Del passato e del futuro

di Melisanna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come una viscida gemma ***
Capitolo 2: *** La trappola ***
Capitolo 3: *** Atti di meravigliosa audacia ***
Capitolo 4: *** Nessuno prima ***
Capitolo 5: *** First Lord ***



Capitolo 1
*** Come una viscida gemma ***


Questa storia è stata scritta in occasione di un contest sulla pagina Facebook Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom

Una viscida gemma
 
Quando era tornata a casa non aveva detto niente. Era stato troppo umiliante per aver voglia di parlarne o confidarsi. Si era scaldata un bicchiere di latte, vi aveva aggiunto un cucchiaino di miele e poi, come per un ripensamento – se doveva autocommiserarsi tanto valeva farlo bene – curcuma e pepe nero e si era rifugiata nello studio.

Aveva sentito su di sé gli occhi preoccupati di Ron, mentre si chiudeva la porta alle spalle, ma suo marito sembrava aver imparato la discrezione, dopo averla vista sprofondare in una melma di insoddisfazione e infelicità dopo la nascita di Rose.

Non era vero che li ami fin dal primo momento. Per lei non era stato così. Rose non era stata sua appena nata, era un corpo estraneo che la privava di ogni energia. Si era scordata cosa volesse dormire per più di due ore di fila e raramente riusciva a dormirne più di quattro al giorno. I capezzoli le si erano riempiti di piaghe, nonostante tutte le misture miracolose che Molly le aveva assicurato avrebbero reso l’allattamento un piacere. I capelli le cascavano a ciocche e il ventre le si era riempito di smagliature.

Si era ritrovata chiusa fra quelle quattro mura, mentre il mondo andava avanti e intanto il piccolo mostro non faceva che piangere, piangere, piangere. Perché piangeva? Cosa sbagliava? Era una madre così incapace?

Aveva perso il conto delle volte in cui aveva pensato di scaraventarla dalla finestra.

Poi era tornata a lavoro ed era stata una boccata di aria fresca. Ron si occupava della figlia per metà giornata – Dio, che invenzione meravigliosa i tiralatte! – e lei aveva riavuto finalmente i suoi spazi. Quelle sei ore al giorno senza Rose erano state una benedizione. La sua vita non era stata più limitata alle esigenze della bambina. Poteva occuparsi ciò che l’appassionava – non c’era niente come la soddisfazione di un lavoro ben fatto! –, attardarsi a chiacchierare con un collega davanti a un caffè, prendersi un’ora per andare dal parrucchiere. Dopo due settimane era tornata a casa e, per la prima volta dopo mesi, aveva guardato Ron e aveva pensato che voleva fare sesso e lui aveva aderito entusiasticamente all’iniziativa.

Si era sentita rivivere. Non aveva mai lavorato così bene. Dopo qualche mese aveva parlato con Ron e lui aveva detto che sì, certo, sua madre poteva occuparsi di Rose la mattina, e poi chissà, magari più in là lui avrebbe anche potuto decidere di lasciare il lavoro e Hermione era tornata gioiosamente a fare il tempo pieno.

Il suo ufficio veniva a capo di più pratiche di quante ne ricevesse con immacolata precisione e la prima volta che era potuta tornare in aula e occuparsi di una caso dall’inizio alla fine… bè, era stato un sogno. Aveva vinto la causa e molte altre dopo e qualche giorno prima Mr John Chapman le aveva proposto di diventare socio giovane dello studio.

Ne era stata elettrizzata. Non se lo aspettava – anche se tutti quelli che conosceva, invece, avevano giurato che loro sì, lo sapevano, che era solo questione di tempo – e il piacere di vedere riconosciute le sue capacità era stato superato solo da quello di progettare il suo futuro nel nuovo ruolo.

Ron aveva detta che certo, sì, Molly adorava stare con Rose e poi tra poco l’avrebbero potuta portare al nido e lui non seccava occuparsi della casa, gli era sempre piaciuto cucinare – e negli ultimi mesi aveva anche imparato a farlo decentemente – e Hermione l’aveva abbracciato e ringraziato e aveva anche un po’ pianto sulla sua spalla, perché lui era così caro e lei non se lo meritava.

Quella mattina, Mr Chapman le aveva presentato il contratto che lei aveva firmato con mani tremanti e le aveva mostrato il suo nuovo studio – ne era stata estasiata, che stupida! –. La sera, quando stava per andarsene, lui e gli altri soci anziani l’avevano invitata ad andare a bere con loro, per festeggiare la sua promozione e lei aveva risposto che sì, certo che sì.

Avevano bevuto – un po’ troppo forse, ma in fondo lei si lasciava andare così di rado – nella calda penombra di un club esclusivo, uno di quelli che fino a pochi anni prima era ancora riservati ai soli uomini, affondati in morbide poltrone di cuoio. Avevano parlato di lavoro, avevano elogiato i suoi ultimi successi e poi le avevano chiesto di lei, di come le andassero le cose a casa, di Ron e della bambina e pensava di avere altri figli? Benissimo, mio marito si occupa di tutto e chissà, forse più in là, non so ancora, ma mi piacerebbe. Era stata deliziata del loro interesse.

E poi lei era andata al bancone a ordinare un altro giro e mentre aspettava che il cameriere le preparasse i drink Mr Chapman l’aveva raggiunta – l’aiuto, non ce la farà mai a portare tutto da sola – e le aveva appoggiato la mano sulla schiena, in un gesto che Hermione si era chiesto se fosse troppo intimo, ma quanto in basso doveva essere una mano sulla schiena, per essere troppo intima?

– Sono fiero di lei, Hermione – aveva detto – sapevo che avrebbe avuto una grande carriera, quando l’abbiamo assunta. Lei ha tutto, intelligenza, temerarietà, inventiva, sono sicuro che diventerà un grande avvocato. Non rovini tutto… non abbia altri figli per il momento, mi dia retta. Un’altra gravidanza non le ci vuole proprio. Uno è più che sufficiente, non trova? Non vorrà che la distraggano dal lavoro?

Aveva scosso la testa, intimidita e confusa – No, io… sì forse ha ragione. Rose mi prende già tanto tempo.

– Brava ragazza – aveva detto Chapman, dandole una pacca sulla schiena. – Sapevo che avrebbe capito. E mi ascolti, deve imparare a curarsi un po’ di più. L’aspetto nel nostro lavoro è importante. Lei è una donna molto bella, Hermione, lo sa? Deve imparare a sfruttarlo, usi un po’ di furbizia. È una dote come un'altra.

L’aveva guardato in viso, senza riuscire a mettere veramente a fuoco niente tranne le sue labbra carnose e lucide di saliva e la mano dalla schiena era salita e le aveva sfiorato i capelli. E lei si era tirata indietro e aveva afferrato i due whisky incendiari sul bancone e ci si era nascosta dietro – Ci… ci stanno aspettando.

Il resto della serata era trascorso in una nebbia confusa, se ne era andata appena era stato possibile senza sembrare sgarbata e adesso se ne stava lì, seduta sulla sua poltrona imbottita, a fissare il latte dorato nella tazza che teneva il mano, come se potesse leggerci il suo futuro.

Perché l’avevano nominata socio, prima donna nella storia dello studio? – John ha molto insistito, è entusiasta del tuo lavoro, aveva detto Mr Forge – Erano mai contati il suo talento, il suo impegno, i suoi risultati? E poi che risultati aveva ottenuto, in fondo? Qualche causa andata bene, sì, ma niente di così eccezionale, non era certo il nuovo principe del foro. Cercò di riportare i suoi successi alla mente, ma davanti a tutti aleggiavano, molto più chiare e definite, le labbra di Mr Chapman, dischiuse e leggermente tremanti, una goccia di saliva proprio al centro, come una viscida gemma.

Valeva davvero qualcosa lei?

Non seppe dire quando iniziò a piangere.
 
 

 

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Capitolo 2
*** La trappola ***


Storia scritta per il 4 ship challenge della pagina Facebook Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom

La trappola
 
Lily si chinò a stringere fra le labbra la cannuccia rossa, scostandosi i capelli ramati dal viso, perché non le si infilassero dentro il bicchiere, e incastrandoli dietro l’orecchio con un gesto esperto.

Dal modo in cui James la fissò incantato, lo stava giudicando un atto delicato e femminile e degno di tutta l’ammirazione possibile. Ed essendo James, non poteva esimersi dal farlo notare. Mentre Lily beveva trattenendo le ciocche setose con le dita sottili, James si voltò prima verso Sirius e poi verso di lui con l’espressione di chi avesse appena scoperto la bacchetta di Merlino.

Sirius annuì con approvazione, Remus alzò gli occhi al cielo, ma sentì un angolo della bocca guizzargli verso l’altro, suo malgrado.

Lily alzò gli occhi – Allora voi due state davvero insieme? – chiese lei, apparentemente inconsapevole della silenziosa conversazione avvenuta alle sue spalle.

– Sì! – rispose Sirius entusiasta – Da, uhm, dalla fine dell’anno scorso, ma è come se stessimo insieme da sempre.

Si produsse in uno dei suoi sorrisi smaglianti, tutto denti candidi, caldi occhi scuri e neri ciuffi scomposti che facevano sospirare mezza Hogwarts – e digrignare i denti dall’invidia all’altra metà – .

Il cuore di Remus perse un battito.

Lily scosse la testa – Tutte quelle povere ragazze… Bé, suppongo che se ne faranno una ragione.

– Mi spiace per loro – Sirius sospirò teatralmente e si appoggiò allo schienale della sedia, gettando indietro la testa per liberare la fronte dai capelli – Per me non è mai esistito nessun’altro oltre a Remus da quando l’ho incontrato sull’espresso per Hogwarts.

Gli occhi gli luccicavano e sul lato destro della bocca si stava formando una ruga sottile che era un segno inequivocabile che stesse trattenendo a stento le risate. Remus si chiese come facesse Lily a non accorgersene, ma d’altra parte lei non lo conosceva bene come lui.

Nessuno lo conosceva bene come lui.

– Non te lo meriti – Lily si voltò a guardarlo con un sorriso – È l’unico con un po’ di sale in zucca della vostra banda. Sono proprio contenta che siate una coppia, non mi sarei sentita a mio agio a uscire da sola con Potter.

Il sorriso di Sirius si fece ancora più smagliante e scoccò un’occhiata a James che si accese di orgoglio come una lampadina. Si stavano praticamente dando le pacche sulle spalle a vicenda per il successo di quella farsa.

Remus si nascose nella burrobirra, sperando che Lily non si accorgesse del suo disagio. All’inizio non gli era parsa non un’idea così tremenda, non più di tante altre di James e Sirius, ma adesso si vergognava di avere accettato.

È che proprio non aveva resistito.

Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo di Sirius che aveva appoggiato il viso sul palmo della destra e lo stava fissando in adorazione – Non me lo merito, è vero. Il nostro Remus non è solo giudizioso e intelligente, è anche il ragazzo più carino della scuola.

Remus quasi si soffocò con la burrobirra a quella menzogna spudorata. Non si faceva illusioni sul suo aspetto, mentre Sirius era il ragazzo più attraente della scuola e lo sapeva benissimo. Adesso stava esagerando.

James, però, annuì entusiasticamente e Lily non parve mangiare la foglia neppure davanti a quella bugia mastodontica – Hai proprio ragione, è il fascino dell’intellettuale.

– Sempre con il naso in mezzo ai libri, con quell’aria un po’ disordinata… – Sirius grondava letteralmente miele.

Remus lo squadrò da sopra l’orlo del bicchiere – E dai, Sirius, smetti di prendermi in giro – protestò debolmente – Non ci crede nessuno. Va bene che gli occhi dell’amore… però…

Sirius spalancò gli occhi, più sorpreso di quanto Remus giudicasse potesse legittimamente esserlo. Seriamente, quanto pensava di poter andare avanti con quella storia?

– Ma io lo penso davvero! Hai quei capelli così soffici e lucidi che non so come faccio a trattenermi dall’infilarci le mani. E le volte che ridi ti viene una fossetta, qui, proprio all’angolo sinistro della bocca che è adorabile, mi fa venir voglia di baciarti davanti a tutta la classe. E poi le mani, hai le mani più belle di tutta Hogwarts, scommetto che non ce ne sono di altrettanto belle in tutta l’Inghilterra, non faccio che immaginarmi quelle mani addosso.

Sirius tacque e al tavolo calò il silenzio. James e Lily scattarono in piedi come due molle.

– Io… noi… Usciamo un attimo.

– Sì… io ho scordato una cosa da…. Uhm…

– Da Mielandia, sì! Ti accompagno!

Sirius e Remus rimasero a fissarsi in silenzio uno di fronte all’altro, al tavolo improvvisamente vuoto.

Sirius emanava un tale autocompiacimento da brillare nel locale semibuio.

Remus sospirò – La trappola non era per Lily, vero?

 

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Capitolo 3
*** Atti di meravigliosa audacia ***



Atti di meravigliosa audacia

Lily esaminò critica l brutto taglio che Sirius aveva su una tempia – Questo devi spiegarmelo Black, cosa credevi di fare? Ti sembra un buon momento per attaccare briga con Malfoy? Lo sai che quelli non girano mai da soli.

– L’ho steso… Se non mi fosse saltato addosso il suo cane da guardia, ora quel bastardo sarebbe rinchiuso ad Azkaban.

Lily gli rovesciò con malagrazia mezza bottiglia di tintura di iodio sulla ferita. Era stata da sempre una convinta assertrice del valore educativo di provare un po’ di dolore ed era sospettosa riguardo all’uso di incantesimi per curare ferite, soprattutto se di origine non magica – Non dovevi far rinchiudere ad Azkaban proprio nessuno. Avresti dovuto essere una spia, Sirius, non un accidenti di… di… assaltatore!

Sirius si strinse nelle spalle, con un sorrisetto compiaciuto – Che ci vuoi fare, è la mia natura compiere atti di meravigliosa audacia.

– Di meravigliosa stupidità vorrai dire – ribatté Lily, piazzandogli un cerotto sul taglio – Spero solo che non ci sia bisogno di usare epismendo… lo odio, non mi viene mai come dovrebbe.

– Può pensarci James…

– Buono quello! Semmai dovrei chiedere a Remus.

Sirius spalancò comicamente gli occhi in un’espressione di terrore – Oh, no, Remus no, non voglio beccarmi un’altra ramanzina.

– Te la meriteresti! Dovresti imparare a stare lontano dai guai.

Sirius si incupì – Sono quelli che farebbero bene a stare alla larga da me.

Lily sospirò – Non stai parlando dei guai, vero?

– Sai che Malfoy nasconde Greyback nella sua tenuta? – la mandibola di Sirius si contrasse.

Lily sospirò e gli accarezzò i capelli. Poi si sedette vicino a lui e gli prese le mani. Non disse niente. Non poteva giurare che al posto di Sirius non si sarebbe comportata allo stesso modo.

 

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Capitolo 4
*** Nessuno prima ***


Nessuno prima
 

Il ragazzo seduto nel giardino di Bathilda leggeva il gionale con un espressione di concentrazione sul viso. Neppure la smorfia di disgusto che gli distorceva il volto davanti alle notizie, poteva nascondere che fosse di una bellezza quasi abbagliante con i riccioli di una caldo biondo dorato, gli occhi di un blu profondo e i tratti mobili ed espressivi.

Albus si contorse tra il desiderio di presentarsi e la vergogna che lo invadeva all’idea di farsi avanti. Non aveva mai desiderato altrettanto conoscere qualcuno. Era intimamente convinto che lo sconosciuto dovesse essere non solo bellissimo, ma anche brillante e simpatico. Stava per fuggire quando la sua vicina si affacciò dalla porta di casa.

“Albus! Albus! Cosa fai lì? Vieni! Ti presento mio nipote!”

Albus, travolto dall’imbarazzo, fece un gesto per schernirsi “Non vorrei disturbare…”

“Ma no, ma no… Non vi fa mica bene a voi giovani stare sempre da soli a leggere! Compagnia vi ci vuole!” fece un gesto con la mano verso il giovane biondo “Vieni Gellert, vieni. Ti presento Albus! Sono sicura che diventerete ottimi amici, anche lui sta sempre a leggere. Proprio come te”.

Gellert alzò lo sguardo dal giornale con un sorriso che avrebbe potuto essere formale, se non avesse coinvolto gli occhi e tutto il viso, illuminandolo. Il cuore di Albus perse un battito. Non aveva mai visto nessuno sorridere così, con una così totale, sincera felicità. Soprattutto nessuno aveva mai sorriso così alla sola idea di essergli presentato.

“Ho sentito parlare tanto di te, Albus. Mia zia dice che sei una specie di genio”

“Diplomato a Hogwarts con il massimo dei voti in tutte le materie! Albus è veramente un ragazzo eccezionale”

Albus si sentì arrossire “Signora Bath… sta esagerando…”

“Ah, invece ho assolutamente ragione! E nonostante tutto quello che è successo! Ariana e la tua povera mamma…”

“Perché? Cosa è successo?” Gellert lo guardò con occhi curiosi e gentili.

Bathilda serrò le labbra, come se si fosse accorta di aver parlato troppo.

Albus abbassò gli occhi e si spostò un ciuffo dietro le orecchie. Non gli piaceva parlare di quegli eventi, eppure non gli dispiaceva che Gellert glielo avesse chiesto. C’era qualcosa in lui che gli dava la sensazione che fosse genuinamente interessato a quello che avrebbe detto, che non lo avesse chiesto solo spinto dai pettegolezzi.

“Ah… Ariana…” si leccò le labbra, cercando le parole “Lei… è mia sorella. Da piccola dei ragazzi Babbani l’hanno aggredita... Lei… non è più… normale da allora. Mio padre l’ha difesa e… è ad Azkaban da allora”.

“Oh, Albus. Non devi parlare di queste cose se non vuoi, povero ragazzo” gli occhi di Bathilda erano colmi di pietà. Ad Albus non faceva piacere essere guardato in quel modo, anche se ormai avrebbe dovuto esserci abituato.

Gli occhi di Gellert, invece, brillavano di empatia e di una luce pericolosa “I Babbani… quando ci sarà concesso di difenderci da loro? Possibile che dobbiamo subire tutti i loro affronti senza far niente. Tuo padre meritava di essere trattato da eroe e invece lo trattano come un bandito”.

Albus lo guardò, un po’ affascinato e un po’ spaventato dalla sua foga. Pensava lo stesso anche lui, da tanti anni, ormai, ma non aveva mai osato dirlo, preoccupato dal giudizio degli altri.

“Se ci fosse concesso rivelarci ai Babbani, non succederebbe più niente del genere. Saprebbero che dovrebbero rispettarci e oh, quanto di buono verrebbe anche a loro! Potremmo unire le loro scienze alla magia e arrivare dove l’uomo non è mai stato!”

Bathilda corrugò la fronte “ Non dovresti parlare così, Gellert. È così che sei stato espulso da Durmstrang. Dovresti prendere esempio da Albus, lui sì che è un bravo ragazzo!”

“Non ti sei diplomato?” Albus si chiese se la sua curiosità avrebbe offeso Gellert, molto più preoccupato da quello che dal fatto che fosse stato espulso.

“Temo di no” rispose Gellert con un sorriso allegro. “Ma non me ne dispiaccio. Avevo già imparato tutto quello che potevano insegnarmi”.

“Gellert, insomma, un po’ di rispetto! Ti sarebbe servito il diploma! Cosa farai adesso. Oh poveri noi, che ragazzaccio”.
Gellert rise e scosse la testa bionda “Qualcosa mi inventerò. Non sono preoccupato. Quando mi hanno espulso ero già un mago migliore dei miei insegnanti”.

Albus sentì che l’ammirazione gli tracimava dal cuore e fu sicuro che Gellert doveva essersene accorto. Lui si sentiva così, nello stesso modo, ma era, oh, era così, così ipocrita se qualcuno glielo avesse detto si sarebbe schernito, così come aveva fatto prima con Bathilda, dicendo che in fondo non era poi così bravo, era solo molto studioso, anche se sapeva, sì sapeva perfettamente, di essere uno dei maghi migliori mai diplomatisi ad Hogwarts.

Avrebbe voluto avere il coraggio di parlare come Gellert.

Ma ancora non lo aveva, perciò si limitò a sorridere “A me sembra magnifico che tu sia così consapevole delle tue capacità. Mi piacerebbe poter parlare con te, con calma”.

“Sì, Albus” Bathilda si intromise, entusiasta. “Sono sicura che Gellert avrebbe così tanto da imparare da te. Sono state le cattive compagnie a mettergli in testa certe idee… Se vi frequentaste sono sicura che metterebbe la testa a posto. Vuoi venire a fare merenda da noi? Metto su il tè”.

Albus rivolse un’occhiata interrogativa a Gellert, che rispose con un sorriso contagioso “Vieni, dai, Albus, sarei deliziato di conoscerti meglio”.

Se Albus avesse avuto bisogno di essere convinto, lo sguardo di Gellert avrebbe fatto crollare tutte le sue difese. Era uno sguardo colmo di rispetto e ammirazione e, soprattutto, soprattutto, desiderio e nessuno l’aveva mai guardato così. Le persone lo rispettavano, sì e lo ammiravano. In fondo, era il migliore di tutti e lo sapevano. Ma avevano timore di lui, timore della sua intelligenza, delle sue capacità, lo tenevano a distanza o forse era lui che teneva a distanza loro e ormai quel tenersi a distanza a vicenda era talmente confuso che neanche Albus avrebbe saputo dire chi aveva cominciato prima.

Nessuno lo aveva mai guardato con desiderio, come se fosse stato qualcosa di prezioso da possedere e tenere per sé.

Nessuno prima di Gellert.

 

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Capitolo 5
*** First Lord ***


First Lord
 
 
Quando uscirono gli exit pool non esultò, non parlò, non si mosse di un millimetro. Restò ferma, seduta alla scrivania, le mani incrociate davanti al naso, mentre gufi e civette sfrecciavano intorno a lei lasciando cadere un messaggio dopo l’altro.
 
Solo all’annuncio ufficiale della vittoria ebbe una reazione. Senza una parola si alzò e corse in camera, sbattendosi la porta alle spalle.
 
Ron la seguì titubante, sentendosi come sempre un’adolescente imbranato davanti all’emotività di Hermione. Si era aspettato che lei gli saltasse al collo festante e si era preparato a ricoprirla di lodi. Lui non aveva mai avuto dubbi che vincesse.
 
La trovò in piedi davanti al letto, dava le spalle alla porta e il modo in cui nascondeva il viso tra le mani spaventò Ron.
– ‘Mione, ehi, Hermione… cosa…? Va tutto bene?
 
Hermione si girò tirando su con il naso e gli nascose il viso nel petto. Ron le carezzò i capelli chiedendosi cosa avrebbe dovuto dirle, trent’anni insieme e ancora non sapeva come prenderla a volte.
 
– ‘Mione… cosa c’è che non va? Non sei felice? La prima nata-babbana Ministro della Magia! Dovremmo stare festeggiando!
 
Hermione si mise a singhiozzare – Oh Ron… non… non ci riuscirò mai lo so! Io, io… non so neanche cosa dire alla stampa! – si allontanò da lui di scatto, quanto bastava a guardarlo i faccia, gli occhi grandi di terrore – Oddio… Loro, loro arriveranno tra poco! Non… non so cosa dire! Sarà un disastro! Oh, perché mi sono candidata!
 
A Ron sfuggì una risatina di sollievo, non era niente di grave, in fondo, era solo Hermione che faceva Hermione – Ma se hai un discorso scritto da due settimane! Ed è perfetto, lo so, perché te l’ho sentito ripetere almeno cento volte. Sarai fantastica, ‘Mione.
 
Hermione gemette – No, no, non ricordo niente! E poi… questa cosa di fare il Ministro… Oh Ron, come mi è venuto in mente? Non sarò mai capace!
 
– Sei la strega più brillante della tua età, ricordi? Te la caverai alla grandissima.
 
Hermione si lasciò sfuggire una risatina isterico – Ho quasi cinquant’anni! Tempo scaduto per essere un piccolo genio. E poi questo non è come la scuola… Non è qualcosa che si può imparare sui libri! Ho fatto un errore gargantuesco!
 
Ron si mise a ridere – ‘Mione, solo tu puoi usare una parola come gargantuesco mentre hai un attacco di panico! Ascoltami, adesso ti preparo una tisana calda e tu ti barrichi in camera a berla, mentre io trattengo i giornalisti. A parlare con loro ci penseranno Shackebolt e Harry e magari anche Ginny – le diede un bacio sulla fronte, stringendole le spalle minute fra le mani – Domattina ti metti quel bel vestito verde che ci è costato un occhio della testa e fai il tuo discorso alla nazione!
 
Hermione ridacchiò, e Ron fu sollevato dall’accorgersi che la nota isterica, se non era sparita, si era molto attenuata – Non posso mettermi un vestito da sera per l’insediamento, Ron!
 
– Peccato, perché ti sta benissimo! Ti fa un culo magnifico!
 
– Scemo – Hermione gli diede un colpetto sulla spalla, poi lo guardò di sotto in su – Grazie Ron, non so come farei senza di te.
 
– Devo meritarmi il ruolo di First Lord, non trovi?
 
Hermione iniziò a ridere – Fila a farmi la tisana!
 
– Ai suoi ordini, signora Ministra!

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