prenderla all’aeroporto, ma Dominic non aveva potuto proprio accontentarla in quella richiesta: la sua notorietà non gli permetteva di scorrazzare a suo piacimento in luogo affollati come un aeroporto senza creare situazioni spiacevoli e imbarazzanti, rischiava di creare disagi e di vedersi assalito, seppur bonariamente, da qualcuno. Irene inoltre si era raccomandata che lui non si disturbasse più del dovuto per tutta quella situazione, già abbastanza era imbarazzante per lei, non voleva assolutamente creare ulteriori fastidi e aveva subito detto che avrebbe preso un taxi.

Quando Dominic aveva accettato di fare quel favore a sua madre, Irene era stata subito informata della cosa e l’aveva rintracciato al telefono.

- Dominic, ma sei sicuro che non sia stata tua madre ad obbligarti? No, perché io non vorrei che lo facessi contro voglia, insomma, non ti devi sentire affatto obbligato e assolutamente se tu non sei convinto di questa cosa non ti preoccupare, puoi sempre ripensarci, io me la cavo in qualche altro modo - gli aveva detto, facendogli capire che un po’ era anche imbarazzata di accettare quella proposta.

Effettivamente Irene aveva pensato di aver agito con poca furbizia a dire a Maureen, la madre di Dominic, del fatto che per lavoro avrebbe dovuto trasferirsi a Los Angeles e che aveva quel problema della casa.

Le avevano offerto di diventare socia dello studio legale per cui lavorava, solo a condizione però che avesse lavorato per almeno un periodo di due anni nella filiale della costa californiana degli Stati Uniti, poi avrebbe potuto ritornare ad esercitare in Inghilterra. Ovviamente, quando aveva accettato la proposta, era stato lo studio stesso che si era mosso per trovarle un alloggio, tuttavia c’erano stati dei problemi: i lavori di ristrutturazione dell’appartamento erano stati più lunghi del previsto, si sarebbero protratti per almeno un altro mese rispetto ai tempi previsti; Irene aveva immaginato che allora anche la sua partenza per Los Angeles avrebbe dovuto essere rimandata. Così invece non era stato.

In fretta e furia si era ritrovata a dover cercare un’altra sistemazione temporanea per se e per Owen, fino a che non ci si era messa di mezzo Maureen che come se niente fosse gli aveva detto che poteva stare da Dominic. E lei che gliel’aveva detto perché voleva solo un consiglio da Dominic, dato che lui abitava lì!

- Ma sì, dai, sono convinta che non ci sarà nessun problema!- le aveva detto sorridente Maureen.

Però lei mica ci credeva tanto.

Per prima cosa erano anni che non vedeva Dominic, le sembrava veramente da opportunisti contattarlo per un bisogno simile, per non dire poi quanto le sembrava scorretto invadergli casa e imporgli anche la presenza di Owen. Per carità, suo figlio era un bambino educato e anche abbastanza silenzioso, però per uno come Dominic magari poteva essere un impiccio, o poteva metterlo a disagio.

Qualche pensiero poi le veniva anche per quel che riguardava Dominic. Cosa doveva aspettarsi? Che tipo era diventato in tutti quegli anni? Sin da quando lo conosceva era stato il classico furbetto stile simpatica canaglia che una ne fa e cento ne pensa, un tipo simpatico da morire alle volte, ma altre poteva risultare anche molto pesante. Di certo carino da morire, con lei lo era sempre stato parecchio almeno. Considerando che aveva avuto anche tutto quel successo come attore chissà come si era evoluta la sua personalità già di per se decisamente esuberante: le storie che circolavano sulla superbia e sul modo di essere di certa gente le aveva sentite anche lei, aveva paura di trovarsi davanti ad un pallone gonfiato e magari di dividere lo stesso tetto con uno che si portava una diversa a casa ogni sera. Quest’eventualità non era affatto rincuorante, specialmente se rapportata ad Owen e all’impatto che una cosa simile avrebbe potuto avere su di lui.

Si erano sentiti spesso per telefono in quelle due settimane che precedevano la partenza di Irene, sicuramente già parlandoci la donna aveva intuito che Dominic non era diventato né un pallone gonfiato ne uno sciupa femmine incallito; cercando di mantenere una certa indifferenza, durante una di quelle telefonate, gli aveva detto una cosa del tipo spero che tu non abbia una ragazza, altrimenti immagino che io e il bambino ti daremo davvero fastidio, sperando che lui così le fornisse qualche particolare che le avrebbe fatto capire qualcosa in più.

Dominic non si era affatto scomposto:- Una ragazza ci sarebbe, e ti dico subito che non penso proprio che la tua presenza o quella di Owen potrebbero disturbarci in alcun modo, anche perché ancora non è una cosa seria… mettiamola così, il problema non sono io, o forse sì, non lo so in verità… è che non ho idea di quanto la cosa sia a lungo termine per lei, non mi rimane che aspettare, non so se rendo - le aveva risposto, forse in modo un po’ confuso, ma esprimendo un concetto fin troppo chiaro.

Irene aveva sorriso, sia per la buona riuscita del suo stratagemma, sia per quello che le aveva rivelato Dominic. A dirla tutta quella rivelazione sincera e spontanea le aveva fatto anche una certa tenerezza, era come se avesse colto una sorta di bisogno di esternare quel particolare.

- Sì, rendi perfettamente - gli aveva detto, sorridendo in modo che si era riflettuto nella sua voce.

Poi quelle due settimane erano passate in fretta tra i mille preparativi per la partenza, Irene era stata impegnatissima e per dire la verità aveva avuto anche poco tempo per fermarsi a riflettere sulle perplessità che ancora le viaggiavano per la testa.

Quando era salita sull’aereo, il giorno stabilito per la partenza, era in preda al panico di essersi dimenticata di fare un milione di cose. Non si era caricata di valige, aveva stipato molte cose in alcuni scatoloni che aveva spedito direttamente all’indirizzo di Dominic, viaggiava con lo stretto indispensabile che poteva servire a lei e ad Owen.

Il volo era andato bene, il difficile era stato far passare il viaggio al bambino. Otto ore di aereo non erano certo poche per lui, fortunatamente si era addormentato e aveva dormito per una buona parte del tempo. Il suo primo viaggio in aereo gli era piaciuto, si era divertito molto alla partenza mentre il velivolo velocemente si staccava dalla pista e prendeva quota, la gravità lo teneva schiacciato con la schiena al sedile dove stava decisamente comodo, aveva ridacchiato fino a che non avevano preso quota, poi si era messo a guardare le ali dell’aereo che toccavano le nuvole e il paesaggio sottostante.

Mentre era sveglio Irene aveva chiacchierato con lui di cosa si aspettava di trovare in quella nuova città.

- Mamma, ma devo andarci per forza all’asilo?- le aveva chiesto il piccolo.

- Perché, non ci vuoi andare?- gli aveva a sua volta chiesto preoccupata Irene, dato che sapeva che Owen non aveva appreso la notizia di cambiare casa con un enorme entusiasmo.

Il bambino aveva inclinato un po’ la testa da un lato. - Non lo so se mi va di andare all’asilo.- aveva asserito serio. - Se poi non mi piace ci devo andare per forza?-

Irene gli aveva sorriso:- Come sei pessimista! Perché non dovrebbe piacerti?-

Il bambino non le aveva risposto, aveva cominciato a parlare di altro e lei non aveva voluto insistere sull’argomento, probabilmente era solo il capriccio di un momento e non voleva vederlo come un problema serio.

Arrivati a Los Angeles tuttavia avevano avuto un problema in aeroporto che poteva invece risultare serio veramente: sembrava che una delle loro valige fosse andata perduta, particolare che aveva mandato Irene ancora più in ansia di quanto già non fosse: fortunatamente tutto si era risolto con un semplice contrattempo che l’aveva costretta a stare solo un’ora in più all’aeroporto, nella sfortuna poteva dirsi ben fortunata dato che certi problemi alle volte non sono di così semplice e rapida risoluzione.

Era riuscita finalmente a prendere un taxi e a dare all’autista l’indirizzo di Dominic, dopo circa una mezz’ora di viaggio il taxi aveva imboccato il vialetto e si era fermato davanti ad un cancello. Irene era scesa e aveva aspettato che l’autista scaricasse le sue valige, l’aveva pagato quindi e l’auto subito dopo si era allontanata.

Per un momento, prima di suonare al campanello, aveva sbirciato dalle inferiate del cancello il vialetto di ciottoli delimitato da dei cipressi, non vedeva molto oltre il vialetto dato che appena pochi metri più avanti la strada curvava verso sinistra e le delimitava la visuale. Alzando gli occhi riusciva a scorgere il tetto della casa nascosta dietro un filare di alberi, nient’altro. Si era accinta a suonare al campanello, Dominic le aveva subito risposto al citofono, le aveva aperto ed era uscito per raggiungerla.

 

Si era quasi spaventato Dominic quando aveva sentito il suono del campanello tanto era soprappensiero, si era alzato in fretta dal divano e altrettanto in fretta era uscito per fare quei pochi metri che lo distanziavano dal cancello all’entrata. Appena percorsa la curva che gli impediva la visuale lungo il viale, aveva distinto la figura di Irene e una più piccola accanto a lei, dedusse che si trattava di Owen. Senza fermarsi l’aveva osservata, lei non l’aveva visto arrivare dato che era girata verso la strada.

A vederla così non sembrava cambiata affatto: indossava un paio di jeans, una maglietta blu e un paio di normalissime scarpe da ginnastica, i capelli castani leggermente mossi le ricadevano sulle spalle, erano della stessa lunghezza in cui li teneva l’ultima volta che si erano visti.

- Irene!- l’aveva chiamata ad un metro di distanza dal cancello. Lei si era girata di scatto, così come il bambino che teneva per la mano. Gli aveva sorriso.

- Dominic!- l’aveva chiamato Irene, sempre sorridendogli, fermandosi per un momento a guardarlo. Le era capitato più di una volta di vederlo in tutti quegli anni, aveva già avuto modo di notare che era cresciuto da qualche foto suoi giornali, direttamente vedendolo in qualche film, decisamente però vederlo così l’aveva lasciata quantomeno sorpresa. Dominic era diventato un uomo, era stupido pensare che fosse rimasto lo stesso sbarbatello che era a diciott’anni, ma Irene non aveva potuto fare a meno di rimanere stupita per un momento.

Si erano abbracciati e dati un bacio prima che Irene, che teneva ancora la mano di Owen, gli indicasse il bambino e glielo presentasse.

- Questo è Owen - gli aveva detto.

- Ciao Owen!- gli aveva detto Dominic, che nel frattempo si era abbassato un po’ anche per vederlo meglio e gli aveva fatto un cenno di saluto con la mano.

Owen leggermente intimidito si era nascosto dietro del gambe della mamma, tuttavia si era sporto con la testa per spiare Dominic, dopo qualche secondo si era deciso ad agitare la manina restituendo il saluto.

Era un bambino normale, con i capelli del colore di quelli della mamma e gli occhi grandi e abbastanza vispi, color nocciola, il visetto tondo e alto più o meno un metro ad occhio e croce. Sembrava timido, Irene aveva subito spiegato il motivo a Dominic:- All’inizio fa così, poi gli passa!-

Dominic aveva preso tra le valige di Irene quella che gli sembrava più grossa e aveva fatto strada alla donna e al bambino verso casa sua.

Per Owen la sorpresa più gradita era arrivata non appena i tre erano arrivati davanti al portico. Dominic aveva lasciato la porta dell’ingresso aperta uscendo, il piccolo aveva alzato gli occhi sopra i pochi gradini che separavano il viale dalla porta e gli si era illuminato lo sguardo vedendo che sulla soglia, quasi come se si fosse affacciato per vedere cosa stesse succedendo, c’era un cane piuttosto grande, con il pelo lungo color miele. Appena erano arrivati il cane, pur senza muoversi, aveva cominciato a scodinzolare.

Irene si era accorta della reazione del bambino come del resto se n’era accorto anche Dominic, la mamma aveva sorriso al piccolo - Owen, hai visto che bello?- gli aveva detto, lui che non le aveva risposto, era rimasto invece incantato a guardare l’animale.

- Quella è Lilly- aveva detto Dominic presentando il suo cane, una bella femmina di Golden Retriver. Aveva appoggiato la valigia che stava portando sul prato e si era battuto una mano su una coscia, per richiamare la cagna, che sempre scodinzolando si era avvicinata.

Dominic le aveva fatto una carezza sulla testa e le aveva detto di mettersi seduta, diligentemente Lilly aveva obbedito al comando, quindi si era rivolto ad Irene:- E’ buonissima, non hai da preoccuparti per il bambino - aveva tenuto a specificare.

Irene gli aveva sorriso, mentre teneva per la mano Owen che ancora era fisso e incantato a guardare Lilly. - Si vede che è buona. Non hai idea di che sorpresa gli hai fatto, - gli aveva detto indicando con lo sguardo il bambino, - vorrebbe tanto un cagnolino, ma non possiamo prenderglielo dato che abitiamo in un appartamento in centro a Birmingham, starebbe sacrificato un cane là -. Si era voltata verso Owen quindi.

- Ti piace Lilly?- gli aveva chiesto. Il bambino aveva annuito.

Anche il cane guardava il bambino con un certo interesse, il padrone le aveva detto di stare seduta quindi non aveva accennato a muoversi, l’aveva un po’ annusato solo quando Dominic aveva invitato Owen ad accarezzarla e il piccolo si era avvicinato timidamente a lei. Dopo qualche secondo che la stava accarezzando, Lilly aveva leccato il bambino su una guancia, Owen aveva riso e si era passato una manina sulla faccia, come per asciugarsi.

Anche i due adulti avevano riso nel vedere la scena. - Direi che si piacciono!- aveva commentato Dominic.

Erano entrati in casa quindi, Dominic aveva aiutato Irene a portare i suoi bagagli nella stanza che gli aveva fatto preparare. Erano rimasti d’accordo che Owen avrebbe dormito con lei nel letto a due piazze dato che era inutile per quel poco tempo che avrebbero passato a casa sua stare a portare il lettino da lui.

Mentre il piccolo giocava con Lilly, Dominic aveva fatto fare un giro per la casa ad Irene per fargli vedere l’ambiente, almeno finché Owen correndo non l’aveva raggiunta e aveva attirato la sua attenzione prendendola per la maglietta e tirando l’indumento per l’orlo.

- Mamma, devo fare la pipì!- le aveva detto con sul viso un’espressione un po’ sofferente.

- Sì, andiamo subito.- gli aveva risposto Irene sorridendogli, voltandosi poi verso Dominic, il quale senza bisogno alcuno che lei chiedesse le aveva indicato dove fosse il bagno più vicino.

- Grazie…- gli aveva detto Irene avviandosi tenendo per la mano Owen.

Mentre li guardava allontanarsi, Dominic aveva pensato che, nonostante tutte le sue perplessità, in fondo non era poi così male averli entrambi lì.

Molto probabilmente quelle settimane che dovevano trascorrere insieme sarebbero state molto più piacevoli ed interessanti di quello che avrebbe mai potuto immaginare.

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Capitolo 3
*** Nubi all'orizzonte ***


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Buon venerdì sera a tutti!

Grazie per il tuo commento Claudietta, spero che la storia ti piaccia anche con un personaggio leggermente diverso… buon fine settimana e buona lettura.

Mandy

 

v       Capitolo Secondo - Nubi all’orizzonte

 

Dominic aveva dato appuntamento a Shannyn per le otto di quella sera, per paura di arrivare in ritardo alle sette e un quarto era già pronto per uscire. Rendendosi conto che andando via da casa sua in quel momento sarebbe arrivato con troppo anticipo, si era seduto in soggiorno e aveva acceso la televisione, con l’intento di aspettare almeno altri venti minuti.

Lilly l’aveva raggiunto, dopo aver ottenuto qualche carezza si era sdraiata ai piedi del divano, alzandosi di scatto come se fosse stata attirata da qualcosa solo qualche minuto dopo. Si era diretta all’entrata e aveva guaito, per poi cominciare a raspare contro la porta.

In genere se faceva così era perché aveva bisogno di andare a fare la pipì, Dominic si era alzato e aveva fatto per aprirle la porta per permetterle di uscire in giardino.

Si era trovato invece davanti Irene ed Owen che erano evidentemente appena rientrati. Lilly doveva averli sentiti.  Mentre li salutava entrambi e li faceva entrare, Dominic sorrise tra sé e sé, riflettendo su quanto era cambiato il comportamento di Lilly da quando in casa non viveva più soltanto lui.

Irene dopo essere entrata l’aveva osservato bene e gli aveva sorriso.

- Che carino che sei stasera, esci?- gli aveva chiesto mentre Owen invece stava accarezzando il cane.

- Dici?- aveva chiesto scettico Dominic abbassando leggermente lo sguardo quasi come se volesse controllarsi. - Sì, esco a cena con Shannyn, poi non lo so.- aveva aggiunto.

- Dico, sì, sei molto carino!- gli aveva risposto prontamente Irene, indugiando ancora un po’ con lo sguardo su di lui, quindi aveva ricominciato a parlare: - Bene, allora buona serata, divertiti! Invece io e Owen oggi siamo stati all’asilo.-

Dominic aveva sgranato gli occhi sorpreso, sebbene Irene gli avesse parlato di quel delicato compito che le si prospettava davanti quel giorno, lui l’aveva completamente dimenticato.

- Già, è vero!- le aveva risposto, poi aveva continuato diretto al bambino:- E ti è piaciuto Owen?-

Il piccolo aveva alzato la testa da Lilly e l’aveva guardato, con aria un po’ scettica.

- Un po’.- aveva risposto semplicemente, per poi tornare ad occuparsi del cane.

Irene aveva sorriso, quindi aveva guardato Dominic alzando le sopracciglia, come a voler tacitamente commentare con uno speriamo bene, che l’altro aveva perfettamente intuito.

Si era fatta l’ora di uscire di casa per lui, aveva salutato Owen e Irene e si era diretto al viale dove parcheggiava sempre l’auto.

Era arrivato ugualmente in anticipo all’appuntamento, si era messo ad aspettare Shannyn sotto casa sua, attendendo che uscisse si era sentito preoccupato, come ogni singola volta da quando si era reso conto che forse per lei provava qualcosa di più che una semplice attrazione fisica.

Si erano conosciuti in modo molto normale, una sera in un locale: amica di amici, non stava a Los Angeles che da un anno e faceva la modella. Inizialmente Dominic aveva pensato che fosse una delle tante donne che popolavano il suo ambiente, certamente belle ma decisamente poco interessanti, almeno fino a che non l’aveva conosciuta un po’ meglio.  Era diplomata al conservatorio come violoncellista, ma aveva deciso presto che la vita della musicista le piaceva così così, mentre invece quella dell’indossatrice, almeno finché avrebbe avuto voglia di farla, era sicuramente più semplice e lucrosa.  La musica era rimasta sicuramente la sua grande passione e non l’aveva certo mollata: impartiva lezioni private in una prestigiosa scuola di musica della città, ogni tanto le capitava anche di suonare a dei concerti organizzati sempre da quella scuola e dedicava molte ore della giornata a studiare, come del resto fa qualsiasi musicista. Il lavoro dell’indossatrice del resto, non avendo orari fissi e vincolanti, le lasciava abbastanza tempo libero per farlo.

Dominic si era ritrovato a pensare che probabilmente di Shannyn era proprio quell’aspetto che l’aveva colpito: era sicuramente bella, ma in pratica riuscire a parlare con una persona, farci un discorso interessante e che svegliasse l’attenzione dell’interlocutore, non era così facile come sembrava. Aveva trovato subito degno di attenzione quel particolare aspetto che caratterizzava Shannyn: lei gli aveva raccontato di alcuni concerti che aveva fatto fino a due anni prima, quando ancora suonava in una delle orchestre di Bridgeport, città affacciata sulla costa atlantica degli Stati Uniti non molto più a nord di New York, dove era nata e cresciuta prima di stabilirsi sulla costa pacifica e cambiare vita.

Aveva cominciato a pensare a Shannyn come ad una possibile storia importante proprio quando, un giorno, dopo circa un paio di mesi che la loro relazione andava avanti, le aveva chiesto di suonare per lui.

Definire quello che aveva provato quella volta era stato difficile, si era emozionato molto. Tutte le discipline artistiche, di qualsiasi natura fossero, riuscivano sempre a colpirlo, ma quella volta era stato diverso. Era stato come se il suono grave di quello strumento a corde, con il quale Shannyn sembrava essere un tutt’uno, gli fosse entrato dentro prepotentemente e ci fosse rimasto.

Dopo quell’episodio che ormai risaliva a circa sei settimane prima, Dominic aveva cominciato a porsi delle domande, a fare bilanci e a sperare in bene. Le domande riguardavano soprattutto l’interesse che Shannyn provava per lui: non era difficile per Dominic trovare donne interessate, il problema era che spesso non era un vero e proprio interesse per la sua persona, piuttosto lo era per quello che lui rappresentava. Shannyn non gli era mai parsa così, soprattutto per il fatto che non sembrava minimamente importarle chi lui fosse, almeno di facciata. Sicuramente non era nemmeno interessata alla sua posizione sociale o, ancor meno, ai suoi soldi: era di famiglia più che benestante e aveva un tenore di vita piuttosto alto grazie ai lavori che svolgeva e che aveva svolto. Oltre a questo gli era sempre sembrata incline ad ascoltarlo e a condividere i suoi pensieri con lui, per la verità più a sentirlo mentre lui condivideva i suoi con lei, ma questo non era certo qualcosa di cui Dominic si preoccupava.

I bilanci fatti dopo essersi risposto a certe domande poi erano stati semplici. Con Shannyn si sarebbe trovato bene? La risposta era sicuramente affermativa, Shannyn era davvero una donna interessante, divertente, intelligente, bella; una di cui avrebbe potuto innamorarsi con il tempo.

Quindi non era rimasto che sperare, e questo si era rivelato più difficile: di fatto durante quelle sei settimane Dominic aveva cambiato notevolmente atteggiamento con lei, cercando di farle capire che teneva molto a quel legame, Shannyn per tutta risposta sembrava non si fosse minimamente accorta della cosa e si era comportata come aveva sempre fatto, a volte fingendo palesemente di non rendersi conto del suo cambiamento.

Ovviamente Dominic non aveva potuto esserne granché contento, del resto non era certo la prima volta che gli capitava una situazione simile, ma si era impedito di pensare il peggio, ovvero che a Shannyn non importasse assolutamente approfondire il loro rapporto. Aveva immaginato che lei avesse semplicemente bisogno di un po’ più di tempo per esserne sicura, e aveva tutta l’intenzione di non metterle alcuna fretta, anche se per dire la verità gli sarebbe piaciuto avere qualche conferma da parte sua.

Quando era arrivata e aveva interrotto il filo dei suoi pensieri, Dominic non aveva potuto che pensare che era veramente molto bella: portava un vestito rosso che le stava d’incanto, i capelli neri che le ricadevano sulle spalle le incorniciavano il viso regolare e mentre gli sorrideva i suoi occhi scuri avevano una luce particolare, che forse, doveva ammetterlo, era solo lui a scorgere nello stato in cui era.

La loro serata era stata tranquilla, avevano cenato e avevano passato la serata in un locale, terminandola poi a casa di lei.

 

Erano rimasti per un momento allacciati, Shannyn quindi si era sciolta da quell’abbraccio e aveva dato le spalle a Dominic, appoggiandosi contro il suo petto e lasciando che lui la circondasse in un abbraccio. Erano rimasti fermi così, in genere si addormentavano, quella volta però Dominic aveva sentito Shannyn tesa sotto il braccio che le teneva intorno alla vita.

- Non dormi?- le aveva chiesto dopo un po’, sentendola muoversi.

- Ancora no.- aveva risposto lei. Si era girata e gli aveva sorriso in un modo che credeva sarebbe stato rassicurante per lui. Era leggermente agitata anche se non aveva nessun motivo plausibile per esserlo, doveva averlo intuito anche lui e la cosa la infastidiva.

- Ma va tutto bene?- le aveva chiesto Dominic non appena Shannyn si era girata completamente verso di lui.

- Sì, perché non dovrebbe?- gli aveva risposto quasi volesse stare sulla difensiva.

- Così, niente di che.- le aveva risposto mentre le passava il braccio destro sotto il collo. Aveva stretto con gentilezza la presa avvicinandola contro di lui, Shannyn gli aveva passato un braccio attorno alle spalle e aveva appoggiato la testa contro il suo petto.

Che ci fosse qualcosa che non le tornava a Dominic sembrava palese, l’aveva sentita distante per tutta la sera, sperava solo che non fosse qualcosa di irreparabile o che, ancora peggio, il disagio dipendesse da lui. Avrebbe preferito che gliene parlasse, ma Shannyn non aveva accennato minimamente a volerlo fare. Dominic non avrebbe preteso certamente che lo facesse in modo spontaneo, ma insomma, dato che le aveva chiesto, sperava che le rispondesse, c’era rimasto male. Quasi come se avesse intuito la sua delusione, Shannyn fece in modo di far parlare lui, come se volesse distrarlo.

- E tu invece, che mi dici di questa convivenza forzata?- gli aveva chiesto Shannyn alzando appena la testa per incontrare il suo sguardo.

Dominic rimase un secondo in silenzio, quasi che stesse raccogliendo i suoi pensieri, con un’espressione concentrata sul viso che fece sorridere Shannyn.

- Per ora bene, Irene comunque sta a casa mia con il bambino da solo tre giorni, è un po’ poco per dirti se è o non è una buona situazione. Lei in questi giorni non ha lavorato, incomincia la settimana prossima, ma in pratica a casa non c’è quasi mai. Ha avuto una serie d’impegni di cui non è che mi abbia detto molto e comunque sono affari suoi, io non m’intrometto.- aveva tagliato corto.

Shannyn gli aveva sorriso. - Certo dev’essere di una noia trovarsi la casa invasa in questo modo… non t’invidio per niente! Poi con un bambino di quattro anni in giro, mica semplice.-

- Veramente quest’aspetto non mi da nessun fastidio.- aveva cominciato a spiegarle Dominic. - Sono abituato a stare da solo, però ogni tanto ti confesso che sento un po’ la solitudine. Non che loro mi facciano molta compagnia veramente. Owen per esempio passa tutto il tempo a giocare con Lilly, così finisce che non mi caga il ragazzino e nemmeno il mio cane, pensa che affare!-

Avevano riso insieme, Shannyn scherzosamente gli aveva detto povero piccolo Dominic passandogli affettuosamente una mano sulla testa facendogli una carezza, lui era stato al gioco.

- E’ stato amore a prima vista, non ho potuto impedirlo. Appena si sono visti è scoccato il classico colpo di fulmine, e chi sono io per distruggere una cosa simile? Me ne farò una ragione, ma per adesso sono triste per il fatto che la mia cagnetta non mi considera più il bimbo di casa e non gioca più con me!- aveva detto in tono enfatico, come se veramente stesse male per una cosa del genere, Shannyn aveva continuato a ridere divertita.

- Strano, è facile considerarti un bambinone…- aveva asserito scherzosamente lei.

- Però un bambino di nemmeno quattro anni mi batte, dai! Sua mamma mi ha detto che li compie fra un po’, ma non so quando di preciso.-

- Oh mamma, quant’è piccolo!- aveva commentato Shannyn come se fosse spaventata dalla cosa.

Avevano parlato ancora un po’ di quella faccenda, poi Dominic aveva sentito finalmente Shannyn addormentarsi. Per lui c’era voluto ancora un po’, si era messo a pensare a quanto erano stati diversi quei giorni: erano stati belli per Dominic, anche se quella convivenza sulle prime era sembrata un po’ strana. 

In quel periodo non stava lavorando, era in trattative per accettare un lavoro che non era sicuro di voler fare e nel frattempo si stava preparando per quando avrebbe cominciato a girare, tra un paio di mesi circa, ancora non erano decise esattamente le date. Stava studiando il copione, aveva degli impegni saltuari tipo partecipare a degli show televisivi, qualche premiere e qualche festa a cui si andava più che altro perché si doveva in quell’ambiente. Era molto libero insomma, a parte quelle due, al massimo tre ore al giorno in cui si metteva a ripassare il copione, per il resto disponeva della sua giornata come meglio credeva. Per l’appunto era rimasto molto a casa e sebbene Irene e Owen non ci fossero stati per molto la differenza si sentiva.

Diversi erano stati gli impegni che li avevano intrattenuti: non che Irene avesse molto dettagliatamente detto a Dominic cosa avrebbe fatto, lui sapeva solo che doveva andare a vedere a che punto fossero i lavori della casa che avrebbe dovuto abitare, doveva passare dal suo nuovo ufficio, ma soprattutto doveva passare all’agenzia che le avrebbe procurato una baby sitter e doveva portare Owen a vedere l’asilo dove aveva intenzione di iscriverlo.

Già semplicemente il fatto stesso di non mettersi sempre a tavola da solo a mangiare, di avere modo di sentire Lilly iniziare a guaire e a raspare contro la porta come se volesse uscire per i suoi bisogni per andare ad accogliere chi stava arrivando, il fatto di sentire rumore di voci di altre persone rendeva la sua vita molto diversa: avvertire quella presenza rendeva la sua casa meno vuota e più umana.

Nonostante la bella sensazione che aveva provato in quei giorni, quando si trovava faccia a faccia con Irene sopraggiungeva una specie di imbarazzo che lo bloccava, con annesso il presentimento non molto incoraggiante che per lei fosse esattamente lo stesso. Erano effettivamente diventati due estranei in quei lunghi anni in cui non si erano mai sentiti e pensati pochissimo, sempre che anche prima si fossero mai conosciuti veramente. Non che volesse essere frainteso, il ricordo affettuoso che Dominic aveva di Irene non si era affievolito così facilmente, era proprio facendo appello a quello che aveva accettato di fare quel favore a sua madre, ma solo questo non era abbastanza per farlo sentire a suo agio con lei.

Irene in effetti aveva proprio gli stessi problemi. Anche per lei era stato fondamentale il ricordo affettuoso che aveva di lui, del ragazzino un po’ pestifero ma carino che era fino a dieci anni prima. Ritrovarsi davanti a quell’uomo era stato una specie di piccolo shock. Tornava spesso a darsi della cretina, come aveva fatto la prima volta che gli aveva messo gli occhi addosso quando era arrivata a casa sua, ma che pretendeva che fosse rimasto uguale?

In un certo senso sì, era quasi come se se l’aspettasse.

Era decisamente stupido anche questo particolare, insomma, cosa avrebbe dovuto importargliene di come l’aveva vista Dominic? Teoricamente non avrebbe dovuto interessarla, ma si era messa ugualmente a pensare che se lei si era ritrovata davanti un uomo, lui invece si era trovato davanti una donna che aveva quasi quarant’anni, qualche rughetta in più in faccia e una silouette non più perfetta come l’aveva a vent’anni.  Era stupido sì, però anche molto femminile pensare queste sciocchezze. Lo pensò mentre si guardava nello specchio dell’armadio che stava in camera sua, con una camicia da notte leggera addosso che metteva impietosamente in risalto quei particolari. Irene in verità ingigantiva la cosa per una sua insicurezza personale, vedendo sulla sua figura dei difetti che in verità solo lei sarebbe riuscita a vedere. In verità era sempre stata carina da ragazza e lo era molto anche adesso.

Per quanto Dominic fosse gentile e assolutamente disponibile, per Irene era come se si sentisse un’estranea in quella grande casa. Sperava le sarebbe passata in fretta, se così non fosse stato si consolava pensando che era stata a visitare l’appartamento e non le sembrava che ci sarebbe voluto ancora molto tempo perché i lavori terminassero. Per farla breve sperava in tre settimane al massimo di poter togliere il disturbo.

Dall’altra parte Irene doveva affrontare problemi più grandi di quella sua specie di disagio. Ne aveva parlato la sera precedente con Dominic del fatto che il piccolo sembrava avere qualche riserva sull’asilo, una di quelle piccole ripicche che i bambini hanno spesso. Owen si era ambientato abbastanza bene, per di più quella sorpresa del cane gli era stata particolarmente gradita, ma ancora non sembrava molto incline all’idea di andare all’asilo. La mattina dopo Irene sarebbe andata a vederlo, da Birmingham aveva già visitato il sito internet di quella scuola materna e visto l’ambiente dalle foto, aveva chiamato e parlato con il direttore, le piaceva di già, ma ovviamente voleva visionare l’ambiente dal vivo e parlare nuovamente con le insegnanti. Avrebbe portato Owen con se e sperava ardentemente che anche a lui sarebbe piaciuto, o sarebbe stato un bel problema. Da parte sua Dominic aveva cercato di rassicurarla, anche se gli sembrava di aver detto un sacco di banalità.

- Vedrai che appena arriverà lì gli passerà tutto. Starà con gli altri bambini, farà amicizia… forse è perplesso solo perché ha cambiato città improvvisamente, deve soltanto abituarsi al cambiamento, sicuramente stare con altri bambini della sua età gli farà bene.-

- Speriamo sia così semplice.- aveva ribattuto Irene, che sembrava scettica comunque.

Con lui Owen non era stato espansivo, Dominic aveva immaginato che fosse perché era un estraneo per il piccolo e ancora non aveva avuto il tempo di abituarsi alla sua presenza. Anche se un po’ ci era rimasto male, dato che in genere lui risultava essere sempre simpatico ai bambini piccoli proprio perché era a lui per primo che piacevano. Aveva capito che Owen doveva essere uno di quei bambini la cui fiducia andava conquistata senza fretta.

L’aveva osservato un po’ quando aveva potuto farlo: era un bambino taciturno, se non giocava in giardino con Lilly, per la quale aveva una vera e propria predilezione, cosa abbondantemente ricambiata dal lei che lo seguiva come se fosse la sua ombra, Dominic in quei giorni l’aveva visto passare parecchio tempo seduto al tavolo della cucina a disegnare, oppure si metteva in salotto a guardare i cartoni animati. Non che non fosse vivace a momenti, era un bambino normale e gli piaceva ogni tanto piantare qualche capriccio o fare un po’ il noioso, ma Dominic davvero non avrebbe mai potuto immaginare che un bambino di quell’età fosse tanto silenzioso. Aveva avuto come l’impressione che forse si potesse sentire un po’ solo in quella casa, a meno che non ci fosse Lilly in giro, ma probabilmente erano tutte sue supposizioni.

Vedere insieme il suo cane e quel bambino era una cosa divertente e che trasmetteva tenerezza. Owen sembrava ancora più piccolo di quanto non fosse al cospetto di Lilly, che era una Golden Retriver e quindi uno di quei cani considerati di taglia grande. Owen avrebbe potuto sedercisi su di lei e farsi portare a spasso. Lilly anche sembrava piuttosto soddisfatta di avere un compagno di giochi: nonostante fosse già piuttosto grande come taglia, era poco più che un cucciolo, aveva otto mesi soltanto. Fortunatamente Owen non era uno di quei bambini che infastidiscono pesantemente gli animali di casa pur non facendolo di proposito, quindi era sicuramente una convivenza felice la loro, esattamente come pochi minuti prima aveva raccontato a Shannyn.

In tutta quella situazione c’era un’unica cosa che lo rendeva perplesso, si era ritrovato a pensarci in coda a tutti quei pensieri che gli erano passati per la testa prima di addormentarsi da Shannyn.

Non si era interrogato su quest’aspetto almeno fino a quel momento, riteneva che non fossero affari di Irene, di fatto improvvisamente si era chiesto com’è che una donna, sola, con un bambino di nemmeno quattro anni decide di punto in bianco, per un semplice salto di carriera, di lasciare la sua città e trasferirsi dall’altra parte del mondo con il figlio. Il marito di Irene, di tutto questo, cosa pensava? E che posto aveva? Si era stupito di non aver mai pensato prima di quel momento a quell’aspetto, ovviamente le cose che gli erano venute in mente non erano state del tutto positive. Aveva aperto gli occhi nel buio mentre prendeva sempre più spazio nella sua testa la consapevolezza che molto probabilmente c’era qualcosa che non andava in quella situazione, e non aveva potuto fare a meno di dispiacersene.

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Capitolo 4
*** Strani presagi ***


Nuova pagina 1

v      Capitolo Terzo - Strani presagi

 

Nel fine settimana Dominic non aveva molto avvertito la presenza di Irene e Owen. Era stato anche per i suoi diversi impegni che l’avevano tenuto lontano da casa, ma anche perché Irene aveva approfittato di quegli ultimi giorni di vacanza che aveva prima di cominciare a lavorare per andarsene un po’ a spasso con il piccolo e per fare un giro nel centro di quella città, per lei nuova.

Non aveva idea di come i due avevano passato il sabato, probabilmente in giro per il centro, per la domenica era stato invitato a passare con loro una giornata al mare. Dominic aveva pensato che sarebbe stato anche divertente, se poi al quadretto si fosse aggiunta anche Shannyn sarebbe stato perfetto, ma per prima cosa aveva già degli impegni, inoltre lui non era certo il tipo che poteva andarsene liberamente a passare una giornata al mare come se niente fosse. Già sapeva che se per uno sfortunato caso l’avesse beccato qualche paparazzo sarebbe stato un bello scoop, già immaginava i titoloni sulle pagine di quegli odiosi giornaletti scandalistici.

Dopo essere stato per quasi tutto il giorno in giro, Dominic era tornato a casa di fretta in serata, giusto in tempo per farsi una doccia e aspettare Shannyn, dato che sarebbe passata lei quella sera a casa sua prima di uscire. Con altri suoi due colleghi musicisti stava preparando un concerto organizzato proprio dalla prestigiosa scuola per cui lei e gli altri lavoravano: si trattava di un concerto di musica da camera, prevalentemente su musiche di Schubert, Shannyn era molto entusiasta che avessero chiesto a lei di suonare proprio a quel concerto che sanciva la fine dell’anno accademico. Era una questione di prestigio e lei era molto orgogliosa che l’avessero ritenuta tra le migliori dell’anno, Dominic ovviamente era più che felice per lei.

Quel giorno, proprio per il repentino avvicinarsi dell’evento, Shannyn aveva avuto delle prove speciali; quando Dominic le aveva chiesto di uscire quella sera non gli aveva detto di no, ma non gli aveva dato il sicuro sull’ora in cui sarebbe riuscita a liberarsi.

- Passo da te appena abbiamo finito, va bene?- gli aveva detto il sabato mattina, prima che Dominic tornasse a casa sua. Ovviamente lui non aveva avuto niente in contrario.

La stava già aspettando da un mezz’ora quando aveva visto Lilly andare verso la porta di casa e cominciare a guaire debolmente, segno che qualcuno stava rientrando. Il sole era tramontato da poco sancendo la fine di una tipica calda giornata californiana di fine maggio, Irene ed Owen erano rientrati ridendo, accolti da Lilly che stava facendo loro le feste. Dominic, seduto sul divano mentre stava distrattamente leggendo il giornale del giorno prima, si era girato verso di loro e aveva sorriso ad Irene, il bambino come al solito non l’aveva considerato molto.

- Ciao, non credevo che ti avrei ancora trovato a casa!- gli aveva detto la donna. - Com’è andata la giornata?- gli aveva chiesto poi.

- Non c’è male, piuttosto la vostra? Si stava bene in spiaggia?-

- C’era vento, ma ci siamo divertiti molto. Ci siamo fermati anche a guardare il tramonto, vero Owen?- aveva detto rivolgendosi al bambino, che però non stava minimamente ascoltando i discorsi dei due adulti, preso com’era ad carezzare la pancia a Lilly, che si era sdraiata sulla schiena aspettandosi di ricevere più attenzioni possibili dato che il suo nuovo compagno di giochi era stato via tutto il giorno.

- Owen?- aveva richiamato la donna. I due adulti quindi si erano girati entrambi verso il bambino e il cane, avevano sorriso nel vedere la scena.

- Credo proprio che adesso non ti racconterà niente!- aveva detto leggermente imbarazzata Irene. - Lo farà in un altro momento, di solito è un chiacchierone!-

Dominic le sorrise soltanto, sapeva che Owen non gli avrebbe detto proprio niente dato che con lui non aveva mai dato l’idea di voler parlare. Sorrise nuovamente ad Irene, poi, mentre la donna e il bambino erano andati al piano di sopra, aveva guardato l’orologio impaziente che Shannyn arrivasse.

Gli aveva detto di non essere sicura di che ore avrebbe fatto, però Dominic aveva immaginato che probabilmente non avrebbe tardato molto ancora, del resto erano quasi le nove di sera ed era domenica, quanto ancora aveva intenzione di stare a lavorare?

Quando Irene ed Owen erano scesi per mettersi a cena, dopo più di mezz’ora, Dominic era sempre lì ad aspettare che Shannyn arrivasse, o che almeno gli facesse sapere quanto ancora ne avrebbe avuto. Irene si meravigliò nuovamente di trovarlo sempre ad aspettare, stava per chiedergli qualcosa, ma prima di farlo aveva notato l’espressione piuttosto scocciata di lui, così non fece nulla.

Decise di chiamarla, Dominic non ne poteva più di aspettare, per altro si sentiva un po’ idiota. Si era allontanato dal soggiorno salendo per un attimo al piano superiore e raggiungendo la sua stanza. Il cellulare di Shannyn aveva suonato per un po’, poi finalmente lei aveva risposto, sembrava leggermente agitata, Dominic le chiese se andava tutto bene.

- Sì, ma certo che va tutto bene, perché, qualcosa dovrebbe andare storto?- gli aveva risposto tutto d’un fiato.

- Non lo so, hai un tono strano… allora, quando vieni?-

- Ehm… senti…- aveva cominciato a dire lei, sembrava indecisa su cosa avrebbe dovuto dire.- Ne ho ancora per un po’, poi ho avuto un problema con la macchina, forse stasera faccio tardi. Se ci vedessimo direttamente domani sera?-

- Non sarebbe la stessa cosa, lo sai. – aveva detto deluso Dominic.

Cercando di farle capire a chiare lettere che voleva davvero tanto passare del tempo con lei azzardò un commento:- E poi mi sei mancata oggi, non ho aspettato altro che di vederti stasera.-

Shannyn aveva riso leggermente. - Dai, ora non esagerare! E poi proprio non puoi aspettare domani? Sembri davvero un bambino quando fai così.-

Dominic era rimasto qualche secondo in silenzio, c’era rimasto piuttosto male nel sentire quella reazione al concetto che lui aveva espresso. Non si aspettava niente di particolare, ma non certo che lei ridesse e gli dicesse che era un testone, ecco.

- Va bene, fai come se non ti avessi detto niente, - le aveva detto cambiando leggermente ma sensibilmente tono, - passa una buona serata.- aveva concluso.

Come se avesse capito di aver fatto un errore, Shannyn era corsa immediatamente ai ripari.

- Dai, ora non fare l’offeso, tra mezz’ora sono da te. Devo prendere un taxi, mi ci vorrà un po’.-

Confortato dal fatto che Shannyn avesse cambiato idea, Dominic aveva soprasseduto a quell’osservazione senza nemmeno soffermarcisi un solo secondo in più, quindi le aveva fatto quella proposta con un tono entusiastico:- Perché devi prendere un taxi, passo a prenderti io. Che differenza fa? Il teatro è quello della scuola di musica no?-

- No, no, non venire qui…- aveva detto lei in fretta, senza quasi farlo finire di parlare, - non voglio darti fastidio, non preoccuparti per me. Ti raggiungo io. A fra poco.-

Aveva abbassato il telefono senza nemmeno dare il tempo a Dominic né di dire che non era affatto un problema, né di salutarla almeno. Lui aveva fatto spallucce, immaginò che Shannyn avesse i minuti contati e che non potesse trattenersi un secondo di più al telefono.

Era sceso nuovamente al piano inferiore, aveva trovato Irene e Owen in cucina che erano intenti a decidere cosa prepararsi per cena, il bambino sembrava decisamente più propenso a giocare con il cane che a pensare al cibo però.

- Fra una mezz’ora arriva Shannyn, - aveva detto ad Irene, - che programmi avete per stasera voi invece?-

Aveva cominciato a chiacchierare con Irene del più e del meno, dopo che la donna gli aveva detto che i suoi programmi erano quelli di mangiare, mettere a letto Owen e forse di guardarsi un film, avevano cominciato a discutere su quanto fosse caotico il traffico a Los Angeles, di come fosse strana quella città agli occhi di Irene, talmente diversa da Birmingham che stentava a credere potessero esistere realtà simili.

- Ci metterò un po’ ad ambientarmi, ma cercherò di fare il possibile per metterci il minor…-

Mentre erano persi nel discorso, Irene era stata interrotta dal campanello. Dominic si era girato in direzione della porta, quindi si era scusato per averla interrotta ed era andato verso l’entrata. Non avrebbe potuto essere che Shannyn, però era passato davvero poco tempo da quando lei gli aveva staccato il telefono quasi in faccia, da casa sua al teatro dove supponeva lei avesse le prove c’era almeno mezz’ora di auto con un traffico medio, ma a quell’ora e di domenica c’era sempre caos per le strade. Dominic però non aveva prestato molta attenzione a quel particolare, era contento che finalmente fosse lì, era andato verso il citofono e le aveva aperto il cancello, quindi si era messo ad aspettarla fuori dalla porta. Avrebbe colto l’occasione per presentarla ad Irene, dato che ad entrambe aveva parlato all’una dell’altra, anche se non molto approfonditamente.

Quando Shannyn era arrivata alla porta, a Dominic era sembrata subito stanca. Portava un paio di jeans, era vestita piuttosto semplicemente rispetto all’abbigliamento che teneva solitamente, il trucco era leggerissimo e appena un po’ sbaffato e aveva i capelli legati in una coda di cavallo alta sulla nuca.

- Certo almeno di domenica potresti riposarti un po’, - le aveva detto Dominic leggermente preoccupato per lei, - mi sembra che ultimamente tu stia dietro a troppe cose.-

- Fra due settimane ci sarà il concerto e sarò meno occupata, comunque te l’avevo detto che ero stanca.- aveva detto lei, facendogli un sorrisino tirato, come per dirgli che era stato lui a pretendere che quella sera si vedessero a tutti i costi. Dominic c’era rimasto un po’ male.

Le aveva detto di entrare, in modo da poterle presentare Irene e Owen, che era stato il primo che aveva visto la donna entrando, dato che il piccolo stava giocando con una macchinina sul pavimento tra la sala e l’ingresso, sotto lo sguardo vigile di Lilly che non lo perdeva mai di vista.

Shannyn, quando si era sentita lo sguardo incuriosito del bambino addosso, lo aveva ricambiato sorridendogli. Certo, avere figli suoi per il momento era un concetto che l’atterriva, ma quegli degli altri le piacevano. Si era avvicinata al bambino e lo aveva salutato, Owen, con somma sorpresa di Dominic, non si era dimostrato schivo come lo era stato all’inizio con lui, e come aveva continuato anche ad essere. Aveva risposto al saluto di Shannyn agitando una delle manine, la sinistra, continuando a tenere nella destra la sua macchinina.

- Tu devi essere Owen. Io invece mi chiamo Shannyn, e sono un’amica di Dominic.-

Owen l’aveva guardata per un momento incuriosito. - Non sei la sua fidanzata? Perché la mia mamma mi ha detto che lui ha la fidanzata.- aveva detto indicando Dominic con una manina.

Dominic aveva trattenuto a stento una risata, Shannyn invece aveva cominciato a sentire che quel bambino non era così simpatico come sembrava a prima vista.

- Se preferisci…- gli aveva risposto, sorridendogli leggermente in modo forzato.

Dominic quindi, togliendola da quella situazione che forse per lei era un po’ imbarazzante, era passato a presentarle Irene, le due donne si erano strette la mano sorridendosi vicendevolmente, Dominic aveva avuto come l’impressione che si stessero studiando.

La proposta di Irene che si fermassero a mangiare tutti insieme era venuta piuttosto spontanea. Alla donna sembrò una buona idea farsi amica Shannyn, pensò che doveva instaurare un buon rapporto con lei dato immaginava l’avrebbe vista spesso lì in casa. In verità sperava anche di farsi qualche amicizia che andasse al di là delle frequentazioni di lavoro in quella città, almeno avrebbe evitato di stare a parlare di lavoro anche nel tempo libero.

- Non che potrò mettere su un lauto banchetto stasera, ma potreste rimanere qui a cena, del resto è già piuttosto tardi. Che ne dite?-

Dominic si era dimostrato subito entusiasta della proposta, Shannyn aveva accettato, in fondo le sembrava una buona idea, quell’Irene le sembrava simpatica e soprattutto non le sembrava una minaccia, o una donna che avrebbe potuto metterla in secondo piano.

Durante la cena avevano parlato un po’ di tutto, soprattutto avevano conversato le due donne tra loro, cercando di conoscersi. Dominic le stava ad ascoltare ed era piuttosto felice che ci fosse una buona intesa almeno apparentemente. Tuttavia si distraeva spesso, ogni tanto posava lo sguardo su Owen osservando ciò che faceva. Come al solito il bambino era abbastanza silenzioso, ogni tanto chiedeva qualcosa alla mamma, ma per il resto si limitava a mangiucchiare quello che gli veniva messo nel piatto. Chiedeva aiuto solo quando aveva bisogno di scendere dalla sedia su cui era seduto, dato che era piccolo e non sarebbe arrivato al tavolo mangiava sempre seduto su almeno tre cuscini che lo alzavano e gli permettevano di stare comodo, ma dai quali non riusciva a scendere da solo. Ovviamente non era assolutamente interessato a quello che succedeva a tavola o alla conversazione, anzi, il suo unico interesse sembrava essere Lilly accoccolata sotto la sua sedia, alla quale di tanto in tanto dava qualche bocconcino direttamente dal suo piatto. La cagnolina, quando lo vedeva propenso a darle un contentino, si alzava e cominciava allegra a sbattere la coda, aspettando che il bambino allungasse la mano per darle qualcosa. Dominic aveva pensato che forse non avrebbe dovuto farlo, ma quell’aspetto lo divertiva.

Un paio di volte era capitato che Owen l’avesse sorpreso mentre lo guardava, Dominic allora gli sorrideva, ma il piccolo non gli rispondeva in nessun modo, era sempre quasi completamente disinteressato alla sua attenzione. Continuava a dispiacergli, ma non è che potesse farci molto.

Quando Irene l’aveva portato a letto dopo cena, Dominic era uscito con Shannyn per riportarla a casa sua, Irene le aveva chiesto di rimanere, assicurandole che non ci avrebbe messo molto a far addormentare il figlio, ma Shannyn si era congedata dicendo che era stanca. Nemmeno il fatto che Irene le avesse chiesto di parlarle del concerto che stava preparando l’aveva convinta a prolungare la sua permanenza, quando incominciava a parlare di quella cosa in genere si sentiva lusingata e non avrebbe più smesso, del resto a Shannyn piaceva molto essere al centro dell’attenzione, ma quella sera era evidentemente davvero stanca.

Nel tragitto in macchina non avevano parlato molto, Dominic si sentiva come se stesse sul filo di un rasoio: era una sensazione strana, come se avesse paura di dire qualcosa di sbagliato; dall’altra parte anche quel silenzio completo gli pesava un po’, tutto quello che gli veniva in mente del resto gli sembrava stupido. Tra le tante cose aveva pensato di chiederle c’era come stesse andando la preparazione di quel concerto, a tavola lei ne aveva parlato a lungo, ma solo per caratteri generali. Lui non era un gran conoscitore di musica classica, più di sapere il nome del compositore di cui avrebbero svolto i componimenti non sapeva nulla, in ogni loro conversazione cercava sempre di carpirle qualche notizia in più, pensando che interessandosi sarebbe entrato nel suo mondo più facilmente, ma non otteneva mai molti risultati.

- Sta andando tutto bene, intendo con July e Malcolm?- le aveva chiesto, riferendosi ai due colleghi con cui preparava il concerto, rispettivamente la violinista e il pianista.

- Sì, tutto apposto. Lavoriamo sodo, quindi siamo un po’ presi, ma tu non te la devi prendere, davvero. Non è che ti voglio ignorare perché lo voglio, credimi.-

Dominic in verità non voleva che lei gli dicesse niente in proposito, ma il fatto che Shannyn spontaneamente avesse espresso quel concetto lo rassicurò e gli fece anche piacere.

- Lo so - le aveva risposto. - Anzi, scusami se sono stato insistente stasera, solo che…-

- Sì, lo so - lo aveva interrotto Shannyn, mentre Dominic accostava l’auto al marciapiede davanti a casa di lei, - Ti andava semplicemente di vedermi. Sei molto carino, ma adesso ti prego lasciami andare a dormire perché non ce la faccio più!- gli aveva detto sorridendogli.

Si erano scambiati un bacio, quindi Shannyn era uscita non voltandosi indietro, mentre Dominic non l’aveva persa di vista fino a che era entrata e non l’aveva avuta più nel suo campo visivo. In verità avrebbe tanto voluto sapere se gi era piaciuta quella serata, come aveva trovato Irene, avrebbe voluto anche sapere se gli era piaciuto aver fatto qualcosa di diverso con lui, se l’aveva trovato un particolare importante. In verità, più di ogni altra cosa, avrebbe voluto sapere cosa provava lei, se quella mancanza di certi atteggiamenti e gesti che nel suo immaginario e nel suo modo di fare era normali in una coppia dipendeva dal carattere di Shannyn, che forse era per sua natura meno affettuosa di lui.

Si era perso in mille congetture, comunque quello che gli sembrava ovvio era che quel rapporto adesso gli stava stretto e che non voleva più aspettare per molto ancora che Shannyn gli desse un segno qualsiasi di essersi accorta di ciò che provava per lei. Immaginò che era arrivato il momento di esporsi, di dirle quello che provava direttamente e senza alcuna possibilità di essere frainteso, ma non era di certo un progetto molto facile. Alla fine s’impose di darle ancora tempo, di non essere impaziente e di stare tranquillo. Avrebbe fatto passare quell’impegno di lavoro, poi forse si sarebbe concesso di pensare a come dire a Shannyn che a lei ci teneva davvero molto.

Quando era rientrato aveva trovato Irene in soggiorno davanti alla televisione. Lilly gli era andata incontro scodinzolando, l’aveva seguito mentre appendeva la sua giacca all’appendi abiti vicino alla porta e quando si era avviato verso Irene, sedendosi sul divano accanto a lei. La cagnetta si era seduta appoggiando la testa sul suo ginocchio destro, quindi aveva alzato lo sguardo e l’aveva guardato con occhio implorante, quasi lacrimoso. Aveva fatto sorridere entrambi.

- Ah sì, eh? Sono quattro giorni che mi snobbi a favore del tuo nuovo amichetto e adesso vieni qui a farmi gli occhi dolci per farti coccolare?- le aveva detto facendo il serio, Lilly aveva leggermente mugolato in risposta. Dominic aveva sorriso quindi, cambiando atteggiamento, aveva assunto un tono affettuoso e le aveva preso il muso tra le mani, grattandola dietro le orecchie.

- Bella la mia cagnolina! Bella che sei! Ma come sarai bella!-

Lilly aveva cominciato a scodinzolare copiosamente e si era goduta le carezze, ma dopo pochissimo era subito passata alla fase successiva: si era appoggiata con le zampe anteriori sulle ginocchia di Dominic e gli era salita letteralmente addosso, cercando di dargli delle copiose leccate.

- Lilly! Stai ferma! - le aveva intimato ridacchiando mentre cercava di sfuggire alle affettuosità del suo cane che, comunque, non sembrava avere nessuna intenzione di desistere dall’intento di voler baciare il suo padrone. Irene intanto guardava la scenetta e sorrideva divertita.

Solo quando aveva visto che era inutile usare le buone maniere, Dominic aveva dato con tono deciso alla sua cagnetta un comando ben preciso e lei, senza alcun indugio, si era messa seduta obbedendogli.

- Caspita, come ti obbedisce!- aveva commentato Irene.

- E’ addestrata, abbiamo fatto un corso insieme per quasi cinque mesi. E’ vispa, a volte anche dispettosa e decisamente troppo incline alle affettuosità, ma è molto obbediente ed educata.-

- Ma da quant’è che ce l’hai?- aveva chiesto Irene.

- Lei ha otto mesi, ed è con me da sette… è una storia molto carina in verità. Un po’ di tempo fa mi è venuta voglia di prendermi una cane, così ho chiesto in giro. A me bastava anche un meticcio qualsiasi, ero anche tentato di sentire un canile o cose simili. Finché un produttore che conosco, un tipo molto e dico molto inserito nello star sistem, mi ha detto che aveva fatto accoppiare la sua golden retriver e aveva due cuccioli che non aveva ancora venduto. Sai, ultimamente è il cane che tra le star molto glamour va più di moda a quanto pare…- aveva detto l’ultima frase facendo la r moscia e smanettando, cosa che aveva fatto ridere Irene e scodinzolare Lilly, che si era messa buona buona con la testa sul ginocchio del padrone godendosi le carezze. Quindi Dominic aveva ripreso il suo racconto.

- Il tipo voleva circa duemila dollari a cane, ovviamente cani di razza purissima e con tanto di pedigree, però io non volevo spendere quella cifra per un cane, anche perché detto fra noi del cane di razza non m’importa nulla, i bastardini mi stanno anche più simpatici. Più per fare un favore al tipo quindi un giorno vado a casa sua a vedere questa cucciolata, così è finita che mi sono innamorato di questa disgraziata, che allora era un angelico batuffolino di pelo color miele, che mi si è avvicinata per annusarmi e mi ha fatto un guaitino perché la coccolassi un po’, per poi fare pipì per l’emozione sulla mia scarpa. Non ho potuto fare altro che sborsare i duemila dollari richiesti per portarmela a casa, non potevo nemmeno immaginare che l’avrei lasciata lì!- aveva detto sorridendo e guardando con tenerezza il suo cane, che anche Irene stava accarezzando.  - In verità penso che certi cani siano peggio dei bambini: un sorrisetto, una moina e ti entrano dritti nel cuore, non puoi più farne a meno! E siccome lo sanno ci marciano, vero birbante che non sei altro? - aveva concluso diretto alla cagnolina.

- Eh sì, i bambini fanno così!- aveva detto sorridente Irene. - Sai, quando abbiamo qualche problema con Owen, pochi per la verità, Christopher mi dice sempre accidenti a quando mi ha sorriso per la prima volta!- si era interrotta per un attimo quindi, sorridendo e a guardando fissa davanti a sé.

- Lo dice scherzosamente, ovvio, mi fa ridere quando lo fa. Lo prendo sempre in giro chiedendogli cosa farà quando diventerà un adolescente e potrebbe darci davvero dei seri problemi…- aveva riso un po’ dopo, sempre accarezzando Lilly.

Dominic non aveva voluto indagare, ma infondo a quello sguardo di Irene aveva letto una certa malinconia. Ovviamente, anche se lui non sapeva di preciso a chi appartenesse quel nome, aveva intuito chiaramente che Irene stava parlando del marito. Si ritrovò imbarazzato per un momento, ma si era imposto di non farlo trasparire, del resto non era proprio la cosa più giusta da farsi in un momento simile, anche se pensò che forse i suoi sospetti, ovvero quelli per cui quella faccenda aveva qualcosa che non andava, erano fondati.

Cambiò immediatamente discorso, chiese ad Irene cosa gliene pareva di Shannyn. La donna disse che l’aveva trovata simpatica, e piuttosto interessante.

- Ma soprattutto, la cosa che si nota di più è che è bella da morire… e bravo Dominic!- gli aveva detto prendendolo un po’ in giro.

- Beh, sì, sarei un bugiardo se dicessi il contrario!- aveva ammesso lui. - Anche se non è solo questo, davvero. Shannyn mi piace, veramente molto.- aveva aggiunto

Irene invece aveva subito ripensato a quel proposito di farsi amica Shannyn che aveva avuto in precedenza. Non aveva mentito a Dominic, l’aveva trovata interessante, e a tratti piacevole, ma aveva subito intuito che i loro caratteri erano del tutto incompatibili, e in verità si era chiesta cosa avessero in comune Dominic e una come lei, che le sembrava fin troppo piena di sé.

Erano dieci anni che non aveva più a che fare con Dominic, anche se inizialmente aveva pensato che non lo fosse, immaginò che lui in quel lungo lasso di tempo doveva essere necessariamente cambiato, e non poco.

La cosa in verità, se all’inizio aveva fatto fatica a mandarla giù, adesso non la stupiva nemmeno troppo.

 

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Capitolo 5
*** Inizio di una nuova vita ***


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Salve a tutti!

Non ti preoccupare Lili, l’ultima cosa a cui potrei pensare è a liberarmi di te!

Anzi, a dirla tutta non ne ho nessuna intenzione…

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Quarto – Inizio di una nuova vita

 

Per i primi tempi in cui avrebbe cominciato a lavorare nel nuovo studio, Irene non sarebbe stata troppo impegnata: sarebbe andata in ufficio per ambientarsi al meglio e per occuparsi di alcune piccole cause per cui dava solo una mano, in attesa che si avvicinasse la data dell’esame che doveva sostenere per prendere l’abilitazione per esercitare la professione di avvocato nello stato della California. Aveva degli orari molto flessibili quindi per il momento, entrava abbastanza tardi la mattina e poteva uscire presto nel pomeriggio, cosa che era risultata molto utile se rapportata a Owen: avere del tempo libero in più a disposizione le avrebbe permesso di seguirlo con più attenzione almeno in quel primo periodo in cui il bambino si stava ancora adattando alla nuova situazione.

Anche se Owen non sembrava particolarmente turbato o spaesato, Irene sapeva che per lui non era facile aver lasciato tutte le certezze che l’ambiente in cui era vissuto fino a quel momento gli aveva dato. Quella mattina in special modo ci sarebbe stato il suo primo vero impatto con l’asilo, e Irene sperava davvero con tutta se stessa che andasse bene.

Era già passata in un paio di agenzie che si occupavano di tali faccende, doveva assolutamente trovare nel più breve tempo possibile una baby sitter che si occupasse di lui quando avrebbe cominciato a lavorare più intensamente, tutto questo mentre ovviamente studiava per il suo esame d’abilitazione, che in ogni modo non le creava problemi di alcun genere: di fatto aveva già studiato molto, era da tempo che si preparava, sin da quando quel progetto di trasferirsi per due anni negli Stati Uniti aveva cominciato a prendere dei connotati effettivi in pratica.

Per tanto tempo, dopo che le era stato proposto, era rimasto solo nella sua testa, e per un lungo periodo in verità Irene aveva anche riflettuto sul fatto che se per un semplice salto di carriera il prezzo da pagare era doversi allontanare per un biennio dall’Inghilterra, dai suoi affetti più cari, dalla sua casa e, ovviamente, da suo marito che non avrebbe di certo potuto e voluto lasciare il suo lavoro per seguirla, il gioco non valeva assolutamente la candela.

E poi, tutto ad un tratto, le cose erano cambiate radicalmente, da un momento all’altro.

Era sempre stata brava nel suo lavoro, molto brava, era per questo che nello studio legale dove lavorava a Birmingham aveva fatto carriera velocemente. Tuttavia, nella sua scala di valori, c’erano molte cose che venivano decisamente prima del successo nel lavoro, dei soldi e del potere: tutto quello che Irene aveva sempre voluto era una famiglia, amare ed essere amata da qualcuno, una stabilità, affetti sinceri, avere quel tanto che le bastava per vivere dignitosamente e potersi togliere qualche sfizio ogni tanto. Tutte cose, insomma, che pensava di aver raggiunto. Quella era la sua idea di ciò che per lei significava quel concetto astratto che tutti definiamo con il nome di felicità.

Proprio in virtù di questa natura che la contraddistingueva, quando aveva deciso di accettare quella proposta di trasferirsi dall’altra parte del mondo per un semplice salto di carriera, molte persone che la conoscevano bene erano rimaste del tutto sorprese da questo cambiamento improvviso di rotta, tanto che stentavano a crederle quando dava la notizia. Sicuramente la più sorpresa era stata sua madre Melanie, con la quale Irene aveva sempre avuto un ottimo rapporto e che credeva di non poter avere simili sorprese da lei. Quando le aveva chiesto spiegazioni insinuando che quel cambiamento di vedute le sembrava davvero molto strano e che secondo lei c’era qualcosa che non quadrava, Irene si era difesa dicendo che la gente cambia, in continuazione, e non ci si può fare niente.

- Improvvisamente ho capito che questa cosa può cambiarmi la vita in meglio, e non voglio privarmi di questa esperienza.- aveva spiegato alla madre.

Ma quella scelta a Melanie era risultata troppo strana, e aveva intuito benissimo che qualcosa non andava. Si era chiesta cosa ne pensasse suo genero di poter vedere Owen una volta ogni due mesi circa, come Irene le aveva raccontato che sarebbe stato: eccetto le vacanze di Natale e le varie ferie infatti, che avrebbero passato come stabilito tutti insieme in Inghilterra, aveva saputo che Christopher sarebbe andato regolarmente a trovare la moglie e il figlio negli Stati Uniti per l’appunto con quella cadenza. E poi, al di là di Owen, che comunque era la persona più debole e che andava più tutelata in quel frangente, loro due non si sarebbero mancati?

Quando aveva posto questa domanda ad Irene lei gli aveva risposto secca: - Io e Chris non siamo due bambini mamma, ce la caveremo. Se non ci facciamo problemi noi perché devi fartene tu?-

Ovvio che quella risposta non l’aveva convinta, ma aveva evitato di indagare oltre, aveva intuito che era del tutto inutile porre domande alle quali Irene non voleva rispondere.

La verità è che improvvisamente per lei, accettare di andare via lontano era stata l’unica cosa che le aveva dato respiro in un momento in cui nulla riusciva a darle un po’ di pace in quell’inferno che era diventata la sua vita. Non ne aveva parlato con nessuno di ciò che stava succedendo, se l’era tenuto stoicamente dentro facendosi del male, perché non riusciva ad esternarlo per un motivo ben preciso: se tutta quella situazione aveva avuto luogo, Irene pensava che la maggior parte della responsabilità fosse da imputare a lei, e a lei soltanto, anche se razionalmente sapeva di avere ben poche colpe.

Anche in quel momento, in quella soleggiata mattina, aspettando che arrivasse l’ora di svegliare Owen per prepararlo e portarlo all’asilo, si era messa a ripensare a tutte le faccende che aveva lasciato in sospeso quando aveva lasciato l’Inghilterra e come spesso accadeva preferiva scuotersi e pensare ad altro, per non soffrirne.

Senza fare rumore si era avvicinata al letto che stava in camera sua, dove dormiva con suo figlio. Aveva discostato leggermente le lenzuola scoprendo il bambino, quindi gli aveva passato piano una mano sotto il pigiama, andando ad accarezzargli il pancino.

- Owen… dormiglione… svegliati!- gli aveva detto piano.

Il bambino si era mosso un po’, ma non aveva dato segno di essere particolarmente propenso ad alzarsi dal letto. Irene quindi gli aveva fatto un po’ di solletico sulla pancia.

- Pigrone che non sei altro!- gli aveva detto sorridendo mentre il bambino, svegliatosi del tutto, aveva cominciato a ridacchiare divertito.

- Dai, svegliati, che stamattina andiamo all’asilo. Non sei contento?-

Owen si era stiracchiato un po’, mentre Irene lo abbracciava e lo baciava, ritardando il momento in cui lui le avrebbe risposto.

- Ma se poi non mi piace?- le aveva detto perplesso.

Irene gli aveva sorriso. - Ci pensiamo dopo, va bene?-

Owen aveva annuito serio, Irene non aveva potuto fare a meno di stringerlo un’altra volta e dargli una serie di baci rumorosi su una guancia, mentre Owen un po’ rideva e un po’ cercava di allontanarla.

Gli aveva fatto fare colazione, l’aveva vestito e preparato per uscire. Dominic ancora non si era svegliato, Irene non voleva andarsene via quella mattina senza dirgli niente. Mentre gli scriveva un biglietto che avrebbe lasciato sul tavolo della cucina per augurargli buongiorno, Owen era andato a coccolare un po’ Lilly che, al contrario del padrone, sentendo dei rumori in casa, si era svegliata andando prontamente a partecipare a qualsiasi cosa stesse succedendo, accertandosi che tutto andasse bene.

Dominic era stato chiaro: per quel mese in cui lei avrebbe dovuto rimanere lì, quella era come fosse casa sua. Poteva andare e venire come meglio credeva, poteva portare gente entro certi limiti dettati dalla sua posizione sociale, che purtroppo, volente o nolente, era una cosa che limitava fortemente chiunque avesse a che fare con lui. Comunque Irene aveva carta bianca, nei limiti del possibile, Dominic aveva particolarmente tenuto a farle presente quel fatto, cosa che la donna interpretò come un modo carino di farla sentire a suo agio. Di fatto però quella non era casa sua, quindi le sembrava carino quantomeno informarlo almeno dei suoi spostamenti principali.

Sperando che quella prima giornata, sia per lei che per Owen, andasse bene, era uscita salutando Lilly, che scodinzolando aveva accompagnato lei e il piccolo fino alla porta.

 

***

 

L’inizio del lavoro per Irene e dell’asilo per Owen avevano definitivamente sancito l’inizio di una specie di nuova vita per i due, ma per ciò che riguardava Dominic quei giorni di convivenza erano andati avanti più o meno nello stesso modo in cui erano trascorsi i primi giorni dopo l’arrivo in casa di Irene e Owen. A dirla tutta era anche un po’ rammaricato del fatto che Owen proprio non desse mai alcun segno di voler fare amicizia con lui, nonostante i suoi vari e frequenti tentativi di interagire con il bambino.

Dati i fitti impegni di Shannyn, gli era capitato spesso durante quella settimana di trascorrere a casa le sue serate, aveva passato lì tutte le sere tranne una, durante la quale necessariamente aveva dovuto allontanarsi per lavoro. Certo, avrebbe potuto uscire con gli amici, fare qualcosa senza dover necessariamente stare con quella che considerava la sua donna, ma alla lunga preferiva stare a casa e condurre una vita tranquilla, che gli permettesse di dare il meglio sul lavoro.

In verità tutto ciò era anche per il fatto che gli piaceva stare in una casa dove non era solo: inutile negarlo, quando tornava a casa verso l’ora di cena e trovava Owen in giardino che giocava con Lilly e Irene seduta al tavolo di pietra sul quale in genere la trovava a studiare per il suo esame mentre teneva d’occhio il bambino, si sentiva meno solo e alla fine non gli veniva nemmeno in mente di organizzare serate fuori. Cenava con loro chiacchierando su cosa avessero fatto durante la giornata con Irene, continuando anche dopo cena, quando Owen andava a dormire. Progressivamente si erano un po’ sciolti l’uno con l’altro, anche se in genere quello che chiacchierava era Dominic, dato che lei gli chiedeva sempre di raccontarle cose che riguardavano lui e il suo lavoro.

Non poteva affermarlo con certezza, il dono di leggere nella mente delle persone non gli apparteneva, ma aveva spesso come l’impressione che quella cosa si verificasse per un semplice fatto, ossia che Irene preferiva far parlare lui piuttosto che rischiare di dover parlare di sé stessa. Se lo faceva in genere era sempre per qualcosa che riguardava il suo lavoro, ma soprattutto Owen, mai qualcosa di personale.

Dopo un po’ però Dominic si era convinto che quelle supposizioni fossero dovute al fatto che faceva viaggiare troppo la fantasia: siccome ormai si era auto convinto che ci fosse qualcosa che Irene gli stava nascondendo, allora tutte le scuse erano buone per avvalorare quella tesi. Per prima cosa, potevano essere solo scemenze che aveva pensato lui, per seconda, se anche Irene gli stava nascondendo qualcosa, a lui che gl’importava? Irene aveva tutto il diritto di tenersi i suoi segreti, se ne aveva, e lui avrebbe fatto molto meglio a pensare per se e a non farsi strane idee. Impicciarsi degli affari degli altri non l’aveva mai considerata una bella cosa, tanto più che sapeva davvero di cosa stesse parlando e quanto fosse una cosa che potesse infastidire, dato che dei suoi affari s’impicciavano continuamente le persone più disparate… non poteva fare mai nulla che era sulla bocca di tutti, quindi perché comportarsi in un modo che lui stesso trovava tanto fastidioso?

Era decisamente meglio concentrarsi sui problemi che aveva lui, il suo rapporto con Shannyn ad esempio, che cominciava seriamente a preoccuparlo. Dopo la lunga serie di rifiuti che aveva ricevuto da lei alle sue richieste di vedersi in quei giorni, cominciava a vedere tutto davvero confuso.  Non sapeva bene il motivo per cui aprirsi con Irene su quanto riguardava quella storia gli era sembrato tanto semplice, forse perché era più grande di lui, o forse perché era una donna e nel suo subconscio sperava che lei avrebbe potuto rivelargli chissà quale verità sull’universo femminile che, per la sua condizione di uomo, ovviamente ignorava.

Qualunque fosse stata la causa scatenante, una di quelle sere in cui Shannyn si era rifiutata di uscire con la scusa che era troppo stanca e di cattivo umore per farlo, Dominic aveva vuotato il sacco con Irene.

La donna aveva appena messo a letto Owen, dopo che il bambino si era addormentato era tornata al piano inferiore della casa trovando Dominic seduto sul divano con i piedi nudi appoggiati sul basso tavolino che gli stava davanti e con lo sguardo perso nel vuoto. Ovviamente, accucciata sotto le sue gambe c’era l’immancabile e onnipresente Lilly, pronta a scattare al minimo richiamo.

Quel suo atteggiamento per Irene era solo una conferma, in verità aveva già intuito durante il resto della serata che Dominic aveva dei pensieri strani in testa, se non aveva chiesto in precedenza era solo per discrezione. Dopo essersi versata un bicchiere d’acqua si era andata a sedere vicino a lui che, sentendola arrivare, aveva momentaneamente distolto lo sguardo dal vuoto e le aveva sorriso.

Irene, tanto per rompere il ghiaccio, si era sporta verso il tavolino e aveva cominciato a fissare i piedi di Dominic, il quale, appena si era accorto della cosa, l’aveva guardata a metà tra l’incuriosito e il preoccupato che qualcosa non andasse.

- Che c’è?- le aveva chiesto.

Sempre mantenendo lo sguardo sui suoi piedi Irene aveva risposto. - Stavo pensando alla reazione di tua madre la prima volta che l’ha visto. Se non ti ricordi bene, c’eravamo anch’io e mia madre.- aveva detto, per poi ridacchiare sommessamente, risata alla quale si era unito anche Dominic ricordando quella particolare giornata di dieci anni prima.

Irene parlava di uno dei tatuaggi che aveva, il primo che aveva fatto, due stelline sul piede destro che lui aveva tenuto nascosto fino a che aveva commesso l’errore di presentarsi a piedi nudi in soggiorno mentre sua madre, con Irene e Melanie per l’appunto, stava prendendo il the. Si ricordava che sua madre, come faceva sempre, gli aveva intimato di non camminare scalzo per casa, poi le era caduto l’occhio sul particolare, e lì era stata una bella scena per tutti. Allora non era stato divertente, ma a ripensarci in quel momento gli veniva da ridere.

- Oddio, quanto s’è incazzata!- aveva commentato. - Mica per il tatuaggio in sé per sé, perché non gliel’avevo detto! Ti ricordi che storia ha tirato fuori, sul fatto che avevo rischiato grosso perché avrei potuto capitare in mani sbagliate con il rischio di infezioni e roba varia!-

- Beh, dai, non aveva tutti i torti su quest’aspetto…- aveva osservato Irene.

- Sì, ma se gliel’avessi detto che cambiava? Mi avrebbe accompagnato lei? Io non le dissi niente a quei tempi perché avevo il fondato sospetto che me l’avrebbe impedito con tutte le forze. Ha esagerato con tutte quelle storie, per semplice ripicca, ammettiamolo! E poi dai, non ero mica un ragazzino scemo…- aveva pensato un po’ prima di riparlare: - A dire il vero un po’ sì, non lo nego…-

Irene aveva riso, Dominic con lei, quindi erano rimasti per qualche secondo in silenzio.

- E’ stata l’ultima volta che ci siamo visti io e te, vero? Avevo appena finito il primo anno di università.- aveva commentato lui dopo essere tornato serio.

Irene aveva annuito. - Io lavoravo già da un anno abbondante a quei tempi, sarei dovuta andare in ferie con delle mie amiche, ma al momento di partire ci fu un contrattempo per una di loro e abbiamo dovuto annullare tutto. Non mi sono mai spiegata il perché, ma non ho rimpianto affatto il viaggio mancato, mi fece piacere venire da voi con mia madre, forse perché l’atmosfera che si respirava in casa vostra mi è sempre piaciuta molto. Ho dei bellissimi ricordi di quell’estate.-

- Anch’io, davvero belli. Se devo dirtela tutta anche a noi faceva piacere avervi, credo che facesse piacere soprattutto a mia madre che altre due donne venissero a stare con noi. E’ sempre stata in minoranza in quella casa di uomini, in quei periodi respirava un po’, contando anche il fatto che in quel periodo anche Linda era di casa e quindi si raggiungeva la maggioranza femminile! Quattro contro tre!-

Irene rise. - Linda, la tua ragazza… eravate sempre appiccicati nemmeno vi foste spalmati di colla!-

- Vero, infatti dopo un annetto non ci potevamo già più sopportare. Però bei tempi, erano belle sensazioni. Io innamorato così di qualcuna non sono più stato, e soprattutto non ho mai, e dico mai trovato nessuna che mi abbia dato l’idea di essere tanto attaccata a me.-

Detto questo Dominic aveva abbassato lo sguardo, e Irene aveva avvertito nuovamente l’atmosfera che si era respirata prima che cominciassero a rivangare quei vecchi ricordi.

Si era sfilata i sandali e aveva appoggiato i piedi sul tavolo, come aveva fatto Dominic, quindi aveva fatto aderire la schiena alla spalliera del divano, accomodandosi un po’, cercando le parole giuste.

- Oggi hai qualche pensieraccio per la testa. Che c’è che non va, se è lecito chiedere?- gli aveva chiesto nel modo più diretto possibile, conoscendolo un po’ sapeva che avrebbe gradito.

- Shannyn.- aveva risposto lui semplicemente.

Irene l’aveva immaginato. Aveva appoggiato il braccio sinistro sulla spalliera, quindi si era voltata verso Dominic appoggiando la testa sulla sua mano, facendogli tacitamente intuire che era pronta ad ascoltarlo, se aveva voglia di parlarne. Dominic ebbe la sensazione di non aver aspettato altro per tutta la sera.

- E’ che è tutto strano, non riesco a capire come stanno le cose tra noi.- aveva detto.

- Senza pensarci troppo, secondo te come stanno?- aveva chiesto lei.

Dominic aveva riso. - Vuoi la versione ottimista o pessimista della faccenda?-

Anche Irene aveva riso. - Le voglio entrambe.-

Dominic aveva fatto un sospirone:- Bene, allora prima ti do la versione ottimista.-

Si era preso un’altra breve pausa prima di cominciare. - Allora, la versione ottimista è quella per cui lei in questo momento è troppo impegnata per pensare anche a me, anzi, a noi. Passato il concerto e altri suoi impegni di lavoro fileremo d’amore e d’accordo e tuberemo come piccioncini sui tralicci dell’elettricità. Con questo voglio intendere che spero che lei smetta di essere tanto fredda con me. E’ sempre un po’ distaccata, come se volesse tenere nascosto che tra noi c’è un legame che, per quanto la natura di questo mi sia tutt’ora sconosciuta, comunque c’è e questo non si può certo negare.-

Irene aveva annuito comprendendo benissimo di cosa Dominic stesse parlando. Per quel poco che aveva potuto osservarli, la sera che Shannyn era stata a cena lì, l’aveva vista piuttosto freddina con lui.

- Allora posso passare senza indugi ad illustrarti la parte pessimista della faccenda, ovvero quella secondo la quale, detto in parole povere, a Shannyn di me non importa proprio un cazzo!-

Irene aveva riso, Dominic invece era rimasto abbastanza serio, anche se stava cercando di buttarla sul comico usando quel lessico, prima ben costruito e poi molto meno.

- No, no, c’è poco da ridere… ti spiego quella che potrebbe essere la visione di Shannyn della cosa, del resto parlo per fondata esperienza dato che non sarebbe la prima volta infatti che mi capita di affezionarmi ad una ragazza e questa invece si vuole solo divertire.-

- Perché tu fai sempre sul serio… ma dai, ma chi prendi in giro?- aveva commentato Irene scettica.

- No, non faccio sempre sul serio, ma quando mi affeziono a qualcuna mi affeziono. A Shannyn mi sono irrimediabilmente affezionato, non ti dico che sono innamorato perso, ma molto coinvolto sì, e ho paura che invece lei ragioni in modo diverso, precisamente in questo: esce con me perché magari gli piaccio, ma non ha assolutamente nessuna intenzione di costruire qualcosa. E comunque, non credere che sia poi così farfallone come pensano in tanti…-

- Vuoi dire che non ti sei mai mai mai approfittato della tua celebrità?- aveva chiesto maliziosamente Irene.

Dominic per tutta risposta le aveva messo addosso uno sguardo che la diceva lunga sulla faccenda.

- Ho detto che non sono un farfallone, non che sono un santo!- aveva chiarito quindi, se l’occhiata che le aveva gettato addosso non fosse stata di per se abbastanza esauriente.

Avevano riso entrambi, Irene in verità voleva solo punzecchiarlo un po’, che non era un farfallone l’aveva già intuito da sola. Dopo che avevano smesso di ridacchiare gli aveva fatto qualche domanda, Dominic era passato a raccontargli più nel particolare della relazione che aveva e a lei si erano fatte chiare molte cose, e alcune di esse, molte in verità, le aveva taciute perché sapeva che a lui sentirsele dire non sarebbe piaciuto e di certo lei non era lì per dirgli come doveva vivere la sua vita.

- Il mio consiglio è di fare quello che avevi pensato. Aspetta che passi il periodo e poi dille tutto, chiaro e tondo, come hai fatto con me stasera. Se deve durare durerà, se invece è una cosa a breve termine finirà nel giro di cinque secondi e tu non ti sarai perso poi molto. Per il momento porta pazienza e stringi i denti, altro non puoi fare.-

- Eh sì, altro non posso fare.- aveva commentato lui giù di corda.

Dopo tutte quelle chiacchiere si era fatto tardi, Dominic aveva svegliato Lilly per permetterle di uscire in giardino a fare la pipì prima di andare a dormire. Irene già prima di lui si era congedata dandogli la buonanotte, Dominic sarebbe rimasto ancora a chiacchierare con lei veramente, si sentiva molto a suo agio e quindi rispose al suo saluto con un po’ di rammarico.

L’aria era fresca, mentre aspettava che Lilly tornasse dl suo giro per i bisognini si era seduto sulle scale del portico e si era messo a guardare in alto, pensando a tutta quella discussione, non necessariamente alla parte strettamente riguardante Shannyn, anche se in quel momento il desiderio più grande sarebbe stato di essere con lei. Quell’occasione avrebbe potuto essere propizia per far chiacchierare un po’ Irene. Non voleva che lei gli raccontasse niente di particolare, niente di cui lei non volesse parlargli in pratica, solo era curioso di sapere come fossero andati per lei quei dieci anni, cosa aveva fatto, tutte le sue impressioni su quello che le era capitato, cosa che lui in quelle serate casalinghe aveva fatto.

Quando Lilly era tornata, dopo averle fatto qualche carezza, Dominic aveva chiuso casa ed era andato verso la sua stanza. Era abbastanza stanco e la giornata successiva, a pensarci bene, sarebbe stata lunga.

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Capitolo 6
*** Contrattempi fortuiti ***


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Buon inizio della settimana a tutti.

Grazie per i bei commenti a Lili, Bloody Mary e Claudietta che ha tutto il tempo che vuole per leggere, sperando di non deludere le vostre aspettative future. Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Quinto - Contrattempi fortuiti

 

Svegliandosi quel venerdì mattina, Dominic aveva trovato sul tavolo della cucina un biglietto scritto da Irene. Aveva sorriso e l’aveva letto, era solo un semplice buongiorno che lei in verità gli lasciava ogni mattina, a lui faceva sempre piacere trovarlo. Non ci sarebbe stato alcun bisogno che lei lo facesse, però era il primo sorriso della mattina per lui, o il secondo, dipendeva tutto da Lilly, che ovviamente come ogni giorno gli correva incontro scodinzolando in cerca di coccole e attenzioni, ma soprattutto della colazione.

Mentre faceva il caffè si era messo a riflettere, e la prima cosa che gli era saltata per la testa quella mattina era la conversazione avuta con la donna la sera prima. Lo sapeva benissimo che Irene non voleva assolutamente offenderlo né accusarlo di qualcosa, sapeva benissimo che la donna aveva scherzato la sera precedente. Però il fatto che lei avesse alluso ad un suo possibile approfittarsi della sua condizione di celebrità in certi frangenti, con le donne nella fattispecie, gli aveva dato da pensare.

Quell’opinione, sul fatto che lui potesse veramente avere qualsiasi donna volesse, era piuttosto diffusa in verità, se si trovava a conoscere una persona era matematico che lo pensasse di lui, ma per Dominic quello non era altro che un preconcetto assurdo, una sorta di mettere in categorie le persone senza nemmeno dare loro il diritto di dimostrare veramente chi sono.

Come aveva detto alla donna la sera precedente, Dominic non era affatto un santo e di certo a volte l’occasione l’aveva portato a fare cose che in momenti in cui la razionalità era più vigile non avrebbe fatto, ma nemmeno uno di quelli che escono la sera solo a caccia di qualcuna da portarsi a letto. Solo il fatto che la gente potesse pensare questo di lui semplicemente perché era un attore abbastanza famoso lo infastidiva, gli dava quasi la sensazione di non essere una persona apposto, almeno nell’immaginario di chi gli stava intorno. Non avrebbe dovuto importargli in verità di cosa la gente pensava di lui, ma in pratica questa è una cosa più facile a dirsi che a farsi.

Sempre seguendo quel filo di pensieri si era ricordato di un episodio particolare, avvenuto diversi anni prima, e gli era venuto da ridacchiare. Era stato ad una festa dopo l’uscita del primo film della trilogia, lì a Los Angeles, una festa della quale non si ricordava che poco in verità.

Si era calato nuovamente in quell’atmosfera strana, era gennaio, aveva compiuto venticinque anni da poco più di un mese ed era quel periodo in cui La Compagnia dell’Anello era sulla bocca di tutti. Era appena diventato una faccia conosciuta, ricordava la strana sensazione che provava quando camminava per la strada ed era guardato da alcune persone, che avevano decisamente su quell’espressione di chi si sta chiedendo dove ti ha già visto prima. In quel periodo ancora nessuno lo conosceva così bene da fermarlo per chiedergli se era veramente chi avevano pensato, anche perché era certamente difficile che qualcuno lo riconoscesse precisamente dato com’era conciato nel film. A dire il vero, dopo quel primo periodo, tanti lo confondevano con Billy Boyd, il che gli causava anche un certo imbarazzo perché gli dispiaceva a volte mortificare il suo interlocutore dicendo che in verità lui non era chi credevano che fosse. Ma per arrivare a quel punto ci sarebbe voluto ancora molto tempo, in quel momento lui era solo un ragazzo che incominciava a capire davvero che la sua vita non sarebbe stata più la stessa e che per certi versi era felicissimo e ansioso di sapere dove sarebbe potuto arrivare, da un’altra, per dirla tutta, aveva anche dietro le sue paure, anche se non rappresentavano che un minuscolo fardello a cui evitava di pensare.

A quella festa era stato riconosciuto con un certa precisione per la prima volta, e di certo era una cosa che si ricordava molto bene. Era nel bel mezzo di una serata divertente, in mezzo a degli amici che in continuazione proponevano dei brindisi, il clima era allegro e disteso. Era stato attirato da qualcuno che gli aveva messo gentilmente una mano sulla spalla per avere la sua attenzione. Del viso di quella ragazza si ricordava un bel sorriso, niente di più. Gli aveva chiesto se era davvero lui Merry, Dominic le aveva detto di sì e le aveva stretto la mano dicendole il suo nome. Anche lei gli aveva detto il suo, un nome che Dominic si era sforzato tante volte di ricordare, ma non ci era mai riuscito, come del resto non era riuscito a ricordarsi altro di lei, nemmeno con un minimo di precisione i tratti del suo viso.

Come succedeva in certe circostanze avevano chiacchierato un po’ insieme, allontanandosi progressivamente dalla sua cerchia che poi quella sera non aveva più rivisto.

Non che serva spiegare quello che era successo quella notte, l’unica cosa che l’aveva lasciato quantomeno sorpreso era che la mattina dopo lei se n’era andata e lui non l’aveva nemmeno sentita farlo. La prima cosa che aveva pensato quella volta era che allora era proprio vero che anche le donne lo fanno, nelle sue convinzioni forse un po’ grezze sul genere femminile non aveva mai preso in considerazione un aspetto simile e quindi proprio non se l’aspettava. Si era alzato piuttosto stordito ed era sceso al bar dell’albergo dove alloggiavano lui e tutto il resto del cast che era presente a quell’occasione. Nella sala non troppo piena aveva trovato Viggo Mortensen con una tazza di caffè davanti e intento a leggere il giornale. L’aveva salutato e l’altro l’aveva invitato a sedersi, per poi cominciare a fare battutine sul fatto che la sera prima fosse sparito. Dominic l’aveva guardato con lo sguardo perso, tanto che l’altro gli aveva chiesto spiegazioni, per poi piantargli una manata sulla schiena piuttosto pronunciata e dirgli: benvenuto nello star sistem, vedrai che capiterà pure a te di farlo!

In effetti era successo anche a lui di sgattaiolare fuori da una camera d’albergo o da un appartamento all’occorrenza, non molte volte in verità, perché si sentiva sempre un verme dopo. Era davvero una cosa stupida, ma quelle rare volte in cui gli era capitato ci aveva pensato tardi. Non che si fosse mai pentito veramente, era pur vero che qualche atto con poco senso compiuto andava pur fatto ogni tanto, e per dirla tutta nemmeno gli dispiaceva fare un po’ di sesso tanto per fare, però non era certo uno che se ne gloriava o che fatto una volta non vedeva l’ora ci fosse un’altra occasione per farlo nuovamente.

 

Aveva la mattinata libera, quindi se l’era presa comoda, voleva telefonare a Shannyn e chiederle di vedersi, lo fece in tarda mattinata sperando di non disturbarla, anche se lei si svegliava sempre presto la mattina. La donna gli aveva risposto con un tono di voce basso, un po’ addormentato, Dominic ebbe immediatamente paura di averla svegliata.

- No, non preoccuparti, era anche l’ora che mi alzassi. Sai, ieri sera abbiamo fatto tardi alle prove.- l’aveva tranquillizzato immediatamente quando lui le aveva chiesto se l’aveva svegliata.

- Ah, ok… Come va con July e Malcolm?- le aveva chiesto.

- Bene, molto bene.- aveva ribattuto lei senza entrare in particolari.

- E il resto?- aveva continuato a chiederle Dominic sperando che lei continuasse un po’ a parlare con lui.

- Tutto bene.-

C’era stato un momento di silenzio, durante il quale Dominic aspettava che lei continuasse a parlargli mentre Shannyn, che non aveva nessuna voglia di farlo, aspettava invece che fosse lui a dirle quello che doveva, dato che era completamente sicura che voleva invitarla fuori. Alla fine era stato Dominic a decidere di rompere il silenzio. Non le aveva detto più di una parola, ma poi si era interrotto dato che aveva sentito un rumore strano che proveniva dalla cornetta del telefono e sembrava una porta che sbatteva, o qualcosa che cadeva per terra facendo un bel rumore.

- Che è successo? Tutto bene?- aveva chiesto a Shannyn, lei aveva risposto di scatto.

- Niente, che vuoi che sia successo!- aveva detto tutto d’un fiato.

- Ah, va bene, allora l’ho sentito solo io.- aveva detto sorridendo, per sdrammatizzare, dato che aveva avuto la netta impressione che Shannyn si fosse innervosita, anche se in fede proprio non riusciva a capire il perché.

- Mi stavi dicendo?- aveva chiesto lei riportandolo al discorso precedente.

- Niente, mi chiedevo se domani sei libera. Per oggi purtroppo io ho un impegno che non posso rimandare, sarò impegnato dal tardo pomeriggio fino a sera inoltrata, quindi non mi pare il caso. Mi va davvero un sacco di vederti… possiamo andare a cena da qualche parte, se ti va… se no dimmi tu.-

- Dominic, lo sai che è un gran casino adesso. Dammi dieci giorni di tempo ancora, poi lo sai che finirà questo periodaccio. Davvero, domani sera non ce la faccio proprio, lunedì poi ho anche un servizio fotografico e ho un milione di cose da fare.-

- Si, lo so, ci mancherebbe che non sapessi che sei impegnatissima, ma un paio d’ore per venire a cena con me proprio non riesci a trovarle, in nessun modo?-

- Non lo so, non ti prometto niente… però tu devi promettermi una cosa. Che sarai paziente e che non sarai troppo arrabbiato con me. Per me è importante questo concerto, lo sai. E poi ovviamente tu mi accompagnerai, non ti farà piacere essere l’uomo che accompagna la prima violoncellista?-

Dominic aveva sorriso, mantenendo il silenzio per qualche secondo. - Certo che mi farà piacere, non vedo l’ora di sentirti suonare. Ma soprattutto non vedo l’ora di poterti riavere un po’ di più per me!-

Shannyn aveva riso. - Sei troppo buffo quando fai così! Sai che se fossi qui ti ricoprirei di bacetti?-

Dominic aveva nuovamente taciuto per qualche secondo, pensando a cosa avrebbe potuto risponderle, optando per la prima cosa che gli era venuta in mente. - Direi che come concetto è abbastanza interessante…- aveva cominciato a dire cambiando sensibilmente tono di voce, - Se magari mi dici cosa faresti dopo c’è anche il rischio che entro cinque minuti mi presento a casa tua, lascio a te la decisione!-

- Allora sarà meglio che non te lo dica. Ti lascio ad immaginare, adesso devo riattaccare.-

Riluttante all’idea, Dominic l’aveva lasciata alle sue incombenze, rimanendo per diversi minuti con un sorrisino sulla faccia che proprio non riusciva a mandare via. A volte Shannyn sembrava distante, oppure scocciata, immersa completamente in altro; ma poi capitava anche il momento in cui era assolutamente favolosa, e questo ripagava del tutto il resto delle volte in cui lo era meno.

Mentre si occupava di alcune cose, Dominic stava pensando che non vedeva l’ora che passasse il concerto per dirle finalmente e senza possibilità di essere frainteso quanto ci teneva a lei.

 

All’ora di pranzo, Dominic era stato contattato e informato che gli impegni pomeridiani per quel giorno erano saltati: avrebbe dovuto partecipare ad una mostra che avrebbe dovuto essere inaugurata quel giorno, ma era successo qualcosa che ne aveva impedito l’apertura. Nessuno sapeva con certezza cosa fosse avvenuto, ma c’erano stati dei problemi organizzativi per cui all’ultimo momento era stato tutto rimandato a data da destinarsi. Era una mostra organizzata da un pittore emergente di cui per altro Dominic aveva sentito anche parlare bene, era anche curioso di vedere se la fama che precedeva quell’artista era veritiera. Nonostante la curiosità però, il fatto di essersi ritrovato ad avere la giornata tutta libera per sé non gli era dispiaciuto affatto. Non appena i suoi pensieri erano stati liberi di viaggiare aveva cominciato a pregustarsi l’ennesima serata casalinga in compagnia di Irene e Owen, tanto era sicuro che di vedere Shannyn quella sera, avvertendola poi così all’ultimo momento, proprio non aveva speranza. Anzi, pensandoci bene, dopo la chiacchierata di quella mattina, rischiava anche di innervosirla se di punto in bianco le chiedeva di vedersi con lui dato che si era ritrovato inaspettatamente libero. Sapeva che in genere Irene ed Owen rientravano verso le sei del pomeriggio, dopo che lei usciva dall’ufficio infatti passava all’asilo a prendere il bambino e tornavano a casa. Un paio di sere prima, sorridendo soddisfatta, gli aveva raccontato di come Owen, dapprima recalcitrante all’idea dell’asilo, si fosse ambientato bene e avesse fatto le prime amicizie. Dominic era stato contento di saperlo, ma tristemente aveva anche pensato che il piccolo si dimostrava incline a fare amicizia con tutti meno che con lui.

Dato che era una bella giornata calda e che non aveva né altro di meglio da fare, né voglia di immergersi nello studio del copione che stava preparando, Dominic si era messo a giocare in giardino con Lilly.

Com’è che ogni tanto gli venissero quelle strane idee in testa non lo sapeva bene nemmeno lui, gli prendeva improvvisamente la voglia di sporcarsi da capo a piedi come fanno i bambini quando giocano, cosa c’era di meglio per arrivare a quel risultato se non mettersi a rotolarsi per terra con il suo cane?

Aveva preso una pallina di gomma che teneva tra i giocattoli del cane, non appena Lilly aveva visto il giocattolo aveva cominciato a saltellare e ad abbaiare, dirigendosi subito alla porta e cominciando a raspare energicamente per uscire in giardino, quando Dominic le aveva aperto si era precipitata fuori andando a cercare il suo bastoncino preferito che aveva depositato ai piedi di Dominic.

- E questa? Non ci vuoi giocare? - gli aveva chiesto indicando la pallina.

Lilly aveva abbaiato, ovviamente nella scelta del giocattolo aveva vinto lei, solo Dominic si era chiesto cosa le comprava a fare tante cose se poi lei preferiva giocare con un bastoncino trovato chissà dove.

- Cagnolona!- l’aveva chiamata dopo un po’ che giocavano - Ma dove s’è mai visto un cane che tira il bastoncino al padrone! Bada che sei proprio dispettosa! - la stava prendendo il giro, più che lei prendeva in giro se stesso. In effetti Lilly, invece di andare a prendere il bastoncino di legno che Dominic le tirava perché andasse a riprenderlo, una volta che lo aveva per se non lo riportava mai a lui, piuttosto o si faceva rincorrere mentre scappava quando Dominic cercava di riprenderlo, oppure, in un gesto di emulazione, buttava davanti a se il bastoncino e poi abbaiava e scodinzolava contenta come per dire vedi che lo so fare anch’io? Ora tocca a te!

Dopo un po’ che quel gioco continuava, Dominic aveva deciso che ne aveva avuto abbastanza: per quel pomeriggio si era sufficientemente rotolato per terra e aveva ricevuto abbastanza leccate in faccia da Lilly. Fosse stato per la vitalità del suo cane avrebbero continuato ancora per un bel pezzo, ma per lui era arrivato il momento di rilassarsi un attimo, e soprattutto di darsi una sistemata, dato che si era ridotto veramente in modo pessimo. Com’era nei piani, del resto.

Era appena uscito dalla doccia quando il suo cellulare aveva trillato e aveva trovato dall’altra parte Irene, che gli aveva parlato con un tono piuttosto allarmato.

- Dominic, sono mortificata di doverlo chiedere proprio a te, ti giuro che se potessi fare diversamente non ti avrei mai disturbato, ma non so che fare…- gli aveva detto tutto d’un fiato.

- Tranquilla, che c’è?- aveva cercato di dirle.

- Abbiamo avuto un grosso problema in ufficio, e temo che farò un po’ tardi, il bambino è all’asilo e…-

Dominic non le aveva dato il tempo di finire. - Ci penso io, dammi solo l’indirizzo dell’asilo e lo vado a prendere. Esce alle cinque, vero?- aveva chiesto.

Irene aveva risposto affermativamente, poi aveva dato l’indirizzo preciso a Dominic. - Io… davvero, non so come ringraziarti. Ti giuro che non succederà più una cosa del genere, una persona l’ho trovata che si occupi di lui quando lavoro, solo che non è disponibile al momento… grazie mille, sei davvero gentile.-

Dopo averla tranquillizzata, dato che sembrava davvero agitata al pensiero di non poter andare a prendere personalmente il figlio, Dominic aveva finito di asciugarsi in fretta ed era uscito, mancava non molto alle cinque. L’asilo non era lontano da lì, pensò che poteva anche farsi una passeggiata a piedi portandosi dietro anche Lilly, era sicuro che Owen avrebbe gradito.

Altrettanto sicuro non poteva essere su come il bambino avrebbe preso la sua presenza lì, e non quella della mamma. Aveva preso in fretta il guinzaglio e chiamato Lilly che era rimasta a scorrazzare in giardino con un fischio. Quando era stata lì Dominic le aveva messo il collare dove aveva precedentemente fissato il manico del guinzaglio. Lilly, abituata alla libertà più assoluta, si era dimostrata un po’ insofferente alla costrizione, ma dall’altra parte anche totalmente disposta a seguire alla lettera le disposizioni del padrone.

- Accidenti alle ordinanze comunali, vero Lilly?- le aveva chiesto Dominic; come se avesse intuito cosa le stesse dicendo Lilly aveva quasi annuito con la testa, lui aveva riso vedendoglielo fare.

A passo svelto, con il cane che gli camminava diligentemente accanto come era stata addestrata a fare al corso, Dominic si era avviato verso il cancello e poi era uscito, andando verso l’asilo, al quale era arrivato dopo una decina di minuti.

Arrivando aveva notato un gruppo di adulti in piedi in attesa davanti al cancello, si era messo ad aspettare come il resto delle persone che erano lì, cominciando a guardarsi intorno e osservando soprattutto il giardino dell’asilo che si scorgeva al di là delle inferiate del cancello, almeno fino a che qualcos’altro non aveva attirato la sua attenzione.

Un paio di tacchi a spillo, ma soprattutto la visuale che si godeva se appena si alzava lo sguardo: la donna in questione indossava un tailleur gonna molto elegante, scuro, si era tolta la giacca che teneva appoggiata sul braccio sinistro piegato, era rimasta con una semplice ed elegante camicetta bianca. Stava parlando al telefono che teneva nella mano destra appoggiato all’orecchio e che le spostava i capelli molto lisci e scuri un po’ di lato. Dominic non riusciva a scorgere il suo viso, era leggermente voltata e guardava fissa davanti a lei, completamente presa in quello che stava facendo. Solo che mentre lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso la telefonata era finita e la donna, forse accortasi di essere osservata, si era girata nella sua direzione incontrando il suo sguardo.

Per un momento era stato imbarazzante essere beccato mentre la guardava, ma la donna gli aveva sorriso. Era un’orientale, forse giapponese, Dominic non avrebbe saputo dirlo con precisione, comunque era bellissima. Aveva fatto appena in tempo a rispondere al suo sorriso, la donna, dopo aver indugiato con lo sguardo su Lilly per un momento appena si era girata immediatamente verso il cancello, dove stava guardando anche prima.

Aveva evitato di guardarla un’altra volta, aveva paura di essere beccato nuovamente, comunque non avrebbe avuto il tempo dato che dopo poco i bambini avevano cominciato ad uscire.

Dapprima non aveva scorto Owen, alcuni erano usciti correndo verso i genitori, un paio, avevano ignorato i genitori e si erano diretti verso di lui a guardare Lilly, che sentendosi al centro dell’attenzione si stava pavoneggiando un po’. Owen era uscito insieme ad una bambina con gli occhi a mandorla pochi secondi dopo, e quando aveva scorto Dominic si era come bloccato, rimanendo fermo con un’espressione a metà tra lo stupito e, forse, anche il deluso. Dominic gli aveva fatto un cenno di saluto con la mano.

Mentre la bambina con gli occhi a mandorla si dirigeva saltellando dalla bellissima donna che Dominic aveva osservato fino a poco tempo prima, Owen aveva titubato un po’, avvicinandosi lentamente a lui e guardandolo con aria interrogativa.

- Dov’è mamma?- aveva chiesto senza nemmeno salutare.

- Ha fatto tardi, arriverà tra un po’ a casa. Siamo venuti io e Lilly a prenderti. Andiamo?- gli aveva chiesto.

Owen aveva annuito non troppo convinto, aveva fatto un paio di carezze a Lilly che aveva scodinzolato e si erano incamminati. Dominic aveva fatto semplicemente il gesto di porgergli la mano, ma Owen aveva alzato la testa verso di lui, dicendo che non gli andava.

- Va bene, ma stammi vicino.- si era raccomandato Dominic, che in un certo senso sentiva la responsabilità di avere con se un bambino così piccolo.

Owen aveva annuito un’altra volta, rassicurandolo, mentre Dominic pensava un po’ dispiaciuto che quel bimbo di lui proprio non voleva saperne.

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Capitolo 7
*** Ringraziando una bestiolina gialla ***


Nuova pagina 1

Buona serata a tutti!

Probabilmente ve ne sarete già accorti da soli, comunque lo ribadisco: ho immaginato per questa storia un rapporto temporale che non è ovviamente il presente: all’incirca dovrebbe trattarsi dell’inizio dell’estate del 2006, questo mi è utile ai fini della storia ma rende ancora più inverosimile il fatto che un bambino giochi con i Pokemon! Già adesso mi pare di aver capito che non sono più così di moda, immagino che fra due anni saranno la preistoria del giocattolo! In ogni modo passatemi l’utilizzo delle strane bestioline, alla fine è solo un dettaglio.

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Sesto - Ringraziando una bestiolina gialla

 

Avevano percorso quasi tutta la strada in completo silenzio, Dominic si era sentito leggermente a disagio. Appena erano entrati in casa si era chiesto non senza una certa dose di dubbio cosa avrebbe dovuto fare. Di certo doveva tenerlo d’occhio, aveva una paura folle che potesse succedergli qualcosa. Sapeva che era irrazionale, ma nonostante questo il bambino era comunque stato affidato a lui, e su di lui gravava una certa responsabilità. Deglutì nervosamente pensandoci, mentre sperava che Irene arrivasse prima possibile.

Owen, ostentando una certa tranquillità, si era tolto lo zainetto giallo a forma di testa di strano animale che aveva sulle spalle e lo aveva messo su una seggiola della cucina, quindi si era guardato un po’ intorno, forse raccogliendo le idee per decidere cosa fare. Per Dominic era imbarazzante, si stava chiedendo di cosa potesse aver bisogno e interrogando su come avrebbe dovuto chiederglielo, ma non gli veniva bene rapportarsi con quel bambino. Si era fermato nell’ingresso e aveva liberato Lilly dal guinzaglio, quindi aveva appoggiato una mano sulla spalliera di una sedia e si era messo a guardare nel vuoto, riflettendo su quella situazione. Per fortuna era stato Owen stesso che l’aveva tolto da quell’impiccio. Mentre lui ancora stava in quella specie di stato catatonico, il bambino gli era andato davanti attirando la sua attenzione.

- Devo fare la pipì, mi accompagni?- gli aveva chiesto.

Dapprima Dominic era rimasto per un momento perplesso, poi gli aveva sorriso. - Sì, andiamo.-

A passi veloci Owen si era diretto verso le scale, Lilly vedendo strani movimenti collettivi si era uniformata alla massa prendendo le scale insieme agli altri, quando Dominic dietro a Owen era entrato nella camera di Irene si era seduta davanti alla porta con la lingua penzoloni, attendendo le prossime mosse.

Dominic si aspettava che Owen gli avesse chiesto di accompagnarlo perché voleva aiuto, invece il bambino aveva fatto tutto da solo. Era rimasto un po’ perplesso, ma non ci si era soffermato più di tanto.

Quando Owen aveva finito erano usciti dalla stanza e seguiti da Lilly erano scesi ancora una volta al piano inferiore, dove il bambino si era diretto in cucina a riprendere il suo zainetto che aveva aperto rovesciandone tutto il contenuto sul tappeto all’entrata, dove si metteva spesso a giocare. Dominic si era seduto in soggiorno e si era messo a sfogliare il copione che stava studiando posizionato in modo da poter osservare bene gli spostamenti di Owen. Dopo poco aveva intuito che sul copione non ci avrebbe messo gli occhi nemmeno per sbaglio, era molto più divertente osservare lui, che sembrava piuttosto assorto in quello che faceva. Da quella strana testa gialla aveva tirato fuori dei pastelli e si era messo a disegnare su un album sdraiato sul tappeto. 

Per un tempo considerevole l’aveva semplicemente osservato, poi non era riuscito a trattenersi, così, rischiando magari che il bambino non avrebbe gradito quel suo intromettersi, si era avvicinato con cautela. - Che stai disegnando? Posso vedere anch’io?- gli aveva chiesto.

Owen non aveva detto niente ma si era fatto da parte in modo da lasciargli spazio per guardare, Dominic quindi si era piegato sulle ginocchia.

- Assomiglia al tuo zainetto.- gli aveva detto.

- E’ Pikachu.- aveva quindi spiegato Owen, anche se quel nome non diceva poi molto a Dominic.

- Che bravo.- gli aveva detto mentre si sedeva sul tappeto accanto a lui con le gambe incrociate.

Come se avesse capito la sua perplessità, Owen aveva messo il pastello giallo sul tappeto insieme agli altri e si era girato verso di lui. - I Pokemon.- aveva aggiunto.

- Come?- gli aveva chiesto Dominic, non capendo proprio cosa gli stesse dicendo.

- I Pokemon, i cartoni animati.-

- Ah, la bestiolina gialla è un cartone!-

- Non è una bestiolina, è Pikachu!- aveva ribattuto energicamente il bambino.

- Scusa!- gli aveva risposto Dominic quasi come se avesse fatto una mossa falsa.

- Non l’hai mai visti?- aveva chiesto Owen guardandolo bene. Dominic aveva scosso la testa.

Senza aggiungere altro si era alzato e incamminato verso il piano superiore. Dominic lo aveva seguito, il bambino era entrato nella sua stanza, arrivato in prossimità della scrivania dove Irene lasciava tutti i suoi libri era salito in ginocchio su una seggiola per arrivare a prendere una scatola, che era poi stata rovesciata quasi interamente sul basso tavolino del soggiorno.

Dopo una mezz’oretta Dominic si era ritrovato immerso in un mondo a dir poco strano: forse è che i cartoni animati moderni erano un po’ troppo diversi da quelli che guardava lui da piccolo, fatto sta che non è che ci stesse poi capendo molto. Quei cosi che Owen chiamava genericamente Pokemon, ma che avevano ognuno dei nomi ben precisi, assomigliavano ad animali veri e propri, ma erano colorati e facevano dei versi strani. C’erano quelli buoni e quelli cattivi, potevano essere raccolti in gruppi di specie e razze diverse e tutti avevano delle particolarità ben precise, specialmente per il fatto che, da quel poco che aveva capito lui, quelli buoni combattevano contro quelli cattivi con armi tutte diverse. Era una cosa complessa per Dominic, Owen invece sembrava sguazzarci bene come un pesce nell’acqua.

Irene, circa un’ora più tardi era così che gli aveva trovati, entrambi davanti a tutti quei giochini che ridacchiavano. Non che si stupisse molto, sapeva che quei giochi erano quelli che Owen prediligeva al momento, ma l’atteggiamento di Dominic la fece sorridere, era carino da parte sua far finta che gli interessasse davvero sapere tutto sui Pokemon.

- Ciao ometto!- aveva chiamato il figlio, distraendolo dalla dimostrazione. Owen si era messo in ginocchio appoggiando la pancia contro la spalliera del divano e aveva risposto al saluto, aspettando che la mamma, che si stava dirigendo verso di lui, arrivasse. Appena era stata davanti a lui aveva appoggiato la borsa per terra e quindi aveva stretto le braccia intorno a lui sollevandolo e prendendolo in braccio, mentre gli dava una serie di baci rumorosi su una guancia.

- Fai vedere Pikachu a Dominic?-

- Non l’aveva mai visto!- aveva esclamato Owen.

- Davvero? Non l’avevi mai visto?- aveva detto Irene diretta a Dominic, fingendo di essere stupita. - Beh, non potevi rimanere nell’ignoranza, meno male che ci siamo noi!-

Dominic aveva riso. - Sì, in effetti è stato educativo.- aveva commentato quindi.

Irene, dopo averlo messo a terra, aveva chiesto ad Owen di rimettere apposto i colori che aveva sparso sul tappeto all’entrata, quando il bambino sbuffando un po’ perché non voleva lasciare la mamma, si era allontanato per fare quello che lei gli aveva chiesto, si era seduta accanto a Dominic.

- Senti, io davvero non so come ringraziarti… magari avevi anche da fare, scusami tanto, è che proprio non sapevo a chi chiederlo…-

Dominic l’aveva interrotta. - Non c’è alcun problema, ero liberissimo, i miei impegni di oggi sono saltati, l’alternativa era rompermi le scatole sul copione e ti dirò, meglio questo mostriciattolo giallo, almeno mi sono distratto un po’!- aveva detto indicando l’album con le figurine che Owen gli aveva fatto vedere fino a pochi secondi prima.

Avevano riso entrambi per la battuta, quindi Irene aveva ricominciato a parlare:- La ragazza che mi ha trovato l’agenzia comincia la prossima settimana. Si chiama Grace, è una studentessa universitaria, credo che abbia sui ventitré anni, o giù di lì. Ovviamente data la situazione ho chiesto soprattutto che ci sia discrezione da parte sua, me l’hanno tanto raccomandata, siamo andate a prendere un caffè insieme e mi è sembrata carina, è un tipo sorridente. Insomma, spero bene, comunque ti assicuro che non succederà più una cosa del genere, tu sei stato già così gentile ad ospitarci qui e io per compenso ti creo anche delle noie, sono davvero una frana a volte.- gli aveva detto mortificata.

Quel discorso l’aveva reso perplesso. A Dominic Irene, specialmente per ciò che concerneva Owen, non sembrava affatto una frana, anzi, tutt’altro. Era come se stesse tentando di giustificarsi per una sua mancanza che di fatto era nulla. Avrebbe voluto dirglielo che per lui era fantastica come mamma, ma sul momento non aveva trovato le parole adatte e, dato che gli sembrava una faccenda estremamente delicata, non voleva rischiare di dire scemenze o cose banali che avrebbero potuto peggiorare la situazione. Si era limitato a tranquillizzarla come meglio aveva potuto.

- Irene, vuoi smetterla di scusarti?- le aveva detto sorridendole. - Davvero, non è successo niente di terribile, e non è assolutamente una cosa che mi è pesata. E poi siamo stati bene insieme, tuo figlio quando chiacchiera è simpatico!- le aveva risposto.

- Ti avrà raccontato vita, morte e miracoli dei Pokemon, sei stato davvero carino ad assecondarlo… credimi, so quanto può essere noioso!-

- Ma no, dai, è stato divertente! Dico davvero.- aveva ribattuto Dominic.

Irene gli aveva sorriso dolcemente:- In ogni modo grazie mille, di tutto.-

Detto questo si era alzata, aveva rivolto qualche parolina a Owen che aveva nel frattempo raccolto le matite e tutto l’occorrente per disegnare dal tappeto, quindi aveva seguito la mamma al piano di sopra.

Era la verità quello che le aveva detto, anche se probabilmente Irene aveva le sue buone ragioni per non credergli. Soprattutto era molto contento che Owen avesse chiacchierato un po’ con lui, era stato bene davvero, si era proprio divertito. Il bambino poi gli aveva promesso che gli avrebbe fatto vedere il film sulle strane bestioline, quindi Dominic aveva immaginato che anche lui si fosse divertito in sua compagnia. Anche se poi per il resto della serata, a cena soprattutto, lo aveva quasi completamente ignorato come faceva di solito, era stato comunque un primo passo nell’istaurare un rapporto di amicizia che Dominic sperava davvero che avrebbe potuto approfondirsi.

 

***

 

Anche quel fine settimana era passato in fretta, Dominic aveva visto Irene ed Owen solo la domenica a cena dato che il sabato era stato fuori per quasi tutto il giorno e la domenica era stato via nel pomeriggio. Non era stato molto comunicativo comunque durante quella cena, la sua giornata era cominciata davvero male e su quella linea era continuata, rendendolo un po’ cupo.

In tarda mattinata aveva sentito Shannyn per telefono e avevano discusso, la cosa lo aveva fatto rimanere molto nervoso per tutto il pomeriggio, anche perché a suo parere non si poteva litigare per una questione come quella, un piccolo e stupido fraintendimento. Forse era dovuto al fatto che Shannyn stava accumulando troppo stress per via dei suoi impegni di lavoro, o magari lui avrebbe dovuto pensare a richiamarla il venerdì pomeriggio quando si era ritrovato libero, comunque non riusciva a giustificare le sue reazioni. Il motivo della discordia era stato il fatto che Dominic non l’aveva messa al corrente del fatto che il venerdì appena trascorso i suoi impegni di lavoro erano saltati.

- Ero libera, perché non mi hai chiamata?- aveva ribattuto Shannyn quando lui stava per raccontarle cos’era successo quel giorno, quanto riguardava Owen soprattutto.

Era rimasto per un secondo senza sapere cosa dire. - Beh, scusami se ho pensato che forse era meglio lasciarti in pace. Da quello che mi avevi detto venerdì mattina ho pensato che fossi impegnata anche quella sera e che comunque fosse molto meglio non chiedertelo affatto!-

- Sì, certo, ora la colpa è mia!- aveva detto la donna con un tono di voce aggressivo, fin troppo.

- Non sto affatto dicendo che è colpa tua, ti sto dicendo che non ci siamo capiti!-

- No, tu mi stai accusando di essere insofferente, è ben diverso!-

- Scusami se te lo dico, ma un po’ lo sei ultimamente e lo dimostra il fatto che stiamo avendo quest’assurda discussione che è basata sul nulla o quasi…-

- Bene, allora lo sai che ti dico? Che dato che parliamo del niente faremmo bene a smettere di parlare.-

- Shannyn, e dai, tranquillizzati, è mai possibile che dobbiamo discutere di simili stronzate?- aveva cercato di dire Dominic con un tono di voce conciliante, per appianare qualsiasi divergenza.

- Tanto per te sono tutte stronzate quelle che faccio io, sentiamoci un altro giorno, sarà meglio.-

- Ma non è vero, lo sai che non penso affatto che quello che fai tu siano stronzate! Shannyn per favore…-

Non aveva fatto in tempo a finire la frase perché come la donna aveva detto aveva riattaccato, probabilmente non aveva nemmeno sentito che ribatteva.

Lì per lì, data l’assurdità della discussione, aveva sorriso pensando che non ci fosse nulla che non andasse, poi però non aveva fatto che rimuginarci tutto il giorno. Se all’inizio aveva deciso di richiamarla poi, con il passare delle ore, ci aveva decisamente ripensato, dato che il danno l’aveva fatto lei non vedeva perché doveva essere lui a fare il primo passo per la riconciliazione.

A cena il suo umore era un po’ migliorato, ma aveva ancora pensato a quell’assurdo litigio e ne era stato infastidito, aver chiacchierato un po’ con Irene dopo cena di quella cosa non gli era servito a molto.

La donna, come l’ultima volta che avevano parlato di Shannyn, gli aveva consigliato di non farsi prendere dall’ansia e di stare tranquillo. - Sono convinta che è solo una stupidaggine - gli aveva detto, ma Dominic era un po’ stufo di essere frainteso.

Quando si era ritrovato da solo aveva riflettuto un po’, su diverse cose. Era più strano del solito ultimamente, il suo umore poi era estremamente volubile, specialmente per ciò che riguardava Shannyn: se avesse dovuto dire che provava in quel momento avrebbe detto un bel po’ d’astio. Insomma, non era giusto quello che stava succedendo ed era convinto di non meritarselo. Un paio di giorni prima, solo per una brevissima conversazione telefonica, si era sentito in estasi, prima ancora di quell’episodio invece aveva mille dubbi in testa su cosa significasse lui per lei e gli mancava da morire.

Irene era andata a letto da non più di venti minuti quando aveva sentito suonare il citofono. Dominic aveva istintivamente guardato l’orologio, erano le undici e mezza. Chiedendosi chi stava suonando alla sua porta a quell’ora era andato verso l’ingresso per rispondere. Era Shannyn.

Dopo che aveva aperto il cancello all’entrata era uscito per aspettarla sul portico, si erano salutati e Dominic le aveva ceduto il passo facendola entrare in casa, dove Shannyn non aveva aspettato nemmeno un secondo per parlargli.

- Mi dispiace per oggi, sono davvero un’arpia quando mi ci metto. In effetti venerdì ero stata un po’ troppo categorica e quindi se hai pensato che fosse meglio non chiamarmi avevi tutte le ragioni del mondo per pensarlo.- Detto questo si era avvicinata e aveva appoggiato prima la testa contro la sua spalla, aderendo poi a lui del tutto.

- Sono stata insofferente, non so se l’hai pensato davvero o me lo sono immaginata io che tu l’abbia fatto, perché mi sento la coscienza sporca, se l’hai fatto non posso che darti ragione. Davvero, mi dispiace tantissimo, tu sei sempre così carino e dolce e io non faccio che tenerti lontano. Devo essere pazza, o forse questo concerto mi sta facendo diventare così, non lo so.-

Dominic le aveva stretto le braccia attorno alla schiena. Ecco che aveva cambiato nuovamente e repentinamente umore, era stato più forte di lui, e comunque dopo quello che gli aveva appena detto Shannyn proprio non avrebbe più potuto essere arrabbiato con lei.

- Lo so, dai, non è successo niente. E poi non sei affatto pazza e di certo non credo che lo diventerai, sei solo stressata, e stanca. Dovresti fermarti un attimo a respirare ogni tanto, ti farebbe bene.- le aveva detto conciliante, stringendola.

Erano rimasti fermi per qualche secondo, poi Shannyn si era discostata di poco, giusto quello che bastava per dargli un bacio.

- C’è un’altra cosa che ti ho detto venerdì al telefono, - aveva cominciato a dire mentre continuava a dargli dei piccoli baci, intervallando ogni parola, - ti avevo lasciato a riflettere su un certo passo successivo. L’hai fatto?-

Era stato quel discorso sul fatto che lei aveva detto che avrebbe voluto ricoprirlo di bacetti, in un certo senso quello che stava poi facendo in quel momento. Per tenerlo sulle spine gli aveva detto che il proseguo l’avrebbe lasciato alla sua immaginazione.

- No, non l’ho fatto.- aveva risposto lui, non smettendo di rispondere a quei baci.

- Male, malissimo direi.- aveva commentato Shannyn, sorridendogli.

Dominic ormai sapeva piuttosto bene che significava quel modo di porsi, così decise di assecondarla in quel gioco, del resto in quel momento non avrebbe potuto desiderare di meglio.

- Hai intenzione di punirmi perché non ho fatto i compiti?- le aveva detto cominciando sensualmente ad accarezzarle la schiena.

- No, le punizioni non servono a niente, piuttosto temo che dovrò passare tutta la notte a rispiegarti tutto. Con gli alunni che hanno qualche difficoltà a capire bisogna avere molta pazienza e voglia di applicarsi.- aveva continuato anche lei, ricambiandogli le carezze.

- Io ho un sacco di difficoltà, lo sai? Ho paura che dovrai applicarti molto per seguirmi… e poi sono un discolaccio, a volte faccio finta di non capire, perché mi piace molto quando mi ripeti le cose.-

Shannyn gli aveva sorriso nuovamente. - Anche tu dovrai applicarti molto… anche gli insegnanti hanno, come dire, bisogno di essere gratificati.- Dicendo questo aveva fatto scorrere la sua mano dalla spalla di lui verso il basso. In un gesto che sembrava assolutamente spontaneo si era fermata appoggiando la mano praticamente di peso alla cintura di Dominic.

Aveva sentito le dita di lei sfiorargli la pelle lievemente, insinuandosi appena sotto la stoffa dei suoi jeans. Era un gesto estremamente sensuale, Dominic aveva sentito dei brividi corrergli lungo la schiena, prima delle reazioni che quella situazione gli stava portando. Era rimasto un momento fermo e in silenzio a godersi ciò che sentiva, prima di continuare quel gioco.

- Allora bisognerà che ci mettiamo subito al lavoro, inutile che perdiamo tempo in chiacchiere, ti pare?-

Dicendo questo aveva fatto scorrere una mano lungo la sua schiena lentamente, fino ad arrivare ad accarezzarle il collo. Le aveva appoggiato il palmo della mano dietro la nuca, quasi a sostenerle la testa leggermente, con delicatezza aveva fatto in modo di farla avvicinare con il viso al suo e l’aveva baciata intensamente per qualche secondo prima che entrambi decidessero di raggiungere il piano superiore.

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Capitolo 8
*** Indiscrezioni ***


Nuova pagina 1

Buona serata a tutti!

Grazie mille del commento Bloody, sono contenta che la storia ti prenda! Dei nomi non preoccuparti, tanto capisco lo stesso. In bocca al lupo per la tesi, già che ci sono… fai bene a prenderti le tue distrazioni, mica puoi stare tutto il giorno con il capo chino sui libri, diventi scema! Il bello è che io non ci sono mai stata troppo sui libri e grulla lo sono diventata lo stesso… ehm… vabbeh, lo sanno tutti che sono un caso clinico, non badate a me!

Comunque, causa di forza maggiore esami universitari, anch’io non riesco a postare frequentemente come ho sempre fatto, quindi spero di non risultare troppo veloce stavolta. Dall’altra parte mi dispiace per tutti quelli che erano abituati al mio precedente ritmo. Si fa quel che si può!

Buona lettura e buon fine settimana, Mandy

 

 

v       Capitolo Settimo – Indiscrezioni

 

Dominic si era rivestito alla buona, giusto quello che bastava nell’eventualità che avesse incontrato qualcuno in giro per la casa. Era stato strano aver pensato a chiudere la porta quando lui e Shannyn erano entrati nella sua camera da letto, in genere non si doveva mai preoccupare di certi particolari vivendo da solo. Si era stupito in quel momento addirittura di aver potuto pensare ad una simile cosa.

Prima di alzarsi del tutto si era girato per un momento verso Shannyn che gli aveva sorriso, si era leggermente chinato su di lei per baciarla. A bassa voce le aveva detto che avrebbe fatto in un attimo, prima di mettersi in piedi ed uscire dalla sua stanza.

Per lo meno quello sarebbe stato il suo intento, ma non appena era arrivato in cima alle scale aveva sentito le ultime battute di una conversazione telefonica che avrebbe preferito non sentire. In un certo senso quelle poche parole che era riuscito ad udire mentre stava lì fermo senza osare muoversi gli avevano in parte chiarito alcuni dei suoi dubbi, ma dall’altra parte avevano fatto sì che le domande crescessero su altri fronti, senza che potesse evitarlo.

Non aveva udito le parole che Irene stava pronunciando distintamente, aveva capito semplicemente che stava parlando con il marito, Dominic inoltre si chiese come mai lo stesse facendo a quell’ora tarda della notte, considerando anche il fuso orario che li separava dall’Inghilterra. Aveva sentito porre una domanda, quando vieni, citare poi Owen nel discorso successivo. Irene aveva detto, e questo l’aveva udito distintamente, una frase del tipo ci pensi a lui, a quello che potrebbe significare per nostro figlio?

Immediatamente dopo aver detto quella cosa si era scusata, ammettendo che aveva tirato un colpo basso. Poi aveva attaccato il telefono e aveva cominciato a singhiozzare.

Si era concessa solo pochi secondi di quello sfogo, Dominic senza farsi scorgere l’aveva osservata mentre cercava con tutte le forze di imporsi la calma ed era rimasto immobile, senza riuscire a decidere cosa fare.

Aveva una voglia quasi incontenibile di raggiungerla, avrebbe voluto che lei potesse trovare un appoggio in lui, ma sapeva che poteva rischiare di essere indiscreto. Già non avrebbe dovuto spiarla, sarebbe stato meglio se fosse tornato immediatamente in camera sua non appena aveva visto quella scena, uscendo solo quando il campo fosse stato libero.

Alla fine aveva vinto l’irrazionalità però, su tutti i fronti: non era riuscito ad impedirsi di fare quei pochi passi che lo separavano dalla cucina. Avvicinandosi ad Irene fece finta di essere assolutamente all’oscuro di quello che aveva udito pochi secondi prima.

- Ciao!- l’aveva salutata cercando di usare un tono di voce gaio.

Irene era come trasalita, si era passata il dorso della mano lungo la guancia destra, poi, probabilmente contando sulla luce molto bassa che illuminava la stanza, si era girata cercando di fare finta di niente.

Dominic le aveva sorriso, Irene anche aveva ricambiato il gesto. Fingendo indifferenza si era avviato verso il frigo prendendo una bottiglia d’acqua e quindi due bicchieri, che aveva messo sul tavolo al quale Irene teneva appoggiati i gomiti.

- Non riesci a dormire?- le aveva chiesto per rompere il ghiaccio.

- Già, è una nottataccia.- mentì Irene, mentre guardava i due bicchieri che Dominic aveva appoggiato momentaneamente sul tavolo chiedendosi cosa dovesse farci. - Anche tu non dormi però…-

Lui le aveva sorriso. - Pare che stavolta la fortuna voglia almeno un po’ girare dalla mia parte, così…-

- Che stai cercando di dirmi, che il campanello che è suonato poco dopo che sono andata a dormire non era qualcuno che aveva sbagliato?- aveva chiesto sorridendogli complice Irene, che comunque immaginava di che natura potesse essere quello che la dea bendata gli aveva portato.

Dominic aveva puntato gli occhi sul tavolo, il fatto che Irene potesse immaginare benissimo cosa fosse appena successo tra lui e Shannyn lo imbarazzava leggermente. Tuttavia erano due adulti entrambi ormai, quindi s’impose di essere tale. - E’ venuta qui dopo le prove in teatro, era solo un po’ nervosa stamattina, per questo ha reagito in quel modo. Anzi scusami se ti ho assillato stasera, è che ogni tanto mi faccio prendere da delle paranoie assurde e finisco per rompere le palle a tutti!- aveva risposto sorridendole. - Mai una volta che pensassi che forse gli altri potrebbero avere ben altri problemi e non aver voglia di sentire i miei, vero?- aveva aggiunto.

Irene ovviamente capì che Dominic, quanto meno, doveva aver intuito che non tirava una buona aria. Essendo una persona gentile e discreta non le aveva chiesto direttamente cosa non andasse, cosa che per sua fortuna le aveva lasciato la facoltà di tergiversare sull’argomento. Di certo non poteva parlare con Dominic dei suoi problemi, non per colpa sua ovviamente, Irene aveva l’idea che lui sarebbe stato un ottimo interlocutore, era semplicemente per il fatto che proprio lei non voleva e non poteva parlarne.

- Beh, sono contenta che è finito tutto in una bolla di sapone… che aspetti, torna da lei o ti darà per disperso!- gli aveva detto sorridendogli.

Non era rimasto molto soddisfatto della riuscita del suo stratagemma, ma le ricambiò il sorriso come se nulla fosse. L’unica cosa che si sentì di fare, era stato di darle nuovamente la buonanotte, in modo più affettuoso del solito. Si era avvicinato e le aveva dato un bacio su una guancia.

Irene aveva ricambiato il saluto, quindi lo aveva guardato mentre spariva verso il piano superiore.

Anche se aveva cercato di calmarsi era scoppiata a piangere nuovamente, forse proprio per via di quel gesto affettuoso con cui Dominic aveva voluto tacitamente dirle che lui c’era. Quella volta non riuscì a farsi forza per smettere, sperando che non ci fossero altre visite a sorpresa si dette un po’ di tempo per sfogarsi prima di tornare in camera a dormire.

 

***

 

Shannyn si era svegliata prima di Dominic. Ormai non era certo una nuova arrivata in quella casa, sapeva muoversi bene lì dentro e sapeva di poterlo fare, quindi era scesa dal letto per recuperare i suoi vestiti, con l’intento di vestirsi e andare al piano inferiore per preparare un caffè e andare a svegliare Dominic subito dopo.

Sapeva che effettivamente aveva diverse cose da farsi perdonare, era per questo che non si era dimostrata troppo infastidita del fatto che lui ci avesse impiegato tutto quel tempo solo per prendere un bicchiere d’acqua la notte prima. Lì per lì si era chiesta perché l’aveva lasciata da sola per tutto quel tempo, per poi sentirsi rispondere niente quando gli aveva chiesto con il sorriso sulle labbra cosa fosse successo. Non aveva ribattuto, optando per essere più accondiscendente possibile.

Dominic era carino, era gentile, era semplice stare con lui perché non era una persona complicata da gestire, era questo che le piaceva. Poteva permettersi di tirare la corda con lui ogni tanto, sapeva che poi le cose tornavano apposto con poco, senza che dovesse sforzarsi troppo. Per lei era una fortuna aver trovato un uomo che fosse caratterialmente in quella maniera e nel frattempo una personalità di spicco. Era una rarità a cui non voleva rinunciare, per questo in quel momento stava cercando di rimediare alle sue stranezze dell’ultimo periodo.

Appena era uscita dal bagno per un momento si era fermata a guardare Dominic che dormiva tranquillamente nella penombra, quindi, cercando di non fare troppo rumore era uscita, trovando la cucina già precedentemente occupata. Si era ritrovata imbarazzata di essersi imbattuta in Owen e Irene, non aveva fatto i conti con quell’eventualità.

- Buongiorno Shannyn come va?- l’aveva salutata Irene, appena l’aveva vista arrivare.

- Bene, ti ringrazio, e tu?-

- Non c’è male.- aveva risposto Irene, rendendosi conto che quella conversazione stava uscendo fuori in modo davvero troppo formale.

Owen era concentrato nella sua tazza di cereali, aveva notato e salutato Shannyn solo quando se l’era trovata davanti, accorgendosi del suo arrivo solo per il fatto che Lilly le era andata incontro, ottenendo anche da lei una carezza e un complimento.

Tranquillamente aveva fatto per prendere l’occorrente per fare il caffè, quando Irene le aveva fatto notare di averlo già fatto. Shannyn le aveva sorriso quasi come se si stesse scusando.

- Ti dispiace se lo finisco?- aveva detto mentre prendeva due tazze, - vorrei portarne uno a Dominic.- aveva spiegato.

In verità Irene ne aveva fatto di più proprio nell’eventualità che si verificasse una cosa simile, era quasi come se se l’aspettasse. Ovviamente l’altra ignorava che sapesse della sua presenza, quindi le disse semplicemente che non c’era alcun problema.

Mentre Shannyn tornava al piano superiore, Irene si era soffermata un momento a riflettere. Era solo la seconda volta che la vedeva, non la conosceva affatto, eppure provava un’antipatia non fortissima, ma praticamente innata nei suoi confronti. Anche se si era imposta di farsela piacere per il quieto vivere in quella casa non le riusciva, stava usando tutta la sua diplomazia in quel momento per essere gentile.

Francamente non le sembrava un tipo di ragazza dolce e carina che porta il caffè a letto al fidanzato la mattina, per dirla tutta non le sembrava nemmeno il tipo di ragazza adatta a Dominic, quel gesto le puzzava e a ragione. Sapeva perfettamente che c’era qualche problemino tra loro, lo sapeva anche meglio di Dominic probabilmente, e quelli li vedeva davvero come gesti studiati ad arte.

In ogni modo si distolse immediatamente da quei pensieri, dato che Owen si era alzato non senza una certa difficoltà dalla sedia dopo aver finito di mangiare e le si era piazzato davanti alzando la testa e guardandola preoccupato. Quando Irene aveva abbassato lo sguardo e aveva notato il suo, quello con cui l’aveva guardata fin da quando si era svegliato quella mattina, gli aveva immediatamente sorriso, cosa che fece sorridere anche il bambino con suo sollievo.

- Hai finito? - gli aveva chiesto più dolcemente che poteva. Owen aveva annuito.

- Allora andiamo a prepararci ed usciamo, va bene?-

Dopo aver messo le stoviglie sporche nel lavello gli aveva porto la mano, il bambino l’aveva presa e insieme si erano diretti al piano superiore.

Poco più tardi l’aveva lasciato all’asilo, quindi era andata verso la fermata dell’autobus con calma, dato che non rischiava di fare tardi, mettendosi a pensare a tutta quella situazione, soprattutto al fatto che Owen ne risentiva forse più di tutti. Era ovvio che quella mattina suo figlio aveva subito percepito il suo cupo stato d’animo, avrebbe potuto capirlo da ogni suo gesto nervoso, da ogni parola che non gli aveva detto e da quelle che gli aveva detto in modo meno dolce del solito. Era un bambino sensibile, che intuiva al volo certe cose, anche se non riusciva a capirle fino in fondo per la distanza che avevano dal suo mondo.

Si sentiva una pessima madre in quel momento, un’egoista e una donna stupida.

 

***

 

Dire che fosse imbarazzato era usare un gentile eufemismo. Eppure avrebbe dovuto esserci abituato ormai, non era certo la prima volta che gli capitava che una persona si ritrovasse davanti a lui e si dimostrasse fin troppo emozionata. Poi pensava che Irene avesse già detto alla baby sitter di Owen di chi era quella casa, evidentemente non l’aveva fatto.

Era rientrato in casa proprio mentre Irene stava parlando con Grace nel soggiorno, Owen invece era seduto sul tappeto davanti all’entrata dove aveva sparpagliato tutte le sue costruzioni. Da principio non si era minimamente accorto delle due donne, si era prima avvicinato ad Owen mettendosi in ginocchio sul tappeto e sedendosi sui talloni, il bambino gli aveva mostrato ciò che stava costruendo.

Era uno strano aggeggio con le ruote, che Owen gli aveva presentato come una macchina, ma non è che Dominic avesse poi molto capito cosa fosse.

- Mamma dov’è?- gli aveva chiesto dopo poco.

Owen non aveva fatto che puntare il dito vero il soggiorno, Dominic si era girato in quella direzione, ma dalla sua prospettiva non aveva visto nessuno. Si era alzato per un momento e si era avviato, scorgendo le due donne sedute intorno al tavolo che stava in un angolo, Irene aveva dei fogli davanti.

- Ciao, mi chiedevo dove ti eri cacciata.-

Irene si era voltata e aveva risposto al saluto, ovviamente anche la ragazza che sedeva accanto a lei si era voltata verso di lui ed era trasalita, non certo per la paura.

- Tutto bene Grace?- le aveva chiesto l’altra donna lievemente allarmata, mentre la ragazza continuava a guardare Dominic incredula.

Lui dal canto suo aveva sorriso e aveva girato lo sguardo, lo metteva lievemente a disagio il modo in cui lei lo stava guardando, si sentiva passato come sotto una lente d’ingrandimento. Si era avvicinato e le aveva teso la mano per presentarsi, solo a quel punto Grace si era scossa.

Era saltata in piedi di scatto, Dominic ebbe l’impulso di spostarsi leggermente indietro, cosa che definitivamente aveva fatto ridere Irene, che già da qualche secondo stava stoicamente cercando di non scoppiare a ridere.

- Mi scusi, ehm… scusatemi, volevo dire…- aveva detto la ragazza guardando anche Irene. Quindi si era decisa a dare la mano a Dominic:- Grace - aveva detto, guardandolo aveva cominciato a sorridere con l’aria leggermente sognante.

- Di che, scusa?- aveva risposto Dominic alle sue scuse, cercando di metterla a suo agio.

- No, sa, è che non mi aspettavo di trovare lei proprio lei qui…- aveva fatto un’altra pausa sempre con il solito sorriso in faccia. - Mi scusi, le devo sembrare una stupida!- aveva concluso mettendosi una mano davanti al viso in un gesto quasi pudico.

Dominic prima di risponderle l’aveva osservata un momento nell’insieme: era una ragazza carina, dal fisico longilineo. Aveva molto l’aria della classica ragazza per bene, cosa che si evinceva da come si presentava: una gonna color grigio chiaro appena sopra il ginocchio, portava dei sandali celesti in tinta con la maglia, sul viso carino dai tratti regolari si poteva leggere una leggerissima traccia di trucco e i capelli biondi che le arrivavano all’altezza delle spalle erano raccolti in una mezza coda dietro la testa.

Insomma, sembrava proprio la classica acquacheta

- Se vuoi mi puoi dare del tu, dato che ci vedremo spesso e volentieri penso che sia meglio per tutti, no?-

Grace aveva per l’ennesima volta sorriso nel suo solito modo, portandosi la mano davanti alla bocca nemmeno stesse facendo qualcosa di disdicevole.

- Va bene… Dominic…- nel dire il suo nome aveva sorriso. Un’altra volta.

- Allora vi lascio in pace.- aveva detto lui tagliando corto, non gli sembrava proprio il caso di continuare a stare lì, era solo motivo di imbarazzo.

Aveva salutato entrambe ed era andato in camera sua a cambiarsi, quando era sceso aveva degnato di un po’ di attenzioni il suo cane. Lilly infatti, sentendosi ignorata quel pomeriggio, si era piazzata all’imboccatura delle scale aspettando che scendesse, non appena l’aveva scorto aveva cominciato ad agitare la coda e a guardarlo speranzosa.

- Che vuoi tu adesso?- le aveva chiesto lui poggiandosi le mani sui fianchi e guardandola fingendo di essere minaccioso. Lilly aveva guaito come se volesse rispondergli, a quel punto l’aria finta minacciosa era sparita lasciando spazio ad una risata che era venuta spontanea.

Qualcun’altro aveva riso nel vedere la scena, Dominic si era accorto che Owen li stava guardando. Era sceso quindi andando incontro alla sua cagnolina, si era seduto sul secondo gradino della rampa e si era messo a farle un po’ di coccole.

Owen aveva continuato a guardarli per un po’, quasi circospetto, poi si era avvicinato e si era unito a Dominic. Lilly nel sentire che tanta attenzione era rivolta verso di lei aveva cominciato a pavoneggiarsi.

- Ma guarda che gran…- paracula, avrebbe voluto dirle, fortunatamente, rendendosi conto che non avrebbe potuto farlo davanti al bambino, si era fermato appena in tempo. -…bella cagnolina che sei!- aveva concluso.

Owen si era messo a ridacchiare, Dominic non capì il perché sul momento, poi guardò dove stava guardando il bambino e vide che era perché il cane stava sbattendo la coda sul suo piede ad intervalli regolari, così sorrise anche lui.

- Ti piace Grace? - gli aveva chiesto Dominic quindi, tanto per chiacchierare un po’.

- Sì. - aveva risposto lui, sempre accarezzando la testa di Lilly. - E’ carina.- aveva aggiunto.

Dominic pensò che era un termine davvero adatto alla tipologia di ragazza che era.

- Già è carina.- aveva ribattuto.

- Però Lilly è più carina.- aveva osservato il bambino.

Dominic gli aveva sorriso. - Ma Lilly è un cane! Come cane di certo è più carina di Grace… Grace è una ragazza carina.-

- Però mi piace di più Lilly.- aveva osservato serio l’altro. - Lo sai che l’ho disegnata?-

- Davvero?- aveva chiesto Dominic, appena in tempo perché Owen scappasse correndo verso il piano di sopra tornando poco dopo con il suo zainetto a forma di testa di Pikachu.

Dominic non l’aveva visto tornare, aveva sentito che cercava di attirare la sua attenzione tirandogli una manica della camicia. Si era girato verso il bambino e si era ritrovato davanti alla faccia un foglio piegato a metà, aprendolo aveva visto che era il famoso ritratto, con scritto in basso Owen a caratteri cubitali.

- Caspita ma sei bravo davvero, hai scritto anche il tuo nome!- aveva esclamato.

- Me l’ha insegnato papà.- aveva spiegato il bambino.

Ancora guardando il ritratto del suo cane, che per quanto fosse evidentemente fatto dalla mano di un bambino aveva in sé una somiglianza sconcertante, non aveva potuto non chiedersi com’è che un bambino di nemmeno quattro anni fosse anche capace a scrivere.

Quando aveva fatto per restituirgli il foglio Owen gliel’aveva ridato. - E’ per te.- aveva detto

- Lo posso tenere davvero?- aveva chiesto Dominic, Owen aveva annuito.

- Grazie.- gli aveva detto sinceramente.

Dopo un po’, quando Grace se n’era andata, Irene aveva raggiunto lui e il bambino. Si era seduta sul gradino accanto a Dominic, l’aveva guardato con fare sornione mentre faceva una carezza a Owen che si era seduto tra le sue gambe sul gradino inferiore.

- Ma che gli fai alle donne…- aveva scherzato, riferendosi alla reazione che aveva avuto Grace nel trovarselo davanti.

- Non lo so mica… è che lo faccio a quelle sbagliate. - aveva ribattuto Dominic mettendosi a ridere con lei.

Quando erano stati da soli, non molto tempo dopo, Dominic aveva mostrato orgoglioso alla donna il disegno, dicendole quanto trovava bello sia il disegno stesso che il gesto del bambino. Irene era stata contenta che suo figlio avesse dato un segno di essersi affezionato almeno un po’ a Dominic.

- Ma poi sa scrivere, è veramente bravo.- aveva commentato in fine.

- Beh, sa scrivere forse è esagerato… sa scrivere il suo nome, scrive mamma, papà, nient’altro. Leggiucchia anche qualcosina, ma non ci trovo niente di strano. E’ un bambino estremamente intelligente e curioso, questo sì, ma è normalissimo, di certo non un genio!- gli aveva spiegato la donna.

 

La loro serata era continuata come erano state le altre precedenti, Owen poco dopo le nove era stato portato a letto dalla mamma, anche se si era lamentato, come al solito, che non aveva ancora sonno. Si era fatto aiutare per scendere dalla sedia, quindi aveva dato la mano ad Irene, quasi come per farsi condurre.

Quella sera però aveva fatto una cosa insolita: quando era stato vicino alle scale aveva lasciato la mano della donna ed era tornato indietro trotterellando verso Dominic che lo guardava incuriosito per il cambio di rotta. Appena era stato davanti a lui aveva allungato le braccia verso l’alto, Dominic intuendo di che natura fosse quella tacita richiesta si era abbassato arrivando alla sua altezza, quindi il bambino aveva stretto le braccia intorno al suo collo e gli aveva dato un sonoro bacio su una guancia.

- Buonanotte.- aveva aggiunto, poi, sempre trotterellando, era tornato verso Irene che lo aspettava davanti alle scale.

Dominic per un momento era rimasto semplicemente a guardarlo sorridendo, aveva risposto al suo saluto quando aveva già dato nuovamente la mano a Irene.

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Capitolo 9
*** Dubbi irrisolti ***


Nuova pagina 1

Buon lunedì!

Grazie del commento Crazy! Solo sono un po’ preoccupata… ma non ho reso bene il personaggio oppure è solo una tua visione che non te lo rende credibile? Spero sia la seconda, se non ho fatto un buco nell’acqua!

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Ottavo - Dubbi irrisolti

 

Il trillo insistente del telefono aveva quasi fatto trasalire Dominic, che aveva tirato fuori il braccio da sotto il lenzuolo raggiungendo il cordless sul comodino accanto al letto

- Mamma…- disse senza dimostrare indecisione su chi fosse dall’altra parte.

- Ciao tesoro, come sapevi che ero io?-

- Perché qui sono le cinque di mattina e l’unica persona che mi chiama a quest’ora sei tu!- aveva detto Dominic con la voce sia un po’ impastata per il fatto che stava dormendo, sia leggermente accusatoria.

- Porca miseria, mai possibile non voglia entrarmi in testa!- aveva commentato la donna un po’ dispiaciuta. - Dai, rimettiti a dormire, ci sentiamo dopo il lavoro…-

Dominic l’aveva interrotta: - Ormai il danno è fatto, quindi… come va a casa?-

Avevano chiacchierato per pochi minuti sulla famiglia e dintorni e delle varie cose quotidiane riguardanti la vita di entrambi, poi sua madre gli aveva chiesto come andasse con Irene ed Owen. - Per la verità ti avevo chiamato soprattutto per questo, dato che tu sistematicamente non chiami mai!- aveva chiarito scherzando la donna.

- Mamma, ma c’ho da fare!- aveva ribattuto energicamente Dominic, anche se sapeva che effettivamente nelle ultime due settimane era stato un po’ troppo assente.

Dopo che si erano becchettati un po’ su quell’argomento avevano parlato di quello da cui erano partiti. Dominic si rese conto che era veramente la prima volta dopo due settimane che aveva occasione di parlare davvero di come fosse cambiata la sua vita da quando erano entrati a farne parte Irene ed Owen, seppur in un modo non sicuramente totale e duraturo. Nessuno gliel’aveva mai chiesto prima.

Aveva raccontato a sua madre che le cose andavano bene, che se in un primo momento con Irene c’era stato un po’ d’imbarazzo il loro rapporto stava diventando anche bello. Con il tempo, anche se se ne sarebbero andati da casa sua, gli sarebbe piaciuto continuare a frequentarla spesso. Gli sembrava di star instaurando proprio un bel rapporto di amicizia con lei.

- Se devo essere sincera me l’aspettavo, conoscendoti…- aveva commentato sua madre.

- Conoscendomi cosa, scusa?- aveva ribattuto lui perplesso.

- No, sai, in genere tu sei sempre stato un tipo che tende ad essere, come dire, più comunicativo di come sono in genere gli uomini nei confronti delle donne? Insomma, dai, ti piace stare con le donne, la loro compagnia, chiacchierarci di cose anche prettamente femminili, cose del genere.-

- Mamma, sono un uomo, sono eterosessuale, ho gli ormoni tutti al loro posto, mi sembra più che normale che mi delizio in compagnia dell’altro sesso!- aveva ribattuto, ancora una volta energicamente.

- Sì, ma lo sai che non intendevo in quel senso… a proposito del fatto che hai gli ormoni tutti al loro posto, la super donna modella, musicista e chissà quante altre cose ancora come sta? Uscite sempre?-

Dominic aveva riso, forse nelle loro conversazioni precedenti aveva esagerato con il parlarle di Shannyn. - Shannyn sta bene, un po’ stressata, ha un concerto fra pochi giorni ed è sotto pressione.-

- Ah, poverina…- aveva commentato non troppo convinta la donna, per poi cambiare argomento ancora una volta repentinamente. - Senti, ma con il bambino? Non mi hai detto niente di Owen, dì, non è un tesoro quel bambino?-

- Da morire, mi piace un sacco.- aveva cominciato a raccontarle Dominic. - All’inizio per la verità non è che gli ero tanto simpatico, ma adesso le cose vanno molto meglio.-

Aveva preso a raccontarle qualche episodio, come quello del disegno, che in quel preciso momento si era girato a guardare nella penombra della sua stanza dato che lo aveva attaccato allo specchio dell’armadio.

- Ho capito una cosa essenzialmente. È un bambino particolare Owen… non fraintendermi, non è che è strano, è che bisogna saper conquistarsi la sua fiducia, tutto qui. Poi, se proprio devo essere sincero mamma, alla fine di tutta questa faccenda non è lui che mi preoccupa.-

- Che stai cercando di dirmi scusa?- aveva chiesto la donna cambiando sensibilmente tono di voce da allegro a preoccupato, in un certo senso confacendosi anche al tono che aveva usato il figlio nel pronunciare l’ultima frase espressa.  

Dominic si rese conto di non aver fatto una cosa molto intelligente a rendere partecipe sua madre del fatto che a suo parere ci fosse qualcosa di oscuro in quella faccenda. Sapendo di quale entità fosse la curiosità della donna era perfettamente cosciente del fatto che non se la sarebbe tolta più di torno se prima non le diceva cosa gli stesse passando per la testa, era per questo che, pur cercando di mantenersi sul vago, non tentò nemmeno di fare finta di niente.

- Mah, niente d’importante in verità, solo che la vedo un po’ stressata per l’esame che ha fatto, per prendere l’abilitazione per esercitare qui. L’ha dato qualche giorno fa ma adesso c’è da aspettare il risultato, non so se rendo… ma a parte questo, che poi è la cosa meno importante, mi chiedevo come possa una coppia sposata e affiatata stare lontana per circa due anni quando c’è anche un bambino di mezzo, tutto qui. E’ su Irene che mi faccio delle domande, non su Owen insomma.-

Sua madre aveva taciuto per qualche secondo, come per raccogliere le idee. - Se proprio devo essere sincera Dominic non sei l’unico a farsele queste domande. Anche Melanie mi ha parlato di qualche suo dubbio, ma adesso non è il momento e il luogo per dirtelo. Magari ne riparliamo in un altro momento, mi richiami tu?-

- Va bene, almeno io mi so organizzare con il fuso orario!- aveva scherzato.

- Ma quanto sei antipatico e pignolo… io sono vecchia è un po’ suonata, tu sei giovane e hai più senso pratico, vorrei ben vedere che tu sbagliassi fuso orario!-

- Avrei da obbiettare su un paio di punti, ovvero che se sei suonata non è certo colpa dell’età e che io non ho poi tutto questo gran senso pratico. Ah, e poi non sei così vecchia dai, se la vita comincia a quarant’anni tu non ne dovresti avere più di… ehm… quanti anni hai mamma?-

- Devo ridere? Oppure posso farne a meno? Rimettiti a dormire va, brutto disgraziato!-

Dominic intanto ridacchiava, se avesse potuto vedere in faccia sua madre avrebbe visto che anche lei aveva un sorriso stampato sulla faccia. Ogni tanto gli mancava il fatto di non poter aver vicina la sua famiglia. - Mamma…-

- Che vuoi?- gli aveva risposto la donna fingendosi scocciata.

- Lo sai che ti voglio bene, anche se ogni volta che mi telefoni sistematicamente mi butti giù dal letto alle cinque di mattina?-

- Si lo so, lo faccio apposta per metterti alla prova e per vedere se ti meriti il fatto che io ti adoro…-

- Addirittura…- aveva commentato Dominic scherzando.

- Debolezze, che vuoi farci, ognuno ha le sue!-

- Eh beh, ti capisco, come si fa a non adorarmi… allora ti richiamo una di queste sere, così parliamo un po’, va bene?-

- Fingerò di non aver sentito il tuo simpatico commento, ora fammi attaccare che ho da telefonare a tuo fratello, mica sei l’unico che adoro, che ti credi!-

- Ci mancherebbe altro, ciao mamma!-

- Salutami Irene e il bambino, ciao.- gli aveva detto, poi aveva riattaccato.

Dominic si era tenuto ancora per un secondo la cornetta attaccata all’orecchio prima di rimetterla a posto, sorridendo divertito. Doveva dire che spesso ne valeva la pena farsi buttare giù dal letto.

Anche se era prestissimo il sole cominciava a spuntare, lo deduceva dai fasci di luce intensa che entravano da qualche spiraglio che lasciava entrare la tapparella completamente abbassata. Decise di alzarsi, tanto non sarebbe più riuscito a dormire, avrebbe potuto fare una passeggiata con Lilly già che c’era. Era un bel po’, se si escludeva la volta in cui l’aveva portata con se fino all’asilo di Owen, che non la portava a fare due passi fuori. Mentre era in bagno preparandosi per uscire gli venne in mente il parco vicino a casa di Shannyn, fu abbastanza facile sommare le due cose e pensare di fare un saluto anche a lei. Pensò che poteva portare tranquillamente Lilly a fare un po’ di corse e poi andare da lei dopo le otto, sapeva che Shannyn non si alzava mai più tardi di quell’ora.

Cercando di fare piano era sceso in cucina per bere, Lilly si era svegliata sentendo dei rumori e si era dimostrata abbastanza soddisfatta del diversivo che le si prospettava davanti, nonostante il guinzaglio.

- Tanto al parco te lo tolgo.- le aveva detto Dominic quando aveva fatto per metterglielo, quasi come per giustificarsi, cosa che in verità sentiva di dover fare ogni volta che le imponeva quella costrizione.

Arrivati a destinazione ovviamente il parco era quasi vuoto, Dominic aveva incontrato giusto un altro paio di persone che facevano jogging e un’altra persona con cane al seguito, ma era davvero tutto tranquillo. Dominic aveva lasciato che Lilly scorrazzasse libera per quasi un’ora mentre lui si era seduto su una panchina ignorando gli inviti al gioco del suo cane.

- No! Non ci vengo a rotolarmi, non siamo mica a casa! Poi mi riduci come l’altro giorno! Fai la brava che poi andiamo da Shannyn.-

Lilly l’aveva guardato come se volesse dirgli peggio per te, non sai che ti perdi, Dominic quasi come se avesse recepito il messaggio si era messo a tirargli la pallina giocattolo che si era portato, senza però impegnarsi troppo, tanto che Lilly si era stufata presto del gioco e si era messa ad annusare in giro.

Quando l’aveva richiamata erano tornati verso l’auto, Dominic aveva parcheggiato pochi minuti dopo poco lontano a dove Shannyn abitava.

Sembrava facile quella cosa, in effetti lo era anche in termini pratici. Si trattava solo di entrare in un locale, prendere due cappuccini d’asporto e qualche dolcino e andare verso casa sua, nient’altro. Solo che lui si sentiva strano lo stesso, con una strana ansia addosso come se stesse per fare qualcosa che non sapeva come sarebbe andata a finire. Era abbastanza fastidiosa come sensazione, mentre faceva scendere Lilly dall’auto e le rimetteva il guinzaglio aveva cercato di allontanarla.

Doveva ammettere che in quel momento era piuttosto distratto e che non stava minimamente guardando dove mettesse i piedi, quindi quando aveva urtato qualcuno, un uomo abbastanza più alto di lui che sembrava avere una gran fretta, si era subito scusato. Non curandosi minimamente delle sue scuse il tipo gli aveva detto un attento a dove metti i piedi poco gentile e aveva continuato per la sua strada.

Lilly gli aveva abbaiato.

- Non ne vale la pena Lilly, gli stronzi meglio lasciarli cuocere nel loro brodo…-

L’aveva visto per non più di un secondo in faccia, non ne era sicuro, ma mentre si era avviato verso la caffetteria vicina a casa di Shannyn aveva avuto il presentimento di aver già visto quella faccia da qualche parte.

Si era distratto da quel pensiero solo quando era arrivato alla porta di Shannyn, che lo aveva accolto dapprima perplessa, quasi agitata.

- Che ci fai qui?- gli aveva chiesto sorpresa.

Dominic aveva tirato su il sacchetto della caffetteria. - Ti ho portato la colazione.-

Solo a quel punto Shannyn gli aveva sorriso, rassicurandolo in un certo senso. Immediatamente però, non appena aveva notato che Dominic si era portato dietro Lilly, si era chinata a fare delle carezze alla cagnolina.

- E io?- aveva esclamato lui fingendosi offeso.

Shannyn si era tirata su, gli aveva sorriso mentre gli passava le braccia intorno al collo. - Entra in casa che una grattatina dietro le orecchie la faccio anche a te, dai…-

Avevano riso entrambi prima di salutarsi con un bacio, dopo il quale erano entrati in casa.

 

***

 

Dopo aver fatto diversi giri in centro Dominic era rientrato a casa verso le cinque del pomeriggio. Per un po’ si era seduto sul divano in soggiorno, aveva acceso la televisione guardandosi un po’ in giro. Era rimasto lì finché non era rientrato Owen accompagnato da Grace.

La ragazza l’aveva salutato sorridendogli educatamente, ma senza scomporsi troppo: non avevano mai avuto occasione di scambiare nemmeno due parole e anche se lei era molto gentile e molto educata, alle volte era anche troppo formale con lui. Dominic quell’atteggiamento l’aveva interpretato come un voler a tutti i costi scacciare da davanti ai suoi occhi l’immagine che aveva dato di se stessa la prima volta che l’aveva visto. Per la verità lui non aveva avuto nessun problema e di certo non l’avrebbe mai mal giudicata solo per quella volta, ma in un certo senso la capiva.

Owen invece, appena l’aveva visto gli era corso incontro. - Lo sai che oggi io e Yume abbiamo fatto insieme un disegno grandissimo?- gli aveva detto senza nemmeno salutarlo.

Dominic si era piegato sulle ginocchia in modo da arrivare più o meno alla sua altezza.

- Che bravi, e che avete disegnato?-

- Una montagna con le case sopra, il sole e io davanti alla casa più grossa ho fatto anche Lilly.-

- Ma disegni sempre Lilly? E a Pikachu non gli vuoi più bene? Guarda che poi ci rimane male!-

- Ma l’ho già disegnato tante volte!- si era difeso Owen.

- Allora va bene! Ma quanto era grande il disegno che hai fatto oggi?-

Owen sforzandosi aveva aperto le braccia il più possibile.

- Così?- gli aveva chiesto Dominic.

- No, più grosso.- aveva specificato il bambino.

- Caspita, ma allora ti ci sei sdraiato sopra per farlo!-

Avevano continuato a chiacchierare per un po’, Owen gli aveva chiesto se voleva giocare un po’ in giardino con lui, ma Dominic non senza un certo rammarico aveva dovuto dirgli di no.

Era leggermente in arretrato con lo studio, aveva un po’ trascurato il copione dietro alle mille cose che gli avevano movimentato la vita in quell’ultima settimana. Constatandolo aveva deciso di essere più costante perché assolutamente non voleva arrivare alle riprese con l’acqua alla gola. Oltre che essere deleterio per lui era anche poco serio, quindi di mettersi a giocare con Owen in quel momento proprio non era il caso. Era salito in camera sua per cambiarsi e per prendere il copione, per poi mettersi da qualche parte dove tranquillamente avrebbe potuto mettersi al lavoro.

Aveva telefonato nuovamente a sua madre subito nel primo pomeriggio, in modo da non dimenticarsene, ma non è che lei gli avesse detto cose che non sapeva, o cose nuove. Tuttavia era già qualcosa il fatto che anche Melanie, la madre di Irene, avesse praticamente gli stessi suoi dubbi. Forse qualcosa di fondato nei suoi sospetti c’era.

Non aveva potuto fare a meno di lambiccarsi almeno un po’ il cervello in proposito mentre si era già seduto in soggiorno con il fascicolo sulle ginocchia, arrivando all’ovvia considerazione che lui proprio non poteva fare niente, aveva le mani legate su tutti i fronti.

Non poteva chiederle cosa ci fosse che non andava, doveva anche fingere per discrezione che tutto andasse bene e quindi non poteva offrirle nessun aiuto. Niente.

Riprendendosi dai suoi vagheggiamenti aveva battuto la mano su quelle pagine rilegate che aveva davanti agli occhi, come a voler attirare la sua stessa attenzione, poi aveva detto ad alta voce:- Smettila di pensare ai cazzi degli altri Dom! Studia!-

La sua concentrazione non era durata per più di un’ora, fino a quando era rientrata Irene. Dominic aveva sentito prima la sua voce provenire dal giardino dove Owen si era messo a giocare con Grace, quindi aveva messo da parte il copione e si era alzato dal divano, appena in tempo perché tutti rientrassero in casa. Dopo i vari convenevoli su come fossero andate le giornate di entrambi Irene era andata a cambiarsi, Dominic stava per rimettersi al lavoro sul copione quando Grace, che aveva ripreso la sua borsa e stava per andarsene aveva attirato la sua attenzione.

- Scusami Dominic, posso farti una domanda?- gli aveva detto, avvicinandosi a lui.

Lui era rimasto sulle prime un po’ perplesso, poi aveva semplicemente sorriso e annuito.

Grace aveva sorriso di rimando. - No, so che sono un po’ indiscreta, però mi chiedevo se, ecco… insomma… ma tu sei il padre di Owen?-

- Ah…- aveva osservato lui prendendo atto della domanda, rimanendo un momento in silenzio e pensando. - No, no, non è mio figlio - aveva risposto.

- Scusami, sono stata indiscreta, solo che non riesco a capire gli equilibri della vostra famiglia, poi scusami se mi permetto di dirlo, tu sembri troppo giovane per essere suo padre.-

Dominic le aveva sorriso. - Per la verità non siamo una famiglia, Irene è una mia amica, la ospito qui per un po’. Comunque potrei tranquillamente essere il padre di Owen, non sono così giovane…-

Grace aveva sorriso nervosamente. - Scusami tanto Dominic, sono stata davvero indiscreta, questi sono affari vostri e io forse ti ho offeso, davvero, non era mia intenzione.-

Dominic in quel momento si era chiesto com’era che Grace si prodigava sempre in mille scuse diverse con lui. Le cose erano due: o aveva la fissa di sbagliare, o era lui ad essere burbero con lei, senza assolutamente volerlo in ogni modo. Una cosa l’aveva colpito, pronunciava spessissimo il suo nome mentre gli parlava, era un particolare che saltava all’attenzione.

- Tranquilla, davvero, non mi sono offeso e hai fatto bene a chiedere.- le aveva detto per tranquillizzarla, poi aveva continuato, sempre nell’intento di metterla a suo agio:- Per la verità pensavo che Irene ti avesse messo al corrente di certe cose, anche di chi ero. Sai, non mi aspettavo che rimanessi sorpresa.-

Grace si era messa una mano davanti al viso per sorridere, nel solito modo che aveva di fare.

- Oh Cielo, non mi ricordare della pessima figura che ho fatto… ti devo essere sembrata una stupida di prima categoria!-

Dominic si era preoccupato di aver peggiorato la situazione, così aveva cercato di porre riparo:- Ma no, affatto, eri semplicemente sorpresa. Ti preoccupi troppo, lo sai?-

- Può darsi.- aveva detto lei usando il suo solito tono di voce, basso e carezzevole. - Allora io vado, ci vediamo domani… forse.- aveva detto alludendo al fatto che non sempre lui era in casa quando rientrava con il bambino.

- Penso di sì, nel pomeriggio non dovrei avere impegni.- aveva chiarito lui

- Bene, mi fa piacere trovarti Dominic…- detto questo si era bloccata per un momento, come se si fosse resa conto di aver detto qualcosa di troppo. - Cioè, voglio dire che mi fa piacere se la casa non è vuota, sai, è comunque un ambiente sconosciuto per me.-

- La casa non sarà vuota domani, promesso.- aveva risposto Dominic, rendendosi conto che forse avrebbe potuto dare l’idea di star flirtando.

Ma lui non stava affatto flirtando, anche se non ne era poi così sicuro.

- A domani allora, ciao.-

Dominic aveva risposto al suo saluto, Grace andando verso la porta accidentalmente l’aveva urtato. Si era voltata verso di lui pronta a chiedere scusa, ma Dominic l’aveva guardata come a farla desistere dal farlo per l’ennesima volta quel giorno.

- Ok… - aveva detto Grace, per poi sorridergli e avviarsi una volta per tutte fuori di lì.

 

***

 

Quella domenica sera Irene stava guardando dei cartoni con Owen sul divano quando Dominic era sceso pronto per uscire. Aveva richiamato la sua attenzione per chiederle un parere sincero su come stava, la donna si era girata a guardarlo. - Direi che stai davvero bene stasera!- aveva esclamato, per poi alzarsi dal divano per raggiungerlo.

- Davvero? No, perché ho paura che magari potrei risultare… che ne so… esagerato?-

Irene gli aveva appoggiato le mani sulle spalle come per lisciare la stoffa della giacca che indossava, poi gli aveva aggiustato leggermente il collo della camicia e la cravatta.

- Esagerato in che senso? A me sembra che tu stia davvero bene, poi devi andare in teatro, quindi l’eleganza ci vuole! Su con la vita, Shannyn non ha di che lamentarsi stasera!-

Dominic le aveva sorriso. - Grazie, si nota che sono nervoso?-

- No…- aveva risposto incerta Irene. - Forse un po’ sì, ma ti passa, non aver paura.-

- Mi dispiace che tu non possa venire.-

- Sarà per un’altra volta.- gli aveva detto Irene sorridendogli. In verità aveva inventato la scusa che Grace non poteva badare ad Owen quella sera, di fatto non ci teneva proprio a vedere Shannyn suonare. Per di più riteneva che quell’occasione fosse solo per loro due, lei in quel contesto non c’entrava assolutamente niente. Sapeva perfettamente che quel concerto rappresentava una specie di traguardo, preferiva non intromettersi tra Dominic e Shannyn, anche se non nutriva per forza di cose le stesse speranze per la serata che lui aveva.

Anche Owen si era distratto dal cartone animato, si era messo in ginocchio sul divano appoggiando la pancia allo schienale. - Dove vai?- aveva chiesto a Dominic dopo averlo fissato per qualche secondo.

- A sentire Shannyn che suona. Stasera non ceno con voi, mi dispiace.-

Il bambino si era alzato ed era andato verso di lui. - E torni presto?-

- Non lo so, ma penso di no, credo che farò un po’ tardi.- Gli aveva spiegato Dominic un po’ dispiaciuto.

- Va bene.- aveva risposto il piccolo senza esternare né un particolare entusiasmo, né delusione. Quindi era tornato a sedersi in soggiorno. Dominic aveva sorriso nel vederlo tornare da dove era venuto.

Poco dopo era uscito, dirigendosi verso la sua auto si era reso conto di essere davvero nervoso.

Finalmente c’era quel concerto, e davvero Dominic sperava che quello significasse la fine di quel periodo strano che lui e Shannyn avevano vissuto.

E magari, perché no, l’inizio di uno completamente nuovo.

 

 

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Capitolo 10
*** Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata ***


Nuova pagina 1

Buona serata a tutti!

Grazie mille a chi commenta e legge, buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Nono - Il perfetto regolamento per una serata tutta sbagliata

 

Erano quasi le due di notte quando era rientrato in casa. Senza nemmeno accendere le luci era andato in soggiorno e si era seduto un momento sul divano. Nemmeno Lilly l’aveva raggiunto, probabilmente si era messa a dormire nella cuccia che lui le aveva lasciato nel corridoio al piano di sopra e non l’aveva sentito.

Doveva ammettere con se stesso che se voleva essere davvero pessimo la cosa gli riusciva molto bene, dopo quella sera Dominic non aveva più nessun dubbio di quanto fosse alta la sua capacità di ingarbugliare situazioni all’apparenza molto semplici da gestire.

Per dire la verità, sin dall’inizio della serata il suo umore era stato estremamente volubile: era partito ansioso e pieno di aspettative, per poi farsi leggermente infastidito per il fatto di aver ignorato sino a quel momento il fatto che quella scuola di musica era talmente tanto prestigiosa che c’era tutta la Los Angeles bene a quell’evento, politici compresi, quindi anche la stampa locale, che ovviamente si era gettata a pesce sulla sorpresa del tutto inaspettata che lui gli aveva fatto presentandosi per di più a braccetto con una delle musiciste che si sarebbero esibite quella sera. Una cosa che l’aveva favorevolmente colpito della faccenda era il fatto che Shannyn aveva lasciato tranquillamente che li fotografassero insieme, gli sembrò come se lei accettasse per la prima volta la loro relazione come dato di fatto. Era già un piccolo passo, che in un certo senso lo aiutò a farsi passare il fastidio e favorì notevolmente il suo stato d’animo successivo, ovvero dall’estasiato al quasi commosso durante il concerto.

Aveva avuto già modo di sentirla suonare, ma quell’occasione era diversa. Dato che le volte precedenti erano state quasi tutte in ambito privato, Dominic non aveva mai potuto vederla a contatto con l’ansia, con un pubblico che sicuramente era più esigente di quanto potesse esserlo lui. L’atmosfera, sebbene poi fosse molto diversa, gli aveva ricordato quando a Manchester faceva teatro. Conosceva bene la sensazione di ansia che ti prende allo stomaco quando sei in attesa di fare la tua parte: comincia già qualche ora prima che arrivi il momento di entrare in scena, il momento peggiore però è dietro le quinte, quando è questione di minuti, o secondi. E’ quasi una lenta agonia.

Magicamente sparisce tutto quando entri in scena, nel preciso istante in cui passi dal preoccuparti di cosa la gente penserà di te a concentrarti anima e corpo in quello che stai facendo. Sembra quasi di stare in una dimensione parallela, dove nessun altro entra al di fuori del tuo personaggio e di quelli che recitano interagendo con te.

Guardando per quanto poteva il viso di Shannyn, mentre eseguiva il primo trio per pianoforte di Schubert per quella sera, ebbe la sensazione di percepire quel particolare stato d’animo, e cercò di immedesimarsi nei suoi pensieri.  Era certo che in quel momento nel suo mondo non ci fosse altro che la musica che suonavano i suoi colleghi al pianoforte e al violino e il suono grave del suo violoncello. Shannyn non avrebbe potuto sentire nient’altro, nemmeno se avesse voluto.

E’ in momenti del genere che si perde il contatto con la realtà.

Se si possono descrivere le emozioni che si provano in momenti come quello, si potrebbe dire che sono qualcosa di totale e inarrivabile, solo poche cose superano quel tipo di sensazioni, e sono tutte da ricercarsi in altri ambiti.

Immedesimandosi così come aveva fatto lui, era stato inevitabile che anche Dominic, anche se per poco, avesse abbandonato sia la realtà, sia di conseguenza quelle che erano state le sue riflessioni in proposito al suo rapporto con Shannyn fatte nei giorni passati.

Era fermamente intenzionato a dirle quanto ci tenesse a lei quella sera stessa, sentiva quel desiderio dentro vivo e pulsante, non sarebbe riuscito a tenerselo dentro nemmeno un minuto di più rispetto a quanto sarebbe durato quel concerto. C’era una festa dopo, sapeva che Shannyn avrebbe dovuto andarci e che lui sarebbe stato con lei, ma era come se fosse convinto che le cose quella sera sarebbero andate esattamente come voleva lui. Qualcosa di addirittura romantico, una fuga lontano dopo nemmeno molto, per isolarsi da tutta quella gente. Quando sarebbero stati solo lui e lei avrebbe parlato, quant’era vero che si chiamava Dominic l’avrebbe fatto, e di certo non l’avrebbe fermato nessuno.

Era stato dopo il concerto che era cominciata la lenta, ma purtroppo inesorabile, parabola discendente.

Dominic non appena il secondo bis si era concluso e i musicisti erano usciti dal palco, aveva cercato di raggiungere l’uscita dalla platea, in modo da poter essere il primo a complimentarsi con lei. Non era stato troppo difficile accedere al dietro le quinte, dopo aver fatto qualche rampa di scale di corsa era arrivato leggermente trafelato dove gli avevano indicato, non curandosi del fatto che Shannyn sembrava presa a festeggiare con i suoi colleghi. La scena che si aspettava lui era una cosa molto diversa, tipo film: lei che si girava casualmente nella sua direzione, lo notava e gli sorrideva, poi gli andava incontro…

Aveva dovuto necessariamente farsi notare lui, dato che Shannyn era del tutto presa a scambiarsi innocenti effusioni con il pianista, Malcolm. Dominic comunque pensò che fosse molto bello il fatto che con i suoi colleghi Shannyn avesse quel bel rapporto.

Le aveva toccato una spalla nella semi oscurità, Shannyn si era girata, gli aveva sorriso, questo sì, ma nervosamente, staccandosi immediatamente da Malcolm come se avesse fatto qualcosa che non doveva.

- E tu? Che ci fai qui?- gli aveva detto avvicinandosi e dandogli poi un leggero bacino.

- Volevo essere il primo a…-

Shannyn gli aveva tappato la bocca con un bacino simile a quello che gli aveva dato prima, un po’ affrettato forse, anche troppo rispetto a quello che s’immaginava Dominic. - Sei veramente un tesoro… ma ho paura di non poterti considerare molto adesso. Mi aspetti fuori? Solo per un po’, ok? -

Non che gli avesse dato molta scelta, Dominic comunque si era imposto di non pensarci più del dovuto. Aveva fatto quello che lei gli aveva chiesto, dicendosi che era più che giusto che lei si tenesse i suoi spazi, era il suo momento ed era giusto che se lo godesse.

L’aveva aspettata per un po’, diversi minuti; poi dopo erano andati a quella festa, dove erano stati molto, moltissimo tempo, tutto questo mentre Shannyn s’intratteneva con le persone più disparate facendo praticamente finta che lui quasi non esistesse. Addirittura, quando si era staccato da lei per andarsi a prendere da bere, per Shannyn era stato come se niente fosse.

Cominciava ad essere scocciato, tuttavia gli bastava ricalarsi nello stato d’animo di prima, durante il concerto, o pensare a quanto lei gli piaceva. Non gli stava affatto passando la voglia di esternarle quanto fosse preso da lei.

Un po’ di entusiasmo gli era tornato quando finalmente Shannyn aveva manifestato il desiderio di andare via da lì. Dominic dovette aspettare che il suo lungo giro di saluti finisse, l’aveva anche scortata in giro per la sala di quel locale. Lui aveva salutato solo i due colleghi che conosceva, July e Malcolm. Non aveva potuto non notare che quest’ultimo l’aveva guardato in modo strano, con un sorrisetto furbo accennato sulle labbra, che Dominic non riuscì a decifrare. Del resto non gl’importava un accidenti di quel Malcolm, era solo contento che finalmente avrebbe potuto rimanere solo con Shannyn.

Nel tragitto in macchina, la parabola discendente aveva toccato il suo apice più basso.

Dominic in quel momento, seduto sul divano di casa sua imbronciato a riflettere, pensò che quella battuta sarà pure stata infelice, ma altro non era se non una stupida e sciocca battuta, che avrebbe dovuto lasciare il tempo che trovava. Shannyn se l’era presa a morte invece, questo aveva scatenato una discussione che li aveva costretti a fermarsi a pochi metri dal teatro.

- Stasera sei stata più carina e affettuosa con Malcolm che con me, e se fossi geloso?- le aveva detto sorridendo.

- Scusami, con questo che vorresti dire?- gli aveva risposto lei duramente.

- Niente, scusami, facevo solo dell’ironia. Forse un po’ idiota, lo ammetto.- aveva ribattuto lui.

- Dell’ironia? Non ne sono tanto convinta. Mi sa tanto che invece tu lo dici per un motivo ben preciso, ovvero che stasera pretendevi che io ti sarei stata appiccicata addosso. Beh, non potevo farlo, questo è il mio ambiente di lavoro e devi renderti conto che ho delle relazioni sociali da portare avanti, del resto tu dovresti sapere meglio di me come vanno queste cose…-

Dominic aveva cercato di parlarle, ma lei non gliel’aveva permesso. L’affermazione che lei fece dopo lo fece definitivamente e decisamente arrabbiare. Era stato lì che aveva fermato l’auto.

- Se poi la tua battutina imbecille aveva dei sottintesi anche più subdoli, tipo insinuare che potrei scoparmi Malcolm, allora sai che ti dico? Che non vale nemmeno la pena di parlarne.-

Dominic aveva messo la freccia al volo e aveva frenato bruscamente parcheggiando alla meglio in zona rimozione.

- Ma perché devi sempre trattarmi così?- aveva detto deciso lui. Quando voleva sapeva far sentire pure lui le sue ragioni in modo fermo, quella era una di quelle volte. - Prendi tutte le mie affermazioni come spunto per gettarmi addosso un sacco di cattiverie, la mia era solo una battuta del cazzo e tu ci devi tirare nel mezzo che ti sto accusando di scoparti Malcolm, ma che diavolo di discorsi fai Shannyn!-

- Faccio i discorsi che tu mi offri su un piatto d’argento Dominic, perché secondo te io non posso mai avere un momento per me per fare quello che devo fare io, in queste ultime settimane non hai fatto che lamentarti del fatto che ci vediamo poco, io ho cercato di spiegarti perché ma tu niente, ostinato, sei arrivato a farlo anche stasera. Quando ragioni in questo modo sei davvero egoista, proprio non te ne frega niente del fatto che per me è importante, dovevi anche fare la battuta idiota su me e Malcolm, devo dire che stasera hai superato te stesso.-

Dominic per un momento era rimasto in silenzio, in preda ad una rabbia crescente.

- Di tutto puoi accusarmi meno che di non venirti incontro, questo è davvero una colpo basso detto da una che si è venuta a scusare dopo una piazzata simile non più di una settimana fa supportando il fatto che è stressata ultimamente. Mi sa tanto che quella sera tu non avresti affatto dovuto scusarti, e ti dirò che mi sta venendo anche il lecito dubbio che tu mi stia prendendo in giro.-

- Ma vai al diavolo Dominic!- aveva esclamato lei, aprendo lo sportello dell’auto e uscendo, Dominic l’aveva seguita.

- Che stai cercando di fare, di piantare la discussione?- le aveva chiesto rimanendo in piedi con le mani appoggiate sullo sportello dell’auto.

- Tanto non andiamo da nessuna parte se pensi che ti prendo anche in giro e che magari mi faccio scopare da un altro! Non sarei mai capace di farlo, il fatto che tu possa farci anche semplicemente una battuta sopra mi ferisce, ma tanto non arriveresti a capirlo dato che l’unica cosa che t’interessa è che io ti presti attenzione, sei peggio dei bambini, vuoi essere sempre al centro dell’attenzione!-

- Senti da che pulpito!- aveva esclamato con un sorrisetto sarcastico sulle labbra Dominic. - Ha parlato la donna che è capace di parlare per serate intere solo di se stessa e di quello che fa!-

- Almeno io lo faccio quando è il momento, non sto continuamente addosso alle persone!-

Dominic si era preso un attimo per pensare, aveva guardato per terra. - Nemmeno un minimo dubbio sul perché io insisto tanto per vederci, eh?-

Quando aveva alzato la testa aveva visto che Shannyn si stava allontanando a passi veloci verso il teatro, probabilmente non aveva nemmeno sentito la sua ultima frase.

- Si può sapere dove stai andando?- le aveva gridato.

Shannyn si era voltata. - Secondo te? Torno in teatro, preferisco farmi dare un passaggio da qualcun altro piuttosto che passare altri dieci minuti con te stasera.- aveva gridato anche lei, girandosi nuovamente e dirigendosi verso l’entrata, non molto distante.

- Ma fai quello che ti pare…- aveva detto Dominic ad alta voce, ma comunque tra sé e sé, cosciente che comunque lei non l’avrebbe sentito.

Era risalito in macchina ma non era partito, si era limitato ad inserire le quattro frecce e ad aspettare che almeno una minima parte di quella rabbia sbollisse.

Era in quello stato confusionale che era rientrato a casa, quello stato confusionale in cui stava in quel momento, uno stato che non gli permetteva minimamente di ragionare su alcun ché.

Dopo un tempo considerevole che stava lì fermo però cominciò a sentire un disagio molto forte, che gli derivava da un’attenta analisi su quello che si erano detti lui e Shannyn nella furiosa litigata di prima. C’erano delle frasi che gli risuonavano in testa, che ripeteva cadenzandole con la massima cura, riflettendoci sopra.

Non riusciva a credere che Shannyn lo considerasse un egoista nel modo che lei gli aveva descritto, sapeva di non esserlo e non riusciva a capacitarsi di come lei potesse vederlo così. Forse era colpa sua, senza volerlo era ben probabile che le fosse davvero stato con il fiato sul collo in un momento in cui lei avrebbe preferito una calma totale. Soprattutto era dispiaciuto che Shannyn avesse pensato che lui voleva insinuare un suo coinvolgimento sessuale con quel suo collega.

Quella davvero era fantascienza, ma era anche più che convinto che poteva evitare quella battuta, anche se era fatta con le migliori intenzioni. Il confine tra una semplice battuta e la volontà ben precisa di offendere una persona troppo spesso può essere labile, in condizioni psicologiche non proprio ottimali era facile fraintendere certe cose.

Era andato a dormire sull’onda di quelle riflessioni, stranamente si era addormentato quasi subito, anche se di un sonno leggerissimo, dal quale si era svegliato molto presto e con la certezza di cosa avrebbe fatto, nell’immediato.

Non voleva propriamente chiederle scusa, sapeva di non avere del tutto il torto dalla sua parte. Shannyn con lui non ci era andata leggera, ma aveva la ferma volontà di ristabilire un contatto con lei, come un punto di partenza per chiarire ogni loro incomprensione.

Si era alzato dal letto con questo preciso intento: erano le sette del mattino, si era infilato nella doccia sapendo di poter riuscire a prepararsi in tempo per essere a casa sua verso le otto. Magari l’avrebbe buttata giù dal letto, dato che aveva fatto tardi la sera prima supponeva che fosse possibile che dormisse un po’ di più. Quello che gli premeva di più però era ristabilire un contatto quanto prima, quindi non si era fermato troppo a rifletterci.

 

Il tragitto in macchina era sembrato lunghissimo, quando aveva suonato il suo campanello gli era sembrato di essere partito da casa sua da un secolo. Shannyn aveva impiegato un po’ ad andare ad aprirgli. Gli aveva aperto la porta senza togliere la catenella, come se volesse prima vedere chi c’era fuori. L’aveva guardato in modo che a Dominic non piacque, ma che poteva comprendere, dato che era convinto che lei fosse ancora molto arrabbiata per la loro discussione.

- Sono venuto in pace.- le aveva detto subito, sorridendole appena, giusto quello che bastava per dare credito alle parole appena espresse.

Shannyn aveva addolcito un po’ lo sguardo, facendo sperare Dominic in meglio. - Solo che adesso non mi sembra proprio il momento.- aveva risposto lei.

Sembrava che le facesse piacere averlo lì, almeno Dominic era questo che aveva percepito, dall’altra parte però, e non solo per quello che gli aveva appena detto ma anche per qualcosa che lui poteva cogliere chiaramente nell’aria, gli era sembrata anche imbarazzata e desiderosa che lui se ne andasse il più presto possibile, cosa che Dominic s’impedì di considerare come un grosso ostacolo.

- Sì, lo so, magari ti ho anche buttata giù dal letto, ma è importante. Voglio solo parlare un minuto, vorrei ristabilire un contatto civile. Ieri sera eravamo entrambi nervosi e abbiamo finito col dire un mare di scemenze. Voglio solo parlarti… se magari mi fai entrare.-

- Sì hai ragione, sono perfettamente d’accordo con te e mi dispiace quello che è successo, ma adesso è davvero un brutto momen…-

Shannyn era stata interrotta da qualcuno che aveva parlato con una voce assonnata

- Com’è che oggi il postino passa così presto?- aveva detto scherzando e concludendo la frase con uno sbadiglio, non rendendosi conto della situazione finché non si era affacciato alla porta.

Era ovviamente sceso il gelo. Dominic aveva appena voltato lo sguardo per guardare bene la persona che era spuntata alle spalle di Shannyn, che poi altri non era che il famoso Malcolm.

Non disse niente, aveva fatto semplicemente un passo indietro verso il marciapiede, quindi si era voltato e aveva cominciato ad allontanarsi, con la ferma volontà di non preferire nemmeno una parola, o il fiume di pensieri che aveva in testa si sarebbe riversato fuori con conseguenze che anche lui ignorava.

Era più che stordito, era in uno stato di lucida freddezza che voleva mantenere.

Il suono della voce di Shannyn che lo chiamava accoratamente era giunto alle sue orecchie come ovattato, sembrava quasi che tra loro non ci fossero quei pochi metri, distanza che progressivamente aumentava a mano a mano che lui camminava verso la sua auto parcheggiata lì vicino, sembrava venire da un universo parallelo quella voce. Se avesse chiuso gli occhi e scosso un po’ la testa forse sarebbe scomparsa, era solo una specie di allucinazione sonora.

E’ strano come determinati gesti vengano fatti anche quando la mente proprio non può permettersi di ragionare. Spingere il bottone della chiusura centralizzata, il clic delle cinture di sicurezza, la chiave inserita. Premere con il piede sinistro la frizione, ingranare la marcia, partire.

Sono gesti così ovvii dopo un po’ che si possono fare in automatico, come respirare.

Era a questo che stava pensando Dominic, mentre pensava anche che non voleva tornare a casa in quello stato finché c’erano Irene ed Owen, non voleva mostrarsi così a loro. Per la verità non voleva parlarne, e sapeva che se si fosse trovato con Irene non avrebbe potuto evitare di farlo.

Non voleva nemmeno pensarci al fatto che l’avevano preso in giro per l’ennesima volta.

 

 

 

Ecco che parte il commento a fine capitolo…

Bloody Mary, mi dici come avevi fatto a capirlo al quarto capitolo?!!!

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Capitolo 11
*** Nuove prese di coscienza ***


Nuova pagina 1

Buon venerdì sera a tutti!

Bloody, mi sa che per la “consolazione” c’è una fila un po’ lunga, magari puoi vedere se ti fanno scalare di qualche posto per esperienze comuni! Grazie mille per i commenti!

Buon fine settimana e buona lettura a tutti, Mandy

 

v       Capitolo Decimo - Nuove prese di coscienza

 

Per un paio di giorni Dominic si era totalmente chiuso in se stesso. Irene aveva intuito che ci fosse qualcosa che non andava, soprattutto per la risposta che lui aveva dato alla sua richiesta di come fossero andate le cose la famosa sera del concerto.

- Molto bene. - aveva risposto lui conciso, fingendosi troppo occupato per continuare a parlargliene.

Era evidente che le cose tanto bene non fossero andate, ma ad Irene non sembrò nemmeno il caso di calcare la mano sulla faccenda. Quando avrebbe voluto parlarne, se mai avesse voluto farlo, era sicura che Dominic sapesse che poteva farlo con lei.

Dall’esterno, a parte delle piccole cose, Dominic non sembrava troppo diverso: studiava il suo copione, usciva di casa per questioni di lavoro e non, giocava con Owen quando aveva tempo. Irene era davvero contenta che suo figlio trovasse un appoggio ulteriore in lui in quel periodo di transizione che stava vivendo. Per quello che la riguardava, i suoi dubbi iniziali su quella convivenza temporanea erano stati tutti spazzati via, di meglio non avrebbe potuto capitarle.

Tutto ciò però non le aveva impedito di notare che Dominic era distratto e assente, era strano a dirsi così, ma lo vedeva per come lui e Lilly si rapportavano tra loro. Forse era solo una stupidaggine quella che aveva notato, ma la cagnolina le era sembrata più appiccicosa del solito nei suoi confronti, anche se lo faceva con meno invadenza del suo solito. Dove andava Dominic si poteva trovare anche lei, non lo lasciava da solo un secondo quando era in casa, nonostante il fatto che Dominic in quei giorni non avesse dimostrato di essere particolarmente incline a considerarla più del dovuto lei gli faceva praticamente da angelo custode.  Irene aveva per altro assistito ad una scena davvero dolce giusto la sera prima.

Owen si era addormentato da poco, mentre lei stava rassettando la cucina dopo cena Dominic, dopo averle chiesto se voleva un aiuto che aveva rifiutato, era appena uscito di casa lasciando la porta dell’ingresso aperta e sedendosi sui gradini lì davanti. Per caso lei era andata a prendere un bicchiere che aveva lasciato in soggiorno per metterlo nella lavastoviglie insieme agli altri piatti sporchi, passando aveva potuto osservarlo mentre guardava con un’espressione triste nel vuoto, verso l’orizzonte. Si era fermata un momento, avrebbe davvero voluto avvicinarglisi e chiedergli cosa non andasse, ma poi non l’aveva fatto, dirigendosi invece verso il divano.

Quando era tornata indietro facendo la stessa strada a ritroso non aveva potuto fare a meno di fermarsi un’altra volta, giusto in tempo per vedere che anche Lilly stava guardando il suo padrone. Si era seduta non lontana da lui e lo fissava, fino a che non si era alzata e aveva fatto qualche passo verso Dominic. Appena l’aveva avuto a portata di naso gli aveva dato un leggero colpetto sul collo, che aveva sortito l’effetto di farlo girare verso di lei, che così aveva potuto dargli un energica leccata in faccia. Dominic aveva semplicemente fatto un pallido sorriso, si era asciugato con una mano e le aveva fatto una carezza, nient’altro. Lilly si era accucciata vicino a lui quindi, poi Irene era tornata ad occuparsi di quelle poche faccende che doveva sbrigare.

Quel pomeriggio era rientrata e aveva trovato Owen che giocava sul solito tappeto dell’ingresso con Grace e Lilly, la ragazza l’aveva riportato a casa dopo l’asilo quel giorno dato che Irene ormai usciva sempre un po’ più tardi dall’ufficio.

Poco tempo dopo il suo arrivo Grace era andata via, aveva aspettato giusto il tempo che Irene fosse tornata al piano inferiore dato che era andata in camera sua a cambiarsi. Prima di uscire aveva informato Irene che aveva trovato un biglietto di Dominic indirizzato a lei che diceva che stava fuori per un’oretta circa per sbrigare alcune faccende e che sarebbe tornato per di cena.

Si era messa a chiacchierare con Owen, stava con lui già da un po’ quando era suonato il citofono. Dominic non poteva essere, Irene aveva quasi pensato di non rispondere nemmeno dato che era più che certa che non potesse essere nessuno che cercava lei. Alla fine però aveva vinto la curiosità, aveva risposto trovando Shannyn dall’altra parte. Ovviamente lei, all’oscuro di tutto, l’aveva fatta entrare.

Cercando di essere gentile l’aveva fatta accomodare in casa, si erano sedute in cucina proprio davanti a dove Owen continuava indisturbato a giocare con le sue costruzioni. Irene aveva avvertito Shannyn che Dominic, come aveva scritto lui sul biglietto, sarebbe tornato tra non molto. Le aveva offerto qualcosa da bere che l’altra aveva rifiutato, sembrava strana.

- Tutto bene Shannyn?- le aveva chiesto Irene, notando che sembrava veramente tesa.

L’altra le aveva sorriso. - Sì, tutto bene, sono solo un po’ stanca.-

- Meno male, comunque adesso avrai tempo per riposarti. Sai, mi dispiace di non essere potuta venire, mi sarebbe piaciuto, davvero, ma come puoi ben vedere ho delle altre priorità.- aveva detto guardando verso Owen. - Spero che sarà per un’altra volta, comunque.-

- Credimi, lo spero anch’io.- aveva risposto Shannyn cercando di sorridere.

A quel punto Irene aveva un po’ compreso che forse era a causa sua che Dominic stava così, immediatamente si pentì di aver risposto al citofono. Certo, non era mica un’indovina, lui non le aveva raccontato niente e magari stava prendendo un’enorme svista, ma non le riusciva difficile immaginare che Shannyn avesse potuto mandare a monte tutte le sue speranze sulla buona riuscita della serata del concerto, avrebbe spiegato anche il fatto che lui non le aveva parlato minimamente della serata. Si sforzò davvero molto di essere gentile nel chiederle di raccontarle del concerto.

- Dominic in questi giorni è molto occupato e non ha avuto il tempo di raccontarmi niente. - si era giustificata Irene un po’ malignamente forse, Shannyn comunque aveva cercato di esaurire quella richiesta, ovviamente parlando del suo successo. Le era tornato anche un po’ il sorriso sulle labbra mentre tendeva a ricoprirsi da sola d’oro, Irene pensò che era proprio una di quelle persone innamorate di se stesse fino all’inverosimile. Insopportabile.

Lilly, che fino a pochi secondi prima era rimasta placidamente accoccolata sul tappeto con Owen si era alzata improvvisamente andando verso l’entrata e cominciando a guaire e a raspare contro la porta.

Dopo pochi secondi era rientrato Dominic, anche Owen si era alzato per andarlo a salutare.

Quando si era abbassato per arrivare circa all’altezza del bambino e salutarlo Lilly aveva abbaiato.

- Ma la vuoi smettere di essere gelosa?- gli aveva detto Dominic facendo una carezza anche a lei. Da quando il suo rapporto con Owen era diventato più affettuoso Lilly si era fatta gelosissima, lui e il bambino si divertivano a farla arrabbiare. Più di una volta era intervenuta Irene a farle una carezza e per consolarla dicendole:- Vieni qui Lilly, te le faccio io le coccole, lascia stare quei due dispettosi!-

Anche quella volta Dominic aveva preso in braccio Owen dicendo, diretto al suo cane che lo guardava scodinzolando:- Ma guarda com’è carino questo bambino, ora gli faccio le coccole!-

Aveva sortito l’effetto che Lilly si slanciasse e gli salisse con le zampe anteriori addosso, cercando di partecipare, cosa che entrambi le avevano permesso di fare.

Alzare gli occhi da Lilly e trovarsi davanti oltre ad Irene anche Shannyn, che erano appena uscite dalla cucina, era stata una sgradita sorpresa.

Proprio per via di quella sorpresa non si era controllato molto e non aveva pensato al fatto che Irene e, ovviamente anche Owen, fossero completamente all’oscuro di tutto.

Aveva detto a Lilly di stare giù, intanto aveva rimesso Owen a terra.

- Che ci fai qui?- le aveva chiesto duramente, non salutando nemmeno Irene prima.

- Non rispondi mai al telefono.- gli aveva risposto pacatamente Shannyn.

Irene aveva intuito di aver visto giusto. Per un momento era rimasta assolutamente sorpresa per il tono di Dominic, non l’aveva mai sentito parlare in modo così freddo, mai nella vita. Poi prontamente si era sbrigata a raggiungere Owen, a prenderlo per mano e a sgombrare il campo. Lilly, come se avesse intuito tutto, li aveva seguiti in giardino.

Dominic aveva aspettato che Irene fosse fuori prima di rispondere a Shannyn.

- Chissà come mai non ci tengo a parlare con te…- aveva detto con un tono ironico e cinico allo stesso tempo.

- Ascoltami, non volevo che vedessi quello spettacolo l’altra mattina…-

- Nemmeno io se è per questo avrei voluto vederlo.- l’aveva interrotta perentorio Dominic. - Se penso a quanto ti sei incazzata, a quelle cazzate che mi hai propinato su quanto ti avevo offesa soltanto nel fare quella battuta, che era solo una battuta stupida Shannyn! La verità è che credo che tu abbia davvero una gran coda di paglia.-

- Ero arrabbiata, sì, ho sbagliato e ho fatto una stronzata, a te non è mai capitato?-

- Sì, ne ho fatte tante di stronzate, ma mai paragonabili a questa. Almeno avresti potuto essere un po’ più furba, o dirmi sin dall’inizio quale fosse la considerazione che avevi per me, non avrei perso tempo almeno!-

Shannyn aveva messo lo sguardo a terra, aveva aspettato qualche secondo.

- E’ stata una volta Dominic, una notte accidenti! Mi sento malissimo, se tornassi indietro non lo rifarei, perché ci tengo a te.-

- Ma non raccontarmi tante cazzate Shannyn, una notte! Quando sono venuto a trovarti l’altra mattina non ci ho nemmeno pensato, ma poi quella faccia me la sono ricordata bene. Che c’è, Malcolm abita nella tua stessa strada? O passava di lì per caso?-

- Ma di che stai parlando?- aveva chiesto preoccupata Shannyn.

- Sto parlando del fatto che secondo me è un bel pezzo che ti fai sbattere da lui e a che a me racconti che sei troppo impegnata con le prove e con il lavoro, del resto mi tornerebbe. Se ancora non ti è chiaro, te lo rispiego con calma. Io come un coglione cerco di essere carino e ti porto la colazione e lo stronzo in questione, praticamente sotto casa tua, mi viene a sbattere contro e non pago del fatto che io gli abbia chiesto scusa anche se non era del tutto mia la colpa mi manda poco cordialmente a cagare. Lo sapevo che quella faccia l’avevo già vista, però mi è venuto in mente solo l’altra mattina quando mi ha scambiato per un postino del cazzo!-

Shannyn avrebbe voluto controbattere, ma lui non gliel’aveva permesso.

- Per cortesia non dirmi che non è vero perché offendi la mia intelligenza, e siccome non sarebbe la prima volta che lo fai anche se ho fatto finta di niente fino ad adesso ti consiglio di non farlo perché potrei decidere di fartela scontare anche per le volte precedenti.-

In quei casi Shannyn avrebbe optato per negare anche l’evidenza, ma lui proprio non la faceva parlare. Evidentemente si era sbagliata, l’aveva considerato più malleabile di quello che effettivamente era. Si poteva ben dire che quando voleva, Dominic sapesse essere tutto d’un pezzo.

Per un momento era rimasta in silenzio, pensando a cosa poteva fare per mettere le cose apposto, non che le rimanessero molte carte da giocare se non far leva sulla sua tenerezza. Del resto non era difficile farsi uscire le lacrime, anche perché si era anche pentita un bel po’ di aver avuto quella relazione di sesso con Malcolm. L’aveva chiusa perentoriamente pochi giorni prima del concerto, certa di aver fatto una cosa sbagliata. Poi quella sera, quando era tornata in teatro dopo aver litigato con Dominic, c’era ricaduta.

Al di là di quello che si potesse pensare Dominic le piaceva molto, e non solo perché era facilmente gestibile come persona. Era anche davvero un gran bravo ragazzo, non se ne trovavano molti in giro.

Peccato che se n’era resa conto a danni fatti.

- Ti prego, non cominciare a fare scene drammatiche perché non sei proprio nella posizione di poterle fare! Sei incredibile, Shannyn, davvero incredibile!- aveva esclamato Dominic, vedendo la sua reazione.

Velocemente lei si era tolta la lacrima silenziosa che le era scesa.

- E’ stata solo una cosa fisica, tra noi non c’era altro, ho soltanto commesso…-

- Potresti evitarmi i particolari, per cortesia?- aveva esclamato duramente Dominic interrompendola un’altra volta.

Francamente non gli interessava affatto quali fossero le sue attenuanti, per lui quella storia era definitivamente conclusa e lì lì per essere anche archiviata. Certo, con lei stava esternando una certa freddezza, non si comportava come uno che l’aveva beccata con un altro proprio quando stava per dirle che si stava innamorando di lei. E poi, anche fosse stata una cosa senza senso quella tra lei e il suo collega, ma che presentazione è quella di una che non è in grado di esserti fedele nemmeno all’inizio?

- Fammi il favore, vattene, mi da solo fastidio averti davanti agli occhi. Con te ho veramente buttato il mio tempo, avrei dovuto aprire gli occhi prima su quella che sei.- le aveva detto concludendo.

Shannyn aveva intuito che proprio non c’era nessuna possibilità, aveva recuperato la sua borsa sul tavolo della cucina. Dominic aveva aperto la porta intanto, aveva appoggiato una spalla contro questa mentre aspettava che lei uscisse.

Forse non era il caso, ma Shannyn non aveva proprio resistito a tentare un approccio prima di andarsene.

Si era fermata un momento davanti a lui. - Pensi che non ci sia nemmeno un piccola speranza, per noi?-

Dominic aveva evitato di risponderle pensando che lei se ne sarebbe andata, ma non l’aveva fatto.

- Mi sono comportata male, lo ammetto, ma posso anche dimostrarti che so essere molto diversa.-

Dominic a quel punto, a quelle parole, aveva avuto un moto di stizza che gli aveva fatto anche alzare la voce sensibilmente. - Smettila di raccontarmi stronzate e levati di mezzo per piacere! Mi sembra che tu abbia già fatto abbastanza!- le aveva detto poco gentilmente, ma non è che a suo parere lei si meritasse poi una gran gentilezza.

Se non altro era stato efficace quel metodo, perché Shannyn si era girata e si era incamminata senza indugiare oltre verso il vialetto che portava all’uscita. Dominic aveva sbattuto la porta alle sue spalle.

In quei tre giorni aveva riflettuto molto, i suoi silenzi erano dipesi proprio dal fatto che aveva avuto tantissimo da pensare in proposito ai mesi che aveva passato con lei.

Ne era uscito per prima cosa un ritratto di se stesso che non gli era piaciuto affatto, si era visto troppo accondiscendente, troppo cieco.

Un po’ rincoglionito, un bel po’. Quella era sicuramente la definizione più calzante.

Aveva evitato tutte le sue chiamate, alle volte aveva tenuto il cellulare spento per qualche ora, cancellava senza ascoltare i messaggi che Shannyn gli aveva lasciato in segreteria.

Si era fatto trattare come un cretino senza spina dorsale da una che aveva colto la prima occasione disponibile per farsela con un altro. Una storia di sesso gli aveva detto, forse avrebbe quasi preferito che si fosse perdutamente e fulmineamente innamorata di quel Malcolm, sarebbe stato meno triste, e meno umiliante sotto certi aspetti.

Tutto questo l’aveva sopportato perché? Perché Shannyn gli era sembrata una giusta per lui… dire che era stato un abbaglio era dire poco. Forse era solo che a tutti i costi voleva trovare una giusta per lui, così si era imposto che fosse lei, incoscientemente doveva essere stato così.

Dopo aver aspettato un minuto ed essersi calmato a dovere era uscito in giardino ed aveva raggiunto Irene, che vedendolo arrivare l’aveva guardato allarmata, senza però chiedere niente.

- Scusami, non volevo che tu e Owen assisteste ad una cosa del genere.- le aveva detto appena era arrivato vicino a lei.

- Non ti preoccupare, non è successo niente e non mi sembra che Owen ci abbia fatto nemmeno caso. Come stai tu piuttosto?- gli aveva chiesto vedendolo visibilmente provato. Anche se non aveva idea di quello che era successo capiva che doveva essere finita tra lui e Shannyn.

- Di merda.- le aveva detto sorridendole Dominic, anche se ovviamente quel sorriso non rifletteva affatto il suo stato d’animo. - Stasera se ti va ti racconto, scusa se non l’ho fatto prima, ma non ne avevo proprio la forza, capisci vero?.-

Owen era corso verso di loro con Lilly al seguito, si era piazzato davanti a Dominic e aveva attirato la sua attenzione attaccandosi al suo braccio destro, interrompendo di netto la conversazione dei due adulti.

- Facciamo arrabbiare Lilly?- gli aveva chiesto.

Dominic aveva riso e l’aveva preso in braccio. - Bada che sei davvero un ragazzino sadico!-

- Che vuol dire sadico?- aveva chiesto il bambino.

- Vuol dire che ti diverti a far star male questa povera cagnolina!- aveva risposto Irene.

 

***

 

Aver parlato con Irene quella sera non era servito poi a molto. Anche la donna gli aveva chiaramente detto che Shannyn non gli era sembrata sin da subito una ragazza adatta a lui e che non si era perso niente, ma quelle parole non lo aiutavano.

Più che avercela con Shannyn ce l’aveva con se stesso e con le sue debolezze, sempre sull’onda delle riflessioni che aveva fatto in quei giorni.

Ormai però era davvero finita, quindi basta. Non doveva più pensarci, doveva archiviare definitivamente e drasticamente quella storia e per stare meglio si stava autoconvincendo che sbagliando s’impara. Ovviamente la prossima volta avrebbe fatto tesoro di quello che quella storia gli aveva insegnato e non si sarebbe fatto più fregare da una come lei. Era un ottimo piano.

Era andato a letto già piuttosto tardi, per di più non riusciva a dormire. Aveva lasciato la luce sul comodino accesa, era abbastanza soffusa e quindi non gli avrebbe dato nessun fastidio. Stava sdraiato sulla schiena e guardava il soffitto, almeno finché la sua porta accostata non si era aperta ed era entrato Owen, con orsetto appresso.

- Ciao.- gli aveva detto il bambino.

Dominic gli aveva sorriso e aveva risposto al suo saluto, voltandosi poi a guardare che ore fossero.

- Che c’è, tutto bene?- gli aveva chiesto Dominic, vedendo che erano quasi le tre.

Owen non si era mosso da dove era. - Non mi riesce di dormire.-

Dominic si era seduto sul letto. - Vieni qui, puoi entrare, non ti mangio mica!-

Il bambino, che non aspettava altro che un invito, a passetti veloci era andato verso di lui e si era seduto sul bordo del letto, l’altro quindi l’aveva preso di peso per la vita e lo aveva fatto sedere vicino a lui.

- Che c’è, sei agitato?- gli aveva chiesto.

- Io no, mamma un pochino. E tu perché non dormi? Sei triste perché hai litigato con la tua fidanzata?- gli aveva chiesto innocentemente.

Dominic sulle prime era rimasto un attimo perplesso. Non credeva di certo che Owen avesse capito cosa fosse successo quel giorno, anche Irene gli aveva detto che non ci aveva fatto caso. Evidentemente si erano sbagliati entrambi. In effetti Dominic aveva pensato che quel bambino era troppo sveglio per non capire certe situazioni.

- Sì, sono un po’ triste, ma poi mi passa.- gli aveva detto.

- E poi ci fai pace e va tutto apposto. Mamma dice sempre che se due persone che si vogliono bene litigano poi fanno sempre pace, quindi non devi essere troppo triste.-

Dominic gli aveva sorriso, pensandoci sarebbe stato bello se tutto fosse così semplice. Le prospettive dei bambini sono migliori di quelle degli adulti.

- Non è cos’ semplice Owen.- gli aveva detto malinconico.

- E perché?- gli aveva chiesto il bambino guardandolo incuriosito. Si era seduto sui talloni al suo fianco e lo guardava dritto in faccia, pendeva dalle sue labbra, come se Dominic gli stesse per svelare chissà quale verità.

Era difficile spiegare ad un bambino così piccolo certe cose, si prese appena qualche secondo per riflettere. - Vedi, è che gli adulti sono fatti davvero male Owen, a volte si fanno delle cose brutte l’uno con l’altro e se anche riesci a perdonare una persona, non è detto che vuoi continuare a stare con lei.-

- E che ti ha fatto la tua fidanzata di tanto brutto?- aveva chiesto a bruciapelo.

- Mi ha detto tantissime bugie, e la più brutta è stata quella di dirmi che mi voleva bene quando non me ne voleva poi così tanto.- gli aveva risposto Dominic, cercando di essere più sincero che poteva.

- Non riesco a capire perché ti ha detto che ti vuole bene se poi le stai antipatico. Non te lo poteva dire subito? E poi come ha fatto a fare finta che ti voleva bene?-

- Queste cose me le chiedo anch’io sai?- gli aveva risposto sorridendogli. - Però non è che a Shannyn le sto proprio antipatico, le piaccio, ma non abbastanza.-

Owen lo stava guardando scettico. - O le piaci o non le piaci!- aveva esclamato.

- Mica hai tutti i torti! Ma te l’ho detto, noi adulti siamo complicati.-

- Mi sa che è vero, perché anche mamma mi fa questi discorsi strani quando litiga con papà.-

Dominic l’aveva guardato incuriosito, gli era sembrato come se Owen stesse per dirgli qualcosa di importante e particolare, quindi si era messo all’ascolto.

- Loro si vogliono bene, però litigano e poi fanno pace. Gliel’ho detto a mamma che non c’è bisogno di litigare così tanto, se poi fanno sempre pace dopo è inutile che litigano.-

Si era sentito un po’ ingiusto a fare quella domanda a lui, ma non aveva potuto evitarlo. - Ma perché, la tua mamma e il tuo papà litigano spesso?- gli aveva chiesto.

Il bambino aveva annuito facendosi improvvisamente triste. - Specialmente da quando papà non dorme più a casa, quando eravamo a casa nostra. Mi ha detto che lui non ci poteva venire qui con noi ma che mi viene a trovare presto, e da quando siamo partiti non hanno litigato più.-

Le cose si erano fatte chiare in un momento, del resto quello che Owen gli aveva appena detto, sebbene fossero le parole semplici di un bambino così piccolo, non lasciavano spazio a fraintendimenti.

Il marito di Irene era andato via di casa, probabilmente si stavano lasciando anche se lui non poteva saperlo. E Owen, che viveva quella crisi da spettatore ne soffriva più di quello che sembrava da fuori.

L’impulso era stato quello di abbracciarlo forte, quasi per proteggerlo da quella difficoltà che la vita gli metteva davanti. L’aveva fatto sedere sulle sue ginocchia e se l’era tenuto un po’ stretto.

Lui aveva vissuto un’infanzia confusa per via del fatto che la sua famiglia si spostava in continuazione a vivere da un luogo all’altro, ma felice. Erano sempre stati uniti, anche in quel momento in cui erano tutti in paesi diversi continuavano ad esserlo, ma non ci voleva un grande sforzo per immaginare di quale entità fosse la sofferenza di quando ti viene a mancare la prima certezza che hai nella vita. La famiglia.

Dopo un po’ l’aveva guardato e gli aveva sorriso. - Che facciamo, proviamo a dormire che è tardi?-

Owen aveva annuito.

- Ti porto di là?- gli aveva chiesto nuovamente, ma Owen non sembrava molto d’accordo.

- Vuoi rimanere qui, eh?-. Il bambino gli aveva sorriso.

- Va bene, allora sistemiamo l’orsetto…-

- Charlie.- l’aveva interrotto Owen mentre Dominic metteva il suo orsetto a posto sul cuscino.

- Va bene, sistemiamo Charlie, sistemiamo te - aveva detto coprendolo con il lenzuolo, - e spegniamo la luce.-

Si erano dati la buonanotte e si erano addormentati entrambi quasi subito.

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Capitolo 12
*** La mente di un bambino ***


Nuova pagina 1

Buona lettura!

Mandy

 

v       Capitolo Undicesimo - La mente di un bambino

 

Irene aveva spento l’allarme della sveglia che era appena suonato. Con gli occhi ancora chiusi si era girata verso l’altra parte del letto, stiracchiandosi un po’. Dopo che li aveva aperti del tutto e aveva guardato dalla parte dove dormiva sempre Owen, aveva visto che il bambino non c’era e in fretta si era alzata, leggermente preoccupata. Aveva guardato in bagno e non l’aveva trovato, quindi era uscita nel corridoio, andando a guardare in cucina e in soggiorno. Era davvero allarmata, aveva girato tutte le stanze della casa con un’ansia crescente addosso e di Owen non c’era nemmeno una pallida traccia, da nessuna parte.

Era entrata nel panico in nemmeno troppi secondi, non sapendo cos’altro fare era andata verso la porta della stanza di Dominic e l’aveva aperta velocemente, senza nemmeno pensarci.

Quando gli aveva visti entrambi dormire tranquillamente, oltre che a tirare un sospiro di sollievo, si era data della stupida, razionalmente pensò che quella era la prima stanza dove avrebbe dovuto guardare. Gli erano sembrati carini insieme mentre dormivano, ma forse sarebbe stato meglio che Dominic l’avesse avvertita, si era davvero spaventata a morte. Facendo più piano possibile era tornata in camera sua a mettersi qualcosa addosso dato che stava girando per casa quasi nuda, poi era scesa a fare colazione. Dopo essersi preparata per il lavoro, sempre facendo più piano possibile, era andata a svegliare Owen.

Nel biglietto quella mattina, sebbene l’avesse messa sullo scherzo, aveva esternato a Dominic il fatto che si era davvero spaventata: Stamattina tu e mio figlio mi avete fatto prendere uno spavento terribile, quando ho visto che non era a letto mi sono spaventata a morte! Però eravate davvero carini mentre dormivate insieme! Ci vediamo stasera a cena, buona giornata.

Dominic leggendolo, un paio d’ore più tardi, si era reso conto che in effetti aveva fatto una cosa un po’ azzardata, ma era stato piacevole.

Si sentiva stranamente pieno di energia e vitalità quella mattina. Era come se la notte avesse portato quel benedetto consiglio che tanti aspettano nei momenti difficili, e Dominic pensava che fosse anche per quell’episodio con Owen.

Strano come chiacchierare con un bambino che avrebbe compiuto quattro anni nel giro di dieci giorni potesse essere più utile che parlare con certi adulti, che in teoria avrebbero dovuto essere ben più saggi di lui. Forse il segreto stava proprio nella semplicità delle sue parole e in quella che traspariva da ogni cosa che faceva. Con lui niente era complicato: Dominic poteva vedere nella sua mente quasi come se potesse essere visualizzato una specie di schema, in cui lui, l’adulto, complicava tutte le situazioni con una serie di ragionamenti campati in aria, mentre Owen invece, il bambino, arrivava subito alla risoluzione di un problema con una velocità d una semplicità disarmante. Sembrava una visione stupida della cosa, data dal fatto che i bambini non si complicano mai la vita più del dovuto e di certo qualcuno avrebbe potuto credere che Owen fosse a ragione poco riflessivo e del tutto incapace di fronte a determinate cose. Dominic doveva ammettere che molto probabilmente era proprio così che era, eppure il bambino in quell’occasione, con i suoi ragionamenti lineari gli aveva fatto capire che il problema che aveva in quel momento era molto poco importante.

Shannyn? Soltanto una stronza e pure un po’ arrivista. Dominic? Era stato uno stupido a non voler notare certi particolari, ripensandoci avrebbe potuto cogliere in certe sfumature prove del fatto che a quella poco importava di lui. Soluzione? Archiviare tutto in poco tempo, quella faccenda non si meritava affatto che lui perdesse tempo a rifletterci, né tanto meno che ci stesse male. Quello poi.

Mentre si gingillava girellando per la casa, seguito da Lilly che incuriosita probabilmente stava cercando di capire cosa stesse facendo, Dominic aveva cominciato a realizzare un po’ di cose: la prima concerneva direttamente la sua relazione appena troncata, ovvero che era single. Non che questo significava granché, non è che Dominic moriva dalla voglia di rimettersi in piazza, ma se fosse capitato, magari qualcosa di non importante e duraturo, perché non approfittarne?

La seconda di fatto era molto più seria, tanto che l’aveva tenuto con la mente impegnata per il resto della sua mattinata, almeno fino a che i suoi impegni di lavoro non l’avevano necessariamente distolto. Era ovvio che si trattasse di Irene ed Owen e di tutta quella situazione che si era ritrovato davanti agli occhi.

Non che dovesse rifletterci a lungo, era molto chiaro quello che Owen gli aveva raccontato, tuttavia Dominic aveva avuto occasione per riflettere su quella che doveva essere la vera natura di quel bambino.

Irene più di una volta gli aveva descritto Owen come un bambino sensibile e molto intuitivo, questo Dominic aveva potuto comprenderlo meglio che in qualunque altra situazione quella notte appena trascorsa, anzi, poteva ben dire di essere andato anche oltre. Era una considerazione di Irene che l’aveva fatto riflettere in proposito, una considerazione che Owen stesso aveva smentito non appena gli aveva chiesto la notte precedente se fosse triste per aver litigato con Shannyn: quando lui si era scusato per ciò che era successo il pomeriggio prima con lei, Irene gli aveva risposto di non preoccuparsi, che Owen non aveva affatto afferrato niente dell’accaduto, sembrava addirittura che non ci avesse fatto nemmeno caso.

Invece aveva capito tutto perfettamente, e senza destare sospetti in nessuno, nemmeno in sua madre.

Riflettendo su quello che gli aveva raccontato dei suoi genitori che litigavano, Dominic si era ritrovato a pensare che probabilmente Owen faceva sempre così. Lì per lì non dava segno di aver capito, ma di fatto capiva tutto benissimo.

In effetti Dominic aveva intuito in modo corretto quale dovesse essere la personalità del bambino, ma quello che aveva appreso o capito con le sue sole forze non era che una punta dell’iceberg.

Dire solo che Owen fosse un bambino sensibile ed intuitivo era certamente riduttivo, anche se queste erano sicuramente le qualità che più saltavano all’attenzione di chiunque. Il commento più semplicistico che si potesse fare su di lui era che fosse davvero speciale un bambino così sensibile, quello che molti ignorano è che un’eccessiva sensibilità a volte si sviluppa a scapito di una barriera difensiva contro la sofferenza. Capire troppo, per un bambino di quell’età specialmente, poteva essere davvero deleterio.

Ovviamente Owen filtrava tutto quello che captava dell’ambiente in cui si trovava a vivere, ma non poteva capirlo a pieno, si limitava a prenderne atto elaborandolo le informazioni nella sua testolina di bambino e cercando di darsi delle spiegazioni, a volte tutto questo lo portava a fraintendere ciò che accadeva intorno a lui.

Come Dominic aveva potuto apprendere dalle parole stesse del bambino, suo padre se n’era andato di casa, dopo un lungo periodo in cui Owen, non visto e silenzioso, aveva assistito alla crisi che tra Irene e Christoper si aggravava sempre di più. Era stato un periodo fatto di litigi, di silenzi ed incomprensioni.

Se pure l’amore dei genitori non gli era certo mancato, dato che entrambi non erano mai venuti meno al loro preciso dovere di farlo sentire sempre amato e protetto, era ovvio che le loro frustrazioni e i loro problemi si riflettessero in tutto ciò che facevano. Owen non mancava mai di comprendere che l’umore della mamma o del papà in certe circostanze non era tranquillo, non doveva necessariamente sentirli mentre discutevano come gli era capitato sporadiche volte per capirlo, riusciva a captare perfettamente quello che succedeva tra loro dai loro gesti e dai loro sguardi, dai loro silenzi e, ovviamente, da come erano con lui. Quando suo padre era andato via di casa ad esempio, era stato uno di quei momenti in cui lui, sebbene non si rendesse conto pienamente della cosa, aveva intuito molti sottintesi.

Qui si poteva intuire chiaramente dove stesse la differenza tra Owen ed un altro bambino qualsiasi della sua età: che sarebbe successo qualcosa, qualcosa che lui non avrebbe voluto che accadesse ma che era totalmente fuori del suo controllo, lui l’aveva già intuito. Aspettava quel momento con paura, quasi come se si sentisse in colpa, addirittura sentendone una certa responsabilità addosso. Quando aveva appreso quella notizia l’aveva accettata con rassegnazione, perché era preparato a quell’evenienza. Non aveva certo mai immaginato cosa sarebbe potuto succedere, ma sapeva che qualcosa sarebbe successo.

Non aveva pianto, non si era lamentato, si era limitato a chiudersi nel suo silenzio, un silenzio che come lui ben sapeva non era stato notato più del dovuto dato che era sempre stato un bambino silenzioso, a lui stava bene così. Preferiva non chiedere niente e non dire niente.

Di certo i litigi non erano finiti, Owen ogni volta che vedeva i suoi genitori insieme non li coglieva mai sorridenti ed inclini al dialogo. Poi quel cambiamento improvviso, trasferirsi molto lontano e lasciare la loro casa e tutto quello a cui era abituato, trasferirsi in una casa diversa, convivere con un estraneo che gli era a dire la verità anche simpatico. Dominic infatti, doveva ammetterlo, gli era rimasto simpatico sin da subito, ma è facilmente intuibile che non era lui come figura maschile che avrebbe voluto accanto.

Era un bambino, non voleva altro che la sua stabilità e i suoi genitori vicini.  Poi però aveva deciso che in fondo, una certa stabilità in quella casa ce l’aveva anche e gli piaceva aver trovato Lilly e un’altra persona che lo coccolasse e lo facesse sentire amato e protetto. E poi era stato facile accettare di far entrare Dominic nella sua vita, lo faceva divertire e gli piaceva il modo che aveva di trattarlo, che non aveva niente a che fare né con quello della mamma o del suo papà, ma nemmeno di altre persone che avevano fatto parte della sua vita e che lo avevano fatto sentire a disagio perché parlava poco.

Dominic aveva cercato di rispettare i suoi tempi, non l’aveva forzato in alcun modo, e anche se Owen questo non lo capiva comunque aveva apprezzato il fatto che non fosse stato insistente. Non era suo padre, ma poteva tranquillamente essere un valido sostituto. Come tutti i bambini, Owen aveva una grande capacità di adattarsi, trovarsi in un ambiente favorevole però l’aveva molto aiutato.

Poi l’aveva sentito litigare quel pomeriggio, ed era stato come se rivivesse cose già provate a casa sua, con i suoi genitori. Aveva fatto finta di non sentire, poi, nel corso della serata non aveva potuto evitare di notare dei chiari segni del malumore di Dominic e un po’ gli dispiaceva. Quella notte, quando si era svegliato per fare pipì e aveva notato le luci accese che filtravano dalla porta accostata della sua stanza, la prima cosa che aveva pensato di fare era stata per l’appunto di andare a vedere cosa stesse succedendo, non certo perché avesse nelle sue intenzioni quella di consolare Dominic, la sua in fondo era solo curiosità. Eppure quella semplice curiosità era stata decisamente utile affinché Dominic ritrovasse in tempi brevissimi una sorta di serenità.

 

***

 

Dominic era stato piuttosto contento, un paio di giorni più tardi, che Irene gli avesse chiesto ancora una volta un favore che riguardava Owen. Il bambino era già a letto da un po’, lui ed Irene invece si erano messi seduti sui gradini di cotto appena fuori le porte a vetri che davano sul giardino, davanti al salotto. Era una bella serata, l’aria era fresca, così avevano deciso di mettersi a chiacchierare all’aperto. Avevano stappato una bottiglia di vino e stavano chiacchierando allegramente quando Irene aveva esposto quel suo problema a Dominic. Dato che Grace per un paio di giorni non poteva occuparsi di Owen e che lei, uno di quei due giorni, proprio non poteva andare a prenderlo all’asilo, gli aveva chiesto se poteva farlo lui. Dominic per quel giorno non aveva nessun impegno troppo importante che non potesse evitare a quell’ora, così aveva accettato. Irene come al solito gli era sembrata piuttosto poco incline a chiedergli una cosa del genere. Non si era meravigliato dello stato d’animo della donna, però aveva colto l’occasione una volta per tutte per dirle come la pensava sulla faccenda.

- L’unico problema per me è quando non sono libero, ma se devo essere sincero, lo farei anche tutti i giorni se potessi. Giuro che non è un problema, e poi mi piace stare con Owen. Ti fai sempre troppi problemi, dovresti stare più tranquilla, da me avrai tutto l’aiuto e la comprensione che posso darti, davvero. Di questo puoi essere tranquilla.- aveva azzardato, facendo un chiaro riferimento al fatto che non parlava solo ed esclusivamente per quelli che potevano essere i bisogni del bambino.

Irene gli aveva sorriso. - Sono un po’ apprensiva, ma non è a causa tua. E’ che preferirei fare io tutto quello di cui mio figlio ha bisogno, ma nessuno ha il dono dell’ubiquità e quindi…- si era interrotta per un momento, per poi riprendere a parlare. - Lo sto pensando da un po’, e mi sembra giusto dirtelo. Sei diventato una persona meravigliosa Dom, davvero. Non te lo dico per compiacerti, è che quando eri piccolo eri carino, sì, dispettoso da morire…-

Dominic aveva riso nervosamente cogliendo l’occasione per farlo nella sua battuta, di fatto lo imbarazzava ricevere quel complimento, chissà perché lo imbarazzava riceverlo proprio da parte di Irene.

-… già allora si capiva che saresti diventato una bella persona. Ma hai superato le mie aspettative, forse perché ingenuamente pensavo che il fatto che sei un attore famoso avesse influito negativamente su di te, lo so è uno stupido preconcetto e scusami se solo l’ho temuto. Lo vedo soprattutto per come sei con Owen, gli piaci tanto anche tu, sai? Me l’ha detto l’altra sera mentre gli mettevo il pigiama, prima di dormire. Se me l’ha detto, lui che parla tanto poco, vuol dire che ci sei davvero entrato in sintonia, e non saprò mai come ringraziarti perché…-

Dominic aveva cercato d’interromperla, perché il suo imbarazzo stava arrivando ad un livello che difficilmente sarebbe riuscito a controllare. - Ma tu non devi assolutamente ringraziarmi, se mai sono io a dirti di stare attenta a non sopravvalutarmi!- aveva scherzato, per smorzare i toni.

- No, invece lo faccio, perché se non ci fossi stato accanto sarebbe stato tutto più difficile, e non solo a Owen anche se lui ovviamente viene prima di me.- aveva fatto una pausa, e aveva respirato a fondo.

- Lo so che hai capito che c’è qualcosa di anomalo in tutta questa faccenda, lo so che con i tuoi modi gentili vuoi solo cercare di aiutarmi. Te ne sono molto grata anche se non sembra, e se non ti dico qual è il mio problema non è per sfiducia nei tuoi confronti, è solo che per me è molto difficile. Anzi, ti dico una cosa, non saprei trovare una persona migliore in questo momento per aprirmi.-

Non aveva ritenuto di doverle dire niente, erano rimasti per qualche secondo in silenzio. Irene stava guardando nel vuoto davanti a se, Dominic invece guardava lei, pensando a cosa dovesse dirle, o fare. Irene si era portata il bicchiere con il vino alle labbra e aveva bevuto una sorsata del liquido rossastro lentamente, per poi riappoggiarlo alla sua destra, dalla parte opposta a dove Dominic si era seduto. La tristezza che aveva negli occhi, Dominic la poteva leggere tranquillamente nel suo sguardo posato sul nulla, uno sguardo quasi inquieto, come se fosse sempre perennemente alla ricerca di qualcosa. Uno sguardo che in lei non era certo la prima volta che notava, intuendo chiaramente per la prima volta, con assoluta certezza, che ogni volta che metteva su quell’espressione la sua mente stava facendo i conti con i suoi fantasmi, con ciò che probabilmente aveva lasciato in Inghilterra.

Si era limitato a spostare con lentezza il suo bicchiere che occupava lo spazio libero tra dove lui stava seduto ed Irene. Si era avvicinato a lei fino a sfiorarla, quindi le aveva passato il braccio destro attorno alle spalle, avvicinandosela contro con leggerezza. Irene non aveva fatto che assecondare i suoi movimenti, si era appoggiata contro la sua spalla mettendo il suo braccio sinistro attorno alla vita di lui.

Erano rimasti così per un po’ fino a che Irene non aveva alzato la testa andando ad incontrare il suo sguardo, gli aveva sorriso e Dominic aveva ricambiato.

- E comunque io non ti sopravvaluto, sei tu che ti sottovaluti!-

Dominic aveva sorriso più marcatamente. - Sì, può darsi. Comunque adesso mi è venuta un’idea geniale.-

Irene lo aveva guardato con un’aria interrogativa sul viso. Dominic aveva dissipato subito il dubbio.

- Sabato è il compleanno di Owen, giusto?-

- Venerdì per la verità…-

- Ah, è uguale, fa lo stesso, tanto anche volendo non credo che tu possa venerdì, e nemmeno io. Sabato pomeriggio possiamo organizzare una festa, che ne pensi? Verrebbe bene una festa qui nel giardino, no, con tutti i suoi compagni d’asilo s’intende. M’immagino già Lilly, con tutti quei bambini in giro diventerà pazza!- aveva ridacchiato quindi.

Irene anche aveva riso, immaginandosi la reazione della cagnetta di fronte a tanti bambini.

- Davvero vorresti fare una festa per lui? Penso che sia un’ottima idea, ma ti avverto, ci sarà un gran caos, non so se ti è mai capitato di dare una festa per bambini!- aveva osservato Irene.

- Davvero? Non vedo l’ora!- aveva esclamato Dominic sgranando gli occhi e sfregandosi le mani, come se davvero non aspettasse altro.

Irene aveva riso di gusto, quindi gli aveva stampato un sonoro bacio su una guancia.

- Te lo sei meritato, sei un coraggioso!-

Avevano riso entrambi, poi avevano deciso si entrare nuovamente in casa, dato che si stava facendo tardi.

 

***

 

Quella volta a prendere Owen all’asilo Dominic era dovuto andare necessariamente con la sua auto, dato che ci stava passando dopo essere stato fuori. Aveva parcheggiato non lontano dall’entrata della scuola materna, dall’altra parte della strada. Dopo che era sceso dall’auto si era avviato in fretta verso il passaggio pedonale, dato che mancavano pochi minuti alle cinque.

Era la seconda volta appena che capitava in quella situazione, subito il suo sguardo fu catturato dalla stessa donna che lo aveva colpito l’altra volta. Era sempre nella stessa posizione in cui l’aveva vista l’occasione precedente, lui riusciva a scorgere appena il suo profilo. Questa volta il tailleur era grigio chiaro, sempre elegantissimo, su di lei poi era un bellissimo colpo d’occhio.

Dominic pensò che doveva andare più spesso a prendere Owen, valeva scomodarsi solo per godersi un minuto di quello spettacolo. Esattamente come la volta precedente, era stato ignobilmente beccato sul fatto, quella bellissima orientale si era girata nella sua direzione incrociando il suo sguardo, anche quella volta gli aveva sorriso, ma non si era poi girata nuovamente in avanti verso il cancello subito dopo.

Dominic era rimasto per un momento imbarazzato, cosa che era peggiorata quando l’aveva vista girarsi del tutto e percorrere pochi eleganti passi verso di lui, sempre sorridendogli.

- Tu devi essere Dominic.- affermò sicura, sempre sorridendo.

Aveva aspettato qualche secondo prima di parlarle. - Io… sì… sono Dominic… - aveva risposto leggermente perplesso.

- Irene mi ha parlato di te.- aveva spiegato la donna. - Io sono Sakumi, mia figlia Yume è diventata amica di Owen.-

Dominic finalmente era riuscito a rispondere al suo sorriso. Aveva allungato la mano verso di lei per stringergliela. - Piacere di conoscerti, Sakumi.-

La donna gliel’aveva stretta a sua volta, decisamente. - Non è la prima volta che vieni, vero? Ti ho visto con quel bel cane, saranno stati… quindici giorni fa, non di più. O mi sbaglio?-

- No, no, ero venuto con la mia cagnetta, non ti sbagli…-

Dominic si accorse che non riusciva ad essere molto sciolto, quella donna lo metteva in soggezione. Un po’ perché era bellissima, un po’ perché dava l’idea di essere una molto sicura di se stessa, una dominatrice. Gli capitava ogni tanto di pensare certe cose, erano connessioni mentali velocissime e non del tutto controllabili, forse aiutate dal fatto che si sentiva abbastanza attratto da lei. Immaginò subito che sessualmente parlando dovesse essere una donna con le idee estremamente chiare. Cercò immediatamente di togliersi quell’idea dalla testa, non era proprio il momento di pensare a cose simili.

- Ci rivedremo dopodomani suppongo, a casa tua. Siamo state invitate anche io e Yume alla festa di compleanno di Owen.-

Dominic aveva sorriso, cercando di darsi un tono. - Sì, certo che ci vedremo, io sicuramente ci sarò.-

Fortunatamente i bambini avevano cominciato ad uscire e avevano attirato la loro attenzione, Dominic, anche se solo con il pensiero, tirò un sospiro di sollievo. Owen era uscito dalla porta insieme alla bambina con gli occhi a mandorla con i capelli neri lunghi e mossi che Dominic aveva visto anche la volta precedente. Finalmente aveva capito chi era la Yume che ogni tanto citava Owen. I due bambini con una corsetta erano corsi loro incontro, ognuno andando nella propria direzione.

Poco prima che Sakumi prendesse per mano Yume e si allontanasse, la donna aveva guardato Dominic e gli aveva rivolto nuovamente la parola. - Allora a sabato…-

Dominic le aveva sorriso mentre Owen si era aggrappato al suo braccio destro e stava cercando di attirare del tutto la sua attenzione. - Sì, a sabato.- le aveva risposto.

Sakumi era rimasta per un secondo a guardarlo. - Non vedo l’ora.- aveva aggiunto, quindi si era avviata verso la parte opposta alla quale lui sarebbe dovuto andare.

Si era distratto subito dalla visione dell’attraente figura di Sakumi che si allontanava tenendo sua figlia per mano dato che Owen gli stava ancora tirando il braccio. Si era voltato verso il bambino e gli aveva sorriso. Si era leggermente chinato su di lui e l’aveva preso in braccio.

- Allora rospetto, ti sei divertito oggi?- gli aveva chiesto.

Owen aveva annuito, ma non troppo convinto. Si erano scambiati un bacino, quindi Dominic aveva messo il bambino a terra e si era avviato verso la sua auto. Non aveva cercato di prendergli la mano perché pensava non lo gradisse dato come erano andate le cose l’altra volta, ma quando era stato sul passaggio pedonale era stato Owen ad allungare la mano verso la sua, Dominic sorrise nel vederglielo fare.

Pochi secondi dopo l’aveva fatto salire in macchina e lo aveva fatto sedere al posto del passeggero assicurandolo con la cintura di sicurezza.

- Ma che bella bambina che è Yume, adesso capisco perché giochi sempre con lei… mica me l’avevi detto che è così carina!- aveva detto Dominic diretto ad Owen, dopo che si era immesso in strada.

Il bambino l’aveva guardato perplesso.

- Non ti sembra carina Yume?- gli aveva chiesto notando quello sguardo.

Owen non parlò nemmeno questa volta, ma gli fece chiaramente intuire che non stava proprio capendo perché Dominic gli stava facendo notare quella cosa. Era uno sguardo che voleva dire una specie di non ci ho mai nemmeno fatto caso e non ho nemmeno capito perché dovrebbe interessarmi.

Dominic aveva sorriso, tornando con gli occhi fissi alla strada aveva pensato che nemmeno fra troppo tempo anche Owen avrebbe cominciato a fare fin troppo caso alle ragazze carine.

Intanto si stava interrogando anche su un’altra cosa: ma Sakumi, con lui, stava cercando di flirtare?

 

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Capitolo 13
*** Organizzare una festa di compleanno ***


Nuova pagina 1

Buon inizio di settimana!

Causa esami universitari ho dovuto fare una pausa, ma adesso probabilmente ricomincerò a postare tranquillamente ai ritmi a cui ero abituata prima.

Anche se, devo dire la verità, ho come la netta impressione che non se ne sia accorto nessuno della mia pausa, eccetto Claudietta che ringrazio per il commento! Grazie mille.

Comprendo che probabilmente questa storia sia meno interessante di altre da me scritte in precedenza perché non solo il mio personaggio cambia radicalmente, ma anche la tipologia della storia è diversa: innanzi tutto non parla di intrecci sentimentali. Ci sono e ci saranno nel corso dello sviluppo della storia, ma non ne sono certo il centro. Questa volta ho voluto concentrarmi su altre problematiche che andassero al di là del sentimentale: mi sono concentrata sulle paure delle persone, sulle debolezze, sui delicati equilibri familiari e su problemi ad essi inerenti.

Mi dispiace un po’ che questa storia sia meno apprezzata, lo ammetto e sarei un’ipocrita se non lo ammettessi.

A voi non interesserà, solo che pensavo fosse utile una spiegazione: mi sto ripetendo sicuramente, ma ci tenevo a farvi presente che per me sarebbe inutile e anche piuttosto noioso occuparmi sempre degli stessi temi, stereotipare i personaggi sempre nello stesso modo, quindi è una necessità che sento quella di mettermi in gioco cambiando sempre le carte in tavola. Siccome tanti di voi scrivono come me, penso possano capire bene la mia linea di pensiero: innanzi tutto scriviamo perché ci divertiamo a farlo, giusto? Se no, non avrebbe senso!

Intanto ringrazio chiunque mi abbia seguita ultimamente, magari anche comprendendo i miei sforzi di “esplorare” nuove psicologie e situazioni… senza prendermi troppo sul serio, ovviamente!

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Dodicesimo - Organizzare una festa di compleanno

 

La mattina seguente Dominic aveva messo la sveglia presto, in modo da essere in piedi quando si sarebbero alzati anche Irene ed Owen. La prima ad arrivare in cucina era stata Irene, che era rimasta sorpresa di vederlo lì.

- Buongiorno.- gli aveva detto sorridendogli. - Tutto bene?- aveva chiesto.

Dopo aver risposto al suo saluto e aver detto che andava tutto bene, Dominic aveva aggiunto: - E’ solo che volevo vedere la reazione di Owen quando vedrà quello…- quindi aveva indicando l’angolo della cucina che Irene, dato che gli dava le spalle, non avrebbe potuto vedere.

Osservando quello che Dominic le aveva indicato Irene era scoppiata a ridere, poi si era avvicinata e aveva guardato meglio quell’enorme peluche.

- Oddio è… è… gigantesco!- detto questo aveva afferrato per la testa quell’enorme orso. - Ed è anche pesante! E’ alto quasi quanto Owen!- aveva esclamato divertita. 

- A me è sembrato davvero bello, a te piace?- le aveva chiesto.

- E’ bellissimo, credo che tu ti sia disturbato anche troppo però, non dovevi. Già ci fai dare questa festa domani, non ce n’era alcun bisogno!-

- Ma smettila, ma quale disturbo, solo non mi voglio perdere la sua espressione quando lo vedrà… poi magari gli fa schifo, ma insomma non me la voglio perdere lo stesso!-

Irene aveva riso. - Non credo proprio, mi sa che gli piacerà molto, ai bambini più le cose sono grandi, più gli piacciono, è un dato di fatto. Sai cosa, vado subito a svegliarlo, sono curiosa anch’io di vedere che effetto gli farà!- aveva detto, per poi andare subito verso le scale.

L’espressione di Owen nel vedere appena sceso il gigantesco pupazzo era stata di sorpresa più assoluta. Senza toccarlo gli aveva girato intorno per guardarlo tutto e poi aveva fatto una cosa che aveva fatto ridere i due adulti ed abbaiare Lilly, che prima del bambino si era trovata spaesata davanti a quel grande orso di peluche. Aveva fatto un salto e ci si era buttato sopra, appurando che avrebbe potuto usarlo tranquillamente come un materassino per parare le sue cadute.

L’aveva rovesciato per farlo, quando era stato a terra con il pupazzo si era messo a ridere insieme ad Irene e Dominic; la scena per loro era stata davvero esilarante. Lilly nel frattempo continuava a girellare intorno al bambino e all’orso scodinzolando ed annusando.

Dominic si era avvicinato, aveva aiutato Owen a rimettere in piedi l’orso. - Allora ti piace?-

Owen aveva ridacchiato. - E’ grosso!- aveva esclamato felice, cosa che aveva fatto ridere nuovamente i due adulti. Dominic si era girato verso Irene, guardandola come per dirle avevi ragione.

- Allora, a quest’orsone come gli metti nome?- gli aveva chiesto ancora.

Owen non ci aveva pensato nemmeno un secondo. - Charlie.-

Dominic l’aveva guardato perplesso. - Come Charlie? Ma anche l’altro si chiama Charlie!-

- Tutti i tuoi orsetti si chiamano Charlie, diglielo Owen.- aveva asserito Irene.

- Lui è Charlie quello grosso. - aveva aggiunto Owen, per precisare.

 

***

 

Per ciò che concerneva l’organizzazione stessa della festa di compleanno di Owen, Dominic e Irene si erano divisi i compiti. Irene aveva già pensato a fare la spesa e di comprare e distribuire per la casa le decorazioni. Intanto si era occupata anche di procurarsi degli ulteriori mobili da giardino: ovviamente in una festa per bambini era quasi scontato che ci sarebbero state anche tutte le loro mamme o quasi, quindi si trattava di occuparsi di una festa per almeno quaranta persone tra bimbi e mamme.

Irene aveva evitato accuratamente che Dominic dovesse scomodarsi troppo, l’unica cosa che aveva accettato che facesse per lei era stata di occuparsi quella mattina di ritirare i dolci e la torta di compleanno in pasticceria dato che lei non poteva fare tutto da sola.

Dominic era uscito in tarda mattinata, aveva fatto tutto con calma dato che si era specificatamente tenuto tutta la giornata libera in quell’occasione, quando era rientrato aveva visto Owen che giocava sempre con le sue costruzioni sul tappeto dell’ingresso, gli aveva chiesto dove fosse Irene, lui aveva puntato il dito verso il soggiorno.

Quando si era affacciato per dirle che aveva bisogno di aiuto a scaricare dalla sua auto la torta che non poteva portare da solo, si era ritrovato una bella sorpresa davanti, stentava a crederci.

Aveva letteralmente urlato quel nome, Irene si era ritrovata davanti ad una scena che era anche dolce, ma tutto sommato aveva anche un che di involontariamente comico.

- Madeleine!- aveva urlato quasi lui, mentre la donna che lui aveva chiamato si era alzata dal divano e gli era andata incontro tanto in fretta quanto i suoi tacchi a spillo lo permettevano.

- Dominic, piccino mio fatti abbracciare!- gli aveva detto quella donna alta almeno dieci centimetri più di lui, anche aiutata dagli imponenti tacchi, con un tono di voce un po’ stridulo.

Si erano abbracciati con slancio e si erano scambianti più dei soliti due bacini di rito, sembrava che tra loro ci fosse davvero un’intesa molto forte.

La donna dopo che si erano sciolti un po’ da quell’abbraccio gli aveva preso il viso tra le mani e guardandolo gli aveva detto:- Ma possibile che diventi sempre più carino ogni giorno che passa? E anche la tua Lilly, ma guarda che bella che è, l’ultima volta che lo vista era piccola piccola e faceva dei guaitini così striduli, che amore!-

- Tu pure sei uno schianto, fatti guardare un po’!- aveva risposto lui staccandosi da lei e guardandola, mentre Madeleine si metteva in posa. - Me-ra-vi-glio-sa!- le aveva detto scandendo ogni sillaba.

- Ronald come sta?- le aveva chiesto quindi, riferendosi al suo compagno.

- Impegnato come al solito, siamo qui a Los Angeles per un giorno e mi sono detta che se pure non ti avevo avvertito dovevo assolutamente venire a trovarti perché, tesoro mio, non sai quanto mi manchi!-

- Amore, tu non hai nessun bisogno di avvertire, che non lo sai che casa mia è sempre aperta per te?-

- Ma quanto sei caro!- gli aveva risposto la donna abbracciandolo e baciandolo nuovamente.

Irene non aveva bisogno di spiegazioni, Madeleine da quando era arrivata le aveva già di preciso spiegato chi fosse e che rapporto avesse con Dominic. Era la compagna di un produttore che si occupava prettamente di cinema indipendente, si erano conosciuti sul set di un film a cui Dominic aveva lavorato quasi due anni prima e nonostante la grande differenza d’età, Madeleine aveva detto ad Irene di avere quarantanove anni, era nata una forte amicizia, anche molto affettuosa. 

Ad Irene Madeleine era rimasta subito simpatica: i suoi modi erano un po’ enfatici, ma era una persona di spirito e simpatica. Era arrivata lì da mezz’ora e già le aveva raccontato un sacco di cose di lei, anche Irene si era presentata mentre seduta sul divano gonfiava palloncini da attaccare in giro. Gli aveva spiegato chi fosse e che cosa ci facesse lì dato che Madeleine era rimasta leggermente perplessa.

Mentre Dominic era uscito nuovamente per andare verso la sua auto con Irene, Madeleine aveva preteso di aiutarli. Non appena erano stati fuori di casa e lontani dalle orecchie di Owen, Madeleine aveva guardato Dominic con uno sguardo lievemente accusatorio:- Quando ho visto quello stupendo bambino e questa stupenda ragazza ho pensato che tu mi avessi taciuto qualcosa e guarda, mi sono anche impermalita! E poi tu non ti vedevi con una musicista… come si chiama, aspetta, non me lo dire… Sheela? Shelly? Shelby? Una roba del genere insomma…-

- Shannyn!- le aveva detto ridacchiando lui, - Ma non ci vediamo più.-

- Come mai?- aveva chiesto la donna incuriosita.

- Perché è una gran vacca!- aveva risposto Dominic di botto e senza mezzi termini.

Madeleine aveva sospirato, sembrava soddisfatta della notizia appena appresa. - Oh mio Dio quanto sono felice di sentirtelo dire tesoro mio, quando me l’hai presentata ti giuro che non l’ho sopportata da subito! Oh cielo quante arie che si da, nemmeno fosse questo granché! Carina, sei giovane, bellina e soda con le tettine che ti guardano belle dritte davanti, ma amore, la mia classe tu non ce l’avrai nemmeno a novant’anni!-

- Questo lo puoi dire forte Madeleine! Ma possibile che il fatto che era stronza e pure un po’ troia non me n’ero reso conto solo io?-

Madeleine aveva fatto una carezza a Dominic e si era soffermata con la sua mano sul collo di lui, mentre lo guardava in modo un comprensivo:- Tesoro mio, - aveva cominciato a dirgli con un tono di chi la sapeva lunga, - lo so che a voi ragazzotti nel pieno dell’età davanti ad una così l’afflusso di sangue al pene impoverisce fatalmente quello al cervello, e tu lo sai che lo so benissimo!- aveva concluso ridacchiando, cosa che aveva fatto anche Dominic, conoscendola bene.

- Ma guarda, ci succede anche davanti ad una della tua età se è messa bene come te!- aveva ribattuto Dominic dopo aver riso della battuta di Madeleine.

- Non dire queste cose tesoro che potrei essere quasi mamma tua!- aveva detto fingendosi scandalizzata la donna, sempre ridacchiando.

Sempre in quel clima d’ilarità erano tornati in casa, Dominic si era occupato dei pacchetti più piccoli, aveva preso i primi due e si era affrettato a tornare in casa, posandoli velocemente in cucina, quindi era andato ad aprire velocemente la porta alle due donne che stavano portando insieme la torta che andava messa in frigo quanto più velocemente possibile. In cucina, senza farsi vedere da Owen, i tre adulti avevano controllato che il dolce durante il viaggio non si fosse sciupato.

- Ma che cos’è questo mostriciattolo giallo?- aveva osservato Madeleine perplessa. Gli altri due l’avevano assalita con degli shhh, dato che la torta fatta a forma di Pikachu era una delle sorprese della festa.

- Scusatemi!- si era affrettata a dire l’altra pentita per aver fatto quella gaffe, dopo tutti e tre erano scoppiati a ridere. Quindi, appurato che il viaggio non aveva causato grandi danni alla torta, l’avevano messa in frigo, prima che li causasse il caldo.

Madeleine, sotto forte richiesta di tutti era stata invitata a trascorrere la giornata a casa di Dominic e a partecipare a quella festa.

 

***

 

Come aveva detto Irene, che era una scelta coraggiosa? Dominic aveva pensato che scherzasse, invece aveva davvero avuto modo di vedere che avere circa venticinque bambini che andavano dai tre ai cinque anni che ti scorrazzano per casa instancabili non era per niente una passeggiata. Lilly, come sia Dominic che Irene avevano immaginato, stava per impazzire a stare dietro a tutti, ovviamente il cane era stata la prima attrattiva che ogni bambino aveva avuto davanti non appena era arrivato e se dapprima Lilly si era pavoneggiata come al suo solito, lusingata da tante attenzioni, dopo un po’ non sapeva più dove nascondersi per sfuggire a tutte quelle manine.

Dominic all’inizio invece, aveva scherzato sul fatto che tra gli adulti presenti lui era l’unico uomo. Oltre ad Irene, Madeleine e Grace che era venuta a dare una mano per tenere a bada la mandria sciolta di bambini presenti, c’erano almeno altre venti donne, mamme dei bambini presenti, tra cui, particolare non da sottovalutarsi, era presente anche Sakumi. A dirla tutta, dopo averla salutata, Dominic non l’aveva poi molto considerata, si era perso a giocare un po’ con i bambini presenti, a fare versi come il suo solito quando si trovava con dei bimbi piccoli.

Inizialmente si era trovato spaesato, ma poi il fatto di avere il giardino invaso gli era sembrato divertente, così si era buttato nel mezzo della baraonda, causando le risate di Madeleine e di più di qualche mamma presente. Si era distolto dal suo compito solo quando si era accorto del fatto che non c’era traccia di Owen, da nessuna parte. Aveva raggiunto Irene e le aveva chiesto spiegazioni in merito, la donna gli aveva spiegato che con la sua inseparabile amichetta Yume era andato in camera sua per farle vedere il suo enorme orso nuovo. Dominic aveva ridacchiato prima di commentare:- Tuo figlio ha già capito come va il mondo, se le porta già in camera!-

Ma durante tutto il pomeriggio, il bambino non è che si fosse poi molto inserito con tutti gli altri, e Dominic l’aveva notato, chiedendosi come mai. Certo non che avesse mancato di divertirsi, anche lui aveva fatto il diavolo a quattro con Yume, con cui aveva formato una vera e propria associazione a delinquere volta al compito di spaventarlo. Il loro divertimento maggiore per tutto il tempo era stato quello di scoppiare palloncini nelle sue vicinanze mentre lui chiacchierava con qualcuno, spalleggiati da Madeleine che li istruiva scrupolosamente sul da farsi.

Era successo una volta proprio mentre si era messo finalmente a chiacchierare con Sakumi. Per tutto il pomeriggio si erano guardati da lontano o, meglio, era stata lei a guardarlo, a volte lanciandogli delle occhiate piuttosto profonde. Se ne aveva avuto solo l’impressione, quella giornata era stata chiarificatrice per chiarirsi il dubbio che aveva avuto un paio di giorni prima, quando gli era sembrato che lei volesse flirtare con lui. Subito dopo che si era accorto della cosa, Dominic si era sentito un po’ in imbarazzo che una donna come lei tenesse quell’atteggiamento, ma poi si era seriamente chiesto se la cosa gli dispiaceva. E no, non gli dispiaceva affatto alla fine dei conti.

Il suo tempo successivamente era stato speso proprio nel ricambiare quelli sguardi da lontano, per poi trovare il modo finalmente per avvicinarsi e fare due chiacchiere. Finalmente trovata la situazione adatta, aveva versato in due bicchieri della sangria che Irene aveva preparato per la componente adulta della festa e le era andato incontro, cominciando finalmente a chiacchierare con lei.

Aveva appena scoperto che aveva trentacinque anni, che era divorziata da quattro e che viveva negli Stati Uniti da dieci, quando si era sposata lì con un suo ex collega da cui aveva avuto Yume. Gli disse anche che faceva la mercante d’arte, mestiere che faceva praticamente tutta la sua famiglia dato che suo padre era un antiquario e che aveva una casa d’aste a Fukuoka, in Giappone. Parlandoci aveva capito subito che di cinema non era molto ferrata, un po’ a lui faceva piacere che lei non gli avesse detto che l’aveva visto in qualche film, gli dava come l’idea di essere più anonimo e la cosa era rassicurante sotto certi punti di vista. La conversazione stava andando avanti bene, tra sorrisini e qualche ammiccamento, si stava divertendo finalmente a flirtare anche lui come si deve, almeno fino a che l’ennesimo scoppio appena dietro di lui non l’aveva fatto letteralmente schizzare.

Sakumi aveva riso di gusto alla scena, Dominic non appena si era ripreso le aveva fatto un sorrisino, aveva appoggiato il suo bicchiere sul tavolo vicino e le aveva chiesto:- Mi scusi solo un momento?-

Dopo il ma certamente divertito di lei, Dominic, con aria finto arrabbiata, si era girato alla ricerca delle due piccole pesti, ma soprattutto di Owen. Dopo averlo individuato nascosto dietro a sua madre che lo guardava ridacchiando, gli era andato incontro a passi veloci, il bambino aveva visto bene di scappare.

Stava correndo sul prato antistante ai tavoli, ridacchiando e girandosi indietro per vedere a che distanza rimaneva Dominic rispetto a lui, fino a che non si era avvicinato abbastanza e Owen si era fatto prendere.

- T’ho acchiappato, eh, rospetto delinquente!- gli aveva detto mentre lo sollevava da terra. Stava facendo finta di non farcela a tenerlo, quindi lo stava facendo ciondolare a testa in giù mentre il bambino rideva divertito, mentre gli diceva:- Ora ti butto giù!-

Quando l’aveva rimesso a terra Owen gli si era attaccato al braccio destro come faceva sempre per attirare la sua attenzione, chiedendogli a gran voce:- Ancora, fammelo rifare!-

Irene e Madeleine aveva assistito a tutta la scena, ne stavano ridendo di gusto, quando Dominic aveva messo a terra il bambino si erano avvicinate, Irene si era ripresa Owen e aveva lasciato l’uomo con Madeleine.

- Loro sono dei piccoli delinquenti, ma tu sei la loro degna compare però!- l’aveva bonariamente apostrofata Dominic. La donna aveva riso.

- Mi è sembrato che quella giapponese ti stesse un po’ troppo spogliando con gli occhi, così, sai, ho pensato che ti servisse una scusa per sfuggirle!- aveva scherzato, centrando però il punto.

- E chi ti dice che mi dispiace la cosa?- aveva ribattuto lui.

- Hai capito!- aveva esclamato Madeleine. - Ma sei convinto? Non ti lasciare ingannare dalle apparenze, le giapponesi sembrano tanto carine e delicatine, ma sono le peggiori ninfomani del pianeta, lo sapevi?-

Dominic era scoppiato a ridere. - Potrebbe non dispiacermi nemmeno quello!- aveva aggiunto.

- Allora vai, oppure cercherà un'altra preda!- aveva scherzato ancora, per poi dire: - Va beh che caschi bene in quanto a concorrenza, sopra i sei anni sono tutte donne qui, anche il cane femmina hai!-

Dominic dopo aver riso nuovamente e averla salutata era davvero tornato alla sua occupazione di partenza, ma proprio mentre Sakumi gli stava dicendo quanto l’aveva trovato carino con i bambini Irene l’aveva avvertito che era il momento della torta con conseguente scartamento regali.

Ad Owen era piaciuta da morire la torta Pikachu, aveva soffiato sulle sue quattro candeline e probabilmente aveva espresso un desiderio come la mamma dietro di lui gli aveva consigliato di fare. Erano stati gli unici dieci secondi tristi di Dominic durante quella giornata, aveva per un momento immaginato che tipo di desiderio Owen avrebbe potuto esprimere, ma non era durato di più.

Dopo che tutte queste faccende erano concluse e che quasi tutti i bambini presenti avevano dato un po’ della loro torta a Lilly che l’aveva leccata dai loro piattini di plastica o direttamente dalle loro manine, la festa era praticamente finita e molti degli invitati avevano cominciato ad andarsene. Del resto il sole stava tramontando, erano quasi le otto di sera ed era dalle tre del pomeriggio che quella baraonda stava andando avanti.

Una delle ultime ad andarsene era stata proprio Sakumi, non certo prima di aver chiesto a Dominic se gli andava di vederla una sera. Alla risposta ovviamente affermativa di lui si era fatta dare il suo numero e gli aveva detto che l’avrebbe chiamato, quindi era anche lei tornata a casa. Il tutto ovviamente sotto lo sguardo vigile di Madeleine, che sotto sotto si stava proprio divertendo.

Poco dopo anche lei aveva annunciato che avrebbe chiamato un taxi e sarebbe tornata al suo albergo, Dominic non le aveva permesso di farlo offrendosi di accompagnarla lui stesso.

Irene l’aveva assicurato che non aveva bisogno del suo aiuto per mettere in ordine, Grace era ancora lì e aveva dato disponibilità anche per quelle incombenze.

In macchina non avevano parlato molto, Madeleine aveva semplicemente ringraziato Dominic per la bella giornata, si era divertita da morire a fare combriccola con tutti quei bambini. Lui a dire la verità si era sentito un po’ in colpa per il fatto che forse non era stato abbastanza con lei.

- La prossima volta che ci vediamo ti giuro che passiamo una giornata insieme io e te, mi dispiace che oggi sia andata così.- le aveva detto dopo aver parcheggiato l’auto ed averla accompagnata fino all’entrata dell’albergo.

- Ma stai scherzando tesoro mio, sono io che ti sono piombata a sorpresa e guarda, non poteva andarmi meglio. Ma quant’è carino quel bambino, è davvero un amore!-

- Sì, lo è…- aveva detto Dominic sorridendo. - Lo era anche di più prima che tu lo corrompessi!-

Avevano riso e si erano dati appuntamento alla prossima volta.

Quando era tornato a casa Dominic aveva trovato Lilly sdraiata sulla sua cuccia che dormiva della grossa. Gli venne da ridere, aveva raggiunto Irene e Grace in cucina mentre mettevano in ordine le ultime cose, e aveva indicato alle due donne la sua povera cagnolina:- Me l’hanno sfinita veramente oggi!- aveva commentato, le altre due avevano riso. Quindi si era messo a dare una mano, per quel poco che c’era rimasto ancora da fare.

Quando anche Grace se n’era andata Irene aveva messo a letto un recalcitrante Owen, che per la giornata divertente che aveva appena passato era ancora abbastanza eccitato e non aveva nessuna voglia di andare a dormire, anche se poi aveva dovuto obbedire alla mamma dato che Dominic non lo stava spalleggiando nella sua bizza.

Aspettando che Irene tornasse al piano inferiore si era messo seduto sul divano, aveva acceso distrattamente la televisione si era messo a guardarla, almeno finché la donna non era scesa e l’aveva raggiunto, sedendosi accanto a lui. - Si è addormentato subito, doveva essere stanchissimo…-

Dominic le aveva sorriso. - Anche tu lo sembri.- aveva osservato.

- Non lo sembro, lo sono!- aveva detto sorridendo anche lei. - A proposito… grazie mille.-

Dicendo questo si era avvicinata a Dominic e gli aveva dato un bacio su una guancia, in un gesto molto simile a quello che lei aveva fatto qualche sera prima. - Per il coraggio, per la pazienza e per la bellissima giornata che hai regalato ad Owen… e per Madeleine, è una donna fantastica, mi dispiace che se ne sia andata così presto. Oltre che ad essere molto bella per l’età che ha, che io non le avrei mai dato, è veramente una persona simpaticissima.- aveva detto quindi Irene, continuando ad abbracciare Dominic.

- Di niente, davvero, una delle più belle giornate degli ultimi tempi anche per me, giuro!-

Senza una ragione apparente, almeno per Irene, dopo averle risposto Dominic si era messo a ridere, tanto che la donna si era sciolta dall’abbraccio e l’aveva guardato incuriosita.

- Scusami…- aveva bofonchiato lui. Lo sguardo incuriosito di Irene non andava via.

- E’ che… ti posso confidare un segreto?- aveva detto, non troppo convinto.

- Se credi.- aveva detto Irene, - Stai pur certo che io non andrò a dire niente a nessuno!-

Dominic aveva taciuto per qualche secondo. - Madeleine, insomma… è un uomo…-

Anche Irene era rimasta completamente in silenzio come lui pochi secondi prima, solo che aveva sul viso l’espressione più stupita che Dominic avesse mai visto.

- Lo so, anche io ho fatto quella faccia quando me l’ha detto! Fu un momento fantastico, perché io, assolutamente basito le dissi che finché non la vedevo nuda non ci avrei mai creduto, e lei, con la sua solita verve lo sai che mi ha risposto? Che una signora non va in giro a mostrare il suo organo genitale a chiunque!-

Irene era scoppiata a ridere, con Dominic. Era facile farlo mentre s’immaginava esattamente il tono di voce che Madeleine aveva usato per dire una cosa simile.

- Oh cielo, è troppo bella per essere un… no, assolutamente no, cazzo non è possibile che sia un uomo!- aveva detto.  

Dominic era scoppiato a ridere, non l’aveva mai sentita dire parolacce se non rarissime volte, doveva davvero essere incredula.

- Certo che non si finisce mai di stupirsi nella vita!- aveva commentato Irene infine.

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Capitolo 14
*** Ricordi ***


Nuova pagina 1

Salve a tutti!

Temo che dopo queste note sarò ancora di più tacciata di essere una che se la tira, in ogni modo andrò incontro ai miei rischi tranquilla come una mucca indù, tanto chi è abbastanza sveglio da leggere tra le righe sa che non è così!

Grazie mille del commento Lili, come al solito sei gentilissima! Non hai assolutamente bisogno di scusarti, anzi. Non ti preoccupare perché quello che mi fa piacere non è certo avere necessariamente una recensione a capitolo, me ne basta anche solo una alla fine ma che sia fatta con cognizione di causa, insomma una di quelle che in genere fai tu!

Per quanto riguarda i pochi commenti non mi preoccupo, i numeri sono relativi e francamente mi basta sapere che qualcuno di voi apprezza e mi comprende, cosa che tutti i vostri commenti mi hanno trasmesso. Oltre a te quindi ne approfitto per ringraziare nuovamente persone come Bloody, Claudietta, ma anche Crazy (a proposito aspetto con curiosità il proseguo della tua storia!).

Per il resto pazienza… questa dei commenti poi è una faccenda complicata, per chi non li fa per pigrizia basta leggere quello che io e la sora Moon abbiamo scritto in fondo a Cinycal Vision, concetti su cui non torno perché è inutile ribadirlo. Alla fine ognuno vive come vuole e nessuno ha il diritto di insegnare niente a nessun altro e io mi metto in cima alla lista di chi questo diritto non ce l’ha. L’unica cosa che mi riservo sempre è il diritto di dire la mia perché sono una chiacchierona!

Detto questo, smetto di blaterare… delle mie congetture del resto non frega niente a (quasi) nessuno, vi lascio alla storia che spero sia un po’ più interessante di queste chiacchiere!

Buona lettura a tutti, Mandy

 

 

 

v       Capitolo Tredicesimo - Ricordi

 

Dopo aver appreso quella sconvolgente notizia su Madeleine, Irene non era rimasta per molto a parlare con Dominic. Avrebbe avuto ancora qualcosa da mettere in ordine, ma era esausta dopo quella giornata passata appresso a tutto quello che c’era stato da mettere a punto. Dominic l’aveva spedita a letto anche un po’ con la forza. Il giorno dopo era domenica, la donna delle pulizie la mattina dopo non ci sarebbe stata come invece succedeva ogni mattina, così lui si era offerto di aiutarla.

- Vuoi mettere a posto i mobili da giardino a quest’ora? Non se ne parla nemmeno, vai a dormire, ci pensiamo domattina insieme, dai!- le aveva detto deciso.

A dirla tutta lei non aveva poi questo gran bisogno di essere pregata.

In verità voleva rimanere sveglia perché aspettava una telefonata importante, anzi, sperava che sarebbe stato Dominic ad andare a letto prima di lei, quella di voler finire di riassettare era solo una scusa. Christopher stava tardando, ma lei non se n’era stupita più del dovuto.

Era andata a dormire dopo aver fatto una doccia bollente, Owen intanto riposava tranquillamente. Aveva messo il suo gigantesco orso ai piedi del letto, nella parte che, essendo piccolo, non utilizzava. Irene l’aveva guardato appena per un momento prima di entrare in bagno, illuminato dal fascio di luce che filtrava da quella stanza.

Dopo aver tolto la suoneria al suo cellulare si era stesa sul letto, appoggiandosi il piccolo apparecchio sul ventre, in modo da poter sentire la vibrazione nel caso in cui l’uomo si fosse finalmente deciso a chiamarla come le aveva detto che avrebbe fatto. Già qualche tempo prima le aveva comunicato che voleva assolutamente prendere qualche giorno di ferie a cavallo del compleanno di Owen: comprendere il giorno preciso proprio non era stato possibile, ma forse, almeno così aveva comunicato ad Irene, sarebbe riuscito ad andare negli Stati Uniti per quattro giorni a cavallo del fine settimana successivo. Sarebbe stato pesante affrontare due lunghi voli intercontinentali in pochi giorni, ma era una cosa a cui teneva, e anche ad Irene faceva piacere che lui volesse farlo.

Aveva detto che l’avrebbe chiamata per avvertirla quella sera degli sviluppi di quel progetto, ma poi non si era fatto sentire. Irene aveva provato per un po’ a rimanere sveglia, ma poi si era addormentata.

La mattina seguente si era svegliata con il sole già alto, aveva dedotto che fosse abbastanza tardi vedendo la luce intensa che filtrava dalla tapparella. Si era messa qualcosa addosso ed era scesa, anche quella volta non aveva trovato Owen a dormire, ma non si era preoccupata più del dovuto. Sul cellulare c’erano due chiamate perse. L’aveva ritrovato per terra appena alzata, doveva averlo fatto cadere girandosi, dopo che si era addormentata. Aveva provato subito a richiamare, in Inghilterra doveva essere quasi sera, ma non aveva ottenuto risposta, così aveva finito per darsi della stupida per essersi addormentata. Era l’ultima cosa che razionalmente avrebbe dovuto fare.

Quando era stata al piano inferiore si era resa conto che era quasi mezzogiorno. Di Dominic ed Owen non c’era alcuna traccia in casa, ma le vetrate del soggiorno erano tutte aperte, così Irene si era affacciata fuori, giusto in tempo per vedere Owen e Dominic che giocavano a pallone, con Lilly che cercava di partecipare quando poteva, proprio sul prato dove lei avrebbe in teoria dovuto ritrovare tutto ciò che la notte prima lui non le aveva permesso di rimettere in ordine. Prima che i due la notassero era passato qualche secondo, impegnati com’erano nel gioco.

 

Quando Dominic si era svegliato quella mattina, la prima cosa che aveva avvertito era il caldo. Faceva anche troppo caldo per i suoi gusti, erano appena le nove e si aspettava che almeno a quell’ora si stesse bene. Aveva subito avuto voglia di bere, quindi si era alzato e si era messo qualcosa addosso. Non appena era arrivato in cima alle scale si era trovato davanti Owen sul solito tappeto che ormai era diventato la sua postazione di gioco preferita, con i pastelli e i fogli davanti, Lilly lì vicina a fargli compagnia e l’orso che lui gli aveva regalato. L’unica cosa anomala era che Owen portava addosso solo le mutandine e una maglietta ed era scalzo, il che era davvero strano anche se faceva caldo. L’aveva salutato e si era fermato a vedere cosa stesse disegnando, prima di chiedere dove fosse Irene, dato che non la vedeva.

- Mamma dorme. Stanotte era agitata.- aveva semplicemente detto il bambino.

- Va bene, allora la facciamo dormire, ce la caviamo da soli tanto, no? Siamo ometti in gamba!-

Owen aveva sorriso, quindi Dominic per un po’ si era occupato di lui. Gli aveva dato la colazione dopo averla data a Lilly che sembrava volerla più di lui, quindi l’aveva aiutato a vestirsi, cosa che non era stata facilissima. Non tanto perché Owen avesse un gran bisogno d’aiuto, piuttosto per il fatto che erano dovuti entrare di soppiatto nella stanza dove Irene stava dormendo.

Per fortuna Owen sapeva perfettamente dove cercare le sue cose, tirava fuori dai cassetti i suoi indumenti con una certa sicurezza almeno apparente, se non che poi le puntava verso Dominic aspettando che lui gli dicesse che andava bene. Dato che dovevano fare silenzio attirava la sua attenzione sbracciandosi verso di lui, dato che l’altro, non appena era entrato nella stanza poco illuminata, non era riuscito ad evitare di perdersi a guardare il profilo di Irene che, girata da un lato e coperta per metà dalle lenzuola, sembrava dormire piuttosto profondamente.

Doveva essere davvero stanca la notte precedente, Dominic lo aveva pensato subito, ma anche un altro particolare l’aveva distratto, un ricordo che gli era venuto prepotentemente alla memoria nel vederla dormire. 

Lui aveva quindici anni, lei ventitré, era stato durante una delle solite visite estive di Irene e di sua madre a casa sua a Manchester. Avevano approfittato di una domenica soleggiata per fare una classica gita fuori porta alla quale lui e suo fratello erano stati invitati, ma ovviamente, data la loro età, nessuno si aspettava che ci sarebbero andati.

Matt infatti non aveva voluto rinunciare ad una domenica con i suoi amici per seguire suo padre, sua madre e i loro amici; razionalmente anche Dominic avrebbe speso volentieri quel giorno di sole a giocare a calcetto con la sua compagnia.

Ma quell’occasione era più unica che rara, si sarebbe trattato di passare una giornata intera con Irene. Sua madre, quando lui le aveva detto, fingendo ben poco entusiasmo, che non aveva niente di meglio da fare e che sarebbe andato con loro, l’aveva guardato proprio con l’aria di una che aveva capito che c’era qualcosa sotto, ma di questo particolare lui si era accorto ripensandoci solo qualche anno dopo.

La giornata era stata placida e tranquilla, avevano passeggiato ed erano stati tutto sommato bene. Veramente Dominic si era sentito benissimo, dato che Irene era stata con lui tutto il giorno, ma il momento più bello era stato in macchina, la sera, quando si erano apprestati a tornare a Manchester. Erano rimasti anche a cena fuori per concludere in bellezza la giornata, era tardi quando avevano intrapreso la via del ritorno, sarebbero stati a casa dopo la mezzanotte dato che il viaggio sarebbe durato circa un paio d’ore. 

Per un po’ lui ed Irene, seduti vicini sul sedile posteriore, avevano chiacchierato almeno finché gli sbadigli di lei non si erano fatti frequenti. Ad un certo punto era successo, Irene aveva ammesso di avere sonno, si era stiracchiata appena e poi aveva fatto quella domanda: per uno come lui, un ragazzino alla prima cotta, era stato un momento indimenticabile. Lei aveva appoggiato la testa alla sua spalla e aveva semplicemente chiesto: - Ti do fastidio se sto così?-

Definire la sensazione era difficilissimo, nella sua testa era successo di tutto e di più, comunque era riuscito a dirle un semplice no e a mantenere la sua dignità.

Era rimasta quasi immobile per tutto il viaggio, si era semplicemente appisolata, Dominic era quasi sicuro che non stesse dormendo, ma aveva mantenuto quella posizione per tutto il tempo, senza muoversi nemmeno di un millimetro per non disturbarla. Riusciva a sentire le vibrazioni del suo respiro contro di lui, ovviamente non era quasi mai riuscito a staccare gli occhi dal suo profilo, che poteva scorgere dall’alto: il naso, una nasino fine, dritto, molto carino, esattamente uguale a quello di sua madre; la sua bocca, riusciva a scorgere il suo labbro superiore e si ricordava perfettamente che aveva pensato che gli sarebbe piaciuto passarle una dito sulle labbra, dolcemente, solo per sapere che sensazione si potesse provare a quel contatto; le ciglia che ogni tanto si muovevano impercettibilmente, come mosse da tremito nervoso.

Incredibile come dopo quasi quindici anni Dominic riuscisse ancora a ricordare così vividamente certi particolari. Sapeva che se si fosse potuto mettere a pensare, lì in quel preciso momento, avrebbe anche ricordato l’odore dei suoi capelli e la sensazione strana di sentirla così vicina.

Owen aveva attirato la sua attenzione distogliendolo dall’immagine di Irene quasi quindici anni prima e da quella attuale, che non era affatto meno bella dell’altra in quel momento. Aveva in mano due calzette, una diversa dall’altra. Lui aveva fatto segno di no con la testa, il bambino si era un po’ imbronciato. Dominic gli aveva detto uguali, scandendolo bene con la bocca, Owen aveva cercato ancora un po’ e ne aveva prese un’altra volta due diverse, quindi era andato lui ad aiutarlo.

Dopo, mentre il bambino giocava con il cane in giardino e lui si era messo a rimettere in ordine le sedie di plastica del giorno prima, si era ritrovato a pensare a quel periodo: quei quindici anni passati, a vederli così, sembravano una vita. Si era perso in congetture, pensando a come era stato facile prendersi quella tremenda cotta per una come Irene a quell’epoca.

Proprio in quella giornata che gli era tornata alla memoria c’era la risposta: Irene probabilmente doveva trovarlo carino, nel senso che in genere si da alla parola quando si parla del carattere di qualcuno. Gli parlava spesso, non lo trattava come un bambino e a lui piaceva perché non si sentiva più così mentre tanti lo trattavano come tale, anche se Dominic doveva ammettere che, nei confronti di Irene specialmente, a quei tempi un bambino lo era davvero. Dopo quell’estate però, doveva ammettere di essere molto maturato, questo probabilmente anche grazie a quell’esperienza passata, quel sentimento che aveva provato per lei e che probabilmente, in quel modo, non avrebbe provato mai più per nessun altra.

E poi erano trascorsi gli anni.

Dominic stava mettendo in ordine i mobili da giardino che il giorno precedente erano stati usati per la festa di Owen, il figlio di Irene, che aveva quattro anni. Erano dall’altra parte del mondo, lui era un attore. Quindici anni prima ancora non era certo di volerlo essere. Aveva cominciato a pensare seriamente a laurearsi in arte drammatica solo l’anno successivo, l’estate prima del suo ultimo anno di liceo, dopo aver capito che il corso di teatro era il suo preferito. Irene si era sposata, era una mamma, una professionista affermata nel suo lavoro e aveva un grosso problema di cui non riusciva a parlare, si tormentava continuamente.

Dominic avrebbe tanto voluto vederla sorridere come quando era un ragazzino, quando la scorgeva al telefono con qualche sua amica rimasta a Birmingham: quei sorrisi gli sembravano stupendi, forse perché dietro ad essi chissà quali confidenze e segreti che a lui non era dato di sapere si nascondevano.

Erano la cosa più bella al mondo; erano spensierati, di chi non ha un solo grave problema al mondo.

 

Owen appena aveva visto sua mamma le era corso incontro, Irene si era piegata per arrivare circa alla sua altezza, l’aveva stretto un po’, dandogli dei baci. Dominic invece si era incamminato verso di lei con lentezza.

- Buongiorno.- le aveva detto, per un attimo aveva sentito il suo tono strano. Pensò che gli fosse uscito così per via del filo dei pensieri che l’aveva accompagnato per tutta la mattina.

- Buon pomeriggio, vorrai dire. Scusa se…- aveva cominciato a dire Irene un po’ in ansia.

Dominic l’aveva interrotta immediatamente. - Se stai per cominciare a dirmi la solita sfilza di stupidaggini sul fatto che potresti avermi infastidito, che forse avevo da fare e che hai fatto una cosa che non dovevi fare, ti prego fermati!- aveva scherzato.

Irene aveva risposto al suo sorriso. - Va bene, allora sto zitta! Grazie però te lo dico.-

Dominic non aveva potuto evitare di andarle ancora più vicino, darle un bacio su una guancia e guardarla per un momento sempre sorridendo:- Non c’è di che.- aveva risposto.

Ormai era subentrata una certa confidenza tra loro, quel tipo di affetto non era più strano per nessuno, anzi, probabilmente completava il loro rapporto.

 

***

 

Quel pomeriggio Dominic era stato fuori fino all’ora di cena. Irene gli aveva telefonato proprio per sapere se sarebbe stato a mangiare con lei ed Owen. Se all’inizio aveva pensato che, già che era in giro, poteva sentirsi con qualcuno dei suoi amici e vedere di organizzare una serata con loro cena inclusa, durante quella chiamata era stato naturale dirle che certo, dove altro avrebbe dovuto essere se non con loro a casa?

Poi però, forse perché era destino, Dominic aveva ricevuto una telefonata da uno dei suoi amici, che l’aveva rimproverato di aver saputo del fatto della rottura con Shannyn da un giro di pettegolezzi.

- Certo che ogni tanto ti potresti anche far vedere, che ti sei dato all’ascetismo e ti sei chiuso in casa a meditare sulla tua recente rottura della quale sono venuto a conoscenza addirittura per caso, per inciso?- gli aveva detto Thomas, fingendo di essere arrabbiato.

Quella sera quindi era uscito, tanto per apprendere un po’ di cose che avevano avuto il potere di farlo innervosire, niente di più. A quanto pare le foto di quel concerto, quelle con Shannyn, erano state pubblicate su qualche giornale e giravano su internet. Dominic, che proprio non ci aveva fatto caso in quei giorni preso com’era in ben altre cose, aveva cominciato a prepararsi mentalmente al fatto che la prossima volta che avrebbe avuto a che fare con i giornalisti a qualche uscita pubblica avrebbe dovuto sorbirsi qualche domanda sulla faccenda, e ciò lo rendeva davvero felicissimo… Tra quello e una ginocchiata in mezzo alle gambe avrebbe avuto qualche dubbio di scelta, il che era tutto dire.

Per il resto si era divertito, aveva visto gente, si era distratto, ma non al punto di uscire da quello stato di torpore in cui era stato praticamente tutto il giorno. Il suo pensiero, inspiegabilmente, era stato tutto rivolto verso Irene ed Owen.

Per uno strano caso del destino, per un momento in cui si era finalmente distratto, la sua attenzione era stata catturata da una biondina niente male che si era fermata a chiacchierare con delle persone in piedi poco distante dal suo tavolo. Non era vestita in modo molto provocante, Dominic doveva ammettere che era vestita in modo intelligente: lasciava vedere che era piuttosto carina, ma con classe. Quando si era alzato per andare a prendersi da bere al bancone, tanto per fare un giretto, gli era venuto naturale passare dalle sue parti, gli era anche venuto naturale, fingendo indifferenza, urtlarla per passare e chiederle scusa per averlo fatto.

- Dominic, sei tu!- si era sentito dire, quando lui si era già girato per andare oltre.

Si era voltato nella sua direzione e l’aveva guardata, stupendosi di vederla lì dato che, per quello che aveva capito di lei, non si aspettava di trovarla in un posto simile. Non sembrava il suo standard, tutto qui, ma forse si sbagliava.

- Grace, ciao! Non ti avevo riconosciuta…- aveva detto dopo averle sorriso.

- Mi fa piacere vederti… non che sia tanto che non ci vediamo, ma così è diverso.- gli aveva detto lei girandosi nella sua direzione del tutto e dando le spalle ad altre due ragazze e un ragazzo.

Le ragazze, Dominic aveva potuto notarlo con la coda dell’occhio, si erano scambiate un commento e avevano sorriso, questo aveva avuto il potere di metterlo in ansia.

- Eh sì, diverso davvero.- aveva commentato di rimando, non sapendo che dire.

- Io sono qui con delle amiche.- aveva continuato Grace, indicando le due ragazze che erano rimaste dietro di lei. Dominic aveva sorriso loro e le aveva salutate con un cenno della mano.

Grace continuava a sorridergli, lui a sorridere a lei, guardandola anche un po’ incuriosito: come aveva notato subito non è che avesse qualcosa di volutamente provocante, però se si andava nel particolare c’era qualcosa che lo stava attirando e molto, non riusciva a spiegarsi cosa. Non ci aveva nemmeno pensato razionalmente, però, anche forse per togliersi semplicemente da quel momento imbarazzante anche a causa delle altre due, le aveva fatto quella proposta. - Bevi qualcosa con me?-

Grace aveva accettato, si era girata verso le sue amiche e aveva detto loro che si allontanava per un attimo, poi l’aveva seguito verso il bancone del bar. Una cosa che continuava a notare Dominic era che Grace ripeteva il suo nome in continuazione. Insomma stava parlando con lui, non c’era bisogno che quasi in ogni frase che pronunciava mettesse il suo nome, come per rimarcare che a lui erano dirette le sue domande e i suoi commenti. Però gli piaceva, lo faceva sentire considerato.

Certo lei continuava ad essere abbastanza tesa con lui, stava sempre attenta a quello che diceva e continuava a mettersi la mano davanti alla bocca quando rideva. Eppure, a dirla tutta, Dominic non l’aveva trovato affatto spiacevole il suo atteggiamento, anzi. Era tutto un insieme di cose che gli erano piaciute parecchio di lei quella sera, in quel momento in particolare alcune le aveva trovate anche affascinanti.

Quando dopo aver bevuto erano tornati ognuno dalla propria compagnia, si erano ripromessi di salutarsi a fine serata, poi dopo qualche minuto che era tornato al suo tavolo Dominic si era perso a pensare ad una cosa che di primo acchito poteva risultare curiosa in una serata partita in quel modo: l’unica cosa che aveva attirato la sua attenzione quella sera era qualcosa che con Irene ed Owen aveva a che fare, forse era un segno del destino, quella giornata era andata così.

Era rimasto lì ancora per un po’ a scambiare due chiacchiere, poi aveva deciso di tornare a casa. Proprio mentre pensava di salutare tutti fra pochi minuti, Grace gli era andata incontro, evidentemente lei l’aveva bruciato sul tempo di poco.

- Credo di essere io la prima ad andarmene Dominic…- gli aveva detto, quasi a giustificarsi del fatto che forse lo aveva disturbato andando al suo tavolo.

- Stavo pensando di andarmene anch’io per la verità.- gli aveva risposto. Qualcuno che era al tavolo con lui, che ovviamente ignorava il fatto che lui l’avesse effettivamente pensato, l’aveva guardato con un’espressione in faccia che la diceva lunga.

- Ah…- aveva commentato Grace. - Io vado, mi stanno aspettando.-

Non che Dominic volesse farlo davvero, ma si era limitato a prendere la giacca che aveva appoggiato sulla sedia su cui era stato seduto fino a quel momento e, dopo aver salutato la sua compagnia, aveva detto a Grace che stava uscendo anche lui.

Come poi se l’era ritrovata in macchina non lo sapeva bene nemmeno Dominic stesso. I soliti convenevoli supponeva: lei era in macchina con le sue amiche, che però avevano un problema di distanze a quello che avevano detto. Era venuto spontaneo chiederle se voleva un passaggio, dopo aver saputo in che zona lei abitasse, che per lui era di strada, le aveva detto che non c’era nessun problema. Aveva addirittura un po’ insistito, perché aveva avuto come la sensazione che lei, come era solita fare, stesse rifiutando solo per timidezza. Era bastato poco infatti per convincerla.

Erano stati per qualche secondo in silenzio durante il tragitto, era un po’ imbarazzante la situazione, così Dominic le aveva fatto la prima domanda che gli era venuta in mente. Forse avrebbe potuto tacciarlo di banalità, ma non che in quel momento gli venisse in mente molto altro.

- Allora tu studi…- aveva cominciato.

- Scienze dell’infanzia, pedagogia, all’università della California.-

- Quindi con Owen diciamo che giochi in casa.- aveva commentato Dominic, sorridendo ma non staccando gli occhi dalla strada.

Anche lei aveva sorriso. - Beh, sì… mi sto per laureare, a luglio.-

- Complimenti allora.-

- Grazie.-

A Dominic sembrava assurdo che ci fosse un clima così teso tra loro, i suoi dubbi erano su per giù sempre gli stessi mentre facevano silenzio e lui continuava a fingersi abbastanza occupato alla guida. Ma era lui a sortire quest’effetto in lei? Credeva proprio di no, per questo il tutto gli risultava piuttosto pesante.

Non aveva potuto fare a meno di chiederle qualcosa in proposito quando si era fermato, accostando accanto al marciapiede della casa che lei gli aveva indicato.

- Ma ti metto così tanto a disagio? No, perché volevo dirti che se ho fatto o detto qualcosa che ti ha messa in imbarazzo, non era mia intenzione davvero …-

- No, no, tu Dominic non hai mai fatto o detto assolutamente niente di sbagliato, dico sul serio.- si era affrettata a rispondergli Grace, interrompendolo. - Sei molto carino Dominic, sempre.-

C’era stato qualche secondo di silenzio prima che lui riuscisse a parlare, sempre facendo caso al fatto che Grace ripeteva il suo nome continuamente. - Meno male, sai pensavo il peggio. Anche perché, insomma, non ci sono nemmeno tanti anni fra noi, io ne sto per compiere trenta, ma non credo ci siano tanti anni…-

Anche stavolta Grace l’aveva interrotto. - Sei anni, otto mesi e quattro giorni, tu sei nato l’otto dicembre del settantasei e io il dodici luglio dell’ottantatre.-

Grace immediatamente si era resa conto di averlo detto a voce alta ed era ammutolita, Dominic invece aveva trattenuto a stento una risatina che gli era venuta spontanea.

- Precisamente.- aveva commentato. Quelle del resto erano comunemente risapute, non troppo comune era che lei si fosse messa a contare esattamente quanti anni, giorni e mesi li separassero.

- Allora grazie di tutto. Buonanotte.- aveva detto Grace prima di uscire.

- Figurati, a presto.-

Dopo aver aspettato che fosse entrata in casa era ripartito, non aveva potuto evitare a quel punto di ripensarci e ridacchiare da solo dell’accaduto.

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Capitolo 15
*** Visite annunciate ***


Nuova pagina 1

Buona sera!

Porca miseria quanto sono pallosa.

Vi giuro che non volevo scatenare nessuna polemica, anzi… quindi scusatemi tanto se vi ho rotto le scatole inutilmente, ogni tanto divento logorroica: comprendetemi, ognuno c’ha le sue!

Grazie mille Bloody, mi fa piacere che la mia storia continui a piacerti. Vero che la storia del ripetere tanto il nome del proprio interlocutore funziona? L’ho notato personalmente, ma non aggiungo altro, se mai lo farò più in là perché se no vi dovrei dire che succede fra qualche capitolo. Per i virus informatici posso farci ben poco, intanto ti faccio un grande in bocca al lupo per la tesi, sappi che capisco come devi essere tesa in questo momento: non so quando andrai a laurearti, ma ti dico che mia sorella si è laureata il mese scorso e vedendo come stava lei prima, che solitamente è una tipa tranquillissima… vabbè, bando alle ciance, spero che quest’influenza stronzissima che gira quest’anno non ti colga, o che ti passi presto.

Così anche a Lili il raffreddore, ovvio! Mi fa piacere che tu abbia apprezzato particolarmente la scena dei ricordi, è un episodio su cui mi sono soffermata parecchio perché doveva trasmettere certi particolari che spero si cogliessero. Grazie mille per avermi fatto sapere che ne pensate signorine!

Come al solito, che logorroica…

Buona lettura dalla sempre più rompiscatole Mandy!

 

v       Capitolo Quattordicesimo - Visite annunciate

 

Dominic quel lunedì era rientrato nel tardo pomeriggio. Aveva appena aperto la porta di casa ed era entrato, stava togliendo la chiave dalla toppa quando Owen era arrivato di soppiatto e gli si era abbarbicato alla gamba destra sedendosi sul suo piede. In verità Dominic l’aveva scorto mentre stava nascosto dietro alla pianta che era nell’ingresso, ma aveva fatto finta di non vederlo in modo da non bloccare la sua evidente iniziativa di fargli un dispetto spaventandolo.

- Aiuto, ho una scimmia attaccata alla gamba! Qualcuno mi aiuti!- aveva gridato lui mentre chiudeva la porta, facendo finta di essere spaventato. Owen se la rideva intanto e, soprattutto, non dava alcun segno di voler lasciare la presa. Dominic aveva abbassato lo sguardo su di lui.

- Quali sono le tue intenzioni scimmietta? Pensi che mi restituirai la gamba?-

Owen aveva fatto segno di no con la testa mentre Grace, che evidentemente l’aveva riportato a casa dopo l’asilo, si era affacciata dal soggiorno e aveva sorriso vedendo la scena.

- Non mi molli eh?- aveva aggiunto Dominic. - E allora rimani lì!-

Non senza una certa difficoltà Dominic aveva cominciato a camminare verso il soggiorno, così aveva scorto Grace che li guardava.

- Ciao,- le aveva detto, - visto, ho una scimmietta appiccicata nemmeno fossi una banana gigante!-

Grace aveva sorriso, quindi aveva risposto al saluto, mentre lui la sorpassava lentamente entrando nel soggiorno sempre con Owen appiccicato alla sua gamba, che ridacchiava soddisfatto.

Dato che davvero non accennava a staccarsi, Dominic, fatti ancora tre passi verso il divano, si era chinato e aveva tentato di staccarselo di dosso prendendolo da sotto le ascelle, nell’intento di sollevarlo, ma Owen gli stringeva con decisione la gamba con le braccia e le gambe. Dopo un po’ Dominic aveva capito che non sarebbe mai riuscito nell’intento, data quella posizione scomoda che doveva tenere.

Il bambino continuava a sghignazzare furbetto.

- Ridi? Delinquente…- gli aveva detto guardandolo in modo finto minaccioso. - Vuoi la guerra? E io t’accontento!- aveva aggiunto un secondo prima di cominciare a fargli il solletico.

Owen per un po’ aveva cercato di resistere, ma alla fine si era dovuto difendere: aveva lasciato la presa con le braccia e si era sdraiato per terra cercando di evitare che Dominic gli facesse il solletico.

Quando si era staccato del tutto allora Dominic lo aveva preso di peso sollevandolo da terra, se l’era messo in braccio, cominciando poi a fargli le pernacchie sul collo, scatenando le sue risate.

Sempre tenendolo in braccio poi si era informato su come fosse andata la sua giornata, Owen gli aveva parlato ovviamente di Yume e di ciò che avevano fatto insieme, almeno finché non si era presentata Lilly che aveva abbaiato decisa per far sentire la sua presenza e come per dire che anche lei voleva qualche attenzione.

Per quella volta le avevano risparmiato il giochetto per farla ingelosire, si erano messi entrambi ad accarezzarla, mentre la cagnetta cercava di distribuire generose leccate ad entrambi.

Grace si era goduta tutta la scena, fortunatamente per lei Dominic era troppo occupato nei passatempi suoi e di Owen per notare le sue reazioni e le sue espressioni davanti a ciò che vedeva.

Non che Dominic non ci potesse arrivare già per quello che era successo la sera prima, ma di certo non si aspettava minimamente che Grace si fosse presa una vera e propria cotta: in verità pensava semplicemente che fosse una sua ammiratrice, l’aveva pensato subito non appena l’aveva conosciuta, ma la cosa non lo disturbava più del dovuto. Grace era una ragazza educata e gentile, inoltre sapeva stare al posto suo, il che era una qualità estremamente apprezzabile nell’ottica di Dominic.

Invece le cose erano sensibilmente diverse, anche se Grace stava tentando di evitarlo non ne aveva proprio potuto fare a meno. E’ che a lei un po’ era sempre piaciuto, anche quando lo conosceva solo come l’attore, poi si era ritrovata a fare i conti con una persona reale, che le piaceva davvero. Quello che le metteva del disappunto addosso era che non sapeva proprio come comportarsi, ed era tutto un darsi della stupida. Insomma, non avrebbe dovuto provarci, non era professionale da parte sua, anche se Dominic non era il padre di Owen e non aveva niente a che fare con lui. Quando gliel’aveva chiesto infatti, del rapporto che c’era tra lui e il bambino, era stato per un motivo ben preciso. Dapprima era stata felice di apprendere che non c’era alcun legame, ma poi la razionalità le aveva detto che era sbagliato, anche se non era riuscita ad impedirsi di provare un’attrazione sia romantica che prettamente fisica per lui. Ciò si era esplicato in varie situazioni in cui, senza volerlo e in fondo molto blandamente, gli aveva fatto gli occhi dolci, e in occasioni come per esempio il giorno del compleanno di Owen, quando aveva detto ad Irene che si sarebbe occupata volentieri di far giocare i bambini presenti alla festa per tutto il giorno.  Aveva pensato che, anche se probabilmente Dominic non l’avrebbe considerata per niente o quasi, era un’occasione per stare una giornata nelle sue vicinanze. Intanto ne aveva fatta anche una peggiore volendo, ovvero aveva obbligato le sue amiche nelle loro uscite serali ad andare sempre in quel locale che sapeva che lui frequentava spesso. L’aveva appreso per caso, una volta che aveva sentito involontariamente una sua conversazione telefonica.

Si diceva che non avrebbe dovuto per vari motivi: il primo era che non era bello ascoltare i fatti suoi, anche se la sua colpa era stata solo di essersi trovata vicina a lui nel momento giusto, e poi che non doveva crogiolarsi in certi pensieri, non era giusto e non era professionale.

Ma la sera prima, quando l’aveva visto finalmente, aveva sentito i suoi battiti cardiaci aumentare. Quando si era alzato nella sua mente si era ingaggiata una vera e propria battaglia tra una vocina che le diceva smettila di pensare alle sue mani che s’infilano sotto la tua camicetta, e un’altra che invece ripeteva come un disco rotto ti prego Dio fa che si avvicini

Poi era successo che lui addirittura l’aveva urtata dandole l’occasione perfetta per girarsi e parlargli. Peccato che, nonostante la serata fosse andata bene, lei aveva rovinato tutto con la sua ansia. Aveva fatto quella figura pessima nella sua macchina, chissà che cosa pensava Dominic di lei adesso. Non l’avrebbe biasimato se l’avesse considerata una cretina.

Intanto più lo guardava giocare con Owen e più le cose peggioravano, nella sua testa stava pensando che era così carino con il bambino e che fosse anche allo stesso tempo dannatamente sexy tanto da pensare che se si fosse avvicinato per prenderla di peso e buttarla su quel divano non molto distante, per lei sarebbe stato assolutamente normale, anzi, si poteva ben dire che non aspettasse altro. Non che fosse poi bellissimo Dominic, ma era il modo in cui si muoveva, come la guardava…

Grace aveva scosso la testa violentemente per scacciare le visioni che le avevano invaso la mente, appena in tempo per vedere Dominic lasciare Owen con il cane, alzarsi da terra e guardarla, per poi sorriderle.

Ecco, adesso posso anche sciogliermi come un ghiacciolo sotto il sole del deserto… aveva pensato Grace, che aveva tentato di rispondere a quel sorriso sorridendogli a sua volta.

- Come va?- aveva chiesto lui andando verso di lei.

- Bene.- aveva ribattuto la ragazza. Poi si era ricordata che la mamma di una compagna di asilo di Owen le aveva consegnato una busta da dare a lui o ad Irene, così si era tolta dall’imbarazzo di non sapere cosa dire. Grace era andata a prendere la borsa che aveva lasciato in cucina e l’aveva tirata fuori.

- La mamma di quella bambina giapponese che va all’asilo con Owen mi ha dato questa oggi all’uscita, per voi.- aveva detto porgendola a Dominic, che l’aveva presa dalle sue mani dicendole grazie e guardando subito cosa ci fosse scritto sulla busta. Sopra c’era scritto per Irene, Owen e Dominic.

Il fatto che fosse di Sakumi per Dominic era decisamente un particolare da non sottovalutare, anche se sapeva che se era sia per lui che per gli altri non poteva essere niente di particolare. Con una certa curiosità comunque l’aveva aperta e aveva visto che era un cd, con un biglietto che diceva: Dato che non so quando avrò il piacere di rivedervi all’uscita dell’asilo, vi mando le foto che ho scattato l’altro giorno. Grazie mille per la bella giornata da parte mia e di Yume, baci e spero a presto, Sakumi.

Dominic aveva pensato immediatamente che quell’ipotesi di vedersi presto dipendeva da lei più che da lui, dato che Sakumi si era presa il suo numero ma non gli aveva lasciato un suo recapito. In effetti Dominic era ansioso che lei lo contattasse, ci aveva pensato durante la giornata della domenica. Quella donna lo intrigava e non poco.

- Che carina, è un cd con le foto del compleanno. L’avevo vista armeggiare parecchio con la sua macchinetta… ad Irene farà piacere, lei ha scordato la sua in Inghilterra e io con la mia alla fine non ne ho fatte molte.- aveva detto a Grace rendendola partecipe della cosa.

Era curioso, così si era apprestato ad accendere il suo computer. Prima di andare al piano superiore nella stanza dove l’aveva messo aveva chiamato Owen per chiedergli se voleva vederle anche lui. Alla risposta affermativa del bambino che gli era andato incontro aveva cominciato a salire le scale. A metà rampa, accorgendosi che Grace non li stava seguendo, si era voltato verso di lei.

- Non vieni?- le aveva chiesto.

Grace gli aveva sorriso imbarazzata, Dominic non aveva avuto bisogno che dicesse niente.

- Dai vieni, basta che non ti metti a ridere, non sono un granché con il computer!- aveva scherzato, quindi non si era mosso fino a che lei non era arrivata all’altezza che lui aveva raggiunto sulle scale. Inutile dire che si era sentita un fascio di nervi quando lui, gentilmente e in un gesto che era insieme castissimo ma altamente fraintendibile per una nelle condizioni di Grace, le aveva appoggiato una mano lievemente sulla scapola sinistra per farle strada.

Era una camera da letto quella dove Dominic teneva il computer, solo che se si escludeva il tavolo con il pc la stanza era del tutto spoglia. Sul letto c’era un copri materasso, davanti al tavolo c’erano due sedie e un armadio contro la parete opposta a dove era il tavolo, tutto lì. Dominic aveva acceso il computer mentre aveva invitato Grace a sedersi, quindi si era seduto anche lui sulla seggiola rimasta libera prendendosi in braccio Owen.

Non sapeva perché, ma dopo un po’ si era interrogato sul particolare che aveva notato a mano a mano che lo slide show andava avanti. Le foto erano molte, Sakumi ne aveva scattate davvero tante, particolare lampante per Dominic era stato che le foto dove lui non c’era erano davvero poche. Ce n’era anche una dove era solo, per di più era anche bella. Sakumi aveva ripreso diverse immagini di quando lui aveva preso Owen in braccio ciondolandolo con la testa in giù come bonaria rappresaglia ai suoi dispetti, poi aveva fatto un filmato, di pochi secondi e muto come si possono fare con le macchinette digitali, del momento della torta, quando Owen aveva spento le candeline.

Grace aveva anche apprezzato il fatto che ce ne fosse una dove lei era con Owen e Yume, e dietro di loro, immancabile, c’era anche Dominic. Aveva detto che le sarebbe piaciuto averla, Dominic quindi le aveva chiesto la sua e-mail.

- Così te la posso mandare, non mi costa niente, davvero.-

Non era come se le avesse chiesto il numero di telefono, ma non era male nemmeno quello, non ci aveva pensato nemmeno un secondo, dopo che erano usciti da quella stanza, a scrivergli il suo indirizzo di posta elettronica sul primo foglio utile che aveva trovato.

Quando era rientrata Irene, Dominic avrebbe voluto dirle immediatamente del fatto che Sakumi aveva mandato loro quel cd, ma lei, dopo aver salutato Owen, era andata verso di lui con un’espressione piuttosto felice sul viso, tanto che Dominic aveva intuito subito che c’era qualche bella notizia in arrivo.

- A differenza dell’espressione che ho, ho due notizie da darti, ed una è brutta, quale vuoi per prima?- gli aveva chiesto la donna. Dominic aveva optato per la brutta.

- Sono passata all’appartamento e ci vorranno ancora due settimane abbondanti, una ventina di giorni anche, io credevo di poter togliere il disturbo in pochi giorni ancora e invece temo che rimarremo accampati qui ancora per un po’.-

Dominic aveva riso. - Se questa è la brutta notizia l’altra deve essere strepitosa!- aveva commentato allegro. - Per quello che mi riguarda è una notizia bellissima questa!-

Irene gli aveva sorriso, ma non aveva detto niente. - Allora passo all’altra… ho passato gli esami, sono ufficialmente un avvocato attivamente impegnato nella ricerca della giustizia nel grande e democratico stato della California, che Dio benedica l’America!- aveva concluso Irene scherzando per frasi fatte.

Non appena si era accorta che Grace doveva aver sentito i suoi bonari commenti, l’aveva guardata sentendosi un po’ in colpa. - Senza offesa, scusami, stavo solo scherzando!-

Dominic aveva ridacchiato. - E’ solo un po’ di sano e cinico senso dello humour inglese, lo capiamo solo tra noi! Niente di personale, ovvio!-

Grace aveva sorriso ad entrambi. - Non vi preoccupate. Sono contenta per te Irene, davvero.- aveva ribattuto la ragazza, complimentandosi con la donna.

Grace se n’era andata poco dopo, Dominic quando era stata sulla porta le aveva detto che le avrebbe mandato quell’e-mail quanto prima, lei gli aveva rivolto un sorrisino imbarazzato, dopo il quale lui aveva pensato ci risiamo…

 

***

 

Irene, seduta sul gradino di cotto dove lei e Dominic avevano preso l’abitudine di chiacchierare la sera, stava aspettando che lui tornasse dalla cucina, dove si era diretto a prendere qualcosa da bere dopo averle chiesto cosa volesse. I piani erano per una birra, ma lui era tornato pochi secondi dopo con due bicchieri e una bottiglia di champagne. Irene vedendolo l’aveva guardato incuriosita.

- La birra mi sembrava un po’ poco per festeggiare l’esame e anche le prossime due settimane!-

Lei aveva riso. - Il solito esagerato!- aveva commentato, mentre Dominic si accingeva a stappare la bottiglia. Lo scoppio del tappo aveva fatto accorrere Lilly che fino a quel momento era rimasta a sonnecchiare sulla sua cuccia in salotto.

Dopo aver riempito i bicchieri e aver fatto sedere Lilly vicino a lui, Dominic aveva messo sul viso un’espressione ridicola e aveva fatto per schiarirsi la voce.

- Mh… allora…- aveva cominciato a dire tenendo il bicchiere in alto, - Propongo un brindisi per un grande avvocato attivamente impegnato nella ricerca della giustizia nel meraviglioso, grande e democratico stato della California! Che Dio benedica l’America!-

Irene era scoppiata a ridere, Dominic anche. - Certo ho fatto una bella figura di merda! Insomma, nemmeno non l’avessi saputo che Grace doveva essere in casa, solo che mi era proprio passato di mente.- aveva commentato.

- Che vuoi che sia, c’è di peggio!- aveva ribattuto Dominic.

Avevano cominciato a bere dopo aver smesso di ridacchiare, quindi si erano persi ognuno nelle proprie congetture, guardando fissi davanti a loro, verso il giardino immerso nell’oscurità, rischiarata appena dalle luci che filtravano dalle vetrate del soggiorno. Irene aveva rotto il silenzio pochi secondi dopo.

- Venerdì arriverà Christopher, è riuscito a prendersi tre giorni di ferie. Avrebbe voluto essere qui per il compleanno di Owen, ma era proprio impossibile. Pensare che lavora in proprio perché non sopporta le costrizioni, ma a volte è peggio, tutte le responsabilità sono sue.- aveva concluso sorridendo.

- Che lavoro fa?- aveva chiesto Dominic.

- L’architetto.-

- Senti, viene a stare qui… no, perché non c’è nessun problema, davvero…- aveva chiesto lui pensando che forse Irene non gliel’avesse chiesto per discrezione.

- No, non ti preoccupare, non c’è bisogno, ha già pensato sia al volo che alla sistemazione.- aveva risposto prontamente lei, ma con un tono ed un’espressione sul viso che sembrava voler dire che non aveva nessuna voglia di parlare di quell’argomento. Dominic qualche altro dubbio l’aveva avuto in proposito, ma aveva preferito tergiversare sull’argomento cambiandolo radicalmente. La prima cosa che gli era venuta in mente come argomento di conversazione, chissà come mai, era stata Sakumi.

Quando Irene aveva saputo del cd le aveva telefonato per ringraziarla, così lui aveva avuto occasione di parlarle, dato che Irene gli aveva passato il telefono. Dopo i saluti e il suo commento su quanto fossero belle, Sakumi si era subito informata se lui avesse notato quel piccolo particolare che sì, decisamente lui aveva notato. Lei in risposta gli aveva detto che lo ispirava. Aveva concluso la chiamata con un credo che ti chiamerò molto presto, Dominic a sua volta le aveva risposto che non vedeva l’ora. Insomma, era un tipo deciso quella donna, non ci stava girando intorno nemmeno un po’, e questo, inutile negarlo, a lui piaceva molto.

Non che ci fosse niente di male, ma non era riuscito a dirlo ad Irene che c’era questo flirt in atto, era come se si sentisse un po’ in soggezione nel pensare che lei conosceva abbastanza bene Sakumi. Lui non poteva saperlo, ma l’aveva intuito che si trovavano bene insieme, comunque era stata Irene stessa a parlargliene, proprio quella sera. La trovava simpatica, erano uscite qualche volta insieme quando capitava che entrambe avessero la mattinata libera e Sakumi l’aveva aiutata ad orientarsi un po’ a Los Angeles, il che doveva dire che fosse stato davvero utile.

Avevano ricominciato a parlare delle foto, poi, non sapevano come, di foto in foto, Dominic aveva raccontato ad Irene del fatto che in giro giravano quelle dannate foto sue con Shannyn.

- Ovviamente hanno rotto le scatole anche stavolta, l’altro pomeriggio ero all’inaugurazione di una mostra di una stilista, già l’occasione non era, come dire, propriamente una meraviglia, poi mi hanno chiesto subito che legame c’è tra me e lei.- si era fermato un momento riferendosi ai giornalisti presenti a quell’occasione mondana e aveva ridacchiato. - Che cosa s’aspettavano che dicessi poi, che m’ha fatto becco e me quindi me la sono tolta di mezzo? Anche loro, tanto lo sanno che non mi scucirei mai su una cosa simile, e pare anche che la gente sia contenta, mantiene un alone di mistero, almeno così sostiene il mio agente. Che banda di rompipalle tra tutti!- aveva concluso con una risatina.

- Per un momento ho pensato che avessi detto davvero una cosa simile!- aveva detto Irene ridacchiando, - mi sono quasi spaventata!-

- No, figurati… la risposta tipo, quando ti chiedono cosa c’è tra te una donna è sempre è un’amica. Tipo disco rotto… cosa c’è tra lei e, e io subito, è un’amica, tipo riflesso incondizionato! Funziona così, per Shannyn invece ho detto una conoscente, nient’altro. Amica era davvero troppo, non ce la facevo!-

Avevano riso mentre Dominic riempiva per la terza volta il bicchiere di entrambi, poi aveva leggermente alzato il braccio. - Dopo questo brindisi giù tutto d’un fiato, mi raccomando.-

- Ma che vuoi farmi ubriacare? Non ce la faccio tutto d’un fiato!- si era lamentata Irene.

- Ma sì che ce la fai, dai, fai tante battute ma poi che inglese sei se ti basta così poco!- aveva commentato Dominic, andando poi a fare il brindisi. - Alle mie corna!- aveva esclamato, per poi svuotare il suo bicchiere. Irene invece di bere era scoppiata a ridere.

- Non credere di passarla liscia! Forza, dai, tutto giù e non farti pregare!- le aveva intimato Dominic continuando il suo monologo, mentre lei rideva.

Irene aveva provato ad esimersi, ma non ce l’aveva fatta, alla fine aveva dovuto buttare tutto giù d’un fiato come lui aveva già fatto.

- Adesso, ufficialmente, sto per ubriacarmi! Io non lo reggo per niente l’alcool!- aveva detto Irene dopo.

- Davvero?- aveva chiesto Dominic sorpreso, la donna aveva semplicemente annuito, rimanendo per un po’ in silenzio. - Però sono contenta che non te la sei presa quasi per niente, sai, per una così non ne vale proprio la pena.-

Dominic aveva in pochi secondi del tutto abbandonato il sorriso che aveva avuto dipinto sul volto fino a quel momento, anche lui ci aveva messo qualche secondo prima di rispondere alla donna, e l’aveva fatto in un modo che Irene non si aspettava, ma che in realtà avrebbe dovuto aspettarsi riflettendoci.

- Questo è quello di cui vorrei convincermi, che non me ne frega nulla, ma ti assicuro che non c’è niente di più lontano da questo. Non è solo perché certe cose ti colpiscono nell’orgoglio, anche se ovviamente mi sento molto offeso dal gesto in sé. Il problema è che lo sai, io speravo in qualcosa di diverso, magari d’importante. Mi distraggo, questo sì, ma ci sono sempre quei cinque minuti nell’arco delle mie giornate, anche più di quei cinque in verità, in cui ci penso e sto male, ma poi cerco di ragionare esattamente come te. Mi è andata male, ok, ma ricomincerò ancora una volta. Come sempre del resto.-

- Sarebbe strano certo che la cosa non ti avesse toccato, però mi sembra che tu abbia reagito bene.- aveva cercato di dire Irene, per confortarlo un po’. Dominic aveva sorriso prima al gradino che stava sotto a quello dove era seduto, poi l’aveva guardata.

- La forza dell’abitudine.- aveva detto.

Irene non aveva detto niente stavolta, non avrebbe saputo proprio cosa dirgli, era evidente che Shannyn era solo l’ultima delle sue storie andate a finire male e non se l’era sentita di dirgli altro. Dominic però, proprio perché si era reso conto di aver cominciato un brutto discorso, aveva subito smorzato i toni.

- Il mio problema comunque, fondamentalmente è sempre uno: io le donne, per quanto mi sforzo, non riuscirò mai a capirle. Se sei gentile e cerchi di fare il galante stai pur sicura che trovi la femminista incallita che ti manda a cagare perché non la tratti alla pari, se invece non lo fai si chiedono dove sia finita la galanteria, poi avete dei processi mentali troppo complicati, io non ce la faccio a starvi dietro, davvero! Mi sa che è proprio vero che veniamo noi da Marte e voi da Venere, perché non trovo altra spiegazione… ogni tanto penso a qualche mio amico fidanzato da anni che va d’amore e d’accordo con la sua donna e ti giuro che non me lo so spiegare! Cacchio, prestatemi quell’accidenti di vocabolario di venusiano, vi prego!- aveva cominciato a dire.

Irene aveva riso sentendolo, Dominic aveva continuato dopo qualche secondo.

- Anche se in verità anche loro dicono che ogni tanto fanno una bella fatica. Insomma Irene, dimmelo tu… ma che volete voi donne, vi preghiamo in ginocchio, io per tutto il genere maschile, fatecelo sapere!-

- Non è che anche capire voi sia chiaro, non credere!- aveva ribattuto la donna.

Dominic intanto aveva riempito ancora una volta i bicchieri, e Irene non aveva fatto rimostranze, giustificandosi con il fatto che tanto ormai il danno era fatto.

- Al Venusiano!- aveva detto Dominic, - Tanto noi marziani non possiamo fare a meno di cercare di capirvi e continueremo, metafora adattissima al mio caso, a scornarci per la causa!-

Irene aveva tirato su il suo bicchiere ridendo per ciò che Dominic aveva detto. - Concordo, cambio solo che noi cerchiamo di capire il marziano e non è una cosa più semplice!-

L’atmosfera si era fatta rilassata, avevano continuato a ridere e a fare battute fino a che la bottiglia di champagne non era finita.

La mattina dopo il biglietto di Irene recitava: HO MAL DI TESTA! Ma lo rifarei! Bel modo di cominciare la mia attività di avvocato attivamente impegnato nella ricerca della giustizia nel grande e democratico stato della California! Viva l’America! Passa una buona giornata, Irene.

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Capitolo 16
*** Cadute ***


Nuova pagina 1

Salve a tutti!

Grazie mille a chi continua a seguirmi, soprattutto a Lili e Claudietta per il commento.

Intanto mi faccio il fine settimana lungo, così vi do il tempo di leggere se sono andata troppo veloce.

Alla prossima settimana!

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Quindicesimo - Cadute

 

Durante quelle giornate Owen girava spesso per casa portandosi appresso l’orso che Dominic gli aveva regalato. Era davvero grande rispetto al bambino, per lui non era facile trasportarlo, specialmente da un piano all’altro. In genere erano sua madre o Dominic che lo aiutavano nel trasporto sulle scale, ma dopo che una volta era caduto in salotto per portarlo in giro, sebbene Owen non si fosse fatto assolutamente niente, escluso un piccolo spavento e qualche lacrimuccia, Irene aveva visto bene di legare un nastrino di stoffa intorno al collo dell’orso che fosse abbastanza lungo per permettere a suo figlio di trascinarlo.

Per la verità, prima ancora di questo, aveva provato a farlo ragionare sul fatto che non c’era alcun bisogno di portarselo sempre appresso, ma Owen si era intestardito su quel particolare. Fortunatamente, come Irene aveva detto a Dominic, quel momento sarebbe passato, come passavano tutti gli altri. Il fatto è che non aveva idea di cosa l’avrebbe rimpiazzato!

Una notte Dominic, dopo essere uscito con alcuni suoi amici ed essere rientrato piuttosto tardi, era andato diretto in camera sua evitando di svegliare Lilly, che si sarebbe certamente messa a fargli le feste e quindi rumore. Si era sentito un po’ in colpa ad uscire quella sera, aveva lasciato Irene da sola, e un po’ gli dispiaceva anche il fatto di non aver trascorso il suo tempo con lei, ma era il compleanno di uno dei suoi amici e teneva anche a quell’occasione.

Aveva giusto avuto il tempo di andare in bagno e di cambiarsi che Owen si era affacciato alla sua porta socchiusa ed era rimasto per qualche secondo a guardarlo prima che Dominic notasse la sua presenza.

- Owen, che ci fai in piedi?- gli aveva chiesto mentre gli faceva segno di entrare.

Il bambino era entrato trascinando dentro la stanza anche l’orso. - Non mi riesce di dormire.- aveva spiegato a Dominic, mentre si avvicinava.

Forse era stato a causa della poca luce, o per la distanza, ma appena era stato lì davanti a lui si era accorto che aveva un vistoso livido sulla fronte, appena sopra la tempia destra, che a cena non aveva. Si era subito chinato rimanendo in bilico sulle punte dei piedi ed essere alla sua altezza per vederlo meglio, intanto gli aveva fatto leggermente una carezza, senza fargli male.- Che ti è successo?- aveva chiesto.

- Sono caduto dalla seggiola per scendere e ho battuto. Mamma era al telefono e io dovevo alzarmi, quindi ho provato a fare da solo ma sono scivolato.-

- Povera scimmietta, ti sei spaventato?- aveva chiesto Dominic dispiaciuto. Il bambino aveva scosso la testa in segno di diniego, ma si vedeva che era abbastanza imbronciato e che aveva voglia di essere considerato e coccolato un po’.

- Lo sai che ci ha telefonato il mio nonno? Ma tu lo conosci il mio nonno?- aveva chiesto il bambino subito dopo. Era stato Dominic a scuotere la testa quella volta.

- Il papà della tua mamma o quello del tuo papà?- aveva chiesto Dominic poi per precisare, anche se non conosceva nessuno dei due uomini.

- Quello della mia mamma. Forse ci viene a trovare tra un po’.-

- Bene, sei contento?- gli aveva chiesto dimostrando entusiasmo, anche se si stava facendo qualche domanda su questo fatto.

Owen aveva messo su un’espressione che non sembrava del tutto convinta, una specie di così così, Dominic non aveva voluto indagare, gli aveva sorriso per poi sedersi sul letto. L’importante era che stesse bene, in verità si era preoccupato non più del dovuto di quella caduta. Irene gli aveva raccontato che per i bambini, cadere ogni pochino è ordinaria amministrazione, cosa che lui stesso aveva avuto modo di verificare il giorno della festa. C’erano più di venti bambini che correvano e cadevano in continuazione, anche Yume ad un certo punto aveva sbattuto la testa davanti ai suoi occhi e a quelli di Sakumi, contro lo spigolo di una finestra aperta. Dominic era trasalito, dalla botta che aveva preso temeva che si fosse spaccata la testa o giù di lì, invece non si era fatta assolutamente niente: aveva pianto piuttosto forte per trenta secondi netti in braccio alla mamma, dopo di ché si era calmata per cinque minuti e dopo era tornata agitata come prima, forse anche peggio.

Aveva fatto sedere il bambino accanto a lui quindi, Owen, sempre tenendo in mano il nastrino legato al collo dell’orso lo aveva trascinato più vicino a lui.

- Viene a trovarti anche il tuo papà, di questo sei contento, vero?-

Owen aveva alzato lo sguardo verso di lui e aveva sorriso. - Sì.- aveva detto, per poi rimanere qualche secondo in silenzio prima di aggiungere qualcosa. - Però non è venuto al mio compleanno.-

- L’importante è che viene però, giusto?- aveva cercato di dirgli Dominic, Owen aveva annuito sembrando d’accordo con la sua osservazione.

- Così gli faccio vedere l’orso!- aveva esclamato il bambino entusiasta di quel progetto.

- E anche tutti gli altri giocattoli, tutti gli altri non glieli farai vedere?-

- Sì, ma prima l’orso.- aveva specificato deciso Owen.

Dominic gli aveva sorriso, poi se l’era preso in braccio e l’aveva stretto per un po’.

- Tu mi devi dire una cosa però.- gli aveva detto dopo puntandogli in modo finto minaccioso un dito contro il naso. - Il giorno del tuo compleanno hai giocato solo con Yume! Ma allora ti piace quella bambina, inutile che dici di no!-

Owen aveva alzato la testa e l’aveva guardato sempre nello stesso modo in cui l’aveva guardato anche l’altra volta che gli aveva chiesto una cosa simile, esattamente come se non capisse perché gli stava facendo una domanda del genere, solo che quella volta aveva anche risposto.

- E’ che gli altri non ci giocano tanto con me perché stanno sempre per conto loro. Però a me non è che me ne importa tanto, perché quello che fanno loro non mi piace. E poi Yume che è più simpatica di loro la prendono in giro e a me queste cose non mi piacciono.-

- E perché la prendono in giro?- aveva chiesto Dominic sorpreso.

- Non lo so, ma tanto sono stupidi e a me di quello che dicono loro non me ne importa niente.- aveva asserito serio il bambino, tornando a guardare l’orso.

Dominic pure, sempre tenendoselo in braccio, aveva guardato per un momento nel vuoto, pensando a quell’eventualità e sperando vivamente che non fosse ciò che lui aveva immaginato.

Come la volta precedente che Owen gli aveva fatto una visita notturna poi era rimasto a dormire con lui, ma a differenza dell’altra volta per Dominic non era stato facile addormentarsi come invece lo era stato per il bambino. Aveva dormito poco anche se profondamente, si era svegliato non più di quattro ore più tardi che non erano nemmeno le sei di mattina. Senza fare rumore si era messo in piedi e aveva approfittato di quel tempo per portare Lilly a fare una corsa fuori, non prima però di aver lasciato un biglietto ad Irene che aveva attaccato con un pezzo di nastro adesivo alla porta del suo bagno con scritto: Buongiorno,Owen è di là. Non ti spaventare che non l’ha rapito nessuno!

Quando era tornato dopo un’ora l’aveva trovata che si era appena svegliata, Chiacchierando poco dopo Dominic le aveva raccontato di quel particolare che l’aveva colpito la notte appena trascorsa.

- Owen mi ha detto una cosa che mi ha fatto rimanere male. Mi ha detto che la sua amichetta Yume la prendono in giro all’asilo e non è difficile immaginarsi il perché. Poi magari mi sbaglio sul motivo, ma come fanno dei bambini così piccoli ad essere così cattivi, se è come penso io?-

Irene, quasi come se cercasse di prendere tempo, aveva fatto una carezza a Lilly che si era andata a strusciare alle sue gambe, poi, continuando a grattarla sulla testa, si era accinta a rispondere.

- No, non ti sbagli, questa è la parte triste della faccenda. Quello che poi mi dispiace è che Owen a me di questo non ha detto mai una parola.- aveva aggiunto, fermandosi per un momento.

- Me l’ha detta Sakumi questa cosa, che l’ha saputa da sua figlia, ne abbiamo parlato giusto il giorno del compleanno di Owen. Insomma, avrai fatto caso anche tu che lui e Yume, se non in rari casi, sono stati sempre insieme e gli altri non li hanno considerati affatto. Ma nemmeno il contrario, se è per questo. Comunque no, i bambini non sono cattivi, quello che mi fa rabbia è che simili preconcetti gliel’inculcano in testa a casa loro, i loro genitori. E’ una cosa assurda, lo so, ma di gente razzista e convinta che quello sia il modo giusto di vivere ce n’è tanta e non ci si può fare niente. Ma l’errore è stato mio, come se non lo sapessi che elite non significa qualità. Pensavo che mandandolo in un asilo esclusivo gli avrei dato solo il meglio, ma forse era più opportuno se mi tenevo bassa con il tiro. Forse sarebbe stato meglio un asilo come quello a cui era abituato a Birmingham, ma non credo che sarà facile trovarlo. Insomma, ho fatto l’ennesima cavolata.- aveva concluso abbassando lo sguardo sul cane.

Dominic ci era rimasto malissimo, non voleva affatto colpevolizzarla, né assolutamente che lei si sentisse così per una cosa per cui, dopo tutto, non aveva nessuna colpa. Si era versato una tazza di caffè e non le aveva detto altro perché non avrebbe saputo cosa dirle, del resto la donna sembrava piuttosto presa dai fatti suoi. Se anche avesse voluto chiederle di suo padre, Dominic aveva ritenuto in quel momento che fosse meglio tergiversare, pensando che forse quel particolare poteva chiederlo a sua madre.

Aveva telefonato a casa sua nel primo pomeriggio, quando a Manchester era sera inoltrata, in modo da essere sicuro che sua madre fosse stata a casa. Aveva prima parlato un po’ con suo padre, poi, quando era stato il turno della donna, le aveva fatto quella domanda.

- Senti, per evitare figuracce, tu per caso sai dirmi come sono i rapporti di Irene con suo padre adesso? No, perché io sono rimasto a quando era una ragazzina che andava a passare un mese durante le vacanze estive da lui e che si vedevano per le feste comandate, però mi pareva di aver capito l’ultima volta che ci siamo visti che non passavano un buon momento…-

Sua madre l’aveva interrotto. - Te lo spiego io: allora, io so che quelle ostilità sono durate finché lei non si era sposata. Lì c’era stato un riavvicinamento, suo padre l’ha pure accompagnata all’altare, ma adesso lavora in Canada da qualche anno e si è trasferito lì con la sua seconda famiglia e quindi, data la lontananza, le cose sono rimaste così com’erano. Non so se Owen lo conosce molto bene, sai? Ma perché me lo chiedi?- aveva chiesto incuriosita.

- Perché il bambino s’è fatto scappare con me che forse viene a trovarla, e Irene non mi ha detto niente invece, quindi mi sono chiesto perché.-

- Non mi sorprende che voglia vederla, sta a Vancouver, non è tanto lontano da voi insomma. Continua a fare finta di niente tu, tanto se non vuole dirtelo… O forse il bambino si è sbagliato, tutto qui.-

- Sarà stata la botta in testa a parlare per lui, che ne so…- aveva detto Dominic ridacchiando.

- Che botta in testa?- si era affrettata a chiedere sua madre preoccupata.

- Owen è caduto dalla sedia ieri sera, io non c’ero e non lo so di preciso, comunque ha un bel livido sulla testa! Ma niente di grave, non preoccuparti.-

- Povero piccolino, ma è normale sai? Anche tu e Matt alla sua età eravate pieni di graffi, bozzi e lividi, anche perché specialmente durante la bella stagione quando vi mettevo a giocare fuori in giardino, non eravate gestibili, come giravamo un momento lo sguardo io o tuo padre vi facevate male!-

Dominic aveva riso. - Ultimamente mi sto facendo una cultura di questi piccoli particolari mamma, sai che sabato scorso abbiamo festeggiato il compleanno di Owen no? Ogni cinque minuti sentivi un botto per terra con qualche lacrimuccia di conseguenza! Però sono carini i bambini, mi sono divertito…-

- Dom…! - aveva esclamato sua madre interrompendolo, con un tono di voce dolce e sorpreso, - Mica che ci stai pensando anche tu? Mi vuoi far diventare nonna! Mi piacerebbe tanto avere un nipotino!-

- Ma nemmeno per sogno, sono troppo piccolo ancora!- aveva esclamato Dominic quasi impaurito.

- Ma se hai trent’anni fra poco! Come sarebbe a dire che sei piccolo?-

Avevano continuato a chiacchierare su questi toni per un po’, alla fine Dominic aveva dato la buonanotte a sua madre e lei l’aveva salutato apostrofandolo il mio cucciolo di trent’anni, cosa che non le era risultata nemmeno poi così difficile dato che, in ogni modo, Dominic era e sarebbe sempre rimasto il piccolo di casa nell’idea di tutti loro.

 

***

 

Quel venerdì Dominic era stato via tutta la mattina e gran parte del pomeriggio. Era stato invitato a partecipare ad una trasmissione televisiva in cui avrebbe dovuto parlare dei suoi prossimi progetti, anche se poi non ne aveva parlato granché. La registrazione del programma comunque era andata per le lunghe, per un intervento che non sarebbe nemmeno mezz’ora Dominic non era riuscito a tornare a casa prima delle quattro del pomeriggio abbondanti. Già che era di strada, anche se era sicuro che all’asilo quel giorno sarebbe andata Grace a prendere Owen, si era fermato ugualmente. Per la verità anche l’idea di incontrare Sakumi non era male, insomma, aveva dei validissimi motivi che lo spingevano a farlo.

Certo, ormai l’appuntamento con lei era fissato per quella sera stessa, ma era davvero impaziente. La donna gli aveva telefonato il pomeriggio precedente per chiedergli se gli andava di cenare con lei.

Se gli andava? Ci sarebbe andato anche se avesse dovuto andarci a nuoto alle Hawaii a cena con lei, e sperava che l’appuntamento non fosse solo per la cena per dirla tutta…

Era arrivato con un certo anticipo, ancora alle cinque mancava un quarto d’ora, comunque aveva parcheggiato l’auto e si era diretto al cancello della struttura, per vedere che era assolutamente il primo. Non aveva tardato molto comunque ad arrivare anche Sakumi, sfoggiando uno dei soliti tailleur che portava solitamente, i tacchi a spillo e la sua andatura a dir poco affascinante. L’aveva salutato gentilmente, non essendo avara di sorrisi nemmeno quella volta, Dominic più la guardava e più non vedeva l’ora che fosse quella sera. Avevano conversato per qualche minuto, fino a che non era arrivata anche Grace che si era stupita ovviamente di vederlo lì, ma di certo non le era dispiaciuto.

Stava tornando da un’apparizione televisiva, che fosse tirato a lucido era il minimo: anche se era vestito semplicemente, dato che era in jeans e sopra portava una camicia bianca semplicissima aperta sul collo, era il colpo d’occhio generale che saltava all’attenzione, ma anche nello stesso tempo la ricerca del particolare. Si vedeva bene il cordino nero che aveva stretto al collo, con la pallina argentata che gli ricadeva perfettamente nella fossetta del giugulo, anche se più che quello Grace era il suo collo che aveva guardato, non potendo evitare di pensare a come sarebbe stato poterci premere contro il suo naso e le sue labbra.

Dominic l’aveva salutata, ma lei, non appena lui si era girato nella sua direzione, era rimasta per qualche secondo a guardarlo senza riuscire a rispondergli, persa come era nelle sue visioni ad occhi aperti.

- Sorpresa?- gli aveva chiesto Dominic, che non avrebbe potuto spiegarsi in altro modo quella reazione.

Grace stava quasi per rispondergli estasiata piuttosto, ma fortunatamente quella volta era riuscita a trattenersi. - Un po’.- aveva detto a bassa voce.

- Passavo, allora mi sono detto che potevo fermarmi. Torniamo insieme, ok?-

Lei aveva annuito debolmente, per poi girarsi verso il cancello, fingendo indifferenza.

Sakumi si era goduta la scena, comunque era rimasta in silenzio anche lei, ridacchiando sotto i baffi, dato che aveva capito benissimo che tipo di pensieri potessero essere passati nella testa della ragazza a vedere Dominic così, perché più o meno erano quelli che aveva fatto anche lei. Il giorno della festa di Owen, l’aveva sorpresa spesso a guardarlo: insomma, non ci voleva un genio per capire.

Un po’ le dava anche un certo senso di soddisfazione che Dominic, tra loro due, fosse con lei che usciva quella sera. Insomma, a conti fatti aveva dodici anni più di Grace, che tra l’altro era una ragazza davvero graziosa. Erano pensieri che facevano bene all’ego, anche se, per dirla tutta, a Sakumi le conquiste non mancavano di certo e tutto poteva definirsi meno che una persona che non fosse sicura di sé, del suo fascino e, cosa di fondamentale importanza, di quello che voleva. 

Erano rimasti tutti e tre in silenzio, fingendo di essere impegnati a guardare il cancello per vedere quando sarebbero usciti i bambini, non rendendosi nemmeno conto di quanto la cosa avrebbe potuto essere divertente se qualcuno avesse saputo cosa stava passando per le loro menti.

Grace era tesa come una corda di violino e, come spesso le capitava di pensare, era quasi certa che se Dominic le avesse detto ancora qualcosa avrebbe potuto anche svenire lì, sull’asfalto di quel marciapiede. Sakumi pensava con il sorriso sulle labbra alla serata che l’aspettava. Dominic anche aspettava quell’uscita con impazienza, ma dall’altro canto un particolare gli era saltato agli occhi, e non aveva potuto fare a meno di notarlo e di rimanerne affascinato: Grace portava una maglietta che le copriva appena i pantaloni, finché stava ferma era tutto apposto, ma se solo si muoveva le rimaneva scoperto un centimetro di pelle, in particolar modo l’ombellico dato che portava i pantaloni a vita bassa. Un ombellico davvero intrigante, con tanto di piercing, Dominic sperando che lei non se ne accorgesse non aveva potuto fare a meno di guardarlo e rimanerne stupito, quella ragazza era piena di sorprese. Dato che non sapeva dove guardare e che di certo non poteva continuare a guardare la pancia di Grace, aveva optato per concentrarsi sugli alberi del giardino dell’asilo, ma non era per niente semplice.

Quando i bambini erano usciti finalmente, mettendo fine a quel teatrino, Sakumi nel salutarlo l’aveva solo guardato e sorriso, senza dire un ci vediamo stasera. Dominic pensò che era perché c’era Grace, e immediatamente si era rallegrato con se stesso per non aver detto a nessuno che si vedevano quella sera. Con Grace e Owen che chiacchierava allegramente di quello che aveva fatto con Yume quel giorno, si erano avviati al parcheggio lì vicino dove aveva messo l’auto, quindi erano partiti alla volta di casa sua.

 

***

 

Non appena Owen era sceso dall’auto, prima aveva cercato di attaccarsi alla gamba di Dominic come ormai si era abituato a fare, ma lui non gliel’aveva permesso quella volta. Per farsi perdonare l’aveva preso in braccio e l’aveva prima messo seduto sul tettino della sua auto, poi si era girato dandogli le spalle e aveva leggermente piegato le ginocchia in modo da arrivare precisamente all’altezza giusta per far sì che Owen potesse salirgli a cavalluccio sulle spalle.

- Ecco, a me pare un po’ meglio così, vero Grace che così si viaggia più comodi che seduti sul mio piede?-

Grace aveva sorriso, soprattutto perché Dominic aveva cominciato a fare dei piccolissimi saltelli ed Owen ridacchiava nell’essere sballonzolato così. - Certo che si sta più comodi!- aveva ribattuto la ragazza.

Si erano avviati in casa, Lilly che era in giardino non aveva tardato a fare le sue rimostranze rispetto al fatto che Dominic si stava tenendo sulle spalle Owen e a lei non aveva fatto nemmeno una carezza rientrando, prima di aprire la porta quindi aveva accontentato la sua cagnetta, la quale, non appena la porta le era stata aperta era entrata prima degli altri.

- Giù la testa mi raccomando che altrimenti batti un’altra capocciata!- aveva detto Dominic ad Owen che, a quell’avvertimento, aveva praticamente abbracciato la sua testa, schiacciandosi sopra ad essa.

Dominic non aveva nemmeno avuto il tempo di girarsi per richiudere la porta, si era trovato davanti Irene e quest’uomo che lui non aveva mai visto, che erano evidentemente appena arrivati dal soggiorno.

Appena Owen aveva potuto tirare su la testa e l’aveva visto aveva gridato Papà e quell’uomo gli aveva sorriso. Dominic si era semplicemente affrettato a farlo scendere, Owen era corso verso quello che doveva essere quel Christopher di cui aveva tanto sentito parlare, che si era piegato sulle ginocchia e aveva teso le braccia verso di lui abbracciandolo forte quando era arrivato. Era stata una bella scena.

Dominic aveva guardato Irene per un attimo, vedendo che anche lei sorrideva, ma non nello stesso modo in cui lo stava facendo anche Grace in quel momento. Il suo non era un sorriso deliziato, era triste; a lui era già passata la voglia di farlo vedendo la sua espressione.

Poi si era soffermato a guardare il viso di quell’uomo: se all’inizio aveva pensato che Owen somigliasse davvero molto a sua madre, in quel momento aveva potuto vedere chiaramente quanto assomigliasse anche a suo padre, era una specie di perfetta fusione tra i due.

Dominic se n’era del tutto dimenticato del fatto che Irene gli aveva detto che sarebbe arrivato Christopher, per lui era stata una vera e propria sorpresa, che per un primo momento l’aveva lasciato incapace di qualsiasi reazione. Solo dopo che aveva salutato suo figlio Christopher aveva stretto la mano a lui, mentre Irene li presentava. Era stata una stretta decisa, si notava già da quello che fosse una persona gentile ed espansiva. Non avrebbe saputo dire perché, ma tutto aveva immaginato di lui, tranne che potesse piacergli ad una prima occhiata.

- Mi fa piacere conoscerti, sono anni che sento parlare di te… non solo perché sei un attore e hai fatto il Signore degli Anelli, eh!- gli aveva detto sorridente e in modo amichevole.

Era stata Irene a parlare dopo:- Non lo puoi sapere, ma stai parlando con un fan accanito di Tolkien, abbiamo visto tutti i film insieme, quando sono usciti.-

Dominic gli aveva sorriso. - Ah… bene…- aveva abbozzato, non sapendo cosa dire.

- Verissimo, credo di aver letto Il Signore degli Anelli non meno di una ventina di volte da quando ho dieci anni, il che vuol dire che me lo sono letto almeno venti volte in trent’anni… oh cielo!- aveva esclamato, facendo sorridere tutti gli altri. - E’ grave quando cominci a raccontare di cose che facevi trent’anni fa?-

Si era interrotto un momento ridacchiando, mentre Owen, una cosa che il bambino faceva anche con Dominic, gli tirava la mano destra per attirare la sua attenzione. Christopher quindi gli aveva preso entrambe le mani tenendosele strette nelle sue, mentre Owen si dondolava con la certezza di non cadere dato che suo padre lo sorreggeva. Dominic l’aveva notato, chiedendosi se il bambino si aspettava un comportamento del genere anche da lui ogni volta che aveva fatto quel gesto.

Christopher quindi aveva continuato a parlare:- Ovviamente ho letto anche tutti gli altri libri di Tolkien, li ho letti e riletti. Mi sono piaciuti anche i film comunque, moltissimo.- aveva fatto una breve pausa, per poi aggiungere: - Certo sono un fanatico del libro, ma mi sono piaciuti, molto, davvero.-

- Grazie…- aveva detto senza aggiungere altro Dominic. Si sentiva strano, e pure un po’ imbarazzato.

Grace era andata via quasi subito, Dominic anche era stato con loro per poco, giusto il tempo di sapere che Christopher sarebbe rimasto a cena lì. Irene aveva chiesto a Dominic di rimanere, ma lui sarebbe stato fuori quella sera.

- Mi dispiace, ma avevo già preso un impegno, ma voi ovviamente fate come se foste a casa vostra.-

Aveva sentito l’esigenza di scusarsi per aver rifiutato l’invito a rimanere con loro, ma in fondo sapeva che era meglio che rimanessero da soli.

Dopo aver aiutato Owen a portare al piano inferiore l’orso, che voleva a tutti i costi far vedere subito al suo papà, Dominic si era scusato ed era andato in camera sua. Mancavano ancora un paio d’ore all’appuntamento con Sakumi, ma voleva fare tutto con calma.

Era più che convinto che l’aspettava una gran serata.

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Capitolo 17
*** Profumi d'oriente ***


Nuova pagina 1

Buon lunedì a tutti!

Premetto immediatamente che le mie limitate conoscenze della cultura giapponese potrebbero avermi fatto scrivere un mare di boiate incredibili, quindi vi pregherei di essere comprensivi!

Certo, se le notate ditemelo, almeno imparo le cose come sono veramente che male non mi fa davvero, anzi. Mi ha divertita comunque fare ricerche oltre a quello piccole cose che sapevo da me, come mi ha divertita sfogliare il librone enorme di cucina internazionale di mia mamma.

Santa donna, se non ci fosse lei!

La cultura giapponese comunque, proprio perché è tanto diversa dalla nostra, mi incuriosisce un casino. Un po’ meno la cucina perché non sopporto il pesce crudo. Ho assaggiato il sushi e anche un’altra ricetta che si fa con il tonno della quale non ricordo il nome: comunque il tonno si filetta e poi con una specie di panatura con erbe aromatiche si scotta appena, dentro insomma rimane tutto crudo. Tutto ciò mi è rimasto, come dire, un po’ sul gargarozzo ma almeno posso dire di aver provato anche quello!

Allora, tornando alla storia… se vado troppo veloce ditemelo! Il mio segreto è che generalmente quando incomincio a pubblicare è perché ho già scritto almeno una ventina di capitoli, quindi, quando me li sono riletti quelle tre, quattro volte prima di pubblicarli per non scrivere cavolate che comunque scappano ugualmente, sono già pronta.

Un mega grazie a Claudietta e a Bloody per i commenti, spero che continui a piacervi la storia.

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Sedicesimo - Profumi d’oriente

 

Neanche a dirlo, Dominic era in anticipo. Aveva preso un tavolo quanto più defilato e appartato possibile al locale dove con Sakumi avevano deciso di andare per l’aperitivo prima di cena. Non sapeva di preciso dove sarebbero andati dopo, Sakumi non aveva voluto anticipargli nulla, anche se Dominic aveva la netta impressione che avrebbero mangiato giapponese, il che non gli dispiaceva in fondo.

Per lui si trattava di fare uno sforzo in verità, le volte che aveva mangiato giapponese nella sua vita si potevano contare sulle dita di una mano e sarebbe rimasto spazio per altro. L’idea del sushi un po’ lo metteva in ansia, ma soffrire un po’ per la causa in fondo meritava, l’aveva pensato ancora di più quando, finalmente, in orario perfetto, Sakumi aveva varcato la soglia del locale.

Era stata una vera e propria apparizione, nella testa di Dominic erano passate immagini tranquille di fiori di loto, cascate, bonsai, geishe… su quest’ultima visione aveva visto di darsi una scrollata: se cominciava così la serata c’era il forte rischio di fare la figura del fesso alla prima occasione e con una come Sakumi era decisamente meglio evitarlo! In ogni modo, era molto meglio concentrarsi su di lei piuttosto che sulle sue sconnesse connessioni mentali…

Era arrivata infilata in un abitino blu senza maniche, accollato ma che le stava praticamente come una seconda pelle, sulle spalle aveva una specie di scialle e i capelli lisci e scuri, sciolti e fermati solo da una mollettina, anch’essa blu, sulla tempia destra, che dondolavano quando camminava. Nell’insieme appariva come al solito elegante e sofisticata, forse un po’ più informale di come la vedeva sempre fuori dall’asilo, dato che era evidente che ci andasse dopo il lavoro. Solo a casa sua, alla festa di Owen, l’aveva vista un po’ più casual, ma non poi così tanto. La sua eleganza del resto era una cosa che andava al di là dei vestiti che portava: era insita in lei, nel suo portamento, quello come il fatto che fosse affascinante e desiderabile da morire. Era qualcosa che le stava intorno, nell’aria che la circondava.

Forse era stato per questo che anche lui aveva messo una cura particolare nel prepararsi peri uscire, cosa che Irene non si era lasciata sfuggire. Si era apprestato ad uscire di casa in un momento in cui Christopher e il bambino stavano in giardino con il cane, Irene era in cucina invece, immersa nei preparativi per la cena. Prima di uscire Dominic si era avvicinato per salutarla.

- Santo cielo, ma chi è la fortunata stasera?- gli aveva chiesto lei subito, notandolo.

Dominic, senza volerlo, aveva sorriso nervosamente. - Ma che fortunata, è un’occasione formale, quindi…- aveva detto per tirarsi fuori da quella situazione.

- Allora beate tutte quelle che ti vedranno! Secondo me stasera rimorchi…- aveva commentato.

Dominic l’aveva salutata e si era tolto di mezzo in fretta, passando anche a salutare Owen e suo padre, al quale aveva ancora una volta stretto la mano scusandosi e dicendo che era ben probabile che si sarebbero visti il giorno seguente.

Sakumi aveva subito osservato la scelta del tavolo di Dominic, tant’è vero che gliel’aveva fatto anche notare, capendo anche subito il motivo. Lo sforzo infatti era stato inutile, dato che lo avevano ugualmente riconosciuto. - Inconvenienti del venire in centro per me, scusami…- aveva detto a Sakumi dopo aver scambiato qualche parola con un paio di ragazze che si erano avvicinate.

Lei però gli aveva sorriso nient’affatto disturbata per l’accaduto, quindi l’aveva invitato a finire il drink che aveva davanti. - Nel posto in cui ho intenzione di portarti certamente non avremo di questi problemi, quindi meglio andarci subito, ti pare?-

Dopo la risposta affermativa di Dominic, che il bicchiere l’aveva lasciato direttamente lì senza nemmeno più considerarlo, si erano alzati ed erano andati via. In strada, sebbene Dominic avesse preso l’auto, Sakumi gli aveva chiesto di fermare un taxi. All’autista era stata lei a dare un indirizzo.

- A questo punto devo farti una domanda.- aveva cominciato a dire Sakumi, che poi si era interrotta solo per un attimo. - Il tuo rapporto con la cucina giapponese come lo definiresti?-

Forse perché aveva titubato un po’, forse per la sua espressione che non era riuscita a nascondere la sua perplessità, Sakumi aveva sorriso e aveva aggiunto:- Tranquillo, non è un esame, sii sincero!-

Dominic le aveva sorriso. - Sinceramente rimango un po’ perplesso di fronte al pesce crudo, ma per il resto credo di essere onnivoro e anche abbastanza pronto per nuove esperienze. Nuove si fa per dire, in verità non sarebbe la prima volta che mangio giapponese, sono anche stato in Giappone qualche volta.-

- Perfetto, allora il pesce crudo non lo vedrai nemmeno. Ma per il resto fidati di me, ti sto portando in un posto davvero bello e che conoscono veramente in pochi.-

Quando erano scesi dal taxi Sakumi aveva fatto strada a Dominic per pochi metri fino ad una porta che tutto sembrava meno che quella di un ristorante. Con decisione l’aveva aperta e aveva detto a lui di seguirla. Subito comunque erano stati accolti da una donna all’entrata vestita con abiti forse non tipici come lo sono nell’ideale occidentale, ma comunque di indiscutibile taglio orientale. Erano rimasti fermi all’entrata mentre lei, dopo aver salutato Sakumi, si allontanava per un momento, ritornando pochi secondi dopo in compagnia di un uomo che a prima vista sembrava essere sulla sessantina. Il saluto che lui e Sakumi si erano scambiati era stato agli occhi di Dominic piuttosto formale, ma per quel poco che sapeva lui della loro cultura invece dimostrava chiaramente che tra loro doveva esserci una certa confidenza. Si erano scambiati qualche parola in giapponese e avevano continuato a parlare nella loro lingua fino a che Sakumi non aveva presentato Dominic, come un suo amico. L’uomo, tralasciando l’usanza giapponese dell’inchino, l’aveva cortesemente salutato in un inglese perfetto e gli aveva stretto la mano con vigore.

Dopo pochi secondi la donna che gli aveva accolti all’entrata li aveva accompagnati al loro tavolo, passando prima per un corridoio stretto che poi si apriva prima in una sala mediamente grande, dove c’erano già dei tavoli occupati, poi in una più piccola dove c’erano solo quattro tavoli apparecchiati e tutti vuoti. Li aveva fatti accomodare ad uno di questi, un tavolo quadrato per due, dove Sakumi, invece di far sedere Dominic davanti a lei, lo aveva fatto sedere al lato accanto al suo.

Quando erano stati soli Sakumi aveva raccontato un po’ di cose su quel locale che, a prima vista, gli era sembrato davvero strano. Si trovavano nel ristorante giapponese forse più esclusivo di tutta Los Angeles, lo conoscevano in pochissimi e, come aveva potuto notare bene, non era molto frequentato se non da una clientela esclusiva. L’uomo che all’entrata aveva salutato Sakumi con tanta familiarità era il padrone del ristorante, un vecchio amico di suo padre, come aveva raccontato Sakumi stessa.

- Hideo mi ha vista crescere, praticamente è come se fosse uno zio, ovviamente qui io sono di casa e per occasioni particolari mi rivolgo sempre a lui. La cucina è magnifica, e questo è un posto davvero magico, quando sto qui dentro mi sento sempre come se fossi a Fukuoka, da ragazzina. Hideo laggiù ha ancora due ristoranti di proprietà, sono molto rinomati, alcuni dei migliori della città.-

Era stata Sakumi, in giapponese, ad ordinare per entrambi, ordinando diverse cose, aveva spiegato che era perché voleva fargli assaggiare cose differenti.  

Per Dominic era stata stupefacente quell’esperienza, si disse che forse prima di allora non era mai riuscito ad apprezzare fino in fondo quella cucina solo perché aveva tentato di approcciarsi a questa da autodidatta, combinando dei disastri. Quello che l’avevano colpito erano gli abbinamenti di frutta e verdura insieme, come i cetrioli al sesamo che erano stati una delle prime cose che erano state portate al loro tavolo. Erano conditi con l’immancabile salsa di soia e dei pezzi di pera. Sakumi tra l’altro si era divertita nel vedere che lui le chiedeva sempre qualche cosa su quello che gli veniva portato. Ad una prima analisi poteva essere normale, solo che Dominic non si limitava a prendere atto di cosa aveva nel piatto, chiedeva in cosa consistesse la preparazione di quei piatti, se avessero qualcosa di speciale, se venissero cucinati in occasioni particolari. Quest’aspetto a lei piacque. Si era divertita nello spiegargli di tutti i tipi di miso che esistevano, Dominic le aveva chiesto cosa fosse infatti quando in tavola era stata servita una zuppa dall’aspetto invitante che Sakumi gli aveva detto essere di miso, una pasta fatta di soia fermentata e wakame, una delle tante alghe tipiche utilizzate nel cucina giapponese. Tra i secondi piatti, Dominic aveva apprezzato particolarmente gli spiedini di salmone, Sakumi gli aveva spiegato che ciò che conferiva quel sapore particolare a quei cubetti di pesce appena scottati era che fossero stati marinati prima in un’emulsione di salsa di soia e sherry e poi cotti appena.

Durante tutta la cena avevano chiacchierato un po’ di tutto, pian piano erano entrati sempre di più in una dimensione loro, forse anche aiutati dal fatto che, mentre il loro pasto andava avanti, nella piccola sala dove erano stati fatti accomodare non era più entrato nessuno e, tranne quando qualcuno dei camerieri veniva a prendere i piatti sporchi o a portarne di nuovi, avevano goduto della solitudine più assoluta.

Questo aveva conferito alla situazione un clima intimo, che non aveva fatto che accrescere la confidenza, sia verbale che fisica.  Dominic doveva dire di essere però in netto svantaggio sotto questo punto di vista rispetto a Sakumi che, sicuramente più di lui, era a suo agio in quella situazione. Lo poteva vedere da diverse cose e da tante altre poteva capirlo.

Il clima di quella serata tuttavia era stato sempre in crescendo, tanto che non si era affatto stupito di un gesto che Sakumi aveva fatto quando erano arrivati ai dolci. Avevano portato loro in tavola tre cose diverse: una era frutta, condita con della gelatina che Sakumi gli aveva detto essere fatta con un’alga particolare chiamata kanten, gli altri invece sembravano essere dolci veri e propri, almeno per quanto riguarda l’immaginario occidentale.

Sakumi, ancor prima che lui potesse informarsi aveva preso la sua forchetta e aveva infilzato una pallina di uno dei due tipi. Come se niente fosse gli aveva detto assaggia e l’aveva praticamente imboccato, ma non certo come una mamma farebbe con un bambino.

Il commento di Dominic era stato meraviglioso, solo dopo Sakumi gli aveva spiegato che aveva appena mangiato un kuri manju, un dolcetto fatto di una semplice pasta, con un ripieno di marroni e cotto al vapore. Esattamente nello stesso modo l’aveva iniziato alle polpettine di tofu, dei dolcetti davvero particolari, che erano fatti sempre con la salsa di soia, ma di un tipo più leggero, dolce.

- Questo è più strano…- aveva commentato Dominic dopo aver masticato, mentre Sakumi stava ancora con la forchetta in mano, aspettando un responso. La donna gli aveva sorriso divertita, Dominic non aveva potuto fare a meno di rispondere a quel sorriso stupendo. Sakumi però era stata ancora più divertita dalla sua reazione davanti al tè verde, che i giapponesi usano prendere dopo il pasto. Quello che Dominic non sapeva era che è un tè che viene servito senza zucchero, dopo i dolci non aveva fatto un bell’effetto, specialmente per una persona che non se l’aspettava. A vedere la sua espressione Sakumi aveva prima sorriso, poi riso, ma in un modo che Dominic non aveva assolutamente potuto trovare fastidioso, tutt’altro se mai. Le aveva restituito il sorriso, cosciente del fatto che doveva aver messo su un’espressione davvero ridicola, mentre invece lei mentre rideva era davvero bella.

Al momento del conto per lui non c’era stato modo di appropriarsi dell’onere, Sakumi era stata categorica sotto quel punto di vista e lui non aveva insistito troppo, aveva paura di offenderla dato che in fin dei conti era stata lei ad invitarlo, così l’aveva lasciata fare.

Uscendo dal locale Sakumi aveva salutato nuovamente il padrone, quando si erano ritrovati in strada, avevano dapprima fatto due passi. Erano sempre in una zona piuttosto centrale anche se meno di quella da cui erano partiti, così si erano mischiati a tutte le persone che avevano avuto la loro stessa idea. Dopo poco però Sakumi aveva insistito per tornare a casa sua, dato che aveva lasciato la bambina con la baby sitter. Certo un po’ Dominic si stava rammaricando che la bella serata fosse praticamente già finita, ma si era affrettato ugualmente a fermare un taxi al quale Sakumi aveva dato esattamente l’indirizzo di dove erano partiti, Dominic pensò che fosse per permettergli di riprendere la sua auto.

Una volta che si erano ritrovati sul marciapiede si era fermato un momento e le aveva sorriso.

- Ti ringrazio tanto della bella serata allora, magari potremmo rivederci uno di questi giorni.- aveva proposto. Sakumi anche gli aveva sorriso, ma non si era minimamente accinta a salutarlo.

- Perché la serata è finita? Non ti va di salire?-

In quel momento Dominic si era sentito un imbecille, ma in fondo poco importava. Il fatto che l’aveva confuso un po’ era che Sakumi avesse chiamato in causa la bambina come scusa per tornare a casa, ma qualsiasi fosse stato il pretesto ben venga, non gli sembrava vero aver ricevuto quell’invito.

Le aveva sorriso. - Scusami, sai pensavo… comunque sì, mi piacerebbe.- aveva risposto.

Sakumi si era limitata a sorridere in modo sicuro e a dire:- Perfetto, allora saliamo.-

Si era diretta verso l’entrata di un elegante palazzo lì vicino, il portiere aveva salutato entrambi, quindi la donna gli aveva fatto strada fino all’ascensore che gli aveva portati fino all’ultimo piano. Sakumi quindi non solo viveva in pieno centro in una delle zone più esclusive della città, ma abitava niente di meno che all’attico. Non che gli importasse, ma Dominic non aveva potuto fare a meno di notarlo.

La casa dentro era molto bella, sembrava un ambiente non troppo vissuto ma certamente accogliente. Si entrava subito nell’ampio soggiorno che dava su una terrazza. Da dietro le porte a vetri si scorgevano le luci della città. Dopo pochi secondi che erano arrivati, da una stanza che stava lungo un corridoio che Dominic aveva scorto appena entrando, era arrivata una ragazza all’apparenza piuttosto giovane, che aveva scambiato qualche parola con la donna prima di prendere un maglioncino di cotone dall’attaccapanni all’entrata e uscire.

Da lì in poi la cosa si faceva sensibilmente più imbarazzante almeno per Dominic: Sakumi invece non sembrava assolutamente avvertire il benché minimo impaccio. Si muoveva sicura nel suo ambiente, gli aveva offerto da bere e si era alzata dal divano dove l’aveva invitato a sedersi per prendere due bicchieri. Mentre era via lui aveva approfittato per alzarsi un momento ed avvicinarsi ad una parete che era per una parte occupata da una libreria dove c’erano alcune foto. Diverse dovevano essere di Yume un po’ a tutte le età, ce n’era anche qualcuna con Sakumi, ma la cosa che aveva più attirato l’occhio di Dominic era accanto alla libreria. Erano due spade nel loro fodero, per quel poco che sapeva aveva immaginato che fossero due katane. Non ne capiva molto, però era rimasto per un momento a guardare le incisioni fini e precise sul fodero specialmente di una delle due, ci si era perso talmente tanto che Sakumi aveva dovuto attirare la sua attenzione parlandogli. Non l’aveva sentita proprio tornare.

- Vedo che stai guardando i miei gioielli.- gli aveva detto.

Dominic si era voltato di scatto verso di lei. - Affascinanti, cosa sono di preciso? Immagino che siano oggetti particolari se li definisci gioielli…- aveva osservato, sorridendole.

- In effetti lo sono, eccome. Il loro valore complessivo supera il valore di tutta questa casa. Sono piuttosto antiche.-

Sakumi gli aveva raccontato un po’ della storia di quegli oggetti, due katane che le aveva lasciato in eredità suo nonno materno e che appartenevano alla famiglia da generazioni. Da quel poco che aveva capito Dominic, Sakumi da parte di madre doveva discendere da una famiglia piuttosto importante.

Si erano seduti nuovamente, sorseggiando il loro drink e continuando a parlare di quelle due spade, almeno finché la donna non si era alzata e aveva preso in mano una delle due, quella che anche Dominic si era perso ad osservare e che, come lei gli aveva spiegato, era la più antica. Con una certa sicurezza l’aveva tolta dal fodero e l’aveva mostrata a Dominic, che non aveva potuto proprio fare a meno di alzarsi ed andarla a vedere da vicino. Sakumi la teneva saldamente per il manico, parallela al soffitto, lui si era chinato appena per guardare la lama in prospettiva ed era rimasto fermo per qualche secondo.

- Sai che potrei tagliarti via di netto il naso senza la minima fatica se stai così?- aveva scherzato Sakumi, ottenendo però l’immediato risultato di farlo tornare in posizione eretta.

- Ho detto potrei, mica che lo voglio fare! Il sangue mi fa anche un po’ schifo, sono un tipo impressionabile. Però sappi che ne sarei capace, la tecnica è tra le mie conoscenze!- gli aveva detto sorridendo, un sorriso al quale lui aveva risposto, tranquillizzato.

- Meglio non farti arrabbiare insomma…- aveva osservato dopo scherzando. Aveva allungato un dito verso la lama quindi, per toccarla appena. Sakumi non aveva fatto nemmeno in tempo a dirgli attenzione è affilatissima, e Dominic non era riuscito nemmeno a sentire il freddo della lama che si era già tagliato. Non era niente di ché, un semplice taglietto, che però aveva cominciato subito a sanguinare.

- Accidenti!- aveva esclamato Dominic sollevando immediatamente la mano destra, mentre Sakumi in fretta aveva rinfoderato la spada e l’aveva rimessa al suo posto. Si stava guardando intorno come alla ricerca di qualcosa per tamponargli la ferita.

- Non ti preoccupare, non è nien…-

Le parole gli erano morte in gola letteralmente quando Sakumi aveva fatto quel gesto. Dopo essere riuscita prendere una fazzoletto di carta che aveva recuperato dalla sua borsa che aveva lasciato sul divano, aveva preso saldamente tra le sue mani il polso e quella di Dominic, nel tamponargli la ferita si era appoggiata con leggerezza la sua mano sul collo, cosa che l’aveva fatto trovare improvvisamente a contatto con la sua pelle.

Per tutta la sera Dominic aveva subito il suo fascino, trovandola estremamente desiderabile: quel gesto arrivato così improvvisamente, anche se sicuramente non era fatto a quello scopo, l’aveva fatto capitolare immediatamente. Solo con un grosso sforzo era riuscito a fare finta di niente nonostante la contrazione che aveva sentito chiaramente, suo malgrado, al basso ventre.

Senza dire niente Sakumi l’aveva condotto verso la cucina e, dopo aver buttato nella spazzatura quel fazzoletto, gli aveva fatto mettere il dito sotto l’acqua corrente. L’aveva lasciato solo per andare in fretta verso il corridoio, per poi tornare pochi secondi dopo con un pezzetto di cotone idrofilo e il disinfettante. Intanto lui aveva tolto il dito da sotto l’acqua fredda.

Notando la sua espressione colpevole si era sentito di dirle che non era successo niente.

- Avrei dovuto avvertirti prima, quelli non sono giocattoli.- gli aveva detto mentre riprendeva saldamente tra le sue mani il polso e quella di Dominic, premendo il batuffolo di cotone con il disinfettante sulla piccola ferita che aveva già smesso di sanguinare. - Forse sarebbe stato meglio che non l’avessi toccata affatto. Non te ne rendi conto, ma ad una minima vibrazione avrei potuto portarti via il polpastrello.-

- Addirittura…- aveva osservato scettico Dominic.

- Non l’hai nemmeno toccata quasi e guarda qua.- aveva ribattuto la donna.

Dominic non le aveva risposto, forse era vero che non se ne rendeva conto. Comunque, che quella spada fosse un oggetto pericoloso se messa vicino ad uno inesperto come lui era ovvio. Quello però che era più pericoloso per lui in quel momento era avere così vicina Sakumi.

Erano rimasti in silenzio per qualche secondo, mentre lei era sempre concentrata sul suo dito e Dominic sulle sue sensazioni, che cercava di controllare per quanto gli fosse possibile. Sakumi era appena più bassa di lui, nella posizione in cui stava avrebbe potuto appoggiare le labbra ai suoi capelli, sentire meglio il suo odore che già da quella distanza avvertiva, un profumo dolce. Pensarci non lo aiutava, ma non poteva nemmeno farne a meno.

Forse era stato così che l’aveva guardata quando improvvisamente, senza che lui se ne accorgesse, Sakumi aveva tolto dal suo dito il cotone e aveva alzato lo sguardo puntandolo nel suo, sorridendogli appena, uno sorriso che era sparito in pochi secondi lasciando spazio a ben altre espressioni.

Probabilmente anche lei si era leggermente morsa il labbro inferiore senza cognizione di causa, però a quel punto era stato del tutto inevitabile che Dominic le facesse quella carezza. Lentamente, con il dorso della mano sinistra, aveva definito il contorno della guancia sinistra di Sakumi, arrivato a sfiorarle il mento, sempre con una lentezza esasperante, aveva staccato per poco la mano dal suo viso andando ad appoggiargliela più saldamente sul collo, nel tentativo di rivivere la sensazione del tutto inaspettata che aveva provato prima. Sakumi si era solo sporta verso di lui, facilitandogli il compito di baciarla.

Aveva fatto condurre praticamente a lei quel bacio, Sakumi aveva schiuso le labbra quasi subito permettendogli di approfondirlo, mentre lei con le sue braccia gli circondava il collo, Dominic era sceso ad accarezzarle i fianchi e la schiena, finalmente dando un corpo a tutte le fantasie che l’avevano accompagnato per tutta la sera e non solo, doveva ammetterlo. Anche Sakumi dopo ancora qualche secondo che quel bacio andava avanti aveva fatto scorrere le sue mani dapprima sul suo collo, sfiorandogli la pelle nuda, poi scendendo verso il basso e accarezzandolo, premendo leggermente le sue mani contro il suo torace sopra la stoffa della camicia. Dominic sentiva la sua eccitazione crescere piuttosto velocemente anche se stava cercando di controllarsi. Sapeva bene che la fretta non l’avrebbe portato da nessuna parte, anche se la tentazione di farlo direttamente lì, sopra quel tavolo che era davanti a loro senza tanti altri ripensamenti o perdite di tempo, c’era ed era anche grande.

Si erano spostati velocemente nella camera da letto di Sakumi, che si era raccomandata di fare piano.

Avevano cominciato a spogliarsi a vicenda senza troppa fretta, esplorandosi ed indugiando più possibile nei preliminari, almeno fino a che l’eccitazione di entrambi non era salita in modo da rendere impossibile aspettare ancora.

 

Dominic si era svegliato la mattina dopo quando aveva avvertito una mano che, gentilmente ma con fermezza, gli aveva appena scosso una spalla. Aveva come al suo solito avuto uno scatto, reagiva sempre così quando qualcuno lo svegliava, quasi come se si fosse spaventato. Sakumi, sdraiata accanto a lui, aveva l’aria di una persona che si era svegliata già da un po’. Aveva addosso una vestaglia bianca e aveva sorriso nel vedergli avere quello scatto improvviso. 

Anche sul viso di Dominic era apparso immediatamente un sorriso, di rimando al suo.

- Buongiorno.- gli aveva detto la donna, facendogli una carezza su una guancia e avvicinandosi appena a lui, quanto bastava per dargli un leggero bacino sul naso.

Dominic le aveva restituito il buongiorno notando nel frattempo che doveva essere comunque ancora presto. Aveva fatto scorrere la sua mano lungo il fianco di Sakumi, appoggiando poi le labbra al suo collo e dandole un bacio leggero, come aveva fatto lei. Solo quando Dominic aveva riportato lo sguardo su di lei gli aveva parlato, con un tono più dolce possibile.

- Non voglio essere maleducata e credimi, dopo stanotte se tu volessi rimanere qui ne sarei ben felice, ma è meglio se Yume non ti trova quando si sveglia.-

Dominic aveva capito benissimo, non si era offeso affatto della situazione. Le aveva detto di non preoccuparsi, anche se per il momento voleva rimanere ancora lì, a prolungare quel momento che gli piaceva molto.

Quando era uscito dall’appartamento di Sakumi le aveva detto semplicemente ciao, senza aggiungere altro, per non rovinare l’atmosfera che si era creata con chiacchiere inutili. Non c’era niente da aggiungere, entrambi sapevano che sarebbe finita così, senza ripensamento alcuno.

Quella notte in ogni modo era stata meravigliosa.

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Capitolo 18
*** Inganni della mente ***


Buona serata a tutti e buona lettura

Buona serata a tutti e buona lettura, Mandy

 

v Capitolo Diciassettesimo - Inganni della mente

 

Non era passata nemmeno una mezz’ora da quando Dominic aveva cominciato a studiare che Irene ed Owen erano scesi al piano inferiore. Li aveva annunciati prima Lilly, che probabilmente gli aveva sentiti prima di lui e si era improvvisamente alzata andando ad aspettarli davanti alle scale. Dopo aver fatto delle carezze alla cagnolina che gli aveva accolti scodinzolando, entrambi erano andati verso il soggiorno, dove la donna aveva scorto Dominic, mentre seduto sul divano e in abiti comodi stava con il copione in mano, leggendo.

- Buongiorno.- gli aveva detto avvicinandosi. Owen invece aveva fatto una corsetta fino ad arrivare davanti a lui, quindi era salito in ginocchio sul divano, gli aveva stretto le braccia intorno al collo e gli aveva fatto una pernacchia contro la guancia. I due adulti avevano riso.

- Brutto delinquente, ti sembra questo il modo di dire buongiorno?- lo aveva rimproverato per finta Dominic, che in verità era davvero divertito quando Owen se ne usciva con cose simili.

- La vuoi vedere la mia bici?- aveva invece chiesto il bambino, non rispondendo alla domanda.

- La tua bici?- aveva chiesto a sua volta Dominic. Era stata Irene a sciogliere il dubbio.

- L’ha portata il suo papà, un altro regalo di compleanno… ma non è che siamo molto bravi ancora ad andarci. Impareremo presto comunque.-

Owen aveva annuito come a confermare ciò che aveva detto la mamma, intanto però aveva preso la mano di Dominic e stava cercando di fare forza per farlo alzare, incurante del fatto che Irene gli stava facendo notare che in quel momento era immerso in altro, nel suo copione, quello che si era imposto con tutta la forza quella mattina di prendere in mano dato che lo stava ignorando da giorni.

Aveva pensato che fosse stato decisamente strano il fatto che quella mattina, rientrando in casa dopo aver passato quella notte con Sakumi, avesse subito pensato che doveva mettersi a studiare.

Vista così, senza andare a guardare i particolari, forse quella notte poteva essere definita malinconica: in fin dei conti aveva fatto sesso con una donna al primo appuntamento, era ben certo che la cosa non si sarebbe ripetuta e che era anche probabile che i loro contatti finissero lì, eppure non era questa la sensazione che aveva addosso.

La sua mente non si era soffermata sull’accaduto se non per poco, tornando quasi immediatamente a quella che era la sua vita di tutti i giorni: il copione che doveva studiare, Irene ed Owen. Era a loro che aveva rapportato Sakumi per altro. Appena era rientrato, dopo aver dato la colazione a Lilly e averle permesso di uscire in giardino per i suoi bisognini, era andato in camera sua per farsi una doccia, cambiarsi e mettersi quindi seriamente a studiare un po’.

Passando nel corridoio prima di entrare nella sua stanza aveva sbirciato verso quella di Irene ed Owen, notando che la loro porta era chiusa, segno che stavano ancora dormendo. Altro non poteva essere, erano appena le otto e mezza del mattino ed era sabato, però ne era stato sollevato: se Irene l’avesse beccato a rientrare a quell’ora sapeva che per lui sarebbe stato imbarazzante, anche se lei, per discrezione, non gli avrebbe chiesto nulla.

Era insolito il fatto che non si fosse in un primo momento con la mente soffermato a rivivere quell’esperienza, ma anche per questo particolare aveva intuito che tutto quello che poteva esserci tra lui e Sakumi c’era già stato. Si erano evidentemente sentiti attratti l’uno dall’altra e si erano vissuti quell’esperienza, non c’era niente di male. Quella serata, quella cena in quel locale così caratteristico, l’atmosfera che si era respirata. Sakumi era una donna veramente particolare, decisa, affascinante: Dominic la trovava meravigliosa e non avrebbe mai potuto conservare un cattivo ricordo di quell’esperienza.

La domanda più che legittima piuttosto era il perché di tutti questi ragionamenti, che se anche non si era messo a fare nell’immediatezza poi aveva dovuto necessariamente affrontare. La risposta era abbastanza semplice, cioè che lui, quelle occasioni, non le cercava e in fin dei conti non le voleva nemmeno. Non era un perbenista o un moralista, non si era sentito un poco di buono per aver ceduto ad un’occasione simile, e di certo non aveva pensato male di Sakumi, anzi. Era una donna che sapeva quello che voleva, non gli aveva fatto assolutamente credere che il suo interesse fosse diverso.

Però era anche fuori da ogni dubbio che Dominic in quel momento volesse stare insieme ad una persona in modo duraturo, magari non serissimo, ma in uno di quei modi in cui ci si diverte, si tiene l’uno all’altro, si è sinceri, si condividono i propri pensieri. Magari poi, dopo un certo periodo, si è anche innamorati e si sente l’esigenza di costruire qualcosa sul serio. Certo, nella vita gli era spesso capitato di sentirsi innamorato dopo un’ora, ma poi col tempo aveva pensato che le cose non devono essere necessariamente così veloci. Insomma, crescendo si diventa più riflessivi, meno intenti ad assecondare delle sensazioni che si hanno sull’onda di emozioni prepotenti che vengono fuori e che poi magari non si rivelano nemmeno all’altezza delle aspettative. Dominic pensava che questo significasse diventare maturi ed adulti, almeno così credeva.

 

Aveva deciso di assecondare Owen nell’andare a vedere subito la bicicletta, il bambino sembrava così entusiasta di mostrargliela che non voleva bloccare sul nascere quel momento, aveva detto ad Irene che non c’era nessun problema quindi, si era alzato e aveva seguito Owen che l’aveva trascinato fuori. Lilly ovviamente era andata dietro a loro, anche solo per essere presente e al centro dell’attenzione. Come ogni animale domestico che si rispetti, doveva sempre avere sotto controllo tutto quello che succedeva sul suo territorio e tutti gli spostamenti di chi ci viveva.

Owen aveva portato Dominic sul retro della casa, fino a che non erano arrivati dove c’era una tettoia sotto la quale c’erano degli attrezzi da giardino, lasciati lì dal giardiniere che veniva un pomeriggio a settimana. Davanti a questi adesso c’era anche questa piccola bicicletta con due rotelle più piccole aggiunte ai lati della ruota posteriore. Owen, appena era stato lì davanti aveva alzato orgoglioso lo sguardo verso Dominic, aspettando che dicesse qualcosa.

- Ma che bella!- aveva commentato Dominic, era davvero graziosa. Chissà perché le cose dei bambini sono davvero carine, forse perché sono piccole. In un momento a Dominic erano venute in mente delle scarpette che aveva visto svariati anni prima a Birmingham, a casa di Irene. Erano delle scarpette minuscole, da ballo, che Irene teneva attaccate dietro alla porta della sua camera. Erano di quando era piccola e faceva danza classica. Se non si ricordava male gli aveva raccontato di averla fatta per un paio d’anni, dai quattro ai sei, e di aver sostituito poi quell’attività con il nuoto.

- Però non mi riesce tanto di andarci. Ma tu ci sai andare in bicicletta?- aveva chiesto Owen, distraendolo da quei ricordi.

- Sì, è un po’ che non ci vado, ma pare che andare in bicicletta sia la cosa per antonomasia che non si scorda mai, quindi suppongo di saperlo ancora fare.- aveva risposto senza pensare troppo al fatto che stava parlando con un bambino piccolo. Owen l’aveva guardato perplesso, ma non aveva chiesto niente in proposito. In fondo a lui bastava la sua risposta affermativa.

- Allora poi mi aiuti?-

- Certo che ti aiuto, ma non ora, adesso devo tornare a studiare, se no faccio tardi!-

Anche se aveva detto poi, Owen in verità sperava che Dominic lo avrebbe aiutato subito, in ogni modo se n’era fatto una ragione, tanto più che quella mattina sapeva che i programmi sarebbero stati quelli di uscire con il suo papà e aveva forse più voglia di stare con lui che di giocare con la bici.

Dopo aver fatto colazione Irene e il bambino erano usciti, la donna andando via aveva detto a Dominic che sarebbero tornati per pranzo, anche con Christopher probabilmente. - Se non hai altri impegni pranzi con noi, sì?- gli aveva chiesto, lasciando comunque trasparire che le avrebbe fatto molto piacere.

Dominic le aveva detto che sarebbe stato lì ad aspettarli sicuramente, anche se lo rendeva un po’ perplesso passare del tempo con Christopher. Nonostante lo avesse trovato un uomo simpatico, non aveva idea di come rapportarsi a lui, e questo, lo sapeva bene, dipendeva dal fatto che non riusciva a togliersi dalla testa il sospetto che, se Irene stava male, era forse per colpa di qualcosa che lui le stava facendo. Non poteva esserne certo, ma lo sospettava. E questo lo infastidiva.

Era riuscito a studiare quasi per tutta la mattina rimanente, salvo rari momenti di pausa che si era concesso di tanto in tanto. Un paio di volte l’aveva interrotto il telefono, ma per il resto era filato tutto liscio. Lilly anche non si era fatta quasi mai sentire, Dominic le aveva lasciato la porta a vetri del soggiorno aperta, così poteva entrare ed uscire di casa come voleva.

Era su un passaggio che gli era risultato subito un po’ ostico, un dialogo piuttosto lungo non molto facile da imparare, quando era stato richiamato per la seconda volta quella mattina da uno scatto improvviso di Lilly, che aveva avvertito prima di lui che qualcuno stava rientrando, dirigendosi subito alla porta.

Irene, il bambino e Christopher erano entrati in casa dopo pochi secondi, sembravano essere divertiti, ridevano, Owen sembrava essere piuttosto contento.

Dominic si era alzato per salutare tutti, Christopher come il giorno prima lo aveva salutato dicendogli ciao in modo piuttosto gaio, quindi, quando si era trovato vicino a lui, gli aveva stretto la mano, gesto appena un po’ formale come del resto erano i loro rapporti. Irene si era fatta carico completamente di pensare al pranzo, scartando l’idea di Dominic di ordinare qualcosa e quella di Christopher di andare fuori direttamente. I due uomini le avevano offerto anche il loro aiuto, ma lei li aveva rassicurati di poter fare tutto da sola senza alcun problema. Per farla breve, per Dominic non c’era stato proprio verso di sottrarsi dal rimanere del tempo solo a contatto con Christopher.

Erano andati a sedersi sul divano mentre Owen, seduto per terra sul tappeto dell’ingresso, era impegnato a grattare Lilly che si era sdraiata sulla schiena e si godeva le sue coccole. Ultimamente poi, perché gliel’aveva insegnato Dominic, aveva scoperto che se la grattava in un certo punto della pancia e ad una certa velocità, Lilly cominciava a muovere velocemente la zampa posteriore destra, una specie di tic che hanno tutti i cani. La cosa lo divertiva immensamente, tanto che aveva subito attirato l’attenzione di suo padre che l’aveva guardato farlo prima di mettersi seduto sul divano.

Dominic aveva fatto spazio all’uomo togliendo subito di mezzo il copione, Christopher tuttavia l’aveva notato, così gli aveva fatto una domanda più che legittima.

- Roba di lavoro?- gli aveva chiesto.

- Sì, sto studiando un copione.- aveva risposto semplicemente Dominic.

- Ma lo puoi dire di cosa si tratta oppure devi uccidermi dopo perché sono cose segretissime?-

Dominic aveva riso alla battuta di Christopher. - No, non devo ucciderti!- l’aveva rassicurato, per poi raccontargli per sommi capi di cosa si trattasse. - E’ una commedia, è una trama molto semplice, parla di un tipo sui trenta che deve sposarsi con la fidanzata storica, una con cui sta fin dai tempi del liceo, e all’ultimo momento ha dei ripensamenti. Diciamo che è una commedia dall’umorismo un po’ cinico, dato che poi effettivamente il tipo fa bene ad avere dei ripensamenti, dato che scopre che la sua fidanzata da una vita ne ha avuti di ben più grossi dei suoi di ripensamenti e si è innamorata di un suo buon amico che tra l’altro la ricambia, ma non seriamente. Questo poi è un tipo stranissimo, una specie di new hippy perdigiorno, un po’ fumato anche. Alla fine si sposano e il tipo fumato gli fa anche da testimone dato che poi è lui che li fa tornare insieme.

- Divertente…- aveva commentato Christopher, - e tu saresti il tipo che alla fine si sposa?-

- No, il tipo fumato.-

Christopher era rimasto per un attimo perplesso alla sua risposta, gli aveva fatto quella domanda ma era convintissimo che gli avrebbe risposto di sì. - Ah, pensavo che fossi il protagonista.-

- Infatti lo sono, non il solo dato che i tre protagonisti come importanza di parti si equivalgono. Comunque la mia è la parte più divertente del film, quella anche più sopra le righe, è un personaggio interessante questo a ben vedere, sia per un fatto strettamente interpretativo sia per la profondità che ha, che all’inizio sembra vicina al nullo.-

- In effetti far ridere a volte è più difficile che piangere, da quello che dicono, io non ne so niente anche se mi affascina il tuo lavoro, dico davvero!- aveva commentato Christopher interessato.

- Sì, hai ragione, ad interpretare parti simili si rischia sempre di andare troppo sopra le righe e finire nel patetico. Questo personaggio sembra un coglione completamente rimbecillito dal fumo, ma non lo è per niente, anche se come si compete al personaggio, è del tutto fuori di testa. In fondo la trama vorrebbe dimostrare che nessuno è quello che sembra. Lei, che pare una tutta compunta di quelle che non escono di casa con un capello fuori posto invece si perde totalmente per uno così, il tipo con cui sta da più di dieci anni, che in questo le somiglia, si scopre invece molto più simile al tipo fumato e il tipo fumato alla fine è quello che sa più vivere di loro. Comunque c’è di meglio, non voglio dire che sia una gran cosa questa. Anche se ammetto che non sarà certo una cosa poco impegnativa.-

Christopher lo stava ad ascoltare quasi pendendo dalle sue labbra.- Lo sai che fai un gran bel lavoro?- aveva commentato dopo pochi secondi di silenzio entusiasta. - No, perché a me ha sempre affascinato il fatto che un attore si trova a dover interpretare dei ruoli anche diversissimi tra loro. E poi è una cosa complicata, perché c’è tutto un lavoro d’immedesimazione, una specie di metodo a cui vi dovete attenere. O mi sbaglio?- aveva chiesto improvvisamente l’uomo, vedendo che Dominic gli stava sorridendo.

- No, no, non ti sbagli. Se devo parlare per me, in ogni modo, ti dico che io ho studiato recitazione e posso dire di averlo fatto a dei livelli diciamo medio alti, ma se devo essere sincero sono fermamente convinto che un metodo non lo si può imparare. Se ce l’hai, perché non tutti ce l’hanno, è una cosa tua, assolutamente indipendente dagli studi che hai fatto. Al limite lo puoi perfezionare, anche molto a volte, ma se non c’è alla base una certa attitudine e una certa passione, l’attore almeno a mio parere non avrà mai quel tocco di classe in più che lo contraddistingue.- Si era fermato un secondo a riflettere quindi aveva precisato una cosa. - Intendiamoci, io non credo personalmente di avere niente di speciale, sono uno fra tanti! Magari mi riferisco più a tipi come Di Caprio, gente che non ha studiato mai recitazione, eppure sono dei geni nel loro genere. Mi sono spinto al caso limite con quest’esempio, però mi hai capito, spero!-

Christopher aveva annuito, poi aveva continuato a parlare. - Essendo considerato quasi uno di famiglia da Irene abbiamo visto tutto il vedibile con te e forse sarò un profano nella tua ottica, ma a me piace come reciti, se vale qualcosa.-

Dominic anche gli aveva sorriso riconoscente. - Ti dico che in verità fa molto piacere sentirselo dire da persone come te. Quando arrivi al pubblico è sempre la cosa migliore, quando te lo dicono è molto gratificante e mi fa capire che sto seguendo la strada giusta. Quindi grazie, grazie mille.-

Dopo di questo Dominic si era sentito leggermente imbarazzato, quindi aveva visto bene di spostare del tutto l’argomento di conversazione su Christopher. Come aveva fatto l’uomo in precedenza questa volta era stato Dominic a chiedergli del suo lavoro, una professione che era altrettanto interessante e creativa sotto certi punti di vista. Christopher era una architetto ed era innamoratissimo della sua professione, fin da quando aveva incominciato a parlarne era stato palese a Dominic che ne fosse entusiasta.

L’imbarazzo iniziale di trovarsi a tu per tu con quell’uomo che conosceva solo di nome e su cui aveva avuto pensieri di tutti i tipi meno che positivi, era sparita del tutto nel giro di una mezz’ora di chiacchiere.

Avevano pranzato tutti insieme, le chiacchiere durante quel pasto erano continuate allegramente anche in compagnia di Irene ed Owen. Dopo pranzo, alla proposta di uscire nuovamente per andare a spasso, Owen si era opposto con decisione. Erano riusciti a tenerlo lontano dalla sua bici nuova per tutto quel tempo e non sarebbero riusciti a tenercelo ancora. Christopher e Irene quindi si erano messi in giardino per aiutarlo ad imparare. Dominic, se all’inizio aveva optato per rimettersi a studiare, non aveva saputo dirgli di no quando il bambino, dopo dieci minuti che stava fuori con i genitori, era tornato in casa e si era presentato davanti a lui trotterellando. - Ma tu non vieni? Mi avevi detto che mi aiutavi!-

Dominic aveva riappoggiato fulmineamente gli occhi sul copione, poi su Owen, che aveva su un'espressione buffissima: lo stava guardando con le mani ben piantate sui fianchi e piuttosto imbronciato. Sembrava che tra le righe stesse cercando di dirgli che stava infrangendo una promessa.

Quindi Dominic gli aveva sorriso, pensando che in fondo il bambino aveva anche le sue ragioni. Una promessa è pur sempre una promessa e poi, tra stare fuori con lui e lì a studiare, sapeva benissimo dove avrebbe voluto cadere la sua scelta. Aveva chiuso di scatto quelle pagine rilegate, dicendo tra sé e sé fanculo al copione, si era alzato e l’aveva seguito fuori.

Erano stati per quasi tutto il pomeriggio in giardino, con Lilly che trotterellava intorno a loro seguendo anche lei i più piccoli progressi di Owen. Com’era nella sua natura la cagnolina si era affezionata subito anche a Christopher, che non aveva impiegato molto a ricambiarle le attenzioni. Del resto Lilly, proprio perché era così espansiva, giocherellona e piuttosto bella, riusciva sempre ad accaparrarsi la simpatia di tutti quelli che ci entravano in contatto. Mentre Owen riusciva a muovere i primi metri pedalando, le chiacchiere degli adulti erano continuate, spaziando dagli argomenti più disparati: avevano parlato ancora dei loro lavori, di alcuni libri che avevano letto entrambi, di calcio. Dominic del resto non perdeva mai occasione di chiacchierare di quell’argomento, dato che con i suoi amici americani che non ne sapevano nulla o quasi non poteva mai farlo. Per altro Christopher teneva per il Manchester United come lui, Dominic gli aveva anche mostrato con un certo orgoglio la maglia che gli era stata regalata qualche anno prima: come se fosse stato un giocatore della squadra, gli era stata regalata una maglia del Manchester con scritto hobbit al posto del nome del giocatore. Era un cimelio quasi sacro per lui!

In serata ognuno si era dedicato ai propri impegni. Christopher con Irene e il bambino erano usciti a cena, anche se era stato invitato Dominic aveva cortesemente rifiutato: era stato in mezzo a loro tutto il giorno, e anche se non gli sarebbe dispiaciuto passare ancora del tempo insieme a quella famiglia voleva lasciare che avessero i loro spazi. Aveva cenato da solo a casa sua, poi verso le dieci era uscito per andare a passare la sua serata con degli amici in un locale, incontrando praticamente sulla porta gli altri che tornavano dopo cena.

 

***

 

Prima di addormentarsi, dopo essere tornato a casa, Dominic si era perso a riflettere su alcune cose.

Ancora a pensarci al pomeriggio appena passato si sentiva strano, ma sapeva che era uno stupido preconcetto che lo faceva rimanere perplesso. Christopher, senza ombra di dubbio, gli era davvero simpatico, e questo non lo poteva negare assolutamente.

Probabilmente era possibile che lui avesse travisato quello che Owen gli aveva detto ormai diverse notti prima: il bambino gli aveva semplicemente parlato di un allontanamento tra i suoi genitori, un allontanamento di suo padre più precisamente, che poteva anche essere dovuto a tutto meno che a quello che Dominic aveva pensato. Poteva essere per il lavoro, potevano essere problemi inerenti alla famiglia di Christopher, poteva essere qualsiasi cosa. Che ci fosse un po’ di crisi nel loro matrimonio quello poteva comprenderlo data la lontananza tra lui ed Irene, ma tutto quello che Dominic aveva pensato probabilmente era solo fantascienza. Christopher era un uomo simpaticissimo, alla mano, in gamba e sembrava amare suo figlio oltre il limite del possibile, tutt’altro che una persona cattiva. Con Irene gli era sembrato appena un po’ più freddo di quello che ci si aspetta da un marito rispetto ad una moglie: che fosse riservato in sua presenza non significava nulla, poteva essere semplicemente il suo carattere, magari era uno timido a cui non piaceva farsi vedere in certi frangenti in pubblico. Quello che gli dava da pensare era soprattutto il fatto che si era preso una stanza in un albergo, probabilmente escludendo a priori l’idea di passare anche le notti con sua moglie. Non era un particolare da poco nell’ottica di Dominic.

Ma al di là di questo, a dirla tutta, le crisi nelle coppie sono cose all’ordine del giorno, gli bastava pensare ai suoi genitori: non facevano che litigare da più di trentacinque anni, ma sembrava quasi che ogni litigio, piccolo o grande che fosse, li avvicinasse di più. Era perché parlavano, in continuazione, e avevano insegnato anche a lui e a suo fratello ad affrontare così le questioni: se c’era un problema in casa se ne discuteva e se non si trovava una soluzione a questo discutendo si continuava a parlarne, fino a che le cose poi non si risolvevano.

Forse solo questo particolare lo preoccupava, il fatto che tra Christopher ed Irene quel canale di comunicazione sembrava essersi quantomeno bloccato e di certo quella lontananza non li giovava. Dominic conosceva tanta gente così, che in casa bandiva ogni forma di dialogo che non fosse su cose futili, alla completa ricerca del quieto vivere. La famiglia di Linda ad esempio era così, la sua ragazza di quando aveva diciott’anni: Dominic si ricordava benissimo di averla consolata spesso quando lei, sempre piuttosto giù di morale, gli parlava delle incomprensioni della sua famiglia. Lui le consigliava sempre di parlare il più possibile con i suoi genitori o i suoi fratelli, ma Linda sempre e comunque si teneva tutto dentro e a forza di non parlarne accumulava stress e anche piccole nevrosi. Gli diceva sempre che in casa sua non era possibile discutere, perché era una cosa che non avevano mai fatto e che non erano proprio capaci di gestire. Con il tempo aveva cominciato a capire che il motivo per il quale Linda si era affezionata molto alla sua famiglia dipendesse proprio dal fatto che, nonostante l’amore profondo che avesse per i suoi genitori e i suoi fratelli, era una famiglia fondata su basi come quelle su cui era fondata la sua che avrebbe voluto. Si confidava con sua madre, scherzava con suo padre e suo fratello, era spessissimo a casa loro. Poi era finita dopo poco più di un anno tra lui e Linda, e un po’ ne aveva sofferto anche la sua famiglia dato che affezionarsi a lei era stato per tutti inevitabile. Le avevano voluto bene tutti.

Proprio mentre era perso in queste congetture che stava ancora facendo mentre piano piano si assopiva, non aveva udito che Owen era entrato in camera sua trascinando sempre l’orso con lui. L’aveva sentito solo quando il bambino gli aveva toccato il braccio e lui aveva aperto di scatto gli occhi nella semi oscurità. Ci era voluto qualche secondo perché nel buio riuscisse a scorgere la sagoma del bambino e dell’orso.

- Hey, tutto bene?- gli aveva chiesto leggermente allarmato. Era successo altre due volte che il bambino gli facesse delle visite notturne, ma mai che l’avesse richiamato mentre dormiva, o quasi.

- Posso dormire qui?- gli aveva chiesto Owen, con la voce assonnata.

Dominic si era spostato verso il lato sinistro per fargli posto, quindi l’aveva aiutato a salire. Anche se era piuttosto assonnato e con i riflessi non troppo pronti anche lui, non aveva potuto fare a meno di chiedergli ancora una volta che cosa ci fosse che non andava, Owen sebbene sempre con il suo modo infantile di esporre le cose, gli aveva risposto piuttosto chiaramente.

- Mamma prima, quando è venuta a letto credeva che stavo dormendo, ma io ero sveglio e l’ho sentita che piangeva. Ora dorme ma a me di là non mi riesce più.-

- Allora rimani qui, così forse ti riesce di dormire, va bene?-

Owen si era dichiarato d’accordo, Dominic l’aveva coperto con il lenzuolo e, dopo avergli fatto una carezza e avergli dato un bacino, gli aveva augurato la buona notte.

Non ci aveva messo molto il bambino ad addormentarsi un’altra volta, per Dominic invece non era stato facile.

Nonostante tutto quello che avrebbe potuto immaginare quella situazione per lui rimaneva un'enigma con una sola certezza: Irene stava male.

Anche se forse la colpa non era di Christopher non cambiava niente, il fatto rimaneva, e Dominic non poteva che dispiacersi di tutto questo, soprattutto per il fatto che non sapeva cosa fare per aiutarla a superare quel momento.

 

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Capitolo 19
*** Giornate tristi ***


Nuova pagina 1

Buon fine settimana e buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Diciottesimo - Giornate tristi

 

Il malumore aveva covato in Dominic sin dalla mattina appena si era svegliato. Accanto a se non aveva trovato Owen, immaginò che il bambino si fosse alzato già da un pezzo dato che erano le dieci passate. Scendendo al piano inferiore infatti era stato accolto da Lilly e subito dopo aveva visto che le porte a vetri del soggiorno erano aperte, con conseguente deduzione che chiunque fosse in casa sua quella mattina stava in giardino. Era più che convinto che affacciandosi avrebbe scorto Owen intento a pedalare sulla sua nuova bici, ed infatti era così che l’aveva trovato, mentre sua mamma, seduta al tavolo di pietra non lontano da vialetto dove Owen andava in bicicletta, lo guardava distrattamente.

Dominic aveva attirato l’attenzione di entrambi, Owen aveva momentaneamente lasciato la sua occupazione per raggiungerlo e per salutarlo. Irene invece era stata più fredda, tanto che Dominic si era immediatamente ricordato di cosa Owen gli avesse detto la notte prima. Era sicuro che né lui né suo figlio potessero essere la causa del suo malumore ed era tranquillo, anche se dispiaciuto. Anche quella convinzione tuttavia era sparita quando, dopo un po’ che era rientrato in casa per farsi una tazza di caffé, Irene lo aveva raggiunto in cucina e non sembrava essere lì per fargli un saluto gentile.

- Ho bisogno di parlarti.- gli aveva detto subito. Dominic l’aveva invitata a farlo.

- Sei gentile ad essere affettuoso con Owen, ma questa storia che ogni tanto lo lasci dormire con te deve finire. E’ un capriccio, lo so che può sembrare innocuo, ma non va bene che tu lo assecondi sempre.-

Dominic ci era rimasto un po’ male, ma la capiva. In effetti pensò che non aveva mai visto la cosa in questi termini, ma lui non era un genitore e non aveva mai avuto a che fare se non superficialmente con dei bambini. Sicuramente non aveva concesso ad Owen di rimanere con lui con un cattivo intento, se mai era tutto il contrario. - Non ci avevo pensato, scusa. E’ che ieri notte è venuto dicendomi che non riusciva a dormire, così ho pensato che…-

Irene lo aveva interrotto. Se prima gli aveva parlato con un certa calma, adesso quella calma un po’ era scemata. - Dominic, se mio figlio ha qualche problema sono io che devo occuparmene! Sono capacissima di tenergli compagnia e di farlo riaddormentare, di questo tu non devi preoccuparti.-

Dominic a questo punto si era leggermente risentito, ma s’impose di non darlo a vedere anche se aveva esposto le sue ragioni con chiarezza:- Non ho mai messo in dubbio che tu sia un’ottima madre, ma cerca di metterti nei miei panni, ho solo cercato di esaudire una sua richiesta e di non disturbare te. Non mi costava niente farlo e non c’era niente di male nelle mie intenzioni, questo non puoi negarlo.-

- Sì, lo so, ci mancherebbe solo che non riconoscessi che sei stato gentile in quest’ultimo mese.- aveva osservato la donna calmandosi nuovamente. - Ma per favore, non permettergli più di dormire con te.-

- Come vuoi.- le aveva risposto Dominic tornando a prepararsi il caffé.

Irene anche non aveva aggiunto altro, aveva lasciato la cucina subito e Dominic, sentendo i suoi passi che si allontanavano, si era lasciato scappare un gesto di stizza. Aveva gettato il cucchiaino che teneva il mano verso il lavabo della cucina, il piccolo oggetto metallico a contato di quella superficie aveva prodotto un rumore sgradevole, che aveva attirato l’attenzione di Lilly, alla quale Dominic si era messo a fare le coccole subito dopo, evitando di pensare all’accaduto.

Forse era la prima volta nella vita che trovava Irene sgradevole, fino a quel momento o l’aveva ignorata o l’aveva amata, senza alcuna via di mezzo. Era un sentimento strano, ma l’aveva provato per poco: era sparito non appena aveva realizzato che quella di prima non era Irene.

La notte prima doveva essere successo qualcosa, questo era sicuro. Solo cosa?  La vera domanda in fondo era sempre questa.

Anche se in parte la scusava non aveva potuto fare a meno di rimanere contrariato, dopo aver preso quel caffé e aver mangiato qualcosa era tornato in camera sua a vestirsi e lì era rimasto, con il suo copione, anche se in quell’ora abbondante durante la quale ci aveva lavorato su non era arrivato a capo di molto. Si era interrotto solo quando aveva sentito qualcuno entrare in casa sua ed aveva capito che era Christopher. Non che avesse una gran voglia di rapporti sociali in quel momento, tuttavia era sceso per non fare la figura del maleducato, tanto per scoprire che era solo venuto a prendersi il figlio con il quale avrebbe passato la giornata fino all’ora di cena, senza Irene.

Dopo averlo salutato era tornato immediatamente in camera sua, anche se era rimasto con l’orecchio teso a captare tutti gli spostamenti che avvenivano in casa sua in quel frangente. Non aveva sentito molto, aveva solo intuito quale fosse stato il momento preciso in cui Christopher doveva essere uscito con il bambino, nient’altro.

Si era rimesso a leggere, almeno ci aveva provato, ma con la mente era senza ombra di dubbio rimasto a ciò che avveniva in casa, così aveva captato anche dell’altro.

Irene aveva salito le scale velocemente, anche lei si era infilata in camera sua, chiudendo energicamente la porta. Non ci erano voluti più di dieci secondi perché Dominic riuscisse ad intuire cosa stesse succedendo, aveva buttato il copione sul letto senza nemmeno prendere il segno della pagina, quindi si era alzato e si era diretto, cercando di non farsi sentire, verso la porta di Irene.

Dalla sua stanza, che era dall’altra parte del corridoio, non avrebbe potuto sentire quello che invece, stando davanti alla sua porta chiusa, udiva distintamente. Irene stava piangendo.

Nella sua testa era passata chiara e concisa la parola basta.

Basta con il fare finta di niente per discrezione, non ne poteva più della discrezione che gli prevaricava ogni strada, basta con quel sentirsi inutile, basta con quella situazione che non giovava a nessuno.

Decise che avrebbe fatto qualcosa, che era meglio sentirsi dire magari in malo modo da Irene che la lasciasse in pace piuttosto che rimanere in un perenne stato di indecisione.

Aveva bussato alla porta di Irene, energicamente, senza ricevere alcuna risposta. Aveva sentito solo che lei smetteva di piangere.

- Mi fai entrare un momento?- aveva chiesto, sempre senza ottenere una risposta.

Aveva aspettato una manciata di secondi, poi aveva parlato nuovamente. - Posso entrare?-

Se aveva cominciato sarebbe andato fino in fondo, così si era armato di coraggio e aveva aperto quella porta, trovandosi davanti Irene che l’aveva guardato un momento tra lo stupito e l’indignato. Aveva ovviamente l’aspetto di chi sta piangendo e si sta sforzando per smettere. I capelli leggermente scomposti e le guance arrossate, con le mani si stringeva spasmodicamente i gomiti.

- Scusami se mi sono permesso, ma non ce la faccio più a fare finta di niente, lo faccio già da un mese. Siccome un po’ mi conosci lo dovresti sapere che sono totalmente incapace di starmene fermo ad aspettare. Ero così anche dieci anni fa, non è una cosa nuova.- le aveva detto con un tono di voce basso, quanto più carezzevole possibile.

Irene aveva guardato a terra, lo sforzo che stava facendo su se stessa era immane, ma per il momento non intendeva cedere alle sue emozioni. Sarebbe bastato un niente però e questo ebbe il potere di innervosirla terribilmente, cosa che si era riflettuta nelle parole che aveva pronunciato subito dopo contro Dominic.

- Sei un gran presuntuoso a volte, cosa pensi di poter fare per me? Non ti ho chiesto aiuto, non adesso, potresti almeno rispettare i miei spazi invece di invaderli così.-

Dominic non aveva ritenuto opportuno dirle niente, sapeva benissimo che in verità non voleva ferirlo, era evidente che avesse solo un gran bisogno di esternare rabbia e rancore. Si era semplicemente avvicinato e le aveva stretto le braccia intorno, un gesto che sulle prime Irene non aveva voluto accettare. Si era divincolata appena, ma poi era scoppiata nuovamente a piangere senza riuscire più ad avere un controllo su se stessa.

Gli si era appoggiata contro e si era lasciata quasi sorreggere, non aveva più intenzione di lottare per nascondere qualcosa che comunque agli occhi di Dominic era evidentemente palese.

Aveva mantenuto quella posizione per parecchio, Dominic continuava a tenersela stretta addosso. Non gli piaceva vederla così, ma era anche contento che riuscisse a sfogarsi finalmente, sicuramente le faceva bene. Solo quando si era sufficientemente calmata, dopo essersi seduta sul letto della sua stanza ed aver accettato che Dominic le portasse un bicchiere d’acqua, era riuscita, senza guardarlo, a dire cosa le fosse successo che l’aveva fatta arrivare a stare così male.

 

***

 

È strano come davanti ad un problema di cui non si sa niente, si finisce sempre per pensare alle ipotesi meno convenzionali. Per quanto riguardava Irene, forse proprio per il fatto che era tanto che ci pensava e per il fatto che aveva conosciuto e trovato simpatico Christopher, Dominic aveva ragionato proprio così.

Un marito che tradisce la moglie ormai non fa più scalpore. È quasi un fatto senza senso, che lo senti e passa così, senza quasi che ci si accorga della cosa. È una banalità.

Forse per uno spettatore.

Mentre Irene gli parlava di come aveva vissuto quell’ultimo anno, Dominic piano piano cominciava a rendersi conto di come certi avvenimenti possono invece essere catastrofici per una persona.

Ascoltarla mentre gli parlava di cosa le era successo non era stato difficile, la conosceva praticamente da sempre ed Irene poteva dare per scontato che lui conoscesse determinati dettagli della sua vita, tuttavia Irene aveva dovuto cominciare a raccontargli quella storia quasi ripartendo da dieci anni prima.

Ad Irene era venuto spontaneo iniziare quella storia raccontandogli di quando aveva conosciuto Christopher: lei aveva ventidue anni e frequentava la facoltà di legge, lui ne aveva venticinque e si sarebbe laureato in architettura a breve, la discussione della sua tesi era questione di giorni. Si erano incontrati ad una di quelle feste che si organizzano sempre nell’ambito dell’università, feste dove la gente va solo per rimorchiare o per sbronzarsi. Ad Irene non piacevano, ma ci era andata ugualmente in preda alla noia. Lui non avrebbe dovuto essere lì perché frequentava un ateneo diverso, non era mai stato un festaiolo nemmeno quando aveva cominciato l’università e non gli sorrideva l’idea di infiltrarsi con alcuni suoi amici in quella festa, ma si sa che il gruppo in certi casi comanda e lui si era dovuto adeguare.

Erano entrambi annoiati e un tantino disgustati dall’ambiente, le espressioni dei loro visi probabilmente riflettevano i loro stati d’animo quando si erano guardati per la prima volta. Così era successo che lui aveva attaccato discorso, ad Irene il fatto che non le avesse dato l’idea di provarci spudoratamente era piaciuta e se anche sapeva che anche quella poteva essere una tecnica si era divertita a trascorrere il resto della serata a parlare con Christopher. Si erano lasciati un recapito alla fine della serata, tuttavia non si erano più sentiti. Irene, timida com’era in determinate faccende, non l’avrebbe mai richiamato per prima, Christopher invece, anche volendo, non avrebbe potuto contattarla dato che una cifra di quel numero di telefono era sbagliata. Irene non l’aveva fatto assolutamente apposta, ma lui l’aveva pensato e ci era rimasto anche male.

Il destino però aveva voluto che si rivedessero un paio d’anni dopo, quando Irene si era laureata. Alla discussione della sua tesi se l’era ritrovato davanti e non aveva stentato un secondo a riconoscerlo. Si era subito chiesta come fosse possibile che si fosse materializzato lì all’improvviso quel ragazzo a cui aveva continuato a pensare chiedendosi dove fosse finito, nonostante fosse passato tutto quel tempo. Era stato una specie di scherzo del destino: un compagno di corso di Irene era suo cugino e si laureava lo stesso giorno in cui si laureava anche lei.

Era stata lei ad avvicinarsi, sebbene si vergognasse a farlo si era detta che o prendeva la palla al balzo oppure non l’avrebbe visto mai più. Qualche anno dopo Christopher le avrebbe raccontato che anche lui l’aveva vista benissimo e si era subito ricordato, ma che per orgoglio non aveva fatto niente, era abbastanza indispettito con lei. Chiarito l’equivoco avevano fatto in modo di non perdersi più.

La storia poi andava avanti semplicemente, in un iter già sperimentato da chissà quante coppie prima di loro: la semplice frequentazione era diventata una relazione seria, che poi era diventata una convivenza, passo che li aveva portati diretti al matrimonio. Dopo due anni era arrivato Owen e loro sembravano essere una di quelle coppie modello, una cosa quasi da film. Entrambi giovani, carini, impegnati in lavori interessanti e abbastanza lucrosi che svolgevano entrambi in modo brillante, riuscivano nel frattempo ad essere anche genitori attenti ed amorevoli. Ma la perfezione non è cosa di questo mondo e sebbene tra loro non ci fossero mai state grandi incomprensioni o litigi, qualcosa aveva cominciato a non funzionare più. Dire solo che fosse una questione di routine forse era ridicolo, piuttosto era stato qualcosa che era venuto improvvisamente a mancare. La complicità era sparita, era sparito il pensiero fisso che entrambi avevano l’uno per l’altro. Dopo un po’ era sparita anche una certa dose di passionalità, Irene era davvero imbarazzata nel raccontare questo a Dominic, ma l’aveva fatto ugualmente per dargli un quadro più esauriente possibile della situazione. L’interruzione del dialogo era stata forse la prima cosa, ma sulle prime non ci avevano fatto caso presi com’erano dalle mille cose che facevano e da Owen, che si era dimostrato da subito un bambino magnifico. Poi pian piano era successo il resto.

Fino a che, circa un anno prima, si erano resi conto entrambi che erano come due persone che vivevano sotto lo stesso tetto ma che non avevano più niente da dirsi o da condividere, escluso Owen.

Irene aveva immediatamente pensato che la colpa fosse sua, e di nessun altro: forse era stata troppo presa dal lavoro, aveva cominciato a dedicare tutto il suo tempo libero ad Owen e a considerare sempre meno Christopher. Quando otto mesi prima lui le aveva confessato candidamente di essersi innamorato di un’altra era stato come se il mondo le fosse crollato addosso. Lui sosteneva che questo fosse solo indice di una cosa, ovvero che l’amore tra loro era finito, semplicemente questo.

Per Irene questa non era stata che la goccia che aveva fatto traboccare il vaso: non ci credeva a quella cosa dell’amore finito, né che lui potesse essersi innamorato di un’altra. Era certa che se ne fosse invaghito, che avesse provato dell’attrazione fisica per lei, che magari ci avesse fatto anche sesso, forse gli mancava dato che loro non lo facevano. Dapprima al pensiero che lui l’avesse tradita si era arrabbiata, soprattutto perché Christopher continuava a ripeterle che con quella donna non era successo niente di fisico quando era invece palese per lei che non potesse essere così. Irene sapeva anche chi era, un giovane architetto, una ragazza fresca di laurea di appena ventisei anni, piuttosto bella. Lo trovava ridicolo anche solo che lui avesse provato a giustificarsi così.

Poi, sparita la rabbia, Irene aveva passato come un periodo di accettazione e rassegnazione, durante il quale aveva riflettuto molto sulla faccenda, su quello che la fine del loro matrimonio significava rapportato ad Owen.  Del resto lei, cosa significa per un bambino avere due genitori che si separano lo sapeva fin troppo bene. Aveva cinque anni quando suo padre se n’era andato via di casa.

Ancora oggi, a quasi trentotto anni, non era riuscita a spazzare via il rancore che provava nei confronti dell’uomo che dopo aver lasciato lei e sua madre si era fatto un’altra famiglia. Da piccola Irene si era ritrovata tante volte a pensare al fatto che suo padre passava tutte le sue giornate con loro, dava loro attenzioni e amore continuamente. E lei? Non era anche lei figlia sua?

Lo era, ma si doveva accontentare di vederlo per un mese durante l’estate, fino a che aveva avuto diciassette anni aveva passato a casa sua quel periodo, durante il quale non avevano ovviamente niente da dirsi essendo quasi due estranei; in più il resto della sua nuova famiglia era falsamente gentile con lei: in quella casa la vedevano sempre come un’intrusa, il fatto è che Irene era proprio così che si sentiva.

Dopo un grande litigio non si erano parlati per anni, fino a che Irene non si era sposata e aveva cercato di riallacciare i rapporti, che però, nonostante gli sforzi fatti, erano rimasti freddi.

Per come vedeva le cose in quel momento, Irene era più che convinta che la promessa che si era fatta, cioè che ai suoi figli cose del genere non sarebbero mai dovute succedere, era davvero una di quelle che doveva mantenere, ad ogni costo. Owen non doveva mai arrivare a provare quello che lei provava: il livore per essere sempre stati lasciati da parte, la rabbia di essere considerati il primo esperimento mal riuscito. Non la spaventava tanto che lui potesse provare del rancore per lei o per Christopher, quello che non voleva era che lui stesse male per colpa sua.

Era così, solo per il bene di Owen che aveva pensato che doveva passare sopra al tradimento di Christopher e, soprattutto, che doveva impegnarsi perché le cose tra loro tornassero come prima.

Era convinta che i suoi sforzi sarebbero bastati per entrambi, ma i suoi tentativi di ignorare i loro problemi avevano solo peggiorato le cose, dato che Christopher aveva deciso di andarsene di casa.

A quel punto aveva stabilito che se dovevano separarsi, tanto valeva che lo facessero non perché, secondo Christopher, non si amavano più: aveva accettato quell’incarico negli Stati Uniti e aveva fatto quel salto nel buio, sperando comunque che lui, messo davanti a quel fatto compiuto, si ricredesse.

Invece Christopher aveva colto la prima occasione utile e le aveva subito portato i documenti da firmare perché il loro divorzio fosse effettivo. Gliel'aveva dati la notte prima, dopo che Owen era andato a dormire e loro si erano messi a parlare della situazione difficile che gli si prospettava davanti. Per lei, anche se in fondo se l’aspettava, era stata una cosa non facile da accettare.                                                 

Dominic di quella storia non sapeva cosa pensare. Era amareggiato, questo sì, ma non ci vedeva chiaro. Aveva chiesto, alla fine di tutto, quale fosse il motivo per il quale si stavano lasciando; Irene, senza dimostrare di avere alcun dubbio, gli aveva detto che era per il fatto che suo marito aveva un’altra che probabilmente era meglio di lei a letto tanto da annebbiargli il cervello, nient’altro.

Irene ne aveva approfittato anche per scusarsi per ciò che era successo quella mattina, ma Dominic aveva capito perfettamente già per conto suo che l’Irene che aveva parlato quella mattina non era lei.

- E’ che anche il fatto che sono una brava mamma adesso non è più scontato. Owen sta male per questa situazione perché io non so proteggerlo, ecco perché preferisce dormire con te, parlare e giocare con te. Non sono in grado di proteggerlo da tutto questo, non posso fargli da madre e da padre insieme e non posso farci niente. Anche mia madre c’ha provato con me, mi ha sempre amata tantissimo, e questo non mi ha impedito di stare male per tutta la vita. E io non sono una brava madre come lei, non mi avvicinerò mai a lei. Mi sono arrabbiata stamattina, ma non con te, ce l’ho con me stessa.-  

- Io non riesco a capire perché ti senti tanto inadatta quando invece secondo me sei una bravissima mamma. E non riesco a capire ancora di più quali siano le tue paure. Hai paura che uno di voi due, o tu o tuo marito, dobbiate necessariamente abbandonarlo o vederlo pochissimo? Non è detto Irene, sta tutto a voi, a come saprete gestire la cosa. Io non so quali siano i rapporti tra voi due adesso, ma per quel poco che ho visto non mi sembra proprio che Christopher sia intenzionato né a rinunciare ad Owen né a negare a te di vederlo. E non mi sembra che stiate litigando o ci siano dei dissapori, nonostante il tradimento.-

- Il fatto però è che saremo distanti, uno di noi due mancherà comunque per la maggior parte del tempo e si creeranno degli scompensi. Comunque sta pur sicuro che non voglio arrivare a decidere in tribunale a chi verrà data la custodia di mio figlio. Sono un avvocato, anche se sono una penalista e non un’esperta in diritto di famiglia so quanto possono essere penose cause del genere.-

Dominic, dopo la risposta di Irene, decise di non aggiungere altro. Irene gli aveva detto che quella sera aveva chiamato Grace perché si occupasse di Owen dato che lei e Christopher avevano deciso di passare la serata insieme, per discutere di quella faccenda e per firmare le carte necessarie, non era del resto una cosa che Irene poteva rifiutarsi di fare al punto in cui erano.

Diverse perplessità di Dominic erano rimaste in ogni modo. Irene era mentalmente esausta in quel momento, anche se sicuramente si sentiva meglio di prima, così lui non aveva fatto altre domande.

Quando Christopher e il bambino erano rientrati, l’uomo era rimasto per un po’ a casa sua. Aveva parlato con Irene mentre Dominic ascoltava Owen che gli stava raccontando cosa aveva fatto con suo padre fuori, poco più tardi però, mentre Irene si cambiava per uscire, i due uomini erano rimasti da soli.

Quasi non si era stupito Dominic che Christopher volesse parlargli, gliel’aveva chiesto in un momento in cui Owen si era perso a grattare la pancia a Lilly e si era distratto.

Dominic gli aveva detto di sì, così si erano dati appuntamento la mattina dopo, per prendere un caffé insieme da qualche parte e fare due chiacchiere in santa pace. Aveva intuito che forse l’uomo gli avrebbe parlato probabilmente della sua versione dei fatti, da una parte era anche curioso di sentirla per vedere se unendo le due storie fosse riuscito a dissipare i suoi dubbi.

Intanto quella serata era trascorsa così, tristemente. Grace che gli girava per casa un po’ gli tirava su il morale, ma non bastava affatto a distoglierlo da quei pensieri malinconici il fatto di avere davanti una bella ragazza. Quando Irene era rientrata l’aveva riaccompagnata a casa, Grace non aveva detto una parola mentre erano in macchina. Non sapeva perché, ma a Dominic sarebbe tanto piaciuto se invece l’avesse fatto. Quando era scesa dall’auto gli aveva sorriso, lui aveva cercato di risponderle.

Appena rientrato in casa aveva visto che Irene era già andata a dormire. Era più che evidente che non volesse parlare ulteriormente di quella faccenda, un po’ se n’era dispiaciuto, ma di certo non poteva obbligarla.

Era andato a dormire anche lui, era notte inoltrata e la mattina dopo non voleva alzarsi tardi. Aveva appuntamento con Christopher prima delle dieci e voleva sbrigare delle cose prima.

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Capitolo 20
*** L'altra faccia della medaglia ***


Nuova pagina 1

Buon inizio della settimana!

Grazie mille per il tuo commento Crazy, mi fa piacere che un’esperta in materia mi faccia sapere che il personaggio di Owen renda bene, in effetti ci ho riflettuto parecchio proprio perché non volevo perdermi in clichet tipo quello che dici tu, il bambino tanto carino ma che alla fine è solo una specie di bambolotto!

Per la verità non ho voluto perdermi in nessun clichet, anche il capitolo di oggi che parla per gran parte del personaggio di Christopher, spero che venga visto proprio così, come un allontanamento da qualsiasi clichet! Poi magari ho toppato clamorosamente, vedrò dai vostri commenti.

Per quanto riguarda i commenti alla tua storia ti ringrazio, ma se una storia mi piace e mi coinvolge i commenti mi sembrano dovuti… non ti dico a tutti i capitoli perché spesso mi scordo, o non ho tempo, ma quando posso e ho qualcosa di sensato da dire lo faccio!

Per quanto riguarda il “sentimentale”, e dato che mi hai citato un’altra fessacchiotta che è la Jennifer, vi ricordo che alla fine di questa, faccio passare una settimana, due al massimo, poi c’è la terza parte seguito di Jennifer e di Per colpa di Nessie…

Dopo l’ennesima minaccia, vi saluto e vi auguro buona lettura!

Mandy

 

 

v       Capitolo Diciannovesimo - L’altra faccia della medaglia

 

Christopher si era presentato in perfetto orario al loro appuntamento in centro. Si erano incontrati in un posto che fosse facilmente raggiungibile per una persona che non conosceva la città come lui.

Ad una prima occhiata Dominic aveva notato che gli sembrava leggermente teso, forse un po’ stanco. Immaginava che probabilmente si era preparato un discorsetto per infiocchettare la faccenda, come se avesse avuto bisogno di giustificarsi con lui per la situazione in cui verteva il suo matrimonio.

Dominic, dopo averci riflettuto a lungo quella notte, aveva deciso che se solo Christopher avesse provato a coinvolgerlo in una discussione simile l’avrebbe immediatamente chiusa. Christopher non gli doveva spiegazioni e lui non voleva entrare nella faccenda e non voleva in alcun modo ascoltarle.

Tuttavia fu ben diverso quello che Christopher si era accinto a dirgli quando finalmente si erano seduti al tavolino di un caffé e avevano potuto cominciare a parlare.

- Volevo solo ringraziarti, davvero dal profondo.- gli aveva detto subito.

Dominic l’aveva guardato con un’espressione sul volto a metà tra il sorpreso e l’incerto.

- Per cosa?- gli aveva chiesto.

- Per quello che fai per Owen, e per Irene. Immagino che tu sappia cosa stia accadendo, credo che Irene ti abbia parlato del fatto che ci stiamo lasciando e che sta attraversando un periodo difficile. Per me è molto dura saperli lontani e non poter stare con mio figlio. Arrivando qui ero preoccupato, immaginavo che sarebbe stato diverso, che sarebbe stato peggiore… sai, per quanto riguarda il fatto di adattarsi soprattutto. Owen è un bambino particolare e si chiude in se stesso quando c’è qualcosa che non va, non parla mai molto e avevo paura che non stesse bene e che magari non fosse riuscito a farlo capire a chi gli sta intorno. Invece non è così…- si era interrotto per un momento, per la verità Dominic aveva notato che non era facile per lui fare quel discorso.

- Insomma… voglio dire…- aveva detto in modo un po’ incerto, mettendosi una mano sulla nuca e guardando in basso verso la sua destra. - …grazie, con mio figlio c’hai saputo fare e sta bene, vorrei esserci io qui con lui non te lo nascondo, però quello che mi preme di più è che sia felice e che non soffra troppo per la situazione che si è creata. Sapere che c’è qualcuno che si occupa sia di lui che di Irene mi fa stare meglio.-

Oltre all’evidente sorpresa derivata dal fatto che non si era assolutamente trovato davanti alla situazione che si aspettava, era quasi commosso da quello che Christopher gli aveva detto.

- Senti, non devi ringraziarmi, davvero, io ho solo cercato di fare del mio meglio. Mi sembra il minimo, ecco. All’inizio non è stato facile neanche per me, tuo figlio non è un bambino semplice, ma è adorabile, non è stato affatto difficile dopo quando ho capito un po’ di più di lui.- gli aveva detto.

- Sì è vero, non è un bambino semplice.- aveva asserito Christopher tornando ancora una volta a guardare per terra, stavolta però con uno sguardo che denotava una certa malinconia.

- Scusami se ti assillo, mi conosci solo da tre giorni e forse non t’interessa saperlo, ma non hai idea di quanto sia difficile anche per me. Non so cosa tu sappia, ma è inutile girarci intorno, sono io il cattivo della situazione e anche se Irene crede che io abbia un’altra quando non è così, le cose non cambiano. Sono io che ho deciso di chiudere, che me ne sono andato di casa e credimi, sono tormentato dai dubbi. Quando una persona si trova nella mia situazione non è mai facile fare una scelta. Da una parte pensi che è inutile mentire e continuare a comportarsi come se nulla fosse, dall’altra però forse converrebbe a tutti fare finta di niente e continuare a tenersi stretto un rapporto che se anche è sterile e non da più nulla è sicuro.-

Dominic lo stava ascoltando con attenzione. Si era reso improvvisamente conto che se anche Christopher non era partito per farlo e probabilmente non ne aveva alcuna intenzione, era anche possibile che avesse un gran bisogno di sfogarsi, forse non poteva farlo con nessun altro. Magari in lui, proprio perché era quasi un estraneo, aveva visto qualcuno che non l’avrebbe giudicato a priori. Se non altro in questo ci aveva visto giusto Christopher, Dominic non l’aveva giudicato e non intendeva farlo. Inizialmente non voleva nemmeno le sue spiegazioni, ma dal momento che aveva intuito il fatto che fosse davvero un bisogno il suo di parlare con qualcuno l’aveva lasciato fare.

- Ancora non riesco a spiegarmi perché improvvisamente Irene abbia deciso di venire qui. Non le è mai interessata entro certi limiti la carriera e so che non lo sta facendo come una specie di ripicca, per tenermi lontano da nostro figlio. Credo che lei possa immaginare benissimo quanto questa lontananza mi faccia stare male, ma Irene sarebbe incapace di farmi questo, non credo che sappia cosa sia la vera cattiveria e quindi lo escludo. Anche lei, insomma, credo che stia bene qui, credo che tu sia d’aiuto anche a lei e ovviamente ti sono grato anche per questo, non credere. Certo, è ovvio che il mio primo pensiero sia per il bambino, ma anche se non sono più innamorato di Irene non credere che non sia una delle persone più importanti della mia vita… poi te lo ripeto, non so cosa ti abbia detto lei…-

Dominic l’aveva interrotto per spiegargli. - Lei è convinta, almeno a parole, che vi stiate lasciando per un’altra. Me l’ha detto giusto ieri quando sei uscito con Owen. Per la verità ho capito quasi subito che c’era qualcosa che non andava, ma Irene non è mai riuscita a parlarmi chiaramente di questo fatto prima di ieri, anche se sono convinto che ci doveva necessariamente essere dell’altro oltre al presunto tradimento. Insomma…-

Questa volta era stato Christopher ad interromperlo. - Che tra l’altro non c’è stato.- aveva precisato.

Dominic aveva chiarito subito, temendo di averlo offeso. - Non l’ho detto per accusarti e ti assicuro che non c’è bisogno che ti giustifichi, insomma, immagino che possa capitare, non ho nessuna intenzione di giudicarti, che ciò sia avvenuto o meno, ci mancherebbe altro.- gli aveva detto.

- No, non è per giustificarmi. Dico davvero, non ho mai tradito Irene. Mi è semplicemente successo di innamorarmi di un’altra, cosa che non è stata l’inizio della mia presa di coscienza, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non l’avrei mai fatta una cosa del genere, ho troppo rispetto per Irene per farlo e di certo i sensi non mi hanno annebbiato il cervello. Non mi sono sentito semplicemente attratto da questa ragazza, se fosse stato quello forse avrebbe potuto succedere ma non è così. Da lì ho capito che non c’era più niente da fare per noi, che l’amore era finito.-

Aveva sorriso imbarazzato ed era tornato a mettersi nervosamente la mano sulla nuca. - Ti sembrerà banale, ma è così. Non c’è altro.-

- Non così tanto in fondo.- gli aveva risposto Dominic, sorridendogli. - Non dev’essere stata una decisione facile.- aveva osservato. In fondo lo apprezzava per la sua coerenza, dimostrava di averne molta.

- Niente è stato facile. Il punto è che non riuscivo a mentire ad Irene e a continuare a far finta che tutto tra noi andasse bene, ho paura che il suo problema non sia quello di non essersene resa conto, piuttosto di non volerlo fare. Tra noi era scomparsa qualsiasi forma di intimità, non condividevamo più niente e anch’io per un bel pezzo non ho accettato la cosa, ma dopo un po’ per me è stato ovvio che fosse perché qualcosa si è esaurito… Non così tanto in verità, a volte continuo a pensare che la mia sia stata una scelta di comodo, che probabilmente per Irene invece niente è veramente cambiato e che il mio dovere sarebbe stato quello di cercare di superare questa crisi rimanendole accanto, a lei e ad Owen. Ogni tanto penso che sia solo una scusa il fatto di non poter continuare a mentirle, ma penso anche che la mia situazione adesso sarebbe differente. Per sentirmi in colpa dovrei essere felice, ma non lo sono.-

Dominic aveva pensato per qualche secondo prima di parlare. - Non so cosa dirti, probabilmente tu non vuoi nemmeno che ti dica qualcosa, in ogni modo non credo che fare finta di niente vi avrebbe aiutati.-

Christopher gli aveva sorriso, ma aveva quasi del tutto ignorato il suo commento, continuando a seguire il filo logico del suo discorso pochi secondi dopo. - Non è facile nemmeno vedere tutti i giorni Patsie e fare finta di niente. Irene è convinta che abbiamo una storia, a volte penso che sarebbe stato meglio se l’avessimo avuta, forse se non fossi completamente solo adesso starei meglio.-

- Patsie è…- aveva cominciato a dire Dominic, intuendo che stesse parlando dell’altra in questione. Christopher aveva subito annuito, mentre aveva ricominciato a guardare in basso verso la sua destra. Aveva un pallidissimo sorriso sulle labbra, come se si vergognasse moltissimo a parlare di lei.

- Teoricamente adesso che Irene ha firmato le carte del divorzio non farei niente di male se le chiedessi di uscire, ma non lo farei mai. E’ molto diversa da me, io non sono bravo in queste cose, anzi, direi che sono sempre stato abbastanza chiuso. Patsie invece è una ragazza attiva, solare, una di quelle persone che hanno mille idee per la testa, talmente tante che non riescono a tenersele tutte, è una persona molto vitale. Poi è molto più giovane di me, anche se credo di esserle abbastanza simpatico rischierei di farci una pessima figura se solo provassi ad avvicinarmi in quel senso… si chiederebbe cosa vuole da lei questo quarantenne in crisi precoce di mezza età! Sicuramente, carina com’è, avrà schiere di ammiratori della sua età, sicuramente meglio di quello che potrei essere io.- aveva concluso sorridendo imbarazzato.

Dominic non aveva potuto fare a meno di notare che sembrava teso come una corda di violino, non aveva aggiunto altro comunque sulla faccenda, rimanendo in silenzio.

- Scusami… ti sto assillando inutilmente con questi discorsi, non te ne fregherà assolutamente niente di sapere che mi passa per la testa e francamente non lo so nemmeno io perché ti sto raccontando tutte queste cose. Perdonami, davvero, non so cosa mi stia prendendo.- aveva detto imbarazzato.

- Non devi scusarti,- aveva tentato di tranquillizzarlo Dominic, - anzi, ho capito molte cose. Se posso dirti la mia, credo che forse sia questo quello che non afferravo. Potrebbe davvero essere giusto quello che hai pensato sul fatto che forse Irene ne è cosciente che tra voi è finita, ma che non vuole ammetterlo. Credo che potrebbe dipendere dai suoi rapporti con suo padre… ha come l’idea, anzi, direi il terrore quasi, che uno di voi due mancherà ad Owen e che sia una cosa a cui non c’è rimedio.-

- Sì, anch’io l’ho pensato.- aveva asserito serio Christopher. - Certo la sua scelta di venire qui è determinante sotto questo punto di vista. Mi chiedo in continuazione perché ha preso questa decisione. Allontanarsi per lei non è certo meglio, e di certo allontana Owen da me. Tra due anni, quando tornerà se deciderà di farlo a questo punto, dato che ieri sera mi ha addirittura detto che qui per lei ci sarebbe posto anche dopo il periodo strettamente necessario per la promozione, mi sarò perso due anni della crescita di mio figlio e non gli sarò stato vicino come dovrei. Ieri sera le ho chiesto se avrebbe potuto prendere in considerazione di tornare sui suoi passi, ma dopo mi sono sentito un verme anche se lei mi ha detto che in concreto ci aveva anche pensato, ma che non può tornare sulla sua decisione ormai. Non posso sapere quanto davvero ci tenga a questa promozione, è probabile che alcune delle sue priorità siano cambiate e non voglio tarparle le ali, non è giusto da parte mia. Quello che è vero però è che non voglio uscire dalla vita di mio figlio, non ho mai voluto abbandonarlo come ha fatto con lei suo padre e l’idea che potrò vederlo solo così per i prossimi anni mi atterrisce.-

Se c’era una cosa che Dominic non aveva mai potuto mettere in dubbio sin dalla prima volta che aveva visto Christopher abbracciare Owen, era di quanto quell’uomo che stava seduto davanti a lui con l’aria di chi è imbarazzato da morire ma anche un po’ più sollevato amava suo figlio. Parlandoci poi aveva capito che doveva essere anche un tipo abbastanza chiuso, forse anche timido. Non c’era bisogno che glielo dicesse, Dominic poteva leggere nel suo linguaggio del corpo quanto fosse imbarazzato in quel momento ad essersi messo così a nudo. Gli era rimasto simpatico quasi da subito, da quella specie di confessione era riuscito a capire che anche lui doveva avergli ispirato sentimenti simili e non poteva che fargli piacere.

La loro chiacchierata non era stata più lunga, Dominic aveva degli impegni e decisero che si sarebbero visti a pranzo. Infatti Irene aveva fatto in modo al lavoro di prendere il pomeriggio libero, sarebbe andata a prendere Owen all’asilo così avrebbero potuto mangiare tutti insieme. Dominic aveva detto subito a Christopher che la sua presenza sembrava inopportuna in quell’ultima riunione familiare, Christopher infatti aveva il volo del ritorno quel pomeriggio. L’uomo aveva insistito però.

- Se ci sei farà piacere a tutti, te lo garantisco. Se non hai altri impegni, ovvio…-

Dominic non li aveva a pranzo. L’aveva rassicurato sul fatto che ci sarebbe stato, anche se avrebbe dovuto andarsene via subito dopo.

 

***

 

Quel martedì pomeriggio Dominic si era rimesso a lavorare sul copione, anche se dopo un po’ si era perso a riflettere sugli avvenimenti del giorno precedente. Lilly gli era andata incontro, si era avvicinata al divano senza essere notata se non quando aveva appoggiato la testa sul ginocchio sinistro di Dominic, guardando poi verso l’alto con l’occhio lacrimoso, per convincerlo a farsi coccolare. Mentre la grattava dietro le orecchie aveva pensato ad Irene e al suo atteggiamento degli ultimi giorni. Non sapeva per quale strana connessione mentale, gli era successo e basta.

Dalla domenica passata quasi l’aveva evitato e lui supponeva che fosse perché non aveva nessuna voglia di parlargli ancora della faccenda tra lei e Christopher. Dominic non voleva certo che lei lo facesse, quindi rispettava il suo silenzio, anche se considerava decisamente esagerato il suo chiudersi a riccio. Owen invece gli si era ancora di più attaccato la sera prima, forse proprio per il fatto che suo padre fosse ripartito. Era stato lui il giorno prima ad accompagnarlo all’aeroporto, piuttosto che vederlo salutare Owen aveva optato per un ti aspetto in macchina che gli era suonato ridicolo dopo. Possibile che dovesse farsi impressionare da cose simili?

In quel momento, da solo nel suo soggiorno ma fortunatamente con Lilly che gli faceva compagnia, si era sentito triste nel ripensare alla discussione avuta con Christopher la mattina del giorno prima, ma se l’era fatta passare, se l’era imposto immediatamente dopo che si era rimesso a studiare.

Quando Owen era tornato accompagnato da Grace quel pomeriggio si era definitivamente distratto da tutto. Con la ragazza si erano messi a giocare sul tappeto dove Owen si metteva sempre, quello davanti all’ingresso e lui li aveva raggiunti dopo poco, anche se avrebbe avuto altro da fare.

Per prima cosa, dopo ovviamente il piacere che gli dava sempre stare con Owen, ad incuriosirlo era stato il fatto che si erano messi entrambi davanti al portatile di Grace e sembravano divertirsi da matti, inoltre quando la ragazza era entrata ed era andata a salutarlo aveva potuto notare che indossava un paio di jeans a vita bassa e una maglietta che le copriva appena l’ombellico, che ovviamente stava spesso scoperto a seconda di come lei si muoveva. Inutile dire che quel particolare, che aveva avuto modo di notare giusto qualche giorno prima, l’aveva attirato come una calamita.

Si era alzato dal divano mettendo un segno al copione, avvicinandosi al tappeto aveva chiesto loro cos’è che li faceva tanto divertire.

- Guarda, sto scrivendo!- gli aveva fatto notare il bambino mostrandogli come aiutato dalla tastiera riusciva a scrivere ben di più che il suo semplice nome. Dominic si era seduto sui talloni accanto a Grace.

- Ma che bravo che sei! Allora quando andrai a scuola sarai il più bravo di tutti!- gli aveva detto entusiasta.

Grace intanto non aveva potuto fare a meno di osservarlo mentre le stava così vicino. Inutile dire che la sua vicinanza le causava delle reazioni particolari, in ogni modo cercava di stare calma. Era felice di vederlo sorridere, se pensava a come stava l’ultima volta che l’aveva visto se ne rallegrava davvero tanto.  

Quella domenica sera, dopo il pomeriggio che Dominic aveva passato in compagnia di Irene che gli aveva finalmente rivelato cosa stesse accadendo tra lei e Christopher, lui l’aveva riaccompagnata a casa in macchina dopo che Irene era rientrata dopo la mezzanotte.

Mentre Dominic cercava di mettere ordine tra i suoi pensieri, Grace seduta al posto del passeggero guardava la strada, ma non era quello che effettivamente aveva davanti agli occhi.

Quella sera, quando si era resa conto che sebbene Irene le avesse chiesto di occuparsi del bambino, la casa non era vuota, ne era stata subito felice. Ovvio che i suoi pensieri nell’ultimo periodo non potessero essere cambiati poi molto, era sempre in continua lotta con se stessa pensando che doveva smettere di pensare a Dominic in certi termini, tuttavia l’idea che sarebbe rimasta in casa sua per una serata intera con lui presente era decisamente allettante.

Purtroppo non era stato tutto rose e fiori. L’espressione triste di Dominic le aveva tenuto compagnia per tutta la sera e se si escludeva il non c’è di che quando l’aveva ringraziato per quell’e-mail che lui le aveva promesso, per lei Dominic non aveva avuto né una parola, né un gesto, né uno sguardo. Grace se n’era molto rammaricata. Più che per se stessa per lui, era ovvio che non fosse in ottima forma.

Era certa che non dipendesse da lei: non che le avesse mai dato l’idea d’impazzire al suo cospetto, ma era sempre stato molto carino, e lo era stato anche quella sera. In quel momento era nella sua auto perché lui, nonostante casa sua non fosse molto distante, aveva insistito per accompagnarla dato che era quasi l’una di notte. Non è sicuro, le aveva detto, poi non aveva aspettato che potesse controbattere, aveva preso le chiavi della sua macchina e le aveva fatto strada fuori.

Durante il tragitto era rimasta in silenzio perché non poteva e non voleva dire nulla, sarebbe stato come invadere la sua privacy ed era una cosa che non voleva permettersi di fare. Scendendo dalla sua auto tuttavia aveva cercato di sorridergli, Dominic le aveva risposto non troppo convinto, a lei era stato bene anche così. Avrebbe tanto voluto dimostrargli l’affetto che provava nei suoi confronti, un affetto crescente, come crescente era anche l’attrazione che provava. Si era data della deficiente più volte nel pensarlo, ma non aveva potuto evitare di notare che così imbronciato era anche più sexy.

Al di là di questo non aveva potuto fare niente per lui, si era limitata a sperare che la prossima volta che l’avesse visto fosse più solare e più sorridente. Com’era solitamente, anche in quel momento in cui stava guardando Owen che premeva forsennatamente i tasti del suo computer portatile.

Il giorno prima, il lunedì, non si doveva occupare di Owen, quindi non aveva avuto nemmeno l’occasione di mettere piede in casa di Dominic.  Senza permettersi di prenderne atto razionalmente per tutta la giornata, mentre davanti al computer stava rileggendo e correggendo qua e là la sua tesi che avrebbe dovuto consegnare di lì a tre settimane, ogni tanto si distraeva e finiva sempre con l’aprire quella foto che lui le aveva mandato, rileggendo quelle due righe con cui aveva accompagnato l’allegato nell’e-mail: C’ho messo un po’ a ricordarmi di farlo, ma ogni promessa è debito! Ci vediamo presto, Dominic.

Non erano che due frasette di circostanza buttate lì così, ma per lei era qualcosa d’incredibile avere un’e-mail nella sua casella di posta elettronica inviatale niente di meno che da Dominic Monaghan, nonché un tipo che le piaceva da impazzire. Era davvero preoccupata per quella situazione, perché sapeva che ormai era troppo tardi per farsela passare e dall’altra parte era del tutto impossibile che quella storia potesse andare avanti in qualche modo.

Quella foto era molto bella, una di quelle classiche pose che possono essere colte soltanto quando i soggetti rappresentati non sanno di essere ripresi. Lei era accucciata per terra tra i due bambini che la guardavano mentre chiudeva un palloncino che aveva appena gonfiato per loro, la stavano guardando mentre si arrotolava la bocca del palloncino attorno alle dita per farci un nodo come se stesse facendo chissà cosa. Dominic invece, dietro di loro e leggermente piegato in avanti con la schiena, probabilmente osservava divertito le loro espressioni interessate.

Improvvisamente Dominic si era distratto da Owen e aveva guardato Grace, si era sentito il suo sguardo addosso e si era girato verso di lei quasi come fosse stato una specie di riflesso incondizionato, quindi le aveva sorriso.

- Che c’è?- le aveva chiesto, pentendosi immediatamente dopo di averlo fatto dato che Grace in pochi secondi non solo era diventata completamente rossa, ma aveva provato ad articolare qualcosa senza riuscire a dire niente. Dominic si era subito voltato un’altra volta verso Owen che gli stava chiedendo come si scrivesse il suo nome. Si era messo a dettarglielo lettera per lettera e ad aiutarlo quando non le trovava sulla tastiera, evitando di rimetterle gli occhi addosso, ma non potendo impedirsi di farsi delle domande su quella cosa.

Per la verità si era immaginato una cosa ben precisa in quell’istante, che il rossore che le era salito sul volto in quel momento fosse simile a quello che doveva avere quando faceva sesso. Per la testa gli erano passate delle chiare immagini che aveva cercato di scacciare via, tipo come sarebbe stato passarle la lingua sull’ombellico con il piercing. Aveva scosso con forza la testa per togliersi quella visione dalla mente, Owen aveva notato quel gesto e non aveva potuto fare a meno di chiedere a sua volta:- Che c’è?- puntandogli dritto gli occhi nocciola nei suoi.

Colto sul fatto Dominic gli aveva sorriso imbarazzato. Certamente il bambino non avrebbe mai potuto immaginare il perché di quel gesto, ma Dominic si era sentito strano ugualmente.

- Niente, avevo un grillo per la testa, l’ho scacciato!- gli aveva detto scherzando. Il bambino aveva ridacchiato, poi gli aveva indicato la parola che aveva scritto sul desktop. Invece di scrivere Dominic aveva scritto Domnic, così  lui l’aveva aiutato a correggerlo.

Era stato inevitabile dopo aver pensato quelle cose di Grace girarsi per un momento a guardarla. Stava stoicamente facendo finta di farsi gli affari suoi, con la testa completamente girata dall’altro lato rispetto a dov’era Dominic. Teneva le gambe leggermente piegate, Owen stava seduto con le gambe incrociate tra le sue ginocchia e si reggeva con le mani tenendole ben fisse a terra dietro di lei, tenendo la schiena leggermente inclinata ma non abbastanza indietro perché le uscisse l’ombellico dalla maglia, anche se se ne intuiva la forma.

Peccato, aveva pensato Dominic, imponendosi nel frattempo con tutte le forze di distogliersi da quei pensieri tutt’altro che casti.

Quando era tornata Irene Grace se n’era andata e se da una parte gli era dispiaciuto, dall’altra si era sentito sollevato perché non gli sembrava proprio il caso di fantasticare su di lei.

Una cosa era certa. Grace non gli era poi tanto indifferente come credeva…

 

 

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Capitolo 21
*** Questione d'orgoglio ***


Nuova pagina 1

Buona serata a tutti!

Grazie mille per esserti letta anche i nuovi capitoli Bloody! Sì, hai perfettamente ragione, la faccenda di Sakumi era abbastanza intuibile, poi, sapendo che sei un’acutissima osservatrice, posso immaginare che per te sia stata così leggendola!

Lo sapete che mi fa un sacco piacere che molti siano interessati alla terza parte? Non avete nemmeno idea di quanto, del resto è facilmente intuibile dal fatto che voglio continuarla che quelli siano i personaggi che mi sono rimasti più nel cuore, senza sminuire tutti gli altri di cui parlo od ho parlato.

Intanto però finisco questa…! Buona lettura, a venerdì! Mandy

 

v       Capitolo Ventesimo - Questione d’orgoglio

 

Malgrado i suoi sforzi, che doveva comunque ammettere che fossero piuttosto deboli, Irene con il passare dei giorni non si era sciolta più di tanto. I rapporti tra lei e Dominic erano tranquilli, ma lui aveva chiaramente percepito che la donna stava tentando di tenerlo a distanza, questo certamente non lo faceva felice. Quello che lo disturbava maggiormente era il fatto che non riusciva più a capire perché Irene si ostinasse a tenere quell’atteggiamento, gli sembrava ovvio ormai che non fosse solo per l’imbarazzo che avrebbe potuto provare per essersi aperta con lui in quel modo quasi totale, cosa che comunque poteva giustificare entro certi limiti. Per di più mancavano solo dieci giorni al suo trasloco definitivo, Dominic si sarebbe dispiaciuto immensamente se si fossero lasciati così freddamente.

Il problema non si poneva per Owen, che stava quasi sempre con lui quando era in casa. Per Irene non era affatto una sorpresa rientrare e trovare Owen seduto sulle ginocchia di Dominic mentre lui, sul divano del soggiorno, tentava di lavorare sul suo copione. Irene ogni tanto chiedeva ad Owen di dare tregua a Dominic e di lasciarlo un po’ in pace, ma il bambino era una testa dura e Dominic spesso e volentieri non aveva affatto voglia di studiare. Le due cose s’incastravano perfettamente tra loro.

Sempre più spesso si ritrovava a pensare a Grace, e non si stupiva troppo della cosa. Era qualche giorno che non la vedeva, era stato parecchio fuori casa e probabilmente era anche per questo che non l’aveva più incrociata. Ogni tanto gli tornava in mente il suo piercing, gli era successo un paio di volte prima di addormentarsi, un momento piuttosto critico. In questi casi non faceva altro che darsi del cretino e girarsi dall’altra parte, altro non poteva fare.

Lo stava negando a se stesso, ma quel venerdì pomeriggio l’aveva fatto di proposito a ritrovarsi a casa all’ora in cui Grace sarebbe tornata con Owen. Aveva addirittura pensato che avrebbe potuto andare a prendere Owen all’asilo, fingendo di essere passato di lì per caso come aveva già fatto in precedenza, ma poi aveva pensato che avrebbe potuto incontrare Sakumi. Non che la cosa rappresentasse un problema, ma non sapeva quale sarebbe stata la reazione della donna nel vederlo e preferiva evitare per il momento.

Era in casa da poco più di dieci minuti, quando Grace era entrata con il bambino che, non appena si era accorto della presenza di Dominic, era andato a salutarlo. Lui era al telefono con un suo amico che lo stava appunto informando che quella sera si sarebbero visti in un locale, del quale lui non era proprio entusiasta.

- Ma proprio lì, al Sunshine? Altri posti non ce ne sono?- aveva chiesto mentre con una mano aveva salutato Grace che si era affacciata al muro della cucina.

Mentre la ragazza aveva risposto con un altro cenno della mano Dominic aveva parlato ancora con il suo interlocutore: - No, non è che non mi piace il posto, però, dai, è un po’ da fighetti, no?-

Grace, vedendo che la conversazione non stava per essere chiusa, si era discretamente allontanata portandosi dietro il bambino, anche perché senza volerlo aveva già captato un dettaglio molto interessante. Ovviamente anche se sapeva di non star facendo proprio una cosa intelligente, quella sera con le sue amiche avrebbe spinto che andare a quel Sunshine. In effetti anche lei l’aveva considerato sempre un posto da fighetti, ma per quella volta ci sarebbe passata sopra più che volentieri.

Non appena Dominic aveva concluso la chiamata aveva raggiunto Owen e la ragazza sul tappeto all’ingresso, dove si erano messi entrambi a giocare con Lilly.

Si era seduto vicino a loro mettendosi ad accarezzare la pancia di Lilly insieme al bambino che si stava divertendo a fare vedere a Grace come la cagnolina cominciava a muovere velocemente la zampa posteriore destra se la grattava in un certo punto della pancia, dimostrazione che stava eseguendo per la ragazza forse per la centesima volta.

- Come va?- le aveva chiesto, per rompere il ghiaccio.

Grace gli aveva sorriso nel suo solito modo. - Piuttosto bene Dominic, tu?-

- A parte il fatto che stasera mi tocca andare in un locale che non mi piace poi granché, bene anch’io.- aveva buttato lì.

- Che locale?- aveva chiesto Grace, non sapeva nemmeno lei bene il perché, forse solo per vedere cosa lui le avrebbe risposto.

- Il Sunshine, sai quello che sta in Hollywood Boulevard, cento metri più su se non mi sbaglio dall’altra parte della strada c’è il teatro cinese di Grauman.-

- Sì, sì, lo conosco, ci sono stata qualche volta.- aveva commentato Grace. - Guarda il caso credo che ci andrò anch’io stasera. Leeanne, una delle mie amiche, l’aveva proposto, anche se non lo so, insomma vedremo.- Immediatamente dopo averlo detto Grace si era chiesta come avesse potuto tirare fuori quella colossale balla mantenendo un’espressione impassibile sul viso.

- Sì dai, vieni anche tu, così ci vediamo stasera, mi farebbe piacere.- le aveva risposto Dominic che di certo, compreso anche il fatto che quasi sicuramente avrebbe incontrato Shannyn quella sera, non poteva accogliere che bene quella notizia.

- Però Grauman è dallo stesso lato della strada…- aveva osservato sorridendo Grace, che stava cercando di contenere il fatto che era raggiante per quella richiesta.

Dominic si era dato uno schiaffetto sulla fronte:- Si vede che sono un tipo attento, eh? E’ che quel locale mi sta davvero antipatico, e poi essendo così in centro c’è rischio che mi imbatto in presenze sgradite.-

- Tipo?- aveva chiesto Grace.

Quella stronza della mia ex, avrebbe voluto dire Dominic che sapeva che Shannyn ci andava spesso, però aveva optato per dire l’altra verità schiacciante e tacere quel particolare.

- Paparazzi, appostati anche sui cornicioni come lucertole se necessario!-

Grace aveva riso appena come al suo solito, poi si era girata verso Owen facendogli una domanda, mentre si metteva una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti al viso dietro l’orecchio sinistro. Dominic l’aveva trovato un gesto estremamente affascinante.

- Hai fame? - gli aveva chiesto. Il bambino però aveva scosso la testa.

- Il succo di frutta lo vuoi?- aveva continuato. Owen questa volta ci aveva pensato un po’, quindi aveva annuito.

- Lo voglio alla pera.- aveva detto sorridendo verso Grace, che alzandosi dal tappeto gli aveva porto la mano dicendogli di andare a vedere con lei se c’era, Dominic era rimasto per qualche secondo seduto con il cane a vederli allontanarsi.

Probabilmente era stato un gesto estremamente azzardato invitarla considerato il fatto che Grace cominciava a piacergli, davvero poco furbo. Sperava solo di non combinare qualcosa di stupido.

 

***

 

Non aveva nessuna intenzione di prendere la macchina quella sera, così prima di uscire aveva chiamato un taxi. Arrivato in Hollywood Boulevard era sceso e aveva visto sul marciapiede davanti al locale con una sigaretta in bocca il suo amico Thomas, che non appena l’aveva scorto avvicinarsi gli aveva fatto un cenno con la mano come per farsi vedere.

- Vedo che ti sei sbrigato a venire, siamo qui già da quasi un’ora noialtri.- gli aveva detto.

- Si vede che non vedevo l’ora di passare la serata qui dentro?- aveva commentato Dominic sarcastico mentre aveva buttato lo sguardo in giro a guardare la gente che stava lì fuori, alcuni in fila per entrare, altri a fumare come stava facendo il suo amico.

Thomas aveva taciuto per un momento con un’aria leggermente colpevole sulla faccia.

- Ora lo so che t’arrabbi, ma sarà meglio che te lo dica prima che lo scopri da solo che…-

Dominic l’aveva interrotto, tanto aveva già capito. - C’è Shannyn? Me l’aspettavo, lo sai quante serate del cavolo c’ho passato qui dentro? E’ il suo locale preferito, ci viene sempre ed è venerdì sera, fai uno più uno… Sai, credo che la clientela scelta la aiuti ad optare per questo posto.- aveva commentato sarcasticamente buttando l’occhio a dei tipi che non erano tanto lontani da loro. Tutti vestiti più o meno nello stesso modo, tutti molto alla moda e con addosso l’aria di essere pieni di soldi che non si erano guadagnati, i classici tipi da cui Dominic sapeva di essere considerato un borghesuccio arricchito. Non gl’importava ovviamente, anzi, li compativa per la mentalità ristretta che quasi certamente avevano, solo non capiva perché doveva andare a giocare in casa loro. Quelli in particolare sembravano usciti solo per un momento dal locale, chiacchieravano a voce alta quasi che volessero farsi a tutti i costi sentire da chi avevano intorno, uno stava parlando della sua nuova Mustang cabrio color argento che doveva aver ritirato da poco dal concessionario, vantandosi di quanto l’aveva fatta correre quel pomeriggio.

Thomas, seguendo il suo sguardo aveva ridacchiato del suo commento, per poi commentare a sua volta poco finemente e con una buffa espressione sul viso con un che banda di segaioli.  

Dominic aveva sorriso, poi l’altro era ritornato al discorso precedente, quello su Shannyn.

- Allora capisco perché ti giravano oggi al telefono.- aveva affermato mentre buttava il mozzicone della sua sigaretta per terra e lo schiacciava con il piede. - Mi dispiace, non l’abbiamo fatto apposta. Solo che gli altri hanno insistito, per me era indifferente.-

Dominic aveva annuito come per dire che era tutto apposto, quindi l’altro aveva proposto di entrare. Aveva annuito un’altra volta non dimostrando un grande entusiasmo, comunque l’aveva seguito.

Si era seduto al tavolo con gli altri della loro compagnia, evitando accuratamente di guardarsi in giro, anche se a dire la verità ne aveva voglia. L’idea di trovarsi Shannyn nel campo visivo lo bloccava sicuramente, però era attratto dall’idea che Grace fosse là come lui le aveva proposto, avrebbe significato potersi distrarre anche se ci contava molto poco. Quel pomeriggio era stata davvero vaga su quello che avrebbe fatto quella sera, certo gli aveva detto che ci stavano pensando lei e le sue amiche ad andare lì, ma che non erano sicure. In fondo se non l’avesse trovata in quel posto che gli sapeva di squallido la cosa avrebbe anche aggiunto punti a suo favore.

Stavano allegramente chiacchierando da un po’ seduti al tavolo, Dominic avrebbe anche preso qualcosa da bere ma non voleva aggirarsi per il locale con il rischio di fare sgraditi incontri. Quando una delle sue amiche si era alzata proprio a quello scopo aveva pensato che forse se si fingeva nel tragitto troppo occupato a chiacchierare con lei chiunque avrebbe evitato di attirare la sua attenzione.

- Aspetta Jessie, t’accompagno, mi prendo qualcosa anch’io.- l’aveva bloccata.

La ragazza si era girata verso di lui e gli aveva sorriso fermandosi ad aspettarlo, aveva teso la mano destra verso di lui e Dominic le aveva porto il braccio.

- Oh grazie!- gli aveva detto scherzando Jessie prendendolo, - E’ sempre bello farsi scortare da un giovanotto!- aveva concluso.

Dominic aveva ridacchiato. - Se dici così sembra che hai il doppio della mia età!-

- Mi divertivo a fare la donna matura d’alta società che accalappia il trentenne, mi piace sparare cazzate, che non lo sai?-

- Sì che lo so!- le aveva risposto sempre sorridendole.

Jessie era una ragazza simpatica, era la fidanzata di uno del suo gruppo, anche se non aveva mai avuto molto a che farci ci si era sempre trovato bene, solo che quella sera stava andando tutto storto, così anche lei, volendo fare tutto l’opposto ovviamente, si era ritrovata a dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.

- Senti Dom, la stronza l’ho vista anch’io, ma non starci tanto a pensare. Ignorala e divertiti, guardati in giro, se ti vede mentre te la spassi capirà che non te ne frega niente e che si è persa anche tanto. Per dirlo chiaro, levati quell’aria triste dalla faccia e sorridi!-

Non che Dominic non lo immaginasse che tutti sapevano come fosse finita tra lui e Shannyn, però quel commento l’aveva messo leggermente a disagio e a dirla tutta l’aveva anche infastidito.

- Insomma che sono un cornuto lo sapete tutti, eh?- aveva commentato sarcasticamente.

- Mica ti preoccuperai per questo vero?- aveva chiesto l’altra sembrando preoccupata.

- Passare da coglioni non è mica tanto bello, ammettiamolo.-

Jessie aveva tolto il suo braccio destro da sotto il sinistro di Dominic e gliel’aveva passato attorno al collo, avvicinandosi e dandogli un bacio rumoroso su una tempia. - Tu non passi da coglione, sei un ragazzo troppo carino per passare da coglione!-

Riconoscendo che stava cercando solo di essere gentile e che probabilmente senza rendersene conto la cosa doveva infastidirlo più del dovuto se si vedeva così bene il suo diosagio, le aveva sorriso e si era imposto di non tormentarsi più di quanto già non lo fosse.

Avevano preso da bere ed erano tornati indenni al tavolo senza che nessuno li infastidisse, ricominciando entrambi da dove avevano interrotto prima, anche se non ci era voluto molto affinché quello che Dominic non voleva che succedesse in assoluto accadesse. Prima aveva visto le facce di quelli che erano davanti a lui cambiare espressione e guardare dietro a lui come se avessero visto qualcosa di sgradito, quindi si era sentito toccare sulla spalla destra. Si era girato subito, trovandosi davanti per l’appunto Shannyn.

Gli sarebbe tanto piaciuto dargli una rispostaccia tipo non mi scocciare vacca che non sei altro, ma sarebbe stato infantile e anche maleducato, così aveva optato per fare buon viso a cattivo gioco. Si era alzato in piedi e aveva risposto al suo pallido sorriso. - Ciao Shannyn.- Le aveva detto cordialmente, ma in modo formale.

- Ciao… ti sto disturbando?- gli aveva risposto lei sempre sorridendo. Dominic aveva scosso la testa.

- Ti ho visto, così ho pensato di venirti a salutare, non mi aspettavo di rivederti qui.-

- Hai ragione, Los Angeles è tanto grande ma alla fine siamo sempre nei soliti posti.-

Shannyn aveva annuito, quindi aveva abbassato per un momento lo guardo verso il basso prima di riportarlo su di lui. - Come stai Dominic?-

- Piuttosto bene direi, perché me lo chiedi? Ti sembra che non sia così?-

- No, no assolutamente…- aveva detto immediatamente Shannyn cercando di rimediare al tono che aveva usato, gli aveva fatto quella domanda come se fosse preoccupata per lui. - Solo che…- si era interrotta un momento e aveva sorriso più marcatamente, - Niente, era per chiedere.-

Dominic pure le aveva sorriso. - Che ti aspettavi Shannyn, che quello che è successo mi avrebbe buttato giù più del dovuto? Non hai mai capito niente di me e non ci hai nemmeno provato a cercare di capire, si vede anche da questo.- le aveva detto fingendo di essere tranquillo, sempre sorridendole. Solo che per un momento si era distratto e aveva guardato verso l’entrata, Grace era ferma in piedi vicino all’uscita, all’apparenza sembrava da sola e pure un po’ annoiata. Era stato felicissimo di vederla, così aveva alzato il braccio cercando di attirare la sua attenzione e non ci erano voluti più di due secondi perché la ragazza lo notasse e rispondesse al saluto.

- Non intendevo questo, comunque se ci tieni a rinfacciarmi alla prima occasione…-

Dominic aveva interrotto subito Shannyn, di quello che aveva da dirgli proprio non gli interessava.

- Scusami, ma ho da fare.- gli aveva detto interrompendola mentre sorrideva di rimando a Grace.

Shannyn aveva ribattuto, ma lui non l’aveva sentita dato che velocemente era andato in direzione di Grace. Quando si era ritrovato davanti a lei l’aveva salutata affettuosamente.

- Sono contento che ce l’hai fatta, da quant’è che sei qui?- le aveva chiesto.

- Sono riuscita ad entrare da dieci minuti, c’era una fila spaventosa fuori. Ti ho anche visto arrivare.- gli aveva detto.

- Perché non mi hai chiamato, potevamo entrare insieme. Con chi sei?- le aveva chiesto chiedendosi perché gli sembrava sola.

Grace aveva sorriso, pensando al rifiuto netto delle sue amiche di portarla in un posto simile.

- Lì per lì non ho voluto disturbarti, e forse ho fatto bene… chi è quella, se non faccio una domanda indiscreta?- gli aveva chiesto guardando verso Shannyn che era rimasta più o meno lì dove Dominic l’aveva lasciata con un palmo di naso e continuava a buttare lo sguardo verso di loro.

- Nessuno in particolare, una che conosco.- aveva risposto lui che proprio non aveva nessuna intenzione di starci ancora a pensare.

- Sembrava piuttosto scocciata prima.- Aveva osservato la ragazza, per poi continuare: - Per quanto riguarda le mie amiche non ci sono… all’ultimo momento hanno deciso di non uscire, ma a me non andava di restare a casa il venerdì sera così ho provato a venire qua dato che mi avevi detto che venivi anche tu.-

Dominic le aveva sorriso semplicemente, era contento che l’avesse fatto, anche più del dovuto.

Quando era tornato al tavolo con Grace, Jessie gli aveva rivolto un’occhiata leggermente stupita. Era sparito con Shannyn e tornava con quest’altra ragazza. Tanto male le cose non erano andate insomma, gli aveva sorriso quasi complice, sorriso che lui aveva ricambiato.

L’aveva presentata quindi si erano seduti, Grace per un po’ era rimasta silenziosa, pensando al fatto che per il momento quella serata stava andando bene, anche se s’imponeva di non fare altri progetti.

Le sue amiche in verità erano andate da un’altra parte, ma lei aveva deciso che non poteva perdersi quell’occasione. Di certo non era come se Dominic le avesse chiesto di uscire, ma ci era andato molto vicino, il fatto che le aveva detto che gli avrebbe fatto piacere se ci fosse stata le aveva riempito la testa di congetture.

Alla fine si era decisa a mettere da parte il grido del suo buon senso e ad accettare il fatto che lui le piaceva e non ci poteva fare proprio niente. Era successo e basta, non aveva potuto combatterlo e adesso che era libera da preconcetti perché non tentare? Forse, per uno strano caso del destino, era probabile che anche lei almeno un po’ gli piacesse dato che era sempre carino nei suoi confronti, quindi tanto valeva buttarsi.

Seduta a quel tavolo non aveva molto da dire, ascoltava distrattamente i discorsi di Dominic e dei suoi amici, godendosi semplicemente il fatto che era lì, che il suo piano era andato tutto sommato bene.

- Allora Grace, tu cosa fai nella vita?- le aveva chiesto Jessie.

Si era scossa per un momento, aspettando un paio di secondi prima di rispondere. - Studio, ma ho quasi finito. Mi sto laureando in pedagogia e scienze dell’infanzia, fra un mese e mezzo discuto la tesi.- aveva risposto gentilmente, introducendosi così nei loro discorsi.

Si era anche divertita quando era riuscita a scambiare qualche chiacchiera, sembravano tutti gentili e affabili, per di più Dominic era sembrato ancora più incline al dialogo quando anche lei si era introdotta. Le avevano chiesto di cosa trattasse la sua tesi, così lei aveva spiegato brevemente di cosa si fosse occupata cercando di non dare l’idea di monopolizzare il discorso su di lei.

Quando Dominic le aveva proposto di andare a bere qualcosa aveva accettato e si erano alzati insieme, raggiungendo subito il bancone del bar e mettendosi a chiacchierare.

- Ora ho capito perché l’altro giorno Owen riusciva a scrivere sul tuo portatile.- aveva osservato Dominic sorridendole, riferendosi a quello che lei aveva precedentemente detto sulla sua tesi.

- Owen è particolarmente sveglio, ma è così spesso. Sono le capacità manuali che un bambino non riesce a sviluppare al meglio prima dei cinque, sei anni di età, in genere poi ci vogliono anni perché si acquisti una buona manualità, non mancano le capacità mentali. Ci sono studi approfonditi sulla faccenda.-

Mentre stavano l’uno di fronte all’altro al bancone del bar, avevano messo loro davanti i cocktail che avevano ordinato. Non avevano nessuna voglia di tornare al tavolo, così erano rimasti a sorseggiarli lì, mentre Grace rispondeva a qualche domanda di Dominic al quale piaceva molto quell’argomento, anche se doveva ammettere che soprattutto gli piaceva stare con Grace. Stava flirtando spudoratamente con lei, anche se non voleva certo spingersi a fare altro, non gli sembrava corretto

Nel frattempo però non aveva potuto evitare di notare che Shannyn era seduta ad un tavolo non troppo lontano e cercava senza farsi notare di osservarli, sembrava piuttosto scocciata, questo forse aveva accentuato la sua voglia di flirtare con Grace.

- Scusa, ti sto facendo parlare di cose di studio di venerdì sera, sono pessimo!- aveva osservato.

- T’immagini, non mi dispiace parlarne con te. Anche a me fa piacere essere qui e non a casa, ma con un altro non sarebbe certo stato lo stesso, vorrei che lo sapessi.- aveva azzardato Grace.

Dominic aveva recepito fin troppo bene il messaggio.

In fondo Jessie aveva proprio ragione. Si doveva divertire, doveva stare più allegro possibile ed era inutile che facesse tanto il superiore, il fatto che Shannyn sembrasse scocciata da quello che aveva davanti agli occhi un po’ gli faceva piacere.

Aveva sorriso a Grace che gli stava di fronte a pochi centimetri di distanza e gli sorrideva a sua volta. Quella ragazza era davvero carina, in quel momento non avrebbe voluto fare altro che baciarla anche se sapeva di non poterlo fare.

Improvvisamente però si era soffermato su quel particolare.

Non lo poteva fare. Ma perché? Cosa gli impediva di farlo? Grace sembrava interessata a lui, per la verità lo era sembrata già prima di quella sera, quello era uno di quei momenti dall’atmosfera quasi magica che non capitano tanto spesso: cosa stava aspettando, che svanisse tutto?

Senza distogliere lo sguardo dal suo aveva appoggiato il bicchiere sul bancone del bar, gli era bastato allungare appena la mano destra verso il suo fianco, gliel’aveva appoggiata dapprima leggermente a ridosso di quel centimetro di pelle che era rimasto scoperto tra la gonna che portava e la maglia senza maniche che aveva sopra, accarezzandola leggermente con il pollice.

Si era sporto verso di lei, anche se non ce n’era stato nessun bisogno dato che Grace non aveva aspettato che fosse lui ad attirarla verso di sé, si era avvicinata appoggiandosi contro di lui e facilitandogli il compito di accostare le labbra sulle sue.

Mentre quel bacio andava avanti Grace si era davvero chiesta se non stesse sognando. Era del tutto impossibile che stesse finalmente baciando Dominic, eppure era quello che stava accadendo, aveva la sua lingua in bocca ed era un bacio piuttosto bello e intenso. Quando si erano staccati per un momento Grace dapprima gli aveva sorriso, poi, come aveva desiderato fare diverse volte, aveva appoggiato il naso sull’incavo tra il collo e la spalla di Dominic, mentre lui le passava le braccia dietro alla schiena andando ad appoggiarle una mano sulla nuca. Gli aveva dato un bacio ed era rimasta ferma a godersi il momento.

Quello che lei non poteva sapere era il fatto che Dominic fosse perfettamente cosciente che Shannyn aveva continuato più o meno velatamente a guardarli. Anzi, dopo quel bacio, mentre Grace si era appoggiata contro la sua spalla, si erano guardati finalmente senza fingere di non star facendolo.

Dominic infondo non sapeva nemmeno perché, non avrebbe dovuto interessargli e se aveva baciato Grace era perché gli era andato di farlo, non certo perché Shannyn gli teneva gli occhi addosso.

Solo che in quel momento non riusciva a staccare gli occhi da lei.

Grace si era distaccata nuovamente da lui, ma assorto com’era non l’aveva notato, mentre la ragazza invece aveva visto immediatamente il suo sguardo, girandosi per vedere dove fosse puntato.

Shannyn aveva distolto lo sguardo da Dominic e aveva guardato Grace, che improvvisamente aveva intuito tutto. Quella tipa proprio nessuno, come lui le aveva detto prima, non doveva essere.

Si era sentita improvvisamente presa in giro, niente di più che uno specchietto per le allodole.

Aveva guardato Dominic che aveva notato la sua espressione e si era dispiaciuto, ma ormai il danno era fatto e non poteva rimediare.

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Capitolo 22
*** Salvataggi in extremis! ***


Nuova pagina 1

Buon venerdì sera!

Torna Bloody, torna, anch’io t’aspetto!

Potrebbe suonare come una minaccia pure questa… eh eh eh!

Buon fine settimana e buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Ventunesimo - Salvataggi in extremis!

 

Irene e il bambino quella mattina si erano svegliati poco dopo le nove. Mentre facevano colazione tutti insieme in cucina Irene aveva raccontato a Dominic che avrebbero passato la giornata insieme ad Yume e Sakumi in spiaggia, le due donne ne avrebbero approfittato per stare un po’ insieme dato che era un bel po’ che non avevano occasione di vedersi se non quando s’incontravano all’asilo.

Dominic era stato contento che Irene gliel’avesse detto, non era poi granché come rivelazione, però era già stato un passo avanti notevole dopo il semi mutismo dei giorni passati.

Mentre Irene si stava preparando per uscire Owen era rimasto con lui in cucina, dove quella mattina si era messo a rileggere il suo copione cercando una buona volta di finirlo. Mentre aspettavano che Irene scendesse, Dominic si era messo Owen seduto sul suo ginocchio destro, il bambino si era incaponito a voler leggere qualcosa dal suo copione, ma ovviamente per lui, se non per qualche piccola parola, quello scritto era troppo difficile. Alla fine si era stufato dato che non ci riusciva.

Quando Irene era tornata gli aveva trovati entrambi che ridacchiavano, Owen più di Dominic per la verità, dato che Dominic stava muovendo la gamba su cui era seduto facendogli fare dei piccoli saltelli. Aveva sorriso vedendo la scena. - Andiamo?- aveva detto al bambino.

- Prima devo fare la pipì.- aveva detto lui mentre Dominic lo faceva scendere.

Irene aveva fatto per seguirlo, il bambino però si era voltato verso di lei e aveva detto deciso:

- Ci vado da solo.-

Irene quindi non aveva fatto un passo in più, il suo sguardo si era incrociato con quello di Dominic che le aveva sorriso. - E’ un ometto, che credi?- aveva scherzato lui.

Irene gli aveva sorriso, ma non era sembrata non troppo convinta. Dominic aveva colto quella sfumatura, così si era fatto scappare quella domanda dopo diversi secondi che stavano in silenzio, anche se in verità non voleva farla, almeno non in quel momento.

- Che ti ho fatto Irene?-

La donna si era girata verso di lui, quindi aveva scosso sorpresa la testa.

- Perché mi fai una domanda del genere?- aveva chiesto quindi.

- Perché mi sembra quasi che fai di tutto per ignorarmi da qualche giorno a questa parte e ho paura di aver fatto qualcosa di sbagliato.-

Irene aveva aspettato qualche secondo prima di rispondergli, intanto aveva messo su un’espressione inquieta. - Non sto cercando di ignorarti, ho troppe cose a cui pensare, davvero.-

Owen intanto silenziosamente era tornato indietro, giusto in tempo di sentire la risposta di Dominic.

- Allora mi sono sbagliato, dimentica quello che ti ho detto, scusa.- le aveva risposto sorridendole.

- Che c’è?- aveva chiesto il bambino.

Irene si era girata trovandolo dietro di lei. - Niente, Dominic mi aveva fatto una domanda.- aveva tagliato corto. - Hai già fatto? Sei stato velocissimo.-

Owen aveva annuito sorridendo soddisfatto.

Poco dopo erano usciti, Dominic non era per niente convinto di quello che Irene gli aveva detto però. Per dirla tutta non le credeva affatto.

 

Per quella giornata era completamente libero, per il momento si sarebbe concentrato ancora un po’ sul copione, poi aveva intenzione di portare Lilly fuori a fare una passeggiata dato che era un po’ che non la portava a fare un corsetta fuori.

Era stato inevitabile però, ritrovatosi solo, ripensare alla sera prima e continuare a dispiacersi.

Era stato davvero un bastardo e un cretino, aveva lasciato che Grace andasse di mezzo a quella piccola bega tra lui e Shannyn. Quello che lo faceva maggiormente pentire era il fatto che era stata proprio una scemenza, una ripicchetta idiota. Si stava chiedendo se ne valesse la pena davvero di fare quello che aveva fatto. Non che di baciare Grace non gli fosse andato, ripensandoci era stato un gran bel bacio e tutto poteva negare meno il fatto che Grace lo attraesse molto, ma aveva fatto una stupidaggine a farlo davanti a Shannyn, come per dimostrarle che lui aveva voltato pagina.

Per prima cosa non doveva dimostrare niente a nessuno, soprattutto a lei e poi Grace era la baby sitter di Owen, tra tante non poteva sceglierne una un po’ meno coinvolta nei fatti di casa sua? Ci pensava soprattutto rapportandolo al pensiero della prossima volta che avrebbe visto Grace, dato che ciò sarebbe successo relativamente presto.

Le doveva delle scuse gigantesche, questo era sicuro, sperava solo di non aver combinato un guaio troppo grosso: temeva cose del tipo una scenata davanti ad Irene, o che si licenziasse improvvisamente.

Ma forse lasciava correre troppo la fantasia e si stava dando un’importanza che non aveva affatto.

Dopo pranzo aveva passato quasi un’ora davanti alla televisione, tanto per non mettersi subito in moto dopo aver mangiato, poi aveva preso il guinzaglio e richiamato il cane che aveva fatto salire in macchina. Si era diretto alla volta di un parco piuttosto grande, uno che non rimaneva troppo vicino alla sua zona, ma che non era troppo frequentato.

Era strano per lui, l’aveva sempre considerato uno dei più belli di Los Angeles per portarci un cane, inoltre aveva un’ampia radura che faceva al caso suo: Lilly avrebbe potuto divertirsi quanto le pareva e lui l’avrebbe avuta quasi sempre sott’occhio. Forse il problema è che in quella città così modaiola quel parco in quel periodo non doveva essere molto in voga, o forse era semplicemente per il fatto che faceva un caldo terribile alle tre del pomeriggio lì.  Non appena erano arrivati Dominic aveva fatto scendere il suo cane dall’auto, sempre tenendola al guinzaglio l’aveva condotta verso il viale alberato. Aveva visto solo una famiglia, i genitori e i due bambini piccoli che se ne stavano tranquillamente all’ombra degli alberi vicino al sentiero lungo qualche centinaio di metri che conduceva alla radura.

Non appena era arrivato, dopo aver notato con immensa soddisfazione che quello spazio era tutto per loro, aveva liberato Lilly e si era seduto all’ombra. Si era portato il giornale dietro, ma aveva ricominciato a pensare a Grace quasi subito.

Da una parte era sollevato del fatto che fosse molto probabile che non l’avrebbe rivista fino a quel lunedì, dall’altra però aveva anche voglia di chiederle scusa e dato che non era un bambino che non sapeva prendersi le sue responsabilità. Anzi, quella era sicuramente la cosa che avrebbe più voluto poter fare. Se avesse avuto un suo recapito telefonico l’avrebbe contattata immediatamente, ma non aveva niente in mano se non la sua e-mail, e farle le sue scuse con quel mezzo gli sembrava da vigliacchi.

Certo quella sera poteva chiedere il suo numero di cellulare ad Irene una volta che sarebbe stata a casa, ma come l’avrebbe giustificata quella richiesta alla donna?

Quello che gli dispiaceva e che gli dava più da pensare era che probabilmente lui a Grace doveva piacere un bel po’, lo poteva dedurre dal modo in cui lei l’aveva guardato non appena aveva messo gli occhi sui suoi dopo aver visto Shannyn. Era davvero delusa, e lui non era riuscito a dirle niente.

Con una certa sicurezza si era divincolata dal suo abbraccio, lui nemmeno aveva fatto sulle prime il gesto di seguirla mentre spariva tra la folla. Aveva guardato Shannyn che aveva un sorrisetto compiaciuto sulla faccia e lo stava guardando come avrebbe potuto guardare un cretino qualsiasi. E in fondo aveva ragione.

Aveva provato a cercare Grace subito dopo, era tornato al tavolo ma da lì la ragazza aveva solo recuperato le sue cose andandosene via subito. Quando era stato fuori dal locale non era riuscito a trovarla, non aveva potuto fare altro se non tornare indietro con l’idea di essere proprio uno scemo.

Anche a Lilly dava piuttosto fastidio il caldo, Dominic l’aveva dedotto dal fatto che si era limitata ad annusare in giro ma che era rimasta rigorosamente all’ombra e vicino a lui.

- Non te la fai una corsetta Lilly?- le aveva chiesto, quasi che lei potesse rispondergli.

In effetti la bestiola l’aveva guardato come se volesse dirgli fossi scema, fattela te una corsetta con questo caldo, io c’ho anche la pelliccia!

Dominic le aveva sorriso, Lilly quindi trotterellando gli era andata vicino prendendolo allegramente a nasate sul collo, poi si era sdraiata su un fianco accanto a lui per farsi coccolare a dovere.

- Oggi è una giornata da pisolino, ho capito…- gli aveva detto sdraiandosi pure lui sull’erba e non smettendo di accarezzarla.

Erano rimasti così a pisolare per almeno un’ora buona, Dominic perdendosi ogni tanto a fissare il cielo azzurro con qualche nuvola bianca che correva veloce, il cielo s’intravedeva tra i rami dell’albero che aveva sopra di lui. Era una bella giornata, faceva troppo caldo ma ormai ci era abituato.

Lilly si era alzata all’improvviso dopo un po’, correndo verso un albero non molto distante. Dominic si era rimesso pigramente seduto, poi lentamente si era girato nella direzione del suo cane giusto in tempo per vedere che si era messa ad abbaiare furiosamente contro un ramo che stava più di un metro sopra di lei.

Doveva esserci qualche animaletto che aveva attirato la sua attenzione, così per curiosità si era alzato ed era andato a vedere. Attorcigliato attorno ad un ramo c’era un serpentello minuscolo.

- Te la prendi con uno così piccino? Via, è un animaletto come te, lascialo stare!-

Lilly però continuava forsennatamente ad abbaiargli non badando minimamente al suo commento, a dire la verità sembrava anche preoccupata e agitata.

A tanti facevano impressione, però in lui i serpenti non avevano mai destato una particolare repulsione. Non se li sarebbe tenuti in casa come animali domestici come qualcuno faceva, questo sì, ma nemmeno urlava al loro cospetto. Non li considerava molto, tutto qui. Per altro, osservando quella bestiola aveva notato che sembrava una specie di cucciolo ed era sulla schiena di un bel colore rosso acceso, sembrava carino. Si era allontanato appena cercando di far calmare il suo cane che continuava ad abbaiare, sembrava quasi che volesse tenerlo lontano da quell’albero, così l’aveva accontentata allontanandosi, quando improvvisamente si era ricordato che il suo giardiniere gli aveva parlato di una vipera che corrispondeva a quella descrizione e che era molto frequente in California. Il Crotalo Rosso se non ricordava male, un serpente ovviamente velenoso che arrivava in età adulta anche ad un metro e ottanta di lunghezza.

Quell’affarino non poteva essere più lungo di cinquanta centimetri, il che significava che ci aveva visto giusto, doveva essere un cucciolo, uno di una nidiata di almeno sette o otto cuccioli con almeno la mamma adulta appresso.

- Lilly andiamo via, sarà meglio!- aveva esclamato leggermente in apprensione cominciando ad intuire che il suo cane aveva davvero ragione ad essere spaventata. Le aveva rimesso il guinzaglio e se n’era andato velocemente verso il sentiero che l’avrebbe riportato fuori dal parco, verso la sua auto.

 

Sarebbe arrivato ancora presto a casa, in verità sarebbe voluto rimanere al parco tutto il pomeriggio. Là da solo si sarebbe annoiato, di cose divertenti da fare non ne aveva e Irene ed Owen sarebbero stati fuori almeno fino alle otto di sera come facevano sempre quando andavano in spiaggia.

Tuttavia, quando aveva svoltato nel suo vialetto aveva avuto una sorpresa.

Aveva subito immaginato che potesse essere lei da lontano, solo non capiva perché fosse lì e perché stesse fuori dal suo cancello. Aveva fermato la sua auto e aveva tirato giù il finestrino quando le era passato accanto, gli aveva sorriso imbarazzato. - Ciao Grace, - gli aveva detto,

- Come mai sei qui?-

- Me ne stavo andando.- aveva detto lei, quasi che si fosse offesa per quella domanda.

Dominic aveva velocemente spento l’auto, mentre le diceva ferma, non ti muovere! aveva tirato su il freno a mano e si era tolto la cintura di sicurezza, uscendo velocemente dall’auto e fronteggiandola.

- Sono solo sorpreso, sono contento che sei qui, veramente avrei voluto parlarti ma non sapevo come rintracciarti, quindi mi va benissimo che tu sia qui, non volevo offenderti, scusa.- aveva detto tutto d’un fiato e in modo leggermente ridicolo. Grace non aveva sorriso solo perché non era proprio in vena.

- Entriamo?- aveva chiesto Dominic.

Grace aveva annuito, quindi, quando lui le aveva fatto cenno di farlo era salita in macchina, con Lilly che le aveva dato subito il benvenuto.

Aveva aperto il cancello automatico, quindi aveva aspettato che la luce gialla smettesse di lampeggiare per entrare. In un momento si era sentito estremamente teso, non sapeva proprio che fare, ma si stava imponendo a tutti i costi di essere calmo e di fare quello che era giusto che facesse.

Appena erano entrati in casa Dominic era andato in soggiorno ad aprire le porte a vetri in modo che Lilly facesse il suo comodo mentre lui parlava con Grace, sapeva che il suo cane aveva il vizziaccio di voler entrare ed uscire in continuazione, così si era prevenuto subito.

Grace era rimasta in piedi all’entrata, Dominic le voleva chiedere di sedersi, ma poi qualcosa l’aveva bloccato nel farlo, quindi l’aveva raggiunta.

- Eri venuta qui per…-

- Sì, volevo vedere te, ma anche tu volevi dirmi qualcosa, fallo prima tu, per favore.- gli aveva detto incerta. Lui sicuramente aveva le idee più chiare.

Di fatto lei non sapeva perché era lì, ci era andata tanto per provare e perché tenere la mente impegnata in altro per lei era impossibile. Era partita da casa sua del tutto allo sbaraglio: avrebbero potuto esserci Irene a casa che certamente si sarebbe fatta delle domande sulla sua presenza, avrebbe potuto trovare la casa vuota come poi era stato. Ma se anche Dominic ci fosse stato, che cosa avrebbe potuto fare, dirgli che era arrabbiata? Grace non era arrabbiata, in verità aveva pensato di esserlo inizialmente, ma poi aveva capito che era solo molto delusa dal suo comportamento, che ad una prima analisi era sembrato quello del classico approfittatore. Però non le sembrava il tipo, tutto lì.

Quando aveva visto che non c’era nessuno in casa era rimasta seduta qualche minuto sul marciapiede, quindi aveva deciso di andarsene fino a che non aveva visto la sua auto in fondo alla strada e si era bloccata. Il fatto che Dominic le avesse subito detto che anche lui voleva parlarle l’aveva tranquillizzata. Se parlava prima lui, lei aveva del tempo a disposizione per pensare e agire di conseguenza.

Dominic si era appoggiato le mani sui fianchi, aveva fatto un respiro profondo e poi aveva parlato come lei gli aveva chiesto di fare.

- Mi dispiace. Ti giuro che non era mia intenzione mancarti di rispetto, sono davvero rammaricato che ti sia trovata nel mezzo a quello squallido teatrino.-

- Chi era lei?- aveva chiesto.

- La mia ex. Abbiamo un conto in sospeso, ieri sera mi ha fatto innervosire perché è venuta da me con la sua solita aria da chi ne sa sempre una più degli altri e mi sono fatto fregare. So che non è una giustificazione, ma era la prima volta che mi imbattevo in lei da quando ci siamo lasciati e non è stato tanto facile come credevo. Solo mi dispiace ci sia andata di mezzo proprio tu.-

Grace aveva guardato per terra, avvalorando tutte le tesi che aveva fatto, sul fatto che lui, anche se probabilmente non con cattiveria, l’aveva comunque usata come uno specchietto per le allodole.

- Ho capito.- aveva commentato, sempre guardando sconsolata per terra.

Dominic aveva intuito che c’era rimasta malissimo, così si era affrettato a dirle una cosa che comunque ci teneva che lei sapesse.

- Non è che ho fatto quella cosa ieri sera per via di Shannyn, per lo meno non è partita da quello. Ammetto di averci scioccamente provato gusto nel sapere che ci ha visti e che sembrava seccata, lo so che è infantile e che non ne esco molto bene, ma se ti ho baciata è stato perché mi andava di farlo… insomma, è che non avrei dovuto affatto perché tu sei la baby sitter di Owen e… ho incasinato tutto, davvero mi dispiace.-

Grace aveva alzato leggermente lo sguardo, per la verità non aveva capito molto di quel discorso, se non una cosa. Se l’aveva baciata non era stato per la sua ex ma perché gli andava. C’era qualcosa che le sfuggiva, era stato così che poi dopo qualche secondo gli aveva fatto quella domanda.

- Dominic, ma io almeno un po’ ti piaccio?-

Ma che razza di domanda era quella, si era chiesto perplesso Dominic. Se gliel’aveva appena detto che gli piaceva! E poi non era quello il punto. Comunque un po’ imbarazzato di doverglielo dire direttamente si era accinto a risponderle sinceramente.

- Per la verità molto di più di un po’. Direi che mi sento molto attratto da te…- aveva detto piano, ma senza dimostrare grande incertezza. L’aveva semplicemente guardata e gliel’aveva detto.

Grace aveva alzato lo sguardo e l’aveva guardato come se quello che aveva detto fosse al di sopra di ogni senso logico, per lo meno quello era il modo in cui l’aveva interpretato lui.

Stava per dirle che però non importava perché quello non era il punto, il punto era che si era comportato male e che non avrebbe assolutamente dovuto fare niente di quello che aveva fatto la notte prima.  Solo che non aveva avuto proprio il tempo di farlo perché Grace senza aspettare oltre gli aveva stretto le braccia al collo e l’aveva baciato senza che proprio lui se l’aspettasse.          

Per qualche secondo Dominic era rimasto fermo, incapace di fare niente, poi per fortuna la lucidità aveva ripreso il sopravvento ed era riuscito a prendere con entrambe le mani le spalle di Grace e a staccarsela di dosso.

- Aspetta un momento!- le aveva detto stordito.

Grace l’aveva guardato con apprensione. - Che c’è che non va? Hai detto che ti piaccio.-

- Sì, l’ho detto ed è vero, non sai quanto sia vero, e mi piacerebbe farlo, ma non possiamo…-

La ragazza l’aveva guardato per la prima volta da quando si conoscevano con una certa sicurezza, la cosa l’aveva spiazzato del tutto e l’aveva messo una volta per tutte a tacere.  

- Insomma Dominic, sono la baby sitter di Owen, non la tua!- aveva osservato guardandolo seria.

Cosa ancora più spiazzante è che aveva perfettamente ragione.

Dominic tuttavia aveva sorriso, quell’affermazione aveva un che di involontariamente comico, solo che quando Grace in un impeto di sicurezza di cui Dominic non l’avrebbe creduta capace fino a quel momento era tornata a baciarlo, aveva lasciato che lo facesse partecipando attivamente alla cosa.

Si era reso conto alla fine di averla fatta meno peggio di quello che credeva. Sulle prime infatti aveva creduto di trovarsi a fare i conti con una ragazza se non proprio innamorata almeno infatuata di lui, ma aveva sbagliato. Grace era semplicemente attratta da lui, la sera prima probabilmente si era solamente sentita ferita nell’orgoglio. Del resto non poteva nemmeno biasimarla, anche lui si sarebbe offeso al suo posto.

Avevano cominciato a baciarsi con una certa foga, disordinatamente, la cosa stava risultando leggermente goffa, ma non sembrava un particolare importante per nessuno dei due. Grace portava una canottierina rosa leggera che al tatto gli era sembrata di cotone elasticizzato con sopra una camicetta aperta sul davanti, a Dominic era subito sembrata inutile dato il caldo che faceva, in ogni modo era stata la prima cosa che era volata via in quella specie di match improvvisato che stava avendo luogo davanti alla porta di casa sua, immediatamente seguita dalla sua gonna di jeans che Grace aveva lasciato scivolare ai suoi piedi e che aveva messo in evidenza le mutandine dello stesso colore della canottiera. Dominic si era chiesto se fosse semplicemente il caso anche se era strano che lo fosse.

Non sapeva bene perché si erano ritrovati sdraiati sul tappeto davanti all’ingresso, avrebbero potuto anche andare in un posto più comodo, se colti improvvisamente dalla passione non ce la facevano ad arrivare al piano di sopra nella sua stanza, a pochi passi c’era comunque il divano del soggiorno, ma forse era più caratteristico così. Dominic aveva pensato che se Grace era contenta per lui andava benissimo. Anzi, doveva ammettere che lo trovava un diversivo estremamente divertente e accattivante.

Grace si era messa a cavalcioni su di lui, stava cercando di baciarlo e di sbottonargli i pantaloni nello stesso momento, ma non era un’operazione facile, alla fine aveva optato per staccarsi da lui e cercare di fare una cosa per volta. Gli aveva sorriso e si era concentrata sui suoi pantaloni, che poi aveva preteso di togliergli senza però pensare alle scarpe.

- Aspetta!- le aveva detto Dominic mettendosi seduto e tirandosi nuovamente su i jeans, quel tanto che bastava per potersi togliere le scarpe. - Hai fretta?- le aveva detto scherzando, Grace gli aveva sorriso, dandogli per l’appunto appena il tempo di togliersi le scarpe, quindi aveva finalmente potuto togliergli gli odiati jeans e salirgli nuovamente addosso.

Lo slancio di Grace lo divertiva, non poteva negarlo, solo che avrebbe voluto fare le cose ad un ritmo più umano già che comunque lo stavano facendo sul tappeto all’ingresso e questo gli sembrava abbastanza strano di per sé. Si era tirato su con la schiena facendo in modo che Grace si staccasse da lui per un momento e gli lasciasse fare qualcosa, oltre allo spazio per respirare, dato che a momenti non considerava nemmeno quello presa com’era. Aveva fatto in modo che si sedesse sul tappeto tra le sue gambe, Grace gli aveva stretto le sue intorno alla vita riavvicinandosi un bel po’, ma fino a questo Dominic ci stava. Tenendole premuta in una specie di massaggio la mano sinistra sull’incavo tra il collo e la spalla, si era dedicato all’altro lato dandole dei piccoli baci intervallati a dei guizzi della sua lingua che sembrava le piacessero, con la mano destra le stava toccando un seno da sopra la stoffa leggerissima della canottiera. Non si poteva dire che avesse un seno molto grande, però a Dominic era piaciuto subito, al tatto poi era decisamente appagante. Si era fermato solo un momento appoggiandole la fronte sulla spalla per guardarle quel meraviglioso piercing che aveva notato e decisamente ammirato già altre volte. - E’ fantastico…- aveva commentato, Grace aveva ridacchiato appena, soddisfatta, ma non aveva certamente capito di cosa lui stesse parlando dato che non poteva vedere dove stesse guardando.

L’aveva presa di peso, sollevandola appena quanto bastava perché riuscisse a farla sdraiare nella posizione in cui lui era prima. L’aveva baciata lui quella volta, poi era sceso a baciarle il collo, con l’intenzione di scendere gradualmente e finalmente scoprire come poteva essere passarle la lingua sull’ombellico, dato che ci aveva fantasticato svariate volte in quei giorni precedenti.

In tutto quello però Grace non era certo rimasta ferma, forse ne era completamente incapace in quel frangente. Si agitava e muoveva freneticamente ma in modo sicuramente appagante le mani su di lui, non parlava ma non stava nemmeno in silenzio. A Dominic piaceva il fatto che sebbene non avesse detto più una parola gli stesse facendo chiaramente intuire che gli piaceva come si stava muovendo su di lei, e poi era così spontanea nelle sue manifestazioni che non poteva non piacergli.

Proprio mentre era finalmente arrivato a quel fantastico ombellico e stava per far diventare la fantasia solo un ricordo, Grace aveva aperto la bocca per articolare qualche parola di senso compiuto.

- Dominic…- l’aveva chiamato, ma a lui era sembrato più una specie di grido estatico più che un richiamo vero e proprio e aveva continuato nel suo passatempo.

- Dominic…-

Alla seconda aveva alzato la testa verso di lei, chiedendosi cosa ci fosse di tanto importante da distrarlo da quel beato compito. Non appena aveva alzato la testa aveva scorto Lilly dietro di loro che, facendo capolino con tutte le zampe anteriori dal divano e dimenando la coda della quale si riusciva a scorgere solo il pezzettino che l’altezza del divano non riusciva a nascondere, li stava guardano con la testa inclinata da una parte di quando vedeva le cose per la prima volta e ne rimaneva incuriosita. Non appena Dominic l’aveva guardata aveva abbaiato, cominciando a dimenare la coda più velocemente.

La magia era finita, Dominic non aveva potuto proprio fare a meno di mettersi fragorosamente a ridere al pensiero che stava per fare sesso con la baby sitter di Owen sul tappeto dell’ingresso con tanto di cane che li guardava, probabilmente interrogandosi su come si giocasse quel gioco a lei per il momento sconosciuto.

Grace era rimasta sdraiata, anche lei ridendo divertita, lui invece si era seduto accanto a lei non riuscendo a smettere di ridere. Lilly poi si era avvicinata, sancendo una volta per tutte la fine di quell’impeto di passione pomeridiano che li aveva colti.

Si stava gradualmente calmando, lui come Grace. Avrebbe voluto dirle che forse era meglio così, che era meglio che non avessero concluso un bel niente, ma non ne aveva avuto il tempo dato che era successa subito un’altra cosa.

Lilly improvvisamente si era avvicinata alla porta e aveva cominciato a guaire e a raspare, e Dominic sapeva benissimo cosa quell’atteggiamento significasse.

Qualcuno era alla porta!

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Capitolo 23
*** Paure ***


Nuova pagina 1

Buon inizio di settimana a tutti!

Crazy, anche a me piacerebbe tirare le orecchie ad orecchiotto, ma per motivi diversi dai tuoi…

Mh… cominciare subito la settimana con una porcata dite che è una garanzia? Staremo a vedere!

Anche se ho paura che a tirargliele un altro po’ aggraviamo il problema e non mi pare il caso!

Grazie mille per i vostri commenti, buona lettura.

Mandy

 

v       Capitolo Ventiduesimo - Paure

 

- Porca puttana!- aveva esclamato Dominic in modo decisamente preoccupato guardando per forse nemmeno un secondo verso la porta che ancora fortunatamente continuava ad essere chiusa.

Grace si era tirata su con la schiena e l’aveva guardato allarmata. - Che c’è?- gli aveva chiesto, ma lui non era stato molto ad ascoltarla, si era tirato su in piedi con uno scatto velocissimo e aveva cominciato a raccogliere i suoi vestiti e quelli della ragazza sparsi per il pavimento.

- Dominic…- aveva detto la ragazza, tentando di richiamare la sua attenzione.

- Irene! Alla porta! Il cane! Lo fa sempre!- aveva blaterato confusamente lui in risposta, cercando nel più breve tempo possibile di far capire quali fossero i rischi che stavano correndo.

Grace era rimasta un paio di secondi in silenzio, non sapeva bene come ma dopo averci pensato aveva capito cosa Dominic stesse tentando di dirle.

- Cazzo!- aveva esclamato, lui le aveva fatto segno di non gridare mentre con uno scatto raggiungeva il salotto per sgombrare il campo dall’ingresso, aveva buttato tutti i loro vestiti sul divano prima di prendere la sua maglietta che giaceva tra il mucchio rimettendosela al volo.

- Che aspetti?- le aveva chiesto invitandola a raggiungerlo.

Grace, che era rimasta per un momento come tramortita dalla notizia, si era alzata di scatto raggiungendolo dietro il divano, afferrando quindi la sua gonna rimettendosela in fretta, mentre Dominic si stava infilando i jeans cercando di non perdere l’equilibrio e di non cadere rovinosamente per terra.

Avevano sentito la chiave girare nella toppa mentre, ormai troppo tardi, si accorgevano di aver lasciato i sandali di Grace e anche le scarpe da ginnastica di Dominic lì nel mezzo. In un folle tentativo di rimediare a quella mancanza Dominic si era precipitato verso il tappeto, aveva afferrato i sandali di Grace tirandoglieli poi in tutta velocità verso il soggiorno, tuttavia Irene e il bambino erano entrati proprio mentre lui velocemente metteva le mani sui fianchi per atteggiarsi come se niente fosse.

- Ciao, ben tornati!- aveva detto loro forse con un entusiasmo un po’ eccessivo.

Irene lo stava guardando come si guarderebbe uno un po’ fuori di testa.

- Ciao… grazie…- gli aveva risposto, il bambino pure era entrato ma l’aveva appena salutato, si era messo ad accarezzare Lilly, almeno in un primo momento.

- Siete stati bene? Siete tornati presto oggi…- aveva osservato non potendone proprio fare a meno dato che erano appena le sei del pomeriggio. Intanto si stava chiedendo cosa stesse facendo Grace.

- C’era un gran vento, non si stava per niente bene in spiaggia, così tanto valeva tornare prima.- aveva spiegato Irene, esaurendo le domande di Dominic in una volta sola. - Ti saluta tanto Sakumi.-

Dominic aveva sorriso nervosamente. - Ah, che carina… restituiscile i saluti da parte mia quando la rivedi.- aveva risposto grattandosi la testa sopra l’orecchio destro.

Sarebbe stato divertente in un altro momento, ma in quello in particolare quelle due domande partite quasi contemporaneamente ebbero il potere di far agitare Dominic ancora di più.

Prima era partita Irene, poi dopo un secondo Owen, che si era concentrato su di lui dopo aver lasciato in pace il cane.

- Ti sei accorto di avere la maglia messa al contrario?- aveva detto la donna, poi era stato il turno del bambino.

- Perché sei senza scarpe?-

Dominic senza volerlo si era messo a ridere, di una risatina imbarazzata e nervosa.

- Ops! Ma dove ho la testa, mica me n’ero accorto!- aveva detto mettendosi una mano sul petto guardandosi la maglietta e pensando che era un demente quasi completo. Nella fretta quel particolare non l’aveva proprio notato.

Non aveva risposto alla domanda di Owen, non perché non volesse farlo, semplicemente perché il bambino era stato attirato da qualcos’altro evidentemente e si era allontanato. Né Dominic né Irene ci avevano fatto caso, ma aveva semplicemente seguito Lilly che stava trotterellando per la casa, in quel momento era andata verso il salotto.

- Dom, seriamente, ma stai bene?- gli aveva chiesto Irene leggermente preoccupata per lo stato in cui l’aveva trovato. Anche all’aspetto, al di là della maglia alla rovescia, lo aveva visto strano.

- Sì, certo, tutto apposto.- aveva detto Dominic sorridendole, giusto in tempo per sentire Owen parlare.

- Ciao Grace!- aveva detto il bambino, salutando la ragazza che aveva scovato in salotto seguendo il cane. Lei, dopo aver recuperato i suoi sandali, era rimasta seduta in un angolo pregando che nessuno la vedesse, aspettando il momento buono per filarsela alla chetichella. Sperava che sarebbe stato Dominic ad aiutarla e a dirle quando, ma non ne aveva avuto proprio il tempo evidentemente.

Irene aveva guardato Dominic con uno sguardo leggermente accusatorio, quindi prontamente aveva raggiunto Owen per vedere se era proprio quella la Grace che era in salotto, chiedendosi perché Dominic non le avesse detto che c’era qualcuno in casa. Quando aveva visto Grace aveva capito il perché.

A differenza di Dominic lei era perfettamente vestita, solo aveva un po’ il suo stesso aspetto. Spettinata e accaldata, come se avesse fatto una corsa, poi quando l’aveva vista era diventata ancora più rossa.

In un momento era stato tutto chiaro, aveva interrotto qualcosa, e non sapeva cosa doveva pensare della faccenda. Intanto aveva salutato la ragazza, che timidamente aveva risposto al suo saluto, alzandosi dalla sedia su cui si era messa.

- Ciao Irene!- le aveva detto subito, andandole incontro.

Dominic continuava a grattarsi la testa sopra l’orecchio destro, Irene l’aveva guardato per un secondo ma senza incontrare il suo sguardo, dato che lui lo teneva preoccupato fisso a terra.

- Sai, ero passata un attimo perché volevo chiedere una cosa a Dominic, ma me ne stavo andando.- aveva blaterato completamente nel pallone, facendo più danni che altro. - Quindi adesso che è tutto apposto posso andarmene.-

Quindi aveva guardato verso il bambino in salotto, l’aveva salutato e lui aveva risposto.

- A lunedì Irene… ciao Dominic, grazie mille.- aveva detto sorridendo e avviandosi alla porta.-

- Di niente…- aveva risposto Dominic, non sapeva nemmeno lui bene il perché, Grace comunque si era richiusa la porta dietro velocemente e probabilmente non aveva nemmeno sentito.

- Mamma, posso andare in giardino a giocare? La faccio dopo la doccia, prima di cena la faccio. Posso? - aveva detto Owen che nel frattempo si era messo di fronte alla mamma guardandola con gli occhioni da cucciolo con cui la guardava sempre quando voleva qualcosa, come in quel momento.

Irene gli aveva passato dolcemente una mano sulla testa, facendogli una carezza. - Va bene, ma solo un’oretta, poi andiamo a lavarci.-

Il bambino aveva sorriso, quindi aveva fatto una corsetta verso la porta a vetri che dava sul giardino e aveva richiamato Lilly perché lo seguisse.

Dominic e Irene erano rimasti da soli in piedi davanti al divano del soggiorno, lui sempre a grattarsi nervosamente la testa e lei che non sapeva proprio che dirgli.

In fondo avrebbe potuto essere anche un po’ contrariata, sarebbe stato legittimo, ma mica aveva fatto firmare una clausola a Grace che le vietava di provarci con Dominic. E nemmeno a lui aveva chiesto di non provarci con la baby sitter di suo figlio, quindi alla fine dei conti non c’era niente di male se entrambi si piacevano.

Non sapeva nemmeno lei come e perché, ma era scoppiata a ridere, ripensandoci quella situazione era davvero comica. Dominic aveva smesso di grattarsi e l’aveva guardata stupito, anche se poi aveva dovuto accodarsi a quella risata contagiosa. Era un po’ imbarazzato di essere stato beccato così da Irene, ma anche sollevato per la sua reazione.

Quando la donna era riuscita a smettere di ridere gli si era avvicinata e gli aveva dato una pacca sulla spalla. - Senti, tombeur de femmes… dai un’occhiata tu a mio figlio mentre mi faccio una doccia, se non hai altre donne nascoste in casa a cui pensare prima?-

Dominic aveva riso nuovamente e aveva annuito, quindi Irene gli aveva detto grazie e si era avviata al piano superiore.

Non appena era rimasto solo in soggiorno Dominic, sempre ridacchiando, aveva recuperato le scarpe e i calzini e se li era rimessi, quindi si era tolto la maglia per metterla per il verso giusto.  Dopo essersi dato una sistemata era andato fuori a giocare un po’ con Owen, cercando di non pensare alla figuraccia che aveva appena fatto.

 

***

 

Dominic non avrebbe saputo spiegarsi esattamente come fosse potuto accadere, ma quell’episodio aveva in un certo senso rinsaldato il legame tra lui e Irene.

Era una cosa che non facevano da diversi giorni quella di sedersi insieme dopo cena sui gradini di cotto davanti alle vetrate del soggiorno a chiacchierare.

Quando Irene era scesa al piano inferiore dopo aver fatto addormentare Owen infatti, aveva trovato le vetrate del soggiorno aperte, sentendo poi chiaramente la voce di Dominic mentre parlava con Lilly con la quale probabilmente stava giocando.

- Mi fai male!- le aveva detto ridacchiando, - Mi stacchi il dito se mi mordi così forte!- aveva continuato.

Quando si era avvicinata aveva visto che Dominic stava cercando di afferrarle il muso per tenerlo stretto tra le mani, un giochetto a cui gli aveva già visti giocare altre volte in precedenza. Ovviamente Lilly cercava di difendersi dai suoi attacchi sferrando morsetti in qua e in là, ogni tanto lo prendeva.

Si era avvicinata e si era seduta con loro proprio nel momento in cui il cane stava vincendo in quel giochetto e Dominic quindi aveva fatto marcia indietro.

- Buona, buona, basta, hai vinto tu!- le aveva detto, cosa che aveva fatto cambiare immediatamente atteggiamento alla cagnolina, che era passata al contrattacco affettuoso e stava cercando di leccarlo, tentativo che aveva avuto successo quando era riuscita ad atterrare Dominic di schiena salendogli sulle spalle con le zampe anteriori mentre lui non si aspettava quella mossa.

Mentre non poteva fare a meno di ridere per la situazione, Dominic se l’era tolta di dosso, per poi lamentarsi. - Ecco, ora che mi hai sbavato tutto sei soddisfatta?- le aveva chiesto tra il serio e il faceto. Guardando lo sguardo vispo di Lilly e la sua coda che veniva dimenata forsennatamente da una parte all’altra aveva aggiunto:- Mi sa proprio che sei soddisfatta e molto, brutta delinquente!- aveva detto mentre si rimetteva in piedi. Quindi si era rivolto ad Irene, che sorrideva divertita della scenetta.

- Mi aspetti un momento qui? Vado a darmi una pulita e torno.- aveva detto mostrandole le mani che erano coperte di leggeri segni rossi che gli aveva lasciato la lotta con Lilly.

Irene gli aveva semplicemente sorriso mentre annuiva, pensando nel frattempo che gli doveva qualche spiegazione sul suo strano comportamento che aveva tenuto negli ultimi tempi.

Era stato così che quando era tornato gli aveva detto che in effetti aveva ragione lui, che si era accorta anche lei di essersi un po’ chiusa nei suoi confronti ma che proprio non ne aveva potuto fare a meno.

Se da principio era stato per l’imbarazzo di essersi sentita allo scoperto dopo avergli rivelato quali erano effettivamente i suoi problemi con Christopher, poi l’aveva colta il disappunto dall’aver appreso che Dominic, dopo aver parlato con lei, aveva anche fatto una chiacchierata con Christopher. Era stato l’uomo stesso ad averglielo raccontato al telefono, quando l’aveva chiamata per dirle che il volo era andato bene e che era arrivato a casa.

Irene, sapendo perfettamente quale fosse la versione del suo ormai ex marito, si era sentita quasi tradita, aveva immaginato subito che Dominic fosse passato dalla parte di Christopher e che lo spalleggiasse anche, sebbene dovesse ammettere che fossero solo sue supposizioni.

- E’ irrazionale lo so. E’ solo che non mi aspettavo che Christopher sentisse la necessità di parlarti, insomma, vi conoscete da così poco tempo e lui è un tipo tanto schivo. Caratterialmente lui ed Owen si somigliano moltissimo, devi tirar fuori loro le cose con le tenaglie.- aveva concluso sorridendo.

Dominic aveva messo per un momento lo sguardo a terra, poi ancora su di lei.

- Christopher è un gran bella persona, questa è l’impressione che mi ha dato. Un’altra impressione che mi ha dato è esattamente quello che mi hai detto tu, non è stato facile per lui parlare con me, ma ho anche avuto la netta sensazione che avesse bisogno di farlo. Non so, di qualcuno che stesse a sentire la sua versione senza preconcetti in testa, non so se mi sono spiegato.-

Irene aveva annuito, ma Dominic glielo leggeva in faccia che non era contenta della sua risposta e non si era stupito più del dovuto di quello che gli aveva detto dopo.

- Immagino che adesso tu pensi che sono solo una che è arrabbiata con il marito perché è gelosa e allora sta mettendo su questa enorme ripicca per colpirlo, vero? Non è così Dominic, non lo è affatto.-

- Io non penso affatto questo Irene!- aveva ribattuto energicamente Dominic. - Certo non capisco perché sia tanto importante per te stare qui e voler per forza fare un salto di carriera. Non mi sei mai sembrata una a cui importavano tanto queste cose, e a sentire Christopher che credo ti conosca bene, secondo lui nessuno se l’aspettava, ecco. Ma non mi permetterei mai di pensare certe cose di te.-

Irene aveva taciuto per un momento, poi aveva fatto questa domanda a Dominic. - Metti il caso che tu sia sposato e abbia un figlio, ti offrano un ingaggio nel film più bello che ti potrebbe capitare di interpretare, un’occasione che significa un punto di arrivo e magari guadagnare un sacco di soldi in più che potrebbero esserti molto utili, ma per farlo devi trasferirti per lungo tempo dall’altra parte del mondo. Metti anche il caso che in tutto questo tu stia vivendo un tradimento, metti il caso che la tua vita matrimoniale stia andando a rotoli. Cosa faresti tu, dimmelo.-

Dominic l’aveva guardata bene. - Suppongo che accetterei, ma è diverso per me.-

- Perché sei un uomo?- aveva ribattuto Irene immediatamente e con una certa durezza.

- No, non è questo.- aveva detto subito Dominic in modo deciso. In quel momento, e solo in quello nell’arco di tutta quella chiacchierata, era uscito fuori il suo vero stato d’animo di quella serata. - Io sono solo, lo sono sempre stato da quando vivo qui, non potresti nemmeno intuire quanto mi senta solo, e non riesco ad immaginare che potrei avere qualcosa per cui rinunciare al lavoro.-

Irene aveva avuto come la netta sensazione di aver toccato un brutto tasto, si era pentita di avergli fatto quella domanda. Aveva addolcito il tono:- Allora senza tanti esempi stupidi, dimmi cosa ne pensi sinceramente di questa faccenda. Dimmi come sarebbe giusto che mi comportassi secondo te.-

- Non lo so.- le aveva risposto mentendo Dominic. - Queste sono decisioni che spettano solo a te, se avessi un’opinione non te la direi perché t’influenzerei, e non ne ho nessuna intenzione.-

Irene non aveva ribattuto, era rimasta per un po’ in silenzio fino a che non gli aveva sorriso furbetta e lo aveva guardato alzando le sopracciglia, cosa che aveva sorpreso Dominic, ma data l’espressione della donna lo aveva anche divertito.

- Non hai più scampo adesso…- aveva cominciato a dirgli, Dominic continuava a guardarla divertito, ma non capendo dove volesse andare a parare. Irene comunque si era spiegata dopo.

- Raccontami tutto quello che c’è da sapere su quello che ho interrotto oggi, conquistatore!- gli aveva chiesto, scatenando una risata sincera da parte di Dominic che, escludendo quasi del tutto la parte della storia che riguardava Shannyn, le aveva raccontato di come fossero andate le cose in quegli ultimi giorni con Grace. Non senza un certo imbarazzo, a dirla tutta.

 

Un paio d’ore più tardi, Dominic si stava rigirando nel suo letto incapace di prendere sonno. Pensare alla chiacchierata che si era fatto quella sera con Irene gli dava un po’ di pace, ma non gli bastava.

Doveva ammettere di aver finto per quasi tutto il tempo che aveva passato con lei una tranquillità che non provava affatto, e se fino al momento in cui si erano dati la buonanotte la scusa del fatto che fosse imbarazzato era per essere stato colto quasi in flagrante con Grace, in quel momento non reggeva più.

Ad Irene non era riuscito a dirlo, ma Shannyn gli aveva telefonato poco prima di cena, Dominic ancora si stava chiedendo per quale assurdo motivo le aveva risposto.

Quando era squillato il suo telefono era in cucina, stava seduto al tavolo mentre Owen in un angolo stava disegnando ed Irene, che come ogni altra volta gli aveva impedito di aiutarla, si era messa a preparare la cena. Aveva letto il nome che era apparso sul display e non aveva potuto impedirsi di allontanarsi e di salire al piano superiore infilandosi nella sua stanza per rispondere. Era stato più forte di lui.

Per dire la verità Shannyn era riuscita addirittura a stupirlo, gli aveva domandato scusa per il suo comportamento della sera precedente. Si era dichiarata dispiaciuta per qualsiasi cosa fosse successo con quella ragazza, ma poi aveva chiesto a Dominic il perché di quello sguardo che le aveva rivolto.

Non lo so, era stata la risposta incerta di Dominic, Shannyn tra le righe aveva capito benissimo che un perché invece ci doveva essere, lei sperava che fosse perché nonostante tutto non gli era così indifferente come lui si sforzava di farle credere che fosse.

- Senza che tu possa fraintendermi, voglio sapere come stai, sul serio.- gli aveva chiesto, cercando di essere rassicurante.

- Te lo ripeto, sto bene.- aveva ribattuto Dominic.

Shannyn aveva mantenuto il silenzio per un po’, non sapeva cosa dirgli e aveva anche pensato di aver fatto una stupidaggine a telefonargli. Ormai si era giocata la sua carta, che quello era un addio definitivo l’aveva capito solo dopo che Dominic, sorprendendola, aveva ricominciato a parlarle.

- Del resto che vuoi che ti dica, che mi sento ferito nell’orgoglio? Questo puoi immaginartelo da sola, come puoi immaginarti anche che un piccolo pensiero ogni giorno lo dedico ancora sia a quello che c’è stato tra noi sia a come è finita. E ti assicuro che fa male, ma non dovrei raccontarlo proprio a te, non credi? Quindi dimmi cosa vuoi razionalmente che ti dica, dimmelo tu, perché io non so più come dovrei rispondere a queste tue domande.-

Anche Dominic si era stupito di averglielo detto, ma non ci teneva più a giocare a fare la parte di quello che era superiore. Atteggiarsi in quel modo poteva voler dire commettere altri sbagli, tipo quello che gli aveva fatto credere che perdersi tra le braccia di Grace o di chiunque altra al posto suo, Sakumi inclusa, fosse una buona soluzione per dimostrare a se stesso che di Shannyn non gli importava più niente. Tanto valeva essere spudoratamente sincero, non ci poteva rimettere in dignità più di quello che ci aveva già rimesso in quella faccenda.

Shannyn a quelle parole era rimasta del tutto colpita, nella sua mente non faceva che ripetersi quanto fosse stata stupida, dato che più andava avanti e più intuiva cosa si era persa a non capire prima.

Si era persa uno che a lei avrebbe potuto tenerci davvero, che sicuramente aveva visto qualcosa in lei oltre alla sua bellezza e che probabilmente avrebbe continuato a volerle bene, forse ad amarla. Probabilmente, questo Shannyn poteva solo supporlo dato che non aveva mai dato l’occasione a lui di poterglielo dire apertamente, Dominic a lei già teneva molto. Se no non le avrebbe detto che ripensare a loro gli faceva male.

Faceva male anche a lei pensare al fatto che aveva trattato Dominic come tanti avevano trattato lei prima di lui ed era dispiaciuta, oltre che per aver buttato via quello che c’era tra loro, anche per il semplice fatto di averlo ferito dato che lui proprio non se l’era mai meritato.

Era stato per quello che aveva fatto quella proposta, oltre che per il fatto che comunque avrebbe tanto voluto avere un’occasione per dimostrargli che lei non era davvero come lui la credeva.

- Ma perché non ci vediamo qualche volta? Niente di vincolante, solo andare a bere una cosa insieme, chiacchierare, cose normali. Quando ti ho visto ieri sera mi sono resa conto di quanto mi sei mancato nelle ultime due settimane, lo so che magari non t’importa o che non ci credi, ti capirei.-

Dominic aveva sorriso, ma non di felicità o di soddisfazione. Era più rassegnazione la sua, un modo per mascherare il fatto che quella richiesta gli faceva più male che altro. E dire che era fortemente tentato di dirle che sì, l’avrebbe vista volentieri, ma in un momento di lucidità insperato durante quella telefonata aveva capito che stava ricadendo nella solita trappola, purtroppo sapeva benissimo quale fosse. Solo quello era il motivo che ben probabilmente l’aveva spinto a convincersi che Shannyn era la donna per lui.

- Dominic… sei lì?- aveva chiesto Shannyn, dopo qualche secondo di silenzio.

- Sì, ci sono, scusa.- le aveva detto, prendendosi però qualche altro secondo di tempo prima di risponderle. - Credo che sia meglio di no, ma grazie per esserti preoccupata per me. Nonostante tutto riesco ad apprezzarlo, ma francamente non credo proprio di aver bisogno di vederti. Ho bisogno di starti alla larga se mai, ma non solo da te, non prenderla come una cosa personale.- le aveva risposto. 

- Almeno non del tutto personale.- si era corretto alla fine, perché una cosa personale lo era eccome in verità.

- Va bene, come vuoi.- gli aveva risposto rassegnata lei, senza nemmeno azzardarsi a dirgli che, se nel caso avesse cambiato idea, sapeva dove trovarla. Aveva capito benissimo che non l’avrebbe cambiata.

Quando avevano chiuso la comunicazione Dominic si era sentito improvvisamente depresso, cosa che in quella giornata non si sarebbe aspettato che potesse succedergli.

Aveva spento il telefono, l’aveva buttato dietro di lui sul letto su cui era seduto. Si era messo le mani sulla faccia, appoggiando i gomiti alle ginocchia, chiedendosi cosa avrebbe dovuto fare in quel momento e cercando di non farsi prendere dalle sue solite paure. I suoi pensieri erano stati interrotti quasi subito da qualcuno che era entrato in camera sua senza fare rumore.

- Che c’è, stai male?- gli aveva chiesto con un tono tra il curioso e il preoccupato Owen, guardandolo con aria interrogativa.

Dominic si era tolto le mani dal viso e gli aveva sorriso. - No, tutto bene.- aveva risposto.

- Mamma mi ha detto di chiamarti, è pronta la cena.- l’aveva informato.

Dominic quindi si era alzato e l’aveva seguito al piano di sotto, trovando così il modo di non crogiolarsi ancora nello stato d’animo cupo in cui la telefonata di Shannyn l’aveva lasciato.

Ma era stato temporaneo, era come se quel sentimento fosse rimasto lì fermo ad aspettarlo riassalendolo immediatamente, quando la sua mente non aveva avuto altro a cui pensare per difendersi.

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Capitolo 24
*** Quel diverso che non c'è ***


Nuova pagina 1

Buon martedì sera!

Volevo segnalare a tutti fortunati che hanno Sky che stasera alle nove sul canale fox verranno trasmessi entrambi gli episodi pilota di “Lost”, ovvero la serie televisiva con Orecchiotto che parla di un disastro aereo, dove Monaghan interpreta il bassista (mai strumento fu più azzeccato per uno della sua statura… che pezza di merda che sono! Vabbè, mica è Natale che siamo più buoni, è Pasqua!) di una band in declino carriera, per giunta eroinomane. Personaggio molto interessante, ve l’assicuro.

Per quello che mi riguarda, non mi è dispiaciuto nemmeno quello che non riguarda Orecchiotto/Charlie, direi che merita abbastanza come serie, è decisamente particolare, quindi se ne siete un po’ incuriositi buona visione!

Come ho fatto io ad averlo già visto se stasera fanno le prime puntate su Sky? Ehm…

Essendo io un’Orecchiotto-dipendente, qualcosa per non aspettare i comodi di rai due che pare lo trasmetterà il prossimo settembre, mi dovevo inventare!

Detto questo vi auguro buona Pasqua, divertitevi, rilassatevi, fate una bella scampagnata il giorno di pasquetta e mangiate tanta cioccolata che fa bene all’umore! Un po’ meno al sedere, ma questi sono solo dettagli!!

Auguro per prima a me stessa che dal mio uovo spunti una cosa del genere, quindi se gradite l’articolo lo auguro anche a voi:

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Ci rivediamo la settimana prossima!

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo ventitreesimo - Quel diverso che non c’è

 

Era stato del tutto insolito per Dominic veder rientrare Irene quel lunedì pomeriggio. Innanzi tutto non erano passate che da poco le quattro, e poi si aspettava che a riportare Owen a casa dall’asilo quel giorno sarebbe stata Grace. Anzi, si era tenuto espressamente il pomeriggio libero per fare in modo di incontrarla.

Per prima cosa, fin da quando si era alzato quella mattina si era sentito strano, forse per il fatto di aver dormito poco e male in preda a quei pensieri che l’avevano accompagnato per tutta la notte. Quella riflessione su se stesso non stava portando a niente di buono e di certo questo non lo aiutava. In ogni modo, se quel pomeriggio lui non si fosse fatto trovare dopo quello che era successo con Grace sarebbe stato un po’ come dire che non voleva chiarire quella situazione con la ragazza. Anche se in verità avrebbe preferito per davvero non doverlo fare, sapeva che non era proprio il caso. Così era rimasto a casa sua praticamente a non fare niente, ma si era imposto di esserci al suo arrivo.

Invece era stata Irene che era rientrata, e non era sola. In braccio a lei c’era Owen che piangeva forte, sembrava disperato, ma non solo loro. Anche Sakumi e Yume erano entrate in casa assalite entrambe da Lilly che si era precipitata a fare gli onori di casa. Anche l’altra bambina ad una prima occhiata gli aveva dato l’idea di non stare troppo bene, sembrava aver smesso appena di piangere.

Si era alzato immediatamente dal divano pensando il peggio, aveva temuto che stessero male.

- Che è successo?- aveva chiesto preoccupato ad Irene, che continuava a tenersi in braccio Owen che piangeva appoggiato alla sua spalla.

- Ha fatto a botte all’asilo, poi ti spiego meglio.- gli aveva detto Irene dandogli un chiarimento sommario. Per il momento non era davvero nelle condizioni di spiegargli, doveva pensare prima a calmare Owen che sembrava essere agitatissimo. Per di più Dominic aveva intuito che Irene fosse davvero di cattivo umore.

Frettolosamente si era avviata al piano superiore non prima di avergli affidato Sakumi e Yume chiedendogli di pensare lui a fare gli onori di casa, cosa che l’altro aveva fatto senza alcun problema.

Strano, ma non si era sentito imbarazzato affatto di trovarsi davanti a Sakumi, anche se non la vedeva da quella mattina in cui se n’era andato da casa sua. Forse era per via di quella situazione strana, oppure perché c’era anche Yume. Non lo sapeva, era così e basta e a lui andava più che bene.

Aveva offerto da bere ad entrambe, aveva porto il succo di frutta alla bambina cercando di farla sorridere, ma lei, sembrando del tutto intimidita, era rimasta attaccata alla mano di sua mamma senza nemmeno fare il gesto di prendersi il succo. Dominic l’aveva porto a Sakumi che l’aveva preso per lei ringraziandolo, quindi le aveva fatte accomodare in soggiorno.

Avrebbe voluto chiedere anche a Sakumi cosa fosse successo, ma in quel momento si era accorto che anche lei aveva il suo bel da fare con Yume, così l’aveva lasciata in pace.

Si era trovato stranito in piedi davanti alla sua cucina, con Lilly che lo guardava sembrando anche lei stranita. I loro sguardi si erano incontrati, Dominic aveva pensato in quel momento che se la sua cagnolina avesse avuto il dono della parola gli avrebbe certamente chiesto cosa stesse succedendo. Lui si era limitato a scuotere la testa facendo un gesto con le mani come per dirle che non lo sapeva e non poteva aiutarla, quindi la cagnolina si era distolta da lui ed era andata incontro a Sakumi e Yume in soggiorno. Lui l’aveva lasciata stare, non credeva che avrebbe certo potuto infastidirle.

Altro da fare non aveva trovato che sedersi nella sua cucina e aspettare pazientemente che le acque si fossero calmate un po’, certo che prima o poi qualcuno avrebbe spiegato la situazione anche a lui.

Irene era scesa dopo circa una ventina di minuti. L’aveva scorto in cucina e gli aveva rivolto un sorriso stanco, poi gli aveva un fatto cenno che Dominic aveva interpretato come un adesso ti spiego, ma prima di andare da lui si era diretta da Sakumi e la bambina in soggiorno, dicendo loro qualcosa che lui non aveva potuto sentire. Quando era tornata finalmente in cucina si era decisa a spiegargli la faccenda.

- Non so di preciso cosa sia successo, mi hanno chiamata dall’asilo pregandomi di andare lì e quando sono arrivata ho trovato Sakumi e un’altra mamma. Credo, almeno è quello che mi hanno detto le insegnanti che erano presenti, che Owen abbia litigato con un bambino per via di un giocattolo e che si siano spintonati, solo che io non ci credo. Owen non ha mai fatto a botte con altri bambini e infatti ha avuto la peggio, vedessi che botta ha preso in testa. Yume non so come ci è andata di mezzo, ha preso una sonora testata anche lei, ha un bel bozzo dietro la testa. Owen si rifiuta di dirmi cosa sia successo, e anche Yume non mi sembra molto propensa a raccontare come sono andate le cose, ma ho come la netta sensazione che se mio figlio ha davvero cominciato è perché gli hanno fatto o detto qualcosa. A lui o ad Yume, s’intende, sai benissimo a che mi riferisco.- aveva detto.

Dominic aveva fatto mente locale a quella volta in cui lui ed Irene si erano trovati a discutere della faccenda della quale Owen gli aveva accennato qualcosa, del fatto che Yume all’asilo veniva presa in giro per il fatto di essere diversa dagli altri bambini.

Irene aveva ricominciato a parlargli subito, senza dargli il tempo di dire niente. - Comunque in quell’asilo sono solo degli incompetenti, prima che si accorgessero che si stavano picchiando di santa ragione li hanno lasciati fare… e io come una scema che mi convinco che posso stare tranquilla, che mio figlio è all’asilo al sicuro, che stronzi!- aveva esclamato arrabbiata. - Poi la colpa è sua, perché è un bambino che con gli altri non si inserisce, che non ha fatto amicizia con nessuno. Quella stupida gallina di una delle sue maestre mi ha detto che un motivo ci deve pur essere se non s’inserisce e che forse è venuto fuori oggi… Infatti mio figlio e Yume hanno battuto due sonore testate per terra e quell’altro non ha nemmeno un graffio addosso, chissà come mai.- si era interrotta per un momento, aveva sorriso amaramente.

- Lo sai che fino a che non siamo stati fuori dall’asilo Owen non ha versato nemmeno una lacrima? Ha cominciato in taxi mentre venivamo qui, pensa. Quando l’ho trovato lì all’asilo stava serio serio con le braccia incrociate, non ha voluto farsi toccare da nessuno se non da me, nemmeno per farsi mettere la pomata per i lividi.- Irene aveva smesso di parlare e aveva appoggiato un gomito al tavolo, per poi appoggiare la testa sulla sua mano.

Dominic si era appena alzato per spostare la sua seggiola accanto a quella di lei.

- Dai, non ti preoccupare, vedrai che risolverai tutto. Stai tranquilla.- le aveva detto.

- Sembra facile… Intanto Owen è disopra nascosto sotto il letto, si rifiuta di uscire e non vuole nemmeno parlare con me. Sono così arrabbiata che vorrei denunciarli, in questo paese dico che riuscirei ad estorcere a quell’asilo decine di migliaia di dollari. Diventerebbe un caso nazionale.- aveva aggiunto sconsolata.

Dominic non aveva idea di cosa fare. Era rimasto qualche secondo in silenzio, poi aveva pensato a cosa potesse fare nell’immediatezza per darle una mano.

- Vuoi che provi a farlo uscire di lì?- le aveva chiesto con calma.

- Ti stavo per chiedere se volevi provarci, credo che ci riuscirai molto meglio di me.- gli aveva risposto Irene, anche se non sembrava felice di doverlo fare, Dominic poteva intuire benissimo il perché.

Si era alzato dalla sedia, prima di andare al piano di sopra però aveva appoggiato gentilmente una mano sulla spalla di Irene, credendo che quel gesto fosse meglio di qualsiasi parola in quel momento.

Aveva salito velocemente le scale mentre pensava al da farsi. Arrivato davanti alla porta della stanza di Irene l’aveva aperta piano, entrando e riaccostandola dietro di lui. Si era chinato verso il basso per vedere se Owen era sempre rintanato lì sotto, aveva scorto i piedini del bambino che stava sdraiato per terra senza muoversi. Non sapendo cos’altro fare Dominic si era sdraiato per terra accanto al letto, per poterlo guardare in faccia.

- Ciao!- gli aveva detto, sortendo però l’effetto di farlo girare dalla parte opposta rispetto alla sua.

Come inizio non era incoraggiante, ma di certo era poco per arrendersi. Come se niente fosse si era alzato ed era andato a sdraiarsi dall’altra parte del letto. Non appena aveva incontrato lo sguardo del bambino gli aveva fato una linguaccia, Owen però anche quella volta aveva visto bene di girarsi nuovamente. E Dominic, ancora una volta, si era alzato e aveva ripetuto il giochetto. Solo che quella volta sul viso di Owen, per un secondo prima che si girasse, aveva visto qualcosa che somigliava ad un sorriso.

Quel giochino lo divertiva, bene. Per farlo ancora più divertente e farlo ridere del tutto Dominic aveva dovuto ingegnarsi un attimo. Aveva deciso di salire sul letto e affacciarsi a testa in giù, aveva messo in pratica quell’idea completandola con una delle sue migliori boccacce. Il giochino si era ripetuto fino a che Owen non aveva cominciato a ridere senza più nascondersi.

Era soddisfatto di sé, questo Dominic non poteva negarlo in quel momento. Però ancora non aveva finito il suo lavoro, quando era stato certo che Owen si era tranquillizzato si era nuovamente sdraiato per terra.

Owen vedendolo si era girato come tutte le altre volte, Dominic quindi aveva allungato una mano fino a raggiungerlo e aveva tentato di fargli un po’ di solletico.

- Owen…- l’aveva chiamato. - Perché ti sei nascosto lì sotto?-

Il bambino non dava grandi segni di volerne parlare, ma Dominic aveva deciso di insistere un po’. Almeno doveva tirarlo fuori da lì sotto, quindi doveva tentare.

- Non me lo vuoi proprio dire eh?- aveva aspettato qualche secondo quindi. - Me lo dici almeno che ti è successo all’asilo oggi?-

Owen aveva scosso la testa, questo Dominic anche se il bambino era girato aveva potuto intuirlo.

- Allora almeno fammi vedere il bernoccolo che hai sulla testa, io ancora non l’ho visto!- aveva scherzato.

Owen non si era nemmeno mosso, Dominic aveva intuito che c’era ben poco da fare. Non poteva forzarlo a fare qualcosa che non voleva fare, così era rimasto in silenzio. Sdraiato sul pavimento della stanza da letto di Irene, a pancia in giù con il mento appoggiato sul suo braccio destro piegato, aveva semplicemente aspettato che fosse Owen a fare qualcosa, una cosa qualsiasi.

Aveva dovuto aspettare un bel po’ però, Owen ci aveva messo più di qualche minuto a decidersi a voltarsi vinto dalla curiosità di sapere cosa ci stesse facendo ancora Dominic lì.

Non appena si era voltato l’altro gli aveva fatto un cenno di saluto con la mano mentre gli sorrideva.

- Ma che ci fai ancora qui se io non ci voglio parlare con te?- gli aveva chiesto.

Dominic aveva fatto spallucce. - Sto comodo, perché dovrei andarmene?- gli aveva risposto.

- Ma non è vero che è comodo!- aveva ribattuto il bambino.

- Dici?- aveva detto l’altro tanto per farlo chiacchierare.

- Prima di tutto è duro, e poi il pavimento è freddo.- aveva osservato Owen.

- E allora perché te ne stai lì sotto se stai pure scomodo?-

Il bambino non aveva risposto, aveva aspettato un po’ dato che quello che Dominic aveva detto era davvero una giusta osservazione nella sua ottica. Solo dopo diversi secondi aveva detto qualcosa.

- Mamma è tanto arrabbiata con me?-

Dominic ci aveva visto un po’ più chiaro finalmente. - No, mamma non è arrabbiata con te. E’ solo preoccupata che potresti non stare bene e perché non le hai voluto dire niente.-

- Io non l’ho fatto apposta, davvero.-

- Che cosa?- gli aveva chiesto Dominic serio, ma con un tono conciliante.

- Martin è sempre prepotente e io mi sono arrabbiato perché lui se la prende sempre con me e con Yume e ci prende in giro. Io non gliela volevo dare così forte quella spinta, e comunque lui non si è fatto niente davanti alla maestra ha fatto solo finta perché così la colpa non era sua. Però lui a Yume ha fatto male, lei che c’entrava, ero stato io!-

Dominic non ci vedeva tanto chiaro, ma aveva chiesto con calma spiegazioni ad Owen e il bambino, rimanendo sempre rigorosamente sdraiato sotto il letto, gliel’aveva date.

La faccenda era più chiara del previsto. Yume stava giocando con un giocattolo, questo baby bullo era arrivato e gliel’aveva strappato dalle mani. Owen si era visto la scena e non gli era andata giù, così gli aveva fatto prima presente che quel gioco per il momento l’aveva preso lei, al rifiuto di Martin di restituirlo Owen aveva ribattuto, l’altro aveva visto bene di dare del “brutta gialla” a Yume, così Owen l’aveva spintonato. L’altro non se l’era fatto ripetere due volte e l’aveva spintonato a sua volta, a quel punto Owen era caduto rovinosamente per terra e aveva battuto la testa, quindi Yume si era messa in mezzo e ce n’erano state pure per lei prima che le maestre accorressero.

Insomma, una bella baby rissa. La parte agghiacciante della faccenda era che fosse ben probabile che nessuno di quei bambini sapesse veramente il significato dell’epiteto “giallo” rapportato ad un giapponese. Owen almeno non lo sapeva, perché lo aveva detto esplicitamente a Dominic.

- La chiama sempre così, ma io mica ho capito perché. Yume non ha nemmeno i capelli biondi, li ha neri neri, non ha proprio niente di giallo!-

Dominic aveva represso una risatina, Owen era riuscito a farlo sorridere pure su una cosa così brutta.

- Ma secondo te perché lui le dice così, ce l’hai un’idea?- gli aveva chiesto Owen piantandogli in faccia i suoi occhi color nocciola, mentre lo guardava con quello sguardo profondo e limpido, sinceramente curioso, quello di quando gli faceva domande alle quali si aspettava delle risposte che lo soddisfacessero.

Dominic ci aveva pensato un po’, pochissimi secondi durante i quali si era chiesto onestamente cosa dovesse dirgli. Se avesse potuto bloccare il tempo e andare a chiedere ad Irene l’avrebbe fatto, ma in quella situazione, in quel momento, c’era lui lì che doveva dargli quella spiegazione. Fortunatamente Dominic sapeva che aveva a che fare con un bambino straordinariamente profondo, che in fondo chiedeva solo che gli fosse detta la sincera verità. E se la meritava anche.

- Sì, ce l’ho, molto ben precisa.- aveva cominciato a spiegargli.- Tu ti sei accorto che Yume è un po’ diversa da te, vero?-

- E’ una femmina.- aveva risposto pronto il bambino.

Dominic gli aveva sorriso. Il fatto che tra lui e Yume fosse quella la prima diversità che vedeva era straordinario. Tutti i bambini lo erano.

- Sì, questo è vero, ma c’è anche qualcos’altro.-

- Yume ha gli occhi così.- aveva risposto il bambino tirandosi gli occhi ai lati, assottigliandoseli.

Dominic aveva sorriso vedendoglielo fare. - Sì, giusto. Hai visto che li ha così anche la sua mamma?-

Owen aveva annuito.

- Li hanno così perché sono di una razza diversa dalla nostra. E’ come per le persone nere, siamo tutte persone però siamo un po’ diversi fuori. Non so perché, ma gli orientali, le persone maleducate e anche un po’ ignoranti che vogliono solo offendere li chiamano gialli, ed è una cosa bruttissima.-

- Questa deve essere una di quelle cose strane che fate voi adulti, perché siamo tutti diversi comunque. Tu hai gli occhi celesti e i capelli biondi e mamma invece ha i capelli castani e gli occhi marroni, quindi anche voi siete diversi, però tu mi hai detto che siete della stessa razza. Allora tutti dovremmo prenderci in giro, perché tutti siamo diversi. Mi sembra proprio una scemenza, non siamo affatto diversi. - aveva detto il bambino confusamente, sembrando decisamente infastidito per ciò che Dominic gli aveva detto.

L’uomo davanti a lui l’aveva talmente tanto invidiato in quel momento che per un secondo aveva desiderato tornare nuovamente un bambino. Come sarebbe stato un mondo fatto di bambini?

Un mondo con nessun pregiudizio probabilmente, perché Dominic non credeva davvero che l’altro bambino, quel Martin, dicesse quelle cose con cognizione di causa. Come gli aveva detto Irene qualche tempo prima, era a casa che gli insegnavano certe bestialità. Lui le ripeteva e basta.

- Ma infatti è giusto quello che tu dici Owen, siamo tutti uguali, non vuol dire niente se siamo neri o con gli occhi a mandorla, con i capelli biondi castani, blu o verdi. Però non tutti la pensano come te. Magari la pensassero tutti come te, ti assicuro che sarebbe tutto più facile e anche più bello.-

Qui si era fermato, gli sembrava di avergli detto abbastanza, del resto quella faccenda l’avrebbe capita solo con il tempo, già quello era troppo per un bambino di quattro anni.

- E’ stupido.- aveva ribattuto Owen.

- Hai ragione, lo è. Ma non ci possiamo fare niente adesso, specialmente se continuiamo a stare qui sdraiati sul pavimento, ti pare? Se andassimo giù, che ci sono anche Yume e la sua mamma che sicuramente si stanno divertendo più di noi?-

Il bambino finalmente aveva annuito, poi lentamente aveva cominciato a strisciare verso Dominic per uscire da sotto il letto. Quando era del tutto uscito si era messo seduto accanto a lui, poi gli aveva fatto una domanda. - Ma sei sicuro che mamma non è arrabbiata con me?-

- Sì, te l’ho detto, non è arrabbiata.- gli aveva detto subito, però poi aveva aggiunto:- Certo non è che picchiandosi si arriva ad una soluzione, non è che hai fatto una cosa molto bella.-

Owen aveva abbassato un po’ lo sguardo a terra, vedendo che ci era rimasto un po’ male Dominic aveva fatto una cosa che sapeva razionalmente di non dover assolutamente fare, ma gli era proprio scappata. L’aveva guardato con fare complice, quindi aveva aggiunto ancora:- Detto tra noi, non lo dire alla tua mamma mi raccomando, quel Martin è solo un prepotente e se gli hai dato una lezione ben gli sta! Basta solo che non lo rifai mai più. Me lo prometti?-

- Promesso.- aveva detto solennemente Owen che intanto se la ridacchiava.

- E questo è un segreto nostro, giusto?-

- Sì, è un segreto!-

Dominic gli aveva teso la mano, il bambino gli aveva dato la sua come a suggellare quel patto che si erano fatti.

 

Era stato in modo semplice che Dominic, poco meno di una mezz’ora dopo, aveva raccontato alle donne cosa fosse successo. Da principio, quando era sceso al piano inferiore con Owen in braccio, l’aveva praticamente consegnato alla mamma, che aveva a sua volta rassicurato il bambino del fatto che se era arrabbiata non lo era con lui. Non che il bambino avesse fatto quell’esplicita domanda, l’aveva tranquillamente potuto intuire dal fatto che Irene era stata dolce e rassicurante.

Quando Owen e Yume si erano decisi ad andare fuori a giocare sotto l’ultimo sole della giornata, i tre adulti si erano seduti in soggiorno prima a sentire cosa Dominic avesse da dire e poi a discutere sul da farsi. Sakumi non aveva fatto una piega davanti al suo racconto, Irene per altro non aveva avuto da ridire su niente, nemmeno su quello che riguardava la piccola spiegazione che lui aveva rivolto al bambino. Razionalmente non ci sarebbe stato nulla da temere, ma Dominic, non sapeva spiegarsi il perché, era stato un po’ sulle spine.

- Strano che non gliel’abbia detto Yume, lei lo sa cosa significa, perché io ho dovuto spiegarglielo tempo fa. Forse Owen non gliel’ha chiesto, o lei ha fatto semplicemente finta di non saperlo, quest’ipotesi mi preoccupa un po’, non vorrei che si vergognasse, non deve assolutamente.- aveva commentato Sakumi quando Dominic aveva raccontato alle due donne quel particolare

Lui si era limitato per tutto il tempo durante il quale le due donne avevano discusso ad ascoltare, non pensava né di aver niente da dire, né di poter dire qualcosa: le due donne sapevano molto meglio di lui cosa fare, così era rimasto diligentemente in silenzio.

Quello su cui Sakumi ed Irene stavano discutendo era sull’urgenza di far cambiare aria ai loro figli, nel più breve tempo possibile. Insieme stavano elaborando una specie di piano per cercare un nuovo asilo dove iscrivere i loro figli, intanto la decisione di non portarli più a quell’asilo era scontata. Pero non era così semplice. Già per quanto riguardava il giorno seguente avrebbero avuto qualche problema, più Irene che Sakumi dato che quest’ultima, essendo una libera professionista, poteva permettersi qualche ora di libertà in più da dedicare a sua figlia all’occorrenza. La mattina seguente Irene doveva essere in tribunale, e non poteva certo chiamare il suo ufficio per dire che non ci andava, non poteva proprio farlo in pratica. In teoria sarebbe stato un suo diritto, ma si sarebbe inimicata capo e colleghi che avrebbero dovuto essere costretti a lavorare anche per lei.

Per un momento, e non certo per la prima volta da quando si era stabilita in America, aveva pensato che in Inghilterra sarebbe stato più facile. Anche là sarebbe seccato a qualcuno se si fosse assentata dal lavoro, ma nel suo vecchio ufficio i rapporti che aveva con i suoi colleghi erano ben altri. Ma per prima cosa a Birmingham c’erano sua madre e Christopher che avrebbero potuto aiutarla, era anche vero che lì c’era Dominic ma non poteva chiedere a lui e, forse anche un po’ egoisticamente, non voleva nemmeno. Era inutile che lo negasse a se stessa, casa sua le mancava anche se faceva finta di niente, come anche in quel momento aveva fatto, scacciando via la nostalgia in fretta e con decisione.

- Se vuoi domattina posso passare a prendere Owen e lo porto con Yume in spiaggia, o da qualche altra parte, poi vedrò. Davvero Irene, non è un problema. Per il pomeriggio se vuoi, possono stare con la baby sitter di Yume, l’ho già chiamata perché si occupi di lei. Per i prossimi giorni vedremo, ci metteremo d’accordo e soprattutto troviamo insieme un’alternativa valida nel minor tempo possibile, va bene?- aveva proposto Sakumi.

Irene si era sentita imbarazzata nel farlo, ma aveva accettato perché altro da fare, escluso assumere Grace per mezza giornata almeno tutti i giorni, cosa che in ogni modo non sarebbe stata possibile, non c’era; Dominic in verità sarebbe stato anche libero, ma aveva preferito non dirlo perché non voleva dare ad Irene l’idea di voler essere invasivo. Forse era stato stupido da parte sua pensarlo, ma aveva paura che Irene si sarebbe innervosita e non voleva aggravare una situazione già delicata.

L’unica cosa che aveva fatto era stata di invitare a rimanere a cena Sakumi e sua figlia e mettersi a cucinare impedendo ad Irene per almeno una volta di aiutarlo.

- Voi avete ben altro a cui pensare adesso, non vi preoccupate, va bene?- aveva detto alle due donne, per convincerle a non scomodarsi.

L’unica variante di una delle comuni serate che aveva passato con Irene ed Owen era stata solo la presenza di Sakumi e Yume, era stata una serata tranquilla e piacevole, cosa ottimale dopo la giornata burrascosa appena trascorsa. I due bambini avevano apprezzato il diversivo e soprattutto il fatto che le rispettive mamme non gli avessero portati a letto presto come al solito, anche se prima delle dieci entrambi si erano addormentati su una delle poltrone in soggiorno mentre gli adulti chiacchieravano e ridevano dei alcuni aneddoti che erano stati raccontati.

Era stato Dominic a riaccompagnare Sakumi a casa non molto più tardi, nel tragitto in macchina avevano scambiato giusto qualche parola e a bassa voce dato che Yume stava dormendo.

Dominic per tutta la serata non aveva potuto impedirsi di pensare a quanto gli piacesse il tipo di persona che era Sakumi. Sembrava essere fredda ad una prima analisi, forse calcolatrice, ma non lo era affatto. Era una donna intelligente, lui lo deduceva anche da come si era comportata in quella situazione. Non aveva mai provato nessun imbarazzo, Sakumi si era comportata in modo da non fargli provare mai un sentimento simile, cosa che gli stava facendo desiderare di conoscerla meglio.

Dato che nei prossimi giorni si sarebbero visti spesso Dominic aveva immaginato che forse l’occasione ci sarebbe stata.

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Capitolo 25
*** Punti di vista ***


Nuova pagina 1

Buon inizio di settimana a tutti!

Finalmente posso ricominciare a postare nuovi capitoli, così ho l’occasione di ringraziare quelle persone che hanno voluto dedicarmi del tempo anche durante le vacanze di Pasqua.

Grazie mille quindi a Bloody, a Claudietta (dopo la fine di questa ebbene sì, lo confermo assolutamente, tornano Elena, Jennifer e company! Datemi appena il tempo di riorganizzarmi e poi le loro vicende saranno tutte per voi!). Un mega grazie anche a Chu, anche se essendo solo al quarto capitolo ho paura che non leggerà i ringraziamenti tanto presto, siete state davvero gentilissime tutte quante a darmi i vostri pareri. Una cosa che mi piace è vedere che avete dei pareri piuttosto discordanti rispetto a vari personaggi, con il capitolo che segue spero di darvi una bella dritta rispetto ad uno di questi. Ho paura che forse ci rimarrete male e un po’ mi dispiace, ma siccome siete tutte ragazze in gamba penso proprio che non avrete nessuna difficoltà a capire poi nell’arco della storia i significati che questo episodio ha.

Sono una scassapalle e parlo troppo, lo so…!!

Vi lascio al capitolo, buona lettura, Mandy.

 

v       Capitolo Ventiquattresimo - Punti di vista

 

Non appena aveva aperto gli occhi quella mattina, svegliandosi per il trillo della sua sveglia, Irene aveva pensato a che brutta giornata le si prospettava davanti. Come al solito, per non far svegliare anche Owen a quel richiamo, l’aveva spento velocemente e dopo essere rimasta per pochi secondi immobile, come a voler recuperare le forze, si era alzata andando prima in bagno e poi al piano inferiore, dove si era preparata del caffè.

Quella giornata per il momento era del tutto uguale alle altre: avrebbe preso quel caffè e mangiato qualcosa, quindi si sarebbe finita di vestire e poi avrebbe pensato a preparare Owen per uscire. L’unica variante era che invece di portarlo all’asilo lo avrebbe portato da Sakumi, a casa della quale sarebbe andata poi a riprenderlo dopo il lavoro quel pomeriggio.

Doveva pensare a telefonare a Grace per parlarle di quel problema che si era ritrovata ad avere, per chiederle una maggiore disponibilità e a volte magari per due bambini alla volta, dato che come avevano deciso di fare con Sakumi, avrebbero unito le forze per far fronte al problema in cui si erano trovate entrambe. Poi avrebbe dovuto sentire il suo capo in ufficio per vedere se le sarebbero stati accordati alcuni mini permessi di cui certamente avrebbe avuto bisogno almeno per quella settimana. Inoltre doveva assolutamente cominciare a programmare il trasloco, dato che quella domenica avrebbe potuto finalmente trasferirsi nel suo appartamento. Dominic ovviamente le aveva offerto il suo aiuto facendole notare inoltre che poteva fare con calma a traslocare, ma in verità era lei che aveva fretta di andarsene via da quella casa.

Cominciava a farle paura quell’attaccamento che Owen stava sviluppando nei confronti di Dominic, si stava pian piano convincendo che fosse del tutto malsano per il bambino. In verità, oltre al fatto che lui ci sapeva indubbiamente fare con i bambini, sapeva il perché del fatto che Owen si stesse così tanto affezionando, l’aveva anche detto a Dominic quel pomeriggio in cui gli aveva anche confessato cosa stesse davvero accadendo tra lei e Christopher: sapeva di non essere spesso in uno stato d’animo sereno, Owen lo percepiva e le stava alla larga.

Questo si era esplicato in tutte le volte che le era successo in quell’ultimo periodo di sapere delle cose riguardanti suo figlio da Dominic, perché Owen preferiva dirle a lui, che era quasi un estraneo, piuttosto che a lei che era sua mamma.

Il giorno prima, quando si era infilato sotto il letto rifiutandosi del tutto di parlare o farsi vedere da lei, non era stata in grado di consolarlo. Dominic invece sì: ci aveva messo nemmeno una mezz’ora a farlo uscire da sotto il letto e a fargli comparire nuovamente il sorriso sulle labbra e restituirgli un po’ di serenità, era a Dominic che suo figlio aveva raccontato dettagliatamente cosa gli fosse capitato all’asilo e sempre a lui era toccato dargli una spiegazione, sebbene molto ingenua, di cosa fosse il razzismo.

Erano cose a cui lei avrebbe dovuto pensare, non Dominic.

Dominic non era nessuno nel mondo di Owen, ma in quel momento probabilmente per il bambino la sua presenza lì significava più di quella di lei, e questo la faceva stare davvero male, la faceva sentire inutile ed incapace.

Era assurdo e lo sapeva, ma Irene non poteva impedirsi di provare anche un po’ di gelosia nei confronti di quel rapporto, si vergognava di provare un simile sentimento, ma era più forte di lei crogiolarsi nel pensare che, non appena sarebbe andata via da quella casa, quella cosa in parte sarebbe finita e che lei avrebbe riacquistato il suo pieno ruolo di madre. Si vergognava davvero tantissimo perché in verità avrebbe dovuto essere grata a Dominic per quello che stava facendo per il bambino, avrebbe dovuto pensare esclusivamente al bene di Owen in quel frangente, non era importante chi fosse l’artefice della sua tranquillità e del suo benessere.

E poi, nel rapporto stesso che si era instaurato tra lei e Dominic c’era qualcosa che non le tornava affatto. Quando per qualche giorno con lui aveva tenuto quell’atteggiamento sfuggevole, aveva capito che forse lei non era adatta a mantenere un’amicizia simile a quella che stavano instaurando. Nello smettere di fare le loro chiacchierate si era sentita protetta: anche se Dominic era quello che parlava molto di più tra loro, comunque lei gli aveva raccontato svariate cose di se stessa, anche troppe, considerando soprattutto il fatto che quello che gli aveva taciuto era ben probabile che lui, essendo un tipo molto intuitivo, fosse riuscito a capirlo da solo. L’altra sera, prima di sviare con cognizione di causa la conversazione su quello che era accaduto con Grace, erano ritornati ad atteggiarsi come facevano prima, e lei si era sentita a disagio, specialmente quando lui le aveva detto di non avere un’opinione su ciò che lei gli aveva raccontato. Gli aveva chiesto cosa avrebbe dovuto fare, per se ed il bambino, e lui le aveva detto che non lo sapeva, aggiungendo che in ogni modo, se anche l’avesse saputo, non le avrebbe detto niente per non influenzarla.

Era palese che invece Dominic un’idea ce l’avesse e ben precisa, Irene ne era talmente sicura da poterci mettere la classica mano sul fuoco, ed era rimasta leggermente indispettita dall’ipotesi che se Dominic non le aveva voluto dire cosa gli stava passando per la testa era perché temeva che a lei non sarebbe piaciuto ciò che aveva da dirle. Era ovvio che probabilmente pensava che lei stesse sbagliando tutto, che si stava dimostrando una pessima madre e che non pensava affatto al bene di Owen, ma piuttosto al suo.

Questo era quello che voleva leggere nel rifiuto a parlare di Dominic, e non poteva sapere quanto si stava sbagliando nel pensare tutto questo.

Ma dal punto di vista di Irene non potevano esserci alternative: Dominic come avrebbe potuto pensare altrimenti? Che ne sapeva di quello che lei aveva passato sulla sua pelle per tutta la vita per via di suo padre? Forse avrebbe dovuto spiegarglielo, ma bastava così con le confidenze, Dominic di lei sapeva a quel punto anche troppo e Irene si sentiva troppo allo scoperto. E poi, anche se in fondo sapeva benissimo che il giudizio di Dominic le interessava, continuava a ripetersi che doveva fregarsene di quello che lui poteva pensare di qualsiasi faccenda la riguardasse.

In parole povere, Irene aveva una confusione in testa che non sarebbe riuscita facilmente a riordinare, nella sua mente cozzavano tra loro le tesi più disparate che spesso erano così in antitesi l’una con l’altra che se se ne fosse potuta rendere conto si sarebbe giudicata sulla buona strada per la pazzia.

Perché improvvisamente ce l’aveva tanto con Dominic? Eppure in quel mese non aveva potuto constatare quanto fosse una bella persona a sufficienza? Non era una persona in grado di essere cattiva con intento, Irene in fondo sapeva che lui si sarebbe sempre comportato lealmente con lei e non doveva temerlo, non doveva essere sospettosa nei suoi confronti, soprattutto non avrebbe dovuto esserne gelosa. E questo non solo per la storia di Owen, anche per altre cose molto meno belle che lei aveva intuito facessero parte della sua vita: lui non le esternava abbastanza, ma ogni tanto gli sfuggiva qualche particolare, su cui lei invece aveva cercato di riflettere. Aveva capito che Dominic fosse diventato piuttosto insicuro rispetto a certe faccende, forse aveva preso diverse batoste e si era chiuso, aveva cercato di farglielo capire più di una volta nelle loro discussioni e questo le era dispiaciuto, nessuno più di lui si sarebbe meritato quella stabilità emotiva e sentimentale che Irene aveva intuito essere in quel momento il motivo di gran parte dei suoi sforzi.

Non voleva essere solo, del resto chi vuole esserlo. Ma lui forse si stava torturando troppo su quella faccenda, la prendeva troppo di punta e vedeva problemi gravi dove non c’erano.

Si era distolta da tutti quei pensieri, un po’ perché non voleva rifletterci e un po’ perché se non si sbrigava a svegliare Owen avrebbe fatto tardi, e non poteva permetterselo quella mattina. Di corsa doveva andare da Sakumi e lasciarle suo figlio, poi altrettanto di corsa doveva recarsi in tribunale.

La sua giornata sarebbe stata immensamente lunga, faticosa e piena di cattivi pensieri.

 

***

 

Al suo risveglio, come quasi sempre accadeva, Dominic aveva trovato la casa completamente vuota, eccetto per la presenza di Lilly che scodinzolando si era fatta trovare ai piedi delle scale quando era sceso.

Le aveva dato il buongiorno, erano quasi le dieci ed il suo primo impegno era presentarsi all’ora di pranzo ad un appuntamento di lavoro. Era presto, sapendo di potersi gingillare si era seduto sul secondo gradino della rampa dove aveva fatto un po’ di coccole al suo cane, non molte però perché la priorità di Lilly in quel momento era di andare velocemente fuori ad espletare i suoi bisognini. Dominic l’aveva intuito quasi subito e l’aveva lasciata uscire.

Dopo aver mangiato qualcosa si era fatto subito una doccia, ben cosciente che dopo quello non avrebbe potuto fare altro per passare il tempo. Di prendere in mano il copione proprio non aveva nessuna voglia, anche perché l’aveva finalmente finito e voleva staccarsene per un po’.

Era stato impossibile non pensare a quella situazione che ancora non aveva chiarito, quella con Grace.

La sera prima aveva quasi avuto voglia di chiedere il suo numero a Irene, ma poi, un po’ per la situazione in cui si erano ritrovati ma soprattutto per il fatto che in ogni modo, se anche aveva spiegato cosa fosse successo tra loro alla donna, era sempre fortemente imbarazzato per essere stato beccato quasi in flagrante, aveva evitato di farlo.

Si era messo a pensarci mentre era sotto il getto dell’acqua, le cose da fare effettivamente erano poche: o aspettare di incontrarla casualmente, ipotesi piuttosto improbabile se non per faccende riguardanti Owen, oppure cercare di contattarla con i mezzi che aveva.

C’era sempre la sua e-mail, ma gli scocciava usarla a quello scopo, anche solo per darle un appuntamento. Però sapeva dove abitava.

Improvvisamente gli era venuta una specie di folgorazione e gli era stato chiaro in testa un piano a cui non aveva pensato prima. Forse in casa non l’avrebbe trovata, oppure poteva disturbarla, ma se era una ragazza abbastanza intelligente da capirlo, e secondo lui Grace lo era sicuramente, avrebbe apprezzato il fatto che era andato lì di persona, senza aver paura delle sue azioni o mancarle di rispetto. Si era asciugato e vestito in fretta per uscire, arrivando in pochi minuti davanti a casa di Grace.

Aveva suonato alla porta energicamente, era leggermente agitato ma credeva di nasconderlo abbastanza bene.

Fino a quel momento non si era interrogato su quella faccenda, a dire la verità né su quella né su molte altre che la riguardassero, quando ad aprirgli la porta era stata una signora ad occhio e croce sulla cinquantina che assomigliava molto a Grace aveva pensato che quella doveva essere sua madre e che lei evidentemente viveva con i suoi.

- Buongiorno.- aveva detto educatamente alla donna, che gli aveva sorriso.

- Mi dica.- aveva chiesto l’altra.

- Cercavo Grace. - aveva risposto senza indugi.

- E’ disopra in camera sua, gliela vado a chiamare. - aveva detto, per poi andare verso le scale, anche se poi si era girata nuovamente verso di lui. - Mi scusi, lei è…-

- Dominic, Dominic Monaghan.- aveva risposto alla donna che gli aveva sorriso un’altra volta, senza dare alcuna idea di sapere né chi lui fosse, né di avere l’impressione di averlo già visto prima. Era subito andata su per le scale sparendo in pochi secondi dalla sua vista.

Mentre l’aspettava si era soffermato per un po’ ad osservare l’ambiente che lo circondava, sembrava una tipica casa americana abitata da medio borghesi, gente benestante tipo quella che era nell’immaginario comune, forse grazie anche ai telefilm che le varie televisioni mandavano in onda, che mostravano sempre villette familiari dove la famiglia americana tipo vive d’amore e d’accordo, il classico telefilm del tipo questa-dovrebbe-essere-la-tua-vita. In genere era poi molto diversa la realtà, se si guardava oltre a quell’apparenza quasi perfetta sotto si trovava una realtà spesso fatta d’ipocrisia, Dominic ci aveva pensato immediatamente, ma sì impedì di mettere quella casa e i suoi abitanti in un clichet. Per di più conosceva Grace, e gli era sembrata da subito una ragazza con una certa intelligenza, una ragazza sensibile e non certo includibile in certe realtà perfette fuori e marce dentro. Improvvisamente si era chiesto se non volesse ripensarci, forse Grace per lui avrebbe potuto significare aver trovato una ragazza giusta. Ma quel pensiero era durato poco, si era imposto di toglierselo dalla testa: con lei non era giusto. Punto.

La signora che lo aveva accolto sulla porta era stata via per non più di un minuto, quando era tornata distogliendolo del tutto dalle sue riflessioni l’aveva invitato a salire.

- Lungo il corridoio, la seconda porta a destra.- aveva precisato, lui l’aveva ringraziata e si era avviato al piano superiore.

Era leggermente imbarazzato, ma poco importava, lui voleva solo dirle due parole e poi sarebbe andato via, solo che il suo arrivo in Grace aveva suscitato ben altri pensieri.

Lei avrebbe voluto contattarlo, ma si era vergognata a farlo anche se sperava tanto che lui si facesse sentire. Non aveva proprio capito che per lui la faccenda si era praticamente conclusa lì, pensava solo che quel contrattempo aveva rimandato il tutto a data da destinarsi. Certo non lì a casa sua con sua madre di sotto in cucina, per Grace sarebbe stato imbarazzante. Ma forse, ancor prima di quello, magari avrebbero potuto uscire insieme, probabilmente anzi lui era lì per chiederle proprio questo. Non si stupiva nemmeno più del dovuto, infondo tanti avrebbero fatto carte false per uscire con lei e Grace su questo ci aveva sempre anche molto marciato.

Del resto non è che voleva una relazione con Dominic, le piaceva ma non lo conosceva abbastanza per dire se avrebbe voluto farci coppia fissa, quello che stavano per fare l’altro giorno le sarebbe anche bastato. Però se lui era lì forse era diversa la cosa e improvvisamente Grace aveva pensato che non fosse una cattiva idea uscire con Dominic, considerando pur sempre chi fosse aveva più che diritto ad una possibilità. In pochi secondi si era fatta una specie di film completamente assurdo nella sua testa, aveva pensato all’invidia delle sue amiche e che finalmente a corteggiarla non era uno dei soliti universitari noiosi e che pensavano ad una cosa sola, ma uno che avrebbe potuto cambiarle la vita. Accettare di fare quel lavoro da baby sitter solo perché era di moda per ragazze come lei dire di avere un lavoretto, sebbene l’avesse immediatamente considerato non alla sua altezza anche se adorava stare con i bambini, era stata una vera manna dal cielo.

Sua madre, vedendola così eccitata all’idea che quel tale fosse lì, le aveva chiesto chi fosse, ma lei si era affrettata a darsi una guardata alla specchio di camera sua, quindi si era cambiata in fretta dicendo a sua madre di aspettare qualche secondo lì prima di scendere per darle il tempo di sistemarsi e poi di farlo salire.

- Non ho tempo di spiegarti, lo faccio dopo, ok?-

La donna aveva fatto come voleva lei, Grace intanto si era seduta davanti alla sua scrivania fingendo di star studiando esattamente come aveva fatto fino a pochi minuti prima, quindi aveva teso l’orecchio, sentendo sua madre che lo invitava a salire.

Dominic era arrivato al corridoio, la porta che la donna gli aveva indicato era per un pezzo aperta, discretamente aveva bussato ricevendo l’invito ad entrare di Grace.

- Ciao.- le aveva detto affacciandosi, sorridendole.

Grace aveva pensato guardandolo che in verità gli era tornata molta voglia di finire quello che avevano cominciato. Lo aveva fatto entrare e gli aveva detto di sedersi dove preferiva, cosa che Dominic aveva fatto, prendendo una sedia che stava vicina ai piedi del letto e spostandola non troppo vicina a quella di Grace.

- Stavi studiando?- le aveva chiesto per rompere il ghiaccio.

- Devo consegnare la tesi fra un po’, devo farla rilegare prima, ma trovo sempre nuovi errori…-

- Ah…- aveva commentato Dominic, leggermente perplesso per quella specie di insicurezza che gli era presa tutt’un tratto. Si era guardato in giro, anche quella stanza aveva tutta l’aria di essere quella di una ragazza telefilm-tipo. Si era scosso immediatamente però.

- Senti, in verità se sono qui è per via di quello che è successo l’altro giorno. Mi dispiace, davvero.-

Dominic immaginava che Grace fosse abbastanza intuitiva da aver capito a cosa si riferisse, ma la risposta della ragazza gli aveva fatto capire che si stava ritrovando per le mani una bella gatta da pelare.

- Di cosa ti stai scusando, non ne ha bisogno… Non potevi certo sapere che sarebbero tornati proprio in quel momento.- gli aveva detto sorridente.

La situazione era davvero ottima. Le aveva sorriso a sua volta, poi però aveva fatto dondolare un po’ la testa da un lato guardando per terra, mentre il suo sorriso diventava una smorfietta di terrore che comunque Grace gli aveva dato l’idea di non aver affatto notato.

- Le mie scuse in verità non erano per questo.-

Grace aveva cambiato espressione, sembrava incuriosita, se pure sempre ammiccante. - E allora per cosa?-

Dominic si era grattato la testa sopra l’orecchio, come faceva sempre quando era nervoso, cercando di trovare le parole adatte. - Ehm… vedi, è che ho fatto un’idiozia dietro l’altra ultimamente. Fortunatamente ci siamo interrotti in quel modo, diciamo, particolare l’altro giorno, ma il fatto è che non avremmo proprio dovuto arrivarci. Mettila così, mi piaci molto ma non era proprio il caso.-

Grace non aveva molto ben capito. - Sì, siamo stati avventati, potevamo pensarci prima al fatto che potevamo essere sorpresi, ma la prossima volta forse andrà meglio.- aveva detto sorridente.

Ecco, adesso come glielo diceva che non ci sarebbe stata un’altra volta? Aveva sorriso per l’ennesima volta nervosamente, sempre con la mano destra sulla testa a tocchicciarsi i capelli per mandare via il nervosismo.

- Non è per questo Grace, è che era proprio sbagliato il gesto in sé.-

- Sì, ho capito, siamo stati avventati.- aveva ribattuto la ragazza convinta.

Dominic l’aveva guardata bene in faccia chiedendosi se lo stesse facendo apposta, quindi aveva capito che doveva essere chiaro fino in fondo, senza possibilità di essere frainteso o quel teatrino c’era il rischio di trascinarlo ancora a lungo.

- Quello che sto cercando di dirti in verità è che non ci sarà un’altra occasione.- con questo pensava di essere stato cristallino.

C’era stato qualche secondo di silenzio durante il quale Grace aveva guardato Dominic leggermente incredula. - Che stai cercando di dirmi, che improvvisamente non ti piaccio più?- gli aveva chiesto cambiando ancora un po’ tono, sembrava arrabbiata.

- No, non è questo, te l’ho già detto che mi piaci moltissimo, ma…-

- Mi stai prendendo in giro?- l’aveva interrotto decisamente adirata. - No, perché se lo stai facendo poi per cortesia mi spieghi cosa ci trovi di divertente, perché io non riesco a cogliere l’ironia di questa faccenda!-

Dominic l’aveva guardata per un secondo senza sapere cosa risponderle. Quello che gli aveva appena detto era assurdo e da una ragazza come lei non se lo sarebbe aspettato.

- Ma ironia di cosa scusami? Grace, è proprio perché non ti voglio prendere in giro che sono venuto a parlarti per dirti le cose come stanno.-

Grace era stata in silenzio per un secondo, per lei era stato come uno schiaffo in pieno viso. Lei che era sempre stata corteggiatissima stava ricevendo un rifiuto piuttosto categorico da uno dei pochi che la interessavano. Era del tutto inconcepibile che Dominic la stesse rifiutando, tanti avrebbero fatto carte false per una come lei. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di farsi vedere delusa.

- Certo, tu vieni qui, mi fai pensare chissà cosa… guarda che forse ti dai un po’ troppa importanza, ma chi te lo dice che m’importi qualcosa di più di te che quello che stavamo per fare? Sei un bel bastardo montato, non ti ci facevo, giochi a fare tanto la parte del sensibile e invece non lo sei affatto!-

Dominic si era innervosito, Grace gli aveva proprio fatto scattare una molla sbagliata. Si dava troppa importanza? Per la verità nient’affatto, andando lì a parlarle lui voleva solo comportarsi da persona per bene qual’era, anche se per colpa di quell’accidenti di clichet che gli pendeva sul capo, quello di celebrità e quindi di poco di buono o di uno da scoparsi per dire che si era state con un attore, nessuno lo credeva mai una persona per bene. Grace aveva davvero fatto un errore nel considerarlo come l’aveva considerato, e lui si era troppo innervosito per fargliela passare liscia.

- Se fossi un bastardo credo proprio che a letto ti ci avrei già portato da un po’ dato che non sarebbe stato nemmeno tanto difficile, e per quanto riguarda il darmi importanza, ti dirò che l’impressione che ti sarebbe bastata una scopata me l’hai data subito ma ho voluto ignorarla pensando che non fossi una delle solite gatte morte che vogliono scopare e basta con me perché sono io, francamente ti facevo più intelligente, matura e anche non una che pensa per luoghi comuni.- aveva detto piuttosto arrabbiato, alzandosi.

- Ti lascio a riflettere su chi di noi ha volutamente dato all’altro l’idea di non essere chi è. Scusami tanto per averti disturbato ma non credo di aver nient’altro da dirti o da ascoltare.- le aveva detto prendendo la porta e andandosene. Se anche Grace avesse avuto qualcosa per cui controbattere non gli interessava minimamente e non le aveva dato il tempo di dire nemmeno una parola.

Prima di uscire aveva anche salutato la madre di Grace, più educatamente possibile anche se riconosceva che non gli fosse riuscito tanto bene.

 

In condizioni normali ciò che era successo non sarebbe significato niente, a dirla tutta, con una così, Dominic aveva pensato che probabilmente ne avrebbe pure approfittato.

Ma quel colpo in verità non era stato del tutto innocuo, perché era arrivato in un momento sbagliato, in un momento in cui si stava facendo delle domande e di certo non era tranquillo. Per di più, anche se non con le conseguenze di altri suoi rapporti finiti per lui molto peggio, anche quella volta aveva preso una vera e propria cantonata nell’immaginarsi come Grace dovesse essere.

Era andato a quegli impegni di lavoro, aveva cercato di essere tranquillo anche se ovviamente aveva pensato per tutto il giorno a ciò che era successo.

Tornando a casa per cena l’aveva trovata vuota e si era intristito, soprattutto nel constatare che Irene quella volta non gli aveva detto niente, mentre in genere gli faceva sempre sapere se il programma delle sue giornate avrebbe subito qualche variazione.

Aveva sperato che lei ed Owen sarebbero rientrati presto, stando con loro sapeva che non si sarebbe potuto sentire triste, ma alla fine si era ritrovato a passare la serata in compagnia di Lilly, con Irene ed Owen che con il passare delle ore non si decidevano a tornare.

Si era anche preoccupato di quel grosso ritardo, non era da loro.

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Capitolo 26
*** Una pulce nell'orecchio ***


Nuova pagina 1

Buon mercoledì sera a e buona lettura!

Mandy

 

v       Capitolo Venticinquesimo - Una pulce nell’orecchio

 

Ed era proprio esattamente come l’aveva immaginata appena svegliata che era stata la giornata di Irene: immensamente lunga, faticosa e piena di cattivi pensieri.

Quando finalmente verso le sette della sera era andata all’appartamento di Sakumi per andare a prendere Owen, era così evidentemente stanca ed avvilita che Sakumi aveva preteso che si fermasse lì per almeno un po’, poi l’aveva anche spinta a fermarsi a cena, invito che Irene si era ritrovata ad accettare molto volentieri dato che, oltre al fatto che Owen e Yume stavano tranquillamente giocando ed interromperli era un peccato, non gli andava poi molto di tornare a casa da Dominic, sull’onda di quei pensieri che aveva avuto sin da quella mattina. Quella giornata ormai era andata così, in quel momento era troppo stanca per riflettere razionalmente su cosa fosse giusto fare o pensare. Aveva rimandato quelle riflessioni al giorno seguente senza stare troppo a pensarci.

Avevano cenato tutti insieme, i bambini immediatamente dopo il pasto avevano ripreso i loro giochi dove li avevano lasciati e le due donne si erano ritrovate per la prima volta durante quella serata davvero a tu per tu, così finalmente avevano potuto parlare tra loro di cose che davanti ai bambini preferivano non dire.

La prima cosa che Sakumi aveva chiesto ad Irene, mentre rassettavano la cucina, era se stesse davvero bene come le aveva assicurato appena arrivata. Aveva un brutto aspetto, sembrava stanchissima.

- No, non devi preoccuparti, sto bene.- l’aveva rassicurata. - Sono solo preoccupata. Per domani sono riuscita a farmi dare il pomeriggio libero al lavoro, ma ho già capito che il fatto che sono una madre non mi aiuterà affatto e la cosa mi avvilisce. Se si fanno problemi a darmi un pomeriggio per cose simili adesso, non voglio nemmeno pensare che cosa succederà, metti il caso, se Owen si ammala. Insomma, se gli venisse una di quelle malattie tipiche dei bambini tipo la varicella, o il morbillo… un'eventualità simile significherebbe che per minimo un paio di settimane avrò dei seri problemi con il lavoro. Il bello è che per legge saremmo anche tutelate, se non mi dessero le ore che mi spettano potrei pure denunciarli, ma intanto in ufficio i colleghi cominciano a non considerarti affidabile e via dicendo.-

Sakumi aveva annuito. - Non è il mio caso, ma purtroppo è così. Il mondo del lavoro non è fatto per le donne sole con figli, le leggi non ci tutelano abbastanza perché non ci riesce di farle applicare. L’unica mia fortuna è lavorare in un’azienda di famiglia dove io sono il capo di me stessa. Mi toccano le incombenze peggiori indubbiamente e sono quella che lavora di più, ma se ho qualche problema so a chi delegare qualche incombenza. Per il resto, nemmeno su suo padre posso contare - aveva detto guardando verso sua figlia, - a Jeremy di Yume importa il giusto. Non perché sia cattivo o non le voglia bene, la ama da morire ma è totalmente incapace di occuparsi di lei, è solo un immaturo cronico che quando ci siamo separati ha pensato che finalmente era libero perdersi dietro a qualsiasi sottana gli capitasse a tiro, del resto non ha fatto altro per tutta la vita compreso mentre eravamo sposati.- aveva detto poi sorridendo, come a sdrammatizzare quello che aveva appena detto.

- Trentanove anni e la vitalità al bassoventre dei venti, cosa che comunque è apprezzabile entro certi limiti!- aveva continuato scherzando, entrambe le donne avevano riso.

- Se Christopher fosse qui invece so che potrei contare tranquillamente su di lui, ma come ben sai ci distanziano nove ore di aereo.- aveva commentato Irene.

Avevano cambiato discorso immediatamente, ben coscienti che se avessero continuato su quella linea ancora a lungo sarebbero andate a parare su argomenti del tutto non piacevoli, e in quella situazione non sembrava il caso d’intristirsi ancora di più a nessuna delle due.

Irene, all’ora di pranzo, lasso di tempo che era stato il suo unico momento libero nell’arco di quasi tutta la giornata, si era messa a fare qualche ricerca per scovare un nuovo asilo sia per Owen che per Yume. Aveva parlato con qualche sua collega donna che però non le erano state affatto utili, alla fine era stata una delle segretarie però a darle fortunatamente un buon consiglio. Le aveva parlato dell’asilo dove sua figlia, che aveva pochi anni meno di Irene, aveva iscritto da due anni suo nipote in toni davvero entusiastici. Considerando che non era molto lontano dall’ufficio, Irene si era detta che tentare non nuoceva. Aveva cercato su Internet per vedere se era possibile avere qualche notizia, non aveva trovato proprio un suo sito specifico, ma l’aveva trovato nominato in molti siti che riguardavano gli asili presenti in quella zona di Los Angeles. Erano dei siti fatti apposta per dare delle dritte, pieni di consigli ed opinioni di chi ci aveva già iscritto i figli. Da quello che aveva letto non le sembrava male e soprattutto le sembrava un po’ meno pretenzioso dell’asilo dove Owen era andato fino al giorno prima. Aveva stampato quelle pagine con l’intento di farle vedere a Sakumi e le aveva mostrato quei fogli quando, dopo aver finito di rassettare, si erano sedute entrambe in soggiorno; lei si era dichiarata d’accordo per il pomeriggio seguente di andare direttamente a visitarlo e di vedere un po’ come si mettevano le cose, magari anche con i bambini.

Non era certo l’unica opzione che avevano intenzione di prendere in considerazione, anche Sakumi aveva fatto delle ricerche facendo delle proposte: approfittando del pomeriggio libero di Irene avrebbero fatto qualche ricerca sul campo insieme.

Dopo aver esaurito quel discorso erano rimaste per un momento comodamente sedute sul divano del soggiorno immerse nel silenzio, fino a che non era stata Sakumi ad interromperlo, offrendo qualcosa da bere ad Irene che però aveva rifiutato, date le sue condizioni in quel momento non le sembrava proprio il caso, data anche la sua scarsa resistenza, di bere alcolici. Sakumi invece si era presa qualcosa da bere ed era tornata a sedersi subito dopo. Sorseggiando il drink dal suo bicchiere aveva continuato a parlare.

- In ogni modo secondo me tu sei un po’ troppo pessimista. Non mi sembra affatto che tu sia sola qui.- aveva osservato. Irene l’aveva guardato con su uno sguardo interrogativo.

- Dominic.- aveva spiegato Sakumi. - Pare che sia davvero disponibile sia con te che con Owen.-

Irene aveva sorriso, le sembrava quasi che Sakumi avesse letto nella sua mente che molti dei suoi pensieri di quella giornata erano stati rivolti anche a quell’aspetto che caratterizzava quel periodo e improvvisamente si era sentita nervosa, pur senza volerlo dare a vedere.

- Sì, certo, non posso negarlo. Ma sai, Dominic non è proprio un tipo di persona affidabile e sempre presente… cioè, non mi fraintendere, è affidabile lui come personalità, ma fa un lavoro che non ti permette di poter contare su di lui. Mica è uno che va tutti i giorni in ufficio e fa le sue ore, non sai mai quando c’è e quando non c’è. Ogni tanto sta fuori giornate intere, o anche la sera tardi. Oppure succede che stia per giorni interi in casa senza mai uscire. L’unica certezza è il telefono che squilla in continuazione, ogni tanto anche ad orari strani.-

- E’ un attore famoso, mi sembra normale. Anzi, potrebbe essere peggio.- aveva osservato Sakumi.

- Sì, chi dice che non lo è. Al di là di questo comunque non gli imporrei mai di aiutarmi, non ne ho nessun diritto, capisci? E poi anche il nostro rapporto è quello che è. Tanto per cominciare è un bel po’ più giovane di me, non lo conosco così bene e poi erano anche dieci anni che non lo vedevo, insomma, mi capisci quando ti dico che gli sono affezionata da morire ma non vedo l’ora di trasferirmi?- aveva concluso sorridendo.

- E’ una vita che vi conoscete voi due quindi.- aveva osservato ancora una volta Sakumi.

Irene aveva annuito. - Mia madre e sua madre hanno fatto il liceo insieme, sono amiche da più di quarant’anni. Quando è nato Dominic mia madre mi fece saltare quasi un mese intero di scuola per andare in Germania con lei, loro abitavano là quando Dominic e suo fratello erano piccoli, ci hanno vissuto per parecchi anni. Siamo state lì per quasi tutto dicembre, comprese le vacanze di Natale, perché Maureen era completamente sola dato che suo marito lavorava tantissimo a quei tempi. Doveva occuparsi di Dominic appena nato e di Matt che a quei tempi aveva solo quattro anni ed era un momento difficile. Io ne avevo otto compiuti da un mese e mezzo a quei tempi, lui è stato la mia prima cavia per imparare a cambiare i pannolini!- aveva detto Irene per poi sorridere a quei ricordi. Sakumi anche aveva sorriso, continuando ad ascoltarla.

- Dominic era un vero rompiscatole: scambiava il giorno per la notte, piangeva in continuazione, per anni ho temuto che tutti i neonati fossero com’era lui, per fortuna mio figlio era anche troppo buono invece. Si fa sentire poco adesso e si faceva sentire poco anche appena nato, credo che sia la sua personalità.-

- Beata te, Yume era una strillona di professione. Per fortuna per il suo primo anno di vita stavo in Giappone da mia madre, io non l’avrei mai potuto reggere da sola quel periodo, considerando anche il fatto che con Jeremy ci stavamo lasciando.- Sakumi si era interrotta un attimo facendo una specie di verso per far capire meglio ad Irene che quel periodo non era stato proprio roseo. - Meno male che è passata…- aveva concluso, per poi ricominciare a parlarle. - Come mai poi siete stati tanto tempo senza vedervi?-

Irene aveva alzato le spalle. - I motivi sono stati tanti in verità. Principalmente c’è stato il fatto che Dominic se n’è andato di casa e ha lasciato l’università, come era ovvio che fosse dato che lavorava parecchio. Dapprima era a Londra, poi ha cambiato proprio continente, quindi non ci sono mai state occasioni. Poi capisci bene che il nostro rapporto fosse del tutto superficiale, non è che io gli ho mai telefonato, o che lui l’abbia fatto. Per dieci anni penso che non ci siamo nemmeno mai pensati. Per lo meno lui sono del tutto convinta che non l’abbia mai fatto, io un po’ sì, fa uno strano effetto sapere che uno che conosci da una vita fa l’attore, diventa famoso, ovviamente è una cosa che ti incuriosisce e poi avevo spesso suo notizie per via di mia madre, andavo a vedere i suoi film…- si era interrotta per un attimo e aveva sorriso. - Insomma, è strano per me che sia una celebrità, io me lo ricordo quando era un bambino e faceva i capricci per delle stupidaggini, me lo ricordo con la sua prima vera ragazza quando aveva diciott’anni, li vedevi e ti cariavano i denti da quanto erano mielosi e appiccicosi. - Si era interrotta per un attimo, ridendo. - I ricordi più vividi però sono di quando aveva sui quindici, sedici anni ed era uno sfigatello qualsiasi. Ho avuto questo sospetto in quel periodo, ovvero che io gli piacessi, sai, tipo una di quelle cotte che hanno i ragazzini a quell’età per una più grande.- aveva commentato sempre sorridendo.

- Davvero aveva una cotta per te?- aveva chiesto incuriosita e divertita Sakumi.

- Mah, non lo so in verità. Me lo fece notare mia madre, alla quale l’aveva detto Maureen, ma non è che di quelle due pettegole ci si possa tanto fidare. Penso che sia colpa mia comunque se l’hanno pensato. Sai, lui era molto carino con me, i ragazzi di quell’età con una più grande lo sono in genere. Io gli davo corda perché in fondo mi piaceva pensare che lui avrebbe potuto essere una specie di fratello minore… ti è mai venuto in mente di pensare a come sarebbe stato divertente avere un fratello più piccolo e potergli insegnare ad avere a che fare con le ragazze o cose simili? L’avrei coccolato troppo fosse stato mio fratello, per fortuna non lo era, però mi divertivo a pensare che lui e Matt fossero miei fratelli, che quella specie di famiglia allargata che si veniva a formare in quelle due, tre settimane ogni estate fosse la mia vera famiglia. Certo Dominic era più piccolo e più facile da gestire di suo fratello, è sempre stato in un certo senso più dolce, più orsacchiottone di Matt che invece si faceva molto di più gli affari suoi.-

- Si vede che un fratello minore non l’hai mai avuto, sai? Hai una visione molto romantica della cosa, io che ce l’ho avuto ti posso dire che alla fine va a considerarti come se fossi sua madre e per togliergli di testa che non lo sei e che non ha nessun diritto di chiederti di esserlo ci vogliono anni!- aveva commentato Sakumi, che aveva detto quella frase scherzosa per sdrammatizzare il fatto che aveva capito in quello che Irene gli aveva appena confidato quanto avesse dovuto sentirsi sola quando era piccola.

- Lo so, me lo dicono in tanti sai?- aveva risposto Irene sorridendole a sua volta. - Poi lo sai cos’è strano adesso?- aveva continuato a dire, Sakumi aveva scosso la testa.

- Il fatto che cavolo, è un uomo! Cioè, io arrivando non riuscivo a figurarmelo così, e poi adesso vedo un po’ come si comporta, il tipo che è. Fino a poco tempo fa si frequentava anche con una, una stronzetta con la puzza sotto il naso che ti giuro non l’avrei mai fatta tipa per lui, infatti poi si è rivelata non esserlo. Comunque ha un certo successo con le donne, non so se sia per il fatto che è una celebrità, comunque immagino che aiuti… che ti posso dire, guarda la baby sitter di Owen, te la ricordi?-

Sakumi aveva trattenuto a stento una risata, lei di quella cosa ce n’era accorta subito ed era curiosa di sapere che aveva da raccontarle Irene in proposito. - Certo che mi ricordo di Grace, mi ricordo anche come lo guardava alla festa di compleanno di Owen.- aveva commentato.

Irene l’aveva guardata stupita. - Te n’eri accorta tu?- aveva commentato chiedendoglielo. - Io non mi ero accorta di niente, cioè, immaginavo che fosse una specie di sua fan, ma non che gli piacesse né che a lui piacesse lei… non so se dovrei dirtelo, ma tanto penso che rimarrà tra noi. L’altro giorno tornando dalla spiaggia credo che io ed Owen gli abbiamo mancati di un secondo mentre stavano facendo… in salotto… beh… hai capito cosa, vero?- aveva detto leggermente imbarazzata.- Sakumi aveva riso di gusto.

- Poi in verità Dominic mi ha spiegato che c’era stata solo una specie di approccio, che ci erano andati abbastanza vicini ma che, al di là del mio ritorno, era improbabile che avrebbero davvero fatto qualcosa. Comunque il punto non è questo, è che per me pensare a Dominic come ad una specie di conquistatore o come ad uno che piace alle donne è strano.-

- Perché lo vedi come un bambino, per te non potrebbe mai rappresentare niente sotto quel profilo ed è normale. Ma io ti posso dire in tutta franchezza, detto da una che lo conosce com’è ora e non può fare paragoni, che Dominic ha un potenziale erotico davvero notevole. Non è bello nel senso comune del termine, ma è un uomo estremamente affascinante, per tantissimi motivi diversi che tu forse non vuoi vedere.-

Irene aveva sgranato gli occhi e aveva guardato Sakumi come se avesse detto chissà quale nefandezza. L’altra aveva riso di gusto nel vederle fare quell’espressione.

- Lo capisco che per te è inconcepibile, ma ti assicuro che non era l’unica Grace che lo guardava in un certo modo alla festa di compleanno di tuo figlio, e tu non sai ed è più che evidente che non puoi nemmeno immaginarti quali commenti siano venuti fuori a volte fuori dal cancello di quell’asilo, tra mamme.-

- Dimmi che stai scherzando…- aveva commentato allibita Irene.

- No, non sto scherzando affatto. I più blandi erano sul notare che in televisione o al cinema non rende bene come dal vivo, ma ho sentito fare anche apprezzamenti più consistenti, tipo sull’osservazione di certi particolari che stanno in basso.- aveva detto con un’espressione sul viso che non poteva lasciare dubbi su cosa significasse l’accezione “basso” in quel discorso. Prima di continuare Sakumi le aveva sorriso.

- Sai, sono venuti fuori dei commenti più o meno casti sull’argomento!- aveva aggiunto, per interrompersi nuovamente ed aspettare che Irene metabolizzasse il tutto.

- Dopo la festa una volta si è presentato fuori dall’asilo e tu non hai nemmeno l’idea delle donne che gli hanno sorriso, o buttando la faccia sono addirittura andate a salutarlo, lui sembrava anche leggermente spaesato perché sono convinta che nemmeno se le ricordasse tante di loro. In ogni modo Irene, detto chiaro, in tante si farebbero volentieri portare a letto da Dominic se ne avessero l’occasione, e non certo solo per la sua celebrità. Te lo ripeto, Dominic è davvero sexy.-

Irene era semplicemente allibita. Ma com’era possibile che Dominic fosse considerato così da tante? Era un ragazzino, nemmeno tanto bello poi alla fine dei conti e quelle erano donne tutte sposate e tutte più grandi di lui e alcune nemmeno di poco.

- Ma… non è possibile, sono tutte impazzite! Ma poi sono tutte mamme di famiglia sposate, ma che dici!- aveva detto a Sakumi quasi turbata.

- E che vuol dire? L’essere sposati non blocca l’impeto di tanti, e poi mica che vuol dire niente se dicono che se lo farebbero volentieri, insomma, dirlo non significa che gli si faranno trovare nel letto! Ti ricordi di Jane, la mamma di quella bambina biondissima e bianchissima di pelle che mangia solo roba macrobiotica e che al compleanno infatti non ha mangiato nemmeno la torta?-

- Sì, ma…- aveva cominciato a chiedere Irene che continuava ad essere sempre più allibita ugualmente.

- Lei ha fatto il commento più divertente il giorno dopo del compleanno. Stavamo parlando di Dominic e ad un certo punto ha sospirato e ha detto prendetemi pure per una scema, ma io ad uno così gli ciuccerei anche le sopracciglia, ci ha fatto morire dal ridere.-

Anche ad Irene era scappata una risata, un po’ controvoglia ma gli era scappata. - Ti prego basta, non mi dire più niente, potrei anche svenire!-

- Solo questo allora e poi smetto: un’altra cosa che ha creato questo clima comunque è stata il fatto che con i bambini ci sapeva davvero fare, alla festa l’hanno notato tutte e tutte hanno fatto un commento su questo. Sai, gli uomini che si occupano dei bambini fanno sempre un certo effetto, non trovi?-

- Può darsi, ma se mi chiedi di pensarci in riferimento a…-

In quel momento il cellulare di Irene aveva cominciato a suonare, lei che persa nei loro discorsi si era come ritrovata in una dimensione parallela era quasi trasalita prima di decidersi a cercare il suo telefono nella borsa e notare che era Dominic che la chiamava. Si era sentita terribilmente in imbarazzo nel rispondere.

- Irene, ti disturbo?-

- No Dominic, ciao…-

Sakumi l’aveva subito guardata sorridendo divertita. Quando si dice “Lupus in fabula”…

- Scusa se ti rompo le scatole ma sono le undici e ancora non siete a casa, mi sono preoccupato.-

- Sono già le undici?- aveva chiesto stupita Irene che aveva totalmente perso la cognizione del tempo.

- Passate.- aveva commentato Dominic.

- Ah… no, è che siamo rimasti a cena da Sakumi e ci siamo messe un po’ a chiacchierare…-

- No, scusami, non volevo interromperti e non mi devi spiegazioni t’immagini, mi sono solo un po’ preoccupato perché non è mai successo, scusami ancora. Allora ci vediamo più tardi, o domattina.-

- Adesso torniamo subito.- aveva detto Irene decisa.

- Hai bisogno che ti passi a prendere?- si era offerto Dominic.

- No, no - aveva detto agitata Irene, - t’immagini, prendo un taxi, non stare a disturbarti.-

- Ma non ci metto niente, davvero. Comunque come vuoi.- aveva detto non insistendo.

Irene l’aveva salutato e aveva concluso la comunicazione in fretta, per poi rimettere gli occhi su Sakumi che ridacchiava divertita.

- Dì la verità, sei imbarazzata?- le aveva chiesto sempre sorridendole.

Irene aveva guardato l’altra con uno sguardo leggermente timoroso. - Si notava tanto?-

L’altra era scoppiata a ridere. - Tanto lui non potrà mai immaginarsi il perché, sei al sicuro! Comunque che carino a preoccuparsi…- aveva commentato infine.

Irene, doveva ammetterlo, era d’accordo con lei.

Era davvero tardi, i bambini avrebbero dovuto essere a letto da un pezzo. Sakumi ed Irene si erano avviate verso la stanza di Yume dove si erano messi entrambi a giocare per trovarli entrambi rannicchiati sul letto che dormivano, insieme al caos primordiale di giocattoli che erano stati in grado di mettere su. Le due mamme erano ben coscienti di aver messo su un’espressione deliziata che a terzi forse sarebbe sembrata ridicola.

Li avevano lasciati così mentre Irene chiamava un taxi; solo all’arrivo di questo aveva preso Owen in braccio cercando di non svegliarlo ed era uscita da casa di Sakumi ringraziandola di tutto e dandole appuntamento al giorno dopo.

Sakumi aveva richiuso la porta di casa sua. Per un attimo, prima di tornare in camera di sua figlia a dare una rassettatina e cambiarla per metterla a dormire, si era appoggiata con le spalle alla porta ridacchiando. Era convinta di aver messo ad Irene una bella pulce nell’orecchio, ma oltre a questo c’era un’altra cosa che la faceva sorridere: un particolare aveva ovviamente tralasciato di dire ad Irene.

Di tutte quelle mamme che avevano apprezzato Dominic lei era l’unica ad averlo fatto e ad esserselo tenuta per sé, ma era anche l’unica che probabilmente aveva messo in pratica quelle fantasie evidentemente tanto comuni come lei stessa non si sarebbe mai aspettata.

Per lei era una cosa divertente, niente di più, non si sentiva di certo né superiore né migliore di loro.

Era solo divertita.

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Capitolo 27
*** Semplici contatti ***


Nuova pagina 1

Buon venerdì!

Oggi pubblico presto perché nel pomeriggio sarò in viaggio e giù a casa non ho ancora il computer. Sigh! Ma quanto cavolo ci vuole ad aggiustarlo?

Un grazie a Bloody e Crazy per avermi lasciato un commento. In effetti pensavo a te Bloody quando scrivevo quel capitolo, avevo paura che ci saresti rimasta male, in effetti nel mio immaginario Grace non è mai stata un personaggio positivo.

Se mi lasci un commento per salutarmi non mi da mica fastidio Crazy, anzi!! Se ti riservi di dire la tua più in là ti capisco pure, anch’io lo faccio spesso, quindi…

Vi lascio al capitolo, buon fine settimana e buona lettura, Mandy

 

Ps: l’ho già detto, ma cavolo, mi fa un sacco piacere che aspettiate la terza parte!!!

 

v       Capitolo Ventiseiesimo - Semplici contatti

 

Nel riattaccare il telefono Dominic si era sentito un po’ stupido. Si era preoccupato inutilmente, poteva benissimo immaginare che Irene fosse rimasta da Sakumi, sapeva che sarebbe andata a riprendere Owen a casa sua e tirare la conclusione che fosse rimasta lì sarebbe stato piuttosto semplice.

Invece lui si era preoccupato e l’aveva contattata, forse l’aveva anche disturbata considerando il fatto che in quell’ultimo periodo, salvo in rarissime occasioni, Irene aveva cercato di tenersi quanto più lontana possibile da lui e doveva ammetterlo, se anche questa cosa non gli piaceva molto lui non poteva che accettarla.

Aveva appoggiato il cordless sul basso tavolino che stava davanti a lui, era seduto sul divano in soggiorno con Lilly che dormiva accoccolata ai suoi piedi, sdraiata sul tappeto, quindi aveva ricominciato a guardare la televisione senza esserne poi molto coinvolto, giusto per fare qualcosa, come aveva fatto per tutta la sera.

Anche se sembrava dormire della grossa Lilly, non appena aveva captato rumori non fraintendibili, si era alzata e si era diretta all’entrata, Dominic fidandosi del suo intuito, si era anche lui alzato dirigendosi alla porta e aprendola, in tempo per vedere Irene cominciare a salire le scale del portico con Owen in braccio.

- Ciao, bentornata.- le aveva detto Dominic a bassa voce. Irene gli aveva sorriso.

- Scusami se ti ho cercata, non ti volevo disturbare.- aveva continuato mentre le cedeva il passo per entrare, quindi aveva richiuso la porta.

- Non ti devi scusare, t’immagini. Anzi, se non mi avessi chiamata chissà che ore avremmo fatto, avevamo perso totalmente la condizione del tempo.- gli aveva risposto Irene piano.

Si era fermata per un momento a metà strada davanti al soggiorno e alle scale che portavano al piano superiore, non potendo fare a meno di guardare Dominic.

Forse era la prima volta in quel mese che si fermava ad osservarlo, ad osservarlo veramente, non con gli occhi della mente che si riflettevano nei suoi ricordi di una vita.

Quando lui aveva dato una specie di segno di cedimento abbassando il suo sguardo a terra come se fosse imbarazzato per quello sguardo, cosa che era avvenuta dopo pochi secondi che lei rimaneva fissa a guardarlo, Irene si era resa conto che forse aveva esagerato e lo aveva messo a disagio. Si era sentita fortemente in imbarazzo, non credeva che quelle chiacchiere di Sakumi le avrebbero fatto un tale effetto; non senza sentirsi un po’ stupida si era affrettata a dire che portava Owen a letto e a togliersi da quella situazione.

Owen aveva cercato di collaborare, ma essendo molto assonnato non ci era riuscito ed Irene si era dovuta impegnare un bel po’ per cambiarlo e metterlo a letto, intanto però stava ancora pensando con preoccupazione al fatto che dopo sarebbe dovuta scendere per parlare con Dominic e avvisarlo del fatto che il giorno dopo all’ora di pranzo lei con Sakumi ed i bambini avrebbero molto probabilmente pranzato lì, per chiedergli se ci fosse stato qualche problema. Avrebbe preferito non dovergli parlare per il momento, considerando la giornata che aveva passato. Da una parte era imbarazzata anche per le chiacchiere con Sakumi, per via delle quali tra l’altro, pur senza volerlo, le era passato per la mente uno strano sospetto, come di una connessione tra Dominic e Sakumi. Razionalmente parlando era stupido averlo pensato, non aveva niente in mano che potesse farle credere che tra loro potesse esserci stato qualcosa, si conoscevano appena. Ma la sua amica aveva parlato con troppa cognizione di causa: le aveva raccontato di commenti di altre e, pur non aveva mai detto di essere in disaccordo con loro, Irene pensava che ci fosse anche dell’altro. Oltre a questo però c’era il fatto che si sentiva infastidita da Dominic, dopo quella giornata faticosa poi la sua pazienza aveva un limite molto basso, aveva dovuto raccogliere tutto il suo buon senso e tutta la sua calma per decidersi a fare quello che doveva.

Quando Owen era stato messo a letto, lei con calma si era cambiata mettendosi degli abiti più comodi, con lentezza, come per guadagnare tempo, quindi era scesa al piano inferiore trovando Dominic da solo sul divano. Aveva spento la televisione e sembrava assorto in qualche pensiero che a giudicare dalla sua espressione non doveva essere proprio roseo. Questo non le facilitava certo il compito, aveva pensato. Le dispiaceva vederlo così ma non aveva la forza necessaria per sopportare l’eventualità di dover stare lì a sentirlo sfogarsi per qualcosa.

Si era seduta sul divano vicino a lui, abbastanza distante comunque, rispondendo al sorriso appena accennato che lui le aveva rivolto non appena l’aveva vista avvicinarsi.

- Come va?- gli aveva chiesto, più per cortesia che per altro, non perché non le interessasse, ma solo perché non voleva trovarsi nella scomoda posizione di iniziare un discorso serio con lui in quel momento. Si sentiva disonesta, quello non era un bel modo di comportarsi, soprattutto da parte sua che aveva chiaramente intuito che non stava bene, ma proprio non poteva farne a meno.

- Potrebbe andare meglio.- le aveva risposto infatti Dominic, dandole la sicurezza di aver pensato giusto riguardo al suo stato d’animo ma anche dandole l’idea che anche lui non avesse voglia di parlare più di tanto del fatto che non era in uno stato d’animo ottimale.

- Tu?- aveva chiesto Dominic ricambiando, subito dopo.

- Uguale. Sono davvero esausta, è stata una giornata lunga al lavoro.- si era interrotta per un attimo prima di continuare, del resto non aveva nessun buon motivo che la spingesse a tergiversare e da una parte era stato anche rilassante il fatto che lui non si sentisse incline a parlarle troppo. Ora doveva solo liberare lui e se stessa dalla reciproca presenza, era evidente che entrambi volessero stare per conto loro per lei.

- Domani ho preso mezza giornata, nel pomeriggio io e Sakumi portiamo i bambini a vedere qualche asilo, credo che pranzeremo qui prima di avventurarci all’avanscoperta. E’ un problema?-

Nella risposta che Dominic le aveva dato, Irene aveva chiaramente letto un certo disappunto. Immaginava che fosse diretto a lei, ma non poteva esserne del tutto sicura dato che le sembrava palese che Dominic avesse avuto, per motivi totalmente diversi dai suoi, una giornata pesante quanto la sua.

- No, perché dovrebbe esserlo?- aveva risposto asciutto. - Sai che questa è casa tua finche continuerai a starci, non vedo perché devi ogni volta a chiedermi il permesso per portare gente.-

- Non volevo chiederti propriamente il permesso in effetti…- aveva risposto lei, non continuando. In fondo pensava di meritarsela un po’ quella freddezza, qualsiasi fosse il motivo che lo spingeva ad usarla con lei. La sua coscienza non era pulita nei suoi confronti, così si era limitata, com’era nei piani, a concludere subito la conversazione. - Perfetto allora. Se ci sei magari mangi con noi, se ti va.-

- No, non credo che sarò a casa domani, ma grazie lo stesso.- aveva risposto mentendole Dominic. Si sarebbe probabilmente inventato qualcosa da fare il giorno successivo, preferiva non starle tra i piedi dato che percepiva chiaramente che era quello che voleva anche lei, il suo invito sicuramente era solo di circostanza.

- Ok… allora ci vediamo domani sera suppongo. Buonanotte.- gli aveva detto alzandosi dal divano, aspettando solo un momento mentre lui le diceva buonanotte per girarsi ed andarsene.

Quello che era appena successo le aveva lasciato ancora di più l’amaro in bocca, come se quella giornata non fosse già stata abbastanza pesante, ma aveva evitato di pensarci. Era andata a raggiungere Owen a letto e si era addormentata quasi subito dato che era davvero stanchissima.

 

Dominic invece era rimasto ancora un po’ seduto nel suo soggiorno, poi aveva richiamato Lilly che era rimasta a scorrazzare in giardino per gli ultimi bisognini della giornata, l’aveva messa a dormire ed era andato anche lui in camera sua.

Quella sera, forse perché voleva essere lasciato in pace, aveva lasciato il cellulare acceso come gli conveniva, ma in camera sua sul letto, dal piano inferiore non avrebbe potuto sentirlo certamente. Chi lo chiamava avrebbe potuto pensare che fosse troppo impegnato o in un posto troppo rumoroso per sentirne il trillo. Del resto si poteva aspettare solo chiamate di scocciatori quella sera, non di altri. Per un caso raro anche il telefono di casa era rimasto muto e inutilizzato, almeno finché lui non aveva stupidamente deciso di chiamare Irene.

Sul display c’erano tre chiamate perse, aveva controllato immediatamente di chi fossero e l’ora, era stata Madeleine a contattarlo ogni volta e l’ultima risaliva ad un paio d’ore prima.

- Porca miseria!- aveva esclamato Dominic.

Non la vedeva e non la sentiva dal giorno in cui c’era stata la festa di Owen lì a casa sua e per tutto quel giorno in cui lei era passata a trovarlo non l’aveva nemmeno degnata di troppe attenzioni, preso com’era nel caos che tutti i bambini presenti avevano generato. Gli andava eccome di sentirla, ed era assolutamente dispiaciuto del fatto che lei l’avesse contattato proprio in quella serata contrassegnata da quell’umore nero che gli aveva tenuto compagnia per tutto il tempo. Se le avesse risposto magari sentirla gli avrebbe sollevato un po’ il morale, ma ormai era andata così.

Aveva notato che c’era anche un messaggio in segreteria, così aveva chiamato per ascoltare la sua casella vocale. La voce squillante di Madeleine l’aveva investito in pieno.

- Amore, ma che fai m’ignori? Senti tesoro, mi sto imbarcando ora da New York per venire dalle tue parti, lo so che sei un ragazzo pieno d’impegni, ma un po’ di tempo per me ce l’hai domani? Il massimo sarebbe che ti facessi portare a pranzo in qualche posto carino dato che all’ora di cena prendo un altro aereo per San Francisco. Fatti sentire tesoro, anche se non puoi, ok? Bacioni amore!-

Dominic aveva sorriso, meglio di così non poteva andargli. Sapeva che Madeleine doveva essere ancora sull’aereo a quell’ora, così le aveva fatto lasciato un messaggio come aveva fatto in precedenza lei, dicendole che non vedeva l’ora di vederla.

Avrebbe preferito poterle parlarle direttamente in verità, si era chiesto se non fosse stato il caso di cercare di contattarla più tardi, non appena fosse scesa dall’aereo, ma rischiava di chiamarla a notte fonda, dato che era già quasi mezzanotte e mezza.

In quel momento si sentiva in uno stato d’animo che provava raramente, per sua fortuna: avrebbe dato qualsiasi cosa per avere qualcuno vicino. Un semplice contatto.

Un sorriso, un abbraccio, niente di particolarmente complicato o impossibile, ma qualcosa di abbastanza tangibile per poter dire di non essere solo, solo come del resto si sentiva sempre. In quel momento avvertiva quella sensazione più pesantemente, proprio come una specie di pesantezza che gli arrivava dritta allo stomaco.

Si era soffermato a pensare al perché di tutto questo e si era sentito spaventato al pensiero, tanto banale in fin dei conti, che ognuno di noi alla fine di tutto è solo con se stesso in mezzo a tanta gente.  La solitudine è qualcosa contro ogni essere umano combatte in ogni momento, ogni giorno. Non essere soli per Dominic era condividere i propri pensieri con qualcuno, il fatto di non aver potuto rivelare a nessuno il suo disagio profondo per quella giornata appena passata, anche se avrebbe tanto voluto farlo con Irene che però, non appena aveva messo piede in casa, gli aveva dimostrato quanta poca voglia avesse di parlare con lui, l’aveva fatto sentire anche peggio.

Era stato colto dal bisogno improvviso di sentire una voce del tutto comprensiva nei suoi confronti, in Inghilterra dovevano essere le otto del mattino e sua madre sicuramente era sveglia e ancora in casa, infatti gli aveva risposto dopo appena due squilli.

- Buongiorno, Dom, ma che ore sono da te, è notte inoltrata?- aveva osservato la donna.

- Mezzanotte passata.- le aveva risposto, cominciando a sentirsi imbarazzato, sempre di più.

Se fino a qualche secondo prima per lui il bisogno di sentire una voce amica gli era sembrato vitale quasi come l’aria che respirava, improvvisamente si era sentito un idiota quasi completo. Cosa avrebbe dovuto dire a  sua madre, quello che aveva pensato fino a poco prima? Lo avrebbe considerato un cretino pure lei, e inoltre come le avrebbe giustificato quell’orario strano per telefonarle? Non si stupì della domanda che lei gli aveva fatto subito dopo.

- Stai bene?-

- Sì, volevo solo salutarti.- le aveva risposto cercando di essere convincente.

- Ma sei sicuro?- aveva chiesto scettica la donna, che conoscendolo bene aveva potuto notare dall’inflessione strana della sua voce che c’era qualcosa di anomalo.

- Ma sì che sono sicuro, che dovrei avere scusa?-

- Niente, che ne so. E’ un legittimo dubbio, non è che chiami spesso quando qui sono le otto di mattina!-

- Hai ragione, ma volevo solo salutarti, davvero. Come va a casa?- aveva chiesto tagliando corto.

- Non c’è male, per me tutto regolare e tuo padre invece ha avuto qualche rompimento di scatole al lavoro…-

Dominic aveva ascoltato il racconto di sua madre, facendo qualche commento e spingendola a continuare a parlare, almeno finché la donna non aveva dovuto necessariamente attaccare.

- Mi dispiace tesoro ma adesso devo attaccare o faccio tardi al lavoro.-

- Ci mancherebbe altro, attacca. Ci sentiamo presto, ok?-

- Sì, ti telefono io qualche volta alle cinque di mattina…- aveva scherzato per poi sentire Dominic ridere per la sua battuta.

- Dominic, dimmi la verità. - aveva detto dopo che lui aveva riso. - E’ tutto apposto?-

- Sì, tutto apposto. Giuro.- aveva detto cercando di essere persuasivo, anche se non era affatto stupito del fatto che sua madre ci avesse visto giusto, come quasi sempre.

- Va bene. Prenditi cura di te, capito?- gli aveva detto con un tono comprensivo e protettivo insieme.

- Anche tu, buona giornata.-

- A te devo dare la buonanotte, vero?-

Dominic aveva riso, un po’ per il tono di sua madre, un po’ per tutta la situazione che aveva creato. - Sì, credo che sia decisamente appropriato.- le aveva risposto.

- Allora buonanotte, dormi bene. Ciao.-

Dopo di che avevano chiuso entrambi la comunicazione, Dominic aveva appoggiato il suo cellulare accanto al letto e si era alzato, diretto verso il bagno con l’idea di farsi una doccia e poi mettersi a dormire.

Mentre percorreva quei pochi passi che lo distanziavano dal bagno aveva pensato che era davvero un cretino a farsi prendere dallo sconforto in quella maniera.

 

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Capitolo 28
*** Non tutto è ciò che appare (o quasi...) ***


Nuova pagina 1

Buona settimana a tutti!

Oggi sto mettendo su il capitolo con una fretta mostruosa addosso, quindi scusatemi se non faccio ringraziamenti come si deve! Recupererò al prossimo…

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Ventisettesimo - Non tutto è ciò che appare (…o quasi)

 

Dominic stava aspettando in centro davanti al ristorante dove aveva dato appuntamento a Madeleine quella mattina quando l’aveva chiamata. Lei aveva accettato l’orario che lui le aveva dato, ma era stata categorica nel dire che avrebbe potuto ritardare dato che aveva degli impegni di lavoro che non sapeva quanto tempo le avrebbero portato via.

In effetti Dominic cominciava a temere che non sarebbe arrivata più dopo una mezz’ora di attesa, quando finalmente un taxi si era fermato dall’altra parte della strada e, la prima cosa che era uscita dallo sportello giallo appena aperto, era stata una caviglia affusolata con un paio di sandali dal tacco a spillo, altissimo. Dominic non aveva avuto bisogno di aspettare che l’intera figura di Madeleine fosse ben visibile, aveva attraversato la strada velocemente, andandole incontro.

Lei, appena l’aveva scorto, gli aveva sorriso, quando era stato a metà strada aveva cominciato a tendere le braccia verso di lui. Come solitamente erano abituati a fare, incuranti di essere praticamente in mezzo alla strada, si erano salutati molto affettuosamente.

- Tesoro, tesoro, tesoro vieni qui!- gli aveva detto con un tono un po’ stridulo quando era stata certa che lui era abbastanza vicino da sentirla, Dominic si era avvicinato velocemente per abbracciarla.

- Se sei libero possiamo passare anche tutto il pomeriggio insieme, ho fatto tardi ma il resto della giornata è per me!- aveva detto allegramente dopo che si erano salutati a dovere.

- Sono liberissimo e non mi pare il vero che possiamo passare tutto questo tempo insieme.- le aveva risposto lui, che pure per quella giornata non aveva sperato in altro.

Mentre pranzavano avevano chiacchierato un po’ del loro lavoro, Madeleine era a Los Angeles perché aveva dei colloqui importanti con dei produttori che avevano in ballo dei progetti comuni con la casa di produzione indipendente del suo compagno, ma non sembrava essere molto soddisfatta.

- Il problema di questa città è che le buone idee, la gente che ha del vero talento, finiscono tutte nel cestino della cartastraccia perché qualcuno pensa che la gente sia più stupida della media. Insomma, è mai possibile che non ci riesca quasi mai di avere della collaborazione quando si tratta di dover spendere un po’ più di soldi?-

Dominic le aveva riempito il bicchiere di vino un’altra volta, le aveva sorriso.

- Che ti devo dire, lo sai che questo è un campo piuttosto, come dirlo in termini più gentili possibili… difficile e rischioso. Insomma, voi non vi occupate di film che sono proprio alla portata di tutti e invece qui i grossi produttori cercano solo le galline dalle uova d’oro. Poi se sono film che non hanno una trama intelligente non frega niente a nessuno. La gente hai ragione, non è tanto stupida, ma tanto riempie le sale solo per determinati titoli e se richiamata da determinata gente.-

- Mah…- aveva detto Madeleine con un tono che sapeva di rassegnazione. - Eppure non mi spiego il perché del fatto che nonostante che certe nostre produzioni sono andate decisamente bene ancora nessuno si decide ad investire più su questo genere di cinema. Non pretendiamo certo incassi record, ma sono certa che avremmo sempre e di sicuro la nostra piccola fetta, che, se qualcuno si decidesse a puntare di più su di noi, potrebbe anche non essere tanto piccola, cosa che ci permetterebbe di avere più capitali da investire. Tu non hai idea di quante sceneggiature e copioni siamo costretti a cestinare sebbene siano geniali. Prendi quello che mi sono letta in aereo stanotte, mi piange il cuore sapendo che non potremo assolutamente prenderlo in considerazione, almeno per ora.-

- Di che si tratta?- aveva chiesto Dominic dopo aver finito di masticare il boccone della sua insalata che aveva appena messo in bocca.

- Di una sceneggiatura basata sul libro di uno scrittore portoghese, non se se lo conosci, si chiama Josè Saramago.-

Dominic aveva scosso la testa, così Madeleine l’aveva informato su quanto ci fosse di preliminare da sapere. - Si intitola Cecità, parla di un uomo che improvvisamente, mentre sta guidando la sua auto, comincia a non vedere più nulla, viene avvolto come in una sorta di candore. Piano piano succede anche ad altre persone, come per esempio a sua moglie. Nessuno riesce a spiegarsi il perché di quest’improvvisa cecità che li ha colti, per paura che si tratti di un’epidemia il loro governo li fa chiudere in dei posti, come dei ghetti, dove sono quasi lasciati a se stessi. Non ti dico altro perché dovresti leggerlo, è un libro bellissimo. Anzi, ce l’ho dietro, ti regalo il mio se dopo mi accompagni in albergo. Già che ci sono ti lascio anche la mia copia della sceneggiatura, tanto in ufficio a New York posso farmene un’altra. Te la lascio così, tanto per fare, così ci dai un’occhiata e mi dici che ne pensi.-

Dominic le aveva sorriso e aveva inclinato la testa leggermente da una parte, guardandola interrogativamente. - Stai cercando di propormi qualcosa?- le aveva chiesto.

- No purtroppo, perché tanto non avremo mai i fondi per farlo, considerando che ci sarebbe anche la questione dei diritti d’autore da considerare. Anche se devo essere sincera, forse è perché pensavo a te durante il viaggio perché ti avevo appena telefonato, ma ti vedrei bene nella parte del protagonista, anche se sei troppo giovane. Avresti tutte le doti artistiche per interpretarlo. Certo sei un attore che ora come ora richiederebbe un budget troppo alto…- aveva osservato Madeleine.

Dominic le aveva sorriso con aria decisamente furbetta:- Lo sai che se me lo chiedi tu potrei accettare con la massima tranquillità di lavorare al minimo sindacale, se il progetto mi piace ovviamente, e questo ha tutta l’aria di essere interessante. E poi lo sai che non potrei mai dire di no a te.-

Madeleine gli aveva sorriso, rispondendo al suo di sorriso.- Lo sai che se non ti conoscessi bene potrei anche credere che ci stai provando spudoratamente?-

Per gioco Dominic le aveva dato un colpetto leggero con il piede da sotto il tavolo. - Magari è così…-

Madeleine aveva risposto al suo piedino senza un minimo d’incertezza. - Che bello, c’è ancora un uomo giovane e carino che mi corteggia, ti prego fingi di farlo sul serio, non sai quanto mi manchi!-

- Non ci credo che non ti succede più…- aveva commentato Dominic.

Madeleine aveva sorriso guardando ciò che rimaneva nel suo piatto, aveva appoggiato la forchetta su questo, manifestando l’intenzione di non svuotarlo del tutto.

- Dovresti crederci, non so più da quanto non mi capita di sedermi da sola al tavolino di un bar da sola senza avere qualcuno che mi ronza intorno. Fino a dieci, quindici anni fa mi succedeva puntualmente, molto raramente capitava che fossero anche tipi interessanti. Ovviamente, puoi immaginarti bene il perché, non ho mai approfondito nessuna conoscenza. Un po’ anche perché, ammettiamolo, sarebbe stato triste farmi abbordare dal primo uomo che cerca di offrirmi un caffé, certo.-

- Riesco solo ad immaginarmi quanto dovevi essere bella quindici anni fa, ammesso che tu sia cambiata poi molto da allora.- aveva osservato Dominic, certo che nessun altra persona che era in quel locale avrebbe mai potuto immaginare quello che lui sapeva di Madeleine, segreto del quale lui era a conoscenza solo ed esclusivamente per un’ammissione della bellissima donna che gli stava seduta in tutta la sua eleganza davanti. Non avrebbe mai potuto immaginarlo da solo.

Madeleine ci aveva pensato un po’. - Rispetto a quindici anni fa certo che sono cambiata, ma avresti dovuto vedermi trent’anni fa. Ecco, lì sì che saresti rimasto di sasso. Probabilmente avresti cercato di offrirmi un caffé.-

Dominic aveva riso insieme a lei per la sua battuta. - La vedo difficile, trent’anni fa ero sempre dentro la pancia di mia madre!- aveva commentato.

- Beato te, io trent’anni fa ne avevo diciannove, a quell’età ero andata via di casa da un anno e mi arrabattavo per arrivare in fondo al mese per mantenermi agli studi mentre lavoravo, cercando di trovare lavori dignitosi per tirare avanti.-

Si era bloccata per un momento, il suo sguardo era diventato triste all’improvviso e Dominic aveva desiderato ardentemente di non aver mai toccato quel tasto. Forse la sua battuta era stata del tutto fuori luogo. Madeleine aveva alzato lo sguardo sul suo, notando che era preoccupato gli aveva sorriso tranquillizzandolo.

- Non mi ha detto ancora niente di Owen, lui e quella splendida ragazza che è sua mamma stanno sempre da te?- gli aveva chiesto Madeleine cambiando abilmente discorso. Peccato che ne avesse toccato uno un po’ meno simpatico per Dominic.

- Sì, per pochi giorni ancora. Domenica Irene ha deciso di prendere baracca e burattini e trasferirsi finalmente nel suo appartamento. Finalmente per lei ovviamente, io le ho detto di fare con tutta calma ma sembra che non veda proprio l’ora.- le aveva detto facendo trasparire il suo malumore, del resto con Madeleine sapeva di non doversi censurare.

- Sembravate andare tanto d’accordo, è successo qualcosa?- aveva chiesto Madeleine mentre un cameriere si era avvicinato chiedendo se poteva sparecchiare. Entrambi si erano presi una pausa dai loro discorsi e avevano risposto positivamente. Dominic aveva aspettato che fossero nuovamente soli per continuare.

- Successo qualcosa? Non lo so con esattezza in verità, so solo che dopo che è arrivato Christopher, l’ex marito di Irene, è cambiato qualcosa e nonostante i nostri sforzi non siamo riusciti a risolverlo.-

Avevano ordinato un dolce mentre Dominic le aveva raccontato sommariamente ciò che era successo. Non imputava certo la colpa a Christopher anche se dall’inizio del suo discorso poteva sembrare, Madeleine lo aveva potuto capire mentre Dominic andava avanti con il suo racconto.

Le aveva detto che si era sentito come se Irene, di punto in bianco, avesse deciso di non voler più diventare una sua amica come prima era sembrato che fosse, che non le andasse più bene il fatto che cercava di aiutarla e di starle accanto in un momento in cui aveva davvero bisogno dell’appoggio di qualcuno. Dominic cominciava a temere che, oltre al fatto di aver parlato con Christopher, cosa di cui poi avevano avuto modo di discutere chiarendosi, ci fosse qualche altro motivo che però lui non riusciva a capire. - Un’altra cosa di cui mi dispiace da morire è che forse ho fatto qualcosa di sbagliato con Owen, e non era mia intenzione. Prima Irene, se aveva bisogno, mi chiedeva di aiutarla, adesso che c’è stato questo problema dell’asilo mi aspettavo che mi chiedesse di badare a lui per qualche ora ogni tanto, o di aiutarla a fare qualche cosa in proposito, invece niente. Io non ho mai avuto a che fare con un bambino come ho avuto a che fare con Owen, non sono mica un genitore, se faccio qualcosa di sbagliato me lo potrebbe dire in tutta franchezza invece di tenerci lontani. Come quella volta che mi ha detto di non permettergli di dormire con me. In ogni modo non è più successo che lui me lo abbia chiesto, quindi il problema non si è posto. Ti dirò che non mi stupirebbe se lui l’avesse sentita chiedermelo, quel bambino sente e vede tutto, è incredibile.-

Madeleine l’aveva guardato dolcemente e gli aveva sorriso. - Forse Irene è soltanto in un periodo troppo difficile, credo che sia immensamente critico accettare quello che è successo al suo matrimonio. Sai, di un tradimento te ne fai una ragione: è uno stronzo, lo lascio. Ma di un uomo tanto onesto da lasciarti mettendosi nei casini come ha fatto suo marito solo per una questione di lealtà verso di lei e se stesso, beh, credo sia molto più complicato. Probabilmente Owen, che a quanto pare è un bambino tanto intuitivo, preferisce non rompere troppo le scatole a sua madre e cerca appoggio in te e lei forse non riesce ad accettarlo. Credo che questo la faccia stare male sai? Per questo, sebbene sia puerile, credo anche che ce l’abbia un po’ con te. E’ stupido ma umano, cerca di comprenderla.- aveva detto Madeleine, non riuscendo nemmeno ad immaginare quanto fosse andata vicina al nocciolo della questione. In ogni modo c’era arrivata meglio di Dominic che l’eventualità che si stesse verificando qualcosa di simile non l’aveva presa minimamente in considerazione.

- No, non credo che Irene possa cadere in trappole simili, è una donna troppo intelligente.- aveva detto Dominic impossessandosi del conto che uno dei camerieri aveva appena posato sul tavolo.

- Ti ho invitato io!- aveva osservato Madeleine, lamentandosi.

- Non se ne parla nemmeno!- aveva ribattuto Dominic per poi alzarsi e andare a pagare alla cassa.

Si era avvicinato, Dominic aveva teso la sua carta di credito alla cassiera. Accanto a lui, in coda per pagare probabilmente, aveva appena notato un altro signore molto distinto, che ad occhio e croce pareva essere sulla cinquantina. Quando aveva teso la ricevuta a Dominic la signorina lo aveva ringraziato, poi, probabilmente perché aveva indugiato per qualche secondo rimettendo a posto nel suo portafogli la carta di credito, quell’uomo gli aveva parlato.

- Mi scusi tanto se mi permetto, so che potrei risultare indiscreto, ma sa che sua madre è una donna bellissima?- gli aveva detto.

Dominic aveva alzato la testa stupito. Non avrebbe mai immaginato che quel tipo che appariva tanto sulle sue avrebbe avuto l’ardire di fare un commento simile.

- Veramente non è mia madre.- gli aveva risposto di getto.

Adesso era l’altro che sembrava leggermente stupito. - Allora mi permetta di dirle che gode di tutta la mia invidia in questo momento.-

Dominic stava per dirgli che non era nemmeno la sua donna come quel tipo evidentemente aveva immaginato, ma qualcosa l’aveva bloccato, forse un sano istinto maschile che in quel momento gli avrebbe fatto fare la ruota come un pavone. Essere invidiato per la donna con cui si è, in genere dava una gran soddisfazione, ed anche se era solo un fraintendimento Dominic non aveva potuto fare a meno di godersi quel sottile piacere.

- Mi creda, la sua invidia è del tutto meritata.- gli aveva risposto per poi sorridergli e tornare al tavolo dove Madeleine lo stava aspettando. Conscio del fatto che molto probabilmente quell’uomo li stava ancora guardando, non appena era stato davanti a lei si era chinato leggermente e prima di dirle di andare via, le aveva dato un bacio su una guancia. Del resto per loro non era un fatto strano.

- Che voleva quel tipo?- aveva chiesto curiosa Madeleine, alzandosi e recuperando la borsa, per poi prendere il braccio di Dominic.

- Niente, mi ha solo detto che sei bellissima.- gli aveva risposto lui.

Madeleine lo aveva guardato di sotto in su. - Ma non prendermi in giro!- aveva risposto ridendo, poi si erano avviati all’uscita.

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Capitolo 29
*** Altri ricordi ***


Nuova pagina 2

Buon lunedì!

Questa settimana devo assolutamente cominciare con un mea culpa: non mi è mai capitato di essere così disordinata nel postare una storia!

Mi spiego: in genere posto regolarmente, ma sembra quasi che il caso se la prenda con me. Diciamo che sicuramente non mi aspettavo che l'università mi portasse via tanto tempo da non permettermi nemmeno di postare, però così è stato e mi dispiace per tutti quelli che conoscendo il mio modo di fare ci sono rimasti male, tutto qui.

Passando al capitolo odierno ma ancora prima ai ringraziamenti, volevo ringraziare Claudietta. Sono contenta che il personaggio di Madeleine ti piaccia, anche per me è il migliore di tutti, scriverne è stato divertente, e il passo più importante che riguarda questo personaggio lo puoi leggere proprio in ciò che segue.

Buona lettura a tutti, Mandy

 

v       Capitolo Ventottesimo - Altri ricordi

 

Una cosa che era sempre piaciuta a Madeleine di Dominic, oltre alle qualità principali che risiedevano in lui come la gentilezza, la sua allegria e la sua apertura mentale, era che anche prima che la loro amicizia cominciasse e diventasse così profonda, lei sul suo viso era sempre riuscita leggere chiaramente i suoi stati d’animo, se solo lo osservava con l’intento di capirlo. Lei l’aveva apprezzata quella trasparenza che lui dimostrava senza vergognarsi, le erano sempre piaciute le persone limpide e Dominic era una di queste. Era anche per questo suo lato del suo carattere che Madeleine aveva desiderato quasi da subito  diventargli amica, dato che era stufa dell’ipocrisia dilagante che sembrava essere un fenomeno in crescita, come se tutti si vergognassero ad esternare i propri pensieri.

Di fatto a mentire, se non con premeditazione quando non poteva proprio farne a meno, Dominic non era mai stato un granché, quindi per Madeleine era anche abbastanza facile capire se lui fingeva di essere tranquillo, come in quel momento, mentre stava seduto sul letto della stanza d’albergo che aveva occupato per quella notte e lei finiva di mettere a posto un paio di cose nella sua valigia, dato che quella sera stessa avrebbe dovuto prendere, con poca voglia di farlo doveva ammetterlo, un altro aereo.

Se n’era accorta da subito quando si erano seduti al tavolo di quel ristorante e avevano cominciato a parlare di sciocchezze, nel corso del loro pasto le era sembrato meno pensieroso, ma in quel momento, il fatto che Dominic stesse fingendo una tranquillità che non provava, probabilmente per delicatezza nei suoi confronti, era una cosa che lei non poteva far finta di non vedere.

Quando erano usciti da quel ristorante per ritrovarsi soffocati dal caldo delle tre del pomeriggio avevano un’unica certezza, togliersi in fretta da quella specie di girone infernale, solo che entrambi non avevano nessuna idea sul da farsi. Dominic avrebbe optato per la soluzione più immediata e semplice, ovvero quella di andare a casa sua a continuare le loro chiacchiere, ma non voleva andarci per il momento.

- E’ che Irene potrebbe essere ancora a casa e lo so che potrebbe suonare come una ripicchetta idiota ma non ho nessuna voglia di incontrarla adesso.- aveva spiegato a Madeleine, che per tutta risposta l’aveva guardato un po’ di traverso.

- Ora non fare il bambino però!- l’aveva rimproverato appena.

- Non voglio fare il bambino, solo che non voglio creare situazioni spiacevoli davanti a Sakumi e ai bambini, tutto qui.-

Madeleine l’aveva guardato sorpresa. - Ma allora siete proprio ai ferri corti! Non avevo proprio capito che state a questo punto.-

Dominic aveva sgranato leggermente gli occhi mentre faceva spalluce, guardando davanti a se in un punto non ben preciso, verso il basso, in una classica postura di chi è piuttosto indeciso.

- Se fossimo ai ferri corti forse sarebbe meglio, almeno probabilmente litigheremmo e questo significherebbe scambiarci opinioni, cosa che Irene tanto non fa e non da nemmeno occasione a me di fare.-

Madeleine però credeva che ci fosse dell’altro, ma aveva accuratamente evitato d’insistere sulla faccenda, se Dominic avesse voluto dirle qualcosa era sicura che l’avrebbe fatto, in caso contrario non poteva farci niente se a lui non andava di parlare. - Va bene, non insisto. Allora che ne pensi se passiamo prima da me in albergo così prendo la mia roba e poi dopo, in fascia, se così possiamo chiamarla, protetta, andiamo a casa tua dalla quale io poi posso andare direttamente in aeroporto?-

Dominic aveva ridacchiato della battuta e si era dichiarato d’accordo con Madeleine, quindi le aveva fatto strada verso il parcheggio dove aveva lasciato la sua auto.

Una volta che erano stati in albergo Madeleine gli aveva regalato la sua copia di Cecità di Saramago e gli aveva dato la sceneggiatura che gli aveva promesso, Dominic se li era tenuti tra le mani guardandoli incuriosito uno ad uno.

- Grazie,- le aveva detto - Però ti avverto che non avrò molto tempo per leggermeli nelle prossime settimane, sai che comincio a girare fra poco, vero?-

- Se anche me l’avessi detto me ne sono ignobilmente scordata… di che cosa si tratta?- gli aveva chiesto mentre lui si sedeva sul letto accanto alla valigia che Madeleine aveva appoggiato aperta, per riempirla nuovamente.

- La commedia dove faccio il new hippy dai, te l’ho raccontato… un bel po’ di tempo fa ma te l’ho raccontata la trama!-

Madeleine si era fermata con il suo beauty case in mano in mezzo alla stanza, a metà strada tra il bagno e il letto, pensandoci su. - Ho qualche vaga reminescenza. Ragguagliami su chi lavorerà con te. Regista?-

- Paul Weitz.- aveva risposto subito lui.

Madeleine, intenta ad appoggiare alcuni vestiti nella valigia, aveva alzato il viso guardando Dominic un po’ stupita, poi aveva messo su un’espressione con la bocca, come se non gradisse, accompagnata da una specie di mhhh, come per dire poteva capitarti di meglio.

- Non fare la solita snob, cinematograficamente parlando!- aveva scherzato Dominic.

- Io non sono cinematograficamente parlando snob, brutto ragazzetto impertinente!- aveva ribattuto lei stando allo scherzo, andando a prendergli il naso tra il dito medio ed indice, tirandoglielo leggermente.

- E’ solo che uno che diventa famoso per aver diretto quella sottospecie di commedia di ragazzini arrapati quella fama se la porta sempre dietro, no?-

Dominic aveva riso. - Sì, chi dice di no, ma non si è mica fermato ad American Pie. Quello che ha girato dopo con Hugh Grant, About a Boy, non era male e nemmeno quello dopo, quello con la Johansson e Dennis Quaid… niente di grandioso, commedie senza troppe pretese, ma bisogna saperle e fare e non mi pare che non ci sappia fare. E poi l’ho incontrato spesso e francamente mi sembra un tipo apposto.-

- About a Boy non mi è piaciuto per niente, era un film senza senso.- aveva commentato Madeleine, mentre chiudeva la valigia e l’appoggiava per terra, sedendosi vicino a lui.

Questa volta era stato il turno di Dominic di essere sorpreso, per lo meno aveva finto di esserlo, l’aveva guardata con gli occhi sgranati. - Hai visto About a Boy? Da non credere, e dopo non ti sei sentita male? Ti hanno costretta con la forza, ammettilo!- le aveva detto, prendendola in giro.

Madeleine per tutta risposta gli aveva rifilato uno schiaffetto sul collo. - Stronzetto!- gli aveva risposto, per poi mettersi a ridere insieme a Dominic.

- Sarò pure uno stronzetto ma ho fatto colpo con quel piedino al ristorante, eh?-

Madeleine lo aveva guardato senza capire a cosa si riferisse, Dominic le aveva chiarito immediatamente i dubbi. - Insomma, mi hai invitato a salire, mi hai fatto sedere sul tuo letto e ci stai spudoratamente provando. Ammettilo, mi vuoi!-

Lei aveva riso di nuovo. - Ma che scemo che sei!- gli aveva detto passandogli una mano in testa, a fargli una specie di carezza. L’aveva guardato con dolcezza, più come si guarderebbe un figlio che uno da cui si è attratti, per Dominic era stato del tutto normale, ma per via di quell’espressione non si sarebbe aspettato affatto che Madeleine continuasse a scherzare.

- Senti ragazzino, non ti ho invitato qui per farti provare l’ebbrezza di un rapporto insolito, ma solo perché così quando ce ne andiamo potrai avere l’onore di portarmi la valigia! E poi sono impegnatissima ed innamoratissima, dovresti vergognarti a provarci con me! Insolente!- gli aveva detto cambiando espressione, fingendo di essere profondamente offesa.

- Accidenti, e io che ti ho pure invitata a pranzo, che idiota sono stato!- aveva detto stando al gioco, facendo un’espressione delusa, di uno che aveva perso tempo.

- Tecnicamente sono io che ti ho invitato a pranzo, solo che tu sei il solito prepotente!- aveva precisato Madeleine.

- Ah, ma smettila, non posso far pagare il conto ad una signora!- aveva ribattuto lui decisamente.

- Ma che nobiltà d’animo, intanto sei qui che ci provi con me in questo modo così squallido sperando in un pomeriggio a luci rosse! Sei un giovanotto debosciato, lascivo e un pochino pervertito aggiungerei!-

- Sappi che sono profondamente offeso nel mio orgoglio maschile, tu stai offendendo la mia virilità e peggio ancora mi stai mandando in bianco, il che è gravissimo.- aveva detto Dominic guardando dritto davanti a lui, fingendo alla perfezione la parte dell’offeso, mentre aveva appoggiato i gomiti dietro di se appoggiandosi su di essi, quasi sdraiandosi.

Per qualche secondo erano rimasti in silenzio fingendo di essere arrabbiati l’uno con l’altro, almeno fino a che Madeleine non si era girata appena verso Dominic che stava, per la posizione che aveva assunto, leggermente dietro a lei. Non appena i loro sguardi si erano incontrati non avevano potuto evitare di scoppiare a ridere.

- Mica dico di te, io che ti do corda!- aveva commentato Madeleine sempre ridendo.

Dominic le aveva sorriso, quindi si era seduto come lo era stato fino a poco prima, con lei che aveva come lui smesso di ridere e gli ricambiava il sorriso. Gli aveva passato un’altra volta la mano sulla testa e ci aveva indugiato per un po’, Dominic aveva intuito perché lei avesse preso quell’atteggiamento e la prima cosa che d’istinto aveva fatto era stato distogliere lo sguardo dal suo, mettendolo dritto sulla parete che stava davanti a lui.

- Sai quand’è stata l’ultima volta che hai fatto un gesto del genere e avevi su questo identico sguardo?- gli aveva chiesto Madeleine, dopo una manciata di secondi.

Dominic aveva scosso leggermente la testa tornando a guardarla. - Quale gesto?-

- Non hai retto il mio sguardo, ti sei girato e ti sei messo a guardare contro quella parete, che ci sarà poi di tanto interessante in quel muro intonacato di bianco poi vorrei sapere…-

Dominic aveva sorriso debolmente. - Quando?- aveva chiesto tornando con gli occhi al muro.

- Quando Chandelle ti ha lasciato. Certo non stavi guardando quel muro, stavi guardando il muro a faccia viva della mia casa di New York, quello vicino al camino, se non altro quello è un bello spettacolo.-

- Davvero?- aveva chiesto scettico Dominic, fingendo l’indifferenza più assoluta mentre invece, dopo due anni, ancora sentire quel nome lo faceva stare male. Nel sentirlo pronunciare a Madeleine aveva avuto una stretta allo stomaco, come non gli succedeva da tanto.

- Sì, davvero. Questo mi fa pensare che c’è qualcos’altro oltre al fatto di Irene che ti turba, che magari non ha nemmeno niente a che vedere, a meno che non mi sono persa qualcosa e i rapporti tra di voi siano cambiati. Che hai, ti è successo qualcosa?-

Dominic si era perso a guardarsi le scarpe per un paio di secondi, poi aveva battuto i palmi delle mani sulle sue cosce, come per richiamarsi. - Che vuoi che sia successo Madeleine, è come tutte le altre volte. Mi illudo sempre e comunque che lì fuori ci sia qualcuna disposta a capirmi ma alla fine sono tutte uguali, non gli frega altro che di cose che con me hanno poco a che fare. Ce ne fosse una che s’interessa a cosa penso, a cosa c’è nella mia testa. O magari se ne accorgono tardi, come Shannyn. Lo sai che mi ha cercato di nuovo, dopo una sera che mi ha incontrato in un locale mentre stavo flirtando con un’altra? Mi ha telefonato il giorno dopo per dirmi che gli ero mancato un sacco, per chiedermi se la volevo vedere. E’ che sono troppo educato per mandarla affanculo come si meriterebbe e quindi le ho detto soltanto che non volevo. Sono successe un po’ di cose ultimamente sai, che comunque mi fanno capire solo un fatto, che sono io che sono tutto sbagliato: mi sembra di essere entrato in un circolo vizioso dopo che con Chandelle è finita e non sono assolutamente in grado di interromperlo. E’ come se ogni volta che una donna s’interessa a me, anche solo per sesso, mi convinco che ci sia dell’altro e non so nemmeno io perché, è assurdo. Non riesco più a vedere le cose come stanno, è diventato tutto difficile, squallido e a volte triste.-

Nel discorso era venuta fuori anche Irene, Dominic l’aveva citata come esempio di donna che gli sarebbe piaciuto avere accanto:- Anche se adesso non è più così, almeno lei mi ha ascoltato mentre parlavo, si è fidata di me per rivelarmi certe cose, ha accettato il mio aiuto e che entrassi nella sua vita. Certo so bene che non posso considerarla una possibile donna che potrei volere al mio fianco, voglio dire lei è Irene… la conosco da una vita e mi imbarazzerebbe, lo dico solo come un esempio. Irene avrebbe tutto quello che potrei volere, invece mi capita di credere di essere innamorato sempre di donne come Shannyn, che se n’è sbattuta di me e di quello che avrei potuto provare, l’ha fatto alla prima occasione disponibile. Oppure sono io a fare casino, come con Chandelle, ma non ne voglio affatto parlare, del resto con te l’ho fatto anche troppo a suo tempo e mi sorprende che tu non ne sia stufa!- aveva scherzato, anche se non gli era riuscito bene.

Gli aveva spiegato quindi un po’ meglio della faccenda di Shannyn in seguito, dato che Madeleine non avrebbe certo potuto capire da sola, ovviamente parlandole anche di quello che era successo con Grace.

- Di lei non m'interessava poi molto, mi sentivo molto attratto fisicamente, questo sì, ma anche per quello che la riguarda avevo immaginato che ci fosse finalmente una che aveva guardato un po’ oltre e da parte mia, dato che non avevo alcun serio interesse nei suoi confronti, sarebbe stato da bastardo se ne avessi approfittato. Tutte queste premure per poi scoprire che forse era peggio delle altre, si è finta interessata quando di fatto non le importava che di poter dire alle amiche che si era scopata Dominic Monaghan, sai che fortuna e che invidia. Poi questa cosa non la capirò mai… almeno fossi un bellone stratosferico, oppure avessi la fama di uno che scopa da Dio, allora potrei anche sforzarmi di capirlo, ma così è solo ridicolo.-

Madeleine gli aveva passato un braccio intorno alle spalle. - Sei assolutamente il ragazzo con la sensibilità più spiccata che conosca, quasi un po’ femminile.-

- Non è che la sensibilità sia un valore o una qualità squisitamente femminile, eh Madeleine…- aveva osservato Dominic come per dirle che non gli sembrava poi un discorso tanto giusto.

- Non sto dicendo questo somaro!- aveva esclamato la donna. - Sto dicendo solo che sei sensibile in un modo somigliante a cui lo sono le donne, insomma, uno qualsiasi quella Grace se la sarebbe fatta senza pensarci due volte, tu no perché non avresti voluto urtare i suoi sentimenti, è bello questo.-

- Le mie scopate me le sono fatte Madeleine, anche a me è capitato di tradire, cosa che non rifarei per niente al mondo per inciso e sai bene il perché, e non è che quelle scopate me le sono fatte sempre pensando all’eventualità di offendere possibili sentimenti della tipa che mi portavo a letto, non sono mica un santo se è questo che stai cercando di dirmi, le mie carognate, e belle grosse aggiungerei, l’ho fatte.- aveva osservato ancora una volta.

- Che palle che sei oggi, non ti sta bene niente! Ma chi ti ha detto che non puoi essere uno stronzo se vuoi esserlo! L’unica cosa che sto cercando di dirti è che in ogni modo, generalmente, sei una persona molto corretta. Che poi non lo sia stato sempre in passato non vuol dire che tu non possa aver imparato dai tuoi errori. Però capisco sai questo tuo circolo vizioso, come lo chiami. Tutti hanno bisogno di qualcuno che li ami, di non essere soli e credimi che so benissimo cosa vuol dire non avere nessuno, ma proprio nessuno accanto.-

- Scusami, non volevo essere maleducato.- aveva detto Dominic, pensando di averle dato due risposte poco carine.

- Non lo sei stato, non ti preoccupare. Ti voglio raccontare una cosa che non ho detto quasi a nessuno. Ovviamente la sa Ronald perché lui di me sa tutto, in parte la sanno i miei genitori, ma ormai sono trentun anni che non li vedo e la parte più interessante se la sono persa. Ci ho pensato oggi a pranzo, quando mi hai detto che non avresti potuto offrirmi un caffè quando avevo diciannove anni perché tu non eri nato…- si era fermata un momento e aveva sorriso, Dominic intanto si era ricordato di quello sguardo che Madeleine aveva tenuto per qualche secondo. L’aveva lasciata parlare.

- Sai quando ti vengono in mente quei ricordi improvvisi che ti catapultano in un’altra realtà senza che tu possa impedirlo, mi è successo proprio questo. Mi sono ricordata la solitudine di quei giorni, dopo che me ne sono andata di casa a diciotto anni appena preso il diploma, dato che per i miei e per tutti quelli che per un motivo o per l’altro avevano a che fare con me, avere un essere strano come me in giro era d’imbarazzo. Con tutto il dovuto rispetto per chi fa una scelta simile, lo accetto con la massima comprensione il fatto che per ritrovare la propria identità uno voglia cambiare sesso, io non ho mai avuto questa possibilità di scelta. A me a tredici anni sono spuntati i seni quando fino a poco tempo prima avevo creduto di essere un maschio, molto femminile nel tono di voce e nella dolcezza dei tratti, ma insomma con gli attributi maschili e che diamine! I miei pensavano, come tutti del resto, che la mia voce, al momento dello sviluppo si sarebbe abbassata e che il mio viso, con la barba, non sarebbe sembrato quello di una ragazza. Come puoi ben vedere non è stato così, e siccome anche se nessuno me lo diceva apertamente, la mia era quasi una colpa, appena ho potuto me ne sono andata dalla Pennsylvania e sono approdata in quella gabbia di matti che New York era, è, e probabilmente sarà sempre. Una gabbia di matti dove però nessuno mi conosceva e sapeva niente di me, dove ero libera di essere qualsiasi cosa volessi. La parte divertente, si fa per dire, è stata mantenermi agli studi: un po’ di soldi ce li avevo per fortuna perché i miei avevano aperto un conto per me dove ogni mese depositavano qualcosa e dove avevano messo i soldi che mi avevano lasciato i miei nonni materni, del quale avevo preso possesso per l’appunto al compimento dei miei diciott’anni. In verità per me ci sarebbe stato il modo di guadagnare molto facilmente, sarebbe bastato che sfruttassi questo mio particolare dono e che fossi un bel po’ più disinibita, ma sfortunatamente la prostituzione, seppure sarebbe stata di alto bordo, non mi interessava per niente perché la dignità per me stessa non mi è mai mancata. Mi sono laureata, ho lavorato, per anni sono stata da sola perché mi spaventava l’ipotesi di affezionarmi a qualcuno che poi, scoprendo davvero cosa fossi, si sarebbe allontanato spaventato.-

Si era fermata un momento prima di andare avanti. - Sai, un paio di volte mi sono anche illusa che fosse possibile che qualcuno mi amasse al punto da passarci sopra, ma non è mai stato così, almeno fino a che a trent’anni anni suonati sulla mia strada è capitato Ronald e dal primo momento ho capito che o era lui, o non ci sarebbe stato altro tentativo, perché era troppo difficile per me aprirmi un’altra volta in quel modo. Dopo che glielo dissi, dopo svariati mesi che ci conoscevamo e un mese che uscivamo insieme, lui ha avuto dei problemi comprensibili ad accettarlo e non ci vedemmo per un po’, ma poi ha capito che non era un ostacolo così grande, e lo ha fatto capire anche a me che non ne avevo poi la certezza assoluta. Sono stata spaventata dalla solitudine più di ogni altra cosa, fino a che non ho capito che nessuno vuole stare da solo, questa è una verità indiscutibile, ma bisogna saperci stare e bastare a se stessi, e non lo dico solo nel mio caso perché è davvero il classico caso limite, penso fermamente che tutti devono saperlo fare. Quando si è capaci di stare con se stessi si ha tutto. E poi tu non sei solo, fino a prova contraria sei circondato da gente che ti vuole bene. Io ti voglio bene, per esempio, e sono sicura che anche Irene ed Owen te ne vogliono, poi hai una famiglia unita anche se solo con il pensiero, hai un sacco di amici sinceri. Non hai bisogno necessariamente di una relazione.-

Improvvisamente a Dominic era sembrato di essere solo uno stupido ragazzino che si stava lamentando di fesserie senza senso. Quella donna che gli stava seduta accanto e che stava cercando di consolarlo invece aveva avuto davvero dei problemi, la vita e il caso insieme avevano marciato contro di lei sin dal suo primo vagito, ed era stata in grado di vincerli entrambi. Era una manager di successo, capace, con una vita sentimentale appagante, così meritata che a Dominic faceva male pensare che per lei forse non ci poteva essere altro: dato quello che aveva dovuto subire si sarebbe meritata tutto ciò che la vita poteva dargli, forse anche qualcosa in più.

- Mi dispiace per tutto questo. Persone come te non se lo meritano.-

- Nessuno se lo merita, però tu non devi sentirti dispiaciuto per me, anzi, mi ha fatto piacere raccontare questa storia a qualcun altro, anche se l’ho parecchio sintetizzata come avrai intuito. E’ una grande prova di fiducia, tienitela stretta!-

- Contaci.- le aveva risposto lui sorridendole, dato che aveva capito che era davvero una grande prova di fiducia da parte di Madeleine, che per forza di cose nel prossimo ne aveva sempre avuta ben poca.

Madeleine si era alzata in piedi, ma si era messa subito seduta un’altra volta facendo un verso strano, come di dolore.

- Questi tacchi sarà meglio che me li tolga, mi fanno male. Anzi, sai cosa? Il viaggio me lo faccio in jeans, che ne dici se mi cambio e poi andiamo finalmente a casa tua che voglio vedere il tuo bellissimo cane? Ormai il campo sarà libero, giusto?-

Dominic aveva riso e si era dichiarato d’accordo, sempre un po’ stordito per le confessioni che si erano fatti in quella stanza fino a poco prima. Aveva guardato Madeleine appoggiare un’altra volta la sua valigia sul letto ed estrarne una camicetta celeste, un paio di scarpe da ginnastica e un paio di jeans, quindi si era avviata in bagno. Armatasi nuovamente della sua verve, prima di chiudersi la porta dietro, si era girata verso di lui e gli aveva detto:- Hey, non sbirciare, hai capito depravato? Tanto non ho niente che tu non abbia già visto!-

Dominic aveva riso per l’ennesima volta quel pomeriggio.- Ci proverò, anche se la tentazione è veramente enorme!- le aveva detto.

Era abbastanza triste, in parte per se stesso, in parte per Madeleine anche se lei gli aveva chiesto di non essere dispiaciuto per lei non poteva impedirselo. Ma aveva anche una strana sensazione che stava sgomitando prepotentemente per uscire.

Le cose, prima o poi, migliorano, forse sarebbe successo anche a lui. Speranza, pura e semplice.

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Capitolo 30
*** Errori passati ***


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v       Capitolo Ventinovesimo - Errori passati

 

Quelle giornate per Dominic stavano diventando nel loro insieme sempre più snervanti, non sapeva più davvero come rapportarsi né con gli altri né con i suoi pensieri, sempre più ingarbugliati.

E questo perché lui non perdeva occasione di ingarbugliarli sempre di più.

Ci mancava soltanto che si rimettesse a pensare a Chandelle e a quanto fosse stato male quando lei l’aveva lasciato.

Era successo due anni prima, erano stati felicemente insieme per più di un anno e mezzo fino a che lei di punto in bianco aveva deciso di trasferirsi in Australia per lavoro. Si ricordava della loro terribile discussione, l’ultima di quella serie, al termine della quale Chandelle gli aveva detto che stava seriamente pensando se non fosse stato meglio chiudere la loro relazione direttamente, piuttosto che portarla ancora avanti tra la lontananza e il suo costante menefreghismo nei suoi confronti e di quello che era bene per lei, come gli aveva detto.

Dominic era stato talmente tanto accecato dalla rabbia per quelle parole che Chandelle aveva pronunciato ingiustamente contro di lui che non aveva perso tempo a tradirla quella stessa sera, con una che ci aveva sempre provato con lui, nonostante tutti sapessero nel suo giro che era impegnatissimo. Non sapeva bene come Chandelle l’avesse scoperto, forse perché qualcuno a cose appena fatte l’aveva tempestivamente e zelantemente avvertita dell’accaduto.

Il giorno dopo, quando si era reso conto appieno dell’assurdità dell’azione che aveva compiuto, si era sentito assolutamente in colpa, e stupido. Non era da lui reagire così e non gli era mai capitato. Quello che aveva appena fatto era del tutto fuori di ogni logica, era squallido essersi fatto prendere dalla rabbia in quel modo, anche molto triste. Si sentiva tremendamente disgustato per essersi scoperto capace di una cosa simile, scatenata poi da cosa esattamente, per le cose che si erano detti? Durante quella discussione sapeva di avere espresso dei concetti esagerati, aveva sbagliato modo di dirle che non voleva che se ne andasse perché lo spaventava l’idea di averla lontana, forse l’aveva aggredita senza volerlo. Quello che poi era uscito fuori dopo, mentre quella discussione prendeva dei toni sempre più accesi, sapeva di non pensarlo e molto probabilmente nemmeno lei lo pensava.

Anche se si sentiva sporco e terribilmente in colpa per quello che aveva fatto, aveva deciso di non dirle niente, non voleva essere così egoista da dirle tutto per liberarsi la coscienza con la scusa che doveva farle sapere la verità, quell’episodio l’avrebbe fatta stare male e basta. Preferiva essere lui a soffrire di rimorsi piuttosto che lei per via della sua azione sconsiderata. La verità in fondo non era altra se non il fatto che lui fosse innamorato di lei e che sì, gli sarebbe mancata, ma sarebbe stato lì ad aspettarla al suo ritorno perché il suo posto in quel momento non poteva essere altro che quello.

Quando si erano visti il giorno dopo Chandelle da prima aveva ascoltato le sue scuse ostentando un’apparente calma, poi l’aveva cacciato da casa sua, dicendogli che sapeva tutto e che non voleva più vederlo.

Aveva provato a cercarla per diversi mesi, si era arreso quando era venuto a sapere che là in Australia si frequentava con un altro, con il quale si era addirittura sposata dopo poco più di un anno da quando lui aveva avuto la notizia e l’aveva lasciata in pace.

Sperava per lei che fosse felice, per lui dopo quella rottura non c’era stata più una stabilità sentimentale e la felicità che aveva sempre provato era sempre stata così effimera e le sue relazioni erano sempre finite così male che ovviamente era rimasto a rimpiangere quelle emozioni vere e reali che solo nella sua relazione con Chandelle, la prima in assoluto che fosse riuscito ad avere che fosse abbastanza lunga e affrontata con maturità da essere considerata tale, era riuscito a provare.

Madeleine l’aveva ascoltato sfogarsi delle sue frustrazioni e dei suoi sensi di colpa così tante volte in quel periodo, Dominic sapeva di doverle parecchio: se lei non gli fosse stata vicino in quel periodo e non l’avesse preso in quel modo particolare in cui solo lei sapeva prenderlo, tutto sarebbe stato peggiore. 

 

Non appena con Madeleine erano arrivati a casa sua avevano avuto una sorpresa inaspettata e, sulle prime, Dominic non avrebbe saputo dire se gradita o sgradita. Sul prato davanti a casa sua Yume ed Owen si stavano rincorrendo ridacchiando, nel solito atteggiamento gioioso che avevano mentre giocavano, che poi era quello di tutti i bambini persi in quel passatempo.

La parte piacevole per Dominic risiedeva nel semplice fatto che era comunque sempre bello vedere Owen  e Yume che si divertivano, la parte che non lo era più di tanto era che non si aspettava di trovarli già a casa, si aspettava infatti di veder comparire da un momento all’altro sia Sakumi che Irene.

I bambini avevano per un attimo interrotto le loro corse, Owen a passetti veloci era andato verso di lui, che l’aveva salutato, investito però subito dalle chiacchiere del bambino.

- Oggi siamo stati in un asilo dove c’erano due scivoli enormi.- aveva detto mentre, come faceva solitamente, si era messo a tirare il braccio destro di Dominic. Senza aspettare una risposta si era girato a guardare verso sinistra, guardando incuriosito Madeleine. Dopo un po’ aveva dato segno di averla riconosciuta e le aveva sorriso. - Ciao.- le aveva detto.

- Ciao caro!- gli aveva risposto la donna. - Come stai?-

- Bene.- aveva risposto il bambino, per poi immediatamente tornare a parlare degli scivoli dell’asilo. Yume era rimasta per un momentino in disparte a guardarli, almeno finché non era stato Dominic a salutarla, allora si era avvicinata pure lei, immediatamente seguita dall’apparizione di Sakumi che era uscita dall’ingresso principale con l’unico intento di richiamare semplicemente i bambini. Sorpresa di vedere Dominic e un’altra persona che sul momento non aveva riconosciuto, era uscita del tutto avviandosi verso di loro, sorridendo.

- Buonasera.- aveva detto quando era stata davanti a loro. - Scusa quest’invasione, ma non abbiamo fatto in tempo a tornare a casa che Irene è stata contattata dall’ufficio per un’emergenza sul caso a cui sta lavorando ed è dovuta andare via di corsa. Ormai eravamo qui e siamo rimasti qui.-

- Hai fatto bene.- l’aveva rassicurata Dominic al quale non era dispiaciuto affatto aver trovato Sakumi in casa. - Vi conoscete già?- aveva chiesto non ricordandosi se si fossero incontrate lei e Madeleine alla festa di compleanno di Owen. Le aveva presentate comunque, le due donne si erano strette la mano dicendosi reciprocamente che si ricordavano l’una dell’altra. Guardando per un istante in faccia Madeleine aveva notato la sua finta indifferenza, del resto lei si era accorta del fatto che si piacevano fin dalla festa di Owen e lui le aveva appena raccontato quello che c’era stato tra loro nemmeno dieci giorni prima, non si era stupito dell’espressione vagamente incuriosita della donna.

- Al suo ufficio non hanno proprio potuto fare a meno di chiamarla?- aveva chiesto Dominic.

Sakumi aveva fatto spallucce. - Evidentemente. Credo che fosse una cosa importante, lei si è un po’ lamentata ma poi è andata via di corsa, in ogni modo avevamo finito il nostro giro per oggi e pare che sia andata bene, a loro è piaciuto l’asilo che abbiamo visto, vero che vi è piaciuto?- aveva detto girandosi verso i bambini che però, dato che Lilly era appena uscita dalla casa, erano del tutto distratti.

- Ci hanno già abbondantemente informato.- le aveva detto Dominic, sorridendole. - Soprattutto sugli scivoli.-

Sakumi aveva riso ripensandoci. - Non ci riusciva più di farli scendere!- aveva raccontato.

Erano entrati in casa e si erano accomodati nel soggiorno, anche i bambini erano rientrati, avevano sparso tutte le costruzioni di Owen e si erano messi a costruire qualcosa sul tappeto dell’ingresso, discutendo prima per un po’ su cosa avrebbero dovuto costruire. Gli adulti non ci avevano badato più del dovuto, anche perché Madeleine aveva giusto avuto il tempo di fare qualche coccola a Lilly, come aveva detto di aver voglia di fare, poi era dovuta scappare via, verso l’aeroporto. Dominic aveva tentato in tutti i modi di convincerla a farsi accompagnare da lui, ma lei sapeva che l’aeroporto non era esattamente il posto più adatto da frequentare per uno con la sua notorietà, quindi si era rifiutata categoricamente di accettare quel favore.

Dominic non aveva potuto fare altro che accontentarla e chiamare per lei un taxi, che si erano messi ad aspettare subito dopo aver fatto quella telefonata fuori dal cancello di casa sua, dove con la solitudine ritrovata erano riusciti a salutarsi come si deve.

- Promettimi che stai tranquillo, e che cerchi di essere comprensivo con Irene. E soprattutto promettimi che non ti farai più quella giapponese, ma dai, pare un pezzo di ghiaccio!-

Dominic era scoppiato a ridere. - Ma che diavolo stai dicendo! Non è affatto un pezzo di ghiaccio e poi non ho nessuna intenzione di farmela un’altra volta, per inciso.- ci aveva pensato un attimo prima di parlare nuovamente. - Soprattutto perché non credo che le interessi più di tanto provare quest’articolo un’altra volta, lo ammetto…-

Stavolta era stata Madeleine a scoppiare a ridere. - Sei veramente un caso patologico! Mi dici un motivo, uno solo, per cui dovresti rivederti con lei e che non sia per fare sesso?-

- Ne hai tolto uno bello grosso, eh!- aveva scherzato Dominic, anche se aveva capito dove Madeleine volesse andare a parare, quindi non aveva continuato, anche perché il taxi che avevano chiamato stava arrivando.

L’ultima cosa che aveva visto era Madeleine seduta accanto al finestrino che si dava una leggero bacino sulle punta delle dita e poi lo salutava con quella stessa mano. Quel pomeriggio era stato bello, Dominic sperava solo di non rovinarsi il resto della giornata con le sue assurde paranoie.

 

Era rientrato in casa percorrendo il viale con lentezza, come se non avesse voglia di raggiungere la sua meta. Rientrando si era trovato davanti Lilly, comodamente accoccolata sul tappeto e con la lingua penzoloni mentre sembrava quasi tenere d’occhio Owen e Yume che avevano continuato a giocare con le costruzioni.

Il cane si era girato appena a guardarlo, ma poi era tornata con gli occhi sui bambini; proveniente dalla cucina intanto aveva sentito Sakumi parlare al telefono, in giapponese.

Aveva fatto giusto qualche passo avvicinandosi ad Owen, aveva piegato le ginocchia rimanendo sulle punte dei piedi. Non aveva avuto bisogno di chiedere.

- Costruiamo una macchina.- gli aveva detto il bambino, - Ci aiuti?-

- Ok.- aveva risposto Dominic. - Vi raggiungo fra un minuto, tenetemi il posto.-

Dopo essere salito in camera sua ed essersi messo addosso qualcosa di più comodo era sceso nuovamente, sedendosi con loro sul tappeto, mentre ancora sentiva Sakumi chiacchierare a raffica dalla cucina. Si era chiesto se la lingua inglese, sentita da qualcuno che non la conosceva, fosse altrettanto incomprensibile.

Senza pensarci oltre aveva battuto le mani, un gesto che aveva richiamato di scatto Lilly che si era girata a guardarlo, per poi vedere che stava guardando da un’altra parte e tornare a sonnecchiare.

- Allora! Qual è lo stato dei lavori, capo?-

Owen si era girato a guardarlo un po’ stranito, sembrava volesse dirgli hey, mica siamo gli ingegneri della Renault al lavoro per la macchina del gran premio! Si era limitato a mettergli in mano un pezzo delle costruzioni e a dirgli dove metterlo, poi era stato Dominic a farlo da solo, anche se chiedeva sempre prima a loro se andava bene. Quando Owen aveva dichiarato supportato da Yume che avevano finito, il terzetto si era messo in contemplazione dell’opera appena compiuta.

- Che strana.- aveva asserito Yume perplessa.

- E’ una macchina del futuro.- aveva ribattuto Owen.

Dominic, essendo l’unico che ancora non aveva parlato, era ovviamente sotto lo sguardo dei due bambini che aspettavano una sua opinione. Non appena se n’era accorto aveva sorriso.

- In effetti ha un che di futuristico.- aveva commentato.

- A me non mi piace.- aveva continuato Yume.

- Perché?- aveva detto leggermente risentito Owen.-

- E’ brutta, e poi le macchine sono di un colore solo, mica come questa.-

I bambini avevano nuovamente guardato Dominic, segno che era il suo turno di dire la sua. Si trovava tra due fuochi, non era facile immaginarsi cosa avrebbe dovuto rispondere loro.

- Ne facciamo un’altra?- aveva proposto.

Gli era andata bene, i bambini sembravano essere concordi. Si erano messi entrambi a distruggere il loro ultimo capolavoro e quando i pezzi erano stati tutti recuperati Owen aveva preso le costruzioni a cui erano state applicate delle ruote e li aveva piazzati nello spazio libero davanti a loro.

Quando Sakumi aveva concluso la sua telefonata li aveva raggiunti sedendosi sul tappeto accanto a Dominic, che per un po’ aveva abbandonato i bambini per fare due chiacchiere con lei. Non che si fossero detti molto, Sakumi aveva appena avuto il tempo di lamentarsi che se lei non andava a lavorare i suoi pochi dipendenti sembravano tutti persi, che Dominic era stato richiamato al dovere poco dopo da Owen e Yume che gli avevano ricordato che doveva aiutarli. Così, cercando di dare udienza ad entrambe le parti stava distrattamente mettendo qualche pezzo a caso sulla costruzione altrettanto strana che i bambini stavano mettendo su quella volta.

Sakumi gli aveva raccontato ancora un po’ di quel pomeriggio appena passato, Dominic nuovamente si era distratto dalla costruzione e si era girato del tutto verso la donna affascinante che gli parlava sorridendogli. Con la luce del tardo pomeriggio che filtrava dalle vetrate in soggiorno, quell’ingresso assumeva un’aria allegra, i colori sembravano quasi più vividi, Sakumi in ogni modo non perdeva mai il suo fascino ma in quel momento Dominic non aveva potuto fare a meno di pensare a cosa Madeleine gli aveva detto prima di andare via, non più di una mezz’ora prima.

Sapeva perché Sakumi gli sembrava così bella in quel momento, era come ogni altra volta: stava per ricadere nella solita trappola, in quel circolo vizioso di cui aveva parlato a Madeleine, quello che gli faceva pensare ogni volta che una donna che sembrava minimamente interessata a lui forse potesse significare qualcosa in più. Fortunatamente a distoglierlo per l’ennesima volta da lei era stato Owen, che sembrava piuttosto arrabbiato. Gli aveva dato un colpetto sulla mano per richiamarlo e gli aveva detto:- Ma insomma ci aiuti o no?-

Lo stava guardando minaccioso, con le mani puntate sui fianchi, Dominic era scoppiato a ridere.

- Vieni un po’ qui, delinquente?- gli aveva detto prendendolo di peso e mettendoselo sulle ginocchia, incominciando subito a fargli il solletico.

Owen ridacchiava e si contorceva cercando di sfuggirgli anche se si divertiva, Yume che non voleva essere esclusa, o semplicemente per andare in soccorso del suo amichetto, si era buttata contro Dominic riuscendo, per averlo preso di sorpresa, a farlo atterrare di schiena. La situazione si era ovviamente ribaltata, i due bambini stavano avendo la meglio su di lui che fingendosi sconfitto stava gridando aiuto, al quale aveva risposto Lilly che si era avvicinata attirata dal trambusto e, dopo aver girato intorno al tappeto e a Sakumi che rideva divertita per la scenetta, si era messa dietro a loro. Invece di aiutarlo però si era approfittata della situazione, aveva abbassato la testa pelosa per leccare il suo padrone in faccia.

- Ma in tre non vale, non è giusto!- aveva esordito Dominic.

- Sì che vale, sono tutti più leggeri e l’unione fa la forza!- aveva commentato Sakumi.

Come gli fosse venuta quell’idea non lo sapeva bene nemmeno lui, per lo meno era sicuro di poter dire, essendoci stato a letto, di avere almeno un po’ di confidenza con lei, ma non così tanta da mettere in pratica l’idea che gli era venuta in mente. Forse se ci avesse pensato appena un paio di secondi in più era ben probabile che gli sarebbe passata anche la voglia.

- Ma tu che fai, stai lì e ci guardi?- aveva subdolamente detto mentre guardava i bambini indicando con dei cenni della testa la donna.

- Perché, che dovrei fare?- aveva chiesto lei.

- Farti fare un po’ di solletico anche tu!-

A quelle parole, quasi come se si fossero precedentemente accordati, prima Yume e poi Owen erano partiti alla carica, ma Sakumi aveva dimostrato di sapersi difendere più di lui. Si era arresa solo quando Dominic le aveva appoggiato leggermente le mani sulla vita, quasi come se volesse tenerla ferma, anche se non la costringeva affatto.

- Attaccate ora che ve la tengo ferma!- aveva detto scherzando, i bambini non se l’erano fatto ripetere due volte e anche Sakumi gli aveva assecondati: aveva appoggiato la schiena contro il petto di Dominic, che si era messo dietro di lei allungando le sue gambe parallelamente a quelle della donna, movimento che aveva permesso a lui di abbracciarla quasi.

Mentre Owen e Yume si stavano divertendo e Sakumi li stava lasciando divertirsi, dimostrando inoltre di non essere nient’affatto disturbata della libertà che si era preso Dominic; Lilly in tanto si era alzata abbaiando per unirsi al clima d’ilarità generale che si era creato: in un gesto che era propriamente giocoso aveva allungato le zampe anteriori abbassandosi su esse e mantenendo il sedere in alto mentre dimenava la coda.

Era stato esattamente così che li aveva trovati Irene rientrando più tardi delle sette, mentre si divertivano come dei pazzi e sembrava che tra loro ci fosse una tale confidenza che l’aveva fatta immediatamente sentire così di troppo che faceva male. Soprattutto faceva male guardare Owen e vedere che stava ridendo in modo così spensierato e felice, in quel modo che a lei non riservava più da qualche tempo.

Era nervosa e stanca, dall’ufficio non avevano potuto fare a meno di lei e si era dovuta scontrare come quasi sempre con la poca disponibilità dei suoi colleghi e con le occhiatacce del suo diretto superiore che sembrava dirle: cosa ce lo hai chiesto a fare il pomeriggio libero, se sei qui a lavorare evidentemente non ti serviva poi così tanto. Avrebbe dovuto sprecare troppe energie per mettersi a spiegare loro tutto, così se li era sorbiti in silenzio come al solito, pensando a come avrebbe fatto a sopravvivere per due anni lì.

E poi tornava a casa per vedere che lei lì era quasi inutile, che Dominic e Sakumi sembravano avere la situazione così sotto controllo e, cosa immensamente difficile da non notare, sembravano andare talmente tanto d’accordo fra loro che sembravano quasi una coppia in quel momento.

Improvvisamente si era resa conto che i suoi sospetti su di loro non dovevano essere tanto infondati.

Aveva cercato di sorriderli nel modo migliore che poteva, scacciando tutti i pensieri, aveva appoggiato la sua borsa all’entrata, mentre Sakumi, scioltasi dall’abbraccio di Dominic e liberatasi dei bambini, si alzava e le andava incontro, arrivando a lei dopo Owen che per primo era andato a salutarla. Irene l’aveva preso in braccio e gli aveva dato qualche bacio ai quali Owen aveva risposto.

Intanto Dominic e Yume si erano anche loro alzati, Irene aveva salutato la bambina prima di andare a cambiarsi per togliersi il tailleur che aveva dovuto indossare di fretta prima di uscire, per lui non aveva avuto né un sorriso né una parola gentile, gli aveva rifilato uno ciao abbastanza demotivato da fargli pensare che le cose non stavano cambiando e se mai cambiavano, in ogni modo, peggioravano.

Sakumi, quando erano stati nuovamente loro due con i bambini e il cane gli era andata vicino e gli aveva detto a bassa voce. - Santo cielo che giornata che deve aver avuto. Non la invidio per niente, quello studio di avvocati deve essere un tale covo di serpi, vorrei sapere chi gliel’ha fatto fare di infilarcisi.-

Dominic aveva evitato di dirle che con lei c’erano tanti altri che se lo chiedevano, anche perché Sakumi non gli aveva dato molto il tempo di risponderle, aveva continuato.

- Tu comunque sei fantastico con i bambini, e scommetto che lo sei anche con lei. Per quel che puoi prenditene cura il più possibile, sta attraversando veramente un brutto momento.-

- Lo so.- aveva risposto malinconicamente Dominic, - Peccato che non mi permette di fare niente per lei.- aveva aggiunto evitando di rivelarle altri particolari.

- Per come credo che tu sia, sono convinta che ti basterebbe ancora un niente per convincerla. Insisti.-

Dominic le aveva sorriso mentre Sakumi gli appoggiava delicatamente una mano su una spalla e gli dava un bacio su una guancia, continuando a portare avanti quel clima confidenziale che si era instaurato.

Lei la faceva troppo semplice, lui lo sapeva, ma forse aveva ragione, doveva insistere il più possibile.

Sakumi per quella sera aveva evitato l’invito a cena di Irene. Dopo averle chiesto di aiutare Owen a rimettere tutti i pezzi delle costruzioni con cui avevano giocato nel secchiello da dove le avevano rovesciate per terra, aveva preso sua figlia ed era andata via, lasciando Dominic, Irene e il piccolo da soli, in una situazione alquanto imbarazzante.  Dominic aveva accompagnato Sakumi al cancello, nel viale si erano scambiati un altro bacio, di commiato, Irene li aveva potuti vedere affacciata alla porta e aveva riconosciuto quella specie di confidenza che si può instaurare solo quando due persone hanno condiviso qualcosa. Nella condizione particolare in cui li vedeva, Irene non aveva dubbi che ciò che avevano condiviso era sicuramente un letto.

Non le interessava e non erano affari suoi, ma la infastidiva pensarlo a letto con Sakumi, ed anche l’atteggiamento di lei, non solo per quelle libertà che evidentemente si erano presi davanti ai bambini, ma anche per averle praticamente mentito. Del resto, tacere una cosa per lei era praticamente come mentire.

Owen l’aveva distratta avvicinandosi a lei e circondandole la vita con le braccia, Irene aveva abbassato lo sguardo su di lui, incontrando i suoi grandi occhi color nocciola non aveva potuto fare a meno di sorridere, cosa che aveva fatto anche il bambino di rimando. Irene l’aveva preso in braccio, tornando a baciarlo.

- Hai fame?- gli aveva chiesto.

Owen aveva inclinato leggermente la testa da un lato, come per dire così così.

- Allora abbiamo tempo di pensare bene a cosa possiamo cucinarci, così mi aiuti.-

Era un gioco che facevano spesso in Inghilterra quello di aprire un grosso libro illustrato di ricette che Irene teneva nella cucina del loro appartamento a Birmingham e mettersi a pensare di preparare qualcosa che avesse attirato la loro attenzione dalla foto. In genere poi all’atto pratico della cosa non lo facevano, ma era un gioco divertente. Owen aveva sorriso dimostrandosi piuttosto felice di quell’idea della sua mamma.

Per il resto Irene aveva cercato invece di ignorare il più possibile Dominic quella sera, aveva risposto praticamente a monosillabi alle sue domande sempre e comunque, e non solo perché era stanca e per quella storia di Sakumi, che ormai le sembrava palese.

Grace l’aveva chiamata quel pomeriggio per dirle che non si poteva più occupare di Owen. Alla sua legittima domanda di avere una spiegazione, Grace si era prodotta nel racconto di un’assurda storia della fanciulla sedotta e abbandonata, da Dominic.

Ovviamente faceva acqua da ogni parte per lei che Dominic poteva dire di conoscerlo abbastanza bene e che sapeva che lei gli moriva dietro dalla prima volta che lo aveva visto. Lui doveva evidentemente averle detto di no e lei si era inviperita, tipico atteggiamento di tante ragazzette come lei.

Ma intanto, oltre che a dover pensare al trasloco, all’asilo e ai suoi problemi sul lavoro, si trovava anche senza una baby sitter per Owen. Un problema che, se non ci fosse stato Dominic di mezzo, avrebbe potuto essere evitato.

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Capitolo 31
*** decisioni difficili ***


Nuova pagina 1

Salve a tutti!

Passato bene il 25 aprile?

Io sono stata al matrimonio di una mia amica e mi sono divertita tantissimo, forse anche per il fatto che non conoscevo nessuno tranne gli sposi e ho dovuto contare solo sulla mia capacità di adattamento durante il pranzo… ho conosciuto delle persone simpatiche e gentili in ogni modo, che francamente mi sono state utilissime! Al resto ha pensato la mia proverbiale faccia di culo!

Ma passando ad argomenti d’interesse comune, volevo nuovamente scusarmi per la mia lentezza ed avvertirvi che tra meno di dieci giorni ho un esame, quindi giustificatemi almeno un po’, la storia in ogni modo sta per finire quindi non vi tedierò ancora a lungo.

Un bacio a Claudietta e a Bloody Mary, sono contenta che vi sia piaciuta Madeleine, avevo paura che nel descrivere un personaggio così estremo potessi scadere nel troppo sopra le righe, o nel patetico, sono contenta davvero del fatto che vi sia piaciuto. Detto tra noi, è il mio personaggio secondario preferito!

A presto… non dico quando perché non lo so!!!

Buona lettura, Mandy

 

v       Capitolo Trentesimo - Decisioni difficili

 

Dominic si era messo pazientemente ad aspettare che Irene scendesse. Era andata come ogni sera poco dopo le nove a mettere a letto Owen, quella sera sembrava metterci parecchio tempo in più rispetto al solito, o forse era così che a lui sembrava.

Era ovvio che si fosse accorto di quanto lei fosse stata distante per tutta la sera. Anzi, più che distante era stata scostante, musona e decisamente insofferente. Concettualmente erano delle cose estremamente diverse, e Dominic si stava concentrando sul distante perché prendere atto di scostante, musona e insofferente avrebbe significato ammettere che Irene non si stava comportando bene nei suoi confronti e senza nemmeno un motivo apparente. Quell’ipotesi lo avrebbe fatto inviperire a sua volta.

Anzi, se voleva essere completamente onesto con se stesso doveva ammettere che anche stavolta non era stato esatto nel definire il suo stato d’animo. Dominic era già arrabbiato con lei, e doveva accettare di portarsi quel rancore dietro da più di qualche giorno; se stava ancora cercando di trovare una giustificazione per il suo atteggiamento nei suoi confronti era solo perché capiva la situazione non proprio rosea che la donna si trovava a vivere, ma avrebbe voluto aiutarla in un altro modo che non fosse fare il parafulmine della situazione.

Stando seduto sui gradini di cotto davanti alle vetrate del soggiorno, era intento ad accarezzare Lilly che si era sdraiata per terra appoggiando il muso sul suo ginocchio e l’aspettava, sperando di poter fare con lei due chiacchiere, più amichevolmente possibile, in modo così da poterla far sfogare un po’ e per farle capire per l’ennesima volta che lui c’era per lei. La cagnolina sonnecchiava tranquillamente, mentre lui rifletteva e cercava di concentrarsi per ritrovare tutta la calma di cui avrebbe avuto bisogno per affrontare Irene.

L’unico problema consisteva nel fatto che quella sera avrebbe potuto concentrarsi quanto voleva sulla sua volontà di non fare in modo di far precipitare la situazione, avrebbe avuto un crollo in ogni caso perché probabilmente era così che doveva andare. C’era una strana atmosfera in casa, solo Lilly sembrava non esserne toccata, Owen invece quella sera aveva insistito più del solito per avere il permesso di andare un po’ più tardi a dormire, permesso che fermamente non gli era stato accordato.

Dominic aveva sentito Irene scendere le scale, si era avviata in cucina probabilmente per finire di rassettare, ma Dominic aveva già pensato a mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie e a far partire l’elettrodomestico, molto altro da fare non c’era. Le era andato incontro, non appena era stato sulla porta di quella stanza si era fermato, aveva incrociato le braccia e appoggiato la spalla sinistra allo stipite della porta, appena in tempo per vedere che lei si guardava intorno vedendo che in quella stanza per lei non c’era niente da fare. Dominic, quando l’aveva guardato, le aveva sorriso.

- Vedo che hai fatto tutto tu, allora io posso andarmene a dormire.- gli aveva detto non rispondendo al suo sorriso. - Buonanotte.- gli aveva detto senza nessun entusiasmo.

Si era avviata verso la porta, Dominic aveva fatto la prima cosa che gli era venuta in mente, mentre era passata le aveva sfiorato un braccio con la sua mano sinistra.

- Irene… non ti va di fare due chiacchiere?- le aveva chiesto.

- No, sono stanca.- aveva ribattuto concisa lei.

- Sono nemmeno le dieci, vuoi già andare a dormire?-

- Sì, c’è qualcosa di strano?-

Dominic si era passato la mano con la quale aveva sfiorato il braccio di Irene sulla nuca, nervosamente.

- No, solo pensavo che magari potevamo passare un po’ di tempo insieme dato che non avremo tante occasioni di farlo dopo questo fine settimana.- aveva osservato.

Irene aveva dovuto trattenersi da non mandarlo dove non batteva il sole, non perché se lo meritasse però. Non sopportava quel suo modo di fare in quel momento, proprio non lo reggeva e sapeva che la sua soglia di sopportazione non avrebbe retto altro. Nonostante tutto il suo tono nel rispondergli era stato davvero troppo scostante. - Da come parli sembra quasi che morirò domenica pomeriggio… Rimarrò comunque a Los Angeles, non è che sparirò nel nulla, se la cosa ti può consolare. E adesso se non ti dispiace.- aveva detto indicando le scale, dove voleva dirigersi più in fretta possibile.

Dominic non era riuscito a nascondere il suo disappunto.

- Vai, come no. Scusami tanto se ti ho disturbata.- le aveva detto con un tono che lasciava benissimo ad intendere che fosse piuttosto scocciato.

- Non mi hai disturbata, solo sono stanca.- aveva ribattuto la donna.

I loro toni erano decisamente passati da forzatamente gentili, a tesi, fino ad arrivare al classico tono precedente alla lite. Dominic avrebbe dovuto evitare di ribattere se non voleva arrivare all’ultima fase, la discussione vera e propria, ma forse era proprio il caso di avere quel confronto.

- Eppure mi sembra che ultimamente ti disturbo anche se respiro, fai un po’ tu.-

- Senti Dominic - aveva ribattuto con un tono a metà tra il rassegnato e lo spazientito Irene, - stasera non è proprio il caso, quindi per favore evitiamo di discutere.-

L’altro l’aveva prima guardata sorridendole, ma non benevolmente, quasi con scherno.

- Vorrei che ti potessi vedere, perché forse non ti rendi conto di che tono stai usando, rapportato al fatto che non sono un ragazzino Irene… avrei potuto capirlo il tuo atteggiamento qualche anno fa, ma adesso mi pare davvero fuori luogo.-

- Sto usando il tono di una persona che ha solo bisogno di andare a dormire perché non hai nemmeno l’idea della giornata da schifo che ho passato, e di che giornate da schifo avrò ancora da passare e francamente non ho voglia di stare qui a parlarne perché l’unica cosa che sensata che posso fare è stringere i denti e cercare di fare del mio meglio.-

- Lo sai che mi dispiace per questo e ti aiuterei se potessi e se tu me lo permettessi, solo non capisco perché me lo butti addosso. Mi vuoi spiegare che colpa ho io di questo?-

Irene aveva dovuto pensarci, perché sul momento razionalmente non trovava nessuna risposta a quella domanda.

- Per esempio potevi stare alla larga da Grace, tanto per dirne una.-

- Eh?- aveva blaterato Dominic confuso.

- Si è licenziata, come se non bastasse devo cercarmi un’altra persona che si occupi di Owen quando non posso io, e di certo potrai immaginarti che non è proprio una gran cosa per un bambino separarsi da qualcuno a cui è abituato a vedere. Adesso dovrà abituarsi a qualcun altro, e questo perché? Dimmelo tu, perché? Per… te, ecco perché.-

Non era riuscita a dire per colpa tua, le parole gli erano morte in gola.

Dominic non aveva ribattuto, era dispiaciuto per quella cosa e sinceramente si sentiva in colpa per il fatto di non aver mai pensato ingenuamente a quell’aspetto.

- Non voglio dire che non ti sono grata per quello che hai fatto per noi,- aveva continuato, pensando che comunque non doveva dimenticarsi che senza il suo aiuto non ce l’avrebbe mai fatta, - ma non crederti così indispensabile né per me né per Owen, sono una donna adulta e so benissimo cosa devo fare.-

Dominic si era abbastanza risentito per quell’affermazione. - Che significa sentirmi indispensabile Irene? Ma chi diavolo ha mai pensato di esserlo accidenti! Io ho solo pensato che forse avremmo potuto diventare amici dato che adesso la differenza di età ce lo permetterebbe, e che potevamo darci una mano a vicenda finchè tu sarai qui, ma evidentemente mi sono illuso di credere che tu abbia smesso di considerarmi quel ragazzino tanto carino ma tanto scemo che ti scodinzolava intorno a quindici anni… quei tempi sono andati, potresti anche sforzarti di capire almeno questo anche se non vuoi accettare di diventarmi almeno un po’ amica.-

Irene stava per ribattere qualcosa, ma Dominic aveva continuato. - Mi dispiace per Grace, mi dispiace se Owen ne soffrirà, non hai idea di quanto, ti chiedo scusa, ma possibile che tu non ti sia nemmeno fermata a pensare per un momento all’eventualità che forse è stata Grace a non essere stata corretta?  Si è comportata come se le importasse qualcosa di me solo per arrivare a farsi scopare per incazzarsi a morte quando non ho voluto che succedesse, pensi che sia tanto bello per me? Chissà che ti avrà raccontato lei, e magari tu ci credi pure.-

Non lo pensava veramente, ma ormai quella discussione era cominciata, ed era il momento più brutto, quello per l’appunto dove si dicevano cose che non si pensava davvero.

- Considerando cosa c’è stato tra te e Sakumi mi puoi biasimare?-

Dominic l’aveva guardata perplesso.

- Se ti stai chiedendo se me l’ha detto lei ti dico che non sono una cretina.- aveva aggiunto in risposta a quello sguardo.

- In effetti me lo sono chiesto, ma non c’entra niente con Grace.- aveva risposto un po’ imbarazzato.

- Forse per te, per me invece è una dimostrazione del fatto che non ti fai tanti problemi in quel senso.-

Anche per lui era stato il momento di non essere tenero, si era fatto passare immediatamente l’imbarazzo in un momento tirando fuori tutta la sua rabbia repressa di quei giorni, anche per faccende che con quella non avevano niente a che fare.

- Almeno Sakumi ha avuto il coraggio di guardare avanti e di accettare una relazione finita e di rifarsi una vita, i suoi metodi ammetto che ad un modello di virtù come te possano sembrare sconvenienti, ma per come la vedo io il bello dei rapporti interpersonali è la trasparenza, lei non mi ha dato mai l’idea di volere altro da me che non fosse sesso e siccome mi trovavo abbastanza d’accordo così è stato. Forse invidi un po’ la sua chiarezza di vedute, o semplicemente il fatto che lei conduca una vita tranquilla e fa un lavoro che le piace e che la rilassa, tutto il contrario di quello che fai tu dato che ogni volta che torni dal tuo ufficio sei intrattabile e si fa fatica a starti vicino. E forse la invidi anche perché sarebbe stata in grado di accettare cose che tu non puoi nemmeno vedere nella tua concezione della vita!-

Irene aveva taciuto per qualche secondo profondamente offesa per le chiare allusioni di Dominic al suo rapporto con Christopher, si sentiva insultata soprattutto per il fatto che lui avesse in ogni modo detto delle cose che in parte potevano essere giuste specialmente sul suo lavoro, ma non poteva permettersi di interferire in certe faccende, e comunque non voleva parlarne con lui.

- Non voglio nemmeno considerare le tue considerazioni spicciole sul mio matrimonio, sono cose di cui non dovresti nemmeno permetterti di parlare e lo capiresti se fossi appena più maturo. Vieni a parlare a me di avere chiarezza in testa, tu che non riesci nemmeno a stare da solo a trent’anni perché sei terrorizzato all’idea di starci? Se la tua idea di stare nel giusto è questa, andiamo bene.-

- Allora spiegamelo tu dall’alto dei tuoi quasi trentotto anni cosa vuol dire stare nel giusto.- aveva ribattuto evitando di pensare che Irene, in parte, aveva ragione. Ragione da vendere.

- Non sono qui per spiegarti niente, ma ti posso dire che la chiarezza, tanto per farti un esempio, si esplica anche nel modo in cui ti comporti davanti ad un bambino, ti sembra bello quello che stavate facendo oggi? Mi chiedo quante volte sia successo che avete flirtato spudoratamente davanti a Owen e Yume, ma non mi meraviglio di te in questo caso, ma di Sakumi.-

Dominic era allibito per l’assurdità di quel commento. Lui e Sakumi flirtare davanti ai bambini? Non era mai successo e lui questo non l’avrebbe mai fatto.

- Stavamo giocando con i bambini oggi, non facevamo assolutamente niente di male e tu che non c’eri non puoi giudicare! Ci hai visti per un momento appena e hai già tratto delle conclusioni, complimenti per la tua larghezza di vedute e per il tuo qualunquismo! Sai che non me l’aspettavo, come non mi aspettavo francamente che di me non avessi capito un bel niente, ma è più che evidente che mi hai inserito nella categoria in cui m’inseriscono tutti gli altri, è una cosa troppo facile da fare. E da parte tua è grave, perché mi conosci da quando sono nato e da te mi aspettavo qualcosa di diverso.-

- E che cosa potevo pensare io nel trovarvi abbracciati sul tappeto di casa tua? E poi si nota che in un certo senso siete… intimi.- aveva detto, con un po’ d’incertezza. - Proprio perché queste cose le capisci Dominic dovresti sapere che quelle sono quel genere di confidenze che non si prendono con tutti e anche se so che sei un tipo affettuoso per natura questo non giustifica niente. Potrei capirlo se lo avessi fatto con me, proprio perché ci conosciamo da una vita, ma se lo fai con lei mi vengono dei legittimi dubbi.-

- Non sto parlando dell’inesattezza dei tuoi dubbi, mi da fastidio che tu pensi che tengo un atteggiamento promiscuo davanti a tuo figlio o a Yume, questo non lo accetto, accidenti! Anche se non mi fossi affezionato a lui non lo farei, ma se vuoi aggiungerci quel carico da novanta fai pure, tuo figlio è riuscito a conquistarsi tutto il mio affetto e la mia simpatia in tempi record, quindi tira le tue conclusioni. Non gli farei mai di proposito qualcosa che potrebbe farlo stare male, o che potrebbe turbarlo, gli voglio troppo bene per farlo.-

Anche se lo aveva pensato spesso era la prima volta che diceva chiaramente quanto si fosse affezionato ad Owen e che rifletteva su quanto fosse stato facile che ciò avvenisse. Immaginava che fosse così con i bambini, ma Owen in quel momento aveva qualche connotato speciale ai suoi occhi, come se al mondo non ci potessero essere altri bambini come lui. Per la prima volta aveva preso atto del fatto che non averlo più per casa di lì a tre giorni sarebbe stato immensamente triste.

La discussione aveva avuto una battuta d’arresto, sembrava che entrambi si fossero sentiti come svuotati da quel diverbio piuttosto acceso. Dominic si era seduto su una sedia in cucina, ci si era praticamente buttato come se non avesse avuto più l’energia per tenersi in piedi. Irene invece si era allontanata e si era seduta sul secondo gradino delle scale, stringendo con le braccia le sue ginocchia verso il petto, rannicchiandosi come se volesse nascondersi.

Erano stati così per un po’, in una prima fase a covare il rancore che sentivano l’uno per l’altra per via di quello che si erano detti, poi però quel sentimento non aveva perdurato ancora a lungo, lasciando spazio a tutto quello che comunque, anche in quello stato, nelle loro parole reciproche avevano riconosciuto come giusto.

Per due persone che si vogliono bene avere dei litigi può anche essere molto bello, nella loro particolare condizione poi era stato quasi necessario dato che una discussione dai toni più pacati probabilmente non avrebbe risolto niente perché l’impatto non sarebbe stato forte.

Forte come doveva essere in quel momento per scuoterli, soprattutto Irene, che era stata la prima a fare qualcosa per riconciliarsi, dopo quasi una mezz’ora che avevano smesso di parlare.

Si era avvicinata alla cucina e si era affacciata allo stipite guardando verso Dominic che aveva lo sguardo per terra. Sentendola aveva alzato la testa guardandola a sua volta, senza mettersi sul viso un’espressione particolare, era abbastanza neutra. Irene quindi era entrata, aveva sollevato appena da terra una sedia che stava intorno al tavolo e l’aveva messa davanti a lui, poco distante, prima di sedersi a sua volta.

Stava per dirgli che le dispiaceva sinceramente di quello che si erano detti, che avevano esagerato, ma Dominic era stato più veloce di lei.

- Anche a me.- le aveva detto

Irene gli aveva sorriso. - Lo so che Grace è solo una ragazzina che pensa di essere l’unica portatrice sana di… quella insomma, lo credo che si è arrabbiata quando le ai dato il due di picche, le conosco le tipe come lei, anche troppo bene.- lui aveva riso appena alla sua battuta.

- Per quanto riguarda Sakumi non sono affari miei, siete entrambi adulti e liberi di fare quello che volete, mi dispiace di avertelo buttato in faccia e ti assicuro che so quanto bene tu voglia ad Owen e so che non vuoi che il suo bene. So anche quanto te ne vuole lui di bene, questo mi spaventa un po’ lo ammetto, soprattutto perché ultimamente tu hai giocato un ruolo che credo sia ancora più fondamentale del mio e mi sono sentita esclusa ed inutile, ma tu non hai nessuna colpa, è un problema mio.-

- Non lo potevo immaginare questo, mi dispiace davvero tanto.- aveva commentato lui invece all’ultimo concetto che la donna aveva espresso, pensando che Madeleine ci aveva visto giusto. - Io invece lo so che non hai una cattiva opinione di me, è solo che sono ossessionato dall’idea che gli altri mi vedano come la persona cattiva che non sono, e non ti biasimo affatto se sei arrabbiata con me per Grace, o per Sakumi, sarebbe stato meglio che me ne fossi stato tranquillo al mio posto invece di fare certe cose. Con Sakumi…- aveva detto interrompendosi per cercare le giuste parole per descriverle il loro rapporto, ma non le aveva trovate e aveva preferito tergiversare.

- Lasciamo stare, tanto te lo puoi immaginare, Grace in ogni modo l’ho incoraggiata e non posso dire certo di avere la coscienza del tutto pulita in proposito.-

Irene si era avvicinata ancora un po’ con la seggiola, fino a che la distanza che c’era stata tra loro era diminuita abbastanza da permettere ad entrambi di abbracciarsi.

Erano rimasti per un po’ fermi in quell’abbraccio, mantenendo un silenzio che era stato Dominic a rompere dopo qualche secondo.

- E poi non avrei dovuto dirti quelle cose sul tuo lavoro e sul tuo matrimonio, hai ragione, non dovevo permettermi, sono cose tue e sono sicuro che tu sappia benissimo cosa è giusto per Owen e per te.-

Sulle prime lei non aveva risposto, ma dopo nemmeno troppi secondi Dominic aveva colto come una strana reazione da parte sua che l’aveva convinto a sciogliersi un po’ da quell’abbraccio, dato che aveva sentito l’esigenza di guardare il viso di Irene per poterne leggere il suo stato d’animo dalla sua espressione. Aveva gli occhi lucidi di chi sta per piangere anche se gli aveva sorriso. In effetti però non era durato nemmeno qualche secondo, Irene aveva cominciato a piangere subito dopo.

- Scusami…- gli aveva detto togliendosi energicamente dal viso quelle due lacrime che stavano scendendo verso il basso, come se dovesse giustificarsi, forse per celare l’imbarazzo che le dava farsi vedere così da lui anche se non sarebbe stata nemmeno la prima volta.

- Non è niente…- le aveva risposto Dominic cercando di essere rassicurante, anche se non lo era stato.

- E’ che hai ragione tu invece, il mio lavoro lì fa schifo.- era appena riuscita a dirgli, per continuare aveva dovuto aspettare qualche secondo.

- Mi hanno accolta male da subito perché per i miei colleghi sono l’ultima arrivata che è venuta a prendersi una promozione quasi come se la stessi rubando a loro, non mi hanno mai aiutata ad inserirmi e continuano ad essere ostili con me. In questi giorni in cui ho avuto qualche problema con il bambino poi hanno preso la palla al balzo per essere ancora meno comprensivi. A volte mi sembrano peggio dei ragazzini, quasi ogni volta che mi capita di entrare in bagno e ci trovo un paio di colleghe puoi stare certo che smettono di parlare tra loro e mi guardano come se le stessi disturbando, non vogliono nemmeno provare a parlare con me, nemmeno fossi un’aliena. Sapevo che non sarebbe stato facile, non mi illudevo di questo, ma non mi aspettavo nemmeno di essere trattata come un’intrusa da schiacciare ad ogni costo.-  Si era interrotta per un momento, e aveva messo sul viso un sorriso amaro.

- Per poi venire a sapere cosa, lo vuoi sapere cosa mi ha raccontato Alexis, che è un’amica avvocato anche lei che ha aperto un suo studio privato a Birmingham? Che ad un mio collega uomo, con appena un anno in più di lavoro allo studio, lo faranno entrare lo stesso tra i soci, senza il ricatto del trasferimento. E’ una notizia recente, si è saputa da poco, tant’è vero che mi chiedo se non l’abbiano fatto apposta a mandarmi qui, per non darmi una promozione che mi spetterebbe perché sono una donna.-

- Credi che sia possibile?- aveva chiesto Dominic al quale sembrava che quella disparità tra sessi fosse ridicola. Irene aveva annuito.

- Più ci penso e più mi dico che non c’è altra spiegazione, e quasi quasi sarei anche propensa ad accettare la sua offerta.- aveva aggiunto.

- Che offerta?-

- Alexis avrebbe bisogno di un buon penalista, che è quello che modestamente sarei io, mi ha proposto di piantare lo studio e di andare a lavorare con lei a Birmingham. Abbiamo fatto l’università insieme e ci conosciamo da anni, so che mi troverei bene, ma ormai sono qui e non intendo darla vinta ai miei colleghi. Questo momentaccio passerà, come gli altri.-

Dominic aveva evitato di commentare, non era suo dovere farlo, si era limitato a sorriderle, ma era come se lei avesse colto della perplessità.

- L’unico problema adesso è Owen, ma pare che l’asilo di oggi sia piaciuto sia a lui che all’altra piccola peste, è un po’ lontano da dove andremo ad abitare ma se significherà soltanto alzarsi un po’ prima la mattina è qualcosa di risolvibile… non si può avere tutto dalla vita, no?- aveva detto, sempre guardandolo incuriosita. - Incominciamo lunedì… ma tu non mi sembri convinto, che c’è?-

- Niente, davvero. Tutto apposto.- le aveva detto. Certo che lui aveva la sua opinione in merito, e discordava dalla sua, ma come aveva già fatto un’altra volta, quando lei gli aveva chiesto cosa ne pensasse più o meno della stessa faccenda, lui non le aveva voluto dare una sua opinione perché non voleva influenzarla in alcun modo.

Quando si erano dati la buonanotte si erano giurati di non incappare più in una situazione simile, di parlarne civilmente se ci fosse stato qualche problema e di lasciarsi dare una mano l’un l’altro, specialmente Dominic le aveva chiesto di permettergli di aiutarla.

 

***

 

Irene, nel biglietto che quella mattina aveva lasciato a Dominic in cucina, aveva scritto che per la mattinata Owen sarebbe rimasto da Sakumi e che poi sarebbero tornati a casa dopo le tre del pomeriggio, per via del fatto che era riuscita a farsi dare il pomeriggio libero dato che non aveva potuto usufruire di quello che aveva chiesto il giorno precedente.

Solo che quando era tornata a casa non era tornata con Owen ed era arrivata molto prima di quello che lui si sarebbe aspettato.

- Avevo bisogno di uscire da lì…- gli aveva detto spiegandosi, anche se aveva giusto il tempo di mangiare qualcosa al volo e poi doveva tornare di corsa in ufficio.

- Che è successo?- le aveva chiesto intuendo qualcosa.

- Stanno pensando di togliermi il caso a cui sto lavorando perché a detta di alcuni dei miei colleghi che lavorano con me non sono affidabile e trascuro il mio lavoro… tutto ciò è assurdo. Dopo pranzo mi daranno il verdetto ufficiale, ma in ufficio si sa già chi mi sostituirà.-

- Ma come sarebbe a dire scusami? -

- Sarebbe a dire che d’ora in avanti mi affideranno casi al di sotto della mia portata solo perché a detta di qualcuno sono inaffidabile e perché c’è gente che non gradisce lavorare con me. Questo sarebbe a dire, anche se come scusa principale hanno addotto il fatto che se ho qualche problema con mio figlio dei casi più leggeri possono favorire questo momentaccio… che bella conclusione di settimana, non trovi?-

Come l’aveva definito Sakumi, un covo di serpi? In effetti a Dominic sembrava che quel paragone fosse perfettamente calzante all’ufficio dove Irene lavorava. - Che conti di fare?- le aveva chiesto.

- Cosa dovrei fare secondo te?- aveva ribattuto lei.

- Io proprio non lo so, ci sarà pure un modo per risolvere questa situazione… voglio dire, Owen lunedì ricomincia ad andare all’asilo e tu non sarai più così impegnata e poi troverai un’altra persona per occuparsi di lui, fermo restando che ci sono io per qualsiasi evenienza.-

Irene, che si era seduta sul divano, aveva buttato la testa indietro appoggiandola sulla spalliera e aveva sorriso amaramente, per poi tornare a guardarlo pochissimi secondi dopo.

- Forse tu non hai capito bene Dom, lì dentro non mi vogliono e le cose non miglioreranno fino a che non dirò a tutti che me ne vado e che lascio il loro posto… fino a che non saranno sicuri che non sarò più un problema non la smetterà nessuno. Owen non c’entra niente, assolutamente niente.-

Dominic era rimasto in silenzio, non sapeva cosa consigliarle di fare, si era avvicinato al divano solo quando aveva visto che aveva cominciato a piangere.

- Guarda che per quegli stronzi non ne vale la pena.- le aveva detto quando si era seduto accanto a lei e le aveva passato una mano attorno alle spalle.

Irene gli aveva sorriso appena. - Non è per loro.- aveva ribattuto asciugandosi il viso con una mano. - E’ che quando sono sotto stress reagisco così. E comunque non è per loro, te l’assicuro.-

Dominic si era girato verso di lei e le aveva passato attorno alla vita anche l’altro braccio, stringendosela contro. - Qualunque sia il motivo non ne vale la pena.-

Per un po’ erano rimasti fermi, quando Dominic aveva lasciato che Irene si sciogliesse da quell’abbraccio la donna l’aveva guardato con gli occhi lucidi sorridendogli appena. Lui le aveva appoggiato il palmo della mano destra sull’orecchio, con il pollice era andato toglierle un po’ di quella macchietta nera che le si era formata sotto l’occhio dato che le era colato un po’ il trucco, Irene aveva riso.

- Lascia stare… piuttosto dimmi perché non mi rispondi mai quando ti chiedo che dovrei fare.-

- Lo sai perché, non è mio compito dirtelo e non ho il diritto di influenzarti con i miei pareri.-

- Ma se io adesso ti dicessi che ho bisogno di sapere quello che pensi, tu me lo diresti?-

Dominic era rimasto a guardarla senza sapere cosa dire. Aveva un’opinione ferma in merito, ma Irene gli era sembrata veramente bisognosa di avere quell’informazione da lui. Quando lei gli aveva preso la mano destra tra le sue mani, stringendogliela appena, dicendoli quasi sussurrando per favore, dimmi quello che ti passa per la testa, ne ho bisogno, Dominic si era convinto.

Aveva abbassato la testa verso la sua sinistra, togliendo lo sguardo da Irene e puntandolo per terra, aveva alzato la sua mano sinistra appoggiando le dita sul naso, aveva chiuso gli occhi per un paio di secondi, pensando. Quello che stava per dirle per lui non era vantaggioso, lo sapeva e avrebbe tanto voluto che lei facesse esattamente il contrario, ma aveva pensato al suo bene e a quello di Owen in quel momento, non certo a quello che conveniva a lui. Aveva messo la mano sinistra sopra a quelle di Irene che stringevano la sua destra, quindi l’aveva guardata bene.

- Il tuo posto non è qui… Il tuo posto è in Inghilterra, dove tu e Owen siete circondati da persone che vi amano e che vi saranno sempre accanto comunque tu decida di fare. Mi piacerebbe avervi vicini a me, non te lo nascondo che la mia vita sia migliorata da quando tu e Owen state con me, ma per voi, nonostante il fatto che io farei di tutto per te e per lui, qui sarà sempre difficile. E non scordarti che in Inghilterra Owen ha un padre che a lui manca e che ha il diritto di crescerlo. E che non desidera altro che di fare il padre anche se vi siete lasciati, e forse dovresti permetterglielo.-

Irene gli aveva lasciato le mani, dapprima aveva guardato in basso, ma quando aveva alzato nuovamente la testa mettendo gli occhi nei suoi, gli aveva sorriso, per poi abbracciarlo.

- Grazie, davvero, grazie.- gli aveva detto.

 

Circa tre ore dopo Irene era rientrata con Owen, Dominic li aveva sentiti dalla sua stanza dove si stava vestendo dopo aver fatto una doccia. Dato che aspettare che tornasse era diventata una tortura, si era messo a giocare con Lilly in giardino fino a che, come al solito, non si era inzaccherato dalla testa ai piedi.

Era uscito dalla sua stanza in fretta, dalla cima delle scale aveva cominciato a guardare Irene. Owen appena era arrivato giù gli era andato incontro, Dominic salutandolo l’aveva preso in braccio. Solo quando il bambino si era allontanato la donna gli aveva sorriso, con un sorriso tranquillo, di chi ha trovato una soluzione.

- Ho rinunciato all’incarico.-  gli aveva detto semplicemente, senza girarci intorno.

Mentre l’abbracciava aveva pensato che presto avrebbe perso sia lei che Owen e da una parte si era sentito immensamente triste, ma dall’altra era stato felicissimo per loro.

Era convinto che fosse la decisione migliore che potesse prendere.

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Capitolo 32
*** Giochi d'acqua ***


Nuova pagina 1

Rieccomi!

Una cosa la dico subito, per Bloody: Sploffy regna! Cioè, un gatto più grullo di quello non esiste, è il re incontrastato di qualsiasi mio personaggio secondario! Anche se Lilly, devo ammetterlo, si da da fare!

Per quel che riguarda questa storia, però, Madeleine va ammesso spicca tra gli altri!

Grazie anche a Claudietta, in effetti il litigio mi preoccupava un po’, avevo paura di calcare troppo la mano o di non mantenere un certo equilibrio tra i personaggi di Dominic e Irene. Mi spiego: non volevo che fossero uno nel torto e uno nella ragione, volevo che entrambi dicessero cose giuste e sbagliate e che fossero nella stessa misura anche un po’ cattivi l’uno con l’altro, quello che succede solitamente quando due persone che hanno un bel rapporto litigano.

Vi lascio al capitolo… buona lettura.

Mandy

 

 

v       Capitolo Trentunesimo - Giochi d’acqua

 

Dominic si era sempre rifiutato di dirle cosa gli passasse per la testa per non influenzarla, da parte sua Irene pensava fosse un bel gesto, e certamente non si doveva sentire in colpa se, dopo la sua richiesta, lo aveva finalmente fatto.

Quando lui le aveva detto il tuo posto non è qui, si era sentita dire solo quello che avrebbe voluto, come gli aveva detto aveva bisogno di sentirlo dire a qualcuno. Era stato come se quelle parole le avessero dato il coraggio di ammettere con se stessa qualcosa che amaramente già sapeva da tempo, che aveva sbagliato tutto: erano sbagliate le sue intenzioni, erano sbagliati i suoi intenti; anche le sue paure erano ingiustificate, sebbene fossero ampiamente comprensibili e scusabili nel momento di fragilità che aveva vissuto e dal quale comunque avrebbe impiegato ancora del tempo per uscire.

Averlo ammesso a se stessa aveva migliorato immensamente la sua condizione, si era sentita molto più leggera nonostante tutto, e chiunque le stava intorno poteva cogliere quel suo stato d’animo.

Si era sentita libera di essere nuovamente se stessa, una persona che non aveva mai voluto niente di più che una famiglia, amare ed essere amata da qualcuno, una stabilità, affetti sinceri, avere quel tanto che le bastava per vivere dignitosamente e potersi togliere qualche sfizio ogni tanto.

In ufficio, quando ci era tornata quel pomeriggio, le avevano appunto detto quanto si aspettava, ma a lei non importava, come del resto non le era mai importato di niente di ciò che avrebbe potuto portarle quel periodo negli Stati Uniti.

Dopo aver dato la notizia che rinunciava a quella promozione aveva pensato ad avvertire il suo vecchio ufficio di Birmingham, dove aveva ancora un posto di lavoro. Aveva raccolto le poche cose che per il momento aveva lasciato nel suo ufficio, in un mese e mezzo non era riuscita ad accumulare tanta roba lì dentro per sua fortuna, augurando buon proseguimento ai suoi ex colleghi era uscita da quel palazzo pensando che probabilmente tutti o quasi lì dentro stavano cantando vittoria. Ma lei in quel momento sapeva di aver vinto qualcosa che era molto più importante di tutto ciò che poteva essere il senso di rivalsa nei loro confronti. Irene non si sentiva affatto una sconfitta, né una vittima: era nuovamente se stessa e questo era ciò che di più importante c’era da considerare.

Era andata a prendere Owen immediatamente dopo, arrivata a casa di Sakumi, mentre i bambini giocavano tranquilli, Irene aveva messo l’altra al corrente di quella decisione.

Sakumi era stata felice per lei, le aveva detto che era la prima volta che la vedeva sorridere così da quando la conosceva. - L’unica cosa che mi dispiace è che perderò una buona amica…- le aveva detto intristita. - E anche Yume perderà un buon amico, penso che le dispiacerà molto. Quando ripartirai?-

Irene ci aveva pensato su per un po’. - Non lo so con certezza. Devo sistemare ancora qualche faccenda qui, tipo annullare il contratto di affitto dell’appartamento, e poi mi ci vorrà qualche giorno per prepararmi alla partenza. Penso che per almeno una settimana ancora forse rimarremo, dipenderà anche da quando potrò prenotare un volo.- si era interrotta un momento, pensando a Yume. - Credimi, mi dispiace moltissimo per la bambina, davvero tanto. Comunque credo che mancherà anche a lui.-

Sakumi le aveva sorriso. - Non ci pensare, sono bambini e sono più bravi di noi a sopportare gli abbandoni. E poi spero che si farà tanti nuovi amichetti all’asilo nuovo.-

Irene se n’era andata da casa sua più di un’ora dopo, dopo averle detto che quella sera dovevano assolutamente festeggiare quell’avvenimento. Sakumi era stata piuttosto d’accordo, come poi lo era stato Dominic quando gliel’aveva detto.

A parte per quella sera Irene non aveva avuto più grosse occasioni di rivedere Sakumi. Avevano deciso di cenare insieme almeno un’altra volta prima che lei partisse, ma la normale routine aveva impedito che si potessero incontrare anche prima. Con Yume che aveva ripreso ad andare all’asilo regolarmente, anche Sakumi aveva ricominciato con i suoi soliti ritmi lavorativi, forse era anche meglio così. Stare troppo con lei avrebbe reso la partenza un po’ più dolorosa e, considerato tutto, il carico non aveva certo bisogno di essere appesantito, dato che sarebbe già stato pesante lasciare Dominic.

A differenza di Sakumi e Yume in quei giorni era stato una presenza costante, Irene si era anche chiesta come mai, se non in rare occasioni, Dominic era sempre completamente libero.

In verità lui le aveva mentito qualche volta, sebbene avesse dei doveri riguardanti il lavoro ed altro, alla fine era rimasto sempre con la donna e il bambino. Ad onor del vero aveva provato ogni santo giorno a fare la persona seria, solo che i suoi tentativi di esserlo non erano andati a buon fine.

Ogni mattina, poco dopo essersi svegliato, faceva una specie di riassunto mentale di cosa lo avrebbe atteso quel giorno: se quello che lo aspettava non riguardava solo loro due per prima cosa provava un certo fastidio, ma si diceva di non fare il ragazzino e di fare quello che doveva. Il punto è che la seconda cosa che gli passava per la testa era che il tempo che avevano ancora a disposizione era così poco che non poteva buttarlo via così.

Era stato ben fortunato quella settimana, non aveva mai avuto da fare cose di vitale importanza e quindi se l’era cavata. Non che non gli andasse, ma con un po’ di rammarico pensava all’imminente inizio delle riprese che coincideva quasi perfettamente con la partenza di Irene ed Owen, esattamente il giorno dopo.

In quei giorni si erano costruiti una specie di dimensione tutta per loro, un equilibrio che era stato così facile far nascere in poco che era quasi come se fosse qualcosa da temere, per il vuoto che potenzialmente avrebbe potuto lasciare alla sua fine.

Era cominciato tutto esattamente la mattina dopo, quel sabato, quando Dominic, appena svegliato, era entrato in cucina e aveva trovato Irene e il bambino che parlavano tra loro. Intuendo che la donna stava spiegando ad Owen una cosa piuttosto importante non li aveva disturbati, si era messo a fare del caffé mentre intuiva che Irene stava dicendo ad Owen che nel giro di una settimana sarebbero tornati a stare in Inghilterra. Il bambino era rimasto perplesso per un attimo.

- E poi rimaniamo lì sempre?- aveva chiesto.

- Sì, penso proprio di sì.-

Owen l’aveva guardata preoccupato, ma anche speranzoso. - Allora all’asilo qui non ci vado più adesso…-

Irene aveva riso e l’aveva preso in braccio. - No, non ci devi più andare!-

Detto questo aveva richiamato l’attenzione di Dominic. - Che fai oggi pomeriggio?- gli aveva chiesto.

- Niente di particolare.- le aveva detto lui, anche se in verità avrebbe avuto un impegno con alcuni suoi amici nel tardo pomeriggio.

- Allora ti fai una passeggiata con noi? Volevamo andare a fare un giretto da qualche parte con la bici.-

Owen gli aveva sorriso, Dominic lo aveva guardato un attimo di sfuggita.

Ovviamente la sua risposta era stata affermativa, come poi lo era stata tutte le altre volte in cui Irene in quegli ultimi giorni gli aveva proposto di unirsi a loro.

 

***

 

Era stata una settimana lunga, o breve se la si guardava all’alba dell’ultimo giorno.

Dominic si era svegliato molto presto, pensando per prima cosa che quegli ultimi sei giorni erano stati davvero belli, forse anche troppo.

Non aveva ancora idea di cosa quell’ultima giornata che avrebbero passato insieme avrebbe riservato loro, erano da poco passate le otto della mattina e gli altri dormivano ancora. Per godersi la temperatura fresca di quell’ora, si era seduto sui gradini di cotto dove con Irene avevano concluso tutte le loro serate in quegli ultimi giorni, insieme a Lilly che si era svegliata non appena era sceso al piano inferiore e l’aveva seguito, per poi rimettersi a sonnecchiare accanto a lui.

Non gli faceva bene stare lì da solo in quel momento, era una situazione adatta per mettersi a riflettere e farsi prendere dalla malinconia, cosa che Dominic non voleva che accadesse. Per fortuna gli era venuta in mente una delle cose che con Irene avevano ricordato qualche sera prima e gli era venuto spontaneo mettersi a ridacchiare.

Non si doveva sforzare troppo per ricordarsi quando sua madre aveva smesso di usare di tanto in tanto quel ridicolo nomignolo, da quando una volta le era scappato davanti a Linda e lui se l’era presa davvero molto. Certe cose avrebbero dovuto rimanere in famiglia, che c’entrava mettere al corrente di quel lato imbarazzante della propria vita anche la sua ragazza? Insomma, a diciott’anni sono affronti che si accusano! Irene, di punto in bianco la sera prima, Dominic stentava a ricordarsi nell’ambito di quale discorso in cui si erano addentrati, gli aveva preso il naso tra il pollice e l’indice e lo aveva chiamato Patatino. Lì per lì era scoppiato a ridere e si era chiesto come faceva lei a ricordarsene.

- Tua mamma ti chiamava così fin da piccolo, scherzava dicendo che a tuo fratello gli era andata bene a non aver ereditato il suo naso ma che a te era andata peggio. Così ti chiamava Patatino… a me è sempre sembrato molto carino come soprannome, molto affettuoso in fin dei conti.-

- Carino un corno!- aveva commentato l’altro. - Già ci sono vari ambiti dove puoi essere preso per il culo fino allo sfinimento a quell’età, vedi la scuola e qualsiasi altra attività sociale alla quale suo malgrado ogni ragazzino è sottoposto, almeno a casa ti aspetti un po’ di comprensione e invece io mi ritrovavo con una madre che mi prendeva per il culo, andiamo bene!-

- Perché ti sfottevano a scuola? Non mi sei sembrato mai il tipo veramente…-

- No, in effetti non più del dovuto, quel tanto che ti devi minimamente aspettare, come tutti. Non ero preso di mira affatto, mi facevo abbastanza gli affari miei a quei tempi e se non me li facevo era per organizzarmi a fare casino con gli altri. Non avevano tempo per prendermi in giro in quei casi e non ero nemmeno il tipo che incoraggiasse questi atteggiamenti, dato che ero anche un po’ il trascinatore a volte, a combinare pasticci sono sempre stato bravo, modestamente! E tu?- le aveva chiesto quindi.

Irene ci aveva pensato un attimo. - Io ero la secchiona di turno, mi prendevano in giro ma con un certo garbo, potevo sempre tornare utile in certi casi!-

- Ah, io non ho mai corso questo rischio!- aveva ridacchiato commentando Dominic.

In quei giorni si era stupito spesso di quante cose Irene sapesse della sua infanzia e della sua adolescenza, anche di quella cotta che lui si era preso per lei da ragazzino, anche se non ne era sicura. Quando Irene gli aveva parlato del fatto che se l’era sempre immaginato, anche per via delle chiacchiere delle loro rispettive madri, Dominic sul momento ne era rimasto sorpreso e si era anche un po’ vergognato, più o meno la stessa reazione che pensava che potrebbe aver avuto se l’avessero scoperto a quei tempi. Ma adesso era un po’ assurdo reagire così, anche se era stato inevitabile.

- Io a quei tempi ero già, se così si può dire, una donna, e tua madre e la mia mi parlarono di quei loro sospetti da pari a pari, non so se rendo l’idea…- aveva detto sorridendo, Dominic aveva annuito.

- Non so se fosse vero, ma la cosa mi aveva fatto davvero tenerezza, poi tu eri carino, non so se lo eri solo con me o lo eri con tutte. Eri sempre gentile, anche se avevi spesso un’aria intimidita nei miei confronti, ma quello era forse perché ai tuoi occhi dovevo sembrare una donna fatta, credo.-

Dominic le aveva sorriso, non aveva grossi motivi per nasconderle il fatto che tutte loro avevano visto giusto per quello che lo riguardava.

- Dipende anche dall’educazione che ricevi e io sono stato educato a trattare bene le ragazze, in genere sono sempre stato molto gentile, almeno ci ho sempre provato. In ultima analisi per me in effetti sì, eri una donna fatta e mi incutevi un po’ di soggezione. Poi devo dire che tua madre e la mia sono davvero due pettegole terribili!- Aveva ridacchiato interrompendosi un momento. - Ma non ci avevano visto male, mi piacevi moltissimo perché anche tu eri carina con me e non mi trattavi come un bambino… non hai idea della cotta che avevo per te, non pensavo quasi ad altro.-

- Oh…- aveva commentato Irene dopo un paio di secondi in cui era stata bloccata dalla sorpresa. Non si sarebbe certo aspetta che lui le dicesse quella cosa con quella tranquillità. Osservandolo bene però si era accorta che era più una posa che altro.

Non aveva aggiunto niente, Dominic nemmeno, erano rimasti per qualche secondo in quel limbo d’imbarazzo che si era creato contro la loro razionalità e la loro volontà. I loro sguardi si erano incontrati per un attimo, casualmente, a quel punto non avevano potuto che scoppiare a ridere entrambi, senza bisogno che si spiegassero vicendevolmente la situazione, era tutto molto chiaro.

- Per me eri un fratellino a quei tempi.- gli aveva detto la donna, avvicinandosi per passargli un braccio attorno al collo, aveva schiacciato la sua guancia contro quella di Dominic.

- Per me era un po’ diverso,- aveva ribattuto lui passandogli il suo braccio intorno alla vita, - ma posso dire che tu e tua madre siete sempre state di famiglia.-

Irene gli aveva sorriso. - Era bello da voi… sai, ho pensato che anche per Owen mi piacerebbe una cosa simile, se non posso dargli una famiglia classica. Una specie di famiglia allargata, ma non da vedere due settimane o un mese all’anno, da avere sempre. A me sarebbe tanto piaciuto avere una famiglia numerosa. Nei miei piani, che tu ci creda o no, volevo almeno tre di figli.-

- Accidenti!- aveva commentato Dominic sorpreso. - Davvero poco comune oggigiorno.-

- Mi sarebbe piaciuto avere una casa con tanta di quella gente in giro che non ci si possa mai sentire soli, tanto che qualcuno dopo un po’ avesse addirittura la necessità di dire basta, ora voglio stare un po’ per gli affari miei, diamine!- aveva concluso Irene ridacchiando.

Questo era quello che si erano detti appena la notte prima, Dominic aveva accarezzato Lilly e aveva ridacchiato ancora nel pensarci.

Seguendo sempre quel filo scomposto di pensieri, mentre accarezzava il pelo morbido della sua cagnolina, aveva ripensato al pomeriggio del giorno prima, quando le aveva fatto il bagno e Owen si era infilato in mezzo, chiedendo di poterlo aiutare.

Lilly, essendo un Golden Retriver, era un cane che gradiva particolarmente l’acqua, farle un bagno non era una cosa complicata proprio perché non la rifuggiva come molti altri cani fanno. Per dirla tutta Dominic l’aveva lavata proprio perché, nel suo gradire tanto l’acqua, durante una passeggiata che erano andati a fare in compagnia di Owen ed Irene in un parco non troppo lontano da casa sua, Lilly si era tuffata in una pozza d’acqua melmosa e fangosa, inzaccherandosi completamente.

Per Owen era stato divertentissimo vederla tornare da una corsetta sporca in quel modo. Dominic ed Irene che, seduti su una panchina lì vicino, non avevano visto ancora il cane, erano scoppiati a ridere vedendo il bambino farlo: sembrava un adulto in miniatura, un adulto che dal tanto ridere si teneva la pancia, non aveva nemmeno risposto quando gli avevano chiesto cosa ci fosse tanto da sbellicarsi. Quando Lilly era uscita da dietro un cespuglio i due adulti l’avevano guardata smettendo immediatamente di ridere.

Dominic le si era avvicinato mentre la cagnolina, fiera della sua bravata e felice per aver trovato una pozza dove tuffarsi, dimenava la coda con la lingua penzoloni.

- Lilly! Ma che hai combinato! Porca zozza, come faccio adesso a metterti in macchina?- aveva detto, causando un altro scoppio di risate da parte di Irene.

Dominic si era girato a guardarla non capendo cosa avesse. Quando la donna le aveva fatto notare che l’esclamazione porca zozza era davvero adeguata, anche lui si era messo a ridacchiare dato che l’aveva assolutamente detto senza cognizione di causa.

Ad una fontanella aveva cercato di toglierle il grosso dello sporco di dosso, poi aveva aspettato altri dieci minuti che si asciugasse almeno un po’ prima di caricarla in macchina e riportarla a casa.

- Ora quando siamo a casa tocca farti il bagno!- le aveva detto con un lieve tono accusatorio. Lilly per tutta risposta aveva agitato la coda, sembrando soddisfatta del programma.

- Delinquente che non sei altro!- le aveva quindi detto ancora, però non aveva potuto fare a meno di sorridere.

- Posso aiutarti?- gli aveva chiesto il bambino prima di salire in macchina, attaccandosi al suo braccio come faceva quasi sempre per attirare l’attenzione.

Dominic aveva avuto un momento di esitazione nel rispondergli.

- Dai, posso?- aveva continuato, cercando di essere convincente.

L’altro nell’indecisione aveva guardato Irene, e Owen aveva capito perfettamente la situazione.

- Mamma, lo posso aiutare?-

Irene gli aveva sorriso. - Solo se non dai fastidio e fai tutto quello che ti dice Dominic di fare.-

Soddisfatto il bambino aveva sorriso a Dominic mettendo in mostra i dentini di latte.

Quando erano stati a casa Lilly, che aveva già capito tutto, correndo si era recata sul retro della casa dove solitamente Dominic le faceva il bagno. Lui però l’aveva lasciata un po’ là ad aspettare, per farle un dispetto di rimando. Di fatto doveva spogliarsi e mettersi dei vestiti consoni a quello che stava per fare: sapendo che si sarebbe bagnato si era messo un paio di pantaloncini da mare e una vecchia maglietta malridotta. Quando era uscito dalla sua stanza aveva visto che c’era qualcun altro che lo stava aspettando impaziente: Owen era già pronto e lo stava aspettando, bello pimpante ed entusiasta di fare quel gioco insolito. Irene era rimasta in casa, per fare qualche telefonata, aveva detto.

Lilly aveva cominciato a fare le feste appena erano arrivati vicini a lei. Dominic era andato a ripescare il flacone di shampoo per cani, quindi, mentre Lilly continuava a scodinzolare allegra, aveva collegato un tubo di gomma al rubinetto di un lavandino posizionato al muro esterno della casa e aveva aperto i rubinetti dell’acqua, sia quella calda che quella fredda, in modo da miscelarle per farla risultare tiepida.

Quando la cagnolina era stata bella bagnata aveva messo un po’ dello shampoo tra le mani di Owen.

- Vedi, gliene metti un po’ sul pelo e poi fai come quando le vuoi fare i grattini, ok? Tu fai la schiena.-

Owen si era diligentemente messo al lavoro, divertendosi anche perché Lilly era davvero entusiasta. Tutte quelle attenzioni focalizzate su di lei le piacevano, da brava pavona qual’era. Si era lasciata grattare e insaponare con profonda soddisfazione, stiracchiandosi ogni tanto ed elargendo leccate ai due quando le capitavano sotto tiro. Aveva anche abbaiato verso Irene che si era affacciata alla finestra del bagno della sua camera, che dava sul retro.

- Come va ragazzi?- aveva chiesto.

I ragazzi avevano risposto che le cose procedevano a meraviglia.

Quando era stato il momento di risciacquarla Dominic era tornato a prendere la manichetta, dicendo ad Owen di allontanarsi, anche se, alla fine, con Lilly che grondava d’acqua, erano stati bagnati dalla testa ai piedi dalla cagnolina stessa che si era scrollata l’acqua di dosso schizzando tutt’intorno.

- Lilly, non qui!- le aveva detto Dominic, mentre Owen rideva della grossa.

- Che hai tu da ridere?- aveva chiesto quindi al bambino, che come se niente fosse aveva preso il secchiello con il quale aveva voluto aiutare Dominic nel risciacquo e rovesciandogli parte del contenuto addosso, ridacchiando soddisfatto.

- Ah sì, eh?- aveva ribattuto finto minaccioso l’altro. - Vuoi la guerra?- aveva chiesto, mentre intanto faceva mettere Lilly al sole e le diceva di stare buona lì.

La risposta di Owen era stata di finire di rovesciargli il contenuto del secchiello.

- Comincia a scappare rospetto!- gli aveva consigliato Dominic che, mentre il bambino si prendeva un po’ di vantaggio, aveva riempito per metà un piccolo secchio che stava nel ripostiglio degli attrezzi e gli era andato incontro. Solo che Owen era più furbo di quello che Dominic si aspettava in quei frangenti, si era nascosto bene. Aveva fatto tutto il giro della casa senza capire dove si fosse cacciato, fino a che, dietro un muro, non aveva sentito dei passi sospetti sull’erba e si era fermato, certo che il bambino fosse lì.

Nel tentativo di sorprenderlo aveva rovesciato il secchio quasi alla cieca.

- Ma che diavolo stai facendo?- lo aveva investito la voce di Irene che lui, senza volerlo, aveva infradiciato.

- Oddio, scusami, pensavo fosse Owen!- aveva subito detto Dominic, imbarazzato.

- Ah… ma non mi stavi cercando?-

- Io? No!-

Owen in quel momento era saltato fuori dal suo nascondiglio ridendo a crepapelle, ai due adulti non ci volle molto per capire che erano stati raggirati da quella piccola peste. Si erano guardati per un momento, intuendo i pensieri l’uno dell’altro al volo, quindi si erano lanciati all’inseguimento della canaglietta, che era stata placcata sul prato dietro alla casa con conseguente gavettone, che si era ampiamente meritato.

Dato che erano tutti e tre bagnati, che non potevano sporcarsi più di così e che il prato era investito pienamente dal sole delle quattro e mezza del pomeriggio, erano rimasti lì sdraiati, anche per fare compagnia a Lilly che era stata messa forzatamente ferma sotto il sole per asciugarsi. Si erano messi a ridere e scherzare per il resto del tempo che ci era voluto perché Lilly tornasse asciutta, quindi erano andati a sistemarsi a loro volta.

 

Mentre continuava a pensare a quello che avevano vissuto lui, Irene e Owen in quella settimana appena trascorsa, Lilly si era alzata, stiracchiata e aveva cominciato a comportarsi come faceva quando voleva attirare la sua attenzione. Faceva dei piccoli saltelli, scodinzolando e camminandogli intorno.

- E’ ora di colazione?- le aveva chiesto, centrando il segno dato che Lilly aveva guaito come per dire .

Le aveva fatto una carezza sulla testa e si era alzato, accontentandola.

Aveva riempito la scodella del cane in cucina, quindi si era messo a fare il caffé già che c’era, non ci era voluto molto però perché arrivassero anche Irene e il bambino.

Dopo i saluti Irene si era messa a preparare la colazione per tutti, a tavola dopo si era informata su cosa Dominic dovesse fare quel giorno. Alla sua risposta, che come al solito era niente, cosa mi proponete voi?, la donna aveva detto:- Vogliamo farci l’ultima giornata in spiaggia, poi stasera vengono a mangiare Sakumi e Yume. Vieni?-

Dominic teoricamente avrebbe dovuto dire di no: non poteva rischiare di abbronzarsi o, peggio di scottarsi a due giorni dall’inizio delle riprese. Ma aveva anche pensato che se stava attento, si teneva la maglietta addosso e un cappellino in testa per difendersi dal sole e, soprattutto, usava una crema protettiva molto forte non rischiava niente.

- Sono dei vostri.- aveva detto, sorridendo ad Owen e ad Irene.

Quell’ultima giornata del resto non l’avrebbe passata lontana da loro per niente al mondo.

 

 

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Capitolo 33
*** La malinconia su di noi ***


Nuova pagina 1

Buon lunedì a tutti!

Cascasse il mondo, giuro, questa settimana finisco di postare questa storia! Ve l’assicuro!

Passando oltre, purtroppo questa volta mi tocca parlare in questo spazio di una cosa non tanto piacevole, soprattutto per me.

Sono successe delle cose, niente di grave, però un po’ spiacevoli, per cui mi sono trovata costretta ad aggiungere una nota alla nota in tutti i primi capitoli delle mie storie e credetemi, non ne avevo nessuna vogli perché credevo non ce ne fosse alcun bisogno. La webmistress di questo sito ci tutela abbondantemente per quelli che sono i, se così possono essere definiti, “diritti d’autore” per le storie che scriviamo, anche per questo ho sempre pensato che non ci fosse il bisogno di ribadire certi concetti. Può darsi che faccia troppo affidamento sul buonsenso comune, comunque.

Più precisamente, in fondo ad ogni pagina, e quando dico tutte dico proprio tutte le pagine, c’è questa scrittina: © dal 2001 EFP. Creato da Erika. EFP non ha alcuna responsabilità per gli scritti pubblicati in esso, in quanto esclusiva opera e proprietà degli scrittori stessi. Il materiale presente su EFP non può essere riprodotto in nessuna forma senza il consenso del proprietario del materiale. I personaggi e le situazioni presenti nelle fanfic di questo sito sono utilizzate senza alcun fine di lucro e nel rispetto dei rispettivi proprietari e copyrights. Lo script che il sito utilizza è proprietà di Rebecca Smallwood.

Il sottolineato grassetto credo che sia molto, molto chiaro… giusto?

Comunque ribadisco qui che il copia/incolla lo considero eticamente scorretto, soprattutto quando non ricevo richieste di poterlo fare da chi lo fa. Allora, ufficialmente e inequivocabilmente, dico che il copia/incolla per quanto riguarda le mie storie non mi piace, al limite potete likare qui ad EFP, in modo che chi le andrà a leggere le leggerà come io le ho impaginate e concepite.

Scusare se l’ho ribadito, so che alla maggior parte di voi non importa una cippa lippa di queste cose ma era una considerazione dovuta, dato che qulcuno si è sentito libero di prendere e stravolgere cose su cui io e altri hanno lavorato.

Ritorno a dire che è solo un hobby, ma è un hobby che costa fatica e chi scrive lo sa bene!

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Trentaduesimo - La malinconia su di noi

 

Non che avesse molti dubbi in proposito, sul fatto che Dominic anche quel giorno sarebbe stato con lei e il bambino, ma Irene quella mattina si era svegliata con la netta sensazione addosso che c’era una probabilità che lui avesse altro di meglio da fare, e la cosa le dava un certo fastidio.

Un fastidio che continuava ad avere tuttavia anche in quel momento, mentre Dominic le stava seduto non troppo distante sul suo telo da mare, con un quotidiano appoggiato sulle gambe distese del quale stavano facendo il cruciverba.

Era buffo a vedersi, a parte per il fatto che aveva addosso un costume da bagno non sembrava affatto uno in spiaggia, anzi, sembrava più un fobico del sole. Non si era tolto la maglia e stava con gli occhiali scuri e il cappellino con la visiera, rigorosamente all’ombra. L’unica cosa che teneva al sole erano i piedi, perché non entravano nell’ombra dell’ombrello che avevano piantato nella sabbia appena erano arrivati.

Più lo guardava e più quel leggero fastidio la invadeva. Anche se poi, definirlo fastidio, forse era del tutto inappropriato.

Era una strana sensazione, che era già qualche giorno che provava ad averlo sempre così vicino, una sensazione che aveva cominciato a sentire nel momento esatto in cui aveva capito che se anche i loro ricordi di una vita sarebbero stati sempre nelle loro menti, non potevano mascherare per sempre la realtà com’era. Irene era finalmente riuscita a distinguere chiaramente la differenza tra il Dominic quindicenne, impacciato e gentile, un po’ innamorato di lei che portava e avrebbe portato per sempre affettuosamente nei suoi ricordi, e il Dominic trentenne, quella persona intelligente e gentile che le stava accanto in quel momento, affermato nel suo lavoro sebbene ancora un po’ insicuro su tante altre cose, una persona di successo, un uomo anche decisamente affascinante anche se non propriamente bello… un uomo.

Dominic era un uomo.

Irene in quei giorni si era stupita di come le fosse occorso tutto quel tempo per rendersi conto di una cosa che ai suoi occhi invece era così palese in quell’istante.

Per lei forse era difficile perché le era sempre mancata una presenza maschile fino a che non era entrato Christopher a far parte della sua vita, poi quando anche la presenza di suo marito era sparita se ne era ritrovata privata un’altra volta. Con Dominic all’inizio non aveva percepito quel genere di presenza, ma in quegli ultimi giorni invece era stato così, e questo era il punto che la infastidiva leggermente o, meglio, le faceva provare quella sensazione così strana.

Si sentiva una donna accanto a lui, e non una persona che all’improvviso non era più riuscita a suscitare l’interesse di suo marito e che non aveva più avuto nessun motivo di sentirsi bella e desiderabile. Sapeva benissimo che Dominic non lo faceva affatto con quell’intento, ma le piaceva come la toccava, il fatto che l’abbracciasse spesso, come la sua mano si posava leggermente sulla sua spalla quando le cedeva il passo ad una porta. Le piaceva come il suo braccio di tanto in tanto si stringeva intorno alle sue spalle o alla sua vita in un gesto rassicurante, come quei gesti erano prolungati sempre un secondo in più del necessario perché Dominic li prolungava, indugiando un po’, come se gli dispiacesse discostarsi da lei.

Si era ritrovata improvvisamente a pensare che se era così anche nell’intimità doveva esser anche bravo. Si era sentita avvampare, quel pensiero non l’aveva proprio potuto prevedere e si era improvvisamente vergognata da morire. Per fortuna era arrivata da Dominic stesso una scusa per doversi concentrare su qualcos’altro.

- Trentadue orizzontale: consente di fregiarsi del titolo di dottore. Sei lettere.-

- Laurea.- aveva risposto prontamente lei.

Dominic aveva scritto la parola nelle caselline quadrate del cruciverba mentre Owen, con un costumino addosso con su disegnati dei pesci rossi era tornato verso di loro per far vedere la conchiglia che aveva trovato. L’aveva fatta vedere a Dominic, che aveva momentaneamente lasciato il quotidiano che teneva sulle ginocchia da una parte, per poi suggerirgli di darla alla mamma.

- Che bella, è per me?- gli aveva detto la donna dopo due secondi.

Owen aveva annuito soddisfatto, quindi, facendo una corsetta, era scappato pochi metri lontano da loro, sul bagnasciuga, dove stava giocando con la paletta, il secchiello e il rastrello. Irene aveva messo la conchiglia nella borsa di paglia dove aveva portato tutti i giochi da mare di Owen.  Aveva sorriso a Dominic quindi, decidendo di non pensare più ad altro se non a quanto fosse piacevole stare lì sulla spiaggia, con lui e suo figlio poco lontano, a godersi quel sole che a Birmingham ovviamente non c’era. Dominic le aveva sorriso di rimando riprendendo in mano il giornale.

- Trentaquattro orizzontale: pollaio senza polli, due lettere… o a?-

Irene non gli aveva risposto l’aveva guardato sempre con un sorrisino divertito sulla faccia.

Dominic le aveva sorriso nuovamente, guardando la sua figura di profilo, mentre si teneva le ginocchia al petto e lo guardava divertendosi.

- Che hai da ridacchiare sotto i baffi?-

- Niente, è che sembri in incognito! Almeno la maglietta potresti toglierla!-

- Guarda che non sembro, sono in incognito!- le aveva risposto sorridendo mentre scriveva le lettere o a nelle caselline del trentaquattro orizzontale. - I tatuaggi che ho sulle braccia sono peggio del dna, mi beccano subito! E poi non mi voglio abbronzare.-

- Ok, capisco i tuoi motivi ma sei buffo! Quindi non mi chiedere perché ridacchio!-

- Non te lo chiedo più, va bene… magari evita di prendermi troppo per il culo però!-

- Ci provo.- aveva detto cercando di essere seria Irene, che a differenza di lui stava al sole, a pochi centimetri di distanza. Si era alzata un momento e aveva scosso appena il telo da mare, sistemandolo e sdraiandosi a pancia in giù, ma reggendosi con i gomiti. - Il prossimo?- aveva chiesto quindi.

Dominic aveva cercato il segno. - Trentacinque orizzontale. Solido geometrico con le facce tutte uguali, quattro lettere.-

- Cubo?- aveva chiesto Irene.

- Direi di sì.- aveva risposto scrivendolo. - La fine di fiore, due lettere, sarà r e, immagino…- aveva continuato a dire sbirciando la richiesta successiva.

- Credo proprio. Che stupidaggine questo cruciverba… che giornale è?-

- Los Angeles Times.- detto questo aveva sorriso, per poi commentare la richiesta successiva.

- Uh, questa proprio non la so… trentasei orizzontale, sette lettere: Peter, il regista neozelandese della trilogia del Signore degli Anelli e di King Kong…-

Irene aveva riso. - Eh, proprio a te doveva capitare una domanda simile, come fai a saperlo!-

- Troppo difficile, lo lascio in bianco, forse ci viene con le verticali!- aveva continuato a scherzare mentre riempiva le caselline. - Hai ragione, questo cruciverba è una stronzata!- aveva aggiunto dopo, mettendo il giornale da una parte, accantonandolo.

Per un po’ erano rimasti ognuno assorto, per conto loro. Irene stava tranquillamente prendendo il sole, Dominic si era perso a guardare il panorama davanti a lui. Una spiaggia come tante su quella costa degli Stati Uniti, mediamente affollata per essere sabato mattina, temperatura ottimale con un leggero alito di vento che mitigava il sole di mezzogiorno. Owen poco lontano stava scavando una buca sul bagnasciuga, probabilmente nel tentativo di trovare l’acqua. Stava lavorando con precisione, metteva tutta la sabbia che toglieva nel secchiello e ogni volta che lo riempiva lo andava a svuotare poco lontano. Quando tornava faceva un salto dentro la buca, per vedere a che profondità era. Sembrava divertito, assorto com’era. Improvvisamente aveva fatto una corsetta ed era tornato verso di loro, con un’altra conchiglia. Da quando aveva cominciato gli scavi ne aveva già portata qualcuna, anche questa l’aveva data a Irene.

- Lo facciamo il bagno prima di pranzo?- aveva chiesto alla donna.

- Sì, fra un’oretta ci andiamo a fare una nuotata.- lo aveva rassicurato.

- E tu vieni?- aveva chiesto quindi girandosi verso Dominic.

- No, credo di no.-

- Perché, non sai nuotare?

- Sì che so nuotare!- aveva ribattuto.

- E allora perché non vieni?-

- Non posso fare il bagno.-

- Perché, ti senti male come mamma l’altra settimana?-

Irene si era girata leggermente imbarazzata, Owen non si era chiesto niente perché era ancora piccolo per preoccuparsi di certe faccende che riguardavano l’universo femminile, ma Dominic poteva capire benissimo a cosa si potesse riferire. - Owen, dai non essere insistente!- gli aveva detto.

Dominic aveva sorriso per l’uscita del bambino e l’imbarazzo della donna che era riuscito a percepire.

- Sto bene, solo che non voglio prendere il sole. Anche se mi andrebbe di fare una nuotata.-

Owen, anche per il richiamo di Irene, si era accontentato di quella spiegazione, aveva fatto un’altra corsetta verso i suoi attrezzi da lavoro, li aveva raccolti nel secchiello e poi era tornato indietro. Si era seduto tra Irene e Dominic, sulla striscia di sabbia che c’era libera tra loro.

- E la buca?- aveva chiesto Dominic.

- Non mi va più.- aveva ribattuto serio il bambino, che subito dopo però aveva ripreso i suoi attrezzi e si era messo a scavare nella sabbia asciutta tra i piedi di Dominic. Non appena era riuscito ad aprire una piccola buca aveva preso di peso il suo piede destro e lo aveva messo dentro, divertendosi poi a ricoprirla con la sabbia tolta in precedenza. Quindi aveva alzato la testa guardando Dominic e ridacchiando soddisfatto della bravata.

- Sei davvero una piattola tu, eh!- aveva osservato Irene che si era goduta la scenetta. Detto questo si era alzata leggermente e si era sporta verso il bambino, prendendolo per un braccio e attirandolo verso di lei. Se l’era stretto un po’ contro dandogli qualche bacio, mentre gli ripeteva che era un dispettoso di prima categoria. Dominic per un po’ li aveva guardati sorridendo, pensando che era una bellissima scena, ma non aveva detto o fatto niente, si era limitato ad osservarli evitando di pensare alla separazione che li aspettava tutti a breve.

Non era ancora passata quell’ora di cui Irene aveva parlato, ma Owen aveva un po’ insistito per andare a fare il bagno. La donna nel frattempo aveva pensato che in effetti fra un’ora sarebbe stato tardi così gli aveva detto che andava bene, di aspettare solo qualche altro minuto. Nell’attesa era tornato alla buca con i suoi attrezzi.

Irene, che fino a quel momento era rimasta seduta con le gambe incrociate sul suo telo si era alzata ed era andata a sedersi all’ombra accanto a Dominic che subito le aveva passato un braccio attorno alle spalle posando la sua mano sul braccio destro di Irene.

Lei aveva sorriso, pensando a quello che le era passato per la testa poco prima.

- Ho da farti una proposta. - aveva detto. Dominic l’aveva guardata incuriosito invitandola a parlare, quindi si era voltata verso la sua borsa e aveva tirato fuori un flacone con una crema protettiva.

- Schermo totale, resistente all’acqua, è da bambini. Anche se è più di mezzogiorno per stare una mezz’oretta al sole con questa non ti abbronzi nemmeno.-

- Allettante, ma meglio di no.- aveva risposto abbastanza tentato.

- E dai, non ti far pregare! L’unica volta che ti ho visto nell’acqua è stato nella piscinetta di gomma che tua madre aveva messo per te e per Matt nel giardino della vostra casa a Düsseldorf… mi pare almeno che fosse lì, ne avete girate troppe di città in Germania perché mi ricordi. Comunque tu avevi l’età di mio figlio a quei tempi!-

Dominic aveva riso. - Sì, era Düsseldorf. Oddio che ricordi remoti, mi stanno sovvenendo delle immagini che avevo completamente messo nel dimenticatoio! La odiavo quella cosa di gomma, ma mia mamma sembrava tanto contenta che io un po’ ci stavo per farle piacere, ma poi mi davo alla fuga!-

- Sì, lo facevi sempre! Dopo un po’ scavalcavi e ti mettevi a correre con le chiappette al vento sul prato finchè tua mamma non ti riacchiappava e ti avvolgeva nell’asciugamano!-

- Poi anche questa cosa del costumino… Matt ne aveva otto quindi a lui sì, io ne avevo sempre tre, ero piccino e allora potevo fare anche senza! Io invece avrei preferito averlo invece, accidenti! Era imbarazzante dover scappare con il pistolino all’aria, molto lesivo della mia dignità infantile…-

Mentre Irene stava ridendo divertita per la performance ironica che lui le aveva appena offerto, inaspettatamente, Owen era nuovamente tornato verso di loro e, la donna non sapeva se casualmente o perché li aveva sentiti, aveva provato a convincere a sua volta Dominic ad unirsi a loro.

- Ci hai ripensato? Vieni a fare il bagno?-

- Ma ce l’avete con me oggi voi due?- aveva detto lui, che comunque stava per arrendersi.

Irene aveva guardato Owen, che a sua volta aveva guardato la sua mamma, aspettando una mossa.

- In effetti sì, ce l’abbiamo con te!- aveva detto infatti, incitando il bambino a fare quello che anche lei stava facendo, ovvero una carica a colpi di solletico, a causa della quale Dominic si era dovuto arrendere.

- E va bene, avete vinto! Verrò a fare il bagno o mi sa che sono un uomo morto!- aveva esclamato mentre gli altri due si scambiavano un cinque. - Siete disonesti perché non si caricano le persone in due, questa è superiorità numerica, ma va bene, mi adeguerò alla massa!-

Irene lo aveva guardato di sotto in su:- Superiorità numerica… un innocente bambino di quattro anni e la sua esile mamma, ma vergognati!-

- Sul bambino innocente non sono molto d’accordo!- aveva osservato Dominic divertito, quindi si era tolto il cappellino e gli occhiali, poi la maglia. - Senti, quella protezione?- le aveva chiesto.

Irene si era girata un’altra volta verso la sua borsa, Dominic si aspettava che gli desse il flacone, lei invece se ne era messa un po’ sulle mani e si era messa in ginocchio dietro a lui, incominciando a mettergliela sulle spalle.

- Grazie.- le aveva detto.

Lei gli aveva semplicemente detto a mezza voce di niente, sentendosi davvero disonesta. Di fatto aveva sperato che lui le chiedesse di aiutarla non appena gli aveva offerto quella crema protettiva, poi senza tanto rifletterci aveva preso da sola l’iniziativa. Solo che si era improvvisamente resa conto della stupidità del gesto a cose fatte, ormai era in ballo e se anche si sentiva un po’ imbarazzata doveva continuare.

Owen poco dopo aveva cominciato a scalpitare per spingere gli altri a sbrigarsi, Irene quindi si era affrettata un po’, il bambino non appena lei aveva detto ho fatto aveva preso a tirare la mano destra di Dominic per farlo alzare. Lui l’aveva assecondato, mettendosi tempestivamente in piedi.

- Sei una zecca oggi, più del solito!- aveva scherzato.

- Andiamo!- aveva incitato ancora Owen.

L’altro prima si era messo a ridere, poi l’aveva preso in braccio mettendoselo su una spalla e gli aveva dato una pacchetta sul sedere. Il bambino aveva riso.

- Ecco, ora andiamo, pecorella!- aveva esclamato Dominic che, prima di cominciare ad andare verso l’acqua, si era voltato porgendo la mano destra ad Irene. Lei l’aveva presa lasciandosi condurre.

Non si erano spinti dove l’acqua era troppo alta, era stata Irene a decidere fin dove potevano andare, facendo arrivare il livello all’altezza del petto per loro adulti, Owen non ci toccava ma quando Dominic l’aveva fatto scendere dalla sua spalla aveva visto che nuotava come un pesce. - A Birmingham andava regolarmente in piscina, poi l’acqua gli è sempre piaciuta.- aveva spiegato la donna.

Per una mezz’ora erano rimasti a fare il bagno, loro a chiacchierare del più e del meno mentre Owen nuotava loro intorno, fino a che Irene aveva deciso che era il momento di uscire e il bambino aveva chiesto di rimanere ancora.

- No, perché poi ti vengono le branchie e mi tocca lasciarti qui da solo!- aveva scherzato.

Owen si era dovuto arrendere, mentre loro adulti camminavano verso la riva lui li seguiva nuotando. Quando erano stati nell’acqua abbastanza bassa perché lui potesse camminare come loro però, ancora nuotava. Anzi, aveva cominciato a fare dei ruggiti, come se volesse spaventarli, Irene era stata al gioco.

- Oddio un pescecane! Oddio mi azzanna!- aveva detto appoggiandosi a Dominic, che, senza pensarci, le aveva stretto le braccia intorno alla schiena sollevandola appena da terra, stando al gioco anche lui.

- Ti salvo io da quella bestiaccia, soave fanciulla!- aveva detto, scatenando le risate di Owen che si faceva “pericolosamente” vicino ai piedi di sua mamma.

Prima che Irene si rendesse conto di essere talmente vicina a Dominic che riusciva a sentire l’odore della salsedine direttamente sul suo collo e che aveva le sue mani sulla sua schiena nuda che la stringevano era passato qualche secondo, ma quando ne aveva preso atto si era sentita arrossire violentemente.

Le era sembrato di essere una ragazzina alla prima cotta e non una donna di trentotto anni.

Si era data della stupida, Dominic stava solo giocando con suo figlio che ridacchiava ancora e fingeva di ringhiare, ma si sentiva così imbarazzata e perciò a disagio, per quanto quel contatto fosse immensamente piacevole, che aveva dovuto chiedergli di lasciarla.

- Eh?- aveva chiesto Dominic che non aveva capito cosa avesse detto.

- Per favore, mettimi giù…- aveva ripetuto lei categorica.

Dominic aveva avuto anche paura di aver fatto qualcosa che non doveva. Il sorriso di lei nuovamente con i piedi per terra l’aveva tranquillizzato però.

Una volta sulla spiaggia avevano recuperato le loro cose ed erano andati a mangiare in un locale vicino alla spiaggia, poi subito a casa. Non avrebbero potuto rimanere lì molto di più dato che aspettavano Sakumi e Yume a cena quella sera.

Irene era rimasta con quella sensazione di imbarazzo misto a piacere per quel contatto per un bel po’. Nonostante tutto, non era riuscita proprio ad impedirselo.

 

***

 

Sakumi era arrivata a casa loro dopo le sei del pomeriggio con Yume e il dvd del Re Leone. Irene, che aveva immaginato che avrebbe avuto poco tempo per preparare la cena, il giorno prima si era portata avanti con il lavoro e fortunatamente non aveva molte cose che le erano rimaste da fare. Nonostante questo si erano messe in cucina ugualmente, per fare due chiacchiere tra loro, avevano allontanato anche Dominic che era stato messo a guardia delle due piccole pesti. Sakumi gli aveva dato il dvd e gli aveva chiesto di far vedere loro il cartone.

- Agli ordini signore…- aveva detto. - Vi lascio alle vostre chiacchiere private.- aveva osservato, cosa che aveva fatto sorridere le due donne, che erano state beccate nel loro tentativo di avere privacy.

Non gli dispiaceva del resto, aveva richiamato i bambini e gli aveva portati in soggiorno.

Rivolgendosi a Yume le aveva fatto strada verso il divano dicendole con un tono volutamente cerimonioso prima lei signorina, poi si era voltato verso Owen e gli aveva detto: sempre prima le ragazze, ricordatelo.

Il bambino aveva annuito, non aveva capito il perché ma aveva afferrato il messaggio.

Guardare i cartoni in compagnia di bambini era sempre estremamente divertente, ci si poteva davvero rendere conto di quanto fossero divertenti per loro. Owen e Yume scoppiavano a ridere di tanto in tanto, specialmente quando i personaggi facevano cose buffe o un tantino schifose, a volte magari non capivano delle battute, che probabilmente gli sceneggiatori inserivano per rendere gli spettacoli gradevoli anche ai genitori che accompagnavano i bambini. Dominic a metà della canzone “Hakuna Matata” si era ritrovato a ridere e Yume ed Owen, seduti accanto a lui, l’avevano guardato perplessi senza capire il perché.

- Ehm… niente…- aveva spiegato lui che si era messo a ridere perché uno dei due animali che cantavano aveva chiesto all’altro di non parlare di gas intestinale davanti ai bambini.

Yume canticchiava tutte le canzoni, in un certo momento in cui era arrivata Sakumi a vedere come se la cavavano si era unita anche lei al coretto, facendo intendere a Dominic che doveva conoscere quel cartone a menadito. Del resto i bambini si sa, quando si fissano su una cosa, sono capaci di guardare solo quella ininterrottamente senza mai annoiarsi!

A cartone finito i bambini avevano avuto il permesso di andare fuori a giocare fino all’ora di cena, quando era stato il momento di richiamarli erano usciti sulla porta Sakumi e Dominic, che per un attimo erano rimasti a guardarli da lontano mentre insieme sembravano divertirsi da pazzi.

Dominic aveva sospirato. - Oh guardali! Piccoli semi d’amore che germogliano…- per completare esattamente la battuta del film, come la diceva Zazu, avrebbe dovuto finire con nella Savana, ma aveva detto:- …nel mio giardino!-  Sakumi si era messa a ridere e aveva richiamato i bambini.

La serata era andata avanti tranquilla, era finita piuttosto presto in previsione del fatto che la mattina dopo avrebbero dovuto tutti alzarsi di prima mattina. Il volo che dovevano prendere Irene ed Owen partiva alle dieci, quindi dovevano essere all’aeroporto intorno alle nove del mattino, Sakumi si era offerta lei di accompagnarla, quindi si erano date appuntamento per le otto e mezza del giorno dopo.

Quasi come se fosse subentrato un certo imbarazzo, misto a quella sana repulsione per gli addii che un po’ tutti hanno, dopo aver messo a letto Owen e aver sistemato la cucina insieme a Dominic, Irene non aveva dimostrato di avere molta voglia di chiacchierare. Lui l’aveva capita benissimo, dato che come lei non avrebbe saputo cosa dire. Si sentiva imbarazzato e un po’ triste e se anche avrebbe avuto tante cose da dirle alla fine non ci era riuscito. Era stato più comodo per entrambi darsi la buonanotte e chiuderla così, forse la notte avrebbe portato consiglio, almeno lo speravano.

 

Irene non riusciva a prendere sonno, stava mentalmente facendo la lista di tutto quello che doveva fare, con il terrore addosso che ci fosse qualcosa che aveva dimenticato. La porta della sua stanza era accostata, vedendo che il corridoio era lievemente illuminato aveva immaginato che anche Dominic fosse sveglio, chissà poi perché.

Quando a notte inoltrata aveva sentito che anche Owen si era svegliato non gli aveva volutamente chiesto se ci fosse qualcosa che non andava, l’aveva appena spiato sentendolo mentre scivolava verso il bordo del letto e scendeva. Si era girata dalla sua parte per vedere dove volesse andare, il bambino aveva preso la porta che dava sul corridoio ed era uscito, Irene aveva scorto la sua figuretta dirigersi verso sinistra, probabilmente da Dominic. Aveva immaginato che, come già altre volte aveva fatto, volesse stare un po’ con lui.

Quello che era strano era stato il fatto che Irene aveva pensato che, se avesse potuto, avrebbe anche lei voluto passare dell’altro tempo con Dominic, ma forse lui avrebbe giudicato strana la sua intrusione. Aveva avuto anche una mezza idea di raggiungerli, fingendo di essersi svegliata e di non aver trovato Owen, potrebbe essere stata l’occasione adatta, forse sarebbe riuscita a salutare Dominic come si deve, ma poi ci aveva ripensato.

Nonostante sapesse che era stupido non poteva impedirsi comunque di sentirsi un pizzico gelosa di quella cosa, solo che in quel momento non lo era solo di Dominic, e forse non era puramente gelosia, era un fastidio strano. Si era sporta per un momento verso il pulsante di accensione l’abat-jour che stava sul comodino dall’altro lato del letto, aveva acceso quella lampada per avere nella stanza almeno un po’ di luce, quindi si era alzata dirigendosi alla porta, dove era rimasta sperando di sentire qualcosa. Aveva sentito che stavano parlottando tra loro, ogni tanto ridacchiavano, ma non riusciva a sentire chiaramente cosa si stessero dicendo. Non voleva avvicinarsi, sarebbe stato spiarli, quando aveva sentito scendere il silenzio era tornata a letto accostando la porta il più possibile, pensando che Owen ormai sarebbe rimasto di là con Dominic.

Si era messa su un fianco, dando le spalle alla porta, per il momento non aveva spento la luce. Guardava la sua immagine riflessa nel vetro della porta finestra che stava davanti a lei, un’immagine sfocata che le faceva scorgere solo i contorni della sua figura. Almeno fino a che la porta non si era aperta piano.

Irene non sapeva come avesse fatto a trattenersi dal girarsi di scatto, forse perché non appena aveva capito cosa stava succedendo aveva potuto tranquillamente spiare tutto dal riflesso sulla porta a vetri che stava davanti a lei, quella che dava su un balcone sulla facciata anteriore della casa.

Dominic era entrato nella sua stanza con Owen in braccio.

Mentre lo teneva addormentato tra le sue braccia era rimasto per qualche secondo a guardare verso di lei, ed Irene si era sentita molto in imbarazzo, una sensazione simile a quella che aveva provato quel pomeriggio in spiaggia quando lui l’aveva tenuta stretta contro di lui.

Continuava a guardarli riflessi nel vetro e a pensare che forse poteva, per una volta nella vita, lasciarsi andare ad un gesto meno ragionato del solito.

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Capitolo 34
*** A presto ***


Nuova pagina 1

Salve a tutti!

Ho detto che questa settimana scrivo la parola fine e sono super intenzionata a mantenere la parola, anche perché non mi è mai capitato di pubblicare un fan fic nell’arco di cinque mesi… dico cinque mesi porca paletta! The Simple Things, che come numero di capitoli era uguale, in un mese era tutta fuori! Sto perdendo colpi, la colpa è dell’università! O perché invecchio male? Può darsi…!!!

Quindi non vi faccio penare molto per sapere di quale natura sia il famigerato gesto!

Credo che quello che metto su oggi sia il capitolo che emotivamente è il più coinvolgente di tutta la storia, anche più del super epilogo (otto pagine abbondanti, per la cronaca) che metterò dopodomani. Mi saprete ridire voi, comunque.

Grazie mille Claudietta, certo con altri venti capitoli sarebbe diventata la novella dello stento, ma fa piacere sapere che me l’avresti seguita comunque. Un grazie mille anche a Crazy, la zecca è un furbacchione, ti conquista al primo sorriso e mancherà anche a me! Anch’io sono indietro, per la cronaca… per le altre storie e in molti altri sensi! Me tapina!

Grazie anche a Bloody, spero che i momenti lenti non siano risultati troppo pesanti, anche se credo che non dovrebbero esserlo stato almeno troppo da quello che dici. Grazie per avermelo fatto notare e pe avermi detto del rapporto dom/mamma/bimbo. Alla fine credo di ripetermi, ma è sempre la stessa storia, finché non c’è l’impatto con chi ti legge è un po’ difficile giudicare il proprio operato.

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Capitolo Trentatreesimo - A presto

 

Non era più successo che Owen notte tempo andasse a far visita a Dominic, da una parte lui ne era stato anche sollevato: non avrebbe più saputo come comportarsi in una situazione simile considerando il fatto che Irene una volta gli aveva detto di non permetterglielo.

Lui aveva mille pensieri in testa quella notte e non riusciva a dormire, come faceva spesso in quelle situazioni aveva acceso la luce sul comodino e si era messo sdraiato sulla schiena a fissare il soffitto, quasi come se quell’attività gli avrebbe potuto far ritrovare il sonno. Quando l’aveva visto fare capolino dalla sua porta era stato contento, nonostante il fatto che sapeva che Irene non avrebbe gradito a lui erano mancate quelle dimostrazioni d’affetto spontanee e dirette che Owen aveva per lui.

- Ciao.- gli aveva detto il bambino. Dominic gli aveva risposto con un cenno della mano.

- Posso stare un po’ con te?- gli aveva chiesto in quel modo che aveva di chiedere le cose quando non voleva sentirsi dare un no come risposta, metodo estremamente efficace dato che in genere era davvero difficile se non impossibile deludere le sue aspettative.

Dominic aveva pensato che, come ogni volta che era successo, anche il bambino forse aveva qualcosa da dirgli e qualche pensiero che non lo faceva dormire, così gli aveva detto di sì e aveva aspettato che trotterellando arrivasse e che salisse. Non appena Owen si era arrampicato sul letto infatti gli aveva chiesto cosa non andasse. - Hai un grilletto per la testa?- gli aveva domandato.

Owen aveva scosso la testa. - Io no ma tu sì perché non dormi.- aveva osservato giustamente il bambino.

- Se è per questo non dormi nemmeno tu delinquente che non sei altro!- gli aveva risposto Dominic incominciando a fargli un po’ di solletico. Il bambino si era sdraiato ridacchiando, cercando di difendersi, poi, quando aveva smesso era tornato a mettersi seduto con le gambe incrociate davanti a lui, al fianco di Dominic che gli aveva fatto una carezza sulla testa quasi come per farsi perdonare del dispetto.

- Veramente non dormo perché ho gli animalini che mi corrono nella pancia.- aveva ammesso Owen.

Dominic lo aveva guardato un po’ perplesso, così il bambino si era messo la mano sul ventre.

- Mi fa male qui, perché ci sono degli animalini cattivi che corrono su e giù e non mi fanno dormire.- aveva spiegato.

Era carina come definizione del mal di pancia, anche se Dominic dubitava che fosse vero, però l’aveva assecondato. - Mi dispiace…- gli aveva detto.

- Non ti preoccupare, - aveva detto Owen con un tono molto adulto, - fra un po’ mi passa.-

Dominic gli aveva sorriso e gli aveva fatto un’altra carezza.

- Sei contento di tornare a casa tua?- gli aveva chiesto dopo qualche secondo.

Owen ci aveva pensato un po’ su, aveva detto sì ma non sembrava convintissimo, solo quando aveva detto così vado da papà e da nonna gli si era illuminato lo sguardo.

- Lo sai, mamma mi ha detto una cosa stamattina. Mi ha detto che papà comunque non ci torna a stare a casa con noi anche se torniamo. Però mi ha detto che ogni tanto ci vado io a casa sua, e poi mi ha detto che non devo mai pensare che lei e papà non mi vogliono bene. Io però non l’ho capito perché me l’ha detto, io lo so che mi vogliono bene, perché devo pensare che non me ne vogliono?-

Dominic l’aveva guardato e gli aveva sorriso. Aveva immaginato che Irene avesse provato a spiegargli come sarebbe stata la sua vita da quel momento in poi a Birmingham, Owen come tutti i bambini aveva interpretato tutto a modo suo, e in modo più che giusto, pensava.

- Ma infatti è così, ma lo sai, ogni tanto può succedere che una persona sia arrabbiata per qualcosa con un’altra e che per un momento si dimentichi di quanto bene gli vuole.-

- Io non smetto mai di volere bene a mamma, anche se sono arrabbiato con lei.- aveva ribattuto energicamente Owen. Dominic non aveva potuto fare a meno di ridere leggermente, poi il bambino aveva ripreso a parlare.

- Ma tu, quando io e mamma ce ne andiamo, che fai? Rimani qui da solo?-

Dominic aveva smesso subito di ridere, colpito tanto da ciò che il bambino gli aveva detto, tanto dal fatto che, sicuramente in modo inconsapevole, aveva toccato un punto debole.

- Da solo no, con Lilly.- gli aveva risposto cercando di sorridergli e di essere rassicurante. - Mi farà compagnia lei, come prima che tu e la tua mamma arrivaste.-

Owen era sembrato abbastanza soddisfatto di quella risposta, si era guardato per un momento intorno, poi era ritornato con lo sguardo su di lui, l’aveva guardato bene prima e poi gli aveva chiesto con un tono grave:- Ma io e te non ci rivediamo più?-

Dapprima era rimasto un momento interdetto da quella domanda, ma dopo pochissimi secondi si era seduto sul letto e aveva teso le braccia verso Owen dicendogli in modo protettivo vieni qui, cosa che il bambino aveva fatto. Si era accoccolato subito tra le sue braccia sedendogli sulle ginocchia, Dominic l’aveva abbracciato forte, tenendogli una mano sulla testa mentre lo teneva stretto contro la sua spalla.

- Ma certo che ci rivediamo…- gli aveva detto semplicemente.

Aveva già pensato in quei giorni in cui era stato sicuro che Irene fosse decisa a tornare in Inghilterra che lei e Owen gli sarebbero mancati, ma in quel momento aveva avvertito veramente a cosa stava andando incontro. Quel distacco lo avrebbe fatto stare davvero malissimo.

Si chiedeva come fosse potuto accadere in sole sette settimane che lui si attaccasse tanto a quel bambino, nella stessa misura in cui si era legato a sua madre, nonostante tutte le incomprensioni che c’erano state, che sembravano niente rispetto al dispiacere che stava provando al pensiero che il giorno dopo sarebbero andati via. Dall’altra parte aveva finalmente compreso di quale portata dovesse essere quell’angoscia che Christopher aveva provato a stare lontano da loro, da Owen soprattutto. Era strano in quel preciso momento pensarlo, ma si era sentito tanto felice per lui quanto non lo era per se stesso.

Owen si era per un momento liberato della sua stretta, aveva alzato la testa verso di lui, per incontrare il suo sguardo. - E quando ci vediamo?-

- Eh, questo non lo so… quando vengo in Inghilterra ci possiamo vedere, vedrai che verrò prima o poi.-

- E vieni a trovarmi a casa mia con Lilly?-

- Con Lilly non penso, ma forse tu verrai a casa mia in Inghilterra.-

- Perché tu stai anche lì? E’ grossa come questa la tua casa in Inghilterra?-

- Sì, prima stavo anch’io là. Tu ci sei stato a casa mi Inghilterra, lo sai quant’è grande.- gli aveva risposto, dato che sapeva che con sua madre e sua nonna ci doveva essere stato spesso.

- Ma io non ti ho mai trovato perché non mi ricordo che eri da nessuna parte.-

- Perché io stavo sempre qui in America. A me hanno raccontato che tu ci sei stato spesso a casa dei miei genitori invece.-

Ovviamente, dopo quest’osservazione, il bambino aveva chiesto:- E chi sono i tuoi genitori?-

- Maureen e Austin.-

Owen l’aveva guardato incredulo. - Maureen è davvero la tua mamma?-

Dominic aveva sorriso e annuito.

- Allora è vero che ci sono stato a casa tua. La tua mamma e il tuo papà mi piacciono, sono simpatici.-

Avevano continuato per poco a chiacchierare, Owen si era prodotto in un paio di sbadigli che avevano fatto intendere a Dominic che forse finalmente si era un po’ tranquillizzato ed era pronto per dormire. Quando si era appoggiato contro il suo petto chiudendo gli occhi come se volesse addormentarsi direttamente in braccio a lui, senza dare alcun preavviso di volerlo fare, sebbene sapeva che sarebbe stato meglio dirgli di tornare a dormire nella sua stanza, Dominic non aveva avuto cuore di farlo. Aveva pensato che poteva aspettare che si addormentasse tranquillo e poi riportarlo mentre dormiva in camera di Irene, in modo da fare contento lui ed obbedire ad un preciso volere della madre. Così aveva fatto.

Quando gli era sembrato che dormisse profondamente, sempre tenendoselo in braccio, era scivolato sul bordo del letto per rimettersi in piedi, con lentezza era uscito fuori dalla sua stanza diretto alla loro, verso destra, dall’altra parte del corridoio.

Cercando di fare più piano che poteva con il piede aveva discostato leggermente la porta per vedere che dentro la stanza c’era un’abat-jour accesa sul comodino opposto a quello di Irene. Dominic per un momento aveva pensato che fosse sveglia e che forse stava in apprensione per Owen, o magari si stava chiedendo perché ci metteva tanto il bambino a tornare. Forse poteva essersi innervosita per via del fatto che Dominic non aveva riportato subito Owen a letto, per lo meno lui l’aveva temuto in quel momento. Sarebbe stato davvero brutto se, dopo quella ritrovata calma, per una cosa simile avessero trovato nuovamente un motivo per covare del rancore l’uno nei confronti dell’altro, proprio il giorno in cui Irene sarebbe ripartita per l’Inghilterra, definitivamente.

Immerso in questi pensieri era rimasto con il bambino in braccio sulla porta, guardando interrogativamente Irene e chiedendosi cosa stesse facendo. Non la poteva vedere in viso, nella posizione in cui era, sdraiata su un fianco, gli dava le spalle; l’unico movimento che Dominic riusciva a percepire era il leggero e regolare alzarsi ed abbassarsi delle lenzuola che lei causava respirando, un movimento molto discreto che lui era riuscito ad avvertire solo guardandola attentamente, nell’ardua impresa di capire se Irene stesse dormendo oppure no.

Dapprima per lo meno questo era stato il motivo per cui si era soffermato sulla sua figura, poi in verità era rimasto per qualche secondo ancora tenendosi Owen in braccio a contemplare lei, una cosa che in quei giorni non aveva potuto evitarsi di fare spesso in verità. Che gli piacesse non era un segreto, gli era sempre piaciuta fin da bambino, anche se non le aveva mai prestato una grande attenzione fino a che non era stato un adolescente. Di cosa era successo quando aveva quell’età in quelle sette settimane se n’era ricordato tanto spesso che a volte non era stato difficile sentirsi come quando aveva quindici anni.

Certo allora non avrebbe mai potuto immaginarsi quella situazione in cui era in quel preciso momento, fermo sentendo di non poter fare a meno di osservarle la curva che disegnava il suo fianco sotto le lenzuola, continuando a tenersi in braccio Owen che dormiva piuttosto profondamente.

Dato che non si era mossa minimamente, Dominic aveva immaginato che stesse dormendo, sempre cercando di non fare il minimo rumore si era avvicinato alla parte del letto libera. Le lenzuola erano tirate da un lato, probabilmente era stato Owen stesso a lasciarle così quando si era alzato, lui si era limitato ad appoggiarlo delicatamente sul letto, a coprirlo con il lenzuolo e a dargli un bacio, pensando di tornare nella sua stanza subito dopo averlo fatto.

Avvicinandosi ancora di più però, la sua prospettiva della figura di Irene era sensibilmente cambiata, era più vicino a lei e il suo sguardo era tornato sul suo profilo senza che lui avesse nessun controllo della cosa, come se fosse del tutto naturale approfittare di quella visuale. Pur sapendo che toccandola avrebbe rischiato di svegliarla non era riuscito a trattenersi dall’allungare la sua mano verso di lei, con leggerezza le aveva spostato una ciocca di capelli, liberandole il collo. Aveva ripetuto il gesto, involontariamente le aveva sfiorato l’orecchio.

- Il ricordo di un primo amore non si scorda mai per davvero…- aveva sussurrato, con il sorriso sulle labbra. Ed era vero, assolutamente vero.

L’aveva detto pianissimo, praticamente tra sé e sé, ma l’aveva detto. A quel punto non è che avesse una grande importanza, aveva già valicato in quei pochi secondi il limite di quello che solitamente si sarebbe permesso di fare, scusandosi semplicemente dicendo a se stesso che non avrebbe mai più avuto un’occasione simile. Solo che Irene si era mossa, si era girata verso di lui e l’aveva guardato.

Aveva ritratto la mano immediatamente quasi come se si fosse spaventato. Sulle prime aveva pensato di averla svegliata, ma nel giro di pochi secondi non era stato difficile intuire che Irene doveva essere stata sveglia anche prima, solo che per qualche ragione che lui non riusciva a capire non gliel’aveva detto subito. Si vergognava da morire, forse l’aveva sentito chiaramente dire quella cosa.

- Scusami, - le aveva detto bisbigliando, - non volevo…-

Irene gli aveva fatto cenno di non parlare, lentamente era tornata a dargli le spalle, giusto per un momento finchè non si era seduta sul letto e si era alzata.

Dominic era rimasto immobile in piedi davanti all’altra parte del letto, non riuscendo minimamente ad intuire cosa Irene stesse facendo, almeno fino a che non gli era andata vicino quel tanto che bastava perché allungando la mano riuscisse a prendere la sua.  L’aveva condotto fuori dalla stanza, quando anche lui era stato nel corridoio Irene si era assicurata di chiudere bene la porta di camera sua.

Non che fossero rimasti per molto fuori fronteggiandosi, era stato facile esattamente come erano state facili tante altre cose in quell’ultima settimana, anche se lui per un po’ era rimasto praticamente immobile ad aspettare che fosse Irene a fare il primo passo, dato che nonostante tutto si sentiva intimidito da quella situazione e non sapeva bene quanto lei fosse certa di quello che stava facendo.

Aderendo contro il suo petto l’aveva abbracciato mettendogli il suo braccio destro intorno al collo, prima appoggiando la mano sulla sua spalla e poi facendola scorrere con un gesto lento fino ad arrivare ad accarezzargli la nuca, dove si era fermata. Aveva appoggiato il viso contro il suo collo, esercitando appena un po’ di pressione.

Dominic aveva sentito chiaramente il suo respiro sulla sua pelle e di rimando aveva chiuso gli occhi, come a voler acutizzare gli altri sensi. Le aveva appoggiato la mano che aveva libera dapprima su un fianco, sulla stoffa leggera di quella sottoveste che portava, poi anche lui con lentezza le aveva circondato la vita con il braccio, fermando la mano sull’altro fianco.

La mano con cui Irene aveva tenuto stretta quella di Dominic aveva allentato la presa, permettendo a lui di muoverla. Con un tocco leggero delle dita le aveva percorso tutto il braccio, si era fermato solo per un secondo sulla sua spalla, quasi come se stesse aspettando un segno ulteriore, che Irene gli aveva dato passandogli le sue dita sulla sua clavicola sinistra. La mano di Dominic aveva ricominciato a muoversi, le aveva sfiorato i capelli, spostandoglieli indietro e andando anche lui ad accarezzarle il collo.

Non si era chiesto a cosa quella situazione li avrebbe portati, per il momento si godeva quelle sensazioni, rendendosi conto che durante quella settimana che aveva passato con lei avrebbe voluto trovarsi in quella situazione così tante volte, anche se non ci aveva prestato attenzione perché lo riteneva impossibile e assurdo quasi. Ma in fondo era una vita che Irene gli piaceva.

Anche per lei era tutta strana quella situazione, quel gesto poco ragionato non lo sapeva neppure lei dove andasse a parare, già quello che stavano facendo però era per lei qualcosa di importante, o che per lo meno la faceva sentire tale. Si stavano risvegliando i suoi sensi in quel momento, quelli che era tanto tempo che Irene non sentiva più, inizialmente ignorati e poi riposti in un angolo della sua mente, cercando di non pensare al fatto che non volevano essere dimenticati, come il suo essere una donna.

Dominic, in quel momento come in tutto quel tempo, glielo stava facendo ricordare e lei si sentiva così bene che non le sembrava vero.

Le sarebbe tanto piaciuto che quelle semplici effusioni diventassero qualcosa di più. Era così tanto che non faceva l’amore con un uomo e che volutamente ignorava che le sarebbe andato che essersene resa conto all’improvviso non faceva che aumentare quel desiderio. Solo che non l’aveva mai fatto con un uomo di cui non fosse innamorata e non avrebbe certo cominciato quella notte con Dominic, ammesso che anche lui lo volesse. Anche se in verità poteva dire di amarlo, non era certo nel modo che avrebbe richiesto quella situazione che lo amava, e sapeva anche che, conoscendolo, fare l’amore con lui lo avrebbe mandato in confusione e fargli del male era l’ultima cosa che avrebbe voluto.

Mentre continuavano a scambiarsi effusioni, nella penombra di quel corridoio, Irene, sempre tenendo il viso premuto sull’incavo tra la spalla e il collo di Dominic, aveva ripensato a tutte le fasi della vita che avevano vissuto insieme e si era stupita per l’ennesima che ricordarselo da bambino e da adolescente non l’aveva più toccata in quel momento. Aveva sorriso e gli aveva dato una bacio sulla base del collo, alzando appena la testa subito dopo.

Dominic sentendola distanziarsi appena, aveva aperto gli occhi, aveva continuato a tenerla stretta tra le sue braccia, quasi come se avesse paura che lei scappasse per paura di averle dato l’idea che volesse qualcosa di più. Ma quando l’aveva guardata l’aveva vista sorridergli dolcemente, un’espressione che l’aveva tranquillizzato. Irene gli aveva appoggiato entrambe le mani sul collo e aveva continuato a sorridergli, cosa che anche lui aveva fatto di rimando. Aveva intuito che stava per dirgli qualcosa, almeno avrebbe voluto, ma sembrava quasi non riuscire ad emettere nessun suono. Il suo sorriso si era fatto più pronunciato.

- Oddio…- era riuscita appena a bisbigliare. - Non mi vengono le parole…-

Dominic era rimasto in silenzio a sorriderle, fino a che lei non era riuscita a dire qualcos’altro.

- Grazie per questo, non hai idea di quanto bello sia stato…- si era interrotta per un attimo, leggermente imbarazzata. - E per tutto il resto, ovviamente.-

- Mi mancherai tantissimo… anzi, mi mancherete tantissimo, tu e Owen.- le aveva risposto lui.

Irene era tornata a stringergli le braccia intorno al collo e aveva riappoggiato la fronte contro la sua spalla. Era piuttosto commossa, non avrebbe voluto piangere dato che aveva paura che Dominic, dopo tutte le volte che l’aveva vista piangere in quell’ultimo periodo, l’avrebbe potuta considerare una femminuccia dalla lacrima facile, cosa che non era mai stata. Ma lo sforzo era stato abbastanza inutile.

- No, ti prego non cominciare…- l’aveva pregata Dominic, più per il fatto che anche lui era sul punto di farlo e possibilmente si vergognava anche più di lei. Anche i suoi di sforzi erano andati persi.

Si erano ritrovati a piangere abbracciati, erano rimasti così per un po’ fino a che non si erano calmati, quando erano tornati a guardarsi avevano riso, entrambi per nascondere almeno un po’ del loro imbarazzo. Anche se, ripensandoci, non avevano niente di cui vergognarsi.

- Sarà meglio che andiamo a dormire.- aveva osservato Irene, mentre gli stava accarezzando una guancia con il pollice. Dominic aveva annuito semplicemente, liberandola dal suo abbraccio.

Si erano salutati così, senza aggiungere altro.

 

***

 

Sakumi era appena arrivata al cancello all’entrata, aveva suonato al citofono e Dominic le aveva aperto. Era entrata nel piazzale un minuto dopo con la sua auto, lui la stava aspettando sulla porta.

Appena era arrivata le aveva fatto strada dopo che si erano salutati con un bacio sulle guance.

- Vuoi un caffé?- le aveva chiesto.

- No, grazie, l’ho già preso. Gli altri in partenza?- aveva chiesto la donna.

- Ora scendono, Irene doveva finire di mettere alcune cose in valigia.-

Sakumi era rimasta in silenzio per un po’, aspettando, fino a che non si era girata verso di lui, che le aveva sorriso vedendola guardarlo.- Ti volevo chiedere una cosa.- gli aveva detto.

Lui aveva semplicemente annuito, aspettando che parlasse.

- Pensi che ci potremmo vedere ancora ogni tanto? Sei un ragazzo simpatico Dominic, mi dispiacerebbe se partita Irene dovessimo perdere del tutto i contatti. Mi piacerebbe avere la tua amicizia, ecco, anche se dai rapporti che abbiamo avuto forse potrebbe sembrarti il contrario.-

L’aveva detto apparentemente tranquilla e decisa, ma con un leggero tremolio nella voce, come se fosse leggermente preoccupata di fare quella proposta. Non l’aveva mai sentita incerta, se n’era stupito.

Le aveva sorriso nuovamente, sollevato per il fatto che lei, chiaramente, avesse parlato solo di amicizia, del resto non avrebbe voluto altro in quel momento. Era lusingato che lei gliel’avesse chiesto e nemmeno lui avrebbe voluto perdere i contatti con una donna tanto interessante.

- Me lo chiedi? La prima sera che vuoi basta che mi fai uno squillo e ce ne andiamo a bere una cosa da qualche parte. Anzi, giovedì che fai?- le aveva chiesto già sapendo che era libero quel giorno, in modo da rendere immediatamente concreta quella cosa.

Sakumi gli aveva sorriso. - Andata!-

Irene era comparsa in cima alle scale con una valigia piuttosto grande e all’apparenza pesante tra le mani, Dominic le era andato incontro, ma la donna gli aveva chiesto, piuttosto che aiutarla con quella, di prenderle quella che ancora doveva portare giù e che era rimasta in camera. Lui aveva fatto come le aveva chiesto, trovando Owen che le faceva la guardia. Dominic aveva preso con una mano la valigia e con l’altra la mano del bambino prima di scendere al piano inferiore.

Sakumi ed Irene stavano chiacchierando, lui aveva lasciato il bambino con loro e si era informato se il bagagliaio dell’auto di Sakumi fosse aperto. Alla risposta affermativa della donna aveva aperto la porta e aveva cominciato a portare le valige fuori.

Non era rimasto molto tempo. Mentre ancora le due donne discutevano, Dominic aveva visto che Owen faceva finta di non vederlo. Si era attaccato alla mano della sua mamma e dondolava un po’, cercando di ignorare tutto e tutti in quella stanza, Lilly compresa, che forse recependo quell’aria da addio che c’era si era attaccata subito al suo padrone, chiedendo attenzioni.

Dominic le aveva fatto qualche carezza, quindi era andato verso il bambino e si era abbassato, rimanendo in bilico sui talloni. Gli aveva appoggiato una mano sul gomito per richiamare la sua attenzione.

- Hey rospetto…-

Inizialmente non l’aveva guardato, poi si era voltato verso di lui e gli aveva fatto una linguaccia, Dominic aveva riso.

- Vieni qui, delinquente!- gli aveva detto ridacchiando per la sua faccia tosta, allargando le braccia e stringendolo forte non appena aveva lasciato la mano della mamma e si era attaccato con le braccia al suo collo.

- Allora quando vieni a trovarmi?- aveva chiesto il bambino.

- Presto.-

Owen l’aveva guardato un po’ male, avrebbe preferito qualcosa di più certo.- Me lo prometti?-

Dominic l’aveva guardato serio e si era messo una mano sul cuore. - Giuro!-

Dominic l’aveva abbracciato un’altra volta, mentre lo teneva stretto si era rimesso in piedi, tenendoselo in braccio. - Se te lo mando per posta fra qualche giorno…- aveva detto scherzosamente ad Irene che li stava guardando, come se non lo volesse lasciare.

- Sarà l’ora che ci salutiamo, meglio se non facciamo tardi, a quest’ora all’aeroporto c’è sempre caos.- aveva osservato Sakumi.

- Sì, hai ragione.- aveva detto Dominic, che subito dopo aveva spostato lo sguardo su Irene, che gli era andata incontro abbracciandolo. Lui l’aveva circondata con il suo braccio destro dato che con l’altro teneva sempre Owen in braccio.

Dato che i loro saluti della notte appena trascorsa erano stati effettivamente quelli definitivi, in quel momento non ci si erano persi troppo, Dominic aveva passato Owen nelle braccia della mamma.

- A presto, capito? - aveva detto rivolto al bambino che gli aveva restituito uno sguardo quasi minaccioso.

- Non ti scordare che me l’hai promesso.- aveva detto serio.

Alla sua uscita le due donne avevano riso, Dominic si era avvicinato e gli aveva dato qualche altro bacio, poi, come aveva fatto tanto spesso in quelle settimane, gli aveva fatto delle pernacchie sul collo che l’avevano fatto ridere.

Erano usciti quindi, lui era rimasto sulla porta a guardarli andare via, fino a che non erano stati più nel suo campo visivo.

 

Aveva richiuso la porta, dietro a lui aveva trovato Lilly, che si era seduta sul tappeto all’ingresso e l’aveva guardato incuriosita. Dominic, non sapendo cos’altro fare si era seduto anche lui su quel tappeto, dove tristemente aveva subito pensato che non avrebbe più visto Owen giocare.

Aveva fatto una carezza a Lilly, che aveva guaito e gli aveva teso la zampa, che lui aveva preso.

Le aveva sorriso, trovandosi il suo musetto peloso davanti alla faccia.

- Bella che sei! Ma quanto sarai bella? Troppo bella!- le aveva detto, scatenando la sua entusiastica reazione, un tentativo di leccata che Dominic aveva schivato per un pelo.

- No, non mi leccare!- le aveva detto ridacchiando. - Mettiti giù che ti faccio un grattino, dai!-

Lilly aveva eseguito, si era adagiata con la testa sul suo ginocchio a godersi le coccole. Dopo un po’ l’aveva guardato con aria vagamente perplessa, come se fosse preoccupata per lui.

Dominic, incrociando il suo sguardo, aveva intuito quanto dovesse essere evidente quanto era triste in quel momento. Si stava sentendo nuovamente solo.

Immediatamente aveva pensato che non doveva nemmeno provarci a crogiolarsi in quella sensazione.

Aveva sorriso a Lilly, sempre accarezzandole la testa, poi le aveva preso il muso tra le mani e l’aveva guardata bene.

- Tu non te ne vai vero? Stai qui, con me…-

Lilly si era alzata incominciando a dimenare la coda a destra e a sinistra.

-…no che non mi abbandoni perché mi vuoi tanto bene! La mia bella cagnolina!-

Per Lilly era stato praticamente un invito, senza badare a lui che le diceva di non leccarlo si era avvicinata ancora quanto bastava e aveva tirato fuori la lingua lunga e ruvida piazzandola sulla guancia di Dominic senza sentire ragioni.

- E basta!- le aveva detto lui al secondo bacino, ma la cagnolina aveva continuato.

In fondo era un bugiardo, non gli dispiaceva affatto, e lei che lo capiva al volo doveva aver inteso anche quanto avesse voglia di coccole in quel momento.

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Capitolo 35
*** Quello che ho sempre sognato ***


Nuova pagina 1

Fine, fine, fine!!!

Non ne potevo più!

Colgo l’occasione per ringraziare le persone che mi hanno seguita, quindi Lili anche se è un po’ che non la vedo, Bloody Mary, Crazygirl e Claudietta che ci son sempre state. Siete state confortanti e lettrici indispensabili… la cosa migliore è quando si è capiti, e questa sensazione me l’avete sempre data, grazie mille! Grazie anche alla compagna di merende Moon, ovviamente!

Una piccola precisazione, più che altro una battutaccia. Il nome del cane, Lilly… è da “Lilly e il Vagabondo”, il cartone Disney, ormai si sarà capito che adoro la Disney e che me ne servo parecchio. Non come qualcuno potrebbe pensare per sbeffeggiare Evangeline Lilly!

Anche perché al limite la posso invidiare un po’, tanto per gradire.

Non mi permetterei mai, mi sta pure simpatica!

La cacchiata dovevo dirla anche sul finire, sopportatemi quanto potete!

Ci rivediamo il primo giugno, con quello che vi aspettate… ebbene sì. Tornano Elena, Jenny e gli altri bischeri della banda!

Intanto spero che questo lunghissimo epilogo vi piaccia.

Buona lettura, Mandy

 

 

v       Epilogo - Quello che ho sempre sognato

 

Stando in piedi non senza una certa difficoltà, Dominic si era chinato con la schiena quel tanto che bastava per guardare Lilly che, sdraiata su un fianco e con l’aria stanca ma felice, stava immobile mentre i suoi cuccioli nati da poche ore stavano allegramente facendo merenda attaccati ai suoi capezzoli.

- Dai, non sono così brutti…- aveva commentato diretto verso sua madre, guardando quei quattro piccoli esserini che con gli occhietti ancora chiusi cercavano di nutrirsi.

La donna aveva inclinato leggermente la testa da un lato e aveva sorriso lievemente.

- No, direi che sono adorabili per essere figli del pestifero bastardino dei nostri vicini!- aveva osservato.

Durante quei tre mesi che erano trascorsi da quando Dominic era tornato a Manchester per stare con la sua famiglia infatti erano successe un sacco di cose.

Quando aveva deciso di prendersi quella pausa non aveva stabilito precisamente quanto sarebbe stata lunga. Aveva voglia di stare con la sua famiglia, più lontano possibile da Los Angeles e dalla vita che conduceva solitamente, così aveva pensato che non c’era niente di meglio da fare, dopo aver terminato gli impegni di lavoro più importanti, che prendere la sua fidata cagnetta e andare a casa dai suoi. Questo succedeva all’inizio di dicembre.

Il primo impegno che tassativamente aveva era per aprile, c’era da fare il solito giro promozionale per il film appena girato che sarebbe uscito in quel periodo in America, quindi avrebbe potuto, se non ci fossero stati ordini contrari del suo diligente stuff, stare a casa dai suoi anche fino a quel mese volendo, ma doveva essere sempre all’erta. A metà gennaio circa infatti gli era stato proposto un lavoro che poteva essere piuttosto interessante, aveva valutato attentamente di interrompere quella pausa di riflessione e tornare a casa sua negli Stati Uniti, ma due cose essenzialmente l’avevano trattenuto.

Innanzi tutto Lilly aveva visto bene di rimanere incinta. Quando a casa si erano accorti che era in calore, intorno all’inizio dell’anno nuovo, avevano cercato di tenerla al riparo almeno finché il cane dei vicini, una simpatica canaglia che tutti nel vicinato conoscevano sia per la sua irruenza che per la sua simpatia, con indomito coraggio non era riuscito a raspare quanto bastava sotto la rete metallica che univa i due giardini e ad entrare vincitore nel castello… non certo per salvare la sua bella, ma insomma il concetto si è capito!

Quando Dominic si era accorto dell’intrusione era tardi per prendere qualsiasi provvedimento, sua madre si era un po’ dispiaciuta che una cagnetta così bella si fosse accoppiata con un cane dal miscuglio di razze talmente incerto che non si sarebbe potuto definire in alcun modo possibile, ma in fondo poco importava. Nel giro di due mesi Lilly avrebbe avuto dei cuccioli, forse non sarebbero stati bellissimi ma era una cosa che rallegrava tutti. Se anche poi il motivo primo per cui Dominic era stato costretto a rimanere in Inghilterra non era certo quello, era stato comunque felicissimo di poter rimanere fermo in quel periodo e godersi la gravidanza del suo cane.

La verità è che proprio in quei giorni durante i quali stava riflettendo su se tornare o meno a Los Angeles, era stato lui ad avere un incidente. Era uscito per fare una passeggiata, ne aveva approfittato per portare anche Lilly con sé, ma fatti pochi passi fuori dal cancello non aveva notato una lastra di ghiaccio che per il gran freddo di quel gennaio si era formata in una conca dell’asfalto del marciapiede, così era scivolato su di essa ed era caduto rovinosamente. Aveva avuto una discreta sfortuna dato che il colpo al ginocchio si era dimostrato più fastidioso del previsto, tanto che dopo qualche giorno che il dolore non passava sua madre lo aveva costretto ad andare all’ospedale dove lei lavorava a fare dei controlli più approfonditi. Era venuto fuori che probabilmente il suo ginocchio doveva già essere compromesso in partenza e quella caduta era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Avrebbero dovuto asportargli il menisco con un operazione breve e semplice, che però avrebbe significato che doveva stare in assoluto riposo per un paio di settimane e stare molto attento durante la convalescenza. Insomma, muoversi da dov’era era del tutto sconsigliabile, ma la cosa, a dirla tutta, non l’aveva poi così disturbato nonostante l’ingaggio perso. Si era goduto la gravidanza di Lilly e il periodo con la sua famiglia, divertendosi a notare come anche in un cane possa essere particolare un certo periodo della vita.

Dicono tutti che una donna in stato interessante sia diversa, lui aveva potuto notare che anche la sua cagnetta lo era. Aveva un’aria come di fatalità intorno a lei. Stava più tranquilla, sembrava star sempre a riflettere, il suo sguardo era più languido e sembrava ancora più incline del solito a chiedere attenzioni, ma anche quello lo faceva in modo diverso. Come se avesse paura di mosse brusche non faceva le feste, si limitava ad avvicinarsi e a guardare la sua “preda” con su uno sguardo fin troppo eloquente, che faceva sorridere chi lo riceveva e che lo rendeva allo stesso tempo incapace di negare quelle attenzioni.

 

Dato che ancora non riusciva a stare molto bene in piedi, Dominic si era seduto per terra vicino alla cuccia di Lilly, in modo da starle vicino. La sua cagnetta aveva appoggiato placidamente il muso sul suo ginocchio, quello sano, e gli aveva leccato la mano, Dominic aveva cominciato così ad accarezzarle lentamente la testa, mentre le diceva che era stata bravissima. Purtroppo l’unica cosa che era dispiaciuta a tutti era che uno dei cuccioli, l’ultimo che era nato, non era sopravvissuto alla nascita, ma il veterinario, che era andato via da un paio d’ore, aveva affermato che era una cosa molto comune.

- Come facciamo con i cuccioli? Non ne abbiamo mai parlato fin’ora ma sarà il caso adesso.- aveva chiesto a sua madre che era rimasta in bilico sulle punte dei piedi, seduta sui talloni.

- Non ne ho idea, uno mi piacerebbe tenerlo se tuo padre è d’accordo, anche se credo che non ci siano problemi. Però non di più, dove li teniamo qui due cani?-

- Ne rimangono tre, allora.-

- Magari Anne ne potrebbe volere uno.- aveva osservato Maureen, riferendosi alla figlia dei loro vicini di casa, che probabilmente, almeno lei la pensava così, era uno dei motivi, e forse nemmeno il meno importante, per il quale Dominic si era ritenuto abbastanza contento di essere rimasto lì in Inghilterra.

Ultimamente si era frequentata un po’ con lui dopo essere tornata anche lei dagli Stati Uniti  più o meno nello stesso periodo in cui era tornato anche Dominic. Era tornata a Manchester a Natale per stare un po’ a casa con i suoi prima di tornare al suo lavoro, per altro si sarebbe trasferita a San Francisco a maggio dopo aver lavorato due anni a Minneapolis.

- Ne dubito,- aveva detto subito a sua madre, - Dovrebbe portarlo fuori con il guinzaglio a qualsiasi ora del giorno. E poi fa un lavoro troppo impegnativo, i cani non sono indipendenti come i gatti, hanno bisogno di tanto affetto e di presenze stabili, vero?- aveva espresso l’ultimo concetto guardando il suo cane e facendogli una vocetta strana.

- Magari lo tengono i suoi, così rimarrebbe qui vicino. Mi farebbe piacere non perderli di vista questi cuccioli, e soprattutto saperli in buone mani.-

- Questo preme anche a me.- aveva asserito serio Dominic, sempre accarezzando Lilly sulla testa. Improvvisamente, dopo qualche secondo di silenzio, si era girato verso sua madre e aveva detto: - A proposito di Anne, l’hai avvertita che sono nati?-

Maureen si era data un leggero colpetto con la mano sulla testa. - No, me ne sono dimenticata! Sai, tra chiamare il veterinario e aiutarlo non è che ho avuto anche il tempo di chiamare i vicini, non potevi farlo tu?- gli aveva risposto, pensando: appunto, a chi ha pensato subito?

- M’è sfuggito di mente.- aveva ammesso anche lui, mentre si era messo a frugare nella tasca della felpa che indossava, tirando fuori il suo cellulare. L’aveva aperto e aveva cercato il numero di Anne, che comunque era uno degli ultimi fatti.

Maureen si era alzata e si era allontanata, quasi colta dalla sensazione di dover lasciargli la sua privacy, anche se poi, volente o nolente aveva sentito la semplice conversazione, forse durata nemmeno un minuto in cui Dominic aveva detto ciao ti disturbo, sì sono nati, ok ti aspetto, seguito da un tra cinque minuti arriva Anne, diretto a lei.

- Ok.- aveva ribattuto la donna, tornando pochi minuti dopo con la macchina fotografica digitale che Dominic le aveva chiesto di prendergli non appena fosse andata per qualche ragione al piano superiore della loro casa.

- Devo mandare una foto a Sakumi, sai quella mia amica giapponese, era davvero curiosa di vederli. E ad Irene ovviamente, spero tanto che ne prendano uno loro, ad Owen piacerebbe così tanto.- aveva commentato, mentre armeggiava con quell’arnese in mano.

- E poi ora che hanno una casa fuori città sarebbe l’ideale.- aveva aggiunto Maureen.

Dominic aveva semplicemente commentato con un mh mh di assenso mentre fotografava i cucciolotti sempre intenti nella loro merenda. Lilly aveva sbattuto appena la coda nel notare quell’attenzione che era rivolta a lei e alla sua nidiata.

- Sei sempre la solita pavona!- aveva scherzato Dominic, tornando ad accarezzare il suo cane; sua madre aveva riso vedendo la scenetta.

 

***

 

Sin da quando Irene ed Owen avevano varcato la soglia di casa sua definitivamente, non sapeva esattamente se fosse per il fatto che dopo pochi secondi già gli mancavano tantissimo, Dominic aveva pensato che aveva una gran voglia di tornare in Inghilterra, e non per le massimo due settimane che al massimo si concedeva per le festività o per qualche occasione particolare. Voleva prendersi una pausa, una lunga pausa che gli sarebbe stata utile per riprendere le fila di molte cose che non andavano.

La sua vita lì a Los Angeles aveva ripreso i suoi tradizionali ritmi: il lavoro sul set, i suoi amici, le uscite in cui si era sorpreso di notare quanto poco gli importasse di conoscere nuove persone, donne in special modo. Aveva ancora paura della solitudine, ma aveva deciso che non era quello il modo in cui voleva condurre la sua vita, all’eterna ricerca di qualcuna che potesse essere quella giusta.

Una volta Irene, parlandogli di Christopher, gli aveva detto che erano cose che succedono quando meno te lo aspetti e che non le puoi aiutare. Doveva solo aspettare che il destino facesse il suo corso e avere fiducia in se stesso. In verità lui tanta fiducia sotto quel punto di vista in se stesso doveva ammettere di non averla, ma era perfettamente inutile il suo continuo sforzo. E se pure non era destino in fin dei conti, meglio essere senza una compagna che circondato da una serie di donne che non sapeva quanto fossero davvero interessate a lui. Comunque, a sopperire a quella mancanza, c’era sempre la onnipresente e affettuosissima Lilly che di certo non lo faceva sentire mai perso.

Una sola cosa era davvero nuova, l’amicizia con Sakumi.

Dopo quel giovedì sera ce n’era stato un altro la settimana dopo, e poi un altro ancora e così si era ripetuto praticamente ogni settimana, tanto che si davano direttamente l’appuntamento per la settimana successiva quando si salutavano a fine serata, cosa che avveniva solitamente sotto casa di lei. Si sentivano solo se c’era qualche variazione del programma, o proposte inaspettate. Era capitato anche che uscissero qualche volta con i rispettivi amici, o che passassero le loro domeniche insieme. Sakumi lo invitava a pranzo a casa sua, Dominic spesso si portava anche Lilly dato che era graditissima in quell’appartamento da mamma e figlia e che in genere si organizzavano anche per andare fuori a fare una passeggiata.

La loro amicizia in tempi relativamente brevi era diventata davvero degna di essere chiamata tale contro ogni aspettativa, anche per via del modo in cui erano cominciati i loro rapporti. Probabilmente era stato così anche grazie a quel periodo che avevano passato spesso insieme, per via dei problemi che lei ed Irene avevano avuto con la storia della rissa all’asilo dei bambini. Si capivano e parlavano di tutto quello che li riguardava, si erano raccontati spesso di aneddoti riguardanti la loro vita entrando anche in particolari, si erano aiutati vicendevolmente in momenti poco rosei ed era stato facile per entrambi. Molto spesso parlavano anche di Irene ed Owen, scambiandosi le notizie che giungevano loro da Birmingham o parlando delle cose divertenti che avevano fatto con loro. Erano stati bene tutti insieme: quel periodo, per certi aspetti, si poteva veramente dire fosse stato indimenticabile.

Dominic aveva parlato di lei con sua madre, una volta che si erano sentiti per telefono.

- Lo vedi che ho ragione quando ti dico che tu hai questa sensibilità, così, come dire, quasi femminile? Hai tutte amiche donne, è incredibile!-

- Mamma, che stress che sei! Non è vero e lo sai benissimo- le aveva risposto lui, che se anche era divertito non ne poteva più di essere preso in giro per quella cosa, che poi non gli sembrava nemmeno giusta. In verità glielo dicevano tutti, quindi un po’ ci si era abituato a quest’idea, ma preferiva non mettere in dei clichet il suo carattere e niente che lo riguardasse. Lo facevano già in troppi quel simpatico giochetto di classificarlo, quindi preferiva dire a se stesso che la sua sensibilità era la sua, punto. Che fosse femminile o maschile non gl’importava assolutamente niente.

Era stata la stessa Sakumi comunque a spingerlo a riconsiderare di concedersi quella pausa, forse perché con il passare delle settimane, nonostante il lavoro andasse a gonfie vele e Dominic fosse abbastanza soddisfatto della sua vita in generale, lo aveva visto sempre meno tranquillo rispetto a certe faccende.

- Cosa ti trattiene allora, se non hai nessun impegno impellente? Fallo e goditela. Voglio dire, Los Angeles rimarrà qui e non cambierà… purtroppo! E come dici tu, se ci fosse qualcosa per cui non possono proprio fare a meno di te salti su un aereo e torni, che t’importa?-

Le riprese del film erano durate per tre mesi, altro tempo era passato tra la post produzione e svariati impegni per la campagna pubblicitaria, nel frattempo avrebbe dovuto buttarsi alla ricerca di altre cose da fare. Come il suo agente gli aveva consigliato avrebbe dovuto leggersi dei copioni interessanti, fare qualche provino, impegnarsi insomma nella ricerca continua di qualcosa di nuovo che magari avesse potuto migliorare la sua carriera… non che avesse proprio ignorato le proposte giustissime del suo agente, solo non era il momento e del resto non aveva avuto bisogno di farlo capire a nessuno che gli stesse intorno e che badasse a lui. Che era stanco e addirittura demotivato per certi versi gli si leggeva in faccia.

Sakumi aveva ragione aveva pensato, ragione da vendere. Non c’era in effettivo niente che lo trattenesse. Così pochi giorni prima del suo compleanno, a dicembre, aveva sistemato tutto quello che aveva lasciato in sospeso e aveva preso un aereo, pensando che non c’era nessun progetto così interessante che lo potesse distogliere dall’idea di quella pausa di cui aveva bisogno davvero.

Quella decisione non era stata scalfita nemmeno al pensiero che, invece, un progetto molto interessante lo aveva tra le mani, e da tanto più tempo di quello che credeva.

Aveva divorato quella sceneggiatura che Madeleine gli aveva dato in quell’afoso pomeriggio estivo di diversi mesi prima nel giro di una notte alla metà di settembre. Non se n’era più potuto staccare quando aveva cominciato e ci aveva fatto l’alba quasi senza accorgersene.

Pensando a quanto fosse stato idiota a non trovare mai il tempo per leggere quella meraviglia si era detto che quel progetto doveva assolutamente andare in porto, era troppo bello per rimanere nel dimenticatoio. Era una prospettiva del libro audace ma del tutto plausibile, intensa e perfetta nella caratterizzazione dei personaggi.

Quando aveva finito di leggere il libro in verità aveva pensato che fosse impossibile trarne un film interessante: si trattava di concepire una pellicola che si basava sulla storia di un tipo che vedeva tutto in bianco, la bellezza di fare un film simile poteva essere data dal far entrare lo spettatore nel mondo del portatore d’handicap e se anche la natura della storia non era certo quella di parlare della cecità comunque quell’aspetto aveva il suo peso. Ma dopo aver visionato quella sceneggiatura Dominic aveva pensato che se avesse avuto davanti il tizio che l’aveva scritta gli si sarebbe inginocchiato di fronte dicendogli che era un puro ed autentico genio!

Detto fatto, la mattina dopo aveva contattato Madeleine chiedendole cosa poteva fare lui in concreto per aiutare a fare in modo che non finisse tutto nel cestino della cartastraccia. Nel giro di quei mesi che erano passati prima della sua partenza per l’Inghilterra, Dominic si era dato parecchio da fare chiedendo in giro, usando le sue conoscenze e impegnandosi in prima persona: certo era troppo giovane per interpretare il protagonista, ma come Madeleine stessa gli aveva detto, a lei sembrava adattissimo. Poi era talmente innamorato della sceneggiatura che si era detto del tutto fiducioso nei miracoli che esperti del make-up nel campo del cinema sarebbero riusciti ad operare sulla sua persona. Di tutto pur di poterlo fare, anche metterci del suo non solo per la recitazione. Era infatti entrato a far parte della produzione, come Madeleine e il suo compagno avevano voluto dato il suo interessamento alla cosa.

Ma prima c’era altro che doveva fare, e in ogni modo molti mesi sarebbero passati prima che quel progetto avesse potuto davvero prendere dei connotati tangibili.

 

***

 

Dopo che sua madre era tornata alle sue faccende, lasciandolo solo in compagnia della nuova nidiata, aveva sentito qualcuno bussare sul retro, Dominic si era voltato verso la porta che stava davanti a lui, e che era aperta. Aveva detto avanti e quindi Anne era entrata.

- Ciao.- gli aveva detto trovandolo seduto per terra accanto a Lilly, che vedendola aveva scodinzolato un pochino. La ragazza si era avvicinata, si era messa anche lei in ginocchio sul pavimento accanto a Dominic. Prima di dare un occhio ai nuovi nati aveva sorriso a lui, che le aveva restituito il gesto, quindi aveva fatto una carezza alla mamma.

- Sono adorabili.- aveva commentato vedendo quei quattro esserini. - Quanto saranno grossi da grandi, secondo te?- aveva chiesto a Dominic.

- Il veterinario ha detto che potrebbero essere all’incirca come Lilly, forse leggermente più piccoli. Non più grandi in ogni modo.-

- Se ne accarezzo uno Lilly si arrabbia?- aveva chiesto.

Dominic le aveva sorriso. - No, non credo.-

Ce n’era uno che aveva colto particolarmente la sua attenzione. Mentre tutti gli altri erano marroncini, uno aveva delle striature color miele, era stato verso quello che Anne si era diretta, sfiorandogli delicatamente la testolina con l’indice, per non più di un secondo. Lilly l’aveva guardata farlo, quasi che temesse per i suoi piccoli, aveva riappoggiato la testa sul ginocchio di Dominic immediatamente però.

- Ti piace quello?- le aveva chiesto Dominic.

La ragazza aveva annuito. - In effetti è il più particolare. Che cos’è, maschio o femmina?-

- Non lo so, il veterinario ha detto che sono tre femmine e un maschietto, ma ora come ora non li ho controllati di persona.-

Anne si era seduta sul pavimento portandosi le ginocchia al petto e circondandosele con le braccia.

- Mettono allegria.- aveva commentato guardandoli ancora, quindi aveva allungato ancora la mano verso la testa di Lilly e l’aveva grattata appena dietro l’orecchio destro.

- Che ne farete?-

- Ne parlavamo giusto con mia madre prima. A te piacerebbe averne uno?- aveva chiesto.

Anne aveva sorriso, guardando quello che le piaceva di più. - Molto, ma non poso occuparmi di un cane. Lo sai che per me è un po’ difficile come progetto.-

- Nemmeno se lo lasci qui dai tuoi?-

- Forse a mia sorella piacerebbe, ma non lo so. Te lo saprò ridire, c’è tempo comunque, prima devono stare con la loro mamma per un po’.-

- Anche questo mi da da pensare… ma non è che le si spezzerà il cuore se glieli togliamo? Sono i suoi piccoli in fondo. Per me sarebbe un problema tenerli tutti, ma con un po’ d’impegno forse.-

Anne aveva riso. - Dom, sono cani! Tra gli animali è normale, e poi non potresti mai tenerli tutti, dai!-

- Se aprissi un allevamento?-

- Sì, come Rudy e Anita nella carica dei 101, solo che con cento dalmata credo che abbiamo fatto i soldi, tu con questi meticci tanto carini non so cosa potresti fare!-

- Lo farei solo per il piacere di spupazzarmeli tutti, non per altro!-

- Non ne dubitavo. Allora ci sto, mi sembra un ottimo progetto.- aveva detto sorridendo Anne.

Erano rimasti lì a chiacchierare per più di un’ora, guardando i cagnolini che dopo la merenda erano rimasti tutti accoccolati e vicini contro la pancia della loro mamma, sonnecchiando. Anche Lilly si era addormentata finalmente, rimanendo sempre sul ginocchio di Dominic che l’accarezzava di tanto in tanto.

Si erano interrotti soltanto quando lui aveva ricevuto una telefonata, di Irene. Per la verità aveva trovato Owen dall’altra parte, l’aveva salutato con un ciao ranocchietto che aveva fatto sorridere Anne.

Aveva lasciato loro un messaggio in segreteria, semplicemente per dire che stavano nascendo i cuccioli. Non aveva trovato nessuno in casa ovviamente, dato che li aveva chiamati alle tre del pomeriggio. Irene evidentemente aveva trovato il messaggio e l’aveva contattato, ma Owen sicuramente era il più curioso tra i due.

Aveva parlato un po’ con il bambino descrivendogli i cuccioli e il trambusto di quel lungo pomeriggio che stava volgendo al termine, poi con Irene, invitandola a venire a trovarli quel fine settimana, per portare Owen a vedere i nuovi nati, ma la donna aveva detto che difficilmente ce l’avrebbero fatta. Aveva rinnovato l’invito a lui invece a tornare, e a fermarsi qualche giorno dato che l’unica volta che lui era andato a trovarli era rimasto per un pomeriggio, e poi era andato via subito.

 

Era stata una domenica, pochi giorni dopo il suo compleanno, verso la metà di dicembre. Dominic non li aveva nemmeno avvertiti del suo ritorno in Inghilterra, aveva optato per fare una sorpresa, così alla prima domenica disponibile si era messo in macchina con Lilly, portandola immaginando che ad Owen avrebbe fatto piacere, e aveva raggiunto Birmingham. Non sapeva l’indirizzo preciso di Irene adesso, sapeva che avevano cambiato casa, un altro problema era la sua scarsa conoscenza della rete stradale di quella città. Aveva preferito andare prima a casa di Melanie, la madre di Irene, in fondo le faceva piacere salutare anche lei dato che erano anni che non la vedeva.

Sulla porta la donna l’aveva accolto con un gran sorriso, oltre che molto sorpresa di vederlo lì.

- Che ragazzone!- le aveva detto prima di abbracciarlo con affetto e notare anche la presenza del cane.

- Magari…- aveva ribattuto lui ironicamente, immaginava che dovesse risultare alto per una donnina alta non più di un metro e cinquantacinque. Ma solo per lei, non s’illudeva.

L’aveva fatti entrare ed erano stati per un bel po’ di tempo a parlare, mentre Lilly sonnecchiava sul tappeto del soggiorno, Melanie aveva rassicurato Dominic che non dava nessun fastidio. Gli aveva detto che aveva mancato sua figlia e suo nipote di nemmeno mezz’ora, erano stati a pranzo da lei e poi erano andati da Christopher e che probabilmente non sarebbero stati a casa ancora per un po’. Nel tempo che avevano passato insieme gli aveva disegnato una mappa semplice ma efficace per arrivare senza intoppi al loro nuovo indirizzo. Quando Dominic era stato in strada aveva ringraziato davvero molto quel pezzetto di carta. Prima di suonare al citofono aveva guardato quella costruzione dietro le sbarre del cancello, per quanto ancora chiaramente ci stessero facendo dei lavori sembrava molto bella, con un bel giardino intorno e non troppo isolata.

C’erano molte novità che riguardavano la vita di Irene ed Owen, Dominic ne era stato aggiornato in tempo reale da loro stessi, dato che si sentivano molto spesso, ma era ben altra cosa entrare in contatto direttamente con certe cose. Innanzi tutto Irene si era licenziata anche dal suo vecchio studio, prendendo a lavorare con quella sua amica di cui gli aveva parlato anche mentre erano in America. Era un piccolo studio ma andava molto bene, soprattutto perché il clima era allegro e, sebbene dovessero lavorare tutte sodo, lo facevano con gioia. Owen frequentava nuovamente il suo vecchio asilo e aveva ritrovato i suoi compagni di giochi abituali, passava molto tempo con sua nonna e suo padre ed era sereno.

Christopher, nonostante avesse cambiato casa, passava tutto il suo tempo libero da loro, anche perché stava dirigendo i lavori di ristrutturazione di quella casa che Irene stava pagando con un mutuo.

Non appena era tornata a Birmingham aveva fermamente deciso che il loro appartamento in centro era comodo ma assolutamente claustrofobico. Voleva un po’ più di spazio nonostante adesso in quella casa ci fossero solo lei e il bambino, anche un po’ di verde intorno, soprattutto per esaudire il desiderio di Owen di avere un cagnolino, cosa che sarebbe piaciuta anche a lei. Questa cosa le era sembrata importante specialmente dopo aver diviso il loro spazio vitale per quasi due mesi con una cagnolina adorabile come Lilly, notando l’effetto che aveva su Owen.

Ne aveva parlato con Christopher che le aveva dato una mano con la ricerca, non appena aveva visto quella casa aveva pensato che doveva essere quella. Di lavori di ristrutturazione ce n’erano da fare un bel po’, ma questo non l’aveva fermata. Aveva dei risparmi per fare quei lavori, Christopher aveva preteso di aiutarla non solo mettendole a disposizione il suo lavoro, ma anche economicamente. Irene all’inizio gli aveva detto di no perché non lo riteneva giusto, l’altro a sua volta le aveva fatto notare che quella sarebbe stata la casa di suo figlio. La donna, forte anche di tutto quello che era capitato nelle loro vite, non aveva ribattuto affatto a quell’affermazione.

Quando Dominic aveva suonato era stato Christopher infatti ad affacciarsi alla tendina della porta che dava sulla cucina, non appena l’aveva riconosciuto gli aveva sorriso. Il primo però che era uscito e gli era corso incontro sul vialetto di ciottoli era stato Owen, che lui si era messo ad aspettare a braccia aperte.

- Visto che sono venuto e ti ho portato anche Lilly?- gli aveva detto sempre tenendolo in braccio, dopo che si erano scambiati qualche bacio.

- Me l’avevi promesso!- aveva ribattuto il bambino come per dire che aveva fatto nient’altro che il suo.

Dominic aveva riso e se l’era stretto contro ancora un po’, prima di andare verso la porta dove era uscita anche Irene, che lo stava guardando sorridendo.

- Scusa l’improvvisata, - aveva detto salutando anche lei, - Solo che volevo farvi una sorpresa. Vi disturbo?- aveva chiesto.

- Ma che cavolate dici, tu non disturbi mai!- aveva ribattuto la donna che era felice di averlo lì.

Avevano passato il pomeriggio insieme, Irene e Christopher gli avevano mostrato tutta la casa che era ancora immersa nei lavori. Owen, che per un bel pezzo era stato con Lilly a giocare, ad un certo punto gli aveva acchiappato la mano sequestrandolo e mostrandogli con orgoglio la sua cameretta, dove in un angolo troneggiava l’orso che lui gli aveva regalato per il suo compleanno. Al muro, attaccate sotto una cornice, c’erano svariate foto di Owen un po’ a tutte le età con suo padre, sua madre, sua nonna e tanta altra gente che Dominic non conosceva, anche un paio dove erano insieme, una con Irene ed una solo loro due. Dominic si era chiesto quando Irene l’avesse scattata, lui non se lo ricordava, forse non si era nemmeno accorto. C’erano lui seduto al tavolo della cucina con Owen seduto sul suo ginocchio, aveva riconosciuto davanti a lui sul tavolo il copione che stava studiando in quel periodo. Aveva chiesto ad Irene quando l’avesse fatta, nemmeno lei se lo ricordava con precisione. Erano molto belle per essere state scattate con una semplicissima macchinetta usa e getta, Irene aveva lasciato la sua macchina in Inghilterra e aveva risolto così la cosa.

Era rimasto appena per cena perché voleva tornare a Manchester subito, Irene aveva provato a chiedergli di rimanere lì almeno per quella notte. Lo spazio non ci manca, gli aveva detto, ma Dominic voleva andare a casa. Aveva promesso di tornare appena fosse stato possibile, ma poi non si erano visti che a Natale, quando Irene, Owen e Melanie avevano passato tre giorni a Manchester a casa sua, com’era tradizione ormai da più di vent’anni.

 

Irene ed Owen erano andati a trovarli due settimane dopo la nascita. I cuccioli erano appena più pelosetti e cominciavano a vedersi con chiarezza le prime diversità tra loro, ma erano ancora piccolissimi e si reggevano appena in piedi per qualche secondo, poi franavano nuovamente con il sederino per terra non appena cercavano di muovere dei piccoli e malfermi passetti.

Owen era stato al culmine della gioia quando Irene aveva acconsentito alla proposta di Dominic di prenderne uno. Ovviamente non potevano lasciare la mamma prima di un mese almeno, così anche se ci era rimasto male, Owen non si era potuto portare via la sua preferita della nidiata. Dominic, quando erano ripartiti, gli aveva solennemente promesso che, di lì a due settimane, sarebbe stato lui in persona a portargli la cucciolina a casa, Irene aveva detto che ne avrebbe approfittato per costringerlo a rimanere un fine settimana intero. Dato che lui non poteva guidare e che Anne le era molto simpatica, aveva invitato anche lei, da quello che aveva notato vedendoli insieme, non aveva potuto fare a meno di captare chiari segnali del fatto che si piacevano, per lei poi era palese che a Dominic quella ragazza doveva piacere molto anche se lui non si era sbottonato in proposito. I pettegolezzi però tra lei e Maureen si erano sprecati, e questa cosa la divertiva, doveva ammetterlo!

 

***

 

Arrivare a due settimane era stato un attimo, Dominic non se n’era quasi nemmeno accorto. Il suo ginocchio migliorava vistosamente, tanto che aveva lasciato da un po’ le stampelle con le quali era stato costretto a spostarsi. Seguiva i progressi dei cucciolotti, che adesso camminavano tranquillamente sulle loro belle zampotte piazzate. Anzi, stavano diventando anche piuttosto molesti a dirla tutta. Si affilavano i dentini sulle zampe dei mobili fino a che qualcuno non li prendeva per la collottola e li rimetteva nel loro cestino dove emettevano dei guaitini striduli e abbaiavano pure magari, nel tentativo di impietosire qualcuno ed essere rimessi in libertà, poi dopo un po’ si stancavano. Venivano consumati quantità industriali di quegli ossi che vendono nei negozi di animali per i cuccioli con la smania dei denti, ma loro sembravano molto più propensi a mangiucchiare le zampe dei mobili o le scarpe. Ogni tanto si divertivano a mangiucchiare anche le estremità umane, tipo gli alluci se malcapitatamente trovavano qualcuno senza scarpe, ovviamente le mani e a volte addirittura nasi od orecchie, se venivano presi in braccio. Come tutti i cuccioli però erano un amore a vedersi e morbidi al tatto dato che avevano il pelo morbidissimo dei cuccioli che sarebbe diventato folto come quello della mamma; erano adorabili poi quando, dopo un po’ che erano in braccio a qualcuno cercando di mordicchiare tutto quello che avevano a tiro, si addormentavano di colpo cullati dalla vibrazione della voce della persona a cui erano in braccio.

Erano un terremoto, di sicuro, ma erano meravigliosi.

Anne aveva convinto i suoi a tenerne uno, il suo preferito e anche l’unico maschietto, l’aveva chiamato Buddy e l’avrebbe portato dai suoi prima di partire per Birmingham con Dominic, Lilly e la cucciolina destinata ad Owen. Lui era sempre molto preoccupato per ciò che concerneva il distacco dai suoi cuccioli per Lilly, ma quando era arrivato il momento di partire per Birmingham, con Buddy che aveva già cambiato casa il giorno prima e lasciandone due lì, aveva notato con sollievo che non sembrava troppo turbata. Pensò che era così perchè si fidava di lui ciecamente, come aveva sempre fatto per tutta la vita.

La mattina in cui erano partiti tutti insieme era salita nel bagagliaio dell’auto di Anne con la piccola della sua nidiata ed entrambe avevano dormito per quasi tutto il viaggio, svegliandosi solo quando, a metà strada, si erano fermati per permettere a loro di sgranchirsi e fare i bisognini.

Anne guidava stando parecchio attenta, non correva e si era scusata per il fatto di sembrare un po’ impacciata. - E’ che non sono più abituata a guidare a destra, la cosa mi spiazza un po’ sulle prime.- aveva detto. Dominic poteva capirla benissimo, era lo stesso problema che aveva sempre anche lui ogni volta che per una ragione o per l’altra doveva guidare in Inghilterra.

Le aveva sorriso non commentando, per tutto il viaggio si era sforzato di trovare argomenti di conversazione che esulassero un po’ dai cani, anche se comunque ne avevano parlato parecchio anche in quella sede. Si sentiva impacciato, perché Anne, volente o nolente gli piaceva, e tanto.

La prima volta che l’aveva rivista, dieci giorni prima di Natale, si erano praticamente scontrati fuori dalle loro rispettive case e lui non l’aveva nemmeno riconosciuta nonostante questo. Era una ragazza carina, niente di particolare, con l’aria appena un po’ stanca e un ciuffettino di capelli castano chiari annodati frettolosamente sulla nuca. Lei l’aveva guardato con curiosità invece, ma lui c’era fin troppo abituato ad essere guardato così e non ci aveva fatto più di tanto caso. Solo un paio di giorni dopo l’aveva rincontrata, sempre più o meno nello stesso frangente, e lei timidamente l’aveva chiamato con il suo nome. Si era girato sentendosi chiamare, quando gli aveva detto che era Anne ci era rimasto quasi male.

Lui si ricordava una ragazzina piuttosto anonima, timida fino all’inverosimile, della quale non si ricordava che poco. Sua sorella del resto attirava molto di più l’attenzione e la toglieva del tutto o quasi a lei: più grande di almeno cinque anni o sei, era sicuramente più conosciuta per essere molto più carina e, a detta di diversi ragazzi più grandi di lui a quei tempi, anche parecchio disponibile. In questo suo essere così disponibile era rimasta incinta a vent’anni e si era sposata giovane, adesso a trentadue anni aveva tre figli, Anne gliel’aveva raccontato in quei dieci minuti che si erano parlati.

Lei invece era una grafica pubblicitaria e lavorava negli Stati Uniti, ci si era trasferita dopo che le avevano fatto un’offerta interessante, che lei aveva accettato nonostante il fatto che trasferirsi dall’altra parte del mondo, per via del suo carattere piuttosto schivo, non le andava poi così tanto.

Dominic era rimasto subito incuriosito da lei e le aveva detto che voleva rivederla. Ci facciamo due chiacchiere davanti ad una birra, aveva proposto, e in effetti così era stato, molto spesso, fino a che frequentarsi era venuto naturale.

Ed era stato assolutamente naturale anche tutto il resto, non l’aveva aiutato, come Irene gli aveva detto era stato facilissimo passare dal pensare che quella ragazza gli era simpatica a, dopo nemmeno un mese, che gli piaceva molto. Solo che questo significava essere un po’ più teso con lei.

Finché frequentava casa sua, che era sempre il solito porto di mare dove c’era gente che entrava ed usciva e non erano mai soli andava bene, se andavano in un pub a prendere una birra anche, ma nell’abitacolo di quell’auto era un’altra storia. E Dominic si sentiva un deficiente, perché a trent’anni si aspettava di saper gestire meglio certe cose. Ma in fondo, dove stava scritto che era più facile col tempo?

Anne anche stava bene con lui, gli sembrava palese, ma non aveva mai dimostrato di essere interessata ad altro, questo non lo aiutava e lo spingeva anche a non fare niente in proposito anche se s’imponeva di stare tranquillo e di godersi semplicemente quell’amicizia, che in fondo era la cosa più importante. Con Anne andavano d’accordo quasi su tutto e stavano bene, si divertivano a fare le cose più semplici e stupide e non si annoiavano mai. Questo era molto bello di per sé.

Per altro c’era una cosa che lo colpiva particolarmente di quel rapporto: era tanto che si sentiva coinvolto da una donna che non dimostrava per prima un certo interesse con lui, questo aveva interrotto magicamente quella sorta di circolo vizioso che si era innescato dopo la rottura con Chandelle, e questo per lui aveva significato poter davvero voltare pagina, definitivamente.

 

Owen era stato felicissimo di vederli arrivare all’ora di pranzo di quel venerdì, Irene aveva raccontato a lui e ad Anne che li stava aspettando impaziente alla finestra da quella mattina. Dominic aveva aperto il bagagliaio permettendo a Lilly di uscire di lì, quindi aveva preso in braccio la cucciola, tenendola su una mano dove stava comoda essendo molto piccola e l’aveva porta al bambino che l’aveva presa in braccio e accarezzata un po’ sotto suggerimento di Dominic, per tranquillizzarla dato che era leggermente impaurita nel trovarsi in un luogo nuovo e con tanta gente che non riconosceva. Dopo qualche minuto però aveva già cominciato a scodinzolare e a fare le feste a tutti, nonché aveva subito fatto pipì sul pavimento della cucina.

- Ecco, adesso è proprio casa sua!- aveva scherzato Dominic.

Durante la cena di quel venerdì sera l’argomento era stato il nome da mettere alla cagnolina, Owen voleva chiamare Lilly anche lei, e anche se Irene gli aveva detto che c’erano tanti nomi carini per un cane a lui piaceva quello e non aveva voluto sentire ragioni. Del resto era lo stesso bambino che chiamava tutti i suoi orsetti Charlie, quindi alla fine l’aveva spuntata.

La sera prima di andare a letto Owen era stato più recalcitrante del solito perché non voleva lasciare la piccola Lilly e nemmeno la mamma, alla quale non aveva certo negato attenzioni per via dell’altra, poi si era dovuto arrendere al volere di Irene, che però aveva dovuto faticare un bel po’.

Dopo il viaggio anche Dominic e Anne erano stanchi, le chiacchiere con Irene non erano durate a lungo, anche in previsione del fatto che il giorno dopo ci sarebbe stata un po’ di gente in casa.

La notizia del giorno infatti, che per Dominic era stata una vera e propria sorpresa perché non se lo sarebbe proprio aspettato, era stato conoscere quella Patsie di cui aveva sentito parlare una volta. Precisamente da Christopher, svariati mesi prima.

L’aveva visto arrivare per l’ora di pranzo e si era goduto la scena da dietro la finestra. Owen aveva fatto una corsetta verso di lui con la piccola Lilly in braccio, pronto per farla vedere a suo padre. Trovandosi davanti questa ragazza era rimasto per un momento perplesso, ma poi Dominic l’aveva visto salutarla e tendere il cane verso suo padre che si era abbassato stando in bilico sui talloni e facendole una carezza. Owen l’aveva mostrata anche a quella ragazza subito dopo.

Essendosi accorto della presenza di Irene, che stava guardando la stessa scena dietro di lui, aveva chiesto chi fosse e lei, per l’appunto, aveva detto semplicemente Patsie. Dominic aveva dovuto sforzarsi non poco per ricordarsi quel nome.

Si era girato per chiedere se era quella Patsie, l’altra aveva annuito.

- Se penso a quanto l’ho detestata… invece è una ragazza così simpatica.- aveva detto seria. - Certo alle volte è matta come un cavallo, ma insieme stanno davvero bene, è quello che ci vuole per lui, per svegliarlo un po’! Sono tre settimane che gli dico di presentarla ad Owen e oggi ce l’abbiamo fatta!-

Dominic era sempre più perplesso, quella situazione a prima vista gli sembrava folle. Irene doveva aver intuito le sue giuste perplessità, così gli aveva sorriso.

- Appena posso ti spiego un po’ di cose…- l’aveva rassicurato.

Poi c’era stato poco da spiegare, le cose erano molto semplici. Tra Christopher ed Irene da subito dopo il rientro da Los Angeles, c’era stato accordo totale, su tutto. Ad entrambi stava a cuore la tranquillità di Owen e siccome loro prima di tutti continuavano a stare bene insieme, non c’era nessun problema in proposito. Erano passati con una disarmante semplicità dall’essere sposati ad essere amici e anche loro non sapevano bene come fosse successo.

Le motivazioni erano tante a dire la verità. Si volevano bene, erano tanto simili di carattere da essere affini in tutto, sentivano chiaramente che un distacco di entità superiore a quello li avrebbe fatti stare male. In questo capirsi così bene l’uno con l’altro era ovvio che Irene, dopo nemmeno troppo tempo, aveva intuito che Christopher di quella Patsie era davvero innamorato.

Ironia della sorte era stata lei tre mesi prima a dirgli di non avere paura e chiederle di uscire.

Patsie, che era un peperino, aveva risposto alla sua richiesta che era l’ora. Non so, volevi aspettare ancora?, gli aveva detto. Fra un po’ l’avrei fatto io. Ed era cominciata così.

La giornata era andata bene, Patsie era piaciuta a tutti, cosa ancora più importante era piaciuta ad Owen che, come faceva con tutti gli estranei, si era mantenuto ancora un po’ sulle sue, ma se un po’ lo conosceva, Dominic sapeva che gli era piaciuta e non poco, e non ci avrebbe messo molto ad essere più affettuoso anche con lei.

Irene ne era stata felice, l’aveva anche invidiati un po’, non solo perché stavano bene insieme, ma anche perché sarebbe piaciuto anche a lei incontrare qualcuno che le facesse quell’effetto. Tempo al tempo, si diceva, e anche Dominic, mentre quella sera dopo cena si erano ritrovati da soli in cucina a parlarne, le aveva detto che era così. Stavano finendo di rimettere le stoviglie della cena apposto, Dominic aveva preteso di darle una mano dato che erano le undici passate e che lei sembrava abbastanza stanca.

- Una volta mi hai detto che certe cose non si aiutano, lo dico nuovamente a te adesso.- aveva detto ad Irene sorridendole, lei aveva colto la palla al balzo per rilanciare.

- Immagino che non hai avuto bisogno di aiuto con Anne.-

Dominic si era messo una mano sulla nuca, come faceva sempre quando s’imbarazzava, Irene lo sapeva benissimo. - E’ così evidente?- aveva chiesto.

- Per me sì…- aveva risposto la donna. - E’ adorabile, è una ragazza davvero in gamba e tra l’altro mi sembra davvero adatta a te. Non te la far scappare, hai capito?-

Dominic le aveva dato un bacio su una guancia, quando l’aveva guardata un’altra volta aveva detto ci provo prima di uscire dalla cucina, dicendo che doveva far andare Lilly in giardino per farle fare pipì.

- Vedi di riuscirci, ok?- aveva aggiunto Irene, sorridendogli.

Poco dopo era andata a dormire, era stata una giornata lunga e piena di novità, aveva lasciato Dominic ed Anne seduti in soggiorno sul divano che chiacchieravano, con Lilly che dormiva accoccolata ai piedi di Dominic, come sempre. L’altra Lilly, la piccola, stava sulla cuccia che Owen aveva scelto accuratamente per lei al negozio di animali qualche giorno prima, poco lontana da loro.

Aveva dato la buonanotte ed era salita al piano superiore della casa, andando prima a controllare che Owen stesse bene. Aveva appena aperto la porta della sua stanza vedendo che dormiva tranquillo, l’aveva richiusa piano dopo un paio di secondi.

Era andata a letto, ma improvvisamente, sebbene fosse molto stanca, le era venuta sete ed era scesa nuovamente diretta alla cucina, quando era arrivata davanti all’entrata del soggiorno però si era fermata, sentendo pronunciare il suo nome da Dominic. Stava parlando di lei con Anne, e non aveva potuto fare a meno di ascoltare per un momento, spiandoli pur sapendo che non era molto corretto da parte sua.

-… Irene mi faceva quell’effetto, esattamente… non so se hai presente! Direi quasi paralizzante alle volte, però bello da morire. Lì per lì non ti nascondo che non volevo che venissero a stare a casa mia, mia madre lo sai com’è fatta, ha fatto leva proprio sul fatto che lo sapeva che a me da ragazzino Irene piaceva da impazzire, è stata veramente subdola! Ma se dovessi dirti come la penso adesso, sono state le sette settimane più belle che ho vissuto da quando abito in America. Irene e il bambino mi hanno riempito la vita di colore e hanno migliorato tutto, anche se non è stato sempre facile con loro.-

Irene aveva capito sin dall’inizio di cosa stesse parlando, sentirgli dire quelle cose l’aveva quasi commossa. Avrebbe voluto dirgli che lo stesso era stato per lei e per Owen, che gli doveva il fatto di aver ripreso le fila della sua vita grazie al suo costante appoggio, all’affetto e alla pazienza che aveva dimostrato di avere con lei e con Owen… semplicemente con il suo essere se stesso anche lui aveva ridato colore alla sua vita. Non gli poteva dire niente in quel momento, ma si era ripromessa di farlo.

Era rimasta per qualche altro secondo lì mentre Anne e Dominic stavano in silenzio, stava quasi per andarsene quando qualcosa l’aveva bloccata. Una sensazione strana, come se stesse per succedere qualcosa.

Dominic aveva guardato Anne, che aveva incontrato il suo sguardo. Si erano sorrisi appena, probabilmente nella testa di lui doveva essere passato il classico o adesso o mai più, che aveva preso al volo. Aveva allungato la sua mano verso la guancia di Anne, sfiorandogliela appena, quindi con calma si era avvicinato al suo viso e per qualche secondo aveva appoggiato le labbra alle sue, dolcemente.

Quando si era ritratto, forse semplicemente per testare la sua reazione, vedendo che lei gli sorrideva, appena un po’ imbarazzata ma felice, era tornato a baciarla, questa volta più profondamente.

Era felice per loro, aveva sorriso.

Si era ritratta dietro al muro, in quel momento era davvero brutto continuare a guardarli, era il loro momento e tale doveva rimanere. Però era rimasta per un momento in piedi, con le spalle appoggiate al muro e con quel sorriso sul viso che difficilmente sarebbe andato via.

Aveva ripensato in un attimo a tutti quelli che erano stati i suoi sogni e le sue speranze per il futuro nell’arco di una vita,e aveva guardato quello che aveva, in quel preciso momento.

Quello che aveva sempre voluto era amare ed esser amata, vivere tranquillamente e non dare ai suoi figli ciò che di brutto aveva avuto lei. E non c’era niente di quella lista che in quel momento gli mancava.

Aveva un figlio stupendo, il suo lavoro le piaceva, degli amici che le volevano bene, adesso anche la casa dei suoi sogni. Owen era circondato da persone che lo amavano, anche se non stavano insieme i suoi genitori c’erano sempre e creavano intorno a lui un ambiente sereno dove sarebbe cresciuto tranquillo.

Le sarebbe piaciuto avere una famiglia numerosa… forse quella era l’unica cosa che mancava.

Eppure durante quella giornata quella casa era stata piena di gente che era stata bene insieme.

Forse non nel modo che si aspettava, non esattamente come l’aveva immaginata, ma aveva tutto quello che aveva sognato a portata di mano. Bastava solo che allungasse la mano e lo prendesse, vivendo la vita per quello che è, una cosa di cui non si può essere mai certi ma che riserva continue sorprese.

E non tutte sono brutte in fin dei conti.

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