Duelcrest Academy

di Chillram9
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Una foto e una lettera ***
Capitolo 3: *** Una vecchia conoscenza ***
Capitolo 4: *** La prima lezione ***
Capitolo 5: *** Prima in classifica ***
Capitolo 6: *** Una sfida impari ***
Capitolo 7: *** Una lama affilata ***
Capitolo 8: *** Una conversazione poco amichevole ***
Capitolo 9: *** Guerra fredda ***
Capitolo 10: *** La lama cremisi ***
Capitolo 11: *** Paradygm shift ***
Capitolo 12: *** In trappola ***
Capitolo 13: *** Frustrazione ***
Capitolo 14: *** Trauma ***
Capitolo 15: *** Speranza ***
Capitolo 16: *** Il piano di Sophia ***
Capitolo 17: *** Parole taglienti ***
Capitolo 18: *** All'ultimo sangue ***
Capitolo 19: *** Amiche? ***
Capitolo 20: *** Intermezzo ***
Capitolo 21: *** Calma spezzata ***
Capitolo 22: *** Parole non dette ***
Capitolo 23: *** L'enigma della camera aperta ***
Capitolo 24: *** La natura del mana ***
Capitolo 25: *** Passeggiata notturna ***
Capitolo 26: *** Il killer ***
Capitolo 27: *** Asso nella manica ***
Capitolo 28: *** Svolta ***
Capitolo 29: *** Momenti di pace ***
Capitolo 30: *** Un regalo problematico ***
Capitolo 31: *** Determinazione ***
Capitolo 32: *** Vincitori e vinti ***
Capitolo 33: *** Sotto un cielo infuocato ***
Capitolo 34: *** A cuore aperto ***
Capitolo 35: *** Piani e complicazioni ***
Capitolo 36: *** In trappola ***
Capitolo 37: *** 37. Decisione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DUELCREST ACADEMY


 

In cuor mio sapevo sarebbe finita così.
Io e lei.
Per un’ultima volta.
L’esile ragazza dai capelli neri davanti a me mi rivolse un sorriso amaro mentre sguainava la sua spada.
E pensare che un tempo non potevamo sopportarci. Forse sarebbe stato meglio se le cose fossero rimaste così. Almeno adesso non farebbe così male.
Estrassi la mia bacchetta magica, pregando che qualcosa, qualunque cosa, arrivasse per mettere fine a quel momento.
Ma nessuno sarebbe arrivato a salvarci.
Inesorabile, quella strana voce metallica, che ormai avevamo imparato a conoscere, terminò il suo conto alla rovescia.
Il nostro ultimo duello era iniziato.
La mia avversaria si lanciò immediatamente contro di me con velocità sovrumana. Per un attimo ricordai la prima volta che l’avevo vista combattere. Il suo stile di combattimento simile ad una danza letale mi aveva affascinato sin da allora.
Con il tempo che sembrava andare al rallentatore, un pensiero mi balenò in mente: “Forse lasciarmi trafiggere dalla sua lama è la cosa migliore.”
Ma… Non ce la feci.
All’ultimo istante, la paura della morte ebbe il sopravvento.
Recitai una formula magica. Ma era troppo tardi. Quell’attimo di esitazione mi sarebbe costato il duello e la vita.
Serrai le palpebre, aspettando l’inevitabile.
Ma il dolore, non arrivò.
Riaprii gli occhi. La mi avversaria era di fronte a me, vicinissima. La sua lama era sospesa sopra la mia spalla, come fosse una regina che mi stava nominando suo cavaliere.
Mi aveva mancato di proposito.
Abbassai lo sguardo. Un foro di diversi centimetri, causato dal mio incantesimo, deturpava il suo petto,
«T-tu… Io n-non...» biascicai. La sua mano gentile mi sfiorò, asciugando le lacrime che avevano iniziato a scorrere sul mio viso.
«Mi dispiace, era l’unico modo. Sapevo che altrimenti non mi avresti mai colp-» la sua voce fu interrotta da forti colpi di tosse e il suo corpo sembrò perdere tutte le sue forze.
La afferrai prima che cadesse.
Il sangue che aveva tossito mi macchiò l’uniforme.
“Cosa ho fatto…”
La ragazza mi sorrise debolmente: «Finalmente mi hai battuta. Sono felice che sia tu a sconfiggermi alla fine.»
«No, no, no, non dire così, ti prego. Io non volevo… Non puoi farmi questo...» piagnucolai.
«Allora forse non avresti dovuto farmi un buco in pancia, non credi?»
Fino all’ultimo non rinunciava a prendermi in giro.
«Dal momento che abbiamo messo piede in questa scuola, era destino che finisse così. Ma va bene lo stesso. Se non fossi venuta qui non avremmo mai fatto amicizia. E n-non mi sarei ma-» dei nuovi colpi di tosse la interruppero.
«Non parlare! Cerca di conservare le forze, forse...»
La sua mano mi afferrò per il polso con forza, utilizzando quelle che erano le sue ultime energie. I suoi taglienti occhi verdi fissarono i miei.
«Smettila di piangerti addosso. Devi essere forte ora. Promettimi che la farai pagare a quei bastardi che ci hanno fatto tutto questo.»
Tirai su con il naso, aveva ragione. «I-io. Lo prometto. Ti vendicherò,»
«Così si fa, ora ti riconosco. Non cambiare mai. O quando morirai anche tu e ci rivedremo te la farò pagare.»
Era proprio da lei lasciarmi con quelle ultime parole. Con il cuore in frantumi ma un sorriso sul volto la posai dolcemente per terra.
“Non ti dimenticherò mai.”

 

***

Note dell'autore: Ehilà! È la prima volta che provo a pubblicare qualcosa online di ciò che scrivo. L'idea dietro questa storia è abbastanza semplice: prendere un setting stra-utilizzato come le accademie di magia (solo in questa stagione anime avrò viste 2-3 serie che hanno quest'ambientazione) e cercare di metterci dentro un po' di pepe. Inizierà in modo molto classico ma poi... ne vedremo delle belle. Se notate qualche errore per favore, fatemelo sapere così da correggerlo!

 

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Capitolo 2
*** Una foto e una lettera ***


1. Una foto e una lettera


 

I suoi freddi occhi neri, come una notte d’inverno. La sua fulgida chioma corvina. Le sue spalle larghe, i suoi lineamenti forti che più che a un mago, lo facevano assomigliare ad un potente guerriero.
Sospirai per quella che doveva essere la centesima volta ammirando la foto di Sir Aldric, il mio idolo.
Di umili origini, si diceva fosse l'unico mago ad aver superato l'esame finale dell'Accademia Reale di magia Duelcrest.
Dopo solo due anni dal diploma, Aldric si era imbarcato con i migliori guerrieri del regno in una campagna per sconfiggere il Re dei demoni, le cui forze da tempo minacciavano i nostri confini occidentali. Secondo le testimonianze, il giovane mago aveva personalmente sconfitto il Re con un solo incantesimo.
Da allora, in questi tempi di pace, era diventato una vera e propria celebrità con migliaia di ammiratori. Io ero una di loro. Non ero una di quelle che non sognava altro che sposarlo eh (anche se non è che mi sarebbe dispiaciuto...). Semplicemente era il mago a cui mi ispiravo.  In una società in cui la nobiltà guardava dall’alto in basso i semplici cittadini come me, aveva dimostrato che lo status sociale non era rilevante quando si trattava di potere magico.
La mia libreria era piena di libri e riviste su di lui, suoi ritratti tappezzavano le mura della mia stanza e avevo quella foto, il mio tesoro più prezioso. Si trattava di una riproduzione perfetta del suo aspetto, frutto di un nuovo incantesimo inventato da poco. Avevo risparmiato per mesi per potermene permetterne una!
"Ed ora, forse avrò l'opportunità di incontrarlo!" pensai spostando lo sguardo sulla lettera, poggiata sulla scrivania vicino alla fotografia.
Avevo letto e riletto quella pergamena decine di volte da quando era arrivata, circa un mese fa. La prima volta che l'avevo aperta ero quasi svenuta.
Tanto valeva darle un’occhiata un'ultima volta, giusto per assicurarsi che non fosse stato tutto un bellissimo sogno.
Aprii la busta, separando le due parti del sigillo di ceralacca, le quali raffiguravano due spade incrociate con una bacchetta magica al centro.

"Cara Signorina Elizabeth Belvoir,
È un
mio piacere informarla che è stata selezionata per frequentare l'Accademia Reale di Magia Duelcrest. Per mandato reale, una volta selezionati la frequentazione è obbligatoria. La durata del suo soggiorno sarà di un massimo di due anni ed inizierà il prossimo primo Settembre. Si assicuri per allora di disporre di una bacchetta funzionante e di una spada, o di un’altra arma bianca a suo piacere, in buone condizioni. Si premuri altresì di portare con sé vestiario e altri effetti personali che ritiene necessari per un serena permanenza nella nostra scuola.
È fortemente consigliato che non comunichi i contenuti di questa lettera a nessuno, a parte i suoi genitori.
Il giorno designato, un funzionario si recherà al suo domicilio per accompagnarla a destinazione.
Il
Preside, Professor Evander Skylark. "

Al di sotto era stampato il sigillo reale a confermare l'autenticità della lettera. Quel simbolo era soggetto ad un potente incantesimo che lo rendeva irriproducibile se non da funzionari che ne avessero ricevuto il diritto direttamente dal sovrano. Ed era una fortuna che ci fosse. Altrimenti avrei probabilmente pensato che si fosse trattato di un qualche elaborato scherzo.
Quelle istruzioni particolari infatti mi avevano inizialmente messo qualche dubbio. Cosa intendeva con un massimo di due anni?
Ma dopo averci pensato per un po', forse non erano poi così strane.
L’accademia Duelcrest era circondata da un alone di mistero, tant'è che molti dubitavano della sua esistenza. Aldric era l'unica persona nota per averla frequentata e era l'unico ad averne ottenuto il diploma. Ero quasi certa che tutti gli altri alunni avessero subito un incantesimo cancella-memoria, altrimenti questa cosa non si spiegava. Probabilmente gli incantesimi che venivano insegnati in quella scuola erano estremamente pericolosi e chi non riusciva a completare gli studi non veniva considerato all'altezza di utilizzarli. D’altra parte era meglio che un incantesimo in grado di sconfiggere il Re dei demoni in un sol colpo non circolasse tra la popolazione.
Probabilmente c’erano delle condizioni per cui si poteva essere bocciati anche prima della fine del corso, per questo nella lettera c’era scritto un massimo di due anni.
"Ma io non mi farò bocciare!" mi feci forza.
L'idea che solo uno studente fosse riuscito a completare con successo i due anni di studio non era molto rassicurante. Ma la prospettiva che se ci fossi riuscita avrei di sicuro avuto l'opportunità di incontrare Sir Aldric, mi riempiva di convinzione.
Afferrai la lettera e la foto, e con dolcezza le infilai nella valigia poggiata affianco a letto.
Avevo finito di riempirla con tutti i miei averi la notte precedente. Erano le 8 del mattino del giorno designato per l’inizio dell’anno scolastico. Nella lettera non era specificato l'orario quindi mi ero alzata alle 6. Non che avessi chiuso occhio.
"Ora manca un ultimo tocco".
Per prima cosa mi sincerai che la mia bacchetta fosse nella fondina assicurata alla parte destra sua cintura. Dopodiché afferrai la spada che avevo comprato qualche giorno prima e ne fissai il fodero sulla sinistra.
"Spero proprio mi insegnino come usarla".
Se c'era una cosa che poteva farmi bocciare, era di sicuro la mia abilità con la spada. Finora avevo fatto affidamento sulla mia grande attitudine per la magia e non avevo mai sentito il bisogno di imparare a combattere con un'arma.
Mi girai verso lo specchio per assicurarmi che fossi presentabile. Non mi avevano spedito un'uniforme, quindi avevo indossato quella grigia e anonima della mia vecchia scuola. Non era di sicuro al livello di un accademia reale, probabilmente piena zeppa di nobili.
A parte casi limiti come Sir Alder, solitamente potere magico e sangue blu andavano a braccetto. Come lui, speravo di essere l'eccezione che confermava la regola. I miei erano semplici mercanti. Nonostante ciò, sin da piccola, avevo dimostrato di possedere una grande propensione per la magia, aiutata anche da una riserva di mana fuori dal comune.
"Spero non mi prendano in giro," pensai allisciando la gonna spiegazzata e raddrizzando il fiocco agganciato ai miei capelli biondi.
Era meglio aspettare in cucina, altrimenti l’ansia mi avrebbe divorata.
Scesi le scale e attraversai la casa immersa nel silenzio. I miei genitori non c'erano. Forse era meglio così, mia madre avrebbe solo peggiorato le cose. La sera prima, quando lei e papà erano partiti verso la capitale con il carretto carico di merci, mi ero subita un bel piagnisteo.
In fondo la capivo. Non avevo mai lasciato la nostra piccola cittadina situata ai confini del reame. Ma era anche per questo che oltre all’ansia non riuscivo a contenere la mia eccitazione.
Mi sedetti in cucina e accesi una candela. Il mio sguardo si perse nella sua fiamma ondeggiante, con mille pensieri e preoccupazioni che vorticavano nella mia testa . Fu solo quando sentii bussare alla porta, che mi risvegliai da quello stato di trance. Avevo perso la cognizione del tempo, magari forse mi ero addirittura addormentata.
Mi alzai di scatto, allisciai un'altra volta la gonna, e mi diressi verso l'ingresso.
Aprii la porta. Davanti a me trovai un imponente uomo barbuto, probabilmente sulla quarantina. Portava un'uniforme bianca e nera, sul petto stampato lo stesso emblema stampato sulla ceralacca che sigillava la lettera. «La signorina Belvoir, suppongo?» chiese, squadrandomi con un’espressione seria.
«S-sì, sono io,» risposi con la voce che tremava appena. Non so perché ma quell’uomo mi metteva un po’ in soggezione.
«Benissimo,» e mi tese una manona guantata.
«P-piacere!» esclamai e feci per afferlarla.
Ma l’uomo non ricambiò la stretta. Prima che me ne rendessi conto, la sua mano mi afferrò il polso chiudendolo in una morsa ferrea.
«Ma ch-»
Prima che riuscissi a terminare la frase, uno strano senso di torpore si impadronì del mio corpo e il mondo, all’improvviso, divenne nero.

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Capitolo 3
*** Una vecchia conoscenza ***


2. Una vecchia conoscenza


 

Dopo quello che sembrò un istante, una luce accecante irruppe nell’oscurità.
Non avevo però idea di quanto tempo fosse veramente passato. Per quel che ne sapevo potevo aver perso i sensi per qualche ora.
Mentre i miei occhi si abituavano alla luce del giorno, cercai di ragionare su quel che era successo.
Avevo aperto la porta al funzionario che avrebbe dovuto accompagnarmi all’Accademia. Probabilmente dopo avermi afferrato mi aveva colpito con un incantesimo in modo da farmi svenire. Aveva senso. Se la location dell’Accademia era così top secret era naturale che volessero tenerne nascosto il tragitto per arrivarci.
“Certo che avrebbe potuto essere un po’ più delicato,” pensai, massaggiandomi il polso ancora dolorante.
La mia tesi venne confermata quando riuscii finalmente ad aprire completamente gli occhi e a dare uno sguardo a dove mi trovavo. Di centro non ero più sull’uscio di casa mia. Attorno a me si stagliava un grande prato verde dall’aspetto ben tenuto. Un sentiero formato da piastrelle di pietra lo separava a metà e conduceva ad un maestoso edificio di marmo bianco. Quattro possenti colonne candide sorreggevano l’ingresso, dove si trovava un maestoso portone di ferro. Al di sotto di due enormi batacchi erano presenti due stemmi. Non c’erano dubbio, era lo stemma dell’Accademia Duelcrest.
L’edificio scuolastico sembrava essere diviso due alee separate rispettivamente ad est ed ovest del portando. Contando le finestre, immaginai dovesse avere almeno tre piani. Un palazzo così grande ed appariscente difficilmente sarebbe passato inosservato se stato nei pressi una città.
Ma se fosse stato nel mezzo del nulla avrebbe comunque dato nell’occhio.
“Quanto sono stata svenuta?
Una cosa era certa, quel posto non si trovava nei pressi della mia cittadina. Dovevamo aver percorso una lunga distanza.
Ma c’era qualcosa che non tornava.
Se ero veramente svenuta perché mi ero risvegliata in piedi?
Guardandomi intorno ebbi velocemente risposta alla mia domanda.
Presa com’ero dalla vista dell’Accademia, non mi ero accorta di non essere l’unica persona in quel prato. Attorno a me, ciondolavano numerosi altri ragazzi, con la stessa espressione confusa e sbalordita che probabilmente avevo sulla faccia qualche secondo fa. Ad intervalli regolari nuovi studenti apparivano dal nulla con un piccolo pop.
“Teletrasporto?!
Se gli incantesimi che insegnavano erano di questo livello, ci credo che volevano tenere tutto nascosto.
Pian piano si andò a creare una variegata folla di giovani della mia età. Riuscii a riconoscere le uniformi eleganti di rinomate scuole della capitale e quelle più modeste delle scuole delle città vicine.
Si da il caso fossi un’esperta di uniformi. Per un po’ avevo ventilato l’idea di fuggire dal mio paesino per andare studiare in qualche grande città. Avevo quindi fatto ricerche approfondite sulle scuole più famose. Tra i vari parametri che avevo considerato c’era anche l’aspetto delle uniformi. Anche l’occhio vuole la sua parte.
Alla fine però avevo comunque dovuto continuare a studiare nella mia scuola locale, dato che i miei non potevano permettersi di mandarmi altrove.
“Ma ora sono qua. Spero che l’uniforme sia carina!”
Continuai ad osservare i miei futuri compagni di classe. Notai che alcuni non portavano un’uniforme, ma abiti sontuosi ed eleganti.
“Nobili.”
Nonostante tutto, non provavo particolare ostilità verso la classe nobiliare. Purtroppo non si poteva dire lo stesso di quello che il nobile medio provava nei confronti di noi cittadini comuni.
Speravo fortemente che la nostra vita scolastica non si trasformasse in una lotta di classe, come spesso succedeva nelle scuole della capitale, da quel che avevo sentito dire.
Certi nobili volevano che la magia fosse una loro prerogativa e che le scuole di magia più prestigiose non dovessero permettere l’accesso ai cittadini comuni. 

Ero immersa in questi pensieri, quando sentii una voce familiare esclamare: «Lizzie!?»
C’era solo una persona che mi chiamava con quel nomignolo odioso.
Non feci in tempo a girarmi voltarmi, che venni avviluppata in un abbraccio spacca-costole.
«Lizzie, sapevo che ti avrei trovata qui!»
“Amy?”
Era proprio lei. Quella ragazza bassottina, con un caschetto di capelli castani e un dolce sorriso velato da due occhiali rotondi era Amy Thompson, mia compagna di classe per i passati cinque anni. Tra i mie vecchi compagne era l’unica che potessi considerare mia amiche.
La mia testa calda e impulsività mi facevano spesso risultare antipatica alle mie coetanee. Ad Amy non sembrava dispiacere. Riusciva a soffocare la mia focosità con il suo buon carattere.
Da parte mia la trovavo un po’ troppo affettuosa e incurante del mio spazio personale, ma avevo imparato a sopportarla come lei faceva con me.

«Sì!! Sono io. Scusa, non dirti che ero stata selezionata! Nella lettera c’era scritto di tenerlo segreto. Ma ero sicura che ti avrei trovato qui! Sei sempre stata un genio, se hanno accettato me non era possibile che non ti prendessero! Anche da te è arrivato un omone gigante a prenderti? Quando mi ha afferrato è diventato tutto buio. Ho avuto molta paura e…»
Era un fiume in piena. Ma quello che aveva detto mi fece pensare. A differenza sua, non mi aspettavo affatto di trovare Amy qui. Era una bravissima ragazza e si impegnava molto, ma le sue doti magiche non erano nulla di eccezionale. Se questa era veramente una scuola così prestigiosa ed élitaria, non riuscivo a capire perché Amy fosse stata selezionata.
“Probabilmente ci sono altri criteri di selezione oltre all’abilità nella magia…”
Ero comunque felice di avere Amy con me. Senza di lei avrei probabilmente fatto fatica a fare amicizia. Socievole com’era avrei potuto aiutarmi a fare conoscenza con gli altri studenti. Sempre che riuscissi a tenere a bada il mio carattere…
«… spero ci divertiremo assieme! Mi raccomando dovrai aiutarmi a studiare eh! Ohhh, guarda si sta aprendo la porta!»
Queste ultime parole mi riportarono sulla terra.
Senza emettere neanche un cigolio, le porte dell’Accademia si spalancarono lentamente.
Dalla scuola emerse una figura. Era un uomo avanti con gli anni, lo si poteva notare dalla sua chioma grigia e dalle rughe che gli solcavano il volto. Nonostante ciò, la sua andatura decisa non tradiva alcuna traccia di vecchiaia o stanchezza.
Indossava un formale completo grigio correlato di cravatta, portava un taglio di capelli squadrato e aveva dei baffetti impeccabilmente modellati a ferro di cavallo. Con quell’aspetto non avrebbe sfigurato dietro la scrivania di un ufficio governativo, intento a firmare scartoffie.
Non aveva l’aspetto mistico che mi sarei aspettata da un professore della più importante scuola di magia del Regno. Le apparenze però si sa, potevano tradire.
L’uomo si rivolse a noi studenti con voce chiara e ben udibile:
«Benvenuti, benvenuti. Io, Evander Skylark, in qualità di vostro preside, ho il piacere di accogliervi nell’Accademia Reale di Magia Duelcrest. La vostra casa per i prossimi due anni.»
Le sue labbra si incresparono in un sorriso. Notai però che questo non andava a smuovere i suoi glaciali occhi celesti.
“Magari non è molto entusiasta di noi nuovi alunni.” Dopotutto, dopo aver avuto come studente Sir Aldric…
Il professor Skylark riprese a parlare:
«Innanzitutto vi porgo le mie scuse per il brusco viaggio che avete affrontato. La posizione dell’Accademia deve rimanere segreta al pubblico e non potevamo permettere che qualcuno, seguendovi, ne venisse a conoscenza. Teletrasportarvi era l’unico modo.»
«Non temete,» continuò «I vostri bagagli sono stati anch’essi trasportati qua. Vi aspettano nelle vostre stanze, che visiterete più tardi.»
Non ci avevo neanche pensato, ma a giudicare dai sospiri di sollievo di qualche studente accanto a me, qualcuno era preoccupato che le valige fossero rimaste a casa.
Dopotutto vivere 2 anni con solo un cambio di vestiti non sarebbe stato ideale. Non sembrava che nei dintorni ci fossero negozi. Da quel che potevo vedere in lontananza, oltre dei possenti cancelli di ferro nero, l’Accademia era circondata da un fitto bosco.
«Bene, è ora, senza indugio, della vostra prima lezione. Ma prima questo richiede…» il vecchio professore batté le mani. Avvertii come una brezza attraversarmi e abbassando lo sguardo vidi sbalordita che non indossavo più la mia vecchia divisa grigia.
Portavo una nuova uniforme. Indossavo una camicetta bianca dall’aria costosa, chiusa al collo da una cravatta nera adornata da linee dorate. Al di sotto, un corpetto nero mi stringeva la vita, chiuso da dei bottoni contornati d’oro, e andava a terminare in una svolazzante minigonna. A completare il tutto, sotto delle calze nere che arrivavano sopra il ginocchio, c’erano due stivaletti di pelle.
«Carinaaa!» esclamai.
“È stra-elegante!” mi fece eco Amy.
Non eravamo abituate ad abiti di quella fattura.
Il preside attese che il chiacchiericcio causa dal cambio d’abito aveva generato si placasse. «Bene, ora avete un aspetto appropriato. Non preoccupatevi, i vestiti che avevate indosso vi aspettano anch’essi nelle vostre stanze. Ora vogliate seguirmi…»
Facendoci un cenno, il preside si volto e si incamminò all’interno dell’accademia. Dopo un attimo di esitazione io e i miei compagni lo seguimmo.

 

 

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Capitolo 4
*** La prima lezione ***


3. La prima lezione


 

Attraversato il portone d’ingresso ci trovammo di fronte ad un’ampia sala illuminata da torce. Una grande scala di marmo conduceva ai piani superiori. Due guardie armate di alabarda erano stazionate ai lati della scalinata sull’attenti.
Purtroppo non era quello il momento di esplorare.
Seguimmo il preside verso l’ala est dell’edificio.
Un lungo corridoio ci aspettava, decorato da numero dipinti raffiguranti membri della famiglia reale, armature e bacheche piene di armi e strani arnesi magici.
Il preside aprii la prima porta a sinistra che incontrammo ed entrò nella stanza.
Seguendolo, vidi che ci trovavamo in un’ampia aula magna. Tre larghe lavagne occupavano la parete vicino ad una grossa cattedra di legno.
Noi studenti ci dirigemmo verso i numerosi posti a sedere.
Io e Amy ci arrampicammo verso le ultime file rialzate.
Da lì vidi che sulla parete destra era illuminata da uno strano incantamento di cui mi sfuggiva lo scopo. La stanza era infatti illuminata da un grande candelabro che aleggiava sopra le nostre teste.
Dopo aver atteso che tutti fossero seduti. Il professor Skylark si schiarì la gola e iniziò a parlare.
«Solitamente come preside non sono responsabile delle vostre lezioni. Ma ho pensato che darvi di persona un’introduzione sul funzionamento dell’Accademia possa esservi molto utile,» dichiarò il vecchio mago squadrandoci. «Ve lo spiegherò in maniera molto semplice. Voi cento studenti siete qui per un’unica ragione: trovare il nuovo sir Aldric. In altre parole, seduto tra voi è presente il mago più potente della vostra generazione e il nostro scopo è scoprire chi è. Questo è il fine ultimo dell’Accademia.»
Un brusio eccitato si diffuse tra gli studenti.
Uno di noi sarebbe diventato un mago potente come sir Aldric. Sembrava impossibile. Ma… DOVEVO essere io.
«A questo scopo l’Accademia è strutturata per mettervi alla prova, migliorare le vostre capacità, così che uno di voi raggiunga quel livello. Scordatevi di lunghi esami noiosi e serate passate tra i libri.»
Un brusio eccitato si diffuse tra gli studenti.
«Avete sentito bene,» disse il preside con un sorrisetto, ma tornò subito serio, «Non aspettatevi che sia una passeggiata però.»
«Ditemi, chi conoscete per aver completato gli studi nella nostra scuola?»
«Esatto!» esclamò annuendo, senza neanche aspettare che rispondessimo.
«Solo sir Aldric,» fece una piccola pausa prima di continuare, «questo perché solo una persona può finire il nostro corso con successo.»
Osservando le nostre facce, che avevano ormai perso ogni traccia di entusiasmo proseguì: «Ogni settimana, aihmé, uno di voi dovrà lasciarci. Questo continuerà finché non rimarrà un solo mago. Un mago allo stesso livello di Aldric o perché no, anche più forte.»
Una cosa del genere… Non penso sarei mai arrivata al suo livello. Ma essere la migliore tra i miei compagni… Potevo, no, dovevo farcela!
«Ora vi chiederete, come faremo a valutarvi? Come vi ho già detto in quest’accademia non diamo valore a interrogazioni o esami. No, noi cerchiamo qualcuno che eccelle nel lato pratico. Come il nome dell’Accademia vi può intuire, sarete giudicati esclusivamente nella vostra abilità nel duellare. Chi saprà schiacciare la competizione con le sue abilità di combattimento sarà il vincitore.»
Questa dichiarazione sembrò ravvivare un minimo l’entusiasmo della classe.
Per quanto sarebbe stata tosta, di sicuro la nostra permanenza nella scuola non sarebbe stata noiosa. Concentrarsi sulla magia pratica suonava molto più allettante che stare con la testa china sui manuali di incantesimi.
Il preside continuò: «Per questo motivo abbiamo stabilito un insieme di regole per creare una vera e propria classifica. A fine settimana l’ultimo della classifica verrà eliminato». Dicendo questo accennò alla strana parete luminosa. Probabilmente era lì che la classifica sarebbe stata visibile a tutta la classe.
«Ho preso la libertà di inserire nel taschino della vostra uniforme l’elenco delle regole,» spiegò il professor Skylark «Ma cercherò di riassumervi le più importanti.
Ognuno di voi potrà sfidare a duello uno dei vostri compagni.
Non potrete sfidare lo stesso compagno più di una volta al giorno. Non vorremmo che provaste a sfidarvi tra amici troppe volte e falsare la classica,» disse con un’espressione furba, “se la persona decide di accettare, il duello inizierà dopo pochi secondi. Il vincitore vincerà due punti e il perdente perderà un punto.
Abbiamo deciso di darvi la possibilità di rifiutare un duello, nel caso magari non siate al vostro meglio, ma accettare è incentivato. Per questo la persona che rifiuta un duello perderà due punti e lo sfidante otterrà un punto.»
«Ha senso. Se non ci fossero penalità una persona accetterebbe solo duelli che è sicura di vincere,» sussurrai ad Amy, che aveva l’aria un po’ confusa.
«Questo è praticamente tutto. Sfidatevi tra di voi, vincete duelli e non rifiutatene troppi per salire in classifica. Per il resto, nel manuale troverete alcune regole di buon senso. Per esempio è vietato qualunque atto di violenza tra studenti al di fuori dei duelli. O il fatto che il duello finisca nel caso che una delle due parti sia impossibilitata a combattere o accetti la resa dell’altra,» sembrò concludere il preside.
Ma con un sorrisetto sotto i baffetti aggiunse: «Oh dimenticavo. Quest’anno abbiamo deciso di aggiungere un elemento per rendere le cose più interessanti».
“Non mi aspetto nulla di buono.”
«Duellare per punti alla lunga può risultare noioso. Questo specialmente se siete nella parte alta della classifica e non correte il rischio di salutarci a fine settimana,» disse come se stesse ricordando qualcosa.
Probabilmente era successo in passato.
«Per questo abbiamo pensato di introdurre un altro incentivo a duellare,» continuò, «Quando sfiderete uno dei vostri compagni, potrete anche mettere una condizione in caso di vittoria. Vedetela un po’ come una scommessa. Chi perde paga. Potreste chiedere al vostro avversario di darvi un oggetto, come la loro giacca, o di compiere un’azione, per esempio potreste fargli portare la vostra borsa per una settimana per esempio…»
“Dubito che ci si fermerà a cose così innocue.”
Conoscevo bene la cattiveria di cui erano capaci i ragazzi della mia età. Nella mia mente potevo già immaginare scenari ben poco piacevoli.
«Attenzione però,» ci avvertì Skylark come se mi aveste letto nel pensiero, “niente richieste irragionevoli. Come potrete leggere nel regolamento, i nostri duelli sono regolati da un giudice magico imparziale, creato da un potente incantesimo. Se il giudice riterrà la vostra richiesta eccessiva annullerà il duello e vi detrarrà due punti.
Inoltre, colui che sfidate formulerà una richiesta a sua volta dopo aver accettato la vostra. Se fate richieste pesanti dovrete essere preparati a riceverne a vostra volta.”
Nonostante queste parole non potei far a meno di pensare che la mia vita scolastica non sarebbe stata per nulla tranquilla.

 
***

Note dell'autore: spero vi piacciano i tournament arc, perché a quanto pare tutta la storia è un tournament arc.

 

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Capitolo 5
*** Prima in classifica ***


 

5. Prima in classifica


 
«Bene, passiamo ai fatti» esclamò il preside dopo averci lasciato qualche minuto per assorbire quanto detto finora.
Estrasse la sua bacchetta da dentro la giacca e la agitò in aria. La porta dell’aula si spalancò e fece il suo ingresso una strana sfera di vetro, al cui interno brillava una fioca luce azzurrina.
Ricordai di aver visto qualcosa di simile nella bacheca di fronte alla classe.
Il professore la afferrò e la depose con delicatezza sulla cattedra, dove rimase ferma immobile senza rotolare via.
«La prima domanda da farvi quando avrete voglia di duellare sarà: chi voglio sfidare? Dato che siete appena arrivati non avete idea delle abilità dei vostri compagni. Per aiutarvi ho pensato di creare una classifica iniziale provvisoria,» disse il preside, «misurare l’abilità ci ciascuno di voi richiederebbe tempo che è meglio utilizzare in maniera più costruttiva. Per questo utilizzeremo un metodo più veloce seppur molto approssimativo. Vi ordineremo in base al vostro livello di mana. Si tratta di una misura oggettiva che vi darà un’idea del potenziale magico del vostro avversario e vi permetterà di avere duelli equilibrati,» spiegò.
“Duelli equilibrati, come no…”
Potevo immaginare solo un modo in cui sarebbero andate le cose. Chi aveva bassi livelli di potere magico sarebbe diventato una piñata di punti per i più forti.
“E lui lo sa bene.”
Non avevo ancora inquadrato per bene il professor Skylark, ma di sicuro non era uno stupido. Che fosse quello l’intento? Dopo tutto se si cercava il mago più potente aveva senso ispirarsi alla legge del più forte. I deboli soccomberanno per primi. Ma allora a che pro invitarli nell’Accademia? Qualcosa non tornava, l’avevo già capito quando avevo visto Amy.
«Ora, quando vi chiamo, venite alla cattedra e appoggiate entrambe le mani sulla sfera. Non dovrete fare nient’altro». Così il professore iniziò il suo appello. Il primo studente, un certo John Aberich, si avvicinò dopo aver sentito il suo nome.
Dopo aver afferrato la sfera, la luce all’interno di essa aumentò di intensità per poi tornare al suo stato originario.
Girando lo sguardo, vidi che il nome di Aberich era apparso nella parete destra dell’aula con accanto il numero 0.
Seguirono altri studenti. La sfera reagiva in maniera diversa, emettendo una luce più o meno forte. In alcuni casi arrivò ad illuminare la parte anteriore della classe, in altri si smosse appena.
I nomi degli studenti venivano aggiunti alla classifica, andando a cambiarne le posizioni. Tutti avevano un punteggio di 0.
“Il mana non da punteggio. È solo una classifica provvisoria,” pensai.
Dopo alcuni studenti, arrivai il mio turno. “Belvoir Elizabeth” chiamò il preside. Mi alzai e mi diressi alla cattedra sovrappensiero.
Era un’idea che mi era balenata in mente mentre osservavo gli altri studenti sfilare davanti a me. Avrei presto dovuto combattere contro di loro. Tenere nascoste le mie abilità poteva essere un’idea interessante.
Da quel che mi era stato detto da piccola, avevo una riserva di mana decisamente fuori dal comune. Se fossi riuscita a non farlo sapere ai miei compagni magari avrei potuto attirare qualche punto facile.
Nascondere l’entità del mio potere magico non doveva essere impossibile. Si da il caso che oltre alla semplice quantità, avessi anche un ottimo controllo sul mio mana.
Mentre allungavo le mani verso la sfera, mi concentrai. Immaginai una barriera formarsi nei recessi della mia mente. L’immaginazione era il principio più importante nel controllo del mana.
“Funzionerà!” pensai mentre afferravo la sfera.
Improvvisamente sentii come se il mio intero io stesse venendo risucchiato in quella palla di vetro. La barriera che avevo eretto per nascondere parte del mio mana andò istantaneamente in frantumi.
Un lampo di luce si sprigionò davanti a me, accecandomi.
La suora che aveva misurato il mio mana quando ero bambina non scherzava…
Dopo aver riguadagnato la vista, pensai di aver visto un sorrisetto di scherno attraversare il volto del professor Skylark, ma fu solo un attimo.
“Non me lo sono immaginato, sa cosa stavo cercando di fare, il vecchietto”! pensai girando i tacchi per tornare a sedermi.
E lì che mi resi conto che gli occhi di tutta la classe erano fissi su di me.
“Missione fallita,” pensai salendo le scale, “spero che qualcuno con più mana di me vada alla cattedra in fretta, magari si dimenticheranno di me”.
Non potei fare a meno di emettere una risatina nervosa, nel mentre Amy mi diceva come aveva sempre saputo che ero speciale, quando finiti gli studenti, il primo posto della classifica recitava:
Elizabeth Belvoir      0

***

Note dell'autore: che accademia di magia sarebbe senza la vecchia misurazione del potere magico?

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Capitolo 6
*** Una sfida impari ***


 

5. Una sfida impari


 

«Ora che abbiamo finito, penso sia una idea carina avere un duello dimostrativo. Qualche volontario?»
La tensione nell’aula salì in maniera palpabile. La partita per diventare il mago più forte del regno sarebbe iniziata con quel duello.
Non feci in tempo a pensare se propormi o meno, che un ragazzo qualche fila più avanti di me scatto in piedi con la mano alzata esclamando: «Io! Signor preside.»
«Ah! Lei il signor?»
Il ragazzo rispose in un tono che mi sembrò vagamente indispettito: «Frank Montague signore, sono il figlio del Conte Ferdinand Montag-»
«Bene, signor Montague,» lo interruppe Skylark, «ha già idea di chi vuole sfidare.»
«Voglio sfidare Sophia Thornton,» disse Montague, leggendo il nome dalla parete destra.
“Prevedebile”.
Il nome che aveva letto apparteneva alla persona ultima in classifica, in pratica quella con il minor potere magico della classe.
“Iniziamo subito” pensai.
“Perfetto”, disse il preside con tono neutro, “Signorina Thornton, può alzarsi per favore.”
Sentii qualcuno alzarsi dietro di me. Dall’ultima fila, senza proferir parola, si era alzata una esile ragazza dai capelli neri. I suoi taglienti occhi verdi tradivano un’espressione lievemente infastidita, come se quella situazione fosse una scocciatura.
Avevo già notato quella ragazza. Quando aveva afferrato la sfera di vetro, la luce si era a malapena mossa. Probabilmente la panca su cui era seduta un attimo prima aveva il suo stesso livello di mana.
«Cosa ci fanno persone così all’Accademia?» mi chiesi per l’ennesima volta.
«Signor Montague, vuole proporre una qualche condizione al duello,» chiese il preside.
«Certamente,» rispose pronto il ragazzo, «Se vinco voglio che la signorina Thornton mi sfidi a duello ogni giorno di questa settimana.»
“Mica scemo il nobilotto.”
Così si sarebbe assicurato ulteriori 14 punti per la settimana. Ma la ragazza poteva semplicemente rifiutare.
Sorprendentemente invece Sophia rispose: «Accetto il duello.»
“O è un’idiota o ha un asso nella manica.”
«Quali sono le sue condizioni, Signorina?» chiese il professore.
«Voglio che Montague mi dia metà del suo pranzo per questa settimana,» rispose con tono annoiato.
“Ok, è solo un’idiota”
Gran parte della classe scoppiò a ridere.
«Accetto,» rispose Frank Montague stringendo i denti.
«Ottimo, venite qua davanti alla classe,» ordinò il preside.
Quando i due arrivarono vicino alla cattedra, una strana cupola lucente iniziò a formarsi intorno a loro.
«È una barriera magica,» spiegò Skylark, “al suo interno potrete utilizzare gli incantesimi più potenti a vostra disposizione, senza paura di ferire gli spettatori o danneggiare l’aula.» «Oh e non preoccupatevi di distruggere i pavimenti o cose del genere,” aggiunse “Tutti gli oggetti all’interno della barriera verranno rigenerati a fine duello.”
Dopo le parole del professore, una voce metallica echeggiò all’improvviso nella classe. Veniva dalla barriera. «Preparatevi al duello!» risuonò forte e chiara.
La ragazza dai capelli neri non tirò fuori la sua bacchetta. Con un movimento elegante sfoderò la sua spada. Era una lama sottile, decorata da strani intarsi. Non dava l’impressione di essere un’arma adatta ad un combattimento quanto un oggetto da esporre in una bacheca.
Vedendola il biondo nobile scoppiò in una risata. «Ahahah non stai prendendo questo duello per nulla sul serio eh?» commentò.
Anche lui estrasse la sua spada. Era uno spadone a una mano e mezza, con una grossa impugnatura decorata d’oro.
Probabilmente avrebbe spezzato la spada di Sophia Thornton come uno stuzzicadenti.
Con la mano sinistra Montague estrasse la bacchetta ed esclamò: «Strenght!».
Un aurea dorata lo circondò. Un incantesimo di potenziamento.
«Perche no? Giochiamo un po!» disse con fare canzonatorio.
“Sbruffone” pensai.
Se si fosse concentrato sugli incantesimi avrebbe vinto al cento per cento. Così le stava dando una possibilità.
Purtroppo però non penso ci sarebbe stata storia. Guardando quell’arma e la muscolatura ben allenata del ragazzo, probabilmente avrebbe vinto in poche istanti. I nobili ricevevano lezioni di spada sin da piccoli dopotutto.
La voce iniziò un conto alla rovescia. “10...9…”
Osservai Sophia. Non sembrava intimidita. Anzi, sorrideva. Che forse…
“3...2...1!”

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Capitolo 7
*** Una lama affilata ***


6. Una lama affilata


 

Con rapidità sovrumana Montague scattò verso la sua avversaria. L’incantesimo di potenziamento che aveva lanciato sembrava aver potenziato la muscolatura delle sue gambe.
Forse basterà un solo colpo,” pensai mentre il fendente scagliato da Montague stava per abbattersi su Sophia.
Per un attimo sembrò proprio così.
Tuttavia la ragazza era ancora in piedi.
Il colpo doveva aver mancato di pochi centimetri.
Montague continuò l’assalto. Uno, due tre colpi…
Tutti a vuoto.
Con un leggero passo a sinistra, Sophai schivò il quarto fendente che andò ad abbattersi sul terreno.
“Ora! Colpiscilo!”
Ma la ragazza si limitò a pungolare la gamba di Montague, provocandogli un taglietto.
Con un grugnito, il figlio del conte sollevò la spada e riprese ad attaccare.
Qualche minuto dopo, la scena che avevo davanti era molto diversa da quella che mi sarei aspettata all’inizio del duello.
Montague ansimava tenendosi in piedi con l’aiuto del suo spadone, conficcato per terra, l’uniforme strappata in più punti e il corpo costellato di piccole ferite.
Sophia Thornton, con l’aria di chi aveva appena fatto una rilassante passeggiata nel bosco, si ergeva davanti a lui, completamente illesa.
Era stato come vedere un predatore che giocava con il suo cibo.
Ogni attacco di Montague veniva schivato con piccoli movimenti leggiadri, a cui la ragazza andava a connettere, come una danza, agili affondi e fendenti, senza però assestare mai il colpo di grazia.
«Vuole dimostrare qualcosa… Forse che non è qualcuno di cui ci si può approfittare.»
Il tronfio sorriso di Montague era sparito.
Al suo posto c’era un’espressione dolorante che tradiva grande frustrazione.
«Tu… Perché non mi attacchi?» chiese ansimando.
«Hai detto qualcosa? Mi è sembrato di sentire un ronzio fastidioso,» rispose con aria di scherno Sophia.
Mi aspettavo una risposta irata e offesa da parte del nobile, ma vidi che nel mentre che la ragazza rispondeva aveva tirato fuori la bacchetta e bisbigliato qualche parola.
Fu un attimo.
Un bagliore e Montague afferrò lo spadone con due mani e come un fulmine si avventò contro Sophia.
Aveva distratto la ragazza con quella domanda e aveva utilizzato un incantesimo per potenziare ulteriormente la sua velocità. Furbo il ragazzo.
«Attenta!» mi sfuggi un grido dalla bocca mentre il resto della classe tratteneva il respiro.
Da quella distanza Sophia non sarebbe riuscita a schivare.
Parare era fuori discussione, la sua spada sottile si sarebbe spezzata a metà.
Un colpo del genere avrebbe potuto ucciderla.
Chiusi gli occhi istintivamente. Sentii un forte stridore metallico e un grido di dolore.
Aprii lentamente gli occhi.
Sangue.
Ma non di Sophia.
Montague stava perdendo sangue dal naso. Il suo spadone era adagiato per terra ai piedi della sua avversaria.
«Ma che?» mi girai verso Amy, sperando che non fosse stata una fifona come me e avesse visto cosa era successo.
«È riuscita a bloccare il colpo con la spada! Pensavo si sarebbe spezzata di sicuro,» mi spiegò Amy eccitata, «ma l’ha messa come di traverso! La spada di Montague è scivolata sulla lama e ha colpito il pavimento. Lei ne ha approfittato per tirargli una ginocchiata in faccia».
Ascoltai basita la spiegazione. Una cosa era certa, quella ragazza dall’infimo potere magico era un’incredibile spadaccina.
Ma… Aveva fatto un errore. Avrebbe dovuto chiudere il duello finché poteva.
Come immaginavo, infatti, Montague estrasse la bacchetta.
«Bastarda,» biascicò, «ora basta con i giochi. Ammetto che sei più abile di me con la spada. Ma è ora di farla finita».
Il ragazzo puntò la bacchetta verso Sophia e urlò:
«Fireball
Un’enorme palla di fuoco scaturì dalla punta della bacchetta e si diresse a grande velocità verso la ragazza.
Era quello che temevo: finché l’orgoglio avesse portato Montague a continuare lo scontro all’arma bianca, Sophia era in vantaggio, ma ora che il nobile era passato agli incantesimi, le cose si mettevano male.
La sfera infuocata raggiunse la ragazza, che non sembrava voler neanche provare a schivare. Dopotutto, se anche ci fosse riuscita, l’esplosione successiva l’avrebbe comunque colpita.
Invece, Sophia Thornton affrontò l’incantesimo a viso aperto, come aveva fatto finora con il figlio del conte.
La sua sagoma scomparve per un attimo nel bagliore della palla di fuoco e…
La sfera improvvisamente si divise a metà, passando ai lati della ragazza che, con l’esile lama distesa davanti a se, era completamente illesa.
Un silenzio assordante si gonfiò nell’aula.
“Ma… ha appena tagliato a metà una fireball?” ero sbalordita, una cosa del genere era impossibile.
Montague sembrava pensarla alla stessa maniera. Aveva un’espressione inebetita, come se avesse preso un’altra ginocchiata in faccia.
Pian piano però sembrò ricomporsi.

«Ah! Devi aver lanciato un incantesimo scudo senza farti notare...»
Sentii delle esclamazioni di comprensione e vidi alcuni studenti annuire.
Di sicuro era la spiegazione più logica. Ma… Sophia non aveva mai estratto la bacchetta o pronunciato un incantesimo. Possibile che qualcuno con così poco potere magico fosse capace di lanciare incantesimi senza invocazione e a mani nude? Magari la spada aveva una bacchetta all’interno?
Non sapevo cosa pensare.
«Beh, me l’hai fatta.»
Montague invece sembrava convinto della sua spiegazione e si era ripreso d’animo.
«Ma ora penso che tu abbia finito i trucchetti. Voglio vedere quanto la tua barriera riesce a reggere con quel mana che hai.»
Il ragazzo puntò di nuovo la bacchetta contro Sophia e urlò: «Firestorm!»
Questa volta non era una sfera ma un soffio infuocato, come quello di un drago.
“Un incantesimo a rilascio continuo!”
Non essendo un singolo proiettile era l’ideale per abbattere una difesa magica. Montague avrebbe potuto continuare ad assaltare con le sue fiamme la barriera di Sophia, finché questa non avesse finito il mana.
“Se ha veramente evocato una barriera…”
Non ero per nulla sicura.
C’è da dire che Montague si era dimostrato un duellante molto astuto. Tra lui e Sophia, avevo fatto due giganteschi errori di valutazione.
Mi schiaffeggiai il volto, facendo sussultare Amy affianco a me.
“Se voglio arrivare fino alla fine devo essere meno arrogante.”
Mi concentrai di nuovo sul duello.
Sophia non si mosse di un centimetro. Attese le fiamme e mosse la spada davanti a sé, come se stesse cercando di parare un fendente invisibile.
Come la palla di fuoco, il soffio di fiamme sembrò andare incontro ad una forza invisibile e si divise in due getti separati.
I secondi passavano. La bacchetta di Montague continuava ad emettere un torrente di fuoco. Sophia continuava a restare ancorata con la spada davanti a se, le fiamme che ruggivano ai lati senza colpirla.
Un minuto, due minuti. Potevo vedere il sudore addensarsi sulla fronte della ragazza. Le fiamme non riuscivano a raggiungerla, ma la temperatura doveva essere insopportabile.
Ma anche Montague non sembrava passarsela bene. La sua mano tremava e il getto di fiamme sembrava farsi sempre più irregolare.
E poi…
Per una frazione di secondo il getto di fuoco si affievolì.
Come se stesse aspettando quel momento sin dall’inizio, Sophia Thornton sguscio a sinistra e scattò in avanti.
«Merda!» imprecò Montague, afferrando la bacchetta con entrambe le mani. Il getto di fuoco riacquisì potenza e il ragazzo riaggiustò la mira verso Sophia che stava per avventarsi su di lui.
Non poteva schivare!
La ragazza impugnò la spada con entrambe le mani e la posizionò a protezione del suo fianco destro.
Il getto di fiamme la colpì in pieno ma lei continuò la sua corsa.
Una bacchetta volò per aria.
Sophia, con l’uniforme annerita dalle fiamme e quella che sembrava una brutta bruciatura sul braccio sinistro, era ancora in piedi e la sua spada era puntata alla gola di Montague.
«M-m-mi arrendo!» biascicò il ragazzo in preda al panico.
Sophia abbassò l’arma e ci si appoggiò ansimando.
La voce magica rimbombò nuovamente nella classe: «La vincitrice è Sophia Thornton.»
Nello stesso momento la classifica luminosa venne aggiornata. Il mio nome non era più in cima.
Sophia Thornton – 2 punti.
«Questo… Questo duello non è valido!» L’urlo di Montague ruppe il silenzio sbalordito che aleggiava nell’aula magna.
«Cosa intende Signor Montague?» chiese con freddezza Skylark.
Avevo lanciato qualche occhiata al professore durante il duello. La sua espressione era sempre rimasta serafica, come se le cose stessero andando esattamente come si aspettava.
«Quella spada! Ha respinto i miei incantesimi! Si tratta palesemente di un’arma incantata. Una persona con così poco potere magico non avrebbe potuto incantarla da sola durante il duello. Doveva già esserlo da prima! Ha imbrogliato!»
«Signor Montague, se avesse impiegato qualche minuto del suo tempo per leggere il regolamento, prima di sfidare la signorina Thornton a duello, avrebbe saputo che portare con sé armamenti incantati non è contro le regole,» spiegò divertito il preside divertito.
Il figlio del conte aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, come un pesce fuor d’acqua.
«Che serva a tutti di lezione. Il potere magico non è l’unica cosa di importante in questa scuola. Ora, voi due andate in infermeria, la troverete in fondo al corridoio. Dopo un duello, se avete delle ferite, l’infermeria vi rimetterà in sesto in men che non si dica.»
Senza aspettare Montague, Sophia si diresse immediatamente verso la porta.
Non potei fare a meno che fissarla mentre usciva.
“Una spada incantata eh?”

Sembrava l’unica spiegazione plausibile.
Ma no, c’era qualcosa che non andava. Un incantamento così potente da tagliare in due una palla di fuoco come fosse burro? Poteva esistere qualcosa di simile?
Ma se non era quello, allora come aveva fatto?
Non ne avevo idea. Ma di una cosa ero sicura. Se volevo essere l’ultima sopravvissuta fra due anni, dovevo trovare il modo di battere quella ragazza.

***

Note dell'autore: Non possiamo farci mancare il bulletto che viene messo sotto dal personaggio segretamente super potente.

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Capitolo 8
*** Una conversazione poco amichevole ***


7. Una conversazione poco amichevole


 

Il resto della mattinata trascorse con tranquillità. Dopo essersi congedato, il preside Skylark aveva lasciato spazio ad una professoressa dall’aria severa.
Montague e Sophia, apparentemente perfettamente guariti, rientrarono in classe mezz’ora dopo, mentre ci stava venendo illustrato il layout della scuola.
Come avevo già notato l’Accademia era composta da due alee. L’ala est, dove ci trovavamo ora, ospitava i locali destinati al nostro addestramento. Oltre a quest’aula, dedicata alle lezione teoriche, ne erano presenti altre con varie attrezzature utili agli allenamenti pratici. Apparentemente vi era anche un grosso cortile interno. La scuola aveva tre piani, ma non ci venne spiegato cosa ci fosse a quelli superiori dell’ala est. Immagino ci fossero gli uffici degli insegnanti e le loro stanze.
La sezione ovest era infatti interamente dedicata agli alloggi degli studenti e altri spazi a noi dedicati. C’erano una sala da pranzo, due grandi bagni, una sala ricreativa e un’area sport completa addirittura di piscina coperta.
Avremmo avuto ognuno una stanza personale.
Amy si agitava eccitata affianco a me. Per noi due, che finora avevamo vissuto in un’umile paesino, vivere con tutti questi lussi sarebbe stato incredibile.

«Una stanza tutta mia!» squittì Amy felice. Potevo capirla, dato che era cresciuta con tre fratelli. Probabilmente un paio d’ore fa avrei reagito nella stessa maniera.
Ma ora la mia mente non faceva che tornare sul duello a cui avevo assistito e su Sophia Thornton.
Dovevo vederci chiaro su quella ragazza.
Forse avrei dovuto provare a scambiarci due parole, magari avrei potuto scoprire qualcosa di utile su di lei.
Solitamente ero terribile a fare amicizia, ma se l’avessi approcciata insieme ad Amy, magari potevo avere qualche chance.
A differenza mia, per lei era una seconda natura chiacchierare e conoscere nuove persone.
Avvicinarla con un secondo fine non era carino, ma questa era una competizione. Dovevo ottenere ogni vantaggio possibile.
L’occasione fortunatamente si presentò il giorno stesso, dopo la fine delle lezioni mattutine, che erano state per lo più un introduzione all’Accademia.
Io e Amy ci fermammo qualche minuto a chiacchierare su quello che avevamo scoperto finora.
«Non sono stata mai granché a lanciare incantesimi… Ma penso che tu invece ce la possa fare. Hai il potere magico più grande della classe e sei sempre stata così intelligente. Farò del mio meglio per supportarti,» disse Amy gonfiando il petto orgogliosa.
«Grazie Amy. Ma come hai visto da quel duello, il mana non è tutto».
«È vero quella ragazza è stata incredibile. Mai visto qualcuno così abile con la spada. Ma neanche tu hai solo la quantità di mana dalla tua parte, vero?» rispose Amy facendomi l’occhiolino.
Mmmh aveva ragione. Anch’io dopotutto avevo un asso nella manica, ma non ero sicura sarebbe stato utile contro qualcuno come Sophia. E a differenza della capacità di tagliare a metà gli incantesimi era qualcosa di raro ma non unico. Chissà quanti altri maghi ne erano capaci lì dentro.
«Beh, meglio andare a pranzo. Tutte queste regole e spiegazioni mi hanno fatto venire fame.»
Io e Amy uscimmo dalla classe e ci incamminammo verso l’ala ovest.
Trovare la sala da pranzo non fu difficile.
Ci bastò aguzzare le orecchie e dirigerci nella direzione da dove proveniva un gran baccano: sedie spostate, posate che tintinnavano e l’allegro brusio delle chiacchiere dei nostri compagni di classe.
Passammo oltre ad una doppia porta e ci trovammo in un vasto ambiente illuminato da diversi candelabri.
Decine di tavoli occupavano la maggior parte dello spazio. Ve ne erano diverse misure, da lunghe tavolate a più intimi tavolini da 4 persone. Sembrava ci fossero più posti del necessario, magari per garantire un pranzo solitario a chi volesse starsene per conto suo.
Io e Amy ci accodammo ad un fila che partiva a sinistra dell’ingresso, immaginando fosse quella per ricevere il nostro cibo. Sbirciando oltre le spalle degli studenti davanti a noi intravedemmo, all’inizio della coda, un tavolo coperto da una tovaglia rossa con disegnato sopra un complicato cerchio magico.
Quando uno studente ci si avvicinava questo emetteva un bagliore e un vassoio colmo di pietanze si materializzava dal nulla.
Ricordai di aver sentito qualcosa a proposito durante la lezione.
A quanto pare i nostri pasti erano personalizzati. Sarebbero stati tenuti in conto in nostri gusti per servirci pasti bilanciati e salutari.
Comodo certamente. Ma sembrava tutto un po’ freddo e macchinoso.
Questi pensieri vennero presto scacciati quando fu il mio turno e ricevetti la mia porzione. Un piatto di pennette all’arrabbiata e una grossa bistecca con al lato una invitante insalata si materializzarono davanti a me.
Se si mangiava tutti i giorni così, freddo e macchinoso che sia, ci avrei fatto l’abitudine.
Dopo che anche Amy ricevette il suo vassoio, ci incamminammo alla ricerca di un posto a sedere.
C’era l’imbarazzo della scelta, ma è lì che mi venne un’idea.
Il pranzo era un momento ideale per provare a fare conoscenza!
Feci scorrere lo sguardo per la sala da pranzo fino a che non la vidi. Sophia era seduta da sola in un tavolino vicino al muro, sembrava intenta a divorare un piatto di spaghetti.
Il suo vassoio era visibilmente più ingombro rispetto al mio.
“Deve aver riscosso metà di quello di Montague” pensai ridacchiando.
Feci cenno a Amy di seguirmi e mi diressi verso il tavolo di Sophia.
Arrivata di fronte a lei chiesi «Possiamo sederci?»
Sophia alzò a malapena lo sguardo dal piatto e annuì.
Io ed Amy ci sedemmo e iniziammo a consumare il nostro pranzo.
Amy si perse subito in lodi sulla bontà della cucina della scuola. Tra i vari bocconi continuammo a chiacchierare su quello che era successo oggi.
Durante tutto questo, Sophia non sembrò minimamente interessata ad unirsi alla conversazione.
“Non sembra molto socievole. Non so perché ma me l’aspettavo…”
Le era subito sembrata strana. Con quel suo atteggiamento vagamente annoiato, come se il primo giorno nella misteriosa Accademia di magia reale fosse ordinaria amministrazione.
Mentre era occupata con il suo pranzo extra large ne studiai lineamenti.
Il suo viso era illuminato da quei suoi taglienti occhi verdi, ora parzialmente oscurati da una frangia, mentre era intenta a studiare il pesce in cartoccio che aveva di fronte.
La sua pelle pallida sembrava incredibilmente liscia. Probabilmente ne teneva ben cura. Stesso valeva per i suoi lunghi capelli neri che le ricadevano sulle spalle in dolci onde.
Non avrei mai avuto la pazienza di tenerli così perfetti.
Non per niente optavo sempre per un taglio alle spalle.
“È veramente bella…” un tipo di bellezza curata, diversa da quelle a cui eri abituata.
«Serve qualcosa?»
“Merda.” Sophia mi stava guardando dritto negli occhi.
Ero rimasta talmente impressionata dal suo volto che non mi ero accorta che avesse sollevato lo sguardo e mi avesse preso con le mani nel sacco mentre la fissavo.
«Scusa è che… Io Amy siamo rimaste molto colpite dal tuo duello. Giusto?» dissi arrossendo, cercando di salvare la faccia.
«Certo! Sei stata incredibile, gliel’hai fatta vedere a quel nobile arrogante,» mi venne in aiuto Amy energicamente.
«Mmh grazie,» rispose Sophia laconicamente e abbassò di nuovo lo sguardo. Sembrava voler ritornare al proprio pranzo.
Io però non volevo lasciarmi perdere l’occasione.
«Comunque io sono El-»
«Elizabeth Belvoir,» mi interruppe Sophia senza alzare gli occhi dal piatto, «quella con più mana della classe.»
«Ahah già...» ridacchiai nervosamente. Le cose non stavano andando come previsto. Il mio tentativo di avviare una conversazione amichevole era stato bloccato sul nascere.
«I-io invece sono Amy! Amy Thomson, piacere!»
Sophia si limitò a farle un cenno.
Anche l’estroversa per eccellenza Amy sembrava incapace di fare breccia nel muro che era Sophia Thornton.
“Non devo darmi per vinta…”
«Quindi, come ti sembra la scuola?» tentai nuovamente.
Questa volta Sophia risollevo lo sguardo.
«Cosa vuoi?» chiese in tono freddo.
I suoi occhi color smeraldo sembravano trafiggermi, come se volessero ottenere risposta alla domanda leggendola direttamente all’interno del mio cranio.
«Eh, stavo solo cercando di fare un po’ di conversazione...»
«Tra tutti i posti vuoti della sala da sala, hai decosp sederti qui di proposito. Posso già immaginare cosa ti passa per la testa, quindi evita di cercare di prendermi in giro.» La sua voce ora era palesemente ostile.
Pensai di trovare qualche altra scusa, ma alla fine decisi che era meglio essere sincera.
“Operazione amicizia: fallita.”
«Quella spada… Non è veramente incantata, vero?» le chiesi guardandola negli occhi.
Notai che le sue pupille si dilatarono per un attimo dalla sorpresa.
Fu però veloce a nasconderlo e con un sorrisetto beffardo mi chiese: «Oh? E cosa te lo fai pensare.»
Amy nel frattempo sembrava essere entrata nel panico e spostava lo sguardo tra me e Sophia, come se stesse seguendo una concitata partita di tennis.
«Per due motivi principalmente. Prima di tutto gli incantamenti per armi solitamente lasciano qualche traccia sulla lama, come un lieve bagliore. La tua lama invece sembrava completamente normale,» risposi, «mon posso escludere che ci sia un modo per occultare un incantamento però. Cosa più importante però è la natura dell’incantesimo. Un incantamento in grado di annullarne altri sarebbe incredibilmente instabile per sua natura. Dubito che se qualcosa del genere esistesse potrebbe permanere su una lama più di qualche minuto. Eravamo a scuola da almeno un’ora prima del duello. Non penso che tu l’abbia incantata da sola poco prima dato il tuo basso livello di mana. Quindi a meno che tu non abbia un complice...»
Sophia non sembrò sorpresa dalla mia spiegazione. «Interessante… Ammettiamo che sia così, perché avrei dovuto fingere di avere una spada incantata?» mi chiese.
Questo era ovvio, dopotutto avevo cercato di fare lo stesso. «Per nascondere le tue vere abilità,» dichiarai, «hai fatto credere a tutti che sia meglio non sfidarti dato che hai una spada incantata in grado di annullare le magie. Ma in realtà il tuo potere è un altro, ma non vuoi attirarci sopra l’attenzione.»
Sophia mi fece un piccolo applauso: «Bravissima!»
La sua espressione si tramutò però presto in una sprezzante:
«Ammettendo che ciò che dici sia vero, cosa pensi di stare facendo al momento?» mi chiese.
«I-io...» La mia intenzione iniziale era di cercare di fare amicizia con Sophia, per cercare poi di carpire i segreti del suo potere. Questo obiettivo però era presto risultato essere non raggiungibile.
Quindi perché le stavo spiattellando che avevo scoperto il suo trucco?
«Vedo che ci sei arrivata. Non penso tu sia la sola ad aver pensato qualcosa del genere dopo il mio duello. Ma sei l’unica che è venuta a dirmelo. Non so se ammirare la tua sfrontatezza o ridere della tua stupidità.» Ogni parvenza di cordialità era sparita dalla voce di Sophia.
«Lascia che ti dia un consiglio. Come hai immaginato voglio cercare di evitare di attirare l’attenzione. Tenere un basso profilo è importante in una competizione come questa.
Dopotutto non è importante essere primi in classifica, ma solo non essere ultimi,» spiegò, «Andare dritti da uno dei tuoi rivali e dirgli “so cosa nascondi, ti tengo d’occhio!” non è quello che considererei tenere un basso profilo. Sembrerebbe che tu voglia farti dei nemici,» mi schernì Sophia.
“Volevo fare l’opposto”. Sentii le mie guance bruciare dall’imbarazzo. Mi salii il sangue alla testa.
«E se anche fosse?! A differenza tua non ho bisogno di ricorrere a dei trucchetti per vincere» sbottai con rabbia alzandomi.
«Oh, pensi che potresti battermi in un duello?!» rispose Sophia alzandosi a sua volta e mettendo mano all’elsa della spada. L’espressione di scherno che aveva tenuto durante la nostra conversazione si era spenta, lasciando spazio ad una fuoriosa. Era molto strano. Mi aveva dato l’impressione di essere una sorta di regina di ghiaccio. Evidentemente avevo fatto l’ennesimo errore di valutazione. O forse avevo toccato un nervo scoperto.
Ma la nostra conversazione non era più privata. Se Sophia voleva mantenere un basso profilo, beh il suo piano stava avendo lo stesso successo dei miei. Avevamo infatti attirato l’attenzione di tutta la sala da pranzo.
Anche Sophia sembrò accorgersene e la sua espressione irata cambiò all’improvviso in una di rimpianto, come quella di un bambino beccato con le mani nella marmellata, le sue guance pallide ora tinte di rosa per l’imbarazzo.
“Malgrado si atteggi così tanto, sembra essere una ragazza normale sotto sotto,” pensai, prima di sentirmi tirare per la manica della camicia.
Mi ero quasi dimenticata che Amy avesse assistito a tutta la nostra discussione. Ora la povera ragazza stava tentando di farci risedere.
Sia io che Sophia le demmo retta.
Il resto del pranzo proseguì in un irrequieto silenzio.
Ma i guai non erano finiti lì.
Finito il mio pasto mi alzai pensierosa, quando un ragazzo di bell’aspetto mi si parò davanti.
«Signorina Belvoir, dico giusto?» mi chiese con fare pomposo.
«Sì, cosa ti serve?» gli chiesi confusa.
«Mi presento, sono il primo figlio del marchese Von Bitten, il mio nome è Ferdinand. Mi presento davanti a lei per sfidarla a duello,» mi rispose altezzoso.
«Eh? Okay...» risposi sorpresa. Era tutto molto improvviso, ma un duello mi avrebbe fatto bene. Avrei potuto sfogare la rabbia che covavo verso quella ragazza insolente.
«Bene, come mia condizione, vorrei che in caso di vittoria lei avesse un appuntamento con me,» disse con energia Ferdinand.
«Come scusa?» speravo di non aver capito bene.
«Un appuntamento. Penso che qualcuno con il suo potere magico sarebbe un ottimo partner per qualcuno del mio lignaggio».
Il silenzio pervadeva la sala da pranzo. Tutti sembravano avere sentito. Arrossii nuovamente.
Con la coda dell’occhio vidi Sophia sorridere malignamente.
Potevo immaginare cosa stesse pensando: “Ecco cosa porta attirare l’attenzione. Solo scocciature.”
Ed era una scocciatura. Però dovevo aspettarmelo. Era una sorta di convinzione comune nella classe nobiliare, che il mana fosse un fattore ereditario. Per questo era uso andare a cercare mogli o mariti in coloro che ne possedevano grandi quantità. Per molti questo costume era un fatto positivo. Si trattava dopotutto di un modo per ottenere un titolo nobiliare, anche se si era di umili origini.
Io lo trovavo disgustoso. Non avevo intenzione di ridurmi ad una macchina sforna bambini per un tizio che manco conoscevo, men che meno amavo.
Feci un bel respiro e risposi con la massima calma:
«D’accordo. Se vinco io, non mi rivolgere più la parola.»
Sentii qualche risatina scoppiare nella sala.
«Molto bene,» rispose Ferdinand imperturbabile.
Qualche istante dopo la barriera magica si gonfiò intorno a noi, spostando dolcemente i tavoli e addirittura qualche studente seduto ad essi, fino a che non si formò intorno a noi un ampio spazio libero.
Estrassi la bacchetta e mi misi in posizione.
Ero pronta. Avrei dimostrato a quella sbruffona di cosa ero capace.
Il conto alla rovescia iniziò.
3…
Avrei fatto come al solito. Una bella palla di fuoco con dentro quanto mana riuscivo a ficcarci. Se non fosse per la barriera avrei fatto esplodere metà sala da pranzo…
2…
Dopodiché avrei utilizzato il mio asso nella manica. Con la mano sinistra avrei…
1…
La mia mente ritornò alla conversazione con Sophia. All’importanza di non attirare l’attenzione. Di come fosse meglio non farsi nemici…
«Frostbolt.» Un dardo di ghiaccio volò contro di me dalla bacchetta del mio avversario.
«Fire shield.» Evocai un semplice scudo di fuoco e il dardo si sciolse a mezz’aria.
«Lightning bolt.» Fu la volta di un piccolo fulmine. A cui risposi con un muro di terra.
“Che noia…” pensai mentre neutralizzavo l’ennesimo incantesimo. Ne lanciai poi un altro paio in risposta.
Un paio di minuti dopo, Ferdinand si arrese.
Era stato un duello da manuale, senza alcuna sorpresa. Mi ero limitata ad evocare le difese adatte e colpire quando potevo.
Ferdinand sembrò voler dire qualcosa ma la sua voce non sembrava voler uscire dalla sua bocca.
Evidentemente la magia avrebbe fatto rispettare le mie condizioni a prescindere dalla sua volontà.
Mentre raccoglievo la mia borsa, Sophia mi passò affianco recandosi verso l’uscita.
«Forse dentro quella testolina c’è dell’altro oltre che mana...» mi sussurrò.
Resistetti alla tentazione di tirarle la borsa in testa.
Mentre mi dirigevo verso le classi pomeridiane con Amy pensai che forse dopotutto non mi ero fatta una nemica, ma una rivale.

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Capitolo 9
*** Guerra fredda ***


 

8. Guerra fredda


 

I due giorni successivi passarono in relativa tranquillità.
Le lezioni della Duelcrest Academy non erano poi così diverse rispetto alla scuola che avevo frequentato finora, senonché si concentravano molto più sulle applicazioni pratiche della magia.
A supplemento del tempo passato sui banchi, ogni pomeriggio, a partire da dopo pranzo, diverse ore venivano dedicate all’allenamento, sia nei duelli magici che nel combattimento ad arma bianca.
La classe dedicata alla magia era poco distante dall’aula magna dove facevamo lezione al mattino. Era un’ampia sala senza banchi, attrezzata con numerosi manichini magici che ricevano indolenti i nostri attacchi.
Era presente anche un’ampia area protetta da una cupola magica, identica a quella utilizzata per i duelli ufficiali, dove era possibile fare pratica uno contro uno, senza paura di perdere punti.
Per quanto riguardava il combattimento fisico, gli allenamenti si tenevano nel cortile interno della scuola.
Quell’ampio prato verde era palesemente frutto di qualche incantesimo. Era decisamente troppo grande per essere contenuto all’interno delle mura dell’edificio scolastico. La temperatura inoltre era drasticamente differente dall’esterno della scuola, fuori dal portone principale. Malgrado fosse un settembre particolarmente freddo, potevamo tranquillamente sollevare le maniche della camicia e stare più che bene.
Inoltre, malgrado molti studenti, tra cui me medesima, non fossero pratici della spada, non si erano verificati incidenti finora, neanche un taglietto. Sembrava che in quell’area fossimo protetti da una barriera magica che ci impediva di ferirci.
Dopo gli allenamenti serali e un’abbondante cena, io e Amy ci eravamo recate nella sala comune, dove erano presenti numerose poltrone e tavolini, perfetti per ripassare ciò che avevamo studiato al mattino.
Nessuno aveva più cercato di sfidarmi a duello e io non ero andata a cercare guai. Almeno per le prime settimane avevo intenzione di prendere le cose con calma.
Se le cose fossero continuate così, a parte qualche compagno di classe non proprio piacevole, sarebbero stati due anni tutto sommato piacevoli e tranquilli.
C’era però uno scarabocchio in questo quadro così perfetto.
La guerra silenziosa che stava venendo combattuta tra me e Sophia Thornton.
Dal nostro diverbio durante il primo giorno, non ci eravamo più parlate.
Durante il primo allenamento con la spada non mi erano però sfuggite le risatine e le occhiate divertite che Sophia mi lanciava continuamente, mentre agitavo la mia arma con la grazia di un elefante.
Non avevo quindi potuto evitare di darle pan per focaccia, quando invece di lanciare una palla di fuoco verso il manichino, Sophia aveva prodotto degli sbuffi di fumo nero che avevano causato attacchi di tosse a metà della classe.
«Dovresti chiederle scusa e fare pace,» mi disse Amy esasperata la terza sera.
Stavamo studiando, quando Sophia era entrata nella sala comune dirigendosi ad una poltrona vicino al camino. Amy doveva aver notato l’occhiataccia che le avevo tirato mentre era passata vicino al nostro tavolo. Lei aveva ricambiato con uno sguardo così gelido che non mi sarei sorpresa se la temperatura della stanza si fosse abbassata di qualche grado.
«Scusa? E di cosa? È lei ad aver iniziato.» risposi alzando il naso per aria.
«Di sicuro avrebbe potuto essere più diplomatica, ma ricordati sei stata tu ad approcciarla con secondi fini. Non è strano che si sia infastidita.» mi sgridò Amy.
Aveva ragione. Ma mi sarebbe bruciato terribilmente darle ragione.
«Non c’è motivo comunque di farci pace… Non voglio avere nulla a che farci con quella ragazza.»
«Mmmh, non penso tu stia dicendo la verità. Forse all’inizio l’avrai avvicinata solo per cercare di scoprirne i punti deboli. Ma penso che dopo averci parlato abbia colto il tuo interesse. E penso che valga lo stesso per lei,» replicò Amy con tono saggio sistemandosi gli occhiali sul naso.
“Questa ragazza è pericolosa, è come se mi sia capace di leggermi la mente…”
Non sarà una maga potente, ma quando si parlava di relazioni umane non aveva eguali.
Ci aveva visto giusto. Nel bene o nel male, dopo il nostro diverbio, i pensieri continuavano a virare inesorabilmente nella direzione di Sophia Thornton.
Non sapevo ben definire il motivo. Nonostante l’antipatia che scorreva tra di noi come un fiume avvelenato, avevo un gran desiderio di conoscerla meglio.
Nonostante avesse un caratteraccio, quella spadaccina misteriosa mi incuriosiva terribilmente.
«Ci conosciamo da quanto, 16 anni ormai? Non ti ho mai visto avesse interesse per nessuno nel nostro paesino. Forse è perché non hai mai incontrato qualcuno capace di tenerti testa. Penso che dovresti provare a sotterrare l’ascia di guerra. Magari a colazione domani?» propose Amy.
«Sai che non sono granché in questo genere di cose… Ma immagino non possa andare peggio di così…» risposi con incertezza.
«Esatto! Pensa anche al futuro. Se riesci a fartela amica sarà un ottimo alleato! Tu, la maga più potente e lei, la spadaccina più forte. Potreste arrivare insieme alla fine,» disse Amy eccitata.
«Ma alla fine dovremmo comunque combattere...» risposi.
Era qualcosa a cui non volevo pensare. Non tanto per Sophia. Ma per Amy. Sarebbe venuto il giorno in cui una di noi due sarebbe stata eliminata o avremmo dovuto sfidarci a duello.
Non so come avrei fatto senza lei. Quei pochi giorni in accademia me ne avevano fatto rendere conto più che mai.
Non ci avevo mai dato grande peso durante i nostri anni nel nostro paese natale. Quasi dando la sua solare compagnia come scontata.
Ma ora in questo ambiente alieno, averla con me era stata una benedizione. Senza di lei sarei probabilmente chiusa in camera a guardare il soffitto.
E anche ora mi stava dando quella spinta necessaria per cambiare le cose.
«Grazie Amy.» le dissi, sorridendo poi alla sua faccia confusa.
Un’ora più tardi, nella mia stanza, non sorridevo più. Anzi volevo strapparmi i capelli.
Potevo vedere quei gelidi occhi verdi che mi fissavano dall’alto in basso, giudicando il mio patetico tentativo di fare pace.
«Aaaah,» sospirai, «perché ho detto ad Amy che ci avrei fatto pace...»
Mi rigirai nel letto, cercai di pensare ad un modo per evitare di incontrare Sophia.
“Come vada vada” pensai infine sconfitta.
Tra una Sophia che mi rideva in faccia ed una Amy arrabbiata preferivo la prima.
Piano piano scivolai in un sonno irrequieto, senza sapere che il giorno dopo non avrei mai avuto occasione di fare quelle scuse.


 

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Capitolo 10
*** La lama cremisi ***


9. La lama cremisi


 

La mattina dopo mi svegliai di buon ora. Il letto era stato incantato per assicurarsi che ci svegliassimo sempre in tempo e non arrivassimo in ritardo alle lezioni.
«Che occhiaie! Ma hai dormito?» esclamò Amy quando ci incontrammo per andare a far colazione assieme.
Scossi la testa sbadigliando.
«Su su! Tolto il dente tolto il dolore,» mi esortò Amy dandomi delle piccole pacche sulla spalla come incoraggiamento.
Quando arrivammo davanti alla sala da pranzo incontrammo però qualcosa di insolito.
Un capannello di studenti ostruiva l’ingresso. Solitamente non c’era mai così tanta fila. Delle urla maschili echeggiavano per il corridoio.
Ci avvicinammo. Notai subito che anche Sophia era nel gruppetto, intenta a fissare qualcosa oltre le spalle degli altri studenti, nel viso un’espressione corrucciata.
Cercai, in punta di piedi, di vedere che cosa stesse causando quel baccano.
Riuscii ad intravedere due ragazzi in preda ad una violenta lite. O meglio, uno dei due se ne stava appoggiato allo stipite della porta, con area annoiata, mentre l’altro gli stava urlando contro.
Non conoscevo ancora i nomi di tutti i miei compagni di classe. Quei due però sapevo bene chi fossero.
Il ragazzo dall’aria annoiata era Igor Valentine.
Con i suoi capelli biondo sporco stretti in una coda disordinata, l’uniforme fuori dai pantaloni e la cravatta mal annodata, al primo sguardo dava l’idea di un ragazzo sciatto e indisciplinato.
E in questo caso la prima impressione non mentiva.
Sin dal secondo giorno aveva attirato su di sé le attenzioni negative degli altri studenti.
Durante le lezioni se ne stava stravaccato sulla panca, senza prestare alcuna attenzione a ciò che diceva l’insegnante.
Fin qui nessun problema. Se non voleva imparare nulla, fatti suoi.
Ma era durante le ore di pratica che le cose erano degenerate.
Aveva accidentalmente colpito più volte il suo compagno di allenamento con strani incantesimi, che ne avevano riempito la pelle di strane bolle color violetto.
Il malcapitato era dovuto correre in infermeria per farle rimuovere.
Durante un duello di pratica con la spada, quest’ultima gli era accidentalmente volata di mano, in direzione di un altro studente. Le cose avrebbe potuto finire molto male se l’incantesimo di protezione non fosse stato attivo.
Durante i pasti e in altri momenti liberi, aveva più volte infastidito gli altri studenti, sopratutto ragazze, con commenti decisamente poco carini.
Insomma era il prototipo del classico bulletto. La pecora nera in una classe che sembrava altrimenti tranquilla.
Nonostante le sue azioni, i professori non erano sembrati particolarmente interessati a punirlo. Avevano semplicemente proseguito le lezioni come se nulla fosse e ignorato gli studenti che erano andati a lamentarsi.
È qui che era entrato in gioco l’altro ragazzo, Carl Stuart.
Con i suoi capelli rasati a zero, gli occhiali squadrati che coprivano due occhi solitamente stretti in un’espressione severa, non poteva dare un’espressione più diversa da Valentine.
Girava voce fosse il figlio di uno dei generali più importanti dell’esercito reale. Di sicuro aveva un non so che di militaresco.
Sembrava una persona estremamente ligia al dovere e rispettosa delle regole. L’avevo sentito più volte sbottare contro gli studenti più chiacchieroni durante le leziono.
Davanti alla mancata azione dei professori di fronte al comportamento di Igor Valentine, aveva preso la situazione in mano personalmente.
Durante la cena di ieri notte era andato al suo tavolo e gli aveva fatto una lavata di capo che era durata una decina di minuti. La sua voce profonda era echeggiata per tutta la sala da pranzo.
Nonostante Stuart avesse su di lui una decina di centimetri e dei muscoli impressionanti per qualcuno della nostra età, Valentine non si era mostrato particolarmente intimidito.
Aveva però lasciato la scena senza fare storie.
Molti probabilmente avevano sperato che fosse la fine di quella storia e Valentine avrebbe cominciato a comportarsi decentemente. O per lo meno che la avrebbe smessa di infastidire gli altri studenti.
Ma data la scena che mi trovavo davanti, era evidentemente stata una speranza vana. E questa volta Valentine doveva averla combinata grossa. Carl Stuart sembrava fuori di sé.
Sporgendomi ulteriormente, riuscii a intravedere dietro Carl Stuart una figura accovacciata per terra.
Ma che…?
Impulsivamente, mi rivolsi all’unica persona con cui avevo parlato finora in quella folla di studenti.
«Sai cos’è successo?» chiesi sottovoce a Sophia.
«Valentine ha sbattuto quel ragazzo contro lo stipite della porta. Sembra avergli rotto il naso,» mi sussurrò in risposta. Come me, sembrava troppo concentrata su quello che stava succedendo per badare al brutto sangue che scorreva tra di noi.
La violenza tra gli studenti è proibita al di fuori dei duelli.”
Valentine non l’avrebbe passata liscia stavolta. Sarebbe stato punito.
“Sempre che Carl non lo faccia a pezzi prima.”
Mi concentrai su quello che il ragazzo stava urlando.
«Finora hai vissuto in un porcile?! Non è così che ci si comporta tra esseri umani. I casini che hai fatto a lezione, i nostri compagni a cui hai rotto le palle… Potevo ancora prenderle come le cazzate di un ragazzino che non conosce la disciplina. Ma questo, questo è troppo...»
«Ti ho già detto che stava bloccando la porta mentre dovevo passare. Non è colpa mia se era in mezzo alle scatole,» cantilenò in risposta Valentine, mantenendo la stessa espressione annoiata.
«Questa bestia non sembra provare neanche un po’ di rimorso. Qualcuno vada a chiamare il preside, mentre io mi assicuro che resti qua,» ordinò Carl rivolgendosi alla folla. Vidi un paio di ragazzi lasciare la scena, probabilmente alla ricerca del professor Skylark.
«Qualcuno vada a chiamare il preside,» fece il verso Valentine, «Grande e grosso come sei hai bisogno di nasconderti dietro la gonna di Skylark?»
«Credimi, se potessi prenderti a calci l’avrei già fatto… Ma mi hai dato un’idea. Ti sfido a duello. Visto che fai tanto il gradasso, non rifiuterai vero? Dopo che te l’avrò fatta pagare voglio che tu chieda scusa in ginocchio davanti a tutta la scuola,» rispose Carl, cedendo alla provocazione.
«Accetto,» disse Valentine, con un sorrisetto beffardo.
«Le tue condizioni?» chiese Carl.
«Nessuna.» rispose il suo avversario. Un mormorio si diffuse tra gli astanti.
“Nessuna condizione…”
Avevo un brutto presentimento. Valentine non sembrava minimamente spaventato da Carl, nonostante la sua stazza.
Non mi pareva che quel bulletto avesse particolare potere magico. E dal punto di vista fisico non c’era storia.
Ma allora perché sembrava così sicuro di sé?
E perché non aveva posto condizioni al duello? Dava l’impressione di uno che avrebbe fatto fare all’avversario qualcosa di terribilmente umiliante. Stava bluffando per mettere tensione al suo sfidante?
Nel frattempo che paventavo questa possibilità, la ormai familiare barriera semitrasparente si era formata attorno ai due sfidanti. Gli altri studenti furono costretti ad arretrare, allargando il cerchio e permettendomi finalmente di osservare la scena senza dover stare in punta di piedi. Il povero malcapitato steso a terra, fu spinto a sua volta fuori dall’aria del duello.
Due studenti lo sollevarono, e sorreggendolo, lo accompagnarono alla volta dell’infermeria, con il naso gocciolante di sangue che lasciava una traccia per terra a segnalare il loro tragitto.
Intanto, Stuart aveva estratto la sua spada e si era messo in posizione. Anche Valentine aveva sguainato la sua lama, ma aveva il braccio disteso sul fianco destro in maniera indolente.
Questa volta, dopo il duello di Sophia, non volevo dare nulla di scontato. Ma dopo il conto a rovescia, le cose sembrarono andare proprio come ci si sarebbe aspettati.
Carl scattò in avanti e brandendo la spada a due mani scaglio un fendente con forza inaudita. Valentine riuscì a intercettarlo a malapena, sollevando la spada all’ultimo momento, ma la potenza del colpo gli piegò le braccia, facendo sì che la lama di Carl superasse il suo blocco, andando a ferirgli l’avambraccio sinistro. Carl continuò l’assalto senza pietà, colpendo lo sbilanciato Valentine con un montante sinistro allo stomaco, facendolo piegare in due dal dolore.
A questo punto Stuart fece un passo indietro. «Faresti meglio ad arrenderti subito,» dichiarò rivolgendosi al suo avversario, il quale era piegato sulle ginocchia dandogli le spalle, «per quanto tu sia un essere spregevole, non provo nessun piacere nel combattere con un avversario inferiore.» «Ti piacerebbe!» urlò Valentine. Aveva approfittato dell’attimo di tregua per estrarre la bacchetta di nascosto. Girandosi, scagliò un dardo dal colore violetto verso Carl.
Quest’ultimo, però, si aspettava qualcosa del genere e schivò l’attacco abbassandosi. Caricò poi Valentine, colpendolo con una spallata e mandandolo lungo disteso a terra.
Nei minuti successivi si consumò non tanto un duello, quanto un massacro. Pugni, calci, molteplici colpi di spada, diverse testate e alcuni incantesimi. Carl, continuando a più riprese ad urlare “ARRENDITI!” stava tartassando il corpo del suo avversario.
Non c’era storia, Valentine non sembrava in grado di difendersi, men che meno attaccare.
Vidi alcuni degli studenti presenti distogliere lo sguardo disgustati da quel pestaggio a senso unico, altri lasciare direttamente la scena come se il duello fosse già finito.
Ma…
C’era qualcosa che non andava.
Lanciai un’occhiata di sfuggita a Sophia. Aveva la fronte aggrottata. Doveva averlo notato anche lei.
Nonostante le stesse prendendo di santa ragione, Valentine continuava a rialzarsi. Se anche avesse avuto un incredibile livello di sopportazione del dolore, le forze avrebbero dovuto da tempo abbandonarlo, dopo che il suo corpo era stato martoriato in quella maniera.
Inoltre, notai come le sue ferite sembrassero stranamente leggere. Le ferite causate dalla spada di Stuart erano per lo più superficiali e non sembrava neanche aver accusato gravi danni dai colpi a mani nude che l’avversario gli aveva sferrato.
Ormai avrebbe dovuto essere in condizioni pietose e in un bagno di sangue.
Lo scontro a senso unico continuò ancora per qualche minuto. Dopodiché Carl indietreggiò nuovamente.
«Sei resistente come uno scarafaggio,» additò il suo avversario. Non sembrava per nulla stanco, nonostante il suo assalto fosse durato ormai una decina di minuti.
«Ma ti avverto, se continui a non volerti arrenderti, sarò costretto ad andarci giù pesante.»
“Ah perché finora non stava facendo sul serio?” pensai. Dal punto di vista fisico, era un incredibile combattente.
Se fossi stata io il suo avversario, mi avrebbe probabilmente mandato ko con un solo pugno.
Fortunatamente avevo la magia dalla mia. Sono certa che avrei potuto sconfiggerlo senza problemi prima che si avvicinasse. Da quel che avevo visto infatti non era molto abile con gli incantesimi. Non che questo avrebbe aiutato Valentine, che non sembrava un granché a sua volta.
Non conoscevo quelle strane maledizioni violette che lanciava, ma non sembravano preoccupanti. Carl le aveva facilmente schivate o bloccate con un semplice incantesimo di difesa.
Valentine approfittò della tregua per rialzarsi. Sorrideva.
«No no, direi che può bastare. Malgrado tutto pensi ancora di aver la vittoria in tasca, eh?» Mentre parlava avvicinò la mano ad uno dei tagli che aveva sul braccio destro.
«Tempo di insegnarti qualcosa prima di finire il duello.»
E con una risatina di scherno, Valentine estrasse una lama cremisi dalla ferita.
“È… sangue?”
Non c’era altra spiegazione. Quella spada era stata creata con il suo sangue rappreso. Ma com’era possibile? Non aveva lanciato nessun incantesimo.
Ebbi una sensazione di deja-vu. Era esattamente quello che era successo nel primo duello a cui avevo assistito. Come Sophia, Valentine aveva appena fatto qualcosa di inspiegabile.
Una cosa era certa, le sorti del duello non erano più così sicure...

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Capitolo 11
*** Paradygm shift ***


10. Paradygm shift



Questa volta fu Valentine a lanciarsi contro Carl. Quest’ultimo, si era ripreso dalla sorpresa iniziale, e aspettava il suo avversario.
La lama cremisi e quella d’acciaio si scontrarono.
Carl saltò all’indietro, l’uniforme squarciata che esponeva il suo petto, fortunatamente illeso.
«Ahahah buoni riflessi,» si complimentò con sarcasmo Valentine, un taglio superficiale attraversava il suo di petto.
Lo erano veramente. Se avessi sbattuto le palpebre mi sarei persa quello che era successo.
Nel momento in cui le due lame si erano incrociate, la spada di sangue di Valentine aveva improvvisamente perso consistenza, venendo facilmente attraversata da quella avversaria. Dopodiché il sangue si era immediatamente solidificato, pronto a colpire Carl. Ma il ragazzo, da gran combattente che era, se n’era accorto e aveva saltato all’indietro evitando di essere ferito. La sua lama aveva colpito di striscio Igor Valentine.
“Praticamente un attacco suicida.”
Ma aveva senso, data la sua resistenza, poteva permetterselo.
E quella strana resilienza ora aveva finalmente una spiegazione. Valentine, non so in che modo, sembrava poter controllare il suo sangue a piacimento. Questo spiegava perché le sue ferite fossero così superficiali e non sanguinasse da esse. Probabilmente aveva indurito il proprio sangue in modo da formare uno scudo nelle aree in cui veniva colpito.
Quello strano potere era l’arma perfetta contro un abile combattente corpo a corpo come Carl. Ora che Valentine aveva sfoderato quella lama di sangue, le sorti del duello erano cambiate. Carl era sulla difensiva. Non poteva pararla, quindi non gli restava altro che tentare di mantenere le distanze se non voleva esserne colpito.
Valentine lo schernì: «Non fai più il gradasso ora, eh?» urlò continuando il suo assalto. Carl però non sembrava essersi dato per vinto. Aveva rinfoderato la sua spada e stava utilizzando la forza delle sue gambe per mettere quanti metri possibili tra lui e il suo avversario, mentre scagliava dardi di fuoco dalla sua bacchetta. Questa tattica era difensivamente una buona idea. Tuttavia gli incantesimi non si stavano rivelando efficaci nel far danni a Valentine.
Il ragazzo contrastava ogni palla di fuoco con delle sfere create dal suo sangue. Quando i due proiettili si incontravano producevano una piccola esplosione, scomparendo entrambi.
Era una situazione di stallo. Valentine non riusciva ad avvicinarsi, ma Stuart eventualmente avrebbe finito il mana. Igor sembrava però sempre più pallido. Era improbabile che avrebbe potuto utilizzare il suo sangue come arma all’infinito.
Forse per questo motivo, dopo qualche minuto, Valentine sembrò averne avuto abbastanza. Con uno scatto, si scagliò per l’ennesima volta contro Carl, senza badare agli incantesimi che gli stavano per arrivare contro. Una, due, tre palle di fuoco lo presero in pieno ma continuò incurante la sua carica.
Il suo affondo non arrivò a destinazione. La sua lama cremisi si arrestò a qualche centimetro dal collo di Carl, che con un salto era riuscito nuovamente a schivarla all’ultimo momento.
Con un urlo trionfante il ragazzo puntò la bacchetta verso il suo avversario e urlò: «Flare!». Un’esplosione molto più potente delle palle di fuoco colpì Valentine in pieno petto. Era un incantesimo più avanzato rispetto a quelli che aveva lanciato finora. Stuart probabilmente lo stava riservando come asso nella manica.
Valentine fu sollevato in aria dall’impatto.
Ma, quando le sorti del duello sembravano nuovamente pendere verso la vittoria di Carl, la lama sanguigna si animò. Mentre il suo proprietario veniva spedito all’indietro dalla forza dell’incantesimo, la spada perse consistenza e si affievolì, come a formare una lancia, che come un fulmine si scaglio contro Carl.
Quest’ultimo, stavolta, non poteva schivare all’indietro, il getto di sangue era troppo veloce.
L’intera sala trattenne il respiro come un sol uomo. In quell’istante si decideva tutto il duello.
Poco dopo, gli studenti ripresero pian piano a respirare.
Con un rapido movimento laterale, Carl era riuscito schivare a malapena la lama di sangue la quale gli aveva provocato solo un piccolo taglietto sul lato del collo. Quel bastardo di Valentine aveva mirato in un posto molto pericoloso. Se Carl Stuart non avesse avuto quei suoi riflessi fulminei, sarebbe potuta finire molto male.
A proposito di Valentine. L’esplosione l’aveva scagliato diversi metri all’indietro. Doveva aver concentrato tutto il suo potere su quell’ultima offensiva, dato che per la prima volta sembrava aver accusato il colpo. Quel che restava della sua camicia carbonizzata non riusciva a coprire la grossa bruciatura che gli si era formata sul petto.
Questa volta Valentine non si rialzò. Carl però rimase a distanza, in attesa. Probabilmente non voleva rischiare ad avvicinarsi, quando ormai aveva la vittoria in pugno.
Infine con un grugnito, Igor Valentine, utilizzando la sua spada come un bastone, riuscì a rialzarsi. Era in condizioni pietose e le sue gambe tremavano vistosamente.
«Direi che può bastare, spero di essere riuscito ad insegnarti qualcosa,» disse Carl squadrando il suo avversario. Nonostante le sue parole, teneva ancora ben dritta la bacchetta in direzione del suo avversario, non aveva abbassato la guardia.
Ma stavolta, sorprendentemente, Valentine annuì pensieroso e dichiarò: «Per una volta sono d’accordo con te.»
L’intero gruppo di spettatori sembrò tirare un collettivo sospiro di sollievo, quel duello infinito finalmente era giunto a compimento.
Anche Carl sembrava sollevato. Di sicuro Valentine si era dimostrato un osso molto più duro di quello che si aspettava.
«Molto bene, accetto la tua resa.» Disse, senza però riporre la bacchetta.
«Resa?» chiese Valentine fingendo sorpresa. «Penso tu abbia capito male. Intendevo solo dire che ho finito di giocare con te ed è tempo di finire il duello.»
«La finisci di dire idiozie? Non riesci neanche a reggerti in piedi. Arrenditi e non obbligarmi a colpirti con un altro incantesimo.» Il tono di Carl tradiva però incertezza. Con la piega che il duello aveva preso e quello strano potere che Valentine possedeva, non poteva essere sicuro che stesse bluffando.
Valentine aveva un sorriso maligno stampato sul volto.
Avevo un brutto presentimento.
Il ragazzo aprì la bocca e quello che disse fece calare una cappa di terrore su tutti i presenti.
«Ehi cos’è quello che ti sta uscendo dal collo?» chiese indicando la piccola ferita che aveva causato a Carl. «È per caso sangue?».
«Tu non...» biascicò il suo avversario.
La minaccia celata dietro quelle parole era chiara a tutti. Ma non era possibile… Se il controllo che Valentine sembrava potere esercitare sul sangue non si limitava al proprio… Era… Finita?.
Non Carl, non Sophia, non io. Nessuno studente avrebbe potuto fare niente contro un potere del genere. A che servivano gli incantesimi quando il tuo avversario poteva trasformare il liquido che scorreva nelle nostre vene in una lama capace di sviscerarci dall’interno?
Ma allora, con un potere del genere, perché si era fatto ridurre in quello stato da Carl?
Come se mi avesse letto nel pensiero, Valentine ridacchiò:
«Ahahah, non c’è nulla di meglio del vedere l’espressione di qualcuno che pensava di aver vinto capire di aver perso. Ma non prenderla male, non hai combattuto male. Purtroppo avevi già perso nel momento in cui mi hai sfidato a duello.»
A quelle parole, la convinzione di Carl si spezzò. Disperato urlò: «Mi arrendo!»
Il suo viso era distorto in un’espressione di terrore. Quell’emozione mal si sposava con quel ragazzo terribilmente forte e orgoglioso.
È ancora più ingiusto che quella è la faccia con cui avrei ricordato Carl Stuart d’ora in avanti.
Con uno spruzzo di sangue e un'orribile rumore di tessuti squarciati, la testa di Carl Stuart rotolò sul pavimento, per sempre congelata in quell’espressione di indicibile terrore.

99 studenti rimanenti...

 

***

Note: Eccoci quì. Da ora in avanti le cose si faranno interessanti. E quì si conclude anche ciò che ho scritto finora, ma conto di aggiornare piuttosto spesso. Ho chiaro in mente la direzione in cui portare avanti la storia e penso che andrà avanti per un bel po', che venga letta da qualcuno o no. Stay tuned for more!


 

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Capitolo 12
*** In trappola ***


11. In trappola


 

Fu come se l’intera accademia fosse stata strascinata sott’acqua. Per diversi secondi nessuno osò esalare un singolo respiro. Era come se, quando la testa di Carl aveva toccato il pavimento, il tempo si fosse congelato. Forse stavamo tutti aspettando di risvegliarci da quello che era, senza ombra di dubbio, un incubo.
Infine un grido ruppe il silenzio. Una studentessa si accovacciò e inizio a piangere disperatamente, premendosi le mani sulle sue orecchie, come a volersi isolare da questa terribile realtà. Fu come un segnale. Si scatenò il finimondo.
Iniziò un fuggifuggi generale, molti cercarono rifugio nella sala da pranzo, altri scapparono verso i dormitori. Vidi alcuni studenti rimettere sul pavimento, altri afflosciarsi svenuti. I più coraggiosi estrassero spade e bacchette, puntandole nella direzione di Valentine, senza però attaccare.
L’assassino si limitò a sorridere e alzare le mani in segno di resa, ben sapendo che nessuno avrebbe osato mettere alla prova il suo terribile potere
Io ero come pietrificata. Il mio sguardo continuava a ritornare sugli occhi vuoti di Carl. Non era possibile che fosse successa una cosa del genere. Amy si strinse al mio braccio destro. Tremava. Incapace di proferire parole, mi strinsi a lei a mia volta.
Rimanemmo così per quelle che sembrarono ore.
Infine, un gruppetto di persone arrivò sulla scena. Tra di loro, scortato da due guardie e seguito da un manipolo di studenti, c’era il preside.
Il professor Skylark spostò lo sguardo tra i presenti, soffermandosi per qualche secondo sul cadavere di Carl Stuart e infine su Igor Valentine, ancora tenuto sotto tiro da diversi studenti.
Volevo urlare a Skylark di stare attento, quel ragazzo era pericoloso persino per un mago esperto come lui, ma era come se la mia voce fosse svanita nel momento che Carl era stato ucciso.
Fu l’anziano professore a parlare per primo.
«Abbassate le bacchette e rinfoderate le spade!» ordinò.
Gli studenti esitarono.
Uno di loro replicò: «Professore, questo bastardo è un assassino! È capace di fare qualunque cosa. Non possiamo abbassare la guardia!»
«Apprezzo la vostra intraprendenza, ma questa è una faccenda di mia competenza. Se volete rendervi utili, aiutate i vostri compagni svenuti e portateli in infermeria. Mi assicurerò personalmente che il Signor Valentine riceva una punizione adeguata,» replicò il preside.
«Ma professore, il suo potere è troppo anche per l-»
Skylark non lo fece finire. Con un battito delle sue mani, le spade e le bacchette degli studenti caddero tintinnando sul pavimento.
“Che potere incredibile... non ha usato una bacchetta o pronunciato alcun incantesimo.”
Ma era come aveva detto il ragazzo. Se Valentine avesse voluto, avrebbe potuto uccidere Skylark semplicemente guardandolo.
Noncurante, il preside si avvicinò al ragazzo. Il sorrisetto sulla faccia di Valentine era sparito, lasciando spazio ad un’espressione neutra. Sembrava, seppur non sembrasse intimorito, non osasse prendersi gioco di Skylark.
«Signor Valentine, ha letto l’elenco delle regole che le è stato fornito?» chiese il professore con calma. Più che a un omicida, sembrava si stesse rivolgendo a uno studente che era arrivato tardi a lezione.
«Sì Signore,» rispose Valentine senza esitare.
«Allora dovrebbe sapere che atti di violenza tra gli studenti sono severamente vietati al di fuori dei duelli, corretto?» lo interrogò Skylark.
«Corretto, mi dispiace di aver infranto le regole profess-» tentò Valentine con fare ossequioso.
«Temo che le scuse non siano abbastanza in questo caso,» lo ammonì il preside, «Signor Valentine, al di fuori dell’orario delle lezioni, lei resterà confinato nelle sue stanze per una settimana. Chiaro?» proseguì con tono severo.
«Chiaro,» rispose il ragazzo annuendo.
Nonostante i due avessero parlato in maniera perfettamente chiara e udibile, ero certa di essermi persa qualcosa. Forse avevano improvvisamente deciso di utilizzare una strana lingua aliena che utilizzava parole comuni ma con un senso diverso. Perché, quella conversazione, strideva completamente con la situazione in cui ci trovavamo.
«Professore, le pare il momento di scherzare?!» chiese uno studente furioso.
Il professore si voltò nella sua direzione e ripeté accigliato: «Scherzare?»
«Questo…essere, ha appena ucciso un nostro compagno! Mi sta dicendo che confinarlo nelle sue stanze sarebbe la sua punizione?» sbottò un altro ragazzo incredulo.
«Certo che no!» rispose sorpreso Skylark, «La punizione che ho assegnato è per aver rotto il naso al Signor Whrite.»
«CHI SE NE FOTTE DI QUEL CAZZO DI NASO!» urlò un’altra ragazza imbestialita, «che senso ha punirlo! Questo bastardo marcirà in prigione per aver ucciso Carl!» continuò singhiozzando.
Fissai Skylark, sembrava infastidito. Una sensazione di puro terrore si insinuò nella mia mente. C’era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto questo. La reazione che il preside aveva avuto davanti all’omicidio di uno dei suoi studenti non aveva alcun senso. Perché soffermarsi sul naso rotto, come se fosse importante…
E fu allora che capii. Nella mia mente balenarono le strane circostanze che ruotavano attorno all’Accademia, le regole che ci erano state spiegate, lo strano comportamento del preside.
I pezzi andarono al loro posto.
C’era un’unica terribile spiegazione a tutto questo. Pregai con tutta me stessa di aver capito male. Magari era tutto una coincidenza.
Ma, inesorabili, le parole del preside confermarono impietose ciò che avevo appena realizzato:
«Signorina, dovrebbe anche lei fare un bel ripasso delle regole dell’Accademia. Il Signor Valentine ha ucciso il suo avversario durante un duello. Questo è perfettamente in linea con le regole dell’Accademia, in quanto, come scritto nel regolamento, la violenza tra studenti è vietata solamente al di fuori dei duelli. Per questo, il Signor Valentine non riceverà alcuna punizione a riguardo.»
Per la seconda volta in quella giornata, rimanemmo tutti pietrificati. Quello che aveva detto il professor Skylark era senza senso, proprio come la morte di Carl. Ma in cuor nostro, capimmo tutti che il preside non stava scherzando.
«Lei è completamente pazzo!» lo additò uno studente, molti altri gli fecero eco. Una pioggia di insulti si riversò verso il professore. Alcuni sfoderarono di nuovo le proprie bacchette. Ma come nel caso di Valentine, nessuno sembrava voler osare attaccare.
Skylark si limitò a sbuffare spazientito.
«Per oggi farò finta di nulla, visto che molti di voi sono probabilmente sotto shock per la morte del vostro compagno. Vi consiglio di essere meno emotivi se desiderate diplomarvi con successo. Se non avete altre domande, è tempo che torni nei miei uffici e voi facciate colazione.» Serafico, iniziò ad allontanarsi.
Uno studente muscoloso si parò davanti a lui. Riconobbi Frank Montague, il ragazzo che aveva duellato con Sophia tre giorni prima. Sembrava passata un’eternità.
«Lei è fuori di testa se pensa di farla franca. Si da il caso che la mia famiglia abbia contatti diretti con il Re e farò in modo che ne venga a conoscenza quanto prima. L’omicidio è il reato più grave nel nostro regno e la pena è la morte. La legge reale è al di sopra delle stupide regole della sua accademia» affrontò il preside.
Quest’ultimo non sembrò minimamente turbato dalle parole di Montague e rispose: «Sua Altezza è perfettamente al corrente delle particolarità di quest’accademia. La nostra missione, creare il successore di sir Aldric, è di grande importanza per il Sovrano. Per questo, ha deciso di concederci carta bianca per raggiungere il nostro obiettivo.»
«Sta mentendo!» urlarono in molti.
Skylark li ignorò e riprese ad incamminarsi. Montague lo fermò di nuovo.
«Menzogne! Ma non importa. Non ho intenzione di partecipare a questo suo gioco perverso. Se uno qua dentro può uccidere impunemente, non voglio rimanere qui un secondo di più. Prepari una carrozza immediatamente!» ordinò il ragazzo. Tanti ragazzi urlarono in approvazione.
Skylark sembrava finalmente stare perdendo la pazienza.
«Ancora una volta, devo constatare la vostra incapacità di leggere. Nella vostra lettera di ammissione, ma anche nel regolamento, è specificato come la frequentazione dell’Accademia sia obbligatoria, qu-»
Montague ne aveva avuto abbastanza. Assestò uno spintone con entrambe le mani al professor Skylark il quale cadde per terra. Troneggiando su di lui urlò: «Con il tuo regolamento mi ci pulisco il culo! Ora fai aprire quel portone all’istante o scriverò a mio padre. Che ti ricordo, in quanto conte, avere un’armata più che in grado di radere al suolo la tua stupida scuola.»
Skylark si rialzò lentamente, raddrizzandosi gli occhiali.
Sembrava aver riacquisto la calma.
Si rivolse al suo aggressore in tono tranquillo:
«È sicuro di voler lasciare l’Accademia in anticipo, signor Montague?»
Quelle parole mi fecero accapponare la pelle. Avrei voluto urlare “no, non dire di sì!” ma non feci in tempo.
«Finalmente hai capito eh?» rispose Montague con un sorriso trionfante, l’ultimo della sua vita.
Il preside batté le mani. Un bagliore illuminò il corridoio, accecandoci, accompagnato da un rombo di tuono.
Quando riacquistammo la vista, al posto del nostro compagno di classe rimaneva un mucchietto di cenere.
«Bene, se nessun altro desidera lasciarci prima del dovuto, questo è tutto per oggi. Mi raccomando date una ripassata al regolamento, seguite le lezioni e assicuratevi di fare i vostri duelli. Ricordatevi che l’ultimo in classifica ci lascerà a fine settimana,» si congedò con tranquillità il preside, come se uccidere un suo studente fosse ordinaria amministrazione.
Rimanemmo lì, nel mentre che nell’aria iniziava a diffondersi un terribile odore di carne bruciata.
Era chiaro a tutti cosa sarebbe successo a l’ultimo in classifica.
Eravamo in trappola. Solo uno di noi sarebbe uscito vivo da quella scuola.

98 studenti rimanenti...

..

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Capitolo 13
*** Frustrazione ***


12. Frustrazione


 

Nonostante quello che era appena successo, non un singolo studente mancò a lezione. Il motivo era semplice: le regole dell’Accademia. Gli avvenimenti di oggi ci avevano fatto capire l’importanza di leggere con attenzione quel libricino che ci era stato dato il primo giorno di scuola. Anche una piccola sfumatura di linguaggio poteva essere di vitale importanza per la nostra sopravvivenza.
Fortunatamente, in questo caso le cose erano chiarissime: un’assenza ingiustificata a lezione comportava la perdita di ben 10 punti. Con la spada di Damocle che l’ultimo in classifica vedeva pendere sulla sua testa, nessuno si era voluto accollare quella penalità. Un singolo punto poteva essere la differenza tra la vita e la morte.
Eravamo quindi tutti presenti, ma penso che nessuno alla fine della lezione avrebbe saputo riferirmi anche una sola parola di ciò che il professore aveva spiegato.
L’atmosfera non poteva che essere più diversa da quella di tre giorni fa. Potevo sentire il pianto sommesso di diversi studenti. Molti altri fissavano la classifica visibile nel muro destro della classe. Un’infausta scritta era apparsa in cima:
98 studenti rimanenti…
I nomi di Carl Stuart e Frank Montague erano ora all’ultimo posto, con sovrimpressa una grossa X a significarne la morte.
Ancora non mi capacitavo di come potesse essere vero.
Passai l’intera lezione cercando di razionalizzare quanto successo.
Ammesso che quanto detto da Skylark corrispondesse al vero, il Sovrano non solo era al corrente di quanto stava succedendo, ma approvava la situazione. Non avrebbero dunque avuto problemi con la legge. Ma i nostri genitori di sicuro non se ne sarebbero stati zitti se fossimo semplicemente spariti nel nulla. Da quel che avevo potuto vedere, tra i miei compagni c’erano molti figli di nobili influenti. Se decine di figli di conti e marchesi fossero scomparsi allo stesso momento, si sarebbe venuto a sapere.
Dovevano avere un piano per insabbiare tutto. Probabilmente avrebbero fatto largo uso di incantesimi di memoria. Si trattava di una branca della magia molto complicata. Era veramente possibile modificare la memoria di quelle che dovevano essere centinaia di persone, tra padri, madri e fratelli vari?
Sembrava improbabile. Ma allora doveva esserci un altro metodo.
Dopotutto c’erano già riusciti.
Era un pensiero scomodo, ma era inutile illudersi, doveva essere andata così: sir Aldric era l’unica persona nota per aver frequentato l’Accademia perché tutti i suoi compagni erano svaniti nel nulla. Nessuno probabilmente si ricordava che fossero mai esistiti.
“Questa è la seconda volta.”
Un pensiero ancora più sinistro si fece largo nella mia mente.
“Ma allora, sir Aldric?”
In quanto sopravvissuto era probabilmente l’unico, oltre ai professori e le guardie, a sapere come erano andate veramente le cose.
Perché non aveva rivelato al mondo la terribile verità su quanto era successo tra le mura dell’Accademia?
Per quale motivo, il mago che tanto ammiravo, aveva deciso di tenere il mondo all’oscuro? Possibile che fosse un mostro come Valentine e volesse nascondere cosa aveva fatto ai suoi compagni?
No, non era possibile. Dopotutto aveva salvato il nostro regno.
Scacciai quei pensieri e mi concentrai su un altro interrogativo: perché?
Che necessità c’era per noi studenti di morire?
Se il fine ultimo dell’Accademia era veramente trovare chi era il combattente più forte tra noi, non c’era ragione per cui non potessimo semplicemente tornare a casa una volta eliminati.
Nonostante tutto, non pensavo che la nostre morte fosse semplicemente un sadico divertimento per il professor Skylark. Doveva esserci una ragione ben precisa per cui dovevamo morire.
Che fosse una semplice motivazione per dare il massimo nei duelli? Sembrava molto drastico.
Durante i miei studi, mi ero spesso appassionata alla cultura magica degli altri regni. Gli strani rituali dei regni orientali mi avevano particolarmente affascinata. Tra questi mi ricordavo di aver letto di un’antica maledizione chiamata kodoku. La tecnica per crearla consisteva nel sigillare diversi insetti velenosi in un recipiente, lasciandoli rinchiusi a divorarsi a vicenda. Alla fine, l’ultimo insetto sopravvissuto avrebbe assorbito il veleno di tutti i suoi simili, diventando una potente creatura maledetta.
Non che avessi provato ad eseguire il rituale di persona, ma ero certa che si trattasse solo di vecchie superstizioni.
E noi eravamo persone non insetti.
Ma il parallelo tra quel rituale e la nostra situazione mi faceva comunque rabbrividire.
Passai il resto della lezione a formulare altre congetture, una più improbabile dell’altra.
Infine io ed Amy ci alzammo, pronte a dirigerci a pranzo.
Malgrado tutto quello che era successo, avevamo convenuto che continuare con la nostra routine fosse la cosa migliore da fare. Mantenere un senso di normalità ci avrebbe aiutato a restare sane di mente nella folle situazione in cui ci trovavamo.
Ma mentre stavo per uscire dell’aula, avvertii una mano poggiarsi sulla mia spalla.
«Elizabeth, giusto? Hai un minuto?»
Sentire il mio nome pronunciato da quella voce mi fece gelare il sangue. Ma chissà cosa mi sarebbe successo se l’avessi ignorata.
Mi voltai verso Igor Valentine e risposi: «Ehm, starei andando a pranzo adesso, possiamo parlare più tardi...»
La sua mano rimase stretta sulla mia spalla. Non osai divincolarmi.
Con un sorriso divertito davanti al mio evidente sconforto, Valentine replicò: «Su, su il pranzo può aspettare. Volevo solo proporti un duello. Visto che sei la più forte della classe, penso tu sia la persona adatta per mettermi alla prova… Allora, che ne dici?» «Oh non c’è bisogno di mettere nulla in palio!» aggiunse poi fissandomi negli occhi.
“Bastardo…”
Il sottinteso era evidente. Non aveva senso scommettere qualcosa quando intendevi uccidere il tuo avversario.
Serrai i pugni.
«No, rifiuto.»
Potevo sentire lacrime di frustrazione farsi strada nei miei occhi. Tre giorni fa, non avrei mai pensato di rifiutare un duello. Ma ora cosa potevo fare? Accettare la sfida di Valentine era un suicidio. Non avevo speranze contro il potere che possedeva. Avrebbe potuto uccidermi prima che riuscissi a lanciare un singolo incantesimo.
Tirai su con il naso cercando di trattenere il pianto.
Tutta la sicurezza che avevo in me stessa era stata frantumata nel giro di un paio di giorni.
Quanto ero stata stupida da pensare che avessi qualche possibilità di vincere questa competizione. Il mana che scorreva dentro di me non valeva nulla contro mostri come Sophia e Valentine.
E ora, dopo gli avvenimenti di oggi, sapevo che la mia debolezza non avrebbe portato ad una semplice espulsione ma alla mia morte.
Valentine sembrò compiaciuto dalla mia reazione: «Ahahah,» ridacchiò, «va beh sarà per la prossima volta.»
Mi superò per uscire dall’aula, agitando la mano a mo’ di saluto.
Il bastardo sapeva benissimo che non avrei accettato il duello.
Diedi uno sguardo alla classifica. I due punti che avevo guadagnato il primo giorno erano stati decurtati.
Elizabeth Belvoir 0”
Fortunatamente non ero ultima. A quanto pare i punti potevano andare in negativo, per questo avevo diversi studenti sotto di me. Escluso oggi però, c’erano altri tre giorni prima dello scadere della settimana. Se non avessi fatto altri punti e gli altri avessero vinto dei duelli, avrebbero potuto superarmi.
Amy, che aveva assistito alla mia interazione con Valentine con un’espressione terrorizzata, si avvicinò, scrutando anche lei la classifica. Aveva 4 punti. Negli scorsi giorni aveva vinto tre duelli e persi due. A differenza mia si era data da fare. Maledetta la mia presunzione...
Amy mi mise una mano sulla spalla. La sensazione del suo tocco non poteva essere più diversa da quella di Valentine.
«Andiamo a pranzo dai. Non preoccuparti, abbiamo fino a domenica. Dovrai solo sfidare qualche altro studente per recuperare i punti...» tentò di consolarmi.
«Giusto...» risposi incerta e la seguii fuori dall’aula.
“Inizierò a duellare chiunque mi capiti a tiro da domani. Oggi ho bisogno solo di un po’ di pace,” pensai camminando verso la sala da pranzo.
Speravo solo che Valentine non mi avesse presa come bersaglio.

 

***

Note dell'autore: Il nuovo capitolo stava diventando davvero lungo, quindi ho deciso di dividerlo;. Questa parte è un po' lenta e introspettiva ma nel prossimo... shit's about to go down.

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Capitolo 14
*** Trauma ***


13. Trauma


 

Ero pronta.
Il conto alla rovescia era quasi terminato.
Con la bacchetta davanti a me, mi preparai a pronunciare l’incantesimo.
1...
Prima che riuscissi ad aprir bocca, fui scaraventata all’indietro.
Era strano, nonostante l’impatto fosse stato così forte da sollevarmi in aria, non provavo alcun dolore.
Finalmente toccai il terreno. La spinta era stata così potente, che rotolai un paio di volte prima di fermarmi.
Qualcosa di pesante cadde di fronte a me.
Era… un corpo?
Una sagoma si avvicinò, non riuscivo a vederne il volto dalla posizione in cui ero. Le mie gambe non sembravano voler rispondere ai miei comandi.
Sentii una mano afferrarmi i capelli e sollevarmi.
Non riuscivo ad opporre resistenza.
La figura mi tirò su e mi trovai di fronte ad uno specchio.
Uno sguardo vacuo incontrò il mio.
Occhi vuoti come quelli di Carl Stuart.
La mia bocca si spalancò in un urlo afono mentre fissavo la mia testa mozzata.
Finalmente riacquistai l’uso della voce.
«AAAAAAAH!»
Mi divincolai dalla presa delle coperte.
Con il cuore che batteva all’impazzata, mi sollevai dal letto.
Ero in un bagno di sudore. Non avevo mai avuto un incubo così realistico.
Con il cuore che ancora mi martellava in petto, lanciai un’occhiata all’orologio sul comodino.
Era ancora notte fonda. Avevo impiegato molto tempo ad addormentarmi, girando e rigirandomi nel letto, cercando di allontanare la mente da pensieri che erano ben poco concilianti con il sonno.
A quanto pare però mi avevano inseguito fin nel mondo onirico.
Mi sdraiai nuovamente, facendo dei respiri profondi, cercando di calmarmi. Dovevo riposare almeno un po’. Era necessario che fossi in forma per domani. Avevo dei punti da recuperare.
Purtroppo questo proposito si rivelò futile.
Passai il resto della notte passando più volte dalla veglia ad un sonno agitato. La mattina mi alzai, se possibile, più stanca di quando ero andata a letto la sera prima.
Non potei fare a meno di notare la preoccupazione nello sguardo di Amy, quando ci salutammo prima di andare a colazione. Non dovevo avere un bell’aspetto.
Decisi di fare finta di nulla e cercai di intavolare una conversazione su ciò che avrei voluto mangiare oggi.
Fui grata quando Amy colse l’antifona e iniziò a chiacchierare normalmente.
Speravo che se avessi ignorato quei pensieri intrusivi che vorticavano nella mia testa, presto o tardi mi avrebbero lasciato in pace.
La fine della prima lezione della giornata, mi ricordò però la situazione in cui mi trovavo. E che far finta di non vedere i problemi, non li avrebbe fatti scomparire all’improvviso.
Igor Valentine, il solito sorrisetto maligno sul volto, mi fermò nuovamente all’uscita dell’aula.
Come ieri mi sfidò a duello.
E come ieri, non potei far altro che rifiutare.
Con un sinistro “A domani!”, Valentine mi salutò ridacchiando. Era ovvio, ormai. Avrebbe continuato ad utilizzarmi come una banca di punti, da cui ritirare ogni giorno. Avrei voluto urlare a squarciagola per il senso di umiliazione bruciante che provavo.
Ma non potevo lasciarmi andare. Era venuto il momento di montare una controffensiva. Mi trovavo a -2 punti nella classifica, era tempo di recuperare e mettere la mia sopravvivenza al sicuro.
Fu così che, dopo pranzo, mi separai da Amy e andai alla ricerca di studenti da sfidare. Avevo deciso di evitare duelli in pubblico il più possibile. Avrei cercato di utilizzare tutto il potere che avevo a disposizione per vincere velocemente. Con la stanchezza che avevo in corpo, non potevo permettermi di prolungare i combattimenti più del dovuto, altrimenti le mie energie sarebbero finite ben prima del mio mana.
Come primo duello andai alla ricerca di qualche compagno di cui conoscevo bene o male l’abilità. Non volevo avere sorprese. Per questo avevo utilizzato la lezione pratica del giorno precedente per individuare qualche preda.
Mi aggirai per l’ala ovest della scuola fino a che non vidi un ragazzo uscire dalla sua stanza. Non ricordavo il suo nome, ma ieri sera l’avevo visto fallire più volte nel colpire il manichino d’allenamento. Non doveva avere gran controllo del suo mana.
Un bersaglio facile.
Ma allora… perché la mia mano tremava così tanto, mentre stringevo la mia bacchetta.
Il ragazzo si avviò lungo il corridoio. Dovevo muovermi o avrei perso l’occasione.
Ma esitai. Un enorme peso sembrava essersi arenato nel mio petto e mi rendeva difficile respirare. Un nuovo pensiero sopraggiunse, rendendomi incapace di muovermi.
E se non fosse stato un bersaglio facile?
E se anche quello studente dall’aria anonima nascondesse un potere anomalo come Valentine?
Mi lasciai scivolare lungo la parete.
“Che mi prende?”
Non era da me farmi prendere dalla paura in quella maniera. Se anche fosse stato così, che scelta avevo? Se non avessi combattuto, rischiavo comunque di finire ultima in classifica. Tanto valeva rischiare.
Ma in quel momento, le immagini che avevo cercato di seppellire in un angolo remoto della mia mente, irruppero nei miei pensieri. Mi ritrovai a fissare nuovamente gli occhi senza vita di Carl Stuart, occhi che presto avrebbero potuto essere i miei.
Sentii il mio stomaco rivoltarsi. Corsi via.
Dieci minuti dopo uscii dal bagno, un forte sapore acido ancora in bocca, asciugandomi gli occhi dalle lacrime.
“Cosa mi sta succedendo?”
Non avevo altra scelta che combattere, ma il mio corpo sembrava volersi rivoltare contro di me.
Era quasi ora delle lezioni serali. Non potevo permettere che Amy mi vedesse in quello stato.
Rientrai nel bagno e mi sciacquai la faccia con l’acqua gelida.
Guardai nello specchio.
“Sono un disastro.”
I segni della mancanza di sonno erano ben evidenti sotto i miei occhi, ancora arrossati dal pianto. Cercai di sorridere.
“Terribile…”
Ma non potevo far altro che fingere. Dovevo apparire forte come sempre.
Quando io ed Amy ci incontrammo, cercai di mantenere quel falso sorriso il più stabile possibile.
Dal suo sguardo potevo capire che non se l’era bevuta.
E questa volta, mi pressò: «Ho visto che non hai guadagnato punti, non dovevi duellare questo pomeriggio?» mi chiese preoccupata.
«Ah vedi, è che mi sentivo un po’ male. Devo aver mangiato qualcosa di avariato a pranzo. Ci sono ancora due giorni comunque,» mentii spudoratamente.
Amy non sembrava convinta. «Lizzie, se c’è qualcosa che non v-» iniziò.
«No no, sul serio va tutto bene Amy. Voglio solo essere al 100% prima di sfidare qualcuno. Sai che può essere pericoloso,» la interruppi.
Mi sentivo in colpa a tenerle nascosto tutto. Ma in questa situazione a cavallo tra la vita e la morte, non volevo apparire debole davanti a lei.
Darle altre preoccupazioni sarebbe stato crudele.
No, questa era una situazione che dovevo risolvere da sola.
“Dopo le lezioni devo sfidare qualcuno,” pensai.
Dovevo solo smettere di farmi tanti problemi.
Ero una maga potente. Era improbabile che poteri come quello di Valentine fossero comuni. Sarei morta comunque se fossi arrivata ultima in classifica.
La mia opera di auto-convincimento, fallì miseramente.
Alla fine di quella maledetta giornata, avevo ancora -4 punti.
“Ci sono ancora due giorni...” pensai mentre mi sdraiavo nel letto.
Quella nottata fu, se possibile, ancora peggiore della precedente.
Oltre alle immagini che già mi perseguitavano, una nuova realizzazione mi tormentava: non ci sarei riuscita. Quando sarebbe stato il momento di sfidare qualcuno a duello, la paura mi avrebbe fermato.
Fu così, che durante quell’ennesima notte insonne, una nuova emozione si fece largo nella mia mente: rassegnazione.
Quando, al mattino, il letto incantato mi fece capire che era ora di alzarsi, io non mi mossi.
“Che senso ha dopotutto?”
Andare a lezione per vedere Igor Valentine sorridermi, pronto a prendere altri dei miei punti, era quella la mia nuova routine? Non avrei mai potuto sconfiggerlo. Quindi che senso aveva combattere? Sopravvivere qualche settimana in più avrebbe significato solo a patire altre sofferenze. In fondo essere la prima eliminata non suonava poi così male...
Non avrei dovuto vedere nessuno dei miei compagni morire. Non avrei dovuto vedere Amy morire.
Restai sotto le coperte, in attesa.
Come immaginavo, dopo una ventina di minuti sentii bussare alla porta.
«Lizzie, tutto bene?» sentii la voce di Amy chiedere fuori dalla stanza.
«Sto ancora un po’ male da ieri. Non preoccuparti però, ti raggiungo a lezione,» le risposi. Sapevo che non mi avrebbe mai perdonato. Ma andava bene così. Sarebbe rimasta lì tutto il giorno se non le avessi mentito.
La sentii esitare davanti alla mia porta, ma poi sembrò decidere di credermi.
«Ok, non fare tardi!» mi salutò.
Una parte di me avrebbe voluto chiedere di restare lì. Avrei voluto riversare su di lei tutte le mie paure e le mie preoccupazione.
Ma restai in silenzio. Ormai avevo preso la mia decisione.
Rimasi sul letto, le ginocchia attaccate al petto, cercandomi di fare forza.
Diverse ore dopo, sentii bussare nuovamente. Questa volta i colpi erano forti e decisi.
«Lizzie?! Sei lì dentro? Rispondi!» sentii urlare Amy disperata.
«Sì, sono qui,» risposi.
«Oh grazie al cielo! Visto che non sei venuta a lezione sono passata in infermeria ma non c’eri… Temevo ti fosse successo qualcosa. Come stai? Sei svenuta? Non riesci a camminare?» mi chiese in tono disperato.
«Sto benissimo, Amy,» le risposi, con voce calma. Ormai non avevo più senso mentire.
«Ma allora… perchè? Non ti ricordi che non andare a lezione ti toglie 10 punti?» mi chiese con voce incerta.
«Ho deciso che… va bene così,»
«V-va bene così? Cos-? Tu!? No!»
Aveva capito.
«TU! Come puoi pensare di arrenderti così?! Sei la maga più forte che abbia mai conosciuto! Che senso ha arrenderti quando ci sono studenti come me...» la voce di Amy era rotta dal pianto.
«Potrei sopravvivere questa settimana, sì. Ma alla fine, non ho possibilità contro gente come Valentine. Sarebbe solo ritardare l’inevitabile...» le risposi, cercando di suonare razionale. Avrei tanto voluto aprire quella porta e stringerla in un abbraccio, dirle che mi dispiaceva.
Ma se l’avessi fatto, sapevo che la mia risolutezza si sarebbe spezzata.
«Ma allora, a me non pensi! Vuoi lasciarmi qui da sola?» tentò di farmi sentire in colpa.
Ma ci avevo già pensato: «Se sopravvivessimo insieme, Amy, un giorno sarei costretta ad ucciderti. Non voglio che succedeva. Preferisco morire prima.»
«I-io… ti prego, non farmi questo… Mi dispiace, mi dispiace! Ho visto che stavi male da ieri, m-ma non ho osato dire nulla. Sei sempre stata così forte… I-io avevo paura. Non sapevo cosa fare...» urlò Amy disperata.
«Ma io… voglio aiutarti, dimmi cosa ti ha portato a questa idea senza senso. Lizzie, sei la mia migliore amica, ti prego, non posso perderti!» mi supplico.
«Ti ringrazio Amy. Ma va bene così. È meglio così per tutte e due.»
Lacrime stavano solcando il mio viso. Se esisteva un inferno, avrei meritato di finirci per come stavo trattando la mia migliore amica. Ma non potevo tentennare.
«Lizzie, se non apri questa porta la faccio saltare in aria!»
Amy ne aveva avuto abbastanza. Ma non sarebbe servito a nulla. La porta era incantata per sopportare gli incantesimi più potenti.
Sentii Amy, lanciarne numerosi, ma la porta non si mosse.
Fu così che iniziò una tortura lunga due ore.
Dopo aver scoperto l’inutilità della magia, Amy iniziò a battere sulla porta con forza sempre maggiore. Passò poi alle spallate. Seguirono poi, pianti, suppliche, persino insulti.
Alla fine la sentii accasciarsi sul pavimento, esausta. I suoi singhiozzi sommessi erano come pugnalate al cuore.
Quando furono le 16.00, non potei far altro che dirle:
«È ora delle lezioni pomeridiane Amy, devi andare o perderai punti...»
Sentii Amy alzarsi ed allontanarsi. Mi ero aspettata che avrebbe opposto resistenza. Ma in fondo, non sarebbe stato strano se avesse iniziato ad odiarmi. Me lo meritavo.
Mi stesi nuovamente sul letto, fissando il soffitto.
Ora non mi restava che aspettare.
La mia testa era stranamente leggera. Forse le mie emozioni se n’erano andate insieme ad Amy. Fu così che scivolai in un sonno senza sogni.
Fui risvegliata da un bussare sommesso.
Fissai l’orologio. Erano le undici di notte. Fra poco sarebbe iniziato il mio ultimo giorno.
Toc toc
Ignorai la porta. Amy probabilmente stava tentando di farmi cambiare idea un’ultima volta. Era meglio non rispondere.
Dopo qualche minuto il bussare si interruppe.
«Mi dispiace Amy...»
Richiusi gli occhi.
BAM!
Gli riaprii appena in tempo per vedere la porta della mia stanza schiantarsi sul pavimento.


 

***
 

Note dell'autore: definitivamente il capitolo più tosto che ho scritto finora. Nonostante l'avessi già diviso una volta è uscito comunque bello grosso. Dopo un po' di capitoli più action, si ritorna in un mood pesante come quello del prologo. Spero di essere riuscito a rendere bene lo stato d'animo della nostra protagonista. Speriamo che le cose migliorino per lei nei prossimi capitoli!

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Capitolo 15
*** Speranza ***


14. Speranza




Vidi una sagoma entrare nella stanza, ancora immersa nell’oscurità.
Istintivamente, afferrai la bacchetta che avevo poggiato sul comodino. Potevo essermi arresa, ma non mi sarei fatta far fuori così, nel mio letto, senza opporre resistenza.
Però, prima che potessi scagliare un incantesimo, la stanza si illuminò. L’intruso doveva aver acceso la luce con un incantesimo.
Osservai la persona che aveva fatto irruzione nella mia stanza, con la bocca spalancata dalla sorpresa.
«Hai un aspetto orribile...» dichiarò Sophia Thornton, squadrandomi con la curiosità che avrebbe riservato a uno strano tipo di insetto.
«T-tu, che diavolo ci fai nella mia stanza?!»
Ero troppo sbigottita per rispondere alla sua provocazione.
«Credimi, mi vengono in mente mille modi più piacevoli di passare la serata. Purtroppo è tutto il giorno che la tua amica non fa che tormentarmi perché venga a parlarti. Non so cosa pensi di ottenere, ma quando ha minacciato di accamparsi davanti alla mia porta per tutta la notte, ho preferito venire a darti un’occhiata,» mentre parlava indicò qualcuno alle sue spalle.
Lo shock di quella visita improvvisa non mi aveva fatto notare Amy, che al momento si trovava sull’uscio, ormai privo di porta. Al momento era occupata a fissare il pavimento, probabilmente per evitare di incontrare il mio sguardo.
La capivo, al momento non avrei saputo come rivolgermi a lei.
«Allora,» riprese Sophia, «potresti spiegarmi qual è il tuo piano geniale? Non dirmi che sei così stupida da pensare che l’ultimo in classifica venga mandato in vacanza in qualche isola tropicale? Sarebbe troppo anche per te...»
Decisi nuovamente di non cedere alla provocazione. Dovevo tenere il più possibile le mie emozioni sotto controllo e cercare di apparire il più razionale possibile.
«Ho semplicemente capito qual è la cosa migliore da fare,» spiegai in tono neutro, «sapendo che non ho possibilità di battere Valentine, essere eliminata al primo turno, piuttosto che tentare di sopravvivere il più a lungo possibile, vedendo tanti dei miei compagni morire, è la cosa più logica.»
Il sorrisetto di scherno, che Sophia era solita riservarmi, si spense, lasciando spazio ad un’espressione seria.
Con voce dura rispose: «Allora è vero… Pensavo che ci fosse qualcosa sotto, ma allora la tua amica diceva la verità…»
Per qualche secondo i suoi occhi fissarono i miei.
Abbassai lo sguardo, incapace di reggere il contatto visivo.
Quando riprese a parlare, il suo tono si era addolcito:
«Non pensare di riuscire a fregarmi… Logica eh? Non c’è nulla di logico nell’arrendersi. La verità è che hai paura, giusto?»
«Io...» non riuscii a negarlo.

«Fai bene. Avere paura è naturale. In situazioni come questa, la paura può aiutarci a non fare scelte avventate. È un’emozione che nasce dal nostro senso di autoconservazione dopotutto,» rispose Sophia, interpretando il mio silenzio come un assenso.
«Ma quello che stai facendo tu, è farsi consumare dalla paura. Dalla paura si passa al terrore. Si butta all’aria la ragione e si cerca la via di fuga più facile, in questo caso: arrendersi,» continuò.
Avvertivo il suo sguardo severo su di me.
«Quindi non provare a trovare giustificazioni. Hai paura e vuoi fuggire. Non è strano che qualcuno possa avere questa reazione. Ma, ammetto, che da te mi sarei aspettata di meglio...»
Quest’ultima frase risvegliò qualcosa in me. Forse erano i resti del mio orgoglio, che ormai pensavo fosse morto e sepolto. Ma ora mi diede la spinta necessaria per alzare gli occhi, e ricambiare lo sguardo di quella ragazza, che sembrava avere un talento naturale nel farmi innervosire.
«Allora mi spieghi che diavolo dovrei fare?! È facile parlare per te! Non tutti possono tagliare a metà una palla di fuoco...» sbottai.
Vedendo la mia reazione, l’espressione di scherno tornò nel viso di Sophia.
«A differenza tua non ho bisogno di ricorrere a dei trucchetti per vincere,» cantilenò con voce stridula, «l’hai detto tu, no? O erano solo parole?»
«Q-qui è diverso!» sentii le mie orecchie prendere fuoco dall’imbarazzo. Era quello che le avevo detto durante la nostra discussione il primo giorno di scuola. Avevo voluto fare la gradassa e ora ne pagavo le conseguenze.
«Contro un potere come quello di Valentine...»
«Dimmi, sei veramente sicura di aver compreso al 100% il potere di Valentine?» mi interruppe Sophia, «mi ricordo quanto eri scettica riguardo la mia spada incantata. Possibile che la paura ti annebbiato così tanto la mente?»
“Eh? Cosa vuole dire?”
Possibile che mi fosse sfuggito qualcosa? Avevo osservato attentamente il duello tra Igor Valentine e Carl Stuart.
Potevo ancora vedere nella mia mente, in dettagli chiarissimi, il povero Carl venir decapitato dal suo stesso sangue. Potevo veramente aver trascurato qualcosa?
«Inoltre, non capisci che così stai facendo il gioco di Valentine?» continuò Sophia, «ho visto che ti ha sfidato due volte a duello. È chiaro che voleva metterti sotto pressione. Certo, è possibile che l’abbia fatto solo perché è un sadico di merda. Ma, secondo me, ti vuole far fuori perché ha paura di te.»
«P-paura di me…?» ripetei sbalordita.
Perché mai avrebbe dovuto aver paura di me? In un duello avrebbe potuto decapitarmi all’istante come Carl, senza che potessi farci nulla a riguardo…
«Anche se fosse come dici tu, cosa vorresti che facessi allora?» chiesi dopo un po’, «dovrei forse duellare con lui? Se la tua impressione è sbagliata, cosa intendi fare? Porterai dei fiori sulla mia tomba?»
Nonostante tutto, potevo però sentire la risolutezza che avevo dentro di me vacillare. Sophia, irrompendo nella mia stanza, aveva portato con sé qualcosa che pensavo di aver perso: speranza. Una possibilità, seppur minuscola, che ci fosse qualcosa che non avevo considerato.
«Oh se vuoi posso anche fare un discorso al tuo funerale,» rispose ridacchiando Sophia, «ma no, per una volta hai ragione, non ha senso rischiare. Ma perché non duellare qualche altro studente, non Valentine, e vedere come si evolve la situazione nelle prossime settimane?»
Aveva senso. Fin troppo senso. Ma a quelle parole sentii l’ansia tornare a bussare alle porte della mia mente. Ricordai quello che avevo provato quando avevo tentato di duellare il giorno prima. Per quanto avessi potuto esprimere buoni propositi qui, al sicuro nella mia stanza, sapevo che al momento di agire mi sarei bloccata nuovamente.
Abbassai di nuovo lo sguardo e espressi i dubbi che mi attanagliavano.
«E se, oltre a te e Valentine, altri studenti possiedono poteri nascosti? E se quello che vado a sfidare può che ne so, uccidermi solo guardandomi, fermare il tempo o cose così…?»
Volevo sentire Sophia, con il suo tono sprezzante, dirmi di smettere di dire stupidaggini. Ma invece:
«Molto probabile!» rispose subito, «penso ce ne siano molti tra noi. La scuola deve averli selezionati appositamente.»
«Allora che senso ha?» sospirai.
«Innanzitutto non tutti sono scemi come Valentine» dichiarò Sophia.
«Eh? Cosa intendi?»
«Semplice. Immagina di avere un potere speciale. Pensi sia una buona idea rivelarlo ai quattro venti la prima settimana
spiegò Sophia, «è praticamente lo stesso discorso che ti ho fatto il primo giorno. Inutile mettersi un bersaglio sulla schiena. Meglio tenere nascosto il proprio asso nella manica fino a quando non c’è un rischio concreto di essere eliminati.»
Come al solito aveva ragione, ma…
«E se quello che sfido è un pazzo come Valentine?» chiesi con una nota di disperazione nella voce. Mi sembrava di stare cercando una scusa a tutti costi. Mi bruciava farmi vedere così debole davanti a Sophia, ma una parte di me voleva che lei mi rassicurasse.
«Non puoi saperlo, ma non se non provi, il risultato sarà lo stesso in ogni caso...»
Lo sapevo ma comunque…
Decisi di abbassare completamente le mie difese e confessare:
«Ci ho già provato, ma non ci sono riuscita. È come se il mio corpo si rifiutasse...»
Sophia mi fissò, per la prima volta avvertii un genuino calore nel suo sguardo.
«Non cercare di fare tutto da sola allora. Se il tuo corpo non ti fai andare avanti, porta qualcuno con te che ti dia una spinta,» disse, indicando nuovamente verso Amy, dietro di lei.
Vidi quest’ultima spostare in fretta lo sguardo sul pavimento.
“Non penso che voglia avere più nulla a che fare con me…”
Vedendomi esitare, Sophia sbuffò e sbottò:
«Senti, hai ancora un giorno di tempo. Domani è domenica. Niente lezioni. Valentine è ancora in punizione e non può uscire dalla sua stanza. Hai tutto il tempo di fare tutti i duelli che vuoi in santa pace. Quanto al futuro...»
Per la prima volta fu Sophia a distogliere lo sguardo. Sembrava essere preda ad un conflitto interiore.
Alla fine sembrò decidersi e disse:
«Non ti vengano strane idee. Ci avevo già pensato prima di venire qua. Ho un piano per liberarci di Valentine. Non voglio avere in classe un assassino per il resto dell’anno.»
“Un piano?”
Era veramente possibile? C’era un modo per eliminarlo al di fuori di un duello?
«Cosa int-»
«Fatti miei. Se vuoi scoprirlo vedi di recuperare punti domani.»
Stava dicendo la verità?
Non potevo saperlo. Ma in quel momento sentii come un peso enorme sollevarsi dalle mie spalle.
Era patetico, lo sapevo. Sapevo che non stavo facendo altro che appoggiarmi a Sophia. Ma per il momento andava bene così. Avevo bisogno di una stampella per risollevarmi.
«Sophia, io… Grazie.»
«Non lo sto facendo per te!» rispose voltandosi. «Poi se morissi la tua amica non mi lascerebbe più in pace...»
Si avviò verso la porta.
«Se non c’è altro… Spero di non aver perso tempo.»
E scomparve nell’oscurità del corridoio.
Nella stanza calò un silenzio tombale. Restavamo io ed Amy, la porta adagiata sul pavimento tra di noi.
La tensione era così palpabile da rendere l’aria pesante e difficile da respirare.
Decisi di cercare di rompere quello stallo.
Senza saper bene cosa dire iniziai: «Amy, io...»
Amy scattò, come se le avessi dato un segnale.
Prima che potessi muovermi mi raggiunse e sollevo la mano.
Slap!
Avvertii un improvviso dolore alla guancia. La toccai. Non era un dolore forte, ma faceva comunque male. Sapevo che non era nulla però, rispetto a ciò che avevo fatto provare alla mia amica.
Amy finalmente mi fissava, gli occhi colmi di lacrime e la mano ancora sollevata. Se mi avesse voluto dare altri schiaffi, li avrei accettati. Dieci, cento, mille. Me li sarei meritati.
Ma Amy invece si lanciò contro il mio petto. Singhiozzando disperata.
Le passai una mano dietro la nuca, accarezzandole i capelli.
«Mi dispiace...» sussurrai. Era stupido, ma non riuscivo a pensare ad altro da dirle.
«Perché, perché non mi hai detto niente!?» urlò Amy nel pianto.
«Io… Non volevo farti preoccupare. Volevo apparire forte. Non volevo deluderti...»
Sapevo quanto Amy mi ammirasse. L’idea di confessarle le mie debolezze mi aveva bloccato. Ora sapevo però, di aver fatto la scelta sbagliata…
Fu Amy stessa a confermarlo:
«Sei un’idiota. Che tu sia la più forte o meno non importa. Io sarò sempre al tuo fianco comunque…»
«Amy, hai ragione. Sono stata una stupida… E grazie, senza di te non l’avrei mai capito...»
Amy alzò lo sguardo dal mio petto. Sorrideva tra le lacrime.
«Eh eh, sapevo che Sophia ti avrebbe convinto…»
Ci aveva preso come al solito. Quella strana ragazza aveva la capacità di accendere un fuoco dentro di me.
Improvvisamente però, la realtà di quello che era successo in questa stanza mi piombò adosso.
«AAAAH» urlai.
Amy sobbalzò, spaventata.
Mi salì il sangue al cervello.
«In che stato mi sono fatta vedere!» gridai, prendendo a pugni il cuscino. L’idea che Sophia avesse provato pena per me e si fosse decisa a salvarmi come un principe avrebbe fatto come una principessa, mi tinse le guance di rosso.
“Mai più!”
D’ora in poi gliel'avrei fatta vedere. Da domani non le avrei più permesso di guardarmi dall’alto in basso.

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Capitolo 16
*** Il piano di Sophia ***


15. Il piano di Sophia



La mia mano, stretta intorno alla bacchetta, tremava.
Questa volta però, un’altra la coprii, stringendola.
Lanciai un’occhiata di traverso ad Amy, che mi sorrideva. Quel sorriso sembrò agire come un talismano, tenendo lontani i pensieri intrusivi che tentavano di fare breccia nella mia convinzione. Feci un respiro profondo.
«Ehi! Hai un secondo?»
Mi rivolsi ad un ragazzo che stava chiacchierando amabilmente con un paio di amici nella sala comune.
Lo avevo selezionato dalla classifica con l’aiuto di Amy. Era posizionato circa a metà. Per questo, anche se messo alle strette, era improbabile che avrebbe fatto di tutto pur di vincere.
«Vorrei sfidarti a duello...» continuai.
«Mmh d’accordo! Condizioni?» replicò il ragazzo.
«Non ce n’è bisogno.»
Avevo deciso di non mettere condizioni per mettere pressione all’avversario.
Mi disgustava prendere esempio da Valentine, ma intendevo utilizzare ogni tattica a mio vantaggio.
Se l’avversario si fosse ritirato dal duello, avrei vinto punti senza sprecare né tempo né mana.
Mi trovavo a -24 punti. Ultima in classifica. Lo studente prima di me ne aveva -14. In teoria, vincere 6 duelli sarebbe bastato. Ma avevo intenzione di crearmi un buon cuscinetto di sicurezza. Non volevo sorprese, come essere superata all’ultimo momento.
«Ehm okay?» rispose il ragazzo dopo averci pensato su per un po’, «se perdi dovrai sfidarmi di nuovo.»
Era una tattica popolare per ottenere più punti, ma avevo deciso di non sfruttarla. Non volevo accanirmi troppo sulla stessa persona.
Malgrado tutto volevo mantenere ancora un po’ della mia umanità.
«Affare fatto,» risposi.
Come al solito, la barriera magica si formò intorno a noi.
Sarebbe stato il mio secondo duello. Questa volta però, sarebbe andato in maniera molto diversa dal primo. Avevo intenzione di fare sul serio.
3
2

Distesi la bacchetta davanti a me.
Ero pronta.
1
Appena il conto alla rovescia fu terminato feci appello al potere magico che turbinava dentro di me.
«Fireball!»
Un incantesimo basilare. Ma la sfera di fiamme che scaturì dalla mia bacchetta non aveva nulla a che fare con quelle che avevo visto lanciare finora. Avvertii la temperatura dell’ambiente circostante salire di diversi gradi quando la gigantesca palla di fuoco sfrecciò ruggendo, in direzione del mio avversario.
Avevo appositamente mirato al lato, verso il pavimento. Caricare l’incantesimo con così tanto mana lo avrebbe reso decisamente pericoloso se avesse colpito una persona in pieno. Lo studente che avevo sfidato evocò uno scudo d’acqua come difesa. Tuttavia, quando il mio incantesimo si scontrò con il suo, quest’ultimo evaporò all’istante. La palla di fuoco arrivò a destinazione. Una potente esplosione scaturì nel punto d’impatto. Il mio avversario fu sollevato in aria e scagliato con forza contro la barriera magica.
Mi avvicinai in fretta per assicurarmi delle sue condizioni.
Sembrava solo svenuto. Forse avevo esagerato un po’…
Ma il duello era finito. Avevo vinto con un solo incantesimo, come avevo preventivato. Vincere velocemente sarebbe stata la chiave per fare molti punti in un solo giorno.
Io ed Amy, dopo esserci assicurate che il ragazzo fosse portato in infermeria, andammo alla ricerca di una nuova vittima.

***

Elizabeth Belvoir 10
Fissai il mio nome, tirando un sospiro di sollievo. Lo studente che si trovava all’ultimo posto in classifica, un tale Jamey Porter, era scivolato a -18. Erano le 10 di sera, ormai era veramente difficile che riuscisse a recuperare.
Ero salva. Ed era stato tutto così dannatamente facile.
Dopo i primi tre o quattro duelli, doveva essersi sparsa la voce tra i miei compagni che duellare con me assicurava un bel sonnellino nei letti dell’infermeria. Molti degli studenti più in alto nella classifica avevano quindi deciso di non accettare la mia sfida, preferendo perdere due punti piuttosto che ricevere un trauma cranico.
Per questo ero riuscita a fare incetta di punti in maniera molto veloce e senza fatica.
«Visto ce l’hai fatta senza problemi!» disse Amy alzando la mano.
Le battei il cinque. La verità era che, senza il suo appoggio, probabilmente non sarei riuscita a fare alcun duello. Mi sarei bloccata come due giorni fa.
Ora però era tutto apposto. Ma non riuscivo comunque ad esserne contenta.
Salvandomi, avevo condannato uno dei miei compagni.
“Ma non posso farci niente.”
Dopo aver parlato con Sophia avevo preso la mia decisione. Avrei cercato di sopravvivere più a lungo possibile. Avrei protetto Amy e cercato di trovare un modo per salvarci entrambe.
C’era però qualcosa che continuava a turbarmi. Domani l’avrei rivisto. Valentine mi avrebbe sfidato nuovamente e non c’era nulla che potessi fare a riguardo. Dovevo solo credere in Sophia e nel suo piano.

***

Quando io ed Amy arrivammo in classe la mattina dopo, notammo subito che una piccola folla di studenti si era radunata davanti alla classifica. Lanciai un’occhiata in cima.
97 studenti rimanenti…
“Cosa? Chi è morto?”
Con il cuore che batteva, spostai lo sguardo alla fine della classifica. Il nome di Jaime Porter era stato cancellato con una X.
“L’hanno già ucciso?”
Amy si rivolse ad una ragazza che conosceva nel gruppetto di studenti.
«Ehi, sai cos’è successo?»
La ragazza con area preoccupata rispose:
«Due dei suoi amici sono andati a bussare alla sua stanza stamattina. Volevano vedere se stava bene, sai, visto che era l’ultimo in classifica,» la ragazza fece una piccola pausa e poi continuò con voce tremante, «nessuno rispondeva, quindi hanno provato ad aprire la porta. Non era chiusa a chiave, quindi sono entrati. Dentro non c’era niente. Né Jaime, né i suoi vestiti, le sue cose, niente di niente. È come se in quella stanza non ci fosse mai stato nessuno...»
«Ho capito, grazie,» Amy si voltò, lanciandomi un’occhiata spaventata.
Era ovvio. Inutile illudersi che si fosse nascosto da qualche parte nella scuola. No, l’avevano fatto sparire.
Forse avrei preferito un’esecuzione in piena regola davanti a tutta la classe. Avrebbe dato un senso di finalità alla cosa.
L’idea che fosse scomparso nel nulla, come se non fosse mai esistito, mi metteva i brividi.
«Ah, quindi non sei tu ad aver tirato le cuoia.»
Sovrappensiero com’ero non mi ero accorta che Valentine si era avvicinato ed osserva la classifica da sopra la mia spalla. Sobbalzai e istintivamente afferrai la bacchetta.
Valentine, come al suo solito, sogghignò.
«Come mai non c’eri a lezione sabato?» chiese, per nulla intimidito, «che c’è non volevi vedermi? E io che pensavo fossimo amici...»
Valentine fece un passo in avanti. Sapevo che l’avrebbe fatto di nuovo. Mi avrebbe sfidato e avrei rifiutato.
«Perché non la lasci in pace?»
Mi girai verso Amy, con un misto di sorpresa e paura. Lo stava fissando stringendo i pugni. Sapeva bene che non poteva fare nulla, ma si era comunque schierata in mia difesa.
«Oh? E tu chi saresti? Per caso anche tu hai dei punti da spartire con me?» chiese Valentine spostando lo sguardo su di lei.
Prima che Amy potesse rispondere, mi spostai di lato, frapponendomi tra lei e Valentine.
«Non mettere in mezzo altre persone...»
Non potevo permettere che si accanisse anche su di lei. Sapevo che Amy voleva aiutarmi, ma non aveva senso che perdessimo punti entrambe.
«Veramente è lei ad essersi intromessa. Ma va bene, non la metterò in mezzo… Basta che tu accetti la mia sfida!»
“Bastardo…”
Esitai. Le vittorie di ieri mi avevano ridato un po’ di confidenza. Ripensai a ciò che Sophia mi aveva detto il giorno prima.
Possibile che non avessi veramente capito quale fosse il potere di Valentine? E se fosse più debole di quel che pensassi?
Una parte di me voleva cancellare quello stupido sorrisetto dalla sua faccia. Ma non potevo rischiare…
«Io n-»
Prima che potessi finire di parlare, una voce forte e chiara si levò dalla parte più alta della classe.
«Valentine, ti sfido a duello.»
Un silenzio tombale calò nella classe. Restammo tutti pietrificati. Per la prima volta anche Valentine sembrò sorpreso. Il suo ghigho malefico aveva lasciato spazio ad un’espressione sbigottita.
Da parte mia, invece, sentii il sangue salire alla testa.
Prima che Valentine potesse rispondere, mi diressi a passi veloci verso la ragazza che aveva lanciato quella sfida, la afferrai per un polso e la trascinai fuori dalla classe dicendo:
«Scusateci un attimo,»
Mi aspettavo che Sophia avrebbe opposto resistenza, ma si lasciò invece guidare verso il corridoio.
Una volta uscite, chiusi la porta della classe.
«Che cos-»
Prima che Sophia potesse finire, la spinsi contro la parete.
Ero furibonda.
«Questo sarebbe il tuo grande piano, farti ammazzare?!» le urlai in faccia.
Sophia, spalle al muro, sembrò irrigidirsi davanti alla mia rabbia e girò il volto, evitando il mio sguardo.
Davanti al suo silenzio continuai: «Allora, ti hanno mangiato la lingua? Non sei tu ad avermi detto che è inutile correre rischi ieri?»
Sophia sembrò borbottare qualcosa.
Non capivo perché si stesse comportando così, non era da lei.
«Si può sapere che hai?! Parla a voce alta!» le dissi, sbattendo la mano sul muro. Il mio gesto fece sussultare Sophia, che finalmente mi guardò dritta negli occhi. Le sue guance, solitamente pallide, erano tinte da un lieve rossore.
«Ho detto, che sono sicura di vincere…» sbraitò con un tono velenoso, «e comunque... posso ricordarti il concetto di spazio personale…?»
«Eh?»
All’improvviso mi resi conto di quanto fossimo vicine. Ero così fuori di me, che non mi ero accorta di stare praticamente schiacciando Sophia contro la parete. La distanza tra noi era così poca che le punte dei nostri nasi stavano per sfiorarsi.
Feci un salto all’indietro, come se mi fossi scottata.
«Scusa...» bofonchiai. Questa volta fui a distogliere lo sguardo. Il corridoio era deserto. Per fortuna nessuno ci aveva viste o avrebbe potuto pensare che la stessi aggredendo o qualcosa del genere.
«Scusa non avrei dovuto perdere il controllo così,» ripresi, «ma non voglio che tu metta a rischio la tua vita per proteggermi… hai già fatto abbastanza.»
«Ti ho già detto che non lo sto facendo per te» rispose Sophia, che nel frattempo sembrava aver recuperato la sua solita compostezza, «non ho intenzione di stare tutto l’anno con uno come Valentine in classe. Prima o poi ci scapperebbe di nuovo il morto… Duellare con lui è il modo più veloce per liberarcene.»
«Ma allora quella storia del “piano” era solo una bugia?»
«Beh, se ti avessi detto la verità, non mi avresti dato retta no? Guarda come hai reagito,» rispose Sophia con un mezzo sorriso.
«Mi hai preso in giro...» ero infastidita, ma non potevo negare che avesse ragione. Decisi di passare oltre. C’era un altro pensiero che mi attagliava.
«Liberarcene… Vuoi dire che… Lo vuoi uccidere?»
L’espressione di Sophia s’incupì.
«Vorrei evitarlo, ma dopo averci pensato a lungo non penso ci sia un altro modo… Sono sicuro che lui non si farà gli stessi scrupoli nei miei confronti.»
Una parte di me non riusciva ad accettare che la ragazza davanti a me si dichiarasse pronta a diventare un’assassina. Ma sapevo che fosse quello che rimaneva della mia ingenuità a parlare. Sapevo che presto o tardi anch’io mi sarei trovata davanti alla stessa decisione: sopravvivere o uccidere.
Era inevitabile, nelle circostanze in cui ci trovavamo.
«Sei assolutamente certa di vincere?» chiesi infine.
Ero sicura che, qualunque cosa avessi detto, non ci sarebbe stato verso di farle cambiare idea.
«Vincerò!»
Potevo sentire la convinzione nella voce di Sophia.
Mi aveva già mentito una volta, ma decisi di fidarmi ancora di lei.
«Buona fortuna allora...»
Sophia mi passò accanto, diretta in classe.
D’impulso, la afferrai nuovamente per il polso.
«…?»
«Non ti azzardare a morire...»
Si liberò dalla mia presa e varcò l’ingresso dell’aula, facendo ok con il pollice.

 

***
 

Note dell'autore: Sophia be like: Nah I'd win. Capitolo di passaggio, prima del gran finale per questo primo arco narrativo. 

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Capitolo 17
*** Parole taglienti ***


16. Parole taglienti

 

Sophia e Valentine presero posizione davanti alla cattedra, pronti allo scontro. Il professore, arrivato qualche attimo prima, aveva deciso di posporre la lezione in favore del loro duello. Il fine ultimo della scuola non era istruirci dopotutto...
La barriera si estese, inglobando i due sfidanti. Non volava una mosca. L’intera classe sembrava quasi aver dimenticato come respirare. L’ultimo duello a cui avevamo assistito in quell’aula, aveva visto Sophia trionfare con sorpresa di tutti. Era evidente che tutti sperassero che il risultato di oggi sarebbe stato lo stesso.
Questa volta però, lo sfidante di Sophia era di ben altro livello rispetto all’ormai defunto Montague.
Al nostro rientro in classe, Valentine sembrava essersi ripreso dalla sorpresa iniziale ed aveva accettato la sfida di Sophia con entusiasmo. Nonostante Sophia avesse anch’essa un potere insolito, era chiaro come il ragazzo non ne fosse per nulla intimorito.
L’ormai familiare voce magica iniziò il conto alla rovescia.
3
2

Stranamente, nessuno dei due sfidanti si mise in posizione per combattere. Per quanto riguardava Valentine, la cosa era normale, dopotutto non aveva bisogno di un’arma per combattere.
Ma anche Sophia rimase ferma, la spada ancora nel fodero, a squadrare il suo avversario, come per studiarlo.
1
Non accadde nulla. Sophia si limitò a mettersi a braccia conserte, con un’espressione pensierosa.
“Che sta facendo?”
Anche Valentine sembrò essere colto alla sprovvista.
«Che c’è? Era tutto un bluff? Speravi forse che non avrei accettato e ora non sai che fare?» domandò con fare sprezzante, «se supplichi in ginocchio magari accetto la tua resa,» continuò ridendo.
Vidi alcuni studenti scuotere la testa sconsolati.
Da parte mia, però, ero certa che non vi fosse alcuna possibilità che Sophia volesse arrendersi. Doveva avere un piano.
“Che cosa ha in mente?”
Osservai quella strana ragazza squadrare il suo nemico con aria svogliata, come se l’idea di duellare con Valentine l’annoiasse.
«Sai, stavo pensando… forse ho fatto un errore nello sfidarti. Il tuo potere è così terribile che potresti sconfiggermi senza problemi. Per esempio, che ne so, potresti controllare il mio sangue per decapitarmi in un istante come hai fatto con Stuart…» dichiarò Sophia, «quindi che senso ha combattere? Su dai, falla finita in fretta.»
“Lo sta provocando.”
Ma a che scopo?
Valentine si limitò a fissarla. Non sorrideva più.
Davanti al suo silenzio, Sophia lo imbeccò:
«Allora? C’è qualche problema? Non vuoi porre fine alle sofferenze di una povera fanciulla?»
«Dove vuoi andare a parare?» rispose Valentine, stringendo i denti. Dopo qualche istante sembrò ricomporsi e sorrise nuovamente, «semplicemente non ho intenzione di farti fuori senza prima essermi divertito per un po’.»
«Oh?», Sophia sorrise a sua volta, un sorriso freddo che non si estendeva ai suoi occhi, «curioso… Hai detto più meno la stessa cosa a Carl Stuart. Prima di ucciderlo ti sei fatto prendere a pugni per un bel po’. Sei forse masochista? Non penso di voler incoraggiare tali pulsioni...»
Stavo seguendo quello scontro verbale con la stessa attenzione che avrei riservato al duello vero e proprio.
Sophia stava cercando di spingere Valentine ad attaccarla, ma questi si stava mostrando estremamente reticente a farlo. Da ciò che mi aveva detto avanti ieri, sapevo che Sophia aveva grossi dubbi sulla portata del potere di Valentine.
Dopo le sue ultime parole, iniziavo ad intuirne il perché.
Valentine con il suo potere avrebbe potuto sconfiggere Carl Stuart all’istante. Perché non l’aveva fatto?
Valentine aveva detto di voler dare una lezione al suo avversario, di volerlo sconfiggere nel momento in cui credeva di aver vinto. E se invece fosse stata tutta una messinscena?
E se non avesse ucciso Carl all’inizio dello scontro perché non poteva, proprio come adesso non poteva fare nulla contro Sophia?
A conferma della mia tesi, la ragazza continuò a provocare Valentine:
«Sai, il tuo potere è veramente incredibile! Potresti uccidere qualcuno semplicemente tagliandogli qualche vena nel cervello. Certo, la spada di sangue era affascinante come idea, ma pensa che figura avresti fatto se il tuo avversario fosse caduto morto all’improvviso. “A Valentine basta guardarti per ucciderti”. Figo, no?»
Valentine strinse i pugni. Si stava visibilmente alterando.
«Che te ne fotte di come utilizzo il mio potere?» rispose infastidito, «volevo solo fare un po’ di scena. Stuart era praticamente un morto che cammina. Giocarci un po’ non avrebbe cambiato il fatto che avrei vinto comunque.»
«Beh, io sto ancora aspettando però… Finora a me non hai fatto nulla...»
Davanti al silenzio di Valentine, Sophia decise di abbandonare quella sua facciata amichevole e sbottò:
«Chi pensi di fregare? Se non mi hai già uccisa è perché non puoi farlo.»
Dopo queste parole estrasse la sua spada, ma non la puntò contro Valentine. Invece, la passò sul palmo della sua mano.
“Ma che…?”
Gocce cremisi iniziarono a cadere sul pavimento ai piedi di Sophia.
«Lo vedi? Questo è il mio sangue. Avanti, trasformalo in una spada o qualunque altra cosa. Che c’è, è troppo lontano? Tieni!» Agitò il braccio con violenza. Il sangue schizzò a terra, vicino ai piedi di Valentine.
Quest’ultimo non poté far altro che stringere i pugni in evidente frustrazione.
Dopo qualche secondo però riguadagnò per l’ennesima volta il suo solito sorrisetto e si rivolse a Sophia in tono sprezzante si rivolse a Sophia:
«Immagino che tu pensi di essere molto furba, eh? Dimmi da cosa l’hai capito?».
“Che diavolo sta succedendo?”
Valentine, per qualche ragione, non aveva raccolto la sfida di Sophia. Che effettivamente non potesse controllare il sangue della ragazza…?
Ma se il suo controllo si estendeva solo al proprio sangue, allora come aveva fatto a decapitare Carl Stuart?
Fu Sophia a darmi la risposta.
«Il fatto che tu abbia ucciso Stuart solo dopo avergli provocato quella ferita al collo ha reso tutto troppo sospetto. Perché aspettare? L’unica ragione è che avevi bisogno di ferirlo. Quando la tua lama l’ha colpito, hai fatto entrare il tuo sangue nel taglio e l’hai usato per decapitarlo dall’interno. Così hai fatto credere a tutti che il tuo potere fosse più potente di quello che è effettivamente.»
Un brusio di sorpresa si diffuse per la classe.
L’ipotesi di Sophia, per quanto contorta, aveva senso. Valentine sembrava avere un controllo completo del suo sangue, tanto da poterne variare la forma e la consistenza in maniera rapida.
Era possibile che, quando la sua spada cremisi aveva lacerato il collo di Carl Stuart, Valentine ne avesse liquefatto una parte, mischiando il suo sangue a quello della sua vittima. Una volta dentro la ferita avrebbe potuto trasformarlo nuovamente in una lama, lacerando il collo del povero Carl.
Ma… non era tutto un po’ campato per aria?
Possibile che Sophia avesse puntato la sua vita su quella che era una semplice teoria?
Valentine sembrò pensarla come me. Irruppe infatti in una risata sguaiata e chiese:
«Ahahaha, e tu avresti avuto il coraggio di sfidarmi basandoti su questa idea strampalata?»
Dal suo tono però si poteva capire che non ci trovasse nulla di divertente. Incredibilmente, sembrava che Sophia ci avesse preso in pieno.
«Esatto.»
La voce della ragazza al contrario emanava sicurezza.
«Ammetto che non fossi certa di aver ragione. Ma le probabilità erano alte. Quello che mi ha convinto è il fatto che se avessi veramente potuto controllare il sangue altrui, ci avresti già tutti uccisi.»
Valentine sembrò colpito da questa risposta.
«Mmmh, quanto hai ragione….»
Stranamente, malgrado il suo trucco fosse stato scoperto, il suo sorriso si fece più ampio.
Non mi faceva presagire nulla di buono.
«Sei veramente uno spasso!» si complimentò con la sua avversaria, «complimenti, ci hai preso. Purtroppo però hai commesso un grosso errore di valutazione.»
«Sarebbe?» rispose Sophia, per nulla intimorita.
«Beh, hai scoperto i limiti del mio potere. Brava. Ma hai fatto un grosso errore a sfidarmi. Se avessi svelato il mio potere a tutti, magari avresti potuto trovare qualcuno in grado di battermi. Ma tu… tu non hai alcuna possibilità!» spiegò tronfio Valentine, «da quel che ho visto te la cavi bene con la spada. E la tua lama sembra poter deflettere la magia. Ma, come hai visto nel mio duello con il caro Carl, combattere in mischia contro di me è impossibile. Mi basterà assestare un singolo colpo e il mio sangue entrerà in circolo nelle tue vene. E allora sarai già bella che morta.»
Dopo l’entusiasmo iniziale, dovuto al fatto di aver scoperto che il suo potere non era poi così spaventoso, le parole di Valentine mi fecero ripiombare nell’ansia.
Aveva ragione. La sua lama di sangue lo rendeva estremamente pericoloso da combattere a distanza ravvicinata. La capacità della sua spada di cambiare consistenza la rendeva pressoché imparabile. Inoltre poteva variarne velocemente forma e lunghezza, rendendo difficile giudicare le distanze.
Si poteva dire che Valentine fosse l’avversario peggiore per Sophia. Il suo potere di spezzare incantesimi sarebbe stato inutile e le sue abilità di scherma non l’avrebbero aiutata granché, dato che Valentine era incredibilmente resiliente agli attacchi fisici.
Accanto alla preoccupazione, sentivo inoltre montare un certo fastidio dentro di me.
Perché Sophia mi aveva tenuto tutto nascosto durante la nostra conversazione?
Furba com’era, aveva di sicuro fatto le stesse valutazioni di Valentine.
Se mi avesse spiegato la sua ipotesi, avrei potuto sfidarlo al suo posto. A differenza sua, avrei potuto mantenere le distanze, bombardandolo con tutto il mio potere magico prima che potesse attaccarmi con il suo sangue.
Forse, dopo aver visto in che condizioni ero sabato, pensava che mi sarei tirata indietro all’ultimo momento?
O forse non aveva fiducia nelle mie abilità?
L’idea per qualche ragione mi pungeva nel profondo.
Al momento però la preoccupazione sulla sorte di Sophia era più pressante. La fissai.
Le parole di Valentine non sembravano aver minimamente scalfito la sua determinazione.
La ragazza puntò la sua spada contro il suo avversario.
«Hai detto bene. Se riesci a colpirmi avrai vinto,» sorrise, «ma io non ho alcuna intenzione di farmi colpire.»
Il duello stava finalmente per cominciare.

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Capitolo 18
*** All'ultimo sangue ***


17. All'ultimo sangue



Valentine estrasse la sua spada e, come Sophia aveva fatto in precedenza, la passò sul suo palmo. Con un tintinnio la lama d’acciaio cadde a terra, mentre una cremisi, formata dal suo sangue, emergeva dalla mano del ragazzo.
Sophia rimase in attesa, in posizione.
Fu quindi Valentine a lanciarsi all’assalto. Il suo affondo fu agilmente schivato con un passo laterale. La sua lama però mutò, dopo il colpo andato a vuoto. Il sangue si animò e assumendo la forma di una freccia, partì rapido verso Sophia.
Quest’ultima però era pronta. Con un salto all’indietro si spostò dalla traiettoria. La freccia mancò il bersaglio, ma prima di schiantarsi contro la barriera magica, arrestò la sua corsa e fece dietrofront. Con velocità si diresse nuovamente contro la ragazza. Nel frattempo, Valentine si scagliò anch’esso contro Sophia, tentando di placcarla. Un attacco a tenaglia.
La classe trattenne il fiato. Ma Sophia non aveva alcuna intenzione di perdere così in fretta. Con agilità corse in contro alla freccia di sangue, schivandola abbassandosi, riuscendo allo stesso tempo ad evitare la carica del suo avversario.
I suoi movimenti tradivano grande esperienza nel combattimento. Ma sarebbe bastata ad evitare ogni singolo attacco?
Valentine continuò l’assalto. La freccia era tornata nella sua mano e questa volta mutò in una frusta di sangue. Valentine la agitò con foga verso le gambe di Sophia. Questa saltò per evitarla. Valentine, che doveva aver previsto quella risposta, liquefò nuovamente il suo sangue che cadde sul pavimento a formare una trappola acuminata. Sophia però torse il corpo e con una capriola all’indietro riuscì ad evitare di atterrarci.
Gli attacchi di Valentine si fecero più serrati, ma la prestanza fisica e i riflessi di Sophia riuscirono ad evitare i mille modi in cui il suo sangue tentava di attaccarla.
Le mie guance erano ormai segnate da profondi solchi, laddove vi avevo conficcato le unghie per la tensione.
Per quanto sarebbe riuscita a schivare?
Aveva fatto un ottimo lavoro finora. La velocità con cui Valentine poteva controllare il suo sangue sembrava avere dei limiti, per questo Sophia stava riuscendo a resistere.
Ma alla lunga sarebbero bastati un piccolo errore o il sopravvenire della stanchezza a mettere fine al duello.
Sophia da parte sua non poteva andare sull’offensiva. Avventarsi contro Valentine l’avrebbe esposta ad un attacco inschivabile.
No, la sua unica possibilità era vincere di logoramento.
Nonostante il suo potere, era improbabile che Valentine potesse mantenere grossi quantitativi di sangue fuori dal suo corpo senza conseguenze.
Se Sophia l’avesse spinto ad usare sempre più sangue, forse aveva qualche possibilità.
“In che situazione ti sei cacciata!”
Se solo mi avesse parlato invece di fare la misteriosa.
Il combattimento proseguì per altri dieci minuti. Col passare del tempo potevo vedere gli attacchi Valentine farsi sempre più lenti. Anche Sophia non sembrava agile come all’inizio ma sembrava meno provata del suo avversario.
Che ci fosse una speranza?
«Non scherzavi… eh?» disse ansimando Valentine. Il suo colorito si era fatto sempre più pallido con l’avanzare del duello.
«Che c’è, non sei più così sicuro di te?» rispose Sophia, squadrandolo da una distanza di sicurezza.
«Beh di sicuro sono sorpreso che tu sia durata così tanto. Ma ho capito a cosa stai puntando e non funzionerà...»
Nuovo sangue sgorgò dalla ferita nella sua mano, la lama nella sua mano si allungò di diversi centimetri. Ormai doveva aver separato dal suo corpo quasi due litri di sangue.
«Certo, ammetto che non sia piacevole. Ma grazie al mio potere posso sopravvivere con molto meno sangue di una persona normale.»
Gli attacchi di Valentine, seppur più lenti, acquisirono notevole gittata e potenza. Sophia stava pian piano arretrando, presto si sarebbe trovata spalle al muro contro la barriera.
Volevo chiudere gli occhi.
Ma fu allora che accadde.
La lama di Valentine spazzò l’arena, Sophia saltò per evitarla. Con un’espressione di trionfo, Valentine sputò.
“!”
Era una sfera di sangue. La lama aveva perso consistenza sul pavimento. Valentine probabilmente non poteva controllare due masse di sangue allo stesso momento.
Il bastardo doveva essersi morso la lingua e aver creato un proiettile col sangue che si era addensato dentro la sua bocca. Una mossa astuta. Sophia era in’aria, non poteva schivare.
Sophia quindi fece l’unica cosa che le era possibile. Parò con la spada.
Ma non sarebbe servito a nulla. Valentine avrebbe liquefatto il proiettile, superando la sua difesa.
Era la fine.
Ma non fu così. Come se fosse andata in contro ad una forza invisibile, la sfera di sangue si separò in due, passando ai lati di Sophia ed andando a sbattere innocua contro la barriera magica.
Mormorii di sorpresa attraversarono il pubblico.
Una sensazione di déjà vu. La stessa cosa era successa quando Sophia aveva tagliato in due la palla di fuoco.
Anche Valentine sembrò frastornato per un momento. Dopodiché radunò nuovamente il suo sangue.
«Quindi non ero il solo a nascondere i limiti del mio potere...»
Sophia si limitò a fissarlo, attendendo il prossimo attacco.
Ma Valentine sapeva che ora le sorti del duello si erano capovolte.
Se il ragazzo aveva finto di essere più potente, Sophia era riuscita a fare l’opposto. Tutti avevano pensato che la sua spada avesse il potere di deflettere gli incantesimi, ma ora era evidente che ci fosse dell’altro. Quello che aveva appena deviato non era un incantesimo.
Ero certa che ora nel cervello di Valentine si stessero formando pensieri simili a quelli che mi avevano tormentato dopo aver visto il suo duello contro Carl.
Di che cosa era effettivamente capace Sophia?
E se il suo sangue fosse stato inutile contro di lei?
Sophia fece un passo in avanti. Valentine riformò per l’ennesima volta la sua lama cremisi e si lanciò all’attacco.
Ma questa volta la ragazza non schivò. Quando le due lame, d’acciaio e di sangue si scontrarono, quest’ultima si spezzò a metà. Il sangue cadde inerte sul pavimento.
Potevo sentire diversi studenti irrompere in sospiri di sollievo, ridere ed esultare.
Sembrava che quella spada avesse non solo tagliato la lama di sangue ma anche il velo di terrore che Valentine aveva calato sulle nostre vite.
Il duello continuò per qualche minuto. Non importava quali forme il sangue di Valentine assumesse, la lama di Sophia, implacabile, riusciva a neutralizzarlo.
E poi successe.
Valentine, il suo sangue sotto forma di lancia, sferrò un affondo maldestro. Sophia schivò a lato e, con la facilità con cui un coltello affonda nel burro, lo trafisse sul lato sinistro, dritto al cuore.
Un boato di gioia esplose nell’aula. Molti studenti applaudirono. Era la fine del regno di terrore di Valentine.
Ma io non mi accodai. Ero impegnata a fissare Sophia.
Dopo aver trafitto il suo avversario era improvvisamente balzata all’indietro, come se si fosse scottata.
Fu con orrore che vidi Valentine rimanere in piedi, con un ghigno malvagio in volto. La lama di Sophia, ancora infilzata nel suo corpo era ora ricoperta del suo sangue fino alla punta dell’elsa.
Presto, anche il resto della classe si rese che stava succedendo qualcosa di terribilmente sbagliato. L’aula piombò in un silenzio terrorizzato.
Tossendo sangue, Valentine parlò:
«Idiota. Avevi vinto e ti sei fatta fregare all’ultimo. Mirare al cuore contro di me? Avresti dovuto puntare alla testa. Ora senza la tua spada sei fottuta.»
Il mio cuore sprofondo quando vidi l’espressione di Sophia. Avevo sperato di vedere la sua solita sicurezza di sé. Volevo disperatamente che fosse ancora tutto parte del suo piano.
Ma Sophia si stava mordendo il labbro. Era stata colta alla sprovvista.
D’altra parte quale essere umano sarebbe sopravvissuto ad un colpo dritto al cuore? Probabilmente solo uno. Quel mostro che aveva il completo controllo sul suo sangue chiamato Igor Valentine.
Il mostro avanzò. Il sangue scorse dalla ferita sul suo petto. Si propagò fino a ricoprire il suo intero corpo come un’ orrenda armatura.
«Ora devo solo toccarti...» spiegò con calma, continuando a marciare verso la sua preda.
Sophia indietreggiò, ma non c’era via di fuga.
Presto, la sua schiena fu schiacciata contro la barriera magica.
Fu il segnale. Valentine ricoperto dal suo manto scarlatto, si scagliò contro di lei.
Mi alzai di scatto, la mano stretta intorno alla bacchetta. Ma purtroppo non c’era niente che potessi fare se non guardare.
Sophia alzò allungo un braccio, come per volersi difendere.
Infine arrivò l’impatto.
Grida inorridite si levarono nell’aula.
Come il proiettile di sangue, le due metà del corpo di Valentine si scontrarono contro la barriera magica.
Tra di loro, completamente ricoperta dal sangue del suo nemico, si ergeva la vincitrice del duello, Sophia Thorton.

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Capitolo 19
*** Amiche? ***


18. Amiche?



Non so bene cosa mi avesse spinto lì, davanti alla porta della stanza di Sophia.
Dopo la fine del duello la ragazza era uscita dall’aula, immersa nel silenzio. L’atmosfera non poteva che essere più diversa da quando aveva colpito Valentine al cuore. Niente esultanze e complimenti, solo paura.
La classifica ora recitava:
97 studenti rimanenti
L’assassino di Carl Stuart era stato sconfitto. Ma ora un nuovo mostro, se possibile ancora più pericoloso, era nato dalle sue ceneri.
Era probabilmente questo ciò che gli altri studenti pensavano.
Io, invece, non sapevo proprio cosa pensare. Da una parte sentivo lo stomaco rivoltarsi, ripensando a come il potere di Sophia avesse ridotto il corpo di Valentine. Dall’altra, non potevo che provare gratitudine nei suoi confronti. Dopotutto mi aveva salvato la vita.
Inoltre, qualcos’altro mi aveva spinto fin lì. Curiosità. Come immaginavo, la spada non aveva nulla a che fare con i suoi poteri. Dovevo saperne di più. Se tra i miei compagni c’erano altri individui che possedevano quei poteri inspiegabili, dovevo saperne di più. Ne andava della mia sopravvivenza.
Quindi, quando diversi studenti avevano chiesto di andare in infermeria, lamentando di non sentirsi bene per lo spettacolo truculento a cui avevano assistito, mi ero accodata.
Trovare dove si era diretta Sophia era stato facile. Mi era bastato seguire la scia di sangue che aveva lasciato sul pavimento.
Mi feci forza e bussai.
Dopo qualche istante, sentii la voce di Sophia chiedere:
«Chi è?»
«S-sono Elizabeth, vorrei parlarti...»
Seguì un attimo di silenzio e poi:
«Ok entra, la porta aperta. Mi sto lavando via il sangue di quel bastardo. Aspetta cinque minuti.»
La voce di Sophia tradiva irritazione.
Pensai di fuggire, ma poi mi decisi ad entrare.
La stanza di Sophia era praticamente identica alla mia. Ma nonostante ciò aveva un nonsoché di differente. Era... vuota?
A parte i libri scolastici, dei rotoli di pergamena e una penna e un calamaio, non c’era praticamente nulla. Nessun effetto personale.
Sentivo il rumore dell’acqua scorrere attraverso la porta del bagno.
Spostai la sedia dalla scrivania e mi sedetti, in attesa.
Mentre aspettavo, iniziai a cercare di pensare a come intavolare la conversazione. Finora erano state tutt’altro che amichevoli. E ora che sapevo quanto Sophia fosse potente…
Stavo quasi pensando di sgusciare via con una scusa, quando sentii Sophia urlare:
«Sto uscendo. Girati. Se sbirci ti faccio fare la fine di Valentine.»
“Eh?”
Perché mi stava trattando come un ragazzino in preda agli ormoni?
Eravamo entrambe ragazze, se anche l’avessi vista uscire svestita dal bagno, non ci sarebbe stato nulla di strano.
Decisi comunque di obbedire.
La porta si aprii e sentii il passo leggero di Sophia entrare nella stanza e dirigersi verso l’armadio.
Malgrado tutto non potei fare a meno di provare un certo nervosismo. Continuai a fissare il muro, per diversi interminabili minuti.
«Ok, puoi voltarti.»
Sophia era seduta sul letto, i lunghi capelli neri ancora bagnati. Essendo abituata alla forma impeccabile che aveva ogni giorno a lezione, vederla così, spettinata e con la camicia indossata alla bene e meglio, mi diede una strana sensazione.
«Allora, che vuoi?» sbottò Sophia.
Mi sentii arrossire. Era la seconda volta che mi beccava a fissarla.
«Io ehm, congratulazioni, sei stata incredibile...»
«Grazie,» mi fermò, Sophia in tono sarcastico.
«Ehm, non sei contenta di aver vinto?»
Pensavo che fosse irritata perché la stavo disturbando, ma forse c’era un altro motivo.
«CONTENTA?!» urlò Sophia. Si voltò e diede un pugno al cuscino.
Era incredibile come la prima impressione che mi ero fatta di Sophia, la regina di ghiaccio perfetta e imperturbabile, venisse infranta sempre di più ad ogni nostra interazione.
«Quel maledetto Valentine me l’ha fatta!» borbottò, percorrendo la stanza a lunghi passi, «chi diavolo riesce a sopravvivere con una spada conficcata nel cuore!»
Stavo iniziando a capire perché era arrabbiata. Aveva probabilmente preventivato di mostrare solo una parte del suo potere. Valentine però l’aveva spinta a rivelare a tutta la classe ciò di cui era capace.
Ignorando le proteste del mio istinto di sopravvivenza, decisi di rispondere:
«Com’era? Mantenere un basso profilo? Eri tu giusto?»
«…! Molto divertente...»
Sophia diventò rossa come un peperone.
“Vendetta! Dolce vendetta!”
Rinfacciarle quello che mi aveva detto, come aveva fatto lei due giorni prima, era estremamente poetico.
Cercai di tornare seria:
«Perché non mi hai detto niente di quello che avevi scoperto? Avrei potuto batterlo io al posto tuo.»
Sophia mi fissò e rispose con una nota di rimpianto:
«Prima di tutto non ero certa che la mia ipotesi fosse corretta. Non potevo far rischiare qualcun altro per una mia teoria e poi...» strinse i pugni, «volevo mettermi alla prova.»
«Eh?»
Mettersi alla prova. Dopo tutta la tirata che mi aveva fatto sul non correre rischi? Che non volesse dirmi in faccia che non mi considerava capace di vincere contro Valentine?
«Beh col senno del poi, forse avrei dovuto farlo,» continuò Sophia amareggiata, «ora sono il nuovo nemico numero uno. Sono sorpresa che tu sia qua? Non hai paura che ti taglia metà?»
«Dovresti trovarti qualcun'altra da tormentare poi,» scherzai.
«Ma non penso che tu sia come Valentine,» ripresi in tono più dolce, «non sei un mostro come lui. Se non avessi fatto qualcosa, ci avrebbe uccisi tutti prima o poi. E durante il duello è lui ad aver cercato di ammazzarti per primo, tu ti sei solo difesa in fondo...» cercai di consolarla.
Se avevo imparato qualcosa su quella ragazza, era che non dovevo fare affidamento sulle apparenze. Ero certa che, malgrado quello che mi aveva detto prima del duello, non fosse stato per nulla facile per lei uccidere un altro essere umano.
Sophia mi guardò stupita. Voltò il viso e sussurrò:
«Già, forse hai ragione.»
Torno a sedersi sul letto. Sembrava essersi calmata un po’.
Per qualche minuto, rimanemmo in silenzio. Poi Sophia parlò nuovamente:
«Dai, spara. Lo so che vuoi chiedermelo.»
Non dovetti pensare a cosa intendesse.
«Il tuo potere è…?»
«Non ne ho idea.»
«Eh?»
Sophia mi guardò divertita:
«Non sto cercando di fregarti stavolta. Non ho davvero idea da dove sia arrivato.»
Iniziò a raccontare:
«Come sai non ho praticamente alcun potere magico. A malapena riesco ad accendere un fiammifero con la bacchetta. Per questo, mi sono appassionata alla spada sin da piccola. Se non potevo essere una gran maga, sarei stata una gran spadaccina, ho pensato,» lo sguardo di Sophia sembrava nostalgico, «mi sono allenata ed allenata. Un giorno mentre lanciavo fendenti contro un manichino è cambiato qualcosa.»
Il tono di voce di Sophia si abbassò, come se stesse raccontando un segreto.
«È come se nel mio cervello fosse scattato qualcosa. All’improvviso mi sono resa conto che ogni cosa attorno a me era tenuta insieme da legami. E quei legami erano fragili. Ho tagliato quel manichino a metà con un sol colpo.»
«Quindi tu... puoi..?»
«Semplificando molto le cose, sì posso tagliare qualunque cosa. Che sia un incantesimo. O che sia una persona.»
Dopo queste parole, afferrò un libro dalla scrivania. Passo con delicatezza un dito sulla copertina. Si squarciò a metà.
Rimasi sbigottita. Certo avevo già visto il potere di Sophia in azione. Ma vederne gli effetti a quella distanza…
Avrei mai potuto vincere contro di lei?
«Sto già cosa stai pensando,» disse Sophia divertita, «il mio potere ha dei limiti non preoccuparti. Ma di certo non te li vengo a dire.»
«Non preoccuparti li scoprirò da sola,» replicai.
Al momento però c’era un’altra cosa che mi turbava.
«Quindi, questo potere è nato dal nulla?» chiesi.
Sophia annuì:
«Sì, è apparso all’improvviso. E come hai visto con Valentine, non sono l’unica a possederne uno.»
«Il mio potere potrebbe non essere niente di che rispetto ad altri» continuò aggrottando la fronte, «chissà che razza di persone ha trovato quello stronzo di Skylark.»
Era chiaro ormai, la più grande minaccia per la nostra sopravvivenza sarebbero stati altri studenti con questi poteri. Tra me e me, decisi di chiamarli poteri innati. Dopotutto, da quel che mi aveva detto Sophia, si trattava di poteri che si presentavano in maniera spontanea, e non erano frutto di studio o allenamento.
In tutta questa faccenda, c’era però una nota positiva.
Sophia sembrava una tipa apposto. Avere dalla mia parte una ragazza così forte era rassicurante. Dopo tutto quello che era successo, il sangue cattivo che si era creato tra di noi dopo il nostro primo incontro sembrava ormai un lontano ricordo. Nonostante sembrasse avere un caratteraccio, stavo iniziando ad apprezzare la sua schiettezza.
Forse avrei dovuto riprovarci.
«Ehm, Sophia...»
«Sì?»
«Ti andrebbe di essere amiche? Meglio avere qualche alleato in questa situazione, no?»
Le tesi la mano.
Per un attimo fui certa che l’avrei presa.
Ma poi, un’ombra passo davanti occhi di Sophia. Potevo scorgere uno strano misto di tristezza e determinazione nel suo sguardo:
«No, mi dispiace.»
«Ehm... perché?»
«Perché un giorno saremo costrette ad ucciderci a vicenda. Non voglio uccidere un’amica.»



Note dell'autore: Finalmente! Che faticaccia. Il capitolo era diventato così lungo che alla fine ho deciso di rilasciarlo in tre parti tutte insieme, per evitare cliffhanger antipatici. Ora tempo per una nuova parte della storia, dove la nostra protagonista avrà un ruolo più attivo e meno da spettatrice.

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Capitolo 20
*** Intermezzo ***


Intermezzo

 

 
Le settimane successive trascorsero in un innaturale senso di calma. Era come se la fine di Valentine avesse provocato una catarsi collettiva, tant’è che la nostra vita sembrava quasi essere tornata alla normalità, come nei primi giorni che avevamo passato all’Accademia.
Ogni lunedì, però, a ricordarci che purtroppo non si era trattato tutto di un brutto sogno, uno dei nostri compagni svaniva nel nulla.
Ma anche queste sparizioni, inizialmente accolte da sconcerto, stavano ormai diventando parte della nostra routine.
Fino a questo momento, infatti, la lotta per la sopravvivenza non era stata granché feroce. Gli studenti eliminati non erano stati altro che vittime sacrificali, pressoché incapaci di vincere alcun duello.
Che la scuola li avesse ammessi solo per trasformarli in carne di macello? Se il loro piano era desensibilizzarci alla morte dei nostri compagni, forse stavano avendo successo.
Sapevo, però, che le cose non sarebbero continuate ad andare così lisce a lungo. Ero ormai conscia che tra di noi si nascondevano persone con poteri speciali e presto, una volta messi sotto pressione, non avrebbero esitato a farne uso.
Per questo motivo avevo deciso di agire per tempo.
Invece di adagiarmi sugli allori, dopo la sconfitta di Valentine avevo continuato a duellare senza sosta, tanto da arrivare in prima posizione senza grandi difficoltà.
Accumulare più punti possibili, mi avrebbe reso la vita più facile quando la competizione si sarebbe fatta più serrata.
Avevo però un’altra ragione per mettermi d’impegno: proteggere Amy. Sapevo che il suo potere magico non era dissimile a quello degli studenti che stavano venendo eliminati al momento. Presto, se non avessi fatto qualcosa a riguardo, sarebbe stata presa di mira.
Per questo motivo, oltre a conquistare la vetta della classifica, mi ero sforzata di duellare per quanto possibile in luoghi molto affollati, come la classe e la sala comune.
Volevo far capire a tutti che non ero qualcuno che volessero mettersi contro.
Inoltre, cercavo di passare più tempo possibile con Amy.
Il messaggio che volevo lanciare era chiaro: “se te la prendi con lei, te la vedrai con me.”
Finora il mio piano aveva funzionato, nessuno aveva cercato di sfidarla e per ora Amy si trovava tranquillamente a metà classifica.
Un altro compito che mi ero data, per migliorare le nostre chance di sopravvivenza, era osservare i nostri avversari, così da individuarne i più pericolosi.
Dato che altri possessori di poteri innati non si erano ancora palesati, avevo concentrato la mia attenzione sugli studenti dal più alto potenziale magico. Si trattava perlopiù di membri dell’alta nobiltà. Tra questi, due studenti saltavano particolarmente all’occhio.
La prima, era la figlia del duca Fitzroy, un potente signore che si diceva fosse il braccio destro del re. Il fatto che la prole di un nobile così influente fosse finita in questa trappola mortale, rendeva ancora più assurdo il fatto che la famiglia reale fosse al corrente della nostra situazione.
In ogni caso, quella ragazza di nome Celeste, sarebbe stata un problema. Durante il primo giorno, era risultata seconda solo a me per quantità di mana. E, dopo aver assistito ad alcuni dei suoi duelli, quel mana sapeva usarlo.
A differenza mia, che amavo schiacciare i miei avversari di pura potenza, sembrava prediligere un approccio più tattico. Quando aveva sfidato un ragazzo particolarmente capace negli incantesimi di fuoco, Celeste Fitzroy aveva evocato un vero e proprio acquazzone che, se non fosse stato per la barriera magica, avrebbe probabilmente allagato l’intera sala da pranzo.
Dopodiché, aveva scatenato una tempesta di fulmini, folgorando il suo malcapitato avversario. Lei si era riparata evocando una grossa cupola di pietra.
Quegli incantesimi erano decisamente avanzati, non c’era dubbio che sarebbe stata un osso duro.
A complicare le cose, c’era il fatto che ero venuta a sapere che l’altro studente che avevo notato, Philemon Hargrave, fosse il suo fidanzato. Non sapevo se i due fossero effettivamente in buoni rapporti, i matrimoni combinati erano all’ordine nella classe nobiliare dopotutto e Philemon era il figlio di un marchese particolarmente ricco. Non li avevo visti interagire granché a lezione, quindi speravo fosse quello il caso. Il ragazzo mi era sembrato estremamente abile negli incantesimi difensivi. Se avesse formato un’alleanza con Celeste, si sarebbero rivelati degli avversari formidabili.
Restava il fatto che quei due non erano neanche lontanamente gli individui più pericolosi.
Se avessi dovuto rappresentare la nostra classe con una piramide, in cima, come predatore apicale, ci sarebbe stata lei: Sophia.
Dopo il loro duello, aveva preso il posto di Valentine come nemico pubblico numero uno. Che fosse durante le lezioni o i pasti, un piccolo deserto si formava intorno a lei. Quando passava per i corridoi o entrava nella sala comune, gli altri studenti si scansavano, facendo di tutto per evitarla.
Come Valentine, avrebbe potuto tranquillamente fare incetta di punti, dato che nessuno avrebbe osato accettare una sua sfida. Ma, conoscendola, sapevo che non era tipa da approfittarsene. Era troppo orgogliosa.
Vedendola così isolata, avevo più volte pensato di approcciarla, magari sedendomi vicino a lei a lezione o pranzo.
Tuttavia qualcosa mi aveva bloccato.
Era colpa delle ultime parole che c’eravamo scambiate.
“ Non voglio uccidere un’amica.”
Non ero riuscita a ribattere. Dopotutto, l’idea che un giorno sarei stata obbligata ad uccidere Amy, mi teneva spesso sveglia la notte.
Che senso aveva intrecciare un rapporto con una persona contro cui mi sarei ritrovata a combattere?
“È meglio che eviti di affezionarmi a Sophia,” avevo pensato.
Però, il dispiacere che provavo nel vederla ostracizzata da tutti, era segno che forse era troppo tardi.
Questo conflitto interiore mi stava tormentando. Ne avevo parlato con Amy più volte. Ultimamente, eravamo solite ritrovarci in camera sua un paio di volte a settimana. Le lezioni si stavano facendo parecchio complicate per lei e cercavo di aiutarla più che potevo. Anche se non dovevamo preoccuparci di voti ed esami, gli incantesimi che ci venivano insegnati avrebbero potuto salvarle la vita un giorno. Inoltre l’intimità della sua stanza ci permetteva di discutere di quel che volevamo, lontano da orecchie indiscrete.
Purtroppo anche Amy non sapeva cosa fare.
«Tutte e due le opzioni fanno schifo,» mi aveva detto amareggiata, durante una delle nostre sessioni di studio, «se lasci le così così continuerai a starci male. Ma se vai contro quello che ti ha detto e cerchi di approcciarla nuovamente, le cose saranno più difficili quando sarete avversarie...»
Così avevo continuato ad essere divorata dall’incertezza sul da farsi. I giorni passavano e la distanza tra me e Sophia sembrava incolmabile, tanto che stavo iniziando a rimpiangere i giorni in cui non facevamo altro che prenderci in giro e litigare.
Non avrei dovuto attendere molto però perché le nostre strade si incrociassero di nuovo.

 

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Capitolo 21
*** Calma spezzata ***


19. Calma interotta



Era un’uggiosa mattina di ottobre. Una lieve pioggerellina tamburellava sulle vetrate dell’edificio scolastico. Il mio sguardo si perse nel cielo plumbeo, ricoperto di nuvole.
Normalmente stare dentro al calduccio sarebbe stato perfetto in una giornata simile. Ma in questo momento avrei dato tutto ciò che avevo per sentire la fredda aria autunnale pungermi la pelle.
Era ormai passato più di un mese da quando eravamo stati intrappolati in quella prigione dorata chiamata Accademia di Magia Reale Duelcrest. Da quel che sapevamo, solo uno di noi sarebbe mai uscito vivo da qui.
“Chissà se Sophia sarebbe capace di tagliare a metà il portone d’ingresso…”
Non si era fatta scrupoli con la porta della mia stanza dopotutto.
Non mi facevo illusioni comunque. Non ero così stupida da pensare che ci fosse solo un portone a separarci dalla libertà, altrimenti avrei cercato personalmente di farlo saltare in aria. Chissà quali incantesimi diabolici ci avrebbero colpite, se avessimo cercato di evadere...
E comunque, io non avevo più nulla a che fare con Sophia. Erano passate diverse settimane da quando ci eravamo rivolte la parola per l’ultima volta.
Come accadeva spesso in quei giorni, i miei pensieri erano tornati su di lei. Con la testa fra le nuvole, percorsi i corridoi della scuola, dirigendomi verso la sala da pranzo.
“Magari oggi potrei provare a salut-…!”
Improvvisamente calpestai qualcosa che mi fece scivolare all’indietro. Fortunatamente, riuscii ad evitare di battere la testa, sorreggendomi all’ultimo momento con le braccia.
Mi rialzai, massaggiandomi il sedere dolorante. Due studentesse mi sorpassarono, ridacchiando.
C’era mancato poco.
Elizabeth Belvoir, morta perché non guardava dove andava.
Sarebbe stato ironico se, nel mezzo competizione mortale in cui ero intrappolata, avessi lasciato penne in quella maniera.
Ma piuttosto, in cosa ero inciampata?
Sul pavimento davanti a me, era poggiata un’uniforme scolastica femminile, completa di gonna e stivali.
“Chi diavolo ha lasciato questa roba per terra?”
Che qualcuno avesse deciso di denudarsi all’improvviso in mezzo al corridoio? Essere rinchiusi per un mese poteva dare alla testa…
Più probabilmente però si trattava di un qualche tipo di scherzo. La scuola ci aveva fornito diverse copie dell’uniforme. Qualcuno doveva aver pensato fosse divertente lasciarne qualcuna in giro.
Il mio fondoschiena però non stava ridendo.
Imprecando contro quella sconosciuta mi diressi finalmente verso colazione.

 

***


«Vuoi che chieda in giro chi è stato? Potevi farti male sul serio!»
Io ed Amy ci stavamo recando a lezione dopo aver mangiato. Dopo aver visto la mia espressione dolorante quando mi ero seduta al suo tavolo, non avevo potuto far altro che raccontarle del mio piccolo incidente.
Protettiva com’era, l’aveva presa fin troppo seriamente.
«No, no, dico davvero Amy. Di sicuro non volevano far m-»
«AAAAH!»
Un lacerante urlo femminile mi interruppe. Proveniva dalla direzione della classe.
Neanche per un secondo avevo creduto che quell’atmosfera di calma apparente, che aveva caratterizzato le ultime settimane, sarebbe durata a lungo.
Ero sempre stata in allerta, pronta a cogliere qualunque segno che facesse presagire che qualcosa non andava.
Quel grido fu come un segnale.
Senza esitazione, iniziai a correre, il cuore che mi martellava nel petto.
Bacchetta in mano, irruppi nell’aula, preparandomi al peggio. La scena che mi trovai davanti fu però diversa da quella che mi aspettavo.
Niente sangue. Non c’era neanche traccia di alcun duello in corso. Ma, come accadeva ogni lunedì, una piccola folla di studenti si era radunata sotto la parete destra dell’aula, dove era magicamente iscritta la classifica.
“Ma oggi è mercoledì…”
Avevo un brutto presentimento.
Potevo sentire dei singhiozzi disperati provenire da quella direzione.
Mi avvicinai per vedere cosa stesse succedendo.
Circondata da altri studenti, che probabilmente stavano cercando di calmarla, una ragazza minuta piangeva in ginocchio, gli occhi colmi di lacrime fissi verso la parete.
Il mio sguardo seguì il suo e vidi ciò che temevo:
92 studenti rimanenti
Sentii qualcuno avvicinarsi alla mie spalle. Era Amy, il fiato corto.
«Lizzie, che cosa sta… oh!»
Anche lei aveva capito cosa non andava.
«92!? Non doveva essere 93?» domandò, la voce tremante. Potevo sentire che sperava di essere contraddetta.
Ma non c’erano dubbi.
Un altro dei nostri compagni di classe era morto.
A conferma di ciò, tra le file dei caduti a fine classifica, un altro nome era comparso, cancellato come al solito con una grossa X.
Mary Stillwater
Da ciò che ricordavo, si trattava di una ragazza abbastanza capace, posizionata circa a metà della classifica. Ciò escludeva completamente il fatto che fosse stata eliminata dalla scuola stessa.
Era inutile pensare altrimenti, era stata uccisa da un altro studente.
Per capire come, dovevamo ottenere più informazioni.
Mentre formulavo diverse ipotesi nella mia mente, Amy si avvicinò alla ragazza che continuava a piangere disperata.
Con dolcezza, la aiutò a sollevarsi da terra e la strinse in un abbraccio, accarezzandole con delicatezza i riccioli castani.
Dopo diversi minuti la ragazza sembrò calmarsi un poco. Fu allora che Amy le chiese piano:
«So come ti senti Chloe, ma devi dirci cosa è successo...»
A quanto pare la conosceva, almeno di nome.
«Io… NON LO SO!» esclamò la ragazza con la voce rotta dal pianto, «ieri quando siamo andate a letto andava tutto bene… Stamattina dovevamo vederci a colazione ma non è arrivata… Pensavo fosse solo in ritardo...Ma, ma...»
Riprese a singhiozzare incontrollabilmente. Amy mi lanciò un’occhiata preoccupata da sopra la sua spalla.
Doveva essere stato tremendo per quella ragazza arrivare a lezione e scoprire che la sua amica era morta, guardando la classifica.
Ma se lei non sapeva cos’era successo…
Se Mary era ancora viva ieri notte, il duello dove era stata uccisa, doveva essere avvenuto necessariamente questa mattina.
Mi feci coraggio e mi rivolsi al resto della classe:
«Qualcuno ha assistito al duello?»
Nessuna risposta…
Com’era possibile?
Veramente nessuno aveva visto o sentito nulla…?
Difficilmente un duello poteva passare inosservato la mattina, i corridoi pullulavano di studenti…
Corsi fuori dalla classe. Non mi importava se avessi preso una penalità, dovevo vederci chiaro. Se nessuno aveva visto niente, il duello doveva essere avvenuto in qualche zona isolata.
Ma, appena uscii dall’aula, qualcuno mi afferrò per il polso, costringendomi a fermarmi.
«Che… Sophia?!»
Era lei. Ansimava vistosamente e la sua uniforme era stranamente tutta in disordine.
Per qualche secondo rimasi a bocca aperta, come un pesce fuor d’acqua.
Era un mese ormai che nella mia mente creavo scenari in cui avremmo parlato nuovamente, queste circostanze però non erano di sicuro tra quelle che avevo immaginato.
Infine, mi feci coraggio:
«Che succede? Hai sentito quello che è successo?»
Sophia mollo la presa e con la mano mi fece segno di aspettare. Si appoggio al muro e pian piano recuperò il respiro.
«N-non troverai nulla...» rantolò.
«Eh?»
«Ho già guardato dappertutto. La palestra, il cortile interno, persino nella sua stanza… Non c’è n’è traccia.»
Seppure Sophia non avesse specificato cosa stesse cercando, sapevo bene a cosa si riferisse.
Un cadavere.
«Tu… Come hai fatto a cercare in tutti quei posti, così in fretta?»
Dalla scoperta della morte di Mary erano passati qualcosa come dieci minuti, era improbabile che avesse setacciato la scuola in così poco tempo.
Non che sospettassi di Sophia, però…
«Ho scoperto che qualcuno era morto una ventina di minuti fa. Solitamente arrivo per prima in aula...»
«Oh...»
Ultimamente non avevo più visto Sophia a colazione. Ecco spiegato il perché. Probabilmente la faceva molto presto per non incontrare nessuno e poi si recava da sola in aula…
Sentii i miei sensi di colpa riaffiorare. Ma non era quello il momento di pensarci.
«Hai visto la classifica e…?»
«Sono corsa a vedere cosa era successo,»
«Ma non ho trovato nulla... mi aspettavo di incappare in una situazione come quella tra Valentine e Stuart. Tutti sembravano tranquilli però. Da lì ho iniziato a cercare nei posti più isolati.»
«Sei entrata nella sua stanza, hai detto?»
«Ho sfondato la porta» disse Sophia con nonchalance, «Era tutto in ordine.»
«Ho capito.»
Una delle prime cose a cui avevo pensato è che Mary fosse morta nella sua stanza, magari per un malore o peggio. Ma grazie a Sophia potevamo escludere subito questa ipotesi, senza aspettare che la scuola controllasse.
«Pensi che allora… il suo killer abbia fatto sparire il corpo?»
«È possibile...» rispose Sophia sovrappensiero.
Dopotutto con la magia non era impossibile. Gli incantesimi di sparizione erano estremamente complicati, ma l’omicida avrebbe potuto utilizzare metodi molto meno ortodossi. Per esempio, incenerire la povera malcapitata.
Sarebbe poi stato il campo magico del duello a nasconderne le tracce.
«C’è qualcosa che non mi torna però,» disse Sophia, mordendosi un labbro.
«Cosa?»
«Perché duellare in un luogo isolato di prima mattina?»
«Mmmh...»
Il dubbio di Sophia era sensato. L’ipotesi dell’occultamento di cadavere, necessitava comunque che il duello si fosse svolto lontano dagli occhi degli altri studenti.
Ma perché Mary avrebbe accettato di duellare a quelle condizioni? Se qualcuno l’aveva sfidata, era probabilmente mentre si recava a colazione. Se il suo assassino le avesse chiesto di seguirla in un luogo deserto, di certo si sarebbe insospettita.
Che fosse stata obbligata? Era possibile che avesse perso un duello in precedenza con il suo killer e fosse stata costretta ad eseguire i suoi ordini. Ma anche in questo caso, chi mai avrebbe accettato di duellare alla condizione:
“Incontrami in questo luogo isolato di mattina presto.”
Sarebbe stato fin troppo ovvio che il tuo avversario non aveva buone intenzioni.
Ma allora…
Una nuova ipotesi mi folgorò.
«Sophia… E se... non fosse morta stamattina?»
La ragazza mi fisso con la fronte aggrottata: «Cosa intendi? Ieri sera era viv-…Ah!», gli occhi di Sophia si accesero di comprensione, «vuoi dire che è stata uccisa durante la notte!»
Ma dopo qualche attimo, ritornò ad avere un’espressione dubbiosa.
«Anche in questo caso c’è lo stesso problema. Perché avrebbe accettato di duellare nel bel mezzo della notte?»
Ma ci avevo già pensato. La risposta che avevo trovato non mi piaceva per niente.
«Forse... perché non è stata uccisa durante un duello.»






 

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Capitolo 22
*** Parole non dette ***


20. Parole non dette



«Non servirà a nulla, lo sai vero?»
«Provare non ci costa nulla, su dai veloce...»
Io e Sophia stavamo risalendo la scalinata che portava al secondo piano dell’Accademia.
Avevo più volte cercato l’occasione di esplorarlo, ma ogni volta avevo trovato due guardie dall’aria minacciosa a sbarrarmi la strada.
Ero certa che oltre quel punto si trovassero gli uffici degli insegnanti. Li vedevo spesso salire le scale dopo le lezioni.
Con un po’ di fortuna oggi sarei riuscita a scoprire cosa si celava là sopra.
Mi avvicinai al posto di guardia.
«Buongiorno, abbiamo necessità di parlare con il preside,» mi rivolsi ad uno dei due soldati in armatura.
La guardia mi squadrò dall’alto in basso prima di rispondere:
«Il preside non riceve studenti.»
Con la coda dell’occhio, vidi Sophia lanciarmi uno sguardo che sembrava voler dire “te l’avevo detto”.
Ma non mi sarei data per vinta così facilmente.
«Si tratta di una questione urgente...»
«Il preside è un uomo molto occupato.»
«…Pensiamo che qualcuno stia violando il regolamento scolastico,» insistetti.
Con mia sorpresa, l’atteggiamento della guardia cambiò. Fece un cenno al suo compagno e questi, dopo aver annuito, aprì la porta d’ingresso al secondo piano e si diresse al suo interno.
Dopo pochi minuti tornò e si rivolse a me e Sophia:
«Il preside è pronto a ricevermi. Seguitemi.»
E cosi facemmo.
Mentre ci incamminavamo al seguito della guardia, lanciai una leggera gomitata a Sophia.
«Visto?» sussurrai gongolando.
«Non cantare ancora vittoria...» sibilò in risposta.
Il nostro viaggio nel misterioso secondo piano della scuola si rivelò però ben poco entusiasmante. Solo lunghi corridoi, simili a quelli a cui eravamo abituate.
Dato che la nostra guida ci teneva sott’occhio non potemmo sincerarci se qualcosa di interessante si celasse dietro le numerose porte chiuse che incontrammo.
Infine, la guardia si fermò davanti ad una di esse.
Dopo aver bussato, sentii la voce del professor Skylark:
«Le faccia pure entrare.»
L’ufficio del preside era esattamente come me l’ero immaginato. Una noia totale.
Il pavimento era coperto da un tappeto dall’aria costosa.
Nessuna traccia di strabilianti oggetti magici.
Solo, nella parete posteriore, un grosso armadio era stipato di plichi colmi di documenti.
Chissà se lì dentro erano nascosti i segreti dell’Accademia… non che avrei mai avuto occasione di curiosarci.
Sul lato destro della stanza vi era un’altra porta, che probabilmente portava alla stanza da letto di Skylark.
Quest’ultimo ci stava fissando da dietro una robusta scrivania di mogano.
«Signorina Belvoir. Signorina Thornton. A cosa devo questa visita?»
“Te l’ha già detto la guardia…”
E in ogni caso, non sapevo bene il perché, ma avevo l’impressione che nulla potesse succedere nella scuola senza quell’uomo ne fosse corrente.
Nondimeno, dato che Sophia non sembrava minimamente intenzionata a rispondere, decisi di farlo io stessa:
«Professore. La violenza contro gli studenti è proibita al di fuori dei duelli, giusto?»
«Corretto. Spero non sia venuta qui solo per avere una rinfrescata sulle regole...» rispose il preside, accennando un sorrisetto.
“Non è il momento di fare il simpaticone…”
Decisi di passare oltre.
«No, siamo qui perché abbiamo ragione di credere che qualcuno abbia violato quella regola.»
Spiegai al preside ciò che era successo quella mattina e l’ipotesi che avevo formulato a riguardo.
L’anziano professore non tradì alcuna sorpresa al mio racconto. Come immaginavo, doveva già essere stato informato della morte di Mary Stillwater.
Dopo che ebbi finito, Skylark sembrò soddisfatto dalla mia spiegazione.
«Penso che, date le circostanze, la sua ipotesi non sia campata in aria. Ci sono alte possibilità che la signorina Stillwater sia stata aggredita ieri notte. Ottimo ragionamento.»
Stranamente, per una volta non avvertii alcun sarcasmo nella voce del professore. Ma non ero venuta sin lì per prendermi dei complimenti.
«La ringrazio. Dato che è d’accordo con me, farete qualcosa a riguardo, giusto?»
Con mia grande sorpresa, il preside annui:
«Certamente. Se verrà accertato che ha violato le regole, il colpevole sarà severamente punito.»
Tirai un inaspettato sospiro di sollievo. Ero già rimasta sorpresa che Skylark avesse deciso di riceverci. Il fatto che avrebbe fatto qualcosa andava oltre ogni mia rosea previsione. Con la scuola, per una volta, dalla nostra parte avremmo potuto scovare il killer molto facilmente.
Le mie speranze furono però infrante immediatamente.
«Bene, se non c’è altro. Mi faccia sapere quando ha sufficienti prove su chi sia il colpevole.»
«Come, scusi?»
«Beh, non vorrà mica che punisca una persona a caso?»
«No,» risposi piccata, orma i suoi giochetti erano pericolosamente vicini a farmi perdere la pazienza. Sapevo però che non potevo permettermelo con Skylark.
«Volevo dire, le sue guardie si occuperanno di cercare il killer, no? Che bisogno c’è che le porti io le prove!»
Il professore si aggiustò gli occhiali e mi fisso divertito:
«Signorina, penso che abbia frainteso. Se scopre chi è stato provvederò a punirlo, ma non ho intenzione di far perdere tempo alle mie guardie. Siamo una scuola dopotutto, non un’agenzia di investigazione...»

***

«Spero non sia venuta qui solo per avere una rinfrescata sulle regole,» recitai facendo il verso al vecchio professore.
«Che senso hanno le tue cazzo di regole se non fai nulla per farle rispettare!»
In preda alla rabbia, tirai un calcio ad un tavolino. Me ne pentii subito ed iniziai a saltellare afferrandomi il piede. Sophia fece del suo meglio per reprimere una risata, fallendo miseramente.
Dopo la nostra inutile visita al preside, io e lei ci eravamo spostate nella sala comune. Era deserta, i nostri compagni erano ancora a lezione. Saremmo state penalizzate entrambe, ma in fondo 10 punti non erano poi così tanti.
Sophia sprofondò in una poltrona, cercando di tornare seria. Ora che ci penso, non l’avevo mai sentita ridere prima d’ora.
Riacquisita la sua solita compostezza, Sophia commentò:
«Non penso che gli importi più di tanto se rispettiamo le regole o meno. È tutta una facciata. Anzi, è probabile che ritenga ragguardevole se qualcuno riesce ad uccidere senza farsi scoprire. Se veramente vuole trovare il combattente più capace tra di noi, perché non dare valore alla furtività...»
Aggrottai la fronte: «Quindi pensi che gli vada bene lasciare un assassino così a piede libero? E se ci fa fuori tutti? Non vorrà che un mago così subdolo, finisca per diventare l’erede di sir Aldric.»
«Dubito si arriverebbe a tanto. Se ha deciso di colpire al di fuori dei duelli, probabilmente non è così potente. Magari Skylark pensa che scovarlo sarà un passatempo divertente per noi…» rispose Sophia con freddezza, «a meno che...»
Sophia scossè la testa, come se stesse scacciando un’idea stupida.
Per qualche minuto calò il silenzio. Cercai di riordinare le informazioni che avevamo finora.
Una ragazza, Mary Stillwater, era morta.
Sapevamo per certo che l’omicidio era avvenuto tra ieri notte e il momento in cui Sophia era entrata in classe questa mattina.
Nessuno aveva visto nulla, quindi le ipotesi erano due.
Forse era stata uccisa in un luogo isolato. Ma perché avrebbe dovuto duellare in un posto del genere?
No, era più probabile che il killer avesse colpito ieri notte, quando tutta la scuola stava dormendo.
Per ottenerne la conferma avrei dovuto chiedere in giro se qualcuno l’avesse vista stamattina.
Anche in questo caso c’era qualcosa che non tornava.
Perché Mary avrebbe dovuto accettare un duello notturno? Chiunque avrebbe realizzato che era una trappola.
Da qui la mia ipotesi. Non era stato un duello. Mary era uscita dalla sua stanza per un altro motivo e il killer aveva colpito, per poi far scomparire il corpo.
Questo era ciò che sapevamo. Da qui dovevamo scovare il colpevole. Ma come? Decisi di chiedere a Sophia se avesse qualche idea.
«Cosa pensi dovremmo fare ora?»
Sophia rimase in silenzio per un attimo, sovrappensiero, ma la sua risposta non fu quella che mi aspettavo:
«Che vuoi dire?»
«Eh? Cosa dovremmo fare per trovare il colpevole, ovviamente.»
«Grazie… non è quello che intendevo. Non vedo perché dovremmo fare qualcosa insieme. Oggi è stato un caso speciale per quello che è successo, ma ti ho già detto che non ho intenzione di giocare a fare le amichette.»
Il mio cuore sprofondò. Avevo dato tutto per scontato.
Tornare a parlare con lei, dopo tutto quel tempo, era stato così naturale, che mi ero praticamente dimenticata del mese di silenzio che era trascorso.
«Ma… lavorare insieme sarebbe più efficiente, no?» cercai di protestare.
«Al contrario, se indaghiamo per conto nostro è meno probabile che incapperemo negli stessi errori,» mi fermò Sophia.
«Ma-»
«Non faresti altro che rallentarmi comunque, preferisco da fare da sola,» mi incalzò.
Era ingiusta. Senza di me chissà quanto tempo ci avrebbe messo a scoprire che il killer aveva colpito la notte e senza duellare. Ma avevo capito cosa stava cercando di fare: allontanarmi.
«Inoltre, sicura di volermi stare intorno? Non so se hai notato, ma non sono tra le studentesse più popolari...»
Il tono di Sophia era malinconico.
«Non mi importa di quello che pensano gli altri!» sbottai.
«Mmph,» sbuffò Sophia, distogliendo lo sguardo. Per un attimo pensai che avrebbe cambiato idea. Avevo l’impressione che stesse cercando una scusa per rimangiarsi ciò che mi aveva detto finora.
Ma non la trovò.
«Te l’ho già detto Elizabeth… non voglio diventare tua amica solo per poi doverti uccidere.»
“Siamo già amiche, idiota!”
Era quello che volevo urlarle. Ma non ci riuscii…
Perché, perché, perché?!
Di nuovo!
Sapevo che non potevo lasciare le cose così.
Ma allora perché le parole non volevano uscire.
Io… non volevo sentire la sua risposta.
Non volevo sentirmi dire che quello che provavo per lei era a senso unico.
Quella ragazza mi aveva affascinato sin dal primo giorno.
Poi mi aveva salvato la vita.
Aveva sconfitto il nemico di cui tutti avevano paura.
E ora, sopportava la solitudine senza lamentarsi.
E io invece? Dall’alto della prima posizione in classifica, che cosa avevo fatto finora? Nulla, assolutamente nulla.
Alle prime difficoltà mi ero rinchiusa in camera a tremare di paura.
Perché Sophia avrebbe voluto avere come amica una come me?
Davanti al mio silenzio, la ragazza si alzò.
«Fammi sapere se scopri qualcosa di importante, ci penserò io a catture il killer...» sussurrò, passandomi affianco.
Lasciò la stanza senza guardarsi indietro.
Dopo qualche secondo, copiose lacrime riempirono i miei occhi. Ero contenta di averle trattenute fino ad adesso.
Con la frustrazione che montava, tirai un altro calcio al tavolino.
Questa volta non sentii la cristallina risata di Sophia in risposta.



NOTE DELL'AUTORE: Eccoci con una nuova parte della storia. Triplo aggiornamento nuovamente. Oramai trovo tempo solo nel weekend per scrivere. Questa volta si cambia un po' e si va più su un murder mistery, ma l'azione non mancherà!

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Capitolo 23
*** L'enigma della camera aperta ***


21. L'enigma della camera aperta




Non avevo intenzione di arrendermi.
Era questa la decisione che avevo preso.
Se Sophia pensava di trovare da sola il colpevole, l’avrei battuta sul tempo. In questo modo, non avrebbe avuto altra scelta che riconoscere le mie capacità. Forse allora avrebbe riconsiderato la sua decisione.
Da una parte, il mio desiderio di essere accettata da lei, mi creava un certo imbarazzo. Se avesse scoperto cosa mi passava la testa penso mi sarei sotterrata.
Dall’altra, non potevo che provare un minimo di orgoglio. Questa volta non mi ero lasciata abbattere. Avevo subito asciugato quelle lacrime di frustrazione e mi ero messa all’opera immediatamente.
Ciò che avevo passato a causa di Valentine era quantomeno servito a farmi crescere un pochino.
Tuttavia, nonostante i miei buoni propositi, i miei tentativi di scoprire qualcosa sull’assassino di Mary Stillwater avevano fatto un buco nell’acqua.
Per prima cosa, avevo cercato l’aiuto di Amy.
Una delle lezioni più importanti che avevo imparato finora era che non c’era nulla di male ad appoggiarsi agli altri per sopperire alle proprie mancanze.
Amy, grazie alla sua innata estroversione, era già riuscita a costruirsi una fitta rete di conoscenze. Malgrado il tempo che avevamo trascorso nell’Accademia fosse relativamente poco, sembrava fosse già in confidenza con buona parte della classe. Le sue intenzioni, però, non erano delle più pure.
«Se conosci il tuo nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura,» aveva recitato, quando le avevo chiesto perché si sforzasse così tanto nel socializzare.
Ancora una volta, ringrazia il fatto di essere sua amica.
In ogni caso, grazie ai suoi sforzi, riuscii ad acquisire ogni informazione su Mary Stillwater che avrei mai voluto avere.
Purtroppo però, niente di quello che scoprii sembrò rilevante.
Sembrava che Mary fosse stata una ragazza normalissima. Oltre a Chloe, la ragazza ricciolina che avevo visto in classe, era amica con un altro paio di ragazze.
Il suo potere magico era nella media. I duelli in cui aveva combattuto erano stati completamente ordinari. Nessuno l’aveva mai vista litigare con qualche altro studente.
Insomma, nulla faceva pensare che avesse qualche nemico o che qualcuno avesse un motivo preciso per volerla far fuori.
Che il killer avesse scelto la sua vittima a caso? Forse Mary si era semplicemente trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato. Magari era uscita a fare una passeggiata notturna ed era incappata per caso nel suo assassino.
Purtroppo, non avendo scoperto nulla di significativo sulla vittima, non mi restavano altre solide piste da seguire.
Innanzitutto, non avevo alcun modo di determinare dove e come fosse avvenuto l’omicidio. Avevo setacciato l’accademia da cima a fondo, ma non avevo trovato nessun indizio che indicasse la posizione della scena del delitto.
Il killer doveva aver coperto per bene ogni sua traccia.
O forse non c’era mai stata alcuna.
Dopotutto dovevo sempre considerare quella variabile. I poteri innati. Non potevo escludere che c’entrassero anche in questo caso. Magari uno dei miei compagni poteva far scomparire le persone in un batter d’occhio, un po’ come la scuola faceva ogni domenica notte…
In ogni caso, per ora, non potevo far altro che aspettare. Dovevo sperare che, se avesse colpito di nuovo, il killer avrebbe fatto un passo falso.
Sophia doveva esser giunta alla stessa conclusione.
Durante i primi giorni successivi alla morte di Mary, l’avevo vista spesso cercare di ottenere informazioni da alcuni miei compagni di classe. Non so se avesse avuto grande successo, i poveri ragazzi sembravano terrorizzati…
Negli ultimi tempi era però tornata alla sua usuale solitudine.
Non avremmo comunque dovuto aspettare molto perché il killer colpisse di nuovo. Ma il nuovo omicidio avrebbe solo complicato le cose.

***

Erano passati dieci giorni dalla morte di Mary Stillwater.
L’atmosfera nell’Accademia non si era discostata dalla calma innaturale che aveva caratterizzato l’ultimo mese.
Il modo in cui era venuta a mancare, non era molto diverso dalle sparizioni settimanali a cui eravamo ormai abituati. Come si dice “occhio non vede cuore non duole”.
Era molto più facile ignorare la morte di qualcuno, se non aveva i connotati truculenti che avevano caratterizzato la fine di Carl Stuart ed Igor Valentine.
Era un sabato, l’ultima lezione della settimana stava per concludersi. Domani un altro di noi ci avrebbe lasciato, proprio come Mary.
Ma fu in quel pigro pomeriggio di fine ottobre che l’attenzione dell’intera classe fu catturata in una maniera che nessuna lezione avrebbe mai sperato di riuscire a fare.
Ce ne accorgemmo tutti all’unisono.
Forse perché, durante le spiegazioni degli insegnanti, i nostri occhi tornavano sempre verso quella parete, dove in lettere luminose era deciso il nostro destino.
Nonostante fossimo nel bel mezzo di una lezione, la scritta più importante era cambiata per l’ennesima volta.
90 studenti rimanenti
In quell'esatto istante, qualcuno, da qualche parte nella scuola, era morto.
Sentii la porta dell’aula spalancarsi e, con la coda dell’occhio, vidi Sophia sfrecciare via nel corridoio.
Decisi di non seguirla. Nel mentre che l’aula esplodeva in tumulto, con buona pace del professore, sapevo che c’era qualcosa di importante da fare: contare. Era essenziale essere sicuri di quante persone fossero assenti. Tra di loro, oltre che la vittima, c’era il killer.
“Questa volta hai fatto un grosso errore…”
Ma dentro di me, qualcosa mi diceva che non sarebbe stato così facile.
E, man mano che mi avvicinavo a finire la mia conta, la preoccupazione che avevo si fece sempre più pressante. “No… devo aver sbagliato a contare…”
Ricontai, e ricontai, e ricontai.
Ma era inutile illudersi…
89.
Aggiungendo Sophia, 90.
L’unica persona che, al momento del nuovo omicidio, non era in quella classe, era la vittima.
Ma allora… che non fosse stato un omicidio?
Osservai la lista delle vittime. Un nuovo nome si era aggiunto alle fila dei caduti:
Frank Boyle
Non lo conoscevo se non di nome. Chiesi subito informazioni ad Amy. Si trattava del figlio di un baronetto. Era discreto nella magia e si trovava tra i primi trenta in classifica.
“Mmmh…”
Una delle prime cose a cui avevo pensato era che uno degli studenti più in basso nella classifica avesse ceduto alla tensione e avesse deciso di farla finita. In questo caso, però, le cose non tornavano…
«Vedo di scoprire qualcosa…» mi sussurrò Amy, sgusciando via verso i primi banchi della classe. Ormai nell’aula regnava il chaos, mentre il professore continuava a spiegare la lezione noncurante.
Amy tornò poco dopo, con aria preoccupata.
«Ho chiesto ad un ragazzo che conosco… a quanto pare Frank si sentiva poco bene. Stamattina ha detto ai suoi amici di non aspettarlo per colazione e che sarebbe andato in infermeria… Cosa pensi sia successo?»
Si sentiva male… Che fosse stata una malattia fulminante ad ucciderlo? Sarei dovuta andare in infermeria a controllare.
Restava comunque sul banco l’ipotesi suicidio.
Poteva aver mentito ai suoi compagni per non farli preoccupare… Dopotutto, qualche settimana fa, avevo fatto lo stesso.
In entrambi i casi comunque, sembrava che la morte di Frank Boyle non fosse correlata all’omicidio di Mary Stillwater.
Decisi dunque di attendere la fine della lezione, prima di mettermi all’opera. Al momento era probabile che Sophia avesse già trovato il corpo del ragazzo…
Ma allora, perché continuavo comunque ad avere un senso di disagio…
Fu così che, al termine delle lezioni non mi diressi in infermeria, come avevo inizialmente deciso, ma chiesi ad Amy di andarci al posto mio.
Io, invece, mi diressi dalla parte opposta, verso gli alloggi degli studenti.
Al momento, malgrado avessi deciso di fare le cose per conto mio, avevo una gran voglia di incappare in Sophia, magari dalla sua espressione avrei capito se era tutto apposto.
Ma non ebbi fortuna. Arrivai alla mia meta, la stanza di Frank Boyle, senza incontrarla.
Mi ero fatta spiegare da Amy dove fosse la sua stanza. Se la causa della morte non era naturale, era lì che volevo guardare per prima cosa.
Una parte di me si aspettava di trovare la porta scardinata, a segnalare il passaggio di Sophia.
La porta però era ancora ben integra tra i suoi stipiti. Ma era… socchiusa?
Che strano.
Escludendo i metodi barbari di Sophia, le porte delle nostre stanze erano incantate per aperte solo dal loro proprietario.
Quindi, era stato necessariamente Frank ad averla lasciata aperta. Che fosse uscito di fretta e l’avesse dimenticata così?
Aveva senso. Dopotutto, se stava molto male, magari era corso in infermeria in tutta fretta.
Avrei dovuto chiedere a Sophia se l’avesse trovata così, poco fa. Ero certa che avesse già controllato la stanza dopotutto.
Mi avvicinai alla porta, pronta ad entrare nella stanza, quando  sentii un rumore provenire dall’interno.
C’era qualcuno. Che Sophia fosse ancora lì?
Mi feci coraggio e aprii la porta.
La ragazza che era nella stanza sobbalzò dalla sorpresa. Non era Sophia. I suoi vistosi boccoli biondi non potevano essere più diversi da quei capelli corvini.
Riconobbi subito Celeste Fitzroy, una delle persone su cui mi ero più concentrata, durante la mia osservazione dei miei compagni di classe.
La ragazza sembrò riprendersi in fretta dalla sorpresa e mi rivolse un sorriso gentile:
«Ah, Elizabeth! Anche tu hai pensato di venire qui, eh?» mi chiese in tono amabile.
“Eh?”
Nonostante avessi assistito a molti dei suoi duelli, io e Fitzroy non ci eravamo mai parlate. Perché si stava rivolgendo a me con tutta quella confidenza?
«Che c’è, ti hanno mangiato la lingua? Non ti biasimo, anche io sono rimasta stupita quando ho visto questo casino!» continuò, davanti al mio silenzio.
Guardai dietro di lei.
Quell’incontro improvviso non mi aveva fatto notare il completo chaos in cui si trovava la stanza di Frank Boyle.
La scrivania, con cui tutte le nostre stanze erano arredate, era stata rovesciata sul pavimento. Vari libri erano sparpagliati per terra, coperti da macchie d’inchiostro. Poco lontano giaceva una sedia. Lo schienale si era spaccato. A completare il quadro, dei vestiti maschili erano sparpagliati sul pavimento.
«Che diavolo è successo qui?!» esclamai.
«Non ne ho idea!» rispose energica Celeste, malgrado la mia fosse più che altro una domanda retorica.
«Ma guarda bene qua, questa è la cosa più strana!» proseguì, facendomi cenno di avvicinarmi alla scrivania.
Il mio sguardo si spostò verso un punto che la ragazza mi stava indicando con la sua mano pallida.
Sangue fresco.
Velocemente, mi chinai per osservare il pavimento sotto la scrivania. Anche lì c’erano tracce di sangue.
«La prima cosa a cui  ho pensato è che quel povero ragazzo sia caduto sbattendo la testa e ci abbia lasciato le penne… Ma-»
«Dov’è il corpo?»
«Esatto!» cinguettò Celeste, «A meno che non ci sia uno zombie in giro per la scuola… Qualcuno deve averlo spostato!»
«Ma eravamo tutti in classe!»
«Esatto… E non penso che la tua amica Sophia l’abbia spostato e poi…»
“La mia amica eh”
C’era qualcosa che non tornava comunque
«Il sangue si ferma qua…»
«Bravissima, siamo in perfetta sintonia!», Celeste mi diede una pacca sulla spalla, «Se qualcuno l’avesse trascinato in giro, con una ferita così, avrebbe lasciato una bella scia di sangue, no?»
«Giusto…»
Tutto puntava in una direzione, il corpo era sparito.
Proprio come nel caso di Mary Stillwater.
«Celeste…» iniziai, decisi di rivolgermi a lei in maniera spigliata, malgrado il suo alto rango. Dopotutto, aveva fatto lo stesso con me fin dall’inizio.
«Dimmi pure!»
«Pensi che Boely sia stato uccis-»
«Dalla stessa persona che ha ucciso Mary! Eh, eh, questa volta sono io a finirti la frase!» disse gongolando.
Il suo atteggiamento non poteva stonare di più con le parole che stava pronunciando.
«Il fatto che siamo di fronte ad un cadavere che svanisce nel nulla mi fa pensare di sì… Ma immagino che anche tu ti stia facendo la stessa domanda, vero?»
Celeste mi guardò con nel viso un sorriso giocoso:
«Come ha fatto ad ucciderlo se era nell’aula insieme a noi?»
Stava proprio lì il problema. Quello che avevamo trovato nella stanza, suggeriva che Frank Boyle fosse stato attaccato e il suo corpo fosse stato fatto scomparire. Ma questo non era possibile! Tutti gli altri studenti erano nello stesso posto al momento della sua morte.
A meno che…
«Un omicidio a distanza…» sussurrai piano.
«Bingo!» esclamò Celeste.
«Ma come…»
«Eh, questa è la parte tosta… non penso di conoscere alcun incantesimo capace di uccidere qualcuno a centinaia di metri di distanza, attraverso diversi muri poi…» disse Celeste pensierosa.
Alcun incantesimo…
Forse perché non era stato il frutto di un incantesimo…
Non c’era alcun dubbio. Quella era la conferma. Un altro utilizzatore di poteri innati si era messo all’opera. Questa volta però, a differenza di Valentine, l’aveva fatto in maniera più subdola. Ne ero certa, se non avessi fatto qualcosa, avrebbe continuato ad ucciderci uno ad uno.
Dopo avermi proposto alcune congetture improbabili sull’accaduto, Celeste mi salutò amichevolmente:
«È stato divertente parlarti. Dovremmo prenderci un tè insieme qualche volta!»
Forse per il fatto che provenisse da una famiglia estremamente altolocata, avevo immaginato che Celeste Fitzroy fosse una versione ancora più spocchiosa di Sophia.
La verità non poteva che essere più lontana. Seppur emanasse una certa aria di eleganza, tipica dell’alta nobiltà, mi era sembrata estremamente socievole e alla mano. Avevo però trovato un po’ strana la sua indomabile allegria, considerata la situazione in cui ci trovavamo.
Comunque non sembrava una cattiva persona.
Ora però avevo ben altro a cui pensare rispetto ad una nobile stravagante.
Ero certa che la mia deduzione fosse corretta. Un assassino aveva già fatto due vittime e dovevo fermarlo prima che ne facesse una terza.


 
***


Quella notte, l’aria era estremamente fredda. Mancava ancora un bel po’ all’inverno, ma probabilmente l’Accademia doveva sorgere in una regione particolarmente a nord. Certo che avrebbero potuto estendere la magia che rendeva il cortile temperato anche al resto della scuola!
Attraversai i corridoi bui della scuola, rabbrividendo. Ero diretta alla stanza di Amy. Oggi era il giorno in cui avevamo le nostre sessioni di studio dopotutto.
Dopo la mia conversazione con Celeste Fitzroy mi ero ritrovata con Amy. Come immaginavo non aveva trovato nulla in infermeria.
Avevamo passato il resto del pomeriggio a fare congetture sul potere dell’assassino. Probabilmente avremmo continuato per tutta la notte invece che studiare.
La stanza di Amy era dall’altra parte dell’ala ovest della scuola rispetto alla mia, ma ormai facevo la strada in automatico. Forse per quello non mi accorsi che dietro un angolo, qualcuno aspettava in agguato.
Fu un lampo.
Una lama era appoggiata alla mia gola.
«…!»
Non feci in tempo ad urlare. La lama si abbassò ed una mano mi coprì la bocca.
«Non urlare!» sibilò una voce infastidita.
La riconobbi all’istante.
«Che diavolo ci fai fuori a quest’ora?» mi chiese Sophia. Da quel poco che potevo vedere, era parecchio irritata.
Finalmente, dopo i miei mugugni di protesta, capii che se voleva una risposta avrebbe dovuto spostare la mano.
«…Ah… Potrei farti la stessa domanda!» sussurrai.
«Sono di guardia…» rispose Sophia, «Non penso di doverti spiegare il perché.»
Il fastidio che provavo sparì all’istante.
«Quindi, anche tu…»
Per diversi minuti parlammo di ciò che era successo quella giornata. Come immaginavo, Sophia si era subito recata nella stanza di Boyle e aveva trovato la porta spalancata. Del corpo nessuna traccia, né lì, né nel resto della scuola. Era quindi arrivata alla mia stessa conclusione.
«D’ora in poi sarò di pattuglia la notte, voglio cogliere questo potere in azione…» mi spiegò.
«Non è pericoloso? Potresti essere tu a venire attaccata, dopotutto non sappiamo di che potere si tratti. Se giri così di notte da sola potresti essere tu la prossima vittima!»
«Potrei dirti la stessa cosa…»
«Touché…»
Non ci avevo pensato. Forse da oggi avremmo dovuto fare a meno delle nostre sessioni di studio notturne.
Calò un silenzio imbarazzato. Esaurito l’argomento, le parole che c’eravamo scambiate l’altro giorno ritornarono nella mia mente.
«Beh, ora vado…»
«Ok…»
«Sophia…»
«Sì…?»
«Stai attenta.»
«Anche tu.»
Ci separammo.
La prossima volta, l’avrei costretta ad accettarmi. Avrei trovato il killer e sarebbe stata così impressionata che sarebbe stata lei a chiedermi di essere sua amica!
Con quei pensieri nella testa, raggiunsi la stanza di Amy.
La porta era socchiusa. Niente di strano. Amy era solita farsi un bagno notturno prima delle nostre sessioni di studio e mi faceva aspettare in camera. Diceva che l’aiutava a capire meglio… Avrei dovuto raccontarle del mio incontro con Sophia…

Il mio mezzo sorriso si spense quando, entrata nella stanza, trovai il corpo di Amy riverso per terra.



NOTE DELL'AUTORE: Il mistero si infittisce, una nuova vittima ed un altro corpo che sparisce...Capitolone per questa settimana. Non ho trovato un buon punto in cui dividerlo. Mi spiace finire in un cliffhanger così cattivo, cercherò di pubblicare la prossima parte al più presto.

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Capitolo 24
*** La natura del mana ***


22. La natura del mana



Per un istante rimasi pietrificata.
Amy era distesa sul pavimento davanti a me, pancia a terra.
A giudicare dall’accappatoio che indossava, doveva essere appena uscita dal bagno. Probabilmente si stava dirigendo verso l’armadio per prendere un’uniforme pulita, ma era crollata a metà strada.
Parte di me sperava che fosse inciampata, ma era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava.
Infatti, sulla sua gamba destra, c’era qualcosa di estremamente luminoso. La luce che emetteva era così accecante che non riuscii inizialmente a discernere cosa fosse.
Strinsi gli occhi, cercando di capire di cosa si trattasse.
Con orrore capii che, quel qualcosa, era vivo.
Lungo una decina di centimetri, dotato di due alette trasparenti,  quello che sembrava essere un grosso insetto dal ventre brillante era appollaiato sulla povera Amy. Potevo vedere le sue zampette muoversi erraticamente, strusciando sulla sua gamba..
Fu come un segnale.
Finalmente riuscii a scrollarmi di dosso lo shock.
Estrassi la bacchetta e la puntai con precisione verso quella creatura:
«Freeze
L’insetto smise all’istante di muoversi e, immobilizzato, scivolò sul pavimento con un lieve thud.
Quando si staccò dalla sua vittima intravidi una sorta di proboscide, non dissimile da quella di una zanzara.
Spostai il mio sguardo sulla gamba di Amy. Non sembrava esserci il segno di una puntura…
Ma non era importante adesso, ci avrei pensato più tardi. Mi avvicinai ad Amy, urlando il suo nome.
Nessuna risposta, doveva essere priva di sensi.
Con mani tremanti, puntai la bacchetta verso di lei.
Al mio comando il corpo di Amy si sollevo. Lentamente, con grande attenzione, la girai a pancia in su, per poi farla adagiare sul letto.
Mi precipitai al suo capezzale.
“Ma che…?!”
Il volto di Amy era estremamente pallido. Forse quella creatura doveva averle succhiato il sangue, proprio come una normalissima zanzara.
Ma c’era qualcosa di molto più strano e preoccupante. Amy sembrava stranamente deperita, smunta, come se avesse vissuto di  stenti per lungo tempo. Ma questo… non era possibile. L’avevo vista giusto qualche ora fa e stava benissimo!
“Che diavolo le ha fatto quell’affare?!”
Con mio enorme sollievo comunque, sembrava respirare. Con attenzione le poggiai due dita sul polso. Il suo cuore batteva debolmente. Qualunque cosa avesse, aveva necessità di cure immediate.
Prima che potessi decidere su come procedere, qualcuno irruppe nella stanza in tutta fretta.
«Che diavolo sta succedendo qui?!»
Era Sophia. Le mie urla dovevano averla allertata.
Il suo sguardo si mosse velocemente per la stanza, si spostò dal corpo di Amy, allo strano insetto sul pavimento ed infine su di me.
«Che stai aspettando?! Portiamola in infermeria, ti do una mano!»
In un lampo si precipitò accanto a me e si passò un braccio di Amy sulla spalla. Annuii e feci lo stesso. Quando la sollevammo tuttavia, non potemmo fare a meno di scambiarci un’occhiata confusa.
Il corpo di Amy era estremamente leggero. Troppo leggero. Seppur fosse minuta di statura, non era possibile che pesasse così poco.
Però, non era quello il momento di pensarci, ora la priorità era portare Amy in infermeria il prima possibile.
Ci dirigemmo per i bui corridoi della scuola, senza proferir parola. Eravamo in allerta. Da parte mia temevo che dietro un angolo, avremmo trovato uno sciame di quelle strane creature, pronte ad aggredirci.
Fortunatamente però, riuscimmo a raggiungere l’infermeria senza intoppi.
Stavo per aprire la porta con la mia mano libera quando Sophia si fermò:
«Riesci a fare da sola da qua?»
«Mmmh, credo di sì...»
Normalmente non ce l’avrei mai fatta, ma Amy era così stranamente leggera che non penso avrei avuto problemi.
«Ok, ci vediamo qua fuori.»
Sophia corse via. Per abbandonarmi in quella situazione, doveva essere qualcosa d’importante…


***


Circa mezz’ora più tardi, mi chiusi la porta dell’infermeria alle spalle.
Come mi aveva detto, Sophia mi stava aspettando là fuori, appoggiata al muro. Era così immersa nei suoi pensieri che il cigolio della porta la fece sobbalzare.
«Allora?! Come sta?» mi chiese. Il suo tono tradiva preoccupazione.
«S-se la caverà…» risposi, la voce rotta dal sollievo. Mi lasciai scivolare lungo la parete con un sospiro. Ora che la scarica di adrenalina causata da quella crisi improvvisa era passata, mi sentivo completamente esausta.
Sophia si sedette sul pavimento accanto a me.
«I-io… Mi dispiace,» si scusò Sophia evitando il mio sguardo, «se non ti avessi fermato nel corridoio, avresti potuto intervenire prima e…»
«Non dire stupidaggini… Che cosa ne potevi sapere? Se la metti così allora la colpa è la mia. Se non fossi andata in camera sua, non avrebbe tenuto la porta aperta e non sarebbe stata aggredita!»
«Anche tu non ne potevi sapere nulla…»
«Allora diciamo che siamo entrambe colpevoli!» risposi con forza, «e ci faremo perdonare facendola pagare a quello stronzo che ha osato fare del male ad Amy!»
Sophia si voltò e mi guardò stupita, dopo un attimo però annuì: «Per una volta, mi trovi pienamente d’accordo…» disse con un mezzo sorriso.
«Meglio iniziare subito allora…» riprese dopo qualche secondo di silenzio, «Ti hanno detto che cos’ha che non va? Non ci ho fatto molto caso, vista la fretta nel portarla qua, ma non mi sembra che avesse alcuna ferita. Che diavolo le ha fatto quella… cosa?» mi chiese, tornando seria.
La risposta era semplice, quanto terrificante. Quando, poco prima, il guaritore mi aveva spiegato cosa aveva scoperto, non avevo potuto fare a meno di rabbrividire.
Se non l’avessi fermata, quella strana creatura avrebbe certamente ucciso Amy nel giro di pochi secondi.
«È il suo mana... Quell’insetto deve averlo prosciugato. Non ne ha praticamente più.»
Ricordai l’accecante bagliore che il ventre di quell’essere sembrava emettere. Non c’erano dubbi, quella luce non era altro che il mana di Amy, di cui la creatura si stava cibando.
«Può recuperarlo però, vero?» mi chiese Sophia, in apprensione.
«Mi hanno detto di sì. Ma ci vorrà tempo. Avrà bisogno di diversi incantesimi rinvigorenti e di stare a riposo per almeno due o tre settimane.»
Sophia sembrò sollevata. Dopo un po’ però il suo viso si tinse di confusione.
«Ma veramente perdere mana l’ha ridotta in quello stato? Sembrava come se fosse a digiuno da mesi e pesava quanto un bambino piccolo!»
«Beh, conoscendo gli effetti della carenza di mana, mi sembra logico, no?»
Per qualche ragione, le mie parole sembrarono irritarla.
«Scusa tanto, ma non sono molto esperta dell’argomento,» sbottò, poi con un filo di voce continuò, «il mio mana è così insignificante che non mi sono mai posta il problema di cosa succederebbe se lo finissi…»
“Eh?”
Non l’avevo mai vista reagire in quella maniera.
Che… Sophia… avesse un complesso sul suo potenziale magico?!
Ma con il potere che aveva, che importava? Non aveva alcun bisogno di lanciare incantesimi per sconfiggere praticamente chiunque!
Normalmente l’avrei punzecchiata, ma non era quello il momento. E qualcosa mi diceva che, in questo caso, Sophia non l’avrebbe presa sul ridere.
Per un attimo pensai al modo migliore di spiegarle cosa intendevo.
«Mhh… Ok. Immagina di correre e correre, senza sosta. Cosa succederebbe se, anche dopo aver esaurito ogni energia, non ti fermassi?»
«Beh, immagino collasserei per terra o forse finirei per svenire…»
«Esatto, a prescindere dalla tua volontà, arriverebbe il momento in cui il tuo corpo si rifiuterebbe di andare avanti,» le dissi annuendo, «con il mana è praticamente lo stesso. Quando ne utilizzi troppo, inizia ad essere difficile lanciare incantesimi. Ci si sente esausti proprio come dopo aver corso troppo. E se i livelli di mana sono troppo bassi, il tuo corpo non ce la fa più e praticamente si spegne.»
«Per questo, in condizioni normali, è praticamente impossibile esaurire il proprio mana,» continuai, «se cercassi di lanciare un incantesimo che lo porterebbe a livelli critici, finirei per svenire. Vedilo come un meccanismo di sicurezza che il tuo organismo mette in atto per non farti far male da sola.»
«Ed Amy…»
«Il suo mana è ben oltre sotto il livello di guardia e questo ha avuto effetti diretti sul suo corpo. È come se avesse iniziato ad erodere tutte le sue energie, fino a ridurla in quello stato.»
«È terribile… ma… perché?» chiese Sophia, ancora non convinta, «ho sempre visto il mana come qualcosa che serve solo a lanciare incantesimi… Perché perderlo dovrebbe causare tutti questi problemi?»
«Mmmh… qua entriamo in una branca della magia che è ancora molto fumosa,» le risposi, «quella che cerca di dare risposta a cosa sia il mana…»
«Vedi, se adesso tu mi aprissi a metà con la tua spada, riusciresti a trovare il mio mana?» chiesi.
«La prospettiva è allettante, ma no, non saprei neanche dove cercarlo, in effetti…» rispose Sophia accennando un sorriso.
«Idiota… Beh, comunque non hai torto. Nonostante tutti gli studi fatti, nessuno è finora riuscito a scoprire dove risieda il mana. È senza dubbio dentro di noi, se ci concentriamo possiamo avvertirlo e i maghi possono manipolarlo… ma non sappiamo di preciso dove e cosa sia.
In alcuni casi è possibile osservarlo fuori dal corpo, ma oltre a misurarne l’intensità, non sembra ci si possa fare niente. È inodore, insapore e intangibile. Solo molto luminoso…»
«Vuoi dire che… qualcuno ha provato a mangiarlo?!» chiese Sophia sbalordita.
«Penso fossero disperati di scoprire qualcosa,» ridacchiai.
«Quindi, alla fine, ancora nessuno ha una risposta su cosa sia?»
«No, ma c’è un’interpretazione che penso mi convinca.»
«Sarebbe?»
«Se il mana è così legato al nostro corpo e perderlo ne causa il deperimento… alla fine forse non è altro che la nostra forza vitale.»
«Forza vitale…»
«Ciò che ci mantiene in vita. È intangibile, ma sempre dentro di noi. Praticamente… è come se fosse la nostra anima.»
«Se fosse come dici… se tutto il nostro mana venisse prosciugato…»
«Perderemmo ciò che ci tiene in vita o meglio… smetteremmo di esistere!»
Esclamammo l’ultima parte all’unisono.
Il modo in cui eravamo arrivate a quella conclusione era decisamente ben poco razionale, ma… era l’ultimo pezzo del puzzle! Finalmente ciò che era successo nelle passate settimane aveva un senso.
«Quindi, mi vuoi dire che in giro per la scuola c’era una specie di zanzara che ha risucchiato per intero due dei nostri compagni?!» esclamai. Dire quelle parole a voce alta, rendeva tutto ancora più assurdo. Ma per quanto strampalata, la spiegazione aveva senso.
Non avevamo trovato alcun cadavere, non perché fosse stato nascosto o distrutto, ma perché non ce n’era mai stato uno.
Le condizioni di Amy erano una prova schiacciante. Dopo essere stato esposto all’attacco di quella creatura, il suo corpo aveva perso massa, tanto da arrivare a pesare poche decine di chili.
Quale fosse la vera natura del mana, non era azzardato pensare che, se l’insetto avesse finito il suo pasto, il corpo di Amy sarebbe completamente appassito, fino a cessare di esistere.
Quello era l’orribile fato che aveva colpito Mary Stillwater e Frank Boyle.
C’era però ancora qualcosa che non tornava.
«Ma… perché Amy non si è difesa?» domandai, «seppur fosse bello grosso, si tratta comunque di un insetto, anche senza bacchetta avrebbe potuto scrollarselo di dosso…»
«Dovremmo chiederglielo quando si sveglierà, ma ho un’ idea,» rispose Sophia, pensierosa, «sai, quando ti punge una zanzara, non te ne accorgi di solito, giusto?»
Dopo avermi visto annuire, Sophia continuò: «È perché la loro saliva ha il potere di diminuire il dolore causato dal loro morso… Mi chiedo se quella creatura possa fare qualcosa di simile ma, invece di diminuire il dolore, abbia proprietà paralizzanti, così che possa mangiare indisturbata.»
«Non ne saprai di mana, ma a quanto a fatti interessanti sulle zanzare…» la punzecchiai.
«Leggevo molto da piccola,» rispose Sophia sprezzante, «c’è una cosa che mi fa pensare di aver ragione…» continuò tornando seria.
«Sarebbe?»
«Il sangue nella stanza di Frank Boyle.»
Me ne ero quasi scordata. Seppur pungesse le sue vittime, l’insetto non sembrava provocare ferite, per questo non si spiegava la presenza di sangue.
«Ovviamente non posso esserne sicura, ma penso che le cose siano andate così,» iniziò a spiegare Sophia, «per qualche ragione, che ancora non mi è chiara, Frank era nella sua stanza durante la lezione, con la porta aperta. La creatura ne ha approfittato per entrare ed attaccarlo. Frank probabilmente era in piedi in quel momento. La puntura l’ha paralizzato, facendolo cadere in avanti e mandandolo a sbattere contro la scrivania. Il colpo l’avrà fatto sanguinare.»
La teoria di Sophia aveva senso e spiegava anche perché la stanza fosse in quello stato. Cadendo in avanti aveva probabilmente urtato anche la sedia. Poveraccio…
«Quindi l’insetto l’ha prosciugato di tutto il suo mana, lasciando per terra solo i vestiti…» concluse Sophia.
“Giusto, avevamo trovato un’uniforme per ter-”
Fu allora che ricordai un fatto che, per via di quegli strani omicidi, mi era completamente sfuggito di mente. Se solo ci avessi pensato prima…
«Sophia…»
«Che c’è?»
Le raccontai di come, diverse settimane prima, ero scivolata sopra un’uniforme abbandonata nel bel mezzo di un corridoio.
In un’altra situazione ero certa che Sophia mi avrebbe preso in giro. Ma questa volta non lo fece. Eravamo entrambe consce che quelli su cui ero inciampata non erano altro che gli ultimi resti di Mary Stillwater.
Continuammo a discutere per diversi minuti, cercando di riordinare i fatti, ora che conoscevamo cosa aveva causato quelle morti.
Infine, nonostante tutto, non potei fare a meno di provare un minimo di sollievo.
«Almeno a questo giro non si trattava di un nostro compagno, ma di un animale,» dichiarai sospirando, «dovremmo andare di nuovo da Skylark, è l’unico che può scoprire se ci sono altri di quegli affari in giro…»
Il volto di Sophia si incupì all’improvviso.
«Ah… tutta questa storia me l’aveva quasi fatto dimenticare…»
Sembrò armeggiare con qualcosa alla sua destra. Dopo un attimo mi passò quello che sembrava essere un fagotto.
Riconobbi, dal colore, le lenzuola che coprivano i nostri letti.
«Che…?» iniziai a domandarle.
«Aprilo…» mi fermò Sophia.
Districai il fagotto.
«Ma qui non c’è niente…»
«Esattamente.»
Il tono di Sophia era amaro.
«Quando sei entrata in infermeria, sono tornata nella stanza di Amy. Non sapevo quanto sarebbe durato il tuo incantesimo, quindi ho pensato che fosse una buona idea intrappolare l’insetto prima che si liberasse. L’ho avvolto nelle coperte per portarlo qua, ma…» Sophia deglutii, «quando ero a metà strada ho sentito qualcosa agitarsi all’improvviso. Pensavo fosse ritornato a muoversi, ma ha smesso quasi subito. Quando ho aperto il fagotto… era scomparso.»   
«Com’è possibile?»
Che quella strana creatura avesse il potere di teletrasportarsi?!
Non potevo escluderlo, ma c’era una spiegazione più semplice.
«Hai mai sentito parlare di una specie di zanzara gigante capace di assorbire mana?» mi chiese Sophia.
“No, certo che no.”
Non sembrava qualcosa che potesse esistere in natura.
Ma allora…?
«…Un famiglio!»
Sophia annuì.
«Quella creatura è scomparsa perché, avendo percepito che era in trappola, chi la controllava se n’è disfatto.»
Un famiglio non era altro che una creatura evocata tramite un incantesimo. Non si trattava di un animale in carne ed ossa, ma il suo corpo prendeva forma dal potere magico del suo proprietario. L’evocatore poteva poi controllarla tramite un flusso di mana continuo.
Ma…
«Un famiglio del genere… può esistere?»
Solitamente i famigli comunemente evocati erano piccole creaturine, utili per lo più per mandare messaggi o spiare qualcuno. Gli incantesimi di evocazione erano parecchio avanzati dopotutto. Creare qualcosa come quella creatura aspira-mana sarebbe stato difficilissimo, a meno che…
«Un potere innato…»
«È quello che ho pensato anch’io» annuì Sophia, «chiunque abbia creato quell’essere è estremamente pericoloso. Dopotutto se i suoi famigli aspirano mana, ci sarà un motivo.»
In effetti… quelle creature sembravano capaci di immagazzinare il potere magico nel loro ventre. Possibile che poi lo trasportassero al loro evocatore? E a che scopo?
Rabbrividii. Non poteva essere nulla di buono.
«Beh, quello che so. è che sono punto a capo,» esclamò stizzita Sophia.
«Cosa intendi?»
«Anche se ora sappiamo in cosa consiste il suo potere, se questo tizio si limita a mandare in giro questi insetti, come diavolo faccio a catturarlo? Come nel caso di Boyle, può starsene tranquillamente seduto a lezione, mentre manda i suoi servi a fare il lavoro sporco.»    
«Mmmh, forse c’è un modo,» le risposi grattandomi il mento.
«Eh? Come?»
Era la prima cosa che mi era venuta in mente quando avevo pensato ai famigli.
«Beh, non ne sono sicura, dato che probabilmente ci troviamo di fronte ad un potere anomalo. Ma, se funziona in maniera simile ad un famiglio, trovare chi lo controlla non dovrebbe essere difficile…»
«Il fatto che abbia fatto scomparire l’insetto quando ha percepito che era in trappola,» continuai, «indica che mantiene comunque un collegamento magico con le sue creature. Quindi basterebbe seguirne il flusso di mana per risalire al colpevole.»   
«Mmmh, seguire il collegamento tra la creatura e il suo evocatore, dici? Come dovrei fare?» chiese Sophia.
«Beh è semplice. È un po’ come seguire il corso di un fiume. Non devi far altro che inviare un flusso di mana a tua volta e fargli seguire il… Oh!»
Alle mie parole vidi l’espressione di Sophia mutare dalla curiosità alla frustrazione. Non ci sarebbe mai riuscita da sola. Il suo mana non gliel’avrebbe permesso. Ma allora… non aveva scelta…
Con uno strano senso di appagamento assistetti al conflitto interiore di Sophia consumarsi di fronte a me. Alla fine, stringendo i pugni, non poté far altro che ammettere sconfitta. Non c’era altro modo: se voleva scoprire chi era il killer, non aveva altra scelta che cooperare con me.
«... Da domani, dopo cena, faremo la guardia insieme…» mi disse infine. Dal suo tono era come se pronunciare quelle parole le avesse procurato dolore fisico.
Per la seconda volta questa notte, resistetti alla tentazione di punzecchiarla.
«D’accordo. Sarà un piacere lavorare con te,» le risposi sorridendo.
«Non farti strane idee, è solo per necessità. E vedi di non rallentarmi…» disse Sophia girando i tacchi.
Ma, prima che scomparisse nell’oscurità del corridoio, fui certa di aver visto l’ombra di un sorriso brillare sul suo viso.



Note dell'autore: Amy è salva... per ora? Questa settimana big exposition dump. Mi spiace non succeda molto in questo capitolo, ma era anche venuto il momento di dare qualche spiegazione sul magic system. Sono cose che risulteranno utili più in là. Alla prossima si accellera di nuovo, le nostre novelle investigatrici hanno un assassino da assicurare alla giustizia dopotutto...

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Capitolo 25
*** Passeggiata notturna ***


23. Passeggiata notturna
 

«Non ne posso più…»
Feci sprofondare il viso nelle coperte del letto dell’infermeria.
Amy ridacchiò, non era la prima volta che mi sentiva pronunciare quelle parole dopotutto.
Alzai lo sguardo e le sorrisi debolmente.
Finalmente sembrava che stesse riacquistando le proprie energie.
Erano passati dieci giorni da quando era stata assalita e ne aveva passato la maggior parte distesa su quel letto, avvolta dalla luce azzurrina di un incantamento che, pian piano, ripristinava il mana che le era stato forzatamente sottratto.
La cura aveva sin da subito dato i suoi frutti ed Amy era migliorata a vista d’occhio. Sembrava che i guaritori al servizio della scuola sapessero il fatto loro. Certo, il loro scopo probabilmente era farci tornare al più presto ad ammazzarci a vicenda, ma in questa situazione non potevo che essere grata della loro preparazione.
Sembrava che Amy sarebbe presto potuta tornare ad andare a lezione. Fortunatamente, prima di essere stata attaccata, si trovava in una posizione in classifica abbastanza sicura, ma durante il suo ricovero il suo vantaggio sulle ultime posizioni si era assottigliato. Avremmo dovuto fare qualcosa a riguardo.
Per inciso, duellare era proibito nell’infermeria. Gli ultimi avvenimenti mi avevano tuttavia fatto capire quanto poco stringenti fossero le regole dell’Accademia. Per questo motivo, trascorrevo quanto più tempo possibile con Amy, per evitare che qualche malintenzionato potesse approfittare del suo stato di debolezza.
O almeno, quello era uno dei motivi. Ultimamente gran parte del tempo che trascorrevo in infermeria lo passavo a sonnecchiare sulla sedia vicino al letto di Amy.
«State esagerando, perché non ne parli con lei?» mi rimproverò quest’ultima, dopo che mi ebbe sentito lamentare la mia stanchezza per l’ennesima volta.
«No, no…» risposi debolmente, scuotendo la testa.
La causa della mia recente mancanza di energie, erano le notti insonni che passavo insieme a Sophia, pattugliando i bui corridoi della scuola. Dopo cena, quando tutti gli studenti si ritiravano nelle loro stanze, noi due sgattaiolavamo fuori, complici le tenebre, per assicurarci di cogliere sul fatto un nuovo possibile attacco. La nostra guardia solitamente durava fino alle prime luci del mattino. Ciò mi lasciava solo un paio d’ore di sonno prima dell’inizio delle lezioni. Certo, con i punti che avevo, avrei potuto tranquillamente evitare di andarci e utilizzare quel tempo per riposare. Ma dopo che, anche se costretta, Sophia aveva finalmente deciso di cooperare con me, non avevo intenzione di mostrarle alcun segno di debolezza.
Ma come? Ti concedo di accompagnarmi e sei in questo stato per così poco?
Già me la immaginavo, sputare quelle parole mentre mi squadrava con aria di sufficienza.
Per questo avevo deciso di far buon viso a cattivo gioco.
Certo, avrei sopportato tutto molto più volentieri se fosse servito a qualcosa.
Non ero stupita che, finora, i nostri pattugliamenti notturni non avessero ottenuto risultati. Dopo il fallito attacco contro Amy, non era strano che il killer fosse in guardia. Probabilmente sarebbe passato del tempo prima che riacquistasse la confidenza necessaria per colpire di nuovo.
Non ci restava altro che attendere, in agguato, senza fargli sospettare che gli stessimo dando la caccia.
Avevo però sperato che la nostra momentanea alleanza mi avrebbe quantomeno dato occasione di avvicinarmi un po’ a Sophia. Ma anche in questo caso non avevo avuto fortuna.
Sophia mi aveva sin da subito proibito di approcciarla durante il giorno. A detta sua era necessario per tenere la nostra partnership segreta. Se avessimo iniziato ad interagire all’improvviso, subito dopo che la mia migliore amica era stata assalita, il killer avrebbe potuto intuire che stavamo lavorando insieme per acciuffarlo.
Purtroppo non avevo trovato modo di contraddirla.
Anche la notte non avevo avuto fortuna. Dopotutto non potevamo chiaccherare granché quando ci aggiravamo furtivamente nella scuola o avremmo allertato il colpevole.
Nonostante tutto, non avevo comunque intenzione di demordere.
Amy annuì al mio rifiuto.
«Vedi di dormire un po’ allora dai, ti sveglio quando è ora delle lezioni serali.»
Malgrado fossi io quella che era in visita, trascorsi il resto del pomeriggio sonnecchiando, mentre Amy vegliava su di me.

 

***


«Come sta?»
«Eh?!»
Erano ormai un paio d’ore che io e Sophia ci aggiravamo per la scuola, avvolta dalle tenebre.
Sotto suo suggerimento da alcuni giorni avevo iniziato ad evocare un velo magico attorno a noi. Il suo scopo era occultare la nostra presenza. Non ci donava una vera e propria invisibilità (un incantesimo del genere era fuori dalle mie capacità), ma finché ci muovevamo con cautela, avrebbe reso più difficile individuarci, permettendo di confonderci con l’ambiente circostante.
L’incantesimo non faceva però nulla per nascondere i rumori che emettevamo, quindi era raro che Sophia mi rivolgesse la parola in quei momenti.
Fu anche per questo che quando mi sussurrò nell’orecchio, non potei che farmi sfuggire un gridolino di sorpresa.
Com’era successo dieci giorni fa, Sophia fu un lampo nel tapparmi la bocca con una mano.
«Sei matta?!» sibilò, fulminandomi con lo sguardo dopo avermi liberato.
«Scusa, mi hai fatto spaventare…»
«Allora? Amy, come sta? Ho visto che passi molto tempo in infermeria. Va tutto bene?»
«Sì, sta molto meglio. Penso che la prossima settimana potrebbe già uscire.»
«Dovrà mettersi d’impegno per recuperare punti o potrebbe rischiare di essere eliminata nelle prossime settimane. Stavo pensando…» fece una piccola pausa, «se io e te la sfidassimo ogni giorno e lei facesse lo stesso con noi, potrebbe salvarsi facilmente, no? Certo perdere apposta non mi fa-... Perché mi stai guardando così?»
Ero sbalordita, cosa ci potevo fare?
Avevo già intenzione di fare qualcosa del genere, ma non immaginavo che Sophia avrebbe proposto di aiutarci. Che…?
«Ti senti ancora in colpa?» le chiesi, «ti ho già detto che-»
«Non mi importa quello che pensi tu,» sbottò Sophia voltando la faccia, «voglio fare ciò che ritengo giusto. Vedilo anche come un modo per ripagare l’aiuto che mi stai dando. Dopodiché saremo nuovamente pari.»
Non mi facevo illusioni sulle intenzioni di Sophia. Era chiaro che dopo la conclusione di questa faccenda, intendesse nuovamente tagliare i ponti.
«Come vuoi,» risposi, «ma non credi che cooperare sia una buona idea anche in futuro? Come vedi ci sono cose che anche tu non puoi fare da sola.»
«Mmpf…»
“Non puoi obiettare, eh?”
«Certo, come hai detto un giorno forse saremo nemiche. Ma nulla ci vieta di aiutarci in situazioni come questa, no?»
Sophia rimase in silenzio per un po’. Ma poi:
«Pensi veramente abbia senso aiutarci? In fondo non sarebbe comodo per te se qualcuno mi facesse fuori? Avresti meno competizione…» sussurrò, senza guardarmi.
«Come puoi dire una cosa del genere?»
«È tanto strano pensarla così? Se vuoi sopravvivere a questa stupida competizione, io dovrò morire un giorno. Vuoi veramente essere tu ad uccidermi con le tue stesse mani?»
“Eh?”
Ancora una volta non seppi come rispondere. Nonostante tutto però, non potei fare a meno che notare che i toni di Sophia erano cambiati dall’ultima volta che avevamo toccato l’argomento.
Allora mi ero trovata di fronte ad un muro. Sophia voleva tenermi lontana per non avere problemi quando un giorno inevitabilmente avrebbe dovuto farmi fuori.
Ora però le sue parole avevano una nota di tristezza. Come se sperasse che quel giorno non sarebbe mai arrivato…
«Sophia, non dob-»
Non riuscii a finire la frase.
Sophia per l’ennesima volta mi tappò la bocca.
Quando feci per lamentarmi, mise un indice davanti alla bocca, facendomi segno di fare silenzio.
Dopo un attimo capii il perché mi avesse zittito.
Nel profondo silenzio in cui era immersa la scuola, udii chiaramente il rumore di una porta che si chiudeva.
Qualcuno era uscito dalla sua stanza.
Al momento, eravamo appostate in uno dei corridoi del piano terra dell’ala ovest. Il suono era vicino. Era senza dubbio uno studente.
In tutti questi giorni d’attesa, non era mai accaduto che qualcuno facesse una passeggiatina notturna. Dopotutto chi sarebbe stato tanto stupido da farlo, quando una delle ultime due vittime era stata uccisa proprio durante la notte?
Se qualcuno era fuori dal letto, non poteva che essere sospetto.
Annuì a Sophia e insieme sgusciammo lungo la parete fino a che non potemmo sbirciare dietro l’angolo più vicino.
Non c’era dubbio, i passi che sentivamo si stavano dirigendo in questa direzione. Dal rumore che stava facendo, chiunque fosse, non sembrava intenzionato ad essere furtivo.
Il fatto che fossimo sulla sua strada non era però a nostro favore. Se fossimo rimaste quì, non ero confidente che il mio incantesimo ci avrebbe tenute nascoste.
Afferrai Sophia per il polso e la tirai verso di me.
«Cosa st-»
Questa volta fui io a tapparle la bocca. Con l’altra mano estrassi la bacchetta e la puntai verso uno degli armadi che decorava il corridoio in cui ci trovavamo.
«Duplicate,» sussurrai, spostando la punta della bacchetta verso il terreno ai nostri piedi. Dal nulla, pareti di legno si formarono intorno a noi, occultandoci alla vista.
Era un azzardo, ma complice il buio, era improbabile che passando di  lì, quella persona avrebbe fatto caso ad un armadio in più.
Sophia sembrò sussultare dalla sorpresa. Mollai velocemente la presa, ma nonostante ciò, rimanemmo comunque vicinissime, chiuse in quello spazio angusto. Potevo sentire il suo respiro solleticarmi il collo.
Ero felice che le tenebre nascondessero l’occhiataccia che ero certa mi stesse riservando.
Non potemmo far altro che attendere, schiacciate l’una contro l’altra, finché non sentimmo i passi farsi sempre più vicini. Trattenemmo entrambe il respiro quando quella persona misteriosa passò di fronte all’armadio, ignara della nostra presenza.
I passi poi si fecero più lontani. Lo studente si stava dirigendo verso l’ingresso.
Quando fummo certe che si fosse allontanato abbastanza, saltammo fuori dall’armadio.
«Confermo… sei matta. Ma… buona idea,» commentò Sophia ansimando appena.
«Grazie… ma su sbrighiamoci.»
Rievocai l’incantesimo occultante. Ora che potevamo seguire quella persona a debita distanza, sarebbe probabilmente stato abbastanza per tenerci nascoste.
Velocemente, ma facendo attenzione a non fare rumore, ci affrettammo a raggiungere il nostro bersaglio.
Fu quando arrivammo al salone d’ingresso che, complici le torce che lo illuminavano a giorno, finalmente potemmo vedere di chi si trattasse. Era un ragazzo di media statura e con una chioma di capelli castano chiaro, ordinatamente pettinati all’indietro. Da non riuscendo a vedergli il volto non avevo chiaro chi fosse, ma mi sembrava familiare…
«Von Bitten,» mi sussurrò Sophia.
«Oh…»
Ma certo, era il ragazzo che mi aveva sfidato a duello il primo giorno di scuola. Con l’intento di rendermi la sua fidanzata. Era passato così tanto tempo che avevo quasi dimenticato quella peculiare interazione. Chissà se l’incantesimo gli impediva ancora di rivolgermi la parola…
Ma non era importante adesso. Che diavolo ci faceva in piedi a quest’ora?
Di sicuro non era il killer, altrimenti non avrebbe attraversato la scuola con tanta nonchalance, senza curarsi di essere scoperto.
Continuammo a pedinarlo verso l’ala est dell’edificio. Il ragazzo non sembrava preoccuparsi di essere seguito, ma cercammo comunque di fare meno rumore possibile. Era essenziale che, se il killer era in agguato, non ci vedesse arrivare. Infine, giungemmo al corridoio delle classi.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta del cortile interno e ci entrò, chiudendola alle sue spalle.
Allenamento notturno forse?
Era improbabile. Ma questa situazione era un problema: ora che c’era una porta a separarci, non avevamo modo di continuare ad osservarlo. Aprirla ci avrebbe senza dubbio fatte scoprire.
Avevo recentemente studiato un incantesimo capace di farmi passare attraverso le pareti, ma sarebbe stato fin troppo rischioso utilizzarlo in questa situazione. E se fossi rimasta incastrata in mezzo al muro?
Anche Sophia sembrava incerta sul da farsi.
«Maledizione,» sibilò mordendosi il labbro.
Dopo un attimo però sembrò decidersi.
«Dobbiamo entrare, veloce!» esclamò senza più curarsi di mantenere basso il tono della voce. E in un lampo scattò in direzione del cortile esterno.
«S-sei s-icura?» ansimai, arrancando dietro di lei.
«Se il killer lo sta aspettando lì dentro, non possiamo star qua senza far niente!»
Quando arrivò davanti alla porta, Sophia la spalancò con forza.
Ci trovammo di fronte ad una scena orribile.
Il corpo di Von Bitten, illuminato dalla luce innaturale del cortile, era lungo disteso per terra. Non c’era più traccia di quel giovane di bella presenza che ricordavo aver conosciuto. Quello che avevamo di fronte rassomigliava più che altro ad uno scheletro. Non uno, ma ben due di quegli orribili insetti banchettavano su quello che restava di quel povero ragazzo.
Sophia, come un fulmine, estrasse la sua spada e si avventò su una di quelle due bestie, dividendola a metà con un solo fendente. Nel momento in cui il suo ventre brillante fu lacerato, l’insetto emise un bagliore violento prima di spegnersi all’improvviso. Nel mentre estrassi la mia bacchetta e con precisione congelai l’altra creatura.
Sophia si avvicinò in fretta al corpo di Von Bitten.
«Appena in tempo… È ancora vivo. Dobbiamo portarlo subito in infermeria. Nel frattempo vedi se riesci a seguire il flusso di mana di quell’affar-... Elizabeth?!»
Era troppo tardi, ero già uscita di corsa dal cortile.
Sentii Sophia inveirmi contro.
“Spero potrai perdonarmi…”
Ci avevo già pensato parecchie volte, durante le nottate insonni che avevamo trascorso insieme, ma la scena a cui avevo appena assistito mi aveva finalmente portato a prendere quella decisione.
Non potevo permettere che Sophia affrontasse il killer.
Era stupido da parte mia preoccuparmi per lei. Dopotutto, il potere che aveva era completamente fuori scala. Era improbabile che avrebbe rischiato qualcosa.
Tuttavia. il suo duello con Valentine mi aveva mostrato come anche lei non era immune dal commettere errori di valutazione.
Certo, nel 99% dei casi avrebbe vinto, ma… se avesse sbagliato qualcosa? Magari il killer aveva qualche trucco in serbo per noi o ci avrebbe teso un imboscata. E allora… sarebbe successo tutto così velocemente. Il poco mana che aveva sarebbe stato assorbito nel giro di pochi istanti e la sua vita sarebbe svanita in un battito di ciglia.
Quel potere era praticamente l’arma perfetta contro Sophia.
Ma io non gli avrei dato la possibilità di utilizzarlo contro di lei. Questa volta sarei stata io a proteggerla, che volesse o no.
Corsi per i corridoi della scuola, seguendo il flusso di mana che avevo avvertito legare l’insetto con il suo creatore. Proveniva dall’ala ovest. Che il killer fosse tranquillo nella sua stanza?
“In quel caso dovrò per forza tornare da Sophia per farle sfondarle la porta,” pensai mordendomi il labbro.
Ma non fu così.
Il flusso mi condusse in un corridoio pieno di stanze, ma non sembrava provenire da nessuna di esse. Dovetti fermare la mia corsa.
Un vicolo cieco. Davanti a me c’era un muro.
Non c’erano dubbi, chiunque stesse controllando quelle creature era lì dietro. Tastai la parete con le mani. Non era un’illusione, era perfettamente solida. Che ci fosse un passaggio segreto da qualche parte?
Non avevo tempo per pensarci, potevo già sentire il mana affievolirsi, presto le tracce del killer sarebbero scomparse. Dovevo agire subito.
Feci un respiro profondo, preparandomi al peggio.
Estrassi la bacchetta e la puntai contro me stessa. Sapevo che, a differenza del potere di Sophia, nessuno dei miei incantesimi avrebbe scalfito quel muro. Non c’era altro modo, dovevo rischiare.
«Phase shift,» sussurrai.
Rabbrividii. Era come se il mio corpo fosse stato calato in un catino d’acqua ghiacciata. Mi guardai le mani: avevano un colorito perlaceo, quasi trasparente.
L’incantesimo aveva funzionato. Non avevo tempo da perdere. Con decisione mi incamminai verso il muro e senza guardarmi indietro ci passai attraverso.



Note dell'autore: alla fine non sono riuscito ad arrivare al reveal del killer come speravo, ma ci siamo quasi! Forse anche domani.

 

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Capitolo 26
*** Il killer ***


24. Il killer 



Non potei fare a meno che chiudere gli occhi mentre attraversavo la solida parete di pietra. Avevo bisogno della massima concentrazione per mantenere attivo quell’incantesimo. Dovevo assicurare che un flusso di mana costante attraversasse ogni centimetro del mio corpo in modo da renderlo intangibile. Se avessi commesso un piccolo errore e qualche parte di me avesse ripreso consistenza… non volevo neanche pensarci.
Fortunatamente, dopo qualche attimo avvertii di essere già sbucata in una nuova stanza. Il muro non doveva essere molto spesso. Balzai in avanti, cercando di portare tutto il mio corpo attraverso la parete. Quando pensai di aver finalmente avuto successo, qualcosa mi tirò all’indietro, facendomi cadere in avanti.
“Merda!”
Avevo sperato di prendere il killer di sorpresa, ma ora ero certa di averlo allertato.
Aprii gli occhi.
Per un attimo pensai di essere all’aperto.
Il luogo in cui mi trovavo era estremamente luminoso. Ma, ovviamente, non era possibile. Anche se fossi effettivamente uscita nel cortile, era notte dopotutto.
No, quella luce non era quella del sole, ma proveniva da quelle che sembravano essere due sfere di vetro, poggiate su un tavolino. Al loro interno vorticava una massa informe.
“Mana.”
E chi aveva sottratto quel mana alle sue vittime era lì a pochi passi da me. Ma la luce accecante mi impediva di distinguerne per bene i connotati.
La figura alzò un braccio nella mia direzione. Tre ombre, si levarono in volo, sfrecciando nella mia direzione. Anche se mezza accecata, capii subito di cosa si trattasse.
Feci leva con un braccio per sollevarmi da terra e puntai l’altro, armato di bacchetta, verso i miei assalitori.
Al mio comando un fiume di fiamme ruggì di fronte a me, andando a formare una barriera che incenerì istantaneamente i tre insetti.
Senza tempo cercai di rialzarmi, ma qualcosa continuava a trattenermi. Guardai alle mie spalle.
In un’altra situazione sarei scoppiata a ridere.
Buona parte della mia gonna era ancora incastrata all’interno del muro. Quando ero saltata in avanti dovevo aver interrotto l’incantesimo prima che attraversasse la parete completamente.
La tirai con forza finché non si strappò.
“Patetico…”
Se avessi preso ad abitudine il cercare di fare l’eroina, avrei dovuto lavorare sulle mie entrate in scena.
Al momento però avevo problemi più grossi da affrontare.
Finalmente i miei occhi si erano abituati alla luminosità di quella stanza e oltre la coltre di fumo causata dal mio incantesimo, riuscii ad intravedere le fattezze del mio avversario.
La figura era più bassa di me, sembrava avere i capelli molto lunghi. Dalle sue forme e dall’uniforme, intuii che si trattasse una ragazza. Pian piano il fumo si diradò e capii chi avevo di fronte.
La mia bocca si spalancò in un’espressione a metà tra lo stupore e l’orrore. Tutto questo non aveva senso.
Dopotutto nella mia mente erano impressi distintamente il suo volto solcato dalle lacrime e le sue urla disperate, mentre lamentava la perdita della sua amica.
Amica che, ora sapevo, era stata lei stessa ad uccidere.
Che avessi sbagliato persona? No. Anche se non la conoscevo personalmente, i suoi vistosi riccioli castani erano inconfondibili. Ricordavo chiaramente Amy che li accarezzava, mentre cercava di consolarla, inconsapevole di avere tra le sue braccia un’assassina.
«Tu… ma… perché?»
La ragazza si limitò a guardarmi con freddezza. Mi sembrava di aver sentito Amy chiamarla Chloe.
“Non sembra intenzionata a parlare…”
Non avevo altra scelta. Il fatto che l’avessi vista evocare quegli insetti, non lascia spazio per malintesi.
Puntai la bacchetta contro di lei e urlai:
«Fireball
Come al solito caricai l’incantesimo con una grande quantità di mana. Avevo mirato leggermente in basso, proprio come durante i duelli, non volevo che venisse colpita in pieno, ma che fosse la forza dell’esplosione a mandarla ko.
Prevedibilmente Chloe fu sbalzata all’indietro, andando a sbattere con la parete.
Ma non sarebbe stato così facile. Quattro insetti si lanciarono contro di me. Doveva averli evocati poco prima del mio attacco. Le creature si divisero, andando ad attaccarmi da entrambi i lati.
«Non hai ancora capito che non serve a niente?» urlai, senza sapere se il mio interlocutore fosse ancora cosciente.
Senza sforzo evocai un altro scudo di fiamme. Gli insetti caddero a terra inceneriti.
Come prima dovetti attendere che la piccola coltre di fumo nero si diradasse, prima che potessi sincerarmi delle condizioni della mia avversaria.
“Eh?”
Chloe si stava rialzando. Sembrava essere completamente illesa.
“Com’è possibile?”
Era stata lanciata contro il muro ad alta velocità, era impossibile che non si fosse fatta niente.
Che avesse usato quegli insetti come distrazione per curarsi?
Non mi restava che riprovare.
Levai nuovamente la bacchetta:
«Fireball
Questa volta la ragazza era pronta:
«Mana shield
La mia palla di fuoco si spense a mezz’aria prima di raggiungere l’obiettivo.
Mana shield?”
Era raro vedere un incantesimo difensivo del genere.
Solitamente per difendersi da un incantesimo elementale se ne utilizzava uno dell’elemento opposto. Per esempio si poteva evocare uno scudo d’acqua per spegnere una palla di fuoco.
La ragione era semplice: era molto efficiente. Si utilizzava meno mana di quanto ne spendesse l’aggressore.
Al contrario, utilizzare il proprio mana per negare direttamente un incantesimo, era una misura di forza bruta.
Non solo bisognava spendere mana equivalente alla forza dell’incantesimo che si voleva contrastare, ma ne era necessario altro per mantenere la barriera.
Inoltre era rischioso. Se avessi lanciato un incantesimo con più mana di quello che la ragazza possedeva, la sua difesa sarebbe stata infranta. Uno scudo elementale avrebbe quantomeno ridotto i danni.
Perché utilizzare quell’incantesimo?
Che quella ragazza avesse così tanto mana da non curarsi di come lo usava?
Beh, in questo caso non poteva avere davanti avversario peggiore. Sapevo per certo che non poteva avere più mana di me.
Ripresi il mio assalto, scagliando incantesimo su incantesimo. Uno dopo l’altro venivano neutralizzati.
Ma sapevo che in una battaglia di attrito, non potevo perdere.
Continuai ad attaccare senza sosta. Potevo vedere la mia avversaria iniziare ad ansimare, sempre più affaticata.
Dopo qualche minuto decisi di fermarmi.
“Se continuiamo così, potrebbe finire male,”
Certo, sarebbe stato ironico se il killer fosse ucciso dalla mancanza di mana, ma non avevo intenzione di scendere al suo livello. L’avrei catturata viva e trascinata davanti a Skylark.
«Vuoi veramente andare avanti? Ormai avrai capito che non puoi vincere.»
Chloe si limitò a guardarmi con disprezzo, appoggiandosi al muro, priva di energie.
Decisi di darle qualche attimo per riprendere fiato.
Sapevo che poteva era rischioso, ma volevo avere delle risposte. Era improbabile che ne avrei avute dopo averla consegnata al preside.
Approfittai di questa piccola pausa per guardarmi attorno.
La stanza in cui ci trovavamo era spoglia. Oltre al tavolino su cui erano poggiati i due ricettacoli di mana e altre sfere di vetro vuote, sulla parete destra era presente una libreria, colma di libri dall’aspetto antico.
Non vi erano né porte né finestre.
Ovviamente non era possibile che il solo metodo per accedere a quella stanza fosse quello che avevo usato.
Doveva esserci un ingresso segreto.
Che Chloe l’avesse scoperto per caso?
Ma un interrogativo più sinistro mi tormentava.
Per quale motivo esisteva quella stanza?
Una volta uscita di qui avrei dovuto indagare. Magari non era l’unico segreto celato tra le pareti dell’Accademia.
Con la coda dell’occhio vidi la mia avversaria compiere un movimento brusco.
“Se pensi di prendermi di sorpresa caschi male.”
Durante la piccola tregua che le avevo concesso, non avevo mai abbassato la guardia.
Rivolsi nuovamente la mia attenzione su di lei.
Nonostante apparisse ancora esausta, sembrava perlomeno aver riacquistato un po’ delle sue energie. Aveva un braccio teso davanti a sé.
“Che cosa…?”
Qualcosa si agitava sotto la sua pelle, come se fosse intrappolato e cercasse di scappare. La massa crebbe rapidamente e i suoi movimenti si fecero sempre più erratici finché qualcosa non si fece largo in superficie.
“Ew…”
Con un misto di stupore e disgusto osservai l’insetto emergere dal braccio di Chloe e levarsi in aria.
Finalmente avevo avuto modo di vedere il suo potere in azione. Certo, forse avrei preferito rimanerne ignara.
Il modo in cui creava quegli strani famigli era anomalo come io e Sophia avevamo immaginato. Piuttosto che evocarli con un semplice incantesimo, sembrava che desse vita a quegli esseri all’interno del suo corpo.
Tuttavia il braccio di Chloe era intonso, non c’era alcuna ferita nel punto da cui l’insetto era uscito.
Ricordai che anche quando Amy era stata aggredita, non avevo trovato alcun segno nel suo corpo.
Qualcosa non tornava, ma al momento avevo altro di cui preoccuparmi.
Mirai con la bacchetta per abbattere la creatura prima che avesse l’opportunità di attaccarmi. Ma nel momento in cui il mio dardo di fuoco era prossimo ad incenerirla, anche Chloe lanciò un incantesimo.
«Mana shield
Ma questa volta la sua bacchetta non era diretta davanti a lei ma verso l’insetto. Prima che giungesse a destinazione, il mio attacco si scontrò contro la barriera di mana scomparendo nel nulla.
Il famiglio di Chloe sfrecciò verso di me, ancora avvolto dall’incantesimo scudo.
Merda!”
Non potevo permettere che quell’essere mi pungesse. Se Sophia aveva ragione, la puntura mi avrebbe paralizzata.
Dovevo fermarlo.
Mi preparai a lanciare un incantesimo molto più potente di quelli che avevo utilizzato finora. Avrei demolito completamente quella barriera.
Ma… esitai.
Quello scudo era mantenuto dal mana della mia avversaria. Se avesse cercato di assorbire tutta la mia potenza di fuoco, sarebbe finita proprio come le sue vittime.
Nonostante se lo sarebbe meritato, non intendevo ucciderla.
Spostai la mia mira di lato, verso la libreria.
Lanciando libri a destra e a manca questa sfreccio verso la parete opposta ad altissima velocità, travolgendo l’insetto e schiacciandolo contro il muro.
“Mmph.”
Non potei che sorridere compiaciuta per aver pensato a quell’idea così velocemente.
La barriera di Chloe era ottima per neutralizzare gli incantesimi ma era completamente inutile contro gli attacchi fisici.
Riportai la mia attenzione sulla mia avversaria, dalla sua espressione sembrava molto frustrata.
Prima che riprovasse ad attaccarmi, decisi di riprovare a dialogare:
«Ti consiglio di smetterla. Dovresti essere la prima a sapere cosa succede se esaurisci il tuo potere magico. Se ti arrendi, sarà tutto più facile per entrambe…»
«Arrendermi?»
Per la prima volta Chloe mi rispose. Il suo tono era freddo.
«Secondo te, dopo tutto quello che ho fatto per sopravvivere, pensa io abbia intenzione di arrendermi? So benissimo che se anche tu non mi uccidi, il preside vorrà la mia testa.»
«Avresti dovuto pensarci prima di uccidere due persone…»
Chloe mi guardò storto:
«Hai il coraggio di biasimarmi? È questa dannata scuola che ci ha messo in questa situazione. Non avevo altra scelta che fare quello che ho fatto…»
“Mmmh.”
Per la natura dei delitti, mi ero aspettata di trovarmi davanti un altro omicida pazzoide come Valentine. Che le cose fossero differenti questa volta?
Malgrado tutto però, nonostante la scuola ci avesse messo gli uni contro gli altri, non era ancora riuscita a cancellare la mia moralità. E comunque c’era qualcos’altro di cui non potevo perdonarla.
«Ammettiamo che in questa situazione uccidere possa essere giustificato. Tu hai adescato una povera ragazza, hai fatto finta di essere sua amica, per poi pugnalarla alle spalle!»
«IO NON FATTO FINTA DI UN BEL NIENTE!»
Per qualche ragione la mia accusa l’aveva fatta imbestialire.
Ci mise qualche attimo a ricomporsi, poi fissando il terreno ai suoi piedi riprese:
«Io non ho fatto finta… Mary era davvero mia amica… Ci conoscevamo sin da piccole, io… le volevo bene.»
«Ma allora… come hai potuto?» le chiesi piano.
«Se non io chi?! Volevi forse essere tu ad ucciderla?» Chloe alzò lo sguardo, i suoi occhi spiritati fissarono i miei, «o forse preferivi che qualcuno ne deturpasse il suo corpo come è successo con Stuart?! EH?!»
Iniziavo a comprendere cosa fosse passato nella testa di quella ragazza e non mi piaceva per nulla.
«Invece, con il mio potere. È come addormentarsi…. Quella notte mi stava aspettando nel corridoio fuori dalla sua camera come l’avevo detto. L’ho colpita alle spalle… non si è neanche resa conto di cosa stesse succedendo.»
Ecco spiegato perché Mary Stillwater fosse fuori dal letto in piena notte. Era lì perché gliel’aveva chiesto qualcuno di cui si fidava ciecamente. Qualcuno che avrebbe preso quella fiducia e l’avrebbe calpestata.
«È meglio così. Non ha sofferto. Avrei dovuto ucciderla comunque alla fine… Così mi ha aiutata, sì aiutata ad iniziare…» le parole di Chloe si spensero in un farfuglio incomprensibile.
Il suo discorso mi fece ritornare alla mente le parole che avevo scambiato con Sophia quella stessa notte.
Entrambe si erano fatte la stessa domanda dopotutto, ma erano arrivate a risposte diverse.
Sophia, piuttosto che uccidere una persona a cui teneva, avrebbe preferito fosse qualcun’altro a sporcarsi le mani.
Chloe aveva deciso di essere lei ad uccidere la propria amica.
Quanto a me…
«Ti sbagli!»
«Eh?», Chloe mi guardò stralunata.
«Se fossi stata veramente sua amica avresti fatto di tutto per proteggerla! Avresti cercato di sopravvivere insieme a lei il più a lungo possibile! E alla fine magari ti saresti persino sacrificata per lei!»
Quella era la risposta che avevo trovato dentro di me.
L’espressione di Chloe passò velocemente dallo stupore, alla rabbia, all’odio.
«Tu sei l’ultima a dovermi fare la morale! Hai usato la tua amica o sbaglio? L’hai mandata in giro a ficcare il naso e guarda come è finita!»
“Oh?”
«Quindi è per questo che l’hai attaccata?»
Avevo chiesto ad Amy di indagare su Mary Stillwater. Probabilmente aveva fatto domande che avevano messo in allerta Chloe.
«Esatto, tutto per causa tua!» rispose malignamente quest’ultima.
Stava cercando di farmi sentire in colpa. Ma non ci sarebbe riuscita.
«Se ho chiesto ad Amy di aiutarmi, è perché mi fido di lei. Proprio perché siamo amiche ci sosteniamo l’un l’altra, è qualcosa che tu non saresti mai in grado di capire,» replicai, «E grazie a lei, ora sei con le spalle al muro. Se non avessi cercato di farla fuori non avrei mai scoperto in cosa consisteva il tuo potere!»
«Tsk…»
Probabilmente rimpiangeva ogni minuto il fatto di aver tentato di silenziare Amy. Se non avesse commesso quell’errore di valutazione, staremo ancora brancolando nel buio.
Decisi di pressarla.
«Beh l’hai fatta grossa. Che cosa temevi scoprisse Amy? Il tuo rapporto con Boyle, la tua prossima vittima?»
Mi era venuto in mente dopo aver scoperto le circostanze riguardanti la morte di Mary.
Perché Frank Boyle si trovava nella sua stanza nel bel mezzo delle lezioni?
Che anche lui stesse aspettando qualcuno di cui si fidava?
La mia intuizione fu confermata dalle parole di Chloe:
«Quel viscido pensava di approfittarsi di me… Dopo la morte di Mary ha iniziato a starmi appiccicato con la scusa di consolarmi,» disse sprezzante, «chissà che si aspettava succedesse quando gli ho detto che volevo parlargli quella mattina…»
Non potevo sapere quali fossero state le vere intenzioni di Boyle, ma nessuno si meritava la fine che aveva fatto…
«Allora Von Bitten?»
«Con lui è stato facile, sai che era sempre in cerca di una compagna adeguata per il suo stato sociale?» rispose Chloe con un sorrisetto, «mi è bastato proporgli un appuntamento notturno ed ha abboccato subito.»
Avevo sentito abbastanza.
Inizialmente, dalle sue parole, avevo pensato che quella ragazza fosse anch’essa una vittima, costretta ad uccidere per via delle circostanze in cui ci trovavamo.
Ma ora ne ero sicura. La scuola non aveva fatto altro che portare alla luce la vera natura di Chloe: quella di un’assassina senza scrupoli.
Ora potevo procedere senza farmi scrupoli.
La mia avversaria però sembrò intuire che il tempo delle parole era finito.
Quattro insetti presero il volo da dietro la sua schiena. Doveva averli creati di nascosto mentre parlavamo.
Ma ora che sapevo come aggirare le sue difese magiche, i suoi famigli non erano più una minaccia.
Puntai velocemente la bacchetta contro i resti dell’armadio alla mia sinistra. Quattro schegge di legno intercettarono gli insetti in volo, trafiggendoli letalmente.
Dato che utilizzava il proprio mana per dare vita a quegli esseri, presto non sarebbe più riuscita ad evocarli.
La guardai. Sembrava reggersi in piedi a malapena.
Ma…
“Che diavolo?!”
Due strane protuberanze si stavano formando nel suo braccio sinistro. Erano molto più lunghe di quelle provocate dalla nascita dei suoi famigli. Si allungarono ed allungarono, andando a formare quelli che sembravano due tubi carnosi. Toccarono terra e, come se dotati di vita propria, iniziarono a strisciare in direzione del tavolino poco distante.
Non sapevo cosa sperasse di ottenere, ma non intendevo scoprirlo.
Come prima, presi il controllo di due schegge di legno e le spedii contro quegli strani tubi carnosi, con l’intenzione di reciderli.
Ma prima che potessero raggiungere la loro destinazione, Chloe scattò mettendosi sulla loro traiettoria.
Sangue zampillò sul pavimento. Le due schegge avevano trafitto la ragazza in pieno petto, penetrando in profondità.
“È pazza?!”
Con dei gemiti di dolore, Chloe estrasse i due proiettili dal suo corpo. Questo non fece altro che amplificare la perdita di sangue che proveniva dalle sue ferite.
Dovetti trattenermi dal correre in avanti per soccorrerla. Sapevo che non potevo abbassare la guardia ma, se non l’avessi portata in fretta in infermeria, sarebbe morta dissanguata.
Ma quando Chloe alzò lo sguardo, sorrideva.
«Speravo di non dover spendere tutto quello che avevo raccolto finora, ma sembra che non abbia altra scelta.»
Guardai alle sue spalle. Le due appendici erano arrivate a destinazione. Le loro estremità sembravano essersi connesse alle due sfere di vetro poggiate sul tavolo.
Il bagliore che vorticava al loro interno sembrò improvvisamente aumentare d’intensità. E poi…
I tubi iniziarono a muoversi ed agitarsi, la luce all’interno delle sfere sembrò fluire al loro interno, risalendo come se stesse venendo risucchiata.
Con orrore vidi il colorito tornare nelle guance di Chloe. Il suo respiro farsi più controllato. Le sue ferite richiudersi.
Ora sapevo che la nostra battaglia non era finita ma anzi, era appena cominciata.



Note dell'autore: meglio tardi che mai, l'identità del killer è stata svelata. Pensavo di scrivere un capitoletto e rilasciarlo in fretta, ma alla fine ne è uscito il capitolo più lungo che abbia scritto finora. Ci vediamo dopo pasqua con il primo vero scontro per la nostra protagonista.

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Capitolo 27
*** Asso nella manica ***


25. Asso nella manica



“Sta assorbendo il mana…”
Non c’era altro modo di spiegare il perché del suo improvviso rinvigorimento.
Se il mana era la nostra forza vitale, era normale che reintegrarlo nel nostro corpo avesse effetti curativi.
Avrei dovuto immaginare che il suo potere non si limitasse all’evocazione di quegli strani famigli.
Se il fatto che li creasse direttamente dentro di sé, che potessero diventare intangibili a comando e scomparire nel nulla all’improvviso era strano, la loro capacità di assorbire il mana dalle proprie vittime lo era ancora di più.
E ora, aveva anche creato quelle strane appendici, di cui si stava servendo per cibarsi del potere magico che i suoi famigli avevano procacciato.
Forse avevo finalmente capito in che cosa consistesse il suo potere innato.
“Manipolazione del mana…”
Non era poi tanto diverso dal controllo che Valentine aveva sul suo sangue.
Le creature che Chloe creava non erano altro che una manifestazione fisica del suo mana, infuso di vita propria e capace di andare a caccia del potere magico altrui.
«Che c’è? Paralizzata dalla paura?»
L’imbeccata della mia avversaria mi riportò sulla terra.
Paura?
Di sicuro la situazione si era ribaltata.
Se prima ero sicura che avrei vinto in una battaglia di logoramento grazie alle mie ampie riserve di mana, ora ero certa dell’opposto.
Gli incantesimi che avevo utilizzato finora nel combattimento e soprattutto la complicata magia di cui mi ero servita per entrare nella stanza, avevano già intaccato considerevolmente il mio potere magico.
Al contrario, non solo la mia avversaria sembrava aver ripristinato completamente il suo mana ma, dal bagliore che ancora illuminava l’interno due sfere di vetro, sembrava che avrebbe potuto farlo nuovamente.
Ma no, la sensazione che provavo al momento non era paura. Ma… eccitazione?
Finora, sia fuori che dentro l’Accademia, non mi era mai capitato di trovarmi in svantaggio in uno scontro.
Certo, c’era stata tutta la situazione con Valentine, ma allora avevo avvertito la sfida come così impossibile che non eravamo mai arrivati a duellare.
In questo caso però, ora che mi trovavo con le spalle al muro, obbligata a combattere un avversario intenzionato ad uccidermi, le cose erano diverse.
Sapevo di poter vincere.
Finalmente potevo dimostrare che il mio mana non era l’unica cosa che mi rendeva una maga fuori dal comune.
«Paura?» risposi infine, «non farmi ridere. È che il tuo potere è così disgustoso che mi fa venire i brividi…»
Il modo in cui quelle strane appendici erano appiccicate alle sfere di vetro, pompando ritmicamente il mana al loro interno, come se fossero dotate di vita propria, faceva effettivamente ribrezzo.
Ma questo spettacolo orripilante fece sorgere in me un ulteriore interrogativo.
«Se era questo il modo in cui volevi utilizzare quel mana perché non l’hai assorbito tutto prima?»
Se avessi effettivamente avuto intenzione di ucciderla e non mi fossi trattenuta, non avrebbe mai avuto l’opportunità di sfruttare questa peculiarità del suo potere.
Chloe sbuffò infastidita in risposta.
«Mi prendi per scema? Se avessi potuto è ovvio che l’avrei fatto. Trattenere nel tuo corpo più mana del normale è pericoloso.»
La ragazza sollevò appena la sua camicia. Grazie alla luce emanata dai due globi di mana, riuscii ad intravedere una brutta cicatrice sul suo fianco sinistro.
«Come vedi tende a voler scappar fuori,» disse in tono amaro, «e se anche riuscissi a controllarlo, non riuscirei a sopportare il mal di testa.»
«Mal di testa?»
«Esatto. È come se il mana che assorbo sapesse di non essere mio e si ribellasse. Anche adesso sta facendo un gran baccano,» disse toccandosi una tempia, «ragion per cui…»
Il mana era dotato di volontà propria?
Purtroppo non feci in tempo ad internalizzare questa incredibile rivelazione.
Un’enorme sfera di fiamme, più grande di quella che avevo lanciato in precedenza, sfrecciò nella mia direzione.
«Water shield
Senza esitazione evocai uno scudo d’acqua per proteggermi.
La palla di fuoco si spense a pochi centimetri dal mio viso.
Sentii zaffate di vapore bollente scottarmi la pelle.
“Appena in tempo…”
Ma Chloe non aveva intenzione di lasciarmi respirare.
«Fireball
«Water shield
Il risultato fu lo stesso. Ma Chloe continuò il suo assalto.
Uno dopo l’altro i suoi incantesimi si scontrarono contro le mie difese, venendo neutralizzati.
La situazione si era capovolta, ora era lei a cercare di attaccarmi con pura forza bruta mentre io ero costretta a difendermi.
Sapevo però che non avrei potuto farlo in eterno o avrei finito il mana prima di lei.
Non era piacevole vedere usati i miei stessi metodi contro di me.
Dovevo pensare ad una via d’uscita.
Mi ricordai come Celeste avesse neutralizzato facilmente incantesimi di fuoco evocando un uragano…
Scartai l’idea. Avrei consumato troppo potere magico per un incantesimo del genere e Chloe avrebbe semplicemente potuto cambiare elemento. Per non parlare del rischio di affogarci entrambe, da quanto era piccola questa stanza.
L’ultima palla di fuoco si spense a pochi centimetri dal mio petto, incenerendo parte della mia uniforme.
Stavo cercando di limitare il mana impiegato dai miei incantesimi difensivi. Dovevo agire in fretta o prima o poi avrei giudicato male e mi sarei beccata una palla di fuoco in faccia.
“Pensa Elizabeth, pensa…”
Dovevo battere qualcuno con più potere magico di me…
Ripensai a tutti i duelli a cui avevo assistito, in cerca di idee.
Mi soffermai subito su uno in particolare. Dopotutto era il primo a cui avevo assistito. In quel duello Sophia mi aveva dimostrato come il mana qui dentro non fosse poi così importante.
A differenza di lei, però, non avevo un potere nascosto con cui sorprendere il mio avversario…
Sorprendere il mio avversario…
“Può funzionare!”
L’idea era stupida e ci avrei senza dubbio lasciato le penne, ma che alternative avevo?
Dovevo solo creare le giuste condizioni.
Aspettai l’arrivo dell’ennesima palla di fuoco.
Questa volta però lo scudo che lanciai fu molto più potente ed eliminò l’incantesimo avversario in un attimo.
Sfruttai subito questo piccolo frangente per passare all’attacco:
«Glacial spike
Un enorme aculeo ghiacciato si cristallizzò a mezz’aria prima di sfrecciare via ad altissima velocità.
Ma il mio obiettivo non era Chloe.
Il proiettile che avevo lanciato si diresse verso una delle due sfere di vetro.
Era inutile che arrecassi danni diretti a quella ragazza dopotutto, viste le capacità curative del mana che stava assorbendo.
No, era meglio mirare direttamente alla fonte del suo potere.
La mia avversaria non si fece cogliere impreparata. Doveva aver intuito che avrei provato a fare qualcosa del genere.
«Mana shield
La lancia di ghiaccio si dissolse a mezz’aria.
Speravo avrebbe usato uno scudo di fuoco, il ghiaccio che avevo creato difficilmente si sarebbe sciolto completamente.
Ma non demorsi, sapevo che non dovevo lasciarle tregua o avrebbe iniziato ad attaccarmi nuovamente.
In fondo sapevo già come aggirare le sue difese magiche.
«Levitate
Questa volta il bersaglio del mio incantesimo non erano le due sfere di vetro, ma il tavolino su cui erano poggiate. Questo, prima che Chloe potesse reagire, venne lanciato in alto verso il soffitto.
Le due sfere si scontrarono contro il muro con un clang ed insieme ad una pioggia di frammenti di legno iniziarono a discendere verso il pavimento.
Prima che lo toccassero però, le due appendici di Chloe si sollevarono, mantenendo le due sfere a mezz’aria.
Nonostante l’impatto sembravano completamente integre.
«Eh eh, proprio come c’era scritto. Pensavi bastasse così poco per romperle?» mi schernì Chloe.
“Come c’era scritto?”
Ci avrei pensato dopo.
«Vogliamo provare?»
Ad un gesto della mia bacchetta i resti del tavolo e quelli della libreria si raggrupparono, fondendosi in una sfera di legno compatto. La diressi contro uno dei due ricettacoli di mana. Le due sfere si scontrarono e legno volò dappertutto.
Non mi diedi per vinta, riformai la mia arma e continuai ad attaccare.
«Basta così!»
Come immaginavo Chloe non aveva alcuna intenzione di scoprire se i suoi globi di vetro fossero veramente indistruttibili.
«Fire storm!» ruggì la ragazza.
Questa volta fu un fiume di fiamme a venirmi incontro.
«Water cannon
Un roboante getto d’acqua si sprigionò dalla mia bacchetta, scontrandosi contro quello di fuoco. Fiotti di vapore scaturirono nel punto in cui i due incantesimi andarono a scontrarsi, annullandosi a vicenda.
Era la fine.
Eravamo entrambe bloccate in quello scambio di magie. Ma ero io quella che sarebbe uscita sconfitta. Il mio mana sarebbe finito prima di quello della mia avversaria e in quel momento sarei stata consumata dalle fiamme.
Era proprio ciò che volevo.
Avevo bisogno esattamente di una situazione di questo genere. Per questo avevo minacciato di distruggere direttamente la fonte della sua forza. La reazione di Chloe sarebbe stata la più ovvia: attaccarmi con più forza di prima per evitare di correre rischi.
Estesi la mia mano sinistra, libera dalla bacchetta, di fronte a me. Era venuto il momento di usare il mio asso nella manica.
Non si trattava di niente di che, soprattutto al confronto di poteri innati come quelli di Sophia, Valentine o della stessa Chloe. Non ero la sola a possedere una simile capacità. Ma era un’abilità abbastanza rara da farmi sperare che la mia avversaria non l’avesse presa in considerazione.
Feci un respiro profondo.
Potevo avvertire chiaramente il mana agitarsi dentro di me.
Seguii il flusso che portava alla mia bacchetta dove il mio potere magico andava ad alimentare il getto d’acqua che avevo evocato.
Strinsi i denti.
“Forza Elizabeth, ce la puoi fare.”
Mi stavo concentrando così tanto che sentivo che la mia testa avrebbe potuto esplodere da un momento all’altro.
Ma finalmente sentii di aver avuto successo.
Un piccolo rivolo di mana si era dipanato dal corso principale, in direzione del mio braccio sinistro.
Ora dovevo solo amplificarlo.
“Ci siamo!”
Il secondo flusso divenne grande quanto il primo. Era ora di scegliere come usarlo. Lanciare incantesimi senza bacchetta era molto difficile. Dovevo usarne uno semplice.
“ORA!”
«Levitate
La sfera di legno che avevo precedentemente creato si alzò in volo. Al contempo l’acqua continuò ad eruttare dalla punta della mia bacchetta.
Nella luce emanata dalle fiamme, vidi Chloe spalancare gli occhi sbigottita.
Come immaginavo non se l’aspettava.
Controllare due incantesimi allo stesso momento era qualcosa di cui solo i maghi più esperti erano capaci. Il fatto che potessi farlo alla mia età tradiva il fatto che oltre ad avere molto mana, ero anche estremamente abile nel controllarlo.
La sfera iniziò a sfrecciare verso il suo obiettivo. Stavolta non erano le sfere di vetro, ma Chloe stessa.
Il globo ligneo la colpì sul fianco a forte velocità, sbalzandola via. Il soffio di fiamme tremò, venendo consumato velocemente dal mio getto d’acqua che si diresse roboante verso la mia avversaria.
Ma…
«Mana shield
Ancora, a mezz’aria, Chloe riuscì a bloccare il mio incantesimo prima che la raggiungesse.
Proprio come immaginavo.
Era troppo tardi.
Nel momento in cui l’attacco di Chloe era cessato ero già scattata nella sua direzione.
Quando toccò terra ero già lì, pronta, la mia spada a pochi millimetri dal suo collo.
Era la prima volta che la sfoderavo al di fuori degli allenamenti.
Chi mi aveva visto fare pratica non avrebbe mai immaginato che l’avrei usata per vincere un duello.
“Dovrò ringraziare Sophia più tardi.”
L’idea di mettere all’angolo la mia avversaria con la spada mi era venuta ricordando il suo duello dopotutto.
Il doppio incantesimo mi aveva dato l’apertura di cui avevo bisogno.
«Butta via la bacchetta o ti faccio saltare via la testa,» minacciai Chloe.
“Vedrà oltre il mio bluff?”
Con mio sollievo però, dopo avermi lanciato un’occhiata mista di dolore e odio, la ragazza obbedì, lanciando la sua bacchetta lontano.
Era stata colpita in pieno fianco, probabilmente si era rotta qualche costola. Ma non abbassai la guardia. Non mi ero dimenticata dei suoi famigli.
«Ora alza le braccia bene in alto, senza movimenti bruschi,» ordinai.
Dopo un attimo di esitazione, Chloe obbedì.
«Ok, ora mettiti faccia al muro e stacca via quei tubi dalle sfere.»
La osservai ottemperare alla mia richiesta con un po’ di disgusto, mentre le appendici carnose si ritiravano nel suo braccio.
“E ora?”
Dovevo in qualche modo trovare il modo di portarla dal preside, ma ancora non avevo idea di come uscire da quella strana stanza senza porte.
Non potevo di certo mettermi a tastare ogni centimetro del muro in cerca dell’uscita.
«Ora mi devi dire come uscire da qui,» tentai.
«C’è un passaggio segreto.»
“Come immaginavo.”
«Devi dirm-»
All’improvviso avvertii una corrente elettrica attraversare il mio corpo, risalendo dalla mia gamba sinistra.
Caddi in avanti, schiantandomi sul pavimento ai piedi di Chloe. Sbattei in pieno il naso sulla dura pietra, ma stranamente non provai dolore. Anzi non provai niente… era come se ogni area del mio corpo avesse improvvisamente perso sensibilità.
Provai a rialzarmi ma, con orrore, mi resi conto che nessuno dei miei arti sembrava voler rispondere.
Il mio primo pensiero fu quello di esser stata punta da uno dei famigli di Chloe. Ma com’era possibile? Ero stata attenta che non si muovesse di un centimetro.
«Idiota…»
Il mio corpo fu girato a pancia in sù. Vidi Chloe muovere il piede che aveva usato per ribaltarmi e rivolgermi un sorriso di scherno.
Sembrava che perlomeno potessi ancora muovere gli occhi.
Fu così che capii cos’era successo.
Un’appendice carnosa, identica a quelle che aveva usato per collegarsi ai ricettacoli di mana, si estendeva dal palmo della mano di Chloe. Seguendo il corso del tubo vidi che era collegato alla suola di uno dei miei stivali.
Quando l’avevo fatta mettere contro il muro doveva averla fatta spuntare senza farsi vedere. Sapevo già che le sue creazioni potevano rendersi intangibili. Evidentemente l’aveva fatta passare dentro il muro e poi sotto il pavimento fino a raggiungere il mio piede.
Me l’aveva fatta.
«Avevi praticamente vinto! Avresti dovuto finirmi, vedi ora dove ti porta la tua presunzione.»
Iniziai a sentire una terribile sensazione di risucchio.
Strano, pensavo di aver perso ogni sensibilità.
Capii presto che quella sensazione proveniva da dentro di me. Era il mio mana che stava venendo assorbito da quell’appendice.
“È così che finisce eh?”
Presunzione? Forse.
Ma alla fine quella che mi era mancata era la cattiveria di uccidere il mio avversario.
Se non volevo rinunciare alla mia umanità, aveva senso continuare a lottare in questa competizione dopotutto? Forse era megl-
“A che cazzo sto pensando!”
Dopo tutta la fatica che avevo fatto per sconfiggere il mio avversario, volevo veramente darmi per vinta?
Avevo già mollato una volta, non l’avrei fatto di nuovo.
Ma c’era qualcosa che potevo fare per liberarmi?
Non potevo muovere neanche un mignolo.
Osservai Chloe formare un altro tubo e collegarlo ad una delle sfere di vetro. Vortici luminosi iniziarono a fluire al suo interno.
“Il mio mana.”
Stava attraversando il tubo collegato al mio piede, risaliva verso il corpo di Chloe e attraverso la nuova appendice arrivava a quel globo dove sarebbe stato immagazzinato per usi futuri. Il mio mana l’avrebbe aiutata a continuare nella sua scia di morte.
“Maledizione.”
Cercai di concentrarmi e mantenere il controllo del mio potere magico. Ma era inutile. Non riuscivo a trattenerlo e lentamente mi veniva portato via.
Lentamente…
“!”
Improvvisamente ricordai la cicatrice sul fianco di Chloe, causata dall’aver trattenuto troppo mana nel suo corpo.
Che fosse la chiave?
Era un bel rischio: se non avesse funzionato, non avrei fatto altro che accelerare la mia dipartita.
Ma che scelta avevo?
Pregando che funzionasse, chiamai a raccolta quanto più mana possibile. Ma questa volta, invece di cercare di resistere al risucchio, spinsi nella stessa direzione, sparando il mio potere magico fuori dal mio corpo con tutta la mia forza.
Vidi una luce abbagliante risalire per il tubo a grande velocità, arrivando al corpo di Chloe prima che questa potesse reagire.
«Eh?!»
Un piccolo rivolo di sangue scese da una delle sue narici. La ragazza lo asciugò e sembrò osservare la macchia sul suo dito con aria perplessa, prima di crollare in avanti, svenuta.
Il mio piano aveva funzionato.
Ma con disperazione, capii che la creatura che aveva creato per assorbire il mio mana non sembrava curarsene. Nonostante il suo creatore fosse privo di sensi, questa continuò il suo lavoro, pompando via quel poco che rimaneva del mio potere magico.
Pian piano la mia mente si spense, scivolando nell’oscurità.




Note dell'autore: Ci vediamo alla prossima per il finale di quest'arco narrativo!

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Capitolo 28
*** Svolta ***


26. Svolta




Aprii gli occhi.
Bianco.
Che fossi arrivata nell’aldilà?
Ma non ci misi molto a capire che ciò che stavo osservando non aveva nulla di ultraterreno.
“Un soffitto sconosciuto…”
Capii di essere sdraiata in un letto.
Ma dove di preciso e come ci ero arrivata?
Prima che potessi guardarmi attorno qualcosa di molto pesante mi schiaccio il petto.
«Ugh!»
«Lizzie!! Come ti senti? Hanno detto che andava tutto bene ma non ti svegliavi! Ti fa male da qualche parte?»
Abbassai lo sguardo per trovarmi faccia a faccia con una Amy in pigiama estremamente preoccupata.
Mi guardai attorno.
Dovevo immaginarlo, ero sdraiata su un letto dell’infermeria.
L’aldilà poteva aspettare.
«Sto bene, sto bene. Ma…»
«Qualcosa non va?? Chiamo il guaritore!»
«No è che… non riesco a respirare.»
Amy, mossa dall’apprensione, mi stava praticamente schiacciando sul letto.
«Oddio scusa!»
Amy sobbalzò e mi liberò immediatamente, andando ad accomodarsi su una sedia disposta vicino al mio letto.
«Ma veramente ti senti bene?» chiese nuovamente, lanciandomi un'occhiata inquisitoria.
«Sì…»
Era la verità. Mi sentivo terribilmente stanca, ma al di là della mancanza di energie, mi sentivo in salute.
Abbassai lo sguardo con trepidazione.
Sembrava tutto apposto.
Non ero stata ridotta ad uno stecchino come le altre vittime.
Evidentemente chi mi aveva salvato, doveva averlo fatto subito dopo che avevo perso i sensi.
La creazione di Chloe non era riuscita ad intaccare le mie forze vitali. Ma c’era mancato poco.
«Chloe!» esclamai all’improvviso, facendo sobbalzare Amy.
Mi guardai intorno. Un solo altro letto dell’infermeria era occupato. Non da Chloe ma da Von Bitten: il povero ragazzo era avvolto da un alone azzurrino, segno dell’incantesimo che aveva aiutato Amy a rimettersi in sesto.
«Amy, c-che ne è stato di Chloe?» domandai. In cuor mio conoscevo già la risposta.
I miei timori furono confermati dall’espressione dalla sua espressione ancor prima che aprisse bocca.
«Lei… Non ce l’ha fatta…»
Mi lasciai sprofondare nel cuscino.
Onestamente non sapevo come sentirmi.
Non c’era stato altro modo, mi ero solo difesa.
Forse avevo fatto anche troppo per evitare di ucciderla.
Nonostante ciò però, l’idea di aver causato la morte di un altro essere umano, non era qualcosa che potevo accettare così facilmente.
«Lizzie… non potevi fare altro. Ti ha quasi uccisa!» tentò di consolarmi Amy.
«Lo so… grazie.»
Quindi questo senso di vuoto era ciò che Sophia aveva provato dopo aver ucciso Valentine, uh?
Che sia un sintomo che la mia umanità stava iniziando a svanire?
Sophia…
“Oh no.”
«Amy, come sono arrivata quì?»
«Ehm..»
Amy sembrò esitare un attimo.
«È stata Sophia a salvarti… Ha detto di averti trovato in una stanza segreta o qualcosa del genere.»
«E ora lei dov’è?»
«È uscita in tutta fretta dopo aver sentito che stavi bene. H-ha detto che sarebbe tornata presto…»
Per qualche ragione Amy sembrò rabbrividire nel pronunciare queste ultime parole.
Avevo un brutto presentimento.
Cercai di sollevarmi dal letto in tutta fretta, ma le mie braccia cedettero sotto il mio peso. Avere il mio mana assorbito non era stato senza conseguenze dopotutto.
«Amy aiutami ad alzarmi, dobbiamo andar-»
Ma non riuscii a finire la frase.
La porta dell’infermeria si spalancò di botto e Sophia fece il suo ingresso.
Non dovetti neanche guardarla in faccia.
L’andatura del suo passo mi disse tutto ciò che dovevo sapere.
Era furibonda.
Ed era ovvio il perché.
Lo scontro con Chloe me l’aveva quasi fatto scordare.
Mentre si stava prendendo cura di Von Bitten l’avevo lasciata lì da sola per andare ad affrontare il killer da sola.
Praticamente avevo rischiato di mandare all’aria tutta la fatica che aveva fatto per scovare il colpevole. E non solo, l’avevo anche costretta a salvarmi la vita per la seconda volta.
Dopo che aveva finalmente accettato di cooperare, avevo tradito la sua fiducia…
Rimasi pietrificata mentre Sophia si avvicinava al mio letto.
Quando fu a pochi passi, la vidi alzare un braccio.
Serrai gli occhi, preparandomi all’impatto.
Ma lo schiaffo che mi aspettavo non arrivò.
Invece mi sentii sollevare per il colletto della camicia.
«T-TU, ENORME TESTA DI CAZZO!»
La voce di Sophia tremava dalla rabbia.
Aprii gli occhi quel tanto che bastava per intravedere il suo viso paonazzo a pochi centimetri dal mio.
Abbassai lo sguardo e mi concentrai sulla sua mano, la quale mi teneva stretta con tanta forza da rendermi difficile respirare. Non avevo il coraggio di farglielo presente. Né di guardarla negli occhi.
Ma Sophia sembrò intuire da sola che la posizione in cui mi aveva costretto mi stava facendo male e allentò la sua morsa appena appena, senza però lasciarmi andare completamente.
«Allora!? Non penserai di cavartela stando zitta? Il guaritore mi ha già detto che non stai poi così male. Quindi vedi di parlare in fretta. Che cazzo ti è saltato in mente?»
Il suo tono di voce si era abbassato, ma non per questo non riuscivo ad avvertire la furia che ribolliva dietro le sue parole.
Le dovevo una risposta.
Il problema è che non volevo dargliela. Non avrei fatto altro che alimentare l’odio che sicuramente ora provava nei miei confronti.
Non potevo dirle che il suo basso livello di mana mi aveva fatto preoccupare per lei e avevo cercato di proteggerla.
Avevo già notato quanto la sua inettitudine nella magia le pesasse. Dietro il suo grande orgoglio sembrava celarsi una certa insicurezza.
Se le avessi fatto pensare che la guardavo dall’alto in basso, non me l’avrebbe mai perdonato.
Ma non volevo neache mentirle…
Mi venne in mente un’idea.
Potevo dirle un’altra ragione che, seppur non fosse quella principale, mi aveva comunque spinto ad agire da sola.
Ma era… così imbarazzante…
Feci un respiro profondo. Alla fine me lo meritavo
«Io… volevo… dimostrarti che sono alla tua altezza.»
«Uh?!»
Sophia si lasciò sfuggire un’esclamazione di sorpresa.
“Uccidetemi ora…”
«Dopo che hai dovuto salvarmi da Valentine, temevo che mi vedessi come una debole. Volevo farti vedere che non è così, che anch’io sono capace a combattere. E..» esitai per un attimo, «volevo solo che tu mi accettassi… ma immagino che abbia solo peggiorato le cose. Sono inutile. Hai dovuto salvarmi un’altra volta…»
Era la verità. Avevo confessato tutto ciò che avevo provato in questi mesi.
“Ho sacrificato il mio orgoglio per te! Ora vedi di perdonarmi…” pensai.
Con mia sorpresa le mie parole sembravano aver colpito Sophia.
La sua presa si allentò ulteriormente, ma non mi lasciò andare. Sentii la sua mano, ancora appoggiata sul mio petto, tremare appena.
Quando parlò sembrò che ogni traccia di rabbia fosse svanita dalla sua voce, sostituita da una nota di… rimpianto?
«Tu… hai rischiato la vita per una cosa così… stupida?»
Non aspettò la mia risposta. Continuò in tono amaro:
«Si può sapere per quale motivo mi tieni in così grande considerazione? Dal primo giorno che ci siamo parlate non ho fatto altro che cercare di allontanarti. Non ho perso occasione di prenderti in giro e denigrarti. Ti ho persino detto che avrei preferito che qualcuno ti facesse fuori, così da non dovermi sporcare le mani. Perché ti ostini a volermi stare vicino? Non dovresti odiarmi?»
Che stava dicendo? Sapevo già perché avesse cercato di mettere una barriera tra di noi. Non ero d’accordo con lei, ma non l’avrei mai odiata.
E sotto sotto, avevo imparato ad apprezzare i nostri continui battibecchi.
«Sophia, no! I-»
Ma Sophia non mi fece finire:
«Ma immagino che sia per questo che hai pensato a tutte queste stupidaggini. Quindi ascolta bene, perché lo dirò solo una volta,» fece una piccola pausa, come si stesse preparando ad una prova difficile, «non ho mai pensato che tu fossi inutile. Anzi.
Sin dalla prima volta che ci siamo parlate ho subito apprezzato la tua intelligenza e la tua schiettezza. Ti ho subito vista come una potenziale rivale.
E non importa se hai avuto un attimo di debolezza a causa di Valentine. Sei subito riuscita a rimetterti in senso e da allora non hai più tentennato. Questo è ammirevole…
E a dirti la verità… quando ho accettato di cooperare, mi sono… sentita sollevata di avere qualcuno come te al mio fianco.
Quindi smettila di dire idiozie come “essere alla mia altezza”.»
Sophia sospirò e il suo tono si addolcì.
«Ecco, mi hai costretto ad essere onesta per una volta. Quindi, per favore… non fare mai più una cosa simile.»
Non sapevo cosa pensare.
Non avrei mai immaginato di sentirle pronunciare quelle parole nei miei confronti.
Per la prima volta da quando era entrata nella stanza, sollevai gli occhi per guardarla in faccia.
Fu solo allora che capii quanto ero stata stupida.
Il bel viso di Sophia era segnato da due profonde occhiaie, segno di numerose notti passate insonni.
Mi ero lamentata così tante volte della stanchezza che le nostre pattuglie notturne mi causavano, senza pensare neanche per un attimo che la mia compagna stava sopportando la stessa cosa in silenzio.
I suoi occhi color smeraldo erano stanchi e arrossati come se avesse pianto di recente.
La sua bocca increspata in un sorriso triste.
Per la prima volta vidi la vera Sophia. La Sophia che avevo fatto di tutto per non vedere.
L’avevo messa su un piedistallo così alto da non volermi rendere conto che, sotto la sua maschera fredda e orgogliosa, c’era una ragazza della mia età, con le sue debolezze. I segnali li avevo già notati, ma avevo volontariamente ignorato le crepe nell’immagine perfetta di Sophia che avevo creato nella mia testa.
Perché l’avevo fatto?
Forse è perché speravo che, in questa situazione, ci fosse tra noi un guerriero invincibile, senza sentimenti, pronto a salvarci dal terribile gioco di morte in cui l’accademia ci aveva intrappolati. Volevo appoggiarmi a lei che non si sarebbe mai piegata agli orrori che avremmo affrontato.
Ma quella non era la realtà.
I sentimenti di Sophia erano evidenti sul suo volto.
L’avevo fatta preoccupare tantissimo.
Non resistetti.
Con una mossa degna di Amy, mi aggrappai a Sophia, stringendola in un abbraccio.
«Che diavolo? Lasciami andare!»
Cercò di divincolarsi debolmente. Se avesse voluto avrebbe potuto liberarsi con facilità, visto lo stato in cui ero, ma non lo fece.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Non potevo sopportare il modo in cui avevo trattato quella ragazza.
Scoppiai in un pianto a dirotto sulla sua spalla.
«Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace! Prometto di non fare più nulla del genere.»
Avvertii Sophia irrigidirsi. Era chiaro che non sapesse come comportarsi in quella situazione. Dopo un po’ iniziò a darmi delle timide pacche sulla schiena.
Sentii Amy ridacchiare. Mi ero quasi dimenticata che avesse assistito a tutta quella scena. Sono sicura che se la stesse godendo…
Dopo qualche minuto ci separammo, incapaci di guardarci negli occhi.
Fu proprio Amy a rompere il silenzio.
«Ehm, ehm!» finse un colpo di tosse, «Ora che voi due avete fatto pace, direi che è il momento di passare ai fatti…»
«Passare ai fatti?» chiese Sophia confusa.
«Sophia, vorrei proporti di allearti con me e Lizzie per il futuro.»
“Oh, ha intenzione di colpire, ora che ha visto le sue debolezze.”
Forse era Amy la persona più spaventosa in questa stanza.
Sophia fu però molto veloce a rifiutare:
«No, ne ho già parlato con Elizabeth, le ho già detto ch-»
«Sì, sì, ho già sentito tutto. “Non voglio uccidere un’amica” giusto?»
Sophia mi lanciò uno sguardo al vetriolo.
Accennai un sorriso di scuse. Non poteva biasimarmi se parlavo di queste cose con la mia migliore amica.
Sophia sbuffò e rispose:
«Esatto. È-è quello che penso.»
L’esitazione nella sua voce mi fece notare che anche lei aveva capito che la trappola di Amy stava per chiudersi su di lei.
«Oh? Mi sembra che tu fossi parecchio arrabbiata con Lizzie per aver rischiato la vita, no?» iniziò Amy con un sorrisetto, «non avrebbe dovuto farti piacere avere un’avversaria in meno? A meno che… tu non tenga a Lizzie sotto sotto?»
Sophia arrossì furiosamente:
«I-io, n-non…»
«Quindi direi che è un po’ troppo tardi: siete già amiche.»
Non c’era via di fuga. Sophia era come un topolino messo all’angolo da una tigre affamata.
Decisi di intervenire:
«Va tutto bene Sophia,» dichiarai sorridendo, «Ho deciso. Non ha alcuna intenzione di lasciar morire nessuna di voi due.»
Sia Sophia che Amy mi guardarono sbalordite.
«Avete capito bene. Non voglio che ci alleiamo per sconfiggere i nostri compagni di classe, ma per sconfiggere l’Accademia.»
«Tu… non puoi pensarlo davvero? Non hai visto quanto è potente Skylark? E chissà che altro nasconde la scuola per tenerci intrappolate…» obiettò Sophia.
«Da sola, hai ragione, non ce la farei mai. Ma proprio per questo ho bisogno di voi due. Sono sicura che insieme riusciremo a trovare un modo. Ci state?»
Amy mi sorrise raggiante:
«Certo che sì!»
Entrambe fissammo Sophia.
Alla fine, sotto il peso del nostro sguardo, capitolò.
«Eh… va bene!» sbuffò. Ma sorrideva.
«Evviva!» esclamammo all’unisono.
Finalmente ce l’avevo fatta. Il nostro duo si era trasformato in un trio. Avrei anche avuto l’opportunità di conoscere meglio Sophia d’ora in poi. Ora che l’avevo finalmente vista per chi era veramente, volevo sapere tutto di lei.
Perché era così forte ma anche così insicura?
Rimanemmo in silenzio per un po’.
«Forse dovremmo dare un nome alla nostra alleanza…» dissi dopo un po’.
«Se inizi a proporre cose così imbarazzanti giuro che me ne vado!» sbottò subito Sophia.
Scoppiai a ridere. Ormai tutte le mie preoccupazioni sembravano così lontane.
Fu Sophia però a riportarmi sulla terra.
«Dato che abbiamo deciso di cooperare… Penso sia bene che vediate questo.»
Mi tese un piccolo foglio di pergamena. Amy si avvicinò per leggerlo insieme a me.

Troverai dietro all’armadio un passaggio per una stanza segreta. Al suo interno abbiamo predisposto dei ricettacoli di mana perfetti per sperimentare con il tuo potere. Ti abbiamo inoltre messo a disposizione un’ampia letteratura che potrà esserti di grande aiuto per comprendere appieno le tue potenzialità. Fanne buon uso.

«E questo… che diavolo significa?»
«L’ho trovato sulla scrivania di Chloe. Per fortuna sono andata subito a controllare o l’avrebbero fatto sparire. Come dice nel biglietto, dietro l’armadio della sua stanza c’è un corridoio segreto.»
«Ma quindi… è un messaggio della scuola!»
Non c’era alcun dubbio. La scuola aveva assegnato a Chloe la sua stanza fornendole al contempo un laboratorio  segreto personale. Ma… per quale motivo? Perché questo favoritismo? Questa faccenda puzza parecchio.
«Ho controllato i libri di cui parlano nel messaggio. Sono tutti sul mana, sulla sua manipolazione e controllo.»
“Libri sul mana…”
Era molto inquietante. La scuola doveva avere un particolare interesse nel potere di Chloe. Se erano interessati ad esperimenti sul mana… non poteva esserci nulla di buono dietro.
«Pensi dovremmo denunciare la cosa?»
«E a chi? È ovvio che Skylark ne è al corrente, se non è stato proprio lui a scriverle quella lettera. No… meglio tenercelo per noi. Sono sicura che sia importante…»
Rimanemmo nuovamente in silenzio, rimuginando su quanto avevamo scoperto.
Fu Sophia a romperlo nuovamente.
«Beh, io me ne vado a letto,» si alzò, «è da tanto che non mi faccio una dormita come si deve. Domani niente lezione per me…»
Ma c’era un’ultima cosa che volevo sapere.
«Sophia… Come hai fatto a trovarmi così in fretta? O meglio, come facevi a sapere che c’era una stanza segreta ed ero lì dentro?»
Per qualche ragione questo la fece scoppiare a ridere.
«Ahahah me ne ero quasi dimenticata!» disse con un ghigno, «vedi, ho trovato un pezzo di tessuto inficcato in un muro. Non aveva alcun senso come cosa, quindi ho deciso di controllare cosa ci fosse dietro e....»
Fu come se mi avesse dato la scossa.
Ricordai cosa era successo quando ero entrata nella stanza segreta e fissai Sophia inorridita.
«Certo che hai dei gusti… particolari… in fatto di intimo, Lizzie…»
“Ok, come non detto. Non sopporto questa ragazza…”



Note dell'autore: Spero coglierete la citazione o mi farete sentire vecchio... Questo come da titolo è il punto di svolta della storia. Il prossimo arco sarà un po' di respiro, prima di ributtarci nell'azione in quello che sarà l'arco centrale della storia... Tournament arc incoming.

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Capitolo 29
*** Momenti di pace ***


27. Momenti di pace

 

Il mio soggiorno nell’infermeria durò per altri due giorni. Nonostante fossi uscita tutto sommato indenne dal mio incontro con Chloe, ero comunque totalmente esausta.
Per questo decisi di rimanere un po’ a riposo, così da essere dimessa insieme ad Amy, che finalmente aveva riacquistato il pieno delle sue forze. Mi ero aspettata che i guaritori facessero di tutto per ributtarmi nella mischia il prima possibile, ma in questo caso si mostrarono stranamente comprensivi.
Sul motivo, beh avevo un’idea.
Il giorno dopo il mio ricovero, Sophia era passata nuovamente a trovarci. Ci aveva raccontato di essere stata convocata da Skylark, il quale si era fatto spiegare le circostanze della morte di Chloe.
Ma, secondo Sophia, si trattava solo di una facciata: il preside sapeva benissimo cos’era successo.
In ogni caso, la violenza tra studenti era, almeno sulla carta, proibita al di fuori dei duelli.
Nonostante ciò, non sarei stata punita per aver ucciso Chloe, anzi, Sophia mi aveva sarcasticamente ringraziato per conto del preside.
Grazie a quel bigliettino, sapevamo benissimo che, dietro la scia di morte lasciata da quella ragazza, non c’erano altro che l’Accademia e Skylark stesso. L’avevano usata, per scopi che ancora non mi erano chiari.
Ma di una cosa ero quasi sicura, il preside era al corrente del fatto che avessimo trovato quel messaggio incriminante.
Prove? Nessuna, solo la mia intuizione.
Forse era proprio per questo che i guaritori erano stati così indulgenti: Skylark voleva tenermi buona.
Malgrado il totale controllo che il vecchio mago sembrava esercitare sull’Accademia, era improbabile che desiderasse che la sua complicità nei recenti omicidi divenisse nota.
Nonostante fossimo intrappolati in questo gioco perverso, l’Accademia si atteggiava comunque a paladina delle regole e dell’imparzialità.
Il fatto che uno studente fosse stato aiutato ad uccidere, andava nella direzione opposta. Sarebbe stata la miccia perfetta per alimentare una rivolta degli studenti.
Ma non ora ovviamente. Sarebbe stato un suicidio.
No, avremmo dovuto lavorare molto, prima di tentare qualcosa del genere.
Per il momento me ne sarei stata buona, proprio come voleva Skylark. Ma la mia vendetta, presto o tardi, sarebbe arrivata.


***

Mentre io ed Amy camminavamo per i corridoi della scuola, dirette a lezione, non potei ignorare le occhiate che molti dei miei compagni di classe lanciarono nella mia direzione. Non solo, ne vidi alcuni sussurrare tra loro al mio passaggio.
Me l’aspettavo. A quanto pare, da ciò che mi aveva detto Sophia, i professori avevano deciso di comunicare alla classe le circostanze della morte di Chloe.
Per non andare nel panico e concentrarci sui duelli” era stata la loro motivazione.
In ogni caso ora tutti sapevano che ero stata io ad ucciderla.
Ma c’era qualcosa che non andava.
Ero certa che sarei stata trattata da paria proprio come Sophia. Dopotutto anch’io ora era un’assassina come lei.
Ma al momento l’atmosfera che avvertivo intorno a me non era di paura ma… ammirazione?
La mia impressione si rivelò corretta.
Fui presto fermata da una ragazza con cui non avevo mai parlato, la quale mi chiese come stavo e mi ringraziò profondamente per aver sconfitto il killer che aveva ucciso Mary Stillwater.
E non fu la sola, prima di arrivare in aula fui fermata diverse volte da compagni di classe che volevano congratularsi con me.
“Ipocriti.”
Perché mi stavano trattando in quel modo quando avevano reso la vita di Sophia un inferno?
Avevamo fatto la stessa identica cosa. Entrambe avevamo rubato una vita umana per proteggere l’intera classe. Anzi lei forse aveva fatto di più per noi. Valentine, a differenza di Chloe che agiva nell’ombra, aveva creato un vero e proprio regno del terrore. Io lo sapevo bene.
Era ingiusto. Tutto questo perché lei era stata costretta a finire Valentine davanti a tutta la classe in quella maniera violenta.
Come si dice “Occhio non vede…”
C’era anche da dire che probabilmente gli altri compagni si sentivano più a loro agio a considerarmi un’eroina piuttosto che un’assassina. Il fatto che fossi una maga come loro e non avessi mostrato uno strano potere come Sophia, era più rassicurante.
Beh se volevano entrare nei miei favori, gli avrei reso la vita difficile.
Appena entrata in classe mi diressi dritta per l’ultima fila prima che qualcun altro potesse fermarmi.
Sophia se ne stava seduta lì, completamente isolata da tutti all’estremo della panca.
Solitamente, ora che c’erano posti liberi in abbondanza, un piccolo deserto di posti vuoti si formava intorno a lei.
Ma non sarebbe più stato così.
Immersa in un libro, Sophia non si era accorta della mia presenza. Le toccai una spalla facendola sobbalzare:
«Eh!?»
«Buongiorno anche a te. Facci spazio, per favore.»
«Di che diavolo stai parlando?»
«Secondo te? Voglio sedermi a fianco a te.»
Sophia sembrò sorpresa inizialmente, ma si riprese subito.
Abbassando la voce in un sussurro:
«Vai via! È meglio se teniamo la nostra collaborazione un seg-»
«Non ci penso neanche, ora muoviti, non ho intenzione di passare l’intera lezione in piedi.»
Non l’avrei lasciata svicolare per l’ennesima volta.
Ormai sapevo chi si celava dietro la sua maschera.
Ero determinata a non lasciarla più da sola.
«Beh, buona fortuna allora, io da qua non mi sposto.»
“Cocciuta che non è altra.”
Avrei semplicemente potuto fare il giro e sedermi comunque vicino a lei, ma non volevo dargliela vinta.
«Se non mi fai spazio subito…»
«Cosa fai mi costringi?» rispose Sophia, lanciandomi una divertita occhiata di sfida.
“Mi mancava un po’ litigare così…”
Ma questa volta l’avrei sconfitta.
Alzai un po’ la voce:
«Oh, Sophia! Devo ancora ringraziarti per le cose che mi hai detto l’altro giorno. Mmh com’era? Ah sì: “Elizabeth sei la ragazza più bella, coraggiosa e intelligente che io ab-»
Arrossendo furiosamente, Sophia mi tirò per la manica della camicia con tanta forza da arrivare quasi a strapparla e per poco non mi mandò a sbattere contro la panca.
In fretta e furia scalò a destra, permettendo a me ed Amy di sederci.
«Sei una bastarda… e comunque “bella” te lo sei inventato.»
«Oh? Sei sicura? Sono certa di avertelo sentito dire. Giusto Amy?»
Amy ridacchio in risposta.
«Ti prego non ti ci mettere pure tu…» si inserì Sophia esasperata. Ma ero certa di aver visto gli angoli della sua bocca incresparsi in un sorriso.
“D’ora in poi spero che passeremo tanti momenti così…”
Il nostro acceso scambio non era passato inosservato al resto della classe, ma nessuno sembrava più incline ad avvicinarsi a me.
Come immaginavo, la presenza di Sophia era un ottimo deterrente. Ma non avevo intenzione di usarla come scudo dalle attenzioni indesiderate, anzi, avrei voluto fare l’opposto. Magari interagendo con lei avrei fatto capire a tutti che sotto sotto era una normalissima ragazza di cui non aveva senso aver paura.
Ma con mia sorpresa, qualche minuto prima dell'inizio delle lezioni, una ragazza si staccò da un gruppetto per venire nella nostra direzione.
Riconobbi immediatamente i boccoli biondi di Celeste Fitzroy.
«Elizabeth è un piacere vederti di nuovo tra noi! Quando non ti ho vista a lezione due giorni fa ho temuto il peggio!»
Se era effettivamente preoccupata non lo dava a vedere, il suo volto era come al solito illuminato da un sorriso sgargiante.
«Oh ehm… Grazie Celeste. Stavo bene, dovevo giusto riposare un po’.»
«Eh eh, come mi aspettavo, eliminare il killer è stato un gioco da ragazzi per te, uh? Ma dove sono finite le mie maniere!»
Tese una mano ad Amy.
«Piacere, Celeste!»
«Ehm, piacere Amy!»
Amy ricambiò la stretta con entusiasmo.
Ora che ci penso non avevo mai avuto occasione di parlarle del mio incontro con quella nobile stravagante.
Incredibilmente, Celeste tese la mano anche a Sophia.
Sentii un brusio spargersi per l’aula.
Il fatto che qualcuno di influente come Celeste avesse approcciato il nemico pubblico numero uno, con tanta nonchalance, mi confermò ancora una volta quanto fosse atipica quella ragazza.
“Ora ti prego, non fare cazzate!”
Era un’ottima occasione per rimettere le cose a posto.
Sophia guardò la mano che le era stata offerta con un’espressione dubbiosa e dopo un attimo mi lanciò un’occhiata di sbieco.
Annuii.
“Prendila!”
«Piacere.»
“Normalmente dovresti anche dire il tuo nome.”
Ma perlomeno non le aveva schiaffeggiato via la mano.
«Fantastico!» esclamò Celeste, per nulla smossa dalla tiepida reazione di Sophia. Dopodiché si appoggiò al banco, abbassando appena la voce.
«Che ne dici di quel tè stasera, Elizabeth? Nella mia stanza, dopo le lezioni,» mi chiese.
«Ehm, ok…»
Quella richiesta era stata così improvvisa che accettai senza pensarci.
«Perfetto! A dopo!»
Celeste tornò dalle sue amiche non prima di avermi lanciato un occhiolino.
«È strana. Che vuole da te?» mi chiese Sophia con un’espressione sospettosa.
«Non ne ho idea. È verò che è un po’ strana ma… mi sembra una tipa a posto. Hai visto come ti ha stretto la mano senza batter ciglio?»
«Già,» commentò Sophia senza cambiare espressione.
Per qualche ragione mi tenne il muso per tutto il resto della mattinata.


 

***


Qualche ora più tardi mi trovavo di fronte alla porta della stanza di Celeste. Ancora non avevo idea di cosa volesse da me.
“Beh, c’è solo un modo per scoprirlo.”
Bussai.
«Entra pure, la porta è aperta!», la voce squillante di Celeste rispose immediatamente.
Certo che tenere la porta aperta dopo gli ultimi avvenimenti…
Accettai comunque il suo invito, ma quando feci il mio ingresso nella sua stanza rimasi subito stordita.
Per un attimo pensai di aver attraversato un portale magico che mi aveva trasportato indietro nel tempo fino alla mia vecchia cameretta.
L’attraente volto di Aldric mi fissava dai numerosi ritratti con cui Celeste aveva addobbato le pareti della sua stanza. Ne riconobbi diversi che io stessa possedevo.
E… quella sul suo comodino era la foto che avevo fatto così tanti sacrifici per ottenere!
Celeste, che mi aspettava seduta ad un tavolino, ridacchiò.
«Non sei la prima a rimanere paralizzata nell’entrare qui. Lo so è un po’ eccessivo… le mie amiche dicono che sono ossessionata…»
Ero certamente stupita, ma non per le ragioni che pensava.
Dopotutto forse la mia vecchia stanza era ancora peggio. Mancava solo che avessi eretto un santuario ad Aldric.
No, quello che mi aveva sorpreso era il fatto che Celeste fosse una sua ammiratrice.
Da quel che sapevo Aldric non era ben visto tra la classe nobiliare. Il fatto che il mago più potente del regno fosse un cittadino comune, senza una goccia di sangue nobile, aveva fatto storcere il naso a molti aristocratici.
Che la figlia del Duca Fitzroy fosse una sua fan dimostrava per l’ennesima volta quanto strana quella ragazza. Forse oggi avrei potuto capire il perché.
«Non è per niente eccessivo! Ero solo stupita perché hai qualche ritratto che non ho mai visto! Anch’io li colleziono.»
Gli occhi di Celeste si illuminarono.
«Oh ragazza mia, siediti siediti. Abbiamo già trovato qualcosa su cui possiamo chiacchierare per ore! A nessuno che conosco qui piace Aldric…»
Ecco questo era ciò che mi aspettavo. Dopotutto le ragazze che le gravitavano attorno erano tutte di famiglie nobili da quel che sapevo.
Mi avvicinai al tavolino e presi posto di fronte a Celeste. Quest’ultima mi mise davanti una tazza di tè fumante.
«Mmmh come mai hai queste cose in camera? Intendo il tavolino e il tè?»
Le nostre stanze erano tutte identiche dopotutto. E cibo e bevande, al di fuori dell’acqua, ci venivano forniti dal tavolo magico nella sala da pranzo.
«Oh questo? Magia! Ho duplicato la scrivania e le ho cambiato un po’ la forma,» rispose Celeste con nonchalance, «quanto alle tazze e alle foglie, quelle vengono dalla mia collezione che mi sono portata dietro. Non dormo la notte al pensiero che prima o poi le finirò se rimarremo qui dentro per molto tempo. Duplicandole perdono il sapore, come ben sai.»
Onestamente non avrei mai messo il rimanere senza tè tra le mie principali preoccupazioni.
Nondimeno, lo sorseggiai con piacere. Era ottimo.
«Allora…» iniziò Celeste.
Ecco, era arrivato il momento in cui mi avrebbe rivelato per quale motivo mi aveva invitato qui.
«Aldric!»
Celeste iniziò a tessere le sue lodi. Dopo un attimo di sorpresa non potei, da fan sfegatata, che unirmi a lei.
Finimmo così per chiacchierare per diversi minuti.
«…e non sai che pianto mi sono fatta quando mio padre mi ha detto che non lo potevo sposare!»
“Oh quindi è una di quelle, uh…”
Celeste sembrò intuire cosa mi stesse passando per la testa.
«Ehi, non è come pensi! Non prendermi per un’oca. Certo è affascinante, alto, muscoloso… Però a me interessa quel che ha dentro la testa! Pensa quanti incantesimi potrebbe insegnarmi.»
«Mmmh...»
Non aveva tutti i torti. Ma comunque non sapevo se, nonostante l’ammirazione nei suoi confronti, avrei voluto sposare Sir Aldric. Forse ero un po’ idealista, ma pensavo che il matrimonio fosse un passo da fare solo con chi si amava.
E a proposito…
«Tu sei fidanzata, giusto?»
«Oh sì, con Phil,» annuì Celeste, «avrei dovuto sposarmi fra un anno, ma beh ora non so se succederà.»
Sapevo che con “Phil” si riferiva a Philemon Hargrave, figlio di un potente marchese delle regioni settentrionali.
«Beh, non gli dispiacerebbe sentire che vorresti sposare qualcun’altro?»
«Nah, non penso gliene importerebbe più di tanto, dopotutto si tratta di un matrimonio combinato,» Celeste allontanò il pensiero con un gesto.
«Oh… mi dispiace.»
«Non ti preoccupare. Tra nobili si fa così. E, onestamente, a me non dispiace troppo. Philemon è un bravo ragazzo e siamo amici. Pensa se mi avessero appioppato un vecchio come a mia cugina!» sorrise Celeste, « tu invece? Sei così carina che avrai di sicuro un ragazzo!»
«Eh io!? No… mai avuto.»
“Non che non abbia ricevuto proposte.”
Dopotutto ero stata sfidata per quel motivo il primo giorno che ero arrivata qua. Anche nella mia vecchia cittadina non erano mancati i pretendenti, ma li avevo rifiutati tutti.
Non ero chiusa all’idea di frequentare qualcuno ma, finora, nessun ragazzo aveva mai attirato la mia attenzione.
«Beh, hai tutto il tempo del mondo. E con il tuo bel faccino avrai tanta scelta,» Celeste mi fece un occhiolino, «ma vedi di stare alla larga da Aldric. Se non lo posso avere io, allora non l’avrà nessuno!»
Scoppiammo a ridere entrambe.
Dopo un attimo però tornai seria. Mi era venuta in mente una cosa. Celeste era la persona perfetta con cui parlarne.
«Celeste, pensi che Aldric, quando era all’Accademia, abbia dovuto lottare come stiamo facendo noi?»
Per una volta l’espressione della ragazza si fece seria.
Senza il suo perenne sorriso sembrava quasi un’altra persona.
«Ci hai pensato anche tu, eh? Non vedo altre alternative. La situazione in cui ci troviamo spiega perfettamente perché non si conosca nessuno che abbia studiato con lui. Sono tutti svaniti nel nulla.»
«Ma allora perché Aldric non ha detto nulla?»
«Già quello è il problema, la spiegazione più ovvia è che voglia insabbiare tutto. Non vuole far sapere di aver ucciso i suoi compagni di classe per diventare quello che è.»
Il sorriso tornò ad increspare le labbra di Celeste.
«Ma io mi rifiuto di pensarlo! Per questo ho altre due ipotesi.»
«Dimmi, dimmi.»
Non volevo altro che mi desse una ragione per credere che il mio idolo non fosse un codardo o peggio, un assassino senza scrupoli.
«Numero uno! Purtroppo potrebbe non ricordarsi nulla. Nessuno ha memoria dei suoi compagni di classe. È ovvio che dietro ci sia lo zampino di un incantesimo. La scuola potrebbe semplicemente aver cancellato i suoi ricordi. Certo, fare una cosa del genere a qualcuno così forte come Aldric non deve essere stato facile, ma potrebbero averlo ingannato.»
«Numero due! E la mia preferita,» continuò Celeste energicamente, «Aldric sta aspettando l’occasione giusta per rivelare tutto. Dietro questa scuola c’è il Re, no? Anche qualcuno come Aldric non può andar contro al Sovrano come se niente fosse. Ma un giorno, al momento giusto, colpirà. Svelerà i crimini della corona, innescando una rivoluzione senza precedenti!»
Celeste scattò in piedi indicando in avanti.
Certo, la figlia di un duca era l’ultima persona che mi sarei aspettata inneggiare alla rivoluzione.
«Senza precedenti!»
Contagiata dal suo entusiasmo saltai su dalla sedia e mimai il suo gesto.
Scoppiammo entrambe a ridere.
Quando ci fummo sedute nuovamente, decisi di chiederle:
«Celeste… posso farti una domanda personale?»
«Spara!»
«Come fai ad essere sempre così… felice? Sai nella situazione in cui ci troviamo.»
I dolci occhi castani di Celeste si accesero di stupore.
«Sono certa che non sei la prima a domandarselo… ma nessuno me l’aveva mai chiesto direttamente.»
Fece una pausa.
«Mmh… vedi, probabilmente mi prenderai per matta, ma sono contenta di essere qui.»
“Uh?”
«Prima di arrivare all’Accademia la mia vita era così noiosa. Lezioni e lezioni di galateo, ricevimenti su ricevimenti. Per non parlare di tutte le visite di altri nobili in cui dovevo stare in un angolo a fare la bella statuina,» mi raccontò Celeste sospirando.
«Qui, invece, finalmente posso dedicarmi alla mia più grande passione: la magia. Certo tutta la parte del “uccidersi a vicenda” non è il massimo ma, onestamente, non mi sono mai sentita così viva…»
Forse era un po’ matta. Ma un minimo la capivo.
Se non fosse stato per la competizione mortale in cui eravamo intrappolate, questi giorni sarebbero stati probabilmente i più felici della mia vita.
Anche per questo ero decisa a farla pagare all’Accademia.
Io e Celeste continuammo a parlare del più e del meno per un’altra ora. Ormai avevo capito che non c’erano secondi fini dietro il suo invito, voleva solo passare del tempo con me.
A parte Amy, non mi ero mai sentita così a mio agio con una ragazza della mia età. Con Sophia dopotutto le mie conversazioni erano tutto meno che tranquille.
Decisi quindi di approfittare di questa nuova amicizia che avevo trovato. Celeste era proprio la persona perfetta.
«Senti Celeste… Ti andrebbe di fare qualche duello di allenamento con me ogni tanto?»
«Oh?» la ragazza sembrò subito eccitata all’idea.
«Vedi, lo scontro con Chloe mi ha fatto capire che non posso sempre affidarmi alla forza bruta. Ho bisogno di imparare nuovi incantesimi e modi per usarli in battaglia. E tu…»
«Oh, amica mia, ci divertiremo un mondo assieme!» disse Celeste poggiando una mano sulla mia spalla, gli occhi che brillavano, «ma non ti aspettare che ci vada piano solo perché è un allenamento.»
Dopo qualche minuto infine ci salutammo, con la promessa di incontrarci nel fine settimana.
Attraversai i corridoi della scuola diretta alla mia stanza.
Stavo pensando ancora a Celeste e per questo non mi accorsi che dietro un angolo qualcuno mi aspettava, appostato.
«Certo che sei stata ore lì dentro…»
«EH?!» sobbalzai dallo spavento.
«La vuoi smettere di tendermi agguati! È la seconda volta che mi fai venire un infarto! » sgridai Sophia, «e che diavolo ci fai qui? Mi stai pedinando?!»
«No… ero solo un po’ preoccupata. Che cosa voleva?»
Mi rilassai. Certo mi aveva fatto prendere uno spavento, ma sembrava che avesse buone intenzioni.
«Niente di che, abbiamo solo chiacchierato…»
«Solo chiacchierato…» Sophia mi lanciò un’occhiata sospettosa, «dovresti stare attenta a darle confidenza.»
“Uh?”
«Perché questo astio verso Celeste? So che è una nobile super importante, ma sembra veramente una brava ragazza.»
«Hai detto bene… Che ci fa qualcuno di così influente qui dentro? Pensi che il Re possa veramente aver mandato la figlia del suo braccio destro qua a morire?»
Avevo già pensato a qualcosa del genere, ma che altre alternative c’erano?
«Cosa intendi?»
«Non hai pensato che l’Accademia potrebbe avere una talpa tra gli studenti? Per sedare eventuali tentativi di ribellione sul nascere… Celeste sembra la persona perfetta per una cosa del genere.»
«Mmmh…»
Potrebbe aver ragione. Non era impossibile che tra gli studenti ci fosse nascosto qualcuno dalla parte dell’Accademia. In questo modo Skylark avrebbe potuto avere una spia tra di noi.
E di sicuro qualcuno particolarmente vicino al Sovrano sarebbe stato l’infiltrato ideale. Ma…
«Se anche fosse vero, sono certa che non sia Celeste. Non la conosci, è diversa da tutti gli altri nobili. E comunque non abbiamo parlato di nulla di importante…»
Ovviamente c’era la possibilità che fosse un’ottima attrice e mi avesse ingannato, ma non riuscivo ad immaginare che vi fosse traccia di malizia dietro quel volto perennemente raggiante.
«Se lo dici tu… Io ti avvisato, poi… fai quello che ti pare,» sbuffò Sophia.
«…»
Un pensiero mi balenò nella mente. Possibile che…
«Non è che sei gelosa?» le chiesi divertita, tirandole una gomitata giocosa.
«Gelosa?! E di che?» sbottò Sophia, sconvolta dalla mia accusa.
Le misi un braccio sulle spalle:
«Non ti preoccupare, passeremo insieme tutto il tempo che vuoi! Ora che ho finito con Celeste, puoi avermi tutta per te!»
«Idiota! Mollami!»
Battibeccando come al nostro solito ci dirigemmo insieme verso la sala comune.
Nei recessi della mia mente però, il monito di Sophia continuava a risuonare forte e chiaro.

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Capitolo 30
*** Un regalo problematico ***


28. Un regalo problematico



I due mesi successivi furono i più spensierati tra quelli che avevo trascorso finora nell’Accademia.
Ora, oltre che Amy, avevo due altre persone che potevo chiamare amiche.
La prima era Sophia.
Dopo le sue iniziali rimostranze, era diventata un’abitudine seguire le lezioni assieme. Da lì si eravamo passate a mangiare insieme sempre allo stesso tavolo e a chiacchierare nella stanza comune.
Tutto questo aveva portato grandi cambiamenti.
L’aura di terrore che circondava Sophia sembrava essersi indebolita.
Certo, nessuno osava ancora rivolgerle la parola, ma quantomeno non veniva più evitata come la peste nei corridoi e gli altri studenti non sembravano più considerare i posti liberi vicino a lei come dei patiboli.
Sophia stessa era cambiata un pochino.
Sorrideva molto più spesso e in generale sembrava essersi addolcita. Non che io e lei avessimo smesso di scannarci ad ogni occasione, ma forse era solo il modo in cui funzionava il nostro rapporto.
Purtroppo ancora non ero riuscita a scoprire di più su di lei.
Avevo provato a spingere la conversazione in quella direzione, ma si era sempre dimostrata elusiva alle mie domande.
Ma forse col tempo avrebbe iniziato ad aprirsi un po’ di più.
A questa routine si erano aggiunti anche i miei allenamenti con la mia seconda nuova amica: Celeste.
Avevo fatto un’ottima scelta nel chiederle una mano.
Come avevo notato seguendo i suoi duelli, era una maga estremamente capace, tanto che se ci fossimo sfidate seriamente non ero sicura di chi avrebbe vinto.
Dal punto di vista del puro potere magico ero avvantaggiata, ma Celeste sembrava molto più pratica nei duelli e aveva un controllo sul suo mana anche superiore al mio.
Grazie a lei avevo già imparato molti nuovi incantesimi da aggiungere al mio arsenale.
Quando le avevo chiesto se non le dispiacesse aiutare una sua futura rivale mi aveva risposto:
«Renderà solo più divertente sconfiggerti!»
Tipica Celeste.
Alcune volte si era unito a noi il suo promesso sposo, Philemon.
Sembrava un ragazzo serio e taciturno, ma malgrado quello che mi aveva detto Celeste, i due sembravano abbastanza affiatati.
Forse a volte era proprio vero che gli opposti si attraggono.
Ci aveva aiutato ad allenarci evocando numerosi scudi elementali, su cui avevamo sperimentato i nostri incantesimi più potenti.
Alcune volte ci era venuta a far visita anche Amy. In quei casi io e Celeste ci eravamo prodigate nell’insegnarle qualche trucchetto.
Al momento era di nuovo al sicuro in classifica. Sia io che Sophia la sfidavamo ogni giorno per poi arrenderci, garantendole un ammontare costante di punti.
Ora che oltre a me, anche Sophia le girava attorno, nessuno si azzardava a sfidarla.
Ma sapevamo che questo metodo non avrebbe funzionato in eterno. Quando il numero di studenti si sarebbe assottigliato, sarebbe inevitabilmente stata in pericolo.
Per questo era importante che migliorasse le sue abilità nei duelli finché poteva.
A proposito di Sophia, a differenza di Amy, non era mai venuta ad allenarsi con noi.
Ero certa che, malgrado quello che le avevo detto, sospettasse ancora di Celeste.
In ogni caso, quei giorni felici non facevano altro che farmi ribollire il sangue. La mia vita sarebbe stata perfetta in quel momento se non fosse stato per il gioco mortale in cui eravamo intrappolate.
A ricordarmelo ogni giorno c’era la classifica, che ora leggeva:

82 studenti rimanenti

Quasi venti studenti erano già morti e quel numero non avrebbe fatto che aumentare di settimana in settimana.
I miei giorni di pace erano contati. Dovevo trovare una via di fuga prima che fosse troppo tardi.


 
***


Il 18 dicembre sarebbe dovuto essere un giorno come tanti altri. Come al solito, al mattino mi incontrai con Amy e Sophia e facemmo colazione insieme. Dopodiché ci dirigemmo in classe, sedendoci negli ultimi banchi e chiacchierando in attesa del professore.
Ma non arrivo.
A fare il suo ingresso fu Skylark.
Era da quando mi aveva ricevuto nel suo ufficio insieme a Sophia che non vedevo il vecchio preside.
Probabilmente se ne stava rintanato là su al secondo piano tutto il tempo. Dopotutto non insegnava e i professori non mangiavano insieme a noi alunni.
Un silenzio tombale calò immediatamente nella classe.
Sapevamo tutti che se il preside era qui, non poteva esserci  dietro nulla di buono.
Skylark aspettò che gli ultimi ritardatari prendessero posto e si rivolse alla classe.
«Buongiorno. Non abbiate paura, il motivo per cui sono venuto a parlarvi è piuttosto piacevole.»
“Non ci credo neanche se mi paga.”
«Come sapete tra una settimana avrà luogo la festa della Luna Invernale,» iniziò il preside.
“Uh?”
Certo che me ne ricordavo, ma seriamente Skylark si aspettava che festeggiassimo?
Dopotutto, se anche fossimo stati dell’umore giusto, durante la festa della Luna Invernale era tradizione scambiarsi regali. Ma qui ovviamente non c’era neanche un negozio in cui comprarne uno.
Forse voleva forse che li realizzassimo da soli con la magia?
No, come sempre quando c’era di mezzo Skylark, la cosa puzzava.
«Per questo l’Accademia ha deciso di farvi un regalo.»
L’intera classe rabbrividì.
“Che diavolo ha in mente?”
«Oh non preoccupatevi non è niente di terribile,» commentò Skylark sorridendo sprezzante sotto i baffi, «dopotutto non è niente di diverso da quello che avete fatto finora. Il regalo che vogliamo farvi è un duello: il migliore che abbiate mai fatto!»
Un brusio si sparse tra gli studenti, era chiaro che tutti ci stessimo chiedendo cosa intendesse.
«Cosa intendo è molto semplice. In questi tre mesi io e gli altri professori abbiamo osservato attentamente le vostre abilità. Bene o male, ora abbiamo una buona idea di cosa siete capaci e di come combattete.
Abbiamo quindi selezionato tra tutti gli altri studenti il vostro avversario ideale.
Vi sfiderete tra una settimana in un duello entusiasmante in cui dovrete mettere tutti voi stessi per vincere.
Dato che si tratta di un'occasione speciale, al vincitore andranno ben 50 punti, mentre lo sconfitto non riceverà alcuna penalità.
Vedetela come un’opportunità per far vedere ai vostri compagni di cosa siete capaci.
Come vi dicevo si tratta di un regalo. Nessun trucco.»
Onestamente, detta così, non suonava così male.
Certo c’era la possibilità di trovarsi contro qualcuno con un potere innato, ma era improbabile che qualcuno svelasse le sue carte solo per 50 punti.
Avevo però un brutto presentimento.
«Bene è ora di scoprire contro chi andrete a sfidarvi.»
Il preside battè le mani.
La classifica sul lato destro della stanza cambiò. I nomi dei superstiti andarono a mescolarsi formando 41 coppie.
Cercai in fretta il mio nome.
Ma in cuor mio sapevo con chi mi sarei ritrovata a duellare.
Fu così che, senza alcuna sorpresa, ma con rassegnazione andai a leggere:

Elizabeth Belvoir vs Sophia Thornton

Era così ovvio. Quel bastardo di Skylark non avrebbe deciso altrimenti.
Tirai un’occhiata di sbieco alla mia avversaria.
Il volto di Sophia non tradiva alcuna emozione. Ero sicura che anche lei si fosse aspettata di trovarsi contro di me.
Ne avremmo parlato dopo.
Riportai il mio sguardo sulla classifica.
Celeste si sarebbe sfidata con Philemon. Quello sì che sarebbe stato uno scontro interessante.
Quanto a Amy…
«Owen Finch?! Ma sta tipo venti posizioni davanti a me! Non ho possibilità di vincere!» esclamò a fianco a me.
«Mmmh se l’hanno scelto come tuo avversario deve esserci un motivo… Comunque puoi contare su di me, se vuoi provare a vincere ti darò una mano a trovare una strategia.»
Affrontare uno studente in top 30 poteva essere un buon test per gli allenamenti che aveva fatto con me Celeste.
Dopo aver aspettato che la classe ritornasse in silenzio, Skylark riprese la parola.
«Molto bene, questo è tutto. Fate in modo di prepararvi a dovere. Per l’occasione vi sfiderete in un’arena speciale, mi aspetto che offrirete uno spettacolo degno di questo nome a me ed ai vostri compagni. Buona fortuna!»
Detto questo uscì dall’aula, dandosi il cambio con il nostro solito professore il quale iniziò subito la lezione.
Ma probabilmente nessuno ascoltò una parola quel giorno.
Tutti stavamo pensando al duello che avremmo dovuto affrontare da lì ad una settimana.
Non potei fare a meno di lanciare diverse occhiate di sfuggita a Sophia, la cui espressione continuava ad essere imperturbabile.
Decisi che le avrei parlato prima di andare a pranzo. Volevo sapere cosa le girava per la testa…

 

***


Fu così che, finite le lezioni mattutine, mentre stavamo uscendo dalla classe, mi rivolsi a Sophia:
«Possiamo parlare un minuto?»
Si limitò ad annuire in risposta.
«Io vi aspetto al solito tavolo,» disse Amy e si diresse con il resto degli studenti verso la sala da pranzo.
Aspettai che il resto dei miei compagni fossero usciti, così che io e Sophia fossimo le uniche a rimanere nell’aula.
«Allora?» le chiesi.
«Allora cosa?» mi domandò a sua volta, alzando un sopracciglio.
“Uff perché deve sempre fare la difficile…”
«A proposito del duello, ovviamente,» le risposi alzando gli occhi al cielo.
«Cosa vuoi che ti dica? È una perdita di tempo. Per 50 punti non vale la pena neanche pensarci.»
Era un ragionamento perfettamente logico come al solito. Io e lei avremmo potuto racimolare quei punti in un paio di giorni dopotutto. 
«Quindi cosa vorresti fare? Da come ne ha parlato Skylark non sembra che potremmo rifiutarci di duellare.»
«Basterà semplicemente che una di noi si arrenda appena il duello comincia,» rispose Sophia con fare svogliato.
Ancora una volta, aveva ragione. Facendo così, il nostro “scontro” sarebbe durato solo una manciata di secondi.
Ma c’era qualcosa su cui volevo vedere chiaro.
«D’accordo, quindi sarai tu ad arrenderti dato che l’hai proposto?»
Per la prima volta la maschera serafica di Sophia sembrò tremare.
Ci avevo preso.
«Perché, ti interessano quei miseri cinquanta punti?»
«Non particolarmente. Dicevo così tanto per, dopotutto è la stessa cosa no?»
Silenzio.
“Lo sapevo.”
Malgrado ogni giorno lo facesse di proposito per il bene di Amy, ero certa che Sophia odiasse perdere. A maggior ragione se contro di me.
«Allora?» la incalzai, «l’hai detto tu, non vale la pena combattere. Quindi ti arrenderai appena inizia il duello, giusto?»
Finalmente Sophia gettò via la maschera:
«Non vedo perché dovrei essere io a farlo. In un vero duello vincerei di sicuro! È più giusto che sia tu ad arrenderti!» esclamò uscendo allo scoperto.
Seppur mi aspettassi quelle parole, non potei fare a meno che sentire una certa irritazione montare dentro di me.
«Ah è così che la pensi? Certo che non hai problemi a mostrare quanto sei arrogante!»
«Che ci posso fare, è la verità!» rispose Sophia piccata, «ma se devi fare così tante storie va bene, mi arrenderò io.»
Ma ormai il danno era fatto.
«Quindi le cose che mi ha detto in infermeria erano tutte cazzate?»
Ormai la mia voce tremava di rabbia.
Grazie a lei avevo superato le mie insicurezze, ma proprio per questo ora mi sentivo insultata dalle sue parole.
Certo, non c’erano dubbi che sarebbe stata in netto vantaggio contro di me grazie al suo potere, ma il fatto che fosse così sicura di vincere non mi andava giù.
Nonostante fossimo diventate amiche, la consideravo ancora come una rivale, ma evidentemente non valeva lo stesso per lei.
Dal canto suo, Sophia sembrò colpita dalla mia reazione e si sbrigò a replicare:
«Non è così! Io… le cose che ti ho detto le penso davvero. Ma per quanto tu sia abile, una semplice maga non può fare nulla contro il mio potere!»
Ma ormai era come buttare benzina su un fuoco.
«OH! Una semplice maga, eh? È questo che pensi di me?!»
Non era sicura di cosa mi stesse facendo alterare così tanto.
Sapevo che in fondo Sophia stesse solo dicendo la verità.
Quest’ultima sembrò andare ancora di più nel panico nel vedere che le sue parole avevano sortito l’effetto contrario a quanto auspicava.
«No! Non è quello che intendevo! Non voglio sminuire le tue abilità davvero… È solo come… sasso, carta, forbice! Per quanto ci provi sasso non batterà mai carta. Il mio potere è perfetto contro la magia.»
Ma non volevo sentir ragione.
«Pensi veramente di essere invincibile? Ti farò vedere cosa succede quando uno prende sotto gamba la magia!»
Ormai Sophia non sapeva più cosa dire, la sua espressione era a metà tra la confusione e il rimpianto.
Era chiaro che avrebbe voluto rimangiarsi tutto quello che aveva detto finora.
«Perché te la stai prendendo così tanto per uno stupido duello!?... Elizabeth!?»
Ma avevo già girato i tacchi.
Uscii dalla stanza, ignorando Sophia che chiamava il mio nome, esasperata.
Presto, mentre correvo l’ala ovest, iniziarono a venirmi i sensi di colpa. Dopotutto ero sicura che non intendesse ferirmi con le sue parole.
Comportandomi così rischiavo di azzerare tutti i progressi che avevamo fatto nel nostro rapporto.
Ma comunque, non tornai indietro.
Nonostante tutto non riuscivo a perdonarla.
Avevo capito il perché mi fossi arrabbiata così tanto.
Non riuscivo a sopportare il fatto che per lei un duello tra noi due fosse “stupido”, quando per me era quello più speciale che avrei mai potuto combattere.
E glielo avrei fatto vedere.
Probabilmente mi avrebbe comunque battuto, ma l’avrei fatta sudare sette camicie prima di farlo.
Per questo appena arrivai nella sala da pranzo. non mi diressi al solito tavolo dove Amy mi stava aspettando.
Il mio sguardo si perse tra i miei compagni di classe finché non individuai quei vistosi boccoli biondi.
«Oh Elizabeth, buong- Oh?»
Afferrai Celeste per un braccio e offrendo un cenno di scuse alle ragazze che erano sedute al suo tavolo, la trascinai fuori dalla sala.
«A cosa devo questo rapimento?» mi chiese Celeste sorridendo per nulla turbata.
«Scusami tanto, ma ho un enorme bisogno del tuo aiuto. Fra una settimana io DEVO sconfiggere Sophia!»

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Capitolo 31
*** Determinazione ***


29. Determinazione



Per i sette giorni successivi la mia routine subì nuovamente dei cambiamenti drastici.

Dopo la nostra litigata, il mio rapporto con Sophia si era come congelato. Era strano, se qualcuno ci avesse osservato da lontano non avrebbe notato nulla di strano.
Dopotutto avevamo continuato a sederci vicine come se nulla fosse e quando ci rivolgevamo la parola lo facevamo in maniera pacata.
Ma era proprio lì il problema. Di solito eravamo come cane e gatto.
Per chiunque ci conoscesse sarebbe stato ovvio che c’era qualcosa che non tornava.

Amy se n’era accorta subito, la sera stessa del nostro litigio, se così potevamo chiamarlo. Mi aveva preso da parte e mi aveva chiesto se fosse successo qualcosa tra me e Sophia.
Le avevo raccontato tutto, facendomi piccola piccola dalla vergogna sotto il suo sguardo severo, come quello di una madre che non ne poteva più dei litigi delle sue stupide figlie.

«Ma quanti anni avete? Pensavo che dopo la storia di Chloe finalmente aveste imparato quanto è importante comunicare con sincerità l’una con l’altra…»

«Questa volta è soprattutto colpa mia. So che Sophia non intendeva dire nulla di male. Ma proprio non riesco a sopportarlo… che non voglia prendere un duello tra di noi sul serio…»

«E allora perché non glielo dici?!»

«Lo farò, ma prima voglio farle vedere quello di cui sono capace. Solo così capirà…»

«Fai un po’ come ti pare…»

Quel disappunto nella voce di Amy era stato come una pugnalata. Da quella notte anche lei aveva iniziato a trattarmi con una certa freddezza.

Ma seppur mi sentissi in colpa, avevo intenzione di tirare dritto.
Fortunatamente potevo contare su una complice estremamente entusiasta.

Gli occhi di Celeste avevano brillato di luce propria quando le avevo spiegato le mie intenzioni. Da allora i nostri appuntamenti settimanali si erano trasformati in quotidiani.
Nel primo di questi avevamo deciso la strategia da adottare.
Ero stata io ad avere l’idea.

Dopotutto avevo iniziato a formulare una strategia sin da quando avevo scoperto in cosa consistesse il potere innato di Sophia.

“Tagliare qualsiasi cosa, che fosse un oggetto, un incantesimo o una persona.”

La chiave per batterla era teoricamente molto semplice. Dovevo aggirare il suo potere.
Come?
Beh, seppure lei avesse detto “qualsiasi cosa”, c’erano di sicuro dei limiti.
Sia dal punto di cosa potesse tagliare, sia di quanto potesse tagliare.
Il problema era come sfruttare questi punti deboli.
Dovevo trovare l’arma adatta. Ed era qui che entrava in gioco Celeste.
Grazie alla sua passione per la magia, era la persona perfetta per aiutarmi a trovare l’incantesimo giusto per mettere in atto il mio piano.
Fortunatamente non avevamo impiegato molto a trovarlo.

Il giorno dopo l’annuncio dell’evento, Celeste aveva bussato alla porta di camera mia. Al suo seguito, levitando pigramente in aria, c’era una pila di grimori alta quasi quanto lei. A quanto pare la sua collezione di testi sulla magia non aveva nulla da invidiare a quella di merchandising a tema Aldric.

«Come diavolo hai fatto a portarti dietro tutta questa roba?» le chiesi, sbalordita.

«Mai sentito parlare di una valigia senza fondo?»

Esisteva veramente una cosa del genere?
Un oggetto con un incantamento di quel tipo doveva costare un occhio della testa.

“Dannati nobili…”

Avevamo quindi iniziato a spulciare quei volumi in cerca di qualche spunto.
Un paio di ore dopo, mentre ne scorrevo uno, gli occhi mi caddero su un incantesimo molto particolare.

«Celeste! Vieni a vedere!»

La mia amica sollevò il naso dal libro che stava spulciando e si avvicinò e ne lesse gli effetti da sopra la mia spalla
Celeste iniziò a ridacchiare:

«Oh oh! Sei veramente perfida! Questo è proprio un colpo basso da usare contro una come lei!»

Aveva ragione. Dubito avrei trovato qualcosa di meglio in quella pila di libri. Era perfetto, ma…

«Sembra veramente complicato… Espandere il mio mana così tanto… Secondo te potrei farcela?»

«Beh c’è solo un modo per scoprirlo. Hai fino al 25 per imparare a usarlo, meglio iniziare a far pratica dopo cena! Ce la faremo!»

Nonostante le parole incoraggianti di Celeste, ero ancora dubbiosa. C’era un altro problema.

«Ma se anche riuscissi a usare questo incantesimo… Certo di sicuro la prenderei di sorpresa, ma non è abbastanza per sconfiggerla. Non si arrenderebbe mai per così poco….»

«Mmmh non hai tutti torti… Se ne avessi maestria potresti lanciarlo con così tanta potenza da metterla fuori gioco all’istante… Ma immagino sarebbe pericoloso…»

Celeste iniziò a passeggiare per la stanza sovrappensiero.

Dopo qualche minuto sembrò venirle un’idea.

«Liz, mai sentito parlare di doppio lancio

Sapevo benissimo di cosa parlava.
Nel gergo magico con doppio lancio si intendeva l’utilizzo di due incantesimi allo stesso momento. In pratica la tecnica che avevo usato per sconfiggere Chloe, il mio asso nella manica.

Era arrivato il momento di decidere se mi fidavo davvero di Celeste.
Rivelarle appieno le mie abilità era necessario se volevo che mi aiutasse. Ma se un giorno ci fossimo trovate l’una contro l’altra avrei perso la possibilità di coglierla di sorpresa.

Celeste sembrò intuire le ragioni dietro la mia esitazione.
Estrasse la sua bacchetta facendo levitare in aria uno dei grimori poggiati sulla scrivania.
Puntò poi un indice della sua mano libera verso un altro libro il quale andò ad orbitare intorno all’altro.
Mi fece un occhiolino.
Dovevo immaginare che anche lei fosse capace a fare qualcosa del genere.
Vedere che si fidava di me, mi spronò a fare lo stesso. Dopotutto se volevo sconfiggere Sophia avrei comunque dovuto usare tutto il potere.

«Sì, l’ho usato in passato. Ma solo con incantesimi semplici…»

«A volte gli incantesimi più semplici, sono anche i più pericolosi!» replicò Celeste in tono misterioso.

“Cos’ha in mente?”

«Ma anche se trovassi un incantesimo semplice in grado di sconfiggere Sophia, non penso sarei in grado di usarlo insieme all’altro… È troppo difficile!»

«Vuoi vincere o no?»

«Certo che sì!»

«Allora non voglio più sentirti dire le parole “troppo difficile”. Fanculo le lezioni, iniziamo subito!»

Celeste mi aveva trascinato fuori dalla stanza in direzione del cortile interno.
Da allora avevo passato ogni momento possibile ad esercitarmi. Spesso ero andata vicina ad esaurire il mana, tanto che Celeste aveva dovuto sorreggermi per riportarmi in stanza..
Ma pian piano avevo iniziato ad ottenere dei risultati incoraggianti.
Era allora che avevo chiesto un altro favore a Celeste.

«Celeste, ti dispiacerebbe aiutare Amy a preparare il suo duello? Se mi offrissi di farlo io… penso rifiuterebbe al momento…»

«Roger! Se serve ad aiutarti a concentrarti meglio.»

Quella ragazza era instancabile.

«Celeste, come mai sei entusiasta di aiutarmi a battere Sophia?»

Possibile che l’astio che quest’ultima sembrava provare nei suoi confronti fosse reciproco?
Ma il motivo era un altro.

«È molto semplice. Voglio dimostrare che la pura e semplice magia è più che capace di trionfare anche su uno strano potere come il suo. E ovviamente anche perché siamo amiche e mi hai chiesto di darti una mano. Quindi vedi di farle sputare sangue!»

Non ero sicura se quella strana nobile invasata della magia fosse un angelo o un demone.


 

***



Riposi la mia bacchetta nel fodero.
Avevo fatto tutto il possibile.
Se avessi continuato ad allenarmi non avrei fatto altro che rischiare di non avere abbastanza mana per il giorno dopo.

Era la notte di vigilia della Luna Invernale e del mio duello contro Sophia.
Mi trovavo all’interno dell’aula di allenamento magico.
Con l’avvicinarsi dell’evento, il cortile interno aveva iniziato ad essere sempre più affollato di altri studenti.
Non avevo intenzione che qualcuno spiasse la mia strategia.
Inoltre, lì dentro finivo sempre per perdere la concezione del tempo, per via dell’incantamento che rendeva il cortile perennemente illuminato da un sole artificiale.

Uscii dell’aula sbadigliando.
Era meglio andare a letto presto. Domani avrei avuto bisogno di tutte le energie possibili.
Mentre attraversavo i corridoi della scuola, diretta alla mia stanza, incrociai numerosi studenti. Non ero la sola ad aver voluto fare un allenamento a quanto pare. Quei 50 punti, per me così ininfluenti, facevano di sicuro gola ai miei compagno più in basso in classifica.
Girando un angolo notai la snella figura di Sophia un po’ più avanti di me.

“Che ci fa in giro a quest’ora?”

Che si stesse allenando anche lei? Nah…
Negli ultimi giorni, la frattura che si era creata tra noi non si era sanata. Continuavamo a trattarci con quell’innaturale fredda cortesia.

“Ma domani, rimetterò le cose apposto.”

Almeno speravo…
Spinta da un impulso improvviso, accellerai il passo.
Mi affiancai a lei.

«Ehi…»

«Oh… ciao.»

“...”

«Anche tu, fuori dal letto, uh?»

«Già…»


«Perché è così difficile…”

Camminando insieme in silenzio, arrivammo di fronte alla sua stanza.
Senza guardarmi in faccia, mi saluto:

«A domani.»

Aprii la porta e fece per entrare.
Ma prima che lo facesse, le afferrai il polso, fermandola.
Rimanemmo così, immobili, per qualche istante.

«Guardami in faccia!» sbottai.

Sophia si voltò, sorpresa.
Forse era la prima volta che i nostri occhi si incontravano da una settimana.

«Domani… ti devo parlare. Ma prima, affrontami con tutto quello che hai!» le urlai.

L’espressione di Sophia era imperscrutabile:

«Ne sei sicura? È questo che vuoi?»

«Idiota! È quello che ho voluto sin dal primo momento!»

«Spero non te ne pentirai. Se è tutto… Buonanotte.»

«Buonanotte!»

Le mollai il braccio e girai i tacchi.

«Spero che non te ne pentirai.» le feci il verso, parlando tra me e me.

Quest’ultimo scambio non aveva fatto altro che aumentare la mia determinazione.
Gliel’avrei fatta vedere.



 

***



La mattina dopo, appena alzata, già tremavo per l’eccitazione.
Dopo il mio scontro con Chloe, avevo realizzata che forse non ero altro che un’amante dell’adrenalina.
Volevo riprovare il brivido di trovarmi contro un avversario più forte di me.

“Sto facendo il gioco di Skylark…”

Forse lo scopo di quel gioco mortale era risvegliare quel tipo di emozioni in noi…

Arrivata nella sala da pranzo, afferrai la colazione dal cerchio magico e mi diressi al solito tavolo, dove trovai Amy ad attendermi.
Di Sophia nessuna traccia.

«Ehi Amy, ti senti pronta?»

«Mmh sì…»

Anche a lei tremavano le mani.

“Non ne posso più…”

Avrei sistemato le cose con Sophia più tardi, ma non c’era ragione di non farlo adesso con Amy.

«Senti Amy, lo so, mi sto comportando come una bambina. Ma è importante per me. Ti prometto che rimetterò le cose a posto. E d’ora in poi cercherò di essere più ragionevole. Quindi ti prego, torna a sorridermi come prima!»

L’espressione di Amy tremò e dopo un attimo… Fui assalita con uno dei suoi soliti abbracci spacca costole.

«Lizzie! Aiutooo, sono così nervosa!»

E così, in un attimo, le cose erano tornate come al solito. Se solo fosse stato così facile con Sophia.
Quando mi lasciò andare le sorrisi:

«Mi sei mancata Amy!»

«Anche tu!» ricambiò tornando al suo posto.

«Dimmi, Celeste ti ha aiutato a trovare una strategia?»

«Sì! Ha detto che ha chiesto in giro come duella Finch…. Quindi dovrebbe funzionare… Ma sono sicura che sbaglierò qualcosa, lo sai come son fatta!»

«Ce la farai! Lo so che lo farai nero! Sei migliorata tantissimo, fra un po’ non avrai neanche più bisogno dei punti che ti diamo!»

«Ma che dici. E tu… Ti senti pronta?»

«Sì,» risposi con decisione, «non sono sicura di vincere ma… ho fatto del mio meglio. Vada come vada, le farò capire che non può permettersi di sottovalutarmi.»

Continuammo a chiacchierare per il resto della colazione.
Dopodiché ci alzammo, pronte a dirigerci in aula.
Ma quando arrivammo nei pressi dell’ingresso, notammo che in lontananza si era formato un folto gruppo di studenti.

«Che succede?» chiese Amy, preoccupata.

Non la biasimavo, l’ultima volta che avevamo assistito ad una scena del genere ci era scappato un morto.
Ma quando fummo più vicine, capimmo subito il perché di quell’assembramento: la presenza di Skylark.

“Che sta succedendo?”

Immediatamente notai qualcosa di strano.
Dietro il preside, in cima alla scalinata di marmo, laddove prima vi era una solida parete di pietra, ora era comparsa una grande porta con inciso sopra il simbolo dell’Accademia.
In quel momento ricordai le parole del vecchio professore:

Per l’occasione vi sfiderete in un’arena speciale.

Probabilmente era lì dietro quel muro.
Forse ne sarei stata più sorpresa se non avessi già scoperto l’esistenza di stanze segrete nella scuola.

Io ed Amy ci unimmo ai nostri compagni.
Guardandomi attorno, incrociai lo sguardo di Celeste, la quale mi salutò allegramente con la mano, facendomi l’occhiolino.
Vidi anche Sophia, al limitare del gruppetto, con la sua solita espressione annoiata.

“La cancellerò molto presto!”

Aspettammo il resto della classe per una decina di minuti e poi, sotto esortazione del preside, risalimmo la scalinata.
Non appena Skylark posò una mano sulla porta intarsiata, questa si spalancò all’istante.
Quando riuscii ad intravedere cosa ci fosse attraverso, rimasi interdetta.

“E questa sarebbe l’arena speciale?”

La stanza era vuota e sembrava essere grande a malapena per contenerci tutti e 80.
Che volesse che assistessimo al duello dalle scale? Ma presto capii che c’era qualcosa sotto.
Infatti, il preside vi entrò facendoci cenno di seguirlo. Quando fummo tutti entrati, la porta si chiuse dietro di noi.
Il preside battè le mani e un cerchio magico luminoso si accese nel pavimento.

“Che diavolo...?”

Ma prima che qualcuno potesse anche solo emettere un grido di sorprese, il cerchio si spense.

«Eccoci arrivati,» disse Skylark, dirigendosi verso la porta.

Quando questa si aprii, la luce invase la stanza.
Ma questa volta non era artificiale.

«Ma è… il sole!» esclamò Amy al mio fianco, sbalordita.

Era chiaro che si aspettasse qualche trucco.
Ma no, quando uscimmo dalla stanza, capimmo subito che era tutto vero.
Eravamo sul tetto dell’Accademia.

 

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Capitolo 32
*** Vincitori e vinti ***


30. Vincitori e vinti



Era la prima volta in tre mesi che potevamo goderci la luce del sole senza che questa fosse schermata dalle finestre dell’Accademia.
Ma presto mi resi conto che qualcosa non andava.
C’era fin troppo caldo per essere in pieno inverno e non tirava un filo di vento!
Che fosse un’elaborata illusione dopotutto?

Skylark sembrò notare la confusione che aveva iniziato a serpeggiare tra me e i miei compagni e divertito spiegò:

«Pensavate veramente che vi avremmo portato all’esterno senza prendere delle precauzioni? Una barriera, simile a quella che presiede i duelli, circonda tutta l’Accademia, quindi non provate neanche a pensare di levitare giù dal tetto!»

“Bastardo…”

Portandoci lassù non aveva fatto altro che ricordarci come non eravamo altro che degli uccellini in gabbia, completamente alla sua mercé.
Ma ovviamente il sadismo del preside non era il solito motivo per cui ci trovavamo sul tetto.
Sull’ampio spazio libero era infatti stata predisposta una vera e propria arena con tanto di spalti.
Alcuni dei posti a sedere erano già occupati.
Tra i volti noti dei vari professori dell’Accademia, notai subito una persona sconosciuta vestita in modo sfarzoso.

«Quello è il consigliere del re.» sentii la voce di Celeste sussurrarmi nell’orecchio.

“Il consigliere del re…”

Non che avessi pensato che Skylark ci avesse mentito, non avrebbe avuto ragione dopotutto, ma vedere davanti a me la prova tangibile che la corona era dalla parte dell’Accademia, fu quantomeno sconfortante.
Le persone che ci avevano intrappolato qui dentro non sarebbero mai state assicurate alla giustizia.
E non solo, se anche fossimo riuscite a fuggire, la nostra vita non sarebbe stata facile: il Re ci avrebbe considerato scomode, probabilmente ci avrebbe dato la caccia per insabbiare tutto.

“Ci penserò una volta fuori di qui…”

Ma in ogni caso perché quell’uomo era lì?
Che Skylark avesse organizzato questo evento precisamente per lui?
Se lo scopo di questo gioco malato era creare un mago potente come Aldric, magari il Sovrano voleva sapere quanti progressi l’Accademia avesse fatto in quella direzione.
In pratica voleva essere informato a che punto era la costruzione della sua nuova arma.


Ma veramente l’ultimo sopravvissuto avrebbe accettato di servire il proprio carnefice?
Ricordai la conversazione che avevo avuto con Celeste riguardo ad Aldric. Che veramente non ricordasse nulla del tempo che aveva passato qui?

La voce di Skylark mi riportò sulla terra, quando ci ordinò di prendere posto negli spalti. Non potemmo far altro che ubbidire.
Mi accomodai tra Amy, che continuava a tremare dal nervosismo, e Celeste che come al solito sembrava non avere alcuna preoccupazione al mondo.
Il preside prese posto nello scranno più alto e si rivolse a tutti i presenti.

«Molto bene! Benvenuti nell’arena principale dell’Accademia. Per i nostri studenti è la prima volta ma non sarà l’ultima. Se sarete tra i fortunati ad arrivare alla fine, sarà qua che combatterete i vostri ultimi duelli. Ma manca molto tempo a quel momento. Per oggi concentratevi a dare il meglio di voi e rendere onore sia all’Accademia che alla festa che oggi andremo a festeggiare!»

Dei sommessi applausi si levarono dagli altri professori, ovviamente nessuno degli studenti fece lo stesso.

«Ora, prima di iniziare, una piccola comunicazione. Dato che al momento siete in numero dispari, lo studente che era accoppiato con colui che ci ha lasciato questa domenica riceverà automaticamente i 50 punti promessi.»

Vedi un ragazzo più in basso di me esultare.
Certo era di cattivo gusto, ma non potevo biasimarlo. Se doveva scontrarsi con l’ultimo in classifica probabilmente non era molto abile, quei punti gli avrebbero salvato la vita per qualche settimana.

«E ora, senza esitazione, diamo via all’evento!»

I primi due studenti furono chiamati.
Una volta scesi dagli spalti, si disposero uno di fronte all’altro nell’ampia arena.
Senza aspettare che proferissero parola, la solita barriera magica si formò tra loro.
Come sospettavo, non avremmo avuto scelta, dovevamo duellare. Inoltre non sembrava possibile aggiungere condizioni come in un regolare duello.
Dopo pochi secondi lo scontro iniziò.
E fu… abbastanza noiosa.
Niente di fuori dall’ordinario. I due sfidanti erano in una buona posizione in classifica quindi non si impegnarono tanto.

Seguirono altri dieci duelli di intensità altalenante.
Alcuni, sopratutto quelli tra studenti con meno punti, furono più combattuti, mentre altri addirittura si conclusero con una resa istantanea di uno dei due sfidanti, proprio come avrebbe voluto fare Sophia.

Finalmente arrivo il turno di una di noi: Amy.
Le diedi una pacca di incoraggiamento sulla spalla mentre si alzava, con lo stesso entusiasmo che avrebbe avuto andando ad un funerale.
Celeste invece le gridò:

«Mi raccomando!»

Amy rispose con uno strano verso. Forse temeva che avrebbe vomitato se avesse aperto bocca.
Lentamente la mia migliore amica scese nell’arena dove trovò ad attenderla uno sfidante che non avrebbe essere più diverso da lei.

Owen Finch era un ragazzone alto e muscoloso. Mi ricordava molto il defunto Carl Stuart.
In un fodero agganciato dietro la schiena, portava uno spadone che era alto quasi quanto Amy.

«Quel tipo è un mago da battaglia, non se ne vedono tanti in giro,» commentò Celeste al mio fianco.

Con “mago da battaglia” si intendeva un combattente che prediligeva la mischia, combinando l’abilità all’arma bianca con incantesimi di potenziamento e rinforzo. Celeste aveva ragione, era raro che qualcuno scegliesse quello stile. I maghi solitamente preferivano combattere a distanza dopotutto.
Ma anche per questo poteva rivelarsi una strategia sorprendentemente efficace.
Se uno non se l’aspettava, essere caricati dal proprio avversario a velocità sovrumana poteva portare ad una veloce sconfitta..
Una strategia iper-offensiva come quella era l’ideale per mettere alle strette un mago inesperto senza dargli tempo di pensare.
Non potei fare a meno di avvertire un po’ di preoccupazione. Quel tizio sembrava essere capace di spezzare in due Amy a mani nude.

«Andrà tutto bene, Amy ha lavorato tanto come te,» disse Celeste con confidenza.

Il conto alla rovescia iniziò.
Amy estrasse la sua bacchetta mettendosi in posizione.
Finch fece lo stesso, ma la puntò verso di sé, borbottando qualcosa. Il suo corpo iniziò a brillare per l’effetto dei suoi incantesimi. Dopodiché fece lo stesso con lo spadone che aveva estratto, il quale anch’esso si illuminò con un bagliore azzurrino.
Non avevo idea di che potenziamenti avessi utilizzato, si trattava di un branca della magia di cui non ero esperta.

3

2

Amy sembrava essersi calmata, potevo vedere la determinazione sul suo volto.

1

Finch si lanciò immediatamente alla carica, veloce come un lampo grazie agli incantamenti che aveva utilizzato.
Ma prima che potesse raggiungere la sua avversaria, questa sussurrò qualcosa.
Una fitta nebbia si espanse velocemente intorno a lei, oscurando alla vista l’intera arena.

“Ah, dovevo immaginare che Celeste avrebbe deciso di farla combattere così…”

Normalmente Amy non avrebbe avuto chance in un duello contro un avversario simile. Gli incantesimi necessari per oltrepassare gli incantamenti di un mago da battaglia erano fuori dalla sua portata. Ma con l’inganno e il sotterfugio poteva capovolgere la situazione.
Purtroppo però, quell’incantesimo aveva l’effetto collaterale di non farmi vedere che diavolo stesse succedendo.
Aguzzai le orecchie ma il chiacchiericcio dei miei compagni lo rese futile.
Presto però Owen Finch urlò:

«Wind stream

La nebbia evocata da Amy fu presto spazzata via e fui in grado di vedere cosa fosse successo.
Finch era piegato in ginocchio, il suo spadone per terra ai suoi piedi. Si stava toccando una caviglia, in volto un’espressione dolorante.
Capii subito il perché. Nel punto in cui all’inizio del duello era posizionata Amy, era ora presente un piccolo spuntone di roccia. Finch nella sua carica scellerata doveva esserci inciampato.
La ragazza era ora dalla parte opposta dell’arena, a distanza di sicurezza.

“Vai così, ragazza mia!”

Ma non sarebbe stato facile.
Amy iniziò a bombardare il suo avversario con una sfilza di palle di fuoco, ma queste non sembrarono fargli neanche il solletico.
Finch si rialzò e, raccolta la sua arma, si rilanciò all’assalto.
Ma prima che potesse raggiungere Amy accadde qualcosa di inaspettato. All’improvviso il terreno sotto i suoi piedi si illuminò e si scatenò una piccola esplosione, che lo mandò gambe all’aria.

“Un sigillo magico!”

I sigilli erano delle magie particolari. Disegnando delle forme ben precise era possibile inscrivere un incantesimo su una superficie, per poi attivarlo in un secondo momento. Il tavolo nella sala pranzo e il teletrasporto che ci aveva portato sul tetto ne erano un esempio.
I vantaggi erano numerosi. Innanzitutto potevano essere utilizzati più volte, purché vi fosse una fonte di mana dalla quale attingere.
Inoltre erano l’ideale per lanciare incantesimi più complicati, dato che si potevano tracciare con tutta calma.
Ma proprio il tempo necessario per crearli era il motivo per cui erano difficili da utilizzare in un duello.
L’avversario non se ne sarebbe stato buono nel frattempo.

“Ma se non può vedere…”

Quel muro di nebbia aveva dato ad Amy la copertura necessaria. Mentre si rialzava Finch stava probabilmente pensando la stessa cosa.

“Chissà quanti sigilli ha tracciato Amy…”

«Sono o non sono un genio?!» cinguettò Celeste compiaciuta.

Lo era davvero.
Ora che l’arena si era trasformata in un vero e proprio campo minato, Finch non poteva più attaccare come voleva. Gli incantesimi contenuti nei sigilli erano molto più pericolosi di quelli con cui Amy lo stava attaccando direttamente.
Il ragazzo sembrò capirlo e riposta la spada nel fodero, iniziò a controbattere a sua volta a suon di incantesimo.
Il duello si era così trasformato in un regolare scontro tra maghi.

Ma… anche così Amy non aveva speranze.
Gli incantamenti difensivi di Finch lo rendevano praticamente immune ai suoi attacchi, di questo passo avrebbe finito il mana prima di riuscire a sconfiggerlo.

“Deve esserci qualcosa sotto…”

Aveva costretto il suo avversario a cambiare approccio ma a che pro se il risultato sarebbe stato lo stesso?
Presto ebbi la risposta.
Amy, dopo aver bloccato una sfera di fuoco di Finch, urlò:

«Fire Rain!»

Una pioggia di proiettili infuocati iniziò a tempestare l’area in cui si trovava il suo avversario.
Questi, come prevedibile, evocò una cupola per proteggersi,

«ORA!» urlò Celeste, scattando in piedi a fianco a me.

Amy, continuando ad evocare la pioggia di fuoco, estrasse immediatamente la sua spada e la lanciò verso Finch.

“Ma che…?!»

Appena l’arma cadde sul terreno, a pochi metri dal ragazzo, un sigillo magico si illuminò.
E non fu il solo.
Due, tre, no ben quattro sigilli, legati assieme da una linea luminosa si accesero attorno a Finch e poi…
Con un boato assordante, un fulmine calò dal cielo.
Trapassando la cupola d’acqua la scarica elettrica aumentò d’intensità, folgorando il povero ragazzo.

Amy accorse velocemente al suo fianco per assicurarsi delle sue condizioni.
Di sicuro non si sarebbe rialzato per un po’. Se non avesse avuto difese magiche a proteggerlo ci avrebbe lasciato le penne.
Mentre saltellavo su e giù applaudendo per la vittoria di Amy, non potei fare a meno di sussurrare nell’orecchio di Celeste:

«E hai pure il coraggio di dire che IO sono perfida!»

La ragazza si limitò a ridacchiare malignamente.

Quando Amy risalì gli spalti, visivamente esausta ma con un grande sorriso sul volto, la strinsi subito in un abbraccio.

«Sei stata fantastica!»

«Ma cosa… è tutto merito di Celeste!»

«Non è vero. La strategia può averla ideata lei, ma ad eseguire tutto alla perfezione sei stata tu. Tracciare tutti quei sigilli in poco tempo e fare in modo che si fermasse proprio in quel punto… sono fiera di te!»

«Concordo appieno!» mi fece eco Celeste, battendole il cinque con entusiasmo.

Entusiasmo che sparì all’istante qualche minuto dopo, quando arrivò il suo turno di combattere.

«Odio duellare con Phil!» borbottò scendendo le scale diretta nell’arena.

Non ci misi molto a capire il perché.

Se lo stile di combattimento di Celeste era caratterizzato da astuzia e creatività, quello di Philemon era l’opposto, rigoroso e da manuale.
Ogni attacco di Celeste veniva inesorabilmente neutralizzato dai suoi scudi elementali.
Presto la ragazza sembrò perdere la pazienza e iniziò a far uso del doppio lancio, attaccando Philemon con combinazioni di incantesimi.
Ma non c’era verso. Anche il suo promesso sposo adottò quell’approccio, difendendosi con coppie di barriere.
Potevo capire perché Celeste trovasse frustrante quella soffocante strategia super difensiva, ma da parte mia non potei che rimanere incantata da quel duello.

“Questa sì che è una sfida tra due maghi che sanno il fatto loro…”

Purtroppo però non durò molto.

Dopo che, per l’ennesima volta, uno dei suoi attacchi si spense contro l’impenetrabile difesa di Philemon, Celeste visibilmente indispettita rimise la sua bacchetta nel fodero e dichiarò la sua resa.

«Lo odio, lo odio, lo odio, lo odio!» esclamò la ragazza riprendendo posto a fianco a me.

Non avrei mai immaginato che potesse avere una reazione del genere. Sembrava una bambina a cui avevano rubato il suo giocattolo preferito.

«È sempre la stessa storia! Sempre scudi su scudi su scudi e mai nulla di interessante… Che gusto ci prende a duellare così.»

«Beh nel caso finissimo di sfidarci ora so cosa fare!»  la punzecchiai.

«Non ci provare… E comunque se avessi davvero voluto avrei vinto, semplicemente non avevo alcuna voglia di stare lì ad annoiarmi per venti minuti!»

«Se lo dici tu…»

«E con questo cosa vorresti dire…?»

Continuai a punzecchiarla per un po’. In realtà volevo solo distrarmi. Presto sarebbe toccato a me duellare. Ora che quel momento si avvicinava iniziavo a sentire un po’ di ansia.


 
***


E fu così che arrivò il momento.
Lasciandomi indietro le parole di incoraggiamento di Celeste ed Amy, scesi le scale.
La mia avversaria era già lì ad attendermi.

In cuor mio aspettavo da tanto quel momento.

Io e lei.

Per la prima volta ci saremmo sfidate.

L’esile ragazza dai capelli neri davanti a me era impassibile mentre sguainava la sua spada.

Chissà cosa le passava per la testa. Forse ancora non mi prendeva sul serio. Ma presto le avrei fatto cambiare idea.

Estrassi la mia bacchetta magica, rivolgendole un sorriso di sfida.

Mentre il countdown arrivava alla sua fine, feci un respiro profondo. Feci appello al mana che ribolliva dentro di me.
Mi concentrai pronta a lanciare l’incantesimo che avevo tanto penato per imparare.

3

2

1

Il nostro primo duello era iniziato.


 

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Capitolo 33
*** Sotto un cielo infuocato ***


31. Sotto un cielo infuocato

 

Prima che Sophia potesse muovere un singolo passo verso di me, feci la mia mossa:

«Gravity surge

Spinta da una forza invisibile, la mia avversaria cadde immediatamente sulle sue ginocchia.
Vidi le sue braccia tremare, mentre si sforzava di disperatamente di non essere schiacciata contro il terreno.

Sin dal primo momento avevo capito che il primo passo per assicurarmi una vittoria contro Sophia sarebbe stato quello di immobilizzarla.
Seppur fosse pressoché invincibile in un combattimento in mischia, era completamente impotente dalla distanza.
Ma sapevo che non sarebbe stato per nulla facile tenerla lontana. Grazie al suo potere, ogni tentativo di arrestare la sua avanzata con barriere o incantesimi immobilizzanti non avrebbe avuto successo.
Per quel motivo, quando avevo letto gli effetti di quell’incantesimo nel grimorio di Celeste, avevo realizzato di aver fatto centro.
Dopotutto la gravità non era qualcosa che Sophia poteva semplicemente tagliare.
Per questo avevo lavorato intensamente durante tutta la settimana per riuscire a lanciare quella magia con successo.
Il suo funzionamento era complesso e richiedeva grande concentrazione. Dovevo espandere il mio mana sul suolo in maniera omogenea per poi amplificare la forza di gravità nell’area. Una piccola instabilità nel mio flusso di mana avrebbe mandato tutto all’aria.
Ma c’ero riuscita e stava avendo effetto che volevo.

Nonostante la strenua resistenza che Sophia stava opponendo, il suo viso si stava avvicinando sempre di più al terreno.
Che fosse veramente bastato così poco per vincere?
Ma no, ovviamente Sophia non avrebbe mai mollato davanti alle prime difficoltà.

«AAAH!»

Con un grido, la ragazza riuscì a sollevarsi quanto bastava per inficcare per terra la sua spada e, sorreggendosi su di essa, si alzò in piedi, le gambe che tremavano per lo sforzo immane che stava facendo.
Con fatica riuscì a sollevare il volto e per, la prima volta dall’inizio del duello, i nostri occhi si incontrarono.

“Proprio quello che volevo vedere!”

La calma serafica che aveva caratterizzato il viso di Sophia negli ultimi giorni era stata spazzata via da una tempesta rabbiosa. Era come se un inferno ardente avesse sciolto la superfice ghiacciata che ricopriva il suo volto, rivelando al di sotto pura e semplice furia.
Ma non avevo alcuna intenzione di fermarmi. Era solo l’inizio.

Chiusi gli occhi. Feci un respiro profondo.

“Tempo per la fase due.”

Era il momento della verità. Se lanciare correttamente gravity surge era stato difficile, ora le cose sarebbero state ancora più complicate.
Con estremamente attenzione creai un flusso di mana verso la mia mano sinistra e, alzando al cielo, gridai:

«Icicle crush

Una tempesta di piccoli aculei ghiacciati iniziò a bombardare l’area dove si trovava Sophia.
Era un incantesimo estremamente semplice: si limitava a congelare il vapore acqueo nell’aria per creare una pioggia di proiettili. Sarebbe bastato il più debole scudo di fuoco per difendersi da un attacco simile.
Ma Sophia  era totalmente indifesa. Non solo non poteva lanciare incantesimi, ma gli aculei ghiacciati erano troppi per essere neutralizzati dal suo potere.

La ragazza alzò a fatica il braccio libero per difendersi il volto.
Gli aculei che lo colpivano sembravano andare incontro ad una forza invisibile, sciogliendosi all’istante.
Ma per quanti riuscisse ad intercettarne, altrettanti la colpivano in altre parti del corpo, provocandole tante piccole ferite.

Inchiodata al terreno com’era, non c’era nulla che Sophia potesse fare per sottrarsi a quell’innesorabile pioggia di ghiaccio.
Se non arrendersi.
Ma sapevo bene che Sophia non l’avrebbe mai fatto.
Anche quando il suo sangue iniziò a bagnare il terreno ai suoi piedi, la ragazza rimase lì in piedi, continuando a montare una strenua resistenza.
Ma era pur sempre un essere umano.
Presto la forza che la spingeva verso il basso divenne insopportabile i per i suoi arti, ormai martoriati da decine di tagli.
Sophia cadde di nuovo in ginocchio, continuando a sorreggersi sulla sua spada, mentre la pioggia di ghiaccio iniziava a tartassarla anche sulla schiena.

“Per quanto tempo hai intenzione di andare avanti….”

Volevo vincere ma vederla ridotta in quello stato non mi faceva di certo piacere.
Ma, mordendomi il labbro, decisi di non fermarmi.
Dopo che avevo chiesto a Sophia di combattere con tutto ciò che aveva, non potevo che fare altrimenti.
Era il mio modo di mostrare il rispetto che avevo nei suoi confronti.

Forse nel profondo sapevo che quello scontro non poteva finire così.
Il duello che avevo tanto aspettato non si sarebbe concluso con una Sophia impotente, in ginocchio ai miei piedi.
Quella ragazza era sempre riuscita a lacerare ogni mia aspettativa.

Mi concentrai il mio su di lei, pronta a reagire ad un movimento improvviso. Il suo volto era oscurato dai suoi lunghi capelli neri, distesi davanti a lei come una tenda.

Fu allora che accadde.

Improvvisamente sentii il mio piede destro sprofondare.

“Ma che…?!”

Abbassando lo sguardo vidi qualcosa di impensabile.
Dalla sua spada, conficcata nel terreno, si era estesa una crepa che arrivava fin sotto di me.
Persi l’equilibrio e cominciai a cadere all’indietro.
In quel momento, per via della sorpresa, avvertii il flusso di mana che avevo tanto faticato a tenere costante fino ad ora, tremare. Bastò quell’attimo per perdere controllo del mio incantesimo.
Probabilmente era ciò a cui la mia avversaria puntava sin dal primo momento.
Quel suo potere era semplicemente assurdo.

“Merda!”

Ma mentre vedevo Sophia, non più immobilizzata dal campo gravitazionale, scattare verso di me, un sorriso mi illuminò il volto.

“Mi dispiace Celeste… Dopo tutta la fatica che hai fatto per aiutarmi… Preferisco combattere a modo mio dopotutto!”

«Typhoon

Prima che potessi cadere a terra usai la mia bacchetta per evocare una potentissima raffica di vento. Sophia arrestò la sua corsa e si difese prendendo la spada a due mani.
Ma il mio obiettivo non era attaccarla.
La forza di quell'incantesimo infatti fu così tanta da spedirmi all’indietro, mettendo distanza tra me e lei.
Prima che potessi andare a sbattere contro la barriera magica, utilizzai un’altra magia con l’altra mano per fermare la mia corsa.
Ma Sophia non aveva alcuna intenzione di lasciarmi il tempo di pensare. Fermata la corrente di vento con la spada, scartò a sinistra e si lanciò al mio inseguimento.

Ora che la mia strategia era saltata, dovevo improvvisare.

«Earth Spikes!»

Spuntoni di roccia iniziarono a formarsi davanti alla mia avversaria, la quale però andando a zig zag riuscì ad evitarli.

“Non così veloce!”

Rilanciai l’incantesimo, tenendo conto dei movimenti di Sophia. Questa volta una fila di punte apparve dove aveva appena poggiato un piede. La ragazza torcendo il corpo riuscì ad evitare di essere trafitta, ma rimase bloccata tra esse.

Prima che potesse usare il suo potere per liberarsi, urlai:

«Eruption!»

Una brillante luce rossa illuminò il terreno ai piedi di Sophia e, dopo neanche un secondo, una gigantesca colonna di fuoco si sprigionò arrivando fino al cielo.
Ma quando le fiamme si spensero, Sophia, l’uniforme annerita e le punte dei capelli bruciacchiate, era ancora in piedi, la spada puntata contro il terreno.
Sembrava aver evitato il grosso dei danni e, dopo aver tagliato gli spuntoni di pietra con un solo fendente, riprese inesorabile la sua corsa.
Ma non mi diedi per vinta. Forse potevo prendere spunto da lei.

«Fissure!»

Puntai la bacchetta contro il terreno e una crepa gigantesca si formò rapidamente, tagliando l’arena in due e  minacciando di far sprofondare Sophia in un abisso profondo.
Ma la ragazza era pronta e saltò agilmente verso destra.

Era ciò che volevo.
Colpii il terreno con la mano sinistra urlando di nuovo:

«Earth spikes

La mia avversaria era in aria e non poteva schivare, la sua unica opzione era usare il suo potere per tagliare gli spuntoni che stavano per trafiggerla.
E così fece.
Ma ora la mia bacchetta era libera di colpirla.

«Fireball!» urlai, lanciando l’incantesimo più velocemente possibile, prima che Sophia reagire.

La palla di fuoco colpì la ragazza in pieno petto e la scagliò via, facendola atterrare a diversi metri di distanza.
Sophia rimase per terra immobile.

“Ho… vinto?”

Feci per fare un passo verso di lei, ma mi fermai all’istante.
Aiutandosi con le sue mani tremanti, Sophia si stava già rialzando.
Era in condizioni orribili: il suo corpo era costellato di ferite, la sua uniforme strappata e bruciacchiata in più punti e ora sul suo petto era comparsa anche una grossa bruciata.
Era chiaro che riusciva a malapena a stare in piedi.

«Odi così tanto l’idea di perdere contro di me?!» le urlai contro mio malgrado, davanti alla sua strenua resistenza.

Non mi aspettavo che mi rispondesse.
Ma invece…

«N-non è quello!» esclamò Sophia, la voce dolorante, «sei tu che mi hai detto di affrontarti con tutto ciò che ho… Quindi... non ho alcuna intenzione di arrendermi finché ho un briciolo di energia in corpo!»

A queste parole la ragazza si spostò all’indietro i lunghi neri.
Sul suo volto si era accesa la stessa espressione di sfida che aveva animato il mio.

“Ho dovuto quasi ammazzarti perché mi prendessi sul serio, uh?”

«Molto bene. Vorrà dire che dovrò schiacciarti completamente. È tempo che ti faccia capire quanto la mia magia possa essere terrificante!»


«Non aspetto altro!»

Era venuto il momento di farla finita.
Sophia, la spada tra le mani, si lanciò di nuovo contro di me.
Puntai la bacchetta contro il terreno.

«Frost field

L’intera arena si congelò all’istante. Sophia quasi perse l’equilibrio, ma conficcando la sua lama nel terreno riuscì ad evitare di cadere. Il ghiaccio iniziò a risalire fino alle sue caviglie, intrappolandola momentaneamente, ma sapevo che non avevo molto tempo per agire.
Avevo deciso come l’avrei sconfitta.

“Se sei decisa ad affrontarmi con tutto ciò che hai, dovrò fare lo stesso.”

L’avrei colpita con l’incantesimo più potente a mia disposizione. Normalmente non avrei mai pensato di utilizzarlo contro un essere umano. Ma, se c’era qualcuno che poteva sopravvivere a qualcosa del genere, era Sophia.
Feci appello a quasi tutto il mana che avevo ancora in corpo.

«Prova a tagliare questa Sophia! Meteor!» urlai puntando la bacchetta al cielo.

Un’enorme sfera di pietra fiammeggiante si formò ad una decina di metri sopra l’arena. Era così grande da oscurare il sole.
Prima che potessi iniziare la sua discesa, evocai velocemente una potente barriera d’acqua attorno a me.
Ero certa che Sophia avrebbe cercato di spezzare anche quell’incantesimo, ma quello che non si immaginava era l’esplosione che avrebbe scatenato di conseguenza. Avrei certamente dovuto trascinarla in infermeria in tutta fretta.

Sophia non fece neanche in tempo ad alzare lo sguardo che la meteora iniziò a calare, prendendo velocità.
Fu un attimo.
Sophia estrasse la sua spada dal terreno e, senza un’attimo di esitazione, la lanciò in cielo.

“COSA?!”

Come uno spillo gettato in un vulcano, la sua lama scomparì alla mia  vista e poi…
Il cielo esplose.

“Non è possibile…!”

Presa com’ero da quel’improvviso spettacolo pirotecnico, avevo perso di vista la mia avversaria. La quale, dopo essersi liberata dal ghiaccio che le intrappolava le gambe, stava scivolando a grande velocità verso di me.
Puntai velocemente la bacchetta nella sua direzione.
Ma era troppo tardi, con un colpo Sophia allontanò via il mio braccio e il mio incantesimo andò a perdersi dietro di lei.

All’improvviso avvertii un forte dolore allo stomaco e mi piegai in avanti, colpita da un pugno allo stomaco in cui Sophia aveva messo tutte le sue forze rimanenti.
A causa del ghiaccio sotto i piedi mi sentii scivolare all’indietro. Ma prima potessi cadere, una mano dietro la schiena mi sorresse.

Mi trovai davanti una vista mozzafiato.
Davanti a un cielo in fiamme, Celeste mi guardava sorridente, un dito poggiato sul mio collo.

«Mi arrendo…»

Avevo perso la battaglia, ma avevo vinto qualcosa di molto più importante.


 

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Capitolo 34
*** A cuore aperto ***


32. A cuore aperto

 

Un’ora più tardi entrai nell’infermeria con un certo nervosismo.
Sophia era seduta su uno dei letti. Sembrava si fosse già perfettamente ristabilita.
Ancora una volta rimasi stupita dall’abilità dei guaritori dell’Accademia: quando l’aveva accompagnata sembrava stesse per svenire da un momento all’altro.

«Ehi, ti ho portato un’uniforme pulita…» le dissi avvicinandomi.

«Oh, grazie.»

Sophia afferrò i vestiti che le stavo porgendo e chiuse le tendine attorno al suo letto.
Qualche minuto dopo le riaprii.
Ci manco poco che non scoppiassi a ridere.

“Come temevo…”

Non potendo entrare nella sua stanza, avevo preso una delle mie uniformi di riserva dall’armadio.
Malgrado fossimo più o meno alte uguali, Sophia era veramente magra e… piatta.
Per questo la mia camicia le stava comicamente larga.

«C’è qualcosa che non va?» mi chiese, lanciandomi un'occhiataccia.

«No, nulla! Ehm, posso sedermi vicino a te?»

«Ok…» rispose Sophia, muovendosi appena a lato per farmi spazio.

Mi accomodai sul suo letto.
Grazie al duello le cose sembravano essersi messe sulla giusta strada, ma dovevamo ancora parlare e chiarirci.

“Da dove iniziare…”

Ma prima che potessi trovare le parole giuste, fu Sophia a rompere il silenzio.

«Mi dispiace.»

“Uh?”

Sophia, con il volto girato dall’altra parte per evitare il mio sguardo, continuò:

«Io… non avevo idea che questo duello fosse così importante per te. Non avrei dovuto dirti quelle cose. Sono stata insensibile. Alla fine avevi ragione, è stato tutt’altro che un duello scontato.»

«Dispiace anche a me…» replicai immediatamente, «invece di spiegarti come mi sentivo, ti ho urlato in faccia e fatto un casino per nulla. Siamo amiche e avrei dovuto parlarti onestamente invece di dare di matto… mi dispiace.»

«Va tutto bene…»

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto.
Malgrado ci fossimo scusate, avvertivo che la tensione tra noi non si era completamente diradata.

«Sophia… sei arrabbiata con me, vero? Il duello è stato fantastico ma, come avevi detto, è stato inutile. Dopo tutte le storie che mi hai fatto sul non attirare l’attenzione… Ti ho spinto a combattere senza motivo. Ho anche fatto vedere qualche tattica che potrebbe essere usata contro di te…»

«Non sono arrabbiata…»

Ma ormai conoscevo quella strana ragazza da tre mesi. Dal suo tono capii che non stava dicendo la verità.
Con delicatezza le afferrai il mento e le girai la faccia, costringendola a guardarmi negli occhi.

“Pfff”

«Se non sei arrabbiata, cos’è questo broncio? Lo sai… a volte ti comporti proprio come una ragazzina, è adorabile.»

Sophia arrossì furiosamente, si divincolò dalla mia presa e, pizzicandomi la guancia, sbottò:

«Lo sai, a volte ti comporti proprio come una rompiscatole, è insopportabile!»

Forse anche per via di tutta la tensione accumulata in quella giornata, quelle parole mi fecero scoppiare a ridere in maniera incontrollabile.
Presto anche Sophia si fece contagiare e le nostre risate isteriche riempirono l’infermeria, attirando occhiate di disapprovazione da parte dei guaritori.
Mentre mi asciugavo gli occhi dalle lacrime non potei fare a meno che pensare di quanto fosse bella Sophia quando rideva.
Se solo l’avesse fatto più spesso…

Impiegammo dei buoni cinque minuti per ricomporci.

«Allora? Ci ho visto giusto?» le chiesi.

«No, no non sono arrabbiata con te, davvero. Ce l’ho più con me stessa onestamente. Io… pensavo di esserci passata sopra ormai… Ma è chiaro che non è così.»

«Passata sopra? Di che parli?»

Non avevo mai visto quella ragazza apparire così vulnerabile.

«Vedi… quando ti ho detto che il mio potere era perfetto contro la magia… Era più per convincere me stessa. Volevo che fosse vero,» rispose Sophia quasi con un bisbiglio.

«Ma è vero! Mi hai battuto no? Avevi ragione!»

Sophia scosse la testa.

«Non è così. Quando mi hai immobilizzato con quell’incantesimo, ho capito che alla fine ci sarà sempre qualcosa di cui non ho tenuto conto. La magia è così… imprevedibile. Certo, sono riuscita a liberarmi stavolta. Ma sbaglio o hai imparato quell’incantesimo apposta per battermi?»

Non potei far altro che annuire.

«Vedi? Pensa se avessi avuto più di una settimana per prepararti. E anche dopo, quando la tua strategia è andata all’aria, mi hai quasi sconfitta comunque. Sei veramente incredibile. Ti ringrazio comunque, mi hai fatto capire che se voglio vincere sulla magia, ho ancora tanta strada da fare…»

Il suo tono di voce era amaro.

Nonostante queste ultime parole, era chiaro che non l’avesse presa bene. Ma per quale motivo?

«Sophia, perché sembri odiare la magia così tanto? Capisco che non poterla usare non sia il massimo, ma il tuo potere innato non dovrebbe fartela rimpiangere, no?»

Sophia sembrò pensare un attimo prima di rispondermi:

«È una storia lunga e noiosa. Non è nulla di importante, davvero…»

Come al solito quando si andava sul personale, cercava di evadere la domanda. Ma questa volta non avevo intenzione di ritirarmi.

«Voglio comunque sentirla. Sophia, siamo amiche, ma non so quasi nulla di te. Voglio conoscerti meglio!»

Presa alla sprovvista, Sophia mi fissò per qualche secondo.
Poi annuì.

«Va bene… Ma non qui.»

La ragazza si alzò di scatto, mi afferrò la mano e mi guidò fuori dall’infermeria.

«Ehi! Piano!»

Mi stava trascinando con così tanta forza che temevo mi avrebbe staccato un braccio.

«Scusa… Sono un po’ nervosa…»

Non era da lei essere così aperta su quello che stava provando.
Sospirai e mi feci trasportare da lei verso la sua camera.
Mi concentrai sulla mano di Sophia. Aveva veramente ben poco di femminile. Era dura e ruvida e potevo sentirne dei calli, dovuti probabilmente al tantissimo tempo trascorso stringendo la spada.
Nonostante ciò la sua stretta salda aveva un nonsoché di rassicurante. Mentre mi trascinava quasi di peso non potei che pensare che non mi sarebbe dispiaciuto seguirla dappertutto.
Finalmente arrivammo a destinazione. Quando Sophia lasciò la presa, la mia mano faceva un po’ male.

Accomodandosi sul letto, la ragazza mi guardò nervosamente:

«Sei proprio sicura di voler sentire questa storia?»

«Perché tutta questa reticenza? Sei un agente segreto del re o qualcosa del genere?»

«No è che… Per qualche ragione sembri avere grande considerazione di me, ma se senti quello che ho da dire… probabilmente penserai che sono una sfigata…»

"Uh?"

«Ragazza mia, appena due ore fa ti ho visto tagliare a metà una meteora, non c’è mondo dove io possa considerarti una sfigata…»

Sophia sbuffò:

«E va bene…»

Fece un respiro e cominciò:

«Mio padre è il signore di una piccola cittadina delle regioni occidental-»

«COSA!? Sei una nobile?!»

«Tecnicamente sì… Ma siamo solo dei baronetti. Non penso che a nessuno freghi niente della “nobile casata dei Thornton”. E comunque… vedrai, ma non interrompermi per favore, è già abbastanza difficile parlarne…»

«Scusami, continua.»

Ero molto sorpresa.  Sophia aveva certamente un aspetto curato e raffinato. Però i suoi atteggiamenti non avevano nulla a che vedere con i nobili che ero abituata a vedere.
Con Celeste per esempio, seppur fosse estremamente atipica, si capiva anche solo dal suo modo di camminare che provenisse da un ambiente aristocratico.

Sophia riprese:

«Da piccola ero un po’ cagionevole, molto del mio tempo lo passavo a leggere nella biblioteca del castello. Ma a me andava bene così. Francamente non ricordo molto di quel periodo, ma sono sicura che fossi felice.»

La ragazza sorrise per un attimo, ma questo sorriso si spense subito.

«Ma non durò molto. Quando divenni più grande le cose peggiorarono. Fino a quel momento non avevo mai mostrato la ben che minima propensione per la magia ma i miei genitori si erano mostrati comprensivi fino ad allora. Dopotutto non è raro che il mana si sviluppi all’improvviso.
Ma quando ho superato i quattordici anni e ancora non ero capace nemmeno di far levitare una piuma, beh hanno perso le speranze. Quando fu il momento della rituale misurazione del mana, le cose sono peggiorate di molto.»

Sophia sospirò.

«Hanno provato a farmi visitare da qualche strano arcanista. Mi hanno persino fatto bere delle strane pozioni, Ma non c’era verso.
Era chiaro che pensassero non fosse possibile che una come me fosse loro figlia…
Io nel mentre provavo notte e giorno a fare anche una piccola magia… ma nulla. Era chiaro che ero difettosa.»

«Non dire così…»

Ma Sophia continuò:

«È allora che presi in mano la spada per la prima volta… Onestamente non mi ricordo bene neanche come sia successo.
Ma se la magia era qualcosa di completamente alieno per me, la spada era per me come un’estensione del mio braccio. Era così naturale. Presto divenni molto molto brava, tanto da sconfiggere facilmente anche le guardie della città.»

Il volto di Sophia si incupì.

«Stupida com’ero, decisi di mostrare ai miei genitori di cosa ero capace. Certo, non potevo lanciare incantesimi, ma ero un prodigio della spada. Volevo sentirmi dire che anch’io volevo qualcosa.
Non mi dimenticherò mai lo sguardo di disgusto che mi rivolse mio padre. Me lo disse chiaramente, ero la rovina della sua famiglia.
La nobile casata dei Thornton sarebbe morta con me, nessun nobile avrebbe mai voluto sposare una senza-magia come me.
Nonostante i miei sforzi, per i miei genitori non ero altro che una vergogna. Non ce la feci più a rimanere sotto i loro occhi, fuggì dal palazzo la sera stessa…»

Ormai le lacrime solcavano il mio volto. Avevo un’enorme voglia di abbracciarla, ma avevo deciso di farla finire.

«Fu così che arrivai alla capitale. Quando ero scappata mi ero portata dietro tutti i miei averi. Vendendoli ottenni un bel gruzzoletto. Visitai un alchimista e usai tutto qper comprare delle pozioni di trasfigurazione.  Le usai per assumere la forma di un ragazzo più grande e dando un nome falso mi arruolai nell’esercito reale. Rimasi lì per due anni, finché il mio potere innato non si manifestò.«

Questo spiegava così tante cose. Ecco perché si comportava in maniera così poco aggraziata. Aveva vissuto come un soldato per due anni! 

«Fu allora che tornai a casa,» riprese Sophia, «ora che avevo quel potere incredibile, di sicuro i miei sarebbero stati orgogliosi di me, avevo pensato.»

Un ghigno amaro increspò le labbra di Sophia.

«Scherzo della natura. È così che mi chiamarono…»

«È-è o-orribile…» bofonchiai tra i singhiozzi.

Sophia mi sorrise:

«Non preoccuparti. Da quel momento mi sono decisa. Avrei mostrato al mondo che la magia non può nulla contro il mio potere. Da quel momento avrei spezzato ogni incantesimo…»

E infine concluse:

«Ecco. Te l’avevo detto… sono patetica. Malgrado sappia che non dovrei dare peso a ciò che hanno detto i miei genitori… Ancora non sono riuscita a superarlo. Gli sto ancora permettendo di influenzarmi dopotutto…»

Ora che aveva finito di parlare, non potei più contenermi. Mi alzai dalla sedia e mi lanciai su di lei, cingendola con le braccia e placcandola sul letto. Iniziai a singhiozzarle sul petto.

«Elizabeth?! Uff… sei proprio una piagnucolona!»

Ma si arrese alla mia stretta e mi accarezzò i capelli con delicatezza.

«S-scusa è solo… così ingiusto. Come hanno potuto trattarti così! Come hanno fatto a non vedere che persona fantastica sei…»

«Ma che dici…»

Forse la sua non era falsa modestia dopotutto, ma dopo essere stata emarginata per buona parte della sua vita, aveva un disperato bisogno di validazione.
Se era quello ciò che voleva, ero la persona giusta per dargliela.

«Dico la verità, sei fantastica. Malgrado tutto ciò che hai dovuto sopportare, hai avuto la forza di ribellarti. Diavolo ti sei finta un ragazzo e sei entrata nell’esercito, sei assurda…
E ora, dai come puoi solo pensare di essere patetica?
Sei la ragazza più incredibile che conosco. È da quando ti ho visto duellare per la prima volta che non riesco a smettere di guardarti.
Sei così forte, coraggiosa e il modo in cui combatti, non ho mai visto niente di così figo. E poi, quando hai sfondato la porta per venire a salvarmi…
Quello che voglio dire è… quegli idioti dei tuoi genitori potranno considerarti una vergogna, ma io… sono orgogliosa anche solo di potermi chiamare tua amica! E se qualcuno d’ora in poi oserà insultarti in quella maniera, lo farò saltare in aria come sai bene che posso fare!»

«Elizabeth…»

Sophia rimase in silenzio. Sentii la sua mano, poggiata sulla mia schiena, tremare.

«Ti ringrazio. Io… ora che sai tutto, l’avrai capito, prima di te, non ho mai avuto… voglio dire… sei la prima amica che io abbia mai avuto. Non so bene come comportarmi con te. Anche se a volte finiremo per litigare come è successo stavolta spero… che vorrai rimanere comunque al mio fianco.»

«Siamo in due… anch’io a volte non so proprio come comportarmi con te.»

Malgrado avessi Amy come amica, il mio rapporto con Sophia era decisamente diverso.
Era come se…

“No… a cosa sto pensando…”

«Sophia…»

«Sì?»

«Sarò sempre al tuo fianco. Tutto l’impegno che metterai nel raggiungere il tuo obiettivo, ne sarò testimone… Ma mi dispiace.»

«Ti dispiace? E di cosa?»

Facendomi forza con le braccia, mi sollevai e, rimanendo sospesa sopra di lei, i miei occhi fissarono i suoi.

«Non ho alcuna intenzione di lasciarti vincere. Un giorno, ti mostrerò un incantesimo che non potrai spezzare. Quindi, fino ad allora, voglio che tu mi guardi.»

E Sophia mi guardò.

E io la guardai.

Per qualche ragione il mio cuore batteva così forte che temevo mi sarebbe uscito dal petto.

E poi…

La mia mano scivolò.

«Ouch!» gridammo all’unisono, quando le nostre teste si scontrarono.

«Sei un’idiota!» mi sgridò Sophia, massaggiandosi la fronte.

«Scusa, poco mana…»

«Va a riposare allora!»

«Ok, mamma!»

Mi alzai dal letto e aprii la porta della stanza, ma prima che potessi uscire…

«Tranquilla… Ho occhi solo per te…»

D’istinto mi tappai l’orecchio dove Sophia aveva appena sussurrato quelle parole.
Ma prima che potessi voltarmi, la ragazza mi spinse fuori dalla stanza sbattendo la porta.


 
***



Dieci minuti dopo, stavo letteralmente brutalizzando il mio cuscino.

“VOGLIO MORIRE! UCCIDETIMI SEDUTA STANTE!”

Forse Sophia aveva un altro potere innato: riuscire a farmi dire frasi terribilmente imbarazzanti.

Un giorno, ti mostrerò un incantesimo che non potrai spezzare. Quindi, fino ad allora, voglio che tu mi guardi.

Nascosi il mio viso in fiamme tra le coperte.

Certo che però anche lei non scherzava.

Ho occhi solo per te…”

Se qualcuno mi avesse detto che oggi Sophia mi avrebbe rivolto quelle parole, l’avrei preso per matto.
Ma avevo scoperto un nuovo lato di lei.
Di certo quella ragazza aveva pensato che la sua storia avrebbe rovinato l’immagine che mi ero fatta di lei.
Ma in verità, il rispetto che avevo per Sophia non era che aumentato. Da amica intendevo darle tutto l’affetto che i suoi stupidi genitori non le avevano dato.

Da amica…

Ho occhi solo per te…

No… non era possibile.
Sophia me l’aveva detto chiaramente, non sapeva bene comportarsi. Probabilmente aveva detto le prime parole che le erano venute in mente per mettermi in in imbarazzo.
E aveva avuto successo.
Quelle parole al momento rimbombavano nelle mie orecchie, facendomi arrossire furiosamente.


“Amiche…uh?”

Ormai esausta, scivolai in un sonno pacifico, cullata dai ricordi preziosi che avevo creato in quella giornata.

 

 

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Capitolo 35
*** Piani e complicazioni ***


33. Piani e complicazioni



Se avevo sperato che il nostro duello avrebbe riportato le cose tra me e Sophia a come erano un tempo, mi fu presto chiaro che mi ero sbagliata.
Ma forse era meglio così.

Dopo il palpabile imbarazzo che caratterizzò i giorni successivi alla nostra riconciliazione, sembrammo entrambe convenire tacitamente di ritornare al nostro solito modo di comportarci l’una con l’altra. Nasconderci dietro le prese in giro e le nostre stoccate giocose era molto più facile che esternare i nostri sentimenti come avevamo fatto nella stanza di Sophia.
Ma era comunque evidente che il nostro rapporto fosse in qualche modo cambiato.

Se prima sembrava che Sophia sopportasse a malapena la mia compagnia, ora era lei stessa a cercarla.
Come una bodyguard personale, oramai la trovavo ogni mattina fuori dalla mia stanza, pronta a scortarmi a colazione.
Quando le avevo chiesto il perché di questa nuova routine mi aveva risposto:

«Colpa tua. Grazie al nostro duello hai, se possibile, acceso un riflettore ancora più luminoso su di noi. Ormai tutti hanno capito che se vogliono vincere dovranno trovare il modo di farci fuori. Dobbiamo aspettarci che qualcuno ci prenda come bersaglio presto o tardi… Meglio stare insieme il più possibile.»

Come al solito quel che diceva aveva perfettamente senso, ma non potei che pensare che quello non fosse il solo motivo dietro quell’improvvisa decisione.
Altri sottili cambiamenti nel suo modo di fare non fecero che alimentare questo mio sospetto.
Il processo di addolcimento di Sophia, che era iniziato nei mesi passati, sembrava infatti aver fatto passi da gigante.
La sua lingua rimaneva affilata come al solito quando trovava l’occasione di stuzzicarmi, ma ora non mancavano le occasioni dove sembrava esprimere, in maniera impacciata, il suo affetto per me.

Non sembrava neanche più rifuggire il contatto fisico nella stessa maniera. Se in passato si divincolava furiosamente anche per il più semplice tocco, quasi come un gatto selvatico, ora sembrava accettarlo quietamente, seppur ancora non se la sentisse di ricambiare.
Ci sarebbe voluto del tempo.

Ora che ero al corrente di quante ne aveva passate, non trovavo strano il fatto che non fosse abituata ad una normale relazione di amicizia.
Da parte mia, cercavo di fare del mio meglio per farla sentire a suo agio e accettata, come non era mai stata prima.
Ero felice che si stesse finalmente aprendo a me in quella maniera.
Ma nonostante questo, c’era qualcosa di strano.

Forse ero io a non sentirmi totalmente a mio agio con lei?
Quando le parlavo o, ancora peggio, quando eravamo molto vicine, avvertivo un certo nervosismo che prima non era presente. Era una sensazione che non avevo mai provato quando mi trovavo in compagnia di Amy o Celeste.
Era come se tra noi due aleggiasse qualcosa di irrisolto e non detto.
Ultimamente mi trovavo a fissarla intensamente cercando di capire dove fosse il problema. Spesso in questi casi avevo incontrato il suo sguardo.
Che anche lei avvertisse che qualcosa non andava?

Non ero totalmente una sprovveduta.
Avevo un’idea di quale fosse il problema, ma la risposta che avevo trovato non mi piaceva affatto.
Avrebbe reso tutto così impossibilmente difficile.
Per ora volevo solo essere la migliore amica per Sophia e pian piano aiutarla a curare le ferite del suo passato.

Questi cambiamenti non erano di certo passati inosservati davanti ad Amy, ma questa volta non mi aveva approcciato per chiederne il motivo.
Non che le avrei mai raccontato cosa era successo nella stanza di Sophia, neanche sotto tortura.
Mi bastava vedere gli sguardi di divertiti che ci lanciava ogni tanto.
Anche lei sembrava non essere più la stessa persona di un tempo. Quel duello con Finch sembrava aver acceso qualcosa in lei. Ora passava molto tempo ad allenarsi insieme a Celeste e aveva deciso di non accettare più punti da me e Sophia.
Quando le avevo chiesto il motivo aveva risposto:

«Voglio diventare più forte e non essere un peso per te Lizzie! Non sarà facile per via del mio mana, ma anch’io voglio esserti utile! Mi dispiace passare meno tempo con te, ma dai, almeno adesso hai Sophia a tenerti compagnia!»

Mi aveva fatto un occhiolino.
Avevo deciso di ignorare quell’ultimo commento:

«Tu sei sempre stata utile Amy, se abbiamo scovato Chloe è grazie a te!»

Ma ero comunque contenta che avesse acquisito tanta determinazione dopo il suo duello.

Quanto a Celeste eravamo tornate a vederci solo nei fine settimana.
Avevo temuto che si sarebbe arrabbiata con me per aver perso, vista la fatica che ci aveva messo nell’aiutarmi.
Ma quella ragazza sembrava avere un talento naturale nel vedere il bicchiere sempre mezzo pieno, almeno quando non si trattava di duellare con Philemon.

«Ma figurati! Hai fatto del tuo meglio!» aveva risposto alle mie scuse,  «e quella meteora? Figata! Mi devi insegnare come funziona quell’incantesimo. Ora comunque sai già come Sophia può reagire alle tue mosse, la prossima volta vincerai di sicuro!»

Quelle ore di allenamento erano l’unico momento in cui Sophia non mi seguiva come un’ombra. L’animosità che provava verso Celeste non sembrava essere diminuita, anzi. Probabilmente sospettava, a ragione, che dietro la strategia che avevo utilizzato contro di lei ci fosse Celeste.

Nonostante questi cambiamenti, la vita nell’Accademia continuò pacificamente per un altro mese.
Ora la classifica leggeva:

74 studenti rimanenti.

Un quarto degli studenti ci aveva già lasciato. Di questo passo non saremmo neanche arrivati ai due anni paventati nella lettera di ammissione.
Se volevo che quei momenti felici con Sophia, Amy e Celeste non andassero incontro ad una tragica e prematura fine dovevo smetterla di attendere indolente.
Era arrivato il momento di agire.


 
***


Era la prima domenica di febbraio.
Ero seduta sul letto della mia stanza, aspettando Sophia ed Amy.
Avevo deciso di organizzare una sorta di riunione per fare il punto della situazione. Guardare la classifica mi aveva mandato un po’ nel panico. Forse ero stata troppo compiacente e non mi ero resa conto di quanto il tempo stesse passando velocemente.
Idealmente avrei voluto invitare anche Celeste: la sua scaltrezza ci sarebbe stata sicuramente d’aiuto. Ma ero sicura che Sophia non avrebbe gradito.

La ragazza dai capelli neri fu la prima ad arrivare.
L’ultima volta che era entrata nella mia stanza l’aveva fatto sfondando la porta. Questa volta si limitò a bussare.

«Accomodati pure!» la invitai a sedersi.

Avevo preso spunto da Celeste ed avevo usato un incantesimo di duplicazione per creare un piccolo tavolino ed un paio di sedie in più.
Ma nonostante ciò, Sophia si sedette al mio fianco sul letto.

«Oh!»

Come se avessi preso la scossa, mi alzai di scatto e mi sistemai su una delle sedie.

«Che ti prende?» chiese Sophia, inarcando un sopracciglio.

«Oh nulla… sai per una riunione ufficiale della nostra… alleanza… meglio fare le cose per bene!» farfugliai in fretta.

“Avrei dovuto chiedere ad Amy di incontrarci nella sua stanza…”

Trovarmi lì, da sola nella stanza con Sophia, mi aveva riportato subito alla mente cosa era successo un mese fa…

«Eccomi!» esclamò Amy, facendo il suo ingresso.

Si fermò un attimo, spostando lo sguardo tra me e Sophia.
Dopodiché fece dietro-front:

«Scusate l’intrusione!»

«Dove credi di andare!» scattai e la acciuffai per il colletto della camicia per poi trascinarla verso una sedia.

Sophia continuò a guardarci, sempre più perplessa:

«Che diavolo avete oggi?»

Ma anche lei si alzò e si accomodò al tavolino.
Con fatica mi ricomposi.

«Bene, vi ho chiamato qui per parlare di cose importanti.»

Fissai determinata le mie due amiche.


«Voglio decidere un piano d’azione per fuggire da qui!»

«Pensavo avessimo deciso di vedere come si evolve la situazione… Al momento non vedo come potremmo scappare,» replicò subito Sophia.

«L’idea era quella ma… temo che le cose precipiteranno presto. In cinque mesi abbiamo già perso 26 persone, 6 in più di quelle che ci si aspettava. Quando il nostro numero si ridurrà ancora di più, i nostri compagni saranno sempre più disperati e di sicuro ci saranno ancora più morti… Me l’hai detto tu stessa, Sophia. Quando la competizione si farà più stretta inizieremo a vedere molti più poteri innati in azione! Dobbiamo agire prima che sia troppo tardi…»

«Non hai tutti i torti…»

«Posso dire una cosa?» disse Amy, alzando la mano come se fossimo a lezione.

«Certo che sì!»

«Stavo pensando… tutta questa storia non vi sembra strana? Voglio dire, l’Accademia ha selezionato 100 studenti e eliminando una persona a settimana ha fissato la durata della competizione a due anni. Ma permettendoci di ucciderci a vicenda nei duelli non fa altro che ridurre i tempi. E c’è la questione di Chloe. L’hanno praticamente incentivata ad uccidere. È come se stessero veramente cercando di finire tutto il prima possibile!»

«Giusto…»

«Ma allora perché non hanno semplicemente selezionato meno studenti?!» esclamò Amy, «pensate a tutti quei poveri ragazzi che sono morti finora o anche a me… È ovvio che non avrei alcuna possibilità di vincere contro te o Sophia!»

Non era la prima volta che ci pensavo. Avevo già formulato delle teorie a riguardo ma nulla di concreto.
Perché la scuola aveva portato qui quegli agnelli sacrificali?
Perché ci permettevano o, addirittura, ci incentivavano ad ucciderci a vicenda?
C’era qualcosa di terribile dietro, ne ero sicura. Ma non avevo alcuna intenzione di scoprirlo.

«Non ho risposte Amy. Quello che so è che dobbiamo andarcene il prima possibile prima che l’Accademia si inventi qualcosa di nuovo… Sophia…»

«Sì?»

«Penso che il tuo potere sia la chiave per uscire da qui…»

«Posso capire il perché la pensi così, ma non penso che sarà così facile.»

«Cosa intendi?»

«Normalmente il mio potere innato sarebbe l’ideale per distruggere le barriere intorno all’Accademia. Ma pensaci un attimo! Se sono qui è proprio per via del mio potere! Ovviamente ne avranno tenuto conto quando hanno progettato le difese della scuola.»

Merda… aveva ragione.

«Ma veramente possono avere delle contromisure contro di te…?»

«Proprio tu me lo chiedi? Nel nostro duello hai messo in luce diverse delle mie debolezze,» sbottò Sophia.

«Scusa…»

La sua espressione si addolcì.

«Non volevo dire che è colpa tua. Intendevo dire che se tu hai intuito i miei punti deboli, Skylark avrà fatto lo stesso.
Sono sicura che nel momento in cui provassi a spezzare la barriera intorno alla scuola, verrei vaporizzata all’istante!»

«Quindi nulla da fare!» sospirai con aria sconfitta.

«Non proprio… se sapessimo in cosa consistono di preciso le difese dell’Accademia, potremmo trovare un punto debole dove il mio potere possa colpire senza ripercussioni…»

“Un punto debole…!”

«Ma certo! Come ho fatto a non pensarci prima!» esclamai scattando in piedi e facendo sussultare Amy e Sophia di sorpresa.

«Le barriere che circondano i duelli e quella intorno all’Accademia, nonché tutto il sistema di punti che funziona in maniera automatica, devono avere una fonte di mana da cui attingere!»

«Cosa vuoi dire?» chiese Sophia.

«Incantesimi così potenti non possono semplicemente essere lanciati una volta e continuare a funzionare in eterno! Devono essere alimentati costantemente!»

«Vuoi dire che qualcuno tiene tutto in piedi con il proprio mana? Sarà Skylark di sicuro.»

«Può essere…»

Il vecchio mago sembrava essere così potente da lanciare incantesimi senza bacchetta od invocazione. Se avessimo dovuto eliminarlo per abbattere le difese dell’Accademia, la strada era decisamente in salita, ma…

«È possibile che sia lui… ma potrebbe anche esserci una fonte esterna.»

Ricordavo vividamente i ricettacoli di mana che Chloe aveva a sua disposizione. Che la scuola ne avesse altri nascosti da qualche parte?
Avrebbe spiegato il perché dell’interesse verso il potere innato della ragazza. Magari speravano di sfruttarlo per immagazzinare mana facilmente.
Se le cose stavano così, ci sarebbe bastato distruggere quel “centro di potere” per abbattere le barriere dell’Accademia.
Spiegai eccitata le mie considerazioni alle altre due.
Sophia non sembrò condividere il mio entusiasmo.

«Potresti aver ragione… Ma siamo punto e a capo. Se esistesse qualcosa del genere nella scuola, sarà di sicuro nascosto ed estremamente ben protetto. Assumendo che riuscissimo ad individuarne la posizione, distruggerlo non sarebbe più facile di far fuori Skylark.»

«Almeno è qualcosa da cui iniziare…»

«Non fraintendermi, penso sia una buona idea parlare di queste cose… Ma dobbiamo andarci coi piedi di piombo. Skylark non penso si farebbe problemi a farci fuori se sospettasse che stiamo cercando di fuggire. Forse l’avrebbe già fatto se non fosse che ci considera le candidate più promettenti…»

Aveva ragione, ma ciò non mi impedì di mettere su il broncio:

«Scusa tanto se cerco di trovare un modo di farci uscire di qui vive e vegete…»

Invece della risposta piccata che mi ero aspettata, Sophia mise la sua mano sulla mia e la strinse appena:

«Non volevo sminuire i tuoi sforzi, davvero… È solo che… ho paura di quello che potrebbe succedere se agisci in maniera avventata. Ma in ogni caso farò del mio meglio per proteggerti.» borbottò senza guardarmi.

Mi sentii arrossire.
Questo suo nuovo modo di fare era molto, molto peggio delle sue solite prese in giro.

«Scusa… hai ragione. Cercherò di investigare ma senza attirare l’attenzione. Prometto che starò attenta…»

Mossi via la mano dalla sua con la scusa di avvicinare la sedia al tavolo.

«Ehm, ma assumiamo che qualcosa del genere esista o anche se decidessimo di affrontare Skylark direttamente… penso avremmo bisogno di altri alleati in ogni caso. Almeno per creare un diversivo o qualcosa del genere!»

Mi sbrigai a cambiare argomento.

Il primo nome che mi veniva in mente era Celeste. Averla dalla nostra parte sarebbe stato incredibilmente utile. Ma non avrei mai osato proporlo davanti a
Sophia.

Con mia sorpresa, però, fu Amy a muovere un’obiezione alla mia idea. La ragazza non parlava da parecchio. Conoscendola probabilmente si era goduta quella scena tra me e Sophia in silenzio…

«Non penso sia una buona idea coinvolgere altre persone Lizzie… Almeno, non per il momento. È troppo rischioso.»

«Per quale motivo? Non pensi che vogliano uscire di qui?»

«Certo che sì! Ma considera la situazione: se tu e Sophia decideste all’improvviso di mettervi contro l’Accademia, pensi che qualcuno vi aiuterebbe? No, nessuno vorrebbe rischiare di morire per nulla. Piuttosto penso si accontenterebbero di vedere voi due venir uccise da Skylark. Sarebbe una situazione win-win. O voi miracolosamente liberate tutti quanti oppure due delle loro avversarie più temibili vengono fatte fuori…»

Non potevo darle torto. Ma…

«Vorrà dire che dovrò mostrare a tutti che è possibile vincere contro l’Accademia!»

Fu così che quella prima riunione si concluse con ben poco di concreto ma con diversi buoni propositi.
Avrei trovato un modo per rispettare la mia promessa:
non avrei permesso né ad Amy né a Sophia di morire.


 
***


Due giorni più tardi fu evidente che le nostre paure erano fondate. La scuola, dopotutto, sembrava voler fare di tutto per creare caos nella nostra vita scolastica.

Quando il nostro trio entrò in classe quella mattina, la nostra attenzione fu attirata da un folto gruppetto di studenti che si era radunato di fronte alla parete della classifica.
Quel deja-vu mi fece istantaneamente gelare il sangue.
Ma alzando il mio sguardo, vidi che almeno stavolta non si trattava di un omicidio improvviso. Il numero di vittime era lo stesso del giorno prima.
Facendoci largo tra la folla, riuscimmo ad intravedere la causa di quel trambusto: quello che sembrava essere un foglio di pergamena era stato fissato al muro.
Quando riuscii a leggerne il contenuto non potei far altro che rabbrividire.

Sono aperte le iscrizioni per il torneo di duelli in doppio, il quale si terrà tra tre settimane. Potrete iscrivermi insieme ad un vostro compagno ed affrontare una serie di duelli.
La coppia vincitrice riceverà un premio di 1000 punti a testa.


“1000 punti!?”

Al momento la sottoscritta, in testa alla classifica, ne aveva 644.
In poche parole quella era una cifra che avrebbe catapultato chiunque confortevolmente nella prima posizione.

Una cifra per cui valeva la pena uccidere.

 

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Capitolo 36
*** In trappola ***


34. In trappola


 
«1000 punti!» esclamò Amy, prendendo posto accanto a me, «che diavolo gli è saltato in mente?»
 
«Devono aver capito che 50 non erano abbastanza per rendere le cose interessanti…» le risposi, grattandomi il mento.
 
«Ok, ma perché non 100, 200 o qualcosa del genere. 1000 è assurdo!»
 
«Penso che sia proprio quello il punto. È una cifra così alta che chi vincerà non dovrà praticamente più preoccuparsi di duellare. È un premio che farebbe gola a chiunque.»
 
«Ma non è pericoloso? Avere così tanti punti è come chiedere di venire uccisi!»
 
«Forse è proprio quello che Skylark vuole, creare scompiglio…»
 
La ragione ancora non mi era chiara.
Che avesse intuito che volessimo tentare la fuga e stesse facendo di tutto per tenerci occupate?
Ma allora perché non era obbligatorio partecipare all’evento in questo caso?
 
“Quante domande…”
 
Mi voltai verso Sophia che, da quando avevamo letto quell’avviso, era rimasta in silenzio.
La ragazza si accorse del mio sguardo e esclamò seccamente:
 
«No!»
 
«No cosa?»
 
«Non parteciperò a questo stupido torneo insieme a te!»
 
“UH?!”
 
Non potei che sentirmi un po’ offesa.
 
«Ma per chi mi hai preso?! Pensi che veramente sia così stupida d-»
 
«Sì.»
 
«Wow, non mi hai neanche lasciato finire la frase…» commentai mentre Amy si sganasciava dalle risate.
 
Le labbra di Sophia si incresparono in un sorriso beffardo:
 
«Ok forse non sei così stupida, ma di sicuro negli ultimi tempi mi hai dimostrato quanto sei avventata!»
 
«Stai comunque sottintendendo che sono stupida!»
 
«Chi? Io?!» replicò Sophia in un tono per nulla convincente.
 
Beh, non potevo darle torto, ma in questo caso la mia sete di adrenalina non era abbastanza per farmi buttare in quella che era un’evidente trappola mortale.
 
“Ma se proprio vuoi prendermi in giro così…”
 
«Hai ragione! Quindi, dato che non vuoi unirti a me, vorrà dire che dovrò cercare un altro partner. Forse chiederò a Celeste, sono sicura che insieme a lei potrei vincere contro chiunque!»
 
«Ottima idea! Farò il tifo per voi!» cinguettò Amy, intuendo le mie intenzioni.
 
Ma invece della reazione stizzita che mi aspettavo, un largo sorriso inquietante si accese sul volto di Sophia.
Poggiandomi una mano sulla coscia, sussurrò:
 
«Chissà se ti farebbero partecipare senza gambe…»
 
Balzai in piedi di scattò, rabbrividendo.
Sophia continuò a fissarmi, sorridendo in maniera minacciosa. Quella sua espressione mi faceva venire la pelle d’oca.
 
«Stavo solo scherzando…»
 
Fui costretta ad arrendermi.
Ultimamente stavo collezionando sconfitta dopo sconfitta contro di lei.
Forse non avrei dovuto desiderare che Sophia si abituasse al contatto fisico tra di noi…
 
In ogni caso, anche se avessi veramente voluto chiederglielo, ero certa che persino Celeste non avrebbe mai voluto partecipare ad un torneo tanto pericoloso.


***


 
«Ti prego, ti prego, ti prego, ti prego!»
 
Mi ero completamente sbagliata.
La prima cosa che Celeste fece il sabato successivo fu proprio chiedermi di essere la sua partner per il torneo.
Sapevo che era un po’ fuori di testa ma evidentemente avevo sottovalutato fino a dove si sarebbe spinta pur di divertirsi.
 
«Per l’ennesima volta, no!»
 
«E daaai!» continuò a pregarmi Celeste, facendomi gli occhioni dolci, «pensa contro quanti poteri super pericoli potremo scontrarci!»
 
«È proprio quello il problema!»
 
«Ma dai! Se uniamo le forze, la nostra magia non potrà mai perdere!»
 
C'era una parte che non voleva altro che accettare la sua offerta. Una serie di duelli ad alto rischio era una prospettiva estremamente eccitante.
Ma non potevo rischiare. Avevo una promessa con me stessa da mantenere.
E poi, Sophia probabilmente mi avrebbe ucciso prima che potessi combattere in un solo duello.
 
«Mi dispiace Celeste, mi piacerebbe molto combattere al tuo fianco, ma in questo caso è troppo rischioso,» replicai in tono fermo.
 
Al che la ragazza sembrò finalmente rassegnarsi.
 
«D’accordo…» borbottò mestamente, «immagino sarò costretta a chiedere a Phil di iscriversi con me.»
 
Non sembrava molto entusiasta a quella prospettiva ma, d’altra parte, il loro ultimo duello mi aveva fatto ben capire quanto disprezzasse lo stile di combattimento del suo promesso sposo.
 
«Pensi veramente che accetterebbe? Non mi sembra proprio il tipo…»
 
Il broncio di Celeste svanì, lasciando spazio ad un sorrisetto divertito.
 
«Normalmente penso non parteciperebbe mai ad una cosa del genere. Ma se sono io a chiederglielo…»
 
Forse ancora non avevo ben chiaro come funzionasse la relazione tra quei due. Ma ero certa che se Celeste fosse stata la mia fidanzata avrei fatto di tutto pur di tenerla buona.
 
Continuammo ad allenarci per un paio d’ore per poi salutarci.
C’era ancora un po’ di tempo prima di cena quindi mi diressi verso la mia camera.
 
Attraversare i corridoi della scuola senza Sophia al mio fianco ormai era diventata un’occasione più unica che rara ormai.
In quella solitudine, la mia mente non potè che iniziare a viaggiare, immaginando  le fantasiose strategie che due maghe can l’abilità del doppio lancio avrebbero potuto utilizzare in un duello.
La sola idea delle combinazioni di incantesimi che avremmo potuto scatenare contro gli avversari fu abbastanza da farmi rimpiangere non poco l’aver rifiutato Celeste.
 
“Forse anch’io non ci sono del tutto con la testa…”
 
Se solo la morte non si celasse dietro ogni angolo dell’Accademia, avrei potuto divertirmi così tanto!
Ma non potevo cedere alla tentazione, avrei solo fatto il gioco di Skylark per l’ennesima volta.
 
Arrivata di fronte alla mia stanza trovai qualcosa di strano ad attendermi.
Una lettera era poggiata per terra, davanti alla porta.
Probabilmente chi l’aveva lasciata lì aveva provato a farla scivolare dentro la stanza ma l’incantesimo di protezione l’aveva bloccata.
 
Raccolsi il pezzo di pergamena, dubbiosa su chi ne fosse il mandante.
Che fosse un messaggio di minacce da parte di Sophia? Magari temeva che Celeste mi avrebbe convinto a partecipare.
 
“Ragazza di poca fede…”
 
Ma appena lessi le parole su quel pezzo di pergamena, il mio sorriso svanì all’istante e mi si gelò il sangue.
 
Abbiamo rapito la tua amica. Se non vuoi che venga uccisa vieni nell’aula magna da sola. Non fare scherzi, non fare deviazioni, ti stiamo osservando.
 
Mi voltai istantaneamente e mi guardai attorno.
Una coppia di studenti stava camminando per il corridoio, chiacchierando allegramente. Non c’era nessun altro.
Che fosse un bluff?
Non potevo esserne certa, magari qualcuno mi stava spiando tramite un incantesimo, un famiglio o, peggio, un potere innato.
Il fatto che avessero colpito proprio oggi, quando per una volta non ero in compagnia di Sophia, significava che mi stavano tenendo d’occhio da parecchio tempo per studiare le mie abitudini.
 
Ricordai le parole di avvertimento che la ragazza mia aveva rivolto qualche settimana fa:
 
Dobbiamo aspettarci che qualcuno ci prenda come bersaglio presto o tardi…
 
Non c’era voluto molto. E l’avevano fatto colpendo qualcuno a cui tenevo.
 
“Una mia amica…”
 
Ovviamente non era possibile che qualcuno fosse riuscito a catturare Sophia e mi ero separata da Celeste appena qualche minuto prima.
Rimaneva solo…
 
“Amy!”
 
Dovetti trattenermi dal correre verso l’aula.
Con mani tremanti accartocciai la lettera e me la infilai in tasca, la mia mente che lavorava disperatamente per decidere come agire.
 
Era palesemente una trappola.
Se avessi fatto ciò che volevano sarei stata senza dubbio in pericolo.
 
Stavano solo cercando di intimidirmi. Dopotutto che cosa avrebbero ottenuto uccidendo Amy? Magari erano tutte bugie ed ora Amy era tranquilla e illesa nella sua stanza.
L’approccio più razionale era trovare Sophia e Celeste e pensare ad un piano d’azione.
 
Ma…
 
Se non fosse stato tutto un inganno?
Se veramente in quel momento qualcuno mi stesse spiando?
Avevo già incontrato due pazzi omicidi in questi mesi.
La possibilità che la vita di Amy dipendesse dalle mia azioni non era qualcosa che potevo semplicemente ignorare.
 
In quel momento mi tornarono alla mente le immagini del suo corpo esanime dopo che era stata assalita dai famigli di Chloe.
Presi la mia decisione.
 
“Scusa Sophia, sono senza speranze…” pensai mentre correvo verso l’aula magna.
 
Sapevo che mi stavo comportando in maniera impulsiva per l’ennesima volta. Ma preferivo rischiare la mia vita piuttosto che quella di una mia cara amica.
 
Arrivai a destinazione senza fiato. Il corridoio era deserto. Probabilmente tutti i miei compagni di classe erano dalla parte opposta della scuola, pronti a cenare.
Appoggiai l'orecchio sulla porta. Silenzio.
 
«Mana shield,» sussurrai, erigendo una barriera magica intorno a me.
 
Ero certa che appena avessi varcato la soglia dell'aula sarei stata attaccata.
Ma mi feci coraggio, non avevo altra scelta.
Aprii la porta.
La classe era immersa nell’oscurità.
Entrai con la bacchetta stretta nella mia mano tremante. 
 
Stranamente non accadde nulla.
Possibile che fosse tutto uno scherzo di pessimo gusto?
Ma nel buio della classe, una voce parlò.

«Quassù.»
 
Alzai lo sguardo in alto verso le ultime file e il mio cuore saltò un battito.
Uno studente molto alto aveva un braccio intorno al collo di una studentessa minuta. Anche senza luce capii subito che si trattava proprio di Amy.
 
«Non fare un altro passo o faccio saltare via la testa alla tua amica!» mi intimò il ragazzo.
 
All’improvviso il candelabro sopra di noi si accese, illuminando la stanza.
Immediatamente riconobbi il rapitore di Amy.
Owen Finch stava tappando la bocca della povera ragazza con una mano, mentre con l’altra le puntava un pugnale affilato alla gola. Gli occhi di Amy erano terrorizzati e pieni di lacrime.
 
«Bastardo! Lasciala andare immediatamente!»
 
Che tutta questa storia fosse una vendetta perché la mia amica l’aveva umiliato in quel duello? Ma allora cosa c’entravo io?
 
«Stai calma. Se seguirai le mie istruzioni nessuno si farà male,» rispose il ragazzo in tono neutro.
 
«Con che coraggio mi chiedi di star calma mentre minacci di uccidere la mia amica? Ma che dico, che coraggio può avere un essere vile come te che usa questi metodi? Se fossi un uomo la lasceresti andare subito e te la prenderesti con me!»
 
Finch non sembrò per nulla incline a cedere alle mie provocazione.
Continuò a tenere il pugnale appoggiato al collo di Amy.
 
«Abbassa la bacchetta e non fare movimenti improvvisi. Prometto di lasciarla libera se collabori.»
 
Amy iniziò a dimenarsi e a mugugnare disperata, ma la presa del ragazzo era troppo forte per liberarsi.
Non avevo scelta, dovevo obbedire.
 
«Allora? Che cosa vuoi da me?» chiesi.
 
«Molto semplice… voglio che accetti di duellare con me.»
 
Rimasi interdetta.
 
“Duellare con lui?”
 
Da quel che avevo visto dal suo scontro con Amy, non avrei alcuna difficoltà a sconfiggerlo. Se la ragazza aveva dovuto usare una strategia particolare per sconfiggere le sue abilità da mago da battaglia, io non ne avrei avuto bisogno. Gli incantesimi a mia disposizione avrebbero facilmente bucato le sue difese.
L’unica spiegazione era che avesse un potere innato che aveva tenuto nascosto, con il quale intendeva uccidermi.
 
Ma allora… perché rapire Amy? Se mi avesse sfidato normalmente probabilmente avrei accettato senza sospettare nulla…
 
“...!”
 
Poteva esserci solo un motivo.
 
«Quali sono le tue condizioni per il duello?»
 
Quello era l’unico motivo per cui avrei declinato uno scontro: delle condizioni sospette.
La mia intuizione si rivelò corretta:
 
«Se vinco il duello, dovrai iscriverti al torneo in doppio.»
 
“UH?!”
 
Che intenzioni aveva?
Che beneficio poteva trarre dal farmi partecipare al torneo?
Se era veramente capace di sconfiggermi avrebbe tranquillamente potuto uccidermi durante questo duello…
Ma se era arrivato a rapire Amy, non poteva esserci nulla di buono sotto.
Ovviamente in condizione normali avrei rifiutato la sua sfida, ma ora…
 
Vedendomi esitare Finch mi incalzò:
 
«Allora? Non ti importa cosa succede alla tua amica?»
 
Mi fermai a pensare per un attimo.
 
«Stai bluffando. Se la uccidessi violeresti le regole e Skylark ti farebbe fuori…» tentai.
 
Ma l’espressione calma di Owen Finch non tremò:
 
«Non ho nulla da perdere.»
 
A queste parole il ragazzo premette il coltello sul collo della ragazza con più forza, ferendola e facendo sgorgare un piccolo rivolo di sangue. I gemiti soffocati di Amy resero la mia decisione molto facile.
 
«D’accordo, accetto la sfida. Se vinco non ti avvicinerai più ad Amy.»
 
Immediatamente la barriera magica si formò intorno a noi. Amy, liberata dalla presa di Finch, fu spinta all’esterno di essa.
 
«LIZZIE NO!» urlò disperata, battendo i pugni contro lo scudo magico.
 
«Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di perdere!» cercai di rassicurarla.
 
Ma non ero così confidente. Se Finch aveva deciso di sfidarmi doveva avere qualcosa in mente.
 
«Lizzie, mi dispiace… è tutta colpa mia!»
 
«Non importa Amy, ora vai a cercare Sophia!»
 
«NON POSSO LASCIARTI QUI DA SOLA CON LUI!»
 
«Va tutto bene, davvero. Vincerò. E se ha messo quella condizione al duello, dubito che voglia uccidermi.»
 
«Io…»
 
Ma alla fine mi diede retta e corse fuori dalla stanza.
Nel frattempo il conto alla rovescia era già quasi arrivato al termine.
 
“Devo vincere in una mossa!”
 
Se quel ragazzo intendeva scatenare qualche strano potere innato contro di me, non gliene avrei dato l’opportunità.
Dopo quel che aveva fatto passare ad Amy non intendevo andarci piano.
 
3
 
2
 
Concentrai un'enorme quantità di mana nella mia bacchetta.
 
1
 
«METEOR
 
 
Ma non successe nulla.
 
“Che diavolo?”
 
La tensione forse mi aveva fatto un brutto scherzo.
Quell’incantesimo non era decisamente facile da lanciare.
 
«Fireball
 
Niente.
 
“Proprio adesso la mia bacchetta deve fare scherzi?”
 
Dirottai il flusso di mana verso la mia mano libera.
 
«Icicle Crush
 
Niente da fare.
Era come se il mio mana fosse intrappolato dentro il mio corpo e non riuscisse ad uscirne.
 
Davanti ai miei inutili tentativi di lanciare degli incantesimi, Owen Finch era rimasto fermo a guardarmi, senza muoversi.
 
«Penso che tu ormai abbia capito… Se ti arrendi le cose saranno più facili sia per me che per te.»
 
“Merda…”
 
Non avrei potuto incontrare avversario peggiore.
Ad impedirmi di utilizzare la magia era senza dubbio il suo potere innato.
Davanti a lui non ero che una ragazzina indifesa…
 
«Arrendermi… non ci penso neanche!»
 
Sguainai la spada. Sapevo che sarebbe stato tutto inutile, ma avrei reso cara la pelle. Volevo resistere almeno finché Sophia non fosse arrivata. Magari mi avrebbe potuto dare qualche idea per sconfiggerlo.
 
Il volto di Finch non tradì alcuna emozione mentre liberava il suo spadone dal fodero.
 
“Si mette male…”
 
Intorno a me avevo ancora lo scudo di mana che avevo lanciato prima di entrare nella stanza, ma sarebbe stato inutile in un combattimento in mischia.
Feci del mio meglio per posizionare la mia spada al meglio, mentre il ragazzo mi caricava con la sua gigantesca lama.
Le nostri armi cozzarono e la mia volò via.
 
«AAAAH!» urlai dal dolore. L’impatto era stato terribile per i miei polsi.
 
Ora ero completamente scoperta.
 
“Sono morta…”
 
Era tutto finito.
Forse il ragazzo aveva messo quella condizione solo per darmi un falso senso di sicurezza.
 
Ma Finch non mi colpì con il suo spadone. Lasciò cadere la sua lama per terra e mi assestò un gancio dritto in faccia. Caddi a terrà.
Dopo qualche secondo intontita per via del colpo alla testa, iniziai a cercare di sollevarmi a fatica.
 
«Allora? Arrenderti per favore, non provo alcun piacere nel farti del male…»
 
Sputai del sangue per terra. Un paio dei miei denti tintinnarono sul pavimento.
 
«N-non mi a-rrenderò m-ai!» biascicai.
 
La mia resistenza era inutile, ma non volevo dargli quella soddisfazione.
Il ragazzo sembrò rassegnarsi e dopo un attimo mi sferrò un violento calcio alle costole.
Il dolore mi fece piegare in due e mi raggomitolai sul pavimento.
 
“Sono proprio inutile senza magia, uh?”

Riuscii a malapena a formulare quel pensiero.
 
Nel frattempo Finch si era spostato sopra di me.
Mi afferrò un braccio e me lo portò dietro la schiena.
 
“Cosa st-”
 
Iniziai a provare un dolore terribile.
 
«AAAAAAAH!»
 
Finch stava piegando il mio braccio con tanta forza che ero certa si sarebbe rotto da un momento all’altro.
 
“MI ARRENDO, MI ARRENDO!”
 
Ma solo urla di dolore sembravano voler uscire dalla mia bocca.
 
E poi ci fui un crack e il dolore fu così tanto che smisi di pensare.
 

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Capitolo 37
*** 37. Decisione ***


37. Decisione


Bianco.

“Un soffitto familiare…”

Ero di nuovo distesa in un letto dell’infermeria.

"Se finisco qui un'altra volta i guaritori inizieranno a farmi pagare l’affitto."

Ancora un po’ intontita, mi resi conto che qualcuno mi stava tenendo la mano.

“Amy… dopo che le avevo detto che sarebbe andato tutto bene… Deve essere disperata....”

Ma quando abbassai lo sguardo mi trovai faccia a faccia con Sophia.
Era seduta su una sedia a fianco al mio letto e mi stava fissando intensamente.

«Ben svegliata dormigliona, come ti senti?» mi chiese con calma.

Ma sulla sua guancia potevo vedere dei solchi dove aveva affondato le unghie per la preoccupazione.

«Uhm, sembra tutto apposto…»

Sollevai il braccio destro, quello che Finch mi aveva rotto. Sembrava essere stato aggiustato alla perfezione.
Mi tastai la mandibola e poi mi passai un dito sui denti. Me li avevano riattaccati.

«Ed Amy? Come sta?!»

Sophia si portò un dito davanti alle labbra, facendomi segno di non alzare troppo la voce.
Dopodiché indicò il letto alla mia destra. Amy era sdraiata lì, addormentata.

«Quando ti abbiamo trovato nell’aula… beh non era un bello spettacolo. Penso sia sotto shock, i guaritori le hanno dato una pozione per calmarla…» mi spiegò Sophia in un tono amaro.

«Amy…»

Ancora una volta mi ero quasi fatta ammazzare. Possibile che non avessi imparato nulla dalla faccenda con Chloe?
Abbassai gli occhi, incapace di reggere lo sguardo di Sophia.
Ma lei mi incalzò:

«Elizabeth, mi devi spiegare per bene cos'è successo. Amy ha fatto solo in tempo a dirmi di essere stata aggredita da Finch e che hai duellato con lui per salvarla… Ma come ha fatto quel bastardo a ridurti così?»

La mano di Sophia strinse la mia con più forza.

«Credimi, ho dovuto trattenermi dall’andare a cercarlo.»

Avvertivo che dietro il suo tono calmo si celava una furia cieca.
Sapevo si sarebbe arrabbiata con me un’altra volta, ma le dovevo una spiegazione.

Fu così che le raccontai tutto, dalla lettera minatoria che avevo ricevuto fino alla cocente sconfitta che avevo subito ai danni di Finch.
Quando le spiegai le condizioni che il ragazzo aveva posto, Sophia si alzò dalla sedia ed iniziò a passeggiare avanti e indietro davanti al mio letto.
Alla fine non potei far altro che provare a scusarmi:

«Mi dispiace, dopo tutte le raccomandazioni che mi hai fatto, ho agito di nuovo in maniera impulsiva.»

A queste parole Sophia si avvicinò di nuovo, tese un braccio verso di me e…
Questa volta non mi sollevò in aria per il colletto ma mi accarezzò lievemente la guancia destra.
«Non mi piace per nulla quanto mi fai preoccupare ma… il fatto che tu sia disposta a fare di tutto per salvare le persone a cui tieni… ammiro questa parte di te» disse Sophia fissandomi dritta negli occhi.

«Sophia…»

La ragazza tornò a sedersi.

«In questo caso non posso biasimarti per aver agito così… se fossi stata tu ad esser stata rapita… forse avrei fatto lo stesso.»

«Dovevi proprio rovinare tutto aggiungendo quel “forse”?!» girai il volto, fingendomi offesa.

«Sai, la mia vita sarebbe molto più semplice se sparissi!»

«E io che pensavo stessi finalmente mettendo a posto questo tuo caratteraccio…» ridacchiai.

Sophia mi sorrise:

«Ti senti meglio adesso?»

«Sì… grazie.»

La ragazza tornò seria.

«Comunque penso di dover essere io a scusarmi. Credo che questa faccenda sia colpa mia.»

«Colpa tua?»

«Rifletti un attimo. Pensi veramente che tu e Amy foste i suoi bersagli? Se fosse così vi avrebbe già ucciso. No… tutto ciò che ha fatto aveva lo scopo di farti partecipare al torneo. Per quale motivo?»

Non avevo avuto molto tempo per pensarci, ma quella condizione mi era subito sembrata strana.
Che interesse aveva Finch a farmi partecipare al torneo?
Forse voleva che mi scontrassi con qualcuno.
Ma contro chi? E a che scopo?

Di fronte al mio silenzio Sophia mi diede un indizio:

«Pensa di che tipo di torneo stiamo parlando...»

«A coppie…! Vuole duellare contro il mio partner che sarebbe…»

«Io,» concluse per me Sophia con freddezza.

Si alzò e ricominciò a ripercorrere l’infermeria, agitata.

«Il messaggio che voleva mandarmi è arrivato forte e chiaro. Ti hai preso come ostaggio, proprio come Amy. Se non mi iscrivo insieme a te, non si farà problemi ad ucciderti.»

«Ma come fai a sapere di essere proprio tu il suo vero bersaglio? Per quanto ne sa potrei chiedere a Celeste di combattere con me.»

«Il suo potere innato. Voi due non potete batterlo. Io, invece… non ha possibilità contro di me.»

«Ma allora che senso ha scus-»

Mi fermai a metà frase.
Avevo capito.
Era un torneo in doppio.
Anche Finch non avrebbe combattuto da solo. Aveva un complice. Un complice che…

«Un altro potere innato…»

«Esatto, Finch si è alleato con qualcuno che possiede un potere in grado di sconfiggermi. Questo piano ha l’obiettivo di  obbligarmi a scontrarmi con questa persona. Deve vedere questo torneo come l’unica occasione per eliminarmi. Dopotutto il suo potere è perfetto contro i maghi, deve vedermi come il maggior ostacolo per vincere…»

Ricordai come il ragazzo aveva detto di non avere nulla da perdere. Effettivamente finché Sophia era viva, non aveva speranza di vincere nonostante il suo incredibile potere innato.
Ma c’era ancora qualcosa che non capivo:

«Ma se veramente esistesse questa persona, chiamiamola X, perché hanno avuto bisogno di mettere in atto questo piano contorto? Se X ha un potere innato capace di batterti, poteva semplicemente sfidarti a duello!»

Sophia aggrottò la fronte.
«Hai ragione… Non ne sono sicura. Penso che il motivo sia il potere di X… magari ha bisogno di due persone per attivarlo o qualcosa del genere.»

«Certo che se fosse così… il torneo a coppie è proprio una coincidenza interessante.»

«Già…»

Sophia si avvicinò ad una finestra e mi diede le spalle.

«In ogni caso… è tutta colpa mia. Sapevo che standoti vicina ti avrei messa in pericolo. Se penso a come ti ha ridotta quel bastardo… C’è solo una cosa che posso fare ora…»

“No…”

Sapevo cosa avrebbe fatto. Dopo tutti progressi che avevamo fatto, si sarebbe allontanata di nuovo da me per proteggermi.
Ma quando Sophia si voltò aveva un sorriso determinato sul volto:

«Combatterò al tuo fianco e insieme faremo capire a tutti che contro di noi non c’è potere innato che tenga!»

La mia bocca si spalancò dalla sorpresa.

«Non guardarmi così. So che è egoista da parte mia, ma in futuro voglio continuare starti vicino, anche se non farò altro che causarti problemi…»

«Sophia!»

Saltai fuori dal letto e mi gettai tra le sue braccia.

«Un giorno mi romperai una costola facendo così! E non urlare così, sveglierai Amy!»

Ma mi strinse forte a sé.

«Sei sicura? È una trappola! Non sappiamo neanche contro quale altro potere ci troveremo a combattere!» le chiesi, mentre ci separavamo.

«Che posso dirti… ultimamente sto frequentando una ragazza che ha proprio una cattiva influenza su di me!»

Non se fosse mio il merito… ma era proprio cambiata.
Mi sedetti sul letto.

«Quindi, cosa pensi dovremmo fare ora?»

Il sorriso di Sophia si allargò. Conoscevo quell’espressione.

«Temo dovrai cancellare i tuoi impegni con la tua amica Celeste. Da domani sarò la tua allenatrice personale. Abbiamo mooolto lavoro da fare!»

“Oh no.”

Quel sorriso inquietante mi fece capire che mi aspettavano tre settimane infernali.

 

***


«Alzati!»

«Ti pregooo non ce la faccio più!»

«Sono sicura che Finch si fermerà di sicuro se lo supplichi!»

«Sei senza cuore!»

Era passata una settimana. Da allora Sophia non mi aveva dato pace. Subito dopo pranzo mi trascinava nel cortile interno e venivo obbligata a fare giri e giri di corsa sotto il suo sguardo vigile.

«Non abbiamo tempo per farti mettere su dei muscoli, ma almeno possiamo lavorare un po’ sulla tua resistenza,» mi aveva detto.

A malincuore dovevo dire che il suo regime di allenamento stava già dando i suoi frutti. Se nei primi giorni ero quasi arrivata a vomitare, ora stavo iniziando a cavarmela, anche se arrivavo alle lezioni pomeridiane completamente esausta.
Ma non finiva lì. La sera era dedicata alla spada.

«Se dovrò vedermela da sola contro X, tu dovrai almeno resistere qualche minuto contro Finch.»

Era stata la ragione che mi aveva dato.
Ma in questo caso i suoi insegnamenti non stavano sortendo gli effetti sperati.
Mi rialzai a fatica. Le mie gambe stavano chiedendo pietà.

«Non puoi almeno andarci un po’ più piano?!»

«Elizabeth, per l’ennesima volta, cosa ti ho spiegato a proposito degli spadoni?»

«Il loro punto di forza sta nella grandezza della lama e nell’impatto che questa può generare, nonché nella portata. Per combattere contro Finch dovrò concentrarmi nel mantenere le distanze e nello schivare, cercando un’apertura,» recitai meccanicamente.

«Esattamente, quindi come fai a lamentarti per così poco? Se stessi usando uno spadone sarebbe molto peggio! Se non ci metto questa forza non imparerai mai!»

«Va bene…»

Non ci potevo fare nulla, ero completamente negata. Ma non potevo continuare a lamentarmi di continuo, Sophia stava facendo del suo meglio per aumentare le nostre chance di vittoria.

«Su dai, un’altra volta!»

Presi posizione nuovamente, ma Sophia subito sospirò.

«Stai ancora sbagliando!»

La ragazza andò dietro di me.

«Così!»

Passo le sue braccia sotto le mie e, afferrandomi le mani, aggiustò il modo in cui stavo tenendo la spada.

“Questa posizione…”

«Tenere la spada così vicina è proprio quello che devi evitare… Mi stai ascoltando?»

«Ah… sì…»

“C’è veramente qualcosa che non va in me…”

Il volto di Sophia era sopra la mia spalla a pochi centimetri dal mio.

«… così, quando lui viene vicino tu… E dai almeno fai finta di ascoltarmi! Guarda che st- oh…»

Sophia si separò da me all’improvviso. Forse si era resa conto di quanto fossimo vicine.

“Aspetta un attimo… questa è la giusta occasione. Tempo di rivincita!”

«Che succede Sophia? Non volevi farmi vedere qualcosa?»

«Uhm, stavo dicendo quando lui si avvicina, tu devi allung-»

«Non ho capito bene… Puoi farmi vedere come si fa come stavi facendo prima?»

«Lo stai facendo apposta…»

Feci un passo verso di lei.

«Che c’è, ti vergogni? Non eri tu a dire che volevi starmi vicino?»

Le guance pallide di Sophia si stavano tingendo di rosso.

«Non intendevo in questo modo…»

«Oh dai, siamo amiche! Che male c’è in un po’ di skinship!»

Feci un altro passo.

«Stammi lontana! Perché stai muovendo le mani in quel modo?!»

Mi lanciai al suo inseguimento.

«Sei una bugiarda! Hai detto che riuscivi a muoverti a malapena!»

«Per qualche ragione ho avuto un rush improvviso di energie!»

Alla fine finimmo entrambe esauste sul prato.

“Vorrei che questi momenti durassero per sempre…”

Ma se volevo che fosse così, avrei dovuto impegnarmi molto più. Tra due settimane avremmo affrontato un nuovo incontro a tu per tu con la morte.

«Come sta Amy?» chiese all’improvviso Sophia.

Tutta la felicità che provavo svanì in un attimo, sostituita dai sensi di colpa.
Mi ero lasciata trasportare.
Mentre mi stavo divertendo con Sophia, c’era un’altra mia amica che stava soffrendo.

«Non bene… a malapena mangia…»

Era da una settimana che Amy non era più la stessa ragazza che conoscevo.
All’inizio avevo pensato che fosse per via dello shock dell’essere stata rapita, ma non era così.
Sembrava essere entrata in uno stato di profonda depressione.
Il tempo che non passava a lezione, lo trascorreva tutto in camera sua, sdraiata sul letto. Non usciva neanche per mangiare, tant’è che avevo iniziato a portarle metà dei miei pasti.
La conversazione che avevamo avuto quando si era svegliata in infermeria mi tormentava ancora.

«Mi dispiace. Sono stata una stupida a pensare che potessi valere qualcosa. Tutto il tempo che ho passato ad allenarmi… è inutile per una nullità come me.
Non faccio altro che causarti problemi ed essere un peso per te Lizzie, forse sarebbe meglio se venissi eliminata.»


Quello che mi aveva colpito era la mancanza di disperazione nelle sue parole. Quella che avevo sentito era più rassegnazione.
La rassegnazione di chi aveva dato tutto se stesso per raggiungere un obiettivo ma aveva fallito comunque.
A nulla erano valsi i miei tentativi di farla ragionare.

«Amy io non sarei qui senza di te! Ricordati cosa è successo la prima settimana!»

«Ma ora sei diventata una roccia Lizzie! Non hai più bisogno di me…» aveva risposto.

«Anch’io sono come te. Mi hanno usato per cercare di arrivare a Sophia. Ci hanno trattate entrambe come degli ostaggi! Dobbiamo fargli vedere che non è così!» avevo provato a spronarla.

«Io non sono forte come te Lizzie e…  sono stanca.» aveva replicato.

Ci avevo provato e riprovato, ma non sapevo più cosa fare.
Anche Sophia e Celeste avevano tentato di parlarle ma non c’era stato verso.
I momenti in cui non mi allenavo li passavo con lei, nel buio della sua stanza, sperando che la mia presenza silenziosa potesse darle un minimo di conforto.
Ma potevo pensare a una sola soluzione.

“Devo farla uscire fuori di qui.”

Amy non era come me, Sophia o Celeste. Eravamo tutte ragazze strane e con la testa non del tutto a posto.
Ma Amy no. Lei era una ragazza normale, gentile.
Un’anima pura, spensierata. Una ragazza come lei non c’entrava nulla con tutta questa situazione.
Era normale che un fiore così delicato stesse iniziando ad appassire nell’atmosfera opprimente di questo gioco mortale.
Il fatto che avesse resistito così tanto senza piegarsi era segno della grande forza che si nascondeva in lei.
Ma ora che questa non bastava più, sarei stata io la sua forza.

«Sophia…»

«Sì?»

«Riprendiamo l’allenamento!»

"Vincerò e porterò Amy a casa.”

 

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