Pokémon Grigio

di Carlos Shiny
(/viewuser.php?uid=1256798)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una promessa è una promessa ***
Capitolo 2: *** L’inizio di una nuova avventura? ***
Capitolo 3: *** Non sei una persona che si arrende così, vero? ***
Capitolo 4: *** Una nuova amica ***
Capitolo 5: *** L'infiltrato ***
Capitolo 6: *** Un’esperienza preziosa ***
Capitolo 7: *** Un torneo movimentato ***
Capitolo 8: *** Riunione di famiglia ***



Capitolo 1
*** Una promessa è una promessa ***


Una promessa è una promessa

Era diverso tempo che Ash non viaggiava in una nuova regione. Viaggiava spesso tra regioni che aveva già visitato, Kanto, Johto, Hoenn, Sinnoh, Kalos, Alola e Galar. Ormai si considerava quasi cittadino di ognuna di esse, dopotutto poteva contare su degli ottimi amici che l’avrebbero tranquillamente potuto ospitare.
Anni prima aveva compreso quale fosse uno dei passi fondamentali per diventare Maestro Pokémon. Diventare amico di quanti più Pokémon possibile ed aiutarli per quanto possibile.
Era una notte di inizio marzo. Erano gli ultimi giorni d’inverno, ma sembrava che il freddo non volesse abbandonare la piccola cittadina di Biancavilla. Sotto le coperte, Ash non riusciva a prendere sonno. Due settimane prima aveva confermato il suo titolo di Allenatore più forte di tutti, il suo avversario, come tutte le altre volte, era stato Dandel. I due erano ottimi amici, ma, nonostante questo, nelle lotte non si risparmiavano affatto.
Pikachu si era accorto del fatto che il suo Allenatore non stesse dormendo. Per richiamare la sua attenzione, gli diede un piccolo colpo di testa sul petto.
«Si? Sei preoccupato per me? Si, non riesco a dormire, ma tranquillo. Sto bene. A volte capita che certi pensieri non ti lascino dormire.» Altro colpo di testa.
«E va bene. Ti spiego. Non posso nasconderti i miei segreti. Lo sai. Voglio diventare Maestro Pokémon e lo voglio fare con te e con tutti gli altri. Solo che, questa notte, stavo pensando proprio a questo.» Pikachu emise un piccolo mugolio di perplessità. Sembrava gli chiedesse “cosa vorresti dire?” Ash, comprendendo la perplessità dell’amico, aggiunse maggiori dettagli. «Vedi. Pensavo a cosa devo fare per raggiungere il nostro obiettivo. Insomma... se voglio diventare Maestro Pokémon devo aiutare anche gli altri a raggiungere i loro obiettivi. Pensa a Vera, a Lucinda o anche a Serena…» Pikachu sorrise al sentire i nomi di ognuna delle sue amiche. Pensò a Vera e Lucinda e al loro sogno di diventare Super coordinatrici, e Serena e al suo sogno di diventare regina di Kalos.
Pikachu pensò a come, effettivamente, nessuna di loro fosse riuscita ad ottenere il suo obiettivo. Come Ash del resto. Non era diventato campione né ad Hoenn, né a Sinnoh, né tantomeno a Kalos.
«Per questo, vorrei viaggiare in una nuova regione, con te e qualche altro amico. Non ho idea di dove andare, ci sono molti posti che non abbiamo ancora visitato.»
Il ragazzo si alzò dal letto, accese la bajour e prese un mappamondo dalla sua vetrinetta. «Guarda, queste sono le regioni che abbiamo visitato. Kanto, Johto, Hoenn, Sinnoh, Kalos, Alola e Galar. Guarda quante regioni, non abbiamo ancora visitato, sono davvero tante, chissà magari in una di queste riusciremo a trovare qualcuno che potrà aiutawwwammmci.» Il ragazzo tirò un enorme sbadiglio. Forse il parlare dei suoi dubbi con il suo amico, lo aveva aiutato a prendere sonno.
«Magari domani ne parleremo con il professor Oak. Chissà che qualche suo collega non conosca qualche Allenatore da aiutare nel suo obiettivo. Poi, certo, fare questo viaggio da solo non è una bella idea, certo, magari incontrerò dei nuovi amici ma no. Non sono sicuro di voler partire da zero.»
Pikachu, almeno in parte capì a cosa il ragazzo si stesse riferendo. Forse ora che il suo amico stava invecchiando, stavano iniziando anche ad accendersi gli interessi amorosi?
Il ragazzo si addormentò, e Pikachu con lui. La mattina seguente, il ragazzo si svegliò alle dieci del mattino. Un’ora relativamente tarda, ma piuttosto presto, rispetto ai suoi standard.
Dopo un’abbondante colazione, preparata da sua madre, una cuoca straordinaria, il ragazzo si alzò di scatto dalla sedia.
«Ash, dove vai così di fretta?» Gli chiese la madre. Era solita vederlo entusiasta anche per le piccole cose, ma questa sua reazione le batteva tutte.
«Dal professor Oak. Vorrei chiedergli un piccolo piacere.» La donna era ancora più perplessa. Cosa poteva chiedere al professore di così tanto entusiasmante? Forse voleva partire per un nuovo viaggio e voleva chiedere consigli al professore su quale regione visitare? Ma a che pro? Ora era l’Allenatore più forte di tutti. Erano gli altri allenatori, Capipalestra, Superquattro e Campioni su tutti, a volerlo sfidare.
Il flusso di pensieri distrasse la donna abbastanza a lungo. Il ragazzo era già uscito e si era diretto verso il laboratorio del professore. Ash e Pikachu si erano messi a correre. In pochi istanti raggiunsero il laboratorio.
Appena varcato il cancello, il ragazzo venne investito dalla mandria di Tauros catturati nella zona Safari. «Calma ragazzi! Sono anche io felice di vedervi! Appena alzatosi e ripulitosi dalla polvere il ragazzo raggiunse i suoi altri Pokémon. Andava a trovarli spesso e volentieri. Confidava i suoi segreti anche a loro. «Ehi, Bulbasaur! Potresti farmi un piccolo piacere?» il Pokémon seme, comprese immediatamente. Dal bulbo sulla schiena del Pokémon uscì un getto di polvere dorata che raggiunse un’altezza piuttosto elevata. Quello era il segnale. Tutti i Pokémon del ragazzo raggiunsero il Pokémon seme e il loro Allenatore.
Appena raggiunsero Ash, si disposero in cerchio attorno al suo Allenatore. I più piccoli davanti, i più grandi dietro. Avendo l'attenzione dei suoi Pokémon, il ragazzo prese il suo Smart Rotom e si mise in contatto con il professor Kukui. Voleva chiedere un piccolo favore anche a colui che considerava suo padre adottivo. Dopo alcuni squilli, il professore rispose. Dopo una breve chiacchierata con il professore, Ash giunse al punto. Voleva vedere i suoi Pokémon. Lycanroc, Incineroar, Melmetal e Rowlet. Appena li vide nello schermo del suo telefono, e certo di avere la massima attenzione, finalmente Ash cominciò il suo discorso. «Come sapete, se vi ho voluti avere qui con me è perché devo annunciarvi qualcosa di importante.» Quella frase attirò ancora di più l’attenzione dei suoi Pokémon. Iniziarono a scambiarsi dubbi e domande, ognuno nel suo linguaggio. «Se sono dove sono ora, lo devo solo ed esclusivamente a voi. Lo sapete. E sapete anche che con voi condivido tutto. E così farò anche oggi. Ho capito che altro passo devo compiere, se voglio diventare un Maestro Pokémon. E per farlo ho bisogno del vostro aiuto.» I Pokémon del ragazzo erano ancora più curiosi. «Vorrei partire per un nuovo viaggio. Un viaggio diverso dal solito. E vorrei rendervi partecipi. Ovviamente tutti insieme è impossibile. Un Allenatore può portare con sé solo sei Pokémon. Ma non vi preoccupate. A turno verrete tutti con me. Ancora non ho deciso dove andremo, chiederò un aiuto al professor Oak, su questo, ma vi prometto che ovunque sia, sarà una bellissima esperienza. Credetemi. E, vi prometto che avrete anche dei nuovi amici.» i Pokémon del ragazzo erano ancora più entusiasti.
«E questo è tutto, ragazzi.» Lo Smart Rotom del ragazzo tornò nelle sue mani. Salutò il professor Kukui, Magnolia e il piccolo Keiki.
Quindi, il ragazzo si diresse alle porte del laboratorio. Suonò il campanello e, pochi istanti dopo, il professore rispose.
«Ah, sei tu, Ash! Vieni pure!» Il professore premette un pulsante e fece scattare il meccanismo di apertura della porta.
Uno scatto confermò al ragazzo che la porta si fosse aperta.
Il ragazzo, con Pikachu sulla spalla, raggiunse il professore, intento a lavorare al computer. «Buongiorno professore.» Lo salutò. «Ciao Ash! Dimmi tutto.» Lo accolse il professore.
Tracey non era presente, in quel momento. E a Ash andava bene.
Erano amici, ma avrebbe preferito parlare in privato con il professore.
«Certo, subito. Lo sa benissimo. Sogno di diventare Maestro Pokémon. Si tratta di un obiettivo estremamente difficile, e ogni giorno che passa comprendo un nuovo aspetto di questo mio sogno.» Il professore si girò interessato verso il ragazzo.
«Bene. E io come potrei aiutarti in questo tuo obiettivo?» Il professore era una persona molto gentile e avrebbe fatto di tutto per aiutare il ragazzo. Ma in quel momento non aveva idea di cosa fare per aiutarlo.
«Ecco. Ho capito che per essere un Maestro Pokémon devo aiutare anche gli altri a raggiungere i loro obiettivi» Il professore stava iniziando a capire. «Ma tu hai già viaggiato con Vera, con Lucinda e con Serena. Hai viaggiato con loro e le hai sostenute nel loro percorso. Non pensi basti?» Ash si affrettò a rispondere. «Purtroppo, no. Vera non è diventata una Super Coordinatrice. E lo stesso vale per Lucinda. O Serena, che non è diventata regina di Kalos. Ecco. Per questo non ritengo di aver adempiuto a questo compito. Per questo ho chiesto aiuto a lei.» Finalmente il professore aveva capito la domanda dell'esperto Allenatore. «Quindi vorresti che ti metta in contatto con un mio collega o una mia collega cosicché tu possa aiutare un giovane Allenatore o una giovane allenatrice nel suo percorso?» Ash sorrise. Il professore aveva compreso in pieno. «Vedo che ho capito. Forse so chi può aiutarti. Ti avverto, vive piuttosto lontano da qui. Sarà un bel viaggio.»
Ash fece cenno di come la distanza, quantomeno per lui, non fosse un problema. «È una professoressa e vive nella regione di Unima. Si chiama Aralia. Aurora Aralia. A quest’ora ad Unima sono le dieci di notte. È un po’ tardi, ma potrebbe anche rispondere. Fare un tentativo non dovrebbe essere un problema.»
Il professore si mise in contatto con la collega. Dopo alcuni istanti, la donna rispose alla chiamata. Sullo schermo del computer apparve il volto di una donna di circa quarant’anni. Aveva i capelli castano chiaro, raccolti in una strana pettinatura e degli occhi verde chiaro. Indossava degli orecchini rossi, di forma quadrata.
Era vestita in borghese, in quel momento. Una maglietta rosa coperta da una giacca sportiva. Appena si accorse di chi fosse il suo interlocutore, la donna lo salutò.
«Ciao Samuel! A cosa devo questa chiamata? Sai che a Unima sono le dieci di notte! Deve essere urgente.» L’uomo le rispose immediatamente. «Beh, è a causa di questo ragazzo.» Il professore tirò la giacca di Ash, farlo avvicinare alla telecamera. «Ash Ketchum? Quale onore! L’Allenatore più forte di tutti! A cosa devo questa chiamata?» Il ragazzo si affrettò a rispondere. «Ho chiesto al professor Oak se potesse aiutarmi a raggiungere il mio obiettivo di Maestro Pokémon. E ho capito che, per farlo, devo aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ne ho parlato con il professore e lui mi ha messo in contatto con lei.» La professoressa sorrise. «Capisco. Tra tre settimane consegnerò a dei giovani allenatori il loro primo Pokémon. E ho già in mente la persona che potresti aiutare. È la figlia di una mia carissima amica. È una ragazza molto timida, e forse avere, come compagno di viaggio un ragazzo energico come te, potrebbe aiutarla a cambiare e ad aprirsi con gli altri» «Si. Accetto la sfida. Arrivederci professoressa e grazie della sua collaborazione.» «Grazie a te, Ash.»
Il professore mandò a Ash il contatto della professoressa. Lui aveva fatto il suo. Ora la scelta era nelle mani del ragazzo.
Il ragazzo tornò dai suoi Pokémon, che lo avevano aspettato dov’erano. Disposti ancora in cerchio. Alcuni di loro si spostarono per farlo passare.
Per prima cosa mandò un messaggio vocale al professor Kukui, chiedendogli di farlo ascoltare ai suoi Pokémon. «Ragazzi. È praticamente fatta. Presto partiremo per una nuova avventura. E la condividerò con voi. Andremo in una regione piuttosto lontana. Unima. Certo, ancora non è ufficiale. Dovremo limare alcuni dettagli, ma posso assicurarvi che, ormai è quasi certo» I Pokémon del ragazzo erano entusiasti all’idea. Si chiedevano tra loro chi sarebbe venuto con lui. Certo, conoscendolo, con tutta probabilità, prima o poi sarebbe toccato a tutti, ma la curiosità riguardo chi sarebbe stato il primo o la prima, era difficile.
Il ragazzo salutò i suoi Pokémon e si diresse verso casa. Ben felice di poter dare la buona notizia anche a sua madre. Arrivato davanti alla porta di casa, inserì le chiavi nella toppa e fece scattare la serratura. Dal momento che la porta non era chiusa, la mamma era in casa. E, infatti, la donna era seduta sul divano accanto a Mimey. Stavano guardando la televisione.
«Allora? Come è andata?» Gli chiese la donna. «Benissimo. Ancora non posso promettere nulla, ma ho trovato una persona che potrebbe aiutarmi a raggiungere il mio sogno.» «Penso sia una bellissima notizia. Dove andrai di bello?» gli chiese la donna. Ash rispose quasi senza pensare. «Nella regione di Unima.» Alla madre del ragazzo venne quasi un colpo. «È lontanissima! Sono quasi undicimila chilometri di viaggio! Non dico che sono preoccupata. Sono certa che te la caverai, ma da mamma quale sono, mi preoccupo per mio figlio. Dovrai procurarti dei nuovi vestiti. Dovrai fare una bella figura da campione quale sei!» Ash. non rispose. La sua preoccupazione era un’altra. Il ragazzo era salito in camera sua e aveva aperto la rubrica del suo Smart Rotom. Aveva in testa un pensiero fisso. Almeno per una volta non voleva partire da solo. Certo, in un modo o nell’altro aveva sempre incontrato delle persone con cui era diventato amico e aveva poi viaggiato con loro, ma questa volta voleva cambiare. Non voleva partire da zero. Sapeva che la persona a cui avrebbe dovuto fare da guida sarebbe stata una ragazza, perdipiù piuttosto timida. Questo gli fece pensare che la candidata ideale doveva essere una ragazza. Ma chi? Ash pensò alle sue amiche e cercò di capire chi fosse la candidata ideale. A cominciare da Misty. Esclusa immediatamente a causa degli enormi impegni della stessa con la palestra. Aumentati ulteriormente dalla poca collaborazione delle sorelle.
Pensò poi a Vera. L’ultima volta che aveva sentito l’amica, era appena una settimana prima. In quell’occasione Ash aveva scoperto la sua intenzione di tentare nuovamente la scalata al rango di Super Coordinatrice con le gare di Kanto. E Ash non era tipo da calpestare i sogni degli altri. Discorso simile per Lucinda, che stava tentando con le gare di Johto.
Restavano quindi Serena, Ibis, Suiren e Lylia. Scartate le amiche di Alola, principalmente per problemi di natura logistica, dal momento che, per viaggiare ad Unima erano necessari dei documenti che, per quel che ne sapeva, le amiche non li possedevano. La sola candidata rimasta era Serena. La relazione tra i due era alquanto particolare, con la ragazza che aveva tentato in ogni modo di far capire a Ash il suo interesse, con quest’ultimo che sembrava fosse il solo a non capirlo.
Un viaggio insieme ora che erano cresciuti, poteva forse finalmente farglielo capire?
Ash sapeva che quella non era l’ora adatta per mettersi in contatto con Serena, proprio a causa del fuso orario. A Kanto era circa mezzogiorno, mentre a Kalos erano le cinque del mattino.
Per poter contattare l’amica ad un orario decente, avrebbe dovuto aspettare almeno alle tre del pomeriggio, quando a Kalos erano le otto del mattino. Ash aveva tante domande. Si chiedeva, per esempio se Serena avrebbe avuto voglia di fare un viaggio del genere, soprattutto considerando che avrebbero dovuto viaggiare in una regione così lontana. E se non avesse accettato la proposta, l'avrebbe lasciato andare da solo, sapendo che a mettersi in mezzo ci sarebbe stata un’altra ragazza?
Che Serena fosse una ragazza gelosa lo aveva capito. Almeno quello. Quindi si chiedeva come si sarebbe comportata con quella ragazza, non appena questa si fosse avvicinata troppo a lui?
E dato che era lui ad avere quel desiderio, doveva essere lui a trovarle qualcosa. Pikachu, notando la preoccupazione dell’Allenatore, gli posò una zampa sulla spalla.
«Grazie. Tu sì che mi capisci. Ma non è me che devi convincere. Lo sai.» Pikachu ben comprese cosa intendesse dire il suo Allenatore. Era ormai chiaro che lui, da solo, non si sarebbe mosso. E questo valeva anche di più, considerando che di mezzo c’era una ragazza. Chissà come l’avrebbe presa Serena, se avesse scoperto che Ash aveva una nuova amica femmina. Già con Lylia, Ibis e Suiren era stata molto vicina all’omicidio plurimo, ma la presenza di un altro ragazzo aveva attenuato non poco quegli istinti. Ma un viaggio in una regione lontana, in compagnia di una ragazza e senza altri ragazzi…
A come spiegare la situazione a Serena ci avrebbe pensato dopo pranzo.
Ash era uno che ragionava meglio a stomaco pieno. Sfortunatamente, l’abbondantissimo pranzo non aiutò il ragazzo. E, in un'ora e mezza scarsa, il ragazzo doveva farsi venire in mente qualcosa.
La sola cosa che gli venne in mente fu quella di fare una breve ricerca sulla regione, sperando di trovare qualcosa che potesse interessare anche alla ragazza. La ricerca, fortunatamente, fu fruttuosa. Ad Unima erano presenti i Varietà
Pokémon, come anche a Kalos. Anzi. A dire il vero erano originari di Unima.
Ash aveva scoperto che, in origine, i Varietà erano un evento di contorno di eventi sportivi o di altro genere. Poi, in un secondo tempo, erano diventati un evento a sé stante.
Nella peggiore delle ipotesi avrebbe fatto leva su quello. I Varietà di Unima erano molto prestigiosi e difficili, e per la ragazza poteva essere una bella sfida. Almeno non avrebbe viaggiato per nulla.
La ragazza era arrivata seconda nella categoria professionisti a Kalos, e, in seguito, aveva tentato la strada delle gare Pokémon ad Hoenn, anche in questo caso senza successo. Forse quel viaggio poteva essere la giusta occasione anche per lei. Erano le tre di pomeriggio. Ash si mise in contatto con l’amica. In quel momento a Kalos erano le otto del mattino. Forse era un po’ presto, ma voleva tentare lo stesso. Il ragazzo prese il suo Smart Rotom e si mise in contatto con Serena. Quest’ultima, mezzo addormentata, rispose solo dopo diversi squilli.
«Ah, sei tu? Ma lo sai che qui è presto. Sono le otto del mattino!»
Rispose, con la voce ancora impastata dal sonno. Era chiaro che fosse stata svegliata dalla suoneria del suo Smart Rotom.
Ash doveva ammettere che la ragazza, nonostante avesse ancora il cuscino attaccato alla testa, risultava essere ugualmente affascinante. «Vedi. Vorrei partire per un nuovo viaggio e mi farebbe molto piacere se tu venissi con me.» La ragazza era perplessa. Dove voleva andare Ash? Ormai era diventato campione del mondo. Non avrebbe avuto alcun senso lanciarsi alla conquista di qualche lega o di altro di simile. «Cosa vorresti fare di preciso?» Gli chiese.
«Stanotte ho pensato a cosa volesse dire diventare un Maestro Pokémon. E ho compreso che passo dovrò compiere se vorrò raggiungere l'obiettivo» «Ma è fantastico!» Serena si fece prendere dall’entusiasmo. In sottofondo, Ash poté sentire la voce della madre della ragazza. Le aveva chiesto se fosse tutto a posto o qualcosa di simile.
«E di cosa si tratta?» Chiese, recuperando un minimo l’aplomb. «Ho capito che devo aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Il suo sogno.» La ragazza ci mise poco a capire. «Io non ci sono riuscita. E mi pare di aver capito che lo stesso possa dirsi delle altre tue amiche. Ma questo non spiega come mai tu desideri andare ad Unima. Ci sono altre regioni che ancora non abbiamo visitato. E sono anche più vicine. Per esempio, Paldea, che è vicinissima a Kalos. Posso sapere cosa ti ha portato a sceglierla?» Il ragazzo rispose senza esitare. «A dire il vero è stato il professor Oak a suggerirmelo. Mi ha messo in contatto con una sua collega, la professoressa Aralia, una sua collega che studia proprio nella regione di Unima. Mi ha raccontato di come, tra poco tempo, sarà il momento per dei nuovi allenatori di ricevere il loro primo Pokémon e di come potrei aiutare uno di loro. E oltre a questo ho anche una bella notizia da darti» «Interessante. Avrai da divertirti! Ma io che faccio? Vorrei andare a Kanto e tentare le gare lì… iniziano tra poco e sappiamo benissimo che un viaggio per un’intera regione è piuttosto lungo.»
Ash sorrise. Sapeva benissimo quanto Serena fosse gelosa. Non gli avrebbe mai permesso di viaggiare da solo. Figuriamoci se avesse scoperto che la persona di cui si sarebbe dovuto occupare sarebbe stata una ragazza.
«Ad Unima ci sono i Varietà. Potresti tentare la scalata a regina di Unima. Dopotutto sei stata così vicina a Kalos… e ora hai molta più esperienza…»
La ragazza non rispose immediatamente. «Devo pensarci. Immagino che da oggi alla data che hai preventivato per partire ci sia del tempo. Mi sbaglio?»
«Tre settimane. Non so. Se vuoi passare a casa e facciamo il volo diretto, oppure ci vediamo direttamente a Luminopoli?» Serena dovette pensarci. Ash era sempre un tipo entusiasta. Si aspettava sempre delle risposte immediate.
«Facciamo una cosa. Per il momento non dire nulla alla professoressa. In ogni caso, domani partirò per Kanto. Ho trovato un volo last minute. Sarei voluta rimanere di più qui, ma un volo a quel prezzo è impossibile.»
Ash accettò. La ragazza chiuse la chiamata e iniziò a preparare la valigia.
Fece uscire i suoi Pokémon dalle rispettive Poké Ball e comunicò la notizia ai suoi. «Ho una notizia da darvi. Anzi. Più di una.» I tre Pokémon della ragazza drizzarono le orecchie.
«Ash mi ha proposto di partire per un nuovo viaggio. Sarà piuttosto lontano da qui. Nella regione di Unima. Sinceramente non so cosa fare. Mi ha detto che ad Unima ci sono i Varietà. Beh. Potremo tentare la scalata al trono di Unima. Ma non ne sono sicura. Lui mi ha sempre sostenuto nel mio sogno sia quando ho tentato con i Varietà sia con le gare. Ogni volta che poteva era sempre presente tra il pubblico ad assistere e a fare il tifo per noi. Ma non sono sicura di voler ritentare. Voi che ne dite?»
Sylveon strinse uno dei suoi nastri attorno al braccio della ragazza. Il significato di quel gesto era chiarissimo. Qualsiasi scelta avesse fatto, l’avrebbe sostenuta.
Reazione simile ebbero Delphox e Pancham. «Si. Grazie. Sono felicissima di poter contare su di voi. Qualsiasi sia la scelta domani andremo a Kanto. Nel caso non dovessimo partire per Unima tenteremo le gare di Kanto. Cosa ne pensate?»
I Pokémon della ragazza si limitarono ad approvare le sue parole.
Serena aprì la porta della sua stanza e scese le scale, seguita a ruota dai suoi Pokémon.
«Cosa è successo? A cosa è dovuto tutto questo entusiasmo? Non mi sembra che ultimamente tu abbia molti motivi per festeggiare. O almeno tu mi hai detto così. Non è che mi nascondi qualcosa? Sappi che ad una mamma non puoi nascondere nulla. Qualsiasi cosa tu tenti di nascondermi, prima o poi la troverò»
«No. È che Ash mi ha fatto una proposta, ma non so cosa fare. Per il momento sono stata vaga, non gli ho detto né sì né no. Mi ha detto che ho poco meno di tre settimane per decidere. Mi ha detto che, qualora decidessi di partire, potrei partecipare ai Varietà. Mi ha detto che sono molto difficili, ma lui crede in me.»
«E quindi cosa pensi di fare? Sappi che qualsiasi scelta tu faccia, io ti supporterò.»
«Grazie. Anche se una piccola decisione l'ho già presa. Rientrerò a Kanto prima del previsto. Domani.»
«Domani? Ma ieri non mi avevi promesso che saresti rimasta ancora dieci giorni? Non è che tu e Ash…»
«No.» Serena arrossì. «Vorrei provare a partecipare ad una gara a Kanto. Poi deciderò cosa fare. Non è una scelta che puoi fare così su due piedi. Magari partecipare ad una gara potrebbe aiutarmi.»
«Se non lo sai tu.»
Dopo aver fatto colazione, la ragazza finì di preparare la sua valigia. Sapeva bene come affrontare quel tipo di viaggi. Non voleva portare troppa roba. Giusto il necessario.
Ci mise un paio d’ore a scegliere cosa portare nel bagaglio da stiva e nel bagaglio a mano. E dovette controllare più e più volte di avere tutto.
Certo. Fosse mancato qualcosa, lo avrebbe potuto comprare in loco, ma preferiva evitare quel tipo di imprevisti. Meglio controllare una volta di più che preoccuparsi poi.
Il giorno seguente, la ragazza si alzò molto presto. Doveva prendere il treno per l’aeroporto di Luminopoli e, sebbene fosse un treno noto per la sua velocità, la ragazza non voleva arrivare tardi.
Il volo era alle undici del mattino, lei avrebbe dovuto essere in aeroporto alle nove. Come minimo. Il viaggio in treno durava all’incirca un'ora e mezza e partiva dalla stazione di Borgo Bozzetto alle sette del mattino.
La ragazza, temendo di fare tardi, si era alzata alle cinque del mattino. Aveva indossato lo zaino, la borsetta e il trolley che avrebbe poi caricato in stiva.
Prima di partire, la ragazza si era assicurata di aver acquistato il biglietto giusto. Sarebbe stato davvero un disastro, altrimenti. L’ennesimo controllo, confermò che quel biglietto era un diretto Borgo Bozzetto-Aeroporto di Luminopoli.
Prima classe. La sola disponibile in quel tipo di treno.
La stazione di Borgo Bozzetto era piuttosto piccola, come del resto anche la cittadina. Era un semplice edificio in mattoni posizionato davanti ai binari. Tre binari.
Un sottopassaggio permetteva di accedere al secondo e al terzo binario. Per evitare che nelle calde giornate estive la gente rischiasse di prendersi un’insolazione o un colpo di calore, un’altissima copertura metallica proiettava la sua ombra lungo tutti e tre i binari. Alcune panchine permettevano ai viaggiatori di sedersi, in attesa dell’arrivo del treno.
Degli schermi mostravano gli orari dei diversi treni che sarebbero passati. Erano aggiornati in tempo reale. Il suo treno sarebbe arrivato alle sei e cinquantotto. Sarebbe stato fermo due minuti e poi sarebbe ripartito.
Da lì si sarebbe fermato a Rio Acquerello, a Novartopoli e, infine, a Luminopoli.
A dire il vero, nella città più grande della regione, si sarebbe fermato tre volte. La sua fermata sarebbe stata l’ultima. Proprio all’aeroporto, che, per altro era il capolinea.
La ragazza, per ingannare il tempo, si mise a giocare con il suo telefono. «Il treno extraurbano “31655” diretto all’aeroporto di Luminopoli è in arrivo sul binario 1. Allontanarsi dalla linea gialla!»
La voce del sistema di annunci fece ritornare in sé la ragazza. Distrarsi non era da lei, e quella distrazione, le stava per costare un volo.
L’enorme e modernissimo treno rallentò, fino a fermarsi. La ragazza ebbe la fortuna di trovarsi a breve distanza dalla porta.
Le bastò premere un pulsante per far sì che la stessa si aprisse, con un soffio. Gli interni del treno rispecchiavano, in tutto e per tutto, gli esterni. Puliti, curati ed eleganti.
Dato che in quel vagone era sola, la ragazza non si preoccupò troppo di sistemare il trolley nella cappelliera. Avrebbe rischiato di dimenticarlo e sarebbe stato un disastro.
I due minuti di sosta passarono e il treno prese rapidamente velocità. La ragazza si era seduta e non se ne preoccupò più di tanto. Era seduta frontemarcia e quell’accelerazione la teneva incollata al sedile.
Dallo schermo, posizionato sulla parete del vagone, poco davanti a lei, poteva leggere il nome della successiva fermata. La stazione di Rio Acquerello. Erano veramente cinque minuti di treno.
Fortunatamente anche in quella stazione salirono poche persone. Poteva ancora mantenere il trolley dov’era.
Ora la destinazione era cambiata. Novartopoli. La città in cui lei e Ash si erano incontrati dopo anni. Non era andata proprio bene, per lui. Aveva perso la sfida in palestra contro Violetta.
Si erano allenati duramente e, al secondo tentativo, era stato in grado di conquistare la medaglia Insetto. Poca gente anche in questo caso. Restava ancora un’ora di viaggio.
Per circa quaranta minuti non ci sarebbero state fermate. Questo permise al rapido treno di poter esprimere le sue ottime performance velocistiche. Oltre trecento chilometri orari.
A quella velocità, ogni cosa vista dal finestrino appariva assolutamente incomprensibile e confusa.
I quaranta minuti partirono rapidamente e il treno rallentò per entrare nella prima stazione, alla periferia ovest della città.
Ad aspettare il treno un buon numero di persone.
La ragazza, istintivamente, spostò il suo trolley in modo da permettere ad una persona di sedersi. Ma nessuno sembrava interessato. I posti liberi erano parecchi.
Un quarto d’ora dopo il treno si fermò alla stazione centrale, dove scesero molte delle persone che erano salite alla stazione ovest. A dire il vero, il computo totale dei passeggeri non cambiò di molto. Altrettante persone, dirette all’aeroporto erano salite. Restava solo l’ultimo quarto d’ora di viaggio.
La stazione dell’aeroporto era direttamente collegata all’area arrivi. Questo voleva dire che, appena arrivata avrebbe dovuto percorrere un bel po’ di strada. L’aeroporto della città era enorme e affollato.
Per sua fortuna, le indicazioni, appese su dei cartelli che spuntavano dal soffitto, erano chiare e numerose. Per prima cosa avrebbe dovuto pesare il suo bagaglio da stiva e ritirare l’etichetta d’imbarco. Scansionò nel totem la sua carta d’imbarco e il macchinario, in pochi istanti, stampò l’etichetta.
La ragazza la sistemò nella maniglia del trolley e si diresse all’imbarco bagagli. Qui consegnò la valigia ad un addetto e quest’ultimo, dopo averla ripesata, la fece scorrere in un nastro trasportatore.
Ora che il suo bagaglio da stiva era stato assicurato nelle mani degli addetti aeroportuali, alla ragazza toccò superare i controlli di sicurezza.
Per fortuna la fila, per i voli a lungo raggio era piuttosto breve. Le ci volle poco tempo per raggiungere i controlli di sicurezza, rimuovere i possibili oggetti metallici che aveva addosso e passare attraverso il metal detector.
Tutto a posto.
La ragazza raccolse i suoi effetti personali e raggiunse l’area partenze a lungo raggio. L’imbarco del suo volo non era ancora cominciato. Aveva ancora dieci minuti.
Non voleva distrarsi come con il treno, così, dopo aver mandato un messaggio a Ash, lo mise in borsa e si ripromise di non utilizzarlo. A meno che non fosse realmente necessario.
Serena fu tra i primi della fila a giungere al gate d’imbarco. Posizionò la carta d’imbarco digitale nell’apposito lettore. Un suono confermò alla ragazza che poteva passare. Per poco la ragazza non si scordò il suo documento d’identità.
Scese le scale, dovette salire su un pulmino che avrebbe portato lei ed altri passeggeri fino all’aereo. L’aereo che avrebbe dovuto prendere era riconoscibilissimo. Aveva una stupenda livrea azzurro metallizzato. E le ali bianche.
Aveva avuto la fortuna di poter prenotare un posto lato finestrino. Perlomeno si sarebbe potuta sedere una volta per tutte e non si sarebbe dovuta rialzare per far salire altri passeggeri. Lo stesso sarebbe valso anche all’arrivo. Nessuno l’avrebbe spinta per uscire. Avrebbe potuto fare con un po’ più di calma.
Certo, era un po’ scomodo quando doveva andare in bagno, ma era un piccolo prezzo da pagare per tutti gli altri, enormi vantaggi. Inoltre, avrebbe potuto scattare delle belle foto.
Dopo una ventina di minuti l’imbarco era completato e, mentre l’aereo stava venendo trainato fino alla pista di decollo, il personale di bordo spiegava ai passeggeri le varie norme di sicurezza.
Non una novità per la ragazza, habitué di quella tratta e di quella compagnia aerea, ma, in ogni caso decise di ascoltare.
Statisticamente l’aereo era il mezzo di trasporto più sicuro, per cui non c’era motivo di preoccuparsi.
Dopo due ore e mezza di volo, venne servito il primo pasto. Serena non era particolarmente affamata, ma non voleva rischiare di avere fame dopo.
Finito il pasto e consegnato il vassoio, fu il turno dei Pokémon di pasteggiare, e quelli della nativa di Kalos non fecero eccezione. Almeno loro avevano appetito.
Dopo circa due ore, il personale di bordo, scortato da alcuni Pokémon di tipo erba, ordinò a questi di utilizzare Sonnifero.
Questo permise ai passeggeri di addormentarsi.
Questo trucco permetteva di essere perfettamente allineati con il fuso orario di Kanto. Quando i passeggeri vennero addormentati, nella regione di Kanto erano le 22.
Dopo nove ore di volo, i passeggeri vennero svegliati. Alcuni erano già svegli da prima. Altri no. Tra cui Serena. L’aereo sarebbe atterrato dopo un'ora. E quella era l’ora della colazione. Inclusa, come il pasto precedente, nel prezzo del biglietto.
E ci sarebbe mancato altro. Dopo gli allenatori toccò anche ai Pokémon a fare colazione.
Serena guardò l’ora sul suo Smart Rotom. Mancava ancora un’ora di volo. La ragazza approfittò del fatto che il bagno non fosse occupato per andarci.
Sia per necessità sia perché erano ore che non si alzava dal sedile. Aveva ancora la cintura allacciata dal decollo, quindi dovette sganciarla. Si era abituata talmente tanto alla sua presenza, che aveva tentato di alzarsi con la stessa ancora indossata. Fallendo miseramente.
Al secondo tentativo slacciò la cintura e si alzò. Percorse l’andito dell’aero e raggiunse i bagni. Stare seduta tutto quel tempo le aveva intorpidito le gambe.
Al suo rientro, il personale di bordo diede l’ultimatum. Chi doveva andare in bagno aveva ancora mezz’ora. Poi i servizi sarebbero stati chiusi.
Mentre l’aereo iniziava le fasi di atterraggio, Ash aveva raggiunto l’area arrivi dell’Aeroporto Internazionale di Zafferanopoli.
L’amica sarebbe arrivata da lì a poco.
Ash aveva raggiunto l’area destinata alle persone che aspettavano qualcuno. Non passò di sicuro inosservato. Dopotutto era l’Allenatore più forte di tutti e molti ammiratori e molte ammiratrici gli avevano chiesto foto e autografi.
Il ragazzo accettò di buon grado. Gli dispiaceva deludere i suoi fan.
Dopo aver accontentato diverse decine di ammiratori, finalmente Ash poté giungere nell’area che desiderava. L’aereo di Serena stava completando le ultime fasi prima dell’atterraggio. Ash ancora non poteva vedere il gigante azzurro atterrare, ma sapeva che, ben presto avrebbe potuto avvistare il gigante dei cieli atterrare, grazie alle enormi vetrate.
L’aereo era ora a poche decine di metri dal suolo. Il carrello di atterraggio era uscito ed era perfettamente agganciato. Il gigante azzurro atterrò, sfruttando la pista più lunga dell’aeroporto. La sola ad essere lunga abbastanza da permettere a quel gigante di fermarsi in sicurezza ed evitare un’uscita di pista.
Serena, contrariamente a Ash, era una persona abbastanza paziente, per cui avrebbe tranquillamente accettato di far scendere una buona parte dei passeggeri, prima di scendere a sua volta.
Quando buona parte del flusso di passeggeri abbandonò l'aereo, la ragazza prese il suo zaino da sotto il sedile davanti a sé e imboccò l’andito e uscì dall’aereo.
Raggiunse poi l’area dedicata al ritiro bagagli e, dopo una breve attesa, ritirò la sua valigia. Ora, finalmente, poteva raggiungere Ash.
La ragazza incominciò a tirare il suo trolley, maledicendosi per quanto lo avesse caricato. Il peso massimo del bagaglio da stiva era di trenta chili, e sua madre l’aveva costretta a sfruttare fino all’ultimo grammo.
Perlomeno era consapevole che per il resto del viaggio gliela avrebbe portata quel gran cavaliere di Ash. E non si sbagliò.
Fatto questo Pikachu salutò la ragazza salendo sulla sua spalla, e quest’ultima lo salutò a sua volta accarezzandolo dolcemente. Ash iniziò a tirare il trolley della ragazza accorgendosi ben presto di quanto fosse pesante. Per fortuna la stazione non era lontana.
I due, per raggiungere la stazione, dovettero attraversare la zona arrivi, percorrere un andito, scendere una rampa di scale e percorrere un ulteriore andito.
Come per Luminopoli, anche in quel caso l’aeroporto era il capolinea della tratta che avrebbero dovuto prendere.
Il treno successivo sarebbe passato appena due minuti dopo il loro arrivo. A Kanto i treni erano sempre puntuali. Forse troppo. I macchinisti venivano puniti se partivano in ritardo, o in anticipo.
Se possibile, i treni erano anche più belli e, forse, più veloci di quelli di Kalos. Di certo erano più affollati, ma nonostante questo, erano più silenziosi. Nonostante le decine di persone presenti nei vagoni, regnava un silenzio tombale.
In questo caso Ash fu costretto a posizionare il trolley di Serena in una delle cappelliere del treno. Dovevano ricordarsi di riprenderla, o avrebbero dovuto fare visita all’ufficio oggetti smarriti.
E, dopo un viaggio di così tante ore, Serena non ne aveva proprio voglia. Erano le nove del mattino, e nonostante avesse dormito diverse ore, non era molto riposata.
Il treno si fermava in tutte le stazioni. La prima fermata era Celestopoli, la città di cui era originaria Misty, la capopalestra di tipo acqua, prima storica compagna di viaggio di Ash.
Una parte dei passeggeri scese dal treno, permettendo a Ash, Serena e Pikachu di stare un po’ più comodi. Seconda fermata fu Plumbeopoli. Città di cui era originario Brock. Certo, in quel momento l’amico in quel momento non era presente. I suoi studi da medico Pokémon lo avevano costretto a trasferirsi nella regione di Sinnoh.
E, finalmente, per i due arrivò la stazione di Smeraldopoli, la città più vicina alla piccola Biancavilla.
Biancavilla, infatti, non era servita dai binari del treno, per cui Ash dovette chiedere un passaggio a sua madre. La donna aveva aspettato i due da una buona mezz’ora. La donna era ben consapevole di come Serena avesse bisogno di riposarsi. Da madre amorevole qual era, trattava le amiche di Ash come fossero sue figlie.
Ash sistemò la valigia nel cofano dell’auto, quindi lo chiuse. Fatto questo aprì la porta a Serena, aspettò che la stessa si accomodasse, quindi si sedette a sua volta, accanto a lei. Per fortuna l’auto di sua madre aveva tre posti davanti e tre posti dietro, una configurazione assai unica, ma che la rendeva adatta a situazioni del genere. Serena era seduta nel sedile centrale, e appena si era accomodata, aveva allacciato la cintura. Il viaggio fu piuttosto breve, appena una decina di minuti. Appena arrivati, Delia parcheggiò l’auto nel vialetto di casa, una villetta, simile a tutte le altre abitazioni della città. Una casa bianca a due piani, circondata da un giardino e con una piccola veranda.
Ogni volta che visitava la cittadina, la ragazza si chiedeva come potessero riconoscere la loro casa, se tutte le case del piccolo centro abitato, erano bianche. Da questo, dopotutto derivava il nome della città.
«Hai fatto un lungo viaggio, se vuoi puoi riposarti, sai che qui puoi fare come se fossi a casa tua!» La invitò la donna. Nonostante l’invito, Serena declinò l’offerta. Avrebbe preferito fare altro, come, per esempio allenarsi per la gara di Zafferanopoli. Non ne aveva parlato con Ash, ma il risultato di quella gara avrebbe determinato il da farsi.
Se avesse vinto si sarebbe dedicata alle gare di Kanto. E avrebbe trovato un modo per tenere lontano Ash dalle pretese da parte delle fan di Unima.
La gara in questione sarebbe stata una doppia performance, e la ragazza ancora non aveva scelto chi impiegare. Aveva solo tre Pokémon, ma era una scelta difficile, dopotutto da questo dipendeva il suo futuro.
La ragazza si sedette sulla gradinata che dava sull’ingresso di casa Ketchum. Si sedette sulla gradinata ed estrasse dalla sua borsa le sue tre Poké Ball. Delphox, Pancham e Sylveon.
«Vediamo… Delphox e Pancham lavorano bene insieme… ma anche Pancham e Sylveon o Sylveon e Delphox… insomma è difficile. Poi… non posso chiedere ad Ash. No. Non se lui è così coinvolto. Poi, anche se gli dicessi della gara, come la prenderebbe se affido questa decisione ad una singola gara? E poi, ora che ci penso voglio davvero affidare le mie prossime scelte di carriera ad una sola gara? Forse due o tre… ma una?»
La ragazza non se ne accorse, ma a circa metà del suo discorso, a poca distanza da lei, si era seduta Delia, la madre di Ash. Serena l’aveva imparata a conoscere. Una donna di meno di quarant’anni, capelli castani e occhi dello stesso colore. Serena sapeva che la donna ne aveva passate davvero tante, dato che era diventata mamma molto giovane, appena a diciannove anni, beh. Una cosa che beh, metteva a Serena una certa pressione psicologica, e che avesse dovuto crescere Ash da sola.
«Se non vuoi parlarne direttamente con Ash, puoi parlarne con qualche tua amica. Magari loro potranno aiutarti. Sia per decidere chi scegliere nella gara, sia per decidere se viaggiare o meno per Unima. Io non so quanto posso aiutarti, e sai bene il motivo, sarei troppo di parte, ma magari loro possono.»
Detto questo, la donna si allontanò e tornò alle sue faccende. Tra un po’ avrebbe cominciato a preparare il pranzo. Serena non si mosse. Sembrava quasi una statua.
Si. Aveva pensato a chiedere consiglio alle sue amiche, ma a chi? Le sue due ex rivali (anche in amore!) Shana e Meringa le avrebbero detto di viaggiare con Ash senza nemmeno pensare alla gara. Sarebbe stato una sorta di ultimatum. Le avrebbero detto qualcosa come “o ti dichiari o lo faccio io.” E poi erano entrambe consapevoli della presenza di Varietà anche ad Unima e del loro elevato prestigio, quindi l’avrebbero spinta in quella direzione.  
Vera, invece… oltre che un’amica, era una rivale. E spifferare la sua strategia ad una potenziale rivale, non era cosa. 
E anche lei, non priva di interessi, le avrebbe consigliato la strada dei Varietà. Erano amiche, ma da appena infilavano le  
Poké Ball nelle capsule, divenivano rivali. Questo voleva dire che doveva decidere da sola.  
«Forse parlarne con Ash è la scelta migliore. Ho avuto modo di osservarti e sei stata ferma come una statua. Hai avuto paura di chiedere o cosa?» Le chiese Delia, spaventandola. 
«No. O meglio. Non solo. Ho riflettuto su cosa mi avrebbero detto. E nessuna di loro sarebbe stata d’aiuto. Ma no. Non sono sicura di volerne parlare con lui.» 
«Ormai lo conosci, forse anche meglio di me. Lo sai che è perfettamente capace di mettere da parte il suo desiderio, pur di farti tentare questa scalata. Ha aspettato fino ad ora, potrà aspettare ulteriormente» 
Aspettare”. Quella parola rimbalzava nella mente di Serena. Dopotutto se erano in quella situazione, era in parte anche colpa sua. Dopo la sconfitta a Kalos aveva voluto, almeno parzialmente, cambiare aria. 
Si era presa un anno sabbatico e poi aveva tentato con le gare di Hoenn, Johto e Sinnoh. Era sempre stata in grado di vincere i fatidici cinque fiocchi e di partecipare ai rispettivi Grand Festival, ma non ne aveva mai vinto uno. 
In un modo o nell’altro aveva sempre perso in finale, quasi fosse una maledizione. E come tale doveva essere spezzata.  
«Forse dovrei iniziare da dove la maledizione è partita?» 
Si chiese la ragazza senza ottenere risposta. Dopotutto se Ash voleva aiutare qualcuno nel suo raggiungere obiettivo anche lei poteva andare bene, no? 
«Forse dovrei parlarci. Magari senza dire nulla riguardo il fatto che la mia scelta dipenda da una gara.» 
La ragazza si alzò e si massaggiò la schiena. Non era seduta da molto, ma la schiena le faceva comunque un po’ male. 
La ragazza entrò in casa. Delia era intenta a cucinare, e quasi non si accorse del fatto che la ragazza fosse entrata. 
«Io e Ash andiamo a farci un giro, torniamo presto!» 
Ash era un po’ stupito dalle parole della ragazza. Non che non volesse, andare in giro con lei, ci mancherebbe altro, altrimenti non l’avrebbe mai invitata ad unirsi a lui, ma non si aspettava una proposta simile. Biancavilla non offriva chissà quali attrazioni, per cui immaginò che fosse una semplice scusa per stare un po’ da soli. «Va bene. Dove vorresti andare?» 
Serena non rispose. Sembrava che la cosa importante non fosse tanto dove andare, quanto piuttosto il fatto di parlare con lui. I due uscirono, con tanto di giacca e zaini. 
I due non avevano un percorso preciso da seguire, con Serena che trascinava Ash da una parte all’altra. Rimanendo in silenzio. Non sapeva come introdurre l'argomento. 
Dirgli che se avesse voluto condurre qualcuno al suo obiettivo, lei sarebbe stata la candidata ideale, le sembrava troppo diretto e fuori dalle sue corde. E poi era davvero partita con il desiderio di diventare Super Coordinatrice? Era quello il suo desiderio oppure era solo un ripiego? E poi come sarebbe stata vista, da straniera, come super coordinatrice dell’anno? 
Ad Unima era diverso. La grande regione era famosa per essere un crocevia di persone di ogni luogo, e nonostante l’attuale regina provenisse da Johto, nessuno aveva detto nulla. Anzi.  
Ash si accorse di come Serena fosse rimasta in silenzio per tutto quel tempo. Come se stesse tentando di mantenere un segreto e temeva di svelarlo non appena aperto bocca. 
«Tutto a posto?» Chiese Ash, in tono preoccupato. 
«Sai, pensavo di voler partecipare alla gara di Zafferanopoli»  
Rispose la ragazza. Dal suo tono sembrava che si tenesse dentro quella notizia da tanto tempo. «Beh, non vedo dove sia il problema. Dovrebbe essere tra due settimane, quindi potremo tranquillamente partire...» 
Serena lo interruppe. «Non so. Ultimamente mi sono chiesta quale sia il mio vero desiderio.» 
«Lo avevi detto tu stessa. Volevi diventare la Regina di Kalos. Dopo tutto quello che è successo hai deciso di dedicarti alle gare Pokémon, ma non hai mai detto che quella sarebbe stata la tua scelta» 
La ragazza ci pensò un po’. Effettivamente Ash aveva ragione. Non aveva mai espresso il suo desiderio di diventare Super Coordinatrice. Le gare erano state una sorta di ripiego per lei. 
«Ho pensato che la mia esperienza nei Varietà sarebbe stata d’aiuto nelle gare. Ma mi sbagliavo. Sono due mondi totalmente diversi. E quando l’ho capito era troppo tardi. Si. Ho vinto dei fiocchi, insomma, hai seguito tutte le mie gare, sai com’è andata. Vorrei provarci un’ultima volta.» 
Alla fine, la ragazza era caduta dove non voleva cadere. Aveva apertamente dichiarato il suo interesse nel partecipare alle gare di Kanto. 
«Capisco. Non ti devi arrendere e devi tentare fino alla fine. Costi quel che costi.»  
Serena era stupita da quella reazione. Si aspettava che Ash la sostenesse, ma temeva che si fosse stancato di vederla continuamente fallire quando era ad un passo dal farcela. 
«Però. Voglio dire. Ultimamente tu mi hai sempre seguito, eri lì praticamente ad ogni mia gara…» 
«Credimi. Farlo non mi è affatto pesato. Altrimenti non saremmo dove siamo ora»  
Forse Serena travisò le parole di Ash, e per questo arrossì. Erano da soli, in quel momento. Soli insieme.   
«Tutto bene?» Le chiese Ash, preoccupato. 
«Oh, sì. Assolutamente» La ragazza cercò di levarsi dalla mente tutto quello a cui aveva pensato fino a quel momento. Temeva la sua reazione. Forse si sarebbero allontanati per sempre se gli avesse veramente detto quello che stava pensando. 
«E l’impegno che ti sei preso? Non voglio che tu debba rinunciarci solo per me» 
Per Ash trovare le parole giuste non fu affatto facile. «Dopotutto anche quello di diventare Super Coordinatrice è un  
obiettivo. E non ho mai specificato che devo aiutare un Allenatore o un’allenatrice a diventare campione o campionessa.» 
«Se lo dici tu. In ogni caso pensavo ad una cosa. Parteciperò a questa gara, e in base a come andrà, deciderò cosa fare. In caso dovesse andare male, tenterò la scalata al trono di Unima. Forse tornare alle origini potrebbe farmi bene» 
Ash si fermò di colpo. «Non vorrai mica rinunciare a diventare Super Coordinatrice solo per l’esito di una gara?» Serena, che nel frattempo aveva continuato a camminare, si era accorta solo ora della distanza che la separava da Ash. 
«Non è solo una gara. Sono ormai quasi venticinque gare e tre Grand Festival che ci tento. Forse dovrei tornare alle origini  
e provare di nuovo con i Varietà. E poi è la mia vita. Vorrei essere io a decidere.»    
La ragazza stava cominciando a scaldarsi. E sia Ash che Pikachu se ne accorsero. «Non è quello. È giusto che tu segua la tua strada. Non posso decidere io per te, e ti supporterò sempre, qualsiasi scelta tu decida di prendere» 
La ragazza sorrise. Quello era l’Ash che amava.  
«Direi che possiamo tornare. Ti prometto che preparerò questa gara come tutte le altre. Cercherò di non pensare a quanto sia importante.» I due tornarono alla base appena in tempo per pranzare. Non appena i due varcarono la soglia della porta,  
senza nemmeno fare in tempo ad appoggiare le giacche e gli zaini nell’uomo morto, che subito Delia scatenò la sua  
curiosità. Per lei era abbastanza strano che Ash scegliesse di cominciare un viaggio con un’ex compagna di viaggio.  
«Allora, com’è andata?» Per com’era formulata la domanda poteva essere rivolta ad entrambi, ma Serena, ben presto comprese che la domanda fosse rivolta a lei. 
«Gli ho detto tutto. Alla fine, l’ha presa bene. Proprio come mi avevi detto.» Tanto Ash quanto Pikachu si grattarono la testa. A cosa si stavano riferendo? Cosa stavano combuttando sua madre e la sua amica? 
Il brontolio dello stomaco di Ash e di Pikachu fece comprendere che, in quel momento, le priorità erano altre. Il ragazzo aiutò sua madre ad apparecchiare la tavola.  
La donna, nonostante il poco preavviso, aveva preparato un pranzo coi fiocchi, con tanto di antipasto, primo, secondo, contorno e dolce.  
Dopo l'abbondante pranzo, fu di nuovo Serena a prendere l’iniziativa. «Posso farti una domanda?» «Ci?» Ash stava ancora finendo la sua terza fetta di torta gelato. Ormai aveva quasi completamente perso la sensibilità alla bocca a causa della bassa temperatura del dolce. 
«Mi hai sempre detto di aver catturato degli altri Pokémon, oltre a quelli di Kalos, ma come mai non me li hai mai fatti conoscere?» 
Ash raggelò alle parole della ragazza. Era vero. Tantopiù che alla lega di Kalos, contrariamente alle leghe precedenti, non aveva fatto lottare altri Pokémon al di fuori di quelli catturati lì. 
«Non abbiamo mai avuto tempo. Siamo sempre stati piuttosto di fretta. Ogni volta che venivi qui passavi per un saluto e basta. Ma dato che questa volta il tempo non manca, possiamo restarci tutto il tempo che desideri» 
I due uscirono di nuovo di casa, e si diressero verso il laboratorio del professor Oak. Serena non conosceva la strada, per cui Ash dovette farle da guida. Il laboratorio si trovava in cima ad una collinetta. Era un ampio edificio sormontato da una pala eolica che provvedeva a buona parte del suo fabbisogno energetico. 
Poco lontano dallo stesso era presente una recinzione che circondava un ampio appezzamento di terra. «Ecco. È qui che vivono i miei Pokémon!» Serena rimase in silenzio alcuni istanti. «Ma io non vedo nessuno. Non mi starai mica prendendo in giro?» La ragazza non fece in tempo a concludere la frase, che subito il terreno iniziò a tremare. «E questo cos’è? Un terremoto?» Serena era terribilmente spaventata. «Io ti consiglierei di spostarti» La avvisò Ash. «Perché dovrei?» Chiese la ragazza. Pikachu, ben capendo quel che stava succedendo, saltò dalla spalla del suo Allenatore e allontanò Serena con un potente colpo della coda, facendola cadere. «EHI! MA CHE TI PRENDE? SEI IMPAZZITO?» Gridò la ragazza. Pikachu non rispose, sedendosi semplicemente accanto alla ragazza. 
Ben presto le vibrazioni del terreno si fecero ancora più intense, e, in lontananza era possibile individuare una gigantesca nuvola di polvere avvicinarsi a grande velocità. 
Presto alle vibrazioni del terreno, si aggiunse il rumore di zoccoli. Ancora pochi istanti e Ash venne proiettato in aria. 
«Ahia! Ahia! Ahia!» Ash, ricaduto a terra, si rimise in piedi, si massaggiò la schiena e si levò di dosso la polvere. «Ecco. Loro sono i miei Tauros» La mandria di Pokémon Torobrado circondò il loro Allenatore e cominciò a leccarlo affettuosamente. 
«Quello è il loro modo di mostrare affetto. Diciamo che è un tantino estremo e non volevo ti facessero del male.» 
Serena arrossì. Ash si era preoccupato per lei. Aveva sbagliato a prendersela con Pikachu. «Scusami. Ho fatto male a prendermela. Volevate solo evitare che mi facessi seriamente male. Scusate ancora» Pikachu le saltò addosso, come a farle capire che tutto fosse sistemato. La ragazza, di tutta risposta, l’accarezzò. 
Serena e Pikachu, molto lentamente, raggiunsero la mandria di Tauros. «Stai tranquilla, puoi accarezzarli, non ti fanno nulla.» La ragazza, un po’ timorosa allungò la mano verso l’esemplare più vicino. 
Avvicinò lentamente la mano sulla testa del Pokémon e la toccò. Il Pokémon, di tutta risposta le leccò il braccio. «Ehi! Ma così mi fai il solletico!» La ragazza non riuscì a non ridere. 
«Scusa se sono indiscreta, ma come mai hai catturato... Uno due… tre…» la ragazza continuò a contare a mente. «Trenta Tauros?» Ash sorrise imbarazzato. «A dire il vero sono loro che hanno deciso di farsi catturare. Quando abbiamo visitato la zona Safari, per catturare alcuni Pokémon, hanno fatto, beh… quello che hanno fatto prima e…» 
Serena cercò di non ridere. «Ho capito… ho capito. Ma gli altri?» «Arrivano, arrivano! Ehi! Bulbasaur!?!» Il Pokémon seme, non appena sentì la voce del suo Allenatore, il Pokémon seme si mise a correre verso di lui. Frenò la sua corsa non appena vide quella che, per lui, era una perfetta sconosciuta. 
«Oh, scusami. Non te l’ho presentata. Lei è Serena. Una mia carissima amica.» Il Pokémon Seme squadrò la ragazza dalla testa ai piedi. Sembrava una persona a posto. Si avvicinò ulteriormente alla ragazza e la annusò. 
«Sembra che abbia riconosciuto che hai con te dei Pokémon. Forse vuole conoscerli, prima di fidarsi» Ash cercò di interpretare il gesto del suo Pokémon. La ragazza, capendo che, in quel momento era, in un certo senso un’ospite, non poté far altro che assecondarlo. «Su! Venite fuori!» La ragazza prese le tre Poké Ball dalla sua borsa e fece uscire i suoi Pokémon. Dalle Poké Ball della ragazza uscirono una Delphox, un Pancham e una Sylveon.  
Il Pokémon Seme squadrò ognuno dei Pokémon della ragazza. Cominciando da Delphox. La volpe Fuoco/Psico le sembrava un Pokémon a posto. Passò poi a Sylveon. Anche lei rimase calma, ricevendo anche lei l’approvazione di Bulbasaur. 
Pancham era piuttosto nervoso, cosa che venne fiutata da Bulbasaur. Il Pokémon Seme si allontanò dal Pokémon Briccone, e cominciò a caricare un Riduttore. Appena il Pokémon Seme cominciò a correre, Pancham ne comprese le intenzioni, e utilizzò un potente Pietrataglio. Dal terreno spuntarono degli enormi massi acuminati di colore azzurro. Bulbasaur sembrò accorgersene in tempo e, sfruttando le sue potenti liane, distrusse i massi, per poi afferrare il suo avversario. 
«EHI! VOI DUE! COSA FATE!» Serena non sopportava vedere i Pokémon litigare. Non era contro le lotte, altrimenti non sarebbe nemmeno diventata allenatrice, passo fondamentale per gran parte delle carriere nel mondo Pokémon, ma, per lei, come per molti altri, prima delle lotte, veniva il rispetto. «Lasciamoli sfogare. Forse si rispetteranno una volta conclusa 
la lotta.» «Come vuoi.» Si limitò a dire Serena. 
Nel frattempo, Pancham aveva tentato di attaccare con Gelopugno, colpendo le fruste di Bulbasaur e costringendolo a mollare la presa, facendo cadere Pancham. 
Questi, ora libero, attaccò con Neropulsar. Dai suoi arti superiori si generò una serie di anelli di energia oscura, di colore  
violaceo, che vennero facilmente evitati dall’avversario. Bulbasaur si limitò a rotolare verso destra. Contemporaneamente, dalla sua bocca cominciò a generarsi una sfera di energia dal colore verdognolo. Ricordava, per certi 
versi una sorta di occhio. 
Qualcosa, però non tornava, almeno agli occhi di Pancham e di Serena. Perché mai Bulbasaur stava lanciando il suo  
Energipalla in una direzione totalmente diversa da quella in cui si trovava Pancham? Ash, al contrario aveva capito quali erano le intenzioni del suo Pokémon. 
Utilizzare una tecnica inventata dal suo Torterra quando ancora era un Grotle. Ingoiare il suo stesso attacco per poi colpire l’avversario con una mossa incredibilmente più potente. 
Torterra era uno dei Pokémon più tranquilli e pacifici di Ash, per cui era diventato un grande amico di Bulbasaur, per cui era piuttosto probabile che lo stesso gli avesse insegnato a padroneggiare una tecnica così potente. 
L’intuito di Ash non si sbagliò. Bulbasaur spiccò un balzo e ingoiò il suo stesso attacco. Serena, Pancham e gli altri Pokémon della ragazza rimasero di stucco. Mai avevano visto un Pokémon ingoiare il suo stesso attacco.  
E non era finita. Dal bulbo del Pokémon si generò un gigantesco raggio di energia dal colore giallo arancione che colpì in pieno Pancham. Mandandolo al tappeto. 
Serena si precipitò dal suo Pokémon, aiutandolo a rimettersi in piedi. Fatto questo, disinfettò le sue ferite con una pozione che, fortunatamente, aveva con sé. Infine, gli diede da mangiare alcuni Poké Bignè.  
Anche Bulbasaur si avvicinò a Pancham, ora privo di qualsiasi intenzione bellicosa. Solo a questo punto sfruttò il suo potente Solarraggio per richiamare tutti i Pokémon del ragazzo. Questi ultimi, con i loro tempi, raggiunsero la coppia. 
«Sono così tanti?» Chiese Serena. «Molti di più!» Le rispose Ash, lasciandosi scappare un sorriso. 
In breve tempo, tutti i Pokémon del ragazzo giunsero dai due. Il primo Pokémon a mostrare il suo affetto fu Muk, che saltò addosso al suo Allenatore. Il suo modo di mostrare affetto. 
«Grazie! Anche io sono felice di vederti!» Ash non poté fare a meno di non ridere. Serena un po’ meno. Sapeva che Muk era capace di secernere sostanze tossiche ed era piuttosto preoccupata di questo. Si calmò quando vide Ash uscire da quella massa informe e violacea che era Muk. 
I Pokémon catturati a Kalos e coloro che avevano partecipato al Torneo Mondiale, si precipitarono verso Serena. Gli altri rimasero più indifferenti, verso quella che consideravano semplicemente una delle tante amiche di Ash. 
«Su, dai! Un po’ di entusiasmo, sarà lei la nostra compagna di viaggio, vorrei che l’accoglieste con almeno un po’ di calore» 
«Ehi! Ma tu avevi accettato la mia proposta. Avevi detto che saremmo partiti ad Unima solo se la mia gara non fosse andata bene. Avevi detto che anche aiutarmi a diventare Super Coordinatrice rientrava nell'obiettivo di aiutare qualcuno a realizzare il suo sogno!» Ash se lo ricordava benissimo, e aveva già la risposta pronta per un’eventualità del genere. 
«In qualsiasi caso, porterò tutti con me. Ovviamente a turno. Tutti in una volta è impossibile» Serena doveva ammettere che Ash aveva un’incredibile capacità di tirarsi fuori dalle situazioni difficili. 
Piano piano tutti gli altri Pokémon di Ash si avvicinarono a Serena e ai suoi Pokémon, a cominciare da Swellow e Staraptor, grandi amici di Talonflame. Se lui si fosse fidato di quella ragazza , allora, forse avrebbero dovuto fidarsi anche loro. 
Piano piano la ragazza e i suoi Pokémon vennero circondati dai Pokémon catturati da Ash a Hoenn e Sinnoh, e poco dopo anche da quelli di Kanto e Johto. Con le temperature che iniziavano ad abbassarsi e il Sole che stava per tramontare, era proprio una bella sensazione. La nativa di Kalos non si era accorta di come Pancham e il Buizel di Ash si stessero guardando in cagnesco. Fortunatamente Bulbasaur gli fermò prima che fosse troppo tardi. 
«Allora, adesso che li ho incontrati, puoi dirmi come mai hai aspettato così tanto per presentarmeli? Mi sembrano tutti abbastanza tranquilli e amichevoli»  
«Semplicemente non abbiamo mai avuto il tempo. Nessun altro motivo» Le rispose il ragazzo. Questo nonostante si fosse ben accorto di essere guardato storto dalla sua Bayleaf.  
La Pokémon non sapeva spiegarselo, ma quella ragazza non le piaceva proprio. Aveva come la sensazione che volesse rubargli Ash. Le sembrava una persona totalmente diversa rispetto a tutte le altre amiche di Ash.  
Cosa avrebbe dovuto fare? Attaccarla? In quel momento non era una buona idea, con tutti i Pokémon del ragazzo che l’avrebbero difesa. E una contro tutti non era una buona idea. 
Avrebbe mostrato le sue intenzioni nel momento in cui sarebbe stata scelta come parte della squadra di Ash. Con meno avversari avrebbe potuto far capire le sue intenzioni. 
In quegli stessi istanti, dopo parecchia insistenza da parte della ragazza, finalmente, Dragonite mollò la presa. «Non è che stanno cercando di corrompermi?» Chiese la ragazza. «Quando ti ho chiesto di venire qui non hai opposto resistenza perché sapevi che i tuoi Pokémon mi avrebbero convinta a venire con te ad Unima!»  
«Niente affatto» le rispose Ash. «Ho semplicemente parlato del fatto che avremo aiutato qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Si, ammetto di aver parlato di Unima, ma non ti ho mai menzionata. Potete confermare?» 
I Pokémon del ragazzo, ognuno a suo modo, confermarono le sue parole.  
«Allora se è così, non ti dispiacerà se chiedo ad uno dei tuoi Pokémon di partecipare alla gara con me? Ovviamente solo per la gara… ci mancherebbe!» 
Ash le sorrise. Quindi si grattò la testa. «Sai bene che non devi chiedere a me» 
«Oh, certo. Giusto!» La ragazza si inginocchiò e si avvicinò al Bulbasaur di Ash. «Ti andrebbe di partecipare alla prossima gara con me? Ho visto come hai lottato con Pancham e mi hai fatto pensare a nuove combinazioni per le gare. Cosa ne pensi?» Il Pokémon strinse delicatamente una delle sue liane attorno al braccio della ragazza, in modo simile ai nastri della sua Sylveon. «Quindi è un sì?» Il Pokémon rispose con un leggero gesto del capo.  
«Incredibile. Sei riuscita ad ottenere subito la sua fiducia!» Si complimentò Ash. Nel mentre il Pokémon Seme si era avvicinato al suo ingombrante amico di tipo Erba e Terra. Gli avrebbe affidato la responsabilità dei Pokémon del laboratorio.  
Torterra era un tipo tranquillo e, a sua memoria, Bulbasaur, lo aveva visto arrabbiato solamente una volta. E gli era bastato. 
Sapeva bene che era il candidato ideale per mantenere la pace tra i diversi Pokémon del ragazzo, in sua assenza. 
«Bene, dato che è d’accordo direi che non resta altro che recuperare la sua Poké Ball. Dovrebbe averla il professore, da qualche parte. Non ci resta che andare da lui.» 
Serena si limitò ad annuire. Era ironico che si stessero dirigendo da colui che, in un certo senso li aveva fatti incontrare, ormai undici anni prima.  
Ash non le aveva mai detto che il loro incontro, per quanto casuale, fu causato dal suo essere un ritardatario cronico. Ma, in un certo senso, andava bene così. 
Il professore era un uomo di quasi sessant’anni, capelli corti e grigi, occhi neri, dal volto squadrato. Aveva la barba rasata di 
fresco ed emanava un forte profumo di dopobarba. 
Indossava un camice da laboratorio bianco, sotto di esso era possibile intravedere una polo rossa. Indossava dei pantaloni  
marroni chiaro e delle scarpe da lavoro marrone scuro. 
«Ah, sei tu Ash… e vedo che hai portato anche un’ospite…» Il professore squadrò la ragazza dalla testa ai piedi. «Ma tu sei Serena. Come avevo fatto a non accorgermene!» L’uomo si diede dello stupido da solo. Si erano visti diverse volte in videochiamata, ma gli ci volle un po’ per ricordarsi di lei. 
«Quindi… quando partirete per Unima?» Chiese. Era piuttosto impaziente di informare la sua collega sul da farsi. 
Ash e Serena si guardarono negli occhi, quindi la ragazza prese la parola. 
«Ancora non abbiamo deciso. Prima di partire dovremo sbrigare una cosetta.» La ragazza fu piuttosto vaga, scatenando la curiosità dello studioso. «Scusate se sono indiscreto. Ma posso sapere di che cosa si tratta?» La ragazza annuì. «Assolutamente. Una gara Pokémon. Si terrà tra due settimane a Zafferanopoli. In base a come andrà la gara, decideremo il da farsi.» Il professore aveva capito cosa la ragazza intendesse con quelle parole.  
«E a proposito di questo, vorrei chiederle un favore.» Si aggiunse Ash. «Dimmi pure.» Gli rispose il professore. «Sa, per caso dove si trova la Poké Ball di Bulbasaur?» Il professore gli rispose senza chiedersi il motivo «Certo, te la prendo subito. Ma non restate là fuori. Entrate che vi offro qualcosa!»  
Ash, Serena e Pikachu si accomodarono nel laboratorio del professore, sedendosi sul divano. Il professore iniziò a scaldare dell’acqua nel bollitore. Nel frattempo che l’acqua bolliva, aprì il frigorifero e prese un vassoio di dolci.  
Fatto questo si diresse verso l’area del laboratorio dove stoccava le Poké Ball. Erano disposte in ordine alfabetico, quindi  
non gli ci volle molto per trovare quel che cercava. 
Arrivò, con la Poké Ball vuota in mano, proprio mentre l’acqua era giunta ad ebollizione. Premette l'interruttore e spense il dispositivo. Versò il liquido bollente in tre tazze.  
In breve, il colore del liquido passò dal trasparente all’ambrato. Ancora un po’ e la bevanda calda sarebbe stata pronta. 
A turno i tre misero lo zucchero nella bevanda. Ash era quello che la preferiva più dolce, il professore quello che la preferiva più vicina al suo gusto naturale. 
 «Scusa se sono indiscreto, ma come mai hai deciso di richiamare Bulbasaur? Non lotta da un po’ e sai che è il responsabile dell’ordine, qui al rifugio.» Chiese il professore. «Sono stata io a chiederlo.» Rispose Serena. «L’ho visto lottare contro Pancham e mi ha fatto venire in mente alcune combinazioni per le gare.» Il professore bevette un ulteriore sorso della sua bevanda calda. «Capisco. Ma chi si occuperà dell’ordine in sua assenza?» Chiese, piuttosto preoccupato. «Questo non è un problema. Ci penserà Torterra a mantenere l’ordine.»  
Il professore, ben conoscendo il Pokémon Continente, sapeva di non doversi preoccupare. «Eccola qui!» Il professore consegnò la Poké Ball di Bulbasaur alla ragazza. 
Dopo aver fatto merenda, i due, accompagnati dal professore, giunsero nuovamente al giardino, ove si trovavano Pokémon di Ash. Bulbasaur stava dando le ultime istruzioni a Torterra sul come comportarsi in sua assenza. Terminò rapidamente quando vide il suo Allenatore, la sua amica e il professore dirigersi verso di lui. 
Il Pokémon Seme si avvicinò, quasi istintivamente a colei che, temporaneamente, sarebbe stata la sua allenatrice.  
Serena si era inginocchiata verso di lui e aveva in mano la Poké Ball, con la mano appoggiata sul meccanismo di apertura. Notandolo, Bulbasaur colpì la sfera con una delle sue fruste, facendo rotolare la sfera dalle mani della ragazza. «Sembrerebbe che non ci voglia entrare. Almeno per ora. Magari vuole conoscerti meglio, prima di entrare.» Commentò il professore. «È così?» Chiese la ragazza. Il Pokémon Seme fece un piccolo cenno di approvazione. «Sai, Bulbasaur non è un tipo che si fida facilmente. Ma sembra che tu gli piaccia.» Serena sorrise. «Ne sono felice.» 
La ragazza riprese la Poké Ball da terra e la infilò nella borsa. «Spero di riuscire a convincerlo, almeno per la gara ad entrare. L’entrata in scena è importante, nelle gare Pokémon.» Ash si inginocchiò verso il suo Pokémon. «Capito amico? Pensi di riuscirci? Poi, ovviamente sarà solo per pochi minuti, non ti preoccupare.» Il Pokémon Seme fece cenno di aver capito. Nonostante il timore di quello che sarebbe potuto accadere attorno a lui, senza che lui potesse intervenire, avrebbe accettato di stare nella Poké Ball con quella ragazza, a patto che fosse stato per poco tempo. 
Fatto questo, i due si congedarono con il professore e si diressero verso un vicino campo lotta. Pikachu e Bulbasaur camminavano a breve distanza dalla coppia. 
Il roditore elettrico, nel suo linguaggio, stava spiegando all’amico la particolare relazione presente tra i due. Raccontò all’amico anche del bacio dato dalla ragazza nel momento in cui si erano separati. 
Pikachu raccontò anche di come la gara che avrebbe affrontato al fianco di Serena sarebbe stata fondamentale per decidere il da farsi. In caso di vittoria avrebbero viaggiato per Kanto. In caso di sconfitta nella lontana regione di Unima. Il Pokémon Seme ben comprese le parole dell’amico. In caso di sconfitta, Serena e Ash avrebbero avuto una maggior possibilità di avvicinarsi, senza che qualcuno li forzasse troppo. 
Avrebbe fatto del suo meglio in quella gara, ma sarebbe stato pronto a sabotarla, in caso fosse servito. Sentendo quelle parole, Pikachu lo riprese. Non era affatto una bella idea.  
I giorni passarono rapidamente, tra allenamenti, incontri con i fan, e orde di pretendenti fulminate con lo sguardo da parte di Serena, e finalmente era giunta la vigilia della gara. 
Per evitare di incorrere in ritardi, Serena aveva proposto a Ash di partire per Zafferanopoli il giorno prima, con il ragazzo che aveva accettato la proposta senza opporsi. 
Delia accompagnò i due alla stazione. Ash, come il giorno del suo arrivo, aveva aperto la porta alla ragazza e aveva aspettato che la stessa si accomodasse, prima di sedersi a sua volta. 
Delia era un po’ dispiaciuta. Non le era affatto dispiaciuto avere una “figlia” da viziare, e ora non solo se ne andava lei, ma se ne andava anche Ash. Per ora si sarebbero allontanati solo per un giorno, ma poi, forse la cosa sarebbe durata per parecchio tempo.  
La donna era consapevole della situazione. Da una parte aveva capito che tra i due ci fosse qualcosa di più di una semplice amicizia e, forse un nuovo viaggio insieme poteva farla sbocciare, qualsiasi cosa fosse.  
Forse sarebbe stato meglio, per entrambi, che il viaggio avvenisse nella lontana regione di Unima, ma la donna non se la sentiva di tifare contro Serena.  
Sapeva che comunque fossero andate le cose, Ash l’avrebbe sostenuta e l’avrebbe accompagnata nel suo sogno. Qualsiasi esso fosse. E questo, per lei significava davvero tanto. 
Accompagnati i due alla stazione, e congedatasi con i tre, la donna tornò a casa. Ash, Serena, Pikachu e Bulbasaur, dopo aver guardato il tabellone degli orari, capirono che avrebbero dovuto attendere mezz’ora.  
La piccola stazione non era molto affollata, per cui trovarono facilmente una panchina dove sedersi e aspettare. Avrebbero dovuto prendere il treno per l’aeroporto di Zafferanopoli, anche se si sarebbero fermati alla stazione centrale della metropoli, una fermata prima del capolinea. 
«Il treno regionale 7845541 diretto all’aeroporto di Zafferanopoli è in arrivo sul binario 2. Allontanarsi dalla linea gialla!» La voce registrata fece trasalire i due. Però almeno erano sulla banchina corretta. Per fortuna. 
Il treno, molto simile a quello che avevano preso due settimane prima, era appena arrivato. I pochi passeggeri a bordo erano scesi. Loro erano i soli a salire. Questo significava che avevano la possibilità di scegliere dove sedersi. 
Pochi istanti dopo, il treno cominciò a muoversi, in direzione Zafferanopoli.  
Il treno, come da tradizione, si sarebbe fermato in tutte le stazioni. Plumbeopoli, Celestopoli, Zafferanopoli periferia e, infine, la loro destinazione, Zafferanopoli centrale. 
Il treno, durante il viaggio, si era riempito di gente. Molti erano viaggiatori diretti all’aeroporto, ma altrettanti erano diretti al centro della città. 
Risalito, accompagnati dai Pokémon, il fiume di gente, finalmente poterono tornare a respirare. Erano nella piazza centrale della città. Piazza dedicata ad un importante figura storica della regione di Kanto. 
Dalla piazza, per raggiungere l’albergo che avevano prenotato, avrebbero dovuto prendere un bus. Per loro fortuna, quella  
piazza era il capolinea di numerose linee di autobus urbani, tra cui quella che avrebbero dovuto prendere. Linea Q. Quel mezzo, dopo sette fermate, li avrebbe portati letteralmente di fronte all’albergo in cui avrebbero alloggiato. 
L’albergo includeva anche un centro Pokémon, quindi Ash e Serena ne approfittarono per far fare un controllo ai loro Pokémon. Ash, in quel momento aveva con sé unicamente Pikachu, dato che, in quel momento, Bulbasaur era affidato a Serena. 
Mentre l’Infermiera portava il carrello nella sala posteriore, i due si diressero al bancone per fare il check-in. Era un bancone in legno pregiato, perfettamente intonato all’alta classe dell’albergo. 
Il piano su cui erano appoggiati i diversi oggetti era realizzato in marmo pregiato, così come i pavimenti. Dalle ampie  
vetrate, da cui era possibile vedere l’esterno, ma non viceversa, entrava parecchia luce. 
Stava per arrivare la primavera, dopotutto. 
La giovane impiegata aveva immediatamente riconosciuto Ash. «Buongiorno. Come posso esservi d’aiuto?» Chiese,  
allungandosi pericolosamente verso il ragazzo, facendo visibilmente innervosire Serena.  
Era una ragazza più o meno della loro età, capelli rossi, pelle chiara. Aveva il viso ricoperto di lentiggini, e gli occhi azzurri. 
Indossava una semplice camicia bianca con il logo dell’albergo cucito sopra.  
Indossava dei piccoli orecchini in argento con delle gemme preziose incastonate. Sopra la camicia indossava un gilet scuro. 
«Buongiorno. La stanza che abbiamo prenotato. La doppia» Tagliò corto la ragazza. Non sopportava che l’impiegata gli stesse così vicino. «Oh, sì. Eccola. Qui. È la stanza 1208. È al dodicesimo piano, ma non vi preoccupate. Potete tranquillamente prendere l’ascensore. È qui dietro. Mi servono solo i vostri documenti.» I due cercarono, nei rispettivi Smart Rotom, la loro scheda Allenatore. Documento di riconoscimento ufficiale riconosciuto ovunque. 
La giovane impiegata scansionò i QR code. «Perfetto. Questa è la tessera della serratura. Dovrete infilarla nell’apposito slot per attivare la corrente, quando sarete dentro. Mi raccomando. Portatela sempre con voi. Ah, a proposito…» la ragazza sorrise maliziosamente. «La stanza ha un letto matrimoniale» Serena arrossì. «Letto matrimoniale?» ripeté. «Ma cosa mi combini, Ash?» Il ragazzo si sentì ulteriormente in imbarazzo. «A dire il vero ho solo prenotato una doppia. Non avevo idea del fatto che…» Serena, in cuor suo, ci credeva. Era dell’idea che Ash ancora non lo avesse capito, quindi era legittimo che si aspettasse una stanza con due letti singoli. In ogni caso, Serena si girò verso la ragazza, e la vide ridere sotto i baffi.  
Questo voleva dire solamente una cosa. L’addetta l’aveva fatto apposta. 
Dopo essersi allontanati dal bancone, arrivarono di fronte al grosso ascensore. La ragazza premette il pulsante che permetteva di richiamarlo. Un breve segnale acustico confermò l’arrivo dello stesso.  
La porta metallica si aprì, permettendo ai due di entrare. Ash premette il pulsante che permetteva di raggiungere il dodicesimo piano. La porta dell’ascensore si chiuse e quest’ultimo cominciò a salire. Venne interrotto al quarto e al nono piano, da persone dirette al piano terra, ma, per come era strutturato il dispositivo, quest'ultimo dava priorità alla corsa più rapida. Ergo la prima sosta fu quella al dodicesimo piano. 
Appena la porta dell’ascensore si aprì, i due uscirono. Il pavimento dell’andito era un pregiato parquet. Ash cercò con lo sguardo la loro stanza, l’ottava di quel piano. 
A dire il vero fu Serena a prendere l’iniziativa e a trovare la stanza. Stanza che si trovava dalla parte opposta rispetto a quella in cui stava guardando Ash. 
La ragazza lo prese per un braccio e lo tirò nella sua direzione e, quasi, gli strappò di mano la tessera. Giunti davanti alla porta, la ragazza appoggiò la tessera sul sensore e questo fece scattare la serratura. 
La ragazza aprì la porta e vi si precipitò dentro. Non si curò nemmeno di inserire la tessera nel sistema che attivava la corrente della stanza. Non era quella la sua preoccupazione. 
Si voltò verso il letto.  E sì. Effettivamente era un matrimoniale. La ragazza si sentì ribollire il sangue. Avrebbe voluto ammazzare l’addetta alla reception. 
La stanza, come l'andito, aveva un pregiato pavimento in parquet, accanto al letto vi erano due comodini, in legno pregiato.  
Poggiati su di esso vi erano un telefono, per contattare la reception e una bajour. 
Non troppo distante dal letto, un tavolino con due sedie e un grosso televisore a schermo piatto. Le pareti, colorate di un delicato giallo, erano decorate da numerosi quadri, rappresentanti principalmente Pokémon della regione di Kanto. 
Non era presente un lampadario vero e proprio, e questo fece interrogare Ash sul come avrebbero potuto vedere di notte. 
Nella parete più vicina all’ingresso e più lontana dal letto vi era la porta che conduceva al bagno privato. 
Ash si accorse subito dell’imbarazzo della ragazza. Sarebbe stata solo una notte, ma l’imbarazzo di Serena era palpabile. «Peccato che Pikachu sia dall’Infermiera, sennò gli avrei potuto chiedere di dividere il letto in due con Codacciaio» Serena non riuscì a trattenere le risate. L’umorismo era una delle cose che più apprezzava di Ash.  
«Si… certo e poi ci chiedono i danni!» Rispose Serena, cercando di nascondere il rossore. I due posarono gli zaini contro la parte anteriore del letto. Serena estrasse dallo zaino il vestito che aveva portato con sé. Era tutto spiegazzato, quindi avrebbe dovuto portarlo in una tinta lavanderia. 
La ragazza guardò sul suo Smart Rotom. Il locale che cercava era poco lontano dall’albergo. Ash lo guardò di sfuggita. Sembrava un abito da sera scuro. Non l’aveva mai visto, e già se lo immaginava indossato dall’amica. 
La ragazza infilò la tessera nella borsetta e uscì dalla stanza, seguita da Ash. 
I due presero l’ascensore e scesero fino al piano terra. «Beh, com’era la stanza?» Chiese l’addetta, con il chiaro intento di punzecchiare Serena. «Bella, bella.» Rispose la ragazza, avendo compreso che si trattasse di una provocazione.  
 «Ah, siete voi!» I due riconobbero immediatamente la voce dell’Infermiera.  
 «I vostri Pokémon sono adesso in perfetta forma!» I due si avvicinarono al bancone dell’Infermiera, che aveva appoggiato le Poké Ball di Serena sul bancone. Pikachu e Bulbasaur, invece erano sul carrello, fuori dalla Poké Ball. Il roditore elettrico salì sulla spalla del suo Allenatore, mentre Bulbasaur, aiutandosi con le fruste, raggiunse il pavimento. 
Serena trascinò Ash fino all’uscita dell’albergo, e da essa alla fermata del pullman. Avrebbero dovuto raggiungere la tinto lavanderia, che si trovava dall’altra parte della città. 
Ash non comprese tutta questa fretta da parte di Serena. Lo comprese solo una volta giunti di fronte all’edificio. Era una piccola insegna, su di una porta. 
Serena trascinò Ash e i Pokémon all’interno dell’edificio. Era una tinto lavanderia piuttosto piccola. Ci lavoravano unicamente due persone. Due ragazze, per la precisione. Entrambe avevano riconosciuto Ash. E avevano anche notato il fatto che fosse accompagnato da una bella ragazza. 
«Salve.» Salutò educatamente Serena, con tanto di profondo inchino, similarmente ad Ash. «Come posso aiutarti?» Chiese una delle due. «Ecco» La ragazza appoggiò la busta sul bancone. «Potreste occuparvi del mio vestito?» La commessa sorrise. «Normalmente ti direi che dovresti aspettare almeno una settimana, dato che siamo pieni, ma dato che sei la fidanzata di Ash… faremo un’eccezione e lo avrai pronto per domani mattina.» Serena arrossì. Per quanto lo desiderasse, Ash non era il suo fidanzato. Almeno per ora. Ma se questo le permetteva di avere il vestito pronto per il giorno dopo, avrebbe accettato di far finta che lo fosse.  
«Bene. Ci servirebbe la tua scheda Allenatore, così domani potremo riconoscerti.» Serena, mezzo paralizzata, per essere stata definita la fidanzata di Ash, possibile che anche delle perfette sconosciute l’accostassero al ragazzo, porse alla commessa il documento richiesto. La ragazza, dopo averlo scansionato, lo restituì alla proprietaria. 
Usciti dal negozio, Serena tirò un orecchio ad Ash. 
«Perché quando lei ha detto che io ero la tua ragazza te non hai detto nulla? Come mai non ti sei opposto?» Ash non pensò nemmeno a come rispondere. «Altrimenti non ti avrebbero preparato il vestito in tempo, no?» La ragazza finse di fare una faccia arrabbiata. Ma, dentro di sé era felice. Dal momento che Ash non si era opposto, allora forse avrebbe voluto dire che non gli dispiaceva essere accostato a lei.  
Affidato il vestito alle specialiste, i due, assieme ai Pokémon ebbero l'opportunità di andare in giro per la città, con Ash che fece da guida alla ragazza, accompagnandola fino all’arena dove si sarebbe svolta la gara. Era un edificio situato nel mezzo del parco al centro della città. 
Ricordava una sorta di cupola, sorretta da diversi archi. Sulla porta principale, vi era esposto un grosso cartello. «Le iscrizioni alla gara Pokémon di Zafferanopoli sono aperte fino alle 07:00 del giorno della gara.» Lesse Serena. «Dato che ci siamo, potresti anche iscriverti ora, cosa ne pensi?» La ragazza ci pensò alcuni istanti. Era evidente quanto Ash tenesse al fatto che partecipasse a quella gara. Il giorno dopo, molto probabilmente ci sarebbe stata più gente e avrebbero rischiato di non farcela. «Si. Buona idea. Andiamo.» 
Ash aprì la porta alla ragazza, ed entrò subito dopo di lei. Chiusa la porta, si accorse di come, a parte l’addetta all'accoglienza, non vi fosse nessuno. Serena si precipitò al bancone. 
«Buongiorno» Salutò Serena. «Buongiorno a te!» La salutò l’addetta all’accoglienza. «Immagino che tu sia venuta qui per iscriverti alla gara, non è così?» Serena rispose in maniera affermativa, con un piccolo cenno del capo. 
«Perfetto, allora lascia che ti registri» Serena passò il suo Smart Rotom all’addetta, in modo da scansionare la scheda.  
«Vedo che hai partecipato a diverse gare. Ma questa è la tua prima volta qui a Kanto. Credo che potrai fare bene» Serena sorrise. «Lo spero.» 
Fatto questo, i due andarono a pranzare in un ristorante poco lontano. Gli stomaci di Ash e Pikachu, avevano brontolato, facendo ben comprendere a Serena quali sarebbero stati i piani successivi. 
Dopo pranzo, i due continuarono l’esplorazione della città. Visitarono i numerosi punti d’interesse della grande città, fino al tramonto. La temperatura stava diventando troppo bassa, per essere sopportata con una semplice giacca. 
Tornati all’albergo, qualcosa attrasse l’attenzione di Ash. Una lunga fila di allenatori e di allenatrici che premeva verso una porta. «Scusa se sono indiscreto, ma come mai c’è tutta questa gente?» Chiese Ash, rivolgendosi all’addetta alla Reception. 
«Hanno scoperto che avresti alloggiato qui e credevano di trovarti nel campo di lotta. Le guardie, pur di far capire alla gente che tu non fossi lì, si sono dovute chiudere dentro. Beh. Ora che sei qui, potresti accontentarli.»  Ash incrociò lo sguardo con Serena. Da un incrocio di sguardi, la situazione fu ben comprensibile. «Bene. Dove dovremo andare?» Chiese il ragazzo.  
«Seguitemi.» La ragazza si alzò e fece cenno ai due di seguirla.  
Uscirono silenziosamente dall’albergo e raggiunsero un’entrata secondaria. Quest’ultima si trovava su di un vicoletto, poco illuminato. Una piccola luce al neon illuminava l’ingresso secondario.  
Emetteva un fastidioso ronzio, che metteva una certa inquietudine. 
La ragazza estrasse dalla sua borsa un mazzo di chiavi, e trovata quella giusta, la inserì nella toppa, facendo scattare il meccanismo. La porta non veniva aperta spesso, quindi dovette fare un po’ di forza. Rischiava seriamente di rompere la chiave, ma per fortuna andò tutto per il meglio. La serratura scattò e la ragazza abbassò la maniglia. Con una spinta non indifferente, quest'ultima si aprì permettendo ai tre di entrare. Appena entrati, la ragazza azionò una serie di levette, simili a quelle dei contatori della luce.  
Diversi fari, simili a quelli utilizzati negli stadi, si accesero, illuminando a giorno l'intero campo. Accorgendosi della bassa temperatura della stanza, accese anche il riscaldamento. 
Il campo era piuttosto ampio, circondato su tutti i lati da delle tribune altrettanto ampie. Per raggiungere il campo bisognava passare in un andito posto sotto le tribune. I due si fecero guidare dalla ragazza. Non che vi fosse il rischio di perdersi, nella peggiore delle ipotesi sarebbero andati a finire nei bagni, o negli spogliatoi, ma semplicemente perché volevano raggiungere il campo il prima possibile. 
Appena giunti davanti alla rete di protezione, la ragazza aprì il lucchetto che chiudeva la porta che permetteva di entrare all’interno dell’area di lotta. 
L’alta recinzione permetteva di proteggere il pubblico da attacchi e cose simili. «Bene, ora posso fare entrare il pubblico!» 
La ragazza abbandonò i due, e si diresse alla porta principale, aprendola. Venne travolta dall’enorme flusso di persone, che aspettavano Ash. 
Fecero a gara per accaparrarsi i posti migliori, quelli che permettevano di avere una visuale migliore sul campo di lotta. Molti di loro erano allenatori, ma erano consapevoli del fatto che non avrebbero avuto alcuna speranza contro di lui. 
Dopo diversi istanti di silenzio, in cui Ash e Serena si guardarono negli occhi e poterono constatare l’enorme presenza di pubblico. Nessun posto era libero. 
Ad un certo punto, dalla porta d’ingresso entrò una coppia di anziani, con tutta probabilità, i proprietari dell’albergo. 
L’uomo aveva i capelli bianchi, corti. Alto circa un metro e ottanta, e di corporatura robusta. Da giovane doveva aver avuto un fisico da fare invidia a Bruno. Aveva dei baffi a forma di trapezio isoscele. Sembrava avesse anche un dente d’oro.  
indossava un maglione verde, dei pantaloni marroni e delle scarpe nere. Indossava una catenina in oro massiccio. Sull’anulare della mano sinistra, un anello in oro. Anche la donna ne indossava uno uguale. Ergo erano sposati. 
La donna, dalla corporatura esile, poco più alta di Serena, aveva i capelli appena grigi, legati in uno chignon. Indossava anche lei un maglione, ma di colore rosa chiaro, e una lunga gonna nera. Quando spostò il braccio, Serena poté notare il grande numero di bracciali che la donna indossava.  
«E così il campione e la sua fidanzatina hanno deciso di farci visita!» Esordì l’anziana. «Ecco… io… veramente…» Serena cercò di smentire la donna. Dopotutto non era la fidanzata di Ash. O almeno per il momento. Solo che si accorse di come le numerose ragazze presenti guardassero Ash con occhi sognanti. 
Se, per tenerle lontane bastava fare finta di essere la sua fidanzata, avrebbe accettato. Ma ora non era il momento di pensare a quelle cose. Era chiaro che i due anziani allenatori volessero lottare. 
La ragazza che li aveva accompagnati si era posizionata nella postazione da arbitro. Questo voleva dire che lei si sarebbe occupata della gestione dell’incontro. 
«Comincia la lotta a coppie tra il Campione del Mondo Ash e la ehm… Performer? Coordinatrice? Allenatrice?» Sembrava che la ragazza non avesse grandi simpatie per Serena. O forse voleva sminuirla agli occhi degli altri per poi prendersi Ash, o ancora voleva farla innervosire per favorire i proprietari dell’albergo, anche se, in quel caso, avrebbe avuto più senso prendersela con Ash. Provocazione o meno quel modo di fare non le piaceva affatto. 
«E i proprietari dell’albergo, il signor Renato e la signora Emiko, sta per iniziare. Ogni allenatore potrà usare un solo Pokémon, la lotta sarà conclusa quando entrambi i Pokémon di una coppia non saranno più in grado di continuare! Allenatori! Mandate in campo i vostri Pokémon!» Ash e Serena si guardarono negli occhi. Qualsiasi scelta avessero fatto i loro avversari, avevano le idee chiare su chi mandare in campo.  
«Amico, te la senti?» Pikachu rispose affermativamente, andandosi a schierare in campo. «Sylveon! Tocca a te!» Gridò Serena, mentre lanciava la Poké Ball della sua Sylveon. «Io mi affido a te!» Gridarono contemporaneamente i due anziani, mandando in campo un Espeon e un Umbreon. 
«Fantastico! Un Espeon e un Umbreon!» Ash era, come suo solito, molto entusiasta. «Sembrano davvero forti!» I due anziani guardarono la coppia di giovani. «Fai bene a non sottovalutarci!» Rispose l’anziano. 
«Vogliamo sbrigarci? Qui c’è del pubblico che non aspetta altro!» Gli esortò la rossa. 
«Si, certo!» Le rispose Ash. 
«Se non vi dispiace cominciamo noi! Pikachu vai con Attacco Rapido su Espeon!» Gridò Ash. «E tu Sylveon usa Comete!» Pikachu si mise a correre a gran velocità contro l’avversario, con quest’ultimo che inizialmente sembrava non reagire. Discorso simile per Umbreon. Sembrava quasi volesse essere colpito. 
«Schiva!» Gridarono i due anziani, all’unisono. Come se fossero una sola persona. Pikachu rimase di sasso, vedendo interrotto il suo attacco a pochi istanti dall’essere messo a segno. 
E, forse, cosa ancora peggiore, stava per essere colpito dall'attacco della Sylveon di Serena. 
«Presto! Distruggi le comete con Codacciaio!» Ordinò Ash. La struttura della coda del Pokémon si modificò, divenendo dura quanto l’acciaio. Le stelle di energia lanciate da Sylveon vennero distrutte, trasformandosi in polvere. 
Serena tirò un sospiro di sollievo. Di certo non era sua intenzione attaccare un suo alleato. 
«Attacco Rapido!» Secondo ordine. Sempre come se i due anziani fossero una singola entità. Le due Eeveelutions si misero a correre a gran velocità contro Pikachu. lo avrebbero raggiunto presto. E questo sarebbe potuto essere un problema.  
«Presto! Codacciaio sul terreno!» Pikachu ben comprese la tecnica che il suo Allenatore voleva adottare. Era un classico. Spiccò un grosso balzo aiutandosi coi muscoli degli arti posteriori, quindi, all’atterraggio colpì il terreno con un violento colpo della coda, creando una grossa spaccatura sul terreno, e proiettando in aria entrambi gli avversari. 
«Bene, proprio quello che ci serviva! Sylveon, usa Vento di Fata!» La Sylveon della ragazza generò una fortissima corrente d'aria che lanciò violentemente entrambi gli avversari verso la rete di protezione.  
Per quanto il colpo fosse stato duro, non fu sufficiente a sconfiggerli. Dopo essersi scrollati di dosso il dolore, i due Pokémon erano di nuovo pronti all’attacco. 
«Palla Ombra!» Di nuovo i due anziani ordinarono l’attacco all’unisono. I due Pokémon generarono dalla bocca una grossa sfera di energia oscura. Colore viola scuro, tendente al nero. Era rivestita da numerose scariche di energia, simili a fulmini dal colore simile.  
«Presto Pikachu! Usa Codacciaio per distruggere il loro attacco!» Pikachu spiccò un balzo e, con un violento colpo della coda, fece esplodere una delle due sfere di energia oscura. 
Pikachu tentò di fare lo stesso con la seconda, ma, prima che potesse anche solo avvicinarsi, venne bloccato da una forza invisibile. Era lo Psichico dei due Pokémon. Lo stesso poteva dirsi della Sylveon di Serena, che venne colpita in pieno dall’attacco avversario. Una grossa esplosione la proiettò contro le reti.  
«Tutto bene, Sylveon?» La Pokémon della ragazza si rimise in piedi, confermando che fosse tutto a posto. Nonostante questo gesto, Serena si accorse di come l'impatto con le reti, le avesse causato alcune ferite.  
«Forza, usa Comete!» La Pokémon eseguì l'ordine della sua allenatrice, generando un ventaglio di stelle dorate che scagliarono contro i due avversari. I due Pokémon tentarono di difendersi scagliando Palla Ombra, ma le due sfere di energia oscura si scontrarono con solo alcune di esse. 
Il resto colpì i due Pokémon e li fece andare uno contro l’altro. 
«Molto bene, Pikachu! Chiudiamo in Bellezza! Usa Fulmine!» Il roditore elettrico generò una potentissima scarica elettrica che colpì in pieno i due avversari e li proiettò in aria. 
«Sylveon! Sei pronta? Usa Vento di Fata!» La Pokémon della ragazza generò una potentissima corrente d’aria che lanciò nuovamente i due avversari contro la rete. 
«Espeon e Umbreon non possono più continuare! Vincono Pikachu e Sylveon! Di conseguenza i vincitori dell’incontro sono Ash e Serena!» Dichiarò l’arbitro. 
I due ragazzi e gli anziani proprietari dell’albergo si incontrarono a metà del campo di lotta e si strinsero la mano a vicenda. 
«Devo ammettere che il vostro legame è davvero forte. Forse più del nostro.» Si congratulò l’anziano. Serena arrossì per quel complimento. Sapeva di trovarsi bene con Ash, ma… 
I suoi pensieri vennero interrotti dall’applauso del pubblico. Era stata davvero una bella lotta, e i numerosi spettatori si erano divertiti. E questo era l’importante. 
Dopo una lotta così intensa, la fame si fece sentire. E, infatti, guardando l’ora, era chiaro che fosse il momento di cenare. 
Il ristorante dell’albergo si trovava al ventesimo piano, e la folla di gente, sebbene fosse impaziente di cenare, decisero bene di dare la priorità a chi era coinvolto nella lotta. 
Dopo l‘abbondante, almeno per Ash, dal momento che Serena non mangiò quasi nulla, vuoi per la tensione, vuoi per il pessimo scherzo dell'impiegata alla reception.  
Sapendo che si sarebbero dovuti alzare presto, i due, scortati dai loro Pokémon, raggiunsero la loro stanza, e, dopo aver guardato un po’ di TV, si coricarono. 
Ash e Pikachu si addormentarono immediatamente, contrariamente a Serena. Si era sdraiata, ma non riusciva a prendere sonno. Era pericolosamente vicina a Ash. Sebbene il ragazzo stesse dormendo beatamente e si trovasse sul bordo più esterno del letto, era comunque DECISAMENTE TROPPO VICINO e questo la faceva sentire non poco a disagio. Inoltre, l’enorme imbarazzo per la situazione, le stava causando una fortissima sensazione di calore, che peggiorava ulteriormente la situazione, rendendole impossibile dormire.  
Alla fine, quella notte non chiuse occhio.  
Ash, da appena sveglio, notò la cosa immediatamente. «Tutto a posto? Dalla tua faccia, mi sembra che tu non abbia dormito granché.» Era accaduto quello che temeva. E doveva inventarsi una scusa plausibile. Per sua fortuna, Ash era un ragazzo semplice, si sarebbe bevuto qualsiasi scusa. «Semplicemente la tensione per la gara non mi ha fatto dormire. Non ti preoccupare, è tutto a posto» La risposta non si fece attendere. «Se lo dici tu.» Dopo essersi sistemati alla bell’e meglio, e raggiunsero, tramite l’ascensore, la sala dedicata alla colazione. 
Ash, come suo solito, si strafogò di cibo, e Pikachu allo stesso modo. Serena, ancora tesa, mangiò il minimo indispensabile, mangiò giusto una pasta e bevette un caffè, il primo di una lunga serie. 
Dopo colazione, si diressero immediatamente alla fermata del pullman, per poter ritirare l’abito e poi raggiungere l’arena dove si sarebbe disputata la gara. Appena arrivati, la ragazza mostrò i suoi documenti all’addetta e si precipitò verso i camerini. Voleva essere impeccabile, per quanto fosse possibile. 
Appena la ragazza si guardò allo specchio, si spaventò. Non aveva dormito e questo aveva presentato il conto. Aveva delle terribili occhiaie. Questo voleva dire che avrebbe dovuto ricorrere al trucco. Una cosa che non amava fare particolarmente, ma, in questo caso, non aveva alcuna scelta. 
Mentre si preparava, aveva bevuto altri tre caffè. Il fatto di non aver dormito per nulla, pesava sempre di più, ma non ci poteva fare molto. Sperava solo che questo non compromettesse più di tanto i risultati della gara. In ogni caso, ormai non poteva più tirarsi indietro. Soprattutto data la grande importanza di quella gara. 
La sua sola fortuna era l’assenza di Vera, colei che considerava come la sua maggiore rivale. Aveva avuto un piccolo contrattempo e non avrebbe potuto partecipare. 
Certo, questo non voleva dire che non si sarebbe dovuta impegnare, ma l’assenza di una rivale di così alto livello, poteva ribaltare le sorti della gara. 
«Tutti i coordinatori e tutte le coordinatrici dovranno presentarsi nella sala dedicata entro cinque minuti!» Serena sentì l'altoparlante gracchiare, e comprese che avrebbe dovuto fare in fretta. La ragazza finì rapidamente di truccarsi, più che altro di nascondere le occhiaie, e di finire di sistemarsi i capelli. 
Fu abbastanza veloce da potersi anche ritagliare il tempo per bersi il quinto caffè di giornata. La caffeina la stava iniziando a fare innervosire, ma ci poteva fare poco. L’altra scelta era quella di crollare addormentata. 
Dopo essersi preparata, la ragazza raggiunse Ash. Indossava un abito disegnato e realizzato da lei stessa, data la sua nota abilità nel cucito. 
Era un vestito di colore nero, composto da una gonna a due altezze, la cui parte più lunga arrivava quasi a terra e la parte più corta un po’ sopra il ginocchio. L’abito aveva solo una spallina. In vita indossava una fascia verde chiaro.  
Indossava poi dei tacchi non troppo alti, e degli orecchini verdi. 
«Beh, come sto?» Chiese la ragazza. Ash, che in quel momento era circondato da numerose fan, non poteva vederla, e fece cenno alle diverse ragazze che lo circondavano, di fare un po’ di spazio. 
Serena stava per esplodere dalla gelosia. Non sopportava che delle ragazze ronzassero attorno al suo Ash. Il ragazzo, Pikachu e Bulbasaur la guardarono. Era semplicemente divina. 
«Sei fantastica!» Le rispose il ragazzo, mai avaro di complimenti. I Pokémon, nel loro linguaggio, confermarono la cosa. Le altre ragazze, guardandola, ben compresero che non avrebbero potuto competere. 
Pochi minuti dopo, Serena e tutti gli altri coordinatori si allontanarono, per raggiungere l’area dedicata a chi si sarebbe dovuto esibire.  
Serena sarebbe stata la quinta ad esibirsi. Questo le permise di avere un assaggio del livello dei suoi avversari, che si era dimostrato piuttosto alto. Un’ottima motivazione per la ragazza. 
«Serena?... Serena?» Una voce femminile fece spaventare la ragazza. «Si?» Chiese, ancora concentrata sullo schermo. «Sarai la prossima. Ti conviene iniziare a prepararti.»  
La ragazza non esitò a rispondere. «Certo. Arrivo subito.»  
Serena, che non conosceva la planimetria dell’edificio, decise di seguire l’addetta. Scelta che si rivelò particolarmente vincente, dal momento che gli anditi erano piuttosto intricati. Se non l’avesse seguita, con tutta probabilità si sarebbe persa.  
Era un po’ nervosa, ma era abbastanza normale che lo fosse. 
Era a pochi passi dall’uscita e già incominciava a sentire i cori di incoraggiamento. La ragazza compié gli ultimi passi che la separavano dall’arena.  
Era circondata dal pubblico su ogni lato. Sulla sinistra vi era il piccolo banco della giuria, composta, come da tradizione, dal signor Contesta, un signore di circa cinquant’anni, capelli neri con il ciuffo grigio, vestito con un completo elegante di colore rosso, il signor Sukizo, un uomo di circa quarant’anni, capelli castani corti, vestito con un completo blu scuro, e, ultima, ma non per importanza, l’infermiera Joy. 
Appena si trovò davanti al pubblico, salutò tutti con un gesto della mano. Poi, quando ricevette il segnale, mandò in campo il Pokémon che avrebbero partecipato al saggio di recitazione. Pancham e Bulbasaur. 
Il primo uscì dalla Poké Ball circondato da delle saette, per via dei Lampobolli che rivestivano la Poké Ball del Pokémon Briccone. I bolli di Bulbasaur, invece, erano dei Florbolli, per questo era circondato da numerosi petali colorati. Il Pokémon, come concordato in precedenza, li respinse con un potente Frustata. 
Ora che i due Pokémon erano atterrati era il momento di cominciare. «Comunicano! Pancham! Usa Pietrataglio! Tu, Bulbasaur ingoia Energipalla e poi vai con Solarraggio!» Mentre il Pokémon Seme incominciò a generare dalla bocca una sfera di energia dal colore verde intenso, simile, per certi versi ad un occhio, Pancham tirò un potente pugno sul terreno, generando dei giganteschi massi acuminati dal colore azzurro. Non serviva che gli venisse detto nulla. Nel momento in cui Bulbasaur si stava avventando sul suo stesso attacco, Pancham stava, acrobaticamente salendo su quelle rocce. Una capriola dopo l’altra raggiunse la roccia più alta. Nel frattempo, Bulbasaur aveva assorbito il suo stesso attacco, accumulando sufficiente energia per poter utilizzare Solarraggio. 
«Adesso! Pancham! Usa Neropulsar sul Solarraggio! Tu Bulbasaur! Lancia un Energipalla in alto, poi colpisci le pietre con Frustata!» Pancham lanciò dagli arti superiori una serie di anelli dal colore violaceo, che circondarono il raggio di energia giallo lanciato dal bulbo sulla schiena del Pokémon Seme. I due attacchi, per come si erano incrociati, ricordavano una sorta di elica. La sua permanenza fu tuttavia breve, dal momento che venne colpita dall’Energipalla di Bulbasaur. 
Lo scontro tra i due attacchi generò un’esplosione di scintille di vari colori.  
Mancava solo il colpo finale. Un potente Frustata distrusse le rocce. Pancham, come da programma, spiccò un salto atterrando in verticale, circondato dalla polvere azzurra delle pietre. 
«Veramente notevole!» Commentò, laconicamente, il signor Sukizo. «Siete stati veramente fantastici, avete espresso al massimo le vostre abilità» Si aggiunse il signor Contesta. «Due piccoli Pokémon veramente pieni di energia, che ci hanno deliziato con la loro grande abilità!» Concluse l'Infermiera Joy. 
Nonostante i giudizi positivi da parte dell’intera giuria, Serena era piuttosto nervosa. Era consapevole dell’ottimo lavoro svolto, ma non poteva essere certa del risultato, almeno fino all’annuncio dello stesso. 
La ragazza era seduta nella sala d’attesa, e osservava le esibizioni dei rivali.  
«E ora, dopo l’esibizione di Francesca, annunciamo gli otto coordinatori che accederanno alla fase delle gare di lotta!» 
Piano piano, sullo schermo, apparirono le immagini dei finalisti.  
E Serena era la sesta.  
Ora, sullo schermo stavano apparendo gli abbinamenti. La sua avversaria era proprio Francesca, l’ultima coordinatrice ad essersi esibita. Era una ragazza di un paio di anni più piccola di lei. Aveva i capelli biondo chiarissimo, quasi bianchi, la pelle pallidissima e gli occhi azzurri. Indossava un abito scuro, che la faceva sembrare ancora più cadaverica. 
Era altamente probabile che quella, per Francesca, fosse una delle sue prime gare, se non la prima.  
La ragazza, durante il saggio di recitazione, aveva utilizzato un Lycanroc forma giorno e una Furfrou, con il taglio gentildonna. La sua acconciatura, ricordava una sorta di cappello, e aveva delle trecce. Alcune parti del corpo, come per esempio la parte anteriore del petto, la parte inferiore delle zampe e la fascia sul cappello di colore giallo, e per regolamento lo avrebbe dovuto fare anche nella gara di lotta.  
Allo stesso modo, Serena mandò in campo Pancham e Bulbasaur.  
Le due ragazze si guardarono negli occhi, e si sorrisero a vicenda. Francesca conosceva la sua avversaria. Era una coordinatrice espertissima, oltre che una performer. Era arrivata vicina ad essere Regina di Kalos.  
Sapeva di non poterla battere, ma avrebbe sfruttato la gara di lotta per accumulare esperienza. Aspettavano solo il segnale. Che arrivò quasi subito. 
«Cominciamo noi! Furfrou, usa Turbosabbia, Lycanroc usa Visotruce!» Dal terreno il Pokémon Barboncino generò una grossa onda di sabbia, che venne colpita dall’energia rilasciata dal viso del Pokémon Lupo. La combinazione tra le due mosse creò una sorta di mostro di sabbia. 
Questo fece perdere diversi punti a Serena. Nonostante questo, la nativa di Kalos era tranquilla. Sapeva perfettamente come rispondere. «Bulbasaur! Usa Energipalla sul loro Turbosabbia! Pancham usa  Pietrataglio!» Bulbasaur, dalla sua bocca, generò una sfera di energia dal colore verde, simile ad un occhio, e la scagliò contro la combinazione avversaria, facendola esplodere, facendo perdere dei punti a Francesca. Meno dei punti persi da lei, ma andava bene così. 
Pancham, nel frattempo, tirò un potente pugno contro il terreno, generando dal terreno dei massi dal colore azzurro. «Lycanroc! Usa anche tu Pietrataglio!» Ordinò l’avversaria. Il Pokémon Lupo colpì il terreno con gli arti anteriori, generando a sua volta dei massi dal colore azzurro. 
I due attacchi si incontrarono a metà del campo, generando un’esplosione di scintille azzurre, facendo perdere punti alle due in egual misura. 
«Bulbasaur! Ingoia Energipalla! E poi vai con Solarraggio! Pancham! Usa di nuovo Pietrataglio!» Il Pokémon Seme generò una sfera di energia verde, simile ad un occhio, e la scagliò verso l’alto. 
Saltò a sua volta e la ingoiò. Il suo corpo venne illuminato da una luce verdognola. Questo gli diede sufficiente energia per 
poter caricare il suo Solarraggio senza dover assorbire la luce del sole. Il raggio di energia uscito dal bulbo sulla schiena del Pokémon, indirizzandolo verso Fourfrou.  
«Forza! Difenditi con Raggioscossa!» Il Pokémon Barboncino generò dalla sua peluria un raggio di energia elettrica che colpì l’attacco di Bulbasaur. I due, attacchi, collidendo, esplosero. 
Le due coordinatrici persero lo stesso numero di punti. Per questo motivo Francesca conservava il suo vantaggio. Per quanto piccolo. «Lycanroc usa Rocciarapida sul Pietrataglio!» ordinò. Serena rimase attendista. Come se lo aspettasse. 
«Pancham! Aspetta che ti raggiunga e attaccalo con Sberletese! Poi tu, Bulbasaur attacca con Energipalla!» Lycanroc corse a gran velocità sbriciolando l’attacco avversario, e facendo perdere degli altri punti a Serena. Il contatore dei punti non fece in tempo ad aggiornarsi, che subito Lycanroc venne scaraventato in aria dal potente attacco avversario. Come se non bastasse venne colpito anche dall’Energipalla di Bulbasaur. 
«Lycanroc non può più continuare. La vincitrice della gara è Serena»  
Annunciò la giura. Le due ragazze si incontrarono a metà campo. E si strinsero la mano. «Sei stata bravissima!» Si complimentò Francesca. «Anche te. È stata davvero una bella lotta. Penso che avrai un grande futuro nelle gare.» Francesca era estremamente felice del complimento ricevuto. Aveva grande ammirazione per la nativa di Kalos e sentire quelle parole, la riempivano d'orgoglio. 
Le due avevano sgomberato il campo di lotta, per permettere agli altri di esibirsi. Da otto, i partecipanti divennero quattro. Serena studiò i suoi avversari uno ad uno. Erano una ragazza e due ragazzi.  
Il suo avversario sarebbe stato uno dei due ragazzi nella fase seguente. Tale Ryo. Un ragazzo dai capelli neri, a spazzola. Vestito in giacca e cravatta. Più che un coordinatore, sembrava un agente di commercio. 
Per la giovane, non fu difficile strappare la vittoria e ottenere un biglietto per la fase finale. Dove la sua avversaria sarebbe stata Elin, la vincitrice della gara dopo di lei.  
Dopo le dovute sistemazioni e dopo aver curato i Pokémon, le due coordinatrici si trovavano faccia a faccia.  
Elin aveva più o meno la sua stessa età, ed era presumibile che avesse un’esperienza simile. 
Elin aveva i capelli color lavanda e occhi dello stesso colore. Naso piccolo e labbra sottili. Era vestita elegante e sobria.  
I suoi Pokémon erano un Vaporeon e un Flareon. Avevano partecipato al saggio di recitazione e alle fasi seguenti, come da regolamento, del resto.  
Aveva avuto modo di saggiarne le sue abilità. Era davvero molto, molto abile. Le due si studiarono per un tempo apparentemente infinito.  
L’incrocio di sguardi terminò soltanto quando, alle due venne dato il segnale per mandare in campo i loro Pokémon. Chi mandarono in campo, non fu affatto una sorpresa, a causa degli stringenti regolamenti, ma la sfida sarebbe stata ugualmente interessante.  
«Possiamo cominciare! Vaporeon! Palla Ombra! Flareon, mostra quel che sai fare! Attacco Rapido!» Ordinò la ragazza, con una forte convinzione. Vaporeon generò dalla sua bocca una sfera di energia oscura, dal colore violaceo, circondata da delle scariche di energia, simili a fulmini.  
«Forza, Bulbasaur! Difenditi con Energipalla! Pancham Pietrataglio!» Le due sfere di energia si incontrarono in aria, esplodendo, creando un'esplosione di polveri colorate. Le due coordinatrici persero la medesima quantità di punti. Serena passò in vantaggio quando i massi generati dal potente attacco di Pancham, scaraventarono indietro Flareon. 
«Forza, riproviamoci! Flareon! Attacco Rapido su Bulbasaur! Vaporeon! Codacciaio su Pancham!» Ordinò. Rimase piuttosto sorpresa quando Serena non reagì. Sembrava aspettasse il momento giusto e che non volesse svelare la sua strategia. Flareon si stava pericolosamente avvicinando a Bulbasaur e lo stesso poteva dirsi di Vaporeon con Pancham. «Adesso! Bulbasaur! Fermalo con Frustata. Tu Pancham! Afferra Vaporeon e lancialo!» i due Pokémon eseguirono. Dal corpo di Bulbasaur spuntarono due liane che afferrarono e avvolsero strettamente Flareon. Contemporaneamente Pancham afferrò la coda di Vaporeon e lo scagliò contro l’estremo opposto del campo. 
Serena aveva un buon vantaggio, ma mancavano ancora tre minuti. L’avversaria, valutando la situazione reagì immediatamente. «Flareon! Comincia a scaldarti! Vaporeon tu usa Geloraggio!» Il corpo di Flareon cominciò a diventare rosso, e cominciò ad intravedersi del fumo. Bulbasaur, senza che Serena gli dicesse nulla, questi non mollò la presa. Tutt’altro. Flareon fece un’espressione di sofferenza, ma non desistette. Anzi. «Pancham! Usa Pietrataglio intorno a te!» Il Pokémon Briccone eseguì il comando, proteggendosi dall’attacco avversario con la coltre di massi. In questo modo i massi vennero congelati, ma Serena perse molti meno punti del previsto. Bulbasaur, dal canto suo, aveva dovuto mollare la presa. Il calore era eccessivo. Flareon cadde a terra, ma il colpo venne ben attutito. 
«Benissimo! Pancham, ora lancia i massi con Sberletese!» Il Pokémon Briccone eseguì il comando lanciando contro l’avversario i massi sbriciolati e i pezzi di ghiaccio. Questo fece perdere altri punti all’avversaria. Serena era molto vicina alla vittoria. Ma mancava ancora un minuto. 
«Forza, Vaporeon! Rispedisci indietro il suo attacco con codacciaio! Te, Flareon attacca Bulbasaur con Fucocarica!» Con un rapido movimento della coda, il Pokémon lanciò contro l’avversario gli stessi pezzi di roccia gelata che gli erano stati scagliati in precedenza. Flareon al contempo, si mise a correre e si rivestì di fiamme.  
«Bulbasaur! Presto! Riduttore!»  
I due Pokémon si scontrarono a metà del campo. «NO!» Gridarono le due ragazze, al contempo. «Flareon e Bulbasaur non sono più in grado di continuare. Per regolamento lo scontro si trasformerà in un uno contro uno e verranno aggiunti due minuti extra.» Annunciò il signor Shizuko.  
Il timer passò da trenta secondi a due minuti e mezzo.  
Le due coordinatrici erano entrambe entusiaste della cosa. «Pancham! Vai con Sberletese!» Il Pokémon Briccone si mise a correre contro l’avversario, che rimase attendista. 
«Forza, Vaporeon! Punta Geloraggio alle mani di Pancham!» Il Pokémon Bollajet eseguì il comando puntando il raggio di energia gelida proprio negli arti dell’avversario, facendolo sbilanciare e facendolo cadere a terra. 
Nella caduta, il ghiaccio che rivestiva gli arti di Pancham si ruppe. Il Pokémon cercava di alzarsi, con enorme difficoltà. 
Ora le due erano a pari punti. «Vaporeon! Chiudiamola qui! Codacciaio!» Ordinò l’avversaria. Vaporeon percorse rapidamente la breve distanza che lo separava dall’avversario e lo colpì con un violento colpo della coda. «NO! PANCHAM!» 
Serena perse gli ultimi punti rimasti. Per questo la vincitrice del fiocco di Zafferanopoli fu Elin. 
Nonostante la cocente sconfitta, Serena si avvicinò alla sua avversaria e si congratulò per i risultati della gara. Il volto della nativa di Kalos incominciò a rigarsi di lacrime. 
Non tanto per la sconfitta, o per la promessa che aveva fatto, quanto piuttosto per il fatto di aver deluso le aspettative. La ragazza corse dritta nel camerino, per abbandonare l’abito da esibizione e, se possibile distruggerlo. 
Ancora in lacrime, finì di cambiarsi. Fatto questo estrasse dalla sua borsa la Poké Ball della sua Delphox e la fece uscire. La Pokémon Volpe guardò la sua allenatrice e non poté non notare la grande tristezza che portava.  
«Si. Ho perso. Ora distruggilo!» la ragazza teneva il suo vestito dall’appendiabiti, ben distante da lei. In modo da permettere alla sua Pokémon di distruggerlo, senza che lei si ferisse. 
Delphox accese il suo ramo come fosse una torcia, ma non si mosse. «Su. Andiamo! Sono la tua allenatrice… so che cosa…» Delphox non si mosse. 
Quel gesto le ricordava tanto il giorno in cui la ragazza perse il suo primo Varietà. In quell’occasione, la ragazza aveva deciso di dare un taglio netto ai capelli. 
Ora voleva fare lo stesso con quel vestito. Ma che risultati avrebbe portato? Avrebbe avuto lo stesso effetto o era una pretesa per dare la colpa della sconfitta a qualcos’altro? 
«Dici che se ho perso non è colpa del vestito?» La Pokémon spense la fiamma sul bastone e lo porse alla sua allenatrice. «Hai ragione. Avevamo giurato, con Pancham e Sylveon che avremmo vinto il Varietà Professionisti. Ma non ci siamo riusciti. Eppure, te non lo hai voluto abbandonare. Forse è questo che mi vuoi dire?»  
La volpe di fuoco fece un cenno di approvazione. «Hai ragione.» Disse, senza smettere di piangere. «Diventerò Regina di Unima e lo farò con questo vestito. Se ovviamente tu e gli altri mi aiuterete.»  
La ragazza ricoverò la sua Pokémon nella Poké Ball e si riunì a Ash e Pikachu.  
«Ecco, questa è la Poké Ball di Bulbasaur.» Gli porse la Poké Ball del Pokémon dato in prestito, che nel frattempo si era ripreso. «Si è comportato bene, ma, come hai potuto vedere, non è bastato.» Ash, nonostante fosse, a sua volta, piuttosto dispiaciuto, cercò di non farle pesare troppo la cosa. 
«Siete stati fantastici. Poco importa come sia andata la lotta. È solo una gara dopotutto non…» La ragazza lo interruppe con un gesto della mano. «Te lo sei dimenticato? Cosa ci eravamo detti riguardo questa gara?» Il ragazzo e il suo Pokémon si grattarono la testa, con aria perplessa. «No?» La ragazza lo guardò negli occhi. «Come no?» Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione tra il perplesso e il deluso. 
«E dai… Dammi un indizio!» La incoraggiò il ragazzo. «E va bene! Allora vuol dire che viaggerai ad Unima da solo! Io continuerò con le gare!» Il ragazzo sentì la terra sparire sotto i piedi. 
Cosa avrebbe fatto lui, da solo? Come avrebbe potuto aiutare quella ragazza, da solo? Lui era un tipo diretto ed estroverso, non aveva idea di come comportarsi in una situazione del genere. 
E, in più, la ragazza si era allontanata. Emanava nervosismo e delusione da ogni poro. Ash cercò di seguirla. Ma non voleva di sicuro apparire come un agente dei servizi segreti, come Bellocchio. Anche se quello era il solo modo di convincerla a venire con lui.  
Serena si guardò attorno. «Via libera!» Disse, a bassa voce. La ragazza fece uscire dalla Poké Ball la sua Sylveon. Con lei riusciva a confessarsi più di chiunque altra. 
Appena la stessa uscì dalla Poké Ball, quest’ultima avvolse uno dei suoi nastri attorno al braccio della sua allenatrice. Grazie alle sue antenne aveva ben compreso le emozioni che la ragazza provava. 
Era delusa e amareggiata. «Vedi? Io avevo promesso ad Ash che sarei andata ad Unima con lui, se non avessi vinto la gara di Zafferanopoli, ma a che pare, lui se l’è dimenticato. Come se non gli importasse di me» Sylveon girò verso la sua allenatrice. 
Il suo sguardo diceva più di mille parole. «Si. Forse è vero. Lui è fatto così. Si dimentica le cose facilmente.» La Pokémon strinse i suoi nastri un po’ di più. «Si. Tu sai davvero come mi sento. Posso mentire alle persone, ma non a voi Pokémon.»  
Sylveon la tirò verso di sé. «Devo proprio dirtelo. Ho capito. Non ho mai preso questa gara sul serio.» Ash, che l’aveva seguita, quando la sentì, si dovette trattenere dall’urlare. 
«Ma cosa vuol dire? Come sarebbe a dire che non aveva preso quella gara sul serio?» Si chiese. Sperando di non essere sentito dalla ragazza.  
Quest’ultima superò il vicoletto in cui Ash si era rintanato, continuando a parlare con la Pokémon. «O almeno da quando ho incontrato Francesca. Mi sono rivista molto in lei. Quando abbiamo tentato coi Varietà di Kalos. Ho visto in lei lo stesso entusiasmo, la stessa voglia di puntare in alto. Se mi capisci. Ma questo deve restare tra noi ragazze. Va bene?»  
Sylveon fece un piccolo cenno di approvazione. Mollò anche la presa coi suoi nastri. Ora era tornata ad essere delicata, come era solita fare. 
«Bene. Ora non mi resta che avvisare Ash.» La ragazza prese il suo Smart Rotom dalla borsa e compose il numero dell’amico. Sentì il rumore degli squilli e… una suoneria. 
Quella di Ash. 
La ragazza si avvicinò a grandi passi verso la fonte del suono. Ash non si accorse di nulla. Rispose al telefono. «Ehi, ciao! Tutto...» Il ragazzo venne interrotto prima che potesse finire.  
«Ma come ti sei permesso di pedinarmi in questo modo?» La ragazza sembrava particolarmente arrabbiata. Non sembrava affatto che stesse fingendo.  
«Veramente, ecco io…» La ragazza gli toccò il naso con l’indice. «Non dire bugie. Me ne accorgo.» Gli disse, finalmente con un sorriso. «Mi ero preoccupato per te. Ti ho vista scappare dopo le mie parole e volevo assicurarmi che stessi bene.» la ragazza rimase alcuni istanti in silenzio. «Ok. Non hai detto una bugia. Io sì.» Ash cercò di capire. Si. Aveva origliato parte della sua confessione a Sylveon, ma non poteva darlo a vedere. 
«Vedi. Sarei andata ad Unima con te anche se avessi vinto la gara. Ho avuto l’opportunità di gareggiare contro una ragazza che mi ricordava molto la me stessa di qualche anno fa. Quando ho tentato coi Varietà di Kalos e…» Ash e Pikachu la guardarono impietriti. «E?» La ragazza, capendo di essere al centro dell’attenzione, cercò di allungare i tempi. Ma, alla fine cedette. «E mi ha ricordato quanto io amassi i Varietà. E che è a loro che devo puntare.» 
Ash riuscì a rimanere sufficientemente sorpreso da non sembrare che l’avesse ascoltata per tutto il tempo. Discorso simile per Pikachu. La ragazza trascinò i due nella vicina fermata del pullman, dal lato che gli avrebbe condotti alla stazione. 
Erano circa le sei di sera. Se fossero andati in stazione e avessero preso il treno delle sei e mezza, sarebbero arrivati a casa per le sette e mezza. Contando anche il tratto in macchina. 
Viaggio per cui si sarebbe dovuto mettere in contatto con la madre. Il ragazzo prese il suo Smart Rotom dalla tasca e iniziò a cercare il numero della madre. Notandolo con la coda dell’occhio, Serena lo fermò. 
«Smeraldopoli e Biancavilla non sono poi così lontane. Cosa ne dici se andassimo a piedi?» Il ragazzo e Pikachu si guardarono negli occhi. «Si. Va bene. Arriveremo leggermente più tardi, ma non è un problema.» 
I due aspettarono il pullman per un buon quarto d’ora. Per loro fortuna, il mezzo non era affollato. Tutt’altro. I convalidarono i rispettivi abbonamenti e si accomodarono a bordo.  
Il viaggio, piuttosto breve, giusto una decina di fermate, li condusse proprio di fronte alla stazione dei treni. Avevano già comprato i biglietti in precedenza, per cui non sarebbero dovuti andare alla biglietteria.  
Guardando sul maxischermo, dove erano riportati gli orari di arrivo, compresero che, se avessero voluto prendere il primo treno disponibile, si sarebbero dovuti sbrigare. Avrebbero dovuto imboccare un lungo sottopassaggio che gli avrebbe portati al binario opposto a quello in cui si trovavano. 
Riuscirono ad arrivare appena in tempo. Il treno si fermò pochi istanti dopo il loro arrivo. I due salirono a bordo dopo aver atteso che il gran numero di passeggeri scendesse. 
Riuscirono a trovare due posti vicini.  
Il viaggio, come del resto all’andata, fu piuttosto breve. Rapidamente il treno li condusse fino alla stazione di Smeraldopoli. 
Da lì gli avrebbe atteso una bella camminata fino a casa, ma andava bene. Avrebbero potuto discutere degli ultimi dettagli prima della partenza. Anche se la consegna degli starter sarebbe avvenuta solo la settimana dopo, per questioni logistiche, sarebbe stato meglio partire almeno un paio di giorni prima. Ma di questo ne avrebbero poi parlato con il professor Oak. 
Arrivarono a casa di Ash giusto in tempo per cenare. 
I due, piuttosto stanchi, si coricarono quasi subito. Soprattutto considerando che il giorno dopo si sarebbero dovuti alzare presto. Avevano diverse commissioni da sbrigare, non ultima parlare con il professor Oak.  
«Certo che sei proprio trasandato, Ash!» Commentò Serena, accorgendosi di quanto l’amico fosse criminosamente malvestito. Non che Ash avesse mai avuto chissà quale gusto nel vestirsi, ma quella volta si era superato. In peggio. 
Se non lo conoscesse così bene, avrebbe pensato che fosse stato vestito da uno stilista daltonico.  
«Però, se non ti dispiace… ti aiuterò io a scegliere… stilista daltonico!» Sentendo quella frase, la madre del ragazzo rise. Effettivamente Ash non aveva mai avuto buon gusto nel vestirsi. Quando il ragazzo partiva per i suoi viaggi, era lei ad occuparsi del fattore guardaroba. 
«Si, ma non dobbiamo parlare con il professore?» Chiese Ash. «Potremo farlo al rientro. Considera che tra qui e Unima ci sono molte ore di fuso orario. Un’opzione potrebbe essere chiedere un favore al professore e fare la videochiamata di notte, quando ad Unima sarà mattina. L’altra opzione è andare ora. Dovessimo arrivare presto, potremo contattarla e poi avere tutta la giornata per noi.» La ragazza sottolineò particolarmente il “per noi”, ma Ash non notò particolarmente la cosa. 
Finito di fare colazione, i due, scortati da Pikachu e Bulbasaur, raggiunsero il laboratorio del professor Oak. Il professore, un tipo mattiniero, era già nel suo laboratorio.  
Prima di suonare al professore, lasciarono che Bulbasaur ritornasse al suo ruolo di responsabilità al laboratorio, non prima di aver chiesto a Torterra un rapporto dettagliato. 
Mentre i due Pokémon di tipo erba conversavano, i due raggiunsero il professore. L'uomo, appena li vide dalla finestra, aprì la porta, permettendo loro di entrare. 
L’uomo li accolse con un sorriso. «Ciao, ragazzi mattinieri, oggi eh!» Contemporaneamente fece cenno ai due di seguirlo. «Buongiorno professore. Siamo venuti da lei per confermare la nostra intenzione di partire per Unima.» Rispose il ragazzo. 
«Mi fa piacere. E Serena verrà con te?» Chiese il professore. «Si. Non potrei mai lasciarlo da solo.» Rispose la ragazza. «Anita ne sarà felice. Forse avere una nuova amica, potrebbe aiutarla a sconfiggere la sua timidezza.» Serena fece una strana espressione. Ash non le aveva mai detto che avrebbero viaggiato con una ragazza, ergo una potenziale rivale. Ma, forse il fatto che abbia deciso di viaggiare con lei, qualcosa significava. «Però, ora…» Il professore interruppe i pensieri della ragazza. «Sarà meglio che vi metta in contatto con Aralia, così potrete comunicarle la buona notizia.» Il professore si stava mettendo in contatto con la collega. La videochiamata si era avviata, e pochi istanti dopo, la professoressa rispose. 
Era molto più presto dell’altra volta. Per cui la donna non pensò ad un’emergenza o a qualcosa del genere. 
«Buongiorno, Samuel!» La donna salutò cordialmente il collega, il quale rispose altrettanto cordialmente. «Immagino che se mi hai chiamata, ci siano novità.» Il professore fece cenno di sì con la testa. «Ma vorrei che fossero loro a dirtelo.» I due si avvicinarono al monitor, con Pikachu che fece un piccolo gesto di saluto alla donna. «E così tu saresti Serena. Piacere di conoscerti.» La ragazza rispose con un sorriso. «Il piacere è tutto mio.» Rispose la ragazza. «Bene. Quindi, avete deciso di venire ad Unima?» Chiese la donna. «Esattamente!» Rispose Ash, con il suo solito entusiasmo. «Molto bene! Allora compro i biglietti. Partirete tra quattro giorni, così avrete il tempo di abituarvi al fuso orario. Non vi preoccupate. Andò io a prendervi a Ponentopoli.» I due si guardarono negli occhi. «Perfetto. Saremo felici di aiutarla. Anche se ci sarebbe una piccola cosa.» Aggiunse il ragazzo. «Dimmi tutto.» Chiese la donna. «Spero non sia un problema se dovessi partecipare ai Varietà, no?» La donna le sorrise. «Nessun problema. Anzi. Farò il possibile per seguirti e sostenerti. Dopotutto anche il diventare Regina di Unima è un obiettivo.» Una voce di ragazza, fuori campo sorprese «Regina di Unima?» La professoressa si girò. «Belle! Ti sembra questo il modo?» Dallo schermo i due ragazzi, Pikachu e il professore, videro apparire una ragazza dai capelli biondi acconciati in modo buffo, grandi occhi verdi e carnagione chiara. Aveva degli occhiali rossi. Era vestita con un camice da laboratorio, simile a quello della professoressa, che copriva una maglietta arancione. 
«Hey! Ma quello è un Pikachu! Non ne avevo mai visto uno che non fosse in fotografia! Non vedo l’ora di strapazzarlo di coccole!» Gridò la ragazza con occhi sognanti. Pikachu, di tutta risposta, cominciò ad emettere delle scariche elettriche dalle guance. «Calma, amico! So che non ti piacciono le persone troppo invadenti.» Lo rassicurò Ash. «Ehi! Mai io non sono invadente!» Si lamentò Belle, ignorando il sesto senso di Pikachu. 
«Bene. Ora che sono sicura della vostra presenza, lo dirò ad Anita. Credo che ne sarà felice. Ora, però scusatemi, ma ho un piccolo impegno e devo lasciarvi, a presto.» Si congedò la donna. «Arrivederci.» La salutarono a loro volta.  
I due ragazzi, in seguito salutarono anche il professore. Avevano delle commissioni da sbrigare, prima fra tutte il rinnovare il guardaroba del ragazzo.  
Usciti dal laboratorio, si diressero verso un’area del paesino che, prima di allora avevano visto unicamente di sfuggita. Una fermata del pullman. Solitamente si erano sempre affidati ai treni, ma in questo caso si sarebbero affidati al trasporto su gomma. Il pullman, diretto proprio ad Azzurropoli, città nota per il colossale centro commerciale, il più grande di tutta la regione. Avrebbero dovuto aspettare solo dieci minuti. Sarebbero rientrati solo per le otto di sera, per cui avrebbero pranzato in loco. 
Dieci minuti dopo arrivò il pullman. Era nuovo di zecca. Aveva una livrea di un blu molto scuro. Sulle fiancate aveva del rosso e il logo dell’azienda era in bianco. 
Il mezzo aveva i vetri oscurati, per cui gli interni erano invisibili. L’autista fermò il mezzo e aprì la porta, permettendo ai due di salire a bordo. Il pullman profumava di nuovo. I sedili erano in finta pelle e in tessuto blu. Sui sedili lato corridoio era presente una maniglia in plastica gialla. Ash fece accomodare Serena nel sedile lato finestrino, quindi si sedette accanto a lei. La ragazza si sentì in leggero imbarazzo, nonostante non ci fosse nulla di male. Ash era semplicemente seduto accanto a lei. Non era la prima volta che accadeva.  
Pikachu, intuendo le sensazioni della ragazza, abbassò il bracciolo tra i due sedili, con un piccolo movimento della coda, senza che Ash se ne accorgesse. La ragazza gli diede una delicata carezza sulla testa. 
Il mezzo si mise in moto e partì alla volta di Azzurropoli. Il viaggio sarebbe durato un’ora e mezza. Avrebbero attraversato le città di Smeraldopoli, Plumbeopoli, Celestopoli, Zafferanopoli, e, infine, Azzurropoli, proprio di fronte al centro commerciale. Il centro commerciale era un enorme e modernissimo palazzo, realizzato in acciaio e vetro. Diverse porte automatiche permettevano l’ingresso e l’uscita dallo stesso. 
Il primo piano del centro commerciale era dedicato ai negozi di alimentari, al secondo piano negozi di tecnologia, al terzo vi erano negozi dedicati ai Pokémon. Al quarto vendevano accessori per le gare, al quinto le scarpe e accessori femminili, al sesto erano specializzati in abiti e accessori femminili, al settimo scarpe e accessori maschili, all’ottavo abiti e accessori maschili, al nono e al decimo vi erano dei ristoranti.  
Fosse stato per Ash, si sarebbero precipitati direttamente agli ultimi piani e lì sarebbero rimasti, ma il motivo del loro
viaggio era ben diverso.  
Entrarono e presero l’ascensore, diretti al quinto piano. Nella testa di Serena, Ash doveva incominciare a rifarsi il look dal basso verso l’alto, per cui sarebbero partiti dalle scarpe.  
Ovviamente la ragazza avrebbe pensato anche a sé stessa, dopotutto voleva apparire al meglio anche lei. Dopo decine e decine di tentativi, in svariati negozi, alla fine, il ragazzo aveva trovato ben due paia di scarpe che gli piacessero e che soddisfacessero anche Serena. Il primo paio era blu e grigio e aveva un taglio un po’ sportivo. Il secondo era sui toni del nero ed erano molto più eleganti, ma non per questo scomode.  
Anche la ragazza trovò delle scarpe per lei. Un paio di stivaletti in pelle marrone, simili a quelli che già possedeva, un paio di 
scarpe sportive rosa e nere, un nuovo paio di tacchi, più bassi e sobri di quelli che possedeva e un paio di sandali, nel caso in cui la permanenza ad Unima fosse durata più del previsto. 
Fatto questo, e con il ragazzo già costretto a trasportare le scatole di sei paia di scarpe, i due giunsero ai piani dedicati ai negozi dedicati agli abiti maschili. 
Appena entrati in negozio, Serena dovette fermare Ash dal precipitarsi verso l’area del negozio dedicata agli abiti sportivi. La ragazza dovette trascinarlo verso la zona dedicata ad abiti un po’ più adatti ad uscire. 
Alla fine, oltre alla biancheria, lo costrinse a comprare alcune paia di jeans, da delle paia più strappate, per abbigliamenti più sbarazzini, a paia più pulite, dei pantaloni più eleganti, da abbinare alle scarpe più scure, numerose magliette, anche qui, facendo attenzione a sceglierne di serie, camicie, giacche e, in ultimo un cinto, oltre a dei costumi da bagno, perché si sa mai. Naturalmente non dimenticò anche dei cappelli. Dai berretti sportivi a cappelli più eleganti. Certo, il ragazzo non si trovava proprio a suo agio con i vestiti più eleganti, ma ormai aveva compiuto diciott’anni. Anzi, ne stava per compiere diciannove. Ormai doveva vestirsi come un adulto e non come un ragazzino. 
Nonostante la grossa quantità di abiti acquistata, il conto non fu affatto salato. Pensato al ragazzo, ora toccava a lei, ma prima che potesse riprendere l’ascensore, per dirigersi ai piani inferiori, quando venne interrotta dal boato dello stomaco dell’amico. Avevano davvero passato così tanto a scegliere quella roba? Era davvero già ora di pranzo? 
Lo stomaco dell’amico era più preciso di qualsiasi orologio. Prima di riprendere a fare compere avrebbero fatto una sosta in uno dei tanti ristoranti. Tra tutti, ne scelsero uno tipico di Alola. 
Ash era abituato alla cucina di quella regione, per cui sarebbe stato un giudice severo, mentre per la ragazza era la prima esperienza con quel tipo di cucina. 
Dopo l’abbondante pranzo, i due completarono la sessione di shopping. Dopo aver speso la mattina ad occuparsi principalmente ad Ash, ora poteva dedicarsi completamente a sé stessa.  
Anche lei, oltre alla normale biancheria, comprò delle gonne di diversa lunghezza, dei jeans e dei pantaloni più corti. Si era poi presa delle magliette, dei top e delle camicie.  
Non trascurò anche degli abiti più eleganti. Non tanto per i Varietà, data la promessa fatta alla sua Delphox, ma per delle altre possibili occasioni che si sarebbero potute presentare. La ragazza approfittò anche per comprare una nuova borsa, e costrinse Ash a comprare un nuovo zaino e un nuovo borsello. 
Finite anche le compere della ragazza, era praticamente ora di rientrare. Uscirono dal centro commerciale e, dopo una breve attesa, arrivò il pullman che li condusse fino a casa. 
Il giorno della partenza giunse rapidamente. Il giorno prima della partenza i due si occuparono di preparare le valige. Ash si preoccupò anche di decidere con che Pokémon partire. Durante il viaggio avrebbe permesso a tutti di partecipare, ma decidere chi avrebbe avuto l’onore di iniziare non era cosa facile. 
Dopo attente riflessioni, decise di portare con sé, oltre naturalmente a Pikachu, Gengar, Infernape, Noivern e Lucario.  
Delia si occupò personalmente di accompagnare i due fino all’aeroporto. Il loro volo era piuttosto presto, alle otto del mattino, e trattandosi di un volo a lungo raggio, avrebbero dovuto fare dei controlli extra. 
Questo voleva dire che sarebbero dovuti arrivare almeno tre ore prima. Avrebbero dovuto superare i controlli di sicurezza, affidare i loro bagagli da stiva al servizio di carico e, solo allora sarebbero potuti salire a bordo. 
Avrebbero dovuto affrontare un volo di tredici ore. Ironicamente tredici ore erano anche lo stesso fuso orario che separava la regione di Kanto da Unima. Questo voleva dire che sarebbero atterrati ad Unima alle otto del mattino, mentre a Kanto sarebbero state le nove di sera. Dopo un po’ poterono finalmente salire a bordo.  
L’aereo era della stessa compagnia di quello che aveva preso Serena per raggiungere Kanto, anche se si trattava di un modello diverso. Più grande e elegante.  
La professoressa era stata generosa. Aveva comprato ai due dei biglietti in classe business. Erano per la stessa fila, ma solo uno dei due era lato finestrino. Ash era stato generoso, permettendo a Serena di accomodarsi a lato finestrino. Si riteneva fortunata. Tra i due sedili non vi era un sottile bracciolo, ma un divisorio ben più ampio. Una barriera anti-imbarazzo sufficientemente ampia. In teoria. 
Il gigante azzurro prese la rincorsa e spiccò il volo. Raggiunse rapidamente la quota di crociera di trentaseimila piedi, circa undicimila metri. Durante la salita, il personale aveva informato i passeggeri circa le normative in fatto di sicurezza.  
Raggiunta la quota di crociera venne disattivato il segnale che obbligava i passeggeri ad indossare le cinture.  
Dopo all’incirca due ore di volo, venne servito il primo pasto. Volendo rispettare il fuso orario della destinazione, si trattava della cena. Erano le nove di sera ad Unima, un orario normalissimo per cenare. 
Dopo aver mangiato, pur non gustandosi a pieno il pasto a causa dell’alta quota che alterava la percezione dei sapori, i due passarono le due ore seguenti a fantasticare sul come sarebbe stata la regione. 
Ad un certo punto, lo staff dell’aereo, munito di alcuni Pokémon di tipo Erba, aveva fatto addormentare i vari passeggeri. Forse per abitudine, Pikachu trattenne il respiro, riuscendo a non addormentarsi. 
Era seduto sulle gambe di Serena e aveva potuto osservarla mentre scivolava verso sinistra. Ash, invece stava scivolando verso destra. Improvvisamente il divisorio tra i due non fu poi così ampio.  
Il contatto tra i due fu inevitabile, per quanto non spiacevole. Pikachu, che contrariamente al suo Allenatore, aveva un po’ capito come stessero le cose, cercava di non ridere.  
Se li sarebbe goduti per un po’. Poi, forse gli avrebbe separati, il più delicatamente possibile. Alla fine, però, forse a causa di un po’ di polvere sollevata da Serena durante un movimento involontario del sonno, cedette anche lui.  
Dopo alcune ore di volo, i passeggeri vennero svegliati.  
Tutti tranne Ash. Il ragazzo aveva il sonno pesante. Questo diede a Serena l’opportunità di riprendersi dall'imbarazzo. Aveva passato ore e ore così a stretto contatto con Ash? Non sapeva cosa pensare. Beh, Ash non si era mosso, forse non gli dispiaceva la sua compagna? Qualsiasi fosse il motivo, non ne avrebbe parlato. Se qualcosa doveva accadere, sarebbe accaduta e basta.  
In ogni caso, forse svegliato dal profumo di dolci della colazione, anche Ash si svegliò. Per lui il profumo del cibo era più efficace di qualsiasi sale. 
Dopo colazione, sarebbe rimasta solamente un’ora e mezza di volo. Il grosso jet atterrò delicatamente, a dispetto delle sue colossali dimensioni. 
Serena tese il braccio in direzione di Ash, per evitare che questi potesse fare delle brutte figure. Era a conoscenza del 
grande entusiasmo del ragazzo, e voleva evitare che facesse una delle sue solite figuracce. 
Quando una parte dei passeggeri scese, la ragazza fece altrettanto, e Ash e Pikachu con lei. Appena scesero dall'aereo, vennero accolti da un odore misto kerosene e gomma. Tutt’altro che piacevole. 
Avrebbero dovuto raggiungere l'area dedicata agli arrivi. Raggiungerla fu facile, fu sufficiente seguire le indicazioni per terra. Si trovarono di fronte all'edificio dedicato agli arrivi. 
Era un edificio enorme e moderno. All’interno diversi nastri trasportatori permettevano ai passeggeri di recuperare le loro valige. Dopo una breve attesa, i due poterono recuperare le valige. Ash, da cavaliere qual era, tirò anche la valigia di Serena, ben più pesante e ingombrante della sua. 
Seguendo ulteriori indicazioni, riuscirono a raggiungere l’uscita.  
«E così voi due siete Ash e Serena?» Chiese una voce, che i due avevano imparato a conoscere. «Professoressa Aralia?» Chiesero i due, al contempo.  
Una donna dai capelli castano chiaro, occhi verdi rispose. «In persona!» I due la guardarono meglio. Indossava una maglietta verde chiaro e una gonna nera. Indossava delle scarpe invernali. «Ora, però seguitemi. Ho lasciato la mia assistente sola in macchina e ho un po’ di paura. È una bravissima ragazza ma è un po’ imbranata.» 
La donna fece loro strada, fino al parcheggio.  
Arrivati a poca distanza dall’auto, la donna ne estrasse le chiavi dalla borsa. L’auto della professoressa era una lunga berlina dalle linee morbide ed eleganti. Sarà per il colore grigio scuro, per i cerchi in lega piatti, per i vetri oscurati, ma Ash venne ipnotizzato da quell’auto. Ai suoi occhi, sembrava fosse uscita da un film di fantascienza, oppure da qualche videogioco. L’auto aveva un cofano lunghissimo, fari stondati e al contempo di forma romboidale. Erano incorniciati da dei profili cromati, incastonati nei parafanghi bombati. Cromata era anche la calandra la cui forma ricordava uno scudo. Scudo che impreziosiva il cofano e ne accentuava la forma triangolare, e che metteva in risalto il fatto che fosse leggermente rialzato. Ciò creava un effetto simile a molte auto d’epoca. La griglia si raccordava perfettamente con il paraurti, dipinto nella stessa colorazione della carrozzeria e impreziosito da dei profili cromati che partivano dal punto in cui lo stesso si raccordava alla carrozzeria e che impreziosivano le fiancate dell’auto. 
Doveva essere una vera e propria ammiraglia. 
Grazie alla pressione di un pulsante sulla chiave, il cofano si aprì, rivelando il gigantesco spazio. Ash caricò le due valige e i due zaini, quindi chiuse il cofano. 
Fatto questo, il ragazzo aprì la porta a Serena, rivelando i lussuosi interni dell’auto. Erano veramente di classe, dominati dalla pelle rossa e da legni pregiati. Profumavano di nuovo.   
Dopo che la ragazza si accomodò, Ash si sedette a sua volta, chiudendo la porta. La donna salì al posto di guida e accese il motore. Ash si stupì di quanto quell’auto fosse silenziosa. Il viaggio da Ponentopoli a Soffiolieve sarebbe stato bello lungo, principalmente in autostrada, dove le doti di grande stradista di quell’ammiraglia, si fecero notare eccome. Era silenziosa e comoda, comodissima. Il viaggio sembrò durare appena dieci minuti. 
La donna, giunta nel piccolo paese di Soffiolieve, parcheggiò l'auto e fece cenno ai passeggeri di scendere. Il laboratorio della professoressa era sulla strada principale del paesino. Era totalmente diverso da quello del professor Oak. Il laboratorio del professore era in mezzo alla campagna, circondato da un vasto giardino, mentre quello della professoressa Aralia era un edificio non troppo grande, con al suo fianco un campo lotta.  
«Vi do il benvenuto nel mio laboratorio!» 
Li accolse nuovamente. 
 

 
Ho una proposta per te che hai compiuto l’impresa di giungere fino a qui. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia.  
 
 




Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L’inizio di una nuova avventura? ***


Prima di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia.
L’inizio di una nuova avventura? 


«No! No! E ancora no!» Si lamentò la ragazza, tentando di nascondersi sotto le coperte, come se questo servisse, in qualche modo a proteggerla dal mondo esterno.
«Ormai hai sedici anni. È l’età a cui tutti i giovani di Unima ricevono il loro primo Pokémon. Lo sai benissimo. Non ti puoi saltare questo appuntamento lo sai!» La riprese la madre. «E quindi? Se non dovessi diventare un'allenatrice? Il mondo continuerebbe a girare allo stesso modo.» La rispose la ragazza, ancora rintanata sotto le coperte. «Credi che io non lo sappia? Ti ho sempre visto mentre guardavi le lotte in televisione. Le guardavi con occhi sognanti e sembrava ti immedesimarsi in uno degli allenatori. Ti vedevo mentre cercavi di prevedere le loro mosse. E di come andassi in crisi, ogni volta che lottava Ash. Lo definivi come “il Campione imprevedibile” e poi… dopo le lotte fantasticavi su cosa avresti fatto se fossi stata te l’allenatrice di quel Pokémon. E ora che lo puoi fare…» Dalle coperte sbucò una folta chioma castano scuro, quindi il volto di una bella ragazza dagli occhi blu, naso piccolo e labbra sottili.
«Sapevo che nominare quel ragazzo ti avrebbe fatto cambiare idea.» Commentò la donna. La ragazza non rispose. Chissà cosa pensava. Senza alcun dubbio la ragazza, come del resto quasi tutti i giovani, allenatori e non, avevano tanta stima e rispetto per quel ragazzo che, partito insieme al suo Pikachu, da Biancavilla, una piccola cittadina di Kanto, era riuscito a diventare l’allenatore più forte del mondo.
Certo, non conosceva tutta la sua storia, sapeva unicamente che aveva viaggiato in varie parti del mondo, per raggiungere il suo obiettivo di diventare Maestro Pokémon. Qualsiasi cosa volesse dire. 
«Immaginare qualcosa e volerlo effettivamente fare sono due cose diverse. A immaginare non rischi di farti male o anche peggio. Lo sai benissimo.» Controbattè la ragazza. «Pensavi di restare qui a vita?» Le chiese la donna. «Solo non voglio diventare allenatrice.» La donna, alle parole della figlia, fece cenno di no con la testa, come a dire che non aveva altra scelta. «Si, ma tu non sei un’allenatrice. Non vedo perché io lo debba diventare.» La donna fece uno strano gesto. «Tu non sai tutto su di me. Sono stata anch’io un’allenatrice. E molti dicevano che avrei potuto fare grandi cose, solo che…» La ragazza rivolse finalmente lo sguardo verso la madre. «Solo che?» Chiese la ragazza. «Presi una decisione di cui mi pento anche oggi.» La donna, notando la curiosità nello sguardo della figlia, che nel frattempo si era seduta sul letto, decise di iniziare il suo racconto. «Ero diventata allenatrice da poco. Avevo scelto di iniziare con Tepig, lo starter di tipo fuoco. Avevo catturato anche un Lillipup, che si era evoluto in un Herdier. Avevamo vinto due medaglie. Tutto cambiò quando incontrai uno strano tizio. Sembrava una sorta di predicatore, o qualcosa del genere. Parlava di come, secondo lui, umani e Pokémon dovessero vivere separati. Non ricordo di preciso come si chiamasse il movimento per cui predicava, ma credo avesse a che fare con il plasma. Io, che allora avevo la tua stessa età, mi feci abbindolare dalle sue parole, e abbandonai Tepig ed Herdier. Da allora non sono più tornata a casa. Ho conosciuto tuo padre, e il resto è storia.» Lo sguardo della ragazza si illuminò. Come se avesse compiuto una grande scoperta. 
«È per questo che ci tieni tanto?» Chiese. «Proprio così. E poi. È per questo che non hai mai mai conosciuto i nonni. Anzi. Loro non sanno neppure che tu sia nata. O che io abbia ceduto alle parole di quel predicatore. O…» La ragazza fece cenno di aver capito. «Quindi tu vorresti che io diventassi allenatrice per porre rimedio ai tuoi errori? Non è una bella cosa.» La donna fece cenno di no con la testa. E le strinse la mano destra tra le mani.
«Voglio solo che tu non ripeta i miei errori. Non farti influenzare dai cattivi consiglieri. Scegli bene chi ascoltare e chi no. E fare un viaggio come questo è forse il modo migliore per farlo. Potresti conoscere persone nuove e…» La ragazza tirò un sospiro, spazientita. «E va bene. Ma non ti prometto nulla.»
La ragazza si alzò dal letto, dirigendosi al bagno. La madre abbandonò la stanza poco dopo di lei. La donna approfittò del fatto che la figlia stesse facendo la doccia, per portarle un piccolo dono. 
Una borsa rossa, a tracolla, con gli occhielli in metallo. Dati i lunghi tempi impiegati dalla figlia, la donna ebbe anche il tempo di mettersi in contatto con l’amica, la professoressa Aralia.
La donna rispose dopo alcuni squilli. 
«Pronto? Jessica? Tutto apposto?» Chiese la professoressa. «Come mai Anita non è ancora arrivata? Ash sta iniziando a perdere la pazienza.» La donna rimase di sasso. «Ash?» Chiese. Non credeva alle sue orecchie. «Si. Ash Ketchum. In persona. Volevo fosse una sorpresa per Anita. Mi avevi parlato di quanto lei lo stimasse, così, grazie all’aiuto di un mio collega e…» La donna, dall’altro capo del telefono sorrise. «Anita si sta preparando. Tra un po’ sarà da te. Dato che lei non sa della sua presenza, potresti chiedergli di nascondersi e di spuntare solo al momento opportuno.» La professoressa la ascoltò attentamente. «Si. Ottima idea. Glielo chiederò.»
Mentre le due donne conversavano al telefono, la ragazza aveva fatto in tempo a farsi una bella doccia e a curare i suoi lunghi capelli con svariati prodotti. 
Secondo le sue stime, sarebbe tornata a casa dopo meno di una settimana, ma anche in quel caso, sarebbe voluta apparire bene. Certo, se mai qualcuno l’avesse incontrata.
Era entrata in camera sua, ancora in accappatoio e con i capelli avvolti in un asciugamano. Era terribilmente indecisa su cosa indossare. Aveva deciso che sarebbe partita dai pantaloni. Aveva aperto l’anta dedicata del suo armadio e stava cercando tra le decine di paia di pantaloni che possedeva.
Erano per la maggior parte dei jeans, di colori diversi, alcuni a vita alta, altri a vita bassa, alcuni strappati, altri meno. Alla fine prese semplicemente il suo paio preferito. 
Si dedicò poi alla maglietta. Ne prese una bianca a maniche celesti. Aveva al centro un disegno di una Poké Ball rosa. In ultimo si dedicò alle scarpe. Scelse un paio di scarpe da ginnastica nere e rosa scuro. Le aveva comprate da poco e non aveva ancora avuto occasione di indossarle. A completare il vestiario una giacca nera con numerose tasche. 
Solo a questo punto, la ragazza si accorse della borsa, appoggiata sul letto. Su di essa un biglietto scritto a mano. La ragazza riconobbe immediatamente la scrittura della madre.
Con la speranza che questo regalo ti accompagni durante il tuo viaggio”. La ragazza, analizzando la borsa, si accorse del fatto che tutte le cerniere fossero aperte, ad eccezione di una.
Quasi istintivamente, la aprì. Al suo interno uno smartphone dal colore rosa chiaro.
«Grazie.» Disse la ragazza, sottovoce. 
Fatto questo uscì dalla sua cameretta, scese le scale e si avviò verso l’ingresso. Sua madre era ancora al telefono con Aralia.
«Bene allora io vado.» La salutò la ragazza.
«Bene, attuiamo il piano.» Rispose la donna, al telefono, attirando lo sguardo curioso della figlia. «Ci vediamo! Buona fortuna!» Le augurò la donna, cercando di coprire quello che aveva detto.
Nel mentre, nel laboratorio, Ash e Serena avevano aiutato la professoressa a risistemare il laboratorio. Non che ci fosse molto da sistemare, il laboratorio era di per suo, piuttosto ordinato, dovevano solamente spostare alcuni tavoli, ingombri di delicati strumenti di misura, per creare una sorta di corridoio, verso il tavolo centrale, posato contro la parete opposta all’ingresso, dove erano depositate le tre Poké Ball degli starter. 
«Grazie, ragazzi.» Li ringraziò la donna. «ora, però, vorrei chiedervi un piccolo favore.» I due si girarono nella sua direzione «Si?» La donna li guardò con un sorriso. «Non ho ancora detto nulla ad Anita. So per certo che ne sarà felice, ha una grande ammirazione per te, ma… vorrei che fosse una sorpresa. Seguitemi.» La donna accompagnò i due verso una porta e 
consegnò loro una sorta di piccolo tablet. «Da qui potrete osservare tutto. Quando lo ritenete opportuno entrate in scena.» Spiegò loro la donna. «Va bene.» Risposero i due.
La porta conduceva al piccolo appartamento di proprietà della professoressa. A volte le capitava di lavorare fino a tardi, e in quel caso passava la notte lì. Non era un appartamento chissà quanto grande, anzi, dire il vero era un monolocale. All’interno del piccolo appartamento una piccola cucina, un tavolo in legno con quattro sedie, su una parete era appeso un televisore a schermo piatto. Su una parete vi era una libreria, ricolma di numerose pubblicazioni scientifiche, un piccolo armadio. Sulla parete opposta un’altra porta che portava al bagno.
I due, dal tablet, poterono osservare tutto. Una ragazza dai lunghi capelli castano scuro, che indossava una giacca nera, dei jeans e delle scarpe da ginnastica. «Ah. E così lei sarebbe Anita? Pensavo fosse…» Commentò Serena. «Fosse?» Le chiese Ash. «Più piccola. Voglio dire, tu hai iniziato la tua carriera di allenatore a dieci anni, io a dodici. Lei ne ha almeno quattordici, se non sedici.» Gli spiegò la ragazza. «E?» Gli chiese Ash. Nella sua mente non riusciva proprio a capire quale fosse il problema. «Non vorrei che si metta in testa strane idee.» Rispose la ragazza, cercando di non arrossire. Pikachu, contrariamente al suo Allenatore, aveva capito a cosa si riferisse l’amica.
«Buongiorno.» La ragazza salutò la professoressa. «Buongiorno a te! Immagino che tu sia emozionata. Oggi è un grande giorno. Diventerai finalmente un’allenatrice. Un po’ mi dispiace che Ivan non sia arrivato. Intanto, però puoi scegliere il tuo primo Pokémon.» Le spiegò la donna, mentre si avvicinava al tavolo su cui erano posate le Poké Ball. Ognuna di esse era appoggiata su di una sorta di cuscino di seta rossa.
Dalla stanza, Ash e Serena stavano osservando la scena. «E chi sarebbe questo Ivan?» Si chiese Ash. «Non ne ho idea. Potrebbe essere un suo amico, o qualcosa di simile. Che, per certi versi, è come te. Un ritardatario cronico.» Lo punzecchiò Serena, non staccando gli occhi dallo schermo.
Mentre i due chiacchieravano, la professoressa aprì una alla volta, permettendo alla ragazza di poter scegliere il suo Pokémon iniziale. «Loro sono Snivy, Tepig e Oshawott» li introdusse. 
La ragazza si inginocchiò per osservarli meglio. Cominciò da Snivy, lo starter di tipo Erba. Il suo aspetto ricordava una sorta di serpente. La sua testa era rotonda con il muso a punta rivolto all'insù. La maggior parte del suo corpo era verde, mentre il ventre era color crema. Tutto il dorso, fino alla coda, era percorso da una striscia gialla. I grandi occhi marroni erano circondati da delle marcature gialle. Dalle spalle partivano protuberanze gialle che sporgevano all'indietro. Nonostante sembrasse un serpente, possedeva degli arti completamente sviluppati. Braccia corte e sottili dello stesso colore del corpo, con  tre dita e piccoli piedi color crema e privi di unghie.
Forse infastidita dall'essere guardata per troppo tempo, Snivy girò la testa nella direzione opposta rispetto alla ragazza. Si mise anche a braccia conserte. «Vih!» Squittì, in tono seccato. 
Era chiaro che non le stesse simpatica. Passò poi a Tepig. Sceglierlo significava scegliere lo stesso Pokémon che aveva scelto sua madre. Nonostante questo, lo prese comunque in considerazione.
L’aspetto del Pokémon ricordava quello di un piccolo maiale. Il suo corpo era principalmente arancione, mentre altre parti del corpo erano nere, rosa e gialle. Aveva grandi occhi, un naso rossastro-rosa e una spessa striscia gialla sul muso. La maggior parte del suo viso era nera, come le orecchie, lunghe e rettangolari, posizionate sulla parte superiore della testa. Le sue  gambe erano corte, e le estremità delle zampe anteriori erano nere. Un’altra banda nera era presente  sul dorso inferiore e posteriore. Da lì si estendeva la coda a spirale, sormontata da un ornamento rosso vermiglio.
Contrariamente a Snivy, Tepig sembrava piuttosto felice dell’attenzione ricevuta. 
Infine, lo sguardo della ragazza si posò su Oshawott.
Era un Pokémon bipede e assomigliava ad una lontra marina. Aveva la testa bianca e rotonda, con delle piccole orecchie triangolari blu scuro posizionate sui lati della testa. I suoi occhi erano scuri, mentre il naso era arancione scuro e di forma ovale. Le guance erano coperte da diverse lentiggini. Il suo corpo era rivestito da una pelliccia azzurra, che prendeva una forma simile a delle bolle, attorno al collo.Aveva delle braccia bianche e arrotondate, mentre i piedi erano blu scuro e avevano tre dita ciascuno. La sua coda era blu scuro simile ad un timone. Sul ventre aveva una conchiglia giallo chiaro. 
La ragazza lo guardò intensamente, aspettandosi una sua reazione. 
Il Pokémon Lontra le saltò addosso. Aveva fatto la sua scelta. Anita sarebbe stata la sua Allenatrice. Dalla stanza, Serena e Ash avevano osservato tutto. «Certo che Snivy è proprio un bel peperino!» Commentò Serena. «Già. Credo proprio che il suo futuro allenatore avrà un bel po’ da fare, per farsi rispettare.» Le rispose il ragazzo. «Credi che sia il caso di presentarci?» Aggiunse poco dopo. «Non essere precipitoso!» Lo rimproverò la ragazza. «Aspettiamo almeno che arrivi questo Ivan. E anche Belle.» Ash, che stava iniziando ad alzarsi, si riaccomodò.
Nel frattempo la donna aveva preso una Poké Ball da un altro scaffale. «Hai uno Smartphone?» Chiese alla ragazza. Quest’ultima, dopo aver frugato nella sua borsa, estrasse lo smartphone appena regalatole dalla madre.
«Perfetto!» Commentò la professoressa, mentre apriva la Poké Ball. Da quest’ultima Uscì un Pokémon simile ad uno spiritello. Un esemplare di Rotom. Il corpo del Pokémon era arancione e costituito da plasma. Sembrava sorridesse. Il suo aspetto ricordava un piccolo parafulmine, circondato da un'aura di energia elettrica di colore blu, che gli dava l'aspetto di un fulmine. «Bene, alza il tuo telefono, così che Rotom possa entrarci!» La ragazza guardò la professoressa con aria perplessa. In che senso Rotom sarebbe entrato nel suo telefono? Se lo avesse voluto scoprire, avrebbe dovuto seguire le istruzioni della donna. Alzò il braccio destro, facendo attenzione a non compiere quel gesto. Rotom si avvicinò rapidamente al telefono della ragazza, entrando al suo interno.
A causa di questo, il telefono si riavviò. Un messaggio preregistrato confermò che Rotom fosse perfettamente integrato all'interno del telefono.
Pochi istanti dopo, qualcuno aprì la porta, spaventando Anita e il suo Oshawott. La ragazza, istintivamente lo strinse a sé, con forza, con il Pokémon che rispose istintivamente attaccandola con Pistolacqua. 
Per fortuna la ragazza non si era truccata, altrimenti sarebbe stato un autentico disastro. 
«Prendi questo.» Disse una voce, non molto familiare alla ragazza. Istintivamente raccolse lo stesso l'oggetto che le era stato porto. Un asciugamano. Anita si asciugò faccia e capelli.
«E così tu hai scelto Oshawott…. Bene, allora io scelgo te!» Il ragazzo indicò Snivy. 
La Pokémon non la prese affatto bene. Da una delle protuberanze sulla schiena, uscì una lunga liana verde che colpì violentemente il polso del ragazzo. «Vih!» Squittì in tono seccato. 
«Ahi! Ma ti sembra il caso? Uno vuole diventare tuo allenatore e tu lo tratti così?» La riprese, adirato.
Snivy, di tutta risposta si girò nella direzione opposta al ragazzo.
Quel tipo, dai capelli biondi proprio non le piaceva. E no. Non era il suo abbigliamento, semplice e sportivo, una canadese
delle scarpe da ginnastica e una giacca arancione, ad infastidirla, ma il suo modo di porsi.
«Lo hai voluto te. Allora io prendo Tepig.» La preoccupazione della professoressa non fu tanto consegnare la Poké Ball di Tepig al ragazzo, quanto piuttosto alla ferita procurata da Snivy. La pulì con del disinfettante e la fasciò con una garza sterile. «Devi perdonarla. È una tipetta molto particolare. Non sei il primo allenatore che rifiuta e non sarai l’ultimo.»
 Dalla stanza i due ragazzi e Pikachu avevano seguito la scena.
«Non ti sembra che Snivy ricordi un po’ Greninja quando era un Froakie?» Chiese Serena, cogliendo Ash abbastanza in 
contropiede. «Non saprei. Magari è una semplice coincidenza.» Serena lo guardò negli occhi. «Non potremo mai saperlo, se non andiamo.» Gli rispose la ragazza.
I due si alzarono dal divano e raggiunsero il laboratorio della professoressa. «Buongiorno!» Salutarono i due. Anita guardò i due. Si. sapeva chi era Serena, la finalista della categoria professionisti al Varietà di Kalos e finalista di numerosi Grand Festival, ma il suo reale interesse era il ragazzo che l’accompagnava.
Poco più alto di lei, berretto, capelli corvini alquanto spettinati, occhi castani… Nonostante fosse vestito piuttosto bene, rispetto ai suoi standard.
Era accompagnato da un Pikachu maschio, appollaiato sulla spalla. Non aveva dubbi. Quel ragazzo era Ash Ketchum. Ed venuto per lei? La ragazza non voleva crederci. 
I due si avvicinarono a lei. Tremava mentre muoveva il braccio destro per stringer loro la mano.
«P-Piacere di c-conoscervi i-io m-mi c-chiamo Anita» Si presentò la ragazza, manifestando tutta la sua insicurezza. «Io sono Serena, felice di conoscerti.» Si presentò la nativa di Kalos. «Il piacere è tutto mio! Io sono Ash e lui è il mio amico Pikachu!» Disse il ragazzo, mentre indicava il Pokémon, appollaiato sulla sua spalla. «Pika-Pikachu» Si presentò il roditore elettrico, spaventando la ragazza. 
A quella scena, seppur un po’ in disparte, aveva assistito anche Ivan. «Non è possibile che tu abbia paura di un semplice Pikachu! Cosa farai là fuori, dove ci sono Pokémon ben più grandi e pericolosi? Tornerai da mammina dopo due passi… pff!» Commentò.
Riuscì nell’impresa di  innervosire, in una sola mossa, Ash, Pikachu e Anita. 
Serena e la professoressa li trattennero a fatica. Anita non sopportava di essere trattata in quel modo da un perfetto sconosciuto, e, allo stesso modo, Ash e Pikachu avevano preso la cosa piuttosto sul personale.
Anche Snivy, non ancora ricoverata nella Poké Ball, aveva avuto l’opportunità di assistere a quella scena. E anche lei, come Anita, aveva un’idea su chi fosse quel ragazzo, e su quanto il suo amico non fosse un semplice Pikachu. Si avvicinò silenziosamente, fino a raggiungere il gruppetto costituito dalla professoressa e dai tre ragazzi.
Quindi allungò, dalle protuberanze sulla sua schiena, le sue fruste. Con una di esse toccò delicatamente Ash, con l’altra l’Oshawott di Anita. Era il suo modo per dichiararsi interessata a lottare. 
Non voleva affrontare Pikachu. Sapeva benissimo che il rischio di svegliarsi elegante sarebbe stato molto, molto elevato. «Eh?!? Vorresti lottare con Oshawott?» Chiese Ash. «Vii!» Rispose la Pokémon, con un breve e acuto verso. «Non ti dispiace se…» Chiese l’esperto allenatore alla neo allenatrice. «Fai pure. Ma non credo che questo sia il posto adatto.» Non che dirlo fosse strettamente necessario, ma aggiungere dettagli la metteva più a suo agio.
Il gruppo, compreso un non molto interessato Ivan, uscì dal laboratorio, raggiungendo il campo lotta. Ash analizzò Oshawott con il suo Smart Rotom. 
«Oshawott, Pokémon Lontra. Tipo Acqua. Esemplare maschio. Combatte con la conchiglia che ha sul ventre. Contrattacca prontamente dopo aver parato l'attacco avversario. Mosse conosciute: Azione, Pistolacqua, Acquagetto e Tagliofuria» In seguito passò a Snivy. «Snivy, Pokémon Serperba, tipo Erba. Esemplare femmina. È dotato di intelligenza e sangue freddo. Quando riceve luce solare in abbondanza, i suoi movimenti si fanno agilissimi. Mosse conosciute Attrazione, Frustata,
Vorticerba e Azione» Il ragazzo rimase in silenzio alcuni istanti. «Molto interessante. Direi che possiamo cominciare!» Serena, la professoressa e Anita erano sedute sull’unica panchina disponibile, esattamente in quest'ordine. Anita considerava la professoressa, grandissima amica di sua madre, quasi come una zia.
«Vedrete, veder lottare Ash dal vivo è un’esperienza unica.» Spiegò Serena alle due, mentre coccolava Pikachu. intanto, finalmente la lotta stava avendo inizio. Snivy fece la prima mossa. Fece un occhiolino  al suo avversario e scagliò diversi cuori rosa nella sua direzione. «Diavolo! È Attrazione!» Commentò Ash. Il suo tono, a dispetto delle parole usate, era piuttosto tranquillo. «Presto! Usa Pistolacqua e ruota su te stesso!» Ordinò. Il Pokémon obbedì senza discutere. Dalla sua bocca uscì un potente getto d’acqua che colpì tutti i cuori lanciati dall’avversaria, non permettendo all’infido attacco di svolgere il suo compito. Snivy emise un mugugno dalla difficile interpretazione. Da una parte era frustrata perché il suo attacco non era andato a segno, ma dall’altra era contenta. Nonostante Ash stesse lottando per la prima volta con quell’Oshawott, sembrava lo conoscesse da sempre.
Nonostante questo, non si sarebbe data per vinta così facilmente. Dalle protuberanze sulla schiena uscirono rapidamente due liane, che si avvicinavano contro Oshawott a gran velocità. Era il suo attacco Frustata. Gli Snivy erano dei Pokémon famosi per l’abilità con cui controllavano le loro fruste. Per questo si sentiva così sicura.
«Forza! Usa Acquagetto per schivare!» Ordinò Ash. Il corpo del Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, e spiccò un salto. «Benissimo! Adesso muoviti come ti dico!» Gridò il ragazzo. Nonostante la coltre d’acqua, il Pokémon fu perfettamente in grado di sentirlo. Si mosse prima a destra, poi, rapidamente verso il basso, quindi a sinistra, poi verso l’alto, quindi in direzione di Snivy, poi nella direzione opposta, con la Pokémon che faceva sempre più fatica a seguire quella mina vagante. 
«Molto bene! Ora raggiungila e usa Tagliofuria!» Il Pokémon Lontra si diresse verso l’avversaria. Stava brandendo la sua Mollusciabola e la la stava agitando rapidamente. 
«Non sapevo si potessero usare due mosse per volta!» Commentò Anita, presa dalla lotta. «Ash è un tipo pieno di sorprese. Ancora non hai visto nulla.» Nel mentre Oshawott aveva raggiunto la sua avversaria e grazie allo slancio datogli da acquagetto, riuscì a colpire Snivy con una potenza ben maggiore rispetto ad un normale tagliofuria.
Snivy venne sbalzata violentemente verso l’alto, quindi ricadde a terra.
Tentò di rialzarsi, senza riuscire. Questo significava che la vittoria di quella lotta era di Oshawott. Con grande felicità di quest’ultimo. Questi spiccò un salto per festeggiare, ma ben presto crollò anche lui, per la fatica di quella lotta.
La professoressa prese, dalla tasca del camice dei sali revitalizzanti. Delle bipiramidi di sali dal colore giallo chiaro e dall’odore di lavanda e ammoniaca.
I due Pokémon si alzarono rapidamente, stimolati da quell’odore. «Bene, per il momento possono andare bene così. Poi vi accompagno al centro Pokémon. Il più vicino è a Quattroventi.» Spiegò la professoressa. 
Nel  frattempo Snivy si era notevolmente avvicinata ad Ash e, con una delle sue fruste, strinse delicatamente il polso di Ash. «Sembra che voglia venire con te.» Commentò Serena. «Sapete, Snivy è un caso molto particolare. Solitamente i Pokémon della sua specie, così come Tepig e Oshawott, vengono affidati ai giovani allenatori. Come è appena successo con Anita e Ivan… che, nel frattempo ha deciso di abbandonarci. Sono solitamente dei Pokémon che perdonano facilmente errori di inesperienza e, essendo dei Pokémon che si evolvono due volte, seguono la crescita del loro allenatore. Ma, come dicevo, Snivy è una tipetta particolare, non sembra che sia contenta del suo ruolo di Pokémon iniziale. Molti allenatori l’hanno scelta, ma poi, disperati, me l’hanno riportata.» La diretta interessata emettè un mugolio che poteva essere interpretato come un “e quindi? Io sono fatta così!” La professoressa continuò il suo racconto. «Li attaccava, come ha fatto con Ivan poco fa. Non li riteneva degni. E così ha iniziato a non farsi nemmeno scegliere dai nuovi allenatori. Attaccandoli non appena mostrassero qualche interesse per lei. E alla fine ha trovato te.» Concluse la sua spiegazione. 
«È così?» Chiese Ash. La Pokémon rispose con un inequivocabile gesto della testa. Si. «Molto bene, allora vado a prendere la sua Poké Ball. Se permettete.» Dal momento che nessuno si oppose, la donna entrò nel laboratorio. 
Anita era rimasta leggermente in disparte, ancora non del tutto a suo agio. Si chiedeva ancora perché il campione del mondo e una coordinatrice e performer di altissimo livello avessero voluto assistere ad un momento così ordinario. La 
consegna del primo Pokémon ad un allenatore o un’allenatrice. 
La professoressa, nel frattempo, era rientrata dal laboratorio con la Poké Ball di Snivy. Appena arrivata, la  consegnò al ragazzo. Snivy, con una delle sue fruste fece scattare il meccanismo di apertura della Poké Ball, facendosi assorbire al suo interno. «Evvai!» Gridò Ash, mentre sollevava la Poké Ball al cielo. «Ho una nuova amica!» Anita guardò il ragazzo. «Certo che è proprio un ragazzo molto, molto entusiasta!» Serena si voltò verso di lei. «Ci farai l’abitudine.» Le rispose. “Ci farai l’abitudine.” Quelle poche parole rimbalzavano nella sua testa. 
In che senso ci avrebbe fatto l’abitudine? Voleva forse dire che…
Frattanto, Ash aveva fatto uscire dalle Poké Ball tutti i Pokémon che aveva portato con sé. «Vorrei presentarti alcuni miei amici.» Si rivolse alla nuova arrivata. «Eccoli qui, loro sono Gengar, Infernape, Noivern e Lucario.» I Pokémon del ragazzo iniziarono a fare conoscenza con la nuova arrivata, che si dimostrò piuttosto gentile ed educata con ognuno di loro.
«Forse credo che sia il caso di dirlo.» Serena si rivolse ad Ash, aumentando ulteriormente la confusione di Anita. Cosa doveva dire di così tanto importante?
«Ah. Giusto. Non ti abbiamo spiegato perché siamo venuti qui.» Ash si rivolse alla neo allenatrice, che, un po’ in disparte stava studiando i Pokémon del ragazzo. Si concentrò in particolare su Noivern, e Infernape. 
Non li aveva mai visti in vita sua. Prima di scansionarli con il suo Smart Rotom, cercò di farsi un’idea del loro aspetto. Il primo ricordava un enorme pipistrello viola e nero. La testa era nera, mentre la mascella era viola. Aveva gli occhi gialli, dotati di un'iride celeste. Il naso naso rosso e biforcuto, grandi orecchie nere a punta dall'interno verde acqua. All’interno delle orecchie anche degli anelli neri concentrici. Il collo era coperto da una grande quantità di folto pelo bianco.  Il torace e gli arti erano neri, contrariamente alla pancia, di colore viola. La parte anteriore delle ali era verde acqua, con la parte posteriore che parte dal nero, terminando con il viola. Le ali erano dotate, nella parte inferiore, di due grossi spuntoni neri, mentre le tre dita che sporgevano dalle ali erano rosse. Le zampe posteriori avevano due dita. La lunga coda nera disponeva di due spuntoni poco prima della fine.
Poi si concentrò su Infernape. Il suo corpo ricorda uno scimpanzè. Prevalentemente di un colore brunastro con sfumature di rosso, sezioni di pelo bianco sul petto, testa e gambe, e una grande fiamma che brucia sulla testa. Infernape porta due anelli d'oro al petto. Aveva anche dei disegni a forma di spirale, spalline d'oro, ginocchiere e polsiere. Le marcature sulla fronte avevano un intenso colore rosso sangue. Aveva le sclere gialle, e le iridi blu. Le mani, i piedi e l’interno delle orecchie erano blu. Lo scansionò con lo Smart Rotom. « Infernape, Pokémon Fiamma, tipo Fuoco e Lotta. Esemplare maschio. Evoluzione finale di Chimchar, uno dei , uno dei Pokémon iniziali della regione di Sinnoh. Usa un tipo speciale di arte marziale che coinvolge tutti gli arti. La sua fiamma non si estingue mai. Mosse conosciute, Fuococarica, Fossa, Fuocopugno e Zuffa» Passò poi a scansionare Noivern.
«Noivern, Pokémon Ondasonora. Tipo Volante e Drago. Esemplare maschio. Pokémon originario della regione di Kalos. Vola nell'oscurità ferendo gli avversari con ultrasuoni in grado di frantumare anche i massi, per poi finirli con i suoi denti affilati. Mosse conosciute Dragartigli, Ondaboato, Eterelama e Forbice X»
Serena e Ash si avvicinarono alla ragazza, cogliendola di sorpresa. «Dovevamo dirti una cosa.» Esordì Serena. «Il reale motivo per cui siamo venuti fino a qui.» Ash continuò la frase della ragazza, mettendola in leggero imbarazzo. «Il motivo?» Chiese la ragazza, sempre più confusa.
«Sai, il mio più grande sogno è quello di diventare un Maestro Pokémon.» Iniziò Ash. «E?» Chiese la ragazza, che iniziava a trovarsi un po’ più a suo agio. «Ho capito qual è uno dei passi fondamentali per diventarlo. E, per farlo avrei bisogno del tuo aiuto.» La ragazza, meccanicamente, rivolse lo sguardo verso di lui. 
«E io, che sono appena diventata allenatrice, in che modo potrei aiutare un campione come te?» Ash le sorrise. «Vedi, ho capito qual è uno dei passi per diventare Maestro Pokémon. E sarebbe quello di aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo.» La ragazza continuava a non capire. «Io sono qui perché mia madre mi ha costretta. Fosse stato per me…» Ash ci rimase male. Non sopportava l’idea di qualcuno che venisse costretto a fare qualcosa. 
«Allora non sono sicuro che tu sia la persona adatta. Non mi piace che qualcuno debba essere costretto a fare qualcosa. Anche a diventare allenatore. Per quanto io ami le lotte, non mi piace che qualcuno sia costretto a farlo.» 
La ragazza fece un piccolo gesto, come a dire di fermarsi. «A dire il vero, questo è quello che pensavo prima. Prima di vederti lottare con Oshawott. Ti ho visto spesso lottare in televisione. Ma vederti dal vivo… è tutta un’altra cosa. Sembrava che lo conoscessi da sempre. Ho capito che essere allenatrice non sembra poi così male.» Ash le sorrise, come a dire “questo è lo spirito giusto”. «Non sono sicura di essere la persona adatta. Ho paura di fallire.» Serena la guardò negli occhi. «Anche io ho sempre avuto questa paura. E la ho ancora, ma non mi ha mai smesso di crederci. Per questo ho deciso di venire qui con Ash. Vorrei diventare Regina di Unima. So che qui i Varietà sono difficili, ma la prendo come una motivazione per fare meglio. È una cosa che ho imparato da Ash.»
Pochi minuti dopo, Ash ricoverò nelle Poké Ball i suoi Pokémon. «Ora, se non vi dispiace, vi accompagno al Centro Pokémon.» Li interruppe la professoressa. I tre la seguirono, fino alla sua auto. 
Sbloccò le porte con un pulsante sulla chiave. L’avvenuto sblocco venne confermato dal lampeggio delle frecce. Ash, da cavaliere, aprì la porta posteriore, permettendo alle ragazze di accomodarsi. Fatto questo chiuse la porta, quindi si sedette davanti, accanto alla professoressa.
Il viaggio fu di breve durata, Soffiolieve e Quattroventi erano molto vicine. Pochissimi minuti di viaggio. La donna parcheggiò davanti al Centro Pokémon. Ash scese e aprì la porta alle ragazze. 
La professoressa accompagnò i ragazzi all’interno dell’edificio. All’esterno l’edificio era una semplice costruzione in mattoni, non troppo diverso dai Centri Pokémon delle altre regioni, ma le differenze erano all’interno.
Oltre al bancone dell’Infermiera, alle panche dove sedersi in attesa di essere serviti, o in attesa di ricevere i propri Pokémon, vi era anche un minimarket. Una novità per Ash.
«Buongiorno!» Salutarono. «Buongiorno a voi!» Ricambiò l’Infermiera. «Come posso esservi d’aiuto?» Chiese. Ash guardò la donna. Si. Assomigliava a tutte le altre infermiere che aveva conosciuto, ma la sua divisa era diversa. Non indossava la classica maglia rosa e il grembiule, ma una camicia di un rosa più scuro. Il cappello era, invece, identico alle altre infermiere. Al suo fianco un Audino. Un Pokémon che Ash e Serena avevano imparato a conoscere.
«Volete che mi prenda cura dei vostri Pokémon?» Chiese, quasi retoricamente. I tre allenatori le consegnarono le rispettive Poké Ball, con Pikachu che saltò sul bancone. «Non ci vorrà molto.» Li rassicurò. 
«Ora scusate, ma devo andare.» Si congedò la professoressa. «Arrivederci!» La salutarono. Dopo un po’ l’infermiera tornò con le Poké Ball e con Pikachu. «I vostri Pokémon godono di ottima salute. Si vede che ci tenete tanto a loro.» Si congratulò. I tre la salutarono e si avviarono verso l’uscita.
Anita appariva molto agitata, ora che non vi era più la confortante presenza della professoressa, la ragazza si sentiva a 
disagio. Sarebbe voluta tornare a casa, ma, per il momento, il pensiero di deludere il campione la fermava dal farlo.
Appena i tre uscirono, notarono, poco lontano dal Centro Pokémon, una decina di persone, attorno ad uno strano tipo,il cui modo di vestire ricordava una sorta di antico cavaliere. Era vestito di grigio, nero e bianco. Indossava un ampio cappuccio che gli copriva i capelli, su di esso una croce, realizzata con dei lacci neri. Indossava una veste grigia con delle ampie maniche corte, coperta da una sopravveste bianca, tenuta da una cintura nera. Nera anche la maglia presente sotto la veste grigia e i pantaloni. Indossava dei guanti e degli stivali grigi.  L'uomo era in piedi su di una sorta di bancone. Dietro di lui questo manifesto, presente anche sulla sopravveste:


Nell’esatto momento in cui i tre si avvicinarono, cominciò a parlare. «I Pokémon si sono stancati di essere sotto la tirannia degli Allenatori! Siete stanchi di vederli lottare e soffrire per il puro piacere dei loro Allenatori? Allora Unitevi al Team Plasma! Per troppo tempo gli Allenatori hanno costretto i Pokémon alla schiavitù, al piegarsi a loro ordini! Come se fossero delle creature inferiori! E peggio ancora li sfruttano per trarre degli ingiusti vantaggi contro i non allenatori! Seguite Ghecis e tutti insieme faremo crollare tutto questo! I Pokémon torneranno liberi dal giogo degli allenatori!» I tre si guardarono negli occhi. «Ma come si permette di dire una cosa del genere! Essere allenatori è la cosa più forte del mondo! E nessuno di noi ha mai costretto i Pokémon a seguirlo!» Il tono di Ash era terribilmente irritato. E, Allo stesso modo anche Pikachu era parecchio irritato. Dalle sacche elettriche sulle guance uscivano delle grosse scariche elettriche. 
«Che cos’hai intenzione di fare? Lasciami indovinare? Chiederai al tuo Pokémon di attaccarmi e di buttarmi giù da qui!» Allenatore e Pokémon si guardarono negli occhi. «Ci stavamo giusto pensando!» Rispose il ragazzo.« PiPi-kachu» Confermò il Pokémon. «Ecco cosa è che non va in questo mondo!» Gridò! «Gli Allenatori come questo ragazzo, sfruttano i loro Pokémon per combattere chiunque non la pensi come loro!» Le persone attorno a lui si misero ad urlare, incitandolo.
«Cosa? Noi non stiamo attaccando nessuno!» Gli rispose, un sempre più alterato Ash. Serena, che lo conosceva bene, comprese che, ben presto, la situazione sarebbe degenerata. 
Per fortuna Serena riuscì a trascinare Ash prima che la situazione degenerasse.
«Aspetta un attimo! Ma che fine ha fatto Anita?» Serena era piuttosto preoccupata. Per quella ragazza era il primo viaggio, e forse la prima volta che andava fuori casa da sola. 
Mentre i due la cercavano disperatamente, la ragazza era stata avvicinata da uno strano tipo. Un ragazzo alto e magro, dai lunghi capelli verde chiaro, indossava un berretto nero, una maglia bianca, dei pantaloni marrone chiaro e delle scarpe verdi. Al collo un pendente che ricordava un pianeta. Indossava anche dei bracciali, e appeso ai pantaloni una sorta di cubo di Rubik. «E-E tu c-chi sei?» Chiese la ragazza, piuttosto impaurita. «N-Non d-dirmi che sei uno di quelli del Team Plasma!» Il ragazzo dai capelli verde chiaro fece cenno di no con la testa. «Che importanza ha?» A questo seguì una breve pausa di silenzio. «Si. Io credo che gli allenatori opprimano i Pokémon. So che tu sei un’allenatrice. Il tuo Pokémon mi ha detto…» Anita fece un piccolo gesto, per interromperlo. Come sarebbe a dire che i Pokémon parlano? «Capisco il tuo stupore. Parlare coi Pokémon è una cosa di cui sono sempre stato capace.» Rapidamente il ragazzo cambiò argomento. 
«Vedo che hai uno Smart Rotom, immagino che sfrutterai la sua funzione Pokédex. E, per farlo, imprigionerai nelle Poké Ball decine e decine di Pokémon. Anch’io sono un Allenatore, ma non posso fare a meno di chiedermi sed’è vero che i Pokèmon sono davvero felici in questo stato. Ma sono curioso, Sentiamo cosa dice il tuo Pokémon!» Anita era ancora più confusa. Quel ragazzo voleva sfidarla in una lotta? Lo avrebbe accontentato. O almeno ci avrebbe provato. 
«Vai Purrloin!» Il ragazzo mandò in campo un Pokémon molto simile a un gatto. Dai grandi grandi occhi verdi con delle macchie fucsia che partivano dalle palpebre e terminavano all'inizio delle orecchie. Il resto del corpo era prevalentemente viola, con alcune chiazze bianco panna sul muso, sulla fronte, sul petto, sulla schiena, due sulle zampe posteriori ed anteriori. La coda, completamente viola, possedeva all'estremità del pelo increspato.
La ragazza lo esaminò con il suo Smart Rotom. «Purrloin, Pokémon Furbizia. Tipo Buio. Esemplare maschio. Lascia avvicinare il nemico distraendolo con pose ammalianti, e poi all'improvviso lo graffia ridendo. Mosse conosciute: Attacco Rapido, Ombrartigli e Graffio.»
La ragazza ripose il suo Smart Rotom nella borsa e prese la Poké Ball del suo Oshawott. «Tocca a te!» Esclamò, mentre lo mandava in campo.
«Cominciamo noi. Purrloin, usa Attacco Rapido!» Ordinò il ragazzo. Il Pokémon Furbizia si mise a correre a gran velocità contro l’avversario. Sembrava fosse rivestito da un’aura bianca.
E adesso cosa faccio?” Pensò la ragazza, intanto che il Pokémon si avvicinava. “Andiamo… cosa farebbe Ash?” Ormai il Pokémon era tremendamente vicino. «Forza! Schiva!» Ordinò. Il Pokémon si mosse all’ultimo secondo evitando di essere colpito. «Proviamo questo. Usa Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon Lontra si generò un potente getto d’acqua che, complice la distanza ravvicinata, colpì in pieno il bersaglio. «Forza, fammi sentire di nuovo la voce del tuo Pokémon! Purrloin, usa di nuovo Attacco Rapido!» Ordinò. Il Pokémon, sbalzato indietro dal precedente attacco, riprese a correre a gran velocità contro l’avversario. Ma questa volta, Anita si fece cogliere meno di sorpresa. «Proviamo con Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra venne circondato da uno strato d’acqua, che lo rivestì completamente.
Lo scontro tra i due Pokémon fu inevitabile. Entrambi i Pokémon vennero sbalzati indietro dalla grande energia scaturita dall’impatto.
Per fortuna dei loro allenatori, entrambi i Pokémon si rialzarono, scuotendosi di dosso la polvere.
«Mi piace quello che dice il tuo Pokémon!» Commentò il ragazzo. «Purrloin! Ombrartigli!» Ordinò. Gli artigli del Pokémon
 Furbizia crebbero di dimensione, e si illuminarono di viola, mentre il Pokémon si mise a correre.
«Dai su! Usa Pistolacqua!» Gridò la giovane allenatrice. Dalla bocca del Pokémon Lontra si generò un potentissimo getto d’acqua, che colpì in pieno l’avversario, proiettandolo in aria e impedendogli di attaccare e sconfiggendolo.
«Mi dispiace averti deluso Purrloin, ma ricordati che fino a quando i Pokémon saranno imprigionati nelle Poké Ball, non diventeranno mai degli esseri completi. È per loro, per il bene dei miei amici Pokémon, che IO, N, rivoluzionerò il mondo!»
Detto questo, il ragazzo si diresse al Centro Pokémon.
«Ecco dov’eri!» Anita riconobbe immediatamente quella voce. «Ci hai fatto preoccupare.» Aggiunse. Anita si girò nella direzione da cui la voce proveniva. Erano Serena, Ash e Pikachu. «Pensavamo che fossi stata rapita da uno di quelli del Team Plasma.» La riprese Ash. «Fortunatamente no. Sia io che Oshawott stiamo bene, ma…» Rispose. «Ma cosa?» Chiesero i due ragazzi più grandi, preoccupati. «Ho incontrato un ragazzo, un Allenatore che, come quel tipo sul bancone,  sosteneva che i Pokémon siano oppressi dagli Allenatori.» Ash e Serena si voltarono nella sua direzione. «Come sarebbe a dire?» Dissero i due al contempo, con leggero imbarazzo da parte di Serena. Anche Pikachu confermò la cosa, toccando il collo di Ash con una delle sue zampe. Il ragazzo, di tutta risposta, lo accarezzò sulla testa. «Chaa» Il Pokémon squittì di felicità. Adorava le coccole. «Ti pare che Pikachu sia oppresso? Faccio tutto quello che posso per far si che stia al meglio, e lo stesso vale per tutti gli altri!» Rispose il ragazzo. «E lo stesso vale per me!» Aggiunse Serena. «Spero di poter dire lo stesso.» Si aggiunse Anita, mentre teneva in mano la Poké Ball del suo Oshawott. «Io credo che ce la farai.» La incoraggiò Ash, con il suo solito ottimismo. «Anche se ora, credo che dovremo occuparci del Team Plasma.» Aggiunse. «Cosa vorresti fare? Manifestare le proprie idee non è vietato. Per quanto siano estreme.» Ash cercò di controbattere, ma poi si rese conto che Serena avesse assolutamente ragione. 
«Hai deciso quale sarà il tuo obiettivo?» Chiese Ash alla nuova compagna di viaggio. La ragazza rimase in silenzio alcuni istanti. «Mi perdoni se ti dico che non ho ancora deciso. Certo, ti ho visto lottare con Oshawott, e siete stati fantastici. Ho anch'io avuto l'opportunità di lottare, con quel ragazzo che parlava coi Pokémon e devo dirlo. Le lotte sono meravigliose. Ma non sono sicura che sia questo quello che voglio fare.» Ash le sorrise. «Nessun problema». Ai due si aggiunse Serena. «Potresti provare con le lotte in palestra e puntare al titolo di Campionessa.» Anita si voltò verso di Serena. «Credi che io sia in grado di riuscirci?» Ash ci rimase male. «Se parti così, non ci riuscirai mai.» La riprese. 
«Si, ma se dobbiamo partire, per un viaggio del genere, dovremo procurarci delle provviste e anche delle tende e dei sacchi a pelo. Non sempre riusciremo a passare la notte in un Centro Pokémon» Le spiegò Serena. Come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Come sarebbe a dire? Passeremo delle notti all'addiaccio?» Si lamentò Anita. «Certamente. È questo il bello dei viaggi Pokémon. Non sai mai cosa ti può capitare.» Si aggiunse Ash, aumentando ulteriormente la preoccupazione della loro nuova compagna di viaggio. 
Serena aveva preso il suo Smart Rotom, e aveva aperto l’applicazione dedicata alle mappe. «Possiamo ritenerci fortunati, qui in città c’è un negozio specializzato in articoli da campeggio e anche dei negozi di alimentari.» Spiegò.
La ragazza cominciò a camminare, con Ash che la seguiva senza discutere. Anita, non avendo altra scelta, li seguì. 
La loro prima tappa fu il negozio dedicato agli articoli da campeggio. Si trovava in una delle tante viuzze della città. Occupava il piano terra di un edificio residenziale. Aveva delle grandi vetrate, in cui erano esposti diversi articoli, dai fornelli a delle bombolette, posate e piatti da campeggio. Dall’altro lato della vetrina, invece vi erano esposti dei sacchi a pelo e vi erano delle foto di tende, con diverse indicazioni. 
Su una di esse vi era una sorta di cartello, che, nella forma, imitava una sorta di fumetto. “Prendi due tende a due posti e la seconda la paghi la metà”. Vi era scritto.
I tre entrarono nel negozio. «Buongiorno!» Salutarono. «Buongiorno a voi!» Li salutò il commesso. Un uomo sulla trentina. Capelli arancioni e occhi azzurri. Indossava la divisa del negozio, una salopette marrone su una camicia verde.
«Come posso esservi d’aiuto?» Chiese. «Immagino che se siete qui, cercate degli articoli per un viaggio Pokémon. Anche se mi chiedo come mai il Campione del Mondo voglia viaggiare come se fosse un novellino.» Si lasciò scappare.
Ash si stava visibilmente alterando. Non sopportava che qualcuno si facesse gli affari suoi. Certo, non gli dispiaceva parlare dei suoi obiettivi, ma non sopportava essere giudicato.
«Se dovete partire per un viaggio…» L’uomo cambiò leggermente il tono. «Vi servirà un po’ di tutto. Ma ritenetevi fortunati, abbiamo delle ottime offerte. Credo che abbiate visto l’offerta sulle tende da campeggio, se ne prendi due, la seconda la paghi la metà, ma abbiamo anche altre offerte. Per esempio se compri tre sacchi a pelo, il quarto è in regalo, e abbiamo lo sconto quantità anche sulle bombole del gas e su piatti e posate.» Spiegò.
In breve tempo, i tre uscirono dal negozio con tutto il necessario e oltre. Cosa diavolo se ne facevano di un quarto sacco a pelo? O di due tende a due posti se erano solo in tre? Certo che quel tipo era proprio bravo a vendere.
I tre si diressero al negozio di alimentari. Non era lontano da dove si trovavano, circa una cinquantina di metri a piedi. 
Contrariamente al negozio di articoli da campeggio, si trovava in un edificio dedicato ed era piuttosto ampio e ben fornito. 
«Non credo che dovremo fare grandi acquisti qui.» Commentò Anita. «Forse tu non conosci questi due!» Le rispose Serena, cercando di trattenersi dal ridere. «Sono dei pozzi senza fondo!»
«Ehi! Ma lo sai benissimo! Per performare serve tanta, tanta energia» Le rispose il ragazzo, con Pikachu che confermò, a modo suo, le parole dell’Allenatore. 
Conclusi gli acquisti, un rumore simile ad un tuono spaventò Anita.
«Credo sia ora di pranzo.» Commentò Serena. «I loro stomaci sono più precisi di qualsiasi orologio.» La ragazza, sempre grazie al suo Smart Rotom accompagnò il gruppo ad un ristorante fast food. Era uno dei tanti ristoranti di una famosa catena di Unima. Data l’ora c’era parecchia gente, ma la fila si sbrigava piuttosto in fretta. 
Ben presto giunse il loro turno. Al momento dell’ordinazione Ash e Pikachu diedero dimostrazione di quanto detto da Serena. E anche gli altri Pokémon del ragazzo non si esimero dal farlo. 
Dopo pranzo, i tre uscirono dal locale, con tutti i Pokémon, ad eccezione di Pikachu, ricoverati nelle rispettive Poké Ball. 
«Scusa se sono indiscreta, ma…» Chiese Anita. «Dimmi tutto.» Le rispose Ash. «Ma come mai tieni sempre Pikachu fuori dalla Poké Ball?» Il ragazzo si rivolse verso l’amico e lo accarezzò. «Lui non sopporta di stare dentro alla Poké Ball. Ha messo subito in chiaro le cose sin dal nostro primo incontro, non è così?» Il Pokémon Topo confermò la cosa, a modo suo.
La neo allenatrice si chiese se avesse fatto bene a ricoverare il suo Pokémon nella Poké Ball, senza chiederglielo. «Ora che siamo a stomaco pieno, potremo pure metterci in cammino. Dove andiamo?» Chiese Ash.
Serena aveva preso il suo Smart Rotom, e aveva aperto l’applicazione dedicata alle mappe.
«La prima Palestra si trova a Levantopoli. È una città non molto lontana da qui. Ma credo che se partissimo adesso, dovremo passare la notte in tenda. L’alternativa è partire domani mattina presto. Intanto che cerco informazioni sulla Palestra, mi dite cosa ne volete fare?»
Mentre la ragazza cercava ulteriori informazioni sulla palestra, Ash e Anita, avevano chiarito le idee sul da farsi.
«Per me potremmo partire direttamente domani.» Rispose il ragazzo. «Anche per me.» Si aggiunse Anita.
«Come volete. Intanto ho trovato delle informazioni sulla Palestra. Sembrerebbe che sia specializzata nel tipo Erba, nel tipo Fuoco e nel tipo Acqua.» Ash si grattò la testa, perplesso. «Come sarebbe a dire una palestra specializzata in tre tipi diversi? Tutte quelle che ho affrontato erano specializzate in un solo tipo.» Commentò. «E poi, sei diventata Allenatrice da poco, prima di sfidare una Palestra forse è meglio fare un po’ di allenamento. E credo che dovresti  provare a catturare dei nuovi Pokémon…» Serena fece cenno a Ash di darsi una calmata. «Si, hai ragione, ma non correre, abbiamo tutto il  tempo. Forse sarebbe il caso di andare al Centro Pokémon e di prenotare le stanze per la notte.» I tre si diressero all’edificio dedicato, lo stesso dove, la mattina, avevano salutato la Professoressa Aralia. 
Appena entrati, vennero accolti dall’Infermiera. «Buon pomeriggio, ragazzi! Come posso esservi d’aiuto?» Chiese. «Buon 
pomeriggio, vorremo prenotare due stanze per questa notte. Se fosse possibile.» L’Infermiera si girò in direzione del portachiavi appeso al muro. 
«Siete stati fortunati. Sono rimaste giusto una doppia e una singola. Eccoti le chiavi. Quella con il portachiavi verde è la singola. Quella con il portachiavi bianco è la doppia» L’infermiera porse alla ragazza una copia delle chiavi. 
Serena porse quella della singola ad Ash. «Ho una domanda, potremo usare il campo lotta?» Chiese il ragazzo. «Nessun problema.» Rispose l’infermiera. I tre uscirono dal Centro Pokémon e raggiunsero il campo lotta. Era un normalissimo campo di lotta in terra battuta, sul lato destro del Centro Pokémon. Sui lati lunghi del campo erano presenti delle panchine, per permettere agli spettatori di seguire la lotta. Sul lato opposto al Centro Pokémon, era presente la postazione dell’arbitro.  
«Hai detto di aver già lottato contro quel ragazzo, non è vero?» Le chiese, retoricamente, Ash. Per l’esperto allenatore questo voleva dire tanto. «Sai, non mi piace la teoria. Preferisco di gran lunga la pratica. Se vuoi, possiamo cominciare.» Serena lo fermò prima che estrasse dal borsello la Poké Ball di Snivy. «Non credi che sarebbe meglio che si allenasse con qualcuno più vicino al suo livello, se capisci cosa intendo.» Ash comprese l’antifona. Dopotutto avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per allenarsi con Anita. «E va bene. Ma anche tu, mi raccomando, trattala bene.» Le rispose il ragazzo.
Anita voleva opporsi, ma si trattenne dal farlo. Forse non allenarsi sin da subito con il Campione non era poi un’idea così malvagia. Dopotutto l’aveva visto utilizzare delle tecniche davvero improbabili e, forse, non era pronta per quello.
Le due ragazze si schierarono ai lati opposti del campo. «Ricorda che è una lotta di allenamento. Non deve per forza esserci un vincitore.» Le spiegò Serena. Anita fece cenno di aver compreso con un gesto del capo.
«Bene, Pancham! Tocca a te!» Serena mandò in campo un Pokémon simile ad un cucciolo di Panda Gigante. Aveva il pelo della testa color avorio, ad eccezione del pelo delle orecchie, del contorno occhi del busto, che è nero. Dalla vita in giù, il pelo assumeva una colorazione grigio scuro e la coda a batuffolo di color avorio. Portava anche una foglia di bambù in bocca. Anita lo scansionò con il suo Smart Rotom. «Pancham. Pokémon Briccone. Tipo Lotta Esemplare maschio. Vuole apparire minaccioso ma non viene preso sul serio dagli avversari. Mosse conosciute: Gelopugno, Pietrataglio, Sberletese, Neropulsar.» Anita, non che avesse molta scelta, mandò in campo il suo Oshawott.  
«Pancham, ricordati che loro non sono molto esperti. Non esagerare!» Il Pokémon fece cenno di aver capito. «Cominciate voi.» la invitò Serena. «Ne sei sicura?» Chiese. «Quando ho lottato con quel ragazzo, ha cominciato lui.» Aggiunse. «Va bene. Per questa volta cominciamo noi, ma in un una lotta ufficiale queste cose non possono succedere!» Le fece notare Serena. «Certo… ho capito.» Rispose Anita, non molto convinta.
«Bene, Pancham! Comincia con Pietrataglio!» Il Pokémon briccone tirò un potente pugno sul terreno, facendo spuntare degli enormi massi acuminati dal colore azzurro. «Forza, Oshawott! Schiva e poi usa Azione!» Il Pokémon Lontra si scostò verso destra, evitando di venir colpito, quindi si mise a correre contro il suo avversario. Serena rimase attendista. Il Pokémon Lontra si avvicinò ulteriormente a Pancham. Era quasi pronto a colpire. «Pancham! Usa Sberletese!» Una delle mani del Pokémon Briccone si illuminò di bianco, colpendo l’avversario, che nel frattempo si era avvicinato a lui. Il colpo fu piuttosto violento, tale da proiettarlo indietro. «Pancham! Cosa ti avevo detto!» Lo riprese Serena. «Scusa, ma se non lotta almeno un po’ sul serio, come pensi che ci rimanga?» Se ne uscì Ash. «Allora perché non lotti te?» Gli chiese Serena. «Io volevo solo dire che dobbiamo abituarla al fatto che le lotta siano una cosa seria. Tutto qui.» Si spiegò. «Come vuoi.» Gli rispose la ragazza.  «Oshawott, tutto a posto?» Chiese Anita, preoccupata. I Pokémon, di tutta risposta, si alzò in piedi e si scrollò la polvere di dosso. «Visto?» Disse Ash. «Anche lui vuole fare sul serio.» Aggiunse. Oshawott confermò la cosa. «E va bene!» Finalmente si aggiunse anche Anita. «Usa Acquagetto!» Il Pokémon Lontra si circondò d’acqua e spiccò un salto. Era diventato una sorta di proiettile. «Presto! Difenditi con Gelopugno!» Ordinò Serena. Una delle mani del Pokémon Briccone si rivestì di uno spesso strato di ghiaccio, pronto a colpire il suo avversario, ormai arrivato a brevissima distanza. 
«Presto! Schiva!» ordinò Anita. Il Pokémon Lontra cambiò leggermente la sua traiettoria spostandosi verso l’alto. Pancham non riuscì a colpirlo direttamente, ma colpì la scia d’acqua che si portava dietro, congelandola. 
Oshawott era bloccato nel suo stesso attacco. «E ora rompiamo il ghiaccio con Sberletese!» Ordinò Serena. Pancham colpì la parte di scia gelata davanti a lui, con un violento colpo della mano.
Parte del ghiaccio si ruppe, permettendo al Pokémon Lontra di tornare a muoversi. «Continuiamo con Acquagetto!» ordinò Anita. Il corpo di Oshawott si rivestì d’acqua, che, a causa del ghiaccio che parzialmente lo rivestiva, gelò rapidamente. Il piccolo Pokémon dovette sforzarsi non poco per gestire la diversa resistenza del ghiaccio. «Prova a dirgli di attaccare!» La esortò Ash.
«Ah... Si… Certo… Proviamoci! Oshawott! Attacca!» Il Pokémon, sforzandosi immanemente, riuscì a controllare l’attacco, e colpì Pancham in pieno, facendolo volare in aria. 
Alcuni istanti dopo, Pancham ricadde a terra. Era ancora in grado di continuare, ma era evidente che avesse subito un duro colpo. Anche Oshawott cadde a terra. Tutto attorno a lui delle schegge di ghiaccio.
Anche lui era allo stremo delle forze. «Direi che può bastare così.» Serena interruppe la lotta. «Siete state entrambe fantastiche, i vostri Pokémon hanno lottato egregiamente.» Commentò Ash. Anita non voleva crederci. Il Campione le aveva fatto i complimenti? «Oshawott è stato in grado di eseguire davvero un ottimo Gelo-Acquagetto, per essere la prima volta!» Si complimentò, alimentando la confusione delle ragazze. «Gelo-Acquagetto?» Chiesero, stupite. «È una tecnica che ha inventato una mia amica e che io e Buizel abbiamo poi perfezionato. O meglio. Lei l’ha inventata quando Buizel era ancora un suo Pokémon, poi lo ha scambiato con uno dei miei e abbiamo perfezionato la tecnica, insegnandogli Gelopugno.» Spiegò il ragazzo. «Se mai Oshawott dovesse imparare una mossa di tipo ghiaccio, penso che potrebbe insegnargli la tecnica e perfezionarla.» Aggiunse. «Si, ma con calma.» Lo riprese Serena. «Ora dobbiamo pensare a riposare e a far riposare i nostri Pokémon» Si aggiunse Anita, notando come il suo Pokémon barcollasse per la fatica.
Il giorno seguente i tre si alzarono la mattina presto, e, dopo un’abbondante colazione, tentarono di mettersi in cammino. 
Appena usciti dal Centro Pokémon, i tre videro un ragazzo, circa dell’età di Ash e Serena, che stava tranquillamente camminando, scortato da un Eevee maschio. Indossava una giacca nei toni del blu, dei pantaloni neri, un borsello nero e blu e delle scarpe rosse. Indossava un cappello. Appena incrociò lo sguardo coi tre, si mise a correre a perdifiato. «Ma che ha quel ragazzo?» Si chiese Ash. Pochi istanti dopo, il ragazzo ottenne la risposta che cercava. Un uomo ed una donna, vestiti come il tipo del giorno prima, lo stavano inseguendo a perdifiato. «Non vorrete lasciarli in balia di quei pazzi!» Ash esortò le ragazze, mentre si incamminava. 
I tre si mossero lentamente, senza farsi scoprire dalla coppia di reclute. Non avevano la minima idea di dove si stavano dirigendo. Stavano esplorando quartieri della città che mai avevano visitato. 
Erano delle aree urbane tutte uguali, palazzoni grigi in cemento, vetro e metallo. Non c’era un singolo albero a pagarlo oro. 
«Questo posto mi mette una tristezza infinita.» Commentò Serena. «Non dirlo a me.» Si aggiunge Anita. 
«Usa Comete!» Si sentì gridare un ragazzo. I tre poterono vedere delle stelle che uscivano da un vicolo cieco. Davanti al vicolo i due tizi stavano combattendo contro quel ragazzo e il suo Eevee. 
«Così non vale! Due contro uno.» Si lamentò Ash. 
Prima ancora che il ragazzo potesse intervenire, alle comete si aggiunse una coltre fumogena. Evidentemente uno dei Pokémon dei due tizi, aveva utilizzato Muro di Fumo. Ash e le ragazze si avvicinarono al vicolo dove si stava svolgendo quella lotta.
«Accidenti! Siamo arrivati troppo tardi!» Si lamentò Ash, frustrato. «Forse potremmo ancora trovarlo. Non possono essere andati molto lontano.» Serena cercò di consolarlo. Anita era più dubbiosa. Perché mai avrebbero dovuto aiutare un ragazzo che nemmeno conoscevano? 
Non avendo molta scelta, la ragazza si unì a loro. I tre perlustrarono l’area, inizialmente senza trovare nulla. Fino a 
quando… «Aspettate, forse ho trovato qualcosa.» Anita si inchinò e raccolse un cappello. Era bianco, rosso e nero. 
Lo passò immediatamente a Serena.
«Potrebbe appartenere a quel ragazzo.» Commentò Serena, non appena lo ricevette.. «Ma da solo non ci condurrà mai a lui.» Aggiunse. «Forse so io chi può darci una mano.» Ash cercò di rimanere un minimo allegro. «Datemi solo un attimo.»
Il ragazzo prese il suo Smart Rotom e cercò, nell’applicazione dedicata, Poké Exchange, la macchina per trasferimenti più vicina. Dopo una breve ricerca e dopo essere passato all'applicazione delle mappe, raggiunse rapidamente la macchina più vicina. Erano circa trecento metri a piedi da dove si trovavano.
Prima di fare lo scambio, però, doveva mettersi in contatto con la persona interessata. Il Professor Kukui. Nella mente del ragazzo, l’olfatto sopraffino di Lycanroc avrebbe aiutato nella ricerca.
Il ragazzo, contattando, pensava di che a rispondere fosse il professore, e non la moglie, la professoressa Magnolia. Quando la donna rispose, Ash rimase, inizialmente, piuttosto spiazzato.
«Ciao, Ash, tutto bene? Si, immaginavo che ti aspettassi di trovare Kukui, no? Ma fa nulla. Ti vedo in forma, e anche Pikachu lo sembra. A proposito… questa non mi sembra affatto Kanto. Sei partito per Unima? Hai per caso portato con te qualche… amica? » Chiese. Il ragazzo le fece cenno di rallentare. «Di questo ne possiamo parlare un’altra volta? Abbiamo un problema non da poco.» Lo sguardo della donna cambiò di colpo. «Cos’è successo?» Chiese, piuttosto preoccupata. «Abbiamo visto che dei tizi che si fanno chiamare Team Plasma, delle persone che sostengono che Allenatori e Pokémon debbano vivere separati, hanno rapito un ragazzo, poco fa. Per questo chiedevo se fosse possibile mandarmi Lycanroc. Il suo olfatto ci sarà sicuramente d’aiuto.» La donna gli sorrise. «Nessun problema. Hai dei Pokémon con te, oppure te lo posso inviare direttamente?» Chiese. «Stavo pensando di mandare uno dei miei, per il momento.» Le rispose. I due si scambiarono le coordinate e, quando tutto fu pronto, effettuarono lo scambio. Ash aveva inviato, Lucario.
Finito lo scambio, e salutata la professoressa, il ragazzo tornò da Serena e Anita. «Scusate se ci ho messo tanto, ma ho avuto un piccolo imprevisto. In ogni caso ho un amico che può darci una mano. Vieni fuori! Lycanroc!» Dalla Poké Ball del ragazzo uscì un Pokémon simile ad un lupo, dalla postura quadrupede e dal pelo arancione, tranne per la parte inferiore delle zampe, bianca, e per la punta delle orecchie, di forma triangolare, scura. Aveva, intorno al collo, quattro pietre di colore scuro. Aveva un’ampia criniera bianca e una folta coda, sempre di colore bianco. I suoi occhi erano di un bel colore verde.
Anita, incuriosita da quel Pokémon, non potè fare altro che scansionarlo con il suo Smart Rotom. «Lycanroc. Pokémon Lupo. Forma Crepuscolo. Tipo Roccia. Esemplare maschio. Misteriosa evoluzione di Lycanroc che si verifica solo al crepuscolo. Ad Alola è un esemplare molto raro. Sotto l’apparente calma, nasconde un impetuoso spirito combattivo. Mosse conosciute Pietrataglio, Contrattacco, Sgranocchio, Rocciarapida.» Intanto Ash e il suo Pokémon si erano avvicinati a Serena. «Bene. Credo che il cappello abbia il suo odore.» Spiegò Ash. Serena si inchinò all’altezza del Pokémon Lupo e il fece sentire l’odore di quel cappello. 
«Pensi di riuscire a ritrovarlo?» Gli chiese. Il Pokémon confermò. Dopo averne riconosciuto l’odore, ne iniziò a seguire la traccia odorosa. I tre seguirono il Pokémon, che, dopo alcuni giri a vuoto, li condusse proprio di fronte al Centro Pokémon in cui avevano passato la notte. 
Giunti nella piazza antistante al Centro Pokémon, sentirono delle parole familiari. «Cittadini di Quattroventi… Ghecis Vi chiama all’azione!» Un seguace del Team Plasma, in piedi su di un tavolo, stava facendo propaganda contro gli allenatori.
Lycanroc corse verso di lui ringhiandogli contro. I tre si avvicinarono di corsa a quel tizio. «E voi cosa volete da me?» Il suo tono era piuttosto seccato. «Tu e uno dei tuoi avete rapito un ragazzo. Dimmi dove lo avete portato!» Si scagliò Ash, piuttosto arrabbiato. «Non riuscirai a fermare la Nostra rivoluzione, Campione!» Ash non pensò nemmeno a come rispondere. «Forse io no, ma…» A quelle parole Lycanroc si scaraventò contro l’uomo, facendolo cadere dal tavolo, che si ribaltò, facendo volare in aria tutti i volantini che vi erano poggiati sopra. Il Pokémon lupo era sopra di lui, con gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca. Sembrava volesse far di lui un sol boccone.
«Stammi a sentire.» esordì Ash, cercando di essere il più duro possibile. Non una caratteristica che gli si addiceva molto, ma in quel caso non aveva scelta. «Un ragazzo è stato rapito da te e da uno dei tuoi colleghi. Dove lo avete portato?» L’uomo, schiacciato dal Pokémon Lupo, era in una posizione di svantaggio, dovette dare almeno una parte della risposta. «Si. È vero. Sono stato io a rapirlo. Lo abbiamo portato a degli altri colleghi che lo hanno caricato su un furgone, ma non ho idea di dove lo abbiano portato.» Rispose.
Anita prese uno di quei volantini, che nel frattempo stava ricadendo. «Assisterete alla Rivelazione, stanotte, alle dieci in punto.» Lesse. «Su, cos’è questa rivelazione?» Chiese Ash, cercando ancora di restare nella parte del duro. «Niente che possa riguardare delle persone come voi!» Rispose. Lo sguardo di Lycanoc, per quanto possibile, si fece ancora più minaccioso. Ora sembrava veramente sul punto di attaccare. «E va bene…» Rispose l’uomo. «Nessuno sa cosa sia la Rivelazione, e come vi ho già detto non ho idea di dove abbiano portato quel ragazzo, ma se è un allenatore, posso assicurarvi che avrà quello che si merita!» Concluse. Nel mentre, Serena aveva raccolto diversi manifesti. 
Ash, nel frattempo, aveva ricoverato Lycanroc nella Poké Ball. Fatto questo, i tre entrarono nel Centro Pokémon. Si sedettero in una delle panche messe a disposizione degli allenatori.
«Adesso cosa facciamo?» Chiese Ash, in tono preoccupato. «Non possiamo lasciarlo nelle mani del Team Plasma.» Aggiunse. Nel mentre, Serena e Anita stavano osservando i manifesti che avevano raccolto. «Guardate!» Fece notare la nativa di Kalos. «Sembra che sul retro ci sia una specie di mappa.» Fece notare. «Dovremo solo capire dove si trovano.» Si aggiunse Ash. «Qui c’è una mappa.» Anita parlò estremamente a voce bassa. «Hai detto qualcosa?» Le chiese Serena.
«Credo che qui ci sia una mappa.» La ragazza indicava una piantina della città appesa poco lontano da loro. «Grazie.» La ringraziano. Poco dopo si alzarono e raggiunsero la mappa indicata dalla ragazza.
I due unirono i pezzi di mappa che possedevano e li sovrapposero, cercando una zona della mappa che corrispondesse a quella indicata. «Bingo!» Esultò Ash. «Sappiamo dove si ritroveranno, ma così come siamo non possiamo andare.» Serena fu più razionale. «Ora come siamo troppo riconoscibili. Intendo… anche se cambiassimo i nostri vestiti… potrebbero comunque riconoscerci.» Ash ci pensò un attimo. Serena aveva ragione. Per non parlare poi di Pikachu. «Potremo procurarci delle sciarpe e dei cappelli. Alle lenti ci posso pensare io. Per quanto riguarda Pikachu, potrebbe stare con Anita. Non ti dispiace vero?» La risposta del Pokémon Topo non si fece attendere. Quella ragazza sembrava abbastanza apposto. Prima o poi un’occasione del genere sarebbe capitata. Meglio sbolognarla al più presto.
I due tornarono dalla ragazza, che non aveva sentito molto della loro discussione. «Abbiamo scoperto dove sarà il loro raduno.» Spiegò Serena. «Solo che sembra molto pericoloso. Sarebbe meglio che tu resti qui. In caso di problemi, ci sarà Pikachu a proteggerti.» Aggiunse Ash. 
Anita cambiò espressione. Davvero credevano che non se la sarebbe cavata da sola? Il suo grande rispetto nei loro confronti le impedì di contestare.
«Se dovete uscire e non riuscite a rientrare per le undici, vi servirà questo.» L’infermiera prese una penna e un post-it e scrisse una serie di cifre. «»
Avrebbero dovuto chiedere le stanze per un’altra notte, rimandando la partenza di un altro giorno. Passarono il resto della giornata a procurarsi quanto necessario. Sciarpe, cappelli e giacche scure.
In seguito, le ragazze si occuparono del trucco. L’intento era quello di fargli apparire più vecchi. In seguito si occuparono 
delle lenti a contatto. Ash ne indossò di azzurre, Serena di castane.
La sera giunse in fretta e, dopo un’abbondante cena, Serena e Ash si diressero nella zona interessata. Pikachu e Anita 
restarono al Centro Pokémon, come pianificato. «Noi andiamo. Mi raccomando! Non sappiamo quanto ci metteremo, ma non ti preoccupare. Ce la caveremo.» La salutò Ash. La neo allenatrice, come se non fosse già preoccupata, si preoccupò ulteriormente.
Il luogo in cui si sare svolta la rivelazione era in una delle zone più vecchie e malmesse della città. Non troppo lontana da dove era stato sequestrato quel ragazzo. Di notte quel posto metteva davvero i brividi. Serena, per farsi coraggio, si strinse Ad Ash. Stare vicino a lui la faceva stare meglio.
«Guarda quanta gente.» Commentò il ragazzo a bassa voce. «Non immaginavo così tante persone la pensassero in questo modo.» Rispose Serena, anche lei stupita. Nel frattempo si era ulteriormente stretta al ragazzo. I due, ora camminavano a braccetto. «Così attireremo meno sospetti.» Cercò di giustificarsi.
I due si erano uniti alla fila. All’apparenza erano delle persone comuni. Uomini e donne, ragazzi e ragazze, anche dei signori e delle signore di una certa età.
La fila scorreva rapidamente. Non ci volle molto prima che giungesse il loro turno. Davanti a loro si stagliò un energumeno. Un omaccione alto più di due metri, dalle spalle larghe e dal corpo muscoloso. Aveva dei lunghi baffi, mentre per il resto non aveva un singolo pelo in viso. «Avete l’invito?» Chiese, con voce cavernosa. «L’invito?» Chiese Ash, con tono preoccupato. «Dice questo?» Chiese Serena, porgendogli il foglio raccolto la mattina. L’uomo lo guardò per alcuni istanti, per poi rispondere. «La rivelazione salverà uomini e Pokémon. Prego Fratello e Sorella.» Li invitò. I due entrarono. Decisero, immediatamente, di mettersi in disparte. «Non sapevo fossero così tanti.» Commentò il ragazzo. 
«Ghecis! Ghecis! Ghecis! Ghecis!» Tutti i presenti, intonavano il suo nome un coro, sembrava fossero un'unica voce. I due voltarono lo sguardo verso il palco. Diversi seguaci del Team Plasma, erano schierati, come soldati, in direzione del pubblico. Dietro di loro tre grandi stendardi con il simbolo del Team Plasma. A un certo punto diversi seguipersone si illuminarono, puntando al centro del palco. Contemporaneamente una voce fuoricampo, catturò l’attenzione del pubblico. 
«Diamo un caloroso benvenuto a colui che porterà un nuovo equilibrio in questo mondo! Gheeeeeeeeeeeeeecccccccccisssssssssssssssssssssss»Gridò!
Nel frattempo, da una botola sotto il palco, era uscito un uomo alto circa due metri e dalla corporatura robusta. Aveva i capelli lunghi e di un colore non ben definibile. Qualcosa tra il grigio e il verde. Indossava una veste bianca coperta da una sopravveste viola e gialla. Sul lato viola era decorata con un occhio stilizzato  giallo, sul lato giallo con un occhio stilizzato viola. Indossava una sorta di decorazione, sulla veste, che ricordava la merlatura di un castello.
Il tempo per osservarlo fu, a dire il vero, piuttosto breve. Ben presto l’uomo cominciò a parlare. «Il mio nome è Ghecis. Ghecis, capo del Team Plasma. Oggi voglio parlare a voi tutti qui riuniti della liberazione dei Pokémon! È da tantissimo tempo che noi umani viviamo a fianco dei Pokémon. Ci cerchiamo a vicenda, abbiamo bisogno gli uni degli altri. Questa sembra essere un’idea condivisa da molti. Ma stanno davvero così le cose? O siamo solo noi umani a essere convinti che questa sia la verità? Avete mai provato a pensarci? La verità è un’altra! Gli Allenatori schiavizzano i Pokémon e li piegano al loro volere!» A quelle parole, il pubblico, come in coro, gridò «ALLENATORI SCHIAVISTI! SCHIAVISTI! SCHIAVISTI!» Ci vollero alcuni istanti, prima che l’uomo potesse riprendere a parlare.
« Li sfruttano per ogni sorta di cose. Qualcuno di voi ha il coraggio di negare che sia così? Ascoltatemi! I Pokémon sono delle creature del tutto diverse dagli esseri umani ed è probabile che posseggano capacità ancora ignote. Sono tantissime le cose che possiamo imparare da loro. Allora, qual è l’unica cosa sensata che noi esseri umani possiamo fare per loro? Esatto! Dobbiamo liberarli! Ed è quello che farò con questi schiavisti! Ma, dato che IO» L’uomo sottolineo particolarmente la parola “IO”. «Sono un uomo magnanimo. Per quanto siano tutti dei criminali, permetterò ad ognuno di loro di difendersi. Di tenere i suoi Pokémon.» Il pubblico fece un boato di disapprovazione. Durante il discorso una parte dei seguaci si era allontanata, per poi tornare a discorso finito. Ognuno di loro teneva ben fermo una persona. Ash e Serena li guardarono uno ad uno. Il ragazzo che cercavano era l’ultimo in fila. Prima di lui c'erano solo tre persone.
«Comincio da te.» L’uomo si rivolse all’uomo più a sinistra. Era un uomo di circa quarant’anni, e aveva davvero una brutta faccia. «Bene.» Lo invitò Ghecis. «Tu sarai il primo. Schiera il Tuo Pokémon.» Lo invitò. 
Il ragazzo, che nel frattempo era stato liberato, obbedì. «Toxicroak! Tocca a te!» L’uomo mandò in campo un Pokémon bipede dai colori blu scuro e verde acqua, dall’aspetto simile a una rana velenosa. La testa aveva una punta leggermente arricciata verso l'alto. Aveva gli occhi giallo brillante, molto intimidatori, dotati di una piccola pupilla simile a quella di un serpente. La bocca ha l'aspetto di un paradenti. Il labbro superiore è rosso e si arricciava verso l'alto. Sotto il mento c'è una sorta di vocale rosso. Aveva tre dita e, sul dorso di ogni mano un grande artiglio rosso. Gli avambracci erano circondati da due anelli neri. Le zampe erano muscolose. I suoi  piedi avevano tre dita. Sotto l'area pelvica ci vi erano due linee orizzontali bianche. «Oh!» Commentò Ghecis. «Possiamo cominciare.» L’allenatore rimase spiazzato, non ordinado alcun attacco. «Perché non ordini alcun attacco?» Gli chiese. «Credi che io non sia in grado di difendermi in quanto sono un semplice essere umano?» Aggiunse. «Sono perfettamente in grado di attaccare e di difendermi!» Lo provocò. «Vuoi una dimostrazione?» Gli occhi dell’uomo si illuminarono. Sollevò un braccio. Questo fu sufficiente a scaraventare il Pokémon dell’avversario ovunque. Questo fu sufficiente a sconfiggerlo. Due seguaci lo immobilizzarono, mentre un altro lo perquisiva. Il suo obiettivo era quello di prendere tutti i suoi Pokémon. Il ragazzo ne possedeva altri tre. «E ora liberateli!» ordinò Ghecis. Il seguace che aveva perquisito il ragazzo fece scattare il meccanismo di liberazione dalle Poké Ball, liberando un Watchog, un Tranqill e un Liepard.
Destino simile accadde ai due allenatori successivi. «Ora faranno lo stesso con quel ragazzo.» Commentò Ash. Fino a quel momento, il ragazzo si era trattenuto, sia pur a fatica. Ma non poteva sopportare di vedere quelle cose una singola altra volta. Anche se, fino ad ora ad aver subito quel trattamento erano dei criminali. Ma ora toccava a quel ragazzo.
Questi aveva capito cosa stava succedendo. «Eevee! Questa è la lotta più importante! Dobbiamo vincere ad ogni costo! Cominciamo con Attacco Rapido.» Ordinò. Appena in campo, il Pokémon si mise a correre contro quel tizio. Sembrava quasi che avesse capito qualcosa che nessuno, fino a quel momento, aveva compreso.
Si mise a correre contro l’uomo. Questi, come fatto con i precedenti Pokémon, lo fermò. Eevee si sforzò di sopportare quegli enormi poteri. Impossibili per un normale essere umano. Strinse i denti e cercò di avanzare. Ogni passo era una fatica immane. Il suo corpo si illuminò di una luce blu. Le orecchie si allungarono, il corpo divenne più muscoloso e longilineo. La coda divenne più appuntita, e lo stesso poteva dirsi del muso. Gli occhi divennero scarlatti e il mantello nero, decorato da degli anelli gialli. «Si è evoluto in Umbreon!» Commentò Ash, sottovoce.
«Pensi che una semplice evoluzione possa scombinare i miei piani?» Ghecis tentò di infierire. «Questo vuol dire solo una cosa.» L’uomo sparì nella botola in cui era uscito in precedenza, per poi ritornare, dopo alcuni istanti, scortato da un Pokémon simile ad un'idra. Aveva delle ali nere sulla schiena. Sul collo era presente un collare rosa simile a un fiore, che si apriva dalla sua testa. La testa centrale era di un blu scuro e gli occhi erano rosso mattone. Le mani, nere, ospitavano una testa ciascuna, anch'esse blu con occhi neri. Possedeva due linee rosa nella parte inferiore del corpo. I piedi, di forma biforcuta, non avevano artigli. Anche la coda possedeva una striscia rosa con un batuffolo nero alla sua estremità. «Un Hydreigon» Commentò il ragazzo, sottovoce. «Tu avrai l’onore di lottare contro uno dei miei combattenti per la libertà!» lo indicò l’uomo. «Hydreigon! Dragopulsar!» Ordinò l’uomo. Dalle tre bocche del Pokémon uscirono tre raggi di energia dal 
colore tendente al viola. Mano a mano che si allontanavano dal Pokémon Brutale, queste assumevano una forma draconica.
«Umbreon! Schiva e usa Comete!» Il Pokémon Lucelunare si mosse rapidamente, scartando verso destra. Non perse poi 
tempo, saltando e lanciando contro l’avversario una scarica di energia, sotto forma di stelle. Nonostante il grande impegno nel suo attacco, tuttavia, il Pokémon avversario non sembrò subire particolari conseguenze, nonostante le apparenze. 
«Non so quanto possa durare. Penso dovremo intervenire.» Ash parlò a bassa voce all’orecchio di Serena, facendole provare un piacevole brivido. «Cosa intendi fare?» Gli rispose. «Ci inventeremo  qualcosa. Dovrete distrarlo e poi salveremo quel ragazzo… in qualche modo.» Serena era un po’ contrariata. Non che non si fidasse di Ash, ma a volte il suo non avere piani, non le piaceva molto.
«E ORA CHE ANCHE LUI È SISTEMATO, C’È QUALCUNO CHE ANCORA OSA CONTRASTARMI?» Gridò, retoricamente, Ghecis, indicando l’Umbreon del ragazzo. Disteso a terra, non più in grado di lottare. 
«Certo. IO!» Gridò Serena. Ash si era già allontanato, attuando un piano che, fino a quel momento era solo nella sua mente. Le aveva solo chiesto di tenere a bada Hydreigon con la sua Sylveon. 
La ragazza si fece strada a fatica tra la tanta gente ammassata lì presente. Sorridendo ai presenti e chiedendo permessi su permessi, la ragazza raggiunse il palco, parandosi davanti all’omaccione e al suo Pokémon.
«Visto che sei stata così coraggiosa…» Si riferì alla sua avversaria. «Dato che sono un uomo magnanimo, ti propongo un patto. Qualora dovessi vincere, quel ragazzo potrà tenersi i suoi Pokémon. Qualora vincessi io, dovrai liberare anche i tuoi.»
La ragazza accettò con un piccolo cenno del capo. 
«Non metterci troppo.» Disse sottovoce. «Sylveon!  Tocca a te! Vento di Fata!» La Pokémon della ragazza, appena uscita dalla Poké Ball, attaccò, generando una potente corrente d’aria dal colore rosato, che investì l’avversario con una forza immane. «Hydreigon! Rispondi con Dragopulsar! Ordinò l’uomo. Dalle tre bocche del Pokémon uscirono tre raggi di energia dal colore tendente al viola. Mano a mano che si allontanavano dal Pokémon Brutale, queste assumevano una forma draconica. Questi raggi si avvicinarono alla Pokémon, ma non la scalfirono in alcun modo. «Ma com’è possibile!» Si lamentò l’uomo. «Riprovaci!» Mentre i due lottavano, Ash aveva raggiunto l’andito da cui erano entrati.
Il ragazzo si guardò attorno e, non notando nessuno in giro, decise di passare all’azione. Prese dal suo borsello delle palline a forma di Koffing. Un’invenzione di Lem. Erano dei fumogeni, atossici, ovviamente. L’inventore si era ispirato alle tecniche di Sanpei, il loro amico ninja. Fino a quel momento li aveva sempre portati con sé, senza mai trovarne una reale utilità.
Ne lanciò un paio per terra, con una certa foga. Queste esplosero, generando una grossa quantità di fumo, nero e denso, che si stava dirigendo all’interno della stanza. «Dobbiamo farlo arrivare più rapidamente! Noivern, ho bisogno del tuo aiuto!» Il ragazzo lanciò la Poké Ball del Pokémon Ondasonora. «Bene, Noivern, ho bisogno del tuo aiuto. Dovresti indirizzare il fumo dentro questa porta.» Il ragazzo indicò al suo Pokémon la porta da cui era uscito. Il Pokémon, avendo compreso cosa doveva fare, cominciò a sbattere violentemente le enormi ali, generando una fortissima corrente d’aria che indirizzò all’interno la grossa quantità di fumo. Il ragazzo continuò a lanciare fumogeni finché ne aveva, garantendosi, grazie all’aiuto del Pokémon una copertura perfetta. 
L’aria della stanza era divenuta scura e difficile da respirare. Era quasi impossibile vedere qualcosa. Era parte del piano, almeno nella testa di Ash. 
Serena, la sua Sylveon e quel ragazzo erano ancora sul palco, con anche Ghecis e i suoi seguaci. «Lo sapevo che non mi sarei mai dovuto fidare! Voi allenatori siete tutti uguali!» Gridò. «Prendeteli!» Ordinò. «Ma signore…» uno dei seguaci si oppose. «Tecnicamente la ragazza avrebbe vinto la lotta…» Nonostante il fumo, l’oppositore, sentì il peso dello sguardo del suo capo. Ma, quando tentò di intervenire, fu troppo tardi. 
Come i suoi pari, venne sbalzato contro la parete da una corrente d’aria fortissima. L’urto fu talmente forte da fargli perdere i sensi. «Forza, andiamo!» Una voce familiare esortò Serena. Era Ash. Ed era sul palco, poco distante da lei. Era scortato dal suo Noivern. 
I due fecero alcuni passi, giusto quelli necessari a scendere dal palco. Ash si accorse immediatamente che quel ragazzo non li stava seguendo.
Non avendo altra scelta, dovette tornare indietro e tirare per un braccio l’allenatore di Umbreon per un braccio. «Si. Ho capito, vengo con te! Ma poi devi spiegarmi perché mi hai voluto salvare». 
Ash rimase in silenzio. Quello che gli importava era ricongiungersi con Serena e tentare di confondersi con la folla. 
Nonostante qualche brivido, tutto andò per il meglio. I tre avevano corso per una grande distanza, separandosi presto dal gruppo, e raggiungendo una zona meno periferica e più sicura.
«Vi ringrazio di avermi salvato, ma…» Chiese il ragazzo, ancora con il fiatone. «Chi siete? Perché mi avreste dovuto salvare? Sarei potuto essere un criminale come i tizi prima di me, eppure non vi siete fatti alcun problema nel venire a salvarmi.» Ash e Serena si guardarono  negli occhi.
«Forse messi così non siamo esattamente riconoscibili.» Osservò Serena. Ash comprese il messaggio. Si tolse la sciarpa e il cappello. Quindi passò alle lenti. Serena fece lo stesso.
Il ragazzo non credette ai suoi occhi. «Ma voi due siete… il Campione del Mondo e la finalista di non so quanti Grand Festival? Non ci voglio credere!» Li guardò stupito.
«E tu chi sei?» Gli chiese Ash. «P-Piacere. Mi chiamo Carlos e sono il Capopalestra di Levantopoli.» Si presentò il ragazzo. «Solo che ancora non mi capacito di come mai mi abbiate salvato. Non vi rappresento nulla.» Ash si girò nella sua direzione. «E quindi? Abbiamo visto un ragazzo inseguito da dei seguaci del Team Plasma e, grazie all’aiuto di Lycanroc siamo risaliti a chi ti aveva rapito e…» Il ragazzo fece cenno di aver compreso. 
«Ho capito. Ma… dimmi un po’, come mai hai deciso di venire qui ad Unima?» Chiese. «Tagliando corto, ho capito che se davvero voglio diventare un Maestro Pokémon, devo aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Sono stato messo in contatto con una ragazza che è diventata allenatrice questa mattina e…» Spiegò Ash. «Penso di aver capito.» Rispose Carlos. «Questo vuol dire che la incontrerò molto presto.» Aggiunse. «Suppongo di sì.» Rispose Ash. «Però ora è meglio rientrare.» Si congedò Carlos. «Avrei dovuto passare la notte da un mio amico e sarà decisamente preoccupato.» Spiegò. «Arrivederci!» Lo salutarono.
I due tornarono al centro Pokémon. Era mezzanotte passata, per cui Serena dovette digitare il codice per aprire la porta. Appena aperto, fece cenno a Ash di fare silenzio, portandosi un dito alla bocca.
Il ragazzo camminò silenziosamente fino alla sua stanza. Serena fece altrettanto, cercando di non svegliare Anita, che dormiva beatamente. Pikachu era sdraiato nel suo letto, e questo le faceva molto piacere. Sapeva di piacere a Pikachu, dopotutto a detta di Ash, era la sua sola amica a non essere mai stata fulminata. Anche in quel caso, la ragazza, avrebbe dovuto fare molta attenzione. 
Il giorno dopo i tre dovettero alzarsi presto. Ash e Serena erano ancora stanchi dalla notte prima. Stanchi e traumatizzati. Sia Anita che Pikachu notarono il cattivo umore dei loro amici. Si erano riuniti e si erano appena seduti al tavolo per fare colazione. «Vi vedo preoccupati. È successo qualcosa?» Chiese Anita. «Il Team Plasma…» Iniziò Serena. «È peggio di quanto potessimo mai immaginare.» Cercò di spiegare. «Hanno costretto degli allenatori a liberare i loro Pokémon. Certo, alcuni di loro erano dei criminali, ma… tra loro c’era anche il Capopalestra di Levantopoli.» Spiegò Ash. «Siamo riusciti a salvare almeno lui.» Aggiunse Serena. «Allora credo che non dobbiate abbattervi così. Siete riusciti a salvare qualcuno.» I due scossero la testa. «Il problema non è che siamo riusciti a salvare solo una persona. Né quante non ne riusciremo a salvare o a non salvare. Il problema è che questi del Team Plasma sono molto pericolosi. Molto più pericolosi del Team Rocket.» Spiegò Ash. «E, a proposito, che fine hanno fatto?» Si chiese Serena. 
Anita era parecchio confusa. «E cosa sarebbe questo Team Rocket?» Chiese Anita. «Erano… o meglio sono, anche se non li vediamo in giro da molto tempo, dei criminali che rubano i Pokémon degli Allenatori, per venderli al mercato nero e guadagnarci. E noi ne sappiamo più di qualcosa, non è vero?» Chiese, retoricamente, sia a Serena che a Pikachu.
«Non vedo molte differenze tra loro.» Commentò Anita. «Entrambi non rispettano il legame tra Allenatori e Pokémon. E, ora che, nel mio piccolo, sono diventata un’Allenatrice, non riesco ad immaginarmi senza Oshawott.» Spiegò.
Terminata la colazione, e con un clima più disteso, i tre uscirono dal Centro Pokémon, e si misero in cammino. «Scusat… Ehm… ditemi. Il capopalestra di Levantopoli, com’è?» Chiese. «Vorremmo che fosse una sorpresa.» Le rispose Ash, senza nemmeno pensarci. 
Nel frattempo i tre erano giunti alla periferia della città, presto sarebbero giunti in aperta campagna.
«Però… pensandoci, sei diventata Allenatrice da poco,  hai un solo Pokémon con te. Forse dovresti catturarne qualcun altro.» Le propose. «Credi che io sia in grado di farlo?» Si chiese la ragazza, piuttosto titubante. «Se non ci provi, non lo potrai mai sapere.» Il ragazzo prese il suo Samart Rotom e cercò, nella zona del dex dedicata, i Pokémon presenti in quell’area, quindi lo avvicinò ad Anita. «Ecco. Qui ci sono i Pokémon che puoi catturare qui. Sembra che ci sia una buona varietà.» Osservò. Sullo schermo dello Smart Rotom apparirono le immagini di diversi Pokémon, accompagnati, dal numero di Pokédex e dal loro nome. «Vediamo…» Commentò la ragazza. «Vediamo un po’… Mareep, Riolu, Lillipup, Patrat, Pidove, Azurill, Purrloin… Non ho idea di chi scegliere.» Ovunque i tre guardavano, potevano osservare Pokémon di ogni specie.
Tuttavia, appena questi cercavano di avvicinarsi, essi si rintanavano ovunque fosse possibile. «Certo che è davvero difficile catturare un Pokémon. Molto più di quanto immaginassi.» Cercò di parlare sottovoce. «Molti Pokémon si spaventano facilmente.» Le spiegò Ash. «Devi fare molta attenzione.» Aggiunse Serena. «Grazie dei consigli, ma sembra che qui non appena facciamo un singolo passo, spariscano tutti..» Ash la riprese di nuovo. «Devi essere paziente. A volte sono loro a volersi far catturare.» I tre continuarono a percorrere la strada che separava i due centri abitati. 
Ad un certo punto, da uno dei tanti cespugli, spuntò un Pokémon simile ad un cagnolino dal colore marrone chiaro. Aveva grandi  occhi di forma ovale e di colore marrone e un naso rosso. La sua faccia era coperta da una folta pelliccia color crema. Aveva anche delle grandi orecchie a punta e un ciuffo di pelliccia nella parte bassa di esse.. La sua pelliccia appariva gonfiata, nella  parte superiore delle zampe. Sulla schiena del pelo di colore blu scuro che ricordava una fiamma. La coda era corta e ricordava una sorta di ciuffo.
La ragazza scansionò il Pokémon con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Lillipup. Pokémon Cagnolino. Tipo Normale. Esemplare Femmina. Affronta con valore anche gli avversari più forti, ma la sua intelligenza gli fa evitare le lotte troppo svantaggiose. Mosse conosciute Azione e Morso.» Il Pokémon Cagnolino si sedette e cominciò a grattarsi. 
«Non so voi, ma io vorrei provare a catturarlo.» Anità parlò sottovoce, cercando di non spaventarlo. «Forza, puoi riuscirci!» La incoraggiò Ash. «Va bene! Poké Ball! Vai!» La ragazza prese un Poké Ball dalla sua borsa, ma prima che potesse premere il meccanismo di attivazione, Serena la bloccò. «Non così. Se vuoi catturare un Pokémon, devi prima lottare. So che è paradossale, ma, prima di catturarlo devi lottare.» Anita ritirò la Poké Ball nella borsa, per prendere quella del suo Oshawott. «Bene, amico. Conto su di te.» La ragazza fece uscire il suo Pokémon. «Lo vedi quel Lillipup?» Chiese Mi farebbe piacere catturarlo, ma avrei bisogno del tuo aiuto. «Sha?» Il tono del Pokémon era piuttosto dubbioso. «Credo che tu ci possa riuscire tranquillamente. Ma dobbiamo sbrigarci. Potrebbe andarsene da un momento all’altro.» Lo istruì. 
«Bene, tentiamo. Usa Azione!» Oshawott si mise a correre contro l’avversario, ancora tranquillo. 
Quando Oshawott fu sufficientemente vicino, finalmente si alzò, e decise di rispondere all’attacco avversario, utilizzando Azione a sua volta. I due Pokémon si scontrarono e, a causa della violenza dell’impatto, entrambi arretrarono. A causa dell'impatto contro il terreno, entrambi sollevarono una nuvola di terra.
«Oshawott! Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra venne circondato da uno strato d’acqua, che lo rivestì completamente. «Bene, ora cerca di muoverti nel modo più imprevedibile che puoi!» Ordinò. Il Pokémon si mosse in diverse direzioni, cercando di confondere l’avversario. Pur saltando in diverse direzioni, non riusciva a seguirlo. 
Alla fine l’impatto fu inevitabile. Lillipup venne scaraventato in aria. 
Presto ricadde a terra, stordito. «Questo è il momento!» Le propose Ash. La ragazza seguì il consigliò, rimettendo mano alla borsa e riprese la Poké Ball. Fece scattare il meccanismo di ingrandimento e la lanciò contro il Pokémon.
Questi venne immediatamente assorbito dalla stessa, trasformandosi in un fascio di luce. Fatto questo, la sfera si mise a vibrare, muovendosi a destra e a sinistra. 
I tre la guardarono muoversi, era difficile determinare se la cattura fosse o meno andata a buon fine. Nonostante, per Ash e per Serena, non  fosse una novità, la tensione che si creava nel dover aspettare per scoprire se una cattura fosse andata o meno a buon fine, era sempre presente.
La sensazione sparì immediatamente quando la Poké Ball confermò la cattura. «Ora non ti resta che raccoglierla.» La ricordò Ash. «Oh… si… certo… giusto.» 
La ragazza si inchinò e raccolse la Poké Ball. «Ho catturato il mio primo Pokémon!» Esultò, e Oshawott con lei. « Vieni fuori Lillipup!» La ragazza azionò il meccanismo di apertura della Poké Ball, facendo uscire il Pokémon Cagnolino.
Questi si avvicinò immediatamente alla sua nuova allenatrice, attaccandosi alla sua gamba. «Sembra che ti adori già» si congratulò Ash.
Dopo aver pranzato, i tre si misero in cammino, sempre in direzione di Levantopoli. Stavano proseguendo tranquillamente, nonostante qualche brivido causato dal vento che ogni tanto si sollevava.
La loro tranquilla camminata venne interrotta quando incrociarono i loro passi con quelli di un ragazzo dai capelli biondi e vestito in abiti sportivi. «Ciao, Ivan!» Lo salutarono. «Beh… ciao» Rispose, in tono seccato. Il suo modo di rispondere infastidì parecchio a Serena, la quale non si fece molti problemi a farlo notare.
«Non credevo che saresti sopravvissuta così tanto.» Si rivolse ad Anita, con durezza. «Sarà forse per dare un minimo di soddisfazione a loro due?» Serena e Ash dovettero trattenerla, per evitare che gli mettesse le mani addosso. «Forse dovreste risolvere la questione con una lotta.» Propose Ash. «Come volete.» Rispose Ivan. «Tre contro tre?» Chiese.
«Veramente io avrei solo due Pokémon.» Rispose Anita. «Fffff, e va bene… due contro due.» Rispose, piuttosto seccato. 
Trovata una radura abbastanza ampia, che potesse fungere da Campo Lotta, i due allenatori si posizionarono ai lati opposti del campo improvvisato. «Se non vi dispiace, farò da arbitro.» Si propose Ash. «Come vuoi.» Rispose un sempre più seccato Ivan. «Comincia la lotta tra Anita e Ivan. Sarà una lotta due contro due. Vince chi riesce a sconfiggere entrambi i Pokémon avversari.» Finita la spiegazione delle regole, i due allenatori mandarono in campo i rispettivi Pokémon.
«Oshawott! Tocca a te!» Anita mandò in campo il suo primo Pokémon, e lo stesso fece Ivan, con Tepig. «Possiamo cominciare!» Partì Ivan. «Usa Nitrocarica!» Ordinò. Il corpo di Tepig si rivestì di fiamme e si mise a correre contro Oshawott. «Proviamoci! Raggiungilo con  Acquagetto!» Ordinò Anita. Il corpo del Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, e spiccò un salto. Era un proiettile impazzito attaccato ad una scia d’acqua. 
I due Pokémon si scontrarono a metà del campo. Il contatto tra i due fu piuttosto violento, con i due Pokémon che vennero proiettati all’indietro dalla violenza dell'impatto. 
Tepig aveva subito i danni maggiori, ma ancora non voleva arrendersi. «Usa Azione!» Ordinò Ivan. Il Pokémon Suinfuoco si
mise a correre contro il suo avversario. Anita rimase attendista. Tepig si stava pericolosamente avvicinando.
«Adesso schiva e usa Pistolacqua da vicino!» ordinò Anita. Dalla bocca del Pokémon Lontra uscì un poderoso getto d’acqua
che colpì in pieno il Tepig avversario, scaraventandolo in aria. Alcuni istanti dopo ricadde a terra, con un tonfo. «Beh! E allora che fai? Su! Forza! Muoviti e attacca! Nitrocarica!» Il corpo di Tepig si rivestì di fiamme e si mise a correre contro l’avversario. A causa delle ferite riportate, era più lento del normale.
«Oshawott! Acquagetto!» Il Pokémon di tipo acqua si rivestì d’acqua e si trasformò in un proiettile impazzito che colpì in pieno l’avversario, facendolo volare. Quando ricadde, il risultato della battaglia fu evidente. Tepig era a terra e con le zampe distese. «Tepig non può più lottare. Vince Oshawott!» Decretò Ash. «Vedi di fare meno schifo la prossima volta.» Ivan ritirò il suo Pokémon, sconfitto. Ash si trattenne a fatica dal tirargli un cazzotto nei denti o, comunque, dal spaccargli la faccia. «Il tuo Pokémon ha lottato al massimo delle sue possibilità. Se continui a comportarti così, io mi rifiuto di arbitrare la lotta.» Ivan si voltò verso di lui. «Non è necessario che qualcuno arbitri questa lotta. E poi i Pokémon sono miei. Li tratto come meglio credo.» Uscì.
«In ogni caso, chiudiamola in fretta! Pidove vai!» Dalla Poké Ball del ragazzo uscì un Pokémon simile ad un piccione di colore grigio. Aveva degli occhi ovali larghi e di colore dorato. La testa era rotonda. Sulla cima della stessa si trovava una specie di cresta a tre punte. Il becco, di colore nero era sormontato da due piccole protuberanze rosa. Sotto di esso si trovava la pancia, che con un motivo a cuore, di colore più chiaro del resto del corpo. Sul retro del corpo, all'altezza del collo, si trovava una striatura nera. Sulle ali, di colore nero si trovava una striatura grigia. Il Pokémon aveva delle zampe rosa con tre dita dotate di unghie nere. Anita utilizzò la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Pidove Pokémon Piccione. Tipo Normale e Volante. Esemplare Maschio. Pokémon che vive in città. Si affeziona facilmente alle persone, perciò non è strano trovarlo in parchi o piazze. Mosse conosciute Raffica, Attacco Rapido, Aerasoio.» Anita ripose il suo Smart Rotom nella borsa. «Bene, Pidove! Vai di Aerasoio!»Il Pokémon Piccione generò dalle ali delle lame fatte d’aria. Le diresse con precisione chirurgica contro l’avversario. Nonostante il tentativo di schivare, il Pokémon venne colpito in pieno petto. A causa del colpo subito, cadde a terra, sfinito. «Oshawott non è più in grado di continuare.» Decretò Ash. «Ora puoi riposare, amico, sei stato bravissimo!» Si cogratulò Anita. «Congratularsi con un Pokémon che ha appena perso è sinonimo di debolezza.» Commentò Ivan. Anita non rispose. «Lillipup! È il tuo momento!» La ragazza prese dalla sua borsa la Poké Ball del suo secondo Pokémon. Ne schiacciò il pulsante apertura e fece uscire il Pokémon Cagnolino dalla sua Poké Ball. 
«Pff… Un Lillipup! Banale!» Commentò Ivan, in tono annoiato. Anita si limitò ad ignorarlo. Lillipup era un suo Pokémon solo da poche ore, ma già ci teneva tanto e non sopportava che qualcuno li trattasse in quel modo. «Lillipup! Usa Azione!» Odinò. Il Pokémon Cagnolino si mise a correre contro l'avversario, nel tentativo di colpirlo. «Su, schiva!» ordinò Ivan. il Pokémon Piccione spiccò il volo evitando il colpo avversario. «E ora usa Aerasoio!» Dalle ali del Pokémon Piccione si generarono delle lame d’aria, che colpirono in pieno il Pokémon avversario. «È l’abilità Supersorte di Pidove. Ha ottime possibilità di mettere a segno dei brutti colpi.» Spiegò Ivan. «E mi pare anche di aver vinto. No? Che aspetti a dichiarare la mia vittoria, arbitro?» Ash lo fulminò con lo sguardo. «Vince Ivan.» Decretò. Il vincitore della lotta ricoverò il suo Pokémon nella Poké Ball. «La prossima volta vedi di essere una degna avversaria. O, per avere un po’ di sfida devo sfidare te, Ash?» Ash si limitò a non rispondere. Non perché fosse schizzinoso, ma perché, come anche alla sua Snivy, quel ragazzo proprio non piaceva.
Pochi istanti dopo, Ivan aveva preso le sue cose e se n’era andato. «Non so voi, ma a me quel ragazzo non piace per nulla.»
Osservò Ash. «Concordo. Non mi è piaciuto per nulla come ha trattato i suoi Pokémon. Tu che ci hai lottato, che ne dici?» Chiese Serena. Anita non rispose. «Tutto a posto?» Le chiese Serena, in tono preoccupato. Ancora un silenzio di tomba.
Serena fece alcuni passi indietro e la trovò. Era seduta contro un albero. Aveva la faccia tra le mani. Sembrava piuttosto triste. Appena si accorse della presenza della Performer, si voltò dalla parte opposta.
«Non pensare che facendo così, cambi qualcosa.» La riprese Serena. «Non puoi prendertela così tanto per una sconfitta.» Si aggiunse Ash. «Non lo capisci? Tu oramai sei il campione dei campioni! Non sai cosa significhi perdere! Io non merito di essere un’allenatrice! Non merito la fiducia dei miei Pokémon!» Si sfogò.
Ash e Serena si sedettero di fronte a lei. «No. Non puoi dire così. Se tutti gli Allenatori non meritassero i Pokémon, dopo una sola sconfitta, allora non ci sarebbero Allenatori. Tutti hanno perso almeno una lotta. Anche i più grandi Campioni. Nessuna eccezione, non è vero?» Pikachu confermò la cosa. «E lo stesso vale per Gare e Varietà.» si aggiunse Serena. «La sola cosa importante è rialzarsi sempre e imparare dai propri errori.» Ash cercò di motivarla.  
«Mi merito ancora la vostra fiducia?» La ragazza prese in mano le Poké Ball dei suoi due Pokémon. la ragazza si alzò in piedi e risistemò le sue Poké Ball. 
«Ora però rimettiamoci in cammino o dovremo passare la notte qui.» Ricordò Serena. «Non sono sicura di voler passare la mia prima notte da Allenatrice così all’addiaccio.» Rispose Anita.
I tre si misero in cammino, parlando poco o niente. «Non so te, amico…» Ash parlò a Pikachu, cercando di non farsi sentire dalle ragazze. «Pika?» Chiese il roditore elettrico. «Dico che Ivan, per certi versi, mi ricorda Paul.» Spiegò il ragazzo.
«Scusa se sono indiscreta, ma chi sarebbe questo Pol?» Chiese Anita.«È Paul, non Pol. Non è il pilota di moto. Comunque… beh, è stato un rivale quando abbiamo viaggiato a Sinnoh. Si, era e, credo sia indubbiamente forte, ma non mi è mai piaciuto il modo in cui trattava i suoi Pokémon. Ma magari ve ne parlerò un’altra volta. Non mi piace parlare di persone che non sono presenti.» Spegò Ash.
Nel frattempo, i tre avevano quasi raggiunto Levantopoli. O meglio, riuscirono a scorgere i primi edifici. Erano le punte dei grattacieli più alti. Erano edifici realizzati in vetro e acciaio, dalle forme più disparate.
Continuando a camminare, iniziarono a raggiungere i primi edifici residenziali, le prime villette a schiera con giardino, i primi bambini che giocavano con dei Pokémon domestici, come dei Growlithe, dei Lillipup, o degli Yamper.
Superati questi, incominciarono a raggiungere la parte più centrale della città. Iniziavano ad intravedersi i primi edifici più alti ed i locali. Tra essi anche il moderno Centro Pokémon.
Era un edificio moderno, alto due piani e molto ampio. L’ingresso dava sulla piazza, mentre sul lato destro vi era il campo lotta. L’edificio era circondato da numerosi alberi. 
Era quasi ora di cenare. E, sebbene lo stomaco di Ash brontolasse, la priorità era prenotare una stanza per la notte. E quel Centro Pokémon era la scelta ideale.
Prenotate le stanze, e dopo aver fatto fare un controllo ai loro Pokémon,  raggiunsero uno dei locali della città. Una pizzeria, che, dalle numerose recensioni ricevute, sembrava essere uno dei migliori locali della città. Dopo cena, i tre andarono al Centro Pokémon, in cui passarono la notte. Anita non se la sentiva ancora di sfidare la Palestra.
Il giorno seguente, mentre l’Infermiera Joy dava il cambio alla guardia medica che aveva lavorato al turno di notte, un ragazzo stava bussando alla porta, insistendo per entrare.
l’Infermiera, accorgendosi della sua presenza, premette il pulsante per aprire la porta. Il ragazzo, non aspettandoselo, rischiò di cadere in avanti.
«Ah… se tu, Carlos…» Lo accolse l’Infermiera. «Come mai qui così presto?» Gli chiese. «So che gli eroi che mi hanno salvato dal Team Plasma. E non ho fatto in tempo a ringraziarli.» Rispose.
«Per il momento tutti gli ospiti stanno dormendo. Puoi aspettarli nella sala colazioni, se vuoi. Mangia pure quello che vuoi.» Gli propose. Il ragazzo seguì il consiglio, raggiungendo la stanza indicata e accomodandosi ad uno dei tavoli. Per trovare chi cercava, dovette attendere oltre un’ora.
«Come ti dicevo, se ancora non te la senti di lottare in palestra, possiamo fare una sessione di allenamento qui. Magari con 
Snivy. Dopotutto anche lei è alle prime armi e un po’ di allenamento non potrà che farle bene.» Stavano discutendo sui piani della giornata. O meglio, Ash ne stava parlando, con le ragazze che cercavano di assecondarlo. 
Stavano per scegliere un tavolo in cui accomodarsi e in cui posare poi i vassoi della colazione. Carlos, individuato il loro tavolo, fece altrettanto. Si mise in coda a loro e prese le vivande per la colazione.  Non era una cosa esattamente nelle sue corde, ma, per ringraziarli, questo e altro. Appena si sedettero, Carlos fece altrettanto.
«Grazie ancora per avermi salvato.» Esordì il ragazzo.
«Eeeeeee… tu chi saresti?» Chiese Anita, mentre si voltava verso il ragazzo. Serena aveva ben interpretato il suo sguardo. Ma si limitò a non dire nulla. «Beh.. Vedi. Loro due mi hanno salvato dal Team Plasma e volevo semplicemente ringraziarli. Certo. Ci siamo già incontrati la sera, ma ci siamo separati subito.» Anita cercò di dire qualcosa a riguardo, ma si bloccò.
«Scusami. Non mi sono presentato.» Ripartì il ragazzo. «Mi chiamo Carlos, sono il Capopalestra di Levantopoli. Ma se volete potete chiamarmi Charlie o Chili, va bene uguale.» Ash lo guardò in modo strano. «Ma perché, se ti chiami  Carlos, perché ti fai chiamare in così tanti modi?» Chiese. «Beh, tu ti chiami Satoshi, ma tutti ti chiamano Ash.» Gli rispose Serena.
Carlos, ignorando la questione, continuò il discorso. «Immagino che tu sia venuta qui per sfidarmi.» Si riferì ad Anita. «Si. Lei è venuta qui per questo.» Si intromise Ash, lasciandola di stucco. «Forse avrebbe dovuto dirlo lei, non credi?» Lo riprese Serena. «Non importa. Ash ha detto la verità. Sono, anzi siamo qui per questo. È che non ne sono molto sicura. Vorrei tentare, ma ho paura di fallire. Già, per loro è stato difficile farmi accettare una sconfitta. Non so se saranno in grado di farlo di nuovo.» 
Ash e Serena si voltarono nella sua direzione. «Faremo sempre tutto il possibile.» Le rispose Ash. «Esattamente. La cosa importante è imparare dai propri errori.» Aggiunse Serena.
«Scusate se sono invadente, ma non vi dispiace se mi alleno con voi?» Chiese Carlos. «Ci mancherebbe altro.» Rispose Ash. «E, dal momento che sei il Capopalestra, sia mai che ti scappi qualche tecnica segreta…» Commentò Ash, in tono ironico, mandando, involontariamente Carlos nel pallone.
Terminata la colazione, i quattro si diressero al Campo Lotta del Centro Pokémon. «Pensavo ad una cosa.» Esordi Carlos, scatenando la curiosità degli altri tre. «Dal momento che Anita è ancora alle prime armi, forse le farebbe bene imparare da una lotta tra allenatori… diciamo più esperti, no?» Chiese Carlos. «Fate come volete. Si. Magari posso imparare qualcosa, ma, ripeto, fate come meglio credete.» Rispose Anita.
I due allenatori si erano schierati dai lati opposti del campo, pronti a schierare i loro Pokémon. «Umbreon, vieni fuori a fare un po’ di allenamento!» Esclamò Carlos, mentre mandava in campo il suo Pokémon. Anita ne approfittò per analizzarlo con il suo Smart Rotom. «Umbreon, Pokémon Lucelunare, Tipo Buio, Esemplare  maschio, È un Pokémon notturno. Le sue grandi pupille gli permettono di vedere chiaramente le prede anche nell’oscurità più profonda. Mosse conosciute: Comete, Attacco Rapido, Palla Ombra, Neropulsar.» Mentre Anita scansionava il Pokémon con il suo Smart Rotom, Ash aveva mandato in campo Pikachu. 
«Se siete pronti, noi cominciamo.» Avvisò Ash. «Prontissimi!» Rispose Carlos. Anche Umbreon confermò di esser pronto a lottare. «Per noi è un onore lottare contro di te.» Concluse Carlos.
«Bando alle ciance! Pikachu, cominciamo con Attacco Rapido!» Pikachu si mise a correre a gran velocità contro l'avversario, muovendosi rapidamente a destra e a sinistra, disorientandolo. 
«Usa anche tu Attacco Rapido!» Umbreon si mise a correre in direzione del suo avversario, cercando di copiarne ogni movimento. I due Pokémon si scontrarono al centro del campo. 
«Approfittiamo dell’altezza! Usa Codacciaio!» Ordinò Ash. La coda del Pokémon Topo cambiò la sua struttura della sua coda. A causa della grande energia dovuta alla sua caduta, ottenne una grande energia. Nonostante il tentativo di schivare, Umbreon venne colpito in pieno. 
«Direi che può bastare così come allenamento.» Carlos diede il time-out. Era stata una lotta breve, ma piuttosto intensa, quantomeno per Umbreon. 
«Quindi è così che lottano dei campioni eh! Pensa se non avessi interrotto la lotta. Abbiamo tanto da fare per essere al vostro livello.» Commentò Carlos. «Vi ho sentito prima che volevate allenarvi con Anita, scusate se vi ho fatto perdere tempo.» Aggiunse. «No- non importa.» Rispose la ragazza. «È–è stato interessante vedervi all’opera. Spero di non fare una brutta figura.» Rispose Anita. «Non dire così. E credo di avertelo già spiegato. E poi questa è una lotta di allenamento, sia per i tuoi che per Snivy» Le rispose Ash. Anita fece cenno di aver compreso.
I due si erano disposti ai lati del campo di lotta. «Sarà anche un allenamento, ma vi chiedo di dare il massimo.» La incoraggiò Ash. «Ci proveremo!» Rispose Anita. «Oshawott! Tocca a te!» La ragazza mandò in campo il suo Pokémon. Contemporaneamente Ash mandò in campo la sua Snivy. «Cominciate pure voi!» La invitò Ash. «Come desideri! Oshawott! Usa Acquagetto!» Ordinò Anita.
I Pokémon Lontra si rivestì d’acqua e, come un proiettile, si lanciò in direzione dell'avversario. Sembrava lo potesse raggiungere da un istante all’altro. «Presto, Snivy, schivalo e poi bloccalo con le tue fruste!» Ordinò Ash. 
La piccola serpe d’erba spiccò un balzo pochi istanti prima che venisse raggiunta dall’avversario. Contemporaneamente dalle protuberanze sulla schiena della Pokémon spuntarono due liane che afferrarono e strinsero il Pokémon. «E ora lancialo!» Ordinò Ash. La Pokémon Eseguì, sfruttando le sue fruste per lanciare l’avversario.
Oshawott venne proiettato contro il terreno, dove sbattè di testa contro il terreno. Nonostante il duro colpo, riuscì a rialzarsi. «Te la senti di continuare?» Chiese. Oshawott rispose in maniera affermativa.
«Bene. Forse vuole insegnarci che non dobbiamo lottare solo da vicino. Beh… forse? Proviamoci. Usa Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon Lontra uscì un potente getto d'acqua,in direzione della sua avversaria. Inizialmente non fu in grado di direzionarlo correttamente, colpendo il terreno e sollevando polvere e fango. 
«Snivy, usa Vorticerba!» Ordinò Ash. La Pokémon saltò e generò una tempesta di foglie affilate come lame, che raggiunsero e colpirono l’attacco dell'avversario, distruggendolo.
«No. Niente. Nemmeno lottando da lontano riusciamo ad attaccare.» Commentò Anita in tono frustrato. “E se provassimo ad usare una delle sue tecniche?” Pensò. «Ma sì. Proviamoci! Oshawott! Usa Acquagetto!» Ash notò il mezzo sorriso accennato da Anita, ricambiando a sua volta. Restò calmo, come anche Snivy.
Oshawott stava per raggiungere Snivy, rimasta ancora ferma. «E ora usa Tagliofuria!» Ordinò Anita, strappando un sorriso a Ash. «Difenditi con le fruste!» Ordinò Ash. Con le sue fruste, la Pokémon riuscì a rallentare l’attacco avversario, sia pur con delle conseguenze. I due Pokémon erano uno sull’altra. 
Per evitare imbarazzi, Snivy usò le sue fruste per spostare Oshawott e si scostò. 
«Direi che come allenamento può bastare.» Concluse Ash. «Vedo molto potenziale in te!» Si congratulò con Anita. «Dici davvero?» Chiese la ragazza. «Non mentirei mai.» Rispose Ash.
Anche Carlos aveva assistito alla lotta. “Certo che Ash, nonostante sia un campione, riesce anche a lavorare bene con allenatori inesperti chissà se…” Pensò.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto dalla presenza di Anita. La ragazza era davanti a lei. Piuttosto vicina. «S-sai, C-Carlos. C-» La ragazza era in visibile imbarazzo. «Dimmi.» Rispose il ragazzo. «V-vorrei S-Sfidardi i-in una l-lotta in Palestra. Se vuoi anche domani.» Gli chiese.
«Ci mancherebbe altro! Sono sempre pronto ad affrontare nuovi sfidanti!» Rispose. 
«Ci vediamo domani!» Salutarono Carlos. Serena Sorrise. Aveva una sensazione dentro di sé. Non poteva non pensare alle sue amiche e a cosa provasse verso Ash. Non voleva essere invadente. Dopotutto era la prima persona a sapere che certe cose avessero bisogno dei loro tempi. 
 


Si, ho voluto fare un capitolo più breve, ma spero comunque sia un capitolo interessante. Nelle mie intenzioni era un semplice capitolo di introduzione, diciamo. I veri botti cominceranno più avanti. Non vi preoccupate. Ho già diverse idee da mettere in campo. 



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Non sei una persona che si arrende così, vero? ***


Prima di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia. 
 
 
Ash e Serena sono arrivati ad Unima e hanno fatto la conoscenza di Anita, una neo Allenatrice di sedici anni. La ragazza ha scelto Oshawott come primo Pokémon, mentre una Snivy molto particolare si è unita alla squadra di Ash. 
I nostri eroi hanno fatto anche la conoscenza di Ivan, anche lui un Allenatore alle prime armi, ma dai metodi poco ortodossi. Hanno inoltre fatto la conoscenza del Team Plasma e dei loro scopi.  
Ultimo, ma non meno importante, Anita, pur con tanti dubbi, ha deciso di seguire la strada delle lotte in Palestra. Come andrà a finire? Anita vincerà la sua prima medaglia? Chi è davvero Carlos? Non ti resta che leggere per scoprirlo! 
 
 
Non sei una persona che si arrende così, vero? 
 
 
Era finalmente giunto il giorno della prima lotta in Palestra per Anita. I tre avevano passato la notte al Centro Pokémon della città. Anita, nonostante le rassicurazioni, non aveva chiuso occhio. Aveva troppa paura di fallire per riuscire a dormire.  
Certo, Ash e Serena l’avevano rassicurata fino allo sfinimento. “Non importa che tu vinca al primo, al secondo o al decimo tentativo, noi ti sosterremo sempre, e lo stesso faranno i tuoi Pokémon. Non dimenticarlo.” Le avevano detto. 
Erano le sette e mezza, e i tre si erano alzati per fare colazione e così i loro Pokémon. Erano seduti su un tavolo vicino alla finestra, con la luce del sole che filtrava e cominciava a scaldare piacevolmente. 
Anita, contrariamente al giorno prima, Anita aveva preso solamente un caffè per colazione. «Sei sicura di prendere solo quello?» Le chiese Ash, mentre azzannava un gigantesco cornetto alla crema. «Poi non avrai abbastanza energia per la lotta.» Aggiunse. “Mi pare che questo ragazzo abbia solo due neuroni. Uno pensa alle lotte e l’altro a mangiare” pensò Anita, mentre lo vedeva divorare in un paio di morsi quel cornetto. «Stai tranquilla.» La rassicurò Serena. «Ash si preoccupa sempre di queste cose.» Serena cercò di non ridere «Per certi versi mi ricorda mia nonna. Ehi! Ma non hai mangiato niente! Sei pallida, ma ne mangi carne? Mi sembri dimagrita dall’ultima volt…» Ash si voltò nella sua direzione. «Adesso non esageriamo! Dico solo che per lottare serve energia. Di comportarmi così, ne parleremo tra settant’anni. Sempre che avrò dei nipoti, ovviamente.» Rispose Ash, lasciando Serena pietrificata. «Va bene. Come vuoi, se però mi sento male, è colpa tua.» Anita si alzò e andò a prendere un cornetto. Il più piccolo. Era ripieno di cioccolato. Non il suo ripieno preferito, ma se lo sarebbe fatto andare bene. Per evitare problemi, lo avrebbe mangiato a piccoli morsi. 
Finito di mangiare, i tre consegnarono le chiavi delle loro stanze all’Infermiera Joy, la salutarono e uscirono dal Centro Pokémon. 
Serena, attraverso l’applicazione Mappe del suo Smart Rotom, era pronta a guidarli verso l’edificio.  
Dovettero percorrere quasi un chilometro a piedi, prima di raggiungerela. Si trovarono davanti ad una piazza, leggermente più piccola di quella su cui era affacciato il Centro Pokémon, ma realizzata in modo simile. 
Era realizzata con degli ampi lastroni di marmo bianco, che rifletteva la luce, in modo quasi fastidioso. Sulla piazza erano presenti anche delle aiuole, realizzate nel medesimo materiale, ricche di una folta vegetazione, una calamita per piccoli Pokémon di tipo Erba e Coleottero. 
La Palestra era un edificio alto e dalla forma semicilindrica. Era realizzata in cemento e vetro. Era preceduta da alcune colonne di cemento, realizzate in modo da ricordare degli edifici antichi.  
La parte inferiore dell’edificio era decorata in mattoni più chiari, rispetto al cemento, e nella parte superiore erano presenti sei finestre dalla forma arcuata.  
L’ingresso era una porta di legno scuro, estremamente alta. Sembrava volesse incutere timore verso i visitatori. Era sovrastata da un balcone in cemento. Nella parte superiore del tetto vi era una scultura a forma di Poké Ball, tipica di tutte le Palestre. Ash tentò di aprire la porta, spingendola. La cosa che più trovava naturale, non essendoci alcun cartello che invitasse a tirare. «Diavolo! Non si apre!» Si lamentò. «Proviamo a suonare al citofono.» Propose Serena. «Si… giusto… non l’avevo visto.» Rispose Ash. Anita si avvicinò ai due e Serena premette il pulsante. 
«Bene, siete voi!» Rispose una voce familiare. «Apro.» Un rumore elettrico confermò l’apertura della porta. Ash la spinse, permettendo alle ragazze di entrare. 
«Ma è una Palestra o un ristorante?» Il pavimento era realizzato in finto legno, e nella stanza erano presenti numerosi tavoli con delle sedie. Ogni tavolo era coperto da una tovaglia che arrivava quasi a terra. Le pareti, di un colore caldo, erano decorate con svariati finimenti, dando al locale un tocco di classe. Sul soffitto diversi lampadari in vetro metallo, anch’essi molto eleganti e curati.  
Prima che potessero osservare ulteriormente, vennero raggiunti da Carlos. «Ciao, Carlos!» Lo salutarono. «Ciao ragazzi. Immagino siate venuti qui, per la sfida di Anita.» Chiese. «S-sì. Almeno credo.» Rispose. 
«Bene. Allora seguitemi, che vi porto al campo lotta. Poi, dopo la lotta, indipendentemente dal risultato, è tradizione della Palestra offrire il pranzo o la cena a chi la sfida e a chi l’accompagna.» Spiegò. 
«Sembra interessante!» Rispose Ash. “Possibile che questo qui pensi sempre a mangiare?” Pensò Anita. Intanto i tre avevano raggiunto il campo lotta. 
Come da tradizione, sui lati lunghi del campo erano presenti delle gradinate per permettere agli ospiti di assistere alla lotta. Sul lato sinistro era presente un dispositivo che destò l’attenzione di Ash. 
Era una sorta di scatolone, con diverse telecamere al suo interno. Altre telecamere erano presenti sul soffitto della Palestra e sulle pareti. «Cosa sarebbe quello scatolo?» Chiese.  
«È il sistema di arbitraggio elettronico automatico. Grazie a diverse telecamere posizionate in luoghi strategici della Palestra, è in grado di monitorare ogni singolo evento della lotta e, lo elabora e lo archivia. Infine, determina il risultato della stessa. Prima della lotta deve essere impostato coi parametri della lotta.» Spiegò Carlos. Vedendo l'espressione sconcertata di Ash, comprese che doveva spiegarglielo terra-terra. «Semplicemente questo dispositivo sostituisce l’arbitro umano nelle lotte. Devi solo dirgli se è una lotta uno contro uno, due contro due e così via…» L’espressione di Ash cambiò. «Capito.» 
Rispose. Carlos, nel frattempo, si era avvicinato al dispositivo. Aveva aperto uno sportellino e aveva estratto una tastiera wireless, del tutto simile a quella di un computer. «Dimmi, Anita. È la tua prima lotta in Palestra?» Chiese. «Si.» Rispose la ragazza. «Hai uno o più Pokémon?» Continuò. «D-due.» Rispose. «Ultima domanda. Qual è stato il tuo Starter?» Chiese, mentre finiva di compilare il modulo. «O-Oshawott.» Rispose. «Benissimo. L’arbitro elettronico è pronto. Possiamo partire!» Dichiarò Carlos. «La lotta in Palestra tra il Capopalestra Carlos e la Sfidante Anita sta per cominciare! Sarà una lotta due contro due. Vince chi riesce a rendere i Pokémon avversari non più in grado di lottare! Inoltre, solo alla Sfidante è concesso sostituire il suo Pokémon. La prima mossa va alla sfidante. Che la lotta cominci!» Dichiarò l’arbitro. 
«P-proviamoci. Oshawott! Vai!» La ragazza mandò in campo il Pokémon Lontra, tornato perfettamente in forma ed era pronto a combattere. Appena entrato in campo fece un gesto d’orgoglio. 
«Umbreon! Tocca a te!» Carlos mandò in campo il Pokémon Lucelunare. “Mhmm, un Pokémon di tipo Buio, eh! Magari un 
attacco di tipo Coleottero può essere efficace. Proviamoci.” Pensò. «Oshawott usa Taglofuria!»  Il Pokémon Lontra si mise a correre contro l’avversario, brandendo la sua molluscosciabola. Umbreon stava rimanendo fermo, come una statua.  
«Schiva e usa Palla Ombra!» Ordinò Carlos. Il Pokémon obbedì, spostandosi rapidamente e lasciando l’avversario di stucco. 
 Contemporaneamente dalla bocca di Umbreon si generò una sfera di energia oscura, dal colore violaceo. Sembrava fosse  
circondata da delle scariche di energia, simile all’elettricità. Rapidamente Umbreon lanciò verso l’avversario la sfera di energia. Anita non aveva molto tempo per pensare. Doveva fare come Ash. Improvvisare. «Difenditi con Tagliofuria!» Ordinò. Oshawott mosse rapidamente la sua Molluscosciabola, come per tagliare l’aria, scatenando la curiosità dei presenti. 
Il piano della neoAllenatrice venne fuori non appena l’attacco raggiunse il Pokémon acqua. La sfera di energia esplose ugualmente, con meno energia del previsto, ma fece comunque arretrare il Pokémon Lontra di alcuni metri. 
«Prova con Acquagetto!» Oshawott si ricoprì d’acqua, e divenne una sorta di mina vagante per la Palestra. Era piuttosto difficile prevedere dove sarebbe andato. «Cerca di contrastarlo con Attacco Rapido!» Ordinò Carlos. Umbreon si mise a correre a gran velocità, riuscendo a copiare ogni movimento di Oshawott.  
I due Pokémon si scontrarono a metà del campo lotta, ed entrambi vennero proiettati indietro. Umbreon riuscì ad atterrare agilmente sulle quattro zampe, mentre Oshawott atterrò di faccia.  
Nonostante il duro impatto il Pokémon acquatico riuscì a rialzarsi, pur con fatica. «Te la senti di continuare?» Chiese Anita. Il Pokémon rispose in maniera affermativa. Il suo corpo sembrava brillare. «Molto bene! Allora proviamo con Pistolacqua!» Ordinò Anita. Dalla bocca del Pokémon Lontra si generò un potentissimo getto d’acqua che raggiunse e colpì l’avversario, proiettandolo violentemente in aria. “E così è questo il vero potenziale di Oshawott?” pensarono, contemporaneamente, Anita e Carlos. «Chiudiamola qui, Umbreon! Usa Comete!» Dalla parte posteriore del Pokémon Lucelunare si generarono delle stelle dal caldo colore giallo, che vennero ben presto lanciate contro l’avversario. «Oshawott schiva!» Ordinò Anita. Ma fu troppo tardi. La potente esplosione che lanciò il Pokémon verso il lato di Anita era già avvenuta, e Oshawott era riverso a terra, privo di sensi. 
«Oshawott non è più in grado di lottare. Vince Umbreon!» Dichiarò l’arbitro elettronico. «Su, amico, ritorna, sei stato bravissimo.» Anita ricoverò Oshawott nella sua Poké Ball. «Ora tocca a te! Lillipup!» La ragazza lanciò la Poké Ball del suo secondo Pokémon, la Lillipup catturata poco tempo prima. «Conto su di te! Usa Azione!» Il Pokémon Cagnolino si mise a correre contro l’avversario, che rimase impassibile, quasi volesse farsi colpire. «Abbiamo aspettato anche troppo, Neropulsar!» Dalla bocca del Pokémon Lucuelunare uscì una serie di anelli di energia oscura il loro colore era un viola scuro, tendente al nero. «Schiva, presto!» Lillipup spiccò un salto, riuscendo ad evitare di essere colpita per un soffio.  
«Lillipup, riprova con Azione!» La Pokémon si mise nuovamente a correre, ora più vicina all’avversario. Il terreno scorreva rapidamente sotto le sue zampe. Quando fu abbastanza vicina, spiccò un salto e colpì Umbreon sulla testa, facendolo arretrare leggermente. «Lancialo con la testa!» Coi potenti muscoli del collo, Umbreon lanciò la piccola Lillipup in aria, senza che la Cagnolina potesse reagire in alcun modo. 
«E ora salta e usa Attacco Rapido!» Umbreon, sfruttando i potenti muscoli delle zampe posteriori, spiccò un potente balzo. Colpì in pieno la piccola Lillipup, facendola ricadere. 
«Lillipup non è più in grado di lottare, vince Umbreon. La vittoria dell’incontro va al Capopalestra!» Dichiarò l’arbitro elettronico.  
«Ritorna. Hai fatto del tuo meglio. Io no. Ho sbagliato a voler affrettare così tanto le cose.» Anita commentò la sua sconfitta. 
«Avete fatto del vostro meglio, vedrai che la prossima volta andrà meglio.» La incoraggiò Ash. «Credo che ci vorrà solo un altro po’ di allenamento. Per quanto Umbreon sembri forte, avrà sicuramente dei punti deboli.» Aggiunse.  
«Dici? Credi che…» La ragazza non riuscì a terminare la frase. Qualcuno aveva aperto la porta, spaventandola. «E così ti sei finto di nuovo Capopalestra, Carlos?» Disse una voce maschile. 
Dalla porta entrarono tre giovani. Erano vestiti praticamente uguali. Indossavano un completo simile a quello di un cameriere. Indossavano una camicia bianca, coperta da un gilet nero, con tre bottoni dorati.  
Avevano dei pantaloni neri e delle scarpe marroni. Avevano una sorta di grembiule bianco. «E… voi chi siete?» Chiese Ash. 
I tre si presentarono, nello stesso ordine in cui erano arrivati. «Io sono Spighetto!» Si presentò il ragazzo dai capelli verdi. «Sono il Capopalestra di Levantopoli!» Si presentò poi il ragazzo dai capelli rossi. «Io sono Chicco, sono il Capopalestra di Levantopoli.» Infine, si presentò il ragazzo dai capelli blu. «Io sono Maisello…» Ash lo interruppe. «Fammi indovinare… il Capopalestra di Levantopoli?» Il ragazzo dai capelli blu ci rimase male. «Si... Ma avrei preferito dirlo io…» Ad interrompere l’imbarazzo del fratello ci pensò Spighetto. «Non è importante. Comunque sia, Carlos troverà il modo di farsi perdonare.» Il ragazzo scattò come una molla. «S-si. Provvedo immediatamente!» Rispose, allontanandosi. Anita cambiò espressione.  
«Voi due vi conosco.» Li presentò Spighetto. «Siete Ash Ketchum, il campione del Mondo, e Serena Gabena, la vincitrice di numerosissime Gare Pokémon e finalista del Varietà Professionisti di Kalos! Quale onore!» Anita, in quel momento si sentì una nullità. I suoi compagni di viaggio avevano un curriculum da fare invidia, lei era un’Allenatrice alle prime armi. Di tre lotte che aveva disputato, cinque, contando gli allenamenti, ne aveva vinta una e perse due. Gli allenamenti, invece, erano stati interrotti prima che vi fosse un reale vincitore, ma non era certa che ne sarebbe uscita vincitrice. 
«Immagino che tu sia venuta qui per sfidare la Palestra, giusto?» Il ragazzo dai capelli verdi si rivolse ad Anita. «S-Si.» Rispose la ragazza.  
In quel momento Anita provava una sensazione molto difficile da spiegare. Era un miscuglio di nervosismo e frustrazione. Poteva accettare l’idea di aver perso contro un Capopalestra, ma non quella di aver perso contro qualcuno che faceva finta di esserlo. Ash si accorse del cambiamento della ragazza. «E allora, se non è un Capopalestra, allora, cos’è? Cosa ci fa qui?» Chiese Ash. «Potremmo definirlo come il nostro assistente. Ci aiuta in cucina, come cameriere e, se serve, è anche il Capopalestra vicario. Quindi, se uno di noi non può disputare la lotta, per qualsiasi motivo, li affidiamo i nostri Pokémon, e lotta al posto del Capopalestra assente.» Spiegò. «Non credo di aver capito tutto.» Si espose Ash. «Come mai siete tre Capopalestra? Uno non bastava?» Chiese Ash. «Ecco, vedi…» Rispose Spighetto. «Questa Palestra è specializzata in tre tipi. Immagino che questo tu già lo sappia. Ecco. Ognuno di noi è specializzato in un certo tipo. Io sono specializzato nel tipo Erba.» Spiegò. «Io sono specialista nel tipo Fuoco.» Aggiunse Chicco. «E tu… sei specialista del tipo Acqua, giusto?» Maisello sbuffò. «Certo che non ti si può nascondere proprio niente!» Rispose. 
Serena si mise una mano davanti alla bocca, cercando di nascondere la risata che le stava scappando. 
«Beh… Carlos potrebbe sdebitarsi offrendovi il pranzo, se per voi va bene. Per la lotta ci penseremo dopo.» Spiegò Spighetto. Ash e le ragazze si guardarono negli occhi. «Per me va bene.» Rispose il ragazzo.  
«E come facciamo per Anita?» Chiese Serena. «I suoi Pokémon hanno appena finito di lottare. Dovranno riposarsi, prima di lottare di nuovo. Possiamo accompagnarla al Centro Pokémon.» Rispose il ragazzo. 
I tre uscirono dalla Palestra, congedandosi con i tre CapiPalestra con un “ci vediamo più tardi”.  
Appena usciti dalla Palestra, l’espressione di Anita cambiò completamente. Divenne triste e cupa. La cosa venne immediatamente notata da Serena. «Tutto a posto?» Le chiese. «No. Si. Non lo so. Non so se siamo pronti ad affrontare i CapiPalestra. Se abbiamo perso con un assistente…» Spiegò.  
«Prima di arrenderti, dovresti provarci. Anche se avete perso, avete sicuramente imparato qualcosa. Questo è quello che conta.» Anita rimase in silenzio “Mi chiedo se le cose siano davvero come dica. Cosa avrei imparato in quella lotta?” Pensò. 
I tre giunsero al Centro Pokémon, per permettere alla squadra di Anita di riposare. A quell’ora non c’era molta gente, per cui non ci volle molto tempo, prima che toccasse a loro. 
Curata la squadra di Anita, i tre tornarono alla Palestra. Mentre rientravano, videro uscire dalla Palestra una ragazza dai capelli castano scuro, che indossava un vestito magenta e una giacca grigia. Indossava delle scarpe nere e delle parigine  
Dello stesso colore. Aveva uno zaino scuro, simile ad uno zaino scolastico. 
Teneva qualcosa tra le mani, molto stretto. «Sembrava impossibile, ma ce l'abbiamo fatta!» Disse la ragazza, in tono festoso.  
«Lei è riuscita a vincere la medaglia. Dev’essere un’Allenatrice molto abile. Al contrario di me.» Serena posò una mano sulla sua spalla. «Non dire così. Ci riuscirai anche tu. Me lo sento.» Anita si limitò a sorriderle. “Mi chiedo come riesca ad essere sempre così positiva.” Pensò Anita. 
I tre entrarono nella Palestra. Superarono l’area ristorante, dove Chicco e Spighetto stavano sistemando i tavoli per l’imminente pranzo. «Buongiorno!» I tre salutarono i CapiPalestra. «Buongiorno a voi!» Ricambiarono. «Adesso il campo lotta è occupato, Maisello sta affrontando uno sfidante. Appena il campo si libera, toccherà a te.» Spiegò Spighetto. 
«A proposito. Ora che ci penso, non ti sei presentata. Come ti chiami?» Le chiese Chicco. «Giusto… Mi chiamo Anita White»  
Si presentò la ragazza.  
Intanto, i tre, avevano raggiunto il campo lotta. L’arbitro elettronico aveva appena terminato di annunciare le regole. I tre, mentre si sedevano sugli spalti, notarono che lo sfidante di Maisello, fosse nientemeno che Ivan. 
I due avevano appena schierato i loro Pokémon. Ivan aveva mandato in campo il suo Pidove, mentre Maisello, invece mandò in campo un Pokémon che Anita stava imparando a conoscere, un Lillipup. 
«La prima mossa va allo sfidante!» Decretò l'arbitro elettronico. «E va bene! Pidove, Attacco Rapido!» Il Pokémon piccione si mosse rapidamente, colpendo l’avversario e lanciandolo in aria. Maisello non perse la calma. «Appena puoi usa Riduttore!» Il Pokémon Cagnolino riuscì ad atterrare senza particolari inconvenienti, quindi si mise a correre il più veloce possibile, pronto a caricare l’avversario con tutto il corpo. «Vola più in alto che puoi!» Ordinò Ivan. «Salta più in alto che puoi!» Ordinò il Capopalestra. Vedendo il Cagnolino saltare, Ivan sorrise. “Terribilmente prevedibile” pensò. «Usa Aerasoio!» Ordinò. Dalle ali del Pokémon Piccione si generarono delle spesse lame d’aria che colpirono in pieno il Pokémon Cagnolino, lanciandolo al lato opposto del campo di lotta, e facendolo sbattere violentemente contro una delle barriere. 
«Lillipup non può più continuare. Vince Pidove.» Dichiarò l’arbitro elettronico. «Hai fatto del tuo meglio, ma non è ancora detta l’ultima parola! Con l'ultimo Pokémon mi gioco il tutto per tutto!» Dichiarò, mentre richiamava il suo Pokémon.  
Anche Ivan richiamò il suo Pidove. «Hai solo fatto il tuo lavoro.» Commentò, facendo innervosire i quattro spettatori. Pikachu in particolare. Dalle sue guance uscirono numerose scariche di energia elettrica. «Calmo amico. Voglio sperare che un giorno cambi atteggiamento. O glielo faremo cambiare noi.» Lo tranquillizzò Ash. 
«Panpour! Tocca a te!» Maisello mandò in campo un Pokémon simile ad una scimmietta, Aveva due grandi orecchie azzurre, un ciuffo, somigliante al getto d'acqua di una fontana, il muso color crema con un naso minuscolo e una bocca larga. Le braccia erano lunghe e chiare, e si allargavano partendo dalle spalle fino alle mani. Le mani erano munite di un solo pollice, le gambe erano tozze. Il corpo era prevalentemente color crema, con una piccola parte del torace azzurra. La coda, piuttosto lunga, terminava con un ciuffo blu formato da tre pallini. 
Anita lo scansionò con il suo Pokédex. «Panpour. Pokémon Annaffiatore. Tipo Acqua. Esemplare maschio. Era un abitatore delle foreste e si è adattato a vivere in presenza di corsi d'acqua. Può immagazzinare acqua nei ciuffi che ha sulla testa. Mosse conosciute: Pistolacqua, Geloraggio, Cuordileone.» 
Anche Ivan mandò in campo il suo Pokémon. «Pansage! Vai!» Il ragazzo mandò in campo un Pokémon simile a quello mandato da Maisello. Il corpo era parzialmente verde e non azzurro e non color crema, ma leggermente più scuro. Il ciuffo sulla testa ricordava una sorta di cespuglio.  
Anita lo scansionò con il suo Pokédex. «Pansage, Pokémon Scimperba. Esemplare maschio. Offre le foglie che ha in testa ai Pokémon con poca energia, alleviando la tensione. Mosse conosciute Semitraglia e Graffio.» 
«La lotta può continuare!» Dichiarò l’arbitro elettronico.  
«Pansage usa Semitraglia!» Dalla bocca della scimmietta di tipo erba uscì una serie di piccoli semi, lanciati a gran velocità, simili a proiettili. «Schiva e poi usa Geloraggio!» Ordinò il Capopalestra. “Diavolo! È preparato ad affrontare i Pokémon di tipo Erba!” Pensò Ivan. L’attacco di tipo ghiaccio congelò l’avversario, mandando Ivan in crisi.  
«Approfittiamone! Panpour, usa Cuordileone!» La scimmietta chiuse gli occhi e il suo corpo si illuminò di azzurro.  
«E ora, Panpour, usa Pistolacqua!» Ordinò il Capopalestra. L'attacco, potenziato da Cuordileone, lanciò in alto il Pokémon avversario in aria, facendolo poi cadere a terra, spaccando il blocco di ghiaccio. «Pansage, su, dai, usa Graffio!» La scimmietta di tipo Erba si alzò in piedi e si mise a correre. Da una delle mani del Pokémon uscirono degli artigli affilati che riflettevano la luce. «Panpour difenditi con Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon di tipo acqua uscì un potentissimo getto d’acqua che colpì l’avversario, facendolo volare in aria. «Cerca di atterrare decentemente!» Ordinò Ivan. 
Ma ormai era troppo tardi. La scimmietta era riversa a terra, sconfitta. «Pansage non è più in grado di continuare, vince Panpour!» Dichiarò l’arbitro elettronico. Ivan ritirò il suo Pokémon sconfitto. «Sei stato davvero, terribile. Mi chiedo se ti meriti di essere uno dei miei Pokémon.» Sentita quella frase, ad Ash montò il forte desiderio di prendere Ivan a sprangate nei denti, ma, per la seconda volta in pochi giorni, si trattenne.  
«Pidove, pensaci tu, almeno darai un minimo di decenza a questa lotta.» Il ragazzo mandò in campo il suo Pokémon. «La lotta può riprendere, la prima mossa va al Capopalestra.» Dichiarò l’arbitro elettronico. 
«Panpour, usa Geloraggio!» Dalla bocca della scimmietta di tipo Acqua uscì un raggio di energia gelida, dal colore bianco, tendente all’azzurrino. «Pidove! Vola e difenditi con Aerasoio!» Dalle ali del Pokémon si generarono delle lame d’aria che colpirono l’attacco avversario. L’attacco fu sufficientemente potente da colpire il Pokémon.  
«E ora chiudiamo con Aeroassalto!» Il Pokémon Piccione volò verso l’alto per poi lanciarsi contro l’avversario, colpendolo in pieno e facendolo volare in aria. «E ora Aerasoio!» Ordinò. Dalle ali del Pokémon Piccione si generarono delle lame d’aria che colpirono l’avversario e lo spedirono contro le barriere. 
«Panpour non è più in grado di lottare. Vince Pidove. Il vincitore della lotta è lo sfidante.» Dichiarò l'arbitro elettronico. 
I due Allenatori ricoverarono i rispettivi Pokémon nelle loro Poké Ball; quindi, si incontrarono al centro del campo. 
«Come premio per la tua vittoria, eccoti la Medaglia Tris!» Dichiarò il ragazzo dai capelli blu, in tono solenne, mentre donava al ragazzo una medaglia dalla forma a doppio triangolo, con dei rombi su cui vi erano delle gemme, una rossa, una verde e una blu. Il ragazzo la infilò nel suo portamedaglie. 
«E ora, se vuoi, puoi fermarti qui a pranzo. Offre la casa.» Il ragazzo fece cenno di no con la testa. «Non mi interessa la vostra offerta. A mai più rivederci!» Il ragazzo si allontanò. 
Ash lo seguì con lo sguardo, mentre entrava nel locale ristorante. Lo vide inginocchiato davanti ad un bambino, che poteva avere al massimo otto anni. 
Aveva in mano una Poké Ball, e sembrava stesse dicendo qualcosa a quel bambino. Qualcosa di non molto chiaro. Dopo averla consegnata allo stesso se ne andò. 
«Avete visto? Ha regalato il suo Pokémon a quel bambino!» Commentò Serena. «Meglio per lui. Forse per il Team Plasma tutti gli Allenatori sono come lui.» Rispose Ash. 
Anita non commentò. E nemmeno Maisello, nonostante fosse enormemente dispiaciuto dal modo di comportarsi dello sfidante. Fosse stato per lui, non gli avrebbe mai consegnato la medaglia. 
Pochi istanti dopo, il trio di Capopalestra entrò nella zona dedicata al campo di lotta. «Tra poco sarà ora di pranzo, cosa ne pensate di mangiare, prima della lotta?» Propose Spighetto. «Cucina Carlos.» Aggiunse. 
«Per me va bene!» Ash era piuttosto entusiasta. “Possibile che questo pensi solo a mangiare?” Pensò Anita. Però… in effetti anche lei iniziava ad avere un po’ di fame quindi… 
 «A proposito di Carlos…» Chiese Spighetto a Anita.  «Che Pokémon ha usato contro di te?» La ragazza rispose immediatamente, un po’ intimorita. «Umbreon.» Rispose. «Quindi il suo Eevee si è evoluto. Non è molto giusto affrontare qualcuno alle prime armi con un Pokémon completamente evoluto.» Commentò il Capopalestra. 
Dopo l’abbondante pranzo, costituito da antipasti di terra, due primi di terra, due secondi di terra, un sorbetto, due primi di mare a altri due secondi di mare, finalmente era giunto il momento della lotta. 
I tre, scortati dai CapiPalestra, erano entrati nella zona dedicata alle lotte. «Questa Palestra, contrariamente a tutte le altre, è specializzata in tre tipi. Erba, Fuoco e Acqua, ma questo già lo sai. Il Capopalestra che sfidi dipende dal Pokémon iniziale che hai scelto.» Spiegò. “Ecco perché Carlos mi ha chiesto quale fosse il mio primo Pokémon.” Per Anita le cose divennero molto più chiare. Non aveva alcun senso che gli venisse chiesto quale fosse il suo Pokémon iniziale. 
 «Il Capopalestra che sfiderai dipende dal Pokémon iniziale.» Spiegò Chicco.  «Ho scelto Oshawott.» Rispose la ragazza. «Benissimo, allora sarò io il tuo avversario. Sarà un onore lottare con te!» Rispose Spighetto. “Ecco perché Carlos mi ha chiesto qual era il mio primo Pokémon. In condizioni normali aveva senso”. Pensò. Sperava anche che il suo sguardo assente non fosse stato notato. 
 «Molto bene, allora possiamo cominciare. È la tua prima lotta, quindi userò solo due Pokémon. Avessi avuto più medaglie, sarei potuto arrivare anche alla Lotta Totale.» Spiegò.  «Finisco di settare l’arbitro e possiamo partire.» Dichiarò il Capopalestra, mentre armeggiava con la tastiera. 
 «La lotta tra la sfidante Anita e il Capopalestra di Levantopoli sta per avere inizio. Sarà una lotta due contro due. La lotta terminerà quando i Pokémon di uno dei due Allenatori non saranno più in grado di lottare Solo alla Sfidante sarà concesso di sostituire i suoi Pokémon.» Dichiarò l’arbitro elettronico.  «La lotta può cominciare!» In seguito a quella dichiarazione, i due poterono mandare in campo i loro Pokémon. «Lillipup! Tocca a Te!» Spighetto mandò in campo un Lillipup, un Pokémon del tutto identico a quello mandato in campo dal fratello. «Oshawott, mostriamo quel che sappiamo fare!» La ragazza mandò in campo il suo primo Pokémon. 
«Cominciamo con Acquagetto!» Il Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, e si lanciò rasoterra, in direzione dell’avversario. «Cerca di schivare!» Ordinò Spighetto. «Cerca di muoverti il più possibile!» ordinò Anita.  
Il Pokémon di tipo acqua obbedì, muovendosi a destra e a sinistra, rendendo molto difficile capire dove sarebbe giunto. Il povero Lillipup non riuscì a capire da dove proveniva l’avversario, e venne colpito in pieno, e scagliato in aria. Nonostante questo, Spighetto non si fece prendere dal panico. «Cerca di atterrare e attacca con Riduttore!» Ordinò il Capopalestra. Nel frattempo, Oshawott era atterrato e stava recuperando fiato.  
Appena Anita vide il Pokémon Cagnolino correre a grande velocità contro il suo Pokémon Lontra. «Cerca di difenderti con la Molloscosciabola!» il Pokémon eseguì, tendendo con le mani la sua conchiglia e utilizzandola come uno scudo.  Il piano della ragazza funzionò. Oshawott arretrò di alcuni metri, ma non subì grandi conseguenze.  
«Ora usa Pistolacqua!» Dalla bocca dell’Otaria uscì un potente getto d’acqua che colpì in pieno l’avversario, lanciandolo in aria. Anche in questo caso il Capopalestra non perse minimamente la calma. «Usa Cuordileone!» Il corpo del Pokémon Cagnolino si illuminò di marrone chiaro, e anche i suoi occhi fecero altrettanto.  
«Oshawott! Colpisci con Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, diventando come una sorta di proiettile impazzito. «Forza, Lillipup, usa Riduttore!» Ordinò il Capopalestra. Il Pokémon Cagnolino sferrò un potente attacco, reso ancora più potente dalla forza di gravità. I due Pokémon si scontrarono a metà campo, generando una potente esplosione. Quando la polvere si depositò, il risultato della lotta era chiaro a tutti.  
«Lillipup non è più in grado di lottare. Vince Oshawott.» Dichiarò l’arbitro elettronico. «Ritorna, Lillipup. Hai fatto un grandissimo lavoro.» Spighetto richiamò il suo Pokémon. «Se vuoi puoi sostituire anche il tuo.» Le ricordò il Capopalestra. «Amico vuoi continuare o preferisci riposare un pochino?» Chiese al Pokémon. «Sha! Sha!» Rispose. «Bene, allora possiamo continuare!» Dichiarò il Capopalestra. «Pansage! Tocca a te!» Il Capopalestra mandò in campo la scimmietta elementale di tipo Erba. «La prima mossa tocca alla sfidante!» Dichiarò l’arbitro elettronico.  
«Oshawott! Usa Acquagetto!» Ordinò l’Allenatrice. Il Pokémon Lontra si rivestì d’acqua e si lanciò contro l’avversario. «Difenditi con Frustata!» Dalla testa del Pokémon spuntarono delle spesse liane. Le incrociò davanti a  sé per proteggersi. “Hei! Ma è la stessa tecnica che ha usato la Snivy di Ash!” Pensò. “Ma come posso contrastare una tecnica del genere?”
«E  ora lancialo!» Le liane, compresse dall’attacco, vennero rapidamente rilasciate e, come molle, lanciarono l’avversario al lato opposto della Palestra. «Oshawott non è più in grado di lottare. Vince Pansage!» Dichiarò l’arbitro elettronico.
Anita ricoverò il suo Pokémon nella Poké Ball. «Sei stato bravissimo. Vedrai che Lillipup farà sì che il tuo lavoro si sia stato vano.» 
Dagli spalti Ash e Serena avevano assistito alla scena. «Sembra che questa volta abbia preso meglio la sconfitta.» Commentò Ash. «Ho visto. Mi sembra molto positivo. Ma Pansage sembra forte. Vediamo come se la caverà.» Gli rispose la ragazza. «Io ho fiducia in lei.» Mentre i due discutevano, la ragazza aveva mandato in campo la sua Lillipup.
«La prima mossa tocca al Capopalestra!» Dichiarò l’arbitro elettronico.
«Bene, Pansage! Usa Graffio!» Il Pokémon Scimperba si mise a correre contro l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata, con degli artigli che riflettevano la luce. “E adesso che cosa faccio?” Pensò Anita. La ragazza appariva piuttosto nervosa, contrariamente a quando stava lottando con Oshawott.
«Prova a difenderti con Morso!» Ordinò Anita. La cagnolina spiccò un balzo e, con le mascelle aperte, azzannò la mano dell’avversario. 
Dallo sguardo dell’Allenatrice, era evidente come quella scelta non fosse una scelta ponderata, ma piuttosto una scelta dettata dalla disperazione. Questa cosa venne notata dal Capopalestra. 
«Pansage! Lancialo e colpisci con Semitraglia!» Il Pokémon Scimperba, con un rapido movimento del braccio, lanciò l’avversario in aria. Dalla sua bocca cominciarono ad uscire dei semi dal colore giallo-verde che colpirono l’avversario in pieno. 
Ormai Anita era totalmente nel panico. Non sapeva cosa fare. «Prova ad usare Azione!» Ordinò. La Pokémon ormai era atterrata. Era riuscita a farlo in maniera quantomeno decente, senza particolari conseguenze.
Si mise a correre in direzione dell’avversario. «Forza, Pansage, lancialo con Frustata!» Mentre la piccola Pokémon si lanciava contro l’avversario, dalla testa dello stesso comparvero due liane, che in breve la raggiunsero.
Fu questione di pochi istanti, prima che la Lillipup venisse avvolta e lanciata contro la barriera. «Lillipup!» L’Allenatrice era piuttosto preoccupata. 
«Lillipup non è più in grado di lottare! Vince il Capopalestra!» Dichiarò l’arbitro elettronico. Anita si affrettò a ricoverarla nella Poké Ball. «Abbiamo fallito. Mi merito la vostra fiducia?» Si chiese.
La ragazza e il Capopalestra si incontrarono al centro del campo di lotta. «Vedrai che la prossima volta andrà meglio.» La
rassicurò il Capopalestra. 
In breve tempo la ragazza venne raggiunta anche da Ash e da Serena. Si erano avvicinati a lei e le avevano posato una
mano sulla spalla. «Non vi ho deluso?» Chiese la ragazza, in tono triste. «Niente affatto!» Risposero i due, al contempo. Serena si mise rapidamente una mano davanti alla bocca.
Aveva di nuovo detto la stessa cosa che aveva detto Ash. Contemporaneamente. «E poi tu non sei una persona che si arrende così, vero?» Chiese Ash alla ragazza. «Non so.» Rispose.
«Non dire così. Vedrai che con un po’ di allenamento riuscirete a sconfiggerlo.» La incoggiò Ash. Il Capopalestra, che aveva sentito tutto, sorrise. «Allora sarà mio dovere, in quanto Capopalestra, fare altrettanto!» Rispose.
«So già chi può darvi una mano.» Il tono di Ash era piuttosto entusiasta. Era tutto chiaro, quantomeno nella sua mente.
Mi chiedo proprio cosa abbia in mente ma soprattutto cosa lo spinga a puntare su di me, nonostante le continue delusioni che gli sto dando… cosa vede in me?” Si chiese Anita, tra sé e sé.
I tre erano usciti dalla Palestra e si stavano dirigendo al Centro Pokémon, per assicurarsi che la squadra di Anita fosse in salute, dopo la lotta.
Mentre la ragazza stava affidando la sua squadra all’Infermiera Joy, Ash si era diretto alla postazione per le videochiamate. Anita lo stava guardando distrattamente “starà forse attuando il suo piano?” Pensò.
Pochi istanti dopo, Ash aveva avviato la chiamata. Aveva in seguito fatto cenno alle due ragazze di avvicinarsi. Serena si era avvicinata subito, mentre Anita aveva tentennato un po’. 
Si era avvicinata a Serena e quasi nascosta dietro di Serena. Sembrava che avesse paura di conoscere la persona che sarebbe apparsa sullo schermo. 
Dopo alcuni istanti sullo schermo apparve un uomo di circa quarant’anni. Aveva la carnagione scura, i capelli neri e raccolti e occhi dello stesso colore. Indossava un camice da laboratorio e dei pantaloni corti.
«Buongiorno Professor Kukui!» Lo salutò Ash. «Ciao a te, ragazzo! E la ragazza accanto a te è Serena, giusto?» la ragazza rimase senza parole. Cosa le aveva raccontato di lei, Ash? «Sai, Ash mi ha parlato molto di te. In bene, si intende. Mi ha raccontato dei vostri viaggi a Kalos, sai? Avete fatto delle cose davvero incredibili!» Aggiunse. «Beh… ecco… abbiamo fatto quello che potevamo. Non potevamo lasciare tutte quelle persone in difficoltà e…» Rispose la ragazza. «Non dire così. Avete veramente salvato l’intera Kalos!» Il Professore rincarò la dose. «E non solo. Mi ha anche raccontato dei tuoi Varietà e di come tu abbia deciso di partecipare alle gare Pokémon. Credimi, non se ne perdeva una!» Aggiunse. Serena si limitò a sorridere. Era felicissima del fatto che Ash pensasse a lei anche quando aveva viaggiato ad Alola. «Sai, mi piacerebbe organizzare, con Magnolia e gli ex compagni di classe di Ash, per andare a vedere una delle tue esibizioni. Documenti permettendo.» Serena non sapeva cosa dire. Da una parte le faceva piacere, ma dall’altra… quelle ragazze sarebbero potute essere delle potenziali rivali. Rapidamente si rese conto del fatto che non poteva non accettare.  «Mi farebbe davvero molto piacere!» Rispose, con un sorriso.  
Anita iniziò a sentirsi ignorata. Non voleva farlo apparire. Aveva troppa paura per farlo. Temeva una loro reazione negativa.
Decise di scostarsi leggermente da dove si trovava. Forse l'aveva fatto apposta, ma era quasi completamente nascosta da Serena. «E tu chi saresti?» Il Professore si rivolse alla ragazza, appena sbucata da dietro Serena. «M-molto p-piacere. M-mi c-chiamo A-Anita» Si presentò la ragazza. «Quindi Ash ha scelto te come Allenatrice da aiutare nel raggiungere il suo obiettivo?» Chiese, retoricamente. «S-sì» Rispose. «E conoscendo la sua passione per le lotte che arde come un Fuocobomba, vorrà condurti al titolo di Campionessa di Unima, giusto?» La ragazza fece cenno di sì con la testa. «N-non sono s-sicura di essere la persona adatta. Ho p-perso praticamente tutte le lotte a cui ho partecipato. M-mi chiedo c-cosa veda in m-me di t-tanto speciale.» Anita stava di nuovo avendo una delle sue crisi. «Sono sicuro che se hanno accettato di viaggiare con te, Ash ha sicuramente visto qualcosa che a molti altri sfugge. Un’Inroforza che non tutti sanno riconoscere.»
Anita accennò un sorriso. «Vorrei farti una domanda, se posso.» Il Professore, in quel momento si stava riferendo a Serena. 
«Mi dica tutto.» Rispose. «Immagino che tu sia venuta ad Unima per partecipare ai Varietà, giusto?» La ragazza fece cenno di sì con la testa. «Sappi che io, Magnolia,i ragazzi e le ragazze facciamo il tifo per te!» La incoraggiò. «Grazie.» Rispose.
«Scusate… ma ho un piccolo impegno. Per quale motivo mi avevi chiamato, Ash?» Il Professore si grattò la testa, imbarazzato. «Ecco, avevo chiamato semplicemente per poter fare una rotazione della squadra. Vorrei passare uno dei miei Pokémon per avere Incineroar.» Spiegò il ragazzo. «Nessun problema.» Rispose il Professore. Ash, nel frattempo aveva preso una delle sue Poké Ball e l’aveva inserita nel dispositivo per i trasferimenti. Alcuni istanti dopo, il Professore fece lo stesso.
Pochi secondi lo scambio avvenne, come concordato. Le due Poké Ball scomparvero e vennero scambiate. Fatto questo, i tre si congedarono con il Professore.
«Possiamo usare il Campolotta?» Chiese Ash. «Ci mancherebbe altro. Andate pure.» Rispose l’Infermiera. 
I tre uscirono dal Centro Pokémon e si diressero verso il Campolotta. Appena giunsero  sul campo, Ash accennò un sorriso. «Credo che sia giunto il momento di allenare un po’ anche Lillipup.» Introdusse. «E credo che nessun maestro possa essere meglio di lui! Vieni fuori Incineroar!» Ash mandò in campo il suo Pokémon.Assomigliava ad un grosso felino bipede. I cui colori predominanti erano il rosso, il nero e il grigio. Il torso era grigio e aveva simbolo nero. Quest’ultimo era costituito da una riga verticale e da due righe orizzontali, davanti e dietro. Dalle spalle uscivano dei ciuffi di pelo nerocostituite da fasce Le braccia erano costituite da strisce nere e rosse, mentre le mani erano rosse e dotate di un cuscinetto arancione e di cinque dita artigliate. Le gambe erano rosse fatta eccezione per  due fasce nere simili a quelle delle braccia. I piedi erano rossi e avevano tre dita. La coda era rossa e lunga con una fascia nera e un ciuffo di pelo nero che la circondava. In vita era presente una cintura di fiamme rosse e gialle. La parte inferiore del muso era rossa e aveva un pelo molto folto, mentre quella superiore era nera. I denti erano molto aguzzi. Il naso era rosso e triangolare, gli occhi avevano la sclera gialla e le iridi azzurre. In cima al capo il pelo ridiventava nero. Le due orecchie, anch'esse nere, avevano un motivo in pelo rosso che richiamava quello sul torso.
Anita lo analizzò con il suo Smart Rotom «Incineroar, Pokémon Colpibassi. Tipo Fuoco e Buio e stadio evolutivo finale di Litten. Esemplare maschio. È in grado di sparare fiamme dal ventre. Una fascia di fiamme avvolge la sua vita come fosse una cintura di fuoco. Mosse conosciute Rogodenti, Braccioteso, Fuocobomba e Vendetta.» Terminato il controllo, la ragazza rimise lo Smartphone in borsa. “Non so in che modo un Pokémon così possa aiutare lillipup, ma credo che Ash sappia quello che faccia” Pensò Anita. «Va bene… Lillipup! Vieni fuori!» La ragazza prese la Poké Ball dalla sua borsa e fece uscire la sua Pokémon. quest’ultima, appena vide l’Incineroar di Ash, si spaventò, nascondendosi dietro le gambe della sua Allenatrice. «Stai tranquilla! Vuole solo aiutarti!» La ragazza cercò di rassicurare la sua Pokémon, sebbene anche lei stessa si chiedeva come un Pokémon del genere potesse essere d’aiuto.
Serena, in un certo qual modo aveva capito cosa Ash volesse fare, ma preferiva che fosse il ragazzo a spiegare tutto. 
«Vedi?» Esordì Ash. «Un Pokémon può diventare più forte lottando, ma può diventarlo anche in altri modi.» Mentre il ragazzo spiegava, la piccola si era lentamente avvicinata al Pokémon di Ash.
Aveva iniziato ad odorarlo. Sembrava piuttosto calmo e che cercasse di farla stare a suo agio. «Un Pokémon può diventare più forte anche imparando delle nuove mosse.» Spiegò. Esattamente quello che Serena si aspettava.
Nel mentre, Incineroar aveva recuperato diversi rami, di più dimensioni. 
Fatto questo, il Pokémon si inchinò verso la piccola Lillipup e le offrì una mano, invitandola a salire. Dopo un iniziale 
tentennamento, la Pokémon salì sulla mano di quello che le appariva come un gigante.
«Ora credo che sia giusto che sappiate perché ho deciso di fare in modo che sia Incineroar a insegnare Rogodenti a Lillipup e non un altro dei miei altri Pokémon.» Ash introdusse il discorso.
Pikachu era perfettamente a conoscenza della storia e sapeva bene quanto fosse difficile per il ragazzo raccontarla. Per questo motivo apprezzava il fatto che avesse deciso di raccontarla di sua sponte.
Prima che Ash potesse inizare a raccontare l’attenzione dei tre venne attirata da un ragazzo che stava affannano. Era un ragazzo che poteva avere all’incirca l’età di Anita, o poco più. 
Aveva i capelli castani e gli occhi dello stesso colore. Indossava una maglietta verde a maniche lunghe, coperta da una giacca azzurra, gialla e blu scuro, una canadese e delle scarpe sportive.
Sembrava stesse per svenire da un momento all’altro. Ash e Serena si precipitarono ad aiutarlo, prima che fosse troppo tardi. Lo portarono fino al Centro Pokémon, tenendolo per le braccia.
Entrati dentro lo fecero immediatamente sdraiare su uno dei lunghi pouf. L’Infermiera, che aveva assistito a tutto, si precipitò dai tre.
Nel frattempo, Anita, che, vedendo i due precipitarsi a salvare quello sconosciuto, si era fatta più di qualche domanda, stava osservando l’allenamento dei due Pokémon.
Incineroar aveva preso uno dei rami che aveva procurato. La sua bocca si rivestì di fiamme. 
A quel punto infilò il ramo in bocca e lo morse violentemente. Il ramo esplose in diverse decine di pezzi, parzialmente o totalmente carbonizzati. 
Quella è la mossa Rogodenti!” Pensò la ragazza. “È una mossa di tipo Fuoco, potrebbe essere molto utile contro un Pokémon di tipo Erba come Pansage.” Un secondo pensiero si aggiunse rapidamente al precendente.
«Mi sembra davvero incredibile.» Commentò a bassa voce. «Ash non gli aveva chiesto “Insegnale Rogodenti” o qualcosa di simile. Eppure lui…» Continuò.
Nel mentre, dentro al Centro Pokémon, il ragazzo stava iniziando a riprendersi. Da disteso era passato a seduto. «Grazie di avermi salvato. Senza di voi avrei rischiato di farmi male.» Ash e Serena si limitarono a sorridere. «E di che?» Rispose il ragazzo.
«Oh… che sbadato. Non mi sono ancora presentato!» Il ragazzo si diede una manata sulla testa. «Piacere di conoscervi… Ash e Serena, giusto?» I due fecero cenno di sì con la testa. «E tu sei Pikachu, no?» Il ragazzo indicò il Pokémon sulla spalla del ragazzo. «Pika-Pikachu» Si presentò il Pokémon. «Io mi chiamo Gilles.» Il ragazzo si presentò, finalmente. «E ora scusate, ma devo pensare a quell’idiota di mio fratello.» Il ragazzo si alzò e fece per andarsene.
Ash lo trattenne per un braccio. «Non vorrai di nuovo ridurti così male una seconda volta. Stando all’Infermiera, rischiavi seriamente di lasciarci le penne.» Lo riprese Ash. «Lascia che ti diamo una mano.» Aggiunse.
Il ragazzo cercò muovere il braccio in modo brusco, per far sì che Ash mollasse la presa. «Non è una cosa che vi riguarda!»
Sbottò il ragazzo. Ash si mise davanti al ragazzo, in modo da impedirgli di uscire.
Alcuni istanti dopo Anita entrò nel Centro Pokémon. Aveva avuto tutto il tempo per capire cosa fosse successo, e per assistere a parte dell’allenamento della sua Lillipup.
Per poco la ragazza non si scontrò con Ash. Aveva paura di chiedergli cosa ci facesse davanti alla porta, ma vedendo quel ragazzo che tentava di uscire, si fece una piccola idea. Voleva impedirgli di uscire dal Centro Pokémon, ma non ne aveva capito il motivo. «E va bene. Vi racconto tutto.» Il ragazzo comprese che non aveva altra scelta.

In un appartamento di uno dei tanti condomini della città di Levantopoli viveva una normalissima famiglia, costituita da madre, padre e due fratelli gemelli, Gilles e Didier.
I due fratelli avevano un bellissimo rapporto. Quando erano piccoli, spesso e volentieri condividevano i loro sogni, i loro desideri, cosa avrebbero fatto quando sarebbero diventati Allenatori.
Quali Pokémon avrebbero catturato, come avrebbero sfidato le Palestre e tutto quanto. Spesso facevano finta di essere Sfidante e Capopalestra, mentre imparavano a lottare coi Pokémon dei loro genitori, naturalmente sotto il loro sguardo.
Tra tutti i Pokémon dei loro genitori, i loro preferiti erano uno Scraggy e un Pancham. 
Il primo era il preferito da Didier, il secondo il preferito da Gilles. 
Il rapporto tra i due ragazzi sembrava perfetto, nulla sembrava potesse incrinarlo, a scuola si sedevano sempre nei banchi uno accanto all’altro, condividevano gli amici e le amiche, si incoraggiavano  vicendevolmente quando uno dei due voleva provare con una ragazza e cose del genere.
Non c’era mai stata gelosia tra i due. Per nessun motivo. Qualche litigata c’era ovviamente stata, ma era abbastanza normale. Dopo si erano sempre riappacificati.
Eppure si sa. Le cose belle non durano per sempre. 
Tutto era cominciato qualche giorno dopo la consegna del primo Pokémon ai due Allenatori. Quel giorno, i due, stati accompagnati dai loro genitori fino al laboratorio della Professoressa Araila. 
I due avevano appena compiuto sedici anni, ed era, quindi, giunto il momento per i due di scegliere il loro primo Pokémon. Era una giornata di tardo inverno, e non faceva particolarmente freddo. 
La neve si stava iniziando a sciogliere e stava formando, con la sporcizia e la terra, una sorta di fango, denso e disgustoso. 
Era la fase più brutta dell’anno. Non tanto per l’arrivo della primavera, quanto piuttosto per i disagi dovuti alla neve che si scioglieva. 
Posti davanti alla scelta del primo Pokémon, la situazione fu piuttosto caotica. «Scegli tu per primo!» Gilles invitò il fratello. «No! È giusto che sia tu il primo a scegliere!» Controbattè il secondo. «Insisto!»  Rincarò la dose il primo, mentre spingeva il fratello in direzione dei tre Pokémon iniziali. «Non fare così! Non devi alzare le mani per una cosa del genere!» Ringhiò Didier.
«Ma me la smettete? Avete sedici anni ormai! Non dovreste discutere per queste cose! In altre regioni i bambini diventano Allenatori a dieci anni, ma sono molto più maturi di voi!» Gli riprese la madre.
I due fratelli si guardarono negli occhi. Era evidente che la loro madre avesse ragione. Non potevano sempre litigare per questo. «La scelta del primo Pokémon è una cosa seria. Sarà il vostro fidato compagno per tutta la vostra carriera come Allenatori. Non è una gara a chi arriva per primo.» Li riprese la Professoressa.
I due compresero l’antifona e si inginocchiarono di fronte ai tre Pokémon. Snivy, Tepig e Oshawott. I due guardarono negli occhi ognuno dei tre Pokémon. Fortunatamente i due ragazzi avevano adocchiato dei Pokémon diversi. 
«Penso di aver scelto!» Gilles sembrava entusiasta. «Anch’io!» Rispose il fratello. I due si guardarono negli occhi e sorrisero. «Il mio primo Pokémon sarà Snivy!» La scelta di Gilles fu quindi il Pokémon Serperba «Io invece prendo Tepig!» Rispose il fratello. 
Certo, era consapevole che, sulla carta, avrebbe avuto un vantaggio sul Pokémon del fratello, ma, non potendo sapere, che il fratello aveva scelto Snivy, non poteva dire di averlo fatto apposta.
«Ora che avete ottenuto il vostro primo Pokémon…» Il tono della madre dei due era piuttosto strano. «È il momento del secondo.» Concluse il padre. I genitori dei due presero una Poké Ball a testa e la consegnarono ai figli. 
Il padre consegnò la sua Poké Ball a Gilles e la madre a Didier. «Immagino che sappiate che Pokémon c’è dentro quelle Poké Ball, vero?» Chiese la madre. I due ragazzi fecero cenno di sì con la testa.
Due giorni dopo, Gilles e la madre erano di nuovo al laboratorio della Professoressa Aralia. La donna li aveva accolti immediatamente, senza fare domande. Capitava spesso che Allenatori e Allenatrici alle prime armi tornassero da lei a chiederle consigli.
«Buongiorno.» Li salutò. «Buongiorno a lei.» La salutarono. «Come mai già di ritorno? Sono passati solo due giorni da quando ti ho consegnato il tuo primo Pokémon. Successo qualcosa?» Chiese.
Il ragazzo si limitò a toglersi la giacca, con molta attenzione. Ripose altrettanta attenzione nel togliersi il maglione. Sulle braccia aveva diverse ferite, tutte causate dalla stessa fonte. Delle fruste. 
«E così Snivy ti ha aggredito?» Chiese la Professoressa, retoricamente. 

Possibile che sia lei? Dopotutto la Professoressa aveva raccontato di come Snivy avesse rifiutato diversi Allenatori. Eppure Gilles mi sembra un bravo ragazzo.” Pensò Ash. 
In ogni caso, il nativo di Biancavilla decise di non interrompere il racconto. Se voleva aiutarlo doveva sapere cos’era successo. Magari, in seguito gli avrebbe fatto qualche domanda.

«Esattamente. Ho provato a mandarla in campo, ma piuttosto che attaccare l’avversario, attaccava a me, senza motivo. Eppure qui al laboratorio sembrava così gentile.» Rispose il ragazzo.
«Quindi vorresti riportarla qui al laboratorio e scegliere un altro Pokémon?» Chiese la donna. «Al momento mi è rimasto solo Oshawott.» Aggiuse. Il ragazzo fece cenno di sì con la testa. «Forse è la scelta migliore per tutti e due.» Rispose il ragazzo.
La Professoressa non insistette ulteriormente, permettendo al ragazzo di restituire Snivy e di portare con sé Oshawott. 
Arrivati a casa, quantomeno all’inizio Didier non prese particolarmente bene la cosa. «Lo hai fatto solo per avere un Pokémon avvantaggiato nei confronti del mio!» Lo accusò. «Prima o poi te e Snivy sarete andati d’accordo. Sarebbe stata solo questione di tempo.» Rincarò la dose. “Tempo qualche giorno e le cose si sistemeranno.” O almeno così pensavano Gilles e i genitori. La verità, però era ben diversa. 
I giorni seguenti, i due fratelli tendevano ad ignorarsi. O meglio, Didier cercava in ogni modo di respingere il fratello, a volte in modo anche piuttosto violento.
Riniziata la scuola dopo la pausa forzata per la consegna del primo Pokémon, la cosa divenne nota a tutti. Solitamente i due ragazzi facevano a gara per chi sarebbe arrivato per primo, ma non quella volta. Sembrava anzi che i due volessero mescolarsi quanto più possibile con il gruppo, con Didier un po’ più avanti rispetto al fratello. 
Sembrava che quest’ultimo stesse parlando con Andrea, uno dei loro compagni di classe. Era un loro compagno di classe noto principalmente per non essere esattamente un bravo ragazzo.
Era stato sospeso numerose volte ed era stato bocciato due volte. Era quel tipo di ripetente con cui pochi volevano avere a che fare. Rispondeva male agli insegnanti e spesso era immotivatamente aggressivo con tutti, per questo a Gilles sembrava piuttosto strano che il fratello parlasse con lui. Non lo aveva mai fatto prima di allora. 
Quando Gilles giunse in classe, si accorse di come il banco che aveva sempre occupato, quello accanto al fratello, fosse stato occupato, proprio da quell’Andrea.
Capendo la situazione, il ragazzo non poté far altro che arrendersi e sedersi al posto di Andrea, nelle ultime file. Non riusciva a credere che una piccolezza del genere avesse causato tutto ciò.
Gilles decise di ignorare la cosa. Non voleva fare una scenata del genere davanti a tutta la classe. Se poi avessero scoperto che il motivo per cui si trovavano in quella situazione era la scelta del primo Pokémon, sarebbero stati ridicolizzati a vita.
Da quella distanza, Gilles non poteva sapere di che cosa stessero parlando. Potevano star facendo della normale conversazione di circostanza, oppure potevano star sparlando di lui.
Didier cercò e riuscì ad evitare di parlare con il fratello tanto a ricreazione quanto a pranzo, cercando di sedersi il più lontano possibile dal fratello. Voleva provare a parlarci, ma era consapevole che non avrebbe risolto nulla.
La stranezza continuò anche durante il rientro. Solitamente i due ragazzi rientravano a casa sempre insieme, ma non questa volta. Gilles prese la solita strada per raggiungere casa, la via che aveva sempre preso insieme al fratello sin da quando erano piccoli. Il fratello aveva deciso di prendere un’altra strada. Più lunga.
Avrà deciso di accompagnare quell'Andrea?" Si chiese Gilles. Non che gliene importasse più di tanto, per quanto volesse bene al fratello, era ormai abbastanza grande da cavarsela da solo. Non voleva preoccuparsene. 
Nemmeno i genitori sembravano particolarmente preoccupati dalla cosa. Erano consapevoli di quello che era successo tra i due, ma preferivano non intervenire. Volevano che sistemassero la cosa da soli. 
I giorni seguenti la situazione rimase pressoché invariata, coi due fratelli che continuavano sempre ad ignorarsi e a starsene ognuno per gli affari propri.
Ogni giorno che passava sembrava che i due si allontanassero sempre di più, mentre, contemporaneamente, Didier si avvicinava sempre di più ad Andrea e si allontanava sempre più dal fratello.
Rientrava a casa ogni giorno più tardi e alcuni giorni non rientrava nemmeno. Una cosa che accomunava tutti i suoi rientri a casa, erano le pessime condizioni dei suoi vestiti. Abrasi, strappati, sporchi. Veniva da chiedersi cosa facesse per rovinarsi i vestiti così. 
Altra anomalia era che si alzava spesso e volentieri svogliato e aveva un’aria stanca, come se non dormisse.
Altra cosa strana era che non vi era giorno in cui Didier non chiedesse ai genitori e ai nonni dei soldi in prestito, prima delle piccole cifre e poi cifre sempre più grandi. La promessa di restituirli era sufficiente per farseli prestare. 
Un giorno, Gilles decise di seguire il fratello. Quel giorno era rientrato a casa ad un orario decente. Aveva passato il pomeriggio a giocare ai videogiochi e a trangugiare schifezze, ignorando i suoi Pokémon, facendo in modo che fossero i suoi genitori ad occuparsene. Cosa che infastidiva non poco il fratello. Essere Allenatore voleva anche dire essere responsabile dei propri Pokémon. 
Nonostante la situazione precaria tra i due, i fratelli erano costretti a condividere la camera da letto. Certo, durante la notte facevano in modo di darsi le spalle a vicenda, perfino quando dormivano.
I due fratelli si coricarono a pochi istanti l’uno dall’altro. Didier sembrava volesse aspettare che il fratello si addormentasse, prima di fuggire. Aspettò all’incirca mezz’ora. Era una cosa che aveva imparato a fare, era il tempo che il fratello impiegava ad addormentarsi. Scattata la mezz’ora, Didier si alzò dal letto e uscì dalla stanza. Cercò di fare il più silenziosamente possibile. Di sicuro non voleva farsi scoprire. Percorse l’andito dall’appartamento, e prese la sua giacca dall’appendiabiti. La porta era aperta, per cui dovette semplicemente stare attento a non fare rumore aprendola.
Uscì e cominciò a scendere le scale. Il loro appartamento era al quarto piano su venti, per cui poteva impiegare l’ascensore, ma non voleva fare rumore.
Scese le scale cercando di essere veloce, ma silenzioso. Non sospettava minimamente di essere seguito. 
Pochi istanti dopo, anche Gilles si alzò e cominciò a seguire il fratello. Dal momento che il loro condominio era in un vicolo, il ragazzo non aveva molta scelta, circa la direzione dove andare.
Gilles seguì il fratello lungo il vicolo, in seguito lo seguì anche nella via principale, sempre facendo attenzione a non farsi scoprire. Cercava di nascondersi dietro muri, pali e cose del genere. 
In quegli istanti gli sembrava di essere una sorta di agente segreto o qualcosa del genere, come nei film che adorava guardare, proprio con suo fratello, ma che, da un po’ di tempo, aveva smesso di guardare. 
In quel caso, però, era una situazione seria. Serissima.
Scacciato quel pensiero, il ragazzo  continuò a seguire il fratello.
Attraversò diverse vie, viali e piazze della grande città di Levantopoli. Gilles dovette fare tantissima attenzione per evitare di essere scoperto, doveva sempre cercare di mantenere una certa distanza.
Era curioso, ma anche preoccupato, nonostante non lo desse a vedere. Didier era suo fratello, dopotutto. Voleva proprio capire cosa stesse succedendo al fratello e cosa avesse a che fare con quell’Andrea.
La traversata della città durò un tempo apparentemente infinito, Gilles non aveva idea di quanto avesse camminato. Nella fretta non aveva portato con sé lo Smart Rotom. Temeva di essersi perso.
In ogni caso, Gilles notò ben presto il fatto che si trovava in una zona della città che non conosceva bene. Un insieme di quartieri della città che aveva solo sentito nominare, conosciuti come la Grande Stamberga. 
Era la zona della città più malfamata, ricca di edifici in rovina e vicoli bui. Gilles aveva i brividi. Non si sarebbe sognato di visitare quelle zone di giorno, figuriamoci di notte. Temeva che da uno di quegli edifici in rovina sarebbe potuto spuntare qualche malintenzionato, o nella peggiore delle ipotesi un assassino. Gilles si chiese cosa potesse spingere il fratello in quel luogo pericoloso.
Didier si fermò davanti a un edificio apparentemente abbandonato. La facciata, un tempo di un bel rosa, era rovinata. Mancava dell’intonaco ed era ricoperta di muffa. Le finestre erano pendenti Alcune avevano i vetri rotti, altri erano totalmente assenti. Didier si guardò attorno nervosamente. Aveva la sensazione che qualcuno lo stesse seguendo. Prima di entrare furtivamente nell'edificio. Gilles si nascose dietro un muro, ancora senza la minima idea di cosa stesse succedendo. 
Dopo essersi guardato intorno, Didier entrò all’interno dell’edificio. Forse i suoi sospetti erano infondati. Dentro l’edificio c’erano diverse persone non esattamente raccomandabili. Se i suoi avessero scoperto che frequentava quelle persone… Gilles si avvicinò ad una delle finestre diroccate. Non riusciva a  sentire esattamente cosa stavano dicendo, ma era chiaro che si stava svolgendo uno scambio. Didier consegnò del denaro ad una di quelle persone. Appena quella persona ricevette i soldi, accennò un sorriso.
Fatto questo, Didier se ne andò da quell’edificio. Gilles dovette muoversi in fretta, per evitare di farsi scoprire dal fratello.
Cercò di frenare l'istinto di  entrare. Sapeva che avrebbe rischiato grosso. 
Seguì il fratello fino a casa e aspettò che quest’ultimo si coricasse, prima di fare altrettanto. «Dovrebbero bastare per ripagare il mio errore.» Disse il ragazzo. Credeva di non essere sentito. 
Ripagare quale errore?” Si chiese il ragazzo. Certo. Sapeva che il fratello era entrato in un brutto giro, ma si chiedeva a cosa servissero tutti quei soldi.
Con quel pensiero che gli martellava la testa, Gilles si addormentò. 
Il suo piano era quello di pedinare il fratello anche il giorno dopo, al rientro da scuola. Prima di addormentarsi aveva elaborato una teoria e voleva verificarla.
Se avevano messo dei soldi da parte, voleva dire che, in un modo o nell'altro, li avrebbero spesi. Qualche ora dopo, era il momento di alzarsi e di prepararsi per andare a scuola. Le tazze della colazione e la caffettiera erano state preparate dal giorno prima, per avere la vita più facile alla mattina.
Contrariamente agli altri giorni, quella volta, Didier non si presentò a colazione. Si era già alzato ed era andato chissà dove. Durante la colazione, Gilles e i genitori avevano parlato poco. Molto poco.
«Potrei rientrare da scuola un po’ più tardi.» Esordì Gilles. I suoi genitori non li dissero nulla. Speravano solamente che non facesse la fine del fratello.
Non potevano sapere che il suo scopo era diverso, e molto più semplice. Voleva solo sapere cosa suo fratello stesse facendo e perché avesse chiesto tutti quei soldi.
Dopo essersi preparato, Gilles si diresse verso la scuola. Immediatamente, il ragazzo si accorse di come anche il fratello fosse presente.
Era assieme al solito gruppo di persone che frequentava. Erano in disparte, vicini all’uscita, come se fossero venuti lì con il solo ed unico scopo di andarsene, balzando la scuola.
E così fu. Didier e quel gruppo di ragazzi abbandonarono la scuola, con Gilles che li seguì a sua volta. Cercò, come la volta precedente, di mantenere una certa distanza, per evitare di farsi scoprire. 
Dopo averli seguiti, ed aver raggiunto nuovamente le zone malfamate della città. Finalmente il ragazzo poté capire come mai il fratello avesse chiesto tutti quei soldi.
«Sei riuscito a farti perdonare.» Disse uno di quei ragazzi, tirandogli una vigorosa pacca sulla spalla, che li fece fare diversi passi in avanti.
Gilles collegò mentalmente le parole dette dal fratello e quelle di quel ragazzo. Da quelle parole, evidentemente, Didier aveva rotto o danneggiato qualcosa e doveva ripagarlo.
Avevano percorso ancora un po’ di strada, si incontrarono con delle altre persone. 
Contrariamente a quelli che costituivano il gruppo, non aveva la minima idea di chi fossero. Non gli 
sembravano per nulla delle persone affidabili. Fosse per lui sarebbe scappato immediatamente, ma il desiderio di scoprire cosa stesse succedendo, lo spingeva a restare.
Uno dei ragazzi del primo gruppo consegnò a una delle persone che avevano appena incontrato, la busta contenente il denaro. Quest’ultimo la infilò nel borsello.
Pochi istanti dopo si allontanò. Nessuno dei presenti sembrava preoccuparsene, come se fosse parte del loro piano. 
Dopo una decina di minuti, il ragazzo tornò, trasportando un sacco dall’aria pesante.
Mi chiedo cosa possa esserci là dentro!” si chiese Gilles.
I dubbi del ragazzo durarono poco. Uno dei ragazzi che era venuto con il fratello, si buttò a capofitto nel sacco, estraendo un piede di porco da quel sacco.
«Mmmh, sì. Sembra abbastanza solido.» Commentò. 
Pochi istanti dopo lo ripose nel sacco, ed esaminò il secondo oggetto. Era una borsetta di materiale robusto e dal colore scuro, chiusa da una grossa cerniera.
Il ragazzo la aprì ed estrasse gli oggetti al suo interno. Gilles non riusciva bene ad identificare quegli oggetti. Sembravano dei coltelli o dei cacciaviti.
«Anche questi grimaldelli mi sembrano di ottima qualità. Tu si che sai come dare valore ai nostri  soldi.» Nel fare quel complimento, il ragazzo sottolineò particolarmente la parola “nostri”. Anche se, per quel che ne sapeva, quei soldi erano soldi dei suoi genitori e dei nonni.
Quindi il fratello voleva restituire i soldi rubando? Poteva accettare tutto, ma non di essere il fratello di un ladro.
Era una cosa troppo disonorevole.
In quelli stessi istanti, Gilles si accorse di un Pidove che svolazzava in giro. “Lui non ha queste preoccupazioni! Vive in questa città e si deve solo preoccupare di trovare da mangiare. Magari un giorno verrà catturato da qualche allenatore e…” Splof.
Il pensiero del ragazzo venne interrotto da un evento alquanto disdicevole.
Quel Pidove gli aveva cagato sulla giacca. «Archeus Stoutland! Mi hai cagato addosso! Se ti prendo…» Gridò. Facendo saltare la sua copertura.
Se fino a quel momento nessuno si era accorto della sua presenza, quell’imprecazione lo aveva fatto scoprire. Poteva sentire i passi pesanti di tutte quelle persone che si dirigevano nella sua direzione.
Compreso il fratello. Era lui ad essere in testa al gruppo e aveva l’aria piuttosto arrabbiata. Poteva provare a scappare, ma era solo contro tante altre persone. Molto probabilmente uno o più di loro lo avrebbe potuto raggiungere.
Per quanto fosse un ragazzo atletico, era probabile che qualcuno lo fosse più di lui. Forse il suo pensare troppo lo aveva intrappolato.
Due dei ragazzi più grossi lo avevano sollevato per le braccia. Non sapeva come si chiamassero. Erano stati, per lui, solo due dei tanti pluribocciati che frequentavano la scuola.
Uno di quei ragazzi infilò una mano nel suo borsello, infastidendo. Tentò di dimenarsi, ma era bloccato. Il ragazzo, dopo aver preso le due Poké Ball dal suo borsello, smise di frugare. 
«Bene… bene… bene… Sembrerebbe che il ragazzo abbia dei Pokémon…» Pochi istanti dopo, questi incrociò lo sguardo con uno dei ragazzi più grandi. 
«Credo che prendere uno dei suoi Pokémon possa bastare.» Commentò uno dei ragazzi che lo teneva bloccato. Tutti gli altri si guardarono negli occhi. Sembrava stessero riflettendo su quella proposta. 
Il silenzio venne rotto da Didier. «Per me si può fare… dopotutto ha un Pancham. E senza un Pokémon di tipo Buio è destinato a restare un Pancham. Con me… o meglio… con noi, diventerebbe un potentissimo Pangoro e potrebbe aiutarci nel nostro… lavoro» Il ragazzo fece cenno al compagno di passargli le due Poké Ball.
Didier aveva ben chiara quale fosse la Poké Ball del Pokémon Briccone. Era più vecchia e rovinata di quella di Oshawott. Didier consegnò al ragazzo la Poké Ball di Oshawott, facendogli intendere che avrebbe potuto restituirla senza problemi.
Fatto questo, Didier fece scattare il meccanismo di apertura della Poké Ball, permettendo a Pancham di uscire. Fece uscire dalla Poké Ball anche il suo Scraggy. «Adesso tu sei un mio Pokémon. Vedi… Scraggy è un Pokémon di tipo Buio. Dovresti evolverti in Pangoro.» Il ragazzo rimase piuttosto deluso dal fatto che il Pokémon non accennasse in alcun modo  ad evolversi, con estrema delusione di tutti i presenti.
Gilles approfittò della distrazione dei presenti per tentare di fuggire. «Pancham! Usa Pietrataglio!» Ordinò il ragazzo.
Il Pokémon tirò un potente pugno sul terreno, facendo spuntare dallo stesso degli enormi massi di colore azzurro che lo circondarono.
Questo fece arretrare Didier e tutte le persone attorno ma non fu sufficiente a far mollare la presa a quei ragazzi. Doveva inventarsi qualcosa di diverso. Sentiva i suoi arti intorpidirsi.
«Pancham! Salta e colpiscili con Metaltestata!» Ordinò. Il Pokémon spiccò un salto. Mentre saltava, la struttura molecolare della sua testa cambiò, diventando più dura dell’acciaio.
Prima Didier, poi a turno tutti gli altri vennero colpiti dal Pokémon in pieno petto e fatti cadere a terra di schiena.
Alcuni di loro batterono la testa. 
Questo fece in modo che la maggior parte del gruppo fosse fuori combattimento, ma non i due ragazzi che lo tenevano fermo. Che, anzi, avevano stretto ulteriormente la presa. 
«Su, Pancham! Attacca con Tuonopugno!» Ordinò il ragazzo.
«Cham?» Il Pokémon sembrava preoccupato. Sapeva che se avesse attaccato quei due, avrebbe anche ferito il suo Allenatore. E lui non era intenzionato a farlo.
«Su! Cosa aspetti a farlo? Non importa se mi ferirai!»  Gridò il ragazzo, facendo capire al Pokémon di non avere scelta. Saltò contro uno dei ragazzi che tenevano bloccato il suo allenatore e tirò contro di lui un potente pugno elettrificato.
«AAAAAH!» Gilles e i due ragazzi gridarono. Ma, finalmente il ragazzo era libero.
I due ragazzi erano storditi e avevano mollato la presa. Anche Gilles era un po’ bruciacchiato, ma sostanzialmente in buona salute. Richiamò il suo Pokémon nella Poké Ball e scappò. Riuscì a fuggire prima che i suoi aguzzini si riprendessero. 
Gilles era dubbioso sul da farsi. Dopotutto, per il momento nessuno aveva fatto nulla. Anche se avesse detto a
 qualcuno che si erano procurati quel materiale, che lui sapesse, non stavano compiendo alcun reato.
In ogni caso l’intrusione di Gilles negli affari del fratello, causò due effetti. Il primo fu quello che il suo gruppo di amici cercava di rendergli la vita più complicata, in ogni modo possibile.
Il secondo effetto fu più evidente. Gilles aveva continuato a pedinare il gruppo di cui faceva parte il fratello, ma ogni volta, Didier era assente.
Sembrava che Didier volesse evitare di essere scoperto. Forse pensava che il fratello, dopo non averlo trovato per tanto tempo, avrebbe desistito.
E la previsione di Didier non si rivelò errata. Gilles non aveva più seguito quel gruppo di persone per diversi giorni. 
Motivo per cui Didier aveva rincominciato ad assentarsi da scuola e a tornare a casa malconcio. Questo fece scattare un campanello d’allarme nella testa di Gilles, voleva dire che il fratello aveva ripreso le sue attivitò.
Poteva essere il momento ideale per coglierlo con le mani nel sacco e…

«Ed è così che sono arrivato qui da voi.» Spiegò il ragazzo. 
Ash, Pikachu e le ragazze lo guardarono come se fosse un alieno. Era davvero un tipo determinato se, nonostante tutto, voleva ancora recuperare i rapporti con il fratello.
«Scusate se vi interrompo, ma… mentre Gilles raccontava la sua storia è passata un’auto della polizia.» Li interruppe Anita.
L’espressione di tutti mutò, diventando molto più preoccupata.
«E Poi cosa facciamo con Lillipup?» Chiese Anita, visibilmente preoccupata per la sua Pokémon.
«Stai tranquilla.» La rassicurò Ash. «Incineroar è molto forte. Saperà proteggerla da ogni pericolo.»  Anita si sentì più tranquilla dopo le parole dell’esperto allenatore.
Nonostante questo, la situazione che stavano vivendo non era delle migliori.
Un’auto della polizia che sfrecciava per le strade della città, voleva dire solo una cosa. Didier era stato beccato durante uno di quei furti e stava per subirne le conseguenze.
Da una parte gli andava bene, era giusto che il fratello subisse le conseguenze delle sue azioni e che riflettesse attentamente sui motivi che lo avevano portato a fare quella scelta.
Dall’altra parte, però credeva ancora che il fratello potesse tornare sui propri passi se qualcuno, più convincente e disinteressato di lui, gli avesse parlato.
I quattro uscirono dal Centro Pokémon e si diressero nella direzione in cui si stava dirigendo Gilles in precedenza. 
La speranza del ragazzo era quella che, almeno il fratello, in qualche modo si fosse nascosto o qualcosa del genere. Certo era abbastanza improbabile, quelle cose accadevano solitamente nei film e nei videogiochi.
Nella vita reale, in pochi si sarebbero sognati di nascondersi nei bidoni dell'immondizia o simili. O, tantopiù a nascondersi in qualche vicolo, rischiando di rimanere in trappola.
Correre aveva poco senso, non avrebbero mai recuperato il grande vantaggio che aveva accumulato l’auto della polizia, tanto valeva prendersela comoda.
Non avendo molte idee su dove Didier potesse essersi cacciato, Ash e le ragazze decisero, volontariamente o meno, di seguire Gilles.
Girovagarono per la città in lungo e largo, senza risultati. 
«A questo punto credo che l’abbiano preso. Da una parte mi va bene. Ma dall’altra… che fratello sarei?» Si chiese Gilles.
Ash gli appoggiò una mano sulla spalla. 
«Non credo. Se è abituato a quelle cose, come dici, si sarà nascosto da qualche parte. Magari sarà anche già uscito… chissà.» Anita tentò di rassicurarlo, anche se lei era quella che ci credeva meno di tutti.
Dopo diverse ricerche a vuoto, mentre passavano per una delle tante stradine della città, si accorsero di qualcosa che non andava.
Uno dei cassonetti sembrava muoversi in maniera sospetta, spaventando tutti.
«Pikachu, usa Fulmine su quel cassonetto!» Ordinò Ash.
Il topo elettrico generò una potentissima scarica elettrica che colpì in pieno il cassonetto, facendolo esplodere.
I presenti dovettero proteggersi, per evitare di essere investiti dalla scarica di rifiuti generata da quell'esplosione. Buste della spazzatura di ogni tipo e rifiuti di ogni genere, vennero proiettati su un’ampia area circolare.
Nel bel mezzo dei rifiuti, un ragazzo, mezzo bruciacchiato e evidentemente privo di sensi.
«L’hai ammazzato? Ora arrestano anche a te!» Gilles era evidentemente preoccupato. Per sua fortuna, dopo alcuni istanti il ragazzo si riprese.
Cercò di rialzarsi e scappare, ma venne immediatamente bloccato dai due ragazzi. Per quanto potesse sforzarsi, trascinare un quintale abbondante non era affatto facile, tanto più che i due si erano puntellati.
«E cosa vuoi da me? Lo sai bene che ti sei giocato le tue chance.» Nonostante queste parole, nessuno dei due accennò a mollare la presa.
Didier doveva ritenersi fortunato, contrariamente ai suoi compagni, non era stato preso. Forse trattare non era poi così male. 
«Guarda che io so benissimo perché è successo tutti questo.» Ash fece molta attenzione a farsi sentire.
Il ragazzo smise di tentare di divincolarsi. Quel ragazzo stava facendo finta o sapeva veramente qualcosa? Pur controvoglia, il ragazzo decise di mettere Ash alla prova.
«So bene che la causa del vostro litigio è lei.» Il ragazzo prese, dal suo borsello, la Poké Ball della sua Snivy. Appena la Pokémon uscì, riconobbe immediatamente il suo ex allenatore.
Incrociò lo sguardo con quest’ultimo, prima di voltarsi in direzione di Ash e Pikachu. Gilles si sentì a disagio, Ash Non gli aveva mica detto che ora era lui l’allenatore di quella Snivy.
Didier ci rimase anche peggio. Suo fratello aveva spifferato tutto ad un perfetto sconosciuto.
Ma cosa poteva fare? Attaccarlo con uno dei suoi Pokémon? Quello sconosciuto era Ash Ketchum. Solo uno dei suoi Pokémon avrebbe totalmente annichilito la sua squadra.
Non poteva fare altro che accettare il confronto. 
«Ora che vedo che sei tu l’Allenatore di Snivy, ho capito cosa provava veramente.  Ho capito come mai lei mi aveva rifiutato.
Non mi riteneva degno.» La delusione di Gilles era palpabile.
«Non dire così. Non sei stato il primo Allenatore che ha rifiutato. Io stesso l’ho vista mentre ne rifiutava uno. Poi… beh… mi ha chiesto di lottare e ho capito tutto.» Gli rispose Ash, lasciando entrambi i fratelli di sasso.
«Hai capito cosa?» Chiesero i due fratelli.
«Quello che desiderava veramente. Vuole diventare più forte. E credo che abbia imparato a capire se ha a che fare con persone che lo desiderano o se i loro obiettivi sono altri. Mi sbaglio?» Chiese il ragazzo.
«Vii! Vii!» La Snivy confermò le parole del suo Allenatore.
«E non era quello il tuo desiderio?» Didier si rivolse al fratello in tono accusatorio. «Anzi. Era quello che ci promettevamo
ogni giorno. Com’è allora che Snivy ti ha rifiutato?» Aggiunse.
Il fratello non sapeva che rispondere. Era chiaro che quella domanda lo aveva devastato. 
«Io sono un ragazzo come tanti. Come te. Del resto. Nel mondo ci sono milioni di persone come noi. Come ci sono milioni di Pokémon come il mio Oshawott o il tuo Tepig. O anche Pancham e Scraggy. Sono Pokémon che che hanno scelto… che hanno accettato di vivere con noi. Pur con tutti i nostri limiti. E poi ci sono Pokémon come Snivy. Che non si accontentano. Perché il mio “voler diventare più forte” non è abbastanza.» Si spiegò Gilles, lasciando il fratello senza parole. 
O meglio. Didier aveva qualcosa da dire, ma… non voleva confermare al fratello che, in quel momento, provasse le stesse identiche sensazioni.
Erano entrambi consapevoli che, nemmeno se loro e i loro Pokémon si fossero allenati giorno e notte per tutta la vita, avrebbero raggiunto gli stessi risultati di Ash e dei suoi Pokémon.
Ash aveva notato che la situazione tra i due fratelli, nonostante entrambi fossero a conoscenza della verità, continuavano a guardarsi male.
Nel corso del tempo era stato capace di ricucire numerose faide. Anche più complesse di questa. In tutti i casi aveva adottato il medesimo modus operandi, dopo aver portato le persone coinvolte davanti ai fatti.
E quel caso non avrebbe fatto eccezioni.
«Ora che siete qui, uno davanti all’altro, che ne dite di una lotta?» Propose Ash.
«Una lotta?!?» Tanto Anita quanto i due fratelli, non avevano ben capito la proposta del ragazzo.
Serena, che, al contrario dei tre era già stata testimone di eventi simili, sapeva che il metodo di Ash era molto efficace. Aveva anche formulato un’ipotesi sul motivo per cui questo avveniva.
Certo, prima di diventare teoria, l’ipotesi doveva essere confermata, e quella poteva essere la situazione adatta.
«Non avete molto da perdere. Almeno provateci.» Li incoraggiò la ragazza.
«E va bene…» Risposero i due ragazzi, non molto convinti. Ash era già pronto ad arbitrare il match. «Bando ai convenevoli. Sarà una lotta uno contro uno. Vince chi sarà in grado di sconfiggere il Pokémon avversario.»
Sebbene un po’ titubanti, i due ragazzi si schierarono uno di fronte all’altro, in quello che era divenuto un Campolotta improvvisato. 
«Molto bene! Pancham! Tocca a Te!» Gilles mandò in campo il suo Pokémon. «Scraggy vai!» Il fratello mandò in campo il suo Pokémon.  Sembrava che il piano di Ash stesse dando i suoi frutti.
Dalla Poké Ball di Didier uscì un Pokémon simile ad una lucertola bipede. Il suo corpo era prevalentemente giallo. La testa era più scura del resto del corpo, a eccezione  della mascella. Le gambe erano abbondantemente ricoperte da della pelle. La coda era molto larga e più scura del resto del corpo. La pancia era rossa e presentava tre sottili strisce nere orizzontali, le mani disponevano di tre dita dalla forma arrotondata. I grandi occhi erano posti ai lati della testa. Aveva due piccole narici, una bocca dalla forma arcuata. Sulla testa era presente una piccola cresta rossa
I due ragazzi avevano scelto entrambi il Pokémon che era stato donato loro dai genitori.
«Cominciamo! Pancham vai con Metaltestata!» Ordinò Gilles. La struttura della testa del Pokémon Briccone mutò, diventando dura come l’acciaio.
«Scraggy! Bottintesta! Presto!»  Ordinò, invece,  Didier. I due Pokémon si misero a correre uno contro l’altro, fino al centro del Campolotta improvvisato.
Il contatto fra i due fu inevitabile, e a causa dell’energia scaturita dall’impatto, i due Pokémon indietreggiarono di diversi metri.
Nonostante questo, nessuno dei due Pokémon, sembrava volersi arrendere.
Pochi istanti dopo, infatti, Pancham era tornato alla carica con un Tuonopugno. Il braccio del Pokémon Briccone, carico di elettricità, era pronto a sferzare il nemico.
«Scraggy! Mordi il pugno  con Sgranocchio!» Ordinò Didier. Il Pokémon eseguì, raggiungendo rapidamente il bersaglio e mordendone il pugno elettrificato. 
Ora lo scontro si era trasformato in una gara di resistenza. Avrebbe ceduto prima Pancham o Scraggy?
«Presto! Attacca con Metaltestata!» Pancham Colpì l’avversario con un violento colpo della testa, facendogli mollare la presa. Sembrava che fosse immobilizzato.
Aveva anche mollato la presa e ora Pancham aveva le mani libere.
«Chiudiamola qui! Tuonopugno!» Ordinò Gilles.
«Sù, forza! Cerca di difenderti!» Ordinò Didier. 
Il Pokémon, che nel frattempo si era ripreso, aveva fatto in tempo a tirare verso l'alto la pelle gommosa che rivestiva la parte inferiore del suo corpo.
Nonostante la pelle gommosa avesse attutito il colpo, il pugno tirato dal Pokémon Briccone era stato davvero  potente e l’aveva lanciato dal lato opposto della strada.
Nonostante la violenza dell’impatto, il Pokémon non si era ancora arreso. Teneva ancora ben tesa la pelle elastica.
«Scraggy, attacca con Calcinvolo!» Didier era consapevole della pericolosità di quella mossa. Sapeva bene che se non avesse colpito il bersaglio, il Pokémon si sarebbe ferito, ma non aveva scelta.
Il Pokémon Cambiapelle spiccò un balzo e il suo ginocchio si illuminò di un’aura arancione. Pronto a colpire il nemico. 
Gilles rimase attendista. Era perfettamente a conoscenza dell’effetto secondario di quella mossa.
«Ora schiva!» Ordinò il ragazzo. 
Il Pokémon Briccone si spostò di circa un metro a destra, non permettendo all’attacco avversario di andare a segno. Scraggy, piantato a terra, emise un grido di dolore.
«Molto bene! Chiudiamola qui! Pancham! Usa Breccia!» Il Pokémon Briccone obbedì. Attaccò il suo avversario con un potente colpo del braccio, che lo rispedì nuovamente dal lato opposto del campo.
Scraggy era finito al tappeto.
«Non importa che tu abbia vinto. Hai dato il meglio di te!» Didier ricoverò il suo Scraggy nella sua Poké Ball. 
«Quanto a te…» Il ragazzo si rivolse al fratello. «Ti devo chiedere scusa. Sono stato terribilmente infantile.» Gilles fece per avvicinarsi al fratello e dargli dimostrazione di aver accettato le sue scuse, quando un suono familiare fece trasalire i presenti. Erano le sirene di un’auto della polizia. 
«Lo sapevo! Mi hanno tradito!» Si lamentà Didier, anche se, dentro di sé, sapeva che non poteva fidarsi.
La berlina, scura,  lunga e dalla forma a cuneo piuttosto accentuata, si fermò proprio davanti all’ingresso del vicolo, in modo da rendere impossibile ogni tentativo di fuga.
Dalla berlina scese una donna. Indossava una divisa marrone chiaro e portava alcuni distintivi. Non c’erano dubbi, sebbene il suo abbigliamento e la sua pettinatura fossero ben diversi da quelli a cui Ash e Serena erano abituati, ma non vi erano dubbi, si trattava di un’Agente Jenny.
«Buongiorno, Agente!» La salutarnono.
«Buongiorno a voi, ragazzi.» Ricambiò la donna. Di colpo la sua espressione mutò, diventando più seria. «Didier. Sei in arresto per furto.» La donna prese delle manette dalla sua cintura e ammanettò il ragazzo.
Era un po’ sconvolto ma se lo aspettava. Dopotutto era colpevole e non poteva dire o fare nulla per difendersi. Non oppose la minima resistenza neppure quando la donna lo fece salire sul sedile posteriore.
«Proprio ora che ci eravamo riappacificati…» Commentò Gilles in tono affranto. Da una parte sapeva che era giusto, ma dall’altra…
Sentendo quelle parole e avendo capito la poca pericolosità del soggetto, l’Agente si allontanò dall’auto per parlare con il ragazzo. Dalla sua espressione sembrava volesse dare una buona notizia.
«Mi hanno anche raccontato il motivo per cui si è unito a loro e, devo ammetterlo, è davvero un motivo stupido. Lui non 
deve saperlo, ma starà dentro solo una settimana. Penso che una settimana al fresco basti a fargli imparare la lezione. Ora però è meglio che vada. Arrivederci!» La donna si congedò e tornò in macchina. Gli altri la salutarono a sua volta.
«Ora scusatemi ma devo proprio andare!» Li salutò Gilles. «Devo tornare a casa. I miei si staranno preoccupando. La prossima volta che ci vedremo mi piacerebbe lottare con te, Ash!» Gilles si congedò definitivamente con il gruppo. «E noi saremo pronti ad accettarla, non è vero Pikachu?» Ash pose la domanda in modo retorico.
Pochi istanti dopo si unì alle ragazze nel salutarlo.
Ora i tre si stavano dirigendo verso il Centro Pokémon, dove Incineroar e Lillipup si stavano ancora allenando. A giudicare dall’espressione del Pokémon Colpibassi, la piccola aveva fatto progressi. 
Senza che nessuno dicesse nulla, la piccola prese con la bocca uno dei pochi rami rimasti. Lo strinse con forza dalla sua bocca si generarono delle fiamme che avvolsero l’intera superficie della bocca.
Con un solo morso riuscì a spezzare ed incenerire il ramo.
«Wow che potenza!» Si stupì Anita. Non riusciva a credere che la sua Pokémon fosse così forte. «Beh… con un maestro del genere…» Commentò Ash con un sorriso. 
Poco dopo, il ragazzo cambiò espressione. Sapeva bene che, un giorno, si sarebbe evoluta in Southland e…
«Direi che per oggi vi siete allenati abbastanza. Può bastare.» Commentò Ash. 
«Si, forse è meglio che si riposino. E lo stesso si può dire per noi.» Si aggiunse Serena. Anita si limitò ad annuire. Era effettivamente un po’ stanca. E se il giorno dopo voleva sfidare di nuovo la Palestra, doveva essere al massimo della concentrazione.
Anita non riuscì a dormire nemmeno quella notte. E, come il giorno precedente, riuscì a fare colazione con fatica, dopo essere stata convinta da Ash.
I tre raggiunsero la Palestra alla buon ora, con già  Spighetto che attendeva la sua sfidante. «Sapevo che saresti tornata presto.» La accolse. «Immagino che tu ti sia allenata con Ash.» Commentò.
La ragazza rimase in silenzio. Non voleva di sicuro spifferare la sua strategia, o probabilmente il Capopalestra si sarebbe inventato qualcosa per contrastarla.
«Seguitemi.» Li invitò Spighetto. I tre lo seguirono fino al Campolotta. Tutto era pronto per la lotta. Ash e Serena si accomodarono sulle tribune, e poco dopo vennero raggiunti da Carlos, che si sedette accanto al ragazzo.
Nel mentre, Spighetto stava armeggiando con l’arbitro elettronico.
«Vediamo se mi ricordo bene… tu sei Anita, è la tua prima lotta in Palestra e il tuo primo Pokémon è Oshawott, giusto?» Chiese il Capopalestra. «S-si.» Rispose.
«Allora possiamo cominciare. In quanto Capopalestra non posso rifiutare una sfida.» Anita non sapeva che rispondere. Prima di quella non aveva visitato altre Palestre.
«Comincia ora la lotta tra il Capopalestra Spighetto e Anita, la sfidante. Sarà una lotta due contro due, tuttavia solo alla Sfidante sarà consentito sostituire i suoi Pokémon. La lotta terminerà quando entrambi i Pokémon di uno dei due allenatori non saranno più in grado di lottare.» Annunciò l’arbitro elettronico.
«Lillipup! Tocca a Te!» Il Capopalestra mandò in campo il suo primo Pokémon. Seguito, pochi istanti dopo dalla sfidante. «Oshawott! È il tuo momento!»  



Anche questo capitolo è un po’ corto, ma ho preferito non scrivere qualcosa di troppo ripetitivo. Diciamo che questo capitolo, a parte per la prima lotta in Palestra, che se avete letto, sapete com’è andata, è una sorta di “filler” e in quanto tale è un esperimento, sia a livello narrativo che di idee. 
Per questo non è esattamente come volevo che fosse e, nel corso del tempo, subirà diverse smussature. 
A questo aggiungo che si. Ci saranno dei capitoli dove Serena sarà più protagonista, slegati dai Varietà. Saranno capitoli  in cui sarà lei l’eroina della situazione.




Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Una nuova amica ***


 


Prima di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia. 



I nostri eroi hanno scoperto chi era realmente Carlos, un ragazzo che lavorava alla Palestra di Levantopoli come assistente e Capopalestra vicario.
Anita ha lottato contro Spighetto, ma senza successo, avendo perso contro il suo Pansage. La ragazza, convinta da Ash e Serena, ha deciso di ritentare.
Durante un allenamento speciale della sua Lillipup, presieduto dall’Incineroar di Ash, fanno conoscenza di Gilles, un allenatore che vive in quella città, reduce da una faida con il fratello gemello Didier a causa del fatto che il primo abbia voluto cambiare il suo primo Pokémon.


Una nuova amica


«La prima mossa spetta alla sfidante!» Dichiarò l’arbitro elettronico. «Cominciamo con Acquagetto!» Il Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, e si lanciò rasoterra, in direzione dell’avversario. «Cerca di schivare!» Ordinò Spighetto. «Cerca di muoverti il più possibile!» ordinò Anita.  
Il Pokémon di tipo acqua obbedì, muovendosi a destra e a sinistra, rendendo molto difficile capire dove sarebbe giunto. Il povero Lillipup non riuscì a capire da dove proveniva l’avversario, e venne colpito in pieno, e scagliato in aria. Nonostante questo, Spighetto non si fece prendere dal panico. «Cerca di atterrare e attacca con Riduttore!» Ordinò il Capopalestra. Nel frattempo, Oshawott era atterrato e stava recuperando fiato.  
Appena Anita vide il Pokémon Cagnolino correre a grande velocità contro il suo Pokémon Lontra. «Cerca di difenderti con la Molloscosciabola!» il Pokémon eseguì, tendendo con le mani la sua conchiglia e utilizzandola come uno scudo.  Il piano della ragazza funzionò. Oshawott arretrò di alcuni metri, ma non subì grandi conseguenze.  
«Ora usa Pistolacqua!» Dalla bocca della Lontra uscì un potente getto d’acqua che colpì in pieno l’avversario, lanciandolo in aria. Anche in questo caso il Capopalestra non perse minimamente la calma. «Usa Cuordileone!» Il corpo del Pokémon Cagnolino si illuminò di marrone chiaro, e anche i suoi occhi fecero altrettanto.  
«Oshawott! Colpisci con Acquagetto!» Il corpo del Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, diventando come una sorta di proiettile impazzito. «Forza, Lillipup, usa Riduttore!» Ordinò il Capopalestra. Il Pokémon Cagnolino sferrò un potente attacco, reso ancora più potente dalla forza di gravità. I due Pokémon si scontrarono a metà campo, generando una potente esplosione. Quando la polvere si depositò, il risultato della lotta era chiaro a tutti.  
«Lillipup non è più in grado di lottare. Vince Oshawott.» Dichiarò l’arbitro elettronico. «Ritorna, Lillipup. Hai fatto un grandissimo lavoro.» Spighetto richiamò il suo Pokémon. «Se vuoi puoi sostituire anche il tuo.» Le ricordò il Capopalestra. «Amico vuoi continuare o preferisci riposare un pochino?» Chiese al Pokémon. «Sha! Sha!» Rispose. «Bene, allora possiamo continuare!» Dichiarò il Capopalestra. «Pansage! Tocca a te!» Il Capopalestra mandò in campo la scimmietta elementale di tipo Erba. «La prima mossa tocca alla sfidante!» Dichiarò l’arbitro elettronico.  
«Oshawott! Usa Acquagetto!» Ordinò l’Allenatrice. Il Pokémon Lontra si rivestì d’acqua e si lanciò contro l’avversario. «Difenditi con Frustata!» Dalla testa del Pokémon spuntarono delle spesse liane. Le incrociò davanti a  sé per proteggersi. “Hei! Ma è la stessa tecnica che ha usato la Snivy di Ash!” Pensò. “Ma come posso contrastare una tecnica del genere?”
«E  ora lancialo!» Le liane, compresse dall’attacco, vennero rapidamente rilasciate e, come molle, lanciarono l’avversario al lato opposto della Palestra. «Oshawott non è più in grado di lottare. Vince Pansage!» Dichiarò l’arbitro elettronico.
Anita si affrettò a farlo rientrare nella Poké Ball. «Sei stato fantastico!» Si rivolse alla Poké Ball.
Spighetto era piuttosto perplesso. Perchè chiedergli nuovamente di lottare se, fino a quel momento, la lotta era stata identica alla precedente? Cosa aveva in mente quella ragazza?
«Molto bene! Lillipup! Mostriamogli quello che abbiamo imparato!» La ragazza sembrava sicura ed entusiasta, ma nonostante questo, il Capopalestra rimase impassibile.
«La prima mossa  tocca al Capopalestra!» Dichiarò l’arbitro elettronico. 
«Bene, Pansage! Usa Graffio!» Il Pokémon Scimperba si mise a correre contro l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata, con degli artigli che riflettevano la luce.
Per il momento il copione era identico alla lotta precedente, aumentando ulteriormente i dubbi del Capopalestra. Contrariamente all’altra volta, Anita appariva piuttosto tranquilla. 
Sembrava quasi che le andasse bene.
«Attacca con Rogodenti!» Ordinò la ragazza, accennando un sorriso. Si era tenuta l’arma segreta fino al momento in cui non era realmente necessaria.
La Pokémon si mise a correre in direzione dell’avversario, con la bocca rivestita di fuoco e i denti acuminati in bella vista. 
«Pansage! Schiva e rallentalo con Semitraglia!» Ordinò il Capopalestra, cosciente del fatto che un attacco di quel genere avrebbe potuto causare grandi danni al suo Pokémon.
La scimmietta di tipo Erba cominciò a sparare dalla bocca una grandissima quantità di semi colorati tra il giallo e il verde, che colpirono il terreno con forza, generando una gigantesca nuvola di polvere. Era impossibile vedere ad un palmo dal naso. La Lillpup era bloccata, incapace di reagire.
«Lillipup non è il solo Pokémon ad aver imparato delle nuove mosse. Anche Pansage l’ha fatto, non è così?» Chiese, retoricamente il Capopalestra, accennando, a sua volta, un sorriso.
«Pansage! Usa Rocciotomba!» Il Pokémon Scimperba, ancora sospeso in aria, grazie al precedente Semitraglia, generò dalle braccia un gigantesco masso, che scagliò contro il campo di lotta.
Poi un altro.  E un altro ancora.
Anita era consapevole di dover reagire, o avrebbe perso di nuovo. E aveva paura di quello che sarebbe potuto succedere. Si sarebbe meritata ancora la fiducia di Ash e Serena? Ma soprattutto si sarebbe meritata, nuovamente la fiducia dei suoi Pokémon?
Quei pensieri la bloccarono. Di nuovo.
«Forza! Dovete reagire! Potete farcela!» Carlos si alzò dal suo posto ed incoraggiò la sfidante.
Non era una cosa che era solito fare, ma in quel caso glielo doveva, dopo quello che era successo. Fare il tifo per lei, era un suo piccolo modo per sdebitarsi. 
Ha ragione! Non possiamo stare ferme” Pensò Anita. 
«Lillipup! Dobbiamo reagire! Cerca di muoverti il più veloce possibile, mandiamolo in confusione!» Ordinò la giovane Allenatrice.
Ormai la polvere si era diradata. La Pokémon era quasi totalmente circondata dalle rocce. Sembrava fosse in trappola. Vi era solo una via d'uscita e,  con tutta probabilità, si trattava di una trappola.
«Forza, Pansage! Completa l’opera!» Ordinò il Capopalestra. Il Pokémon Scimperba generò, con gli arti superiori l’ennesimo masso, e lo scagliò.
«Lillipup!» Si limitò a dire Anita, paralizzata. «Manca solo l’ultimo tocco!» Si limitò a dire il Capopalestra, mentre il suo Pokémon 
si apprestava a lanciare un gigantesco masso contro l’avversaria. Era chiaro a tutti cosa sarebbe accaduto se l’attacco fosse andato a segno.
Anita era disperata e la sua Pokémon riusciva benissimo a percepirlo. Aveva capito che, in quelle situazioni, se la sarebbe dovuta cavare da sola.
Ormai il gigantesco masso era a pochissima distanza. Sarebbe stata colpita.
Un enorme boato fece tremare l’intera Palestra. Il masso aveva colpito il centro di quella trappola. 
«No! Non di nuovo! Sono una totale incapace!» Si disperò Anita. Allargò le braccia e piegò le ginocchia, in preda alla disperazione. Nella Palestra era calato un silenzio irreale. 
«Aspetta, Ash, c’è qualcosa che non torna.» Commentò Serena, rivolgendosi al ragazzo. «Hai notato che ancora non è stato dato l’esito della Lotta?» Gli fece notare Serena. «L’altra volta, invece, l’avevano annunciato subito.» Aggiunse.
Il ragazzo rifletté rapidamente. Effettivamente Serena aveva ragione. 
Da regolamento le persone che assistevano alla lotta non potevano intervenire, ma, a causa di un cavillo regolamentare,  nulla impediva ai Pokémon di farlo. 
Ash si girò verso Pikachu e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il Pokémon, sentite le parole del suo Allenatore, scese dalle tribune e raggiunse Anita. Si mosse rapidamente e raggiunse la ragazza in pochi istanti.
«Ehi! Pikachu? Che succede?» Chiese la ragazza. Il Pokémon, sfruttando le sue doti attoriali affinate negli anni, si mise sulle zampe posteriori e, con gli arti anteriori tirò alcuni pugni in aria. «Pika?» Chiese.
«Mi stai parlando della lotta?» Chiese la ragazza. Il Pokémon fece un piccolo gesto di affermazione con il capo, quindi si sdraiò per terra con le zampe divaricate.
«Vuoi dirmi che la lotta non è finita? Ma Lillipup…» Pikachu, tornato sulle quattro zampe, si limitò a toccare il terreno del campo lotta con la coda. «Vuoi dirmi che è sottoterra? Ma Lillipup non conosce…» La ragazza non riuscì a terminare la frase. Il terreno iniziò a tremare. Non molto distante dalla trappola di rocce, Lillipup emerse dal terreno. 
«Hai ragione! Ha imparato fossa!» Si complimentò la ragazza. E, a quanto pareva, le sorprese non erano finite. Il corpo di Lillipup si stava illuminando di una luce bianca, tendente all’azzurro. 
«Si sta evolvendo!» Commentarono tutti i presenti. Il corpo della Pokémon crebbe di dimensioni, la peluria blu sulla schiena divenne più lunga, trasformandosi in una sorta di mantello, che ora rivestiva anche la coda.
Il pelo sulla faccia mutò di forma, trasformandosi, nella parte inferiore in una sorta di baffo, mentre nella parte superiore in una sorta di cresta a tre punte.
Nel complesso, l’espressione della Pokémon era diventata più seria e meno giocosa. Anita non perse tempo e scansiona l’appena evoluta Lillipup con il suo Smart Rotom. «Herdier, Pokémon Fedeltà, tipo Normale, esemplare femmina, evoluzione di Lillipup. È molto intelligente e si affeziona con facilità. Secondo alcune teorie sarebbe stato il primo Pokémon a diventare il compagno degli umani. Mosse conosciute Azione, Morso, Rogodenti, Fossa. Abilità Prepotenza.» Anita rimase alcuni istanti in silenzio.
«Cos’è l’abilità Prepotenza?» Chiese. 
Lo smart Rotom rispose immediatamente. «Prepotenza è un’abilità Pokémon che permette al Pokémon che entra in campo di rendere gli attacchi avversari meno forti.» Rispose il dispositivo.
Forte dell’evoluzione della sua Pokémon, Anita accennò un sorriso. Prima di riprendere la lotta, la ragazza si inginocchiò verso Pikachu e gli diede una carezza sulla testa.
«E grazie a te. Senza il tuo aiuto, sarebbe finita come l’altra volta.» Il Pokémon le sorrise. 
«La lotta può riprendere!» Dichiarò il Capopalestra. «Ora che Lillipup si è evoluta, possiamo finalmente metterla alla prova. Usa Graffio!» Il Pokémon Scimperba si mise a correre contro l’avversario. Aveva una mano dalla forma acuminiata, con degli artigli che riflettevano la luce.
Anita rimase attendista. Ora che Lillipup si era evoluta, era diventata più forte, anche fisicamente. 
Ormai la scimmietta era a un passo dall’attaccare Herdier. «Adesso! Attacca con Rogodenti!» Ordinò Anita. La Pokémon si girò di scatto e saltò sull’avversario, mordendogli una spalla con le zanne infuocate.
«E ora lancialo!» Oridnò. La Pokémon, grazie ai potenti muscoli del collo, mosse con foga la testa e scagliò l'avversario contro le barriere. Il rumore fu assordante e l’impatto fu talmente violento da creare un buco nella stessa. 
«Pansage non è più in grado di lottare. Vince Herdier. Di conseguenza si aggiudica la lotta la sfidante.» Dichiarò l’arbitro elettronico. Anita non voleva crederci.
«Abbiamo… abbiamo vinto?» Chiese, ancora incredula.
Nel frattempo venne raggiunta da Ash, Serena e Carlos. «Alla fine ci siete riusciti. Non era facile, ma avete fatto un lavoro straordinario.» Si complimentò Ash. «A dire il vero è merito vostro. Se non aveste fatto tutto quello che avete fatto…» Serena le sorrise. «Non dire così. Alla fine ad aver lottato siete stati tu e i tuoi Pokémon. Se avete vinto è solo merito vostro.» 
Nel mentre, Spighetto aveva recuperato la medaglia della Palestra.
«Questa è la Medaglia Tris, è la prova che tu e i tuoi Pokémon avete sconfitto questa Palestra. Ti restano ancora nove lotte in Palestra, prima di poter affrontare la Lega. E, ricorda, ogni volta che sfidi una Palestra, anche le lotte successive saranno più difficili.» Detto questo, il Capopalestra e la ragazza si strinsero la mano.
«Come sarebbe a dire che ad Unima ci sono dieci Palestre?» Chiese Ash. «Io sono sempre stato abituato ad otto.» Aggiunse. «Unima è una regione molto grande, con tante grandi città. Per evitare che ci fossero delle inutili rivalità, la Lega ha deciso di concedere ad altre due città di avere la loro Palestra. Anche un’altra città ha mandato la sua candidatura, ma non sappiamo se verrà accettata o meno.» Spiegò il Capopalestra.
Ash, sia pure un po’ perplesso, accettò la cosa. Quello che gli importava davvero era che Anita fosse stata in grado di vincere la sua prima medaglia.
Anita estrasse dalla sua borsa il portamedaglie, un dono della Professoressa Aralia. Era realizzato in metallo ed era dipinto di nero e rosa. Era leggermente più grande rispetto a quelli a cui Ash era abituato, e la cosa aveva senso, dato che doveva contenere dieci medaglie.
All’intero era rivestito da della gommapiuma nera, sagomata in modo da poter contenere le medaglie. 
Anita non fece in tempo ad infilarla, che subito venne richiamata dal Capopalestra.
«A-A-A, prima di metterla nel portamedaglie dobbiamo scattare la foto di rito.» La ragazza era un po’ spaesata. Di certo non si aspettava che il cerimoniale post lotta prevedesse anche questo.
Si avvicinò lentamente al Capopalestra, tenendo ancora in mano la Medaglia Tris appena vinta. 
«Carlos?» L’assistente comprese immediatamente. Si allontanò dal gruppo per precipitarsi in uno stanzino poco lontano. Aprì la porta e vi entrò per alcuni istanti. 
Tornò poco dopo con, appesa al collo una grossa macchina fotografica. Era realizzata da una nota azienda di Kanto.
Spighetto si avvicinò ad Anita e la invitò a mostrare in camera la medaglia appena vinta. 
Carlos scattò alcune foto da diverse prospettive, ma ad un certo punto si fermò.
«Credo che sarebbe giusto che anche i veri protagonisti di questa lotta, facciano parte delle foto, non credete?» Propose.
I due capirono al volo, mettendo mano alle loro Poké Ball.
«Venite fuori!» La ragazza ed il Capopalestra fecero uscire i loro Pokémon. Tanto i Pokémon del Capopalestra, quanto Oshawott, avevano ripreso i sensi, sebbene fossero ancora un po’ acciaccati.
«Sha?» Oshawott guardò la sua compagna di squadra, era cambiata… era cresciuta… 
Anita notò immediatamente la perplessità del suo Pokémon iniziale. «È sempre lei, solo che… si è evoluta.» Gli spiegò l’Allenatrice. «Un giorno o l’altro toccherà pure a te.» Gli spiegò con un sorriso. «Sha?» Il piccolo Pokémon era perplesso. Si trovava bene così. In quel momento non credeva di avere motivi per evolversi.
Carlos scattà delle altre foto, in cui erano presenti anche i Pokémon. «E ora, se non vi dispiace, vorrei immortalare anche voi.» Ash, Serena e Pikachu si avvicinarono alla coppia.
Scattate le ultime foto, finalmente i tre poterono uscire dalla Palestra. Era ancora presto per pranzare, sarebbero tornati lì più tardi.
«Hey, Ash! Visto che non avete molto da fare, cosa ne pensi di una lotta?» Gli propose Carlos. Certo. Si ricordava com’era andata l’altra volta, ma l’entusiasmo causato da quella lotta, gli aveva fatto venire voglia.
«Per me va bene. Se non vi dispiace, ovviamente.» Rispose il ragazzo, cercando l’intesa delle ragazze. A giudicare dalla loro espressione, sembrava non ci fossero particolari problemi.
Certo, Serena avrebbe preferito allenarsi in vista del primo Varietà, che avrebbe dovuto disputare da lì a breve, ma sapeva benissimo quanto Ash ci tenesse alle lotte.
Pikachu fece per scendere dalla spalla del ragazzo e per schierarsi in campo, ma venne fermato da Ash. «Mi dispiace, amico, ma questa volta vorrei che a lottare fosse qualcun’ altro.» Gli Spiegò il ragazzo. «Pika?» Il Pokémon era piuttosto deluso, ma decise comunque di accettare la decisione.
«Umbreon! È il tuo momento!» Carlos mandò in campo il suo fidato Pokémon. D’altra parte non aveva alternative, sebbene non volesse darlo a vedere.
«Snivy! Scelgo te!» Ash mandò in campo la nuova arrivata, scatenando la perplessità dei presenti, Carlos su tutti.
«Ma sei sicuro che…?» Gli chiese Carlos.
Tanto l’allenatore, quanto soprattutto la Pokémon lo guardarono con aria perplessa. Snivy era felice di essere stata scelta, significava che Ash si fidava di lei.
«Cominciamo o dobbiamo restare qui a guardarci negli occhi?» Carlos era impaziente di lottare. Già pregustava la sua vittoria, contro un'avversaria apparentemente semplice, nonostante l’esperienza del suo Allenatore.
«Cominciate pure voi.» Li invitò Carlos.
Ash non se lo fece ripetere due volte. «Molto Bene, cominciamo con Attrazione!» La Pokémon fece un occhiolino al bersaglio e scagliò contro lo stesso una grande serie di cuori.
«Umbreon! Cerca di resistere!» Lo incoraggiò Carlos, ma era troppo tardi. Ormai il suo Pokémon era stato colpito dall’attrazione avversaria. «Proviamoci comunque! Usa Attacco Rapido!» Umbreon rimase fermo, immobile. 
«Questa è una delle conseguenze dell’innamoramento.» Commentò Spighetto, rimasto ad assistere alla lotta. «Quando un Pokémon è innamorato, non può attaccare.» Spiegò.
«Bene Snivy, attacca con Vorticerba!» La Pokémon spiccò un salto e generò dalla coda un gigantesco tornado di foglie affilate, che scagliò addosso al bersaglio.
Umbreon venne avvolto da una potente corrente e sollevato in aria. Snivy ruotò su se stessa, dirigendo verso il basso la corrente d’aria, facendo scaraventare.
Infine la Pokémon atterrò delicatamente.  
Umbreon era un po’ frastornato, ma ancora in grado di continuare. 
«Vai con Palla Ombra!» Ordinò. Il Pokémon generò dalla bocca una sfera di energia oscura dal colore violaceo, vicino al nero. Viaggiava ad una grande velocità e, ben presto, avrebbe colpito il bersaglio.
«Respingila al mittente con Frustata!» Dalle protuberanze sulla schiena della Pokémon uscirono due lunghe liane, che colpirono la sfera di energia. 
Con un rapido movimento, ora la sfera di energia era in rotta di collisione contro Umbreon, senza che né lui né il suo Allenatore potessero fare nulla.
L’impatto fu inevitabile. L’esplosione che si generò tra l’attacco e il Pokémon fu piuttosto violenta, ma ancora Umbreon sembrava ancora in grado di lottare. 
Carlos stava iniziando a dare i primi segni di frustrazione. Non era ancora riuscito a toccare Snivy in alcun modo. 
«Magari con una mossa ravvicinata riusciamo ad attaccare! Prova con Attacco Rapido!» Umbreon si mise a correre contro l'avversaria, diventando quasi invisibile. 
«Chissà cosa si inventerà ora.» Si chiese Serena.
«Forza, Snivy! Rallentalo con Frustata!» Nuovamente dalle protuberanze sulla schiena della Pokémon uscirono delle lunghe fruste, che ben presto raggiunsero l’avversario, facendolo cadere di muso.
«Chiudiamola con Vorticerba!» La Pokémon spiccò un salto e generò dalla coda un gigantesco tornado di foglie affilate, che scagliò addosso al bersaglio.
Umbreon venne avvolto da una potente corrente e sollevato in aria. Snivy ruotò su se stessa, dirigendo verso il basso la corrente d’aria, facendo scaraventare.
Infine la Pokémon atterrò delicatamente, quindi, notando l’avversario riverso a terra, privo di sensi saltò di gioia. Era riuscita a sconfiggerlo. Aveva ripagato la fiducia che Ash aveva riposto in lei.
Umbreon cadde a terra, sconfitto. 
L’espressione sul volto di Carlos mutò, divenendo piuttosto delusa, ma con un pizzico di soddisfazione. Per la seconda volta, Ash aveva dimostrato cosa volesse dire essere un Campione.
«Sei davvero incredibile! Con una semplice Snivy sei riuscito a sconfiggere il mio Umbreon!» Carlos tentò di congratularsi.
Ash e la sua Snivy fecero la stessa espressione, erano entrambi abbastanza contrariati. 
«Oh… Lei non è una semplice Snivy. Lei è una Snivy che più di tutti desidera diventare più forte. E ci mette tanto, tantissimo impegno. Io semplicemente cerco di assecondare il suo desiderio.» Spiegò Ash, incontrando il favore della sua Pokémon. Carlos non capiva. Davvero bastava solo desiderare di diventare più forti per ottenere risultati del genere?
«Anch’io desidero diventare più forte. Io e Umbreon, anche quando era ancora un Eevee, ci allenavamo ogni giorno. Per migliorare. Siamo anche riusciti a sconfiggere degli sfidanti… ma voi siete proprio ad un altro livello!»
Il ragazzo si inginocchiò, quasi a pregare. 
Le ragazze si misero una mano davanti alla bocca per nascondere una risatina. Sembrava gli volesse chiedere di sposarlo.
«Posso diventare un vostro compagno di viaggio? Desidero più di ogni altra cosa diventare più forte e sono sicuro che tu sarai il maestro più adatto.»
L’espressione di Ash mutò. Per quanto si sforzasse, però, non riusciva a nascondere un sorriso. 
«Per me andrebbe anche bene… più siamo più ci divertiamo… ma non dipende solo da me. Lo sai.» Ash si voltò verso le ragazze. Notando come l’espressione delle due fosse rimasta imperturbabile, Carlos decise di sfoderare qualche freccia.
«Vi prometto che cucinerò io per voi… avete avuto modo di vedere che me la cavo piuttosto bene ai fornelli…» Niente. L’espressione delle ragazze non era cambiata di una virgola.
«Vi chiedo scusa se ho finto di essere il Capopalestra. Volevo solo rendere la vita più facile a Spighetto e agli altri. E così…»
Le due ragazze si scambiarono uno sguardo d’intesa.
«Sei dentro.» Lo accolse Serena. Carlos era entusiasta. Sapeva che avrebbero dovuto lavorare duramente, ma il fatto di avere come maestro il Campione del Mondo gli avrebbe dato una grande motivazione.
«Allora vado a prepararmi! Potremo partire dopo pranzo, cosa ne dite?» Propose Carlos. Non avendo altro da fare, Ash e le ragazze accettarono.
«Prima di partire, però dovremo fare un salto al Centro Pokémon, però. Meglio sempre assicurarci che tutto sia a posto prima di partire» Serena aveva appena finito di consultare il suo Smart Rotom.
Dopo pranzo, i quattro raggiunsero il Centro Pokémon della città. In quel momento il Centro era praticamente vuoto.  
A parte loro e l’Infermiera Joy, solo una donna.
Indossava un camice da laboratorio e aveva dei lunghi capelli blu scuro, tenuti fermi da un fermacapelli rosa a fiori. Aveva un paio di occhiali da vista.
Accanto a lei un piccolo Pokémon quadrupede dalla forma tondeggiante. Era principalmente di colore rosa. Sul suo corpo era presente una fantasia a fiori viola e rosa scuro. Sembrava levitare ed era circondato da una sorta di fumo scuro.
La donna stava parlando con l’Infermiera Joy, probabilmente riguardo al Pokémon che l’accompagnava.
Anita scansionò il Pokémon che accompagnava la donna con il suo Smart Rotom.
«Munna, Pokémon Divorasogni. Tipo Psico. Esemplare femmina. Quando Munna mangia i sogni di qualcuno, questi dimentica che cosa ha sognato. Galleggia costantemente in aria. Mosse conosciute: Ipnosi, Mangiasogni, Palla Ombra, Forza Lunare.»
La ragazza ripose lo Smart Rotom nella sua borsa. 
«Aspetta un attimo.» La fermò Carlos. «Ma nella foto del Pokédex è diverso.» Anita riprese il suo Smart Rotom e cercò ulteriori informazioni sul Pokémon.
«Qui dice che se emette del fumo scuro ha divorato degli incubi. Oppure se è molto preoccupato.»
I quattro si avvicinarono al bancone dell’Infermiera, per far controllare i loro Pokémon. Nel farlo sentirono parte della conversazione tra la donna e l'Infermiera.
«Escluderei il fatto che abbia mangiato degli incubi, se come mi hai detto è successo da questa mattina, allora è più probabile che sia preoccupata per qualcosa o qualcuno.» Spiegò l’Infermiera.
«Oh, scusate se vi ho fatto perdere tempo.» Si scusò la donna. «Ero preoccupata per la mia Pokémon e…» Ash le sorrise. «Non ti preoccupare. Anzi. Ti aiuteremo. Puoi dirci quello che è successo?» Le chiese Ash.
«Oh, scusate. Non mi sono presentata. Mi chiamo Zania. Sono una scienziata che lavorava al Cantiere dei Sogni. Prima che succedesse qualcosa che in questo momento non ricordo. Stavamo svolgendo alcuni esperimenti per poter ottenere energia pulita dal Fumonirico di Munna e Musharna. Mentre svolgevano alcuni studi, ci fu una gigantesca esplosione. Io ed i miei colleghi siamo stati soccorsi da un tizio che allenava un Hypno. A parte questo  non ricordo altro.» Spiegò.
«Ora scusatemi, ma devo andare. Il lavoro mi chiama!» La donna, scortata dalla sua Munna, uscì dal Centro Pokémon. La donna si allontanò e uscì dall’edificio.
«Ciao, ragazzi! Ora sono a vostra disposizione, volete che dia un’occhiata ai vostri Pokémon?» Dalla porta dietro al bancone fece capolino una strana creatura.
Era un Pokémon bipede e paffutello, di colore rosa e crema, a eccezione degli occhi, di colore azzurro. La parte superiore di testa e orecchie era rosa, mentre quella inferiore crema. Le orecchie ricadevano ai lati della testa. Nella parte inferiore della testa erano presenti due appendici che assomigliano a uno stetoscopio. Il torso era rosa sui fianchi e sulla schiena, mentre sul ventre era color crema. Le braccia, dotate di tre dita, invece, erano rosa. Le gambe erano corte e color crema, con due dita ai piedi, piuttosto corte. 
Anita scansionò la strana creatura con il suo Smart Rotom.
«Audino Pokémon Ascolto. Tipo Normale. Esemplare maschio. Questo Pokémon dal cuore tenero è in grado di percepire le condizioni fisiche e mentali di chi tocca con le antenne. Mosse conosciute: Ondasana, Salvaguardia, Protezione.»  
Ash e gli altri posarono le Poké Ball nel bancone, in modo che l'Infermiera potesse raccoglierle. Pochi istanti dopo, lo stesso Pikachu saltò sul bancone.
«Chiedo scusa se sono indiscreta, ma… qualcosa non mi torna.» L’Infermiera si fermò dal sistemare le Poké Ball sul carrello.
«Dimmi tutto… Serena, giusto?» Le rispose l'Infermiera. «Non capisco una cosa. Ma se la Professoressa Zania ha lavorato a stretto contatto con Munna e Musharna, non dovrebbe sapere come mai è circondata da del fumo scuro?» Chiese.
L’infermiera riprese il suo lavoro. «Non saprei dirvelo. Da un paio di giorni si presenta qui. Sempre allo stesso modo. Io cerco di rassicurarla. Alcuni mesi fa ci fu l’incidente al Cantiere dei Sogni, ma lei si comporta così solo da alcuni giorni.» Spiegò l’Infermiera. «Da allora, praticamente ogni giorno, Zania andava al Cantiere a prendersi cura di una colonia di Munna e Musharna che si era trasferita nelle rovine del Cantiere. Aveva spiegato di come, dopo l’esplosione, in quelle rovine, vi si fosse concentrata una strana energia che ha attirato diversi Pokémon. Per loro era un luogo sicuroe prottetto. Tra i vari Pokémon che si sono rifugiati vi sono molti esemplari di Munna e Musharna. Lei ed altri volontari se ne stavano occupando, almeno sino a qualche giorno fa.» Aggiunse. «Cosa ne dici? Potremo visitarlo?» Chiese Ash. «Si, ci mancherebbe. Prima mi occuperò dei vostri Pokémon, poi vi procurerò il necessario per visitare il Cantiere. È sicuro, ma per precauzione è meglio indossare delle protezioni. Sia mai che qualche calcinaccio decida di cadere!» Gli rispose l’Infermiera, mentre portava Pikachu e le diverse Poké Ball nel retro della postazione.
«A proposito… se volete andarci, potreste portare queste bacche?» L’Infermiera indicò un sacco dall’aria pesante posizionato poco lontano dalla porta.
I quattro raggiunsero l’area relax e si sedettero in uno dei divanetti messi a disposizione per gli Allenatori.
Di fronte al divanetto un tavolino con diverse riviste e dei giornali. Poco lontano tre distributori automatici, uno per le bevande calde, uno per snack e bevande fredde e uno dedicato al cibo per i Pokémon.
Ash, vedendo i distributori
«Volete qualcosa?» Chiese. «Scusa, ma abbiamo appena finito di pranzare! È possibile che tu abbia già fame?» Gli chiese Carlos. «No. Ci sono dei momenti in cui non ho fame. Quando dormo, ad esempio.» Gli rispose Ash, in tono scherzoso.
Dato il poco successo della sua proposta, il ragazzo si limitò a prendere un pacchetto di cornetti al formaggio per sé stesso.
Mentre Ash aveva aperto il pacchetto, diffondendo nell’aria un fetore non indifferente, Serena aveva preso uno dei giornali messi a disposizione degli ospiti. 
Era un giornale di informazione generale dedicato principalmente ai giovani allenatori. Presentava numerosissime rubiriche e articoli dedicati ai più variegati interessi.
Spaziavano dai consigli sull’allenamento al come curare al meglio i propri Pokémon, come per esempio quali prodotti usare per rendere il loro pelo più morbido e lucido, a dei consigli sul cosa dar loro da mangiare e simili.
Non mancavano inoltre interviste a celebrità del momento o Allenatori e Allenatrici che si erano particolarmente distinti.
Quello che però alla ragazza più interessava era un’altra cosa. 
Data e ora del primo Varietà che avrebbe dovuto affrontare ad Unima. 
«Eppure dovrebbe esserci…» La ragazza sfogliò nervosamente il giornale. «Ah-ha! Eccolo!» I tre guardarono la ragazza con 
aria incuriosita. «Cosa stavi cercando?» Le chiese Carlos.
«Ho deciso di viaggiare con Ash e Anita anche per partecipare ai Varietà di Unima. E, a quanto pare, il prossimo varietà si 
terrà a Eolea. Una piccola città che si trova tra Levantopoli e Zefiropoli. Sembra che verrà dedicato uno speciale alla vincitrice del Varietà!» Rispose la ragazza.
«Ma è fantastico! Non aspetto altro che vederti all’opera!» Le rispose Ash, guardandola con aria sognante.
Di ben altro avviso fu Carlos «Come sarebbe a dire “la vincitrice”? Sanno già che vincerà una ragazza?» Tutti lo guardarono come se fosse un alieno. «Sai, ai Varietà possono partecipare solo le ragazze.» Gli spiegò Serena. 
«A tal proposito… mi farebbe molto piacere se partecipassi anche te al Varietà, cosa ne pensi?» Anita rimase in silenzio.
Era una proposta che non si sarebbe mai aspettata di ricevere. 
«Non so. Ho paura che possa andare male. Ho paura di essere giudicata. E poi… non vorrei che questo pregiudicasse il motivo per cui avete deciso di viaggiare con me.» Rispose.
Ash, che nel frattempo aveva finito di mangiare e che aveva buttato il sacchetto nella spazzatura, si rivolse all’Allenatrice più giovane. «A volte distrarsi e prendersi una pausa è la scelta migliore. E poi non è mai tempo perso, quando stai accanto ai tuoi Pokémon. Anche se nei Varietà non si lotta.» Le rispose Ash.
«Ovviamente non ho esperienze dirette dei Varietà… ma ho partecipato ad alcune Gare Pokémon e posso dire che sono state illuminanti. Magari accadrà lo stesso per te con il Varietà» Le rispose Ash.
«Hai partecipato a delle gare Pokémon? Come mai non me lo avevi mai detto?» Gli chiese Serena. 
«Oh, beh… è stato davvero tanto tempo fa… pensa che ad Hoenn il campione era Adriano e non Rocco. E, nonostante siano state importanti per per affinare tecniche di lotta e per crearne di nuove, non ho mai particolarmente brillato… a parte un pareggio.» Serena lo guardò con aria dubbiosa. «Un pareggio? Ma solitamente se le gare finiscono alla pari, si va coi tempi supplementari, fino a quando non si ha un vincitore.» Ash fece un piccolo movimento con il capo, a conferma delle sue parole. «Quella era una gara semiufficiale. Non era direttamente gestita dalla Commissione Attività Pokémon. Per cui si applicavano delle regole diverse.» Il ragazzo si mise a rovistare nel suo zaino, fino a trovare un mezzo fiocco.
«Eccolo qui. È diventato un portafortuna. Mi chiedo se anche Vera lo custodisce ancora.» Serena lo guardò con aria stranita. «Non mi avevi mai raccontato del fatto che avessi gareggiato contro di lei.» Le rispose Serena. «Pensavo te lo avesse raccontato.» Controbattè Ash.
«I vostri Pokémon sono tornati in piena forma.»
La voce dell’Infermiera li ricondusse a quello che era l'obiettivo del giorno. I quattro si avvicinarono al bancone. Appena arrivati, Pikachu saltò immediatamente addosso ad Ash. 
«Si vede che sei davvero in forma eh!» Commentò il ragazzo, accarezzando il suo Pokémon. 
«Se volete visitare il Cantiere, vi serviranno questi.» L’Infermiera prese, da un angolo del bancone cinque elmetti da cantiere. Quattro di misura normale ed uno un po’ più piccolo.
«Il Cantiere è poco lontano da qui. Al massimo un quarto d’ora a piedi. Appena entrate, mi raccomando, indossateli. Fate passare le fibbie sotto al mento e chiudete. Almeno così non vi rischia di cadere.»
Congedatisi con l’Infermiera, il gruppo partì alla volta del Cantiere. Serena aveva impostato le coordinate sulla app delle mappe del suo Smart Rotom e aveva cominciato a guidare il gruppo verso la destinazione.  
Camminarono per diverso tempo, seguendo le indicazioni della ragazza.
«Siamo sicuri che sia la strada giusta? Stiamo camminando da non so quanto tempo… non è che intendeva quindici ore?» 
Si lamentò Ash. 
«Tranquillo… siamo praticamente arrivati.» Lo rassicurò Serena. 
Dopo un altro po’ di strada, finalmente i quattro giunsero al luogo indicato sulla mappa. Era un enorme complesso di edifici.
Sembrava fossero stati parzialmente distrutti da una violenta esplosione.
Gli edifici, nemmeno troppo tempo prima, fieri e maestosi, ora si ergevano come scheletri malmessi. Il vento che, nel frattempo si era sollevato, sembrava suonare una melodia macabra, passando per quelle che, un tempo, erano finestre. Attorno all’edificio erano presenti grandi quantità di vetri rotti, con tutta probabilità si trattava dei vetri che rivestivano l’edificio. La luce del sole gli faceva scintillare come se fossero dei piccoli gioielli.
La struttura, posizionata su una collina, sovrastava la città. Da quella prospettiva era visibile la cappa di smog che avvolgeva la città. 
«Ora che siamo arrivati, possiamo portare le bacche e iniziare ad indagare, che ne dite?» Si propose Carlos. «Sicuri di voler entrare? A me non sembra molto sicuro.» Mentre gli altri erano avanzati di alcuni passi, Anita era rimasta alcuni passi indietro. «Non pensi che se fosse veramente pericoloso, l’Infermiera Joy ci avrebbe semplicemente detto di non avvicinarci. Non credo che voglia prendersi questa responsabilità, non credi?» Carlos tentò di rassicurarla. 
La ragazza, sia pur non molto convinta, coprì la breve distanza che la separava dai tre. 
Di nuovo riuniti, i quattro indossarono i caschi dati loro dall’Infermiera. Sistemato il suo, Ash si occupò anche di Pikachu. finalmente i quattro poterono entrare all’interno del primo edificio.
«Però. Pensavo fosse messo molto peggio.» Commentò Serena, dando un rapido sguardo alla enorme stanza. Una stanza sostanzialmente vuota. 
Solo alcune librerie poggiate contro le pareti testimoniavano l’origine di quell’edificio. Appena i quattro entrarono, i numerosi Pokémon presenti all’interno li guardarono con aria sospetta. Non sembravano intenzionati ad attaccare, ma sembravano pronti a farlo.
Erano Pokémon di diverse specie, piuttosto differenti tra loro. Erano alcuni esemplari di Watchog, dei Patrat, alcuni Lillipup, dei Mareep, alcuni Zigzagoon, dei Rattata, alcuni Purrloin, delle Lilligant, alcuni Petilil, dei Minccino e dei Cinccino. 
Ash aprì il sacco e cercò con lo sguardo delle ciotole. Appena le trovò, cominciò a riempire. Pochi istanti dopo anche Serena, Anita e Carlos iniziarono ad aiutarlo.
Terminato di riempire le ciotole, i quattro si allontanarono lentamente. «Mangiate pure, sono per voi.» Li inviò Ash.
I Pokémon, non appena i quattro si allontanarono, cominciarono a mangiare.
Lo stesso accadde anche negli altri edifici. Rimaneva solamente l’edificio centrale. Il più grande e anche quello più malmesso. Ash si posizionò davanti a tutti, voleva assicurarsi di essere il primo ad entrare.
Il suo senso di responsabilità gli imponeva di assicurarsi che fosse tutto a posto.
«Aspettate. Non ho un bel presentimento.» Ash fece cenno agli altri di fermarsi. «Questo posto non mi piace per nulla.»
Aggiusne. «Penso che tu possa stare tranquillo. Se fosse pericoloso, l’Infermiera non ci avrebbe mai permesso di venire qui, se non fosse sicuro, non credi?» Gli rispose Carlos.
«Ash ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo, penso che dovremmo ascoltarlo.» Controbattè Anita. «Ma cosa credi che possa succedere!» Il ragazzo fece alcuni passi avanti, superando tutti.
«Vedete… è tutto perfettamente sicuROOOOOOOOOOOO!» Il ragazzo venne catturato da una rete dall’aria robusta.
«Presto Pikachu, liberalo, rompi la rete con Codacciaio!» Il Pokémon scese dalla spalla del ragazzo e spiccò un salto. Con un violento colpo della coda tagliò rapidamente la rete.
Il ragazzo cadde a terra di faccia. Si alzò e si scrollò la polvere di dosso. «Forse avevi ragione. Ma… cosa ci fa una trappola qui?» Il ragazzo prese in mano la rete. «Devono esserci dei bracconieri in giro. Non è una buona notizia.» Commentò Ash.
«Credi che si tratti del Team Rocket?» Chiese Serena.
«Non penso. Loro avrebbero usato delle reti più resistenti… a prova di Pikachu!» Le rispose Ash, in tono ironico. «Non possiamo scherzarci più di tanto. Team Rocket o meno ci sono delle persone pericolose in giro e non possiamo permettere che facciano del male ai Pokémon.» Aggiunse.
«E quindi… cosa vorresti fare?» Gli chiese Carlos. «Andiamo ad avvisare l’Agente Jenny? Le portiamo questa rete e le raccontiamo di quello che abbiamo visto. Così possiamo finalmente partire.» Propose.
«Non credi che sia da irresponsabili? E se, nel mentre noi siamo via, arrivano e riescono a catturare dei Pokémon?» Gli chiese Serena. «Non sarebbe accettabile. Hai ragione. Ma allora cosa proponi di fare?»
«Visto il tuo grande talento nel cacciarti nei guai, potresti far scattare le altre trappole. Magari così, vedendo che le trappole sono scattate…» Propose Ash.
«No. Io non ho voglia di sbattere di nuovo a terra. Una volta mi basta e avanza.» Gli rispose. 
«Non preoccuparti. Prima dovevamo liberarti in fretta e abbiamo agito d’istinto. Questa volta saremo più preparati.» Il ragazzo prese una delle sue Poké Ball dallo zaino.
«Però vi chiedo di fare attenzione… il suo modo di mostrare affetto è piuttosto… soffocante» Serena cercò di non ridere. Lei aveva potuto provarlo in prima persona e non era sicura di volerlo ripetere.
«Dragonite! Ho bisogno del tuo aiuto!» Dalla Poké Ball del ragazzo si materializzò un Pokémon draconico bipede dal colore arancione. Era alto e massiccio.
Non appena uscita dalla Poké Ball, Dragonite si avventò contro Anita e Carlos, stringendoli in un forte abbraccio. «Aiut«Aiutoh! Non respiro!» Si lamentò Carlos.
Dello stesso avviso fu Anita. «Dovete perdonarla.» Si scusò Ash. «È sempre entusiasta di fare nuove amicizie… ma non sempre riesce a dosare la sua forza.» Alla fine  la Pokémon mollò la presa sui due malcapitati.
«Beh… ora si che mi sento al sicuro. Tra cadere faccia a terra e rischiare di venire stritolato non so cosa sia peggio!» Il ragazzo, sentendo addosso la pressione dei presenti, cambiò rapidamente idea.
«E va bene! Ma non crediate che possa davvero trovare le trappole… è stata solo FortunAAAA!» Dopo pochi passi il ragazzo venne catturato dalla seconda trappola.
Pochi istanti dopo il ragazzo venne soccorso da Dragonite. La Pokémon tenne la rete con una delle braccia, mentre, sfruttando i suoi artigli affilati, riuscì a tagliare la corda che teneva la rete.
Riuscì a far atterrare Carlos in tutta sicurezza.
«Grazie.» I tre non riuscirono a non ridere. Carlos aveva proprio un talento naturale per cacciarsi nei guai.


«Molto bene! Sembra che le trappole siano scattate. Potremo mettere le mani su di un ricco bottino!» Un uomo di circa quarant'anni, aveva appena ricevuto diverse notifiche sul suo dispositivo.
«Scusa se te lo dico, fratello, ma non credi che sia un errore? Sappiamo bene che si tratta di Pokémon notturni! Non credi che sia un falso allarme? Magari qualche altro Pokémon, magari qualche ragazzino incauto…» Gli rispose un altro uomo più o meno della stessa età. «Se si tratta di qualche ragazzino, gli daremo una lezione che non dimenticherò facilmente… se si tratta di un Pokémon, noi non facciamo distinzioni. Qualsiasi Pokémon può fruttarci dei bei soldi!» Lo spronò l’altro.
«Allora andiamo, prima che cambi idea. Sai bene che il capo  non ne sarebbe affatto contento»
I due scesero dal retro del loro furgone e uno dei due si sedette al lato del guidatore. Il mezzo partì dopo un po’ di insistenza. 


Nel mentre, al Cantiere dei Sogni apparentemente Carlos era riuscito a beccare tutte le trappole. I quattro fecero per andarsene, quando, ad un certo punto, qualcosa attirò l’attenzione di Anita.
«Avete sentito anche voi?» Un suono basso e lontano stava cominciando a diffondersi. «Ho paura che siano quelli che hanno messo queste trappole… cosa facciamo?» Chiese, piuttosto intimorita.
«Li affronteremo. Non abbiamo altra scelta.» Le rispose Ash. «Sei sicuro? E se fossero armati? E se ci tendessero un’imboscata?» La ragazza era sempre più preoccupata.
«Stai tranquilla, non è la prima volta che affrontiamo dei bracconieri. Anzi. Non c’è stata regione in cui abbiamo viaggiato in cui non abbiamo avuto a che fare con dei bracconieri… Purtroppo.» Rispose Ash.
«E tu li hai sempre affrontati senza preoccuparti dei rischi? Ci vuole davvero tanto coraggio!» Si congratulò Anita.
«Non ho mai fatto nulla da solo. Da solo fai poco o niente.» Rispose il ragazzo.
Pochi istanti dopo, il rumore si arrestò.
«Forse sono arrivati.» Commentò Carlos. 
I due erano scesi dal loro furgone. Uno di loro aveva aperto la porta scorrevole del mezzo e aveva passato al suo collega uno sparareti. «Almeno così non torniamo a mani vuote.» Commentò.


«E cosa vuoi prendere? Dei Lillipup? Così il capo ci riderà davvero in faccia!» Gli rispose il collega. «Vedremo strada facendo. Devo ricordarti che se siamo qui, è tutta colpa tua.» Controbattè l’altro.
«Che importa? Ora siamo qui e dobbiamo stare attenti o potrebbero scoprirci.» Gli rispose l’altro, facendo sbuffare il collega. Sistemate le loro armi, cominciarono a dirigersi verso uno degli edifici. 
Il primo dei due tirò un calcio alla porta, la quale si aprì senza protestare.  I Pokémon lì presenti rimasero tranquilli. «Bene, bene, bene… quanti bei Pokémon abbiamo qui!» Commentò uno dei due, senza scatenare alcuna reazione.
«Direi che possiamo procedere! Hypno! Usa Nube!» Uno dei due uomini aprì una delle sue Poké Ball e la lanciò, facendo uscire dalla stessa un fascio di luce dal colore bianco-azzurro.
Quest’ultimo, in pochi istanti si trasformò in una creatura dal colore giallo e dall’aspetto umanoide. Il collo era coperto da una folta pelliccia bianca. 
Aveva un grosso naso, delle grosse orecchie appuntite e degli occhi piccoli.  Teneva con una delle mani un pendolo legato da una cordicella. Appena entrato generò dalla bocca una grossa nuvola dal colore scuro.
I due uomini indossarono delle maschere, per proteggersi dal gas.
In pochi istanti la stanza si riempì di un fumo nero. L’aria divenne irrespirabile. Diversi Pokémon cominciarono a tossire e a  respirare con fatica. Si udirono diversi fischi in rapida successione. 
«E ora tocca a Te!» Gridò l’altro, lanciando la sua Poké Ball. «Mandibuzz! Usa Scacciabruma!» Dalla Poké Ball dell’uomo uscì una Pokémon dall’aspetto simile ad un rapace. Il suo piumaggio era di colore marrone. Nel suo corpo erano presenti diverse ossa, come sulla cresta o nella parte inferiore del corpo. L’osso sulla parte inferiore del corpo ricordava una sorta di mascella. «Crah!» Gridò la Pokémon. Prima di mettersi a sbattere ripetutamente le sue ali, facendo rapidamente scomparire la nube.
I due uomini sorrisero quando videro lo spettacolo che si palesò dinanzi ai loro occhi. 
I Pokémon che ritenevano più preziosi, ossia le Lilligant, i Minccino e i Cinccino, erano stati rinchiusi in delle spesse reti, con gli altri Pokémon rimasti impassibili dinanzi allo spettacolo che si era palesato. 
Troppo spaventati per poter agire. 
«E ora usa Psichico!» Ordinò l’allenatore di Hypno. Questi, muovendo il suo pendolo, creò un’onda che sollevò tutti i Pokémon imprigionati nelle reti. «E ora portali al furgone!» L’Hypno seguì il comando, spostando i Pokémon con i suoi poteri. 
Li condusse e li scagliò con violenza nel retro del mezzo. 
Sempre sfruttando i suoi poteri, fece scattare la serratura. Ora, per i Pokémon sul retro, era veramente impossibile fuggire. Poco dopo, il Pokémon tornò dai due. «Benissimo, ora che siamo sicuri di non aver fatto un viaggio a vuoto, possiamo pensare al motivo per cui ci hai fatto venire qui.» I due abbandonarono l’edificio e si diressero verso l’edificio centrale.


I quattro erano rimasti dentro all’edificio, in silenzio. Sapevano che erano arrivati degli estranei, ma non sapevano nulla sul loro conto. Era l’idea migliore, per non mettere in pericolo Carlos e Anita. 
Ma ora sembrava che il piano si fosse sgretolato. Dei passi pesanti si stavano dirigendo verso l'edificio. «Eccoli che arrivano!» Commentò Serena. 
«Ce ne occupiamo noi!» Si offrì Ash. «Voi mettetevi al sicuro!» Anita e Carlos si allontanarono, entrando in una piccola stanza, che, in origine, era utilizzata da chi lavorava come sala svago.
«Io resto con te. So che te la cavi benissimo da solo, ma non voglio che tu corra rischi inutili.» Spiegò Serena. «Va bene, ma fai attenzione. Non sappiamo a cosa veniamo incontro.» Le ricordò il ragazzo.
Serena si limitò ad annuire.
Ormai il tempo era poco. I passi si erano fatti vicinissimi. 
Un potente calcio sfondò la porta e, pochi istanti dopo, entrarono due uomini, seguiti da un Hypno e da una Mandibuzz. I due uomini squadrarono Ash e Serena, e i due fecero altrettanto. 
«E voi cosa ci fate qui?» Chiese il ragazzo. «Siamo degli…» Uno dei due iniziò a parlare, ma si interruppe dopo poche parole. «Addetti alla manutenzione…» Rispose l’altro. Cercando di risultare credibile.
«E ci stavamo assicurando che fosse tutto a posto.» Aggiunse l’altro.
«E per farlo avete bisogno di fucili che sparano delle reti?!?» Chiese Ash, facendo finta di credergli. «Secondo te?» Rispose uno dei due uomini. «Hypno! Usa Palla Ombra!» Ordinò! «E Tu Mandibuzz! Usa Etetrelama!» Ordinò il secondo.
«Pikachu! Usa Fulmine! E tu, Dragonite, vai con Tifone!» Ordinò Ash.
Serena non fece in tempo a prendere una delle sue Poké Ball dalla borsa. I Pokémon dei due allenatori erano riversi a terra, sconfitti.
Sul corpo di Mandibuzz erano ancora visibili delle piccole scintille.
«Ora non ci resta che…» Iniziò uno. «Darcela a gambe!» Continuò l’altro. «Non così in fretta!» Il tono di Ash si fece serio. «Andiamo! Non possiamo lasciarli agire indisturbati.» Ash invitò Serena a seguirlo.
Nel frattempo, i due uomini si erano allontanati e avevano raggiunto il loro furgone. Pochi istanti dopo, il mezzo partì. 
«Cosa facciamo con Anita e Carlos?» Chiese Serena. «Adesso li inseguiamo. Poi, appena arrivati, li contattiamo, in modo da far arrivare l’Agente Jenny» Rispose il ragazzo. «Va bene. Spero solo che non si preoccupino troppo.» Aggiunse la ragazza.
«Forza, inseguiamoli!» I due salirono in groppa a Dragonite e seguirono il mezzo. Quest’ultimo, dopo alcuni giri per strade principali, passò ad una stretta strada di campagna. 
Ad un certo punto, il furgone si arrestò, su di una strada in leggera pendenza.
«Bene, ora possiamo scendere.» Dragonite atterrò e Ash e Serena scesero. I due uomini erano scesi dal furgone e uno di loro aveva preso un mazzo di chiavi.
Appena i due scesero dal mezzo, il furgone incominciò  a muoversi verso indietro, producendo un suono inquietante. 
Lentamente il mezzo iniziò a muoversi verso indietro. Inizialmente nessuno sembrò accorgersene.
«Dragonite! Vai con Tifone!» Ordinò il ragazzo.
La Pokémon obbedì, lanciando contro di due una potentissima corrente d’aria contro i due uomini, che vennero scaraventati contro un albero.
L’impatto dei due corpi contro il grosso albero fu molto violento. Diversi esemplari di Sewaddle calarono dai rami dell’albero, appesi tramite la loro bava collosa.
I Pokémon Coleottero non ci pensarono due volte ad attaccarli con il loro Millebave, legandoli al tronco dell’albero, rendendo impossibile la loro fuga. 
«Il Furgone!» Gridò uno dei due uomini. «Idiota! Hai dimenticato di tirare il freno!» Lo riprese. Il furgone si stava muovendo sempre più velocemente verso la discesa.
«Cosa fate lì impalati? Se davvero tenete a quei Pokémon, cercate di salvarli!» Si lamentò uno dei due uomini.
Con uno scatto felino, il ragazzo tentò di raggiungere il furgone, che, ogni istante che passava, acquisiva maggior velocità. Pikachu dovette stringere la presa per evitare di cadere.
Raggiunto, con fatica il mezzo, il ragazzo si appese al finestrino, fortunatamente rimasto abbassato e riuscì ad entrare. Pikachu si era accomodato sulla panca a due posti accanto al sedile di guida.
«E questo coso come si ferma?» Il ragazzo si grattò la testa. Aveva individuato i principali organi di comando, ma non il freno a mano.
A complicare ulteriormente le cose, il furgone aveva colpito un grosso sasso e aveva cambiato traiettoria, rischiando di cadere in una scarpata.
Questo non fece altro che peggiorare la situazione. Il ragazzo non aveva la benché minima idea di dove potesse essere il freno e, ormai, mancava davvero poco.
Il ragazzo, fortunatamente ebbe un’illuminazione. Pensò alla macchina di sua madre. Anche quella aveva tre posti davanti. 
E il freno era tra il sedile del guidatore e la portiera.
L’intuizione del ragazzo si rivelò corretta e riuscì ad arrestare il mezzo prima che fosse troppo tardi. Il mezzo si arrestò con uno scossone, ma il maggiore pericolo era scampato.
Dopo alcuni istanti, Ash e Pikachu scesero dal furgone e vennero raggiunti da Serena e Dragonite. 
Il ragazzo provò invano ad aprire la porta scorrevole. «Dannazione! È chiusa!» Si lamentò il ragazzo. 
Provò anche con le porte posteriori, senza successo. Serena, vedendolo in difficoltà, si avvicinò. «Tutto bene?» Chiese.
«Per nulla. Dei Pokémon sono rinchiusi qui dentro e questo coso è chiuso a chiave.» La ragazza gli sorrise.
«Beh, posso fare un tentativo.» La ragazza incominciò a cercare freneticamente qualcosa all’interno della sua borsa, fino a quando non trovò delle sue forcine.
«Speriamo funzioni.» Commentò a bassa voce, mettendosi a lavoro. 
Dopo diversi minuti, finalmente, la ragazza riuscì nel suo intento, aprendo le due porte. I Pokémon all’interno del furgone rimasero fermi e silenziosi. Sembravano terribilmente spaventati. 
Ash e Serena si accorsero di come, nonostante la porta fosse aperta, nessun Pokémon sembrava intenzionato a scendere.
«In fondo un po’ li capisco.» Commentò Ash. «Sono appena stati rapiti da dei malintenzionati e ora hanno paura delle persone.» Spiegò Ash. «Forse dovremo allontanarci e lasciare che facciano da soli.» Propose.
«E se arrivassero di nuovo quei tizi? O dei loro colleghi?» Serena era piuttosto dubbiosa. «Non ti preoccupare. Ci allontaniamo, ma restiamo nei paraggi. Così, se le cose dovessero mettersi male…» Spiegò il ragazzo. 
Serena non rispose, limitandosi a seguirlo. Per essere più discreto, il ragazzo richiamò la sua Dragonite nella Poké Ball. «Grazie, hai fatto un ottimo lavoro, ora riposa.» 
Inizialmente, l’intuizione del ragazzo non sembrò rivelarsi corretta. Nessun Pokémon sembrava intenzionato ad uscire dal furgone. 
Per una buona mezz’ora tutto rimase invariato.
Serena ne approfittò per mettersi in contatto con Anita e Carlos. Anita rispose alla chiamata quasi immediatamente.
«Pronto? Va tutto bene?» Chiese Anita, in tono preoccupato. 
«Più o meno.» Rispose Serena. «Quelle persone che sono arrivate erano dei bracconieri e hanno rapito diversi Pokémon. Siamo riusciti a fermarli, ma non so per quanto ancora…» Spiegò.
«Ma è terribile! Cosa posso fare?» Chiese, cercando di non farsi rapire dalle emozioni. «Chiedi all’Agente Jenny. Ti mando la nostra posizione.» Rispose la nativa di Kalos. Dopodiché chiuse la chiamata, per inviare il messaggio.
Passò dell’altro tempo e, finalmente vi furono i primi, timidi tentativi di fuga da parte di alcuni Pokémon. Dei Cinccino. Si guardarono intorno e, non notando pericoli, scesero. 
Poco dopo vennero raggiunti dalle Lilligant. 
«Visto?» Commentò Ash. «Dovevamo solo essere pazienti.» Serena si limitò ad annuire. L’intuizione del ragazzo si era rivelata corretta. 
Ash fece per fare un passo in avanti, quando notò che i Pokémon, che prima erano usciti dal furgone, ora stavano tornando indietro, portando, tra le zampe, diverse bacche.
«Forse hanno deciso che questa sarà la loro nuova casa.» Commentò Serena. «Non lo so. Forse cercano solo un posto sicuro dove mettere le loro bacche.» Rispose Ash. «Magari potremo aiutarli, portandone qualcuna anche noi.» Aggiunse. 
«Buona idea» Rispose la ragazza.
I due si misero alla ricerca di alberi di bacche, non un’impresa difficile, in aperta campagna. Avevano ancora con loro i sacchi che avevano utilizzato per portare le bacche al Cantiere, perciò trasportarle non era un problema.
Non ci volle molto prima che fosse completamente pieno. Fatto questo, i due aspettarono che i Pokémon, che avevano, a loro volta avevano portato delle bacche, si allontanassero. Appena il gruppo di Pokémon si allontanò, i due si avvicinarono al furgone, con tante, gustose bacche. 
Diedero, di sfuggita, uno sguardo all’interno del mezzo, notarono una strana creatura appoggiata contro la paratia che separava la cabina di guida dal vano di carico.
Era a malapena illuminata, ma, anche solo guadandola, si vedeva che qualcosa non andava. Sulla parte inferiore del corpo, sembrava esserci un taglio.
«È ferita.» Riuscì a commentare Ash, prima di venire colpito in pieno petto da una palla dal colore violaceo. Il colpo fu abbastanza violento da farlo indietreggiare.
«Noi vogliamo solo aiutarti!» Provò a convincerla Serena, senza successo. Per fortuna Pikachu saltò in tempo dalla spalla di Ash, neutralizzando il secondo attacco con un potente Codacciaio.
«Cercare di convincerlo così è inutile.» Commentò Serena. «È ferito e attacca d’istinto. Forse so chi può aiutarci.» La ragazza mise mano ad una delle sue Poké Ball.
«Sylveon! Ho bisogno del tuo aiuto!» Appena uscita dalla Poké Ball, la Sylveon si avvicinò immediatamente alla sua Allenatrice. 
«Dentro quel furgone c’è un Pokémon ferito. Ha paura e attacca. Forse tu potresti riuscire a calmarlo.» Le spiegò. «Veon!» rispose la Pokémon, avvicinandosi al mezzo e salendo a bordo.
Cercò di apparire il più naturale possibile. Probabilmente quel Pokémon non aveva mai incontrato un Sylveon in vita sua, per cui sapeva di apparire come un’estranea. Nonostante i suoi timori, si avvicinò alla creatura ferita, senza venire attaccata. 
Le si avvicinò delicatamente. Non appena vide la sua ferita rabbrividì.
«Veon! Eon! Sy!» (Sei ferita! Vieni con me! La mia Allenatrice può aiutarti!) «Gant? Li!» (Allenatrice? Ho paura delle persone! Sono cattive!) «Eon! Eonnn!»(Lo pensavo anche io, ma lei è una ragazza speciale!) «Lill! Li!» (Va bene! Ma se non è così te ne pentirai!)
La Pokémon provò ad alzarsi e a fare un passo, ma cadde immediatamente. Stremata, perdipiù proprio sulla ferita. «GAAANT!» Gridò di dolore. Sylveon cercò, con le sue antenne, di avvolgerla per il busto e di sollevarla, ma senza successo.
Senza dire nulla saltò dal mezzo e corse verso Serena, tirandola a sé. «Ho capito!» Rispose la ragazza. «Arrivo subito». La ragazza saltò sul furgone e vide la Pokémon riversa a terra, dolorante. 
Ash era poco lontano, seminascosto, per non impaurire ulteriormente la Pokémon ferita.
Capendo la situazione, anche la ragazza provò a sollevare la Pokémon, senza successo. «Da sola non ci riesco, ho bisogno di aiuto, ma non preoccuparti. Anche lui è buono!» Disse, uscendo dal mezzo. «Syll!» Tradusse la Pokémon.
Pochi istanti dopo, schivando il grosso mucchio di bacche, entrò anche Ash. Sollevarla in due era decisamente più facile e meno rischioso.
Appena la portarono fuori dal mezzo, la aiutarono a rimettersi in piedi. 
Per lei non era affatto facile. Il dolore era enorme. Ma ora era alla luce del Sole. Raccolse le sue ultime energie. Il fiore sulla testa si illuminò di arancione.
«Ehi! Ma quella è Sintesi!» Commentò Ash. «Sintesi?» Chiese Serena, non avendola mai sentita. «Sintesi è una mossa che conoscono molti Pokémon di tipo Erba. La usano quando sono stanchi o feriti per recuperare energia.» Spiegò.
La ragazza non rispose, rapita da come la brutta ferita della Pokémon si fosse rimarginata.
Pochi istanti dopo, la Pokémon si diresse verso il furgone, prendendo alcune bacche dal suo interno. Quindi, molto timidamente, si avvicinò alla ragazza e alla sua Sylveon.
«Sono per noi?» Chiese la ragazza, con un sorriso. «Gant!» Rispose la Pokémon. «Sei davvero gentile.» Si congratulò Serena.
Dopo alcuni istanti, la Pokémon si allontanò dai due. 
Non per molto. Piano piano, davanti ai due, si palesarono numerosi esemplari di Cinccino, alcuni Minccino, delle Lilligant e delle Petilil. Molti di più di quelli che erano stati rapiti.
La Pokémon sembrava stesse parlando con il gruppo di Pokémon che si era radunato. 
Dopo alcuni istanti, la Pokémon si allontanò dal gruppo e si avvicinò alla nativa di Kalos. La toccò delicatamente con una delle braccia, simili a foglie.
«Vuoi venire con me?» Chiese la ragazza. La Pokémon fece un piccolo cenno di sì con il capo. Serena prese una Poké Ball vuota dalla sua borsa, ancora una di quelle che le aveva donato il Professor Platan all’inizio del suo viaggio, e la porse alla Pokémon.
Quest’ultima toccò delicatamente il pulsante d’apertura, venendo assorbita in un fascio di luce.
La Poké Ball oscillò prima una, poi due, quindi tre volte. Alla quarta emise un piccolo rumore, confermando che la cattura era avvenuta con successo. La ragazza si chinò per raccogliere la Poké Ball. «Evviva! Ora ho una nuova amica!» Gioì. «E ora vieni fuori! Lilligant!» La ragazza fece uscire dalla Poké Ball la sua nuova amica.
Nemmeno il tempo dei convenevoli che subito, un rumore fece spaventare i Pokémon presenti, compresa Lilligant, che si nascose Dietro la sua Allenatrice.
Pochi istanti dopo passarono quattro auto della polizia. Tutte uguali, delle anonime berline marroni. Appena il polverone che sollevarono si diradò, Ash e Serena, seguiti dai loro Pokémon, ripercorsero il tratto di strada che li aveva condotti fino a lì. Sarà per il fatto di aver cercato quelle bacche, o per il fatto che ora la strada era in salita, ma la fatica fu parecchia.
Appena i due giunsero a destinazione, non solo incontrarono le quattro poliziotte, che avevano appena liberato dal Millebave i due bracconieri, unicamente per arrestarli, elencando loro i diversi capi d’accusa, ma con loro vi erano anche Anita e Carlos.
«Vedo che state bene.» Esordì Carlos. «Anita era preoccupatissima per voi.» Aggiunse, mettendo la castana piuttosto in imbarazzo. «Voi siete le sole persone che credete in me e non vorrei perdervi per nessuna ragione.» Spiegò la ragazza.
Ash e Serena sorrisero, mentre i due bracconieri vennero chiusi nel retro della berlina, mentre un’altra poliziotta filmava l’arresto. «Se volete possiamo darvi uno strappo fino al Centro Pokémon di Levantopoli» Li invitò una delle poliziotte. «Dopo quello che avete fatto, ve lo meritate.» Aggiunse.
Ash e Serena non se lo fecero ripetere due volte. Raggiunto il Centro Pokémon, fecero scendere i ragazzi e proseguirono verso il commissariato.
Giusto il tempo di far controllare i loro Pokémon, che sul televisore lì presente, diedero il notiziario. Tra notizie più o meno di rilievo, ne spuntò una veramente imortante.
«Due bracconieri, membri di una nota banda criminale specializzata nel commercio illegale di Pokémon rari sono stati arrestati quest’oggi grazie al contributo del Campione del Mondo Ash Ketchum e alla nota performer di Kalos Serena Gabena. Al momento non hanno rilasciato dichiarazioni a riguardo, speriamo di poter sentir presto le loro dichiarazioni, il servizio, dal Commissariato di Levantopoli.» Lo schermo mostrò una giornalista sulla quarantina, in piedi davanti al commissariato di polizia. «Stando alle ricostruzioni, sembrerebbe che i due bracconieri avessero tentato di rapire i Pokémon al Cantiere dei Sogni, poco lontano da Levantopoli. Non abbiamo idea dei numeri, dal momento che, all’arrivo delle agenti, i Pokémon erano fuggiti dal mezzo. Si stavano dirigendo verso il loro covo, ma sono stati interrotti ed intercettati da Ash e Serena che, grazie all’aiuto dei loro Pokémon, sono stati in grado di fermarli e permettere alle forze di Polizia di arrestarli.» Spiegò la donna.
«Stando alle nostre fonti, ora dovrebbero trovarsi al Centro Pokémon di Levantopoli, potremo parlare con loro molto presto, e conoscere la loro versione dei fatti.» Il servizio terminò e ne partì un altro. 
«A quanto pare sembra proprio che non ci sia modo di abbandonare Levantopoli!» Commentò Carlos, in tono ironico. «Ancora  non abbiamo capito cosa è successo alla Professoressa Zania. Mi…» Si aggiunse Anita. 
«Fammi pensare.» La fermò Serena. «Aveva detto che era stata aiutata da una persona che aveva con sé un Hypno. Uno dei bracconieri che sono stati arrestati aveva un Hypno…» Spiegò.
«Quindi pensi che sia stato il loro Pokémon a ipnotizzarla e a convincerla che le cose siano andate diversamente…» Le rispose Carlos. «Esattamente.» Rispose la nativa di Kalos. «Poi, sicuramente non si aspettavano di trovarci e, invece di tentare di ipnotizzarci, ci hanno attaccato.» Aggiunse. 
«Si…» Anita stava scorrendo le voci del suo Pokédex. «Hypno è noto per i suoi poteri psichici. Mi chiedo se ci sia un modo per farla cessare» Chiese, piuttosto preoccupata.
«Scusate se mi intrometto, ma ora è tutto chiaro.» Li interrupe l’Infermiera. «Ma se quello che dite è vero, aiutare Zania è più facile di quanto sembri.» Accennò. «Ora che mi ricordo, la sua Munna emanava del fumo nero. Come se Zania stesse vivendo un incubo.» Spiegò. «Potete restare qui anche domani?» Chiese. «Potrete accompagnarla a Cantiere dei Sogni e, magari questo le potrebbe far tornare la memoria.» 
I quattro si limitarono a sorridere. Per loro non era un problema restare in città un giorno in più. Tantopiù con quell’intervista… 
E poi era ormai quasi ora di cena, quindi, la partenza sarebbe stata rimandata ugualmente.
Dopo cena, qualcuno suonò al campanello del Centro Pokémon. Non era una cosa strana. I Centri Pokémon erano aperti fino alle 23. Riaprivano poi il giorno dopo, alle sette del mattino.
Restava, tuttavia, la possibilità di far visitare i Pokémon dalla guardia medica, in caso di urgenza.
L’infermiera aprì la porta tramite un pulsante e, dalla porta entrarono un uomo ed una donna. L’uomo, sulla cinquantina era piuttosto tozzo, reggeva una grossa telecamera, con tanto di microfono. La donna era la stessa che aveva condotto il servizio del notiziario.
«Buonasera!» Si salutarono. «Eccovi qui!» Esordì la donna. «Non è stato difficile trovarvi…» Aggiunse. «Ti devo ricordare per cosa siamo qui?» La esortò il cameramen. La donna disse qualcosa a bassa voce, senza che nessuno potesse sentirla. 
«Se volete posso accompagnarvi in un posto più tranquillo.» Li invitò l’Infermiera.
«Qui va benissimo!» Rispose l’uomo, in tono scocciato. Era evidente che volesse impiegare il suo tempo in altro modo.
L’uomo accese la telecamera. E la puntò verso la donna, che, nel frattempo, si era seduta tra Ash e Serena.
«Ed eccoci qui, dal Centro Pokémon di Levantopoli, con i due eroi che hanno permesso l’arresto dei pericolosi bracconieri, Ash da Biancavilla e Serena da Borgo Bozzetto. L’Allenatore più forte del mondo e una delle Performer e Coordinatrici più famose del mondo.» La ragazza si sentì in leggero imbarazzo. 
«Raccontateci com'è andata, come siete riusciti a farli arrestare?» Chiese la donna. «Siamo arrivati al Centro Pokémon di Levantopoli e l’Infermiera ci ha chiesto se potevamo andare al Cantiere dei Sogni a portare delle bacche ai Pokémon che ci vivono, perché la persona che se ne occupava di solito non era disponibile.» Esordì il ragazzo. «Non sappiamo cosa le sia successo, ma, dalle parole dell’Infermiera, sembrava che non sapesse quello che era successo al Cantiere.» Aggiunse Serena. «Siamo andati al Cantiere con dei nostri amici e abbiamo portato le bacche ai Pokémon. Mentre eravamo lì, la nostra amica si è accorta di qualcosa che non andava. E, infatti, poco dopo, sono arrivati nello stesso edificio dove eravamo noi e…» La donna fece un piccolo gesto con la mano, per interromperlo. «Quindi non eravate da soli?» Chiese la donna. «Esattamente.» Rispose Serena. «Sono stati i nostri amici, Anita e Carlos, ad avvisare le autorità. Noi li abbiamo solo inseguiti.» Aggiunse. «Poi, immagino vi sia stata una lotta e, appunto li abbiate sconfitti e…» Tagliò la donna. «A dire il vero sono stati dei Pokémon selvatici ad imprigionarli.» Rispose il ragazzo.
La donna, non capendo la sua affermazione, cambiò decisamente argomento.
«Appena è uscita la notizia, c’è stato un comunicato del Team Plasma. In poche parole, da una parte si congratulano per il vostro gesto, ma dall’altra parte vi accusano di essere incoerenti. Dopotutto siete degli Allenatori e per loro schiavizzate i Pokémon.» Raccontò la donna.
«Noi non lo abbiamo fatto per quello.» Rispose il ragazzo. «Noi siamo Allenatori e, in quanto tali, teniamo al benessere dei Pokémon più di chiunque altro. Poco importa che siano selvatici o che siano dei nostri. Anche io avrei qualcosa da dire al Team Plasma. Se voi lottaste contro chi veramente sfrutta i Pokémon per guadagnarci, come i bracconieri, io sarei il primo a combattere con voi. Ma voi guardate dalla parte sbagliata.»
Con queste parole si concluse l’intervista e, come erano arrivati, il cameraman e la giornalista se ne andarono.
Era ormai quasi ora di andare a dormire. Domani si sarebbero dovuti alzare presto. Probabilmente avrebbero incontrato Zania, e ormai avevano promesso che avrebbero tentato di aiutarla.
Il giorno seguente, i quattro si alzarono presto, nonostante fossero piuttosto stanchi dal giorno prima. Dopo colazione, i quattro si sedettero nelle panche destinate agli Allenatori, intanto che aspettavano l’arrivo di Zania.
La previsione si rivelò azzeccata. 
La donna dai lunghi capelli blu scuro giunse al Centro Pokémon , accompagnata dalla sua Munna, che, come il giorno prima, era avvolta da un fumo scuro.
La donna si avvicinò al bancone dell’Infermiera, per far controllare la sua Pokémon. L’Infermiera decise di stare al gioco.
«Escluderei il fatto che abbia mangiato degli incubi, se come mi hai detto è successo da questa mattina, allora è più probabile che sia preoccupata per qualcosa o qualcuno.» Spiegò l’Infermiera.
«E così voi siete i ragazzi che avete salvato quei Pokémon dai Bracconieri? Vi vorrei fare i miei complimenti, Unima ha davvero bisogno di persone come voi.» Si congratulò la donna.
«Oh, scusate. Non mi sono presentata. Mi chiamo Zania. Sono una scienziata che lavorava al Cantiere dei Sogni. Prima che succedesse qualcosa che in questo momento non ricordo. Stavamo svolgendo alcuni esperimenti per poter ottenere energia pulita dal Fumonirico di Munna e Musharna. Mentre svolgevano alcuni studi, ci fu una gigantesca esplosione. Io ed i miei colleghi siamo stati soccorsi da un tizio che allenava un Hypno. A parte questo  non ricordo altro.» Spiegò.
«Ora scusatemi, ma devo andare. Il lavoro mi chiama!» La donna, scortata dalla sua Munna, cercò di uscire dal Centro Pokémon. «Scusa… Zania… Ti dispiacerebbe far fare una visita al Cantiere ai ragazzi?» Chiese l’Infermiera. «Ma non è pericoloso?» Chiese la donna. «Non ti preoccupare, li posso prestare dei caschi, così saranno al sicuro.» L’Infermiera ridiede ai quattro i caschi prestati il giorno prima.
«Se volete seguirmi…» Li invitò la donna. I quattro la seguirono fino al Cantiere, aiutandosi con le mappe dello Smart Rotom. Dopo una lunga camminata, il gruppo giunse al Cantiere.
«Mi chiedo come mai Joy abbia voluto che mi accompagnaste fino al rudere del Cantiere… mi chiedo come mai» Si chiese la donna, mentre osservava gli edifici ormai in rovina.
«Certo che sono davvero messi male.» Commentò la donna, in tono stupito. «L’esplosione è stata molto violenta, ma non credevo che avesse causato così tanti danni.» Aggiunse poco dopo.
Dopo aver esplorato i diversi edifici, finalmente giunsero nell’edificio centrale, dove tutto aveva avuto inizio. 
La Munna della donna cominciò a gridare sempre più forte. Sembrava quasi stesse piangendo.
«Stai tranquilla, va tutto, tutto bene.» La donna cercò di rassicurare la Pokémon. «Sapete, siamo diventate amiche diverso tempo fa, proprio qui, al Cantiere dei Sogni. Per questo lei è molto legata a questo posto.» Spirgò. «Credo sia molto dispiaciuta per le condizioni in cui si trova ora.» Aggiunse.
La Pokémon continuò con il lamento, un grido triste  e disperato. 
Alcuni istanti dopo, da un’entrata secondaria, si palesò una strana ombra dalla forma tonda. Pikachu saltò d’istinto dalla spalla di Ash per mettersi in posizione d’attacco, qualora fosse stato necessario.
La strana figura si era avvicinata. «State tranquilli!» Li rassicurò la donna. «È Musharna. L’evoluzione di Munna. Magari sentendo la mia piccola, si è preoccupata e voleva sapere come stava.»
Anita prese il suo Smart Rotom e cercò Musharna nell’applicazione del Pokédex. «Musharna Pokémon Dormiveglia. Tipo Psico. Esemplare femmina. Riesce a materializzare i sogni mangiati. Il fumo che gli esce dalla fronte prende la forma di ciò che appare nel sogno. Mosse conosciute: Psichico, Palla Ombra, Ipnosi, Mangiasogni.» 
L’aspetto della Pokémon era abbastanza simile a Munna. Ricordava anche lei una sorta di tapiro, dal colore rosa e viola. Aveva gli occhi chiusi e assumeva una posa rannicchiata su se stessa. 
Sembrava stesse levitando in aria. Senza emettere alcun rumore si avvicinò fino alla donna. La sfiorò leggermente con la testa. Di colpo anche il fumo emesso da Musharna divenne di colore scuro.
Quest’ultima dovette allontanarsi e scagliare lontano l’energia oscura.
Ora la donna era piegata in avanti, in una strana posa, come se fosse stata privata di tutte le sue energie. Fortunatamente, il pochi istanti, si riprese. 
«E voi… chi siete? Cosa ci facciamo qui?» Chiese. Ash e gli altri le raccontarono tutto quel che sapevano, dalla loro prima visita al Cantiere all’arresto dei bracconieri, con la donna che ascoltò attentamente ogni loro parola.
«Quindi la persona che credevo che mi avesse salvato… in realtà aveva chiesto al suo Pokémon di tenermi lontana?» I quattro fecero un piccolo gesto affermativo.
«Non so come ringraziarvi, dico davvero. Grazie anche a te, Musharna! Ma ho ancora bisogno del tuo aiuto. Anche altre persone sono in questa condizione. Non abbiamo tempo da perdere.» 




La scrittura di questo capitolo, che come potete notare è più breve, ormai ho deciso così, di fregarmene della lunghezza dei capitoli. Preferendo ad un capitolo lungo, un capitolo godiblie. Non è una gara. 


In ogni caso, stavo dicendo, questo capitolo ha richiesto più tempo del necessario perché, contrariamente ai capitoli precedenti e a buona parte dei capitoli futuri (Nella mia testa, questa fanfiction avrà attorno ai 60 capitoli, forse qualcuno di più, forse qualcuno di meno) è stato totalmente improvvisato, contrariamente ad altri che, invece partono da delle idee di base. In più ero abbastanza indeciso se far catturare o meno Lilligant a Serena. 


E, spoiler, non sarà l’unica cattura che farà in questa fanfic. 



Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'infiltrato ***


Prima di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia. 


Anita è riuscita a vincere la sua prima medaglia e Carlos, dopo essersi fatto perdonare, si unisce al gruppo. Mentre si preparano per raggiungere Eolea, cittadina in cui Serena parteciperà al suo primo Varietà.
Al Centro Pokémon si imbattono in una scienziata, chiamata Zania e la sua Munna. Accorgendosi della condizione della sua Munna, i ragazzi decidono di indagare, dirigendosi, grazie alle indicazioni dell’Infermiera Joy, al Cantiere dei Sogni.
Qui si imbatteranno in dei bracconieri, che hanno tentato di catturare dei Pokémon.
Ash e Serena li inseguono, mentre Anita e Carlos contattano le autorità. Dopo una breve lotta contro i cattivi , riescono a liberare i Pokémon. Tutti, tranne una Lilligant, ferita. 
Quest’ultima viene convinta dalla Sylveon di Serena a fidarsi della ragazza e viene aiutata da lei e Ash ad uscire. La Pokémon viene poi catturata da Serena.


L’infiltrato


Sulla strada per Eolea, i nostri eroi si trovano ad attraversare uno dei tanti boschi della regione di Unima. Si estendeva da poco oltre la periferia di Levantopoli. 
Era un luogo insolitamente silenzioso e tranquillo, nonostante la grande quantità di Pokémon che lo popolava. Era un luogo abbastanza tranquillo in cui le bacche crescevano rigogliose e non vi erano delle lotte per il cibo o il territorio.
E poi, le persone che si avventuravano in quel bosco erano veramente poche. La maggior parte, viaggiando in macchina o in bici, prendeva delle strade totalmente diverse.
Chi entrava in quel bosco lo faceva, di solito, solamente quando voleva catturare un Pokémon, ed era una cosa abbastanza nota nella città e nei dintorni della stessa. La cosa era nota a tutti, anche a persone che era meglio non lo sapessero.
Prima di ripartire, avevano aiutato anche i colleghi di Zania, caduti anche loro vittima dei poteri dell Hypno dei bracconieri. Per questo motivo erano partiti un po’ più tardi del previsto. Improvvisamente un rumore simile ad un tuono spezzò il silenzio. «Non ditemi che sta per mettersi a piovere!» Commentò Carlos.
«Scusate… sono io…» Ash si sentì in leggero imbarazzo. «È quasi ora di pranzo…» aggiunse. Non serviva guardare l’ora.. Il suo stomaco era più preciso di qualsiasi orologio. Carlos guardò l’ora sul suo Smart Rotom. «Si… effetti… credo che sia il caso di mettermi a lavoro…» Si tolse lo zaino dalle spalle ed esaminò quel che aveva con sé. Tra i vari oggetti acquistati da Ash, Serena e Anita  «Con questo fornello da campo ci risparmiamo la fatica di andare a cercare la legna.» Commentò Serena. «È molto più pratico, sebbene sia meno romantico» aggiunse in tono ironico.
«Se volete andare ad allenarvi, fate pure, vi avviserò quando è pronto.» Spiegò Carlos, ottenendo l’approvazione dei tre.
Ash e le ragazze si allontanarono di poco, in un’altra radura.
«Venite fuori!» i tre invitarono i loro Pokémon ad uscire dalle loro Poké Ball. Snivy, Dragonite, Staraptor, Rowlet e Gliscor. Dentro di sé, Anita si chiedeva quanti altri Pokémon avesse Ash. Non che fosse un problema. Aveva l’opportunità di conoscere dei Pokémon non nativi di Unima e che difficilmente avrebbe potuto incontrare.
Mentre Anita e Serena facevano uscire i loro Pokémon dalle rispettive Poké Ball, Snivy stava iniziando a far conoscenza con la squadra di Ash.
Appena uscita dalla Poké Ball, la Lilligant di Serena cercò immediatamente la compagnia di Sylveon. Serena si accorse immediatamente della cosa. «Sai, una volta era Sylveon ad essere timida ed aver paura e ad andare d’accordo con un solo Pokémon. Ora, vedere che è lei ad essere la sola ad andare d’accordo con te…» Spiegò. «Gant?» La Pokémon era piuttosto perplessa.
«Sai? Io sono una performer. Noi Performer non sfidiamo le Palestre, ma partecipiamo ai Varietà. Noi non lottiamo, ma semplicemente ci esibiamo.» Questo non fece altro che aumentare la perplessità della Pokémon. «Se vuoi ti diamo una dimostrazione.» Propose. La Pokémon sembrò rispondere in modo affermativo.
«Va bene! Delphox, Pancham!» La ragazza invitò due dei suoi Pokémon a unirsi a lei. «Siete pronti?» I due fecero cenno affermativo. «Benissimo, allora! Possiamo partire!»
Delphox usò il suo attacco  Fuocobomba, generando una gigantesca stella di fuoco, che venne presto avvolta dal Neropulsar di Pancham, trasformandosi in una sorta di ragnatela.
In seguito Pancham colpì il terreno con un pugno, generando delle pietre acuminate dal colore azzurro. Questi si mise a saltare sulle pietre facendo svariate capriole all’indietro, fino a quando non giunse all’altezza della stella, colpendola con il suo Gelopugno, ghiacciandola all’esterno. 
Pancham fece appena in tempo a spostarsi, che subito la creazione venne distrutta dal Magifiamma di Delphox, esplodendo in infinite scintille colorate. 
Tutto questo, mentre la ragazza seguiva le mosse dei suoi Pokémon in svariate pose di danza.
«Ta-dan!» Concluse.
L’esibizione fu relativamente breve, ma sembravano tutti entusiasti, Lilligant su tutti. «Queste sono le esibizioni.» Spiegò la ragazza. «Cosa ne pensi?» chiese. La Pokémon sembrò entusiasta. Perfino più di Ash e Anita.
«Vorresti provare anche te?» Invitò Anita.
«Non saprei… dovremo anche allenarci per la lotta in palestra… e poi… davvero non saprei… cioè… tu e i tuoi Pokémon siete stati perfetti. In ogni momento sapevi esattamente cosa fare… esattamente come Ash nelle lotte. Non saprei davvero che fare. Ormai ti ho dato la mia parola, ma… sono totalmente incapace a ballare e…» la ragazza non concluse la frase.
Stava osservando i suoi Pokémon mentre facevano amicizia con i Pokémon di Ash. O meglio, stavano cercando di scappare dalla sua Dragonite, che voleva, ad ogni costo, manifestare il suo affetto. Dopo un po’, finalmente Ash riuscì a calmare la sua furia.
«Se non ti vuoi allenare per il Varietà, puoi allenarti con Ash. Poi, quando ti sentirai più sicura, ci alleneremo insieme per il tuo debutto. Poi, qui ad Unima, non è obbligatorio. La seconda fase è più simile al saggio di recitazione delle gare Pokémon» Spiegò Serena.  
«Potresti partecipare anche te.» Le propose Ash. «Giusto per scaricare un po’ la tensione.» Aggiunse.  «Ma perché no?» Rispose, senza nemmeno pensarci.  «Così imparo anche qualcosa sulle lotte in coppia.» Si aggiunse Anita, abbastanza felice della cosa. Serena e Anita mandarono in campo rispettivamente Pancham e Oshawott, mentre Ash schierò Snivy e Pikachu. «Mi raccomando. Non risparmiatevi!» Le incoraggiò Ash. «Nemmeno voi!» Rispose Serena. «Iniziate pure voi.» Le invitò Ash. Le ragazze si scambiarono uno sguardo d’intesa.
Serena ordinò a Pancham di attaccare con Pietrataglio, mentre Anita ordinò al suo Pokémon di attaccare Snivy con Azione. Mentre il Pokémon briccone colpiva il terreno con un potente pugno che generò delle grosse pietre acuminate dal colore azzurro, il Pokémon Lontra si era messo a correre verso la sua avversaria. 
«Pikachu! Spezza il suo Pietrataglio con Codacciaio e lanciali!  Snivy, fallo cadere con Frustata!»  Ordinò Ash. Il Pokémon Topo si mise a correre, prima di colpire i massi con la coda. 
Questi ultimi si spezzarono sotto il potente colpo. «Benissimo! Ora lanciali contro Pancham!» Con un rapido movimento 
della coda, il Pokémon Topo lanciò contro l’avversario il suo stesso attacco. 
«Pancham! Difenditi con Sberletese!» Ordnò Serena. Mentre il Pokémon Briccone spezzava i frammenti lanciati dal bersaglio, Oshawott era ormai vicinissimo alla sua avversaria.
Il momento ideale per attaccare. Da una delle protuberanze sulla schiena di Snivy uscì una sottile liana, che rapidamente investì i piedi del Pokémon avversario, facendolo cadere faccia a terra.
«Oshawott! Stai bene?» Chiese Anita. Il Pokémon si rialzò, dando prova di essere ancora in grado di continuare. Serena, si accorse immediatamente delle difficoltà della sua partner. «Pancham! Vai con Gelopugno!» Il Pokémon briccone si mise a correre contro la Snivy, mentre il suo braccio destro si rivestiva di ghiaccio.
«Schiva e attacca con Vorticerba!» Ordnò. La Pokémon attese che il suo avversario si avvicinasse a sufficienza, prima di muoversi rapidamente e schivare il colpo. 
Pochi istanti dopo, la Pokémon spiccò un salto e generò dalla coda un potente turbine di foglie affilate, che colpirono Pancham, facendolo arretrare. 
Mentre Oshawott si era rialzato, pronto ad attaccare. «Vai, Oshawott! Usa Acquagetto!» Ordinò Anita.  Il Pokémon Lontra si rivestì d’acqua, e si lanciò rasoterra, in direzione di Pikachu. «Contrastalo con Attacco Rapido!» ordinò Ash.
Il Pokémon Topo si mise a correre a gran velocità, colpì l’avversario in un fianco, deviando la sua traiettoria. Il povero Pokémon Lontra colpì un albero con la testa, rimediando un brutto bernoccolo.
«Direi che può bastare così.» Ash dichiarò la fine dell’incontro. «Sono felice di vedere i tuoi progressi. Oshawott è riuscito a resistere all’Attacco Rapido di Pikachu. Davvero niente male.» Si complimentò. Pikachu, che nel frattempo era nuovamente salito sulla spalla di Ash si mise una zampetta davanti alla bocca. 
Il significato di quel gesto era piuttosto chiaro, perlomeno per Ash. Lui si era risparmiato eccome.
 Anita sorrise. «Dici davvero?» Intanto Oshawott si era ricongiunto con la sua allenatrice, ancora intontito dalla botta. «Forse è meglio che ti riposi.» Lo richiamò nella Poké Ball. «Riposati anche te, sei stata fantastica!» A sua volta, Ash richiamò Snivy nella sua Poké Ball. 
Intanto Carlos era alle prese con il pranzo. Prima di dedicarsi alla preparazione del pranzo, dovette occuparsi di montare il tavolino da campeggio, non un’operazione agevole. Il tavolo era nuovo e il meccanismo di sblocco era ancora piuttosto duro. Dopo un po’ di insistenza, finalmente riuscì ad aprirlo. In seguito si occupò di posizionare le sedie. 
Ora poteva, finalmente, occuparsi di cucinare. Accese il fornello a gas e cominciò a preparare il soffritto. Avrebbe preparato della semplice pasta al sugo. Sarebbero dovuti ripartire presto. Dopo aver avviato il sugo, nel secondo fornello mise una pentola con dell’acqua.
Mentre copriva la pentola dell’acqua, per facilitare l’ebollizione si accorse, con la coda dell’occhio di una strana creatura bianca e blu. 
«E quello cos’è?» Si chiese, in tono spaventato. Cercò di recuperare la calma, mentre cercava di inquadrare quella strana
 creatura con il suo Smart Rotom.
Sullo schermo del dispositivo comparve un quadrupede dall'aspetto simile ad un grosso cane. Il corpo, il cui colore andava dal blu scuro al grigio, ed era ricoperto da un folto pelo bianco. Quest’ultimo era  più lungo intorno al collo e sul petto. Mentre, sulla testa era presente un ciuffo ornato da un ovale scuro. Il volto ricordva a quello di un felino, mentre la coda era a forma di falce, forma simile al corno sul lato destro della testa. Le zampe erano armate di tre artigli per una, e dai suoi talloni spuntavano delle grosse spine.
Il ragazzo ascoltò la descrizione fornita dal dispositivo. «Absol. Pokémon Catastrofe. Tipo Buio. Esemplare maschio Ogni volta che compare Absol, segue un disastro » Il ragazzo fece quasi cadere a terra il suo dispositivo. Spaventato.
«Non devi preoccuparti!» Lo rassicurò una voce maschile. Il ragazzo, ulteriormente spaventato, infilò la mano nella sua tasca, per prendere la Poké Ball del suo Umbreon.
«Non voglio lottare. Non sono un Allenatore.» Lo fermò quella voce. «E allora chi saresti?» Chiese Carlos, tentando di essere il più minaccioso possibile. In quel momento la sua preoccupazione era quella di non far bruciare il sugo. 
«Stai tranquillo. Sono qui per aiutarti.» La voce si fece più vicina.
Carlos si stava preoccupando seriamente. Si girò di scatto in direzione della voce. Apparve un ragazzo alto e magro, dai lunghi capelli verde chiaro, indossava un berretto nero, una maglia bianca, dei pantaloni marrone chiaro e delle scarpe verdi. Al collo un pendente che ricordava un pianeta. Indossava anche dei bracciali, e appeso ai pantaloni una sorta di cubo di Rubik. «E tu chi saresti?» Chiese di nuovo. «Sono un ragazzo che gira il mondo per conoscere quanti più Pokémon possibile. Non mi interessa catturarli. Non sono un Allenatore. Mi piace vederli vivere nel loro ambiente naturale e passare del tempo con loro. Se vuoi sapere come mi chiamo… ben… mi chiamo N» Rispose il ragazzo dai capelli verde chiaro.
«N? Che nome particolare!» Commentò il ragazzo. «E tu, invece, come ti chiami?» Chiese N. «Carlos.» Il ragazzo si limitò a sorridere. «Capito. Puoi dirmi cosa ti è successo prima, come mai ti sei spaventato così tanto, quando hai visto Absol?» «Sai, il Pokédex ha spiegato di come appaia sempre prima di una catastrofe. E mi sono impanicato.» Spiegò. «Ho capito. Sai? Lui era più spaventato di te. In realtà Absol è un Pokémon molto gentile e cerca di aiutare le persone e gli altri Pokémon, avvisandoli di una catastrofe imminente, in modo che possano mettersi al sicuro.» Carlos si limitò ad annuire.
«Adesso che ci penso un ragazzo di nome Carlos era stato rapito dal Team Plasma…» «Si… sono io. È stata davvero terribile. Se non fosse stato per loro, avrebbero preso il mio Umbreon. Non so cosa avrei fatto se me l’avessero preso.» «Immagino che tu ci tenga molto al tuo Pokémon. Questo mi rende felice.» Il ragazzo fece una breve pausa. «Le persone che tengono veramente ai loro Pokémon sono sempre meno. Ho visto spesso degli Allenatori far lottare i loro Pokémon fino allo stremo delle forze. O che gli sottopongono ad allenamenti massacranti…» Altra pausa. «Non un bello spettacolo.» Carlos rimase in silenzio per tutto il discorso. Non si riconosceva in quel tipo di persona, ma capiva le sue motivazioni.
«Beh… si… capisco… dato che sei qui, cosa ne pensi di fermarti qui a pranzo? Tanto fare un po’ di past…» N fece un piccolo gesto per interromperlo. «Sei gentile, ma non posso accettare. Non con il rischio che dei Pokémon siano in pericolo.» Altra pausa. «Sarà per una prossima volta.» Con queste parole, il ragazzo si allontanò a grandi passi, seguito proprio da quell’Absol. «Ma non aveva detto che non era suo?» Commentò, mentre riprendeva a cucinare.
Mentre i Pokémon si riposavano dall’allenamento, all'ombra di un albero, al confine della radura, qualcosa attirò l’attenzione, tanto di Ash quanto delle ragazze.
Un Pokémon, simile ad una grossa farfalla, con delle lunghe antenne, e un corpo esile, dalle ali blu e azzurre svolazzava a pochi metri da loro. «Hey! Ma quello è un Vivillon!» Commentò Serena. «Un Vivillon?» Le rispose Ash. «Ma non è un Pokémon nativo di Kalos?» Si chiese in tono stupito.
Intanto, Anita lo scansionò con il suo Smart Rotom. «Vivillon. Pokémon Farfascaglia. Forma Motivo Marino. Tipo Coleottero e Volante. Esemplare femmina. Nel mondo ne esistono diverse varietà che si differenziano per i motivi sulle ali. Sembra che questi dipendano dal clima del loro habitat. Mosse conosciute: Eterelama, Sonnifero, Psichico, Energipalla.»
«È strano, ma non è improbabile. Magari apparteneva a qualche Allenatore che ha deciso di liberarlo…» Ipotizzò Serena.
«Però… devi davvero essere davvero crudele per abbandonare un Pokémon così bello.» Commentò Anita, perplessa.
«Viooon!» La Pokémon si avvicinò alla ragazza per alcuni istanti, prima di andarsene in mezzo al bosco.
«Io, invece credo sia un Pokémon selvatico.» Commentò Ash. «Sembrava piuttosto incuriosita da Anita. Se avesse già avuto un allenatore, non so  se lo avrebbe fatto.» Tentò di spiegare il ragazzo. Dopo alcuni istanti, tanti altri esemplari del Pokémon attraversarono, di fretta, quella radura. «Wow! Sono davvero tanti!» Commentò Anita. «Sembrano davvero spaventati.» Si aggiunse Ash. «Magari non sono abituati alla nostra presenza.» Gli rispose Serena.
In quell’esatto istante vennero raggiunti dall’Umbreon di Carlos. Il Pokémon Lucelunare fece cenno ai tre e ai loro Pokémon di seguirlo.
«Già pronto?» Ash, evidentemente, non si era accorto di quanto tempo era trascorso. In ogni caso non ci pensò due volte a seguire il Pokémon del suo nuovo compagno di viaggio.
Raggiunsero il tavolo nel preciso istante in cui Carlos stava scolando la pasta. Fece particolare attenzione a far scolare tutta l’acqua, prima di versarla nell’insalatiera. 
Nello stesso momento, Ash e le ragazze si stavano occupando del cibo per i Pokémon, versando in delle ciotole dei piccoli
 croccantini marroni.
Dopo essersi occupati dei Pokémon, era il loro turno di rifocillarsi. Avendo appreso della fama di gran mangione di Ash, Carlos aveva preparato delle porzioni piuttosto abbondanti.
Terminato il gigantesco pranzo, era il momento, per Carlos, di lavare i piatti. Dopotutto lo aveva promesso. «Oshsawott… 
potresti darmi una mano?» Chiese. «Sha?» Il Pokémon era piuttosto perplesso, ma accettò. Grazie all’aiuto del Pokémon, ill ragazzo riuscì rapidamente a lavare i piatti.
Finito di sistemare tutto il bagaglio e dopo aver richiamato i Pokémon nelle rispettive Poké Ball, i quattro erano pronti a partire. 
Serena diede uno sguardo all'applicazione delle mappe sul suo Smart Rotom. «Eolea non è lontana. Se dovessimo sbrigarci, potremo raggiungerla prima che faccia buio.» Li incoraggiò. «E allora in marcia!» Le fece eco Ash.
I quattro percorsero alcune centinaia di metri, inoltrandosi nel bosco che, via via, si faceva sempre più fitto. Più il bosco si faceva fitto, più il numero di Pokémon selvatici aumentava.
«Guardate!» Carlos indicò un grosso masso rivestito da una pelliccia vegetale, poco distante da loro. Era circondato da alcuni esemplari di Eevee. « Si tratta di una Roccia Muschio.» Una voce maschile fece trasalire i quattro. «Quegli Eevee si evolveranno in Leafeon. È un evento molto raro da osservare. Dobbiamo ritenerci molto fortunati ad osservarli.» Anita osservò con occhi ricolmi d’interesse quei piccoli Pokémon dal morbido pelo marrone chiaro, illuminarsi di una luce azzurrina e mutare forma. Il corpo divenne più alto e slanciato. La forma del suo corpo ricordava in parte un gatto, in parte una volpe. Il corpo era principalmente beige, ma diveniva di un marrone più scuro attorno alle zampe, agli occhi e all'interno delle orecchie. Dal suo corpo spuntavano diversi germogli, rendendolo simile ad una pianta. Il germoglio più lungo di questi si trovava sulla fronte e ricordava una sorta di ciuffo. Anche la forma delle orecchie e la forma della sua coda ricordavano delle foglie. Anita decise di scansionare uno di quei Pokémon con il suo Smart Rotom.
«Leafeon. Pokémon Rigoglioso. Tipo Erba. È una delle evoluzioni di Eevee. Esemplare maschio.  Non ama battersi, ma se deve difendere i suoi compagni non esita a lottare trasformando la foglia della coda in una lama affilata. Mosse conosciute: Foglielama, Attacco Rapido, Occhioni Teneri» Solo dopo aver scansionato il Pokémon, si accorse della presenza di un’estraneo. Estraneo che si rivelò essere un ragazzo di circa venticinque anni, si parò davanti a loro. Indossava un corto gilet arancione, che copriva parzialmente una tuta a maniche corte blu. Aveva dei guanti neri, tagliati sulle dita. Indossava un cappello arancione e blu, e delle scarpe da trekking arancioni. «Scusate se vi ho spaventato… sono un Pokémon Ranger. Mi chiamo…» Il ragazzo fece una breve pausa. «Kyler» Altra pausa. «Sappiate che state per entrare in un'area protetta. È vietato arrecare danno a tutto quello che è qui presente. Dai Pokémon alle piante, passando terreno e  alle rocce.» I quattro fecero cenno di aver capito. Non erano intenzionati a farlo anche se non fossero stati avvertiti.
«Anche se… devo confessarvi che, ultimamente abbiamo un problema…» «Una specie aliena ha invaso questo paradiso 
incontaminato. Il Pokémon Farfascaglia Vivillon.» Si aggiunse una voce femminile. Pochi istanti dopo, una donna, più o meno della stessa età del ranger, raggiunse il gruppo. Il suo vestiario era simile al suo collega. Anche in questo caso, i colori dominanti erano il blu e l’arancione. Altra differenza erano i guanti, che coprivano completamente le dita e i pantaloni, che, contrariamente al collega, erano corti.
Entrambi indossavano una spilla dorata, che ricordava una sorta di albero.
«Ah… giusto. » Il ranger fece per correggersi. «Lei è… Eliza. La mia collega.» La presentò. «Piacere di conoscervi!» La donna cercò di essere cordiale. «Io sono Ash e questo è il mio amico Pikachu!» Si presentò il nativo di Kanto, seguito da Serena, Carlos ed, infine, da Anita. «Cosa ci fate in un’area protetta?» Chiese la ranger, cercando di dare un leggero tono di rimprovero alla sua frase. «Volevamo solo raggiungere Eolea. E abbiamo visto che passando da qui la strada era più breve. Non sapevamo che fosse un’area protetta.» Cercò di giustificarsi Ash.
«Non fa nulla.» Rispose la ranger. «Se ci date una mano ad occuparci di questi invasori, non riporteremo la vostra violazione d’accordo?» Propose la ranger.
I quattro rimasero in silenzio. «Mi sembra strano che un ranger parli in questo modo.» Serena sussurrò all’orecchio di Anita. La ragazza non rispose, ma si poté notare un piccolo cambio nella sua espressione.
Ash non aveva idea di che fare. Era una grossa responsabilità. Fosse stato per lui, avrebbe lasciato le cose com’erano. Dopotutto, nel corso dei suoi viaggi aveva potuto apprezzare vari esempi di condivisione e di convivenza e, in quel caso, gli sembrava che nel bosco ci fossero risorse sufficienti per tutti.
Non sapeva che fare. Da una parte quei ranger gli sembravano persone abbastanza affidabili, per cui pensò di potersi fidare.
A lui e ai suoi amici, era capitato, molte altre volte, di cadere in tranelli e rischiare di farsi male o di far male ai loro Pokémon. Ma non gli sembrava quello il caso.
«Possiamo darvi una mano?» Propose Ash. Serena gli appoggiò una mano sulla spalla e gli parlò a bassa voce. «Sei sicuro? Mi sembrano sospetti.» Ash si girò verso di lei. «Se così dovesse essere… faremo la scelta giusta.» 
Serena ben comprese le parole del ragazzo. «Voi due! Cosa avete da chiacchierare?» Li riprese il ranger. Il rimprovero non ottenne risultati, a parte il far innervosire Ash.
«Vado a prendere quello che ci servirà. È un’operazione piuttosto delicata… sapete, le ali di Vivillon sono molto delicate. Anche se qui è una specie aliena, in quanto ranger, non possiamo permetterci di ferirli.» La ranger si allontanò dal gruppo. 
«Intanto che lei va a prendere il materiale, vi mostro dove posizionare le trappole.» L’espressione di Ash muò, diventando preoccupata. «Trappole?» Si chiese. «Non possiamo permetterci di catturarli tutti con delle Poké Ball.» Rispose il ranger. «Rischieremo di ferirli, dovendo lottare con loro prima di catturarli. Con delle trappole, invece il rischio è minimo. Che poi... trappole… sono più che altro delle gabbie da trasporto.» Spiegò. Le sue parole tranquillizzarono il gruppo, sia pur di poco. «Si… ma come ci assicuriamo che non vengano catturati altri Pokémon che non c’entrano nulla?» Chiese Carlos. «È una bella domanda. Ma non ti preoccupare. Abbiamo pensato anche a questo. Grazie ad un sistema gestito dall'intelligenza artificiale, eviteremo che vengano catturati Pokémon diversi da Vivillon. È un sistema praticamente infallibile.» Lo rassicurò.
Intanto la ranger era tornata. Aveva con sé una grossa sacca. A giudicare dalla sua  forma, sembrava contenesse tanti oggetti molto piccoli.
La ragazza mise una mano nel sacco. Estrasse una piccolissima gabbia di ferro. «Ma come fa un Vivillon ad entrare lì 
dentro?» Chiese Carlos. La ranger indicò un piccolo pulsantino in plastica nera, accanto ad una piccola fotocamera.
«Basta premere questo pulsante e…» la ragazza premette il pulsante e la gabbia si espanse, diventando diverse volte più 
grande. «Visto? È abbastanza grande da evitare che Vivillon rischi di ferirsi.» Fece notare. 
Pochi istanti dopo, il ranger prese il suo Smart Rotom. Aprì la galleria e mostrò una mappa del bosco in cui si trovavano. Su alcune zone erano contrassegnate delle croci. «Appena le trappole si attiveranno, le recupereremo e le porteremo qui.»
«Abbiamo individuato dei punti strategici in cui i Vivillon sono soliti radunarsi. Piazzeremo qui le nostre trappole. Useremo del miele per attirarli. I Vivillon ne sono ghiotti.» Detto questo inviò a tutti la mappa. 
«Per velocizzare il nostro lavoro è meglio dividerci.» Propose il ranger. Nessuno si sentì di obiettare. «Appena avremo finito di piazzarle, ci ritroveremo qui. Sicuramente non saranno sufficienti. Appena saranno »
Ognuno di loro prese alcune delle gabbie e del miele. In pochi istanti, il gruppo si separò. Ognuno verso la direzione che si era deciso. Tutti, tranne i due ranger, si separarono. La cosa passò in sordina. Dopotutto, la sola cosa veramente importante era svolgere il lavoro no?
«Visto?» Commentò l’uomo. «Ci sono cascati con tutte le scarpe.» La donna non nascose un leggero sorriso. «Spero solo 
che continuino a collaborare. Ricordati che dovessero scoprirci, dovremo vedercela con  il Campione del Mondo.» Ricordò 
l’uomo. «Non ti preoccupare. Appena avremo un bottino sufficiente faremo perdere le nostre tracce, vedrai.»
La donna riuscì ad essere abbastanza convincente. «Ora però mettiamoci a lavoro. Oppure potrebbero scoprirci prima del tempo.» Concluse lei.
Una volta diviso, il gruppo seguì le istruzioni, spostandosi nelle zone indicate sulla mappa. Sembravano delle zone normalissime del bosco. Ognuno di loro posizionò le gabbie e il miele. 
Posizionate le gabbie, il gruppo si riunì nello stesso punto dove si erano incontrati. «Ora non ci resta che aspettare.» Commentò il ranger. «Non credo che ci vorrà molto.» Aggiunse.
«Le gabbie hanno un sistema che si attiva non appena vengono riempite. Il mio Smart Rotom mi avviserà non appena le prime gabbie saranno riempite. Dobbiamo fare in modo che restino in gabbia il meno possibile.» Spiegò la donna.
Per ingannare l’attesa, il gruppo decise di prendersi un caffè. I due ranger avevano portato delle paste, mentre Carlos si occupò di preparare il caffè. Aveva con sé una macchinetta a batteria che macinava i chicchi istantaneamente. Aveva con sé anche dei bicchierini usa e getta. Appena terminata la pausa, una notifica sullo Smart Rotom della donna la avvisò del fatto che le prime gabbie si erano attivate.
«Bene. Possiamo andare a recuperare le gabbie. Le porteremo qui. Non vi preoccupate del resto. Ci penseremo noi ad inviarle al centro di smistamento.»
Li invitò la donna. «Centro di smistamento?» Anita era rimasta alquanto stupita dalle parole della donna. Si trattava di Pokémon, non di pacchi postali.
«Forse centro di smistamento fa un po’ di paura, come nome, ma… è un luogo assolutamente sicuro e adatto ai Pokémon. Ci assicureremo che vengano trattati con riguardo. 
Staranno in un’area protetta nei pressi di uno dei porti di Unima. Questo servirà per evitare che possano diffondere delle malattie quando torneranno a Kalos.» Spiegò il ranger.
I quattro annuirono. La spiegazione dell’uomo era sembrata alquanto convincente. «Chiedo scusa se sono indiscreta, ma…»
«Dimmi pure… Serena… giusto?» La invitò la ranger.
«Come mai dobbiamo lasciare le gabbie qui? Immagino siate arrivati qui usando qualche mezzo…» Spiegò la ragazza.
«Non ti preoccupare di questo. Ci penseremo noi.» La ranger tentò di rassicurarla.
Dal momento che le trappole scattate erano concentrate unicamente in tre aree, il gruppo si divise in coppie. Ash e Serena, Anita e Carlos e i due ranger.
«Non ti sembra un po’ strano?» Serena parlò a bassa voce. Temeva che qualcuno potesse sentirla. «Cosa?» Le chiese Ash.
«Ci hanno chiesto di lasciare le gabbie lì dove ci siamo incontrati e ci hanno detto che si sarebbero occupati loro di portarli alla destinazione finale… non trovi sia strano?» Il ragazzo si grattò la testa. Pikachu lo imitò.
«Ora che ci penso hai ragione. Ma è solo una cosa contro. Pensaci. Sono stati gentili con noi e, se ci avessero voluto attaccare, lo avrebbero potuto fare in qualsiasi momento.» Tentò di farla ragionare.
«Certo, ma ricordati che tu sei il Campione del Mondo. Sanno bene che, in una lotta Pokémon non avrebbero speranze.» Cercò di spiegare. Ash non sapeva che fare. Serena aveva ragione. «Beh… se non hanno nulla da nascondere non vedo perché non ci debbano impedire di aiutarli. Ma dobbiamo stare attenti a non farci scoprire.» Rispose.
Recuperate le gabbie, coi Pokémon, il gruppo si riunì nel punto prestabilito. 
«Grazie, ragazzi. Avete fatto un grande lavoro. Ora possiamo farcela anche da soli.» Li ringraziò l’uomo. «Sicuri?» Chiese Ash. «Sapete come si dice… abbiamo fatto trenta…» Il ragazzo cercò, di nuovo, di convincerli. Magari, insistendo, avrebbero cambiato idea. Ma i due ranger furono irremovibili. Aumentando ulteriormente i sospetti. 
«Va bene… come volete.» Ash e Serena si scambiarono un breve sguardo d’intesa. «Allora noi proseguiamo per la nostra strada.» Aggiunse poco dopo.
Appena i due si allontanarono, con alcune delle gabbie, finalmente poterono parlare con un minimo di tranquillità. «Mi sembra strano che non vogliano il nostro aiuto.» Spiegò Serena. «Credi nascondano qualcosa?» Chiese Anita. «Non so. Ma dobbiamo scoprirlo. Seguiamoli. Sono andati da quella parte.» Ash indicò nella direzione in cui la coppia si era diretta. «Dobbiamo stare attenti. Non ci devono scoprire.» Aggiunse. 
Dopo aver percorso alcuni passi, da dietro gli alberi, si incominciò ad intravedere la sagoma di un furgone. «Credete che sia il loro?» Chiese Carlos. «Non saprei. Però ora dobbiamo fare silenzio.» Lo intimò Ash.
Dopo altri passi, non troppo lontano dal furgone, apparve un pick up grigio. Accanto ad esso, due persone stavano caricando degli oggetti nel cassone. «Si. Sono decisamente delle gabbie.» Commentò Ash. «Dobbiamo fermarli!» Serena gli poggiò una mano sulla spalla. «Non possiamo agire se non abbiamo un piano.» Lo riprese. «E poi non sappiamo se ci sono altre persone coinvolte.» Cercò di farlo ragionare. «Più sono, peggio è.» Commentò il ragazzo.
Serena conosceva bene Ash. sapeva che quando lui si metteva in testa qualcosa, era impossibile distoglierlo. In breve tempo, raggiunsero il furgone. Per fortuna senza farsi scoprire. I due si erano allontanati dal mezzo ed erano tornati indietro. Era il momento perfetto per agire.
I quattro si avvicinarono lentamente al furgone. Era di un colore verde militare. E presentava sulla fiancata un logo identico alle spille che i due indossavano.


«Credo che questo sia il loro furgone.» Osservò Serena. «E allora, come mai loro hanno caricato i Vivillon su un pick up?» Chiese Carlos.
«Potrebbero essere loro complici oppure…» La ragazza si avvicinò al furgone, aprendo la porta scorrevole dal lato opposto a quello in cui si trovava il Pick up. «Loro vittime.» Dentro il furgone c’erano un uomo dalla carnagione olivastra e dai capelli scuri ed una donna dalla carnagione chiara e dai capelli biondi. I due erano vestiti in semplici abiti civili. Buttate nel bel mezzo del furgone vi erano le uniformi delle reclute del Team Plasma.
«Pikachu, liberali con Codacciaio!» Ordinò Ash.
Il Pokémon Topo saltò dalla sua spalla e tagliò la corda che teneva legati i due. L’uomo e la donna si poterono finalmente togliere il bavaglio.
«Grazie ragazzi!» Li ringraziarono. «Se non fosse stato per voi mi chiedo se mai qualcuno ci avrebbe salvato.» Aggiunse la 
donna.
«È un po’ una vergogna per un ranger trovarsi in difficoltà, ma… loro erano davvero troppo forti.» I quattro erano sconvolti.
«Quindi se voi siete dei Ranger Pokémon… e qui ci sono le tute del Team Plasma allora…» Dedusse Anita. «Quei due sono del Team Plasma.» Risposero tutti in coro.
Dopo il consueto giro di presentazioni, cominciarono con le domande. «Quei due ci avevano detto che i Vivillon qui sono una specie invasiva e che devono essere ricollocati.» Iniziò Ash.
«Specie invasiva?» I due ranger rimasero di sasso. «i Vivillon vivono qui da quando l’uomo ha memoria. Sono  perfettamente integrati nell’ecosistema. Sono perfettamente integrati nella catena alimentare.» Spiegò la donna.
«Gli Scatterbug sono preda di molti Pokémon che vivono qui. E i Vivillon si occupano anche di impollinare gli alberi di bacche. Senza di loro, in breve tempo l’intero ecosistema crollerebbe.» Spiegò l’uomo.
«Noi eravamo venuti qui perché questo è un periodo dell’anno molto particolare. Sono due settimane all'anno in cui gli Eevee selvatici della zona si evolvono in Leafeon. In questo periodo dell’anno ci dobbiamo assicurare che non si mescolino con gli esemplari degli Allenatori.» Aggiunse la donna.
«Quindi i Vivillon non c’entrano nulla?» Chiese Serena. «Esattamente. Per evitare danni all’ecosistema, ogni volta che qualcuno ne cattura un esemplare, deve denunciare la cosa. Possono essere catturati al massimo cento esemplari all’anno.»
Nessuno, in quel momento, era consapevole di essere osservato. Per il momento non da esseri umani.
«Mi chiedo cosa se ne facciano dei Vivillon…» Commentò Anita. «Dei Pokémon così belli… e poi così importanti per l’ecosistema…» Aggiunse.
«Eppure hai un Pokédex…» Si udì, da lontano, una voce femminile. Una voce nota. «Dovresti sapere di cosa è capace Vivillon.» Aggiunse. Poco dopo si aggiunse la voce dell’uomo. «Ci hanno scoperti. Ora che abbiamo il nostro bottino possiamo tornare alla base.» Commentò.
«Hai ragione. Non possiamo permetterci uno scontro diretto. Non dobbiamo scordare con chi abbiamo a che fare. Abbiamo raccolto materiale a sufficienza. Recuperarne altri sarebbe un rischio.» 
I due salirono a bordo del mezzo e sbatterono violentemente le porte, causando un rumore che allertò tutti. «Stanno cercando di fuggire!» Anita riportò tutti alla realtà. «Non possiamo permettere che fuggano!» Ash sembrava più
determinato che mai. «Forza Staraptor! Inseguili!» Ash lanciò la Poké Ball del suo potente Pokémon Rapace. Il Pokémon si mise immediatamente in volo e iniziò ad inseguire il pick up. 
Per lui non era una novità. Era spesso abituato a fare delle ricognizioni aeree, come tutti gli altri Pokémon di tipo volante del ragazzo con cui, nel tempo, aveva fatto amicizia. 
«Staranno sicuramente andando alla loro base.» Dedusse Ash. «Non ho idea di quello che vogliono fare con quei Pokémon, ma di sicuro non è nulla di buono. Dobbiamo liberarli al più presto!» Aggiunse.
«E cosa vorresti fare? Infiltrarti nella loro base?» Carlos appariva piuttosto dubbioso. «In realtà non è una cattiva idea» Gli rispose Serena. «Qui c’è un uniforme del Team Plasma… con un tocco leggero leggero di ago e filo…» Aggiunse. 
In poco tempo, Serena riuscì ad adattare l’uniforme alle misure di Ash. «Guarda, sono anche riuscita a ricavare anche una piccola tasca per una Poké Ball. Risulta completamente nascosta.» La ragazza indicò la cintura, mostrando al ragazzo una piccola apertura nella cintura.  «Ti ringrazio. Sei davvero fantastica!» Ash la ringraziò, facendola arrossire.
«Devo ammetterlo… sembri proprio uno di loro.» Si complimentò Anita.
Nel mentre Staraptor era tornato. Atterrò proprio dinanzi al suo Allenatore. «Raptooor!» Gridò. «Gli hai trovati? Sei davvero fantastico!» Ash lo accarezzò in testa. Pochi istanti dopo, il ragazzo prese, dal suo zaino la Poké Ball della sua Dragonite.
Pikachu saltò sulla spalla del ragazzo. Desiderava accompagnare il suo amico e Allenatore ovunque. «Mi dispiace, amico, ma saremo troppo riconoscibili. E poi so che a te non piace per nulla entrare nella Poké Ball» Spiegò il ragazzo. «Pika…» Il Pokémon Topo apparve piuttosto deluso, ma comprendeva le motivazioni del ragazzo.
«Sapresti condurci alla loro base?» Chiese il ragazzo, che nel frattempo era salito in groppa alla sua Dragonite. 
Il Pokémon Rapace spiccò il volo, invitando Dragonite a seguirlo. Sorvolarono una buona parte del bosco, incrociando le loro traiettorie di volo con altri Pokémon  di tipo volante.
Staraptor cominciò una rapidissima picchiata venendo seguito da Dragonite, che effettuò una discesa più dolce. Ash la riceverò nella sua Poké Ball, che poi ripose all’interno della sua cintura.
«Aspettami qui.» Si rivolse al suo Pokémon. «Se le cose dovessero mettersi male, avvisa gli altri.» Spiegò il ragazzo. Il Pokémon si alzò in volo posandosi nei rami di un albero  poco lontano.
A Ash fu necessario solamente girarsi leggermente verso destra, per scrutare l’enorme edificio. Era un grosso prefabbricato in cemento, parzialmente rivestito in mattoni rossi. 
Accanto all’edificio principale vi era un parcheggio coperto, pieno di pick up e quad. Diversi seguaci andavano e venivano. Alcuni di loro stavano trasportando delle gabbie, al cui interno vi erano dei Vivillon. «Eccoli.» Commentò il ragazzo a bassa voce. «Devo trovare il modo di mescolarmi con loro.» Aggiunse poco dopo.
«Hei Tu! Non restare lì impalato!» Lo richiamò una seguace. Ash si avvicinò alla seguace. Indossava un’uniforme praticamente identica alla sua. Dal cappuccio sporgevano appena dei capelli arancioni. La seguace lo squadrò da capo a piedi. «Mi sembri nuovo da queste parti… si vede che il reclutamento si sta rivelando efficace.» Commentò. «Come sei venuto a conoscenza del Team Plasma?» Chiese. Ash dovette pensarci un istante. «Quattroventi.» «Ho capito. E… come mai sei qui e non alla nostra base di Austropoli?» Altra domanda.
«I superiori mi hanno ordinato di raggiungervi qui. Nel bosco di Eolea.» Rispose il ragazzo, non mostrando particolare esitazione. «Altra domanda.» Chiese il seguace. «Hai già con te il tuo Pokémon?» Chiese.
Ash rimase alcuni istanti in silenzio. Se avesse risposto di sì, sarebbe stato riconosciuto. La sua Dragonite era fin troppo riconoscibile. Era uno dei Pokémon con cui era diventato Campione. E anche se l’avesse scambiata con Charizard, il discorso sarebbe stato simile. Uno dei Pokémon più famosi della regione di Kanto. «No.» Rispose, in modo secco.
«Bene… allora te ne servirà uno. Lascia che ti accompagni.» La seguace lo prese per  mano e lo trascinò verso il retro del palazzo. «Scusa se te lo chiedo, ma…» Ash cercò di restare nella parte. «Dimmi pure.» Rispose la seguace. «Se noi dobbiamo liberare i Pokémon dagli Allenatori, non è un controsenso? Per noi che combattiamo per la liberazione dei Pokémon, possederne a nostra volta?» Chiese. La seguace gli sorrise. «Eppure mi sembravi un ragazzo sveglio. Sai. Molti Allenatori sono piuttosto ostili e difendono strenuamente i loro Pokémon. E quindi dobbiamo averne dei nostri.» Rispose.
Ash si limitò ad annuire. 
«Sai?» Lo incalzò la Seguace. «Assomigli molto a Ash Ketchum… uno degli Allenatori più forti del Mondo… uno dei nemici più potenti del Team Plasma.» Il ragazzo si limitò a sorridere. «Non sei la prima persona a dirmelo, sai?»
La seguace lo accompagnò fino al retro dell'edificio. Prese un mazzo di chiavi dalla sua cintura e aprì la porta. Entrò nella
piccola stanza e fece cenno al ragazzo di entrare.
«Come per gli Allenatori, anche noi quando diventamo Seguaci, riceviamo un Pokémon.» Spiegò. Si girò poi verso il ragazzo. «Siamo al chiuso qui… se vuoi ti puoi anche togliere il cappuccio.» Lo invitò la ragazza.
«Sto bene così. E poi, anche tu hai il cappuccio.» Rispose Ash. La seguace non rispose. Tuttavia rimase sempre con il cappuccio. «Tornando a noi.» La Seguace cercò di cambiare argomento. Indicò un tavolo su cui erano posate tre Poké Ball. «Noi Seguaci possiamo ricevere un Pokémon tra Sandile, Scraggy e Purrloin.» Il ragazzo prese distrattamente 
una delle tre Poké Ball. «Prendo questa.» La Seguace rimase in silenzio alcuni istanti.
«Ora che hai scelto, è ora di vedere come te la cavi nelle lotte. Ricordati che avremo a che fare con degli Allenatori ostili. Intanto ti accompagno al Campo lotta» La Seguace prese il suo Smart Rotom per rispondere ad un messaggio.
Ash si accorse di come quello fosse un normalissimo Smart Rotom, identico al suo. Risposto al messaggio, invitò nuovamente il ragazzo. Raggiunsero il campo lotta. Non era troppo distante da quella piccola stanza. Nella testa del ragazzo
 la cosa aveva senso. Si riceveva il proprio Pokémon e ci si allenava. Se solo non fosse uno dei covi di un team malvagio. 
Raggiunto il campo lotta, uguale in tutto e per tutto quello che si trovava accanto ai Centri Pokémon. «Io sono pronto.» Esordì il ragazzo. «Anch’io!» Rispose la Seguace.
«Vieni fuori!» I due mandarono in campo i loro Pokémon. Solo in quel momento Ash scoprì che Pokémon aveva scelto. Era un Pokémon quadrupede prevalentemente di colore beige. Il suo corpo e il suo muso ricordavano un coccodrillo. Nel mezzo del suo muso vi era una grossa striscia nera. Gli occhi erano tondi e color seppia. Gli occhi erano contornati da una forma circolare nera che ricordava un paio di occhiali. Sulla sua schiena vi sono due spesse strisce nere. I suoi arti erano beige e avevano tre artigli. La sua coda era  a punta e la sua estremità era nera.
Ash lo analizzò con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Sandile. Pokémon Sabbiadrillo. Tipi Terra e Buio. Esemplare maschio. Vive nascosto tra le calde sabbie del deserto per evitare che la temperatura del suo corpo diminuisca. Mosse conosciute Morso, Fossa, Ombrartigli.» Il ragazzo rimise il suo dispositivo nella tasca dell’uniforme.
«Immagino che tu già conosca Liepard.» Dinanzi alla Seguace si era palesato un Pokémon dalle sembianze di un felino, dal corpo esile e dal pelo color porpora. Sul viso vi era peluria di color rosa che ricordava una maschera. Il naso e le sopracciglia erano molto piccoli. Aveva due lunghi baffi gialli: Dello stesso colore era l'addome e la parte inferiore delle zampe. Il corpo era cosparso da piccole macchie gialle. La forma della sua coda ricordava un punto interrogativo rovesciato. «Inizia pure tu!» Lo invitò la seguace. Ash non se lo fece ripetere due volte.
«Sandile! Ombrartigli!» Ordinò il ragazzo. Le unghie del Pokémon Sabbiadrillo si allungarono e si illuminarono di un colore violaceo. «Vai pure te con Ombrartigli!» Ordinò la sua rivale.
I lunghi artigli dei due Pokémon si scontrarono e l’impatto fu alquanto violento. L’energia scaturita dall’impatto fece allontanare i due Pokémon. Entrambi i Pokémon attutirono l’impatto sul terreno con i loro artigli.
«Liepard, usa Neropulsar!» Ordinò la Seguace.
Dalla bocca del Pokémon Sanguefreddo si generarono degli anelli di energia dal colore violaceo, che impattarono con il terreno, tagliandolo come se fosse di burro.
«Sandile! Schiva con Fossa!» Ordinò Ash. Il Pokémon scavò un grosso buco sul terreno, rendendosi invisibile al suo rivale. «Niente male per essere un principiante!» Commentò la Seguace. 
Ash accennò un sorriso. «Sandile è un Pokémon di tipo Terra. Per cui è naturale usare un attacco di tipo Terra.» Il Pokémon era ormai vicino al suo avversario. 
Il Pokémon Sabbiadrillo era oramai giunto al suo obiettivo. Era emerso dal terreno e lo aveva colpito dritto nella parte inferiore del corpo, facendolo volare in aria. «E ora di nuovo Ombrartigli!» Ordinò il ragazzo.
I lunghi artigli del Pokémon Sabbiadrillo colpirono l’avversario, facendolo cadere violentemente a terra. «Può bastare così.» La Seguace richiamò il suo Pokémon.
«Sei davvero bravo. Con un semplice Sandile sei arrivato molto vicino a sconfiggere il mio potente Liepard.» Ash si limitò a sorridere. «Solo fortuna.» La  Seguace fece spallucce.
«Vieni con me.» Lo invitò nuovamente a seguirlo. Questa volta fino al parcheggio. Era pieno di pickup grigi, tutti uguali. Avevano lo stemma del Team Plasma applicato sul cofano e sulle porte. «Forza, sali!» Lo invitò la Seguace.
Ash salì a bordo, e così la sua guida. La Seguace partì, senza prendere una direzione precisa, sembrava quasi che il suo obiettivo fosse solamente quello di allontanarsi dalla base.
«Certo che te la cavi proprio bene nelle lotte… davvero troppo bene per essere la tua prima volta.» Ripetè la donna. Ash non ci diede peso.
Intanto il mezzo aveva percorso alcuni chilometri, allontanandosi dalla base. Nessuno dei due aveva proferito parola durante il viaggio. Non sembrava fosse così importante.
«Qui dentro non ci sono spie, cimici o cose del genere, ma credo che sia meglio uscire.» Esordì la Seguace, mentre fermava il mezzo, nel bel mezzo del bosco. Scese dal pick up ed invitò Ash a fare altrettanto. 
«Che tu non fossi un semplice Seguace, l’avevo capito quasi subito. Devi ritenerti fortunato che sia stata io a trovarti e non qualcun’altro.» Ash si sentì con le spalle al muro. La sua copertura era praticamente saltata. 
Doveva trovare un modo diverso per liberare quei Vivillon. Non gli importava il motivo per cui gli avevano voluti catturare, ma il suo istinto gli diceva che non era nulla di buono.
«Quando ho visto quello Staraptor, ho subito immaginato che non fosse un Pokémon selvatico. Non è una specie autoctona di Unima. Doveva, per forza di cose appartenere ad un Allenatore. Un Allenatore che è stato o a Sinnoh, a Kalos, o Paldea o a Nordivia.» Ash non rispose. Staraptor non era di certo un Pokémon raro. Gli veniva difficile capire come potesse essere ricondotto a lui. «E, non so se lo sai, ma gli Staraptor di Sinnoh sono un po’ più grandi della media. E questo lo era ancora di più. A occhio sembrava alto quasi un metro e mezzo.» Spiegò. Ancora Ash non sapeva che dire. Erano tutte prove indiziarie. Nessuna di esse conduceva direttamente a lui.
«Certo che sei proprio entrato nel tuo ruolo. Forse persino meglio di me.» Continuò a provocarlo, senza riuscire a farlo confessare. «Sai, io sono un’agente della Polizia Internazionale. E già per aver rivelato la mia identità prima di te, rischio di essere licenziata in tronco. 
Vengo dalla regione di Sinnoh. Mi hanno inviata qui per indagare sul Team Plasma. Per ovvie ragioni non posso rivelarti il mio vero nome. Se vuoi puoi chiamarmi Velaurora.» Ancora nessuna reazione.
«La prima volta che ti ho incontrato è stata a Burrascopoli. Un bel po’ di anni fa… a dire il vero. Ero tra il pubblico. Senza scendere troppo nei dettagli, dovevo indagare sul Team Rocket… immagino tu sappia chi siano. Sembrava che loro, a loro volta, stessero indagando sul Team Galassia.» Sembrava che nemmeno quelle parole avessero sortito alcun effetto.
«Beh, sono soliti andarsene quando la situazione si fa… elettrizzante» Commentò, in tono ironico.
«Sapevo che, prima o poi avresti confessato… ad ogni modo…» Cambiò argomento. «Immagino che tu sia venuto qui per liberare i Vivillon.» Cercò di prevedere le sue intenzioni. “Come può saperlo?” Pensò.
«Io ti posso condurre alla zona dove li hanno nascosti. Ma ricordati che non posso in alcun modo compromettere  la mia copertura. Non potrò darti molto tempo, dovrò avvisare gli altri.» Ash fece un piccolo cenno di approvazione, seguito da un piccolo gesto della mano, che sembrava la invitasse a fermarsi. 
«Quindi tu conosci Bellocchio? Sai? Ho avuto occasione di collaborare con lui, in passato» Chiese Ash. «Certo che lo conosco. Anche lui lavora per la Polizia Internazionale! Per ovvi motivi non posso divulgare il mio rapporto con lui.» Speigò, prima di cambiare totalmente argomento.
«Ora però dobbiamo andare.» L’agente invitò Ash a salire a bordo, nuovamente in direzione della base. Anche il viaggio di rientro fu silenzioso.
Ash non era ancora completamente sicuro della sincerità della donna. Altre volte era caduto in simili trappole, ma, in un modo o nell’altro era sempre stato in grado di uscirne.
Doveva cercare di mantenere la calma e di non sembrare troppo confidente con l’agente, oppure sarebbe stato troppo sospetto. Come se già la loro assenza non lo fosse.
Tornati alla base, l’agente si allontanò da Ash, per parlare con degli altri Seguaci. Il ragazzo non aveva idea di che cosa stessero parlando. 
Un paio di minuti dopo, la donna tornò da lui. «Tutto a posto.» Cercò di restare nel personaggio. «Sai, il capo è felice di accogliere nuovi membri. E a chi si offre di guidare i nuovi arrivati, danno dei bonus in busta paga.» Li spiegò con un sorriso. Ash sorrise a sua volta.
«Ci sono delle altre zone che ti devo mostrare. A cominciare dalla zona degli alloggi. Seguimi.» Per l'ennesima volta, la recluta accompagnò Ash da qualche parte.
Questa volta verso un’altra parte di quel gigantesco edificio. Questa volta, per  condurlo fino a davanti ad una doppia porta a spinta, simile a quelle solitamente impiegate nelle uscite di emergenza.
«Qui abbiamo i dormitori. Sono separati tra dormitori maschili e femminili. Non è difficile sbagliare.» Indicò la porta più vicina all’ingresso. Recava la sagoma di un uomo «Questo è il dormitorio maschile. L’altro, in fondo, è quello femminle… chiaramente.» Ash si limitò a rispondere con un semplice “Ok.” «Se vuoi entrare, fai pure.» Lo sguardo della Seguace si rivolse verso una delle telecamere di sorveglianza.
Voleva assicurarsi che, se mai qualcuno stesse osservando, non notasse anomalie. Si infilò una mano in tasca e, in seguito tirò leggermente Ash per una mano per convincerlo a farsi avanti. Contemporaneamente 
Il ragazzo comprese il messaggio e si diresse verso la porta del dormitorio maschile. La aprì e vi entrò. 
La stanza presentava un enorme numero di letti a castello, realizzati in metallo. I letti erano tutti perfettamente ordinati e puliti. Sembrava che nessuno di essi fosse mai stato usato.
Sulla testa del letto alla base e sulla parte laterale di quello sopra, vi era una targhetta con un numero. Nonostante l’assenza della guida, il ragazzo dedusse che il numero era l’identificativo di ogni Seguace.
Non era un dettaglio di poco conto. Per quanto volesse restare in quel posto il minor tempo possibile, doveva comunque essere pronto ad ogni evenienza.
Il ragazzo prese il biglietto datole dalla sua guida pochi istanti prima. Su di esso vi era scritto, a penna, un numero di cinque cifre, preceduto dalla lettera M.
Ash dedusse che quello fosse il suo numero identificativo. Cercò di memorizzarlo. Sarebbe sicuramente tornato utile.
Per lo stesso motivo cercò il letto con assegnato il suo numero identificativo. Fu un’operazione alquanto complessa. Sembrava che gli identificativi dei letti non rispettassero alcuno schema. Erano disposti in maniera disordinata e questo disorientò non poco il ragazzo.
Dopo una ricerca durata più del previsto, finalmente trovò il letto corrispondente. Era quello al piano di sopra.
Sulla parete opposta all’ingresso vi erano degli armadi di metallo. Ash, istintivamente si avvicinò agli armadi. Allo stesso modo dei letti, anche quei piccoli armadi recavano dei numeri. 
Ash, cercò il suo. Contrariamente a quanto avvenuto per il letto, lo trovò senza particolare fatica. Ovviamente era vuoto. Doveva ancora attivare la serratura a codice.
Alla sua sinistra vi era anche la porta che conduceva ai bagni. Decise di entrare. Erano dei bagni normalissimi. Vi era una zona con numerosi lavandini. Di fronte ad essi delle porte che portavano ai WC. Una porta separata portava alle docce. 
Ash, approfittando della privacy consentita dai bagni, prese il suo Smart Rotom per scrivere un messaggio a Serena.
Ciao. Sono riuscito ad entrare. Ma ancora non sono riuscito a liberare i Pokémon. Dovrei riuscirci domani. Spero che vada tutto bene” La ragazza rispose immediatamente al messaggio. Era un po’ preoccupata, ma si fidava di Ash più di chiunque altro. 
Sono felice di vedere che tutto vada bene. Noi stiamo bene. Siamo tornati a Levantopoli. I Ranger ci hanno dato un passaggio. Domani ci accompagneranno ad Eolea. Ci incontreremo nello stesso punto di ieri.”
La ragazza cercò di nascondere l’enorme preoccupazione che la tormentava. Sapere che Ash avrebbe dovuto passare un’intera notte nella tana del lupo la teneva in un grande stato di agitazione.
Ash uscì dal bagno e dal dormitorio, per poi ricongiungersi con la sua guida. La Seguace controllò l’ora sul suo Smartphone. «Mmmmh… Dovremo riuscirci prima dell’ora di cena.» Commentò. Questa volta lo accompagnò lungo l’andito. Spinse una seconda porta e lo condusse in un ulteriore andito.
«Eccola. Questa è la sala riunioni. Per ora è chiusa.» Spiegò. «Non avere grosse aspettative. Da domani la imparerai a conoscere. Ogni giorno alle otto abbiamo una riunione di lavoro. Solitamente si discute dei piani di lavoro della giornata. Non fare domande e ascolta. E vedrai che passerà in fretta.» Il tour continuò.
Ora i due erano davanti ad una grossa porta. Era realizzata in pregiato legno scuro e presentava fini decorazioni. La maniglia, dorata, era anch’essa finemente decorata. 
La seguace, notando la telecamera, scelse di scendere ancora di più nella parte.
«Questo è l’ufficio del Capo. Personalmente non l'ho mai incontrato. Ma chi lo ha incontrato lo ha definito un uomo saggio ed equilibrato. Da quanto ho capito, non viene spesso qui.» Spiegò.
«Più avanti ci sono sono degli uffici amministrativi. Non sono molto interessanti. Solo documenti e documenti. Sono i Seguaci più insubordinati ad occuparsene. Talmente è poco interessante.» La guida non nascose un sorriso.
La visita proseguì, sempre lungo lo stesso andito. I due camminarono fino ad una porta apparentemente simile a tutte le altre.  «Questa è la sala ricreativa. In genere ci andiamo dopo cena, prima di coricarci… guardiamo film, giochiamo a videogiochi. C’è anche una piccola biblioteca. Alcuni prendono in prestito dei libri che leggono nei momenti morti.»
Dagli altoparlanti appesi alla parete si sentì una voce, parzialmente distorta. «Tutti i seguaci sono pregati di raggiungere la sala mensa per la cena.» Ash e la Seguace si diressero verso la mensa, con il ragazzo distanziato di alcuni passi. «Vedrai… qui si mangia bene. Ci tengono a noi.» Quella, per Ash, era una buona notizia, la sola buona notizia di quella giornata.
Anche se era lì da poche ore già sentiva già la mancanza di Pikachu, di Serena e di tutti gli altri.
Con questi pensieri che gli ronzavano in testa, il ragazzo faticò a restare al passo con la sua guida. «Ti muovi?» Lo rimproverò. Al rimprovero seguì un sorriso. Era chiaro che lei dovesse restare nella parte.
La sala della mensa non era lontana. O almeno così sembrava, dato che il profumo della cena cominciava a sentirsi. Qualche passo dopo incontrarono degli altri Seguaci, coi quali si scambiarono rapidi saluti.
Poco dopo giunsero di fronte alla sala mensa. «Questa è una mensa self-service» spiegò. «Prendi un vassoio, delle posate, una bottiglietta d’acqua e poi prendi quello che vuoi dai contenitori sul banco. Se poi hai ancora fame puoi alzarti a fare il bis, ma ricorda di fare la fila. Soprattutto ora che sei il nuovo arrivato.» Lo punzecchiò.
La fila scorreva rapida ed efficiente e, finalmente giunse il turno del ragazzo. Raccolse da un dispensatore un vassoio di plastica bianca e rigida. Prese anche una piccola confezione, sempre di plastica, che al suo interno conteneva una forchetta,
un coltello, un cucchiaio e un fazzoletto di carta. Prese anche una bottiglietta d’acqua da 750 ml.
Giunse davanti al piano in cui poteva servirsi. La sua guida aveva ragione. C’era un’ampia varietà di cibo e sembrava tutto tremendamente invitante. «Muoviti, novellino!» Lo esortò uno, dietro di lui.
Ash non si scompose minimamente. Prese, con tutta la calma del mondo uno dei grossi cucchiai e riempì parte del suo vassoio con un’abbondante porzione di riso coi funghi.
Passò poi ai secondi, dove si servì dello spezzatino di carne e delle patate al forno, anche qui abbondando con le porzioni. Prese anche un bicchiere di macedonia.
Si diresse quindi ad un tavolo, in cui, in quel momento, era seduta unicamente la sua guida. Dovette fare molta attenzione a non rovesciare il contenuto del vassoio, che versava in precario equilibrio.
Si sedette e cominciò a mangiare. Sebbene fosse solito strafogarsi di cibo, decise di darsi un contegno e mangiare con calma. E sì, effettivamente si mangiava davvero bene.
Finito di mangiare, il ragazzo decise di unirsi alla sua guida e ad un piccolo gruppo di seguaci, e dirigersi verso la sala ricreativa. La sala rispettava perfettamente l’idea di Ash.
Un ampio televisore appeso al muro, a cui era collegata una console con diversi gamepad, una libreria ricolma di videogiochi di vario genere. Poco lontano un tavolo da ping pong, un calciobalilla e un bilardo. 
Su di una parete era appoggiata una grossa libreria stracolma di libri. “La liberazione dei Pokémon”, “Uomini e Pokémon, due mondi, due destini” “Cento motivi per liberare i Pokémon” e libri simili.
«Cosa ne pensi di fare una partita a calciobalilla? Così, giusto per ambientarti un po’» Propose la guida. «Va bene, ma ti avviso, non sono molto bravo.» Rispose Ash. «Non importa. Lascia a me la difesa e andrà tutto per il meglio.» Ash si limitò a sorridere. Non ci volle molto a trovare due avversari interessati alla sfida. 
«E così tu saresti il novellino… eh…» Uno dei Seguaci si posizionò di fronte a Ash. «Ormai è una tradizione che io sfidi i novellini. Fino ad ora nessuno è mai riuscito a battermi, sai? E qualcosa mi dice che continuerò ad esserlo.» Queste parole accesero in Ash una scintilla di sfida. Alcuni istanti dopo si aggiunse un secondo seguace. «Direi che la partita può cominciare.» Esordì il seguace, mentre tirava la leva che faceva ricadere le palline. 
Ne prese una e la sbatté contro il bordo. «Andiamo! È una pallina, mica un uovo!» Lo riprese il primo. Quest’ultimo, finalmente, si decise a lanciarla al centro del campo.
La pallina rotolò per il campo, fermandosi poco distante dalla prima fila di calciatori comandati da Ash. Il ragazzo si mosse rapidamente, spostando la sua fila di giocatori e lanciando la palla direttamente verso la porta avversaria.
«Alla faccia del fatto che non sei bravo!» Si complimentò la guida. Ash non rispose. Intanto era entrata in campo la seconda pallina. Stessa tecnica della prima. Nemmeno in questo caso i due avversari riuscirono a contrastarlo. «Vuoi deciderti? Siamo già sotto di due punti!» Uno dei due seguaci si lamentò.
La partita fu piuttosto tesa, uno scambio di passaggi e di gol. All’ultima palla, le due coppie erano in perfetto pareggio.
«Questa palla deciderà il risultato di tutta la partita.» Commentò uno dei due seguaci. «Vedi di fare attenzione!» Lo riprese il compagno. Ash e la sua guida, invece, si limitarono a scambiarsi una rapida occhiata. «Siamo pronti!» Si fece avanti il ragazzo. La pallina venne lanciata come di consueto. 
Sembrava che quella partita non volesse proprio finire. I passaggi sembravano infiniti. A volte sembrava stessero per vincere Ash e la sua alleata, altre volte i loro due rivali. Alla fine furono proprio Ash e la sua guida a spuntarla. 
«Bah!» Sbuffò uno dei due avversari. «È solo la fortuna del principiante!» Aggiunse. «In ogni caso non ci stavamo giocando nulla.» L’altro si limitò a concludere. «In ogni caso avrete la vostra rivincita. Magari domani. Oggi è tardi.» La guida tirò Ash per un braccio. Cercò di condurlo verso l’esterno della stanza. 
«Ti avevo detto che non dovevi farti notare. Sei stato fortunato di aver beccato me, quando abbiamo lottato. Ricordati di mantenere un basso profilo. O attirerai attenzioni. Domani sarà la nostra prima giornata di lavoro come collaboratori. Ricorda quello che ci siamo detti prima.» Ash fece un piccolo cenno con il capo.
Era ormai ora di dormire. Non aveva idea dell’orario a cui si sarebbe svegliato, per cui preferiva andare a letto. Si diresse verso il dormitorio maschile e quindi verso il bagno.
Come qualche ora prima, il ragazzo prese il suo Smart Rotom per mandare un breve messaggio a Serena. “Sta andando tutto bene. Conto di riuscire ad uscire di qui prima di mezzogiorno.”
Al Centro Pokémon di Levantopoli, intanto, Serena non riusciva proprio ad addormentarsi. Camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza. 
Aveva letto il messaggio di Ash, ma nonostante ciò non riusciva ad essere tranquilla. «Lo sapevo, non dovevamo fidarci di loro! E ora…» Si lamentò. «E ora Ash sta rimediando» le rispose Anita con un filo di voce. «Esatto. È da solo. Nella tana del nemico. So che è sicuramente in grado di cavarsela da solo, ma non mi sento sicura. Vorrei davvero essere al suo fianco, poter davvero sapere come sta…» Aggiunse, senza smettere di camminare avanti e indietro.
«So che ci tieni tanto a lui. Saremo in viaggio da poco tempo, ma questo l’ho capito sin dal primo momento…» Le rispose Anita, facendola arrossire. «No… non è come pensi…» le rispose Serena, un po’ in difficoltà. «No… no… nel senso… anche io ci tengo a lui. Se ho iniziato a viaggiare, se siamo riusciti a vincere la nostra prima medaglia, lo devo a lui. Nemmeno io vorrei perdere il mio punto di riferimento…» le rispose Anita. «E poi credo che anche lui tenga a te. Ed è per questo che ha deciso di andare da solo. Non sapendo di che posto si tratta, ha preferito andare da solo.» Aggiunse.
Questo non rassicurò per nulla Serena. Anzi, peggiorò ulteriormente la situazione. “Quindi, magari, mi ha mentito? Non sta davvero andando tutto bene? Lo hanno scoperto e qualcun’altro sta scrivendo al suo posto?” Quei pensieri le rimbombavano continuamente in testa, impedendole di dormire.
Nel mentre, alla base, Ash aveva raggiunto il letto a lui assegnato. Si sedette sul letto per togliersi stivali e calze, quindi sollevò le coperte e fece per coricarsi.
«Non te lo metti il pigiama?» gli chiese uno dei Seguaci. «E poi, come mai hai ancora il cappuccio? Non mi dire che lo terrai anche per dormire! Dai!» Rincarò la dose. «Non sono problemi tuoi.» Controbattè Ash, cercando di sembrare più duro di quanto non fosse.
Temeva che qualcuno potesse perquisirlo e scoprire la sua identità. Doveva fare in modo che nessuno la scoprisse, ad ogni costo. Certo, con Dragonite e Staraptor se la sarebbe potuta cavare, ma in quel momento voleva evitarlo ad ogni costo.
La sua guida non gliene aveva parlato, per cui l’ipotesi di perquisizioni notturne era del tutto da escludere. Temendone una, il ragazzo tentò di restare sveglio, per potersi difendere, in caso di necessità, ma non resistette a lungo. In poco meno di mezz’ora cadde in un sonno profondo. «Me la vuoi smettere? Fai più rumore di un trattore quando russi!» Lo sveglò un seguace. «Ma ti pare?» Gli rispose Ash, in tono seccato. «Io voglio solo dormire. Come tutti, immagino. Tantopiù che sono appena arrivato, e sono piuttosto stanco.» Il ragazzo si girò dall’altra parte e si riaddormetò rapidamente.
«A tutti i seguaci! Avete dieci minuti per prepararvi e per recarvi alla sala mensa!» Una voce robotizzata si diffuse nel dormitorio, svegliando tutti.
I Seguaci si diressero rapidamente verso il bagno, per andare in bagno e sciacquarsi. Ash riuscì ad inserirsi tra i primi. Non poteva contattare Serena, dato il poco tempo che aveva a disposizione. 
Le aveva promesso che sarebbe riuscito ad uscire di lì prima di mezzogiorno e così avrebbe fatto. Dopo esser andato in bagno ed essersi rapidamente sciacquato, uscì dal dormitorio.
Si unì al fiume di seguaci che si stava dirigendo verso la sala mensa. Rapidamente raggiunse la sala mensa, ora allestita per la colazione. Ash prese un vassoio, come la volta prima. Si avvicinò ad una delle macchinette per prepararsi una tazza di cappuccino, un bicchiere di succo, dei biscotti al cioccolato e due cornetti alla crema. 
Immaginando di non avere molto tempo per mangiare, cercò di fare il più velocemente possibile, anche a costo di rischiare di scottarsi con il cappuccino bollente.
La sua ipotesi si rivelò corretta. Riuscì a malapena a finire di mangiare, che, subito una voce metallica, simile a quella che lo aveva svegliato, avvisò i seguaci, esortandoli ad abbandonare la sala.
«Tutti i seguaci sono pregati di recarsi in sala riunioni al più presto possibile!» Ash si unì al gruppo di seguaci, cercando di incontrare la sua guida. Ricordava le sue parole. Le riunioni dovevano essere davvero noiose.
Forse, in quella riunione, avrebbero parlato riguardo a quei Vivillon. E a cosa ne avrebbero fatto. Ash sembrava piuttosto teso, anche se cercava di non darlo a vedere. 
Riuscì a prendere posto in una delle prime file, sul lato esterno. Accanto a lui la sua guida, dall’altra parte il muro. Davanti a lui, oltre alcune file di sedie, un palchetto. Ancora più in fondo un telo, parzialmente illuminato dalla luce blu di un proiettore. Sembrava che ancora mancasse qualcuno.
Per tutta la stanza si diffuse un brusio, prima leggero, poi divenne sempre più potente. Sembrava che stessero discutendo a riguardo di cosa avrebbero dovuto fare durante la giornata.
Dopo circa cinque minuti, da una porticina sul lato, fece capolino una donna. Indossava dei vestiti leggermente diversi, rispetto a tutti gli altri seguaci. La sua sopravveste non era bianca, ma nera, probabilmente per distinguerla dai seguaci di rango inferiore. 
«Come sapete…» Esordì senza nemmeno salutare. «Ieri abbiamo compiuto un’importantissima operazione, riuscendo ad ottenere un buon numero di Vivillon.» I seguaci si scambiarono diverse occhiate. Sapevano quello che era accaduto il giorno prima, per cui si chiedevano perché parlare di qualcosa avvenuto solamente il giorno prima.
«Anche grazie alla collaborazione di qualcuno che mai ci saremmo aspettati, che è caduto nella  nostra trappola.» Ash cercò di restare il più neutrale possibile. Non poteva permettersi di farsi scoprire.
«Ad ogni modo…» Riprese il suo discorso, mentre sullo schermo apparve un’immagine di un esemplare del Pokémon  Frarfascaglia «Noi non siamo bracconieri. Non ci interessa venderli e fare soldi.» Spiegò. “E allora come mai li hanno catturati?” Si chiese Ash. «Lo sanno bene gli Allenatori, che girano sempre coi loro Pokédex. I Vivillon, come tutti i Pokémon, hanno dei poteri incredibili. Loro, per esempio, sono capaci di generare delle scaglie in grado di calmare chiunque entri in contatto con esse. Il loro effetto calmante è incredibilmente potente.» Speigò. 
Quindi vogliono sfruttarli per le loro scaglie? E poi cosa ne faranno? Ma soprattutto, come faranno a fargliele rilasciare? Ho paura che non sia per nulla piacevole” Pensò Ash.
«Il vostro compito sarà quello di costringerli a rilasciarle. A qualsiasi costo.» Spiegò. “Lo sapevo” Pensò Ash. “Lo sapevo che non volevano fare nulla di buono.” 
«Le loro scaglie ci serviranno a calmare gli Allenatori e questo renderà più facile per noi costringerli a liberare i loro Pokémon.
Anche solo poche scaglie possono avere un grandissimo effetto.» Aggiunse.
«E questo è tutto. I due volontari vengano con me. Gli altri, beh… tornate a lavoro.» La sala cominciò a svuotarsi. Sembrava che nessuno volesse svolgere quell’ingrato compito. 
Alla fine, nella stanza, rimasero solo Ash e la sua guida. «Mi fa piacere che il novellino decida di occuparsi dei compiti più ingrati. Quanto a te…» Poi si riferì alla guida del ragazzo. «Ti faccio i miei più sentiti complimenti. Non solo ti sei presa la responsabilità del nuovo arrivato, ma accetti questo incarico. Lo terrò bene a mente. Ora però andate! Tanto sapete dove sono  i Pokémon» Li esortò.
Quindi sono ancora dove gli avevano portati prima? Ancora in quella gabbie? Alla faccia del fatto che loro sono per la liberazione dei Pokémon!” Pensò Ash, mentre seguiva la sua guida.
I due camminarono per lungo tempo, fino a giungere all'esterno dell’edificio, non troppo lontano da dove i due si erano incontrati per la prima volta.
«Ohhh! Eccovi qui! Mi aspettavo più persone, ma… anche voi due andrete bene.» Li accolse un seguace, vestito allo stesso modo della donna che aveva illustrato i piani della giornata. «Seguitemi che vi illustro il vostro compito» Li invitò con un gesto della mano. I due lo seguirono, fino ad un’area non troppo distante dall’edificio principale.
All’esterno ricordava una sorta di garage. «Sino all’altro giorno, usavamo questo edificio per la manutenzione dei nostri mezzi, poi le nostre esigenze sono cambiate e ci siamo dovuti adeguare.»  Spiegò l’uomo.
«Anche per te deve essere una novità.» Si girò verso la guida di Ash. «Immagino che tu non sia mai entrata nella seconda stanza.» Le rispose. «Seconda stanza?» Ripeté a bassa voce la guida.  
L’uomo infilò una chiave nella serratura elettronica, facendo alzare la serranda elettrica, che si aprì con un forte rumore metallico, rivelando l’interno della stanza.
Ecco dove hanno messo i Vivillon!” pensò Ash, osservando le gabbie. Poteva riconoscere ogni singolo Pokémon all’interno delle gabbie. Poteva, invece, solo immaginare la loro sofferenza.
Il seguace premette un interruttore e diverse luci al neon illuminarono la stanza, con una luce fredda e triste, che metteva ben in evidenza le macchie d’olio presenti sul pavimento.
«Portateli nell’altra stanza, poi vi darò altre istruzioni.» Ordinò. «Due alla volta bastano e avanzano.» Aggiunse, mentre si avvicinava alla porta che separava la stanza in cui si trovavano da quella adiacente.
I due obbedirono, prendendo una gabbia a testa ed entrando in quella stanza. 
All’interno della stessa, la prima cosa che saltò all’occhio, tanto di Ash quanto della sua guida, fu uno strano dispositivo. Era una sorta di cabina, quadrata, alta circa due metri,  da circa tre metri di lato.
Nella parte superiore era possibile notare due tubi di ventilazione, uno in ingresso, l’altro in uscita. “Forse dovrei rivelare la mia reale identità e liberarli prima che sia troppo tardi” pensò Ash. “O forse dovrei aspettare ancora un attimo?” si chiese poco dopo, senza darsi una risposta. 
«Bene, ora entrate dentro quella cabina e fate uscire i Pokémon.» Ordinò. I due obbedirono, entrando nella cabina e aprendo le gabbie. I Vivillon al loro interno uscirono senza fare storie.
Sembravano estremamente spaventati e disorientati. Ash riusciva benissimo a capire come si sentivano, perché si sentiva come loro. Lontano dai suoi amici ed in un posto ostile.
«Non vi preoccupate…» cercò di rassicurarli, Ash. «Andrà tutto per il meglio… o almeno spero.» Si corresse, mentre usciva dalla cabina. 
«Perfetto!» si complimentò il superiore. «Ora dobbiamo solamente assicurarci che la porta sia ben chiusa.» la guida controllò che Ash avesse chiuso correttamente la porta. «È chiusa.» confermò.
«Bene… allora possiamo partire con il gas.» L’uomo premette un pulsante sulla parete. «Gas?!?» Chiese Ash, in tono preoccupato. «Normale. Sei il nuovo arrivato.» Lo richiamò il superiore. «Nei nostri laboratori di Austropoli, abbiamo sintetizzato un gas. Che serve esattamente a far rilasciare le scaglie ai Vivillon… non posso scendere troppo nei dettagli… ma è stato sintetizzato da un nostro collega proveniente dalla regione di Kalos.»  Spiegò. 
Ash fece un rapido collegamento mentale. Poteva trattarsi di un ex membro del team Flare?
Il ragazzo non potè pensarci a lungo. Dalla finestra di ispezione, poteva notare come i due Pokémon Farfascaglia stessero volando in una danza disperata, mentre, dalle loro ali si distaccavano dei piccoli frammenti che riflettevano la luce. 
Pochi istanti dopo si iniziò a sentire un rumore, come quello di una grossa ventola. 
«Molto bene!»  Commentò il superiore. «Stiamo raccogliendo davvero delle ottime quantità di...»  Non riuscì a completare la
 frase, a causa di una grandissima forza che lo spinse contro un fianco della cabina.
«Eh! Cosa fai?!?» Si lamentò il superiore, tentando di girarsi. Senza riuscire. «Traditore!» Gridò contro Ash. 
Dragonite prese l’uomo per la schiena e lo scagliò contro la parete opposta. «Cosa fai?» Lo riprese la sua guida. «Credi che sia questo il momento giusto?» Chiese, cambiando tono, dopo essersi accorta di come il superiore fosse privo di sensi.
«E ora liberiamoli!» Ordinò Ash. Dragonite colpì la porta con una spallata, sfondandola. I due Vivillon all’interno uscirono, guardarono Ash, con aria strana e scapparono dalla porta.
Pochi istanti dopo si sentì una voce registrata. «Attivazione protocollo allarme!» In seguito si sentì il suono di un’allarme.
«Presto, abbiamo poco tempo!» Lo esortò la guida. 
«Dragonite! Distruggi quel coso con  Iper Raggio!» Ordinò Ash. Dalla bocca della Pokémon si generò un grande raggio di energia dal colore bianco, che colpì la cabina.
Il potente attacco divelse totalmente la cabina, che inizio ad emettere del fumo nero. «Questo coso può esplodere da un momento all’altro, meglio fuggire!» Fece notare Ash.
I due uscirono dalla stanza, scortati dalla Pokémon del ragazzo. «Direi che questa possiamo anche chiuderla!» Commentò Ash, mentre chiudeva la porta a chiave. «Questo ci dovrebbe dare un po’ di tempo.» Commentò.
«Ho poco tempo. Presto dovrò avvisare gli altri, o sospetteranno di me.» La guida cominciò ad aprire alcune gabbie, Ash ne aprì delle altre. In pochi istanti, tutti i Pokémon Farfascaglia erano tutti liberi.  
«Ora io vado! Addio!»  Ash strinse la mano alla sua guida. Pochi istanti dopo, Dragonite strinse entrambi in un fortissimo abbraccio. «Ahi! Soffoco!» Si lamentò la guida, non riuscendo a trattenere una risata.
Poco dopo, il ragazzo, la Pokémon e l’ormai ex guida, nonché agente sotto copertura, uscirono dall’edificio.
«Prima che tu te ne vada… ho da chiederti un ultimo, piccolo favore.» “Mi chiedo cosa possa volere” Pensò Ash.  «Dimmi» Le chiese. «Vorrei che Dragonite attaccasse Liepard. Almeno così posso dire di aver tentato di difendermi. Certo. È pur sempre una contravvenzione al codice di comportamento, ma almeno avrò una giustificazione.» Ash assunse un’espressione piuttosto perplessa. Avrebbe preferito lottare, piuttosto che far attaccare il suo Pokémon, con l’avversario che subiva passivamente. Provò ad  obbiettare, ma ormai il Liepard dell’agente era davanti a lui.
«E va bene! Dragonite! Vai con Tifone!» La Pokémon si girò di spalle e cominciò a sbattere violentemente le ali, generando un gigantesco turbine che, rapidamente raggiunse il Pokémon avversario e lo sollevò, lanciandolo contro la parete dell’edificio, creando un grosso buco nella stessa. Liepard era piuttosto acciaccato, data la violenza dell’impatto. 
«Bene, ora potrò dire di aver almeno tentato di lottare.»  
 Ash, finalmente libero di andare, salì in groppa a Dragonite. Rapidamente la Pokémon prese il volo e si allontanò dalla base, dando a Ash solo il tempo di salutare la donna con un rapido gesto della mano. 


L’agente si allontanò dall’edificio, e prese, dalla sua uniforme un piccolo dispositivo, dalla forma simile ad una Poké Ball. Lo avvicinò alla bocca. “Spero che lo ricevano. È un dispositivo sperimentale”
«Agente Velaurora al rapporto. Il sabotaggio ha funzionato, siamo riusciti ad impedire che il Team Plasma mettesse le mani sulle scaglie dei Vivillon.
Il piano è andato a buon fine anche grazie ad un alleato, di cui non posso rivelare l’identità, che è stato in grado di sabotare i loro macchinari. Lui stesso mi ha rivelato di avere avuto occasione di collaborare con Bellocchio. Ho potuto apprezzare il suo metodo di lavoro. È riuscito perfettamente a mimetizzarsi tra i seguaci ed è riuscito a non intralciare i miei piani. Chiudo la comunicazione o potrebbero sospettare.» Conclusa la comunicazione, l’agente tornò alla base. 
Non fece nemmeno in tempo ad arrivare all’edificio, in cui erano stati portati i Vivillon, che subito incontrò il suo superiore.
«perché non lo hai attaccato? Perché hai permesso a lui e al suo Pokémon di distruggere le nostre apparecchiature?» Chiese, in tono piuttosto arrabbiato. «Non sarai mica una sua complice? Sappi che io posso chiedere agli altri seguaci di seguire ogni tuo movimento! Sai benissimo cosa succede agli impostori!» La accusò.
«Ho cercato di fermarlo. Lo ho sfidato in una lotta, ma lui è ci ha surclassato in men che non si dica.» Tentò di giustificarsi.
«Hai comunque violato il protocollo. Sapevi benissimo che avresti dovuto chiamare gli altri.» Continuò a rimproverarla. «Lo avrei lasciato distruggere l’intera base?» Chiese. «Giusta obiezione. Ma hai comunque violato il protocollo! Se il team Plasma ha successo, lo deve anche a questo. Altre organizzazioni falliscono in cose più semplici, proprio per questo.» La donna fece un rapido inchino. «Chiedo scusa. Ho fatto di testa mia e ho sbagliato.» Il superiore la guardò negli occhi.
«Per questa volta resti dentro, ma dovrò trovare la giusta punizione. Che queste cose non devono mai accadere.» La donna lo guardò con sguardo triste. «Non accadrà mai più.»


Una volta allontanatosi a sufficienza, Ash si tolse il cappuccio della sua uniforme, quindi prese il suo Smart Rotom. Sapeva bene che farlo in volo non era il massimo, ma doveva avvisare gli altri del fatto che tutto fosse andato per il meglio.
Non gli piaceva affatto usare il telefono in situazioni pericolose, ma in quel caso non aveva scelta. 
Per fortuna in quell’occasione, Staraptor faceva da guida alla sua Pokémon, eventualmente anche liberando la strada da eventuali ostacoli. Con questo pensiero, il ragazzo avviò la chiamata verso Serena, sperando in una sua rapida risposta. Fortunatamente la ragazza rispose immediatamente. «Ciao! Finalmente sono riuscito a uscire da quel postaccio! Sto per raggiungervi!» Ash sperava che Serena avesse capito. Temeva che il vento non coprisse troppo la sua voce. 
«Fantastico!» Rispose la ragazza. «Sei riuscito a liberare i Vivillon?» Chiese. «Assolutamente si! Non è stato facile. Devo ringraziare Dragonite. Per il suo grande aiuto. Ora però devo proprio staccare.» Spiegò rapidamente. «Va bene. Noi ti stiamo aspettando. Fai presto, mi raccomando!» Rispose la ragazza, prima di chiudere la chiamata.
«Raptoor!» Il Pokémon Rapace avvisò il suo Allenatore della presenza del gruppo, poco sotto di loro. Il Pokémon iniziò una rapida picchiata, seguito dalla più dolce discesa di Dragonite.
Ash scese a terra, subito davanti al gruppo. Indossava ancora l’uniforme del Team Plasma. Serena e Pikachu si misero a correre verso di lui, con il Pokémon Topo che gli salì in spalla e la ragazza che corse ad abbracciarlo, mettendo in leggero imbarazzo.
«Sono felicissima di vedere che stai bene. Pensavo che qualcuno avesse preso il tuo telefono e scrivesse al posto tuo…» La ragazza sembrava non lo vedesse da tantissimo tempo. Il ragazzo si rivolse verso i suoi Pokémon. «Vorrei presentarvi un nuovo amico.» Il ragazzo prese una Poké Ball dalla sua uniforme. La lanciò e, dalla stessa uscì un esemplare di Sandile. «Come sapete, mi sono dovuto inflitrare nei ranghi del Team Plasma…» Spiegò Ash. «Mi sono dovuto fingere un nuovo seguace. E per questo mi hanno donato un Pokémon, e io ho scelto lui.» Il Pokémon cominciò a fare conoscenza con gli altri Pokémon del ragazzo. «Non ti preoccupare…» Lo rassicurò Ash. «Io non sono veramente un seguace del Team Plasma. Ho dovuto fingere, ma stai tranquillo, non ti tradirò, liberandoti.» Cercò di rassicurare il Pokémon.
«Ora possiamo andare.» Li richiamò uno dei due ranger. «Tra un po’ inizia il nostro turno. Sennò non potremo accompagnarvi ad Eolea.» Si spiegò.  
«Direi che non abbiamo motivi per restare qui! E poi… sinceramente non vedo l’ora di togliermi questa cosa di dosso e di farmi una doccia bollente.» Aggiunse Ash.
Improvvisamente una gigantesca lama di energia si scagliò poco lontano dai piedi di Anita. Sembrava provenisse da dietro degli alberi poco lontano.
«HEI! COSA SUCCEDE!» La ragazza si spaventò. Indietreggiò di alcuni passi. «Qualcuno ha cercato di colpirti.» Commentò Carlos, rimarcando l’ovvio.
La ragazza non fece in tempo a riprendere la calma che subito, un secondo attacco partì, dal medesimo punto. Ancora una volta, la ragazza non venne colpita per pochissimo.
«Sei il coraggio, vieni fuori!»  Lo invitò Ash. «Nessuno può attaccare una mia mia amica e farla franca!» Gridò il ragazzo.
«Attaccami se hai coraggio!» Ash si piazzò davanti all’amica. Una lama d’aria colpì la terra, per la terza volta. Poco davanti al ragazzo. «Vuoi colpirmi oppure… vuoi solo provocare?» Ash era ancora più arrabbiato. Nessuna reazione.
«Forse… vuole lottare contro di me.»  Gli fece notare Anita. Ash si scostò da davanti all’amica. 
Pochi istanti dopo un ennesimo Eterelama colpì il terreno. 
Anita prese dalla sua borsa la Poké Ball del suo Oshawott e lo mandò in campo. «Vuoi lottare? Bene! Allora l’avrai!» L’ennesima lama d’aria attraversò l’aria davanti alla ragazza.
«Distruggila con Conchilama!» Oshawott brandì la sua Molluscosiabola, che si trasformò in una sorta di piccola spada. Con un rapido gesto del braccio, distrusse l’attacco avversario.
Un altro attacco, ben presto giunse al Pokémon Lontra e alla sua Allenatrice. Una polvere, dal colore dorato riempì l’aria attorno all’Allenatrice e al Pokémon. «E ora che faccio?» Anita si stava, di nuovo, per impanicare. «Dì a Oshawott di usare Pistolacqua contro la polvere! Prima che sia troppo tardi!» Le suggerì Ash. «Si.. Proviamoci! Oshawott! Usa Pistolacqua! Mira alla polvere!» Ordinò la ragazza, non troppo convinta.
Il getto d’acqua generato dalla bocca del Pokémon Lontra colpì l’intera coltre di polvere, appesantendola e facendola precipitare. Gli attacchi cessarono per alcuni istanti. «Deve essersi stancato.» Commentò Ash.
«Direi che possiamo andare.» Aggiunse Ash poco dopo. I quattro non fecere in tempo ad avvicinarsi al furgone e a raggiungere i due ranger, che, intanto erano saliti a bordo, che, sempre da dietro gli alberi, venne scagliata una sfera di energia dal colore verde chiaro, che ricordava una sorta di occhio.
«Presto! Distruggilo con Conchilama! Come hai fatto prima!» ordinò Anita. Il Pokémon, come poco prima, spiccò un balzo e, con un colpo secco della sua Molluscosciabola fece esplodere la sfera, che si disintegrò in una nube di scintille colorate. 
Ancora una volta, per alcuni istanti, gli attacchi cessarono. «Deve essersi stancato.» Commentò Ash.
Ma, anche in questo caso, la realtà contraddisse le parole del ragazzo. Dagli stessi alberi da cui erano provenuti quegli attacchi si sentì un leggero fruscio. Senza che la sua Allenatrice gli dicesse nulla, Oshawott spiccò un balzo. Il suo corpo si rivestì d’acqua e si lanciò in direzione di quel suono.
Pochi istanti dopo si sentì un rumore forte e secco, di qualcosa che sbatteva contro una superficie dura. «Ecco chi ti aveva attaccato. Un Vivillon!» Commentò Serena. 
Anita guardò il Pokémon, privo di sensi, ormai scivolato a terra, privo di sensi. «Ma è la stessa che ci aveva osservato l'altro giorno!» Commentò la ragazza. «Mi chiedo come mai abbia deciso di attaccarci.» Aggiunse. «Ricordati che abbiamo rapito i suoi simili… beh… pensavamo di fare del bene…» Le rispose Carlos. «E ora che ci hai lottato, cosa fai? Non lo catturi?» La punzecchiò. Anita, dentro di sé, aveva pensato ad una risposta a tono, come, per esempio, "fossi in te penserei al fatto di catturare un Pokémon, prima di consigliare gli altri.” Ma, comportarsi così, non era da lei. Preferì il silenzio. «Catturare un Pokémon non è solo una scelta tua. Alcuni Pokémon scelgono di seguirti di loro spontanea volontà, altri dopo una lotta. Altri ancora… li catturiamo e diventiamo loro amici col tempo… questo è uno dei casi in cui sta a te scegliere.» Le spiegò Ash. «Non so. Vivillon è davvero un bel Pokémon… ma non so se merito di essere la sua Allenatrice.» Spiegò la ragazza. «Non dire così» Serena le posò una mano sulla spalla. «Tu sei un’Allenatrice. In quanto tale, meriti di allenare qualsiasi Pokémon tu desideri.» La rassicurò. «E poi…» La nativa di Kalos si avvicinò ulteriormente all’amica, per sussurrarle qualcosa all’orecchio. «E poi non avevi detto che non sapevi come fare al Varietà? Vivillon potrebbe essere la soluzione. È un Pokémon molto popolare tra Performer e Coordinatrici, sai?» Le spiegò.
«Da come lo dici, sembra che lo voglia catturare te!» Le rispose Anita, con una punta di ironia. «Non mi permetterei mai… siete stati tè e Oshawott a lottare, quindi è giusto che sia tè a catturarla. Poi… il fatto che sia un Pokémon popolare tra  Performer e Coordinatrici, non esclude che possa essere forte nelle lotte. Tutt’altro!» Rincarò la dose.
«Va bene. Mi hai convinta.» La ragazza prese, una Poké Ball dalla sua borsa e la lanciò contro la Pokémon, ancora priva di sensi. La Poké Ball si aprì, avvolgendo la Pokémon in una luce biancastra e assorbendola.
La sfera rossa e bianca si mosse a destra e a sinistra. Prima una volta, poi due, quindi tre e, alla fine quattro. Un breve “clic” confermò l’avvenuta cattura. Anita si avvicinò alla Poké Ball e la raccolse. «Evvai! Ho catturato un Vivillon!» 




Vi chiedo scusa se con questo capitolo ho tardato tanto, ma ci sono state delle vicissitudini personali che mi hanno portato a potervi dedicare poco tempo. Tantopiù in un capitolo che, per quanto sia un “filler”, affronta comunque una tematica, a mio parere interessante. Vi prometto che il prossimo capitolo non tarderà così tanto… o almeno spero. 
Non voglio anticiparvi troppo, ma… finalmente, i nostri eroi raggiungeranno la città di Eolea. Riuscirà Serena a vincere la chiave della Principessa al primo Varietà di Unima?
Come se la caverà Anita alla sua prima esperienza con questa manifestazione?


Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Un’esperienza preziosa ***


Prima di cominciare una piccola cosa. Ho una proposta per te. Ti piacerebbe aiutarmi nella scrittura di questa storia? In caso affermativo ci accorderemo sul da farsi e soprattutto sulle condizioni della storia.


Dopo aver finto di essere un Seguace del Team Plasma, Ash è riuscito a liberare dei Vivillon, imprigionati da lui e dai suoi amici, a causa di una bugia.
Anita è anche riuscita a catturarne un’esemplare, dopo una lotta contro il suo Oshawott.


Un’esperienza preziosa


Beep! Il ranger suonò il clacson del furgone. «Ora dobbiamo andare! O vi lasceremo a metà strada!» Li esortò a salire a bordo. «Non ti preoccupare! Stiamo salendo!» Lo tranquillizzò Ash, avvicinandosi al furgone e aprendo la portiera.
Invitò Serena ad accomodarsi sul posto centrale della panchetta anteriore. 
Carlos e Anita si sedettero sul sedile dietro. Appena tutti e sei indossarono la cintura, il ranger partì. «Vi ricordo che, appena arrivate ad Eolea, Anita dovrà denunciare la cattura della sua Vivillon.» Ricordò loro la ranger. «Purtroppo non abbiamo i nostri computer e non possiamo farlo.»  Anita annuì. «Ho capito. Cosa devo fare di preciso, per denunciarne la cattura?» Chiese. «Nulla di speciale. Puoi farlo anche al centro Pokémon. L’Infermiera Joy ti farà alcune domande riguardo il tuo Pokémon, e registrerà la tua cattura. Nulla di più.» Rispose la donna. «La registrazione vale anche se il Pokémon viene scambiato o se viene donato.» Aggiunse. 
Il viaggio proseguì tranquillo,  fino a raggiungere la cittadina di Eolea. Il ranger parcheggiò il furgone nella piazza centrale della città. «Eccoci arrivati! Il Centro Pokémon è proprio qui davanti!» Il ranger spense il furgone e i quattro scesero.
«Non starai dimenticando qualcosa?»La ranger si rivolse a Ash. «La tua roba. È sul retro.»Ash aprì la porta scorrevole e salì dentro al furgone e recuperò il suo zaino e i suoi vestiti. Erano un po’ impolverati, ma intatti. Ash diede alcuni colpi al suo zaino per togliere la polvere, Si tolse l’uniforme ed indossò i suoi pantaloni. Infilò di fretta l’uniforme nel suo zaino quindi saltò a terra. «Sia mai che possa servire di nuovo.» Commentò.
«Grazie del passaggio!» Li ringaziarono. Il furgone partì, lasciando i quattro da soli. Ash terminò di vestirsi, indossando la maglietta, la giacca e le scarpe. «Scusate, ma non potevo di certo restare con quei vestiti.» Disse, mentre si finiva di vestire.
Nessuno gli disse nulla. Erano tutti consapevoli che presentarsi vestito in quel modo non era affatto una buona idea.
Finalmente, i quattro, raggiunsero il Centro Pokémon. Appena entrarono, vennero accolti dall’Infermiera Joy.
«Buongiorno ragazzi! Come posso esservi utile?» Li accolse. «Buongiorno!» La salutano. Ash si avvicinò al bancone. «Vorremo prenotare due stanze per la notte, se fosse possibile.» L’Infermiera diede un rapido sguardo al suo computer. «Nessun problema. Se volete potete entrare anche ora. Mi sembrate un po’ stanchi.» Nessuno di loro se la sentì di obbiettare. «Se volete mi potrò prendere cura dei vostri Pokémon, intanto che vi riposate.» Propose. I quattro consegnarono le loro Poké Ball, con Pikachu che, come suo solito, saltò sul bancone. Poco dopo, Ash e Serena presero le chiavi delle stanze in cui avrebbero alloggiato. «Seguite pure le frecce.» Spiegò loro l’Infermiera.
Ash corse alla velocità della luce, rischiando di scontrarsi con la donna delle pulizie, appena uscita da una delle stanze.
«Chiedo scusa.» Ash si scusò con un piccolo inchino. «Non fa nulla!» Rispose la donna.
Ash poté, finalmente entrare nella stanza. Prese dei vestiti e della biancheria dal suo zaino e lo lanciò contro uno dei letti, quindi si precipitò verso il bagno. Finalmente Ash poté farsi la tanto agognata doccia. Boom! Boom! Boom! Carlos batté i pugni sulla porta. «Quanto ci metti ancora?» Si lamentò Carlos. «Ci sei tre quarti d’ora!» Rincarò la dose. «Ehi! Ho fatto! Fammi solo finire di asciugare i capelli!» Ash sembrava piuttosto seccato. Non poteva neppure rilassarsi un po’.
Ash finì di prepararsi, e uscì dal bagno. Carlos raggiunse rapidamente il bagno. Schivando Ash per un soffio. 
Ash si sedette sul letto e finì di vestirsi. Indossò un paio di jeans neri, strappati sulle ginocchia, un paio di scarpe sportive dello stesso colore, una semplice maglietta con un logo e una giacca blu. Sulla testa un berretto rosso. 
Appena tutti furono pronti, i quattro si presentarono davanti al bancone dell'Infermiera. «Oh…! Eccovi. I vostri Pokémon sono in perfetta forma. Ah… a proposito… chi è l’Allenatore o l’Allenatrice di Vivillon?» Chiese l’Infermiera. «S-sono io.» Rispose Anita, un po’ spaventata. «Hai la denuncia della cattura?» Chiese l’infermiera, con gentilezza. «N-no. Non ho ancora provveduto. La ho catturata questa mattina. I Ranger mi hanno detto che posso denunciare la cattura in un Centro Pokémon.» Rispose la ragazza. «Ti hanno detto bene. Dammi trenta secondi che apro il sito.» L’infermiera batté rapidamente alcuni tasti del suo computer, aprendo il sito del DPPR, il Dipartimento Protezione Pokémon Rari. «Allora… ho bisogno della tua scheda Allenatore.» Anita porse all’Infermiera il suo Smart Rotom, permettendole di scansionare il codice QR. «Perfetto. Tu ti chiami Anita White. E vieni da Soffiolieve… giusto?» Chiese l’Infermiera. «Esatto.» Confermò la ragazza. «Ora ti farò un paio di domande sul tuo Pokémon. Nulla di che, non ti preoccupare.» La rassicurò l’Infermiera. 
«Anzitutto tu hai catturato il quarantasettesimo esemplare, per quest’anno. Sei perfettamente in regola. Confermi che si tratta di un Vivillon motivo Marino?» Chiese. «Esatto. Motivo Marino ed è una femmina.» Rispose la ragazza. «Molto bene. Hai dimostrato anche di avere una buona conoscenza di questa specie di Pokémon. Molto bene. Il tuo è il quinto esemplare Motivo Marino catturato quest’anno. La terza femmina con Motivo Marino e la ventiquattresima in assoluto.» Spiegò. «Preferisci avere il certificato stampato o preferisci che te lo invii via email?» Chiese. «Preferisco l’email. Il foglio potrei perderlo.» Rispose. «anitawhite@pmail.com» L’Infermiera appuntò i dati sul suo computer ed inviò il documento alla ragazza. «È arrivato.» Confermò la ragazza.
«A proposito…» Serena cambiò argomento. «Io e la mia amica vorremmo partecipare al Varietà…» «Ho capito…» rispose l’Infermiera. «Non è troppo lontano da qui. Attraversate la viuzza qui dietro e raggiungerete il teatro. Io vi consiglio di fare presto… il Varietà sarà dopodomani pomeriggio, ma le iscrizioni scadono tra poche ore.» Rispose. «Grazie!» Rispose Serena. «Allora è meglio metterci in viaggio.» La ragazza invitò il gruppo a seguirla. I quattro si incamminarono, con Serena davanti a tutti. Attraversarono la viuzza accanto al Centro Pokémon e raggiunsero una seconda piazza, più piccola. Al centro della piazza una fontana, con delle statue di Pokémon.
Davanti a loro si stagliava un edificio dall’aspetto antico, rivestito in materiali pregiati. La porta, piuttosto alta e realizzata in legno scuro e metallo, su cui era affisso un cartello su cui vi era scritto:
Teatro dei Varietà di Eolea: le iscrizioni sono aperte: Vi aspettiamo numerose!"
«Siamo ancora in tempo, allora.» Commentò Serena, invitando Anita a seguirla. Ash e Carlos rimasero alcuni passi indietro. Il nativo di Biancavilla, stava osservando l’interno dell’edificio. Era curato ed elegante come l’esterno. Dal soffitto pendevano degli elaborati lampadari, realizzati in metallo prezioso e cristallo, alle pareti erano appesi diversi quadri di famosi artisti. Non che Ash ne capisse qualcosa di arte, ma riusciva ad apprezzarli.
Sul pavimento erano posate delle grandi statue di marmo. Non rappresentavano dei Pokémon, ma qualcosa di astratto, che Ash non riusciva ad identificare.
Dopo aver atteso alcuni istanti, finalmente era il momento per Serena e Anita di registrarsi. Una giovane donna accolse le due ragazze da dietro al bancone. «Buongiorno ragazze! Come posso esservi utile?» Le accolse.
«Buongiorno!» Le due ragazze salutarono a loro volta. «Siamo venute qui per partecipare al Varietà.» aggiunse Serena, poco dopo. «Immaginavo.» Rispose la donna. «Siete fortunate. Le iscrizioni scadono tra poco.» Serena sorrise, mentre Anita era un po’ preoccupata. Fosse stato per lei… «Per registrarvi mi servono le vostre schede Allenatore.» Le due ragazze posarono
i loro Smart Rotom sul bancone. La donna li prese uno alla volta. Scansionò i QR code sull’apparecchio. «Ho fatto. Ora datemi alcuni istanti, che vi consegno i vostri pass.» Uno strano rumore provenne dal gabbiotto in cui si trovava la donna. 
Dopo una trentina di secondi, la donna restituì i dispositivi alle due ragazze e consegnò loro delle tessere.
«Ecco i vostri pass. Vi permetteranno di partecipare a tutti i Varietà della regione di Unima.» Anita si sforzò di sorridere. La donna guardò Serena più da vicino. «Qui non sarà facile nemmeno per te.» La ragazza sorrise.  «Non è un problema. Mi piacciono le sfide.» Rispose la nativa di Kalos. «No… non ci siamo capiti.» Rispose la donna. «Dovrete ritenervi fortunate se riuscirete ad ottenere i voti dei vostri ragazzi!» Rispose la donna. «Poi capirete il motivo.» Aggiunse.
Le due ragazze si scambiarono una rapida occhiata. “Cosa intende dire? Se intende che il livello delle Performer è alto, non è un problema. Però… dal suo tono…” Pensò Serena. 
«Se intende dire che le Performer sono molto forti, allora dovremo allenarci di più. Non è un problema. Vero?» Chiese Serena. «Sì… non è un problema… non è un problema…» Rispose l’Allenatrice più giovane.
I quattro uscirono dall’edificio, per dirigersi in un fast food poco lontano. Era praticamente ora di pranzo, ma il locale era praticamente deserto. 
Dopo pranzo, e dopo che Ash mandò alcuni dei suoi Pokémon al laboratorio del Professor Oak, e ne aveva ritirati degli altri,  il gruppo si diresse nuovamente al Centro Pokémon. Avrebbero potuto usare i campi lotta del Centro Pokémon per allenarsi. «Visto che Anita è stata sequestrata da Serena… cosa ne pensi di allenarti con me?» Carlos si propose a Ash.
«Va bene. Ma questa volta vorrei che tu e Umbreon vi impegnaste veramente.» Rispose Ash. “Ma come, scusa?” Pensò Carlos. “Capisco che lui sia il Campione e che pretenda tanto dagli altri, ma non starà esagerando?” Si chiese Carlos. “Eppure con Anita non si comporta così” Pensò poco dopo. «Tutto bene?» Chiese Ash.
Forse si è accorto di come sono rimasto fermo” Pensò Carlos. «Si… tutto a posto. Possiamo cominciare.» Rispose il ragazzo. «Mi chiedo con che Pokémon lotterai questa volta!» Carlos sembrava piuttosto entusiasta.  
«Nessuno.» Rispose Ash. Carlos rimase spiazzato dalle parole del Campione. «Come sarebbe a dire nessuno?» Chiese il ragazzo, alquanto perplesso. «Vedi… a volte, per diventare forti bisogna cominciare delle basi.»  Rispose Ash. Carlos ancora non capiva. In che senso avrebbe dovuto ricominciare dalle basi? Per la seconda volta in pochi istanti, Ash l’aveva preso del tutto in contropiede. 
«Se non ricordo male…» Riprese Ash «Il tuo Umbreon conosce Attacco Rapido, Palla Ombra, Comete e Neropulsar.» Carlos fece un piccolo cenno affermativo col capo.    
«Oggi ci alleneremo a perfezionarle. Ho avuto modo di vederti lottare e anche di lottare contro di te. E ho capito che se vuoi diventare forte, devi cominciare dalle basi.» spiegò Ash. «Ma Anita…» Tentò di ribattere Carlos. «Anche per lei ho un piano di allenamento, ma adesso concentriamoci su di noi.» Rispose Ash.  Carlos ci rimase un po’ male. Non si aspettava di certo una risposta simile. 
«Va bene…» Rispose il ragazzo, prese la Poké Ball di Umbreon dal suo borsello. «Vieni fuori!» Il ragazzo lanciò la Poké Ball del suo Pokémon. «Vieni fuori! Abbiamo un po’ di allenamento da fare!» Il Pokémon Lucelunare uscì dalla Poké Ball del ragazzo e si materializzò dinanzi a lui. «Ti vedo in forma!» Commentò. 
Il Pokémon si guardò attorno, quindi si girò verso il suo Allenatore. Sembrava che ci fosse qualcosa di strano. Aveva detto che si sarebbe dovuto allenare, ma… mancava il suo avversario.
«Vedi…» cercò di spiegare Carlos. «Ash vuole farci fare un allenamento molto particolare. Per ora non ti servirà un avversario.» Il Pokémon sembrava soddisfatto della spiegazione.
«Molto bene.» Esordì Ash. «Cominciamo dal perfezionare Attacco Rapido. Pikachu, vuoi dare un esempio?» Il Pokémon Topo scese dalla spalla del ragazzo e si mise a correre a gran velocità, saltando a destra e a sinistra.
Era talmente veloce da risultare quasi invisibile. «Questo si che é un Attacco Rapido!» Commentò Carlos. «Umbreon… pensi di riuscirci?» Il Pokémon provò a tenere il passo di Pikachu, senza però riuscirci.
Sembrava che faticasse enormemente, anche solo a stargli dietro. Ash scosse la testa. «Penso che possiate fare di meglio. Me lo sento.» Lo incoraggiò Ash. Il Pokémon Lucelunare ritentò. Anche questa faticò a stare dietro a Pikachu. In meno di un secondo, il Pokémon Topo era in vantaggio di una mezza dozzina di salti, rispetto al Pokémon di Carlos.
«Guarda!» Commentò Ash. «È già migliorato da prima.» Carlos guardò Ash come fosse un alieno. Il miglioramento era stato praticamente impercettibile. Perché celebrarlo tanto?
Terzo tentativo. Altro impercettibile miglioramento. Trascorsi due secondi, il Pokémon Lucelunare era dietro il suo avversario di undici salti. «Ancora non ci siamo.» Commentò Carlos. Piuttosto deluso. 
«Non dire così!» Ash cercò di rassicurarlo. «Luminopoli non è stata costruita in un solo giorno.» “Ora si è anche messo a fare il filosofo” Pensò Carlos. «Che intendi dire?» Chiese.
«Semplicemente non ti puoi aspettare che basti un solo allenamento per diventare forti, così come non basta un solo giorno per costruire una metropoli. Ad Umbreon non manca nulla per diventare forte. Deve solo allenarsi.» Rispose Ash.
Carlos non rispose. Ash non aveva alcun motivo per mentirgli. «Ora possiamo proseguire.»
L’allenamento riprese, con il Pokémon Lucelunare che mostrava degli altri, piccoli, miglioramenti. 
«Per ora può andare bene così.» Lo fermò Ash. «Ma come?» Rispose Carlos. «Allenarsi sempre sulla stessa cosa non sempre porta dei risultati. Possiamo concentrarci anche sulle altre mosse. Anche se per farlo ci servirà del materiale. Sai se qui vicino ci sono un negozio di bricolage e uno di articoli sportivi?» Chiese Ash, lasciando, per l’ennesima volta Carlos sbigottito. “Cosa vorrà mai fare?” Pensò, mentre cercava le destinazioni sul suo Smart Rotom. 
«Eccoli! Non sono molto distanti da qui.» Carlos fece rientrare il suo Umbreon nella Poké Ball.  «Ora riposa un po’. Poi continueremo ad allenarci.» Mentre i due ragazzi andavano a comprare il materiale, le ragazze erano all’opera. «Ora che mi sono iscritta… mi puoi spiegare per bene in cosa consiste il Varietà? Ne ho visti in televisione e ti ho visto mentre ti esibivi, ma ho ancora dei dubbi.» Spiegò Anita. «Dimmi tutto.» Le rispose la ragazza più grande. «Non so proprio da dove cominciare… Per esempio… voi performer avete dei vestiti bellissimi… io invece non mi sono portata dietro nulla se non vestiti da viaggio… non ho nemmeno un paio di tacchi che poi… se gli avessi camminerei come uno Slaking… e poi… mi hai parlato solo della seconda fase dei Varietà? In cosa consiste la prima? Ogni volta mi sembrava così diversa…» Serena fece cenno all’amica di calmarsi. «Per il vestito non è un problema. Modestamente, me la cavo con ago e filo. Ho preso lezioni da Valérie…» Anita non voleva crederci. «dici Valérie… la Capopalestra di Romantopoli?» «In persona.» Rispose la nativa di Kalos. «Per quanto riguarda le scarpe… credo che lì serva solo un po’ di pratica. Ma, per ora concentriamoci sull’esibizione. Sulla prima fase, cambia ad ogni Varietà è una sorpresa. Potrebbe trattarsi di una prova di acconciatura, di un quiz sui Pokémon, potresti dover preparare dei Poké Bignè o, chissà cos’altro. Mentre la seconda fase è uguale ovunque. E, come ti avevo detto, è molto simile al saggio di recitazione delle Gare Pokémon. Personalmente non ho mai lavorato con un Pokémon di tipo volante, ma non dovrebbe essere troppo difficile.» Spiegò.
Non è molto rassicurante” Pensò Anita. «Vieni fuori, Vivillon!» La ragazza prese, dalla sua borsa la Poké Ball del Pokémon Farfascaglia e la lanciò, permettendo alla sua Pokémon di uscire.
«Direi che possiamo cominciare. Ricordiamoci che questa sarà la vostra prima performance a tema, per cui meglio evitare performance troppo elaborate. Dobbiamo fare qualcosa di bello, ma non dobbiamo fare il passo più lungo della gamba.» Serena scansionò la Pokémon dell’amica con il suo Smart Rotom. «Molto bene… ho avuto già alcune idee…»Anita si girò verso Serena. «Di già?» Anita non si rese conto di aver parlato a voce alta. «Vediamo come viene. Vivillon! Crea degli 
Energipalla!» Oridnò Serena. La Pokémon, dopo una breve esitazione, dovuta al fatto che non fosse Anita a dare il comando, seguì la direttiva della nativa di Kalos. Generò dalla parte superiore del corpo, una serie di sfere di energia di colore verde, che ricordavano una sorta di occhio. Erano come sospese in aria. 
«E ora colpiscile con Eterelama!» Dalle ali della Pokémon si generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere di energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di colore verdino. «Benissimo! Ora usa Sonnifero!»
Dalle ali della Pokémon si generò un sottile polvere dal colore dorato, che si unirono alle scintille di prima. «E ora controllali con Psichico!» Il corpo della Pokémon si illuminò di una tenue luce rosata, che, ben presto avvolse tutti i frammenti presenti in aria.
«Ora divertiamoci! Crea quello che desideri!» La Pokémon radunò i frammenti attorno alle sue ali, creando l’illusione di possedere delle ali gigantesche. 
Poco dopo radunò tutto in una sorta di grande spirale, che, per come rifletteva la luce, ricordava una sorta di galassia.
«Oh! Perdonami!» Cercò di scusarsi Serena. «Mi sono fatta prendere un po’ troppo la mano e…» La performer cercò di giustificarsi. «Ma no! Sei stata incredibile! Sembrava che Vivillon fosse un tuo Pokémon da sempre! Mi chiedo quale sia il tuo segreto.» Le rispose Anita. «Nessun segreto. Penso solo a cosa potrebbe rendere felice la gente che ti guarda, a come farla sorridere. È una lezione che ho imparato solo dopo molto tempo.» Rispose.
Nel mentre, i due ragazzi, erano tornati dai loro acquisti. Al negozio di bricolage avevano comprato delle tavole, di forma quadrata, alte all’incirca un metro e larghe altrettanto.
Avevano comprato anche delle tavole più piccole e dei chiodi, per creare dei supporti e un martello per montare la struttura. Al negozio di articoli sportivi, invece, avevano comprato diversi teli con dei bersagli, come quelli che si usano con il tiro con l’arco. «Mi chiedo che cosa tu abbia in mente.» Commentò Carlos, piuttosto incuriosito.
«Vedrai, vedrai. Devi solo darmi una mano a montarli.» Gli rispose Ash.
Appena giunsero al campo lotta, i due posarono il materiale che avevano portato. «E ora mettiamoci all’opera!» Lo invitò.
I due cominciarono a mettere su le strutture di tavole che avevano comprato. Non avevano delle istruzioni da seguire. Era tutto nella testa di Ash. 
In breve tempo, il progetto prese vita. Carlos rischiò di pestarsi le dita un paio di volte, ma per il resto tutto andò per il verso giusto. In una mezz'oretta, tutti e sei i bersagli erano stati costruiti.
Le ragazze avevano assistito a parte dei lavori, ed entrambe erano incuriosite da cosa Ash avrebbe voluto fare. Serena era ormai abituata ai metodi di allenamento, ma per Anita era ancora una novità.
Appena i bersagli furono pronti, l’allenamento poté riprendere. «Ancora non ho capito cosa tu voglia fare con questi cosi, ma va bene… sei tu il maestro.» Commentò Carlos.
«Il motivo per cui li abbiamo costruiti è molto semplice.» Rispose Ash. «Oltre ad Attacco Rapido, Umbreon conosce anche Neropulsar, Comete e Palla Ombra» Spiegò. «Esatto. Ma ancora non capisco.» Rispose Carlos. Ash ci rimase un po’ male. di solito era lui a non afferrare. «Attacchi come Neropulsar, Palla Ombra e Comete, permettono di lottare anche a distanza, solo che, per farlo, bisogna lavorare molto sulla precisione. I bersagli servono proprio a questo.» Finalmente anche Carlos comprese le intenzioni di Ash. 
«Per ora non ci concentreremo sulla potenza, ma sulla precisione. È inutile avere un grande potere, ma non saperlo controllare.» Spiegò. Carlos si limitò ad annuire.
«Ora ti daremo un piccolo esempio.» Ash prese dalla tasca la Poké Ball del suo Gengar. «Diamogli una piccola dimostrazione! Cerca di colpire uno di quei bersagli  con Palla Ombra. Dal più lontano che puoi!» Il Pokémon Ombra si allontanò dai bersagli di svariati metri. «Ma non sarà un po’ troppo lontano?» Commenrtò Carlos. «Stai a vedere.» Gli rispose Ash. «Vai con Palla Ombra!» Il Pokémon generò, da una delle braccia, una grossa sfera di energia oscura, dal colore violaceo. 
Era circondata da delle scariche di energia di un colore più chiaro, che ricordavano quasi delle scariche elettriche. Il Pokémon lanciò la sfera con una forza immane e colpì perfettamente il centro del bersaglio, facendolo esplodere.
«Che potenza!» Commentò Carlos, divertito. «Geghahahaha!» Il Pokémon non trattenne una risata. 
«Cosa aspettate? Ora tocca a voi!» Li invitò Ash. «Va bene! Vieni fuori!» Carlos mandò, nuovamente in campo il suo Umbreon. «Proviamoci!» Lo invitò. «Non conviene partire da troppo lontano.» Li guidò Ash. «Dove siete ora va bene.» Aggiunse poco dopo. «Va bene!» Rispose Carlos. «Ti senti pronto?» Chiese al suo Pokémon. «Eon!» Rispose. Sì. Si sentiva pronto.
«Allora usa Palla Ombra! Cerca di mirare al Bersaglio!» Dalla bocca del Pokémon si generò una sfera di energia dal colore violaceo, del tutto simile a quella generata da Gengar.
Provò a lanciarla contro uno dei bersagli. La sfera di energia colpì, a malapena, il bordo del bersaglio. «Forza, non abbattetevi! Ritentate!» Li incoraggiò Ash.
«E va bene! Riproviamoci! Usa Palla Ombra! Ma questa volta prendi bene la mira!» Il Pokémon cercò di concentrarsi, ma nemmeno questa volta riuscì ad ottenere grandi risultati. «Non dovete scoraggiarvi! Sono sicuro che ci riuscire!» Ash li incoraggiò di nuovo.
Nel frattempo, le ragazze si erano prese una piccola pausa, e stavano osservando i due, durante il peculiare allenamento. Erano sedute su di una panchina. Serena stava spazzolando la sua Delphox. Nel mentre, poco lontano dalla loro Allenatrice, Oshawott ed Herdier stavano giocando. Vivillon, invece, se ne stava più per le sue, svolazzando intorno alle due ragazze.
Il quadretto pacifico venne interrotto, quando, poco davanti al centro Pokémon, si fermò un gigantesco suv nero. Completamente nero. Nemmeno un accenno di cromature o qualsiasi cosa che potesse snellire la linea pesante di quel colosso. 
La portiera sinistra del colosso si aprì e dal mezzo uscì un signore sulla sessantina. Capelli bianchi, occhiali. Indossava un’uniforme blu scuro, con alcune decorazioni, che comprendeva anche un cappello dello stesso colore, e delle scarpe marroni. L’uomo fece il giro del mezzo e aprì la porta posteriore destra. Una piccola scaletta uscì dalla parte inferiore del mezzo, in modo da facilitare la discesa di chi era a bordo.
«Cosa aspetti?» Una voce stridula e fastidiosa provenì dal retro di quel suv. «Dammi una mano a scendere!» L’uomo si scostò leggermente. «Subito Signorina Mildred!» L’uomo accompagnò una giovane ragazza, non molto alta e di corporatura media. Aveva i capelli castano scuro con le punte azzurre. Indossava una camicetta rosa e una gonna marrone.
Aveva delle scarpe verdi, con un piccolo tacco. «Hei! Non così! Stai tirando troppo! Rischio di cadere!» Si lamentò. «Chiedo scusa, signorina!» Rispose l’uomo, in tono paziente.
I tre gradini erano terminati, e ora i due si stavano dirigendo verso il Centro Pokémon. «Hai fatto quello che dovevi con il Varietà?» Chiese. «Si. Signorina. Il pubblico avrà occhi solo per voi, credetemi.» La ragazza si limitò ad annuire.
Le ragazze, che subito avevano identificato con chi avrebbero avuto a che fare, e la ignorarono deliberatamente. I due ragazzi, inizialmente, nemmeno si accorsero della sua presenza, proseguendo l’allenamento iniziato precedentemente. 
La ragazza e l’autista avevano quasi raggiunto l’entrata del centro Pokémon. Nel farlo erano passati vicino al campo lotta, nel quale i due ragazzi si stavano allenando. Inizialmente, Mildred ignorò Ash, per concentrarsi su Carlos e sul suo Umbreon «Fossi in te, porterei Umbreon da un oculista!» Carlos venne preso da Ash per una spalla. «Alzare le mani è da immaturi. Sfidala in una lotta, piuttosto.» Gli propose. «Come vuoi! Se è così, allora non avrai motivi per rifiutare una lotta.» Propose Carlos. «Bah… anzitutto come ti permetti di darmi del tu. Nessuno ti ha autorizzato a farlo.» Rispose. «E poi… non mi pare che tu sia un Campione come Ash Ketchum.» Gli rispose seccata.  «Eccomi. In persona!» Si presentò Ash.
«Facciamo una cosa, Ash. Lottiamo. Se vinci te, sfiderò il tuo amico e il suo Umbreon ciecato. Per ora lui può far da arbitro… sempre che sia all’altezza.» La ragazza lanciò a Ash il guanto di sfida. Ash, nonostante avesse capito con chi aveva a che fare, decise comunque di darle una bella lezione.
«Pikachu, te la senti di lottare?» Chiese l’Allenatore. Il Pokémon Topo saltò dalla spalla del ragazzo e si schierò in campo. «E così hai scelto il tuo Pikachu? Eh! Allora io scelgo te! Hattrem!» Dalla Chic Ball, una speciale Poké Ball, principalmente nera e decorata e con delle fasce arancioni, uscì una Pokémon, dalla faccia rotonda, con  un collo molto stretto che si allargava verso il basso. Sembrava indossasse una sorta di gonna bitorzoluta che nascondeva dei  piedi, piccoli ed esili, di colore celeste. Tutto il corpo, ad eccezione del “petto" di colore bianco, era di colore rosa maialino. Le sue braccia,  esili e rosa, si sorreggono all'enorme cappello celeste. Il cappello del Pokémon era talmente sproporzionato rispetto al "cappello" facendo in modo che il Pokémon dondolasse, non facendolo toccare per terra. Il copricapo, di grandi dimensioni, e che ricordava quello di una strega, era decorato con dei pois bianchi di varia grandezza. Era poggiato per terra grazie a delle ciocche,di colore celeste, connesse, a loro volta, al cappello da strozzature rotonde di colore rosa. In punta era presente una forma quasi a saetta, di colore bianco, che ricordava quella di un cappello stregato. Parte dal cappello celeste sfumava dal rosa scuro al rosa confetto. Aveva degli occhi neri con pupille bianche con un riflesso rosa.
Carlos scansionò quella creatura con il suo Smart Rotom. «Hattrem. Pokémon Quiete. Tipo Psico. Zittisce gli avversari colpendoli con le nappe che ha ai lati della testa. È così forte da mandare KO con un colpo anche un pugile professionista. Mosse conosciute: Psicoraggio, Vorticolpo, Fogliamagica, Comete.» Carlos ripose il suo Smart Rotom nel borsello.
«Cominciamo noi! Hattrem. Usa Vorticolpo!» La Pokémon si mise a roteare su sé stessa. Le ciocche si illuminarono di rosso, e ruotavano a grande velocità. «Presto Pikachu! Vai con Codacciaio!» Ordinò Ash. Il Pokémon si mise a correre, con la coda che si illuminò di bianco, diventando dura come l’acciaio e affilata come una spada.
La rotazione della Pokémon si bloccò improvvisamente. «Oh no!» Commento la ragazza. «Usa Psicoraggio!» Ordinò. Dalla parte anteriore del corpo della Pokémon, iniziò a generarsi un raggio di energia dal colore rosato.
«Contrastarla con Elettrotela!» Ordinò Ash. Dalla coda del Pokémon, si generò una piccola ragnatela di elettricità, che lanciò contro l’attacco della sua avversaria. La tela si espanse ed inglobò l’attacco avversario e in seguito la Pokémon. 
«Liberati!» Ordinò la ragazza. La Pokémon generò da sotto le trecce delle foglie dal colore verde, tendente al viola. Tentarono di rompere la tela elettrificata. Senza successo. «Adesso facciamo sul serio! Usa Attacco Rapido!» Ordinò Ash. Pikachu si mise a correre a gran velocità, saltando da una parte all’altra, fino a raggiungere l’avversaria, facendola volare in aria. «E ora vai con Fulmine!» Dalle guance del Pokémon si generarono delle piccole scariche elettriche, che divennero sempre più grandi, fino ad avvolgere il corpo del Pokémon. la scarica, in una frazione di secondo, avvolse l’avversaria, facendola cadere a terra. «Hattem non è più in grado di lottare, il vincitore è Pikachu, di conseguenza il vincitore della lotta è Ash!» Carlos indicò la Pokémon, riversa a terra, non più in grado di lottare. «Ma ti sembra questo il modo? Tu sei un Campione e io una semplice Performer! Ti sembra questo il modo di comportarti?» Cercò di riprenderlo. «Non manco di rispetto a nessuno. E lottare seriamente è il nostro modo di rispettare l’avversario.» La ragazza sembrò ignorare le sue parole. «Se è così non lotterò contro il tuo amico.» Rispose, scocciata, prima di entrare al centro Pokémon. 
«Menomale che voi Performer non siete tutte così!» Commentò Anita. «Lei è un’eccezione. Ho avuto tante rivali, ma nessuna di loro è mai stata così altezzosa o così arrogante.» Rispose Serena «Ora però, riprendiamo il nostro allenamento!»
Gli allenamenti delle ragazze riprese, mentre i ragazzi decisero di concedersi ancora un po’ di pausa.
Dopo una quindicina di minuti, la ragazza, accompagnata dal suo autista, uscì dal centro Pokémon. Sembrava ancora non avesse ancora digerito la sconfitta. Dalla sua espressione sembrava, però, che non avesse finito di avere da dire.
«E così tu saresti una performer eh!» Si rivolse ad Anita. «Vestita così sciatta… e poi? Non pensi di farcela da sola? Hai davvero bisogno di una maestra come lei? La finalista della categoria Professionisti di Kalos?» Indicò Serena. «Lei se lo merita. Si impegna continuamente e cerca di migliorarsi in ogni momento. Non è una cosa da poco.» Rispose Serena.
«E poi, tra tutti i Pokémon, proprio uno così sciatto e triste come Vivillon! È forse questo il massimo a cui puoi ambire?» Commentò. «Seguendo questa logica, il massimo a cui tu puoi ambire sia Rellor.» La zittì Carlos. 
La ragazza battè i piedi a terra e si allontanò, scortata dal suo autista. «Vi rovinerò la carriera! A tutti!» Si voltò verso di loro.
«Finalmente ce la siamo tolta di mezzo.» Sospirò Carlos. «Non cantare vittoria.» Lo riprese Serena. «Parteciperà al Varietà. E, a quanto pare ho paura che questa potrebbe non essere una competizione onesta.» Aggiunse.
Il giorno seguente, le due ragazze si svegliarono alla buon’ora, per potersi, finalmente, occupare dell’abito di Anita. Le due ragazze si erano dirette al negozio di tessuti. Era appena aperto ed erano quindi le prime clienti. 
Serena aveva già in mente il tipo di vestito che avrebbe cucito all’amica. Comprati i tessuti necessari, le due si diressero al negozio di scarpe. Anche in questo caso, la nativa di Kalos aveva in mente che scarpe accoppiare all’abito. Sperava solo che fossero disponibili in quel negozietto che, contrariamente al negozio di tessuti non era fornitissimo.
C’erano diversi scaffali ricolmi di scarpe, ma la maggior parte di esse erano scarpe sportive. Le scarpe di taglio più elegante erano molto poche. E, il paio che aveva in mente, non era presente. Per sua fortuna vi era un paio molto simile.
Trovato il numero giusto, le due andarono a pagare alla cassa.
Andarono quindi in una gioielleria, dove comprarono degli orecchini, una collana e dei bracciali. Secondo Serena erano perfetti per l’amica e completavano alla perfezione l’abito che aveva in mente.
Anita dovette anche subire la tortura dei buchi per gli orecchini. Cacciò un urlo talmente potente da spaventare una colonia di Pidove che viveva poco lontano.
Le due ragazze, coi loro acquisti, non tornarono al centro Pokémon, ma si diressero ad una sartoria self service. Era un locale dove erano presenti tutti i materiali e tutti i dispositivi per poter lavorare agli abiti. Era anche presente del personale, per assistere chiunque si mettesse a lavoro. Il servizio era offerto ad un costo molto conveniente, e il locale era piuttosto popolare in città. Per questo motivo era piuttosto strano trovarlo vuoto, soprattutto  in un periodo come quello del Varietà.
Appena entrate, le due ragazze vennero immediatamente accolti da una giovane donna. Indossava una divisa marrone chiaro. «Benvenute!» le accolse. «Lasciate che vi accompagni ad una postazione.» Le invitò a seguirle. Superato l’ingresso, entrarono nel laboratorio vero e proprio. Svariati tavoli erano appoggiati contro le pareti. Su ognuno di essi vi erano tutti gli strumenti necessari. Dal metro alla carta per i modelli, ai gessi per trasferire il modello sul tessuto ad una macchina da cucire professionale. «Avete bisogno di una mano?» Chiese. «Per adesso no, ma ti chiameremo, non appena avremo bisogno. Mi chiamo Rossa»  Rispose Serena. 
Le due ragazze si tolsero le giacche e le borse e appoggiarono per terra le buste con quello che avevano comprato. «Meglio che mi metta subito all’opera.» Serena prese il metro dal banco di lavoro e cominciò a prendere le misure e ad appuntarsele.
Altezza, circonferenza, spalle, braccio, gambe…   prese ogni misura possibile ed immaginabile, più e più volte.
Voleva essere sicura del risultato. Passò quindi ai modelli in carta e poi al tessuto. Diverse ore dopo, il modello provvisorio era pronto. Serena si era concessa solo una breve pausa per mangiare qualcosa. Anche se, pure durante la breve pausa pranzo, si era trovata qualcosa da fare. «L’abito provvisorio è quasi pronto. Manca solo qualche altra piccola cucitura e potrai provarlo.» Anita si limitò a sorridere. «Sei fantastica!» Si complimentò. «Sicuramente l’abito andrà bene, ma non sono sicurissima dei tacchi. Te l’avevo detto anche prima. Quando cammino coi tacchi, sembro uno Slaking.» Nella stanza calò il silenzio, per alcuni istanti. «Io questo vestito lo pensato per abbinarsi a delle scarpe simili a quelle che abbiamo comprato. Non usarle sarebbe un vero peccato.» Rispose Serena. «Almeno proviamoci.» Anita, pur non molto convinta, 
si tolse le scarpe e indossò i tacchi appena comprati. «Non sono così male!» Commentò. 
«Ora prova a camminare!» La invitò Serena. Anita iniziò a muovere i primi passi, non senza fatica. Oscillava a destra e a 
sinistra. Camminava con passo incerto. «Capisci cosa intendo quando ti dico che sembro uno Slaking?» La ragazza, per non perdere l’equilibrio, dovette appoggiarsi ad uno dei tavoli per non cadere. «Devi mantenere la calma. Se vai nel panico, è anche peggio!» Le suggerì Serena, mentre riprendeva il suo lavoro. «Anche io, all’inizio, ho avuto difficoltà. Ho solo provato e riprovato. Non ci sono altre soluzioni.» Anita non sembrava molto convinta. Provò a rialzarsi  a fare qualche altro passo, ancora senza troppo successo. «Coraggio! Continua!» La invitò Serena, senza nemmeno distogliere lo sguardo dal suo lavoro. «Ancora qualche minuto e potrai provarlo.» Anita tentò di sorridere. «Bene.» 
Dieci minuti dopo, l’abito, con le cuciture provvisorie, era pronto. «Se vuoi, puoi iniziare a provarlo.» Serena richiamò l’amica, che si era allontanata di diversi passi. «Arrivo!» A piccoli e lenti passi, ma già con un’andatura meno claudicante, Anita raggiunse la nativa di Kalos. «Bene, ora vai in camerino, così puoi indossare il vestito, come lo indosserai domani.» Anita era spiazzata. «Ma siamo sole, adesso. E poi, basta che non mi guardi e posso cambiarmi anche qui.» La risposta di Serena non si fece attendere. «In camerino sarai da sola. Per cui è meglio che faccia tutto da sola.» Anita non se la sentì di controbattere e si diresse verso il camerino.
Si tolse le scarpe, per cui i suoi piedi già gridavano pietà, i jeans, la maglietta che indossava e la maglia intima. «Sono pronta!» Avvisò Serena. La nativa di Kalos la raggiunse rapidamente, tenendo il vestito con ancora le cuciture provvisorie.
«Eccolo qui!» Glielo passò attraverso un’apertura della tenda del camerino. «Fai attenzione come lo metti! Non è ancora definitivo.» Le ricordò di nuovo. Dopo alcuni minuti, la ragazza aveva indossato l’abito. «Fatto!» Rispose. «Allora puoi venire fuori, che così vedo se ci sono aggiustamenti da fare. E poi mancano un paio di dettagli.» Nessuna risposta. «Tutto bene?» Insistette Serena. «Si. È che ho paura sia un po’ troppo corto e un po’ troppo scollato!» Anita sembrava parecchio imbarazzata. «Non ti vergognerai di farti vedere da me!» Serena cercò di incoraggiarla. «E va bene!» Anita uscì dal camerino con l’abito indossato. Serena passò all’amica i guanti e attese che gli indossasse. «Ammetto che i guanti non gli ho cuciti io, ma gli ho solo decorati.» Serena si mise una mano davanti alla bocca. Quindi aiutò l’amica ad indossare l’ultimo accessorio dell’abito. Un grosso fiocco da legare alla vita. «Ora guardati!» La invitò Serena. «Wow! Sei davvero bravissima! É stupendo!» Si complimentò Anita. «Solo che ho paura che sia corto e scollacciato. E mi vergogno. Ho paura che possano giudicarmi e…» Anita cominciò a diventare paranoica. «Ma cosa dici!» La riprese Serena. «Sei bellissima.» Si complimentò.
Antia arrossì per quel complimento. «Ora però devo finire di cucire.» Le ricordò Serena.
Anita entrò nel camerino e si ricambiò nuovamente, riconsegnando l’abito a Serena che, senza esitare, si rimise all’opera, apportando le cuciture definitive.
Valérie le aveva insegnato come creare delle cuciture definitive facilmente rimovibili, per poter poi effettuare, in seguito degli aggiustamenti, qualora fossero necessari. Conclusa anche questa fase, l’abito era finalmente pronto, a tempo di record.
«Ta-dan! Il vestito è pronto!» Serena era felicissima della sua opera. «Giusto per essere sicure, è meglio che lo riprovi.» Serena invitò l’amica. Anita non oppose alcuna resistenza. «È perfetto!» Si complimentò Anita. «Ora, però provalo con le scarpe che abbiamo comprato. Poi pensiamo ai gioielli.» Anita obbedì. Dopo aver nuovamente indossato quelle scarpe maledette, proseguì indossando collana ed orecchini. Una volta pronta, uscì dal camerino. «Sei fantastica!» Si complimentò nuovamente Serena. «Dici così per non farmi sentire a disagio.» Le rispose. «Non mi permetterei mai!» Le rispose Serena. «Se proprio non ti fidi, possiamo chiedere a Rossa.» Anita rimase in silenzio. Forse il parere di una perfetta sconosciuta l’avrebbe aiutata a sentirsi più a suo agio?
Ad ogni modo, Serena aveva chiamato Rossa, per far sì che anche lei esprimesse un giudizio. Dopo alcuni minuti, la donna raggiunse le due ragazze. Notando Anita con il vestito perfettamente indossato e i gioielli, espresse la sua perplessità. «Come posso aiutarvi? Mi sembra che la tua amica indossi un vestito bellissimo. Le sta divinamente… mi chiedo quale sia il problema…» Chiese. «Nessun problema. Volevamo solo avere un parere esterno.» Rispose Serena. «Capisco. Ah… a proposito… visto l’ottimo lavoro che hai fatto… mi piacerebbe proporti di collaborare con noi. Potremo espandere i nostri servizi alla realizzazione di abiti sartoriali su misura.» Le propose. «Mi dispiace, ma adesso non posso accettare. Per ora preferisco dedicarmi ai Varietà.» Serena rispose senza esitare. «Va bene. Come desideri.» Rispose.
Anita si cambiò di nuovo, tornando ai suoi abiti normali. Nel farlo sentì una sensazione. Era come se fosse scattato un interruttore. Era questo quello che provava Serena ogni volta che andava in scena? Si era solo fatta dei complessi?
Ad ogni modo, le due ragazze tornarono al bancone e pagare. Le due ragazze fecero per andarsene, ma vennero fermate da Rossa. «Non avete preso la confezione!» La donna si inginocchiò e prese, da uno dei vani sulla scrivania, una confezione bianca. Su di essa era impresso il logo della sartoria. «Potete mettere il vestito qui dentro.» Le raccomabdò.
Le due ragazze seguirono il consiglio. Una volta messo il vestito nella confezione, le due ragazze se ne andarono. Era quasi il tramonto, tanto erano rimaste là dentro. 
Mentre uscivano dal negozio, le due ragazze si misero a chiacchierare.
«Mi chiedo cosa avranno fatto i ragazzi, in nostra assenza.» Si chiese Anita. «Secondo te?» Le rispose Serena. Anita rimase in silenzio. Non ne aveva proprio idea. «Immagino si stiano allenando.» Le rispose Serena. «Cosa ne dici, lo facciamo vedere il vestito ai ragazzi?» Chiese Anita, cercando di cambiare argomento. «Vorrei fosse una sorpresa. Il Varietà è domani pomeriggio. Domani mattina ci alleneremo di nuovo.» Le rispose Serena. Anita si limitò ad annuire. «Una domanda…» Fece Anita. «Dimmi tutto, non farti problemi.» Le rispose Serena. «Omai ci sono dentro, non posso più tornare indietro, ma puoi dirmi come mai mi hai chiesto così tanto di partecipare al Varietà?» Le chiese Anita. «Può sembrarti strano, ma né nei Varietà né nelle gare ho mai debuttato da sola. Avevo sempre accanto a me una persona che conoscevo. Era rassicurante. Certo. Non ho vinto al primo Varietà a cui ho partecipato, né alla prima gara a cui ho partecipato. Ma sono state comunque delle esperienze preziose. Forse più delle vittorie.» Anita rimase stranita. Non sapeva come rispondere. «Se tu vinci. Hai vinto. Nel caso dei Varietà è stato il pubblico a valutare la performance tua e dei tuoi Pokémon. Nel caso delle Gare è stata la giuria a valutare il lavoro tuo e dei tuoi Pokémon. Sai di aver vinto. Se perdi, invece, ti chiedi “come mai abbiamo perso?” o ancora “Cosa abbiamo sbagliato?” oppure “Cosa ha fatto meglio di me il mio avversario?”» Anita ci pensò alcuni istanti. «Non è poi così diverso dalle lotte in palestra. Per quello che ho potuto provare.» «Esattamente!» le rispose Serena. 
Nel frattempo, le ragazze erano giunte davanti al Centro Pokémon. E, come da previsione,  i due ragazzi erano nel bel mezzo di un allenamento. I progressi dell’Umbreon del ragazzo erano tangibili. 
Il giorno seguente, le due ragazze proseguirono con il loro allenamento. Anita appariva piuttosto nervosa. Forse perfino di più di quanto non lo fosse prima. Mentre Serena stava lavorando con Delphox, Sylveon e Pancham, e la sua Lilligant osservava, nervosamente. «Mi sento un po’ come te.» Anita si rivolse alla Pokémon dell’amica. «Senza qualcuno di cui fidarmi, mi sento persa.»  «Gant?»  la Pokémon era piuttosto perplessa. «Con l’aiuto dei nostri amici possiamo uscirne, e superare le nostre paure. Ma da sole non ci riusciremo mai.» 
I quattro pranzarono molto presto e si diressero al teatro dove si sarebbe svolto il Varietà. «Vorrei che Lilligant assistesse al Varietà.» Serena porse la Poké Ball della sua Pokémon a Ash. «So cosa è successo a Sylveon quando era ancora una Eevee. Non voglio ripetere lo stesso errore. Se dovesse impanicarsi…» Gli spiegò Serena. «Ho capito.» Rispose Ash. 
«Eccovi, ragazze.» Le accolse la stessa donna che, qualche giorno prima, le aveva iscritte al Varietà. «Seguitemi.» Le invitò.
«Quanto a voi due, ragazzi, beh. Le indicazioni su dove trovare le tribune, sono appese sulle pareti. Non potete sbagliare.» Spiegò loro. Ash e Carlos seguirono le indicazioni, e, per quanto fossero confusionarie e spesso contraddittorie, i due  riuscirono ad arrivare alle tribune. Erano i primi ad essere arrivati. «Questo teatro mi ricorda un po’ la casa che rende folli, non so se hai presente.» Carlos tentò di fare una battuta. «Certo, certo. Credo che gli altri spettatori si siano persi tentando di arrivare qui.» Gli rispose Ash.
I due ragazzi si accomodarono sulle tribune, in una delle file centrali, a metà altezza. Quei posti garantivano un’ottima visuale sul palco. «AHI!» Carlos provò a sedersi, ma qualcosa gli colpì il sedere. «Chi diavolo mette degli spuntoni sulle sedie?» Si lamentò Carlos. Ash, accorgendosi dell’errore dell’amico, controllò la sua poltrona, prima di sedersi.
Era una sorta di segnalino in plastica trasparente. Dentro c’era un foglio di carta, con un codice QR ed una scritta. “Scansiona il codice e segui le istruzioni per votare la miglior Performer” Ash scansionò il codice QR con il suo Smart Rotom. Sullo schermo del dispositivo si aprì un sito internet. «Quel coso dove sei seduto serve per votare le Performer.» Gli spiegò Ash. «Fai fare anche a me!» Gli rispose Carlos. Il ragazzo scansionò a sua volta il codice QR.
Come per Ash si aprì una pagina internet. 
Per votare la miglior Performer, da quest’anno, nella regione di Unima, si utilizzerà l’applicazione Poké Link. Ogni spettatore potrà registrare il suo profilo sull’applicazione e confermare la propria identità con la propria Scheda Allenatore, in modo da evitare votazioni di profili falsi. Potete scaricare l’applicazione a questo link.”
Lesse Ash, a voce bassa. Per il momento decise di non scaricare l’applicazione, continuando a leggere.
Per eseguire la registrazione del documento, è sufficiente andare nelle impostazioni del profilo, quindi nella sezione verifica identità. In questo modo potrai effettuare l’accesso al sito dedicato alla votazione. Il sito si trova nella bio dell’account @varietaunimaoffical, a cui potete accedere dal secondo link. Solo chi ha un profilo legato ad un documento di identità potrà accedere e quindi votare” Concluse.
Mentre i due ragazzi scaricavano l’applicazione ed eseguivano la verifica dei documenti, gli spalti iniziavano a riempirsi.
Entrambi erano piuttosto sorpresi dalla rapidità con cui l’operazione era avvenuta.
Nel mentre, le due ragazze, nei rispettivi camerini, stavano cominciando a prepararsi e a preparare i loro Pokémon. Ancora non avevano idea di cosa avrebbero dovuto fare nella prima fase. Per Serena era abbastanza strano. Solitamente le Performer venivano informate con diverse ore di anticipo, per potersi preparare. 
Ad Unima funzionerà diversamente” Pensò. Non dando peso alla questione. Dopotutto mancavano ancora due ore all’inizio. Era un ritardo tollerabile. 
Non avendo idea di quale sarebbe stata la prima fase, decise di agghindare, con diversi fiocchi colorati, la sua Sylveon, il Pokémon che considerava quasi come un Jolly. 
Aveva dimostrato, in diverse occasioni, di essere molto abile nell’adattarsi a diverse situazioni, per cui Serena decise di premiarla. «Ed ecco fatto!» La nativa di Kalos terminò di sistemare l’ultimo fiocchetto sulla sua Pokémon.
Mancavano appena tre quarti d’ora, e ancora nessuna sapeva in cosa sarebbe consistita la prova, quando, finalmente, qualcosa si mosse. Una persona bussò alla porta del camerino di Serena. «Posso entrare?» Chiese. «Si, un attimo!» Rispose. Prese la Poké Ball di Sylveon e la fece rientrare al suo interno. Poteva trattarsi di una rivale e non voleva rivelare i suoi piani. La ragazza aprì la porta e si rese conto di aver preso una precauzione eccessiva. La persona che aveva bussato era la stessa donna che si era occupata dell’iscrizione e che aveva accompagnato lei e Anita ai camerini.
Aveva in mano un buon numero di buste di carta. Ne consegnò una a Serena. «Ti servirà per l’esibizione a tema.» Detto questo si defilò, andando a consegnare le buste alle performer restanti.
Serena sperava, non tanto per lei, quanto piuttosto per la sua amica, che il contenuto della busta, potesse svelare in cosa sarebbe consistita l’esibizione a tema.
Aprì la busta e ne estrasse il contenuto. Oltre alla consueta chiave a spilla, da infilare nel vestito, per la seconda fase, necessaria per determinare la vincitrice, vi era anche una sopravveste rossa e un cappello. Oltre a quello c’era una spilla-chiave dal colore rosato.
«Bene! Quindi si tratterà di un quiz sui Pokémon.» Commentò. «Se sono come a Kalos…» Disse, mentre indossava la sopravveste e il cappello. Proseguì per l’andito, fino a raggiungere la stanza in cui le performer si sarebbero dovute incontrare, prima di esibirsi. Solo in quel momento, le performer, avrebbero potuto scoprire i loro turni.
«Hei! Biondina!» Una voce fece fermare la ragazza.Serena si girò di scatto. «Non chiamarmi biondina!» Serena si girò di scatto. Incrociò lo sguardo con una ragazza che indossava un abito nero. Elegante e coprente. Ancora non aveva indossato la sopravveste, né tantomeno il cappello. Anzi. Ne indossava uno tutto suo. Nero anch’esso. 
La ragazza in nero si tolse il cappello, rivelando i suoi capelli neri, posti in un’elaborata acconciatura. Posizionò il suo cappello davanti alla vita. «Chiedo perdono. Non ti avevo riconosciuta.» Si scusò, facendo un profondo inchino.
«Piacere di conoscerti. Mi chiamo Abigail. Però, ti prego. Chiamami Abby.» Si presentò. «Piacere, Serena» Serena le porse la mano. Abby fece altrettanto. «Di certo non mi aspettavo di trovarti qui.» Provò ad attaccare bottone. «Voglio dire… una performer e coordinatrice del tuo livello, qui tra noi… che siamo debuttanti o… quasi.» Aggiunse.  «Volevo riprendere da dove avevo lasciato.» Rispose la nativa di Kalos. «Io… invece… sono qui per mantenere una promessa.» Rispose la ragazza in nero. «Tu ormai sei abituata a questi posti. Per me è la prima volta. Mi chiedo a quante gare o a quanti varietà avrai partecipato prima di questo...» Aggiunse poco dopo. «Ogni volta è come la prima.» Rispose l’esperta Performer. «Per me è davvero la prima volta.» La ragazza infilò la mano nel suo vestito. «Questa me l’ha data mia madre.» La ragazza mostrò a Serena una vecchia chiave della Principessa. «È come un portafortuna.» Spiegò. «È la sua prima Chiave della Principessa.» Serena fece cenno alla ragazza di continuare. «Ho promesso a mia madre che sarei riuscita dove lei aveva fallito. Desiderava tanto vedermi qui. Ma se n’è andata prima. Ha voluto che almeno i suoi Pokémon potessero esibirsi con me.» Gli occhi della ragazza cominciarono a riempirsi di lacrime.


Abby era una ragazza come le altre. Qualche mese prima aveva appena ottenuto il diploma della Scuola per Allenatori. Era un po’ gelosa dei suoi compagni di classe. Tutti loro avevano deciso cosa avrebbero fatto, dopo il diploma.
Alcune delle sue compagne di classe sarebbero diventate delle Performer. Altre ancora avrebbero intrapreso la strada delle lotte in Palestra, come la maggior parte dei compagni di classe. Pochi di loro sarebbero partiti fuori da Unima, per intraprendere un viaggio all’estero. La sua migliore amica, Elena, avrebbe intrapreso un percorso di scambio, per continuare i suoi studi nella lontana regione di Sinnoh. 
Lei avrebbe voluto seguirla, e avrebbe anche potuto, ma non poteva fare altrimenti, pure con la consapevolezza che sarebbero passati ancora dei mesi.
Gli ultimi anni della sua vita non erano stati affatto facili. Suo padre era stato brutalmente ucciso in un attentato terroristico alcuni anni prima. Per un errore. Aveva avuto la sfortuna di avere la stessa macchina di un noto politico della regione di Unima. Perfino il numero di targa era molto simile. L’uomo, un normalissimo impiegato, morì sul colpo. I giornali ne parlarono per diverso tempo. 
Alcuni giornalisti avevano azzardato delle ipotesi anche piuttosto gravi nei confronti dell’uomo, costringendo la famiglia della ragazza a diverse azioni legali.
Sua madre aveva sempre fatto di tutto per non far mancare nulla alla ragazza. Aveva messo da parte tutti i soldi del 
risarcimento che le erano stati dati alla morte del marito. “Così avrai una solida base per il tuo futuro” le aveva detto sua
 madre. La madre della ragazza aveva dovuto trovare un lavoro. Diversi anni prima aveva tentato la scalata al trono di 
regina di Unima, ma, a seguito della gravidanza, si era dovuta ritirare dalle scene.
Senza l’affetto del padre, per Abby, la vita di tutti i giorni era diventata estremamente più difficile. Non solo a casa, dove doveva aiutare ancora di più la madre nelle faccende domestiche e nelle commissioni, o perché dovesse preparare da mangiare, quanto piuttosto a scuola.
Veniva spesso accusata di come, il suo essere orfana di padre le desse dei vantaggi nelle valutazioni o cose simili, o peggio ancora veniva accusata di corrompere i professori. In pochi non la accusavano e anzi, la difendevano.
Abby non fece in tempo ad elaborare il lutto del padre che, una nuova tragedia funestò i suoi cari. Inizialmente in maniera molto lieve. 
Sua madre non era a casa nei giorni in cui, di solito passava con lei.  “In questi giorni abbiamo molto lavoro da fare. Quindi ci hanno chiesto di venire a lavoro anche se, normalmente dovremmo essere a casa” si giustificava.
Abby, nei primi momenti, non faticava a crederle. La madre giustificava allo stesso modo anche i giorni in cui rientrava tardi la sera. 
Aveva associato la debolezza e la stanchezza della donna al fatto che lavorasse tanto, e lei non aveva detto nulla per smentirla. Abby, iniziò ad insospettirsi solo dopo diversi mesi. 
La madre utilizzava sempre la scusa del tanto lavoro. Tuttavia, ogni giorno che passava, rientrava sempre più tardi. Alcuni giorni non faceva quasi in tempo ad arrivare a casa, che subito doveva andarsene. 
Insospettita, uno degli ultimi giorni di scuola, Abby, decise di fare vela. Sapeva benissimo dove si trovava l’ufficio dove sua madre lavorava. Era un anonimo palazzo, non troppo distante dal teatro del Varietà Pokémon. 
La scuola per Allenatori, era da tutt’altra parte. 
Negli ultimi tempi, sua madre non andava più a lavoro a piedi, ma bensì in macchina. Altra cosa che la fece insospettire non poco. Era sempre stata una fanatica delle passeggiate e dell’ “Usa la macchina il meno possibile”.
Abby, pur consapevole dei rischi, raggiunse l’ufficio. Fece molta attenzione a non farsi scoprire. Guardò, con attenzione, tutte le auto parcheggiate, ma non riconobbe quella della madre.
Nonostante la grande attenzione, venne riconosciuta da una collega di sua madre. «Ciao, Abby!» Le fece. «Ma non dovresti essere a scuola?» Le chiese. Abby non rispose, limitandosi a scappare.
Abby tornò a casa, ma sua madre non arrivò che diverse ore dopo. Era quasi il tramonto. Abby era seduta sul divano, stava guardando la televisione. Sua madre si sedette accanto a lei. 
Era vestita come se fosse appena uscita dal lavoro, con un tailleur blu scuro e le sue solite scarpe con un basso tacco. Era chiaro che l’abito le stesse largo.
Negli ultimi tempi la donna, già di suo piuttosto magra, era ancora più dimagrita. «Ho saputo quello che hai fatto.» Esordì la donna. Abby sembrava un po’ spaventata. «Capisco che tu ti sia preoccupata. Avevi tutte le ragioni del mondo per esserlo.  Sei grande, hai quasi sedici anni. Tra pochi mesi diventerai un’Allenatrice e partirai per il tuo viaggio. Ed io ti prometto che sarò  lì con te.» Abby ci rimase male. Non sapeva che dire. «Come?» Chiese. 
«Ho cercato di tenertelo nascosto. Pensavo che fosse la scelta giusta. Ma sei riuscita a scoprire tutto.  Ormai da diverso tempo soffro di un male incurabile. Un giorno mi sono sentita male a lavoro e sono uscita per andare al pronto soccorso.
Feci degli esami e i medici si accorsero di qualcosa che non andava. Mi prescrissero diversi esami, per assicurarsi che quello fosse un falso allarme. Purtroppo non lo era.» Da allora mi misero sotto osservazione e dovevo andare in ospedale quasi ogni giorno. La situazione, con il tempo era peggiorata. Non so ancora per quanti giorni mi permetteranno di guidare o di passare del tempo a casa.»  Raccontò.
Abby non sapeva che fare. Strinse la mano della madre più forte che poteva. Non solo aveva perso suo padre, ma ora stava per perdere  anche lei. 
Il tempo passava e le condizioni di salute della madre di Abby peggiorarono ulteriormente. Ora la donna era costretta a letto in ospedale. La scuola era finita, e Abby, invece di godersi le vacanze estive, prima di iniziare il suo viaggio Pokémon, passava tutto il tempo possibile con la madre. Tutto quello che non aveva potuto passare nei mesi precedenti.
Ad Abby mancavano ancora due mesi per compiere sedici anni. Come ogni giorno era andata a trovare sua madre. 
Entrò nella stanza della donna, come ogni giorno. La stanza era in perfetto ordine. La televisione era spenta. Sul comodino vi erano dei libri. Sul settimino un cofanetto elegante. Era la prima volta che Abby lo vedeva.
«Abby!» Esordì la donna, con una voce soffocata, quasi impercettibile, non appena vide la figlia. «I dottori me lo hanno confermato. Non sarò qui il giorno in cui tu diventerai un’Allenatrice.» Sembrava che nella stanza fosse sceso il gelo. «Non posso mantenere questa promessa. Mi hanno dato una settimana di vita.» Sembrava che nel pronunciare ogni parola facesse uno sforzo immenso. «Per questo ho chiesto a mia sorella di portare quel cofanetto.» Abby non capiva. Cosa aveva a che fare quel cofanetto con tutto ciò? «La richiesta è stata accolta.» Disse. Ancora Abby non capiva. Era uno degli effetti degli antidolorifici? «La professoressa Aralia ha acconsentito a farti ricevere il tuo primo Pokémon in anticipo.» Abby rimase in religioso silenzio.
«Ho due cose da chiederti.» Aggiunse poco dopo. La figlia fece un piccolo cenno col capo. «Dimmi.» Rispose. «Vorrei che tu riuscissi dove io ho fallito. In passato sono stata una Performer Pokémon, ma non sono mai riuscita a diventare Regina di Unima. So che ti chiedo tanto. Ma sono sicura che tu ci riuscirai.» “Io… Regina di Unima?” Si limitò a pensare. Non si sentiva affatto adatta in quel ruolo. «Ti chiedo anche di prenderti cura dei miei Pokémon. Ti prego. Esibisciti con loro.
So che ti sto chiedendo tanto. Ma ti prego. So che sei la sola persona che può farlo.» Strinse con entrambe le mani una delle mani della figlia. «In quel cofanetto troverai tutto. Compresa la mia prima chiave della principessa. È una sorta di portafortuna.» «Ma io…» BIIIIIIIIPPPPPPPP un fortissimo segnale acustico riempì la stanza. «INFERMIERAAAA!»


Abby aveva gli occhi ricolmi di lacrime. Nemmeno Serena riuscì a trattenersi. «Sono sicura che lei sarà fiera di te.» Serena cercò di rassicurarla. «Ma ricordati che il pubblico qui è spietato.»  La avvertì, mentre si dirigeva verso la stanza in cui le Performer avrebbero conosciuto il loro turno, durante l’esibizione.
«E tu, con questa storiella, pensi davvero di impietosire le tue rivali.» Si udì una voce stridula e fastidiosa. «Lasciala perdere.» Le rispose Serena. «Aspetta!» Disse a bassa voce. «Dov’è Anita?» Fece per avvicinarsi al camerino dell’amica, quando Abby la fermò. «Chi è Anita?» Chiese. «È una mia amica. Anche per lei è la prima volta.» Le rispose Serena. 
La nativa di Kalos bussò alla porta del camerino dell’amica. «Sono pronta!» Rispose. «Dobbiamo già esibirci?» Chiese. «Non ancora, ma ci devono dire gli abbinamenti.» Rispose. Anita uscì dal camerino, e subito si accorse della presenza di una sconosciuta. «Quindi… tu sei Anita, giusto?» Chiese Abby. «Si. Molto piacere.» Timidamente la giovane allenatrice porse la mano alla ragazza in nero. «Io mi chiamo Abigail, però, per favore, chiamami Abby.» Si presentò. 
Prima che le due ragazze potessero fare ulteriormente conoscenza, dagli altoparlanti, una voce avvisò le performer che si sarebbero dovute presentare nella stanza principale. Le tre ragazze raggiunsero la stanza in cui sarebbe avvenuta l’estrazione. Era una stanza abbastanza grande, anche se piuttosto spoglia, vi erano diversi divani in cui sedersi. Davanti ad essi vi era un palchetto con un bussolotto. Accanto al piccolo dispositivo vi era la stessa donna che aveva registrato le ragazze e che poi le aveva accompagnate ai camerini. «Eccovi tutte.» Le accolse. «Pescate un numero.» Le invitò. 
Girò per la stanza con un cappello, a mo’ di offertorio, per permettere alle ragazze di estrarre un foglietto contenente un numero. Ora che ogni performer aveva il suo numero, la donna raggiunse il bussolotto. 
«Ora estrarrò il primo numero. La performer  che ha questo numero sarà la prima a far parte del gruppo A. Il secondo numero sarà la prima performer del gruppo B, e così via.» Spiegò.
Le ragazze diedero una rapida occhiata al numero che avevano estratto.
Le ragazze si limitarono ad annuire. Quelle erano le regole, non potevano fare altro che accettarle. 
La donna incominciò a far ruotare il bussolotto. Quindi, senza guardare, estrasse una pallina numerata.«Molto bene! La prima performer del Gruppo A è la numero 7!» Una ragazza, in mezzo al gruppo, si fece avanti. L’estrazione proseguì.
Serena era stata estratta come seconda del gruppo A, Anita terza del Gruppo B, Abby quarta del gruppo C e Mildred terza del gruppo D. «Come avrete intuito, l’esibizione a tema sarà un quiz sui Pokémon.» Spiegò la donna. «La struttura della prima fase è molto semplice. Vi abbiamo già divise in quattro gruppi da quattro. Ognuna di voi potrà usare un singolo Pokémon. Quest’ultimo, per permettervi di rispondere dovrà superare un percorso ad ostacoli. Appena il Pokémon ha superato il percorso, la performer corrispondente, potrà rispondere. La prima performer che risponde correttamente a tre domande, passerà alla fase dell’Esibizione Libera. Qualora, entro 30 secondi non desse la risposta, o desse la risposta errata, la mano passerà alla seconda. I Pokémon di tipo volante non sono ammessi. Qualora il Pokémon di una Performer ne attaccasse un altro, la performer verrà squalificata. TUTTO CHIARO??» Chiese, quasi urlando. «Chiarissimo!» Risposero le ragazze.
Intanto, sul palco, il pavimento era sprofondato nel terreno. «Che succede?» Chiese Carlos, piuttosto incuriosito. «Vedrai.» Gli rispose Ash. Il pavimento del palco era riemerso, completamente diverso.
Sul pavimento di legno scuro, prima vuoto, ora vi erano quattro postazioni. Uno per ogni performer. Poco oltre vi erano un percorso ad ostacoli, diviso in tre parti. Un piccolo percorso di slalom, con dei coni, un percorso con dei salti e una parete su cui arrampicarsi. Poco dopo, si spensero tutte le luci e si accesero alcuni riflettori. Diversi occhi di bue emisero del fumo colorato. Un uomo, alto e magro, vestito in giacca e cravatta, apparve. Indossava una grossa tuba nera. Portava un grosso bastone in legno e metallo. Sulla cima di esso un Klefki.
«Gentile pubblico, gentilissimo privato! Io mi chiamo Peter, e vi accompagnerò in questo spettacolare Varietà nella fantastica cornice della cittadina di Eolea. Tra pochi minuti faremo la conoscenza delle performer che si esibiranno oggi.
Home avete potuto notare dal palco, l’esibizione a tema tratterà un quiz sui Pokémon. Le performer che prima delle altre risponderanno correttamente a tre domande, passeranno alla fase successiva. Ma… conosciamo meglio le nostre concorrenti!» Il fumo nel palco si fece molto più denso. «E ora che succede?» Chiese Carlos. «Stanno arrivando.» Gli rispose Ash. «Lilligant! Vieni fuori! Serena sta per esibirsi!» La invitò ad uscire dalla Poké Ball. La Pokémon, si guardò intorno, terrorizzata. Centinaia, se non migliaia di persone. Decine di voci, indistinte. Si sentiva piccola. Piccola e sola. Tremava fortissimo. «Tranquilla. Serena arriverà presto.» Ash cercò di rassicurarla. Nel mentre, sul palco, erano apparse le prime quattro Performer, tra cui Serena. Lilligant sembrava felice di vedere la sua Allenatrice, per quanto fosse lontana.
«Ed ecco le nostre bellissime concorrenti!» Le presentò. «La nostra prima concorrente è Erina!» Indicò con la punta del bastone una ragazza dai capelli castano chiaro, con degli occhiali rotondi, che celavano degli splendidi occhi azzurri.
«Direttamente dalla lontana regione di Kalos, Serena!» Indicò con il bastone la nativa di Kalos. «Terza Performer Misha!» Indicò una ragazza dai capelli rossi, a caschetto, poco più lunghi di quelli di Serena. «La quarta concorrente di oggi è Christie!» Indicò una ragazza dai capelli violetti e dagli occhi castani.
«Ragazze, se siete pronte, fate uscire i vostri Pokémon!» Le invitò Peter. Le quattro ragazze fecero uscire i loro Pokémon dalle rispettive Poké Ball. Per Erina un Axew, per Serena la sua Sylveon, per Mischa un Purrloin e per Christie un Deerling. 
«Allora possiamo cominciare! Ora vi farò la domanda. Vi ricordo che, per regolamento, vostri Pokémon potranno partire solamente dopo che avrò concluso la domanda.» Le ragazze e i loro Pokémon fecero un piccolo cenno affermativo.
«La domanda è la seguente. L’abilità Morbidone rende i Pokémon che la possiedono più resistenti agli attacchi da contatto, come Morso o Azione, ma gli rende più esposti alle mosse di quale tipo?» Sullo schermo dietro alle Performer apparve l’immagine di un Bewear e di un Wooloo. 
I quattro Pokémon si misero a correre, superando il percorso senza troppi inconvenienti. Axew sembrava leggermente attardato. 
Nella seconda fase Sylveon aveva accumulato un leggero vantaggio, che avrebbe poi sfruttato nella fase successiva.
Alla fine, la Pokémon della nativa di Kalos fu la prima ad arrivare. 
«Benissimo!Serena, a te la parola!» La invitò Peter. «La risposta è Fuoco.» La ragazza rispose in modo piuttosto convinto. 
«E la risposta è…» Peter fece una breve pausa.  «Corretta!» Altra brevissima pausa. «E la Performer Serena guadagna un punto!» Il pubblico esplose in un fragoroso applauso, facendo spaventare terribilmente Lilligant. 
«Hey! Dove vai!» Si sentì la voce di un ragazzo, che sembrava stesse inseguendo qualcosa o qualcuno. Non sembrava ben definibile. «Fermati! O ti faccio tornare nella Poké Ball!» La voce si era fatta più vicina.
Pochi istanti dopo, davanti ai ragazzi apparve un piccolo Pokémon dall’aspetto felino. Il suo corpo era ricoperto da del pelo verde chiaro e scuro. Le sue orecchie erano verdi all’esterno, mentre, nella parte interna erano di un colore verde più pallido. Sul petto era presente un ciuffo di pelo. Attorno agli occhi era presente una macchia verde che ricordava una foglia. Aveva due denti appuntiti nella mascella superiore, una coda vaporosa e piccole zampe prive di dita visibili.  
«E che Pokémon è questo?» si chiese Carlos, mentre lo inquadrava con il suo Smart Rotom. «Sprigatito, Pokémon Erbagatto. Tipo Erba. Esemplare maschio. Il dolce profumo che emana dal corpo incanta chiunque si trovi nelle vicinanze e si intensifica quando il Pokémon si espone al sole. Mosse conosciute: Graffio, Attacco Rapido, Fogliame. È uno dei Pokémon iniziali consegnati ai giovani allenatori della regione di Paldea.» Carlos ripose il suo dispositivo in tasca. «Eccoti qui!» Ad Ash e Carlos si avvicinò un ragazzo di circa vent’anni, un po’ più alto di Ash, che prese in braccio il Pokémon Erbagatto.
«Spero che questo piccolino non vi abbia causato problemi!» Il Pokémon Gatto estese uno dei suoi artigli e graffiò il ragazzo che lo teneva in braccio. «Cosa vuoi?» Chiese il ragazzo. Il gatto indicò con una delle sue zampe, la Lilligant di Serena. «Meow!» 
«E così sei venuto qui per lei?» Chiese il ragazzo, che nel frattempo aveva fatto scendere il Pokémon. Appena si avvicinò alla Pokémon di Serena cominciò a giocherellare con le sue zampe, emanando un dolce profumo.
«Scusatemi! Non mi sono nemmeno presentato!» Il ragazzo fece un piccolo inchino. «Mi chiamo Oscar. Piacere di conoscervi!» Una volta finito il giro di presentazioni, Oscar si sedette accanto ai ragazzi, quindi si mise ad osservare i due Pokémon di tipo Erba. «Sono felice di vedere che il Pokémon di mia sorella abbia trovato un’amica.» Commentò. «Uh?» A Carlos tutto questo sembrava piuttosto strano. «Vedete…» Introdusse Oscar. «Mia sorella ha fatto un anno di scambio studentesco un una prestigiosa scuola della regione di Paldea. Un bel posto, sebbene sia piuttosto fuori mano. A lei è stato donato proprio uno Sprigatito come primo Pokémon. Per quanto vada d’accordo sia con me che con lei, non siamo mai stati in grado di fargli fare amicizia con gli altri Pokémon.» Spiegò. «Beh, visto che sei il Campione del Mondo…» Si rivolse ad Ash. «Magari potresti darmi qualche consiglio.» Ash non sapeva che rispondere. «Così, su due piedi non so come aiutarvi. L’amicizia tra Pokémon funziona come tra noi persone. Ci sono persone che fanno amicizia in poco tempo e persone che ci mettono tanto, tanto tempo. Lo stesso vale per i Pokémon» Il ragazzo accarezzò il suo Pikachu. «Il solo consiglio che posso dare è di non forzarlo. Vedrai che con il tempo tutto andrà per il meglio.» Oscar lo guardò in modo strano. «Tutto qui?» Chiese. Ash si grattò la testa. «Non sono uno psicologo Pokémon, ma nel corso della mia carriera da Allenatore ho capito che bruciare le tappe non è mai una scelta giusta.» Speigò.
Nel mentre che i due parlavano, alle performer erano state somministrate delle altre domande. La prima era stata “Quali 
Pokémon si evolvono con la Metalcoperta?” Domanda alla quale Serena aveva risposto correttamente, indicando Scyther e la sua evoluzione Scizor e Onix e la sua evoluzione Steelix.  
La seconda domanda, a cui non aveva risposto Serena, ma bensì Christie, era stata “Shelmet si evolve in un modo molto particolare, quale?” A cui la performer aveva risposto in maniera corretta, spiegando come Shelmet si evolva in Accelgor  quando viene scambiato con un Karrablast. E che, al contempo Karrablast si evolva in Escavalier.
«E ora la quinta domanda…» Dopo la chiacchierata con Oscar, Ash e Carlos ripresero a seguire il Varietà. «Senza contare la forma Gigamax e la colorazione cromatica, quante varietà di Alcremie esistono?» Chiese Peter. Anche in questo caso non rispose Serena, ma una sua rivale, Mischa. «Sessantatré.» Rispose, correttamente la rivale. «Molto Bene!» Commentò Peter. «Siamo a due domande corrette per Serena, una per Christie e una per Misha. La prossima domanda sarà quella decisiva?» Chiese. «Possiamo procedere con la prossima domanda. Qual è il solo Pokémon ad avere più di una forma regionale?» La sfida tra i Pokémon era più aperta che mai.  Alla fine fu la Sylveon della nativa di Kalos a spuntarla. «Bene! Serena… sai la risposta?» Chiese Peter. La nativa di Kalos non ci pensò un secondo. «Meowth!» Rispose.
«E la risposta è Corretta!» Il pubblico scoppiò nuovamente in un fragoroso applauso. «Questo vuol dire che la prima performer a passare alla fase di Esibizione libera è la Performer Serena!» Annunciò Peter. Ennesimo applauso da parte del pubblico, a cui si aggiunsero anche le sue avversarie. 
Tempo di sgomberare il palco e di permettere all’emittente televisiva che trasmetteva l’evento di mandare in onda la pubblicità, che arrivarono le quattro Performer che si sarebbero esibite in seguito, tra cui Anita. La giovane Allenatrice sembrava piuttosto spaventata. Quel posto e tutte quelle persone la mettevano terribilmente a disagio. 
«E ora diamo un caloroso benvenuto ad altre quattro meravigliose Performer!» Il pubblico esplose in un fragoroso applauso. «Ma conosciamo meglio le concorrenti!» L’uomo indicò con il bastone la prima concorrente. Una ragazza dai capelli rossi e dagli occhi di un’insolita colorazione viola. «Vi presento Wakaba, una Performer debuttante che proviene dalla lontana regione di Johto! Come l’attuale regina di Unima, del resto… sarà un segno di buona fortuna?» Passò poi alla seconda concorrente. Una ragazza dai capelli viola chiaro e degli occhi dello stesso colore. «E ora vi prego di fare la conoscenza di Heidi!» Altro applauso da parte del pubblico. «E ora un’altra performer debuttante! Direttamente dalla piccola Soffiolieve… Anita!» Altro applauso da parte del pubblico. Pochi istanti dopo, presentò la quarta concorrente. Una ragazza dai capelli arancioni e dagli occhi color ambra. «Ed ecco la quarta concorrente! Tara!» In seguito all'ennesimo applauso da parte del pubblico, Peter invitò le Performer a schierare i loro Pokémon. Per non violare il regolamento, Anita si trovò costretta a schierare un altro Pokémon. In particolare il suo Oshawott. 
Appena uscito dalla Poké Ball, il Pokémon Lontra guardò la sua Allenatrice con aria perplessa. «Sha?» Il Pokémon di tipo Acqua si sentiva esattamente come la sua Allenatrice. Catapultato in un posto sconosciuto che lo metteva piuttosto a disagio. «Forse avrei dovuto avvisarti…» Tentò di scusarsi. «Ma non avevo altra possibilità.» Cercò di spiegare. «Sha!» Rispose fieramente il Pokémon.
Wakaba schierò un Marill, Heidi una Alcremie Bonbonfragola, e Tara, invece una Litten.
«Benissimo! Allora possiamo partire.» Annunciò Peter. «Come sempre, prima di poter rispondere, il vostro Pokémon dovrà superare il percorso ad ostacoli.» Spiegò. 
«Ma ora cominciamo con le domande! Senza considerare megaevoluzioni e forme alternative, quante sono le forme evolutive finali di tutti i Pokémon iniziali ad avere due tipi?» Appena conclusa la domanda, i Pokémon delle ragazze partirono, cercando di superare il percorso. Tutti tranne l’Oshawott di Anita, che rimase fermo ai blocchi di partenza. «Forza, Oshawott! Io credo in te!» Cercò di incoraggiarlo. Ormai non poteva più vincere, ma non voleva deludere la sua Allenatrice. A vincere il primo round fu la Litten di Tara. «Bene! Litten ha vinto la sfida! Tara sai la risposta?» La ragazza non esitò un singolo istante. «Sono diciassette!» Rispose. «E la risposta è… Corretta!» Peter, dopo aver atteso che i Pokémon tornassero ai blocchi di partenza, prima di formulare la seconda domanda. «Proseguiamo pure con la seconda domanda. Quanti Fossili Pokémon sono stati scoperti fino ad oggi?» I diversi  Pokémon partirono. Questa volta Oshawott partì insieme agli altri Pokémon, ma non riuscì ad arrivare per primo. Concluso il percorso, il Pokémon si girò verso la sua Allenatrice, con aria delusa. Di sicuro non si aspettava che la ragazza gli sorridesse.
A spuntarla, questa volta fu Marill. «Allora, questa volta sarà Wakaba a rispondere. La domanda è la seguente: Quanti e quali sono i Golem Leggendari?» La ragazza si mise la mano davanti alla bocca alcuni istanti, prima di rispondere. «Sono cinque. Registeel, Regice, Regirock, Regidrago, Regieleki» Rispose.
Dagli spalti, la reazione di Carlos era sempre più preoccupata. L’amica non aveva ancora risposto a nessuna delle domande.
«Pensi che possa riuscire a passare?» Chiese Carlos. «Credo di si. Dopotutto ha fatto solamente due domande! Calmati!» gli rispose Ash, cercando di non farlo preoccupare. Quasi profeticamente, al terzo round, Oshawott riuscì ad arrivare per primo. «Alla terza domanda sarà Anita a rispondere per prima. La domanda è la seguente. Quali Pokémon possono avere l'Abilità Velencura? Vi ricordo che l’abilità Velencura permette ad un Pokémon di non soffrire l’avvelenamento. Ma, mi raccomando! Se un vostro Pokémon è avvelenato, portatelo comunque al  Centro Pokémon!» Cercò di fare una battuta.
«Sono Shroomish, Breloom e Gliscor» Rispose la ragazza. «E la risposta è corretta!» Annunciò. 
Dopo aver atteso che i Pokémon tornassero alle loro postazioni, la sfida riprese. 
Nemmeno in questo caso l’Oshawott di Anita riuscì a vincere. Il Pokémon che arrivò per primo fu la Litten di Tara. «Molto bene, Tara! Ecco la tua domanda. Quante pietre evolutive sono conosciute, ad oggi?» La ragazza rispose subito. «Sono dieci.» Peter sorrise. «La risposta è esatta! E ora Tara è a quota due risposte corrette! Ancora una risposta corretta e potrai accedere alla fase successiva. Ma ora proseguiamo!» Era già tempo della domanda successiva “Quante e quali sono le forme di Lycanrock?” Domanda alla quale Anita rispose correttamente. Indicò come le forme fossero tre. La forma giorno, la Forma Notte e la Forma Crepuscolo. Appena i Pokémon tornarono alle postazioni, Peter formulò l'ennesima domanda, non prima di aver fatto notare al pubblico come ora le contendenti per la vittoria fossero due. Finalmente l’uomo formulò la domanda. 
«Qual è la sola linea evolutiva di Pokémon ad avere il tipo Veleno e Volante?» I Pokémon delle ragazze, soprattutto Litten e Oshawott, Alla fine fu quest’ultimo a spuntarla. «Sono Zubat, Golbat e Crobat.» Rispose Anita. «E la risposta è corretta!» Annunciò Peter. «Questo vuol dire che Anita passa al round di Esibizione Libera!» Dei turni successivi passarono Abby e Mildred.
Come da tradizione, vi fu una pausa tra le due fasi, per permettere allo staff di sistemare il palco e permettere alle performer rimaste di preparare gli ultimi dettagli.
Anche in questo caso, per evitare favoritismi, le quattro Performer si sarebbero esibite in ordine casuale. Serena si sarebbe esibita per seconda, mentre Anita per quarta. La prima ad esibirsi fu Abby.
La Performer indossava un elegante abito nero, piuttosto lungo e coprente. Indossava dei guanti, neri ed eleganti, e un cappello, anch’esso nero.
«Diamo nuovamente il benvenuto alla performer Abby!» Peter la presentò nuovamente. Il pubblico la accolse con un caloroso applauso. Stavano applaudendo tutti tranne Oscar. Ash e Carlos dedussero che la performer in nero e i suoi Pokémon avevano eliminato la sorella. Appena ricevette l’ok, la ragazza mandò in campo i suoi Pokémon, una Gothitelle e un Houndoom. 
La ragazza ordinò al Pokémon Buio di usare Lanciafiamme e alla sua Gothitelle di usare Psicoraggio.
I due attacchi si unirono in una sorta di colonna dal colore violaceo, avvolta da delle fiamme. Pochi istanti dopo ordinò al 
Pokémon Buio di usare Neropulsar e alla Pokémon Corpoceleste di usare Palla Ombra, ordinando ad entrambi di colpire la colonna creata in precedenza.
Quindi, per concludere l’esibizione, ordinò al Pokémon Buio di colpire la creazione con un poderoso Fuocobomba, che distrusse la colonna in numerosissime scintille colorate. La giovane fece un profondo inchino, rivolgendosi al pubblico, facendo intendere che la sua esibizione fosse terminata.
«Ed ecco la fantastica esibizione della Performer Abby!» Annunciò Peter. «Vi ricordo che, prima di votare dovrete aspettare che tutte le Performer si esibiscano.» Ricordò l’uomo. Dopo di Abby toccò a Serena, indubbiamente la Performer più esperta. La ragazza indossava una camicia  bianca con delle maniche lunghe, decorate da delle balze attorno ai polsi. Era coperta da una sorta di sopravveste marrone chiaro, con la parte inferiore della gonna, che arrivava poco sopra il ginocchio, era decorata con il pizzo di un marrone più scuro. La parte inferiore della gonna era decorata da una sorta di spartito rosso che avvolgeva la parte inferiore della gonna. L’abito presentava infine due fiocchi, uno sul petto, di colore rosso e uno attorno alla vita marrone come il pizzo. Anche la nativa di Kalos dovette attendere il segnale prima di potersi esibire. 
Appena ottenuto l’ok, la nativa di Kalos cominciò con la sua esibizione. 
La ragazza schierò Pancham e Sylveon. Entrambi i Pokémon indossavano alcuni accessori, Sylveon aveva diversi fiocchi che impreziosivano il suo aspetto, mentre Pancham indossava i suoi classici occhiali da sole rossi con gli spuntoni.
Pancham iniziò l’esibizione colpendo il terreno con un potente pugno e generando dal terreno degli enormi massi appuntiti, in cui in Pokémon iniziò a saltare con acrobatiche evoluzioni.
Contemporaneamente, Sylveon si era alzata in aria, sospinta dal suo Vento di Fata. Pochi istanti dopo, la Pokémon generò delle sorta di stelle dorate che scagliò, rimanendo sospesa in aria. Contemporaneamente Pancham generò da suoi arti superiori una sorta di fascio di anelli di energia dal colore violaceo, che colpirono le stelle, generando un’esplosione di scintille colorate. Pochi istanti dopo, il Pokémon Briccone colpì nuovamente i massi che aveva generato, facendoli esplodere in una polvere azzurrina. 
Sylveon generò nuovamente dei raggi di energia dalla forma di stelle, lanciandole in direzione di Pancham, che le colpiva a ripetizione, facendole esplodere in scintille colorate. La nativa di Kalos, come da tradizione, terminò la sua esibizione con un profondo inchino. 
Dopo l’esibizione di Mildred, che non fu particolarmente degna di nota, nonostante il suo tentativo di camuffare cercando di sorridere al pubblico. Sembrava quasi che avesse delle grosse aspettative nei confronti del pubblico.
Dopo la deludente performance di Mildred, toccò ad Anita. 
La ragazza, che per l’occasione, indossava un vestito per la maggior parte blu scuro, senza spalline. La gonna, piuttosto corta, presentava diverse pieghe, e, nella parte inferiore era decorata con un tessuto in pizzo dello stesso colore. In vita, il vestito presentava un grosso fiocco dal colore più chiaro. Aveva poi dei guanti, dello stesso colore del vestito. Ai piedi dei tacchi di colore blu scuro.
Per quanto avesse bene in mente gli incoraggiamenti di Serena, la ragazza aveva ancora paura di esibirsi. Temeva il giudizio altrui, o ancora di fare una brutta figura davanti a chissà quante persone. Anche lei, come da regolamento, dovette attendere il segnale prima  di esibirsi. 
«Proviamoci, Vivillon! Crea degli Energipalla!» Ordinò Anita. La Pokémon generò dalla parte superiore del corpo, una serie di sfere di energia di colore verde, che ricordavano una sorta di occhio. Erano come sospese in aria. 
«E ora colpiscile con Eterelama!» Dalle ali della Pokémon si generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere di energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di colore verdino. «Benissimo! Ora usa Sonnifero!»
Dalle ali della Pokémon si generarono dei raggi di energia a forma di stella, lasciando  di stucco la ragazza e il pubblico. Anita sembrava piuttosto stranita. “Non le avevo detto di usare Sonnifero?” Pensò. Nonostante l’imprevisto, la ragazza decise di proseguire con la sua esibizione.
«E ora usa Energipalla!» La Pokémon generò dalla parte superiore del corpo, una serie di sfere di energia di colore verde, che ricordavano una sorta di occhio, che si unirono ai raggi a forma di stella.
«Ora distruggibile con Eterelama!»  Dalle ali della Pokémon si generarono delle sottili lame d’aria, che colpirono le sfere di energia, facendole esplodere in tante piccole scintille di diversi colori. «Ora divertiamoci! Usa Psichico per creare quello che desideri!»La Pokémon radunò i frammenti attorno alle sue ali, creando l’illusione di possedere delle ali gigantesche. 
Come anche Serena, la giovane Allenatrice concluse l’esibizione con un profondo inchino.
«E ora che tutte le Performer si sono esibite…» Pierre sbucò apparentemente dal nulla. «Il pubblico e… il privato potranno votare!» Le performer si radunarono dinanzi al pubblico. 
Dietro le Performer vennero proiettate delle immagini identiche alle chiavi, chiavi che erano appese ai vestiti delle ragazze.
Ogni chiave si riempiva sempre di più mano a mano che i voti per questa o quella Performer aumentano, fino a quando Peter dichiarò lo stop al televoto. «E la vincitrice è… la Performer Serena!» Dichiarò Peter. Il pubblico in teatro applaudì fragorosamente. La nativa di Kalos aveva vinto il suo primo Varietà.
L’uomo consegnò alla nativa di Kalos la chiave della Principessa. Una chiave dorata, decorata nel manico con delle pietre preziose. Era piuttosto pesante. «E come promesso… verrai intervistata dalla prestigiosa rivista Allenatori.» Spiegò.
Per la cronaca Anita si classificò in seconda posizione, Abby in terza e Mildred in quarta ed ultima posizione. Non nascondendo un certo disappunto.
Alcune ore dopo, Pierre accompagnò il gruppo nello stesso albergo dove alloggiava. Non era troppo distante dal teatro dove aveva avuto luogo il Varietà. «Lo staff del giornale ha scelto di intervistarti qui. Hanno preso una stanza apposta.» Spiegò.
L’uomo entrò nell’albergo ed invitò i quattro ad entrare. «La stanza che hanno preso è esattamente accanto alla mia.» Spiegò. I cinque, dopo aver superato il banco della reception, raggiunsero l’ascensore, per salire al quinto piano. «La stanza che hanno preso è la 505. È quella lì.» La indicò. Il gruppo si separò dal conduttore, dirigendosi della stanza dove alloggiavano i giornalisti. Serena, che era poco davanti agli altri, si apprestò a bussare alla porta. Dopo alcuni istanti un ragazzo aprì la porta. Era un ragazzo alto più o meno come Ash, dai capelli molto corti e dai grossi occhiali. Indossava una giacca sportiva e un paio di Jeans. «Entrate pure!» Li invitò. «Io mi chiamo Lewis. Presto conoscerete la mia collega, Angela. Adesso si sta preparando.» 
Dopo il consueto giro di presentazioni, il gruppo poté accedere all’interno della stanza. Una  stanza era piuttosto grande e rifinita. Quadri appesi alle pareti, specchi. Non mancavano nemmeno dei mobili in legno privato e dei soprammobili, altrettanto raffinati. 
Dopo essersi accomodati e aver anche ordinato qualcosa dal servizio in camera, finalmente si poté procedere con l’intervista. Intervista non tenuta dal ragazzo, ma da una giovane donna, poco più bassa di lui. Anche lei, come il collega, era vestita in maniera abbastanza informale. 
Angela prese, da una borsa poco lontano, una telecamera. Era realizzata in plastica nera e aveva un grosso obiettivo, anche esso nero. Da un’altra borsa estrasse un treppiede.
«Farete anche il video?» Chiese la nativa di Kalos, in tono preoccupato. «In questo caso meglio che mi dia una sistemata. Adesso sono un disastro!» aggiunse. «Ma no! Vai benissimo così!» Ash cercò di rassicurarla, facendola arrossire. «Ma… per caso… siete fidanzati?» Chiese Angela. Non ricevette risposta. Tuttavia poté notare come, nella stanza, fosse calato il gelo.
«Dicevo così… per dire…» Cercò di giustificarsi. «Pensa che scoop sarebbe stato! Il Campione del mondo e una delle Performer e Coordinatrici più famose e…» Nessuna reazione.
Ci vollero diversi minuti prima che la situazione si sciogliesse e tornasse un minimo di normalità. Solo in quel momento, Lewis accese la telecamera, puntandola sulle due, sedute sul divano una accanto all’altra.
«Se ti senti pronta, possiamo cominciare.» La invitò Angela. Serena si limitò ad annuire. «Molto bene allora. Possiamo cominciare. E da dove partire se non dall’inizio? Come hai iniziato la tua carriera di Performer?» chiese. «Beh… in realtà è molto semplice. Quando sono partita per il mio viaggio Pokémon, non avevo la minima idea di che strada scegliere. Fino a quando non conobbi una ragazza che oggi è una delle mie migliori amiche, Shana. È stata lei a darmi l’ispirazione per diventare una Performer.» Raccontò. «Interessante. Ormai se un’esperta, ma immagino che all’inizio possa essere stato strano… quindi, potresti raccontare come è stato debuttare al Varietà?» «La prima volta è stato un completo disastro. Ero totalmente inesperta e non sono nemmeno riuscita a superare la fase di performance a tema. Dovevamo vestire un Pokémon, con i diversi accessori che ci venivano dati. Solo che, esagerando coi nastri, durante la sfilata, Fennekin inciampò sui suoi stessi nastri e…» Angela annuì. Il resto della storia era chiaro. «Passiamo oltre. Dopo tutti i fatti della guerra di Kalos, contro il Team Flare, sei passata alle gare Pokémon, partendo da Hoenn…e sei diventata, in breve una famosa coordinatrice… ma come mai hai deciso di tornare ai Varietà?» «Si, con le gare abbiamo ottenuto dei buoni risultati e abbiamo partecipato a diversi Gran Festival, ma… era chiaro che quello non fosse il nostro vero obiettivo.» «E così sei tornata ai Varietà, proprio qui ad Unima. Ma… con tutta l’esperienza di anni di gare… non pensi che questo sia un vantaggio ingiusto sulle tue avversarie?» «Non penso sia ingiusto. Non possiamo nascondere la nostra esperienza. E poi anche le mie avversarie hanno dimostrato di saperci fare.» «Capisco. Altra domanda. Rispetto a tante altre Performer e coordinatrici, di Unima e non solo, hanno sei o più Pokémon, come mai te ne hai solo tre?» «Io non catturo Pokémon solo per fare numero. Tutti i Pokémon che ho catturato li ho catturati perché loro hanno scelto di venire con me.» «Altra domanda. Ti sei mai sentita una “predestinata” perdona il termine…» Serena cercò di trattenere una risata. «Per quanto sarebbe bello sentire “La Predestinata vince il Varietà di Eolea! O qualcosa di simile… no. Non mi sento una predestinata. Probabilmente senza Shana avrei scelto una carriera diversa… chissà, magari a questo punto sarei diventata un'Allenatrice che sfida le Palestre o chissà cos’ altro.» «Così, però ti saresti dovuta scontrare contro Ash e… insomma lui è l’Allenatore più forte del mondo…» «Nel caso in cui avessi deciso per quella strada, sarei stata onorata a lottare contro di lui.» «Perché parli così, se è evidente che vi conoscete?» Chiese Angela, in tono stranito. «Magari se avessi preso quella strada, saremo diventati dei rivali e chissà come sarebbe andata…» «Beh… chi può dirlo… magari da qualche parte, in un altro universo…» Serena si limitò a sorridere all’affermazione dell’intervistatrice. Sembrava sapesse delle cose che non voleva venissero scoperte.
«Tornando a noi… qual è il tuo obiettivo qui? Vincere il titolo di Regina di Unima?» «Quello viene dopo. Penso che il mio primo obiettivo sia quello di regalare dei sorrisi alla gente, regalare loro dei momenti di felicità. Quando ho incominciato come Performer puntavo solo a vincere il titolo. Non pensavo alla cosa più importante di tutte. Il pubblico.»
«Parlando sempre dei Varietà qui ad Unima… hai già identificato delle potenziali rivali?» «Troppo presto. Il livello, come ho detto prima mi sembra molto alto, ma ancora non me la sento di dire “lei sarà la mia più grande rivale” o “di lei non mi devo preoccupare”. Poi, come ho detto prima, la cosa più importante è il pubblico.» «Molto interessante. Parli del pubblico come il tuo maggiore focus… beh, immagino tu lo sappia che qui ad Unima è importantissimo anche il pubblico da casa. Non pensi che in questo ambito la tua fama possa favoriti?» «Voglio sperare di no. Non voglio che la gente mi dica “ho votato Serena perché è famosa" ma che dica “Ho votato Serena perché lei e i suoi Pokémon hanno fatto un ottimo lavoro” purtroppo non potremo mai saperlo.» «Ultima domanda. Se mai dovessi prendere qualcosa dalle Gare Pokémon e trasferirlo ai Varietà, cosa sceglieresti?» La nativa di Kalos dovette pensarci alcuni istanti. «Due cose. La prima è una giuria indipendente. In alcuni varietà a Kalos era presente, in altri no. Qui ad Eolea non c’era, ma magari ci sarà in altri Varietà. Potessi scegliere la metterei ovunque. Per evitare imbrogli. E, come seconda cosa, anche se so che di andare controcorrente, vorrei che, nel round a tema, ci fosse un round di lotta. Non che io sia tanto brava nelle lotte, ma se è vero che nella prima fase dei Varietà si valuta il talento delle Performer, allora anche lottare è un talento.»
«E con questo è tutto, ti ringraziamo per essere stata qui con noi.» La ringraziò Angela. 




Ed ecco un capitolo più dedicato alle ragazze, rispetto ad altri capitoli in cui era più Ash il protagonista.  (Capitolo che avrei dovuto pubblicare molto prima. Ma alla fine mi ha richiesto così tanto tempo che addirittura Lewis Hamilton ha fatto in tempo a firmare per Ferrari, ma sorvoliamo.)
Mi ritengo soddisfatto di questo capitolo. Qui avevo veramente da raccontare, tra Poké Link e due rivali ricorrenti, oltre che il dover creare un outfit per Anita, dato che non aveva di sicuro preventivato un’occasione simile. 
So che narrativamente è una scelta abbastanza infelice, ma ho preferito che tu, che leggi scoprissi l’abito di Anita solo il giorno del Varietà. Per Serena, invece, mi sono ispirato ad un vestito visto in uno dei film, leggermente rivisto. Non sono esattamente un luminare in questo campo. Sento già gli stilisti (e le stiliste) cercarmi con torce e forconi. Ma, essendo da solo, questo posso fare. Ecco perché vorrei poter collaborare con qualcuno.
Nella storia, per semplicità,  non lo ho scritto, ma è sottinteso che un documento possa essere usato solo per un profilo. E documenti di identità della stessa persona (nella mia fanfiction i soli documenti presenti sono la Scheda Allenatore, che fa da carta d’identità e da codice fiscale, la patente di guida, che funziona tale e quale a quella del mondo reale, e il passaporto, che funziona tale e quale a quello del mondo reale) non possono essere usati per profili diversi. 



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un torneo movimentato ***


Arrivati ad Eolea, due giorni prima del Varietà, i quattro si dedicano all’ allenamento. Serena e Anita si sono allenate per il Varietà, mentre Ash e Carlos si sono dedicati alle lotte.
Serena e Anita hanno partecipino al primo varietà nella regione di Unima. Le due ragazze hanno conosciuto anche una Performer originaria di Unima, Abby, una ragazza dal triste passato.
Serena e i suoi Pokémon sono riusciti a vincere il loro primo Varietà, e la ragazza è stata invitata a partecipare ad un’intervista.

Un torneo movimentato

Lasciata Eolea alle loro spalle, i ragazzi partirono alla volta di Zefiropoli, città dove Anita avrebbe sfidato la seconda Palestra, nel suo viaggio di Allenatrice. Eolea e Zefiropoli non erano troppo distanti, appena una giornata di cammino.
«Sembra che la Palestra di Zefiropoli sia specializzata nei Pokémon del Tipo Normale. La Capopalestra si chiama Aloè.» Spegò Serena. «Interessante.» Rispose Anita. «Se non sbaglio i Pokémon di tipo Normale sono deboli solo ai Pokémon di tipo Lotta, mentre gli attacchi del loro tipo non possono colpire i Pokémon di Spettro e viceversa…» Ragionò, a voce alta. «Esatto.» Le rispose Ash , senza nemmeno pensare. «Ma ricordati, in una lotta, il vantaggio di tipo non è tutto.» Aggiunse poco dopo. «Ma… la lotta contro Spighetto l'abbiamo vinta perché Incineroar aveva insegnato Rogodenti a Lillipup...» Rispose la giovane. «Vero, ma Lillipup ha anche imparato Fossa. E con quello ha evitato l’attacco di Pansage.» Rispose Ash . «Beh… sei tu il campione!» Si intromise Carlos. «Da quando ci conosciamo credo che nessuno dei tuoi Pokémon abbia mai usato un attacco superefficace… è forse questa la strategia di voi campioni per confondere i vostri avversari?» Ash scosse la testa. «Non funziona proprio così…» Rispose Ash . «Non puoi vincere una lotta solo usando attacchi superefficaci.» Gli rispose Ash . «Tu sei un Campione, per cui puoi permetterti di usare certe strategie. Io, beh… ho… beh… ho solo vinto una medaglia… preferisco fare le cose semplici.» Rispose la ragazza. «Capisco, ma questo non ti basta per vincere. Anche se tu lotti con Oshawott, contro un Pokémon di tipo fuoco, non è detto che tu vinca, solo perché Oshawott sa usare attacchi di tipo acqua. L’hai imparato subito, le lotte Pokémon non sono solo rispondere agli attacchi avversari con degli altri attacchi, ma anche schivare… nascondersi dagli avversari e… improvvisare» Anita si limitò ad annuire. «E poi hai già dimostrato di saper improvvisare.» Anita sembrò non capire. «Davvero?» Chiese «Pensa al Varietà… tu e Serena vi siete allenate con Vivillon, ma nella prima parte del Varietà, hai usato Oshawott…» «Non potevo fare altrimenti.» Rispose la ragazza. «Nel percorso ad ostacoli, i Pokémon di tipo Volante non erano permessi, così ho pensato che Oshawott fosse la scelta migliore e…» Ash la fermò. «Non devi giustificarti. Lo hai fatto e basta. E va bene così. Oppure anche quando hai chiesto a Vivillon di usare Sonnifero, ma ha, invece usato Comete… avete comunque fatto un ottimo lavoro.» Si congratulò il ragazzo. «Dici davvero?» Chiese. «Ash è sempre stato un ragazzo sincero. Non ha motivi per mentirti.» Si aggiunse Serena, rimasta in silenzio per un po’.
«Beh… questo è… molto gentile da parte tua» rispose.
I quattro continuarono a camminare, discutendo sui loro prossimi piani, fino a quando Carlos udì uno strano suono.
«Lo sentite anche voi?» Chiese il ragazzo. «Cosa?» Chiesero Ash e le ragazze. «Mi è sembrato di sentire una sorta di lamento… non so spiegarmi…» «Magari sarà il vento.» Gli rispose Ash , cercando di essere razionale. «Non penso… non si muove una foglia.» Rispose Carlos.
Provarono a restare in silenzio alcuni secondi. E si. Effettivamente qualcosa si sentiva, per quanto non fosse molto forte. Sembrava una sorta di guaito. Molto debole. «Si… effettivamente si sente qualcosa.» Rispose Serena. «Pikachu, pensi di riuscire a capire da dove viene?» Il Pokémon Topo scese dalla spalla del ragazzo e si mise a cercare la fonte di quei versi.
Il Pokémon mosse le orecchie per cercare di comprendere da dove venissero quei lamenti. Grazie al suo udito estremamente sviluppato, il Pokémon Topo non ci mise molto.
Con una delle zampe, il Pokémon Topo invitò il gruppo a seguirlo, mentre iniziava ad inoltrarsi in un boschetto poco lontano. «Ma dove vai?» Chiese Ash , mentre inseguiva il suo Pokémon. Serena e gli altri cercavano di tenere il passo, con molta fatica.
Dopo una bella corsa, il Pokémon Topo si fermò, venendo raggiunto dai ragazzi, voltandosi nella loro direzione e facendo un piccolo cenno con una delle zampe. «È qui vicino?» Chiese Ash .
«Pika pi!» Rispose il Pokémon. «Se preferisci continuare da solo, fai pure.» Lo invitò Ash . Il Pokémon Topo non se lo fece ripetere. Sapendo di non essere seguito, poté accelerare il passo. Raggiunse, in pochi istanti, la fonte di quei lamenti. Lamenti, che nel frattempo, si erano fatti sempre più disperati.
Il Pokémon di tipo elettro non ci mise molto a raggiungere la fonte di quei lamenti. Era, come immaginava, un Pokémon. Un Houndour, per la precisione. Appena gli sguardi dei due Pokémon si incrociarono, il Pokémon Buio si allontanò di corsa, nascondendosi in un cespuglio, spaventato.
Il Pokémon elettro era piuttosto perplesso, si chiedeva come mai Houndour fosse scappato. Non era intenzionato ad attaccare o altro del genere.
Pikachu non era tipo da arrendersi così facilmente. Aveva notato come il fuggitivo non avesse una bella cera. Si arrampicò su un albero lì vicino e raggiunse uno dei rami.
Guardò attentamente le bacche che crescevano e ne annusò alcune. Erano profumate e sembravano perfettamente mature.
Erano di un bel giallo, con dei puntini arancioni. Ne colpì diverse con la coda, facendole cadere a terra. Ne formò un bel mucchio. Appena sceso dall’albero, il Pokémon, fece rotolare alcune bacche in direzione del cespuglio dove si era nascosto il Pokémon canide. Il Pokémon, impaurito, uscì allo scoperto e iniziò a mangiare una delle bacche. Cercò, mentre mangiava, di restare vigile, non voleva di nuovo essere attaccato.
Pikachu tentò di avvicinarsi al Pokémon, sperando di potersi avvicinare. Sperava di non vederlo nuovamente fuggire.
«Pika-Pikachu» Cercò di presentarsi, vedendo nuovamente, il Pokémon Buio fuggire davanti ai suoi occhi. Il Pokémon Topo decise di cambiare approccio. Provò ad avvicinare una bacca in direzione del cespuglio, dove il Pokémon si era nascosto. Per far capire le sue buone intenzioni, il Pokémon Topo, dopo aver avvicinato un’altra bacca in direzione del cespuglio e cominciò a mangiare una bacca a sua volta.
Il Pokémon Buio fece, piano piano capolino dal cespuglio, e vide il Pokémon Topo mangiare la sua bacca in tutta tranquillità. Quel Pokémon non era come gli altri Pokémon che aveva incontrato da quando era lì.
Sembrava gentile e disponibile. Gli aveva offerto delle bacche. Gli altri Pokémon, nella migliore delle ipotesi gli avevano strappato di bocca quel poco cibo che riusciva a raccattare.
Appena il Pokémon Buio tentò di uscire dal suo nascondiglio e di mangiare una di quelle bacche, un Pokémon volante, dal piumaggio grigio si precipitò in direzione del mucchio di bacche.
I timori di Houndour si stavano avverando. Un Pokémon selvatico che tentava di rubargli il cibo. Avrebbe tentato di difendersi, ma non avrebbe rimediato nulla, a parte delle ferite.
Questa volta, però, la storia ebbe un finale inaspettatamente diverso. Il Pokémon volante venne colpito da una potentissima scarica elettrica, che lo fece stramazzare a terra, completamente privo di sensi.
«Wohf» Il Pokémon Buio era stupito. Per la prima volta da quando era lì, un altro Pokémon, piuttosto che attaccarlo, lo aveva difeso e piuttosto che rubargli il cibo, glielo aveva procurato.
«Pika Pi» il Pokémon Topo invitò il Pokémon appena conosciuto a seguirlo. Cercò di convincerlo di come, con lui al suo fianco, non dovesse temere nulla.
Mentre il Pokémon Topo cercava di convincere Houndour a seguirlo, i ragazzi si erano fermati poco lontano da dove si erano lasciati con Pikachu, per fare una pausa.
Era praticamente ora di pranzo, e come l’altra volta, Carlos si stava occupando del pranzo. Questa volta, il ragazzo avrebbe cucinato della carne, sulla griglia elettrica e avrebbe preparato dell’insalata di contorno.
Contrariamente alla prima volta, non dovette lottare più di tanto con il tavolo da campeggio, che si mostrò più
collaborativo. Questa volta venne assistito da Ash nell’apparecchiare la tavola, mentre le ragazze si occupavano di preparare le sedie e di affettare il pane. «Mi chiedo quanto ancora ci metterà Pikachu… lui non è tipo da saltare i pasti.» Commentò Ash , piuttosto perplesso. «Non mi sembri molto preoccupato…» Gli rispose Carlos, mentre scartava la carne, prima di metterla a cuocere. «Lui non è tipo da cacciarsi nei guai. Probabilmente avrà fatto amicizia con qualche Pokémon… e quindi, magari tornerà a stomaco pieno, chissà.» Gli rispose Ash .
«Intanto… come la preferite la bistecca?» Chiese Carlos. «Al sangue.» Rispose Ash . «Un po’ più cotta.» Gli rispose Serena. «Io ben cotta!» Rispose Anita.
L’espressione di Carlos divenne disperata. Possibile che dovesse cuocere quattro bistecche in tre modi diversi? Perlomeno lui e Ash avevano gli stessi gusti. E perdipiù, oltre a badare alla griglia, doveva anche preparare l’insalata.
Perlomeno, ad occuparsi del cibo per i Pokémon erano Ash e le ragazze. Per fortuna avevano con loro abbastanza ciotole per poter accontentare tutti i Pokémon in una sola volta.
Mentre stavano servendo i vari Pokémon, finalmente, Pikachu tornò da Ash . «Oh! Eccoti qui!» Lo accolse il ragazzo. «Certo che ti sei allontanato per un bel po’» Gli parlò il ragazzo. «Cos’erano quei lamenti?» Chiese poco dopo. Il Pokémon, che si era arrampicato sulla spalla del ragazzo, come suo solito. Appena arrampicatosi, gli toccò la testa con una delle zampe, per farlo girare.
«E così era quell’Houndour a guaire?» Chiese Ash . in Pokémon Topo confermò, con un piccolo gesto del capo.
«Un Houndour?» Anita volse lo sguardo verso il Pokémon. Il suo aspetto ricordava quello di un cane. Aveva una pelliccia corta e nera. Il suo ventre e il suo muso erano rossi, le orecchie erano a punta e possedeva una piccola coda. Aveva anche due zanne sporgenti. Attorno alle caviglie e sulla schiena, vi erano delle bande bianche che assomigliano a delle costole. Sulla fronte un’escrescenza ricordava un teschio.
In seguito Anita scansionò il Pokémon con il suo Smart Rotom. «Houndour. Pokémon Buio. Tipo Fuoco e Buio. Esemplare maschio. Gli Houndour cacciano in squadre organizzate. Comunicano tra loro con svariati versi per intrappolare la preda. Quest'incredibile lavoro di squadra è unico nel suo genere. Mosse conosciute: Braciere, Morso, Rogodenti.» La ragazza, senza nemmeno mettere il suo smartphone in tasca, si chinò verso il Pokémon, porgendogli una ciotola con del cibo. Non fece quasi in tempo ad appoggiarla a terra, che subito il Pokémon cominciò a divorare le crocchette. «Ecco qualcuno che rivaleggia con voi, in quanto ad appettito.» Commentò Carlos, in tono ironico. «Più che del suo appetito, mi preoccuperei della sua salute. Sembra ferito.» Anita guardò il Pokémon più da vicino. «Probabilmente è stato abbandonato dal branco.» Ipotizzò. «Non credo.» Rispose Serena. Pure lei aveva scannerizzato il piccolo Pokémon canide «Qui dice che i branchi di Houndour non abbandonano un loro membro nemmeno se è ferito. E che il branco si accorge immediatamente se manca un loro membro.» Le parole di Serena aumentarono ulteriormente la perplessità di Carlos.
«Credo che la cosa migliore sia portarlo al centro Pokémon. Magari lui e il suo Allenatore si sono separati e ora lo starà cercando. E poi è ferito. Cammina e mangia, ma non sappiamo veramente come sta.» Si aggiunse Ash , tentando di prendere l’iniziativa. «Per ora possiamo disinfettare le ferite. Dovrei avere qualcosa nella borsa.» Serena frugò nella sua borsa, fino a quando non trovò quello che cercava. Uno spruzzino di plastica, dal colore rosso. Al suo interno del liquido, apparentemente trasparente.
La ragazza si avvicinò al Pokémon, con lo spruzzino in mano. Lo indirizzò in direzione delle sue ferite e spruzzò. Il Pokémon emise un ringhio di dolore, ma poi si calmò.
I quattro, mentre mangiavano, potevano osservare come Pikachu cercasse di spingere il Pokémon Buio a fare amicizia con gli altri Pokémon. «Vorrei proprio sapere cosa si stanno dicendo.» Carlos sembrava piuttosto incuriosito da quei Pokémon. «Noi qualcuno in grado di farlo lo conosciamo anche… ma chissà dov'è ora!» Gli rispose Serena. Ash comprese immediatamente di chi Serena stesse parlando. «Conoscete qualcuno in grado di interpretare il linguaggio dei Pokémon?» Chiese Anita, incuriosita. «Beh, si. Un Pokémon.» «Un Pokémon parlante?» Anita e Carlos sembravano increduli. «Nemmeno io credevo fosse possibile che un Pokémon potesse parlare, fino a quando non lo ho sentito con le mie stesse orecchie.» Rispose Serena.
«E di che Pokémon si tratterebbe? Un Pokémon leggendario antichissimo o…» Rispose Carlos, ancora incredulo. «Un Meowth» Rispose la nativa di Kalos. Carlos cercò il Pokémon sul suo Smart Rotom. «Tra tutti i Pokémon proprio uno così comune?» Il ragazzo sembrava piuttosto deluso. «Ma non ti aspettare che lo facciamo venire qui… non dopo tutte le grane che ci ha creato.» Serena cambiò tono, accennando una nota di severità nella sua voce. «E cosa ha fatto di così male?» Chiese Carlos. «Fa parte del Team Rocket. Un’organizzazione criminale che .ruba i Pokémon per poi rivenderli a caro prezzo. Beh, oltre a questo svolgono anche dei crudeli esperimenti sui Pokémon…» Rispose Ash , che, nel frattempo, aveva già finito di mangiare. «Non che lui, Jessie e James abbiano avuto chissà quale successo, ma… li abbiamo lontani da un po’ e stiamo così bene…» Aggiunse poco dopo.
Nel frattempo, Pikachu era riuscito a convincere Houndour a fare la conoscenza degli altri Pokémon, cercando di fargli capire che nemmeno loro fossero un pericolo per lui.
Ed era sembrato piuttosto convincente, dal momento che il Pokémon Buio stava incominciando a fare la conoscenza di tutti gli altri Pokémon, in particolare con l’Umbreon di Carlos.
«Avete visto?» Ash indicò il gruppo di Pokémon, che ormai aveva finito di mangiare. «Sembra che Umbreon gli piaccia particolarmente.» Aggiunse poco dopo. «Sono entrambi dei Pokémon di tipo Buio. Probabilmente hanno una certa affinità.» Osservò Carlos.
Terminato di mangiare, sparecchiare e sistemare tutto, i quattro ripartirono per Zefiropoli, con Houndour al seguito. Il Pokémon buio camminava accanto a Pikachu e all’Umbreon di Carlos.
Entrambi i Pokémon erano stati in grado di convincerlo a seguirli. Sarebbero arrivati fino al Centro Pokémon, dove avrebbero curato le sue ferite. Fatto ciò il Pokémon sarebbe stato libero di scegliere il suo destino.
Tutto proseguì con tranquillità, e i quattro raggiunsero Zefiropoli prima del tramonto. Seguendo l’applicazione delle mappe raggiunsero senza particolare difficoltà il centro Pokémon della città.
L’edificio era molto più grande di quello di Eolea, e la cosa era sensata. Zefiropoli era una città molto più grande. All’esterno l’edificio appariva come una sorta di grosso magazzino rivestito con delle lastre di marmo, con una porta automatica in vetro. Diverse ampie finestre garantivano l’illuminazione all’interno.
Entrati all’interno dell’edificio vennero, come di consueto, accolti dall’Infermiera Joy. «Salve ragazzi!» Li accolse. «Buonasera!» I quattro la salutarono a loro volta.
L’Infermiera gli guardò meglio. «Quale onore! Il Campione del Mondo che viene a farci visita!» Accolse Ash . «E anche la vincitrice dell’ultimo Varietà!» Si accorse di Serena.
I quattro si avvicinarono al bancone. «Immagino vogliate far riposare i vostri Pokémon.» L’Infermiera cercò di recuperare la professionalità. «Poggiate pure le Poké Ball qui sul bancone. Intanto vi prendo le chiavi per le stanze.» La donna si girò e prese due chiavi da una sorta di bacheca in cui erano appese. «Ecco le chiavi. Siete fortunati sono due stanze vicine. Godetevi pure il soggiorno.» L’Infermiera consegnò una chiave a Ash e una ad Anita.
«Chiedo scusa…» Il tono di voce di Anita fu appena udibile. «Hai detto qualcosa?» Chiese l’Infermiera, rivolgendosi alla giovane Allenatrice. «Oh… mi scusi. Arrivando qui abbiamo…ecco… trovato un Houndour… sembrava ferito e lo abbiamo portato qui con noi…» La ragazza si inginocchiò e prese in braccio il Pokémon Buio, quindi lo appoggiò delicatamente sul bancone. «Strano… non è un Pokémon di questa zona…» L’Infermiera si coprì la bocca con una mano, assumendo un’espressione dubbiosa. «Probabilmente apparteneva ad un Allenatore e lo ha abbandonato. Oppure si è semplicemente perso. Avete fatto benissimo a portarlo qui.» La donna fece un rapido esame superficiale del Pokémon. «Sembra che abbia delle ferite da combattimento. Apparentemente non sembrano molto gravi. Probabilmente si è azzuffato con dei Pokémon selvatici.» Spiegò. «Avete fatto del primo soccorso o qualcosa di simile?» Chiese. «Gli abbiamo disinfettato le ferite.» Rispose Serena. «Avete fatto benissimo. Domani, o al massimo dopodomani, dovrebbe tornare in perfetta forma.» Spiegò l’Infermiera. «Appena sarà tornato in forma, spargeremo la voce. Se il suo Allenatore non si farà vivo lo metteremo in adozione.» Aggunse poco dopo.
Dopo aver preso in custodia tutti i Pokémon dei ragazzi e Houndour, si diresse nella stanza sul retro.
I quattro, non avendo molto da fare, si sedettero sui divani messi a disposizione degli Allenatori e si dedicarono a leggere i giornali e le riviste messe a disposizione.
«Guardate qui!» Carlos girò il giornale che aveva preso verso gli altri. «Sembra che ci sia stato un tentativo di furto al museo della città, ma che sia stato sventato dalla Capopalestra. Tra tutte le cose che potevano tentare di rubare, hanno cercato di rubare un teschio di un Pokémon esposto. Mi chiedo cosa se ne possano fare.» «Probabilmente vorranno compiere qualche rituale esoterico.» Rispose Ash , in tono ironico.
Ash , fino a quel momento non aveva trovato nulla che gli interessasse particolarmente, per cui si limitava a commentare le notizie proposte dagli altri e a sfogliare la rivista che aveva preso senza particolare interesse.
Almeno fino a quando la sua attenzione non venne attirata da un titolo di articolo “Torneo a doppi incontri di Zefiropoli. Le minacce del Team Plasma non lo fermeranno
«Sembra interessante. Dopodomani qui ci sarà un torneo di lotta a coppie…Sarebbe una buona occasione per allenarsi… cosa ne dite?» Propose Ash . «Non se sono sicura. Non abbiamo mai fatto una lotta a coppie, tranne quando ci siamo allenate con te e Serena. Non mi sento pronta per un torneo.» Rispose Anita.
«È un torneo di lotte in coppia. Non sei sola. Avrai sempre qualcuno al tuo fianco pronto a coprirti. E poi, la cosa più importante di tutte è fare esperienza, non conta solo vincere. Noi possiamo allenarci insieme quanto vogliamo, ma non sarà mai come affrontare un vero avversario.» Le rispose Ash . «Possiamo allenarci, ma abbiamo poco tempo. Ho paura che un giorno non basti. Ho paura che qualcosa possa andare male e che mi metta in imbarazzo davanti a tutti.» Anita sembrava piuttosto preoccupata. «Non ci siamo allenate molto nemmeno per il Varietà, eppure avete fatto un bellissimo lavoro.» Si aggiunse Serena. «Per quanto non sia molto brava nelle lotte posso darvi una mano.» Aggiunse poco dopo.
«E vi aiuterò anch’io. Vorrei proprio vedere quanto io e Umbreon siamo migliorati.» Carlos sembrava piuttosto entusiasta di partecipare. «Molto bene. Allora domani mattina cominceremo con gli allenamenti.» Propose Ash .
«Quale onore! Pure il Campione del Mondo parteciperà al nostro umile torneo!» Commentò un ragazzo, che, nel frattempo era entrato al Centro Pokémon. «Lottare contro di te, sarebbe un grande onore.» Il ragazzo, non sentendo alcuna risposta da parte di Ash , si avvicinò al gruppo.
«Ehi! Sono qui!» Il ragazzo si piazzò davanti a Ash , che, dopo aver parlato con gli altri, stava leggendo il regolamento del torneo. Il ragazzo, pur di avere l’attenzione di Ash , gli abbassò il giornale.
Davanti agli occhi di Ash , si palesò un ragazzo non molto alto e piuttosto magro, con dei capelli blu corti e degli occhi viola. Aveva degli occhiali rettangolari dalla montatura sottile.
Per essere un Allenatore in viaggio, era vestito anche troppo elegante, con una giacca rossa e un papillon. Indossava dei pantaloni del medesimo colore e delle scarpe eleganti.
«E… tu chi saresti?» Ash sembrava leggermente scocciato. «Perdona i miei modi.» Il ragazzo fece un piccolo inchino. «Ma prima sembrava mi avessi ignorato e…» Cercò di scusarsi. «Mi chiamo Raoul. Piacere di conoscervi.» Il ragazzo porse la mano, prima ad Ash , poi agli altri. «E così voi state viaggiando per tutta Unima? Affascinante!» Commentò il ragazzo. «Mi chiedo solo come mai anche tu, che sei il Campione del Mondo, hai deciso di viaggiare come un Allenatore alle prime armi?» Chiese Raoul, piuttosto incuriosito. «È molto semplice. Sogno di diventare un Maestro Pokémon. Ogni tanto scopro cos’altro mi serve per diventarlo. Qualche tempo fa ho scoperto che per diventarlo, devo aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ed è per questo che siamo partiti qui per Unima.» Raoul si limitò ad annuire. «Quindi stai aiutando Anita nel suo cammino per diventare Campionessa e Serena a diventare Regina di Unima?» Chiese. «Esatto.» Confermarono le due ragazze. «E Carlos?» Chiese. «Per adesso mi interessa solo diventare più forte. E credo che il Campione dei Campioni sia il miglior maestro possibile.» Rispose. Anche in questo caso Raoul si limitò ad annuire.
«Ho sentito che domani vi allenerete, posso assistere ai vostri allenamenti?» Chiese, poco dopo. «Ci mancherebbe altro. Il Centro Pokémon è aperto a tutti. Anche i suoi campi lotta lo sono.» Rispose Ash .
Il giorno seguente, con tutti i Pokémon in forma, i quattro poterono iniziare il loro allenamento, in uno dei campi lotta del Centro Pokémon. Raoul, nonostante avesse promesso che avrebbe assistito al loro allenamento, ancora non era arrivato. Ash , con il suo fare frettoloso, non voleva aspettare. «Direi che possiamo cominciare il nostro allenamento.» Esordì Ash , con ancora in mano il giornale del giorno prima. «Il regolamento permette ad ogni Allenatore di iscrivere due Pokémon, più un terzo di riserva, anche se, durante le lotte, ogni Allenatore può schierare un solo Pokémon.» Spiegò. «Hai già deciso con chi parteciperai? Con tutti i Pokémon che hai, hai letteralmente l’imbarazzo della scelta.» Chiese Carlos.
«Nessuno di loro. Vorrei essere il più alla pari con gli altri.» La risposta di Ash , non scatenò in Serena nessuna reazione in particolare, conosceva il suo modo di approcciarsi alle lotte. Di diverso avviso furono Carlos e Anita.
«Non capisco. Puoi sconfiggere tutti gli altri con solo Pikachu eppure…» Carlos espresse tutta la sua perplessità. «Hai ragione, ma così non permetti agli altri Pokémon di migliorarsi.» Carlos non rispose. Lui, dopotutto, aveva solo un Pokémon con sé, il suo fidato Umbreon.
«Nel regolamento c’è scritto che le coppie vengono estratte casualmente. Quindi… chissà. Potremo trovarci anche tutti come avversari.» Espose Ash . «Quindi come ci organizziamo per le squadre?» Chiese Carlos, ancora dubbioso.
«Beh… ecco…» Ash non sapeva cosa rispondere.«Facciamo io e Serena contro voi due… dopotutto voi due siete entrambi di Unima…» Rispose, cercando di giustificare la sua scelta.
«Vero, ma tu sei di Kanto e Serena è di Kalos… quindi… dovreste essere contro anche voi…» Ash si grattò la testa, perplesso. Carlos aveva ragione. «Però entrambi i nomi delle regioni iniziano per K.» Cercò una giustificazione.
«Comunque sia… direi che possiamo cominciare.» Per Ash si stava iniziando a perdere anche troppo tempo. Carlos e le ragazze si limitarono ad annuire, prendendo una delle loro Poké Ball. Ash fece allo stesso modo.
«Tocca a te!» I quattro schierarono i loro Pokémon in contemporanea. Anita mandò in campo il suo Oshawott, Serena la sua Sylveon, Carlos Umbreon e Ash la sua Snivy.
Pikachu era un po’ deluso, gli sarebbe piaciuto prendere parte allo scontro, ma capiva anche le motivazioni del suo Allenatore. Il regolamento prescriveva che la coppia di Allenatori che avrebbe fatto la prima mossa sarebbe stata estratta casualmente. Per rispondere a questa esigenza, esistevano diverse applicazioni per simulare il lancio di una moneta, e Ash ne aveva una installata sul suo Smart Rotom. «Voi cosa scegliete… Testa o croce?» Chiese Ash .
«Croce!» Rispose Carlos. «Allora noi testa.» Rispose il ragazzo, mentre avviava il lancio della moneta virtuale. «È uscita croce, cominciate voi.» Li invitò Ash .
I due non se lo fecero ripetere. «Oshawott! Acquagetto!» Ordinò Anita. Il Pokémon Lontra spiccò un salto ed il suo corpo si
circondò di uno strato d’acqua. «Forza, Umbreon! Diamo una mano!» Carlos incoraggiò il suo Pokémon, «Usa Palla Ombra!» Ordinò. Dalla bocca del Pokémon Lucelunare si generò una grossa sfera di energia oscura dal colore viola scuro, tendente al nero. Era rivestita da numerose scariche di energia, che ricordavano dei fulmini, anch'essi di colore violaceo. “Sembra che l’allenamento con Ash abbia dato i suoi frutti.” Pensò Carlos. “Il suo Palla Ombra sembra più grande e più potente delle altre volte” La sua distrazione durò qualche frazione di secondo, ma fu comunque sufficiente da consentire alla Sylveon di Serena di difendersi. Generò dei raggi di energia dal colore dorato dalla forma di stelle, che colpirono la sfera di energia oscura, facendola esplodere in migliaia di scintille colorate.
Contemporaneamente, Oshawott aveva quasi raggiunto Snivy. Stava quasi per colpirla. Ash era rimasto in silenzio, senza muovere un muscolo. E così la Pokémon, che nutriva nel suo Allenatore una fiducia totale.
«Non ancora… non ancora…» L'esperto Allenatore sembrava volesse prendere tempo. «Adesso salta e schiva!» Ordinò. La Pokémon spiccò un salto e girò su se stessa.
La sua coda si illuminò di un verde chiaro. La Pokémon colpì l’avversario con la sua coda, facendolo cadere a terra e facendogli terminare il suo attacco in un nulla di fatto.
Il Pokémon Lontra colpì il terreno, scavandolo con la testa. «Hey! Ma quell’attacco era…» Ash si prese alcuni istanti di pausa. Intanto Oshawott stava cercando di rialzarsi. «Fendifoglia! Ma è fantastico!» Si complimentò il ragazzo. «Vii!» La Pokémon rispose al complimento. Nel mentre, L’Umbreon di Carlos tentò di attaccare Sylveon con Attacco Rapido, mettendosi a correre a gran velocità contro la Pokémon della nativa di Kalos.
«Forza, Sylveon! Cerca di contrastarlo con Vento di Fata!» Ordinò la ragazza. La Pokémon generò una fortissima corrente dal colore rosato, che investì il Pokémon Lucelunare, rallentando di parecchio la sua corsa.
«Forza, Umbreon! Sono sicuro che ce la puoi fare!» Carlos incoraggiò il suo Pokémon, che di tutta risposta strinse i denti e cercò di contrastare la corrente che lo spingeva verso il suo Allenatore.
«Eoon!» Il Pokémon Lucelunare si oppose con fierezza all’attacco avversario, vincendo la forza del vento e riuscendo a colpire la Pokémon di Serena, spingendola indietro.
Nel mentre, Oshawott si era rimesso in piedi, pronto a ricevere ordini dalla sua Allenatrice. «Forza Oshawott! Usa Pistolacqua su Sylveon!» Ordinò.
Dalla bocca del Pokémon Lontra si generò un potente getto d’acqua, proiettato in direzione della Pokémon di Serena, la quale stava cercando di riprendersi dall’attacco di Umbreon.
Ash ordinò a Snivy di attaccare con Frustata. Da una delle protuberanze sulla schiena della Pokémon uscì una sottile liana. La Pokémon la guidò con precisione, fino a colpire Oshawott in pieno stomaco, facendolo cadere di nuovo a terra.
Nel mentre, Sylveon era di nuovo pronta a lottare.
«Ehi! Ma questo Houndour è vostro?» Qualcuno interruppe lo scontro. «Time out!» Ash chiamò l’interruzione della lotta. «Ah… sei tu!» Ash si girò nella direzione della voce.
Era Raoul. «Scusate se ho fatto tardi. Avevo promesso che avrei assistito al vostro allenamento, ma ho fatto tardi. Scusatemi.» Il ragazzo fece un profondo inchino.
«Non fa nulla, figurati!» Gli rispose Ash . Quasi dimenticando la domanda sul Pokémon Buio. Domanda alla quale rispose Carlos. «Non è nostro. Abbiamo sentito dei lamenti in un boschetto poco lontano, così Ash ha chiesto a Pikachu di indagare e… appunto, la causa di quei lamenti era proprio lui. Era ferito e lo abbiamo portato qui al Centro Pokémon.» Spiegò.
Il ragazzo fece cenno di aver capito. «Scusate ancora se vi ho interrotto.» Ancora un altro inchino.
«Possiamo riprendere!» Gli esortò Ash . «Fino ad ora avete fatto davvero un ottimo lavoro.» Si congratulò. I tre si limitarono ad annuire.
«Ora però facciamo sul serio! Snivy! Usa Vorticerba!» Ordinò il ragazzo. «E tu Sylveon! Usa Comete!» Orinò Serena. Contro i Pokémon di Anita e Carlos sopraggiunse una tempesta formata da foglie affilate e dei raggi di energia dalla forma di stelle.
«Forza, schivate!» Ordinarono Carlos e Anita, al contempo.
Sfortunatamente, i due Pokémon non riuscirono ad evitare il colpo, diventando vittime dell’esplosione che si generò dallo scontro tra i due attacchi. Entrambi i Pokémon, dopo l’esplosione apparvero piuttosto malconci.
«Direi che così può bastare.» Ash interruppe di nuovo la lotta.
«Avete fatto davvero un grandissimo lavoro!» Ash si congratulò nuovamente. «So che potete fare ancora di meglio, ma per il momento può bastare così» Aggiunse poco dopo. «Questa si che è stata una bella lotta!» Si complimentò Raoul.
«Questo è solo un allenamento.» Gli rispose Ash . «Oh!» Si limitò a rispondere. «Mi piacerebbe allenarmi con te… se non ti dispiace.» Gli propose il ragazzo dai capelli blu. «Certo, ci mancherebbe!» Gli rispose il nativo di Kanto. «Cosa ne dici, Pikachu, ti andrebbe una lotta?» Chiese Ash . «Pika-Pi!» Rispose il Pokémon. «E così tu schieri il tuo leggendario Pikachu?» Chiese Raul, retoricamente. «Allora io scelgo te!» Il ragazzo prese una delle sue Poké Ball dalla tasca. «Crustle! È il tuo momento!» Dalla Poké Ball del ragazzo uscì un Pokémon dall'aspetto di un grosso paguro. I suoi occhi erano grandi, le sue tenaglie grosse e possenti. Possedeva sei zampe. Il suo corpo era in gran parte arancione, tranne per alcune parti, che invece erano marroni. Il suo corpo era interamente protetto da un un grosso scoglio di colore grigio, con striature gialle e marroni. «Uh! Crustle! Interesante!» Commentò Ash , mentre prendeva il suo Smart Rotom, per scansionare quel Pokémon con la funzione Pokédex del dispositivo. «Crustle, Pokémon Scogliocasa. Tipo Coleottero e Rocca. Esemplare maschio. Predilige i luoghi aridi e nei giorni di pioggia non esce dalla sua roccia. È molto territoriale. Mosse conosciute Frana, Devastomasso, Forbice X» Ash sembrava piuttosto incuriosito da quel Pokémon. «Sembra davvero molto forte!» Commentò. «Se siete pronti, possiamo dare il via alla lotta!» «Prontissimi!» Rispose Raoul. «Forza Crustle! Usa Frana!» Il Pokémon crostaceo generò degli enormi massi affilati, che lanciò in direzione del suo avversario. «Forza! Pikachu, rispediscili al mittente! Codacciaio!» Il Pokémon topo spiccò un potente balzo. La sua coda si illuminò di bianco, cambiando la sua struttura e diventando durissima. Il Pokémon Topo colpì con la coda ogni singolo masso e lo lanciò nuovamente contro l’avversario.
«Distruggile con Forbice X» Ordinò l’Allenatore. Le chele del Pokémon crostaceo si illuminarono di arancione, pronto a ricevere i massi. Come previsto dal suo Allenatore, ogni singolo masso venne sbriciolato.
«Furbo da parte vostra.» Commentò Raoul.«Ma da voi non mi aspettavo nulla di diverso.» Aggiunse poco dopo. «Crustle!
Riproviamo! Usa Devastomasso!» L’Allenatore era consapevole del rischio che correva. Dopo l’attacco sarebbe dovuto
restare fermo, immobile per riprendere fiato. Dalle chele del Pokémon si incominciò a generare un grosso masso.
«Forza, Pikachu! Prima che sia troppo tardi! Attacca con Fulmine!» Ordinò Ash . Dalle sacche elettriche sulle guance del Pokémon si generarono delle piccole scariche, che in minuscole frazioni di secondo divennero delle scariche
immensamente potenti.
Il Pokémon Crostaceo venne colpito in pieno dal potente attacco del roditore elettrico. Il grosso masso che stava generando davanti a sé, si polverizzò in migliaia di frammenti.
Il Pokémon Scogliocasa barcollò, colpito dal potente attacco nemico, ma non mollò. «Riprovaci!» Lo invitò il suo Allenatore. «Devastomasso!» Ordinò. Il Pokémon non si mosse. “Dannazione! È l’effetto di Devastomasso!” Pensò. Nel mentre Ash e Pikachu volevano approfittare della situazione per chiudere la lotta.
«Forza! Avvicinati con Attacco Rapido!» Ordinò il Campione. “Ma come? Eppure lo sai che gli attacchi di tipo Normale non
sono molto indicati sui Pokémon di tipo Roccia!” Pensò. «E ora… Codacciaio!» Il Pokémon, sfruttando lo slancio dettato dalla sua corsa, il Pokémon fece un grosso balzo e colpì il guscio dell’avversario con la coda, diventata dura come l’acciaio e affilata come una spada. Il guscio del Pokémon si divise in due metà.
I pezzi del guscio caddero a terra, causando un grosso tonfo e sollevando una nuvola di polvere, che fece tossire Raoul. «Tutto bene, Crustle?» Chiese il ragazzo. «Beh, perlomeno si è preoccupato più del suo Pokémon che non dei suoi vestiti.» Commentò Carlos, in tono ironico. La battuta del giovane strappò a malapena un sorriso a Ash .
In Pokémon Scogliocasa, nel frattempo, si era già messo all’opera per riparare gli ingenti danni subiti dal suo guscio. Con enorme fatica, era riuscito a rimettere in piedi i pezzi e ad avvicinarli.
Stava incominciando a spruzzare la sua bava collante sui pezzi, per ricostruire la sua abitazione. «Sapete? Nessuno, prima d’ora era riuscito anche solo a scalfire il suo guscio.» Raccontò il ragazzo. «Almeno fino ad ora.» Aggiunse poco dopo.
Diverse ore dopo, il Pokémon Scogliocasa era riuscito a riparare il suo masso, e sembrava estremamente soddisfatto del suo lavoro. Finalmente Raoul poté finalmente far ritornare il suo Pokémon nella Poké Ball. «Vedrai che la prossima volta andrà meglio.» Cercò di rassicurarlo.
Nel frattempo, Ash e Anita avevano continuato il loro allenamento, mentre Houndour stava giocando con l’Umbreon di Carlos. L’Infermiera, approfittando della tranquillità del momento, era uscita fuori dall’edificio, e stava osservando tanto l’allenamento dei due quanto Houndour e Umbreon giocare.
«Sembra che Houndour si sia completamente ripreso.» Commentò l’Infermiera. «Ho stampato alcuni manifesti per Houndour. Così, magari il suo Allenatore lo riconosce e lo verrà a prendere.» Spiegò. «Certo!» Risposero i quattro, insieme. L’Infermiera fece per entrare all’interno del Centro Pokémon. «Vado a prenderli, datemi un attimo.» Due minuti dopo, l’Infermiera tornò dai ragazzi, con in mano diversi fogli, dello scotch e delle forbici.
Sui fogli, tutti uguali, e stampati a colori, vi era una grossa scritta “Ritrovato. Al centro del foglio vi era una foto del Pokémon Buio, e sotto una breve descrizione. “Esemplare di Houndour maschio ritrovato nel boschetto poco fuori città. Il suo Allenatore lo potrà ritrovare al Centro Pokémon in via della Bottega”
Per semplificarsi il lavoro, i quattro decisero di separarsi, in modo da tappezzare più zone della città possibile. Appesero decine e decine di manifesti su bacheche, pali della luce… lampioni. Speravano che questo potesse aiutare il proprietario a ritrovare il suo Pokémon perso.
Mentre i quattro stavano appendendo i manifesti, qualcuno, dietro di loro, li strappava e buttava nei cestini dei rifiuti. «Loro non lo sanno. Ed è meglio così. Non tornerà mai indietro.» Commentò un ragazzo, mentre strappava, da un palo l’ennesimo manifesto e lo buttava in un cestino.
Ash , dopo aver piazzato l’ennesimo manifesto, decise di tornare indietro. Sulla via del ritorno, Ash notò un ragazzo, intento a leggere uno dei manifesti.
Indossava un giubbotto leggero dal colore verde, con il cappuccio che gli copriva i capelli, dei pantaloni neri e delle scarpe sportive. Dopo essersi guardato attorno, il ragazzo strappò il manifesto e lo appallotolò.
«Hei! Cosa stai facendo?» Ash riprese quel ragazzo. «Non sono affari tuoi.» Rispose il ragazzo, in tono seccato. «Ti ho visto mentre strappavi il manifesto.» Ash rincarò la dose. «Perché non vuoi che un Allenatore ritrovi il suo Pokémon?» Il ragazzo rimase silenzioso. «Forse tu non sei un Allenatore. Non puoi sapere quanto un Allenatore tenga ai suoi Pokémon.» Il nativo di Kanto stava cominciando ad alterarsi. Pikachu cercò di calmarlo.
«Sei tu, Allenatore, a non capire.» Gli rispose il ragazzo. «Voi Allenatori sfruttate i vostri Pokémon come schiavi. Li fate lottare… li fate gareggiare per il vostro divertimento. Non ve ne importa se si feriscono. Tanto l’Infermiera è sempre pronta a curarli e a riconsegnarveli. E così all’infinito.» Il ragazzo strinse un pugno. «E tu pensi che io lo possa permettere?» Chiese, retoricamente. «Quel Pokémon ha vinto. Ora è libero.» Altra pausa. «Che cosa sia successo al suo Allenatore? Non mi interessa. E anche se lo sapessi, non lo direi di sicuro a te.» Il ragazzo sembrava celare un sorriso.
«Voi del Team Plasma tenete davvero ai Pokémon?» Chiese Ash . Il ragazzo si sentì alle strette. «Sennò perché mai li libereremo dal giogo degli Allenatori?» Chiese. Ash si stava seccando dal ricevere domande del genere.
«Ma voi ci tenete davvero ai Pokémon?» Ash cercò di provocarlo a sua volta. «Certo… altrimenti perché li libereremo?» Gli rispose il Seguace. «E allora se tenete davvero ai Pokémon, non avreste dovuto liberarlo qui.» Il Seguace stava perdendo la pazienza. «Che intendi dire?» Chiese. «Houndour è un Pokémon che vive in branco. Da solo non può sopravvivere a lungo.» Il seguace si girò di scatto. «Cosa ne puoi sapere tu di cosa voglia dire fare il bene dei Pokémon, che sei un Allenatore?» Ash prese un respiro. «Di sicuro ne so più di te. Perché un Allenatore cerca sempre di fare il meglio per i suoi Pokémon. Anche se questo significa liberarli. Per quanto sia doloroso farlo. Ogni volta che ho liberato un Pokémon, una piccola parte di me è morta.» Raccontò Ash . «Se vuoi catturare quel Pokémon, fai pure. Il suo Allenatore non lo verrà a cercare. Tanto per ogni Pokémon che viene ricatturato, ne liberiamo a decine.» Rispose il seguace, prima di andarsene.
Terminato il giro, i quattro si reincontrarono al Centro Pokémon. Tutti sembravano piuttosto stanchi e avevano un’aria delusa. «Anche da voi hanno strappato i manifesti?» Chiese Ash . I suoi amici confermarono con un piccolo gesto del capo. «Mi chiedo chi voglia impedire ad un Allenatore di ritrovare il suo Pokémon.» Carlos sembrava dubbioso. «Il Team Plasma.» Rispose Ash , visibilmente alterato. «Ho parlato con uno di loro. L’ho visto mentre ne strappava uno. Sembra che siano interessati solo a liberare i Pokémon. Non pensano nemmeno a liberarli nel loro ambiente.» Raccontò il ragazzo. Ancora speranzoso del fatto che Allenatore e Pokémon potessero ricongiungersi, omise il fatto che Allenatore e Pokémon fossero costretti a separarsi.
«E così il Team Plasma ha fatto strappare tutti i manifesti?» Chiese l’Infermiera. «Immaginavo. Forse i manifesti non sono l’idea migliore. Proverò con un post su PokéLink. E beh… voi potete condividere il post. Immagino che il Campione del Mondo e una delle più famose idol abbiano un gran seguito.» Spiegò l’Infermiera.
L’Infermiera prese il suo Smart Rotom. Aveva una cover dal colore rosa e, sul retro, una stampa che ricordava la faccia di Audino, il suo Pokémon. Digitò rapidamente un messaggio di testo, del tutto simile a quello scritto sul manifesto. Una volta finito, mandò il messaggio in rete. «Almeno qui non possono cancellarlo.» Commentò.
Appena il post arrivò nella homepage di Ash e Serena. I due si affrettarono a condividere il post coi loro followers, sperando che questo permettesse di rintracciare il suo Allenatore.
Il giorno seguente, i quattro si svegliarono presto, in modo da poter arrivare all’edificio in cui si sarebbe svolto il torneo.
Come ogni mattina, i quattro stavano facendo colazione, la solita colazione dolce con cappuccino e un cornetto. Ash poté
notare come, rispetto al giorno della sua prima lotta in Palestra, Anita apparisse molto più tranquilla. Ash glielo fece notare,
con un leggero sorriso. «Sono felice di vederti più tranquilla, rispetto anche solo a qualche giorno fa.» Le spiegò. «Dici?» Chiese la ragazza, non aspettandosi di sicuro un’affermazione del genere. «Il giorno in cui dovevi affrontare la prima Palestra, mi sembravi molto tesa. Mi ricordo che ti avevamo quasi dovuto costringere a fare colazione.» Spiegò il ragazzo. «Non lo so. Forse è perché qui tutto dipende da me.» Rispose la ragazza. «Oppure stai imparando che…» Ash cercò di dire qualcosa, prima di interrompersi, a causa di una notifica sul suo Smart Rotom.
«Dobbiamo sbrigarci. Almeno avremo un po’ di tempo per prepararci.» Ash finì di divorare il suo cornetto e di bere il suo cappuccino. Quindi, insieme a Pikachu iniziò a dirigersi verso l’edificio lotta. Gli altri si sentirono quasi costretti a seguirlo.
I quattro camminarono una buona mezz’ora, fino a raggiungere l’edificio dove si sarebbe svolto il torneo. Era un edificio
dall'architettura simile al Centro Pokémon. Solo più grande. Davanti all’edificio vi era già una bella fila di persone, tutti
interessati a partecipare al torneo. «Ve l’avevo detto che dovevamo arrivare prima!» Si lamentò Ash , mentre, insieme agli
amici, si accodava alla fila. «Serena? Anita?» Una voce familiare fece girare le ragazze. «Abby?» Una ragazza dai capelli neri, lisci. Erano lunghi fino a metà schiena. Aveva pelle chiarissima. Indossa una maglietta nera con le maniche lunghe che le lasciava l'ombelico scoperto, una giacca nera, dei pantaloni neri e delle scarpe nere. «Non ci credo!» La ragazza parlò a bassa voce, per non farsi sentire dal diretto interessato, che era in fila poco lontano, dietro ad Anita. «Ma lui é… Ash Ketchum! In persona!» La ragazza si rivolse a Serena. Tenne per sé il “mi chiedo cosa ci faccia qui un Allenatore del suo livello”. Serena non si fece del tutto vincere dalla gelosia. «Posso presentartelo. Sai, noi due abbiamo parecchia confidenza » La nativa di Kalos sottolineò particolarmente le ultime due parole. Abby si limitò ad annuire. «Forse prima è meglio che sbrighi la fila.» Le rispose la ragazza in nero. Serena si limitò a risponderle con un semplice “va bene”.
La fila, per fortuna, scorreva con una certa rapidità, e, finalmente arrivò il turno di Ash , per depositare la sua iscrizione al torneo. Il nativo di Kanto si trovò davanti ad una donna di circa cinquant’anni, seduta dietro ad un bancone. Aveva i capelli biondi piuttosto corti e degli occhi verdi. Indossava degli spessi occhiali in plastica rossa e degli orecchini. Aveva una maglietta nera con delle strane decorazioni in plastica rotonde dello stesso colore.
La donna quasi gli strappò di mano la domanda di iscrizione e lo Smart Rotom.
«Mi chiedo cosa ci faccia qui un Campione del tuo livello.» Commentò, scocciata. «Voi vincere il torneo per manifesta superiorità o cosa.» Ash scosse la testa. «Il torneo è aperto a tutti.» Ribatté. «Come vuoi.» Sbuffò la donna, mentre compilava la domanda di iscrizione. «Il Campione dei Campioni e si iscrive con Snivy e Sandile! Ma non ti pare di essere ridicolo? Con tutti i Pokémon che hai…» Ash stava per risponderle male, ma, prima di poterlo fare, la situazione venne presa in mano da una collega della donna. «Il Campione del Mondo ci onora della sua presenza e tu lo tratti in questo modo? Eppure conosci il protocollo quando viene a trovarci uno degli Otto professionisti.» La donna appariva ancora più seccata, dopo la strigliata della collega. «Sei con gente? Se si quanti siete?» Chiese, scocciata. «Quattro.» Rispose Ash . La donna estrasse da un cassetto quattro tessere magnetiche, e le diede al ragazzo. «Di là, corridoio a destra. Avrete delle stanze riservate. Se vuoi puoi anche far entrare degli ospiti. Ma ti prendi la responsabilità se fanno danni.» Ash non rispose. Non gli rimase che aspettare che anche Carlos terminasse l’iscrizione.
Appena il gruppo si riunì, Ash consegnò le tessere ai suoi amici. «E questa cos’è?» Chiese Carlos. «Uno dei pochi vantaggi di essere Campione, non è vero amico?» Il ragazzo si rivolse a Pikachu. Il Pokémon Topo si mise a ridere. Se solo sapesse di quell’impiegata… «Almeno non dovremo condividere gli spogliatoi con altri.» Aggiunse Ash , poco dopo.
«Vorrei presentarti… una mia amica.» Serena prese Abby per mano e la invitò ad avvicinarsi a Ash . «Piacere di conoscerti. Mi chiamo Abby!» La ragazza porse la mano ad Ash , che la strinse. «Il piacere è tutto mio. Sono Ash , e lui è il mio amico Pikachu!» Si presento! «Pika-Pikachu!» Si presentò il Pokémon. «Mi sembra di averti già vista… non ricordo dove…» Ash si mise una mano davanti alla bocca, pensieroso. «Era una delle Performer al varietà di Eolea.» Rispose Serena. «Aveva una Gothitelle e un Houndoom. Se non ricordo male.» Gli ricordò Serena. «Si… so di non aver fatto un buon lavoro.» Abby assunse un’aria delusa. «Ma no! Hai fatto un ottimo lavoro.» Le rispose Serena. «Sai… ho letto la tua intervista…» Abby cercò di cambiare argomento. «Ed è per questo che sono venuta qui. Ho sentito che vorresti che nei Varietà ci fossero delle lotte. Quindi…» «Non ti devi giustificare.» Le rispose Serena. «So della promessa che hai fatto. Ma ricordati che non c’è nulla di male a partecipare ad un torneo.» Aggiunse poco dopo. «E poi, dalle lotte puoi imparare qualcosa che puoi usare nelle tue esibizioni al Varietà.» Si aggiunse Ash . Serena aveva notato il cambio di espressione di Abby. Aveva notato come stava guardando Ash . «Ora però andiamo. Dobbiamo prepararci.» Serena trascinò Ash verso di sé, lasciando Abby abbastanza perplessa, mentre guardava Ash trascinato di forza dall’amica.
Una volta che i quattro entrarono nelle loro stanze, ognuno di loro decise di passare quel tempo in modo diverso. Grazie alle carte date loro da Ash , avevano a disposizione una loro stanza privata per prepararsi ed eventualmente passare il tempo fra una lotta e l’altra. Le stanze non erano molto grandi, ma erano comunque abbastanza confortevoli. Vi era un divano in pelle marrone, probabilmente trasformabile in un letto, una scrivania con una sedia, una televisione appesa su una parete, un piccolo frigorifero con delle bevande al suo interno, un armadio, in finto legno, per riporre i propri vestiti, nel caso in cui ci si volesse cambiare. La stanza disponeva anche di un bagno privato.
L’aerazione della stanza era garantita da una finestra, mentre la sua climatizzazione da un condizionatore, appeso ad una parete. In quel momento era regolato sui 24 gradi.
Tutti, tranne Anita, sapevano già con quali Pokémon avrebbero partecipato. Il regolamento prescriveva che, sebbene durante le lotte, gli Allenatori potessero usare un solo Pokémon, potevano iscriverne due, più un terzo di riserva. Carlos, per ovvi motivi, avrebbe potuto contare unicamente sul suo Umbreon. Serena, aveva deciso sin da subito chi avrebbe lottato. Il primo Pokémon che aveva ottenuto, la sua Delphox, e l’ultimo Pokémon che aveva catturato. Lilligant. La ragazza decise di farle uscire entrambe dalle rispettive Poké Ball. Grazie a Sylveon, le due Pokémon avevano iniziato a fare conoscenza, ma ancora non erano molto legate. «Sai?» La nativa di Kalos, si rivolse a Lilligant, mentre, nel frattempo stava scattando alcune foto alle sue Pokémon, per portarne qualcuna sul suo profilo di PokéLink. «Ash mi ha raccontato che durante il Varietà sei stata tranquilla tutto il tempo. E mi ha anche raccontato che hai fatto amicizia con un altro Pokémon. Sono molto fiera di te!» Si congratulò la ragazza. «Lill! Lill!» La Pokémon sembrava molto felice di quel complimento. «Ti piacerebbe, più tardi, lottare? Ci saranno delle persone, ma credimi, nessuno ti farà del male.» Le spiegò la ragazza. La Pokémon, inizialmente, non reagì. «Forse è ancora troppo presto.» Commentò la ragazza. La Pokémon, di tutta risposta, appoggiò un braccio-foglia sulla mano della ragazza. Era il suo modo per dire che avrebbe almeno provato. «Sono felice di vederti che almeno tu ci voglia provare.»
Anita, invece, aveva deciso di mettere alla prova la sua Vivillon, ma non era molto sicura sul Pokémon che l’avrebbe affiancata. Scegliere tra Oshawott ed Herdier non era affatto semplice. Questa volta, però, non voleva chiedere consiglio a nessuno. Voleva scegliere da sola. Dopotutto non c’era una scelta giusta o una scelta sbagliata, no?
Ash , come anche Serena, stava per far uscire dalle Poké Ball i due Pokémon che aveva scelto, quando qualcuno bussò alla porta. «Ash Ketchum! Fammi entrare! O sarò costretta ad arrestarti!» Il ragazzo, pur con forti dubbi, si sbrigò ad aprire la porta. Davanti al ragazzo e al suo Pikachu, si palesò una donna dai capelli verdi tagliati corti. Aveva gli occhi castani e sulle labbra un leggero rossetto rosso. Indossava una divisa composta da una camicia, giallo-marrone, una cravatta nera,
una gonna e un berretto dello stesso colore della camicia. Sulla giacca diverse decorazioni. Indossava, infine dei guanti
bianchi. «Salve agente…» La salutò cordialmente Ash . «Ash … sei in Arresto!» Il ragazzo si spaventò a morte. «Per cosa?»
Provò a chiedere. «Per non avermi riconosciuta!» Ash era ancora più perplesso. «Eh?» Chiese. «Allora vuol dire che il travestimento funziona… Almeno come quello da Seguace del Team Plasma.» Ash fece un rapido ordine mentale.
«Agente Velaurora!» La giovane si limitò ad annuire. «Siediti pure.» La invitò Ash , sposandosi su un lato del divano.
«Tranquillo, mi siedo qui.» La giovane prese la sedia e si sedette di fronte ad Ash , sedendosi a cavalcioni sulla sedia. «Il
capo mi ha ordinato di occuparmi della sicurezza di questo evento. Ho scoperto che parteciperai anche tu. Bellocchio mi ha praticamente ordinato di venirti a parlare. Sai, questo torneo ha rischiato di non disputarsi.» Spiegò «Davvero?» Ash sembrava davvero stupito. Perché mai non disputare il torneo?

Austropoli, Capitale di Unima.

La più grande ed importante città della regione era un continuo viavai di persone, mezzi e Pokémon. Centinaia di migliaia
di persone che si muovevano per le enormi arterie di una delle città più grandi ed importanti, non solo di Unima, ma anche di tutto il mondo Pokémon.
Importantissimo centro finanziario ed industriale, era una città in cui non era affatto strano incontrare persone provenienti da ogni parte del mondo.
Poiché si trattava della capitale della regione, era anche la sede dei suoi principali organi di governo. Le due Camere, la Camera Nera e la Camera Bianca, che avevano sede, rispettivamente nel Palazzo Reshiram e nel Palazzo Zekrom, il Palazzo Kyurem, dove aveva invece sede il Governo e dove le due camere operavano in seduta comune e il Palazzo dei Solenni Spadaccini, dove aveva sede il principale organo di giustizia della regione.
In quel momento, le due Camere si trovavano in seduta congiunta per discutere di importanti, quanto noiosi, ordini del giorno. Tra tutti, però, spiccava una busta delle lettere. Era realizzata in carta pregiata e sigillata con della ceralacca blu scuro. Il sigillo impresso sulla stessa era lo stemma del Team Plasma. Uno scudo con una P e delle altre decorazioni.
La Camera era al completo. L’enorme stanza era elegante e curata. I banconi erano in pregiato legno, le sedute erano in pelle rossa, le pareti decorate con pregiati arazzi e quadri. Al centro del soffitto un gigantesco lampadario in metallo, cristallo e pietre preziose.
Tutti i parlamentari si erano riuniti quel giorno. Uomini in giacca e cravatta e donne in abiti eleganti. Prima che iniziasse la seduta, si stavano scambiando le ultime chiacchiere.
Tutto, fino a quando una dei tanti addetti, non suonò la consueta campanella, che diede, come da tradizione, avvio ai lavori. Di colpo calò il silenzio. Il Primo Ministro, un uomo sulla quarantina, vestito in giacca e cravatta, come i suoi colleghi, capelli castani corti, occhi dello stesso colore, barba rasata di fresco, si alzò in piedi e prese la parola. «Buongiorno. Come sapete, oggi ci troviamo in seduta congiunta per discutere di alcuni importanti ordini del giorno. O, perlomeno questa era l’intenzione, prima dell’arrivo di questa.» L’uomo prese una busta dalla pila di documenti. Fece ben attenzione a mostrarla a tutti i presenti. «Questa lettera è stata spedita a questo indirizzo da parte del Team Plasma.» Di colpo, nella stanza, fino a quel momento silenziosa.
Sembrava tutti si interrogassero su chi fosse il Team Plasma e su cosa volesse. Non ci volle molto prima che la stessa addetta si trovasse costretta a richiamare l’ordine con la consueta campanella. «Vi vorrei ricordare perché siete qui!» le parole del Primo Ministro suonavano come un rimporvero. Ritrovata la piena attenzione dei presenti, l’uomo aprì la busta, rompendo il sigillo, quindi tolse la lettera dalla busta. Era realizzata, anch’essa in carta pregiata.
Il Primo Ministro inforcò gli occhiali e lesse la lettera ad alta voce.

«Alla cortese attenzione del Governo della Repubblica di Unima,

Siamo il Team Plasma.

Vogliamo che sappiate che non abbiamo intenzione di prendere il potere. Il nostro obiettivo non è quello di governare, ma di cambiare il mondo per il bene dei Pokémon.
Riteniamo che le lotte e i Varietà Pokémon siano crudeli e inumani. Queste pratiche causano sofferenza ai Pokémon e non possono più essere tollerate.
Pertanto, vi esortiamo a fermare immediatamente tutti gli eventi che coinvolgono le lotte e le esibizioni di Pokémon. Questo è il primo passo verso il nostro obiettivo finale: dichiarare illegale il possesso di Pokémon.
Se non seguirete le nostre direttive, saremo costretti a prendere misure drastiche. Non sottovalutate la nostra determinazione. Abbiamo i mezzi e la volontà di portare avanti la nostra causa.
Vi invitiamo a riflettere sulle vostre azioni e a fare la scelta giusta per il bene dei Pokémon e dell'intera regione di Unima.

Cordiali saluti,

Team Plasma»

Terminata la lettura, nella sala nessuno osò proferire parola. Non che non fossero informati sulla questione, i giornali avevano riportato la notizia dell’esplosione alla base del Team Plasma tra Levantopoli e Eolea.
Nessuno era stato in grado di identificare chi l’avesse causata, e la persona che aveva reso pubblica la notizia avrebbe preferito restare anonima. In quell’occasione la notizia venne liquidata rapidamente, come l’ennesimo gruppetto di esaltati che se le cantava e se le suonava. Tuttavia, nessun gruppetto del genere era mai arrivato a mandare lettere minatorie dirette al governo.
«Non è una minaccia che possiamo ignorare.» uno dei deputati della Camera Nera prese la parola. «Il Team Plasma mette a serio rischio le stesse fondamenta della nostra società.» Aggiunse. «Unima ha un’antichissima tradizione. Sin dalle sue origini, Uomini e Pokémon hanno vissuto fianco a fianco. Non possiamo sottostare alle loro minacce.» Si aggiunse un collega, sempre della Camera Nera. Voce dopo voce, tutti si mostrarono d’accordo. Era una delle poche volte in cui tutti i rappresentanti erano d’accordo. Non potevano certamente assecondare le loro prepotenze. Qualcuno azzardò proporre di limitare gli spostamenti e perquisire i non Allenatori. Proposta rifiutata perché incostituzionale.
Alla fine della seduta, si stabilì che gli eventi con pubblico che avrebbero coinvolto Pokémon, avrebbero ricevuto dei maggiori controlli all’ingresso, per evitare l’ingresso di Seguaci del Team Plasma.

Ash sembrava particolarmente sorpreso. Non credeva che il Team Plasma potesse arrivare a tanto. «Dopo il nostro incontro ho avuto a che fare con uno di loro.» Le raccontò Ash . «Raccontami.» Lo esortò. Ash raccontò di Houndour e di come lui e i suoi amici abbiano messo dei manifesti per farlo ritrovare e di come il Seguace abbia strappato tutti i manifesti e di come i due abbiano avuto un rapido scambio di parole. «So che tu vorresti solamente partecipare al torneo.» partì. «Ma come ti dicevo prima la situazione è molto delicata e per questo ti chiedo di collaborare. Abbiamo fatto tantissimi controlli sugli spettatori, che sono arrivati con moltissimo anticipo e nessuno di loro appartiene al Team Plasma. Ma non possiamo esserne completamente certi.» Ash , a quelle parole, si limitò ad annuire. Non era nei suoi piani, ma, essendo il campione del mondo, non poteva rifiutarsi. Sicura della collaborazione di Ash , l’agente si alzò dalla sedia. «Ora scusami, ma devo
proprio andare.» Lo salutò. «Ci vediamo!» Ash la salutò a sua volta. «Buona fortuna per il torneo. Non so chi sarà il tuo
partner, ma sicuramente sarà davvero una persona fortunata.» Pochi secondi dopo, l’Agente rientrò nella stanza di Ash.
«Mi sono dimenticata una cosa.» Ash sembrava perplesso. Cosa si era dimenticata? «Sarò io ad occuparmi della premiazione. In caso non ci siano problemi prima, chiaramente.» Ash non aveva idea di cosa potesse andare storto. «Mi potresti passare il tuo Smart Rotom?» Chiese. Ash glielo passò senza esitare, dopo averlo sbloccato. «Ti invierò un’applicazione che potrà tornarti utile.» La giovane attivò il bluetooth di entrambi i dispositivi, in modo da inviare file senza passare per la rete dati. «Del tipo?» Ash si chiedeva di cosa potesse trattarsi. «È un’applicazione sperimentale per effettuare comunicazioni assolutamente criptate. Per il momento è sperimentale. La userete tu e gli altr Otto Professionisti. Verrete avvisati tramite questa applicazione quando sarà richiesto l’intervento vostro o dei vostri Pokémon.
Quando l’applicazione sarà a pieno servizio, metterà in comunicazione tutti i Campioni, i Superquattro e i Capipalestra.» Spiegò. Ash era affascinato dalle parole dell’agente. «La tecnologia è davvero incredibile!» Commentò. «Puoi dirlo forte.»
Rispose la giovane donna, prima di andarsene. «Ora, però, scusami, ma devo davvero andare.»
Non troppo tempo dopo, tutti gli Allenatori vennero richiamati per il briefing pre torneo. Tutti i presenti si trovavano in una stanza, piuttosto grande, con diverse sedie. Tutti gli Allenatori si sedettero, aspettando istruzioni.
Dopo alcuni minuti, davanti al gruppo di Allenatori apparve un uomo di circa quarant'anni, vestito in abiti sportivi.
«Un caloroso saluto a tutti, Allenatori!» Diede loro il benvenuto. «Sono felice di vedervi così tanto numerosi, nonostante tutto quello che è successo negli ultimi tempi.» I vari Allenatori si scambiarono degli sguardi perplessi. Erano in pochi a conoscere il reale motivo. «Come ben sapete, le coppie di Allenatori vengono estratte in maniera casuale, e lo stesso vale per gli incontri. Potrete usare un solo Pokémon a testa per ogni incontro, ma immagino lo sappiate già.» Spiegò. «Ora possiamo procedere con l’estrazione. Ognuno di voi riceverà un tagliandino con un numero. Una volta che tutti avrete il vostro, tagliandino, potremo proseguire.» A queste parole, apparentemente dal nulla, apparve una sua collega, che distribuì
un tagliandino ad ogni partecipante.
L’estrazione delle coppie, avvenuta tramite un bussolotto, durò all'incirca una decina di minuti. «Molto, molto bene!» Commentò l’uomo. «I due Allenatori che costituiscono una coppia, sono pregati di sedersi uno accanto all’altro e di distanziarsi leggermente dalle altre coppie.» L’uomo sperò di essere stato sufficientemente chiaro.
Le sue parole scatenarono un gigantesco viavai di Allenatori e Allenatrici che si alzavano e si spostavano da una parte all’altra, gridando ad alta voce il numero che avevano ricevuto.
Concluso l'andirivieni di Allenatori e di Allenatrici, finalmente si formarono tutte le coppie. Erano sedici coppie. Ash era stato estratto con Anita, Carlos con Ivan, il rivale di Anita, Serena con Raoul e Abby con un ragazzo sconosciuto.
Era piuttosto alto e magro. Aveva i capelli biondi corti e una barba appena visibile. Indossava una maglietta di una nota band musicale e un paio di jeans. Indossava delle scarpe da lavoro di una famosa marca.
«E così tu sei Abby? Piacere di conoscerti! Mi chiamo Oliver.» Le porse la mano. Una mano da lavoratore. Piena di tagli e cicatrici. «Piacere.» La ragazza, con le sue mani piccole, lisce e curate, dalle lunghe unghie colorate con uno smalto nero, si sentì quasi a disagio. Tentò di accennare un sorriso.
Ash e Anita, ormai potevano considerarsi ottimi amici, per cui la ragazza si limitò a commentare, rivolta al suo maestro, di aver avuto un grande fortunata ad averlo al suo fianco.
Ash , dal canto suo, aveva avuto numerosi flashback delle sue precedenti lotte in doppio. Da quelle disputate con le amiche a quelle coi rivali, contro di essi, o con qualcuno di loro al loro fianco.
Serena e Raoul, invece, erano appena dei conoscenti, e l'elegantone sembrava piuttosto a disagio. “Ma tra tutti proprio la ragazza più bella del torneo doveva capitare proprio a me?” Pensò. «Tutto bene?» Gli chiese la ragazza, accorgendosi della sua espressione imbarazzata. «Si-si. Tutto bene… solo che di certo non mi sarei aspettato… beh… ecco…» «Così tanta gente?» La ragazza cercò di anticiparlo. «Si…tanta gente. Mi mette a disagio.» Cercò di recitare quella parte.
Diversa la situazione tra Ivan e Carlos. I due ragazzi si davano le spalle a vicenda. Non sembravano in alcun modo interessati a collaborare. Pessima scelta in un torneo di lotte in doppio.
Per quanto l’Allenatore di Umbreon tentasse di fare delle proposte al biondo, questi, nella migliore delle ipotesi, rispondeva a grugniti. Non stava di certo facendo una buona impressione. «Vedi di non essermi d’intralcio.» Sbuffò. «Posso benissimo vincere il torneo da solo. Tu fai almeno finta di essere di aiuto.» Aggiunse.
In quegli stessi istanti, un computer aveva deciso quali sarebbero stati gli abbinamenti. I primi a lottare sarebbero stati Ash e Anita. I due, già sapevano chi avrebbero affrontato. Sullo schermo, le loro foto erano state accoppiate a quelle dei loro sfidanti. Lo stesso valeva per tutte le coppie del primo turno.
Avrebbero affrontato una coppia di giovani Allenatrici. Una ragazza dai capelli azzurri, molto lunghi, che poteva avere al massimo vent’anni. Indossava una giacca e una gonna abbinate. Entrambe erano principalmente gialle e arancioni. Indossava anche dei pantaloni tipo leggins e delle scarpe sportive. Al suo fianco una ragazza, più giovane di lei di alcuni anni. Aveva dei capelli sul biondo e gli occhi blu. Sembrava indossasse una sorta di uniforme scolastica. La parte superiore era un maglione, che copriva una camicia e una cravatta. Indossava una minigonna e delle scarpe eleganti.
Ash , Anita e le loro sfidanti giunsero al campo lotta, dopo aver attraversato un sottopassaggio dalle tribune.
Era il classico campo lotta in terra battuta, solo un po’ più grande del solito. Era circondato da delle tribune su tutti i lati.
Le tribune erano semplici strutture in legno, con delle sedute di plastica. Diversi riflettori garantivano l’illuminazione del campo, in caso fosse necessario. Sulla parte bassa delle tribune, erano presenti diversi teli con i loghi dei diversi sponsor che finanziavano il torneo.
Quattro maxi schermi posizionati strategicamente, permettevano anche a chi si trovava nella zona alta delle tribune di vedere perfettamente lo scontro. Delle casse si occupavano del sonoro.
Quello che veniva mostrato sugli schermi, era, a sua volta trasmesso sulla televisione e in streaming nell’intera regione di Unima. O, anche fuori, grazie al sito internet del canale.
In belle giornate come quella, ci pensava il Sole ad illuminare il campo, grazie ad un’ampia vetrata sul soffitto.
«Gentilissimo pubblico!» La stessa persona che aveva condotto il briefing, si trovava ora al centro del campo lotta, con in mano un microfono senza cavo. Solo a quelle parole, dalle tribune si alzò un boato. «LOTTA! LOTTA! LOTTA!» Gridavano.
«Sono felice di vedere che siete accorsi numerosi. Numerosissimi. Oggi è un grande giorno. Si disputerà la settantacinquesima edizione del torneo a doppi incontri di Zefiropoli. Sponsorizzato, come da diciott’anni a questa parte, dalla Amon, uno dei gioielli dell’industria dei trasporti della regione di Unima. Dal motociclo alla nave cargo, dall’utilitaria al Gigante dei Cieli, se si tratta di un mezzo di trasporto, la Amon ha la soluzione perfetta per le tue esigenze.» L’uomo non dimenticò di presentare il munifico sponsor dell’evento.« Sono estremamente fiero di potervi annunciare che, tra i partecipanti al torneo, abbiamo anche il Campione del Mondo, Ash Ketchum! Saranno lui e la sua compagna a vincere l’ambitissimo premio messo a disposizione dalla Amon? Quattro biglietti all-inclusive per seguire la centounesima edizione della Ventiquattro ore di Spiraria, la più prestigiosa corsa automobilistica della storia. Chi vincerà i biglietti potrà seguire la gara direttamente dai box, potrà bere e mangiare a volontà nell’esclusivo club Tifosi. Condivideranno con la squadra gioie e dolori, come solo una gara di durata sa fare. Altro premio, sempre riservato ai primi in classifica, è un tour della fabbrica della Amon. Per i secondi e per i terzi classificati, il premio è un’esclusiva vacanza per quattro persone di una settimana in un esclusivo resort dell’isola di Ember» L’uomo si accorse di come il pubblico si stesse spazientendo. «Ma veniamo agli Allenatori che si affronteranno nel primo turno…» L’uomo si voltò alla sua destra.
«Alla mia destra abbiamo il Campione del Mondo, Ash e la sua partner Anita. Le loro avversarie…» L’uomo si voltò a sinistra. «Sono le Allenatrici Shannon e Sibyl! Allenatori… Schierate i vostri Pokémon!» Ordinò l’uomo. Ash mandò in campo Sandile, mentre Anita mandò in campo la sua Vivillon. Shannon Schierò un Golett e Sibyl un Minccino.
Il Pokémon della ragazza più grande assomigliava ad un golem di pietra. Era alto all’incirca un metro. Il suo corpo era azzurro e bluastro. La testa, come parte del corpo, era azzurra. Una striscia blu separava parzialmente gli occhi, di colore giallastro. Gli occhi non avevano la stessa forma: quello destro era a forma ad L mentre il sinistro era rettangolare. Sul petto era presente un quadrato azzurro legato al torace con delle corde rettangolari di colore marrone. Sul quadrato vi era incisa una spirale gialla. Gli avambracci e le mani erano blu. Il braccio presentava una protuberanza rettangolare. Le gambe, azzurre, erano sprovviste di piedi ed erano decorate con delle protuberanze triangolari.
Anita, che non aveva mai visto quel Pokémon, decise di scansionarlo con il suo Smart Rotom. «Golett. Pokémon
Statuanima. Tipi Terra e Spettro. Esemplare dal sesso sconosciuto. Un popolo antico lo ha creato modellando l'argilla per farne un servitore. La fonte dell'energia che lo anima è sconosciuta. Mosse conosciute. Pugnodombra, Palla Ombra,
Gelopugno e Tuonopugno»
La ragazza più giovane, invece, schierò un Minccino. Un Pokémon dall’aspetto di un roditore, dal corpo peloso, principalmente bianco. Aveva dei ciuffi di peli sulla testa, all'interno dell'orecchio e sul collo. Le sue orecchie erano piuttosto grandi e posizionate ai lati della testa. Il loro interno era e parzialmente coperto da ciuffi di pelo. I suoi occhi erano piuttosto grandi e marroni. Gli arti avevano una forma arrotondata ed erano piuttosto piccoli. D’altro canto, la coda era lunga e piuttosto pelosa. La ragazza approfittò nuovamente delle funzioni del suo Smart Rotom per scansionare il Pokémon. «Minccino. Pokémon. Cincillà. Esemplare femmina. È un maniaco della pulizia e non sopporta neanche la più piccola traccia di sporco. Usa la coda come una scopa per pulire ogni superficie. Mossa conosciute: Comete, Fulmine, Protezione e Semitraglia.» Potendo almeno conoscere le mosse degli avversari, la ragazza si sentì un minimo più tranquilla.
Nel frattempo l’uomo si era allontanato dal centro del campo. Era salito verso le tribune ed era entrato all’interno di una stanzina, con tutta probabilità la cabina di commento.
Da quella piccola stanza era possibile avere un’ottima visuale del campo di lotta, potendo commentare le azioni dei
Pokémon in campo in maniera ottimale.
Nello stesso istante, attorno al campo lotta si sollevò una barriera di energia dal colore verde-blu. «In questo modo, il
pubblico non rischia di essere colpito da eventuali attacchi.» Spiegò Ash all’amica. Nel mentre l’arbitro, un ragazzo di circa venticinque anni, vestito con il solito completo da arbitro di lotta, una maglietta verde e dei pantaloni corti con delle stampe a forma di Poké Ball, e delle scarpe sportive, diede il via all’incontro. «Che la lotta abbia inizio! La prima mossa spetta alle sfidanti!» Annunciò l’arbitro. Un uomo sulla trentina.
«Golett! Usa Tuonopungo su Vivillon!» ordinò Shannon. «E tu Minccino usa Semitraglia su Sandile!» Ordinò Sibyl. Il Pokémon Golem si mise a correre, mentre il suo braccio destro si caricava di una potente energia elettrica, mentre il Pokémon Cincillà cominciava a sputare dalla bocca numerosissimi semi, che ricordavano dei proiettili. Per il momento stavano unicamente colpendo il terreno, sollevando della polvere.
Ash e Anita si scambiarono un rapido sguardo. «Fai come al Varietà.» Le suggerì il ragazzo. Anita si limitò ad annuire.
«Vivillon… usa Eterelama!» Ordinò la ragazza. La Pokémon, dalle sue ali generò diverse lame d’aria che raggiunsero e colpirono i semi lanciati dal Pokémon Cincillà, facendoli esplodere in una grande quantità di polvere colorata.
«Sandile! Ferma Golett con Morso!» ordinò Ash , poco dopo. Il Pokémon Sabbiadrillo si mise a correre in direzione dell’avversario. Quando fu abbastanza vicino, spiccò un balzo e aprì la bocca, chiudendo il pugno elettrificato del Pokémon Statuanima con una morsa strettissima. «Golett! Cerca di liberarti!» Ordinò la ragazza. Il Pokémon mosse il braccio più rapidamente possibile, cercando di scrollarsi il coccodrillo di dosso.
Per tutta risposta, il Pokémon Sabbiadrillo strinse ulteriormente la presa. Iniziavano anche ad udirsi dei suoni non molto piacevoli. Sembravano quasi degli scricchiolii. «Non è possibile! Golett! Tiriatelo di dosso!» Il Pokémon; con un movimento più rapido di prima, finalmente riuscì a togliersi di dosso il Pokémon avversario.
«Sandile! Cerca di frenare la tua caduta con Ombrartigli!» Ordinò Ash . Le unghie delle zampe del Pokémon si allungarono a dismisura e si tinsero di viola. Raschiando sul terreno, riuscì a rallentare non poco.
Grazie a questo il Pokémon riuscì a limitare i danni. Lo stesso non poteva dirsi del suo avversario. Sul braccio destro del Pokémon Statuanima erano ben visibili i segni dei morsi del coccodrillo della sabbia. «Vivillon! Usa Comete contro Minccino!» Ordinò Anita. « Minccino! Usa anche tu Comete!» Controbattè la ragazza in divisa. I due attacchi si scontrarono in mezzo al campo, sollevando un enorme polverone. «Ottimo, Sandile! Vai! Attacca Golett con Ombrartigli!» Ordinò Ash . Il Pokémon Sabbiadrlillo, approfittando della polvere riuscì a raggiungere il suo avversario.
Grazie a delle speciali membrane a protezione dei suoi occhi, il Pokémon poteva vedere chiaramente anche dentro la più forte delle tempeste di sabbia.
Come la volta precedente, gli artigli del Pokémon si allungarono a dismisura, illuminandosi di una luce violacea. «Forza Golett! Difenditi con Palla Ombra!» Ordinò la ragazza dai capelli azzurri.
Il Pokémon generò dalle mani una sfera di energia oscura dal colore violaceo, che fece quasi da scudo verso il potente attacco avversario. Inizialmente sembrava che lo scudo reggesse, ma poi, gli effetti collaterali del morso di Sandile si resero evidenti. Il braccio destro del Pokémon, che in precedenza aveva iniziato a scricchiolare, ora stava per cedere.
Il Pokémon Sabbiadrillo avrebbe solo dovuto reggere un altro po’. «Sandile! Via di lì!» Ordinò Ash , accorgendosi de Minccino della loro avversaria, intento a preparare un potente attacco Comete.
Quei raggi di energia non avrebbero in alcun modo disturbato Golett, essendo immune agli attacchi di tipo Normale, ma avrebbero sicuramente colpito Sandile.
Il Pokémon obbedì, spiccando un piccolo salto, appena in tempo per vedere i raggi di energia a forma di stella, attraversare, senza causare danni, il corpo dell’avversario.
«Golett! Usa Gelopugno!» Ordinò la sua Allenatrice. Lei ancora non si era accorta della frattura sul braccio del suo Pokémon. «Sandile! Usa Fossa!» Ordinò Ash . Mentre il Pokémon Terra/Buio iniziava a scavare una fossa, Ash si girò verso l’amica. «È il tuo momento.» Le disse, a voce molto bassa. Anita non era molto abile nel leggere il labiale, ma più o meno capì ciò che l’amico intendeva. «Vivillon! Usa Energipalla!» Ordino! La Pokémon generò una gigantesca sfera di energia dal colore verdastro, e la scagliò contro l’avversario, che aveva colpito il terreno con un potente pugno e congelato parte del terreno circostante. La gigantesca sfera di energia, simile ad un occhio, colpì in pieno il Pokémon della ragazza, generando una gigantesca esplosione. A causa del ghiaccio e dei danni subiti in precedenza, il braccio destro del Pokémon cedette.
Contemporaneamente, Sandile, che si era nascosto sotto terra, aveva raggiunto la Minccino avversaria. «E ora Morso!» Il Pokémon Sabbiadrllo, approfittando della nuvola di polvere che aveva sollevato, attaccò l’avversaria di spalle, con un potente morso. «Golett e Minccino non sono più in grado di lottare! Vincono Sandile e Vivillon. Di conseguenza Ash e Anita passano al prossimo turno!» Annunciò l'arbitro.
Come da tradizione, terminata la lotta, gli avversari si incontrarono a metà campo e si strinsero la mano. «Siete state delle ottime avversarie.» Si congratulò Ash . «Lottare con te è stato un onore.» Si complimentò la ragazza più grande. Ash si accorse di come l’amica fosse stata lasciata un po’ da parte. «Se non fosse stato per te e per Vivillon, non so come sarebbe andata a finire.» Si complimentò con l’amica, lasciandola di stucco.
«Sono stati fantastici! Forza! Loro ce la faranno e batteranno tutti i loro rivali!» Gioì l’agente, salvo poi recuperare l’aplomb. «No! No! Non posso far saltare la mia copertura.» Si riprese. Sperava di essere stata scambiata per una semplice agente Jenny grande ammiratrice di Ash.
Dopo alcuni turni, toccò a Serena e a Raoul. La nativa di Kalos schierò la sua Delphox, mentre l’elegantone aveva schierato il suo Crustle. Serena era stupita dal fatto che il Pokémon fosse riuscito a ricostruire il suo guscio, nonostante gli ingenti danni subiti durante la lotta contro Pikachu, per poi rendersi conto del fatto che, in quel momento, le priorità erano altre.
Avrebbero dovuto lottare e, possibilmente, vincere.
I loro avversari erano una donna sulla trentina, con dei lunghi capelli violacei. Indossava degli occhiali con una montatura violetta, un camice da laboratorio bianco con delle penne su una tasca, e un ragazzone dai capelli rasati, con un barba lunga e incolta. Indossava una camicia mezza sbottonata. Indossava poi dei pantaloncini corti e delle scarpe da lavoro.
La donna mandò in campo un Klink, un Pokémon che assomigliava ad una coppia di ingranaggi, con sei denti ciascuno, incastrati l’uno sull’altro. I denti degli ingranaggi erano grigio chiaro, mentre le regioni centrali sono molto più scure. I loro occhi sinistri erano a forma di "X", contrariamente ai loro occhi destri, molto ampi con una pupilla nera e una cornea bianca. Avevano un tondo naso verde e bocche piccole che tenevano costantemente aperte.
Il suo alleato, invece, mandò in campo un Inkay, un Pokémon che Serena ben conosceva. Lo stesso non poteva dirsi del suo alleato. Era la prima volta che vedeva quel Pokémon. Assomigliava ad un calamaro blu. Aveva una cupola di forma triangolare rosa con i bordi bianchi e dei pallini gialli in testa. Attaccati ad essa si trovavano dei filamenti bianchi. Il corpo dalla forma di un calamaro era blu e terminava con cinque tentacoli. Gli occhi erano bianchi, con delle grandi pupille. La bocca era piuttosto piccola e di colore rosa.
Il ragazzo lo scansionò con il suo Smart Rotom. «Inkay. Pokémon Volteggio. Tipo Psico e Buio. Esemplare maschio. Scambia informazioni con i suoi simili facendo lampeggiare i motivi sul suo corpo in sequenze complesse. Mosse
conosciute: Psicoraggio, Neropulsar, Lanciafiamme.» Il ragazzo ripose il suo dispositivo in tasca.
«Che la lotta abbia inizio! La prima mossa spetta a Serena e Raoul!» Dichiarò l’arbitro.
I due non se lo fecero ripetere due volte.
«Crustle! Usa Frana!» Ordinò Raoul. Il Pokémon Scogliocasa generò dei massi, e gli scagliò contro gli avversari. «Klink! Usa
Ingracolpo per sbriciolare i massi!» Ordinò la scienziata. Il Pokémon di tipo Acciaio si parò davanti al Pokémon Volteggio,
cominciando a far roteare i suoi ingranaggi, frantumando ogni singolo masso. Serena si limitò a sorridere. Sembrava pensare “Esattamente quello che volevo” L’espressione della ragazza tornò più seria. «Delphox! Fuocobomba!» LA Pokémon Volpe generò dal suo ramo una gigantesca stella di fuoco, che poi lanciò contro i due avversari, che vennero
colpiti in pieno dalla fiammata, venendo sconfitti in un solo colpo. «Klink e Inkay non sono più in grado di lottare.»
Annunciò l’arbitro. «Di conseguenza vincono Serena e Raoul.» I quattro, come sempre si incontrarono al centro del campo di lotta, per stringersi la mano.
Carlos e Ivan furono tra gli ultimi a lottare. Nessuno l'aveva notato, ma tra il pubblico, proprio pochi istanti prima dell’inizio
della lotta, il piccolo Houndour, fece capolino tra gli spalti. Il suo istinto ci aveva visto giusto. In quel momento Umbreon
stava per lottare.
Ivan, invece, schierò un Frillish maschio. Un Pokémon estremamente simile ad una medusa. L’esemplare di Ivan era un maschio. Il colore del suo corpo tendeva all'azzurro. La sua testa era sferica. Sul capo vi era una protuberanza bianca simile ad una corona. Attorno al collo vi era una sorta di collare bianco, simile a quello usato dai nobili in tempi antichi. Aveva cinque tentacoli tutti piatti. I tre più piccoli avevano una macchia bianca a forma di diamante, mentre quelli più lunghi avevano una punta più ampia e dalla forma irregolare. Il volto aveva un’espressione apatica. la bocca e gli occhi erano blu, con una pupilla rossa. Sugli occhi era ben evidente un ciglio.
I loro avversari erano un signore anziano dai capelli bianchi piuttosto corti, indossava un completo elegante, una giacca blu scuro, che con l’illuminazione della stanza, sembrava nera, pantaloni dello stesso colore, scarpe nere. Indossava anche un cappello blu scuro. La sua partner era una giovane donna dai capelli neri, abbastanza corti. Indossava un berretto arancione, una camicia verde e una gonna arancione. Ai piedi degli stivali in pelle marrone decorati con dei fiocchi di un colore simile e delle lunghe calze nere.
I due schierano, rispettivamente, un Lampent, un Pokémon di tipo Fuoco e Spettro dall’aspetto di una lampada. Aveva una testa sferica, con occhi gialli ovali e una fiamma viola-bluastra all'interno. In cima alla sua testa ha una copertura nera con una punta appuntita in cima, che ricordava un paralume. Sotto la sua testa vi era il suo corpo, piuttosto piccolo e nero. Nella parte inferiore si trovava una punta. Dal suo corpo si estendevano due braccia lunghe e ondulate, prive di dita, e un Raichu di Alola. Come la forma normale, il suo aspetto era quello di un roditore, dal colore marrone-arancio. La sua pancia era bianca. Le sue guance erano tonde e gialle. Era alto all’incirca ottanta centimetri. Aveva delle lunghe orecchie dalla forma arrotondata, le sue zampe e le sue braccia erano piuttosto tozze. Sul dorso si trovavano due strisce chiare e orizzontali. Il Pokémon levitava in aria sospeso sulla sua coda.
«Senti…» Ivan si rivolse a Carlos. «Sono entrambi deboli agli attacchi del mio Pokémon. Tu e il tuo Umbreon vedete di non intralciarci.» Houndour aveva osservato la scena dagli spalti. Quel ragazzo gli faceva paura. Tentò di nascondersi tra le gambe degli spettatori, con scarso successo.
Quel ragazzo gli metteva una certa inquietudine. Era esattamente l’opposto… “Oh no… non voglio più avere a che fare con lui!” Pensò il Pokémon.
«Comincia la lotta tra la coppia di Allenatori Ivan e Carlos e la coppia di Allenatori Toto e Susie!» L’arbitro introdusse gli sfidanti. Il pubblico osservava il tutto con grande curiosità.
«La prima mossa spetta a Ivan e Carlos.» Dichiarò l’arbitro, pochi istanti dopo. Il biondo lanciò un'occhiata minacciosa al suo alleato. «Lascia fare a noi! Frillish! Usa Surf!» Ordinò. La Medusa sollevò una gigantesca onda, e si mise a calvalcarla. Umbreon dovette scansarsi per non essere colpito.
«Raichu! Locomovolt!» Ordinò la donna. «Lampent! Ombra notturna!» Ordinò il suo alleato. Il Pokémon Topo si mise a correre a gran velocità, a dispetto del corpo piuttosto cicciottello, rivestendosi di una grandissima quantità di elettricità.
«Umbreon! Frenalo con Attacco Rapido! Come ci ha insegnato Ash !» Il Pokémon Lucelunare si mise a correre a gran velocità, diretto contro il Pokémon Topo.
I due Pokémon si scontrarono poco prima della metà del campo, venendo lanciati vicendevolmente indietro dall’energia dell’impatto. Raichu finì, perdipiù colpito da una violenta onda di energia dal colore violaceo, generata dal suo alleato, e poco dopo, sia lui che Lampent che Raichu.
«Eppure dovresti sapere che l’acqua conduce l'elettricità!» La donna sembrava sorridere. «Raichu! Usa Fulmine!» Ordinò. «Lampent! Tu attacca Umbreon con Lanciafiamme!» Ordinò Toto.
Il Pokémon Lanterna obbedì. La fiamma all’interno del suo corpo divenne molto più grande e potente, fino a sprigionarsi all’esterno del suo corpo. «Umbreon! So che ce la puoi fare! Neropulsar!» Ordinò Carlos, a sua volta. Dalla bocca del Pokémon Lucelunare si sprigionarono degli anelli di energia dal colore violaceo, che intercettarono e colpirono l’attacco avversario, per poi colpire il Pokémon Lanterna. «Lampent non è più in grado di lottare!» Dichiarò l’arbitro. «La coppia che passerà al prossimo turno dipenderà dal risultato della lotta uno contro uno tra uno dei Pokémon della coppia in vantaggio e il Pokémon ancora in grado di lottare dell’altra.» Aggiunse poco dopo.
Carlos era incredulo. Pensava che a causa del Fulmine di Raichu, anche Frillish fosse stato sconfitto. Evidentemente era troppo preso dalla lotta per accorgersi di quello che era successo.

«Frillish! Proteggiti!» Ordinò Ivan. La medusa si avvolse in uno scudo di energia dal colore azzurro verde e si immerse all’interno dell’onda. La scarica di energia fu incredibilmente potente e venne ulteriormente amplificata dall’acqua. Susie sorrise. Pensava che il suo Pokémon avesse sconfitto il pericoloso avversario.
Il suo sorriso fece spazio ad uno sguardo colmo di delusione quando l’onda si dissolse. Il Pokémon avversario, ancora avvolto dallo scudo di energia, era in perfetta salute.

«Dannazione! Ti avevo detto di non intralciarmi!» Si lamentò Ivan. «E ora, per colpa tua rischio di non passare al prossimo turno!» Fece un passo nella direzione di Carlos.
«Aggredire il proprio compagno comporta la squalifica, ricordalo.» Lo avvisò l'arbitro. Ivan sbuffò. «Ringrazia che questo è un torneo ufficiale, o avresti fatto una brutta fine.» Lo intimò.
«Inizia ora la lotta di eliminazione tra Ivan e Susie.» L’arbitro indicò i due Allenatori, che nel frattempo erano stati illuminati da dei riflettori. «Lotteranno con i Pokémon con cui hanno lottato fino ad ora. Il vincitore farà avanzare la sua coppia al turno successivo.» Spiegò l’arbitro. «Che la lotta abbia inizio!» Annunciò poco dopo.
I due Allenatori si trovarono faccia a faccia, pronti a lottare. Stavano solamente aspettando che l’Arbitro decidesse chi avrebbe fatto la prima mossa. «La prima mossa spetta a Susie.» Decretò l’arbitro.
«Ottimo!» L’allenatrice sorrise. «Benissimo! Raichu! Usa Elettrotela!» Ordinò la donna. Il Pokémon Topo generò una sorta di ragnatela elettrificata e la lanciò in direzione della medusa.
«Frillish! Schiva e poi colpiscila con Geloraggio!» Ordinò il ragazzo. Da davanti al corpo del Pokémon si generò un sottile raggio di energia gelata, dal colore azzurrino, che rapidamente congelò il campo di lotta attorno al roditore elettrico.
«Forza! Sciogliamo il ghiaccio! Raichu! Locomovolt!» Ordinò Susie. Era chiaro che lo scontro stava per giungere alle fasi finali. Il Pokémon Topo raccolse le sue ultime forze e si mise a correre a gran velocità, a dispetto del corpo piuttosto
cicciottello, rivestendosi di una grandissima quantità di elettricità.
«Chiudiamola qui!» Ivan sembrava più arrabbiato che mai. «Frillish! Palla Ombra!» Il Pokémon Medusa generò una sfera di energia oscura dal colore violaceo, rivestita da della sorta di scariche, simili all’elettricità, quindi la scagliò addosso all'avversario, colpendolo in pieno. L’impatto fu estremamente violento, tanto da generare un’esplosione.
«Raichu non è più in grado di lottare!» Dichiarò l’arbitro. «Di conseguenza Carlos e Ivan passano al turno successivo.» Concluse. «Ringrazia che siamo passati.» Lo minacciò di nuovo Ivan. «Altrimenti…»
Degli altri concorrenti, anche Abby e il suo partner passarono il turno. Le coppie che passarono in semifinale furno Serena e
Raoul, Ash e Anita, Carlos e Ivan e Abby e Oliver.
Per decidere chi sarebbe andato in finale, Ash e Anita avrebbero affrontato Abby e Oliver, mentre Serena e Raoul avrebbero dovuto affrontare Ivan e Carlos. La nativa di Kalos e l’elegantone sarebbero stati i primi a lottare.
Per permettere alla sua Delphox, fautrice di due ottime prestazioni, di riposare. Questo voleva dire far lottare Lilligant. La
ragazza non era sicurissima della scelta, ma la sua Pokémon le aveva promesso che ci avrebbe almeno provato.
Anche Raoul, per quella lotta avrebbe schierato un Pokémon diverso da Crustle. Uno Yamask. Un Pokémon dall’aspetto di uno spiritello nero. Al suo corpo, piuttosto sottile, erano collegate le braccia e, nella parte inferiore, una maschera dorata. Il corpo possedeva tre sporgenze che gli davano una forma irregolare. Possedeva due occhi minuscoli, rivestiti da una circonferenza rossa con un puntino nell'angolo in basso a destra che ricordava vagamente una lacrima in procinto di cadere.
La nativa di Kalos scansionò il Pokémon con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Yamask. Pokémon Fatuanima. Tipo Spettro. Esemplare femmina. La maschera che indossa è il volto che aveva quando era un umano. A volte si mette a piangere mentre la guarda. Mosse conosciute: Maledizione, Fuocofatuo, Sciagura»
Carlos mandò, ovviamente, in campo il suo Umbreon, mentre Ivan, probabilmente per risparmiare le energie di Frillish, in previsione della finale, mandò in campo un Liepard.
Serena fu l’ultima a schierare un Pokémon, mandando in campo proprio la sua Lilligant. La Pokémon si guardò intorno. Gli spalti erano ghermiti di gente.
La Pokémon si girò verso la sua Allenatrice con aria preoccupata. «Forse non ti avrei dovuto far partecipare.» Serena incrociò lo sguardo con la sua Pokémon. «Però prima ne sembravi felice.» Aggiunse poco dopo. «Sappi che non mi importa del risultato. Sarò comunque contenta di vedere che ci hai provato.» Tentò di rassicurarla.
«Un’Allenatrice che non pensa a vincere non può definirsi tale!» Sbuffò Ivan. Desideroso che l’incontro iniziasse al più presto. «Se non partecipi per vincere, allora, per cosa partecipi?» Incalzò Serena. «La cosa non ti riguarda.» Gli rispose la ragazza. Ivan stava diventando fin troppo insopportabile.
«Comincia la lotta tra la coppia di Allenatori Ivan e Carlos e la coppia di Allenatori Serena e Raoul!» L’arbitro introdusse gli sfidanti. «La coppia che vincerà questa lotta si aggiudicherà un posto in finale.» Aggiunse poco dopo. Intanto Ivan stava incominciando a perdere la pazienza. «Che la lotta abbia inizio! La prima mossa spetta a Serena e Raoul.» Dichiarò l’arbitro.
«Lilligant! Proviamoci! Attacca con Sferrapolline!» Ordinò la ragazza. «Yamask, tu attaccali con Fuocofatuo!» Ordinò il ragazzo. La Pokémon Fiorfronzolo generò una massa di polline dal colore violaceo, che poi scagliò contro Liepard. «Ombrartigli!» Ordinò Ivan. Il Pokémon Sanguefreddo, spiccò un grosso balzo, mentre i suoi artigli si allungarono e si illuminarono di una luce violacea. Grazie al potente balzo, il Pokémon riuscì a distruggere quella massa, senza subire alcun danno. Contemporaneamente, Yamask generò delle fiamme dal colore bluastro, che in breve raggiunsero i due Pokémon di tipo Buio. entrambi vennero avvolti dalle fiamme. «Molto furbo da parte tua.» Commentò Ivan. «Adesso immagino dirai al tuo Yamask di usare Sciagura. Non è vero?» Lo provocò Ivan. «Sei troppo prevedibile.» Lo criticò Ivan. «Liepard! Usa Riposo!» Ordinò. Il Pokémon Leopardo chiuse gli occhi e recuperò le energie. Carlos si sentì tradito. “Ma Ivan non era quello che voleva fare tutto da solo?” Si chiese. «Umbreon! Attacco Rapido!» Ordinò. Il Pokémon Lucelunare si mise a correre a gran velocità, diretto verso la LIlligant di Serena. «Difenditi, Lilligant! Fiortempesta!» Ordinò la nativa di Kalos.
La Pokémon generò un tornado composto da foglie e petali dal colore verde e arancione, scagliandoli contro il suo avversario. Il Pokémon, a causa della grande potenza dell’attacco venne scaraventato proprio contro il suo alleato. L’impatto tra i due Pokémon fu tale da svegliare il Liepard addormentato. Quest’evento, totalmente inaspettato, fece alzare in piedi tutto il pubblico, che scoppiò in un grande boato, spaventando Lilligant. La Pokémon sembrava fosse paralizzata. «Tutto bene?» Chiese Serena. La Pokémon non rispose. «Liepard! Di nuovo Ombrartigli!» Ordinò Ivan. «E tu, Umbreon, Neropulsar!» Ordinò Carlos. Il Pokémon Sanguefreddo si mise a correre, mentre i suoi lunghi artigli che si allungavano e si illuminavano di una luce violacea. Rapidamente si avvicinò alla Pokémon della nativa di Kalos. «Lilligant! Schiva!» Ordinò Serena. Niente da fare. La Pokémon era paralizzata.
Nel mentre, le fiamme del Fuocofatuo di Yamask si scontrarono contro gli anelli di energia oscura generati da Umbreon. Lo scontro tra i due attacchi generò una potente esplosione. Entrambi i Pokémon uscirono senza particolari danni.
Non si poteva dire lo stesso per Lilligant, ferita e ormai non più in grado di lottare, come venne fatto notare dall’arbitro.
«Forse era troppo presto, ma posso assicurarti che hai fatto un ottimo lavoro.» La ragazza fece ritornare la sua Pokémon nella Poké Ball.
«Come da regolamento, la lotta per decidere il finalista, diventerà un uno contro uno.» Dicharò l’arbitro. «Saranno Liepard e Yamask ad affrontarsi.» Aggiunse poco dopo. Ivan sbuffò. Avrebbe voluto chiuderla subito.
«Facciamola finita in fretta.» Ivan era intenzionato a finire presto lo scontro. «Liepard! Nottesferza!» Il Pokémon
Sanguefreddo raggiunse rapidamente il Pokémon avversario, colpendolo con un violento colpo della coda, illuminata di viola.
«Yamask non è più in grado di lottare. Vince Liepard.» Dichiarò l’arbitro. «Questo significa che Ivan e Carlos sono qualificati per la finale. Ora non resta che scoprire chi affronteranno.» Aggiunse poco dopo.
Poco prima della finale, Serena era riuscita a passare un po’ di tempo che la sua Pokémon. Le due erano nella piccola stanza che era stata data loro a disposizione.
La ragazza era seduta sul divano, con la Pokémon proprio davanti a lei. Lilligant aveva un’aria triste. Sembrava delusa e
amareggiata. I suoi sentimenti erano talmente evidenti che la ragazza non aveva neppure bisogno della mediazione di
Sylveon. «Non preoccuparti.» La ragazza parlò alla Pokémon con tono dolce. «Hai fatto del tuo meglio.» «Gan?» La Pokémon sembrava, invece, delusa. «Sono io che ho sbagliato. Non ti avrei mai dovuto far lottare.» La ragazza assunse un’espressione triste. La Pokémon si avvicinò alla sua Allenatrice. Come qualche ora prima la sfiorò delicatamente con una delle sue braccia-foglia.
«Forse hai ragione. Non dobbiamo arrenderci. Possiamo superare questo ostacolo solo insieme.» «Gant!» La Pokémon sembrava entusiasta. Finalmente era certa della sincerità di Sylveon. Dopo una mezz’ora, fu finalmente il turno della seconda semifinale.
Ash e Anita avrebbero dovuto affrontare Abby e Oliver. L’alleato della ragazza era un ragazzo grossomodo dell’età di Ash , piuttosto alto e molto magro. Aveva i capelli castani e occhi chiari. Indossava una semplice maglietta rossa e dei jeans, oltre che delle scarpe da ginnastica nere. A causa di un piccolo problema di natura tecnica, i quattro ebbero alcuni minuti per potersi confrontare. Tanto Abby quanto Oliver erano alquanto entusiasti di affrontare il Campione del Mondo. Nessuno dei due sembrava trattenere l’emozione che scaturiva dal doverlo affrontare. «Hai già deciso con chi lotterai?» Chiese Oliver. «Per il momento hai lottato solo con Sandile e ha fatto davvero un buon lavoro.» Aggiunse poco dopo. «Ora farai sul serio e lotterai con uno dei tuoi Pokémon storici, magari proprio con Pikachu?» Chiese. Ash accarezzò sulla testa il suo Pokémon. «No. Non sarebbe divertente né giusto.» I due avversari erano un po’ straniti da quell’affermazione. Anita, al contrario, non aveva reagito. Stava imparando a conoscerlo e capiva benissimo ciò che l’amico intendesse. «Sapete, noi ci alleniamo spesso insieme, e come me ha sempre lottato con Sandile e con un altro Pokémon che ha catturato da poco.» Spiegò Anita. «Come se volesse mettersi allo stesso livello del suo avversario.» Elaborò Oliver. «Non è proprio così. Penso semplicemente che ogni mio Pokémon possa diventare più forte, e per farlo deve allenarsi e lottare. È per questo che ho scelto di non far
partecipare nessuno dei Pokémon che tu chiami “storici”. Preferisco dare l’opportunità di migliorare ad altri.» Rispose Ash .
Finalmente il piccolo inconveniente tecnico, un problema ad un cavo di alimentazione di uno dei maxischermi, il torneo poté ripartire. Il pubblico sembrava veramente impaziente. I quattro non fecero nemmeno in tempo a schierarsi che subito il pubblico iniziava a chiedere, con neanche troppo velata insistenza, che la lotta cominciasse.
«Comincia ora la lotta tra Ash e Anita e i loro avversari Abby e Oliver. Allenatori! Schierate i vostri Pokémon!» I quattro Allenatori mandarono in campo i rispettivi Pokémon. Ash mandò in campo la sua Snivy, Anita il suo Oshawott.
Abby mandò in campo la sua Mismagius, un Pokémon che Ash conosceva bene. Anita ne incontrava un esemplare per la prima volta. Quel Pokémon assomigliava ad uno stregone. Il suo corpo era viola. Sembrava quasi una vestaglia svolazzante; era decorata, nella parte frontale con tre gemme frontali marroni, il collo era una sorta di palla grande più o meno come metà della testa. La testa aveva forma semisferica, con una sorta di capigliatura dalla forma di un cappello da mago o da strega. Gli occhi avevano la sclera gialla e l'iride rossa. La bocca a zig-zag era rossa.
La ragazza scansionò il Pokémon con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Mismagius, Pokémon Stregone. Tipo Spettro. Esemplare femmina. Infligge tormenti al nemico recitando formule malefiche che causano terribili emicranie o provocano spaventose visioni. Mosse conosciute: Palla Ombra, Fogliamagica, Gemmoforza, Magifiamma.» Oliver, invece, aveva schierato un Cubchoo. Un piccolo Pokémon, il cui aspetto ricordava un cucciolo di orso polare. La parte superiore del corpo era azzurro chiaro, tranne per il muso, che era di un azzurro più scuro. Gli occhi e il naso, erano neri. Dal naso pendeva una goccia di muco azzurro. Il resto del corpo era bianco, ad eccezione della parte sotto le zampe dove era presente un cerchio di pelle nera. In questo caso fu Ash a scansionare il Pokémon con il suo Smart Rotom. Anita, al contrario dell’amico conosceva benissimo quel Pokémon. Aveva un peluche a forma di Cubchoo. Era uno dei suoi peluche preferiti quando era piccola. «Cubchoo. Pokémon Freddo. Tipo Ghiaccio. Esemplare maschio. Se è in buona salute, la viscosità della goccia che gli fuoriesce dal naso aumenta. Se qualcuno non gli va a genio, lo imbratta con il suo muco. Mosse conosciute: Lacerazione, Gelolancia, Geloraggio.» «Che la lotta abbia inizio!» Dichiarò l’arbitro. «La prima mossa spetta a Ash e Anita.» Aggiunse poco dopo.
«Oshawott! Usa Acquagetto su Cubchoo!» Ordinò Anita. Il Pokémon Lontra spiccò un salto, mentre il suo corpo si rivestiva d’acqua. In pochi istanti avrebbe raggiunto il Pokémon di tipo ghiaccio. «Presto, colpiscilo con Geloraggio!» Ordinò Oliver. Dalla bocca del cucciolo, uscì un potente raggio di energia gelida, che colpì e raggiunse il Pokémon avversario. Oliver accennò un sorriso. Sembrava non essersi accorto di quello che aveva appena fatto.
«Mismagius! Non stiamo ferme! Usa Palla Ombra!» ordinò Abby. Dalla parte anteriore della strega, si generò una sfera di energia oscura dal colore violaceo, rivestita da della sorta di fulmini, dal colore leggermente più chiaro.
«Forza, Snivy! Salta e colpisci Palla Ombra con Fendifoglia!» La Pokémon spiccò un potente balzo. La sua coda si illuminò di verde chiaro. La Pokémon Colpì la sfera e la rilanciò contro la sua avversaria, colpendola con il suo stesso attacco. Questo generò una esplosione, anche di una certa violenza.
Contemporaneamente, Oshawott si era trasformato in un proiettile ghiacciato. Il Pokémon non era ancora perfettamente in grado di controllare il suo attacco, con quel peso in più, ma ci provava.
Il Pokémon, fortunatamente, riuscì a colpire l’avversario, lanciandolo in aria e poi contro la barriera di energia. A causa dell’impatto, lo strato di ghiaccio che rivestiva il Pokémon Lontra si ruppe, permettendogli di tornare a muoversi normlente.
«Snivy! Usa Attrazione su Cubchoo!» Ordinò Ash. La Pokémon fece l’occhiolino all’avversario, lanciando poi dei cuori rosa contro lo stesso. «Cubchoo! Attacca Snivy con Lacerazione!» Ordinò Oliver. Il Pokémon Freddo, innamorato della sua avversaria.
«Furbo da parte tua.» Si congratulò Oliver. «Non per nulla sei il Campione.» Aggiunse. «Mismagius! Attacca con Palla Ombra!» Ordinò Abby. La Pokémon generò l’ennesima sfera di energia oscura, che lanciò in direzione dell’Oshawott di Anita.
No! Non di nuovo!” Pensò la ragazza. “Stai calma!” Pensò. “Ti ricordi cosa ti aveva detto Ash?” La ragazza ci dovette pensare un’altra rapida frazione di secondo. «Ma certo! Come se fossimo al Varietà! Oshawott! Distruggi il suo attacco con Conchilama!» Ordinò la ragazza. Il Pokémon Lontra afferrò la sua mollusciabola dal petto e la brandì, quindi la agitò come una spada, affettando l’attacco nemico.
«Snivy! Usa Frustata!» Ordinò invece Ash. Dalle protuberanze sulla schiena della Pokémon uscirono due sottili liane, che vennero lanciate con grande velocità e veemenza contro il Cubchoo. Il Pokémon venne rapidamente avvolto dalle liane di Snivy.
«Forza, Cubchoo! Cerca di rispondere con Geloraggio!» Ordinò Oliver. Ash sorrise. Sembrava quasi che si aspettasse quella mossa. «Lancialo contro Mismagius!» Ordinò. La Pokémon seguì l’ordine del suo Allenatore, scaraventando l’avversario contro la sua alleata. Il Pokémon Freddo, intanto aveva già cominciato a lanciare il suo potente raggio di energia gelida. Il
piano di Ash aveva funzionato come previsto. Cubchoo aveva colpito la sua alleata. Ancora non era abbastanza per vincere.
«Mismagius! Usa Fogliamagica!» Ordinò Abby. La Pokémon di tipo Spettro generò una tempesta di foglie dal colore violaceo, che scagliò contro i due Pokémon iniziali. «Snivy! So che puoi farcela! Usa Vorticerba!» ordinò Ash. La Pokémon generò un gigantesco tornado di foglie, che scagliò contro i due Pokémon avversari. L’attacco fu talmente potente da inglobare e lanciare contro la sua stessa utilizzatrice l’attacco precedente.
«Mismagius e Cubchoo non sono più in grado di lottare!» Dichiarò l’arbitro. «Questo vuol dire che saranno Ash e Anita ad accedere alla fase finale del torneo, dove affronteranno Ivan e Carlos.» Aggiunse poco dopo.
Come da tradizione, terminata la lotta, gli avversari si incontrarono a metà campo e si strinsero la mano. E i consueti complimenti, dopo la lotta.
Era finalmente giunto il momento della finale. Il pubblico sembrava non aspettasse altro, soprattutto considerando che tra i finalisti vi era il Campione del Mondo.
Ash era tranquillo. Aveva piena fiducia nella sua Snivy. Lo stesso non poteva dirsi di Anita. Avrebbe lottato con Vivillon, un Pokémon contro cui né Carlos, né Ivan avevano mai lottato, ma questo non la tranquillizzava affatto.
Ivan, come suo solito, era sicuro di sé. Forse troppo. Anche quando Carlos tentava di redarguirlo circa il livello del suo avversario, questi si limitava ad ignorarlo. In più, Ash avrebbe lottato con Snivy, la Pokémon che lo aveva scartato, un motivo in più per vendicarsi.
Dopo un’attesa, che per il pubblico sembrava infinita, finalmente i quattro Allenatori si schierarono, pronti a cominciare la
lotta. Aspettavano solo che l’arbitro desse il via.
«Dopo numerose ed interessantissime lotte, come ogni anno, è finalmente giunto il momento dell’attesissima finale!» si
sentì una voce dalle casse. Era colui che, non troppo tempo prima, aveva dato via al torneo. Dopo aver nuovamente, come del resto aveva fatto prima di ogni lotta, ringraziato lo sponsor, permise all’arbitro di fare il suo lavoro.
«Comincia la lotta finale del Settantacinquesimo torneo a doppi incontri di Zefiropoli. A contendersi la vittoria e il favoloso premio, offerto dalla Amon, saranno la coppia di Allenatori composta dal Campione del Mondo Ash Ketchum e da Anita White, e la coppia di Allenatori Ivan Hollenback e Carlos Martin.» Esordì. «Allenatori! Scherate i vostri Pokémon!» Ordinò alcuni istanti dopo. I quattro Allenatori seguirono le indicazioni, mandando in campo i loro Pokémon.
Ash mandò in campo Snivy, Anita Vivillon, Ivan il suo Frillish e Carlos Umbreon. «La prima mossa tocca a Carlos e Ivan! Che la lotta abbia inizio!» Dichiarò l’arbitro.
«Umbreon! Attacco rapido su Snivy!» Ordinò Carlos. Il Pokémon Lucelunare si mise a correre, a gran velocità contro l’avversaria, saltando da una parte all’altra. Ash seguiva con lo sguardo i rapidi movimenti del Pokémon avversario, che si stava avvicinando con grande rapidità. Il Pokémon era ormai vicinissimo all’avversaria. «Adesso! Salta e usa Fendifoglia!» Ordinò Ash. La Pokémon spiccò un salto, la sua coda si allungò e si illuminò di verde chiaro.
Colpì l’avversario sulla testa, facendogli sbattere il muso a terra con una certa violenza. «Frillish! Usa Palla Ombra! Massima potenza!» Ordinò Ivan. Il Pokémon fluttuante obbedì, lanciando una grossa sfera di energia oscura contro l’avversaria. «Vivillon! Distruggi Palla Ombra con Eterelama!» Ordinò Anita.
La Pokémon generò dalle sue ali una sottile lama d’aria, che arrivò molto vicina all’attacco avversario, senza però colpirlo. La lama d’aria, invece, colpì Frillish.
Snivy, che nel frattempo stava atterrando, dopo aver colpito Umbreon, venne colpita in pieno dal potente Palla Ombra.
L’attacco la scaraventò contro la barriera d’energia e poi cadde a terra.
«Snivy! Tutto bene?» Ash sembrava piuttosto preoccupato per la sua Pokémon. «VII!» Gridò la Pokémon. Il suo corpo si illuminò di una luce bianca, tendente all’azzurrino. «Come?» Ivan sembrava piuttosto perplesso. Credeva che quel colpo fosse stato più che sufficiente a sconfiggere quella Snivy… invece… si stava evolvendo?
Il corpo della Pokémon crebbe di dimensioni. Restò principalmente verde, mentre la zona delle spalle rimase di un color crema. Dal petto partiva una sorta di collare giallo, che continuava dietro le spalle. A partire dalla coda crebbero tre foglie palmate, che raggiungevano parte della schiena. Sulla parte posteriore della testa sporgeva una piccola cresta. I suoi occhi divennero rossi e assunsero una forma piuttosto stretta.
Ash non perse tempo e analizzò la Pokémon appena evoluta con la funzione Pokédex del suo Smart Rotom. «Servine, Pokémon Serperba. Esemplare femmina. Corre quasi scivolando sulle superfici. Confonde il nemico con i rapidi movimenti, per poi attaccarlo con una frustata. Mosse conosciute: Attrazione, Frustrata, Vorticerba, Fendifoglia.» Nel mentre, Umbreon stava tentando di rialzarsi.
«Servine! Sei pronta? Usa Vorticerba!» Ordinò Ash. La Pokémon generò un gigantesco tornado di foglie, che sollevò rapidamente Umbreon e lo scagliò contro le barriere di energia. Le foglie, affilate come rasoi, colpirono il Pokémon Fluttuante, sconfiggendolo.
Umbreon tentò di rialzarsi, ma a causa delle ferite subite, non ci riuscì. «La lotta è conclusa. Né Umbreon né Frillish possono più continuare, di conseguenza vincono Ash e Anita.» Dichiarò l’arbitro.
«I primi tre classificati e i loro Pokémon sono pregati di recarsi al podio per la premiazione.» Annunciò il presentatore.
Dalla parte alta delle tribune, un meccanismo elettronico fece uscire una piattaforma, con tre ampi gradini. Pochi istanti dopo spuntarono delle ringhiere di protezione.
Le prime tre coppie di Allenatori, Ash e Anita, Carlos e Ivan e Serena e Raoul, scortati dai loro Pokémon, raggiunsero il podio.
Pochi istanti dopo, una giovane donna, vestita in un abito elegante, consegnò le coppe ai primi tre classificati, partendo dai terzi classificati, ai quali consegnò una bella coppa di bronzo. Al suo interno quattro prenotazioni da compilare e dei buoni per i biglietti aerei con la compagnia di bandiera di Unima.
Simile la coppa dei secondi classificati, più grande ed elegante, ma realizzata in argento. Anche il contenuto era simile. Discorso diverso per la coppa del primo classificato. Realizzata in oro e decorata con pietre preziose.
Al suoi interno quattro biglietti per le ventiquattro ore, ai quali andava aggiunta unicamente una fototessera e quattro biglietti per il tour della fabbrica.
Appena i primi tre classificati ricevettero le coppe, diverse persone dal pubblico cominciarono a scattare decine e decine di fotografie. Nonostante il torneo si ripetesse ogni anno, il pubblico non sembrava mai perdere interesse.
Sembrava che tutto fosse andato per il meglio, nonostante le minacce del Team Plasma. L’atmosfera era quasi rilassata, tranne per le scintille che volavano tra Ash e Servine e Ivan. L’esperto Allenatore e la sua Pokémon sembrava stessero facendo da scudo verso Anita. «Ricordati che lui non ci sarà per sempre a difenderti. Dovrai imparare a cavartela da sola.» Ivan cercò di ignorare la presenza di Ash.
«Anche se per una che ha pure paura della sua ombra, poter avere una guardia del corpo che ti protegge da ogni cosa… e se dovesse mai succedergli qualcosa e dovessi essere te a difendeli? »
Prima che la ragazza potesse anche solo spicciare una singola parola, un forte boato spaventò tutti. La copertura in vetro del palazzo era stata sfondata.
«Servine! Presto! Vorticerba!» Ordinò Ash. Grazie alla fortissima corrente d’aria e di foglie,la traiettoria dei frammenti di vetro e metallo venne deviata, facendo sì che questi cadessero a terra senza ferire nessuno.
Pochi istanti dopo, dall’apertura sul tetto si calarono un gran numero di persone, in piedi su delle piattaforme circolari di
metallo sorrette da degli spessi cavi. Erano tutti seguaci del Team Plasma, tutti vestiti uguali.
Uno di essi aveva in mano un grosso megafono, grigio, con lo stemma del team malvagio stampato sopra. «Avete osato
disobbedire alle nostre parole. Ora ne pagherete le conseguenze!» Gridò.
«Forza! Scappate!» Gli intimò l’Agente Velaurora. Ash avrebbe voluto e potuto affrontare tutti quei seguaci, ma decise comunque di obbedire alle parole dell’Agente. La lotta avrebbe potuto ferire delle persone che non c’entravano nulla con il Team Plasma, e non era di sicuro l’ideale.
Uno dei Seguaci scese dalla piattaforma e raggiunse il podio. «Furbo da parte tua.» Il seguace si rivolse all’agente. «Far scappare Ash e i suoi amici.» L’uomo passò una mano sotto al mento dell’agente, sollevandole la testa. «Lui farebbe lo stesso per te?» Le chiese, mentre la sollevò di peso, per il vestito.«Certo che si. Lui non ci capirà molto di noi, ma almeno
sa come trattare una ragazza.» gli rispose la ragazza. «Prendeteli! Impareranno a non ascoltare il Team Plasma!» Gridò l’uomo al megafono. I Seguaci saltarono dalle loro piattaforme e cominciarono a bloccare le uscite. Ash e i suoi amici stavano percorrendo uno degli anditi, tentando di uscire da quell’edificio.
Al contempo numerosi Seguaci cominciarono a correre per gli spalti, spingendo numerosi presenti. Alcuni di essi, apparentemente scelti a caso, venivano colpiti violentemente.
«E tu cosa ci fai qui?» Un seguace si rivolse all’Houndour che aveva seguito, dagli spalti, l'intero torneo. Sentita la voce del seguace, il Pokémon si mise a correre, spaventato. «Dove vai?» Chiese il seguace, cercando di prenderlo. «Abbiamo solo fatto il tuo bene!» Gridò il seguace.
Il Pokémon corse ancora più rapidamente, raggiungendo, in breve tempo, uno dei tantissimi ingressi dedicati al pubblico, predato dal seguace. Per uno strano scherzo del destino, il Pokémon arrivò alle spalle di un’altra coppia di seguaci, che, nel frattempo, stava inseguendo Ash e gli altri. «Adesso sei in trappola!» Il Seguace sembrava ben felice delle sue parole. «Perché mai vorresti tornare schiavo di un Allenatore?» Chiese. «Voi Pokémon siete nati per vivere liberi da qualsiasi schiavitù, e vuoi farmi credere che ti trovi meglio imprigionato in una Poké Ball?» Aggiunse poco dopo.
Il Pokémon Buio fermò la sua corsa di colpo, e il Seguace ne approfittò per sbarrargli la strada. Il Pokémon, di tutta risposta, spalancò la bocca e generò una gigantesca fiammata, che investì il seguace. «Uno cerca di aiutarti e tu lo tratti in questo modo?» Si lamentò.
Ash e i suoi amici, nel frattempo, erano stati spinti contro una parete. Fino a quel momento si erano limitati a fuggire, senza far intervenire i Pokémon. Come del resto anche i loro avversari, ma ora, costretti contro il muro, non avevano alcuna scelta. «Pikachu! Colpiscili con Fulmine!» Ordinò Ash.
Il Pokémon elettro saltò dalla spalla del ragazzo, e rapidamente generò, dalle sue guance, una potentissima scarica elettrica che colpì i due seguaci che gli stavano inseguendo. Caddero entrambi a terra, piuttosto storditi dalla potente scarica.
«Facciamo attenzione, potrebbero arrivarne altri.» Ash esortò i suoi amici.
Quasi non fece in tempo a pronunciare la frase, che comparve un terzo Seguace, accompagnato da una forte puzza di bruciato. «Adesso sei davvero in trappola!» Riprese Houndour un’ultima volta, prima di cadere addosso ai suoi colleghi.
I quattro, scortati dai loro Pokémon e da Houndour, riuscirono ad uscire dall’edificio.
Houndour camminava accanto ad Umbreon. Ormai il Pokémon Buio considerava Umbreon come un amico. «Credo che ormai sia diventato amico di Umbreon» Commentò Ash. «Dispiacerebbe fargli perdere di nuovo un amico.» Si lasciò sfuggire. «Come “di nuovo”?» Chiese Serena. «Come? Eppure mi sembrava di avervelo detto.» Ash si prese una brevissima pausa. «È stato liberato dal Team Plasma.» Rispose. «Non ho idea di cosa sia successo al suo Allenatore. Ho parlato con un Seguace, mentre rientravo dal giro, quando stavamo distribuendo i manifesti.» Ash raccontò agli amici dell’incontro con il seguace e di come mai il Pokémon Buio avesse così tanta familiarità con le persone. «Quindi tu credi che voglia venire con noi?» Chiese Carlos. «Non saprei.» gli rispose Ash. «Dovresti provare a chiederglielo.» Gli propose.
Carlos si inginocchiò in direzione del Pokémon Buio, con una Poké Ball in mano. «Vuoi venire con noi?» Il Pokémon Buio colpì con il musetto il meccanismo di apertura della Poké Ball, venendo assorbito al suo interno. «Finalmente ho catturato un Pokémon!» Esultò Carlos. «Vieni fuori, Houndour!» Lo fece uscire dalla Poké Ball.
Con un nuovo amico, i quattro si diressero verso il Centro Pokémon. nonostante la bella vittoria al torneo, non avevano di che festeggiare, il Team Plasma era più agguerrito che mai, e il sequestro dell’Agente Velaurora ne era la prova.
Quasi non fecero in tempo ad arrivare, che lo Smart Rotom di Ash si mise a squillare, con una suoneria diversa dal solito. Una suoneria che il ragazzo non aveva impostato.
Anche la schermata in cui era mostrata la telefonata era differente. Sotto la foto della persona che lo stava chiamando, che in questo caso era un’immagine di default, vi era una sorta di lucchetto stilizzato.
Il ragazzo dovette pensarci alcuni istanti. Richiamò alla mente l’incontro con l’Agente Velaurora. Quella era una chiamata criptata. Il ragazzo si affrettò a rispondere.
«Questa telefonata è criptata. Confermare identità.» Quella voce preregistrata, fece quasi spaventare Ash. Nella parte bassa dello schermo del dispositivo, si illuminò il sensore di impronte digitali. Il ragazzo posizionò il pollice sul sensore, per effettuare il riconoscimento. «Identificazione avvenuta con successo.»
Finalmente il ragazzo poté scoprire chi è che lo telefonava. Era Bellocchio. «Ash. Finalmente! Ora tutti gli Otto Professionisti sono in comunicazione criptata e protetta. Purtroppo non abbiamo tempo per i convenevoli. l’Agente Velaurora è stata presa in ostaggio dal Team Plasma. Non possiamo far intervenire uno dei nostri agenti perché rischerebbe di far saltare la copertura di alcuni infiltrati che abbiamo all’interno del Team Plasma. Lei avrà delle altre mansioni, data la sua grande abilità nei travestimenti. Non preoccuparti di come fare, se accetterai, riceverai presto delle istruzioni.» Ash ascoltò pazientemente. «Non ho molta scelta. Glielo devo.» Rispose. «Perfetto. Presto riceverai tutto al Centro Pokémon.»
Ash fece appena in tempo a spiegare la situazione agli amici, prima di venire avvisato di una consegna a nome suo, almeno a detta dell'Infermiera, dato che il pacco era completamente anonimo.
Ash prese il pacco ed entrò nella sua stanza, dove lo aprì. Non servivano né tagliernini né forbici. Il pacco era ad apertura facilitata. Al ragazzo fu sufficiente tirare una linguetta. All’interno del pacco vi erano dei fogli e una piccola scatolina.
Ash prese uno di quei fogli. Erano delle istruzioni sulla missione che avrebbe dovuto compiere. La lettera sembrava a metà tra un messaggio preimpostato e un messaggio scritto appositamente per quella situazione.

Sono estremamente grato che tu abbia accettato di compiere questa delicatissima operazione, il recupero di un Agente in una situazione di emergenza.
Qualora dovessi seguire queste istruzioni alla lettera, la missione avrà successo senza conseguenze per nessuno. Come ben sai un nostro Agente è finito nelle mani del Team Plasma. Non abbiamo idea di dove lo abbiano condotto.
Abbiamo degli infiltrati all’interno dei loro ranghi, ma non possiamo far saltare la copertura. Per evitare che ciò accada, abbiamo elaborato delle istruzioni semplici e precise.
All’interno della piccola scatola troverà un rilevatore GPS e un piccolo microfono. Il piccolo microfono è contenuto in una catenina in oro, mentre il rilevatore in una capsula da ingoiare.
Il rilevatore resiste ai più potenti acidi per un tempo che va dalle settantadue alle novantasei ore. Quando avrai concluso, procederemo alla fase due.
Quando sarai arrivato nei pressi di via Foglianova. Quando giungerai nei pressi di quella via, dei nostri complici ti condurrà dal Team Plasma.
Quando pensi che la situazione sia adatta ad avviare l’operazione di recupero, parla spesso della mossa “Metaltestata” .
Ash terminò la lettura della lettera. Non si era accorto del fatto che Serena fosse dietro di lui, e che anche lei stessa avesse letto la lettera. Senza dire una parola, indossò la catenina e ingoiò la capsula. «Non posso fare altro che accettare. So che sarà pericoloso, ma glielo devo.» Ash assunse un tono serio. «Non vi preoccupate. Me la caverò.» Quelle parole non piacquero a nessuno, ma a Pikachu in particolare. Si sarebbe dovuto separare dal suo amico.
Serena, invece era un po’ gelosa. Sapeva che uno dei doveri dei Campioni era quello di mettersi al servizio degli altri e aiutare in situazioni di emergenza, ma…
Ash, senza portare dei Pokémon con sé, si diresse al punto d’incontro prestabilito, una delle tante vie della città. Per evitare di perdersi, il ragazzo dovette utilizzare l’applicazione Mappe del suo Smart Rotom.
Il ragazzo si mise a sfogliare i social sul suo Smart Rotom, mentre attendeva l’arrivo di coloro che l’avrebbero dovuto rapire.
Era una sensazione strana. Sapeva di dover essere rapito e che sarebbe finito nella tana del lupo, ma sapeva di non avere scelta.
Dopo tre quarti d’ora, finalmente arrivarono i suoi rapitori. Erano due seguaci, apparentemente come tutti gli altri che Ash aveva incontrato, con le loro vesti grigie e dall’aspetto simile a degli antichi cavalieri.
«E così hai deciso di farti consegnare eh!» Commentò uno dei seguaci. «Non ti preoccupare. Non torceremo un capello né a te né alla tua amica. Ci servite interi.» I due accompagnarono Ash fino al loro pick-up. Era esattamente identico a quello con cui i falsi ranger avevano rapito i Vivillon, qualche tempo prima. Identico alle decine di mezzi parcheggiati nella base vicino Eolea.
Lo fecero salire dietro, in modo da evitare che potesse fuggire durante il percorso. Non era parte del piano, ma parte dei protocolli del Team. Appena saliti a bordo, il guidatore avviò una chiamata, tramite comandi vocali.
La persona a cui era destinata la chiamata rispose immediatamente, in tono piuttosto seccato. «Se mi chiami è perché hai buone notizie.» L’uomo alla guida non si fece scoraggiare da quel tono. «L’abbiamo preso. Terrà compagnia alla sua amichetta. Così imparano a giocare a fare gli agenti segreti!» Rispose l’autista. «e poi, all’ultimo piano di un palazzo così alto… non possono fuggire in alcun modo. Anche perché a noi servono vivi.» Rispose, prima di chiudere la chiamata.
Sebbene Ash fosse consapevole del fatto che i due seguaci fossero dei complici, ma sperava che le informazioni sulla posizione fossero corrette.
Per il resto del viaggio nessuno dei tre parlò. Ash perché temeva di essere spiato, i due complici per non infrangere il protocollo del team.
Il viaggio, fortunatamente non fu troppo lungo, si concluse ad Austropoli, in un quartiere anonimo e triste, costituito da parecchi grattacieli, tutti uguali. Non vi erano aiuole o aree verdi. Solo acciaio, vetro e cemento.
I due sollevarono di peso Ash e lo condussero fino all’ingresso dell’edificio. A vigilare l’ingresso un’ampia schiera di seguaci. Nessuno poteva entrare o uscire senza il loro permesso.
«Lo già avete perquisito?» Chiese uno dei seguaci all’ingresso. «Ci mancherebbe altro.» Rispose uno dei seguaci, che ancora teneva bloccato Ash. «Allora portatelo di sopra!» Ordinò la stessa persona. «Mi raccomando. Il Capo lo vuole vivo e in salute.» Aggunse poco dopo.
I due senza mollare la presa, scortarono Ash fino all’ascensore, diretti fino al penultimo piano, l’ultimo servito dagli ascensori. Il solo modo per accedere all’ultimo piano era tramite una rampa di scale che dava sull’esterno.
Una botola permetteva di bloccare l’accesso da e per l’ultimo piano.
L’ultimo piano era estremamente più piccolo degli altri. Oltre al locale dedicato al motore degli ascensori presentava solo un piccolo appartamento. Sorvegliato all’esterno da due guardie.
Una cucina, una camera da letto e un bagno. Era l’appartamento dell’addetto alla manutenzione degli ascensori.
Il bagno era accessibile tanto dalla camera da letto quanto dal piccolo andito che lo separava dalla cucina-salotto. La porta della stanza da letto era stata sostituita da una porta in ferro, come quella delle carceri, per prevenire eventuali fughe.
Uno dei due seguaci aprì la porta e spinse Ash all’interno della prigione. «Hai compagnia!» Si rivolse all’Agente.
L’Agente, mettendo in pratica il suo addestramento, non disse una parola. Non sapeva se i due Seguaci fossero degli Agenti sotto copertura o se si trattasse di veri Seguaci.
Certo, la presenza di Ash poteva essere un indizio non da poco, ma non poteva sapere se il ragazzo si fosse consegnato di sua volontà o se lo avessero effettivamente rapito. Decise, prima di rivolgere la parola a Ash, di attendere che i due Seguaci se ne andassero. «Ti hanno preso o…?» Chiese, appena se ne andarono.
«Mi è stato ordinato di farmi catturare. Hanno detto che non potevano permettere che rimanessi nelle grinfie del Team Plasma.» Ash cerò di sintetizzare al massimo. «Capito. Si vede che sentono la mia mancanza.» Commentò in tono ironico.
Un paio d’ore dopo, entrò qualcuno all’interno del piccolo appartamento. Un uomo alto circa due metri e dalla corporatura robusta. Aveva i capelli lunghi e di un colore non ben definibile. Qualcosa tra il grigio e il verde. Indossava una veste bianca coperta da una sopravveste viola e gialla. Sul lato viola era decorata con un occhio stilizzato giallo, sul lato giallo con un occhio stilizzato viola. Indossava una sorta di decorazione, sulla veste, che ricordava la merlatura di un castello.
Ash, sebbene lo avesse visto un’unica volta, lo aveva riconosciuto.
«Ghecis.» Il ragazzo lo nominò a bassa voce. L’uomo riuscì comunque a sentirlo. «Ash Ketchum.» Gli rispose l’uomo. «Come ci si sente ad essere imprigionato, come i tuoi Pokémon?» Gli chiese poco dopo.
«La prigionia qui non è poi così male. Ho un letto comodo, una televisione… un computer… mi portano tre pasti al giorno… ho accanto una persona con cui parlare e condividere il mio tempo… non è poi così male.» Gli rispose Ash. Ghecis sollevò un sopracciglio: «E non ti mancano i tuoi amichetti?» Gli chiese. «Certo che mi mancano, ma ci farò l’abitudine.» Ash cercò di sfoderare delle doti attoriali che aveva già dimostrato di possedere. «Non crede che con i Pokémon sia la stessa cosa?» Gli chiese. «No. Voi costringete i Pokémon a lottare contro la loro volontà.» Gli rispose l’uomo. «E voi? Credete che non lo abbia capito che volete usarmi come trofeo?» Lo provocò Ash. «Allora dovrei trovare un modo di farti capire quanto i Pokémon soffrono durante le lotte.» Gli rispose il malvagio. «Nessuno li obbliga a farlo. Se un Pokémon non vuole lottare non lo fa. Così come nessuno obbliga un atleta a partecipare ad una competizione se non se la sente.» Gl rispose Ash.
L’uomo se ne andò, borbottando qualcosa di incomprensibile.
Diverse ore dopo, a notte inoltrata, era finalmente il momento di agire. l’Agente era mezzo addormentata, contrariamente ad Ash, che, prima di partire per la missione, si era bevuto un bel paio di caffè.
«Vorrei farti una domanda.» Le chiese Ash. «Awwmm» La giovane sbadigliò. «Dimmi pure.» Gli chiese. «Oltre a Liepard, hai degli altri Pokémon?» Chiese Ash. «In questo momento no. Ma nella mia squadra, oltre a Liepard ho anche un Excadrill.» Ash sorrise, sembrava piuttosto interessato. «Interessante… per curiosità… conosce la mossa Metaltestata?» Chiese Ash.
«No… ma perché ti interessa sapere se il mio Pokémon conosce Metaltestata?» «Perché Metaltestata è una mossa molto potente. Il Bisharp di Alan la conosce, pure la Milotic di Camilla conosce Metaltestata, oppure anche il Cinderace di Dandel, conosce Metaltestata.» L’Agente sembrava ancora più perplessa. «Se un Pokémon usasse Metaltestata ora, potrebbe aprirci un varco e farci fuggire, non credi? Ora tutti stanno dormendo.» Rispose Ash. All’agente scappò un piccolo sorriso.
Che cosa aveva in mente Ash?
Tre quarti d’ora dopo, in lontananza, si udì il rumore delle pale di un elicottero. Non era affatto strano che degli aeromobili sorvolassero la Capitale. Capitava anche più volte al giorno.
Per questo motivo, i Seguaci addetti alla sorveglianza, non diedero tanto peso alla sua presenza dell’aeromobile, nemmeno
quando incominciava ad avvicinarsi all’edificio.
Attivarono il protocollo di emergenza solo quando si accorsero di come il mezzo stesse sorvolando l’edificio per un tempo sorprendentemente più lungo del necessaerio.
All’interno dell’edificio suonò l'allarme. Le decine di Seguaci che, ormai stavano dormendo, vennero risvegliate di soprassalto. Dovevano essere immediatamente pronti ad agire.
Mentre i numerosi seguaci risalivano rumorosamente le scale, l’elicottero calò, sull’apertura che permetteva l’accesso all’ultimo piano, una pesantissima lastra metalica.
In questo modo sarebbe stato molto difficile per chi si trovava nei piani inferiori accedere all’ultimo. Non appena la pesante lastra venne calata, dal gigantesco elicottero calarno una mezza dozzina di agenti. Erano tutti vestiti uguali. Giacca nera, cravatta nera, camicia nera, pantaloni neri, scarpe nere, cappello nero, indossavano pure degli occhiali da sole, nonostante fosse notte fonda.
Appena si calarono, vennero immediatamente aggrediti dai due seguaci che erano a guardia dell’ultimo piano. A causa della loro inferiorità numerica e dell’elevato grado di addestramento degli agenti, i due seguaci vennero neutralizzati rapidamente. Uno di loro custodiva anche le chiavi del piccolo appartamento e della cella in cui erano rinchiusi Ash e l’Agente Velaurora.
L’Agente indossava ancora l’abito elegante che aveva durante la premiazione, non l’ideale per correre o per salire a bordo di un elicottero in volo, ma sapeva di non avere alternative.
I due, scortati da un piccolo gruppo di agenti, uscirono rapidamente dall'appartamento. Nel terrazzo dell'edificio, Ash e l’agente dovettero stare estremamente attenti per evitare che le potenti correnti d’aria generate dalle pale dell’elicottero, che stazionava ancora al di sopra dell’edifico.
Erano chiaramente udibili dei rumori piuttosto spiacevoli. Sembrava che i seguaci stessero tentando di liberarsi di quella pesante lastra, con degli smerigli o qualcosa del genere.
«Forza! Non restatate imbambolati! Prendete un’imbracatura e indossatela! Non abbiamo tempo da perdere!» Li esortò uno degli agenti. Ash e la ragazza non se lo fecero ripetere due volte.
Indossarono rapidamente l'imbracatura, realizzata in un tessuto estremamente resistente, simile a quello utilizzato per le cinture di sicurezza, e vennero rapidamente issati a bordo, insieme, pochi istanti dopo al resto degli altri Agenti.
Proprio pochi istanti prima che la pesante lastra di ferro cedesse, permettendo ai Seguaci dei piani inferiori di uscire.
Appena una piccola parte di essi giunse sul terrazzo, non poté altro che vedere l’elicottero allontanarsi. Prese da una tasca della sua uniforme, uno smartphone. «Spero che il Capo risponda.» Commentò. Le sue speranze vennero accolte. «Capo. Mi dispiace comunicarle che i nostri ostaggi sono fuggiti.» Gli comunicò. Sentì il rumore di un pugno sbattuto contro un oggetto di legno. «Non importa! Almeno hanno capito con chi hanno a che fare!» Chiuse immediatamente la chiamata.
Mentre l’elicottero trasportava Ash e l’Agente in un luogo sicuro, al Centro Pokémon della città, la situazione non era delle più tranquille. Non tanto per Carlos, disperso nel mondo dei sogni, quanto piuttosto per le ragazze, anche se per motivi diversi. Serena era estremamente preoccupata per Ash. era già la seconda volta che si trovava nella tana del nemico, ma, questa volta non come infiltrato, ma come prigioniero.
«Anche tu sveglia?» Anita si rivolse all’amica, seduta sul suo letto, mentre accarezzava Pikachu, anche lui preoccupato per Ash.
«Potrei chiederti lo stesso.»Le rispose Serena. «Sono semplicemente preoccupata per Ash. So che ha già fatto di queste cose ed è sempre andata bene, ma…» Cercò di spiegarsi. «Capisco. Ma sono certa che se la caverà.» La nativa di Unima tentò di rassicurarla. «Non è come l’altra volta. Qui è un prigioniero. Non so cosa vogliano fargli.» Serena sembrava estremamente preoccupata. «E poi non ha con sé nessun Pokémon. preferiva non rischiassero.» Anita comprese immediatamente cosa intendesse l’amica. «E a te, cosa preoccupa?» Le chiese Serena.
«Stavo pensando alle parole di Ivan. Voglio dire… da quando siamo partiti non ci siamo mai separati. Credi davvero che abbia ragione e che mi debba separare da voi per migliorare davvero?» Serena rimase pietrificata a quelle parole. «Come te, del resto. Sei partita per Hoenn e…» «Non ha funzionato. Si, ammetto di aver imparato qualcosa dalle Gare, ma no. Non penso che la separazione dai miei amici abbia influito in questo. Anzi. Anche lì ho fatto delle amicizie.» L’espressione di Anita mutò, trasformandosi quasi in un “e?” «Uno come Ivan non mi sembra un ragazzo molto amichevole.» Le rispose Serena. «Viaggiando con altre persone impari da loro e loro imparano da te. Quando sei da sola, invece…» Anita si limitò a sorridere. Avere degli amici con cui viaggiare era un dono più prezioso di quanto potesse immaginare.
Diverse ore dopo, dopo aver passato parte della notte a raccontare quanto aveva visto nel palazzo del Team Plasma, Ash si era riunito con gli amici. Aveva già fatto la sua solita (e abbondante) colazione. Era solo un po’ assonnato.
Appena arrivato, Pikachu gli saltò sulla spalla e Serena lo strinse in un forte abbraccio, lasciando i (fortunatamente pochi) presenti all’interno del Centro Pokémon piuttosto perplessi. «Sono felice di vedere che stai bene. Avevo paura che ti avessero fatto qualcosa, da prigioniero o…» Ash cercò di rassicurarla. «Mi hanno trattato bene, per essere un prigioniero. Sarei diventato un loro trofeo, se non mi avessero fatto scappare.» Spiegò Ash. In seguito, il ragazzo raccontò della sua, sia pur breve, prigionia nel palazzo del Team Plasma. Dopo il racconto e le relative domande, la situazione tra i quattro era molto più leggera. Serena, come l’altra volta, si era preoccupata per nulla.
Anita, da un po’, aveva assunto una strana espressione, come se cercasse di fare una domanda, o qualcosa di simile. «Tutto bene?» Le chiese Ash. «Si… più o meno.» Rispose la ragazza. «Dmmi pure.» La incalzò Ash. «Ho tante domande che mi torturano. Vorrei stare un po’ da sola. Magari ne approfitto e vado anche a comprare delle Poké Ball o qualcos’altro… cosa ne dici?» Ash le sorrise. «Ma ci mancherebbe! Vai pure! Hai sedici anni e mi sembri una ragazza molto responsabile. Però, ti prego. Fai attenzione, il Team Plasma è molto pericoloso.» Si raccomandò.



Ed ecco che, finalmente, anche Carlos fa la sua prima cattura. Beh un altro Pokémon di tipo Buio... Che fantasia! Che dire
del capitolo. Sono felice di come sia venuto. Un altro capitolo molto ricco di eventi. E anche più lungo degli ultimi. Questo
significa solamente una cosa. Ho delle belle idee in mente.
Questo capitolo, inoltre, avrebbe dovuto includere anche altri eventi, ma per evitare di scrivere un capitolo dalla lunghezza abnorme, ho preferito evitare e scrivere due capitoli distinti.

Metagross

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Riunione di famiglia ***


Buongiorno e salve signori, sono uno degli scrittori, per i lettori e gamer sono Reshiram Lego, per i followers ASEK…
io ho voluto aiutare il signor Carlos con questo capitolo ideato da me, quattordicenne che esercita il suo lavoro come una passione in qualsiasi situazione favorevole, ma non siamo qui per una mia presentazione dettagliata. Siamo qui per la grana, il succo, le storie, ma bando alle bande e ciancio e De Ciancio, leggete questo e anche gli altri capitoli dall’inizio alla fine, fino all’ultimo punto.

Ash, Anita, Serena e Carlos sono arrivati a Zefiropoli. Lungo la strada hanno fatto la conoscenza di un Houndour, che apparentemente, si era separato dal suo Allenatore.
Il Pokémon Buio fa amicizia con Pikachu. Il Pokémon Topo riesce a convincerlo a seguirlo, e a fare amicizia con i ragazzi. Questi, accorgendosi delle sue ferite, decidono di portarlo al Centro Pokémon della città.
Durante la ricerca dell’Allenatore, i quattro decidono di partecipare al Torneo a doppi incontri della città. Dopo una serie di lotte, Ash e Anita spuntano una grande vittoria, anche grazie all’evoluzione della Snivy di Ash in Servine.
La cerimonia di premiazione viene interrotta da un attacco del Team Plasma, che rapisce l’Agente Velaurora, agente della Polizia internazionale estremamente abile nell’assumere l’aspetto di altre persone.
Ash viene convocato per recuperarla in una delicata missione, che, fortunatamente, ha successo.

Riunione di famiglia

Anita stava tornando dal negozio dove aveva comprato delle Poké Ball, delle pozioni e dei sali revitalizzanti. Aveva anche ceduto alla tentazione di comprare un berretto. Principalmente bianco, con la visiera rosa. Nella parte frontale vi era stampata una fantasia simile a quella di una Poké Ball, di colore rosa. C’era un venticello fresco, che soffiava tra i suoi capelli e cercava di rubare il palloncino a forma di Quagsire del bambino seduto su una panchina poco lontana.
In quel momento, la ragazza era sola con i suoi Pokémon. Ash le aveva raccomandato di fare attenzione al Team Plasma. Per questo la ragazza aveva deciso di farsi scortare da Oshawott ed Herdier.
I due Pokémon, ormai, erano abituati ad uscire dalle loro Poké Ball solo per lottare, per allenarsi o per mangiare. Bastò uno sguardo tra i due, per comprendere che quella era una delle poche occasioni che avevano per potersi divertire un po’.
L’attenzione di Oshawott e di Herdier era stata attirata dalla piuma di un Pidove, che svolazzava in aria. Mentre i due Pokémon si rincorrevano, facendo lo slalom tra le gambe dei passanti e rischiando di far cadere più di qualcuno, notarono uno Swablu. Il Pokémon Alidicotone, li stava guardando e, apparentemente sembrava volesse unirsi a loro, salvo poi spiccare il volo e allontanarsi.
«Ragazzi, non fate danni! Per favore!» L'Allenatrice, li rimproverò, guardandoli con aria fausta.
Era felice. La bella vittoria al torneo a doppi incontri al fianco di Ash le aveva dato una buona dose di fiducia. Pensava alle parole di Ash. Notando la sua espressione preoccupata, poco prima di lasciarla andare, le aveva detto: "Stai facendo degli ottimi progressi. Il tuo modo di lottare è migliorato molto. Mi sembri più sicura di te quando ordini ai tuoi Pokémon di attaccare. Loro se ne accorgono ed i loro attacchi diventano più forti.” Certo, le aveva anche detto “Se vuoi diventare Campionessa, la strada è ancora lunga, ma sono sicuro che ce la farai”.
Quelle parole di apprezzamento le suonavano strane. Ash era solito congratularsi con lei per i suoi progressi. Era molto felice di trovare finalmente qualcuno che l'apprezzasse.
Questo improvviso attacco di gioia venne smorzato da diversi pensieri che la tormentavano. Non riusciva a non pensare a Ivan e a come lui tentasse di sminuire in ogni occasione. Forse lui aveva ragione? Avrebbe dovuto viaggiare da sola ed imparare da autodidatta? Si meritava davvero Ash come maestro?
La ragazza si girò a controllare Oshawott ed Herdier, stavano saltando tra le mattonelle del marciapiede opposto, senza toccare i bordi, perché altrimenti dei Krookodile li avrebbero mangiati.
Ma cosa stanno facendo quei due adesso?” Si chiese Anita, piuttosto imbarazzata. Lo strano fare dei suoi Pokémon, la fece distrarre dai suoi interrogativi.
La ragazza guardò a destra e sinistra. Non voleva rischiare di essere messa sotto da qualche automobilista distratto, prima di attraversare il breve tratto di strisce pedonali, che conducono all’altro estremo della strada, dove i suoi due Pokémon facevano finta di sopravvivere al Pokémon Minaccia.
«Ma che cosa state combinando?» Il tono della ragazza era a metà tra il rimprovero e il divertito.
I due Pokémon misero in scena una rappresentazione quasi teatrale: Oshawott, mettendo in mostra un’abilità di imitazione seconda solo a quella del Pikachu di Ash, imitò la faccia del Pokémon Minaccia, estremamente simile a quella di un coccodrillo, e quando Herdier calpestò lo spazio tra le mattonelle, le diede un bel morso deciso.
Il Pokémon fedeltà cercò di trattenere l’urlo di dolore. Quello che sarebbe stato probabilmente uno dei più potenti Granvoce della Storia, si trasformò in una corsa sfrenata, che terminò addosso ad un anziano vecchietto. Il signore cadde rovinosamente a terra. La Pokémon, probabilmente non consapevole dei possibili danni che aveva causato, si mise a leccare la faccia dell’anziano. «Diavolo di un cagnaccio! Togliti da in mezzo alle…» Anita si precipitò dal signore in difficoltà. Dopo aver fulminato con lo sguardo la sua Pokémon, si affrettò a dare una mano all’anziano, un signore di altezza media, sui settantacinque anni. Indossava un completo marrone elegante. Aveva dei lunghi baffi bianchi e dei capelli corti dello stesso colore. I suoi occhi erano castano scuro.
Anita lo aiutò a rimettersi in piedi. «Mi scusi signore…» La ragazza fece un profondo inchino. «Ragazzina! Bada bene ai tuoi Pokémon! Potevo rompermi qualche osso! Sono vecchio io!» Anita si voltò nuovamente verso la sua Pokémon. «Hai sentito? Potevi fargli molto male!» La riprese. La ragazza cercò invano di essere autoritaria con la sua Pokémon, anche se la preoccupazione maggiore era un’altra: «Vuole che la accompagni al pronto soccorso?» Gli chiese, in tono preoccupato. «No! Tranquilla sto be…» L’anziano si bloccò a causa di una fortissima scarica di dolore. «Forse è meglio fare una visitina al pronto soccorso.» Commentò la ragazza.
Cercando di non impanicarsi, la ragazza prese il suo Smart Rotom e compose il numero dell’ambulanza. Per fortuna, un’operatrice rispose a pochissimi squilli. «Pronto?» «Presto! È un'emergenza! C’è stato un incidente e un signore anziano è caduto e ora ha molti dolori.» Cercò di spiegare la ragazza. «Capisco.» Rispose l'operatrice. «Dove ti trovi?» Chiese, cercando di essere il più gentile possibile. «Vicino al market di Zefiropoli… non lontano da un parchetto…» Spiegò, in maniera piuttosto approssimativa. «Si… ho capito dove sei. Cerca di non fargli fare movimenti bruschi. Un’ambulanza sarà da voi entro dieci minuti.» «Ottimo.» Rispose la ragazza. «Ha sentito? Presto verrà un’ambulanza.» L’anziano scosse la testa.
«Signorina, guardi che me la cavo benissimo anche da solo. Piuttosto… leva quel cagnaccio pulcioso dalla mia vista!» La ragazza, parecchio in imbarazzo, si trovò costretta a far rientrare la sua Pokémon nella Poké Ball.
L’ambulanza fu piuttosto puntuale, arrivando esattamente nel tempo stimato dall’operatrice al telefono. L'ambulanza si fermò e dalla porta uscì un giovane ragazzo. Poteva avere al massimo venticinque anni. Era vestito con un gilet ad alta visibilità, e dei simboli che lo riconducevano all’associazione per cui lavorava come volontario.
«Potevi anche dirlo che era tuo nonno! Non avremo fatto alcuna differenza!» Li redarguì.
«Guardi signorino, io non ho nipoti!» Il vecchio, in preda al dolore, era piuttosto sorpreso. «Il colpo deve avergli fatto perdere la memoria.» Commentò il ragazzo, mentre cominciava ad occuparsi dell’anziano. «Sicuro che non abbia battuto la testa?» Chiese il ragazzo. «Sono sicurissimo.» Rispose l’uomo. «Come del fatto di non avere…» L’anziano guardò meglio la ragazza, che, nel frattempo stava battendo il piede per terra, facendo tremare una mattonella del marciapiede, mezzo staccata. «Ora che ti guardo meglio…» Fece l’anziano. Assomigli tantissimo a mia figlia Jessica, sai?» Improvvisamente, all’interno dell’anziano si accese qualcosa come una scintilla.
«Che coincidenza…» Anita sembrava in imbarazzo. «Che coincidenza! Anche mia mamma si chiama Jessica.» Rispose, grattandosi la testa. «Effettivamente sì, è una bella coincidenza…» Rispose l’anziano.
«Ma questo non prova nulla. Come le dicevo io non ho nipoti!» L’uomo sembrava sempre meno convinto delle sue parole.
«E poi come può provarmi che lei è veramente mia nipote? Potrebbe anche essere una coincidenza, una strana coincidenza… me ne sono capitate tante nella mia vita, soprattutto quando ero giovane…» L’anziano guardò meglio la ragazza. «Ora che ti guardo meglio… assomigli davvero tanto a mia figlia… quando era una ragazzina… davvero troppo per essere una coincidenza.» La ragazza assunse un’espressione piuttosto perplessa. La corazza dell’uomo stava iniziando a sciogliersi. Il vecchio si mise le mani nei capelli e spiegò la situazione «Visto che ora ho capito che tu sei davvero mia nipote, in primo luogo vorrei sapere il tuo nome.» La ragazza allora lo disse chiaro e tondo al nonno «Il mio nome è ANITA» Il vecchio allora sorrise «Anita… che bel nome, è sinonimo di benedizione, siamo stati fortunati… hai qualche fratello o sorella?» Anita, piuttosto preoccupata, rispose: «No. Sono figlia unica» La ragazza, pensò ma non disse, un “fortunatamente”. «Come anche mia madre, del resto.» L’anziano allora tirò un sospiro di sollievo. «Questo vuol dire che sei la mia sola nipotina…» Commentò poco dopo l’anziano.
Pochi istanti dopo calò un gelido silenzio. L’anziano era ancora in attesa per l’esito del controllo, con il povero volontario che, suo malgrado, aveva assistito ad una riunione familiare. «Possiamo continuare questo discorso a casa mia? Ciò che ti devo raccontare deve rimanere tra noi, la nonna e i tuoi Pokémon… a proposito cosa stavano facendo?» La ragazza si sentì in leggero imbarazzo a spiegarlo. «Credo stessero giocando.»
Oshawott partì di nuovo con l’imitazione di Krookodile. Anche se, l’assenza di Herdier fece perdere parecchio Pathos alla scena. «Forse è meglio che esca anche tu, Herdier… almeno puoi chiedergli scusa.» La ragazza fece uscire la sua Pokémon della Poké Ball, permettendo ai due di inscenare il teatrino.
Herdier iniziò a saltare da una mattonella all’altra e quando toccava il bordo il Pokémon Lontra lo provò a prendere. Questa volta senza masticarla davvero.
«I tuoi Pokémon sembrano davvero molto intelligenti e vivaci, si vede che tengono a te.» Si complimentò. la nipote allora arrossì e ringraziò, quello sì che era un complimento inaspettato. «Beh, insomma… la mamma mi ha sempre raccontato della tradizione di famiglia…» Mentre Anita parlava delle abilità dei suoi Pokémon, gli stessi si accorsero che il Pidove si era ripreso la sua preziosa piuma, approfittando della loro distrazione.
Ignorando il consiglio del volontario di fare una visita più approfondita all’ospedale, i quattro si incamminarono verso la casa dell’anziano che, fortunatamente, non era molto lontana da lì.
Improvvisamente si sentì una musica potente che fece sobbalzare Anita e suo nonno; Era l’ultimo singolo di Velia, una Capopalestra, specializzata nel tipo Veleno e famosa cantante. Lo smart Rotom si librò davanti ai due;
Era Ash. Anita si mise le mani in faccia come per dire “Ma che vuole questo adesso?”
La ragazza non poté far altro che accettare la chiamata. Sullo schermo del dispositivo vide subito Ash intento ad allenarsi con i suoi Pokémon, come al solito: «Ciao Anita, Servine… usa frustata per arrivare sull’albero, Sandile avvicinati e usa Morso per deviare i colpi!» Anita era scioccata dal tempismo perfetto. L’amico doveva fare una chiamata proprio in quel momento tanto importante? «Ash, tranquillo… sto bene. È tutto a posto. Deve essere urgente… mi hai chiamata durante la tua sessione di allenamento. E tu di solito non interrompi mai un allenamento…» Il ragazzo, percependo la preoccupazione dell’amica, spiegò la situazione «Lo ammetto. Ero un po’ preoccupato. Avevi detto che eri andata a prendere delle Poké Ball, e siccome ci stai mettendo molto ho pensato ti fosse successo qualcosa. Sai, dopo quello che è successo con il Team Plasma. Quindi, vedendo che stai bene, volevo solo chiederti che cosa stessi facendo e se avessi preso le Poké Ball. E poi chiederti quando tornavi da noi, così potevamo allenarci un po’ e…» «Stai tranquillo… va tutto bene. Sono al sicuro.» «Ok, tranquilla. Forse sto diventando un po’ troppo apprensivo… a parte questo… quando pensi di tornare?» Anita sospirò «Non saprei, penso di essere da voi per cena… non mi perderei nulla di cucinato da lui per nulla al mondo…» La ragazza non trattenne un sorriso. «Però… tornando seri… ho una buona notizia da darti. Guarda chi c’è!» Ash allora si voltò, dopo aver fatto usare un’altra Frustata a Servine. «Scommetto il mio panino che quello è tuo nonno!» Scherzò Ash, strappando un altro sorriso all’amica. «Ash te la sei rischiata a scommettere sul tuo hamburger, preparato tra l’altro da …Carlos…, proprio tu che in quanto ad appetito sei secondo solo a Snorlax…» La ragazza pensò anche di fargli una battuta sul fatto che nonostante l’amico mangiasse così tanto, rimanesse comunque molto magro… una battuta del tipo “anche se sei comunque un chiodo”.
Ash allora motivò le sue parole con un’affermazione filosofica «Nella vita come nelle lotte bisogna anche rischiare qualche cosa per vincere.» Il vecchio si complimentò con Ash per la frase.
«Il tuo amico secondo me deve davvero essere molto bravo nelle lotte per dire questa cosa. Bravo ragazzo, sono sicuro che sei già un fenomeno nelle lotte!» Anita appariva piuttosto perplessa. Possibile che il nonno non lo avesse riconosciuto?
«Sai… Ash è un Allenatore molto molto abile.» «Lo ho notato dalla sicurezza con cui comandava i suoi Pokémon.» Rispose l’anziano. «Mi ricorda il Campione… com'è che si chiama… Nando… Nardo…» Anita scosse la testa. «Ora non è più lui il Campione. È Iris, ed è una Campionessa.» Il nonno ci rimase un po’ male. «Ah… non è lui… eh!?! Si è fatto battere da una ragazza?» Il nonno sembrava incredulo. «Eh sì! Ed è un’amica e rivale di Ash.» Spiegò Anita. «Ma se lei è la Campionessa e Ash è un suo rivale… allora lui non è poi così forte.» Si lasciò scappare l’anziano. «Beh… non è proprio così.» Gli rispose la ragazza. «Come? Se lei è la campionessa…» La perplessità dell’anziano aveva raggiunto livelli stellari. «Ash fa parte degli Otto Professionisti… gli Otto Allenatori più forti del Mondo. Iris e Ash ne fanno parte. Iris è ottava… Ash è il primo.» L’uomo sorrise. «Allora devi essere davvero essere davvero un Allenatore molto abile.» Ash era davvero felice del complimento ricevuto dall’anziano. «Non per nulla è il mio maestro.» La ragazza lo annunciò con fierezza. «E mi immagino che la mia Anita sia una brava allieva, è così?» Ash lo assecondò rispondendogli «Non si sbaglia signore.» «Ne sono felice, rispose l’anziano.»
La ragazza, l’anziano e i Pokémon ripresero il passo. Il nonno Alessandro attaccò «I tuoi amici mi sembrano davvero molto simpatici, mi fa piacere che ti sei trovata una bella compagnia… quasi quasi mi ricordi il me alla tua età.»
Anita, piuttosto sorpresa, chiese spiegazioni «In che senso alla tua età?» Il vecchio prese un bel respiro e cominciò il racconto: «Vedi… sono passati cinquanta o sessant’anni… e a quei tempi non c’era ancora la tecnologia di oggi. Il Pokédex era scritto su carta. Era formato da un libretto e da una piccola fotocamera istantanea. Che tempi! Io e i miei amici viaggiavamo di regione in regione per vedere i Pokémon più diversi, per studiarli e per lottare.
E, più di qualcuno è diventato anche un mio compagno, Purtroppo ora mi è rimasto solo la mia cara Azumarill, che aiuta tua nonna con le faccende di casa e il mercoledì va all’ospedale con lei.
Tornando al discorso della mia età, inizialmente eravamo quattro amici, più i nostri Pokémon… poi ho conosciuto tua nonna e ho dovuto scegliere se proseguire il mio viaggio con i miei amici o abbandonarli e stare con lei. A dire il vero quando io e tua nonna ci siamo fidanzati eravamo solo in tre. Uno dei miei amici aveva fatto la mia stessa scelta, preferendo l’amore all’avventura. Anche da genitori, io e tua nonna non perdemmo la nostra passione e il nostro amore verso i Pokémon. Lottavamo tanto tra di noi, ma finiva sempre con un pareggio. In cerca di quelle emozioni che avevo perso, decisi di cominciare con le lotte in Palestra. Sono riuscito, insieme ai miei Pokémon a vincere le medaglie e a sfidare la Lega di Unima. Riuscì a sconfiggere i Superquattro, tuttavia venni sconfitto dal Campione. Sono riuscito a sconfiggere cinque dei suoi Pokémon, prima di capitolare. Ah, che bei tempi le gioventù!» Anita ascoltò attentamente la sua spiegazione. Pur di non finire preda di una cascata infinita di pensieri, decise di fargli delle domande. «Ti mancano i tuoi amici vero?» «A essere sincero la cosa che mi manca di più è il poter lottare con i miei Pokémon. Era davvero bello viaggiare con i miei amici, ma la a cosa che preferivo di più, erano le lotte.» Anita era abbastanza sorpresa da quella risposta. Per quanto tentasse di elaborare un’altra domanda, questo le risultava impossibile. «Eccoci arrivati!» Disse nonno, che nel frattempo si era presentato a sua volta, rivelando di chiamarsi Alessandro.
L’anziano indicò una grande casa di legno di ciliegio. Era circondata da alberi di ciliegie che spuntavano dal giardino sul retro. Oshawott rimase sbalordito dalla possenza di quella casa. La Herdier della ragazza era di tutt’altro parere. La trovava poco funzionale per la vita di un Pokémon domestico.
«Allora…. Anita, benvenuta nella mia umile dimora.» L’anziano le diede il benvenuto.
«È… è veramente imponente… meravigliosa!» Commentò la ragazza. Il nonno sorrise e suonò il citofono.
«Alessandro è alla porta e abbiamo ospiti!» Si sentì così un suono elettrico e il cancello si aprì. Il nonno entrò invitò Anita e ai suoi Pokémon ad entrare: «Volete rimanere fuori?» Lì invitò con un gesto della mano. Oshawott corse a tutta velocità verso uno dei fiori seguito a ruota da Herdier.
Anita varcò la soglia del cancello si guardò attorno. Rimase meravigliata da quanto il giardino fosse curato. Era talmente perfetto da sembrare finto. Vincendo la timidezza iniziale, decise di chiedere lumi all’anziano. «Perdona se sono indiscreta… ma come fate a tenere le piante così in salute? Utilizzate qualche fertilizzante, dell’acqua magica, o qualche Pietrafoglia?»
Il nonno, dopo aver vinto una crisi di riso, rispose alla nipote «Ah, beh questo lo devi chiedere a Picernese» “E chi sarebbe questo Picernese?”. Si chiese Anita.
Con ancora quella domanda in testa, la ragazza continuò a guardarsi attorno chiedendosi chi fosse questo giardiniere con un nome così peculiare… doveva proprio essere un mago dell’erbologia, del giardinaggio, o di qualsiasi altra cosa si occupasse.
«Io e la mia mogliettina amiamo tanto i Pokémon. Ormai ci sono rimasti solo loro.».
I due Pokémon decisero di proseguire il loro gioco, che consisteva nell’evitare gli spazi tra le mattonelle.
Ad un certo punto delle spine velenose sfiorarono i baffi di Herdier. La Pokémon alzò lo sguardo e notò quelle che, all'apparenza, erano solo due semplici rose. Una era rossa e una blu. Erano ferme al centro di un’aiuola. Il Pokémon Fedeltà riportò la situazione al collega Oshawott. Il Pokémon Lontra era piuttosto incredulo. Credeva fosse solo una sua impressione. Quando i due Pokémon tornarono sul luogo del misfatto, la spina velenosa era sparita.
Poco dopo, un secondo colpo tagliò leggermente il pelo di Herdier e fece cadere la mollusciabola del Pokémon Lontra a terra. Solo in quel momento Oshawott si accorse del fatto che era tutto vero. Herdier non aveva detto una bugia. I due Pokémon si girarono e notarono che le due rose adesso erano sul sentiero di rocce che conduceva dal cancello all’entrata.
Solo allora le due rose rivelarono la loro vera identità. Non erano dei semplici fiori. Era un Pokémon. Un Roselia. Quel Pokémon viveva in quel giardino da chissà quanto tempo e non sembrava apprezzare la presenza dei due.
«Lei è Picernese, una Roselia.» L’anziano presentò la Pokémon alla nipote. «Vedo che ha già fatto amicizia con i tuoi Pokémon.» Commentò. La ragazza, fino a quel momento, non aveva mai incontrato un Roselia, per cui decise di scansionarla con il suo Smart Rotom. «Roselia. Pokémon Spina. Tipo Erba e Veleno. Esemplare femmina. I bellissimi fiori sulle sue braccia possiedono spine velenose. Non cercare di raccoglierli! Mosse conosciute: Gigassorbimento, Fiortempesta, Fangobomba.» Grazie alle informazioni del pokédex, Anita allora si rese conto di tante cose. “Eppure ci sarei dovuta arrivare da sola!” Si rimproverò. «Non so come ho fatto a non pensarci prima. Roselia è un Pokémon che sa esattamente quando un fiore ha bisogno di un qualcosa perché lo è anche lei!»
Il nonno la incalzò: «Grazie a Roselia non solo il giardino ha un magnifico aspetto, e gli alberi di ciliegio danno delle ottime ciliegie. Le usiamo per fare della marmellata che vendiamo anche magari ai cittadini o ai supermercati della zona.» Anita rimase scioccata dal lavoro che Roselia stava facendo. Sembrava instancabile. Non smetteva mai di curare i fiori e le varie piante, tagliava con una precisione millimetrica tutte le erbacce e i fili d’erba di troppo andando da una parte all’altra del giardino a gran velocità.
«E questa è la casa al suo interno.» Appena l’anziano aprì la porta, la ragazza si trovò davanti un televisore che trasmetteva una serie che non conosceva, probabilmente una telenovela, tanto amata da quel genere di pubblico. Alla sua destra c’erano il piano cucina e la lavatrice sostenibile, più avanti c’era una porta, che portava al bagno.
Alla sinistra c’erano dei pouf con delle coperte e dei nomi sul parquet fatto anch’esso realizzato in legno di ciliegio, i nomi incisi erano “Minnie” e “Picernese”.
Anita capì immediatamente che quelli erano i letti di Roselia e dell’ Azumarill di cui il nonno le aveva parlato.
Davanti al televisore vi era un enorme divano. Ai piedi del divano un piccolo tavolo, solitamente usato per sgranocchiare degli snack o per servire il tè. Ai lati del divano, un po’ distanti, vi erano due poltrone.
Il piano di sopra era accessibile tramite una scala che copriva tutta la parete dietro la televisione.
Di colpo si sentì un rumore statico. Anita si girò verso il televisore. Era prodotto dalla Mechas. Sullo schermo era apparso un effetto simile alla neve. Grigia e nera.
Quel televisore era stato installato su quella parete il giorno stesso del suo lancio sul mercato. Era un apparecchio estremamente affidabili. Lo statico di quelle televisioni era dovuto solo ed esclusivamente da alcuni Pokémon volanti o fluttuanti che interrompevano il segnale dal satellite mettendosi in mezzo tra la parabolica e il segnale del satellite.
Immediatamente si sentì una signora sbuffare: «Perché quel Gliscor è ancora qui? Ci vorrebbe qualcuno che gli dia una bella lezione! Magari il suo allenatore, ma quel brutto sbruffone pensa che non sia un problema! Vorrei vederlo io se succedesse a lui! Come dobbiamo fare adesso?»
Ad Anita iniziò a battere il cuore forte dall’emozione, stava per conoscere sua nonna. Non aveva grandi aspettative. Per lei era sufficiente che la signora l’accettasse.
La vecchia era una donna di circa settant'anni, di non molto alta. Aveva i capelli grigi, dei piccoli occhi marroni, un naso grande naso grande e un neo sulla parte destra della fronte. Indossava un grembiule azzurro che copriva una semplice maglietta rossa e dei jeans blu.
L’anziana si alzò dal divano e si girò per andare a vedere chi c’era alla porta. Il marito non era solo. Era accompagnato da una giovane fanciulla con un berretto con visiera e una borsa da allenatrice. Era accompagnata da un Oshawott e da una Herdier. Entrambi i Pokémon avevano un’aria energica e vivace. L’anziana domandò al marito, con tono di rimprovero: «Alessandro! Simmu un po’... chi è questa bambina che è venuta a farci visita oggi?» Il nonno la contraddì con un piccolo gesto della testa. «Guarda che lei non è più una bambina, è una ragazza grande e matura! Non come sua madre. Ha già… eeeeeeeee…..» Anita tossì «Coff… sedici anni.» L’anziano riprese: «…sedici anni. Si chiama Anita ed è tua nipote.» L’anziana venne colta da un enorme turbinio di emozioni. «Oddio! Bella di nonna vieni qui fatti abbracciare, noi non sapevamo della tua esistenza, ed è tutta colpa di tua madre! Si è allontanata quando aveva la tua età e da allora non l'abbiamo più vista. Aveva iniziato il suo viaggio come Allenatrice, ma dopo poco non ci aveva più contattato. Eppure, anche allora i Centri Pokémon avevano un telefono! Ah… ma io so che tu non sei come lei! Se lo dice il mio amato Alessandro allora deve essere per forza così!» Anita colse la palla al balzo: «Anche per me è bellissimo incontrarti nonna… solo potresti evitare di stringermi così forte per favore! Stringi più forte della Servine di Ash!» La nonna, non senza aver accennato un sorriso per quella battuta, si scusò «Oh… perdonami bella, ma noi pensavamo di non avere nipoti, vedo che mangi bene e ti tieni in salute, sei molto in forma!» Anita passò i meriti a Carlos «Tutto ciò che mangio in realtà è preparato dal mio amico Carlos non lo decido io. A dire il vero neanche lui decide per noi, è Ash che detta i menù.» Il nonno attaccò: «Si sapeva già che in effetti noi maschi sappiamo come tenerci in forma e anche come cucinare bene.» La nonna allora disse: «Alessa… guarda che se non ci fossi io tu moriresti di fame, sete e forse anche di sonno!» Anita provò a fermare così la discussione «Calmatevi… vi prego!» La ragazza alzò le mani, come gesto di resa. «O almeno… beh… finiamo con le presentazioni?»
La nonna, ragionevolmente la assecondò «Si… giusto… perdona tuo nonno, l’età gli ha un po’ dato alla testa… Sai…a volte dimentica di prendere le medicine e…» La ragazza fece cenno di aver capito. «Comunque», L’anziana tornò all’argomento principe. «Io sono nonna Noemi!» Si presentò l’anziana. «Se vuoi ti faccio fare un giro della casa… se vuoi ti posso offrire anche qualcosina da mangiare… mi sembri un po’ a corto di energie. E poi è quasi ora di fare merenda?! Lo vuoi il panettone? È fresco fresco… l’ho preparato ieri! Oppure preferisci dei biscotti? Ho capito! Vuoi del succo d’arancia!» Anita, educatamente, rifiutò le gentili proposte dell’anziana. «No… no! Grazie! sono a posto così! Magari forse i miei Pokémon vogliono qualcosina… che ne dite?» L’anziana si avvicinò ai due compagni di Anita «Sono sicura che hanno molta fame, questi piccoli pasticcini» L’anziana donna si inginocchiò per poterli coccolare. Gli accarezzò e gli accarezzandoli e spupazzò di coccole, arrivando a stirar loro anche le guance «I tuoi Pokémon sono davvero bellissimi! Ma dimmi un po’...ne hai altri da presentarci?» Anita rispose con un piccolo gesto affermativo alle parole dell’anziana. Tirò fuori la Poké Ball che conteneva Vivillon «Lei è l’ultimo Pokémon che ho catturato, giusto qualche giorno fa. VIENI FUORI VIVILLON!».
Dalla Poké Ball uscì una stupenda Vivillon motivo marino. Quella Pokémon che ispirava alla nonna un grande senso di sicurezza. Al nonno, invece, causò una diversa reazione. Al signor Alessandro venne in mente un episodio della sua gioventù. In particolare, del giorno in vide per la prima volta un Pokémon shiny. La farfalla appariva un po’ spaventata dai due anziani. Capendo il disagio della Pokémon, l’anziana la nonna prese un contenitore di metallo, con stampati sopra dei Pokémon. Conteneva degli snacks per Pokémon. Pochi istanti dopo l’anziana chiamò i suoi aiutanti: «MINNIE! PICERNESE! ABBIAMO OSPITI E SERVIAMO DEGLI SNACKS!» Picernese arrivò immediatamente. Era proprio lì davanti. Minnie, invece dovette scendere per le scale. «Anche se è un po’ anzianotta è comunque arzilla, come se avesse vent’anni.» Raccontò l’anziana. «È anche bravissima nelle lotte» Aggiunse poco dopo. «Certo… non più come una volta… ora non riesce più a scacciare quel maledetto Gliscor che ogni volta interrompe il segnale della televisione…»
Minnie arrivò rotolando dalle scale. Rivelando il suo aspetto. Minnie era l’Azumarill del nonno. Fino a poco tempo prima, la Pokémon stava spolverando la camera da letto al piano di sopra. Appena giunse al piano terra, la Pokémon si mise a salutare gli ospiti e a fare conoscenza con loro.
«Quando Azumarill era giovane riusciva a battere anche dei Pokémon forti e in salute come i tuoi, adesso, invece, aiuta tua nonna con le faccende domestiche.» Raccontò il nonno.
Minnie si avvicinò ad Anita e le strinse la mano con l’orecchio. «Piacere, io sono Anita.» Si presentò la ragazza. «E sono l’allenatrice di queste tre giovani promesse. Oshawott, Herdier e Vivillon.» Azumarill si avvicinò ai tre Pokémon della ragazza. Iniziò da Herdier e cominciò a chiacchierare con la Pokémon Fedeltà. «Az-zu-ma-ma» (Mi sembri molto forte e in forma) «Zu-zu-zu-ma» (Hai ancora molta strada da fare, e diventerai ancora più grande e forte.) «Rill-Rill» (Questo ti aiuterà anche nelle lotte più difficili)
Dopo aver incoraggiato Herdier, la Pokémon passò a Vivillon. «Ma-ma-Rill-Rill» (Hai davvero tantissimo potenziale. Sono sicura che sei una spalla perfetta per la tua Allenatrice.) «Zu-Zu-Zu» (Credo che presto farai un grosso salto di qualità).
Infine, si rivolse ad Oshawott, ma non gli diede la mano, piuttosto decise di accarezzarlo in testa con la manina. «Azu-ma-Azu!» (Avrai un futuro radioso davanti a te, devi solo ascoltare i consigli della tua allenatrice. È una ragazza gentilissima.) Il Pokémon Lontra sembrava estremamente felice delle parole della Pokémon.
«Non è comune questo comportamento.» Spiegò l’anziano. Anita era stranita da quella frase. Azumarill si comportava con una tale naturalezza… «Come?» Chiese. Il nonno capì che avrebbe dovuto dare una spiegazione alla nipote. «In tutti questi anni è successo solo tre o quattro volte. È molto raro che Azumarill si comporti così con i nuovi ospiti. Se ho capito bene, sembra che abbia visto in Oshawott un potenziale immenso.»
Oshawott arrossì a quei complimenti. Anita guardò il suo Pokémon con aria pensierosa.
L’anziana signora tornò dalla cucina reggendo tra le mani un grande vassoio di legno di ciliegio. Appena giunta in salotto, lo appoggiò sul tavolino, in modo da poter far permettere ai Pokémon di mangiare.
Herdier e Oshawott si fiondarono immediatamente sul vassoio. Gli altri Pokémon si scambiarono uno sguardo divertito, per poi mettersi a mangiare a loro volta, sia pur molto più tranquillamente. Poco dopo la nonna della ragazza era di nuovo sparita, salvo ritornare poco dopo. Questa volta aveva preparato dell’ottimo panettone. Il dolce aveva un aspetto molto invitante.
La pasta era di un bel giallo e sembrava incredibilmente soffice. Era guarnita con delle gocce di cioccolato e con della crema bianca. Il tutto era racchiuso in una sorta di cilindro dalla forma piuttosto schiacciata e ricoperto di panna montata a sua volta decorata con delle ciliegie. Una goduria per il palato.
Anita non poté non pensare ad Ash. Probabilmente l’amico avrebbe divorato quel ben di Arceus in un battito di ciglia. La visione del ragazzo che mangiava quel dolce a quattro ganasce le strappò più di un sorriso.
Anita e i nonni ritrovati, si fermarono a guardare i cinque Pokémon che mangiavano gli snack. Dai loro sorrisi sembrava quasi volessero unirsi a loro…
Il quadretto venne interrotto dal nonno, alle perse con una delle sue uscite. «Ah, i Pokémon creature misteriose, quando poi conosciamo moltissime cose di loro, misteriose perché col tempo cambiano comportamento, abitudini, anche l’habitat, se ancora penso a quei Ninetales di Alola comparati a quelli normali…» Nonna Noemi rise sotto i baffi: «Alessandro, non iniziamo con i termini tecnici che la bambina poi non capisce» Il vecchio si fece una bella risata «Ancora? Ti ho detto che è una ragazza responsabile e sveglia, brava e intelligente, bella ed educata, avventurosa e modesta» Anita lo fermò arrossendo «No… non, non sono tutte queste cose…» L’anziano, in disaccordo con le parole della nipote, disse qualcosa che fece vergognare la ragazza a tal punto da farla ritenere fortunata che nessuno li stesse ascoltando. «Ma non dirmi che non è vero! Sono sicuro, e te lo dico da grande conquistatore… quindi suppongo di averti passato quei geni… per cui sono sicuro che là fuori ci sono tanti ragazzi che farebbero la fila pur di stare con te… che cadrebbero ai tuoi piedi anche solo per un tuo sorriso!» Anita era piuttosto imbarazzata da quelle parole. Non si sentiva pronta ad avere quel genere di relazioni… non ancora. “Menomale che questa cosa rimane tra noi! Però caspita… che imbarazzo!” Il nonno, non contento, decise di rincarare la dose con una frase che sembrava studiata apposta per far vergognare la ragazza: «Sicuramente quei tuoi “amici” beh… come li chiami tu… sono già i tuoi fidanzati…. Beh… in quel caso…. devi solo decidere chi sarà tuo marito. Ma stai tranquilla! Hai molto tempo per decidere» Anita, in quel momento sarebbe voluta evaporare. Come minimo. O se non altro, non solo voleva chiudersi nella sua stanza e non uscirne mai più. Per l’imbarazzo, era diventata tutta rossa, peggio di un Darmanitan. In quel momento si accorse anche di quanto stesse sudando.
Oddio e se ci fossero stati i miei amici cosa sarebbe successo?” Pensò, “Non lo voglio scoprire né ora né mai” Quelle
visioni non abbandonarono la mente della ragazza per diverso tempo.
La nonna, per fortuna, si accorse dell’imbarazzo della ragazza. «Ehm, caro, non so se questo argomento sia consono…. è un po’ imbarazzante. La mia povera nipotina è completamente scioccata, non la vedi? Ti rendi conto che hai esagerato?» La
donna riprese il marito, il quale, pur di non rispondere, cercò di cambiare argomento.
«Adesso devo proprio andare in bagno, scusate.» L’anziano si alzò ed indicò col dito la porta del bagno, facendo capire alla giovane ospite dove si trovasse il servizio.
«Tesoro, sicura di stare bene?» L’anziana assunse un tono ancora più comprensivo. Anita non si era ancora ripresa del tutto da quelle affermazioni. Nonostante questo, cercò di tranquillizzare l’anziana «Si si nonna tutto a posto, non ti preoccupare… sto bene… solo che non mi sarei mai aspettata venisse tirato fuori questo argomento… ecco tutto» Capendo la situazione, l’anziana si prese la responsabilità di quanto accaduto. «Se non ci penso io a fargli prendere le medicine, lui se ne dimentica e quando lo fa, a volte dice delle fesserie» Spiegò. La ragazza assunse un’aria comprensiva. «A proposito, ALESSÀ PRENDI LE MEDICINE DOPO CHE FINISCI!» L’anziano rispose al rimprovero della moglie «SONO AL PIANO DI SOPRA!»
La nonna sospirò «Perché deve sempre lasciare le cose in giro? Anita, cara, puoi andarle a prendere tu al piano di sopra? Le medicine saranno sicuramente sul comodino» Anita non poté rifiutare. «Certo… vado subito.» La ragazza si alzò dal divano e si diresse al piano di sopra. Non fece quasi in tempo a posare il piede sul primo gradino, che subito inciampò. Stava per sbattere la faccia sulla scala.
Alla sua destra della ragazza comparve un velo rosato. Contemporaneamente una strana figura la sollevò di peso e portò sul materiale rosa. Quello strano materiale ricordava una sorta di materasso. Grazie a questo salvataggio Anita non ebbe nemmeno un graffietto; Sembrava venisse tenuta da qualcosa di ovale, con due grandi orecchie. La ragazza abbassò lo sguardo e si accorse di una creatura azzurra a forma di uovo. Due stanghe le coprivano la bocca. Ara Azumarill. Le aveva appena salvato la faccia da una bruttissima fine.
«Anita… mamma mia! mi hai fatto preoccupare! Meno male che Minnie si è accorta della tua caduta… forse è meglio che vada io.»
Il nonno uscì così dal bagno e si scusò con la nipotina: «Scusa per prima… forse non dovevo toccare questo argomento… ma è da quando tua madre...» L’uomo si fermò alcuni istanti. «Ah giusto… dobbiamo continuare questa conversazione con la nonna…» Manco a farlo apposta, l’anziana gli raggiunse in quello stesso istante, con in mano una specie di contenitore e un bicchiere pieno d’acqua. «Adesso non hai più scuse.» L’anziana, praticamente, obbligò il marito a prendere le medicine. «E dai che sennò facciamo notte!» Si lamentò, notando il tentennamento del marito.
Una volta finito, o finto, di prendere le medicine il nonno riattaccò «Allora, continuiamo il discorso di prima, non abbiamo più avuto contatti da parte di tua madre da quando aveva più o meno la tua età.
Era un’Allenatrice davvero molto promettente. Aveva sconfitto senza praticamente difficoltà le prime due Palestre, grazie ai suoi Pokémon. Un Tepig e un Herdier… anche se… nelle ultime volte che la sentivamo ci sembrava sempre meno convinta.
Parlava di questo suo amico e dei suoi ideali. Per quanto non li condividessi, decisi di lasciare correre. Dopotutto era la sua vita.» L’anziano scosse la testa. «È da allora che prendo queste medicine. Sai cosa significa per un padre non avere più contatti con sua figlia…» Spiegò. «Queste medicine mi servono per non impazzire. Probabilmente senza queste non sarei qui. Quando non le prendo, il primo sintomo che mi capita è il dire cose fuori luogo… comunque ti ha detto del suo passato?» Chiese l’anziano. La ragazza annuì e affermò: «Si... tranquillo, giusto pochissimo tempo fa. Il giorno in cui io sono diventata Allenatrice lei mi ha anche raccontato di come lei non volesse che io facessi il suo stesso errore.»
La nonna allora si distese per la gioia «Grazie ad Arceus! Almeno nostra figlia si è svegliata!» L’anziano cambiò totalmente espressione, divenne pensieroso e riflessivo «Meno male che tua madre non ti ha influenzato con quelle strane idee, ma che, anzi, ti abbia detto di non fare i suoi errori.» Anita si stava stancando di sentire sempre le stesse storie e cambiò discorso «Nonna…. prima il nonno mi ha raccontato degli episodi di infanzia…» L’anziana fece cenno di aver capito.
«Vuoi che te ne racconti qualcuno pure io?» La ragazza fece un piccolo cenno affermativo.
L’anziana si tolse gli occhiali e posò la fetta di panettone che stava masticando sul piattino che aveva sulle gambe.
«Sono passati tantissimi anni… ero una bambina come a te…» Il nonno la interruppe subito. «Ragazza…» L’anziano tossicchiò. La signora, scocciata dall’interruzione, riprese il suo racconto. «Avevo la tua età, va bene? Non è molto importante. Sono tempi lontani. Il mondo è veramente cambiato da allora. Pensa che all’epoca, i pokédex erano cartacei. Oggi il Pokédex è solo una delle tante funzioni dei vostri telefoni…» La signora iniziò a divagare. «In ogni caso, la mia vocazione non era quella di completare il Pokédex. Io mi dedicavo più che altro al prendermi cura delle persone bisognose, una cosa che, nel mio piccolo, cerco di fare anche oggi. Non so se conosci l’ospedale in Via Laven…» L’anziana notò lo sguardo perso della ragazza. «Non importa se non lo conosci… davvero. Comunque sia… io ci vado tutti i mercoledì, compreso anche ieri. Sai, dai primi giorni che ci andavo ad adesso sono cambiate tantissime cose… per esempio l’entrata. Prima la hall principale non era grande come adesso, era molto stretta, ci passava a malapena il carrello delle pulizie, giusto per quei tre centimetri… altrimenti sarebbe rimasto incastrato. Dobbiamo ritenerci fortunati. La scienza è andata avanti, per esempio, adesso ci sono più cure rispetto a tanto tempo fa… prima alcune malattie non potevano essere curate in alcun modo. Oggi, per fortuna molte di esse sono diventate curabili. Certo… il processo è comunque lungo e a volte doloroso… ma adesso ci sono anche molti più medici rispetto alla mia epoca. Sai? Prima tutti volevano diventare avvocati e uomini d’affari. Oggi invece ci sono molti medici… il che è positivo. Anche se è probabile che, in futuro, ce ne saranno di meno. Voi ragazzi oggi purtroppo pensate a stare su quegli Smart Rotom. Ai miei tempi non c’erano tecnologie così avanzate. Ora è tutto più semplice e in futuro lo sarà ancora di più. Mi ricordo ancora il giorno in cui ho iniziato a fare volontariato…

Era una mattinata d'inverno. Una ragazza non molto alta e piuttosto magra, dai capelli castani e dagli occhi dello stesso colore, vestita una semplice camicia, una giacca e una gonna scura, che indossava delle semplici scarpe in pelle nera, notò un anziano vecchietto si stava scaldando vicino a un piccolo fuocherello che bruciava all’interno di un barile giallo. Stava sfruttando quel fuoco per cuocere delle salsicce. «Signore ha bisogno di una mano?» Gli chiese quasi istintivamente.
Solo in quel momento, la ragazza si accorse che l’anziano aveva una ferita alla gamba.
La ragazza si avvicinò e gli chiese, nuovamente, con un tono ancora più gentile: «Signore, ha bisogno di una mano?» L’uomo guardò la ragazza atterrito e rispose: «In realtà sì, giovanetta, vedi io sono un povero senzatetto. Sembri molto gentile, ma non penso che tu possa fare molto.» La ragazza guardò l’anziano con aria dispiaciuta. “Effettivamente ha ragione. Non posso fare molto.” Pensò. “Ho solo sedici anni. Magari i miei genitori o qualche altro parente più grande che potrebbe dare qualcosa in più… ma comunque non faceva la differenza” Un secondo pensiero si aggiunse poco dopo.
La ragazza, presa da un impeto di generosità, misto ad un pizzico di follia, decise di trascorrere tutta la notte con l’anziano.
La mattina seguente, la ragazza chiese a suo padre: «Babbo, ieri ho incontrato un senzatetto, come posso aiutarlo?» Il padre della ragazza, piuttosto sorpreso dalla domanda disse: «Tesoro, io sarò anche una delle persone più ricercate della nostra città, ma proprio non so cosa possiamo fare. Potremo fare delle piccole donazioni. Magari, per ora, potremo comprare qualcosa per lui. Ma, se proprio volessi aiutare queste persone dovresti rivolgerti a un’associazione, come una casa di cura, oppure all’ospedale in Via Laven. Non è molto lontano se usi la bicicletta.» La mamma intervenì: «Se ci tieni, tesoro, dopo la scuola, puoi andare e vedere se puoi dare una mano in qualche modo.»

L’anziana interruppe il racconto. «Ai miei tempi, la scuola finiva d'obbligo a diciott'anni, solo dopo aver concluso gli studi dell’obbligo si poteva cominciare a viaggiare. Nulla ti vietava di avere già dei Pokémon, ma la priorità era l’istruzione. Con il tempo le leggi cambiarono. Già quando andava a scuola tua madre… In alcune regioni gli Allenatori partono per il loro viaggio a dieci anni. Qui hanno abbassato il limite a sedici. Ma chi vuole può comunque continuare gli studi.» Conclusa la breve parentesi, l’anziana riprese il suo racconto.

La giovane arrivò a scuola. Quel giorno ci sarebbero state interrogazioni a tappeto. Nonostante questo, la ragazza ebbe comunque del tempo per riflettere.
All’uscita di scuola la giovane venne trascinata sul pullman da una sua amica, Miriam. Quest’ultima si era immediatamente accorta di come Noemi fosse estremamente pensierosa: «Cosa ti prende oggi? Sei così pensierosa, hai ancora dei dubbi su chi sia più attraente tra Pasquale e Franz?»

A questo punto fu l’anziano ad interrompere il racconto: «Che cosa?» La nonna rispose, senza battere ciglio. «All’epoca non mi rendevo conto del fatto che fossero poveri in canna. E poi… non li conosci… anche se, a questo punto saranno diversi metri sottoterra.» Il vecchio si tranquillizzò: «Meno male… anche se comunque credo di aver capito chi erano.»
La signora continuò con la storia:

La giovane Noemi rispose all’amica: «È per qualcos’altro, ed è molto più importante. Non so se tu possa capire.»
Miriam le chiese lumi: «Se non so di cosa stai parlando, come puoi pretendere che capisca? Dai, dimmi di più!» La giovane Noemi sospirò: «Da oggi, voglio aiutare le persone bisognose, non importa che siano persone ferite o senzatetto affamati. O altri tipo di persone in difficoltà. Perché mi dispiace per loro.» Miriam Sorrise. «E questo, per te era qualcosa di difficile da capire? È un gesto molto generoso da parte tua. Non posso che augurarti buona fortuna.»

Anita, timidamente, interruppe la signora: «Forse sono indiscreta, e in questo caso mi scuso, ma… questa tua amica non ha mai voluto accompagnarti?» La nonna guardò per un attimo Picernese e sospirò: «Purtroppo Miriam non aveva tempo. Tutti i pomeriggi, a parte la domenica, aveva lezioni di pianoforte. E il giorno in cui non aveva pianoforte usciva con i ragazzi della nostra scuola. Sai, ai miei tempi non assegnavano compiti per casa.» Chiusa l’ennesima parentesi, la signora tornò al racconto.

Quello stesso pomeriggio la ragazza prese la sua bicicletta e raggiunse Via Laven. Portò con sé anche Picernese. A quei tempi, la Pokémon era ancora una Budew, e non aveva ancora ricevuto il suo soprannome. Essendo un semplice Budew, purtroppo poteva solo fare da spettatore. Il suo corpo era piuttosto fragile e poteva solo trasportare oggetti molto leggeri con la sua punta. Per poter essere maggiormente d'aiuto si sarebbe dovuta evolvere almeno in Roselia. Non era ancora il momento. Noemi non poteva saperlo, ma non avrebbe dovuto attendere ancora molto.
Arrivata all’ospedale, la ragazza entrò e subito si accorse di quanto all’interno la hall fosse stretta. Lo stesso poteva dirsi di tutti i corridoi.
Appena entrata, la ragazza venne accolta da un’addetta all'ingresso. «Salve giovanetta, come posso esserle utile?» La donna sembrava piuttosto gentile. «Salve potreste prendervi cura di un senzatetto che ho trovato per strada?» Rispose la ragazza. La gentile addetta rispose educatamente: «Ma certo! Mi dia giusto un nominativo della persona di cui dobbiamo occuparci» Noemi sembrava piuttosto imbarazzata: «In realtà io non so né il suo nome né il suo cognome.» L'infermiera le spiegò la situazione: «Signorina, abbiamo bisogno dei suoi nominativi. Se non riesce in altro modo, possiamo farlo venire qui. Pensi di riuscire ad accompagnarlo? Se non riesce, mandiamo qualcuno a prenderlo.» La giovane si indispettì e domandò «Non potete mandare direttamente qualcuno? Io so dove alloggia, a meno che non sia un nomade.»
La signora accettò la proposta: «Questa è un’ottima idea in effetti» Noemi indicò la via in cui aveva incontrato l’uomo. Accompagnata da un grande e forte uomo dai pettorali che se bagnati ben visibili, andò a prenderlo.
Il palestrato sembrava piuttosto entusiasta della cosa, almeno dalle sue parole: «Andiamo a prendere questa persona signorina… potremmo almeno sapere almeno il tuo nome?» La ragazza rispose, arrossendo: «Mi chiamo … mi chiamo Noemi.» L’infermiera, sentendo quel nome, attaccò: «Che coincidenza! Anche mia sorella si chiama Noemi! Mi pare che anche tua madre si chiami così, giusto, Matt?» Si rivolse all’omone.
Questi rispose con un sorriso. «Esatto, Antonella, anche mia madre si chiama come lei. In ogni caso… smettiamola con le chiacchiere e andiamo, che ne dite?» Noemi si limitò ad annuire.
L’omaccione accompagnò la ragazza fino all’ingresso, quindi le fece cenno di attendere. Si trattava di pochi minuti. L’attesa fu sufficiente alla ragazza per chiedersi cosa l’uomo stesse facendo.
Questi arrivò davanti all’ingresso alla guida di un particolare mezzo di soccorso. A parte alcuni adesivi, all’esterno, appariva come una normale auto. Anche l’interno, all'apparenza, rispecchia quello del popolare modello di serie.
La ragazza non ebbe tanto tempo per quei dettagli. Doveva dare le indicazioni per raggiungere il senzatetto.
Vicolo dei Sentret.

L’anziana trovò il tempo per l’ennesima divagazione. «Sai, quel vicolo, nel corso del tempo, ne ha viste di ogni. Attualmente, è famosa per la rosticceria "Dependence Pasta”» A quanto pareva, le divagazioni non erano finite. «Abbiamo avuto solo una figlia, Jessica, ma se avessimo avuto un maschio, lo avremmo chiamato Matt.» L’anziano confermò queste parole «È vero Matt è un nome che mi è sempre piaciuto» Terminata l’ennesima interruzione, l’anziana riprese il racconto.

Il viaggio fino a Vicolo dei Sentret non fu molto lungo. L’uomo non disse niente durante il tragitto. Si limitò, prima della partenza, a chiedere alla ragazza quanti anni avesse. Noemi rispose che aveva sedici anni. Senza ulteriori chiacchiere, i due arrivarono nel vicolo. Lì trovarono il signore, intento a mangiare le salsicce che aveva con sé dal giorno prima. I due scesero dalla macchina. La ragazza si avvicinò all’uomo e gli spiegò la situazione: «Signore, io, da sola non posso fare molto, ma loro possono aiutarla.» Il signore sorrise: «Grazie giovanetta! Ho fatto bene a non spostarmi.» I due lo fecero salire a bordo. Matt salutò l’uomo: «Buongiorno signore, Matt Romaniello.» Il signore si presentò a sua volta: «Piacere! Mi chiamo Jean Balvano.» L’omone allora affermò: «Fantastico! Lei ci ha già dato i suoi nominativi, o sono falsi? Comunque, adesso andiamo all’ospedale, non sembra che lei sia molto in forma.» L’anziano non disse una parola. Matt non perse tempo. Accese il motore e partì. Sulla strada ringraziò la ragazza. «Grazie Noemi, adesso possiamo aiutare questa persona. Ed è grazie a te! Ti daremo una bella ricompensa, vedrai. Ti dirò di più. Mi sembri una ragazza sveglia, per cui cosa ne pensi? Potresti tornare e torna e aiutaci con la gestione dell’ospedale»

La signora fece una breve pausa dal suo racconto. «Ed è da allora che ogni Mercoledì vado all’ospedale.» Poco dopo, l’anziana volse lo sguardo sull’orologio a pendolo che troneggiava sulla parete.
«Incredibile! Si sono fatte già le cinque! Come vola il tempo quando stai insieme ai tuoi nipotini!» Disse l’anziana, strizzando l’occhio alla ragazza, rimasta meravigliata dalla vicenda.
Il nonno intervenne: «Qualcuno vuole un po' di quella gelatina di mirtillo rimasta lì da Venerdì sera?» La nonna, colta di sorpresa, disse: «Oh no! Ti prego! Non farlo di nuovo! Non davanti alla tua nipotina almeno!»
Il nonno, che sembrava non avesse sortito l’effetto delle medicine, negò: «Invece lo faccio! Ed è anche molto divertente!
Vuoi provare Anita?» Anita, un po’ preoccupata e alquanto spaventata, chiese al nonno: «Cosa dovrei… provare?»
Il nonno si alzò e raggiunse la cassettiera. Non trovando quel che cercava, sbuffò: «Uffa, Minnie! Mi prendi un cucchiaio?» Azumarill si alzò, portò la ciotola ormai vuota nel lavandino. Poi, con l’aiuto delle sue grandi orecchie, aprì il cassetto più basso di tutti e porse il cucchiaio al nonno.
Nonno Alessandro non riusciva a trattenere le risate per ciò che stava per fare. Prese il cucchiaio e si avvicinò lentamente alla gelatina di mirtillo; quindi, la toccò con la punta del cucchiaio.
La gelatina iniziò a traballare come una torre gigante di valigie e a tremare come se fosse perseguitata da un Gengar. Nel mentre, il nonno se ne uscì con una frase che fece scoppiare dal ridere Azumarill e Oshawott «WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillooo!» La nonna si mise le mani in faccia mentre i due Pokémon acqua si misero a ridere a crepapelle. Vivillon arrossì; Herdier si limitò ad ignorarla, mentre Roselia guardava il vecchio con rassegnazione. Anita, invece, fece un sorrisetto come che poteva essere tradotto con: "Ma che cosa stai facendo, nonno? Possibile che un anziano faccia ancora queste cose neanche da bambini?” Al nonno non interessava ciò che la gente pensa di lui. La nonna intervenne «Ale! Fai una cosa! Prendi di nuovo le medicine! Sembra che sia finito l’effetto.» Il marito ribatté «Avanti! Lo so che piacerebbe anche a te! E, secondo me, anche ad Anita!» L'Allenatrice venne incitata anche da Minnie e da Oshawott a fare quel gioco con la gelatina di mirtillo. La ragazza accettò, non completamente sicura di ciò che stava per fare. Prese il cucchiaio e avvicinò la punta alla gelatina, sempre di più, mancava un centimetro, poi un millimetro, e prima che potesse toccare la sostanza il nonno la fermò «ASPETTA ANITA!» Alla ragazza scivolò il cucchiaio. Per fortuna, Oshawott lo prese al volo, prima di darlo alla sua Allenatrice. Il nonno aggiunse «Non dimenticarti di dire "WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillo!» La ragazza allora toccò direttamente il cilindro di gelatina con la punta del cucchiaio e disse, molto poco convinta «WIIIIIIIIII, gelatina di mirtillo…»
L’anziano si mise a piangere. Era fiero della nipote, allo stesso tempo rideva. Trovava la cosa molto divertente, e lo stesso poteva dirsi dei due Pokémon Acqua.
Anita si vergognava un po’ della cosa. La nonna, accortasi dell’imbarazzo della nipote, sospirò e si alzò a prendere le medicine. Fortunatamente le aveva lasciate sul comodino, vicino alla cuccia di Azumarill. Le prese e obbligò il marito ad assumere, rimproverandolo. L’anziano, per nulla felice del rimprovero, ribatté dunque «Ok Noemi, le prendo, questa volta per davvero, però calma! Era davvero molto divertente.»
Il vecchio, come prima, prese un sorso d’acqua, si mise in bocca la pillola, e bevve nuovamente il liquido, deglutendo rumorosamente. «Così va molto meglio, ora, però, mangiamo la gelatina?» Roselia distribuì a tutti i tovaglioli e i piatti con la gelatina.
Anita non aveva mai provato i mirtilli, la gelatina invece la mangiava abbastanza spesso, perlomeno quando ancora era a casa, ma non aveva mai preso quella al mirtillo.
Anita allora allungò il cucchiaio verso il pezzo di gelatina, scavò dentro di esso, lo tagliò, facendolo così traballare come poco prima. Nella sua testa traboccava un pensiero “Anita, calmati, è come le altre gelatine, forse anche più buona, non devi per forza pensare che non sia buona perché diversa.” Solo a quel punto, la ragazza, decise di mettere il cucchiaio in bocca, arpionò la gelatina con la lingua, e se la trascinò sui suoi bianchi denti che i nonni desidererebbero avere di nuovo dopo tutti quegli anni… quando, improvvisamente, sentì una sensazione che aveva già provato in passato. Quella gelatina le piaceva… e poi?
Basta, semplicemente se la mangiò come tutte le altre volte con le altre gelatine.
Finiti i pezzi di gelatina Roselia raccolse tutti i piatti e si mise a lavarli delicatamente uno per uno.
La nonna le spiegò: «Picernese è molto laboriosa, è veramente instancabile. Insomma, vuole sempre avere le mani occupate. È diventata così da quando si è evoluta. Me lo ricordo come se fosse ieri.»
Herdier, rimasta per le sue per quasi tutto il tempo, chiuse gli occhi e durante tutto il racconto si immaginò la scena.

Era un soleggiato mercoledì di primavera, Noemi, come, praticamente ogni mercoledì, andò all’ospedale. Appena giunta, venne sorpresa dalla presenza, all’interno della hall, di Franz e Pasquale. Stando alle loro parole, non erano venuti per motivi di salute, ma per aiutare.
Questo fece insospettire non poco la giovane, che si sentì costretta a chiedere lumi. «Che vi siete fatti per venire qui? Mi sembrate freschi come dei Roselia!» Poco dopo, la ragazza si rivolse a Budew: «So che un giorno ti evolverai e diventerai una magnifica Roselia.» Quello che la ragazza non poteva ancora sapere era che quel giorno era arrivato. I due guardarono la ragazza e sembravano anche piuttosto divertiti: «Non siamo qui perché ci siamo fatti male, ma siamo venuti ad aiutare come volontari. Noi siamo brave persone, quindi dobbiamo farci notare per la nostra gentilezza.» A questo punto, la giovane chiese: «Ma Franz non voleva picchiare quel poveretto di Eugenius? Dopo che in palestra ti aveva lanciato un pallone in faccia. Tu te la sei andata a cercare per non farmi prendere? E tu, Pasquale non volevi fare una rissa con Andrea perché ha ricordato alla professoressa che c’era il compito?» I due risposero in coro: «Oh, ma per favore! Stiamo parlando della preistoria… sarà successo due o tre anni fa!» Sembrava che la ragazza si fosse solamente messa in imbarazzo davanti a tutti. «È successo tutto una settimana fa, tutto nell’arco di 48 ore. Non penso che da qui a una settimana fa sia passata la storia.» i due diventarono rossi come dei Darmanitan. I due cercarono di tirarsi fuori dall’ impiccio: «Beh, noi siamo solo vendicativi, ma, a parte questo, siamo delle persone dal cuore d’oro. Tutte le bravate che abbiamo fatto nel corso di questi anni erano solo vendette.» La ragazza, per quanto non condividesse affatto quel modo di fare, credette alla loro storia, almeno parzialmente. Si limitò a parlarne con Antonella: «Ciao, loro sono due miei compagni di classe che vogliono unirsi a noi, li faccio fare prima un giro per l’ospedale, ok?» Antonella si indispettì: «Dovrete dare prova di questa bontà di cui parlavate prima.» Pochi istanti dopo, uno dei due ragazzi, spuntò dal ripostiglio tenendo il mocio sulla spalla come fosse un sacco di patate. Al ché domandò: «Qualcuno mi ha chiamato?» La ragazza rispose: «No, no… stavamo parlando di quando ho dato prova di me stessa e tu l’hai riconosciuto.» Il ragazzo tornò dentro il ripostiglio: «Ok, ho anche finito qui. Adesso Marvin la può risistemare come prima… Audino andiamo a pulire il bagno!»

L’anziana spiegò di come Audino fosse l’aiutante di Matt in ospedale e di come il ragazzo avesse anche un Pyroar, sebbene l’anziana non avesse idea di cosa potesse fare un Pokémon del genere. L’anziana raccontò di come il resto del giro non fosse stato particolarmente interessante, con i due ragazzi che si limitarono a “prendere appunti” anche se il loro prendere appunti era più che altro creare una mappa dell’edificio.
L’anziana riprese il suo racconto.

In quel momento, il gruppo sentì un rumore piuttosto familiare all’interno dell’ospedale. Quel rumore significava solamente una cosa: era arrivata l’auto di soccorso. Seguendo il protocollo, Noemi e gli altri si spostarono in modo tale da agevolare il trasporto della barella, diretta urgentemente in sala operatoria. Più precisamente si sedettero su dei seggiolini montati ai lati dell’andito. Erano stati montati appena un mese prima. Erano piuttosto comodi. I due ragazzi si sedettero in modo da far sì che Noemi fosse costretta a sedersi al centro. Posizionarono le braccia in modo da dare alla ragazza quasi la sensazione di essere imprigionata.
Dopo che la barella, che portava un Nosepass, shiny per di più, passò, la ragazza si alzò e fece una breve presentazione di ciò che faceva. I due le risposero immediatamente: «Guarda, ti verremo ad aiutare, però dovrai farci capire come fare.»
La ragazza sembrava alquanto contrariata: «Portare e spostare roba non mi sembra così difficile, penso che quattro braccia in più diano un grosso aiuto alle operazioni… un’altra cosa…» La ragazza spiegò ai due ragazzi che cosa succedeva quando non c’era del lavoro da fare: «È molto importante tenere pulita la struttura e intrattenere i pazienti, magari con qualche libro, oppure con delle attività. Le attività vengono scelte da un membro del personale sanitario su autorizzazione dei veterani.» I due si guardarono e uno dei due disse: «Intrattenere i pazienti potrebbe essere molto interessante, può essere un esercizio per alcune malattie, è il nostro campo, potrebbe essere la nostra occasione.» I due accettarono l'incarico, guardando la ragazza come se fosse una dea.
I due si misero subito all’opera. La ragazza li accompagnò sul retro, precisamente nella zona dove arrivavano le consegne dei farmaci e altre forniture. Non un locale molto spazioso, ma abbastanza da far entrare un furgone carico di scatoloni.
Alla guida vi era un signore di più o meno quarantacinque anni. Era famoso nel circondario per essere stato uno dei partecipanti ad un concorso in cui i partecipanti si sfidavano a chi avesse catturato il più piccolo Cutiefly. Si classificò centossesantacinquesimo su cinquecento partecipanti. Dopo aver parcheggiato, scese dal suo furgone e si avvicinò ai tre per far firmar loro la ricevuta della consegna. L’uomo conosceva tutti i nomi di chi lavorava lì. Come ogni volta si rivolse alla ragazza: «Ciao Noemi, è arrivato il carico di porri officinali, puoi firmare questo foglio?» L’uomo indicò il punto dove la ragazza avrebbe dovuto firmare e, pochi istanti dopo, quello dove segnare la data. Pochi istanti dopo aggiunse: «Gradirei la firma di un altro membro del personale.» Un attimo dopo alzò lo sguardo e si rivolse ai due ragazzi con aria amichevole: «Ma salve anche a voi ragazzi siete nuovi? Per regolamento potrete firmare solo dopo quindici giorni dal vostro arrivo.» L’uomo fece tutto da solo. Pasquale si grattò la testa e andò a chiamare un altro dipendente, così che potesse firmare. Matt stava già per apporre la sua firma sul documento, ma prima di poterlo fare, si scontrò con Pasquale. Il ragazzo, evidentemente, non si era accorto della loro presenza: «Oh scusami, ragazzo.» Pochi istanti dopo, il ragazzo si rivolse a Noemi: «Conosci quel ragazzo, per caso?» Non le lasciò nemmeno il tempo di rispondere. «Buongiorno Bob, e altro ragazzo che non ho mai visto» La ragazza, finalmente, ebbe modo di spiegare: «Sono miei compagni di classe (interessati in qualche modo a me) che vogliono fare volontariato perché dicono che vogliono provare la loro bontà agli altri.» Matt sussurrò qualcosa all’orecchio della ragazza: «Anche io facevo così, fai attenzione a qualsiasi loro mossa o parola.» Quindi si alzò e prese la tabella delle firme di Bob. «Allora Matt…oggi è 21 Aprile…perfetto, adesso devi firmare qui Noemi…» La ragazza firmò, mettendo, come sempre, un cuoricino come puntino della I. Bob annunciò: «Fate attenzione che sto aprendo le portiere!» I tre si allontanarono. Nel frattempo, Franz si rivolse a Pasquale: «Perché si sono allontanati?» Poco dopo disse: «Non lo so, ma è meglio che li seguiamo.» Bob aprì le portiere e dal vano di carico del furgone, dal quale sbucarono quattro Nosepass. I Pokémon Bussola erano degli assistenti dell’autista. Lo aiutavano a non far cadere gli scatoloni. I due Pokémon investirono i due poveretti. Riuscirono a trascinarsi fuori a fatica.

L’anziana spiegò di come quei Pokémon si facessero accarezzare e di come fossero di grande aiuto, per esempio mettendo in ordine gli scatoloni per categoria, colore, quantità di elementi. Spiegò di come fossero particolarmente bravi in questo. Spiegò di come con tante scatole, poter contare sul loro aiuto era molto importante.
Il racconto riprese.

Ai due ragazzi salì l’istinto che li rendeva cattivi. Si misero a confabulare tra di loro. Sembrava stessero parlando di qualcosa che riguardava i Nosepass. Sembrava infatti che i due stessero preparando uno scherzo.
I due fecero finta di andare in bagno, mentre ridevano sotto i baffi. La ragazza mandò la sua Budew, in modo che potesse controllarli, mentre continuava a spostare gli scatoloni. Matt era piuttosto pensieroso riguardo la situazione. Fece cenno alla ragazza di fermarsi e la avvisò: «Noemi, aspetta!» Le disse con aria preoccupata: «Mi spaventa che questi ragazzi ci stiano provando in modo non molto corretto, ho già capito quale sarà il loro destino…non farti travolgere dai loro pregi e trovati un bravo ragazzo che non sia così egoista»

Nonno Alessandro si vantò e confermò le parole della signora «Questo Matt sembrava essere molto saggio, mi spiace averlo incontrato solo qualche volta, perché ti ha indirizzato sulla giusta via… Insomma… io sono stato la scelta della nonna ma poteva essere anche qualcun altro. Mi spiace che tu non possa vederlo, non abbiamo neanche una foto.» Anita si sentì molto più coinvolta nel discorso, e lo stesso poteva dirsi dei suoi Pokémon. Nello stesso momento, Roselia fece l’occhiolino alla nonna, mentre Azumarill accarezzava Oshawott.
«Ricordo quando Azumarill si è evoluto… ma te lo racconto dopo lasciamo continuare la nonna.» Ad Anita brillavano gli occhi per la storia. L’anziana riprese il suo racconto.

Noemi e Matt stavano continuando a lavorare, mentre i due ragazzi stavano architettando il loro piano. Appena si accorsero della presenza di Budew, la legarono al muro con dello scotch. Una volta finito uscirono dal bagno e si riunirono con Noemi e Matt. «Abbiamo un regalino per i Nosepass» Dissero, con aria convinta. Franz aprì la borsa, mentre che il suo complice prendeva l’oggetto dallo zaino. In quel momento, la giovane Noemi pensò: “Per favore fa che siano dei bei fiorellini e non la solita roba per fare gli scherzi. Ti prego, Arceus!” ma Arceus, in quel momento aveva altro a cui pensare. I due tirarono fuori un rotolo di carta igienica dicendo in coro «Usate questo per pulirvi il naso Ahahahahahaha… coff… coff…» I Nosepass a causa del comportamento dei due, persero il lume della ragione. I Pokémon cominciarono ad attaccare tutti, indistintamente.
«Ma che combinate? Ma siete scemi? Audino usa botta!» Il Pokémon tentò di caricare uno dei Nosepass, ma quest’ultimo lo placcò e tenendolo con quelle piccole braccia, quindi generò un grande sasso, proprio dietro ad Audino. L’altro Nosepass lo attaccò con Spaccaroccia, colpendolo Audino con una certa violenza. Il colpo fu sufficiente per mandare l’avversario ai box. «Noemi scappa! Qua ci pensiamo noi!» La intimò Matt, mentre lanciò una Poké Ball. Da essa uscì un Pyroar maschio. Un Pokémon simile ad un leone. Il suo corpo era principalmente marrone scuro, come la zona intorno agli occhi. Gli occhi, invece, erano azzurri. Le zampe, la punta della coda, la testa e l'esterno delle orecchie, invece, erano color nocciola. Trattandosi di un maschio, aveva una folta criniera rossa e gialla.
In breve tempo, il Pokémon venne accerchiato dai Nosepass. «Usa Rogodenti per deviare le rocce!» Ordinò Matt. Sembrava che il piano stesse funzionando, il Pokémon si girava molto velocemente, ma, nonostante riuscisse a deviare la maggior parte degli attacchi, subiva comunque dei colpi. Nel mentre i due geni del male se ne erano scappati dicendo cose non molto carine.
Noemi si rese immediatamente conto che avrebbe dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa. Le sole due alternative erano andarsene o rimanere. In quel momento, la ragazza non poteva neppure contare su Budew, legata dai due ragazzi. Ad aggravare la situazione, Bob era rimasto pietrificato, come se fosse diventato una statua di Sunflora al centro di Las Brasas.
A quel punto un Nosepass si lanciò e si aggrappò alla criniera del leone. Questi cercò di liberarsi, senza successo. Tentò allora di liberarsi della sua presenza con Bottintesta, sfruttando i potenti muscoli del collo, mentre i suoi colleghi bombardavano il Pokémon di Matt con delle rocce «PYROAAAAAR! No, no aspettate» In difficoltà, Bob mandò in campo il suo Tentacruel, un grosso Pokémon marino simile tanto ad una medusa quanto ad un calamaro. La parte superiore del corpo ricordava un grosso cappello celeste, decorato con tre gemme rosse. Le due ai lati erano più grandi, mentre la terza, incastonata al centro, era molto più piccola. Le tre gemme formavano una sorta Y. La sua testa era semisferica e nera con due grossi occhi bianchi e un gigantesco becco celeste; possedeva un gran numero di tentacoli dal colore grigio-marrone. «Finché non li placo non li posso far rientrare nella Poké Ball. Tentacruel, usa Idropulsar» ordinò Matt. Il Pokémon Medusa, per quanto si sforzasse di dare la massima potenza a quel getto d’acqua, non riusciva a respingere i Nosepass infuriati che arrivarono velocemente sul suo dorso, bombardandolo di colpi di rocce volanti e botte a ripetizione. A quel punto i Pokémon guardarono Noemi come a farle capire che lei sarebbe stata la prossima vittima. La ragazza tentò di scappare, ma, sbagliando strada, la ragazza finì in un vicolo cieco. La ragazza era spaventatissima e urlò: «QUALCUNO MI AIUTI! AIUTATEMI!» A quel punto dal bagno di fianco si vide un potente bagliore, bianco, tendente all’azzurro, molto luminoso e si sentirono rumori di nastro adesivo che si strappava. Quello era il bagno dove Franz e Pasquale avevano attaccato al muro Budew. Anche se ora non era più un Budew. Si trattava di un Pokémon diverso, dall’aspetto diverso, era più alta, più delicata, più spinosa, e anche più verde, aveva due fiori come mani… Ormai non era più una Budew, ma era si evoluta in Roselia.
Immediatamente, la Pokémon sbarrò la strada ai Nosepass, che stavano arrivando a tutta velocità. Guardò Noemi come se stesse aspettando sue istruzioni. L’evoluzione aveva cambiato il carattere della Pokémon, appariva più fredda, più sicura di sé, sembrava si fosse rinvigorita. Era finalmente pronta a lottare sul serio.
Noemi, prima di ordinare un qualsiasi attacco, sembrava volesse prendersi un attimo per ammirare la sua Pokémon appena evoluta. «Roselia! Usa Megassorbimento!» A causa della grande quantità di energia assorbita dalla Pokémon, che si manifestava agli occhi dei presenti tramite una corrente di energia dal colore verde, i Nosepass cominciarono a rallentare il loro passo. A causa della grande quantità di energia che venne risucchiata dal loro corpo, i Pokémon apparivano sempre più stanchi. A quel punto Roselia, senza che la sua Allenatrice ordinasse un singolo attacco, sfoderò una nuova mossa. Si mise a roteare molto velocemente, più andava avanti più stava creando un vortice di petali, appariva come un vero e proprio tornado. Pochi istanti dopo, la Pokémon si innalzò e sbaragliò i Nosepass con i petali rispedendoli dentro il furgone delle consegne.
Noemi era incredibilmente emozionata dalla repentina evoluzione della sua Pokémon, che si limitò unicamente a dire: «Roselia…sei … bellissima!» A quel punto, la ragazza scoppiò a piangere. A quel punto, la Pokémon fece intendere alla ragazza quello che le fosse successo. Era stata legata da Franz e Pasquale.
Il giorno dopo, a scuola, durante l’ora di pranzo, la ragazza tirò tanto a Franz quanto a Pasquale un grosso schiaffo.

«E questo è come Picernese si è evoluta. Da lì ha anche ed ha ottenuto il suo soprannome.» Concluse l’anziana. Anita rimase a bocca aperta per qualche secondo. Era davvero una storia incredibile.
La ragazza, ancora scioccata guardò il vuoto e pensò “Mi sarebbe piaciuto conoscere questo Matt, sembrava veramente saggio, magri potrebbe essere una di quelle persone di cui potersi fidare di cui parlava la mamma.”
Quindi attaccò: «Chiedo scusa se sono indiscreta… ma come mai Roselia non si è ancora evoluta in Roserade?» La nonna rispose: «Roselia è un Pokémon piuttosto piccolo, questo lo aiuta a pulire anche gli angolini più nascosti. Ho anche comprato una Pietrabrillo» L’anziana indicò uno dei cassetti del mobile. «Ma lei mi ha fatto capire che proprio non ha voglia di evolversi.» Aita capì cosa l’anziana intendesse. Non bisogna forzare i Pokémon ad evolversi. A dire il vero per lei non era una novità, dato che già conosceva un Pokémon che non voleva evolversi e che si sentiva benissimo nella sua forma attuale.
La ragazza prese il suo Smart Rotom dalla borsa e guardò l’ora. Erano solo le cinque e un quarto. Molto più presto di quanto si sarebbe aspettata.
All’improvviso si sente una musichetta allegra. La ragazza non fece in tempo a riporre il suo Smart Rotom all’interno della borsa, che subito quest’ultimo si mise a squillare. La stava chiamando Serena.
La ragazza tentò di prendere il telefono, che, per una sfortunata coincidenza, le scivolò dalle mani e finì nelle piccole braccine di Azumarill. Volontariamente o meno, il coniglio acquatico rispose al telefono.
«Pronto? Sono Serena! Va tutto bene? Hai trovato le Poké Ball? E le pozioni?» Chiese, senza nemmeno guardare lo schermo.
Anche lei, insieme ad Ash e a Carlos aveva fatto la spesa. Insieme ai due ragazzi, si era occupata di rimpinguare le scorte alimentari del gruppo.
All’interno dell’abitazione calò un silenzio di tomba. Si poteva udire persino il dolce cinguettio di un Fletchling, su uno degli alberi di ciliegio intorno all’abitazione.
Azumarill rispose alla ragazza con un dolce «Zumaa!» Lasciano la nativa di Kalos piuttosto perplessa e costringendola a dare un’occhiata allo schermo. Notando il particolare interlocutore, un Pokémon blu, con delle grandi orecchie, lo salutò «Ciao Azumarill! Sai che sei proprio carina? Sei per caso uno dei Pokémon di Anita?» Chiese. La Pokémon fece un piccolo gesto di negazione con il capo. «Oh! Scusami! Non fa nulla!» La ragazza si scusò per l’errore, venendo immediatamente perdonata dalla Pokémon. «Immagino che vicino a te ci sia una ragazza che si chiama così. Ha i capelli castano scuro… molto lunghi… una giacchetta scura… dei pantaloni neri…» La nativa di Kalos cercò di descrivere l’aspetto dell’amica. La Pokémon sembrò capire le parole della Performer. «Ecco, per favore, potresti passarmela? Le devo chiedere una cosa importante.» La Pokémon passò il telefono alla giovane Allenatrice, sentendo il ringraziamento da parte della nativa di Kalos.
Anita si sentì alquanto imbarazzata dalla situazione, tanto da arrossire. Appena ricevette il telefono da Azumarill, cercò di spiegare la situazione alla ragazza più grande.
«Ciao, non ti preoccupare! Va tutto bene! Ma no… non è come pensi…» Serena aveva, in parte già capito, ma decise comunque di ascoltare la sua amica: «Vedi… Azumarill non è un mio Pokémon…» «Non ti preoccupare di questo. Pensavo fosse un tuo Pokémon… sai. Azumarill è un Pokémon molto simpatico e carino. E, secondo Ash, può anche diventare molto forte. Ecco come mai ho pensato fosse tua…» Le spiegò. Cercò anche di farle capire che una piccola incomprensione del genere non doveva essere motivo di imbarazzo. «A proposito… sarai con noi per cena?» Le chiese. La giovane dovette riflettere alcuni istanti. «Penso di sì. Dovrei riuscire ad arrivare per le sette e mezza, o al massimo alle otto. Non preoccuparti, sono al sicuro qui.»
«È una tua amica?» Chiese l’anziana. «Posso conoscerla?» Chiese. Anita non disse una parola, limitandosi a passare il suo telefono all’anziana.
Mentre la nativa di Kalos venne bombardata di domande da parte dell’anziana, Vivillon si avvicinò alla sua Allenatrice, sorridendole con gli occhi. Anche la Pokémon aveva capito quanto l’anziana non riuscisse proprio a starsene zitta.
L’anziano si sedette accanto alla ragazza. «Anita…Anita, Anita cara, non credevo che mia nipote potesse andare in crisi per così poco. Per quanto sia difficile, devi cercare di essere più sicura di te stessa. Eri in giro da sola e ti sei separata dai tuoi amici perché volevi dimostrare loro di cavartela da sola. È così?» Chiese l’anziano. Non notando reazioni da parte della ragazza, decise di rincarare la dose. «Se è per questo… non è il modo giusto di affrontare la cosa. Non so cosa ti abbia
spinto a farlo, ma non è il modo giusto di affrontare le difficoltà.» Ancora nessuna reazione. «Non è restando in silenzio che cambierai le cose. Questa è la realtà, per quanto possa sembrare cruda. Anche io all’inizio del mio viaggio ero come te.»
Anita fissò per qualche secondo il tappeto con lo sguardo perso.
«Ho capito.» L’anziano la fece quasi spaventare. «Vuoi sapere come sono passato dall'essere un ragazzo timido e insicuro ad essere diventato un Allenatore che ha sconfitto i Superquattro ed è stato in grado di fronteggiare il Campione?»
La ragazza rimase silenziosa.
«È stato solo grazie a Minnie. La sua evoluzione mi ha dato fatto capire cosa mi mancava per diventare più forte. Sarei dovuto diventare più sicuro. Mi sarei dovuto rimboccare le maniche e comportarmi come un leader. Per quanto fosse difficile. Questo mi ha aiutato a migliorare i legami con i miei Pokémon. Finalmente vedevano in me un punto di riferimento, non solo qualcuno che gli dice “usa Pistolacqua!” “usa Morso” e così via. Anche se, ormai mi è rimasta solo Minnie. Non fraintendermi. Si vede che tu tieni ai tuoi Pokémon. Che gli vuoi bene e che cerchi di fare il meglio per loro, ma credimi, non sarà sempre così. Oshawott è un Pokémon che spesso viene dato ai giovani Allenatori. Perdona molto gli errori di inesperienza. Herdier è un Pokémon che si affeziona con facilità agli Allenatori, e Vivillon è un Pokémon di tipo Coleottero. E i Pokémon di questo tipo sono molto facili da allenare.» Spiegò. Anita cambiò espressione. Forse si era fatta un’idea sbagliata sull’anziano. Inizialmente le aveva detto che i suoi Pokémon fossero ben allenati… e ora…
Ad ogni modo, l’anziano si schiarì la gola e disse «Picernese si è evoluta dando prova sia della sua forza che del suo affetto per tua nonna. Anche per Minnie è stato così. Hai ancora due Pokémon che si possono evolvere. E sicuramente questo gioverà alla loro forza.» Quelle parole fecero pensare ad Anita quanto fosse diverso l’approccio del nonno rispetto a quello di Ash. Per quest’ultimo l’evoluzione non poteva mai sostituire l’allenamento.
Azumarill offrì ad Anita, al suo anziano allenatore e alla moglie di quest’ultimo, un bicchiere di succo di frutta. Anita la ringraziò e, senza nemmeno pensare, bevve un sorso di succo. Il nonno, dopo essersi scolato il bicchiere in un solo sorso, iniziò il suo racconto.

Era una soleggiata giornata d’estate, faceva talmente caldo che perfino i Tallow si rifiutavano di cinguettare. In una delle tante case della città, un giovane Allenatore, si alzò e si diresse verso la cucina. La stanza, non era molto grande, era, per la maggior parte occupata dalla cucina, che occupava integralmente una parete, la sola ad essere rivestita con delle mattonelle e non con delle lastre di legno.
I mobili erano realizzati in legno pregiato e il piano di lavoro era realizzato in granito scuro. Al centro della stanza un grosso tavolo, con diverse sedie ai suoi lati, di esse, solo due erano occupate.
Le due sedie erano occupate da due amici del ragazzo, Fred, un ragazzo di sedici anni, dai capelli nei tagliati cortissimi. Aveva dei piccoli occhi dello stesso colore. Era vestito con una semplice maglietta a maniche corte e dei jeans corti, e Jessie, una ragazza di sedici anni. Capelli rossi e grandi occhi castani. Naso piccolo e labbra sottili. Vestiva con una camicia rosa chiaro e una gonna, abbinata a delle scarpe eleganti. «Alessandro finalmente ci hai degnato della tua presenza! Erano secoli che ti stavamo aspettando!» Lo accolse Fred, mentre accarezzava il suo Togedemaru, un Pokémon dalla forma sferica, simile ad un roditore. Aveva gli occhi e il naso neri, mentre le sue guance erano gialle. Il suo corpo era bianco nella parte anteriore, mentre era principalmente grigio nella parte posteriore. Le due zampe anteriori erano piuttosto piccole, mentre quelle posteriori avevano una forma rotonda. La sua coda era quasi totalmente grigia, tranne per la punta, che era gialla e che aveva la forma di un fulmine. Il corpo era ricoperto di segni triangolari gialli e marroni.
Jessie, invece, stava preparando la colazione, aiutato da Clefairy e da Alcremie «Ciao ragazzi, aaaaaaaw, vado al bagno e vi raggiungo.» Alessandro stava andando a prepararsi. Era uscito dalla cucina e aveva iniziato a percorrere il piccolo e angusto andito che collegava le diverse stanze. L’andito, già stretto di suo, era ingombro di mobili e piante. Il ragazzo, infatti, rischiò di inciampare in un tavolino. Il ragazzo alzò lo sguardo verso il dipinto che si trovava sopra. Rappresentava uno scontro tra Dialga e Palkia e Groudon e Kyogre.
Il ragazzo era alquanto entusiasta. Sarebbe stata una giornata che non avrebbe dimenticato facilmente. “Oggi è il grande giorno! Finalmente devo affrontare la quarta palestra!” Pensò. “È specializzata nel tipo Elettro e il Capopalestra è davvero molto forte. In pochi sono riusciti a vincere quella medaglia. Questo significa che dobbiamo cercare di non fare errori stupidi… dico bene ragazzi?” Il ragazzo fece uscire i suoi Pokémon dalle rispettive Poké Ball. Da distinti fasci di luce, usciti dalle diverse Poké Ball, si materializzarono un Sandile un Pignite, un Woobat e uno Staravia, scambiato con un allenatore di Sinnoh per un Roggenrola, un Goodra e una Marill.

L’anziano non mancò nel fare allusioni sul possibile rapporto tra lei e Ash, facendo notare alla nipote come anche lui possedesse un Sandile, e spiegò di come Marill fosse stato il suo primo Pokémon.
Anita cercò di spiegare come a lei Ash non interessasse da quel punto di vista, e che questo avrebbe, anzi, scatenato la gelosia di un’altra ragazza, realmente interessata a lui. L’anziano fece finta di nulla, riprendendo il suo racconto.

Mentre si preparava, Alessandro pensava a che strategia adottare. Il ragazzo era estremamente perso nei suoi pensieri, tanto che l’amico Jessie gli domandò «Ti vedo che sei così pensieroso… non sarai preoccupato per l’incontro con Lionel?» Alessandro gli rispose, uscendo dal suo flusso di pensieri: «Si…. diciamo che sono un po' agitato» Fred cercò di rassicurarlo, senza successo: «Amico, calma! Oggi puoi e devi vincere, hai una bellissima squadra! Devi farlo perché verranno molte persone all’incontro. Immagino tu sappia che lui è un grande designer e che il suo lavoro si riflette nel suo modo di lottare.» Alessandro gli sorrise. «Grazie di avermi rassicurato Fred. Adesso sono più carico di prima» L’amico continuò: «Calma! Hai fino a stasera per studiarti le tecniche di lotta.» Jessie intervenne a sua volta: «Scusami Fred ma perché non lo aiuti in qualche modo?» Fred, continuando a coccolare Togedemaru, ribatté: «Io non ci capisco niente delle lotte! So solo dire che mosse devono usare ma non capisco come lottare, pensate che non riesco nemmeno a catturare i Pokémon selvatici. Se ne voglio catturare uno, mi avvicino di soppiatto e tento di catturarlo così.» Jessie sospirò: «Lascialo perdere, sa fare solo questo! Voglio vedere quando ti si presenta un leggendario se lo catturi alle spalle! Piuttosto stai calmo e cerca di evitare che i tuoi Pokémon si feriscano.» Alessandro ringraziò Jessie.

La nonna lo interruppe: «E ora chi è questa Jessie? Quella che sta in Vicolo Duefoglie?» Il marito non perse tempo a cercare giustificazioni. «È mia cugina di secondo grado, non te lo ricordi? Quella di cui parli tu è Jessie Minsk, quella che lavora da Pinuccio in Viale Fiordoropoli» Anita rimase in disparte. Non voleva inserirsi in queste storie. Si limitò a dare sguardo ai suoi Pokémon e a sorridergli.
L’anziano riprese il suo racconto.

Alessandro non rimase particolarmente colpito dal consiglio di Jessie. Allora era abbastanza normale, per gli Allenatori insegnare Protezione a tutti i loro Pokémon. Usando dei metodi non esattamente ortodossi. Costringevano uno dei loro Pokémon ad attaccare a ripetizione quello appena catturato, finché quello non imparava protezione. Discorso simile per quelli che, invece, imparavano mosse come Individua. Alessandro, dal canto suo, era contro questo metodo di allenamento. Lo riteneva estremamente prevedibile. Dopotutto, allora come adesso, le lotte contro i capipalestra erano estremamente impegnative. I tre uscirono e partirono alla volta della stazione. Per loro fortuna la stazione dei treni non era molto lontana dalla loro abitazione. Alla biglietteria i tre comprarono i biglietti per Sciroccopoli. Salirono sul terzo treno della giornata diretto verso la seconda città più importante della Regione.
I tre arrivarono in città all’ora di pranzo. Il viaggio, a causa della non eccezionale velocità del mezzo durò quasi due ore. Un tempo già di per suo piuttosto lungo, ma che, a causa dell’assenza dell’aria condizionata nei vagoni e dell’elevata
temperatura, sembrò infinito.
I sedili del treno erano realizzati in un tessuto blu scuro con una fantasia di vari colori, ed erano disposti a coppie.
I tre scesero dal treno madidi di sudore, e il loro primo pensiero non fu tanto quello di trovare un locale dove mangiare, ma piuttosto trovare un distributore automatico e comprare delle bevande fresche, per reintegrare i liquidi persi durante il viaggio. Reintegrati i liquidi persi, i tre poterono dedicarsi a trovare un locale dove pranzare.
Senza nemmeno troppo impegno, i tre trovarono una rosticceria chiamata “Toast per lo Stoat”. Era un locale piuttosto semplice. Gran parte dei tavoli erano situati all’esterno. Un baldacchino a strisce rosse e blu, garantiva che tutti i tavoli fossero all’ombra.
Appena di fronte al ristorante, i tre vennero rapiti da un miscuglio di profumi diversi, tutti tremendamente invitanti. Se prima il senso di fame dei tre era rimasto sopito, ora cominciava seriamente a bussare alla porta.
I tre si sedettero in uno dei tavoli liberi, disposti all’esterno. Non fecero quasi in tempo a sedersi, che subito
Vennero assaliti da una cameriera. Una ragazza alta circa un metro e sessanta, dal fisico atletico. Aveva il viso dalla forma piuttosto affilata. Aveva dei capelli castano chiaro tenuti stretti in uno chignon. I suoi occhi erano anch’essi castani, e alla luce del Sole sembravano quasi ripieni di miele. «Vi do il benvenuto da Toast per lo Stoat!» Li accolse. In quel momento i tre scoprirono il nome della giovane. Charlie.
«Salve, cosa volete ordinare, ragazzi?» Chiese. «A proposito… avete dei Pokémon con voi?» Aggiunse poco dopo.
I tre le elencarono i Pokémon che avevano portato con loro.
«Bene, quindi siete in tre e avete otto Pokémon? Cinque piccoli e tre medi.» Annotò sul suo taccuino. «Ah! Che sbadata! Non vi ho dato i menù.» la cameriera diede ai tre delle carte su cui erano stampati i nomi delle diverse pietanze e i prezzi. I prezzi, nonostante la posizione del locale, erano abbastanza accessibili.
Mentre pranzavano, i tre dovettero anche assicurarsi che i loro Pokémon non combinassero disastri. Nell’attesa di venire serviti, l’attenzione di Fred venne catturata da un piccolo Pokémon dalle ali bianche e che sembravano quasi fatte di nuvola, il becco bianco e appuntito, due lunghi e spessi ciuffetti… gialli? Come del resto il suo piccolo corpicino, grande appena la metà delle ali. Le ali si aprirono, rivelando due piccoli occhi nero pece con la pupilla di un candido bianco. Non c’erano dubbi. Era un rarissimo Swablu shiny.
Fred non si fece scappare l’occasione, lanciando una Poké Ball contro l’ignaro Pokémon.
Incredibilmente il ragazzo riuscì a catturarlo al primo tentativo, con grande sorpresa di tutti i presenti. Appena recuperata la Poké Ball, il ragazzo fece uscire immediatamente il Pokémon, vantandosi coi presenti. la cameriera si trovò costretta a modificare l’ordinazione, modificando il numero di Pokémon di piccola taglia, da cinque a sei.
Alessandro e Jessie fecero finta di non conoscere il ragazzo, che non smetteva di vantarsi di quanto fosse bello il suo nuovo Pokémon.

L’anziana interruppe il marito facendo un'osservazione: «Sai, Swablu è un Pokémon rarissimo da trovare in quelle zone.» L’uomo contraddì la moglie: «Oggi sicuramente, ma all’epoca era comunissimo. Ma ti ringrazio per avermelo fatto notare. Ah… altra cosa. Allora le regole per le lotte in palestra erano leggermente diverse da come sono ora.»
Concluso il breve siparietto, l’anziano riprese il suo racconto.
.
Terminato il pranzo, Alessandro tornò a concentrarsi sui suoi pensieri. La preoccupazione per la lotta in palestra non l'aveva mai abbandonato del tutto.
Il ragazzo stava pensando, a mezza voce, a riguardo di chi avrebbe lottato: «Vediamo… Sandile è in parte di tipo terra, quindi contro un Pokémon di tipo Elettro potrebbe fare bene… sarà lui il mio asso. Dopotutto i Pokémon di Lionel sono Galvantula, Zebstrika e Ampharos, il suo asso. Zebstrika è molto veloce, Galvantula invece è estremamente temibile. Su di Ampharos… so solo che sono stati veramente in pochi a riuscire a sconfiggerla. E pensare che questa è solo la quarta palestra.» Alessandro non se ne accorse, ma, per tutto il tempo, venne ascoltato da Jessie, che cercò immediatamente di rassicurarlo: «Sono sicura che ce la farai! Ricordati di sfruttare il vantaggio di tipo dei tuoi Pokémon. Ricorda anche che mandare per primo un Pokémon per setacciare il territorio può essere di aiuto.» Il ragazzo si girò verso il suo Pignite, che stava abbrustolendo il suo pranzo. In quel momento Jessie riprese il suo discorso: «Non devi preoccuparti se i suoi Pokémon sono già completamente evoluti, le lotte sono imprevedibili. Non puoi sapere cosa succederà, se non lotti.
E non devi pensare a cosa potrebbe succedere se fai qualcosa o qualcos’altro, ma devi solo agire. Ricorda che devi concentrarti sui tuoi Pokémon e sui movimenti degli avversari.» A questo punto, il ragazzo si girò verso il suo Sandile. Dopo aver sentito i consigli di Jessie, Alessandro capì quanto il suo ruolo, in quella lotta fosse importante.
Finito di mangiare, Alessandro andò a pagare il conto. Concluso il pranzo, composto, tanto per gli Allenatori, quanto per i Pokémon, da antipasto, primo, secondo, contorno, frutta e dolce, che venne a costare appena venticinquemila Pokédollari, un prezzo piuttosto contenuto per tre persone e nove Pokémon e ritirato lo scontrino, i tre lasciarono il locale, non prima di aver richiamato i loro Pokémon nelle rispettive Poké Ball.
Fatto questo, i tre si diressero verso la palestra di Sciroccopoli dove, poche ore dopo Alessandro avrebbe lottato per la medaglia. Una medaglia estremamente difficile da ottenere. Così tanto da aver ricevuto il soprannome di “Medaglia Proibita”.
Appena arrivati, i tre si diressero in delle stanze per cambiarsi e adattare i loro abiti all’eleganza e sfarzosità del locale. A Sciroccopoli vi era una tradizione, in vigore da quando i Varietà sono diventati un evento indipendente, che consisteva nell’integrare la lotta in palestra all’interno del varietà.
In particolare, la sfida sarebbe avvenuta dopo l’esibizione dell’ultima Performer e prima della proclamazione della vincitrice. Lottare in quell’occasione era il sogno proibito di molti Allenatori, poiché il Varietà andava in scena una sola volta all’anno. Il Capopalestra permetteva quest’opportunità solo agli Allenatori che lo sfidavano per la prima volta.
Quell’anno, ad avere l’opportunità di affrontare Lionel, sarebbe stato proprio Alessandro. Oltre a poter affrontare il Capopalestra, l’Allenatore che lo avrebbe affrontato, avrebbe avuto diritto ad accomodarsi sulle poltrone Vip, e con lui i suoi accompagnatori.
Alessandro e Jessie erano piuttosto interessati alle esibizioni, contrariamente a Fred, che si addormentò assieme a Togedemaru, appena dopo la prima concorrente.
Al momento dell’esibizione della quartultima Performer, una signorina sulla trentina, vestita piuttosto elegante salì sul
palco. Aveva in mano un microfono e una tabella. «Lo sfidante del Capopalestra è pregato di seguirmi!» Annunciò.
Alessandro salutò i suoi amici, non prima di aver ricevuto gli auguri di Jessie. Fred, invece, continuava a dormire profondamente. Russava come un trattore.

«E pensa che, nonostante questo, Fred è ancora il mio migliore amico. Pensa che ha anche avuto una storia con Jessie. Ti dirò di più. Si sono sposati e adesso vivono a Boreduopoli. Hanno un nipote di nome Charles.» Raccontò l’anziano, per poi riprendere il suo racconto.

Alessandro venne accompagnato dalla donna in una zona che, nei Varietà normali era riservata alle Performer, per permettere al ragazzo di indossare i suoi abiti da Allenatore.
Appena il ragazzo finì di cambiarsi, la donna gli pose immediatamente la fatidica domanda: «Signorino Alessandro, deve scegliere tre Pokémon per la lotta contro Lionel. Come previsto dal regolamento, la lotta sarà tre contro tre.» Alessandro decise di affidarsi ad un trio di Pokémon che non lottava da un po’. «Sandile, Pignite e Marill.» Staravia e Swoobat non erano tristi per non essere stati scelti, anzi si misero a caricare i loro colleghi che dovevano tenere alto l’onore di quella squadra.
Mentre l’ultima performer si esibiva, Alessandro diede un rapido sguardo alle tribune, incrociando lo sguardo coi suoi amici. Jessie dava delle gomitate a Fred, nel tentativo di svegliarlo, senza successo. Alcremie, notando le difficoltà della ragazza, decise di darle una mano. La Pokémon sparò la sua crema in direzione del ragazzo, facendolo svegliare di colpo.
Alessandro notò come Jessie stesse cercando di dire qualcosa a Fred, non riuscendo bene ad interpretare il labiale. A dire il vero, al ragazzo nemmeno interessava saperlo. Ciò che gli interessava era battere Lionel ed essere considerato uno di quegli allenatori veramente forti. Il ragazzo era estremamente carico. Tutte le sue preoccupazioni scivolarono quando il ragazzo si accorse di Fred. «Non dovete avere paura, abbiamo già vinto lotte molto difficili, adesso mostriamo che noi valiamo più della maggior parte degli allenatori oggi!» Il ragazzo cercò di caricare i suoi Pokémon. Sandile era affascinato, Marill orgogliosa e Pignite rinvigorito.
Il ragazzo fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive Poké Ball, proprio nello stesso istante in cui l'ultima performer concludeva la sua esibizione. Conclusa l’esibizione si sentirono diversi rumori meccanici, come di oggetti che vengono spostati e di un pesante oggetto che veniva sollevato. Terminati quei suoni, all’interno del teatro, calò il buio e il silenzio.
Sul palco apparve una figura umana. I suoi passi ruppero il silenzio e, lentamente, dal pubblicò si alzò un brusio del pubblico.
Improvvisamente si accese un faro che all’improvviso illuminò la figura. Era una signorina in abiti eleganti. Indossava un voluminoso cappello con diverse decorazioni. Era ferma sul palco, in attesa di qualcosa, o di qualcuno. Dall’alto venne calato un grosso microfono. «Signore e signori, oggi ho il piacere di presentare una lotta Pokémon, come da tradizione, prima di nominare la vincitrice di questo Varietà, assisteremo a una lotta Pokémon tra il Capopalestra Lionel e un Allenatore che ha avuto l’onore e la fortuna di affrontare il Capopalestra!» Tutti i presenti iniziarono un breve ma non intenso brusio, che calò rapidamente, venendo sostituito da un silenzio quasi assordante. In seguito, le luci si spensero di nuovo. «Lo sfidante che oggi avrà l’onore di sfidare Lionel in quest’occasione è un ragazzo di 16 anni appassionato di lotte Pokémon con un obiettivo, arrivare sulla vetta di Unima! Il suo nome è Alessandro!»
In quel momento, i riflettori puntarono sul ragazzo, che venne immediatamente applaudito dal pubblico. Preso dall’entusiasmo, il ragazzo si inchinò davanti al pubblico. Ora sembrava non avere più paura di quella lotta.
«E adesso, il nostro grande capopalestra, portatore della medaglia proibita, così chiamata dagli allenatori, lo stilista Lionel!» Partì dunque un applauso fortissimo del pubblico mentre Fred cercava di far sentire i suoi “buuuuuuuuuuuuuuuuuu” senza successo.
Le luci accompagnavano Lionel mentre si dirigeva verso il centro del palco. Appena giunto al centro del palco, si rivolse al ragazzo «Così tu saresti l’allenatore che vuole lottare con me per la medaglia? Io sono Lionel, so che tu e i tuoi Pokémon metterete tutto voi stessi per batterci. Non abbiate paura, altrimenti la lotta non sarà divertente» Il ragazzo rispose: «L’importante è impegnarsi, anche se perdi, puoi dire di averci almeno provato.» Il ragazzo e Lionel si augurarono rispettivamente buona fortuna e si allontanarono ai lati del palco.
La presentatrice allora annunciò l'arbitro: «L'arbitro che dirigerà l’incontro sarà Robert Kluski, della giuria, facciamogli un bell’applauso!» Le luci vennero puntate su di un uomo dai capelli biondi, dei lunghi baffi, piuttosto alto e secco. Indossava il classico completo verde degli arbitri. L’uomo era trasportato da un esemplare di Aegislash. Le luci finalmente illuminarono il palco: «Allenatori scegliete i vostri primi Pokémon!» Annunciò. Alessandro scelse di tastare il terreno con il suo Pignite, così prese dalla tasca la Poké Ball del Pokémon Suinfuoco.
«Allenatori schierate i Pokémon che avete scelto!» Ordinò l’arbitro. Lionel mandò in campo il suo Zebstrika, un Pokémon quadrupede, molto simile ad una zebra. Il corpo era decorato da delle strisce bianche e nere a zig-zag. La criniera era formata da una serie di spuntoni acuminati, che nella testa si trasformava in della sorta di corna a forma di fulmine, mentre la coda aveva coda una forma stellata. Gli occhi avevano un'iride blu contornata di giallo, l'interno delle due orecchie era blu, il muso nero e gli zoccoli delle zampe grigi. Ai tempi non c’erano gli smart rotom, per cui non era possibile conoscere in anticipo le mosse di un Pokémon. Alessandro dedusse che, essendo il Pokémon di un Capopalestra, questi dovesse conoscere quattro mosse.
Come pianificato, Alessandro mandò in campo il suo Pignite, l’unico Pokémon della sua squadra a conoscere quattro mosse.
Dopo alcuni, interminabili, secondi di silenzio, Robert annunciò: «Che la lotta abbia inizio!» Dagli spalti si alzò un brusio. Gran parte del pubblico non era affatto contento dell’interruzione, nonostante fosse una tradizione, mentre gli amici di Alessandro erano ben felici di vedere il ragazzo lottare.
«Iniziamo noi, Zebstrika, subito Sprizzalampo!» Il Pokémon Zebra si stava avvicinando a Pignite con grande velocità. Il suo corpo era completamente carico di elettricità. Alessandro dovette pensare rapidamente ad una strategia per permettere al suo Pokémon di resistere. «Pignite, usa Protezione!» Ordinò. Il Pokémon Suinfuoco creò una barriera di energia, dal colore verdino, che lo protesse che rispedì indietro la zebra elettrica. Lionel sorrise e ordinò al suo Zebstrika «Continuiamo ad attaccarlo con Sprizzalampo!» Il ragazzo continuò a guardare lo Zebstrika avversario, ben consapevole che Pignite non poteva proteggersi all’infinito. Così ordinò al suo Pokémon: «Osservalo bene ed evita il colpo!» I movimenti del Pokémon Zebra erano gli stessi di prima, per cui Pignite riuscì ad evitarlo. «Cuordileone!» Ordinò Alessandro.
Attorno a Pignite si formò un'aura arancione. «NITEEEE!!» Gridò il Pokémon di fuoco. Ora i suoi attacchi sarebbero stati ancora più potenti. Questo non sembrò scoraggiare Zebstrika, che tornò all’attacco con l’ennesimo Sprizzalampo. «Dietro di te!» Alessandro avvertì il suo Pokémon, che si spostò. Sfortunatamente venne colpito da delle scosse elettriche, che avevano caricato l’aria. Per fortuna i danni subiti dal Pokémon non furono sufficientemente gravi dal pregiudicare le sue capacità di lotta. Lionel, accorgendosene, ordinò al Pokémon Zebra «Addosso vai con Nitrocarica!» Alessandro avvertì il suo Pokémon: «Contina ad attaccare con mosse di contatto! Approfittane ora per usare Breccia!» Zebstrika si avvicinava sempre di più mentre Pignite era lì fermo pronto per colpirlo con una delle sue braccia. Il Pokémon Zebra stava arrivando a tutta velocità per colpire il Pokémon Suinfuoco. Tutto sembrava andare secondo i piani del Capopalestra. Pignite si fece colpire in pieno petto, ma, contemporaneamente afferrò il Pokémon Zebra, dandogli una sonora mazzata nel collo. A causa della violenza del colpo, Zebstrika venne attraversato da una potente scarica di energia, ma era ancora in grado di
lottare.
Quindi il ragazzo ordinò: «Facciamone subito fuori uno! Pignite! Usa Lanciafiamme!» Dal naso del Pokémon Suinfuoco
uscì una potente fiammata arancione che travolse Zebstrika.
«Zebstrika non è più in grado di continuare! Vince Pignite!» Annunciò l’arbitro. La folla non esultò moltissimo, giusto qualche presente oltre agli amici del ragazzo, solo alcuni presenti festeggiò la prima, fondamentale, vittoria.
Alessandro era felice. Aveva già sconfitto Zebstrika, il più veloce dei tre Pokémon. Certo aveva vinto solo grazie alla potenza della Breccia ben piazzata nel collo, ma andava bene così.
Mentre Pignite mostrava i muscoli alla folla, il ragazzo decise di farlo tornare nella sua Poké Ball. «Pignite, ritorna. Riposati un po’, avrò bisogno del tuo aiuto più tardi.» Lionel aveva già scelto il suo secondo Pokémon, mentre Alessandro era ancora indeciso sul da farsi. «Lionel, manda il tuo secondo lottatore.» Lo incalzò l’arbitro. Nel mentre, anche Alessandro aveva deciso che Pokémon schierare. Alla fine, il ragazzo scelse Sandile, un Pokémon ai tempi poco apprezzato per il suo aspetto. Molti non erano a conoscenza del detto “l'apparenza inganna.”
Lionel mandò il suo Galvantula, un Pokémon del tutto simile ad una tarantola. Il suo corpo era principalmente giallo, con della pelliccia blu nella pancia. I suoi sei occhi, di cui quattro sono molto piccoli, erano blu, come anche le sue quattro zampette. Sul dorso e attorno alla bocca aveva diversi segni violacei. Il Capopalestra impiegava quel Pokémon quando incontrava dei Pokémon con tipi che non avevano niente a che fare con il tipo elettro, come con il tipo folletto, il coleottero o altri tipi.
La battaglia continuò. Alessandro ordinò immediatamente un attacco al suo Sandile: «Usa Fossa, non facciamoci colpire subito!» Il Pokémon scavò un buco nel terreno di lotta e rimase sottoterra per qualche secondo prima di spuntare da qualche parte nel terreno di lotta. Pochi istanti dopo ritornò sottoterra e nuovamente sbucò da un’altra parte. Una tecnica che, ben presto innervosì Lionel. Il Capopalestra sbuffò: «Galvantula chiudi tutti i buchi con millebave!» Il Pokémon andò sul buco più vicino e ci sputò delle bave all’interno coprendo tutti i buchi; «Sandile attenzione! Taglia le bave con Sgranocchio!» Ordinò Alessandro. L’idea era buona, le potenti mascelle del Pokémon potevano spezzare la robusta tela del Pokémon Elettroragno, ma il suo lavoro non fu sufficiente. In breve tempo, il Pokémon Sabbiadrillo venne abbozzolato nelle bave da Galvantula. «Galvantula, usa Forbice X e portiamo questa lotta alla pari!» Ordinò Lionel. Sandile non poteva fare nulla in quel bozzolo, tuttavia Alessandro non perse le speranze. «Usa Levitoroccia!» Ordinò. Dalla bocca del Pokémon uscirono tante piccole rocce che levitavano in aria. Pochi istanti dopo, il Pokémon venne colpito dal potente attacco avversario. L’arbitro annunciò immediatamente il risultato della lotta: «Sandile non è più in grado di lottare, vince Galvantula» Il pubblico applaudì la vittoria del Pokémon Elettroragno che salutava gli spettatori come se fosse un re. Alessandro ritirò Sandile nella sua Poké Ball dicendogli: «Hai fatto del tuo meglio, quelle rocce ci serviranno fino alla fine della lotta.» il ragazzo ebbe come la sensazione che all’interno della Poké Ball ci fosse un Pokémon sorridente che credeva nei suoi amici.
«Galvantula, ritorna!» Lionel richiamò il suo Pokémon. «Più tardi dovrai dare una mano ad Ampharos.» Lionel mandò in campo il suo Ampharos, usando una frase ad effetto: «Adesso inizia la tempesta, vai Ampharos!»
Alessandro era intenzionato a mandare in campo Marill, ma, prima di farlo, si rese conto che, prima, avrebbe dovuto fare una cosa. «Vai Pignite!». Il ragazzo mandò nuovamente in campo il Pokémon Suinfuoco.
Volarono alcuni sguardi tra i due Pokémon, mentre aspettavamo la mossa dell’avversario. Si stava creando una situazione di stallo. Dal momento che nessuno stava facendo niente da ormai diversi secondi, Alessandro decise di far capire le sue intenzioni all’avversario: «Pignite usa Cuordileone!» Come la volta prima, attorno al corpo del Pokémon Suinfuoco, si creò un’aura arancione, potenziando nuovamente i suoi attacchi. Nonostante questo, la situazione di stallo non accennò a smuoversi. I due allenatori continuavano ad osservarsi. Alessandro approfittò della situazione per attuare il suo piano. «Pignite, usa Lanciafiamme in aria, mentre giri su te stesso!» Ordinò. Nessuno dal pubblico comprese le intenzioni dell’allenatore. Tutt’altro. Alcuni presenti si misero addirittura a ridere. Risero quasi tutti, a parte gli amici del ragazzo e i loro Pokémon. Nemmeno Lionel riuscì a sottrarsi alle risate generali. Trattenendosi a fatica, si rivolse al ragazzo: «Ma a che cosa è servita questa cosa?» Chiese. Alessandro comprese che il suo piano era riuscito. Aveva distratto il suo avversario. Era consapevole che il tempo a sua disposizione era poco. Rapidamente ordinò l’attacco al suo Pignite: «Forza! Usa Breccia, cerca di colpirlo al centro del collo!» Mentre Ampharos aspettava istruzioni da parte del suo Allenatore, stava sudando, sembrava soffrire a causa dell’indecisione del suo Allenatore. Era lì immobilizzato, aspettando ordini dal suo Allenatore. Solo che quest’ultimo stava ancora ridendo. Il Pokémon Luce venne colpito da una delle mani di Pignite.
Lionel, sentendo il grido di dolore del suo Pokémon, tornò in sé. Ampharos aveva particolarmente accusato il colpo, ma era ancora in grado di lottare. Lionel ordinò immediatamente un attacco: «Non temere, usa Iper Raggio!» Il Pokémon luce generò uno spesso e potentissimo raggio di energia dal colore bianco, che rapidamente investì Pignite. A causa dell’energia dell’impatto, il Pokémon Suinfuoco venne violentemente lanciato dall’altra parte del campo di lotta.
«Pignite non è più in grado di continuare!» Dichiarò l’arbitro. la folla esplose di applausi, nonostante la lotta non fosse ancora finita. Alessandro, infatti, avevo ancora un Pokémon con cui lottare. Nel mentre, Lionel cambiò nuovamente il suo Pokémon, mandando in campo Galvantula. Il Pokémon Elettroragno era, infatti, rimasto praticamente illeso dallo scorso scontro con Sandile.
«Vai Marill, possiamo ancora rimontare!» il Pokémon Acquatopo uscì dalla Poké Ball in modo elegante e delicato, in netto contrasto con l’entrata in scena brutale del Galvantula di Lionel.
Il ragazzo non era affatto preoccupato, anzi. Il ragazzo e il suo Marill sapevano di poter passare in vantaggio con una singola mossa. Naturalmente se questa fosse a segno.
Il ragazzo ordinò a Minnie, questo il soprannome della Pokémon: «Vai Marill, salta e recupera le pietre!» La Pokémon, sfruttando la coda, si librò in aria e compì diversi avvitamenti. L’intendo della Pokémon era quello di prendere le rocce di Sandile, precedentemente infuocate da Pignite e di lanciarle verso Galvantula.
Appena la Pokémon atterrò, il ragazzo non perse tempo: «Avanti Marill, adesso! Lancio!» Lionel si chiese: «Ma che cosa starà facendo?» Sembrava impotente, mentre Marill lanciava tutte quelle rocce contro il suo Pokémon.
«E ora chiudiamola con Idrondata!» Ordinò.
La Pokémon spiccò un grosso balzo, mentre la sua coda si rivestiva d’acqua. Galvantula venne colpito duramente. Inizialmente sembrava che il colpo non fosse stato sufficiente a sconfiggerlo. Tuttavia, alcuni frammenti di roccia, ancora sospesi in aria, colpirono il Pokémon Elettroragno, decretandone la sconfitta. Lionel era sbalordito, così come tutto il pubblico. Questo diede ad Alessandro un’immensa fiducia. Era certo di poter riuscire a sconfiggere il Capopalestra.
«Scusami Galvantula, sono io che sono rimasto impietrito da questo attacco.» Il Capopalestra ritirò dalla lotta il Pokémon appena sconfitto.

Anita era sbalordita. A quanto pare Ash non era il solo maestro dell’improvvisazione. La ragazza, incuriosita, chiese alla nonna: «Mi sembra una tecnica davvero geniale. Sicuro che…» Minnie squittì «Credo intenda dire “è tutto vero giovane allenatrice”» Tradusse l’anziana. «Tuo nonno era un lottatore veramente fuori dal comune, ha perso solo contro il campione dopo una lotta lunghissima. Ha perso solo perché il Pokémon avversario usò Resistenza, all’ultimo. Se Minnie non fosse così vecchia… darebbe una bella lezione a Pikachu del campione del mondo.» Anita stava annotando quelle informazioni sul suo smart Rotom. Quindi diede un’occhiata all'orario. Erano le sei del pomeriggio.
L’anziano che stava ormai giungendo al termine:
L’arbitro annunciò: «Galvantula non è più in grado di continuare, vince Marill!» L’applauso fu più sostanzioso rispetto a quando Pignite sconfisse Zebstrika, anche se non paragonabile a quello che accompagnò le vittorie di Lionel. Anche se era già qualcosa. Diversa fu la reazione degli amici di Alessandro, che ebbero una reazione totalmente sproporzionata. Fred, per la gioia si era messo letteralmente a scuotere letteralmente Jessie. Alessandro si rese conto del fatto che non potesse ridere. Non doveva distrarsi dalla lotta.
«Ampharos, mi resti solo te.» Il Capopalestra mandò in campo il suo Pokémon, che, come Galvantula prima di lui, era stato parzialmente ferito dal levitoroccia.
Il Capopalestra fece la prima mossa: «Ampharos! Usa Sprizzalampo!» Il ragazzo ordinò alla sua Pokémon: «Marill! Rispondi con Carineria» I due Pokémon si scontrarono al centro del campo. Ampharos completamente carico di elettricità, e Marill con il corpo completamente rivestito da un’aura rosata. Lo scontro fu estremamente violento, tanto da rispedire i due Pokémon ai lati opposti del campo. Trai i due, fu Marill ad avere la peggio, ma, nonostante le ferite subite, era ancora in grado di continuare. Alessandro se ne accorse immediatamente: «Marill, tranquilla tieniti pronta con Idrondata!» Lionel ordinò al suo Ampharos «Chiudiamo la lotta con Iper Raggio!» Il Pokémon luce generò un potentissimo e spesso raggio di energia dal colore bianco, che scagliò in direzione di Marill. La Pokémon riuscì a tagliare a metà quel potete raggio di energia, grazie alla grande quantità d’acqua che rivestiva la sua coda. Questo ridusse sensibilmente i danni.
«Forza Marill, non è impossibile, dobbiamo continuare a provarci, approfittiamo del fatto che deve riposare! Colpiscilo con Carineria!» Lionel non poteva fare nulla. Era l'effetto della mossa Iper Raggio.
A causa di alcune scariche elettriche residue, Marill subì altre ferite. Si accasciò a terra, ferma in una posizione innaturale. Aveva un occhio semiaperto, si reggeva su un solo piede. Sembrava potesse cedere da un momento all’altro. Non che Ampharos stesse tanto meglio. Anche lui aveva subito le conseguenze della lotta. Stava grondando di sudore e si reggeva in piedi a malapena.
Lionel ordinò: «Ampharos, facciamola finita con Iper Raggio! Massima potenza!»
Il Pokémon si concentrò e creò una sfera gigante di raggi luminosi che stava per scagliare contro Minnie.
Marill guardò il suo Allenatore con sguardo fiero. L’Allenatore fece appena in tempo a ricambiare lo sguardo della Pokémon, che, immediatamente partì il raggio di Ampharos. Questo investì completamente Minnie, che rimase all’interno del fascio di luce per qualche secondo.
Al termine dell’attacco l’arbitro si avvicinò a Minnie per vedere se fosse ancora in grado di lottare. La Pokémon era ancora nella stessa posizione di prima. Ad un certo punto i suoi occhi cominciarono a brillare. Sorrise e calò il silenzio.
Una luce avvolse il corpo rotondo di Minnie. Alla vista della luce, il coreografo fece spegnere immediatamente le luci, in modo da far risaltare quella prodotta dal corpo della Pokémon. Il pubblico era sbalordito. E anche Alessandro lo era. Non aveva la minima idea che la sua Pokémon potesse evolversi durante quell’incontro. Nonostante l’intensa luce, il cambio di aspetto della Pokémon fu ben visibile. Il suo corpo, precedentemente rotondo, divenne ovale. Sulla parte inferiore del corpo della Pokémon comparvero diversi pallini bianchi, i piedi divennero più grandi, le orecchie crebbero a dismisura, diventarono grandi e appuntite, come quelle dei conigli. Il colore del corpo non cambiò. Rimase azzurro. Finalmente Marill si era evoluta in Azumarill.
Lionel era completamente spiazzato, ma, nonostante ciò, non si arrese: «Ampharos, non pensiamoci! Colpiscilo con Tuonopugno!» Il braccio del Pokémon si ingrandì e divenne sempre più carico di elettricità, man mano che si avvicinava a Minnie. Il ragazzo ordinò: «Usa lancio!» Le orecchie di Minnie si illuminarono di azzurro e bloccarono il Tuonopugno di Ampharos. La Pokémon riuscì a sfruttare la forza dell’avversario spedendolo molto in alto. «Usa Carineria!» Ordinò. Azumarill spiccò un grande balzo e investì Ampharos, mandandolo ancora più in alto. I due Pokémon caddero a terra, causando un fortissimo boato. Minnie era messa sopra Ampharos e lo stava spingendo verso il basso.
Entrambi i Pokémon erano allo stremo delle forze. Avrebbero potuto continuare a lottare, ma non per molto. Lionel comandò l’ultimo attacco «Finiscilo una volta per tutte con Sprizzalampo!» Il Pokémon Luce generò attorno al suo corpo un'aura gigantesca fatta di elettricità e si avvicinò a fatica ad Azumarill. Il ragazzo non sapeva che fare. Qualsiasi cosa avesse fatto, Minnie avrebbe subito il colpo per prima e questo avrebbe significato perdere.
Il ragazzo sentì qualcosa sotto i piedi. Stava iniziando un terremoto? Oppure era solo una sensazione? La risposta arrivò subito. No, Non era una sensazione. Tutti stavano per cadere, a parte Azumarill. Grandi scosse sismiche si stavano concentrando pochi metri davanti al ragazzo. Non c’erano dubbi. Minnie aveva imparato Battiterra. Ampharos stava per cadere e già sentiva come sarebbe andata. Cercò di restare in piedi, ma senza successo. Perse l’equilibrio e cadde a terra. Il Pokémon Luce venne continuamente sbalzato dalle scosse sismiche.
Terminate le scosse, l’arbitro si avvicinò ad Ampharos. In tutto il teatro calò il silenzio. Lionel stava sudando come non mai. Finalmente arrivò la sentenza: «Ampharos non è più in grado di continuare. Di conseguenza il vincitore è Alessandro!» Dalle tribune partì così una standing ovation. Perfino i più irriducibili fan dei varietà stavano applaudendo. Anche le concorrenti che si erano esibite poco prima.
Jessie e Fred raggiunsero il loro amico sul palco poco prima che Lionel consegnasse la medaglia al ragazzo. «Alessandro, sono felicissimo di annunciare che sei uno dei pochi allenatori a possedere questa medaglia. Forse per te non era mai stata Proibita.» Il ragazzo baciò la medaglia e la strinse al petto; quindi, festeggiò il traguardo appena ottenuto con i suoi Pokémon, e i suoi amici.

E così l’anziano concluse il suo racconto. Anita aveva mostrato genuino interesse per il racconto dell’anziano. Lo stesso non poteva dirsi dei suoi Pokémon. Herdier si era addormentata a metà e solo ora si stava risvegliando, mentre Oshawott uscì della bava dalla bocca. Vivillon si mise il braccino sulla fronte fino ad arrivare dietro la nuca. Minnie si stava vantando di quanto fosse forte quando era giovane e Roselia non poté fare altro che rimanere indifferente. Aveva sentito quella storia ormai troppe volte.
Il nonno allora diede un occhio all’orario, erano le sei e venti. Era l’ora in cui doveva prendere le medicine. Altrimenti gli altri avrebbero patito le conseguenze dei suoi deliri. Allungò la mano verso la scatolina che le conteneva e si accorse immediatamente di qualcosa che non andava: «Abbiamo un piccolo problemino, sono finite le pillole dentro questa scatolina!» L’anziana si allarmò e disse «Oh no! Ti prego, Anita cara puoi andare di sopra a prendere le pillole di Alessandro? Mi raccomando, fai attenzione ai gradini!» Anita annuì, si alzò dal divano e si diresse verso la scalinata, prestando attenzione a dove metta i piedi.
Mentre la ragazza saliva le scale, la nonna le indicò «Sono sul comodino del nonno, quello a sinistra del letto!» Anita aveva capito dove doveva guardare. Seguì le indicazioni della nonna, ma nonostante questo, si ritrovò subito contro il muro della camera. Si girò di scatto, e si accorse immediatamente della presenza di Azumarill, che aveva assistito alla scena. La Pokémon voleva assicurarsi che la ragazza non combinasse guai. La Pokémon era seguita dal collega di tipo, Oshawott.
Entrata nella camera, la ragazza fu piuttosto sorpresa. I nonni avevano una casa da sogno. Non le sarebbe affatto dispiaciuto viverci con i suoi amici. La stanza aveva una pianta quadrata, piuttosto ampia. I muri erano pitturati di un rosa maialino. Il letto era attaccato al centro del muro, nella parete opposta quella dell’ingresso. Accanto ad esso vi erano due comodini, uno a destra e uno a sinistra. Sul comodino sinistro c’era la scatolina delle medicine, sul destro c’era la lampada che illuminava la stanza quando era sera.
sul muro di destra c’era un tavolo di legno di ciliegio con uno specchio contornato d’ottone, mentre il muro di sinistra era decorato da una foto gigante impreziosita da una cornice. La foto rappresentava i nonni della ragazza e sua madre Jessica. La foto era stata scattata chissà quanti anni prima. Poco lontano dalla foto una mensola con due album. Uno era rivestito in pelle rossa, uno in pelle blu. Entrambi presentavano delle etichette.
Sulla prima vi era scritto “Foto di Famiglia” sulla seconda "Pokémon: momenti della storia delle lotte vissuti” Anita non si fece distrarre. Afferrò la scatolina delle pillole sul comodino del nonno.
«Certo che ce ne hai messo di tempo!» La riprese la nonna. «Se volevi guardare gli album potevi dirmelo, così ti avremo spiegato le varie cose.» La ragazza cercò di deviare argomento. «No… no… è che… la vostra stanza è davvero bella… tutto qui!» L’anziana la riportò sui binari. «Tua madre non ti ha nemmeno insegnato a dire bene le bugie. Tocca… vai a prenderlo!» La ragazza consegnò le pillole e tornò nella stanza, dove recuperò l’album.
La giovane tornò di sotto, scortata dai due Pokémon acqua. Il nonno saggiamente deglutì la pillola e bevve l’acqua, prima di notare cosa la ragazza avesse in mano. «Ah sì, le lotte più incredibili nella storia a cui io e tua nonna abbiamo avuto la fortuna di assistere!» L’uomo prese violentemente l’album dalle mani della ragazza e si mise a spiegare le poche foto che si trovavano al suo interno: «…qui è quando un allenatore ha battuto sei Pokémon dell’avversario con il suo solo Infernape nel Sono passati ormai quarant’anni da allora…qui è quando è sono stati usati per la prima volta dei fossili di Galar… qui è quando Dandel divenne campione del mondo…» Arrivarono così all’ultima fotografia, Ash che, insieme alla sua squadra, sollevava la coppa del più forte del mondo… «Qui è quando io e la nonna siamo andati a vedere la finale del torneo Mondiale, quando un ragazzino diventato campione del mondo con un Pikachu… anche se… adesso che lo guardo c’è qualcosa di famigliare.» Anita allora intervenne: «Certo che quella coppa era davvero grande, mi chiedo come mai Ash non me l’abbia mai fatta vedere.» Il nonno ebbe un’idea, mentre si grattava il mento. «Ma certo! Quel ragazzo con cui stavamo parlando prima per telefono è il campione Ash Ketchum di Biancavilla! Mi sembrava un volto familiare.» La nonna, Roselia e Azumarill sobbalzarono dalla sorpresa. Davvero l’anziano non lo aveva capito? Quindi l’anziano attaccò: «Oh mia nipote può contattare in ogni momento il campione del mondo e non mi avete detto nulla?» Anita era un po’ imbarazzata. Guardò Vivillon, come se stesse cercando di distrarsi.
Il nonno chiese quindi alla ragazza «Ma perché puoi chiamare il campione del mondo e viceversa? Gliel’hai chiesto tu?» Anita allora rispose grattandosi la nuca. Eppure, le sembrava di averglielo già spiegato: «Praticamente la mamma è amica della professoressa Aralia, una famosa ricercatrice Pokémon, che a sua volta è amica del Professor Oak, che è amico di Ash. Ash ha sempre desiderato diventare un Maestro Pokémon. Per farlo ha capito che deve aiutare qualcuno a raggiungere il suo obiettivo. Ed è così che è diventato il mio maestro.» Il nonno sorrise: «Ah, mi fa veramente piacere sentire questa notizia.»
A quel punto la nonna prese il telecomando e accese la televisione: «Zitti tutti, adesso inizia il telegiornale delle sei e mezza.» Lo schermo, inizialmente, mostrava la pubblicità di alcuni prodotti in ceramica, ma poi ci fu una musichetta, era il telegiornale di cui parlava la nonna, il TG 6,5.
Prima che la giornalista potesse essere inquadrata bene in modo tale da vederne la faccia si sentì un BZZZZZZZ, il rumore dello statico.
I due anziani si lamentarono in coro: «Oh no…agg..non è…porc…perché…quel co…non è…avanti!» Anita non stava capendo e chiese spiegazioni ai due anziani, che sembrava volessero distruggere qualcosa: «Perché vi …arrabbiate per…un …insomma è solo un piccolo problema…passerà presto…non…c’è bisogno che…oh …che stiate così.» La nonna ribadì «Anita, non ti preoccupare. Non è colpa tua. Questi televisori non sono perfetti, se c’è un Pokémon volante abbastanza grande, questo può disturbare il segnale del satellite. E, dati i problemi, si tratta di un Pokémon bello grosso, questa cosa non succede con Pokémon piccoli come Pidove. Devono essere piuttosto grandi, almeno come Talonflame.» Allora Anita si alzò e aggiustò il cappello, mentre pensava: “posso provare a risolvere il problema” quindi disse: «Sapete di che Pokémon si tratta?» L’anziana l’avvertì. «Fai attenzione. È Gliscor, ed è molto pericoloso. Forse Vivillon potrebbe sconfiggerlo, dato che riesce a volare molto in alto e potrebbe evitare la maggior parte dei suoi colpi. Inoltre, considera che Gliscor fluttua ad una quota troppo alta per essere colpito da mosse fisiche che partono da terra, come Pietrataglio. Pensa che neanche il Tiromirato di un Inteleon lo colpirebbe per quanto è in alto.» Anita guardò la Pokémon Farfascaglia e le domandò: «Te la senti?» Vivillon guardò gli altri Pokémon presenti, quindi fece un piccolo segno di affermazione. Allenatrice e Pokémon si diressero entrambe verso la porta. Gli anziani e gli altri Pokémon si accodarono e uscirono fuori nel giardino dei sogni di un qualsiasi fioraio o fioraia.
Anita guardò in alto, e si accorse della presenza di un Gliscor nel cielo. La ragazza pensò: “dobbiamo assolutamente fermarlo! Anche se questo dovesse significare lottare. Spero che questo basti ad allontanarlo per un po' di tempo.” Il nonno cercò di dare un consiglio alla nipote: «Non farla attaccare, induciamolo prima a lottare. In questo modo, Gliscor sarà accecato dalla rabbia. Mossa dopo mossa ci porterà sempre più in vantaggio.» La ragazza ascoltò attentamente le istruzioni del nonno e si avvicinò alla Pokémon Farfascaglia: «Se sei in difficoltà, lancia Comete verso quest’albero di ciliegio.» La ragazza toccò il ruvido e solido fusto della pianta: «Non preoccuparti! So che ce la puoi fare!» La rassicurò. Vivillon volse uno sguardo al Gliscor che continuava a svolazzare qua e là.
Il nonno allora raccomandò alla Pokémon «Mi raccomando fai attenzione!» Vivillon si innalzò fino ad arrivare all’altitudine del fastidioso Gliscor. Fece un bel respiro profondo e si concentrò sul suo avversario. Fino a quel momento non era ancora stata notata. Anita ne approfittò per scansionare Gliscor col suo Smart Rotom: «Gliscor , Pokémon Scorpidente, esemplare Maschio. Se riesce a prendere correttamente una corrente d’aria, per quanto debole, può compiere un giro del globo senza mai sbattere le ali. mosse conosciute: Tagliofuria Velenpuntura, Forbice X, Acrobazia.» Vivillon, per farsi notare da Gliscor, lanciò Energipalla. Prese la mira in modo tale non colpirlo direttamente, ma piuttosto tentò di sfiorarlo. Il suo intento era quello di fargli comprendere appieno la sua posizione. Gliscor si si voltò, ma non c’era nessuno.
Pochi istanti dopo partì un secondo colpo. Gliscor si voltò di nuovo. Anche questa volta non c’era nessuno. Il Pokémon Scorpidente stava iniziando ad alterarsi. La situazione peggiorò ulteriormente quando venne scagliato un terzo e poi un quarto colpo. Gliscor era intento a lottare con quel Pokémon che lo stava intralciando. Vivillon ne approfittò per richiamare la sua attenzione. Questa volta non era intenzionata a scappare. Tutt’altro. Voleva farsi vedere e affrontarlo faccia a faccia. Il Pokémon Scorpidente si girò per l’ennesima volta puntando un’occhiataccia al suo avversario. Gli fece capire che se non avesse smesso, avrebbe fatto una brutta fine. Vivillon continuava a provocarlo e a farlo adirare, di più sempre, di più fino a fargli perdere la pazienza. A quel punto il nonno guidò Anita verso l’inizio della lotta vera e propria: «Adesso è il momento di lottare, è completamente in balìa della provocazione.» Anita aggiustò il cappello, per cacciare un po’ di tensione. Era un po’ emozionata all’idea di lottare contro un Pokémon del genere. Era forse il primo incontro serio con un Pokémon veramente forte e che non aveva motivi per trattenersi. Quando si era allenata con Ash, i Pokémon del ragazzo si erano sempre trattenuti. La ragazza era consapevole di doverlo fare per tutte le persone del vicinato, anche e soprattutto per i suoi nonni. Sperando di scacciarlo per un po' di tempo, o addirittura per sempre.
Finalmente iniziò lo scontro vero e proprio. «Vivillon, partiamo con Comete!» La Pokémon generò dei raggi di energia dal colore dorato a forma di stelle che andarono in direzione del Gliscor. Il Pokémon, con una delle sue chele violacee, chela parò le stelle lanciate dall’avversaria. Pochi istanti dopo, il corpo di Gliscor emanò una tenue aura viola. Contemporaneamente, cominciò ad avvicinarsi rapidamente alla Pokémon Farfascaglia. Per fortuna quest’ultima fu abile a schivare il colpo, guadagnando quota e tornando alla stessa altitudine che aveva in precedenza. «Vivillon vai con Energipalla!» Le ordinò Anita. La Pokémon formò così una sfera di energia che emanava una luce verde chiaro. Appena fu pronta, la Pokémon la lanciò violentemente verso Gliscor. Il Pokémon ancora non aveva capito dove fosse andata Vivillon. Venne colpito in pieno e perse qualche metro di quota.
Rapidamente Gliscor si girò e recuperò la quota persa. Come se nulla fosse successo, iniziò a caricare l’avversaria. Le sue grandi chele si illuminarono di una luce tendente all’arancione. Anita si accorse delle intenzioni dell’avversario e ordinò alla sua Pokémon di contrattaccare: «Fermalo con Eterelama!» La Pokémon generò delle grandi folate di vento che assunsero l’aspetto di lame e che raggiunsero Gliscor formando una sorta di X. Sfortunatamente, il Pokémon Scorpidente schivò tutte le folate e andò dritto per dritto verso Vivillon, colpendola. Fortunatamente Vivillon incassava senza particolari patemi le mosse coleottero, infatti fece finta di niente e continuò; dunque, Anita insistette «Usa Comete» La Pokémon generò dei raggi di energia dal colore dorato a forma di stelle, in quantità maggiore rispetto a prima. Questa volta Gliscor fu costretto ad incassare il colpo. L’impatto delle stelle contro il corpo del Pokémon generò una piccola nube di fumo. Il Pokémon Scorpidente riuscì a liberarsi dopo appena qualche secondo. Sembrava perfino più fresco di prima.
Da terra, Oshawott voleva trovare un modo di aiutare la sua collega, mostrandosi decisamente più collaborativo di Herdier che era più addormentata che sveglia. Il Pokémon Lontra e Azumarill gli spararono un getto d’acqua spostando Herdier di qualche metro e facendola finalmente tornare in sé. Questa manovra causò alcuni danni al prato, danni che Roselia sistemò immediatamente. Vivillon volse uno sguardo alla scena e le venne un’idea per vincere, lanciò dunque delle Comete verso Oshawott. “Cosa poteva mai significare?” Si chiese la ragazza, prima che la Pokémon riprendesse gli attacchi verso Gliscor
«Usa ancora Energipalla!» La nonna, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, commentò: «Secondo me Vivillon vuole che Oshawott si unisca alla lotta. Dopotutto è un Pokémon di tipo Acqua… Se potesse colpirlo avremmo un bel vantaggio e…» Anita intervenne «Hai ragione! Solo che… da qui Oshawott non potrebbe riuscire a colpirlo.» Il nonno si aggiunse: «Dobbiamo trovare un modo per portare Oshawott lassù. E non possiamo far venire Vivillon qui, altrimenti Gliscor attaccherebbe anche noi!» Minnie si alzò e si tolse della polvere di dosso; quindi, avvisò il suo Allenatore con uno squittio. Il vecchio capì immediatamente le intenzioni della Pokémon: «Minnie, sei geniale! Adesso ascoltatemi tutti quanti!» L’anziano iniziò a spiegare il suo piano, mentre Vivillon continuava a schivare i vari attacchi di Gliscor, che, mano, mano che passava il tempo, diventava sempre più lento. Anita incoraggiò la sua Pokémon: «Resisti Vivillon! Presto arriveranno i rinforzi!» Vivillon, con un piccolo cenno, fece intendere di aver capito, mentre continuava a difendersi da Gliscor.
«Allora Adesso Herdier deve portare Azumarill e Oshawott sul tetto dalla finestra di camera nostra, usando Azione, quindi Oshawott dovrà essere preso da Minnie. Appena sarà pronto farà un bel volo, ma appena sarà arrivato all'altezza di Vivillon. Lei dovrà afferrarlo, così lui potrà e aiutarla a vincere, tutto chiaro?» Spiegò l’anziano. Tutti annuirono. Oshawott , Herdier e Azumarill entrarono velocemente in casa, salirono le scale ed entrarono nella camera da letto dei due anziani.
Per un attimo i due Pokémon di Anita si fermarono a guardare la stanza, ma fortunatamente si resero quasi subito conto che non dovevano perdere tempo. I Pokémon salirono immediatamente sul letto, lo scavalcarono, Azumarill aprirà la finestra. Appena questa fu aperta, i tre Pokémon giunsero sul terrazzo.
Minnie prese Oshawott e si aggrappò con le orecchie ad un appiglio. A quel punto Herdier diede il suo contributo, raggiungendo il lato opposto del terrazzo, quindi si mise a correre, caricando un potente colpo. La Pokémon colpì violentemente il dorso di Azumarill. Nello stesso istante la Pokémon lasciò l’appiglio e si aggrappò con le orecchie al tetto dell’edificio. Con un’incredibile agilità arrivò sana e salva, mentre teneva solidamente Oshawott tra le sue braccia. Pochi istanti dopo, prese il Pokémon lontra con le sue orecchie. Anita era stupita dal lavoro di Azumarill. La ragazza chiese all’anziano: «Sicuro che sia vecchia? Sembra molto atletica!» Il nonno se ne uscì con una frase dal sapore poetico: «Quando una persona o un Pokémon è riconosciuta come tra i più forti al mondo, conserveranno sempre le loro virtù. Devi sapere che noi siamo arrivati tra i primi 20 allenatori più forti del mondo. Un gruppo di élite che comprende i Campioni e le Campionesse delle varie regioni e altri Allenatori che dimostrano il loro valore.» Anita rimase a bocca aperta. Si ricordava delle parole del nonno circa il fatto che la famiglia avesse una grande tradizione di Allenatori. Tutto questo finché non le franò addosso Herdier, che la fece tornare in sé, leccandole la guancia. «Hahaha, sei stata bravissima, però così mi fai il solletico!» Nel mentre, Minnie stava tenendo Oshawott, attendendo che fosse pronto per andare. Il Pokémon Lontra stava osservando Vivillon, pensando “Devo aiutarla! So che è molto in alto ma devo farlo, devo dimostrare di cosa sono capace!” Oshawott fece capire di essere pronto, quindi, l'anziano ordinò: «Vai Azumarill usa Lancio!» Le orecchie della Pokémon si illuminarono. Pochi istanti si piegò, per aumentare la gittata del lancio. Appena ritenne di avere forza sufficiente, lanciò con forza Oshawott, nella direzione di Vivillon. Frattanto, la Pokémon aveva provocato ancora di più Gliscor, aumentando ulteriormente il suo nervosismo.
La Pokémon sentì qualcosa che si stava avvicinando. Per questo motivo, la Pokémon volse lo sguardo verso terra. Si accorse di un puntino bianco che a mano a mano si ingrandiva sempre di più. Iniziarono a comparire anche delle piccole parti azzurre. Vivillon capì. Quella piccola macchia era Oshawott. Alla fine, la Pokémon riuscì ad afferrarlo, con le zampe, prendendolo sotto le ascelle. Volare con quella zavorra non era affatto facile, tanto più che la Lontra tremava come una foglia. Non era affatto abituato a volare. Fino ad allora aveva sempre toccato il terreno coi suoi morbidi piedini, e adesso stava volando a bordo di un Vivillon? Cosa mai sarebbe potuto andare storto?
Anita, notando le difficoltà della sua Pokémon, iniziò a dare delle indicazioni: «Oshawott, Pistolacqua!» Dalla bocca del Pokémon si generò un getto d'acqua che colpì in pieno volto Gliscor. «Adesso usa Acquagetto! Vivillon tienilo fermo con Psichico!»
Mentre Vivillon teneva Gliscor fermo, Oshawott rivestì il suo corpo di un sottile strato d’acqua e, come un proiettile, raggiunse Gliscor, colpendolo in piena pancia. Successivamente invertì la sua rotta, facendosi nuovamente acchiappare dalla farfalla.
«Siete stati fantastici! Continuate così!» Si congratulò la ragazza. I due Pokémon continuarono per qualche minuto finché Gliscor non cominciò a precipitare. Sui suoi occhi si formarono delle spirali. «Viooon! »Vivillon fece notare a Minnie che il Pokémon era ormai sconfitto. La Pokémon, comprendendo le intenzioni dell’alleata, utilizzò il suo Idropompa per attutire la caduta del Pokémon Terra/Volante.
Nel frattempo, Vivillon accompagnò delicatamente Oshawott a terra, con grande felicità, di quest’ultimo, ì che si mise a baciare il terreno. intanto i nonni rimproverarono Gliscor convincendolo a non intralciare più i segnali delle televisioni.
Il Pokémon Scorpidente si allontanò, per la gioia di tutti.
Una volta accesa la televisione la nonna mise la replica del telegiornale.
L’anziano, mentre venivano esposti i titoli delle principali notizie, che, come accadeva spesso, riguardavano per la maggior parte riguardavano tragedie, come incidenti, omicidi, rapimenti e guerre, si complimentò con Anita: «Hai talento, tu e i tuoi Pokémon, avete davvero tanto potenziale. Si vede che i nostri racconti li hanno ispirati per questa lotta.» La ragazza arrossì per il complimento. Era lusingata da quei complimenti.
La nonna fece cenno al marito di fare silenzio. Il telegiornale era quasi concluso: «Puoi parlare dopo! Ora devono annunciare i risultati del torneo a doppi incontri. Mi dispiace non averci assistito dal vivo. Voglio sapere chi ha vinto.» La ragazza accennò un sorriso, mentre la voce del giornalista che presentava i servizi sulle lotte iniziò ad annunciare la notizia: «Ieri, si è tenuta la settantacinquesima edizione del torneo a doppi incontri di Zefiropoli. Un torneo che, come ogni anno ci ha deliziato con delle lotte estremamente avvincenti. Ma veniamo a noi. I vincitori assoluti del torneo sono stati la coppia di allenatori Ash Ketchum, il Campione del Mondo, e una giovane allenatrice proveniente dalla piccola Soffiolieve, chiamata Anita White. I due Allenatori hanno mostrato un grandissimo affiatamento, sembrava già si conoscessero, da come si guardavano e da come lottavano. Il secondo posto è stato, invece ottenuto dalla coppia di allenatori Carlos Martin e Ivan Hollenback infine, al terzo posto si sono classificati un giovane allenatore chiamato Raoul Power e la Performer e Coordinatrice Serena Gabena. Performer che, per la cronaca, è stata anche la vincitrice dell’ultimo Varietà, disputato ad Eolea. Purtroppo, non siamo riusciti a intervistare i partecipanti. Durante la cerimonia di premiazione vi è stato un attacco da parte del famigerato Team Plasma. L’organizzazione, che predica la liberazione di tutti i Pokémon, ha attaccato dall’alto, sfondando il tetto dell’edificio. Il pubblico è riuscito a fuggire, ma a causa della calca, vi sono stati ventidue feriti. Nessuno di loro in gravi condizioni. Non altrettanta fortuna ha avuto l’addetta alla premiazione, che è stata rapita al momento non sia ha idea di dove si trovi né delle sue condizioni di salute.»
Partì un lunghissimo applauso da parte dei nonni e dei Pokémon presenti, che fece commuovere Oshawott, estremamente fiero del suo lavoro.
«Già vinci i tornei! Altro che potenziale! Tu hai la stoffa per le lotte!» Si congratularono i nonni. Quei festeggiamenti oscurarono la notizia dell’ultimo minuto.
Il Governo di Unima aveva sospeso, con effetto immediato e fino a data da destinarsi, i Varietà Pokémon e i tornei. Il provvedimento aveva anche limitato il numero di persone che avrebbero potuto assistere alle lotte in palestra.
Anita cercò di scostarsi da quella posizione «Ma no! Cioè, ero in squadra con Ash… Gran parte del merito è suo. Anche se ha utilizzato Pokémon che aveva catturato da poco, è stato lui a guidarci alla vittoria. Noi non abbiamo fatto nulla di incredibile.» L’anziano attaccò: «Se lo dici tu! Ma anche i tuoi amici hanno fatto bene, vero? Io credo assolutamente di sì. A proposito… perdona la mia curiosità, ma che cosa avete vinto?» La ragazza rispose: «Quattro biglietti per la Ventiquattro
ore di Spiraria, se non mi sbaglio.» I nonni le raccomandarono di stare attenta e Anita si limitò ad annuire.
All' improvviso partì una musichetta. Era nuovamente lo Smart Rotom della ragazza. Serena la stava chiamando di nuovo. Lo Smart Rotom della ragazza si mise a fluttuare in aria, mentre la chiamata partiva.
«Sandile usa Fossa, Servine Vorticerba!» Si sentì un urlo assordante: era Ash. Carlos gli aveva chiesto se potessero fare una lotta in doppio di allenamento, per permettere al nativo di Levantopoli di conoscere meglio l’Houndour da poco catturato. «Ehm…Pronto?» Serena si mise nell' inquadratura dello Smart Rotom e salutò «Anita? Va tutto bene? Volevo solo ricordarti che sono le sette. Avevi detto che tornavi da noi tra una mezz’ora. Lo dico per te, penso che Ash non voglia lasciare neanche una singola mollica di pane, quindi… A parte gli scherzi, come sta andando? Ti stai divertendo, ovunque tu sia?» Anita, pur capendo le ragioni dell’amica, non voleva essere scortese nei confronti dei nonni. Un po’ tremante, disse: «Oh... Scusatemi. Avevo promesso a Serena che sarei rientrata per le sette e mezza e…» L’anziana fece un cenno di aver capito. Nel mentre, il nonno si affacciò nell' inquadratura. «Possiamo salutare anche noi i tuoi amici?» Chiese. Anita, sia pur non molto convinta accettò e invitò la nonna a partecipare alla chiamata. Quindi cominciarono delle presentazioni, piuttosto discutibili.
Si sentì un trambusto dietro la vincitrice del Varietà, Servine era stata colpita in pieno dal Braciere di Houndour ed era stata scottata. Serena si girò dietro di sé: «A quanto pare, Servine ha bisogno di un Antiscottatura. Devo andare. Un bacio!» Anita salutò l’amica: «Ci vediamo dopo!» «A presto Serena!» I due anziani salutarono la ragazza, prima di chiudere la chiamata.
Anita si alzò ed esclamò «Scusate, ma ora devo proprio andare. Noi alloggiamo dall’ altra parte della città. È una bella camminata, quindi, per cui scusate, ma devo proprio andare.»
I due anziani si alzarono a loro volta. «Ciao Anita abbi cura di te!» Il nono le diede un bacio sulla guancia. «Stai attenta, e fai attenzione alle persone che incontri!» La salutò la nonna, dandole un bacio sulla guancia. Quindi la ragazza si avvicinò a Picernese: «Quando avrò bisogno di una giardiniera ti chiamerò!» Nello stesso istante, anche i Pokémon della ragazza salutarono la coppia di anziani. La ragazza non si dimenticò nemmeno di salutare Minnie: «Grazie di avermi salvata prima, e di averci aiutati! Magari un giorno lotterai contro Pikachu.» fatto questo, la ragazza la abbracciò, accorgendosi di come la sua pelle fosse morbidissima. Concluso il tenero abbraccio, la Pokémon cominciò a salutare i Pokémon della ragazza. Disse anche qualcosa ad Oshawott. La lontra reagì con un occhiolino, come per dire “lo farò!”
I due anziani accompagnarono la ragazza fino al portone d’ingresso. La ragazza fece alcuni passi, scortata dai suoi Pokémon. Quando quest’ultima fu abbastanza lontana, rientrarono e chiusero la porta.
Anita fece rientrare i suoi Pokémon nelle rispettive Poké Ball. La ragazza stava continuando a pensare ai racconti dei nonni. Sperava davvero di trarre di buono da quegli insegnamenti. Mentre varcava la soglia del cancello, stava rivedendo le pagine Pokédex dei Pokémon dei nonni, stando attenta a non inciampare come era già capitato.
Andò avanti così per un po’, finché non arrivò dall’altra parte della città, al centro Pokémon dove alloggiava coi suoi amici. Solo al rientro si rese conto di quanta strada avesse effettivamente percorso.
Appena entrata all’interno del centro Pokémon, quello che si palesò davanti alla ragazza fu qualcosa di difficile descrizione.
Ash stava correndo di qua e di là disperato: «CHE COSA FACCIAMO ADESSO?» Nel mentre Carlos attaccava: «Qualcosa puoi fare, riflettici bene!» A quel punto, Serena rispose: «Posso lanciargli una boccia di sale?» Carlos si mise a ridere: «Non puoi, ho attivato la barriera doppio acciaio, e poi il vetro non gli fa niente!» Anita sembrava piuttosto incuriosita dalla situazione: «Ciao, ragazzi! Ma cosa sta succedendo? Perché Ash sta urlando quelle cose?» Carlos rispose: «Stiamo giocando ad un gioco di ruolo, che ha come protagonisti degli umani che sembrano dei Mismagius, chiamati “Stregoni”. Adesso Serena ed Ash devono compiere un’azione, altrimenti non possono tirare i dadi per arrivare alla casella finale.» Anita guardò meglio il tabellone e disse «Ah sì, lo conosco questo gioco, ho visto qualche video.» Serena a quel punto, le chiese: «Puoi darci una mano, per favore? Abbiamo solo due tentativi e queste carte, se non facciamo la scelta giusta, lui userà il dado fortunato e vincerà. Anche noi lo abbiamo, abbiamo anche questi oggetti. Qua ci sono i bonus e le difese.» Anita guardò i presenti con maggiore attenzione, e si accorse di un piccolo dettaglio: «Quindi le squadre sono tu ed Ash contro Carlos e…Delphox?» Ash sviò l’argomento: «Ah, ciao, sei arrivata in anticipo, avevi detto che saresti arrivata qui per le otto. Comunque… tornando a noi… abbiamo DUE» Il ragazzo sottolineando particolarmente “due” «Problemi. Dobbiamo vincere la partita. Ne vade la nostra cena. Poi abbiamo un piccolo problema… Vivillon ed Herdier devono recuperare la palla dei Pokémon che è finita tra gli alberi del bosco, e non riusciamo a vederla.» La ragazza ricambiò dicendo: «Ok, capisco, ma una cosa alla volta. Io vi posso dare una mano qui, mentre loro due cercano la palla.» La ragazza fece uscire Herdier e Vivillon dalle Poké Ball e le istruì sul da farsi. Sylveon si offrì di accompagnarle nel bosco, sperando di ritrovare l’oggetto smarrito al più presto.
Le tre Pokémon riuscirono a recuperare la palla in un tempo estremamente breve, facendo meravigliare i Pokémon presenti. Nello stesso momento, Anita stava pensando a come risolvere la situazione. Stava guardando il tavolo con attenzione. Dopo qualche attimo di riflessione prese la carta “pala d’acciaio” e lo “spray misterioso” dicendo «Scavo una buca con la pala e uso lo spray su di essa, se esce un numero tra 4 e 7 si curva e ti colpisce dando così il dado.» Anita allora prese i dadi mentre Carlos sorrideva in maniera ironica. «Veramente impressionante! Brava! Ma non è il momento giusto per fare queste giocate da 200 iq, anche perché potrebbe capitare un’altra cosa!» Intanto Anita prese i dadi. Si trattava di due dadi di legno. Uno era verde e l’altro era viola. Li strinse nelle mani, li scosse e li lanciò. Ash chiuse gli occhi «Non voglio vedere!» Gli altri tre chiusero gli occhi a loro volta. Uno dei due dadi stava continuando a girare.
Senza che nessuno glielo chiedesse, Oshawott uscì dalla sua Poké Ball e vide il dado girare, notando che tutti i ragazzi avevano gli occhi chiusi, lo fermò. Quindi premette il meccanismo di sblocco e tornò nella Poké Ball. «È uscito cinque!» Disse Serena, con grande sorpresa. «Ash sai cosa fare!» Si rivolse al compagno di squadra «Cambio il dado con quello fortunato e scelgo 3! Abbiamo vinto!» Il ragazzo non si rese conto di quanto stesse urlando. E del fatto che avesse spaventato parte dei presenti nel centro Pokémon, oltre a diversi Pokémon volanti che riposavano negli alberi vicini. Le ragazze lo guardavano imbarazzate.
Quindi Carlos si alzò e disse: «Avanti tutti a tavola, non voglio sentir parlare di questo gioco almeno fino all’anno prossimo!» I ragazzi si sedettero tutti alla tavola. La tovaglia era di un arancione veramente acceso, con delle decorazioni floreali, tremende, secondo Anita.
Durante il pasto, dei grossi e succosi panini con l'hamburger, fra i quali spiccava quello di Ash, condito con ben sei salse diverse (maionese, ketchup, salsa piccante, salsa barbecue, e due salse segrete preparate da Carlos) Serena iniziò il discorso, rivolgendosi ad Anita: «E così… loro erano i tuoi nonni?» La ragazza rispose «Sì, non mi sarei mai aspettata che l’unica volta che uscivo da sola, ali avrei incontrati. Per fortuna non erano arrabbiati con me o altro, per quello che era successo con la mamma. Sono stati molto gentili e hanno cercato di mettermi a mio agio. Mi hanno anche raccontato le loro esperienze passate, per esempio i loro Pokémon ancora in vita, si siano evoluti.» Ash, come suo solito, partì a razzo: «Erano dei Pokémon forti?» Anita sciolse immediatamente il dubbio dell’amico: «Sai, il nonno, da giovane, era tra i venti allenatori più forti della sua epoca. La nonna, invece, preferiva dedicarsi ad aiutare le persone bisognose.» Ad Ash cadde l’insalata dal panino. Quasi non credeva alle parole dell’amica. «Davvero tuo nonno è stato così vicino alla vetta del mondo? Deve aver vinto davvero tante lotte! Dimmi un po’, che Pokémon aveva?» Anita fece mente locale per cercare di ricordarli: «Da quel che mi ha raccontato aveva un Sandile, una Staravia, un Woobat, un Pignite, un Goodra, e l’unico ancora in vita, Azumarill. Non mi ha raccontato se i suoi Pokémon si sono evoluti, ma credo di sì.» Ash si accorse di una strana coincidenza. «Di questi Pokémon, ne ho catturati tre. Sandile e Staraptor li hai già conosciuti, mentre Goodra l’ho liberato a Kalos. È stata dura separarmi da un amico. Ma dimmi un po’ Azumarill, Pignite e Woobat erano forti?»
La risposta della ragazza non si fece attendere. «Ho visto Azumarill, all'opera, è stata davvero forte! Avresti dovuto vederla! Avrà anche una certa età, ma è ancora arzilla. Certo, non è forte come quando era giovane, ma si tiene in forma. Secondo il nonno, ai suoi tempi era persino più forte…di …Pikachu» queste parole scatenarono una crisi di riso ad Ash: «Va bene, se lo dice lui… Purtroppo non si può tornare indietro nel tempo così facilmente. Anche se sarebbe stato bello ai suoi tempi, vero, amico?» Ash si rivolse a Pikachu, che rispose emanando delle leggerissime scariche elettriche dalle guance.
La serata continuò tranquilla con Anita che cercò di riassumere i racconti dei nonni. Racconti che fecero applaudire Carlos, che mostrò una certa invidia nei confronti della ragazza. Diversa fu la reazione di Ash: «Un giorno voglio sfidare tuo nonno e vedere cos'è rimasto di Minnie». Serena, dal canto suo, pensava a delle possibili combinazioni ispirate alle leggendarie lotte disputate dal nonno della ragazza.
I quattro si separarono solo a tarda notte, rientrando nelle loro stanze.
«Erano proprio in gamba i nonni.» Commentò Anita. Quindi prese le Poké Ball dalla sua borsa. «Rendiamoli fieri di noi. Insieme riusciremo a sconfiggere la Campionessa.»

Un incontro inaspettato che ha dato non pochi insegnamenti alla giovane Allenatrice, ancora più motivata nel perseguire il suo obiettivo di diventare la Campionessa di Unima.


Reshiram Lego


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=4059835