Pokémon Grigio di Carlos Shiny (/viewuser.php?uid=1256798)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una promessa è una promessa ***
Capitolo 2: *** L’inizio di una nuova avventura? ***
Capitolo 3: *** Non sei una persona che si arrende così, vero? ***
Capitolo 4: *** Una nuova amica ***
Capitolo 5: *** L'infiltrato ***
Capitolo 6: *** Un’esperienza preziosa ***
Capitolo 7: *** Un torneo movimentato ***
Capitolo 8: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 1 *** Una promessa è una promessa ***
Una
promessa è una promessa
Era
diverso tempo che Ash non viaggiava in una nuova regione. Viaggiava
spesso tra regioni che aveva già visitato, Kanto, Johto,
Hoenn,
Sinnoh, Kalos, Alola e Galar. Ormai si considerava quasi cittadino di
ognuna di esse, dopotutto poteva contare su degli ottimi amici che
l’avrebbero tranquillamente potuto ospitare.
Anni
prima aveva compreso quale fosse uno dei passi fondamentali per
diventare Maestro Pokémon. Diventare amico di quanti
più Pokémon
possibile ed aiutarli per quanto possibile.
Era
una notte di inizio marzo. Erano gli ultimi giorni d’inverno,
ma
sembrava che il freddo non volesse abbandonare la piccola cittadina
di Biancavilla. Sotto le coperte, Ash non riusciva a prendere sonno.
Due settimane prima aveva confermato il suo titolo di Allenatore
più
forte di tutti, il suo avversario, come tutte le altre volte, era
stato Dandel. I due erano ottimi amici, ma, nonostante questo, nelle
lotte non si risparmiavano affatto.
Pikachu
si era accorto del fatto che il suo Allenatore non stesse dormendo.
Per richiamare la sua attenzione, gli diede un piccolo colpo di testa
sul petto.
«Si?
Sei preoccupato per me? Si, non riesco a dormire, ma tranquillo. Sto
bene. A volte capita che certi pensieri non ti lascino
dormire.»
Altro colpo di testa.
«E
va bene. Ti spiego. Non posso nasconderti i miei segreti. Lo sai.
Voglio diventare Maestro Pokémon e lo voglio fare con te e
con tutti
gli altri. Solo che, questa notte, stavo pensando proprio a
questo.»
Pikachu emise un piccolo mugolio di perplessità. Sembrava
gli
chiedesse “cosa vorresti dire?” Ash, comprendendo
la perplessità
dell’amico, aggiunse maggiori dettagli. «Vedi.
Pensavo a cosa devo
fare per raggiungere il nostro obiettivo. Insomma... se voglio
diventare Maestro Pokémon devo aiutare anche gli altri a
raggiungere
i loro obiettivi. Pensa a Vera, a Lucinda o anche a
Serena…»
Pikachu sorrise al sentire i nomi di ognuna delle sue amiche.
Pensò
a Vera e Lucinda e al loro sogno di diventare Super coordinatrici, e
Serena e al suo sogno di diventare regina di Kalos.
Pikachu
pensò a come, effettivamente, nessuna di loro fosse riuscita
ad
ottenere il suo obiettivo. Come Ash del resto. Non era diventato
campione né ad Hoenn, né a Sinnoh, né
tantomeno a Kalos.
«Per
questo, vorrei viaggiare in una nuova regione, con te e qualche altro
amico. Non ho idea di dove andare, ci sono molti posti che non
abbiamo ancora visitato.»
Il
ragazzo si alzò dal letto, accese la bajour e prese un
mappamondo
dalla sua vetrinetta. «Guarda, queste sono le regioni che
abbiamo
visitato. Kanto, Johto, Hoenn, Sinnoh, Kalos, Alola e Galar. Guarda
quante regioni, non abbiamo ancora visitato, sono davvero tante,
chissà magari in una di queste riusciremo a trovare qualcuno
che
potrà aiutawwwammmci.» Il ragazzo tirò
un enorme sbadiglio. Forse
il parlare dei suoi dubbi con il suo amico, lo aveva aiutato a
prendere sonno.
«Magari
domani ne parleremo con il professor Oak. Chissà che qualche
suo
collega non conosca qualche Allenatore da aiutare nel suo obiettivo.
Poi, certo, fare questo viaggio da solo non è una bella
idea, certo,
magari incontrerò dei nuovi amici ma no. Non sono sicuro di
voler
partire da zero.»
Pikachu,
almeno in parte capì a cosa il ragazzo si stesse riferendo.
Forse
ora che il suo amico stava invecchiando, stavano iniziando anche ad
accendersi gli interessi amorosi?
Il
ragazzo si addormentò, e Pikachu con lui. La mattina
seguente, il
ragazzo si svegliò alle dieci del mattino. Un’ora
relativamente
tarda, ma piuttosto presto, rispetto ai suoi standard.
Dopo
un’abbondante colazione, preparata da sua madre, una cuoca
straordinaria, il ragazzo si alzò di scatto dalla sedia.
«Ash,
dove vai così di fretta?» Gli chiese la madre. Era
solita vederlo
entusiasta anche per le piccole cose, ma questa sua reazione le
batteva tutte.
«Dal
professor Oak. Vorrei chiedergli un piccolo piacere.» La
donna era
ancora più perplessa. Cosa poteva chiedere al professore di
così
tanto entusiasmante? Forse voleva partire per un nuovo viaggio e
voleva chiedere consigli al professore su quale regione visitare? Ma
a che pro? Ora era l’Allenatore più forte di
tutti. Erano gli
altri allenatori, Capipalestra, Superquattro e Campioni su tutti, a
volerlo sfidare.
Il
flusso di pensieri distrasse la donna abbastanza a lungo. Il ragazzo
era già uscito e si era diretto verso il laboratorio del
professore.
Ash e Pikachu si erano messi a correre. In pochi istanti raggiunsero
il laboratorio.
Appena
varcato il cancello, il ragazzo venne investito dalla mandria di
Tauros catturati nella zona Safari. «Calma ragazzi! Sono
anche io
felice di vedervi! Appena alzatosi e ripulitosi dalla polvere il
ragazzo raggiunse i suoi altri Pokémon. Andava a trovarli
spesso e
volentieri. Confidava i suoi segreti anche a loro. «Ehi,
Bulbasaur!
Potresti farmi un piccolo piacere?» il Pokémon
seme, comprese
immediatamente. Dal bulbo sulla schiena del Pokémon
uscì un getto
di polvere dorata che raggiunse un’altezza piuttosto elevata.
Quello era il segnale. Tutti i Pokémon del ragazzo
raggiunsero il
Pokémon seme e il loro Allenatore.
Appena
raggiunsero Ash, si disposero in cerchio attorno al suo Allenatore. I
più piccoli davanti, i più grandi dietro. Avendo
l'attenzione dei
suoi Pokémon, il ragazzo prese il suo Smart Rotom e si mise
in
contatto con il professor Kukui. Voleva chiedere un piccolo favore
anche a colui che considerava suo padre adottivo. Dopo alcuni
squilli, il professore rispose. Dopo una breve chiacchierata con il
professore, Ash giunse al punto. Voleva vedere i suoi
Pokémon.
Lycanroc, Incineroar, Melmetal e Rowlet. Appena li vide nello schermo
del suo telefono, e certo di avere la massima attenzione, finalmente
Ash cominciò il suo discorso. «Come sapete, se vi
ho voluti avere
qui con me è perché devo annunciarvi qualcosa di
importante.»
Quella frase attirò ancora di più
l’attenzione dei suoi Pokémon.
Iniziarono a scambiarsi dubbi e domande, ognuno nel suo linguaggio.
«Se sono dove sono ora, lo devo solo ed esclusivamente a voi.
Lo
sapete. E sapete anche che con voi condivido tutto. E così
farò
anche oggi. Ho capito che altro passo devo compiere, se voglio
diventare un Maestro Pokémon. E per farlo ho bisogno del
vostro
aiuto.» I Pokémon del ragazzo erano ancora
più curiosi. «Vorrei
partire per un nuovo viaggio. Un viaggio diverso dal solito. E vorrei
rendervi partecipi. Ovviamente tutti insieme è impossibile.
Un
Allenatore può portare con sé solo sei
Pokémon. Ma non vi
preoccupate. A turno verrete tutti con me. Ancora non ho deciso dove
andremo, chiederò un aiuto al professor Oak, su questo, ma
vi
prometto che ovunque sia, sarà una bellissima esperienza.
Credetemi.
E, vi prometto che avrete anche dei nuovi amici.» i
Pokémon del
ragazzo erano ancora più entusiasti.
«E
questo è tutto, ragazzi.» Lo Smart Rotom del
ragazzo tornò nelle
sue mani. Salutò il professor Kukui, Magnolia e il piccolo
Keiki.
Quindi,
il ragazzo si diresse alle porte del laboratorio. Suonò il
campanello e, pochi istanti dopo, il professore rispose.
«Ah,
sei tu, Ash! Vieni pure!» Il professore premette un pulsante
e fece
scattare il meccanismo di apertura della porta.
Uno
scatto confermò al ragazzo che la porta si fosse aperta.
Il
ragazzo, con Pikachu sulla spalla, raggiunse il professore, intento a
lavorare al computer. «Buongiorno professore.» Lo
salutò. «Ciao
Ash! Dimmi tutto.» Lo accolse il professore.
Tracey
non era presente, in quel momento. E a Ash andava bene.
Erano
amici, ma avrebbe preferito parlare in privato con il professore.
«Certo,
subito. Lo sa benissimo. Sogno di diventare Maestro Pokémon.
Si
tratta di un obiettivo estremamente difficile, e ogni giorno che
passa comprendo un nuovo aspetto di questo mio sogno.» Il
professore
si girò interessato verso il ragazzo.
«Bene.
E io come potrei aiutarti in questo tuo obiettivo?» Il
professore
era una persona molto gentile e avrebbe fatto di tutto per aiutare il
ragazzo. Ma in quel momento non aveva idea di cosa fare per aiutarlo.
«Ecco.
Ho capito che per essere un Maestro Pokémon devo aiutare
anche gli
altri a raggiungere i loro obiettivi» Il professore stava
iniziando
a capire. «Ma tu hai già viaggiato con Vera, con
Lucinda e con
Serena. Hai viaggiato con loro e le hai sostenute nel loro percorso.
Non pensi basti?» Ash si affrettò a rispondere.
«Purtroppo, no.
Vera non è diventata una Super Coordinatrice. E lo stesso
vale per
Lucinda. O Serena, che non è diventata regina di Kalos.
Ecco. Per
questo non ritengo di aver adempiuto a questo compito. Per questo ho
chiesto aiuto a lei.» Finalmente il professore aveva capito
la
domanda dell'esperto Allenatore. «Quindi vorresti che ti
metta in
contatto con un mio collega o una mia collega cosicché tu
possa
aiutare un giovane Allenatore o una giovane allenatrice nel suo
percorso?» Ash sorrise. Il professore aveva compreso in
pieno. «Vedo
che ho capito. Forse so chi può aiutarti. Ti avverto, vive
piuttosto
lontano da qui. Sarà un bel viaggio.»
Ash
fece cenno di come la distanza, quantomeno per lui, non fosse un
problema. «È una professoressa e vive nella
regione di Unima. Si
chiama Aralia. Aurora Aralia. A quest’ora ad Unima sono le
dieci di
notte. È un po’ tardi, ma potrebbe anche
rispondere. Fare un
tentativo non dovrebbe essere un problema.»
Il
professore si mise in contatto con la collega. Dopo alcuni istanti,
la donna rispose alla chiamata. Sullo schermo del computer apparve il
volto di una donna di circa quarant’anni. Aveva i capelli
castano
chiaro, raccolti in una strana pettinatura e degli occhi verde
chiaro. Indossava degli orecchini rossi, di forma quadrata.
Era
vestita in borghese, in quel momento. Una maglietta rosa coperta da
una giacca sportiva. Appena si accorse di chi fosse il suo
interlocutore, la donna lo salutò.
«Ciao
Samuel! A cosa devo questa chiamata? Sai che a Unima sono le dieci di
notte! Deve essere urgente.» L’uomo le rispose
immediatamente.
«Beh, è a causa di questo ragazzo.» Il
professore tirò la giacca
di Ash, farlo avvicinare alla telecamera. «Ash Ketchum? Quale
onore!
L’Allenatore più forte di tutti! A cosa devo
questa chiamata?» Il
ragazzo si affrettò a rispondere. «Ho chiesto al
professor Oak se
potesse aiutarmi a raggiungere il mio obiettivo di Maestro
Pokémon.
E ho capito che, per farlo, devo aiutare qualcuno a raggiungere il
suo obiettivo. Ne ho parlato con il professore e lui mi ha messo in
contatto con lei.» La professoressa sorrise.
«Capisco. Tra tre
settimane consegnerò a dei giovani allenatori il loro primo
Pokémon.
E ho già in mente la persona che potresti aiutare.
È la figlia di
una mia carissima amica. È una ragazza molto timida, e forse
avere,
come compagno di viaggio un ragazzo energico come te, potrebbe
aiutarla a cambiare e ad aprirsi con gli altri»
«Si. Accetto la
sfida. Arrivederci professoressa e grazie della sua
collaborazione.»
«Grazie a te, Ash.»
Il
professore mandò a Ash il contatto della professoressa. Lui
aveva
fatto il suo. Ora la scelta era nelle mani del ragazzo.
Il
ragazzo tornò dai suoi Pokémon, che lo avevano
aspettato dov’erano.
Disposti ancora in cerchio. Alcuni di loro si spostarono per farlo
passare.
Per
prima cosa mandò un messaggio vocale al professor Kukui,
chiedendogli di farlo ascoltare ai suoi Pokémon.
«Ragazzi. È
praticamente fatta. Presto partiremo per una nuova avventura. E la
condividerò con voi. Andremo in una regione piuttosto
lontana.
Unima. Certo, ancora non è ufficiale. Dovremo limare alcuni
dettagli, ma posso assicurarvi che, ormai è quasi
certo» I Pokémon
del ragazzo erano entusiasti all’idea. Si chiedevano tra loro
chi
sarebbe venuto con lui. Certo, conoscendolo, con tutta
probabilità,
prima o poi sarebbe toccato a tutti, ma la curiosità
riguardo chi
sarebbe stato il primo o la prima, era difficile.
Il
ragazzo salutò i suoi Pokémon e si diresse verso
casa. Ben felice
di poter dare la buona notizia anche a sua madre. Arrivato davanti
alla porta di casa, inserì le chiavi nella toppa e fece
scattare la
serratura. Dal momento che la porta non era chiusa, la mamma era in
casa. E, infatti, la donna era seduta sul divano accanto a Mimey.
Stavano guardando la televisione.
«Allora?
Come è andata?» Gli chiese la donna.
«Benissimo. Ancora non posso
promettere nulla, ma ho trovato una persona che potrebbe aiutarmi a
raggiungere il mio sogno.» «Penso sia una
bellissima notizia. Dove
andrai di bello?» gli chiese la donna. Ash rispose quasi
senza
pensare. «Nella regione di Unima.» Alla madre del
ragazzo venne
quasi un colpo. «È lontanissima! Sono quasi
undicimila chilometri
di viaggio! Non dico che sono preoccupata. Sono certa che te la
caverai, ma da mamma quale sono, mi preoccupo per mio figlio. Dovrai
procurarti dei nuovi vestiti. Dovrai fare una bella figura da
campione quale sei!» Ash. non rispose. La sua preoccupazione
era
un’altra. Il ragazzo era salito in camera sua e aveva aperto
la
rubrica del suo Smart Rotom. Aveva in testa un pensiero fisso. Almeno
per una volta non voleva partire da solo. Certo, in un modo o
nell’altro aveva sempre incontrato delle persone con cui era
diventato amico e aveva poi viaggiato con loro, ma questa volta
voleva cambiare. Non voleva partire da zero. Sapeva che la persona a
cui avrebbe dovuto fare da guida sarebbe stata una ragazza,
perdipiù
piuttosto timida. Questo gli fece pensare che la candidata ideale
doveva essere una ragazza. Ma chi? Ash pensò alle sue amiche
e cercò
di capire chi fosse la candidata ideale. A cominciare da Misty.
Esclusa immediatamente a causa degli enormi impegni della stessa con
la palestra. Aumentati ulteriormente dalla poca collaborazione delle
sorelle.
Pensò
poi a Vera. L’ultima volta che aveva sentito
l’amica, era appena
una settimana prima. In quell’occasione Ash aveva scoperto la
sua
intenzione di tentare nuovamente la scalata al rango di Super
Coordinatrice con le gare di Kanto. E Ash non era tipo da calpestare
i sogni degli altri. Discorso simile per Lucinda, che stava tentando
con le gare di Johto.
Restavano
quindi Serena, Ibis, Suiren e Lylia. Scartate le amiche di Alola,
principalmente per problemi di natura logistica, dal momento che, per
viaggiare ad Unima erano necessari dei documenti che, per quel che ne
sapeva, le amiche non li possedevano. La sola candidata rimasta era
Serena. La relazione tra i due era alquanto particolare, con la
ragazza che aveva tentato in ogni modo di far capire a Ash il suo
interesse, con quest’ultimo che sembrava fosse il solo a non
capirlo.
Un
viaggio insieme ora che erano cresciuti, poteva forse finalmente
farglielo capire?
Ash
sapeva che quella non era l’ora adatta per mettersi in
contatto con
Serena, proprio a causa del fuso orario. A Kanto era circa
mezzogiorno, mentre a Kalos erano le cinque del mattino.
Per
poter contattare l’amica ad un orario decente, avrebbe dovuto
aspettare almeno alle tre del pomeriggio, quando a Kalos erano le
otto del mattino. Ash aveva tante domande. Si chiedeva, per esempio
se Serena avrebbe avuto voglia di fare un viaggio del genere,
soprattutto considerando che avrebbero dovuto viaggiare in una
regione così lontana. E se non avesse accettato la proposta,
l'avrebbe lasciato andare da solo, sapendo che a mettersi in mezzo ci
sarebbe stata un’altra ragazza?
Che
Serena fosse una ragazza gelosa lo aveva capito. Almeno quello.
Quindi si chiedeva come si sarebbe comportata con quella ragazza, non
appena questa si fosse avvicinata troppo a lui?
E
dato che era lui ad avere quel desiderio, doveva essere lui a
trovarle qualcosa. Pikachu, notando la preoccupazione
dell’Allenatore, gli posò una zampa sulla spalla.
«Grazie.
Tu sì che mi capisci. Ma non è me che devi
convincere. Lo sai.»
Pikachu ben comprese cosa intendesse dire il suo Allenatore. Era
ormai chiaro che lui, da solo, non si sarebbe mosso. E questo valeva
anche di più, considerando che di mezzo c’era una
ragazza. Chissà
come l’avrebbe presa Serena, se avesse scoperto che Ash aveva
una
nuova amica femmina. Già con Lylia, Ibis e Suiren era stata
molto
vicina all’omicidio plurimo, ma la presenza di un altro
ragazzo
aveva attenuato non poco quegli istinti. Ma un viaggio in una regione
lontana, in compagnia di una ragazza e senza altri ragazzi…
A
come spiegare la situazione a Serena ci avrebbe pensato dopo pranzo.
Ash
era uno che ragionava meglio a stomaco pieno. Sfortunatamente,
l’abbondantissimo pranzo non aiutò il ragazzo. E,
in un'ora e
mezza scarsa, il ragazzo doveva farsi venire in mente qualcosa.
La
sola cosa che gli venne in mente fu quella di fare una breve ricerca
sulla regione, sperando di trovare qualcosa che potesse interessare
anche alla ragazza. La ricerca, fortunatamente, fu fruttuosa. Ad
Unima erano presenti i Varietà
Pokémon,
come anche a Kalos. Anzi. A dire il vero erano originari di Unima.
Ash
aveva scoperto che, in origine, i Varietà erano un evento di
contorno di eventi sportivi o di altro genere. Poi, in un secondo
tempo, erano diventati un evento a sé stante.
Nella
peggiore delle ipotesi avrebbe fatto leva su quello. I
Varietà di
Unima erano molto prestigiosi e difficili, e per la ragazza poteva
essere una bella sfida. Almeno non avrebbe viaggiato per nulla.
La
ragazza era arrivata seconda nella categoria professionisti a Kalos,
e, in seguito, aveva tentato la strada delle gare Pokémon ad
Hoenn,
anche in questo caso senza successo. Forse quel viaggio poteva essere
la giusta occasione anche per lei. Erano le tre di pomeriggio. Ash si
mise in contatto con l’amica. In quel momento a Kalos erano
le otto
del mattino. Forse era un po’ presto, ma voleva tentare lo
stesso.
Il ragazzo prese il suo Smart Rotom e si mise in contatto con Serena.
Quest’ultima, mezzo addormentata, rispose solo dopo diversi
squilli.
«Ah,
sei tu? Ma lo sai che qui è presto. Sono le otto del
mattino!»
Rispose,
con la voce ancora impastata dal sonno. Era chiaro che fosse stata
svegliata dalla suoneria del suo Smart Rotom.
Ash
doveva ammettere che la ragazza, nonostante avesse ancora il cuscino
attaccato alla testa, risultava essere ugualmente affascinante.
«Vedi. Vorrei partire per un nuovo viaggio e mi farebbe molto
piacere se tu venissi con me.» La ragazza era perplessa. Dove
voleva
andare Ash? Ormai era diventato campione del mondo. Non avrebbe avuto
alcun senso lanciarsi alla conquista di qualche lega o di altro di
simile. «Cosa vorresti fare di preciso?» Gli chiese.
«Stanotte
ho pensato a cosa volesse dire diventare un Maestro Pokémon.
E ho
compreso che passo dovrò compiere se vorrò
raggiungere l'obiettivo»
«Ma è fantastico!» Serena si fece
prendere dall’entusiasmo. In
sottofondo, Ash poté sentire la voce della madre della
ragazza. Le
aveva chiesto se fosse tutto a posto o qualcosa di simile.
«E
di cosa si tratta?» Chiese, recuperando un minimo
l’aplomb. «Ho
capito che devo aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Il
suo sogno.» La ragazza ci mise poco a capire. «Io
non ci sono
riuscita. E mi pare di aver capito che lo stesso possa dirsi delle
altre tue amiche. Ma questo non spiega come mai tu desideri andare ad
Unima. Ci sono altre regioni che ancora non abbiamo visitato. E sono
anche più vicine. Per esempio, Paldea, che è
vicinissima a Kalos.
Posso sapere cosa ti ha portato a sceglierla?» Il ragazzo
rispose
senza esitare. «A dire il vero è stato il
professor Oak a
suggerirmelo. Mi ha messo in contatto con una sua collega, la
professoressa Aralia, una sua collega che studia proprio nella
regione di Unima. Mi ha raccontato di come, tra poco tempo,
sarà il
momento per dei nuovi allenatori di ricevere il loro primo
Pokémon e
di come potrei aiutare uno di loro. E oltre a questo ho anche una
bella notizia da darti» «Interessante. Avrai da
divertirti! Ma io
che faccio? Vorrei andare a Kanto e tentare le gare
lì… iniziano
tra poco e sappiamo benissimo che un viaggio per un’intera
regione
è piuttosto lungo.»
Ash
sorrise. Sapeva benissimo quanto Serena fosse gelosa. Non gli avrebbe
mai permesso di viaggiare da solo. Figuriamoci se avesse scoperto che
la persona di cui si sarebbe dovuto occupare sarebbe stata una
ragazza.
«Ad
Unima ci sono i Varietà. Potresti tentare la scalata a
regina di
Unima. Dopotutto sei stata così vicina a Kalos… e
ora hai molta
più esperienza…»
La
ragazza non rispose immediatamente. «Devo pensarci. Immagino
che da
oggi alla data che hai preventivato per partire ci sia del tempo. Mi
sbaglio?»
«Tre
settimane. Non so. Se vuoi passare a casa e facciamo il volo diretto,
oppure ci vediamo direttamente a Luminopoli?» Serena dovette
pensarci. Ash era sempre un tipo entusiasta. Si aspettava sempre
delle risposte immediate.
«Facciamo
una cosa. Per il momento non dire nulla alla professoressa. In ogni
caso, domani partirò per Kanto. Ho trovato un volo last
minute.
Sarei voluta rimanere di più qui, ma un volo a quel prezzo
è
impossibile.»
Ash
accettò. La ragazza chiuse la chiamata e iniziò a
preparare la
valigia.
Fece
uscire i suoi Pokémon dalle rispettive Poké Ball
e comunicò la
notizia ai suoi. «Ho una notizia da darvi. Anzi.
Più di una.» I
tre Pokémon della ragazza drizzarono le orecchie.
«Ash
mi ha proposto di partire per un nuovo viaggio. Sarà
piuttosto
lontano da qui. Nella regione di Unima. Sinceramente non so cosa
fare. Mi ha detto che ad Unima ci sono i Varietà. Beh.
Potremo
tentare la scalata al trono di Unima. Ma non ne sono sicura. Lui mi
ha sempre sostenuto nel mio sogno sia quando ho tentato con i
Varietà
sia con le gare. Ogni volta che poteva era sempre presente tra il
pubblico ad assistere e a fare il tifo per noi. Ma non sono sicura di
voler ritentare. Voi che ne dite?»
Sylveon
strinse uno dei suoi nastri attorno al braccio della ragazza. Il
significato di quel gesto era chiarissimo. Qualsiasi scelta avesse
fatto, l’avrebbe sostenuta.
Reazione
simile ebbero Delphox e Pancham. «Si. Grazie. Sono
felicissima di
poter contare su di voi. Qualsiasi sia la scelta domani andremo a
Kanto. Nel caso non dovessimo partire per Unima tenteremo le gare di
Kanto. Cosa ne pensate?»
I
Pokémon della ragazza si limitarono ad approvare le sue
parole.
Serena
aprì la porta della sua stanza e scese le scale, seguita a
ruota dai
suoi Pokémon.
«Cosa
è successo? A cosa è dovuto tutto questo
entusiasmo? Non mi sembra
che ultimamente tu abbia molti motivi per festeggiare. O almeno tu mi
hai detto così. Non è che mi nascondi qualcosa?
Sappi che ad una
mamma non puoi nascondere nulla. Qualsiasi cosa tu tenti di
nascondermi, prima o poi la troverò»
«No.
È che Ash mi ha fatto una proposta, ma non so cosa fare. Per
il
momento sono stata vaga, non gli ho detto né sì
né no. Mi ha detto
che ho poco meno di tre settimane per decidere. Mi ha detto che,
qualora decidessi di partire, potrei partecipare ai Varietà.
Mi ha
detto che sono molto difficili, ma lui crede in me.»
«E
quindi cosa pensi di fare? Sappi che qualsiasi scelta tu faccia, io
ti supporterò.»
«Grazie.
Anche se una piccola decisione l'ho già presa.
Rientrerò a Kanto
prima del previsto. Domani.»
«Domani?
Ma ieri non mi avevi promesso che saresti rimasta ancora dieci
giorni? Non è che tu e Ash…»
«No.»
Serena arrossì. «Vorrei provare a partecipare ad
una gara a Kanto.
Poi deciderò cosa fare. Non è una scelta che puoi
fare così su due
piedi. Magari partecipare ad una gara potrebbe aiutarmi.»
«Se
non lo sai tu.»
Dopo
aver fatto colazione, la ragazza finì di preparare la sua
valigia.
Sapeva bene come affrontare quel tipo di viaggi. Non voleva portare
troppa roba. Giusto il necessario.
Ci
mise un paio d’ore a scegliere cosa portare nel bagaglio da
stiva e
nel bagaglio a mano. E dovette controllare più e
più volte di avere
tutto.
Certo.
Fosse mancato qualcosa, lo avrebbe potuto comprare in loco, ma
preferiva evitare quel tipo di imprevisti. Meglio controllare una
volta di più che preoccuparsi poi.
Il
giorno seguente, la ragazza si alzò molto presto. Doveva
prendere il
treno per l’aeroporto di Luminopoli e, sebbene fosse un treno
noto
per la sua velocità, la ragazza non voleva arrivare tardi.
Il
volo era alle undici del mattino, lei avrebbe dovuto essere in
aeroporto alle nove. Come minimo. Il viaggio in treno durava
all’incirca un'ora e mezza e partiva dalla stazione di Borgo
Bozzetto alle sette del mattino.
La
ragazza, temendo di fare tardi, si era alzata alle cinque del
mattino. Aveva indossato lo zaino, la borsetta e il trolley che
avrebbe poi caricato in stiva.
Prima
di partire, la ragazza si era assicurata di aver acquistato il
biglietto giusto. Sarebbe stato davvero un disastro, altrimenti.
L’ennesimo controllo, confermò che quel biglietto
era un diretto
Borgo Bozzetto-Aeroporto di Luminopoli.
Prima
classe. La sola disponibile in quel tipo di treno.
La
stazione di Borgo Bozzetto era piuttosto piccola, come del resto
anche la cittadina. Era un semplice edificio in mattoni posizionato
davanti ai binari. Tre binari.
Un
sottopassaggio permetteva di accedere al secondo e al terzo binario.
Per evitare che nelle calde giornate estive la gente rischiasse di
prendersi un’insolazione o un colpo di calore,
un’altissima
copertura metallica proiettava la sua ombra lungo tutti e tre i
binari. Alcune panchine permettevano ai viaggiatori di sedersi, in
attesa dell’arrivo del treno.
Degli
schermi mostravano gli orari dei diversi treni che sarebbero passati.
Erano aggiornati in tempo reale. Il suo treno sarebbe arrivato alle
sei e cinquantotto. Sarebbe stato fermo due minuti e poi sarebbe
ripartito.
Da
lì si sarebbe fermato a Rio Acquerello, a Novartopoli e,
infine, a
Luminopoli.
A
dire il vero, nella città più grande della
regione, si sarebbe
fermato tre volte. La sua fermata sarebbe stata l’ultima.
Proprio
all’aeroporto, che, per altro era il capolinea.
La
ragazza, per ingannare il tempo, si mise a giocare con il suo
telefono. «Il treno extraurbano “31655”
diretto all’aeroporto
di Luminopoli è in arrivo sul binario 1. Allontanarsi dalla
linea
gialla!»
La
voce del sistema di annunci fece ritornare in sé la ragazza.
Distrarsi non era da lei, e quella distrazione, le stava per costare
un volo.
L’enorme
e modernissimo treno rallentò, fino a fermarsi. La ragazza
ebbe la
fortuna di trovarsi a breve distanza dalla porta.
Le
bastò premere un pulsante per far sì che la
stessa si aprisse, con
un soffio. Gli interni del treno rispecchiavano, in tutto e per
tutto, gli esterni. Puliti, curati ed eleganti.
Dato
che in quel vagone era sola, la ragazza non si preoccupò
troppo di
sistemare il trolley nella cappelliera. Avrebbe rischiato di
dimenticarlo e sarebbe stato un disastro.
I
due minuti di sosta passarono e il treno prese rapidamente
velocità.
La ragazza si era seduta e non se ne preoccupò
più di tanto. Era
seduta frontemarcia e quell’accelerazione la teneva incollata
al
sedile.
Dallo
schermo, posizionato sulla parete del vagone, poco davanti a lei,
poteva leggere il nome della successiva fermata. La stazione di Rio
Acquerello. Erano veramente cinque minuti di treno.
Fortunatamente
anche in quella stazione salirono poche persone. Poteva ancora
mantenere il trolley dov’era.
Ora
la destinazione era cambiata. Novartopoli. La città in cui
lei e Ash
si erano incontrati dopo anni. Non era andata proprio bene, per lui.
Aveva perso la sfida in palestra contro Violetta.
Si
erano allenati duramente e, al secondo tentativo, era stato in grado
di conquistare la medaglia Insetto. Poca gente anche in questo caso.
Restava ancora un’ora di viaggio.
Per
circa quaranta minuti non ci sarebbero state fermate. Questo permise
al rapido treno di poter esprimere le sue ottime performance
velocistiche. Oltre trecento chilometri orari.
A
quella velocità, ogni cosa vista dal finestrino appariva
assolutamente incomprensibile e confusa.
I
quaranta minuti partirono rapidamente e il treno rallentò
per
entrare nella prima stazione, alla periferia ovest della
città.
Ad
aspettare il treno un buon numero di persone.
La
ragazza, istintivamente, spostò il suo trolley in modo da
permettere
ad una persona di sedersi. Ma nessuno sembrava interessato. I posti
liberi erano parecchi.
Un
quarto d’ora dopo il treno si fermò alla stazione
centrale, dove
scesero molte delle persone che erano salite alla stazione ovest. A
dire il vero, il computo totale dei passeggeri non cambiò di
molto.
Altrettante persone, dirette all’aeroporto erano salite.
Restava
solo l’ultimo quarto d’ora di viaggio.
La
stazione dell’aeroporto era direttamente collegata
all’area
arrivi. Questo voleva dire che, appena arrivata avrebbe dovuto
percorrere un bel po’ di strada. L’aeroporto della
città era
enorme e affollato.
Per
sua fortuna, le indicazioni, appese su dei cartelli che spuntavano
dal soffitto, erano chiare e numerose. Per prima cosa avrebbe dovuto
pesare il suo bagaglio da stiva e ritirare l’etichetta
d’imbarco.
Scansionò nel totem la sua carta d’imbarco e il
macchinario, in
pochi istanti, stampò l’etichetta.
La
ragazza la sistemò nella maniglia del trolley e si diresse
all’imbarco bagagli. Qui consegnò la valigia ad un
addetto e
quest’ultimo, dopo averla ripesata, la fece scorrere in un
nastro
trasportatore.
Ora
che il suo bagaglio da stiva era stato assicurato nelle mani degli
addetti aeroportuali, alla ragazza toccò superare i
controlli di
sicurezza.
Per
fortuna la fila, per i voli a lungo raggio era piuttosto breve. Le ci
volle poco tempo per raggiungere i controlli di sicurezza, rimuovere
i possibili oggetti metallici che aveva addosso e passare attraverso
il metal detector.
Tutto
a posto.
La
ragazza raccolse i suoi effetti personali e raggiunse l’area
partenze a lungo raggio. L’imbarco del suo volo non era
ancora
cominciato. Aveva ancora dieci minuti.
Non
voleva distrarsi come con il treno, così, dopo aver mandato
un
messaggio a Ash, lo mise in borsa e si ripromise di non utilizzarlo.
A meno che non fosse realmente necessario.
Serena
fu tra i primi della fila a giungere al gate d’imbarco.
Posizionò
la carta d’imbarco digitale nell’apposito lettore.
Un suono
confermò alla ragazza che poteva passare. Per poco la
ragazza non si
scordò il suo documento d’identità.
Scese
le scale, dovette salire su un pulmino che avrebbe portato lei ed
altri passeggeri fino all’aereo. L’aereo che
avrebbe dovuto
prendere era riconoscibilissimo. Aveva una stupenda livrea azzurro
metallizzato. E le ali bianche.
Aveva
avuto la fortuna di poter prenotare un posto lato finestrino.
Perlomeno si sarebbe potuta sedere una volta per tutte e non si
sarebbe dovuta rialzare per far salire altri passeggeri. Lo stesso
sarebbe valso anche all’arrivo. Nessuno l’avrebbe
spinta per
uscire. Avrebbe potuto fare con un po’ più di
calma.
Certo,
era un po’ scomodo quando doveva andare in bagno, ma era un
piccolo
prezzo da pagare per tutti gli altri, enormi vantaggi. Inoltre,
avrebbe potuto scattare delle belle foto.
Dopo
una ventina di minuti l’imbarco era completato e, mentre
l’aereo
stava venendo trainato fino alla pista di decollo, il personale di
bordo spiegava ai passeggeri le varie norme di sicurezza.
Non
una novità per la ragazza, habitué di quella
tratta e di quella
compagnia aerea, ma, in ogni caso decise di ascoltare.
Statisticamente
l’aereo era il mezzo di trasporto più sicuro, per
cui non c’era
motivo di preoccuparsi.
Dopo
due ore e mezza di volo, venne servito il primo pasto. Serena non era
particolarmente affamata, ma non voleva rischiare di avere fame dopo.
Finito
il pasto e consegnato il vassoio, fu il turno dei Pokémon di
pasteggiare, e quelli della nativa di Kalos non fecero eccezione.
Almeno loro avevano appetito.
Dopo
circa due ore, il personale di bordo, scortato da alcuni
Pokémon di
tipo erba, ordinò a questi di utilizzare Sonnifero.
Questo
permise ai passeggeri di addormentarsi.
Questo
trucco permetteva di essere perfettamente allineati con il fuso
orario di Kanto. Quando i passeggeri vennero addormentati, nella
regione di Kanto erano le 22.
Dopo
nove ore di volo, i passeggeri vennero svegliati. Alcuni erano
già
svegli da prima. Altri no. Tra cui Serena. L’aereo sarebbe
atterrato dopo un'ora. E quella era l’ora della colazione.
Inclusa,
come il pasto precedente, nel prezzo del biglietto.
E
ci sarebbe mancato altro. Dopo gli allenatori toccò anche ai
Pokémon
a fare colazione.
Serena
guardò l’ora sul suo Smart Rotom. Mancava ancora
un’ora di volo.
La ragazza approfittò del fatto che il bagno non fosse
occupato per
andarci.
Sia
per necessità sia perché erano ore che non si
alzava dal sedile.
Aveva ancora la cintura allacciata dal decollo, quindi dovette
sganciarla. Si era abituata talmente tanto alla sua presenza, che
aveva tentato di alzarsi con la stessa ancora indossata. Fallendo
miseramente.
Al
secondo tentativo slacciò la cintura e si alzò.
Percorse l’andito
dell’aero e raggiunse i bagni. Stare seduta tutto quel tempo
le
aveva intorpidito le gambe.
Al
suo rientro, il personale di bordo diede l’ultimatum. Chi
doveva
andare in bagno aveva ancora mezz’ora. Poi i servizi
sarebbero
stati chiusi.
Mentre
l’aereo iniziava le fasi di atterraggio, Ash aveva raggiunto
l’area
arrivi dell’Aeroporto Internazionale di Zafferanopoli.
L’amica
sarebbe arrivata da lì a poco.
Ash
aveva raggiunto l’area destinata alle persone che aspettavano
qualcuno. Non passò di sicuro inosservato. Dopotutto era
l’Allenatore più forte di tutti e molti ammiratori
e molte
ammiratrici gli avevano chiesto foto e autografi.
Il
ragazzo accettò di buon grado. Gli dispiaceva deludere i
suoi fan.
Dopo
aver accontentato diverse decine di ammiratori, finalmente Ash
poté
giungere nell’area che desiderava. L’aereo di
Serena stava
completando le ultime fasi prima dell’atterraggio. Ash ancora
non
poteva vedere il gigante azzurro atterrare, ma sapeva che, ben presto
avrebbe potuto avvistare il gigante dei cieli atterrare, grazie alle
enormi vetrate.
L’aereo
era ora a poche decine di metri dal suolo. Il carrello di atterraggio
era uscito ed era perfettamente agganciato. Il gigante azzurro
atterrò, sfruttando la pista più lunga
dell’aeroporto. La sola ad
essere lunga abbastanza da permettere a quel gigante di fermarsi in
sicurezza ed evitare un’uscita di pista.
Serena,
contrariamente a Ash, era una persona abbastanza paziente, per cui
avrebbe tranquillamente accettato di far scendere una buona parte dei
passeggeri, prima di scendere a sua volta.
Quando
buona parte del flusso di passeggeri abbandonò l'aereo, la
ragazza
prese il suo zaino da sotto il sedile davanti a sé e
imboccò
l’andito e uscì dall’aereo.
Raggiunse
poi l’area dedicata al ritiro bagagli e, dopo una breve
attesa,
ritirò la sua valigia. Ora, finalmente, poteva raggiungere
Ash.
La
ragazza incominciò a tirare il suo trolley, maledicendosi
per quanto
lo avesse caricato. Il peso massimo del bagaglio da stiva era di
trenta chili, e sua madre l’aveva costretta a sfruttare fino
all’ultimo grammo.
Perlomeno
era consapevole che per il resto del viaggio gliela avrebbe portata
quel gran cavaliere di Ash. E non si sbagliò.
Fatto
questo Pikachu salutò la ragazza salendo sulla sua spalla, e
quest’ultima lo salutò a sua volta accarezzandolo
dolcemente. Ash
iniziò a tirare il trolley della ragazza accorgendosi ben
presto di
quanto fosse pesante. Per fortuna la stazione non era lontana.
I
due, per raggiungere la stazione, dovettero attraversare la zona
arrivi, percorrere un andito, scendere una rampa di scale e
percorrere un ulteriore andito.
Come
per Luminopoli, anche in quel caso l’aeroporto era il
capolinea
della tratta che avrebbero dovuto prendere.
Il
treno successivo sarebbe passato appena due minuti dopo il loro
arrivo. A Kanto i treni erano sempre puntuali. Forse troppo. I
macchinisti venivano puniti se partivano in ritardo, o in anticipo.
Se
possibile, i treni erano anche più belli e, forse,
più veloci di
quelli di Kalos. Di certo erano più affollati, ma nonostante
questo,
erano più silenziosi. Nonostante le decine di persone
presenti nei
vagoni, regnava un silenzio tombale.
In
questo caso Ash fu costretto a posizionare il trolley di Serena in
una delle cappelliere del treno. Dovevano ricordarsi di riprenderla,
o avrebbero dovuto fare visita all’ufficio oggetti smarriti.
E,
dopo un viaggio di così tante ore, Serena non ne aveva
proprio
voglia. Erano le nove del mattino, e nonostante avesse dormito
diverse ore, non era molto riposata.
Il
treno si fermava in tutte le stazioni. La prima fermata era
Celestopoli, la città di cui era originaria Misty, la
capopalestra
di tipo acqua, prima storica compagna di viaggio di Ash.
Una
parte dei passeggeri scese dal treno, permettendo a Ash, Serena e
Pikachu di stare un po’ più comodi. Seconda
fermata fu
Plumbeopoli. Città di cui era originario Brock. Certo, in
quel
momento l’amico in quel momento non era presente. I suoi
studi da
medico Pokémon lo avevano costretto a trasferirsi nella
regione di
Sinnoh.
E,
finalmente, per i due arrivò la stazione di Smeraldopoli, la
città
più vicina alla piccola Biancavilla.
Biancavilla,
infatti, non era servita dai binari del treno, per cui Ash dovette
chiedere un passaggio a sua madre. La donna aveva aspettato i due da
una buona mezz’ora. La donna era ben consapevole di come
Serena
avesse bisogno di riposarsi. Da madre amorevole qual era, trattava le
amiche di Ash come fossero sue figlie.
Ash
sistemò la valigia nel cofano dell’auto, quindi lo
chiuse. Fatto
questo aprì la porta a Serena, aspettò che la
stessa si
accomodasse, quindi si sedette a sua volta, accanto a lei. Per
fortuna l’auto di sua madre aveva tre posti davanti e tre
posti
dietro, una configurazione assai unica, ma che la rendeva adatta a
situazioni del genere. Serena era seduta nel sedile centrale, e
appena si era accomodata, aveva allacciato la cintura. Il viaggio fu
piuttosto breve, appena una decina di minuti. Appena arrivati, Delia
parcheggiò l’auto nel vialetto di casa, una
villetta, simile a
tutte le altre abitazioni della città. Una casa bianca a due
piani,
circondata da un giardino e con una piccola veranda.
Ogni
volta che visitava la cittadina, la ragazza si chiedeva come
potessero riconoscere la loro casa, se tutte le case del piccolo
centro abitato, erano bianche. Da questo, dopotutto derivava il nome
della città.
«Hai
fatto un lungo viaggio, se vuoi puoi riposarti, sai che qui puoi fare
come se fossi a casa tua!» La invitò la donna.
Nonostante l’invito,
Serena declinò l’offerta. Avrebbe preferito fare
altro, come, per
esempio allenarsi per la gara di Zafferanopoli. Non ne aveva parlato
con Ash, ma il risultato di quella gara avrebbe determinato il da
farsi.
Se
avesse vinto si sarebbe dedicata alle gare di Kanto. E avrebbe
trovato un modo per tenere lontano Ash dalle pretese da parte delle
fan di Unima.
La
gara in questione sarebbe stata una doppia performance, e la ragazza
ancora non aveva scelto chi impiegare. Aveva solo tre
Pokémon, ma
era una scelta difficile, dopotutto da questo dipendeva il suo
futuro.
La
ragazza si sedette sulla gradinata che dava sull’ingresso di
casa
Ketchum. Si sedette sulla gradinata ed estrasse dalla sua borsa le
sue tre Poké Ball. Delphox, Pancham e Sylveon.
«Vediamo…
Delphox e Pancham lavorano bene insieme… ma anche Pancham e
Sylveon
o Sylveon e Delphox… insomma è difficile.
Poi… non posso
chiedere ad Ash. No. Non se lui è così coinvolto.
Poi, anche se gli
dicessi della gara, come la prenderebbe se affido questa decisione ad
una singola gara? E poi, ora che ci penso voglio davvero affidare le
mie prossime scelte di carriera ad una sola gara? Forse due o
tre…
ma una?»
La
ragazza non se ne accorse, ma a circa metà del suo discorso,
a poca
distanza da lei, si era seduta Delia, la madre di Ash. Serena
l’aveva
imparata a conoscere. Una donna di meno di quarant’anni,
capelli
castani e occhi dello stesso colore. Serena sapeva che la donna ne
aveva passate davvero tante, dato che era diventata mamma molto
giovane, appena a diciannove anni, beh. Una cosa che beh, metteva a
Serena una certa pressione psicologica, e che avesse dovuto crescere
Ash da sola.
«Se
non vuoi parlarne direttamente con Ash, puoi parlarne con qualche tua
amica. Magari loro potranno aiutarti. Sia per decidere chi scegliere
nella gara, sia per decidere se viaggiare o meno per Unima. Io non so
quanto posso aiutarti, e sai bene il motivo, sarei troppo di parte,
ma magari loro possono.»
Detto
questo, la donna si allontanò e tornò alle sue
faccende. Tra un po’
avrebbe cominciato a preparare il pranzo. Serena non si mosse.
Sembrava quasi una statua.
Si.
Aveva pensato a chiedere consiglio alle sue amiche, ma a chi? Le sue
due ex rivali (anche in amore!) Shana e Meringa le avrebbero detto di
viaggiare con Ash senza nemmeno pensare alla gara. Sarebbe stato una
sorta di ultimatum. Le avrebbero detto qualcosa come “o ti
dichiari
o lo faccio io.” E poi erano entrambe consapevoli della
presenza di
Varietà anche ad Unima e del loro elevato prestigio, quindi
l’avrebbero spinta in quella direzione.
Vera,
invece… oltre che un’amica, era una rivale. E
spifferare la sua
strategia ad una potenziale rivale, non era cosa.
E
anche lei, non priva di interessi, le avrebbe consigliato la strada
dei Varietà. Erano amiche, ma da appena infilavano
le
Poké
Ball nelle capsule, divenivano rivali. Questo voleva dire che doveva
decidere da sola.
«Forse
parlarne con Ash è la scelta migliore. Ho avuto modo di
osservarti e
sei stata ferma come una statua. Hai avuto paura di chiedere o
cosa?»
Le chiese Delia, spaventandola.
«No.
O meglio. Non solo. Ho riflettuto su cosa mi avrebbero detto. E
nessuna di loro sarebbe stata d’aiuto. Ma no. Non sono sicura
di
volerne parlare con lui.»
«Ormai
lo conosci, forse anche meglio di me. Lo sai che è
perfettamente
capace di mettere da parte il suo desiderio, pur di farti tentare
questa scalata. Ha aspettato fino ad ora, potrà aspettare
ulteriormente»
“Aspettare”.
Quella parola rimbalzava nella mente di Serena. Dopotutto se erano in
quella situazione, era in parte anche colpa sua. Dopo la sconfitta a
Kalos aveva voluto, almeno parzialmente, cambiare aria.
Si
era presa un anno sabbatico e poi aveva tentato con le gare di Hoenn,
Johto e Sinnoh. Era sempre stata in grado di vincere i fatidici
cinque fiocchi e di partecipare ai rispettivi Grand Festival, ma non
ne aveva mai vinto uno.
In
un modo o nell’altro aveva sempre perso in finale, quasi
fosse una
maledizione. E come tale doveva essere spezzata.
«Forse
dovrei iniziare da dove la maledizione è
partita?»
Si
chiese la ragazza senza ottenere risposta. Dopotutto se Ash voleva
aiutare qualcuno nel suo raggiungere obiettivo anche lei poteva
andare bene, no?
«Forse
dovrei parlarci. Magari senza dire nulla riguardo il fatto che la mia
scelta dipenda da una gara.»
La
ragazza si alzò e si massaggiò la schiena. Non
era seduta da molto,
ma la schiena le faceva comunque un po’ male.
La
ragazza entrò in casa. Delia era intenta a cucinare, e quasi
non si
accorse del fatto che la ragazza fosse entrata.
«Io
e Ash andiamo a farci un giro, torniamo presto!»
Ash
era un po’ stupito dalle parole della ragazza. Non che non
volesse,
andare in giro con lei, ci mancherebbe altro, altrimenti non
l’avrebbe mai invitata ad unirsi a lui, ma non si aspettava
una
proposta simile. Biancavilla non offriva chissà quali
attrazioni,
per cui immaginò che fosse una semplice scusa per stare un
po’ da
soli. «Va bene. Dove vorresti andare?»
Serena
non rispose. Sembrava che la cosa importante non fosse tanto dove
andare, quanto piuttosto il fatto di parlare con lui. I due uscirono,
con tanto di giacca e zaini.
I
due non avevano un percorso preciso da seguire, con Serena che
trascinava Ash da una parte all’altra. Rimanendo in silenzio.
Non
sapeva come introdurre l'argomento.
Dirgli
che se avesse voluto condurre qualcuno al suo obiettivo, lei sarebbe
stata la candidata ideale, le sembrava troppo diretto e fuori dalle
sue corde. E poi era davvero partita con il desiderio di diventare
Super Coordinatrice? Era quello il suo desiderio oppure era solo un
ripiego? E poi come sarebbe stata vista, da straniera, come super
coordinatrice dell’anno?
Ad
Unima era diverso. La grande regione era famosa per essere un
crocevia di persone di ogni luogo, e nonostante l’attuale
regina
provenisse da Johto, nessuno aveva detto nulla.
Anzi.
Ash
si accorse di come Serena fosse rimasta in silenzio per tutto quel
tempo. Come se stesse tentando di mantenere un segreto e temeva di
svelarlo non appena aperto bocca.
«Tutto
a posto?» Chiese Ash, in tono preoccupato.
«Sai,
pensavo di voler partecipare alla gara di
Zafferanopoli»
Rispose
la ragazza. Dal suo tono sembrava che si tenesse dentro quella
notizia da tanto tempo. «Beh, non vedo dove sia il problema.
Dovrebbe essere tra due settimane, quindi potremo tranquillamente
partire...»
Serena
lo interruppe. «Non so. Ultimamente mi sono chiesta quale sia
il mio
vero desiderio.»
«Lo
avevi detto tu stessa. Volevi diventare la Regina di Kalos. Dopo
tutto quello che è successo hai deciso di dedicarti alle
gare
Pokémon, ma non hai mai detto che quella sarebbe stata la
tua
scelta»
La
ragazza ci pensò un po’. Effettivamente Ash aveva
ragione. Non
aveva mai espresso il suo desiderio di diventare Super Coordinatrice.
Le gare erano state una sorta di ripiego per lei.
«Ho
pensato che la mia esperienza nei Varietà sarebbe stata
d’aiuto
nelle gare. Ma mi sbagliavo. Sono due mondi totalmente diversi. E
quando l’ho capito era troppo tardi. Si. Ho vinto dei
fiocchi,
insomma, hai seguito tutte le mie gare, sai com’è
andata. Vorrei
provarci un’ultima volta.»
Alla
fine, la ragazza era caduta dove non voleva cadere. Aveva apertamente
dichiarato il suo interesse nel partecipare alle gare di
Kanto.
«Capisco.
Non ti devi arrendere e devi tentare fino alla fine. Costi quel che
costi.»
Serena
era stupita da quella reazione. Si aspettava che Ash la sostenesse,
ma temeva che si fosse stancato di vederla continuamente fallire
quando era ad un passo dal farcela.
«Però.
Voglio dire. Ultimamente tu mi hai sempre seguito, eri lì
praticamente ad ogni mia gara…»
«Credimi.
Farlo non mi è affatto pesato. Altrimenti non saremmo dove
siamo
ora»
Forse
Serena travisò le parole di Ash, e per questo
arrossì. Erano da
soli, in quel momento. Soli insieme.
«Tutto
bene?» Le chiese Ash, preoccupato.
«Oh,
sì. Assolutamente» La ragazza cercò di
levarsi dalla mente tutto
quello a cui aveva pensato fino a quel momento. Temeva la sua
reazione. Forse si sarebbero allontanati per sempre se gli avesse
veramente detto quello che stava pensando.
«E
l’impegno che ti sei preso? Non voglio che tu debba
rinunciarci
solo per me»
Per
Ash trovare le parole giuste non fu affatto facile.
«Dopotutto anche
quello di diventare Super Coordinatrice è
un
obiettivo.
E non ho mai specificato che devo aiutare un Allenatore o
un’allenatrice a diventare campione o
campionessa.»
«Se
lo dici tu. In ogni caso pensavo ad una cosa. Parteciperò a
questa
gara, e in base a come andrà, deciderò cosa fare.
In caso dovesse
andare male, tenterò la scalata al trono di Unima. Forse
tornare
alle origini potrebbe farmi bene»
Ash
si fermò di colpo. «Non vorrai mica rinunciare a
diventare Super
Coordinatrice solo per l’esito di una gara?»
Serena, che nel
frattempo aveva continuato a camminare, si era accorta solo ora della
distanza che la separava da Ash.
«Non
è solo una gara. Sono ormai quasi venticinque gare e tre
Grand
Festival che ci tento. Forse dovrei tornare alle
origini
e
provare di nuovo con i Varietà. E poi è la mia
vita. Vorrei essere
io a decidere.»
La
ragazza stava cominciando a scaldarsi. E sia Ash che Pikachu se ne
accorsero. «Non è quello. È giusto che
tu segua la tua strada. Non
posso decidere io per te, e ti supporterò sempre, qualsiasi
scelta
tu decida di prendere»
La
ragazza sorrise. Quello era l’Ash che
amava.
«Direi
che possiamo tornare. Ti prometto che preparerò questa gara
come
tutte le altre. Cercherò di non pensare a quanto sia
importante.» I
due tornarono alla base appena in tempo per pranzare. Non appena i
due varcarono la soglia della porta,
senza
nemmeno fare in tempo ad appoggiare le giacche e gli zaini
nell’uomo
morto, che subito Delia scatenò la sua
curiosità.
Per lei era abbastanza strano che Ash scegliesse di cominciare un
viaggio con un’ex compagna di viaggio.
«Allora,
com’è andata?» Per com’era
formulata la domanda poteva essere
rivolta ad entrambi, ma Serena, ben presto comprese che la domanda
fosse rivolta a lei.
«Gli
ho detto tutto. Alla fine, l’ha presa bene. Proprio come mi
avevi
detto.» Tanto Ash quanto Pikachu si grattarono la testa. A
cosa si
stavano riferendo? Cosa stavano combuttando sua madre e la sua
amica?
Il
brontolio dello stomaco di Ash e di Pikachu fece comprendere che, in
quel momento, le priorità erano altre. Il ragazzo
aiutò sua madre
ad apparecchiare la tavola.
La
donna, nonostante il poco preavviso, aveva preparato un pranzo coi
fiocchi, con tanto di antipasto, primo, secondo, contorno e
dolce.
Dopo
l'abbondante pranzo, fu di nuovo Serena a prendere
l’iniziativa.
«Posso farti una domanda?»
«Ci?» Ash stava ancora finendo la sua
terza fetta di torta gelato. Ormai aveva quasi completamente perso la
sensibilità alla bocca a causa della bassa temperatura del
dolce.
«Mi
hai sempre detto di aver catturato degli altri Pokémon,
oltre a
quelli di Kalos, ma come mai non me li hai mai fatti
conoscere?»
Ash
raggelò alle parole della ragazza. Era vero.
Tantopiù che alla lega
di Kalos, contrariamente alle leghe precedenti, non aveva fatto
lottare altri Pokémon al di fuori di quelli catturati
lì.
«Non
abbiamo mai avuto tempo. Siamo sempre stati piuttosto di fretta. Ogni
volta che venivi qui passavi per un saluto e basta. Ma dato che
questa volta il tempo non manca, possiamo restarci tutto il tempo che
desideri»
I
due uscirono di nuovo di casa, e si diressero verso il laboratorio
del professor Oak. Serena non conosceva la strada, per cui Ash
dovette farle da guida. Il laboratorio si trovava in cima ad una
collinetta. Era un ampio edificio sormontato da una pala eolica che
provvedeva a buona parte del suo fabbisogno energetico.
Poco
lontano dallo stesso era presente una recinzione che circondava un
ampio appezzamento di terra. «Ecco. È qui che
vivono i miei
Pokémon!» Serena rimase in silenzio alcuni
istanti. «Ma io non
vedo nessuno. Non mi starai mica prendendo in giro?» La
ragazza non
fece in tempo a concludere la frase, che subito il terreno
iniziò a
tremare. «E questo cos’è? Un
terremoto?» Serena era
terribilmente spaventata. «Io ti consiglierei di
spostarti» La
avvisò Ash. «Perché dovrei?»
Chiese la ragazza. Pikachu, ben
capendo quel che stava succedendo, saltò dalla spalla del
suo
Allenatore e allontanò Serena con un potente colpo della
coda,
facendola cadere. «EHI! MA CHE TI PRENDE? SEI
IMPAZZITO?» Gridò la
ragazza. Pikachu non rispose, sedendosi semplicemente accanto alla
ragazza.
Ben
presto le vibrazioni del terreno si fecero ancora più
intense, e, in
lontananza era possibile individuare una gigantesca nuvola di polvere
avvicinarsi a grande velocità.
Presto
alle vibrazioni del terreno, si aggiunse il rumore di zoccoli. Ancora
pochi istanti e Ash venne proiettato in aria.
«Ahia!
Ahia! Ahia!» Ash, ricaduto a terra, si rimise in piedi, si
massaggiò
la schiena e si levò di dosso la polvere. «Ecco.
Loro sono i miei
Tauros» La mandria di Pokémon Torobrado
circondò il loro
Allenatore e cominciò a leccarlo affettuosamente.
«Quello
è il loro modo di mostrare affetto. Diciamo che è
un tantino
estremo e non volevo ti facessero del male.»
Serena
arrossì. Ash si era preoccupato per lei. Aveva sbagliato a
prendersela con Pikachu. «Scusami. Ho fatto male a
prendermela.
Volevate solo evitare che mi facessi seriamente male. Scusate
ancora»
Pikachu le saltò addosso, come a farle capire che tutto
fosse
sistemato. La ragazza, di tutta risposta,
l’accarezzò.
Serena
e Pikachu, molto lentamente, raggiunsero la mandria di Tauros.
«Stai
tranquilla, puoi accarezzarli, non ti fanno nulla.» La
ragazza, un
po’ timorosa allungò la mano verso
l’esemplare più vicino.
Avvicinò
lentamente la mano sulla testa del Pokémon e la
toccò. Il Pokémon,
di tutta risposta le leccò il braccio. «Ehi! Ma
così mi fai il
solletico!» La ragazza non riuscì a non
ridere.
«Scusa
se sono indiscreta, ma come mai hai catturato... Uno due…
tre…»
la ragazza continuò a contare a mente. «Trenta
Tauros?» Ash
sorrise imbarazzato. «A dire il vero sono loro che hanno
deciso di
farsi catturare. Quando abbiamo visitato la zona Safari, per
catturare alcuni Pokémon, hanno fatto, beh…
quello che hanno fatto
prima e…»
Serena
cercò di non ridere. «Ho capito… ho
capito. Ma gli altri?»
«Arrivano, arrivano! Ehi! Bulbasaur!?!» Il
Pokémon seme, non
appena sentì la voce del suo Allenatore, il
Pokémon seme si mise a
correre verso di lui. Frenò la sua corsa non appena vide
quella che,
per lui, era una perfetta sconosciuta.
«Oh,
scusami. Non te l’ho presentata. Lei è Serena. Una
mia carissima
amica.» Il Pokémon Seme squadrò la
ragazza dalla testa ai piedi.
Sembrava una persona a posto. Si avvicinò ulteriormente alla
ragazza
e la annusò.
«Sembra
che abbia riconosciuto che hai con te dei Pokémon. Forse
vuole
conoscerli, prima di fidarsi» Ash cercò di
interpretare il gesto
del suo Pokémon. La ragazza, capendo che, in quel momento
era, in un
certo senso un’ospite, non poté far altro che
assecondarlo. «Su!
Venite fuori!» La ragazza prese le tre Poké Ball
dalla sua borsa e
fece uscire i suoi Pokémon. Dalle Poké Ball della
ragazza uscirono
una Delphox, un Pancham e una Sylveon.
Il
Pokémon Seme squadrò ognuno dei
Pokémon della ragazza. Cominciando
da Delphox. La volpe Fuoco/Psico le sembrava un Pokémon a
posto.
Passò poi a Sylveon. Anche lei rimase calma, ricevendo anche
lei
l’approvazione di Bulbasaur.
Pancham
era piuttosto nervoso, cosa che venne fiutata da Bulbasaur. Il
Pokémon Seme si allontanò dal Pokémon
Briccone, e cominciò a
caricare un Riduttore. Appena il Pokémon Seme
cominciò a correre,
Pancham ne comprese le intenzioni, e utilizzò un potente
Pietrataglio. Dal terreno spuntarono degli enormi massi acuminati di
colore azzurro. Bulbasaur sembrò accorgersene in tempo e,
sfruttando
le sue potenti liane, distrusse i massi, per poi afferrare il suo
avversario.
«EHI!
VOI DUE! COSA FATE!» Serena non sopportava vedere i
Pokémon
litigare. Non era contro le lotte, altrimenti non sarebbe nemmeno
diventata allenatrice, passo fondamentale per gran parte delle
carriere nel mondo Pokémon, ma, per lei, come per molti
altri, prima
delle lotte, veniva il rispetto. «Lasciamoli sfogare. Forse
si
rispetteranno una volta conclusa
la
lotta.» «Come vuoi.» Si limitò
a dire Serena.
Nel
frattempo, Pancham aveva tentato di attaccare con Gelopugno, colpendo
le fruste di Bulbasaur e costringendolo a mollare la presa, facendo
cadere Pancham.
Questi,
ora libero, attaccò con Neropulsar. Dai suoi arti superiori
si
generò una serie di anelli di energia oscura, di
colore
violaceo,
che vennero facilmente evitati dall’avversario. Bulbasaur si
limitò
a rotolare verso destra. Contemporaneamente, dalla sua bocca
cominciò
a generarsi una sfera di energia dal colore verdognolo. Ricordava,
per certi
versi
una sorta di occhio.
Qualcosa,
però non tornava, almeno agli occhi di Pancham e di Serena.
Perché
mai Bulbasaur stava lanciando il suo
Energipalla
in una direzione totalmente diversa da quella in cui si trovava
Pancham? Ash, al contrario aveva capito quali erano le intenzioni del
suo Pokémon.
Utilizzare
una tecnica inventata dal suo Torterra quando ancora era un Grotle.
Ingoiare il suo stesso attacco per poi colpire l’avversario
con una
mossa incredibilmente più potente.
Torterra
era uno dei Pokémon più tranquilli e pacifici di
Ash, per cui era
diventato un grande amico di Bulbasaur, per cui era piuttosto
probabile che lo stesso gli avesse insegnato a padroneggiare una
tecnica così potente.
L’intuito
di Ash non si sbagliò. Bulbasaur spiccò un balzo
e ingoiò il suo
stesso attacco. Serena, Pancham e gli altri Pokémon della
ragazza
rimasero di stucco. Mai avevano visto un Pokémon ingoiare il
suo
stesso attacco.
E
non era finita. Dal bulbo del Pokémon si generò
un gigantesco
raggio di energia dal colore giallo arancione che colpì in
pieno
Pancham. Mandandolo al tappeto.
Serena
si precipitò dal suo Pokémon, aiutandolo a
rimettersi in piedi.
Fatto questo, disinfettò le sue ferite con una pozione che,
fortunatamente, aveva con sé. Infine, gli diede da mangiare
alcuni
Poké Bignè.
Anche
Bulbasaur si avvicinò a Pancham, ora privo di qualsiasi
intenzione
bellicosa. Solo a questo punto sfruttò il suo potente
Solarraggio
per richiamare tutti i Pokémon del ragazzo. Questi ultimi,
con i
loro tempi, raggiunsero la coppia.
«Sono
così tanti?» Chiese Serena. «Molti di
più!» Le rispose Ash,
lasciandosi scappare un sorriso.
In
breve tempo, tutti i Pokémon del ragazzo giunsero dai due.
Il primo
Pokémon a mostrare il suo affetto fu Muk, che
saltò addosso al suo
Allenatore. Il suo modo di mostrare affetto.
«Grazie!
Anche io sono felice di vederti!» Ash non poté
fare a meno di non
ridere. Serena un po’ meno. Sapeva che Muk era capace di
secernere
sostanze tossiche ed era piuttosto preoccupata di questo. Si
calmò
quando vide Ash uscire da quella massa informe e violacea che era
Muk.
I
Pokémon catturati a Kalos e coloro che avevano partecipato
al Torneo
Mondiale, si precipitarono verso Serena. Gli altri rimasero
più
indifferenti, verso quella che consideravano semplicemente una delle
tante amiche di Ash.
«Su,
dai! Un po’ di entusiasmo, sarà lei la nostra
compagna di viaggio,
vorrei che l’accoglieste con almeno un po’ di
calore»
«Ehi!
Ma tu avevi accettato la mia proposta. Avevi detto che saremmo
partiti ad Unima solo se la mia gara non fosse andata bene. Avevi
detto che anche aiutarmi a diventare Super Coordinatrice rientrava
nell'obiettivo di aiutare qualcuno a realizzare il suo
sogno!» Ash
se lo ricordava benissimo, e aveva già la risposta pronta
per
un’eventualità del genere.
«In
qualsiasi caso, porterò tutti con me. Ovviamente a turno.
Tutti in
una volta è impossibile» Serena doveva ammettere
che Ash aveva
un’incredibile capacità di tirarsi fuori dalle
situazioni
difficili.
Piano
piano tutti gli altri Pokémon di Ash si avvicinarono a
Serena e ai
suoi Pokémon, a cominciare da Swellow e Staraptor, grandi
amici di
Talonflame. Se lui si fosse fidato di quella ragazza , allora, forse
avrebbero dovuto fidarsi anche loro.
Piano
piano la ragazza e i suoi Pokémon vennero circondati dai
Pokémon
catturati da Ash a Hoenn e Sinnoh, e poco dopo anche da quelli di
Kanto e Johto. Con le temperature che iniziavano ad abbassarsi e il
Sole che stava per tramontare, era proprio una bella sensazione. La
nativa di Kalos non si era accorta di come Pancham e il Buizel di Ash
si stessero guardando in cagnesco. Fortunatamente Bulbasaur gli
fermò
prima che fosse troppo tardi.
«Allora,
adesso che li ho incontrati, puoi dirmi come mai hai aspettato
così
tanto per presentarmeli? Mi sembrano tutti abbastanza tranquilli e
amichevoli»
«Semplicemente
non abbiamo mai avuto il tempo. Nessun altro motivo» Le
rispose il
ragazzo. Questo nonostante si fosse ben accorto di essere guardato
storto dalla sua Bayleaf.
La
Pokémon non sapeva spiegarselo, ma quella ragazza non le
piaceva
proprio. Aveva come la sensazione che volesse rubargli Ash. Le
sembrava una persona totalmente diversa rispetto a tutte le altre
amiche di Ash.
Cosa
avrebbe dovuto fare? Attaccarla? In quel momento non era una buona
idea, con tutti i Pokémon del ragazzo che
l’avrebbero difesa. E
una contro tutti non era una buona idea.
Avrebbe
mostrato le sue intenzioni nel momento in cui sarebbe stata scelta
come parte della squadra di Ash. Con meno avversari avrebbe potuto
far capire le sue intenzioni.
In
quegli stessi istanti, dopo parecchia insistenza da parte della
ragazza, finalmente, Dragonite mollò la presa.
«Non è che stanno
cercando di corrompermi?» Chiese la ragazza.
«Quando ti ho chiesto
di venire qui non hai opposto resistenza perché sapevi che i
tuoi
Pokémon mi avrebbero convinta a venire con te ad
Unima!»
«Niente
affatto» le rispose Ash. «Ho semplicemente parlato
del fatto che
avremo aiutato qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Si, ammetto
di aver parlato di Unima, ma non ti ho mai menzionata. Potete
confermare?»
I
Pokémon del ragazzo, ognuno a suo modo, confermarono le sue
parole.
«Allora
se è così, non ti dispiacerà se chiedo
ad uno dei tuoi Pokémon di
partecipare alla gara con me? Ovviamente solo per la gara…
ci
mancherebbe!»
Ash
le sorrise. Quindi si grattò la testa. «Sai bene
che non devi
chiedere a me»
«Oh,
certo. Giusto!» La ragazza si inginocchiò e si
avvicinò al
Bulbasaur di Ash. «Ti andrebbe di partecipare alla prossima
gara con
me? Ho visto come hai lottato con Pancham e mi hai fatto pensare a
nuove combinazioni per le gare. Cosa ne pensi?» Il
Pokémon strinse
delicatamente una delle sue liane attorno al braccio della ragazza,
in modo simile ai nastri della sua Sylveon. «Quindi
è un sì?» Il
Pokémon rispose con un leggero gesto del
capo.
«Incredibile.
Sei riuscita ad ottenere subito la sua fiducia!» Si
complimentò
Ash. Nel mentre il Pokémon Seme si era avvicinato al suo
ingombrante
amico di tipo Erba e Terra. Gli avrebbe affidato la
responsabilità
dei Pokémon del laboratorio.
Torterra
era un tipo tranquillo e, a sua memoria, Bulbasaur, lo aveva visto
arrabbiato solamente una volta. E gli era bastato.
Sapeva
bene che era il candidato ideale per mantenere la pace tra i diversi
Pokémon del ragazzo, in sua assenza.
«Bene,
dato che è d’accordo direi che non resta altro che
recuperare la
sua Poké Ball. Dovrebbe averla il professore, da qualche
parte. Non
ci resta che andare da lui.»
Serena
si limitò ad annuire. Era ironico che si stessero dirigendo
da colui
che, in un certo senso li aveva fatti incontrare, ormai undici anni
prima.
Ash
non le aveva mai detto che il loro incontro, per quanto casuale, fu
causato dal suo essere un ritardatario cronico. Ma, in un certo
senso, andava bene così.
Il
professore era un uomo di quasi sessant’anni, capelli corti e
grigi, occhi neri, dal volto squadrato. Aveva la barba rasata
di
fresco
ed emanava un forte profumo di dopobarba.
Indossava
un camice da laboratorio bianco, sotto di esso era possibile
intravedere una polo rossa. Indossava dei pantaloni
marroni
chiaro e delle scarpe da lavoro marrone scuro.
«Ah,
sei tu Ash… e vedo che hai portato anche
un’ospite…» Il
professore squadrò la ragazza dalla testa ai piedi.
«Ma tu sei
Serena. Come avevo fatto a non accorgermene!»
L’uomo si diede
dello stupido da solo. Si erano visti diverse volte in videochiamata,
ma gli ci volle un po’ per ricordarsi di lei.
«Quindi…
quando partirete per Unima?» Chiese. Era piuttosto impaziente
di
informare la sua collega sul da farsi.
Ash
e Serena si guardarono negli occhi, quindi la ragazza prese la
parola.
«Ancora
non abbiamo deciso. Prima di partire dovremo sbrigare una
cosetta.»
La ragazza fu piuttosto vaga, scatenando la curiosità dello
studioso. «Scusate se sono indiscreto. Ma posso sapere di che
cosa
si tratta?» La ragazza annuì.
«Assolutamente. Una gara Pokémon.
Si terrà tra due settimane a Zafferanopoli. In base a come
andrà la
gara, decideremo il da farsi.» Il professore aveva capito
cosa la
ragazza intendesse con quelle parole.
«E
a proposito di questo, vorrei chiederle un favore.» Si
aggiunse Ash.
«Dimmi pure.» Gli rispose il professore.
«Sa, per caso dove si
trova la Poké Ball di Bulbasaur?» Il professore
gli rispose senza
chiedersi il motivo «Certo, te la prendo subito. Ma non
restate là
fuori. Entrate che vi offro qualcosa!»
Ash,
Serena e Pikachu si accomodarono nel laboratorio del professore,
sedendosi sul divano. Il professore iniziò a scaldare
dell’acqua
nel bollitore. Nel frattempo che l’acqua bolliva,
aprì il
frigorifero e prese un vassoio di dolci.
Fatto
questo si diresse verso l’area del laboratorio dove stoccava
le
Poké Ball. Erano disposte in ordine alfabetico,
quindi
non
gli ci volle molto per trovare quel che cercava.
Arrivò,
con la Poké Ball vuota in mano, proprio mentre
l’acqua era giunta
ad ebollizione. Premette l'interruttore e spense il dispositivo.
Versò il liquido bollente in tre tazze.
In
breve, il colore del liquido passò dal trasparente
all’ambrato.
Ancora un po’ e la bevanda calda sarebbe stata
pronta.
A
turno i tre misero lo zucchero nella bevanda. Ash era quello che la
preferiva più dolce, il professore quello che la preferiva
più
vicina al suo gusto naturale.
«Scusa
se sono indiscreto, ma come mai hai deciso di richiamare Bulbasaur?
Non lotta da un po’ e sai che è il responsabile
dell’ordine, qui
al rifugio.» Chiese il professore. «Sono stata io a
chiederlo.»
Rispose Serena. «L’ho visto lottare contro Pancham
e mi ha fatto
venire in mente alcune combinazioni per le gare.» Il
professore
bevette un ulteriore sorso della sua bevanda calda. «Capisco.
Ma chi
si occuperà dell’ordine in sua assenza?»
Chiese, piuttosto
preoccupato. «Questo non è un problema. Ci
penserà Torterra a
mantenere l’ordine.»
Il
professore, ben conoscendo il Pokémon Continente, sapeva di
non
doversi preoccupare. «Eccola qui!» Il professore
consegnò la Poké
Ball di Bulbasaur alla ragazza.
Dopo
aver fatto merenda, i due, accompagnati dal professore, giunsero
nuovamente al giardino, ove si trovavano Pokémon di Ash.
Bulbasaur
stava dando le ultime istruzioni a Torterra sul come comportarsi in
sua assenza. Terminò rapidamente quando vide il suo
Allenatore, la
sua amica e il professore dirigersi verso di lui.
Il
Pokémon Seme si avvicinò, quasi istintivamente a
colei che,
temporaneamente, sarebbe stata la sua allenatrice.
Serena
si era inginocchiata verso di lui e aveva in mano la Poké
Ball, con
la mano appoggiata sul meccanismo di apertura. Notandolo, Bulbasaur
colpì la sfera con una delle sue fruste, facendo rotolare la
sfera
dalle mani della ragazza. «Sembrerebbe che non ci voglia
entrare.
Almeno per ora. Magari vuole conoscerti meglio, prima di
entrare.»
Commentò il professore. «È
così?» Chiese la ragazza. Il Pokémon
Seme fece un piccolo cenno di approvazione. «Sai, Bulbasaur
non è
un tipo che si fida facilmente. Ma sembra che tu gli
piaccia.»
Serena sorrise. «Ne sono felice.»
La
ragazza riprese la Poké Ball da terra e la infilò
nella borsa.
«Spero di riuscire a convincerlo, almeno per la gara ad
entrare.
L’entrata in scena è importante, nelle gare
Pokémon.» Ash si
inginocchiò verso il suo Pokémon.
«Capito amico? Pensi di
riuscirci? Poi, ovviamente sarà solo per pochi minuti, non
ti
preoccupare.» Il Pokémon Seme fece cenno di aver
capito. Nonostante
il timore di quello che sarebbe potuto accadere attorno a lui, senza
che lui potesse intervenire, avrebbe accettato di stare nella
Poké
Ball con quella ragazza, a patto che fosse stato per poco
tempo.
Fatto
questo, i due si congedarono con il professore e si diressero verso
un vicino campo lotta. Pikachu e Bulbasaur camminavano a breve
distanza dalla coppia.
Il
roditore elettrico, nel suo linguaggio, stava spiegando
all’amico
la particolare relazione presente tra i due. Raccontò
all’amico
anche del bacio dato dalla ragazza nel momento in cui si erano
separati.
Pikachu
raccontò anche di come la gara che avrebbe affrontato al
fianco di
Serena sarebbe stata fondamentale per decidere il da farsi. In caso
di vittoria avrebbero viaggiato per Kanto. In caso di sconfitta nella
lontana regione di Unima. Il Pokémon Seme ben comprese le
parole
dell’amico. In caso di sconfitta, Serena e Ash avrebbero
avuto una
maggior possibilità di avvicinarsi, senza che qualcuno li
forzasse
troppo.
Avrebbe
fatto del suo meglio in quella gara, ma sarebbe stato pronto a
sabotarla, in caso fosse servito. Sentendo quelle parole, Pikachu lo
riprese. Non era affatto una bella idea.
I
giorni passarono rapidamente, tra allenamenti, incontri con i fan, e
orde di pretendenti fulminate con lo sguardo da parte di Serena, e
finalmente era giunta la vigilia della gara.
Per
evitare di incorrere in ritardi, Serena aveva proposto a Ash di
partire per Zafferanopoli il giorno prima, con il ragazzo che aveva
accettato la proposta senza opporsi.
Delia
accompagnò i due alla stazione. Ash, come il giorno del suo
arrivo,
aveva aperto la porta alla ragazza e aveva aspettato che la stessa si
accomodasse, prima di sedersi a sua volta.
Delia
era un po’ dispiaciuta. Non le era affatto dispiaciuto avere
una
“figlia” da viziare, e ora non solo se ne andava
lei, ma se ne
andava anche Ash. Per ora si sarebbero allontanati solo per un
giorno, ma poi, forse la cosa sarebbe durata per parecchio
tempo.
La
donna era consapevole della situazione. Da una parte aveva capito che
tra i due ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia
e, forse
un nuovo viaggio insieme poteva farla sbocciare, qualsiasi cosa
fosse.
Forse
sarebbe stato meglio, per entrambi, che il viaggio avvenisse nella
lontana regione di Unima, ma la donna non se la sentiva di tifare
contro Serena.
Sapeva
che comunque fossero andate le cose, Ash l’avrebbe sostenuta
e
l’avrebbe accompagnata nel suo sogno. Qualsiasi esso fosse. E
questo, per lei significava davvero tanto.
Accompagnati
i due alla stazione, e congedatasi con i tre, la donna tornò
a casa.
Ash, Serena, Pikachu e Bulbasaur, dopo aver guardato il tabellone
degli orari, capirono che avrebbero dovuto attendere
mezz’ora.
La
piccola stazione non era molto affollata, per cui trovarono
facilmente una panchina dove sedersi e aspettare. Avrebbero dovuto
prendere il treno per l’aeroporto di Zafferanopoli, anche se
si
sarebbero fermati alla stazione centrale della metropoli, una fermata
prima del capolinea.
«Il
treno regionale 7845541 diretto all’aeroporto di
Zafferanopoli è
in arrivo sul binario 2. Allontanarsi dalla linea gialla!» La
voce
registrata fece trasalire i due. Però almeno erano sulla
banchina
corretta. Per fortuna.
Il
treno, molto simile a quello che avevano preso due settimane prima,
era appena arrivato. I pochi passeggeri a bordo erano scesi. Loro
erano i soli a salire. Questo significava che avevano la
possibilità
di scegliere dove sedersi.
Pochi
istanti dopo, il treno cominciò a muoversi, in direzione
Zafferanopoli.
Il
treno, come da tradizione, si sarebbe fermato in tutte le stazioni.
Plumbeopoli, Celestopoli, Zafferanopoli periferia e, infine, la loro
destinazione, Zafferanopoli centrale.
Il
treno, durante il viaggio, si era riempito di gente. Molti erano
viaggiatori diretti all’aeroporto, ma altrettanti erano
diretti al
centro della città.
Risalito,
accompagnati dai Pokémon, il fiume di gente, finalmente
poterono
tornare a respirare. Erano nella piazza centrale della
città. Piazza
dedicata ad un importante figura storica della regione di
Kanto.
Dalla
piazza, per raggiungere l’albergo che avevano prenotato,
avrebbero
dovuto prendere un bus. Per loro fortuna, quella
piazza
era il capolinea di numerose linee di autobus urbani, tra cui quella
che avrebbero dovuto prendere. Linea Q. Quel mezzo, dopo sette
fermate, li avrebbe portati letteralmente di fronte
all’albergo in
cui avrebbero alloggiato.
L’albergo
includeva anche un centro Pokémon, quindi Ash e Serena ne
approfittarono per far fare un controllo ai loro Pokémon.
Ash, in
quel momento aveva con sé unicamente Pikachu, dato che, in
quel
momento, Bulbasaur era affidato a Serena.
Mentre
l’Infermiera portava il carrello nella sala posteriore, i due
si
diressero al bancone per fare il check-in. Era un bancone in legno
pregiato, perfettamente intonato all’alta classe
dell’albergo.
Il
piano su cui erano appoggiati i diversi oggetti era realizzato in
marmo pregiato, così come i pavimenti. Dalle
ampie
vetrate,
da cui era possibile vedere l’esterno, ma non viceversa,
entrava
parecchia luce.
Stava
per arrivare la primavera, dopotutto.
La
giovane impiegata aveva immediatamente riconosciuto Ash.
«Buongiorno.
Come posso esservi d’aiuto?»
Chiese,
allungandosi
pericolosamente verso il ragazzo, facendo visibilmente innervosire
Serena.
Era
una ragazza più o meno della loro età, capelli
rossi, pelle chiara.
Aveva il viso ricoperto di lentiggini, e gli occhi azzurri.
Indossava
una semplice camicia bianca con il logo dell’albergo cucito
sopra.
Indossava
dei piccoli orecchini in argento con delle gemme preziose
incastonate. Sopra la camicia indossava un gilet scuro.
«Buongiorno.
La stanza che abbiamo prenotato. La doppia» Tagliò
corto la
ragazza. Non sopportava che l’impiegata gli stesse
così vicino.
«Oh, sì. Eccola. Qui. È la stanza 1208.
È al dodicesimo piano, ma
non vi preoccupate. Potete tranquillamente prendere
l’ascensore. È
qui dietro. Mi servono solo i vostri documenti.» I due
cercarono,
nei rispettivi Smart Rotom, la loro scheda Allenatore. Documento di
riconoscimento ufficiale riconosciuto ovunque.
La
giovane impiegata scansionò i QR code. «Perfetto.
Questa è la
tessera della serratura. Dovrete infilarla nell’apposito slot
per
attivare la corrente, quando sarete dentro. Mi raccomando. Portatela
sempre con voi. Ah, a proposito…» la ragazza
sorrise
maliziosamente. «La stanza ha un letto
matrimoniale» Serena
arrossì. «Letto matrimoniale?»
ripeté. «Ma cosa mi combini,
Ash?» Il ragazzo si sentì ulteriormente in
imbarazzo. «A dire il
vero ho solo prenotato una doppia. Non avevo idea del fatto
che…»
Serena, in cuor suo, ci credeva. Era dell’idea che Ash ancora
non
lo avesse capito, quindi era legittimo che si aspettasse una stanza
con due letti singoli. In ogni caso, Serena si girò verso la
ragazza, e la vide ridere sotto i baffi.
Questo
voleva dire solamente una cosa. L’addetta l’aveva
fatto apposta.
Dopo
essersi allontanati dal bancone, arrivarono di fronte al grosso
ascensore. La ragazza premette il pulsante che permetteva di
richiamarlo. Un breve segnale acustico confermò
l’arrivo dello
stesso.
La
porta metallica si aprì, permettendo ai due di entrare. Ash
premette
il pulsante che permetteva di raggiungere il dodicesimo piano. La
porta dell’ascensore si chiuse e quest’ultimo
cominciò a salire.
Venne interrotto al quarto e al nono piano, da persone dirette al
piano terra, ma, per come era strutturato il dispositivo,
quest'ultimo dava priorità alla corsa più rapida.
Ergo la prima
sosta fu quella al dodicesimo piano.
Appena
la porta dell’ascensore si aprì, i due uscirono.
Il pavimento
dell’andito era un pregiato parquet. Ash cercò con
lo sguardo la
loro stanza, l’ottava di quel piano.
A
dire il vero fu Serena a prendere l’iniziativa e a trovare la
stanza. Stanza che si trovava dalla parte opposta rispetto a quella
in cui stava guardando Ash.
La
ragazza lo prese per un braccio e lo tirò nella sua
direzione e,
quasi, gli strappò di mano la tessera. Giunti davanti alla
porta, la
ragazza appoggiò la tessera sul sensore e questo fece
scattare la
serratura.
La
ragazza aprì la porta e vi si precipitò dentro.
Non si curò
nemmeno di inserire la tessera nel sistema che attivava la corrente
della stanza. Non era quella la sua preoccupazione.
Si
voltò verso il letto. E sì.
Effettivamente era un
matrimoniale. La ragazza si sentì ribollire il sangue.
Avrebbe
voluto ammazzare l’addetta alla reception.
La
stanza, come l'andito, aveva un pregiato pavimento in parquet,
accanto al letto vi erano due comodini, in legno
pregiato.
Poggiati
su di esso vi erano un telefono, per contattare la reception e una
bajour.
Non
troppo distante dal letto, un tavolino con due sedie e un grosso
televisore a schermo piatto. Le pareti, colorate di un delicato
giallo, erano decorate da numerosi quadri, rappresentanti
principalmente Pokémon della regione di Kanto.
Non
era presente un lampadario vero e proprio, e questo fece interrogare
Ash sul come avrebbero potuto vedere di notte.
Nella
parete più vicina all’ingresso e più
lontana dal letto vi era la
porta che conduceva al bagno privato.
Ash
si accorse subito dell’imbarazzo della ragazza. Sarebbe stata
solo
una notte, ma l’imbarazzo di Serena era palpabile.
«Peccato che
Pikachu sia dall’Infermiera, sennò gli avrei
potuto chiedere di
dividere il letto in due con Codacciaio» Serena non
riuscì a
trattenere le risate. L’umorismo era una delle cose che
più
apprezzava di Ash.
«Si…
certo e poi ci chiedono i danni!» Rispose Serena, cercando di
nascondere il rossore. I due posarono gli zaini contro la parte
anteriore del letto. Serena estrasse dallo zaino il vestito che aveva
portato con sé. Era tutto spiegazzato, quindi avrebbe dovuto
portarlo in una tinta lavanderia.
La
ragazza guardò sul suo Smart Rotom. Il locale che cercava
era poco
lontano dall’albergo. Ash lo guardò di sfuggita.
Sembrava un abito
da sera scuro. Non l’aveva mai visto, e già se lo
immaginava
indossato dall’amica.
La
ragazza infilò la tessera nella borsetta e uscì
dalla stanza,
seguita da Ash.
I
due presero l’ascensore e scesero fino al piano terra.
«Beh,
com’era la stanza?» Chiese l’addetta, con
il chiaro intento di
punzecchiare Serena. «Bella, bella.» Rispose la
ragazza, avendo
compreso che si trattasse di una provocazione.
«Ah,
siete voi!» I due riconobbero immediatamente la voce
dell’Infermiera.
«I
vostri Pokémon sono adesso in perfetta forma!» I
due si
avvicinarono al bancone dell’Infermiera, che aveva appoggiato
le
Poké Ball di Serena sul bancone. Pikachu e Bulbasaur, invece
erano
sul carrello, fuori dalla Poké Ball. Il roditore elettrico
salì
sulla spalla del suo Allenatore, mentre Bulbasaur, aiutandosi con le
fruste, raggiunse il pavimento.
Serena
trascinò Ash fino all’uscita
dell’albergo, e da essa alla
fermata del pullman. Avrebbero dovuto raggiungere la tinto
lavanderia, che si trovava dall’altra parte della
città.
Ash
non comprese tutta questa fretta da parte di Serena. Lo comprese solo
una volta giunti di fronte all’edificio. Era una piccola
insegna,
su di una porta.
Serena
trascinò Ash e i Pokémon all’interno
dell’edificio. Era una
tinto lavanderia piuttosto piccola. Ci lavoravano unicamente due
persone. Due ragazze, per la precisione. Entrambe avevano
riconosciuto Ash. E avevano anche notato il fatto che fosse
accompagnato da una bella ragazza.
«Salve.»
Salutò educatamente Serena, con tanto di profondo inchino,
similarmente ad Ash. «Come posso aiutarti?» Chiese
una delle due.
«Ecco» La ragazza appoggiò la busta sul
bancone. «Potreste
occuparvi del mio vestito?» La commessa sorrise.
«Normalmente ti
direi che dovresti aspettare almeno una settimana, dato che siamo
pieni, ma dato che sei la fidanzata di Ash… faremo
un’eccezione e
lo avrai pronto per domani mattina.» Serena
arrossì. Per quanto lo
desiderasse, Ash non era il suo fidanzato. Almeno per ora. Ma se
questo le permetteva di avere il vestito pronto per il giorno dopo,
avrebbe accettato di far finta che lo fosse.
«Bene.
Ci servirebbe la tua scheda Allenatore, così domani potremo
riconoscerti.» Serena, mezzo paralizzata, per essere stata
definita
la fidanzata di Ash, possibile che anche delle perfette sconosciute
l’accostassero al ragazzo, porse alla commessa il documento
richiesto. La ragazza, dopo averlo scansionato, lo restituì
alla
proprietaria.
Usciti
dal negozio, Serena tirò un orecchio ad Ash.
«Perché
quando lei ha detto che io ero la tua ragazza te non hai detto nulla?
Come mai non ti sei opposto?» Ash non pensò
nemmeno a come
rispondere. «Altrimenti non ti avrebbero preparato il vestito
in
tempo, no?» La ragazza finse di fare una faccia arrabbiata.
Ma,
dentro di sé era felice. Dal momento che Ash non si era
opposto,
allora forse avrebbe voluto dire che non gli dispiaceva essere
accostato a lei.
Affidato
il vestito alle specialiste, i due, assieme ai Pokémon
ebbero
l'opportunità di andare in giro per la città, con
Ash che fece da
guida alla ragazza, accompagnandola fino all’arena dove si
sarebbe
svolta la gara. Era un edificio situato nel mezzo del parco al centro
della città.
Ricordava
una sorta di cupola, sorretta da diversi archi. Sulla porta
principale, vi era esposto un grosso cartello. «Le iscrizioni
alla
gara Pokémon di Zafferanopoli sono aperte fino alle 07:00
del giorno
della gara.» Lesse Serena. «Dato che ci siamo,
potresti anche
iscriverti ora, cosa ne pensi?» La ragazza ci
pensò alcuni istanti.
Era evidente quanto Ash tenesse al fatto che partecipasse a quella
gara. Il giorno dopo, molto probabilmente ci sarebbe stata
più gente
e avrebbero rischiato di non farcela. «Si. Buona idea.
Andiamo.»
Ash
aprì la porta alla ragazza, ed entrò subito dopo
di lei. Chiusa la
porta, si accorse di come, a parte l’addetta all'accoglienza,
non
vi fosse nessuno. Serena si precipitò al bancone.
«Buongiorno»
Salutò Serena. «Buongiorno a te!» La
salutò l’addetta
all’accoglienza. «Immagino che tu sia venuta qui
per iscriverti
alla gara, non è così?» Serena rispose
in maniera affermativa, con
un piccolo cenno del capo.
«Perfetto,
allora lascia che ti registri» Serena passò il suo
Smart Rotom
all’addetta, in modo da scansionare la
scheda.
«Vedo
che hai partecipato a diverse gare. Ma questa è la tua prima
volta
qui a Kanto. Credo che potrai fare bene» Serena sorrise.
«Lo
spero.»
Fatto
questo, i due andarono a pranzare in un ristorante poco lontano. Gli
stomaci di Ash e Pikachu, avevano brontolato, facendo ben comprendere
a Serena quali sarebbero stati i piani successivi.
Dopo
pranzo, i due continuarono l’esplorazione della
città. Visitarono
i numerosi punti d’interesse della grande città,
fino al tramonto.
La temperatura stava diventando troppo bassa, per essere sopportata
con una semplice giacca.
Tornati
all’albergo, qualcosa attrasse l’attenzione di Ash.
Una lunga
fila di allenatori e di allenatrici che premeva verso una porta.
«Scusa se sono indiscreto, ma come mai
c’è tutta questa gente?»
Chiese Ash, rivolgendosi all’addetta alla Reception.
«Hanno
scoperto che avresti alloggiato qui e credevano di trovarti nel campo
di lotta. Le guardie, pur di far capire alla gente che tu non fossi
lì, si sono dovute chiudere dentro. Beh. Ora che sei qui,
potresti
accontentarli.» Ash incrociò lo sguardo
con Serena. Da un
incrocio di sguardi, la situazione fu ben comprensibile.
«Bene. Dove
dovremo andare?» Chiese il ragazzo.
«Seguitemi.»
La ragazza si alzò e fece cenno ai due di
seguirla.
Uscirono
silenziosamente dall’albergo e raggiunsero
un’entrata secondaria.
Quest’ultima si trovava su di un vicoletto, poco illuminato.
Una
piccola luce al neon illuminava l’ingresso
secondario.
Emetteva
un fastidioso ronzio, che metteva una certa inquietudine.
La
ragazza estrasse dalla sua borsa un mazzo di chiavi, e trovata quella
giusta, la inserì nella toppa, facendo scattare il
meccanismo. La
porta non veniva aperta spesso, quindi dovette fare un po’ di
forza. Rischiava seriamente di rompere la chiave, ma per fortuna
andò
tutto per il meglio. La serratura scattò e la ragazza
abbassò la
maniglia. Con una spinta non indifferente, quest'ultima si
aprì
permettendo ai tre di entrare. Appena entrati, la ragazza
azionò una
serie di levette, simili a quelle dei contatori della
luce.
Diversi
fari, simili a quelli utilizzati negli stadi, si accesero,
illuminando a giorno l'intero campo. Accorgendosi della bassa
temperatura della stanza, accese anche il riscaldamento.
Il
campo era piuttosto ampio, circondato su tutti i lati da delle
tribune altrettanto ampie. Per raggiungere il campo bisognava passare
in un andito posto sotto le tribune. I due si fecero guidare dalla
ragazza. Non che vi fosse il rischio di perdersi, nella peggiore
delle ipotesi sarebbero andati a finire nei bagni, o negli
spogliatoi, ma semplicemente perché volevano raggiungere il
campo il
prima possibile.
Appena
giunti davanti alla rete di protezione, la ragazza aprì il
lucchetto
che chiudeva la porta che permetteva di entrare all’interno
dell’area di lotta.
L’alta
recinzione permetteva di proteggere il pubblico da attacchi e cose
simili. «Bene, ora posso fare entrare il
pubblico!»
La
ragazza abbandonò i due, e si diresse alla porta principale,
aprendola. Venne travolta dall’enorme flusso di persone, che
aspettavano Ash.
Fecero
a gara per accaparrarsi i posti migliori, quelli che permettevano di
avere una visuale migliore sul campo di lotta. Molti di loro erano
allenatori, ma erano consapevoli del fatto che non avrebbero avuto
alcuna speranza contro di lui.
Dopo
diversi istanti di silenzio, in cui Ash e Serena si guardarono negli
occhi e poterono constatare l’enorme presenza di pubblico.
Nessun
posto era libero.
Ad
un certo punto, dalla porta d’ingresso entrò una
coppia di
anziani, con tutta probabilità, i proprietari
dell’albergo.
L’uomo
aveva i capelli bianchi, corti. Alto circa un metro e ottanta, e di
corporatura robusta. Da giovane doveva aver avuto un fisico da fare
invidia a Bruno. Aveva dei baffi a forma di trapezio isoscele.
Sembrava avesse anche un dente d’oro.
indossava
un maglione verde, dei pantaloni marroni e delle scarpe nere.
Indossava una catenina in oro massiccio. Sull’anulare della
mano
sinistra, un anello in oro. Anche la donna ne indossava uno uguale.
Ergo erano sposati.
La
donna, dalla corporatura esile, poco più alta di Serena,
aveva i
capelli appena grigi, legati in uno chignon. Indossava anche lei un
maglione, ma di colore rosa chiaro, e una lunga gonna nera. Quando
spostò il braccio, Serena poté notare il grande
numero di bracciali
che la donna indossava.
«E
così il campione e la sua fidanzatina hanno deciso di farci
visita!»
Esordì l’anziana. «Ecco…
io… veramente…» Serena cercò
di
smentire la donna. Dopotutto non era la fidanzata di Ash. O almeno
per il momento. Solo che si accorse di come le numerose ragazze
presenti guardassero Ash con occhi sognanti.
Se,
per tenerle lontane bastava fare finta di essere la sua fidanzata,
avrebbe accettato. Ma ora non era il momento di pensare a quelle
cose. Era chiaro che i due anziani allenatori volessero
lottare.
La
ragazza che li aveva accompagnati si era posizionata nella postazione
da arbitro. Questo voleva dire che lei si sarebbe occupata della
gestione dell’incontro.
«Comincia
la lotta a coppie tra il Campione del Mondo Ash e la ehm…
Performer? Coordinatrice? Allenatrice?» Sembrava che la
ragazza non
avesse grandi simpatie per Serena. O forse voleva sminuirla agli
occhi degli altri per poi prendersi Ash, o ancora voleva farla
innervosire per favorire i proprietari dell’albergo, anche
se, in
quel caso, avrebbe avuto più senso prendersela con Ash.
Provocazione
o meno quel modo di fare non le piaceva affatto.
«E
i proprietari dell’albergo, il signor Renato e la signora
Emiko,
sta per iniziare. Ogni allenatore potrà usare un solo
Pokémon, la
lotta sarà conclusa quando entrambi i Pokémon di
una coppia non
saranno più in grado di continuare! Allenatori! Mandate in
campo i
vostri Pokémon!» Ash e Serena si guardarono negli
occhi. Qualsiasi
scelta avessero fatto i loro avversari, avevano le idee chiare su chi
mandare in campo.
«Amico,
te la senti?» Pikachu rispose affermativamente, andandosi a
schierare in campo. «Sylveon! Tocca a te!»
Gridò Serena, mentre
lanciava la Poké Ball della sua Sylveon. «Io mi
affido a te!»
Gridarono contemporaneamente i due anziani, mandando in campo un
Espeon e un Umbreon.
«Fantastico!
Un Espeon e un Umbreon!» Ash era, come suo solito, molto
entusiasta.
«Sembrano davvero forti!» I due anziani guardarono
la coppia di
giovani. «Fai bene a non sottovalutarci!» Rispose
l’anziano.
«Vogliamo
sbrigarci? Qui c’è del pubblico che non aspetta
altro!» Gli
esortò la rossa.
«Si,
certo!» Le rispose Ash.
«Se
non vi dispiace cominciamo noi! Pikachu vai con Attacco Rapido su
Espeon!» Gridò Ash. «E tu Sylveon usa
Comete!» Pikachu si mise a
correre a gran velocità contro l’avversario, con
quest’ultimo
che inizialmente sembrava non reagire. Discorso simile per Umbreon.
Sembrava quasi volesse essere colpito.
«Schiva!»
Gridarono i due anziani, all’unisono. Come se fossero una
sola
persona. Pikachu rimase di sasso, vedendo interrotto il suo attacco a
pochi istanti dall’essere messo a segno.
E,
forse, cosa ancora peggiore, stava per essere colpito dall'attacco
della Sylveon di Serena.
«Presto!
Distruggi le comete con Codacciaio!» Ordinò Ash.
La struttura della
coda del Pokémon si modificò, divenendo dura
quanto l’acciaio. Le
stelle di energia lanciate da Sylveon vennero distrutte,
trasformandosi in polvere.
Serena
tirò un sospiro di sollievo. Di certo non era sua intenzione
attaccare un suo alleato.
«Attacco
Rapido!» Secondo ordine. Sempre come se i due anziani fossero
una
singola entità. Le due Eeveelutions si misero a correre a
gran
velocità contro Pikachu. lo avrebbero raggiunto presto. E
questo
sarebbe potuto essere un problema.
«Presto!
Codacciaio sul terreno!» Pikachu ben comprese la tecnica che
il suo
Allenatore voleva adottare. Era un classico. Spiccò un
grosso balzo
aiutandosi coi muscoli degli arti posteriori, quindi,
all’atterraggio
colpì il terreno con un violento colpo della coda, creando
una
grossa spaccatura sul terreno, e proiettando in aria entrambi gli
avversari.
«Bene,
proprio quello che ci serviva! Sylveon, usa Vento di Fata!»
La
Sylveon della ragazza generò una fortissima corrente d'aria
che
lanciò violentemente entrambi gli avversari verso la rete di
protezione.
Per
quanto il colpo fosse stato duro, non fu sufficiente a sconfiggerli.
Dopo essersi scrollati di dosso il dolore, i due Pokémon
erano di
nuovo pronti all’attacco.
«Palla
Ombra!» Di nuovo i due anziani ordinarono l’attacco
all’unisono.
I due Pokémon generarono dalla bocca una grossa sfera di
energia
oscura. Colore viola scuro, tendente al nero. Era rivestita da
numerose scariche di energia, simili a fulmini dal colore
simile.
«Presto
Pikachu! Usa Codacciaio per distruggere il loro attacco!»
Pikachu
spiccò un balzo e, con un violento colpo della coda, fece
esplodere
una delle due sfere di energia oscura.
Pikachu
tentò di fare lo stesso con la seconda, ma, prima che
potesse anche
solo avvicinarsi, venne bloccato da una forza invisibile. Era lo
Psichico dei due Pokémon. Lo stesso poteva dirsi della
Sylveon di
Serena, che venne colpita in pieno dall’attacco avversario.
Una
grossa esplosione la proiettò contro le
reti.
«Tutto
bene, Sylveon?» La Pokémon della ragazza si rimise
in piedi,
confermando che fosse tutto a posto. Nonostante questo gesto, Serena
si accorse di come l'impatto con le reti, le avesse causato alcune
ferite.
«Forza,
usa Comete!» La Pokémon eseguì l'ordine
della sua allenatrice,
generando un ventaglio di stelle dorate che scagliarono contro i due
avversari. I due Pokémon tentarono di difendersi scagliando
Palla
Ombra, ma le due sfere di energia oscura si scontrarono con solo
alcune di esse.
Il
resto colpì i due Pokémon e li fece andare uno
contro l’altro.
«Molto
bene, Pikachu! Chiudiamo in Bellezza! Usa Fulmine!» Il
roditore
elettrico generò una potentissima scarica elettrica che
colpì in
pieno i due avversari e li proiettò in aria.
«Sylveon!
Sei pronta? Usa Vento di Fata!» La Pokémon della
ragazza generò
una potentissima corrente d’aria che lanciò
nuovamente i due
avversari contro la rete.
«Espeon
e Umbreon non possono più continuare! Vincono Pikachu e
Sylveon! Di
conseguenza i vincitori dell’incontro sono Ash e
Serena!» Dichiarò
l’arbitro.
I
due ragazzi e gli anziani proprietari dell’albergo si
incontrarono
a metà del campo di lotta e si strinsero la mano a
vicenda.
«Devo
ammettere che il vostro legame è davvero forte. Forse
più del
nostro.» Si congratulò l’anziano. Serena
arrossì per quel
complimento. Sapeva di trovarsi bene con Ash, ma…
I
suoi pensieri vennero interrotti dall’applauso del pubblico.
Era
stata davvero una bella lotta, e i numerosi spettatori si erano
divertiti. E questo era l’importante.
Dopo
una lotta così intensa, la fame si fece sentire. E, infatti,
guardando l’ora, era chiaro che fosse il momento di
cenare.
Il
ristorante dell’albergo si trovava al ventesimo piano, e la
folla
di gente, sebbene fosse impaziente di cenare, decisero bene di dare
la priorità a chi era coinvolto nella lotta.
Dopo
l‘abbondante, almeno per Ash, dal momento che Serena non
mangiò
quasi nulla, vuoi per la tensione, vuoi per il pessimo scherzo
dell'impiegata alla reception.
Sapendo
che si sarebbero dovuti alzare presto, i due, scortati dai loro
Pokémon, raggiunsero la loro stanza, e, dopo aver guardato
un po’
di TV, si coricarono.
Ash
e Pikachu si addormentarono immediatamente, contrariamente a Serena.
Si era sdraiata, ma non riusciva a prendere sonno. Era
pericolosamente vicina a Ash. Sebbene il ragazzo stesse dormendo
beatamente e si trovasse sul bordo più esterno del letto,
era
comunque DECISAMENTE
TROPPO VICINO e
questo la faceva sentire non poco a disagio. Inoltre,
l’enorme
imbarazzo per la situazione, le stava causando una fortissima
sensazione di calore, che peggiorava ulteriormente la situazione,
rendendole impossibile dormire.
Alla
fine, quella notte non chiuse occhio.
Ash,
da appena sveglio, notò la cosa immediatamente.
«Tutto a posto?
Dalla tua faccia, mi sembra che tu non abbia dormito
granché.» Era
accaduto quello che temeva. E doveva inventarsi una scusa plausibile.
Per sua fortuna, Ash era un ragazzo semplice, si sarebbe bevuto
qualsiasi scusa. «Semplicemente la tensione per la gara non
mi ha
fatto dormire. Non ti preoccupare, è tutto a
posto» La risposta non
si fece attendere. «Se lo dici tu.» Dopo essersi
sistemati alla
bell’e meglio, e raggiunsero, tramite l’ascensore,
la sala
dedicata alla colazione.
Ash,
come suo solito, si strafogò di cibo, e Pikachu allo stesso
modo.
Serena, ancora tesa, mangiò il minimo indispensabile,
mangiò giusto
una pasta e bevette un caffè, il primo di una lunga
serie.
Dopo
colazione, si diressero immediatamente alla fermata del pullman, per
poter ritirare l’abito e poi raggiungere l’arena
dove si sarebbe
disputata la gara. Appena arrivati, la ragazza mostrò i suoi
documenti all’addetta e si precipitò verso i
camerini. Voleva
essere impeccabile, per quanto fosse possibile.
Appena
la ragazza si guardò allo specchio, si spaventò.
Non aveva dormito
e questo aveva presentato il conto. Aveva delle terribili occhiaie.
Questo voleva dire che avrebbe dovuto ricorrere al trucco. Una cosa
che non amava fare particolarmente, ma, in questo caso, non aveva
alcuna scelta.
Mentre
si preparava, aveva bevuto altri tre caffè. Il fatto di non
aver
dormito per nulla, pesava sempre di più, ma non ci poteva
fare
molto. Sperava solo che questo non compromettesse più di
tanto i
risultati della gara. In ogni caso, ormai non poteva più
tirarsi
indietro. Soprattutto data la grande importanza di quella
gara.
La
sua sola fortuna era l’assenza di Vera, colei che considerava
come
la sua maggiore rivale. Aveva avuto un piccolo contrattempo e non
avrebbe potuto partecipare.
Certo,
questo non voleva dire che non si sarebbe dovuta impegnare, ma
l’assenza di una rivale di così alto livello,
poteva ribaltare le
sorti della gara.
«Tutti
i coordinatori e tutte le coordinatrici dovranno presentarsi nella
sala dedicata entro cinque minuti!» Serena sentì
l'altoparlante
gracchiare, e comprese che avrebbe dovuto fare in fretta. La ragazza
finì rapidamente di truccarsi, più che altro di
nascondere le
occhiaie, e di finire di sistemarsi i capelli.
Fu
abbastanza veloce da potersi anche ritagliare il tempo per bersi il
quinto caffè di giornata. La caffeina la stava iniziando a
fare
innervosire, ma ci poteva fare poco. L’altra scelta era
quella di
crollare addormentata.
Dopo
essersi preparata, la ragazza raggiunse Ash. Indossava un abito
disegnato e realizzato da lei stessa, data la sua nota
abilità nel
cucito.
Era
un vestito di colore nero, composto da una gonna a due altezze, la
cui parte più lunga arrivava quasi a terra e la parte
più corta un
po’ sopra il ginocchio. L’abito aveva solo una
spallina. In vita
indossava una fascia verde chiaro.
Indossava
poi dei tacchi non troppo alti, e degli orecchini verdi.
«Beh,
come sto?» Chiese la ragazza. Ash, che in quel momento era
circondato da numerose fan, non poteva vederla, e fece cenno alle
diverse ragazze che lo circondavano, di fare un po’ di
spazio.
Serena
stava per esplodere dalla gelosia. Non sopportava che delle ragazze
ronzassero attorno al suo Ash. Il ragazzo, Pikachu e Bulbasaur la
guardarono. Era semplicemente divina.
«Sei
fantastica!» Le rispose il ragazzo, mai avaro di complimenti.
I
Pokémon, nel loro linguaggio, confermarono la cosa. Le altre
ragazze, guardandola, ben compresero che non avrebbero potuto
competere.
Pochi
minuti dopo, Serena e tutti gli altri coordinatori si allontanarono,
per raggiungere l’area dedicata a chi si sarebbe dovuto
esibire.
Serena
sarebbe stata la quinta ad esibirsi. Questo le permise di avere un
assaggio del livello dei suoi avversari, che si era dimostrato
piuttosto alto. Un’ottima motivazione per la
ragazza.
«Serena?...
Serena?» Una voce femminile fece spaventare la ragazza.
«Si?»
Chiese, ancora concentrata sullo schermo. «Sarai la prossima.
Ti
conviene iniziare a prepararti.»
La
ragazza non esitò a rispondere. «Certo. Arrivo
subito.»
Serena,
che non conosceva la planimetria dell’edificio, decise di
seguire
l’addetta. Scelta che si rivelò particolarmente
vincente, dal
momento che gli anditi erano piuttosto intricati. Se non
l’avesse
seguita, con tutta probabilità si sarebbe
persa.
Era
un po’ nervosa, ma era abbastanza normale che lo
fosse.
Era
a pochi passi dall’uscita e già incominciava a
sentire i cori di
incoraggiamento. La ragazza compié gli ultimi passi che la
separavano dall’arena.
Era
circondata dal pubblico su ogni lato. Sulla sinistra vi era il
piccolo banco della giuria, composta, come da tradizione, dal signor
Contesta, un signore di circa cinquant’anni, capelli neri con
il
ciuffo grigio, vestito con un completo elegante di colore rosso, il
signor Sukizo, un uomo di circa quarant’anni, capelli castani
corti, vestito con un completo blu scuro, e, ultima, ma non per
importanza, l’infermiera Joy.
Appena
si trovò davanti al pubblico, salutò tutti con un
gesto della mano.
Poi, quando ricevette il segnale, mandò in campo il
Pokémon che
avrebbero partecipato al saggio di recitazione. Pancham e
Bulbasaur.
Il
primo uscì dalla Poké Ball circondato da delle
saette, per via dei
Lampobolli che rivestivano la Poké Ball del
Pokémon Briccone. I
bolli di Bulbasaur, invece, erano dei Florbolli, per questo era
circondato da numerosi petali colorati. Il Pokémon, come
concordato
in precedenza, li respinse con un potente Frustata.
Ora
che i due Pokémon erano atterrati era il momento di
cominciare.
«Comunicano! Pancham! Usa Pietrataglio! Tu, Bulbasaur ingoia
Energipalla e poi vai con Solarraggio!» Mentre il
Pokémon Seme
incominciò a generare dalla bocca una sfera di energia dal
colore
verde intenso, simile, per certi versi ad un occhio, Pancham
tirò un
potente pugno sul terreno, generando dei giganteschi massi acuminati
dal colore azzurro. Non serviva che gli venisse detto nulla. Nel
momento in cui Bulbasaur si stava avventando sul suo stesso attacco,
Pancham stava, acrobaticamente salendo su quelle rocce. Una capriola
dopo l’altra raggiunse la roccia più alta. Nel
frattempo,
Bulbasaur aveva assorbito il suo stesso attacco, accumulando
sufficiente energia per poter utilizzare Solarraggio.
«Adesso!
Pancham! Usa Neropulsar sul Solarraggio! Tu Bulbasaur! Lancia un
Energipalla in alto, poi colpisci le pietre con Frustata!»
Pancham
lanciò dagli arti superiori una serie di anelli dal colore
violaceo,
che circondarono il raggio di energia giallo lanciato dal bulbo sulla
schiena del Pokémon Seme. I due attacchi, per come si erano
incrociati, ricordavano una sorta di elica. La sua permanenza fu
tuttavia breve, dal momento che venne colpita
dall’Energipalla di
Bulbasaur.
Lo
scontro tra i due attacchi generò un’esplosione di
scintille di
vari colori.
Mancava
solo il colpo finale. Un potente Frustata distrusse le rocce.
Pancham, come da programma, spiccò un salto atterrando in
verticale,
circondato dalla polvere azzurra delle pietre.
«Veramente
notevole!» Commentò, laconicamente, il signor
Sukizo. «Siete stati
veramente fantastici, avete espresso al massimo le vostre
abilità»
Si aggiunse il signor Contesta. «Due piccoli
Pokémon veramente
pieni di energia, che ci hanno deliziato con la loro grande
abilità!»
Concluse l'Infermiera Joy.
Nonostante
i giudizi positivi da parte dell’intera giuria, Serena era
piuttosto nervosa. Era consapevole dell’ottimo lavoro svolto,
ma
non poteva essere certa del risultato, almeno fino
all’annuncio
dello stesso.
La
ragazza era seduta nella sala d’attesa, e osservava le
esibizioni
dei rivali.
«E
ora, dopo l’esibizione di Francesca, annunciamo gli otto
coordinatori che accederanno alla fase delle gare di
lotta!»
Piano
piano, sullo schermo, apparirono le immagini dei
finalisti.
E
Serena era la sesta.
Ora,
sullo schermo stavano apparendo gli abbinamenti. La sua avversaria
era proprio Francesca, l’ultima coordinatrice ad essersi
esibita.
Era una ragazza di un paio di anni più piccola di lei. Aveva
i
capelli biondo chiarissimo, quasi bianchi, la pelle pallidissima e
gli occhi azzurri. Indossava un abito scuro, che la faceva sembrare
ancora più cadaverica.
Era
altamente probabile che quella, per Francesca, fosse una delle sue
prime gare, se non la prima.
La
ragazza, durante il saggio di recitazione, aveva utilizzato un
Lycanroc forma giorno e una Furfrou, con il taglio gentildonna. La
sua acconciatura, ricordava una sorta di cappello, e aveva delle
trecce. Alcune parti del corpo, come per esempio la parte anteriore
del petto, la parte inferiore delle zampe e la fascia sul cappello di
colore giallo, e per regolamento lo avrebbe dovuto fare anche nella
gara di lotta.
Allo
stesso modo, Serena mandò in campo Pancham e
Bulbasaur.
Le
due ragazze si guardarono negli occhi, e si sorrisero a vicenda.
Francesca conosceva la sua avversaria. Era una coordinatrice
espertissima, oltre che una performer. Era arrivata vicina ad essere
Regina di Kalos.
Sapeva
di non poterla battere, ma avrebbe sfruttato la gara di lotta per
accumulare esperienza. Aspettavano solo il segnale. Che
arrivò quasi
subito.
«Cominciamo
noi! Furfrou, usa Turbosabbia, Lycanroc usa Visotruce!» Dal
terreno
il Pokémon Barboncino generò una grossa onda di
sabbia, che venne
colpita dall’energia rilasciata dal viso del
Pokémon Lupo. La
combinazione tra le due mosse creò una sorta di mostro di
sabbia.
Questo
fece perdere diversi punti a Serena. Nonostante questo, la nativa di
Kalos era tranquilla. Sapeva perfettamente come rispondere.
«Bulbasaur! Usa Energipalla sul loro Turbosabbia! Pancham
usa
Pietrataglio!» Bulbasaur, dalla sua bocca, generò
una sfera di
energia dal colore verde, simile ad un occhio, e la scagliò
contro
la combinazione avversaria, facendola esplodere, facendo perdere dei
punti a Francesca. Meno dei punti persi da lei, ma andava bene
così.
Pancham,
nel frattempo, tirò un potente pugno contro il terreno,
generando
dal terreno dei massi dal colore azzurro. «Lycanroc! Usa
anche tu
Pietrataglio!» Ordinò l’avversaria. Il
Pokémon Lupo colpì il
terreno con gli arti anteriori, generando a sua volta dei massi dal
colore azzurro.
I
due attacchi si incontrarono a metà del campo, generando
un’esplosione di scintille azzurre, facendo perdere punti
alle due
in egual misura.
«Bulbasaur!
Ingoia Energipalla! E poi vai con Solarraggio! Pancham! Usa di nuovo
Pietrataglio!» Il Pokémon Seme generò
una sfera di energia verde,
simile ad un occhio, e la scagliò verso
l’alto.
Saltò
a sua volta e la ingoiò. Il suo corpo venne illuminato da
una luce
verdognola. Questo gli diede sufficiente energia per
poter
caricare il suo Solarraggio senza dover assorbire la luce del sole.
Il raggio di energia uscito dal bulbo sulla schiena del
Pokémon,
indirizzandolo verso Fourfrou.
«Forza!
Difenditi con Raggioscossa!» Il Pokémon Barboncino
generò dalla
sua peluria un raggio di energia elettrica che colpì
l’attacco di
Bulbasaur. I due, attacchi, collidendo, esplosero.
Le
due coordinatrici persero lo stesso numero di punti. Per questo
motivo Francesca conservava il suo vantaggio. Per quanto piccolo.
«Lycanroc usa Rocciarapida sul Pietrataglio!»
ordinò. Serena
rimase attendista. Come se lo aspettasse.
«Pancham!
Aspetta che ti raggiunga e attaccalo con Sberletese! Poi tu,
Bulbasaur attacca con Energipalla!» Lycanroc corse a gran
velocità
sbriciolando l’attacco avversario, e facendo perdere degli
altri
punti a Serena. Il contatore dei punti non fece in tempo ad
aggiornarsi, che subito Lycanroc venne scaraventato in aria dal
potente attacco avversario. Come se non bastasse venne colpito anche
dall’Energipalla di Bulbasaur.
«Lycanroc
non può più continuare. La vincitrice della gara
è Serena»
Annunciò
la giura. Le due ragazze si incontrarono a metà campo. E si
strinsero la mano. «Sei stata bravissima!» Si
complimentò
Francesca. «Anche te. È stata davvero una bella
lotta. Penso che
avrai un grande futuro nelle gare.» Francesca era
estremamente
felice del complimento ricevuto. Aveva grande ammirazione per la
nativa di Kalos e sentire quelle parole, la riempivano
d'orgoglio.
Le
due avevano sgomberato il campo di lotta, per permettere agli altri
di esibirsi. Da otto, i partecipanti divennero quattro. Serena
studiò
i suoi avversari uno ad uno. Erano una ragazza e due
ragazzi.
Il
suo avversario sarebbe stato uno dei due ragazzi nella fase seguente.
Tale Ryo. Un ragazzo dai capelli neri, a spazzola. Vestito in giacca
e cravatta. Più che un coordinatore, sembrava un agente di
commercio.
Per
la giovane, non fu difficile strappare la vittoria e ottenere un
biglietto per la fase finale. Dove la sua avversaria sarebbe stata
Elin, la vincitrice della gara dopo di lei.
Dopo
le dovute sistemazioni e dopo aver curato i Pokémon, le due
coordinatrici si trovavano faccia a faccia.
Elin
aveva più o meno la sua stessa età, ed era
presumibile che avesse
un’esperienza simile.
Elin
aveva i capelli color lavanda e occhi dello stesso colore. Naso
piccolo e labbra sottili. Era vestita elegante e
sobria.
I
suoi Pokémon erano un Vaporeon e un Flareon. Avevano
partecipato al
saggio di recitazione e alle fasi seguenti, come da regolamento, del
resto.
Aveva
avuto modo di saggiarne le sue abilità. Era davvero molto,
molto
abile. Le due si studiarono per un tempo apparentemente
infinito.
L’incrocio
di sguardi terminò soltanto quando, alle due venne dato il
segnale
per mandare in campo i loro Pokémon. Chi mandarono in campo,
non fu
affatto una sorpresa, a causa degli stringenti regolamenti, ma la
sfida sarebbe stata ugualmente interessante.
«Possiamo
cominciare! Vaporeon! Palla Ombra! Flareon, mostra quel che sai fare!
Attacco Rapido!» Ordinò la ragazza, con una forte
convinzione.
Vaporeon generò dalla sua bocca una sfera di energia oscura,
dal
colore violaceo, circondata da delle scariche di energia, simili a
fulmini.
«Forza,
Bulbasaur! Difenditi con Energipalla! Pancham Pietrataglio!»
Le due
sfere di energia si incontrarono in aria, esplodendo, creando
un'esplosione di polveri colorate. Le due coordinatrici persero la
medesima quantità di punti. Serena passò in
vantaggio quando i
massi generati dal potente attacco di Pancham, scaraventarono
indietro Flareon.
«Forza,
riproviamoci! Flareon! Attacco Rapido su Bulbasaur! Vaporeon!
Codacciaio su Pancham!» Ordinò. Rimase piuttosto
sorpresa quando
Serena non reagì. Sembrava aspettasse il momento giusto e
che non
volesse svelare la sua strategia. Flareon si stava pericolosamente
avvicinando a Bulbasaur e lo stesso poteva dirsi di Vaporeon con
Pancham. «Adesso! Bulbasaur! Fermalo con Frustata. Tu
Pancham!
Afferra Vaporeon e lancialo!» i due Pokémon
eseguirono. Dal corpo
di Bulbasaur spuntarono due liane che afferrarono e avvolsero
strettamente Flareon. Contemporaneamente Pancham afferrò la
coda di
Vaporeon e lo scagliò contro l’estremo opposto del
campo.
Serena
aveva un buon vantaggio, ma mancavano ancora tre minuti.
L’avversaria, valutando la situazione reagì
immediatamente.
«Flareon! Comincia a scaldarti! Vaporeon tu usa
Geloraggio!» Il
corpo di Flareon cominciò a diventare rosso, e
cominciò ad
intravedersi del fumo. Bulbasaur, senza che Serena gli dicesse nulla,
questi non mollò la presa. Tutt’altro. Flareon
fece un’espressione
di sofferenza, ma non desistette. Anzi. «Pancham! Usa
Pietrataglio
intorno a te!» Il Pokémon Briccone
eseguì il comando,
proteggendosi dall’attacco avversario con la coltre di massi.
In
questo modo i massi vennero congelati, ma Serena perse molti meno
punti del previsto. Bulbasaur, dal canto suo, aveva dovuto mollare la
presa. Il calore era eccessivo. Flareon cadde a terra, ma il colpo
venne ben attutito.
«Benissimo!
Pancham, ora lancia i massi con Sberletese!» Il
Pokémon Briccone
eseguì il comando lanciando contro l’avversario i
massi
sbriciolati e i pezzi di ghiaccio. Questo fece perdere altri punti
all’avversaria. Serena era molto vicina alla vittoria. Ma
mancava
ancora un minuto.
«Forza,
Vaporeon! Rispedisci indietro il suo attacco con codacciaio! Te,
Flareon attacca Bulbasaur con Fucocarica!» Con un rapido
movimento
della coda, il Pokémon lanciò contro
l’avversario gli stessi
pezzi di roccia gelata che gli erano stati scagliati in precedenza.
Flareon al contempo, si mise a correre e si rivestì di
fiamme.
«Bulbasaur!
Presto! Riduttore!»
I
due Pokémon si scontrarono a metà del campo.
«NO!» Gridarono le
due ragazze, al contempo. «Flareon e Bulbasaur non sono
più in
grado di continuare. Per regolamento lo scontro si
trasformerà in un
uno contro uno e verranno aggiunti due minuti extra.»
Annunciò il
signor Shizuko.
Il
timer passò da trenta secondi a due minuti e
mezzo.
Le
due coordinatrici erano entrambe entusiaste della cosa.
«Pancham!
Vai con Sberletese!» Il Pokémon Briccone si mise a
correre contro
l’avversario, che rimase attendista.
«Forza,
Vaporeon! Punta Geloraggio alle mani di Pancham!» Il
Pokémon
Bollajet eseguì il comando puntando il raggio di energia
gelida
proprio negli arti dell’avversario, facendolo sbilanciare e
facendolo cadere a terra.
Nella
caduta, il ghiaccio che rivestiva gli arti di Pancham si ruppe. Il
Pokémon cercava di alzarsi, con enorme
difficoltà.
Ora
le due erano a pari punti. «Vaporeon! Chiudiamola qui!
Codacciaio!»
Ordinò l’avversaria. Vaporeon percorse rapidamente
la breve
distanza che lo separava dall’avversario e lo
colpì con un
violento colpo della coda. «NO! PANCHAM!»
Serena
perse gli ultimi punti rimasti. Per questo la vincitrice del fiocco
di Zafferanopoli fu Elin.
Nonostante
la cocente sconfitta, Serena si avvicinò alla sua avversaria
e si
congratulò per i risultati della gara. Il volto della nativa
di
Kalos incominciò a rigarsi di lacrime.
Non
tanto per la sconfitta, o per la promessa che aveva fatto, quanto
piuttosto per il fatto di aver deluso le aspettative. La ragazza
corse dritta nel camerino, per abbandonare l’abito da
esibizione e,
se possibile distruggerlo.
Ancora
in lacrime, finì di cambiarsi. Fatto questo estrasse dalla
sua borsa
la Poké Ball della sua Delphox e la fece uscire. La
Pokémon Volpe
guardò la sua allenatrice e non poté non notare
la grande tristezza
che portava.
«Si.
Ho perso. Ora distruggilo!» la ragazza teneva il suo vestito
dall’appendiabiti, ben distante da lei. In modo da permettere
alla
sua Pokémon di distruggerlo, senza che lei si
ferisse.
Delphox
accese il suo ramo come fosse una torcia, ma non si mosse.
«Su.
Andiamo! Sono la tua allenatrice… so che
cosa…» Delphox non si
mosse.
Quel
gesto le ricordava tanto il giorno in cui la ragazza perse il suo
primo Varietà. In quell’occasione, la ragazza
aveva deciso di dare
un taglio netto ai capelli.
Ora
voleva fare lo stesso con quel vestito. Ma che risultati avrebbe
portato? Avrebbe avuto lo stesso effetto o era una pretesa per dare
la colpa della sconfitta a qualcos’altro?
«Dici
che se ho perso non è colpa del vestito?» La
Pokémon spense la
fiamma sul bastone e lo porse alla sua allenatrice. «Hai
ragione.
Avevamo giurato, con Pancham e Sylveon che avremmo vinto il
Varietà
Professionisti. Ma non ci siamo riusciti. Eppure, te non lo hai
voluto abbandonare. Forse è questo che mi vuoi
dire?»
La
volpe di fuoco fece un cenno di approvazione. «Hai
ragione.» Disse,
senza smettere di piangere. «Diventerò Regina di
Unima e lo farò
con questo vestito. Se ovviamente tu e gli altri mi
aiuterete.»
La
ragazza ricoverò la sua Pokémon nella
Poké Ball e si riunì a Ash
e Pikachu.
«Ecco,
questa è la Poké Ball di Bulbasaur.»
Gli porse la Poké Ball del
Pokémon dato in prestito, che nel frattempo si era ripreso.
«Si è
comportato bene, ma, come hai potuto vedere, non è
bastato.» Ash,
nonostante fosse, a sua volta, piuttosto dispiaciuto, cercò
di non
farle pesare troppo la cosa.
«Siete
stati fantastici. Poco importa come sia andata la lotta. È
solo una
gara dopotutto non…» La ragazza lo interruppe con
un gesto della
mano. «Te lo sei dimenticato? Cosa ci eravamo detti riguardo
questa
gara?» Il ragazzo e il suo Pokémon si grattarono
la testa, con aria
perplessa. «No?» La ragazza lo guardò
negli occhi. «Come no?»
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione tra il
perplesso
e il deluso.
«E
dai… Dammi un indizio!» La incoraggiò
il ragazzo. «E va bene!
Allora vuol dire che viaggerai ad Unima da solo! Io
continuerò con
le gare!» Il ragazzo sentì la terra sparire sotto
i piedi.
Cosa
avrebbe fatto lui, da solo? Come avrebbe potuto aiutare quella
ragazza, da solo? Lui era un tipo diretto ed estroverso, non aveva
idea di come comportarsi in una situazione del genere.
E,
in più, la ragazza si era allontanata. Emanava nervosismo e
delusione da ogni poro. Ash cercò di seguirla. Ma non voleva
di
sicuro apparire come un agente dei servizi segreti, come Bellocchio.
Anche se quello era il solo modo di convincerla a venire con
lui.
Serena
si guardò attorno. «Via libera!» Disse,
a bassa voce. La ragazza
fece uscire dalla Poké Ball la sua Sylveon. Con lei riusciva
a
confessarsi più di chiunque altra.
Appena
la stessa uscì dalla Poké Ball,
quest’ultima avvolse uno dei suoi
nastri attorno al braccio della sua allenatrice. Grazie alle sue
antenne aveva ben compreso le emozioni che la ragazza provava.
Era
delusa e amareggiata. «Vedi? Io avevo promesso ad Ash che
sarei
andata ad Unima con lui, se non avessi vinto la gara di
Zafferanopoli, ma a che pare, lui se l’è
dimenticato. Come se non
gli importasse di me» Sylveon girò verso la sua
allenatrice.
Il
suo sguardo diceva più di mille parole. «Si. Forse
è vero. Lui è
fatto così. Si dimentica le cose facilmente.» La
Pokémon strinse i
suoi nastri un po’ di più. «Si. Tu sai
davvero come mi sento.
Posso mentire alle persone, ma non a voi
Pokémon.»
Sylveon
la tirò verso di sé. «Devo proprio
dirtelo. Ho capito. Non ho mai
preso questa gara sul serio.» Ash, che l’aveva
seguita, quando la
sentì, si dovette trattenere dall’urlare.
«Ma
cosa vuol dire? Come sarebbe a dire che non aveva preso quella gara
sul serio?» Si chiese. Sperando di non essere sentito dalla
ragazza.
Quest’ultima
superò il vicoletto in cui Ash si era rintanato, continuando
a
parlare con la Pokémon. «O almeno da quando ho
incontrato
Francesca. Mi sono rivista molto in lei. Quando abbiamo tentato coi
Varietà di Kalos. Ho visto in lei lo stesso entusiasmo, la
stessa
voglia di puntare in alto. Se mi capisci. Ma questo deve restare tra
noi ragazze. Va bene?»
Sylveon
fece un piccolo cenno di approvazione. Mollò anche la presa
coi suoi
nastri. Ora era tornata ad essere delicata, come era solita
fare.
«Bene.
Ora non mi resta che avvisare Ash.» La ragazza prese il suo
Smart
Rotom dalla borsa e compose il numero dell’amico.
Sentì il rumore
degli squilli e… una suoneria.
Quella
di Ash.
La
ragazza si avvicinò a grandi passi verso la fonte del suono.
Ash non
si accorse di nulla. Rispose al telefono. «Ehi, ciao!
Tutto...» Il
ragazzo venne interrotto prima che potesse finire.
«Ma
come ti sei permesso di pedinarmi in questo modo?» La ragazza
sembrava particolarmente arrabbiata. Non sembrava affatto che stesse
fingendo.
«Veramente,
ecco io…» La ragazza gli toccò il naso
con l’indice. «Non dire
bugie. Me ne accorgo.» Gli disse, finalmente con un sorriso.
«Mi
ero preoccupato per te. Ti ho vista scappare dopo le mie parole e
volevo assicurarmi che stessi bene.» la ragazza rimase alcuni
istanti in silenzio. «Ok. Non hai detto una bugia. Io
sì.» Ash
cercò di capire. Si. Aveva origliato parte della sua
confessione a
Sylveon, ma non poteva darlo a vedere.
«Vedi.
Sarei andata ad Unima con te anche se avessi vinto la gara. Ho avuto
l’opportunità di gareggiare contro una ragazza che
mi ricordava
molto la me stessa di qualche anno fa. Quando ho tentato coi
Varietà
di Kalos e…» Ash e Pikachu la guardarono
impietriti. «E?» La
ragazza, capendo di essere al centro dell’attenzione,
cercò di
allungare i tempi. Ma, alla fine cedette. «E mi ha ricordato
quanto
io amassi i Varietà. E che è a loro che devo
puntare.»
Ash
riuscì a rimanere sufficientemente sorpreso da non sembrare
che
l’avesse ascoltata per tutto il tempo. Discorso simile per
Pikachu.
La ragazza trascinò i due nella vicina fermata del pullman,
dal lato
che gli avrebbe condotti alla stazione.
Erano
circa le sei di sera. Se fossero andati in stazione e avessero preso
il treno delle sei e mezza, sarebbero arrivati a casa per le sette e
mezza. Contando anche il tratto in macchina.
Viaggio
per cui si sarebbe dovuto mettere in contatto con la madre. Il
ragazzo prese il suo Smart Rotom dalla tasca e iniziò a
cercare il
numero della madre. Notandolo con la coda dell’occhio, Serena
lo
fermò.
«Smeraldopoli
e Biancavilla non sono poi così lontane. Cosa ne dici se
andassimo a
piedi?» Il ragazzo e Pikachu si guardarono negli occhi.
«Si. Va
bene. Arriveremo leggermente più tardi, ma non è
un problema.»
I
due aspettarono il pullman per un buon quarto d’ora. Per loro
fortuna, il mezzo non era affollato. Tutt’altro. I
convalidarono i
rispettivi abbonamenti e si accomodarono a bordo.
Il
viaggio, piuttosto breve, giusto una decina di fermate, li condusse
proprio di fronte alla stazione dei treni. Avevano già
comprato i
biglietti in precedenza, per cui non sarebbero dovuti andare alla
biglietteria.
Guardando
sul maxischermo, dove erano riportati gli orari di arrivo, compresero
che, se avessero voluto prendere il primo treno disponibile, si
sarebbero dovuti sbrigare. Avrebbero dovuto imboccare un lungo
sottopassaggio che gli avrebbe portati al binario opposto a quello in
cui si trovavano.
Riuscirono
ad arrivare appena in tempo. Il treno si fermò pochi istanti
dopo il
loro arrivo. I due salirono a bordo dopo aver atteso che il gran
numero di passeggeri scendesse.
Riuscirono
a trovare due posti vicini.
Il
viaggio, come del resto all’andata, fu piuttosto breve.
Rapidamente
il treno li condusse fino alla stazione di Smeraldopoli.
Da
lì gli avrebbe atteso una bella camminata fino a casa, ma
andava
bene. Avrebbero potuto discutere degli ultimi dettagli prima della
partenza. Anche se la consegna degli starter sarebbe avvenuta solo la
settimana dopo, per questioni logistiche, sarebbe stato meglio
partire almeno un paio di giorni prima. Ma di questo ne avrebbero poi
parlato con il professor Oak.
Arrivarono
a casa di Ash giusto in tempo per cenare.
I
due, piuttosto stanchi, si coricarono quasi subito. Soprattutto
considerando che il giorno dopo si sarebbero dovuti alzare presto.
Avevano diverse commissioni da sbrigare, non ultima parlare con il
professor Oak.
«Certo
che sei proprio trasandato, Ash!» Commentò Serena,
accorgendosi di
quanto l’amico fosse criminosamente malvestito. Non che Ash
avesse
mai avuto chissà quale gusto nel vestirsi, ma quella volta
si era
superato. In peggio.
Se
non lo conoscesse così bene, avrebbe pensato che fosse stato
vestito
da uno stilista daltonico.
«Però,
se non ti dispiace… ti aiuterò io a
scegliere… stilista
daltonico!» Sentendo quella frase, la madre del ragazzo rise.
Effettivamente Ash non aveva mai avuto buon gusto nel vestirsi.
Quando il ragazzo partiva per i suoi viaggi, era lei ad occuparsi del
fattore guardaroba.
«Si,
ma non dobbiamo parlare con il professore?» Chiese Ash.
«Potremo
farlo al rientro. Considera che tra qui e Unima ci sono molte ore di
fuso orario. Un’opzione potrebbe essere chiedere un favore al
professore e fare la videochiamata di notte, quando ad Unima
sarà
mattina. L’altra opzione è andare ora. Dovessimo
arrivare presto,
potremo contattarla e poi avere tutta la giornata per
noi.»
La ragazza sottolineò particolarmente il “per
noi”, ma Ash non
notò particolarmente la cosa.
Finito
di fare colazione, i due, scortati da Pikachu e Bulbasaur,
raggiunsero il laboratorio del professor Oak. Il professore, un tipo
mattiniero, era già nel suo laboratorio.
Prima
di suonare al professore, lasciarono che Bulbasaur ritornasse al suo
ruolo di responsabilità al laboratorio, non prima di aver
chiesto a
Torterra un rapporto dettagliato.
Mentre
i due Pokémon di tipo erba conversavano, i due raggiunsero
il
professore. L'uomo, appena li vide dalla finestra, aprì la
porta,
permettendo loro di entrare.
L’uomo
li accolse con un sorriso. «Ciao, ragazzi mattinieri, oggi
eh!»
Contemporaneamente fece cenno ai due di seguirlo. «Buongiorno
professore. Siamo venuti da lei per confermare la nostra intenzione
di partire per Unima.» Rispose il ragazzo.
«Mi
fa piacere. E Serena verrà con te?» Chiese il
professore. «Si. Non
potrei mai lasciarlo da solo.» Rispose la ragazza.
«Anita ne sarà
felice. Forse avere una nuova amica, potrebbe aiutarla a sconfiggere
la sua timidezza.» Serena fece una strana espressione. Ash
non le
aveva mai detto che avrebbero viaggiato con una ragazza, ergo una
potenziale rivale. Ma, forse il fatto che abbia deciso di viaggiare
con lei, qualcosa significava. «Però,
ora…» Il professore
interruppe i pensieri della ragazza. «Sarà meglio
che vi metta in
contatto con Aralia, così potrete comunicarle la buona
notizia.» Il
professore si stava mettendo in contatto con la collega. La
videochiamata si era avviata, e pochi istanti dopo, la professoressa
rispose.
Era
molto più presto dell’altra volta. Per cui la
donna non pensò ad
un’emergenza o a qualcosa del genere.
«Buongiorno,
Samuel!» La donna salutò cordialmente il collega,
il quale rispose
altrettanto cordialmente. «Immagino che se mi hai chiamata,
ci siano
novità.» Il professore fece cenno di sì
con la testa. «Ma vorrei
che fossero loro a dirtelo.» I due si avvicinarono al
monitor, con
Pikachu che fece un piccolo gesto di saluto alla donna. «E
così tu
saresti Serena. Piacere di conoscerti.» La ragazza rispose
con un
sorriso. «Il piacere è tutto mio.»
Rispose la ragazza. «Bene.
Quindi, avete deciso di venire ad Unima?» Chiese la donna.
«Esattamente!» Rispose Ash, con il suo solito
entusiasmo. «Molto
bene! Allora compro i biglietti. Partirete tra quattro giorni,
così
avrete il tempo di abituarvi al fuso orario. Non vi preoccupate.
Andò
io a prendervi a Ponentopoli.» I due si guardarono negli
occhi.
«Perfetto. Saremo felici di aiutarla. Anche se ci sarebbe una
piccola cosa.» Aggiunse il ragazzo. «Dimmi
tutto.» Chiese la
donna. «Spero non sia un problema se dovessi partecipare ai
Varietà,
no?» La donna le sorrise. «Nessun problema. Anzi.
Farò il
possibile per seguirti e sostenerti. Dopotutto anche il diventare
Regina di Unima è un obiettivo.» Una voce di
ragazza, fuori campo
sorprese «Regina di Unima?» La professoressa si
girò. «Belle! Ti
sembra questo il modo?» Dallo schermo i due ragazzi, Pikachu
e il
professore, videro apparire una ragazza dai capelli biondi acconciati
in modo buffo, grandi occhi verdi e carnagione chiara. Aveva degli
occhiali rossi. Era vestita con un camice da laboratorio, simile a
quello della professoressa, che copriva una maglietta
arancione.
«Hey!
Ma quello è un Pikachu! Non ne avevo mai visto uno che non
fosse in
fotografia! Non vedo l’ora di strapazzarlo di
coccole!» Gridò la
ragazza con occhi sognanti. Pikachu, di tutta risposta,
cominciò ad
emettere delle scariche elettriche dalle guance. «Calma,
amico! So
che non ti piacciono le persone troppo invadenti.» Lo
rassicurò
Ash. «Ehi! Mai io non sono invadente!» Si
lamentò Belle, ignorando
il sesto senso di Pikachu.
«Bene.
Ora che sono sicura della vostra presenza, lo dirò ad Anita.
Credo
che ne sarà felice. Ora, però scusatemi, ma ho un
piccolo impegno e
devo lasciarvi, a presto.» Si congedò la donna.
«Arrivederci.» La
salutarono a loro volta.
I
due ragazzi, in seguito salutarono anche il professore. Avevano delle
commissioni da sbrigare, prima fra tutte il rinnovare il guardaroba
del ragazzo.
Usciti
dal laboratorio, si diressero verso un’area del paesino che,
prima
di allora avevano visto unicamente di sfuggita. Una fermata del
pullman. Solitamente si erano sempre affidati ai treni, ma in questo
caso si sarebbero affidati al trasporto su gomma. Il pullman, diretto
proprio ad Azzurropoli, città nota per il colossale centro
commerciale, il più grande di tutta la regione. Avrebbero
dovuto
aspettare solo dieci minuti. Sarebbero rientrati solo per le otto di
sera, per cui avrebbero pranzato in loco.
Dieci
minuti dopo arrivò il pullman. Era nuovo di zecca. Aveva una
livrea
di un blu molto scuro. Sulle fiancate aveva del rosso e il logo
dell’azienda era in bianco.
Il
mezzo aveva i vetri oscurati, per cui gli interni erano invisibili.
L’autista fermò il mezzo e aprì la
porta, permettendo ai due di
salire a bordo. Il pullman profumava di nuovo. I sedili erano in
finta pelle e in tessuto blu. Sui sedili lato corridoio era presente
una maniglia in plastica gialla. Ash fece accomodare Serena nel
sedile lato finestrino, quindi si sedette accanto a lei. La ragazza
si sentì in leggero imbarazzo, nonostante non ci fosse nulla
di
male. Ash era semplicemente seduto accanto a lei. Non era la prima
volta che accadeva.
Pikachu,
intuendo le sensazioni della ragazza, abbassò il bracciolo
tra i due
sedili, con un piccolo movimento della coda, senza che Ash se ne
accorgesse. La ragazza gli diede una delicata carezza sulla
testa.
Il
mezzo si mise in moto e partì alla volta di Azzurropoli. Il
viaggio
sarebbe durato un’ora e mezza. Avrebbero attraversato le
città di
Smeraldopoli, Plumbeopoli, Celestopoli, Zafferanopoli, e, infine,
Azzurropoli, proprio di fronte al centro commerciale. Il centro
commerciale era un enorme e modernissimo palazzo, realizzato in
acciaio e vetro. Diverse porte automatiche permettevano
l’ingresso
e l’uscita dallo stesso.
Il
primo piano del centro commerciale era dedicato ai negozi di
alimentari, al secondo piano negozi di tecnologia, al terzo vi erano
negozi dedicati ai Pokémon. Al quarto vendevano accessori
per le
gare, al quinto le scarpe e accessori femminili, al sesto erano specializzati
in abiti e accessori femminili, al settimo scarpe e accessori
maschili, all’ottavo abiti e accessori maschili, al nono e al
decimo vi erano dei ristoranti.
Fosse
stato per Ash, si sarebbero precipitati direttamente agli ultimi
piani e lì sarebbero rimasti, ma il motivo del loro
viaggio
era ben diverso.
Entrarono
e presero l’ascensore, diretti al quinto piano. Nella testa
di
Serena, Ash doveva incominciare a rifarsi il look dal basso verso
l’alto, per cui sarebbero partiti dalle
scarpe.
Ovviamente
la ragazza avrebbe pensato anche a sé stessa, dopotutto
voleva
apparire al meglio anche lei. Dopo decine e decine di tentativi, in
svariati negozi, alla fine, il ragazzo aveva trovato ben due paia di
scarpe che gli piacessero e che soddisfacessero anche Serena. Il
primo paio era blu e grigio e aveva un taglio un po’
sportivo. Il
secondo era sui toni del nero ed erano molto più eleganti,
ma non
per questo scomode.
Anche
la ragazza trovò delle scarpe per lei. Un paio di stivaletti
in
pelle marrone, simili a quelli che già possedeva, un paio
di
scarpe
sportive rosa e nere, un nuovo paio di tacchi, più bassi e
sobri di
quelli che possedeva e un paio di sandali, nel caso in cui la
permanenza ad Unima fosse durata più del previsto.
Fatto
questo, e con il ragazzo già costretto a trasportare le
scatole di
sei paia di scarpe, i due giunsero ai piani dedicati ai negozi
dedicati agli abiti maschili.
Appena
entrati in negozio, Serena dovette fermare Ash dal precipitarsi verso
l’area del negozio dedicata agli abiti sportivi. La ragazza
dovette
trascinarlo verso la zona dedicata ad abiti un po’
più adatti ad
uscire.
Alla
fine, oltre alla biancheria, lo costrinse a comprare alcune paia di
jeans, da delle paia più strappate, per abbigliamenti
più
sbarazzini, a paia più pulite, dei pantaloni più
eleganti, da
abbinare alle scarpe più scure, numerose magliette, anche
qui,
facendo attenzione a sceglierne di serie, camicie, giacche e, in
ultimo un cinto, oltre a dei costumi da bagno, perché si sa
mai.
Naturalmente non dimenticò anche dei cappelli. Dai berretti
sportivi
a cappelli più eleganti. Certo, il ragazzo non si trovava
proprio a
suo agio con i vestiti più eleganti, ma ormai aveva compiuto
diciott’anni. Anzi, ne stava per compiere diciannove. Ormai
doveva
vestirsi come un adulto e non come un ragazzino.
Nonostante
la grossa quantità di abiti acquistata, il conto non fu
affatto
salato. Pensato al ragazzo, ora toccava a lei, ma prima che potesse
riprendere l’ascensore, per dirigersi ai piani inferiori,
quando
venne interrotta dal boato dello stomaco dell’amico. Avevano
davvero passato così tanto a scegliere quella roba? Era
davvero già
ora di pranzo?
Lo
stomaco dell’amico era più preciso di qualsiasi
orologio. Prima di
riprendere a fare compere avrebbero fatto una sosta in uno dei tanti
ristoranti. Tra tutti, ne scelsero uno tipico di Alola.
Ash
era abituato alla cucina di quella regione, per cui sarebbe stato un
giudice severo, mentre per la ragazza era la prima esperienza con
quel tipo di cucina.
Dopo
l’abbondante pranzo, i due completarono la sessione di
shopping.
Dopo aver speso la mattina ad occuparsi principalmente ad Ash, ora
poteva dedicarsi completamente a sé
stessa.
Anche
lei, oltre alla normale biancheria, comprò delle gonne di
diversa
lunghezza, dei jeans e dei pantaloni più corti. Si era poi
presa
delle magliette, dei top e delle camicie.
Non
trascurò anche degli abiti più eleganti. Non
tanto per i Varietà,
data la promessa fatta alla sua Delphox, ma per delle altre possibili
occasioni che si sarebbero potute presentare. La ragazza
approfittò
anche per comprare una nuova borsa, e costrinse Ash a comprare un
nuovo zaino e un nuovo borsello.
Finite
anche le compere della ragazza, era praticamente ora di rientrare.
Uscirono dal centro commerciale e, dopo una breve attesa,
arrivò il
pullman che li condusse fino a casa.
Il
giorno della partenza giunse rapidamente. Il giorno prima della
partenza i due si occuparono di preparare le valige. Ash si
preoccupò
anche di decidere con che Pokémon partire. Durante il
viaggio
avrebbe permesso a tutti di partecipare, ma decidere chi avrebbe
avuto l’onore di iniziare non era cosa facile.
Dopo
attente riflessioni, decise di portare con sé, oltre
naturalmente a
Pikachu, Gengar, Infernape, Noivern e Lucario.
Delia
si occupò personalmente di accompagnare i due fino
all’aeroporto.
Il loro volo era piuttosto presto, alle otto del mattino, e
trattandosi di un volo a lungo raggio, avrebbero dovuto fare dei
controlli extra.
Questo
voleva dire che sarebbero dovuti arrivare almeno tre ore prima.
Avrebbero dovuto superare i controlli di sicurezza, affidare i loro
bagagli da stiva al servizio di carico e, solo allora sarebbero
potuti salire a bordo.
Avrebbero
dovuto affrontare un volo di tredici ore. Ironicamente tredici ore
erano anche lo stesso fuso orario che separava la regione di Kanto da
Unima. Questo voleva dire che sarebbero atterrati ad Unima alle otto
del mattino, mentre a Kanto sarebbero state le nove di sera. Dopo un
po’ poterono finalmente salire a bordo.
L’aereo
era della stessa compagnia di quello che aveva preso Serena per
raggiungere Kanto, anche se si trattava di un modello diverso.
Più
grande e elegante.
La
professoressa era stata generosa. Aveva comprato ai due dei biglietti
in classe business. Erano per la stessa fila, ma solo uno dei due era
lato finestrino. Ash era stato generoso, permettendo a Serena di
accomodarsi a lato finestrino. Si riteneva fortunata. Tra i due
sedili non vi era un sottile bracciolo, ma un divisorio ben
più
ampio. Una barriera anti-imbarazzo sufficientemente ampia. In
teoria.
Il
gigante azzurro prese la rincorsa e spiccò il volo.
Raggiunse
rapidamente la quota di crociera di trentaseimila piedi, circa
undicimila metri. Durante la salita, il personale aveva informato i
passeggeri circa le normative in fatto di sicurezza.
Raggiunta
la quota di crociera venne disattivato il segnale che obbligava i
passeggeri ad indossare le cinture.
Dopo
all’incirca due ore di volo, venne servito il primo pasto.
Volendo
rispettare il fuso orario della destinazione, si trattava della cena.
Erano le nove di sera ad Unima, un orario normalissimo per
cenare.
Dopo
aver mangiato, pur non gustandosi a pieno il pasto a causa
dell’alta
quota che alterava la percezione dei sapori, i due passarono le due
ore seguenti a fantasticare sul come sarebbe stata la regione.
Ad
un certo punto, lo staff dell’aereo, munito di alcuni
Pokémon di
tipo Erba, aveva fatto addormentare i vari passeggeri. Forse per
abitudine, Pikachu trattenne il respiro, riuscendo a non
addormentarsi.
Era
seduto sulle gambe di Serena e aveva potuto osservarla mentre
scivolava verso sinistra. Ash, invece stava scivolando verso destra.
Improvvisamente il divisorio tra i due non fu poi così
ampio.
Il
contatto tra i due fu inevitabile, per quanto non spiacevole.
Pikachu, che contrariamente al suo Allenatore, aveva un po’
capito
come stessero le cose, cercava di non ridere.
Se
li sarebbe goduti per un po’. Poi, forse gli avrebbe
separati, il
più delicatamente possibile. Alla fine, però,
forse a causa di un
po’ di polvere sollevata da Serena durante un movimento
involontario del sonno, cedette anche lui.
Dopo
alcune ore di volo, i passeggeri vennero svegliati.
Tutti
tranne Ash. Il ragazzo aveva il sonno pesante. Questo diede a Serena
l’opportunità di riprendersi dall'imbarazzo. Aveva
passato ore e
ore così a stretto contatto con Ash? Non sapeva cosa
pensare. Beh,
Ash non si era mosso, forse non gli dispiaceva la sua compagna?
Qualsiasi fosse il motivo, non ne avrebbe parlato. Se qualcosa doveva
accadere, sarebbe accaduta e basta.
In
ogni caso, forse svegliato dal profumo di dolci della colazione,
anche Ash si svegliò. Per lui il profumo del cibo era
più efficace
di qualsiasi sale.
Dopo
colazione, sarebbe rimasta solamente un’ora e mezza di volo.
Il
grosso jet atterrò delicatamente, a dispetto delle sue
colossali
dimensioni.
Serena
tese il braccio in direzione di Ash, per evitare che questi potesse
fare delle brutte figure. Era a conoscenza del
grande
entusiasmo del ragazzo, e voleva evitare che facesse una delle sue
solite figuracce.
Quando
una parte dei passeggeri scese, la ragazza fece altrettanto, e Ash e
Pikachu con lei. Appena scesero dall'aereo, vennero accolti da un
odore misto kerosene e gomma. Tutt’altro che
piacevole.
Avrebbero
dovuto raggiungere l'area dedicata agli arrivi. Raggiungerla fu
facile, fu sufficiente seguire le indicazioni per terra. Si trovarono
di fronte all'edificio dedicato agli arrivi.
Era
un edificio enorme e moderno. All’interno diversi nastri
trasportatori permettevano ai passeggeri di recuperare le loro
valige. Dopo una breve attesa, i due poterono recuperare le valige.
Ash, da cavaliere qual era, tirò anche la valigia di Serena,
ben più
pesante e ingombrante della sua.
Seguendo
ulteriori indicazioni, riuscirono a raggiungere
l’uscita.
«E
così voi due siete Ash e Serena?» Chiese una voce,
che i due
avevano imparato a conoscere. «Professoressa
Aralia?» Chiesero i
due, al contempo.
Una
donna dai capelli castano chiaro, occhi verdi rispose. «In
persona!»
I due la guardarono meglio. Indossava una maglietta verde chiaro e
una gonna nera. Indossava delle scarpe invernali. «Ora,
però
seguitemi. Ho lasciato la mia assistente sola in macchina e ho un
po’
di paura. È una bravissima ragazza ma è un
po’ imbranata.»
La
donna fece loro strada, fino al parcheggio.
Arrivati
a poca distanza dall’auto, la donna ne estrasse le chiavi
dalla
borsa. L’auto della professoressa era una lunga berlina dalle
linee
morbide ed eleganti. Sarà per il colore grigio scuro, per i
cerchi
in lega piatti, per i vetri oscurati, ma Ash venne ipnotizzato da
quell’auto. Ai suoi occhi, sembrava fosse uscita da un film
di
fantascienza, oppure da qualche videogioco. L’auto aveva un
cofano
lunghissimo, fari stondati e al contempo di forma romboidale. Erano
incorniciati da dei profili cromati, incastonati nei parafanghi
bombati. Cromata era anche la calandra la cui forma ricordava uno
scudo. Scudo che impreziosiva il cofano e ne accentuava la forma
triangolare, e che metteva in risalto il fatto che fosse leggermente
rialzato. Ciò creava un effetto simile a molte auto
d’epoca. La
griglia si raccordava perfettamente con il paraurti, dipinto nella
stessa colorazione della carrozzeria e impreziosito da dei profili
cromati che partivano dal punto in cui lo stesso si raccordava alla
carrozzeria e che impreziosivano le fiancate
dell’auto.
Doveva
essere una vera e propria ammiraglia.
Grazie
alla pressione di un pulsante sulla chiave, il cofano si
aprì,
rivelando il gigantesco spazio. Ash caricò le due valige e i
due
zaini, quindi chiuse il cofano.
Fatto
questo, il ragazzo aprì la porta a Serena, rivelando i
lussuosi
interni dell’auto. Erano veramente di classe, dominati dalla
pelle
rossa e da legni pregiati. Profumavano di
nuovo.
Dopo
che la ragazza si accomodò, Ash si sedette a sua volta,
chiudendo la
porta. La donna salì al posto di guida e accese il motore.
Ash si
stupì di quanto quell’auto fosse silenziosa. Il
viaggio da
Ponentopoli a Soffiolieve sarebbe stato bello lungo, principalmente
in autostrada, dove le doti di grande stradista di
quell’ammiraglia,
si fecero notare eccome. Era silenziosa e comoda, comodissima. Il
viaggio sembrò durare appena dieci minuti.
La
donna, giunta nel piccolo paese di Soffiolieve, parcheggiò
l'auto e
fece cenno ai passeggeri di scendere. Il laboratorio della
professoressa era sulla strada principale del paesino. Era totalmente
diverso da quello del professor Oak. Il laboratorio del professore
era in mezzo alla campagna, circondato da un vasto giardino, mentre
quello della professoressa Aralia era un edificio non troppo grande,
con al suo fianco un campo lotta.
«Vi
do il benvenuto nel mio laboratorio!»
Li
accolse nuovamente.
Ho
una proposta per te che hai compiuto l’impresa di giungere
fino a
qui. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso
affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle
condizioni della storia.
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Capitolo 2 *** L’inizio di una nuova avventura? ***
Prima
di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe
aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci
accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia.
L’inizio
di una nuova avventura?
«No!
No! E ancora no!» Si lamentò la ragazza, tentando
di nascondersi
sotto le coperte, come se questo servisse, in qualche modo a
proteggerla dal mondo esterno.
«Ormai
hai sedici anni. È l’età a cui tutti i
giovani di Unima ricevono
il loro primo Pokémon. Lo sai benissimo. Non ti puoi saltare
questo
appuntamento lo sai!» La riprese la madre. «E
quindi? Se non
dovessi diventare un'allenatrice? Il mondo continuerebbe a girare
allo stesso modo.» La rispose la ragazza, ancora rintanata
sotto le
coperte. «Credi che io non lo sappia? Ti ho sempre visto
mentre
guardavi le lotte in televisione. Le guardavi con occhi sognanti e
sembrava ti immedesimarsi in uno degli allenatori. Ti vedevo mentre
cercavi di prevedere le loro mosse. E di come andassi in crisi, ogni
volta che lottava Ash. Lo definivi come “il Campione
imprevedibile”
e poi… dopo le lotte fantasticavi su cosa avresti fatto se
fossi
stata te l’allenatrice di quel Pokémon. E ora che
lo puoi fare…»
Dalle coperte sbucò una folta chioma castano scuro, quindi
il volto
di una bella ragazza dagli occhi blu, naso piccolo e labbra sottili.
«Sapevo
che nominare quel ragazzo ti avrebbe fatto cambiare idea.»
Commentò
la donna. La ragazza non rispose. Chissà cosa pensava. Senza
alcun
dubbio la ragazza, come del resto quasi tutti i giovani, allenatori e
non, avevano tanta stima e rispetto per quel ragazzo che, partito
insieme al suo Pikachu, da Biancavilla, una piccola cittadina di
Kanto, era riuscito a diventare l’allenatore più
forte del mondo.
Certo,
non conosceva tutta la sua storia, sapeva unicamente che aveva
viaggiato in varie parti del mondo, per raggiungere il suo obiettivo
di diventare Maestro Pokémon. Qualsiasi cosa volesse
dire.
«Immaginare
qualcosa e volerlo effettivamente fare sono due cose diverse. A
immaginare non rischi di farti male o anche peggio. Lo sai
benissimo.» Controbattè la ragazza.
«Pensavi di restare qui a
vita?» Le chiese la donna. «Solo non voglio
diventare allenatrice.»
La donna, alle parole della figlia, fece cenno di no con la testa,
come a dire che non aveva altra scelta. «Si, ma tu non sei
un’allenatrice. Non vedo perché io lo debba
diventare.» La donna
fece uno strano gesto. «Tu non sai tutto su di me. Sono stata
anch’io un’allenatrice. E molti dicevano che avrei
potuto fare
grandi cose, solo che…» La ragazza rivolse
finalmente lo sguardo
verso la madre. «Solo che?» Chiese la ragazza.
«Presi una
decisione di cui mi pento anche oggi.» La donna, notando la
curiosità nello sguardo della figlia, che nel frattempo si
era
seduta sul letto, decise di iniziare il suo racconto. «Ero
diventata
allenatrice da poco. Avevo scelto di iniziare con Tepig, lo starter
di tipo fuoco. Avevo catturato anche un Lillipup, che si era evoluto
in un Herdier. Avevamo vinto due medaglie. Tutto cambiò
quando
incontrai uno strano tizio. Sembrava una sorta di predicatore, o
qualcosa del genere. Parlava di come, secondo lui, umani e
Pokémon
dovessero vivere separati. Non ricordo di preciso come si chiamasse
il movimento per cui predicava, ma credo avesse a che fare con il
plasma. Io, che allora avevo la tua stessa età, mi feci
abbindolare
dalle sue parole, e abbandonai Tepig ed Herdier. Da allora non sono
più tornata a casa. Ho conosciuto tuo padre, e il resto
è storia.»
Lo sguardo della ragazza si illuminò. Come se avesse
compiuto una
grande scoperta.
«È
per questo che ci tieni tanto?» Chiese. «Proprio
così. E poi. È
per questo che non hai mai mai conosciuto i nonni. Anzi. Loro non
sanno neppure che tu sia nata. O che io abbia ceduto alle parole di
quel predicatore. O…» La ragazza fece cenno di
aver capito.
«Quindi tu vorresti che io diventassi allenatrice per porre
rimedio
ai tuoi errori? Non è una bella cosa.» La donna
fece cenno di no
con la testa. E le strinse la mano destra tra le mani.
«Voglio
solo che tu non ripeta i miei errori. Non farti influenzare dai
cattivi consiglieri. Scegli bene chi ascoltare e chi no. E fare un
viaggio come questo è forse il modo migliore per farlo.
Potresti
conoscere persone nuove e…» La ragazza
tirò un sospiro,
spazientita. «E va bene. Ma non ti prometto nulla.»
La
ragazza si alzò dal letto, dirigendosi al bagno. La madre
abbandonò
la stanza poco dopo di lei. La donna approfittò del fatto
che la
figlia stesse facendo la doccia, per portarle un piccolo dono.
Una
borsa rossa, a tracolla, con gli occhielli in metallo. Dati i lunghi
tempi impiegati dalla figlia, la donna ebbe anche il tempo di
mettersi in contatto con l’amica, la professoressa Aralia.
La
donna rispose dopo alcuni squilli.
«Pronto?
Jessica? Tutto apposto?» Chiese la professoressa.
«Come mai Anita
non è ancora arrivata? Ash sta iniziando a perdere la
pazienza.» La
donna rimase di sasso. «Ash?» Chiese. Non credeva
alle sue
orecchie. «Si. Ash Ketchum. In persona. Volevo fosse una
sorpresa
per Anita. Mi avevi parlato di quanto lei lo stimasse, così,
grazie
all’aiuto di un mio collega e…» La
donna, dall’altro capo del
telefono sorrise. «Anita si sta preparando. Tra un
po’ sarà da
te. Dato che lei non sa della sua presenza, potresti chiedergli di
nascondersi e di spuntare solo al momento opportuno.» La
professoressa la ascoltò attentamente. «Si. Ottima
idea. Glielo
chiederò.»
Mentre
le due donne conversavano al telefono, la ragazza aveva fatto in
tempo a farsi una bella doccia e a curare i suoi lunghi capelli con
svariati prodotti.
Secondo
le sue stime, sarebbe tornata a casa dopo meno di una settimana, ma
anche in quel caso, sarebbe voluta apparire bene. Certo, se mai
qualcuno l’avesse incontrata.
Era
entrata in camera sua, ancora in accappatoio e con i capelli avvolti
in un asciugamano. Era terribilmente indecisa su cosa indossare.
Aveva deciso che sarebbe partita dai pantaloni. Aveva aperto
l’anta
dedicata del suo armadio e stava cercando tra le decine di paia di
pantaloni che possedeva.
Erano
per la maggior parte dei jeans, di colori diversi, alcuni a vita
alta, altri a vita bassa, alcuni strappati, altri meno. Alla fine
prese semplicemente il suo paio preferito.
Si
dedicò poi alla maglietta. Ne prese una bianca a maniche
celesti.
Aveva al centro un disegno di una Poké Ball rosa. In ultimo
si
dedicò alle scarpe. Scelse un paio di scarpe da ginnastica
nere e
rosa scuro. Le aveva comprate da poco e non aveva ancora avuto
occasione di indossarle. A completare il vestiario una giacca nera
con numerose tasche.
Solo
a questo punto, la ragazza si accorse della borsa, appoggiata sul
letto. Su di essa un biglietto scritto a mano. La ragazza riconobbe
immediatamente la scrittura della madre.
“Con
la speranza che questo regalo ti accompagni durante il tuo
viaggio”.
La ragazza, analizzando la borsa, si accorse del fatto che tutte le
cerniere fossero aperte, ad eccezione di una.
Quasi
istintivamente, la aprì. Al suo interno uno smartphone dal
colore
rosa chiaro.
«Grazie.»
Disse la ragazza, sottovoce.
Fatto
questo uscì dalla sua cameretta, scese le scale e si
avviò verso
l’ingresso. Sua madre era ancora al telefono con Aralia.
«Bene
allora io vado.» La salutò la ragazza.
«Bene,
attuiamo il piano.» Rispose la donna, al telefono, attirando
lo
sguardo curioso della figlia. «Ci vediamo! Buona
fortuna!» Le
augurò la donna, cercando di coprire quello che aveva detto.
Nel
mentre, nel laboratorio, Ash e Serena avevano aiutato la
professoressa a risistemare il laboratorio. Non che ci fosse molto da
sistemare, il laboratorio era di per suo, piuttosto ordinato,
dovevano solamente spostare alcuni tavoli, ingombri di delicati
strumenti di misura, per creare una sorta di corridoio, verso il
tavolo centrale, posato contro la parete opposta
all’ingresso, dove
erano depositate le tre Poké Ball degli starter.
«Grazie,
ragazzi.» Li ringraziò la donna. «ora,
però, vorrei chiedervi un
piccolo favore.» I due si girarono nella sua direzione
«Si?» La
donna li guardò con un sorriso. «Non ho ancora
detto nulla ad
Anita. So per certo che ne sarà felice, ha una grande
ammirazione
per te, ma… vorrei che fosse una sorpresa.
Seguitemi.» La donna
accompagnò i due verso una porta e
consegnò
loro una sorta di piccolo tablet. «Da qui potrete osservare
tutto.
Quando lo ritenete opportuno entrate in scena.»
Spiegò loro la
donna. «Va bene.» Risposero i due.
La
porta conduceva al piccolo appartamento di proprietà della
professoressa. A volte le capitava di lavorare fino a tardi, e in
quel caso passava la notte lì. Non era un appartamento
chissà
quanto grande, anzi, dire il vero era un monolocale.
All’interno
del piccolo appartamento una piccola cucina, un tavolo in legno con
quattro sedie, su una parete era appeso un televisore a schermo
piatto. Su una parete vi era una libreria, ricolma di numerose
pubblicazioni scientifiche, un piccolo armadio. Sulla parete opposta
un’altra porta che portava al bagno.
I
due, dal tablet, poterono osservare tutto. Una ragazza dai lunghi
capelli castano scuro, che indossava una giacca nera, dei jeans e
delle scarpe da ginnastica. «Ah. E così lei
sarebbe Anita? Pensavo
fosse…» Commentò Serena.
«Fosse?» Le chiese Ash. «Più
piccola. Voglio dire, tu hai iniziato la tua carriera di allenatore a
dieci anni, io a dodici. Lei ne ha almeno quattordici, se non
sedici.» Gli spiegò la ragazza.
«E?» Gli chiese Ash. Nella sua
mente non riusciva proprio a capire quale fosse il problema.
«Non
vorrei che si metta in testa strane idee.» Rispose la
ragazza,
cercando di non arrossire. Pikachu, contrariamente al suo Allenatore,
aveva capito a cosa si riferisse l’amica.
«Buongiorno.»
La ragazza salutò la professoressa. «Buongiorno a
te! Immagino che
tu sia emozionata. Oggi è un grande giorno. Diventerai
finalmente
un’allenatrice. Un po’ mi dispiace che Ivan non sia
arrivato.
Intanto, però puoi scegliere il tuo primo
Pokémon.» Le spiegò la
donna, mentre si avvicinava al tavolo su cui erano posate le
Poké
Ball. Ognuna di esse era appoggiata su di una sorta di cuscino di
seta rossa.
Dalla
stanza, Ash e Serena stavano osservando la scena. «E chi
sarebbe
questo Ivan?» Si chiese Ash. «Non ne ho idea.
Potrebbe essere un
suo amico, o qualcosa di simile. Che, per certi versi, è
come te. Un
ritardatario cronico.» Lo punzecchiò Serena, non
staccando gli
occhi dallo schermo.
Mentre
i due chiacchieravano, la professoressa aprì una alla volta,
permettendo alla ragazza di poter scegliere il suo Pokémon
iniziale.
«Loro sono Snivy, Tepig e Oshawott» li
introdusse.
La
ragazza si inginocchiò per osservarli meglio.
Cominciò da Snivy, lo
starter di tipo Erba. Il suo aspetto ricordava una sorta di serpente.
La sua testa era rotonda con il muso a punta rivolto
all'insù. La
maggior parte del suo corpo era verde, mentre il ventre era color
crema. Tutto il dorso, fino alla coda, era percorso da una striscia
gialla. I grandi occhi marroni erano circondati da delle marcature
gialle. Dalle spalle partivano protuberanze gialle che sporgevano
all'indietro. Nonostante sembrasse un serpente, possedeva degli arti
completamente sviluppati. Braccia corte e sottili dello stesso colore
del corpo, con tre dita e piccoli piedi color crema e privi
di
unghie.
Forse
infastidita dall'essere guardata per troppo tempo, Snivy
girò la
testa nella direzione opposta rispetto alla ragazza. Si mise anche a
braccia conserte. «Vih!» Squittì, in
tono seccato.
Era
chiaro che non le stesse simpatica. Passò poi a Tepig.
Sceglierlo
significava scegliere lo stesso Pokémon che aveva scelto sua
madre.
Nonostante questo, lo prese comunque in considerazione.
L’aspetto
del Pokémon ricordava quello di un piccolo maiale. Il suo
corpo era
principalmente arancione, mentre altre parti del corpo erano nere,
rosa e gialle. Aveva grandi occhi, un naso rossastro-rosa e una
spessa striscia gialla sul muso. La maggior parte del suo viso era
nera, come le orecchie, lunghe e rettangolari, posizionate sulla
parte superiore della testa. Le sue gambe erano corte, e le
estremità delle zampe anteriori erano nere.
Un’altra banda nera
era presente sul dorso inferiore e posteriore. Da
lì si
estendeva la coda a spirale, sormontata da un ornamento rosso
vermiglio.
Contrariamente
a Snivy, Tepig sembrava piuttosto felice dell’attenzione
ricevuta.
Infine,
lo sguardo della ragazza si posò su Oshawott.
Era
un Pokémon bipede e assomigliava ad una lontra marina. Aveva
la
testa bianca e rotonda, con delle piccole orecchie triangolari blu
scuro posizionate sui lati della testa. I suoi occhi erano scuri,
mentre il naso era arancione scuro e di forma ovale. Le guance erano
coperte da diverse lentiggini. Il suo corpo era rivestito da una
pelliccia azzurra, che prendeva una forma simile a delle bolle,
attorno al collo.Aveva delle braccia bianche e arrotondate, mentre i
piedi erano blu scuro e avevano tre dita ciascuno. La sua coda era
blu scuro simile ad un timone. Sul ventre aveva una conchiglia giallo
chiaro.
La
ragazza lo guardò intensamente, aspettandosi una sua
reazione.
Il
Pokémon Lontra le saltò addosso. Aveva fatto la
sua scelta. Anita
sarebbe stata la sua Allenatrice. Dalla stanza, Serena e Ash avevano
osservato tutto. «Certo che Snivy è proprio un bel
peperino!»
Commentò Serena. «Già. Credo proprio
che il suo futuro allenatore
avrà un bel po’ da fare, per farsi
rispettare.» Le rispose il
ragazzo. «Credi che sia il caso di presentarci?»
Aggiunse poco
dopo. «Non essere precipitoso!» Lo
rimproverò la ragazza.
«Aspettiamo almeno che arrivi questo Ivan. E anche
Belle.» Ash, che
stava iniziando ad alzarsi, si riaccomodò.
Nel
frattempo la donna aveva preso una Poké Ball da un altro
scaffale.
«Hai uno Smartphone?» Chiese alla ragazza.
Quest’ultima, dopo
aver frugato nella sua borsa, estrasse lo smartphone appena
regalatole dalla madre.
«Perfetto!»
Commentò la professoressa, mentre apriva la Poké
Ball. Da
quest’ultima Uscì un Pokémon simile ad
uno spiritello. Un
esemplare di Rotom. Il corpo del Pokémon era arancione e
costituito
da plasma. Sembrava sorridesse. Il suo aspetto ricordava un piccolo
parafulmine, circondato da un'aura di energia elettrica di colore
blu, che gli dava l'aspetto di un fulmine. «Bene, alza il tuo
telefono, così che Rotom possa entrarci!» La
ragazza guardò la
professoressa con aria perplessa. In che senso Rotom sarebbe entrato
nel suo telefono? Se lo avesse voluto scoprire, avrebbe dovuto
seguire le istruzioni della donna. Alzò il braccio destro,
facendo
attenzione a non compiere quel
gesto.
Rotom si avvicinò rapidamente al telefono della ragazza,
entrando al
suo interno.
A
causa di questo, il telefono si riavviò. Un messaggio
preregistrato
confermò che Rotom fosse perfettamente integrato all'interno
del
telefono.
Pochi
istanti dopo, qualcuno aprì la porta, spaventando Anita e il
suo
Oshawott. La ragazza, istintivamente lo strinse a sé, con
forza, con
il Pokémon che rispose istintivamente attaccandola con
Pistolacqua.
Per
fortuna la ragazza non si era truccata, altrimenti sarebbe stato un
autentico disastro.
«Prendi
questo.» Disse una voce, non molto familiare alla ragazza.
Istintivamente raccolse lo stesso l'oggetto che le era stato porto.
Un asciugamano. Anita si asciugò faccia e capelli.
«E
così tu hai scelto Oshawott…. Bene, allora io
scelgo te!» Il
ragazzo indicò Snivy.
La
Pokémon non la prese affatto bene. Da una delle protuberanze
sulla
schiena, uscì una lunga liana verde che colpì
violentemente il
polso del ragazzo. «Vih!» Squittì in
tono seccato.
«Ahi!
Ma ti sembra il caso? Uno vuole diventare tuo allenatore e tu lo
tratti così?» La riprese, adirato.
Snivy,
di tutta risposta si girò nella direzione opposta al ragazzo.
Quel
tipo, dai capelli biondi proprio non le piaceva. E no. Non era il suo
abbigliamento, semplice e sportivo, una canadese
delle
scarpe da ginnastica e una giacca arancione, ad infastidirla, ma il
suo modo di porsi.
«Lo
hai voluto te. Allora io prendo Tepig.» La preoccupazione
della
professoressa non fu tanto consegnare la Poké Ball di Tepig
al
ragazzo, quanto piuttosto alla ferita procurata da Snivy. La
pulì
con del disinfettante e la fasciò con una garza sterile.
«Devi
perdonarla. È una tipetta molto particolare. Non sei il
primo
allenatore che rifiuta e non sarai l’ultimo.»
Dalla
stanza i due ragazzi e Pikachu avevano seguito la scena.
«Non
ti sembra che Snivy ricordi un po’ Greninja quando era un
Froakie?»
Chiese Serena, cogliendo Ash abbastanza in
contropiede.
«Non saprei. Magari è una semplice
coincidenza.» Serena lo guardò
negli occhi. «Non potremo mai saperlo, se non
andiamo.» Gli rispose
la ragazza.
I
due si alzarono dal divano e raggiunsero il laboratorio della
professoressa. «Buongiorno!» Salutarono i due.
Anita guardò i due.
Si. sapeva chi era Serena, la finalista della categoria
professionisti al Varietà di Kalos e finalista di numerosi
Grand
Festival, ma il suo reale interesse era il ragazzo che
l’accompagnava.
Poco
più alto di lei, berretto, capelli corvini alquanto
spettinati,
occhi castani… Nonostante fosse vestito piuttosto bene,
rispetto ai
suoi standard.
Era
accompagnato da un Pikachu maschio, appollaiato sulla spalla. Non
aveva dubbi. Quel ragazzo era Ash Ketchum. Ed venuto per lei? La
ragazza non voleva crederci.
I
due si avvicinarono a lei. Tremava mentre muoveva il braccio destro
per stringer loro la mano.
«P-Piacere
di c-conoscervi i-io m-mi c-chiamo Anita» Si
presentò la ragazza,
manifestando tutta la sua insicurezza. «Io sono Serena,
felice di
conoscerti.» Si presentò la nativa di Kalos.
«Il piacere è tutto
mio! Io sono Ash e lui è il mio amico Pikachu!»
Disse il ragazzo,
mentre indicava il Pokémon, appollaiato sulla sua spalla.
«Pika-Pikachu» Si presentò il roditore
elettrico, spaventando la
ragazza.
A
quella scena, seppur un po’ in disparte, aveva assistito
anche
Ivan. «Non è possibile che tu abbia paura di un
semplice Pikachu!
Cosa farai là fuori, dove ci sono Pokémon ben
più grandi e
pericolosi? Tornerai da mammina dopo due passi…
pff!» Commentò.
Riuscì
nell’impresa di innervosire, in una sola mossa,
Ash, Pikachu
e Anita.
Serena
e la professoressa li trattennero a fatica. Anita non sopportava di
essere trattata in quel modo da un perfetto sconosciuto, e, allo
stesso modo, Ash e Pikachu avevano preso la cosa piuttosto sul
personale.
Anche
Snivy, non ancora ricoverata nella Poké Ball, aveva avuto
l’opportunità di assistere a quella scena. E anche
lei, come
Anita, aveva un’idea su chi fosse quel ragazzo, e su quanto
il suo
amico non fosse un semplice Pikachu. Si avvicinò
silenziosamente,
fino a raggiungere il gruppetto costituito dalla professoressa e dai
tre ragazzi.
Quindi
allungò, dalle protuberanze sulla sua schiena, le sue
fruste. Con
una di esse toccò delicatamente Ash, con l’altra
l’Oshawott di
Anita. Era il suo modo per dichiararsi interessata a lottare.
Non
voleva affrontare Pikachu. Sapeva benissimo che il rischio di
svegliarsi elegante sarebbe stato molto, molto elevato.
«Eh?!?
Vorresti lottare con Oshawott?» Chiese Ash.
«Vii!» Rispose la
Pokémon, con un breve e acuto verso. «Non ti
dispiace se…»
Chiese l’esperto allenatore alla neo allenatrice.
«Fai pure. Ma
non credo che questo sia il posto adatto.» Non che dirlo
fosse
strettamente necessario, ma aggiungere dettagli la metteva
più a suo
agio.
Il
gruppo, compreso un non molto interessato Ivan, uscì dal
laboratorio, raggiungendo il campo lotta. Ash analizzò
Oshawott con
il suo Smart Rotom.
«Oshawott,
Pokémon Lontra. Tipo Acqua. Esemplare maschio. Combatte con
la
conchiglia che ha sul ventre. Contrattacca prontamente dopo aver
parato l'attacco avversario. Mosse conosciute: Azione, Pistolacqua,
Acquagetto e Tagliofuria» In seguito passò a
Snivy. «Snivy,
Pokémon Serperba, tipo Erba. Esemplare femmina. È
dotato di
intelligenza e sangue freddo. Quando riceve luce solare in
abbondanza, i suoi movimenti si fanno agilissimi. Mosse conosciute
Attrazione, Frustata,
Vorticerba
e Azione» Il ragazzo rimase in silenzio alcuni istanti.
«Molto
interessante. Direi che possiamo cominciare!» Serena, la
professoressa e Anita erano sedute sull’unica panchina
disponibile,
esattamente in quest'ordine. Anita considerava la professoressa,
grandissima amica di sua madre, quasi come una zia.
«Vedrete,
veder lottare Ash dal vivo è un’esperienza
unica.» Spiegò Serena
alle due, mentre coccolava Pikachu. intanto, finalmente la lotta
stava avendo inizio. Snivy fece la prima mossa. Fece un
occhiolino
al suo avversario e scagliò diversi cuori rosa nella sua
direzione.
«Diavolo! È Attrazione!»
Commentò Ash. Il suo tono, a dispetto
delle parole usate, era piuttosto tranquillo. «Presto! Usa
Pistolacqua e ruota su te stesso!» Ordinò. Il
Pokémon obbedì
senza discutere. Dalla sua bocca uscì un potente getto
d’acqua che
colpì tutti i cuori lanciati dall’avversaria, non
permettendo
all’infido attacco di svolgere il suo compito. Snivy emise un
mugugno dalla difficile interpretazione. Da una parte era frustrata
perché il suo attacco non era andato a segno, ma
dall’altra era
contenta. Nonostante Ash stesse lottando per la prima volta con
quell’Oshawott, sembrava lo conoscesse da sempre.
Nonostante
questo, non si sarebbe data per vinta così facilmente. Dalle
protuberanze sulla schiena uscirono rapidamente due liane, che si
avvicinavano contro Oshawott a gran velocità. Era il suo
attacco
Frustata. Gli Snivy erano dei Pokémon famosi per
l’abilità con
cui controllavano le loro fruste. Per questo si sentiva così
sicura.
«Forza!
Usa Acquagetto per schivare!» Ordinò Ash. Il corpo
del Pokémon
Lontra si rivestì d’acqua, e spiccò un
salto. «Benissimo! Adesso
muoviti come ti dico!» Gridò il ragazzo.
Nonostante la coltre
d’acqua, il Pokémon fu perfettamente in grado di
sentirlo. Si
mosse prima a destra, poi, rapidamente verso il basso, quindi a
sinistra, poi verso l’alto, quindi in direzione di Snivy, poi
nella
direzione opposta, con la Pokémon che faceva sempre
più fatica a
seguire quella mina vagante.
«Molto
bene! Ora raggiungila e usa Tagliofuria!» Il
Pokémon Lontra si
diresse verso l’avversaria. Stava brandendo la sua
Mollusciabola e
la la stava agitando rapidamente.
«Non
sapevo si potessero usare due mosse per volta!»
Commentò Anita,
presa dalla lotta. «Ash è un tipo pieno di
sorprese. Ancora non hai
visto nulla.» Nel mentre Oshawott aveva raggiunto la sua
avversaria
e grazie allo slancio datogli da acquagetto, riuscì a
colpire Snivy
con una potenza ben maggiore rispetto ad un normale tagliofuria.
Snivy
venne sbalzata violentemente verso l’alto, quindi ricadde a
terra.
Tentò
di rialzarsi, senza riuscire. Questo significava che la vittoria di
quella lotta era di Oshawott. Con grande felicità di
quest’ultimo.
Questi spiccò un salto per festeggiare, ma ben presto
crollò anche
lui, per la fatica di quella lotta.
La
professoressa prese, dalla tasca del camice dei sali revitalizzanti.
Delle bipiramidi di sali dal colore giallo chiaro e
dall’odore di
lavanda e ammoniaca.
I
due Pokémon si alzarono rapidamente, stimolati da
quell’odore.
«Bene, per il momento possono andare bene così.
Poi vi accompagno
al centro Pokémon. Il più vicino è a
Quattroventi.» Spiegò la
professoressa.
Nel
frattempo Snivy si era notevolmente avvicinata ad Ash e, con una
delle sue fruste, strinse delicatamente il polso di Ash.
«Sembra che
voglia venire con te.» Commentò Serena.
«Sapete, Snivy è un caso
molto particolare. Solitamente i Pokémon della sua specie,
così
come Tepig e Oshawott, vengono affidati ai giovani allenatori. Come
è
appena successo con Anita e Ivan… che, nel frattempo ha
deciso di
abbandonarci. Sono solitamente dei Pokémon che perdonano
facilmente
errori di inesperienza e, essendo dei Pokémon che si
evolvono due
volte, seguono la crescita del loro allenatore. Ma, come dicevo,
Snivy è una tipetta particolare, non sembra che sia contenta
del suo
ruolo di Pokémon iniziale. Molti allenatori
l’hanno scelta, ma
poi, disperati, me l’hanno riportata.» La diretta
interessata
emettè un mugolio che poteva essere interpretato come un
“e
quindi? Io sono fatta così!” La professoressa
continuò il suo
racconto. «Li attaccava, come ha fatto con Ivan poco fa. Non
li
riteneva degni. E così ha iniziato a non farsi nemmeno
scegliere dai
nuovi allenatori. Attaccandoli non appena mostrassero qualche
interesse per lei. E alla fine ha trovato te.» Concluse la
sua
spiegazione.
«È
così?» Chiese Ash. La Pokémon rispose
con un inequivocabile gesto
della testa. Si. «Molto bene, allora vado a prendere la sua
Poké
Ball. Se permettete.» Dal momento che nessuno si oppose, la
donna
entrò nel laboratorio.
Anita
era rimasta leggermente in disparte, ancora non del tutto a suo agio.
Si chiedeva ancora perché il campione del mondo e una
coordinatrice
e performer di altissimo livello avessero voluto assistere ad un
momento così ordinario. La
consegna
del primo Pokémon ad un allenatore o
un’allenatrice.
La
professoressa, nel frattempo, era rientrata dal laboratorio con la
Poké Ball di Snivy. Appena arrivata, la
consegnò al ragazzo.
Snivy, con una delle sue fruste fece scattare il meccanismo di
apertura della Poké Ball, facendosi assorbire al suo
interno.
«Evvai!» Gridò Ash, mentre sollevava la
Poké Ball al cielo. «Ho
una nuova amica!» Anita guardò il ragazzo.
«Certo che è proprio
un ragazzo molto, molto entusiasta!» Serena si
voltò verso di lei.
«Ci farai l’abitudine.» Le rispose.
“Ci farai l’abitudine.”
Quelle poche parole rimbalzavano nella sua testa.
In
che senso ci avrebbe fatto l’abitudine? Voleva forse dire
che…
Frattanto,
Ash aveva fatto uscire dalle Poké Ball tutti i
Pokémon che aveva
portato con sé. «Vorrei presentarti alcuni miei
amici.» Si rivolse
alla nuova arrivata. «Eccoli qui, loro sono Gengar,
Infernape,
Noivern e Lucario.» I Pokémon del ragazzo
iniziarono a fare
conoscenza con la nuova arrivata, che si dimostrò piuttosto
gentile
ed educata con ognuno di loro.
«Forse
credo che sia il caso di dirlo.» Serena si rivolse ad Ash,
aumentando ulteriormente la confusione di Anita. Cosa doveva dire di
così tanto importante?
«Ah.
Giusto. Non ti abbiamo spiegato perché siamo venuti
qui.» Ash si
rivolse alla neo allenatrice, che, un po’ in disparte stava
studiando i Pokémon del ragazzo. Si concentrò in
particolare su
Noivern, e Infernape.
Non
li aveva mai visti in vita sua. Prima di scansionarli con il suo
Smart Rotom, cercò di farsi un’idea del loro
aspetto. Il primo
ricordava un enorme pipistrello viola e nero. La testa era nera,
mentre la mascella era viola. Aveva gli occhi gialli, dotati di
un'iride celeste. Il naso naso rosso e biforcuto, grandi orecchie
nere a punta dall'interno verde acqua. All’interno delle
orecchie
anche degli anelli neri concentrici. Il collo era coperto da una
grande quantità di folto pelo bianco. Il torace e
gli arti
erano neri, contrariamente alla pancia, di colore viola. La parte
anteriore delle ali era verde acqua, con la parte posteriore che
parte dal nero, terminando con il viola. Le ali erano dotate, nella
parte inferiore, di due grossi spuntoni neri, mentre le tre dita che
sporgevano dalle ali erano rosse. Le zampe posteriori avevano due
dita. La lunga coda nera disponeva di due spuntoni poco prima della
fine.
Poi
si concentrò su Infernape. Il suo corpo ricorda uno
scimpanzè.
Prevalentemente di un colore brunastro con sfumature di rosso,
sezioni di pelo bianco sul petto, testa e gambe, e una grande fiamma
che brucia sulla testa. Infernape porta due anelli d'oro al petto.
Aveva anche dei disegni a forma di spirale, spalline d'oro,
ginocchiere e polsiere. Le marcature sulla fronte avevano un intenso
colore rosso sangue. Aveva le sclere gialle, e le iridi blu. Le mani,
i piedi e l’interno delle orecchie erano blu. Lo
scansionò con lo
Smart Rotom. « Infernape, Pokémon Fiamma, tipo
Fuoco e Lotta.
Esemplare maschio. Evoluzione finale di Chimchar, uno dei , uno dei
Pokémon iniziali della regione di Sinnoh. Usa un tipo
speciale di
arte marziale che coinvolge tutti gli arti. La sua fiamma non si
estingue mai. Mosse conosciute, Fuococarica, Fossa, Fuocopugno e
Zuffa» Passò poi a scansionare Noivern.
«Noivern,
Pokémon Ondasonora. Tipo Volante e Drago. Esemplare maschio.
Pokémon
originario della regione di Kalos. Vola nell'oscurità
ferendo gli
avversari con ultrasuoni in grado di frantumare anche i massi, per
poi finirli con i suoi denti affilati. Mosse conosciute Dragartigli,
Ondaboato, Eterelama e Forbice X»
Serena
e Ash si avvicinarono alla ragazza, cogliendola di sorpresa.
«Dovevamo dirti una cosa.» Esordì
Serena. «Il reale motivo per
cui siamo venuti fino a qui.» Ash continuò la
frase della ragazza,
mettendola in leggero imbarazzo. «Il motivo?»
Chiese la ragazza,
sempre più confusa.
«Sai,
il mio più grande sogno è quello di diventare un
Maestro Pokémon.»
Iniziò Ash. «E?» Chiese la ragazza, che
iniziava a trovarsi un po’
più a suo agio. «Ho capito qual è uno
dei passi fondamentali per
diventarlo. E, per farlo avrei bisogno del tuo aiuto.» La
ragazza,
meccanicamente, rivolse lo sguardo verso di lui.
«E
io, che sono appena diventata allenatrice, in che modo potrei aiutare
un campione come te?» Ash le sorrise. «Vedi, ho
capito qual è uno
dei passi per diventare Maestro Pokémon. E sarebbe quello di
aiutare
qualcuno a raggiungere il suo obiettivo.» La ragazza
continuava a
non capire. «Io sono qui perché mia madre mi ha
costretta. Fosse
stato per me…» Ash ci rimase male. Non sopportava
l’idea di
qualcuno che venisse costretto a fare qualcosa.
«Allora
non sono sicuro che tu sia la persona adatta. Non mi piace che
qualcuno debba essere costretto a fare qualcosa. Anche a diventare
allenatore. Per quanto io ami le lotte, non mi piace che qualcuno sia
costretto a farlo.»
La
ragazza fece un piccolo gesto, come a dire di fermarsi. «A
dire il
vero, questo è quello che pensavo prima. Prima di vederti
lottare
con Oshawott. Ti ho visto spesso lottare in televisione. Ma vederti
dal vivo… è tutta un’altra cosa.
Sembrava che lo conoscessi da
sempre. Ho capito che essere allenatrice non sembra poi così
male.»
Ash le sorrise, come a dire “questo è lo spirito
giusto”. «Non
sono sicura di essere la persona adatta. Ho paura di
fallire.»
Serena la guardò negli occhi. «Anche io ho sempre
avuto questa
paura. E la ho ancora, ma non mi ha mai smesso di crederci. Per
questo ho deciso di venire qui con Ash. Vorrei diventare Regina di
Unima. So che qui i Varietà sono difficili, ma la prendo
come una
motivazione per fare meglio. È una cosa che ho imparato da
Ash.»
Pochi
minuti dopo, Ash ricoverò nelle Poké Ball i suoi
Pokémon. «Ora,
se non vi dispiace, vi accompagno al Centro
Pokémon.» Li interruppe
la professoressa. I tre la seguirono, fino alla sua auto.
Sbloccò
le porte con un pulsante sulla chiave. L’avvenuto sblocco
venne
confermato dal lampeggio delle frecce. Ash, da cavaliere,
aprì la
porta posteriore, permettendo alle ragazze di accomodarsi. Fatto
questo chiuse la porta, quindi si sedette davanti, accanto alla
professoressa.
Il
viaggio fu di breve durata, Soffiolieve e Quattroventi erano molto
vicine. Pochissimi minuti di viaggio. La donna parcheggiò
davanti al
Centro Pokémon. Ash scese e aprì la porta alle
ragazze.
La
professoressa accompagnò i ragazzi all’interno
dell’edificio.
All’esterno l’edificio era una semplice costruzione
in mattoni,
non troppo diverso dai Centri Pokémon delle altre regioni,
ma le
differenze erano all’interno.
Oltre
al bancone dell’Infermiera, alle panche dove sedersi in
attesa di
essere serviti, o in attesa di ricevere i propri Pokémon, vi
era
anche un minimarket. Una novità per Ash.
«Buongiorno!»
Salutarono. «Buongiorno a voi!» Ricambiò
l’Infermiera. «Come
posso esservi d’aiuto?» Chiese. Ash
guardò la donna. Si.
Assomigliava a tutte le altre infermiere che aveva conosciuto, ma la
sua divisa era diversa. Non indossava la classica maglia rosa e il
grembiule, ma una camicia di un rosa più scuro. Il cappello
era,
invece, identico alle altre infermiere. Al suo fianco un Audino. Un
Pokémon che Ash e Serena avevano imparato a conoscere.
«Volete
che mi prenda cura dei vostri Pokémon?» Chiese,
quasi
retoricamente. I tre allenatori le consegnarono le rispettive
Poké
Ball, con Pikachu che saltò sul bancone. «Non ci
vorrà molto.» Li
rassicurò.
«Ora
scusate, ma devo andare.» Si congedò la
professoressa.
«Arrivederci!» La salutarono. Dopo un po’
l’infermiera tornò
con le Poké Ball e con Pikachu. «I vostri
Pokémon godono di ottima
salute. Si vede che ci tenete tanto a loro.» Si
congratulò. I tre
la salutarono e si avviarono verso l’uscita.
Anita
appariva molto agitata, ora che non vi era più la
confortante
presenza della professoressa, la ragazza si sentiva a
disagio.
Sarebbe voluta tornare a casa, ma, per il momento, il pensiero di
deludere il campione la fermava dal farlo.
Appena
i tre uscirono, notarono, poco lontano dal Centro Pokémon,
una
decina di persone, attorno ad uno strano tipo,il cui modo di vestire
ricordava una sorta di antico cavaliere. Era vestito di grigio, nero
e bianco. Indossava un ampio cappuccio che gli copriva i capelli, su
di esso una croce, realizzata con dei lacci neri. Indossava una veste
grigia con delle ampie maniche corte, coperta da una sopravveste
bianca, tenuta da una cintura nera. Nera anche la maglia presente
sotto la veste grigia e i pantaloni. Indossava dei guanti e degli
stivali grigi. L'uomo era in piedi su di una sorta di
bancone.
Dietro di lui questo manifesto, presente anche sulla sopravveste:
Nell’esatto
momento in cui i tre si avvicinarono, cominciò a parlare.
«I
Pokémon si sono stancati di essere sotto la tirannia degli
Allenatori! Siete stanchi di vederli lottare e soffrire per il puro
piacere dei loro Allenatori? Allora Unitevi al Team Plasma! Per
troppo tempo gli Allenatori hanno costretto i Pokémon alla
schiavitù, al piegarsi a loro ordini! Come se fossero delle
creature
inferiori! E peggio ancora li sfruttano per trarre degli ingiusti
vantaggi contro i non allenatori! Seguite Ghecis e tutti insieme
faremo crollare tutto questo! I Pokémon torneranno liberi
dal giogo
degli allenatori!» I tre si guardarono negli occhi.
«Ma come si
permette di dire una cosa del genere! Essere allenatori è la
cosa
più forte del mondo! E nessuno di noi ha mai costretto i
Pokémon a
seguirlo!» Il tono di Ash era terribilmente irritato. E, Allo
stesso
modo anche Pikachu era parecchio irritato. Dalle sacche elettriche
sulle guance uscivano delle grosse scariche elettriche.
«Che
cos’hai intenzione di fare? Lasciami indovinare? Chiederai al
tuo
Pokémon di attaccarmi e di buttarmi giù da
qui!» Allenatore e
Pokémon si guardarono negli occhi. «Ci stavamo
giusto pensando!»
Rispose il ragazzo.« PiPi-kachu»
Confermò il Pokémon. «Ecco cosa
è che non va in questo mondo!» Gridò!
«Gli Allenatori come questo
ragazzo, sfruttano i loro Pokémon per combattere chiunque
non la
pensi come loro!» Le persone attorno a lui si misero ad
urlare,
incitandolo.
«Cosa?
Noi non stiamo attaccando nessuno!» Gli rispose, un sempre
più
alterato Ash. Serena, che lo conosceva bene, comprese che, ben
presto, la situazione sarebbe degenerata.
Per
fortuna Serena riuscì a trascinare Ash prima che la
situazione
degenerasse.
«Aspetta
un attimo! Ma che fine ha fatto Anita?» Serena era piuttosto
preoccupata. Per quella ragazza era il primo viaggio, e forse la
prima volta che andava fuori casa da sola.
Mentre
i due la cercavano disperatamente, la ragazza era stata avvicinata da
uno strano tipo. Un ragazzo alto e magro, dai lunghi capelli verde
chiaro, indossava un berretto nero, una maglia bianca, dei pantaloni
marrone chiaro e delle scarpe verdi. Al collo un pendente che
ricordava un pianeta. Indossava anche dei bracciali, e appeso ai
pantaloni una sorta di cubo di Rubik. «E-E tu c-chi
sei?» Chiese la
ragazza, piuttosto impaurita. «N-Non d-dirmi che sei uno di
quelli
del Team Plasma!» Il ragazzo dai capelli verde chiaro fece
cenno di
no con la testa. «Che importanza ha?» A questo
seguì una breve
pausa di silenzio. «Si. Io credo che gli allenatori opprimano
i
Pokémon. So che tu sei un’allenatrice. Il tuo
Pokémon mi ha
detto…» Anita fece un piccolo gesto, per
interromperlo. Come
sarebbe a dire che i Pokémon parlano? «Capisco il
tuo stupore.
Parlare coi Pokémon è una cosa di cui sono sempre
stato capace.»
Rapidamente il ragazzo cambiò argomento.
«Vedo
che hai uno Smart Rotom, immagino che sfrutterai la sua funzione
Pokédex. E, per farlo, imprigionerai nelle Poké
Ball decine e
decine di Pokémon. Anch’io sono un Allenatore, ma
non posso fare a
meno di chiedermi sed’è vero che i
Pokèmon sono davvero felici in
questo stato. Ma sono curioso, Sentiamo cosa dice il tuo
Pokémon!»
Anita era ancora più confusa. Quel ragazzo voleva sfidarla
in una
lotta? Lo avrebbe accontentato. O almeno ci avrebbe provato.
«Vai
Purrloin!» Il ragazzo mandò in campo un Pokémon
molto simile a un gatto. Dai grandi grandi occhi verdi con delle
macchie fucsia che partivano dalle palpebre e terminavano all'inizio
delle orecchie. Il resto del corpo era prevalentemente viola, con
alcune chiazze bianco panna sul muso, sulla fronte, sul petto, sulla
schiena, due sulle zampe posteriori ed anteriori. La coda,
completamente viola, possedeva all'estremità del pelo
increspato.
La
ragazza lo esaminò con il suo Smart Rotom. «Purrloin,
Pokémon Furbizia. Tipo Buio. Esemplare maschio. Lascia
avvicinare il nemico distraendolo con pose ammalianti, e poi
all'improvviso lo graffia ridendo. Mosse conosciute: Attacco Rapido,
Ombrartigli e Graffio.»
La
ragazza ripose il suo Smart Rotom nella borsa e prese la
Poké Ball
del suo Oshawott. «Tocca a te!» Esclamò,
mentre lo mandava in
campo.
«Cominciamo
noi. Purrloin, usa Attacco Rapido!» Ordinò il
ragazzo. Il Pokémon
Furbizia si mise a correre a gran velocità contro
l’avversario.
Sembrava fosse rivestito da un’aura bianca.
“E
adesso cosa faccio?” Pensò la ragazza, intanto che
il Pokémon si
avvicinava. “Andiamo… cosa farebbe Ash?”
Ormai il Pokémon era
tremendamente vicino. «Forza! Schiva!»
Ordinò. Il Pokémon si
mosse all’ultimo secondo evitando di essere colpito.
«Proviamo
questo. Usa Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon
Lontra si generò
un potente getto d’acqua che, complice la distanza
ravvicinata,
colpì in pieno il bersaglio. «Forza, fammi
sentire di nuovo la voce del tuo Pokémon! Purrloin, usa di
nuovo
Attacco Rapido!»
Ordinò. Il Pokémon, sbalzato indietro dal
precedente attacco,
riprese a correre a gran velocità contro
l’avversario. Ma questa
volta, Anita si fece cogliere meno di sorpresa. «Proviamo con
Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra venne
circondato da uno
strato d’acqua, che lo rivestì completamente.
Lo
scontro tra i due Pokémon fu inevitabile. Entrambi i
Pokémon
vennero sbalzati indietro dalla grande energia scaturita
dall’impatto.
Per
fortuna dei loro allenatori, entrambi i Pokémon si
rialzarono,
scuotendosi di dosso la polvere.
«Mi
piace quello che dice il tuo Pokémon!»
Commentò il ragazzo.
«Purrloin! Ombrartigli!» Ordinò. Gli
artigli del Pokémon
Furbizia
crebbero di dimensione, e si illuminarono di viola, mentre il
Pokémon
si mise a correre.
«Dai
su! Usa Pistolacqua!» Gridò la giovane
allenatrice. Dalla bocca del
Pokémon Lontra si generò un potentissimo getto
d’acqua, che colpì
in pieno l’avversario, proiettandolo in aria e impedendogli
di
attaccare e sconfiggendolo.
«Mi
dispiace averti deluso Purrloin, ma ricordati che fino a quando
i
Pokémon saranno imprigionati nelle Poké Ball, non
diventeranno mai
degli esseri completi. È per loro, per il bene dei miei
amici
Pokémon, che IO, N, rivoluzionerò il mondo!»
Detto
questo, il ragazzo si diresse al Centro Pokémon.
«Ecco
dov’eri!» Anita riconobbe immediatamente quella
voce. «Ci hai
fatto preoccupare.» Aggiunse. Anita si girò nella
direzione da cui
la voce proveniva. Erano Serena, Ash e Pikachu. «Pensavamo
che fossi
stata rapita da uno di quelli del Team Plasma.» La riprese
Ash.
«Fortunatamente no. Sia io che Oshawott stiamo bene,
ma…»
Rispose. «Ma cosa?» Chiesero i due ragazzi
più grandi,
preoccupati. «Ho incontrato un ragazzo, un Allenatore che,
come quel
tipo sul bancone, sosteneva che i Pokémon siano
oppressi dagli
Allenatori.» Ash e Serena si voltarono nella sua direzione.
«Come
sarebbe a dire?» Dissero i due al contempo, con leggero
imbarazzo da
parte di Serena. Anche Pikachu confermò la cosa, toccando il
collo
di Ash con una delle sue zampe. Il ragazzo, di tutta risposta, lo
accarezzò sulla testa. «Chaa» Il
Pokémon squittì di felicità.
Adorava le coccole. «Ti pare che Pikachu sia oppresso? Faccio
tutto
quello che posso per far si che stia al meglio, e lo stesso vale per
tutti gli altri!» Rispose il ragazzo. «E lo stesso
vale per me!»
Aggiunse Serena. «Spero di poter dire lo stesso.»
Si aggiunse
Anita, mentre teneva in mano la Poké Ball del suo Oshawott.
«Io
credo che ce la farai.» La incoraggiò Ash, con il
suo solito
ottimismo. «Anche se ora, credo che dovremo occuparci del
Team
Plasma.» Aggiunse. «Cosa vorresti fare? Manifestare
le proprie idee
non è vietato. Per quanto siano estreme.» Ash
cercò di
controbattere, ma poi si rese conto che Serena avesse assolutamente
ragione.
«Hai
deciso quale sarà il tuo obiettivo?» Chiese Ash
alla nuova compagna
di viaggio. La ragazza rimase in silenzio alcuni istanti. «Mi
perdoni se ti dico che non ho ancora deciso. Certo, ti ho visto
lottare con Oshawott, e siete stati fantastici. Ho anch'io avuto
l'opportunità di lottare, con quel ragazzo che parlava coi
Pokémon
e devo dirlo. Le lotte sono meravigliose. Ma non sono sicura che sia
questo quello che voglio fare.» Ash le sorrise.
«Nessun problema».
Ai due si aggiunse Serena. «Potresti provare con le lotte in
palestra e puntare al titolo di Campionessa.» Anita si
voltò verso
di Serena. «Credi che io sia in grado di
riuscirci?» Ash ci rimase
male. «Se parti così, non ci riuscirai
mai.» La riprese.
«Si,
ma se dobbiamo partire, per un viaggio del genere, dovremo procurarci
delle provviste e anche delle tende e dei sacchi a pelo. Non sempre
riusciremo a passare la notte in un Centro
Pokémon» Le spiegò
Serena. Come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Come sarebbe
a dire? Passeremo delle notti all'addiaccio?» Si
lamentò Anita.
«Certamente. È questo il bello dei viaggi
Pokémon. Non sai mai
cosa ti può capitare.» Si aggiunse Ash, aumentando
ulteriormente la
preoccupazione della loro nuova compagna di viaggio.
Serena
aveva preso il suo Smart Rotom, e aveva aperto l’applicazione
dedicata alle mappe. «Possiamo ritenerci fortunati, qui in
città
c’è un negozio specializzato in articoli da
campeggio e anche dei
negozi di alimentari.» Spiegò.
La
ragazza cominciò a camminare, con Ash che la seguiva senza
discutere. Anita, non avendo altra scelta, li
seguì.
La
loro prima tappa fu il negozio dedicato agli articoli da campeggio.
Si trovava in una delle tante viuzze della città. Occupava
il piano
terra di un edificio residenziale. Aveva delle grandi vetrate, in cui
erano esposti diversi articoli, dai fornelli a delle bombolette,
posate e piatti da campeggio. Dall’altro lato della vetrina,
invece
vi erano esposti dei sacchi a pelo e vi erano delle foto di tende,
con diverse indicazioni.
Su
una di esse vi era una sorta di cartello, che, nella forma, imitava
una sorta di fumetto. “Prendi due tende a due posti e la
seconda la
paghi la metà”. Vi era scritto.
I
tre entrarono nel negozio. «Buongiorno!»
Salutarono. «Buongiorno a
voi!» Li salutò il commesso. Un uomo sulla
trentina. Capelli
arancioni e occhi azzurri. Indossava la divisa del negozio, una
salopette marrone su una camicia verde.
«Come
posso esservi d’aiuto?» Chiese. «Immagino
che se siete qui,
cercate degli articoli per un viaggio Pokémon. Anche se mi
chiedo
come mai il Campione del Mondo voglia viaggiare come se fosse un
novellino.» Si lasciò scappare.
Ash
si stava visibilmente alterando. Non sopportava che qualcuno si
facesse gli affari suoi. Certo, non gli dispiaceva parlare dei suoi
obiettivi, ma non sopportava essere giudicato.
«Se
dovete partire per un viaggio…» L’uomo
cambiò leggermente il
tono. «Vi servirà un po’ di tutto. Ma
ritenetevi fortunati,
abbiamo delle ottime offerte. Credo che abbiate visto
l’offerta
sulle tende da campeggio, se ne prendi due, la seconda la paghi la
metà, ma abbiamo anche altre offerte. Per esempio se compri
tre
sacchi a pelo, il quarto è in regalo, e abbiamo lo sconto
quantità
anche sulle bombole del gas e su piatti e posate.»
Spiegò.
In
breve tempo, i tre uscirono dal negozio con tutto il necessario e
oltre. Cosa diavolo se ne facevano di un quarto sacco a pelo? O di
due tende a due posti se erano solo in tre? Certo che quel tipo era
proprio bravo a vendere.
I
tre si diressero al negozio di alimentari. Non era lontano da dove si
trovavano, circa una cinquantina di metri a piedi.
Contrariamente
al negozio di articoli da campeggio, si trovava in un edificio
dedicato ed era piuttosto ampio e ben fornito.
«Non
credo che dovremo fare grandi acquisti qui.»
Commentò Anita. «Forse
tu non conosci questi due!» Le rispose Serena, cercando di
trattenersi dal ridere. «Sono dei pozzi senza
fondo!»
«Ehi!
Ma lo sai benissimo! Per performare serve tanta, tanta
energia» Le
rispose il ragazzo, con Pikachu che confermò, a modo suo, le
parole
dell’Allenatore.
Conclusi
gli acquisti, un rumore simile ad un tuono spaventò Anita.
«Credo
sia ora di pranzo.» Commentò Serena. «I
loro stomaci sono più
precisi di qualsiasi orologio.» La ragazza, sempre grazie al
suo
Smart Rotom accompagnò il gruppo ad un ristorante fast food.
Era uno
dei tanti ristoranti di una famosa catena di Unima. Data
l’ora
c’era parecchia gente, ma la fila si sbrigava piuttosto in
fretta.
Ben
presto giunse il loro turno. Al momento dell’ordinazione Ash
e
Pikachu diedero dimostrazione di quanto detto da Serena. E anche gli
altri Pokémon del ragazzo non si esimero dal farlo.
Dopo
pranzo, i tre uscirono dal locale, con tutti i Pokémon, ad
eccezione
di Pikachu, ricoverati nelle rispettive Poké Ball.
«Scusa
se sono indiscreta, ma…» Chiese Anita.
«Dimmi tutto.» Le rispose
Ash. «Ma come mai tieni sempre Pikachu fuori dalla
Poké Ball?» Il
ragazzo si rivolse verso l’amico e lo accarezzò.
«Lui non
sopporta di stare dentro alla Poké Ball. Ha messo subito in
chiaro
le cose sin dal nostro primo incontro, non è
così?» Il Pokémon
Topo confermò la cosa, a modo suo.
La
neo allenatrice si chiese se avesse fatto bene a ricoverare il suo
Pokémon nella Poké Ball, senza chiederglielo.
«Ora che siamo a
stomaco pieno, potremo pure metterci in cammino. Dove
andiamo?»
Chiese Ash.
Serena
aveva preso il suo Smart Rotom, e aveva aperto l’applicazione
dedicata alle mappe.
«La
prima Palestra si trova a Levantopoli. È una
città non molto
lontana da qui. Ma credo che se partissimo adesso, dovremo passare la
notte in tenda. L’alternativa è partire domani
mattina presto.
Intanto che cerco informazioni sulla Palestra, mi dite cosa ne volete
fare?»
Mentre
la ragazza cercava ulteriori informazioni sulla palestra, Ash e
Anita, avevano chiarito le idee sul da farsi.
«Per
me potremmo partire direttamente domani.» Rispose il ragazzo.
«Anche
per me.» Si aggiunse Anita.
«Come
volete. Intanto ho trovato delle informazioni sulla Palestra.
Sembrerebbe che sia specializzata nel tipo Erba, nel tipo Fuoco e nel
tipo Acqua.» Ash si grattò la testa, perplesso.
«Come sarebbe a
dire una palestra specializzata in tre tipi diversi? Tutte quelle che
ho affrontato erano specializzate in un solo tipo.»
Commentò. «E
poi, sei diventata Allenatrice da poco, prima di sfidare una Palestra
forse è meglio fare un po’ di allenamento. E credo
che dovresti
provare a catturare dei nuovi Pokémon…»
Serena fece cenno a Ash
di darsi una calmata. «Si, hai ragione, ma non correre,
abbiamo
tutto il tempo. Forse sarebbe il caso di andare al Centro
Pokémon e di prenotare le stanze per la notte.» I
tre si diressero
all’edificio dedicato, lo stesso dove, la mattina, avevano
salutato
la Professoressa Aralia.
Appena
entrati, vennero accolti dall’Infermiera. «Buon
pomeriggio,
ragazzi! Come posso esservi d’aiuto?» Chiese.
«Buon
pomeriggio,
vorremo prenotare due stanze per questa notte. Se fosse
possibile.»
L’Infermiera si girò in direzione del portachiavi
appeso al muro.
«Siete
stati fortunati. Sono rimaste giusto una doppia e una singola. Eccoti
le chiavi. Quella con il portachiavi verde è la singola.
Quella con
il portachiavi bianco è la doppia»
L’infermiera porse alla
ragazza una copia delle chiavi.
Serena
porse quella della singola ad Ash. «Ho una domanda, potremo
usare il
campo lotta?» Chiese il ragazzo. «Nessun
problema.» Rispose
l’infermiera. I tre uscirono dal Centro Pokémon e
raggiunsero il
campo lotta. Era un normalissimo campo di lotta in terra battuta, sul
lato destro del Centro Pokémon. Sui lati lunghi del campo
erano
presenti delle panchine, per permettere agli spettatori di seguire la
lotta. Sul lato opposto al Centro Pokémon, era presente la
postazione dell’arbitro.
«Hai
detto di aver già lottato contro quel ragazzo, non
è vero?» Le
chiese, retoricamente, Ash. Per l’esperto allenatore questo
voleva
dire tanto. «Sai, non mi piace la teoria. Preferisco di gran
lunga
la pratica. Se vuoi, possiamo cominciare.» Serena lo
fermò prima
che estrasse dal borsello la Poké Ball di Snivy.
«Non credi che
sarebbe meglio che si allenasse con qualcuno più vicino al
suo
livello, se capisci cosa intendo.» Ash comprese
l’antifona.
Dopotutto avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per allenarsi con
Anita. «E va bene. Ma anche tu, mi raccomando, trattala
bene.» Le
rispose il ragazzo.
Anita
voleva opporsi, ma si trattenne dal farlo. Forse non allenarsi sin da
subito con il Campione non era poi un’idea così
malvagia.
Dopotutto l’aveva visto utilizzare delle tecniche davvero
improbabili e, forse, non era pronta per quello.
Le
due ragazze si schierarono ai lati opposti del campo.
«Ricorda che è
una lotta di allenamento. Non deve per forza esserci un
vincitore.»
Le spiegò Serena. Anita fece cenno di aver compreso con un
gesto del
capo.
«Bene,
Pancham! Tocca a te!» Serena mandò in campo un
Pokémon simile ad
un
cucciolo di Panda Gigante. Aveva il pelo della testa color avorio, ad
eccezione del pelo delle orecchie, del contorno occhi del busto, che
è nero. Dalla vita in giù, il pelo assumeva una
colorazione grigio
scuro e la coda a batuffolo di color avorio. Portava anche una foglia
di bambù in bocca. Anita lo scansionò con il suo
Smart Rotom.
«Pancham.
Pokémon Briccone. Tipo Lotta Esemplare maschio. Vuole
apparire
minaccioso ma non viene preso sul serio dagli avversari. Mosse
conosciute: Gelopugno, Pietrataglio, Sberletese, Neropulsar.»
Anita,
non che avesse molta scelta, mandò in campo il suo
Oshawott.
«Pancham,
ricordati che loro non sono molto esperti. Non esagerare!» Il
Pokémon fece cenno di aver capito. «Cominciate
voi.» la invitò
Serena. «Ne sei sicura?» Chiese. «Quando
ho lottato con quel
ragazzo, ha cominciato lui.» Aggiunse. «Va bene.
Per questa volta
cominciamo noi, ma in un una lotta ufficiale queste cose non possono
succedere!» Le fece notare Serena.
«Certo… ho capito.» Rispose
Anita, non molto convinta.
«Bene,
Pancham! Comincia con Pietrataglio!» Il Pokémon
briccone tirò un
potente pugno sul terreno, facendo spuntare degli enormi massi
acuminati dal colore azzurro. «Forza, Oshawott! Schiva e poi
usa
Azione!» Il Pokémon Lontra si scostò
verso destra, evitando di
venir colpito, quindi si mise a correre contro il suo avversario.
Serena rimase attendista. Il Pokémon Lontra si
avvicinò
ulteriormente a Pancham. Era quasi pronto a colpire.
«Pancham! Usa
Sberletese!» Una delle mani del Pokémon Briccone
si illuminò di
bianco, colpendo l’avversario, che nel frattempo si era
avvicinato
a lui. Il colpo fu piuttosto violento, tale da proiettarlo indietro.
«Pancham! Cosa ti avevo detto!» Lo riprese Serena.
«Scusa, ma se
non lotta almeno un po’ sul serio, come pensi che ci
rimanga?» Se
ne uscì Ash. «Allora perché non lotti
te?» Gli chiese Serena. «Io
volevo solo dire che dobbiamo abituarla al fatto che le lotta siano
una cosa seria. Tutto qui.» Si spiegò.
«Come vuoi.» Gli rispose
la ragazza. «Oshawott, tutto a posto?»
Chiese Anita,
preoccupata. I Pokémon, di tutta risposta, si
alzò in piedi e si
scrollò la polvere di dosso. «Visto?»
Disse Ash. «Anche lui vuole
fare sul serio.» Aggiunse. Oshawott confermò la
cosa. «E va bene!»
Finalmente si aggiunse anche Anita. «Usa
Acquagetto!» Il Pokémon
Lontra si circondò d’acqua e spiccò un
salto. Era diventato una
sorta di proiettile. «Presto! Difenditi con
Gelopugno!» Ordinò
Serena. Una delle mani del Pokémon Briccone si
rivestì di uno
spesso strato di ghiaccio, pronto a colpire il suo avversario, ormai
arrivato a brevissima distanza.
«Presto!
Schiva!» ordinò Anita. Il Pokémon
Lontra cambiò leggermente la
sua traiettoria spostandosi verso l’alto. Pancham non
riuscì a
colpirlo direttamente, ma colpì la scia d’acqua
che si portava
dietro, congelandola.
Oshawott
era bloccato nel suo stesso attacco. «E ora rompiamo il
ghiaccio con
Sberletese!» Ordinò Serena. Pancham
colpì la parte di scia gelata
davanti a lui, con un violento colpo della mano.
Parte
del ghiaccio si ruppe, permettendo al Pokémon Lontra di
tornare a
muoversi. «Continuiamo con Acquagetto!»
ordinò Anita. Il corpo di
Oshawott si rivestì d’acqua, che, a causa del
ghiaccio che
parzialmente lo rivestiva, gelò rapidamente. Il piccolo
Pokémon
dovette sforzarsi non poco per gestire la diversa resistenza del
ghiaccio. «Prova a dirgli di attaccare!» La
esortò Ash.
«Ah...
Si… Certo… Proviamoci! Oshawott!
Attacca!» Il Pokémon,
sforzandosi immanemente, riuscì a controllare
l’attacco, e colpì
Pancham in pieno, facendolo volare in aria.
Alcuni
istanti dopo, Pancham ricadde a terra. Era ancora in grado di
continuare, ma era evidente che avesse subito un duro colpo. Anche
Oshawott cadde a terra. Tutto attorno a lui delle schegge di
ghiaccio.
Anche
lui era allo stremo delle forze. «Direi che può
bastare così.»
Serena interruppe la lotta. «Siete state entrambe
fantastiche, i
vostri Pokémon hanno lottato egregiamente.»
Commentò Ash. Anita
non voleva crederci. Il Campione le aveva fatto i complimenti?
«Oshawott è stato in grado di eseguire davvero un
ottimo
Gelo-Acquagetto, per essere la prima volta!» Si
complimentò,
alimentando la confusione delle ragazze.
«Gelo-Acquagetto?»
Chiesero, stupite. «È una tecnica che ha inventato
una mia amica e
che io e Buizel abbiamo poi perfezionato. O meglio. Lei l’ha
inventata quando Buizel era ancora un suo Pokémon, poi lo ha
scambiato con uno dei miei e abbiamo perfezionato la tecnica,
insegnandogli Gelopugno.» Spiegò il ragazzo.
«Se mai Oshawott
dovesse imparare una mossa di tipo ghiaccio, penso che potrebbe
insegnargli la tecnica e perfezionarla.» Aggiunse.
«Si, ma con
calma.» Lo riprese Serena. «Ora dobbiamo pensare a
riposare e a far
riposare i nostri Pokémon» Si aggiunse Anita,
notando come il suo
Pokémon barcollasse per la fatica.
Il
giorno seguente i tre si alzarono la mattina presto, e, dopo
un’abbondante colazione, tentarono di mettersi in
cammino.
Appena
usciti dal Centro Pokémon, i tre videro un ragazzo, circa
dell’età
di Ash e Serena, che stava tranquillamente camminando, scortato da un
Eevee maschio. Indossava una giacca nei toni del blu, dei pantaloni
neri, un borsello nero e blu e delle scarpe rosse. Indossava un
cappello. Appena incrociò lo sguardo coi tre, si mise a
correre a
perdifiato. «Ma che ha quel ragazzo?» Si chiese
Ash. Pochi istanti
dopo, il ragazzo ottenne la risposta che cercava. Un uomo ed una
donna, vestiti come il tipo del giorno prima, lo stavano inseguendo a
perdifiato. «Non vorrete lasciarli in balia di quei
pazzi!» Ash
esortò le ragazze, mentre si incamminava.
I
tre si mossero lentamente, senza farsi scoprire dalla coppia di
reclute. Non avevano la minima idea di dove si stavano dirigendo.
Stavano esplorando quartieri della città che mai avevano
visitato.
Erano
delle aree urbane tutte uguali, palazzoni grigi in cemento, vetro e
metallo. Non c’era un singolo albero a pagarlo oro.
«Questo
posto mi mette una tristezza infinita.» Commentò
Serena. «Non
dirlo a me.» Si aggiunge Anita.
«Usa
Comete!» Si sentì gridare un ragazzo. I tre
poterono vedere delle
stelle che uscivano da un vicolo cieco. Davanti al vicolo i due tizi
stavano combattendo contro quel ragazzo e il suo Eevee.
«Così
non vale! Due contro uno.» Si lamentò
Ash.
Prima
ancora che il ragazzo potesse intervenire, alle comete si aggiunse
una coltre fumogena. Evidentemente uno dei Pokémon dei due
tizi,
aveva utilizzato Muro di Fumo. Ash e le ragazze si avvicinarono al
vicolo dove si stava svolgendo quella lotta.
«Accidenti!
Siamo arrivati troppo tardi!» Si lamentò Ash,
frustrato. «Forse
potremmo ancora trovarlo. Non possono essere andati molto
lontano.»
Serena cercò di consolarlo. Anita era più
dubbiosa. Perché mai
avrebbero dovuto aiutare un ragazzo che nemmeno conoscevano?
Non
avendo molta scelta, la ragazza si unì a loro. I tre
perlustrarono
l’area, inizialmente senza trovare nulla. Fino a
quando…
«Aspettate, forse ho trovato qualcosa.» Anita si
inchinò e
raccolse un cappello. Era bianco, rosso e nero.
Lo
passò immediatamente a Serena.
«Potrebbe
appartenere a quel ragazzo.» Commentò Serena, non
appena lo
ricevette.. «Ma da solo non ci condurrà mai a
lui.» Aggiunse.
«Forse so io chi può darci una mano.»
Ash cercò di rimanere un
minimo allegro. «Datemi solo un attimo.»
Il
ragazzo prese il suo Smart Rotom e cercò,
nell’applicazione
dedicata, Poké Exchange, la macchina per trasferimenti
più vicina.
Dopo una breve ricerca e dopo essere passato all'applicazione delle
mappe, raggiunse rapidamente la macchina più vicina. Erano
circa
trecento metri a piedi da dove si trovavano.
Prima
di fare lo scambio, però, doveva mettersi in contatto con la
persona
interessata. Il Professor Kukui. Nella mente del ragazzo,
l’olfatto
sopraffino di Lycanroc avrebbe aiutato nella ricerca.
Il
ragazzo, contattando, pensava di che a rispondere fosse il
professore, e non la moglie, la professoressa Magnolia. Quando la
donna rispose, Ash rimase, inizialmente, piuttosto spiazzato.
«Ciao,
Ash, tutto bene? Si, immaginavo che ti aspettassi di trovare Kukui,
no? Ma fa nulla. Ti vedo in forma, e anche Pikachu lo sembra. A
proposito… questa non mi sembra affatto Kanto. Sei partito
per
Unima? Hai per caso portato con te qualche…
amica?
»
Chiese. Il ragazzo le fece cenno di rallentare. «Di questo ne
possiamo parlare un’altra volta? Abbiamo un problema non da
poco.»
Lo sguardo della donna cambiò di colpo.
«Cos’è successo?»
Chiese, piuttosto preoccupata. «Abbiamo visto che dei tizi
che si
fanno chiamare Team Plasma, delle persone che sostengono che
Allenatori e Pokémon debbano vivere separati, hanno rapito
un
ragazzo, poco fa. Per questo chiedevo se fosse possibile mandarmi
Lycanroc. Il suo olfatto ci sarà sicuramente
d’aiuto.» La donna
gli sorrise. «Nessun problema. Hai dei Pokémon con
te, oppure te lo
posso inviare direttamente?» Chiese. «Stavo
pensando di mandare uno
dei miei, per il momento.» Le rispose. I due si scambiarono
le
coordinate e, quando tutto fu pronto, effettuarono lo scambio. Ash
aveva inviato, Lucario.
Finito
lo scambio, e salutata la professoressa, il ragazzo tornò da
Serena
e Anita. «Scusate se ci ho messo tanto, ma ho avuto un
piccolo
imprevisto. In ogni caso ho un amico che può darci una mano.
Vieni
fuori! Lycanroc!» Dalla Poké Ball del ragazzo
uscì un Pokémon
simile ad un lupo, dalla postura quadrupede e dal pelo arancione,
tranne per la parte inferiore delle zampe, bianca, e per la punta
delle orecchie, di forma triangolare, scura. Aveva, intorno al collo,
quattro pietre di colore scuro. Aveva un’ampia criniera
bianca e
una folta coda, sempre di colore bianco. I suoi occhi erano di un bel
colore verde.
Anita,
incuriosita da quel Pokémon, non potè fare altro
che scansionarlo
con il suo Smart Rotom. «Lycanroc. Pokémon Lupo.
Forma Crepuscolo.
Tipo Roccia. Esemplare maschio. Misteriosa evoluzione di Lycanroc che
si verifica solo al crepuscolo. Ad Alola è un esemplare
molto raro.
Sotto l’apparente calma, nasconde un impetuoso spirito
combattivo.
Mosse conosciute Pietrataglio, Contrattacco, Sgranocchio,
Rocciarapida.» Intanto Ash e il suo Pokémon si
erano avvicinati a
Serena. «Bene. Credo che il cappello abbia il suo
odore.» Spiegò
Ash. Serena si inchinò all’altezza del
Pokémon Lupo e il fece
sentire l’odore di quel cappello.
«Pensi
di riuscire a ritrovarlo?» Gli chiese. Il Pokémon
confermò. Dopo
averne riconosciuto l’odore, ne iniziò a seguire
la traccia
odorosa. I tre seguirono il Pokémon, che, dopo alcuni giri a
vuoto,
li condusse proprio di fronte al Centro Pokémon in cui
avevano
passato la notte.
Giunti
nella piazza antistante al Centro Pokémon, sentirono delle
parole
familiari. «Cittadini di Quattroventi… Ghecis Vi
chiama
all’azione!» Un seguace del Team Plasma, in piedi
su di un tavolo,
stava facendo propaganda contro gli allenatori.
Lycanroc
corse verso di lui ringhiandogli contro. I tre si avvicinarono di
corsa a quel tizio. «E voi cosa volete da me?» Il
suo tono era
piuttosto seccato. «Tu e uno dei tuoi avete rapito un
ragazzo. Dimmi
dove lo avete portato!» Si scagliò Ash, piuttosto
arrabbiato. «Non
riuscirai a fermare la Nostra rivoluzione, Campione!» Ash non
pensò
nemmeno a come rispondere. «Forse io no,
ma…» A quelle parole
Lycanroc si scaraventò contro l’uomo, facendolo
cadere dal tavolo,
che si ribaltò, facendo volare in aria tutti i volantini che
vi
erano poggiati sopra. Il Pokémon lupo era sopra di lui, con
gli
occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca. Sembrava volesse far
di lui un sol boccone.
«Stammi
a sentire.» esordì Ash, cercando di essere il
più duro possibile.
Non una caratteristica che gli si addiceva molto, ma in quel caso non
aveva scelta. «Un ragazzo è stato rapito da te e
da uno dei tuoi
colleghi. Dove lo avete portato?» L’uomo,
schiacciato dal Pokémon
Lupo, era in una posizione di svantaggio, dovette dare almeno una
parte della risposta. «Si. È vero. Sono stato io a
rapirlo. Lo
abbiamo portato a degli altri colleghi che lo hanno caricato su un
furgone, ma non ho idea di dove lo abbiano portato.» Rispose.
Anita
prese uno di quei volantini, che nel frattempo stava ricadendo.
«Assisterete alla Rivelazione, stanotte, alle dieci in
punto.»
Lesse. «Su, cos’è questa
rivelazione?» Chiese Ash, cercando
ancora di restare nella parte del duro. «Niente che possa
riguardare
delle persone come voi!» Rispose. Lo sguardo di Lycanoc, per
quanto
possibile, si fece ancora più minaccioso. Ora sembrava
veramente sul
punto di attaccare. «E va bene…» Rispose
l’uomo. «Nessuno sa
cosa sia la Rivelazione, e come vi ho già detto non ho idea
di dove
abbiano portato quel ragazzo, ma se è un allenatore, posso
assicurarvi che avrà quello che si merita!»
Concluse. Nel mentre,
Serena aveva raccolto diversi manifesti.
Ash,
nel frattempo, aveva ricoverato Lycanroc nella Poké Ball.
Fatto
questo, i tre entrarono nel Centro Pokémon. Si sedettero in
una
delle panche messe a disposizione degli allenatori.
«Adesso
cosa facciamo?» Chiese Ash, in tono preoccupato.
«Non possiamo
lasciarlo nelle mani del Team Plasma.» Aggiunse. Nel mentre,
Serena
e Anita stavano osservando i manifesti che avevano raccolto.
«Guardate!» Fece notare la nativa di Kalos.
«Sembra che sul retro
ci sia una specie di mappa.» Fece notare. «Dovremo
solo capire dove
si trovano.» Si aggiunse Ash. «Qui
c’è una mappa.» Anita parlò
estremamente a voce bassa. «Hai detto qualcosa?» Le
chiese Serena.
«Credo
che qui ci sia una mappa.» La ragazza indicava una piantina
della
città appesa poco lontano da loro.
«Grazie.» La ringraziano. Poco
dopo si alzarono e raggiunsero la mappa indicata dalla ragazza.
I
due unirono i pezzi di mappa che possedevano e li sovrapposero,
cercando una zona della mappa che corrispondesse a quella indicata.
«Bingo!» Esultò Ash. «Sappiamo
dove si ritroveranno, ma così
come siamo non possiamo andare.» Serena fu più
razionale. «Ora
come siamo troppo riconoscibili. Intendo… anche se
cambiassimo i
nostri vestiti… potrebbero comunque riconoscerci.»
Ash ci pensò
un attimo. Serena aveva ragione. Per non parlare poi di Pikachu.
«Potremo procurarci delle sciarpe e dei cappelli. Alle lenti
ci
posso pensare io. Per quanto riguarda Pikachu, potrebbe stare con
Anita. Non ti dispiace vero?» La risposta del
Pokémon Topo non si
fece attendere. Quella ragazza sembrava abbastanza apposto. Prima o
poi un’occasione del genere sarebbe capitata. Meglio
sbolognarla al
più presto.
I
due tornarono dalla ragazza, che non aveva sentito molto della loro
discussione. «Abbiamo scoperto dove sarà il loro
raduno.» Spiegò
Serena. «Solo che sembra molto pericoloso. Sarebbe meglio che
tu
resti qui. In caso di problemi, ci sarà Pikachu a
proteggerti.»
Aggiunse Ash.
Anita
cambiò espressione. Davvero credevano che non se la sarebbe
cavata
da sola? Il suo grande rispetto nei loro confronti le impedì
di
contestare.
«Se
dovete uscire e non riuscite a rientrare per le undici, vi
servirà
questo.» L’infermiera prese una penna e un post-it
e scrisse una
serie di cifre. «»
Avrebbero
dovuto chiedere le stanze per un’altra notte, rimandando la
partenza di un altro giorno. Passarono il resto della giornata a
procurarsi quanto necessario. Sciarpe, cappelli e giacche scure.
In
seguito, le ragazze si occuparono del trucco. L’intento era
quello
di fargli apparire più vecchi. In seguito si
occuparono
delle
lenti a contatto. Ash ne indossò di azzurre, Serena di
castane.
La
sera giunse in fretta e, dopo un’abbondante cena, Serena e
Ash si
diressero nella zona interessata. Pikachu e Anita
restarono
al Centro Pokémon, come pianificato. «Noi andiamo.
Mi raccomando!
Non sappiamo quanto ci metteremo, ma non ti preoccupare. Ce la
caveremo.» La salutò Ash. La neo allenatrice, come
se non fosse già
preoccupata, si preoccupò ulteriormente.
Il
luogo in cui si sare svolta la rivelazione era in una delle zone
più
vecchie e malmesse della città. Non troppo lontana da dove
era stato
sequestrato quel ragazzo. Di notte quel posto metteva davvero i
brividi. Serena, per farsi coraggio, si strinse Ad Ash. Stare vicino
a lui la faceva stare meglio.
«Guarda
quanta gente.» Commentò il ragazzo a bassa voce.
«Non immaginavo
così tante persone la pensassero in questo modo.»
Rispose Serena,
anche lei stupita. Nel frattempo si era ulteriormente stretta al
ragazzo. I due, ora camminavano a braccetto. «Così
attireremo meno
sospetti.» Cercò di giustificarsi.
I
due si erano uniti alla fila. All’apparenza erano delle
persone
comuni. Uomini e donne, ragazzi e ragazze, anche dei signori e delle
signore di una certa età.
La
fila scorreva rapidamente. Non ci volle molto prima che giungesse il
loro turno. Davanti a loro si stagliò un energumeno. Un
omaccione
alto più di due metri, dalle spalle larghe e dal corpo
muscoloso.
Aveva dei lunghi baffi, mentre per il resto non aveva un singolo pelo
in viso. «Avete l’invito?» Chiese, con
voce cavernosa.
«L’invito?» Chiese Ash, con tono
preoccupato. «Dice questo?»
Chiese Serena, porgendogli il foglio raccolto la mattina.
L’uomo lo
guardò per alcuni istanti, per poi rispondere. «La
rivelazione
salverà uomini e Pokémon. Prego Fratello e
Sorella.» Li invitò. I
due entrarono. Decisero, immediatamente, di mettersi in disparte.
«Non sapevo fossero così tanti.»
Commentò il ragazzo.
«Ghecis!
Ghecis! Ghecis! Ghecis!» Tutti i presenti, intonavano il suo
nome un
coro, sembrava fossero un'unica voce. I due voltarono lo sguardo
verso il palco. Diversi seguaci del Team Plasma, erano schierati,
come soldati, in direzione del pubblico. Dietro di loro tre grandi
stendardi con il simbolo del Team Plasma. A un certo punto diversi
seguipersone si illuminarono, puntando al centro del palco.
Contemporaneamente una voce fuoricampo, catturò
l’attenzione del
pubblico.
«Diamo
un caloroso benvenuto a colui che porterà un nuovo
equilibrio in
questo mondo!
Gheeeeeeeeeeeeeecccccccccisssssssssssssssssssssss»Gridò!
Nel
frattempo, da una botola sotto il palco, era uscito un uomo alto
circa due metri e dalla corporatura robusta. Aveva i capelli lunghi e
di un colore non ben definibile. Qualcosa tra il grigio e il verde.
Indossava una veste bianca coperta da una sopravveste viola e gialla.
Sul lato viola era decorata con un occhio stilizzato giallo,
sul lato giallo con un occhio stilizzato viola. Indossava una sorta
di decorazione, sulla veste, che ricordava la merlatura di un
castello.
Il
tempo per osservarlo fu, a dire il vero, piuttosto breve. Ben presto
l’uomo cominciò a parlare. «Il mio nome
è Ghecis. Ghecis, capo
del Team Plasma. Oggi voglio parlare a voi tutti qui riuniti della
liberazione dei Pokémon! È da tantissimo tempo
che noi umani
viviamo a fianco dei Pokémon. Ci cerchiamo a vicenda,
abbiamo
bisogno gli uni degli altri. Questa sembra essere un’idea
condivisa
da molti. Ma stanno davvero così le cose? O siamo solo noi
umani a
essere convinti che questa sia la verità? Avete mai provato
a
pensarci? La verità è un’altra! Gli
Allenatori schiavizzano i
Pokémon e li piegano al loro volere!» A quelle
parole, il pubblico,
come in coro, gridò «ALLENATORI SCHIAVISTI!
SCHIAVISTI!
SCHIAVISTI!» Ci vollero alcuni istanti, prima che
l’uomo potesse
riprendere a parlare.
«
Li sfruttano per ogni sorta di cose. Qualcuno di voi ha il coraggio
di negare che sia così? Ascoltatemi! I Pokémon
sono delle creature
del tutto diverse dagli esseri umani ed è probabile che
posseggano
capacità ancora ignote. Sono tantissime le cose che possiamo
imparare da loro. Allora, qual è l’unica cosa
sensata che noi
esseri umani possiamo fare per loro? Esatto! Dobbiamo liberarli! Ed
è
quello che farò con questi schiavisti! Ma, dato che
IO» L’uomo
sottolineo particolarmente la parola “IO”.
«Sono un uomo
magnanimo. Per quanto siano tutti dei criminali, permetterò
ad
ognuno di loro di difendersi. Di tenere i suoi
Pokémon.» Il
pubblico fece un boato di disapprovazione. Durante il discorso una
parte dei seguaci si era allontanata, per poi tornare a discorso
finito. Ognuno di loro teneva ben fermo una persona. Ash e Serena li
guardarono uno ad uno. Il ragazzo che cercavano era l’ultimo
in
fila. Prima di lui c'erano solo tre persone.
«Comincio
da te.» L’uomo si rivolse all’uomo
più a sinistra. Era un uomo
di circa quarant’anni, e aveva davvero una brutta faccia.
«Bene.»
Lo invitò Ghecis. «Tu sarai il primo. Schiera il
Tuo Pokémon.» Lo
invitò.
Il
ragazzo, che nel frattempo era stato liberato, obbedì.
«Toxicroak!
Tocca a te!» L’uomo mandò in campo un
Pokémon bipede
dai colori blu scuro e verde acqua, dall’aspetto simile a una
rana
velenosa. La testa aveva una punta leggermente arricciata verso
l'alto. Aveva gli occhi giallo brillante, molto intimidatori, dotati
di una piccola pupilla simile a quella di un serpente. La bocca ha
l'aspetto di un paradenti. Il labbro superiore è rosso e si
arricciava verso l'alto. Sotto il mento c'è una sorta di
vocale
rosso. Aveva tre dita e, sul dorso di ogni mano un grande artiglio
rosso. Gli avambracci erano circondati da due anelli neri. Le zampe
erano muscolose. I suoi piedi avevano tre dita. Sotto l'area
pelvica ci vi erano due linee orizzontali bianche. «Oh!»
Commentò Ghecis. «Possiamo cominciare.»
L’allenatore rimase
spiazzato, non ordinado alcun attacco. «Perché non
ordini alcun
attacco?» Gli chiese. «Credi che io non sia in
grado di difendermi
in quanto sono un semplice essere umano?» Aggiunse.
«Sono
perfettamente in grado di attaccare e di difendermi!» Lo
provocò.
«Vuoi una dimostrazione?» Gli occhi
dell’uomo si illuminarono.
Sollevò un braccio. Questo fu sufficiente a scaraventare il
Pokémon
dell’avversario ovunque. Questo fu sufficiente a
sconfiggerlo. Due
seguaci lo immobilizzarono, mentre un altro lo perquisiva. Il suo
obiettivo era quello di prendere tutti i suoi Pokémon. Il
ragazzo ne
possedeva altri tre. «E ora liberateli!»
ordinò Ghecis. Il seguace
che aveva perquisito il ragazzo fece scattare il meccanismo di
liberazione dalle Poké Ball, liberando un Watchog, un
Tranqill e un
Liepard.
Destino
simile accadde ai due allenatori successivi. «Ora faranno lo
stesso
con quel ragazzo.» Commentò Ash. Fino a quel
momento, il ragazzo si
era trattenuto, sia pur a fatica. Ma non poteva sopportare di vedere
quelle cose una singola altra volta. Anche se, fino ad ora ad aver
subito quel trattamento erano dei criminali. Ma ora toccava a quel
ragazzo.
Questi
aveva capito cosa stava succedendo. «Eevee! Questa
è la lotta più
importante! Dobbiamo vincere ad ogni costo! Cominciamo con Attacco
Rapido.» Ordinò. Appena in campo, il
Pokémon si mise a correre
contro quel tizio. Sembrava quasi che avesse capito qualcosa che
nessuno, fino a quel momento, aveva compreso.
Si
mise a correre contro l’uomo. Questi, come fatto con i
precedenti
Pokémon, lo fermò. Eevee si sforzò di
sopportare quegli enormi
poteri. Impossibili per un normale essere umano. Strinse i denti e
cercò di avanzare. Ogni passo era una fatica immane. Il suo
corpo si
illuminò di una luce blu. Le orecchie si allungarono, il
corpo
divenne più muscoloso e longilineo. La coda divenne
più appuntita,
e lo stesso poteva dirsi del muso. Gli occhi divennero scarlatti e il
mantello nero, decorato da degli anelli gialli. «Si
è evoluto in
Umbreon!» Commentò Ash, sottovoce.
«Pensi
che una semplice evoluzione possa scombinare i miei piani?»
Ghecis
tentò di infierire. «Questo vuol dire solo una
cosa.» L’uomo
sparì nella botola in cui era uscito in precedenza, per poi
ritornare, dopo alcuni istanti, scortato da un Pokémon simile
ad un'idra. Aveva delle ali nere sulla schiena. Sul collo era
presente un collare rosa simile a un fiore, che si apriva dalla sua
testa. La testa centrale era di un blu scuro e gli occhi erano rosso
mattone. Le mani, nere, ospitavano una testa ciascuna, anch'esse blu
con occhi neri. Possedeva due linee rosa nella parte inferiore del
corpo. I piedi, di forma biforcuta, non avevano artigli. Anche la
coda possedeva una striscia rosa con un batuffolo nero alla sua
estremità. «Un
Hydreigon» Commentò il ragazzo, sottovoce.
«Tu avrai l’onore di
lottare contro uno dei miei combattenti per la
libertà!» lo indicò
l’uomo. «Hydreigon! Dragopulsar!»
Ordinò l’uomo. Dalle tre
bocche del Pokémon uscirono tre raggi di energia
dal
colore
tendente al viola. Mano a mano che si allontanavano dal
Pokémon
Brutale, queste assumevano una forma draconica.
«Umbreon!
Schiva e usa Comete!» Il Pokémon Lucelunare si
mosse rapidamente,
scartando verso destra. Non perse poi
tempo,
saltando e lanciando contro l’avversario una scarica di
energia,
sotto forma di stelle. Nonostante il grande impegno nel suo attacco,
tuttavia, il Pokémon avversario non sembrò subire
particolari
conseguenze, nonostante le apparenze.
«Non
so quanto possa durare. Penso dovremo intervenire.» Ash
parlò a
bassa voce all’orecchio di Serena, facendole provare un
piacevole
brivido. «Cosa intendi fare?» Gli rispose.
«Ci inventeremo
qualcosa. Dovrete distrarlo e poi salveremo quel ragazzo… in
qualche modo.» Serena era un po’ contrariata. Non
che non si
fidasse di Ash, ma a volte il suo non avere piani, non le piaceva
molto.
«E
ORA CHE ANCHE LUI È SISTEMATO, C’È
QUALCUNO CHE ANCORA OSA
CONTRASTARMI?» Gridò, retoricamente, Ghecis,
indicando l’Umbreon
del ragazzo. Disteso a terra, non più in grado di
lottare.
«Certo.
IO!» Gridò Serena. Ash si era già
allontanato, attuando un piano
che, fino a quel momento era solo nella sua mente. Le aveva solo
chiesto di tenere a bada Hydreigon con la sua Sylveon.
La
ragazza si fece strada a fatica tra la tanta gente ammassata
lì
presente. Sorridendo ai presenti e chiedendo permessi su permessi, la
ragazza raggiunse il palco, parandosi davanti all’omaccione e
al
suo Pokémon.
«Visto
che sei stata così coraggiosa…» Si
riferì alla sua avversaria.
«Dato che sono un uomo magnanimo, ti propongo un patto.
Qualora
dovessi vincere, quel ragazzo potrà tenersi i suoi
Pokémon. Qualora
vincessi io, dovrai liberare anche i tuoi.»
La
ragazza accettò con un piccolo cenno del capo.
«Non
metterci troppo.» Disse sottovoce.
«Sylveon! Tocca a te!
Vento di Fata!» La Pokémon della ragazza, appena
uscita dalla Poké
Ball, attaccò, generando una potente corrente
d’aria dal colore
rosato, che investì l’avversario con una forza
immane. «Hydreigon!
Rispondi con Dragopulsar! Ordinò l’uomo. Dalle tre
bocche del
Pokémon uscirono tre raggi di energia dal colore tendente al
viola.
Mano a mano che si allontanavano dal Pokémon Brutale, queste
assumevano una forma draconica. Questi raggi si avvicinarono alla
Pokémon, ma non la scalfirono in alcun modo. «Ma
com’è
possibile!» Si lamentò l’uomo.
«Riprovaci!» Mentre i due
lottavano, Ash aveva raggiunto l’andito da cui erano entrati.
Il
ragazzo si guardò attorno e, non notando nessuno in giro,
decise di
passare all’azione. Prese dal suo borsello delle palline a
forma di
Koffing. Un’invenzione di Lem. Erano dei fumogeni, atossici,
ovviamente. L’inventore si era ispirato alle tecniche di
Sanpei, il
loro amico ninja. Fino a quel momento li aveva sempre portati con
sé,
senza mai trovarne una reale utilità.
Ne
lanciò un paio per terra, con una certa foga. Queste
esplosero,
generando una grossa quantità di fumo, nero e denso, che si
stava
dirigendo all’interno della stanza. «Dobbiamo farlo
arrivare più
rapidamente! Noivern, ho bisogno del tuo aiuto!» Il ragazzo
lanciò
la Poké Ball del Pokémon Ondasonora.
«Bene, Noivern, ho bisogno
del tuo aiuto. Dovresti indirizzare il fumo dentro questa
porta.» Il
ragazzo indicò al suo Pokémon la porta da cui era
uscito. Il
Pokémon, avendo compreso cosa doveva fare,
cominciò a sbattere
violentemente le enormi ali, generando una fortissima corrente
d’aria
che indirizzò all’interno la grossa
quantità di fumo. Il ragazzo
continuò a lanciare fumogeni finché ne aveva,
garantendosi, grazie
all’aiuto del Pokémon una copertura
perfetta.
L’aria
della stanza era divenuta scura e difficile da respirare. Era quasi
impossibile vedere qualcosa. Era parte del piano, almeno nella testa
di Ash.
Serena,
la sua Sylveon e quel ragazzo erano ancora sul palco, con anche
Ghecis e i suoi seguaci. «Lo sapevo che non mi sarei mai
dovuto
fidare! Voi allenatori siete tutti uguali!» Gridò.
«Prendeteli!»
Ordinò. «Ma signore…» uno dei
seguaci si oppose. «Tecnicamente
la ragazza avrebbe vinto la lotta…» Nonostante il
fumo,
l’oppositore, sentì il peso dello sguardo del suo
capo. Ma, quando
tentò di intervenire, fu troppo tardi.
Come
i suoi pari, venne sbalzato contro la parete da una corrente
d’aria
fortissima. L’urto fu talmente forte da fargli perdere i
sensi.
«Forza, andiamo!» Una voce familiare
esortò Serena. Era Ash. Ed
era sul palco, poco distante da lei. Era scortato dal suo
Noivern.
I
due fecero alcuni passi, giusto quelli necessari a scendere dal
palco. Ash si accorse immediatamente che quel ragazzo non li stava
seguendo.
Non
avendo altra scelta, dovette tornare indietro e tirare per un braccio
l’allenatore di Umbreon per un braccio. «Si. Ho
capito, vengo con
te! Ma poi devi spiegarmi perché mi hai voluto
salvare».
Ash
rimase in silenzio. Quello che gli importava era ricongiungersi con
Serena e tentare di confondersi con la folla.
Nonostante
qualche brivido, tutto andò per il meglio. I tre avevano
corso per
una grande distanza, separandosi presto dal gruppo, e raggiungendo
una zona meno periferica e più sicura.
«Vi
ringrazio di avermi salvato, ma…» Chiese il
ragazzo, ancora con il
fiatone. «Chi siete? Perché mi avreste dovuto
salvare? Sarei potuto
essere un criminale come i tizi prima di me, eppure non vi siete
fatti alcun problema nel venire a salvarmi.» Ash e Serena si
guardarono negli occhi.
«Forse
messi così non siamo esattamente riconoscibili.»
Osservò Serena.
Ash comprese il messaggio. Si tolse la sciarpa e il cappello. Quindi
passò alle lenti. Serena fece lo stesso.
Il
ragazzo non credette ai suoi occhi. «Ma voi due
siete… il Campione
del Mondo e la finalista di non so quanti Grand Festival? Non ci
voglio credere!» Li guardò stupito.
«E
tu chi sei?» Gli chiese Ash. «P-Piacere. Mi chiamo
Carlos e sono il
Capopalestra di Levantopoli.» Si presentò il
ragazzo. «Solo che
ancora non mi capacito di come mai mi abbiate salvato. Non vi
rappresento nulla.» Ash si girò nella sua
direzione. «E quindi?
Abbiamo visto un ragazzo inseguito da dei seguaci del Team Plasma e,
grazie all’aiuto di Lycanroc siamo risaliti a chi ti aveva
rapito
e…» Il ragazzo fece cenno di aver
compreso.
«Ho
capito. Ma… dimmi un po’, come mai hai deciso di
venire qui ad
Unima?» Chiese. «Tagliando corto, ho capito che se
davvero voglio
diventare un Maestro Pokémon, devo aiutare qualcuno a
raggiungere il
suo obiettivo. Sono stato messo in contatto con una ragazza che
è
diventata allenatrice questa mattina e…»
Spiegò Ash. «Penso di
aver capito.» Rispose Carlos. «Questo vuol dire che
la incontrerò
molto presto.» Aggiunse. «Suppongo di
sì.» Rispose Ash. «Però
ora è meglio rientrare.» Si congedò
Carlos. «Avrei dovuto passare
la notte da un mio amico e sarà decisamente
preoccupato.» Spiegò.
«Arrivederci!» Lo salutarono.
I
due tornarono al centro Pokémon. Era mezzanotte passata, per
cui
Serena dovette digitare il codice per aprire la porta. Appena aperto,
fece cenno a Ash di fare silenzio, portandosi un dito alla bocca.
Il
ragazzo camminò silenziosamente fino alla sua stanza. Serena
fece
altrettanto, cercando di non svegliare Anita, che dormiva beatamente.
Pikachu era sdraiato nel suo letto, e questo le faceva molto piacere.
Sapeva di piacere a Pikachu, dopotutto a detta di Ash, era la sua
sola amica a non essere mai stata fulminata. Anche in quel caso, la
ragazza, avrebbe dovuto fare molta attenzione.
Il
giorno dopo i tre dovettero alzarsi presto. Ash e Serena erano ancora
stanchi dalla notte prima. Stanchi e traumatizzati. Sia Anita che
Pikachu notarono il cattivo umore dei loro amici. Si erano riuniti e
si erano appena seduti al tavolo per fare colazione. «Vi vedo
preoccupati. È successo qualcosa?» Chiese Anita.
«Il Team Plasma…»
Iniziò Serena. «È peggio di quanto
potessimo mai immaginare.»
Cercò di spiegare. «Hanno costretto degli
allenatori a liberare i
loro Pokémon. Certo, alcuni di loro erano dei criminali,
ma… tra
loro c’era anche il Capopalestra di Levantopoli.»
Spiegò Ash.
«Siamo riusciti a salvare almeno lui.» Aggiunse
Serena. «Allora
credo che non dobbiate abbattervi così. Siete riusciti a
salvare
qualcuno.» I due scossero la testa. «Il problema
non è che siamo
riusciti a salvare solo una persona. Né quante non ne
riusciremo a
salvare o a non salvare. Il problema è che questi del Team
Plasma
sono molto pericolosi. Molto più pericolosi del Team
Rocket.»
Spiegò Ash. «E, a proposito, che fine hanno
fatto?» Si chiese
Serena.
Anita
era parecchio confusa. «E cosa sarebbe questo Team
Rocket?» Chiese
Anita. «Erano… o meglio sono, anche se non li
vediamo in giro da
molto tempo, dei criminali che rubano i Pokémon degli
Allenatori,
per venderli al mercato nero e guadagnarci. E noi ne sappiamo
più di
qualcosa, non è vero?» Chiese, retoricamente, sia
a Serena che a
Pikachu.
«Non
vedo molte differenze tra loro.» Commentò Anita.
«Entrambi non
rispettano il legame tra Allenatori e Pokémon. E, ora che,
nel mio
piccolo, sono diventata un’Allenatrice, non riesco ad
immaginarmi
senza Oshawott.» Spiegò.
Terminata
la colazione, e con un clima più disteso, i tre uscirono dal
Centro
Pokémon, e si misero in cammino.
«Scusat… Ehm… ditemi. Il
capopalestra di Levantopoli, com’è?»
Chiese. «Vorremmo che fosse
una sorpresa.» Le rispose Ash, senza nemmeno
pensarci.
Nel
frattempo i tre erano giunti alla periferia della città,
presto
sarebbero giunti in aperta campagna.
«Però…
pensandoci, sei diventata Allenatrice da poco, hai un solo
Pokémon con te. Forse dovresti catturarne qualcun
altro.» Le
propose. «Credi che io sia in grado di farlo?» Si
chiese la
ragazza, piuttosto titubante. «Se non ci provi, non lo potrai
mai
sapere.» Il ragazzo prese il suo Samart Rotom e
cercò, nella zona
del dex dedicata, i Pokémon presenti in
quell’area, quindi lo
avvicinò ad Anita. «Ecco. Qui ci sono i
Pokémon che puoi catturare
qui. Sembra che ci sia una buona varietà.»
Osservò. Sullo schermo
dello Smart Rotom apparirono le immagini di diversi Pokémon,
accompagnati, dal numero di Pokédex e dal loro nome.
«Vediamo…»
Commentò la ragazza. «Vediamo un
po’… Mareep, Riolu, Lillipup,
Patrat, Pidove, Azurill, Purrloin… Non ho idea di chi
scegliere.»
Ovunque i tre guardavano, potevano osservare Pokémon di ogni
specie.
Tuttavia,
appena questi cercavano di avvicinarsi, essi si rintanavano ovunque
fosse possibile. «Certo che è davvero difficile
catturare un
Pokémon. Molto più di quanto
immaginassi.» Cercò di parlare
sottovoce. «Molti Pokémon si spaventano
facilmente.» Le spiegò
Ash. «Devi fare molta attenzione.» Aggiunse Serena.
«Grazie dei
consigli, ma sembra che qui non appena facciamo un singolo passo,
spariscano tutti..» Ash la riprese di nuovo. «Devi
essere paziente.
A volte sono loro a volersi far catturare.» I tre
continuarono a
percorrere la strada che separava i due centri abitati.
Ad
un certo punto, da uno dei tanti cespugli, spuntò un
Pokémon simile
ad un cagnolino dal colore marrone chiaro. Aveva grandi occhi
di forma ovale e di colore marrone e un naso rosso. La sua faccia era
coperta da una folta pelliccia color crema. Aveva anche delle grandi
orecchie a punta e un ciuffo di pelliccia nella parte bassa di esse..
La sua pelliccia appariva gonfiata, nella parte superiore
delle
zampe. Sulla schiena del pelo di colore blu scuro che ricordava una
fiamma. La coda era corta e ricordava una sorta di ciuffo.
La
ragazza scansionò il Pokémon con la funzione
Pokédex del suo Smart
Rotom. «Lillipup.
Pokémon Cagnolino. Tipo Normale. Esemplare Femmina. Affronta
con valore anche gli avversari più forti, ma la sua
intelligenza gli
fa evitare le lotte troppo svantaggiose. Mosse conosciute Azione e
Morso.»
Il Pokémon Cagnolino si sedette e cominciò a
grattarsi.
«Non
so voi, ma io vorrei provare a catturarlo.» Anità
parlò sottovoce,
cercando di non spaventarlo. «Forza, puoi
riuscirci!» La incoraggiò
Ash. «Va bene! Poké Ball! Vai!» La
ragazza prese un Poké Ball
dalla sua borsa, ma prima che potesse premere il meccanismo di
attivazione, Serena la bloccò. «Non
così. Se vuoi catturare un
Pokémon, devi prima lottare. So che è
paradossale, ma, prima di
catturarlo devi lottare.» Anita ritirò la
Poké Ball nella borsa,
per prendere quella del suo Oshawott. «Bene, amico. Conto su
di te.»
La ragazza fece uscire il suo Pokémon. «Lo vedi
quel Lillipup?»
Chiese Mi farebbe piacere catturarlo, ma avrei bisogno del tuo aiuto.
«Sha?» Il tono del Pokémon era piuttosto
dubbioso. «Credo che tu
ci possa riuscire tranquillamente. Ma dobbiamo sbrigarci. Potrebbe
andarsene da un momento all’altro.» Lo
istruì.
«Bene,
tentiamo. Usa Azione!» Oshawott si mise a correre contro
l’avversario, ancora tranquillo.
Quando
Oshawott fu sufficientemente vicino, finalmente si alzò, e
decise di
rispondere all’attacco avversario, utilizzando Azione a sua
volta.
I due Pokémon si scontrarono e, a causa della violenza
dell’impatto,
entrambi arretrarono. A causa dell'impatto contro il terreno,
entrambi sollevarono una nuvola di terra.
«Oshawott!
Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra venne
circondato da uno
strato d’acqua, che lo rivestì completamente.
«Bene, ora cerca di
muoverti nel modo più imprevedibile che puoi!»
Ordinò. Il Pokémon
si mosse in diverse direzioni, cercando di confondere
l’avversario.
Pur saltando in diverse direzioni, non riusciva a seguirlo.
Alla
fine l’impatto fu inevitabile. Lillipup venne scaraventato in
aria.
Presto
ricadde a terra, stordito. «Questo è il
momento!» Le propose Ash.
La ragazza seguì il consigliò, rimettendo mano
alla borsa e riprese
la Poké Ball. Fece scattare il meccanismo di ingrandimento e
la
lanciò contro il Pokémon.
Questi
venne immediatamente assorbito dalla stessa, trasformandosi in un
fascio di luce. Fatto questo, la sfera si mise a vibrare, muovendosi
a destra e a sinistra.
I
tre la guardarono muoversi, era difficile determinare se la cattura
fosse o meno andata a buon fine. Nonostante, per Ash e per Serena,
non fosse una novità, la tensione che si creava
nel dover
aspettare per scoprire se una cattura fosse andata o meno a buon
fine, era sempre presente.
La
sensazione sparì immediatamente quando la Poké
Ball confermò la
cattura. «Ora non ti resta che raccoglierla.» La
ricordò Ash. «Oh…
si… certo… giusto.»
La
ragazza si inchinò e raccolse la Poké Ball.
«Ho catturato il mio
primo Pokémon!» Esultò, e Oshawott con
lei. « Vieni fuori
Lillipup!» La ragazza azionò il meccanismo di
apertura della Poké
Ball, facendo uscire il Pokémon Cagnolino.
Questi
si avvicinò immediatamente alla sua nuova allenatrice,
attaccandosi
alla sua gamba. «Sembra che ti adori
già» si congratulò Ash.
Dopo
aver pranzato, i tre si misero in cammino, sempre in direzione di
Levantopoli. Stavano proseguendo tranquillamente, nonostante qualche
brivido causato dal vento che ogni tanto si sollevava.
La
loro tranquilla camminata venne interrotta quando incrociarono i loro
passi con quelli di un ragazzo dai capelli biondi e vestito in abiti
sportivi. «Ciao, Ivan!» Lo salutarono.
«Beh… ciao» Rispose, in
tono seccato. Il suo modo di rispondere infastidì parecchio
a
Serena, la quale non si fece molti problemi a farlo notare.
«Non
credevo che saresti sopravvissuta così tanto.» Si
rivolse ad Anita,
con durezza. «Sarà forse per dare un minimo di
soddisfazione a loro
due?» Serena e Ash dovettero trattenerla, per evitare che gli
mettesse le mani addosso. «Forse dovreste risolvere la
questione con
una lotta.» Propose Ash. «Come volete.»
Rispose Ivan. «Tre contro
tre?» Chiese.
«Veramente
io avrei solo due Pokémon.» Rispose Anita.
«Fffff, e va bene…
due contro due.» Rispose, piuttosto seccato.
Trovata
una radura abbastanza ampia, che potesse fungere da Campo Lotta, i
due allenatori si posizionarono ai lati opposti del campo
improvvisato. «Se non vi dispiace, farò da
arbitro.» Si propose
Ash. «Come vuoi.» Rispose un sempre più
seccato Ivan. «Comincia
la lotta tra Anita e Ivan. Sarà una lotta due contro due.
Vince chi
riesce a sconfiggere entrambi i Pokémon
avversari.» Finita la
spiegazione delle regole, i due allenatori mandarono in campo i
rispettivi Pokémon.
«Oshawott!
Tocca a te!» Anita mandò in campo il suo primo
Pokémon, e lo
stesso fece Ivan, con Tepig. «Possiamo cominciare!»
Partì Ivan.
«Usa Nitrocarica!» Ordinò. Il corpo di
Tepig si rivestì di fiamme
e si mise a correre contro Oshawott. «Proviamoci! Raggiungilo
con
Acquagetto!» Ordinò Anita. Il corpo del
Pokémon Lontra si rivestì
d’acqua, e spiccò un salto. Era un proiettile
impazzito attaccato
ad una scia d’acqua.
I
due Pokémon si scontrarono a metà del campo. Il
contatto tra i due
fu piuttosto violento, con i due Pokémon che vennero
proiettati
all’indietro dalla violenza dell'impatto.
Tepig
aveva subito i danni maggiori, ma ancora non voleva arrendersi.
«Usa
Azione!» Ordinò Ivan. Il Pokémon
Suinfuoco si
mise
a correre contro il suo avversario. Anita rimase attendista. Tepig si
stava pericolosamente avvicinando.
«Adesso
schiva e usa Pistolacqua da vicino!» ordinò Anita.
Dalla bocca del
Pokémon Lontra uscì un poderoso getto
d’acqua
che
colpì in pieno il Tepig avversario, scaraventandolo in aria.
Alcuni
istanti dopo ricadde a terra, con un tonfo. «Beh! E allora
che fai?
Su! Forza! Muoviti e attacca! Nitrocarica!» Il corpo di Tepig
si
rivestì di fiamme e si mise a correre contro
l’avversario. A causa
delle ferite riportate, era più lento del normale.
«Oshawott!
Acquagetto!» Il Pokémon di tipo acqua si
rivestì d’acqua e si
trasformò in un proiettile impazzito che colpì in
pieno
l’avversario, facendolo volare. Quando ricadde, il risultato
della
battaglia fu evidente. Tepig era a terra e con le zampe distese.
«Tepig non può più lottare. Vince
Oshawott!» Decretò Ash. «Vedi
di fare meno schifo la prossima volta.» Ivan
ritirò il suo Pokémon,
sconfitto. Ash si trattenne a fatica dal tirargli un cazzotto nei
denti o, comunque, dal spaccargli la faccia. «Il tuo
Pokémon ha
lottato al massimo delle sue possibilità. Se continui a
comportarti
così, io mi rifiuto di arbitrare la lotta.» Ivan
si voltò verso di
lui. «Non è necessario che qualcuno arbitri questa
lotta. E poi i
Pokémon sono miei. Li tratto come meglio credo.»
Uscì.
«In
ogni caso, chiudiamola in fretta! Pidove vai!» Dalla
Poké Ball del
ragazzo uscì un Pokémon simile
ad un piccione di colore grigio. Aveva degli occhi ovali larghi e di
colore dorato. La testa era rotonda. Sulla cima della stessa si
trovava una specie di cresta a tre punte. Il becco, di colore nero
era sormontato da due piccole protuberanze rosa. Sotto di esso si
trovava la pancia, che con un motivo a cuore, di colore più
chiaro
del resto del corpo. Sul retro del corpo, all'altezza del collo, si
trovava una striatura nera. Sulle ali, di colore nero si trovava una
striatura grigia. Il Pokémon aveva delle zampe rosa con tre
dita
dotate di unghie nere. Anita utilizzò la funzione
Pokédex del suo
Smart Rotom. «Pidove
Pokémon Piccione. Tipo Normale e Volante. Esemplare Maschio.
Pokémon
che vive in città. Si affeziona facilmente alle persone,
perciò non
è strano trovarlo in parchi o piazze. Mosse conosciute
Raffica,
Attacco Rapido, Aerasoio.» Anita ripose il suo Smart Rotom
nella
borsa. «Bene,
Pidove! Vai di Aerasoio!»Il Pokémon Piccione
generò dalle ali
delle lame fatte d’aria. Le diresse con precisione chirurgica
contro l’avversario. Nonostante il tentativo di schivare, il
Pokémon venne colpito in pieno petto. A causa del colpo
subito,
cadde a terra, sfinito. «Oshawott non è
più in grado di
continuare.» Decretò Ash. «Ora puoi
riposare, amico, sei stato
bravissimo!» Si cogratulò Anita.
«Congratularsi con un Pokémon
che ha appena perso è sinonimo di debolezza.»
Commentò Ivan. Anita
non rispose. «Lillipup! È il tuo
momento!» La ragazza prese dalla
sua borsa la Poké Ball del suo secondo Pokémon.
Ne schiacciò il
pulsante apertura e fece uscire il Pokémon Cagnolino dalla
sua Poké
Ball.
«Pff…
Un Lillipup! Banale!» Commentò Ivan, in tono
annoiato. Anita si
limitò ad ignorarlo. Lillipup era un suo Pokémon
solo da poche ore,
ma già ci teneva tanto e non sopportava che qualcuno li
trattasse in
quel modo. «Lillipup! Usa Azione!»
Odinò. Il Pokémon Cagnolino si
mise a correre contro l'avversario, nel tentativo di colpirlo.
«Su,
schiva!» ordinò Ivan. il Pokémon
Piccione spiccò il volo evitando
il colpo avversario. «E ora usa Aerasoio!» Dalle
ali del Pokémon
Piccione si generarono delle lame d’aria, che colpirono in
pieno il
Pokémon avversario. «È
l’abilità Supersorte di Pidove. Ha
ottime possibilità di mettere a segno dei brutti
colpi.» Spiegò
Ivan. «E mi pare anche di aver vinto. No? Che aspetti a
dichiarare
la mia vittoria, arbitro?» Ash lo fulminò con lo
sguardo. «Vince
Ivan.» Decretò. Il vincitore della lotta
ricoverò il suo Pokémon
nella Poké Ball. «La prossima volta vedi di essere
una degna
avversaria. O, per avere un po’ di sfida devo sfidare te,
Ash?»
Ash si limitò a non rispondere. Non perché fosse
schizzinoso, ma
perché, come anche alla sua Snivy, quel ragazzo proprio non
piaceva.
Pochi
istanti dopo, Ivan aveva preso le sue cose e se n’era andato.
«Non
so voi, ma a me quel ragazzo non piace per nulla.»
Osservò
Ash. «Concordo. Non mi è piaciuto per nulla come
ha trattato i suoi
Pokémon. Tu che ci hai lottato, che ne dici?»
Chiese Serena. Anita
non rispose. «Tutto a posto?» Le chiese Serena, in
tono
preoccupato. Ancora un silenzio di tomba.
Serena
fece alcuni passi indietro e la trovò. Era seduta contro un
albero.
Aveva la faccia tra le mani. Sembrava piuttosto triste. Appena si
accorse della presenza della Performer, si voltò dalla parte
opposta.
«Non
pensare che facendo così, cambi qualcosa.» La
riprese Serena. «Non
puoi prendertela così tanto per una sconfitta.» Si
aggiunse Ash.
«Non lo capisci? Tu oramai sei il campione dei campioni! Non
sai
cosa significhi perdere! Io non merito di essere
un’allenatrice!
Non merito la fiducia dei miei Pokémon!» Si
sfogò.
Ash
e Serena si sedettero di fronte a lei. «No. Non puoi dire
così. Se
tutti gli Allenatori non meritassero i Pokémon, dopo una
sola
sconfitta, allora non ci sarebbero Allenatori. Tutti hanno perso
almeno una lotta. Anche i più grandi Campioni. Nessuna
eccezione,
non è vero?» Pikachu confermò la cosa.
«E lo stesso vale per Gare
e Varietà.» si aggiunse Serena. «La sola
cosa importante è
rialzarsi sempre e imparare dai propri errori.» Ash
cercò di
motivarla.
«Mi
merito ancora la vostra fiducia?» La ragazza prese in mano le
Poké
Ball dei suoi due Pokémon. la ragazza si alzò in
piedi e risistemò
le sue Poké Ball.
«Ora
però rimettiamoci in cammino o dovremo passare la notte
qui.»
Ricordò Serena. «Non sono sicura di voler passare
la mia prima
notte da Allenatrice così
all’addiaccio.» Rispose Anita.
I
tre si misero in cammino, parlando poco o niente. «Non so te,
amico…» Ash parlò a Pikachu, cercando
di non farsi sentire dalle
ragazze. «Pika?» Chiese il roditore elettrico.
«Dico che Ivan, per
certi versi, mi ricorda Paul.» Spiegò il ragazzo.
«Scusa
se sono indiscreta, ma chi sarebbe questo Pol?» Chiese
Anita.«È
Paul, non Pol. Non è il pilota di moto. Comunque…
beh, è stato un
rivale quando abbiamo viaggiato a Sinnoh. Si, era e, credo sia
indubbiamente forte, ma non mi è mai piaciuto il modo in cui
trattava i suoi Pokémon. Ma magari ve ne parlerò
un’altra volta.
Non mi piace parlare di persone che non sono presenti.»
Spegò Ash.
Nel
frattempo, i tre avevano quasi raggiunto Levantopoli. O meglio,
riuscirono a scorgere i primi edifici. Erano le punte dei grattacieli
più alti. Erano edifici realizzati in vetro e acciaio, dalle
forme
più disparate.
Continuando
a camminare, iniziarono a raggiungere i primi edifici residenziali,
le prime villette a schiera con giardino, i primi bambini che
giocavano con dei Pokémon domestici, come dei Growlithe, dei
Lillipup, o degli Yamper.
Superati
questi, incominciarono a raggiungere la parte più centrale
della
città. Iniziavano ad intravedersi i primi edifici
più alti ed i
locali. Tra essi anche il moderno Centro Pokémon.
Era
un edificio moderno, alto due piani e molto ampio. L’ingresso
dava
sulla piazza, mentre sul lato destro vi era il campo lotta.
L’edificio era circondato da numerosi alberi.
Era
quasi ora di cenare. E, sebbene lo stomaco di Ash brontolasse, la
priorità era prenotare una stanza per la notte. E quel
Centro
Pokémon era la scelta ideale.
Prenotate
le stanze, e dopo aver fatto fare un controllo ai loro
Pokémon,
raggiunsero uno dei locali della città. Una pizzeria, che,
dalle
numerose recensioni ricevute, sembrava essere uno dei migliori locali
della città. Dopo cena, i tre andarono al Centro
Pokémon, in cui
passarono la notte. Anita non se la sentiva ancora di sfidare la
Palestra.
Il
giorno seguente, mentre l’Infermiera Joy dava il cambio alla
guardia medica che aveva lavorato al turno di notte, un ragazzo stava
bussando alla porta, insistendo per entrare.
l’Infermiera,
accorgendosi della sua presenza, premette il pulsante per aprire la
porta. Il ragazzo, non aspettandoselo, rischiò di cadere in
avanti.
«Ah…
se tu, Carlos…» Lo accolse l’Infermiera.
«Come mai qui così
presto?» Gli chiese. «So che gli eroi che mi hanno
salvato dal Team
Plasma. E non ho fatto in tempo a ringraziarli.» Rispose.
«Per
il momento tutti gli ospiti stanno dormendo. Puoi aspettarli nella
sala colazioni, se vuoi. Mangia pure quello che vuoi.» Gli
propose.
Il ragazzo seguì il consiglio, raggiungendo la stanza
indicata e
accomodandosi ad uno dei tavoli. Per trovare chi cercava, dovette
attendere oltre un’ora.
«Come
ti dicevo, se ancora non te la senti di lottare in palestra, possiamo
fare una sessione di allenamento qui. Magari con
Snivy.
Dopotutto anche lei è alle prime armi e un po’ di
allenamento non
potrà che farle bene.» Stavano discutendo sui
piani della giornata.
O meglio, Ash ne stava parlando, con le ragazze che cercavano di
assecondarlo.
Stavano
per scegliere un tavolo in cui accomodarsi e in cui posare poi i
vassoi della colazione. Carlos, individuato il loro tavolo, fece
altrettanto. Si mise in coda a loro e prese le vivande per la
colazione. Non era una cosa esattamente nelle sue corde, ma,
per ringraziarli, questo e altro. Appena si sedettero, Carlos fece
altrettanto.
«Grazie
ancora per avermi salvato.» Esordì il ragazzo.
«Eeeeeee…
tu chi saresti?» Chiese Anita, mentre si voltava verso il
ragazzo.
Serena aveva ben interpretato il suo sguardo. Ma si limitò a
non
dire nulla. «Beh.. Vedi. Loro due mi hanno salvato dal Team
Plasma e
volevo semplicemente ringraziarli. Certo. Ci siamo già
incontrati la
sera, ma ci siamo separati subito.» Anita cercò di
dire qualcosa a
riguardo, ma si bloccò.
«Scusami.
Non mi sono presentato.» Ripartì il ragazzo.
«Mi chiamo Carlos,
sono il Capopalestra di Levantopoli. Ma se volete potete chiamarmi
Charlie o Chili, va bene uguale.» Ash lo guardò in
modo strano. «Ma
perché, se ti chiami Carlos, perché ti
fai chiamare in così
tanti modi?» Chiese. «Beh, tu ti chiami Satoshi, ma
tutti ti
chiamano Ash.» Gli rispose Serena.
Carlos,
ignorando la questione, continuò il discorso.
«Immagino che tu sia
venuta qui per sfidarmi.» Si riferì ad Anita.
«Si. Lei è venuta
qui per questo.» Si intromise Ash, lasciandola di stucco.
«Forse
avrebbe dovuto dirlo lei, non credi?» Lo riprese Serena.
«Non
importa. Ash ha detto la verità. Sono, anzi siamo qui per
questo. È
che non ne sono molto sicura. Vorrei tentare, ma ho paura di fallire.
Già, per loro è stato difficile farmi accettare
una sconfitta. Non
so se saranno in grado di farlo di nuovo.»
Ash
e Serena si voltarono nella sua direzione. «Faremo sempre
tutto il
possibile.» Le rispose Ash. «Esattamente. La cosa
importante è
imparare dai propri errori.» Aggiunse Serena.
«Scusate
se sono invadente, ma non vi dispiace se mi alleno con voi?»
Chiese
Carlos. «Ci mancherebbe altro.» Rispose Ash.
«E, dal momento che
sei il Capopalestra, sia mai che ti scappi qualche tecnica
segreta…»
Commentò Ash, in tono ironico, mandando, involontariamente
Carlos
nel pallone.
Terminata
la colazione, i quattro si diressero al Campo Lotta del Centro
Pokémon. «Pensavo ad una cosa.» Esordi
Carlos, scatenando la
curiosità degli altri tre. «Dal momento che Anita
è ancora alle
prime armi, forse le farebbe bene imparare da una lotta tra
allenatori… diciamo più esperti, no?»
Chiese Carlos. «Fate come
volete. Si. Magari posso imparare qualcosa, ma, ripeto, fate come
meglio credete.» Rispose Anita.
I
due allenatori si erano schierati dai lati opposti del campo, pronti
a schierare i loro Pokémon. «Umbreon, vieni fuori
a fare un po’
di allenamento!» Esclamò Carlos, mentre mandava in
campo il suo
Pokémon. Anita ne approfittò per analizzarlo con
il suo Smart
Rotom. «Umbreon, Pokémon Lucelunare, Tipo Buio,
Esemplare
maschio, È un Pokémon notturno. Le sue grandi
pupille gli
permettono di vedere chiaramente le prede anche
nell’oscurità più
profonda. Mosse conosciute: Comete, Attacco Rapido, Palla Ombra,
Neropulsar.» Mentre Anita scansionava il Pokémon
con il suo Smart
Rotom, Ash aveva mandato in campo Pikachu.
«Se
siete pronti, noi cominciamo.» Avvisò Ash.
«Prontissimi!» Rispose
Carlos. Anche Umbreon confermò di esser pronto a lottare.
«Per noi
è un onore lottare contro di te.» Concluse Carlos.
«Bando
alle ciance! Pikachu, cominciamo con Attacco Rapido!» Pikachu
si
mise a correre a gran velocità contro l'avversario,
muovendosi
rapidamente a destra e a sinistra, disorientandolo.
«Usa
anche tu Attacco Rapido!» Umbreon si mise a correre in
direzione del
suo avversario, cercando di copiarne ogni movimento. I due
Pokémon
si scontrarono al centro del campo.
«Approfittiamo
dell’altezza! Usa Codacciaio!» Ordinò
Ash. La coda del Pokémon
Topo cambiò la sua struttura della sua coda. A causa della
grande
energia dovuta alla sua caduta, ottenne una grande energia.
Nonostante il tentativo di schivare, Umbreon venne colpito in
pieno.
«Direi
che può bastare così come allenamento.»
Carlos diede il time-out.
Era stata una lotta breve, ma piuttosto intensa, quantomeno per
Umbreon.
«Quindi
è così che lottano dei campioni eh! Pensa se non
avessi interrotto
la lotta. Abbiamo tanto da fare per essere al vostro
livello.»
Commentò Carlos. «Vi ho sentito prima che volevate
allenarvi con
Anita, scusate se vi ho fatto perdere tempo.» Aggiunse.
«No- non
importa.» Rispose la ragazza.
«È–è stato interessante
vedervi
all’opera. Spero di non fare una brutta figura.»
Rispose Anita.
«Non dire così. E credo di avertelo già
spiegato. E poi questa è
una lotta di allenamento, sia per i tuoi che per Snivy» Le
rispose
Ash. Anita fece cenno di aver compreso.
I
due si erano disposti ai lati del campo di lotta.
«Sarà anche un
allenamento, ma vi chiedo di dare il massimo.» La
incoraggiò Ash.
«Ci proveremo!» Rispose Anita. «Oshawott!
Tocca a te!» La ragazza
mandò in campo il suo Pokémon. Contemporaneamente
Ash mandò in
campo la sua Snivy. «Cominciate pure voi!» La
invitò Ash. «Come
desideri! Oshawott! Usa Acquagetto!» Ordinò Anita.
I
Pokémon Lontra si rivestì d’acqua e,
come un proiettile, si
lanciò in direzione dell'avversario. Sembrava lo potesse
raggiungere
da un istante all’altro. «Presto, Snivy, schivalo e
poi bloccalo
con le tue fruste!» Ordinò Ash.
La
piccola serpe d’erba spiccò un balzo pochi istanti
prima che
venisse raggiunta dall’avversario. Contemporaneamente dalle
protuberanze sulla schiena della Pokémon spuntarono due
liane che
afferrarono e strinsero il Pokémon. «E ora
lancialo!» Ordinò Ash.
La Pokémon Eseguì, sfruttando le sue fruste per
lanciare
l’avversario.
Oshawott
venne proiettato contro il terreno, dove sbattè di testa
contro il
terreno. Nonostante il duro colpo, riuscì a rialzarsi.
«Te la senti
di continuare?» Chiese. Oshawott rispose in maniera
affermativa.
«Bene.
Forse vuole insegnarci che non dobbiamo lottare solo da vicino.
Beh…
forse? Proviamoci. Usa Pistolacqua!» Dalla bocca del
Pokémon Lontra
uscì un potente getto d'acqua,in direzione della sua
avversaria.
Inizialmente non fu in grado di direzionarlo correttamente, colpendo
il terreno e sollevando polvere e fango.
«Snivy,
usa Vorticerba!» Ordinò Ash. La Pokémon
saltò e generò una
tempesta di foglie affilate come lame, che raggiunsero e colpirono
l’attacco dell'avversario, distruggendolo.
«No.
Niente. Nemmeno lottando da lontano riusciamo ad attaccare.»
Commentò Anita in tono frustrato. “E se provassimo
ad usare una
delle sue tecniche?” Pensò. «Ma
sì. Proviamoci! Oshawott! Usa
Acquagetto!» Ash notò il mezzo sorriso accennato
da Anita,
ricambiando a sua volta. Restò calmo, come anche Snivy.
Oshawott
stava per raggiungere Snivy, rimasta ancora ferma. «E ora usa
Tagliofuria!» Ordinò Anita, strappando un sorriso
a Ash. «Difenditi
con le fruste!» Ordinò Ash. Con le sue fruste, la
Pokémon riuscì
a rallentare l’attacco avversario, sia pur con delle
conseguenze. I
due Pokémon erano uno sull’altra.
Per
evitare imbarazzi, Snivy usò le sue fruste per spostare
Oshawott e
si scostò.
«Direi
che come allenamento può bastare.» Concluse Ash.
«Vedo molto
potenziale in te!» Si congratulò con Anita.
«Dici davvero?»
Chiese la ragazza. «Non mentirei mai.» Rispose Ash.
Anche
Carlos aveva assistito alla lotta. “Certo che Ash, nonostante
sia
un campione, riesce anche a lavorare bene con allenatori inesperti
chissà se…” Pensò.
Il
suo flusso di pensieri venne interrotto dalla presenza di Anita. La
ragazza era davanti a lei. Piuttosto vicina. «S-sai,
C-Carlos. C-»
La ragazza era in visibile imbarazzo. «Dimmi.»
Rispose il ragazzo.
«V-vorrei S-Sfidardi i-in una l-lotta in Palestra. Se vuoi
anche
domani.» Gli chiese.
«Ci
mancherebbe altro! Sono sempre pronto ad affrontare nuovi
sfidanti!»
Rispose.
«Ci
vediamo domani!» Salutarono Carlos. Serena Sorrise. Aveva una
sensazione dentro di sé. Non poteva non pensare alle sue
amiche e a
cosa provasse verso Ash. Non voleva essere invadente. Dopotutto era
la prima persona a sapere che certe cose avessero bisogno dei loro
tempi.
Si,
ho voluto fare un capitolo più breve, ma spero comunque sia
un
capitolo interessante. Nelle mie intenzioni era un semplice capitolo
di introduzione, diciamo. I veri botti cominceranno più
avanti. Non
vi preoccupate. Ho già diverse idee da mettere in
campo.
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Capitolo 3 *** Non sei una persona che si arrende così, vero? ***
Prima
di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe
aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci
accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della
storia.
Ash
e Serena sono arrivati ad Unima e hanno fatto la conoscenza di Anita,
una neo Allenatrice di sedici anni. La ragazza ha scelto Oshawott
come primo Pokémon, mentre una Snivy molto particolare si
è unita
alla squadra di Ash.
I
nostri eroi hanno fatto anche la conoscenza di Ivan, anche lui un
Allenatore alle prime armi, ma dai metodi poco ortodossi. Hanno
inoltre fatto la conoscenza del Team Plasma e dei loro
scopi.
Ultimo,
ma non meno importante, Anita, pur con tanti dubbi, ha deciso di
seguire la strada delle lotte in Palestra. Come andrà a
finire?
Anita vincerà la sua prima medaglia? Chi è
davvero Carlos? Non ti
resta che leggere per scoprirlo!
Non
sei una persona che si arrende così, vero?
Era
finalmente giunto il giorno della prima lotta in Palestra per Anita.
I tre avevano passato la notte al Centro Pokémon della
città.
Anita, nonostante le rassicurazioni, non aveva chiuso occhio. Aveva
troppa paura di fallire per riuscire a dormire.
Certo,
Ash e Serena l’avevano rassicurata fino allo sfinimento.
“Non
importa che tu vinca al primo, al secondo o al decimo tentativo, noi
ti sosterremo sempre, e lo stesso faranno i tuoi Pokémon.
Non
dimenticarlo.” Le avevano detto.
Erano
le sette e mezza, e i tre si erano alzati per fare colazione e
così
i loro Pokémon. Erano seduti su un tavolo vicino alla
finestra, con
la luce del sole che filtrava e cominciava a scaldare
piacevolmente.
Anita,
contrariamente al giorno prima, Anita aveva preso solamente un
caffè
per colazione. «Sei sicura di prendere solo
quello?» Le chiese Ash,
mentre azzannava un gigantesco cornetto alla crema. «Poi non
avrai
abbastanza energia per la lotta.» Aggiunse. “Mi
pare che questo
ragazzo abbia solo due neuroni. Uno pensa alle lotte e
l’altro a
mangiare” pensò Anita, mentre lo vedeva divorare
in un paio di
morsi quel cornetto. «Stai tranquilla.» La
rassicurò Serena. «Ash
si preoccupa sempre di queste cose.» Serena cercò
di non ridere
«Per certi versi mi ricorda mia nonna. Ehi! Ma non hai
mangiato
niente! Sei pallida, ma ne mangi carne? Mi sembri dimagrita
dall’ultima volt…» Ash si
voltò nella sua direzione. «Adesso
non esageriamo! Dico solo che per lottare serve energia. Di
comportarmi così, ne parleremo tra settant’anni.
Sempre che avrò
dei nipoti, ovviamente.» Rispose Ash, lasciando Serena
pietrificata.
«Va bene. Come vuoi, se però mi sento male,
è colpa tua.» Anita
si alzò e andò a prendere un cornetto. Il
più piccolo. Era ripieno
di cioccolato. Non il suo ripieno preferito, ma se lo sarebbe fatto
andare bene. Per evitare problemi, lo avrebbe mangiato a piccoli
morsi.
Finito
di mangiare, i tre consegnarono le chiavi delle loro stanze
all’Infermiera Joy, la salutarono e uscirono dal Centro
Pokémon.
Serena,
attraverso l’applicazione Mappe del suo Smart Rotom, era
pronta a
guidarli verso l’edificio.
Dovettero
percorrere quasi un chilometro a piedi, prima di raggiungerela. Si
trovarono davanti ad una piazza, leggermente più piccola di
quella
su cui era affacciato il Centro Pokémon, ma realizzata in
modo
simile.
Era
realizzata con degli ampi lastroni di marmo bianco, che rifletteva la
luce, in modo quasi fastidioso. Sulla piazza erano presenti anche
delle aiuole, realizzate nel medesimo materiale, ricche di una folta
vegetazione, una calamita per piccoli Pokémon di tipo Erba e
Coleottero.
La
Palestra era un edificio alto e dalla forma semicilindrica. Era
realizzata in cemento e vetro. Era preceduta da alcune colonne di
cemento, realizzate in modo da ricordare degli edifici
antichi.
La
parte inferiore dell’edificio era decorata in mattoni
più chiari,
rispetto al cemento, e nella parte superiore erano presenti sei
finestre dalla forma arcuata.
L’ingresso
era una porta di legno scuro, estremamente alta. Sembrava volesse
incutere timore verso i visitatori. Era sovrastata da un balcone in
cemento. Nella parte superiore del tetto vi era una scultura a forma
di Poké Ball, tipica di tutte le Palestre. Ash
tentò di aprire la
porta, spingendola. La cosa che più trovava naturale, non
essendoci
alcun cartello che invitasse a tirare. «Diavolo! Non si
apre!» Si
lamentò. «Proviamo a suonare al
citofono.» Propose Serena. «Si…
giusto… non l’avevo visto.» Rispose Ash.
Anita si avvicinò ai
due e Serena premette il pulsante.
«Bene,
siete voi!» Rispose una voce familiare.
«Apro.» Un rumore
elettrico confermò l’apertura della porta. Ash la
spinse,
permettendo alle ragazze di entrare.
«Ma
è una Palestra o un ristorante?» Il pavimento era
realizzato in
finto legno, e nella stanza erano presenti numerosi tavoli con delle
sedie. Ogni tavolo era coperto da una tovaglia che arrivava quasi a
terra. Le pareti, di un colore caldo, erano decorate con svariati
finimenti, dando al locale un tocco di classe. Sul soffitto diversi
lampadari in vetro metallo, anch’essi molto eleganti e
curati.
Prima
che potessero osservare ulteriormente, vennero raggiunti da Carlos.
«Ciao, Carlos!» Lo salutarono. «Ciao
ragazzi. Immagino siate
venuti qui, per la sfida di Anita.» Chiese.
«S-sì. Almeno credo.»
Rispose.
«Bene.
Allora seguitemi, che vi porto al campo lotta. Poi, dopo la lotta,
indipendentemente dal risultato, è tradizione della Palestra
offrire
il pranzo o la cena a chi la sfida e a chi
l’accompagna.» Spiegò.
«Sembra
interessante!» Rispose Ash. “Possibile che questo
qui pensi sempre
a mangiare?” Pensò Anita. Intanto i tre avevano
raggiunto il campo
lotta.
Come
da tradizione, sui lati lunghi del campo erano presenti delle
gradinate per permettere agli ospiti di assistere alla lotta. Sul
lato sinistro era presente un dispositivo che destò
l’attenzione
di Ash.
Era
una sorta di scatolone, con diverse telecamere al suo interno. Altre
telecamere erano presenti sul soffitto della Palestra e sulle pareti.
«Cosa sarebbe quello scatolo?»
Chiese.
«È
il sistema di arbitraggio elettronico automatico. Grazie a diverse
telecamere posizionate in luoghi strategici della Palestra,
è in
grado di monitorare ogni singolo evento della lotta e, lo elabora e
lo archivia. Infine, determina il risultato della stessa. Prima della
lotta deve essere impostato coi parametri della lotta.»
Spiegò
Carlos. Vedendo l'espressione sconcertata di Ash, comprese che doveva
spiegarglielo terra-terra. «Semplicemente questo dispositivo
sostituisce l’arbitro umano nelle lotte. Devi solo dirgli se
è una
lotta uno contro uno, due contro due e così
via…» L’espressione
di Ash cambiò. «Capito.»
Rispose.
Carlos, nel frattempo, si era avvicinato al dispositivo. Aveva aperto
uno sportellino e aveva estratto una tastiera wireless, del tutto
simile a quella di un computer. «Dimmi, Anita. È
la tua prima lotta
in Palestra?» Chiese. «Si.» Rispose la
ragazza. «Hai uno o più
Pokémon?» Continuò.
«D-due.» Rispose. «Ultima domanda. Qual
è
stato il tuo Starter?» Chiese, mentre finiva di compilare il
modulo.
«O-Oshawott.» Rispose. «Benissimo.
L’arbitro elettronico è
pronto. Possiamo partire!» Dichiarò Carlos.
«La lotta in Palestra
tra il Capopalestra Carlos e la Sfidante Anita sta per cominciare!
Sarà una lotta due contro due. Vince chi riesce a rendere i
Pokémon
avversari non più in grado di lottare! Inoltre, solo alla
Sfidante è
concesso sostituire il suo Pokémon. La prima mossa va alla
sfidante.
Che la lotta cominci!» Dichiarò
l’arbitro.
«P-proviamoci.
Oshawott! Vai!» La ragazza mandò in campo il
Pokémon Lontra,
tornato perfettamente in forma ed era pronto a combattere. Appena
entrato in campo fece un gesto d’orgoglio.
«Umbreon!
Tocca a te!» Carlos mandò in campo il
Pokémon Lucelunare. “Mhmm,
un Pokémon di tipo Buio, eh! Magari un
attacco
di tipo Coleottero può essere efficace.
Proviamoci.” Pensò.
«Oshawott usa Taglofuria!» Il
Pokémon Lontra si mise a
correre contro l’avversario, brandendo la sua
molluscosciabola.
Umbreon stava rimanendo fermo, come una statua.
«Schiva
e usa Palla Ombra!» Ordinò Carlos. Il
Pokémon obbedì, spostandosi
rapidamente e lasciando l’avversario di stucco.
Contemporaneamente
dalla bocca di Umbreon si generò una sfera di energia
oscura, dal
colore violaceo. Sembrava fosse
circondata
da delle scariche di energia, simile
all’elettricità. Rapidamente
Umbreon lanciò verso l’avversario la sfera di
energia. Anita non
aveva molto tempo per pensare. Doveva fare come Ash. Improvvisare.
«Difenditi con Tagliofuria!» Ordinò.
Oshawott mosse rapidamente la
sua Molluscosciabola, come per tagliare l’aria, scatenando la
curiosità dei presenti.
Il
piano della neoAllenatrice venne fuori non appena l’attacco
raggiunse il Pokémon acqua. La sfera di energia esplose
ugualmente,
con meno energia del previsto, ma fece comunque arretrare il
Pokémon
Lontra di alcuni metri.
«Prova
con Acquagetto!» Oshawott si ricoprì
d’acqua, e divenne una sorta
di mina vagante per la Palestra. Era piuttosto difficile prevedere
dove sarebbe andato. «Cerca di contrastarlo con Attacco
Rapido!»
Ordinò Carlos. Umbreon si mise a correre a gran
velocità, riuscendo
a copiare ogni movimento di Oshawott.
I
due Pokémon si scontrarono a metà del campo
lotta, ed entrambi
vennero proiettati indietro. Umbreon riuscì ad atterrare
agilmente
sulle quattro zampe, mentre Oshawott atterrò di
faccia.
Nonostante
il duro impatto il Pokémon acquatico riuscì a
rialzarsi, pur con
fatica. «Te la senti di continuare?» Chiese Anita.
Il Pokémon
rispose in maniera affermativa. Il suo corpo sembrava brillare.
«Molto bene! Allora proviamo con Pistolacqua!»
Ordinò Anita. Dalla
bocca del Pokémon Lontra si generò un
potentissimo getto d’acqua
che raggiunse e colpì l’avversario, proiettandolo
violentemente in
aria. “E così è questo il vero
potenziale di Oshawott?”
pensarono, contemporaneamente, Anita e Carlos. «Chiudiamola
qui,
Umbreon! Usa Comete!» Dalla parte posteriore del
Pokémon Lucelunare
si generarono delle stelle dal caldo colore giallo, che vennero ben
presto lanciate contro l’avversario. «Oshawott
schiva!» Ordinò
Anita. Ma fu troppo tardi. La potente esplosione che lanciò
il
Pokémon verso il lato di Anita era già avvenuta,
e Oshawott era
riverso a terra, privo di sensi.
«Oshawott
non è più in grado di lottare. Vince
Umbreon!» Dichiarò l’arbitro
elettronico. «Su, amico, ritorna, sei stato
bravissimo.» Anita
ricoverò Oshawott nella sua Poké Ball.
«Ora tocca a te! Lillipup!»
La ragazza lanciò la Poké Ball del suo secondo
Pokémon, la
Lillipup catturata poco tempo prima. «Conto su di te! Usa
Azione!»
Il Pokémon Cagnolino si mise a correre contro
l’avversario, che
rimase impassibile, quasi volesse farsi colpire. «Abbiamo
aspettato
anche troppo, Neropulsar!» Dalla bocca del Pokémon
Lucuelunare uscì
una serie di anelli di energia oscura il loro colore era un viola
scuro, tendente al nero. «Schiva, presto!» Lillipup
spiccò un
salto, riuscendo ad evitare di essere colpita per un
soffio.
«Lillipup,
riprova con Azione!» La Pokémon si mise nuovamente
a correre, ora
più vicina all’avversario. Il terreno scorreva
rapidamente sotto
le sue zampe. Quando fu abbastanza vicina, spiccò un salto e
colpì
Umbreon sulla testa, facendolo arretrare leggermente.
«Lancialo con
la testa!» Coi potenti muscoli del collo, Umbreon
lanciò la piccola
Lillipup in aria, senza che la Cagnolina potesse reagire in alcun
modo.
«E
ora salta e usa Attacco Rapido!» Umbreon, sfruttando i
potenti
muscoli delle zampe posteriori, spiccò un potente balzo.
Colpì in
pieno la piccola Lillipup, facendola ricadere.
«Lillipup
non è più in grado di lottare, vince Umbreon. La
vittoria
dell’incontro va al Capopalestra!»
Dichiarò l’arbitro
elettronico.
«Ritorna.
Hai fatto del tuo meglio. Io no. Ho sbagliato a voler affrettare
così
tanto le cose.» Anita commentò la sua
sconfitta.
«Avete
fatto del vostro meglio, vedrai che la prossima volta andrà
meglio.»
La incoraggiò Ash. «Credo che ci vorrà
solo un altro po’ di
allenamento. Per quanto Umbreon sembri forte, avrà
sicuramente dei
punti deboli.» Aggiunse.
«Dici?
Credi che…» La ragazza non riuscì a
terminare la frase. Qualcuno
aveva aperto la porta, spaventandola. «E così ti
sei finto di nuovo
Capopalestra, Carlos?» Disse una voce maschile.
Dalla
porta entrarono tre giovani. Erano vestiti praticamente uguali.
Indossavano un completo simile a quello di un cameriere. Indossavano
una camicia bianca, coperta da un gilet nero, con tre bottoni
dorati.
Avevano
dei pantaloni neri e delle scarpe marroni. Avevano una sorta di
grembiule bianco. «E… voi chi siete?»
Chiese Ash.
I
tre si presentarono, nello stesso ordine in cui erano arrivati.
«Io
sono Spighetto!» Si presentò il ragazzo dai
capelli verdi. «Sono
il Capopalestra di Levantopoli!» Si presentò poi
il ragazzo dai
capelli rossi. «Io sono Chicco, sono il Capopalestra di
Levantopoli.» Infine, si presentò il ragazzo dai
capelli blu. «Io
sono Maisello…» Ash lo interruppe.
«Fammi indovinare… il
Capopalestra di Levantopoli?» Il ragazzo dai capelli blu ci
rimase
male. «Si... Ma avrei preferito dirlo
io…» Ad interrompere
l’imbarazzo del fratello ci pensò Spighetto.
«Non è importante.
Comunque sia, Carlos troverà il modo di farsi
perdonare.» Il
ragazzo scattò come una molla. «S-si. Provvedo
immediatamente!»
Rispose, allontanandosi. Anita cambiò
espressione.
«Voi
due vi conosco.» Li presentò Spighetto.
«Siete Ash Ketchum, il
campione del Mondo, e Serena Gabena, la vincitrice di numerosissime
Gare Pokémon e finalista del Varietà
Professionisti di Kalos! Quale
onore!» Anita, in quel momento si sentì una
nullità. I suoi
compagni di viaggio avevano un curriculum da fare invidia, lei era
un’Allenatrice alle prime armi. Di tre lotte che aveva
disputato,
cinque, contando gli allenamenti, ne aveva vinta una e perse due. Gli
allenamenti, invece, erano stati interrotti prima che vi fosse un
reale vincitore, ma non era certa che ne sarebbe uscita
vincitrice.
«Immagino
che tu sia venuta qui per sfidare la Palestra, giusto?» Il
ragazzo
dai capelli verdi si rivolse ad Anita. «S-Si.»
Rispose la
ragazza.
In
quel momento Anita provava una sensazione molto difficile da
spiegare. Era un miscuglio di nervosismo e frustrazione. Poteva
accettare l’idea di aver perso contro un Capopalestra, ma non
quella di aver perso contro qualcuno che faceva finta di esserlo. Ash
si accorse del cambiamento della ragazza. «E allora, se non
è un
Capopalestra, allora, cos’è? Cosa ci fa
qui?» Chiese Ash.
«Potremmo definirlo come il nostro assistente. Ci aiuta in
cucina,
come cameriere e, se serve, è anche il Capopalestra vicario.
Quindi,
se uno di noi non può disputare la lotta, per qualsiasi
motivo, li
affidiamo i nostri Pokémon, e lotta al posto del
Capopalestra
assente.» Spiegò. «Non credo di aver
capito tutto.» Si espose
Ash. «Come mai siete tre Capopalestra? Uno non
bastava?» Chiese
Ash. «Ecco, vedi…» Rispose Spighetto.
«Questa Palestra è
specializzata in tre tipi. Immagino che questo tu già lo
sappia.
Ecco. Ognuno di noi è specializzato in un certo tipo. Io
sono
specializzato nel tipo Erba.» Spiegò.
«Io sono specialista nel
tipo Fuoco.» Aggiunse Chicco. «E tu… sei
specialista del tipo
Acqua, giusto?» Maisello sbuffò. «Certo
che non ti si può
nascondere proprio niente!» Rispose.
Serena
si mise una mano davanti alla bocca, cercando di nascondere la risata
che le stava scappando.
«Beh…
Carlos potrebbe sdebitarsi offrendovi il pranzo, se per voi va bene.
Per la lotta ci penseremo dopo.» Spiegò Spighetto.
Ash e le ragazze
si guardarono negli occhi. «Per me va bene.»
Rispose il ragazzo.
«E
come facciamo per Anita?» Chiese Serena. «I suoi
Pokémon hanno
appena finito di lottare. Dovranno riposarsi, prima di lottare di
nuovo. Possiamo accompagnarla al Centro Pokémon.»
Rispose il
ragazzo.
I
tre uscirono dalla Palestra, congedandosi con i tre CapiPalestra con
un “ci vediamo più
tardi”.
Appena
usciti dalla Palestra, l’espressione di Anita
cambiò
completamente. Divenne triste e cupa. La cosa venne immediatamente
notata da Serena. «Tutto a posto?» Le chiese.
«No. Si. Non lo so.
Non so se siamo pronti ad affrontare i CapiPalestra. Se abbiamo perso
con un assistente…»
Spiegò.
«Prima
di arrenderti, dovresti provarci. Anche se avete perso, avete
sicuramente imparato qualcosa. Questo è quello che
conta.» Anita
rimase in silenzio “Mi chiedo se le cose siano davvero come
dica.
Cosa avrei imparato in quella lotta?”
Pensò.
I
tre giunsero al Centro Pokémon, per permettere alla squadra
di Anita
di riposare. A quell’ora non c’era molta gente, per
cui non ci
volle molto tempo, prima che toccasse a loro.
Curata
la squadra di Anita, i tre tornarono alla Palestra. Mentre
rientravano, videro uscire dalla Palestra una ragazza dai capelli
castano scuro, che indossava un vestito magenta e una giacca grigia.
Indossava delle scarpe nere e delle parigine
Dello
stesso colore. Aveva uno zaino scuro, simile ad uno zaino
scolastico.
Teneva
qualcosa tra le mani, molto stretto. «Sembrava impossibile,
ma ce
l'abbiamo fatta!» Disse la ragazza, in tono
festoso.
«Lei
è riuscita a vincere la medaglia. Dev’essere
un’Allenatrice
molto abile. Al contrario di me.» Serena posò una
mano sulla sua
spalla. «Non dire così. Ci riuscirai anche tu. Me
lo sento.» Anita
si limitò a sorriderle. “Mi chiedo come riesca ad
essere sempre
così positiva.” Pensò Anita.
I
tre entrarono nella Palestra. Superarono l’area ristorante,
dove
Chicco e Spighetto stavano sistemando i tavoli per
l’imminente
pranzo. «Buongiorno!» I tre salutarono i
CapiPalestra. «Buongiorno
a voi!» Ricambiarono. «Adesso il campo lotta
è occupato, Maisello
sta affrontando uno sfidante. Appena il campo si libera,
toccherà a
te.» Spiegò Spighetto.
«A
proposito. Ora che ci penso, non ti sei presentata. Come ti
chiami?»
Le chiese Chicco. «Giusto… Mi chiamo Anita
White»
Si
presentò la ragazza.
Intanto,
i tre, avevano raggiunto il campo lotta. L’arbitro
elettronico
aveva appena terminato di annunciare le regole. I tre, mentre si
sedevano sugli spalti, notarono che lo sfidante di Maisello, fosse
nientemeno che Ivan.
I
due avevano appena schierato i loro Pokémon. Ivan aveva
mandato in
campo il suo Pidove, mentre Maisello, invece mandò in campo
un
Pokémon che Anita stava imparando a conoscere, un
Lillipup.
«La
prima mossa va allo sfidante!» Decretò l'arbitro
elettronico. «E
va bene! Pidove, Attacco Rapido!» Il Pokémon
piccione si mosse
rapidamente, colpendo l’avversario e lanciandolo in aria.
Maisello
non perse la calma. «Appena puoi usa Riduttore!» Il
Pokémon
Cagnolino riuscì ad atterrare senza particolari
inconvenienti,
quindi si mise a correre il più veloce possibile, pronto a
caricare
l’avversario con tutto il corpo. «Vola
più in alto che puoi!»
Ordinò Ivan. «Salta più in alto che
puoi!» Ordinò il
Capopalestra. Vedendo il Cagnolino saltare, Ivan sorrise.
“Terribilmente prevedibile” pensò.
«Usa Aerasoio!» Ordinò.
Dalle ali del Pokémon Piccione si generarono delle spesse
lame
d’aria che colpirono in pieno il Pokémon
Cagnolino, lanciandolo al
lato opposto del campo di lotta, e facendolo sbattere violentemente
contro una delle barriere.
«Lillipup
non può più continuare. Vince Pidove.»
Dichiarò l’arbitro
elettronico. «Hai fatto del tuo meglio, ma non è
ancora detta
l’ultima parola! Con l'ultimo Pokémon mi gioco il
tutto per
tutto!» Dichiarò, mentre richiamava il suo
Pokémon.
Anche
Ivan richiamò il suo Pidove. «Hai solo fatto il
tuo lavoro.»
Commentò, facendo innervosire i quattro spettatori. Pikachu
in
particolare. Dalle sue guance uscirono numerose scariche di energia
elettrica. «Calmo amico. Voglio sperare che un giorno cambi
atteggiamento. O glielo faremo cambiare noi.» Lo
tranquillizzò
Ash.
«Panpour!
Tocca a te!» Maisello mandò in campo un
Pokémon simile ad una
scimmietta, Aveva due grandi orecchie azzurre, un ciuffo, somigliante
al getto d'acqua di una fontana, il muso color crema con un naso
minuscolo e una bocca larga. Le braccia erano lunghe e chiare, e si
allargavano partendo dalle spalle fino alle mani. Le mani erano
munite di un solo pollice, le gambe erano tozze. Il corpo era
prevalentemente color crema, con una piccola parte del torace
azzurra. La coda, piuttosto lunga, terminava con un ciuffo blu
formato da tre pallini.
Anita
lo scansionò con il suo Pokédex.
«Panpour. Pokémon Annaffiatore.
Tipo Acqua. Esemplare maschio. Era un abitatore delle foreste e si
è
adattato a vivere in presenza di corsi d'acqua. Può
immagazzinare
acqua nei ciuffi che ha sulla testa. Mosse conosciute: Pistolacqua,
Geloraggio, Cuordileone.»
Anche
Ivan mandò in campo il suo Pokémon.
«Pansage! Vai!» Il ragazzo
mandò in campo un Pokémon simile a quello mandato
da Maisello. Il
corpo era parzialmente verde e non azzurro e non color crema, ma
leggermente più scuro. Il ciuffo sulla testa ricordava una
sorta di
cespuglio.
Anita
lo scansionò con il suo Pokédex.
«Pansage, Pokémon Scimperba.
Esemplare maschio. Offre le foglie che ha in testa ai
Pokémon con
poca energia, alleviando la tensione. Mosse conosciute Semitraglia e
Graffio.»
«La
lotta può continuare!» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
«Pansage
usa Semitraglia!» Dalla bocca della scimmietta di tipo erba
uscì
una serie di piccoli semi, lanciati a gran velocità, simili
a
proiettili. «Schiva e poi usa Geloraggio!»
Ordinò il Capopalestra.
“Diavolo! È preparato ad affrontare i
Pokémon di tipo Erba!”
Pensò Ivan. L’attacco di tipo ghiaccio
congelò l’avversario,
mandando Ivan in crisi.
«Approfittiamone!
Panpour, usa Cuordileone!» La scimmietta chiuse gli occhi e
il suo
corpo si illuminò di azzurro.
«E
ora, Panpour, usa Pistolacqua!» Ordinò il
Capopalestra. L'attacco,
potenziato da Cuordileone, lanciò in alto il
Pokémon avversario in
aria, facendolo poi cadere a terra, spaccando il blocco di ghiaccio.
«Pansage, su, dai, usa Graffio!» La scimmietta di
tipo Erba si alzò
in piedi e si mise a correre. Da una delle mani del Pokémon
uscirono
degli artigli affilati che riflettevano la luce. «Panpour
difenditi
con Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon di tipo
acqua uscì un
potentissimo getto d’acqua che colpì
l’avversario, facendolo
volare in aria. «Cerca di atterrare decentemente!»
Ordinò Ivan.
Ma
ormai era troppo tardi. La scimmietta era riversa a terra, sconfitta.
«Pansage non è più in grado di
continuare, vince Panpour!»
Dichiarò l’arbitro elettronico. Ivan
ritirò il suo Pokémon
sconfitto. «Sei stato davvero, terribile. Mi chiedo se ti
meriti di
essere uno dei miei Pokémon.» Sentita quella
frase, ad Ash montò
il forte desiderio di prendere Ivan a sprangate nei denti, ma, per la
seconda volta in pochi giorni, si trattenne.
«Pidove,
pensaci tu, almeno darai un minimo di decenza a questa
lotta.» Il
ragazzo mandò in campo il suo Pokémon.
«La lotta può riprendere,
la prima mossa va al Capopalestra.» Dichiarò
l’arbitro
elettronico.
«Panpour,
usa Geloraggio!» Dalla bocca della scimmietta di tipo Acqua
uscì un
raggio di energia gelida, dal colore bianco, tendente
all’azzurrino.
«Pidove! Vola e difenditi con Aerasoio!» Dalle ali
del Pokémon si
generarono delle lame d’aria che colpirono
l’attacco avversario.
L’attacco fu sufficientemente potente da colpire il
Pokémon.
«E
ora chiudiamo con Aeroassalto!» Il Pokémon
Piccione volò verso
l’alto per poi lanciarsi contro l’avversario,
colpendolo in pieno
e facendolo volare in aria. «E ora Aerasoio!»
Ordinò. Dalle ali
del Pokémon Piccione si generarono delle lame
d’aria che colpirono
l’avversario e lo spedirono contro le barriere.
«Panpour
non è più in grado di lottare. Vince Pidove. Il
vincitore della
lotta è lo sfidante.» Dichiarò
l'arbitro elettronico.
I
due Allenatori ricoverarono i rispettivi Pokémon nelle loro
Poké
Ball; quindi, si incontrarono al centro del campo.
«Come
premio per la tua vittoria, eccoti la Medaglia Tris!»
Dichiarò il
ragazzo dai capelli blu, in tono solenne, mentre donava al ragazzo
una medaglia dalla forma a doppio triangolo, con dei rombi su cui vi
erano delle gemme, una rossa, una verde e una blu. Il ragazzo la
infilò nel suo portamedaglie.
«E
ora, se vuoi, puoi fermarti qui a pranzo. Offre la casa.» Il
ragazzo
fece cenno di no con la testa. «Non mi interessa la vostra
offerta.
A mai più rivederci!» Il ragazzo si
allontanò.
Ash
lo seguì con lo sguardo, mentre entrava nel locale
ristorante. Lo
vide inginocchiato davanti ad un bambino, che poteva avere al massimo
otto anni.
Aveva
in mano una Poké Ball, e sembrava stesse dicendo qualcosa a
quel
bambino. Qualcosa di non molto chiaro. Dopo averla consegnata allo
stesso se ne andò.
«Avete
visto? Ha regalato il suo Pokémon a quel bambino!»
Commentò
Serena. «Meglio per lui. Forse per il Team Plasma tutti gli
Allenatori sono come lui.» Rispose Ash.
Anita
non commentò. E nemmeno Maisello, nonostante fosse
enormemente
dispiaciuto dal modo di comportarsi dello sfidante. Fosse stato per
lui, non gli avrebbe mai consegnato la medaglia.
Pochi
istanti dopo, il trio di Capopalestra entrò nella zona
dedicata al
campo di lotta. «Tra poco sarà ora di pranzo, cosa
ne pensate di
mangiare, prima della lotta?» Propose Spighetto.
«Cucina Carlos.»
Aggiunse.
«Per
me va bene!» Ash era piuttosto entusiasta.
“Possibile che questo
pensi solo a mangiare?” Pensò Anita.
Però… in effetti anche lei
iniziava ad avere un po’ di fame quindi…
«A
proposito di Carlos…» Chiese Spighetto a
Anita. «Che
Pokémon ha usato contro di te?» La ragazza rispose
immediatamente,
un po’ intimorita. «Umbreon.» Rispose.
«Quindi il suo Eevee si è
evoluto. Non è molto giusto affrontare qualcuno alle prime
armi con
un Pokémon completamente evoluto.»
Commentò il Capopalestra.
Dopo
l’abbondante pranzo, costituito da antipasti di terra, due
primi di
terra, due secondi di terra, un sorbetto, due primi di mare a altri
due secondi di mare, finalmente era giunto il momento della
lotta.
I
tre, scortati dai CapiPalestra, erano entrati nella zona dedicata
alle lotte. «Questa Palestra, contrariamente a tutte le
altre, è
specializzata in tre tipi. Erba, Fuoco e Acqua, ma questo
già lo
sai. Il Capopalestra che sfidi dipende dal Pokémon iniziale
che hai
scelto.» Spiegò. “Ecco perché
Carlos mi ha chiesto quale fosse
il mio primo Pokémon.” Per Anita le cose divennero
molto più
chiare. Non aveva alcun senso che gli venisse chiesto quale fosse il
suo Pokémon iniziale.
«Il
Capopalestra che sfiderai dipende dal Pokémon
iniziale.» Spiegò
Chicco. «Ho scelto Oshawott.» Rispose la
ragazza. «Benissimo,
allora sarò io il tuo avversario. Sarà un onore
lottare con te!»
Rispose Spighetto. “Ecco perché Carlos mi ha
chiesto qual era il
mio primo Pokémon. In condizioni normali aveva
senso”. Pensò.
Sperava anche che il suo sguardo assente non fosse stato
notato.
«Molto
bene, allora possiamo cominciare. È la tua prima lotta,
quindi userò
solo due Pokémon. Avessi avuto più medaglie,
sarei potuto arrivare
anche alla Lotta Totale.» Spiegò.
«Finisco di settare
l’arbitro e possiamo partire.» Dichiarò
il Capopalestra, mentre
armeggiava con la tastiera.
«La
lotta tra la sfidante Anita e il Capopalestra di Levantopoli sta per
avere inizio. Sarà una lotta due contro due. La lotta
terminerà
quando i Pokémon di uno dei due Allenatori non saranno
più in grado
di lottare Solo alla Sfidante sarà concesso di sostituire i
suoi
Pokémon.» Dichiarò l’arbitro
elettronico. «La lotta può
cominciare!» In seguito a quella dichiarazione, i due
poterono
mandare in campo i loro Pokémon. «Lillipup! Tocca
a Te!» Spighetto
mandò in campo un Lillipup, un Pokémon del tutto
identico a quello
mandato in campo dal fratello. «Oshawott, mostriamo quel che
sappiamo fare!» La ragazza mandò in campo il suo
primo Pokémon.
«Cominciamo
con Acquagetto!» Il Pokémon Lontra si
rivestì d’acqua, e si
lanciò rasoterra, in direzione dell’avversario.
«Cerca di
schivare!» Ordinò Spighetto. «Cerca di
muoverti il più
possibile!» ordinò Anita.
Il
Pokémon di tipo acqua obbedì, muovendosi a destra
e a sinistra,
rendendo molto difficile capire dove sarebbe giunto. Il povero
Lillipup non riuscì a capire da dove proveniva
l’avversario, e
venne colpito in pieno, e scagliato in aria. Nonostante questo,
Spighetto non si fece prendere dal panico. «Cerca di
atterrare e
attacca con Riduttore!» Ordinò il Capopalestra.
Nel frattempo,
Oshawott era atterrato e stava recuperando fiato.
Appena
Anita vide il Pokémon Cagnolino correre a grande
velocità contro il
suo Pokémon Lontra. «Cerca di difenderti con la
Molloscosciabola!»
il Pokémon eseguì, tendendo con le mani la sua
conchiglia e
utilizzandola come uno scudo. Il piano della ragazza
funzionò.
Oshawott arretrò di alcuni metri, ma non subì
grandi conseguenze.
«Ora
usa Pistolacqua!» Dalla bocca dell’Otaria
uscì un potente getto
d’acqua che colpì in pieno l’avversario,
lanciandolo in aria.
Anche in questo caso il Capopalestra non perse minimamente la calma.
«Usa Cuordileone!» Il corpo del Pokémon
Cagnolino si illuminò di
marrone chiaro, e anche i suoi occhi fecero
altrettanto.
«Oshawott!
Colpisci con Acquagetto!» Il corpo del Pokémon
Lontra si rivestì
d’acqua, diventando come una sorta di proiettile impazzito.
«Forza,
Lillipup, usa Riduttore!» Ordinò il Capopalestra.
Il Pokémon
Cagnolino sferrò un potente attacco, reso ancora
più potente dalla
forza di gravità. I due Pokémon si scontrarono a
metà campo,
generando una potente esplosione. Quando la polvere si
depositò, il
risultato della lotta era chiaro a tutti.
«Lillipup
non è più in grado di lottare. Vince
Oshawott.» Dichiarò
l’arbitro elettronico. «Ritorna, Lillipup. Hai
fatto un
grandissimo lavoro.» Spighetto richiamò il suo
Pokémon. «Se vuoi
puoi sostituire anche il tuo.» Le ricordò il
Capopalestra. «Amico
vuoi continuare o preferisci riposare un pochino?» Chiese al
Pokémon. «Sha! Sha!» Rispose.
«Bene, allora possiamo continuare!»
Dichiarò il Capopalestra. «Pansage! Tocca a
te!» Il Capopalestra
mandò in campo la scimmietta elementale di tipo Erba.
«La prima
mossa tocca alla sfidante!» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
«Oshawott!
Usa Acquagetto!» Ordinò l’Allenatrice.
Il Pokémon Lontra si
rivestì d’acqua e si lanciò contro
l’avversario. «Difenditi
con Frustata!» Dalla testa del Pokémon spuntarono
delle spesse
liane. Le incrociò davanti a sé per
proteggersi. “Hei! Ma è
la stessa tecnica che ha usato la Snivy di Ash!”
Pensò. “Ma come
posso contrastare una tecnica del genere?”
«E
ora lancialo!» Le liane, compresse dall’attacco,
vennero
rapidamente rilasciate e, come molle, lanciarono l’avversario
al
lato opposto della Palestra. «Oshawott non è
più in grado di
lottare. Vince Pansage!» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
Anita
ricoverò il suo Pokémon nella Poké
Ball. «Sei stato bravissimo.
Vedrai che Lillipup farà sì che il tuo lavoro si
sia stato vano.»
Dagli
spalti Ash e Serena avevano assistito alla scena. «Sembra che
questa
volta abbia preso meglio la sconfitta.» Commentò
Ash. «Ho visto.
Mi sembra molto positivo. Ma Pansage sembra forte. Vediamo come se la
caverà.» Gli rispose la ragazza. «Io ho
fiducia in lei.» Mentre i
due discutevano, la ragazza aveva mandato in campo la sua Lillipup.
«La
prima mossa tocca al Capopalestra!» Dichiarò
l’arbitro
elettronico.
«Bene,
Pansage! Usa Graffio!» Il Pokémon Scimperba si
mise a correre
contro l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata,
con
degli artigli che riflettevano la luce. “E adesso che cosa
faccio?”
Pensò Anita. La ragazza appariva piuttosto nervosa,
contrariamente a
quando stava lottando con Oshawott.
«Prova
a difenderti con Morso!» Ordinò Anita. La
cagnolina spiccò un
balzo e, con le mascelle aperte, azzannò la mano
dell’avversario.
Dallo
sguardo dell’Allenatrice, era evidente come quella scelta non
fosse
una scelta ponderata, ma piuttosto una scelta dettata dalla
disperazione. Questa cosa venne notata dal Capopalestra.
«Pansage!
Lancialo e colpisci con Semitraglia!» Il Pokémon
Scimperba, con un
rapido movimento del braccio, lanciò l’avversario
in aria. Dalla
sua bocca cominciarono ad uscire dei semi dal colore giallo-verde che
colpirono l’avversario in pieno.
Ormai
Anita era totalmente nel panico. Non sapeva cosa fare. «Prova
ad
usare Azione!» Ordinò. La Pokémon ormai
era atterrata. Era
riuscita a farlo in maniera quantomeno decente, senza particolari
conseguenze.
Si
mise a correre in direzione dell’avversario.
«Forza, Pansage,
lancialo con Frustata!» Mentre la piccola Pokémon
si lanciava
contro l’avversario, dalla testa dello stesso comparvero due
liane,
che in breve la raggiunsero.
Fu
questione di pochi istanti, prima che la Lillipup venisse avvolta e
lanciata contro la barriera. «Lillipup!»
L’Allenatrice era
piuttosto preoccupata.
«Lillipup
non è più in grado di lottare! Vince il
Capopalestra!» Dichiarò
l’arbitro elettronico. Anita si affrettò a
ricoverarla nella Poké
Ball. «Abbiamo fallito. Mi merito la vostra
fiducia?» Si chiese.
La
ragazza e il Capopalestra si incontrarono al centro del campo di
lotta. «Vedrai che la prossima volta andrà
meglio.» La
rassicurò
il Capopalestra.
In
breve tempo la ragazza venne raggiunta anche da Ash e da Serena. Si
erano avvicinati a lei e le avevano posato una
mano
sulla spalla. «Non vi ho deluso?» Chiese la
ragazza, in tono
triste. «Niente affatto!» Risposero i due, al
contempo. Serena si
mise rapidamente una mano davanti alla bocca.
Aveva
di nuovo detto la stessa cosa che aveva detto Ash.
Contemporaneamente. «E poi tu non sei una persona che si
arrende
così, vero?» Chiese Ash alla ragazza.
«Non so.» Rispose.
«Non
dire così. Vedrai che con un po’ di allenamento
riuscirete a
sconfiggerlo.» La incoggiò Ash. Il Capopalestra,
che aveva sentito
tutto, sorrise. «Allora sarà mio dovere, in quanto
Capopalestra,
fare altrettanto!» Rispose.
«So
già chi può darvi una mano.» Il tono di
Ash era piuttosto
entusiasta. Era tutto chiaro, quantomeno nella sua mente.
“Mi
chiedo proprio cosa abbia in mente ma soprattutto cosa lo spinga a
puntare su di me, nonostante le continue delusioni che gli sto
dando…
cosa vede in me?” Si chiese Anita, tra sé e
sé.
I
tre erano usciti dalla Palestra e si stavano dirigendo al Centro
Pokémon, per assicurarsi che la squadra di Anita fosse in
salute,
dopo la lotta.
Mentre
la ragazza stava affidando la sua squadra all’Infermiera Joy,
Ash
si era diretto alla postazione per le videochiamate. Anita lo stava
guardando distrattamente “starà forse attuando il
suo piano?”
Pensò.
Pochi
istanti dopo, Ash aveva avviato la chiamata. Aveva in seguito fatto
cenno alle due ragazze di avvicinarsi. Serena si era avvicinata
subito, mentre Anita aveva tentennato un po’.
Si
era avvicinata a Serena e quasi nascosta dietro di Serena. Sembrava
che avesse paura di conoscere la persona che sarebbe apparsa sullo
schermo.
Dopo
alcuni istanti sullo schermo apparve un uomo di circa
quarant’anni.
Aveva la carnagione scura, i capelli neri e raccolti e occhi dello
stesso colore. Indossava un camice da laboratorio e dei pantaloni
corti.
«Buongiorno
Professor Kukui!» Lo salutò Ash. «Ciao a
te, ragazzo! E la ragazza
accanto a te è Serena, giusto?» la ragazza rimase
senza parole.
Cosa le aveva raccontato di lei, Ash? «Sai, Ash mi ha parlato
molto
di te. In bene, si intende. Mi ha raccontato dei vostri viaggi a
Kalos, sai? Avete fatto delle cose davvero incredibili!»
Aggiunse.
«Beh… ecco… abbiamo fatto quello che
potevamo. Non potevamo
lasciare tutte quelle persone in difficoltà
e…» Rispose la
ragazza. «Non dire così. Avete veramente salvato
l’intera Kalos!»
Il Professore rincarò la dose. «E non solo. Mi ha
anche raccontato
dei tuoi Varietà e di come tu abbia deciso di partecipare
alle gare
Pokémon. Credimi, non se ne perdeva una!»
Aggiunse. Serena si
limitò a sorridere. Era felicissima del fatto che Ash
pensasse a lei
anche quando aveva viaggiato ad Alola. «Sai, mi piacerebbe
organizzare, con Magnolia e gli ex compagni di classe di Ash, per
andare a vedere una delle tue esibizioni. Documenti
permettendo.»
Serena non sapeva cosa dire. Da una parte le faceva piacere, ma
dall’altra… quelle ragazze sarebbero potute essere
delle
potenziali rivali. Rapidamente si rese conto del fatto che non poteva
non accettare. «Mi farebbe davvero molto
piacere!» Rispose,
con un sorriso.
Anita
iniziò a sentirsi ignorata. Non voleva farlo apparire. Aveva
troppa
paura per farlo. Temeva una loro reazione negativa.
Decise
di scostarsi leggermente da dove si trovava. Forse l'aveva fatto
apposta, ma era quasi completamente nascosta da Serena. «E tu
chi
saresti?» Il Professore si rivolse alla ragazza, appena
sbucata da
dietro Serena. «M-molto p-piacere. M-mi c-chiamo
A-Anita» Si
presentò la ragazza. «Quindi Ash ha scelto te come
Allenatrice da
aiutare nel raggiungere il suo obiettivo?» Chiese,
retoricamente.
«S-sì» Rispose. «E conoscendo
la sua passione per le lotte che
arde come un Fuocobomba, vorrà condurti al titolo di
Campionessa di
Unima, giusto?» La ragazza fece cenno di sì con la
testa. «N-non
sono s-sicura di essere la persona adatta. Ho p-perso praticamente
tutte le lotte a cui ho partecipato. M-mi chiedo c-cosa veda in m-me
di t-tanto speciale.» Anita stava di nuovo avendo una delle
sue
crisi. «Sono sicuro che se hanno accettato di viaggiare con
te, Ash
ha sicuramente visto qualcosa che a molti altri sfugge.
Un’Inroforza
che non tutti sanno riconoscere.»
Anita
accennò un sorriso. «Vorrei farti una domanda, se
posso.» Il
Professore, in quel momento si stava riferendo a Serena.
«Mi
dica tutto.» Rispose. «Immagino che tu sia venuta
ad Unima per
partecipare ai Varietà, giusto?» La ragazza fece
cenno di sì con
la testa. «Sappi che io, Magnolia,i ragazzi e le ragazze
facciamo il
tifo per te!» La incoraggiò.
«Grazie.» Rispose.
«Scusate…
ma ho un piccolo impegno. Per quale motivo mi avevi chiamato,
Ash?»
Il Professore si grattò la testa, imbarazzato.
«Ecco, avevo
chiamato semplicemente per poter fare una rotazione della squadra.
Vorrei passare uno dei miei Pokémon per avere
Incineroar.» Spiegò
il ragazzo. «Nessun problema.» Rispose il
Professore. Ash, nel
frattempo aveva preso una delle sue Poké Ball e
l’aveva inserita
nel dispositivo per i trasferimenti. Alcuni istanti dopo, il
Professore fece lo stesso.
Pochi
secondi lo scambio avvenne, come concordato. Le due Poké
Ball
scomparvero e vennero scambiate. Fatto questo, i tre si congedarono
con il Professore.
«Possiamo
usare il Campolotta?» Chiese Ash. «Ci mancherebbe
altro. Andate
pure.» Rispose l’Infermiera.
I
tre uscirono dal Centro Pokémon e si diressero verso il
Campolotta.
Appena giunsero sul campo, Ash accennò un sorriso.
«Credo che
sia giunto il momento di allenare un po’ anche
Lillipup.»
Introdusse. «E credo che nessun maestro possa essere meglio
di lui!
Vieni fuori Incineroar!» Ash mandò in campo il suo
Pokémon.Assomigliava ad un grosso felino bipede. I cui
colori
predominanti erano il rosso, il nero e il grigio. Il torso era grigio
e aveva simbolo nero. Quest’ultimo era costituito da una riga
verticale e da due righe orizzontali, davanti e dietro. Dalle spalle
uscivano dei ciuffi di pelo nerocostituite da fasce Le braccia erano
costituite da strisce nere e rosse, mentre le mani erano rosse e
dotate di un cuscinetto arancione e di cinque dita artigliate. Le
gambe erano rosse fatta eccezione per due fasce nere simili a
quelle delle braccia. I piedi erano rossi e avevano tre dita. La coda
era rossa e lunga con una fascia nera e un ciuffo di pelo nero che la
circondava. In vita era presente una cintura di fiamme rosse e
gialle. La parte inferiore del muso era rossa e aveva un pelo molto
folto, mentre quella superiore era nera. I denti erano molto aguzzi.
Il naso era rosso e triangolare, gli occhi avevano la sclera gialla e
le iridi azzurre. In cima al capo il pelo ridiventava nero. Le due
orecchie, anch'esse nere, avevano un motivo in pelo rosso che
richiamava quello sul torso.
Anita
lo analizzò con il suo Smart Rotom «Incineroar,
Pokémon
Colpibassi. Tipo Fuoco e Buio e stadio evolutivo finale di Litten.
Esemplare maschio. È in grado di sparare fiamme dal ventre.
Una
fascia di fiamme avvolge la sua vita come fosse una cintura di fuoco.
Mosse conosciute Rogodenti, Braccioteso, Fuocobomba e
Vendetta.»
Terminato il controllo, la ragazza rimise lo Smartphone in borsa.
“Non so in che modo un Pokémon così
possa aiutare lillipup, ma
credo che Ash sappia quello che faccia” Pensò
Anita. «Va bene…
Lillipup! Vieni fuori!» La ragazza prese la Poké
Ball dalla sua
borsa e fece uscire la sua Pokémon. quest’ultima,
appena vide
l’Incineroar di Ash, si spaventò, nascondendosi
dietro le gambe
della sua Allenatrice. «Stai tranquilla! Vuole solo
aiutarti!» La
ragazza cercò di rassicurare la sua Pokémon,
sebbene anche lei
stessa si chiedeva come un Pokémon del genere potesse essere
d’aiuto.
Serena,
in un certo qual modo aveva capito cosa Ash volesse fare, ma
preferiva che fosse il ragazzo a spiegare tutto.
«Vedi?»
Esordì Ash. «Un Pokémon può
diventare più forte lottando, ma può
diventarlo anche in altri modi.» Mentre il ragazzo spiegava,
la
piccola si era lentamente avvicinata al Pokémon di Ash.
Aveva
iniziato ad odorarlo. Sembrava piuttosto calmo e che cercasse di
farla stare a suo agio. «Un Pokémon può
diventare più forte anche
imparando delle nuove mosse.» Spiegò. Esattamente
quello che Serena
si aspettava.
Nel
mentre, Incineroar aveva recuperato diversi rami, di più
dimensioni.
Fatto
questo, il Pokémon si inchinò verso la piccola
Lillipup e le offrì
una mano, invitandola a salire. Dopo un iniziale
tentennamento,
la Pokémon salì sulla mano di quello che le
appariva come un
gigante.
«Ora
credo che sia giusto che sappiate perché ho deciso di fare
in modo
che sia Incineroar a insegnare Rogodenti a Lillipup e non un altro
dei miei altri Pokémon.» Ash introdusse il
discorso.
Pikachu
era perfettamente a conoscenza della storia e sapeva bene quanto
fosse difficile per il ragazzo raccontarla. Per questo motivo
apprezzava il fatto che avesse deciso di raccontarla di sua sponte.
Prima
che Ash potesse inizare a raccontare l’attenzione dei tre
venne
attirata da un ragazzo che stava affannano. Era un ragazzo che poteva
avere all’incirca l’età di Anita, o poco
più.
Aveva
i capelli castani e gli occhi dello stesso colore. Indossava una
maglietta verde a maniche lunghe, coperta da una giacca azzurra,
gialla e blu scuro, una canadese e delle scarpe sportive.
Sembrava
stesse per svenire da un momento all’altro. Ash e Serena si
precipitarono ad aiutarlo, prima che fosse troppo tardi. Lo portarono
fino al Centro Pokémon, tenendolo per le braccia.
Entrati
dentro lo fecero immediatamente sdraiare su uno dei lunghi pouf.
L’Infermiera, che aveva assistito a tutto, si
precipitò dai tre.
Nel
frattempo, Anita, che, vedendo i due precipitarsi a salvare quello
sconosciuto, si era fatta più di qualche domanda, stava
osservando
l’allenamento dei due Pokémon.
Incineroar
aveva preso uno dei rami che aveva procurato. La sua bocca si
rivestì
di fiamme.
A
quel punto infilò il ramo in bocca e lo morse violentemente.
Il ramo
esplose in diverse decine di pezzi, parzialmente o totalmente
carbonizzati.
“Quella
è la mossa Rogodenti!” Pensò la
ragazza. “È una mossa di tipo
Fuoco, potrebbe essere molto utile contro un Pokémon di tipo
Erba
come Pansage.” Un secondo pensiero si aggiunse rapidamente al
precendente.
«Mi
sembra davvero incredibile.» Commentò a bassa
voce. «Ash non gli
aveva chiesto “Insegnale Rogodenti” o qualcosa di
simile. Eppure
lui…» Continuò.
Nel
mentre, dentro al Centro Pokémon, il ragazzo stava iniziando
a
riprendersi. Da disteso era passato a seduto. «Grazie di
avermi
salvato. Senza di voi avrei rischiato di farmi male.» Ash e
Serena
si limitarono a sorridere. «E di che?» Rispose il
ragazzo.
«Oh…
che sbadato. Non mi sono ancora presentato!» Il ragazzo si
diede una
manata sulla testa. «Piacere di conoscervi… Ash e
Serena, giusto?»
I due fecero cenno di sì con la testa. «E tu sei
Pikachu, no?» Il
ragazzo indicò il Pokémon sulla spalla del
ragazzo. «Pika-Pikachu»
Si presentò il Pokémon. «Io mi chiamo
Gilles.» Il ragazzo si
presentò, finalmente. «E ora scusate, ma devo
pensare a
quell’idiota di mio fratello.» Il ragazzo si
alzò e fece per
andarsene.
Ash
lo trattenne per un braccio. «Non vorrai di nuovo ridurti
così male
una seconda volta. Stando all’Infermiera, rischiavi
seriamente di
lasciarci le penne.» Lo riprese Ash. «Lascia che ti
diamo una
mano.» Aggiunse.
Il
ragazzo cercò muovere il braccio in modo brusco, per far
sì che Ash
mollasse la presa. «Non è una cosa che vi
riguarda!»
Sbottò
il ragazzo. Ash si mise davanti al ragazzo, in modo da impedirgli di
uscire.
Alcuni
istanti dopo Anita entrò nel Centro Pokémon.
Aveva avuto tutto il
tempo per capire cosa fosse successo, e per assistere a parte
dell’allenamento della sua Lillipup.
Per
poco la ragazza non si scontrò con Ash. Aveva paura di
chiedergli
cosa ci facesse davanti alla porta, ma vedendo quel ragazzo che
tentava di uscire, si fece una piccola idea. Voleva impedirgli di
uscire dal Centro Pokémon, ma non ne aveva capito il motivo.
«E va
bene. Vi racconto tutto.» Il ragazzo comprese che non aveva
altra
scelta.
In
un appartamento di uno dei tanti condomini della città di
Levantopoli viveva una normalissima famiglia, costituita da madre,
padre e due fratelli gemelli, Gilles e Didier.
I
due fratelli avevano un bellissimo rapporto. Quando erano piccoli,
spesso e volentieri condividevano i loro sogni, i loro desideri, cosa
avrebbero fatto quando sarebbero diventati Allenatori.
Quali
Pokémon avrebbero catturato, come avrebbero sfidato le
Palestre e
tutto quanto. Spesso facevano finta di essere Sfidante e
Capopalestra, mentre imparavano a lottare coi Pokémon dei
loro
genitori, naturalmente sotto il loro sguardo.
Tra
tutti i Pokémon dei loro genitori, i loro preferiti erano
uno
Scraggy e un Pancham.
Il
primo era il preferito da Didier, il secondo il preferito da
Gilles.
Il
rapporto tra i due ragazzi sembrava perfetto, nulla sembrava potesse
incrinarlo, a scuola si sedevano sempre nei banchi uno accanto
all’altro, condividevano gli amici e le amiche, si
incoraggiavano
vicendevolmente quando uno dei due voleva provare con una ragazza e
cose del genere.
Non
c’era mai stata gelosia tra i due. Per nessun motivo. Qualche
litigata c’era ovviamente stata, ma era abbastanza normale.
Dopo si
erano sempre riappacificati.
Eppure
si sa. Le cose belle non durano per sempre.
Tutto
era cominciato qualche giorno dopo la consegna del primo
Pokémon ai
due Allenatori. Quel giorno, i due, stati accompagnati dai loro
genitori fino al laboratorio della Professoressa Araila.
I
due avevano appena compiuto sedici anni, ed era, quindi, giunto il
momento per i due di scegliere il loro primo Pokémon. Era
una
giornata di tardo inverno, e non faceva particolarmente
freddo.
La
neve si stava iniziando a sciogliere e stava formando, con la
sporcizia e la terra, una sorta di fango, denso e disgustoso.
Era
la fase più brutta dell’anno. Non tanto per
l’arrivo della
primavera, quanto piuttosto per i disagi dovuti alla neve che si
scioglieva.
Posti
davanti alla scelta del primo Pokémon, la situazione fu
piuttosto
caotica. «Scegli tu per primo!» Gilles
invitò il fratello. «No! È
giusto che sia tu il primo a scegliere!»
Controbattè il secondo.
«Insisto!» Rincarò la dose il
primo, mentre spingeva il
fratello in direzione dei tre Pokémon iniziali.
«Non fare così!
Non devi alzare le mani per una cosa del genere!»
Ringhiò Didier.
«Ma
me la smettete? Avete sedici anni ormai! Non dovreste discutere per
queste cose! In altre regioni i bambini diventano Allenatori a dieci
anni, ma sono molto più maturi di voi!» Gli
riprese la madre.
I
due fratelli si guardarono negli occhi. Era evidente che la loro
madre avesse ragione. Non potevano sempre litigare per questo.
«La
scelta del primo Pokémon è una cosa seria.
Sarà il vostro fidato
compagno per tutta la vostra carriera come Allenatori. Non è
una
gara a chi arriva per primo.» Li riprese la Professoressa.
I
due compresero l’antifona e si inginocchiarono di fronte ai
tre
Pokémon. Snivy, Tepig e Oshawott. I due guardarono negli
occhi
ognuno dei tre Pokémon. Fortunatamente i due ragazzi avevano
adocchiato dei Pokémon diversi.
«Penso
di aver scelto!» Gilles sembrava entusiasta.
«Anch’io!» Rispose
il fratello. I due si guardarono negli occhi e sorrisero. «Il
mio
primo Pokémon sarà Snivy!» La scelta di
Gilles fu quindi il
Pokémon Serperba «Io invece prendo
Tepig!» Rispose il fratello.
Certo,
era consapevole che, sulla carta, avrebbe avuto un vantaggio sul
Pokémon del fratello, ma, non potendo sapere, che il
fratello aveva
scelto Snivy, non poteva dire di averlo fatto apposta.
«Ora
che avete ottenuto il vostro primo
Pokémon…» Il tono della madre
dei due era piuttosto strano. «È il momento del
secondo.» Concluse
il padre. I genitori dei due presero una Poké Ball a testa e
la
consegnarono ai figli.
Il
padre consegnò la sua Poké Ball a Gilles e la
madre a Didier.
«Immagino che sappiate che Pokémon
c’è dentro quelle Poké Ball,
vero?» Chiese la madre. I due ragazzi fecero cenno di
sì con la
testa.
Due
giorni dopo, Gilles e la madre erano di nuovo al laboratorio della
Professoressa Aralia. La donna li aveva accolti immediatamente, senza
fare domande. Capitava spesso che Allenatori e Allenatrici alle prime
armi tornassero da lei a chiederle consigli.
«Buongiorno.»
Li salutò. «Buongiorno a lei.» La
salutarono. «Come mai già di
ritorno? Sono passati solo due giorni da quando ti ho consegnato il
tuo primo Pokémon. Successo qualcosa?» Chiese.
Il
ragazzo si limitò a toglersi la giacca, con molta
attenzione. Ripose
altrettanta attenzione nel togliersi il maglione. Sulle braccia aveva
diverse ferite, tutte causate dalla stessa fonte. Delle
fruste.
«E
così Snivy ti ha aggredito?» Chiese la
Professoressa,
retoricamente.
“Possibile
che sia lei? Dopotutto la Professoressa aveva raccontato di come
Snivy avesse rifiutato diversi Allenatori. Eppure Gilles mi sembra un
bravo ragazzo.” Pensò Ash.
In
ogni caso, il nativo di Biancavilla decise di non interrompere il
racconto. Se voleva aiutarlo doveva sapere cos’era successo.
Magari, in seguito gli avrebbe fatto qualche domanda.
«Esattamente.
Ho provato a mandarla in campo, ma piuttosto che attaccare
l’avversario, attaccava a me, senza motivo. Eppure qui al
laboratorio sembrava così gentile.» Rispose il
ragazzo.
«Quindi
vorresti riportarla qui al laboratorio e scegliere un altro
Pokémon?»
Chiese la donna. «Al momento mi è rimasto solo
Oshawott.» Aggiuse.
Il ragazzo fece cenno di sì con la testa. «Forse
è la scelta
migliore per tutti e due.» Rispose il ragazzo.
La
Professoressa non insistette ulteriormente, permettendo al ragazzo di
restituire Snivy e di portare con sé Oshawott.
Arrivati
a casa, quantomeno all’inizio Didier non prese
particolarmente bene
la cosa. «Lo hai fatto solo per avere un Pokémon
avvantaggiato nei
confronti del mio!» Lo accusò. «Prima o
poi te e Snivy sarete
andati d’accordo. Sarebbe stata solo questione di
tempo.» Rincarò
la dose. “Tempo qualche giorno e le cose si
sistemeranno.” O
almeno così pensavano Gilles e i genitori. La
verità, però era ben
diversa.
I
giorni seguenti, i due fratelli tendevano ad ignorarsi. O meglio,
Didier cercava in ogni modo di respingere il fratello, a volte in
modo anche piuttosto violento.
Riniziata
la scuola dopo la pausa forzata per la consegna del primo
Pokémon,
la cosa divenne nota a tutti. Solitamente i due ragazzi facevano a
gara per chi sarebbe arrivato per primo, ma non quella volta.
Sembrava anzi che i due volessero mescolarsi quanto più
possibile
con il gruppo, con Didier un po’ più avanti
rispetto al fratello.
Sembrava
che quest’ultimo stesse parlando con Andrea, uno dei loro
compagni
di classe. Era un loro compagno di classe noto principalmente per non
essere esattamente un bravo ragazzo.
Era
stato sospeso numerose volte ed era stato bocciato due volte. Era
quel tipo di ripetente con cui pochi volevano avere a che fare.
Rispondeva male agli insegnanti e spesso era immotivatamente
aggressivo con tutti, per questo a Gilles sembrava piuttosto strano
che il fratello parlasse con lui. Non lo aveva mai fatto prima di
allora.
Quando
Gilles giunse in classe, si accorse di come il banco che aveva sempre
occupato, quello accanto al fratello, fosse stato occupato, proprio
da quell’Andrea.
Capendo
la situazione, il ragazzo non poté far altro che arrendersi
e
sedersi al posto di Andrea, nelle ultime file. Non riusciva a credere
che una piccolezza del genere avesse causato tutto ciò.
Gilles
decise di ignorare la cosa. Non voleva fare una scenata del genere
davanti a tutta la classe. Se poi avessero scoperto che il motivo per
cui si trovavano in quella situazione era la scelta del primo
Pokémon, sarebbero stati ridicolizzati a vita.
Da
quella distanza, Gilles non poteva sapere di che cosa stessero
parlando. Potevano star facendo della normale conversazione di
circostanza, oppure potevano star sparlando di lui.
Didier
cercò e riuscì ad evitare di parlare con il
fratello tanto a
ricreazione quanto a pranzo, cercando di sedersi il più
lontano
possibile dal fratello. Voleva provare a parlarci, ma era consapevole
che non avrebbe risolto nulla.
La
stranezza continuò anche durante il rientro. Solitamente i
due
ragazzi rientravano a casa sempre insieme, ma non questa volta.
Gilles prese la solita strada per raggiungere casa, la via che aveva
sempre preso insieme al fratello sin da quando erano piccoli. Il
fratello aveva deciso di prendere un’altra strada.
Più lunga.
“Avrà
deciso di accompagnare quell'Andrea?" Si chiese Gilles. Non che
gliene importasse più di tanto, per quanto volesse bene al
fratello,
era ormai abbastanza grande da cavarsela da solo. Non voleva
preoccuparsene.
Nemmeno
i genitori sembravano particolarmente preoccupati dalla cosa. Erano
consapevoli di quello che era successo tra i due, ma preferivano non
intervenire. Volevano che sistemassero la cosa da soli.
I
giorni seguenti la situazione rimase pressoché invariata,
coi due
fratelli che continuavano sempre ad ignorarsi e a starsene ognuno per
gli affari propri.
Ogni
giorno che passava sembrava che i due si allontanassero sempre di
più, mentre, contemporaneamente, Didier si avvicinava sempre
di più
ad Andrea e si allontanava sempre più dal fratello.
Rientrava
a casa ogni giorno più tardi e alcuni giorni non rientrava
nemmeno.
Una cosa che accomunava tutti i suoi rientri a casa, erano le pessime
condizioni dei suoi vestiti. Abrasi, strappati, sporchi. Veniva da
chiedersi cosa facesse per rovinarsi i vestiti
così.
Altra
anomalia era che si alzava spesso e volentieri svogliato e aveva
un’aria stanca, come se non dormisse.
Altra
cosa strana era che non vi era giorno in cui Didier non chiedesse ai
genitori e ai nonni dei soldi in prestito, prima delle piccole cifre
e poi cifre sempre più grandi. La promessa di restituirli
era
sufficiente per farseli prestare.
Un
giorno, Gilles decise di seguire il fratello. Quel giorno era
rientrato a casa ad un orario decente. Aveva passato il pomeriggio a
giocare ai videogiochi e a trangugiare schifezze, ignorando i suoi
Pokémon, facendo in modo che fossero i suoi genitori ad
occuparsene.
Cosa che infastidiva non poco il fratello. Essere Allenatore voleva
anche dire essere responsabile dei propri Pokémon.
Nonostante
la situazione precaria tra i due, i fratelli erano costretti a
condividere la camera da letto. Certo, durante la notte facevano in
modo di darsi le spalle a vicenda, perfino quando dormivano.
I
due fratelli si coricarono a pochi istanti l’uno
dall’altro.
Didier sembrava volesse aspettare che il fratello si addormentasse,
prima di fuggire. Aspettò all’incirca
mezz’ora. Era una cosa che
aveva imparato a fare, era il tempo che il fratello impiegava ad
addormentarsi. Scattata la mezz’ora, Didier si
alzò dal letto e
uscì dalla stanza. Cercò di fare il
più silenziosamente possibile.
Di sicuro non voleva farsi scoprire. Percorse l’andito
dall’appartamento, e prese la sua giacca
dall’appendiabiti. La
porta era aperta, per cui dovette semplicemente stare attento a non
fare rumore aprendola.
Uscì
e cominciò a scendere le scale. Il loro appartamento era al
quarto
piano su venti, per cui poteva impiegare l’ascensore, ma non
voleva
fare rumore.
Scese
le scale cercando di essere veloce, ma silenzioso. Non sospettava
minimamente di essere seguito.
Pochi
istanti dopo, anche Gilles si alzò e cominciò a
seguire il
fratello. Dal momento che il loro condominio era in un vicolo, il
ragazzo non aveva molta scelta, circa la direzione dove andare.
Gilles
seguì il fratello lungo il vicolo, in seguito lo
seguì anche nella
via principale, sempre facendo attenzione a non farsi scoprire.
Cercava di nascondersi dietro muri, pali e cose del genere.
In
quegli istanti gli sembrava di essere una sorta di agente segreto o
qualcosa del genere, come nei film che adorava guardare, proprio con
suo fratello, ma che, da un po’ di tempo, aveva smesso di
guardare.
In
quel caso, però, era una situazione seria. Serissima.
Scacciato
quel pensiero, il ragazzo continuò a seguire il
fratello.
Attraversò
diverse vie, viali e piazze della grande città di
Levantopoli.
Gilles dovette fare tantissima attenzione per evitare di essere
scoperto, doveva sempre cercare di mantenere una certa distanza.
Era
curioso, ma anche preoccupato, nonostante non lo desse a vedere.
Didier era suo fratello, dopotutto. Voleva proprio capire cosa stesse
succedendo al fratello e cosa avesse a che fare con
quell’Andrea.
La
traversata della città durò un tempo
apparentemente infinito,
Gilles non aveva idea di quanto avesse camminato. Nella fretta non
aveva portato con sé lo Smart Rotom. Temeva di essersi perso.
In
ogni caso, Gilles notò ben presto il fatto che si trovava in
una
zona della città che non conosceva bene. Un insieme di
quartieri
della città che aveva solo sentito nominare, conosciuti come
la
Grande Stamberga.
Era
la zona della città più malfamata, ricca di
edifici in rovina e
vicoli bui. Gilles aveva i brividi. Non si sarebbe sognato di
visitare quelle zone di giorno, figuriamoci di notte. Temeva che da
uno di quegli edifici in rovina sarebbe potuto spuntare qualche
malintenzionato, o nella peggiore delle ipotesi un assassino. Gilles
si chiese cosa potesse spingere il fratello in quel luogo pericoloso.
Didier
si fermò davanti a un edificio apparentemente abbandonato.
La
facciata, un tempo di un bel rosa, era rovinata. Mancava
dell’intonaco ed era ricoperta di muffa. Le finestre erano
pendenti
Alcune avevano i vetri rotti, altri erano totalmente assenti. Didier
si guardò attorno nervosamente. Aveva la sensazione che
qualcuno lo
stesse seguendo. Prima di entrare furtivamente nell'edificio. Gilles
si nascose dietro un muro, ancora senza la minima idea di cosa stesse
succedendo.
Dopo
essersi guardato intorno, Didier entrò all’interno
dell’edificio.
Forse i suoi sospetti erano infondati. Dentro l’edificio
c’erano
diverse persone non esattamente raccomandabili. Se i suoi avessero
scoperto che frequentava quelle persone… Gilles si
avvicinò ad una
delle finestre diroccate. Non riusciva a sentire esattamente
cosa stavano dicendo, ma era chiaro che si stava svolgendo uno
scambio. Didier consegnò del denaro ad una di quelle
persone. Appena
quella persona ricevette i soldi, accennò un sorriso.
Fatto
questo, Didier se ne andò da quell’edificio.
Gilles dovette
muoversi in fretta, per evitare di farsi scoprire dal fratello.
Cercò
di frenare l'istinto di entrare. Sapeva che avrebbe rischiato
grosso.
Seguì
il fratello fino a casa e aspettò che quest’ultimo
si coricasse,
prima di fare altrettanto. «Dovrebbero bastare per ripagare
il mio
errore.» Disse il ragazzo. Credeva di non essere
sentito.
“Ripagare
quale errore?” Si chiese il ragazzo. Certo. Sapeva che il
fratello
era entrato in un brutto giro, ma si chiedeva a cosa servissero tutti
quei soldi.
Con
quel pensiero che gli martellava la testa, Gilles si
addormentò.
Il
suo piano era quello di pedinare il fratello anche il giorno dopo, al
rientro da scuola. Prima di addormentarsi aveva elaborato una teoria
e voleva verificarla.
Se
avevano messo dei soldi da parte, voleva dire che, in un modo o
nell'altro, li avrebbero spesi. Qualche ora dopo, era il momento di
alzarsi e di prepararsi per andare a scuola. Le tazze della colazione
e la caffettiera erano state preparate dal giorno prima, per avere la
vita più facile alla mattina.
Contrariamente
agli altri giorni, quella volta, Didier non si presentò a
colazione.
Si era già alzato ed era andato chissà dove.
Durante la colazione,
Gilles e i genitori avevano parlato poco. Molto poco.
«Potrei
rientrare da scuola un po’ più tardi.»
Esordì Gilles. I suoi
genitori non li dissero nulla. Speravano solamente che non facesse la
fine del fratello.
Non
potevano sapere che il suo scopo era diverso, e molto più
semplice.
Voleva solo sapere cosa suo fratello stesse facendo e perché
avesse
chiesto tutti quei soldi.
Dopo
essersi preparato, Gilles si diresse verso la scuola. Immediatamente,
il ragazzo si accorse di come anche il fratello fosse presente.
Era
assieme al solito gruppo di persone che frequentava. Erano in
disparte, vicini all’uscita, come se fossero venuti
lì con il solo
ed unico scopo di andarsene, balzando la scuola.
E
così fu. Didier e quel gruppo di ragazzi abbandonarono la
scuola,
con Gilles che li seguì a sua volta. Cercò, come
la volta
precedente, di mantenere una certa distanza, per evitare di farsi
scoprire.
Dopo
averli seguiti, ed aver raggiunto nuovamente le zone malfamate della
città. Finalmente il ragazzo poté capire come mai
il fratello
avesse chiesto tutti quei soldi.
«Sei
riuscito a farti perdonare.» Disse uno di quei ragazzi,
tirandogli
una vigorosa pacca sulla spalla, che li fece fare diversi passi in
avanti.
Gilles
collegò mentalmente le parole dette dal fratello e quelle di
quel
ragazzo. Da quelle parole, evidentemente, Didier aveva rotto o
danneggiato qualcosa e doveva ripagarlo.
Avevano
percorso ancora un po’ di strada, si incontrarono con delle
altre
persone.
Contrariamente
a quelli che costituivano il gruppo, non aveva la minima idea di chi
fossero. Non gli
sembravano
per nulla delle persone affidabili. Fosse per lui sarebbe scappato
immediatamente, ma il desiderio di scoprire cosa stesse succedendo,
lo spingeva a restare.
Uno
dei ragazzi del primo gruppo consegnò a una delle persone
che
avevano appena incontrato, la busta contenente il denaro.
Quest’ultimo la infilò nel borsello.
Pochi
istanti dopo si allontanò. Nessuno dei presenti sembrava
preoccuparsene, come se fosse parte del loro piano.
Dopo
una decina di minuti, il ragazzo tornò, trasportando un
sacco
dall’aria pesante.
“Mi
chiedo cosa possa esserci là dentro!” si chiese
Gilles.
I
dubbi del ragazzo durarono poco. Uno dei ragazzi che era venuto con
il fratello, si buttò a capofitto nel sacco, estraendo un
piede di
porco da quel sacco.
«Mmmh,
sì. Sembra abbastanza solido.»
Commentò.
Pochi
istanti dopo lo ripose nel sacco, ed esaminò il secondo
oggetto. Era
una borsetta di materiale robusto e dal colore scuro, chiusa da una
grossa cerniera.
Il
ragazzo la aprì ed estrasse gli oggetti al suo interno.
Gilles non
riusciva bene ad identificare quegli oggetti. Sembravano dei coltelli
o dei cacciaviti.
«Anche
questi grimaldelli mi sembrano di ottima qualità. Tu si che
sai come
dare valore ai
nostri
soldi.»
Nel fare quel complimento, il ragazzo sottolineò
particolarmente la
parola “nostri”. Anche se, per quel che ne sapeva,
quei soldi
erano soldi dei suoi genitori e dei nonni.
Quindi
il fratello voleva restituire i soldi rubando? Poteva accettare
tutto, ma non di essere il fratello di un ladro.
Era
una cosa troppo disonorevole.
In
quelli stessi istanti, Gilles si accorse di un Pidove che svolazzava
in giro. “Lui non ha queste preoccupazioni! Vive in questa
città e
si deve solo preoccupare di trovare da mangiare. Magari un giorno
verrà catturato da qualche allenatore
e…” Splof.
Il
pensiero del ragazzo venne interrotto da un evento alquanto
disdicevole.
Quel
Pidove gli aveva cagato sulla giacca. «Archeus Stoutland! Mi
hai
cagato addosso! Se ti prendo…» Gridò.
Facendo saltare la sua
copertura.
Se
fino a quel momento nessuno si era accorto della sua presenza,
quell’imprecazione lo aveva fatto scoprire. Poteva sentire i
passi
pesanti di tutte quelle persone che si dirigevano nella sua
direzione.
Compreso
il fratello. Era lui ad essere in testa al gruppo e aveva
l’aria
piuttosto arrabbiata. Poteva provare a scappare, ma era solo contro
tante altre persone. Molto probabilmente uno o più di loro
lo
avrebbe potuto raggiungere.
Per
quanto fosse un ragazzo atletico, era probabile che qualcuno lo fosse
più di lui. Forse il suo pensare troppo lo aveva
intrappolato.
Due
dei ragazzi più grossi lo avevano sollevato per le braccia.
Non
sapeva come si chiamassero. Erano stati, per lui, solo due dei tanti
pluribocciati che frequentavano la scuola.
Uno
di quei ragazzi infilò una mano nel suo borsello,
infastidendo.
Tentò di dimenarsi, ma era bloccato. Il ragazzo, dopo aver
preso le
due Poké Ball dal suo borsello, smise di frugare.
«Bene…
bene… bene… Sembrerebbe che il ragazzo abbia dei
Pokémon…»
Pochi istanti dopo, questi incrociò lo sguardo con uno dei
ragazzi
più grandi.
«Credo
che prendere uno dei suoi Pokémon possa bastare.»
Commentò uno dei
ragazzi che lo teneva bloccato. Tutti gli altri si guardarono negli
occhi. Sembrava stessero riflettendo su quella proposta.
Il
silenzio venne rotto da Didier. «Per me si può
fare… dopotutto ha
un Pancham. E senza un Pokémon di tipo Buio è
destinato a restare
un Pancham. Con me… o meglio… con noi,
diventerebbe un
potentissimo Pangoro e potrebbe aiutarci nel nostro…
lavoro» Il
ragazzo fece cenno al compagno di passargli le due Poké Ball.
Didier
aveva ben chiara quale fosse la Poké Ball del
Pokémon Briccone. Era
più vecchia e rovinata di quella di Oshawott. Didier
consegnò al
ragazzo la Poké Ball di Oshawott, facendogli intendere che
avrebbe
potuto restituirla senza problemi.
Fatto
questo, Didier fece scattare il meccanismo di apertura della
Poké
Ball, permettendo a Pancham di uscire. Fece uscire dalla
Poké Ball
anche il suo Scraggy. «Adesso tu sei un mio
Pokémon. Vedi…
Scraggy è un Pokémon di tipo Buio. Dovresti
evolverti in Pangoro.»
Il ragazzo rimase piuttosto deluso dal fatto che il Pokémon
non
accennasse in alcun modo ad evolversi, con estrema delusione
di
tutti i presenti.
Gilles
approfittò della distrazione dei presenti per tentare di
fuggire.
«Pancham! Usa Pietrataglio!» Ordinò il
ragazzo.
Il
Pokémon tirò un potente pugno sul terreno,
facendo spuntare dallo
stesso degli enormi massi di colore azzurro che lo circondarono.
Questo
fece arretrare Didier e tutte le persone attorno ma non fu
sufficiente a far mollare la presa a quei ragazzi. Doveva inventarsi
qualcosa di diverso. Sentiva i suoi arti intorpidirsi.
«Pancham!
Salta e colpiscili con Metaltestata!» Ordinò. Il
Pokémon spiccò
un salto. Mentre saltava, la struttura molecolare della sua testa
cambiò, diventando più dura
dell’acciaio.
Prima
Didier, poi a turno tutti gli altri vennero colpiti dal
Pokémon in
pieno petto e fatti cadere a terra di schiena.
Alcuni
di loro batterono la testa.
Questo
fece in modo che la maggior parte del gruppo fosse fuori
combattimento, ma non i due ragazzi che lo tenevano fermo. Che, anzi,
avevano stretto ulteriormente la presa.
«Su,
Pancham! Attacca con Tuonopugno!» Ordinò il
ragazzo.
«Cham?»
Il Pokémon sembrava preoccupato. Sapeva che se avesse
attaccato quei
due, avrebbe anche ferito il suo Allenatore. E lui non era
intenzionato a farlo.
«Su!
Cosa aspetti a farlo? Non importa se mi ferirai!»
Gridò il
ragazzo, facendo capire al Pokémon di non avere scelta.
Saltò
contro uno dei ragazzi che tenevano bloccato il suo allenatore e
tirò
contro di lui un potente pugno elettrificato.
«AAAAAH!»
Gilles e i due ragazzi gridarono. Ma, finalmente il ragazzo era
libero.
I
due ragazzi erano storditi e avevano mollato la presa. Anche Gilles
era un po’ bruciacchiato, ma sostanzialmente in buona salute.
Richiamò il suo Pokémon nella Poké
Ball e scappò. Riuscì a
fuggire prima che i suoi aguzzini si riprendessero.
Gilles
era dubbioso sul da farsi. Dopotutto, per il momento nessuno aveva
fatto nulla. Anche se avesse detto a
qualcuno
che si erano procurati quel materiale, che lui sapesse, non stavano
compiendo alcun reato.
In
ogni caso l’intrusione di Gilles negli affari del fratello,
causò
due effetti. Il primo fu quello che il suo gruppo di amici cercava di
rendergli la vita più complicata, in ogni modo possibile.
Il
secondo effetto fu più evidente. Gilles aveva continuato a
pedinare
il gruppo di cui faceva parte il fratello, ma ogni volta, Didier era
assente.
Sembrava
che Didier volesse evitare di essere scoperto. Forse pensava che il
fratello, dopo non averlo trovato per tanto tempo, avrebbe desistito.
E
la previsione di Didier non si rivelò errata. Gilles non
aveva più
seguito quel gruppo di persone per diversi giorni.
Motivo
per cui Didier aveva rincominciato ad assentarsi da scuola e a
tornare a casa malconcio. Questo fece scattare un campanello
d’allarme nella testa di Gilles, voleva dire che il fratello
aveva
ripreso le sue attivitò.
Poteva
essere il momento ideale per coglierlo con le mani nel sacco
e…
«Ed
è così che sono arrivato qui da voi.»
Spiegò il ragazzo.
Ash,
Pikachu e le ragazze lo guardarono come se fosse un alieno. Era
davvero un tipo determinato se, nonostante tutto, voleva ancora
recuperare i rapporti con il fratello.
«Scusate
se vi interrompo, ma… mentre Gilles raccontava la sua storia
è
passata un’auto della polizia.» Li interruppe Anita.
L’espressione
di tutti mutò, diventando molto più preoccupata.
«E
Poi cosa facciamo con Lillipup?» Chiese Anita, visibilmente
preoccupata per la sua Pokémon.
«Stai
tranquilla.» La rassicurò Ash.
«Incineroar è molto forte. Saperà
proteggerla da ogni pericolo.» Anita si
sentì più tranquilla
dopo le parole dell’esperto allenatore.
Nonostante
questo, la situazione che stavano vivendo non era delle migliori.
Un’auto
della polizia che sfrecciava per le strade della città,
voleva dire
solo una cosa. Didier era stato beccato durante uno di quei furti e
stava per subirne le conseguenze.
Da
una parte gli andava bene, era giusto che il fratello subisse le
conseguenze delle sue azioni e che riflettesse attentamente sui
motivi che lo avevano portato a fare quella scelta.
Dall’altra
parte, però credeva ancora che il fratello potesse tornare
sui
propri passi se qualcuno, più convincente e disinteressato
di lui,
gli avesse parlato.
I
quattro uscirono dal Centro Pokémon e si diressero nella
direzione
in cui si stava dirigendo Gilles in precedenza.
La
speranza del ragazzo era quella che, almeno il fratello, in qualche
modo si fosse nascosto o qualcosa del genere. Certo era abbastanza
improbabile, quelle cose accadevano solitamente nei film e nei
videogiochi.
Nella
vita reale, in pochi si sarebbero sognati di nascondersi nei bidoni
dell'immondizia o simili. O, tantopiù a nascondersi in
qualche
vicolo, rischiando di rimanere in trappola.
Correre
aveva poco senso, non avrebbero mai recuperato il grande vantaggio
che aveva accumulato l’auto della polizia, tanto valeva
prendersela
comoda.
Non
avendo molte idee su dove Didier potesse essersi cacciato, Ash e le
ragazze decisero, volontariamente o meno, di seguire Gilles.
Girovagarono
per la città in lungo e largo, senza risultati.
«A
questo punto credo che l’abbiano preso. Da una parte mi va
bene. Ma
dall’altra… che fratello sarei?» Si
chiese Gilles.
Ash
gli appoggiò una mano sulla spalla.
«Non
credo. Se è abituato a quelle cose, come dici, si
sarà nascosto da
qualche parte. Magari sarà anche già
uscito… chissà.» Anita
tentò di rassicurarlo, anche se lei era quella che ci
credeva meno
di tutti.
Dopo
diverse ricerche a vuoto, mentre passavano per una delle tante
stradine della città, si accorsero di qualcosa che non
andava.
Uno
dei cassonetti sembrava muoversi in maniera sospetta, spaventando
tutti.
«Pikachu,
usa Fulmine su quel cassonetto!» Ordinò Ash.
Il
topo elettrico generò una potentissima scarica elettrica che
colpì
in pieno il cassonetto, facendolo esplodere.
I
presenti dovettero proteggersi, per evitare di essere investiti dalla
scarica di rifiuti generata da quell'esplosione. Buste della
spazzatura di ogni tipo e rifiuti di ogni genere, vennero proiettati
su un’ampia area circolare.
Nel
bel mezzo dei rifiuti, un ragazzo, mezzo bruciacchiato e
evidentemente privo di sensi.
«L’hai
ammazzato? Ora arrestano anche a te!» Gilles era
evidentemente
preoccupato. Per sua fortuna, dopo alcuni istanti il ragazzo si
riprese.
Cercò
di rialzarsi e scappare, ma venne immediatamente bloccato dai due
ragazzi. Per quanto potesse sforzarsi, trascinare un quintale
abbondante non era affatto facile, tanto più che i due si
erano
puntellati.
«E
cosa vuoi da me? Lo sai bene che ti sei giocato le tue
chance.»
Nonostante queste parole, nessuno dei due accennò a mollare
la
presa.
Didier
doveva ritenersi fortunato, contrariamente ai suoi compagni, non era
stato preso. Forse trattare non era poi così male.
«Guarda
che io so benissimo perché è successo tutti
questo.» Ash fece
molta attenzione a farsi sentire.
Il
ragazzo smise di tentare di divincolarsi. Quel ragazzo stava facendo
finta o sapeva veramente qualcosa? Pur controvoglia, il ragazzo
decise di mettere Ash alla prova.
«So
bene che la causa del vostro litigio è lei.» Il
ragazzo prese, dal
suo borsello, la Poké Ball della sua Snivy. Appena la
Pokémon uscì,
riconobbe immediatamente il suo ex allenatore.
Incrociò
lo sguardo con quest’ultimo, prima di voltarsi in direzione
di Ash
e Pikachu. Gilles si sentì a disagio, Ash Non gli aveva mica
detto
che ora era lui l’allenatore di quella Snivy.
Didier
ci rimase anche peggio. Suo fratello aveva spifferato tutto ad un
perfetto sconosciuto.
Ma
cosa poteva fare? Attaccarlo con uno dei suoi Pokémon?
Quello
sconosciuto era Ash Ketchum. Solo uno dei suoi Pokémon
avrebbe
totalmente annichilito la sua squadra.
Non
poteva fare altro che accettare il confronto.
«Ora
che vedo che sei tu l’Allenatore di Snivy, ho capito cosa
provava
veramente. Ho capito come mai lei mi aveva rifiutato.
Non
mi riteneva degno.» La delusione di Gilles era palpabile.
«Non
dire così. Non sei stato il primo Allenatore che ha
rifiutato. Io
stesso l’ho vista mentre ne rifiutava uno. Poi…
beh… mi ha
chiesto di lottare e ho capito tutto.» Gli rispose Ash,
lasciando
entrambi i fratelli di sasso.
«Hai
capito cosa?» Chiesero i due fratelli.
«Quello
che desiderava veramente. Vuole diventare più forte. E credo
che
abbia imparato a capire se ha a che fare con persone che lo
desiderano o se i loro obiettivi sono altri. Mi sbaglio?»
Chiese il
ragazzo.
«Vii!
Vii!» La Snivy confermò le parole del suo
Allenatore.
«E
non era quello il tuo desiderio?» Didier si rivolse al
fratello in
tono accusatorio. «Anzi. Era quello che ci promettevamo
ogni
giorno. Com’è allora che Snivy ti ha
rifiutato?» Aggiunse.
Il
fratello non sapeva che rispondere. Era chiaro che quella domanda lo
aveva devastato.
«Io
sono un ragazzo come tanti. Come te. Del resto. Nel mondo ci sono
milioni di persone come noi. Come ci sono milioni di Pokémon
come il
mio Oshawott o il tuo Tepig. O anche Pancham e Scraggy. Sono
Pokémon
che che hanno scelto… che hanno accettato di vivere con noi.
Pur
con tutti i nostri limiti. E poi ci sono Pokémon come Snivy.
Che non
si accontentano. Perché il mio “voler diventare
più forte” non
è abbastanza.» Si spiegò Gilles,
lasciando il fratello senza
parole.
O
meglio. Didier aveva qualcosa da dire, ma… non voleva
confermare al
fratello che, in quel momento, provasse le stesse identiche
sensazioni.
Erano
entrambi consapevoli che, nemmeno se loro e i loro Pokémon
si
fossero allenati giorno e notte per tutta la vita, avrebbero
raggiunto gli stessi risultati di Ash e dei suoi Pokémon.
Ash
aveva notato che la situazione tra i due fratelli, nonostante
entrambi fossero a conoscenza della verità, continuavano a
guardarsi
male.
Nel
corso del tempo era stato capace di ricucire numerose faide. Anche
più complesse di questa. In tutti i casi aveva adottato il
medesimo
modus operandi, dopo aver portato le persone coinvolte davanti ai
fatti.
E
quel caso non avrebbe fatto eccezioni.
«Ora
che siete qui, uno davanti all’altro, che ne dite di una
lotta?»
Propose Ash.
«Una
lotta?!?» Tanto Anita quanto i due fratelli, non avevano ben
capito
la proposta del ragazzo.
Serena,
che, al contrario dei tre era già stata testimone di eventi
simili,
sapeva che il metodo di Ash era molto efficace. Aveva anche formulato
un’ipotesi sul motivo per cui questo avveniva.
Certo,
prima di diventare teoria, l’ipotesi doveva essere
confermata, e
quella poteva essere la situazione adatta.
«Non
avete molto da perdere. Almeno provateci.» Li
incoraggiò la
ragazza.
«E
va bene…» Risposero i due ragazzi, non molto
convinti. Ash era già
pronto ad arbitrare il match. «Bando ai convenevoli.
Sarà una lotta
uno contro uno. Vince chi sarà in grado di sconfiggere il
Pokémon
avversario.»
Sebbene
un po’ titubanti, i due ragazzi si schierarono uno di fronte
all’altro, in quello che era divenuto un Campolotta
improvvisato.
«Molto
bene! Pancham! Tocca a Te!» Gilles mandò in campo
il suo Pokémon.
«Scraggy vai!» Il fratello mandò in
campo il suo Pokémon.
Sembrava che il piano di Ash stesse dando i suoi frutti.
Dalla
Poké Ball di Didier uscì un Pokémon
simile ad una lucertola
bipede. Il suo corpo era prevalentemente giallo. La testa era
più
scura del resto del corpo, a eccezione della mascella. Le
gambe
erano abbondantemente ricoperte da della pelle. La coda era molto
larga e più scura del resto del corpo. La pancia era rossa e
presentava tre sottili strisce nere orizzontali, le mani disponevano
di tre dita dalla forma arrotondata. I grandi occhi erano posti ai
lati della testa. Aveva due piccole narici, una bocca dalla forma
arcuata. Sulla testa era presente una piccola cresta rossa
I
due ragazzi avevano scelto entrambi il Pokémon che era stato
donato
loro dai genitori.
«Cominciamo!
Pancham vai con Metaltestata!» Ordinò Gilles. La
struttura della
testa del Pokémon Briccone mutò, diventando dura
come l’acciaio.
«Scraggy!
Bottintesta! Presto!» Ordinò,
invece, Didier. I due
Pokémon si misero a correre uno contro l’altro,
fino al centro del
Campolotta improvvisato.
Il
contatto fra i due fu inevitabile, e a causa dell’energia
scaturita
dall’impatto, i due Pokémon indietreggiarono di
diversi metri.
Nonostante
questo, nessuno dei due Pokémon, sembrava volersi arrendere.
Pochi
istanti dopo, infatti, Pancham era tornato alla carica con un
Tuonopugno. Il braccio del Pokémon Briccone, carico di
elettricità,
era pronto a sferzare il nemico.
«Scraggy!
Mordi il pugno con Sgranocchio!» Ordinò
Didier. Il Pokémon
eseguì, raggiungendo rapidamente il bersaglio e mordendone
il pugno
elettrificato.
Ora
lo scontro si era trasformato in una gara di resistenza. Avrebbe
ceduto prima Pancham o Scraggy?
«Presto!
Attacca con Metaltestata!» Pancham Colpì
l’avversario con un
violento colpo della testa, facendogli mollare la presa. Sembrava che
fosse immobilizzato.
Aveva
anche mollato la presa e ora Pancham aveva le mani libere.
«Chiudiamola
qui! Tuonopugno!» Ordinò Gilles.
«Sù,
forza! Cerca di difenderti!» Ordinò
Didier.
Il
Pokémon, che nel frattempo si era ripreso, aveva fatto in
tempo a
tirare verso l'alto la pelle gommosa che rivestiva la parte inferiore
del suo corpo.
Nonostante
la pelle gommosa avesse attutito il colpo, il pugno tirato dal
Pokémon Briccone era stato davvero potente e
l’aveva
lanciato dal lato opposto della strada.
Nonostante
la violenza dell’impatto, il Pokémon non si era
ancora arreso.
Teneva ancora ben tesa la pelle elastica.
«Scraggy,
attacca con Calcinvolo!» Didier era consapevole della
pericolosità
di quella mossa. Sapeva bene che se non avesse colpito il bersaglio,
il Pokémon si sarebbe ferito, ma non aveva scelta.
Il
Pokémon Cambiapelle spiccò un balzo e il suo
ginocchio si illuminò
di un’aura arancione. Pronto a colpire il nemico.
Gilles
rimase attendista. Era perfettamente a conoscenza
dell’effetto
secondario di quella mossa.
«Ora
schiva!» Ordinò il ragazzo.
Il
Pokémon Briccone si spostò di circa un metro a
destra, non
permettendo all’attacco avversario di andare a segno.
Scraggy,
piantato a terra, emise un grido di dolore.
«Molto
bene! Chiudiamola qui! Pancham! Usa Breccia!» Il
Pokémon Briccone
obbedì. Attaccò il suo avversario con un potente
colpo del braccio,
che lo rispedì nuovamente dal lato opposto del campo.
Scraggy
era finito al tappeto.
«Non
importa che tu abbia vinto. Hai dato il meglio di te!» Didier
ricoverò il suo Scraggy nella sua Poké
Ball.
«Quanto
a te…» Il ragazzo si rivolse al fratello.
«Ti devo chiedere
scusa. Sono stato terribilmente infantile.» Gilles fece per
avvicinarsi al fratello e dargli dimostrazione di aver accettato le
sue scuse, quando un suono familiare fece trasalire i presenti. Erano
le sirene di un’auto della polizia.
«Lo
sapevo! Mi hanno tradito!» Si lamentà Didier,
anche se, dentro di
sé, sapeva che non poteva fidarsi.
La
berlina, scura, lunga e dalla forma a cuneo piuttosto
accentuata, si fermò proprio davanti all’ingresso
del vicolo, in
modo da rendere impossibile ogni tentativo di fuga.
Dalla
berlina scese una donna. Indossava una divisa marrone chiaro e
portava alcuni distintivi. Non c’erano dubbi, sebbene il suo
abbigliamento e la sua pettinatura fossero ben diversi da quelli a
cui Ash e Serena erano abituati, ma non vi erano dubbi, si trattava
di un’Agente Jenny.
«Buongiorno,
Agente!» La salutarnono.
«Buongiorno
a voi, ragazzi.» Ricambiò la donna. Di colpo la
sua espressione
mutò, diventando più seria. «Didier.
Sei in arresto per furto.»
La donna prese delle manette dalla sua cintura e ammanettò
il
ragazzo.
Era
un po’ sconvolto ma se lo aspettava. Dopotutto era colpevole
e non
poteva dire o fare nulla per difendersi. Non oppose la minima
resistenza neppure quando la donna lo fece salire sul sedile
posteriore.
«Proprio
ora che ci eravamo riappacificati…»
Commentò Gilles in tono
affranto. Da una parte sapeva che era giusto, ma
dall’altra…
Sentendo
quelle parole e avendo capito la poca pericolosità del
soggetto,
l’Agente si allontanò dall’auto per
parlare con il ragazzo.
Dalla sua espressione sembrava volesse dare una buona notizia.
«Mi
hanno anche raccontato il motivo per cui si è unito a loro
e, devo
ammetterlo, è davvero un motivo stupido. Lui non
deve
saperlo, ma starà dentro solo una settimana. Penso che una
settimana
al fresco basti a fargli imparare la lezione. Ora però
è meglio che
vada. Arrivederci!» La donna si congedò e
tornò in macchina. Gli
altri la salutarono a sua volta.
«Ora
scusatemi ma devo proprio andare!» Li salutò
Gilles. «Devo tornare
a casa. I miei si staranno preoccupando. La prossima volta che ci
vedremo mi piacerebbe lottare con te, Ash!» Gilles si
congedò
definitivamente con il gruppo. «E noi saremo pronti ad
accettarla,
non è vero Pikachu?» Ash pose la domanda in modo
retorico.
Pochi
istanti dopo si unì alle ragazze nel salutarlo.
Ora
i tre si stavano dirigendo verso il Centro Pokémon, dove
Incineroar
e Lillipup si stavano ancora allenando. A giudicare
dall’espressione
del Pokémon Colpibassi, la piccola aveva fatto
progressi.
Senza
che nessuno dicesse nulla, la piccola prese con la bocca uno dei
pochi rami rimasti. Lo strinse con forza dalla sua bocca si
generarono delle fiamme che avvolsero l’intera superficie
della
bocca.
Con
un solo morso riuscì a spezzare ed incenerire il ramo.
«Wow
che potenza!» Si stupì Anita. Non riusciva a
credere che la sua
Pokémon fosse così forte.
«Beh… con un maestro del
genere…»
Commentò Ash con un sorriso.
Poco
dopo, il ragazzo cambiò espressione. Sapeva bene che, un
giorno, si
sarebbe evoluta in Southland e…
«Direi
che per oggi vi siete allenati abbastanza. Può
bastare.» Commentò
Ash.
«Si,
forse è meglio che si riposino. E lo stesso si
può dire per noi.»
Si aggiunse Serena. Anita si limitò ad annuire. Era
effettivamente
un po’ stanca. E se il giorno dopo voleva sfidare di nuovo la
Palestra, doveva essere al massimo della concentrazione.
Anita
non riuscì a dormire nemmeno quella notte. E, come il giorno
precedente, riuscì a fare colazione con fatica, dopo essere
stata
convinta da Ash.
I
tre raggiunsero la Palestra alla buon ora, con già
Spighetto
che attendeva la sua sfidante. «Sapevo che saresti tornata
presto.»
La accolse. «Immagino che tu ti sia allenata con
Ash.» Commentò.
La
ragazza rimase in silenzio. Non voleva di sicuro spifferare la sua
strategia, o probabilmente il Capopalestra si sarebbe inventato
qualcosa per contrastarla.
«Seguitemi.»
Li invitò Spighetto. I tre lo seguirono fino al Campolotta.
Tutto
era pronto per la lotta. Ash e Serena si accomodarono sulle tribune,
e poco dopo vennero raggiunti da Carlos, che si sedette accanto al
ragazzo.
Nel
mentre, Spighetto stava armeggiando con l’arbitro elettronico.
«Vediamo
se mi ricordo bene… tu sei Anita, è la tua prima
lotta in Palestra
e il tuo primo Pokémon è Oshawott,
giusto?» Chiese il
Capopalestra. «S-si.» Rispose.
«Allora
possiamo cominciare. In quanto Capopalestra non posso rifiutare una
sfida.» Anita non sapeva che rispondere. Prima di quella non
aveva
visitato altre Palestre.
«Comincia
ora la lotta tra il Capopalestra Spighetto e Anita, la sfidante.
Sarà
una lotta due contro due, tuttavia solo alla Sfidante sarà
consentito sostituire i suoi Pokémon. La lotta
terminerà quando
entrambi i Pokémon di uno dei due allenatori non saranno
più in
grado di lottare.» Annunciò l’arbitro
elettronico.
«Lillipup!
Tocca a Te!» Il Capopalestra mandò in campo il suo
primo Pokémon.
Seguito, pochi istanti dopo dalla sfidante. «Oshawott!
È il tuo
momento!»
Anche
questo capitolo è un po’ corto, ma ho preferito
non scrivere
qualcosa di troppo ripetitivo. Diciamo che questo capitolo, a parte
per la prima lotta in Palestra, che se avete letto, sapete
com’è
andata, è una sorta di “filler” e in
quanto tale è un
esperimento, sia a livello narrativo che di idee.
Per
questo non è esattamente come volevo che fosse e, nel corso
del
tempo, subirà diverse smussature.
A
questo aggiungo che si. Ci saranno dei capitoli dove Serena
sarà più
protagonista, slegati dai Varietà. Saranno
capitoli in cui
sarà lei l’eroina della situazione.
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Capitolo 4 *** Una nuova amica ***
Prima
di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe
aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci
accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della
storia.
I
nostri eroi hanno scoperto chi era realmente Carlos, un ragazzo che
lavorava alla Palestra di Levantopoli come assistente e Capopalestra
vicario.
Anita
ha lottato contro Spighetto, ma senza successo, avendo perso contro
il suo Pansage. La ragazza, convinta da Ash e Serena, ha deciso di
ritentare.
Durante
un allenamento speciale della sua Lillipup, presieduto
dall’Incineroar di Ash, fanno conoscenza di Gilles, un
allenatore
che vive in quella città, reduce da una faida con il
fratello
gemello Didier a causa del fatto che il primo abbia voluto cambiare
il suo primo Pokémon.
Una
nuova amica
«La
prima mossa spetta alla sfidante!» Dichiarò
l’arbitro
elettronico. «Cominciamo con Acquagetto!» Il
Pokémon Lontra si
rivestì d’acqua, e si lanciò rasoterra,
in direzione
dell’avversario. «Cerca di schivare!»
Ordinò Spighetto. «Cerca
di muoverti il più possibile!» ordinò
Anita.
Il
Pokémon di tipo acqua obbedì, muovendosi a destra
e a sinistra,
rendendo molto difficile capire dove sarebbe giunto. Il povero
Lillipup non riuscì a capire da dove proveniva
l’avversario, e
venne colpito in pieno, e scagliato in aria. Nonostante questo,
Spighetto non si fece prendere dal panico. «Cerca di
atterrare e
attacca con Riduttore!» Ordinò il Capopalestra.
Nel frattempo,
Oshawott era atterrato e stava recuperando fiato.
Appena
Anita vide il Pokémon Cagnolino correre a grande
velocità contro il
suo Pokémon Lontra. «Cerca di difenderti con la
Molloscosciabola!»
il Pokémon eseguì, tendendo con le mani la sua
conchiglia e
utilizzandola come uno scudo. Il piano della ragazza
funzionò.
Oshawott arretrò di alcuni metri, ma non subì
grandi conseguenze.
«Ora
usa Pistolacqua!» Dalla bocca della Lontra uscì un
potente getto
d’acqua che colpì in pieno l’avversario,
lanciandolo in aria.
Anche in questo caso il Capopalestra non perse minimamente la calma.
«Usa Cuordileone!» Il corpo del Pokémon
Cagnolino si illuminò di
marrone chiaro, e anche i suoi occhi fecero
altrettanto.
«Oshawott!
Colpisci con Acquagetto!» Il corpo del Pokémon
Lontra si rivestì
d’acqua, diventando come una sorta di proiettile impazzito.
«Forza,
Lillipup, usa Riduttore!» Ordinò il Capopalestra.
Il Pokémon
Cagnolino sferrò un potente attacco, reso ancora
più potente dalla
forza di gravità. I due Pokémon si scontrarono a
metà campo,
generando una potente esplosione. Quando la polvere si
depositò, il
risultato della lotta era chiaro a tutti.
«Lillipup
non è più in grado di lottare. Vince
Oshawott.» Dichiarò
l’arbitro elettronico. «Ritorna, Lillipup. Hai
fatto un
grandissimo lavoro.» Spighetto richiamò il suo
Pokémon. «Se vuoi
puoi sostituire anche il tuo.» Le ricordò il
Capopalestra. «Amico
vuoi continuare o preferisci riposare un pochino?» Chiese al
Pokémon. «Sha! Sha!» Rispose.
«Bene, allora possiamo continuare!»
Dichiarò il Capopalestra. «Pansage! Tocca a
te!» Il Capopalestra
mandò in campo la scimmietta elementale di tipo Erba.
«La prima
mossa tocca alla sfidante!» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
«Oshawott!
Usa Acquagetto!» Ordinò l’Allenatrice.
Il Pokémon Lontra si
rivestì d’acqua e si lanciò contro
l’avversario. «Difenditi
con Frustata!» Dalla testa del Pokémon spuntarono
delle spesse
liane. Le incrociò davanti a sé per
proteggersi. “Hei! Ma è
la stessa tecnica che ha usato la Snivy di Ash!”
Pensò. “Ma come
posso contrastare una tecnica del genere?”
«E
ora lancialo!» Le liane, compresse dall’attacco,
vennero
rapidamente rilasciate e, come molle, lanciarono l’avversario
al
lato opposto della Palestra. «Oshawott non è
più in grado di
lottare. Vince Pansage!» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
Anita
si affrettò a farlo rientrare nella Poké Ball.
«Sei stato
fantastico!» Si rivolse alla Poké Ball.
Spighetto
era piuttosto perplesso. Perchè chiedergli nuovamente di
lottare se,
fino a quel momento, la lotta era stata identica alla precedente?
Cosa aveva in mente quella ragazza?
«Molto
bene! Lillipup! Mostriamogli quello che abbiamo imparato!» La
ragazza sembrava sicura ed entusiasta, ma nonostante questo, il
Capopalestra rimase impassibile.
«La
prima mossa tocca al Capopalestra!»
Dichiarò l’arbitro
elettronico.
«Bene,
Pansage! Usa Graffio!» Il Pokémon Scimperba si
mise a correre
contro l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata,
con
degli artigli che riflettevano la luce.
Per
il momento il copione era identico alla lotta precedente, aumentando
ulteriormente i dubbi del Capopalestra. Contrariamente
all’altra
volta, Anita appariva piuttosto tranquilla.
Sembrava
quasi che le andasse bene.
«Attacca
con Rogodenti!» Ordinò la ragazza, accennando un
sorriso. Si era
tenuta l’arma segreta fino al momento in cui non era
realmente
necessaria.
La
Pokémon si mise a correre in direzione
dell’avversario, con la
bocca rivestita di fuoco e i denti acuminati in bella vista.
«Pansage!
Schiva e rallentalo con Semitraglia!» Ordinò il
Capopalestra,
cosciente del fatto che un attacco di quel genere avrebbe potuto
causare grandi danni al suo Pokémon.
La
scimmietta di tipo Erba cominciò a sparare dalla bocca una
grandissima quantità di semi colorati tra il giallo e il
verde, che
colpirono il terreno con forza, generando una gigantesca nuvola di
polvere. Era impossibile vedere ad un palmo dal naso. La Lillpup era
bloccata, incapace di reagire.
«Lillipup
non è il solo Pokémon ad aver imparato delle
nuove mosse. Anche
Pansage l’ha fatto, non è
così?» Chiese, retoricamente il
Capopalestra, accennando, a sua volta, un sorriso.
«Pansage!
Usa Rocciotomba!» Il Pokémon Scimperba, ancora
sospeso in aria,
grazie al precedente Semitraglia, generò dalle braccia un
gigantesco
masso, che scagliò contro il campo di lotta.
Poi
un altro. E un altro ancora.
Anita
era consapevole di dover reagire, o avrebbe perso di nuovo. E aveva
paura di quello che sarebbe potuto succedere. Si sarebbe meritata
ancora la fiducia di Ash e Serena? Ma soprattutto si sarebbe
meritata, nuovamente la fiducia dei suoi Pokémon?
Quei
pensieri la bloccarono. Di nuovo.
«Forza!
Dovete reagire! Potete farcela!» Carlos si alzò
dal suo posto ed
incoraggiò la sfidante.
Non
era una cosa che era solito fare, ma in quel caso glielo doveva, dopo
quello che era successo. Fare il tifo per lei, era un suo piccolo
modo per sdebitarsi.
“Ha
ragione! Non possiamo stare ferme” Pensò
Anita.
«Lillipup!
Dobbiamo reagire! Cerca di muoverti il più veloce possibile,
mandiamolo in confusione!» Ordinò la giovane
Allenatrice.
Ormai
la polvere si era diradata. La Pokémon era quasi totalmente
circondata dalle rocce. Sembrava fosse in trappola. Vi era solo una
via d'uscita e, con tutta probabilità, si trattava
di una
trappola.
«Forza,
Pansage! Completa l’opera!» Ordinò il
Capopalestra. Il Pokémon
Scimperba generò, con gli arti superiori
l’ennesimo masso, e lo
scagliò.
«Lillipup!»
Si limitò a dire Anita, paralizzata. «Manca solo
l’ultimo tocco!»
Si limitò a dire il Capopalestra, mentre il suo
Pokémon
si
apprestava a lanciare un gigantesco masso contro
l’avversaria. Era
chiaro a tutti cosa sarebbe accaduto se l’attacco fosse
andato a
segno.
Anita
era disperata e la sua Pokémon riusciva benissimo a
percepirlo.
Aveva capito che, in quelle situazioni, se la sarebbe dovuta cavare
da sola.
Ormai
il gigantesco masso era a pochissima distanza. Sarebbe stata colpita.
Un
enorme boato fece tremare l’intera Palestra. Il masso aveva
colpito
il centro di quella trappola.
«No!
Non di nuovo! Sono una totale incapace!» Si
disperò Anita. Allargò
le braccia e piegò le ginocchia, in preda alla disperazione.
Nella
Palestra era calato un silenzio irreale.
«Aspetta,
Ash, c’è qualcosa che non torna.»
Commentò Serena, rivolgendosi
al ragazzo. «Hai notato che ancora non è stato
dato l’esito della
Lotta?» Gli fece notare Serena. «L’altra
volta, invece, l’avevano
annunciato subito.» Aggiunse.
Il
ragazzo rifletté rapidamente. Effettivamente Serena aveva
ragione.
Da
regolamento le persone che assistevano alla lotta non potevano
intervenire, ma, a causa di un cavillo regolamentare, nulla
impediva ai Pokémon di farlo.
Ash
si girò verso Pikachu e gli sussurrò qualcosa
all’orecchio. Il
Pokémon, sentite le parole del suo Allenatore, scese dalle
tribune e
raggiunse Anita. Si mosse rapidamente e raggiunse la ragazza in pochi
istanti.
«Ehi!
Pikachu? Che succede?» Chiese la ragazza. Il
Pokémon, sfruttando le
sue doti attoriali affinate negli anni, si mise sulle zampe
posteriori e, con gli arti anteriori tirò alcuni pugni in
aria.
«Pika?» Chiese.
«Mi
stai parlando della lotta?» Chiese la ragazza. Il
Pokémon fece un
piccolo gesto di affermazione con il capo, quindi si sdraiò
per
terra con le zampe divaricate.
«Vuoi
dirmi che la lotta non è finita? Ma
Lillipup…» Pikachu, tornato
sulle quattro zampe, si limitò a toccare il terreno del
campo lotta
con la coda. «Vuoi dirmi che è sottoterra? Ma
Lillipup non
conosce…» La ragazza non riuscì a
terminare la frase. Il terreno
iniziò a tremare. Non molto distante dalla trappola di
rocce,
Lillipup emerse dal terreno.
«Hai
ragione! Ha imparato fossa!» Si complimentò la
ragazza. E, a quanto
pareva, le sorprese non erano finite. Il corpo di Lillipup si stava
illuminando di una luce bianca, tendente
all’azzurro.
«Si
sta evolvendo!» Commentarono tutti i presenti. Il corpo della
Pokémon crebbe di dimensioni, la peluria blu sulla schiena
divenne
più lunga, trasformandosi in una sorta di mantello, che ora
rivestiva anche la coda.
Il
pelo sulla faccia mutò di forma, trasformandosi, nella parte
inferiore in una sorta di baffo, mentre nella parte superiore in una
sorta di cresta a tre punte.
Nel
complesso, l’espressione della Pokémon era
diventata più seria e
meno giocosa. Anita non perse tempo e scansiona l’appena
evoluta
Lillipup con il suo Smart Rotom. «Herdier, Pokémon
Fedeltà, tipo
Normale, esemplare femmina, evoluzione di Lillipup. È molto
intelligente e si affeziona con facilità. Secondo alcune
teorie
sarebbe stato il primo Pokémon a diventare il compagno degli
umani.
Mosse conosciute Azione, Morso, Rogodenti, Fossa. Abilità
Prepotenza.» Anita rimase alcuni istanti in silenzio.
«Cos’è
l’abilità Prepotenza?» Chiese.
Lo
smart Rotom rispose immediatamente. «Prepotenza è
un’abilità
Pokémon che permette al Pokémon che entra in
campo di rendere gli
attacchi avversari meno forti.» Rispose il dispositivo.
Forte
dell’evoluzione della sua Pokémon, Anita
accennò un sorriso.
Prima di riprendere la lotta, la ragazza si inginocchiò
verso
Pikachu e gli diede una carezza sulla testa.
«E
grazie a te. Senza il tuo aiuto, sarebbe finita come l’altra
volta.» Il Pokémon le sorrise.
«La
lotta può riprendere!» Dichiarò il
Capopalestra. «Ora che
Lillipup si è evoluta, possiamo finalmente metterla alla
prova. Usa
Graffio!» Il Pokémon Scimperba si mise a correre
contro
l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata, con
degli
artigli che riflettevano la luce.
Anita
rimase attendista. Ora che Lillipup si era evoluta, era diventata
più
forte, anche fisicamente.
Ormai
la scimmietta era a un passo dall’attaccare Herdier.
«Adesso!
Attacca con Rogodenti!» Ordinò Anita. La
Pokémon si girò di
scatto e saltò sull’avversario, mordendogli una
spalla con le
zanne infuocate.
«E
ora lancialo!» Oridnò. La Pokémon,
grazie ai potenti muscoli del
collo, mosse con foga la testa e scagliò l'avversario contro
le
barriere. Il rumore fu assordante e l’impatto fu talmente
violento
da creare un buco nella stessa.
«Pansage
non è più in grado di lottare. Vince Herdier. Di
conseguenza si
aggiudica la lotta la sfidante.» Dichiarò
l’arbitro elettronico.
Anita non voleva crederci.
«Abbiamo…
abbiamo vinto?» Chiese, ancora incredula.
Nel
frattempo venne raggiunta da Ash, Serena e Carlos. «Alla fine
ci
siete riusciti. Non era facile, ma avete fatto un lavoro
straordinario.» Si complimentò Ash. «A
dire il vero è merito
vostro. Se non aveste fatto tutto quello che avete
fatto…» Serena
le sorrise. «Non dire così. Alla fine ad aver
lottato siete stati
tu e i tuoi Pokémon. Se avete vinto è solo merito
vostro.»
Nel
mentre, Spighetto aveva recuperato la medaglia della Palestra.
«Questa
è la Medaglia Tris, è la prova che tu e i tuoi
Pokémon avete
sconfitto questa Palestra. Ti restano ancora nove lotte in Palestra,
prima di poter affrontare la Lega. E, ricorda, ogni volta che sfidi
una Palestra, anche le lotte successive saranno più
difficili.»
Detto questo, il Capopalestra e la ragazza si strinsero la mano.
«Come
sarebbe a dire che ad Unima ci sono dieci Palestre?» Chiese
Ash. «Io
sono sempre stato abituato ad otto.» Aggiunse.
«Unima è una
regione molto grande, con tante grandi città. Per evitare
che ci
fossero delle inutili rivalità, la Lega ha deciso di
concedere ad
altre due città di avere la loro Palestra. Anche
un’altra città
ha mandato la sua candidatura, ma non sappiamo se verrà
accettata o
meno.» Spiegò il Capopalestra.
Ash,
sia pure un po’ perplesso, accettò la cosa. Quello
che gli
importava davvero era che Anita fosse stata in grado di vincere la
sua prima medaglia.
Anita
estrasse dalla sua borsa il portamedaglie, un dono della
Professoressa Aralia. Era realizzato in metallo ed era dipinto di
nero e rosa. Era leggermente più grande rispetto a quelli a
cui Ash
era abituato, e la cosa aveva senso, dato che doveva contenere dieci
medaglie.
All’intero
era rivestito da della gommapiuma nera, sagomata in modo da poter
contenere le medaglie.
Anita
non fece in tempo ad infilarla, che subito venne richiamata dal
Capopalestra.
«A-A-A,
prima di metterla nel portamedaglie dobbiamo scattare la foto di
rito.» La ragazza era un po’ spaesata. Di certo non
si aspettava
che il cerimoniale post lotta prevedesse anche questo.
Si
avvicinò lentamente al Capopalestra, tenendo ancora in mano
la
Medaglia Tris appena vinta.
«Carlos?»
L’assistente comprese immediatamente. Si allontanò
dal gruppo per
precipitarsi in uno stanzino poco lontano. Aprì la porta e
vi entrò
per alcuni istanti.
Tornò
poco dopo con, appesa al collo una grossa macchina fotografica. Era
realizzata da una nota azienda di Kanto.
Spighetto
si avvicinò ad Anita e la invitò a mostrare in
camera la medaglia
appena vinta.
Carlos
scattò alcune foto da diverse prospettive, ma ad un certo
punto si
fermò.
«Credo
che sarebbe giusto che anche i veri protagonisti di questa lotta,
facciano parte delle foto, non credete?» Propose.
I
due capirono al volo, mettendo mano alle loro Poké Ball.
«Venite
fuori!» La ragazza ed il Capopalestra fecero uscire i loro
Pokémon.
Tanto i Pokémon del Capopalestra, quanto Oshawott, avevano
ripreso i
sensi, sebbene fossero ancora un po’ acciaccati.
«Sha?»
Oshawott guardò la sua compagna di squadra, era
cambiata… era
cresciuta…
Anita
notò immediatamente la perplessità del suo
Pokémon iniziale. «È
sempre lei, solo che… si è evoluta.»
Gli spiegò l’Allenatrice.
«Un giorno o l’altro toccherà pure a
te.» Gli spiegò con un
sorriso. «Sha?» Il piccolo Pokémon era
perplesso. Si trovava bene
così. In quel momento non credeva di avere motivi per
evolversi.
Carlos
scattà delle altre foto, in cui erano presenti anche i
Pokémon. «E
ora, se non vi dispiace, vorrei immortalare anche voi.» Ash,
Serena
e Pikachu si avvicinarono alla coppia.
Scattate
le ultime foto, finalmente i tre poterono uscire dalla Palestra. Era
ancora presto per pranzare, sarebbero tornati lì
più tardi.
«Hey,
Ash! Visto che non avete molto da fare, cosa ne pensi di una
lotta?»
Gli propose Carlos. Certo. Si ricordava com’era andata
l’altra
volta, ma l’entusiasmo causato da quella lotta, gli aveva
fatto
venire voglia.
«Per
me va bene. Se non vi dispiace, ovviamente.» Rispose il
ragazzo,
cercando l’intesa delle ragazze. A giudicare dalla loro
espressione, sembrava non ci fossero particolari problemi.
Certo,
Serena avrebbe preferito allenarsi in vista del primo
Varietà, che
avrebbe dovuto disputare da lì a breve, ma sapeva benissimo
quanto
Ash ci tenesse alle lotte.
Pikachu
fece per scendere dalla spalla del ragazzo e per schierarsi in campo,
ma venne fermato da Ash. «Mi dispiace, amico, ma questa volta
vorrei
che a lottare fosse qualcun’ altro.» Gli
Spiegò il ragazzo.
«Pika?» Il Pokémon era piuttosto deluso,
ma decise comunque di
accettare la decisione.
«Umbreon!
È il tuo momento!» Carlos mandò in
campo il suo fidato Pokémon.
D’altra parte non aveva alternative, sebbene non volesse
darlo a
vedere.
«Snivy!
Scelgo te!» Ash mandò in campo la nuova arrivata,
scatenando la
perplessità dei presenti, Carlos su tutti.
«Ma
sei sicuro che…?» Gli chiese Carlos.
Tanto
l’allenatore, quanto soprattutto la Pokémon lo
guardarono con aria
perplessa. Snivy era felice di essere stata scelta, significava che
Ash si fidava di lei.
«Cominciamo
o dobbiamo restare qui a guardarci negli occhi?» Carlos era
impaziente di lottare. Già pregustava la sua vittoria,
contro
un'avversaria apparentemente semplice, nonostante
l’esperienza del
suo Allenatore.
«Cominciate
pure voi.» Li invitò Carlos.
Ash
non se lo fece ripetere due volte. «Molto Bene, cominciamo
con
Attrazione!» La Pokémon fece un occhiolino al
bersaglio e scagliò
contro lo stesso una grande serie di cuori.
«Umbreon!
Cerca di resistere!» Lo incoraggiò Carlos, ma era
troppo tardi.
Ormai il suo Pokémon era stato colpito
dall’attrazione avversaria.
«Proviamoci comunque! Usa Attacco Rapido!» Umbreon
rimase fermo,
immobile.
«Questa
è una delle conseguenze
dell’innamoramento.» Commentò Spighetto,
rimasto ad assistere alla lotta. «Quando un
Pokémon è innamorato,
non può attaccare.» Spiegò.
«Bene
Snivy, attacca con Vorticerba!» La Pokémon
spiccò un salto e
generò dalla coda un gigantesco tornado di foglie affilate,
che
scagliò addosso al bersaglio.
Umbreon
venne avvolto da una potente corrente e sollevato in aria. Snivy
ruotò su se stessa, dirigendo verso il basso la corrente
d’aria,
facendo scaraventare.
Infine
la Pokémon atterrò
delicatamente.
Umbreon
era un po’ frastornato, ma ancora in grado di
continuare.
«Vai
con Palla Ombra!» Ordinò. Il Pokémon
generò dalla bocca una sfera
di energia oscura dal colore violaceo, vicino al nero. Viaggiava ad
una grande velocità e, ben presto, avrebbe colpito il
bersaglio.
«Respingila
al mittente con Frustata!» Dalle protuberanze sulla schiena
della
Pokémon uscirono due lunghe liane, che colpirono la sfera di
energia.
Con
un rapido movimento, ora la sfera di energia era in rotta di
collisione contro Umbreon, senza che né lui né il
suo Allenatore
potessero fare nulla.
L’impatto
fu inevitabile. L’esplosione che si generò tra
l’attacco e il
Pokémon fu piuttosto violenta, ma ancora Umbreon sembrava
ancora in
grado di lottare.
Carlos
stava iniziando a dare i primi segni di frustrazione. Non era ancora
riuscito a toccare Snivy in alcun modo.
«Magari
con una mossa ravvicinata riusciamo ad attaccare! Prova con Attacco
Rapido!» Umbreon si mise a correre contro l'avversaria,
diventando
quasi invisibile.
«Chissà
cosa si inventerà ora.» Si chiese Serena.
«Forza,
Snivy! Rallentalo con Frustata!» Nuovamente dalle
protuberanze sulla
schiena della Pokémon uscirono delle lunghe fruste, che ben
presto
raggiunsero l’avversario, facendolo cadere di muso.
«Chiudiamola
con Vorticerba!» La Pokémon spiccò un
salto e generò dalla coda
un gigantesco tornado di foglie affilate, che scagliò
addosso al
bersaglio.
Umbreon
venne avvolto da una potente corrente e sollevato in aria. Snivy
ruotò su se stessa, dirigendo verso il basso la corrente
d’aria,
facendo scaraventare.
Infine
la Pokémon atterrò delicatamente, quindi, notando
l’avversario
riverso a terra, privo di sensi saltò di gioia. Era riuscita
a
sconfiggerlo. Aveva ripagato la fiducia che Ash aveva riposto in lei.
Umbreon
cadde a terra, sconfitto.
L’espressione
sul volto di Carlos mutò, divenendo piuttosto delusa, ma con
un
pizzico di soddisfazione. Per la seconda volta, Ash aveva dimostrato
cosa volesse dire essere un Campione.
«Sei
davvero incredibile! Con una semplice Snivy sei riuscito a
sconfiggere il mio Umbreon!» Carlos tentò di
congratularsi.
Ash
e la sua Snivy fecero la stessa espressione, erano entrambi
abbastanza contrariati.
«Oh…
Lei non è una semplice Snivy. Lei è una Snivy che
più di tutti
desidera diventare più forte. E ci mette tanto, tantissimo
impegno.
Io semplicemente cerco di assecondare il suo desiderio.»
Spiegò
Ash, incontrando il favore della sua Pokémon. Carlos non
capiva.
Davvero bastava solo desiderare di diventare più forti per
ottenere
risultati del genere?
«Anch’io
desidero diventare più forte. Io e Umbreon, anche quando era
ancora
un Eevee, ci allenavamo ogni giorno. Per migliorare. Siamo anche
riusciti a sconfiggere degli sfidanti… ma voi siete proprio
ad un
altro livello!»
Il
ragazzo si inginocchiò, quasi a pregare.
Le
ragazze si misero una mano davanti alla bocca per nascondere una
risatina. Sembrava gli volesse chiedere di sposarlo.
«Posso
diventare un vostro compagno di viaggio? Desidero più di
ogni altra
cosa diventare più forte e sono sicuro che tu sarai il
maestro più
adatto.»
L’espressione
di Ash mutò. Per quanto si sforzasse, però, non
riusciva a
nascondere un sorriso.
«Per
me andrebbe anche bene… più siamo più
ci divertiamo… ma non
dipende solo da me. Lo sai.» Ash si voltò verso le
ragazze. Notando
come l’espressione delle due fosse rimasta imperturbabile,
Carlos
decise di sfoderare qualche freccia.
«Vi
prometto che cucinerò io per voi… avete avuto
modo di vedere che
me la cavo piuttosto bene ai fornelli…» Niente.
L’espressione
delle ragazze non era cambiata di una virgola.
«Vi
chiedo scusa se ho finto di essere il Capopalestra. Volevo solo
rendere la vita più facile a Spighetto e agli altri. E
così…»
Le
due ragazze si scambiarono uno sguardo d’intesa.
«Sei
dentro.» Lo accolse Serena. Carlos era entusiasta. Sapeva che
avrebbero dovuto lavorare duramente, ma il fatto di avere come
maestro il Campione del Mondo gli avrebbe dato una grande
motivazione.
«Allora
vado a prepararmi! Potremo partire dopo pranzo, cosa ne
dite?»
Propose Carlos. Non avendo altro da fare, Ash e le ragazze
accettarono.
«Prima
di partire, però dovremo fare un salto al Centro
Pokémon, però.
Meglio sempre assicurarci che tutto sia a posto prima di
partire»
Serena aveva appena finito di consultare il suo Smart Rotom.
Dopo
pranzo, i quattro raggiunsero il Centro Pokémon della
città. In
quel momento il Centro era praticamente vuoto.
A
parte loro e l’Infermiera Joy, solo una donna.
Indossava
un camice da laboratorio e aveva dei lunghi capelli blu scuro, tenuti
fermi da un fermacapelli rosa a fiori. Aveva un paio di occhiali da
vista.
Accanto
a lei un piccolo Pokémon quadrupede dalla forma
tondeggiante. Era
principalmente di colore rosa. Sul suo corpo era presente una
fantasia a fiori viola e rosa scuro. Sembrava levitare ed era
circondato da una sorta di fumo scuro.
La
donna stava parlando con l’Infermiera Joy, probabilmente
riguardo
al Pokémon che l’accompagnava.
Anita
scansionò il Pokémon che accompagnava la donna
con il suo Smart
Rotom.
«Munna,
Pokémon Divorasogni. Tipo Psico. Esemplare femmina. Quando
Munna
mangia i sogni di qualcuno, questi dimentica che cosa ha sognato.
Galleggia costantemente in aria. Mosse conosciute: Ipnosi,
Mangiasogni, Palla Ombra, Forza Lunare.»
La
ragazza ripose lo Smart Rotom nella sua borsa.
«Aspetta
un attimo.» La fermò Carlos. «Ma nella
foto del Pokédex è
diverso.» Anita riprese il suo Smart Rotom e cercò
ulteriori
informazioni sul Pokémon.
«Qui
dice che se emette del fumo scuro ha divorato degli incubi. Oppure se
è molto preoccupato.»
I
quattro si avvicinarono al bancone dell’Infermiera, per far
controllare i loro Pokémon. Nel farlo sentirono parte della
conversazione tra la donna e l'Infermiera.
«Escluderei
il fatto che abbia mangiato degli incubi, se come mi hai detto
è
successo da questa mattina, allora è più
probabile che sia
preoccupata per qualcosa o qualcuno.» Spiegò
l’Infermiera.
«Oh,
scusate se vi ho fatto perdere tempo.» Si scusò la
donna. «Ero
preoccupata per la mia Pokémon e…» Ash
le sorrise. «Non ti
preoccupare. Anzi. Ti aiuteremo. Puoi dirci quello che è
successo?»
Le chiese Ash.
«Oh,
scusate. Non mi sono presentata. Mi chiamo Zania. Sono una scienziata
che lavorava al Cantiere dei Sogni. Prima che succedesse qualcosa che
in questo momento non ricordo. Stavamo svolgendo alcuni esperimenti
per poter ottenere energia pulita dal Fumonirico di Munna e Musharna.
Mentre svolgevano alcuni studi, ci fu una gigantesca esplosione. Io
ed i miei colleghi siamo stati soccorsi da un tizio che allenava un
Hypno. A parte questo non ricordo altro.»
Spiegò.
«Ora
scusatemi, ma devo andare. Il lavoro mi chiama!» La donna,
scortata
dalla sua Munna, uscì dal Centro Pokémon. La
donna si allontanò e
uscì dall’edificio.
«Ciao,
ragazzi! Ora sono a vostra disposizione, volete che dia
un’occhiata
ai vostri Pokémon?» Dalla porta dietro al bancone
fece capolino una
strana creatura.
Era
un Pokémon bipede e paffutello, di colore rosa e crema, a
eccezione
degli occhi, di colore azzurro. La parte superiore di testa e
orecchie era rosa, mentre quella inferiore crema. Le orecchie
ricadevano ai lati della testa. Nella parte inferiore della testa
erano presenti due appendici che assomigliano a uno stetoscopio. Il
torso era rosa sui fianchi e sulla schiena, mentre sul ventre era
color crema. Le braccia, dotate di tre dita, invece, erano rosa. Le
gambe erano corte e color crema, con due dita ai piedi, piuttosto
corte.
Anita
scansionò la strana creatura con il suo Smart Rotom.
«Audino
Pokémon Ascolto. Tipo Normale. Esemplare maschio. Questo
Pokémon
dal cuore tenero è in grado di percepire le condizioni
fisiche e
mentali di chi tocca con le antenne. Mosse conosciute: Ondasana,
Salvaguardia, Protezione.»
Ash
e gli altri posarono le Poké Ball nel bancone, in modo che
l'Infermiera potesse raccoglierle. Pochi istanti dopo, lo stesso
Pikachu saltò sul bancone.
«Chiedo
scusa se sono indiscreta, ma… qualcosa non mi
torna.» L’Infermiera
si fermò dal sistemare le Poké Ball sul carrello.
«Dimmi
tutto… Serena, giusto?» Le rispose l'Infermiera.
«Non capisco una
cosa. Ma se la Professoressa Zania ha lavorato a stretto contatto con
Munna e Musharna, non dovrebbe sapere come mai è circondata
da del
fumo scuro?» Chiese.
L’infermiera
riprese il suo lavoro. «Non saprei dirvelo. Da un paio di
giorni si
presenta qui. Sempre allo stesso modo. Io cerco di rassicurarla.
Alcuni mesi fa ci fu l’incidente al Cantiere dei Sogni, ma
lei si
comporta così solo da alcuni giorni.»
Spiegò l’Infermiera. «Da
allora, praticamente ogni giorno, Zania andava al Cantiere a
prendersi cura di una colonia di Munna e Musharna che si era
trasferita nelle rovine del Cantiere. Aveva spiegato di come, dopo
l’esplosione, in quelle rovine, vi si fosse concentrata una
strana
energia che ha attirato diversi Pokémon. Per loro era un
luogo
sicuroe prottetto. Tra i vari Pokémon che si sono rifugiati
vi sono
molti esemplari di Munna e Musharna. Lei ed altri volontari se ne
stavano occupando, almeno sino a qualche giorno fa.»
Aggiunse. «Cosa
ne dici? Potremo visitarlo?» Chiese Ash. «Si, ci
mancherebbe. Prima
mi occuperò dei vostri Pokémon, poi vi
procurerò il necessario per
visitare il Cantiere. È sicuro, ma per precauzione
è meglio
indossare delle protezioni. Sia mai che qualche calcinaccio decida di
cadere!» Gli rispose l’Infermiera, mentre portava
Pikachu e le
diverse Poké Ball nel retro della postazione.
«A
proposito… se volete andarci, potreste portare queste
bacche?»
L’Infermiera indicò un sacco dall’aria
pesante posizionato poco
lontano dalla porta.
I
quattro raggiunsero l’area relax e si sedettero in uno dei
divanetti messi a disposizione per gli Allenatori.
Di
fronte al divanetto un tavolino con diverse riviste e dei giornali.
Poco lontano tre distributori automatici, uno per le bevande calde,
uno per snack e bevande fredde e uno dedicato al cibo per i
Pokémon.
Ash,
vedendo i distributori
«Volete
qualcosa?» Chiese. «Scusa, ma abbiamo appena finito
di pranzare! È
possibile che tu abbia già fame?» Gli chiese
Carlos. «No. Ci sono
dei momenti in cui non ho fame. Quando dormo, ad esempio.»
Gli
rispose Ash, in tono scherzoso.
Dato
il poco successo della sua proposta, il ragazzo si limitò a
prendere
un pacchetto di cornetti al formaggio per sé stesso.
Mentre
Ash aveva aperto il pacchetto, diffondendo nell’aria un
fetore non
indifferente, Serena aveva preso uno dei giornali messi a
disposizione degli ospiti.
Era
un giornale di informazione generale dedicato principalmente ai
giovani allenatori. Presentava numerosissime rubiriche e articoli
dedicati ai più variegati interessi.
Spaziavano
dai consigli sull’allenamento al come curare al meglio i
propri
Pokémon, come per esempio quali prodotti usare per rendere
il loro
pelo più morbido e lucido, a dei consigli sul cosa dar loro
da
mangiare e simili.
Non
mancavano inoltre interviste a celebrità del momento o
Allenatori e
Allenatrici che si erano particolarmente distinti.
Quello
che però alla ragazza più interessava era
un’altra cosa.
Data
e ora del primo Varietà che avrebbe dovuto affrontare ad
Unima.
«Eppure
dovrebbe esserci…» La ragazza sfogliò
nervosamente il giornale.
«Ah-ha! Eccolo!» I tre guardarono la ragazza
con
aria
incuriosita. «Cosa stavi cercando?» Le chiese
Carlos.
«Ho
deciso di viaggiare con Ash e Anita anche per partecipare ai
Varietà
di Unima. E, a quanto pare, il prossimo varietà si
terrà
a Eolea. Una piccola città che si trova tra Levantopoli e
Zefiropoli. Sembra che verrà dedicato uno speciale alla
vincitrice
del Varietà!» Rispose la ragazza.
«Ma
è fantastico! Non aspetto altro che vederti
all’opera!» Le
rispose Ash, guardandola con aria sognante.
Di
ben altro avviso fu Carlos «Come sarebbe a dire “la
vincitrice”?
Sanno già che vincerà una ragazza?»
Tutti lo guardarono come se
fosse un alieno. «Sai, ai Varietà possono
partecipare solo le
ragazze.» Gli spiegò Serena.
«A
tal proposito… mi farebbe molto piacere se partecipassi
anche te al
Varietà, cosa ne pensi?» Anita rimase in silenzio.
Era
una proposta che non si sarebbe mai aspettata di ricevere.
«Non
so. Ho paura che possa andare male. Ho paura di essere giudicata. E
poi… non vorrei che questo pregiudicasse il motivo per cui
avete
deciso di viaggiare con me.» Rispose.
Ash,
che nel frattempo aveva finito di mangiare e che aveva buttato il
sacchetto nella spazzatura, si rivolse all’Allenatrice
più
giovane. «A volte distrarsi e prendersi una pausa
è la scelta
migliore. E poi non è mai tempo perso, quando stai accanto
ai tuoi
Pokémon. Anche se nei Varietà non si
lotta.» Le rispose Ash.
«Ovviamente
non ho esperienze dirette dei Varietà… ma ho
partecipato ad alcune
Gare Pokémon e posso dire che sono state illuminanti. Magari
accadrà
lo stesso per te con il Varietà» Le rispose Ash.
«Hai
partecipato a delle gare Pokémon? Come mai non me lo avevi
mai
detto?» Gli chiese Serena.
«Oh,
beh… è stato davvero tanto tempo fa…
pensa che ad Hoenn il
campione era Adriano e non Rocco. E, nonostante siano state
importanti per per affinare tecniche di lotta e per crearne di nuove,
non ho mai particolarmente brillato… a parte un
pareggio.» Serena
lo guardò con aria dubbiosa. «Un pareggio? Ma
solitamente se le
gare finiscono alla pari, si va coi tempi supplementari, fino a
quando non si ha un vincitore.» Ash fece un piccolo movimento
con il
capo, a conferma delle sue parole. «Quella era una gara
semiufficiale. Non era direttamente gestita dalla Commissione
Attività Pokémon. Per cui si applicavano delle
regole diverse.» Il
ragazzo si mise a rovistare nel suo zaino, fino a trovare un mezzo
fiocco.
«Eccolo
qui. È diventato un portafortuna. Mi chiedo se anche Vera lo
custodisce ancora.» Serena lo guardò con aria
stranita. «Non mi
avevi mai raccontato del fatto che avessi gareggiato contro di
lei.»
Le rispose Serena. «Pensavo te lo avesse
raccontato.» Controbattè
Ash.
«I
vostri Pokémon sono tornati in piena forma.»
La
voce dell’Infermiera li ricondusse a quello che era
l'obiettivo del
giorno. I quattro si avvicinarono al bancone. Appena arrivati,
Pikachu saltò immediatamente addosso ad Ash.
«Si
vede che sei davvero in forma eh!» Commentò il
ragazzo,
accarezzando il suo Pokémon.
«Se
volete visitare il Cantiere, vi serviranno questi.»
L’Infermiera
prese, da un angolo del bancone cinque elmetti da cantiere. Quattro
di misura normale ed uno un po’ più piccolo.
«Il
Cantiere è poco lontano da qui. Al massimo un quarto
d’ora a
piedi. Appena entrate, mi raccomando, indossateli. Fate passare le
fibbie sotto al mento e chiudete. Almeno così non vi rischia
di
cadere.»
Congedatisi
con l’Infermiera, il gruppo partì alla volta del
Cantiere. Serena
aveva impostato le coordinate sulla app delle mappe del suo Smart
Rotom e aveva cominciato a guidare il gruppo verso la
destinazione.
Camminarono
per diverso tempo, seguendo le indicazioni della ragazza.
«Siamo
sicuri che sia la strada giusta? Stiamo camminando da non so quanto
tempo… non è che intendeva quindici
ore?»
Si
lamentò Ash.
«Tranquillo…
siamo praticamente arrivati.» Lo rassicurò
Serena.
Dopo
un altro po’ di strada, finalmente i quattro giunsero al
luogo
indicato sulla mappa. Era un enorme complesso di edifici.
Sembrava
fossero stati parzialmente distrutti da una violenta esplosione.
Gli
edifici, nemmeno troppo tempo prima, fieri e maestosi, ora si
ergevano come scheletri malmessi. Il vento che, nel frattempo si era
sollevato, sembrava suonare una melodia macabra, passando per quelle
che, un tempo, erano finestre. Attorno all’edificio erano
presenti
grandi quantità di vetri rotti, con tutta
probabilità si trattava
dei vetri che rivestivano l’edificio. La luce del sole gli
faceva
scintillare come se fossero dei piccoli gioielli.
La
struttura, posizionata su una collina, sovrastava la città.
Da
quella prospettiva era visibile la cappa di smog che avvolgeva la
città.
«Ora
che siamo arrivati, possiamo portare le bacche e iniziare ad
indagare, che ne dite?» Si propose Carlos. «Sicuri
di voler
entrare? A me non sembra molto sicuro.» Mentre gli altri
erano
avanzati di alcuni passi, Anita era rimasta alcuni passi indietro.
«Non pensi che se fosse veramente pericoloso,
l’Infermiera Joy ci
avrebbe semplicemente detto di non avvicinarci. Non credo che voglia
prendersi questa responsabilità, non credi?»
Carlos tentò di
rassicurarla.
La
ragazza, sia pur non molto convinta, coprì la breve distanza
che la
separava dai tre.
Di
nuovo riuniti, i quattro indossarono i caschi dati loro
dall’Infermiera. Sistemato il suo, Ash si occupò
anche di Pikachu.
finalmente i quattro poterono entrare all’interno del primo
edificio.
«Però.
Pensavo fosse messo molto peggio.» Commentò
Serena, dando un rapido
sguardo alla enorme stanza. Una stanza sostanzialmente vuota.
Solo
alcune librerie poggiate contro le pareti testimoniavano
l’origine
di quell’edificio. Appena i quattro entrarono, i numerosi
Pokémon
presenti all’interno li guardarono con aria sospetta. Non
sembravano intenzionati ad attaccare, ma sembravano pronti a farlo.
Erano
Pokémon di diverse specie, piuttosto differenti tra loro.
Erano
alcuni esemplari di Watchog, dei Patrat, alcuni Lillipup, dei Mareep,
alcuni Zigzagoon, dei Rattata, alcuni Purrloin, delle Lilligant,
alcuni Petilil, dei Minccino e dei Cinccino.
Ash
aprì il sacco e cercò con lo sguardo delle
ciotole. Appena le
trovò, cominciò a riempire. Pochi istanti dopo
anche Serena, Anita
e Carlos iniziarono ad aiutarlo.
Terminato
di riempire le ciotole, i quattro si allontanarono lentamente.
«Mangiate pure, sono per voi.» Li inviò
Ash.
I
Pokémon, non appena i quattro si allontanarono, cominciarono
a
mangiare.
Lo
stesso accadde anche negli altri edifici. Rimaneva solamente
l’edificio centrale. Il più grande e anche quello
più malmesso.
Ash si posizionò davanti a tutti, voleva assicurarsi di
essere il
primo ad entrare.
Il
suo senso di responsabilità gli imponeva di assicurarsi che
fosse
tutto a posto.
«Aspettate.
Non ho un bel presentimento.» Ash fece cenno agli altri di
fermarsi.
«Questo posto non mi piace per nulla.»
Aggiusne.
«Penso che tu possa stare tranquillo. Se fosse pericoloso,
l’Infermiera non ci avrebbe mai permesso di venire qui, se
non
fosse sicuro, non credi?» Gli rispose Carlos.
«Ash
ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo, penso che dovremmo
ascoltarlo.» Controbattè Anita. «Ma cosa
credi che possa
succedere!» Il ragazzo fece alcuni passi avanti, superando
tutti.
«Vedete…
è tutto perfettamente sicuROOOOOOOOOOOO!» Il
ragazzo venne
catturato da una rete dall’aria robusta.
«Presto
Pikachu, liberalo, rompi la rete con Codacciaio!» Il
Pokémon scese
dalla spalla del ragazzo e spiccò un salto. Con un violento
colpo
della coda tagliò rapidamente la rete.
Il
ragazzo cadde a terra di faccia. Si alzò e si
scrollò la polvere di
dosso. «Forse avevi ragione. Ma… cosa ci fa una
trappola qui?» Il
ragazzo prese in mano la rete. «Devono esserci dei
bracconieri in
giro. Non è una buona notizia.»
Commentò Ash.
«Credi
che si tratti del Team Rocket?» Chiese Serena.
«Non
penso. Loro avrebbero usato delle reti più
resistenti… a prova di
Pikachu!» Le rispose Ash, in tono ironico. «Non
possiamo scherzarci
più di tanto. Team Rocket o meno ci sono delle persone
pericolose in
giro e non possiamo permettere che facciano del male ai
Pokémon.»
Aggiunse.
«E
quindi… cosa vorresti fare?» Gli chiese Carlos.
«Andiamo ad
avvisare l’Agente Jenny? Le portiamo questa rete e le
raccontiamo
di quello che abbiamo visto. Così possiamo finalmente
partire.»
Propose.
«Non
credi che sia da irresponsabili? E se, nel mentre noi siamo via,
arrivano e riescono a catturare dei Pokémon?» Gli
chiese Serena.
«Non sarebbe accettabile. Hai ragione. Ma allora cosa proponi
di
fare?»
«Visto
il tuo grande talento nel cacciarti nei guai, potresti far scattare
le altre trappole. Magari così, vedendo che le trappole sono
scattate…» Propose Ash.
«No.
Io non ho voglia di sbattere di nuovo a terra. Una volta mi basta e
avanza.» Gli rispose.
«Non
preoccuparti. Prima dovevamo liberarti in fretta e abbiamo agito
d’istinto. Questa volta saremo più
preparati.» Il ragazzo prese
una delle sue Poké Ball dallo zaino.
«Però
vi chiedo di fare attenzione… il suo modo di mostrare
affetto è
piuttosto… soffocante» Serena cercò di
non ridere. Lei aveva
potuto provarlo in prima persona e non era sicura di volerlo
ripetere.
«Dragonite!
Ho bisogno del tuo aiuto!» Dalla Poké Ball del
ragazzo si
materializzò un Pokémon draconico bipede dal
colore arancione. Era
alto e massiccio.
Non
appena uscita dalla Poké Ball, Dragonite si
avventò contro Anita e
Carlos, stringendoli in un forte abbraccio.
«Aiut«Aiutoh! Non
respiro!» Si lamentò Carlos.
Dello
stesso avviso fu Anita. «Dovete perdonarla.» Si
scusò Ash. «È
sempre entusiasta di fare nuove amicizie… ma non sempre
riesce a
dosare la sua forza.» Alla fine la
Pokémon mollò la presa
sui due malcapitati.
«Beh…
ora si che mi sento al sicuro. Tra cadere faccia a terra e rischiare
di venire stritolato non so cosa sia peggio!» Il ragazzo,
sentendo
addosso la pressione dei presenti, cambiò rapidamente idea.
«E
va bene! Ma non crediate che possa davvero trovare le
trappole… è
stata solo FortunAAAA!» Dopo pochi passi il ragazzo venne
catturato
dalla seconda trappola.
Pochi
istanti dopo il ragazzo venne soccorso da Dragonite. La
Pokémon
tenne la rete con una delle braccia, mentre, sfruttando i suoi
artigli affilati, riuscì a tagliare la corda che teneva la
rete.
Riuscì
a far atterrare Carlos in tutta sicurezza.
«Grazie.»
I tre non riuscirono a non ridere. Carlos aveva proprio un talento
naturale per cacciarsi nei guai.
«Molto
bene! Sembra che le trappole siano scattate. Potremo mettere le mani
su di un ricco bottino!» Un uomo di circa quarant'anni, aveva
appena
ricevuto diverse notifiche sul suo dispositivo.
«Scusa
se te lo dico, fratello, ma non credi che sia un errore? Sappiamo
bene che si tratta di Pokémon notturni! Non credi che sia un
falso
allarme? Magari qualche altro Pokémon, magari qualche
ragazzino
incauto…» Gli rispose un altro uomo più
o meno della stessa età.
«Se si tratta di qualche ragazzino, gli daremo una lezione
che non
dimenticherò facilmente… se si tratta di un
Pokémon, noi non
facciamo distinzioni. Qualsiasi Pokémon può
fruttarci dei bei
soldi!» Lo spronò l’altro.
«Allora
andiamo, prima che cambi idea. Sai bene che il capo non ne
sarebbe affatto contento»
I
due scesero dal retro del loro furgone e uno dei due si sedette al
lato del guidatore. Il mezzo partì dopo un po’ di
insistenza.
Nel
mentre, al Cantiere dei Sogni apparentemente Carlos era riuscito a
beccare tutte le trappole. I quattro fecero per andarsene, quando, ad
un certo punto, qualcosa attirò l’attenzione di
Anita.
«Avete
sentito anche voi?» Un suono basso e lontano stava
cominciando a
diffondersi. «Ho paura che siano quelli che hanno messo
queste
trappole… cosa facciamo?» Chiese, piuttosto
intimorita.
«Li
affronteremo. Non abbiamo altra scelta.» Le rispose Ash.
«Sei
sicuro? E se fossero armati? E se ci tendessero
un’imboscata?» La
ragazza era sempre più preoccupata.
«Stai
tranquilla, non è la prima volta che affrontiamo dei
bracconieri.
Anzi. Non c’è stata regione in cui abbiamo
viaggiato in cui non
abbiamo avuto a che fare con dei bracconieri…
Purtroppo.» Rispose
Ash.
«E
tu li hai sempre affrontati senza preoccuparti dei rischi? Ci vuole
davvero tanto coraggio!» Si congratulò Anita.
«Non
ho mai fatto nulla da solo. Da solo fai poco o niente.»
Rispose il
ragazzo.
Pochi
istanti dopo, il rumore si arrestò.
«Forse
sono arrivati.» Commentò Carlos.
I
due erano scesi dal loro furgone. Uno di loro aveva aperto la porta
scorrevole del mezzo e aveva passato al suo collega uno sparareti.
«Almeno così non torniamo a mani vuote.»
Commentò.
«E
cosa vuoi prendere? Dei Lillipup? Così il capo ci
riderà davvero in
faccia!» Gli rispose il collega. «Vedremo strada
facendo. Devo
ricordarti che se siamo qui, è tutta colpa tua.»
Controbattè
l’altro.
«Che
importa? Ora siamo qui e dobbiamo stare attenti o potrebbero
scoprirci.» Gli rispose l’altro, facendo sbuffare
il collega.
Sistemate le loro armi, cominciarono a dirigersi verso uno degli
edifici.
Il
primo dei due tirò un calcio alla porta, la quale si
aprì senza
protestare. I Pokémon lì presenti
rimasero tranquilli. «Bene,
bene, bene… quanti bei Pokémon abbiamo
qui!» Commentò uno dei
due, senza scatenare alcuna reazione.
«Direi
che possiamo procedere! Hypno! Usa Nube!» Uno dei due uomini
aprì
una delle sue Poké Ball e la lanciò, facendo
uscire dalla stessa un
fascio di luce dal colore bianco-azzurro.
Quest’ultimo,
in pochi istanti si trasformò in una creatura dal colore
giallo e
dall’aspetto umanoide. Il collo era coperto da una folta
pelliccia
bianca.
Aveva
un grosso naso, delle grosse orecchie appuntite e degli occhi
piccoli. Teneva con una delle mani un pendolo legato da una
cordicella. Appena entrato generò dalla bocca una grossa
nuvola dal
colore scuro.
I
due uomini indossarono delle maschere, per proteggersi dal gas.
In
pochi istanti la stanza si riempì di un fumo nero.
L’aria divenne
irrespirabile. Diversi Pokémon cominciarono a tossire e
a
respirare con fatica. Si udirono diversi fischi in rapida
successione.
«E
ora tocca a Te!» Gridò l’altro,
lanciando la sua Poké Ball.
«Mandibuzz! Usa Scacciabruma!» Dalla
Poké Ball dell’uomo uscì
una Pokémon dall’aspetto simile ad un rapace. Il
suo piumaggio era
di colore marrone. Nel suo corpo erano presenti diverse ossa, come
sulla cresta o nella parte inferiore del corpo. L’osso sulla
parte
inferiore del corpo ricordava una sorta di mascella.
«Crah!» Gridò
la Pokémon. Prima di mettersi a sbattere ripetutamente le
sue ali,
facendo rapidamente scomparire la nube.
I
due uomini sorrisero quando videro lo spettacolo che si
palesò
dinanzi ai loro occhi.
I
Pokémon che ritenevano più preziosi, ossia le
Lilligant, i Minccino
e i Cinccino, erano stati rinchiusi in delle spesse reti, con gli
altri Pokémon rimasti impassibili dinanzi allo spettacolo
che si era
palesato.
Troppo
spaventati per poter agire.
«E
ora usa Psichico!» Ordinò l’allenatore
di Hypno. Questi, muovendo
il suo pendolo, creò un’onda che
sollevò tutti i Pokémon
imprigionati nelle reti. «E ora portali al
furgone!» L’Hypno
seguì il comando, spostando i Pokémon con i suoi
poteri.
Li
condusse e li scagliò con violenza nel retro del
mezzo.
Sempre
sfruttando i suoi poteri, fece scattare la serratura. Ora, per i
Pokémon sul retro, era veramente impossibile fuggire. Poco
dopo, il
Pokémon tornò dai due. «Benissimo, ora
che siamo sicuri di non
aver fatto un viaggio a vuoto, possiamo pensare al motivo per cui ci
hai fatto venire qui.» I due abbandonarono
l’edificio e si
diressero verso l’edificio centrale.
I
quattro erano rimasti dentro all’edificio, in silenzio.
Sapevano
che erano arrivati degli estranei, ma non sapevano nulla sul loro
conto. Era l’idea migliore, per non mettere in pericolo
Carlos e
Anita.
Ma
ora sembrava che il piano si fosse sgretolato. Dei passi pesanti si
stavano dirigendo verso l'edificio. «Eccoli che
arrivano!» Commentò
Serena.
«Ce
ne occupiamo noi!» Si offrì Ash. «Voi
mettetevi al sicuro!» Anita
e Carlos si allontanarono, entrando in una piccola stanza, che, in
origine, era utilizzata da chi lavorava come sala svago.
«Io
resto con te. So che te la cavi benissimo da solo, ma non voglio che
tu corra rischi inutili.» Spiegò Serena.
«Va bene, ma fai
attenzione. Non sappiamo a cosa veniamo incontro.» Le
ricordò il
ragazzo.
Serena
si limitò ad annuire.
Ormai
il tempo era poco. I passi si erano fatti vicinissimi.
Un
potente calcio sfondò la porta e, pochi istanti dopo,
entrarono due
uomini, seguiti da un Hypno e da una Mandibuzz. I due uomini
squadrarono Ash e Serena, e i due fecero altrettanto.
«E
voi cosa ci fate qui?» Chiese il ragazzo. «Siamo
degli…» Uno dei
due iniziò a parlare, ma si interruppe dopo poche parole.
«Addetti
alla manutenzione…» Rispose l’altro.
Cercando di risultare
credibile.
«E
ci stavamo assicurando che fosse tutto a posto.» Aggiunse
l’altro.
«E
per farlo avete bisogno di fucili che sparano delle reti?!?»
Chiese
Ash, facendo finta di credergli. «Secondo te?»
Rispose uno dei due
uomini. «Hypno! Usa Palla Ombra!»
Ordinò! «E Tu Mandibuzz! Usa
Etetrelama!» Ordinò il secondo.
«Pikachu!
Usa Fulmine! E tu, Dragonite, vai con Tifone!»
Ordinò Ash.
Serena
non fece in tempo a prendere una delle sue Poké Ball dalla
borsa. I
Pokémon dei due allenatori erano riversi a terra, sconfitti.
Sul
corpo di Mandibuzz erano ancora visibili delle piccole scintille.
«Ora
non ci resta che…» Iniziò uno.
«Darcela a gambe!» Continuò
l’altro. «Non così in fretta!»
Il tono di Ash si fece serio.
«Andiamo! Non possiamo lasciarli agire
indisturbati.» Ash invitò
Serena a seguirlo.
Nel
frattempo, i due uomini si erano allontanati e avevano raggiunto il
loro furgone. Pochi istanti dopo, il mezzo partì.
«Cosa
facciamo con Anita e Carlos?» Chiese Serena.
«Adesso li inseguiamo.
Poi, appena arrivati, li contattiamo, in modo da far arrivare
l’Agente Jenny» Rispose il ragazzo. «Va
bene. Spero solo che non
si preoccupino troppo.» Aggiunse la ragazza.
«Forza,
inseguiamoli!» I due salirono in groppa a Dragonite e
seguirono il
mezzo. Quest’ultimo, dopo alcuni giri per strade principali,
passò
ad una stretta strada di campagna.
Ad
un certo punto, il furgone si arrestò, su di una strada in
leggera
pendenza.
«Bene,
ora possiamo scendere.» Dragonite atterrò e Ash e
Serena scesero. I
due uomini erano scesi dal furgone e uno di loro aveva preso un mazzo
di chiavi.
Appena
i due scesero dal mezzo, il furgone incominciò a
muoversi
verso indietro, producendo un suono inquietante.
Lentamente
il mezzo iniziò a muoversi verso indietro. Inizialmente
nessuno
sembrò accorgersene.
«Dragonite!
Vai con Tifone!» Ordinò il ragazzo.
La
Pokémon obbedì, lanciando contro di due una
potentissima corrente
d’aria contro i due uomini, che vennero scaraventati contro
un
albero.
L’impatto
dei due corpi contro il grosso albero fu molto violento. Diversi
esemplari di Sewaddle calarono dai rami dell’albero, appesi
tramite
la loro bava collosa.
I
Pokémon Coleottero non ci pensarono due volte ad attaccarli
con il
loro Millebave, legandoli al tronco dell’albero, rendendo
impossibile la loro fuga.
«Il
Furgone!» Gridò uno dei due uomini.
«Idiota! Hai dimenticato di
tirare il freno!» Lo riprese. Il furgone si stava muovendo
sempre
più velocemente verso la discesa.
«Cosa
fate lì impalati? Se davvero tenete a quei
Pokémon, cercate di
salvarli!» Si lamentò uno dei due uomini.
Con
uno scatto felino, il ragazzo tentò di raggiungere il
furgone, che,
ogni istante che passava, acquisiva maggior velocità.
Pikachu
dovette stringere la presa per evitare di cadere.
Raggiunto,
con fatica il mezzo, il ragazzo si appese al finestrino,
fortunatamente rimasto abbassato e riuscì ad entrare.
Pikachu si era
accomodato sulla panca a due posti accanto al sedile di guida.
«E
questo coso come si ferma?» Il ragazzo si grattò
la testa. Aveva
individuato i principali organi di comando, ma non il freno a mano.
A
complicare ulteriormente le cose, il furgone aveva colpito un grosso
sasso e aveva cambiato traiettoria, rischiando di cadere in una
scarpata.
Questo
non fece altro che peggiorare la situazione. Il ragazzo non aveva la
benché minima idea di dove potesse essere il freno e, ormai,
mancava
davvero poco.
Il
ragazzo, fortunatamente ebbe un’illuminazione.
Pensò alla macchina
di sua madre. Anche quella aveva tre posti davanti.
E
il freno era tra il sedile del guidatore e la portiera.
L’intuizione
del ragazzo si rivelò corretta e riuscì ad
arrestare il mezzo prima
che fosse troppo tardi. Il mezzo si arrestò con uno
scossone, ma il
maggiore pericolo era scampato.
Dopo
alcuni istanti, Ash e Pikachu scesero dal furgone e vennero raggiunti
da Serena e Dragonite.
Il
ragazzo provò invano ad aprire la porta scorrevole.
«Dannazione! È
chiusa!» Si lamentò il ragazzo.
Provò
anche con le porte posteriori, senza successo. Serena, vedendolo in
difficoltà, si avvicinò. «Tutto
bene?» Chiese.
«Per
nulla. Dei Pokémon sono rinchiusi qui dentro e questo coso
è chiuso
a chiave.» La ragazza gli sorrise.
«Beh,
posso fare un tentativo.» La ragazza incominciò a
cercare
freneticamente qualcosa all’interno della sua borsa, fino a
quando
non trovò delle sue forcine.
«Speriamo
funzioni.» Commentò a bassa voce, mettendosi a
lavoro.
Dopo
diversi minuti, finalmente, la ragazza riuscì nel suo
intento,
aprendo le due porte. I Pokémon all’interno del
furgone rimasero
fermi e silenziosi. Sembravano terribilmente spaventati.
Ash
e Serena si accorsero di come, nonostante la porta fosse aperta,
nessun Pokémon sembrava intenzionato a scendere.
«In
fondo un po’ li capisco.» Commentò Ash.
«Sono appena stati
rapiti da dei malintenzionati e ora hanno paura delle
persone.»
Spiegò Ash. «Forse dovremo allontanarci e lasciare
che facciano da
soli.» Propose.
«E
se arrivassero di nuovo quei tizi? O dei loro colleghi?»
Serena era
piuttosto dubbiosa. «Non ti preoccupare. Ci allontaniamo, ma
restiamo nei paraggi. Così, se le cose dovessero mettersi
male…»
Spiegò il ragazzo.
Serena
non rispose, limitandosi a seguirlo. Per essere più
discreto, il
ragazzo richiamò la sua Dragonite nella Poké
Ball. «Grazie, hai
fatto un ottimo lavoro, ora riposa.»
Inizialmente,
l’intuizione del ragazzo non sembrò rivelarsi
corretta. Nessun
Pokémon sembrava intenzionato ad uscire dal
furgone.
Per
una buona mezz’ora tutto rimase invariato.
Serena
ne approfittò per mettersi in contatto con Anita e Carlos.
Anita
rispose alla chiamata quasi immediatamente.
«Pronto?
Va tutto bene?» Chiese Anita, in tono preoccupato.
«Più
o meno.» Rispose Serena. «Quelle persone che sono
arrivate erano
dei bracconieri e hanno rapito diversi Pokémon. Siamo
riusciti a
fermarli, ma non so per quanto ancora…»
Spiegò.
«Ma
è terribile! Cosa posso fare?» Chiese, cercando di
non farsi rapire
dalle emozioni. «Chiedi all’Agente Jenny. Ti mando
la nostra
posizione.» Rispose la nativa di Kalos. Dopodiché
chiuse la
chiamata, per inviare il messaggio.
Passò
dell’altro tempo e, finalmente vi furono i primi, timidi
tentativi
di fuga da parte di alcuni Pokémon. Dei Cinccino. Si
guardarono
intorno e, non notando pericoli, scesero.
Poco
dopo vennero raggiunti dalle Lilligant.
«Visto?»
Commentò Ash. «Dovevamo solo essere
pazienti.» Serena si limitò
ad annuire. L’intuizione del ragazzo si era rivelata
corretta.
Ash
fece per fare un passo in avanti, quando notò che i
Pokémon, che
prima erano usciti dal furgone, ora stavano tornando indietro,
portando, tra le zampe, diverse bacche.
«Forse
hanno deciso che questa sarà la loro nuova casa.»
Commentò Serena.
«Non lo so. Forse cercano solo un posto sicuro dove mettere
le loro
bacche.» Rispose Ash. «Magari potremo aiutarli,
portandone qualcuna
anche noi.» Aggiunse.
«Buona
idea» Rispose la ragazza.
I
due si misero alla ricerca di alberi di bacche, non
un’impresa
difficile, in aperta campagna. Avevano ancora con loro i sacchi che
avevano utilizzato per portare le bacche al Cantiere, perciò
trasportarle non era un problema.
Non
ci volle molto prima che fosse completamente pieno. Fatto questo, i
due aspettarono che i Pokémon, che avevano, a loro volta
avevano
portato delle bacche, si allontanassero. Appena il gruppo di
Pokémon
si allontanò, i due si avvicinarono al furgone, con tante,
gustose
bacche.
Diedero,
di sfuggita, uno sguardo all’interno del mezzo, notarono una
strana
creatura appoggiata contro la paratia che separava la cabina di guida
dal vano di carico.
Era
a malapena illuminata, ma, anche solo guadandola, si vedeva che
qualcosa non andava. Sulla parte inferiore del corpo, sembrava
esserci un taglio.
«È
ferita.» Riuscì a commentare Ash, prima di venire
colpito in pieno
petto da una palla dal colore violaceo. Il colpo fu abbastanza
violento da farlo indietreggiare.
«Noi
vogliamo solo aiutarti!» Provò a convincerla
Serena, senza
successo. Per fortuna Pikachu saltò in tempo dalla spalla di
Ash,
neutralizzando il secondo attacco con un potente Codacciaio.
«Cercare
di convincerlo così è inutile.»
Commentò Serena. «È ferito e
attacca d’istinto. Forse so chi può
aiutarci.» La ragazza mise
mano ad una delle sue Poké Ball.
«Sylveon!
Ho bisogno del tuo aiuto!» Appena uscita dalla
Poké Ball, la
Sylveon si avvicinò immediatamente alla sua
Allenatrice.
«Dentro
quel furgone c’è un Pokémon ferito. Ha
paura e attacca. Forse tu
potresti riuscire a calmarlo.» Le spiegò.
«Veon!» rispose la
Pokémon, avvicinandosi al mezzo e salendo a bordo.
Cercò
di apparire il più naturale possibile. Probabilmente quel
Pokémon
non aveva mai incontrato un Sylveon in vita sua, per cui sapeva di
apparire come un’estranea. Nonostante i suoi timori, si
avvicinò
alla creatura ferita, senza venire attaccata.
Le
si avvicinò delicatamente. Non appena vide la sua ferita
rabbrividì.
«Veon!
Eon! Sy!» (Sei ferita! Vieni con me! La mia Allenatrice
può
aiutarti!) «Gant? Li!» (Allenatrice? Ho paura delle
persone! Sono
cattive!) «Eon! Eonnn!»(Lo pensavo anche io, ma lei
è una ragazza
speciale!) «Lill! Li!» (Va bene! Ma se non
è così te ne
pentirai!)
La
Pokémon provò ad alzarsi e a fare un passo, ma
cadde
immediatamente. Stremata, perdipiù proprio sulla ferita.
«GAAANT!»
Gridò di dolore. Sylveon cercò, con le sue
antenne, di avvolgerla
per il busto e di sollevarla, ma senza successo.
Senza
dire nulla saltò dal mezzo e corse verso Serena, tirandola a
sé.
«Ho capito!» Rispose la ragazza. «Arrivo
subito». La ragazza
saltò sul furgone e vide la Pokémon riversa a
terra, dolorante.
Ash
era poco lontano, seminascosto, per non impaurire ulteriormente la
Pokémon ferita.
Capendo
la situazione, anche la ragazza provò a sollevare la
Pokémon, senza
successo. «Da sola non ci riesco, ho bisogno di aiuto, ma non
preoccuparti. Anche lui è buono!» Disse, uscendo
dal mezzo. «Syll!»
Tradusse la Pokémon.
Pochi
istanti dopo, schivando il grosso mucchio di bacche, entrò
anche
Ash. Sollevarla in due era decisamente più facile e meno
rischioso.
Appena
la portarono fuori dal mezzo, la aiutarono a rimettersi in
piedi.
Per
lei non era affatto facile. Il dolore era enorme. Ma ora era alla
luce del Sole. Raccolse le sue ultime energie. Il fiore sulla testa
si illuminò di arancione.
«Ehi!
Ma quella è Sintesi!» Commentò Ash.
«Sintesi?» Chiese Serena,
non avendola mai sentita. «Sintesi è una mossa che
conoscono molti
Pokémon di tipo Erba. La usano quando sono stanchi o feriti
per
recuperare energia.» Spiegò.
La
ragazza non rispose, rapita da come la brutta ferita della
Pokémon
si fosse rimarginata.
Pochi
istanti dopo, la Pokémon si diresse verso il furgone,
prendendo
alcune bacche dal suo interno. Quindi, molto timidamente, si
avvicinò
alla ragazza e alla sua Sylveon.
«Sono
per noi?» Chiese la ragazza, con un sorriso.
«Gant!» Rispose la
Pokémon. «Sei davvero gentile.» Si
congratulò Serena.
Dopo
alcuni istanti, la Pokémon si allontanò dai
due.
Non
per molto. Piano piano, davanti ai due, si palesarono numerosi
esemplari di Cinccino, alcuni Minccino, delle Lilligant e delle
Petilil. Molti di più di quelli che erano stati rapiti.
La
Pokémon sembrava stesse parlando con il gruppo di
Pokémon che si
era radunato.
Dopo
alcuni istanti, la Pokémon si allontanò dal
gruppo e si avvicinò
alla nativa di Kalos. La toccò delicatamente con una delle
braccia,
simili a foglie.
«Vuoi
venire con me?» Chiese la ragazza. La Pokémon fece
un piccolo cenno
di sì con il capo. Serena prese una Poké Ball
vuota dalla sua
borsa, ancora una di quelle che le aveva donato il Professor Platan
all’inizio del suo viaggio, e la porse alla
Pokémon.
Quest’ultima
toccò delicatamente il pulsante d’apertura,
venendo assorbita in
un fascio di luce.
La
Poké Ball oscillò prima una, poi due, quindi tre
volte. Alla quarta
emise un piccolo rumore, confermando che la cattura
era avvenuta
con successo. La ragazza si chinò per raccogliere la
Poké Ball.
«Evviva! Ora ho una nuova amica!» Gioì.
«E ora vieni fuori!
Lilligant!» La ragazza fece uscire dalla Poké Ball
la sua nuova
amica.
Nemmeno
il tempo dei convenevoli che subito, un rumore fece spaventare i
Pokémon presenti, compresa Lilligant, che si nascose Dietro
la sua
Allenatrice.
Pochi
istanti dopo passarono quattro auto della polizia. Tutte uguali,
delle anonime berline marroni. Appena il polverone che sollevarono si
diradò, Ash e Serena, seguiti dai loro Pokémon,
ripercorsero il
tratto di strada che li aveva condotti fino a lì.
Sarà per il fatto
di aver cercato quelle bacche, o per il fatto che ora la strada era
in salita, ma la fatica fu parecchia.
Appena
i due giunsero a destinazione, non solo incontrarono le quattro
poliziotte, che avevano appena liberato dal Millebave i due
bracconieri, unicamente per arrestarli, elencando loro i diversi capi
d’accusa, ma con loro vi erano anche Anita e Carlos.
«Vedo
che state bene.» Esordì Carlos. «Anita
era preoccupatissima per
voi.» Aggiunse, mettendo la castana piuttosto in imbarazzo.
«Voi
siete le sole persone che credete in me e non vorrei perdervi per
nessuna ragione.» Spiegò la ragazza.
Ash
e Serena sorrisero, mentre i due bracconieri vennero chiusi nel retro
della berlina, mentre un’altra poliziotta filmava
l’arresto. «Se
volete possiamo darvi uno strappo fino al Centro Pokémon di
Levantopoli» Li invitò una delle poliziotte.
«Dopo quello che
avete fatto, ve lo meritate.» Aggiunse.
Ash
e Serena non se lo fecero ripetere due volte. Raggiunto il Centro
Pokémon, fecero scendere i ragazzi e proseguirono verso il
commissariato.
Giusto
il tempo di far controllare i loro Pokémon, che sul
televisore lì
presente, diedero il notiziario. Tra notizie più o meno di
rilievo,
ne spuntò una veramente imortante.
«Due
bracconieri, membri di una nota banda criminale specializzata nel
commercio illegale di Pokémon rari sono stati arrestati
quest’oggi
grazie al contributo del Campione del Mondo Ash Ketchum e alla nota
performer di Kalos Serena Gabena. Al momento non hanno rilasciato
dichiarazioni a riguardo, speriamo di poter sentir presto le loro
dichiarazioni, il servizio, dal Commissariato di
Levantopoli.» Lo
schermo mostrò una giornalista sulla quarantina, in piedi
davanti al
commissariato di polizia. «Stando alle ricostruzioni,
sembrerebbe
che i due bracconieri avessero tentato di rapire i Pokémon
al
Cantiere dei Sogni, poco lontano da Levantopoli. Non abbiamo idea dei
numeri, dal momento che, all’arrivo delle agenti, i
Pokémon erano
fuggiti dal mezzo. Si stavano dirigendo verso il loro covo, ma sono
stati interrotti ed intercettati da Ash e Serena che, grazie
all’aiuto dei loro Pokémon, sono stati in grado di
fermarli e
permettere alle forze di Polizia di arrestarli.»
Spiegò la donna.
«Stando
alle nostre fonti, ora dovrebbero trovarsi al Centro Pokémon
di
Levantopoli, potremo parlare con loro molto presto, e conoscere la
loro versione dei fatti.» Il servizio terminò e ne
partì un
altro.
«A
quanto pare sembra proprio che non ci sia modo di abbandonare
Levantopoli!» Commentò Carlos, in tono ironico.
«Ancora non
abbiamo capito cosa è successo alla Professoressa Zania.
Mi…» Si
aggiunse Anita.
«Fammi
pensare.» La fermò Serena. «Aveva detto
che era stata aiutata da
una persona che aveva con sé un Hypno. Uno dei bracconieri
che sono
stati arrestati aveva un Hypno…» Spiegò.
«Quindi
pensi che sia stato il loro Pokémon a ipnotizzarla e a
convincerla
che le cose siano andate diversamente…» Le rispose
Carlos.
«Esattamente.» Rispose la nativa di Kalos.
«Poi, sicuramente non
si aspettavano di trovarci e, invece di tentare di ipnotizzarci, ci
hanno attaccato.» Aggiunse.
«Si…»
Anita stava scorrendo le voci del suo Pokédex.
«Hypno è noto per i
suoi poteri psichici. Mi chiedo se ci sia un modo per farla
cessare»
Chiese, piuttosto preoccupata.
«Scusate
se mi intrometto, ma ora è tutto chiaro.» Li
interrupe
l’Infermiera. «Ma se quello che dite è
vero, aiutare Zania è più
facile di quanto sembri.» Accennò. «Ora
che mi ricordo, la sua
Munna emanava del fumo nero. Come se Zania stesse vivendo un
incubo.»
Spiegò. «Potete restare qui anche
domani?» Chiese. «Potrete
accompagnarla a Cantiere dei Sogni e, magari questo le potrebbe far
tornare la memoria.»
I
quattro si limitarono a sorridere. Per loro non era un problema
restare in città un giorno in più.
Tantopiù con quell’intervista…
E
poi era ormai quasi ora di cena, quindi, la partenza sarebbe stata
rimandata ugualmente.
Dopo
cena, qualcuno suonò al campanello del Centro
Pokémon. Non era una
cosa strana. I Centri Pokémon erano aperti fino alle 23.
Riaprivano
poi il giorno dopo, alle sette del mattino.
Restava,
tuttavia, la possibilità di far visitare i
Pokémon dalla guardia
medica, in caso di urgenza.
L’infermiera
aprì la porta tramite un pulsante e, dalla porta entrarono
un uomo
ed una donna. L’uomo, sulla cinquantina era piuttosto tozzo,
reggeva una grossa telecamera, con tanto di microfono. La donna era
la stessa che aveva condotto il servizio del notiziario.
«Buonasera!»
Si salutarono. «Eccovi qui!» Esordì la
donna. «Non è stato
difficile trovarvi…» Aggiunse. «Ti devo
ricordare per cosa siamo
qui?» La esortò il cameramen. La donna disse
qualcosa a bassa voce,
senza che nessuno potesse sentirla.
«Se
volete posso accompagnarvi in un posto più
tranquillo.» Li invitò
l’Infermiera.
«Qui
va benissimo!» Rispose l’uomo, in tono scocciato.
Era evidente che
volesse impiegare il suo tempo in altro modo.
L’uomo
accese la telecamera. E la puntò verso la donna, che, nel
frattempo,
si era seduta tra Ash e Serena.
«Ed
eccoci qui, dal Centro Pokémon di Levantopoli, con i due
eroi che
hanno permesso l’arresto dei pericolosi bracconieri, Ash da
Biancavilla e Serena da Borgo Bozzetto. L’Allenatore
più forte del
mondo e una delle Performer e Coordinatrici più famose del
mondo.»
La ragazza si sentì in leggero imbarazzo.
«Raccontateci
com'è andata, come siete riusciti a farli
arrestare?» Chiese la
donna. «Siamo arrivati al Centro Pokémon di
Levantopoli e
l’Infermiera ci ha chiesto se potevamo andare al Cantiere dei
Sogni
a portare delle bacche ai Pokémon che ci vivono,
perché la persona
che se ne occupava di solito non era disponibile.»
Esordì il
ragazzo. «Non sappiamo cosa le sia successo, ma, dalle parole
dell’Infermiera, sembrava che non sapesse quello che era
successo
al Cantiere.» Aggiunse Serena. «Siamo andati al
Cantiere con dei
nostri amici e abbiamo portato le bacche ai Pokémon. Mentre
eravamo
lì, la nostra amica si è accorta di qualcosa che
non andava. E,
infatti, poco dopo, sono arrivati nello stesso edificio dove eravamo
noi e…» La donna fece un piccolo gesto con la
mano, per
interromperlo. «Quindi non eravate da soli?» Chiese
la donna.
«Esattamente.» Rispose Serena. «Sono
stati i nostri amici, Anita e
Carlos, ad avvisare le autorità. Noi li abbiamo solo
inseguiti.»
Aggiunse. «Poi, immagino vi sia stata una lotta e, appunto li
abbiate sconfitti e…» Tagliò la donna.
«A dire il vero sono
stati dei Pokémon selvatici ad imprigionarli.»
Rispose il ragazzo.
La
donna, non capendo la sua affermazione, cambiò decisamente
argomento.
«Appena
è uscita la notizia, c’è stato un
comunicato del Team Plasma. In
poche parole, da una parte si congratulano per il vostro gesto, ma
dall’altra parte vi accusano di essere incoerenti. Dopotutto
siete
degli Allenatori e per loro schiavizzate i
Pokémon.» Raccontò la
donna.
«Noi
non lo abbiamo fatto per quello.» Rispose il ragazzo.
«Noi siamo
Allenatori e, in quanto tali, teniamo al benessere dei
Pokémon più
di chiunque altro. Poco importa che siano selvatici o che siano dei
nostri. Anche io avrei qualcosa da dire al Team Plasma. Se voi
lottaste contro chi veramente sfrutta i Pokémon per
guadagnarci,
come i bracconieri, io sarei il primo a combattere con voi. Ma voi
guardate dalla parte sbagliata.»
Con
queste parole si concluse l’intervista e, come erano
arrivati, il
cameraman e la giornalista se ne andarono.
Era
ormai quasi ora di andare a dormire. Domani si sarebbero dovuti
alzare presto. Probabilmente avrebbero incontrato Zania, e ormai
avevano promesso che avrebbero tentato di aiutarla.
Il
giorno seguente, i quattro si alzarono presto, nonostante fossero
piuttosto stanchi dal giorno prima. Dopo colazione, i quattro si
sedettero nelle panche destinate agli Allenatori, intanto che
aspettavano l’arrivo di Zania.
La
previsione si rivelò azzeccata.
La
donna dai lunghi capelli blu scuro giunse al Centro Pokémon
,
accompagnata dalla sua Munna, che, come il giorno prima, era avvolta
da un fumo scuro.
La
donna si avvicinò al bancone dell’Infermiera, per
far controllare
la sua Pokémon. L’Infermiera decise di stare al
gioco.
«Escluderei
il fatto che abbia mangiato degli incubi, se come mi hai detto
è
successo da questa mattina, allora è più
probabile che sia
preoccupata per qualcosa o qualcuno.» Spiegò
l’Infermiera.
«E
così voi siete i ragazzi che avete salvato quei
Pokémon dai
Bracconieri? Vi vorrei fare i miei complimenti, Unima ha davvero
bisogno di persone come voi.» Si congratulò la
donna.
«Oh,
scusate. Non mi sono presentata. Mi chiamo Zania. Sono una scienziata
che lavorava al Cantiere dei Sogni. Prima che succedesse qualcosa che
in questo momento non ricordo. Stavamo svolgendo alcuni esperimenti
per poter ottenere energia pulita dal Fumonirico di Munna e Musharna.
Mentre svolgevano alcuni studi, ci fu una gigantesca esplosione. Io
ed i miei colleghi siamo stati soccorsi da un tizio che allenava un
Hypno. A parte questo non ricordo altro.»
Spiegò.
«Ora
scusatemi, ma devo andare. Il lavoro mi chiama!» La donna,
scortata
dalla sua Munna, cercò di uscire dal Centro
Pokémon. «Scusa…
Zania… Ti dispiacerebbe far fare una visita al Cantiere ai
ragazzi?» Chiese l’Infermiera. «Ma non
è pericoloso?» Chiese la
donna. «Non ti preoccupare, li posso prestare dei caschi,
così
saranno al sicuro.» L’Infermiera ridiede ai quattro
i caschi
prestati il giorno prima.
«Se
volete seguirmi…» Li invitò la donna. I
quattro la seguirono fino
al Cantiere, aiutandosi con le mappe dello Smart Rotom. Dopo una
lunga camminata, il gruppo giunse al Cantiere.
«Mi
chiedo come mai Joy abbia voluto che mi accompagnaste fino al rudere
del Cantiere… mi chiedo come mai» Si chiese la
donna, mentre
osservava gli edifici ormai in rovina.
«Certo
che sono davvero messi male.» Commentò la donna,
in tono stupito.
«L’esplosione è stata molto violenta, ma
non credevo che avesse
causato così tanti danni.» Aggiunse poco dopo.
Dopo
aver esplorato i diversi edifici, finalmente giunsero
nell’edificio
centrale, dove tutto aveva avuto inizio.
La
Munna della donna cominciò a gridare sempre più
forte. Sembrava
quasi stesse piangendo.
«Stai
tranquilla, va tutto, tutto bene.» La donna cercò
di rassicurare la
Pokémon. «Sapete, siamo diventate amiche diverso
tempo fa, proprio
qui, al Cantiere dei Sogni. Per questo lei è molto legata a
questo
posto.» Spirgò. «Credo sia molto
dispiaciuta per le condizioni in
cui si trova ora.» Aggiunse.
La
Pokémon continuò con il lamento, un grido
triste e
disperato.
Alcuni
istanti dopo, da un’entrata secondaria, si palesò
una strana ombra
dalla forma tonda. Pikachu saltò d’istinto dalla
spalla di Ash per
mettersi in posizione d’attacco, qualora fosse stato
necessario.
La
strana figura si era avvicinata. «State
tranquilli!» Li rassicurò
la donna. «È Musharna. L’evoluzione di
Munna. Magari sentendo la
mia piccola, si è preoccupata e voleva sapere come
stava.»
Anita
prese il suo Smart Rotom e cercò Musharna
nell’applicazione del
Pokédex. «Musharna Pokémon Dormiveglia.
Tipo Psico. Esemplare
femmina. Riesce a materializzare i sogni mangiati. Il fumo che gli
esce dalla fronte prende la forma di ciò che appare nel
sogno. Mosse
conosciute: Psichico, Palla Ombra, Ipnosi,
Mangiasogni.»
L’aspetto
della Pokémon era abbastanza simile a Munna. Ricordava anche
lei una
sorta di tapiro, dal colore rosa e viola. Aveva gli occhi chiusi e
assumeva una posa rannicchiata su se stessa.
Sembrava
stesse levitando in aria. Senza emettere alcun rumore si
avvicinò
fino alla donna. La sfiorò leggermente con la testa. Di
colpo anche
il fumo emesso da Musharna divenne di colore scuro.
Quest’ultima
dovette allontanarsi e scagliare lontano l’energia oscura.
Ora
la donna era piegata in avanti, in una strana posa, come se fosse
stata privata di tutte le sue energie. Fortunatamente, il pochi
istanti, si riprese.
«E
voi… chi siete? Cosa ci facciamo qui?» Chiese. Ash
e gli altri le
raccontarono tutto quel che sapevano, dalla loro prima visita al
Cantiere all’arresto dei bracconieri, con la donna che
ascoltò
attentamente ogni loro parola.
«Quindi
la persona che credevo che mi avesse salvato… in
realtà aveva
chiesto al suo Pokémon di tenermi lontana?» I
quattro fecero un
piccolo gesto affermativo.
«Non
so come ringraziarvi, dico davvero. Grazie anche a te, Musharna! Ma
ho ancora bisogno del tuo aiuto. Anche altre persone sono in questa
condizione. Non abbiamo tempo da perdere.»
La
scrittura di questo capitolo, che come potete notare è
più breve,
ormai ho deciso così, di fregarmene della lunghezza dei
capitoli.
Preferendo ad un capitolo lungo, un capitolo godiblie. Non è
una
gara.
In
ogni caso, stavo dicendo, questo capitolo ha richiesto più
tempo del
necessario perché, contrariamente ai capitoli precedenti e a
buona
parte dei capitoli futuri (Nella mia testa, questa fanfiction
avrà
attorno ai 60 capitoli, forse qualcuno di più, forse
qualcuno di
meno) è stato totalmente improvvisato, contrariamente ad
altri che,
invece partono da delle idee di base. In più ero abbastanza
indeciso
se far catturare o meno Lilligant a Serena.
E,
spoiler, non sarà l’unica cattura che
farà in questa fanfic.
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Capitolo 5 *** L'infiltrato ***
Prima
di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe
aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci
accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della
storia.
Anita
è riuscita a vincere la sua prima medaglia e Carlos, dopo
essersi
fatto perdonare, si unisce al gruppo. Mentre si preparano per
raggiungere Eolea, cittadina in cui Serena parteciperà al
suo primo
Varietà.
Al
Centro Pokémon si imbattono in una scienziata, chiamata
Zania e la
sua Munna. Accorgendosi della condizione della sua Munna, i ragazzi
decidono di indagare, dirigendosi, grazie alle indicazioni
dell’Infermiera Joy, al Cantiere dei Sogni.
Qui
si imbatteranno in dei bracconieri, che hanno tentato di catturare
dei Pokémon.
Ash
e Serena li inseguono, mentre Anita e Carlos contattano le
autorità.
Dopo una breve lotta contro i cattivi , riescono a liberare i
Pokémon. Tutti, tranne una Lilligant, ferita.
Quest’ultima
viene convinta dalla Sylveon di Serena a fidarsi della ragazza e
viene aiutata da lei e Ash ad uscire. La Pokémon viene poi
catturata
da Serena.
L’infiltrato
Sulla
strada per Eolea, i nostri eroi si trovano ad attraversare uno dei
tanti boschi della regione di Unima. Si estendeva da poco oltre la
periferia di Levantopoli.
Era
un luogo insolitamente silenzioso e tranquillo, nonostante la grande
quantità di Pokémon che lo popolava. Era un luogo
abbastanza
tranquillo in cui le bacche crescevano rigogliose e non vi erano
delle lotte per il cibo o il territorio.
E
poi, le persone che si avventuravano in quel bosco erano veramente
poche. La maggior parte, viaggiando in macchina o in bici, prendeva
delle strade totalmente diverse.
Chi
entrava in quel bosco lo faceva, di solito, solamente quando voleva
catturare un Pokémon, ed era una cosa abbastanza nota nella
città e
nei dintorni della stessa. La cosa era nota a tutti, anche a persone
che era meglio non lo sapessero.
Prima
di ripartire, avevano aiutato anche i colleghi di Zania, caduti anche
loro vittima dei poteri dell Hypno dei bracconieri. Per questo motivo
erano partiti un po’ più tardi del previsto.
Improvvisamente un
rumore simile ad un tuono spezzò il silenzio. «Non
ditemi che sta
per mettersi a piovere!» Commentò Carlos.
«Scusate…
sono io…» Ash si sentì in leggero
imbarazzo. «È quasi ora di
pranzo…» aggiunse. Non serviva guardare
l’ora.. Il suo stomaco
era più preciso di qualsiasi orologio. Carlos
guardò l’ora sul
suo Smart Rotom. «Si… effetti… credo
che sia il caso di mettermi
a lavoro…» Si tolse lo zaino dalle spalle ed
esaminò quel che
aveva con sé. Tra i vari oggetti acquistati da Ash, Serena e
Anita
«Con questo fornello da campo ci risparmiamo la fatica di
andare a
cercare la legna.» Commentò Serena.
«È molto più pratico,
sebbene sia meno romantico» aggiunse in tono ironico.
«Se
volete andare ad allenarvi, fate pure, vi avviserò quando
è
pronto.» Spiegò Carlos, ottenendo
l’approvazione dei tre.
Ash
e le ragazze si allontanarono di poco, in un’altra radura.
«Venite
fuori!» i tre invitarono i loro Pokémon ad uscire
dalle loro Poké
Ball. Snivy, Dragonite, Staraptor, Rowlet e Gliscor. Dentro di
sé,
Anita si chiedeva quanti altri Pokémon avesse Ash. Non che
fosse un
problema. Aveva l’opportunità di conoscere dei
Pokémon non nativi
di Unima e che difficilmente avrebbe potuto incontrare.
Mentre
Anita e Serena facevano uscire i loro Pokémon dalle
rispettive Poké
Ball, Snivy stava iniziando a far conoscenza con la squadra di Ash.
Appena
uscita dalla Poké Ball, la Lilligant di Serena
cercò immediatamente
la compagnia di Sylveon. Serena si accorse immediatamente della cosa.
«Sai, una volta era Sylveon ad essere timida ed aver paura e
ad
andare d’accordo con un solo Pokémon. Ora, vedere
che è lei ad
essere la sola ad andare d’accordo con
te…» Spiegò.
«Gant?»
La Pokémon era piuttosto perplessa.
«Sai?
Io sono una performer. Noi Performer non sfidiamo le Palestre, ma
partecipiamo ai Varietà. Noi non lottiamo, ma semplicemente
ci
esibiamo.» Questo non fece altro che aumentare la
perplessità della
Pokémon. «Se vuoi ti diamo una
dimostrazione.» Propose. La Pokémon
sembrò rispondere in modo affermativo.
«Va
bene! Delphox, Pancham!» La ragazza invitò due dei
suoi Pokémon a
unirsi a lei. «Siete pronti?» I due fecero cenno
affermativo.
«Benissimo, allora! Possiamo partire!»
Delphox
usò il suo attacco Fuocobomba, generando una
gigantesca stella
di fuoco, che venne presto avvolta dal Neropulsar di Pancham,
trasformandosi in una sorta di ragnatela.
In
seguito Pancham colpì il terreno con un pugno, generando
delle
pietre acuminate dal colore azzurro. Questi si mise a saltare sulle
pietre facendo svariate capriole all’indietro, fino a quando
non
giunse all’altezza della stella, colpendola con il suo
Gelopugno,
ghiacciandola all’esterno.
Pancham
fece appena in tempo a spostarsi, che subito la creazione venne
distrutta dal Magifiamma di Delphox, esplodendo in infinite scintille
colorate.
Tutto
questo, mentre la ragazza seguiva le mosse dei suoi Pokémon
in
svariate pose di danza.
«Ta-dan!»
Concluse.
L’esibizione
fu relativamente breve, ma sembravano tutti entusiasti, Lilligant su
tutti. «Queste sono le esibizioni.»
Spiegò la ragazza. «Cosa ne
pensi?» chiese. La Pokémon sembrò
entusiasta. Perfino più di Ash
e Anita.
«Vorresti
provare anche te?» Invitò Anita.
«Non
saprei… dovremo anche allenarci per la lotta in
palestra… e poi…
davvero non saprei… cioè… tu e i tuoi
Pokémon siete stati
perfetti. In ogni momento sapevi esattamente cosa fare…
esattamente
come Ash nelle lotte. Non saprei davvero che fare. Ormai ti ho dato
la mia parola, ma… sono totalmente incapace a ballare
e…» la
ragazza non concluse la frase.
Stava
osservando i suoi Pokémon mentre facevano amicizia con i
Pokémon di
Ash. O meglio, stavano cercando di scappare dalla sua Dragonite, che
voleva, ad ogni costo, manifestare il suo affetto. Dopo un
po’,
finalmente Ash riuscì a calmare la sua furia.
«Se
non ti vuoi allenare per il Varietà, puoi allenarti con Ash.
Poi,
quando ti sentirai più sicura, ci alleneremo insieme per il
tuo
debutto. Poi, qui ad Unima, non è obbligatorio. La seconda
fase è
più simile al saggio di recitazione delle gare
Pokémon» Spiegò
Serena.
«Potresti
partecipare anche te.» Le propose Ash. «Giusto per
scaricare un po’
la tensione.» Aggiunse. «Ma
perché no?» Rispose, senza
nemmeno pensarci. «Così imparo anche
qualcosa sulle lotte in
coppia.» Si aggiunse Anita, abbastanza felice della cosa.
Serena e
Anita mandarono in campo rispettivamente Pancham e Oshawott, mentre
Ash schierò Snivy e Pikachu. «Mi raccomando. Non
risparmiatevi!»
Le incoraggiò Ash. «Nemmeno voi!»
Rispose Serena. «Iniziate pure
voi.» Le invitò Ash. Le ragazze si scambiarono uno
sguardo
d’intesa.
Serena
ordinò a Pancham di attaccare con Pietrataglio, mentre Anita
ordinò
al suo Pokémon di attaccare Snivy con Azione. Mentre il
Pokémon
briccone colpiva il terreno con un potente pugno che generò
delle
grosse pietre acuminate dal colore azzurro, il Pokémon
Lontra si era
messo a correre verso la sua avversaria.
«Pikachu!
Spezza il suo Pietrataglio con Codacciaio e lanciali! Snivy,
fallo cadere con Frustata!» Ordinò Ash.
Il Pokémon Topo si
mise a correre, prima di colpire i massi con la coda.
Questi
ultimi si spezzarono sotto il potente colpo. «Benissimo! Ora
lanciali contro Pancham!» Con un rapido movimento
della
coda, il Pokémon Topo lanciò contro
l’avversario il suo stesso
attacco.
«Pancham!
Difenditi con Sberletese!» Ordnò Serena. Mentre il
Pokémon
Briccone spezzava i frammenti lanciati dal bersaglio, Oshawott era
ormai vicinissimo alla sua avversaria.
Il
momento ideale per attaccare. Da una delle protuberanze sulla schiena
di Snivy uscì una sottile liana, che rapidamente
investì i piedi
del Pokémon avversario, facendolo cadere faccia a terra.
«Oshawott!
Stai bene?» Chiese Anita. Il Pokémon si
rialzò, dando prova di
essere ancora in grado di continuare. Serena, si accorse
immediatamente delle difficoltà della sua partner.
«Pancham! Vai
con Gelopugno!» Il Pokémon briccone si mise a
correre contro la
Snivy, mentre il suo braccio destro si rivestiva di ghiaccio.
«Schiva
e attacca con Vorticerba!» Ordnò. La
Pokémon attese che il suo
avversario si avvicinasse a sufficienza, prima di muoversi
rapidamente e schivare il colpo.
Pochi
istanti dopo, la Pokémon spiccò un salto e
generò dalla coda un
potente turbine di foglie affilate, che colpirono Pancham, facendolo
arretrare.
Mentre
Oshawott si era rialzato, pronto ad attaccare. «Vai,
Oshawott! Usa
Acquagetto!» Ordinò Anita. Il
Pokémon Lontra si rivestì
d’acqua, e si lanciò rasoterra, in direzione di
Pikachu.
«Contrastalo con Attacco Rapido!» ordinò
Ash.
Il
Pokémon Topo si mise a correre a gran velocità,
colpì l’avversario
in un fianco, deviando la sua traiettoria. Il povero Pokémon
Lontra
colpì un albero con la testa, rimediando un brutto
bernoccolo.
«Direi
che può bastare così.» Ash
dichiarò la fine dell’incontro.
«Sono felice di vedere i tuoi progressi. Oshawott
è riuscito a
resistere all’Attacco Rapido di Pikachu. Davvero niente
male.» Si
complimentò. Pikachu, che nel frattempo era nuovamente
salito sulla
spalla di Ash si mise una zampetta davanti alla bocca.
Il
significato di quel gesto era piuttosto chiaro, perlomeno per Ash.
Lui si era risparmiato eccome.
Anita
sorrise. «Dici davvero?» Intanto Oshawott si era
ricongiunto con la
sua allenatrice, ancora intontito dalla botta. «Forse
è meglio che
ti riposi.» Lo richiamò nella Poké
Ball. «Riposati anche te, sei
stata fantastica!» A sua volta, Ash richiamò Snivy
nella sua Poké
Ball.
Intanto
Carlos era alle prese con il pranzo. Prima di dedicarsi alla
preparazione del pranzo, dovette occuparsi di montare il tavolino da
campeggio, non un’operazione agevole. Il tavolo era nuovo e
il
meccanismo di sblocco era ancora piuttosto duro. Dopo un po’
di
insistenza, finalmente riuscì ad aprirlo. In seguito si
occupò di
posizionare le sedie.
Ora
poteva, finalmente, occuparsi di cucinare. Accese il fornello a gas e
cominciò a preparare il soffritto. Avrebbe preparato della
semplice
pasta al sugo. Sarebbero dovuti ripartire presto. Dopo aver avviato
il sugo, nel secondo fornello mise una pentola con dell’acqua.
Mentre
copriva la pentola dell’acqua, per facilitare
l’ebollizione si
accorse, con la coda dell’occhio di una strana creatura
bianca e
blu.
«E
quello cos’è?» Si chiese, in tono
spaventato. Cercò di
recuperare la calma, mentre cercava di inquadrare quella strana
creatura
con il suo Smart Rotom.
Sullo
schermo del dispositivo comparve un quadrupede dall'aspetto simile ad
un grosso cane. Il corpo, il cui colore andava dal blu scuro al
grigio, ed era ricoperto da un folto pelo bianco.
Quest’ultimo era
più lungo intorno al collo e sul petto. Mentre, sulla testa
era
presente un ciuffo ornato da un ovale scuro. Il volto ricordva a
quello di un felino, mentre la coda era a forma di falce, forma
simile al corno sul lato destro della testa. Le zampe erano armate di
tre artigli per una, e dai suoi talloni spuntavano delle grosse
spine.
Il
ragazzo ascoltò la descrizione fornita dal dispositivo.
«Absol.
Pokémon Catastrofe. Tipo Buio. Esemplare maschio Ogni volta
che
compare Absol, segue un disastro » Il ragazzo fece quasi
cadere a
terra il suo dispositivo. Spaventato.
«Non
devi preoccuparti!» Lo rassicurò una voce
maschile. Il ragazzo,
ulteriormente spaventato, infilò la mano nella sua tasca,
per
prendere la Poké Ball del suo Umbreon.
«Non
voglio lottare. Non sono un Allenatore.» Lo fermò
quella voce. «E
allora chi saresti?» Chiese Carlos, tentando di essere il
più
minaccioso possibile. In quel momento la sua preoccupazione era
quella di non far bruciare il sugo.
«Stai
tranquillo. Sono qui per aiutarti.» La voce si fece
più vicina.
Carlos
si stava preoccupando seriamente. Si girò di scatto in
direzione
della voce. Apparve un ragazzo alto e magro, dai lunghi capelli verde
chiaro, indossava un berretto nero, una maglia bianca, dei pantaloni
marrone chiaro e delle scarpe verdi. Al collo un pendente che
ricordava un pianeta. Indossava anche dei bracciali, e appeso ai
pantaloni una sorta di cubo di Rubik. «E tu chi
saresti?» Chiese di
nuovo. «Sono un ragazzo che gira il mondo per conoscere
quanti più
Pokémon possibile. Non mi interessa catturarli. Non sono un
Allenatore. Mi piace vederli vivere nel loro ambiente naturale e
passare del tempo con loro. Se vuoi sapere come mi chiamo…
ben…
mi chiamo N» Rispose il ragazzo dai capelli verde chiaro.
«N?
Che nome particolare!» Commentò il ragazzo.
«E tu, invece, come ti
chiami?» Chiese N. «Carlos.» Il ragazzo
si limitò a sorridere.
«Capito. Puoi dirmi cosa ti è successo prima, come
mai ti sei
spaventato così tanto, quando hai visto Absol?»
«Sai, il Pokédex
ha spiegato di come appaia sempre prima di una catastrofe. E mi sono
impanicato.» Spiegò. «Ho capito. Sai?
Lui era più spaventato di
te. In realtà Absol è un Pokémon molto
gentile e cerca di aiutare
le persone e gli altri Pokémon, avvisandoli di una
catastrofe
imminente, in modo che possano mettersi al sicuro.» Carlos si
limitò
ad annuire.
«Adesso
che ci penso un ragazzo di nome Carlos era stato rapito dal Team
Plasma…» «Si… sono io.
È stata davvero terribile. Se non fosse
stato per loro, avrebbero preso il mio Umbreon. Non so cosa avrei
fatto se me l’avessero preso.» «Immagino
che tu ci tenga molto al
tuo Pokémon. Questo mi rende felice.» Il ragazzo
fece una breve
pausa. «Le persone che tengono veramente ai loro
Pokémon sono
sempre meno. Ho visto spesso degli Allenatori far lottare i loro
Pokémon fino allo stremo delle forze. O che gli sottopongono
ad
allenamenti massacranti…» Altra pausa.
«Non un bello spettacolo.»
Carlos rimase in silenzio per tutto il discorso. Non si riconosceva
in quel tipo di persona, ma capiva le sue motivazioni.
«Beh…
si… capisco… dato che sei qui, cosa ne pensi di
fermarti qui a
pranzo? Tanto fare un po’ di past…» N
fece un piccolo gesto per
interromperlo. «Sei gentile, ma non posso accettare. Non con
il
rischio che dei Pokémon siano in pericolo.» Altra
pausa. «Sarà
per una prossima volta.» Con queste parole, il ragazzo si
allontanò
a grandi passi, seguito proprio da quell’Absol. «Ma
non aveva
detto che non era suo?» Commentò, mentre
riprendeva a cucinare.
Mentre
i Pokémon si riposavano dall’allenamento,
all'ombra di un albero,
al confine della radura, qualcosa attirò
l’attenzione, tanto di
Ash quanto delle ragazze.
Un
Pokémon, simile ad una grossa farfalla, con delle lunghe
antenne, e
un corpo esile, dalle ali blu e azzurre svolazzava a pochi metri da
loro. «Hey! Ma quello è un Vivillon!»
Commentò Serena. «Un
Vivillon?» Le rispose Ash. «Ma non è un
Pokémon nativo di Kalos?»
Si chiese in tono stupito.
Intanto,
Anita lo scansionò con il suo Smart Rotom.
«Vivillon. Pokémon
Farfascaglia. Forma Motivo Marino. Tipo Coleottero e Volante.
Esemplare femmina. Nel mondo ne esistono diverse varietà che
si
differenziano per i motivi sulle ali. Sembra che questi dipendano dal
clima del loro habitat. Mosse conosciute: Eterelama, Sonnifero,
Psichico, Energipalla.»
«È
strano, ma non è improbabile. Magari apparteneva a qualche
Allenatore che ha deciso di liberarlo…»
Ipotizzò Serena.
«Però…
devi davvero essere davvero crudele per abbandonare un
Pokémon così
bello.» Commentò Anita, perplessa.
«Viooon!»
La Pokémon si avvicinò alla ragazza per alcuni
istanti, prima di
andarsene in mezzo al bosco.
«Io,
invece credo sia un Pokémon selvatico.»
Commentò Ash. «Sembrava
piuttosto incuriosita da Anita. Se avesse già avuto un
allenatore,
non so se lo avrebbe fatto.» Tentò di
spiegare il ragazzo.
Dopo alcuni istanti, tanti altri esemplari del Pokémon
attraversarono, di fretta, quella radura. «Wow! Sono davvero
tanti!»
Commentò Anita. «Sembrano davvero
spaventati.» Si aggiunse Ash.
«Magari non sono abituati alla nostra presenza.»
Gli rispose
Serena.
In
quell’esatto istante vennero raggiunti dall’Umbreon
di Carlos. Il
Pokémon Lucelunare fece cenno ai tre e ai loro
Pokémon di seguirlo.
«Già
pronto?» Ash, evidentemente, non si era accorto di quanto
tempo era
trascorso. In ogni caso non ci pensò due volte a seguire il
Pokémon
del suo nuovo compagno di viaggio.
Raggiunsero
il tavolo nel preciso istante in cui Carlos stava scolando la pasta.
Fece particolare attenzione a far scolare tutta l’acqua,
prima di
versarla nell’insalatiera.
Nello
stesso momento, Ash e le ragazze si stavano occupando del cibo per i
Pokémon, versando in delle ciotole dei piccoli
croccantini
marroni.
Dopo
essersi occupati dei Pokémon, era il loro turno di
rifocillarsi.
Avendo appreso della fama di gran mangione di Ash, Carlos aveva
preparato delle porzioni piuttosto abbondanti.
Terminato
il gigantesco pranzo, era il momento, per Carlos, di lavare i piatti.
Dopotutto lo aveva promesso. «Oshsawott…
potresti
darmi una mano?» Chiese. «Sha?» Il
Pokémon era piuttosto
perplesso, ma accettò. Grazie all’aiuto del
Pokémon, ill ragazzo
riuscì rapidamente a lavare i piatti.
Finito
di sistemare tutto il bagaglio e dopo aver richiamato i
Pokémon
nelle rispettive Poké Ball, i quattro erano pronti a
partire.
Serena
diede uno sguardo all'applicazione delle mappe sul suo Smart Rotom.
«Eolea non è lontana. Se dovessimo sbrigarci,
potremo raggiungerla
prima che faccia buio.» Li incoraggiò.
«E allora in marcia!» Le
fece eco Ash.
I
quattro percorsero alcune centinaia di metri, inoltrandosi nel bosco
che, via via, si faceva sempre più fitto. Più il
bosco si faceva
fitto, più il numero di Pokémon selvatici
aumentava.
«Guardate!»
Carlos indicò un grosso masso rivestito da una pelliccia
vegetale,
poco distante da loro. Era circondato da alcuni esemplari di Eevee.
«
Si tratta di una Roccia Muschio.» Una voce maschile fece
trasalire i
quattro. «Quegli Eevee si evolveranno in Leafeon.
È un evento molto
raro da osservare. Dobbiamo ritenerci molto fortunati ad
osservarli.»
Anita osservò con occhi ricolmi d’interesse quei
piccoli Pokémon
dal morbido pelo marrone chiaro, illuminarsi di una luce azzurrina e
mutare forma. Il corpo divenne più alto e slanciato. La
forma del
suo corpo ricordava in parte un gatto, in parte una volpe. Il corpo
era principalmente beige, ma diveniva di un marrone più
scuro
attorno alle zampe, agli occhi e all'interno delle orecchie. Dal suo
corpo spuntavano diversi germogli, rendendolo simile ad una pianta.
Il germoglio più lungo di questi si trovava sulla fronte e
ricordava
una sorta di ciuffo. Anche la forma delle orecchie e la forma della
sua coda ricordavano delle foglie. Anita decise di scansionare uno di
quei Pokémon con il suo Smart Rotom.
«Leafeon.
Pokémon Rigoglioso. Tipo Erba. È una delle
evoluzioni di Eevee.
Esemplare maschio. Non ama battersi, ma se deve difendere i
suoi compagni non esita a lottare trasformando la foglia della coda
in una lama affilata. Mosse conosciute: Foglielama, Attacco Rapido,
Occhioni Teneri» Solo dopo aver scansionato il
Pokémon, si accorse
della presenza di un’estraneo. Estraneo che si
rivelò essere un
ragazzo di circa venticinque anni, si parò davanti a loro.
Indossava
un corto gilet arancione, che copriva parzialmente una tuta a maniche
corte blu. Aveva dei guanti neri, tagliati sulle dita. Indossava un
cappello arancione e blu, e delle scarpe da trekking arancioni.
«Scusate se vi ho spaventato… sono un
Pokémon Ranger. Mi chiamo…»
Il ragazzo fece una breve pausa. «Kyler» Altra
pausa. «Sappiate
che state per entrare in un'area protetta. È vietato
arrecare danno
a tutto quello che è qui presente. Dai Pokémon
alle piante,
passando terreno e alle rocce.» I quattro fecero
cenno di aver
capito. Non erano intenzionati a farlo anche se non fossero stati
avvertiti.
«Anche
se… devo confessarvi che, ultimamente abbiamo un
problema…» «Una
specie aliena ha invaso questo paradiso
incontaminato.
Il Pokémon Farfascaglia Vivillon.» Si aggiunse una
voce femminile.
Pochi istanti dopo, una donna, più o meno della stessa
età del
ranger, raggiunse il gruppo. Il suo vestiario era simile al suo
collega. Anche in questo caso, i colori dominanti erano il blu e
l’arancione. Altra differenza erano i guanti, che coprivano
completamente le dita e i pantaloni, che, contrariamente al collega,
erano corti.
Entrambi
indossavano una spilla dorata, che ricordava una sorta di albero.
«Ah…
giusto. » Il ranger fece per correggersi. «Lei
è… Eliza. La mia
collega.» La presentò. «Piacere di
conoscervi!» La donna cercò
di essere cordiale. «Io sono Ash e questo è il mio
amico Pikachu!»
Si presentò il nativo di Kanto, seguito da Serena, Carlos
ed,
infine, da Anita. «Cosa ci fate in un’area
protetta?» Chiese la
ranger, cercando di dare un leggero tono di rimprovero alla sua
frase. «Volevamo solo raggiungere Eolea. E abbiamo visto che
passando da qui la strada era più breve. Non sapevamo che
fosse
un’area protetta.» Cercò di
giustificarsi Ash.
«Non
fa nulla.» Rispose la ranger. «Se ci date una mano
ad occuparci di
questi invasori, non riporteremo la vostra violazione
d’accordo?»
Propose la ranger.
I
quattro rimasero in silenzio. «Mi sembra strano che un ranger
parli
in questo modo.» Serena sussurrò
all’orecchio di Anita. La
ragazza non rispose, ma si poté notare un piccolo cambio
nella sua
espressione.
Ash
non aveva idea di che fare. Era una grossa responsabilità.
Fosse
stato per lui, avrebbe lasciato le cose com’erano. Dopotutto,
nel
corso dei suoi viaggi aveva potuto apprezzare vari esempi di
condivisione e di convivenza e, in quel caso, gli sembrava che nel
bosco ci fossero risorse sufficienti per tutti.
Non
sapeva che fare. Da una parte quei ranger gli sembravano persone
abbastanza affidabili, per cui pensò di potersi fidare.
A
lui e ai suoi amici, era capitato, molte altre volte, di cadere in
tranelli e rischiare di farsi male o di far male ai loro
Pokémon. Ma
non gli sembrava quello il caso.
«Possiamo
darvi una mano?» Propose Ash. Serena gli appoggiò
una mano sulla
spalla e gli parlò a bassa voce. «Sei sicuro? Mi
sembrano
sospetti.» Ash si girò verso di lei. «Se
così dovesse essere…
faremo la scelta giusta.»
Serena
ben comprese le parole del ragazzo. «Voi due! Cosa avete da
chiacchierare?» Li riprese il ranger. Il rimprovero non
ottenne
risultati, a parte il far innervosire Ash.
«Vado
a prendere quello che ci servirà. È
un’operazione piuttosto
delicata… sapete, le ali di Vivillon sono molto delicate.
Anche se
qui è una specie aliena, in quanto ranger, non possiamo
permetterci
di ferirli.» La ranger si allontanò dal
gruppo.
«Intanto
che lei va a prendere il materiale, vi mostro dove posizionare le
trappole.» L’espressione di Ash muò,
diventando preoccupata.
«Trappole?» Si chiese. «Non possiamo
permetterci di catturarli
tutti con delle Poké Ball.» Rispose il ranger.
«Rischieremo di
ferirli, dovendo lottare con loro prima di catturarli. Con delle
trappole, invece il rischio è minimo. Che poi...
trappole… sono
più che altro delle gabbie da trasporto.»
Spiegò. Le sue parole
tranquillizzarono il gruppo, sia pur di poco. «Si…
ma come ci
assicuriamo che non vengano catturati altri Pokémon che non
c’entrano nulla?» Chiese Carlos.
«È una bella domanda. Ma non ti
preoccupare. Abbiamo pensato anche a questo. Grazie ad un sistema
gestito dall'intelligenza artificiale, eviteremo che vengano
catturati Pokémon diversi da Vivillon. È un
sistema praticamente
infallibile.» Lo rassicurò.
Intanto
la ranger era tornata. Aveva con sé una grossa sacca. A
giudicare
dalla sua forma, sembrava contenesse tanti oggetti molto
piccoli.
La
ragazza mise una mano nel sacco. Estrasse una piccolissima gabbia di
ferro. «Ma come fa un Vivillon ad entrare
lì
dentro?»
Chiese Carlos. La ranger indicò un piccolo pulsantino in
plastica
nera, accanto ad una piccola fotocamera.
«Basta
premere questo pulsante e…» la ragazza premette il
pulsante e la
gabbia si espanse, diventando diverse volte più
grande.
«Visto? È abbastanza grande da evitare che
Vivillon rischi di
ferirsi.» Fece notare.
Pochi
istanti dopo, il ranger prese il suo Smart Rotom. Aprì la
galleria e
mostrò una mappa del bosco in cui si trovavano. Su alcune
zone erano
contrassegnate delle croci. «Appena le trappole si
attiveranno, le
recupereremo e le porteremo qui.»
«Abbiamo
individuato dei punti strategici in cui i Vivillon sono soliti
radunarsi. Piazzeremo qui le nostre trappole. Useremo del miele per
attirarli. I Vivillon ne sono ghiotti.» Detto questo
inviò a tutti
la mappa.
«Per
velocizzare il nostro lavoro è meglio dividerci.»
Propose il
ranger. Nessuno si sentì di obiettare. «Appena
avremo finito di
piazzarle, ci ritroveremo qui. Sicuramente non saranno sufficienti.
Appena saranno »
Ognuno
di loro prese alcune delle gabbie e del miele. In pochi istanti, il
gruppo si separò. Ognuno verso la direzione che si era
deciso.
Tutti, tranne i due ranger, si separarono. La cosa passò in
sordina.
Dopotutto, la sola cosa veramente importante era svolgere il lavoro
no?
«Visto?»
Commentò l’uomo. «Ci sono cascati con
tutte le scarpe.» La donna
non nascose un leggero sorriso. «Spero solo
che
continuino a collaborare. Ricordati che dovessero scoprirci, dovremo
vedercela con il Campione del Mondo.»
Ricordò
l’uomo.
«Non ti preoccupare. Appena avremo un bottino sufficiente
faremo
perdere le nostre tracce, vedrai.»
La
donna riuscì ad essere abbastanza convincente.
«Ora però
mettiamoci a lavoro. Oppure potrebbero scoprirci prima del
tempo.»
Concluse lei.
Una
volta diviso, il gruppo seguì le istruzioni, spostandosi
nelle zone
indicate sulla mappa. Sembravano delle zone normalissime del bosco.
Ognuno di loro posizionò le gabbie e il miele.
Posizionate
le gabbie, il gruppo si riunì nello stesso punto dove si
erano
incontrati. «Ora non ci resta che aspettare.»
Commentò il ranger.
«Non credo che ci vorrà molto.» Aggiunse.
«Le
gabbie hanno un sistema che si attiva non appena vengono riempite. Il
mio Smart Rotom mi avviserà non appena le prime gabbie
saranno
riempite. Dobbiamo fare in modo che restino in gabbia il meno
possibile.» Spiegò la donna.
Per
ingannare l’attesa, il gruppo decise di prendersi un
caffè. I due
ranger avevano portato delle paste, mentre Carlos si occupò
di
preparare il caffè. Aveva con sé una macchinetta
a batteria che
macinava i chicchi istantaneamente. Aveva con sé anche dei
bicchierini usa e getta. Appena terminata la pausa, una notifica
sullo Smart Rotom della donna la avvisò del fatto che le
prime
gabbie si erano attivate.
«Bene.
Possiamo andare a recuperare le gabbie. Le porteremo qui. Non vi
preoccupate del resto. Ci penseremo noi ad inviarle al centro di
smistamento.»
Li
invitò la donna. «Centro di
smistamento?» Anita era rimasta
alquanto stupita dalle parole della donna. Si trattava di
Pokémon,
non di pacchi postali.
«Forse
centro di smistamento fa un po’ di paura, come nome,
ma… è un
luogo assolutamente sicuro e adatto ai Pokémon. Ci
assicureremo che
vengano trattati con riguardo.
Staranno
in un’area protetta nei pressi di uno dei porti di Unima.
Questo
servirà per evitare che possano diffondere delle malattie
quando
torneranno a Kalos.» Spiegò il ranger.
I
quattro annuirono. La spiegazione dell’uomo era sembrata
alquanto
convincente. «Chiedo scusa se sono indiscreta,
ma…»
«Dimmi
pure… Serena… giusto?» La
invitò la ranger.
«Come
mai dobbiamo lasciare le gabbie qui? Immagino siate arrivati qui
usando qualche mezzo…» Spiegò la
ragazza.
«Non
ti preoccupare di questo. Ci penseremo noi.» La ranger
tentò di
rassicurarla.
Dal
momento che le trappole scattate erano concentrate unicamente in tre
aree, il gruppo si divise in coppie. Ash e Serena, Anita e Carlos e i
due ranger.
«Non
ti sembra un po’ strano?» Serena parlò a
bassa voce. Temeva che
qualcuno potesse sentirla. «Cosa?» Le chiese Ash.
«Ci
hanno chiesto di lasciare le gabbie lì dove ci siamo
incontrati e ci
hanno detto che si sarebbero occupati loro di portarli alla
destinazione finale… non trovi sia strano?» Il
ragazzo si grattò
la testa. Pikachu lo imitò.
«Ora
che ci penso hai ragione. Ma è solo una cosa contro.
Pensaci. Sono
stati gentili con noi e, se ci avessero voluto attaccare, lo
avrebbero potuto fare in qualsiasi momento.» Tentò
di farla
ragionare.
«Certo,
ma ricordati che tu sei il Campione del Mondo. Sanno bene che, in una
lotta Pokémon non avrebbero speranze.»
Cercò di spiegare. Ash non
sapeva che fare. Serena aveva ragione. «Beh… se
non hanno nulla da
nascondere non vedo perché non ci debbano impedire di
aiutarli. Ma
dobbiamo stare attenti a non farci scoprire.» Rispose.
Recuperate
le gabbie, coi Pokémon, il gruppo si riunì nel
punto prestabilito.
«Grazie,
ragazzi. Avete fatto un grande lavoro. Ora possiamo farcela anche da
soli.» Li ringraziò l’uomo.
«Sicuri?» Chiese Ash. «Sapete come
si dice… abbiamo fatto trenta…» Il
ragazzo cercò, di nuovo, di
convincerli. Magari, insistendo, avrebbero cambiato idea. Ma i due
ranger furono irremovibili. Aumentando ulteriormente i
sospetti.
«Va
bene… come volete.» Ash e Serena si scambiarono un
breve sguardo
d’intesa. «Allora noi proseguiamo per la nostra
strada.» Aggiunse
poco dopo.
Appena
i due si allontanarono, con alcune delle gabbie, finalmente poterono
parlare con un minimo di tranquillità. «Mi sembra
strano che non
vogliano il nostro aiuto.» Spiegò Serena.
«Credi nascondano
qualcosa?» Chiese Anita. «Non so. Ma dobbiamo
scoprirlo.
Seguiamoli. Sono andati da quella parte.» Ash
indicò nella
direzione in cui la coppia si era diretta. «Dobbiamo stare
attenti.
Non ci devono scoprire.» Aggiunse.
Dopo
aver percorso alcuni passi, da dietro gli alberi, si
incominciò ad
intravedere la sagoma di un furgone. «Credete che sia il
loro?»
Chiese Carlos. «Non saprei. Però ora dobbiamo fare
silenzio.» Lo
intimò Ash.
Dopo
altri passi, non troppo lontano dal furgone, apparve un pick up
grigio. Accanto ad esso, due persone stavano caricando degli oggetti
nel cassone. «Si. Sono decisamente delle gabbie.»
Commentò Ash.
«Dobbiamo fermarli!» Serena gli poggiò
una mano sulla spalla. «Non
possiamo agire se non abbiamo un piano.» Lo riprese.
«E poi non
sappiamo se ci sono altre persone coinvolte.»
Cercò di farlo
ragionare. «Più sono, peggio
è.» Commentò il ragazzo.
Serena
conosceva bene Ash. sapeva che quando lui si metteva in testa
qualcosa, era impossibile distoglierlo. In breve tempo, raggiunsero
il furgone. Per fortuna senza farsi scoprire. I due si erano
allontanati dal mezzo ed erano tornati indietro. Era il momento
perfetto per agire.
I
quattro si avvicinarono lentamente al furgone. Era di un colore verde
militare. E presentava sulla fiancata un logo identico alle spille
che i due indossavano.
«Credo
che questo sia il loro furgone.» Osservò Serena.
«E allora, come
mai loro hanno caricato i Vivillon su un pick up?» Chiese
Carlos.
«Potrebbero
essere loro complici oppure…» La ragazza si
avvicinò al furgone,
aprendo la porta scorrevole dal lato opposto a quello in cui si
trovava il Pick up. «Loro vittime.» Dentro il
furgone c’erano un
uomo dalla carnagione olivastra e dai capelli scuri ed una donna
dalla carnagione chiara e dai capelli biondi. I due erano vestiti in
semplici abiti civili. Buttate nel bel mezzo del furgone vi erano le
uniformi delle reclute del Team Plasma.
«Pikachu,
liberali con Codacciaio!» Ordinò Ash.
Il
Pokémon Topo saltò dalla sua spalla e
tagliò la corda che teneva
legati i due. L’uomo e la donna si poterono finalmente
togliere il
bavaglio.
«Grazie
ragazzi!» Li ringraziarono. «Se non fosse stato per
voi mi chiedo
se mai qualcuno ci avrebbe salvato.» Aggiunse la
donna.
«È
un po’ una vergogna per un ranger trovarsi in
difficoltà, ma…
loro erano davvero troppo forti.» I quattro erano sconvolti.
«Quindi
se voi siete dei Ranger Pokémon… e qui ci sono le
tute del Team
Plasma allora…» Dedusse Anita. «Quei due
sono del Team Plasma.»
Risposero tutti in coro.
Dopo
il consueto giro di presentazioni, cominciarono con le domande.
«Quei
due ci avevano detto che i Vivillon qui sono una specie invasiva e
che devono essere ricollocati.» Iniziò Ash.
«Specie
invasiva?» I due ranger rimasero di sasso. «i
Vivillon vivono qui
da quando l’uomo ha memoria. Sono perfettamente
integrati
nell’ecosistema. Sono perfettamente integrati nella catena
alimentare.» Spiegò la donna.
«Gli
Scatterbug sono preda di molti Pokémon che vivono qui. E i
Vivillon
si occupano anche di impollinare gli alberi di bacche. Senza di loro,
in breve tempo l’intero ecosistema crollerebbe.»
Spiegò l’uomo.
«Noi
eravamo venuti qui perché questo è un periodo
dell’anno molto
particolare. Sono due settimane all'anno in cui gli Eevee selvatici
della zona si evolvono in Leafeon. In questo periodo
dell’anno ci
dobbiamo assicurare che non si mescolino con gli esemplari degli
Allenatori.» Aggiunse la donna.
«Quindi
i Vivillon non c’entrano nulla?» Chiese Serena.
«Esattamente. Per
evitare danni all’ecosistema, ogni volta che qualcuno ne
cattura un
esemplare, deve denunciare la cosa. Possono essere catturati al
massimo cento esemplari all’anno.»
Nessuno,
in quel momento, era consapevole di essere osservato. Per il momento
non da esseri umani.
«Mi
chiedo cosa se ne facciano dei Vivillon…»
Commentò Anita. «Dei
Pokémon così belli… e poi
così importanti per
l’ecosistema…»
Aggiunse.
«Eppure
hai un Pokédex…» Si udì, da
lontano, una voce femminile. Una
voce nota. «Dovresti sapere di cosa è capace
Vivillon.» Aggiunse.
Poco dopo si aggiunse la voce dell’uomo. «Ci hanno
scoperti. Ora
che abbiamo il nostro bottino possiamo tornare alla base.»
Commentò.
«Hai
ragione. Non possiamo permetterci uno scontro diretto. Non dobbiamo
scordare con chi abbiamo a che fare. Abbiamo raccolto materiale a
sufficienza. Recuperarne altri sarebbe un rischio.»
I
due salirono a bordo del mezzo e sbatterono violentemente le porte,
causando un rumore che allertò tutti. «Stanno
cercando di fuggire!»
Anita riportò tutti alla realtà. «Non
possiamo permettere che
fuggano!» Ash sembrava più
determinato
che mai. «Forza Staraptor! Inseguili!» Ash
lanciò la Poké Ball
del suo potente Pokémon Rapace. Il Pokémon si
mise immediatamente
in volo e iniziò ad inseguire il pick up.
Per
lui non era una novità. Era spesso abituato a fare delle
ricognizioni aeree, come tutti gli altri Pokémon di tipo
volante del
ragazzo con cui, nel tempo, aveva fatto amicizia.
«Staranno
sicuramente andando alla loro base.» Dedusse Ash.
«Non ho idea di
quello che vogliono fare con quei Pokémon, ma di sicuro non
è nulla
di buono. Dobbiamo liberarli al più presto!»
Aggiunse.
«E
cosa vorresti fare? Infiltrarti nella loro base?» Carlos
appariva
piuttosto dubbioso. «In realtà non è
una cattiva idea» Gli
rispose Serena. «Qui c’è un uniforme del
Team Plasma… con un
tocco leggero leggero di ago e filo…»
Aggiunse.
In
poco tempo, Serena riuscì ad adattare l’uniforme
alle misure di
Ash. «Guarda, sono anche riuscita a ricavare anche una
piccola tasca
per una Poké Ball. Risulta completamente
nascosta.» La ragazza
indicò la cintura, mostrando al ragazzo una piccola apertura
nella
cintura. «Ti ringrazio. Sei davvero
fantastica!» Ash la
ringraziò, facendola arrossire.
«Devo
ammetterlo… sembri proprio uno di loro.» Si
complimentò Anita.
Nel
mentre Staraptor era tornato. Atterrò proprio dinanzi al suo
Allenatore. «Raptooor!» Gridò.
«Gli hai trovati? Sei davvero
fantastico!» Ash lo accarezzò in testa. Pochi
istanti dopo, il
ragazzo prese, dal suo zaino la Poké Ball della sua
Dragonite.
Pikachu
saltò sulla spalla del ragazzo. Desiderava accompagnare il
suo amico
e Allenatore ovunque. «Mi dispiace, amico, ma saremo troppo
riconoscibili. E poi so che a te non piace per nulla entrare nella
Poké Ball» Spiegò il ragazzo.
«Pika…» Il Pokémon Topo
apparve
piuttosto deluso, ma comprendeva le motivazioni del ragazzo.
«Sapresti
condurci alla loro base?» Chiese il ragazzo, che nel
frattempo era
salito in groppa alla sua Dragonite.
Il
Pokémon Rapace spiccò il volo, invitando
Dragonite a seguirlo.
Sorvolarono una buona parte del bosco, incrociando le loro
traiettorie di volo con altri Pokémon di tipo
volante.
Staraptor
cominciò una rapidissima picchiata venendo seguito da
Dragonite, che
effettuò una discesa più dolce. Ash la
riceverò nella sua Poké
Ball, che poi ripose all’interno della sua cintura.
«Aspettami
qui.» Si rivolse al suo Pokémon. «Se le
cose dovessero mettersi
male, avvisa gli altri.» Spiegò il ragazzo. Il
Pokémon si alzò in
volo posandosi nei rami di un albero poco lontano.
A
Ash fu necessario solamente girarsi leggermente verso destra, per
scrutare l’enorme edificio. Era un grosso prefabbricato in
cemento,
parzialmente rivestito in mattoni rossi.
Accanto
all’edificio principale vi era un parcheggio coperto, pieno
di pick
up e quad. Diversi seguaci andavano e venivano. Alcuni di loro
stavano trasportando delle gabbie, al cui interno vi erano dei
Vivillon. «Eccoli.» Commentò il ragazzo
a bassa voce. «Devo
trovare il modo di mescolarmi con loro.» Aggiunse poco dopo.
«Hei
Tu! Non restare lì impalato!» Lo
richiamò una seguace. Ash si
avvicinò alla seguace. Indossava un’uniforme
praticamente identica
alla sua. Dal cappuccio sporgevano appena dei capelli arancioni. La
seguace lo squadrò da capo a piedi. «Mi sembri
nuovo da queste
parti… si vede che il reclutamento si sta rivelando
efficace.»
Commentò. «Come sei venuto a conoscenza del Team
Plasma?» Chiese.
Ash dovette pensarci un istante. «Quattroventi.»
«Ho capito. E…
come mai sei qui e non alla nostra base di Austropoli?» Altra
domanda.
«I
superiori mi hanno ordinato di raggiungervi qui. Nel bosco di
Eolea.»
Rispose il ragazzo, non mostrando particolare esitazione.
«Altra
domanda.» Chiese il seguace. «Hai già
con te il tuo Pokémon?»
Chiese.
Ash
rimase alcuni istanti in silenzio. Se avesse risposto di sì,
sarebbe
stato riconosciuto. La sua Dragonite era fin troppo riconoscibile.
Era uno dei Pokémon con cui era diventato Campione. E anche
se
l’avesse scambiata con Charizard, il discorso sarebbe stato
simile.
Uno dei Pokémon più famosi della regione di
Kanto. «No.» Rispose,
in modo secco.
«Bene…
allora te ne servirà uno. Lascia che ti
accompagni.» La seguace lo
prese per mano e lo trascinò verso il retro del
palazzo.
«Scusa se te lo chiedo, ma…» Ash
cercò di restare nella parte.
«Dimmi pure.» Rispose la seguace. «Se noi
dobbiamo liberare i
Pokémon dagli Allenatori, non è un controsenso?
Per noi che
combattiamo per la liberazione dei Pokémon, possederne a
nostra
volta?» Chiese. La seguace gli sorrise. «Eppure mi
sembravi un
ragazzo sveglio. Sai. Molti Allenatori sono piuttosto ostili e
difendono strenuamente i loro Pokémon. E quindi dobbiamo
averne dei
nostri.» Rispose.
Ash
si limitò ad annuire.
«Sai?»
Lo incalzò la Seguace. «Assomigli molto a Ash
Ketchum… uno degli
Allenatori più forti del Mondo… uno dei nemici
più potenti del
Team Plasma.» Il ragazzo si limitò a sorridere.
«Non sei la prima
persona a dirmelo, sai?»
La
seguace lo accompagnò fino al retro dell'edificio. Prese un
mazzo di
chiavi dalla sua cintura e aprì la porta. Entrò
nella
piccola
stanza e fece cenno al ragazzo di entrare.
«Come
per gli Allenatori, anche noi quando diventamo Seguaci, riceviamo un
Pokémon.» Spiegò. Si girò
poi verso il ragazzo. «Siamo al chiuso
qui… se vuoi ti puoi anche togliere il cappuccio.»
Lo invitò la
ragazza.
«Sto
bene così. E poi, anche tu hai il cappuccio.»
Rispose Ash. La
seguace non rispose. Tuttavia rimase sempre con il cappuccio.
«Tornando a noi.» La Seguace cercò di
cambiare argomento. Indicò
un tavolo su cui erano posate tre Poké Ball. «Noi
Seguaci possiamo
ricevere un Pokémon tra Sandile, Scraggy e
Purrloin.» Il ragazzo
prese distrattamente
una
delle tre Poké Ball. «Prendo questa.» La
Seguace rimase in
silenzio alcuni istanti.
«Ora
che hai scelto, è ora di vedere come te la cavi nelle lotte.
Ricordati che avremo a che fare con degli Allenatori ostili. Intanto
ti accompagno al Campo lotta» La Seguace prese il suo Smart
Rotom
per rispondere ad un messaggio.
Ash
si accorse di come quello fosse un normalissimo Smart Rotom, identico
al suo. Risposto al messaggio, invitò nuovamente il ragazzo.
Raggiunsero il campo lotta. Non era troppo distante da quella piccola
stanza. Nella testa del ragazzo
la
cosa aveva senso. Si riceveva il proprio Pokémon e ci si
allenava.
Se solo non fosse uno dei covi di un team malvagio.
Raggiunto
il campo lotta, uguale in tutto e per tutto quello che si trovava
accanto ai Centri Pokémon. «Io sono
pronto.» Esordì il ragazzo.
«Anch’io!» Rispose la Seguace.
«Vieni
fuori!» I due mandarono in campo i loro Pokémon.
Solo in quel
momento Ash scoprì che Pokémon aveva scelto. Era
un Pokémon
quadrupede prevalentemente di colore beige. Il suo corpo e il suo
muso ricordavano un coccodrillo. Nel mezzo del suo muso vi era una
grossa striscia nera. Gli occhi erano tondi e color seppia. Gli occhi
erano contornati da una forma circolare nera che ricordava un paio di
occhiali. Sulla sua schiena vi sono due spesse strisce nere. I suoi
arti erano beige e avevano tre artigli. La sua coda era a
punta
e la sua estremità era nera.
Ash
lo analizzò con la funzione Pokédex del suo Smart
Rotom. «Sandile.
Pokémon Sabbiadrillo. Tipi Terra e Buio. Esemplare maschio.
Vive
nascosto tra le calde sabbie del deserto per evitare che la
temperatura del suo corpo diminuisca. Mosse conosciute Morso, Fossa,
Ombrartigli.» Il ragazzo rimise il suo dispositivo nella
tasca
dell’uniforme.
«Immagino
che tu già conosca Liepard.» Dinanzi alla Seguace
si era palesato
un Pokémon dalle sembianze di un felino, dal corpo esile e
dal pelo
color porpora. Sul viso vi era peluria di color rosa che ricordava
una maschera. Il naso e le sopracciglia erano molto piccoli. Aveva
due lunghi baffi gialli: Dello stesso colore era l'addome e la parte
inferiore delle zampe. Il corpo era cosparso da piccole macchie
gialle. La forma della sua coda ricordava un punto interrogativo
rovesciato. «Inizia pure tu!» Lo invitò
la seguace. Ash non se lo
fece ripetere due volte.
«Sandile!
Ombrartigli!» Ordinò il ragazzo. Le unghie del
Pokémon
Sabbiadrillo si allungarono e si illuminarono di un colore violaceo.
«Vai pure te con Ombrartigli!» Ordinò la
sua rivale.
I
lunghi artigli dei due Pokémon si scontrarono e
l’impatto fu
alquanto violento. L’energia scaturita dall’impatto
fece
allontanare i due Pokémon. Entrambi i Pokémon
attutirono l’impatto
sul terreno con i loro artigli.
«Liepard,
usa Neropulsar!» Ordinò la Seguace.
Dalla
bocca del Pokémon Sanguefreddo si generarono degli anelli di
energia
dal colore violaceo, che impattarono con il terreno, tagliandolo come
se fosse di burro.
«Sandile!
Schiva con Fossa!» Ordinò Ash. Il
Pokémon scavò un grosso buco
sul terreno, rendendosi invisibile al suo rivale. «Niente
male per
essere un principiante!» Commentò la
Seguace.
Ash
accennò un sorriso. «Sandile è un
Pokémon di tipo Terra. Per cui
è naturale usare un attacco di tipo Terra.» Il
Pokémon era ormai
vicino al suo avversario.
Il
Pokémon Sabbiadrillo era oramai giunto al suo obiettivo. Era
emerso
dal terreno e lo aveva colpito dritto nella parte inferiore del
corpo, facendolo volare in aria. «E ora di nuovo
Ombrartigli!»
Ordinò il ragazzo.
I
lunghi artigli del Pokémon Sabbiadrillo colpirono
l’avversario,
facendolo cadere violentemente a terra. «Può
bastare così.» La
Seguace richiamò il suo Pokémon.
«Sei
davvero bravo. Con un semplice Sandile sei arrivato molto vicino a
sconfiggere il mio potente Liepard.» Ash si limitò
a sorridere.
«Solo fortuna.» La Seguace fece spallucce.
«Vieni
con me.» Lo invitò nuovamente a seguirlo. Questa
volta fino al
parcheggio. Era pieno di pickup grigi, tutti uguali. Avevano lo
stemma del Team Plasma applicato sul cofano e sulle porte.
«Forza,
sali!» Lo invitò la Seguace.
Ash
salì a bordo, e così la sua guida. La Seguace
partì, senza
prendere una direzione precisa, sembrava quasi che il suo obiettivo
fosse solamente quello di allontanarsi dalla base.
«Certo
che te la cavi proprio bene nelle lotte… davvero troppo bene
per
essere la tua prima volta.» Ripetè la donna. Ash
non ci diede peso.
Intanto
il mezzo aveva percorso alcuni chilometri, allontanandosi dalla base.
Nessuno dei due aveva proferito parola durante il viaggio. Non
sembrava fosse così importante.
«Qui
dentro non ci sono spie, cimici o cose del genere, ma credo che sia
meglio uscire.» Esordì la Seguace, mentre fermava
il mezzo, nel bel
mezzo del bosco. Scese dal pick up ed invitò Ash a fare
altrettanto.
«Che
tu non fossi un semplice Seguace, l’avevo capito quasi
subito. Devi
ritenerti fortunato che sia stata io a trovarti e non
qualcun’altro.»
Ash si sentì con le spalle al muro. La sua copertura era
praticamente saltata.
Doveva
trovare un modo diverso per liberare quei Vivillon. Non gli importava
il motivo per cui gli avevano voluti catturare, ma il suo istinto gli
diceva che non era nulla di buono.
«Quando
ho visto quello Staraptor, ho subito immaginato che non fosse un
Pokémon selvatico. Non è una specie autoctona di
Unima. Doveva, per
forza di cose appartenere ad un Allenatore. Un Allenatore che
è
stato o a Sinnoh, a Kalos, o Paldea o a Nordivia.» Ash non
rispose.
Staraptor non era di certo un Pokémon raro. Gli veniva
difficile
capire come potesse essere ricondotto a lui. «E, non so se lo
sai,
ma gli Staraptor di Sinnoh sono un po’ più grandi
della media. E
questo lo era ancora di più. A occhio sembrava alto quasi un
metro e
mezzo.» Spiegò. Ancora Ash non sapeva che dire.
Erano tutte prove
indiziarie. Nessuna di esse conduceva direttamente a lui.
«Certo
che sei proprio entrato nel tuo ruolo. Forse persino meglio di
me.»
Continuò a provocarlo, senza riuscire a farlo confessare.
«Sai, io
sono un’agente della Polizia Internazionale. E già
per aver
rivelato la mia identità prima di te, rischio di essere
licenziata
in tronco.
Vengo
dalla regione di Sinnoh. Mi hanno inviata qui per indagare sul Team
Plasma. Per ovvie ragioni non posso rivelarti il mio vero nome. Se
vuoi puoi chiamarmi Velaurora.» Ancora nessuna reazione.
«La
prima volta che ti ho incontrato è stata a Burrascopoli. Un
bel po’
di anni fa… a dire il vero. Ero tra il pubblico. Senza
scendere
troppo nei dettagli, dovevo indagare sul Team Rocket…
immagino tu
sappia chi siano. Sembrava che loro, a loro volta, stessero indagando
sul Team Galassia.» Sembrava che nemmeno quelle parole
avessero
sortito alcun effetto.
«Beh,
sono soliti andarsene quando la situazione si fa…
elettrizzante»
Commentò, in tono ironico.
«Sapevo
che, prima o poi avresti confessato… ad ogni
modo…» Cambiò
argomento. «Immagino che tu sia venuto qui per liberare i
Vivillon.»
Cercò di prevedere le sue intenzioni. “Come
può saperlo?”
Pensò.
«Io
ti posso condurre alla zona dove li hanno nascosti. Ma ricordati che
non posso in alcun modo compromettere la mia copertura. Non
potrò darti molto tempo, dovrò avvisare gli
altri.» Ash fece un
piccolo cenno di approvazione, seguito da un piccolo gesto della
mano, che sembrava la invitasse a fermarsi.
«Quindi
tu conosci Bellocchio? Sai? Ho avuto occasione di collaborare con
lui, in passato» Chiese Ash. «Certo che lo conosco.
Anche lui
lavora per la Polizia Internazionale! Per ovvi motivi non posso
divulgare il mio rapporto con lui.» Speigò, prima
di cambiare
totalmente argomento.
«Ora
però dobbiamo andare.» L’agente
invitò Ash a salire a bordo,
nuovamente in direzione della base. Anche il viaggio di rientro fu
silenzioso.
Ash
non era ancora completamente sicuro della sincerità della
donna.
Altre volte era caduto in simili trappole, ma, in un modo o
nell’altro era sempre stato in grado di uscirne.
Doveva
cercare di mantenere la calma e di non sembrare troppo confidente con
l’agente, oppure sarebbe stato troppo sospetto. Come se
già la
loro assenza non lo fosse.
Tornati
alla base, l’agente si allontanò da Ash, per
parlare con degli
altri Seguaci. Il ragazzo non aveva idea di che cosa stessero
parlando.
Un
paio di minuti dopo, la donna tornò da lui. «Tutto
a posto.» Cercò
di restare nel personaggio. «Sai, il capo è felice
di accogliere
nuovi membri. E a chi si offre di guidare i nuovi arrivati, danno dei
bonus in busta paga.» Li spiegò con un sorriso.
Ash sorrise a sua
volta.
«Ci
sono delle altre zone che ti devo mostrare. A cominciare dalla zona
degli alloggi. Seguimi.» Per l'ennesima volta, la recluta
accompagnò
Ash da qualche parte.
Questa
volta verso un’altra parte di quel gigantesco edificio.
Questa
volta, per condurlo fino a davanti ad una doppia porta a
spinta, simile a quelle solitamente impiegate nelle uscite di
emergenza.
«Qui
abbiamo i dormitori. Sono separati tra dormitori maschili e
femminili. Non è difficile sbagliare.»
Indicò la porta più vicina
all’ingresso. Recava la sagoma di un uomo «Questo
è il dormitorio
maschile. L’altro, in fondo, è quello
femminle… chiaramente.»
Ash si limitò a rispondere con un semplice
“Ok.” «Se vuoi
entrare, fai pure.» Lo sguardo della Seguace si rivolse verso
una
delle telecamere di sorveglianza.
Voleva
assicurarsi che, se mai qualcuno stesse osservando, non notasse
anomalie. Si infilò una mano in tasca e, in seguito
tirò
leggermente Ash per una mano per convincerlo a farsi avanti.
Contemporaneamente
Il
ragazzo comprese il messaggio e si diresse verso la porta del
dormitorio maschile. La aprì e vi entrò.
La
stanza presentava un enorme numero di letti a castello, realizzati in
metallo. I letti erano tutti perfettamente ordinati e puliti.
Sembrava che nessuno di essi fosse mai stato usato.
Sulla
testa del letto alla base e sulla parte laterale di quello sopra, vi
era una targhetta con un numero. Nonostante l’assenza della
guida,
il ragazzo dedusse che il numero era l’identificativo di ogni
Seguace.
Non
era un dettaglio di poco conto. Per quanto volesse restare in quel
posto il minor tempo possibile, doveva comunque essere pronto ad ogni
evenienza.
Il
ragazzo prese il biglietto datole dalla sua guida pochi istanti
prima. Su di esso vi era scritto, a penna, un numero di cinque cifre,
preceduto dalla lettera M.
Ash
dedusse che quello fosse il suo numero identificativo. Cercò
di
memorizzarlo. Sarebbe sicuramente tornato utile.
Per
lo stesso motivo cercò il letto con assegnato il suo numero
identificativo. Fu un’operazione alquanto complessa. Sembrava
che
gli identificativi dei letti non rispettassero alcuno schema. Erano
disposti in maniera disordinata e questo disorientò non poco
il
ragazzo.
Dopo
una ricerca durata più del previsto, finalmente
trovò il letto
corrispondente. Era quello al piano di sopra.
Sulla
parete opposta all’ingresso vi erano degli armadi di metallo.
Ash,
istintivamente si avvicinò agli armadi. Allo stesso modo dei
letti,
anche quei piccoli armadi recavano dei numeri.
Ash,
cercò il suo. Contrariamente a quanto avvenuto per il letto,
lo
trovò senza particolare fatica. Ovviamente era vuoto. Doveva
ancora
attivare la serratura a codice.
Alla
sua sinistra vi era anche la porta che conduceva ai bagni. Decise di
entrare. Erano dei bagni normalissimi. Vi era una zona con numerosi
lavandini. Di fronte ad essi delle porte che portavano ai WC. Una
porta separata portava alle docce.
Ash,
approfittando della privacy consentita dai bagni, prese il suo Smart
Rotom per scrivere un messaggio a Serena.
“Ciao.
Sono riuscito ad entrare. Ma ancora non sono riuscito a liberare i
Pokémon. Dovrei riuscirci domani. Spero che vada tutto
bene” La
ragazza rispose immediatamente al messaggio. Era un po’
preoccupata, ma si fidava di Ash più di chiunque
altro.
“Sono
felice di vedere che tutto vada bene. Noi stiamo bene. Siamo tornati
a Levantopoli. I Ranger ci hanno dato un passaggio. Domani ci
accompagneranno ad Eolea. Ci incontreremo nello stesso punto di
ieri.”
La
ragazza cercò di nascondere l’enorme
preoccupazione che la
tormentava. Sapere che Ash avrebbe dovuto passare un’intera
notte
nella tana del lupo la teneva in un grande stato di agitazione.
Ash
uscì dal bagno e dal dormitorio, per poi ricongiungersi con
la sua
guida. La Seguace controllò l’ora sul suo
Smartphone. «Mmmmh…
Dovremo riuscirci prima dell’ora di cena.»
Commentò. Questa volta
lo accompagnò lungo l’andito. Spinse una seconda
porta e lo
condusse in un ulteriore andito.
«Eccola.
Questa è la sala riunioni. Per ora è
chiusa.» Spiegò. «Non avere
grosse aspettative. Da domani la imparerai a conoscere. Ogni giorno
alle otto abbiamo una riunione di lavoro. Solitamente si discute dei
piani di lavoro della giornata. Non fare domande e ascolta. E vedrai
che passerà in fretta.» Il tour
continuò.
Ora
i due erano davanti ad una grossa porta. Era realizzata in pregiato
legno scuro e presentava fini decorazioni. La maniglia, dorata, era
anch’essa finemente decorata.
La
seguace, notando la telecamera, scelse di scendere ancora di
più
nella parte.
«Questo
è l’ufficio del Capo. Personalmente non l'ho mai
incontrato. Ma
chi lo ha incontrato lo ha definito un uomo saggio ed equilibrato. Da
quanto ho capito, non viene spesso qui.» Spiegò.
«Più
avanti ci sono sono degli uffici amministrativi. Non sono molto
interessanti. Solo documenti e documenti. Sono i Seguaci più
insubordinati ad occuparsene. Talmente è poco
interessante.» La
guida non nascose un sorriso.
La
visita proseguì, sempre lungo lo stesso andito. I due
camminarono
fino ad una porta apparentemente simile a tutte le altre.
«Questa è la sala ricreativa. In genere ci andiamo
dopo cena, prima
di coricarci… guardiamo film, giochiamo a videogiochi.
C’è anche
una piccola biblioteca. Alcuni prendono in prestito dei libri che
leggono nei momenti morti.»
Dagli
altoparlanti appesi alla parete si sentì una voce,
parzialmente
distorta. «Tutti i seguaci sono pregati di raggiungere la
sala mensa
per la cena.» Ash e la Seguace si diressero verso la mensa,
con il
ragazzo distanziato di alcuni passi. «Vedrai… qui
si mangia bene.
Ci tengono a noi.» Quella, per Ash, era una buona notizia, la
sola
buona notizia di quella giornata.
Anche
se era lì da poche ore già sentiva già
la mancanza di Pikachu, di
Serena e di tutti gli altri.
Con
questi pensieri che gli ronzavano in testa, il ragazzo
faticò a
restare al passo con la sua guida. «Ti muovi?» Lo
rimproverò. Al
rimprovero seguì un sorriso. Era chiaro che lei dovesse
restare
nella parte.
La
sala della mensa non era lontana. O almeno così sembrava,
dato che
il profumo della cena cominciava a sentirsi. Qualche passo dopo
incontrarono degli altri Seguaci, coi quali si scambiarono rapidi
saluti.
Poco
dopo giunsero di fronte alla sala mensa. «Questa è
una mensa
self-service» spiegò. «Prendi un
vassoio, delle posate, una
bottiglietta d’acqua e poi prendi quello che vuoi dai
contenitori
sul banco. Se poi hai ancora fame puoi alzarti a fare il bis, ma
ricorda di fare la fila. Soprattutto ora che sei il nuovo
arrivato.»
Lo punzecchiò.
La
fila scorreva rapida ed efficiente e, finalmente giunse il turno del
ragazzo. Raccolse da un dispensatore un vassoio di plastica bianca e
rigida. Prese anche una piccola confezione, sempre di plastica, che
al suo interno conteneva una forchetta,
un
coltello, un cucchiaio e un fazzoletto di carta. Prese anche una
bottiglietta d’acqua da 750 ml.
Giunse
davanti al piano in cui poteva servirsi. La sua guida aveva ragione.
C’era un’ampia varietà di cibo e
sembrava tutto tremendamente
invitante. «Muoviti, novellino!» Lo
esortò uno, dietro di lui.
Ash
non si scompose minimamente. Prese, con tutta la calma del mondo uno
dei grossi cucchiai e riempì parte del suo vassoio con
un’abbondante
porzione di riso coi funghi.
Passò
poi ai secondi, dove si servì dello spezzatino di carne e
delle
patate al forno, anche qui abbondando con le porzioni. Prese anche un
bicchiere di macedonia.
Si
diresse quindi ad un tavolo, in cui, in quel momento, era seduta
unicamente la sua guida. Dovette fare molta attenzione a non
rovesciare il contenuto del vassoio, che versava in precario
equilibrio.
Si
sedette e cominciò a mangiare. Sebbene fosse solito
strafogarsi di
cibo, decise di darsi un contegno e mangiare con calma. E
sì,
effettivamente si mangiava davvero bene.
Finito
di mangiare, il ragazzo decise di unirsi alla sua guida e ad un
piccolo gruppo di seguaci, e dirigersi verso la sala ricreativa. La
sala rispettava perfettamente l’idea di Ash.
Un
ampio televisore appeso al muro, a cui era collegata una console con
diversi gamepad, una libreria ricolma di videogiochi di vario genere.
Poco lontano un tavolo da ping pong, un calciobalilla e un
bilardo.
Su
di una parete era appoggiata una grossa libreria stracolma di libri.
“La liberazione dei Pokémon”,
“Uomini e Pokémon, due mondi,
due destini” “Cento motivi per liberare i
Pokémon” e libri
simili.
«Cosa
ne pensi di fare una partita a calciobalilla? Così, giusto
per
ambientarti un po’» Propose la guida. «Va
bene, ma ti avviso, non
sono molto bravo.» Rispose Ash. «Non importa.
Lascia a me la difesa
e andrà tutto per il meglio.» Ash si
limitò a sorridere. Non ci
volle molto a trovare due avversari interessati alla sfida.
«E
così tu saresti il novellino…
eh…» Uno dei Seguaci si posizionò
di fronte a Ash. «Ormai è una tradizione che io
sfidi i novellini.
Fino ad ora nessuno è mai riuscito a battermi, sai? E
qualcosa mi
dice che continuerò ad esserlo.» Queste parole
accesero in Ash una
scintilla di sfida. Alcuni istanti dopo si aggiunse un secondo
seguace. «Direi che la partita può
cominciare.» Esordì il
seguace, mentre tirava la leva che faceva ricadere le palline.
Ne
prese una e la sbatté contro il bordo. «Andiamo!
È una pallina,
mica un uovo!» Lo riprese il primo. Quest’ultimo,
finalmente, si
decise a lanciarla al centro del campo.
La
pallina rotolò per il campo, fermandosi poco distante dalla
prima
fila di calciatori comandati da Ash. Il ragazzo si mosse rapidamente,
spostando la sua fila di giocatori e lanciando la palla direttamente
verso la porta avversaria.
«Alla
faccia del fatto che non sei bravo!» Si
complimentò la guida. Ash
non rispose. Intanto era entrata in campo la seconda pallina. Stessa
tecnica della prima. Nemmeno in questo caso i due avversari
riuscirono a contrastarlo. «Vuoi deciderti? Siamo
già sotto di due
punti!» Uno dei due seguaci si lamentò.
La
partita fu piuttosto tesa, uno scambio di passaggi e di gol.
All’ultima palla, le due coppie erano in perfetto pareggio.
«Questa
palla deciderà il risultato di tutta la partita.»
Commentò uno dei
due seguaci. «Vedi di fare attenzione!» Lo riprese
il compagno. Ash
e la sua guida, invece, si limitarono a scambiarsi una rapida
occhiata. «Siamo pronti!» Si fece avanti il
ragazzo. La pallina
venne lanciata come di consueto.
Sembrava
che quella partita non volesse proprio finire. I passaggi sembravano
infiniti. A volte sembrava stessero per vincere Ash e la sua alleata,
altre volte i loro due rivali. Alla fine furono proprio Ash e la sua
guida a spuntarla.
«Bah!»
Sbuffò uno dei due avversari. «È solo
la fortuna del
principiante!» Aggiunse. «In ogni caso non ci
stavamo giocando
nulla.» L’altro si limitò a concludere.
«In ogni caso avrete la
vostra rivincita. Magari domani. Oggi è tardi.» La
guida tirò Ash
per un braccio. Cercò di condurlo verso l’esterno
della stanza.
«Ti
avevo detto che non dovevi farti notare. Sei stato fortunato di aver
beccato me, quando abbiamo lottato. Ricordati di mantenere un basso
profilo. O attirerai attenzioni. Domani sarà la nostra prima
giornata di lavoro come collaboratori. Ricorda quello che ci siamo
detti prima.» Ash fece un piccolo cenno con il capo.
Era
ormai ora di dormire. Non aveva idea dell’orario a cui si
sarebbe
svegliato, per cui preferiva andare a letto. Si diresse verso il
dormitorio maschile e quindi verso il bagno.
Come
qualche ora prima, il ragazzo prese il suo Smart Rotom per mandare un
breve messaggio a Serena. “Sta
andando tutto bene. Conto di riuscire ad uscire di qui prima di
mezzogiorno.”
Al
Centro Pokémon di Levantopoli, intanto, Serena non riusciva
proprio
ad addormentarsi. Camminava nervosamente avanti e indietro per la
stanza.
Aveva
letto il messaggio di Ash, ma nonostante ciò non riusciva ad
essere
tranquilla. «Lo sapevo, non dovevamo fidarci di loro! E
ora…» Si
lamentò. «E ora Ash sta rimediando» le
rispose Anita con un filo
di voce. «Esatto. È da solo. Nella tana del
nemico. So che è
sicuramente in grado di cavarsela da solo, ma non mi sento sicura.
Vorrei davvero essere al suo fianco, poter davvero sapere come
sta…»
Aggiunse, senza smettere di camminare avanti e indietro.
«So
che ci tieni tanto a lui. Saremo in viaggio da poco tempo, ma questo
l’ho capito sin dal primo momento…» Le
rispose Anita, facendola
arrossire. «No… non è come
pensi…» le rispose Serena, un po’
in difficoltà. «No… no… nel
senso… anche io ci tengo a lui.
Se ho iniziato a viaggiare, se siamo riusciti a vincere la nostra
prima medaglia, lo devo a lui. Nemmeno io vorrei perdere il mio punto
di riferimento…» le rispose Anita. «E
poi credo che anche lui
tenga a te. Ed è per questo che ha deciso di andare da solo.
Non
sapendo di che posto si tratta, ha preferito andare da solo.»
Aggiunse.
Questo
non rassicurò per nulla Serena. Anzi, peggiorò
ulteriormente la
situazione. “Quindi, magari, mi ha mentito? Non sta davvero
andando
tutto bene? Lo hanno scoperto e qualcun’altro sta scrivendo
al suo
posto?” Quei pensieri le rimbombavano continuamente in testa,
impedendole di dormire.
Nel
mentre, alla base, Ash aveva raggiunto il letto a lui assegnato. Si
sedette sul letto per togliersi stivali e calze, quindi
sollevò le
coperte e fece per coricarsi.
«Non
te lo metti il pigiama?» gli chiese uno dei Seguaci.
«E poi, come
mai hai ancora il cappuccio? Non mi dire che lo terrai anche per
dormire! Dai!» Rincarò la dose. «Non
sono problemi tuoi.»
Controbattè Ash, cercando di sembrare più duro di
quanto non fosse.
Temeva
che qualcuno potesse perquisirlo e scoprire la sua identità.
Doveva
fare in modo che nessuno la scoprisse, ad ogni costo. Certo, con
Dragonite e Staraptor se la sarebbe potuta cavare, ma in quel momento
voleva evitarlo ad ogni costo.
La
sua guida non gliene aveva parlato, per cui l’ipotesi di
perquisizioni notturne era del tutto da escludere. Temendone una, il
ragazzo tentò di restare sveglio, per potersi difendere, in
caso di
necessità, ma non resistette a lungo. In poco meno di
mezz’ora
cadde in un sonno profondo. «Me la vuoi smettere? Fai
più rumore di
un trattore quando russi!» Lo sveglò un seguace.
«Ma ti pare?»
Gli rispose Ash, in tono seccato. «Io voglio solo dormire.
Come
tutti, immagino. Tantopiù che sono appena arrivato, e sono
piuttosto
stanco.» Il ragazzo si girò dall’altra
parte e si riaddormetò
rapidamente.
«A
tutti i seguaci! Avete dieci minuti per prepararvi e per recarvi alla
sala mensa!» Una voce robotizzata si diffuse nel dormitorio,
svegliando tutti.
I
Seguaci si diressero rapidamente verso il bagno, per andare in bagno
e sciacquarsi. Ash riuscì ad inserirsi tra i primi. Non
poteva
contattare Serena, dato il poco tempo che aveva a
disposizione.
Le
aveva promesso che sarebbe riuscito ad uscire di lì prima di
mezzogiorno e così avrebbe fatto. Dopo esser andato in bagno
ed
essersi rapidamente sciacquato, uscì dal dormitorio.
Si
unì al fiume di seguaci che si stava dirigendo verso la sala
mensa.
Rapidamente raggiunse la sala mensa, ora allestita per la colazione.
Ash prese un vassoio, come la volta prima. Si avvicinò ad
una delle
macchinette per prepararsi una tazza di cappuccino, un bicchiere di
succo, dei biscotti al cioccolato e due cornetti alla crema.
Immaginando
di non avere molto tempo per mangiare, cercò di fare il
più
velocemente possibile, anche a costo di rischiare di scottarsi con il
cappuccino bollente.
La
sua ipotesi si rivelò corretta. Riuscì a malapena
a finire di
mangiare, che, subito una voce metallica, simile a quella che lo
aveva svegliato, avvisò i seguaci, esortandoli ad
abbandonare la
sala.
«Tutti
i seguaci sono pregati di recarsi in sala riunioni al più
presto
possibile!» Ash si unì al gruppo di seguaci,
cercando di incontrare
la sua guida. Ricordava le sue parole. Le riunioni dovevano essere
davvero noiose.
Forse,
in quella riunione, avrebbero parlato riguardo a quei Vivillon. E a
cosa ne avrebbero fatto. Ash sembrava piuttosto teso, anche se
cercava di non darlo a vedere.
Riuscì
a prendere posto in una delle prime file, sul lato esterno. Accanto a
lui la sua guida, dall’altra parte il muro. Davanti a lui,
oltre
alcune file di sedie, un palchetto. Ancora più in fondo un
telo,
parzialmente illuminato dalla luce blu di un proiettore. Sembrava che
ancora mancasse qualcuno.
Per
tutta la stanza si diffuse un brusio, prima leggero, poi divenne
sempre più potente. Sembrava che stessero discutendo a
riguardo di
cosa avrebbero dovuto fare durante la giornata.
Dopo
circa cinque minuti, da una porticina sul lato, fece capolino una
donna. Indossava dei vestiti leggermente diversi, rispetto a tutti
gli altri seguaci. La sua sopravveste non era bianca, ma nera,
probabilmente per distinguerla dai seguaci di rango inferiore.
«Come
sapete…» Esordì senza nemmeno salutare.
«Ieri abbiamo compiuto
un’importantissima operazione, riuscendo ad ottenere un buon
numero
di Vivillon.» I seguaci si scambiarono diverse occhiate.
Sapevano
quello che era accaduto il giorno prima, per cui si chiedevano
perché
parlare di qualcosa avvenuto solamente il giorno prima.
«Anche
grazie alla collaborazione di qualcuno che mai ci saremmo aspettati,
che è caduto nella nostra trappola.» Ash
cercò di restare il
più neutrale possibile. Non poteva permettersi di farsi
scoprire.
«Ad
ogni modo…» Riprese il suo discorso, mentre sullo
schermo apparve
un’immagine di un esemplare del Pokémon
Frarfascaglia «Noi
non siamo bracconieri. Non ci interessa venderli e fare
soldi.»
Spiegò. “E allora come mai li hanno
catturati?” Si chiese Ash.
«Lo sanno bene gli Allenatori, che girano sempre coi loro
Pokédex.
I Vivillon, come tutti i Pokémon, hanno dei poteri
incredibili.
Loro, per esempio, sono capaci di generare delle scaglie in grado di
calmare chiunque entri in contatto con esse. Il loro effetto calmante
è incredibilmente potente.»
Speigò.
“Quindi
vogliono sfruttarli per le loro scaglie? E poi cosa ne faranno? Ma
soprattutto, come faranno a fargliele rilasciare? Ho paura che non
sia per nulla piacevole” Pensò Ash.
«Il
vostro compito sarà quello di costringerli a rilasciarle. A
qualsiasi costo.» Spiegò. “Lo
sapevo” Pensò Ash. “Lo sapevo
che non volevano fare nulla di buono.”
«Le
loro scaglie ci serviranno a calmare gli Allenatori e questo
renderà
più facile per noi costringerli a liberare i loro
Pokémon.
Anche
solo poche scaglie possono avere un grandissimo effetto.»
Aggiunse.
«E
questo è tutto. I due volontari vengano con me. Gli altri,
beh…
tornate a lavoro.» La sala cominciò a svuotarsi.
Sembrava che
nessuno volesse svolgere quell’ingrato compito.
Alla
fine, nella stanza, rimasero solo Ash e la sua guida. «Mi fa
piacere
che il novellino decida di occuparsi dei compiti più
ingrati. Quanto
a te…» Poi si riferì alla guida del
ragazzo. «Ti faccio i miei
più sentiti complimenti. Non solo ti sei presa la
responsabilità
del nuovo arrivato, ma accetti questo incarico. Lo terrò
bene a
mente. Ora però andate! Tanto sapete dove sono i
Pokémon» Li
esortò.
“Quindi
sono ancora dove gli avevano portati prima? Ancora in quella gabbie?
Alla faccia del fatto che loro sono per la liberazione dei
Pokémon!”
Pensò Ash, mentre seguiva la sua guida.
I
due camminarono per lungo tempo, fino a giungere all'esterno
dell’edificio, non troppo lontano da dove i due si erano
incontrati
per la prima volta.
«Ohhh!
Eccovi qui! Mi aspettavo più persone, ma… anche
voi due andrete
bene.» Li accolse un seguace, vestito allo stesso modo della
donna
che aveva illustrato i piani della giornata. «Seguitemi che
vi
illustro il vostro compito» Li invitò con un gesto
della mano. I
due lo seguirono, fino ad un’area non troppo distante
dall’edificio
principale.
All’esterno
ricordava una sorta di garage. «Sino all’altro
giorno, usavamo
questo edificio per la manutenzione dei nostri mezzi, poi le nostre
esigenze sono cambiate e ci siamo dovuti adeguare.»
Spiegò
l’uomo.
«Anche
per te deve essere una novità.» Si girò
verso la guida di Ash.
«Immagino che tu non sia mai entrata nella seconda
stanza.» Le
rispose. «Seconda stanza?» Ripeté a
bassa voce la guida.
L’uomo
infilò una chiave nella serratura elettronica, facendo
alzare la
serranda elettrica, che si aprì con un forte rumore
metallico,
rivelando l’interno della stanza.
“Ecco
dove hanno messo i Vivillon!” pensò Ash,
osservando le gabbie.
Poteva riconoscere ogni singolo Pokémon
all’interno delle gabbie.
Poteva, invece, solo immaginare la loro sofferenza.
Il
seguace premette un interruttore e diverse luci al neon illuminarono
la stanza, con una luce fredda e triste, che metteva ben in evidenza
le macchie d’olio presenti sul pavimento.
«Portateli
nell’altra stanza, poi vi darò altre
istruzioni.» Ordinò. «Due
alla volta bastano e avanzano.» Aggiunse, mentre si
avvicinava alla
porta che separava la stanza in cui si trovavano da quella adiacente.
I
due obbedirono, prendendo una gabbia a testa ed entrando in quella
stanza.
All’interno
della stessa, la prima cosa che saltò all’occhio,
tanto di Ash
quanto della sua guida, fu uno strano dispositivo. Era una sorta di
cabina, quadrata, alta circa due metri, da circa tre metri di
lato.
Nella
parte superiore era possibile notare due tubi di ventilazione, uno in
ingresso, l’altro in uscita. “Forse dovrei rivelare
la mia reale
identità e liberarli prima che sia troppo tardi”
pensò Ash. “O
forse dovrei aspettare ancora un attimo?” si chiese poco
dopo,
senza darsi una risposta.
«Bene,
ora entrate dentro quella cabina e fate uscire i
Pokémon.» Ordinò.
I due obbedirono, entrando nella cabina e aprendo le gabbie. I
Vivillon al loro interno uscirono senza fare storie.
Sembravano
estremamente spaventati e disorientati. Ash riusciva benissimo a
capire come si sentivano, perché si sentiva come loro.
Lontano dai
suoi amici ed in un posto ostile.
«Non
vi preoccupate…» cercò di rassicurarli,
Ash. «Andrà tutto per
il meglio… o almeno spero.» Si corresse, mentre
usciva dalla
cabina.
«Perfetto!»
si complimentò il superiore. «Ora dobbiamo
solamente assicurarci
che la porta sia ben chiusa.» la guida controllò
che Ash avesse
chiuso correttamente la porta. «È
chiusa.» confermò.
«Bene…
allora possiamo partire con il gas.» L’uomo
premette un pulsante
sulla parete. «Gas?!?» Chiese Ash, in tono
preoccupato. «Normale.
Sei il nuovo arrivato.» Lo richiamò il superiore.
«Nei nostri
laboratori di Austropoli, abbiamo sintetizzato un gas. Che serve
esattamente a far rilasciare le scaglie ai Vivillon… non
posso
scendere troppo nei dettagli… ma è stato
sintetizzato da un nostro
collega proveniente dalla regione di Kalos.»
Spiegò.
Ash
fece un rapido collegamento mentale. Poteva trattarsi di un ex membro
del team Flare?
Il
ragazzo non potè pensarci a lungo. Dalla finestra di
ispezione,
poteva notare come i due Pokémon Farfascaglia stessero
volando in
una danza disperata, mentre, dalle loro ali si distaccavano dei
piccoli frammenti che riflettevano la luce.
Pochi
istanti dopo si iniziò a sentire un rumore, come quello di
una
grossa ventola.
«Molto
bene!» Commentò il superiore.
«Stiamo raccogliendo davvero
delle ottime quantità di...» Non
riuscì a completare la
frase,
a causa di una grandissima forza che lo spinse contro un fianco della
cabina.
«Eh!
Cosa fai?!?» Si lamentò il superiore, tentando di
girarsi. Senza
riuscire. «Traditore!» Gridò contro
Ash.
Dragonite
prese l’uomo per la schiena e lo scagliò contro la
parete opposta.
«Cosa fai?» Lo riprese la sua guida.
«Credi che sia questo il
momento giusto?» Chiese, cambiando tono, dopo essersi accorta
di
come il superiore fosse privo di sensi.
«E
ora liberiamoli!» Ordinò Ash. Dragonite
colpì la porta con una
spallata, sfondandola. I due Vivillon all’interno uscirono,
guardarono Ash, con aria strana e scapparono dalla porta.
Pochi
istanti dopo si sentì una voce registrata.
«Attivazione protocollo
allarme!» In seguito si sentì il suono di
un’allarme.
«Presto,
abbiamo poco tempo!» Lo esortò la guida.
«Dragonite!
Distruggi quel coso con Iper Raggio!»
Ordinò Ash. Dalla bocca
della Pokémon si generò un grande raggio di
energia dal colore
bianco, che colpì la cabina.
Il
potente attacco divelse totalmente la cabina, che inizio ad emettere
del fumo nero. «Questo coso può esplodere da un
momento all’altro,
meglio fuggire!» Fece notare Ash.
I
due uscirono dalla stanza, scortati dalla Pokémon del
ragazzo.
«Direi che questa possiamo anche chiuderla!»
Commentò Ash, mentre
chiudeva la porta a chiave. «Questo ci dovrebbe dare un
po’ di
tempo.» Commentò.
«Ho
poco tempo. Presto dovrò avvisare gli altri, o sospetteranno
di me.»
La guida cominciò ad aprire alcune gabbie, Ash ne
aprì delle altre.
In pochi istanti, tutti i Pokémon Farfascaglia erano tutti
liberi.
«Ora
io vado! Addio!» Ash strinse la mano alla sua
guida. Pochi
istanti dopo, Dragonite strinse entrambi in un fortissimo abbraccio.
«Ahi! Soffoco!» Si lamentò la guida, non
riuscendo a trattenere
una risata.
Poco
dopo, il ragazzo, la Pokémon e l’ormai ex guida,
nonché agente
sotto copertura, uscirono dall’edificio.
«Prima
che tu te ne vada… ho da chiederti un ultimo, piccolo
favore.» “Mi
chiedo cosa possa volere” Pensò Ash.
«Dimmi» Le chiese.
«Vorrei che Dragonite attaccasse Liepard. Almeno
così posso dire di
aver tentato di difendermi. Certo. È pur sempre una
contravvenzione
al codice di comportamento, ma almeno avrò una
giustificazione.»
Ash assunse un’espressione piuttosto perplessa. Avrebbe
preferito
lottare, piuttosto che far attaccare il suo Pokémon, con
l’avversario che subiva passivamente. Provò
ad obbiettare,
ma ormai il Liepard dell’agente era davanti a lui.
«E
va bene! Dragonite! Vai con Tifone!» La Pokémon si
girò di spalle
e cominciò a sbattere violentemente le ali, generando un
gigantesco
turbine che, rapidamente raggiunse il Pokémon avversario e
lo
sollevò, lanciandolo contro la parete
dell’edificio, creando un
grosso buco nella stessa. Liepard era piuttosto acciaccato, data la
violenza dell’impatto.
«Bene,
ora potrò dire di aver almeno tentato di
lottare.»
Ash,
finalmente libero di andare, salì in groppa a Dragonite.
Rapidamente
la Pokémon prese il volo e si allontanò dalla
base, dando a Ash
solo il tempo di salutare la donna con un rapido gesto della
mano.
L’agente
si allontanò dall’edificio, e prese, dalla sua
uniforme un piccolo
dispositivo, dalla forma simile ad una Poké Ball. Lo
avvicinò alla
bocca. “Spero che lo ricevano. È un dispositivo
sperimentale”
«Agente
Velaurora al rapporto. Il sabotaggio ha funzionato, siamo riusciti ad
impedire che il Team Plasma mettesse le mani sulle scaglie dei
Vivillon.
Il
piano è andato a buon fine anche grazie ad un alleato, di
cui non
posso rivelare l’identità, che è stato
in grado di sabotare i
loro macchinari. Lui stesso mi ha rivelato di avere avuto occasione
di collaborare con Bellocchio. Ho potuto apprezzare il suo metodo di
lavoro. È riuscito perfettamente a mimetizzarsi tra i
seguaci ed è
riuscito a non intralciare i miei piani. Chiudo la comunicazione o
potrebbero sospettare.» Conclusa la comunicazione,
l’agente tornò
alla base.
Non
fece nemmeno in tempo ad arrivare all’edificio, in cui erano
stati
portati i Vivillon, che subito incontrò il suo superiore.
«perché
non lo hai attaccato? Perché hai permesso a lui e al suo
Pokémon di
distruggere le nostre apparecchiature?» Chiese, in tono
piuttosto
arrabbiato. «Non sarai mica una sua complice? Sappi che io
posso
chiedere agli altri seguaci di seguire ogni tuo movimento! Sai
benissimo cosa succede agli impostori!» La accusò.
«Ho
cercato di fermarlo. Lo ho sfidato in una lotta, ma lui è ci
ha
surclassato in men che non si dica.» Tentò di
giustificarsi.
«Hai
comunque violato il protocollo. Sapevi benissimo che avresti dovuto
chiamare gli altri.» Continuò a rimproverarla.
«Lo avrei lasciato
distruggere l’intera base?» Chiese.
«Giusta obiezione. Ma hai
comunque violato il protocollo! Se il team Plasma ha successo, lo
deve anche a questo. Altre organizzazioni falliscono in cose
più
semplici, proprio per questo.» La donna fece un rapido
inchino.
«Chiedo scusa. Ho fatto di testa mia e ho
sbagliato.» Il superiore
la guardò negli occhi.
«Per
questa volta resti dentro, ma dovrò trovare la giusta
punizione. Che
queste cose non devono mai accadere.» La donna lo
guardò con
sguardo triste. «Non accadrà mai
più.»
Una
volta allontanatosi a sufficienza, Ash si tolse il cappuccio della
sua uniforme, quindi prese il suo Smart Rotom. Sapeva bene che farlo
in volo non era il massimo, ma doveva avvisare gli altri del fatto
che tutto fosse andato per il meglio.
Non
gli piaceva affatto usare il telefono in situazioni pericolose, ma in
quel caso non aveva scelta.
Per
fortuna in quell’occasione, Staraptor faceva da guida alla
sua
Pokémon, eventualmente anche liberando la strada da
eventuali
ostacoli. Con questo pensiero, il ragazzo avviò la chiamata
verso
Serena, sperando in una sua rapida risposta. Fortunatamente la
ragazza rispose immediatamente. «Ciao! Finalmente sono
riuscito a
uscire da quel postaccio! Sto per raggiungervi!» Ash sperava
che
Serena avesse capito. Temeva che il vento non coprisse troppo la sua
voce.
«Fantastico!»
Rispose la ragazza. «Sei riuscito a liberare i
Vivillon?» Chiese.
«Assolutamente si! Non è stato facile. Devo
ringraziare Dragonite.
Per il suo grande aiuto. Ora però devo proprio
staccare.» Spiegò
rapidamente. «Va bene. Noi ti stiamo aspettando. Fai presto,
mi
raccomando!» Rispose la ragazza, prima di chiudere la
chiamata.
«Raptoor!»
Il Pokémon Rapace avvisò il suo Allenatore della
presenza del
gruppo, poco sotto di loro. Il Pokémon iniziò una
rapida picchiata,
seguito dalla più dolce discesa di Dragonite.
Ash
scese a terra, subito davanti al gruppo. Indossava ancora
l’uniforme
del Team Plasma. Serena e Pikachu si misero a correre verso di lui,
con il Pokémon Topo che gli salì in spalla e la
ragazza che corse
ad abbracciarlo, mettendo in leggero imbarazzo.
«Sono
felicissima di vedere che stai bene. Pensavo che qualcuno avesse
preso il tuo telefono e scrivesse al posto tuo…»
La ragazza
sembrava non lo vedesse da tantissimo tempo. Il ragazzo si rivolse
verso i suoi Pokémon. «Vorrei presentarvi un nuovo
amico.» Il
ragazzo prese una Poké Ball dalla sua uniforme. La
lanciò e, dalla
stessa uscì un esemplare di Sandile. «Come sapete,
mi sono dovuto
inflitrare nei ranghi del Team Plasma…»
Spiegò Ash. «Mi sono
dovuto fingere un nuovo seguace. E per questo mi hanno donato un
Pokémon, e io ho scelto lui.» Il
Pokémon cominciò a fare
conoscenza con gli altri Pokémon del ragazzo. «Non
ti preoccupare…»
Lo rassicurò Ash. «Io non sono veramente un
seguace del Team
Plasma. Ho dovuto fingere, ma stai tranquillo, non ti
tradirò,
liberandoti.» Cercò di rassicurare il
Pokémon.
«Ora
possiamo andare.» Li richiamò uno dei due ranger.
«Tra un po’
inizia il nostro turno. Sennò non potremo accompagnarvi ad
Eolea.»
Si spiegò.
«Direi
che non abbiamo motivi per restare qui! E poi… sinceramente
non
vedo l’ora di togliermi questa cosa di dosso e di farmi una
doccia
bollente.» Aggiunse Ash.
Improvvisamente
una gigantesca lama di energia si scagliò poco lontano dai
piedi di
Anita. Sembrava provenisse da dietro degli alberi poco lontano.
«HEI!
COSA SUCCEDE!» La ragazza si spaventò.
Indietreggiò di alcuni
passi. «Qualcuno ha cercato di colpirti.»
Commentò Carlos,
rimarcando l’ovvio.
La
ragazza non fece in tempo a riprendere la calma che subito, un
secondo attacco partì, dal medesimo punto. Ancora una volta,
la
ragazza non venne colpita per pochissimo.
«Sei
il coraggio, vieni fuori!» Lo invitò
Ash. «Nessuno può
attaccare una mia mia amica e farla franca!» Gridò
il ragazzo.
«Attaccami
se hai coraggio!» Ash si piazzò davanti
all’amica. Una lama
d’aria colpì la terra, per la terza volta. Poco
davanti al
ragazzo. «Vuoi colpirmi oppure… vuoi solo
provocare?» Ash era
ancora più arrabbiato. Nessuna reazione.
«Forse…
vuole lottare contro di me.» Gli fece notare Anita.
Ash si
scostò da davanti all’amica.
Pochi
istanti dopo un ennesimo Eterelama colpì il
terreno.
Anita
prese dalla sua borsa la Poké Ball del suo Oshawott e lo
mandò in
campo. «Vuoi lottare? Bene! Allora
l’avrai!» L’ennesima lama
d’aria attraversò l’aria davanti alla
ragazza.
«Distruggila
con Conchilama!» Oshawott brandì la sua
Molluscosiabola, che si
trasformò in una sorta di piccola spada. Con un rapido gesto
del
braccio, distrusse l’attacco avversario.
Un
altro attacco, ben presto giunse al Pokémon Lontra e alla
sua
Allenatrice. Una polvere, dal colore dorato riempì
l’aria attorno
all’Allenatrice e al Pokémon. «E ora che
faccio?» Anita si
stava, di nuovo, per impanicare. «Dì a Oshawott di
usare
Pistolacqua contro la polvere! Prima che sia troppo tardi!»
Le
suggerì Ash. «Si.. Proviamoci! Oshawott! Usa
Pistolacqua! Mira alla
polvere!» Ordinò la ragazza, non troppo convinta.
Il
getto d’acqua generato dalla bocca del Pokémon
Lontra colpì
l’intera coltre di polvere, appesantendola e facendola
precipitare.
Gli attacchi cessarono per alcuni istanti. «Deve essersi
stancato.»
Commentò Ash.
«Direi
che possiamo andare.» Aggiunse Ash poco dopo. I quattro non
fecere
in tempo ad avvicinarsi al furgone e a raggiungere i due ranger, che,
intanto erano saliti a bordo, che, sempre da dietro gli alberi, venne
scagliata una sfera di energia dal colore verde chiaro, che ricordava
una sorta di occhio.
«Presto!
Distruggilo con Conchilama! Come hai fatto prima!»
ordinò Anita. Il
Pokémon, come poco prima, spiccò un balzo e, con
un colpo secco
della sua Molluscosciabola fece esplodere la sfera, che si
disintegrò
in una nube di scintille colorate.
Ancora
una volta, per alcuni istanti, gli attacchi cessarono. «Deve
essersi
stancato.» Commentò Ash.
Ma,
anche in questo caso, la realtà contraddisse le parole del
ragazzo.
Dagli stessi alberi da cui erano provenuti quegli attacchi si
sentì
un leggero fruscio. Senza che la sua Allenatrice gli dicesse nulla,
Oshawott spiccò un balzo. Il suo corpo si rivestì
d’acqua e si
lanciò in direzione di quel suono.
Pochi
istanti dopo si sentì un rumore forte e secco, di qualcosa
che
sbatteva contro una superficie dura. «Ecco chi ti aveva
attaccato.
Un Vivillon!» Commentò Serena.
Anita
guardò il Pokémon, privo di sensi, ormai
scivolato a terra, privo
di sensi. «Ma è la stessa che ci aveva osservato
l'altro giorno!»
Commentò la ragazza. «Mi chiedo come mai abbia
deciso di
attaccarci.» Aggiunse. «Ricordati che abbiamo
rapito i suoi simili…
beh… pensavamo di fare del bene…» Le
rispose Carlos. «E ora che
ci hai lottato, cosa fai? Non lo catturi?» La
punzecchiò. Anita,
dentro di sé, aveva pensato ad una risposta a tono, come,
per
esempio, "fossi in te penserei al fatto di catturare un
Pokémon,
prima di consigliare gli altri.” Ma, comportarsi
così, non era da
lei. Preferì il silenzio. «Catturare un
Pokémon non è solo una
scelta tua. Alcuni Pokémon scelgono di seguirti di loro
spontanea
volontà, altri dopo una lotta. Altri ancora… li
catturiamo e
diventiamo loro amici col tempo… questo è uno dei
casi in cui sta
a te scegliere.» Le spiegò Ash. «Non so.
Vivillon è davvero un
bel Pokémon… ma non so se merito di essere la sua
Allenatrice.»
Spiegò la ragazza. «Non dire
così» Serena le posò una mano sulla
spalla. «Tu sei un’Allenatrice. In quanto tale,
meriti di allenare
qualsiasi Pokémon tu desideri.» La
rassicurò. «E poi…» La
nativa di Kalos si avvicinò ulteriormente
all’amica, per
sussurrarle qualcosa all’orecchio. «E poi non avevi
detto che non
sapevi come fare al Varietà? Vivillon potrebbe essere la
soluzione.
È un Pokémon molto popolare tra Performer e
Coordinatrici, sai?»
Le spiegò.
«Da
come lo dici, sembra che lo voglia catturare te!» Le rispose
Anita,
con una punta di ironia. «Non mi permetterei mai…
siete stati tè
e Oshawott a lottare, quindi è giusto che sia tè
a catturarla. Poi…
il fatto che sia un Pokémon popolare tra Performer
e
Coordinatrici, non esclude che possa essere forte nelle lotte.
Tutt’altro!» Rincarò la dose.
«Va
bene. Mi hai convinta.» La ragazza prese, una Poké
Ball dalla sua
borsa e la lanciò contro la Pokémon, ancora priva
di sensi. La Poké
Ball si aprì, avvolgendo la Pokémon in una luce
biancastra e
assorbendola.
La
sfera rossa e bianca si mosse a destra e a sinistra. Prima una volta,
poi due, quindi tre e, alla fine quattro. Un breve
“clic”
confermò l’avvenuta cattura. Anita si
avvicinò alla Poké Ball e
la raccolse. «Evvai! Ho catturato un
Vivillon!»
Vi
chiedo scusa se con questo capitolo ho tardato tanto, ma ci sono
state delle vicissitudini personali che mi hanno portato a potervi
dedicare poco tempo. Tantopiù in un capitolo che, per quanto
sia un
“filler”, affronta comunque una tematica, a mio
parere
interessante. Vi prometto che il prossimo capitolo non
tarderà così
tanto… o almeno spero.
Non
voglio anticiparvi troppo, ma… finalmente, i nostri eroi
raggiungeranno la città di Eolea. Riuscirà Serena
a vincere la
chiave della Principessa al primo Varietà di Unima?
Come
se la caverà Anita alla sua prima esperienza con questa
manifestazione?
|
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Capitolo 6 *** Un’esperienza preziosa ***
Prima
di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe
aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci
accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia.
Dopo
aver finto di essere un Seguace del Team Plasma, Ash è
riuscito a
liberare dei Vivillon, imprigionati da lui e dai suoi amici, a causa
di una bugia.
Anita
è anche riuscita a catturarne un’esemplare, dopo
una lotta contro
il suo Oshawott.
Un’esperienza
preziosa
Beep!
Il ranger suonò il clacson del furgone. «Ora
dobbiamo andare! O vi
lasceremo a metà strada!» Li esortò a
salire a bordo. «Non ti
preoccupare! Stiamo salendo!» Lo tranquillizzò
Ash, avvicinandosi
al furgone e aprendo la portiera.
Invitò
Serena ad accomodarsi sul posto centrale della panchetta
anteriore.
Carlos
e Anita si sedettero sul sedile dietro. Appena tutti e sei
indossarono la cintura, il ranger partì. «Vi
ricordo che, appena
arrivate ad Eolea, Anita dovrà denunciare la cattura della
sua
Vivillon.» Ricordò loro la ranger.
«Purtroppo non abbiamo i nostri
computer e non possiamo farlo.» Anita
annuì. «Ho capito.
Cosa devo fare di preciso, per denunciarne la cattura?»
Chiese.
«Nulla di speciale. Puoi farlo anche al centro
Pokémon.
L’Infermiera Joy ti farà alcune domande riguardo
il tuo Pokémon,
e registrerà la tua cattura. Nulla di
più.» Rispose la donna. «La
registrazione vale anche se il Pokémon viene scambiato o se
viene
donato.» Aggiunse.
Il
viaggio proseguì tranquillo, fino a raggiungere la
cittadina
di Eolea. Il ranger parcheggiò il furgone nella piazza
centrale
della città. «Eccoci arrivati! Il Centro
Pokémon è proprio qui
davanti!» Il ranger spense il furgone e i quattro scesero.
«Non
starai dimenticando qualcosa?»La ranger si rivolse a Ash.
«La tua
roba. È sul retro.»Ash aprì la porta
scorrevole e salì dentro al
furgone e recuperò il suo zaino e i suoi vestiti. Erano un
po’
impolverati, ma intatti. Ash diede alcuni colpi al suo zaino per
togliere la polvere, Si tolse l’uniforme ed
indossò i suoi
pantaloni. Infilò di fretta l’uniforme nel suo
zaino quindi saltò
a terra. «Sia mai che possa servire di nuovo.»
Commentò.
«Grazie
del passaggio!» Li ringaziarono. Il furgone partì,
lasciando i
quattro da soli. Ash terminò di vestirsi, indossando la
maglietta,
la giacca e le scarpe. «Scusate, ma non potevo di certo
restare con
quei vestiti.» Disse, mentre si finiva di vestire.
Nessuno
gli disse nulla. Erano tutti consapevoli che presentarsi vestito in
quel modo non era affatto una buona idea.
Finalmente,
i quattro, raggiunsero il Centro Pokémon. Appena entrarono,
vennero
accolti dall’Infermiera Joy.
«Buongiorno
ragazzi! Come posso esservi utile?» Li accolse.
«Buongiorno!» La
salutano. Ash si avvicinò al bancone. «Vorremo
prenotare due stanze
per la notte, se fosse possibile.» L’Infermiera
diede un rapido
sguardo al suo computer. «Nessun problema. Se volete potete
entrare
anche ora. Mi sembrate un po’ stanchi.» Nessuno di
loro se la
sentì di obbiettare. «Se volete mi
potrò prendere cura dei vostri
Pokémon, intanto che vi riposate.» Propose. I
quattro consegnarono
le loro Poké Ball, con Pikachu che, come suo solito,
saltò sul
bancone. Poco dopo, Ash e Serena presero le chiavi delle stanze in
cui avrebbero alloggiato. «Seguite pure le frecce.»
Spiegò loro
l’Infermiera.
Ash
corse alla velocità della luce, rischiando di scontrarsi con
la
donna delle pulizie, appena uscita da una delle stanze.
«Chiedo
scusa.» Ash si scusò con un piccolo inchino.
«Non fa nulla!»
Rispose la donna.
Ash
poté, finalmente entrare nella stanza. Prese dei vestiti e
della
biancheria dal suo zaino e lo lanciò contro uno dei letti,
quindi si
precipitò verso il bagno. Finalmente Ash poté
farsi la tanto
agognata doccia. Boom! Boom! Boom! Carlos batté i pugni
sulla porta.
«Quanto ci metti ancora?» Si lamentò
Carlos. «Ci sei tre quarti
d’ora!» Rincarò la dose. «Ehi!
Ho fatto! Fammi solo finire di
asciugare i capelli!» Ash sembrava piuttosto seccato. Non
poteva
neppure rilassarsi un po’.
Ash
finì di prepararsi, e uscì dal bagno. Carlos
raggiunse rapidamente
il bagno. Schivando Ash per un soffio.
Ash
si sedette sul letto e finì di vestirsi. Indossò
un paio di jeans
neri, strappati sulle ginocchia, un paio di scarpe sportive dello
stesso colore, una semplice maglietta con un logo e una giacca blu.
Sulla testa un berretto rosso.
Appena
tutti furono pronti, i quattro si presentarono davanti al bancone
dell'Infermiera. «Oh…! Eccovi. I vostri
Pokémon sono in perfetta
forma. Ah… a proposito… chi è
l’Allenatore o l’Allenatrice
di Vivillon?» Chiese l’Infermiera.
«S-sono io.» Rispose Anita,
un po’ spaventata. «Hai la denuncia della
cattura?» Chiese
l’infermiera, con gentilezza. «N-no. Non ho ancora
provveduto. La
ho catturata questa mattina. I Ranger mi hanno detto che posso
denunciare la cattura in un Centro Pokémon.»
Rispose la ragazza.
«Ti hanno detto bene. Dammi trenta secondi che apro il
sito.»
L’infermiera batté rapidamente alcuni tasti del
suo computer,
aprendo il sito del DPPR, il Dipartimento Protezione Pokémon
Rari.
«Allora… ho bisogno della tua scheda
Allenatore.» Anita porse
all’Infermiera il suo Smart Rotom, permettendole di
scansionare il
codice QR. «Perfetto. Tu ti chiami Anita White. E vieni da
Soffiolieve… giusto?» Chiese
l’Infermiera. «Esatto.»
Confermò
la ragazza. «Ora ti farò un paio di domande sul
tuo Pokémon. Nulla
di che, non ti preoccupare.» La rassicurò
l’Infermiera.
«Anzitutto
tu hai catturato il quarantasettesimo esemplare, per
quest’anno.
Sei perfettamente in regola. Confermi che si tratta di un Vivillon
motivo Marino?» Chiese. «Esatto. Motivo Marino ed
è una femmina.»
Rispose la ragazza. «Molto bene. Hai dimostrato anche di
avere una
buona conoscenza di questa specie di Pokémon. Molto bene. Il
tuo è
il quinto esemplare Motivo Marino catturato quest’anno. La
terza
femmina con Motivo Marino e la ventiquattresima in assoluto.»
Spiegò. «Preferisci avere il certificato stampato
o preferisci che
te lo invii via email?» Chiese. «Preferisco
l’email. Il foglio
potrei perderlo.» Rispose.
«anitawhite@pmail.com» L’Infermiera
appuntò i dati sul suo computer ed inviò il
documento alla ragazza.
«È arrivato.» Confermò la
ragazza.
«A
proposito…» Serena cambiò argomento.
«Io e la mia amica vorremmo
partecipare al Varietà…» «Ho
capito…» rispose l’Infermiera.
«Non è troppo lontano da qui. Attraversate la
viuzza qui dietro e
raggiungerete il teatro. Io vi consiglio di fare presto… il
Varietà
sarà dopodomani pomeriggio, ma le iscrizioni scadono tra
poche ore.»
Rispose. «Grazie!» Rispose Serena.
«Allora è meglio metterci in
viaggio.» La ragazza invitò il gruppo a seguirla.
I quattro si
incamminarono, con Serena davanti a tutti. Attraversarono la viuzza
accanto al Centro Pokémon e raggiunsero una seconda piazza,
più
piccola. Al centro della piazza una fontana, con delle statue di
Pokémon.
Davanti
a loro si stagliava un edificio dall’aspetto antico,
rivestito in
materiali pregiati. La porta, piuttosto alta e realizzata in legno
scuro e metallo, su cui era affisso un cartello su cui vi era
scritto:
“Teatro
dei Varietà di Eolea: le iscrizioni sono aperte: Vi
aspettiamo
numerose!"
«Siamo
ancora in tempo, allora.» Commentò Serena,
invitando Anita a
seguirla. Ash e Carlos rimasero alcuni passi indietro. Il nativo di
Biancavilla, stava osservando l’interno
dell’edificio. Era curato
ed elegante come l’esterno. Dal soffitto pendevano degli
elaborati
lampadari, realizzati in metallo prezioso e cristallo, alle pareti
erano appesi diversi quadri di famosi artisti. Non che Ash ne capisse
qualcosa di arte, ma riusciva ad apprezzarli.
Sul
pavimento erano posate delle grandi statue di marmo. Non
rappresentavano dei Pokémon, ma qualcosa di astratto, che
Ash non
riusciva ad identificare.
Dopo
aver atteso alcuni istanti, finalmente era il momento per Serena e
Anita di registrarsi. Una giovane donna accolse le due ragazze da
dietro al bancone.
«Buongiorno
ragazze! Come posso esservi utile?» Le accolse.
«Buongiorno!»
Le due ragazze salutarono a loro volta. «Siamo venute qui per
partecipare al Varietà.» aggiunse Serena, poco
dopo. «Immaginavo.»
Rispose la donna. «Siete fortunate. Le iscrizioni scadono tra
poco.»
Serena sorrise, mentre Anita era un po’ preoccupata. Fosse
stato
per lei… «Per registrarvi mi servono le vostre
schede Allenatore.»
Le due ragazze posarono
i
loro Smart Rotom sul bancone. La donna li prese uno alla volta.
Scansionò i QR code sull’apparecchio.
«Ho fatto. Ora datemi
alcuni istanti, che vi consegno i vostri pass.» Uno strano
rumore
provenne dal gabbiotto in cui si trovava la donna.
Dopo
una trentina di secondi, la donna restituì i dispositivi
alle due
ragazze e consegnò loro delle tessere.
«Ecco
i vostri pass. Vi permetteranno di partecipare a tutti i
Varietà
della regione di Unima.» Anita si sforzò di
sorridere. La donna
guardò Serena più da vicino. «Qui non
sarà facile nemmeno per
te.» La ragazza sorrise. «Non
è un problema. Mi piacciono le
sfide.» Rispose la nativa di Kalos. «No…
non ci siamo capiti.»
Rispose la donna. «Dovrete ritenervi fortunate se riuscirete
ad
ottenere i voti dei vostri ragazzi!» Rispose la donna.
«Poi
capirete il motivo.» Aggiunse.
Le
due ragazze si scambiarono una rapida occhiata. “Cosa intende
dire?
Se intende che il livello delle Performer è alto, non
è un
problema. Però… dal suo
tono…” Pensò Serena.
«Se
intende dire che le Performer sono molto forti, allora dovremo
allenarci di più. Non è un problema.
Vero?» Chiese Serena. «Sì…
non è un problema… non è un
problema…» Rispose l’Allenatrice
più giovane.
I
quattro uscirono dall’edificio, per dirigersi in un fast food
poco
lontano. Era praticamente ora di pranzo, ma il locale era
praticamente deserto.
Dopo
pranzo, e dopo che Ash mandò alcuni dei suoi
Pokémon al laboratorio
del Professor Oak, e ne aveva ritirati degli altri, il gruppo
si diresse nuovamente al Centro Pokémon. Avrebbero potuto
usare i
campi lotta del Centro Pokémon per allenarsi.
«Visto che Anita è
stata sequestrata da Serena… cosa ne pensi di allenarti con
me?»
Carlos si propose a Ash.
«Va
bene. Ma questa volta vorrei che tu e Umbreon vi impegnaste
veramente.» Rispose Ash. “Ma come,
scusa?” Pensò Carlos.
“Capisco che lui sia il Campione e che pretenda tanto dagli
altri,
ma non starà esagerando?” Si chiese Carlos.
“Eppure con Anita
non si comporta così” Pensò poco dopo.
«Tutto bene?» Chiese
Ash.
“Forse
si è accorto di come sono rimasto fermo”
Pensò Carlos. «Si…
tutto a posto. Possiamo cominciare.» Rispose il ragazzo.
«Mi chiedo
con che Pokémon lotterai questa volta!» Carlos
sembrava piuttosto
entusiasta.
«Nessuno.»
Rispose Ash. Carlos rimase spiazzato dalle parole del Campione.
«Come
sarebbe a dire nessuno?» Chiese il ragazzo, alquanto
perplesso.
«Vedi… a volte, per diventare forti bisogna
cominciare delle
basi.» Rispose Ash. Carlos ancora non capiva. In
che senso
avrebbe dovuto ricominciare dalle basi? Per la seconda volta in pochi
istanti, Ash l’aveva preso del tutto in contropiede.
«Se
non ricordo male…» Riprese Ash «Il tuo
Umbreon conosce Attacco
Rapido, Palla Ombra, Comete e Neropulsar.» Carlos fece un
piccolo
cenno affermativo col capo.
«Oggi
ci alleneremo a perfezionarle. Ho avuto modo di vederti lottare e
anche di lottare contro di te. E ho capito che se vuoi diventare
forte, devi cominciare dalle basi.» spiegò Ash.
«Ma Anita…»
Tentò di ribattere Carlos. «Anche per lei ho un
piano di
allenamento, ma adesso concentriamoci su di noi.» Rispose
Ash.
Carlos ci rimase un po’ male. Non si aspettava di certo una
risposta simile.
«Va
bene…» Rispose il ragazzo, prese la
Poké Ball di Umbreon dal suo
borsello. «Vieni fuori!» Il ragazzo
lanciò la Poké Ball del suo
Pokémon. «Vieni fuori! Abbiamo un po’ di
allenamento da fare!»
Il Pokémon Lucelunare uscì dalla Poké
Ball del ragazzo e si
materializzò dinanzi a lui. «Ti vedo in
forma!» Commentò.
Il
Pokémon si guardò attorno, quindi si
girò verso il suo Allenatore.
Sembrava che ci fosse qualcosa di strano. Aveva detto che si sarebbe
dovuto allenare, ma… mancava il suo avversario.
«Vedi…»
cercò di spiegare Carlos. «Ash vuole farci fare un
allenamento
molto particolare. Per ora non ti servirà un
avversario.» Il
Pokémon sembrava soddisfatto della spiegazione.
«Molto
bene.» Esordì Ash. «Cominciamo dal
perfezionare Attacco Rapido.
Pikachu, vuoi dare un esempio?» Il Pokémon Topo
scese dalla spalla
del ragazzo e si mise a correre a gran velocità, saltando a
destra e
a sinistra.
Era
talmente veloce da risultare quasi invisibile. «Questo si che
é un
Attacco Rapido!» Commentò Carlos.
«Umbreon… pensi di riuscirci?»
Il Pokémon provò a tenere il passo di Pikachu,
senza però
riuscirci.
Sembrava
che faticasse enormemente, anche solo a stargli dietro. Ash scosse la
testa. «Penso che possiate fare di meglio. Me lo
sento.» Lo
incoraggiò Ash. Il Pokémon Lucelunare
ritentò. Anche questa faticò
a stare dietro a Pikachu. In meno di un secondo, il Pokémon
Topo era
in vantaggio di una mezza dozzina di salti, rispetto al
Pokémon di
Carlos.
«Guarda!»
Commentò Ash. «È già
migliorato da prima.» Carlos guardò Ash
come fosse un alieno. Il miglioramento era stato praticamente
impercettibile. Perché celebrarlo tanto?
Terzo
tentativo. Altro impercettibile miglioramento. Trascorsi due secondi,
il Pokémon Lucelunare era dietro il suo avversario di undici
salti.
«Ancora non ci siamo.» Commentò Carlos.
Piuttosto deluso.
«Non
dire così!» Ash cercò di rassicurarlo.
«Luminopoli non è stata
costruita in un solo giorno.» “Ora si è
anche messo a fare il
filosofo” Pensò Carlos. «Che intendi
dire?» Chiese.
«Semplicemente
non ti puoi aspettare che basti un solo allenamento per diventare
forti, così come non basta un solo giorno per costruire una
metropoli. Ad Umbreon non manca nulla per diventare forte. Deve solo
allenarsi.» Rispose Ash.
Carlos
non rispose. Ash non aveva alcun motivo per mentirgli. «Ora
possiamo
proseguire.»
L’allenamento
riprese, con il Pokémon Lucelunare che mostrava degli altri,
piccoli, miglioramenti.
«Per
ora può andare bene così.» Lo
fermò Ash. «Ma come?» Rispose
Carlos. «Allenarsi sempre sulla stessa cosa non sempre porta
dei
risultati. Possiamo concentrarci anche sulle altre mosse. Anche se
per farlo ci servirà del materiale. Sai se qui vicino ci
sono un
negozio di bricolage e uno di articoli sportivi?» Chiese Ash,
lasciando, per l’ennesima volta Carlos sbigottito.
“Cosa vorrà
mai fare?” Pensò, mentre cercava le destinazioni
sul suo Smart
Rotom.
«Eccoli!
Non sono molto distanti da qui.» Carlos fece rientrare il suo
Umbreon nella Poké Ball. «Ora riposa un
po’. Poi
continueremo ad allenarci.» Mentre i due ragazzi andavano a
comprare
il materiale, le ragazze erano all’opera. «Ora che
mi sono
iscritta… mi puoi spiegare per bene in cosa consiste il
Varietà?
Ne ho visti in televisione e ti ho visto mentre ti esibivi, ma ho
ancora dei dubbi.» Spiegò Anita. «Dimmi
tutto.» Le rispose la
ragazza più grande. «Non so proprio da dove
cominciare… Per
esempio… voi performer avete dei vestiti
bellissimi… io invece
non mi sono portata dietro nulla se non vestiti da viaggio…
non ho
nemmeno un paio di tacchi che poi… se gli avessi camminerei
come
uno Slaking… e poi… mi hai parlato solo della
seconda fase dei
Varietà? In cosa consiste la prima? Ogni volta mi sembrava
così
diversa…» Serena fece cenno all’amica di
calmarsi. «Per il
vestito non è un problema. Modestamente, me la cavo con ago
e filo.
Ho preso lezioni da Valérie…» Anita non
voleva crederci. «dici
Valérie… la Capopalestra di
Romantopoli?» «In persona.» Rispose
la nativa di Kalos. «Per quanto riguarda le
scarpe… credo che lì
serva solo un po’ di pratica. Ma, per ora concentriamoci
sull’esibizione. Sulla prima fase, cambia ad ogni
Varietà è una
sorpresa. Potrebbe trattarsi di una prova di acconciatura, di un quiz
sui Pokémon, potresti dover preparare dei Poké
Bignè o, chissà
cos’altro. Mentre la seconda fase è uguale
ovunque. E, come ti
avevo detto, è molto simile al saggio di recitazione delle
Gare
Pokémon. Personalmente non ho mai lavorato con un
Pokémon di tipo
volante, ma non dovrebbe essere troppo difficile.»
Spiegò.
“Non
è molto rassicurante” Pensò Anita.
«Vieni fuori, Vivillon!» La
ragazza prese, dalla sua borsa la Poké Ball del
Pokémon
Farfascaglia e la lanciò, permettendo alla sua
Pokémon di uscire.
«Direi
che possiamo cominciare. Ricordiamoci che questa sarà la
vostra
prima performance a tema, per cui meglio evitare performance troppo
elaborate. Dobbiamo fare qualcosa di bello, ma non dobbiamo fare il
passo più lungo della gamba.» Serena
scansionò la Pokémon
dell’amica con il suo Smart Rotom. «Molto
bene… ho avuto già
alcune idee…»Anita si girò verso
Serena. «Di già?» Anita non
si rese conto di aver parlato a voce alta. «Vediamo come
viene.
Vivillon! Crea degli
Energipalla!»
Oridnò Serena. La Pokémon, dopo una breve
esitazione, dovuta al
fatto che non fosse Anita a dare il comando, seguì la
direttiva
della nativa di Kalos. Generò dalla parte superiore del
corpo, una
serie di sfere di energia di colore verde, che ricordavano una sorta
di occhio. Erano come sospese in aria.
«E
ora colpiscile con Eterelama!» Dalle ali della
Pokémon si
generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere
di
energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di colore
verdino. «Benissimo! Ora usa Sonnifero!»
Dalle
ali della Pokémon si generò un sottile polvere
dal colore dorato,
che si unirono alle scintille di prima. «E ora controllali
con
Psichico!» Il corpo della Pokémon si
illuminò di una tenue luce
rosata, che, ben presto avvolse tutti i frammenti presenti in aria.
«Ora
divertiamoci! Crea quello che desideri!» La
Pokémon radunò i
frammenti attorno alle sue ali, creando l’illusione di
possedere
delle ali gigantesche.
Poco
dopo radunò tutto in una sorta di grande spirale, che, per
come
rifletteva la luce, ricordava una sorta di galassia.
«Oh!
Perdonami!» Cercò di scusarsi Serena.
«Mi sono fatta prendere un
po’ troppo la mano e…» La performer
cercò di giustificarsi. «Ma
no! Sei stata incredibile! Sembrava che Vivillon fosse un tuo
Pokémon
da sempre! Mi chiedo quale sia il tuo segreto.» Le rispose
Anita.
«Nessun segreto. Penso solo a cosa potrebbe rendere felice la
gente
che ti guarda, a come farla sorridere. È una lezione che ho
imparato
solo dopo molto tempo.» Rispose.
Nel
mentre, i due ragazzi, erano tornati dai loro acquisti. Al negozio di
bricolage avevano comprato delle tavole, di forma quadrata, alte
all’incirca un metro e larghe altrettanto.
Avevano
comprato anche delle tavole più piccole e dei chiodi, per
creare dei
supporti e un martello per montare la struttura. Al negozio di
articoli sportivi, invece, avevano comprato diversi teli con dei
bersagli, come quelli che si usano con il tiro con l’arco.
«Mi
chiedo che cosa tu abbia in mente.» Commentò
Carlos, piuttosto
incuriosito.
«Vedrai,
vedrai. Devi solo darmi una mano a montarli.» Gli rispose Ash.
Appena
giunsero al campo lotta, i due posarono il materiale che avevano
portato. «E ora mettiamoci all’opera!» Lo
invitò.
I
due cominciarono a mettere su le strutture di tavole che avevano
comprato. Non avevano delle istruzioni da seguire. Era tutto nella
testa di Ash.
In
breve tempo, il progetto prese vita. Carlos rischiò di
pestarsi le
dita un paio di volte, ma per il resto tutto andò per il
verso
giusto. In una mezz'oretta, tutti e sei i bersagli erano stati
costruiti.
Le
ragazze avevano assistito a parte dei lavori, ed entrambe erano
incuriosite da cosa Ash avrebbe voluto fare. Serena era ormai
abituata ai metodi di allenamento, ma per Anita era ancora una
novità.
Appena
i bersagli furono pronti, l’allenamento poté
riprendere. «Ancora
non ho capito cosa tu voglia fare con questi cosi, ma va
bene… sei
tu il maestro.» Commentò Carlos.
«Il
motivo per cui li abbiamo costruiti è molto
semplice.» Rispose Ash.
«Oltre ad Attacco Rapido, Umbreon conosce anche Neropulsar,
Comete e
Palla Ombra» Spiegò. «Esatto. Ma ancora
non capisco.» Rispose
Carlos. Ash ci rimase un po’ male. di solito era lui a non
afferrare. «Attacchi come Neropulsar, Palla Ombra e Comete,
permettono di lottare anche a distanza, solo che, per farlo, bisogna
lavorare molto sulla precisione. I bersagli servono proprio a
questo.» Finalmente anche Carlos comprese le intenzioni di
Ash.
«Per
ora non ci concentreremo sulla potenza, ma sulla precisione.
È
inutile avere un grande potere, ma non saperlo controllare.»
Spiegò.
Carlos si limitò ad annuire.
«Ora
ti daremo un piccolo esempio.» Ash prese dalla tasca la
Poké Ball
del suo Gengar. «Diamogli una piccola dimostrazione! Cerca di
colpire uno di quei bersagli con Palla Ombra. Dal
più lontano
che puoi!» Il Pokémon Ombra si
allontanò dai bersagli di svariati
metri. «Ma non sarà un po’ troppo
lontano?» Commenrtò Carlos.
«Stai a vedere.» Gli rispose Ash. «Vai
con Palla Ombra!» Il
Pokémon generò, da una delle braccia, una grossa
sfera di energia
oscura, dal colore violaceo.
Era
circondata da delle scariche di energia di un colore più
chiaro, che
ricordavano quasi delle scariche elettriche. Il Pokémon
lanciò la
sfera con una forza immane e colpì perfettamente il centro
del
bersaglio, facendolo esplodere.
«Che
potenza!» Commentò Carlos, divertito.
«Geghahahaha!» Il Pokémon
non trattenne una risata.
«Cosa
aspettate? Ora tocca a voi!» Li invitò Ash.
«Va bene! Vieni
fuori!» Carlos mandò, nuovamente in campo il suo
Umbreon.
«Proviamoci!» Lo invitò. «Non
conviene partire da troppo
lontano.» Li guidò Ash. «Dove siete ora
va bene.» Aggiunse poco
dopo. «Va bene!» Rispose Carlos. «Ti
senti pronto?» Chiese al suo
Pokémon. «Eon!» Rispose. Sì.
Si sentiva pronto.
«Allora
usa Palla Ombra! Cerca di mirare al Bersaglio!» Dalla bocca
del
Pokémon si generò una sfera di energia dal colore
violaceo, del
tutto simile a quella generata da Gengar.
Provò
a lanciarla contro uno dei bersagli. La sfera di energia
colpì, a
malapena, il bordo del bersaglio. «Forza, non abbattetevi!
Ritentate!» Li incoraggiò Ash.
«E
va bene! Riproviamoci! Usa Palla Ombra! Ma questa volta prendi bene
la mira!» Il Pokémon cercò di
concentrarsi, ma nemmeno questa
volta riuscì ad ottenere grandi risultati. «Non
dovete
scoraggiarvi! Sono sicuro che ci riuscire!» Ash li
incoraggiò di
nuovo.
Nel
frattempo, le ragazze si erano prese una piccola pausa, e stavano
osservando i due, durante il peculiare allenamento. Erano sedute su
di una panchina. Serena stava spazzolando la sua Delphox. Nel mentre,
poco lontano dalla loro Allenatrice, Oshawott ed Herdier stavano
giocando. Vivillon, invece, se ne stava più per le sue,
svolazzando
intorno alle due ragazze.
Il
quadretto pacifico venne interrotto, quando, poco davanti al centro
Pokémon, si fermò un gigantesco suv nero.
Completamente nero.
Nemmeno un accenno di cromature o qualsiasi cosa che potesse snellire
la linea pesante di quel colosso.
La
portiera sinistra del colosso si aprì e dal mezzo
uscì un signore
sulla sessantina. Capelli bianchi, occhiali. Indossava
un’uniforme
blu scuro, con alcune decorazioni, che comprendeva anche un cappello
dello stesso colore, e delle scarpe marroni. L’uomo fece il
giro
del mezzo e aprì la porta posteriore destra. Una piccola
scaletta
uscì dalla parte inferiore del mezzo, in modo da facilitare
la
discesa di chi era a bordo.
«Cosa
aspetti?» Una voce stridula e fastidiosa provenì
dal retro di quel
suv. «Dammi una mano a scendere!» L’uomo
si scostò leggermente.
«Subito Signorina Mildred!» L’uomo
accompagnò una giovane
ragazza, non molto alta e di corporatura media. Aveva i capelli
castano scuro con le punte azzurre. Indossava una camicetta rosa e
una gonna marrone.
Aveva
delle scarpe verdi, con un piccolo tacco. «Hei! Non
così! Stai
tirando troppo! Rischio di cadere!» Si lamentò.
«Chiedo scusa,
signorina!» Rispose l’uomo, in tono paziente.
I
tre gradini erano terminati, e ora i due si stavano dirigendo verso
il Centro Pokémon. «Hai fatto quello che dovevi
con il Varietà?»
Chiese. «Si. Signorina. Il pubblico avrà occhi
solo per voi,
credetemi.» La ragazza si limitò ad annuire.
Le
ragazze, che subito avevano identificato con chi avrebbero avuto a
che fare, e la ignorarono deliberatamente. I due ragazzi,
inizialmente, nemmeno si accorsero della sua presenza, proseguendo
l’allenamento iniziato precedentemente.
La
ragazza e l’autista avevano quasi raggiunto
l’entrata del centro
Pokémon. Nel farlo erano passati vicino al campo lotta, nel
quale i
due ragazzi si stavano allenando. Inizialmente, Mildred
ignorò Ash,
per concentrarsi su Carlos e sul suo Umbreon «Fossi in te,
porterei
Umbreon da un oculista!» Carlos venne preso da Ash per una
spalla.
«Alzare le mani è da immaturi. Sfidala in una
lotta, piuttosto.»
Gli propose. «Come vuoi! Se è così,
allora non avrai motivi per
rifiutare una lotta.» Propose Carlos.
«Bah… anzitutto come ti
permetti di darmi del tu. Nessuno ti ha autorizzato a farlo.»
Rispose. «E poi… non mi pare che tu sia un
Campione come Ash
Ketchum.» Gli rispose seccata. «Eccomi.
In persona!» Si
presentò Ash.
«Facciamo
una cosa, Ash. Lottiamo. Se vinci te, sfiderò il tuo amico e
il suo
Umbreon ciecato. Per ora lui può far da arbitro…
sempre che sia
all’altezza.» La ragazza lanciò a Ash il
guanto di sfida. Ash,
nonostante avesse capito con chi aveva a che fare, decise comunque di
darle una bella lezione.
«Pikachu,
te la senti di lottare?» Chiese l’Allenatore. Il
Pokémon Topo
saltò dalla spalla del ragazzo e si schierò in
campo. «E così hai
scelto il tuo Pikachu? Eh! Allora io scelgo te! Hattrem!»
Dalla Chic
Ball, una speciale Poké Ball, principalmente nera e decorata
e con
delle fasce arancioni, uscì una Pokémon, dalla
faccia rotonda, con un collo molto stretto che si allargava
verso il basso. Sembrava indossasse una sorta di gonna bitorzoluta
che nascondeva dei piedi, piccoli ed esili, di colore
celeste.
Tutto il corpo, ad eccezione del “petto" di colore bianco,
era
di colore rosa maialino. Le sue braccia, esili e rosa, si
sorreggono all'enorme cappello celeste. Il cappello del
Pokémon era
talmente sproporzionato rispetto al "cappello" facendo in
modo che il Pokémon dondolasse, non facendolo toccare per
terra. Il
copricapo, di grandi dimensioni, e che ricordava quello di una
strega, era decorato con dei pois bianchi di varia grandezza. Era
poggiato per terra grazie a delle ciocche,di colore celeste,
connesse, a loro volta, al cappello da strozzature rotonde di colore
rosa. In punta era presente una forma quasi a saetta, di colore
bianco, che ricordava quella di un cappello stregato. Parte dal
cappello celeste sfumava dal rosa scuro al rosa confetto. Aveva degli
occhi neri con pupille bianche con un riflesso rosa.
Carlos
scansionò quella creatura con il suo Smart Rotom. «Hattrem.
Pokémon Quiete. Tipo Psico. Zittisce
gli avversari colpendoli con le nappe che ha ai lati della testa.
È
così forte da mandare KO con un colpo anche un pugile
professionista. Mosse conosciute: Psicoraggio, Vorticolpo,
Fogliamagica, Comete.»
Carlos ripose il suo Smart Rotom nel borsello.
«Cominciamo
noi! Hattrem. Usa Vorticolpo!» La Pokémon si mise
a roteare su sé
stessa. Le ciocche si illuminarono di rosso, e ruotavano a grande
velocità. «Presto Pikachu! Vai con
Codacciaio!» Ordinò Ash. Il
Pokémon si mise a correre, con la coda che si
illuminò di bianco,
diventando dura come l’acciaio e affilata come una spada.
La
rotazione della Pokémon si bloccò
improvvisamente. «Oh no!»
Commento la ragazza. «Usa Psicoraggio!»
Ordinò. Dalla parte
anteriore del corpo della Pokémon, iniziò a
generarsi un raggio di
energia dal colore rosato.
«Contrastarla
con Elettrotela!» Ordinò Ash. Dalla coda del
Pokémon, si generò
una piccola ragnatela di elettricità, che lanciò
contro l’attacco
della sua avversaria. La tela si espanse ed inglobò
l’attacco
avversario e in seguito la Pokémon.
«Liberati!»
Ordinò la ragazza. La Pokémon generò
da sotto le trecce delle
foglie dal colore verde, tendente al viola. Tentarono di rompere la
tela elettrificata. Senza successo. «Adesso facciamo sul
serio! Usa
Attacco Rapido!» Ordinò Ash. Pikachu si mise a
correre a gran
velocità, saltando da una parte all’altra, fino a
raggiungere
l’avversaria, facendola volare in aria. «E ora vai
con Fulmine!»
Dalle guance del Pokémon si generarono delle piccole
scariche
elettriche, che divennero sempre più grandi, fino ad
avvolgere il
corpo del Pokémon. la scarica, in una frazione di secondo,
avvolse
l’avversaria, facendola cadere a terra. «Hattem non
è più in
grado di lottare, il vincitore è Pikachu, di conseguenza il
vincitore della lotta è Ash!» Carlos
indicò la Pokémon, riversa a
terra, non più in grado di lottare. «Ma ti sembra
questo il modo?
Tu sei un Campione e io una semplice Performer! Ti sembra questo il
modo di comportarti?» Cercò di riprenderlo.
«Non manco di rispetto
a nessuno. E lottare seriamente è il nostro modo di
rispettare
l’avversario.» La ragazza sembrò
ignorare le sue parole. «Se è
così non lotterò contro il tuo amico.»
Rispose, scocciata, prima
di entrare al centro Pokémon.
«Menomale
che voi Performer non siete tutte così!»
Commentò Anita. «Lei è
un’eccezione. Ho avuto tante rivali, ma nessuna di loro
è mai
stata così altezzosa o così arrogante.»
Rispose Serena «Ora però,
riprendiamo il nostro allenamento!»
Gli
allenamenti delle ragazze riprese, mentre i ragazzi decisero di
concedersi ancora un po’ di pausa.
Dopo
una quindicina di minuti, la ragazza, accompagnata dal suo autista,
uscì dal centro Pokémon. Sembrava ancora non
avesse ancora digerito
la sconfitta. Dalla sua espressione sembrava, però, che non
avesse
finito di avere da dire.
«E
così tu saresti una performer eh!» Si rivolse ad
Anita. «Vestita
così sciatta… e poi? Non pensi di farcela da
sola? Hai davvero
bisogno di una maestra come lei? La finalista della categoria
Professionisti di Kalos?» Indicò Serena.
«Lei se lo merita. Si
impegna continuamente e cerca di migliorarsi in ogni momento. Non
è
una cosa da poco.» Rispose Serena.
«E
poi, tra tutti i Pokémon, proprio uno così
sciatto e triste come
Vivillon! È forse questo il massimo a cui puoi
ambire?» Commentò.
«Seguendo questa logica, il massimo a cui tu puoi ambire sia
Rellor.» La zittì Carlos.
La
ragazza battè i piedi a terra e si allontanò,
scortata dal suo
autista. «Vi rovinerò la carriera! A
tutti!» Si voltò verso di
loro.
«Finalmente
ce la siamo tolta di mezzo.» Sospirò Carlos.
«Non cantare
vittoria.» Lo riprese Serena.
«Parteciperà al Varietà. E, a
quanto pare ho paura che questa potrebbe non essere una competizione
onesta.» Aggiunse.
Il
giorno seguente, le due ragazze si svegliarono alla buon’ora,
per
potersi, finalmente, occupare dell’abito di Anita. Le due
ragazze
si erano dirette al negozio di tessuti. Era appena aperto ed erano
quindi le prime clienti.
Serena
aveva già in mente il tipo di vestito che avrebbe cucito
all’amica.
Comprati i tessuti necessari, le due si diressero al negozio di
scarpe. Anche in questo caso, la nativa di Kalos aveva in mente che
scarpe accoppiare all’abito. Sperava solo che fossero
disponibili
in quel negozietto che, contrariamente al negozio di tessuti non era
fornitissimo.
C’erano
diversi scaffali ricolmi di scarpe, ma la maggior parte di esse erano
scarpe sportive. Le scarpe di taglio più elegante erano
molto poche.
E, il paio che aveva in mente, non era presente. Per sua fortuna vi
era un paio molto simile.
Trovato
il numero giusto, le due andarono a pagare alla cassa.
Andarono
quindi in una gioielleria, dove comprarono degli orecchini, una
collana e dei bracciali. Secondo Serena erano perfetti per
l’amica
e completavano alla perfezione l’abito che aveva in mente.
Anita
dovette anche subire la tortura dei buchi per gli orecchini.
Cacciò
un urlo talmente potente da spaventare una colonia di Pidove che
viveva poco lontano.
Le
due ragazze, coi loro acquisti, non tornarono al centro
Pokémon, ma
si diressero ad una sartoria self service. Era un locale dove erano
presenti tutti i materiali e tutti i dispositivi per poter lavorare
agli abiti. Era anche presente del personale, per assistere chiunque
si mettesse a lavoro. Il servizio era offerto ad un costo molto
conveniente, e il locale era piuttosto popolare in città.
Per questo
motivo era piuttosto strano trovarlo vuoto, soprattutto in un
periodo come quello del Varietà.
Appena
entrate, le due ragazze vennero immediatamente accolti da una giovane
donna. Indossava una divisa marrone chiaro.
«Benvenute!» le
accolse. «Lasciate che vi accompagni ad una
postazione.» Le invitò
a seguirle. Superato l’ingresso, entrarono nel laboratorio
vero e
proprio. Svariati tavoli erano appoggiati contro le pareti. Su ognuno
di essi vi erano tutti gli strumenti necessari. Dal metro alla carta
per i modelli, ai gessi per trasferire il modello sul tessuto ad una
macchina da cucire professionale. «Avete bisogno di una
mano?»
Chiese. «Per adesso no, ma ti chiameremo, non appena avremo
bisogno.
Mi chiamo Rossa» Rispose Serena.
Le
due ragazze si tolsero le giacche e le borse e appoggiarono per terra
le buste con quello che avevano comprato. «Meglio che mi
metta
subito all’opera.» Serena prese il metro dal banco
di lavoro e
cominciò a prendere le misure e ad appuntarsele.
Altezza,
circonferenza, spalle, braccio, gambe… prese ogni
misura
possibile ed immaginabile, più e più volte.
Voleva
essere sicura del risultato. Passò quindi ai modelli in
carta e poi
al tessuto. Diverse ore dopo, il modello provvisorio era pronto.
Serena si era concessa solo una breve pausa per mangiare qualcosa.
Anche se, pure durante la breve pausa pranzo, si era trovata qualcosa
da fare. «L’abito provvisorio è quasi
pronto. Manca solo qualche
altra piccola cucitura e potrai provarlo.» Anita si
limitò a
sorridere. «Sei fantastica!» Si
complimentò. «Sicuramente l’abito
andrà bene, ma non sono sicurissima dei tacchi. Te
l’avevo detto
anche prima. Quando cammino coi tacchi, sembro uno Slaking.»
Nella
stanza calò il silenzio, per alcuni istanti. «Io
questo vestito lo
pensato per abbinarsi a delle scarpe simili a quelle che abbiamo
comprato. Non usarle sarebbe un vero peccato.» Rispose
Serena.
«Almeno proviamoci.» Anita, pur non molto
convinta,
si
tolse le scarpe e indossò i tacchi appena comprati.
«Non sono così
male!» Commentò.
«Ora
prova a camminare!» La invitò Serena. Anita
iniziò a muovere i
primi passi, non senza fatica. Oscillava a destra e a
sinistra.
Camminava con passo incerto. «Capisci cosa intendo quando ti
dico
che sembro uno Slaking?» La ragazza, per non perdere
l’equilibrio,
dovette appoggiarsi ad uno dei tavoli per non cadere. «Devi
mantenere la calma. Se vai nel panico, è anche
peggio!» Le suggerì
Serena, mentre riprendeva il suo lavoro. «Anche io,
all’inizio, ho
avuto difficoltà. Ho solo provato e riprovato. Non ci sono
altre
soluzioni.» Anita non sembrava molto convinta.
Provò a rialzarsi
a fare qualche altro passo, ancora senza troppo successo.
«Coraggio!
Continua!» La invitò Serena, senza nemmeno
distogliere lo sguardo
dal suo lavoro. «Ancora qualche minuto e potrai
provarlo.» Anita
tentò di sorridere. «Bene.»
Dieci
minuti dopo, l’abito, con le cuciture provvisorie, era
pronto. «Se
vuoi, puoi iniziare a provarlo.» Serena richiamò
l’amica, che si
era allontanata di diversi passi. «Arrivo!» A
piccoli e lenti
passi, ma già con un’andatura meno claudicante,
Anita raggiunse la
nativa di Kalos. «Bene, ora vai in camerino, così
puoi indossare il
vestito, come lo indosserai domani.» Anita era spiazzata.
«Ma siamo
sole, adesso. E poi, basta che non mi guardi e posso cambiarmi anche
qui.» La risposta di Serena non si fece attendere.
«In camerino
sarai da sola. Per cui è meglio che faccia tutto da
sola.» Anita
non se la sentì di controbattere e si diresse verso il
camerino.
Si
tolse le scarpe, per cui i suoi piedi già gridavano
pietà, i jeans,
la maglietta che indossava e la maglia intima. «Sono
pronta!»
Avvisò Serena. La nativa di Kalos la raggiunse rapidamente,
tenendo
il vestito con ancora le cuciture provvisorie.
«Eccolo
qui!» Glielo passò attraverso
un’apertura della tenda del
camerino. «Fai attenzione come lo metti! Non è
ancora definitivo.»
Le ricordò di nuovo. Dopo alcuni minuti, la ragazza aveva
indossato
l’abito. «Fatto!» Rispose.
«Allora puoi venire fuori, che così
vedo se ci sono aggiustamenti da fare. E poi mancano un paio di
dettagli.» Nessuna risposta. «Tutto
bene?» Insistette Serena. «Si.
È che ho paura sia un po’ troppo corto e un
po’ troppo
scollato!» Anita sembrava parecchio imbarazzata.
«Non ti
vergognerai di farti vedere da me!» Serena cercò
di incoraggiarla.
«E va bene!» Anita uscì dal camerino con
l’abito indossato.
Serena passò all’amica i guanti e attese che gli
indossasse.
«Ammetto che i guanti non gli ho cuciti io, ma gli ho solo
decorati.» Serena si mise una mano davanti alla bocca. Quindi
aiutò
l’amica ad indossare l’ultimo accessorio
dell’abito. Un grosso
fiocco da legare alla vita. «Ora guardati!» La
invitò Serena.
«Wow! Sei davvero bravissima! É
stupendo!» Si complimentò Anita.
«Solo che ho paura che sia corto e scollacciato. E mi
vergogno. Ho
paura che possano giudicarmi e…» Anita
cominciò a diventare
paranoica. «Ma cosa dici!» La riprese Serena.
«Sei bellissima.»
Si complimentò.
Antia
arrossì per quel complimento. «Ora però
devo finire di cucire.»
Le ricordò Serena.
Anita
entrò nel camerino e si ricambiò nuovamente,
riconsegnando l’abito
a Serena che, senza esitare, si rimise all’opera, apportando
le
cuciture definitive.
Valérie
le aveva insegnato come creare delle cuciture definitive facilmente
rimovibili, per poter poi effettuare, in seguito degli aggiustamenti,
qualora fossero necessari. Conclusa anche questa fase,
l’abito era
finalmente pronto, a tempo di record.
«Ta-dan!
Il vestito è pronto!» Serena era felicissima della
sua opera.
«Giusto per essere sicure, è meglio che lo
riprovi.» Serena invitò
l’amica. Anita non oppose alcuna resistenza.
«È perfetto!» Si
complimentò Anita. «Ora, però provalo
con le scarpe che abbiamo
comprato. Poi pensiamo ai gioielli.» Anita obbedì.
Dopo aver
nuovamente indossato quelle scarpe maledette, proseguì
indossando
collana ed orecchini. Una volta pronta, uscì dal camerino.
«Sei
fantastica!» Si complimentò nuovamente Serena.
«Dici così per non
farmi sentire a disagio.» Le rispose. «Non mi
permetterei mai!» Le
rispose Serena. «Se proprio non ti fidi, possiamo chiedere a
Rossa.»
Anita rimase in silenzio. Forse il parere di una perfetta sconosciuta
l’avrebbe aiutata a sentirsi più a suo agio?
Ad
ogni modo, Serena aveva chiamato Rossa, per far sì che anche
lei
esprimesse un giudizio. Dopo alcuni minuti, la donna raggiunse le due
ragazze. Notando Anita con il vestito perfettamente indossato e i
gioielli, espresse la sua perplessità. «Come posso
aiutarvi? Mi
sembra che la tua amica indossi un vestito bellissimo. Le sta
divinamente… mi chiedo quale sia il
problema…» Chiese. «Nessun
problema. Volevamo solo avere un parere esterno.» Rispose
Serena.
«Capisco. Ah… a proposito… visto
l’ottimo lavoro che hai
fatto… mi piacerebbe proporti di collaborare con noi.
Potremo
espandere i nostri servizi alla realizzazione di abiti sartoriali su
misura.» Le propose. «Mi dispiace, ma adesso non
posso accettare.
Per ora preferisco dedicarmi ai Varietà.» Serena
rispose senza
esitare. «Va bene. Come desideri.» Rispose.
Anita
si cambiò di nuovo, tornando ai suoi abiti normali. Nel
farlo sentì
una sensazione. Era come se fosse scattato un interruttore. Era
questo quello che provava Serena ogni volta che andava in scena? Si
era solo fatta dei complessi?
Ad
ogni modo, le due ragazze tornarono al bancone e pagare. Le due
ragazze fecero per andarsene, ma vennero fermate da Rossa.
«Non
avete preso la confezione!» La donna si
inginocchiò e prese, da uno
dei vani sulla scrivania, una confezione bianca. Su di essa era
impresso il logo della sartoria. «Potete mettere il vestito
qui
dentro.» Le raccomabdò.
Le
due ragazze seguirono il consiglio. Una volta messo il vestito nella
confezione, le due ragazze se ne andarono. Era quasi il tramonto,
tanto erano rimaste là dentro.
Mentre
uscivano dal negozio, le due ragazze si misero a chiacchierare.
«Mi
chiedo cosa avranno fatto i ragazzi, in nostra assenza.» Si
chiese
Anita. «Secondo te?» Le rispose Serena. Anita
rimase in silenzio.
Non ne aveva proprio idea. «Immagino si stiano
allenando.» Le
rispose Serena. «Cosa ne dici, lo facciamo vedere il vestito
ai
ragazzi?» Chiese Anita, cercando di cambiare argomento.
«Vorrei
fosse una sorpresa. Il Varietà è domani
pomeriggio. Domani mattina
ci alleneremo di nuovo.» Le rispose Serena. Anita si
limitò ad
annuire. «Una domanda…» Fece Anita.
«Dimmi tutto, non farti
problemi.» Le rispose Serena. «Omai ci sono dentro,
non posso più
tornare indietro, ma puoi dirmi come mai mi hai chiesto così
tanto
di partecipare al Varietà?» Le chiese Anita.
«Può sembrarti
strano, ma né nei Varietà né nelle
gare ho mai debuttato da sola.
Avevo sempre accanto a me una persona che conoscevo. Era
rassicurante. Certo. Non ho vinto al primo Varietà a cui ho
partecipato, né alla prima gara a cui ho partecipato. Ma
sono state
comunque delle esperienze preziose. Forse più delle
vittorie.»
Anita rimase stranita. Non sapeva come rispondere. «Se tu
vinci. Hai
vinto. Nel caso dei Varietà è stato il pubblico a
valutare la
performance tua e dei tuoi Pokémon. Nel caso delle Gare
è stata la
giuria a valutare il lavoro tuo e dei tuoi Pokémon. Sai di
aver
vinto. Se perdi, invece, ti chiedi “come mai abbiamo
perso?” o
ancora “Cosa abbiamo sbagliato?” oppure
“Cosa ha fatto meglio
di me il mio avversario?”» Anita ci
pensò alcuni istanti. «Non è
poi così diverso dalle lotte in palestra. Per quello che ho
potuto
provare.» «Esattamente!» le rispose
Serena.
Nel
frattempo, le ragazze erano giunte davanti al Centro
Pokémon. E,
come da previsione, i due ragazzi erano nel bel mezzo di un
allenamento. I progressi dell’Umbreon del ragazzo erano
tangibili.
Il
giorno seguente, le due ragazze proseguirono con il loro allenamento.
Anita appariva piuttosto nervosa. Forse perfino di più di
quanto non
lo fosse prima. Mentre Serena stava lavorando con Delphox, Sylveon e
Pancham, e la sua Lilligant osservava, nervosamente. «Mi
sento un
po’ come te.» Anita si rivolse alla
Pokémon dell’amica. «Senza
qualcuno di cui fidarmi, mi sento persa.»
«Gant?» la
Pokémon era piuttosto perplessa. «Con
l’aiuto dei nostri amici
possiamo uscirne, e superare le nostre paure. Ma da sole non ci
riusciremo mai.»
I
quattro pranzarono molto presto e si diressero al teatro dove si
sarebbe svolto il Varietà. «Vorrei che Lilligant
assistesse al
Varietà.» Serena porse la Poké Ball
della sua Pokémon a Ash. «So
cosa è successo a Sylveon quando era ancora una Eevee. Non
voglio
ripetere lo stesso errore. Se dovesse
impanicarsi…» Gli spiegò
Serena. «Ho capito.» Rispose Ash.
«Eccovi,
ragazze.» Le accolse la stessa donna che, qualche giorno
prima, le
aveva iscritte al Varietà. «Seguitemi.»
Le invitò.
«Quanto
a voi due, ragazzi, beh. Le indicazioni su dove trovare le tribune,
sono appese sulle pareti. Non potete sbagliare.»
Spiegò loro. Ash e
Carlos seguirono le indicazioni, e, per quanto fossero confusionarie
e spesso contraddittorie, i due riuscirono ad arrivare alle
tribune. Erano i primi ad essere arrivati. «Questo teatro mi
ricorda
un po’ la casa che rende folli, non so se hai
presente.» Carlos
tentò di fare una battuta. «Certo, certo. Credo
che gli altri
spettatori si siano persi tentando di arrivare qui.» Gli
rispose
Ash.
I
due ragazzi si accomodarono sulle tribune, in una delle file
centrali, a metà altezza. Quei posti garantivano
un’ottima visuale
sul palco. «AHI!» Carlos provò a
sedersi, ma qualcosa gli colpì
il sedere. «Chi diavolo mette degli spuntoni sulle
sedie?» Si
lamentò Carlos. Ash, accorgendosi dell’errore
dell’amico,
controllò la sua poltrona, prima di sedersi.
Era
una sorta di segnalino in plastica trasparente. Dentro c’era
un
foglio di carta, con un codice QR ed una scritta. “Scansiona
il
codice e segui le istruzioni per votare la miglior Performer”
Ash
scansionò il codice QR con il suo Smart Rotom. Sullo schermo
del
dispositivo si aprì un sito internet. «Quel coso
dove sei seduto
serve per votare le Performer.» Gli spiegò Ash.
«Fai fare anche a
me!» Gli rispose Carlos. Il ragazzo scansionò a
sua volta il codice
QR.
Come
per Ash si aprì una pagina internet.
“Per
votare la miglior Performer, da quest’anno, nella regione di
Unima,
si utilizzerà l’applicazione Poké Link.
Ogni spettatore potrà
registrare il suo profilo sull’applicazione e confermare la
propria
identità con la propria Scheda Allenatore, in modo da
evitare
votazioni di profili falsi. Potete scaricare l’applicazione a
questo link.”
Lesse
Ash, a voce bassa. Per il momento decise di non scaricare
l’applicazione, continuando a leggere.
“Per
eseguire la registrazione del documento, è sufficiente
andare nelle
impostazioni del profilo, quindi nella sezione verifica
identità. In
questo modo potrai effettuare l’accesso al sito dedicato alla
votazione. Il sito si trova nella bio dell’account
@varietaunimaoffical, a cui potete accedere dal secondo link. Solo
chi ha un profilo legato ad un documento di identità
potrà accedere
e quindi votare” Concluse.
Mentre
i due ragazzi scaricavano l’applicazione ed eseguivano la
verifica
dei documenti, gli spalti iniziavano a riempirsi.
Entrambi
erano piuttosto sorpresi dalla rapidità con cui
l’operazione era
avvenuta.
Nel
mentre, le due ragazze, nei rispettivi camerini, stavano cominciando
a prepararsi e a preparare i loro Pokémon. Ancora non
avevano idea
di cosa avrebbero dovuto fare nella prima fase. Per Serena era
abbastanza strano. Solitamente le Performer venivano informate con
diverse ore di anticipo, per potersi preparare.
“Ad
Unima funzionerà diversamente” Pensò.
Non dando peso alla
questione. Dopotutto mancavano ancora due ore all’inizio. Era
un
ritardo tollerabile.
Non
avendo idea di quale sarebbe stata la prima fase, decise di
agghindare, con diversi fiocchi colorati, la sua Sylveon, il
Pokémon
che considerava quasi come un Jolly.
Aveva
dimostrato, in diverse occasioni, di essere molto abile
nell’adattarsi a diverse situazioni, per cui Serena decise di
premiarla. «Ed ecco fatto!» La nativa di Kalos
terminò di
sistemare l’ultimo fiocchetto sulla sua Pokémon.
Mancavano
appena tre quarti d’ora, e ancora nessuna sapeva in cosa
sarebbe
consistita la prova, quando, finalmente, qualcosa si mosse. Una
persona bussò alla porta del camerino di Serena.
«Posso entrare?»
Chiese. «Si, un attimo!» Rispose. Prese la
Poké Ball di Sylveon e
la fece rientrare al suo interno. Poteva trattarsi di una rivale e
non voleva rivelare i suoi piani. La ragazza aprì la porta e
si rese
conto di aver preso una precauzione eccessiva. La persona che aveva
bussato era la stessa donna che si era occupata
dell’iscrizione e
che aveva accompagnato lei e Anita ai camerini.
Aveva
in mano un buon numero di buste di carta. Ne consegnò una a
Serena.
«Ti servirà per l’esibizione a
tema.» Detto questo si defilò,
andando a consegnare le buste alle performer restanti.
Serena
sperava, non tanto per lei, quanto piuttosto per la sua amica, che il
contenuto della busta, potesse svelare in cosa sarebbe consistita
l’esibizione a tema.
Aprì
la busta e ne estrasse il contenuto. Oltre alla consueta chiave a
spilla, da infilare nel vestito, per la seconda fase, necessaria per
determinare la vincitrice, vi era anche una sopravveste rossa e un
cappello. Oltre a quello c’era una spilla-chiave dal colore
rosato.
«Bene!
Quindi si tratterà di un quiz sui
Pokémon.» Commentò. «Se sono
come a Kalos…» Disse, mentre indossava la
sopravveste e il
cappello. Proseguì per l’andito, fino a
raggiungere la stanza in
cui le performer si sarebbero dovute incontrare, prima di esibirsi.
Solo in quel momento, le performer, avrebbero potuto scoprire i loro
turni.
«Hei!
Biondina!» Una voce fece fermare la ragazza.Serena si
girò di
scatto. «Non chiamarmi biondina!» Serena si
girò di scatto.
Incrociò lo sguardo con una ragazza che indossava un abito
nero.
Elegante e coprente. Ancora non aveva indossato la sopravveste,
né
tantomeno il cappello. Anzi. Ne indossava uno tutto suo. Nero
anch’esso.
La
ragazza in nero si tolse il cappello, rivelando i suoi capelli neri,
posti in un’elaborata acconciatura. Posizionò il
suo cappello
davanti alla vita. «Chiedo perdono. Non ti avevo
riconosciuta.» Si
scusò, facendo un profondo inchino.
«Piacere
di conoscerti. Mi chiamo Abigail. Però, ti prego. Chiamami
Abby.»
Si presentò. «Piacere, Serena» Serena le
porse la mano. Abby fece
altrettanto. «Di certo non mi aspettavo di trovarti
qui.» Provò ad
attaccare bottone. «Voglio dire… una performer e
coordinatrice del
tuo livello, qui tra noi… che siamo debuttanti o…
quasi.»
Aggiunse. «Volevo riprendere da dove avevo
lasciato.» Rispose
la nativa di Kalos. «Io… invece… sono
qui per mantenere una
promessa.» Rispose la ragazza in nero. «Tu ormai
sei abituata a
questi posti. Per me è la prima volta. Mi chiedo a quante
gare o a
quanti varietà avrai partecipato prima di
questo...» Aggiunse poco
dopo. «Ogni volta è come la prima.»
Rispose l’esperta Performer.
«Per me è davvero la prima volta.» La
ragazza infilò la mano nel
suo vestito. «Questa me l’ha data mia
madre.» La ragazza mostrò
a Serena una vecchia chiave della Principessa. «È
come un
portafortuna.» Spiegò. «È la
sua prima Chiave della Principessa.»
Serena fece cenno alla ragazza di continuare. «Ho promesso a
mia
madre che sarei riuscita dove lei aveva fallito. Desiderava tanto
vedermi qui. Ma se n’è andata prima. Ha voluto che
almeno i suoi
Pokémon potessero esibirsi con me.» Gli occhi
della ragazza
cominciarono a riempirsi di lacrime.
Abby
era una ragazza come le altre. Qualche mese prima aveva appena
ottenuto il diploma della Scuola per Allenatori. Era un po’
gelosa
dei suoi compagni di classe. Tutti loro avevano deciso cosa avrebbero
fatto, dopo il diploma.
Alcune
delle sue compagne di classe sarebbero diventate delle Performer.
Altre ancora avrebbero intrapreso la strada delle lotte in Palestra,
come la maggior parte dei compagni di classe. Pochi di loro sarebbero
partiti fuori da Unima, per intraprendere un viaggio
all’estero. La
sua migliore amica, Elena, avrebbe intrapreso un percorso di scambio,
per continuare i suoi studi nella lontana regione di Sinnoh.
Lei
avrebbe voluto seguirla, e avrebbe anche potuto, ma non poteva fare
altrimenti, pure con la consapevolezza che sarebbero passati ancora
dei mesi.
Gli
ultimi anni della sua vita non erano stati affatto facili. Suo padre
era stato brutalmente ucciso in un attentato terroristico alcuni anni
prima. Per un errore. Aveva avuto la sfortuna di avere la stessa
macchina di un noto politico della regione di Unima. Perfino il
numero di targa era molto simile. L’uomo, un normalissimo
impiegato, morì sul colpo. I giornali ne parlarono per
diverso
tempo.
Alcuni
giornalisti avevano azzardato delle ipotesi anche piuttosto gravi nei
confronti dell’uomo, costringendo la famiglia della ragazza a
diverse azioni legali.
Sua
madre aveva sempre fatto di tutto per non far mancare nulla alla
ragazza. Aveva messo da parte tutti i soldi del
risarcimento
che le erano stati dati alla morte del marito.
“Così avrai una
solida base per il tuo futuro” le aveva detto sua
madre.
La madre della ragazza aveva dovuto trovare un lavoro. Diversi anni
prima aveva tentato la scalata al trono di
regina
di Unima, ma, a seguito della gravidanza, si era dovuta ritirare
dalle scene.
Senza
l’affetto del padre, per Abby, la vita di tutti i giorni era
diventata estremamente più difficile. Non solo a casa, dove
doveva
aiutare ancora di più la madre nelle faccende domestiche e
nelle
commissioni, o perché dovesse preparare da mangiare, quanto
piuttosto a scuola.
Veniva
spesso accusata di come, il suo essere orfana di padre le desse dei
vantaggi nelle valutazioni o cose simili, o peggio ancora veniva
accusata di corrompere i professori. In pochi non la accusavano e
anzi, la difendevano.
Abby
non fece in tempo ad elaborare il lutto del padre che, una nuova
tragedia funestò i suoi cari. Inizialmente in maniera molto
lieve.
Sua
madre non era a casa nei giorni in cui, di solito passava con
lei.
“In questi giorni abbiamo molto lavoro da fare. Quindi ci
hanno
chiesto di venire a lavoro anche se, normalmente dovremmo essere a
casa” si giustificava.
Abby,
nei primi momenti, non faticava a crederle. La madre giustificava
allo stesso modo anche i giorni in cui rientrava tardi la
sera.
Aveva
associato la debolezza e la stanchezza della donna al fatto che
lavorasse tanto, e lei non aveva detto nulla per smentirla. Abby,
iniziò ad insospettirsi solo dopo diversi mesi.
La
madre utilizzava sempre la scusa del tanto lavoro. Tuttavia, ogni
giorno che passava, rientrava sempre più tardi. Alcuni
giorni non
faceva quasi in tempo ad arrivare a casa, che subito doveva
andarsene.
Insospettita,
uno degli ultimi giorni di scuola, Abby, decise di fare vela. Sapeva
benissimo dove si trovava l’ufficio dove sua madre lavorava.
Era un
anonimo palazzo, non troppo distante dal teatro del Varietà
Pokémon.
La
scuola per Allenatori, era da tutt’altra parte.
Negli
ultimi tempi, sua madre non andava più a lavoro a piedi, ma
bensì
in macchina. Altra cosa che la fece insospettire non poco. Era sempre
stata una fanatica delle passeggiate e dell’ “Usa
la macchina il
meno possibile”.
Abby,
pur consapevole dei rischi, raggiunse l’ufficio. Fece molta
attenzione a non farsi scoprire. Guardò, con attenzione,
tutte le
auto parcheggiate, ma non riconobbe quella della madre.
Nonostante
la grande attenzione, venne riconosciuta da una collega di sua madre.
«Ciao, Abby!» Le fece. «Ma non dovresti
essere a scuola?» Le
chiese. Abby non rispose, limitandosi a scappare.
Abby
tornò a casa, ma sua madre non arrivò che diverse
ore dopo. Era
quasi il tramonto. Abby era seduta sul divano, stava guardando la
televisione. Sua madre si sedette accanto a lei.
Era
vestita come se fosse appena uscita dal lavoro, con un tailleur blu
scuro e le sue solite scarpe con un basso tacco. Era chiaro che
l’abito le stesse largo.
Negli
ultimi tempi la donna, già di suo piuttosto magra, era
ancora più
dimagrita. «Ho saputo quello che hai fatto.»
Esordì la donna. Abby
sembrava un po’ spaventata. «Capisco che tu ti sia
preoccupata.
Avevi tutte le ragioni del mondo per esserlo. Sei grande, hai
quasi sedici anni. Tra pochi mesi diventerai un’Allenatrice e
partirai per il tuo viaggio. Ed io ti prometto che
sarò lì
con te.» Abby ci rimase male. Non sapeva che dire.
«Come?»
Chiese.
«Ho
cercato di tenertelo nascosto. Pensavo che fosse la scelta giusta. Ma
sei riuscita a scoprire tutto. Ormai da diverso tempo soffro
di
un male incurabile. Un giorno mi sono sentita male a lavoro e sono
uscita per andare al pronto soccorso.
Feci
degli esami e i medici si accorsero di qualcosa che non andava. Mi
prescrissero diversi esami, per assicurarsi che quello fosse un falso
allarme. Purtroppo non lo era.» Da allora mi misero sotto
osservazione e dovevo andare in ospedale quasi ogni giorno. La
situazione, con il tempo era peggiorata. Non so ancora per quanti
giorni mi permetteranno di guidare o di passare del tempo a
casa.»
Raccontò.
Abby
non sapeva che fare. Strinse la mano della madre più forte
che
poteva. Non solo aveva perso suo padre, ma ora stava per
perdere
anche lei.
Il
tempo passava e le condizioni di salute della madre di Abby
peggiorarono ulteriormente. Ora la donna era costretta a letto in
ospedale. La scuola era finita, e Abby, invece di godersi le vacanze
estive, prima di iniziare il suo viaggio Pokémon, passava
tutto il
tempo possibile con la madre. Tutto quello che non aveva potuto
passare nei mesi precedenti.
Ad
Abby mancavano ancora due mesi per compiere sedici anni. Come ogni
giorno era andata a trovare sua madre.
Entrò
nella stanza della donna, come ogni giorno. La stanza era in perfetto
ordine. La televisione era spenta. Sul comodino vi erano dei libri.
Sul settimino un cofanetto elegante. Era la prima volta che Abby lo
vedeva.
«Abby!»
Esordì la donna, con una voce soffocata, quasi
impercettibile, non
appena vide la figlia. «I dottori me lo hanno confermato. Non
sarò
qui il giorno in cui tu diventerai un’Allenatrice.»
Sembrava che
nella stanza fosse sceso il gelo. «Non posso mantenere questa
promessa. Mi hanno dato una settimana di vita.» Sembrava che
nel
pronunciare ogni parola facesse uno sforzo immenso. «Per
questo ho
chiesto a mia sorella di portare quel cofanetto.» Abby non
capiva.
Cosa aveva a che fare quel cofanetto con tutto ciò?
«La richiesta è
stata accolta.» Disse. Ancora Abby non capiva. Era uno degli
effetti
degli antidolorifici? «La professoressa Aralia ha
acconsentito a
farti ricevere il tuo primo Pokémon in anticipo.»
Abby rimase in
religioso silenzio.
«Ho
due cose da chiederti.» Aggiunse poco dopo. La figlia fece un
piccolo cenno col capo. «Dimmi.» Rispose.
«Vorrei che tu riuscissi
dove io ho fallito. In passato sono stata una Performer
Pokémon, ma
non sono mai riuscita a diventare Regina di Unima. So che ti chiedo
tanto. Ma sono sicura che tu ci riuscirai.»
“Io… Regina di
Unima?” Si limitò a pensare. Non si sentiva
affatto adatta in quel
ruolo. «Ti chiedo anche di prenderti cura dei miei
Pokémon. Ti
prego. Esibisciti con loro.
So
che ti sto chiedendo tanto. Ma ti prego. So che sei la sola persona
che può farlo.» Strinse con entrambe le mani una
delle mani della
figlia. «In quel cofanetto troverai tutto. Compresa la mia
prima
chiave della principessa. È una sorta di
portafortuna.» «Ma io…»
BIIIIIIIIPPPPPPPP un fortissimo segnale acustico riempì la
stanza.
«INFERMIERAAAA!»
Abby
aveva gli occhi ricolmi di lacrime. Nemmeno Serena riuscì a
trattenersi. «Sono sicura che lei sarà fiera di
te.» Serena cercò
di rassicurarla. «Ma ricordati che il pubblico qui
è spietato.»
La avvertì, mentre si dirigeva verso la stanza in cui le
Performer
avrebbero conosciuto il loro turno, durante l’esibizione.
«E
tu, con questa storiella, pensi davvero di impietosire le tue
rivali.» Si udì una voce stridula e fastidiosa.
«Lasciala
perdere.» Le rispose Serena. «Aspetta!»
Disse a bassa voce. «Dov’è
Anita?» Fece per avvicinarsi al camerino
dell’amica, quando Abby
la fermò. «Chi è Anita?»
Chiese. «È una mia amica. Anche per
lei è la prima volta.» Le rispose Serena.
La
nativa di Kalos bussò alla porta del camerino
dell’amica. «Sono
pronta!» Rispose. «Dobbiamo già
esibirci?» Chiese. «Non ancora,
ma ci devono dire gli abbinamenti.» Rispose. Anita
uscì dal
camerino, e subito si accorse della presenza di una sconosciuta.
«Quindi… tu sei Anita, giusto?» Chiese
Abby. «Si. Molto
piacere.» Timidamente la giovane allenatrice porse la mano
alla
ragazza in nero. «Io mi chiamo Abigail, però, per
favore, chiamami
Abby.» Si presentò.
Prima
che le due ragazze potessero fare ulteriormente conoscenza, dagli
altoparlanti, una voce avvisò le performer che si sarebbero
dovute
presentare nella stanza principale. Le tre ragazze raggiunsero la
stanza in cui sarebbe avvenuta l’estrazione. Era una stanza
abbastanza grande, anche se piuttosto spoglia, vi erano diversi
divani in cui sedersi. Davanti ad essi vi era un palchetto con un
bussolotto. Accanto al piccolo dispositivo vi era la stessa donna che
aveva registrato le ragazze e che poi le aveva accompagnate ai
camerini. «Eccovi tutte.» Le accolse.
«Pescate un numero.» Le
invitò.
Girò
per la stanza con un cappello, a mo’ di offertorio, per
permettere
alle ragazze di estrarre un foglietto contenente un numero. Ora che
ogni performer aveva il suo numero, la donna raggiunse il
bussolotto.
«Ora
estrarrò il primo numero. La performer che ha
questo numero
sarà la prima a far parte del gruppo A. Il secondo numero
sarà la
prima performer del gruppo B, e così via.»
Spiegò.
Le
ragazze diedero una rapida occhiata al numero che avevano estratto.
Le
ragazze si limitarono ad annuire. Quelle erano le regole, non
potevano fare altro che accettarle.
La
donna incominciò a far ruotare il bussolotto. Quindi, senza
guardare, estrasse una pallina numerata.«Molto bene! La prima
performer del Gruppo A è la numero 7!» Una
ragazza, in mezzo al
gruppo, si fece avanti. L’estrazione proseguì.
Serena
era stata estratta come seconda del gruppo A, Anita terza del Gruppo
B, Abby quarta del gruppo C e Mildred terza del gruppo D.
«Come
avrete intuito, l’esibizione a tema sarà un quiz
sui Pokémon.»
Spiegò la donna. «La struttura della prima fase
è molto semplice.
Vi abbiamo già divise in quattro gruppi da quattro. Ognuna
di voi
potrà usare un singolo Pokémon.
Quest’ultimo, per permettervi di
rispondere dovrà superare un percorso ad ostacoli. Appena il
Pokémon
ha superato il percorso, la performer corrispondente, potrà
rispondere. La prima performer che risponde correttamente a tre
domande, passerà alla fase dell’Esibizione Libera.
Qualora, entro
30 secondi non desse la risposta, o desse la risposta errata, la mano
passerà alla seconda. I Pokémon di tipo volante
non sono ammessi.
Qualora il Pokémon di una Performer ne attaccasse un altro,
la
performer verrà squalificata. TUTTO CHIARO??»
Chiese, quasi
urlando. «Chiarissimo!» Risposero le ragazze.
Intanto,
sul palco, il pavimento era sprofondato nel terreno. «Che
succede?»
Chiese Carlos, piuttosto incuriosito. «Vedrai.» Gli
rispose Ash. Il
pavimento del palco era riemerso, completamente diverso.
Sul
pavimento di legno scuro, prima vuoto, ora vi erano quattro
postazioni. Uno per ogni performer. Poco oltre vi erano un percorso
ad ostacoli, diviso in tre parti. Un piccolo percorso di slalom, con
dei coni, un percorso con dei salti e una parete su cui arrampicarsi.
Poco dopo, si spensero tutte le luci e si accesero alcuni riflettori.
Diversi occhi di bue emisero del fumo colorato. Un uomo, alto e
magro, vestito in giacca e cravatta, apparve. Indossava una grossa
tuba nera. Portava un grosso bastone in legno e metallo. Sulla cima
di esso un Klefki.
«Gentile
pubblico, gentilissimo privato! Io mi chiamo Peter, e vi
accompagnerò
in questo spettacolare Varietà nella fantastica cornice
della
cittadina di Eolea. Tra pochi minuti faremo la conoscenza delle
performer che si esibiranno oggi.
Home
avete potuto notare dal palco, l’esibizione a tema
tratterà un
quiz sui Pokémon. Le performer che prima delle altre
risponderanno
correttamente a tre domande, passeranno alla fase successiva.
Ma…
conosciamo meglio le nostre concorrenti!» Il fumo nel palco
si fece
molto più denso. «E ora che succede?»
Chiese Carlos. «Stanno
arrivando.» Gli rispose Ash. «Lilligant! Vieni
fuori! Serena sta
per esibirsi!» La invitò ad uscire dalla
Poké Ball. La Pokémon,
si guardò intorno, terrorizzata. Centinaia, se non migliaia
di
persone. Decine di voci, indistinte. Si sentiva piccola. Piccola e
sola. Tremava fortissimo. «Tranquilla. Serena
arriverà presto.»
Ash cercò di rassicurarla. Nel mentre, sul palco, erano
apparse le
prime quattro Performer, tra cui Serena. Lilligant sembrava felice di
vedere la sua Allenatrice, per quanto fosse lontana.
«Ed
ecco le nostre bellissime concorrenti!» Le
presentò. «La nostra
prima concorrente è Erina!» Indicò con
la punta del bastone una
ragazza dai capelli castano chiaro, con degli occhiali rotondi, che
celavano degli splendidi occhi azzurri.
«Direttamente
dalla lontana regione di Kalos, Serena!» Indicò
con il bastone la
nativa di Kalos. «Terza Performer Misha!»
Indicò una ragazza dai
capelli rossi, a caschetto, poco più lunghi di quelli di
Serena. «La
quarta concorrente di oggi è Christie!»
Indicò una ragazza dai
capelli violetti e dagli occhi castani.
«Ragazze,
se siete pronte, fate uscire i vostri Pokémon!» Le
invitò Peter.
Le quattro ragazze fecero uscire i loro Pokémon dalle
rispettive
Poké Ball. Per Erina un Axew, per Serena la sua Sylveon, per
Mischa
un Purrloin e per Christie un Deerling.
«Allora
possiamo cominciare! Ora vi farò la domanda. Vi ricordo che,
per
regolamento, vostri Pokémon potranno partire solamente dopo
che avrò
concluso la domanda.» Le ragazze e i loro Pokémon
fecero un piccolo
cenno affermativo.
«La
domanda è la seguente. L’abilità
Morbidone rende i Pokémon che
la possiedono più resistenti agli attacchi da contatto, come
Morso o
Azione, ma gli rende più esposti alle mosse di quale
tipo?» Sullo
schermo dietro alle Performer apparve l’immagine di un Bewear
e di
un Wooloo.
I
quattro Pokémon si misero a correre, superando il percorso
senza
troppi inconvenienti. Axew sembrava leggermente attardato.
Nella
seconda fase Sylveon aveva accumulato un leggero vantaggio, che
avrebbe poi sfruttato nella fase successiva.
Alla
fine, la Pokémon della nativa di Kalos fu la prima ad
arrivare.
«Benissimo!Serena,
a te la parola!» La invitò Peter. «La
risposta è Fuoco.» La
ragazza rispose in modo piuttosto convinto.
«E
la risposta è…» Peter fece una breve
pausa. «Corretta!»
Altra brevissima pausa. «E la Performer Serena guadagna un
punto!»
Il pubblico esplose in un fragoroso applauso, facendo spaventare
terribilmente Lilligant.
«Hey!
Dove vai!» Si sentì la voce di un ragazzo, che
sembrava stesse
inseguendo qualcosa o qualcuno. Non sembrava ben definibile.
«Fermati! O ti faccio tornare nella Poké
Ball!» La voce si era
fatta più vicina.
Pochi
istanti dopo, davanti ai ragazzi apparve un piccolo Pokémon
dall’aspetto felino. Il suo corpo era
ricoperto
da del pelo verde chiaro e scuro. Le sue orecchie erano verdi
all’esterno, mentre, nella parte interna erano di un colore
verde
più pallido. Sul petto era presente un ciuffo di pelo.
Attorno agli
occhi era presente una macchia verde che ricordava una foglia. Aveva
due denti appuntiti nella mascella superiore, una coda vaporosa e
piccole zampe prive di dita visibili.
«E
che Pokémon è questo?» si chiese
Carlos, mentre lo inquadrava con
il suo Smart Rotom. «Sprigatito, Pokémon
Erbagatto. Tipo Erba.
Esemplare maschio. Il
dolce profumo che emana dal corpo incanta chiunque si trovi nelle
vicinanze e si intensifica quando il Pokémon si espone al
sole.
Mosse conosciute: Graffio, Attacco Rapido, Fogliame. È uno
dei
Pokémon iniziali consegnati ai giovani allenatori della
regione di
Paldea.»
Carlos ripose il suo dispositivo in tasca. «Eccoti
qui!» Ad Ash e
Carlos si avvicinò un ragazzo di circa vent’anni,
un po’ più
alto di Ash, che prese in braccio il Pokémon Erbagatto.
«Spero
che questo piccolino non vi abbia causato problemi!» Il
Pokémon
Gatto estese uno dei suoi artigli e graffiò il ragazzo che
lo teneva
in braccio. «Cosa vuoi?» Chiese il ragazzo. Il
gatto indicò con
una delle sue zampe, la Lilligant di Serena.
«Meow!»
«E
così sei venuto qui per lei?» Chiese il ragazzo,
che nel frattempo
aveva fatto scendere il Pokémon. Appena si
avvicinò alla Pokémon
di Serena cominciò a giocherellare con le sue zampe,
emanando un
dolce profumo.
«Scusatemi!
Non mi sono nemmeno presentato!» Il ragazzo fece un piccolo
inchino.
«Mi chiamo Oscar. Piacere di conoscervi!» Una volta
finito il giro
di presentazioni, Oscar si sedette accanto ai ragazzi, quindi si mise
ad osservare i due Pokémon di tipo Erba. «Sono
felice di vedere che
il Pokémon di mia sorella abbia trovato
un’amica.» Commentò.
«Uh?» A Carlos tutto questo sembrava piuttosto
strano. «Vedete…»
Introdusse Oscar. «Mia sorella ha fatto un anno di scambio
studentesco un una prestigiosa scuola della regione di Paldea. Un bel
posto, sebbene sia piuttosto fuori mano. A lei è stato
donato
proprio uno Sprigatito come primo Pokémon. Per quanto vada
d’accordo
sia con me che con lei, non siamo mai stati in grado di fargli fare
amicizia con gli altri Pokémon.»
Spiegò. «Beh, visto che sei il
Campione del Mondo…» Si rivolse ad Ash.
«Magari potresti darmi
qualche consiglio.» Ash non sapeva che rispondere.
«Così, su due
piedi non so come aiutarvi. L’amicizia tra Pokémon
funziona come
tra noi persone. Ci sono persone che fanno amicizia in poco tempo e
persone che ci mettono tanto, tanto tempo. Lo stesso vale per i
Pokémon» Il ragazzo accarezzò il suo
Pikachu. «Il solo consiglio
che posso dare è di non forzarlo. Vedrai che con il tempo
tutto
andrà per il meglio.» Oscar lo guardò
in modo strano. «Tutto
qui?» Chiese. Ash si grattò la testa.
«Non sono uno psicologo
Pokémon, ma nel corso della mia carriera da Allenatore ho
capito che
bruciare le tappe non è mai una scelta giusta.»
Speigò.
Nel
mentre che i due parlavano, alle performer erano state somministrate
delle altre domande. La prima era stata “Quali
Pokémon
si evolvono con la Metalcoperta?” Domanda alla quale Serena
aveva
risposto correttamente, indicando Scyther e la sua evoluzione Scizor
e Onix e la sua evoluzione Steelix.
La
seconda domanda, a cui non aveva risposto Serena, ma bensì
Christie,
era stata “Shelmet si evolve in un modo molto particolare,
quale?”
A cui la performer aveva risposto in maniera corretta, spiegando come
Shelmet si evolva in Accelgor quando viene scambiato con un
Karrablast. E che, al contempo Karrablast si evolva in Escavalier.
«E
ora la quinta domanda…» Dopo la chiacchierata con
Oscar, Ash e
Carlos ripresero a seguire il Varietà. «Senza
contare la forma
Gigamax e la colorazione cromatica, quante varietà di
Alcremie
esistono?» Chiese Peter. Anche in questo caso non rispose
Serena, ma
una sua rivale, Mischa. «Sessantatré.»
Rispose, correttamente la
rivale. «Molto Bene!» Commentò Peter.
«Siamo a due domande
corrette per Serena, una per Christie e una per Misha. La prossima
domanda sarà quella decisiva?» Chiese.
«Possiamo procedere con la
prossima domanda. Qual è il solo Pokémon ad avere
più di una forma
regionale?» La sfida tra i Pokémon era
più aperta che mai.
Alla fine fu la Sylveon della nativa di Kalos a spuntarla.
«Bene!
Serena… sai la risposta?» Chiese Peter. La nativa
di Kalos non ci
pensò un secondo. «Meowth!» Rispose.
«E
la risposta è Corretta!» Il pubblico
scoppiò nuovamente in un
fragoroso applauso. «Questo vuol dire che la prima performer
a
passare alla fase di Esibizione libera è la Performer
Serena!»
Annunciò Peter. Ennesimo applauso da parte del pubblico, a
cui si
aggiunsero anche le sue avversarie.
Tempo
di sgomberare il palco e di permettere all’emittente
televisiva che
trasmetteva l’evento di mandare in onda la
pubblicità, che
arrivarono le quattro Performer che si sarebbero esibite in seguito,
tra cui Anita. La giovane Allenatrice sembrava piuttosto spaventata.
Quel posto e tutte quelle persone la mettevano terribilmente a
disagio.
«E
ora diamo un caloroso benvenuto ad altre quattro meravigliose
Performer!» Il pubblico esplose in un fragoroso applauso.
«Ma
conosciamo meglio le concorrenti!» L’uomo
indicò con il bastone
la prima concorrente. Una ragazza dai capelli rossi e dagli occhi di
un’insolita colorazione viola. «Vi presento Wakaba,
una Performer
debuttante che proviene dalla lontana regione di Johto! Come
l’attuale regina di Unima, del resto…
sarà un segno di buona
fortuna?» Passò poi alla seconda concorrente. Una
ragazza dai
capelli viola chiaro e degli occhi dello stesso colore. «E
ora vi
prego di fare la conoscenza di Heidi!» Altro applauso da
parte del
pubblico. «E ora un’altra performer debuttante!
Direttamente dalla
piccola Soffiolieve… Anita!» Altro applauso da
parte del pubblico.
Pochi istanti dopo, presentò la quarta concorrente. Una
ragazza dai
capelli arancioni e dagli occhi color ambra. «Ed ecco la
quarta
concorrente! Tara!» In seguito all'ennesimo applauso da parte
del
pubblico, Peter invitò le Performer a schierare i loro
Pokémon. Per
non violare il regolamento, Anita si trovò costretta a
schierare un
altro Pokémon. In particolare il suo Oshawott.
Appena
uscito dalla Poké Ball, il Pokémon Lontra
guardò la sua
Allenatrice con aria perplessa. «Sha?» Il
Pokémon di tipo Acqua si
sentiva esattamente come la sua Allenatrice. Catapultato in un posto
sconosciuto che lo metteva piuttosto a disagio. «Forse avrei
dovuto
avvisarti…» Tentò di scusarsi.
«Ma non avevo altra possibilità.»
Cercò di spiegare. «Sha!» Rispose
fieramente il Pokémon.
Wakaba
schierò un Marill, Heidi una Alcremie Bonbonfragola,
e Tara, invece una Litten.
«Benissimo!
Allora possiamo partire.» Annunciò Peter.
«Come sempre, prima di
poter rispondere, il vostro Pokémon dovrà
superare il percorso ad
ostacoli.» Spiegò.
«Ma
ora cominciamo con le domande! Senza considerare megaevoluzioni e
forme alternative, quante sono le forme evolutive finali di tutti i
Pokémon iniziali ad avere due tipi?» Appena
conclusa la domanda, i
Pokémon delle ragazze partirono, cercando di superare il
percorso.
Tutti tranne l’Oshawott di Anita, che rimase fermo ai blocchi
di
partenza. «Forza, Oshawott! Io credo in te!»
Cercò di
incoraggiarlo. Ormai non poteva più vincere, ma non voleva
deludere
la sua Allenatrice. A vincere il primo round fu la Litten di Tara.
«Bene! Litten ha vinto la sfida! Tara sai la
risposta?» La ragazza
non esitò un singolo istante. «Sono
diciassette!» Rispose. «E la
risposta è… Corretta!» Peter, dopo aver
atteso che i Pokémon
tornassero ai blocchi di partenza, prima di formulare la seconda
domanda. «Proseguiamo pure con la seconda domanda. Quanti
Fossili
Pokémon sono stati scoperti fino ad oggi?» I
diversi Pokémon
partirono. Questa volta Oshawott partì insieme agli altri
Pokémon,
ma non riuscì ad arrivare per primo. Concluso il percorso,
il
Pokémon si girò verso la sua Allenatrice, con
aria delusa. Di
sicuro non si aspettava che la ragazza gli sorridesse.
A
spuntarla, questa volta fu Marill. «Allora, questa volta
sarà
Wakaba a rispondere. La domanda è la seguente: Quanti e
quali sono i
Golem Leggendari?» La ragazza si mise la mano davanti alla
bocca
alcuni istanti, prima di rispondere. «Sono cinque. Registeel,
Regice, Regirock, Regidrago, Regieleki» Rispose.
Dagli
spalti, la reazione di Carlos era sempre più preoccupata.
L’amica
non aveva ancora risposto a nessuna delle domande.
«Pensi
che possa riuscire a passare?» Chiese Carlos.
«Credo di si.
Dopotutto ha fatto solamente due domande! Calmati!» gli
rispose Ash,
cercando di non farlo preoccupare. Quasi profeticamente, al terzo
round, Oshawott riuscì ad arrivare per primo.
«Alla terza domanda
sarà Anita a rispondere per prima. La domanda è
la seguente. Quali
Pokémon possono avere l'Abilità Velencura? Vi
ricordo che l’abilità
Velencura permette ad un Pokémon di non soffrire
l’avvelenamento.
Ma, mi raccomando! Se un vostro Pokémon è
avvelenato, portatelo
comunque al Centro Pokémon!»
Cercò di fare una battuta.
«Sono
Shroomish, Breloom e Gliscor» Rispose la ragazza.
«E la risposta è
corretta!» Annunciò.
Dopo
aver atteso che i Pokémon tornassero alle loro postazioni,
la sfida
riprese.
Nemmeno
in questo caso l’Oshawott di Anita riuscì a
vincere. Il Pokémon
che arrivò per primo fu la Litten di Tara. «Molto
bene, Tara! Ecco
la tua domanda. Quante pietre evolutive sono conosciute, ad
oggi?»
La ragazza rispose subito. «Sono dieci.» Peter
sorrise. «La
risposta è esatta! E ora Tara è a quota due
risposte corrette!
Ancora una risposta corretta e potrai accedere alla fase successiva.
Ma ora proseguiamo!» Era già tempo della domanda
successiva “Quante
e quali sono le forme di Lycanrock?” Domanda alla quale Anita
rispose correttamente. Indicò come le forme fossero tre. La
forma
giorno, la Forma Notte e la Forma Crepuscolo. Appena i
Pokémon
tornarono alle postazioni, Peter formulò l'ennesima domanda,
non
prima di aver fatto notare al pubblico come ora le contendenti per la
vittoria fossero due. Finalmente l’uomo formulò la
domanda.
«Qual
è la sola linea evolutiva di Pokémon ad avere il
tipo Veleno e
Volante?» I Pokémon delle ragazze, soprattutto
Litten e Oshawott,
Alla fine fu quest’ultimo a spuntarla. «Sono Zubat,
Golbat e
Crobat.» Rispose Anita. «E la risposta è
corretta!» Annunciò
Peter. «Questo vuol dire che Anita passa al round di
Esibizione
Libera!» Dei turni successivi passarono Abby e Mildred.
Come
da tradizione, vi fu una pausa tra le due fasi, per permettere allo
staff di sistemare il palco e permettere alle performer rimaste di
preparare gli ultimi dettagli.
Anche
in questo caso, per evitare favoritismi, le quattro Performer si
sarebbero esibite in ordine casuale. Serena si sarebbe esibita per
seconda, mentre Anita per quarta. La prima ad esibirsi fu Abby.
La
Performer indossava un elegante abito nero, piuttosto lungo e
coprente. Indossava dei guanti, neri ed eleganti, e un cappello,
anch’esso nero.
«Diamo
nuovamente il benvenuto alla performer Abby!» Peter la
presentò
nuovamente. Il pubblico la accolse con un caloroso applauso. Stavano
applaudendo tutti tranne Oscar. Ash e Carlos dedussero che la
performer in nero e i suoi Pokémon avevano eliminato la
sorella.
Appena ricevette l’ok, la ragazza mandò in campo i
suoi Pokémon,
una Gothitelle e un Houndoom.
La
ragazza ordinò al Pokémon Buio di usare
Lanciafiamme e alla sua
Gothitelle di usare Psicoraggio.
I
due attacchi si unirono in una sorta di colonna dal colore violaceo,
avvolta da delle fiamme. Pochi istanti dopo ordinò
al
Pokémon
Buio di usare Neropulsar e alla Pokémon Corpoceleste di
usare Palla
Ombra, ordinando ad entrambi di colpire la colonna creata in
precedenza.
Quindi,
per concludere l’esibizione, ordinò al
Pokémon Buio di colpire la
creazione con un poderoso Fuocobomba, che distrusse la colonna in
numerosissime scintille colorate. La giovane fece un profondo
inchino, rivolgendosi al pubblico, facendo intendere che la sua
esibizione fosse terminata.
«Ed
ecco la fantastica esibizione della Performer Abby!»
Annunciò
Peter. «Vi ricordo che, prima di votare dovrete aspettare che
tutte
le Performer si esibiscano.» Ricordò
l’uomo. Dopo di Abby toccò
a Serena, indubbiamente la Performer più esperta. La ragazza
indossava una camicia bianca con delle maniche lunghe,
decorate
da delle balze attorno ai polsi. Era coperta da una sorta di
sopravveste marrone chiaro, con la parte inferiore della gonna, che
arrivava poco sopra il ginocchio, era decorata con il pizzo di un
marrone più scuro. La parte inferiore della gonna era
decorata da
una sorta di spartito rosso che avvolgeva la parte inferiore della
gonna. L’abito presentava infine due fiocchi, uno sul petto,
di
colore rosso e uno attorno alla vita marrone come il pizzo. Anche la
nativa di Kalos dovette attendere il segnale prima di potersi
esibire.
Appena
ottenuto l’ok, la nativa di Kalos cominciò con la
sua esibizione.
La
ragazza schierò Pancham e Sylveon. Entrambi i
Pokémon indossavano
alcuni accessori, Sylveon aveva diversi fiocchi che impreziosivano il
suo aspetto, mentre Pancham indossava i suoi classici occhiali da
sole rossi con gli spuntoni.
Pancham
iniziò l’esibizione colpendo il terreno con un
potente pugno e
generando dal terreno degli enormi massi appuntiti, in cui in
Pokémon
iniziò a saltare con acrobatiche evoluzioni.
Contemporaneamente,
Sylveon si era alzata in aria, sospinta dal suo Vento di Fata. Pochi
istanti dopo, la Pokémon generò delle sorta di
stelle dorate che
scagliò, rimanendo sospesa in aria. Contemporaneamente
Pancham
generò da suoi arti superiori una sorta di fascio di anelli
di
energia dal colore violaceo, che colpirono le stelle, generando
un’esplosione di scintille colorate. Pochi istanti dopo, il
Pokémon
Briccone colpì nuovamente i massi che aveva generato,
facendoli
esplodere in una polvere azzurrina.
Sylveon
generò nuovamente dei raggi di energia dalla forma di
stelle,
lanciandole in direzione di Pancham, che le colpiva a ripetizione,
facendole esplodere in scintille colorate. La nativa di Kalos, come
da tradizione, terminò la sua esibizione con un profondo
inchino.
Dopo
l’esibizione di Mildred, che non fu particolarmente degna di
nota,
nonostante il suo tentativo di camuffare cercando di sorridere al
pubblico. Sembrava quasi che avesse delle grosse aspettative nei
confronti del pubblico.
Dopo
la deludente performance di Mildred, toccò ad
Anita.
La
ragazza, che per l’occasione, indossava un
vestito per la maggior parte blu scuro, senza spalline. La gonna,
piuttosto corta, presentava diverse pieghe, e, nella parte inferiore
era decorata con un tessuto in pizzo dello stesso colore. In vita, il
vestito presentava un grosso fiocco dal colore più chiaro.
Aveva poi
dei guanti, dello stesso colore del vestito. Ai piedi dei tacchi di
colore blu scuro.
Per
quanto avesse bene in mente gli incoraggiamenti di Serena, la ragazza
aveva ancora paura di esibirsi. Temeva il giudizio altrui, o ancora
di fare una brutta figura davanti a chissà quante persone.
Anche
lei, come da regolamento, dovette attendere il segnale prima
di
esibirsi.
«Proviamoci,
Vivillon! Crea degli Energipalla!» Ordinò Anita.
La Pokémon generò
dalla parte superiore del corpo, una serie di sfere di energia di
colore verde, che ricordavano una sorta di occhio. Erano come sospese
in aria.
«E
ora colpiscile con Eterelama!» Dalle ali della
Pokémon si
generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere
di
energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di colore
verdino. «Benissimo! Ora usa Sonnifero!»
Dalle
ali della Pokémon si generarono dei raggi di energia a forma
di
stella, lasciando di stucco la ragazza e il pubblico. Anita
sembrava piuttosto stranita. “Non le avevo detto di usare
Sonnifero?” Pensò. Nonostante
l’imprevisto, la ragazza decise di
proseguire con la sua esibizione.
«E
ora usa Energipalla!» La Pokémon generò
dalla parte superiore del
corpo, una serie di sfere di energia di colore verde, che ricordavano
una sorta di occhio, che si unirono ai raggi a forma di stella.
«Ora
distruggibile con Eterelama!» Dalle ali della
Pokémon si
generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere
di
energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di diversi
colori. «Ora divertiamoci! Usa Psichico per creare quello che
desideri!»La Pokémon radunò i frammenti
attorno alle sue ali,
creando l’illusione di possedere delle ali
gigantesche.
Come
anche Serena, la giovane Allenatrice concluse l’esibizione
con un
profondo inchino.
«E
ora che tutte le Performer si sono esibite…»
Pierre sbucò
apparentemente dal nulla. «Il pubblico e… il
privato potranno
votare!» Le performer si radunarono dinanzi al
pubblico.
Dietro
le Performer vennero proiettate delle immagini identiche alle chiavi,
chiavi che erano appese ai vestiti delle ragazze.
Ogni
chiave si riempiva sempre di più mano a mano che i voti per
questa o
quella Performer aumentano, fino a quando Peter dichiarò lo
stop al
televoto. «E la vincitrice è… la
Performer Serena!» Dichiarò
Peter. Il pubblico in teatro applaudì fragorosamente. La
nativa di
Kalos aveva vinto il suo primo Varietà.
L’uomo
consegnò alla nativa di Kalos la chiave della Principessa.
Una
chiave dorata, decorata nel manico con delle pietre preziose. Era
piuttosto pesante. «E come promesso… verrai
intervistata dalla
prestigiosa rivista Allenatori.» Spiegò.
Per
la cronaca Anita si classificò in seconda posizione, Abby in
terza e
Mildred in quarta ed ultima posizione. Non nascondendo un certo
disappunto.
Alcune
ore dopo, Pierre accompagnò il gruppo nello stesso albergo
dove
alloggiava. Non era troppo distante dal teatro dove aveva avuto luogo
il Varietà. «Lo staff del giornale ha scelto di
intervistarti qui.
Hanno preso una stanza apposta.» Spiegò.
L’uomo
entrò nell’albergo ed invitò i quattro
ad entrare. «La stanza
che hanno preso è esattamente accanto alla mia.»
Spiegò. I cinque,
dopo aver superato il banco della reception, raggiunsero
l’ascensore,
per salire al quinto piano. «La stanza che hanno preso
è la 505. È
quella lì.» La indicò. Il gruppo si
separò dal conduttore,
dirigendosi della stanza dove alloggiavano i giornalisti. Serena, che
era poco davanti agli altri, si apprestò a bussare alla
porta. Dopo
alcuni istanti un ragazzo aprì la porta. Era un ragazzo alto
più o
meno come Ash, dai capelli molto corti e dai grossi occhiali.
Indossava una giacca sportiva e un paio di Jeans. «Entrate
pure!»
Li invitò. «Io mi chiamo Lewis. Presto conoscerete
la mia collega,
Angela. Adesso si sta preparando.»
Dopo
il consueto giro di presentazioni, il gruppo poté accedere
all’interno della stanza. Una stanza era piuttosto
grande e
rifinita. Quadri appesi alle pareti, specchi. Non mancavano nemmeno
dei mobili in legno privato e dei soprammobili, altrettanto
raffinati.
Dopo
essersi accomodati e aver anche ordinato qualcosa dal servizio in
camera, finalmente si poté procedere con
l’intervista. Intervista
non tenuta dal ragazzo, ma da una giovane donna, poco più
bassa di
lui. Anche lei, come il collega, era vestita in maniera abbastanza
informale.
Angela
prese, da una borsa poco lontano, una telecamera. Era realizzata in
plastica nera e aveva un grosso obiettivo, anche esso nero. Da
un’altra borsa estrasse un treppiede.
«Farete
anche il video?» Chiese la nativa di Kalos, in tono
preoccupato. «In
questo caso meglio che mi dia una sistemata. Adesso sono un
disastro!» aggiunse. «Ma no! Vai benissimo
così!» Ash cercò di
rassicurarla, facendola arrossire. «Ma… per
caso… siete
fidanzati?» Chiese Angela. Non ricevette risposta. Tuttavia
poté
notare come, nella stanza, fosse calato il gelo.
«Dicevo
così… per dire…»
Cercò di giustificarsi. «Pensa che scoop
sarebbe stato! Il Campione del mondo e una delle Performer e
Coordinatrici più famose e…» Nessuna
reazione.
Ci
vollero diversi minuti prima che la situazione si sciogliesse e
tornasse un minimo di normalità. Solo in quel momento, Lewis
accese
la telecamera, puntandola sulle due, sedute sul divano una accanto
all’altra.
«Se
ti senti pronta, possiamo cominciare.» La invitò
Angela. Serena si
limitò ad annuire. «Molto bene allora. Possiamo
cominciare. E da
dove partire se non dall’inizio? Come hai iniziato la tua
carriera
di Performer?» chiese. «Beh… in
realtà è molto semplice. Quando
sono partita per il mio viaggio Pokémon, non avevo la minima
idea di
che strada scegliere. Fino a quando non conobbi una ragazza che oggi
è una delle mie migliori amiche, Shana. È stata
lei a darmi
l’ispirazione per diventare una Performer.»
Raccontò.
«Interessante. Ormai se un’esperta, ma immagino che
all’inizio
possa essere stato strano… quindi, potresti raccontare come
è
stato debuttare al Varietà?» «La prima
volta è stato un completo
disastro. Ero totalmente inesperta e non sono nemmeno riuscita a
superare la fase di performance a tema. Dovevamo vestire un
Pokémon,
con i diversi accessori che ci venivano dati. Solo che, esagerando
coi nastri, durante la sfilata, Fennekin inciampò sui suoi
stessi
nastri e…» Angela annuì. Il resto della
storia era chiaro.
«Passiamo oltre. Dopo tutti i fatti della guerra di Kalos,
contro il
Team Flare, sei passata alle gare Pokémon, partendo da
Hoenn…e sei
diventata, in breve una famosa coordinatrice… ma come mai
hai
deciso di tornare ai Varietà?» «Si, con
le gare abbiamo ottenuto
dei buoni risultati e abbiamo partecipato a diversi Gran Festival,
ma… era chiaro che quello non fosse il nostro vero
obiettivo.» «E
così sei tornata ai Varietà, proprio qui ad
Unima. Ma… con tutta
l’esperienza di anni di gare… non pensi che questo
sia un
vantaggio ingiusto sulle tue avversarie?» «Non
penso sia ingiusto.
Non possiamo nascondere la nostra esperienza. E poi anche le mie
avversarie hanno dimostrato di saperci fare.»
«Capisco. Altra
domanda. Rispetto a tante altre Performer e coordinatrici, di Unima e
non solo, hanno sei o più Pokémon, come mai te ne
hai solo tre?»
«Io non catturo Pokémon solo per fare numero.
Tutti i Pokémon che
ho catturato li ho catturati perché loro hanno scelto di
venire con
me.» «Altra domanda. Ti sei mai sentita una
“predestinata”
perdona il termine…» Serena cercò di
trattenere una risata. «Per
quanto sarebbe bello sentire “La Predestinata vince il
Varietà di
Eolea! O qualcosa di simile… no. Non mi sento una
predestinata.
Probabilmente senza Shana avrei scelto una carriera diversa…
chissà, magari a questo punto sarei diventata un'Allenatrice
che
sfida le Palestre o chissà cos’ altro.»
«Così, però ti saresti
dovuta scontrare contro Ash e… insomma lui è
l’Allenatore più
forte del mondo…» «Nel caso in cui
avessi deciso per quella
strada, sarei stata onorata a lottare contro di lui.»
«Perché
parli così, se è evidente che vi
conoscete?» Chiese Angela, in
tono stranito. «Magari se avessi preso quella strada, saremo
diventati dei rivali e chissà come sarebbe
andata…» «Beh… chi
può dirlo… magari da qualche parte, in un altro
universo…»
Serena si limitò a sorridere all’affermazione
dell’intervistatrice. Sembrava sapesse delle cose che non
voleva
venissero scoperte.
«Tornando
a noi… qual è il tuo obiettivo qui? Vincere il
titolo di Regina di
Unima?» «Quello viene dopo. Penso che il mio primo
obiettivo sia
quello di regalare dei sorrisi alla gente, regalare loro dei momenti
di felicità. Quando ho incominciato come Performer puntavo
solo a
vincere il titolo. Non pensavo alla cosa più importante di
tutte. Il
pubblico.»
«Parlando
sempre dei Varietà qui ad Unima… hai
già identificato delle
potenziali rivali?» «Troppo presto. Il livello,
come ho detto prima
mi sembra molto alto, ma ancora non me la sento di dire “lei
sarà
la mia più grande rivale” o “di lei non
mi devo preoccupare”.
Poi, come ho detto prima, la cosa più importante
è il pubblico.»
«Molto interessante. Parli del pubblico come il tuo maggiore
focus…
beh, immagino tu lo sappia che qui ad Unima è
importantissimo anche
il pubblico da casa. Non pensi che in questo ambito la tua fama possa
favoriti?» «Voglio sperare di no. Non voglio che la
gente mi dica
“ho votato Serena perché è famosa" ma
che dica “Ho votato
Serena perché lei e i suoi Pokémon hanno fatto un
ottimo lavoro”
purtroppo non potremo mai saperlo.» «Ultima
domanda. Se mai dovessi
prendere qualcosa dalle Gare Pokémon e trasferirlo ai
Varietà, cosa
sceglieresti?» La nativa di Kalos dovette pensarci alcuni
istanti.
«Due cose. La prima è una giuria indipendente. In
alcuni varietà a
Kalos era presente, in altri no. Qui ad Eolea non c’era, ma
magari
ci sarà in altri Varietà. Potessi scegliere la
metterei ovunque.
Per evitare imbrogli. E, come seconda cosa, anche se so che di andare
controcorrente, vorrei che, nel round a tema, ci fosse un round di
lotta. Non che io sia tanto brava nelle lotte, ma se è vero
che
nella prima fase dei Varietà si valuta il talento delle
Performer,
allora anche lottare è un talento.»
«E
con questo è tutto, ti ringraziamo per essere stata qui con
noi.»
La ringraziò Angela.
Ed
ecco un capitolo più dedicato alle ragazze, rispetto ad
altri
capitoli in cui era più Ash il protagonista.
(Capitolo che
avrei dovuto pubblicare molto prima. Ma alla fine mi ha richiesto
così tanto tempo che addirittura Lewis Hamilton ha fatto in
tempo a
firmare per Ferrari, ma sorvoliamo.)
Mi
ritengo soddisfatto di questo capitolo. Qui avevo veramente da
raccontare, tra Poké Link e due rivali ricorrenti, oltre che
il
dover creare un outfit per Anita, dato che non aveva di sicuro
preventivato un’occasione simile.
So
che narrativamente è una scelta abbastanza infelice, ma ho
preferito
che tu, che leggi scoprissi l’abito di Anita solo il giorno
del
Varietà. Per Serena, invece, mi sono ispirato ad un vestito
visto in
uno dei film, leggermente rivisto. Non sono esattamente un luminare
in questo campo. Sento già gli stilisti (e le stiliste)
cercarmi con
torce e forconi. Ma, essendo da solo, questo posso fare. Ecco
perché
vorrei poter collaborare con qualcuno.
Nella
storia, per semplicità, non lo ho scritto, ma
è sottinteso
che un documento possa essere usato solo per un profilo. E documenti
di identità della stessa persona (nella mia fanfiction i
soli
documenti presenti sono la Scheda Allenatore, che fa da carta
d’identità e da codice fiscale, la patente di
guida, che funziona
tale e quale a quella del mondo reale, e il passaporto, che funziona
tale e quale a quello del mondo reale) non possono essere usati per
profili diversi.
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Capitolo 7 *** Un torneo movimentato ***
Arrivati ad Eolea, due giorni
prima del
Varietà, i quattro si dedicano all’ allenamento.
Serena e Anita si
sono allenate per il Varietà, mentre Ash e Carlos si sono
dedicati
alle lotte.
Serena e Anita hanno
partecipino al primo
varietà nella regione di Unima. Le due ragazze hanno
conosciuto
anche una Performer originaria di Unima, Abby, una ragazza dal triste
passato.
Serena e i suoi
Pokémon sono riusciti a
vincere il loro primo Varietà, e la ragazza è
stata invitata a
partecipare ad un’intervista.
Un torneo movimentato
Lasciata Eolea alle loro
spalle, i
ragazzi partirono alla volta di Zefiropoli, città dove Anita
avrebbe
sfidato la seconda Palestra, nel suo viaggio di Allenatrice. Eolea e
Zefiropoli non erano troppo distanti, appena una giornata di cammino.
«Sembra che la
Palestra di Zefiropoli
sia specializzata nei Pokémon del Tipo Normale. La
Capopalestra si
chiama Aloè.» Spegò Serena.
«Interessante.» Rispose Anita. «Se
non sbaglio i Pokémon di tipo Normale sono deboli solo ai
Pokémon
di tipo Lotta, mentre gli attacchi del loro tipo non possono colpire
i Pokémon di Spettro e viceversa…»
Ragionò, a voce alta.
«Esatto.» Le rispose Ash , senza nemmeno pensare.
«Ma ricordati,
in una lotta, il vantaggio di tipo non è tutto.»
Aggiunse poco
dopo. «Ma… la lotta contro Spighetto l'abbiamo
vinta perché
Incineroar aveva insegnato Rogodenti a Lillipup...» Rispose
la
giovane. «Vero, ma Lillipup ha anche imparato Fossa. E con
quello ha
evitato l’attacco di Pansage.» Rispose Ash .
«Beh… sei tu il
campione!» Si intromise Carlos. «Da quando ci
conosciamo credo che
nessuno dei tuoi Pokémon abbia mai usato un attacco
superefficace…
è forse questa la strategia di voi campioni per confondere i
vostri
avversari?» Ash scosse la testa. «Non funziona
proprio così…»
Rispose Ash . «Non puoi vincere una lotta solo usando
attacchi
superefficaci.» Gli rispose Ash . «Tu sei un
Campione, per cui puoi
permetterti di usare certe strategie. Io, beh…
ho… beh… ho solo
vinto una medaglia… preferisco fare le cose
semplici.» Rispose la
ragazza. «Capisco, ma questo non ti basta per vincere. Anche
se tu
lotti con Oshawott, contro un Pokémon di tipo fuoco, non
è detto
che tu vinca, solo perché Oshawott sa usare attacchi di tipo
acqua.
L’hai imparato subito, le lotte Pokémon non sono
solo rispondere
agli attacchi avversari con degli altri attacchi, ma anche
schivare…
nascondersi dagli avversari e… improvvisare» Anita
si limitò ad
annuire. «E poi hai già dimostrato di saper
improvvisare.» Anita
sembrò non capire. «Davvero?» Chiese
«Pensa al Varietà… tu e
Serena vi siete allenate con Vivillon, ma nella prima parte del
Varietà, hai usato Oshawott…»
«Non potevo fare altrimenti.»
Rispose la ragazza. «Nel percorso ad ostacoli, i
Pokémon di tipo
Volante non erano permessi, così ho pensato che Oshawott
fosse la
scelta migliore e…» Ash la fermò.
«Non devi giustificarti. Lo
hai fatto e basta. E va bene così. Oppure anche quando hai
chiesto a
Vivillon di usare Sonnifero, ma ha, invece usato Comete…
avete
comunque fatto un ottimo lavoro.» Si congratulò il
ragazzo. «Dici
davvero?» Chiese. «Ash è sempre stato un
ragazzo sincero. Non ha
motivi per mentirti.» Si aggiunse Serena, rimasta in silenzio
per un
po’.
«Beh…
questo è… molto gentile da
parte tua» rispose.
I quattro continuarono a
camminare,
discutendo sui loro prossimi piani, fino a quando Carlos udì
uno
strano suono.
«Lo sentite anche
voi?» Chiese il
ragazzo. «Cosa?» Chiesero Ash e le ragazze.
«Mi è sembrato di
sentire una sorta di lamento… non so
spiegarmi…» «Magari sarà
il vento.» Gli rispose Ash , cercando di essere razionale.
«Non
penso… non si muove una foglia.» Rispose Carlos.
Provarono a restare in
silenzio alcuni
secondi. E si. Effettivamente qualcosa si sentiva, per quanto non
fosse molto forte. Sembrava una sorta di guaito. Molto debole.
«Si…
effettivamente si sente qualcosa.» Rispose Serena.
«Pikachu, pensi
di riuscire a capire da dove viene?» Il Pokémon
Topo scese dalla
spalla del ragazzo e si mise a cercare la fonte di quei versi.
Il Pokémon mosse le
orecchie per cercare
di comprendere da dove venissero quei lamenti. Grazie al suo udito
estremamente sviluppato, il Pokémon Topo non ci mise molto.
Con una delle zampe, il
Pokémon Topo
invitò il gruppo a seguirlo, mentre iniziava ad inoltrarsi
in un
boschetto poco lontano. «Ma dove vai?» Chiese Ash ,
mentre
inseguiva il suo Pokémon. Serena e gli altri cercavano di
tenere il
passo, con molta fatica.
Dopo una bella corsa, il
Pokémon Topo si
fermò, venendo raggiunto dai ragazzi, voltandosi nella loro
direzione e facendo un piccolo cenno con una delle zampe.
«È qui
vicino?» Chiese Ash .
«Pika pi!»
Rispose il Pokémon. «Se
preferisci continuare da solo, fai pure.» Lo
invitò Ash . Il
Pokémon Topo non se lo fece ripetere. Sapendo di non essere
seguito,
poté accelerare il passo. Raggiunse, in pochi istanti, la
fonte di
quei lamenti. Lamenti, che nel frattempo, si erano fatti sempre
più
disperati.
Il Pokémon di tipo
elettro non ci mise
molto a raggiungere la fonte di quei lamenti. Era, come immaginava,
un Pokémon. Un Houndour, per la precisione. Appena gli
sguardi dei
due Pokémon si incrociarono, il Pokémon Buio si
allontanò di
corsa, nascondendosi in un cespuglio, spaventato.
Il Pokémon elettro
era piuttosto
perplesso, si chiedeva come mai Houndour fosse scappato. Non era
intenzionato ad attaccare o altro del genere.
Pikachu non era tipo da
arrendersi così
facilmente. Aveva notato come il fuggitivo non avesse una bella cera.
Si arrampicò su un albero lì vicino e raggiunse
uno dei rami.
Guardò attentamente
le bacche che
crescevano e ne annusò alcune. Erano profumate e sembravano
perfettamente mature.
Erano di un bel giallo, con
dei puntini
arancioni. Ne colpì diverse con la coda, facendole cadere a
terra.
Ne formò un bel mucchio. Appena sceso dall’albero,
il Pokémon,
fece rotolare alcune bacche in direzione del cespuglio dove si era
nascosto il Pokémon canide. Il Pokémon,
impaurito, uscì allo
scoperto e iniziò a mangiare una delle bacche.
Cercò, mentre
mangiava, di restare vigile, non voleva di nuovo essere attaccato.
Pikachu tentò di
avvicinarsi al Pokémon,
sperando di potersi avvicinare. Sperava di non vederlo nuovamente
fuggire.
«Pika-Pikachu»
Cercò di presentarsi,
vedendo nuovamente, il Pokémon Buio fuggire davanti ai suoi
occhi.
Il Pokémon Topo decise di cambiare approccio.
Provò ad avvicinare
una bacca in direzione del cespuglio, dove il Pokémon si era
nascosto. Per far capire le sue buone intenzioni, il Pokémon
Topo,
dopo aver avvicinato un’altra bacca in direzione del
cespuglio e
cominciò a mangiare una bacca a sua volta.
Il Pokémon Buio
fece, piano piano
capolino dal cespuglio, e vide il Pokémon Topo mangiare la
sua bacca
in tutta tranquillità. Quel Pokémon non era come
gli altri Pokémon
che aveva incontrato da quando era lì.
Sembrava gentile e
disponibile. Gli aveva
offerto delle bacche. Gli altri Pokémon, nella migliore
delle
ipotesi gli avevano strappato di bocca quel poco cibo che riusciva a
raccattare.
Appena il Pokémon
Buio tentò di uscire
dal suo nascondiglio e di mangiare una di quelle bacche, un
Pokémon
volante, dal piumaggio grigio si precipitò in direzione del
mucchio
di bacche.
I timori di Houndour si
stavano
avverando. Un Pokémon selvatico che tentava di rubargli il
cibo.
Avrebbe tentato di difendersi, ma non avrebbe rimediato nulla, a
parte delle ferite.
Questa volta, però,
la storia ebbe un
finale inaspettatamente diverso. Il Pokémon volante venne
colpito da
una potentissima scarica elettrica, che lo fece stramazzare a terra,
completamente privo di sensi.
«Wohf» Il
Pokémon Buio era stupito.
Per la prima volta da quando era lì, un altro
Pokémon, piuttosto
che attaccarlo, lo aveva difeso e piuttosto che rubargli il cibo,
glielo aveva procurato.
«Pika Pi»
il Pokémon Topo invitò il
Pokémon appena conosciuto a seguirlo. Cercò di
convincerlo di come,
con lui al suo fianco, non dovesse temere nulla.
Mentre il Pokémon
Topo cercava di
convincere Houndour a seguirlo, i ragazzi si erano fermati poco
lontano da dove si erano lasciati con Pikachu, per fare una pausa.
Era praticamente ora di
pranzo, e come
l’altra volta, Carlos si stava occupando del pranzo. Questa
volta,
il ragazzo avrebbe cucinato della carne, sulla griglia elettrica e
avrebbe preparato dell’insalata di contorno.
Contrariamente alla prima
volta, non
dovette lottare più di tanto con il tavolo da campeggio, che
si
mostrò più
collaborativo. Questa volta
venne
assistito da Ash nell’apparecchiare la tavola, mentre le
ragazze
si occupavano di preparare le sedie e di affettare il pane.
«Mi
chiedo quanto ancora ci metterà Pikachu… lui non
è tipo da
saltare i pasti.» Commentò Ash , piuttosto
perplesso. «Non mi
sembri molto preoccupato…» Gli rispose Carlos,
mentre scartava la
carne, prima di metterla a cuocere. «Lui non è
tipo da cacciarsi
nei guai. Probabilmente avrà fatto amicizia con qualche
Pokémon…
e quindi, magari tornerà a stomaco pieno,
chissà.» Gli rispose Ash
.
«Intanto…
come la preferite la
bistecca?» Chiese Carlos. «Al sangue.»
Rispose Ash . «Un po’
più cotta.» Gli rispose Serena. «Io ben
cotta!» Rispose Anita.
L’espressione di
Carlos divenne
disperata. Possibile che dovesse cuocere quattro bistecche in tre
modi diversi? Perlomeno lui e Ash avevano gli stessi gusti. E
perdipiù, oltre a badare alla griglia, doveva anche
preparare
l’insalata.
Perlomeno, ad occuparsi del
cibo per i
Pokémon erano Ash e le ragazze. Per fortuna avevano con loro
abbastanza ciotole per poter accontentare tutti i Pokémon in
una
sola volta.
Mentre stavano servendo i vari
Pokémon,
finalmente, Pikachu tornò da Ash . «Oh! Eccoti
qui!» Lo accolse il
ragazzo. «Certo che ti sei allontanato per un bel
po’» Gli parlò
il ragazzo. «Cos’erano quei lamenti?»
Chiese poco dopo. Il
Pokémon, che si era arrampicato sulla spalla del ragazzo,
come suo
solito. Appena arrampicatosi, gli toccò la testa con una
delle
zampe, per farlo girare.
«E così
era quell’Houndour a guaire?»
Chiese Ash . in Pokémon Topo confermò, con un
piccolo gesto del
capo.
«Un
Houndour?» Anita volse lo sguardo
verso il Pokémon. Il suo aspetto ricordava quello di un
cane. Aveva
una pelliccia corta e nera. Il suo ventre e il suo muso erano rossi,
le orecchie erano a punta e possedeva una piccola coda. Aveva anche
due zanne sporgenti. Attorno alle caviglie e sulla schiena, vi erano
delle bande bianche che assomigliano a delle costole. Sulla fronte
un’escrescenza ricordava un teschio.
In seguito Anita
scansionò il Pokémon
con il suo Smart Rotom. «Houndour. Pokémon Buio.
Tipo Fuoco e Buio.
Esemplare maschio. Gli Houndour cacciano in squadre organizzate.
Comunicano tra loro con svariati versi per intrappolare la preda.
Quest'incredibile lavoro di squadra è unico nel suo genere.
Mosse
conosciute: Braciere, Morso, Rogodenti.» La ragazza, senza
nemmeno
mettere il suo smartphone in tasca, si chinò verso il
Pokémon,
porgendogli una ciotola con del cibo. Non fece quasi in tempo ad
appoggiarla a terra, che subito il Pokémon
cominciò a divorare le
crocchette. «Ecco qualcuno che rivaleggia con voi, in quanto
ad
appettito.» Commentò Carlos, in tono ironico.
«Più che del suo
appetito, mi preoccuperei della sua salute. Sembra ferito.»
Anita
guardò il Pokémon più da vicino.
«Probabilmente è stato
abbandonato dal branco.» Ipotizzò. «Non
credo.» Rispose Serena.
Pure lei aveva scannerizzato il piccolo Pokémon canide
«Qui dice
che i branchi di Houndour non abbandonano un loro membro nemmeno se
è
ferito. E che il branco si accorge immediatamente se manca un loro
membro.» Le parole di Serena aumentarono ulteriormente la
perplessità di Carlos.
«Credo che la cosa
migliore sia portarlo
al centro Pokémon. Magari lui e il suo Allenatore si sono
separati e
ora lo starà cercando. E poi è ferito. Cammina e
mangia, ma non
sappiamo veramente come sta.» Si aggiunse Ash , tentando di
prendere
l’iniziativa. «Per ora possiamo disinfettare le
ferite. Dovrei
avere qualcosa nella borsa.» Serena frugò nella
sua borsa, fino a
quando non trovò quello che cercava. Uno spruzzino di
plastica, dal
colore rosso. Al suo interno del liquido, apparentemente trasparente.
La ragazza si
avvicinò al Pokémon, con
lo spruzzino in mano. Lo indirizzò in direzione delle sue
ferite e
spruzzò. Il Pokémon emise un ringhio di dolore,
ma poi si calmò.
I quattro, mentre mangiavano,
potevano
osservare come Pikachu cercasse di spingere il Pokémon Buio
a fare
amicizia con gli altri Pokémon. «Vorrei proprio
sapere cosa si
stanno dicendo.» Carlos sembrava piuttosto incuriosito da
quei
Pokémon. «Noi qualcuno in grado di farlo lo
conosciamo anche… ma
chissà dov'è ora!» Gli rispose Serena.
Ash comprese
immediatamente di chi Serena stesse parlando. «Conoscete
qualcuno in
grado di interpretare il linguaggio dei Pokémon?»
Chiese Anita,
incuriosita. «Beh, si. Un Pokémon.»
«Un Pokémon parlante?»
Anita e Carlos sembravano increduli. «Nemmeno io credevo
fosse
possibile che un Pokémon potesse parlare, fino a quando non
lo ho
sentito con le mie stesse orecchie.» Rispose Serena.
«E di che
Pokémon si tratterebbe? Un
Pokémon leggendario antichissimo o…»
Rispose Carlos, ancora
incredulo. «Un Meowth» Rispose la nativa di Kalos.
Carlos cercò il
Pokémon sul suo Smart Rotom. «Tra tutti i
Pokémon proprio uno così
comune?» Il ragazzo sembrava piuttosto deluso. «Ma
non ti aspettare
che lo facciamo venire qui… non dopo tutte le grane che ci
ha
creato.» Serena cambiò tono, accennando una nota
di severità nella
sua voce. «E cosa ha fatto di così
male?» Chiese Carlos. «Fa
parte del Team Rocket. Un’organizzazione criminale che .ruba
i
Pokémon per poi rivenderli a caro prezzo. Beh, oltre a
questo
svolgono anche dei crudeli esperimenti sui
Pokémon…» Rispose Ash
, che, nel frattempo, aveva già finito di mangiare.
«Non che lui,
Jessie e James abbiano avuto chissà quale successo,
ma… li abbiamo
lontani da un po’ e stiamo così
bene…» Aggiunse poco dopo.
Nel frattempo, Pikachu era
riuscito a
convincere Houndour a fare la conoscenza degli altri
Pokémon,
cercando di fargli capire che nemmeno loro fossero un pericolo per
lui.
Ed era sembrato piuttosto
convincente,
dal momento che il Pokémon Buio stava incominciando a fare
la
conoscenza di tutti gli altri Pokémon, in particolare con
l’Umbreon
di Carlos.
«Avete
visto?» Ash indicò il gruppo
di Pokémon, che ormai aveva finito di mangiare.
«Sembra che Umbreon
gli piaccia particolarmente.» Aggiunse poco dopo.
«Sono entrambi
dei Pokémon di tipo Buio. Probabilmente hanno una certa
affinità.»
Osservò Carlos.
Terminato di mangiare,
sparecchiare e
sistemare tutto, i quattro ripartirono per Zefiropoli, con Houndour
al seguito. Il Pokémon buio camminava accanto a Pikachu e
all’Umbreon di Carlos.
Entrambi i Pokémon
erano stati in grado
di convincerlo a seguirli. Sarebbero arrivati fino al Centro
Pokémon,
dove avrebbero curato le sue ferite. Fatto ciò il
Pokémon sarebbe
stato libero di scegliere il suo destino.
Tutto proseguì con
tranquillità, e i
quattro raggiunsero Zefiropoli prima del tramonto. Seguendo
l’applicazione delle mappe raggiunsero senza particolare
difficoltà
il centro Pokémon della città.
L’edificio era molto
più grande di
quello di Eolea, e la cosa era sensata. Zefiropoli era una
città
molto più grande. All’esterno l’edificio
appariva come una sorta
di grosso magazzino rivestito con delle lastre di marmo, con una
porta automatica in vetro. Diverse ampie finestre garantivano
l’illuminazione all’interno.
Entrati all’interno
dell’edificio
vennero, come di consueto, accolti dall’Infermiera Joy.
«Salve
ragazzi!» Li accolse. «Buonasera!» I
quattro la salutarono a loro
volta.
L’Infermiera gli
guardò meglio. «Quale
onore! Il Campione del Mondo che viene a farci visita!»
Accolse Ash
. «E anche la vincitrice dell’ultimo
Varietà!» Si accorse di
Serena.
I quattro si avvicinarono al
bancone.
«Immagino vogliate far riposare i vostri
Pokémon.» L’Infermiera
cercò di recuperare la professionalità.
«Poggiate pure le Poké
Ball qui sul bancone. Intanto vi prendo le chiavi per le
stanze.» La
donna si girò e prese due chiavi da una sorta di bacheca in
cui
erano appese. «Ecco le chiavi. Siete fortunati sono due
stanze
vicine. Godetevi pure il soggiorno.» L’Infermiera
consegnò una
chiave a Ash e una ad Anita.
«Chiedo
scusa…» Il tono di voce di
Anita fu appena udibile. «Hai detto qualcosa?»
Chiese l’Infermiera,
rivolgendosi alla giovane Allenatrice. «Oh… mi
scusi. Arrivando
qui abbiamo…ecco… trovato un Houndour…
sembrava ferito e lo
abbiamo portato qui con noi…» La ragazza si
inginocchiò e prese
in braccio il Pokémon Buio, quindi lo appoggiò
delicatamente sul
bancone. «Strano… non è un
Pokémon di questa zona…»
L’Infermiera si coprì la bocca con una mano,
assumendo
un’espressione dubbiosa. «Probabilmente apparteneva
ad un
Allenatore e lo ha abbandonato. Oppure si è semplicemente
perso.
Avete fatto benissimo a portarlo qui.» La donna fece un
rapido esame
superficiale del Pokémon. «Sembra che abbia delle
ferite da
combattimento. Apparentemente non sembrano molto gravi. Probabilmente
si è azzuffato con dei Pokémon
selvatici.» Spiegò. «Avete fatto
del primo soccorso o qualcosa di simile?» Chiese.
«Gli abbiamo
disinfettato le ferite.» Rispose Serena. «Avete
fatto benissimo.
Domani, o al massimo dopodomani, dovrebbe tornare in perfetta
forma.»
Spiegò l’Infermiera. «Appena
sarà tornato in forma, spargeremo
la voce. Se il suo Allenatore non si farà vivo lo metteremo
in
adozione.» Aggunse poco dopo.
Dopo aver preso in custodia
tutti i
Pokémon dei ragazzi e Houndour, si diresse nella stanza sul
retro.
I quattro, non avendo molto da
fare, si
sedettero sui divani messi a disposizione degli Allenatori e si
dedicarono a leggere i giornali e le riviste messe a disposizione.
«Guardate
qui!» Carlos girò il
giornale che aveva preso verso gli altri. «Sembra che ci sia
stato
un tentativo di furto al museo della città, ma che sia stato
sventato dalla Capopalestra. Tra tutte le cose che potevano tentare
di rubare, hanno cercato di rubare un teschio di un Pokémon
esposto.
Mi chiedo cosa se ne possano fare.» «Probabilmente
vorranno
compiere qualche rituale esoterico.» Rispose Ash , in tono
ironico.
Ash , fino a quel momento non
aveva
trovato nulla che gli interessasse particolarmente, per cui si
limitava a commentare le notizie proposte dagli altri e a sfogliare
la rivista che aveva preso senza particolare interesse.
Almeno fino a quando la sua
attenzione
non venne attirata da un titolo di articolo “Torneo
a doppi incontri di Zefiropoli. Le minacce del Team Plasma non lo
fermeranno”
«Sembra
interessante. Dopodomani qui ci
sarà un torneo di lotta a coppie…Sarebbe una
buona occasione per
allenarsi… cosa ne dite?» Propose Ash .
«Non se sono sicura. Non
abbiamo mai fatto una lotta a coppie, tranne quando ci siamo allenate
con te e Serena. Non mi sento pronta per un torneo.» Rispose
Anita.
«È un
torneo di lotte in coppia. Non
sei sola. Avrai sempre qualcuno al tuo fianco pronto a coprirti. E
poi, la cosa più importante di tutte è fare
esperienza, non conta
solo vincere. Noi possiamo allenarci insieme quanto vogliamo, ma non
sarà mai come affrontare un vero avversario.» Le
rispose Ash .
«Possiamo allenarci, ma abbiamo poco tempo. Ho paura che un
giorno
non basti. Ho paura che qualcosa possa andare male e che mi metta in
imbarazzo davanti a tutti.» Anita sembrava piuttosto
preoccupata.
«Non ci siamo allenate molto nemmeno per il
Varietà, eppure avete
fatto un bellissimo lavoro.» Si aggiunse Serena.
«Per quanto non
sia molto brava nelle lotte posso darvi una mano.» Aggiunse
poco
dopo.
«E vi
aiuterò anch’io. Vorrei proprio
vedere quanto io e Umbreon siamo migliorati.» Carlos sembrava
piuttosto entusiasta di partecipare. «Molto bene. Allora
domani
mattina cominceremo con gli allenamenti.» Propose Ash .
«Quale onore! Pure
il Campione del Mondo
parteciperà al nostro umile torneo!»
Commentò un ragazzo, che, nel
frattempo era entrato al Centro Pokémon. «Lottare
contro di te,
sarebbe un grande onore.» Il ragazzo, non sentendo alcuna
risposta
da parte di Ash , si avvicinò al gruppo.
«Ehi! Sono
qui!» Il ragazzo si piazzò
davanti a Ash , che, dopo aver parlato con gli altri, stava leggendo
il regolamento del torneo. Il ragazzo, pur di avere
l’attenzione di
Ash , gli abbassò il giornale.
Davanti agli occhi di Ash , si
palesò un
ragazzo non molto alto e piuttosto magro, con dei capelli blu corti e
degli occhi viola. Aveva degli occhiali rettangolari dalla montatura
sottile.
Per essere un Allenatore in
viaggio, era
vestito anche troppo elegante, con una giacca rossa e un papillon.
Indossava dei pantaloni del medesimo colore e delle scarpe eleganti.
«E… tu
chi saresti?» Ash sembrava
leggermente scocciato. «Perdona i miei modi.» Il
ragazzo fece un
piccolo inchino. «Ma prima sembrava mi avessi ignorato
e…» Cercò
di scusarsi. «Mi chiamo Raoul. Piacere di
conoscervi.» Il ragazzo
porse la mano, prima ad Ash , poi agli altri. «E
così voi state
viaggiando per tutta Unima? Affascinante!»
Commentò il ragazzo. «Mi
chiedo solo come mai anche tu, che sei il Campione del Mondo, hai
deciso di viaggiare come un Allenatore alle prime armi?»
Chiese
Raoul, piuttosto incuriosito. «È molto semplice.
Sogno di diventare
un Maestro Pokémon. Ogni tanto scopro cos’altro mi
serve per
diventarlo. Qualche tempo fa ho scoperto che per diventarlo, devo
aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ed è per
questo che
siamo partiti qui per Unima.» Raoul si limitò ad
annuire. «Quindi
stai aiutando Anita nel suo cammino per diventare Campionessa e
Serena a diventare Regina di Unima?» Chiese.
«Esatto.»
Confermarono le due ragazze. «E Carlos?» Chiese.
«Per adesso mi
interessa solo diventare più forte. E credo che il Campione
dei
Campioni sia il miglior maestro possibile.» Rispose. Anche in
questo
caso Raoul si limitò ad annuire.
«Ho sentito che
domani vi allenerete,
posso assistere ai vostri allenamenti?» Chiese, poco dopo.
«Ci
mancherebbe altro. Il Centro Pokémon è aperto a
tutti. Anche i suoi
campi lotta lo sono.» Rispose Ash .
Il giorno seguente, con tutti
i Pokémon
in forma, i quattro poterono iniziare il loro allenamento, in uno dei
campi lotta del Centro Pokémon. Raoul, nonostante avesse
promesso
che avrebbe assistito al loro allenamento, ancora non era arrivato.
Ash , con il suo fare frettoloso, non voleva aspettare.
«Direi che
possiamo cominciare il nostro allenamento.» Esordì
Ash , con ancora
in mano il giornale del giorno prima. «Il regolamento
permette ad
ogni Allenatore di iscrivere due Pokémon, più un
terzo di riserva,
anche se, durante le lotte, ogni Allenatore può schierare un
solo
Pokémon.» Spiegò. «Hai
già deciso con chi parteciperai? Con
tutti i Pokémon che hai, hai letteralmente
l’imbarazzo della
scelta.» Chiese Carlos.
«Nessuno di loro.
Vorrei essere il più
alla pari con gli altri.» La risposta di Ash , non
scatenò in
Serena nessuna reazione in particolare, conosceva il suo modo di
approcciarsi alle lotte. Di diverso avviso furono Carlos e Anita.
«Non capisco. Puoi
sconfiggere tutti gli
altri con solo Pikachu eppure…» Carlos espresse
tutta la sua
perplessità. «Hai ragione, ma così non
permetti agli altri Pokémon
di migliorarsi.» Carlos non rispose. Lui, dopotutto, aveva
solo un
Pokémon con sé, il suo fidato Umbreon.
«Nel regolamento
c’è scritto che le
coppie vengono estratte casualmente. Quindi…
chissà. Potremo
trovarci anche tutti come avversari.» Espose Ash .
«Quindi come ci
organizziamo per le squadre?» Chiese Carlos, ancora dubbioso.
«Beh…
ecco…» Ash non sapeva cosa
rispondere.«Facciamo io e Serena contro voi due…
dopotutto voi due
siete entrambi di Unima…» Rispose, cercando di
giustificare la sua
scelta.
«Vero, ma tu sei di
Kanto e Serena è di
Kalos… quindi… dovreste essere contro anche
voi…» Ash si
grattò la testa, perplesso. Carlos aveva ragione.
«Però entrambi i
nomi delle regioni iniziano per K.» Cercò una
giustificazione.
«Comunque
sia… direi che possiamo
cominciare.» Per Ash si stava iniziando a perdere anche
troppo
tempo. Carlos e le ragazze si limitarono ad annuire, prendendo una
delle loro Poké Ball. Ash fece allo stesso modo.
«Tocca a
te!» I quattro schierarono i
loro Pokémon in contemporanea. Anita mandò in
campo il suo
Oshawott, Serena la sua Sylveon, Carlos Umbreon e Ash la sua Snivy.
Pikachu era un po’
deluso, gli sarebbe
piaciuto prendere parte allo scontro, ma capiva anche le motivazioni
del suo Allenatore. Il regolamento prescriveva che la coppia di
Allenatori che avrebbe fatto la prima mossa sarebbe stata estratta
casualmente. Per rispondere a questa esigenza, esistevano diverse
applicazioni per simulare il lancio di una moneta, e Ash ne aveva
una installata sul suo Smart Rotom. «Voi cosa
scegliete… Testa o
croce?» Chiese Ash .
«Croce!»
Rispose Carlos. «Allora noi
testa.» Rispose il ragazzo, mentre avviava il lancio della
moneta
virtuale. «È uscita croce, cominciate
voi.» Li invitò Ash .
I due non se lo fecero
ripetere.
«Oshawott! Acquagetto!» Ordinò Anita. Il
Pokémon Lontra spiccò
un salto ed il suo corpo si
circondò di uno
strato d’acqua.
«Forza, Umbreon! Diamo una mano!» Carlos
incoraggiò il suo
Pokémon, «Usa Palla Ombra!»
Ordinò. Dalla bocca del Pokémon
Lucelunare si generò una grossa sfera di energia oscura dal
colore
viola scuro, tendente al nero. Era rivestita da numerose scariche di
energia, che ricordavano dei fulmini, anch'essi di colore violaceo.
“Sembra che l’allenamento con Ash abbia dato i suoi
frutti.”
Pensò Carlos. “Il suo Palla Ombra sembra
più grande e più
potente delle altre volte” La sua distrazione durò
qualche
frazione di secondo, ma fu comunque sufficiente da consentire alla
Sylveon di Serena di difendersi. Generò dei raggi di energia
dal
colore dorato dalla forma di stelle, che colpirono la sfera di
energia oscura, facendola esplodere in migliaia di scintille
colorate.
Contemporaneamente, Oshawott
aveva quasi
raggiunto Snivy. Stava quasi per colpirla. Ash era rimasto in
silenzio, senza muovere un muscolo. E così la
Pokémon, che nutriva
nel suo Allenatore una fiducia totale.
«Non
ancora… non ancora…» L'esperto
Allenatore sembrava volesse prendere tempo. «Adesso salta e
schiva!»
Ordinò. La Pokémon spiccò un salto e
girò su se stessa.
La sua coda si
illuminò di un verde
chiaro. La Pokémon colpì l’avversario
con la sua coda, facendolo
cadere a terra e facendogli terminare il suo attacco in un nulla di
fatto.
Il Pokémon Lontra
colpì il terreno,
scavandolo con la testa. «Hey! Ma quell’attacco
era…» Ash si
prese alcuni istanti di pausa. Intanto Oshawott stava cercando di
rialzarsi. «Fendifoglia! Ma è
fantastico!» Si complimentò il
ragazzo. «Vii!» La Pokémon rispose al
complimento. Nel mentre,
L’Umbreon di Carlos tentò di attaccare Sylveon con
Attacco Rapido,
mettendosi a correre a gran velocità contro la
Pokémon della nativa
di Kalos.
«Forza, Sylveon!
Cerca di contrastarlo
con Vento di Fata!» Ordinò la ragazza. La
Pokémon generò una
fortissima corrente dal colore rosato, che investì il
Pokémon
Lucelunare, rallentando di parecchio la sua corsa.
«Forza, Umbreon!
Sono sicuro che ce la
puoi fare!» Carlos incoraggiò il suo
Pokémon, che di tutta
risposta strinse i denti e cercò di contrastare la corrente
che lo
spingeva verso il suo Allenatore.
«Eoon!» Il
Pokémon Lucelunare si
oppose con fierezza all’attacco avversario, vincendo la forza
del
vento e riuscendo a colpire la Pokémon di Serena,
spingendola
indietro.
Nel mentre, Oshawott si era
rimesso in
piedi, pronto a ricevere ordini dalla sua Allenatrice. «Forza
Oshawott! Usa Pistolacqua su Sylveon!» Ordinò.
Dalla bocca del
Pokémon Lontra si generò
un potente getto d’acqua, proiettato in direzione della
Pokémon di
Serena, la quale stava cercando di riprendersi dall’attacco
di
Umbreon.
Ash ordinò a Snivy
di attaccare con
Frustata. Da una delle protuberanze sulla schiena della
Pokémon uscì
una sottile liana. La Pokémon la guidò con
precisione, fino a
colpire Oshawott in pieno stomaco, facendolo cadere di nuovo a terra.
Nel mentre, Sylveon era di
nuovo pronta a
lottare.
«Ehi! Ma questo
Houndour è vostro?»
Qualcuno interruppe lo scontro. «Time out!» Ash
chiamò
l’interruzione della lotta. «Ah… sei
tu!» Ash si girò nella
direzione della voce.
Era Raoul. «Scusate
se ho fatto tardi.
Avevo promesso che avrei assistito al vostro allenamento, ma ho fatto
tardi. Scusatemi.» Il ragazzo fece un profondo inchino.
«Non fa nulla,
figurati!» Gli rispose
Ash . Quasi dimenticando la domanda sul Pokémon Buio.
Domanda alla
quale rispose Carlos. «Non è nostro. Abbiamo
sentito dei lamenti in
un boschetto poco lontano, così Ash ha chiesto a Pikachu di
indagare e… appunto, la causa di quei lamenti era proprio
lui. Era
ferito e lo abbiamo portato qui al Centro
Pokémon.» Spiegò.
Il ragazzo fece cenno di aver
capito.
«Scusate ancora se vi ho interrotto.» Ancora un
altro inchino.
«Possiamo
riprendere!» Gli esortò Ash
. «Fino ad ora avete fatto davvero un ottimo
lavoro.» Si
congratulò. I tre si limitarono ad annuire.
«Ora però
facciamo sul serio! Snivy!
Usa Vorticerba!» Ordinò il ragazzo. «E
tu Sylveon! Usa Comete!»
Orinò Serena. Contro i Pokémon di Anita e Carlos
sopraggiunse una
tempesta formata da foglie affilate e dei raggi di energia dalla
forma di stelle.
«Forza,
schivate!» Ordinarono Carlos e
Anita, al contempo.
Sfortunatamente, i due
Pokémon non
riuscirono ad evitare il colpo, diventando vittime
dell’esplosione
che si generò dallo scontro tra i due attacchi. Entrambi i
Pokémon,
dopo l’esplosione apparvero piuttosto malconci.
«Direi che
così può bastare.» Ash interruppe di
nuovo la lotta.
«Avete fatto davvero
un grandissimo
lavoro!» Ash si congratulò nuovamente.
«So che potete fare ancora
di meglio, ma per il momento può bastare
così» Aggiunse poco dopo.
«Questa si che è stata una bella lotta!»
Si complimentò Raoul.
«Questo è
solo un allenamento.» Gli
rispose Ash . «Oh!» Si limitò a
rispondere. «Mi piacerebbe
allenarmi con te… se non ti dispiace.» Gli propose
il ragazzo dai
capelli blu. «Certo, ci mancherebbe!» Gli rispose
il nativo di
Kanto. «Cosa ne dici, Pikachu, ti andrebbe una
lotta?» Chiese Ash .
«Pika-Pi!» Rispose il Pokémon.
«E così tu schieri il tuo
leggendario Pikachu?» Chiese Raul, retoricamente.
«Allora io scelgo
te!» Il ragazzo prese una delle sue Poké Ball
dalla tasca.
«Crustle! È il tuo momento!» Dalla
Poké Ball del ragazzo uscì un
Pokémon dall'aspetto di un grosso paguro. I suoi occhi erano
grandi,
le sue tenaglie grosse e possenti. Possedeva sei zampe. Il suo corpo
era in gran parte arancione, tranne per alcune parti, che invece
erano marroni. Il suo corpo era interamente protetto da un un grosso
scoglio di colore grigio, con striature gialle e marroni.
«Uh!
Crustle! Interesante!» Commentò Ash , mentre
prendeva il suo Smart
Rotom, per scansionare quel Pokémon con la funzione
Pokédex del
dispositivo. «Crustle, Pokémon Scogliocasa. Tipo
Coleottero e
Rocca. Esemplare maschio. Predilige i luoghi aridi e nei giorni di
pioggia non esce dalla sua roccia. È molto territoriale.
Mosse
conosciute Frana, Devastomasso, Forbice X» Ash sembrava
piuttosto
incuriosito da quel Pokémon. «Sembra davvero molto
forte!»
Commentò. «Se siete pronti, possiamo dare il via
alla lotta!»
«Prontissimi!» Rispose Raoul. «Forza
Crustle! Usa Frana!» Il
Pokémon crostaceo generò degli enormi massi
affilati, che lanciò
in direzione del suo avversario. «Forza! Pikachu,
rispediscili al
mittente! Codacciaio!» Il Pokémon topo
spiccò un potente balzo. La
sua coda si illuminò di bianco, cambiando la sua struttura e
diventando durissima. Il Pokémon Topo colpì con
la coda ogni
singolo masso e lo lanciò nuovamente contro
l’avversario.
«Distruggile con
Forbice X» Ordinò
l’Allenatore. Le chele del Pokémon crostaceo si
illuminarono di
arancione, pronto a ricevere i massi. Come previsto dal suo
Allenatore, ogni singolo masso venne sbriciolato.
«Furbo da parte
vostra.» Commentò
Raoul.«Ma da voi non mi aspettavo nulla di
diverso.» Aggiunse poco
dopo. «Crustle!
Riproviamo! Usa
Devastomasso!»
L’Allenatore era consapevole del rischio che correva. Dopo
l’attacco sarebbe dovuto
restare fermo, immobile per
riprendere
fiato. Dalle chele del Pokémon si incominciò a
generare un grosso
masso.
«Forza, Pikachu!
Prima che sia troppo
tardi! Attacca con Fulmine!» Ordinò Ash . Dalle
sacche elettriche
sulle guance del Pokémon si generarono delle piccole
scariche, che
in minuscole frazioni di secondo divennero delle scariche
immensamente potenti.
Il Pokémon
Crostaceo venne colpito in
pieno dal potente attacco del roditore elettrico. Il grosso masso che
stava generando davanti a sé, si polverizzò in
migliaia di
frammenti.
Il Pokémon
Scogliocasa barcollò,
colpito dal potente attacco nemico, ma non mollò.
«Riprovaci!» Lo
invitò il suo Allenatore.
«Devastomasso!» Ordinò. Il
Pokémon non
si mosse. “Dannazione! È l’effetto di
Devastomasso!” Pensò.
Nel mentre Ash e Pikachu volevano approfittare della situazione per
chiudere la lotta.
«Forza! Avvicinati
con Attacco Rapido!»
Ordinò il Campione. “Ma come? Eppure lo sai che
gli attacchi di
tipo Normale non
sono molto indicati sui
Pokémon di tipo
Roccia!” Pensò. «E ora…
Codacciaio!» Il Pokémon, sfruttando
lo slancio dettato dalla sua corsa, il Pokémon fece un
grosso balzo
e colpì il guscio dell’avversario con la coda,
diventata dura come
l’acciaio e affilata come una spada. Il guscio del
Pokémon si
divise in due metà.
I pezzi del guscio caddero a
terra,
causando un grosso tonfo e sollevando una nuvola di polvere, che fece
tossire Raoul. «Tutto bene, Crustle?» Chiese il
ragazzo. «Beh,
perlomeno si è preoccupato più del suo
Pokémon che non dei suoi
vestiti.» Commentò Carlos, in tono ironico. La
battuta del giovane
strappò a malapena un sorriso a Ash .
In Pokémon
Scogliocasa, nel frattempo,
si era già messo all’opera per riparare gli
ingenti danni subiti
dal suo guscio. Con enorme fatica, era riuscito a rimettere in piedi
i pezzi e ad avvicinarli.
Stava incominciando a
spruzzare la sua
bava collante sui pezzi, per ricostruire la sua abitazione.
«Sapete?
Nessuno, prima d’ora era riuscito anche solo a scalfire il
suo
guscio.» Raccontò il ragazzo. «Almeno
fino ad ora.» Aggiunse poco
dopo.
Diverse ore dopo, il
Pokémon Scogliocasa
era riuscito a riparare il suo masso, e sembrava estremamente
soddisfatto del suo lavoro. Finalmente Raoul poté finalmente
far
ritornare il suo Pokémon nella Poké Ball.
«Vedrai che la prossima
volta andrà meglio.» Cercò di
rassicurarlo.
Nel frattempo, Ash e Anita
avevano
continuato il loro allenamento, mentre Houndour stava giocando con
l’Umbreon di Carlos. L’Infermiera, approfittando
della
tranquillità del momento, era uscita fuori
dall’edificio, e stava
osservando tanto l’allenamento dei due quanto Houndour e
Umbreon
giocare.
«Sembra che Houndour
si sia
completamente ripreso.» Commentò
l’Infermiera. «Ho stampato
alcuni manifesti per Houndour. Così, magari il suo
Allenatore lo
riconosce e lo verrà a prendere.»
Spiegò. «Certo!» Risposero i
quattro, insieme. L’Infermiera fece per entrare
all’interno del
Centro Pokémon. «Vado a prenderli, datemi un
attimo.» Due minuti
dopo, l’Infermiera tornò dai ragazzi, con in mano
diversi fogli,
dello scotch e delle forbici.
Sui fogli, tutti uguali, e
stampati a
colori, vi era una grossa scritta “Ritrovato. Al centro del
foglio
vi era una foto del Pokémon Buio, e sotto una breve
descrizione.
“Esemplare di Houndour maschio ritrovato nel boschetto poco
fuori
città. Il suo Allenatore lo potrà ritrovare al
Centro Pokémon in
via della Bottega”
Per semplificarsi il lavoro, i
quattro
decisero di separarsi, in modo da tappezzare più zone della
città
possibile. Appesero decine e decine di manifesti su bacheche, pali
della luce… lampioni. Speravano che questo potesse aiutare
il
proprietario a ritrovare il suo Pokémon perso.
Mentre i quattro stavano
appendendo i
manifesti, qualcuno, dietro di loro, li strappava e buttava nei
cestini dei rifiuti. «Loro non lo sanno. Ed è
meglio così. Non
tornerà mai indietro.» Commentò un
ragazzo, mentre strappava, da
un palo l’ennesimo manifesto e lo buttava in un cestino.
Ash , dopo aver piazzato
l’ennesimo
manifesto, decise di tornare indietro. Sulla via del ritorno, Ash
notò un ragazzo, intento a leggere uno dei manifesti.
Indossava un giubbotto leggero
dal colore
verde, con il cappuccio che gli copriva i capelli, dei pantaloni neri
e delle scarpe sportive. Dopo essersi guardato attorno, il ragazzo
strappò il manifesto e lo appallotolò.
«Hei! Cosa stai
facendo?» Ash riprese
quel ragazzo. «Non sono affari tuoi.» Rispose il
ragazzo, in tono
seccato. «Ti ho visto mentre strappavi il
manifesto.» Ash rincarò
la dose. «Perché non vuoi che un Allenatore
ritrovi il suo
Pokémon?» Il ragazzo rimase silenzioso.
«Forse tu non sei un
Allenatore. Non puoi sapere quanto un Allenatore tenga ai suoi
Pokémon.» Il nativo di Kanto stava cominciando ad
alterarsi.
Pikachu cercò di calmarlo.
«Sei tu, Allenatore,
a non capire.» Gli
rispose il ragazzo. «Voi Allenatori sfruttate i vostri
Pokémon come
schiavi. Li fate lottare… li fate gareggiare per il vostro
divertimento. Non ve ne importa se si feriscono. Tanto
l’Infermiera
è sempre pronta a curarli e a riconsegnarveli. E
così
all’infinito.» Il ragazzo strinse un pugno.
«E tu pensi che io lo
possa permettere?» Chiese, retoricamente. «Quel
Pokémon ha vinto.
Ora è libero.» Altra pausa. «Che cosa
sia successo al suo
Allenatore? Non mi interessa. E anche se lo sapessi, non lo direi di
sicuro a te.» Il ragazzo sembrava celare un sorriso.
«Voi del Team Plasma
tenete davvero ai
Pokémon?» Chiese Ash . Il ragazzo si
sentì alle strette. «Sennò
perché mai li libereremo dal giogo degli
Allenatori?» Chiese. Ash si stava seccando dal ricevere
domande del genere.
«Ma voi ci tenete
davvero ai Pokémon?»
Ash cercò di provocarlo a sua volta.
«Certo… altrimenti perché
li libereremo?» Gli rispose il Seguace. «E allora
se tenete davvero
ai Pokémon, non avreste dovuto liberarlo qui.» Il
Seguace stava
perdendo la pazienza. «Che intendi dire?» Chiese.
«Houndour è un
Pokémon che vive in branco. Da solo non può
sopravvivere a lungo.»
Il seguace si girò di scatto. «Cosa ne puoi sapere
tu di cosa
voglia dire fare il bene dei Pokémon, che sei un
Allenatore?» Ash prese un respiro. «Di sicuro ne so
più di te. Perché un Allenatore
cerca sempre di fare il meglio per i suoi Pokémon. Anche se
questo
significa liberarli. Per quanto sia doloroso farlo. Ogni volta che ho
liberato un Pokémon, una piccola parte di me è
morta.» Raccontò
Ash . «Se vuoi catturare quel Pokémon, fai pure.
Il suo Allenatore
non lo verrà a cercare. Tanto per ogni Pokémon
che viene
ricatturato, ne liberiamo a decine.» Rispose il seguace,
prima di
andarsene.
Terminato il giro, i quattro
si
reincontrarono al Centro Pokémon. Tutti sembravano piuttosto
stanchi
e avevano un’aria delusa. «Anche da voi hanno
strappato i
manifesti?» Chiese Ash . I suoi amici confermarono con un
piccolo
gesto del capo. «Mi chiedo chi voglia impedire ad un
Allenatore di
ritrovare il suo Pokémon.» Carlos sembrava
dubbioso. «Il Team
Plasma.» Rispose Ash , visibilmente alterato. «Ho
parlato con uno
di loro. L’ho visto mentre ne strappava uno. Sembra che siano
interessati solo a liberare i Pokémon. Non pensano nemmeno a
liberarli nel loro ambiente.» Raccontò il ragazzo.
Ancora
speranzoso del fatto che Allenatore e Pokémon potessero
ricongiungersi, omise il fatto che Allenatore e Pokémon
fossero
costretti a separarsi.
«E così
il Team Plasma ha fatto
strappare tutti i manifesti?» Chiese l’Infermiera.
«Immaginavo.
Forse i manifesti non sono l’idea migliore.
Proverò con un post su
PokéLink. E beh… voi potete condividere il post.
Immagino che il
Campione del Mondo e una delle più famose idol abbiano un
gran
seguito.» Spiegò l’Infermiera.
L’Infermiera prese
il suo Smart Rotom.
Aveva una cover dal colore rosa e, sul retro, una stampa che
ricordava la faccia di Audino, il suo Pokémon.
Digitò rapidamente
un messaggio di testo, del tutto simile a quello scritto sul
manifesto. Una volta finito, mandò il messaggio in rete.
«Almeno
qui non possono cancellarlo.» Commentò.
Appena il post
arrivò nella homepage di
Ash e Serena. I due si affrettarono a condividere il post coi loro
followers, sperando che questo permettesse di rintracciare il suo
Allenatore.
Il giorno seguente, i quattro
si
svegliarono presto, in modo da poter arrivare all’edificio in
cui
si sarebbe svolto il torneo.
Come ogni mattina, i quattro
stavano
facendo colazione, la solita colazione dolce con cappuccino e un
cornetto. Ash poté
notare come, rispetto al
giorno della sua
prima lotta in Palestra, Anita apparisse molto più
tranquilla. Ash glielo fece notare,
con un leggero sorriso.
«Sono felice di
vederti più tranquilla, rispetto anche solo a qualche giorno
fa.»
Le spiegò. «Dici?» Chiese la ragazza,
non aspettandosi di sicuro
un’affermazione del genere. «Il giorno in cui
dovevi affrontare la
prima Palestra, mi sembravi molto tesa. Mi ricordo che ti avevamo
quasi dovuto costringere a fare colazione.» Spiegò
il ragazzo. «Non
lo so. Forse è perché qui tutto dipende da
me.» Rispose la
ragazza. «Oppure stai imparando che…»
Ash cercò di dire
qualcosa, prima di interrompersi, a causa di una notifica sul suo
Smart Rotom.
«Dobbiamo sbrigarci.
Almeno avremo un
po’ di tempo per prepararci.» Ash finì
di divorare il suo
cornetto e di bere il suo cappuccino. Quindi, insieme a Pikachu
iniziò a dirigersi verso l’edificio lotta. Gli
altri si sentirono
quasi costretti a seguirlo.
I quattro camminarono una
buona mezz’ora,
fino a raggiungere l’edificio dove si sarebbe svolto il
torneo. Era
un edificio
dall'architettura simile al
Centro
Pokémon. Solo più grande. Davanti
all’edificio vi era già una
bella fila di persone, tutti
interessati a partecipare al
torneo. «Ve
l’avevo detto che dovevamo arrivare prima!» Si
lamentò Ash ,
mentre, insieme agli
amici, si accodava alla fila.
«Serena?
Anita?» Una voce familiare fece girare le ragazze.
«Abby?» Una
ragazza dai capelli neri, lisci. Erano lunghi fino a metà
schiena.
Aveva pelle chiarissima. Indossa una maglietta nera con le maniche
lunghe che le lasciava l'ombelico scoperto, una giacca nera, dei
pantaloni neri e delle scarpe nere. «Non ci credo!»
La ragazza
parlò a bassa voce, per non farsi sentire dal diretto
interessato,
che era in fila poco lontano, dietro ad Anita. «Ma lui
é… Ash Ketchum! In persona!» La ragazza
si rivolse a Serena. Tenne per sé
il “mi chiedo cosa ci faccia qui un Allenatore del suo
livello”.
Serena non si fece del tutto vincere dalla gelosia. «Posso
presentartelo. Sai, noi due abbiamo parecchia
confidenza » La
nativa di Kalos sottolineò particolarmente le ultime due
parole.
Abby si limitò ad annuire. «Forse prima
è meglio che sbrighi la
fila.» Le rispose la ragazza in nero. Serena si
limitò a
risponderle con un semplice “va bene”.
La fila, per fortuna, scorreva
con una
certa rapidità, e, finalmente arrivò il turno di
Ash , per
depositare la sua iscrizione al torneo. Il nativo di Kanto si
trovò
davanti ad una donna di circa cinquant’anni, seduta dietro ad
un
bancone. Aveva i capelli biondi piuttosto corti e degli occhi verdi.
Indossava degli spessi occhiali in plastica rossa e degli orecchini.
Aveva una maglietta nera con delle strane decorazioni in plastica
rotonde dello stesso colore.
La donna quasi gli
strappò di mano la
domanda di iscrizione e lo Smart Rotom.
«Mi chiedo cosa ci
faccia qui un
Campione del tuo livello.» Commentò, scocciata.
«Voi vincere il
torneo per manifesta superiorità o cosa.» Ash
scosse la testa. «Il
torneo è aperto a tutti.» Ribatté.
«Come vuoi.» Sbuffò la
donna, mentre compilava la domanda di iscrizione. «Il
Campione dei
Campioni e si iscrive con Snivy e Sandile! Ma non ti pare di essere
ridicolo? Con tutti i Pokémon che hai…»
Ash stava per
risponderle male, ma, prima di poterlo fare, la situazione venne
presa in mano da una collega della donna. «Il Campione del
Mondo ci
onora della sua presenza e tu lo tratti in questo modo? Eppure
conosci il protocollo quando viene a trovarci uno degli Otto
professionisti.» La donna appariva ancora più
seccata, dopo la
strigliata della collega. «Sei con gente? Se si quanti
siete?»
Chiese, scocciata. «Quattro.» Rispose Ash . La
donna estrasse da un
cassetto quattro tessere magnetiche, e le diede al ragazzo.
«Di là,
corridoio a destra. Avrete delle stanze riservate. Se vuoi puoi anche
far entrare degli ospiti. Ma ti prendi la responsabilità se
fanno
danni.» Ash non rispose. Non gli rimase che aspettare che
anche
Carlos terminasse l’iscrizione.
Appena il gruppo si
riunì, Ash consegnò
le tessere ai suoi amici. «E questa
cos’è?» Chiese Carlos. «Uno
dei pochi vantaggi di essere Campione, non è vero
amico?» Il
ragazzo si rivolse a Pikachu. Il Pokémon Topo si mise a
ridere. Se
solo sapesse di quell’impiegata… «Almeno
non dovremo condividere
gli spogliatoi con altri.» Aggiunse Ash , poco dopo.
«Vorrei
presentarti… una mia amica.»
Serena prese Abby per mano e la invitò ad avvicinarsi a Ash
.
«Piacere di conoscerti. Mi chiamo Abby!» La ragazza
porse la mano
ad Ash , che la strinse. «Il piacere è tutto mio.
Sono Ash , e lui
è il mio amico Pikachu!» Si presento!
«Pika-Pikachu!» Si presentò
il Pokémon. «Mi sembra di averti già
vista… non ricordo dove…»
Ash si mise una mano davanti alla bocca, pensieroso. «Era una
delle Performer al varietà di Eolea.» Rispose
Serena. «Aveva una
Gothitelle e un Houndoom. Se non ricordo male.» Gli
ricordò Serena.
«Si… so di non aver fatto un buon
lavoro.» Abby assunse un’aria
delusa. «Ma no! Hai fatto un ottimo lavoro.» Le
rispose Serena.
«Sai… ho letto la tua
intervista…» Abby cercò di cambiare
argomento. «Ed è per questo che sono venuta qui.
Ho sentito che
vorresti che nei Varietà ci fossero delle lotte.
Quindi…» «Non
ti devi giustificare.» Le rispose Serena. «So della
promessa che
hai fatto. Ma ricordati che non c’è nulla di male
a partecipare ad
un torneo.» Aggiunse poco dopo. «E poi, dalle lotte
puoi imparare
qualcosa che puoi usare nelle tue esibizioni al
Varietà.» Si
aggiunse Ash . Serena aveva notato il cambio di espressione di Abby.
Aveva notato come stava guardando Ash . «Ora però
andiamo. Dobbiamo
prepararci.» Serena trascinò Ash verso di
sé, lasciando Abby
abbastanza perplessa, mentre guardava Ash trascinato di forza
dall’amica.
Una volta che i quattro
entrarono nelle
loro stanze, ognuno di loro decise di passare quel tempo in modo
diverso. Grazie alle carte date loro da Ash , avevano a disposizione
una loro stanza privata per prepararsi ed eventualmente passare il
tempo fra una lotta e l’altra. Le stanze non erano molto
grandi, ma
erano comunque abbastanza confortevoli. Vi era un divano in pelle
marrone, probabilmente trasformabile in un letto, una scrivania con
una sedia, una televisione appesa su una parete, un piccolo
frigorifero con delle bevande al suo interno, un armadio, in finto
legno, per riporre i propri vestiti, nel caso in cui ci si volesse
cambiare. La stanza disponeva anche di un bagno privato.
L’aerazione della
stanza era garantita
da una finestra, mentre la sua climatizzazione da un condizionatore,
appeso ad una parete. In quel momento era regolato sui 24 gradi.
Tutti, tranne Anita, sapevano
già con
quali Pokémon avrebbero partecipato. Il regolamento
prescriveva che,
sebbene durante le lotte, gli Allenatori potessero usare un solo
Pokémon, potevano iscriverne due, più un terzo di
riserva. Carlos,
per ovvi motivi, avrebbe potuto contare unicamente sul suo Umbreon.
Serena, aveva deciso sin da subito chi avrebbe lottato. Il primo
Pokémon che aveva ottenuto, la sua Delphox, e
l’ultimo Pokémon
che aveva catturato. Lilligant. La ragazza decise di farle uscire
entrambe dalle rispettive Poké Ball. Grazie a Sylveon, le
due
Pokémon avevano iniziato a fare conoscenza, ma ancora non
erano
molto legate. «Sai?» La nativa di Kalos, si rivolse
a Lilligant,
mentre, nel frattempo stava scattando alcune foto alle sue
Pokémon,
per portarne qualcuna sul suo profilo di PokéLink.
«Ash mi ha
raccontato che durante il Varietà sei stata tranquilla tutto
il
tempo. E mi ha anche raccontato che hai fatto amicizia con un altro
Pokémon. Sono molto fiera di te!» Si
congratulò la ragazza. «Lill!
Lill!» La Pokémon sembrava molto felice di quel
complimento. «Ti
piacerebbe, più tardi, lottare? Ci saranno delle persone, ma
credimi, nessuno ti farà del male.» Le
spiegò la ragazza. La
Pokémon, inizialmente, non reagì.
«Forse è ancora troppo presto.»
Commentò la ragazza. La Pokémon, di tutta
risposta, appoggiò un
braccio-foglia sulla mano della ragazza. Era il suo modo per dire che
avrebbe almeno provato. «Sono felice di vederti che almeno tu
ci
voglia provare.»
Anita, invece, aveva deciso di
mettere
alla prova la sua Vivillon, ma non era molto sicura sul
Pokémon che
l’avrebbe affiancata. Scegliere tra Oshawott ed Herdier non
era
affatto semplice. Questa volta, però, non voleva chiedere
consiglio
a nessuno. Voleva scegliere da sola. Dopotutto non c’era una
scelta
giusta o una scelta sbagliata, no?
Ash , come anche Serena, stava
per far
uscire dalle Poké Ball i due Pokémon che aveva
scelto, quando
qualcuno bussò alla porta. «Ash Ketchum! Fammi
entrare! O sarò
costretta ad arrestarti!» Il ragazzo, pur con forti dubbi, si
sbrigò
ad aprire la porta. Davanti al ragazzo e al suo Pikachu, si
palesò
una donna dai capelli verdi tagliati corti. Aveva gli occhi castani e
sulle labbra un leggero rossetto rosso. Indossava una divisa composta
da una camicia, giallo-marrone, una cravatta nera,
una gonna e un berretto dello
stesso
colore della camicia. Sulla giacca diverse decorazioni. Indossava,
infine dei guanti
bianchi. «Salve
agente…» La salutò
cordialmente Ash . «Ash … sei in
Arresto!» Il ragazzo si spaventò
a morte. «Per cosa?»
Provò a chiedere.
«Per non avermi
riconosciuta!» Ash era ancora più perplesso.
«Eh?» Chiese.
«Allora vuol dire che il travestimento funziona…
Almeno come
quello da Seguace del Team Plasma.» Ash fece un rapido ordine
mentale.
«Agente
Velaurora!» La giovane si
limitò ad annuire. «Siediti pure.» La
invitò Ash , sposandosi su
un lato del divano.
«Tranquillo, mi
siedo qui.» La giovane
prese la sedia e si sedette di fronte ad Ash , sedendosi a
cavalcioni sulla sedia. «Il
capo mi ha ordinato di
occuparmi della
sicurezza di questo evento. Ho scoperto che parteciperai anche tu.
Bellocchio mi ha praticamente ordinato di venirti a parlare. Sai,
questo torneo ha rischiato di non disputarsi.»
Spiegò «Davvero?»
Ash sembrava davvero stupito. Perché mai non disputare il
torneo?
Austropoli,
Capitale di Unima.
La
più grande ed importante città della regione era
un continuo viavai
di persone, mezzi e Pokémon. Centinaia di migliaia
di
persone che si muovevano per le enormi arterie di una delle
città
più grandi ed importanti, non solo di Unima, ma anche di
tutto il
mondo Pokémon.
Importantissimo
centro finanziario ed industriale, era una città in cui non
era
affatto strano incontrare persone provenienti da ogni parte del
mondo.
Poiché
si trattava della capitale della regione, era anche la sede dei suoi
principali organi di governo. Le due Camere, la Camera Nera e la
Camera Bianca, che avevano sede, rispettivamente nel Palazzo Reshiram
e nel Palazzo Zekrom, il Palazzo Kyurem, dove aveva invece sede il
Governo e dove le due camere operavano in seduta comune e il Palazzo
dei Solenni Spadaccini, dove aveva sede il principale organo di
giustizia della regione.
In
quel momento, le due Camere si trovavano in seduta congiunta per
discutere di importanti, quanto noiosi, ordini del giorno. Tra tutti,
però, spiccava una busta delle lettere. Era realizzata in
carta
pregiata e sigillata con della ceralacca blu scuro. Il sigillo
impresso sulla stessa era lo stemma del Team Plasma. Uno scudo con
una P e delle altre decorazioni.
La
Camera era al completo. L’enorme stanza era elegante e
curata. I
banconi erano in pregiato legno, le sedute erano in pelle rossa, le
pareti decorate con pregiati arazzi e quadri. Al centro del soffitto
un gigantesco lampadario in metallo, cristallo e pietre preziose.
Tutti
i parlamentari si erano riuniti quel giorno. Uomini in giacca e
cravatta e donne in abiti eleganti. Prima che iniziasse la seduta, si
stavano scambiando le ultime chiacchiere.
Tutto,
fino a quando una dei tanti addetti, non suonò la consueta
campanella, che diede, come da tradizione, avvio ai lavori. Di colpo
calò il silenzio. Il Primo Ministro, un uomo sulla
quarantina,
vestito in giacca e cravatta, come i suoi colleghi, capelli castani
corti, occhi dello stesso colore, barba rasata di fresco, si
alzò in
piedi e prese la parola. «Buongiorno. Come sapete, oggi ci
troviamo
in seduta congiunta per discutere di alcuni importanti ordini del
giorno. O, perlomeno questa era l’intenzione, prima
dell’arrivo
di questa.» L’uomo prese una busta dalla pila di
documenti. Fece
ben attenzione a mostrarla a tutti i presenti. «Questa
lettera è
stata spedita a questo indirizzo da parte del Team Plasma.»
Di
colpo, nella stanza, fino a quel momento silenziosa.
Sembrava
tutti si interrogassero su chi fosse il Team Plasma e su cosa
volesse. Non ci volle molto prima che la stessa addetta si trovasse
costretta a richiamare l’ordine con la consueta campanella.
«Vi
vorrei ricordare perché siete qui!» le parole del
Primo Ministro
suonavano come un rimporvero. Ritrovata la piena attenzione dei
presenti, l’uomo aprì la busta, rompendo il
sigillo, quindi tolse
la lettera dalla busta. Era realizzata, anch’essa in carta
pregiata.
Il
Primo Ministro inforcò gli occhiali e lesse la lettera ad
alta voce.
«Alla
cortese attenzione del Governo della Repubblica di Unima,
Siamo
il Team Plasma.
Vogliamo
che sappiate che non abbiamo intenzione di prendere il potere. Il
nostro obiettivo non è quello di governare, ma di cambiare
il mondo
per il bene dei Pokémon.
Riteniamo
che le lotte e i Varietà Pokémon siano crudeli e
inumani. Queste
pratiche causano sofferenza ai Pokémon e non possono
più essere
tollerate.
Pertanto,
vi esortiamo a fermare immediatamente tutti gli eventi che
coinvolgono le lotte e le esibizioni di Pokémon. Questo
è il primo
passo verso il nostro obiettivo finale: dichiarare illegale il
possesso di Pokémon.
Se
non seguirete le nostre direttive, saremo costretti a prendere misure
drastiche. Non sottovalutate la nostra determinazione. Abbiamo i
mezzi e la volontà di portare avanti la nostra causa.
Vi
invitiamo a riflettere sulle vostre azioni e a fare la scelta giusta
per il bene dei Pokémon e dell'intera regione di Unima.
Cordiali
saluti,
Team
Plasma»
Terminata
la lettura, nella sala nessuno osò proferire parola. Non che
non
fossero informati sulla questione, i giornali avevano riportato la
notizia dell’esplosione alla base del Team Plasma tra
Levantopoli e
Eolea.
Nessuno
era stato in grado di identificare chi l’avesse causata, e la
persona che aveva reso pubblica la notizia avrebbe preferito restare
anonima. In quell’occasione la notizia venne liquidata
rapidamente,
come l’ennesimo gruppetto di esaltati che se le cantava e se
le
suonava. Tuttavia, nessun gruppetto del genere era mai arrivato a
mandare lettere minatorie dirette al governo.
«Non
è una minaccia che possiamo ignorare.» uno dei
deputati della
Camera Nera prese la parola. «Il Team Plasma mette a serio
rischio
le stesse fondamenta della nostra società.»
Aggiunse. «Unima ha
un’antichissima tradizione. Sin dalle sue origini, Uomini e
Pokémon
hanno vissuto fianco a fianco. Non possiamo sottostare alle loro
minacce.» Si aggiunse un collega, sempre della Camera Nera.
Voce
dopo voce, tutti si mostrarono d’accordo. Era una delle poche
volte
in cui tutti i rappresentanti erano d’accordo. Non potevano
certamente assecondare le loro prepotenze. Qualcuno azzardò
proporre
di limitare gli spostamenti e perquisire i non Allenatori. Proposta
rifiutata perché incostituzionale.
Alla
fine della seduta, si stabilì che gli eventi con pubblico
che
avrebbero coinvolto Pokémon, avrebbero ricevuto dei maggiori
controlli all’ingresso, per evitare l’ingresso di
Seguaci del
Team Plasma.
Ash sembrava particolarmente
sorpreso.
Non credeva che il Team Plasma potesse arrivare a tanto.
«Dopo il
nostro incontro ho avuto a che fare con uno di loro.» Le
raccontò
Ash . «Raccontami.» Lo esortò. Ash
raccontò di Houndour e di
come lui e i suoi amici abbiano messo dei manifesti per farlo
ritrovare e di come il Seguace abbia strappato tutti i manifesti e di
come i due abbiano avuto un rapido scambio di parole. «So che
tu
vorresti solamente partecipare al torneo.» partì.
«Ma come ti
dicevo prima la situazione è molto delicata e per questo ti
chiedo
di collaborare. Abbiamo fatto tantissimi controlli sugli spettatori,
che sono arrivati con moltissimo anticipo e nessuno di loro
appartiene al Team Plasma. Ma non possiamo esserne completamente
certi.» Ash , a quelle parole, si limitò ad
annuire. Non era nei
suoi piani, ma, essendo il campione del mondo, non poteva rifiutarsi.
Sicura della collaborazione di Ash , l’agente si
alzò dalla sedia.
«Ora scusami, ma devo
proprio andare.» Lo
salutò. «Ci
vediamo!» Ash la salutò a sua volta.
«Buona fortuna per il
torneo. Non so chi sarà il tuo
partner, ma sicuramente
sarà davvero una
persona fortunata.» Pochi secondi dopo, l’Agente
rientrò nella
stanza di Ash.
«Mi sono dimenticata
una cosa.» Ash
sembrava perplesso. Cosa si era dimenticata? «Sarò
io ad occuparmi
della premiazione. In caso non ci siano problemi prima,
chiaramente.»
Ash non aveva idea di cosa potesse andare storto. «Mi
potresti
passare il tuo Smart Rotom?» Chiese. Ash glielo
passò senza
esitare, dopo averlo sbloccato. «Ti invierò
un’applicazione che
potrà tornarti utile.» La giovane
attivò il bluetooth di entrambi
i dispositivi, in modo da inviare file senza passare per la rete
dati. «Del tipo?» Ash si chiedeva di cosa potesse
trattarsi. «È
un’applicazione sperimentale per effettuare comunicazioni
assolutamente criptate. Per il momento è sperimentale. La
userete tu
e gli altr Otto Professionisti. Verrete avvisati tramite questa
applicazione quando sarà richiesto l’intervento
vostro o dei
vostri Pokémon.
Quando
l’applicazione sarà a pieno
servizio, metterà in comunicazione tutti i Campioni, i
Superquattro
e i Capipalestra.» Spiegò. Ash era affascinato
dalle parole
dell’agente. «La tecnologia è davvero
incredibile!» Commentò.
«Puoi dirlo forte.»
Rispose la giovane donna,
prima di
andarsene. «Ora, però, scusami, ma devo davvero
andare.»
Non troppo tempo dopo, tutti
gli
Allenatori vennero richiamati per il briefing pre torneo. Tutti i
presenti si trovavano in una stanza, piuttosto grande, con diverse
sedie. Tutti gli Allenatori si sedettero, aspettando istruzioni.
Dopo alcuni minuti, davanti al
gruppo di
Allenatori apparve un uomo di circa quarant'anni, vestito in abiti
sportivi.
«Un caloroso saluto
a tutti,
Allenatori!» Diede loro il benvenuto. «Sono felice
di vedervi così
tanto numerosi, nonostante tutto quello che è successo negli
ultimi
tempi.» I vari Allenatori si scambiarono degli sguardi
perplessi.
Erano in pochi a conoscere il reale motivo. «Come ben sapete,
le
coppie di Allenatori vengono estratte in maniera casuale, e lo stesso
vale per gli incontri. Potrete usare un solo Pokémon a testa
per
ogni incontro, ma immagino lo sappiate già.»
Spiegò. «Ora
possiamo procedere con l’estrazione. Ognuno di voi
riceverà un
tagliandino con un numero. Una volta che tutti avrete il vostro,
tagliandino, potremo proseguire.» A queste parole,
apparentemente
dal nulla, apparve una sua collega, che distribuì
un tagliandino ad ogni
partecipante.
L’estrazione delle
coppie, avvenuta
tramite un bussolotto, durò all'incirca una decina di
minuti.
«Molto, molto bene!» Commentò
l’uomo. «I due Allenatori che
costituiscono una coppia, sono pregati di sedersi uno accanto
all’altro e di distanziarsi leggermente dalle altre
coppie.»
L’uomo sperò di essere stato sufficientemente
chiaro.
Le sue parole scatenarono un
gigantesco
viavai di Allenatori e Allenatrici che si alzavano e si spostavano da
una parte all’altra, gridando ad alta voce il numero che
avevano
ricevuto.
Concluso l'andirivieni di
Allenatori e di
Allenatrici, finalmente si formarono tutte le coppie. Erano sedici
coppie. Ash era stato estratto con Anita, Carlos con Ivan, il rivale
di Anita, Serena con Raoul e Abby con un ragazzo sconosciuto.
Era piuttosto alto e magro.
Aveva i
capelli biondi corti e una barba appena visibile. Indossava una
maglietta di una nota band musicale e un paio di jeans. Indossava
delle scarpe da lavoro di una famosa marca.
«E così
tu sei Abby? Piacere di
conoscerti! Mi chiamo Oliver.» Le porse la mano. Una mano da
lavoratore. Piena di tagli e cicatrici. «Piacere.»
La ragazza, con
le sue mani piccole, lisce e curate, dalle lunghe unghie colorate con
uno smalto nero, si sentì quasi a disagio. Tentò
di accennare un
sorriso.
Ash e Anita, ormai potevano
considerarsi
ottimi amici, per cui la ragazza si limitò a commentare,
rivolta al
suo maestro, di aver avuto un grande fortunata ad averlo al suo
fianco.
Ash , dal canto suo, aveva
avuto numerosi
flashback delle sue precedenti lotte in doppio. Da quelle disputate
con le amiche a quelle coi rivali, contro di essi, o con qualcuno di
loro al loro fianco.
Serena e Raoul, invece, erano
appena dei
conoscenti, e l'elegantone sembrava piuttosto a disagio. “Ma
tra
tutti proprio la ragazza più bella del torneo doveva
capitare
proprio a me?” Pensò. «Tutto
bene?» Gli chiese la ragazza,
accorgendosi della sua espressione imbarazzata. «Si-si. Tutto
bene…
solo che di certo non mi sarei aspettato… beh…
ecco…» «Così
tanta gente?» La ragazza cercò di anticiparlo.
«Si…tanta gente.
Mi mette a disagio.» Cercò di recitare quella
parte.
Diversa la situazione tra Ivan
e Carlos.
I due ragazzi si davano le spalle a vicenda. Non sembravano in alcun
modo interessati a collaborare. Pessima scelta in un torneo di lotte
in doppio.
Per quanto
l’Allenatore di Umbreon
tentasse di fare delle proposte al biondo, questi, nella migliore
delle ipotesi, rispondeva a grugniti. Non stava di certo facendo una
buona impressione. «Vedi di non essermi
d’intralcio.» Sbuffò.
«Posso benissimo vincere il torneo da solo. Tu fai almeno
finta di
essere di aiuto.» Aggiunse.
In quegli stessi istanti, un
computer
aveva deciso quali sarebbero stati gli abbinamenti. I primi a lottare
sarebbero stati Ash e Anita. I due, già sapevano chi
avrebbero
affrontato. Sullo schermo, le loro foto erano state accoppiate a
quelle dei loro sfidanti. Lo stesso valeva per tutte le coppie del
primo turno.
Avrebbero affrontato una
coppia di
giovani Allenatrici. Una ragazza dai capelli azzurri, molto lunghi,
che poteva avere al massimo vent’anni. Indossava una giacca e
una
gonna abbinate. Entrambe erano principalmente gialle e arancioni.
Indossava anche dei pantaloni tipo leggins e delle scarpe sportive.
Al suo fianco una ragazza, più giovane di lei di alcuni
anni. Aveva
dei capelli sul biondo e gli occhi blu. Sembrava indossasse una sorta
di uniforme scolastica. La parte superiore era un maglione, che
copriva una camicia e una cravatta. Indossava una minigonna e delle
scarpe eleganti.
Ash , Anita e le loro sfidanti
giunsero
al campo lotta, dopo aver attraversato un sottopassaggio dalle
tribune.
Era il classico campo lotta in
terra
battuta, solo un po’ più grande del solito. Era
circondato da
delle tribune su tutti i lati.
Le tribune erano semplici
strutture in
legno, con delle sedute di plastica. Diversi riflettori garantivano
l’illuminazione del campo, in caso fosse necessario. Sulla
parte
bassa delle tribune, erano presenti diversi teli con i loghi dei
diversi sponsor che finanziavano il torneo.
Quattro maxi schermi
posizionati
strategicamente, permettevano anche a chi si trovava nella zona alta
delle tribune di vedere perfettamente lo scontro. Delle casse si
occupavano del sonoro.
Quello che veniva mostrato
sugli schermi,
era, a sua volta trasmesso sulla televisione e in streaming
nell’intera regione di Unima. O, anche fuori, grazie al sito
internet del canale.
In belle giornate come quella,
ci pensava
il Sole ad illuminare il campo, grazie ad un’ampia vetrata
sul
soffitto.
«Gentilissimo
pubblico!» La stessa
persona che aveva condotto il briefing, si trovava ora al centro del
campo lotta, con in mano un microfono senza cavo. Solo a quelle
parole, dalle tribune si alzò un boato. «LOTTA!
LOTTA! LOTTA!»
Gridavano.
«Sono felice di
vedere che siete accorsi
numerosi. Numerosissimi. Oggi è un grande giorno. Si
disputerà la
settantacinquesima edizione del torneo a doppi incontri di
Zefiropoli. Sponsorizzato, come da diciott’anni a questa
parte,
dalla Amon, uno dei gioielli dell’industria dei trasporti
della
regione di Unima. Dal motociclo alla nave cargo,
dall’utilitaria al
Gigante dei Cieli, se si tratta di un mezzo di trasporto, la Amon ha
la soluzione perfetta per le tue esigenze.» L’uomo
non dimenticò
di presentare il munifico sponsor dell’evento.«
Sono estremamente
fiero di potervi annunciare che, tra i partecipanti al torneo,
abbiamo anche il Campione del Mondo, Ash Ketchum! Saranno lui e la
sua compagna a vincere l’ambitissimo premio messo a
disposizione
dalla Amon? Quattro biglietti all-inclusive per seguire la
centounesima edizione della Ventiquattro ore di Spiraria, la
più
prestigiosa corsa automobilistica della storia. Chi vincerà
i
biglietti potrà seguire la gara direttamente dai box,
potrà bere e
mangiare a volontà nell’esclusivo club Tifosi.
Condivideranno con
la squadra gioie e dolori, come solo una gara di durata sa fare.
Altro premio, sempre riservato ai primi in classifica, è un
tour
della fabbrica della Amon. Per i secondi e per i terzi classificati,
il premio è un’esclusiva vacanza per quattro
persone di una
settimana in un esclusivo resort dell’isola di
Ember» L’uomo si
accorse di come il pubblico si stesse spazientendo. «Ma
veniamo agli
Allenatori che si affronteranno nel primo turno…»
L’uomo si
voltò alla sua destra.
«Alla mia destra
abbiamo il Campione del
Mondo, Ash e la sua partner Anita. Le loro
avversarie…» L’uomo
si voltò a sinistra. «Sono le Allenatrici Shannon
e Sibyl!
Allenatori… Schierate i vostri
Pokémon!» Ordinò l’uomo. Ash
mandò in campo Sandile, mentre Anita mandò in
campo la sua
Vivillon. Shannon Schierò un Golett e Sibyl un Minccino.
Il Pokémon della
ragazza più grande
assomigliava ad un golem di pietra. Era alto all’incirca un
metro.
Il suo corpo era azzurro e bluastro. La testa, come parte del corpo,
era azzurra. Una striscia blu separava parzialmente gli occhi, di
colore giallastro. Gli occhi non avevano la stessa forma: quello
destro era a forma ad L
mentre il sinistro era rettangolare. Sul petto era presente un
quadrato azzurro legato al torace con delle corde rettangolari di
colore marrone. Sul quadrato vi era incisa una spirale gialla. Gli
avambracci e le mani erano blu. Il braccio presentava una
protuberanza rettangolare. Le gambe, azzurre, erano sprovviste di
piedi ed erano decorate con delle protuberanze triangolari.
Anita, che non aveva mai visto
quel
Pokémon, decise di scansionarlo con il suo Smart Rotom.
«Golett.
Pokémon
Statuanima. Tipi Terra e
Spettro.
Esemplare dal sesso sconosciuto. Un popolo antico lo ha creato
modellando l'argilla per farne un servitore. La fonte dell'energia
che lo anima è sconosciuta. Mosse conosciute. Pugnodombra,
Palla
Ombra,
Gelopugno e
Tuonopugno»
La ragazza più
giovane, invece, schierò
un Minccino. Un Pokémon dall’aspetto di un
roditore, dal corpo
peloso, principalmente bianco. Aveva dei ciuffi di peli sulla testa,
all'interno dell'orecchio e sul collo. Le sue orecchie erano
piuttosto grandi e posizionate ai lati della testa. Il loro interno
era e parzialmente coperto da ciuffi di pelo. I suoi occhi erano
piuttosto grandi e marroni. Gli arti avevano una forma arrotondata ed
erano piuttosto piccoli. D’altro canto, la coda era lunga e
piuttosto pelosa. La ragazza approfittò nuovamente delle
funzioni
del suo Smart Rotom per scansionare il Pokémon.
«Minccino. Pokémon.
Cincillà. Esemplare femmina. È un maniaco della
pulizia e non
sopporta neanche la più piccola traccia di sporco. Usa la
coda come
una scopa per pulire ogni superficie. Mossa conosciute: Comete,
Fulmine, Protezione e Semitraglia.» Potendo almeno conoscere
le
mosse degli avversari, la ragazza si sentì un minimo
più
tranquilla.
Nel frattempo l’uomo
si era allontanato
dal centro del campo. Era salito verso le tribune ed era entrato
all’interno di una stanzina, con tutta probabilità
la cabina di
commento.
Da quella piccola stanza era
possibile
avere un’ottima visuale del campo di lotta, potendo
commentare le
azioni dei
Pokémon in campo in
maniera ottimale.
Nello stesso istante, attorno
al campo
lotta si sollevò una barriera di energia dal colore
verde-blu. «In
questo modo, il
pubblico non rischia di essere
colpito da
eventuali attacchi.» Spiegò Ash
all’amica. Nel mentre l’arbitro,
un ragazzo di circa venticinque anni, vestito con il solito completo
da arbitro di lotta, una maglietta verde e dei pantaloni corti con
delle stampe a forma di Poké Ball, e delle scarpe sportive,
diede il
via all’incontro. «Che la lotta abbia inizio! La
prima mossa
spetta alle sfidanti!» Annunciò
l’arbitro. Un uomo sulla
trentina.
«Golett! Usa
Tuonopungo su Vivillon!»
ordinò Shannon. «E tu Minccino usa Semitraglia su
Sandile!» Ordinò
Sibyl. Il Pokémon Golem si mise a correre, mentre il suo
braccio
destro si caricava di una potente energia elettrica, mentre il
Pokémon Cincillà cominciava a sputare dalla bocca
numerosissimi
semi, che ricordavano dei proiettili. Per il momento stavano
unicamente colpendo il terreno, sollevando della polvere.
Ash e Anita si scambiarono un
rapido
sguardo. «Fai come al Varietà.» Le
suggerì il ragazzo. Anita si
limitò ad annuire.
«Vivillon…
usa Eterelama!» Ordinò la
ragazza. La Pokémon, dalle sue ali generò diverse
lame d’aria che
raggiunsero e colpirono i semi lanciati dal Pokémon
Cincillà,
facendoli esplodere in una grande quantità di polvere
colorata.
«Sandile! Ferma
Golett con Morso!»
ordinò Ash , poco dopo. Il Pokémon Sabbiadrillo
si mise a correre
in direzione dell’avversario. Quando fu abbastanza vicino,
spiccò
un balzo e aprì la bocca, chiudendo il pugno elettrificato
del
Pokémon Statuanima con una morsa strettissima.
«Golett! Cerca di
liberarti!» Ordinò la ragazza. Il
Pokémon mosse il braccio più
rapidamente possibile, cercando di scrollarsi il coccodrillo di
dosso.
Per tutta risposta, il
Pokémon
Sabbiadrillo strinse ulteriormente la presa. Iniziavano anche ad
udirsi dei suoni non molto piacevoli. Sembravano quasi degli
scricchiolii. «Non è possibile! Golett! Tiriatelo
di dosso!» Il
Pokémon; con un movimento più rapido di prima,
finalmente riuscì a
togliersi di dosso il Pokémon avversario.
«Sandile! Cerca di
frenare la tua caduta
con Ombrartigli!» Ordinò Ash . Le unghie delle
zampe del Pokémon
si allungarono a dismisura e si tinsero di viola. Raschiando sul
terreno, riuscì a rallentare non poco.
Grazie a questo il
Pokémon riuscì a
limitare i danni. Lo stesso non poteva dirsi del suo avversario. Sul
braccio destro del Pokémon Statuanima erano ben visibili i
segni dei
morsi del coccodrillo della sabbia. «Vivillon! Usa Comete
contro
Minccino!» Ordinò Anita. « Minccino! Usa
anche tu Comete!»
Controbattè la ragazza in divisa. I due attacchi si
scontrarono in
mezzo al campo, sollevando un enorme polverone. «Ottimo,
Sandile!
Vai! Attacca Golett con Ombrartigli!» Ordinò Ash .
Il Pokémon
Sabbiadrlillo, approfittando della polvere riuscì a
raggiungere il
suo avversario.
Grazie a delle speciali
membrane a
protezione dei suoi occhi, il Pokémon poteva vedere
chiaramente
anche dentro la più forte delle tempeste di sabbia.
Come la volta precedente, gli
artigli del
Pokémon si allungarono a dismisura, illuminandosi di una
luce
violacea. «Forza Golett! Difenditi con Palla
Ombra!» Ordinò la
ragazza dai capelli azzurri.
Il Pokémon
generò dalle mani una sfera
di energia oscura dal colore violaceo, che fece quasi da scudo verso
il potente attacco avversario. Inizialmente sembrava che lo scudo
reggesse, ma poi, gli effetti collaterali del morso di Sandile si
resero evidenti. Il braccio destro del Pokémon, che in
precedenza
aveva iniziato a scricchiolare, ora stava per cedere.
Il Pokémon
Sabbiadrillo avrebbe solo
dovuto reggere un altro po’. «Sandile! Via di
lì!» Ordinò Ash ,
accorgendosi de Minccino della loro avversaria, intento a preparare
un potente attacco Comete.
Quei raggi di energia non
avrebbero in
alcun modo disturbato Golett, essendo immune agli attacchi di tipo
Normale, ma avrebbero sicuramente colpito Sandile.
Il Pokémon
obbedì, spiccando un piccolo
salto, appena in tempo per vedere i raggi di energia a forma di
stella, attraversare, senza causare danni, il corpo
dell’avversario.
«Golett! Usa
Gelopugno!» Ordinò la sua
Allenatrice. Lei ancora non si era accorta della frattura sul braccio
del suo Pokémon. «Sandile! Usa Fossa!»
Ordinò Ash . Mentre il
Pokémon Terra/Buio iniziava a scavare una fossa, Ash si
girò verso
l’amica. «È il tuo momento.»
Le disse, a voce molto bassa. Anita
non era molto abile nel leggere il labiale, ma più o meno
capì ciò
che l’amico intendeva. «Vivillon! Usa
Energipalla!» Ordino! La
Pokémon generò una gigantesca sfera di energia
dal colore
verdastro, e la scagliò contro l’avversario, che
aveva colpito il
terreno con un potente pugno e congelato parte del terreno
circostante. La gigantesca sfera di energia, simile ad un occhio,
colpì in pieno il Pokémon della ragazza,
generando una gigantesca
esplosione. A causa del ghiaccio e dei danni subiti in precedenza, il
braccio destro del Pokémon cedette.
Contemporaneamente, Sandile,
che si era
nascosto sotto terra, aveva raggiunto la Minccino avversaria.
«E ora
Morso!» Il Pokémon Sabbiadrllo, approfittando
della nuvola di
polvere che aveva sollevato, attaccò l’avversaria
di spalle, con
un potente morso. «Golett e Minccino non sono più
in grado di
lottare! Vincono Sandile e Vivillon. Di conseguenza Ash e Anita
passano al prossimo turno!» Annunciò l'arbitro.
Come da tradizione, terminata
la lotta,
gli avversari si incontrarono a metà campo e si strinsero la
mano.
«Siete state delle ottime avversarie.» Si
congratulò Ash .
«Lottare con te è stato un onore.» Si
complimentò la ragazza più
grande. Ash si accorse di come l’amica fosse stata lasciata
un po’
da parte. «Se non fosse stato per te e per Vivillon, non so
come
sarebbe andata a finire.» Si complimentò con
l’amica, lasciandola
di stucco.
«Sono stati
fantastici! Forza! Loro ce
la faranno e batteranno tutti i loro rivali!» Gioì
l’agente,
salvo poi recuperare l’aplomb. «No! No! Non posso
far saltare la
mia copertura.» Si riprese. Sperava di essere stata scambiata
per
una semplice agente Jenny grande ammiratrice di Ash.
Dopo alcuni turni,
toccò a Serena e a
Raoul. La nativa di Kalos schierò la sua Delphox, mentre
l’elegantone aveva schierato il suo Crustle. Serena era
stupita dal
fatto che il Pokémon fosse riuscito a ricostruire il suo
guscio,
nonostante gli ingenti danni subiti durante la lotta contro Pikachu,
per poi rendersi conto del fatto che, in quel momento, le
priorità
erano altre.
Avrebbero dovuto lottare e,
possibilmente, vincere.
I loro avversari erano una
donna sulla
trentina, con dei lunghi capelli violacei. Indossava degli occhiali
con una montatura violetta, un camice da laboratorio bianco con delle
penne su una tasca, e un ragazzone dai capelli rasati, con un barba
lunga e incolta. Indossava una camicia mezza sbottonata. Indossava
poi dei pantaloncini corti e delle scarpe da lavoro.
La donna mandò in
campo un Klink, un
Pokémon che assomigliava ad una coppia di ingranaggi, con
sei denti
ciascuno, incastrati l’uno sull’altro. I denti
degli ingranaggi
erano grigio chiaro, mentre le regioni centrali sono molto
più
scure. I loro occhi sinistri erano a forma di "X",
contrariamente ai loro occhi destri, molto ampi con una pupilla nera
e una cornea bianca. Avevano un tondo naso verde e bocche piccole che
tenevano costantemente aperte.
Il suo alleato, invece,
mandò in campo
un Inkay, un Pokémon che Serena ben conosceva. Lo stesso non
poteva
dirsi del suo alleato. Era la prima volta che vedeva quel
Pokémon.
Assomigliava ad un calamaro blu. Aveva una cupola di forma
triangolare rosa con i bordi bianchi e dei pallini gialli in testa.
Attaccati ad essa si trovavano dei filamenti bianchi. Il corpo dalla
forma di un calamaro era blu e terminava con cinque tentacoli. Gli
occhi erano bianchi, con delle grandi pupille. La bocca era piuttosto
piccola e di colore rosa.
Il ragazzo lo
scansionò con il suo Smart
Rotom. «Inkay. Pokémon Volteggio. Tipo Psico e
Buio. Esemplare
maschio. Scambia informazioni con i suoi simili facendo lampeggiare i
motivi sul suo corpo in sequenze complesse. Mosse
conosciute: Psicoraggio,
Neropulsar,
Lanciafiamme.» Il ragazzo ripose il suo dispositivo in tasca.
«Che la lotta abbia
inizio! La prima
mossa spetta a Serena e Raoul!» Dichiarò
l’arbitro.
I due non se lo fecero
ripetere due
volte.
«Crustle! Usa
Frana!» Ordinò Raoul. Il
Pokémon Scogliocasa generò dei massi, e gli
scagliò contro gli
avversari. «Klink! Usa
Ingracolpo per sbriciolare i
massi!»
Ordinò la scienziata. Il Pokémon di tipo Acciaio
si parò davanti
al Pokémon Volteggio,
cominciando a far roteare i
suoi
ingranaggi, frantumando ogni singolo masso. Serena si limitò
a
sorridere. Sembrava pensare “Esattamente quello che
volevo”
L’espressione della ragazza tornò più
seria. «Delphox!
Fuocobomba!» LA Pokémon Volpe generò
dal suo ramo una gigantesca
stella di fuoco, che poi lanciò contro i due avversari, che
vennero
colpiti in pieno dalla
fiammata, venendo
sconfitti in un solo colpo. «Klink e Inkay non sono
più in grado di
lottare.»
Annunciò
l’arbitro. «Di conseguenza
vincono Serena e Raoul.» I quattro, come sempre si
incontrarono al
centro del campo di lotta, per stringersi la mano.
Carlos e Ivan furono tra gli
ultimi a
lottare. Nessuno l'aveva notato, ma tra il pubblico, proprio pochi
istanti prima dell’inizio
della lotta, il piccolo
Houndour, fece
capolino tra gli spalti. Il suo istinto ci aveva visto giusto. In
quel momento Umbreon
stava per lottare.
Ivan, invece,
schierò un Frillish
maschio. Un Pokémon estremamente simile ad una medusa.
L’esemplare
di Ivan era un maschio. Il colore del suo corpo tendeva all'azzurro.
La sua testa era sferica. Sul capo vi era una protuberanza bianca
simile ad una corona. Attorno al collo vi era una sorta di collare
bianco, simile a quello usato dai nobili in tempi antichi. Aveva
cinque tentacoli tutti piatti. I tre più piccoli avevano una
macchia
bianca a forma di diamante, mentre quelli più lunghi avevano
una
punta più ampia e dalla forma irregolare. Il volto aveva
un’espressione apatica. la bocca e gli occhi erano blu, con
una
pupilla rossa. Sugli occhi era ben evidente un ciglio.
I loro avversari erano un
signore anziano
dai capelli bianchi piuttosto corti, indossava un completo elegante,
una giacca blu scuro, che con l’illuminazione della stanza,
sembrava nera, pantaloni dello stesso colore, scarpe nere. Indossava
anche un cappello blu scuro. La sua partner era una giovane donna dai
capelli neri, abbastanza corti. Indossava un berretto arancione, una
camicia verde e una gonna arancione. Ai piedi degli stivali in pelle
marrone decorati con dei fiocchi di un colore simile e delle lunghe
calze nere.
I due schierano,
rispettivamente, un
Lampent, un Pokémon di tipo Fuoco e Spettro
dall’aspetto di una
lampada. Aveva una testa sferica, con occhi gialli ovali e una fiamma
viola-bluastra all'interno. In cima alla sua testa ha una copertura
nera con una punta appuntita in cima, che ricordava un paralume.
Sotto la sua testa vi era il suo corpo, piuttosto piccolo e nero.
Nella parte inferiore si trovava una punta. Dal suo corpo si
estendevano due braccia lunghe e ondulate, prive di dita, e un Raichu
di Alola. Come la forma normale, il suo aspetto era quello di un
roditore, dal colore marrone-arancio. La sua pancia era bianca. Le
sue guance erano tonde e gialle. Era alto all’incirca ottanta
centimetri. Aveva delle lunghe orecchie dalla forma arrotondata, le
sue zampe e le sue braccia erano piuttosto tozze. Sul dorso si
trovavano due strisce chiare e orizzontali. Il Pokémon
levitava in
aria sospeso sulla sua coda.
«Senti…»
Ivan si rivolse a Carlos.
«Sono entrambi deboli agli attacchi del mio
Pokémon. Tu e il tuo
Umbreon vedete di non intralciarci.» Houndour aveva osservato
la
scena dagli spalti. Quel ragazzo gli faceva paura. Tentò di
nascondersi tra le gambe degli spettatori, con scarso successo.
Quel ragazzo gli metteva una
certa
inquietudine. Era esattamente l’opposto…
“Oh no… non voglio
più avere a che fare con lui!” Pensò il
Pokémon.
«Comincia la lotta
tra la coppia di
Allenatori Ivan e Carlos e la coppia di Allenatori Toto e
Susie!»
L’arbitro introdusse gli sfidanti. Il pubblico osservava il
tutto
con grande curiosità.
«La prima mossa
spetta a Ivan e Carlos.»
Dichiarò l’arbitro, pochi istanti dopo. Il biondo
lanciò
un'occhiata minacciosa al suo alleato. «Lascia fare a noi!
Frillish! Usa Surf!» Ordinò. La Medusa
sollevò una gigantesca
onda, e si mise a calvalcarla. Umbreon dovette scansarsi per non
essere colpito.
«Raichu!
Locomovolt!» Ordinò la donna.
«Lampent! Ombra notturna!» Ordinò il suo
alleato. Il Pokémon Topo
si mise a correre a gran velocità, a dispetto del corpo
piuttosto
cicciottello, rivestendosi di una grandissima quantità di
elettricità.
«Umbreon! Frenalo
con Attacco Rapido!
Come ci ha insegnato Ash !» Il Pokémon Lucelunare
si mise a correre
a gran velocità, diretto contro il Pokémon Topo.
I due Pokémon si
scontrarono poco prima
della metà del campo, venendo lanciati vicendevolmente
indietro
dall’energia dell’impatto. Raichu finì,
perdipiù colpito da una
violenta onda di energia dal colore violaceo, generata dal suo
alleato, e poco dopo, sia lui che Lampent che Raichu.
«Eppure dovresti
sapere che l’acqua
conduce l'elettricità!» La donna sembrava
sorridere. «Raichu! Usa
Fulmine!» Ordinò. «Lampent! Tu attacca
Umbreon con Lanciafiamme!»
Ordinò Toto.
Il Pokémon Lanterna
obbedì. La fiamma
all’interno del suo corpo divenne molto più grande
e potente, fino
a sprigionarsi all’esterno del suo corpo. «Umbreon!
So che ce la
puoi fare! Neropulsar!» Ordinò Carlos, a sua
volta. Dalla bocca del
Pokémon Lucelunare si sprigionarono degli anelli di energia
dal
colore violaceo, che intercettarono e colpirono l’attacco
avversario, per poi colpire il Pokémon Lanterna.
«Lampent non è
più in grado di lottare!» Dichiarò
l’arbitro. «La coppia che
passerà al prossimo turno dipenderà dal risultato
della lotta uno
contro uno tra uno dei Pokémon della coppia in vantaggio e
il
Pokémon ancora in grado di lottare
dell’altra.» Aggiunse poco
dopo.
Carlos era incredulo. Pensava
che a causa
del Fulmine di Raichu, anche Frillish fosse stato sconfitto.
Evidentemente era troppo preso dalla lotta per accorgersi di quello
che era successo.
«Frillish!
Proteggiti!» Ordinò Ivan. La medusa si avvolse in
uno scudo di
energia dal colore azzurro verde e si immerse all’interno
dell’onda. La scarica di energia fu incredibilmente potente e
venne
ulteriormente amplificata dall’acqua. Susie sorrise. Pensava
che il
suo Pokémon avesse sconfitto il pericoloso avversario.
Il
suo sorriso fece spazio ad uno sguardo colmo di delusione quando
l’onda si dissolse. Il Pokémon avversario, ancora
avvolto dallo
scudo di energia, era in perfetta salute.
«Dannazione! Ti
avevo detto di non
intralciarmi!» Si lamentò Ivan. «E ora,
per colpa tua rischio di
non passare al prossimo turno!» Fece un passo nella direzione
di
Carlos.
«Aggredire il
proprio compagno comporta
la squalifica, ricordalo.» Lo avvisò l'arbitro.
Ivan sbuffò.
«Ringrazia che questo è un torneo ufficiale, o
avresti fatto una
brutta fine.» Lo intimò.
«Inizia ora la lotta
di eliminazione tra
Ivan e Susie.» L’arbitro indicò i due
Allenatori, che nel
frattempo erano stati illuminati da dei riflettori.
«Lotteranno con
i Pokémon con cui hanno lottato fino ad ora. Il vincitore
farà
avanzare la sua coppia al turno successivo.»
Spiegò l’arbitro.
«Che la lotta abbia inizio!» Annunciò
poco dopo.
I due Allenatori si trovarono
faccia a
faccia, pronti a lottare. Stavano solamente aspettando che
l’Arbitro
decidesse chi avrebbe fatto la prima mossa. «La prima mossa
spetta a
Susie.» Decretò l’arbitro.
«Ottimo!»
L’allenatrice sorrise.
«Benissimo! Raichu! Usa Elettrotela!»
Ordinò la donna. Il Pokémon
Topo generò una sorta di ragnatela elettrificata e la
lanciò in
direzione della medusa.
«Frillish! Schiva e
poi colpiscila con
Geloraggio!» Ordinò il ragazzo. Da davanti al
corpo del Pokémon si
generò un sottile raggio di energia gelata, dal colore
azzurrino,
che rapidamente congelò il campo di lotta attorno al
roditore
elettrico.
«Forza! Sciogliamo
il ghiaccio! Raichu!
Locomovolt!» Ordinò Susie. Era chiaro che lo
scontro stava per
giungere alle fasi finali. Il Pokémon Topo raccolse le sue
ultime
forze e si mise a correre a gran velocità, a dispetto del
corpo
piuttosto
cicciottello, rivestendosi di
una
grandissima quantità di elettricità.
«Chiudiamola
qui!» Ivan sembrava più
arrabbiato che mai. «Frillish! Palla Ombra!» Il
Pokémon Medusa
generò una sfera di energia oscura dal colore violaceo,
rivestita da
della sorta di scariche, simili all’elettricità,
quindi la scagliò
addosso all'avversario, colpendolo in pieno. L’impatto fu
estremamente violento, tanto da generare un’esplosione.
«Raichu non
è più in grado di
lottare!» Dichiarò l’arbitro.
«Di conseguenza Carlos e Ivan
passano al turno successivo.» Concluse. «Ringrazia
che siamo
passati.» Lo minacciò di nuovo Ivan.
«Altrimenti…»
Degli altri concorrenti, anche
Abby e il
suo partner passarono il turno. Le coppie che passarono in semifinale
furno Serena e
Raoul, Ash e Anita, Carlos e
Ivan e Abby
e Oliver.
Per decidere chi sarebbe
andato in
finale, Ash e Anita avrebbero affrontato Abby e Oliver, mentre
Serena e Raoul avrebbero dovuto affrontare Ivan e Carlos. La nativa
di Kalos e l’elegantone sarebbero stati i primi a lottare.
Per permettere alla sua
Delphox, fautrice
di due ottime prestazioni, di riposare. Questo voleva dire far
lottare Lilligant. La
ragazza non era sicurissima
della scelta,
ma la sua Pokémon le aveva promesso che ci avrebbe almeno
provato.
Anche Raoul, per quella lotta
avrebbe
schierato un Pokémon diverso da Crustle. Uno Yamask. Un
Pokémon
dall’aspetto di uno spiritello nero. Al suo corpo, piuttosto
sottile, erano collegate le braccia e, nella parte inferiore, una
maschera dorata. Il corpo possedeva tre sporgenze che gli davano una
forma irregolare. Possedeva due occhi minuscoli, rivestiti da una
circonferenza rossa con un puntino nell'angolo in basso a destra che
ricordava vagamente una lacrima in procinto di cadere.
La nativa di Kalos
scansionò il Pokémon
con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom.
«Yamask. Pokémon
Fatuanima. Tipo Spettro. Esemplare femmina. La maschera che indossa
è il volto che aveva quando era un umano. A volte si mette a
piangere mentre la guarda. Mosse conosciute: Maledizione, Fuocofatuo,
Sciagura»
Carlos mandò,
ovviamente, in campo il
suo Umbreon, mentre Ivan, probabilmente per risparmiare le energie di
Frillish, in previsione della finale, mandò in campo un
Liepard.
Serena fu l’ultima a
schierare un
Pokémon, mandando in campo proprio la sua Lilligant. La
Pokémon si
guardò intorno. Gli spalti erano ghermiti di gente.
La Pokémon si
girò verso la sua
Allenatrice con aria preoccupata. «Forse non ti avrei dovuto
far
partecipare.» Serena incrociò lo sguardo con la
sua Pokémon. «Però
prima ne sembravi felice.» Aggiunse poco dopo.
«Sappi che non mi
importa del risultato. Sarò comunque contenta di vedere che
ci hai
provato.» Tentò di rassicurarla.
«Un’Allenatrice
che non pensa a
vincere non può definirsi tale!» Sbuffò
Ivan. Desideroso che
l’incontro iniziasse al più presto. «Se
non partecipi per
vincere, allora, per cosa partecipi?» Incalzò
Serena. «La cosa non
ti riguarda.» Gli rispose la ragazza. Ivan stava diventando
fin
troppo insopportabile.
«Comincia la lotta
tra la coppia di
Allenatori Ivan e Carlos e la coppia di Allenatori Serena e
Raoul!»
L’arbitro introdusse gli sfidanti. «La coppia che
vincerà questa
lotta si aggiudicherà un posto in finale.»
Aggiunse poco dopo.
Intanto Ivan stava incominciando a perdere la pazienza. «Che
la
lotta abbia inizio! La prima mossa spetta a Serena e Raoul.»
Dichiarò l’arbitro.
«Lilligant!
Proviamoci! Attacca con
Sferrapolline!» Ordinò la ragazza.
«Yamask, tu attaccali con
Fuocofatuo!» Ordinò il ragazzo. La
Pokémon Fiorfronzolo generò
una massa di polline dal colore violaceo, che poi scagliò
contro
Liepard. «Ombrartigli!» Ordinò Ivan. Il
Pokémon Sanguefreddo,
spiccò un grosso balzo, mentre i suoi artigli si allungarono
e si
illuminarono di una luce violacea. Grazie al potente balzo, il
Pokémon riuscì a distruggere quella massa, senza
subire alcun
danno. Contemporaneamente, Yamask generò delle fiamme dal
colore
bluastro, che in breve raggiunsero i due Pokémon di tipo
Buio.
entrambi vennero avvolti dalle fiamme. «Molto furbo da parte
tua.»
Commentò Ivan. «Adesso immagino dirai al tuo
Yamask di usare
Sciagura. Non è vero?» Lo provocò Ivan.
«Sei troppo prevedibile.»
Lo criticò Ivan. «Liepard! Usa Riposo!»
Ordinò. Il Pokémon
Leopardo chiuse gli occhi e recuperò le energie. Carlos si
sentì
tradito. “Ma Ivan non era quello che voleva fare tutto da
solo?”
Si chiese. «Umbreon! Attacco Rapido!»
Ordinò. Il Pokémon
Lucelunare si mise a correre a gran velocità, diretto verso
la
LIlligant di Serena. «Difenditi, Lilligant!
Fiortempesta!» Ordinò
la nativa di Kalos.
La Pokémon
generò un tornado composto
da foglie e petali dal colore verde e arancione, scagliandoli contro
il suo avversario. Il Pokémon, a causa della grande potenza
dell’attacco venne scaraventato proprio contro il suo
alleato.
L’impatto tra i due Pokémon fu tale da svegliare
il Liepard
addormentato. Quest’evento, totalmente inaspettato, fece
alzare in
piedi tutto il pubblico, che scoppiò in un grande boato,
spaventando
Lilligant. La Pokémon sembrava fosse paralizzata.
«Tutto bene?»
Chiese Serena. La Pokémon non rispose. «Liepard!
Di nuovo
Ombrartigli!» Ordinò Ivan. «E tu,
Umbreon, Neropulsar!» Ordinò
Carlos. Il Pokémon Sanguefreddo si mise a correre, mentre i
suoi
lunghi artigli che si allungavano e si illuminavano di una luce
violacea. Rapidamente si avvicinò alla Pokémon
della nativa di
Kalos. «Lilligant! Schiva!» Ordinò
Serena. Niente da fare. La
Pokémon era paralizzata.
Nel mentre, le fiamme del
Fuocofatuo di
Yamask si scontrarono contro gli anelli di energia oscura generati da
Umbreon. Lo scontro tra i due attacchi generò una potente
esplosione. Entrambi i Pokémon uscirono senza particolari
danni.
Non si poteva dire lo stesso
per
Lilligant, ferita e ormai non più in grado di lottare, come
venne
fatto notare dall’arbitro.
«Forse era troppo
presto, ma posso
assicurarti che hai fatto un ottimo lavoro.» La ragazza fece
ritornare la sua Pokémon nella Poké Ball.
«Come da
regolamento, la lotta per
decidere il finalista, diventerà un uno contro
uno.» Dicharò
l’arbitro. «Saranno Liepard e Yamask ad
affrontarsi.» Aggiunse
poco dopo. Ivan sbuffò. Avrebbe voluto chiuderla subito.
«Facciamola finita
in fretta.» Ivan era
intenzionato a finire presto lo scontro. «Liepard!
Nottesferza!» Il
Pokémon
Sanguefreddo raggiunse
rapidamente il
Pokémon avversario, colpendolo con un violento colpo della
coda,
illuminata di viola.
«Yamask non
è più in grado di lottare.
Vince Liepard.» Dichiarò l’arbitro.
«Questo significa che Ivan e
Carlos sono qualificati per la finale. Ora non resta che scoprire chi
affronteranno.» Aggiunse poco dopo.
Poco prima della finale,
Serena era
riuscita a passare un po’ di tempo che la sua
Pokémon. Le due
erano nella piccola stanza che era stata data loro a disposizione.
La ragazza era seduta sul
divano, con la
Pokémon proprio davanti a lei. Lilligant aveva
un’aria triste.
Sembrava delusa e
amareggiata. I suoi sentimenti
erano
talmente evidenti che la ragazza non aveva neppure bisogno della
mediazione di
Sylveon. «Non
preoccuparti.» La ragazza
parlò alla Pokémon con tono dolce. «Hai
fatto del tuo meglio.»
«Gan?» La Pokémon sembrava, invece,
delusa. «Sono io che ho
sbagliato. Non ti avrei mai dovuto far lottare.» La ragazza
assunse
un’espressione triste. La Pokémon si
avvicinò alla sua
Allenatrice. Come qualche ora prima la sfiorò delicatamente
con una
delle sue braccia-foglia.
«Forse hai ragione.
Non dobbiamo
arrenderci. Possiamo superare questo ostacolo solo insieme.»
«Gant!»
La Pokémon sembrava entusiasta. Finalmente era certa della
sincerità
di Sylveon. Dopo una mezz’ora, fu finalmente il turno della
seconda
semifinale.
Ash e Anita avrebbero dovuto
affrontare
Abby e Oliver. L’alleato della ragazza era un ragazzo
grossomodo
dell’età di Ash , piuttosto alto e molto magro.
Aveva i capelli
castani e occhi chiari. Indossava una semplice maglietta rossa e dei
jeans, oltre che delle scarpe da ginnastica nere. A causa di un
piccolo problema di natura tecnica, i quattro ebbero alcuni minuti
per potersi confrontare. Tanto Abby quanto Oliver erano alquanto
entusiasti di affrontare il Campione del Mondo. Nessuno dei due
sembrava trattenere l’emozione che scaturiva dal doverlo
affrontare. «Hai già deciso con chi
lotterai?» Chiese Oliver. «Per
il momento hai lottato solo con Sandile e ha fatto davvero un buon
lavoro.» Aggiunse poco dopo. «Ora farai sul serio e
lotterai con
uno dei tuoi Pokémon storici, magari proprio con
Pikachu?» Chiese.
Ash accarezzò sulla testa il suo Pokémon.
«No. Non sarebbe
divertente né giusto.» I due avversari erano un
po’ straniti da
quell’affermazione. Anita, al contrario, non aveva reagito.
Stava
imparando a conoscerlo e capiva benissimo ciò che
l’amico
intendesse. «Sapete, noi ci alleniamo spesso insieme, e come
me ha
sempre lottato con Sandile e con un altro Pokémon che ha
catturato
da poco.» Spiegò Anita. «Come se volesse
mettersi allo stesso
livello del suo avversario.» Elaborò Oliver.
«Non è proprio così.
Penso semplicemente che ogni mio Pokémon possa diventare
più forte,
e per farlo deve allenarsi e lottare. È per questo che ho
scelto di
non far
partecipare nessuno dei
Pokémon che tu
chiami “storici”. Preferisco dare
l’opportunità di migliorare
ad altri.» Rispose Ash .
Finalmente il piccolo
inconveniente
tecnico, un problema ad un cavo di alimentazione di uno dei
maxischermi, il torneo poté ripartire. Il pubblico sembrava
veramente impaziente. I quattro non fecero nemmeno in tempo a
schierarsi che subito il pubblico iniziava a chiedere, con neanche
troppo velata insistenza, che la lotta cominciasse.
«Comincia ora la
lotta tra Ash e Anita
e i loro avversari Abby e Oliver. Allenatori! Schierate i vostri
Pokémon!» I quattro Allenatori mandarono in campo
i rispettivi
Pokémon. Ash mandò in campo la sua Snivy, Anita
il suo Oshawott.
Abby mandò in campo
la sua Mismagius, un
Pokémon che Ash conosceva bene. Anita ne incontrava un
esemplare per
la prima volta. Quel Pokémon assomigliava ad uno stregone.
Il suo
corpo era viola. Sembrava quasi una vestaglia svolazzante; era
decorata, nella parte frontale con tre gemme frontali marroni, il
collo era una sorta di palla grande più o meno come
metà della
testa. La testa aveva forma semisferica, con una sorta di
capigliatura dalla forma di un cappello da mago o da strega. Gli
occhi avevano la sclera gialla e l'iride rossa. La bocca a zig-zag
era rossa.
La ragazza
scansionò il Pokémon con la
funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Mismagius,
Pokémon
Stregone. Tipo Spettro. Esemplare femmina. Infligge
tormenti al nemico recitando formule malefiche che causano terribili
emicranie o provocano spaventose visioni. Mosse conosciute: Palla
Ombra, Fogliamagica, Gemmoforza, Magifiamma.»
Oliver, invece, aveva schierato un Cubchoo. Un piccolo
Pokémon, il
cui aspetto ricordava un cucciolo di orso polare. La parte superiore
del corpo era azzurro chiaro, tranne per il muso, che era di un
azzurro più scuro. Gli occhi e il naso, erano neri. Dal naso
pendeva
una goccia di muco azzurro. Il resto del corpo era bianco, ad
eccezione della parte sotto le zampe dove era presente un cerchio di
pelle nera. In questo caso fu Ash a scansionare il Pokémon
con il
suo Smart Rotom. Anita, al contrario dell’amico conosceva
benissimo
quel Pokémon. Aveva un peluche a forma di Cubchoo. Era uno
dei suoi
peluche preferiti quando era piccola. «Cubchoo.
Pokémon Freddo.
Tipo Ghiaccio. Esemplare maschio. Se
è in buona salute, la viscosità della goccia che
gli fuoriesce dal
naso aumenta. Se qualcuno non gli va a genio, lo imbratta con il suo
muco. Mosse conosciute: Lacerazione, Gelolancia, Geloraggio.»
«Che la lotta abbia inizio!» Dichiarò
l’arbitro. «La prima
mossa spetta a Ash e Anita.» Aggiunse poco dopo.
«Oshawott! Usa
Acquagetto su Cubchoo!»
Ordinò Anita. Il Pokémon Lontra spiccò
un salto, mentre il suo
corpo si rivestiva d’acqua. In pochi istanti avrebbe
raggiunto il
Pokémon di tipo ghiaccio. «Presto, colpiscilo con
Geloraggio!»
Ordinò Oliver. Dalla bocca del cucciolo, uscì un
potente raggio di
energia gelida, che colpì e raggiunse il Pokémon
avversario. Oliver
accennò un sorriso. Sembrava non essersi accorto di quello
che aveva
appena fatto.
«Mismagius! Non
stiamo ferme! Usa Palla
Ombra!» ordinò Abby. Dalla parte anteriore della
strega, si generò
una sfera di energia oscura dal colore violaceo, rivestita da della
sorta di fulmini, dal colore leggermente più chiaro.
«Forza, Snivy! Salta
e colpisci Palla
Ombra con Fendifoglia!» La Pokémon
spiccò un potente balzo. La sua
coda si illuminò di verde chiaro. La Pokémon
Colpì la sfera e la
rilanciò contro la sua avversaria, colpendola con il suo
stesso
attacco. Questo generò una esplosione, anche di una certa
violenza.
Contemporaneamente, Oshawott
si era
trasformato in un proiettile ghiacciato. Il Pokémon non era
ancora
perfettamente in grado di controllare il suo attacco, con quel peso
in più, ma ci provava.
Il Pokémon,
fortunatamente, riuscì a
colpire l’avversario, lanciandolo in aria e poi contro la
barriera
di energia. A causa dell’impatto, lo strato di ghiaccio che
rivestiva il Pokémon Lontra si ruppe, permettendogli di
tornare a
muoversi normlente.
«Snivy! Usa
Attrazione su Cubchoo!»
Ordinò Ash. La Pokémon fece
l’occhiolino all’avversario,
lanciando poi dei cuori rosa contro lo stesso. «Cubchoo!
Attacca
Snivy con Lacerazione!» Ordinò Oliver. Il
Pokémon Freddo,
innamorato della sua avversaria.
«Furbo da parte
tua.» Si congratulò
Oliver. «Non per nulla sei il Campione.» Aggiunse.
«Mismagius!
Attacca con Palla Ombra!» Ordinò Abby. La
Pokémon generò
l’ennesima sfera di energia oscura, che lanciò in
direzione
dell’Oshawott di Anita.
“No! Non di
nuovo!” Pensò la
ragazza. “Stai calma!” Pensò.
“Ti ricordi cosa ti aveva detto
Ash?” La ragazza ci dovette pensare un’altra rapida
frazione di
secondo. «Ma certo! Come se fossimo al Varietà!
Oshawott! Distruggi
il suo attacco con Conchilama!» Ordinò la ragazza.
Il Pokémon
Lontra afferrò la sua mollusciabola dal petto e la
brandì, quindi
la agitò come una spada, affettando l’attacco
nemico.
«Snivy! Usa
Frustata!» Ordinò invece
Ash. Dalle protuberanze sulla schiena della Pokémon uscirono
due
sottili liane, che vennero lanciate con grande velocità e
veemenza
contro il Cubchoo. Il Pokémon venne rapidamente avvolto
dalle liane
di Snivy.
«Forza, Cubchoo!
Cerca di rispondere con
Geloraggio!» Ordinò Oliver. Ash sorrise. Sembrava
quasi che si
aspettasse quella mossa. «Lancialo contro
Mismagius!» Ordinò. La
Pokémon seguì l’ordine del suo
Allenatore, scaraventando
l’avversario contro la sua alleata. Il Pokémon
Freddo, intanto
aveva già cominciato a lanciare il suo potente raggio di
energia
gelida. Il
piano di Ash aveva funzionato
come
previsto. Cubchoo aveva colpito la sua alleata. Ancora non era
abbastanza per vincere.
«Mismagius! Usa
Fogliamagica!» Ordinò
Abby. La Pokémon di tipo Spettro generò una
tempesta di foglie dal
colore violaceo, che scagliò contro i due Pokémon
iniziali. «Snivy!
So che puoi farcela! Usa Vorticerba!» ordinò Ash.
La Pokémon
generò un gigantesco tornado di foglie, che
scagliò contro i due
Pokémon avversari. L’attacco fu talmente potente
da inglobare e
lanciare contro la sua stessa utilizzatrice l’attacco
precedente.
«Mismagius e Cubchoo
non sono più in
grado di lottare!» Dichiarò l’arbitro.
«Questo vuol dire che
saranno Ash e Anita ad accedere alla fase finale del torneo, dove
affronteranno Ivan e Carlos.» Aggiunse poco dopo.
Come da tradizione, terminata
la lotta,
gli avversari si incontrarono a metà campo e si strinsero la
mano. E
i consueti complimenti, dopo la lotta.
Era finalmente giunto il
momento della
finale. Il pubblico sembrava non aspettasse altro, soprattutto
considerando che tra i finalisti vi era il Campione del Mondo.
Ash era tranquillo. Aveva
piena fiducia
nella sua Snivy. Lo stesso non poteva dirsi di Anita. Avrebbe lottato
con Vivillon, un Pokémon contro cui né Carlos,
né Ivan avevano mai
lottato, ma questo non la tranquillizzava affatto.
Ivan, come suo solito, era
sicuro di sé.
Forse troppo. Anche quando Carlos tentava di redarguirlo circa il
livello del suo avversario, questi si limitava ad ignorarlo. In
più,
Ash avrebbe lottato con Snivy, la Pokémon che lo aveva
scartato, un
motivo in più per vendicarsi.
Dopo un’attesa, che
per il pubblico
sembrava infinita, finalmente i quattro Allenatori si schierarono,
pronti a cominciare la
lotta. Aspettavano solo che
l’arbitro
desse il via.
«Dopo numerose ed
interessantissime
lotte, come ogni anno, è finalmente giunto il momento
dell’attesissima finale!» si
sentì una voce
dalle casse. Era colui
che, non troppo tempo prima, aveva dato via al torneo. Dopo aver
nuovamente, come del resto aveva fatto prima di ogni lotta,
ringraziato lo sponsor, permise all’arbitro di fare il suo
lavoro.
«Comincia la lotta
finale del
Settantacinquesimo torneo a doppi incontri di Zefiropoli. A
contendersi la vittoria e il favoloso premio, offerto dalla Amon,
saranno la coppia di Allenatori composta dal Campione del Mondo Ash
Ketchum e da Anita White, e la coppia di Allenatori Ivan Hollenback e
Carlos Martin.» Esordì. «Allenatori!
Scherate i vostri Pokémon!» Ordinò
alcuni istanti dopo. I quattro Allenatori seguirono le
indicazioni, mandando in campo i loro Pokémon.
Ash mandò in campo
Snivy, Anita
Vivillon, Ivan il suo Frillish e Carlos Umbreon. «La prima
mossa
tocca a Carlos e Ivan! Che la lotta abbia inizio!»
Dichiarò
l’arbitro.
«Umbreon! Attacco
rapido su Snivy!»
Ordinò Carlos. Il Pokémon Lucelunare si mise a
correre, a gran
velocità contro l’avversaria, saltando da una
parte all’altra.
Ash seguiva con lo sguardo i rapidi movimenti del Pokémon
avversario, che si stava avvicinando con grande rapidità. Il
Pokémon
era ormai vicinissimo all’avversaria. «Adesso!
Salta e usa
Fendifoglia!» Ordinò Ash. La Pokémon
spiccò un salto, la sua coda
si allungò e si illuminò di verde chiaro.
Colpì
l’avversario sulla testa,
facendogli sbattere il muso a terra con una certa violenza.
«Frillish! Usa Palla Ombra! Massima potenza!»
Ordinò Ivan. Il
Pokémon fluttuante obbedì, lanciando una grossa
sfera di energia
oscura contro l’avversaria. «Vivillon! Distruggi
Palla Ombra con
Eterelama!» Ordinò Anita.
La Pokémon
generò dalle sue ali una
sottile lama d’aria, che arrivò molto vicina
all’attacco
avversario, senza però colpirlo. La lama d’aria,
invece, colpì
Frillish.
Snivy, che nel frattempo stava
atterrando, dopo aver colpito Umbreon, venne colpita in pieno dal
potente Palla Ombra.
L’attacco la
scaraventò contro la
barriera d’energia e poi cadde a terra.
«Snivy! Tutto
bene?» Ash sembrava
piuttosto preoccupato per la sua Pokémon.
«VII!» Gridò la
Pokémon. Il suo corpo si illuminò di una luce
bianca, tendente
all’azzurrino. «Come?» Ivan sembrava
piuttosto perplesso. Credeva
che quel colpo fosse stato più che sufficiente a sconfiggere
quella
Snivy… invece… si stava evolvendo?
Il corpo della
Pokémon crebbe di
dimensioni. Restò principalmente verde, mentre la zona delle
spalle
rimase di un color crema. Dal petto partiva una sorta di collare
giallo, che continuava dietro le spalle. A partire dalla coda
crebbero tre foglie palmate, che raggiungevano parte della schiena.
Sulla parte posteriore della testa sporgeva una piccola cresta. I
suoi occhi divennero rossi e assunsero una forma piuttosto stretta.
Ash non perse tempo e
analizzò la
Pokémon appena evoluta con la funzione Pokédex
del suo Smart Rotom.
«Servine, Pokémon Serperba. Esemplare femmina. Corre
quasi scivolando sulle superfici. Confonde il nemico con i rapidi
movimenti, per poi attaccarlo con una frustata. Mosse conosciute:
Attrazione, Frustrata, Vorticerba, Fendifoglia.»
Nel mentre, Umbreon stava tentando di rialzarsi.
«Servine! Sei
pronta? Usa Vorticerba!»
Ordinò Ash. La Pokémon generò un
gigantesco tornado di foglie, che
sollevò rapidamente Umbreon e lo scagliò contro
le barriere di
energia. Le foglie, affilate come rasoi, colpirono il
Pokémon
Fluttuante, sconfiggendolo.
Umbreon tentò di
rialzarsi, ma a causa
delle ferite subite, non ci riuscì. «La lotta
è conclusa. Né
Umbreon né Frillish possono più continuare, di
conseguenza vincono
Ash e Anita.» Dichiarò l’arbitro.
«I primi tre
classificati e i loro
Pokémon sono pregati di recarsi al podio per la
premiazione.»
Annunciò il presentatore.
Dalla parte alta delle
tribune, un
meccanismo elettronico fece uscire una piattaforma, con tre ampi
gradini. Pochi istanti dopo spuntarono delle ringhiere di protezione.
Le prime tre coppie di
Allenatori, Ash e
Anita, Carlos e Ivan e Serena e Raoul, scortati dai loro
Pokémon,
raggiunsero il podio.
Pochi istanti dopo, una
giovane donna,
vestita in un abito elegante, consegnò le coppe ai primi tre
classificati, partendo dai terzi classificati, ai quali
consegnò una
bella coppa di bronzo. Al suo interno quattro prenotazioni da
compilare e dei buoni per i biglietti aerei con la compagnia di
bandiera di Unima.
Simile la coppa dei secondi
classificati,
più grande ed elegante, ma realizzata in argento. Anche il
contenuto
era simile. Discorso diverso per la coppa del primo classificato.
Realizzata in oro e decorata con pietre preziose.
Al suoi interno quattro
biglietti per le
ventiquattro ore, ai quali andava aggiunta unicamente una fototessera
e quattro biglietti per il tour della fabbrica.
Appena i primi tre
classificati
ricevettero le coppe, diverse persone dal pubblico cominciarono a
scattare decine e decine di fotografie. Nonostante il torneo si
ripetesse ogni anno, il pubblico non sembrava mai perdere interesse.
Sembrava che tutto fosse
andato per il
meglio, nonostante le minacce del Team Plasma. L’atmosfera
era
quasi rilassata, tranne per le scintille che volavano tra Ash e
Servine e Ivan. L’esperto Allenatore e la sua
Pokémon sembrava
stessero facendo da scudo verso Anita. «Ricordati che lui non
ci
sarà per sempre a difenderti. Dovrai imparare a cavartela da
sola.»
Ivan cercò di ignorare la presenza di Ash.
«Anche se per una
che ha pure paura
della sua ombra, poter avere una guardia del corpo che ti protegge da
ogni cosa… e se dovesse mai succedergli qualcosa e dovessi
essere
te a difendeli? »
Prima che la ragazza potesse
anche solo
spicciare una singola parola, un forte boato spaventò tutti.
La
copertura in vetro del palazzo era stata sfondata.
«Servine! Presto!
Vorticerba!» Ordinò
Ash. Grazie alla fortissima corrente d’aria e di foglie,la
traiettoria dei frammenti di vetro e metallo venne deviata, facendo
sì che questi cadessero a terra senza ferire nessuno.
Pochi istanti dopo,
dall’apertura sul
tetto si calarono un gran numero di persone, in piedi su delle
piattaforme circolari di
metallo sorrette da degli
spessi cavi.
Erano tutti seguaci del Team Plasma, tutti vestiti uguali.
Uno di essi aveva in mano un
grosso
megafono, grigio, con lo stemma del team malvagio stampato sopra.
«Avete osato
disobbedire alle nostre
parole. Ora ne
pagherete le conseguenze!» Gridò.
«Forza!
Scappate!» Gli intimò l’Agente
Velaurora. Ash avrebbe voluto e potuto affrontare tutti quei seguaci,
ma decise comunque di obbedire alle parole dell’Agente. La
lotta
avrebbe potuto ferire delle persone che non c’entravano nulla
con
il Team Plasma, e non era di sicuro l’ideale.
Uno dei Seguaci scese dalla
piattaforma e
raggiunse il podio. «Furbo da parte tua.» Il
seguace si rivolse
all’agente. «Far scappare Ash e i suoi
amici.» L’uomo passò
una mano sotto al mento dell’agente, sollevandole la testa.
«Lui
farebbe lo stesso per te?» Le chiese, mentre la
sollevò di peso,
per il vestito.«Certo che si. Lui non ci capirà
molto di noi, ma
almeno
sa come trattare una
ragazza.» gli
rispose la ragazza. «Prendeteli! Impareranno a non ascoltare
il
Team Plasma!» Gridò l’uomo al megafono.
I Seguaci saltarono dalle
loro piattaforme e cominciarono a bloccare le uscite. Ash e i suoi
amici stavano percorrendo uno degli anditi, tentando di uscire da
quell’edificio.
Al contempo numerosi Seguaci
cominciarono
a correre per gli spalti, spingendo numerosi presenti. Alcuni di
essi, apparentemente scelti a caso, venivano colpiti violentemente.
«E tu cosa ci fai
qui?» Un seguace si
rivolse all’Houndour che aveva seguito, dagli spalti,
l'intero
torneo. Sentita la voce del seguace, il Pokémon si mise a
correre,
spaventato. «Dove vai?» Chiese il seguace, cercando
di prenderlo.
«Abbiamo solo fatto il tuo bene!» Gridò
il seguace.
Il Pokémon corse
ancora più
rapidamente, raggiungendo, in breve tempo, uno dei tantissimi
ingressi dedicati al pubblico, predato dal seguace. Per uno strano
scherzo del destino, il Pokémon arrivò alle
spalle di un’altra
coppia di seguaci, che, nel frattempo, stava inseguendo Ash e gli
altri. «Adesso sei in trappola!» Il Seguace
sembrava ben felice
delle sue parole. «Perché mai vorresti tornare
schiavo di un
Allenatore?» Chiese. «Voi Pokémon siete
nati per vivere liberi da
qualsiasi schiavitù, e vuoi farmi credere che ti trovi
meglio
imprigionato in una Poké Ball?» Aggiunse poco
dopo.
Il Pokémon Buio
fermò la sua corsa di
colpo, e il Seguace ne approfittò per sbarrargli la strada.
Il
Pokémon, di tutta risposta, spalancò la bocca e
generò una
gigantesca fiammata, che investì il seguace. «Uno
cerca di aiutarti
e tu lo tratti in questo modo?» Si lamentò.
Ash e i suoi amici, nel
frattempo, erano
stati spinti contro una parete. Fino a quel momento si erano limitati
a fuggire, senza far intervenire i Pokémon. Come del resto
anche i
loro avversari, ma ora, costretti contro il muro, non avevano alcuna
scelta. «Pikachu! Colpiscili con Fulmine!»
Ordinò Ash.
Il Pokémon elettro
saltò dalla spalla
del ragazzo, e rapidamente generò, dalle sue guance, una
potentissima scarica elettrica che colpì i due seguaci che
gli
stavano inseguendo. Caddero entrambi a terra, piuttosto storditi
dalla potente scarica.
«Facciamo
attenzione, potrebbero
arrivarne altri.» Ash esortò i suoi amici.
Quasi non fece in tempo a
pronunciare la
frase, che comparve un terzo Seguace, accompagnato da una forte puzza
di bruciato. «Adesso sei davvero in trappola!»
Riprese Houndour
un’ultima volta, prima di cadere addosso ai suoi colleghi.
I quattro, scortati dai loro
Pokémon e
da Houndour, riuscirono ad uscire dall’edificio.
Houndour camminava accanto ad
Umbreon.
Ormai il Pokémon Buio considerava Umbreon come un amico.
«Credo che
ormai sia diventato amico di Umbreon» Commentò
Ash. «Dispiacerebbe
fargli perdere di nuovo un amico.» Si lasciò
sfuggire. «Come “di
nuovo”?» Chiese Serena. «Come? Eppure mi
sembrava di avervelo
detto.» Ash si prese una brevissima pausa.
«È stato liberato dal
Team Plasma.» Rispose. «Non ho idea di cosa sia
successo al suo
Allenatore. Ho parlato con un Seguace, mentre rientravo dal giro,
quando stavamo distribuendo i manifesti.» Ash
raccontò agli amici
dell’incontro con il seguace e di come mai il
Pokémon Buio avesse
così tanta familiarità con le persone.
«Quindi tu credi che voglia
venire con noi?» Chiese Carlos. «Non
saprei.» gli rispose Ash.
«Dovresti provare a chiederglielo.» Gli propose.
Carlos si
inginocchiò in direzione del
Pokémon Buio, con una Poké Ball in mano.
«Vuoi venire con noi?»
Il Pokémon Buio colpì con il musetto il
meccanismo di apertura
della Poké Ball, venendo assorbito al suo interno.
«Finalmente ho
catturato un Pokémon!» Esultò Carlos.
«Vieni fuori, Houndour!»
Lo fece uscire dalla Poké Ball.
Con un nuovo amico, i quattro
si
diressero verso il Centro Pokémon. nonostante la bella
vittoria al
torneo, non avevano di che festeggiare, il Team Plasma era
più
agguerrito che mai, e il sequestro dell’Agente Velaurora ne
era la
prova.
Quasi non fecero in tempo ad
arrivare,
che lo Smart Rotom di Ash si mise a squillare, con una suoneria
diversa dal solito. Una suoneria che il ragazzo non aveva impostato.
Anche la schermata in cui era
mostrata la
telefonata era differente. Sotto la foto della persona che lo stava
chiamando, che in questo caso era un’immagine di default, vi
era
una sorta di lucchetto stilizzato.
Il ragazzo dovette pensarci
alcuni
istanti. Richiamò alla mente l’incontro con
l’Agente Velaurora.
Quella era una chiamata criptata. Il ragazzo si affrettò a
rispondere.
«Questa telefonata
è criptata.
Confermare identità.» Quella voce preregistrata,
fece quasi
spaventare Ash. Nella parte bassa dello schermo del dispositivo, si
illuminò il sensore di impronte digitali. Il ragazzo
posizionò il
pollice sul sensore, per effettuare il riconoscimento.
«Identificazione avvenuta con successo.»
Finalmente il ragazzo
poté scoprire chi
è che lo telefonava. Era Bellocchio. «Ash.
Finalmente! Ora tutti
gli Otto Professionisti sono in comunicazione criptata e protetta.
Purtroppo non abbiamo tempo per i convenevoli. l’Agente
Velaurora è
stata presa in ostaggio dal Team Plasma. Non possiamo far intervenire
uno dei nostri agenti perché rischerebbe di far saltare la
copertura
di alcuni infiltrati che abbiamo all’interno del Team Plasma.
Lei
avrà delle altre mansioni, data la sua grande
abilità nei
travestimenti. Non preoccuparti di come fare, se accetterai,
riceverai presto delle istruzioni.» Ash ascoltò
pazientemente. «Non
ho molta scelta. Glielo devo.» Rispose. «Perfetto.
Presto riceverai
tutto al Centro Pokémon.»
Ash fece appena in tempo a
spiegare la
situazione agli amici, prima di venire avvisato di una consegna a
nome suo, almeno a detta dell'Infermiera, dato che il pacco era
completamente anonimo.
Ash prese il pacco ed
entrò nella sua
stanza, dove lo aprì. Non servivano né
tagliernini né forbici. Il
pacco era ad apertura facilitata. Al ragazzo fu sufficiente tirare
una linguetta. All’interno del pacco vi erano dei fogli e una
piccola scatolina.
Ash prese uno di quei fogli.
Erano delle
istruzioni sulla missione che avrebbe dovuto compiere. La lettera
sembrava a metà tra un messaggio preimpostato e un messaggio
scritto
appositamente per quella situazione.
“Sono
estremamente grato che tu
abbia accettato di compiere questa delicatissima operazione, il
recupero di un Agente in una situazione di emergenza.
Qualora dovessi
seguire queste
istruzioni alla lettera, la missione avrà successo senza
conseguenze
per nessuno. Come ben sai un nostro Agente è finito nelle
mani del
Team Plasma. Non abbiamo idea di dove lo abbiano condotto.
Abbiamo degli
infiltrati all’interno
dei loro ranghi, ma non possiamo far saltare la copertura. Per
evitare che ciò accada, abbiamo elaborato delle istruzioni
semplici
e precise.
All’interno
della piccola scatola
troverà un rilevatore GPS e un piccolo microfono. Il piccolo
microfono è contenuto in una catenina in oro, mentre il
rilevatore
in una capsula da ingoiare.
Il rilevatore resiste
ai più potenti
acidi per un tempo che va dalle settantadue alle novantasei ore.
Quando avrai concluso, procederemo alla fase due.
Quando sarai arrivato
nei pressi di
via Foglianova. Quando giungerai nei pressi di quella via, dei nostri
complici ti condurrà dal Team Plasma.
Quando pensi che la
situazione sia
adatta ad avviare l’operazione di recupero, parla spesso
della
mossa “Metaltestata” .
Ash terminò la
lettura della lettera.
Non si era accorto del fatto che Serena fosse dietro di lui, e che
anche lei stessa avesse letto la lettera. Senza dire una parola,
indossò la catenina e ingoiò la capsula.
«Non posso fare altro che
accettare. So che sarà pericoloso, ma glielo
devo.» Ash assunse un
tono serio. «Non vi preoccupate. Me la
caverò.» Quelle parole non
piacquero a nessuno, ma a Pikachu in particolare. Si sarebbe dovuto
separare dal suo amico.
Serena, invece era un
po’ gelosa.
Sapeva che uno dei doveri dei Campioni era quello di mettersi al
servizio degli altri e aiutare in situazioni di emergenza,
ma…
Ash, senza portare dei
Pokémon con sé,
si diresse al punto d’incontro prestabilito, una delle tante
vie
della città. Per evitare di perdersi, il ragazzo dovette
utilizzare
l’applicazione Mappe del suo Smart Rotom.
Il ragazzo si mise a sfogliare
i social
sul suo Smart Rotom, mentre attendeva l’arrivo di coloro che
l’avrebbero dovuto rapire.
Era una sensazione strana.
Sapeva di
dover essere rapito e che sarebbe finito nella tana del lupo, ma
sapeva di non avere scelta.
Dopo tre quarti
d’ora, finalmente
arrivarono i suoi rapitori. Erano due seguaci, apparentemente come
tutti gli altri che Ash aveva incontrato, con le loro vesti grigie e
dall’aspetto simile a degli antichi cavalieri.
«E così
hai deciso di farti consegnare
eh!» Commentò uno dei seguaci. «Non ti
preoccupare. Non torceremo
un capello né a te né alla tua amica. Ci servite
interi.» I due
accompagnarono Ash fino al loro pick-up. Era esattamente identico a
quello con cui i falsi ranger avevano rapito i Vivillon, qualche
tempo prima. Identico alle decine di mezzi parcheggiati nella base
vicino Eolea.
Lo fecero salire dietro, in
modo da
evitare che potesse fuggire durante il percorso. Non era parte del
piano, ma parte dei protocolli del Team. Appena saliti a bordo, il
guidatore avviò una chiamata, tramite comandi vocali.
La persona a cui era destinata
la
chiamata rispose immediatamente, in tono piuttosto seccato.
«Se mi
chiami è perché hai buone notizie.»
L’uomo alla guida non si
fece scoraggiare da quel tono. «L’abbiamo preso.
Terrà compagnia
alla sua amichetta. Così imparano a giocare a fare gli
agenti
segreti!» Rispose l’autista. «e poi,
all’ultimo piano di un
palazzo così alto… non possono fuggire in alcun
modo. Anche perché
a noi servono vivi.» Rispose, prima di chiudere la chiamata.
Sebbene Ash fosse consapevole
del fatto
che i due seguaci fossero dei complici, ma sperava che le
informazioni sulla posizione fossero corrette.
Per il resto del viaggio
nessuno dei tre
parlò. Ash perché temeva di essere spiato, i due
complici per non
infrangere il protocollo del team.
Il viaggio, fortunatamente non
fu troppo
lungo, si concluse ad Austropoli, in un quartiere anonimo e triste,
costituito da parecchi grattacieli, tutti uguali. Non vi erano aiuole
o aree verdi. Solo acciaio, vetro e cemento.
I due sollevarono di peso Ash
e lo
condussero fino all’ingresso dell’edificio. A
vigilare l’ingresso
un’ampia schiera di seguaci. Nessuno poteva entrare o uscire
senza
il loro permesso.
«Lo già
avete perquisito?» Chiese uno
dei seguaci all’ingresso. «Ci mancherebbe
altro.» Rispose uno dei
seguaci, che ancora teneva bloccato Ash. «Allora portatelo di
sopra!» Ordinò la stessa persona. «Mi
raccomando. Il Capo lo
vuole vivo e in salute.» Aggunse poco dopo.
I due senza mollare la presa,
scortarono
Ash fino all’ascensore, diretti fino al penultimo piano,
l’ultimo
servito dagli ascensori. Il solo modo per accedere all’ultimo
piano
era tramite una rampa di scale che dava sull’esterno.
Una botola permetteva di
bloccare
l’accesso da e per l’ultimo piano.
L’ultimo piano era
estremamente più
piccolo degli altri. Oltre al locale dedicato al motore degli
ascensori presentava solo un piccolo appartamento. Sorvegliato
all’esterno da due guardie.
Una cucina, una camera da
letto e un
bagno. Era l’appartamento dell’addetto alla
manutenzione degli
ascensori.
Il bagno era accessibile tanto
dalla
camera da letto quanto dal piccolo andito che lo separava dalla
cucina-salotto. La porta della stanza da letto era stata sostituita
da una porta in ferro, come quella delle carceri, per prevenire
eventuali fughe.
Uno dei due seguaci
aprì la porta e
spinse Ash all’interno della prigione. «Hai
compagnia!» Si
rivolse all’Agente.
L’Agente, mettendo
in pratica il suo
addestramento, non disse una parola. Non sapeva se i due Seguaci
fossero degli Agenti sotto copertura o se si trattasse di veri
Seguaci.
Certo, la presenza di Ash
poteva essere
un indizio non da poco, ma non poteva sapere se il ragazzo si fosse
consegnato di sua volontà o se lo avessero effettivamente
rapito.
Decise, prima di rivolgere la parola a Ash, di attendere che i due
Seguaci se ne andassero. «Ti hanno preso
o…?» Chiese, appena se
ne andarono.
«Mi è
stato ordinato di farmi
catturare. Hanno detto che non potevano permettere che rimanessi
nelle grinfie del Team Plasma.» Ash cerò di
sintetizzare al
massimo. «Capito. Si vede che sentono la mia
mancanza.» Commentò
in tono ironico.
Un paio d’ore dopo,
entrò qualcuno
all’interno del piccolo appartamento. Un uomo alto circa due
metri
e dalla corporatura robusta. Aveva i capelli lunghi e di un colore
non ben definibile. Qualcosa tra il grigio e il verde. Indossava una
veste bianca coperta da una sopravveste viola e gialla. Sul lato
viola era decorata con un occhio stilizzato giallo, sul lato giallo
con un occhio stilizzato viola. Indossava una sorta di decorazione,
sulla veste, che ricordava la merlatura di un castello.
Ash, sebbene lo avesse visto
un’unica
volta, lo aveva riconosciuto.
«Ghecis.»
Il ragazzo lo nominò a bassa
voce. L’uomo riuscì comunque a sentirlo.
«Ash Ketchum.» Gli
rispose l’uomo. «Come ci si sente ad essere
imprigionato, come i
tuoi Pokémon?» Gli chiese poco dopo.
«La prigionia qui
non è poi così male.
Ho un letto comodo, una televisione… un computer…
mi portano tre
pasti al giorno… ho accanto una persona con cui parlare e
condividere il mio tempo… non è poi
così male.» Gli rispose Ash.
Ghecis
sollevò un sopracciglio: «E
non ti mancano i tuoi amichetti?» Gli chiese.
«Certo che mi
mancano, ma ci farò l’abitudine.» Ash
cercò di sfoderare delle
doti attoriali che aveva già dimostrato di possedere.
«Non crede
che con i Pokémon sia la stessa cosa?» Gli chiese.
«No. Voi
costringete i Pokémon a lottare contro la loro
volontà.» Gli
rispose l’uomo. «E voi? Credete che non lo abbia
capito che volete
usarmi come trofeo?» Lo provocò Ash.
«Allora dovrei trovare un
modo di farti capire quanto i Pokémon soffrono durante le
lotte.»
Gli rispose il malvagio. «Nessuno li obbliga a farlo. Se un
Pokémon
non vuole lottare non lo fa. Così come nessuno obbliga un
atleta a
partecipare ad una competizione se non se la sente.» Gl
rispose Ash.
L’uomo se ne
andò, borbottando
qualcosa di incomprensibile.
Diverse ore dopo, a notte
inoltrata, era
finalmente il momento di agire. l’Agente era mezzo
addormentata,
contrariamente ad Ash, che, prima di partire per la missione, si era
bevuto un bel paio di caffè.
«Vorrei farti una
domanda.» Le chiese
Ash. «Awwmm» La giovane sbadigliò.
«Dimmi pure.» Gli chiese.
«Oltre a Liepard, hai degli altri
Pokémon?» Chiese Ash. «In
questo momento no. Ma nella mia squadra, oltre a Liepard ho anche un
Excadrill.» Ash sorrise, sembrava piuttosto interessato.
«Interessante… per
curiosità… conosce la mossa
Metaltestata?»
Chiese Ash.
«No… ma
perché ti interessa sapere se
il mio Pokémon conosce Metaltestata?»
«Perché Metaltestata è una
mossa molto potente. Il Bisharp di Alan la conosce, pure la Milotic
di Camilla conosce Metaltestata, oppure anche il Cinderace di Dandel,
conosce Metaltestata.» L’Agente sembrava ancora
più perplessa.
«Se un Pokémon usasse Metaltestata ora, potrebbe
aprirci un varco e
farci fuggire, non credi? Ora tutti stanno dormendo.» Rispose
Ash.
All’agente scappò un piccolo sorriso.
Che cosa aveva in mente Ash?
Tre quarti d’ora
dopo, in lontananza,
si udì il rumore delle pale di un elicottero. Non era
affatto strano
che degli aeromobili sorvolassero la Capitale. Capitava anche
più
volte al giorno.
Per questo motivo, i Seguaci
addetti alla
sorveglianza, non diedero tanto peso alla sua presenza
dell’aeromobile, nemmeno
quando incominciava ad
avvicinarsi
all’edificio.
Attivarono il protocollo di
emergenza
solo quando si accorsero di come il mezzo stesse sorvolando
l’edificio per un tempo sorprendentemente più
lungo del
necessaerio.
All’interno
dell’edificio suonò
l'allarme. Le decine di Seguaci che, ormai stavano dormendo, vennero
risvegliate di soprassalto. Dovevano essere immediatamente pronti ad
agire.
Mentre i numerosi seguaci
risalivano
rumorosamente le scale, l’elicottero calò,
sull’apertura che
permetteva l’accesso all’ultimo piano, una
pesantissima lastra
metalica.
In questo modo sarebbe stato
molto
difficile per chi si trovava nei piani inferiori accedere
all’ultimo.
Non appena la pesante lastra venne calata, dal gigantesco elicottero
calarno una mezza dozzina di agenti. Erano tutti vestiti uguali.
Giacca nera, cravatta nera, camicia nera, pantaloni neri, scarpe
nere, cappello nero, indossavano pure degli occhiali da sole,
nonostante fosse notte fonda.
Appena si calarono, vennero
immediatamente aggrediti dai due seguaci che erano a guardia
dell’ultimo piano. A causa della loro inferiorità
numerica e
dell’elevato grado di addestramento degli agenti, i due
seguaci
vennero neutralizzati rapidamente. Uno di loro custodiva anche le
chiavi del piccolo appartamento e della cella in cui erano rinchiusi
Ash e l’Agente Velaurora.
L’Agente indossava
ancora l’abito
elegante che aveva durante la premiazione, non l’ideale per
correre
o per salire a bordo di un elicottero in volo, ma sapeva di non avere
alternative.
I due, scortati da un piccolo
gruppo di
agenti, uscirono rapidamente dall'appartamento. Nel terrazzo
dell'edificio, Ash e l’agente dovettero stare estremamente
attenti
per evitare che le potenti correnti d’aria generate dalle
pale
dell’elicottero, che stazionava ancora al di sopra
dell’edifico.
Erano chiaramente udibili dei
rumori
piuttosto spiacevoli. Sembrava che i seguaci stessero tentando di
liberarsi di quella pesante lastra, con degli smerigli o qualcosa del
genere.
«Forza! Non
restatate imbambolati!
Prendete un’imbracatura e indossatela! Non abbiamo tempo da
perdere!» Li esortò uno degli agenti. Ash e la
ragazza non se lo
fecero ripetere due volte.
Indossarono rapidamente
l'imbracatura,
realizzata in un tessuto estremamente resistente, simile a quello
utilizzato per le cinture di sicurezza, e vennero rapidamente issati
a bordo, insieme, pochi istanti dopo al resto degli altri Agenti.
Proprio pochi istanti prima
che la
pesante lastra di ferro cedesse, permettendo ai Seguaci dei piani
inferiori di uscire.
Appena una piccola parte di
essi giunse
sul terrazzo, non poté altro che vedere
l’elicottero allontanarsi.
Prese da una tasca della sua uniforme, uno smartphone. «Spero
che il
Capo risponda.» Commentò. Le sue speranze vennero
accolte. «Capo.
Mi dispiace comunicarle che i nostri ostaggi sono fuggiti.»
Gli
comunicò. Sentì il rumore di un pugno sbattuto
contro un oggetto di
legno. «Non importa! Almeno hanno capito con chi hanno a che
fare!»
Chiuse immediatamente la chiamata.
Mentre l’elicottero
trasportava Ash e
l’Agente in un luogo sicuro, al Centro Pokémon
della città, la
situazione non era delle più tranquille. Non tanto per
Carlos,
disperso nel mondo dei sogni, quanto piuttosto per le ragazze, anche
se per motivi diversi. Serena era estremamente preoccupata per Ash.
era già la seconda volta che si trovava nella tana del
nemico, ma,
questa volta non come infiltrato, ma come prigioniero.
«Anche tu
sveglia?» Anita si rivolse
all’amica, seduta sul suo letto, mentre accarezzava Pikachu,
anche
lui preoccupato per Ash.
«Potrei chiederti lo
stesso.»Le rispose
Serena. «Sono semplicemente preoccupata per Ash. So che ha
già
fatto di queste cose ed è sempre andata bene,
ma…» Cercò di
spiegarsi. «Capisco. Ma sono certa che se la
caverà.» La nativa di
Unima tentò di rassicurarla. «Non è
come l’altra volta. Qui è
un prigioniero. Non so cosa vogliano fargli.» Serena sembrava
estremamente preoccupata. «E poi non ha con sé
nessun Pokémon.
preferiva non rischiassero.» Anita comprese immediatamente
cosa
intendesse l’amica. «E a te, cosa
preoccupa?» Le chiese Serena.
«Stavo pensando alle
parole di Ivan.
Voglio dire… da quando siamo partiti non ci siamo mai
separati.
Credi davvero che abbia ragione e che mi debba separare da voi per
migliorare davvero?» Serena rimase pietrificata a quelle
parole.
«Come te, del resto. Sei partita per Hoenn
e…» «Non ha
funzionato. Si, ammetto di aver imparato qualcosa dalle Gare, ma no.
Non penso che la separazione dai miei amici abbia influito in questo.
Anzi. Anche lì ho fatto delle amicizie.»
L’espressione di Anita
mutò, trasformandosi quasi in un “e?”
«Uno come Ivan non mi
sembra un ragazzo molto amichevole.» Le rispose Serena.
«Viaggiando
con altre persone impari da loro e loro imparano da te. Quando sei da
sola, invece…» Anita si limitò a
sorridere. Avere degli amici con
cui viaggiare era un dono più prezioso di quanto potesse
immaginare.
Diverse ore dopo, dopo aver
passato parte
della notte a raccontare quanto aveva visto nel palazzo del Team
Plasma, Ash si era riunito con gli amici. Aveva già fatto la
sua
solita (e abbondante) colazione. Era solo un po’ assonnato.
Appena arrivato, Pikachu gli
saltò sulla
spalla e Serena lo strinse in un forte abbraccio, lasciando i
(fortunatamente pochi) presenti all’interno del Centro
Pokémon
piuttosto perplessi. «Sono felice di vedere che stai bene.
Avevo
paura che ti avessero fatto qualcosa, da prigioniero
o…» Ash cercò
di rassicurarla. «Mi hanno trattato bene, per essere un
prigioniero.
Sarei diventato un loro trofeo, se non mi avessero fatto
scappare.»
Spiegò Ash. In seguito, il ragazzo raccontò della
sua, sia pur
breve, prigionia nel palazzo del Team Plasma. Dopo il racconto e le
relative domande, la situazione tra i quattro era molto più
leggera.
Serena, come l’altra volta, si era preoccupata per nulla.
Anita, da un po’,
aveva assunto una
strana espressione, come se cercasse di fare una domanda, o qualcosa
di simile. «Tutto bene?» Le chiese Ash.
«Si… più o meno.»
Rispose la ragazza. «Dmmi pure.» La
incalzò Ash. «Ho tante
domande che mi torturano. Vorrei stare un po’ da sola. Magari
ne
approfitto e vado anche a comprare delle Poké Ball o
qualcos’altro…
cosa ne dici?» Ash le sorrise. «Ma ci mancherebbe!
Vai pure! Hai
sedici anni e mi sembri una ragazza molto responsabile.
Però, ti
prego. Fai attenzione, il Team Plasma è molto
pericoloso.» Si
raccomandò.
Ed ecco che, finalmente, anche
Carlos fa
la sua prima cattura. Beh un altro Pokémon di tipo Buio...
Che
fantasia! Che dire
del capitolo. Sono felice di
come sia
venuto. Un altro capitolo molto ricco di eventi. E anche più
lungo
degli ultimi. Questo
significa solamente una cosa.
Ho delle
belle idee in mente.
Questo capitolo, inoltre,
avrebbe dovuto
includere anche altri eventi, ma per evitare di scrivere un capitolo
dalla lunghezza abnorme, ho preferito evitare e scrivere due capitoli
distinti.
Metagross
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Capitolo 8 *** Riunione di famiglia ***
Buongiorno
e salve signori, sono uno degli scrittori, per i lettori e gamer sono
Reshiram Lego, per i followers ASEK…
io
ho voluto aiutare il signor Carlos con questo capitolo ideato da me,
quattordicenne che esercita il suo lavoro come una passione in
qualsiasi situazione favorevole, ma non siamo qui per una mia
presentazione dettagliata. Siamo qui per la grana, il succo, le
storie, ma bando alle bande e ciancio e De Ciancio, leggete questo e
anche gli altri capitoli dall’inizio alla fine, fino
all’ultimo
punto.
Ash,
Anita, Serena e Carlos sono arrivati a Zefiropoli. Lungo la strada
hanno fatto la conoscenza di un Houndour, che apparentemente, si era
separato dal suo Allenatore.
Il
Pokémon Buio fa amicizia con Pikachu. Il Pokémon
Topo riesce a
convincerlo a seguirlo, e a fare amicizia con i ragazzi. Questi,
accorgendosi delle sue ferite, decidono di portarlo al Centro
Pokémon
della città.
Durante
la ricerca dell’Allenatore, i quattro decidono di partecipare
al
Torneo a doppi incontri della città. Dopo una serie di
lotte, Ash e
Anita spuntano una grande vittoria, anche grazie
all’evoluzione
della Snivy di Ash in Servine.
La
cerimonia di premiazione viene interrotta da un attacco del Team
Plasma, che rapisce l’Agente Velaurora, agente della Polizia
internazionale estremamente abile nell’assumere
l’aspetto di
altre persone.
Ash
viene convocato per recuperarla in una delicata missione, che,
fortunatamente, ha successo.
Riunione
di famiglia
Anita
stava tornando dal negozio dove aveva comprato delle Poké
Ball,
delle pozioni e dei sali revitalizzanti. Aveva anche ceduto alla
tentazione di comprare un berretto. Principalmente bianco, con la
visiera rosa. Nella parte frontale vi era stampata una fantasia
simile a quella di una Poké Ball, di colore rosa.
C’era un
venticello fresco, che soffiava tra i suoi capelli e cercava di
rubare il palloncino a forma di Quagsire del bambino seduto su una
panchina poco lontana.
In
quel momento, la ragazza era sola con i suoi Pokémon. Ash le
aveva
raccomandato di fare attenzione al Team Plasma. Per questo la ragazza
aveva deciso di farsi scortare da Oshawott ed Herdier.
I
due Pokémon, ormai, erano abituati ad uscire dalle loro
Poké Ball
solo per lottare, per allenarsi o per mangiare. Bastò uno
sguardo
tra i due, per comprendere che quella era una delle poche occasioni
che avevano per potersi divertire un po’.
L’attenzione
di Oshawott e di Herdier era stata attirata dalla piuma di un Pidove,
che svolazzava in aria. Mentre i due Pokémon si
rincorrevano,
facendo lo slalom tra le gambe dei passanti e rischiando di far
cadere più di qualcuno, notarono uno Swablu. Il
Pokémon
Alidicotone, li stava guardando e, apparentemente sembrava volesse
unirsi a loro, salvo poi spiccare il volo e allontanarsi.
«Ragazzi,
non fate danni! Per favore!» L'Allenatrice, li
rimproverò,
guardandoli con aria fausta.
Era
felice. La bella vittoria al torneo a doppi incontri al fianco di Ash
le aveva dato una buona dose di fiducia. Pensava alle parole di Ash.
Notando la sua espressione preoccupata, poco prima di lasciarla
andare, le aveva detto: "Stai facendo degli ottimi progressi. Il
tuo modo di lottare è migliorato molto. Mi sembri
più sicura di te
quando ordini ai tuoi Pokémon di attaccare. Loro se ne
accorgono ed
i loro attacchi diventano più forti.” Certo, le
aveva anche detto
“Se vuoi diventare Campionessa, la strada è ancora
lunga, ma sono
sicuro che ce la farai”.
Quelle
parole di apprezzamento le suonavano strane. Ash era solito
congratularsi con lei per i suoi progressi. Era molto felice di
trovare finalmente qualcuno che l'apprezzasse.
Questo
improvviso attacco di gioia venne smorzato da diversi pensieri che la
tormentavano. Non riusciva a non pensare a Ivan e a come lui tentasse
di sminuire in ogni occasione. Forse lui aveva ragione? Avrebbe
dovuto viaggiare da sola ed imparare da autodidatta? Si meritava
davvero Ash come maestro?
La
ragazza si girò a controllare Oshawott ed Herdier, stavano
saltando
tra le mattonelle del marciapiede opposto, senza toccare i bordi,
perché altrimenti dei Krookodile li avrebbero mangiati.
“Ma
cosa stanno facendo quei due adesso?” Si chiese Anita,
piuttosto
imbarazzata. Lo strano fare dei suoi Pokémon, la fece
distrarre dai
suoi interrogativi.
La
ragazza guardò a destra e sinistra. Non voleva rischiare di
essere
messa sotto da qualche automobilista distratto, prima di attraversare
il breve tratto di strisce pedonali, che conducono all’altro
estremo della strada, dove i suoi due Pokémon facevano finta
di
sopravvivere al Pokémon Minaccia.
«Ma
che cosa state combinando?» Il tono della ragazza era a
metà tra il
rimprovero e il divertito.
I
due Pokémon misero in scena una rappresentazione quasi
teatrale:
Oshawott, mettendo in mostra un’abilità di
imitazione seconda solo
a quella del Pikachu di Ash, imitò la faccia del
Pokémon Minaccia,
estremamente simile a quella di un coccodrillo, e quando Herdier
calpestò lo spazio tra le mattonelle, le diede un bel morso
deciso.
Il
Pokémon fedeltà cercò di trattenere
l’urlo di dolore. Quello che
sarebbe stato probabilmente uno dei più potenti Granvoce
della
Storia, si trasformò in una corsa sfrenata, che
terminò addosso ad
un anziano vecchietto. Il signore cadde rovinosamente a terra. La
Pokémon, probabilmente non consapevole dei possibili danni
che aveva
causato, si mise a leccare la faccia dell’anziano.
«Diavolo di un
cagnaccio! Togliti da in mezzo alle…» Anita si
precipitò dal
signore in difficoltà. Dopo aver fulminato con lo sguardo la
sua
Pokémon, si affrettò a dare una mano
all’anziano, un signore di
altezza media, sui settantacinque anni. Indossava un completo marrone
elegante. Aveva dei lunghi baffi bianchi e dei capelli corti dello
stesso colore. I suoi occhi erano castano scuro.
Anita
lo aiutò a rimettersi in piedi. «Mi scusi
signore…» La ragazza
fece un profondo inchino. «Ragazzina! Bada bene ai tuoi
Pokémon!
Potevo rompermi qualche osso! Sono vecchio io!» Anita si
voltò
nuovamente verso la sua Pokémon. «Hai sentito?
Potevi fargli molto
male!» La riprese. La ragazza cercò invano di
essere autoritaria
con la sua Pokémon, anche se la preoccupazione maggiore era
un’altra: «Vuole che la accompagni al pronto
soccorso?» Gli
chiese, in tono preoccupato. «No! Tranquilla sto
be…» L’anziano
si bloccò a causa di una fortissima scarica di dolore.
«Forse è
meglio fare una visitina al pronto soccorso.»
Commentò la ragazza.
Cercando
di non impanicarsi, la ragazza prese il suo Smart Rotom e compose il
numero dell’ambulanza. Per fortuna, un’operatrice
rispose a
pochissimi squilli. «Pronto?» «Presto!
È un'emergenza! C’è
stato un incidente e un signore anziano è caduto e ora ha
molti
dolori.» Cercò di spiegare la ragazza.
«Capisco.» Rispose
l'operatrice. «Dove ti trovi?» Chiese, cercando di
essere il più
gentile possibile. «Vicino al market di
Zefiropoli… non lontano da
un parchetto…» Spiegò, in maniera
piuttosto approssimativa. «Si…
ho capito dove sei. Cerca di non fargli fare movimenti bruschi.
Un’ambulanza sarà da voi entro dieci
minuti.» «Ottimo.» Rispose
la ragazza. «Ha sentito? Presto verrà
un’ambulanza.» L’anziano
scosse la testa.
«Signorina,
guardi che me la cavo benissimo anche da solo. Piuttosto…
leva quel
cagnaccio pulcioso dalla mia vista!» La ragazza, parecchio in
imbarazzo, si trovò costretta a far rientrare la sua
Pokémon nella
Poké Ball.
L’ambulanza
fu piuttosto puntuale, arrivando esattamente nel tempo stimato
dall’operatrice al telefono. L'ambulanza si fermò
e dalla porta
uscì un giovane ragazzo. Poteva avere al massimo venticinque
anni.
Era vestito con un gilet ad alta visibilità, e dei simboli
che lo
riconducevano all’associazione per cui lavorava come
volontario.
«Potevi
anche dirlo che era tuo nonno! Non avremo fatto alcuna
differenza!»
Li redarguì.
«Guardi
signorino, io non ho nipoti!» Il vecchio, in preda al dolore,
era
piuttosto sorpreso. «Il colpo deve avergli fatto perdere la
memoria.» Commentò il ragazzo, mentre cominciava
ad occuparsi
dell’anziano. «Sicuro che non abbia battuto la
testa?» Chiese il
ragazzo. «Sono sicurissimo.» Rispose
l’uomo. «Come del fatto di
non avere…» L’anziano guardò
meglio la ragazza, che, nel
frattempo stava battendo il piede per terra, facendo tremare una
mattonella del marciapiede, mezzo staccata. «Ora che ti
guardo
meglio…» Fece l’anziano. Assomigli
tantissimo a mia figlia
Jessica, sai?» Improvvisamente, all’interno
dell’anziano si
accese qualcosa come una scintilla.
«Che
coincidenza…» Anita sembrava in imbarazzo.
«Che coincidenza!
Anche mia mamma si chiama Jessica.» Rispose, grattandosi la
testa.
«Effettivamente sì, è una bella
coincidenza…» Rispose
l’anziano.
«Ma
questo non prova nulla. Come le dicevo io non ho nipoti!»
L’uomo
sembrava sempre meno convinto delle sue parole.
«E
poi come può provarmi che lei è veramente mia
nipote? Potrebbe
anche essere una coincidenza, una strana coincidenza… me ne
sono
capitate tante nella mia vita, soprattutto quando ero
giovane…»
L’anziano guardò meglio la ragazza. «Ora
che ti guardo meglio…
assomigli davvero tanto a mia figlia… quando era una
ragazzina…
davvero troppo per essere una coincidenza.» La ragazza
assunse
un’espressione piuttosto perplessa. La corazza
dell’uomo stava
iniziando a sciogliersi. Il vecchio si mise le mani nei capelli e
spiegò la situazione «Visto che ora ho capito che
tu sei davvero
mia nipote, in primo luogo vorrei sapere il tuo nome.» La
ragazza
allora lo disse chiaro e tondo al nonno «Il mio nome
è ANITA» Il
vecchio allora sorrise «Anita… che bel nome,
è sinonimo di
benedizione, siamo stati fortunati… hai qualche fratello o
sorella?» Anita, piuttosto preoccupata, rispose:
«No. Sono figlia
unica» La ragazza, pensò ma non disse, un
“fortunatamente”.
«Come anche mia madre, del resto.»
L’anziano allora tirò un
sospiro di sollievo. «Questo vuol dire che sei la mia sola
nipotina…» Commentò poco dopo
l’anziano.
Pochi
istanti dopo calò un gelido silenzio. L’anziano
era ancora in
attesa per l’esito del controllo, con il povero volontario
che, suo
malgrado, aveva assistito ad una riunione familiare.
«Possiamo
continuare questo discorso a casa mia? Ciò che ti devo
raccontare
deve rimanere tra noi, la nonna e i tuoi Pokémon…
a proposito cosa
stavano facendo?» La ragazza si sentì in leggero
imbarazzo a
spiegarlo. «Credo stessero giocando.»
Oshawott
partì di nuovo con l’imitazione di Krookodile.
Anche se, l’assenza
di Herdier fece perdere parecchio Pathos alla scena. «Forse
è
meglio che esca anche tu, Herdier… almeno puoi chiedergli
scusa.»
La ragazza fece uscire la sua Pokémon della Poké
Ball, permettendo
ai due di inscenare il teatrino.
Herdier
iniziò a saltare da una mattonella all’altra e
quando toccava il
bordo il Pokémon Lontra lo provò a prendere.
Questa volta senza
masticarla davvero.
«I
tuoi Pokémon sembrano davvero molto intelligenti e vivaci,
si vede
che tengono a te.» Si complimentò. la nipote
allora arrossì e
ringraziò, quello sì che era un complimento
inaspettato. «Beh,
insomma… la mamma mi ha sempre raccontato della tradizione
di
famiglia…» Mentre Anita parlava delle
abilità dei suoi Pokémon,
gli stessi si accorsero che il Pidove si era ripreso la sua preziosa
piuma, approfittando della loro distrazione.
Ignorando
il consiglio del volontario di fare una visita più
approfondita
all’ospedale, i quattro si incamminarono verso la casa
dell’anziano
che, fortunatamente, non era molto lontana da lì.
Improvvisamente
si sentì una musica potente che fece sobbalzare Anita e suo
nonno;
Era l’ultimo singolo di Velia, una Capopalestra,
specializzata nel
tipo Veleno e famosa cantante. Lo smart Rotom si librò
davanti ai
due;
Era
Ash. Anita si mise le mani in faccia come per dire “Ma che
vuole
questo adesso?”
La
ragazza non poté far altro che accettare la chiamata. Sullo
schermo
del dispositivo vide subito Ash intento ad allenarsi con i suoi
Pokémon, come al solito: «Ciao Anita,
Servine… usa frustata per
arrivare sull’albero, Sandile avvicinati e usa Morso per
deviare i
colpi!» Anita era scioccata dal tempismo perfetto.
L’amico doveva
fare una chiamata proprio in quel momento tanto importante?
«Ash,
tranquillo… sto bene. È tutto a posto. Deve
essere urgente… mi
hai chiamata durante la tua sessione di allenamento. E tu di solito
non interrompi mai un allenamento…» Il ragazzo,
percependo la
preoccupazione dell’amica, spiegò la situazione
«Lo ammetto. Ero
un po’ preoccupato. Avevi detto che eri andata a prendere
delle
Poké Ball, e siccome ci stai mettendo molto ho pensato ti
fosse
successo qualcosa. Sai, dopo quello che è successo con il
Team
Plasma. Quindi, vedendo che stai bene, volevo solo chiederti che cosa
stessi facendo e se avessi preso le Poké Ball. E poi
chiederti
quando tornavi da noi, così potevamo allenarci un
po’ e…» «Stai
tranquillo… va tutto bene. Sono al sicuro.»
«Ok, tranquilla.
Forse sto diventando un po’ troppo apprensivo… a
parte questo…
quando pensi di tornare?» Anita sospirò
«Non saprei, penso di
essere da voi per cena… non mi perderei nulla di cucinato da
lui
per nulla al mondo…» La ragazza non trattenne un
sorriso. «Però…
tornando seri… ho una buona notizia da darti. Guarda chi
c’è!»
Ash allora si voltò, dopo aver fatto usare
un’altra Frustata a
Servine. «Scommetto il mio panino che quello è tuo
nonno!» Scherzò
Ash, strappando un altro sorriso all’amica. «Ash te
la sei
rischiata a scommettere sul tuo hamburger, preparato tra
l’altro da
…Carlos…, proprio tu che in quanto ad appetito
sei secondo solo a
Snorlax…» La ragazza pensò anche di
fargli una battuta sul fatto
che nonostante l’amico mangiasse così tanto,
rimanesse comunque
molto magro… una battuta del tipo “anche se sei
comunque un
chiodo”.
Ash
allora motivò le sue parole con un’affermazione
filosofica «Nella
vita come nelle lotte bisogna anche rischiare qualche cosa per
vincere.» Il vecchio si complimentò con Ash per la
frase.
«Il
tuo amico secondo me deve davvero essere molto bravo nelle lotte per
dire questa cosa. Bravo ragazzo, sono sicuro che sei già un
fenomeno
nelle lotte!» Anita appariva piuttosto perplessa. Possibile
che il
nonno non lo avesse riconosciuto?
«Sai…
Ash è un Allenatore molto molto abile.»
«Lo ho notato dalla
sicurezza con cui comandava i suoi Pokémon.»
Rispose l’anziano.
«Mi ricorda il Campione… com'è che si
chiama… Nando… Nardo…»
Anita scosse la testa. «Ora non è più
lui il Campione. È Iris, ed
è una Campionessa.» Il nonno ci rimase un
po’ male. «Ah… non è
lui… eh!?! Si è fatto battere da una
ragazza?» Il nonno sembrava
incredulo. «Eh sì! Ed è
un’amica e rivale di Ash.» Spiegò
Anita. «Ma se lei è la Campionessa e Ash
è un suo rivale… allora
lui non è poi così forte.» Si
lasciò scappare l’anziano.
«Beh…
non è proprio così.» Gli rispose la
ragazza. «Come? Se lei è la
campionessa…» La perplessità
dell’anziano aveva raggiunto
livelli stellari. «Ash fa parte degli Otto
Professionisti… gli
Otto Allenatori più forti del Mondo. Iris e Ash ne fanno
parte. Iris
è ottava… Ash è il primo.»
L’uomo sorrise. «Allora devi
essere davvero essere davvero un Allenatore molto abile.» Ash
era
davvero felice del complimento ricevuto dall’anziano.
«Non per
nulla è il mio maestro.» La ragazza lo
annunciò con fierezza. «E
mi immagino che la mia Anita sia una brava allieva, è
così?» Ash
lo assecondò rispondendogli «Non si sbaglia
signore.» «Ne sono
felice, rispose l’anziano.»
La
ragazza, l’anziano e i Pokémon ripresero il passo.
Il nonno
Alessandro attaccò «I tuoi amici mi sembrano
davvero molto
simpatici, mi fa piacere che ti sei trovata una bella
compagnia…
quasi quasi mi ricordi il me alla tua età.»
Anita,
piuttosto sorpresa, chiese spiegazioni «In che senso alla tua
età?»
Il vecchio prese un bel respiro e cominciò il racconto:
«Vedi…
sono passati cinquanta o sessant’anni… e a quei
tempi non c’era
ancora la tecnologia di oggi. Il Pokédex era scritto su
carta. Era
formato da un libretto e da una piccola fotocamera istantanea. Che
tempi! Io e i miei amici viaggiavamo di regione in regione per vedere
i Pokémon più diversi, per studiarli e per
lottare.
E,
più di qualcuno è diventato anche un mio
compagno, Purtroppo ora mi
è rimasto solo la mia cara Azumarill, che aiuta tua nonna
con le
faccende di casa e il mercoledì va all’ospedale
con lei.
Tornando
al discorso della mia età, inizialmente eravamo quattro
amici, più
i nostri Pokémon… poi ho conosciuto tua nonna e
ho dovuto
scegliere se proseguire il mio viaggio con i miei amici o
abbandonarli e stare con lei. A dire il vero quando io e tua nonna ci
siamo fidanzati eravamo solo in tre. Uno dei miei amici aveva fatto
la mia stessa scelta, preferendo l’amore
all’avventura. Anche da
genitori, io e tua nonna non perdemmo la nostra passione e il nostro
amore verso i Pokémon. Lottavamo tanto tra di noi, ma finiva
sempre
con un pareggio. In cerca di quelle emozioni che avevo perso, decisi
di cominciare con le lotte in Palestra. Sono riuscito, insieme ai
miei Pokémon a vincere le medaglie e a sfidare la Lega di
Unima.
Riuscì a sconfiggere i Superquattro, tuttavia venni
sconfitto dal
Campione. Sono riuscito a sconfiggere cinque dei suoi
Pokémon, prima
di capitolare. Ah, che bei tempi le gioventù!»
Anita
ascoltò attentamente la sua spiegazione. Pur di non finire
preda di
una cascata infinita di pensieri, decise di fargli delle domande.
«Ti
mancano i tuoi amici vero?» «A essere sincero la
cosa che mi manca
di più è il poter lottare con i miei
Pokémon. Era davvero bello
viaggiare con i miei amici, ma la a cosa che preferivo di
più, erano
le lotte.» Anita era abbastanza sorpresa da quella risposta.
Per
quanto tentasse di elaborare un’altra domanda, questo le
risultava
impossibile. «Eccoci arrivati!» Disse nonno, che
nel frattempo si
era presentato a sua volta, rivelando di chiamarsi Alessandro.
L’anziano
indicò una grande casa di legno di ciliegio. Era circondata
da
alberi di ciliegie che spuntavano dal giardino sul retro. Oshawott
rimase sbalordito dalla possenza di quella casa. La Herdier della
ragazza era di tutt’altro parere. La trovava poco funzionale
per la
vita di un Pokémon domestico.
«Allora….
Anita, benvenuta nella mia umile dimora.» L’anziano
le diede il
benvenuto.
«È…
è veramente imponente… meravigliosa!»
Commentò la ragazza. Il
nonno sorrise e suonò il citofono.
«Alessandro
è alla porta e abbiamo ospiti!» Si
sentì così un suono elettrico
e il cancello si aprì. Il nonno entrò
invitò Anita e ai suoi
Pokémon ad entrare: «Volete rimanere
fuori?» Lì invitò con un
gesto della mano. Oshawott corse a tutta velocità verso uno
dei
fiori seguito a ruota da Herdier.
Anita
varcò la soglia del cancello si guardò attorno.
Rimase meravigliata
da quanto il giardino fosse curato. Era talmente perfetto da sembrare
finto. Vincendo la timidezza iniziale, decise di chiedere lumi
all’anziano. «Perdona se sono
indiscreta… ma come fate a tenere
le piante così in salute? Utilizzate qualche fertilizzante,
dell’acqua magica, o qualche Pietrafoglia?»
Il
nonno, dopo aver vinto una crisi di riso, rispose alla nipote
«Ah,
beh questo lo devi chiedere a Picernese» “E chi
sarebbe questo
Picernese?”. Si chiese Anita.
Con
ancora quella domanda in testa, la ragazza continuò a
guardarsi
attorno chiedendosi chi fosse questo giardiniere con un nome
così
peculiare… doveva proprio essere un mago
dell’erbologia, del
giardinaggio, o di qualsiasi altra cosa si occupasse.
«Io
e la mia mogliettina amiamo tanto i Pokémon. Ormai ci sono
rimasti
solo loro.».
I
due Pokémon decisero di proseguire il loro gioco, che
consisteva
nell’evitare gli spazi tra le mattonelle.
Ad
un certo punto delle spine velenose sfiorarono i baffi di Herdier. La
Pokémon alzò lo sguardo e notò quelle
che, all'apparenza, erano
solo due semplici rose. Una era rossa e una blu. Erano ferme al
centro di un’aiuola. Il Pokémon Fedeltà
riportò la situazione al
collega Oshawott. Il Pokémon Lontra era piuttosto incredulo.
Credeva
fosse solo una sua impressione. Quando i due Pokémon
tornarono sul
luogo del misfatto, la spina velenosa era sparita.
Poco
dopo, un secondo colpo tagliò leggermente il pelo di Herdier
e fece
cadere la mollusciabola del Pokémon Lontra a terra. Solo in
quel
momento Oshawott si accorse del fatto che era tutto vero. Herdier non
aveva detto una bugia. I due Pokémon si girarono e notarono
che le
due rose adesso erano sul sentiero di rocce che conduceva dal
cancello all’entrata.
Solo
allora le due rose rivelarono la loro vera identità. Non
erano dei
semplici fiori. Era un Pokémon. Un Roselia. Quel
Pokémon viveva in
quel giardino da chissà quanto tempo e non sembrava
apprezzare la
presenza dei due.
«Lei
è Picernese, una Roselia.» L’anziano
presentò la Pokémon alla
nipote. «Vedo che ha già fatto amicizia con i tuoi
Pokémon.»
Commentò. La ragazza, fino a quel momento, non aveva mai
incontrato
un Roselia, per cui decise di scansionarla con il suo Smart Rotom.
«Roselia. Pokémon Spina. Tipo Erba e Veleno.
Esemplare femmina. I
bellissimi fiori sulle sue braccia possiedono spine velenose. Non
cercare di raccoglierli!
Mosse
conosciute: Gigassorbimento, Fiortempesta, Fangobomba.»
Grazie alle
informazioni del pokédex, Anita allora si rese conto di
tante cose.
“Eppure ci sarei dovuta arrivare da sola!” Si
rimproverò. «Non
so come ho fatto a non pensarci prima. Roselia è un
Pokémon che sa
esattamente quando un fiore ha bisogno di un qualcosa perché
lo è
anche lei!»
Il
nonno la incalzò: «Grazie a Roselia non solo il
giardino ha un
magnifico aspetto, e gli alberi di ciliegio danno delle ottime
ciliegie. Le usiamo per fare della marmellata che vendiamo anche
magari ai cittadini o ai supermercati della zona.» Anita
rimase
scioccata dal lavoro che Roselia stava facendo. Sembrava
instancabile. Non smetteva mai di curare i fiori e le varie piante,
tagliava con una precisione millimetrica tutte le erbacce e i fili
d’erba di troppo andando da una parte all’altra del
giardino a
gran velocità.
«E
questa è la casa al suo interno.» Appena
l’anziano aprì la
porta, la ragazza si trovò davanti un televisore che
trasmetteva una
serie che non conosceva, probabilmente una telenovela, tanto amata da
quel genere di pubblico. Alla sua destra c’erano il piano
cucina e
la lavatrice sostenibile, più avanti c’era una
porta, che portava
al bagno.
Alla
sinistra c’erano dei pouf con delle coperte e dei nomi sul
parquet
fatto anch’esso realizzato in legno di ciliegio, i nomi
incisi
erano “Minnie” e “Picernese”.
Anita
capì immediatamente che quelli erano i letti di Roselia e
dell’
Azumarill di cui il nonno le aveva parlato.
Davanti
al televisore vi era un enorme divano. Ai piedi del divano un piccolo
tavolo, solitamente usato per sgranocchiare degli snack o per servire
il tè. Ai lati del divano, un po’ distanti, vi
erano due poltrone.
Il
piano di sopra era accessibile tramite una scala che copriva tutta la
parete dietro la televisione.
Di
colpo si sentì un rumore statico. Anita si girò
verso il
televisore. Era prodotto dalla Mechas. Sullo schermo era apparso un
effetto simile alla neve. Grigia e nera.
Quel
televisore era stato installato su quella parete il giorno stesso del
suo lancio sul mercato. Era un apparecchio estremamente affidabili.
Lo statico di quelle televisioni era dovuto solo ed esclusivamente da
alcuni Pokémon volanti o fluttuanti che interrompevano il
segnale
dal satellite mettendosi in mezzo tra la parabolica e il segnale del
satellite.
Immediatamente
si sentì una signora sbuffare: «Perché
quel Gliscor è ancora qui?
Ci vorrebbe qualcuno che gli dia una bella lezione! Magari il suo
allenatore, ma quel brutto sbruffone pensa che non sia un problema!
Vorrei vederlo io se succedesse a lui! Come dobbiamo fare
adesso?»
Ad
Anita iniziò a battere il cuore forte
dall’emozione, stava per
conoscere sua nonna. Non aveva grandi aspettative. Per lei era
sufficiente che la signora l’accettasse.
La
vecchia era una donna di circa settant'anni, di non molto alta. Aveva
i capelli grigi, dei piccoli occhi marroni, un naso grande naso
grande e un neo sulla parte destra della fronte. Indossava un
grembiule azzurro che copriva una semplice maglietta rossa e dei
jeans blu.
L’anziana
si alzò dal divano e si girò per andare a vedere
chi c’era alla
porta. Il marito non era solo. Era accompagnato da una giovane
fanciulla con un berretto con visiera e una borsa da allenatrice. Era
accompagnata da un Oshawott e da una Herdier. Entrambi i
Pokémon
avevano un’aria energica e vivace. L’anziana
domandò al marito,
con tono di rimprovero: «Alessandro! Simmu un
po’... chi è questa
bambina che è venuta a farci visita oggi?» Il
nonno la contraddì
con un piccolo gesto della testa. «Guarda che lei non
è più una
bambina, è una ragazza grande e matura! Non come sua madre.
Ha già…
eeeeeeeee…..» Anita tossì
«Coff… sedici anni.» L’anziano
riprese: «…sedici anni. Si chiama Anita ed
è tua nipote.»
L’anziana venne colta da un enorme turbinio di emozioni.
«Oddio!
Bella di nonna vieni qui fatti abbracciare, noi non sapevamo della
tua esistenza, ed è tutta colpa di tua madre! Si
è allontanata
quando aveva la tua età e da allora non l'abbiamo
più vista. Aveva
iniziato il suo viaggio come Allenatrice, ma dopo poco non ci aveva
più contattato. Eppure, anche allora i Centri
Pokémon avevano un
telefono! Ah… ma io so che tu non sei come lei! Se lo dice
il mio
amato Alessandro allora deve essere per forza
così!» Anita colse la
palla al balzo: «Anche per me è bellissimo
incontrarti nonna…
solo potresti evitare di stringermi così forte per favore!
Stringi
più forte della Servine di Ash!» La nonna, non
senza aver accennato
un sorriso per quella battuta, si scusò
«Oh… perdonami bella, ma
noi pensavamo di non avere nipoti, vedo che mangi bene e ti tieni in
salute, sei molto in forma!» Anita passò i meriti
a Carlos «Tutto
ciò che mangio in realtà è preparato
dal mio amico Carlos non lo
decido io. A dire il vero neanche lui decide per noi, è Ash
che
detta i menù.» Il nonno attaccò:
«Si sapeva già che in effetti
noi maschi sappiamo come tenerci in forma e anche come cucinare
bene.» La nonna allora disse: «Alessa…
guarda che se non ci fossi
io tu moriresti di fame, sete e forse anche di sonno!» Anita
provò
a fermare così la discussione
«Calmatevi… vi prego!» La ragazza
alzò le mani, come gesto di resa. «O
almeno… beh… finiamo con
le presentazioni?»
La
nonna, ragionevolmente la assecondò
«Si… giusto… perdona tuo
nonno, l’età gli ha un po’ dato alla
testa… Sai…a volte
dimentica di prendere le medicine e…» La ragazza
fece cenno di
aver capito. «Comunque», L’anziana
tornò all’argomento
principe. «Io sono nonna Noemi!» Si
presentò l’anziana. «Se
vuoi ti faccio fare un giro della casa… se vuoi ti posso
offrire
anche qualcosina da mangiare… mi sembri un po’ a
corto di
energie. E poi è quasi ora di fare merenda?! Lo vuoi il
panettone? È
fresco fresco… l’ho preparato ieri! Oppure
preferisci dei
biscotti? Ho capito! Vuoi del succo d’arancia!»
Anita,
educatamente, rifiutò le gentili proposte
dell’anziana. «No…
no! Grazie! sono a posto così! Magari forse i miei
Pokémon vogliono
qualcosina… che ne dite?» L’anziana si
avvicinò ai due compagni
di Anita «Sono sicura che hanno molta fame, questi piccoli
pasticcini» L’anziana donna si
inginocchiò per poterli coccolare.
Gli accarezzò e gli accarezzandoli e spupazzò di
coccole, arrivando
a stirar loro anche le guance «I tuoi Pokémon sono
davvero
bellissimi! Ma dimmi un po’...ne hai altri da
presentarci?» Anita
rispose con un piccolo gesto affermativo alle parole
dell’anziana.
Tirò fuori la Poké Ball che conteneva Vivillon
«Lei è l’ultimo
Pokémon che ho catturato, giusto qualche giorno fa. VIENI
FUORI
VIVILLON!».
Dalla
Poké Ball uscì una stupenda Vivillon motivo
marino. Quella Pokémon
che ispirava alla nonna un grande senso di sicurezza. Al nonno,
invece, causò una diversa reazione. Al signor Alessandro
venne in
mente un episodio della sua gioventù. In particolare, del
giorno in
vide per la prima volta un Pokémon shiny. La farfalla
appariva un
po’ spaventata dai due anziani. Capendo il disagio della
Pokémon,
l’anziana la nonna prese un contenitore di metallo, con
stampati
sopra dei Pokémon. Conteneva degli snacks per
Pokémon. Pochi
istanti dopo l’anziana chiamò i suoi aiutanti:
«MINNIE!
PICERNESE! ABBIAMO OSPITI E SERVIAMO DEGLI SNACKS!» Picernese
arrivò
immediatamente. Era proprio lì davanti. Minnie, invece
dovette
scendere per le scale. «Anche se è un
po’ anzianotta è comunque
arzilla, come se avesse vent’anni.»
Raccontò l’anziana. «È
anche bravissima nelle lotte» Aggiunse poco dopo.
«Certo… non più
come una volta… ora non riesce più a scacciare
quel maledetto
Gliscor che ogni volta interrompe il segnale della
televisione…»
Minnie
arrivò rotolando dalle scale. Rivelando il suo aspetto.
Minnie era
l’Azumarill del nonno. Fino a poco tempo prima, la
Pokémon stava
spolverando la camera da letto al piano di sopra. Appena giunse al
piano terra, la Pokémon si mise a salutare gli ospiti e a
fare
conoscenza con loro.
«Quando
Azumarill era giovane riusciva a battere anche dei Pokémon
forti e
in salute come i tuoi, adesso, invece, aiuta tua nonna con le
faccende domestiche.» Raccontò il nonno.
Minnie
si avvicinò ad Anita e le strinse la mano con
l’orecchio.
«Piacere, io sono Anita.» Si presentò la
ragazza. «E sono
l’allenatrice di queste tre giovani promesse. Oshawott,
Herdier e
Vivillon.» Azumarill si avvicinò ai tre
Pokémon della ragazza.
Iniziò da Herdier e cominciò a chiacchierare con
la Pokémon
Fedeltà. «Az-zu-ma-ma» (Mi sembri molto
forte e in forma)
«Zu-zu-zu-ma» (Hai ancora molta strada da fare, e
diventerai ancora
più grande e forte.) «Rill-Rill» (Questo
ti aiuterà anche nelle
lotte più difficili)
Dopo
aver incoraggiato Herdier, la Pokémon passò a
Vivillon.
«Ma-ma-Rill-Rill» (Hai davvero tantissimo
potenziale. Sono sicura
che sei una spalla perfetta per la tua Allenatrice.)
«Zu-Zu-Zu»
(Credo che presto farai un grosso salto di qualità).
Infine,
si rivolse ad Oshawott, ma non gli diede la mano, piuttosto decise di
accarezzarlo in testa con la manina. «Azu-ma-Azu!»
(Avrai un futuro
radioso davanti a te, devi solo ascoltare i consigli della tua
allenatrice. È una ragazza gentilissima.) Il
Pokémon Lontra
sembrava estremamente felice delle parole della Pokémon.
«Non
è comune questo comportamento.» Spiegò
l’anziano. Anita era
stranita da quella frase. Azumarill si comportava con una tale
naturalezza… «Come?» Chiese. Il nonno
capì che avrebbe dovuto
dare una spiegazione alla nipote. «In tutti questi anni
è successo
solo tre o quattro volte. È molto raro che Azumarill si
comporti
così con i nuovi ospiti. Se ho capito bene, sembra che abbia
visto
in Oshawott un potenziale immenso.»
Oshawott
arrossì a quei complimenti. Anita guardò il suo
Pokémon con aria
pensierosa.
L’anziana
signora tornò dalla cucina reggendo tra le mani un grande
vassoio di
legno di ciliegio. Appena giunta in salotto, lo appoggiò sul
tavolino, in modo da poter far permettere ai Pokémon di
mangiare.
Herdier
e Oshawott si fiondarono immediatamente sul vassoio. Gli altri
Pokémon si scambiarono uno sguardo divertito, per poi
mettersi a
mangiare a loro volta, sia pur molto più tranquillamente.
Poco dopo
la nonna della ragazza era di nuovo sparita, salvo ritornare poco
dopo. Questa volta aveva preparato dell’ottimo panettone. Il
dolce
aveva un aspetto molto invitante.
La
pasta era di un bel giallo e sembrava incredibilmente soffice. Era
guarnita con delle gocce di cioccolato e con della crema bianca. Il
tutto era racchiuso in una sorta di cilindro dalla forma piuttosto
schiacciata e ricoperto di panna montata a sua volta decorata con
delle ciliegie. Una goduria per il palato.
Anita
non poté non pensare ad Ash. Probabilmente l’amico
avrebbe
divorato quel ben di Arceus in un battito di ciglia. La visione del
ragazzo che mangiava quel dolce a quattro ganasce le strappò
più di
un sorriso.
Anita
e i nonni ritrovati, si fermarono a guardare i cinque
Pokémon che
mangiavano gli snack. Dai loro sorrisi sembrava quasi volessero
unirsi a loro…
Il
quadretto venne interrotto dal nonno, alle perse con una delle sue
uscite. «Ah, i Pokémon creature misteriose, quando
poi conosciamo
moltissime cose di loro, misteriose perché col tempo
cambiano
comportamento, abitudini, anche l’habitat, se ancora penso a
quei
Ninetales di Alola comparati a quelli normali…»
Nonna Noemi rise
sotto i baffi: «Alessandro, non iniziamo con i termini
tecnici che
la bambina poi non capisce» Il vecchio si fece una bella
risata
«Ancora? Ti ho detto che è una ragazza
responsabile e sveglia,
brava e intelligente, bella ed educata, avventurosa e
modesta» Anita
lo fermò arrossendo «No… non, non sono
tutte queste cose…»
L’anziano, in disaccordo con le parole della nipote, disse
qualcosa
che fece vergognare la ragazza a tal punto da farla ritenere
fortunata che nessuno li stesse ascoltando. «Ma non dirmi che
non è
vero! Sono sicuro, e te lo dico da grande conquistatore…
quindi
suppongo di averti passato quei geni… per cui sono sicuro
che là
fuori ci sono tanti ragazzi che farebbero la fila pur di stare con
te… che cadrebbero ai tuoi piedi anche solo per un tuo
sorriso!»
Anita era piuttosto imbarazzata da quelle parole. Non si sentiva
pronta ad avere quel genere di relazioni… non ancora.
“Menomale
che questa cosa rimane tra noi! Però caspita… che
imbarazzo!” Il
nonno, non contento, decise di rincarare la dose con una frase che
sembrava studiata apposta per far vergognare la ragazza:
«Sicuramente
quei tuoi “amici” beh… come li chiami
tu… sono già i tuoi
fidanzati…. Beh… in quel caso…. devi
solo decidere chi sarà
tuo marito. Ma stai tranquilla! Hai molto tempo per decidere»
Anita,
in quel momento sarebbe voluta evaporare. Come minimo. O se non
altro, non solo voleva chiudersi nella sua stanza e non uscirne mai
più. Per l’imbarazzo, era diventata tutta rossa,
peggio di un
Darmanitan. In quel momento si accorse anche di quanto stesse
sudando.
“Oddio
e se ci fossero stati i miei amici cosa sarebbe successo?”
Pensò,
“Non lo voglio scoprire né ora né
mai” Quelle
visioni
non abbandonarono la mente della ragazza per diverso tempo.
La
nonna, per fortuna, si accorse dell’imbarazzo della ragazza.
«Ehm,
caro, non so se questo argomento sia consono…. è
un po’
imbarazzante. La mia povera nipotina è completamente
scioccata, non
la vedi? Ti rendi conto che hai esagerato?» La
donna
riprese il marito, il quale, pur di non rispondere, cercò di
cambiare argomento.
«Adesso
devo proprio andare in bagno, scusate.» L’anziano
si alzò ed
indicò col dito la porta del bagno, facendo capire alla
giovane
ospite dove si trovasse il servizio.
«Tesoro,
sicura di stare bene?» L’anziana assunse un tono
ancora più
comprensivo. Anita non si era ancora ripresa del tutto da quelle
affermazioni. Nonostante questo, cercò di tranquillizzare
l’anziana
«Si si nonna tutto a posto, non ti preoccupare…
sto bene… solo
che non mi sarei mai aspettata venisse tirato fuori questo
argomento…
ecco tutto» Capendo la situazione, l’anziana si
prese la
responsabilità di quanto accaduto. «Se non ci
penso io a fargli
prendere le medicine, lui se ne dimentica e quando lo fa, a volte
dice delle fesserie» Spiegò. La ragazza assunse
un’aria
comprensiva. «A proposito, ALESSÀ PRENDI LE
MEDICINE DOPO CHE
FINISCI!» L’anziano rispose al rimprovero della
moglie «SONO AL
PIANO DI SOPRA!»
La
nonna sospirò «Perché deve sempre
lasciare le cose in giro? Anita,
cara, puoi andarle a prendere tu al piano di sopra? Le medicine
saranno sicuramente sul comodino» Anita non poté
rifiutare. «Certo…
vado subito.» La ragazza si alzò dal divano e si
diresse al piano
di sopra. Non fece quasi in tempo a posare il piede sul primo
gradino, che subito inciampò. Stava per sbattere la faccia
sulla
scala.
Alla
sua destra della ragazza comparve un velo rosato. Contemporaneamente
una strana figura la sollevò di peso e portò sul
materiale rosa.
Quello strano materiale ricordava una sorta di materasso. Grazie a
questo salvataggio Anita non ebbe nemmeno un graffietto; Sembrava
venisse tenuta da qualcosa di ovale, con due grandi orecchie. La
ragazza abbassò lo sguardo e si accorse di una creatura
azzurra a
forma di uovo. Due stanghe le coprivano la bocca. Ara Azumarill. Le
aveva appena salvato la faccia da una bruttissima fine.
«Anita…
mamma mia! mi hai fatto preoccupare! Meno male che Minnie si
è
accorta della tua caduta… forse è meglio che vada
io.»
Il
nonno uscì così dal bagno e si scusò
con la nipotina: «Scusa per
prima… forse non dovevo toccare questo argomento…
ma è da quando
tua madre...» L’uomo si fermò alcuni
istanti. «Ah giusto…
dobbiamo continuare questa conversazione con la
nonna…» Manco a
farlo apposta, l’anziana gli raggiunse in quello stesso
istante,
con in mano una specie di contenitore e un bicchiere pieno
d’acqua.
«Adesso non hai più scuse.»
L’anziana, praticamente, obbligò il
marito a prendere le medicine. «E dai che sennò
facciamo notte!»
Si lamentò, notando il tentennamento del marito.
Una
volta finito, o finto, di prendere le medicine il nonno
riattaccò
«Allora, continuiamo il discorso di prima, non abbiamo
più avuto
contatti da parte di tua madre da quando aveva più o meno la
tua
età.
Era
un’Allenatrice davvero molto promettente. Aveva sconfitto
senza
praticamente difficoltà le prime due Palestre, grazie ai
suoi
Pokémon. Un Tepig e un Herdier… anche
se… nelle ultime volte che
la sentivamo ci sembrava sempre meno convinta.
Parlava
di questo suo amico e dei suoi ideali. Per quanto non li
condividessi, decisi di lasciare correre. Dopotutto era la sua
vita.»
L’anziano scosse la testa. «È da allora
che prendo queste
medicine. Sai cosa significa per un padre non avere più
contatti con
sua figlia…» Spiegò. «Queste
medicine mi servono per non
impazzire. Probabilmente senza queste non sarei qui. Quando non le
prendo, il primo sintomo che mi capita è il dire cose fuori
luogo…
comunque ti ha detto del suo passato?» Chiese
l’anziano. La
ragazza annuì e affermò: «Si...
tranquillo, giusto pochissimo
tempo fa. Il giorno in cui io sono diventata Allenatrice lei mi ha
anche raccontato di come lei non volesse che io facessi il suo stesso
errore.»
La
nonna allora si distese per la gioia «Grazie ad Arceus!
Almeno
nostra figlia si è svegliata!» L’anziano
cambiò totalmente
espressione, divenne pensieroso e riflessivo «Meno male che
tua
madre non ti ha influenzato con quelle strane idee, ma che, anzi, ti
abbia detto di non fare i suoi errori.» Anita si stava
stancando di
sentire sempre le stesse storie e cambiò discorso
«Nonna…. prima
il nonno mi ha raccontato degli episodi di
infanzia…» L’anziana
fece cenno di aver capito.
«Vuoi
che te ne racconti qualcuno pure io?» La ragazza fece un
piccolo
cenno affermativo.
L’anziana
si tolse gli occhiali e posò la fetta di panettone che stava
masticando sul piattino che aveva sulle gambe.
«Sono
passati tantissimi anni… ero una bambina come a
te…» Il nonno la
interruppe subito. «Ragazza…»
L’anziano tossicchiò. La
signora, scocciata dall’interruzione, riprese il suo
racconto.
«Avevo la tua età, va bene? Non è molto
importante. Sono
tempi lontani. Il mondo è veramente cambiato da allora.
Pensa che
all’epoca, i pokédex erano cartacei. Oggi il
Pokédex è solo una
delle tante funzioni dei vostri telefoni…» La
signora iniziò a
divagare. «In ogni caso, la mia vocazione non era quella di
completare il Pokédex. Io mi dedicavo più che
altro al prendermi
cura delle persone bisognose, una cosa che, nel mio piccolo, cerco di
fare anche oggi. Non so se conosci l’ospedale in Via
Laven…»
L’anziana notò lo sguardo perso della ragazza.
«Non importa se
non lo conosci… davvero. Comunque sia… io ci vado
tutti i
mercoledì, compreso anche ieri. Sai, dai primi giorni che ci
andavo
ad adesso sono cambiate tantissime cose… per esempio
l’entrata.
Prima la hall principale non era grande come adesso, era molto
stretta, ci passava a malapena il carrello delle pulizie, giusto per
quei tre centimetri… altrimenti sarebbe rimasto incastrato.
Dobbiamo ritenerci fortunati. La scienza è andata avanti,
per
esempio, adesso ci sono più cure rispetto a tanto tempo
fa… prima
alcune malattie non potevano essere curate in alcun modo. Oggi, per
fortuna molte di esse sono diventate curabili. Certo… il
processo è
comunque lungo e a volte doloroso… ma adesso ci sono anche
molti
più medici rispetto alla mia epoca. Sai? Prima tutti
volevano
diventare avvocati e uomini d’affari. Oggi invece ci sono
molti
medici… il che è positivo. Anche se è
probabile che, in futuro,
ce ne saranno di meno. Voi ragazzi oggi purtroppo pensate a stare su
quegli Smart Rotom. Ai miei tempi non c’erano tecnologie
così
avanzate. Ora è tutto più semplice e in futuro lo
sarà ancora di
più. Mi ricordo ancora il giorno in cui ho iniziato a fare
volontariato…
Era
una mattinata d'inverno. Una ragazza non molto alta e piuttosto
magra, dai capelli castani e dagli occhi dello stesso colore, vestita
una semplice camicia, una giacca e una gonna scura, che indossava
delle semplici scarpe in pelle nera, notò un anziano
vecchietto si
stava scaldando vicino a un piccolo fuocherello che bruciava
all’interno di un barile giallo. Stava sfruttando quel fuoco
per
cuocere delle salsicce. «Signore ha bisogno di una
mano?» Gli
chiese quasi istintivamente.
Solo
in quel momento, la ragazza si accorse che l’anziano aveva
una
ferita alla gamba.
La
ragazza si avvicinò e gli chiese, nuovamente, con un tono
ancora più
gentile: «Signore, ha bisogno di una mano?»
L’uomo guardò la
ragazza atterrito e rispose: «In realtà
sì, giovanetta, vedi io
sono un povero senzatetto. Sembri molto gentile, ma non penso che tu
possa fare molto.» La ragazza guardò
l’anziano con aria
dispiaciuta. “Effettivamente ha ragione. Non posso fare
molto.”
Pensò. “Ho solo sedici anni. Magari i miei
genitori o qualche
altro parente più grande che potrebbe dare qualcosa in
più… ma
comunque non faceva la differenza”
Un
secondo pensiero si aggiunse poco dopo.
La
ragazza, presa da un impeto di generosità, misto ad un
pizzico di
follia, decise di trascorrere tutta la notte con l’anziano.
La
mattina seguente, la ragazza chiese a suo padre: «Babbo, ieri
ho
incontrato un senzatetto, come posso aiutarlo?» Il padre
della
ragazza, piuttosto sorpreso dalla domanda disse: «Tesoro, io
sarò
anche una delle persone più ricercate della nostra
città, ma
proprio non so cosa possiamo fare. Potremo fare delle piccole
donazioni. Magari, per ora, potremo comprare qualcosa per lui. Ma, se
proprio volessi aiutare queste persone dovresti rivolgerti a
un’associazione, come una casa di cura, oppure
all’ospedale in
Via Laven.
Non
è molto lontano se usi la bicicletta.» La mamma
intervenì: «Se ci
tieni, tesoro, dopo la scuola, puoi andare e vedere se puoi dare una
mano in qualche modo.»
L’anziana
interruppe il racconto. «Ai miei tempi, la scuola finiva
d'obbligo a
diciott'anni, solo dopo aver concluso gli studi dell’obbligo
si
poteva cominciare a viaggiare. Nulla ti vietava di avere già
dei
Pokémon, ma la priorità era
l’istruzione. Con il tempo le leggi
cambiarono. Già quando andava a scuola tua madre…
In alcune
regioni gli Allenatori partono per il loro viaggio a dieci anni. Qui
hanno abbassato il limite a sedici. Ma chi vuole può
comunque
continuare gli studi.» Conclusa la breve parentesi,
l’anziana
riprese il suo racconto.
La
giovane arrivò a scuola. Quel giorno ci sarebbero state
interrogazioni a tappeto. Nonostante questo, la ragazza ebbe comunque
del tempo per riflettere.
All’uscita
di scuola la giovane venne trascinata sul pullman da una sua amica,
Miriam. Quest’ultima si era immediatamente accorta di come
Noemi
fosse estremamente pensierosa: «Cosa ti prende oggi? Sei
così
pensierosa, hai ancora dei dubbi su chi sia più attraente
tra Pasquale
e Franz?»
A
questo punto fu l’anziano ad interrompere il racconto:
«Che cosa?»
La nonna rispose, senza battere ciglio. «All’epoca
non mi rendevo
conto del fatto che fossero poveri in canna. E poi… non li
conosci…
anche se, a questo punto saranno diversi metri sottoterra.»
Il
vecchio si tranquillizzò: «Meno male…
anche se comunque credo di
aver capito chi erano.»
La
signora continuò con la storia:
La
giovane Noemi rispose all’amica: «È per
qualcos’altro, ed è
molto più importante. Non so se tu possa capire.»
Miriam
le chiese lumi: «Se non so di cosa stai parlando, come puoi
pretendere che capisca? Dai, dimmi di più!» La
giovane Noemi
sospirò: «Da oggi, voglio aiutare le persone
bisognose, non importa
che siano persone ferite o senzatetto affamati. O altri tipo di
persone in difficoltà.
Perché
mi dispiace per loro.» Miriam Sorrise. «E questo,
per te era
qualcosa di difficile da capire? È un gesto molto generoso
da parte
tua. Non posso che augurarti buona fortuna.»
Anita,
timidamente, interruppe la signora: «Forse sono indiscreta, e
in
questo caso mi scuso, ma… questa tua amica non ha mai voluto
accompagnarti?» La nonna guardò per un attimo
Picernese e sospirò:
«Purtroppo Miriam non aveva tempo. Tutti i pomeriggi, a parte
la
domenica, aveva lezioni di pianoforte. E il giorno in cui non aveva
pianoforte usciva con i ragazzi della nostra scuola. Sai, ai miei
tempi non assegnavano compiti per casa.» Chiusa
l’ennesima
parentesi, la signora tornò al racconto.
Quello
stesso pomeriggio la ragazza prese la sua bicicletta e raggiunse Via
Laven. Portò con sé anche Picernese. A quei
tempi, la Pokémon era
ancora una Budew, e non aveva ancora ricevuto il suo soprannome.
Essendo un semplice Budew, purtroppo poteva solo fare da spettatore.
Il suo corpo era piuttosto fragile e poteva solo trasportare oggetti
molto leggeri con la sua punta. Per poter essere maggiormente d'aiuto
si sarebbe dovuta evolvere almeno in Roselia. Non era ancora il
momento. Noemi non poteva saperlo, ma non avrebbe dovuto attendere
ancora molto.
Arrivata
all’ospedale, la ragazza entrò e subito si accorse
di quanto
all’interno la hall fosse stretta. Lo stesso poteva dirsi di
tutti
i corridoi.
Appena
entrata, la ragazza venne accolta da un’addetta all'ingresso.
«Salve giovanetta, come posso esserle utile?» La
donna sembrava
piuttosto gentile. «Salve potreste prendervi cura di un
senzatetto
che ho trovato per strada?» Rispose la ragazza. La gentile
addetta
rispose educatamente: «Ma certo! Mi dia giusto un nominativo
della
persona di cui dobbiamo occuparci» Noemi sembrava piuttosto
imbarazzata: «In realtà io non so né il
suo nome né il suo
cognome.» L'infermiera le spiegò la situazione:
«Signorina,
abbiamo bisogno dei suoi nominativi. Se non riesce in altro modo,
possiamo farlo venire qui. Pensi di riuscire ad accompagnarlo? Se non
riesce, mandiamo qualcuno a prenderlo.» La giovane si
indispettì e
domandò «Non potete mandare direttamente qualcuno?
Io so dove
alloggia, a meno che non sia un nomade.»
La
signora accettò la proposta: «Questa è
un’ottima idea in
effetti» Noemi indicò la via in cui aveva
incontrato l’uomo.
Accompagnata da un grande e forte uomo dai pettorali che se bagnati
ben visibili, andò a prenderlo.
Il
palestrato sembrava piuttosto entusiasta della cosa, almeno dalle sue
parole: «Andiamo a prendere questa persona
signorina… potremmo
almeno sapere almeno il tuo nome?» La ragazza rispose,
arrossendo:
«Mi chiamo … mi chiamo Noemi.»
L’infermiera, sentendo quel
nome, attaccò: «Che coincidenza! Anche mia sorella
si chiama Noemi!
Mi pare che anche tua madre si chiami così, giusto,
Matt?» Si
rivolse all’omone.
Questi
rispose con un sorriso. «Esatto, Antonella, anche mia madre
si
chiama come lei. In ogni caso… smettiamola con le
chiacchiere e
andiamo, che ne dite?» Noemi si limitò ad annuire.
L’omaccione
accompagnò la ragazza fino all’ingresso, quindi le
fece cenno di
attendere. Si trattava di pochi minuti. L’attesa fu
sufficiente
alla ragazza per chiedersi cosa l’uomo stesse facendo.
Questi
arrivò davanti all’ingresso alla guida di un
particolare mezzo di
soccorso. A parte alcuni adesivi, all’esterno, appariva come
una
normale auto. Anche l’interno, all'apparenza, rispecchia
quello del
popolare modello di serie.
La
ragazza non ebbe tanto tempo per quei dettagli. Doveva dare le
indicazioni per raggiungere il senzatetto.
Vicolo
dei Sentret.
L’anziana
trovò il tempo per l’ennesima divagazione.
«Sai, quel vicolo, nel
corso del tempo, ne ha viste di ogni. Attualmente, è famosa
per la
rosticceria "Dependence Pasta”» A quanto pareva, le
divagazioni non erano finite. «Abbiamo avuto solo una figlia,
Jessica, ma se avessimo avuto un maschio, lo avremmo chiamato
Matt.»
L’anziano confermò queste parole «È
vero Matt è un nome che mi è sempre
piaciuto» Terminata l’ennesima
interruzione, l’anziana riprese il racconto.
Il
viaggio fino a Vicolo dei Sentret non fu molto lungo. L’uomo
non
disse niente durante il tragitto. Si limitò, prima della
partenza, a
chiedere alla ragazza quanti anni avesse. Noemi rispose che aveva
sedici anni. Senza ulteriori chiacchiere, i due arrivarono nel
vicolo. Lì trovarono il signore, intento a mangiare le
salsicce che
aveva con sé dal giorno prima. I due scesero dalla macchina.
La
ragazza si avvicinò all’uomo e gli
spiegò la situazione:
«Signore, io, da sola non posso fare molto, ma loro possono
aiutarla.» Il signore sorrise: «Grazie giovanetta!
Ho fatto bene a
non spostarmi.» I due lo fecero salire a bordo. Matt
salutò l’uomo:
«Buongiorno signore, Matt Romaniello.» Il signore
si presentò a
sua volta: «Piacere! Mi chiamo Jean Balvano.»
L’omone
allora affermò: «Fantastico! Lei ci ha
già dato i suoi nominativi,
o sono falsi? Comunque, adesso andiamo all’ospedale, non
sembra che
lei sia molto in forma.» L’anziano non disse una
parola. Matt non
perse tempo. Accese il motore e partì. Sulla strada
ringraziò la
ragazza. «Grazie Noemi, adesso possiamo aiutare questa
persona. Ed è
grazie a te! Ti daremo una bella ricompensa, vedrai. Ti dirò
di più.
Mi sembri una ragazza sveglia, per cui cosa ne pensi? Potresti
tornare e torna e aiutaci con la gestione
dell’ospedale»
La
signora fece una breve pausa dal suo racconto. «Ed
è da allora che
ogni Mercoledì vado all’ospedale.» Poco
dopo, l’anziana volse
lo sguardo sull’orologio a pendolo che troneggiava sulla
parete.
«Incredibile!
Si sono fatte già le cinque! Come vola il tempo quando stai
insieme
ai tuoi nipotini!» Disse l’anziana, strizzando
l’occhio alla
ragazza, rimasta meravigliata dalla vicenda.
Il
nonno intervenne: «Qualcuno vuole un po' di quella gelatina
di
mirtillo rimasta lì da Venerdì sera?»
La nonna, colta di sorpresa,
disse: «Oh no! Ti prego! Non farlo di nuovo! Non davanti alla
tua
nipotina almeno!»
Il
nonno, che sembrava non avesse sortito l’effetto delle
medicine,
negò: «Invece lo faccio! Ed è anche
molto divertente!
Vuoi
provare Anita?» Anita, un po’ preoccupata e
alquanto spaventata,
chiese al nonno: «Cosa dovrei… provare?»
Il
nonno si alzò e raggiunse la cassettiera. Non trovando quel
che
cercava, sbuffò: «Uffa, Minnie! Mi prendi un
cucchiaio?» Azumarill
si alzò, portò la ciotola ormai vuota nel
lavandino. Poi, con
l’aiuto delle sue grandi orecchie, aprì il
cassetto più basso di
tutti e porse il cucchiaio al nonno.
Nonno
Alessandro non riusciva a trattenere le risate per ciò che
stava per
fare. Prese il cucchiaio e si avvicinò lentamente alla
gelatina di
mirtillo; quindi, la toccò con la punta del cucchiaio.
La
gelatina iniziò a traballare come una torre gigante di
valigie e a
tremare come se fosse perseguitata da un Gengar. Nel mentre, il nonno
se ne uscì con una frase che fece scoppiare dal ridere
Azumarill e
Oshawott «WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillooo!» La
nonna si mise le
mani in faccia mentre i due Pokémon acqua si misero a ridere
a
crepapelle. Vivillon arrossì; Herdier si limitò
ad ignorarla,
mentre Roselia guardava il vecchio con rassegnazione. Anita, invece,
fece un sorrisetto come che poteva essere tradotto con: "Ma che
cosa stai facendo, nonno? Possibile che un anziano faccia ancora
queste cose neanche da bambini?” Al nonno non interessava
ciò che
la gente pensa di lui. La nonna intervenne «Ale! Fai una
cosa!
Prendi di nuovo le medicine! Sembra che sia finito
l’effetto.» Il
marito ribatté «Avanti! Lo so che piacerebbe anche
a te! E, secondo
me, anche ad Anita!» L'Allenatrice venne incitata anche da
Minnie e
da Oshawott a fare quel gioco con la gelatina di mirtillo. La ragazza
accettò, non completamente sicura di ciò che
stava per fare. Prese
il cucchiaio e avvicinò la punta alla gelatina, sempre di
più,
mancava un centimetro, poi un millimetro, e prima che potesse toccare
la sostanza il nonno la fermò «ASPETTA
ANITA!» Alla ragazza
scivolò il cucchiaio. Per fortuna, Oshawott lo prese al
volo, prima
di darlo alla sua Allenatrice. Il nonno aggiunse «Non
dimenticarti
di dire "WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillo!» La ragazza
allora
toccò direttamente il cilindro di gelatina con la punta del
cucchiaio e disse, molto poco convinta «WIIIIIIIIII, gelatina
di
mirtillo…»
L’anziano
si mise a piangere. Era fiero della nipote, allo stesso tempo rideva.
Trovava la cosa molto divertente, e lo stesso poteva dirsi dei due
Pokémon Acqua.
Anita
si vergognava un po’ della cosa. La nonna, accortasi
dell’imbarazzo
della nipote, sospirò e si alzò a prendere le
medicine.
Fortunatamente le aveva lasciate sul comodino, vicino alla cuccia di
Azumarill. Le prese e obbligò il marito ad assumere,
rimproverandolo. L’anziano, per nulla felice del rimprovero,
ribatté dunque «Ok Noemi, le prendo, questa volta
per davvero, però
calma! Era davvero molto divertente.»
Il
vecchio, come prima, prese un sorso d’acqua, si mise in bocca
la
pillola, e bevve nuovamente il liquido, deglutendo rumorosamente.
«Così va molto meglio, ora, però,
mangiamo la gelatina?» Roselia
distribuì a tutti i tovaglioli e i piatti con la gelatina.
Anita
non aveva mai provato i mirtilli, la gelatina invece la mangiava
abbastanza spesso, perlomeno quando ancora era a casa, ma non aveva
mai preso quella al mirtillo.
Anita
allora allungò il cucchiaio verso il pezzo di gelatina,
scavò
dentro di esso, lo tagliò, facendolo così
traballare come poco
prima. Nella sua testa traboccava un pensiero “Anita,
calmati, è
come le altre gelatine, forse anche più buona, non devi per
forza
pensare che non sia buona perché diversa.” Solo a
quel punto, la
ragazza, decise di mettere il cucchiaio in bocca, arpionò la
gelatina con la lingua, e se la trascinò sui suoi bianchi
denti che
i nonni desidererebbero avere di nuovo dopo tutti quegli
anni…
quando, improvvisamente, sentì una sensazione che aveva
già provato
in passato. Quella gelatina le piaceva… e poi?
Basta,
semplicemente se la mangiò come tutte le altre volte con le
altre
gelatine.
Finiti
i pezzi di gelatina Roselia raccolse tutti i piatti e si mise a
lavarli delicatamente uno per uno.
La
nonna le spiegò: «Picernese è molto
laboriosa, è veramente
instancabile. Insomma, vuole sempre avere le mani occupate.
È
diventata così da quando si è evoluta. Me lo
ricordo come se fosse
ieri.»
Herdier,
rimasta per le sue per quasi tutto il tempo, chiuse gli occhi e
durante tutto il racconto si immaginò la scena.
Era
un soleggiato mercoledì di primavera, Noemi, come,
praticamente ogni
mercoledì, andò all’ospedale. Appena
giunta, venne sorpresa dalla
presenza, all’interno della hall, di Franz e Pasquale. Stando
alle
loro parole, non erano venuti per motivi di salute, ma per aiutare.
Questo
fece insospettire non poco la giovane, che si sentì
costretta a
chiedere lumi. «Che vi siete fatti per venire qui? Mi
sembrate
freschi come dei Roselia!» Poco dopo, la ragazza si rivolse a
Budew:
«So che un giorno ti evolverai e diventerai una magnifica
Roselia.»
Quello che la ragazza non poteva ancora sapere era che quel giorno
era arrivato. I due guardarono la ragazza e sembravano anche
piuttosto divertiti: «Non siamo qui perché ci
siamo fatti male, ma
siamo venuti ad aiutare come volontari. Noi siamo brave persone,
quindi dobbiamo farci notare per la nostra gentilezza.» A
questo
punto, la giovane chiese: «Ma Franz non voleva picchiare quel
poveretto di Eugenius? Dopo che in palestra ti aveva lanciato un
pallone in faccia. Tu te la sei andata a cercare per non farmi
prendere? E tu, Pasquale non volevi fare una rissa con Andrea
perché
ha ricordato alla professoressa che c’era il
compito?» I due
risposero in coro: «Oh, ma per favore! Stiamo parlando della
preistoria… sarà successo due o tre anni
fa!»
Sembrava
che la ragazza si fosse solamente messa in imbarazzo davanti a tutti.
«È successo tutto una settimana fa, tutto
nell’arco di 48 ore.
Non penso che da qui a una settimana fa sia passata la
storia.» i
due
diventarono rossi come dei Darmanitan. I due cercarono di tirarsi
fuori dall’ impiccio: «Beh, noi siamo solo
vendicativi, ma, a
parte questo, siamo delle persone dal cuore d’oro. Tutte le
bravate
che abbiamo fatto nel corso di questi anni erano solo
vendette.» La
ragazza, per quanto non condividesse affatto quel modo di fare,
credette alla loro storia, almeno parzialmente. Si limitò a
parlarne
con Antonella: «Ciao, loro sono due miei compagni di classe
che
vogliono unirsi a noi, li faccio fare prima un giro per
l’ospedale,
ok?» Antonella si indispettì: «Dovrete
dare prova di questa bontà
di cui parlavate prima.» Pochi istanti dopo, uno dei due
ragazzi,
spuntò dal ripostiglio tenendo il mocio sulla spalla come
fosse un
sacco di patate. Al ché domandò:
«Qualcuno mi ha chiamato?» La
ragazza rispose: «No, no… stavamo parlando di
quando ho dato prova
di me stessa e tu l’hai riconosciuto.» Il ragazzo
tornò dentro il
ripostiglio: «Ok, ho anche finito qui. Adesso Marvin la
può
risistemare come prima… Audino andiamo a pulire il
bagno!»
L’anziana
spiegò di come Audino fosse l’aiutante di Matt in
ospedale e di
come il ragazzo avesse anche un Pyroar, sebbene l’anziana non
avesse idea di cosa potesse fare un Pokémon del genere.
L’anziana
raccontò di come il resto del giro non fosse stato
particolarmente
interessante, con i due ragazzi che si limitarono a “prendere
appunti” anche se il loro prendere appunti era più
che altro
creare una mappa dell’edificio.
L’anziana
riprese il suo racconto.
In
quel momento, il gruppo sentì un rumore piuttosto familiare
all’interno dell’ospedale. Quel rumore significava
solamente una
cosa: era arrivata l’auto di soccorso. Seguendo il
protocollo,
Noemi e gli altri si spostarono in modo tale da agevolare il
trasporto della barella, diretta urgentemente in sala operatoria.
Più
precisamente si sedettero su dei seggiolini montati ai lati
dell’andito. Erano stati montati appena un mese prima. Erano
piuttosto comodi. I due ragazzi si sedettero in modo da far
sì che
Noemi fosse costretta a sedersi al centro. Posizionarono le braccia
in modo da dare alla ragazza quasi la sensazione di essere
imprigionata.
Dopo
che la barella, che portava un Nosepass, shiny per di più,
passò,
la ragazza si alzò e fece una breve presentazione di
ciò che
faceva. I due le risposero immediatamente: «Guarda, ti
verremo ad
aiutare, però dovrai farci capire come fare.»
La
ragazza sembrava alquanto contrariata: «Portare e spostare
roba non
mi sembra così difficile, penso che quattro braccia in
più diano un
grosso aiuto alle operazioni… un’altra
cosa…» La ragazza
spiegò ai due ragazzi che cosa succedeva quando non
c’era del
lavoro da fare: «È molto importante tenere pulita
la struttura e
intrattenere i pazienti, magari con qualche libro, oppure con delle
attività. Le attività vengono scelte da un membro
del personale
sanitario su autorizzazione dei veterani.»
I
due si guardarono e uno dei due disse: «Intrattenere i
pazienti
potrebbe essere molto interessante, può essere un esercizio
per
alcune malattie, è il nostro campo, potrebbe essere la
nostra
occasione.» I due accettarono l'incarico, guardando la
ragazza come
se fosse una dea.
I
due si misero subito all’opera. La ragazza li
accompagnò sul
retro, precisamente nella zona dove arrivavano le consegne dei
farmaci e altre forniture. Non un locale molto spazioso, ma
abbastanza da far entrare un furgone carico di scatoloni.
Alla
guida vi era un signore di più o meno quarantacinque anni.
Era
famoso nel circondario per essere stato uno dei partecipanti ad un
concorso in cui i partecipanti si sfidavano a chi avesse catturato il
più piccolo Cutiefly. Si classificò
centossesantacinquesimo su
cinquecento partecipanti. Dopo aver parcheggiato, scese dal suo
furgone e si avvicinò ai tre per far firmar loro la ricevuta
della
consegna.
L’uomo
conosceva tutti i nomi di chi lavorava lì. Come ogni volta
si
rivolse alla ragazza: «Ciao Noemi, è arrivato il
carico di porri
officinali, puoi firmare questo foglio?» L’uomo
indicò il punto
dove la ragazza avrebbe dovuto firmare e, pochi istanti dopo, quello
dove segnare la data. Pochi istanti dopo aggiunse: «Gradirei
la
firma di un altro membro del personale.» Un attimo dopo
alzò lo
sguardo e si rivolse ai due ragazzi con aria amichevole: «Ma
salve
anche a voi ragazzi siete nuovi? Per regolamento potrete firmare solo
dopo quindici giorni dal vostro arrivo.» L’uomo
fece tutto da
solo. Pasquale si grattò la testa e andò a chiamare
un altro
dipendente, così che potesse firmare. Matt stava
già per apporre la
sua firma sul documento, ma prima di poterlo fare, si
scontrò con
Pasquale. Il ragazzo, evidentemente, non si era accorto della loro
presenza:
«Oh
scusami, ragazzo.» Pochi istanti dopo, il ragazzo si rivolse
a
Noemi: «Conosci quel ragazzo, per caso?» Non le
lasciò nemmeno il
tempo di rispondere. «Buongiorno Bob, e altro ragazzo che non
ho mai
visto» La ragazza, finalmente, ebbe modo di spiegare:
«Sono miei
compagni di classe (interessati in qualche modo a me) che vogliono
fare volontariato perché dicono che vogliono provare la loro
bontà
agli altri.» Matt sussurrò qualcosa
all’orecchio della ragazza:
«Anche io facevo così, fai attenzione a qualsiasi
loro mossa o
parola.» Quindi si alzò e prese la tabella delle
firme di Bob.
«Allora Matt…oggi è 21
Aprile…perfetto, adesso devi firmare qui
Noemi…» La ragazza firmò, mettendo,
come sempre, un cuoricino
come puntino della I. Bob annunciò: «Fate
attenzione che sto
aprendo le portiere!» I tre si allontanarono. Nel frattempo,
Franz
si rivolse a Pasquale: «Perché si sono
allontanati?» Poco dopo
disse: «Non lo so, ma è meglio che li
seguiamo.» Bob aprì le
portiere e dal vano di carico del furgone, dal quale sbucarono
quattro Nosepass. I Pokémon Bussola erano degli assistenti
dell’autista. Lo aiutavano a non far cadere gli scatoloni. I
due
Pokémon investirono i due poveretti. Riuscirono a
trascinarsi fuori
a fatica.
L’anziana
spiegò di come quei Pokémon si facessero
accarezzare e di come
fossero di grande aiuto, per esempio mettendo in ordine gli scatoloni
per categoria, colore, quantità di elementi.
Spiegò di come fossero
particolarmente bravi in questo. Spiegò di come con tante
scatole,
poter contare sul loro aiuto era molto importante.
Il
racconto riprese.
Ai
due ragazzi salì l’istinto che li rendeva cattivi.
Si misero a
confabulare tra di loro. Sembrava stessero parlando di qualcosa che
riguardava i Nosepass. Sembrava infatti che i due stessero preparando
uno scherzo.
I
due fecero finta di andare in bagno, mentre ridevano sotto i baffi.
La ragazza mandò la sua Budew, in modo che potesse
controllarli,
mentre continuava a spostare gli scatoloni. Matt era piuttosto
pensieroso riguardo la situazione. Fece cenno alla ragazza di
fermarsi e la avvisò: «Noemi, aspetta!»
Le disse con aria
preoccupata: «Mi spaventa che questi ragazzi ci stiano
provando in
modo non molto corretto, ho già capito quale sarà
il loro
destino…non farti travolgere dai loro pregi e trovati un
bravo
ragazzo che non sia così egoista»
Nonno
Alessandro si vantò e confermò le parole della
signora «Questo
Matt sembrava essere molto saggio, mi spiace averlo incontrato solo
qualche volta, perché ti ha indirizzato sulla giusta
via… Insomma…
io sono stato la scelta della nonna ma poteva essere anche qualcun
altro. Mi spiace che tu non possa vederlo, non abbiamo neanche una
foto.» Anita si sentì molto più
coinvolta nel discorso, e lo
stesso poteva dirsi dei suoi Pokémon. Nello stesso momento,
Roselia
fece l’occhiolino alla nonna, mentre Azumarill accarezzava
Oshawott.
«Ricordo
quando Azumarill si è evoluto… ma te lo racconto
dopo lasciamo
continuare la nonna.» Ad Anita brillavano gli occhi per la
storia.
L’anziana riprese il suo racconto.
Noemi
e Matt stavano continuando a lavorare, mentre i due ragazzi stavano
architettando il loro piano. Appena si accorsero della presenza di
Budew, la legarono al muro con dello scotch. Una volta finito
uscirono dal bagno e si riunirono con Noemi e Matt. «Abbiamo
un
regalino per i Nosepass» Dissero, con aria convinta. Franz
aprì la
borsa, mentre che il suo complice prendeva l’oggetto dallo
zaino.
In quel momento, la giovane Noemi pensò:
“Per
favore fa che siano dei bei fiorellini e non la solita roba per fare
gli scherzi. Ti prego, Arceus!” ma Arceus, in quel momento
aveva
altro a cui pensare. I due tirarono fuori un rotolo di carta igienica
dicendo in coro «Usate questo per pulirvi il naso
Ahahahahahaha…
coff… coff…» I Nosepass a causa del
comportamento dei due,
persero il lume della ragione. I Pokémon cominciarono ad
attaccare
tutti, indistintamente.
«Ma
che combinate? Ma siete scemi? Audino usa botta!» Il
Pokémon tentò
di caricare uno dei Nosepass, ma quest’ultimo lo
placcò e
tenendolo con quelle piccole braccia, quindi generò un
grande sasso,
proprio dietro ad Audino. L’altro Nosepass lo
attaccò con
Spaccaroccia, colpendolo Audino con una certa violenza. Il colpo fu
sufficiente per mandare l’avversario ai box. «Noemi
scappa! Qua ci
pensiamo noi!» La intimò Matt, mentre
lanciò una Poké Ball. Da
essa uscì un Pyroar maschio. Un Pokémon simile ad
un leone. Il suo
corpo era principalmente marrone scuro, come la zona intorno agli
occhi. Gli occhi, invece, erano azzurri. Le zampe, la punta della
coda, la testa e l'esterno delle orecchie, invece, erano color
nocciola. Trattandosi di un maschio, aveva una folta criniera rossa e
gialla.
In
breve tempo, il Pokémon venne accerchiato dai Nosepass.
«Usa
Rogodenti per deviare le rocce!» Ordinò Matt.
Sembrava che il piano
stesse funzionando, il Pokémon si girava molto velocemente,
ma,
nonostante riuscisse a deviare la maggior parte degli attacchi,
subiva comunque dei colpi. Nel mentre i due geni del male se ne erano
scappati dicendo cose non molto carine.
Noemi
si rese immediatamente conto che avrebbe dovuto fare qualcosa,
qualsiasi cosa. Le sole due alternative erano andarsene o rimanere.
In quel momento, la ragazza non poteva neppure contare su Budew,
legata dai due ragazzi. Ad aggravare la situazione, Bob era rimasto
pietrificato, come se fosse diventato una statua di Sunflora al
centro di Las Brasas.
A
quel punto un Nosepass si lanciò e si aggrappò
alla criniera del
leone. Questi cercò di liberarsi, senza successo.
Tentò allora di
liberarsi della sua presenza con Bottintesta, sfruttando i potenti
muscoli del collo, mentre i suoi colleghi bombardavano il
Pokémon di
Matt con delle rocce «PYROAAAAAR! No, no aspettate»
In difficoltà,
Bob mandò in campo il suo Tentacruel, un grosso
Pokémon marino
simile tanto ad una medusa quanto ad un calamaro. La parte superiore
del corpo ricordava un grosso cappello celeste, decorato con tre
gemme rosse. Le due ai lati erano più grandi, mentre la
terza,
incastonata al centro, era molto più piccola. Le tre gemme
formavano
una sorta Y. La sua testa era semisferica e nera con due grossi occhi
bianchi e un gigantesco becco celeste; possedeva un gran numero di
tentacoli dal colore grigio-marrone.
«Finché
non li placo non li posso far rientrare nella Poké Ball.
Tentacruel,
usa Idropulsar» ordinò Matt. Il Pokémon
Medusa, per quanto si
sforzasse di dare la massima potenza a quel getto d’acqua,
non
riusciva a respingere i Nosepass infuriati che arrivarono velocemente
sul suo dorso, bombardandolo di colpi di rocce volanti e botte a
ripetizione. A quel punto i Pokémon guardarono Noemi come a
farle
capire che lei sarebbe stata la prossima vittima. La ragazza
tentò
di scappare, ma, sbagliando strada, la ragazza finì in un
vicolo
cieco. La ragazza era spaventatissima e urlò:
«QUALCUNO MI AIUTI!
AIUTATEMI!»
A
quel punto dal bagno di fianco si vide un potente bagliore, bianco,
tendente all’azzurro, molto luminoso e si sentirono rumori di
nastro adesivo che si strappava. Quello era il bagno dove Franz e
Pasquale avevano attaccato al muro Budew. Anche se ora non era
più un
Budew. Si trattava di un Pokémon diverso,
dall’aspetto diverso,
era più alta, più delicata, più
spinosa, e anche più verde, aveva
due fiori come mani… Ormai non era più una Budew,
ma era si
evoluta in Roselia.
Immediatamente,
la Pokémon sbarrò la strada ai Nosepass, che
stavano arrivando a
tutta velocità. Guardò Noemi come se stesse
aspettando sue
istruzioni. L’evoluzione aveva cambiato il carattere della
Pokémon,
appariva più fredda, più sicura di sé,
sembrava si fosse
rinvigorita. Era finalmente pronta a lottare sul serio.
Noemi,
prima di ordinare un qualsiasi attacco, sembrava volesse prendersi un
attimo per ammirare la sua Pokémon appena evoluta.
«Roselia! Usa
Megassorbimento!» A causa della grande quantità di
energia
assorbita dalla Pokémon, che si manifestava agli occhi dei
presenti
tramite una corrente di energia dal colore verde, i Nosepass
cominciarono a rallentare il loro passo. A causa della grande
quantità di energia che venne risucchiata dal loro corpo, i
Pokémon
apparivano sempre più stanchi. A quel punto Roselia, senza
che la
sua Allenatrice ordinasse un singolo attacco, sfoderò una
nuova
mossa. Si mise a roteare molto velocemente, più andava
avanti più
stava creando un vortice di petali, appariva come un vero e proprio
tornado. Pochi istanti dopo, la Pokémon si
innalzò e sbaragliò i
Nosepass con i petali rispedendoli dentro il furgone delle consegne.
Noemi
era incredibilmente emozionata dalla repentina evoluzione della sua
Pokémon, che si limitò unicamente a dire:
«Roselia…sei …
bellissima!» A quel punto, la ragazza scoppiò a
piangere. A quel
punto, la Pokémon fece intendere alla ragazza quello che le
fosse
successo. Era stata legata da Franz e Pasquale.
Il
giorno dopo, a scuola, durante l’ora di pranzo, la ragazza
tirò
tanto a Franz quanto a Pasquale un grosso schiaffo.
«E
questo è come Picernese si è evoluta. Da
lì ha anche ed ha
ottenuto il suo soprannome.» Concluse l’anziana.
Anita rimase a
bocca aperta per qualche secondo. Era davvero una storia incredibile.
La
ragazza, ancora scioccata guardò il vuoto e pensò
“Mi sarebbe
piaciuto conoscere questo Matt, sembrava veramente saggio, magri
potrebbe essere una di quelle persone di cui potersi fidare di cui
parlava la mamma.”
Quindi
attaccò: «Chiedo scusa se sono
indiscreta… ma come mai Roselia
non si è ancora evoluta in Roserade?» La nonna
rispose: «Roselia è
un Pokémon piuttosto piccolo, questo lo aiuta a pulire anche
gli
angolini più nascosti. Ho anche comprato una
Pietrabrillo»
L’anziana indicò uno dei cassetti del mobile.
«Ma lei mi ha fatto
capire che proprio non ha voglia di evolversi.» Aita
capì cosa
l’anziana intendesse. Non bisogna forzare i
Pokémon ad evolversi.
A dire il vero per lei non era una novità, dato che
già conosceva
un Pokémon che non voleva evolversi e che si sentiva
benissimo nella
sua forma attuale.
La
ragazza prese il suo Smart Rotom dalla borsa e guardò
l’ora. Erano
solo le cinque e un quarto. Molto più presto di quanto si
sarebbe
aspettata.
All’improvviso
si sente una musichetta allegra. La ragazza non fece in tempo a
riporre il suo Smart Rotom all’interno della borsa, che
subito
quest’ultimo si mise a squillare. La stava chiamando Serena.
La
ragazza tentò di prendere il telefono, che, per una
sfortunata
coincidenza, le scivolò dalle mani e finì nelle
piccole braccine di
Azumarill. Volontariamente o meno, il coniglio acquatico rispose al
telefono.
«Pronto?
Sono Serena! Va tutto bene? Hai trovato le Poké Ball? E le
pozioni?»
Chiese, senza nemmeno guardare lo schermo.
Anche
lei, insieme ad Ash e a Carlos aveva fatto la spesa. Insieme ai due
ragazzi, si era occupata di rimpinguare le scorte alimentari del
gruppo.
All’interno
dell’abitazione calò un silenzio di tomba. Si
poteva udire persino
il dolce cinguettio di un Fletchling, su uno degli alberi di ciliegio
intorno all’abitazione.
Azumarill
rispose alla ragazza con un dolce «Zumaa!» Lasciano
la nativa di
Kalos piuttosto perplessa e costringendola a dare un’occhiata
allo
schermo. Notando il particolare interlocutore, un Pokémon
blu, con
delle grandi orecchie, lo salutò «Ciao Azumarill!
Sai che sei
proprio carina? Sei per caso uno dei Pokémon di
Anita?» Chiese. La
Pokémon fece un piccolo gesto di negazione con il capo.
«Oh!
Scusami! Non fa nulla!» La ragazza si scusò per
l’errore, venendo
immediatamente perdonata dalla Pokémon. «Immagino
che vicino a te
ci sia una ragazza che si chiama così. Ha i capelli castano
scuro…
molto lunghi… una giacchetta scura… dei pantaloni
neri…» La
nativa di Kalos cercò di descrivere l’aspetto
dell’amica. La
Pokémon sembrò capire le parole della Performer.
«Ecco, per
favore, potresti passarmela? Le devo chiedere una cosa
importante.»
La Pokémon passò il telefono alla giovane
Allenatrice, sentendo il
ringraziamento da parte della nativa di Kalos.
Anita
si sentì alquanto imbarazzata dalla situazione, tanto da
arrossire.
Appena ricevette il telefono da Azumarill, cercò di spiegare
la
situazione alla ragazza più grande.
«Ciao,
non ti preoccupare! Va tutto bene! Ma no… non è
come pensi…»
Serena aveva, in parte già capito, ma decise comunque di
ascoltare
la sua amica: «Vedi… Azumarill non è un
mio Pokémon…» «Non
ti preoccupare di questo. Pensavo fosse un tuo
Pokémon… sai.
Azumarill è un Pokémon molto simpatico e carino.
E, secondo Ash,
può anche diventare molto forte. Ecco come mai ho pensato
fosse
tua…» Le spiegò. Cercò anche
di farle capire che una piccola
incomprensione del genere non doveva essere motivo di imbarazzo.
«A
proposito… sarai con noi per cena?» Le chiese. La
giovane dovette
riflettere alcuni istanti. «Penso di sì. Dovrei
riuscire ad
arrivare per le sette e mezza, o al massimo alle otto. Non
preoccuparti, sono al sicuro qui.»
«È
una tua amica?» Chiese l’anziana. «Posso
conoscerla?» Chiese.
Anita non disse una parola, limitandosi a passare il suo telefono
all’anziana.
Mentre
la nativa di Kalos venne bombardata di domande da parte
dell’anziana,
Vivillon si avvicinò alla sua Allenatrice, sorridendole con
gli
occhi. Anche la Pokémon aveva capito quanto
l’anziana non
riuscisse proprio a starsene zitta.
L’anziano
si sedette accanto alla ragazza. «Anita…Anita,
Anita cara, non
credevo che mia nipote potesse andare in crisi per così
poco. Per
quanto sia difficile, devi cercare di essere più sicura di
te
stessa. Eri in giro da sola e ti sei separata dai tuoi amici
perché
volevi dimostrare loro di cavartela da sola. È
così?» Chiese
l’anziano. Non notando reazioni da parte della ragazza,
decise di
rincarare la dose. «Se è per questo…
non è il modo giusto di
affrontare la cosa. Non so cosa ti abbia
spinto
a farlo, ma non è il modo giusto di affrontare le
difficoltà.»
Ancora nessuna reazione. «Non è restando in
silenzio che cambierai
le cose. Questa è la realtà, per quanto possa
sembrare cruda. Anche
io all’inizio del mio viaggio ero come te.»
Anita
fissò per qualche secondo il tappeto con lo sguardo perso.
«Ho
capito.» L’anziano la fece quasi spaventare.
«Vuoi sapere come
sono passato dall'essere un ragazzo timido e insicuro ad essere
diventato un Allenatore che ha sconfitto i Superquattro ed è
stato
in grado di fronteggiare il Campione?»
La
ragazza rimase silenziosa.
«È
stato solo grazie a Minnie. La sua evoluzione mi ha dato fatto capire
cosa mi mancava per diventare più forte. Sarei dovuto
diventare più
sicuro. Mi sarei dovuto rimboccare le maniche e comportarmi come un
leader. Per quanto fosse difficile. Questo mi ha aiutato a migliorare
i legami con i miei Pokémon. Finalmente vedevano in me un
punto di
riferimento, non solo qualcuno che gli dice “usa
Pistolacqua!”
“usa Morso” e così via. Anche se, ormai
mi è rimasta solo
Minnie. Non fraintendermi. Si vede che tu tieni ai tuoi
Pokémon. Che
gli vuoi bene e che cerchi di fare il meglio per loro, ma credimi,
non sarà sempre così. Oshawott è un
Pokémon che spesso viene dato
ai giovani Allenatori. Perdona molto gli errori di inesperienza.
Herdier è un Pokémon che si affeziona con
facilità agli
Allenatori, e Vivillon è un Pokémon di tipo
Coleottero. E i Pokémon
di questo tipo sono molto facili da allenare.»
Spiegò. Anita cambiò
espressione. Forse si era fatta un’idea sbagliata
sull’anziano.
Inizialmente le aveva detto che i suoi Pokémon fossero ben
allenati…
e ora…
Ad
ogni modo, l’anziano si schiarì la gola e disse
«Picernese si è
evoluta dando prova sia della sua forza che del suo affetto per tua
nonna. Anche per Minnie è stato così. Hai ancora
due Pokémon che
si possono evolvere. E sicuramente questo gioverà alla loro
forza.»
Quelle parole fecero pensare ad Anita quanto fosse diverso
l’approccio del nonno rispetto a quello di Ash. Per
quest’ultimo
l’evoluzione non poteva mai sostituire
l’allenamento.
Azumarill
offrì ad Anita, al suo anziano allenatore e alla moglie di
quest’ultimo, un bicchiere di succo di frutta. Anita la
ringraziò
e, senza nemmeno pensare, bevve un sorso di succo. Il nonno, dopo
essersi scolato il bicchiere in un solo sorso, iniziò il suo
racconto.
Era
una soleggiata giornata d’estate, faceva talmente caldo che
perfino
i Tallow si rifiutavano di cinguettare. In una delle tante case della
città, un giovane Allenatore, si alzò e si
diresse verso la cucina.
La stanza, non era molto grande, era, per la maggior parte occupata
dalla cucina, che occupava integralmente una parete, la sola ad
essere rivestita con delle mattonelle e non con delle lastre di
legno.
I
mobili erano realizzati in legno pregiato e il piano di lavoro era
realizzato in granito scuro. Al centro della stanza un grosso tavolo,
con diverse sedie ai suoi lati, di esse, solo due erano occupate.
Le
due sedie erano occupate da due amici del ragazzo, Fred, un ragazzo
di sedici anni, dai capelli nei tagliati cortissimi. Aveva dei
piccoli occhi dello stesso colore. Era vestito con una semplice
maglietta a maniche corte e dei jeans corti, e Jessie, una ragazza di
sedici anni. Capelli rossi e grandi occhi castani. Naso piccolo e
labbra sottili. Vestiva con una camicia rosa chiaro e una gonna,
abbinata a delle scarpe eleganti. «Alessandro finalmente ci
hai
degnato della tua presenza! Erano secoli che ti stavamo
aspettando!»
Lo accolse Fred, mentre accarezzava il suo Togedemaru, un
Pokémon
dalla forma sferica, simile ad un roditore. Aveva gli occhi e il naso
neri, mentre le sue guance erano gialle. Il suo corpo era bianco
nella parte anteriore, mentre era principalmente grigio nella parte
posteriore. Le due zampe anteriori erano piuttosto piccole, mentre
quelle posteriori avevano una forma rotonda. La sua coda era quasi
totalmente grigia, tranne per la punta, che era gialla e che aveva la
forma di un fulmine. Il corpo era ricoperto di segni triangolari
gialli e marroni.
Jessie,
invece, stava preparando la colazione, aiutato da Clefairy e da
Alcremie «Ciao ragazzi, aaaaaaaw, vado al bagno e vi
raggiungo.»
Alessandro stava andando a prepararsi. Era uscito dalla cucina e
aveva iniziato a percorrere il piccolo e angusto andito che collegava
le diverse stanze. L’andito, già stretto di suo,
era ingombro di
mobili e piante. Il ragazzo, infatti, rischiò di inciampare
in un
tavolino. Il ragazzo alzò lo sguardo verso il dipinto che si
trovava
sopra. Rappresentava uno scontro tra Dialga e Palkia e Groudon e
Kyogre.
Il
ragazzo era alquanto entusiasta. Sarebbe stata una giornata che non
avrebbe dimenticato facilmente. “Oggi è il grande
giorno!
Finalmente devo affrontare la quarta palestra!”
Pensò. “È
specializzata nel tipo Elettro e il Capopalestra è davvero
molto
forte. In pochi sono riusciti a vincere quella medaglia. Questo
significa che dobbiamo cercare di non fare errori stupidi…
dico
bene ragazzi?” Il ragazzo fece uscire i suoi
Pokémon dalle
rispettive Poké Ball. Da distinti fasci di luce, usciti
dalle
diverse Poké Ball, si materializzarono un Sandile un
Pignite, un
Woobat e uno Staravia, scambiato con un allenatore di Sinnoh per un
Roggenrola, un Goodra e una Marill.
L’anziano
non mancò nel fare allusioni sul possibile rapporto tra lei
e Ash,
facendo notare alla nipote come anche lui possedesse un Sandile, e
spiegò di come Marill fosse stato il suo primo
Pokémon.
Anita
cercò di spiegare come a lei Ash non interessasse da quel
punto di
vista, e che questo avrebbe, anzi, scatenato la gelosia di
un’altra
ragazza, realmente interessata a lui. L’anziano fece finta di
nulla, riprendendo il suo racconto.
Mentre
si preparava, Alessandro pensava a che strategia adottare. Il ragazzo
era estremamente perso nei suoi pensieri, tanto che l’amico
Jessie
gli domandò «Ti vedo che sei così
pensieroso… non sarai
preoccupato per l’incontro con Lionel?» Alessandro
gli rispose,
uscendo dal suo flusso di pensieri: «Si…. diciamo
che sono un po'
agitato» Fred cercò di rassicurarlo, senza
successo: «Amico,
calma! Oggi puoi e devi vincere, hai una bellissima squadra! Devi
farlo perché verranno molte persone all’incontro.
Immagino tu
sappia che lui è un grande designer e che il suo lavoro si
riflette
nel suo modo di lottare.» Alessandro gli sorrise.
«Grazie di avermi
rassicurato Fred. Adesso sono più carico di prima»
L’amico
continuò: «Calma! Hai fino a stasera per studiarti
le tecniche di
lotta.» Jessie intervenne a sua volta: «Scusami
Fred ma perché non
lo aiuti in qualche modo?» Fred, continuando a coccolare
Togedemaru,
ribatté: «Io non ci capisco niente delle lotte! So
solo dire che
mosse devono usare ma non capisco come lottare, pensate che non
riesco nemmeno a catturare i Pokémon selvatici. Se ne voglio
catturare uno, mi avvicino di soppiatto e tento di catturarlo
così.»
Jessie sospirò: «Lascialo perdere, sa fare solo
questo! Voglio
vedere quando ti si presenta un leggendario se lo catturi alle
spalle! Piuttosto stai calmo e cerca di evitare che i tuoi
Pokémon
si feriscano.» Alessandro ringraziò Jessie.
La
nonna lo interruppe: «E ora chi è questa Jessie?
Quella che sta in
Vicolo Duefoglie?» Il marito non perse tempo a cercare
giustificazioni. «È mia cugina di secondo grado,
non te lo ricordi?
Quella di cui parli tu è Jessie Minsk, quella che lavora da
Pinuccio
in Viale Fiordoropoli» Anita rimase in disparte. Non voleva
inserirsi in queste storie. Si limitò a dare sguardo ai suoi
Pokémon
e a sorridergli.
L’anziano
riprese il suo racconto.
Alessandro
non rimase particolarmente colpito dal consiglio di Jessie. Allora
era abbastanza normale, per gli Allenatori insegnare Protezione a
tutti i loro Pokémon. Usando dei metodi non esattamente
ortodossi.
Costringevano uno dei loro Pokémon ad attaccare a
ripetizione quello
appena catturato, finché quello non imparava protezione.
Discorso
simile per quelli che, invece, imparavano mosse come Individua.
Alessandro, dal canto suo, era contro questo metodo di allenamento.
Lo riteneva estremamente prevedibile. Dopotutto, allora come adesso,
le lotte contro i capipalestra erano estremamente impegnative. I tre
uscirono e partirono alla volta della stazione. Per loro fortuna la
stazione dei treni non era molto lontana dalla loro abitazione. Alla
biglietteria i tre comprarono i biglietti per Sciroccopoli. Salirono
sul terzo treno della giornata diretto verso la seconda
città più
importante della Regione.
I
tre arrivarono in città all’ora di pranzo. Il
viaggio, a causa
della non eccezionale velocità del mezzo durò
quasi due ore. Un
tempo già di per suo piuttosto lungo, ma che, a causa
dell’assenza
dell’aria condizionata nei vagoni e dell’elevata
temperatura,
sembrò infinito.
I
sedili del treno erano realizzati in un tessuto blu scuro con una
fantasia di vari colori, ed erano disposti a coppie.
I
tre scesero dal treno madidi di sudore, e il loro primo pensiero non
fu tanto quello di trovare un locale dove mangiare, ma piuttosto
trovare un distributore automatico e comprare delle bevande fresche,
per reintegrare i liquidi persi durante il viaggio. Reintegrati i
liquidi persi, i tre poterono dedicarsi a trovare un locale dove
pranzare.
Senza
nemmeno troppo impegno, i tre trovarono una rosticceria chiamata
“Toast per lo Stoat”. Era un locale piuttosto
semplice. Gran
parte dei tavoli erano situati all’esterno. Un baldacchino a
strisce rosse e blu, garantiva che tutti i tavoli fossero
all’ombra.
Appena
di fronte al ristorante, i tre vennero rapiti da un miscuglio di
profumi diversi, tutti tremendamente invitanti. Se prima il senso di
fame dei tre era rimasto sopito, ora cominciava seriamente a bussare
alla porta.
I
tre si sedettero in uno dei tavoli liberi, disposti
all’esterno.
Non fecero quasi in tempo a sedersi, che subito
Vennero
assaliti da una cameriera. Una ragazza alta circa un metro e
sessanta, dal fisico atletico. Aveva il viso dalla forma piuttosto
affilata. Aveva dei capelli castano chiaro tenuti stretti in uno
chignon. I suoi occhi erano anch’essi castani, e alla luce
del Sole
sembravano quasi ripieni di miele. «Vi do il benvenuto da
Toast per
lo Stoat!» Li accolse. In quel momento i tre scoprirono il
nome
della giovane. Charlie.
«Salve,
cosa volete ordinare, ragazzi?» Chiese. «A
proposito… avete dei
Pokémon con voi?» Aggiunse poco dopo.
I
tre le elencarono i Pokémon che avevano portato con loro.
«Bene,
quindi siete in tre e avete otto Pokémon? Cinque piccoli e
tre
medi.» Annotò sul suo taccuino. «Ah! Che
sbadata! Non vi ho dato i
menù.» la cameriera diede ai tre delle carte su
cui erano stampati
i nomi delle diverse pietanze e i prezzi. I prezzi, nonostante la
posizione del locale, erano abbastanza accessibili.
Mentre
pranzavano, i tre dovettero anche assicurarsi che i loro
Pokémon non
combinassero disastri. Nell’attesa di venire serviti,
l’attenzione
di Fred venne catturata da un piccolo Pokémon dalle ali
bianche e
che sembravano quasi fatte di nuvola, il becco bianco e appuntito,
due lunghi e spessi ciuffetti… gialli? Come del resto il suo
piccolo corpicino, grande appena la metà delle ali. Le ali
si
aprirono, rivelando due piccoli occhi nero pece con la pupilla di un
candido bianco. Non c’erano dubbi. Era un rarissimo Swablu
shiny.
Fred
non si fece scappare l’occasione, lanciando una
Poké Ball contro
l’ignaro Pokémon.
Incredibilmente
il ragazzo riuscì a catturarlo al primo tentativo, con
grande
sorpresa di tutti i presenti. Appena recuperata la Poké
Ball, il
ragazzo fece uscire immediatamente il Pokémon, vantandosi
coi
presenti. la cameriera si trovò costretta a modificare
l’ordinazione, modificando il numero di Pokémon di
piccola taglia,
da cinque a sei.
Alessandro
e Jessie fecero finta di non conoscere il ragazzo, che non smetteva
di vantarsi di quanto fosse bello il suo nuovo Pokémon.
L’anziana
interruppe il marito facendo un'osservazione: «Sai, Swablu
è un
Pokémon rarissimo da trovare in quelle zone.»
L’uomo contraddì
la moglie: «Oggi sicuramente, ma all’epoca era
comunissimo. Ma ti
ringrazio per avermelo fatto notare. Ah… altra cosa. Allora
le
regole per le lotte in palestra erano leggermente diverse da come
sono ora.»
Concluso
il breve siparietto, l’anziano riprese il suo racconto.
.
Terminato
il pranzo, Alessandro tornò a concentrarsi sui suoi
pensieri. La
preoccupazione per la lotta in palestra non l'aveva mai abbandonato
del tutto.
Il
ragazzo stava pensando, a mezza voce, a riguardo di chi avrebbe
lottato: «Vediamo… Sandile è in parte
di tipo terra, quindi
contro un Pokémon di tipo Elettro potrebbe fare
bene… sarà lui il
mio asso. Dopotutto i Pokémon di Lionel sono Galvantula,
Zebstrika e
Ampharos, il suo asso. Zebstrika è molto veloce, Galvantula
invece è
estremamente temibile. Su di Ampharos… so solo che sono
stati
veramente in pochi a riuscire a sconfiggerla. E pensare che questa
è
solo la quarta palestra.» Alessandro non se ne accorse, ma,
per
tutto il tempo, venne ascoltato da Jessie, che cercò
immediatamente
di rassicurarlo: «Sono sicura che ce la farai! Ricordati di
sfruttare il vantaggio di tipo dei tuoi Pokémon. Ricorda
anche che
mandare per primo un Pokémon per setacciare il territorio
può
essere di aiuto.» Il ragazzo si girò verso il suo
Pignite, che
stava abbrustolendo il suo pranzo. In quel momento Jessie riprese il
suo discorso: «Non devi preoccuparti se i suoi
Pokémon sono già
completamente evoluti, le lotte sono imprevedibili. Non puoi sapere
cosa succederà, se non lotti.
E
non devi pensare a cosa potrebbe succedere se fai qualcosa o
qualcos’altro, ma devi solo agire. Ricorda che devi
concentrarti
sui tuoi Pokémon e sui movimenti degli avversari.»
A questo punto,
il ragazzo si girò verso il suo Sandile. Dopo aver sentito i
consigli di Jessie, Alessandro capì quanto il suo ruolo, in
quella
lotta fosse importante.
Finito
di mangiare, Alessandro andò a pagare il conto. Concluso il
pranzo,
composto, tanto per gli Allenatori, quanto per i Pokémon, da
antipasto, primo, secondo, contorno, frutta e dolce, che venne a
costare appena venticinquemila Pokédollari, un prezzo
piuttosto
contenuto per tre persone e nove Pokémon e ritirato lo
scontrino, i
tre lasciarono il locale, non prima di aver richiamato i loro
Pokémon
nelle rispettive Poké Ball.
Fatto
questo, i tre si diressero verso la palestra di Sciroccopoli dove,
poche ore dopo Alessandro avrebbe lottato per la medaglia. Una
medaglia estremamente difficile da ottenere. Così tanto da
aver
ricevuto il soprannome di “Medaglia Proibita”.
Appena
arrivati, i tre si diressero in delle stanze per cambiarsi e adattare
i loro abiti all’eleganza e sfarzosità del locale.
A Sciroccopoli
vi era una tradizione, in vigore da quando i Varietà sono
diventati
un evento indipendente, che consisteva nell’integrare la
lotta in
palestra all’interno del varietà.
In
particolare, la sfida sarebbe avvenuta dopo l’esibizione
dell’ultima Performer e prima della proclamazione della
vincitrice.
Lottare in quell’occasione era il sogno proibito di molti
Allenatori, poiché il Varietà andava in scena una
sola volta
all’anno. Il Capopalestra permetteva
quest’opportunità solo agli
Allenatori che lo sfidavano per la prima volta.
Quell’anno,
ad avere l’opportunità di affrontare Lionel,
sarebbe stato proprio
Alessandro. Oltre a poter affrontare il Capopalestra,
l’Allenatore
che lo avrebbe affrontato, avrebbe avuto diritto ad accomodarsi sulle
poltrone Vip, e con lui i suoi accompagnatori.
Alessandro
e Jessie erano piuttosto interessati alle esibizioni, contrariamente
a Fred, che si addormentò assieme a Togedemaru, appena dopo
la prima
concorrente.
Al
momento dell’esibizione della quartultima Performer, una
signorina
sulla trentina, vestita piuttosto elegante salì sul
palco.
Aveva in mano un microfono e una tabella. «Lo sfidante del
Capopalestra è pregato di seguirmi!»
Annunciò.
Alessandro
salutò i suoi amici, non prima di aver ricevuto gli auguri
di
Jessie. Fred, invece, continuava a dormire profondamente. Russava
come un trattore.
«E
pensa che, nonostante questo, Fred è ancora il mio migliore
amico.
Pensa che ha anche avuto una storia con Jessie. Ti dirò di
più. Si
sono sposati e adesso vivono a Boreduopoli. Hanno un nipote di nome
Charles.» Raccontò l’anziano, per poi
riprendere il suo racconto.
Alessandro
venne accompagnato dalla donna in una zona che, nei Varietà
normali
era riservata alle Performer, per permettere al ragazzo di indossare
i suoi abiti da Allenatore.
Appena
il ragazzo finì di cambiarsi, la donna gli pose
immediatamente la
fatidica domanda: «Signorino Alessandro, deve scegliere tre
Pokémon
per la lotta contro Lionel. Come previsto dal regolamento, la lotta
sarà tre contro tre.» Alessandro decise di
affidarsi ad un trio di
Pokémon che non lottava da un po’.
«Sandile, Pignite e Marill.»
Staravia e Swoobat non erano tristi per non essere stati scelti, anzi
si misero a caricare i loro colleghi che dovevano tenere alto
l’onore
di quella squadra.
Mentre
l’ultima performer si esibiva, Alessandro diede un rapido
sguardo
alle tribune, incrociando lo sguardo coi suoi amici. Jessie dava
delle gomitate a Fred, nel tentativo di svegliarlo, senza successo.
Alcremie, notando le difficoltà della ragazza, decise di
darle una
mano. La Pokémon sparò la sua crema in direzione
del ragazzo,
facendolo svegliare di colpo.
Alessandro
notò come Jessie stesse cercando di dire qualcosa a Fred,
non
riuscendo bene ad interpretare il labiale. A dire il vero, al ragazzo
nemmeno interessava saperlo. Ciò che gli interessava era
battere
Lionel ed essere considerato uno di quegli allenatori veramente
forti. Il ragazzo era estremamente carico. Tutte le sue
preoccupazioni scivolarono quando il ragazzo si accorse di Fred.
«Non
dovete avere paura, abbiamo già vinto lotte molto difficili,
adesso
mostriamo che noi valiamo più della maggior parte degli
allenatori
oggi!» Il ragazzo cercò di caricare i suoi
Pokémon. Sandile era
affascinato, Marill orgogliosa e Pignite rinvigorito.
Il
ragazzo fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive
Poké Ball,
proprio nello stesso istante in cui l'ultima performer concludeva la
sua esibizione. Conclusa l’esibizione si sentirono diversi
rumori
meccanici, come di oggetti che vengono spostati e di un pesante
oggetto che veniva sollevato. Terminati quei suoni,
all’interno del
teatro, calò il buio e il silenzio.
Sul
palco apparve una figura umana. I suoi passi ruppero il silenzio e,
lentamente, dal pubblicò si alzò un brusio del
pubblico.
Improvvisamente
si accese un faro che all’improvviso illuminò la
figura. Era una
signorina in abiti eleganti. Indossava un voluminoso cappello con
diverse decorazioni. Era ferma sul palco, in attesa di qualcosa, o di
qualcuno. Dall’alto venne calato un grosso microfono.
«Signore e
signori, oggi ho il piacere di presentare una lotta Pokémon,
come da
tradizione, prima di nominare la vincitrice di questo
Varietà,
assisteremo a una lotta Pokémon tra il Capopalestra Lionel e
un
Allenatore che ha avuto l’onore e la fortuna di affrontare il
Capopalestra!» Tutti i presenti iniziarono un breve ma non
intenso
brusio, che calò rapidamente, venendo sostituito da un
silenzio
quasi assordante. In seguito, le luci si spensero di nuovo.
«Lo
sfidante che oggi avrà l’onore di sfidare Lionel
in
quest’occasione è un ragazzo di 16 anni
appassionato di lotte
Pokémon con un obiettivo, arrivare sulla vetta di Unima! Il
suo nome
è Alessandro!»
In
quel momento, i riflettori puntarono sul ragazzo, che venne
immediatamente applaudito dal pubblico. Preso
dall’entusiasmo, il
ragazzo si inchinò davanti al pubblico. Ora sembrava non
avere più
paura di quella lotta.
«E
adesso, il nostro grande capopalestra, portatore della medaglia
proibita, così chiamata dagli allenatori, lo stilista
Lionel!»
Partì dunque un applauso fortissimo del pubblico mentre Fred
cercava
di far sentire i suoi “buuuuuuuuuuuuuuuuuu” senza
successo.
Le
luci accompagnavano Lionel mentre si dirigeva verso il centro del
palco. Appena giunto al centro del palco, si rivolse al ragazzo
«Così
tu saresti l’allenatore che vuole lottare con me per la
medaglia?
Io sono Lionel, so che tu e i tuoi Pokémon metterete tutto
voi
stessi per batterci. Non abbiate paura, altrimenti la lotta non
sarà
divertente» Il ragazzo rispose:
«L’importante è impegnarsi,
anche se perdi, puoi dire di averci almeno provato.» Il
ragazzo e
Lionel si augurarono rispettivamente buona fortuna e si allontanarono
ai lati del palco.
La
presentatrice allora annunciò l'arbitro:
«L'arbitro che dirigerà
l’incontro sarà Robert Kluski, della giuria,
facciamogli un
bell’applauso!» Le luci vennero puntate su di un
uomo dai capelli
biondi, dei lunghi baffi, piuttosto alto e secco. Indossava il
classico completo verde degli arbitri. L’uomo era trasportato
da un
esemplare di Aegislash. Le luci finalmente illuminarono il palco:
«Allenatori scegliete i vostri primi
Pokémon!» Annunciò.
Alessandro scelse di tastare il terreno con il suo Pignite,
così
prese dalla tasca la Poké Ball del Pokémon
Suinfuoco.
«Allenatori
schierate i Pokémon che avete scelto!»
Ordinò l’arbitro. Lionel
mandò in campo il suo Zebstrika, un Pokémon
quadrupede, molto
simile ad una zebra. Il corpo era decorato da delle strisce bianche e
nere a zig-zag. La criniera era formata da una serie di spuntoni
acuminati, che nella testa si trasformava in della sorta di corna a
forma di fulmine, mentre la coda aveva coda una forma stellata. Gli
occhi avevano un'iride blu contornata di giallo, l'interno delle due
orecchie era blu, il muso nero e gli zoccoli delle zampe grigi. Ai
tempi non c’erano gli smart rotom, per cui non era possibile
conoscere in anticipo le mosse di un Pokémon. Alessandro
dedusse
che, essendo il Pokémon di un Capopalestra, questi dovesse
conoscere
quattro mosse.
Come
pianificato, Alessandro mandò in campo il suo Pignite,
l’unico
Pokémon della sua squadra a conoscere quattro mosse.
Dopo
alcuni, interminabili, secondi di silenzio, Robert annunciò:
«Che
la lotta abbia inizio!» Dagli spalti si alzò un
brusio. Gran parte
del pubblico non era affatto contento dell’interruzione,
nonostante
fosse una tradizione, mentre gli amici di Alessandro erano ben felici
di vedere il ragazzo lottare.
«Iniziamo
noi, Zebstrika, subito Sprizzalampo!» Il Pokémon
Zebra si stava
avvicinando a Pignite con grande velocità. Il suo corpo era
completamente carico di elettricità. Alessandro dovette
pensare
rapidamente ad una strategia per permettere al suo Pokémon
di
resistere. «Pignite, usa Protezione!»
Ordinò. Il Pokémon
Suinfuoco creò una barriera di energia, dal colore verdino,
che lo
protesse che rispedì indietro la zebra elettrica. Lionel
sorrise e
ordinò al suo Zebstrika «Continuiamo ad attaccarlo
con
Sprizzalampo!» Il ragazzo continuò a guardare lo
Zebstrika
avversario, ben consapevole che Pignite non poteva proteggersi
all’infinito. Così ordinò al suo
Pokémon: «Osservalo bene ed
evita il colpo!» I movimenti del Pokémon Zebra
erano gli stessi di
prima, per cui Pignite riuscì ad evitarlo.
«Cuordileone!» Ordinò
Alessandro.
Attorno
a Pignite si formò un'aura arancione.
«NITEEEE!!» Gridò il
Pokémon di fuoco. Ora i suoi attacchi sarebbero stati ancora
più
potenti. Questo non sembrò scoraggiare Zebstrika, che
tornò
all’attacco con l’ennesimo Sprizzalampo.
«Dietro di te!»
Alessandro avvertì il suo Pokémon, che si
spostò. Sfortunatamente
venne colpito da delle scosse elettriche, che avevano caricato
l’aria. Per fortuna i danni subiti dal Pokémon non
furono
sufficientemente gravi dal pregiudicare le sue capacità di
lotta.
Lionel, accorgendosene, ordinò al Pokémon Zebra
«Addosso vai con
Nitrocarica!» Alessandro avvertì il suo
Pokémon: «Contina ad
attaccare con mosse di contatto! Approfittane ora per usare
Breccia!»
Zebstrika si avvicinava sempre di più mentre Pignite era
lì fermo
pronto per colpirlo con una delle sue braccia. Il Pokémon
Zebra
stava arrivando a tutta velocità per colpire il
Pokémon Suinfuoco.
Tutto sembrava andare secondo i piani del Capopalestra. Pignite si
fece colpire in pieno petto, ma, contemporaneamente afferrò
il
Pokémon Zebra, dandogli una sonora mazzata nel collo. A
causa della
violenza del colpo, Zebstrika venne attraversato da una potente
scarica di energia, ma era ancora in grado di
lottare.
Quindi
il ragazzo ordinò: «Facciamone subito fuori uno!
Pignite! Usa
Lanciafiamme!» Dal naso del Pokémon Suinfuoco
uscì
una potente fiammata arancione che travolse Zebstrika.
«Zebstrika
non è più in grado di continuare! Vince
Pignite!» Annunciò
l’arbitro. La folla non esultò moltissimo, giusto
qualche presente
oltre agli amici del ragazzo, solo alcuni presenti festeggiò
la
prima, fondamentale, vittoria.
Alessandro
era felice. Aveva già sconfitto Zebstrika, il più
veloce dei tre
Pokémon. Certo aveva vinto solo grazie alla potenza della
Breccia
ben piazzata nel collo, ma andava bene così.
Mentre
Pignite mostrava i muscoli alla folla, il ragazzo decise di farlo
tornare nella sua Poké Ball. «Pignite, ritorna.
Riposati un po’,
avrò bisogno del tuo aiuto più tardi.»
Lionel aveva già scelto il
suo secondo Pokémon, mentre Alessandro era ancora indeciso
sul da
farsi. «Lionel, manda il tuo secondo lottatore.» Lo
incalzò
l’arbitro. Nel mentre, anche Alessandro aveva deciso che
Pokémon
schierare. Alla fine, il ragazzo scelse Sandile, un Pokémon
ai tempi
poco apprezzato per il suo aspetto. Molti non erano a conoscenza del
detto “l'apparenza inganna.”
Lionel
mandò il suo Galvantula, un Pokémon del tutto
simile ad una
tarantola. Il suo corpo era principalmente giallo, con della
pelliccia blu nella pancia. I suoi sei occhi, di cui quattro sono
molto piccoli, erano blu, come anche le sue quattro zampette. Sul
dorso e attorno alla bocca aveva diversi segni violacei. Il
Capopalestra impiegava quel Pokémon quando incontrava dei
Pokémon
con tipi che non avevano niente a che fare con il tipo elettro, come
con il tipo folletto, il coleottero o altri tipi.
La
battaglia continuò. Alessandro ordinò
immediatamente un attacco al
suo Sandile: «Usa Fossa, non facciamoci colpire
subito!» Il Pokémon
scavò un buco nel terreno di lotta e rimase sottoterra per
qualche
secondo prima di spuntare da qualche parte nel terreno di lotta.
Pochi istanti dopo ritornò sottoterra e nuovamente
sbucò da
un’altra parte. Una tecnica che, ben presto
innervosì Lionel. Il
Capopalestra sbuffò: «Galvantula chiudi tutti i
buchi con
millebave!» Il Pokémon andò sul buco
più vicino e ci sputò delle
bave all’interno coprendo tutti i buchi; «Sandile
attenzione!
Taglia le bave con Sgranocchio!» Ordinò
Alessandro. L’idea era
buona, le potenti mascelle del Pokémon potevano spezzare la
robusta
tela del Pokémon Elettroragno, ma il suo lavoro non fu
sufficiente.
In breve tempo, il Pokémon Sabbiadrillo venne abbozzolato
nelle bave
da Galvantula. «Galvantula, usa Forbice X e portiamo questa
lotta
alla pari!» Ordinò Lionel. Sandile non poteva fare
nulla in quel
bozzolo, tuttavia Alessandro non perse le speranze. «Usa
Levitoroccia!» Ordinò. Dalla bocca del
Pokémon uscirono tante
piccole rocce che levitavano in aria. Pochi istanti dopo, il
Pokémon
venne colpito dal potente attacco avversario. L’arbitro
annunciò
immediatamente il risultato della lotta: «Sandile non
è più in
grado di lottare, vince Galvantula» Il pubblico
applaudì la
vittoria del Pokémon Elettroragno che salutava gli
spettatori come
se fosse un re. Alessandro ritirò Sandile nella sua
Poké Ball
dicendogli: «Hai fatto del tuo meglio, quelle rocce ci
serviranno
fino alla fine della lotta.» il ragazzo ebbe come la
sensazione che
all’interno della Poké Ball ci fosse un
Pokémon sorridente che
credeva nei suoi amici.
«Galvantula,
ritorna!» Lionel richiamò il suo
Pokémon. «Più tardi dovrai dare
una mano ad Ampharos.» Lionel mandò in campo il
suo Ampharos,
usando una frase ad effetto: «Adesso inizia la tempesta, vai
Ampharos!»
Alessandro
era intenzionato a mandare in campo Marill, ma, prima di farlo, si
rese conto che, prima, avrebbe dovuto fare una cosa. «Vai
Pignite!».
Il ragazzo mandò nuovamente in campo il Pokémon
Suinfuoco.
Volarono
alcuni sguardi tra i due Pokémon, mentre aspettavamo la
mossa
dell’avversario. Si stava creando una situazione di stallo.
Dal
momento che nessuno stava facendo niente da ormai diversi secondi,
Alessandro decise di far capire le sue intenzioni
all’avversario:
«Pignite usa Cuordileone!» Come la volta prima,
attorno al corpo
del Pokémon Suinfuoco, si creò un’aura
arancione, potenziando
nuovamente i suoi attacchi. Nonostante questo, la situazione di
stallo non accennò a smuoversi. I due allenatori
continuavano ad
osservarsi. Alessandro approfittò della situazione per
attuare il
suo piano. «Pignite, usa Lanciafiamme in aria, mentre giri su
te
stesso!» Ordinò. Nessuno dal pubblico comprese le
intenzioni
dell’allenatore. Tutt’altro. Alcuni presenti si
misero
addirittura a ridere. Risero quasi tutti, a parte gli amici del
ragazzo e i loro Pokémon. Nemmeno Lionel riuscì a
sottrarsi alle
risate generali. Trattenendosi a fatica, si rivolse al ragazzo:
«Ma
a che cosa è servita questa cosa?» Chiese.
Alessandro comprese che
il suo piano era riuscito. Aveva distratto il suo avversario. Era
consapevole che il tempo a sua disposizione era poco. Rapidamente
ordinò l’attacco al suo Pignite: «Forza!
Usa Breccia, cerca di
colpirlo al centro del collo!» Mentre Ampharos aspettava
istruzioni
da parte del suo Allenatore, stava sudando, sembrava soffrire a causa
dell’indecisione del suo Allenatore. Era lì
immobilizzato,
aspettando ordini dal suo Allenatore. Solo che quest’ultimo
stava
ancora ridendo. Il Pokémon Luce venne colpito da una delle
mani di
Pignite.
Lionel,
sentendo il grido di dolore del suo Pokémon,
tornò in sé. Ampharos
aveva particolarmente accusato il colpo, ma era ancora in grado di
lottare. Lionel ordinò immediatamente un attacco:
«Non temere, usa
Iper Raggio!» Il Pokémon luce generò
uno spesso e potentissimo
raggio di energia dal colore bianco, che rapidamente investì
Pignite. A causa dell’energia dell’impatto, il
Pokémon Suinfuoco
venne violentemente lanciato dall’altra parte del campo di
lotta.
«Pignite
non è più in grado di continuare!»
Dichiarò l’arbitro. la folla
esplose di applausi, nonostante la lotta non fosse ancora finita.
Alessandro, infatti, avevo ancora un Pokémon con cui
lottare. Nel
mentre, Lionel cambiò nuovamente il suo Pokémon,
mandando in campo
Galvantula. Il Pokémon Elettroragno era, infatti, rimasto
praticamente illeso dallo scorso scontro con Sandile.
«Vai
Marill, possiamo ancora rimontare!» il Pokémon
Acquatopo uscì
dalla Poké Ball in modo elegante e delicato, in netto
contrasto con
l’entrata in scena brutale del Galvantula di Lionel.
Il
ragazzo non era affatto preoccupato, anzi. Il ragazzo e il suo Marill
sapevano di poter passare in vantaggio con una singola mossa.
Naturalmente se questa fosse a segno.
Il
ragazzo ordinò a Minnie, questo il soprannome della
Pokémon: «Vai
Marill, salta e recupera le pietre!» La Pokémon,
sfruttando la
coda, si librò in aria e compì diversi
avvitamenti. L’intendo
della Pokémon era quello di prendere le rocce di Sandile,
precedentemente infuocate da Pignite e di lanciarle verso Galvantula.
Appena
la Pokémon atterrò, il ragazzo non perse tempo:
«Avanti Marill,
adesso! Lancio!» Lionel si chiese: «Ma che cosa
starà facendo?»
Sembrava impotente, mentre Marill lanciava tutte quelle rocce contro
il suo Pokémon.
«E
ora chiudiamola con Idrondata!» Ordinò.
La
Pokémon spiccò un grosso balzo, mentre la sua
coda si rivestiva
d’acqua. Galvantula venne colpito duramente. Inizialmente
sembrava
che il colpo non fosse stato sufficiente a sconfiggerlo. Tuttavia,
alcuni frammenti di roccia, ancora sospesi in aria, colpirono il
Pokémon Elettroragno, decretandone la sconfitta. Lionel era
sbalordito, così come tutto il pubblico. Questo diede ad
Alessandro
un’immensa fiducia. Era certo di poter riuscire a sconfiggere
il
Capopalestra.
«Scusami
Galvantula, sono io che sono rimasto impietrito da questo
attacco.»
Il Capopalestra ritirò dalla lotta il Pokémon
appena sconfitto.
Anita
era sbalordita. A quanto pare Ash non era il solo maestro
dell’improvvisazione. La ragazza, incuriosita, chiese alla
nonna:
«Mi sembra una tecnica davvero geniale. Sicuro
che…» Minnie
squittì «Credo intenda dire
“è tutto vero giovane
allenatrice”»
Tradusse l’anziana. «Tuo nonno era un lottatore
veramente fuori
dal comune, ha perso solo contro il campione dopo una lotta
lunghissima. Ha perso solo perché il Pokémon
avversario usò
Resistenza, all’ultimo. Se Minnie non fosse così
vecchia…
darebbe una bella lezione a Pikachu del campione del mondo.»
Anita
stava annotando quelle informazioni sul suo smart Rotom. Quindi diede
un’occhiata all'orario. Erano le sei del pomeriggio.
L’anziano
che stava ormai giungendo al termine:
L’arbitro
annunciò: «Galvantula non è
più in grado di continuare, vince
Marill!» L’applauso fu più sostanzioso
rispetto a quando Pignite
sconfisse Zebstrika, anche se non paragonabile a quello che
accompagnò le vittorie di Lionel. Anche se era
già qualcosa.
Diversa fu la reazione degli amici di Alessandro, che ebbero una
reazione totalmente sproporzionata. Fred, per la gioia si era messo
letteralmente a scuotere letteralmente Jessie. Alessandro si rese
conto del fatto che non potesse ridere. Non doveva distrarsi dalla
lotta.
«Ampharos,
mi resti solo te.» Il Capopalestra mandò in campo
il suo Pokémon,
che, come Galvantula prima di lui, era stato parzialmente ferito dal
levitoroccia.
Il
Capopalestra fece la prima mossa: «Ampharos! Usa
Sprizzalampo!» Il
ragazzo ordinò alla sua Pokémon:
«Marill! Rispondi con Carineria»
I due Pokémon si scontrarono al centro del campo. Ampharos
completamente carico di elettricità, e Marill con il corpo
completamente rivestito da un’aura rosata. Lo scontro fu
estremamente violento, tanto da rispedire i due Pokémon ai
lati
opposti del campo. Trai i due, fu Marill ad avere la peggio, ma,
nonostante le ferite subite, era ancora in grado di continuare.
Alessandro se ne accorse immediatamente: «Marill, tranquilla
tieniti
pronta con Idrondata!» Lionel ordinò al suo
Ampharos «Chiudiamo la
lotta con Iper Raggio!» Il Pokémon luce
generò un potentissimo e
spesso raggio di energia dal colore bianco, che scagliò in
direzione
di Marill. La Pokémon riuscì a tagliare a
metà quel potete raggio
di energia, grazie alla grande quantità d’acqua
che rivestiva la
sua coda. Questo ridusse sensibilmente i danni.
«Forza
Marill, non è impossibile, dobbiamo continuare a provarci,
approfittiamo del fatto che deve riposare! Colpiscilo con
Carineria!»
Lionel non poteva fare nulla. Era l'effetto della mossa Iper Raggio.
A
causa di alcune scariche elettriche residue, Marill subì
altre
ferite. Si accasciò a terra, ferma in una posizione
innaturale.
Aveva un occhio semiaperto, si reggeva su un solo piede. Sembrava
potesse cedere da un momento all’altro. Non che Ampharos
stesse
tanto meglio. Anche lui aveva subito le conseguenze della lotta.
Stava grondando di sudore e si reggeva in piedi a malapena.
Lionel
ordinò: «Ampharos, facciamola finita con Iper
Raggio! Massima
potenza!»
Il
Pokémon si concentrò e creò una sfera
gigante di raggi luminosi
che stava per scagliare contro Minnie.
Marill
guardò il suo Allenatore con sguardo fiero.
L’Allenatore fece
appena in tempo a ricambiare lo sguardo della Pokémon, che,
immediatamente partì il raggio di Ampharos. Questo
investì
completamente Minnie, che rimase all’interno del fascio di
luce per
qualche secondo.
Al
termine dell’attacco l’arbitro si
avvicinò a Minnie per vedere
se fosse ancora in grado di lottare. La Pokémon era ancora
nella
stessa posizione di prima. Ad un certo punto i suoi occhi
cominciarono a brillare. Sorrise e calò il silenzio.
Una
luce avvolse il corpo rotondo di Minnie. Alla vista della luce, il
coreografo fece spegnere immediatamente le luci, in modo da far
risaltare quella prodotta dal corpo della Pokémon. Il
pubblico era
sbalordito. E anche Alessandro lo era. Non aveva la minima idea che
la sua Pokémon potesse evolversi durante
quell’incontro.
Nonostante l’intensa luce, il cambio di aspetto della
Pokémon fu
ben visibile. Il suo corpo, precedentemente rotondo, divenne ovale.
Sulla parte inferiore del corpo della Pokémon comparvero
diversi
pallini bianchi, i piedi divennero più grandi, le orecchie
crebbero
a dismisura, diventarono grandi e appuntite, come quelle dei conigli.
Il colore del corpo non cambiò. Rimase azzurro. Finalmente
Marill si
era evoluta in Azumarill.
Lionel
era completamente spiazzato, ma, nonostante ciò, non si
arrese:
«Ampharos, non pensiamoci! Colpiscilo con
Tuonopugno!» Il braccio
del Pokémon si ingrandì e divenne sempre
più carico di
elettricità, man mano che si avvicinava a Minnie. Il ragazzo
ordinò:
«Usa lancio!» Le orecchie di Minnie si illuminarono
di azzurro e
bloccarono il Tuonopugno di Ampharos. La Pokémon
riuscì a sfruttare
la forza dell’avversario spedendolo molto in alto.
«Usa
Carineria!» Ordinò. Azumarill spiccò un
grande balzo e investì
Ampharos, mandandolo ancora più in alto. I due
Pokémon caddero a
terra, causando un fortissimo boato. Minnie era messa sopra Ampharos
e lo stava spingendo verso il basso.
Entrambi
i Pokémon erano allo stremo delle forze. Avrebbero potuto
continuare
a lottare, ma non per molto. Lionel comandò
l’ultimo attacco
«Finiscilo una volta per tutte con Sprizzalampo!»
Il Pokémon Luce
generò attorno al suo corpo un'aura gigantesca fatta di
elettricità
e si avvicinò a fatica ad Azumarill. Il ragazzo non sapeva
che fare.
Qualsiasi cosa avesse fatto, Minnie avrebbe subito il colpo per prima
e questo avrebbe significato perdere.
Il
ragazzo sentì qualcosa sotto i piedi. Stava iniziando un
terremoto?
Oppure era solo una sensazione? La risposta arrivò subito.
No, Non
era una sensazione. Tutti stavano per cadere, a parte Azumarill.
Grandi scosse sismiche si stavano concentrando pochi metri davanti al
ragazzo. Non c’erano dubbi. Minnie aveva imparato Battiterra.
Ampharos stava per cadere e già sentiva come sarebbe andata.
Cercò
di restare in piedi, ma senza successo. Perse l’equilibrio e
cadde
a terra. Il Pokémon Luce venne continuamente sbalzato dalle
scosse
sismiche.
Terminate
le scosse, l’arbitro si avvicinò ad Ampharos. In
tutto il teatro
calò il silenzio. Lionel stava sudando come non mai.
Finalmente
arrivò la sentenza: «Ampharos non è
più in grado di continuare.
Di conseguenza il vincitore è Alessandro!» Dalle
tribune partì
così una standing ovation. Perfino i più
irriducibili fan dei
varietà stavano applaudendo. Anche le concorrenti che si
erano
esibite poco prima.
Jessie
e Fred raggiunsero il loro amico sul palco poco prima che Lionel
consegnasse la medaglia al ragazzo. «Alessandro, sono
felicissimo di
annunciare che sei uno dei pochi allenatori a possedere questa
medaglia. Forse per te non era mai stata Proibita.» Il
ragazzo baciò
la medaglia e la strinse al petto; quindi, festeggiò il
traguardo
appena ottenuto con i suoi Pokémon, e i suoi amici.
E
così l’anziano concluse il suo racconto. Anita
aveva mostrato
genuino interesse per il racconto dell’anziano. Lo stesso non
poteva dirsi dei suoi Pokémon. Herdier si era addormentata a
metà e
solo ora si stava risvegliando, mentre Oshawott uscì della
bava
dalla bocca. Vivillon si mise il braccino sulla fronte fino ad
arrivare dietro la nuca. Minnie si stava vantando di quanto fosse
forte quando era giovane e Roselia non poté fare altro che
rimanere
indifferente. Aveva sentito quella storia ormai troppe volte.
Il
nonno allora diede un occhio all’orario, erano le sei e
venti. Era
l’ora in cui doveva prendere le medicine. Altrimenti gli
altri
avrebbero patito le conseguenze dei suoi deliri. Allungò la
mano
verso la scatolina che le conteneva e si accorse immediatamente di
qualcosa che non andava: «Abbiamo un piccolo problemino, sono
finite
le pillole dentro questa scatolina!» L’anziana si
allarmò e disse
«Oh no! Ti prego, Anita cara puoi andare di sopra a prendere
le
pillole di Alessandro? Mi raccomando, fai attenzione ai
gradini!»
Anita annuì, si alzò dal divano e si diresse
verso la scalinata,
prestando attenzione a dove metta i piedi.
Mentre
la ragazza saliva le scale, la nonna le indicò
«Sono sul comodino
del nonno, quello a sinistra del letto!» Anita aveva capito
dove
doveva guardare. Seguì le indicazioni della nonna, ma
nonostante
questo, si ritrovò subito contro il muro della camera. Si
girò di
scatto, e si accorse immediatamente della presenza di Azumarill, che
aveva assistito alla scena. La Pokémon voleva assicurarsi
che la
ragazza non combinasse guai. La Pokémon era seguita dal
collega di
tipo, Oshawott.
Entrata
nella camera, la ragazza fu piuttosto sorpresa. I nonni avevano una
casa da sogno. Non le sarebbe affatto dispiaciuto viverci con i suoi
amici. La stanza aveva una pianta quadrata, piuttosto ampia. I muri
erano pitturati di un rosa maialino. Il letto era attaccato al centro
del muro, nella parete opposta quella dell’ingresso. Accanto
ad
esso vi erano due comodini, uno a destra e uno a sinistra. Sul
comodino sinistro c’era la scatolina delle medicine, sul
destro
c’era la lampada che illuminava la stanza quando era sera.
sul
muro di destra c’era un tavolo di legno di ciliegio con uno
specchio contornato d’ottone, mentre il muro di sinistra era
decorato da una foto gigante impreziosita da una cornice. La foto
rappresentava i nonni della ragazza e sua madre Jessica. La foto era
stata scattata chissà quanti anni prima. Poco lontano dalla
foto una
mensola con due album. Uno era rivestito in pelle rossa, uno in pelle
blu. Entrambi presentavano delle etichette.
Sulla
prima vi era scritto “Foto di Famiglia” sulla
seconda "Pokémon:
momenti della storia delle lotte vissuti” Anita non si fece
distrarre. Afferrò la scatolina delle pillole sul comodino
del
nonno.
«Certo
che ce ne hai messo di tempo!» La riprese la nonna.
«Se volevi
guardare gli album potevi dirmelo, così ti avremo spiegato
le varie
cose.» La ragazza cercò di deviare argomento.
«No… no… è che…
la vostra stanza è davvero bella… tutto
qui!» L’anziana la
riportò sui binari. «Tua madre non ti ha nemmeno
insegnato a dire
bene le bugie. Tocca… vai a prenderlo!» La ragazza
consegnò le
pillole e tornò nella stanza, dove recuperò
l’album.
La
giovane tornò di sotto, scortata dai due Pokémon
acqua. Il nonno
saggiamente deglutì la pillola e bevve l’acqua,
prima di notare
cosa la ragazza avesse in mano. «Ah sì, le lotte
più incredibili
nella storia a cui io e tua nonna abbiamo avuto la fortuna di
assistere!» L’uomo prese violentemente
l’album dalle mani della
ragazza e si mise a spiegare le poche foto che si trovavano al suo
interno: «…qui è quando un allenatore
ha battuto sei Pokémon
dell’avversario con il suo solo Infernape nel Sono passati
ormai
quarant’anni da allora…qui è quando
è sono stati usati per la
prima volta dei fossili di Galar… qui è quando
Dandel divenne
campione del mondo…» Arrivarono così
all’ultima fotografia, Ash
che, insieme alla sua squadra, sollevava la coppa del più
forte del
mondo… «Qui è quando io e la nonna
siamo andati a vedere la
finale del torneo Mondiale, quando un ragazzino diventato campione
del mondo con un Pikachu… anche se… adesso che lo
guardo c’è
qualcosa di famigliare.» Anita allora intervenne:
«Certo che quella
coppa era davvero grande, mi chiedo come mai Ash non me
l’abbia mai
fatta vedere.» Il nonno ebbe un’idea, mentre si
grattava il mento.
«Ma certo! Quel ragazzo con cui stavamo parlando prima per
telefono
è il campione Ash Ketchum di Biancavilla! Mi sembrava un
volto
familiare.» La nonna, Roselia e Azumarill sobbalzarono dalla
sorpresa. Davvero l’anziano non lo aveva capito? Quindi
l’anziano
attaccò: «Oh mia nipote può contattare
in ogni momento il campione
del mondo e non mi avete detto nulla?» Anita era un
po’
imbarazzata. Guardò Vivillon, come se stesse cercando di
distrarsi.
Il
nonno chiese quindi alla ragazza «Ma perché puoi
chiamare il
campione del mondo e viceversa? Gliel’hai chiesto
tu?» Anita
allora rispose grattandosi la nuca. Eppure, le sembrava di averglielo
già spiegato: «Praticamente la mamma è
amica della professoressa
Aralia, una famosa ricercatrice Pokémon, che a sua volta
è amica
del Professor Oak, che è amico di Ash. Ash ha sempre
desiderato
diventare un Maestro Pokémon. Per farlo ha capito che deve
aiutare
qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ed è
così che è diventato
il mio maestro.» Il nonno sorrise: «Ah, mi fa
veramente piacere
sentire questa notizia.»
A
quel punto la nonna prese il telecomando e accese la televisione:
«Zitti tutti, adesso inizia il telegiornale delle sei e
mezza.» Lo
schermo, inizialmente, mostrava la pubblicità di alcuni
prodotti in
ceramica, ma poi ci fu una musichetta, era il telegiornale di cui
parlava la nonna, il TG 6,5.
Prima
che la giornalista potesse essere inquadrata bene in modo tale da
vederne la faccia si sentì un BZZZZZZZ, il rumore dello
statico.
I
due anziani si lamentarono in coro: «Oh
no…agg..non
è…porc…perché…quel
co…non è…avanti!» Anita non
stava
capendo e chiese spiegazioni ai due anziani, che sembrava volessero
distruggere qualcosa: «Perché vi
…arrabbiate per…un …insomma
è solo un piccolo problema…passerà
presto…non…c’è bisogno
che…oh …che stiate così.» La
nonna ribadì «Anita, non ti
preoccupare. Non è colpa tua. Questi televisori non sono
perfetti,
se c’è un Pokémon volante abbastanza
grande, questo può
disturbare il segnale del satellite. E, dati i problemi, si tratta di
un Pokémon bello grosso, questa cosa non succede con
Pokémon
piccoli come Pidove. Devono essere piuttosto grandi, almeno come
Talonflame.» Allora Anita si alzò e
aggiustò il cappello, mentre
pensava: “posso provare a risolvere il problema”
quindi disse:
«Sapete di che Pokémon si tratta?»
L’anziana l’avvertì. «Fai
attenzione. È Gliscor, ed è molto pericoloso.
Forse Vivillon
potrebbe sconfiggerlo, dato che riesce a volare molto in alto e
potrebbe evitare la maggior parte dei suoi colpi. Inoltre, considera
che Gliscor fluttua ad una quota troppo alta per essere colpito da
mosse fisiche che partono da terra, come Pietrataglio. Pensa che
neanche il Tiromirato di un Inteleon lo colpirebbe per quanto
è in
alto.» Anita guardò la Pokémon
Farfascaglia e le domandò: «Te la
senti?» Vivillon guardò gli altri
Pokémon presenti, quindi fece un
piccolo segno di affermazione. Allenatrice e Pokémon si
diressero
entrambe verso la porta. Gli anziani e gli altri Pokémon si
accodarono e uscirono fuori nel giardino dei sogni di un qualsiasi
fioraio o fioraia.
Anita
guardò in alto, e si accorse della presenza di un Gliscor
nel cielo.
La ragazza pensò: “dobbiamo assolutamente
fermarlo! Anche se
questo dovesse significare lottare. Spero che questo basti ad
allontanarlo per un po' di tempo.” Il nonno cercò
di dare un
consiglio alla nipote: «Non farla attaccare, induciamolo
prima a
lottare. In questo modo, Gliscor sarà accecato dalla rabbia.
Mossa
dopo mossa ci porterà sempre più in
vantaggio.» La ragazza ascoltò
attentamente le istruzioni del nonno e si avvicinò alla
Pokémon
Farfascaglia: «Se sei in difficoltà, lancia Comete
verso
quest’albero di ciliegio.» La ragazza
toccò il ruvido e solido
fusto della pianta: «Non preoccuparti! So che ce la puoi
fare!» La
rassicurò. Vivillon volse uno sguardo al Gliscor che
continuava a
svolazzare qua e là.
Il
nonno allora raccomandò alla Pokémon
«Mi raccomando fai
attenzione!» Vivillon si innalzò fino ad arrivare
all’altitudine
del fastidioso Gliscor. Fece un bel respiro profondo e si
concentrò
sul suo avversario. Fino a quel momento non era ancora stata notata.
Anita ne approfittò per scansionare Gliscor col suo Smart
Rotom:
«Gliscor , Pokémon Scorpidente, esemplare Maschio.
Se riesce a
prendere correttamente una corrente d’aria, per quanto
debole, può
compiere un giro del globo senza mai sbattere le ali. mosse
conosciute: Tagliofuria Velenpuntura, Forbice X, Acrobazia.»
Vivillon, per farsi notare da Gliscor, lanciò Energipalla.
Prese la
mira in modo tale non colpirlo direttamente, ma piuttosto
tentò di
sfiorarlo. Il suo intento era quello di fargli comprendere appieno la
sua posizione. Gliscor si si voltò, ma non c’era
nessuno.
Pochi
istanti dopo partì un secondo colpo. Gliscor si
voltò di nuovo.
Anche questa volta non c’era nessuno. Il Pokémon
Scorpidente stava
iniziando ad alterarsi. La situazione peggiorò ulteriormente
quando
venne scagliato un terzo e poi un quarto colpo. Gliscor era intento a
lottare con quel Pokémon che lo stava intralciando. Vivillon
ne
approfittò per richiamare la sua attenzione. Questa volta
non era
intenzionata a scappare. Tutt’altro. Voleva farsi vedere e
affrontarlo faccia a faccia. Il Pokémon Scorpidente si
girò per
l’ennesima volta puntando un’occhiataccia al suo
avversario. Gli
fece capire che se non avesse smesso, avrebbe fatto una brutta fine.
Vivillon continuava a provocarlo e a farlo adirare, di più
sempre,
di più fino a fargli perdere la pazienza. A quel punto il
nonno
guidò Anita verso l’inizio della lotta vera e
propria: «Adesso è
il momento di lottare, è completamente in balìa
della
provocazione.» Anita aggiustò il cappello, per
cacciare un po’ di
tensione. Era un po’ emozionata all’idea di lottare
contro un
Pokémon del genere. Era forse il primo incontro serio con un
Pokémon
veramente forte e che non aveva motivi per trattenersi. Quando si era
allenata con Ash, i Pokémon del ragazzo si erano sempre
trattenuti.
La ragazza era consapevole di doverlo fare per tutte le persone del
vicinato, anche e soprattutto per i suoi nonni. Sperando di
scacciarlo per un po' di tempo, o addirittura per sempre.
Finalmente
iniziò lo scontro vero e proprio. «Vivillon,
partiamo con Comete!»
La Pokémon generò dei raggi di energia dal colore
dorato a forma di
stelle che andarono in direzione del Gliscor. Il Pokémon,
con una
delle sue chele violacee, chela parò le stelle lanciate
dall’avversaria. Pochi istanti dopo, il corpo di Gliscor
emanò una
tenue aura viola. Contemporaneamente, cominciò ad
avvicinarsi
rapidamente alla Pokémon Farfascaglia. Per fortuna
quest’ultima fu
abile a schivare il colpo, guadagnando quota e tornando alla stessa
altitudine che aveva in precedenza. «Vivillon vai con
Energipalla!»
Le ordinò Anita. La Pokémon formò
così una sfera di energia che
emanava una luce verde chiaro. Appena fu pronta, la Pokémon
la
lanciò violentemente verso Gliscor. Il Pokémon
ancora non aveva
capito dove fosse andata Vivillon. Venne colpito in pieno e perse
qualche metro di quota.
Rapidamente
Gliscor si girò e recuperò la quota persa. Come
se nulla fosse
successo, iniziò a caricare l’avversaria. Le sue
grandi chele si
illuminarono di una luce tendente all’arancione. Anita si
accorse
delle intenzioni dell’avversario e ordinò alla sua
Pokémon di
contrattaccare: «Fermalo con Eterelama!» La
Pokémon generò delle
grandi folate di vento che assunsero l’aspetto di lame e che
raggiunsero Gliscor formando una sorta di X. Sfortunatamente, il
Pokémon Scorpidente schivò tutte le folate e
andò dritto per
dritto verso Vivillon, colpendola. Fortunatamente Vivillon incassava
senza particolari patemi le mosse coleottero, infatti fece finta di
niente e continuò; dunque, Anita insistette «Usa
Comete» La
Pokémon generò dei raggi di energia dal colore
dorato a forma di
stelle, in quantità maggiore rispetto a prima. Questa volta
Gliscor
fu costretto ad incassare il colpo. L’impatto delle stelle
contro
il corpo del Pokémon generò una piccola nube di
fumo. Il Pokémon
Scorpidente riuscì a liberarsi dopo appena qualche secondo.
Sembrava
perfino più fresco di prima.
Da
terra, Oshawott voleva trovare un modo di aiutare la sua collega,
mostrandosi decisamente più collaborativo di Herdier che era
più
addormentata che sveglia. Il Pokémon Lontra e Azumarill gli
spararono un getto d’acqua spostando Herdier di qualche metro
e
facendola finalmente tornare in sé. Questa manovra
causò alcuni
danni al prato, danni che Roselia sistemò immediatamente.
Vivillon
volse uno sguardo alla scena e le venne un’idea per vincere,
lanciò
dunque delle Comete verso Oshawott. “Cosa poteva mai
significare?”
Si chiese la ragazza, prima che la Pokémon riprendesse gli
attacchi
verso Gliscor
«Usa
ancora Energipalla!» La nonna, che fino a quel momento era
rimasta
in silenzio, commentò: «Secondo me Vivillon vuole
che Oshawott si
unisca alla lotta. Dopotutto è un Pokémon di tipo
Acqua… Se
potesse colpirlo avremmo un bel vantaggio e…»
Anita intervenne
«Hai ragione! Solo che… da qui Oshawott non
potrebbe riuscire a
colpirlo.» Il nonno si aggiunse: «Dobbiamo trovare
un modo per
portare Oshawott lassù. E non possiamo far venire Vivillon
qui,
altrimenti Gliscor attaccherebbe anche noi!» Minnie si
alzò e si
tolse della polvere di dosso; quindi, avvisò il suo
Allenatore con
uno squittio. Il vecchio capì immediatamente le intenzioni
della
Pokémon: «Minnie, sei geniale! Adesso ascoltatemi
tutti quanti!»
L’anziano iniziò a spiegare il suo piano, mentre
Vivillon
continuava a schivare i vari attacchi di Gliscor, che, mano, mano che
passava il tempo, diventava sempre più lento. Anita
incoraggiò la
sua Pokémon: «Resisti Vivillon! Presto arriveranno
i rinforzi!»
Vivillon, con un piccolo cenno, fece intendere di aver capito, mentre
continuava a difendersi da Gliscor.
«Allora
Adesso Herdier deve portare Azumarill e Oshawott sul tetto dalla
finestra di camera nostra, usando Azione, quindi Oshawott
dovrà
essere preso da Minnie. Appena sarà pronto farà
un bel volo, ma
appena sarà arrivato all'altezza di Vivillon. Lei
dovrà afferrarlo,
così lui potrà e aiutarla a vincere, tutto
chiaro?» Spiegò
l’anziano. Tutti annuirono. Oshawott , Herdier e Azumarill
entrarono velocemente in casa, salirono le scale ed entrarono nella
camera da letto dei due anziani.
Per
un attimo i due Pokémon di Anita si fermarono a guardare la
stanza,
ma fortunatamente si resero quasi subito conto che non dovevano
perdere tempo. I Pokémon salirono immediatamente sul letto,
lo
scavalcarono, Azumarill aprirà la finestra. Appena questa fu
aperta,
i tre Pokémon giunsero sul terrazzo.
Minnie
prese Oshawott e si aggrappò con le orecchie ad un appiglio.
A quel
punto Herdier diede il suo contributo, raggiungendo il lato opposto
del terrazzo, quindi si mise a correre, caricando un potente colpo.
La Pokémon colpì violentemente il dorso di
Azumarill. Nello stesso
istante la Pokémon lasciò l’appiglio e
si aggrappò con le
orecchie al tetto dell’edificio. Con un’incredibile
agilità
arrivò sana e salva, mentre teneva solidamente Oshawott tra
le sue
braccia. Pochi istanti dopo, prese il Pokémon lontra con le
sue
orecchie. Anita era stupita dal lavoro di Azumarill. La ragazza
chiese all’anziano: «Sicuro che sia vecchia? Sembra
molto
atletica!» Il nonno se ne uscì con una frase dal
sapore poetico:
«Quando una persona o un Pokémon è
riconosciuta come tra i più
forti al mondo, conserveranno sempre le loro virtù. Devi
sapere che
noi siamo arrivati tra i primi 20 allenatori più forti del
mondo. Un
gruppo di élite che comprende i Campioni e le Campionesse
delle
varie regioni e altri Allenatori che dimostrano il loro
valore.»
Anita rimase a bocca aperta. Si ricordava delle parole del nonno
circa il fatto che la famiglia avesse una grande tradizione di
Allenatori. Tutto questo finché non le franò
addosso Herdier, che
la fece tornare in sé, leccandole la guancia.
«Hahaha, sei stata
bravissima, però così mi fai il
solletico!» Nel mentre, Minnie
stava tenendo Oshawott, attendendo che fosse pronto per andare. Il
Pokémon Lontra stava osservando Vivillon, pensando
“Devo aiutarla!
So che è molto in alto ma devo farlo, devo dimostrare di
cosa sono
capace!” Oshawott fece capire di essere pronto, quindi,
l'anziano
ordinò: «Vai Azumarill usa Lancio!» Le
orecchie della Pokémon si
illuminarono. Pochi istanti si piegò, per aumentare la
gittata del
lancio. Appena ritenne di avere forza sufficiente, lanciò
con forza
Oshawott, nella direzione di Vivillon. Frattanto, la Pokémon
aveva
provocato ancora di più Gliscor, aumentando ulteriormente il
suo
nervosismo.
La
Pokémon sentì qualcosa che si stava avvicinando.
Per questo motivo,
la Pokémon volse lo sguardo verso terra. Si accorse di un
puntino
bianco che a mano a mano si ingrandiva sempre di più.
Iniziarono a
comparire anche delle piccole parti azzurre. Vivillon capì.
Quella
piccola macchia era Oshawott. Alla fine, la Pokémon
riuscì ad
afferrarlo, con le zampe, prendendolo sotto le ascelle. Volare con
quella zavorra non era affatto facile, tanto più che la
Lontra
tremava come una foglia. Non era affatto abituato a volare. Fino ad
allora aveva sempre toccato il terreno coi suoi morbidi piedini, e
adesso stava volando a bordo di un Vivillon? Cosa mai sarebbe potuto
andare storto?
Anita,
notando le difficoltà della sua Pokémon,
iniziò a dare delle
indicazioni: «Oshawott, Pistolacqua!» Dalla bocca
del Pokémon si
generò un getto d'acqua che colpì in pieno volto
Gliscor. «Adesso
usa Acquagetto! Vivillon tienilo fermo con Psichico!»
Mentre
Vivillon teneva Gliscor fermo, Oshawott rivestì il suo corpo
di un
sottile strato d’acqua e, come un proiettile, raggiunse
Gliscor,
colpendolo in piena pancia. Successivamente invertì la sua
rotta,
facendosi nuovamente acchiappare dalla farfalla.
«Siete
stati fantastici! Continuate così!» Si
congratulò la ragazza. I
due Pokémon continuarono per qualche minuto
finché Gliscor non
cominciò a precipitare. Sui suoi occhi si formarono delle
spirali.
«Viooon! »Vivillon fece notare a Minnie che il
Pokémon era ormai
sconfitto. La Pokémon, comprendendo le intenzioni
dell’alleata,
utilizzò il suo Idropompa per attutire la caduta del
Pokémon
Terra/Volante.
Nel
frattempo, Vivillon accompagnò delicatamente Oshawott a
terra, con
grande felicità, di quest’ultimo, ì che
si mise a baciare il
terreno. intanto i nonni rimproverarono Gliscor convincendolo a non
intralciare più i segnali delle televisioni.
Il
Pokémon Scorpidente si allontanò, per la gioia di
tutti.
Una
volta accesa la televisione la nonna mise la replica del
telegiornale.
L’anziano,
mentre venivano esposti i titoli delle principali notizie, che, come
accadeva spesso, riguardavano per la maggior parte riguardavano
tragedie, come incidenti, omicidi, rapimenti e guerre, si
complimentò
con Anita: «Hai talento, tu e i tuoi Pokémon,
avete davvero tanto
potenziale. Si vede che i nostri racconti li hanno ispirati per
questa lotta.» La ragazza arrossì per il
complimento. Era lusingata
da quei complimenti.
La
nonna fece cenno al marito di fare silenzio. Il telegiornale era
quasi concluso: «Puoi parlare dopo! Ora devono annunciare i
risultati del torneo a doppi incontri. Mi dispiace non averci
assistito dal vivo. Voglio sapere chi ha vinto.» La ragazza
accennò
un sorriso, mentre la voce del giornalista che presentava i servizi
sulle lotte iniziò ad annunciare la notizia:
«Ieri, si è tenuta la
settantacinquesima edizione del torneo a doppi incontri di
Zefiropoli. Un torneo che, come ogni anno ci ha deliziato con delle
lotte estremamente avvincenti. Ma veniamo a noi. I vincitori assoluti
del torneo sono stati la coppia di allenatori Ash Ketchum, il
Campione del Mondo, e una giovane allenatrice proveniente dalla
piccola Soffiolieve, chiamata Anita White. I due Allenatori hanno
mostrato un grandissimo affiatamento, sembrava già si
conoscessero,
da come si guardavano e da come lottavano. Il secondo posto
è stato,
invece ottenuto dalla coppia di allenatori Carlos Martin e Ivan
Hollenback infine, al terzo posto si sono classificati un giovane
allenatore chiamato Raoul Power e la Performer e Coordinatrice Serena
Gabena. Performer che, per la cronaca, è stata anche la
vincitrice
dell’ultimo Varietà, disputato ad Eolea.
Purtroppo, non siamo
riusciti a intervistare i partecipanti. Durante la cerimonia di
premiazione vi è stato un attacco da parte del famigerato
Team
Plasma. L’organizzazione, che predica la liberazione di tutti
i
Pokémon, ha attaccato dall’alto, sfondando il
tetto dell’edificio.
Il pubblico è riuscito a fuggire, ma a causa della calca, vi
sono
stati ventidue feriti. Nessuno di loro in gravi condizioni. Non
altrettanta fortuna ha avuto l’addetta alla premiazione, che
è
stata rapita al momento non sia ha idea di dove si trovi né
delle
sue condizioni di salute.»
Partì
un lunghissimo applauso da parte dei nonni e dei Pokémon
presenti,
che fece commuovere Oshawott, estremamente fiero del suo lavoro.
«Già
vinci i tornei! Altro che potenziale! Tu hai la stoffa per le
lotte!»
Si congratularono i nonni. Quei festeggiamenti oscurarono la notizia
dell’ultimo minuto.
Il
Governo di Unima aveva sospeso, con effetto immediato e fino a data
da destinarsi, i Varietà Pokémon e i tornei. Il
provvedimento aveva
anche limitato il numero di persone che avrebbero potuto assistere
alle lotte in palestra.
Anita
cercò di scostarsi da quella posizione «Ma no!
Cioè, ero in
squadra con Ash… Gran parte del merito è suo.
Anche se ha
utilizzato Pokémon che aveva catturato da poco, è
stato lui a
guidarci alla vittoria. Noi non abbiamo fatto nulla di
incredibile.»
L’anziano attaccò: «Se lo dici tu! Ma
anche i tuoi amici hanno
fatto bene, vero? Io credo assolutamente di sì. A
proposito…
perdona la mia curiosità, ma che cosa avete
vinto?» La ragazza
rispose: «Quattro biglietti per la Ventiquattro
ore
di Spiraria, se non mi sbaglio.» I nonni le raccomandarono di
stare
attenta e Anita si limitò ad annuire.
All'
improvviso partì una musichetta. Era nuovamente lo Smart
Rotom della
ragazza. Serena la stava chiamando di nuovo. Lo Smart Rotom della
ragazza si mise a fluttuare in aria, mentre la chiamata partiva.
«Sandile
usa Fossa, Servine Vorticerba!» Si sentì un urlo
assordante: era
Ash. Carlos gli aveva chiesto se potessero fare una lotta in doppio
di allenamento, per permettere al nativo di Levantopoli di conoscere
meglio l’Houndour da poco catturato.
«Ehm…Pronto?» Serena si
mise nell' inquadratura dello Smart Rotom e salutò
«Anita? Va tutto
bene? Volevo solo ricordarti che sono le sette. Avevi detto che
tornavi da noi tra una mezz’ora. Lo dico per te, penso che
Ash non
voglia lasciare neanche una singola mollica di pane, quindi…
A
parte gli scherzi, come sta andando? Ti stai divertendo, ovunque tu
sia?» Anita, pur capendo le ragioni dell’amica, non
voleva essere
scortese nei confronti dei nonni. Un po’ tremante, disse:
«Oh...
Scusatemi. Avevo promesso a Serena che sarei rientrata per le sette e
mezza e…» L’anziana fece un cenno di
aver capito. Nel mentre, il
nonno si affacciò nell' inquadratura. «Possiamo
salutare anche noi
i tuoi amici?» Chiese. Anita, sia pur non molto convinta
accettò e
invitò la nonna a partecipare alla chiamata. Quindi
cominciarono
delle presentazioni, piuttosto discutibili.
Si
sentì un trambusto dietro la vincitrice del
Varietà, Servine era
stata colpita in pieno dal Braciere di Houndour ed era stata
scottata. Serena si girò dietro di sé:
«A quanto pare, Servine ha
bisogno di un Antiscottatura. Devo andare. Un bacio!» Anita
salutò
l’amica: «Ci vediamo dopo!» «A
presto Serena!» I due anziani
salutarono la ragazza, prima di chiudere la chiamata.
Anita
si alzò ed esclamò «Scusate, ma ora
devo proprio andare. Noi
alloggiamo dall’ altra parte della città.
È una bella camminata,
quindi, per cui scusate, ma devo proprio andare.»
I
due anziani si alzarono a loro volta. «Ciao Anita abbi cura
di te!»
Il nono le diede un bacio sulla guancia. «Stai attenta, e fai
attenzione alle persone che incontri!» La salutò
la nonna, dandole
un bacio sulla guancia. Quindi la ragazza si avvicinò a
Picernese:
«Quando avrò bisogno di una giardiniera ti
chiamerò!» Nello
stesso istante, anche i Pokémon della ragazza salutarono la
coppia
di anziani. La ragazza non si dimenticò nemmeno di salutare
Minnie:
«Grazie di avermi salvata prima, e di averci aiutati! Magari
un
giorno lotterai contro Pikachu.» fatto questo, la ragazza la
abbracciò, accorgendosi di come la sua pelle fosse
morbidissima.
Concluso il tenero abbraccio, la Pokémon cominciò
a salutare i
Pokémon della ragazza. Disse anche qualcosa ad Oshawott. La
lontra
reagì con un occhiolino, come per dire “lo
farò!”
I
due anziani accompagnarono la ragazza fino al portone
d’ingresso.
La ragazza fece alcuni passi, scortata dai suoi Pokémon.
Quando
quest’ultima fu abbastanza lontana, rientrarono e chiusero la
porta.
Anita
fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive
Poké Ball. La
ragazza stava continuando a pensare ai racconti dei nonni. Sperava
davvero di trarre di buono da quegli insegnamenti. Mentre varcava la
soglia del cancello, stava rivedendo le pagine Pokédex dei
Pokémon
dei nonni, stando attenta a non inciampare come era già
capitato.
Andò
avanti così per un po’, finché non
arrivò dall’altra parte
della città, al centro Pokémon dove alloggiava
coi suoi amici. Solo
al rientro si rese conto di quanta strada avesse effettivamente
percorso.
Appena
entrata all’interno del centro Pokémon, quello che
si palesò
davanti alla ragazza fu qualcosa di difficile descrizione.
Ash
stava correndo di qua e di là disperato: «CHE COSA
FACCIAMO
ADESSO?» Nel mentre Carlos attaccava: «Qualcosa
puoi fare,
riflettici bene!» A quel punto, Serena rispose:
«Posso lanciargli
una boccia di sale?» Carlos si mise a ridere: «Non
puoi, ho
attivato la barriera doppio acciaio, e poi il vetro non gli fa
niente!» Anita sembrava piuttosto incuriosita dalla
situazione:
«Ciao, ragazzi! Ma cosa sta succedendo? Perché Ash
sta urlando
quelle cose?» Carlos rispose: «Stiamo giocando ad
un gioco di
ruolo, che ha come protagonisti degli umani che sembrano dei
Mismagius, chiamati “Stregoni”. Adesso Serena ed
Ash devono
compiere un’azione, altrimenti non possono tirare i dadi per
arrivare alla casella finale.» Anita guardò meglio
il tabellone e
disse «Ah sì, lo conosco questo gioco, ho visto
qualche video.»
Serena a quel punto, le chiese: «Puoi darci una mano, per
favore?
Abbiamo solo due tentativi e queste carte, se non facciamo la scelta
giusta, lui userà il dado fortunato e vincerà.
Anche noi lo
abbiamo, abbiamo anche questi oggetti. Qua ci sono i bonus e le
difese.» Anita guardò i presenti con maggiore
attenzione, e si
accorse di un piccolo dettaglio: «Quindi le squadre sono tu
ed Ash
contro Carlos e…Delphox?» Ash sviò
l’argomento: «Ah, ciao, sei
arrivata in anticipo, avevi detto che saresti arrivata qui per le
otto. Comunque… tornando a noi… abbiamo DUE»
Il ragazzo sottolineando particolarmente “due”
«Problemi.
Dobbiamo vincere la partita. Ne vade la nostra cena. Poi abbiamo un
piccolo problema… Vivillon ed Herdier devono recuperare la
palla
dei Pokémon che è finita tra gli alberi del
bosco, e non riusciamo
a vederla.» La ragazza ricambiò dicendo:
«Ok, capisco, ma una cosa
alla volta. Io vi posso dare una mano qui, mentre loro due cercano la
palla.» La ragazza fece uscire Herdier e Vivillon dalle
Poké Ball e
le istruì sul da farsi. Sylveon si offrì di
accompagnarle nel
bosco, sperando di ritrovare l’oggetto smarrito al
più presto.
Le
tre Pokémon riuscirono a recuperare la palla in un tempo
estremamente breve, facendo meravigliare i Pokémon presenti.
Nello
stesso momento, Anita stava pensando a come risolvere la situazione.
Stava guardando il tavolo con attenzione. Dopo qualche attimo di
riflessione prese la carta “pala
d’acciaio” e lo “spray
misterioso” dicendo «Scavo una buca con la pala e
uso lo spray su
di essa, se esce un numero tra 4 e 7 si curva e ti colpisce dando
così il dado.» Anita allora prese i dadi mentre
Carlos sorrideva in
maniera ironica. «Veramente impressionante! Brava! Ma non
è il
momento giusto per fare queste giocate da 200 iq, anche
perché
potrebbe capitare un’altra cosa!» Intanto Anita
prese i dadi. Si
trattava di due dadi di legno. Uno era verde e l’altro era
viola.
Li strinse nelle mani, li scosse e li lanciò. Ash chiuse gli
occhi
«Non voglio vedere!» Gli altri tre chiusero gli
occhi a loro volta.
Uno dei due dadi stava continuando a girare.
Senza
che nessuno glielo chiedesse, Oshawott uscì dalla sua
Poké Ball e
vide il dado girare, notando che tutti i ragazzi avevano gli occhi
chiusi, lo fermò. Quindi premette il meccanismo di sblocco e
tornò
nella Poké Ball. «È uscito
cinque!» Disse Serena, con grande
sorpresa. «Ash sai cosa fare!» Si rivolse al
compagno di squadra
«Cambio il dado con quello fortunato e scelgo 3! Abbiamo
vinto!» Il
ragazzo non si rese conto di quanto stesse urlando. E del fatto che
avesse spaventato parte dei presenti nel centro Pokémon,
oltre a
diversi Pokémon volanti che riposavano negli alberi vicini.
Le
ragazze lo guardavano imbarazzate.
Quindi
Carlos si alzò e disse: «Avanti tutti a tavola,
non voglio sentir
parlare di questo gioco almeno fino all’anno
prossimo!» I ragazzi
si sedettero tutti alla tavola. La tovaglia era di un arancione
veramente acceso, con delle decorazioni floreali, tremende, secondo
Anita.
Durante
il pasto, dei grossi e succosi panini con l'hamburger, fra i quali
spiccava quello di Ash, condito con ben sei salse diverse (maionese,
ketchup, salsa piccante, salsa barbecue, e due salse segrete
preparate da Carlos) Serena iniziò il discorso, rivolgendosi
ad
Anita: «E così… loro erano i tuoi
nonni?» La ragazza rispose
«Sì, non mi sarei mai aspettata che
l’unica volta che uscivo da
sola, ali avrei incontrati. Per fortuna non erano arrabbiati con me o
altro, per quello che era successo con la mamma. Sono stati molto
gentili e hanno cercato di mettermi a mio agio. Mi hanno anche
raccontato le loro esperienze passate, per esempio i loro
Pokémon
ancora in vita, si siano evoluti.» Ash, come suo solito,
partì a
razzo: «Erano dei Pokémon forti?» Anita
sciolse immediatamente il
dubbio dell’amico: «Sai, il nonno, da giovane, era
tra i venti
allenatori più forti della sua epoca. La nonna, invece,
preferiva
dedicarsi ad aiutare le persone bisognose.» Ad Ash cadde
l’insalata
dal panino. Quasi non credeva alle parole dell’amica.
«Davvero tuo
nonno è stato così vicino alla vetta del mondo?
Deve aver vinto
davvero tante lotte! Dimmi un po’, che Pokémon
aveva?» Anita fece
mente locale per cercare di ricordarli: «Da quel che mi ha
raccontato aveva un Sandile, una Staravia, un Woobat, un Pignite, un
Goodra, e l’unico ancora in vita, Azumarill. Non mi ha
raccontato
se i suoi Pokémon si sono evoluti, ma credo di
sì.» Ash si accorse
di una strana coincidenza. «Di questi Pokémon, ne
ho catturati tre.
Sandile e Staraptor li hai già conosciuti, mentre Goodra
l’ho
liberato a Kalos. È stata dura separarmi da un amico. Ma
dimmi un
po’ Azumarill, Pignite e Woobat erano forti?»
La
risposta della ragazza non si fece attendere. «Ho visto
Azumarill,
all'opera, è stata davvero forte! Avresti dovuto vederla!
Avrà
anche una certa età, ma è ancora arzilla. Certo,
non è forte come
quando era giovane, ma si tiene in forma. Secondo il nonno, ai suoi
tempi era persino più forte…di
…Pikachu» queste parole
scatenarono una crisi di riso ad Ash: «Va bene, se lo dice
lui…
Purtroppo non si può tornare indietro nel tempo
così facilmente.
Anche se sarebbe stato bello ai suoi tempi, vero, amico?» Ash
si
rivolse a Pikachu, che rispose emanando delle leggerissime scariche
elettriche dalle guance.
La
serata continuò tranquilla con Anita che cercò di
riassumere i
racconti dei nonni. Racconti che fecero applaudire Carlos, che
mostrò
una certa invidia nei confronti della ragazza. Diversa fu la reazione
di Ash: «Un giorno voglio sfidare tuo nonno e vedere
cos'è rimasto
di Minnie». Serena, dal canto suo, pensava a delle possibili
combinazioni ispirate alle leggendarie lotte disputate dal nonno
della ragazza.
I
quattro si separarono solo a tarda notte, rientrando nelle loro
stanze.
«Erano
proprio in gamba i nonni.» Commentò Anita. Quindi
prese le Poké
Ball dalla sua borsa. «Rendiamoli fieri di noi. Insieme
riusciremo a
sconfiggere la Campionessa.»
Un
incontro inaspettato che ha dato non pochi insegnamenti alla giovane
Allenatrice, ancora più motivata nel perseguire il suo
obiettivo di
diventare la Campionessa di Unima.
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