Il Paradiso non basta

di Neamh Moonstar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Fuori posto ***
Capitolo 2: *** 2 - Tabù ***



Capitolo 1
*** 1 - Fuori posto ***


Non so davvero cosa "ti amo" voglia dire. Penso significhi: "Non lasciarmi qui da solo".

- Neil Gaiman


**


Le immacolate vie del Paradiso scintillavano sotto ad un sole piacevolmente caldo. Il cielo azzurrissimo era spruzzato solo da dolci, rotonde e paffute nuvole dalle sfumature pastello. La gente andava avanti e indietro senza fretta, riunita in gruppetti sorridenti. Era una mattinata come le altre e lui l'avrebbe passata, come sempre, al solito baretto.

Rimescolò lentamente lo zucchero nel suo caffè, il volto poggiato sul palmo di una delle sue quattro mani e lo sguardo perso verso un punto non ben precisato del tavolino. In mezzo all'atmosfera leggera e spensierata, appariva come una magra figurina assolutamente discordante.


Di poche cose Angel Dust era sicuro.

La prima: il Paradiso non era sempre stata casa sua. Glielo ricordava tutto, in primis il nome che si rifiutava di cambiare e che, come lui, stonava peggio di una chitarra scordata.

La seconda: aveva una sorella gemella che, a differenza sua, in Paradiso ci era finita subito - e che ricordava come una ragazza bionda, alta e solare; non certo come l'adorabile ma comunque bizzarro ragnetto rosa che aveva di fronte.

La terza: aveva un amico che, come lui, proveniva da un luogo oscuro del quale ricordava molto molto poco, ma con il quale poteva confidarsi.

La quarta: nessuno degli angeli superiori voleva parlare dell'Inferno e la cosa lo mandava in bestia.

La quinta: era finito chissà come nel luogo migliore possibile, ma non si sentiva né soddisfatto né felice. Gli mancava qualcosa. Anzi: gli mancava qualcuno del quale non aveva che vaghissime memorie.


    «Ci stai ancora ripensando, vero?» Mormorò Molly, il tono cordiale ma al contempo preoccupato.

Angel alzò lo sguardo su di lei. Oltre quegli enormi occhi fucsia e la mole spropositata di capelli, riusciva quasi ad intravedere l'ombra dell'umana che era stata - il che era sia strano che rassicurante.

Non lo aveva stupito più di tanto l'idea che lei fosse stata l'unica della sua famiglia a finire lassù. Alla fin fine, già loro due erano sempre stati simili di aspetto ma completamente diversi di carattere. Da un lato c'era lei: Molly l'educata, la cordiale, l'intelligente e la diligente. Dall'altro c'era lui: Anthony il combina guai che sgattaiolava fuori da scuola, fuori da casa e fuori da qualsiasi regola; quello che era caduto in brutte abitudini troppo presto e che troppo presto aveva lasciato che le suddette lo uccidessero.

Che cazzo ci faccio io qui?

    Cercò di trattenere un sospiro e le sorrise. «Mi hai beccato.»

Non che fosse difficile beccarlo. Sin da quando era arrivato, i suoi sorrisi erano stati tutti rivolti alla sorella ritrovata, all'unico amico e alla lasagna fatta come si deve. Il resto del tempo lo passava a rimuginare sul senso di vuoto che sentiva dentro.

    «Vedrai che ti passerà» lo rassicurò lei. Mise da parte la sua tazza ora vuota e gli porse una mano perché Angel la stringesse. «Sei mesi non sono niente. È normale che tu ti senta ancora un po' spaesato.»

    «Un po'?» Sbuffò scherzosamente lui, accogliendo il gesto. «Mi sento completamente fuori posto, sorellina.»

Vero era che piombare davanti ai serafini con la testa in subbuglio e il cervello nella confusione più totale avrebbe spaesato chiunque. Il problema era che ad Angel Dust la sensazione non era mai davvero passata.

Si sentiva ancora come se gli avessero bruciato dei ricordi importanti a seguito della sua ascesa. L'inferno era una distante macchietta rossa e scura agli angoli della sua mente, così come lo erano gli sprazzi di voci e i continui sensi di deja-vu che riempivano le sue giornate. Una parte di lui continuava a dire che avrebbe dovuto chiarire la confusione, trovare un senso al suo repentino e apparentemente casuale arrivo in Paradiso... Ma non ci riusciva. Era stato come rinascere con la consapevolezza di aver vissuto una vita precedente.

E faceva schifo.


    Molly accavallò un paio di gambe sull'altro. «Guarda il lato positivo: se sei quassù è perché te lo meriti» affermò. «Qui sopra è molto, molto meglio che là sotto.»

    Angel aggrottò le sopracciglia. «Come fai a dirlo? Ci sei mai stata?»

    «No, ovvio che no. Nessuno di noi c'è mai stato» rispose lei, indicando il resto del Paradiso con la testa. «Beh, a parte te e Pentious.»

    «Appunto!» Esclamò lui, allargando un paio di braccia e attirando qualche sguardo interrogativo verso di sé. «La cosa non vi stranisce nemmeno un po'?»

Ricordava bene le facce di Emily e Sera il giorno in cui era comparso loro dinnanzi. La prima sorrideva ma pareva affranta, soprattutto quando venne a sapere che Angel ricordava a malapena il luogo da cui era venuto. La seconda pareva spaventata e confusa, tanto da non aver proferito una sola parola. Nessuna delle due aveva ostentato stupore, come se si aspettassero tutto ma temessero comunque le conseguenze.

Nessuna delle due gli aveva dato delucidazioni. Gli avevano solo messo Pentious e Molly accanto, dandogli il benvenuto e dicendogli che da quel momento in poi sarebbe andato tutto bene.

Peccato che nulla stesse andando così bene come gli era stato assicurato.

Era certo che il resto dei pezzi grossi del Paradiso sapesse delle sue origini, così come di quelle del goffo serpente. Lo vedeva dagli sguardi poco convinti che gli lanciavano alcuni di quei pomposi.

Odiava avere tutti quegli occhi indagatori addosso. Lo facevano sentire piccolo e poco meritevole di condividere il loro stesso, santissimo ed immacolatissimo spazio.

    «Non so come o perché siate stati redenti,» sussurrò Molly, intimandogli di abbassare la voce con un gesto della mano, «ma è davvero così importante? Forse non vi ricordate granché proprio perché non c'è nulla di importante da ricordare.»

Angel non ne era per niente convinto. Aveva troppi presentimenti, troppe sensazioni e troppi sogni ricorrenti che dimostravano che sua sorella aveva torto.

Non era mai sceso nei dettagli con lei, però. Semplicemente non voleva, in un certo senso, deluderla.

Una delle poche cose belle accadute al suo arrivo erano stati i lucciconi negli occhi di Molly non appena lo aveva riconosciuto. L'aveva vista corrergli incontro, gettandogli le braccia al collo come faceva quando erano bambini, e tanto era bastato a fargli salire un magone su per la gola. L'aveva stretta a sé finanche con le braccia che non usava mai, abbracciandola come se ne andasse del resto della sua esistenza.

Le era mancata e non lo sapeva.

L'ultima cosa che voleva, era farle credere che stare con lei non gli piacesse, o peggio: farle credere che preferisse un buco buio e puzzolente alla presenza ed affetto dell'unico membro a posto della famiglia.

    Così chiuse il discorso come faceva sempre: con un sorriso triste e un cenno di assenso. «Forse hai ragione.»

    Ciò bastò a far tornare il sorriso sul volto di Molly. «Così ti voglio, fratellino!» Esclamò, facendo fremettere di gioia le alucce sulla sua schiena. «So come tirarti su il morale. Che ne dici se andiamo a trovare Pentious? Poi possiamo anche fare un giretto e fermarci al tuo ristorante preferito, se ti va. Tutto quello che vuoi.»

Angel acconsentì, finendo in un sorso il caffè ancora miracolosamente caldo e schiumoso.


Intanto che passeggiavano, si lasciò trascinare sia dalla gentile presa sul polso che dalla parlantina di sua sorella. 

Non poteva che fissare brevemente il suo riflesso ogni qualvolta passavano davanti ad una vetrina. Era quasi convinto di non essere cambiato granché: il ciuffo rosa chiaro e leggermente chiazzato che gli sovrastava il capo era familiare, così come le iridi fucsia che condivideva con Molly. Era quasi certo di non aver sempre avuto entrambe le sclere bianche, però. Le alucce candide, anch'esse vagamente puntellate di rosa, erano ovviamente una novità che ancora non aveva imparato ad adoperare a dovere. Per il resto, l'aureola sulla sua testa era un vago cerchietto luminoso che alle volte si dimenticava di avere; mentre aveva sempre adorato il completo confetto nel quale si era ritrovato - e che, sinceramente, gli stava un incanto.

Almeno per quanto riguardava l'aspetto esteriore, era in tutto e per tutto in tinta con il resto dell'ambiente.

Alla fine, nonostante tutto, sei sempre tu.

Quell'affermazione gli rimbombò nella testa con un tono che non era per niente il suo. Si ritrovò ad annuire ad un'affermazione di sua sorella che in realtà non era stato a sentire.

Probabilmente direbbe così, sì, si disse. Poi si rese conto di non avere la più pallida idea di chi avrebbe dovuto dire una cosa del genere, o perché.

Scosse la testa, cercando di allontanare solo uno dei tanti pensieri intrusivi che, sapeva bene, avrebbe continuato a sentire per il resto della giornata.

Avrebbe voluto non farci caso, ma gli risultava infattibile. L'unico che poteva capire la situazione era Pentious ma, per ovvie ragioni, lui e il serpente parlavano di quelle cose solo quando Molly non era nei paraggi.


    "Capita anche a te?" Gli aveva scritto Angel una volta. Erano i suoi primi giorni in Paradiso e, durante la sera, cercava sempre conforto tra le lenzuola e lo schermo del cellulare nuovo di zecca che gli avevano rifilato.

Chissà perché, sentiva sempre più forte la voglia di adottare un animale domestico. Ne avrebbe parlato con Molly.

    La risposta era stata un: "Sì, tutti i giorni" seguito da un emoticon triste e piagnucolante. Nella testa del ragno, quel "sì" suonava marcato e sibilato.

    Pentious diceva sempre di sentire vividamente la mancanza di qualcuno. Chi? Beh, quello sì che era un gran bel mistero. «Una cosa è ssicura,» aveva affermato questi il giorno dopo, tirando la sua grossa coda a sé come fosse un paio di ginocchia. «Era una persona che amavo davvero davvero tanto.»


La sensazione che Angel odiava più di tutte era il bisogno, lo stesso che portava l'amico a stringersi le squame in un goffo auto-abbraccio.

Sentiva la necessità di tante cose: una stretta, un braccio attorno alle spalle, una parola di conforto... Tutte cose che i suoi unici veri contatti in Paradiso gli davano spesso e volentieri, ma che non appagavano mai quel costante e divorante senso di vuoto.

Nei giorni peggiori non faceva che chiedersi perché. Perché mi succede? Perché sono qui? Perché non c'è nessun altro come noi?

Si sforzava di lasciar perdere per concedersi la compagnia della sorella, una tazza di caffè, un piatto fumante di qualcosa di buono e le passeggiate. Il sole e l'aria perennemente limpida lo aiutavano finché non tornava a casa o finché la sua mente non tornava al galoppo.

Benvenuto in Paradiso.


    «Anthony? Mi stai ascoltando?» Lo riprese Molly, dandogli un colpetto sulla spalla.

    Imprecò mentalmente, maledicendosi per il continuo distrarsi. «Certo che ti sto ascoltando.» Ridacchiò nervosamente, sapendo che tanto lei non ci sarebbe mai e poi mai cascata.

    Difatti, si ritrovò davanti ad un bel broncio di rimprovero. «Ehi, in Paradiso non c'è posto per i bugiardi. Ammetti di avere sempre la testa tra le nuvole, piuttosto.»

    Ad Angel scappò da ridere. «Più tra le nuvole di così si muore, sorellina.»

Lei lasciò cadere la questione con un'alzata al cielo dello sguardo, ricominciando a parlare dell'ultimo episodio della sua serie preferita - una specie di sdolcinata storia d'amore dalla trama scontatissima che Angel si astenne dal commentare.

    «Dovresti guardarla,» gli intimò Molly a discorso ultimato, «ti scalda il cuore.»

    «Se lo dici tu.»

Il solo pensiero gli provocò una morsa allo stomaco. Qualcosa gli disse che il cuore non glielo avrebbe scaldato affatto, anzi...


Arrivarono nella tranquilla zona residenziale in cui a Pentious era stato affidato un appartamento. Non era molto lontana da quella in cui vivevano loro - un'idea di Emily per "mantenerli uniti".

La verità era che il serpente odiava stare da solo - un po' era indole, un po' era colpa dell'amnesia che lui e Angel condividevano. In ogni caso, ciò portava Pentious ad uscire spesso e stare in mezzo alla gente, a meno che non sapesse che i fratelli sarebbero venuti a fargli visita. Incredibilmente, così facendo si era costruito una piccola ma costante rete di amicizie che Angel Dust quasi invidiava.

In fondo, dopo sei mesi, lui non si era ancora staccato né dall'amico né dalla sorella.


Quella volta, Molly aveva avvisato Pentious con un messaggio intanto che Angel era bello perso nei suoi pensieri. Pertanto, alla ragnetta bastò dare tre colpetti al campanello perché il serpente aprisse loro la porta.

    «Questo palazzo mi fa salire la solitudine» commentò Angel intanto che salivano le scale marmoree di quell'imponente torre di vetro - una delle tante che svettava fiera tra le nuvole del Paradiso.

    «A te tutto fa salire la solitudine, fratellino» scherzò Molly senza sapere quanto in realtà ci avesse preso.


Arrivarono alquanto velocemente al terzo piano, laddove trovarono l'uscio aperto per loro.

Ad Angel faceva sempre un effetto strano sapere che lassù potevi lasciare casa tua praticamente spalancata, sapendo che nessuno ci avrebbe mai messo piede. Qualcosa, e non era la logica, gli diceva che all'Inferno non sarebbe stato possibile.

    Seguì sua sorella che entrava canticchiando: «Pen! Siamo arrivati!»

Visitare l'amico gli dava sempre un po' di sollievo. Era bello avere accanto qualcuno che condivideva la sfiga con lui: era una sensazione particolare, oltre che una bizzarra categoria di affetto reciproco.

Peccato che fosse anche una di quelle sensazioni capaci di straziargli il cuore.

Il motivo? Beh... Quello sì che era un gran bel mistero.

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Capitolo 2
*** 2 - Tabù ***


Tu vivi come fossi un segreto

Che solo io posso conoscere.

- Declan J. Donovan, "Perfectly Imperfect"


**


La prima cosa che vide fu una luce accecante.

Ci mise un po' ad aggiustare la vista, ma subito si ritrovò davanti a due figure. Una di esse, la più alta, se ne stava in disparte e lo fissava con evidente turbamento. L'altra, la più piccola, gli stava invece sorridendo, tendendogli una mano.

    «Ciao, Angel Dust!» Esclamò quest'ultima, tirandolo su con facilità e contentezza. «Benvenuto in Paradiso!»

Ricordava il suo nome, sapeva cosa fosse il Paradiso e aveva - la sua mente sussurrò: "purtroppo" - una chiara idea di come fossero fatti gli angeli. Le due che lo avevano accolto, in particolare, vantavano sei belle e grandi ali sulla schiena. Serafini, se non andava errato.

Si guardò attorno, spaesato. La sala riunioni - o meglio, quella che sembrava una sala riunioni - in cui si trovavano era così pulita da riflettere le loro figure su ogni superficie. I vetri che li circondavano facevano entrare una calda luce rosa e dorata così soffusa da sembrare onirica.

    «Sì, ehm, ehilà» salutò, rendendosi lentamente conto del fatto che non aveva la più pallida idea di cosa ci facesse lì. Effettivamente, gli sembrava di essere in un sogno - di quelli dettagliati e chiari che ti rimangono in testa per sempre.

    Il serafino più piccolo gli offrì nuovamente una mano, stavolta per presentarsi. «Io sono Emily» disse. «Ho sentito parlare tanto di te.»

    Angel ricambiò la stretta, fissandola stranito. «Davvero?»

    Il faccino ombrato dell'altra si incupì. «Sembri confuso. Tu... Sai da dove vieni, giusto?»

Se lo sapeva? In effetti sì. Era davvero un postaccio rosso e nero, casa sua, pieno di neon e gentaglia. Gli si strinse il cuore. Più che un ricordo pareva uno di quei quadri incomprensibili, pieni di macchie e figure disegnate a caso.

Sapeva che era l'Inferno, ma la sua conoscenza pareva fermarsi lì.

    Quando lo disse ad Emily, questa posò le iridi lilla verso quelle della compagna. «È successo anche con lui, Sera.»

Sera, dal canto suo, si incupì ancora di più. Prese a fissare il nuovo arrivato con un disdegno ed una confusione tali da lasciare Angel Dust stranito e pure un po' impettito. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma optò per un semplice scambio fulmineo di sguardi torvi.


Emily lo fece accomodare su una delle eleganti sedie che circondavano il tavolo al centro della stanza. Sera se ne stava in disparte, imponente e immobile come una statua di marmo.

Quelle due si somigliavano davvero tanto, notò l'ex-demone. Avevano lo stesso colore di pelle, gli stessi lunghissimi capelli biancastri e gli stessi occhi. Forse erano imparentate... Sorelle, magari.

Per un attimo, si chiese perché la cosa dovesse essere rilevante. Io ce l'ho una sorella? Si chiese, confuso.

    «Immagino avrai tante domande che ti piacerebbe fare» disse Emily, sedendosi al suo fianco.

    Magari. Tutto quello che girava nella testa di Angel era una cacofonia di cose che avrebbe dovuto sapere ma che non riusciva a capire. «Beh, più o meno» rispose infatti.

    «Non sarà necessario. Vedrai che le cose ti saranno presto chiare» sorrise lei, lanciando una fugace e nervosa occhiata alla forse sorella. «Io sono incaricata di dare il benvenuto ai nuovi arrivati e di garantire la felicità dei residenti. Di certo non mancherò al mio compito solo perché tu una volta eri un demone.»

    Da quel che Emily gli disse, non era "normale" che qualcuno dall'Inferno ascendesse in Paradiso. A dirla tutta, Angel era ben conscio di questa cosa, ma non era certo del perché. Qualcuno glielo aveva detto, ma non avrebbe saputo dire chi. «È già successo altre volte?» Chiese invece.

    «Solo una. È un evento raro e molto, molto particolare. Ci teniamo a far sì che non si venga a sapere.»

La voce della piccoletta si era fatta incerta, il suo sorriso tirato, mentre lo sguardo di Sera si stava facendo sempre più duro. La cosa lo turbava.

Fu lì che iniziò a capire che qualcosa non andava.

Gli angeli sono complicati, rimbombò la voce di chissà chi nelle sue incerte memorie.

No, sono solo stronzi, affermò qualcun altro.

  «Perché?» Fu l'unica cosa che si sentì di chiedere. Qualcosa gli disse che non avrebbe ricevuto una risposta esaustiva.

    Emily parve addolcirsi. «Ancora non sappiamo bene come gestire situazioni come la tua. Vedi, l'altro ex-demone giunto da noi ha dimostrato di essere confuso e spaesato esattamente quanto te. Prima di spargere la voce, vorremo capire come aiutarvi ad integrarvi.»

C'era seriamente qualcosa che non andava in quell'affermazione. La piccoletta pareva sincera, ma quello che aveva descritto sembrava più un desiderio che un effettivo modus operandi.

    «Capisco» affermò Angel che, in realtà, non ci stava capendo un benemerito-

    La sua incertezza doveva essere palese, dato che Emily si affrettò a prendergli un paio di mani tra le sue. «Sei in Paradiso, adesso. Vedrai che andrà tutto bene da qui in poi. Devi solo abituarti, e io so benissimo chi potrebbe aiutarti in questo processo.»

Fu allora che Angel si rese conto che sì, aveva eccome una sorella. Se la ricordava, e aveva sempre saputo che si trovava lì.

L'ascesa e la redenzione lo avevano seriamente lasciato con più buchi in testa - buchi che, secondo Emily, si sarebbero riempiti... prima o poi.


La più giovane dei serafini aveva fatto chiamare anche qualcun altro: l'ex-demone che, apparentemente, condivideva la sua stessa, improbabile condizione.

Quando si rividero, rimasero per un attimo a fissarsi straniti, ritti davanti all'ingresso della stanza.

Il serpente bianco e ben vestito che gli avevano piazzato davanti pareva alquanto goffo e imbarazzato. Lo aveva salutato con un sibilo nervosetto, intanto che si stringeva nelle spalline della giacca.

    «Quindi, noi due ci conosciamo» affermò Angel - che più lo fissava e più si diceva che doveva essere così.

    «Ehm, suppongo di sì?» Rispose Pentious in quello che risuonò in tutto e per tutto come un: "Ssuppongo di ssì".


Sulle prime, la loro relazione andò avanti spinta un po' da Emily, un po' da Molly e un po' dalla consapevolezza che sì, dovevano essersi già visti. Si stavano simpatici e si sentivano bene l'uno in compagnia dell'altro: certezze che rafforzarono ogni giorno di più un'idea che Angel decise di esporre un pomeriggio.

    «Forse frequentavamo gli stessi posti, o le stesse persone. Dici che è per questo che siamo qui?» Chiese infatti, intanto che passeggiavano.

O meglio, lui passeggiava; l'altro gli strisciava accanto, godendosi un gelato.

    Pentious parve pensarci un attimo. Persino il grosso occhio che aveva sul cilindro si rivolse al cielo. «Non lo so. Credo?»

Era un dubbio che avevano provato ad esporre ad Emily, ma il suo modo di fare turbò il ragno non poco.

    «Sì, diciamo di sì. Stesso posto, stessa compagnia» fu tutto ciò che il giovane serafino disse loro prima di venire fulminata da una delle tante occhiatacce torve della sorella.


**


    «Che cosa stai combinando?» Chiese incuriosita Molly, avvicinandosi ad un tavolino pieno di fogli sparsi e aggeggi a cui né lei né il fratello avrebbero saputo dare un nome.

    Pentious la raggiunse con una mano dietro la testa e l'espressione imbarazzata. «In realtà non lo sso. Ho scoperto che mi piace, ehm,» esitò, adocchiando il suo piccolo "progetto", «costruire cose, credo.»

    Angel si ritrovò subito addosso gli occhioni mezzo riprovevoli e mezzo scherzosi di sua sorella. «Cosa?» Chiese, immaginando già benissimo dove lei sarebbe andata a parare.

    «Lui ha un hobby. Dovresti trovartene uno anche tu - che non sia deprimersi, intendo.»

Ecco, appunto.

    «Ehi! Non è vero. Non sono così giù di morale.»

    «E invece sì. La prima cosa che fai quando torniamo a casa è chiuderti in camera a guardare video di gattini.»

In realtà, pensò Angel imbarazzato, quelli non erano che una mera distrazione. Il fatto era che durante la sera la sua testa vagava incontrollata - quasi peggio di quanto non facesse durante il giorno. E, a dirla tutta, un modo per tenerla a bada lo aveva trovato, ma non lo aveva mai detto né a Molly né a Pentious.

    «È vero,» confessò infatti con una smorfietta offesa, «ma ho anche iniziato a scrivere canzoni. Perciò ce l'ho eccome un hobby.»

Cantare gli piaceva. Forse gli era sempre piaciuto e, semplicemente, se n'era scordato così come si era scordato di praticamente tutto il resto.

    Sia sua sorella che l'amico lo fissarono con tanto d'occhi. Lei esclamò: «Davvero?! Perché non mi hai detto niente? Non ti vergognerai mica. Tu e la vergogna non siete mai stati migliori amici.»

Vero, ma il fatto era che i suoi testi erano sempre un po' come lui da quando era in Paradiso: nostalgico, un po' perso e innaturalmente sdolcinato. Qualcosa gli diceva che non era da lui, ma tanto non aveva più davvero idea di cosa ciò potesse voler dire.

Era d'innanzi alle parole che buttava giù in inchiostro rosa su fogli sparsi che ripensava alle parole di Pentious.

Magari avevano davvero amato qualcuno. Chissà, magari persino più di qualcuno. Magari aveva trovato amici, confidenti... All'Inferno? Ne sei proprio sicuro? Non che ne parlino benissimo, e tu non hai esattamente i migliori ricordi.

    «Nah, non è che mi vergogno» rispose infine, incrociando un paio di braccia e mettendo le altre ai fianchi. «È solo che ancora non mi va di condividerle. Tutto qui.»


Mangiarono dei biscotti al cioccolato che il serpente aveva cercato di fare con scarsi risultati. Molly si propose di insegnargli e la cosa parve rendere Pentious alquanto felice.

Intanto che parlottavano del più e del meno, Angel si guardava intorno alla ricerca di chissà che cosa. Stava sempre molto attento a tutto ciò di cui l'amico si circondava, forse nel tentativo di scavare più a fondo in quel passato nebbioso ed incerto che condividevano.

Tra le pareti bianche e i mobili scintillanti, i nuovi scarabocchi di Pentious spiccavano come caffè in mezzo alla farina. Aveva qualche foto sparsa, scattata con qualche nuovo amico - soprattutto con quelli facenti parte del gruppo di cervelloni che Angel vedeva raffigurato sui cartelloni pubblicitari in mezzo alle strade. Ora capiva come mai il serpente fosse riuscito ad attirare proprio quella cricca tra tutte. Doveva avere un passato da ingegnere o cose del genere.

Di certo non era un cuoco, si disse intanto che cercava di ingoiare un pezzetto bruciato di biscotto.


    «Ti aiuto a dare una ripulita» si offrì Molly non appena ebbero finito di gustarsi quel poco di merenda che si era salvato. «Perché voi due non fate due chiacchiere, mh?» Disse poi con un sorriso che pareva splendere tanto era smagliante.

Angel la invidiava tanto, alle volte. A dire il vero l'aveva sempre un po' invidiata: riusciva ad essere allegra e cordiale sempre e comunque. Avrebbe voluto diventare come lei e dimenticarsi di tutto ciò che gli impediva di essere felice.

    Pentious provò a dirle che non ce ne sarebbe stato bisogno, ma le quattro gambe e l'altruismo della ragnetta furono più veloci di qualsiasi breve protesta. Alla fine, il serpente fece spallucce e si sedette accanto ad Angel sul morbido divano. «Canzoni, eh?» Chiese poi, incuriosito.

    Il ragno sorrise, poi accavallò le gambe e vi ci poggiò un paio di gomiti, sospirando. «Canzoni.»

    «Non sapevo cantassi.»

    «Nemmeno io. Però ammetto di non essere niente male.» Lo disse con un sorriso smagliante e assolutamente sincero. Lo credeva sul serio, e la cosa lo faceva stare bene.

    «E tua sorella non lo sapeva?»

    «Beh, da piccolo ho cantato con e per lei qualche volta» raccontò Angel, le sopracciglia aggrottate. «Mio padre lo trovava stupido, così ho smesso di farlo.»

Non aveva una gran considerazione per il resto della sua famiglia. Era sicuro al cento per cento di non essere rimasto in contatto con loro nemmeno all'Inferno. Perché avrebbe dovuto? Aveva fatto di tutto per evitarli in vita, figurarsi dopo la morte.

    Pentious parve dispiaciuto per un attimo, poi fece un sibilo di noncuranza. «Non ti ferma nessuno, qui» affermò. «E poi, scrivere è un buon modo di ssfogarsi» disse poi, adocchiando le ruote dentate sul suo tavolino.

    Angel le fissò a sua volta per un attimo, poi fece una mezza risata. «Queste sono le tue canzoni» affermò, indicando il progetto sconclusionato con la testa.

Il serpente annuì, illuminandosi appena.

    «Pensi che sia, tipo, una vecchia abitudine?»

    «Molto possibile, ssì. Altrimenti non mi spiego come mai so che devo mettere un pezzo piuttosto che l'altro.»

    Angel sbuffò, buttandosi di peso contro il morbidissimo schienale. «Che cazzo, però. Sarebbe molto più semplice se ce lo dicessero e basta.»

    «Gli angeli superiori non vogliono parlare di noi, e lo sai» gli ricordò il serpente, prendendo a torturarsi le dita. «Siamo una sspecie di tabù.»

    Il ragno si fece scappare un lamento frustrato. «Come pensano di farci vivere un'eternità qui in questo stato?» Piagnucolò. «Tu credi davvero che passerà?»

    Pentious gli rivolse un'espressione preoccupata, stringendosi nelle spalle. «Non lo so» disse solo.

Tanta nostalgia e tanto vuoto non potevano semplicemente essere riempiti così, e Angel ne era assolutamente sicuro. Non faceva che ripeterselo.

Ma non c'era niente che potesse fare. Nessuno avrebbe risolto i suoi dubbi e niente avrebbe mai rimesso a posto il casino nella sua testa. Poteva solo contare sui suoi deja-vu e le sue impressioni, per quanto poco fossero affidabili.


Durante il tragitto verso casa, si impegnò a seguire i discorsi di Molly - la quale si mise a chiedergli quale ricetta dei biscotti fosse abbastanza semplice da insegnare a Pentious. L'immagine del goffo serpente bianco alle prese con un forno in fiamme risultò incredibilmente divertente nella testa di Angel - che si lasciò andare ad una risatina genuinamente rara e liberatoria.

Raggiunsero il loro stesso appartamento a braccetto. Alla fine non erano andati a mangiare fuori come avrebbero voluto, ma avevano passato il pomeriggio e la serata a cercare di trovare un senso agli ingranaggi e ai progetti del serpente. Si erano divertiti, nonostante le dita schiacciate e alle volte leggermente ustionate dalla fiammella di una piccola saldatrice - a detta di Pentious prestatagli da uno dei suoi nuovi amici. 


La solitudine a fine giornata era sempre inglobante.

Molly andò in cucina a preparare la cena, lasciandolo solo nella stanzetta che, nel giro di quei pochi mesi, Angel aveva riempito di tutte le cose che lo facevano stare meglio.

Aveva delle lucine rosate e soffuse attorcigliate e appese un po' dappertutto, tra la ringhiera del letto, le gambe della scrivania e gli scaffali della libreria. Si era fatto procurare una marea di cuscini e si era scelto le coperte più morbide possibili, così da potersi buttare sul materasso e sprofondare in una montagna di stoffe soffici.

L'acquisto migliore, però, l'aveva fatto in una cartolibreria in cui Molly aveva lavorato i primi tempi in Paradiso - un posticino delizioso e pieno di tantissime cose che Angel avrebbe collezionato molto, molto volentieri.

Aveva preso un diario dalla copertina rigida e color magenta, di quelli con le pagine totalmente bianche. Non che avesse qualcosa di particolare; era semplicemente il posto perfetto dove far sfogare i pensieri. Difatti, oramai più che un diario pareva un mucchio di collage, glitter, scarabocchi e pezzi di canzoni.

Fu la prima cosa che andò ad afferrare quella sera, accasciandosi sulla sedia della scrivania e iniziando a far scattare nervosamente la sua penna preferita. I gattini avrebbero dovuto aspettare.


Dopo aver fissato la pagina ancora intonsa davanti a sé per un tempo indefinito, finalmente riuscì a mettere insieme qualche parola.

Tracciò le lettere con calma, come se volesse studiarle una ad una. Alla fine, fissò il suo piccolo capolavoro rotondo e svolazzante.

Il Paradiso non basta.

Mi manchi

Chiunque tu sia.

Lasciò cadere la penna con uno sbuffo. Se solo gli avessero detto un po' di più dal luogo da cui veniva, le cose sarebbero state molto, molto diverse e decisamente migliori.

Perché? Si chiese per la centesima volta.

Ripensò ad Emily, alla sua incertezza e alle sue vaghe esitazioni. Effettivamente, Pentious aveva ragione: erano un tabù.


Richiuse il tutto quasi con veemenza e imprecò sottovoce, andando a tuffarsi di faccia nel cuscino.

Gli angeli sono complicati.

No, sono solo stronzi.

Chiunque avesse affermato la seconda parte di quel discorso aveva maledettamente ragione.

Era stufo dei segreti. Era stufo di dover far finta che gli andasse semplicemente bene essere finito nel posto più giulivo dell'universo. Non era nemmeno bravo a recitarla, quella parte.


Non sei più così bravo a fare il falso, eh?


Angel sorrise amaramente. Se davvero quella era stata una delle sue brutte abitudini, allora avrebbe tanto voluto riprenderla.

Così, anche solo per non far vedere a Molly quanto in realtà stesse male.

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