Charles

di Padmini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serata tranquilla ***
Capitolo 2: *** Di nuovo giovane ***
Capitolo 3: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 4: *** Allievo e Maestro ***
Capitolo 5: *** L'attacco ***
Capitolo 6: *** Alleati ***
Capitolo 7: *** Vecchio mio ***
Capitolo 8: *** Speranza ***
Capitolo 9: *** Emozioni pericolose ***



Capitolo 1
*** Una serata tranquilla ***


Ok, avevo pubblicato un capitolo e poi ho deciso di cambiare radicalmente la storia.

Vi avviso che la gestione della timeline e dei personaggi modificherà quella dei film e forse prenderà qualcosa anche dai fumetti se riuscirò a inserirla.

Buona lettura, se vi va lasciate un commento, ciò che scrivete mi aiuta sempre a rendere le mie storie ancora più belle!

Per ora vi mando un abbraccio

Mini


1. Una serata tranquilla

 

La giornata era stata lunga ma, nonostante gli studenti fossero sfiniti dopo una lunga serie di lezioni e allenamenti, consapevoli del fatto che il giorno dopo sarebbe stato sabato, avevano deciso di restare svegli fino a tardi.

Bobby, Rouge, Kitty, Pietro e sua sorella Wanda si erano accomodati nella stanza di quest’ultima, dal momento che era appena arrivata e avevano intenzione di darle il benvenuto.

Dalle altre stanze provenivano, attutiti dalle pareti, i suoni delle conversazioni di altri studenti ancora svegli, tutti in pigiama, tutti rilassati e pronti per dormire, ma con ancora quel poco di energia per condividere un momento insieme.

“Ti troverai bene qui, sorellina” la rassicurò Pietro, seduto sul suo letto.

“Sì, per una volta concordo con lui” lo prese in giro Bobby, che si era rilassato sulla poltrona. “Sembriamo strani, ma ti faremo sentire a casa.”

“Se siete strani come mio fratello va bene” disse Wanda, dopo aver riso “Ma di sicuro non sarete più strani di me!”

Bobby guardò Rouge e Kitty, sedute su due grandi cuscini posati sul tappeto, entrambe stupite per quell’affermazione.

“Credi di essere più bizzarra di noi?” chiese Rouge con tono di sfida “Io assorbo i poteri degli altri, Kitty passa attraverso le pareti” continuò, indicandola “Bobby può creare il ghiaccio e …”

“Lo so, lo so” rispose Wanda “Pietro mi ha raccontato di voi e so che ci sono mutanti con poteri stranissimi, ma ciò che faccio io … “ proseguì, piazzando una pausa ad effetto “ … ciò che faccio io non lo può fare nessuno!”

Tutti i presenti, tranne Pietro, la fissarono a bocca aperta per lo stupore.

“Quindi …” iniziò Bobby, incuriosito “Cosa puoi fare?”

Wanda rise, giusto per accrescere l’attesa.

“Posso manipolare la realtà.

I tre ragazzi si guardarono, non riuscivano a capire cosa intendesse e ciò era evidente dai loro sguardi.

“In che senso?” chiese Kitty “Mi sembra molto vaga come descrizione.”

“In effetti è vaga, ma perché io posso fare tutto!” esclamò Wanda, eccitata “Qual è il tuo colore preferito, Kitty?”

“Il rosa” rispose lei, poco convinta.

“Bene, ora avrai i capelli rosa!”

I capelli di Kitty, lentamente, divennero da castani a rosa.

“Ma … ma … cosa …” mormorò la ragazza, osservando una ciocca dei suoi capelli che ormai era diventata del suo colore preferito.

“Straordinario …” sussurrò Bobby, impressionato, mentre Rouge continuava ad osservarla senza parole.

“Visto?” disse Wanda, soddisfatta “Ovviamente non funziona facilmente, devo concentrarmi, deve esserci l’intenzione, ma sì, è straordinario.”

“Fin dove puoi spingerti?” chiese Rouge, interessata.

“Non lo so, a dire il vero” rispose Wanda “Non conosco i limiti del mio potere. Per esempio posso curare le ferite, questo mi è già successo, potrebbe essere utile durante una missione.”

“Curare le ferite?” chiese Bobby “Anche quelle più gravi? Come?”

“Non proprio curare” specificò lei “Posso fare in modo che il corpo torni allo stato in cui era prima che avvenisse la ferita. Per esempio …”

Wanda si alzò, prese un paio di forbici e si avvicinò a Rouge, le afferrò una ciocca di capelli e la tagliò di netto.

“HEY!” gridò la ragazza “Come ti è venuto in mente?”

Wanda non rispose, chiuse gli occhi e in pochi istanti la ciocca che lei aveva in mano svanì e ricomparì sulla testa di Rouge.

Pietro scoppiò a ridere.

“Avete visto?” disse “è strepitosa!”

“Lo è davvero!” convenne Kitty.

“Quindi durante una battaglia, se qualcuno fosse ferito mortalmente, tu potresti …”

“Potrei riportare il suo corpo allo stato in cui era prima che venisse ferito, sì, a patto che sia ancora vivo, se è morto non posso fare più niente. Ho provato a far resuscitare un pesce rosso ed è rimasto morto.”

“Un minuto di silenzio in memoria di Mr Squamerosse” disse Pietro, con finta solennità.

“In battaglia sarebbe certamente utile” disse Bobby “C’è un limite di tempo?” chiese poi “Che ne so, cinque minuti, dieci, quindici … un’ora! Nel senso, se non ti accorgessi subito che un compagno è ferito, se fosse passato troppo tempo, potresti usare lo stesso il tuo potere?”

Wanda si strinse sulle spalle.

“Non ci ho mai pensato, sai?” rispose, pensierosa “Di solito, per sperimentare, non faccio passare più di un minuto, perciò non saprei se trascorso un certo tempo i miei poteri non abbiano più effetto. Per esempio, se io dicessi che voglio che il corpo del professor Xavier ritorni a com’era prima che diventasse paraplegico …” si interruppe per schioccare le dita “ … non lo so. Potrebbe accadere come no. Non so quanto tempo fa sia accaduto e, come ho detto, non so se ci siano dei limiti di tempo.”

“Il Professore ti aiuterà a capirlo” la rassicurò Rouge “Ha aiutato tutti noi.”

Wanda sorrise.

“Lo so. Mi fido di lui. Mi fido di voi.”

Pietro posò una mano sulla spalla.

“Volete vedere cos’altro so fare?” chiese Wanda.

“Dai!” rispose Rouge, divertita “Fai diventare i capelli di Bobby lunghi e biondi!”

“Cosa?!” gridò Bobby, indignato “Non se ne parla!”

Tutti risero e Wanda, rincuorata da quell’atmosfera serena, si sentì a casa.




 

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Capitolo 2
*** Di nuovo giovane ***


Il prologo è stato breve, ma volevo lasciarvi con il dubbio, anche se immagino che abbiate intuito come andrà avanti la storia. Per farvi capire meglio del contesto in cui ci troviamo, ci troviamo alla fine di “Giorni di un futuro passato”, dove sono tutti vivi e felici, quindi senza tenere conto di ciò che è successo in “Dark Phoenix” (il cui finale non ho capito come si incastri con il futuro visto in “Giorni di un futuro passato”)  e Charles Xavier ha l’aspetto di Patrick Stewart … almeno all’inizio.

Ci sono altre cose che ho cambiato, altre me le sono inventate così, dal niente, per esempio Wanda non dovrebbe avere l’età di una studentessa ma qui avrà meno di 30 anni.

Buona lettura.




 

2. Di nuovo giovane



 

La notte era trascorsa, l’alba era arrivata, il sole era alto nel cielo, una nuova giornata era iniziata.

Nonostante molti studenti avessero fatto le ore piccole, in quel momento erano tutti svegli e intenti a far colazione.

Hank, che si trovava in cucina insieme a Jean, Scott e Logan, sembrava preoccupato.

“Qualcosa non va, Hank?” chiese Jean “Non serve leggerti nel pensiero per capire che sei turbato.”

Hank si passò una mano sul peloso viso blu.

“Sarà la stanchezza” ipotizzò Scott “Sei stato di nuovo sveglio tutta la notte per lavorare a qualche progetto?”

“Tieni” disse Logan, porgendogli una birra “Non fa mai male.”

“No, no, ti ringrazio” rispose lui “Non ho voglia di bere birra in questo momento. Sì, sono stanco perché ho passato la notte a leggere delle ricerche degli studenti, ma non è quello. Qualcuno di voi ha visto Charles?”

“In effetti non è ancora sceso” disse Jean “Di solito è il primo a svegliarsi.”

“Dannazione!” esclamò Hank “Troppo spesso ci dimentichiamo che, sebbene sia un telepate potentissimo e che sia la colonna portante di questa scuola, è pur sempre un uomo anziano che non è fisicamente autosufficiente!”

“Hank, ti stai preoccupando per nulla!” lo rassicurò Jean “Come hai detto tu, è un telepate, se avesse bisogno di aiuto ci avrebbe chiamato.”

“Se fosse caduto, avesse sbattuto la testa e fosse svenuto?” rispose lui, mentre l’ansia cresceva “Devo andare a controllare.”

“Veniamo con te” disse Jean, che ora capiva perché Hank fosse così preoccupato “Potresti aver bisogno di aiuto.”

Logan posò la bottiglia.

“Andiamo.”

Tutti lasciarono ciò che stavano facendo e si avviarono a passo spedito verso la camera dove dormiva il Professore, quando arrivarono fu Hank a bussare.

“Charles?” chiamò “Charles? Sei sveglio?”

Nessuna risposta.

“Charles!” gridò Hank, battendo sul legno, ma ancora nessuno rispose.

“Dobbiamo sfondarla?” chiese Logan, che iniziava a diventare davvero nervoso.

“Non serve” lo rassicurò Hank “Non si chiude mai a chiave, basta aprirla …”

Dicendo così, Hank abbassò la maniglia e, lentamente, aprì la porta, intimorito da ciò che avrebbe potuto trovare all’interno della stanza: si immaginava Charles steso a terra, magari vicino alla sua sedia, caduto nel tentativo di salirci, invece ciò che vide lo fece allarmare ancora di più.

Erano entrati tutti, la stanza era deserta, così Hank si era diretto subito nel bagno e lì vide, in piedi di fronte allo specchio, un uomo girato di spalle che si osservava.

“CHI CAZZO SEI TU?” chiese Logan, con la sua solita grazia “Dov’è il Professore? Cosa gli hai fatto?”

L’uomo si voltò lentamente e li osservò, aveva gli occhi lucidi per il pianto e sembrava sconvolto.

Logan avrebbe voluto gridare ancora, ma l’aspetto di quell’uomo gli era in qualche modo familiare, perciò si limitò ad osservarlo e ad aspettare una risposta.

Hank gli posò una mano sulla spalla per calmarlo, anche Jean, Scott e Ororo sembravano averlo riconosciuto.

“Non ci posso credere …” disse, osservando Hank.

L’uomo che stava di fronte a loro era alto, aveva dei folti capelli castani e due occhi d'un azzurro straordinario e, cosa più importante, indossava il pigiama del Professore.

“Cosa è successo?” chiese Hank, avvicinandosi.

L’uomo, che in realtà sembrava poco più di un ragazzo, si asciugò le lacrime.

“Non lo so, non ne ho la più pallida idea!” disse, uscendo dal bagno “Sono andato a dormire e stamattina mi sono svegliato così. Mi sembrava un sogno, un sogno strano, ma all’improvviso ho cominciato a sentire le gambe, mi sono toccato la testa e c’erano i capelli … non capisco …”

Logan lo osservò con attenzione.

“Charles?” chiese “Sei davvero tu?”

Lui annuì.

-Mi hai visto da poco così, non è vero?- chiese a Logan, telepaticamente - Quando ci siamo incontrati nel passato avevo solo dieci anni in più rispetto a quelli che dimostro ora.-

Logan si limitò ad annuire in risposta mentre Hank gli si avvicinò, incuriosito.”

“Sì, è davvero lui” confermò Jean “è davvero il Professore, anche se nemmeno io capisco cosa sia successo …”

Charles si passò le mani sul viso per asciugarsi le lacrime.

“Esatto. Sono proprio io. Tutto questo è straordinario. Mi sento benissimo, come quando avevo vent’anni!”

“Sarà bene indagare su ciò che è successo, Charles” disse Hank, che temeva che ci fosse dietro qualcosa di negativo.

“Lo so bene” rispose Charles “Per il momento, se non vi dispiace, vorrei vestirmi e fare colazione, dovevo incontrare la signorina Maximoff, ma temo che dovrò rimandare il nostro colloquio, almeno fino a quando non capiremo cosa è successo.”

Hank, sollevato, annuì.

“Sono felice che anche tu la pensi così. Ciò che ti è successo è troppo strano, potrebbe avere qualche conseguenza su chi ti sta attorno, per ora …”

“Uscite di qui” concluse Charles per lui “Devo cambiarmi.”

Tutti restarono in silenzio, imbarazzati. Nonostante l’aspetto giovanile, quello che avevano davanti era pur sempre Charles Xavier, il suo sguardo li indimidì, perciò uno alla volta uscirono dalla stanza.



 

Wanda era emozionata, stava per incontrare il Professor Xavier, il Professor X! Pietro le aveva parlato così tanto di lui, sapeva che si trattava di un mutante potente e saggio che, ne era certa, l’avrebbe aiutata a gestire i suoi poteri.

Era appena uscita dalla sua stanza, si era vestita con cura per fare una buona impressione con il Professore, elegante ma non formale, colori e forme semplici, per contrastare la complessità del suo potere: una gonna rossa, una camicia bianca e un maglioncino rosso come la gonna. Si sentiva bene, si sentiva padrona di se stessa, delle sue emozioni e del suo potere e non vedeva l’ora di cominciare ad imparare a gestirlo al massimo.

Il Professore le aveva dato appuntamento nel suo studio, perciò era lì che si stava dirigendo, quando venne intercettata dalla Dottoressa Jean Gray.

“Oh, Wanda, cercavo proprio te.”

Wanda tremò, cosa poteva volere da lei?

“Hem … veramente dovrei incontrare il Professor Xavier …” iniziò, leggermente a disagio, dal momento che era già in ritardo di qualche minuto.

“No, non potrai vederlo, per oggi è meglio di no, mi dispiace. Lui …”

“Sta male?” chiese Wanda e, senza volerlo, la sua mente andò a ciò che aveva detto la sera precedente. Qualcosa dentro di lei, in qualche modo, le diceva che lo stato del Professore aveva a che fare con ciò che aveva detto. Cosa aveva detto di preciso? Se avesse lo stesso corpo di quando non era ancora paraplegico? Qualcosa del genere? Non ricordava …

“Wanda, cosa è successo ieri sera?” chiese Jean che, intuendo la preoccupazione della ragazza, si era permessa di leggerle nel pensiero, forse era proprio lei la chiave per scoprire cosa era successo.

Wanda non rispose ma sembrava in imbarazzo.

“Non preoccuparti” la rassicurò Jean “Però ora vorrei che tu venissi con me dal Professore, potresti rispondere a qualche domanda.”

 

Charles si sentiva bene. Benissimo. Alla grande. Era felice della situazione, sebbene la parte pessimista di lui gli suggerisse che non sarebbe durata a lungo. La felicità era tanta ma non abbastanza da placare l’ansia dovuta al non sapere perché e come era successo. Stava iniziando a valutare le possibili dinamiche che lo avevano portato ad avere quel corpo, quando Jean entrò seguita da Wanda.

Wanda si agitò, nella stanza c’era un uomo che non assomigliava per niente al Professor Xavier, era giovane e, soprattutto, camminava.

“Non ora, per favore” disse “Jean, sai benissimo che …”

Charles si interruppe, osservando le due capì che erano lì per lui.

Si era vestito con cura, scegliendo abiti adeguati alla sua nuova età apparente; aveva trascurato il solito completo grigio e aveva tirato fuori i suoi vecchi abiti, più informali e comodi, adatti per camminare. Notando che Wanda lo osservava dubbiosa le sorrise.

“Non preoccuparti, Wanda” le disse “Sono Charles Xavier, sono proprio io. Dimmi, Wanda, i tuoi poteri modificano la realtà, è corretto?” le chiese.

Wanda annuì.

“Le ho letto il pensiero, prima” disse Jean e, ignorando l’espressione risentita di Wanda, continuò “Quando le ho detto che non avrebbe potuto incontrarla perché era indisposto ha pensato a qualcosa che aveva fatto ieri sera.”

Charles le sorrise, rassicurante, come avrebbe fatto con un qualsiasi suo studente che aveva combinato un guaio.

“Non preoccuparti, Wanda” le disse “Siediti …o stai in piedi, come preferisci. Non fare caso a me, starò in piedi, ora che ne ho la possibilità.”

Wanda si sedette.

“Sono stata io” disse, prima che qualcuno potesse farle una domanda “Stavo spiegando i miei poteri agli altri studenti e, per fare un esempio, ho detto che avrei potuto riportare il suo corpo a com’era prima che diventasse paraplegico. Non pensavo che avrebbe funzionato, per far avverare ciò che dico devo metterci l’intenzione, ma ogni tanto mi capita di perdere il controllo e, anche se non voglio davvero, succedono le cose che dico …”

Jean sospirò di sollievo e Charles rise di gusto.

“Allora devo ringraziarti, Wanda” le disse “Non capivo cosa mi fosse successo, temevamo il peggio, ma a quanto pare mi hai aiutato. Certo, le conseguenze sono decisamente estreme, ma non posso dire di essere dispiaciuto.”

Wanda, rassicurata, sorrise.

“Sono felice per lei, Professore.”

“Questo, però, è un punto su cui dovremo lavorare” proseguì il Professore, diventando improvvisamente serio “Se davvero non hai il controllo su ciò che fai accadere, potresti anche fare qualche danno. Non fraintendermi” disse subito, vedendola a disagio “Nel mio caso mi hai fatto un favore, ma non puoi sapere se, in futuro, parlando per caso, potresti fare invece del male a qualcuno.”

Wanda arrossì, nonostante lei fosse più grande degli studenti del Professore e lui in quel momento dimostrasse poco meno della sua età, si sentiva intimidita da lui, forse per il suo sguardo, forse per la sua reputazione o per la situazione in generale.

“Non devi preoccuparti” la rassicurò lui “Tutti i poteri, in modi diversi, possono essere pericolosi o possono portare benefici, dipende da come vengono sfruttati. Non devi sentirti diversa rispetto a tutti gli studenti che sono venuti qui.”

La voce del Professore era calma e rassicurante, perciò anche lei si rilassò.

“Jean” disse lui, rivolgendosi alla telepate “Vai dagli altri e riferisci che abbiamo risolto la situazione e che ci troveremo nel mio ufficio oggi pomeriggio verso le quindici per discuterne in modo più approfondito. Per ora” disse, guardando Wanda “Devo iniziare la mia lezione con lei.”

Jean annuì.

“Non preoccuparti” disse a Wanda “Il Professore sa quello che fa, saprà aiutarti.”

Wanda sorrise.

“Lo so.”




 

Erano trascorse due ore da quando Wanda era entrata nel suo ufficio e gli aveva rivelato che era lei la causa del suo mutamento fisico.

All’inizio si era spaventato, poi si era commosso, poi aveva iniziato a fare un elenco delle possibili cause e ora che sapeva si era tranquillizzato: era giovane ed era sano e la cosa non sarebbe cambiata, quindi valeva la pena che se la godesse appieno.

Sebbene fosse impaziente di godersi il suo nuovo corpo, aveva pazientemente atteso la fine della sessione con Wanda, le aveva parlato concentrandosi unicamente su di lei e sul suo affascinate potere, le aveva fatto fare qualche esercizio e poi le aveva suggerito degli esercizi di meditazione da fare ogni giorno per essere sempre consapevole delle proprie parole e dei propri pensieri. Non sarebbe stato facile, almeno all’inizio, ma aveva visto che Wanda era motivata e da quel punto di vista si sentiva tranquillo.

Congedò Wanda con la solita gentilezza e, quando lei fu uscita, anche lui la seguì fuori dal suo ufficio e corse nella sua stanza, dove riesumò dall’armadio alcuni abiti ancor più comodi, adatti alla corsa.

Guardò l’orologio: era da poco passato mezzogiorno.

Andò in cucina, preparò velocemente un panino, lo incartò e se lo mise in tasca. Sembrava incredibile come il suo corpo si fosse adattato rapidamente alla nuova situazione, non sentiva fatica, era pieno di energia. Chiuse la tasca della giacca, in modo che il panino non cadesse e si diresse verso l’uscita sul retro per farsi una corsa e tornare in tempo per l’incontro con gli altri.

 

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Capitolo 3
*** Un nuovo inizio ***


3. Un nuovo inizio




 

Era sudato. Era davvero sudato, il sudore era sui capelli, sugli abiti, sul viso.

Era sudato e felice.

Charles, esausto, si sedette su una delle panchine del giardino per prendere fiato e per guardare l’ora: le tredici e trenta.

“Non male” disse “Non male …”

“Hey, tu, chi sei? Non ti avevo mai visto qui …”

Charles si voltò e vide Bobby che si avvicinava in compagnia di Rouge e Wanda.

“Che tu ci creda o no” disse quest’ultima “Lui è il Professor Xavier!”

Bobby e Rouge lo fissarono mentre si alzava dalla panchina.

“A quanto pare i poteri di Wanda hanno avuto effetto sul mio corpo” spiegò “Lo ha riportato a com’era prima che perdessi l’uso delle gambe.”

Rouge lo fissò a lungo.

“Doveva essere molto giovane quando è successo!” commentò.

Charles espirò dal naso. Il ricordo di quel giorno era sempre stato vivido nella sua memoria, con il tempo aveva imparatoa convivere con quel dolore, ora invece aveva l’occasione di superarlo.

“Avevo venticinque anni” disse “Mi ero appena laureato …”

“Com’era successo?” chiese Wanda.

Charles non aveva più raccontato a nessuno di Cuba, era rimasto un ricordo confinato nella sua mente, decise che avrebbe continuato ad essere così.

“Vi annoierei” disse “è stato durante una missione, una pallottola vagante, vi basti sapere questo.”

“Una missione?” chiese Bobby “Lei andava in missione? Ho sempre pensato a lei come un professore e basta!”

“Certo che andavo in missione!” esclamò lui, divertito “Continuai ad andarci anche dopo, poi le cose cambiarono, iniziai ad invecchiare e …  be’, lo sapete, fino a stamattina avevo ottantaquattro anni.”

I tre risero.

“Ora, se non vi dispiace, andrò a farmi, finalmente, una doccia.”

Senza attendere risposta, Charles si avviò verso la sua camera.

 

Si era spogliato, aveva annusato l’odore del proprio sudore sugli abiti e li aveva buttati nel cesto della roba da lavare. Da quanto tempo non provava quella sensazione? Troppo. Rise di se stesso, annusare il proprio sudore non era certo una cosa elegante, ma da quanto tempo non sudava così? Anche sotto la doccia ritrovò vecchie sensazioni. Si lavò con cura, si asciugò lentamente e si vestì. Fece tutto con calma, prendendosi il suo tempo, poi guardando l’orologio vide che mancava poco alle quindici, perciò uscì dalla sua stanza e andò nel suo studio.

Ad ogni passo si rendeva conto che ogni cosa era diversa dal suo nuovo punto di vista, ora non era più seduto, era più alto, più libero, le scale non erano più un limite.

Sistemò i documenti che aveva lasciato lasciato lì il giorno precedente e attese che gli altri arrivassero.

 

Erano trascorsi dieci minuti, durante i quali Charles aveva provato e riprovato il discorso che avrebbe fatto, era emozionato, più di quanto fosse mai stato in vita sua.

“Siamo qui” disse Hank, quando tutti si furono accomodati: c’erano lui, Logan, Jean, Scott e Ororo. Charles aveva preparato una sedia per ognuno mentre lui era rimasto in piedi davanti a loro.

“Come vi ho già anticipato” disse, godendo di quella vista, tutti seduti di fronte a lui mentre lui stava in piedi “Questa mia trasformazione fisica non ha nulla di negativo, è stata causata dai poteri fuori controllo di Wanda. Ovviamente il mio primo pensiero è stato parlare con lei per aiutarla a gestirli perché, come potrete immaginare, potrebbero involontariamente essere causa di qualcosa di spiacevole.”

“Mi sembra giusto, potrebbe dire qualcosa di sbagliato e …” iniziò Hank.

“Sì, le conseguenze potrebbero andare al di là della nostra immaginazione.” concluse Jean.

“Proprio per questo la seguirò in un percorso di consapevolezza e grazie ai miei poteri l’aiuterò a tenere sotto controllo i suoi.” aggiunse Charles, con il suo solito tono di voce rassicurante.

“Ora, esaurito questo argomento” proseguì, senza riuscire a trattenere un sorriso “Parliamo di me. Come sapete, ho più di ottanta anni, ma attualmente il mio fisico è quello di un venticinquenne. Per questo motivo ho deciso - e non accetterò obiezioni a riguardo - che d’ora in poi parteciperò attivamente alle missioni.”

Tutti i presenti si guardarono, poi tornarono a fissare Charles.

“Non credo che sia una buona idea.” disse Hank “Tu sei …”

“Io sono … cosa, Hank?” chiese Charles, leggermente scocciato “Debole? è questo che volevi dire?”

Hank annuì, Charles chiuse gli occhi ed espirò dal naso per reprimere la frustrazione.

“Sì, è vero” Charles aprì gli occhi, di nuovo calmo “Non sono mai stato portato per la lotta e considerando tutto il tempo che ho vissuto paralizzato sarebbe naturale pensare che io non sia pronto per un passo simile. Lo so, te lo concedo, ma stamattina ho corso per più di un’ora e ora sono qui, di fronte a voi, pieno di energia. Il mio sarà un rientro graduale, compatibile con le mie possibilità, ma se pensate che io voglia restare qui ora che ho la possibilità di agire attivamente be’, avete sbagliato a valutarmi.”

Logan sorrise, si alzò e gli si avvicinò per dargli una pacca sulla spalla.

“Sono fiero di te, Charles!” disse “Ti allenerò io e vedrai che in pochissimo tempo potrai perfino lottare corpo a corpo.”

Jean, Ororo e Scott sembravano ancora incerti.

“So cosa pensate” disse Charles “Non serve leggervi il pensiero per capirlo. Non sono uno sciocco, non farò più di quanto non possa e procederò per gradi.”

“Un’altra cosa …” disse Jean “Lei, come ha già detto, ha più di ottant’anni, come pensa di comportarsi? Secondo la sua età reale o quella che dimostra?”

Charles sorrise.

“Non credo di essere il primo o l’unico mutante in questa situazione. Sebastian Shaw -quando era vivo ovviamente, Mistica, Logan … tutti loro dimostrano un’età nettamente inferiore rispetto a quella reale. Perché io dovrei essere diverso? Perché dovrei farmi condizionare dall’idea che voi avete di me?”

Logan rise.

“In effetti è vero” ammise “Io potrei dimostrare sui cinquanta, massimo sessant’anni, in realtà ne ho quasi 180.”

Jean aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito, avevano ragione loro.

“Dovrò parlare con tutti gli studenti” aggiunse Charles “Per ora sono pochi quelli a conoscenza del mio nuovo aspetto.”

“Buona idea” commentò Hank “Sarà meglio farlo il prima possibile, non credi?”

“Lo farò già domani” rispose Charles “Prima dell’inizio delle lezioni.”

 

Il giorno seguente, come promesso, Charles convocò tutti gli studenti in giardino e spiegò loro la situazione. Quando ebbe finito di parlare tutti applaudirono, esultarono e andarono a congratularsi con lui, alcuni andarono a prendere del cibo e delle bibite dalla mensa e improvvisarono una piccola festa che si prolungò ben oltre il tempo che Charles aveva previsto di usare, accavallandosi con le lezioni, che iniziarono tutte con un grande ritardo.

Charles osservò gli ultimi studenti entrare nell’aula, poi si voltò verso Logan.

“Vedo che hai capito” gli disse lui “Ora io e te ci alleneremo. Non sarò buono, ti avviso subito.”

“Ottimo” rispose Charles “Non chiedo altro!”

 

Logan permise a Charles di cambiarsi e lo portò in giardino.

“Inizieremo con un po’ di corsa, poi ci dedicheremo ai pesi.”

“Agli ordini!” rispose lui e, senza attendere oltre, si avviò.

Logan lo osservò correre, era straordinario come fosse riuscito a riappropriarsi così in fretta del suo corpo, dopo decenni costretto all’immobilità, sembrava voler sfogare tanta energia repressa, era come un bambino che impara a camminare per la prima volta e, una volta ottenuto il risultato, vuole godere appieno della libertà ottenuta. Lo fece correre per circa mezz’ora e quando vide che stava tornando dopo l’ennesimo giro attorno alla casa lo fermò.

“Così può bastare” disse “Riposati un po’”

Charles si fermò ma, nonostante avesse di fronte a sé una panchina e fosse decisamente stanco, scelse di stare in piedi. Logan lo notò.

“Non fare così.” lo sgridò.

“Così com-ah” disse, intuendo a cosa si stesse riferendo “Non ne ho bisogno. Davvero.”

Così dicendo, si avvicinò alla panchina e iniziò a stirare i muscoli.

“Dovrai sederti, prima o poi”

“Capisco cosa vuoi dire” ammise Charles, sedendosi “Sì, in effetti sto volutamente evitando di sedermi ma, te l’assicuro, è una fase che devo passare. Per me tutto questo” disse, indicando le proprie gamebe “è tutto nuovo, sto riscoprendo cose che avevo dimenticato e voglio goderne appieno!”

“Senza farti male però” disse Logan “Non esagerare.”

“Non lo farò” rispose lui “Lo prometto.”

Charles prese l’acqua e bevve a lungo.

“Bravo. Ora andiamo in palestra a sollevare qualche peso!”

 

Trascorse qualche settimana, Logan continuò ad allenare Charles con costanza, facendo molta attenzione a non sovraccaricarlo di lavoro. Charles rispondeva bene all’allenamento e di giorno in giorno diventava sempre più forte.

Avevano appena finito una sessione di allenamento in palestra, quando Logan ebbe un’idea.

“Ascolta, ho una proposta da farti.” Logan parlò lentamente, sembrava leggermente a disagio.

Charles, che si stava asciugando il sudore da dietro il collo, si fermò per osservarlo.

“Secondo me sei pronto per la stanza del pericolo” disse “Dalla prossima settimana ti allenerai con gli studenti del primo anno.”

Charles rise.

“Mi sembra giusto.” disse annuendo “Non vedo l’ora!”

Logan sorrise, piacevolmente colpito dalla reazione dell’amico: se qualcuno avesse detto a lui di allenarsi con dei novellini si sarebbe subito arrabbiato, ma Charles era un uomo ragionevole e sapeva riconoscere i propri limiti; inoltre Logan sapeva che non sarebbe rimasto con gli studenti giovani a lungo e presto sarebbe stato pronto per le missioni reali.






 

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Capitolo 4
*** Allievo e Maestro ***


Eccomi ancora qui! Vi sono mancata? Ho faticato a trovare l’ispirazione per questo capitolo ma finalmente è tornata, insieme al tempo per scrivere! Spero che vi piaccia e come sempre vi chiedo di lasciare un commento

Un abbraccio

Mini


4. Allievo e Maestro


Logan era sicuro di una cosa: chi sa fare non sempre sa insegnare; lui per anni era stato un guerriero solitario, non avrebbe mai immaginato a quei tempi che, prima o poi, si sarebbe ritrovato ad essere un insegnante. Era stato pessimo all’inizio poi però aveva imparato ad osservare e ad aiutare gli studenti a valorizzare i loro punti forti.

Charles, invece, era portato per l’insegnamento, si vedeva da come si muoveva, da come parlava.

La sessione nella stanza del Pericolo era iniziata da poco e lui si era posto con molta umiltà, senza voler strafare o farsi notare: in quel momento si era spogliato delle vesti del Professor Xavier ed era tornato Charles, un semplice studente che si impegna per fare qualcosa che non ha mai fatto prima, osservando e imparando dagli altri. Tuttavia la sua indole traspariva ugualmente e, sebbene non dicesse o facesse nulla di particolarmente eclatante, gli altri sembravano ispirati dalla sua stessa presenza, trasmetteva fiducia e tutti si impegnarono più del solito, forse anche perché intimamente consapevoli del fatto che, accanto a loro, c’era il Professor X.

Charles era esausto, nonostante si fosse limitato ad osservare più che agire, si sentiva distrutto ma felice. Quando Logan terminò la sessione lui si sedette per prendere fiato.

“Hai fatto un ottimo lavoro, Charles” gli disse Logan, sedendosi accanto a lui “La prossima volta puoi osare un po’ di più, ho visto che ti sei trattenuto.”

“è vero” disse lui, annuendo “Non volevo strafare fin da subito, ho preferito osservare, la prossima volta sarà già diverso.”

Rimasero in silenzio per qualche istante, poi Charles scoppiò a ridere, era una risata carica di energia, si vedeva che tremava per l’emozione.

“è così … così stimolante! Così bello! Non ho mai provato queste sensazioni! Non ho mai avuto l’occasione di mettermi alla prova così!”

Logan lo osservò, si vedeva quanto fosse eccitato, la sua emozione fece emergere delle domande che troppo a lungo erano rimaste sopite, domande irrispettose, inopportune, che stava per riporre nuovamente nella scatola delle cose che non avrebbe mai detto ad alta voce, se non fosse stato che …

“Lo so, non devi preoccuparti, è normale” disse lui, guardandolo con gentilezza “So che ci sono delle domande che vorresti farmi, lo so da anni, a questo punto potrei anche rispondere.”

Logan arrossì.

“Io non …” iniziò, a disagio “Non …”

“Te l’ho già detto, è normale. è normale farsi delle domande sulla vita delle persone, soprattutto quelle a cui vogliamo bene. Tu sai che ho sofferto molto in passato, lo hai visto quando sei tornato indietro nel tempo, ma non sai come sono arrivato lì.”

“Non dovrebbero essere affari miei” disse Logan “Nemmeno tu sai tutto del mio passato, che è anche più complicato del tuo, non vedo perché tu dovresti dirmi gli affari tuoi!”

Charles si strinse nelle spalle.

“Per me non sarebbe un problema. Se non vuoi sentire non dirò nulla, se cambierai idea non farti problemi a chiedere. Per ora pensò che andrò a farmi una doccia.”

Detto questo, Charles si alzò e se ne andò.


Nei giorni successivi Charles continuò ad allenarsi: corsa e pesi la mattina e stanza del pericolo il pomeriggio, questa a giorni alterni. Nella stanza del pericolo osava ogni giorno di più, fino ad arrivare a dare delle indicazioni o consigli ai suoi compagni, aiutandoli a sfruttare al massimo i propri poteri in modi mai provati prima, quasi affiancando Logan come insegnante.

“Sei stato molto utile oggi” gli disse Logan, finita la sessione di quel giorno “Potresti tornare ad essere un insegnante a tutti gli effetti, che ne dici?”

Charles arrossì lievemente, colto di sorpresa da quell’affermazione.

“No, sono uno studente in questo momento io … ooooh” disse, intuendo ciò che voleva dire in realtà Logan “Mi dispiace, io non volevo scavalcarti, è più forte di me, se vedo che posso dare qualche consiglio io …”

Logan rise.

“Non intendevo quello” rispose “Se mi avessi letto nel pensiero …”

“Cosa che non farò se non in caso di emergenza” disse Charles.

“Dicevo, se lo avessi fatto avresti visto che sono solo fiero di come stai gestendo il lavoro di squadra, ma d’altra parte l’insegnamento è parte di te.”

Charles sorrise.

“Sai, è buffo …” disse, avvicinandosi alla finestra per guardare fuori.

“Cosa?”

“Da giovane non avrei mai immaginato che sarei diventato un insegnante.”

Logan lo fissò sbalordito per decisamente troppo tempo.

“Non mi guardare così. Tu ora mi conosci per come sono ora, ma quando avevo vent’anni ero decisamente diverso.”

Logan rise.

“Adesso me lo devi raccontare!” esclamò “Mi dispiace, non accetterò un no.”

Anche Charles rise.

“Ero molto solitario, non mi piaceva stare in mezzo alle persone, l’unica che sopportavo era Raven.”

“Come mai?”

“I pensieri” spiegò Charles “C’erano troppi pensieri. Provai ad andare a vivere nel campus, ma fuggii dopo poche settimane, non riuscivo a concentrarmi, c’erano troppi pensieri e io all’epoca non riuscivo a filtrarli, era un inferno!”

Logan annuì, comprensivo.

“Capisco …”

“In realtà cercavo di avere delle relazioni” cotinuò Charles “ero un Dongiovanni …”

Logan scoppiò a ridere.

“Questo vorrei proprio vederlo!” disse “Non ci posso credere!”

“Chiedi a Raven” rispose Charles serio “O Mistica o come vuole farsi chiamare. Lei era testimone di tutti i miei tentativi di seduzione … Ero anche piuttosto bravo,peccato che la sua gelosia la spingesse a far fuggire le ragazze che corteggiavo, annullando i miei sforzi.”

“Non ci posso credere” ripeté Logan “Ho sempre pensato a te come …”

“Un vecchio professore?” chiese Charles, divertito.

“In effetti …” ammise Logan “Sai, ti ho conosciuto così, mi ha stupito molto vederti com’eri negli anni ‘70 …”

“Ero arrabbiato, Logan” disse Charles serio “Ce l’avevo con il mondo per … be’, per tutto.”

“Vuoi raccontarmelo?”

Charles non rispose subito, si prese un po’ di tempo per riflettere, poi annuì.

“In effetti non posso tirarmi indietro, ti avevo già detto che te l’avrei raccontato.”

Logan annuì e si mise comodo per ascoltare.

“Come ti ho detto, anche se tutto faceva pensare il contrario, diventare insegnante era decisamente l’ultimo dei miei obiettivi, avrei voluto chiudermi in un laboratorio o in uno studio per fare ricerca, lontano dalle menti fastidiose delle persone, ma Moira e Erik arrivarono e sconvolsero la mia vita.”

Charles rise, era evidente come ripensasse a quei momenti con nostalgia.

“Cercare i mutanti con lui, aiutarli a gestire i loro poteri … tutto questo mi entusiasmò, sentivo di avere uno scopo nella vita, che sarebbe stato quello il mio destino. Perfino quando persi l’uso delle gambe mi consolai pensando al fatto che comunque avrei potuto continuare quel percorso che avevo iniziato, anche se Erik e Raven non sarebbero stati con me.”

Quel pensiero sembrò ferirlo, fece una piccola pausa per ricacciare indietro le lacrime.

“Poi persi anche la scuola, ormai non avevo più nulla, solo Hank tentava di aiutarmi, ma ero io il primo a non voler essere aiutato. Il resto lo sai.”

Logan annuì.

“Ovviamente da quel momento non tutto andò bene” riprese Charles “Ci furono molti problemi, dovetti affrontare diverse perdite e molto dolore, ma in tutto quello c’erano i miei studenti, la mia vera forza … o almeno, credevo che fosse così. Sono stato molto ingiusto nei loro confronti.”

Logan lo fissò.

“Aspetta, non ho capito, i tuoi studenti non …”

“Tengo tantissimo a tutti i miei studenti” continuò Charles “Il fatto è che in questi anni li ho usati come scudo, li ho usati per i miei scopi.”

Logan aggrottò le sopracciglia.

“Perdonami ma continuo a non capire.”

“Ho sofferto tanto, Logan” riprese lui, scacciando a malapena le lacrime “Probabilmente meno di te, ma anch’io ho avuto la mia dose di sofferenza e, come un codardo, l’ho evitata, mi sono nascosto per non doverla provare.”

“Stai dicendo solo idiozie!” lo sgridò Logan

“No. Te lo assicuro. No.” continuò Charles “Dedicarmi a loro era il mio modo per fuggire dal dolore, aiutavo gli altri con i loro problemi per non dover affrontare i miei.”

Logan aprì la bocca per rispondere ma non trovò nulla da dire, il ragionamento di Charles non faceva una piega.

“Anche se non l’ho mai ammesso, nemmeno con me stesso, era come se la mia vita fosse finita, l’unica cosa che potevo fare era dedicarmi agli altri, ero così concentrato su di loro che lentamente ho finito per dimenticarmi di me stesso.”

Logan sorrise, sembrava che alla fine di questo racconto sembrava poterci essere un lieto fine.

“Invece ora? Cosa farai, ora?”

Charles rise, si asciugò le lacrime con il palmo della mano.

“Ora continuerò ad aiutare chi ha bisogno, senza dimenticarmi di me stesso!” rispose “Non voglio sprecare questa possibilità.”

Logan gli diede una pacca sulla spalla.

“Sono onorato di conoscerti e di essere stato tuo allievo!”

“... e mio maestro” concluse Charles, sorridendogli.

Logan sorrise, arrossì per la felicità.

“Andiamo a fare colazione?”

 

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Capitolo 5
*** L'attacco ***


Piccola premessa al capitolo: so che molti di voi storceranno il naso di fronte a questa storia, molte cose non tornano dal punto di vista degli eventi narrati nei film e nei fumetti. Non so quante cose cambierò ma, per ora, per farvi capire meglio dove ci troviamo, vi dico questo:

come già detto ci troviamo alla fine di “Giorni di un Futuro Passato”, dove Logan è appena tornato nel suo corpo dopo che la sua coscienza è stata spedita indietro nel tempo.

Alla fine del film si vede che Jean è viva e ha i capelli rossi come in “Conflitto finale”, per questo motivo ho deciso di eliminare come riferimento il film “Dark Phoenix”, tenendo perciò “Apocalypse” e i tre film originali, in cui Jean diventa la Fenice da adulta e disintegra Xavier che però riesce a riottenere un corpo fisico che gli permette di contattare Logan alla fine di “Wolverine, l’Immortale”, cosa che poi porterà all’inizio di “Giorni di un Futuro passato”, chiudendo il cerchio.

Spero di essere stata chiara perché la cosa è parecchio confusa. Quindi riassumendo la cronologia sarà:

 
  • Giorni di un Futuro passato

  • Apocalypse

  • X Men

  • X Men 2

  • X Men Conflitto Finale

  • (Inizio di Giorni di un Futuro passato, che in realtà è stato cancellato perché il futuro è stato riscritto)

  • Qualcosa che accadrà dopo Conflitto Finale per riportare anche Jean Gray in vita

  • Il presente in cui Logan è appena tornato dal passato modificato

 

Spero che così sia più chiaro. In tutto questo vi basti sapere che Mistique è viva. Saluti e baci



 

5. L’attacco

 

Charles era esausto, fisicamente ed emotivamente. L’allenamento nella stanza del pericolo era stato duro, ma parlare con Logan era stato ancor più faticoso; in entrambi i casi, però, nonostante la fatica, ne era valsa la pena, dire ad alta voce ciò che aveva sempre pensato ma che non aveva mai avuto il coraggio di esternare apertamente era stato terapeutico.

Con quel nuovo senso di libertà e di consapevolezza, Charles affrontò con più serenità le lezioni del pomeriggio e anche la sessione con Wanda andò meglio del solito.

“C’è qualcosa di diverso in lei” gli disse lei, alla fine del loro incontro serale.

“I capelli, forse?” rispose lui ridendo ma, notando l’espressione perplessa di lei si affrettò a spiegarsi “Scherzavo. Sai, da quando hai cambiato il mio corpo ho avuto la possibilità di rivedere molte cose della mia vita e imparare ad aiutare me stesso prima di aiutare gli altri.”

Gli occhi di Wanda si illuminarono per la felicità.

“Mi fa piacere!” disse “Sono felice di esserle stata utile!”

Charles le sorrise.

“Spero di essere altrettanto utile a te.” le disse lui.

“Certo!” rispose lei “Da quando abbiamo iniziato questi incontri mi sono resa conto di molte cose che prima ignoravo o davo per scontate e ora riesco a gestire meglio i miei poteri.”

“Ottimo” commentò lui “Ora …oh” disse, guardando l’ora “Non pensavo che fosse così tardi, sarà meglio andare a dormire.”

Wanda annuì e si alzò.

“Grazie ancora, Professore, buonanotte.”

Charles si alzò a sua volta e si sgranchì.

“Anche per me è ora di andare a riposare” si disse “Oggi è stata una giornata impegnativa.”

 

Non era trascorsa nemmeno mezz’ora, Charles stava giusto per spogliarsi, quando entrò Logan.

“Sta succedendo qualcosa in una fabbrica di sistemi di sicurezza!” disse “In una situazione normale non ci avrebbero chiamato, ma l’agente di polizia che mi ha riportato la notizia mi ha riferito che ha visto muoversi dei pezzi di metallo.

“Erik.” mormorò Charles “Dobbiamo muoverci!”

“Dobbiamo?” chiese Logan “Lei non verrà!” aggiunse, guardandolo severamente.

Charles lo guardò altrettanto severamente.

“Spero che tu stia scherzando” disse “Io verrò con voi. Non accetterò un no come risposta, è un ordine. Sono mesi che mi alleno.”

Logan sbuffò.

“La sala del pericolo non è niente rispetto alla realtà. Non sei pronto!”

Charles si avvicinò a Logan con sguardo minaccioso.

“Mettiamo in chiaro una cosa: tu non sei nessuno per dirmi se sono pronto o no.”

Logan sentì la rabbia salire, perse per un istante la razionalità e sferrò un potente pugno verso Charles, con l’intento di rompergli il naso ma colpì il muro, il telepate si era spostato giusto in tempo e, prima che Logan potesse rendersene conto, Charles gli aveva fatto uno sgambetto talmente potente da farlo cadere a terra con un tonfo che fece tremare le pareti e cadere un vaso appoggiato su un tavolino.

“Allora, chi non sarebbe pronto?” chiese “Hai ragione, la stanza del pericolo non è la realtà, ma non saprò mai se sono pronto o no se non esco di qui, se non mi metto alla prova realmente.”

Logan si mise lentamente a sedere, massaggiandosi la testa.

“Va bene, va bene!” borbottò “Non male come difesa.”

Charles annuì.

“Vado a prepararmi. Partiremo tra 10 minuti. Avverti gli altri.”

Logan annuì e uscì dalla stanza.

 

Dieci minuti dopo Charles, Logan, Scott, Jean, Ororo e Hank stavano già volando per raggiungere la fabbrica di sistemi di sicurezza.

“Puoi dirci cosa ti ha detto l’agente di polizia che ti ha contattato?” chiese Charles, ignorando gli sguardi sorpresi per la sua presenza.

“La fabbrica si chiama Securtech, a quanto pare produce telecamere e sensori di sicurezza. Non ho idea del perché Magneto abbia deciso di attaccarli, ma a quanto pare stanno facendo un bel po’ di casino in uno dei nuovi magazzini.”

Charles annuì.

“Capisco. Di certo è un fatto singolare, ma Erik non è uno sciocco, non attacca senza motivo.”

“Certo che lo fa!” esclamò Logan “è solo un folle!”

Charles scosse la testa.

“Erik è un giocatore di scacchi, sa come pianificare le sue mosse. Certo” aggiunse ridendo “è un giocatore audace e certe sue strategie possono essere discutibili ma” e qui diventò serio “non agisce mai senza un motivo preciso. Ci deve essere qualcosa sotto.”

Logan sbuffò, gli altri restarono in silenzio, riflettendo sulle parole del Professore. Pochi minuti più tardi atterrarono appena fuori dal perimetro degli stabilimenti, dove già vedevano attenderli un gruppo di agenti di polizia spaventati.

 

“Eccovi, finalmente!” esclamò uno di loro “Siamo stati chiamati dalla guardia notturna” spiegò, indicando un uomo baffuto seduto poco distante, che beveva qualcosa di caldo avvolto in una coperta “Come potete sentire, ci sono delle esplosioni, il signor Trenton ha detto di aver visto delle pesantissime travi d’acciaio sollevarsi da terra e iniziare a distruggere il magazzino appena costruito.”

“Deve trattarsi per forza di Magneto” disse Charles “Dovremo cercare di fermarlo in qualche modo, non sarà facile.”

“Tu stai lontano da lui” lo ammonì Logan “Per la tua sicurezza.”

Charles stava per protestare, quando il signor Trenton si avvicinò. L’uomo tremava come una foglia.

“C’è dell’altro” disse “Poco prima di fuggire sono riuscito a vedere qualcosa in una videocamera di sorveglianza … è stato … strano …”

“Ha visto se stesso, giusto?” chiese Charles, guardandolo negli occhi.

L’uomo, già spaventato, impallidì ancor di più.

“Mistique” annunciò Charles “Si tratta di una mutaforma, ha assunto il suo aspetto per potersi introdurre indisturbata nella struttura. Mi può dire dove si trova?”

Il signor Trenton si strinse nelle spalle.

“Sono uffici nuovi, non so cosa ci sia di preciso ma deve essere qualcosa di molto segreto, di notte molte porte sono chiuse a chiave l’intera area è sorvegliata anche di giorno.”

Logan gettò a terra il mozzicone del suo sigaro.

“Si tratta di una semplice ditta di sistemi di sorveglianza, no?” chiese “Cosa devono nascondere?”

“Lo scoprirò” disse Charles “Voi andate a fermare Magneto, io andrò a intercettare Mistique.”

“è sicuro di farcela?” chiese Ororo, visibilmente preoccupata.

Charles annuì.

“Voi pensate a Magneto, che non distrugga l’intera struttura. Lei” disse poi rivolgendosi alla guardia “Mi faccia strada.”

Il signor Trenton annuì e lo precedette verso il cancello mentre Logan si mise di fronte agli altri.

“Probabilmente Magneto non sarà solo” spiegò “Dobbiamo prevedere che sia accompagnato da altri mutanti”

“Il Professore starà bene?” chiese Ororo, sempre in ansia.

“Starà bene” confermò Logan, tagliando corto “Ora andiamo!”

“Ma …” insistette Ororo.

“Ne parleremo più tardi, ora andiamo!” ripeté e tutti lo seguirono nella direzione dalla quale provenivano i rumori.

 

Nel frattempo, Charles aveva raggiunto lo stabilimento dove c’erano gli uffici. Da lì poteva sentire benissimo i boati provenienti dal magazzino e ben presto iniziò a sentire anche quelli della battaglia, dal momento che gli altri avevano già raggiunto Erik.

“La ringrazio, signor Trenton” disse, rivolto alla guardia “Da qui mi posso arrangiare.”

“Le lascio un passepartout” disse lui, porgendogli una chiave “Per ogni evenienza.”

L’uomo annuì e corse via, grato del fatto di non dover entrare nell’edificio.

Nonostante i rumori fossero forti Charles non si lasciò distrarre e cercò di concentrarsi solo su Raven e sulla sua posizione; non fu difficile individuarla e, nel giro di pochi minuti, l’aveva già raggiunta.

Come aveva detto il Signor Trenton, si trattava di uffici di recente costruzione e anche ben sorvegliati, avevano molte più videocamere di sorveglianza rispetto agli altri. Charles aveva il passepartout che gli aveva fornito la guardia ma non gli fu necessario usarlo, la porta in cui voleva entrare era già aperta.

Lentamente si avvicinò per sbirciare: come aveva previsto, Raven era lì, nella sua forma blu stava lavorando a un computer e stava stampando alcuni documenti. Utilizzando i suoi poteri si rese invisibile ai suoi occhi e, lentamente, si mise dietro di lei per poter sbirciare ciò che lei stava cercando.

Man mano che Raven passava da un documento all’altro Charles diventava sempre più pallido, ciò che stava guardando era orrore allo stato puro.

I minuti passavano, Raven aveva raccolto una quantità notevole di informazioni che poi stampava diligentemente, accumulando una grossa pila di fogli. Mentre le informazioni digitali venivano rapidamente passate su carta, Charles continuò a leggere, sempre più inorridito, tanto da non rendersi conto che il tempo passava e che la battaglia, fino a quel momento udibile anche da lì, si era fermata.

“Tu chi sei?” chiese una voce alle sue spalle “Mistique, attenta, c’è qualcuno dietro di te!”

Charles riconobbe immediatamente la sua voce, si voltò e vide Erik che, con il suo elmetto, era immune al suo potere e quindi perfettamente in grado di vederlo. Smise di controllare la mente di Raven per farsi vedere anche da lei e arretrò per mettersi sulla difensiva.

“Non mi riconosci?” chiese, ridendo.

“Non è possibile …” mormorò Raven, che invece lo aveva riconosciuto.

“Non capisco …” mormorò Erik “Sembri …”

“Non sembro” lo interruppe Charles “Sono. Sono Charles.”

Prese un profondo respiro e si preparò a spiegare.

“Tua figlia Wanda può manipolare la realtà” spiegò “Può manipolare gli eventi, oggetti e persone. Di sua iniziativa ha cambiato il mio corpo, riportandolo a prima che qualcuno” disse, mettendo più enfasi sulla parola “mi ferisse, rendendomi paraplegico. Per questo sono di nuovo giovane.”

Erik e Raven sembravano a disagio nel vederlo in quello stato e Charles lo intuì, ma tagliò corto.

“Ora non siamo qui per parlare di me” disse, guardandoli severamente “Abbiamo ben altro di cui discutere.”

 

Logan era preoccupato, Magneto se ne era andato dopo poco e loro erano rimasti lì, senza sapere che fine avesse fatto Charles. Jean, che nel frattempo aveva iniziato a sistemare i detriti usando i suoi poteri, tornò indietro.

“Charles mi ha appena contattata telepaticamente” disse “Ci raggiungerà tra poco. Nel frattempo posso continuare a sgombrare il campo.”

Ororo sembrava la più tesa.

“Lo sapevo che qualcosa sarebbe andato storto! Il Professore è …”

“Troppo debole?” chiese Logan con rabbia “Ororo, che idea ti sei fatta di Charles? Eh?”

La donna non rispose subito, si vedeva che era a disagio.

“Lui è … lui è portato per la pace, non è fatto per il combattimento! So che lo hai allenato per settimane nella stanza del pericolo, ma …”

“Non si può paragonare a una vera battaglia, è questo che vuoi dire?”

Ororo annuì.

“Io conosco bene Charles e devo dare ragione a Ororo, Logan. Non è mai stato portato per il combattimento.”

Logan rise.

“Questo può essere stato vero fino a qualche tempo fa, ma ora è diverso. Charles è cambiato, è più determinato, più combattivo, ha scoperto qualcosa di sè che fino ad ora nemmeno lui conosceva.”

“Sei certo di ciò che dici?” chiese Hank.

“Più che certo. Lui inoltre ha un potere che lo avvantaggia nel combattimento, soprattutto nella lotta corpo a corpo, prima di partire ha schivato un mio pugno a bruciapelo e mi ha atterrato con uno sgambetto micidiale.”

“In effetti è vero” ammise Jean “La telepatia può permettere di anticipare le mosse degli avversari e aiuta a individuare i punti deboli da colpire, fino ad ora non avevo mai pensato di usarla in questo senso …”

“Nemmeno Charles” ammise Logan “Non potendo muoversi non poteva nemmeno capire come utilizzare al meglio i suoi poteri. Inoltre” disse, guardandoli uno per uno “Ha trascorso la sua intera vita ad occuparsi degli altri, dimenticandosi di se stesso.”

Nessuno rispose, Hank si limitò ad annuire.

“Ora non ci resta che aspettare …” iniziò, ma proprio in quel momento Charles tornò.

“Dobbiamo andare” disse “Ci sono molte cose di cui dobbiamo parlare.”

Senza attendere risposta li oltrepassò per raggiungere il jet.









 

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Capitolo 6
*** Alleati ***


Spero che il capitolo precedente vi sia piaciuto, questo sarà un po’ più tranquillo ma ci sarà un finale inaspettato!


6. Alleati

 

Tutti avevano seguito Charles senza dire una parola, incerti su come comportarsi, nessuno parlò durante il viaggio e perfino quando arrivarono alla scuola l’espressione seria di Charles continuò a intimidirli.

“Seguitemi” disse e, senza aggiungere altro, si diresse verso il suo ufficio e solo quando furono tutti lì e la porta fu chiusa Hank trovò il coraggio di parlare.

“Charles, è successo qualcosa?” chiese “Noi abbiamo tentato di fermare Erik, era solo ma è stato ugualmente difficile tenergli testa. Poi, all’improvviso se ne è andato, aveva devastato il magazzino, evidentemente il suo obiettivo era distruggere ciò che conteneva e, purtroppo, ce l’ha fatta.”

Charles era più serio che mai, sospirò.

“Ascoltate, dobbiamo discutere di molte cose” disse, guardando l’ora “è molto tardi, se volete …”

“No, vogliamo sapere ora” disse Logan e tutti gli altri annuirono.

“Molto bene” rispose Charles, si avvicinò alla finestra, guardò fuori, poi tornò da loro.”

“Hank, hai detto che Erik ha distrutto tutto ciò che era contenuto in quel magazzino, giusto?”

Hank annuì.

“Sarete sorpresi di sentirmelo dire, ma è un bene.”

Tutti si guardarono senza capire.

“Ora, è giunto il momento di rivelarvi alcune cose di cui non siete a conoscenza” spiegò Charles.

“Intendi … quella cosa?” chiese Hank “Quella cosa che sappiamo solo noi due, Erik e Raven?”

“La so anch’io” disse Logan “Ho da poco riacquistato la mia memoria.”

Jean aggrottò le sopracciglia.

“Non capisco” disse, senza celare una certa dose di rabbia e sorpresa “Avete nascosto un segreto per anni? Un segreto che condividete con Magneto e Mistique?”

“Non ci posso credere!” esclamò Scott “Per tutti questi anni ci avete mentito? Ci avete tenuto nascosto dei segreti, alleanze magari? Perché ora lo giustifichi? Ciò che ha fatto stanotte …”
“Ciò che ha fatto Erik è stato sconsiderato” disse Charles calmo “Ma ci ha permesso di guadagnare tempo.”

“Non capisco nemmeno io” disse Ororo “Perché non rivelarci ora queste cose? Perché …”

“Se mi lasciaste parlare potreste capire” la interruppe Charles, sempre calmo ma più severo “Se non avessi visto ciò che ho visto stanotte, probabilmente non ve ne avremmo mai parlato.”

“Questo rende la cosa ancor più grave.” disse Jean.

“No, ti sbagli” le rispose Hank “Se lasciaste parlare Charles …”

Tutti annuirono, Logan si accese un sigaro.

“Come già sapete, in questi mesi, mentre mi allenavo, non ho smesso di insegnare. Ho tenuto lezioni private con Wanda e altri studenti e, in particolare, con Kitty Pride. Ho scoperto anni fa, perfino prima che lei nascesse, che il suo potere le consente non solo di attraversare la materia ma di trasferire la coscienza indietro nel tempo.”

“Aspetti” disse Jean “Come faceva a saperlo prima che lei nascesse?”

Charles Sorrise, poi andò davanti alla sua libreria, dalla quale e prese un vecchio album di foto, che posò aperto sulla scrivania. Erano tutte foto in bianco e nero, nelle quali c’erano Charles giovane in sedia a rotelle, Hank, Havok e altri studenti che non riconobbero.

“Io e Hank, insieme a Havok, abbiamo fondato questa scuola negli anni ‘60. Ci volle qualche anno prima che fosse perfettamente operativa poi, quando tutto sembrò a posto, scoppiò la guerra in Vietnam e studenti e professori furono richiamati al fronte. Io, per ovvi motivi, non fui richiamato, e Hank restò al mio fianco per aiutarmi. Io …” disse, leggermente imbarazzato “avevo dei problemi, molti problemi.”

In quel momento Charles sembrò più che imbarazzato, chiuse gli occhi e non li riaprì nemmeno quando ricominciò a parlare.

“Avevo perso tutto: Raven, le gambe, la scuola e il controllo sui miei poteri. Potevo sentire tutto, tutta la sofferenza che portava con sè la guerra, ma non solo.”

Charles riaprì gli occhi, erano pieni di rabbia e frustrazione.

“C’era un uomo, Bolivar Trask, che aveva iniziato a studiare il gene mutante.”

“Ovviamente non con scopi pacifici” sottolineò Hank.

“Esatto” confermò Charles “I mutanti venivano catturati, usati come cavie e infine uccisi per ricavare ulteriori informazioni dalle autopsie.”

Jean si era portata la mano davanti alla bocca, inorridita.

“Tutto ciò è tremendo …” disse “Come poteva sopportarlo?”

Charles chinò il capo.

“Io e Hank eravamo soli, non c’era nulla che potessimo fare per ostacolare Trask.”

“Eri preso veramente male, Charles” commentò Logan, osservando il fumo che aveva appena espirato.

Scott guardò Logan.

“Aspettate, c’eri anche tu?”

Logan sorrise e annuì.

“Mi ha visto in un momento della mia vita in cui ero …” disse Charles, cercando le parole più adeguate per descriversi in quel momento.

“Un rottame” concluse Logan per lui.

“Concordo” confermò Hank.

“Vi ringrazio!” rispose Charles con un mezzo sorriso “è vero, ero un rottame. Assumevo un siero che inibiva la mia telepatia e mi permetteva di camminare, ma stavo male. Poi, all’improvviso, Logan bussò alla nostra porta e ci sconvolse la vita.”

“Ci disse che veniva dal futuro” disse Hank “Fu … strano.”

“Sì, eravamo in una situazione critica, dovevamo cambiare il passato per evitare che il presente da cui venivo si verificasse.”

“Forse dovresti arrivare al punto, Charles” lo incalzò Hank.

Charles annuì.

“Cio che Logan era venuto a evitare era la creazione delle Sentinelle, credo che ne abbiate già sentito parlare.”

“Sì” rispose Jean “Il progetto però fu bloccato.”

“Esatto, grazie al nostro intervento. Le Sentinelle del futuro da cui proveniva Logan erano state sviluppate basandosi sul DNA di Raven, catturata dopo aver ucciso Trask a Parigi. Noi riuscimmo a evitare che la catturassero e … be’, diciamo che le cose non furono semplici, ci alleammo con Erik e ci furono molti problemi, ma riuscimmo a evitare il disastro. Circa un anno fa Logan ritrovò la sua memoria, tornata al presente dopo aver viaggiato nel passato.”

“Wow! Che storia!” esclamò Scott “In effetti è tremenda … ma cosa c’entra con noi?”

Charles prese un profondo respiro.

“All’epoca Trask lavorava assiduamente per studiare il DNA dei mutanti e le Sentinelle furono il suo lavoro più grande, anche se poi furono accantonate. Il problema” disse, dopo una breve pausa “Il problema è che non furono l’unica cosa su cui lavorò. Ci fu un altro strumento che venne creato all’epoca, con l’accantonamento del progetto Sentinelle venne perfino dimenticato, fino a pochi anni fa.”

Charles si massaggiò il viso, era evidente che la stanchezza, lo stress e la paura lo stavano mettendo in difficoltà.

“Hank, Logan, vi ricordate di quel piccolo aggeggio che Trask portava sempre con sè?”

I due annuirono.

“Di cosa si tratta?” Chiese Ororo.

“Non è un’arma, per questo credo che fu drammaticamente sottovalutato. Si tratta di un sensore che può identificare i mutanti.”

“Lo ricordo!” esclamò Hank “Quel coso che suonava quando c’era un mutante nei paraggi!”

Charles annuì.

“Ovviamente quel sensore era integrato all’interno delle Sentinelle, per fare in modo che attaccassero solo i mutanti, ma Trask ne aveva uno che portava sempre in tasca.”

“Non capisco” disse Scott “Se non si tratta di un’arma, perché dovremmo preoccuparci?”

“Non ti rendi conto delle conseguenze che potrebbero derivare da una diffusione di massa di quel tipo di sensori?” chiese Charles.

“Vuoi dire che …” iniziò Hank, inorridito “In quel magazzino c’erano …”

“C’erano scatoloni pieni di quei sensori.” confermò Charles “Raven era negli uffici per raccogliere informazioni. Mi hanno spiegato che uno dei collaboratori di Trask è riuscito recentemente ad entrare in prossesso dei vecchi progetti, ci ha messo qualche anno a perfezionarli, ma ora sono realtà. O, almeno, lo erano, prima che Erik li distruggesse. Le sue azioni ci hanno messo in una bruttissima posizione, ma almeno per il momento il pericolo è rimandato.”

“Oh mio Dio” mormorò Jean “Mi vengono i brividi a pensare a cosa potrebbero fare con quei sensori?”

“Sarebbe devastante” confermò Charles “La vita dei mutanti si basa sull’anonimato. Mi duole ammetterlo ma Erik ha ragione, il razzismo nei nostri confronti esiste ed è pericoloso, per questo, per quanto possibile, dobbiamo restare nascosti. Immaginate cosa potrebbe succedere se sensori del genere fossero posizionati all’ingresso delle scuole, dei negozi, degli ospedali, degli edifici pubblici o addirittura in dotazione alle forze dell’ordine o in mano a cittadini privati. In quel caso inizierebbe una caccia al mutante e anche le persone più moderate potrebbero cedere alla violenza.”

Logan si sedette, quel pensiero fu troppo anche per lui.

“Cosa proponi, Charles?” chiese Hank “Non vorrai …”

“Esatto” rispose lui, annuendo “Non abbiamo altra scelta se non allearci con Erik.

“Col cazzo!” esclamò Scott “Piuttosto che allearmi con lui …”

“Non abbiamo scelta” lo interruppe Charles “Anche nel futuro che riuscimmo a sventare eravamo alleati e arrivammo alla soluzione che un’alleanza era l’unico sentiero percorribile per difenderci. Inoltre” commentò, senza celare il disappunto “Sarebbe più complicato dover combattere contro chi vuole sterminare i mutanti e allo stesso tempo lui. Abbiamo un nemico comune, Scott, che tu lo voglia o no è la verità.”

Scott strinse i pugni ma allo stesso tempo abbassò lo sguardo, consapevole delle ragioni del Professore.

“Come ho già detto, Erik agisce d’impulso, il disastro che ha combinato stanotte ne è la prova, per questo dobbiamo …”

“Controllarlo?” chiese Hank, senza nascondere un tono provocatorio.

“No” rispose Charles, arrabbiato “Dobbiamo … incanalare la sua energia” concluse “Dobbiamo combattere dalla stessa parte, usando gli stessi mezzi e sicuramente la violenza non sarà uno di questi.”

Logan annuì.

“Sono d’accordo.” disse, spegnendo il sigaro su un posacenere “Quindi lui vivrà qui?”

Charles alzò entrambe le sopracciglia, sorpreso.

“Se ne può parlare” rispose “Dai fatti inerenti alla Cura Erik ha perso tutti i suoi sottoposti” spiegò Charles “Alcuni sono morti e quelli che si sono salvati o hanno perso i poteri per poi recuperarli non si fidano più di lui. Credo che …”

“Non se ne parla” lo interruppe Logan, alzandosi e avvicinandosi a Charles in modo minaccioso “Si agisce. Lo voglio qui. Lo voglio sorvegliare da vicino.”

Charles lo guardò sorpreso, poi sorrise.

“Se tutti sono d’accordo …”

“Non avrei mai pensato che sarebbe arrivato questo giorno” disse Scott “Ma sono d’accordo con Logan. Lo dobbiamo sorvegliare.”

“Anche avendolo qui sarà difficile tenere sotto controllo ciò che fa” disse Jean “Ma anch’io mi sentirei più tranquilla se fosse qui e non chissà dove a fare danni.”

“Concordo” si aggiunse Ororo.

“Allora è deciso” disse Hank, sfregandosi le mani “Charles, lo contatti tu?”

Charles, che nel frattempo non aveva smesso di sorridere, annuì.

“Ottimo! Anche questa è fatta. Direi che per oggi abbiamo parlato abbastanza, è ora di andare a dormire.”

Tutti annuirono, mormorarono un assonnato “buonanotte” e uscirono dalla stanza. A parte Charles, l’ultimo a raggiungere la porta fu Hank, che però si fermò e lo guardò.

“So che sei felice del fatto che Erik e Raven torneranno qui” disse, lanciandogli un’occhiata divertita “Ma potresti toglierti quell’espressione compiaciuta dalla faccia.”

Charles rise, rise di cuore, come non gli era capitato da anni, si calmò, finse di pensarci, quindi scosse la testa.

“No.”

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Capitolo 7
*** Vecchio mio ***


7. Vecchio mio


Era trascorso qualche giorno, Erik e Raven inizialmente non sembravano intenzionati a trasferirsi ma Charles riuscì a convincerli e, nell’attesa che i due li raggiungessero, iniziò a preparare gli studenti all’arrivo degli inaspettati ospiti. La prima da cui iniziò fu proprio Wanda, durante uno dei loro incontri.

“Penso che sia ora di interrompere i nostri incontri” gli disse quel giorno.

Charles la osservò prima di parlare, ebbe la tentazione di leggerle nel pensiero, ma la scacciò in fretta.

“Posso chiederti il motivo?”

“Be’ …” iniziò lei, a disagio “Non ho l’età di uno dei suoi studenti, avrei dovuto imparare a gestire i miei poteri molto tempo fa e credo che sia ora di imparare a camminare con le mie gambe. Inoltre …”

Wanda sembrò esitare.

“Con me puoi parlare, Wanda” la rassicurò Charles.

“In ogni caso sa già a cosa sto pensando” disse lei, arrossendo.

“No, non lo so.” rispose lui “Non uso i miei poteri in questi momenti. Non oserei mai. Però lo posso intuire. A per caso a che fare con ciò che è successo la notte scorsa?”

Wanda divenne, se possibile, ancor più rossa.

“è così, giusto?” le chiese.

Wanda annuì.

“Capisco il motivo per cui tu voglia allontanarti” le disse “Invece ti vorrei invitare a restare. Ciò che è successo la scorsa notte è molto grave ma mi ha portato a prendere una decisione: ci alleeremo con tuo padre. Verrà a vivere qui. Ovviamente, sapendo ciò, sei libera di restare o di andartene.”

Wanda rimase a bocca aperta per lo stupore.

“Davvero mio padre verrà qui?” chiese “Davvero?”

“Davvero.” le rispose lui sorridendo “Oggi pomeriggio lo dirò anche agli altri studenti. Sarà un po’ strano averlo qui, ma si abitueranno.”

Wanda esitò ancora.

“Chiedi pure” la incoraggiò lui “Vuoi sapere perché gli ho proposto un’alleanza proprio ora?”

Wanda annuì.

Charles non rispose subito, ci pensò a lungo, infine annuì.

“Molto bene.” disse, alzandosi in piedi “Lo saprai. Stasera, quando Erik e Raven saranno qui, dovremo iniziare a discutere del problema e sarà allora che te ne parlerò in modo più approfondito. Per ora” disse, guardando l’orologio “Credo che sia ora di andare a mangiare.”

 

Il pomeriggio era trascorso in un lampo, Charles aveva quasi dimenticato che entro poche ore sarebbero arrivati Erik e Raven e che sarebbero rimasti. Solo quando guardò l’ora e si rese conto che mancava poco, troppo poco. Aveva atteso anni quel momento, temendo che non sarebbe mai arrivato, invece era giunto e ora si sentiva impreparato.

Stava pensando a cosa dire quella sera, la sua mente fu invasa da mille pensieri e ricordi, tanto che non si accorse, nel frattempo, erano arrivati, si accorse della loro presenza solo quando entrarono nell’edificio.

Sistemò rapidamente i documenti che stava guardando e uscì dalla stanza, diretto verso l’ingresso, dove trovò Hank che già stava parlando con Erik e Raven.

Subito Charles si sentì a disagio, da tempo non provava una sensazione simile, ma in quel momento si sentiva come se si trovasse nel posto sbagliato e al momento sbagliato.

“Charles!” lo salutò Erik “è ancora strano vederti così, ma è un piacere sapere che almeno puoi camminare.”

Raven, come al solito, non rispose, si limitò a sorridere, ma non con con quel ghigno denigratorio che sfoggiava di solito, sembrava un sorriso sincero, lo stesso che gli avrebbe rivolto sua sorella.

“Benvenuti” disse “Sarete stanchi, vi faccio vedere ora la vostra stanza, poi potremo …

Raven lo interruppe ridendo.

“Sembri un perfetto concierge” disse “Ma non dormiremo nella stessa stanza, preferiremmo avere due stanze separate.”

Charles sgranò gli occhi, sorpreso.

“Voi due non …” iniziò, poi si schiarì la voce “Molto bene. Erik, tu dormirai nella stanza che avevo fatto preparare per voi. Raven, tu dormirai nella mia stanza.”

La mutaforma alzò un sopracciglio.

“Sarà solo per questa notte” disse “Io dormirò altrove.”

Erik e Raven si scambiarono uno sguardo.

“Per noi va bene.” disse lui.

Charles si sentiva terribilmente a disagio, così decise di cambiare argomento.

“I ragazzi cenano alle otto” disse, guardando l’ora “Voi fate come preferite, la cucina è a vostra disposizione. Non vi servirà una guida” aggiunse poi “Conoscete la casa. Erik” disse poi, rivolto al suo vecchio amico “Seguimi. Ti mostrerò solo la tua stanza, poi potrai arrangiarti.”

Raven non se lo fece ripetere due volte e, raccolto il suo borsone, si diresse verso la stanza di Charles.

Fino a quel momento Hank non aveva parlato, ma lanciò un’occhiata a Charles per fare in modo che si mettesse in contatto telepatico con lui, ma Charles era distratto e non lo notò. Sospirando, decise di seguire i due che nel frattempo si erano avviati.

I tre proseguirono in silenzio fino alla camera che avevano preparato, entrando trovarono due letti e un arredamento semplice ma accogliente.

“Sembra una stanza d’albergo” commentò Erik.

“Potrai arredarla a tuo piacimento” rispose Charles “Valuta tu se ne varrà la pena.”

Il tono di Charles era passivo aggressivo e Erik lo notò subito.

“Qualcosa non va, amico mio?” gli chiese, intuendo il suo disagio.

“Sei qui perché abbiamo un problema in comune” rispose Charles “Più tardi ne pareremo con calma anche con gli altri.”

Detto questo, gli voltò le spalle e se ne andò.

“Perdonalo” disse Hank a Erik “è molto stressato.”

Erik non rispose, gli fece l’occhiolino ed entrò nella sua stanza per sistemarsi.



 

Era sera, tutti avevano cenato, gli studenti si erano ritirati nelle loro stanze e quasi tutte le luci erano ormai spente. Nello studio di Charles c’erano lui, Hank, Erik, Raven, Jean, Ororo, Scott e Logan.

“Sappiate che voi due” iniziò Logan, rivolgendosi a Erik e Raven “Siete qui solo perché vogliamo tenervi d’occhio.”

“Ti ringrazio, Wolverine” gli rispose Erik “è un onore essere tenuto d’occhio da te, ma non immagino che sia questo il motivo reale, vero Charles?”

Charles, che fino a quel momento aveva cercato di restare calmo, sospirò profondamente.

“è anche quello il motivo, Erik” gli disse “Ciò che hai fatto in quel magazzino …”

“Ci ha fatto guadagnare tempo” intervenne Raven “Hai visto i loro progetti, cosa hanno intenzione di fare! Non vorrai nasconderti davanti all’evidenza!”

“No, non ho intenzione di nascondermi” rispose lui “Ciò che ho visto è grave ed è imperativo trovare una soluzione e che sia una soluzione a lungo termine. L’aver distrutto quei dispositivi ci ha fatto guadagnare tempo, è vero, ma a quale prezzo? Questo attacco ha gettato fango sulla reputazione dei mutanti, cosa per la quale tu hai contribuito notevolente negli ultimi anni” concluse, non senza una vena polemica nella voce.

“Quindi quale sarebbe il tuo piano?” chiese Erik “Portare pazienza? Avere fiducia in quelle scimmie?”

“No.” rispose Charles secco “Dobbiamo pianificare una strategia che ci permetta di usare questa tecnologia contro di loro, togliere loro ogni credibilità, ma per fare questo abbiamo bisogno di muoverci con attenzione e lungimiranza, tu Erik sembri un elefante in una cristalleria.”

Erik e Raven risero, tutti gli altri li guardarono male.

“Hai ragione, vecchio mio, anche se ormai non posso più chiamarti vecchio.” ammise Erik “Mi conosci, so che non sono fatto per le mezze misure, ma stavolta voglio fidarmi di te … se tu ti fiderai di me. Di noi.” aggiunse, guardando Raven.

Charles lo guardò, lo osservò attentamente e lo stesso fece con Raven. Non usò i suoi poteri, cercò di leggere il loro linguaggio del corpo. Qualcosa dentro di lui gli diceva di non fidarsi, di rinchiuderli da qualche parte e togliersi per sempre il peso di doversi preoccupare per loro, invece sospirò e annuì.

“Mi fido.” disse “Cercherò di procurarci un incontro con il Presidente degli Stati Uniti il più presto possibile. Non possiamo perdere tempo con intermediari, dobbiamo parlare con lui.”

“Credi davvero che ti riceverà?” chiese Erik.

“Mi deve un favore.” rispose Charles “Ora che abbiamo chiarito le basi di questa alleanza potete andare a dormire … o fare quello che volete. Buonanotte.”

Detto questo, Charles uscì dalla stanza e andò a rifugiarsi in biblioteca.

Appena arrivato si chiuse la porta alle spalle, avrebbe dormito lì, aveva voglia di addormentarsi seduto in poltrona leggendo un libro, aveva bisogno di distrarre la mente, si sarebbe preoccupato dei problemi il giorno dopo.

 

Il Presidente sembrava nervoso, osservava Erik e Charles con malcelata impazienza.

“Mi chiedo cosa ci sia di così importante per voi per farmi sprecare tempo prezioso. Ora parlate, avete cinque minuti.”

Charles, seduto di fronte alla scrivania accanto ad Erik, intuì che stava per alzarsi con scopi non proprio pacifici, così gli posò una mano sul braccio per farlo calmare.

“Non sappiamo quanto di ciò che stiamo per dirle le sia già noto” iniziò Charles “Ma abbiamo scoperto che una nota azienda di sistemi di sicurezza, la Securtech ...”

“Quella che lui ha devastato non meno di un mese fa?” chiese il Presidente in tono polemico.

La mano di Charles si strinse di più sul braccio di Erik.

“Esatto, proprio quella.” rispose “Lei sa cosa stavano producendo? Sa cosa il signor Lensherr ha distrutto?”

“No” rispose con sincerità lui “Avrebbero dovuto presentarmi i loro progetti una settimana dopo, non ho idea di cosa si trattasse e da allora non abbiamo più avuto comunicazioni, immagino che stiano terminando di sistemare i danni.”

Charles sospirò di sollievo, al pensiero che invece quei dispositivi erano andati distrutti.

“Si tratta di sensori” spiegò Charles “Sensori che possono individuare il gene X nei mutanti.”

Il Presidente sembrò illuminarsi di gioia.

“In questo modo si potrebbero identificare senza problemi! Potrei darli in dotazione alla polizia! Installarli negli edifici pubblici! Tutto ciò è ...”

“ … esattamente ciò che stiamo cercando di evitare.” concluse Charles, seriamente “Tutto ciò è folle!”

“Perché dovrebbe esserlo?” chiese lui “I mutanti ...”

“Hanno il diritto, come chiunque altro, di restare anonimi, di non essere schedati e di non essere discriminati, Signor Presidente.” disse Erik, senza riuscire a reprimere la rabbia.

“Esatto.” concordò Charles “Ha idea di cosa si scatenerebbe se questi dispositivi venissero prodotti e usati?”

“Una guerra” rispose Erik “Una guerra che è già in corso ma che sarebbe ancor più sanguinosa.”

“I mutanti sono pericolosi!” esclamò il Presidente, che sembrava spaventato e arrabbiato e indicò Erik “Lui ne ha dato prova da tempo immemore! Io devo difendere i miei cittadini! Non posso permettere che i mutanti seminino il terrore!”

Erik era livido per la rabbia, Charles seppe mantenere il controllo.

“I suoi cittadini sono i normali esseri umani ma anche i mutanti” spiegò con calma e pazienza, come se si trovasse di fronte a uno dei suoi studenti “Deve tutelare i diritti di tutti, mutanti compresi. Lei dice che i mutanti sono pericolosi perché Erik lo è, ma lo sa perché? Perché è stato discriminato! Prima come ebreo e poi come mutante! Sono l'odio e la discriminazione a portare alle guerre! Certo, non sono ingenuo, so che questi sentimenti fanno parte dell'uomo e che niente e nessuno potrà mai estirparli completamente, ma lei” disse, alzandosi e puntandogli addosso un dito accusatore “Lei dovrebbe essere colui che difende i suoi cittadini! Lei non dovrebbe fomentare l'odio! Lei dovrebbe agire per la convivenza pacifica! Se non è in grado di fare questo” concluse, senza celare il disprezzo nello sguardo e nella voce “Può lasciare il posto a chi ne sarebbe in grado!”

Erik era basito, non aveva mai visto Charles così combattivo e la cosa gli piacque molto.

Il Presidente aveva ascoltato tutto con crescente rabbia e, nonostante fosse consapevole del fatto che Charles avesse detto cose giuste, si alzò in piedi e premette un pulsante sulla scrivania. Nel giro di pochi secondi le porte ai loro fianchi si aprirono ed entrarono delle guardie armate.

“Tipico di voi sciocchi homo sapiens” commentò Erik “Noi siamo venuti in pace e voi non esitate ad usare la violenza.”

“Sapete cosa fare.” disse il Presidente.

Tutto accadde in pochi istanti, gli uomini appena entrati spararono verso Charles e Erik, il quale però fermò le pallottole in volo.

“SCIOCCHI!” gridò “PENSAVATE DI POTER RIVOLGERE QUELLE STUPIDE ARMI DI METALLO CONTRO DI ME? IL SIGNORE DEI METALLI?”

Erik controllò le pallottole e le puntò verso coloro da cui erano partite.

“Volete giocare, eh? Giochiamo!”

“NO! ERIK! NO!” gridò Charles “NON è COSì CHE POSSIAMO OTTENERE UN DIALOGO!”

“Non possiamo nemmeno parlare con chi non vuole ascoltare, vecchio mio!” rispose lui, senza distogliere lo sguardo dal Presidente, paralizzato dal terrore.

“Ti prego, ragiona …” lo implorò Charles.

Charles gli afferrò il braccio, ma Erik sembrava posseduto dalla rabbia, stava controllando i proiettili, avrebbe sicuramente ucciso tutti, ma era talmente concentrato che non si rese immediatamente conto che nel frattempo erano arrivate altre guardie armate, che spararono a entrambi. Colto alla sprovvista, Erik non perse il controllo sui proiettili puntati contro le guardie e semplicemente deviò quelli che avevano appena sparato.

Tutto accadde in pochi istanti. Charles era in piedi, al suo fianco, Erik sentì un grido strozzato, si voltò mentre perdeva il controllo sui proiettili puntati contro le fronti delle guardie, che caddero a terra.

La giacca di Charles si stava rapidamente tingendo di rosso, alcuni proiettili che aveva distrattamente deviato lo avevano colpito; Charles cadde in ginocchio ed Erik lo afferrò prima che cadesse steso a terra.

“No …” mormorò “No … è TUTTA COLPA VOSTRA! è SOLO COLPA VOSTRA!”

A Charles sembrò di essere tornato indietro nel tempo, in quella spiaggia a Cuba, ma stavolta non aveva una tuta protettiva, le pallottole gli avevano procurato gravi lesioni interne, sentì il sangue risalire l’esofago e uscire dalla gola; tutti i suoni, compresa la voce di Erik, divennero ovattati.

Il tempo iniziò a scorrere in modo anomalo, tutto sembrò essere accelerato, le voci, i suoni, l'odore del suo sangue, tutto era confuso in un vortice di sensazioni diverse, poi tutto svanì nel buio.

Gli sembrò che fossero passati pochi istanti, forse in realtà erano trascorse ore, non avrebbe saputo dirlo. Dove si trovava? Di certo non nello Studio Ovale, allora dove? Nemmeno in ospedale, quindi … dove?

“Ben svegliato.”

Una voce familiare lo portò alla realtà, era Erik, seduto accanto al suo letto a Westchester. Era a casa. Charles gli sorrise, era vivo, era al sicuro, ma … cos'era quella sensazione? Quella sensazione così familiare, che aveva imparato a dimenticare? Gli avevano sparato, sapeva di non potersi muovere troppo, ma quando ordinò al suo cervello di muovere i piedi per verificare che fosse tutto a posto qualcosa andò storto, dal basso ventre in giù non sentiva più nulla, aveva perso completamente la sensibilità e la possibilità di muoversi.

“Mi dispiace, Charles” disse “Jean ha fatto del suo meglio, ma la colonna vertebrale era irrimediabilmente danneggiata ...”

Charles impallidì, tutto il mondo sembrò crollargli addosso ancora una volta, in preda al panico, gridò.








 

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Capitolo 8
*** Speranza ***


Sto pian piano andando avanti con questa storia, mi sto chiedendo se ne valga la pena, probabilmente la sto leggendo solo io che la sto scrivendo. Pazienza, non fa niente, scrivere mi aiuta a esprimere la mia creatività e continuerò a farlo.

Spero che ciò che scrivo aiuti anche voi a trovare un momento di svago nel caos della vita.

Un abbraccio

Mini


8. Speranza

 

“Charles! Charles! … CHARLES!!”

Charles si svegliò all’improvviso, qualcuno lo stava chiamando ma non capiva chi fosse. Era Erik? No, era la voce di …

“Jean …” mormorò.

Cos’era successo? Era svenuto? Poteva sentire il cuscino sotto la testa ma c’era qualcosa che non andava, il letto era morbido, ma non abbastanza. Si mosse lentamente e si rese conto che le gambe rispondevano, aprì gli occhi con cautela e si rese conto che non era a letto, era disteso sul tappeto della biblioteca, accanto alla poltrona sulla quale aveva preso sonno.

“è stato solo un incubo” lo rassicurò Jean “Non avrei voluto, ma è stato piuttosto forte, non ho potuto fare a meno di percepirlo.

Charles arrossì.

“Devo aver gridato. Ho svegliato qualcuno?”

Jean scosse la testa.

“No, hai gridato nel sogno, mi fischiano ancora le orecchie” disse lei sorridendo “Ma nessuno ti ha sentito a parte me.”

Charles si mise lentamente a sedere, era tutto sudato e tremava. Si alzò e subito iniziò a girargli la testa.

“Piano” gli disse Jean “Piano … Vuoi raccontarmi cosa hai sognato?” gli chiese con voce dolce e rassicurante, lui però la guardò male.

“Sai già cosa ho sognato” disse “Non ho voglia di raccontarlo di nuovo.”

Jean arrossì.

“Ammetto di aver avuto la tentazione di guardare” disse, distogliendo lo sguardo per l’imbarazzo “Ma no, non ho visto niente.”

Charles annuì.

“Meglio così.”

“Sei sicuro di non volerne parlare?” lo incoraggiò lei.

Lui annuì.

“Devo riflettere, da solo, questo sogno mi ha fatto venire dei dubbi. Forse è prematuro parlare con il presidente, forse prima dovremmo capire come muoverci, ma nel frattempo la produzione di quei sensori potrebbe andare avanti e …”

“Sei stanco” lo interruppe Jean “Perché non vai a dormire? Intendo in un letto vero. Ti cederei il mio, ma dovresti sopportare Scott che russa!” disse, senza riuscire a trattenere una risata.

“Non servirà” rispose lui “Ricorda che, almeno dal punto di vista fisico, sono più giovane di voi, posso resistere tranquillamente una notte accampato qui in biblioteca.”

“Smettila di fare i capricci e vieni a letto!”

Charles e Jean si voltarono di scatto, era appena entrata Raven, entrambi la guardarono stupiti.

“Hai un letto matrimoniale in camera, mio bel principino” disse lei “Non mi dire che ti imbarazza dividerlo con me!”

Charles arrossì.

“Non mi sembra il caso, Raven. Stai tranquilla, io …”

“Finiscila!” lo sgridò lui, poi lo afferrò per il polso e iniziò a trascinarlo via “Buonanotte, Jean.”

Charles non oppose resistenza, si lasciò trascinare via sotto lo sguardo divertito di Jean.

 

“Raven, fermati!” ripeté Charles, mentre lei lo trascinava verso la camera.

“Se volessi davvero farlo ti saresti già liberato della mia presa!” rispose lei “Avanti, dì la verità, ti fa piacere dormire insieme a me!”

Charles arrossì ancor di più.

“Veramente io …”

“Smettila di comportarti come un bambino!” lo rimproverò ancora lei “Siamo arrivati.”

Raven aprì la porta e lo spinse dentro.

“Ti ho preparato il pigiama, ora mettilo e vieni a letto.”

Charles obbedì, andò in bagno, si cambiò e tornò con il pigiama, si avvicinò al letto ma restò in piedi ad osservarla.

“Distenditi, avanti, non fare tanti complimenti.”

“Credevo che tu e Erik …” iniziò Charles, scostando la coperta per distendersi accanto a lei.

“Io e Erik … cosa?” domandò Raven divertita “Credevi che fossimo una coppia?”

“In effetti lo pensavo.” rispose lui, stringendosi nelle spalle.

Raven sorrise, era distesa a pancia in su e teneva gli occhi chiusi.

“Sei un telepate e sei anche molto intelligente” disse “Eppure per certe cose sembri uno stupido.”

Lui si distese al suo fianco, aggrottò le sopracciglia, cercando di capire.

“Ooooh, capisco …” disse infine, rilassando il volto e chiudendo gli occhi “Hank …”

Lo schiaffo arrivò prima che Charles lo potesse anche solo intuire.

“Sei un idiota!” esclamò lei, mantenendo comunque basso il volume della voce.

“Raven …”

Lei era sopra di lui, lo osservava dall’alto, sembrava arrabbiata, poi si calmò e tornò a stendersi.

“Lo capirai …” disse, più rilassata “Ora dormi.”

Charles si voltò verso di lei, si sfiorò la guancia ancora dolorante, poi chiuse gli occhi e, finalmente, si addormentò.



 

Il giorno seguente Charles si sentiva a pezzi, nonostante fosse riuscito a dormire qualche ora dopo l’incubo, si sentiva ancora fisicamente e mentalmente stanco. Approfittando della giornata soleggiata e calda si preparò un caffè e andò a berlo in giardino. Sapeva di essere in ritardo per il suo solito allenamento con Logan, ma quel giorno ne avrebbe fatto a meno, la sua salute era più importante.

Proprio in quel momento arrivò lui.

“Hey, Chuck!” lo chiamò “Sei in ritardo oggi, ti stavo aspe-oh” disse, interrompendosi “Hai due occhiaie che ti sfiorano le ginocchia. Cosa ti è successo?”

Charles gli lanciò un’occhiataccia con un sopracciglio alzato.

“Come mi hai chiamato?”

Logan rise di gusto.

“Chuck.Ti sta bene come soprannome.”

“Nessuno mi ha mai chiamato così.” rispose lui in tono di rimprovero.

“Abituati.”

Charles espirò dal naso, irritato, ma questo fece divertire ancor di più Logan.

“Non cambiare argomento, Chuck” riprese Logan “Ti ho chiesto come mai sei così stanco. Cos’è successo stanotte? Non osare dire che non è successo niente.”

Charles si massaggiò la fronte.

“Va bene, va bene!” rispose lui “Ho avuto un incubo, tutto qui.”

“Oh, povero bimbo, ha avuto un brutto sogno!” lo prese in giro.

Charles sembrò arrabbiarsi, poi però sorrise, ma quel sorriso non durò a lungo, subito fu oscurato dalla sua ansia.

“Tu scherzi, ma comincio a pensare che parlare ora con il Presidente sia prematuro o, forse, addirittura inutile.”

“Sei sicuro di essere Charles Xavier?” chiese Logan, spaventato da quel cambio di umore “Non ti riconosco! Perché dovrebbe essere inutile? Per caso c’entra il tuo brutto sogno?”

Charles aveva lo sguardo basso, guardava verso le piastrelle del pavimento senza vederle davvero, la sua mente viaggiava tra ricordi, presentimenti e paure.

“Io un tentativo lo farei. Non è da te perdere la speranza, amico mio.”

Erik era arrivato all’improvviso e Charles, preso dai suoi pensieri, non se ne era reso conto, alzò lo sguardo, imbarazzato, come un bambino colto in fallo.

“I-io non …” era difficile trovare le parole, non sapeva nemmeno lui quali fossero le sue paure, per la prima volta, dopo tanti anni, si sentiva confuso.

“So bene di cosa hai paura” disse Erik “Hai paura che io possa rovinare tutto. Lo so, te lo leggo negli occhi e, a dirla tutta, non avresti nemmeno torto, ho dimostrato in più di un’occasione di non saper essere diplomatico ma, e lo sai bene, farei di tutto per proteggere la nostra specie.”

“Per una volta mi tocca essere d’accordo con te!” esclamò Logan “Charles, non devi temere che questo vecchio idiota rovini tutto, ci saremo noi!”

Charles sembrò esitare, poi annuì.

“Va bene” disse “Facciamolo. Ma andremo solo noi due, Erik e io. Non voglio che si senta preso d’assalto ma allo stesso tempo voglio che sia consapevole che siamo tutti dalla stessa parte. Erik” disse, guardandolo negli occhi “Questo deve essere imperativo. Sicuramente avremo divergenze di opinioni ma dobbiamo restare uniti.”

Charles prese un profondo respiro, poi parlò, esternando ciò che teneva dentro da tanto, troppo tempo.

“Non credere che sia un ingenuo, so e ho sempre saputo che i mutanti sono superiori agli esseri umani ma, nonostante il nostro vantaggio, in realtà siamo sempre stati più deboli e sai perché? Perché eravamo divisi! Il nostro sciocco conflitto interno non ha fatto altro che indebolirci! Ponevamo la nostra attenzione sul problema sbagliato! Invece di combattere per i nostri diritti eravamo troppo impegnati a combatterci tra di noi!”

Erik annuì. Logan, poco distante, espirò un lungo filo di fumo.

“Non hai torto.” ammise “In effetti, se fin dall’inizio avessimo unito le forze ci saremmo risparmiati molti problemi.”

“Se tu non avessi anteposto i tuoi problemi di fronte a quelli dei mutanti …” disse Charles.

Erik sembrò essersi offeso, lo sguardo di Charles era carico di rimprovero e Logan temette che i due si sarebbero presi a pugni, la tensione era altissima … ma Erik annuì.

“Hai ragione” disse infine “Io ero accecato dal mio desiderio di vendetta, non potevo sopportare che ciò che avevo subito io continuasse ad accadere e non mi rendevo conto che, agendo in modo sconsiderato, peggioravo la situazione. Anche tu, d’altra parte …”

“Sì, certo” ammise Charles “Entrambi abbiamo la nostra parte di colpa, ma ciò che abbiamo fatto, anche se in fazioni diverse, ha contribuito a ciò che siamo ora. Mentre tu attaccavi chi voleva farci del male io cercavo di difenderci, abbiamo sempre lavorato in squadra senza essercene mai resi conto e questo ha portato instabilità e debolezza.”

“Ora, però, siamo dalla stessa parte e perseguiamo lo stesso obiettivo. Spero che tu concordi con me sul fatto che non si può sempre ricorrere alla diplomazia, bisogna anche imparare a usare le armi.”

“Lo sappiamo bene” intervenne Logan, che aveva ascoltato quello scambio di idee con crescente entusiasmo.

Erik guardò verso il giardino e sorrise.

“Sai una cosa? Dopo tutti questi anni, dopo tutti i conflitti, dopo tutte le lotte … la cosa più strana per me non sarà essere tuo alleato … ma vederti così giovane!” concluse, per poi mettersi a ridere.

Charles rise con lui.

“A proposito, hai già incontrato Wanda?”

Erik sorrise.

“Sì, ci siamo parlati, anche con Piero. Non è stato facile all’inizio, ma è stato … costruttivo.”

Charles gli sorrise, era un sorriso traboccante di gioia e orgoglio, ma nessuno avrebbe potuto scorgere in lui anche un’ombra di rimpianto per se stesso e per la vita che aveva dedicato a un sogno che si stava sgretolando sotto i suoi piedi.

“Andiamo a fare colazione?” propose Logan, spegnendo il sigaro su un posacenere “Tu considerati esonerato dagli allenamenti per oggi” aggiunse, rivolto a Charles “Riposati.”

Lui annui.

“Vieni con noi’” propose Erik.

“Vi raggiungo tra un momento.”

“Come vuoi” gli disse Logan “Ti avverto che domani ti farò recuperare tutto … Chuck!” concluse ridendo, poi se ne andò insieme a Erik.

Charles restò solo, si massaggiò le gambe, era strano sentire quel tocco, era strano poter camminare, era strano avere una seconda possibilità …

“C’è sempre una speranza” disse ad alta voce “Questa volta sarà tutto diverso.”



 

La giornata proseguì normalmente, a dispetto dei timori di Charles, Erik e Raven si integrarono bene con gli studenti e anche i più scettici percepirono che non c’era alcun pericolo. Charles, come promesso, riuscì ad ottenere un incontro con il Presidente degli Stati Uniti.

“Ci riceverà stasera” disse a Erik, non appena ebbe terminata la chiamata.

“Stai scherzando?” chiese lui “Di sera?”

“O stasera o tra un paio di mesi” rispose Charles “e noi non possiamo permetterci di aspettare.”

“Tutto ciò è ridicolo!” esclamò Erik, arrabbiato.

“Non lo è, purtroppo” rispose Charles, più pacato “è tristemente vero. Il problema dei mutanti è sempre stato trattato con superficialità, noi ora possiamo accontentarci di ciò che ci viene dato, non siamo nelle condizioni di iniziare una guerra.”

“Lo sai bene, Charles, le guerre le iniziano sempre loro!”

“I tempi sono cambiati rispetto a quando noi eravamo giovani, ora le lotte per i diritti delle minoranze sono più attuali. Se partissimo con un atteggiamento bellicoso non arriveremmo da nessuna parte.”

“Sai che non servirà a niente, vero? Sai che dovremo difenderci. Non importa chi abbia ragione, la storia la scrivono i vincitori.”

“Sarà così” rispose Charles “Noi muoveremo la prima pedina e lo faremo in modo pacifico, poi starà a loro rispondere e, in base alla loro risposta decideremo come procedere con la partita.”

Erik sembrava dubbioso a riguardo, conosceva l’indole pacifista del suo amico, ma lo sguardo di Charles era diverso quella sera, in lui c’era speranza, ma anche rabbia, determinazione e voglia di riscatto.”

“Sarò al tuo fianco, amico mio.”

“Come io sarò al tuo.”

 

Charles era confuso, gli sembrò di rivivere quel sogno, perfino le parole pronunciate dal Presidente erano le stesse e lui stesso, nonostante si sforzasse, finì per ripetere le stesse cose. Mentre parlava, Charles temette che tutto il sogno potesse avverarsi. Nella furia del discorso, si rese conto che stava per finire, quelle sarebbero state le ultime parole che avrebbe pronunciato prima di … Provò a resistere, a non parlare, ma le parole uscivano senza controllo perché erano vere, erano la manifestazione del suo pensiero.

Lei dovrebbe agire per la convivenza pacifica! Se non è in grado di fare questo” concluse, senza celare il disprezzo nello sguardo e nella voce “Può lasciare il posto a chi ne sarebbe in grado!”

Nonostante fosse più determinato che mai, sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena. Vide il Presidente iniziare ad alzarsi e allora agì d’istinto, congelò tutti nella stanza a parte Erik.

“Che fai?” gli chiese lui “Stavamo parlando e …”

“No, non è il caso. Fidati. Dobbiamo andarcene, subito. Seguimi.”

Erik era confuso, ma lo seguì fuori dalla stanza dove, ad attenderli con i fucili già pronti, c’erano dei soldati.

“Non posso crederci …” mormorò Erik “Davvero erano pronti ad ucciderci? Tu come lo sapevi?”

“Sono un telepate, lo hai dimenticato?” gli domandò Charles, mentre entrambi correvano fuori dalla Casa Bianca “Inoltre … “

“Inoltre?”

“Te lo spiegherò più tardi. Ora prendiamo il jet e torniamo a casa. Ho un brutto presentimento.”

Erik non rispose, si limitò a seguirlo in silenzio ma, una votla a bordo del jet, pretese delle spiegazioni.

“Dimmi, cosa ti turba? Cos’è successo prima?”

“Ho avuto un incubo stanotte” spiegò Charles “Un incubo che stava diventando realtà. Eravamo in pericolo, non sarebbe finita bene.”

“Come … no, lascia perdere” disse Erik, vedendo che la domanda lo aveva messo in difficoltà “Sogno premonitore a parte” disse “Hai detto di avere un presentimento, cosa intendevi?”

“Da una parte sono convinto che sia un bene che gli umani sappiano che siamo dalla stessa parte” disse “Dall’altra non vorrei aver messo un grosso bersaglio sopra le nostre teste, la nostra alleanza potrebbe essere un valido motivo per attaccarci.”

“Non abbiamo fatto niente di male!” gridò Erik “Sei stato tu a dire che dovevamo muoverci con diplomazia! Ora vuoi rinnegare la nostra alleanza?”

“No! NO!” rispose lui “La nostra alleanza è un’arma a doppio taglio, sarà la nostra forza ma potrebbe essere anche usata contro di noi, per questo dobbiamo essere preparati.”

“Se vuoi che me ne vada …”

“No. No, Erik. Te l’ho detto. Ci attaccheranno, ma noi saremo uniti e questo segnerà la nostra vittoria.”

Erik sorrise, dopo tanto tempo sentiva di potersi fidare di qualcuno, il peso del comando, delle responsabilità, era equamente suddiviso tra lui e Charles, lo portavano insieme, come una squadra. Nonostante fosse consapevole dei pericoli nascosti nel loro futuro, per una volta si sentì pieno di speranza.

“A proposito” disse Erik “So che sei andato a letto con Raven”

Charles arrossì.

“Abbiamo dormito nello stesso letto.” ammise lui, candidamente.

“Avanti, vecchio mio, non sei un bambino! Mi ha detto che pensavi che io e lei avessimo una relazione e che lei ricambiasse l’amore di Hank.”

Charles si strinse nelle spalle.

“Dimmi, amico mio, da quanto tempo hai rinunciato ad amare?”

La domanda lo colpì come una frustata.

“Ti sembra una domanda da fare a un uomo della mia età?” chiese, offeso.

“Non hai più ottantaquattro anni, Charles” gli ricordò Erik “Ne hai sessanta in meno. Non vuoi approfittare di questo fatto per ricominciare?”

Charles non rispose.

“Raven ti ha sempre amato e tu non te ne sei mai accorto.” gli disse Erik “Hai sempre avuto un grande intuito per le vite degli altri ma ti sei dimenticato di osservare te stesso.”

Ancora una volta, Charles non rispose, ma nella sua mente i pensieri vorticavano come in una tempesta. In mezzo a quelle nubi, all’improvviso, vide una luce.

“Siamo arrivati.”


 

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Capitolo 9
*** Emozioni pericolose ***


Immagino che vi state aspettando un po’ d’azione. Arriverà, arriverà, abbiate fede. Spero intanto che questo capitolo vi piaccia e che vi piaccia la piega che sto facendo prendere alla storia.

Mini


9. Emozioni pericolose


La scuola era avvolta nel silenzio, era notte fonda e tutti stavano ovviamente già dormendo. Charles fece atterrare il jet e, seguito da Erik, entrò nell’edificio.

“Buonanotte, amico mio” gli disse quest’ultimo “Rifletti su ciò che ti ho detto.”

Lui annuì e, senza aggiungere altro, si diresse verso la sua stanza, dove sperava che Raven già dormisse.

Le parole di Erik lo avevano colpito nel profondo, la sua era una domanda legittima: da quanto tempo aveva smesso di amarsi e di amare? Da quando aveva ricevuto troppe delusioni, da quando l’aiutare il prossimo era riuscito a fargli dimenticare la sua sofferenza.

Davanti alla porta della sua stanza rise piano, rise di se stesso, della sua stupidità. Aveva ottantaquattro anni ma fisicamente ne dimostrava a stento ventiquattro … e ora? Ora si sentiva come un bambino, insicuro, bisognoso di rassicurazioni, in quelle poche ore aveva iniziato ad avvertire che il peso di tanti anni di responsabilità, fino a quel momento era riuscito a sopportarlo, ma ora sembrava tutto troppo, era dunque arrivato a un punto di rottura?

Aprì la porta, entrò e la richiuse alle sue spalle, il buio che si aspettava di trovare era illuminato dalla lampada accanto al letto, Raven stava leggendo. Vedendolo alzò gli occhi dal libro e scostò le coperte per fargli spazio.

"Finalmente!" disse “Ci avete messo tanto! Com’è andata? Avete combinato qualcosa?”

Charles non rispose, senza che se ne fosse reso conto i suoi occhi si erano riempiti di lacrime. Lacrime di gioia? Di disperazione? Non lo sapeva, in quel momento, nella sua testa e nel suo cuore c’era una sola certezza.

Si avvicinò rapidamente al letto, togliendosi scarpe e giacca mentre camminava. Raven lo osservava, incuriosita da quello strano atteggiamento. Charles non disse nulla, non si cambiò nemmeno, vestito com’era si distese accanto a lei e posò la testa sul suo ventre, un luogo sicuro, in cui far riposare i pensieri, per una volta voleva sentirsi protetto, chiuse gli occhi e si lasciò andare.

Lei lo guardò con gli occhi sgranati per lo stupore, poi sorrise dolcemente, non disse nulla, lo coprì e spense la luce sul comodino, i loro corpi furono illuminati da un tenue raggio di luna che entrava dalla finestra che accarezzava i loro visi come lei accarezzava dolcemente i capelli di lui, fino a che, entrambi, si addormentarono.



 

“Charles? Charles?”

La voce di Raven era dolce e rassicurante, Charles si svegliò dolcemente e si rese conto di aver dormito tutte quelle ore e di non aver conservato memoria di nessun sogno.

“Hai dormito come un bambino” gli disse lei “Dal tuo stupore deduco che non sia una cosa normale per te.”

Charles sbadigliò, aveva ancora la testa posata sul ventre di lei, stava così bene che alzarsi sembrava un’impresa titanica.

“Non osavo muovermi” disse “Sembravi un gattino.”

Sentendo quelle parole si alzò di scatto.

“Scherzavo! Scherzavo!” lo rassicurò lei, ridendo “Non volevo disturbarti, tutto qui, sapevo che avevi bisogno di dormire.”

Charles si stiracchiò sbadigliando e si alzò.

“Non era mia intenzione disturbarti” cercò di giustificarsi lui “Non avrei dovuto.”

Raven rise.

“Era tua intenzione e sì, hai fatto bene. Se non fossi stata d’accordo ti avrei fatto cadere dal letto, come minimo.”

Lui annuì, poco convinto.

“Charles, siediti, ti prego.”

Lui obbedì pur restando a distanza.

“Avanti, Charles!” lo incalzò lei “Lo sai che io …”

“Noi siamo …” provò a dire lui, ma lei lo interruppe.”

“SMETTILA CON QUESTA STORIA!” gridò lei, frustrata “Non siamo fratelli, Charles. Non lo siamo mai stati. Tu mi hai sempre considerata una sorella ma io … io no!”

Charles avrebbe voluto leggerle nel pensiero, capire perché si stava comportando così, ma si rifiutava di farlo, la sua mente e il suo cuore non volevano vedere l’evidenza.

“Io ti ho sempre amato, Charles. Ti ho amato dal primo giorno, dal primo istante, dalla prima volta in cui mi hai sorriso, ho sentito che ti avrei amato per tutta la mia vita. Non so se potrai mai ricambiare il mio amore, ma …”

Raven si avvicinò, Charles non riusciva a muoversi, la potenza del significato di quelle parole lo aveva colpito come un macigno.

“Ti amerò sempre, Charles …” sussurrò lei, sempre più vicina e, all’improvviso, lo baciò.

Raven baciò Charles sulle labbra, quel bacio sembrò risvegliarlo, lui ricambiò appena il bacio, ma in quel momento qualcuno spalancò la porta.

“Che succede? Ho sentito gridare e …”

Hank osservò i due, in pochi istanti mille emozioni attraversarono i suoi occhi, poi si chiuse in se stesso e li fissò con astio.

“Erik ci ha aggiornati sull’incontro di ieri sera” disse “Sarà meglio che vi rendiate presentabili e ci raggiungiate per parlarne.”

Raven sbuffò, divertita.

“Non badare a lui” gli disse con un sorriso “è solo geloso. Per un periodo ho pensato di poterlo amare, ma in realtà stavo fuggendo dalla realtà. Tu eri così preso con Moira, si vedeva che ne eri innamorato e io, per non soffrire, avevo cercato l’amore altrove … senza mai trovarlo.”

Raven lo guardò negli occhi, uno sguardo che Charles non aveva mai visto.

“Ora lo so, avrei dovuto ascoltarti, sei sempre stato tu la mia casa.”

Charles aprì la bocca per rispondere ma Raven lo zittì con un lieve bacio.

“Non parlare, non adesso. Abbiamo altre cose di cui discutere. Tu pensaci, prova a guardarti dentro poi, quando sarai pronto, torneremo sull’argomento.”

Charles annuì, sollevato.

“Ora andiamo, ci sono diverse cose di cui vorrei parlare.”


Poco più tardi, Charles era con gli altri nel suo ufficio.

“Abbiamo parlato con il Presidente, era al corrente del fatto che la Securtech stesse costruendo dei dispositivi che voleva proporre, per nostra fortuna Erik è riuscito a distruggerli in tempo, ma la situazione ci sta sfuggendo di mano. L’esserci presentati insieme è un chiaro messaggio di alleanza, questo ci darà forza ma ci renderà anche un facile bersaglio, potrebbero usare questo contro di noi, accusarci di complottare contro di loro.”

“Se non ci fossimo alleati ci avrebbero attaccati lo stesso” disse Logan “Separatamente magari, ma ci avrebbero attaccati. Come hai detto tu, uniti siamo più forti.”

“Oh, che belle parole dette da uno come te, Wolverine.” lo prese in giro Erik, ma lui non colse la provocazione.

“In ogni caso dobbiamo aspettarci un attacco e dobbiamo farci trovare preparati.” disse Charles.

“Di solito quei vigliacchi attaccano di notte, quando stiamo dormendo” disse Scott “Dovremo fare dei turni di guardia, tenere pronti gli studenti per trasferirsi nei bunker.”

Xavier annuì.

“Concordo. Erik” disse, rivolto all’amico “della tua Confraternita non è rimasto proprio nessuno che tu possa contattare e che accetterebbe di venire qui?”

“Davvero si fiderebbe di qualcuno della Confraternita?” chiese Jean, sorpresa.

“Si fida di me” rispose Erik “Non farei mai venire qui qualcuno che possa mettere a rischio gli studenti o la scuola. In effetti qualcuno c’è.” disse, pensieroso “è un idiota, ma è obbediente e segue le indicazioni. Senza offesa per nessuno dei tuoi studenti, Charles, ma credo che ad un certo punto avremo bisogno di un po’ di forza bruta, ne convieni?”

“Non starai parlando di quel tizio enorme che sfonda i muri, vero?” chiese Logan.

“Chi sarebbe?” chiese Charles.

“Ah, è vero, non l’hai conosciuto.” disse Erik “Quando lo liberai tu eri … hem … svanito?” chiese, rivolgendosi a Jean, che arrossi.

“Puoi pure dire esploso!” esclamò Raven “Erik mi ha raccontato com’è andata.”

Jean annuì.

“Non è un periodo che ricordo volentieri” disse.

“Non devi fuggire dai brutti ricordi, Jean” intervenne Charles, posando una mano sul suo braccio per rassicurarla “Abbiamo risolto, no? Non importa altro."

“Ha ragione Charles” confermo Erik “Noi tutti abbiamo momenti del nostro passato che vorremmo dimenticare, la verità è che se li abbiamo vissuti e ora siamo qui, quei ricordi possono solo darci ulteriore forza per andare avanti.”

“Come quando tu mi lasciasti sola in quel camion dopo che mi fu iniettata a forza la cura?”

Erik esitò, poi sorrise.

“Esatto. Mi hai perdonato, no? Sai che io …”

“Sì, Erik, lo so. Ti ho perdonato tante volte ma quella volta ti è andata bene, se non avessi recuperato i miei poteri ti avrei ucciso senza aver bisogno di cambiare forma.” concluse, con un sorriso divertito. Charles li guardò, sembrò quasi che stesse per chiedere ulteriori spiegazioni, poi cambiò idea, ci avrebbe pensato più tardi.

“Restiamo sull’argomento” disse “Chi è questo mutante?”

“Si fa chiamare Fenomeno. Non è un mutante in senso stretto” spiegò Erik “So che ha ottenuto i suoi poteri grazie a un artefatto, la Gemma di Cyttorak.”

Charles alzò un sopracciglio.

“La gemma gli ha dato straordinarie capacità, è impossibile fermarlo e nessuno dei mutanti che conosco può tenergli testa.”

“Nemmeno gli Avengers” precisò Raven.

“Nemmeno loro.” confermò Erik “Da nemico è temibile, ma come alleato è prezioso, in determinate circostanze.”

“Capisco. Tu credi di poterlo gestire?” chiese Charles.

“Io sì” rispose Erik “Se ho proposto di farlo venire qui è perché so che può esserci utile.”

Charles era perplesso, quasi senza rendersene conto sondò le menti di Erik e Raven, in cerca di ulteriori informazioni. Guardando tra i loro ricordi, riconobbe subito la sua identità e ne ebbe conferma quando vide che entrambi conoscevano il suo vero nome.

“Cain Marko!” esclamò, sconvolto “Il Fenomeno è Cain Marko!”

Raven, presa alla sprovvista, diede un ceffone a Charles.

“Ti ho detto che non devi permetterti di entrare nella mia testa, Charles!”

Lui era furioso, la sua guancia era diventata rossa ma lui non se ne curò.

“Ho fatto bene, a quanto pare, visto che me lo stavi tenendo nascosto e lo avrei scoperto solo a cose fatte. Erik, non puoi fidarti di lui, è totalmente fuori controllo.”

Erik lo fissò stupito, lasciò perdere la reazione esagerata di Raven e si concentrò sull’amico.

“Abbiamo lavorato bene insieme” disse con calma “Non mi è sembrato che potesse essere fonte di pericolo. Per i nemici, certo, ma per noi …”

“Non puoi fidarti di lui, è un approfittatore, starà dalla tua parte finché gli converrà e poi? Poi saranno cazzi nostri, ecco cosa!” disse, con crescente rabbia, diventando perfino volgare. Erik non si fece turbare dall’agitazione dell’amico.

“Mi sembra di capire che tu lo conosca bene, amico mio. Cosa puoi dirci di lui?”

Logan si accese un sigaro, il suo modo per far capire che stava ascoltando.

“Si dà il caso che io e Raven lo conosciamo molto bene.” spiegò “Quando mio padre morì, mia madre si risposò con un suo collega e amico: Kurt Marko.”

“Kurt Marko?” chiese Jean “Non sarà …”

“Il padre di Cain. Esatto. Io e Cain siamo fratellastri. Quando è venuto a vivere con noi era già adolescente e non abbiamo convissuto a lungo, ma ho imparato a conoscere il suo carattere e, ripeto, ci creerà solo problemi.”

“Chuck” iniziò Logan, osservando la punta incandescente del suo sigaro “Sai bene che mi fido del tuo giudizio, ma in questo caso non potresti essere di parte?”

Carles chiuse gli occhi, era evidente che stava cercando di mantenere la calma.

“In parte è vero” disse “Ho ricordi decisamente spiacevoli che lo riguardano, ma se mi fossi fatto condizionare dal passato non avrei mai chiesto a Erik e Raven un’alleanza. Con Cain è diverso.”

“Non mi dire” disse Erik con un sorriso “è perfino peggio di me?”

Charles annuì.

“Allora la cosa è grave!” esclamò, per poi scoppiare a ridere.

“Se il Professore non si fida, non mi fido nemmeno io.” disse Scott.

“Nemmeno io” si aggiunse Ororo.

Hank sospirò.

“Charles, capisco il tuo punto di vista, ma abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile, non possiamo permetterci di escludere nessuna alleanza.”

Charles lo fissò, era evidente dal suo sguardo che la sua mente era in fermento.

“Fate come volete. La mia opinione l’avete avuta.”

Detto questo, se ne andò, visibilmente arrabbiato.

 

Charles si era allontanato dall’edificio, aveva trovato un luogo riparato tra gli alberi per poter restare solo con i suoi pensieri; provava rabbia e paura, due sentimenti che pensava di essersi lasciato alle spalle con l’età, invece con quella nuova giovinezza erano tornati, insieme a brutti ricordi. Si chiese se fosse normale, se quella sensazione fosse legata unicamente al suo nuovo corpo o se avrebbe reagito allo stesso modo anche se fosse stato vecchio. Mentre continuava a cercare una risposta a questa domanda, arrivò Hank.

“Non mi avevi mai parlato del tuo fratellastro”.

Charles si voltò di scatto, non si era reso conto della sua presenza.

“Sarebbe meglio se ti concentrassi sul presente” disse Hank con tono di rimprovero “Non puoi permettere che il tuo passato ti faccia abbassare la guardia.”

“Hai ragione” rispose lui “Soprattutto ora. Forse avete ragione voi, forse mi sto lasciando trasportare da emozioni negative.”

“In realtà sono d’accordo con te. Abbiamo bisogno di stabilità e se tu dici che quel Fenomeno non è gestibile, mi fido del tuo giudizio. Nonostante questo non me la sento di escludere che in futuro potrebbe tornarci utile.”

Charles non rispose, avrebbe avuto tempo, più tardi, di riflettere sulla questione.

“Parlando di stabilità” disse “Vogliamo parlare di quello che hai visto poco fa?”

Hank si rabbuiò, sembrava averlo dimenticato, ma in quel momento la rabbia tornò con prepotenza.

“Cosa vuoi che ti dica? Che sono felice perché vi stavate baciando?”

“In realtà lei stava baciando me” preciso Charles.

“Mi sembrava che stessi ricambiando, o sbaglio?” chiese Hank “Hai sempre saputo quanto fosse importante per me!”

Hank gli diede le spalle, poi si voltò all’improvviso e gli diede un pugno in pieno viso con tanta violenza da farlo cadere a terra. Charles si mise lentamente a sedere pulendosi il naso dal quale usciva un rivolo di sangue.

“Ti senti meglio, adesso?” chiese “Non ti ricordavo così infantile!”

“Non sono infantile! Tu!” gridò “Tu sei solo un egoista!”

Charles non riuscì a trattenersi, scoppiò a ridere e questa sua reazione fece infuriare ancor di più Hank.

“Vaffanculo, Charles! Vaffanculo!” gridò e, senza preavviso, si avventò su di lui.

Charles tentò di difendersi, ma contro Hank aveva poche speranze, incasso pugni su pugni, sputò sangue mentre Hank lo colpiva in ogni parte del corpo. Solo dopo pochi minuti Hank sembrò soddisfatto, si era sfogato totalmente, aveva il fiatone mentre osservava Charles inerme, a terra.

“Ti senti meglio, adesso?”

La voce di Charles arrivò alle sue spalle, Hank si voltò di scatto e lo vide dietro di sé, perfettamente sano. Allibito, si voltò nuovamente e vide che a terra non c’era nessuno.

“Ho finalmente un corpo sano” disse “Se non ti dispiace vorrei mantenerlo così.”

Hank sembrò arrabbiarsi di nuovo, poi invece scoppiò a ridere.

“Vaffanculo!” disse, stavolta senza rabbia nella voce “Me l’hai fatta!”

“Ciò che accadrà tra me e Raven non è ciò che ti riguardi” disse Charles calmo ma serio “Riguarderà me, riguarderà lei.”

Hank si era sfogato, la frustrazione accumulata negli anni era esplosa tutta insieme, finalmente si sentì libero.

“Hai ragione.” ammise “Mi sono lasciato trascinare dalle emozioni.

“Adesso, se non ti dispiace” aggiunse Charles, avviandosi verso la scuola “Ho della rabbia da sfogare e credo che una sessione nella stanza del pericolo sia il modo giusto per farlo.”

Hank rise e lo seguì.


Logan fu più che felice di aiutare Charles nella stanza del pericolo, alla fine erano entrambi sudati e Charles aveva qualche livido in più.

“Ti ho visto distratto, Chuck” gli disse, mentre uscivano “Non vorrei rimproverarti, ma dovresti prestare più attenzione. Non puoi farti condizionare dalle emozioni, non durante una lotta.”

Charles finì di tamponare il sudore dalla fronte con un piccolo asciugamano. Durante la sessione aveva tentato di non pensare a Raven, a Cain, al possibile attacco da parte del Governo, ma quei pensieri tornavano di tanto in tanto, come piccole fastidiose mosche, pronte a distrarlo.

“Hai ragione” ammise lui “Tutto questo, tutto ciò che sta succedendo, mi sta destabilizzando. Sento che è troppo, anche per me.”

Logan rise di gusto.

“Non pensavo che ti saresti arreso così facilmente!” lo prese in giro.

entrambi uscirono in giardino, il sole stava tramontando all’orizzonte, le ombre si allungavano ma non era ancora sera, era un momento magico, in cui la frenesia del giorno si era appena calmata in attesa del riposo notturno. Charles inspirò a pieni polmoni quell’aria che sembrò portargli pace e tranquillità nel corpo e nell’animo.

“Chi ha detto che mi sono arreso? Non ho intenzione di …”

Charles si fermò, diventò improvvisamente pallido, i suoi occhi terrorizzati guardavano qualcosa oltre gli alberi del giardino.

“Non posso crederci” mormorò “Stanno arrivando!”

Nonostante l’angoscia dovuta all’inaspettata scoperta, Charles si voltò verso Logan.

“Li sento” disse “Ci vogliono cogliere di sorpresa attaccando ora, in un momento di apparente calma ma inaspettato.”

Charles si concentrò e comunicò con Scott, Jean, Ororo, Hank, Erik e Raven.

“Portate gli studenti nei bunker sotterranei. Tra pochi minuti saranno qui. Sarà un attacco silenzioso e noi dobbiamo farci trovare pronti. Attaccheranno da est.”

Logan spense stizzito il sigaro con la punta della scarpa.

“Bastardi!” esclamò “Li aspettiamo qui?”

Charles annuì.


Nel giro di cinque minuti arrivarono anche gli altri. Charles era ancora esausto per il duro allenamento ma il suo sguardo era più determinato che mai. Sondò rapidamente le loro menti per assicurarsi che tutti gli studenti fossero al sicuro, non lo fece per mancanza di fiducia ma per rassicurare se stesso e permettersi di agire in piena libertà.

“Sei sicuro, Chuck?” chiese Logan “Non ho sentito ancora nessuno.”

“Arriveranno” confermò Jean “Li sento anch’io.”

La tensione era altissima, tutti aspettavano qualcosa che solo Charles e Jean potevano percepire al momento, ma sapevano di doversi difendere. Trascorse qualche altro minuto poi, all’improvviso, cominciarono a sentire i primi movimenti.

Il sole era tramontato del tutto lasciando spazio al crepuscolo. Prima iniziarono a sentire dei piccoli rumori, fruscii, rami spezzati, ghiaia sotto le scarpe, poi, tra gli alberi, i cespugli e l’erba, videro le prime sagome: soldati in tenuta d’attacco e armati.

“Loro non ci possono vedere” disse Charles “Per il momento limitiamoci ad osservare, se si avvicineranno troppo ci riveleremo, usufruendo del vantaggio della sopresa.

Logan sogghignò mentre estraeva gli artigli.

“Ci sarà da divertirsi.”
“Non credo di potervi essere molto utile” ammise Erik “Da quel che sento non possiedono armi di metallo, a quanto pare quelle scimmie hanno imparato a usare il cervello!”

Charles si voltò verso di lui.

“Se preferisci ritirarti …”

“No. Non lo farò. Non potrò deviare le pallottole ma potrò ugualmente esservi utile.”

“Posso deviare io le pallottole, se necessario” intervenne Jean.

“Molto bene.” disse Charles “Solo, per favore, assicurati di farlo in modo sicuro.”

Charles fece un passo avanti, sentiva tutti i pensieri dei soldati: paura, rabbia, senso di inferiorità, tutte emozioni pericolose.

“Avanti” disse, vedendo che ormai erano arrivati allo scoperto “Iniziamo.”

 

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