Libero Arbitrio

di Lifia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorno ***
Capitolo 2: *** Ferite ***
Capitolo 3: *** Smile ***
Capitolo 4: *** Poteri ***
Capitolo 5: *** Brutte notizie ***
Capitolo 6: *** Sfida ***



Capitolo 1
*** Ritorno ***


Ben ritrovati!
Spero che chi in passato ha letto “A legendary story of Dragons” si ricordi ancora di me.
Questa storia è un sequel, per l’appunto del racconto citato prima. Per avere tutto quanto chiaro consiglio di leggere la prima parte, giusto da non farvi scappare qualche dettaglio rilevante, benché quella versione su EFP sia vecchia e con tantissimi errori.
In passato iniziai già a scrivere questa storia, ma la cancellai per vari motivi, decidendo di riscriverla in chiave più moderna (visto anche l’avanzamento del manga)
 
Vi avviso che non seguirò gli accadimenti del manga.
La storia riprende praticamente da quando Law lascia Wano, ma non è canon, prendendo una timeline diversa.
 
Buona lettura!
 
 
Soffocai uno sbadiglio stiracchiandomi come un gatto, osservando con occhi socchiusi il sole che stava sorgendo.
Ero appoggiata sopra una delle rocce lastrose della montagna, guardando l'ennesima è bellissima alba, come ogni giorno.
Era passato un anno e mezzo da quando ero arrivata su quell'isola. Un anno e mezzo di frustrazione e rabbia per il semplice fatto che da lì non potevo andarmene.
Non c'erano navi e non c'era neppure la possibilità che ci arrivassero per puro caso.
I log pose non indicavano quell'isola e i giornali non arrivavano.
Era un anno e mezzo che ero fuori dal mondo, senza sapere cosa stesse succedendo e soprattutto senza sapere cosa fosse successo a lui.
Sospirai rassegnata, poggiando le mani sulle ginocchia e abbassando appena il capo, osservando distrattamente lo spettacolo naturale che avevo di fronte.
Era forse uno dei pochi momenti in cui non mi lasciavo prendere dallo sconforto.
Non c'era un giorno dove non pensassi a quanto accaduto e ormai fuggire da quell'isola era diventato il mio unico obbiettivo, benché tuttavia forse non mancava poi così tanto a realizzarlo.
<< Lianna!? >> Mi chiamò una voce chiaramente maschile e affannata, che riconobbi come quella di Ryltar.
Sospirai scocciata spostando la testa dalla parte opposta da quella da dove lui stava arrivando con espressione irritata.
<< Sapevo di trovarti qui >> valutò tirando un lungo respiro fermandosi accanto a me è guardando a sua volta verso il mare dove il sole stava sorgendo.
<< Sapendolo potevi andare a cercarmi altrove e poi dire al vecchio che non mi avevi trovata >> replicai stizzita senza guardarlo. << Come se poi la situazione cambiasse! Sai già come la penso. >>
Lui per tutta risposta sospirò stancamente, sedendosi accanto a me. << Devi capirlo, è un tradizionalista che ha sempre vissuto per il suo popolo. >>
Abbassai il capo scuotendolo << Non ha senso! Basterebbe che iniziaste a uscire da qui è vedere il mondo come è davvero! Così come ha fatto mio padre! Se fosse vero quello che dice il vecchio non avrebbe senso neppure la mia esistenza! Senza contare che sono l'unica che Cassian accetta di vedere e parlare… >> tornai a guardarlo, scocciata << …e sono un sangue misto! Quindi quello che dice il vecchio non ha fondamento. Cassian non ha parlato con nessuno di voi in tutti questi anni. Mentre con me sì, ma stranamente il vecchio questo non se lo spiega >> mi sfogai, alzandomi in piedi.
Ryl sospirò, guardando verso la foresta che si estendeva ai piedi della montagna senza rispondermi, poi si rialzò anche lui tornando a guardarmi.
<< Guarda che ti capisco! Non sei la sola e unica che vorrebbe andarsene da qui >> mi rimbeccò incrociando le braccia, mentre io gli lanciavo un’occhiata irritata.
<< Tanto me ne andrò comunque e pure presto >> risposi seccamente dandogli di nuovo le spalle mentre lo sentivo sospirare nuovamente.
Iniziai a scendere lungo le rocce con agilità. Ormai conoscevo perfettamente ogni sentiero e passaggio, senza contare che in quell'anno avevo affinato molto di più ogni mia capacità.
Certo, aver avuto maestro un drago aveva sicuramente portato i suoi frutti, dopotutto.
<< Potrebbe essere morto, lo sai? >> sentii mormorare poi alle mie spalle Ryltar, distraendomi dai miei pensieri e inchiodandomi sul posto facendomi irrigidire. Strinsi le mani a pugno senza rispondergli.


Se lo avessi fatto non mi sarei trattenuta e sapevo che saremmo poi andati a litigare per l'ennesima volta e sinceramente non né avevo nessuna voglia.
<< É passato un anno e mezzo e stiamo parlando di un pirata! Potrebbe essere stato ucciso o addirittura in prigione >> continuò fermandosi alle mie spalle. << Ormai questa è la tua casa, appartieni a questo posto, lo sai >> aggiunse poggiandomi una mano sulla spalla che io mi scrollai di dosso con un gesto seccato, tornando a guardarlo con rabbia.
<< Questa non è la mia casa e non appartengo affatto a questo posto. Lo sai benissimo! Non accetto le vostre regole e ti ricordo che sono anche io un pirata >> risposi gelida voltandomi di nuovo e riprendendo a scendere. << Soprattutto … Law è vivo. Non è morto! >>
Lo sentii sospirare nuovamente alle mie spalle esasperato e forse pure sconsolato.
Era un bravo ragazzo e da quando ero su quell'isola era diventato praticamente il mio migliore amico.
Avevo il sospetto che nutrisse qualcosa oltre che la semplice amicizia, ma sapeva perfettamente che da parte mia non ci fosse nulla, senza contare che con gli altri abitanti del villaggio non ero mai riuscita a costruire un vero e proprio rapporto.
Non mi sentivo parte della comunità, anzi, stavo molto meglio in compagnia di Cassian, il dragone che abitava all'interno della montagna. Colui che mi aveva salvata donandomi nuovamente la vita.
Se dovevo qualcosa a qualcuno questo era unicamente a lui.
Per non so quale assurda ragione ero l'unica che accettasse di vedere o con la quale parlasse. Aveva cercato di spiegarmi che avevo qualcosa di speciale e di diverso e che, avendo sangue di drago, in quell’occasione non sarei potuta morire, quantomeno la mia parte di drago.
Per quella umana invece era tutta un’altra storia. Quella sì che avevo rischiato di perderla e la situazione non si era ancora del tutto risolta.
Scossi il capo riprendendomi dalle mie elucubrazioni per l'ennesima volta tornando sul ragazzo dai capelli color rame. << Comunque che vuoi? Mi devo allenare, lo sai bene! >> sibilai velenosa incrociando le braccia mentre lui mi rispondeva con un sospiro esasperato.
<< Il vecchio mi ha mandato a chiamarti e mi ha chiesto se puoi venire al villaggio … >>
<< Ma che seccatura… non ne ho la minima voglia >> risposi senza lasciarlo finire.
<< Ma perché, cazzo!? Tutto questo per lui? >>
<< Sì! >> ammisi voltandomi a guardarlo con un’espressione carica di rabbia. << Tutto questo per lui! Non posso rimanere su quest'isola sapendo che Law sia da qualche parte che mi crede morta! Non voglio stare su quest'isola, punto e basta! Voglio stare con il mio capitano e i miei compagni >> ringhiai ripetendo quelle parole per l'ennesima volta, prima di voltarmi di nuovo risalendo per il sottile sentiero tra le pietre affilare.
Quando mi voltai nuovamente a guardarmi alle spalle Ryltar era sparito.
 
Scesi di nuovo nella montagna, raggiungendo dopo neppure un ora la veccia città abbandonata. Aveva ancora i segni della lotta tra Law e Kelirth, anche se gran parte era stata ristrutturata da chi ci abitava ormai da anni.
Cassian era un vecchio drago dalle scaglie di un blu intenso che dimorava in quella città abbandonata da migliaia di anni ed era tra gli ultimi superstiti di quelle creature che un tempo dominavano i cieli.
Mi aveva risvegliata lui, portandomi fuori dalle acque del lago e soffiando su di me un barlume di vita che aveva riattivato il sangue che mi rendeva diversa. Non ero né umana né un drago, ma neppure mi potevo definire metà e metà. A detta di Cassian ero una razza a parte. Una razza antica ormai estinta che migliaia di anni prima viveva proprio in quei luoghi.
Scivolai in silenzio lungo una delle vie guardandomi attorno. Sentivo e percepivo la presenza del drago che ero certa mi stesse osservano anche se non lo riuscivo a vedere, probabilmente percependo anche il mio stato d’animo in subbuglio.
Lo scorsi solo quando raggiunsi il lago. Quello stesso posto a cui mi sentivo legata e dal quale mi ero praticamente risvegliata trovandomi davanti l’enorme dragone che ormai mi era apparso di fronte.
 
Aprii gli occhi, confusa e dolorante. Non ricordavo chi fossi, dove fossi e perché ero lì in quel luogo. La prima cosa che vidi e misi a fuoco nel buio furono due occhi di un giallo dorato che mi fissavano. L’iride era segnata da una ferina pupilla verticale e, sebbene appena visibile nella fioca luce, riuscivo perfettamente a vedere la testa della creatura proprietaria di quello sguardo che mi stava fissando. Era enorme, blu e sfumata d’azzurro, scagliosa e irta di spuntoni, zanne e corna. Bellissima quanto terrificante!
Eppure non ne ebbi paura, come se in un certo senso sapessi che non avevo nulla da temere.
Il drago socchiuse appena gli occhi sbuffando dalle froge senza distogliere lo sguardo dal mio.
Non capivo se mi stesse valutando, osservando o studiando.
Avevo di fronte un drago! Un enorme dragone gigantesco!
Le sue scaglie erano bagnate e vendevo ancora piccoli rivoli d'acqua che scendevano lungo il muso e il collo che iniziai a mettere a fuoco assieme all’enorme corpo squamoso e titanico di quella bestia meravigliosa.
Aveva le ali richiuse e stava accucciato in una posizione che mi ricordava un grosso gatto acquattato e rilassato, anche se ero certa che in quel momento lui stesse provando una sorta di curiosità misto a divertimento.
Come lo capissi era per me un mistero. Lo sapevo e basta.

Poi dopo un attimo di estasi nel contemplarlo ricordai all’istante tutto quello che era successo.
Mi rialzai quasi barcollando, mentre la mia espressione cambiava drasticamente e con un altro sbuffo la testa del drago si spostava lievemente indietro.
<< Law!? >> domandai guardandomi attorno improvvisamente preoccupata e con tutti i ricordi che tornavano a turbinarmi nella mente con una velocità tale da stordirmi e da farmi dimenticare della presenza del drago. Almeno per il momento.

Vidi la pozza d’acqua e solo in quel momento mi accorsi di essere completamente fradicia da capo a piedi, con solo il rimasuglio di quella che era la mia tunica, completamente strappata sulla schiena e ancora macchiata di sangue.
Non capivo! I miei ricordi erano ancora vaghi e non chiari.
Mi tornava alla mente quando ero stata accanto a lui, ferito e stanco dopo la battaglia contro Kelirth … il mio terrore di perderlo … la mia decisione … la perla … il sacrificio.

<< Law … >> mormorai ancora guardandomi attorno nella speranza di vederlo, fermando poi il mio sguardo sul dragone che immobile era rimasto a fissarmi.
<< Non è qui! >> sentii una voce cavernosa e profonda rispondermi e intravidi chiaramente la mascella del drago dischiudersi appena.
Io lo guardai nuovamente a bocca aperta nel razionalizzare che a parlare fosse stato proprio lui.
<< Dove è? >> domandai frettolosamente e in presa alla crescente ansia. << É vivo? >> chiesi infine non sapendo se il mio desiderio fosse stato realmente esaudito o meno.
Il drago socchiude gli occhi restando in silenzio per un tempo che mi parve lunghissimo. << Sì! Ma non è qui! >>
<< E dove è? >>
<< Ha lasciato l’isola >> mi rispose con una voce priva di qualsiasi inflessione sebbene fossi certa che ancora mi stesse guardando con curiosità, studiando le mie emozioni con estremo interesse.
Emozioni che in quel momento stavano iniziando a impazzire del tutto.

Era vivo … ma non era lì!
<< Cosa … cosa è successo? >> domandai a fatica appoggiandomi a una roccia accanto distogliendo lo sguardo dal drago. Avevo il respiro affannato e soprattutto un male al petto che ricordavo perfettamente. Era lo stesso dolore che avevo provato alla notizia che Ace era morto.
La stessa sensazione di dolore distruttivo provata verso l’uomo che avevo amato con tutta me stessa e che avevo perso da tempo, ma che ora provavo invece per lui.
Solamente perché quella creatura mi aveva detto che non c’era.
Il dragone sbuffò appena scivolando nuovamente con il muso verso di me. << Hai usato uno dei tuoi desideri. Lo hai salvato e tu sei morta al suo posto... >> spiegò piatto per poi osservarmi sempre curioso.
Aveva un movimento sinuoso del collo simile a quello di un serpente tanto da mettermi i brividi.
<< … Almeno era quello che lui deve aver creduto. Ti ha portato qui e ti ha lasciato cadere nell’acqua >> narrò, mentre un alito di aria gelida proveniente dalle sue fauci mi investii.
<< Perché allora sono viva? >> domandai scuotendo la testa.
<< Perché non sei umana! Almeno non del tutto. La tua morte è sembrata tale in quanto la tua parte umana è effettivamente deceduta, ma non la tua parte legata al sangue di drago che possiedi. >>
A quella spiegazione scossi il capo incredula. Stavo sognando o avendo un incubo.
Che altra ragione poteva esserci per razionalizzare quello che mi stava succedendo?
Stavo parlando con un drago gigantesco come se niente fosse, che mi aveva appena detto che ero morta, ma che ero viva perché in me scorreva sangue di drago.
Era pura follia!
<< Stò impazzendo? >> domandai lasciandomi cadere a terra e prendendomi la testa tra le mani per poi guardarmele scuotendo il capo, mentre il drago chinava il muso sopra di me dischiudendo nuovamente le fauci in uno sbuffo che sembrava piuttosto divertito.
<< No, Tytär! Non stai impazzendo! É semplicemente quello che è successo. >>
Alzai lo sguardo su di lui, incredula. << Come sai il mio nome? >> domandai con occhi sbarrati.
Il drago mi guardò, per poi alzare il muso girando il collo flessoso in direzione della città. << So chi sei! Ho sentito la tua presenza prima ancora che tu arrivassi. Era la mia voce che sentivi e che ti ha portata qui >> spiegò senza guardarmi, mettendosi seduto sulle zampe anteriori e aprendo lievemente le grosse ali membranose.
Scossi ancora il capo << Perchè! Perchè hai voluto che venissi fin qui? >> domandai, per poi tornare ad alzarmi. << No lascia perdere. Devo andarmene! Se Law è andato via devo raggiungerlo >> dissi ignorando la bestia. Il bisogno di tornare dal mio capitano e dai miei compagni era forte. Di altro non mi importava, neanche di un drago.
<< Non puoi lasciare l’isola, Tytär >> lo sentii mormorare alle mie spalle appena mi voltai, restando a guardarmi impassibile mentre mi giravoi a guardarlo stralunata.
<< Come? >>
<< Da quest’isola non si può andare via. Non ci sono porti, né navi! Lo sai benissimo anche tu, è come se non esistesse >> spiegò, sempre inflessibile. << A meno che tu non sappia volare non c’è modo di  andarsene da qui. >>
 
Riaprii gli occhi, osservando in direzione dello specchio d’acqua, sentendo alle mie spalle la presenza del drago che rimaneva in religioso silenzio.
Le parole che allora mi aveva rivolto mi erano rimbombate nella mente per i mesi successivi.
Avevo rivisto Ryltar e conosciuto il villaggio in cui lui stesso mi aveva portato e nonostante mi ripetevano ogni giorno che non potevo andarmene, e che quella era la mia nuova casa, il mio pensiero fisso erano i pirati Heart e il loro capitano.
Il Mio capitano!
Sospirai a quel pensiero, ignorando l’enorme bestia in mia compagnia e mi sedetti a terra osservando il pelo dell’acqua.
Avevo praticamete smesso di  stare con quelli del villaggio ed invece passavo il tempo tra le rovine della città, con l’unica conpagnia del drago che l’abitava.
<< Ci stai ancora pensando? >> sentii la voce cavernosa e profonda del grosso dragone, la cui testa mi apparve di fianco.
Come al solito mi soffermai a guardarlo, rapita da quella selvatica e selvaggia bellezza, mentre poggiava il muso accanto a me.
Era enorme! Da eretta non riuscivo neanche ad essere grande quando l'intero cranio.
Gli poggiai una mano sul muso, vedendolo assottogliare lo sguardo come se stesse grandendo il mio tocco. La sua pelle era fredda al tatto, ma liscia e asciutta.
<< Sì! >> sussurrai con voce triste. << Non ce la faccio più a stare qui, Cassian. >> Alzano poi lo sguardo su di lui, affilando un sorrisetto stanco. << Certo che se avessi avuto un maestro migliore… adesso saprei volare, forse >> ridacchiai sarcastica, mentre il drago riapriva gli occhi lanciandomi un occhiataccia, alzando di nuovo il muso soffiando una lieve brezza gelida nella mia direzione, che mi fece rabbrividire.
<< Il problema non è il tuo mentore! Il problema sei tu! Te l'ho già spiegato >> rispose atono mentre io sospiravo.
Gli avevo chiesto in passato di aiutarmi e portarmi lontano dall'isola, ma non poteva. Era contro il suo codice. Motivo per il quale non era neppure intervenuto durante lo scontro di Kelirth e Law ed era semplicemente rimasto a guardare.
Poteva istruirmi e insegnarmi cosa fossi e quali poteri da esso ne derivasse, ma altro no, si era fermamente rifiutato.
<< A ogni modo la scelta e tua e io non ti fermerò. Lo sai >> rispose sbuffando nuovamente verso di me per poi rialzare il grosso muso rialzandosi da terra. << Se è destino da qui te ne andrai, presto o tardi che sia >> spiegò, voltandosi per iniziare ad allontanarsi.
Nonostante l'imponente mole non faceva il minimo rumore e si muoveva sinuoso e aggraziato. Non a caso ogni volta mi perdevo a guardarlo, rapita dalla bellezza che solo una creatura simile poteva avere.
Cassian poi, così come era apparso, scomparì tra le macerie della città, lasciandomi da sola in compagnia delle lucciole che illuminavano l’enorme caverna.
 
Raggiunsi il villaggio che ormai stava calando la sera, immaginandomi già a dover discutere e lamentarmi con il capovillaggio di cosa potevo o non potevo fare, ma i miei pensieri furono bloccati sul nascere.
Dal sentiero che portava il villaggio si intravedevano i bagliori di un focolaio, come se tutto stesse andando a fuoco e ci misi un attimo anche a sentire l’odore di bruciato che mi arrivava alle narici. Avevo sviluppato di molto i miei sensi, ma ero così presa dai miei pensieri che non mi ero affatto accorta di quell’odore.
Portandomi su uno dei promontori che dava verso il villaggio e la spiaggia vidi ogni capanna avvolta nelle fiamme e uomini, palesemente non del villaggio, che radunavano i miei compaesani al centro della piazza.
Ma che attirò la mia attenzione era la grossa nave a due alberi, con un teschio di drago, o di dinosauro, come polena. Le vele erano ammainate, ma sopra la coffa svettava impertinente la bandiera nera dei pirati, con un simbolo che già avevo visto sui giornali quando ancora viaggiavo per le isole. Il classico teschio pirata dalla capigliatura rossa, trafitta da un pugnale e con delle fiamme a lato era fin troppo famosa già un anno e mezzo fa.
<< Cazzo! >> ringhiai tra me e me, portandomi le mani tra i capelli, riconoscendo il simbolo dei pirati di Kidd e ricordando la fama che aveva al tempo ed era terribile.
Persino Law non aveva parlato bene di lui quelle volte che si era entrati nell’argomento e la cosa non mi piaceva per nulla.
Tuttavia… tuttavia c’era una remota possibilità…
Inizia a scendere rapidamente dal promontorio, diretta il più velocemente possibile alle porte del villaggio e solo là iniziai a rallentare, più o meno nel momento stesso in cui gli uomini di Kidd si accorsero di me.
<< Lyanna! >> mi chiamò Ryltar, inginocchiato e legato assieme al resto del villaggio e con un’espressione preoccupata quanto spaventata. Era persino ferito.
Guardai i tre che si avvicinavano a me, una donna e due uomini dall’aspetto piuttosto… bizzarro. Uno di loro era alto, un vestito nero a rete, quello che sembrava un cappuccio, una collana con delle asce e una sorta di tridente in mano. Non capivo se avesse se avesse delle corna che partivano dalla fronte o fossero solo parte del cappuccio. La donna e l’altro pirata sembravano di certo più normali.
<< Prendete anche lei >> ordinò il pirata con la maglia a rete, anche se io non stavo affatto guardando loro.
La mia attenzione era tutta per l’enorme uomo con i capelli rossi che si era voltato a guardarmi appena ero arrivata.
 
Ricordavo Kidd molto diverso, più magro, benché già all’epoca fosse grosso, ma non in maniera così eccessiva. Aveva svariate cicatrici che sulla taglia non ricordavo di aver visto e, soprattutto, aveva un braccio meccanico che con tutta probabilità aveva preso il posto di quello originale.
Aveva un’espressione ferale e seria, irritata tanto da farmi venire i brividi.
<< Tu! >> mi chiamò il pirata che si stava avvicinando assieme alla sua collega.
<< Oh… sì... >> risposi frettolosamente alzando appena di più le mani in segno di resa. << Mi consegno… mi consegno! >> dissi subito senza fare resistenza << Ho solo un pugnale, non ho altre armi. >>
La ragazza mi guardò dubbiosa, sfilandomi la mia unica arma per poi spingermi verso il gruppo ammassato di fronte al capitano dai capelli rossi.
<< Mph… sono tutti, vecchio? >> domandò Kidd con voce cavernosa e minacciosa.
<< Sono… tutti >> borbottò, anche lui era ferito, mi resi conto.
Avrei potuto curarli più tardi, sempre che ne avessi avuto l’occasione. Nel tempo che ero rimasta sull’isola avevo iniziato a studiare le basi della medicina. Certo, non sarei mai stata a livello di Law, ma piuttosto che niente…
Inoltre, il vecchio medico della valle era bello che morto poco dopo il mio arrivo e qualcuno che avesse almeno una base di conoscenza di medicina serviva. Il resto lo aveva fatto Cassian.
<< Che cosa volete? >> domandò Ryltar deciso. Non che avesse un tono di sfida, ma l’espressione che gli rivolse Kidd mi fece pensare che lo avrebbe ucciso sul posto.
Era arrabbiato, terribilmente arrabbiato.
<< Oh Kami! Che vuoi che siano venuti a fare, Ryl? >> replicai io cercando di attirare l’attenzione su di me, riuscendoci e avendo finalmente lo sguardo del rosso su di me.
Lo ignorai, volgendo lo sguardo verso il capovillaggio. << Lascia parlare me, vecchio… >> dissi tornando a guardare Kidd che assottigliò lo sguardo << … sono l’unica di voi a sapere chi abbiamo di fronte. >>
 

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Capitolo 2
*** Ferite ***


<< Mi Conosci? >>
Il rosso si rivolse a me, con tono altezzoso e borioso, alzando appena il viso e guardandomi dall’alto in basso, avvicinandosi.
Era altissimo, forse una quindicina di centimetri più di Law, ma era più il suo aspetto nel complesso che metteva decisamente a disagio, oltre al fatto che in quel momento sembrava piuttosto irritato.
<< Sì, Eustass Capitan Kidd. So chi sei, benché le mie conoscenze si fermino a un anno e mezzo fa. Qui non arrivano né giornali, né tantomeno persone, >> spiegai spostando il capo di lato, senza distogliere lo sguardo dal suo << anche se presumo che la tua notorietà sia aumentata, vero? >>
Bastava quello che mi ricordavo a presentarmelo come un pericolo enorme. Già all’epoca era descritto come un pirata crudele, violento e privo di pietà. Aveva guadagnato una taglia altissima dopo aver preso il mare, soprattutto per i disastri che aveva commesso prendendo di mezzo i civili.
Non mi sorprendeva che avesse dato fuoco al villaggio senza porsi nessun problema, dopotutto i pirati questo facevano.
Almeno la maggior parte di loro, sebbene alcuni fossero diversi e Law era uno di quelli.


Kidd accennò un sorriso sprezzante, incrociando le braccia al petto, mettendo ben in vista la protesi metallica sulla quale mi cadde l’occhio. Lo sentii ridacchiare << Rispetto a un anno e mezzo fa e decisamene aumentata. >>
Sembrava aver apprezzato la mia osservazione.
<< E che cosa volete? >> domandò Ryltar vicino a me.
Ecco! Lui era uno di quelli che il buonsenso proprio non sapeva cosa fosse e non mi soprese lo sguardo di fuoco che il capitano dai capelli rossi gli rivolse, come se stesse per incenerirlo.
Tirai una gomitata secca allo sterno del mio amico, guardandolo praticamente con la medesima espressione. << Che razza di domanda è? Cosa pensi che siano qui a fare? A cercare caramelle? Stai zitto, per una volta! >> esclamai con il mio abituale sarcasmo e quell’uscita riportò l’attenzione del pirata su di me, piuttosto incuriosito.
Tutti quelli del villaggio, comprensibilmente terrorizzati, mi guardavano con angoscia e fortunatamente nessuno di loro fiatò.
Non che io me la stessi cavando meglio dal punto di vista emotivo, dire che la situazione mi preoccupava parecchio è riduttivo, anche se non provavo lo stesso terrore di un tempo.
Kidd mi faceva paura, ovviamente. Mi metteva a disagio e temevo che alla prima parola sbagliata mi sarei trovata la sua mano alla gola, ma al contempo mi consideravo una piratessa, o almeno tale mi reputavo.
Di certo il mio orgoglio aiutava a nascondere le mie reali emozioni.


<< Abbiamo cibo e acqua in abbondanza, ma non troverai nessun bottino, almeno qui al villaggio. Come ti ho già detto, su quest’isola non arriva mai nessuno, men che meno i giornali. Siamo tagliati fuori dal mondo >> spiegai indicando la gente del villaggio con un cenno della mano.
<< E tu quindi da dove arrivi? Mocciosa? >> domandò diretto, con una punta di provocazione nella voce e sempre quell’irritazione che gli percepivo addosso da quando me lo ero trovato davanti. Fu fastidioso sentirsi dare della mocciosa, ma non ribattei.
<< Ho viaggiato a lungo per mare, tra le isole >> spiegai con calma << Sono un’avventuriera, o archeologa, se così posso definirmi. Ho svariate conoscenze e… >> mi bloccai qualche istante, distogliendo lo sguardo e rivolgendolo alla montagna. << Sono arrivata qui tempo fa, ma non sono più riuscita ad andarmene. >>
Il rosso rivolse a sua volta l’attenzione verso la montagna, poi di nuovo su di me.


<< Prendete tutto quello che trovate nelle case, non lasciate nulla >> ordinò il capitano in direzione dei propri uomini che si misero subito a girare tra le abitazioni quasi del tutto divorate dalle fiamme, buttando in giro casse e contenitori vari. Poi tornò a guardarmi. << Cibo e bevande li prendiamo con noi. Oggetti di valore? >> domandò, abbassando poi lo sguardo su di me, in particolare sui bracciali che avevo ai polsi, uno d’oro e uno d’argento, lavorati finemente e con decori di draghi incisi.
Erano doni di Cassian e non volevo per nessun motivo liberarmene, tuttavia se non lo avessi fatto avrei peggiorato la situazione.
<< C’è qualche oggetto di valore, ma non qui! >>
<< Tytär, no! Non puoi… >> mi bloccò il vecchio capovillaggio, afferrandomi per il polso.
<< Va tutto bene… >> risposi prontamente voltandomi a guardarlo, sentendo Kidd sbuffare in risposta, spazientito.
Mi sentii afferrata per il braccio libero, tirata poi verso di lui. << E dove sono questi oggetti, ragazzina? >>
Mi morsi la lingua per non rispondergli a tono, presa alla sprovvista da quel gesto che non mi aspettavo. << Nella montagna, sotto metri e metri di acqua. Posso portarvi io stessa, se questo può impedire che deprediate fino all’osso il villaggio >> replicai tra i denti, senza trattenere il mio disappunto per il suo tono e perché mi stesse trattenendo.
La voglia di reagire e rispondergli era tanta, ma non avevo idea del suo potere e di cosa avrebbe fatto. Potevano andarci di mezzo tutti gli altri e non potevo permettermelo.
Lo vidi riflettere un istante, con quello sguardo serio, severo e ribelle. Era rabbioso, qualcosa lo irritava, o meglio, c’era qualcosa di strano.
<< E va bene! Mi ci porterai più tardi >> annuì distogliendo lo sguardo, severo, sempre tenendomi. Aveva una morsa d’acciaio. << Prima mi serve un medico. >>


Stavo iniziando a cercare di liberarmi da quella presa ferrea e nel sentire quelle parole mi bloccai, alzando lo sguardo su di lui. << Un medico? >>
<< Sì, un cazzo di medico! Non ci senti? >> replicò seccato, alzando la voce.
<< Certo che ci sento! >> esclamai a mia volta, strattonandomi con più decisione per tentare di liberarmi. In risposta lui strinse di più la presa, facendomi imprecare sottovoce.
<< Lyanna… >> sentii chiamarmi Ryltar preoccupato.
<< Tytär... Lyanna... ma come cazzo ti chiami? >> domandò Kidd spazientito, lasciandomi andare il braccio spingendomi indietro.
<< Lyanna >> risposi massaggiandomi il braccio dolorante e guardando poi Ryltar, scuotendo il capo e sperando che non facesse o aggiungesse altro.
<< Allora.. dove è il vostro medico? Mi serve adesso! >> avanzò minaccioso, guardandoci tutti. << O devo iniziare a uccidervi uno ad uno, prima di avere una risposta? >>
<< Io ho conoscenze base di medicina >> replicai subito, alzando una mano. << Non abbiamo altri dottori sull’isola. >>
Mi sembrò di sentirlo ringhiare frustrato e irritato più di quanto già non fosse, poi lo vidi voltarsi, guardando in direzione della sua ciurma. << Heat, portala sulla nave e aspettatemi. Tu… >> indicò Ryltar << …portami alla montagna, muoviti. >>
<< Oh, fantastico… >> borbottai guardando in direzione di Ryltar. << Mi raccomando, fatti ammazzare! >> sibilai tra i denti, chiaramente ironica, vedendo il mio amico bianco come un cadavere, ancora con gli occhi fissi sul Rosso.
<< Ma io non so… non conosco le entrate… >> farfugliò spaventato il ragazzo, altalenando lo sguardo tra me e Kidd, che affilò un sorrisetto crudele.
<< Sono sicuro che le ricorderai, quelle entrate! >> ribatté con un tono che non ammetteva replica.
<< Il lago d’avorio, >> dissi io << Prendi il primo ingresso a lato nord dell’isola e vai sempre a destra >> spiegai io sbrigativamente, sperando che trovasse davvero il lago.


Mi accorsi dell’uomo che si era avvicinato a me quando mi fu di fianco e a stento trattenni la sorpresa nel vedere il suo aspetto. Era pallido, pieno di cicatrici su tutto il corpo e con dei dreadlock azzurri che lo facevano sembrare una bambola voodoo.
Lanciai un ultima occhiata a Ryltar, come monito di non fare mosse azzardate, poi tornai a guardare il pirata.
<< Andiamo >> mi disse solo con un cenno del capo, indicandomi verso il piccolo porto della baia, dove alcune barche erano pronte per ripartire in direzione della nave ancorata a largo.
<< Quindi saliamo su quella nave? >> domandai entusiasta della cosa. Era così tanto tempo che non rimettevo piede su una imbarcazione reale.
<< Sì >>
<< Come si chiama? >> incalzai, ricevendo un’occhiata perplessa in risposta. << La nave… come si chiama la nave. >>
<< Oh… beh... >> borbottò lui probabilmente sorpreso dal mio modo di fare. << Victoria Punk. >>
<< E quello è un teschio di drago o di dinosauro? >> continuai, prima di salire agilmente sulla barca, sotto l’espressione perplessa del pirata che si era fermato a guardarmi.
<< Tu non hai paura di noi… e sai chi siamo >> osservò mentre anche altri uomini di Kidd si erano girati a fissarmi.
<< Ehm… no, o meglio, il vostro capitano è decisamente spaventoso >> ammisi, sentendomi in imbarazzo per quegli sguardi dubbiosi. << E che non vedo altra gente da parecchio tempo >> spiegai con tono meno infervorato, voltandomi a guardare la nave. << Soprattutto, non vedevo una nave da tanto tempo. >>
Non notai gli sguardi che alcuni di loro si cambiarono, prima che Heat salisse a sua volta sulla barca, assieme ad altri tre, iniziando a spostarci verso la nave del rosso.
Guardai con attenzione la prua quando ci passammo vicino, riconoscendo il teschio di un dinosauro, e non di un drago come polena e non potei fare a meno di tirare un sospiro di sollievo.


Mi ricordai solo in quel momento del perché fossi lì, imbambolata a guardare la nave, osservando la scaletta a lato che permetteva di arrivare direttamente sul ponte.
<< Come mai a Kidd serve un medico? >> domandai, mentre Heat mi faceva cenno di salire prima di lui, seguendomi poi alle mie spalle.
<< Te lo dirà lui quando arriverà >> mi rispose freddamente, senza troppe inflessioni.
<< Chi sta male? >>
<< Fai troppe domande, sei fastidiosa. >>
Ridacchiai << Non sei il primo che lo dice. >>
Arrivai sul ponte e mi guardai attorno, facendo qualche passo subito in direzione della prua della nave, incuriosita, ma Heat mi afferrò con decisione per il braccio, iniziando a trascinarmi verso il castello di poppa, illuminato da diverse lucerne e candele.
<< È davvero una bella nave… >> valutai tra me e me, facendomi trascinare senza troppe remore, continuando a guardarmi attorno, per poi iniziare a scendere per delle scale.
Venni trascinata dentro a una stanza, dove finalmente il pirata mi lasciò andare. << Stai qui, buona. Non fare nulla e non toccare nulla. >>
Mi guardai attorno, ero in una sala spartana, con diverse casse e ciarpame vario. Alzai le mani, a mo’ di resa, sedendomi sopra uno dei bauli. << Non tocco nulla. >>


Appena Heat fu uscito mi rialzai, iniziando a girare per la stanza, toccando le casse e le pareti di legno e osso. L’intera nave sembrava costruita con abilità, usando diversi materiali robusti e resistenti, creando una vera e propria opera d’arte.
Non c’era un bell’odore, la sotto, benché fosse lo stesso familiare. Non riconducevo i ricordi alla Polar Tang, ma alla Moby Dick, dove ero cresciuta, prima che accadesse il disastro.
Mi ero chiesta come potevano stare gli altri ragazzi, Marco, Izo, Jaw, Vista e tutti gli altri. Probabilmente Marco era andato a Sphinx, l’isola natale di Barbabianca.
Poteva essere un buon punto di partenza dove trovare persino aiuto.
Iniziai a girare per la stanza, riflettendo.
Nell’assurdo quella nave era la migliore delle mie possibilità per lasciare l’isola, ma c’era un problema grande come una casa da affrontare. Non avevo nulla da dare a Kidd per chiedere un passaggio, anche perché dei miei averi li avrebbe semplicemente reclamati per sé. Vendere il mio corpo era fuori discussione, ovviamente.
Qualcuno nella nave stava male, qualcuno a cui il capitano dai capelli rossi sembrava tenere particolarmente, o almeno così mi era sembrato di capire. Forse in cambio del mio aiuto avrei potuto chiedere un passaggio sulla prossima isola. Era pur sempre una possibilità. Qualcosa che potesse interessare a Kidd ci sarebbe stato sicuramente, dovevo solo trovarlo.
E No, il fatto che facessi parte dei pirati Heart, o che lo fossi stata, che ero per metà un drago con poteri derivanti da quella condizione non era il caso di dirglielo.
Almeno per il momento.


Rimasi a riflettere a lungo in quella stanza, ormai era notte inoltrata. Dovevano essere passate ore quando finalmente iniziai a sentire il rumore di passi sul ponte della nave e poco dopo Kidd entrò, più torvo di prima.
Rimasi tranquillamente seduta sulla cassa, altalenando le gambe incrociate come se non riuscissi a stare ferma, puntellandomi con le mani sui lati, osservandolo con curiosità.
<< Il tuo amico si è perso dopo quindici minuti e ci ha fatto uscire dopo due ore >> ringhiò rabbioso.
<< Lo hai ucciso? >> domandai accigliandomi, mentre lui accennava un maligno sorriso sarcastico.
<< Respira ancora. >>
<< Io te lo avevo detto che non era il caso vi portasse lui, >> feci notare, inclinando il capo di lato e vedendolo rabbuiarsi, digrignando appena i denti << ma… posso portarvici io domani, se non mi scartavetri contro le paratie della nave. >>
Tornò a guardarmi serio, mentre io cercavo di accennare a un sorrisetto di circostanza, per poi scendere dalla cassa.
<< Quindi, sono qui perché ti serviva un medico, giusto? >> domandai, incrociando le braccia al petto, vedendolo quindi annuire.
Con un grugnito seccato mi fece un cenno con la testa << Seguimi >> mi ordinò autoritario, uscendo dalla stanza con me che gli stavo dietro.


La nave durante la notte, con le luci di lanterne e candele, era ancora più spettrale e al contempo affascinante e l’odore forte del legno e salmastro riaccese vecchi ricordi e involontariamente sospirai, paga.
Kidd si voltò a guardarmi, perplesso da quel sospiro, con un’espressione torva e dura a cui risposi con un altro mezzo sorriso tirato.
Faceva paura, o quantomeno emanava un certo potere servaggio e di pura forza. Non avevo nessuna intenzione di mettermi contro di lui.
<< Hai una bellissima nave >> ammisi, cercando di spiegare il perché del mio atteggiamento. << Scusa se ti sembro strana, ma sono anni che non mettevo più piede su una reale imbarcazione. >>
Kidd ridacchiò di nuovo. << Certo che è una bella nave, >> replicò con ostentato orgoglio e voltandosi di nuovo << è la mia nave! >>
Scendemmo di nuovo, verso gli alloggi della ciurma, passando per alcuni corridoi, prima di fermarci di fronte a una porta che aprì, facendomi cenno di entrare.
Era una stanza piccola, con un letto su un lato, un cassone per gli effetti personali, qualche sedia e mobilia generica.
Non persi molto tempo a guardarmi attorno, rivolsi subito lo sguardo verso l’uomo steso a letto che respirava a fatica. Era grosso quanto il suo capitano, con una cascata di capelli biondi che scendeva sul lato del letto, con indosso una maglietta blu sulla quale appariva un simbolo piratesco e un paio di pantaloni. La cosa che però attirò maggiormente la mia attenzione fu la maschera che indossava sulla testa, bianca e blu, dettaglio che mi fece capire di chi si trattasse.


<< Lui è Killer, giusto? >> domandai. Oltre a Kidd la taglia del suo secondo appariva sui giornali con la stessa frequenza e infatti il rosso annuì, incrociando le braccia e poggiandosi alla parete.
L’odore nella stanza era piuttosto pungente, come di qualcosa in putrefazione e dopo una rapida analisi vidi diverse ferite all’altezza del fianco e dell’addome.
<< Posso? >> domandai indicandolo e fissando Kidd, incerta se potessi toccare il suo vice o meno.
<< Certo che puoi, cosa pensi che ti abbia chiamata a fare? Per guardarlo? >>
Non replicai, trovandolo particolarmente irritante. << Che gli è successo? >> domandai iniziando a spostare i lembi della maglietta. << Sembrano ferite da taglio, ma non di un’arma affilata e questo odore… è veleno? >>  
<< Un grosso animale che abbiamo trovato su un’isola non lontana da qui. Qualcosa di simile a un serpente mezzo… qualcos’altro. >>
Annuì, valutando i danni, cercando di sentire la temperatura e fare una rapida diagnosi, sempre nelle mie basilari conoscenze. << Posso togliergli la maschera? >> domandai, tornando a guardare il capitano.
<< No >> rispose questo severo, serio in volto.
<< Ho bisogno di cercare di capire gli effetti del veleno, oltre che fatica a respirare e di certo una maschera non aiuta. >>
<< È abituato ad averla e non vuole che gliela si levi. >>
Sospirai, passandomi una mano tra i capelli. << Va bene, va bene. Ho, o meglio avevo, delle erbe al villaggio, ma probabilmente ora saranno cenere. Avete qualche medicinale qui sulla nave? >>
Lui si fece pensieroso. << Sì, >> sbottò << Qualcosa abbiamo. >>
Annuii << Portami quello tutto quello che avete e vedrò cosa posso fare. >>
<< Non mi piace che mi si diano ordini… >> replicò minaccioso e io alzai gli occhi con un sospiro. Anche quella situazione aveva un ché di familiare. Anche a qualcun altro non piacevano gli ordini.
<< Capitano, mi servirebbero i medicinali per il tuo secondo, potresti portarmeli prima che lui schiatti male? >> domandai con sarcasmo, osservandolo e sostenendo il suo sguardo infastidito.
Probabilmente se non ci fosse stato in mezzo Killer me l’avrebbe fatta pagare carissima.


<< Non ti azzardare a fare qualcosa di stupido, mocciosa, o ti assicuro che per te saranno guai seri >> mi minacciò rabbioso, stringendo una mano a pugno e io semplicemente annuì.
Uscì dalla stanza, lasciando la porta aperta da dove vedevo altri suoi pirati, verso il quale si rivolse sciorinando ordini severi.
Tornai con lo sguardo su Killer, iniziando a guardare con attenzione le ferite.
Non erano gravi, il problema era più il veleno, che per mia fortuna non era poi così facile da debellare. Se anche non avessero avuto nulla di buono da usare sulla nave, sull’isola c’erano varie piante che facevano al caso mio.
Ero probabilmente troppo presa a pensare a cosa usare e non mi accorsi di nulla.
Killer fu velocissimo, mi accorsi neppure del suo movimento.
In pochissimi istanti mi afferrò il polso della mano che lo stava sfiorando, stringendo con una forza tale da farmi scricchiolare le ossa, ma la cosa più inquietante che mi fece accapponare la pelle fu la sua risata, strana, che non centrava nulla con la situazione, completamente fuori contesto.
Mi fece gelare completamente il sangue.

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Capitolo 3
*** Smile ***


Quella risata mi aveva del tutto raggelata, prendendomi si sorpresa, senza darmi il tempo di reagire e cercare di sottrarmi alla sua presa.
Fu il dolore che mi fece riprendere lucidità, e con un gemito tentai invano di liberarmi.
<< Kidd! >> chiamai a voce alta, mentre percepivo la stretta dell’uomo ferito farsi ancora più ferrea.
Mi spezzerà il polso pensai, mentre digrignavo i denti e tentavo di liberarmi, senza successo, e lui continuava con quella risata folle che mi metteva i brividi.
<< Lasciala, Killer >> sentii alle mie spalle la voce autoritaria del capitano, serissimo, e l’uomo mi lasciò subito, riabbassando il braccio e prendendo a respirare con difficoltà.
Feci due passi indietro, tenendomi il polso che faceva un male del diavolo, sciorinando parole poco gentili a bassa voce.
<< Chi è questa donna? >> domandò Killer con una voce seria che non aveva nulla a che fare con quella risata strana, completamente in contrasto con le sue risa.
<< Quella che ti deve curare… >>
<< Sì… se me lo lascia fare. Col cazzo che mi ci avvicino ancora! >> sbottai senza trattenermi e lanciando un’occhiata al rosso accanto a me, osservandolo con un’espressione truce.
Lui ricambiò senza scomporsi, serio e irritato.
<< Tu lo curi, o sei morta tu e tutto il tuo inutile villaggio >> ordinò minaccioso, assottigliando lo sguardo e digrignando i denti.
<< Mi ha quasi spaccato il polso! Se mi afferra per il collo mi uccide!>>
<< Anche io ti uccido, mocciosa! Adesso smettila di lamentarti e fai quello che dei fare! >> replicò irritato, alzando appena la sua mano stringendola a pugno a mo’ di monito.
La sua espressione lasciava intendere che le minacce non fossero per niente a vuoto, e io mi morsi il labbro per non rispondere a tono, guardandolo ugualmente male.
Borbottai irritata, per poi avvicinarmi di nuovo a Killer. << Devo strapparti parte della maglietta per darti una sistemata alle ferite. Lasciami fare… per favore >> lo avvisai, sperando che davvero non mi mettesse di nuovo le mani addosso tentando di uccidermi.
In risposta rise di nuovo in quella maniera del tutto incomprensibile.

Afferrai i lembi strappati dell’indumento allargandoli, così da avere la libertà di guardare le ferite e valutare con maggiore attenzione, vendendo il suo respiro farsi più irregolare.
Uno degli uomini di Kidd mi passò qualche garza e medicina generica. << Non avete un medico sulla vostra nave? >>
<< No! >>
<< Ottimo… capisco molte cose… >> replicai scontrosa.
<< Ragazzina… >>
<< Lasciala fare, Kidd >> sentii dire dal biondo, con un tono di voce più calmo e riflessivo, e sempre terribilmente differente da quella risata. Sembrava quasi che non la controllasse.
Iniziai a fare i primi medicamenti, ripulendogli quanto potevo le ferite. << Ho dato una sistemata, ma ho bisogno di prendere delle erbe dall’isola prima che il veleno si espanda >> spiegai senza guardare il capitano, ma alzando lo sguardo verso l’uomo ferito. << Ho bisogno che ti levi la maschera. >>
<< Perché? >>
<< Perché devo capire quanto il veleno si sia esteso. Lo so che non vuoi farti vedere, ma sarebbe un tantinello importante. >>
Lo sentii sospirare irritato, prima di vedere alzare le mani per sfilarsi il casco e ciò che vidi mi mise a disagio ancora di più.
Il suo sorriso era inquietante e irreale allo stesso tempo, teso e tirato e completamente in contrasto con lo sguardo assottigliato e minaccioso con il quale mi fissava. Due iridi di un azzurro intenso mi stavano fissando con astio e disappunto, palesemente contrariato di essersi tolto di dosso il proprio copricapo.
Non potei fare a meno di guardarlo con un’espressione sgomenta che parve irritarlo ancora di più.

Mi sentii arrivare una manata decisa sulla nuca, come uno schiaffo, spostandomi di un passo in avanti e facendomi quasi perdere l’equilibrio. Mi voltai verso Kidd, palesemente irritata dal suo gesto, massaggiandomi dietro la testa.
<< Muoviti, mocciosa >>
<< Non sono una mocciosa! >> sibilai tra i denti e in risposta lo vidi assottigliare lo sguardo.
Tornai su Killer, guardandogli nuovamente gli occhi.
<< Posso toccarti in faccia o mi stacchi le dita a morsi? >> domandai seria e la sua espressione cambiò, sembrando quasi divertita, benché alle mie spalle Kidd sospirò profondamente di frustrazione.
Se non mi avesse buttato giù dalla nave appena usciti sarebbe stato un miracolo.
<< Fai pure >> rispose il biondo, sempre con un tono che alle mie orecchie strideva del tutto.
Controllai gli occhi, notando piccoli puntini violacei che stavano iniziando a espandersi e dando credito ai miei dubbi. << Il veleno sta agendo velocemente, devo tornare di fretta sull’isola >> dissi, tornando a guardare Kidd.
<< Va bene >> acconsentì, anche fin troppo facilmente. Killer intanto si rimise rapidamente la maschera.

Tornammo a riva che era ormai notte fonda, dove potei constatare che gli uomini del villaggio stavano rapidamente rimettendo a posto quello che potevano e che fosse rimasto, per passare la notte all’addiaccio. Avrebbero potuto andare alla vecchia città, ma sarebbe stato invitare i pirati ad andarci anche loro e ovviamente era fuori discussione.
Kidd mi seguii di persona mentre entravamo nel bosco, senza perdermi d’occhio neppure un secondo e intimandomi di darmi una mossa.
A trovare quello che cercavo ci misi poco meno di mezz’ora, considerata anche la scarsa visibilità della notte.
Quando tornammo sulla nave era ormai tardissimo e iniziavo a sentire la stanchezza.
Usai le erbe che mi aveva mostrato Cassian in passato, conoscendo il loro effetto che avrebbe fermato il veleno e lentamente debellato, benché ci sarebbero voluti giorni prima che andasse via del tutto, ma almeno il secondo dei pirati di Kidd non sarebbe schiattato dopo atroci sofferenze.
Lavorai diverse ore, sistemando gli impacchi medici e bendando infine il ragazzo che aveva il torace di un toro, con Kidd sempre presente che mi teneva sotto osservazione.
Mi sedetti a terra appena finii, stanchissima ma soddisfatta di vedere il respiro di Killer farsi più regolare, mentre dormiva.

<< Ora posso tornare al villaggio? >> domandai, stanchissima, mentre il rosso mi fissava.
<< Starai qui, per la notte >> mi avvisò, afferrandomi di nuovo per un braccio.
<< Dea… guarda che non serve che mi trascini in giro, posso venire di mia spontanea volontà >> replicai mentre mi trascinava fuori dalla stanza per riportarmi verso la stiva dove mi avevano messo in precedenza.
Lui non replicò, irritato, lasciandomi solo una volta arrivati di sotto.
<< Una coperta almeno? Posso averla? >> domandai alzando le mani. << Ho fatto quello che volevi, no? >>
<< Portale una coperta >> sbuffò seccato a uno dei suoi uomini, prima di voltarsi e allontanarsi.
Dormii male quella notte, un po' per il rollio della nave a cui non ero più abituata e per la stanchezza.
Mi fece venire in mente i primi giorni nella Polar Tang, quando faticavo a dormire o a muovermi tra i corridoi del sottomarino, tra le battute goliardiche di scherno dei ragazzi della ciurma, e non potei sentire di nuovo la nostalgia afferrarmi.
I rumori tipici del mare mi fecero tornare tutto a galla, ripensando a lui, a dove fosse e se stesse bene, desiderando solo di poterlo rivedere.
Le ferite di Killer dovevano essere curate per giorni interi e poteva essere un’idea domandare a Kidd un passaggio in cambio di cure.
Se solo quella specie di gorilla sai capelli rossi fosse lontanamente capace di instaurare un dialogo senza cercare di ucciderti con lo sguardo! Tuttavia Killer sembrava, tutto sommato, più razionale del suo capitano.
Dovevo andarmene da quell’isola, e benché il gorilla rosso non mi piacesse affatto era l’unica carta da giocare che avessi.
Chiusi gli occhi e dopo essermi avvoltolata tra le coperte gentilmente offerte riuscì ad addormentarmi.

Una doccia gelida mi risvegliò di soprassalto, assieme a risate divertite che accompagnarono quel risveglio poco allegro.
Fradicia, per fortuna di acqua pulita, benché di mare, guardai le due ragazze che mi avevano gentilmente svegliato. Erano le stesse che avevo visto il giorno prima, al villaggio.
<< Mi ci voleva proprio un bagno… >> replicai, strizzandomi i capelli e guardandole male.
<< Era un modo come un altro per svegliarti >> osservò quella più piccola con un sorrisetto strafottente, di bassa statura, truccata in stile punk e con due grosse trecce verdi legate da degli elastici viola.
L’altra, alta e dalla fisionomia longilinea, carnagione abbronzata e capelli biondo platino, con abiti più normali, mi osservava con diffidenza.
<< Kidd dice che devi occuparti di Killer >> mi ordinò lei.
Rivoglio i pirati Heart. Questi sono dei pazzi quanto il loro capitano! Pensai tra me e me, prima di sospirare dandomi una sistemata benché fossi ancora fradicia.
In silenzio seguii, mentre passavo tra alcuni uomini e donne della ciurma intenti a mangiare e fare colazione. Il rosso lo trovai nella stanza di Killer che sembrava stare già molto meglio, tanto da trovarlo seduto a discutere con il capitano.
<< Dovresti startene sdraiato… >> dissi, continuando a strizzarmi i capelli fradici e lanciando un’occhiata a Kidd che mi guardava perplesso, prima di vederlo voltarsi in direzione della ragazzina che mi aveva accompagnata, la quale rivolse un sorriso a 32 denti in risposta.

Sistemai di nuovo le fasciature e controllai le ferite e per mia sfortuna notai una guarigione già in stato avanzato. Strinsi le labbra, nervosamente finendo poi di risistemare la bendatura, sotto la supervisione dei due. << Hai una straordinaria capacità di ripresa >> valutai, finendo il lavoro << ma devi riposare ancora un po', prima di alzarti. >>
Vista la rapidità in pochi giorni sarebbe stato già in piedi ed ora che ci pensavo non era poi tanto strano. Quella gente non era del tutto normale, dopotutto, ma per me era decisamente un problema.
<< Due giorni, e con questo ritmo sarai già completamente a posto >> valutai, con una certa frustrazione, rialzandomi e guardando Kidd. Come diavolo potevo chiedergli di portarmi via da là?
<< Puoi tornare sull’isola… >> replicò lui, osservando il suo secondo. << Qui non servi più. >>
Sospirai, mentre lui faceva un cenno a Heat, per poi ordinare di portarmi sulla terraferma e io non aggiunsi altro. Il mio biglietto per tornare a cercare Law era sfumato, ma appena mi voltai mi bloccai, riflettendo, per poi tornare a guardare Kidd.
<< Capitano, posso chiederti se avete dei giornali? Anche vecchi. È un anno che non so che cosa succede fuori dall’isola >> domandai, sentendomi improvvisamente su di giri. Se li avesse avuti avrei potuto avere qualche informazione su Law, potevo scoprire se stava bene e non fosse in qualche prigione della marina.
<< Ci sono i miei >> rispose in tono basso Killer, indicandomi un piccolo baule per poi iniziare a ridere come al solito in quella maniera strana. << Puoi prenderli, ti devo un favore, dopotutto. >>
<< Ti ho solo salvato la vita >> replicai, riflettendo e aprendo il baule, trovandomi davanti una pila di quotidiani, accennando un sorriso nel prenderli e tenerli poi stretti al petto, tornando a guardare i due pirati, senza riuscire a trattenere un sorriso grato verso l’uomo ferito. << Grazie. >>
<< Mh… di nulla >> borbottò lui voltando il capo.
<< Vattene… >> mi intimò invece Kidd. Capivo perché Law lo denigrasse tanto. Era davvero scorbutico.

Ripresi la barca con Heat per tornare a riva, senza mollare la pila di giornali e non stando più nella pelle per leggerli. << Perché qui non arriva nulla? >> domandò il pirata, attirando la mia attenzione.
<< L’isola ha un magnetismo tutto suo, diverso dalle altre. Nessun Log Pose arriva fino a qui, voi immagino siate qui per puro caso. >>
Lui annuì, guardando avanti a sé. << Siamo diretti verso un'altra isola, pensavamo fosse questa, ma il Log Pose del capitano continua nella sua direzione. Tuttavia è una fortuna che ti abbiamo trovata. Killer non era messo molto bene. >>
<< E quella risata? Quel… sorriso... è sempre opera del mostro che lo ha attaccato? >> domandai. Non mi sembrava per nulla normale e d’istinto chiesi.
Lo sguardo che mi rivolse mi fece pentire di averlo fatto. << Killer ha mangiato uno smile, o meglio, è stato obbligato. >>
<< Smile? Che cosa è uno smile? >>
Lui sospirò << Giusto, come puoi saperlo. Si tratta di un frutto del diavolo artificiale >> spiegò, mentre io lo guardavo confusa. Heat continuò << Sono frutti creati in laboratorio, ma sono difettosi. Ti danno un potere di uno zoan, sebbene non al pari di uno vero, ma possono avere anche effetti indesiderati. Non si chiamano Smile per caso. >>
<< Mi stai dicendo che Killer mangiando uno di quei cosi ha avuto come effetto indesiderato quella risata terribile? >> domandai sgranando gli occhi dall’orrore.
<< Se dovessi incontrarlo di nuovo non dirgli nulla se ci tieni alla testa. Non gli piace se si parli della sua risata, anche se fatichiamo anche noi. >>
<< Perché l’ha mangiato se sapeva i rischi? >>
Lui mi guardò, cambiando in un’espressione comprensiva. << Per salvare Kidd. >>
Non aggiunsi altro per tutto il resto del tragitto, fino ad arrivare alla spiaggia. Scesi dalla nave, ma appena misi piede a terra tornai a guardare Heat. << Puoi dire al capitano che ho una richiesta per lui? >> domandai seria, riflettendo, mentre lui mi guardava accigliato.
<< Una richiesta? >> domandò perplesso.
<< Sì… forse... beh… posso fare qualcosa anche con quel sorriso inquietante. In cambio chiedo solo un passaggio per andare via da quest’isola. >>
Heat mi guardò stralunato. << Tu puoi cosa? >>
Affilai un sorrisetto sarcastico. << Posso molte cose. Avvisa Kidd e digli che lo aspetto al villaggio. >>

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Capitolo 4
*** Poteri ***


Risalì verso i resti del paese, con tra le mani la pila di riviste che non vedevo l’ora di leggere. Dopo quasi due anni rimasta senza una notizia poter finalmente scoprire cosa fosse successo lontano dall’isola, e cosa soprattutto fosse accaduto a Law, mi aveva dato una spinta di entusiasmo che non provavo da tempo.
Persino vedere il villaggio in condizioni disastrose non fece diminuire il mio buonumore.
I paesani avevano allestito un campo provvisorio, benché stessero già iniziando a ricostruire lentamente le nostre vecchie case.
Ryltar, appena mi vide, accorse subito verso di me.
<< Stai bene? Ti hanno fatto qualcosa? >> domandò, poggiandomi le mani sulle braccia per guardandomi con apprensione, per poi guardare la pila di giornali. << Questa che roba è? >>
Sull’isola si vedeva piuttosto poco la carta, visto che non c’era modo di poter avere quel genere di materiale, anche se, per mia fortuna, diversi libri erano ancora custoditi nella vecchia cittadella all’interno della montagna. Tuttavia la gente dell’isola non ne faceva uso e in pochi sapevano leggere o scrivere.
Ero stata io stessa a dare le prime lezioni a Ryltar sulla lettura e scrittura.
<< Giornali, mi daranno un’idea di quello che succede fuori da qui >> spiegai passandogli di fianco, vedendo il vecchio avvicinarsi a noi con passo claudicante.
<< Non vogliamo quella roba sull’isola, Tytär, riportala ai pirati! >> mi ordinò deciso, palesemente irritato da quanto stava succedendo, ma io scossi il capo.
<< Quello che non volete voi non è un mio problema, capo >> replicai sedendomi a terra, poggiando a terra i giornali e prendendo l’ultimo, quello più recente, alzando poi lo sguardo su Ryltar. << A proposito, posso avere qualcosa da mangiare? Non ho toccato cibo da ieri, quando ci siamo visti alla montagna >>
<< Oh, sì, certo... >> mi rispose lui impacciato, allontanandosi rapidamente.
Il vecchio però non parve volersi allontanare. << Hai intenzione di andartene con loro, vero? >>
<< Esattamente >> risposi osservando la prima pagina con attenzione.
Parlava dell’apertura di Wano, all’avvio dei commerci e similari, assieme a scontri della marina e tralci di quello che era successo al Reverie di quell’anno.
Andai subito a cercare le taglie, disinteressandomi del resto, e dopo pochissimo avevo in mano quella di Law.
Rimasi imbambolata a fissarlo, a bocca aperta.
Tre milioni di taglia! Era diventato spaventosamente forte.
Poggiai il volantino sulla gamba, osservando rapidamente le altre, notando quella di Kidd e Luffy con lo stesso valore del chirurgo, soffermandomi con curiosità a fissare quella di cappello di paglia, dall’aspetto ben differente da quello che ricordavo.

<< Tytär... >> mi richiamò il vecchio verso il quale alzai lo sguardo con un sospiro rassegnato. << Per favore, ascoltami. Non lasciare l’isola. Non sai neppure se puoi fidarti di questi uomini. >>
No, non potevo di certo fidarmi, lo sapevo perfettamente, e quello che avevo in mente probabilmente mi avrebbe causato un sacco di problemi rendendolo noto a Kidd, ma non avevo molte alternative. Chinai il capo, volgendo l’attenzione sulla taglia di Law, sfiorando con le dita la sua foto. << Non posso, capo. Io devo trovarlo, anche solo per dirgli che sono viva >> sussurrai seria, alzando lo sguardo su di lui. << Magari non vorrà neppure avere a che fare con me, probabilmente crederà che non sia io. Magari avrà un’altra donna, o chissà che altro, ma non posso restare qui sapendo che mi crede morta. Facevo... faccio parte della sua ciurma e devo fargli sapere la verità. >>
<< Allora mandagli un messaggio. Magari potranno portarlo questi pirati e potresti aspettarlo qui >> tentò, ma io scossi il capo.
<< Non funziona così. Kidd mi sbraiterebbe dietro dicendomi che non è un fattorino, con tutta probabilità. No, devo andarci di persona e poi sai che non voglio restare qui. >>
<< La fuori è pericoloso, qui sei al sicuro. >>
<< Sarò al sicuro anche accanto a Law, capo. Il mio posto è con lui, a prescindere da tutto. Faccio parte della sua ciurma, indifferentemente da quelli che sono i miei o i suoi sentimenti. >>
Lui mi guardò con un sospiro, chinando il capo. << Come al solito è impossibile farti ragionare. >>
<< Non ho motivo di cambiare idea, non di tratta di ragionarci su, lo sai anche tu >> dissi, tornando a guardare le riviste e iniziando a sfogliarle, mentre Ryltar arrivava con il cibo e il vecchio si allontanava, sconfitto.

<< Lo hai fatto arrabbiare di nuovo? >> chiese il Ramato, sedendomisi accanto e prendendo anche lui un giornale, guardandolo con curiosità, soprattutto le foto.
<< Ovviamente, abbiamo due idee e visioni completamente differenti >> replicai continuando a sfogliare il giornale alla ricerca di sue notizie. << Dovresti venire anche tu con me. >>
<< Ma col cazzo! >> rispose lui voltandosi a guardarmi. Non si usava utilizzare parole offensive nel villaggio, ma ormai il mio linguaggio scurrile e variopinto aveva corrotto anche lui. << Non ho mai messo piede fuori dall’isola, sarei morto dopo meno di trenta secondi. >>
<< Te ne darei dieci, baka >> ridacchiai alzando lo sguardo su di lui. << Magari fuori da qui ti trovi una donna vera. Non è che ne siano rimaste molte sull’isola. >>
<< Già... >> rispose serissimo, fissandomi in quella maniera che solitamente mi irritava non poco, capendo perfettamente il significato sottointeso.
Fortunatamente l’attenzione mi cadde sul giornale aperto che teneva in grembo e all’istante dimenticai la nostra conversazione, strappandoglielo via.
<< Ly? >> mi richiamò, senza ricevere risposta, mentre io iniziavo a leggere sul giornale la notizia della sconfitta di Big Mom e Kaido a Wano, dove avevano combattuto anche Luffy, Kidd e Law.
Saltai in piedi, leggendo con sempre maggiore attenzione, con Ryltar e altri del villaggio che mi guardavano stralunati.
<< Hanno sconfitto Big Mom, assieme... >> osservai tra me e me, scuotendo il capo. << Si sono... alleati? No, non è possibile... loro tre? >> sproloquiai tra me e me, camminando in circolo.
Lessi l’articolo, poi presi un altro giornale, ignorando Ryltar e le occhiate degli altri, dimenticai persino di mangiare.

I giornali raccontavano solo l’ultimo anno e lessi con fame gli avvenimenti di Punk-Hazard, scoprendo che Law fosse entrato mesi prima negli Shichibukai, per poi allearsi con Cappello di Paglia nell’isola segreta governativa.
Iniziai a leggere di quello che era accaduto a Dressrosa, prima che uno degli uomini dell’isola mi si avvicinasse, nervoso.
<< Un’altra barca sta arrivando al molo, Lyanna >> mi disse attirando la mia attenzione. << C’è sopra il capitano della nave. >>
<< Sta già arrivando... >> valutai, altalenando lo sguardo tra i giornali e la piccola imbarcazione che si avvicinava, per poi porgere il giornale a Ryltar. << Fai che non accada nulla a queste riviste. Voglio riconsegnarle ai pirati intere >> lo avvisai, sperando che con quel monito non finissero bruciate o strappate. Il ramato annuì.

Scesi rapidamente da sola verso il molo, aspettando l’arrivo del capitano dai capelli rossi, che saltò agilmente sul bagnasciuga avanzando verso di me che lo aspettavo a braccia conserte.
Mi fissava con disappunto, come se non si fidasse affatto, ma era comunque venuto lo stesso.
<< Heat mi ha detto che potresti aiutare Killer... >> iniziò a dire mettendosi le mani sui fianchi ed ergendosi in tutta la sua altezza. Era davvero enorme e altissimo. << Sentiamo un po’. Non mi sembri un’idiota che vuole morire così facilmente. >>
C’era minaccia nella sua voce e lo capivo perfettamente. Dargli la speranza che al suo vice si potesse togliere quel dannato sorriso lo aveva di certo incuriosito, ma dalla sua reputazione non avevo sospetti che me l’avrebbe fatta pagare cara se lo avessi deluso.
<< Forse posso fare qualcosa, anche se sono molti i fattori da tenere in considerazione. Soprattutto, dipende da quanto tempo è passato da quando ha mangiato il frutto >> gli dissi, incrociando le braccia al petto.
<< Circa tre mesi >> valutò lui serio, riflettendo << Forse quattro, non lo so con certezza. >>
<< Fino a quattro va bene, dopo potrebbe essere un problema. >> Evitai di dire che in quel caso il problema sarebbe stato solo mio, era già di per sé un discorso piuttosto difficile da fare, soprattutto da spiegare.
<< Cosa pensi di fare. Non si può annullare il potere di un frutto del mare. >>
<< Sì, o meglio, quasi sempre sì, non si può. Il frutto e il suo potere diventa tutt’uno con chi lo mangia, ma essendo un frutto artificiale forse qualcosa posso fare >> dissi, guardando poi verso la montagna. << Ma per spiegarti tutto ho bisogno di mostrarti delle cose, o con tutta probabilità non mi crederesti. >>
Tornai a guardarlo, inclinando il capo di lato. Kidd mi fissava con palese sospetto, indeciso se fidarsi o meno, poi dopo qualche secondo sogghignò, assottigliando lo sguardo.
<< Cosa mi dovresti mostrare, spiega e non farmi perdere tempo, mocciosa. >>
<< Guarda che avrò circa la tua età, se chiami mocciosa me è come se chiamassi moccioso anche te stesso >> replicai irritata, evitando di aggiungere qualche offesa più arzigogolata, puntando le mani sui fianchi a mia volta, mentre lui mi guardava malissimo. << E comunque beh, devo farti entrare la dentro per farti capire tutto >> indicai la montagna alle mie spalle.
<< Cosa c’è la dentro? >> domandò alzando lo sguardo verso il punto indicato.
<< Un luogo sacro, una città. Solitamente l’accesso è vietato a chiunque, tranne che a me, ma per questa questione posso fare un’eccezione. >>
Lui tornò a guardarmi, incuriosito ma allo stesso tempo sempre diffidente. << Andiamo, allora, facci strada >> ordinò, chiamando poi i suoi uomini con un cenno del capo.

Poco dopo eravamo già in cammino, attraversando la fitta foresta a piedi. Io, Kidd e altri quattro dei suoi pirati.
<< Hai combattuto a Wano contro Big Mom, ho letto >> iniziai a intavolare il discorso che mi premeva.
Lui sogghigno << Sì, e l’ho sconfitta! >>
<< Assieme a Trafalgar >> gli feci notare, facendogli sparire il sorrisetto dalle labbra.
<< Potevo farcela benissimo da solo. Quel perdente si è voluto mettere in mezzo comunque. Idiota vanaglorioso >> imprecò una serie di ingiurie a danni del chirurgo che mi fecero sorridere. << Avrei sconfitto anche Kaido, se non si fossero messi in mezzo lui e quel pazzo di Cappello di paglia. >>
<< Oh, sì! Ho visto che tutti e tre avete la stessa taglia, ma lui è considerato imperatore. Questo perchè lui ha sconfitto Kaido da solo e voi no? >> domandai standogli affianco.
<< Che?! No, ha solo assunto quell’aspetto, o forse è solo per questa storia della D. nel cognome, oppure perchè ha sconfitto Kaido. >> Si fermò, voltandosi a guardarmi. << Ma Kaido lo avevamo già affrontato prima, c’eravamo anche io e Killer. Cappello di paglia lo ha sconfitto solo perchè lo avevamo già sfiancato prima! >>
Lo guardai sorridendo, annuendo. << Puoi raccontarmi, capitano Kidd? >> domandai con entusiasmo sincero e lui in risposta mi sorrise, compiaciuto. Sembrava che raccontare quanto affrontato lo gonfiasse d’orgoglio e mi fu palese, attraverso le sue parole, che di Law e Luffy non era un nemico, quanto piuttosto un rivale.
Mi narrò tutto: da quando era stato catturato e portato prigioniero sull’isola, che tutta la sua ciurma si era messa a lavorare per lo Shogun pur di proteggerlo e che Killer aveva mangiato il frutto sotto la minaccia che lo avrebbero ucciso. Narrò che Cappello di paglia avesse fatto casino nella prigione dove erano rinchiusi e alla fine lui si era liberato, per poi attaccare tutti assieme il castello dell’ormai ex imperatore. Lo scontro contro Big Mom fu descritto nel dettaglio e non lesinò su nulla, benché fosse palese che cercasse di mettere in cattiva luce Law, come se fosse stato migliore di lui.
<< Che meraviglia >> mormorai ascoltandolo rapita, cosa che lui apprezzò particolarmente. << Avrei voluto esserci anche io >> ammisi, distogliendo lo sguardo nostalgica, sotto il suo sguardo incuriosito.
<< Mph, saresti morta dopo poco >> rise.
<< Probabile, ma sarebbe stato interessante lo stesso. >> Soprattutto sarebbe stato bello vedere Law combattere. Chissà quanto era diventato forte dopo quei due anni che non lo avevo più visto.

Alzai lo sguardo sulla montagna, di fronte a uno degli ingressi che portava all’interno, e guardai i miei accompagnatori. << Una volta all’interno, quando saremo vicini, vorrei che venissi da solo con me. Come ti ho detto è un luogo sacro e di solito non ci facciamo entrare nessuno. Ti spiegherò il perchè una volta entrati e solo a te. Non c’è nulla di pericoloso la dentro >> spiegai mentre mi guardava dubbioso e io sospirai. << Naturalmente se ti senti più sicuro ad entrare con i tuoi compagni... >>
<< Posso venire benissimo da solo! >> esclamò con un ghigno orgoglioso. Era decisamente più presuntuoso di Law, ma almeno puntare sulla sua arroganza funzionava, constatai.
Entrammo e iniziai a portarli all’interno della montagna, fino a raggiungere la scalinata con le statue dei draghi. Li mi fermai, osservandolo. << Da qui dovremo procedere solo noi due >> spiegai.
I quattro pirati e il loro capitano osservavano interessati la struttura e le statue gigantesche, chi affascinato e chi solo curioso, ma a tutti loro, mi accorsi, facevano un certo effetto.
Kidd annuì, guardando i suoi ragazzi. << Aspettatemi qui >> ordinò, per poi seguirmi oltre la scalinata.
Entrammo nei corridoi titanici della città fino a raggiungere il promontorio interno che dava su tutta la grotta illuminata dagli insetti luminescenti, e mi presi un istante a guardare lo stupore del rosso nell’osservarsi attorno.
Per riuscire a colpire anche lui di certo era uno spettacolo mozzafiato, ma non me ne stupii più di tanto.
<< Questa è una delle città antiche, una delle poche rimaste in piedi, costruita ancora prima dei cent’anni del grande vuoto. Sono passati più di mille anni, credo, ma è ancora in piedi, probabilmente perchè in pochi riescono a raggiungere l’isola e arrivarci, come hai visto, è molto difficile. >>
<< Sarebbe un luogo perfetto per dei pirati >> valutò lui guardandosi attorno. << Immagino che sia pieno di tesori. >>
<< Ce ne sono, confermo, ma sono sotto la montagna e chilometri d’acqua. Un fruttato non potrebbe mai arrivare a recuperarli, al massimo un uomo pesce, ma nessuno è mai sceso la sotto per poterli recuperare. >> Tranne Cassian, ovviamente. Dopotutto era il suo tesoro, del quale, oltretutto, estremamente geloso. Non volevo neppure immaginare quanto fosse contrariato nel vedermi apparire con Kidd. Sapevo che ci fosse, mi sentivo osservata e, notai subito, anche Kidd.
Si guardò intorno, nervoso. << Chi vive qui? >> domandò infatti, in allerta.
<< Non ti preoccupare, non farà nulla >> lo avvisai, ricevendo un’occhiata irritata. Si voltò avvicinandosi a me, minaccioso. << Non mi avevi detto ci fosse qualcuno. >>
<< Non te l’ho detto perchè deve restare un segreto. Ci vive qualcuno, è vero, e probabilmente ci sta osservando, ma non ci farà nulla >> spiegai, tornando a guardare la città. << Sai perchè i nobili mondiali si chiamano draghi celesti, Capitano Kidd? >> domandai, guardandomi attorno prima di tornare su di lui.

Non aveva smesso di guardarmi male, ma non sembrò volermi buttare giù dalla rupe per la rabbia. << Sono solo degli idioti >> replicò lui, diffidente.
<< Confermo, ma sono convinti che nelle loro vene scorra il sangue di chi ha creato il mondo. Alcuni dicono che siano stati dei draghi, delle divinità che potevano assumere quell’aspetto. Purtroppo tutto quello che si sapeva su di loro è andato perso nel disastro di Ohara. Qui, tuttavia, in passato abitavano i primi uomini che adoravano Dei dall’aspetto serpentino >> spiegai, tornando a guardarlo.
<< Non mi sono mai interessato a queste stronzate >> replicò assottigliando lo sguardo. << Vieni al dunque, mi stai annoiando. >>
Sospirai, annuendo. << Che ci siano persone che hanno il sangue di quelle creature è un fatto reale, vero. Il sangue di chi costruì il mondo. Quelle persone non hanno il potere di un drago, non del tutto almeno. >> Osservai distrattamente la città. << Ora, se quelle creature che esistevano un tempo avevano il potere di creare il mondo, e sono stati i primi a dare vita ai frutti del mare, cosa credi che potrebbero essere in grado di fare? >> domandai, rivolgendogli un’occhiata e incrociando le braccia.
<< Non mi piacciono i giochetti, donna! >> Sbraitò, seccato. << Smettila con questi giri di parole. Non sono qui per delle lezioni di storia. >>
Sospirai, scuotendo il capo. << Va bene, va bene. Dovevo farti una spiegazione basilare sul perchè potrei riuscire ad annullare il potere del frutto che ha mangiato Killer. In parte questo potere lo possiedo anche io >> spiegai, alzando le braccia. << Dovrei riuscire a estrarre il potere del frutto che ha mangiato per riportarlo nella forma originale di un frutto del mare. >>
Lui rise, scuotendo il capo. << Impossibile. >>
<< Sul serio? >> domandai accigliandomi. << In un mondo come il nostro dove si possono mangiare degli oggetti magici che danno poteri incommensurabili questo ti sembra strano? Hai un braccio meccanico che usi come se fosse quello vero grazie al tuo potere, è normale? >>
<< Hai delle prove che ciò che dici è vero? Potresti farlo anche con me, quindi? >>
Scossi il capo. << No, tu possiedi il frutto da troppo tempo. Morirei nel tentativo e sarebbe del tutto vano. Al massimo potrei provare a usarlo, ma solo per un attimo, sottraendo parte del tuo potere, ma senza poterlo davvero acquisire. >>

Kidd scosse il capo, contrariato. << Quello che dici è assurdo. Non ho mai sentito parlare di una cosa simile. >>
<< Infatti non è una cosa risaputa. >>
<< Chi diavolo sei tu quindi? Un mezzo drago celeste? >>
<< Un mezzo drago, per l’esattezza. Non mettermi al pari di quegli spocchiosi e arroganti esseri >> replicai, senza nascondere il fastidio. << Potrei spiegarti nel dettaglio cosa sono, ma poi ti annoieresti, no? >>
<< Mh... >> mormorò pensieroso, scuotendo il capo. << Che certezze ho? >>
<< Nessuna, a dire il vero, devi solo fidarti di me. Posso solo dirti che, nel caso peggiore, per Killer non cambierebbe nulla. >> A differenza mia che avrei potuto lasciarci le penne. << Ma ho un favore da chiederti, qualora accettassi. >>
Strinse lo sguardo, osservandomi con la solita aria minacciosa, senza però dire nulla.
<< Avrei bisogno di un passaggio fino a una qualsiasi isola. Non pretendo che mi accompagni chissà dove, scenderei al primo vostro approdo. Non voglio più stare qui. >>
Lui parve riflettere sulla mia richiesta, per poi annuire. << Si può fare >> annuì, incrociando le braccia. << Solo se riporterai Killer alla normalità, allora avrai un passaggio fino alla prima isola. >>
Sorrisi, senza nascondere la felicità a quelle parole. Quasi saltai di gioia.
<< Allora andiamo sulla tua nave. Possiamo farlo quando vuoi. >>
<< Fai strada, donna >> disse, nonostante non mi guardasse, rivolto verso la città, come a voler cercare di vedere dove fosse chi ci stava osservando.
Non mi feci ripetere due volte quell’ordine, voltandomi con rinnovata allegria. << Sì, capitano. >>

Tornammo indietro e prendemmo subito il mare per arrivare alla nave. Non ebbi neppure il tempo di dire qualcosa a Ryltar o al capo.
Ormai era pomeriggio inoltrato.
Risaliti sulla Victoria Punk, Kidd mi portò subito all’alloggio del suo secondo, fermandomi poi all’ingresso. << Aspetta qui! >>
Sparì nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Passò diverso tempo prima che il rosso riaprisse, lanciandomi un’occhiata dubbiosa spostandosi di lato per farmi entrare nella stanza. 
<< Kidd mi ha detto che potresti annullare il frutto che ho dovuto mangiare >> osservò Killer non appena entrai.
<< Più che altro prendere l’effetto e scaricarlo su un frutto, a proposito, avete qualcosa qui sulla nave? Mela, pera, banana? >> domandai, osservando il rosso che annuì. Si voltò, dando ordine di portare un vassoio in tempi celeri.
<< In che consiste? >>
<< Dovrai stare disteso e non fare nulla, io cercherò di toglierti di dosso questa… cosa orripilante che ti è capitata >> spiegai sedendomi accanto al letto, osservando il secondo dei pirati di Kidd. Stava decisamente molto meglio della notte prima. << Non sentirai nulla. È più complicato per me che per te. >>
<< In che senso? >> domandò Kidd.
<< Nel senso che una volta finito è probabile che perda i sensi. >>
Se avessi avuto sotto mano la perla sarebbe stato di certo più facile, ma anche quella era rimasta nelle mani di Law. Certo, se l’avessi ancora avuta l’avrei usata per ritrovarlo senza pensarci.
<< Fallo >> mi disse Killer, privo di inflessione, ma percependo un certo affanno, o speranza, in quella parola.
Attesi che mi portassero la ciotola con la frutta, e poi mi concentrai su di lui, richiamando i poteri che in quegli anni Cassian mi aveva insegnato a usare.
In realtà una cosa simile non l’avevo mai provata a fare, ma dirlo a loro sarebbe stato controproducente. Sapevo che non avrebbe rischiato nulla, ma non avevo idea di quello che sarebbe successo a me nel tentare. Tuttavia non potevo farmi sfuggire quell’opportunità, l’unica che avessi.
Non osservai nessuno dei due direttamente, poggiando una mano sul petto di Killer, percependo il suo respiro affaticato e il calore del corpo, per poi concentrarmi, trovando subito ciò che cercassi.
A differenza dell’effetto di un frutto del mare vero, lo smile lo sentii sporco, sbagliato, corrotto, e tentai subito di afferrarlo. Al contempo, attraverso quell’operazione, la mia volontà ed energia iniziarono a svanire rapidamente.
Era espanso nel corpo di Killer come una ragnatela estesa, difficile da strappare via più di quanto pensassi, come una sorta di simbionte, e non appena riuscì a straccarla sentii il potere del frutto artificiale tentare di attecchire su di me.
Rapidamente spostai la mano su una mela del cesto, scaricando tutto quel potere in quell’oggetto, vedendolo decorarsi e prendere la forma tipica di un frutto del mare.
La volontà sfumò con quell’ultima azione, mentre nel mio campo visivo tutto cambiava, facendosi meno nitido e via via sempre più piccolo.
Mi sembrava lievemente di vedere della nebbia e mi accorsi che le mie mani fumavano, ma non solo quelle. Le braccia e le mani avevano assunto l’aspetto una pelle scura, con piccole squame nere e dorate, ma non ebbi il tempo di guardarle con attenzione che tutto divenne grigio e poi buio.
Quando riaprii gli occhi non capii dove mi trovassi. Sentivo come di essere cullata, una sensazione famigliare di una nave in mare, ma non misi a fuoco immediatamente dove fossi. Ci misi un attimo per capire che ero sul letto dove prima era steso Killer e che mi trovassi sulla Viktoria Punk, nella cabina del secondo.
Tentai di alzarmi, ma la testa prese a girarmi terribilmente, rendendomi conto di non avere nessuna energia, completamente sfinita.
Mi avevano buttato addosso una coperta, e li ringraziai mentalmente per quel gesto, dato che mi sentivo scottare ma al tempo stesso tremavo dal freddo. Forse avevo esagerato, viste le mie condizioni.
Non che fosse la prima volta.
Altalenai tra la veglia e il sonno, svegliandomi a tratti per poi tornare a dormire. Sentii che qualcuno entrava, di tanto in tanto, diceva che scottavo, ma che almeno respirassi ancora.
Non so per quanto tempo continuai a stare in quelle condizioni, ma quando riaprii gli occhi con un po’ più di lucidità non c’era nessuna luce, tranne quella di una candela a lato del letto.
Avevo una fame terrificante.
Con la testa che mi girava tentai di alzarmi, imprecando svariate volte dalla frustrazione e tenendo a mente di non fare mai più una cosa simile.
Killer entrò in quel momento, fermandosi alla porta. Io alzai lo sguardo su di lui, per poi barcollare stringendo una mano sulla fronte per via della perdita di equilibrio che mi provocò, poggiandomi di riflesso alla parete, continuando a imprecare.
<< Vedo che ti sei ripresa >> osservò avvicinandosi. Mi accorsi che aveva con sé un piatto con del cibo.
<< Oh Dea, grazie! >> mormorai con l’acquolina in bocca, rinunciando a stare in piedi e sedendomi sul letto di nuovo.
Lui me lo porse, lasciando poi sul tavolino quello che sembrava un grosso bicchiere. << C’è anche dell’acqua… >>
<< Giusto... acqua… aspetta >> dissi mangiando un boccone e realizzando dove fossi… dove fossi davvero.
<< Avete anche… del Sakè? Della birra? O qualsiasi altro alcolico? >> domandai alzando lo sguardo su di lui.
Killer chinò di lato il capo, incrociando le braccia. << Vuoi bere sul serio? >>
<< Ucciderei per un boccale di birra. Sono quasi due anni che non bevo un alcolico! >>
Fece mezzo sbuffo, divertito. Solo uno sbuffo. Non rideva più.
<< Oh… ha funzionato? Non hai più… il frutto… >>
<< No, come se non lo avessi mai mangiato. Posso addirittura nuotare di nuovo >> confermò con un cenno del capo. << Ti sono debitore, per ben due volte, a quanto pare. >>

Sorrisi, ma non replicai, tornando a mangiare con voracità. Bevvi l’acqua per poi terminare quella che era la mia sorta di cena.
<< Kidd mi ha detto che in cambio hai chiesto di portarti via da qui >> valutò lui.
<< Sì, non voglio darvi disturbo, solo lasciare l’isola. Andrà benissimo il primo posto in cui siete diretti. >>
Lui si sedette di fronte a me. << Il capitano mi ha anche spiegato una storia strana sui draghi e una città sotto la montagna. >>
<< Non mi sembrate una ciurma di pirati interessata alla storia e cultura del mondo. Mi sembrate il classico gruppo di: vado, distruggo, razzio, porto via tutto, uccido, faccio a pezzi, magari non in questo ordine preciso. >>
<< Vero >> confermò lui con un cenno del capo, coperto dalla maschera << tendiamo a divertirci. >>
Lo disse in una maniera strana, tra il divertito e il minaccioso, che mi fece smettere di mangiare, come se improvvisamente mi sentissi davanti a un possibile pericolo.
Erano pur sempre pirati, della peggiore generazione, tra i più violenti e crudeli. L’ironia forse non era del tutto sensata da usare.
<< È comunque curioso vedere una persona cambiare in parte aspetto, fumare e cambiare colore degli occhi, annullando un frutto del diavolo ingerito >> osservò, calmo come un predatore, e nell’osservarlo mi domandai chi tra lui e Kidd potesse essere il più pericoloso.
Il rosso era straordinariamente forte, era chiaro, ma le domande precise di Killer erano fin troppo mirate. Non ci girava attorno, ponderava e rifletteva, ma poi era diretto.
<< Questo è un mondo dove ciò che desideri si avvera. Così sono nati i frutti del diavolo, dopotutto. >>
<< Peccato che però non funzioni propriamente in questo modo. >>
<< Se vuoi avere spiegazioni e precisazioni sarò con voi per un po' di tempo, potrò rispondere alle tue domande. >>
<< Più che altro mi chiedo che altri poteri tu possa avere >> valutò, incrociando le braccia al petto, e io potei percepire un leggero sospetto, da parte sua, come se, nonostante tutto, non mi avesse ben inquadrato.
Forse non si fidava, anche se gli avevo salvato la vita e tolto quella roba crudele di dosso, ma, tutto sommato, era anche saggio e coerente cercare di capire chi fossi.

<< Non sono un nemico >> sottolineai seria, chinando il capo. << Voglio solo andare via da qui. >>
Lui annuì, voltandosi poi verso la porta << Avremo modo di parlare. Domani partiremo all’alba. Se hai qualcosa da prendere ti consiglio di tornare sull’isola adesso. >>
Non aggiunse altro, lasciandomi seduta a finire di bere e sistemarmi, razionalizzando, finalmente, che sarei finalmente riuscita una volta per tutte ad andare via da quel posto.
Sarei finalmente tornata da Law.

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Capitolo 5
*** Brutte notizie ***


Sbarcai dalla nave dopo aver finito una seconda porzione della cena, riuscendo persino a convincere Killer a farmi bere un boccale di birra, cercando di spiegare qualche dettaglio dell’isola in cambio del suo “gentile” gesto.
Misi piede sulla terraferma che ormai era tarda serata, dirigendomi verso il riparo di fortuna dei villeggianti, benché le strutture messe alla meno peggio erano già state sistemate per permettere a donne, bambini e anziani di dormire in un luogo riparato.
Non che ci fossero chissà quanti giovani, ormai. La maggior parte era di soli anziani, pochissimi adolescenti e tre bambini nati negli ultimi due anni, da quando ero arrivata.
Il capovillaggio aveva provato a convincermi che quello fosse il mio posto, le mie radici, e che Ryltar potesse essere un buon partito oltre che un ottimo padre, ma la mia risposta era stata una grassa risata, per poi scappare per più di un mese nella montagna, senza più tornare al villaggio, restando in compagnia di Cassian che sembrava gradire la mia presenza.
Avrei dovuto salutare anche lui, di certo non potevo mancare di dargli un addio. Probabilmente sarebbe stato anche quello che più, tra tutti, avrebbe capito.

Raggiunsi il gruppo riunito attorno al fuoco e appena Ryltar mi vide mi si avvicinò celere, con un sospiro di sollievo. << Stai bene? >>
<< Mai stata meglio >> gli dissi accennando un mezzo sorriso. << I pirati di Kidd partiranno domani mattina >> spiegai rivolgendo un’occhiata agli uomini seduti attorno al falò. << Io andrò con loro. >>
Rivolsi l’attenzione verso il capovillaggio mentre dicevo quelle parole, conscia che lui non sarebbe stato affatto d’accordo. Difatti si mise subito in piedi, irritato.
<< Non puoi, Tytär! >> replicò lui con voce dura. << Maledizione, ma non vedi la situazione che viviamo qui? Ci servi in questo posto, sei una delle poche eredi rimaste, forse l’unica di sangue reale. Solo tu puoi parlare con il Signore della Montagna. Questo posto... >>
<< Questo posto non è casa mia, vecchio! >> esclamai con voce ferma, decisa, tenendo lo sguardo verso di lui con fare austero.
<< Così ci condanni... >>
<< Voi condannate voi stessi. Avete avuto più occasioni di potervene andare da qui, e non lo avete mai fatto. La vostra stupida testardaggine e i legami ai riti antichi sono la vostra condanna, non io >> sbottai, rivolgendo poi l’attenzione verso gli uomini che mi guardavano, chi contrariato e chi invece dubbioso. << La fuori c’è un mondo che non conoscete, qui ormai non c’è più nulla, tranne che un drago che non vi da nessuna importanza e una città morta! >>
<< Tytär… >>
<< Lyanna! Cazzo, Lyanna! >> esplosi rabbiosa, vedendolo tentennare di fronte alla mia reazione. << Questo è il mio nome e non faccio parte di questa famiglia. Ne ho già una e intendo ritrovarla. >>
Mi voltai, sentendo il bisbigliare degli uomini e qualcuno imprecare a bassa voce, ma li ignorai.
Dovevo solo prendere le poche cose che possedevo, salutare Cassian e tornare sulla Viktoria Punk entro l’alba.
Il resto non importava.

<< Ly… >> sentii chiamarmi Ryltar mentre iniziavo a salire la collina che portava verso il bosco. Mi fermai, dandogli le spalle e prendendo un grosso respiro profondo.
<< Non mi farai cambiare idea. >>
<< Lo so. Ci ho rinunciato, ormai… >>
Mi voltai a guardarlo, incrociando le braccia al petto. << Che cosa vuoi allora? >> domandai astiosa.
<< Salutarti? Almeno quello me lo lasceresti fare senza arrabbiarti? >> domandò alzando le braccia, sospirando e io mi rilassai leggermente, scuotendo la testa.
Mi avvicinai a lui di slancio, abbracciandolo con uno sbuffo seccato. << Dovresti andartene anche tu da qui, Ryl. >>
Lui mi strinse a sé, ridacchiando. << E chi penserà a tenere in piedi il villaggio? Ormai siamo in pochi. >>
Lo lasciai andare, guardandolo. << Proprio per questo dovreste andarvene dall’isola e vedere quello che c’è la fuori. >>
<< Credo che tu ancora non capisca. Si tratta di qualcosa di molto più profondo di così… >>
<< Andarsene, iniziare una nuova vita, conoscere nuova gente, qualcuno che ti possa amare per davvero… Ryl... tu non hai idea delle possibilità che ci sono la fuori, e finché non aprirai gli occhi continuerai solo a perdere tempo. >>
Il ramato scosse il capo. << Come sempre, è un discorso a senso unico. Non posso farti cambiare idea, quindi non mi resta che augurarti buona fortuna. >>
Sorrisi, riabbracciandolo di nuovo un’ultima volta, per poi tornare a percorrere la stradina che portava alla montagna, lasciandomelo alle spalle.

Ormai quelle strade le conoscevo a memoria e sebbene esistesse un modo più veloce per accedervi mi presi il tempo di farmi tutta la strada a piedi.
Avevo vissuto a lungo in quei luoghi tanto antichi, spesso passandoci mesi interi in compagnia del dragone. Tornavo al villaggio praticamente solo per mostrare ce fossi ancora viva e per mangiare qualcosa che non fosse il solito pesce pescato da Cassian.
Eppure i tesori che erano costuditi in quella roccia erano davvero inestimabili. Se il villaggio appariva spoglio e privo di valore, nella vecchia città ancora veniva costudito un antico sapere che mai sarebbe andato perduto e grazie al quale avevo potuto scoprire qualcosa in più su di me, oltre che le origini di tante cose che erano andate ormai perdute.
Cassian ne era il guardiano e solo a me aveva concesso di poter leggere libri arcaici e incisioni in lingue ormai scomparse, solo perché io ne avevo la capacità.
Abbandonare il drago, lo sapevo, sarebbe stato tremendamente doloroso, ma non mi avrebbe trattenuta. Non voleva che andassi via, me lo aveva già detto, ma non avrebbe fatto nulla per farmi cambiare idea.

Lo trovai a riposare accanto a uno dei laghi che affioravano nelle caverne accanto alla città, accortosi di me prima ancora che arrivassi.
Aprì un occhio, rivolgendomi l’attenzione, prima di soffiare una brezza gelida nella mia direzione. << Il tuo spirito è agitato, ma anche felice. Cosa è successo? >>
<< Vado via, Cassian >> gli dissi subito fermandosi di fronte a lui. << Sono approdati sull’isola dei pirati e li ho convinti a darmi un passaggio. >>
<< Hai usato i tuoi poteri? >>
Feci una smorfia << Potrei averlo fatto… >> mormorai senza nascondere un certo imbarazzo. << Non avevo alternative. >>
<< Hai fatto qualcosa di molto pericoloso. Se sapessero chi sei… >>
Già... se sapessero. A Kidd glielo avevo praticamente sbattuto in faccia come avevo capito potesse essere utile.
<< Ho salvato un uomo… >> risposi seria << L’ho usato a fin di bene, come mi hai detto tu. >>
<< Come fai a sapere di poterti fidare? >> domandò. Non era aggressivo, ma riflessivo, come se volesse assicurarsi avessi pensato ad ogni rischio e problema.
<< So chi sia il capitano della nave. Non mi fido, così come lui non si fida di me, ma ho salvato il suo secondo, e benché sembri un gorilla idiota credo che manterrà la parola. In caso contrario posso sempre tentare la fuga quando meno se lo aspetta. >>
Non so se il problema più grande sarebbe stato Kidd o Killer, con tutta onestà. Potevo solo sperare che mi lasciassero davvero andare una volta arrivati sulla prima isola.
Non c’era più la mia taglia tra quelle che avevo visto dei giornali e potevo solo sperare che nessuno si ricordasse di quella che avevo, ancora prima che entrassi nei pirati Heart.
Quello nessuno lo sapeva. Non ce ne era stato il tempo.
<< Quindi hai deciso? >> domandò, alzandosi sulle quattro zampe, per poi passarmi accanto.
Non gli arrivavo neppure a sopra il ginocchio da tanto che era grosso, ma non ne avevo mai avuto timore. Gli camminai al fianco, con passo svelto.
<< Ho deciso. Voglio ritrovare Law. >>
<< Se non ti volesse più tornerai? >> 
<< Sì, se non mi volesse più nella sua ciurma, allora torneò >> dissi chinando il capo. Era il patto che avevamo fatto.
<< Quando morirà, tu tornerai… >> aggiunse, continuando a guardarmi, e io annuì.
Non sarei invecchiata cono Law, lo sapevo benissimo. Il mio vero essere mi avrebbe fatto vivere molto più a lungo di lui e tornare da Cassian era un altro dei punti che avevamo stabilito qualora avessi trovato modo di andare via.
<< Quando sarai di nuovo qui accetterai una volta per tutte chi sei e abbandonerai del tutto la tua parte umana. Ricorda il giuramento! >> mi intimò, fermandosi e abbassando il muso verso di me.
<< Lo ricordo >> riposi poggiando la fronte sul suo muso. << Quando lui non ci sarà più tornerò da te. >>
Mi soffiò addosso dell’aria gelida, che mi fece spostare, rabbrividendo.
<< Un volo, concedimi quello per questa notte. Orami riesci a mantenere la tua vera forma per abbastanza tempo. >>

Lo guardai incerta, a quelle parole. La mia vera forma, quella reale, che nessuno del villaggio aveva visto tranne Cassian, ancora difficile da controllare, se non per poco tempo.
Oltre a un ora, la mia mente umana avrebbe lasciato posto a quella del drago. Una sfortuna che mi aveva impedito di prendere i cieli e scappare molto tempo prima.
<< Potrebbero vederci i pirati >> valutai. Più che altro lui, un enorme drago blu, benché fosse buio, non passava inosservato.
La mia forma almeno era più discreta.
<< Non ci vedranno, vieni… >> ordinò, oltrepassandomi e camminando con leggiadria tipica di un drago.
Quella notte volai, dopo mesi che non lo facevo, senza che nessuno sull’isola si accorgesse delle due figure che si libravano oltre le nubi.

La mattina dopo salutai di nuovo i villeggianti, prima di prendere la barca con uno zaino pieno dei miei pochi averi, tornando sulla Victoria Punk, decisamente eccitata dall’idea di riprendere il mare.
L’equipaggio stava già iniziando a prepararsi alla partenza, iniziando a occuparsi delle vele e tutta la strumentazione necessaria, con Kidd e Killer che davano ordini e direttive.
La ciurma mi guardava con rinnovata curiosità, senza più astio, come se ciò che avessi fatto al secondo in comando mi avesse messo sotto un'altra luce, molto meno sospettosa e quasi grata, almeno per alcuni di essi.
<< Dove posso mettere le mie cose? >> domandai a un tizio con i capelli verdi acqua e un ciuffo davanti al viso, eyeliner e rossetto viola.
Rimanevo sempre piuttosto colpita dallo stile dei pirati di Kidd, devo ammetterlo.
<< Nella stiva, di sotto >> mi rispose lui con un mezzo sorriso, per poi porgermi la mano. << Io sono Boogie. Grazie per quello che hai fatto a Killer. >>
<< Lyanna, piacere. Per quanto riguarda Killer, Beh, era una vera crudeltà. Vivere obbligato a fare qualcosa che detesti non piacerebbe a nessuno. >>
Lui annuì, osservando il secondo e il capitano che sciorinavano ordini, poi tornò su di me. << Vieni, ti accompagno. >>
Il ragazzo mi portò di sotto, mostrandomi le parti inferiori della nave e un piccolo alloggio che potevo usare, oltre al bagno, che trovai in condizioni migliori di quello dei pirati del cuore, e il refettorio.
Ringraziai, entrando nella stanza per lasciarci i miei averi, per poi tornare sul ponte per potermi godere la partenza e il rollio della nave, tornando a sentire nuovamente la nostalgia ghermirmi.

Mi affacciai subito sul parapetto, sul cassero a poppa, guardando in direzione dell’isola che si allontanava sempre di più, facendosi più piccola, per poi scendere le scale portandomi sul ponte della nave, diretta verso la prua, ignorando chi mi stava attorno, troppo euforica dalla situazione.
Non mi accorsi della figura che mi prese alle spalle, afferrandomi per la collottola della mia giacca e trascinandomi indietro di due passi, per poi alzarmi tanto da non toccare terra.
Mi ritrovai faccia a faccia con Kidd, palesemente contrito e irritato.
<< Ohi, mocciosa! Non ti ho preso sulla nave per fartici girare a caso! >> mi fece notare, torvo, osservando la mia espressione farsi per un attimo interdetta e presa alla sprovvista, abbassandomi fino a farmi di nuovo toccare terra.
<< Scusa, capitano, mi sono fatta prendere dall’euforia >> spiegai, cercando di fare un sorrisino di circostanza. << Non devo più correre sulla nave come se fosse casa mia, ho capito. >>
<< No, non hai capito un cazzo >> replicò, affilando un sorrisetto divertito. << Il viaggio mica è gratuito. Lavorerai come tutti gli altri. Prendi un secchio e ramazza il ponte, ha bisogno di una pulita e sistemata dopo che siamo saliti e scesi dall’isola >> spiegò serio, guardandosi attorno, come se fosse una cosa ovvia, tornando poi a guardarmi.
Io lo fissavo allibita. << Scusa, ma il mio viaggio è già stato pagato, dopo che ho salvato la vita al tuo secondo e gli ho levato di dosso quel frutto difettoso. Non ho nessuna intenzione di mettermi a pulirti il ponte, Capitano Kidd! >>
Misi le mani sui fianchi, decisa e chiaramente contrariata. Lui invece sembrava piuttosto divertito, il suo sorrisetto impertinente mi lasciava il dubbio che fosse una provocazione per divertirsi e per vedere come avessi reagito.

<< Ci sono delle regole da rispettare su una nave. Ognuno fa qualcosa! Se non lo sapevi, ora lo sai… >>
<< So benissimo come ci si comporta su una nave, e so anche che se si è passaggio non ci si deve mettere a pulirla, la nave! >>
Lui si voltò, prese un secchio, per poi lasciamelo di peso in braccio, facendo trasbordare metà del contenuto su di me. << Pulisci sto cazzo di ponte, o preferisci far compagnia ai pesci? >>
Lo guardai malissimo, mi spostai meglio il bacile tra le mani per avere una presa più agile, e gli gettai l’intero contenuto in faccia, senza pensare.
Già, senza pensare!
<< Puliscitelo da solo, il tuo cazzo di ponte! >> replicai.
L’espressione di Kidd per un istante mi fece sorridere: era sorpreso dal mio gesto, completamente inaspettato. Mi fissava sgomento, con occhi sgranati e labbra lievemente aperte. Il viso gocciolante di acqua.
Il mio sorriso tuttavia svanì l’istante successivo, nel vederlo trasformarsi letteralmente, assottigliando lo sguardo con palese rabbia, tanto da farmi indietreggiare e farmi rendere conto dell’enorme cazzata che avessi appena fatto.
<< Capitano… >>
<< Sei morta! >>
Non ebbi la prontezza di riflessi per schivarlo, né per fermarlo. Era decisamente più veloce e molto più forte di me. Prima ancora che me ne accorgessi mi aveva afferrata per un braccio, per poi lanciarmi letteralmente dalla nave. E io volai fuori, cadendo rovinosamente in acqua.
<< Uomo in mare! >> sentii gridare.
<< Lasciala là… >> replicò Kidd mentre io riaffioravo dall’acqua, nuotando per stare a galla.
Il capitano si stava allontanando dal ponte, ignorandomi, passandosi una mano tra i capelli per togliersi un po' dell’acqua. << Andiamocene! >>

Vidi Killer avvicinarsi a lui, anche se ormai faticavo a sentire quello che dicevano, cercando in qualche modo di stare dietro alla nave a nuoto, come potevo, benché sapessi non ne sarei mai stata capace.
La nave era troppo veloce e io stavo perdendo il mio unico modo per andarmene dall’isola che si vedeva ancora alle mie spalle.
Mi arrivò in faccia una corda, alla quale subito mi aggrappai, annaspando, prima di iniziare ad arrampicarmi.
Arrivai in cima accasciandomi sul ponte, accanto a Killer, in piedi, che mi guardava a braccia conserte. << Ti ho ripagato un favore. Adesso prendi il secchio e lo straccio e mettiti a pulire il ponte, se non vuol che Kidd ti lanci giù dalla nave appena ti vede >> ordinò, con tono serverò, ma una certa ironia divertita. Non attese neppure che replicassi, che già si stava allontanando.
Maledetta ciurma del cazzo! Maledetta impulsività! Maledetto gorilla!
Presi secchio, straccio e ramazza, e iniziai a fare quanto mi era stato detto.

Nei due giorni successivi venni lanciata fuori dalla nave per altre tre volte e all’ultima Killer mi disse che non mi avrebbe più ripescata, lasciandomi in acqua, se avessi continuato a battibeccare con Kidd, consigliandomi di non stuzzicarlo, né replicare ai suoi ordini quando mi venivano dati.
Mi era terribilmente difficile non farlo. Lui provocava, si atteggiava e pavoneggiava, lasciando intendere quanto fosse competitivo su ogni cosa che si trovasse di fronte e quelle poche volte dove iniziavamo a parlare senza guardarci male mi domandavo come facesse a essere anche intelligente se poi al contempo si dimostrava tanto stupido.
Nella tolleranza, e cambiando attività iniziando a preparare le razioni in cambusa, cosa che in molti apprezzarono, fortunatamente mi evitai altre gettate in mare, anche se non replicare alle battute di Kidd o stuzzicarlo mi fu estremamente difficile.
Eravamo in mare ormai da una settimana e finalmente le cose sembravano essersi stabilizzate. Non ero più finita fuori dalla nave e mi limitavo a parlare con il capitano il meno possibile, discorrendo invece con piacere assieme a Killer, molto più disposto al dialogo.
Era sempre un pirata, ovviamente, e non mancava anche lui di avere un orgoglio forte e deciso, ma quantomeno era più riflessivo e paziente dello scimmione dai capelli rossi.
Sapevo che entro una settimana e mezza avremmo raggiunto un’isola, sulla quale sarei scesa in via definitiva, come da accordi.
Ma ovviamente le cose non vanno mai come si vorrebbe.

Ero uscita dalla mia cabina già di primo mattino, con metà della ciurma che ancora dormiva dopo una serata passata tra divertimento e festeggiamenti, molto più frequenti sulla Viktoria Punk rispetto a i rari momenti goliardici che ricordavo passati sulla Polar Tang.
Solo in pochi erano riusciti a svegliarsi presto, giusto per condurre la nave e dedicarsi ai lavori del turno mattutino, e nessuno fece caso all’arrivo del gabbiano che svolazzando sopra di noi lasciò cadere il nuovo giornale.
Lo presi prima che toccasse terra. Ormai non mancavo un giorno di recuperare i quotidiani per aggiornarmi sulla situazione dei mari, dei pirati, della marina e del governo, cercando di riportarmi al passo con i tempi che correvano.
Soprattutto nella speranza di trovare notizie sui pirati Heart. Notizie che riguardassero Law.
E questa volta lo vidi in prima pagina.
Una prima pagina che mi fece mancare il fiato, stringere in una morsa il petto e gelare il sangue nelle vene. Mi sentii mancare, restando a stento in piedi.

La notizia ritraeva Barbanera da un lato e Law dall’alto, con il titolo a indicare lo scontro avvenuto tra loro.
Mi poggiai al parapetto, come se improvvisamente mi mancassero le forze.
Non ancora, non di nuovo Teach. La colpa di quanto accaduto a Ace era sua e se fosse successo qualcosa a Law… solo al pensiero mi sentii morire.
Mi sedetti a terra, spalle contro la balaustra dietro di me, aprendo il giornale per andare a leggere i dettagli.
C’era stato uno scontro, tra Law e Teach, due giorni prima, e il vincitore era stato Barbanera!
Tremai, non riuscii a farne a meno, sentendo emozioni contrastanti vibrarmi nell’animo. Non riuscii neppure a controllare le dita che stringevano spasmodicamente il giornale.
Di Law non si diceva nulla, tranne che sembrava essere riuscito a sfuggire a Teach, risultando disperso. La Polar Tang e i Pirati Herat sconfitti e portati via dall’imperatore con il potere dell’oscurità.
Probabilmente erano stati portati a Hachinosu, isola di Barbanera, ora suo dominio.
<< Cazzo! >> mormorai a fatica, lasciando il giornale a terra e alzandomi in piedi, dirigendomi verso la cabina di Killer. Non mi importava nulla se stesse dormendo o meno; quella notizia cambiava tutti i piani e, soprattutto, aumentava terribilmente la mia fretta per trovare chi stessi cercando.
Non si sapeva dove fosse, ne le sue condizioni. Sapevo quanto Barbanera fosse forte e di ritrovarmi nella stessa situazione di tre anni prima… non volevo neppure pensarci.

Aprì di volata la porta della cabina del secondo in comando, che si alzò di scatto dal letto sentendosi aprire la porta, trovandolo persino senza la sua maschera, ma già sveglissimo. Probabilmente stava dormendo fino a un secondo prima, ma il sentirmi lo aveva messo immediatamente in allerta.
<< Lyanna? >> domandò, passando dall’allarmato al perplesso, notando probabilmente la mia espressione tesa e preoccupata, oltre che il mio respiro accelerato. << Che succede? >>
<< Ho bisogno che mi ripaghi l’ultimo favore. Devo andare a Spinx, l’isola delle sfingi, al più presto possibile. >>

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Capitolo 6
*** Sfida ***


<< L’isola di Spinx è in tutt’altra direzione e non abbiamo un log pose per arrivarci >> ringhiò Kidd fissandomi con astio, dall’alto al basso e a braccia conserte, mentre io mi muovevo nervosa passando il peso da una gamba all’altra, senza riuscire a stare ferma.
Avevo parlato a lungo con Killer, cercando di convincerlo di aiutarmi a parlare con il capitano e trovare una soluzione al mio problema, ma sembrava una cosa impossibile.
<< A Spinx posso dirvi come arrivarci. Ho una vivrecard che potrebbe portami la >> spiegai gesticolando nervosa.
Mi era rimasto quell’unico pezzo di carta per ritrovare Marco, quando avessi terminato la mia ricerca della perla per esaudire il mio desiderio. Ormai dopo due anni con tutta probabilità il secondo di Barbabianca sospettava il mio decesso come aveva fatto Law, ma era l’unica persona che mi venisse in mente capace di aiutarmi e non troppo distante da dove il mio capitano era stato sconfitto.
Il problema era riuscire a convincere lo scimmione che avevo di fronte.

<< Scordatelo! Non perderò tempo per portarti dove vuoi! Sbarcherai come pattuito sulla prima isola! Fine! >>
<< Che razza di ingrato! >> sbottai, incrociando le braccia al petto e fissandolo con astio. Poco mi importava se mi avesse lasciato fuoribordo di nuovo.
<< Ohi, Kidd, calma… >> intervenne Killer mettendosi nel mezzo, reagendo prontamente nel vedere Kidd farsi più grosso e incazzato alle mie parole, pronto a reagire. << …Spinx non è poi lontana, sarebbe solo un piccolo fuori programma. Dobbiamo comunque rientrare sulla rotta maggiore e le correnti marine ci hanno portato più vicino a quell’isola di quanto non sembri. >>
Il rosso ringhiò frustrato, assottigliando lo sguardo e fissandomi minaccioso. Se non ci fosse stato Killer mi avrebbe ammazzato di sicuro, soprattutto alla vista della mia espressione di sfida in risposta alla sua intimidazione.
<< Io la uccido! Togliti di mezzo! >>
Killer gli pose in risposta le mani sulle spalle << Kidd, smettila! >>
<< Ci metto un secondo a toglierle quell’espressione dalla faccia >> replicò però il capitano, intenzionato a non ascoltare il suo compagno e avanzando di un passo.
Non sembrava che le parole di Killer facessero qualche effetto.

<< Lyanna, esci! >> mi ordinò l’uomo con la maschera, lanciandomi un’occhiata, severo e risoluto, voltandosi appena nella mia direzione. L’irritazione svanì dal mio volto come sentii quella voce, rendendomi conto che il capitano fosse davvero molto più seccato e irritato del solito e che non stesse affatto scherzando. 
A quanto pare ero riuscita nuovamente a fargli perdere la pazienza, tanto per cambiare, benché questa volta sembrava molto peggiore delle altre.
Beh, era pur sempre una mia prerogativa far saltare i nervi alle persone a cui era meglio stare lontano.
Come al solito la mia autoconservazione non era stata minimamente presa in considerazione, da me.
Seguii l’ordine di Killer, uscendo celere dalla cabina di Kidd, lasciandoli da soli.
Rimasi sul ponte diverse ore, camminando avanti e indietro, scambiando qualche parola di poco conto con i membri della ciurma intenti a lavorare e dandogli svogliatamente qualche aiuto dove servisse.
I due rimasero a lungo a parlare tra loro, forse per calmare gli istinti omicidi o per convincere Kidd ad andare nell’isola da me richiesta, mettendomi addosso solo maggiore frustrazione, ma lasciandomi il tempo di pensare a eventuali alternative per convincere il rosso a portarmi nell’isola delle sfingi.
Passò quasi un’ora prima che il biondo mascherato uscisse dalla cabina con il capitano che bellamente mi ignorò, lanciandomi solo uno sguardo sprezzante, prima di scendere sottocoperta.
Killer invece venne da me.

<< Kidd non vuole andare a Spinx >> dichiarò incrociando le braccia al petto e osservandomi mentre mi portando le mani tra i capelli, alzando le braccia, voltandomi a guardare il mare con un sopirò esasperato.
<< Perché è così stronzo?! >>
<< Non è stato saggio dargli dell’ingrato e guardarlo a quel modo. Kidd non ha pazienza, né diplomazia. Saresti morta se non fossi intervenuto. Ormai sei tu che mi devi più favori di quanto te ne debba io >> valutò serio, sebbene fossi certa che in quella voce ci fosse un filo di ironia, appena percettibile.
<< Dove vorreste andare voi? Quale è la rotta? >> domandai, cercando di farmi un’idea della direzione in cui saremmo andati.
<< Elbaf, con tutta probabilità il Log Pos punta là. Un maremoto ci ha colti impreparati e fatti uscire dalla rotta maggiore. Ci siamo trovati in mare aperto, non comprendendo bene dove. Dopo giorni di navigazione casuale è apparsa la tua isola.  Secondo i miei calcoli non siamo distanti da Spinx. Dalla prima isola in cui ti lasceremo dovrebbe essere facile farti portare la. >>
<< Ci vorrebbe troppo tempo… >> valutai stringendo le labbra e scuotendo il capo, guardando il mare.
<< Rinuncia a cercare di convincere il capitano. Lui… >> iniziò a consigliare Killer.
<< Ho un’idea… >> dissi, interrompendolo, senza guardarlo.
<< No, Lyanna… le tue sono pessime idee >> borbottò con tono palesemente frustrato.
Accennai un sorriso affilato, sfumato di sarcasmo, per poi dirigermi verso le scale che portavano sottocoperta.
<< Questa volta non interverrò. Se muori te la sei cercata >> mi avvisò il ragazzo alle mie spalle, rimasto fermo e a braccia incrociate. Non risposi, benché lo sentii sospirare appena iniziai a scendere, seguendomi.

Entrai nel refettorio, dove già alcuni pirati stavano mangiando, liberi dal loro turno di lavoro della giornata.
Avanzai verso Kidd, sedendomi sulla panca di fronte a lui, dall’altra parte del tavolo.
Meglio avere qualcosa tra il rosso e me, non sapevo cosa aspettarmi, dopotutto.
Lui mi rivolse uno sguardo carico di fastidio. << Non dirmi che vuoi insistere! >> ringhiò minaccioso.
<< No, ho capito. Non sono tanto ostinata >> dissi incrociando le braccia al petto, con lui che continuava a guardarmi sottecchi e palesemente diffidente.
Anche Killer si sedette accanto al suo capitano, nella mia stessa posizione.
<< Elbaf è la prossima isola in cui approderemo, da quello che ho capito… >> valutai prendendo una delle caraffe di birra poste sul tavolo, versandomene un po'. Il rosso annuì in risposta, serissimo e continuando a guardarmi male.
<< E cosa c’è di così pericoloso su Spinx da farti desistere in ogni modo dall’andarci? >>
<< Desistere? >> domandò inarcando un sopracciglio.
<< Non sai cosa voglia dire? >>
<< Certo che lo so, piccola idiota! >> mi sbraitò contro, sbattendo la mano sana sul tavolo, facendo oscillare pericolosamente brocche, bicchieri e piatti.
<< Scusa… >> dissi con falso tono mortificato. << L’avevi detto in un modo che mi sembrava che non capissi… >>
In risposta lui si alzò in piedi, sporgendosi verso di me e afferrandomi per il colletto della giacca, facendomi alzare e tirandomi verso di lui, tanto da essere faccia a faccia.
Killer, accanto a noi due, sospirò.

<< Senti, non ti ho ancora fatto pentire di essere salita sulla mia nave solo grazie a Killer, ma alla prossima parola sbagliata ti assicuro che non ne avrai neppure il tempo, di pentirtene >> sibilò, lasciando andare piccole scariche elettriche attorno al suo braccio metallico e al suo stesso corpo.
Sentii la pelle d’oca solleticarmi in risposta al suo atteggiamento, percependo benissimo il pericolo, ma cercando di restare impassibile.
<< Non voglio mancarti di rispetto, Capitano Kidd, ma permettimi di farmi delle domande se un pirata con la tua nomea non vuole andare per nessuna ragione su un’isola, quand’è praticamente una deviazione da nulla. Quella è la mia meta, ho capitò che non mi ci porterai… >> dissi afferrando il suo braccio e cercando di liberarmi dalla sua presa. << ma se hai paura vuol dire che è pericolosa e credo tu capisca che in quel caso vorrei saperlo. >>
In risposta lui strinse maggiormente la presa, senza lasciarmi.
<< Credi davvero che abbia paura? >> lo domandò con rabbia ma anche sarcasmo, facendo un mezzo sorriso di sfida.
<< Aye, credevo non temessi nulla. Hai sconfitto Big Mom e combattuto Kaido; non ti sei mai tirato indietro di fronte a niente >> gli feci notare senza cedere, sudando freddo lungo la schiena dalla tensione << ma a Spinx non ci vuoi andare e se uno come te non vuole metterci piede deve per forza essere pericoloso. >>
Lanciai un’occhiata verso Killer che scuoteva il capo guardandoci, per poi tornare sul rosso al forte scossone che mi tirò per farmi tornare a guardarlo.
<< Non c’è un cazzo di pericoloso su Spinx, solo non ho nessuna intenzione di portarti là >> insistette il mio interlocutore, lasciandomi andare.

Mi riassettai, portando le mani sul boccale nel tentativo di tenere a freno le dita che avevano iniziato a tremare.
<< Come vuoi >> annuii distogliendo lo sguardo con fare falsamente deluso. << Sarà bello spiegare ai giganti che non sei voluto approdare sull’isola vicina. Si chiederanno di certo perché… >>
<< Maledetta… >> sibilò lui guardandomi malissimo, per poi voltarsi a guardare Killer << Di al timoniere di fare rotta verso Spinx, le priorità sono cambiate >> berciò irritato, tornando poi a guardarmi.
<< Vedi di sparire per il resto della tratta. Se ti incrocio, anche per sbaglio, ti butto giù dalla nave e Killer non ti verrà a prendere >> minacciò, alzandosi e guardando il suo secondo. << È un ordine! >> dispose in un ringhio che non ammetteva repliche, per poi voltarsi e risalire le scale.
Il biondo lo osservò andare via, tornando poi a guardarmi mentre sospiravo profondamente, rilassandomi sulla panca e tirando una lunga sorsata.
<< Ti è andata bene… >>
<< Molto bene >> ammisi facendogli mezzo sorriso tirato. << Sapevo ed avevo visto che fosse competitivo e che non resisteva alle sfide, ma non sapevo come avrebbe reagito. Ho tentato. >>
<< Ti consiglio di rimanere nella tua cabina fino alla fine del viaggio >> mi disse con un sospiro. << Massimo tre giorni e saremo là. >>
<< Non penso di muovermi >> annuii finendo la birra con un ultimo sorso. << Anzi, mi ritiro immediatamente. >>

Il resto del viaggio procedette tranquillo e come da richiesta non uscii dalla mia stanza fino a che non arrivammo all’isola designata.
Fu Killer che venne a chiamarmi la mattina svegliandomi dal mio sonno, ancora in uni stato di imbarazzato dormiveglia.
<< Siamo arrivati… >>
<< Dove? >> farfugliai stiracchiandomi.
<< Sei stupida? Su Spinx >> mi rispose irritato. << Prendi le tue cose e scendi. Il capitano non vuole che resti qui un minuto di più. >>
<< Sempre il massimo della gentilezza. Un esempio di galateo… >> borbottai alzandomi e iniziando a sistemare le mie cose.
<< Siamo pirati, cosa ti aspettavi? >>
<< Oh… beh. Ci sono pirati e pirati e per la mia esperienza non sono affatto tutti come voi, per mia fortuna. >>
<< Kidd aveva ragione, quindi. Aveva sospettato che tu avessi già navigato con dei pirati >> valutò lui.
<< Così pare >> risposi sistemandomi la giacca e lo zaino sulla spalla. << Ma non ci sono state le occasioni per parlarne. >>
<< Le occasioni le hai sviate ed evitate ogni volta… >> mi fece notare seccato.
<< Chissà, forse ci reincontreremo. >>
<< Dubito, o meglio, per te potrebbe essere un problema. Credo che il capitano non avrebbe piacere. >>
<< Neppure io… >> ridacchiai, prima di porgergli la mano che lui guardò dubbioso.
<< Oh, eddai. Un ciao quantomeno! >>
<< Mh… >> rispose, prendendo la mano, stritolandomela in un saluto.

Passai sul ponte, a seguito del secondo, salutando distrattamente gli altri con frasi di circostanza.
A differenza dei pirati Heart con loro mi ero tenuta a debita distanza e per mia fortuna, a parte con Killer che era l’unico con cui avessi avuto davvero a che fare, non avevo legato affatto.
Inoltre il mio primo e unico pensiero era ritrovare Law.
Arrivai alla passerella per scendere quando il capitano mi raggiunse.
<< Aspetta! >> intimò, facendomi voltare verso di lui, perplessa.
<< Perchè quest’isola? Le case sono tutte abbandonate, non c’è nulla >> mi fece notare guardando i resti di una cittadina ormai abbandonata da tempo.
<< Qualcuno c’è >> dissi osservando a mia volta il villaggio. << Vuoi scendere e farmi compagnia? >> domai, pentendomi subito di averlo fatto, ma per mia fortuna questa volta Kidd non sembrò accettare la sfida.
<< Non ho tempo per queste cose >> sbuffò seccato, assottigliano lo sguardo. << Abbiamo altro da fare! >>
Si voltò, facendomi un cenno con la mano, iniziando a berciare ordini ai suoi sottoposti.
<< Grazie, Capitano Kidd >> gli urlai dietro, prima che fosse tropo lontano, vedendolo girarsi e rispondermi con un ghigno sarcastico, prima di tornare a organizzare la prossima partenza.
Io scesi rapidamente dalla nave.

Li guardai partire restando sulla costa, avviandomi lentamente in direzione dell’enorme ammasso roccioso al centro dell’isola, tenendo comunque sott’occhio l’imbarcazione.
Mi era sembrato strano che il capitano avesse accettato così di buon grado di portarmi la, accorgersi che si trattasse di un’isola apparentemente deserta, per poi ripartire e il dubbio che non se ne andassero per davvero mi aveva attanagliata.
Tuttavia dopo diverso tempo li vidi sparire all’orizzonte.
Attesi a lungo, girovagando per le case abbandonate della costa, usate per far credere a pirati o malintenzionati che qualcuno la ci vivesse, dirigendomi poi verso la cascata che scendeva rapida lungo uno dei lati della grande roccia, dietro la quale sapevo ci fosse un passaggio che portava all’interno dell’ammasso roccioso e al villaggio nascosto ivi difeso.
Mi fermai all’ingresso, dando una lunga occhiata alle colline verdeggianti e alle costruzioni di agricoltori e contadini che lavoravano, osservando la stradina che serpeggiava in direzione di una piccola chiesa tra una manciata di conifere.
Le sfingi pascolavano tranquille sui prati, pacifiche, mentre alcune di esse erano appollaiate sulle rocce e le rupi laterali che attorniavano l’intero villaggio e si innalzavano in una muraglia impenetrabile di difesa.
Sorrisi, memore di quando un tempo ero stata la, assieme al Babbo e alcuni della ciurma, e iniziai a incamminarmi molto più allegra e rincuorata.
Era decisamente un luogo sereno, ideale per chi cercasse calma e tranquillità.

Alcuni degli uomini intenti a lavorare mi videro, fermandosi e parlando tra di loro, piuttosto interdetti e sorpresi del mio arrivo. Vidi uno di essi dire qualcosa a una bambina, che iniziò subito a correre in una direzione.
Ignorandola mi avvicinai agli uomini, salutandoli.
<< Scusatemi, non ho cattive intenzioni. Stò solo cercando Marco, la Fenice >> gli dissi sorridendo spontanea, felice, tutto sommato, di essere là.
<< Marco? >> domandò uno di loro, quello che sembrava il più vecchio. << Perché lo cerchi? >>
<< È, diciamo, un amico di vecchia data. >>
<< Chi sei? >> si intromise uno dei giovani.
<< Mi chiamo Lyanna. Ho navigato per un periodo con il Babbo, ma non facevo parte della sua ciurma. Mio padre era un suo sottoposto >> spiegai guardandomi attorno. << Fu lui portarmi qui, molto tempo fa. Non ero che una bambina. >>
<< Ho mandato mia figlia a chiamare Marco >> mi disse un terzo, osservandomi pensieroso, per poi indicarmi la direzione che aveva preso la bambina. << È da quella parte. >>
Ringraziai chinando il capo, per poi superarli a passo svelto, non vedendo l’ora di rivedere la Fenice.

Feci solo un breve tratto di strada, prima di notare la bambina in compagnia di Marco, il quale si fermò appena mi vide, sgranando gli occhi.
<< Lyanna?! >> mi chiamò sorpreso, mentre al contempo sul volto si allargava un sorriso.
Abbandonai lo zaino a terra, sorridendo a mia volta e saltando verso di lui per un abbraccio al quale non si sottrasse, ridendo.
<< Non posso crederci! Sei davvero tu? >> mi dimandò afferrandomi per le spalle. << Sei… cresciuta! >>
<< No, sono rimasta uguale >> risi di cuore.
Non mi sentivo tanto felice ed euforica da quasi due anni. Mi sentivo addirittura gli occhi bruciare dalla commozione.
Mi tolsi una lacrima con un gesto rapido, indicandogli il viso per distogliere l’attenzione dai miei occhi lucidi. << Tu invece porti gli occhiali! Da quando i polli portano gli occhiali? >> lo presi in giro, ricevendo un buffetto sulla testa in risposta assieme a una risata.
<< Vedo invece che tu non hai perso il sarcasmo e l’auto conservazione >> ghignò lui incrociando le braccia. << L’ultima volta sei finita in mare, ti ricordo. >>
<< Tanto per cambiare. E comunque ora so volare anche io, non ti sarebbe facile farmi precipitare >> risi di gusto, vedendolo inarcare un sopracciglio e inclinare il capo di lato, sempre sorridente.
<< Voli? Hai mangiato un frutto? >>
Scossi il capo. << No, ho… solo capito chi, o meglio, cosa sono >> spiegai, cambiando tono di voce e affilando appena il mio sorriso, affrontando la sua espressione incuriosita.
<< Centra con tuo padre? >> domandò voltandosi e facendomi cenno di seguirlo, per poi rivolgersi alla bambina che era con noi, dicendole gentile di poter tornare a casa.
<< Esatto. Tu… sapevi, giusto? >>
<< Qualcosa >> annuì. << Ma non siamo mai entrati nello specifico o nel dettaglio. A dire il vero sapeva poco anche lui e onestamente voleva stare lontano dal passato >> spiegò rivolgendo l’attenzione verso un punto imprecisato e facendosi mesto. << E voleva che ci stessi lontana anche tu. >>
<< Pare che il suo desiderio non si sia avverato >> constatai in tono basso, continuando a camminare e guardare avanti a me.
<< Sono passati anni, di cose ne sono successe… >> mormorò la fenice, accigliandosi poi nel vedendomi fermare di colpo. << Lyanna? Tutto bene? >>

<< Marco… è davvero un orso polare quello che vedo? >>  

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