Frangipane e spezie

di Nefertari17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Occhi ***
Capitolo 2: *** Ricordi ***
Capitolo 3: *** Incontro ***
Capitolo 4: *** Contatto ***
Capitolo 5: *** Scontro ***
Capitolo 6: *** Reazione ***
Capitolo 7: *** Vicinanza ***
Capitolo 8: *** Libertà ***
Capitolo 9: *** Legami ***
Capitolo 10: *** Equivoco ***
Capitolo 11: *** Distruzione ***
Capitolo 12: *** Svolta ***
Capitolo 13: *** Unione ***
Capitolo 14: *** Vita ***
Capitolo 15: *** Condivisione ***
Capitolo 16: *** Sentimento ***
Capitolo 17: *** Protezione ***
Capitolo 18: *** Rivelazione ***
Capitolo 19: *** Separazione ***
Capitolo 20: *** Lontananza ***
Capitolo 21: *** Scoperta ***
Capitolo 22: *** Confusione ***
Capitolo 23: *** Recupero ***
Capitolo 24: *** Distacco ***
Capitolo 25: *** Insieme ***
Capitolo 26: *** Normalità ***
Capitolo 27: *** Potere ***
Capitolo 28: *** Litigio ***
Capitolo 29: *** Confronto ***
Capitolo 30: *** Preparazione ***
Capitolo 31: *** Battaglia ***
Capitolo 32: *** Lotta ***
Capitolo 33: *** Disperazione ***
Capitolo 34: *** Pace ***



Capitolo 1
*** 1- Occhi ***


Bakugo Katsuki era in piedi davanti la vetrata del suo ufficio, il turno di lavoro terminava tra un'ora ma aveva deciso che sarebbe tornato prima a casa, tanto aveva tutta una squadra del reparto amministrativo al comando del suo vecchio mentore Jeanist, che si sarebbe occupata delle scartoffie di quel giorno. Piantato con le gambe leggermente divaricate e le spalle incassate nel petto, fece scricchiolare le dita delle mani per scaricare l'ultimo briciolo di adrenalina in corpo, la stessa che lo muoveva nelle missioni giornaliere.

Fuori aveva cominciato a piovere, piccole gocce d'acqua scivolavano sulla vetrata del finestrone del suo ufficio da cui aveva la visuale di una buona parte della città, alcune come piccole bolle rimanevano attaccate al vetro frastagliando la sua immagine riflessa grazie alla luce soffusa della lampada sulla scrivania alle sue spalle. La pioggia non gli era mai piaciuta, odiava bagnarsi sia perché gli procurava una sensazione di gelido in corpo, per lui fastidiosa, e poi perché diminuiva la possibilità di usare il suo quirk, sudare era più difficile con l'acqua che impregnava i vestiti, e questo lo faceva incazzare non poco. Su quello sfondo umido l'immagine riflessa restituiva quella di un giovane uomo di ventitré anni che era diventato l'eroe Numero Due del Giappone. Il suo fisico si era modellato e rinforzato da anni di allenamenti e battaglie; i capelli biondo cenere erano più corti di quando era un adolescente, irti in testa come un porcospino e rasati dietro fino all'altezza delle orecchie; gli occhi rosso rubino fieri ed intensi avevano abbandonato quello sguardo arrogante all'ennesima potenza che si era portato dietro per tanti anni. Era maturato, non era più un ragazzino bisbetico e borioso, ma non aveva perso la sua indole rabbiosa difronte a quello che non gli andava a genio e ovviamente non aveva nemmeno abbandonato il suo linguaggio colorito alla Bakugo Katsuki.

La sua vita era fatta di razionalità e dedizione al suo ruolo di eroe, dava come sempre il massimo in tutto quello che faceva, il suo obiettivo era quello di portare a termine più missioni possibili e superare il Numero Uno almeno per la quantità degli incarichi ultimati, visto che nei sondaggi di popolarità il nerd era sempre una manciata di voti avanti.

L'interfono che collegava la sala delle chiamate comunicò una segnalazione di un tentato furto in un'abitazione nella giurisdizione della sua agenzia, il sospettato era stato avvistato dai vicini,  si aggirava furtivo nel giardino di una casa dove i proprietari erano fuori. Chi aveva chiamato aveva dato una descrizione dettagliata dell'uomo: un metro e ottanta, felpa nera con cappuccio e scarpe gialle. Rispose scocciato alla segnalazione, stava terminando il turno e merda, doveva occuparsi di un villain idiota che andava girando con scarpe colorate per essere facilmente riconosciuto. Gli avrebbe tardato il rientro a casa, aveva bisogno di una doccia calda, quel giorno aveva sudato parecchio nel suo costume e adesso sarebbe dovuto uscire con la pioggia che gli avrebbe appiccicato ancora di più la tuta al corpo.

Fortunatamente l'intensità della pioggia ancora non era pesante, dopotutto era una giornata di primavera, era quel piovigginare irritante che non bagna completamente ma ti lascia la sensazione di umidiccio addosso, come se volesse infiltrarsi nei vestiti fin dentro le ossa.
Percorse il lungo corridoio per uscire dall'agenzia e salire sul tetto per muoversi in alto, così avrebbe avuto la visuale più ampia, muovendosi con leggere esplosioni una dopo l'altra.
Intravide il soggetto dopo pochi minuti, se ne andava in giro indisturbato, non si era accorto nemmeno di essere seguito. Le vie erano deserte, era un quartiere poco rumoroso e affollato, quel villain inutile aveva scelto anche una zona dove era facilissimo essere avvistati. Dopo uno svincolo però aveva notato due figure che gli andavano incontro, ignare, sotto un ombrello rosso, forse le avrebbe superate senza problemi, del resto il villain non doveva sentirsi minacciato. Invece appena incrociò quelle persone tolse la mano dalla tasca che trasformò in un coltello.

Katsuki stava per intervenire quando da sotto l'ombrello si spostò una ragazza che si parò davanti a quell'uomo facendo da scudo all'altra persona. La ragazza interagì con il villain e anche se Katsuki era fermo sul palazzo difronte e non poteva sentire la conversazione tra i due, pensò sicuramente ad un tentativo di evitare la rapina ma l'uomo le si scagliò contro trasformando anche l'altro braccio in una lama.
La ragazza non sembrò minimamente spaventata e nemmeno fu presa alla sprovvista, schivò e parò i due affondi con una velocità e precisione incredibili. Aveva alzato prontamente la guardia e fatto perno su un piede per spostare il corpo di lato evitando il primo colpo, bloccò poi il polso dell'uomo che arrivava da sinistra e gli sferrò un calcio laterale colpendolo al fianco destro. Il villain rimase senza fiato per un secondo e fu raggiunto nuovamente con un pugno allo stomaco che lo fece piegare in avanti. La ragazza non era per niente affaticata, lo colpì alla testa con il tallone alzando la gamba in alto e, come fosse una leva, lo schiantò verso il basso con la faccia a terra.

Katsuki rimase un attimo sorpreso, quella ragazza lo aveva atterrato con tre mosse e dava l'impressione di conoscere bene le arti marziali per difendersi. Scese dal palazzo calibrando le esplosioni, lei lo sentì arrivare dall'alto e alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono e si scrutarono silenziosi, in quell'attimo era come se si fosse creato tra loro un insolito magnetismo e una strana sensazione, che non ebbero né tempo né intenzione di comprendere, attraversò entrambi come una scarica elettrica lungo la schiena.

Katsuki atterrò a qualche metro da lei, li separava il corpo del villain steso a terra svenuto. Lei sostenne il suo sguardo intrepida e vi percepì una punta di ostilità. Non riuscì a distogliere gli occhi, quella velata avversione lo disturbò, possibile che lei non sapesse chi avesse difronte? Attento com'era ai dettagli scrutò con attenzione quella che sembrava volesse essere il suo avversario: i capelli neri con riflessi rossi erano mossi e coprivano metà orecchie, erano crespi per effetto dell'umidità della pioggia, che lentamente a piccole gocce le scivolava sopra; un ciuffo ribelle le ricadeva sul lato destro e incorniciava un viso dai lineamenti delicati; le labbra sottili erano di un tenue colore rosato; poteva avere qualche anno meno di lui, era minuta ma ben proporzionata; indossava dei jeans stretti che fasciavano le gambe sode e affusolate e stranamente si ritrovò a pensare alla linea tonica che poteva celare sotto la casacca che indossava dal taglio largo con la stampa di un drago. E gli occhi! Quegli occhi grandi e color ametista che lo guardavano in modo intenso sembrava lo stessero trapassando oltre la maschera, oltre il costume, come se volessero metterlo a nudo, come se volessero leggergli dentro. Non era mai stato disturbato dallo sguardo degli altri ma quegli occhi così profondi gli davano un senso di strano malessere e vi percepì una luce che stuzzicò il suo ego.
Fu lui a parlare
"Una specie di ninja in giro per la città. Non pensavo ce ne fossero!”
Lei rimase impassibile, non aveva alcuna intenzione di rispondere a quella provocazione, anzi aggrottò la fronte e gli restituì un'occhiata infastidita.

“Non puoi andare in giro a fare risse per strada! Ma posso chiudere un occhio visto che è stato per legittima difesa, almeno non ti sei difesa usando un quirk! In quel caso avresti avuto guai”
La ragazza spalancò gli occhi come se fosse stata colpita nell'orgoglio e con voce ferma rispose

“Ah già, è concesso solo a chi se ne va in giro vestito da pagliaccio!”

La persona che era con la ragazza, che fino a quel momento era rimasta in silenzio e leggermente più indietro, la riprese fermamente

“Dafne controllati!”

Katsuki aveva ascoltato quelle parole cariche di astio e lo irritarono, quella ragazza odiava gli eroi e non riusciva ad immaginare una motivazione che potesse dare una spiegazione a quella sua presa di posizione, ma aveva pronunciato quella frase con tono passionale, decisa a fargli capire che non era come tutti che si infervoravano davanti ad un eroe, soprattutto come le ragazze che con gridolini isterici cercavano di attirare l'attenzione. Questo stranamente lo incuriosì.
E la sua voce... era armoniosa e calda allo stesso tempo.
Chi era quella ragazza? E perché gli aveva innescato un'incomprensibile vibrazione?
 

Dafne sentì un movimento provenire dall'alto e notò la figura che stava arrivando, scambiò lo sguardo con quell'estraneo percependo una sensazione fastidiosamente elettrizzante che le lasciò un turbamento nel petto. Lo sconosciuto atterrò al suolo e dopo aver visto che usava un quirk esplosivo comprese chi cavolo fosse.... era un Hero, dannazione!
Non si aspettava certo di incontrarne uno dopo due ore che aveva messo piede in quella città. Lei non vedeva di buon occhio quei soggetti anzi le davano proprio fastidio, con quei costumi e nomi ridicoli se ne andavano in giro a raccogliere lodi ed ammirazioni dalle persone, facendo sfoggio delle loro abilità e per lei, pronunciare le loro mosse in battaglia era un modo per vantarsi, le sembrava una sorta di teatrino di commedianti, nauseante!
Era tutto troppo spettacolarizzato. Aveva un concetto un po' diverso di eroe: colui che non doveva apparire ma esporsi, salvare come unico scopo e non per ottenere riconoscenza o meriti, colui che agiva nell'ombra e che non faceva sfoggio della sua identità. Non capiva come la società avesse sfornato una banda di personaggi del genere, ce n'erano di tutti i gusti: i temerari, i simpaticoni, i bellocci, i duri, ma per lei erano tutti una massa di attori da strapazzo.

Quell'hero le stava difronte, postura fiera e altezzosa, il costume ricopriva il corpo come una guaina: una tuta nera fasciava ed esaltava le linee dei suoi muscoli; ne seguì i contorni minuziosamente dalle spalle alle braccia, dai pettorali agli addominali; due lembi di stoffa arancione incrociati in una X attraversavano un torace definito, una cintura carica di granate avvolgeva la sua vita stretta, i muscoli delle cosce erano risaltati dall'aderenza della tuta, ai piedi stivaloni neri con la suola arancione. Sugli avambracci aveva un' attrezzatura a forma di mezzaluna, erano una specie di manicotti ma di un materiale duro e resistente, luccicante, sembravano una sorta di contenitori che terminavano con dei guantoni non ingombranti ma ben aderenti per facilitare i movimenti. Sembrava un carro armato, aveva altra attrezzatura addosso: ginocchiere e gomitiere per coprire quelle aree negli scontri, una fascia attorno alla coscia destra con altri tipi di granate, un supporto sulle spalle per sostenere uno sorta di arma con potenza di fuoco. Era grosso, la sovrastava di una spanna e incuteva un certo timore nell'aspetto. La sua postura denotava una grande sicurezza di sé e la prestanza fisica era la prova che fosse forte ma quello che la colpì furono i suoi occhi.
Una mascherina nera gli copriva il viso fino al naso e avvolgeva due occhi vermigli superbi e ipnotici che riuscirono a destabilizzarla nel profondo, cercò di scrutarli per decifrarli e catturarne l'essenza. Ne rimase affascinata.

Era decisa a non scambiare alcuna parola con quello sconosciuto, sentiva in lei una sensazione di confusione perché provava emozioni contrastanti: la infastidiva perché era un eroe, percepiva in lui arroganza e superbia ma nello stesso tempo ne era attratta. Voleva sapere chi davvero ci fosse sotto la maschera, chi c'era sotto il costume. Quando sentì quella frase sull'uso del quirk non riuscì a trattenersi nell'esprimere il suo punto di vista come a rimarcare la distanza tra loro e spegnere quella maledetta sensazione nei suoi confronti. La madre, che aveva assistito alla scena in silenzio dietro le sue spalle, l'aveva ammonita e l'aveva chiamata per nome, cavolo, che le era passato per la testa?
Non doveva mica sbandierare al primo sconosciuto come si chiamasse!

Doveva andare via, uscire da quella situazione scomoda, quell'hero la metteva in soggezione e già lo odiava per questo. Anni di addestramento erano andati in fumo appena era uscita dalla sua bolla e messo piede in un mondo diverso che non aveva imparato a conoscere. Non era molto brava ad interagire con le persone, non aveva avuto una adolescenza 'normale' del resto e le emozioni e i sentimenti aveva dovuto reprimerli dalla sua esistenza per fare posto al controllo e alla disciplina eppure quell'estraneo in un momento aveva mosso qualcosa dentro di lei. Fortunatamente il villain fece rumore,  l'hero si occupò di lui, questo le permise di prendere per mano la madre e sparire velocemente senza voltarsi.

 

Katsuki abbassò lo sguardo sul villain che aveva mugolato, stava riprendendo i sensi e sicuramente aveva tutto il corpo dolorante: il naso si era rotto con lo schianto a terra e il braccio, colpito dal calcio di quella ragazza, era piegato in modo innaturale. Percepì un movimento repentino davanti a lui e quando rialzò lo sguardo, dove un attimo prima c'erano la ragazza e la donna, erano già in fondo alla strada come se fossero state mosse dal vento.

“Ehi dove cazzo stai andando!” gridò ma quelle svoltarono l'angolo e sparirono dalla sua visuale. Ma che razza di tipo! Non poteva inseguirle, doveva occuparsi del villain che fece rialzare di peso da terra e caricandoselo in spalla lo portò alla stazione di polizia.

Katsuki tornò a casa senza passare dall'agenzia, con addosso ancora il costume da eroe. Il suo appartamento era in periferia, in un posto lontano da occhi indiscreti, una villa a due piani di proprietà di famiglia in cui aveva sistemato solo il piano inferiore dove vivere, a lui bastava.
Un grande appartamento con due camere, un grande salone con tv al plasma 55 pollici e un divano di tre metri, una cucina con penisola centrale e due bagni: uno in camera e l'altro nel corridoio che separava la zona giorno da quella notte.
La sua stanza era quella più grande con il bagno. L'altra stanza era stata usata da capelli di merda e il parafulmine quando si mettevano in testa di andarlo a trovare, poi erano così sbronzi che non riuscivano a tornare a casa e lui era costretto ad acconsentire di farli rimanere. Era capito solo due volte in verità, non gli piaceva che quelli girassero nel suo spazio.

Si sentiva strano, aveva ancora nella testa le parole di quella ragazza. Vi aveva percepito un forte disprezzo per gli eroi. E non aveva avuto bisogno di un aiuto per mettere al tappeto quel villain. Cazzo, però,  lo aveva sistemato per bene!
Si tolse tutta l'attrezzatura che aveva addosso e si sfilò la tuta che era completamente bagnata tra sudore e pioggia. Si buttò sotto il getto caldo della doccia e con l'acqua che gli scorreva sui capelli non riusciva a togliersi dalla mente quei dannati occhi. Avevano una scintilla che lo aveva scosso, la sensazione di essere scrutato in quel modo lo aveva fatto sentire quasi nudo. E lo avevano guardato con astio. Non era il modo in cui lo guardava la gente di solito, quel timore reverenziale che lo lasciava indifferente.

Gli aveva dato fastidio quello sguardo di completo distacco, disinteresse per il suo ruolo, di quello che rappresentava. La società acclamava gli eroi, quella ragazza li schifava. Anche se non gli era mai piaciuto  il lato pubblico, per lui essere eroe significava solo vincere su tutti e non arrendersi mai. Perché quella ragazza lo aveva messo in discussione? Non si spiegava cosa cazzo era successo!

Uscito dalla doccia si avvolse i fianchi con un asciugamano e con un altro si frizionò i capelli. Arrivò un messaggio sul cellulare. Era Kirishima che gli ricordava l'appuntamento di quella sera per il grande annuncio di Deku che avrebbe fatto a tutti i suoi amici. Cazzo lo aveva dimenticato! Non aveva davvero voglia di rivedere tutte le facce di quegli idioti della sua vecchia classe del liceo. Ma da Deku aveva ricevuto una ventina di messaggi per dirgli di non mancare  quella sera. E non si sentiva di deluderlo.
Si vestì, prese le chiavi della moto e il casco, andò al locale. Sperava solo che sarebbe finita il prima possibile!

 

“Dafne rallenta non riesco a starti dietro!”

Dafne camminava rumorosamente e spedita senza meta in verità, solo con l'intenzione di mettere più distanza possibile tra lei e quell'Hero.
“Ci stiamo allontanando troppo tesoro! Puoi calmarti per l'amor del cielo!”

Dafne si fermò di colpo a quella richiesta accorata da parte della madre

“Scusami mamma!”
Era anche un po' contrariata per il fatto che avesse gridato il suo nome davanti a quel tizio.

“Potevi evitare di dire il mio nome davanti a quello là però!”

“Tesoro perché sei così indispettita, non ti ha detto nulla in verità”

“Non mi piaceva la sua faccia strafottente. Come se non fossi capace a difendermi da sola e avessi bisogno di un eroe” rimarcando l'ultima parola con un tono cinico.

“Sei ostinata figlia mia!” le disse la madre sorridendo

“Avrò ripreso da qualcuno suppongo”

Dafne era ancora agitata, gli occhi di quell'eroe l'avevano disturbata in un modo che non pensava. Non aveva riflettuto sulla possibilità che si potesse ritrovare davanti uno di quelli così facilmente e non aveva avuto nemmeno il tempo di capire come poteva comportarsi.
I suoi occhi però... erano ipnotici. Vi aveva letto determinazione, sicurezza, orgoglio anche tanta passione e grinta.
Tutte cose a cui lei aspirava. Poteva avere la faccia della dura ma in verità si sentiva insicura, un pesce fuor d'acqua, sempre fuori posto. Diversa. Sfogava le sue debolezze con la strafottenza soprattutto verso quelli che la mettevano in soggezione proprio come quell'Hero.

“Dafne, lo so che per te è difficile ma non sei più una bambina. Devi trovare la tua strada adesso”

La madre era sempre stata presente, pronta a guidarla, sorreggerla anche ammonirla e metterla di fronte a delle scelte.
Sin da bambina la ricordava amorevole e severa allo stesso tempo. L'aveva cresciuta con il principio di dover mantenere il controllo in ogni situazione. Ma a volte era difficile imbrigliare il fremito delle emozioni. Per lei era sempre tutto amplificato. E per evitare di deluderla o fare disastri preferiva isolarsi e ridurre al minimo le interazioni sociali.
Era riuscita negli ultimi anni a sviluppare una certa passività di fronte alle cose ma l'incontro con quell'eroe aveva messo tutto in discussione.

“Andiamo Dafne o saremo in ritardo”

Madre e figlia si incamminarono verso la loro destinazione.
Quello era stato solo un contrattempo, un maledetto contrattempo.

 

Katsuki arrivò al locale dove c'erano già tutti. Poteva sentirli e riconoscerli distintamente da fuori, ogni voce, ogni schiamazzo, ogni stronzata che usciva dalle loro bocche. Fu accolto da un saluto trionfale dagli idioti in prima linea, ovviamente non si lasciò andare ad abbracci o saluti plateali anche con chi non vedeva da tempo. Fu raggiunto da un abbraccio esagerato da faccia tonda che durò un attimo perché si divincolò immediatamente. Deku che gli diede solo un pugno sulla spalla come segno di saluto sapeva che non poteva osare di più.

“Cosa devi annunciare nerd!”

“Il solito Kacchan dritto al punto! Non puoi goderti un po' la rimpatriata”

Katsuki si accomodò ad un tavolo, non era un animale da festa, lo sapevano tutti. E quella sera era ancora meno di compagnia. Era assente come gli fece notare capelli di merda dopo un'ora. Rivedeva gli occhi di quella ragazza su ognuna che passava. Era assurdo. L'avrebbe più incontrata? Probabilmente doveva solo non fare caso a quella sensazione che gli aveva lasciato. Era solo stanco, ecco cosa. Sperava che il nerd si decidesse a dire a tutti perché li aveva riuniti, se ne sarebbe tornato a casa a fare una bella dormita. Aveva già passato da ore il suo coprifuoco.

Le sue preghiere furono esaudite un secondo dopo perché Deku alzò in aria un calice e annunciò

“Vi ho chiamati qui per dirvi che io e Ochaco ci sposiamo”

Un boato di gioia e congratulazioni fece tremare il locale. Sovrastò anche la musica e tutti si voltarono nel loro angolo per guardare. Ognuno fece gli auguri a qui due. Quando gli animi si accesero di nuova vita per fare festa tra alcol e musica, capì che era arrivato il momento di defilarsi. Si alzò e sbraitò un saluto a tutti senza neanche voltarsi e difronte a Deku riuscì comunque a dire

“Buon per voi!” il sorriso che gli rivolse il nerd fu carico di intesa e affetto.
Tornò a casa e si buttò sul letto. L'ultimo pensiero prima di addormentarsi furono nuovamente quei dannati occhi ametista.

 

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Capitolo 2
*** Ricordi ***


Attenzione: il capitolo contiene spoiler nella descrizione del personaggio per chi non è in linea con il manga/anime ed è un What if?

Shouta Aizawa era ancora nell'ufficio dei docenti a sistemare dei documenti per il giorno dopo, le nuove leve avrebbero fatto il loro ingresso al liceo U.A e sostenuto il loro esame di ammissione. La pioggia aveva smesso di cadere, imbruniva e il cielo già grigio si stava spegnendo del tutto.

La sua postura incurvata sulla sedia era aggravata anche dalla stanchezza visiva, ormai con un solo occhio funzionante era diventato più pesante terminare una normale giornata scolastica, aveva però sopperito alla visuale ridotta portando costantemente legati i lunghi capelli e chiesto un piccolo aiuto alla sezione supporti con un nuovo paio di occhiali che amplificava la visuale del suo occhio buono permettendogli di poter usare per brevissimi istanti il suo quirk. Ormai non poteva più usarlo in battaglia, si era ritirato da quelle cose, era diventato un docente a tempo pieno e il suo quirk tornava ancora utile quando aveva a che fare con qualche ragazzino fuori dalle righe.

Il cellulare dimenticato sotto la pila di documenti che stava preparando squillò ovattato, lo prese svogliatamente sperando non fosse Mic che lo invitava di nuovo ad una serata fuori, era un messaggio da un numero che non aveva in memoria, sicuramente qualcuno che aveva sbagliato destinatario. Quando lesse la prima riga rimase sbigottito

Ciao Shouta sono Akiko....lo so che non ci sentiamo da tempo ma è per una questione importante. Incontriamoci al bar all''angolo tra un'ora .

Che dannato scherzo di cattivo gusto! Akiko non la vedeva né sentiva da tempo, non poteva certo essere lei. Era andata via dal Giappone all'ultimo anno di liceo, circa vent'anni anni prima, e non l'aveva più rivista, non sapeva nemmeno dove fosse stata tutto quel tempo e ora si ripresentava dal nulla. Non era possibile!

Gli tornarono in mente i giorni della sua gioventù quando era uno studente in quella stessa scuola e nella sua classe c'era quella ragazza che gli fece perdere la testa. Akiko Horimoto era di una famiglia benestante, erano noti scienziati e non avevano accettato la scelta della figlia di voler diventare una eroina. Lei testarda com'era aveva fatto la domanda per l'ammissione di nascosto e passato il test d'ingresso, i genitori furono costretti ad approvare l'ammissione per non scatenare notizie sui giornali.

Akiko aveva lunghi capelli rossi, grandi occhi viola pieni di vitalità, era solare e vivace, testarda e decisa. Aveva un quirk quasi insolito, era una telepate: riusciva a manipolare la mente di una persona spingendolo a compiere azioni contro la sua volontà e modificarne i ricordi. Il suo utilizzo era molto estenuante, richiedeva una grande forza mentale e lo aveva sviluppato con tanto allenamento da quando si era manifestato all'età di cinque anni. I genitori che avevano sempre dei quirk di tipo psichico erano molto severi e nella famiglia vigeva il motto del controllo e della disciplina.

Lei però aveva uno spirito libero, forse proprio mosso dalla rigidità a cui era abituata, e divenne amica di tutti con facilità, in particolare le piaceva stuzzicarlo, lui sempre in disparte, un asociale nato, annoiato da quello che lo circondava.

Con i suoi modi gentili e delicati riuscì a fare breccia nella sua corazza e alla fine si innamorarono. Passarono gli anni del liceo insieme, fu un amore intenso e profondo, lei fu il motore della sua vita e lo affiancava nella sua ambizione di divenire un eroe insieme ai suoi migliori amici, era convinta che lo sarebbe diventato per il mondo intero come lo era già per lei.

I loro dolci incontri gli facevano provare emozioni fortissime, lui che era un apatico per natura ma Akiko lo portava verso sensazioni idilliache.

Poi un giorno fu costretta ad abbandonarlo, così, improvvisamente. I genitori avevano trovato il modo di stroncare la sua malsana idea di essere una eroina, si trasferirono in Europa dove avevano accettato un incarico di direzione in un laboratorio a Berna per lo studio dei quirk.

Mancava qualche mese per compiere la maggiore età e ad Akiko non fu permesso opporsi. Il loro legame fu reciso in un momento, lei però fu decisa ad incontrarlo di nascosto per dirgli addio, ricordava ancora quel bacio carico di emozioni che non avrebbero più vissuto insieme e le sue ultime parole. Le aveva detto che avrebbe portato dentro di lei qualcosa di lui per sempre.

Quella fu l'ultima volta che la vide.

Erano passati tutti quegli anni e la triste e amara sensazione di abbandono lo aveva accompagnato per diverso tempo, si era chiuso in se stesso ed era diventato ancora di più insensibile a quelli che gli stavano intorno. Alla fine era riuscito a diventare un eroe e anche un insegnante di eroi nella più prestigiosa scuola del Giappone.

I suoi pensieri furono interrotti da un nuovo messaggio, era rimasto con il cellulare in mano davanti lo schermo che si era illuminato nuovamente Porto ancora con me qualcosa di te!

Rimase senza fiato, era davvero lei!

 

Akiko sapeva che stava per riaprire una ferita dolorosa per entrambi, ma non aveva altra scelta, doveva parlare con Shouta, non poteva andarsene senza aver condiviso con lui il peso che si portava dentro. Sapeva che poteva contare su di lui per continuare quello che aveva iniziato, era l'unica persona di cui poteva fidarsi e che poteva proteggere lei.

Era arrivata in anticipo, dopo il secondo messaggio era sicura che si sarebbe presentato. Ne era convinta. Doveva essere così.

E infatti lo vide arrivare con la sua solita andatura ciondolante più accentuata in verità, i capelli raccolti in una coda bassa lasciavano scoperto il viso e la mascella squadrata con un accenno di barba, una ciocca ribelle gli copriva la benda all'occhio destro. Ricordava quel suo viso come il più adorabile al mondo e non aveva perso nemmeno lo sguardo assonnato che le era sembrato sempre tanto buffo, gli anni erano passati per entrambi ma lui era diventato davvero affascinante.

Shouta attraversò il locale incredulo a quella vista, Akiko era davanti a lui, era impossibile da non riconoscere, non aveva perso quel sorriso carico di vitalità e lo guardava con i suoi occhi scintillanti, i capelli rossi raccolti in una lunga treccia le davano un'aria ordinata e regale, il suo viso portava segni di sofferenza ma non stonava con la sua bellezza che non era sfiorita negli anni. Si accomodò sulla sedia e non riusciva a staccare lo sguardo da lei quasi avesse visto un fantasma, fu lei a rompere il silenzio con quella sua voce calda e suadente che non aveva dimenticato, era diventata solo più matura ed ebbe un tuffo al cuore.

' Ciao Shouta!' Gli lasciò qualche secondo per farlo rendere conto che ci fosse davvero lei lì davanti e continuò

'Lo so quello che stai pensando, non volevo coinvolgerti ma, ecco, è importante e non ho più altro tempo'

Shouta non capiva, era disorientato e la sua faccia esprimeva quella confusione che aveva in testa.

'Lo so che non ho il diritto di piombare qui dopo tutti questi anni senza darti una spiegazione, ma ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Credimi se avessi un'altra scelta non ti avrei coinvolto come ho fatto finora. E' stato difficile affrontare tutto da sola, avrei voluto tanto tornare da te ma non potevo, i miei hanno fatto di tutto per non permettermelo, mi hanno distrutto la vita, non sapevo cosa fare, come fare'

Pronunciò quelle parole con voce sempre più rotta, i suoi begli occhi si riempirono di lacrime e cominciarono a rigarle il viso, era distrutta, stanca e aveva perso tutta la sua solarità in un attimo, aveva vomitato tutto il suo dolore con un solo respiro. Doveva aver sofferto tanto in tutti quegli anni e non lo aveva mai dimenticato, lui invece non aveva provato a cercarla, a riportarla da lui, aveva accettato la fine della loro storia senza combattere impegnandosi a dimenticarla, a ricucire la ferita che gli aveva lasciato. Insieme all'altro evento devastante della sua vita accaduto poco dopo, aveva messo la parola fine ai sentimenti.

Lei si asciugò le lacrime e si ricompose, lo guardò dritto negli occhi

'Ho una figlia'

I pensieri di Shouta erano sempre più in subbuglio, perché gli stava confessando quelle cose? Dove era il padre? Chi era piuttosto? Che ruolo avrebbe avuto lui? Non riuscì a dire una parola perché le domande si affollavano nella mente annientando la sua capacità di discernimento.

'Lei ha bisogno di protezione, io non potrò più farlo e ho necessità che rimarrà con qualcuno di cui mi fido'

Shouta riteneva davvero assurdo che lei gli stesse chiedendo di proteggere quella figlia e reputarlo l'unico di cui fidarsi, dopo tutti quegli anni, gli fece provare un senso di timore, cosa aveva fatto Akiko? Che vita aveva avuto? Cosa aveva passato da ridursi in quello stato? Provò per lei una forte compassione.

'Adesso ho bisogno che tu ascolti attentamente quello che ti dirò'

Shouta cominciò davvero a provare una forte sensazione di stordimento, non capiva le parole di Akiko ma lei cominciò a raccontare con voce calma come se stesse ricordando con un amico i vecchi tempi passati.

 

Quando i miei genitori mi portarono via non ebbi il tempo di salutarti a dovere. Mi proibirono di vederti, riuscii solo a darti quel bacio di addio, se avessero saputo che ti avevo incontrato e avevo disubbidito nuovamente non so cosa avrebbero fatto. Partimmo per la Svizzera dove sono rimasta per dieci anni, lì ho dato alla luce una bambina che ho chiamato Dafne. E' stata una gravidanza difficile e quando è nata la mia bambina le ho dato il nome simbolo della vittoria e poi sembrava davvero un piccolo fiore. Fu un raggio di sole in quella solitudine che provavo. I miei avrebbero voluto tanto ripudiarmi ma aspettavano solo il momento di verificare quando si fosse manifestato il suo quirk per comprenderne la natura, la loro indole di scienziati prevaleva su ogni cosa anche sugli affetti familiari. Dafne manifestò il suo quirk appena compiuto cinque anni ma era incontrollabile, ha un quirk di tipo psicocinetico, riesce a manipolare l'energia che la circonda. Quando la prima volta scaturì in modo violento rischiò quasi un disastro, una forte emozione le procurava picchi di energia che sprigionava sotto forma di onde d'urto devastanti. Era una bambina così piccola con un potere più grande da gestire.

Nel laboratorio lavorava un ragazzo cinese Yun Gao, di qualche anno più grande di me, fu l'unico ad essere gentile con noi, ci sentivamo prigioniere lì in quella maledetta tenuta e con il ricatto i miei mi tenevano sotto scacco. Yun proveniva da un'antica famiglia di cultori delle arti marziali che portava avanti l'idea dell'armonia tra corpo e mente: attraverso la respirazione e la meditazione si raggiunge la padronanza assoluta del quirk, considerato la proiezione del proprio io interiore. Ovviamente all'interno del laboratorio non era una teoria che aveva fatto circolare, gli altri scienziati non avrebbero approvato una simile sciocchezza.

Si offrì di fare da insegnante alla piccola Dafne che all'inizio prese tutto come un gioco ma imparò a gestire meglio il suo quirk, le sue emozioni amplificate erano la causa scatenante della parte più distruttiva, bisognava insegnarle il controllo.

Nei successivi due anni il suo quirk si rafforzò. Grazie agli insegnamenti di Yun era in grado in modo ancora acerbo di connettersi con l'energia intorno, incanalarla e manifestarla attraverso gli elementi. E' un quirk complesso che richiede tanta concentrazione e forza per gestirlo. Questo interessò tantissimo lo spirito scientifico dei miei. Mi obbligarono a farle fare dei test. All'inizio fu solo per capire meglio la natura del suo quirk come fecero con me del resto ma cominciarono ad esserne ossessionati. Mi obbligarono a sottoporla a studi sul suo dna, volevano in qualche modo avere la prova della teoria della singolarità dei quirk: per loro Dafne poteva esserne la manifestazione vivente in largo anticipo secondo le previsioni, analizzando i suoi dati avrebbero potuto trovare a livello genetico un fattore che sarebbe servito per bloccare la nascita di quirk potenzialmente letali e completamente ingestibili in futuro. Nulla di più assurdo. Dafne era solo una bambina come le altre con un quirk ereditato in modo normale. I quirk psicocinetici devono essere semplicemente allenati. Dovevano saperlo visto che mi avevano sottoposto a rigide esercitazioni. Ma erano mossi solo da una smania scientifica di trovare chissà quale fondamento alle loro teorie

Quando all'età di dieci anni si sentì concretamente minacciata, fece esplodere tutto il suo potere. Ma era un potere diverso da quello che le avevo visto fino a quel momento.

In quegli anni i miei avevano stretto legami con un'organizzazione segreta che aveva finanziato le ricerche con l'accordo di avere i risultati delle analisi e lasciato ai miei i meriti sulle scoperte, ma secondo me avevano altri fini. Un giorno un manipolo di uomini fece irruzione nella proprietà, volevano portare via Dafne, cercai di difenderla ma usarono su di me una sorta di anestetico per rendere inoffensivo il mio quirk, fui colpita davanti gli occhi di Dafne che scatenò l'inferno. Quando usa il suo quirk i suoi occhi cambiano colore in un azzurro-violaceo e i capelli fluttuano in aria ma quella volta gli occhi divennero completamente neri come la notte più buia, sembrava si fosse svegliato qualcosa dentro di lei, non so cosa le hanno fatto di preciso, ma fu in grado di scatenare una forza troppo enorme per una bambina di dieci anni. Ed era un aspetto del suo quirk che non aveva mai manifestato.

Alzò una mano e sventrò l'edificio disintegrando ogni cosa. Il suo corpo aveva sprigionato un'onda di fiamme distruttive ma lei non può manipolare o produrre il fuoco eppure fu quello che accadde. Era bollente, sembrava che quella forza interiore si nutriva della sua stessa energia, si lamentò che le bruciava il corpo come se fosse in autocombustione, lo shock fu talmente grande che cadde svenuta e all'altezza del petto aveva un'ustione grande come una pallina da tennis. La presi in braccio e scappai, nella confusione generale ritrovai Yun, mi disse che il laboratorio era stato devastato da un terremoto e tra le macerie c'erano anche i miei genitori e gli scienziati che ci lavoravano. Era stata la forza distruttiva di Dafne a causarlo. L'unico mio pensiero era quello di allontanarla da tutto quel disastro, Yun decise di portarci nel villaggio in cui era cresciuto, un posto sperduto tra le montagne del sud della Cina, dove si viveva in modo semplice e modesto. Disse che avremmo trovato la pace che in quegli anni non ci era stata concessa, soprattutto Dafne, che avrebbe potuto vivere in armonia con la natura, affinare le tecniche di difesa e migliorare la concentrazione. Pensai che era anche l'unico modo per far perdere le nostre tracce nel caso quell'organizzazione si fosse messa in cerca di noi. Nel disastro pensarono che eravamo morte perché per i successivi anni nessuno ci diede fastidio.

Ho usato il mio quirk su di lei per nascondere ricordi dolorosi e devastanti, non avrebbe mai retto a quello che era successo, a quello che aveva fatto, dopotutto era ancora una bambina, e la mia azione sulla sua mente sortì anche l'effetto di addormentare quello strano potere.

Abbiamo vissuto quasi dieci anni in quel villaggio, Dafne è diventata un'esperta nelle arti marziali e ha proseguito il lavoro di meditazione per il controllo emotivo con Yun che divenne il suo maestro a tutti gli effetti.

Ha sviluppato una certa antipatia per la società esterna che secondo lei umilia i deboli e loda i buffoni'.

Akiko pronunciò le ultime parole sorridendo modulando la voce come se stesse facendo il verso a qualcun altro, Shouta era rimasto ad ascoltare ogni parola ancora confuso da tutte quelle informazioni.

'E' cinica e anche un po' ribelle, questo suo lato non si è mai affinato anche se ha vissuto una vita di disciplina, è attenta a quello che la circonda ma se una cosa non le interessa assume uno sguardo apatico e annoiato, sa essere anche molto divertente quando ne ha voglia.... Ci somiglia tanto'

Sembrò che a Shouta avessero dato una padellata in piena faccia perché spalancò gli occhi completamente spaesato, era sicuro di aver sentito male.

'Eh si! Dafne è tua figlia' Shouta ebbe un mancamento, non poteva cadere perché era seduto, ma quella sensazione di ginocchia molli che stanno per cedere la sentì lo stesso. Aveva una figlia! La descrizione del suo carattere in effetti era un mix dei loro, anche la modalità dell'utilizzo del quirk ricordava un po' il suo e poi Akiko era andata via dopo il loro ultimo dolce incontro. Combaciava tutto.

'E' seduta laggiù a quel tavolo, ha accettato di starsene in disparte perché mi ha detto che era giusto che ti parlassi prima io'

Indicò una ragazza dai capelli neri, che sorseggiava un tè, con lo sguardo fisso su di loro. Quegli occhi ametista ricordavano quelli della madre e quando i loro sguardi si incrociarono a Shouta vennero i brividi nel vedere in quella ragazza tanto di sé stesso.

Si voltò nuovamente verso Akiko che si scurì in volto e gli disse

'Sto morendo Shouta!'

Stavolta quella che sentì fu una stilettata in pieno petto, quella sera non avrebbe retto a tutto ne era convinto!

'Dafne lo sa, si sta preparando anche a questo, non voglio lasciarla sola per questo sono tornata per affidarla a te, non potevo farlo prima, vi dovevo proteggere. Se chi aveva mandato quei tipi a prendere Dafne avesse scoperto che era tua figlia o peggio se fossero riusciti a portarla via non me lo sarei mai perdonato. Quando me ne sarò andata il mio potere non avrà più effetto su di lei e svanirà, comincerà a poco a poco a ricordare e ho paura di come possa reagire. Se dovesse farsi del male o fare del male a qualcuno, tu sei l'unico, con il tuo quirk, che potrà fermarla'

Era come se un macigno lo avesse centrato in pieno e lo avesse spappolato al suolo come una gelatina.

'Falla entrare alla U.A. anche se è più grande, fa in modo che sia circondata da coetanei. Ha perso così tanto! Magari troverà il suo scopo, potrà affezionarsi a qualcuno, qualsiasi cosa le dia una ragione. Fagli da mentore, falle scoprire un'altra realtà. Non ti chiedo di fargli da padre, oserei troppo, te l'ho proibito lo so, ma proteggila ti prego! Lei è stata la mia eroina, è stata lei a darmi la forza per andare avanti perché in qualche modo era come se non mi fossi allontanata da te. Ti chiedo perdono Shouta, per tutto, ma sei l'unica persona che le rimane'.

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Capitolo 3
*** Incontro ***


Erano passati cinque mesi, Dafne era entrata alla U.A. mascherando il suo ingresso al terzo anno, nel corso ordinario. Fecero figurare che facesse parte di uno scambio culturale tra paesi. Il preside era l'unico a sapere la verità e le fu assegnato un alloggio nell'edificio principale all'ultimo piano creato all'occorrenza. Per Shouta dapprima fu difficile gestire quello spirito ribelle di sua figlia ma poi gli venne naturale comportarsi da padre: quel senso di protezione e di affetto sincero scaturiva senza troppe forzature, solo guardandola e rivedendo in lei piccoli atteggiamenti o espressioni della madre e di se stesso, lo rendeva orgoglioso di quello che aveva davanti.

Era negli allenamenti che vedeva la forza di cui era dotata, era disciplinata e determinata, attenta e precisa nei movimenti, non aveva usato il quirk liberamente in tutti quegli anni e avendole dato la possibilità di farlo nelle loro sedute di addestramento le aveva acceso una luce nuova negli occhi. Il suo obiettivo era quello di insegnarle a padroneggiare il suo potere. Da quando di era manifestato la principale preoccupazione era stata insegnarle il controllo, le arti marziali erano state un mezzo per creare una sorta di unione tra corpo e mente. Ma non le era stato insegnato come gestire appieno la propria unicità. Come padre, come ex eroe e come insegnante aveva il dovere di farlo per evitare che si facesse male o peggio che facesse del male a qualcuno per sbaglio. Aveva osservato il suo quirk negli allenamenti ed era quasi unico. Non ricordava nessuno di quelli che aveva incontrato in tutta la sua vita capace di quello che era in grado di fare lei. Lei percepiva l'energia nella materia e la manipolava con il pensiero, come trasferendo vita agli elementi, come se si amalgamasse con gli elementi circostanti. Akiko aveva un potere mentale con la possibilità di manipolare gli esseri viventi e anche il suo quirk annullamento sostanzialmente era un quirk psichico, attraverso le onde cerebrali riusciva ad avere un effetto sulle unicità delle persone. L'unione tra loro aveva dato vita ad un quirk davvero particolare. Ma sapeva che sua figlia sarebbe riuscita a capire come gestirlo con il suo aiuto.

 

Per Dafne fu difficile inizialmente accettare il ruolo di Aizawa. Lui era stato un eroe e non lo sopportava. Anche se la madre non le aveva mai nascosto l'esistenza di quel padre e le aveva spiegato che lui non aveva alcuna colpa, da bambina non aveva capito il perché lui non poteva andare a salvarle. Ma nel loro primo incontro aveva percepito in lui una sensazione positiva ed era diverso da come erano di solito gli eroi che aveva visto in televisione. In quei mesi passare gran parte del tempo insieme permise ad entrambi di conoscersi ed instaurare un buon rapporto. Capì perché la madre se ne era innamorata.

Si era sempre sentita un po' in colpa per essere stata la causa della loro lontananza anche se erano stati i suoi nonni ad avere un ruolo di primo piano nella fine della loro storia, li ricordava con fastidio perché non erano mai stati amorevoli, non ricordava alcuna carezza o un gesto di affetto da parte loro e la loro casa le era parsa più una prigione che una vera casa.

La madre era morta qualche settimana prima, avevano passato quel tempo cercando di sembrare una specie di famiglia ma arrivò il momento per lei di fare appello a tutta la sua forza interiore perché l'ultimo mese di vita sua madre lo passò in ospedale. Vederla spegnersi a poco a poco le stritolò il cuore, si poteva preparare per tutto il tempo che avrebbe voluto, non sarebbe mai stata pronta ad una tortura del genere. Sapere di non poter fare nulla e attendere inesorabile la fine delle sofferenze non era una consolazione. Faceva solo più male.

Eppure non versò un lacrima anche se dentro il petto la tempesta emotiva che dilagava in lei la consumava dall'interno, solo sfogandosi negli allenamenti riusciva a lenire di poco la sofferenza che provava. Il padre fu l'unico conforto in tutto e lo sentì più vicino di quanto avesse potuto mai immaginare.

Il suo ingresso nella scuola non fu come se lo aspettava. Era di un paio di anni più grande dei ragazzi della sua classe ma era sempre stata capace a mimetizzarsi bene tra le persone. Anonima quando era in gruppo eppure fu accolta in modo positivo da tutti anche se era una new entry e loro avevano passato anni insieme. La sua percezione di diversità la sentiva comunque, non aveva passato gli anni dell'adolescenza come le persone normali, aveva vissuto in un posto isolato e in una comunità parecchio eterogenea, di suoi coetanei se ne contavano sulle dita di una mano. Lo studio dell'arte calligrafica e delle arti marziali occupavano gran parte del tempo. Poi c'erano le sedute di respirazione mattutine, i momenti di meditazione, gli allenamenti. La giornata scandita dalle ore solari con una rigida tabella di marcia. Non era quello che si aspettava un qualunque adolescente di città. Ma lei non era una qualunque, era una sventurata con un quirk complesso che andava controllato. Domato. Trattenuto.

Dafne era assorta in quei pensieri. Era un pomeriggio inoltrato di fine agosto. Faceva una corsetta nel cortile del complesso scolastico, una routine dopo il termine delle lezioni. Una lieve brezza le solleticava il viso e quella carezza era sempre stata per lei calmante e distensiva, era cresciuta in mezzo alla natura del resto e prediligeva passare del tempo in quel cortile che comprendeva anche un boschetto.

Aveva contro il riflesso del sole che stava tramontando e si accorse all'ultimo istante che sulla sua strada c'era un'ombra. Era un ragazzo, i suoi pronti riflessi le evitarono di schiantarsi contro di lui. Spiccò un salto in alto per scavalcarlo, lo superò con un volteggio facendo leva con le braccia sulle spalle di lui e gli atterrò dietro per proseguire la sua corsa. Quando era sopra la sua testa lui alzò gli occhi e lo riconobbe. Quasi le venne un colpo, era quell'eroe che aveva incontrato mesi prima, anche se aveva la maschera quegli occhi li avrebbe riconosciuti ovunque, le si erano impressi nella mente e provò nuovamente la stessa sensazione di quel giorno.

“Ehi biondo sei sulla mia strada!”

Tirò dritto senza fermarsi e sentì lui sbraitare

“Sei tu che sei sulla mia strada sottospecie di cavalletta!”

Che diavolo ci faceva lì quel dannato eroe? E perché la stessa sensazione che aveva provato la prima volta che lo aveva incontrato si era prepotentenmente manifestata un'altra volta?

Non riusciva a capire la motivazione di tutto quello scompiglio che le creavano il suo sguardo e la sua presenza.

Ma Dafne non poteva farsi trascinare da strane emozioni, fece prevalere l'ostilità nei confronti di quell'eroe per mantenere il distacco. Tirò dritto senza voltarsi, nuovamente decisa a mettere più distanza possibile tra loro.

 

Katsuki passeggiava nel cortile della sua vecchia scuola per sbollentare il suo nervosismo, non gli piaceva quello che Jeanist aveva architettato per lui. La U.A. aveva creato un nuovo programma per gli aspiranti Heroes del primo anno che prevedeva la presenza di un eroe della nuova generazione che facesse loro da insegnante nelle materie pratiche.

Era assurdo dover fare da babysitter a dei ragazzini! Jeanist lo aveva convinto con l'inganno a presentare la sua candidatura perché gli piaceva sempre metterlo in situazioni che lui detestava, ovviamente era stato scelto ma nessuno si prese il disturbo di valutare che non era proprio il tipo che potesse educare dei ragazzini che considerava solo delle inutili comparse fastidiose. Jeanist lo aveva quasi obbligato ad accettare l'incarico perché avrebbe pesato in modo positivo sui sondaggi di gradimento e poi, dato che non si era mai preso un periodo di riposo, fu un modo per metterlo in ferie forzate, c'era chi poteva pensare all'agenzia in sua assenza.

Era concentrato a pensare a come gliela avrebbe fatta pagare che per poco si scontrò con qualcuno, quella figura prontamente lo scavalcò con agilità e nell'istante in cui incrociò il suo sguardo, rivide quegli occhi ametista che lo avevano tormentato. Non ebbe il tempo di rendersi conto di null'altro che quella dannata ragazza era già sparita dal suo raggio di azione.

Quella sera stessa gli fu assegnato il suo alloggio predisposto per l'occasione, per evitargli un via vai giornaliero tra la scuola e casa sua dall'altra parte della città, il preside ebbe l'idea di farlo sistemare al terzo piano dell'edificio principale per rendergli più agevole e tranquilla quell'esperienza, gli aveva consegnato anche il programma da seguire e i dettagli di quel nuovo progetto.

Tutte quelle maledette scartoffie da insegnante gli davano sui nervi, le aveva lasciate sulla scrivania della stanza senza degnarle di un'occhiata, si sentiva un perfetto idiota per aver acconsentito a quella rottura.

Dannato Jeanist!

Uscì da lì, era ora di cena, percorse il corridoio che separava la sua stanza dal salone principale con le mani in tasca e il viso imbronciato. Vide Aizawa Shouta girato di spalle, davanti una porta, impegnato in una conversazione con qualcuno. Quando si avvicinò di più riconobbe la persona con cui parlava: era di nuovo quella ragazza. Poteva essere una studentessa in quella scuola? Ma sembrava avesse solo qualche anno in meno di lui. E poi non odiava gli eroi? Cosa ci faceva nella più prestigiosa scuola di eroi del Giappone? Tutte quelle domande si affollarono nella sua mente in un momento. Aveva voglia di sapere chi fosse in realtà.

Interrotti dalla presenza di Katsuki, Aizawa fece le presentazioni

“Ti presento Bakugo Katsuki l'eroe Dynamight, farà parte del nuovo programma di insegnamento”

“Per te Grande Dio dell'uccisione esplosiva Dynamight!” sottolineò Katsuki rivolto a lei.

“Lei è Dafne Horimoto, studentessa del progetto di scambio culturale” continuò Aizawa

“Questa scuola si è evoluta dai miei tempi con tutti questi progetti!”
Katsuki incalzava per spingere la ragazza a parlare, aveva lo strano bisogno di risentire la sua voce. Lei lo guardò dapprima sorpresa, appena si erano riconosciuti, poi la sua espressione cambiò in fastidio.

“Non sarai una di quei novellini a cui fare da babysitter”

La vide incurvare le sopracciglia in segno di sdegno

“Ti sembro una quindicenne razza di ….” lei si morse il labbro per trattenersi appena percepì lo sbuffo di ammonimento del padre.

“Sono in un altro corso per fortuna per te” disse Dafne quasi in segno di sfida.

“Dov'è il rispetto per un insegnante, mocciosa?”

“Avrai si e no qualche anno più di me e poi da te non penso proprio possa imparare qualcosa! A proposito farai lezione con il tuo costumino, professore?” lo incalzò lei sorridendo beffarda.

“Non costringermi a far esplodere quella tua faccia da saccente”

Katsuki sin da bambino non veniva mai contraddetto o affrontato apertamente dalle persone, o lo lodavano o ne avevano paura, quella Dafne invece lo contrastava, lo sfidava anche solo con lo sguardo. Lo faceva innervosire ma si ritrovò anche a provare attrazione per quell'atteggiamento.

Intervenne Aizawa a far smettere quei due di punzecchiarsi, li aveva lasciati fare inizialmente, ma non poteva permettere che facessero tutto quel baccano. Sembravano due cobra che si studiavano a vicenda prima di sferrare l'attacco e aveva sentito nell'aria una vaga tensione tra quei due come se non fosse la prima volta che si incontravano.

Dafne si chiuse nella sua stanza e Katsuki se ne andò a cena, quella ragazza lo disturbava e sapere di doverla incontrare spesso, visto che alloggiavano sullo stesso piano, era un altro elemento che non sopportava.

Il giorno dopo ci fu la sua prima lezione e Katsuki fu costretto suo malgrado a fare il giro della scuola nelle varie classi, dopotutto era sempre un Hero. Quando visitò la classe in cui c'era lei si mostrò completamente disinteressata a quello che invece i suoi compagni volevano sapere da lui, provò addirittura a metterlo in difficoltà con domande scomode sul ruolo da eroe. Quella che gli rimase impressa 'se una persona non vuole essere salvata da te?' lo aveva fatto riflettere sulla possibilità che magari avesse avuto una brutta esperienza con gli eroi e che fosse molto intraprendente. Le diede una risposta che lo rese soddisfatto 'tutti hanno bisogno di essere salvati in un modo o in un altro' perché sortì l'effetto di levargli quel sorrisetto di sfida dalla faccia.

Per Katsuki era davvero una palla fare l'insegnante, stare a sentire le lamentele del cazzo di una massa di ragazzini per lui era troppo. La sua valvola di sfogo era poter scaricare la tensione in palestra che fortunatamente non era frequentata mai da nessuno dopo le lezioni. Doveva mantenersi comunque in forma in quel periodo e non avrebbe perso tempo a stare dietro alle incombenze scolastiche, aveva raggiunto un patto con il preside o quello o niente.

Le prime settimane volarono, i suoi incontri con quella Dafne si limitavano a incroci nel corridoio comune e gli sguardi che lei gli lanciava erano sempre di sfida. Percepiva però una punta di curiosità da parte sua, era come se lo scrutasse per cogliere qualche aspetto di lui. Quell'aura di mistero che lei emanava per lui era insopportabile. Non riusciva a decifrare quegli occhi ametista che per qualche strana ragione gli lasciavano ogni volta un senso di agitazione.

Una cosa che poi notò era che lei passava gran parte del tempo con Aizawa, non che gli importasse davvero, ma li vedeva spesso insieme a parlare e li vedeva tornare dal campus, dalla zona dove c'erano i campi di addestramento per gli eroi che aveva frequentato anni prima, e si chiedeva perché e che tipo di allenamento seguisse quella ragazza tanto da essere addestrata da quello che un tempo era Eraserhead.

Fine settembre. Una giornata piovosa. Katsuki aveva sperato che quella mattinata volasse, la vita scolastica in qualità di insegnante cominciava già a dargli sui nervi ma avrebbe dovuto stringere i denti fino alla fine dell'anno a marzo e poi sarebbe tornato nella sua agenzia per dare una lezione a Jeanist.

La sua routine di allenamento in solitaria fu spezzata dalla presenza di qualcun altro nella palestra e questo lo mandò ancora di più sui nervi; quando vide che si trattava di quella ragazza gli si annebbiò completamente la vista. Non era solito condividere gli spazi con le persone figuriamoci con quella lì. Si osservarono silenziosi ognuno con il proprio cipiglio, anche lei non era contenta di vederlo. Ogni volta che si guardavano si sfidavano, nell'aria si poteva percepire un'atmosfera elettrica ma anche magnetica perché era come se si respingessero ma nello stesso tempo si attiravano a vicenda.

Fu lei a parlare per prima apostrofandolo divertita “Salve prof!”

Si stava prendendo gioco di lui, le piaceva ridicolizzarlo e a Katsuki questa cosa gli stava sul cazzo, stava per sbraitarle contro quando lei cambiò espressione e, quasi avesse letto nei suoi pensieri di poco prima, gli disse “E' difficile quando vieni catapultato in una realtà che non è la tua vero?”

“Non dobbiamo fare conversazione. Mettiti in un angolo e non rompere!”

“Perché non ci alleniamo insieme!”

“Cosa ti fa credere che tu possa starmi dietro?”

“Se non accetti non potrai saperlo!”

Quel sorrisetto beffardo, che gli rivolse, nascondeva una punta di malizia e si sentì attirato da lei in un gioco nuovo. Adescato, ecco la parola adatta. Quella Dafne gli sembrò una specie di sirena che con il suo canto ammaliatore lo voleva incantare. Non si sarebbe fatto fregare. Lui era Bakugo Katsuki e nessuno lo spingeva a fare cose che non voleva fare.

Eppure quella proposta per lui fu allettante. Accettò.

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Capitolo 4
*** Contatto ***


Se non fosse arrivato Aizawa probabilmente il combattimento sarebbe proseguito a decretare un vincitore. La sua avversaria alla voce di ammonimento del professore si bloccò e quella energia che si era palesata attorno a lei si placò immediatamente mettendo fine al loro scontro.

Katsuki aveva visto nel loro primo incontro che lei sapeva difendersi ma lo aveva sfidato senza neanche sapere a cosa sarebbe andata incontro: o era semplicemente pazza o sapeva il fatto suo.

Disegnando con la gamba destra un semicerchio sul pavimento per spostare il peso del corpo di un passo indietro, lei assunse la posizione di guardia con le braccia all'altezza del petto e le mani non serrate a pugno ma con i palmi ben tesi. Erano movimenti di qualche tipo di arte marziale e fu convinto di avere davanti un'insolente che non poteva nulla contro la sua forza e ovviamente non ci sarebbe andato leggero solo perché era una femmina.

Katsuki a sua volta alzò la guardia, quella della box, con le braccia all'altezza del viso e i pugni pronti a scattare. Attaccò per primo. Le sferrò un gancio e un diretto ravvicinati, ma come se avesse letto nel cervello le sue mosse, lei li schivò senza problemi. Si era mossa con calma senza scomporsi, anche quando le tirò un montante, lo bloccò con i palmi incrociati e si spostò indietro con un salto come sospinta dal vento. I suoi movimenti erano armonici e sembravano al rallentatore eppure la velocità con cui lui colpiva era reale. Lo stava studiando, ne era sicuro, si limitava a difendersi senza attaccare e questo lo infervorò.

Sembrava mossa da un filo invisibile che la faceva scivolare dai suoi attacchi, era sfuggente e lui rimaneva a colpire l'aria dove un attimo prima c'era la sua figura. Cambiò strategia.

Il calcio sferrato con forza fu bloccato da entrambi i suoi avambracci, lasciandola scoperta sul lato destro, fu lesto a rimettere il piede a terra per bilanciarsi nel successivo pugno che le mosse contro sul lato scoperto ma lei prontamente lo parò con il braccio piegato a novanta gradi a lato della testa.

Gli avvolse il polso con la mano libera ruotandogli il braccio dietro la schiena, fu un'azione repentina, ritrovandosela dietro che lo costringeva a tenere il braccio in quella posizione fastidiosa. Non ebbe il tempo di reagire che si sentì colpire il polpaccio da un calcio ben assestato per destabilizzarlo. Katsuki assecondò il movimento del ginocchio che si piegava, per sbilanciarla sulla sua schiena scrollandosela di dosso semplicemente sfruttando la muscolatura addominale e i dorsali. Lei rovinò a terra supina ma con un colpo di reni si rimise subito in piedi riappropriandosi della posizione di difesa.

Katsuki si stava divertendo, l'adrenalina era entrata in circolo dopo il primo affondo, era dai tempi del liceo che non si sentiva in quel modo scontrandosi con qualcuno, quel formicolio sottopelle di frenesia che ti spinge a dare il massimo lo aveva infiammato, la sua temperatura corporea cominciò a salire e crepitii dalle mani cominciarono a manifestarsi per l'eccitazione, quella Dafne era un avversario stimolante e non stavano nemmeno usando i loro quirk.

Sarebbe stato uno scontro epico e lui ne sarebbe uscito ovviamente vincitore.

 

Dafne si era sentita sollevare di peso e fu buttata a terra come un sacco di patate. Ci era andata troppo leggera e ne aveva pagato le conseguenze, era certa della forza del suo avversario, data la sua mole, ma non pensava che lui avrebbe sferrato colpi così decisi contro una ragazza; questo la entusiasmò perché non era mai stata presa sul serio proprio per essere una ragazza, con lui poteva essere sullo stesso livello.

Continuò ad essere investita da una sequenza di affondi che senza indugio parava o schivava. Il sudore cominciò ad imperlare la fronte di entrambi, i respiri affannati erano il segno che i corpi reclamavano aria nei polmoni. Era diventata una prova di resistenza tra loro e nessuno dei due accennava a cedere.

Quel dannato decise di portare il combattimento su un altro livello, quello non era più un allenamento ormai. La guardò con un ghigno esaltato stampato sulla faccia sudata, alzò il braccio verso di lei come ad indicarla ma aprì le dita della mano e dal palmo uscì dapprima una scintilla poi un'esplosione assordante. Dafne fece perno sul piede e spostò di lato il corpo schivandola per un soffio. L'audacia del suo avversario l'aveva sorpresa quel tanto da permettere a lui di annullare la distanza che li separava, con un balzo le fu sopra la testa deciso a colpirla ma lei lo bloccò incrociando i polsi all'altezza della fronte. Il suo avversario sfruttò i lati scoperti. Un'altra esplosione la investì in pieno sbalzandola di un paio di metri e ruzzolò a terra. Di nuovo.

Dafne ne aveva abbastanza di quell'esaltato, si rialzò con lentezza, dava l'impressione di essere esausta e demoralizzata, invece lo guardò in modo furente. Gli occhi brillarono, cambiarono colore in azzurro-violacei e i capelli si rizzarono in testa. Una scarica di energia attraversò il suo corpo, ne dosò la potenza, come una guaina che tiene e modella. Fece un respiro profondo ed espirando indirizzò verso Katsuki un'onda d'urto, calibrata alla sua stazza, da spostarlo fuori dal tappetto dell'area di combattimento per allontanarlo. Con un movimento del polso creò un turbinio d'aria e lo spinse contro il muro della palestra tenendolo bloccato con quell'energia, gli arrivò addosso per colpire quella sua faccia indisponente. Lui si era lasciato distrarre solo per un momento perché aveva già rivolto il palmo della mano verso di lei pronto per esplodere.

Arrivò Aizawa e fermò tutto.

Dafne percorse la distanza che la separava dal padre velocemente, a testa bassa poteva comunque percepire il suo sguardo misto di rimprovero e delusione, quando gli fu vicino il padre espresse il suo disappunto e lei dedicò un'ultima occhiata a Katsuki in segno di complicità.

 

Katsuki rimase in palestra per qualche minuto a metabolizzare quello che era successo, poi tornò nella sua stanza a fare una doccia per scollarsi di dosso tutto il sudore che aveva prodotto.

Quella Dafne gli aveva dato del filo da torcere, sapeva muoversi e sfruttare la forza dell'avversario a suo vantaggio. Era veloce, precisa eppure si muoveva con grazia ed armonia. Non era come le ragazze che aveva incontrato, non aveva avuto alcun accenno di tentennamento o paura, eppure lui faceva paura a tutti.

Ripensava al modo in cui lo aveva attirato in quello scontro, al modo in cui lo guardava, alla sua energia. Non era riuscito a capire che tipo di quirk avesse, forse qualcosa legato all'aria: si era sentito spinto da una forza simile all'aria quindi era una che manipolava il vento, forse. Aveva incontrato altre persone con quel quirk ma il suo non somigliava a nessuno di quelli che aveva visto.

Ripensando alle sensazioni provate durante lo scontro con lei, si sentiva stranamente in subbuglio, gli aveva lasciato ancora uno strascico di adrenalina che non accennava a placarsi. E poi il modo in cui si erano guardati Aizawa e quella Dafne lo aveva incuriosito, gli era parso che ci fosse troppa intesa tra un professore e un allievo e non capì perché lo infastidisse tanto. Si accorse di aver dimenticato il borsone in palestra e uscì dalla sua stanza per recuperarlo.

 

Dafne aveva lo sguardo fisso sul soffitto della sua stanza, era un po' seccata che il padre l'avesse ammonita duramente quando uscirono dalla palestra, era tutta la vita che gli veniva detto di trattenere il suo quirk ed era stufa. Voleva essere libera di essere se stessa senza dover per forza reprimere quello che aveva dentro, era estenuante dover soffocare una parte di sé, mantenere il controllo in ogni circostanza.

Per questo a volte si isolava nel bosco del cortile dove riusciva a meditare, lì poteva isolarsi e connettersi con l'energia intorno senza vincoli. Era sempre stato il suo modo per rilassarsi e in qualche modo placare quel fremito che sentiva dentro. Quel giorno aveva optato per la palestra visto che pioveva ma ci aveva trovato quel Katsuki.

Vederlo in altra veste la disturbava meno ma era pur sempre un eroe esaltato. Era davvero indisponente, rumoroso, arrogante eppure ne era dannatamente attratta. Quando lui posava i suoi occhi rubino su di lei sentiva ogni volta un brivido. Scontrandosi con lui poi si era sentita libera e appagata, aveva percepito che con lui poteva osare e non si era sentita condizionata. Giudicata.

Era stato interessante combattere contro di lui, inizialmente era stato un po' un modo per testare le sue abilità e prendersi gioco di quell'Hero, poi però si era trasformato in un vero scambio di forza.

La percezione di lui si era rivelata esatta: era forte, determinato e aveva un ottimo controllo del suo quirk. Era pienamente fiducioso nelle sue potenzialità e anche se il suo ego rasentava l'esaltazione più pura, era un avversario da non sottovalutare. Non era un gradasso senza cervello era semplicemente sicuro di sé e poi era.....bello!

L'ultimo pensiero la fece vergognare di se stessa e si nascose il viso con il cuscino, che cavolo pensava! Sembrava un'adolescente imbranata alla sua prima cotta. A quasi vent'anni si faceva ridurre così da due occhi e... un corpo muscoloso. Era meglio uscire dalla stanza, due passi le avrebbero schiarito le idee.

Incrociò proprio lui, camminava in corridoio con quella sua postura incurvata di uno assorto nei propri pensieri. La vide con la coda dell'occhio e la scrutò con quegli occhi, Dafne accennò un sorriso un po' imbarazzato ma fece sparire quell'emozione così come era arrivata

“Dovremmo riprovarci per vedere chi dei due atterra l'altro non trovi?”

“Non pensi di essere troppo esaltata se pensi di poter battere un Hero novellina?”

“Ti ho fatto sudare mi pare”

“Piuttosto che razza di trucco era quello, prima che Aizawa ci fermasse?”

“Non so a cosa ti riferisci!”

Aveva risposto con aria vaga guardando da un'altra parte e quell'atteggiamento infastidì Katsuki, le si avvicinò torreggiando su di lei e tra i denti disse

“Pensi che sia un idiota, cavalletta! A te piace prendere per il cazzo la gente con quell'aria di superiorità che ti ritrovi. Non sei mica speciale.”

Dafne fu presa alla sprovvista ma non si scompose, in un attimo tornò l'ostilità verso di lui

“Tu invece non sai davvero parlare alle persone a quanto pare!

Sai solo sbraitare quando non ti piace qualcosa.”

Sostenne il suo sguardo con fermezza, in quel momento avrebbe davvero voluto dargli un pugno in faccia, si trattenne a fatica. Era davvero impossibile quel tipo!

 

Katsuki si mosse verso di lei in un impeto improvviso, aveva la sensazione che lei nascondesse qualcosa e lo mandava in ebollizione. Odiava essere preso in giro, quel suo sorrisetto di sfida non lo sopportava. Aveva sempre la risposta pronta e non si lasciava intimidire, anzi quando usciva fuori il suo lato più esplosivo lei si faceva più ostinata e non si piegava. Eppure lo intrigava e questo lo faceva incazzare ancora di più.

Standogli così vicino si ritrovò a guardarla attentamente, con interesse. Ne seguì i contorni del viso: le sopracciglia aggrottate erano ben delineate, una ciocca di capelli le ricadeva sulla fronte tra i due occhi ardenti, il naso piccolo si muoveva perché respirava in modo seccato, la bocca leggermente dischiusa era color lampone. I suoi occhi scesero ancora, sulla linea delicata del collo, sulle spalle toniche, sul petto di cui percepì il movimento di inspirazione ed espirazione, un respiro corto di una che era in preda alla rabbia, dalla scollatura della maglietta che portava si intravedeva l'incavo del seno e notò l'accenno di una cicatrice, sembrava di una bruciatura. Tornò sui suoi occhi che lo fissavano ancora, lui però aveva memorizzato ogni centimetro di quella vista. Lei si girò di scatto e quel movimento fece vibrare l'aria intorno e mosse il suo odore. Katsuki fu investito dal suo profumo che gli entrò nelle narici in modo prepotente, una dolce ed intensa fragranza, un odore burroso e inebriante di....frangipane, quel fiore a forma di stella che viene usato per le corone di benvenuto nei luoghi esotici. Quel profumo si impresse nel suo sistema olfattivo, evocava sensualità e ne rimase stordito.

 

Troppo vicino, è troppo vicino!

Dafne rimase quasi pietrificata quando lui si avvicinò, l'aveva presa di nuovo alla sprovvista. Si era accorta che l'aveva squadrata per un attimo, aveva seguito la traiettoria di quegli occhi e le era parsa un'occhiata piacevole, un'insolita sensazione di calore la invase. Gli occhi scesero più giù, sul seno cavolo, la cicatrice!.

L'aveva sicuramente notata, non voleva abbassare lo sguardo né indietreggiare. Poteva quasi sentire il suo respiro caldo solleticarle il viso, un respiro lento e profondo, lei invece si stava agitando, quella vicinanza la confondeva, sentiva il corpo in ebollizione. Doveva andare via, si girò di scatto per spezzare quell'atmosfera tra loro e tornò nella sua stanza con passo deciso. Perché quel Katsuki la disorientava in quel modo?

Si era sentiva un fuoco sulla faccia quando lui gli era stato vicino e la faceva arrabbiare perché la rendeva ridicola, debole. Aveva avuto una vita all'insegna della disciplina e allora perchè quelle sensazioni non riusciva a controllarle? Lui la mandava in confusione e lo odiava per questo. Ma non riusciva a non pensarci.

 

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Capitolo 5
*** Scontro ***


Nel cuore della notte Dafne fu assalita da un incubo: un urlo straziante nel sogno poi un'esplosione dello stesso colore del suo quirk. In realtà era già un mese che faceva degli strani sogni, non erano ben definiti ma gli lasciavano sempre un po' di inquietudine al mattino: vedeva degli attrezzi da laboratorio, persone con camici bianchi, c'era anche la madre a volte con sguardo preoccupato che le parlava ma nel sogno non la sentiva, vedeva solo le sue labbra muoversi da cui non usciva alcun suono.

Non capiva cosa fossero quelle immagini, era cominciato così improvvisamente e senza un motivo, possibile che le varie emozioni che stava provando negli ultimi mesi potessero destabilizzarla così?

Il giorno dopo, al termine delle lezioni Dafne aveva bisogno di meditare. La notte era stata insonne non aveva più chiuso occhio dopo quel sogno.

Si recò in palestra, sapeva che ci avrebbe trovato Katsuki eppure non voleva evitarlo, era come se si sentisse attirata. Raggiunsero l'accordo che ognuno aveva il suo lato per allenarsi. Dafne iniziò la sua seduta di movimenti, i toula in cinese o kata in giapponese: sequenze di mosse di attacco e difesa, un combattimento con un avversario immaginario. Il tai chi l'aiutava a rilassarsi e il kung fu era il modo per far esplodere il suo tormento interiore. Con la coda dell'occhio si accorse che Katsuki la stava osservando. Sentirsi addosso i suoi occhi la scosse e sbagliò ad eseguire un movimento, ma lui non se ne accorse era rimasto incantato da quei movimenti lenti e coordinati. Sembravano una danza e per lei era il modo per scaricare la tensione e liberare la mente, ma avere lui lì ad osservarla in effetti non era tanto rilassante. Dannato biondo!

Concluse la sequenza e si inginocchiò a terra, mani sulle cosce, occhi chiusi ed iniziò una seduta di respirazione per calmarsi.

 

Katuski era rimasto ad osservarla interessato a quei movimenti. La linea dei muscoli in tensione, la leggerezza con cui spostava gli arti e il controllo che metteva nello sferrare calci e pugni erano ipnotici. Ripensò allo scontro del giorno prima, alle sensazioni provate nel combattere contro di lei e a come l'aveva osservata quando si erano incontrati in corridoio. I suoi occhi automaticamente l'aveva guardata attentamente e stranamente gli era piaciuto, ma fece sparire immeditamente quei pensieri. Doveva trattarla come trattava tutti gli altri, con distacco e indifferenza. Non poteva farsi coinvolgere in alcun modo.

Maledetta cavalletta!

Doveva focalizzare la sua attenzione su altro, un sacco da boxe fece al caso suo e si sfogò su quello. Si ritrovò gli occhi di Dafne puntati addosso, uno sguardo diverso dal solito, rilassato e di...complicità.

“Che guardi cavalletta?” le chiese continuando a tirare pugni

“Seguo i movimenti dei piedi e le linee degli affondi”

“Osservi l'avversario in modo sleale. Dillo che vuoi la rivincita!”

“Non mi hai mica battuta! E poi eri tu quello con le spalle al muro!”

“Ti sbagli. Siamo stati interrotti altrimenti saresti stata tu quella con il culo a terra”

Dafne non sopportava tutta quella insolenza, si rialzò con un balzo. Andò verso di lui e con un calcio sferrato con forza anticipò il pugno di Katsuki facendo cadere a terra il sacco da boxe.

“Combattiamo, così ti tolgo questo pensiero dalla testa!”

La sfida era quella che lui bramava più di ogni cosa. La voglia di primeggiare, di essere il più forte di chi gli stava difronte. Era la sua essenza e una simile proposta non poteva rimanere inacettata. Sarebbe stato anche il modo per esorcizzare quelle strane sensazioni che sentiva verso quella ragazza.

“Senza quirk, biondo. Non barare stavolta!”

“Non avevamo deciso le regole l'altra volta mi pare. E non mi serve usare il quirk per batterti” il sorriso che si stampò sulla sua faccia sembrava quello di un indemoniato.

 

Si recarono sul tatami e i due sfidanti si guardarono negli occhi. Dafne fece l'inchino che dava inizio al combattimento. Katsuki saltellò da un piede ad un altro in preda all'euforia che lo infervorava. Le guardie pronte e si lanciarono l'uno sull'altra.

Dafne schivò due pugni in sequenza muovendosi veloce, si spostò per schivarne un terzo e approfittò di un'apertura della guardia del suo avversario per assestargli due colpi a pugno chiuso sullo stomaco.

“Punto mio!” sorrise lei incalzando l'avversario a proseguire.

Katsuki si toccò il punto colpito e caricò contro di lei. Dafne si aspettava che arrivasse un montante e invece lui si abbassò e le diede una spallata tipo ariete. Era una presa! Le afferrò una gamba e annullò l'equilibrio sgambettando l'altra. La schiantò a terra. Lui carponi sopra di lei la ammonì “Uno a uno”.

Si rialzarono e continuarono. Fu Dafne ad attaccare per prima stavolta, un calcio circolare si infranse sull'avambraccio di Katsuki che aveva alzato per parare il lato del viso, un altro calcio laterale fu bloccato prendendole la caviglia. Facendo leva sulla gamba bloccata sferrò un calcio con l'altra che lo colpì alla tempia stordendolo lievemente, non era stata impressa molta forza in quella posizione, ma le permise di liberarsi dalla presa.

Lui si infervorò e le sferrò diversi colpi in sequenza l'ultimo annullò la sua guardia e la colpì allo stomaco ma con il palmo aperto come per spingerla con forza. Altro punto per lui.

Dafne corse contro di lui e lo anticipò spostandosi di lato, gli saltò al collo, lo colse di sorpresa e lo sbilanciò con il suo peso. Lo fece cadere con un colpo alla caviglia e lo bloccò mettendosi sopra di lui con un ginocchio.

“Nuovamente pari”

Katsuki la spostò e si rialzò, si passò una mano sulla fronte sudata, il cuore batteva forte. Era uno scontro fantastico.

Appena uno segnava il punto per una presa o un colpo, l'altro prontamente riportava il punteggio alla pari.

Continuarono anche se non avevano più forze, anche se boccheggiavano, affamati di aria per lo sforzo. Nessuno dei due voleva cedere. Entrambi ostinati.

Ma Katsuki era più cocciuto. Provò a colpirla altre volte, lei sfuggente come sempre fece un passo falso e lui ne approfittò. Le diede l'ultimo colpo ma lei si aggrappò a lui con tutte le forze rimaste tirandolo nella caduta. Anche Katsuki era esausto e colto alla sprovvista perse l'equilibrio. Rovinarono a terra l'uno sull'altra.

Dafne era imprigionata sotto il corpo di Katsuki, il calore che emanava la fece avvampare. L'odore del suo sudore era una fragranza davvero eccitante, ricordava il caramello bruciato . Lei adorava il caramello.

Le teneva le mani intorno ai polsi per bloccarla e i loro respiri si infrangevano l'uno sull'altra. Alcune goccioline di sudore che imperlavano la fronte di lui le scivolarono sul viso, una trovò la strada verso le sue labbra e instintivamente si leccò il lato della bocca. Sentì Katsuki irrigidirsi.

La scrutò con quegli occhi rossi, la guardava intensamente. Fu un momento interminabile e...piacevole.

“Ti ho battuta!”

“Sei sicuro, biondo?” lei abbassò lo sguardo come per mostrargli qualcosa. Lui seguì i suoi occhi e tra le sue gambe vide che lei aveva il ginocchio pronto per sferrare un colpo lì dove non batte il sole.

Katsuki aveva sentito una pressione lì sotto ma non aveva capito quello che stava succedendo perché si era perso in quei dannati occhi ametista.

“Vale che ti ho atterrata”

“Ti ho trascinato con me... è pari!”

“Non riusciamo ancora a decretare un vincitore, quindi...”

“Il tuo modo di combattere è da selvaggio. Rischio seriamente di farmi male”

Lo fece spostare spingendolo via con le gambe. Lui lasciò la presa e si rialzò.

“Strano modo di ammettere che sono più forte, cavalletta. E poi sei stata tu a lanciare la sfida!”

“Posso sempre batterti. Ci si vede biondo!”

Dafne se ne tornò in camera sua. Aveva bisogno di una doccia che le sciacquasse via il sudore e l'odore di Katuski che si sentiva addosso.

Più cercava di tenersi alla larga da quell'eroe più si sentiva tirare verso di lui. Era davvero snervante. Il suo modo di sfidarlo era proprio per tentare di tracciare una linea di demarcazione tra loro, per creare distacco, raffreddare la tensione che percepiva. Ma era inutile. Aveva l'effetto contrario: le faceva sentire proprio il bisogno di averlo intorno. Era spassoso battibeccare con lui e provare a disorientarlo era stimolante.

Quella sensazione di calore provata quando lui era vicino però l'aveva confusa. Era in preda a emozioni contrastanti: repulsione e interesse verso di lui. Maledizione!

Passarono due mesi. Ogni pretesto era occasione per scambiare due chiacchiere con lui anche se non era il tipo da fare molta conversazione. Stranamente lui non la evitava ma, dopo le lezioni, si soffermava nel salone comune come se l'aspettasse per incontrarsi.

Avevano concordato il modo di utilizzo della palestra. Ognuno con il suo spazio e non si davano fastidio. Come se entrambi avessero deciso che quello era il modo migliore: ignorarsi almeno durante gli allenamenti.

 

Katsuki era smanioso. Dopo quello scontro con Dafne aveva sentito un senso di appagamento. Era liberatorio battersi con lei. Ma quei mesi passarono senza che ci fosse un'altra occasione di combattere. E non gli piaceva quel tacito accordo di non infastidirsi durante gli allenamenti. Chissà perché voleva invece che fosse importunato da lei!

Non aveva mai provato quella sensazione di euforia quando era con qualcuno, e lei lo faceva andare fuori di testa. Sia perché non sopportava quel suo modo indisponente di fronteggiarlo sia perché si sentiva rilassato con lei. E i suoi occhi erano lo cosa che più gli smuoveva qualcosa dentro che non capiva. Tutto il subbuglio che lei gli creava lo faceva incazzare.

Forse era meglio ignorarsi e spezzare quel malsano filo che sentiva lo tirava verso di lei.

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Capitolo 6
*** Reazione ***


Arrivarono le vacanze invernali, le lezioni sarebbero riprese ad anno nuovo.

Dafne passò quel periodo dal padre così come il giorno di Natale e fu strano senza la madre, era il primo anno che avrebbe dovuto festeggiare quella ricorrenza senza di lei per il resto della sua vita.

I sogni si facevano sempre più incalzanti e disturbavano il suo sonno notturno. Aizawa si era accorto che era turbata per qualcosa, era molto distratta ultimamente negli addestramenti e si affaticava più facilmente.

L'ultimo giorno di vacanze lei decise di voler passare una giornata sola nel suo alloggio alla U.A., tanto l'indomani mattina sarebbero ripartite le lezioni ma ad Aizawa non gli era piaciuto il modo in cui se ne era andata. Gli aveva detto che aveva un forte mal di testa e voleva stare in un posto silenzioso dove non c'era nessuno. La ritrovò nella sala comune del terzo piano seduta sul divanetto, Aizawa le si accomodò accanto, voleva capire cosa le stesse succedendo, forse stava cominciando a ricordare come gli aveva detto Akiko.

Come avrebbe dovuto gestire i ricordi della figlia?

Già era difficile fare il padre figuriamoci affrontare una reazione di una ventenne ad una straziante verità. Decise di chiedere e basta.

“Tua madre mi disse che avresti potuto trovarti in una situazione di disagio. C'è qualche problema?”

Dafne si strinse in se stessa, non le piaceva essere confusa e sentirsi vulnerabile. Aveva sempre dovuto reprimere le sue emozioni, limitarsi, perché il suo quirk poteva essere ingestibile. La sua inquietudine non dipendeva solo da quei maledetti sogni che la disturbavano ma anche da quelle emozioni che provava quando era con Katsuki, ovviamente questo aspetto non lo confidò al padre, se ne vergognava troppo. Essere sopraffatta da tutte quelle sensazioni era seccante, non riusciva a ragionare in modo chiaro e rapido, si sentiva come in un mare in tempesta, una zattera sballottata di qua e di là dalla furia delle onde.

Percepì la nota preoccupata del padre e un po' la sollevò, sapere di quel padre che era in pensiero per lei e che le voleva bene la faceva sentire

meno sola.

“Sento tante emozioni insieme e non so gestirle. E poi ho sprazzi di immagini, non capisco se sono ricordi. Mi esplode la testa. Cosa ho che non va?”

Il tono fortemente malinconico di Dafne fu un colpo per Aizawa, vederla così abbattuta era pesante perché non poteva fare nulla per aiutarla.

I ricordi stavano tornando e a quanto pare il processo era anche doloroso, gli venne spontaneo avvolgerla in un abbraccio di conforto carico di affetto, quella era sua figlia e il suo compito era quello di sostenerla e accompagnarla per affrontare insieme qualsiasi cosa sarebbe arrivata.

 

Katsuki da bravo diligente qual'era, decise di rientrare alla U.A. un giorno prima. In realtà era stato un modo per declinare l'ennesimo invito a casa della madre, il giorno di Natale non aveva fatto altro che rompere sul fatto che lavorasse troppo e che questo gli lasciava poco tempo per trovarsi una ragazza, non ne poteva più di quella cantilena, erano anni che la sentiva sbraitare e lei, ogni volta, gli augurava di non morire da solo.

Che razza di madre!

Ne avrebbe approfittato per fare una seduta di allenamento, tanto in tutta la struttura non c'erano nessuno che gli avrebbe rotto le palle, salì nel suo alloggio per recuperare il borsone per la palestra e nella sala comune si ritrovò un siparietto sdolcinato.

Che cazzo stava succedendo?

Perché Aizawa o meglio un professore stava abbracciando una studentessa?

Alla vista di quello schifo gli balenò un pensiero ripugnante e si diresse verso quei due rumorosamente in modo da manifestare la sua presenza. Gli venne il voltastomaco ma ebbe anche l'impeto di staccare quel vecchio da lei.

“Per caso è previsto un insegnamento extra per i bravi studenti?”

Dafne si ritrasse dall'abbraccio del padre sentendo la voce di Katsuki e rimase un attimo di sasso per quella supposizione, Aizawa invece non si scompose.

“Il compito degli insegnanti è anche quello di incoraggiare gli studenti, dovresti saperlo visto che sei in veste di insegnante anche tu Bakugo!”

“Incoraggiare mi può star bene ma avere lo sguardo interessato mi sembra un po' troppo”.

Katsuki sfidò il suo vecchio insegnante con espressione brutale, la temperatura del suo corpo stava salendo per il nervoso e dalla mano destra si intravide una scintilla, non riusciva a capire perché gli fosse andato il sangue al cervello così in un attimo e si ritrovò gli occhi seccati di Dafne puntati addosso.

“Il professore ha solamente a cuore la mia situazione visto che sono sola qui e poi la mia esperienza sarà oggetto di relazione che se negativa potrà comportare una nota di demerito all'istituto....quindi....quello che pensi di aver visto è qualche tua strana fantasia”

Katsuki serrò i denti, la scintilla della mano si concretizzò in una piccola esplosione controllata che fece solo fumo e rumore.

“Non ti permettere di trattarmi da idiota TU!”

“Se ti ci comporti come fanno le persone a non fartelo notare!”

“Stai giocando con il fuoco cavalletta, stai attenta”

“Non ti preoccupare, sono capace a spegnere un fuoco, biondo”

“Hai parecchio fegato per essere una femmina, cos'è che ti fa essere così sfacciata?”

“Finiscila”

“Non dirmi cosa fare!”

I toni delle loro voci si facevano sempre più alte, stavano litigando forse e poi per quale motivo? Katsuki sbraitava più del solito, gli occhi erano diventati due fessurine rosse, una fiera che ti scruta nel buio per

attaccarti, le orecchie erano calde. Era incazzato. Quella ragazza lo mandava fuori di testa. Non lo sopportava. Se ne andò continuando a borbottare con il collo incassato nel petto. Non ricordava nemmeno più cosa doveva fare.

 

Dafne era stremata, il mal di testa non l'aveva lasciata neanche con il riposo e ci si era messo anche quel Katsuki a caricare la dose di tensione. Era un idiota a pensare che tra lei e il padre ci fosse....cosa? Che razza di idea aveva prodotto la sua mente esaltata? Si disgustò al solo pensiero. Quello era solo un pazzo scatenato!

Si ritrovò però a giustificarlo. Lo vedeva come una bestia in gabbia, aveva capito che era lì più per un dovere che per piacere e stava dando di matto. Lui era un tipo d'azione dopotutto, aveva bisogno di misurarsi con qualcuno. Durante i loro scontri gli aveva letto negli occhi un certo piacere nel combattere. Stare lì lo frenava ed era costretto a placare la sua voglia di primeggiare. Pensava proprio che per lui fosse devastante.

Ne parlò con il padre e gli chiese se fosse possibile allenarsi con Katsuki piuttosto che con lui, era convinta che avrebbe avuto meno remore nell'usare appieno il quirk, per Katsuki sarebbe stato un modo per avere un avversario per sfogarsi.

Aizawa inizialmente rimase spiazzato per quella richiesta, ma alla fine approvò quell'idea. Dafne avrebbe potuto imparare maggiormente a padroneggiare il quirk. Anche se Katsuki era una testa calda, era uno dei pochi ad aver acquisito un controllo perfetto del suo quirk sin da bambino. E magari Dafne gli avrebbe potuto dare una lezione su come controllare la rabbia. Quei due litigavano come cane e gatto eppure ebbe l'impressione che non fossero indifferenti l'uno verso l'altra. Quel pensiero lo fece sorridere divertito ma si trovò a provare una sensazione nuova. Una sorta di gelosia indescrivibile. Un' invidia per l'interesse che sua figlia potesse provare per un ragazzo. Non gli piaceva. Ma era stato un ragazzo anche lui e solo pensare di vietarle un aspetto naturale della vita, sapendo che lei aveva passato i suoi anni privata di un'esistenza normale, gli fece seppellire quello che sentiva. Il suo unico compito era accompagnarla e sostenerla.

Katsuki non fece domande, Aizawa lo quasi convinse che quell'idea fosse una qualche condizione dei progetti a cui partecipavano. Una studentessa di un altro paese allenata da un eroe. Niente di più assurdo! Aveva la sensazione che fosse un modo per metterlo a tacere per qualcosa. Sapeva che Dafne e lui passavano tempo insieme e che l'allenava. Ora che li aveva visti in altri atteggiamenti era più dell'idea che lo volessero distrarre. Ma almeno avrebbe avuto occasione di capire qualcosa di più su quella Dafne, a lui i segreti non piacevano. Voleva smascherare quell'aura di mistero che si portava appresso. Il pensiero che avrebbe potuto atterrarla tutte le volte che voleva gli stampò un ghigno di soddisfazione sulla faccia. E poi aveva intenzione di mettere a tacere quell'impressione di benessere che provava quando era con lei: scontrarsi con lei era coinvolgente e lo faceva sentire in pace con se stesso.

Ma la sua idea di togliersi di dosso quelle sensazioni verso di lei si infranse miseramente con il passare dei giorni.

 

Dafne aveva notato che l'ego di Katsuki cresceva ogni giorno e durante gli allenamenti i suoi occhi avevano una luce di sadismo. Inizialmente aveva deciso di studiare meglio come lui usasse il suo quirk sperimentando solo una parte del suo, ma quello era una furia e la sua voglia di vincere era troppo dominante.

Lei riusciva a tenergli testa ma veniva atterrata ad ogni sessione, in uno scontro corpo a corpo poteva avere la meglio ma nell'uso combinato con il quirk non era così incisiva. Non lo aveva mai padroneggiato appieno e si tratteneva anche per paura di fare danni. Vedere lui come utilizzava il suo fu modo per impararne la tecnica. Si era sbagliata, da lui avrebbe imparato molto. Non era poi così male.

Dopo due settimane, però Dafne era stufa di farsi battere. Non sopportava più quel sorriso beffardo che si stampava sul volto di Katsuki ogni volta che l'atterrava. Decise che era arrivato il momento di provare su di lui tutto il suo potere.

 

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Capitolo 7
*** Vicinanza ***


Dafne e Katsuki erano in palestra, pronti per l'addestramento. Quel giorno Katsuki aveva letto una nuova determinazione negli occhi di Dafne. Erano settimane che si allenavano e bloccarla o scaraventarla a terra non l'aveva mai scoraggiata, anzi si rialzava sempre con la solita aria di sfida.

E gli piaceva questo suo lato combattivo!

Lei aveva assunto la guardia laterale che gli offriva una superficie minima di attacco. Aveva imparato le sue tecniche ormai. Quel tipo di posizione le permetteva di generare calci potenti e veloci usando le lunghe distanze, aveva grande mobilità ed era imprevedibile. Vista la differenza di forza per lei era l'approccio migliore perché poteva anticiparlo nelle mosse e difendersi meglio. Lui poteva contare sulla sua mole e sulla velocità sfruttando la propulsione delle sue esplosioni.

Katsuki tentò il primo attacco anticipato dalla pronta risposta di lei con un calcio circolare che puntava al volto, lui riuscì a pararlo con un braccio.

Dafne indietreggiò di qualche passo, gli occhi divennero di un azzurro-violaceo e i capelli fluttuarono in aria. Iniziò ad eseguire la sequenza di mosse che le aveva visto fare finora: movimenti ampi con le braccia, lenti, coordinati. Era come se raccogliesse energia intorno, l'aria si muoveva e poteva vedere distintamente attorno a lei un vortice che si concretizzava sempre di più. Rivolse i palmi verso di lui e gli scagliò addosso quella forza. Per lui fu facile schivarlo, usando un'esplosione per spostarsi più velocemente.

Era un diversivo!

Dafne si era alzata in alto sopra di lui, sapeva levitare! Con un movimento circolare delle braccia stava incanalando altra energia ma quello che si condensava era un fluido non vento ma che cazzo!

Una spirale d'acqua lo investì in pieno, più per la sorpresa che gli fece perdere l'attimo, ma l'esplosione già pronta tra le sue mani la indirizzò verso l'alto per colpirla. Andò a segno.

La centrò in pieno e precipitò da quell'altezza, utilizzò una corrente d'aria che frenò la sua corsa, tenendola sospesa a dieci centimetri da terra, per evitare di schiantarsi.

Quando lei toccò il pavimento con una mano, Katsuki perse stabilità, vibrazioni sotto i suoi piedi lo costrinsero a muoversi più velocemente. L'acqua con cui era stato investito prima, gli rendeva più complesso usare il suo quirk, fortuna aveva incanalato abbastanza sudore nelle polsiere che indossava.

Lei fu svelta a spostarsi come il vento e se la ritrovò davanti, Katsuki rimase un attimo spiazzato, arrivò un colpo allo stomaco a palmo aperto che gli tolse il respiro.

Fu investito da un'onda di energia controllata, le polsiere furono slacciate e caddero a terra.

Che razza di quirk aveva Dafne? Non ne aveva mai visto uno simile. Riusciva a colpire l'avversario e muovere le cose con la forza del pensiero.

Ecco perché tanto mistero. Dannata cavalletta!

Dafne era una furia, non si fermava. Katsuki non era tipo da farsi sorprendere, parava e schivava infervorato dalla voglia di combattere, per lui quella sfida era pura gioia.

La resistenza era un altro punto a suo favore. Lui non era un tipo che mollava facilmente neanche dopo una ferita potenzialmente mortale. Era ostinato fino in fondo. La sua avversaria invece aveva rallentato gli attacchi, si stava stancando e un ghigno di vittoria, l'ennesima, si era stampato sulla faccia di Katsuki, ma la situazione cambiò di colpo.

L'aria si era fatta pesante, attorno a lei si percepiva un'energia diversa, quasi tangibile, un'onda d'urto, stavolta calda, lo invase. Era come se si sentisse bruciare ma fu solo una sensazione, lei avanzò con passo deciso verso di lui. Gli sferrò due calci impregnati di una nuova forza, poi si sentì sollevare da terra come fosse un fuscello. Lei roteò in aria, su di lui, e lo spinse poggiandogli semplicemente una mano sul torace. Fu spalmato a terra, spinto con potenza da quella sua energia, con la schiena sul pavimento. Lei gli atterrò sopra premendo un ginocchio sul petto visibilmente affannata, con il respiro pesante, boccheggiava per avere più aria ma riuscì comunque a dire “Ho vinto io questa volta! Te l'avevo detto che ti avrei battuto prima o poi”

 

Katsuki era nella sua stanza a ripensare all'allenamento di quel pomeriggio, non riusciva a dormire. Era stato battuto alla fine! Da una femmina per giunta!

Dafne era una sorpresa continua, il suo era un quirk decisamente particolare e la cosa non lo infastidì anzi la trovò eccitante.

Si sentiva scombussolato e decise di uscire per fare due passi in cortile a prendere aria. Passando davanti la stanza di lei la porta si aprì e la vide: indossava una camicia da notte fucsia corta che lasciava scoperte le gambe snelle e sode e una vestaglietta dello stesso colore che era rimasta aperta. In quel modo riuscì ad ammirare le linee del suo corpo in tutta tranquillità. Fu pervaso da un calore improvviso alle guance, che si colorarono per l'imbarazzo. Sentì l'inguine pulsare. Lei riusciva sempre a disorientarlo e in quel momento ne fu stranamente felice.

La scollatura sul seno lasciava poco all'immaginazione e quello che aveva intravisto l'altra volta era ben visibile in quel momento: all'altezza del cuore, tra i due deliziosi seni, c'era una bruciatura grande come una pallina da tennis.

Lei si coprì imbarazzata a sua volta, non pensava di trovare qualcuno in giro, era uscita per recuperare una bottiglietta d'acqua dal distributore nel salone.

“Che cosa guardi razza di pervertito!” pronunciò infastidita ma la sua faccia era diventata rossa come un peperone.

“Tu piuttosto non puoi andartene così in giro a spaventare la gente”

Lei fece per ribattere ma sbuffò, gli passò avanti sfiorandolo infastidita e gli disse tra i denti “Idiota”

Difronte a quell'affronto, il calore gli andò al cervello

“Non ti permettere...”

Non concluse la frase perché lei, già a metà corridoio, cominciò a barcollare, si era messa una mano sulla tempia come trafitta da un dolore alla testa e cadde a terra svenuta.

Katsuki si precipitò da lei e la prese in braccio in modo delicato.

In quei pochi metri che lo separavano dalla sua stanza per riportarla lì, provò delle emozioni che non aveva mai provato: la testa di Dafne era appoggiata sulla sua spalla e il respiro di lei gli solleticava l'incavo del collo, quel contatto lo fece sussultare; istintivamente la strinse a sé in modo protettivo e il tocco della sua pelle morbida e profumata lo fece avvampare; il suo profumo, come tutte le volte che lo aveva percepito, lo rapì. Era un odore davvero piacevole, evocava sensualità. Sentì il cuore battergli più forte e deglutì a fatica, si sentiva dannatamente eccitato e rimase scioccato, che cazzo gli stava succedendo? Perché lei gli faceva quell'effetto?

Non era mai stato interessato alle persone, quantomeno alle ragazze, le considerava pesi che lo avrebbero solo rallentato nel suo cammino. Certo aveva avuto occasioni con le donne ma era stato più per mettere a tacere le voci di quegli idioti degli amici, di un suo presunto interesse per i ragazzi. Le donne gli si buttavano letteralmente addosso ma nessuna aveva stuzzicato tanto il suo interesse.

Sentirsi scoperto e vulnerabile in quel momento lo mandò nel panico. Era stato sempre molto calcolato e composto, in quel momento il suo autocontrollo era andato a puttane, solo avendola tra le braccia.

Si era rincoglionito!

Provava una sensazione di piacevole tepore, il corpo aveva reagito all'attrazione per quel profumo, per il calore che gli trasmetteva il corpo di Dafne.

Con quell'addestramento che si erano messi in mente di fare si ritrovavano a condividere pensieri e impressioni, o meglio era più lei che parlava e si confidava, lui si limitava ad ascoltare, sentire la sua voce lo tranquillizzava, grugniva ogni tanto quando non condivideva qualcosa.

Lo aveva sorpreso il fatto che lo avesse descritto in modo dettagliato come se lo conoscesse da anni, lei era molto perspicace, aveva centrato tutti i suoi malumori. Lo capiva anche solo dandogli un'occhiata.

Gli aveva spiegato perché non vedeva di buon occhio gli eroi e gli rimase impresso quello che gli disse 'per me essere un eroe non vuol dire necessariamente essere riconosciuto dalla folla o dal mondo...basta esserlo anche solo per una persona che sia per te speciale”

Si ritrovò a pensare che lui non aveva una persona speciale, aveva sempre pensato solo a se stesso, per lui gli altri erano solo qualcuno da superare per essere il migliore. Non si era nemmeno mai preoccupato dei sentimenti degli altri, il suo modo di comportarsi era sempre sfacciato e non aveva tatto, le uniche emozioni che conosceva erano rabbia e rancore.

Lei stava facendo vacillare le sue convinzioni, si ritrovò a volere una persona speciale che fosse il motore della sua vita, che gli facesse provare emozioni che pensava di non essere capace di provare.

Quando la guardava provava degli impulsi che a fatica riusciva a trattenere ed era un bene che riuscisse a sfogarsi nei loro allenamenti. Trattandola da avversario riusciva a placare la tempesta che si muoveva in lui.

Fu ridestato dai suoi pensieri da un mugolio di Dafne, la porta della sua stanza era rimasta socchiusa e gli permise di entrare senza difficoltà, spalancandola con un piede. Entrò. La luce della luna penetrava dalla finestra con le tende deliberatamente lasciate aperte, un raggio illuminava il letto che aveva lenzuola bianche di seta, una libreria su tutto il lato sinistro della stanza denotava una passione per la lettura, una poltrona di un tessuto chiaro era posizionata in modo da avere le spalle alla finestra e un libro aperto era stato lasciato sopra, segno che stava leggendo. Un attrezzo di legno da esercitazione in un angolo faceva pensare che si allenasse anche nella sua stanza. Questo lo fece sorridere. Era una così fragile creatura ora che l'aveva tra le braccia e ripensare allo scontro del pomeriggio non riusciva a capire come un corpo così minuto e delicato potesse avere tutta quella forza.

Gli aveva raccontato che aveva passato la vita ad addestrarsi sin da quando ne aveva memoria: la meditazione e la pratica della respirazione erano state le sue compagne, gli attrezzi delle arti marziali i suoi giocattoli; aveva parlato di una madre che non c'era più e mai di un padre, per qualche strana ragione provò compassione per lei. Lui aveva avuto un'infanzia normale e felice, aveva una famiglia che lo supportava anche se il rapporto con la madre era tutto particolare, la trovava troppo invadente e una vera rompipalle. Lei invece doveva sentirsi molto sola!

L'adagiò sul letto e si ritrovò a guardarla con desiderio, stava riprendendo conoscenza, aveva aperto gli occhi un paio di volte. Voleva che quegli occhi lo guardassero, voleva poter assaporare quelle labbra che dal colore immaginava sapessero di lampone, voleva scivolare sulle sue curve in modo attento, voleva sentire le mani di lei sul suo corpo. Si ritrasse agitato. Che cosa stava pensando? Era impazzito?

Lui era l'eroe Dynamight non poteva lasciarsi andare a quelle cose eppure non riuscì a detestare quei pensieri.

 

Dafne ebbe una fitta alla testa, le si annebbiò la vista ed ebbe un mancamento; immagini esplosero come spilli che penetravano nel cervello, facevano male. Sentì nella sua testa grida e nel cuore una fitta. La cicatrice bruciava. Perse i sensi.

Si sentì sollevare di peso e un calore l'avvolse. Un profumo speziato le invase le narici, era un aroma caldo con sentore di piccante ma non troppo pungente, sapeva di fresco, le ricordava l'odore dello zenzero; mani calde la sostenevano con forza eppure il tocco era così delicato. Si abbandonò a quel contatto, si sentiva al sicuro, protetta. Non era avvezza a quella sensazione di sicurezza e voleva che non finisse mai.

Si sentì adagiare su qualcosa di morbido, il mio letto. Riaprì gli occhi un paio di volte, non riusciva a mettere a fuoco era ancora stordita, ma intravide una sagoma china su di lei. Katsuki!

Fu assalita dal panico, non voleva farsi vedere in quel modo, non voleva dargli l'idea di essere debole. La testa le esplodeva, non riusciva a riprendere piena coscienza, si sforzò di mantenere la calma e trovare l'energia per tornare in sé ma fu nuovamente assalita da quelle immagini di poco prima: un laboratorio, attrezzi medici, persone con camici bianchi, una luce al neon, le rimase un grido strozzato in gola, provò dolore. Cos'erano quelle immagini?

Cercò di riaprire gli occhi per l'ennesima volta, la luce della luna filtrava dalla finestra e le trasmise tranquillità, si sforzò di mettersi seduta e le mani calde di Katsuki l'aiutarono a farlo, lui le parlò con tono sarcastico

“Sei caduta come un sacco di patate! Hai avuto un infarto perché ti ho vista così svestita?”

Dafne arrossì e si ricordò di avere addosso una camicia da notte, in modo goffo cercò di coprirsi meglio, si aiutò con il lenzuolo e provò a ritrovare un contegno. Era imbarazzata, Katsuki era nella sua stanza e lei aveva addosso un misero abbigliamento che lasciava gran parte del corpo scoperto. In quell'edificio i riscaldamenti erano troppo alti e non riusciva a dormire con un pigiama intero.

Katsuki aveva avuto tutto il tempo di osservarla e aveva sicuramente notato la cicatrice che si stagliava sul suo petto a ricordarle che il suo potere se abusato le era dannoso.

Assunse un'espressione preoccupata e si prese le ginocchia tra le braccia, non le piacevano i sogni e le immagini che la stavano torturando, magari erano ricordi, ma perché non ne aveva avuto memoria fino a quel momento? Come avrebbe voluto avere sua madre lì con lei per aiutarla a capire quello che stava succedendo!

Non ebbe la voglia di rispondere a tono a Katsuki, non voleva contrastarlo come faceva di solito, in quel momento aveva bisogno di qualcuno che la facesse sentire al sicuro e aveva provato quella sensazione poco prima tra le sue braccia.

“Ti sei mai sentito così diverso da pensare che forse c'è qualcosa di sbagliato in te?”

Non capiva perché si stava confidando così apertamente con lui, ma sentiva il bisogno sfogarsi.

“Hai mai avuto la sensazione che il tuo quirk ti condizioni la vita e sia lui a controllarti?”

Dafne fissava il vuoto davanti a sé e pronunciò quelle parole con tono stanco, come se avesse perso tutta la sua grinta che la caratterizzava.

Katsuki capì che c'era qualcosa che la turbava, non gli aveva nemmeno risposto a tono. Non gli piaceva vederla in quel modo e voleva sapere cosa o chi fosse la causa del suo malessere.

“Il quirk è l'unicità di ognuno, ci rende diversi gli uni dagli altri. Padroneggiare il proprio quirk è questione di esperienza e addestramento ma bisogna avere consapevolezza di chi siamo, questo ci consente di superare i propri limiti.

Ho imparato a non darmi troppo per scontato e a vedere quello che avevo intorno, ero talmente concentrato su me stesso da non vedere quali fossero i miei limiti. Accettandomi sono riuscito a migliorarmi”.

Fu la prima volta che espresse un concetto con calma e parlasse di lui, non si era mai confidato con lei e Dafne lo apprezzò, ritrovò il segno di un mezzo sorriso e nascose la testa tra le ginocchia. Avrebbe voluto liberarsi di quel peso che sentiva, era stanca di trattenersi, forse avrebbe dovuto superare il limite e così non avrebbe più avuto paura.

Rialzò la testa e sostenne lo sguardo di Katsuki che fino a quel momento aveva evitato, non voleva che le vedesse negli occhi tutte quelle emozioni che la rendevano fragile.

Ma aveva il bisogno di guardarlo, lui l'avrebbe capita? Stava pian piano avendo fiducia nelle sue qualità. Magari lui poteva diventare l'eroe che aveva tanto atteso?

“Mi insegneresti a superare il limite?”

“Stai scherzando cavalletta?”

“Sono seria!” e lo sguardo determinato sancì il loro nuovo accordo.

Mentre Katsuki lasciava la stanza per tornare in camera sua rivolgendole un ultimo sguardo, le parole di Dafne accompagnarono la sua ritirata

“Grazie Katsuki” rivolgendogli il più rilassato dei sorrisi.

 

Il mattino dopo Katsuki si svegliò riposato, guardando il sorgere del sole dalla finestra della sua stanza, ripensò al suono del suo nome pronunciato la sera prima da Dafne e ricordò il senso di appagamento che aveva provato. Era la prima volta che lo chiamava per nome e non vi aveva sentito traccia di presa in giro o ostilità. Gli era piaciuto quel suono. Lo aveva fatto stare bene.

Non si spiegava perché ma voleva aiutare Dafne a comprendere l'essenza del suo quirk, forse l'aver passato anni a reprimerlo e controllarsi non era stata una scelta giusta, era stata ammonita per tutta la vita a non usarlo perché pericoloso ma per quello che aveva visto nei loro allenamenti gli era sembrato fenomenale.

Nel pomeriggio avrebbero iniziato un addestramento vero, lui sarebbe stato il maestro e lei avrebbe dovuto ascoltarlo e seguire i suoi consigli. I lati della bocca si mossero in un ghigno compiaciuto.

“Non è facile come dici tu!” sbraitò Dafne verso Katsuki che l'aveva ripresa.

“Smettila di frignare e concentrati!” le ripose Katsuki con tono duro, aveva capito che lei si limitava, era fissata a controllarsi. Doveva imparare a rilassarsi e a far fluire il potere dentro di lei senza freni, ma era testarda e non seguiva quello che lui gli diceva. Era la più insopportabile degli allievi.

Gli allenamenti erano duri, si era messo in mente di sfiancarla fisicamente per provare a sbloccare quello che la frenava. Lei aveva smesso di parlargli dopo le loro sessioni, si era chiusa in se stessa e spesso si lamentava di forti mal di testa che a volte non la lasciavano dormire. Era preoccupato. Lui che non dava peso a come stavano gli altri, nemmeno a sua madre, sentiva un senso di protezione nei confronti di quella ragazza che non riusciva a reprimere.



Angolo dell'autrice
Ciao a tutti mi preme ringraziare tutti quelli che hanno letto finora. Sono nuova in tutto come utente, come lettrice, come appassionata di fanfiction e soprattutto come autrice. 
Sono stata colpita dalle storie che ho ho avuto piacere di leggere e in qualche modo è scattato qualcosa. In testa era balenata la scena di questo combattimento poi sono esplose altre scene tra Katsuki, mio personaggio preferito e un'ombra che si è delineata sempre più e sono nate Dafne e una storia 
Io mi sono divertita ed emozionata a scrivere questa storia, è stato più un esperimento per me e la maggior parte dei capitoli è nata sotto l'effetto della musica :-) in modo fluido senza pensare. Spero che possa far emozionare un pochino anche voi che leggete.
Mi piacerebbe avere dei feedback. Se vi va non esitate a darmi qualche consiglio. 


 

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Capitolo 8
*** Libertà ***


Dafne si era svegliata meno riposata del solito; quella notte, come quelle delle ultime due settimane , fu disturbata da quei maledetti sogni che via via diventavano più concreti, non erano più solo immagini frastagliate e slegate ma si erano trasformate in vere e proprie sequenze di immagini vissute.

Erano i suoi ricordi ne era sicura.

I suoi nonni che la portavano in un laboratorio dove le facevano degli esami perché volevano scoprire la natura del suo quirk, la madre che la guardava preoccupata e la sentiva parlare con degli sconosciuti

'E' solo una bambina, non acconsentirò mai'

Erano ricordi di una bambina di sei anni che doveva solo giocare e divertirsi, invece le lasciavano un senso di angoscia e cominciò a pensare che quella cicatrice sul petto era stata causata da qualcos'altro. La madre le aveva sempre raccontato che fu perché aveva abusato del suo quirk per questo doveva imparare a controllarsi.

Tante domande si affollavano nella sua mente, il padre avrebbe potuto aiutarla? Anche se non era mai stato presente, la madre non aveva mai negato la sua esistenza. Lo aveva sempre descritto come una persona straordinaria e la pregò di non odiarlo perché la sua assenza non era una sua scelta, non sapeva di avere una figlia. Aveva sempre visto negli occhi di sua madre un amore sincero e profondo verso di lui e in qualche modo innescò in lei la possibilità di volergli bene.

Visto che suo padre non sapeva della sua esistenza, aveva immaginato che forse un eroe sarebbe arrivato per portarle via da quella casa-prigione ma non accadde mai. Per questo odiava gli eroi. Sentiva alla televisione le notizie su di loro che salvavano le persone in difficoltà ma nessuno andò a salvare lei e sua madre. La delusione di una bambina di sei anni si radicò tanto nel suo cuore e portò avanti il rancore verso il mondo degli eroi che a quanto pareva non salvavano tutti. Loro intervenivano nelle situazioni rese pubbliche, come se le persone da salvare fossero solo quelle che potevano essere riprese durante il salvataggio. Non aveva mai compreso perché l'eroe doveva essere colui che appariva in tv, che si palesava tra le strade, che si faceva vedere. A lei bastava chiunque esso fosse, la cosa importante era che migliorasse la vita di chi salvava. Ma per lei mai arrivò. Invisibile al mondo, e nemmeno suo padre sapeva della sua esistenza, avrebbe fatto a meno di un eroe. Si sarebbe salvata da sola. Non aveva bisogno di nessuno.

Si recò nell'ufficio del padre dopo le lezioni. Gli raccontò di quei sogni e lui con espressione afflitta le disse

“Sono ricordi Dafne, si stanno manifestando poco a poco, tua madre me lo aveva anticipato. Non possiamo accelerare il processo dovrai essere paziente. Quello che ricorderai appartiene al passato non condiziona quella che sei. Io ti sono vicino”

Lo vide recarsi verso la scrivania , aprire un cassetto e prendere una lettera indirizzata a lei, sulla busta c'era il suo nome con la calligrafia della madre.

“Questa l'ha lasciata tua madre, mi ha pregato di dartela quando saresti venuta a chiedere aiuto, penso che qui troverai la risposta ai tuoi dubbi”

Con mani tremanti Dafne prese la lettera, non era molto sicura di volerne conoscere il contenuto. Era aumentata la paura per quello che avrebbe scoperto del suo passato, anche le parole del padre le avevano lasciato una sensazione di amaro in bocca e la percezione tangibile che quello che avrebbe ricordato non era affatto piacevole.

Tornò nella sua stanza, la lettera giaceva sulla scrivania e le stava alla larga come fosse un cane rabbioso che l'avrebbe morsa se si fosse avvicinata. Era in preda all'ansia: si sedeva sul letto, poi riprendeva a camminare su e giù nella stanza, poi dava qualche colpo al muk yan chong ma non riusciva a concentrarsi.

Nella testa riecheggiavano le parole della madre in modo prepotente

'Devi imparare a controllarti....quello che hai dentro può essere pericoloso....devi capire come gestirlo...gli altri potranno non capire...'

Era cresciuta con la convinzione che quello che sentiva dentro di lei fosse un male e lo aveva nascosto, aveva dato anima e corpo nell'addestramento a cui era stata sottoposta e il suo maestro era stato un insegnante straordinario ma non le aveva mai insegnato ad usare il suo quirk, tutto si era basato sull'ascolto della sua forza interiore e armonizzarla con la mente.

Non capiva come gestire il suo quirk ma poteva sentirlo scorrere in lei in modo prepotente. Adesso che era cresciuta erano amplificate anche le sue emozioni. Quando provava rabbia, sconforto o tristezza si sentiva sopraffatta da un'energia quasi concreta. Era come se potesse vedere l'energia intorno e come una calamita attirarla a sé per poi liberarla insieme alle sue emozioni. La meditazione l'aiutava a rilassarsi ma nell'ultimo periodo stava sperimentando nuove e potenti emozioni che destabilizzavano il suo autocontrollo.

Si fece coraggio e aprì quella dannata lettera, avrebbe dovuto prima o poi scontrarsi con il suo passato.

Ciao tesoro mio.

Se stai leggendo queste righe vuol dire che me ne sono andata. Lo sai quanto ti ho voluto bene e che per me sei stata la cosa più bella che potessi mai avere dalla vita.

Le mie scelte possono esserti sembrate discutibili, ma credimi, tutto quello che ho fatto è stato proteggerti.

Ti starai chiedendo come mai vedi immagini di un passato che non ricordi.

La nostra vita è stata complicata, avevo un modo per lenire ricordi dolorosi e l'ho usato. Ho dovuto nascondere alcune cose del passato per farti crescere serena, i bambini dovrebbero sperimentare solo cose belle e gioire sempre, a te è stato negato e come madre ho dovuto pensare prima a te.

Ho usato il mio quirk su di te per cancellare alcuni ricordi e adesso che non ci sono più l'effetto sta svanendo piano piano.

Non avere paura di te stessa Dafne. Sei diventata una giovane donna forte ed indipendente. Il mio rimpianto è solo quello di non poter vedere tutto il tuo splendore.

Il tuo è un quirk di tipo psichico e per poterlo usare al meglio era necessario che la tua mente diventasse forte e fosse libera da ogni impedimento.

So cosa sei capace di fare, ti vedevo quando ti isolavi nel bosco e ti connettevi all'energia intorno a te. Hai fatto sempre un ottimo lavoro.

I quirk di questo tipo vanno allenati subito e constantemente.

So anche che senti dentro di te una forza nuova che vuole uscire.

Devi solo fidarti. Non averne più paura. Fermati e ascolta.

Qualunque cosa ricorderai non farti sopraffare, tu sei più forte. Aggrappati alle cose belle che hai vissuto e che hai adesso.

Ricordati sempre che sei la mia eroina anche se pensi di non voler essere un eroe.

Ti voglio bene.

 

Dafne era rimasta basita, la madre le aveva cancellato dei ricordi, non avrebbe dovuto farlo anche se era stato per proteggerla. Adesso l'aveva lasciata sola a gestire quello che avrebbe ricordato. Come avrebbe reagito? Se i ricordi e le emozioni collegate le avessero affollato la mente, come poteva gestire il suo quirk?

Lasciò la sua stanza con animo turbato. Era una vita che si chiedeva quale fosse davvero il suo quirk, non le era stato permesso di esprimerlo liberamente e la trovava una cosa ingiusta, gli eroi invece potevano farne sfoggio senza problemi e venivano pure acclamati dalla società. E questa cosa l'aveva sempre nauseata. Le era sempre stato detto che il suo quirk poteva essere pericoloso e andava bloccato, controllato. Come se fosse un male, come se fosse sbagliata. Si era sempre sentita in difetto, troppo diversa dagli altri e faceva male non poter essere se stessi, non poter essere liberi di esprimere la propria individualità. Non era giusto!

Ora avrebbe potuto vedere fino a dove poteva arrivare. Era in grado di controllarlo? Se non ci provava come avrebbe mai capito se era più forte? Grazie agli insegnamenti del padre, grazie anche a Katsuki che l'aveva aiutata sentiva che poteva riuscirci.

Sovrappensiero si ritrovò nel bosco del campus, quello era il suo posto di meditazione. Chiuse gli occhi e respirò profondamente.

Ascoltò quello che la circondava: gli uccelli che volavano tra gli alberi di cui percepiva l'energia vitale, il fruscio delle foglie mosse dal vento di cui percepiva il movimento, lo sciabordio del torrente lì vicino le cui acque fluivano con ritmo costante.

Sentiva l'energia intorno come una presenza fisica, la percepiva, poteva quasi toccarla con mano. Il suo quirk si attivò. Cominciò ad incanalare l'energia intorno e fasci di luce azzurro-violacea le attraversarono il corpo, sulle braccia, sulle gambe come un flusso, e la sprigionò come un cuore pulsante che batteva a ritmo regolare, calmo.

Riaprì gli occhi e per evitare danni creò una cupola protettiva fatta di quella energia.

Iniziò ad eseguire i taolu, la serie di movimenti concatenati con le braccia e sequenze di tecniche muovendo i piedi simile ad una danza.

Ogni mossa era accompagnata da una scia del suo potere quasi visibile: con il movimento di un braccio un'onda d'urto si infranse su un albero recidendolo di netto, con il movimento di un polso alzò piccoli sassi che rimasero sospesi in aria come al rallentatore e diretti con velocità verso una roccia più grande la disintegrarono, creò un vortice con il vento e concretizzò l'acqua presente nell'aria in una spirale, plasmava l'energia come uno scultore che da vita ad una forma dall'argilla.

L'acqua del torrente si mosse impetuosa e si alzò in una colonna che si infranse attorno a lei in circolo, dove l'acqua toccò il terreno modellò il fango facendolo muovere come un serpente intorno a sé.

In quella pace interiore che aveva raggiunto con la respirazione, percepì una nuova forza, dentro di lei, dal centro del suo petto. Come una fiamma fuoriuscì dalle mani e riusciva a controllarla: avvicinando le mani la comprimeva, allontanandole l'alimentava. Era un parte di lei che non aveva mai manifestato, non aveva mai manipolato il fuoco e nemmeno poteva produrlo eppure quello che muoveva tra le mani era simile a fuoco ma non bruciava.

La scia di fango fu investita da quella fiamma e si trasformò in roccia che disintegrò con un'altra onda d'urto solo con il pensiero.

L'aria intorno era carica, si poteva quasi toccare con mano.

Dafne aveva un viso raggiante, si sentiva libera, in pace. Era se stessa.

Tutta quella energia si fuse e si espanse andando ad infrangersi sulla barriera creata che attutì il colpo. Lo scontro creò scintille intorno che come farfalle si sparsero nell'aria.

 

Katsuki aveva visto Dafne uscire dalla sua stanza in modo rumoroso, senza degnarlo di uno sguardo. Era mezz'ora che l'aspettava in palestra e lei nemmeno si era accorta di lui. L'aveva piantato come un idiota e non poteva accettarlo. Era andato da lei per insultarla. Ma le era sembrata turbata e arrabbiata. Dopo essere rimasto come un ebete nel salone per due minuti ad arrovellarsi il cervello del perché era in quello stato, le andò dietro.

Si diresse verso il bosco del campus come se le gambe si muovessero da sole ma era sicuro che l'avrebbe trovata lì, gli aveva detto che era il posto in cui si isolava per scaricarsi a volte.

Mentre si avvicinava percepì una strana forza, poi la vide al centro di una radura avvolta dal suo quirk, eseguiva quella serie di mosse di arti marziali che le aveva visto fare varie volte ma ad ogni movimento dava vita ad una manifestazione del suo quirk.

Fece un passo avanti ma andò a sbattere contro un muro invisibile, carezzò l'aria davanti a sé e percepì una sorta di barriera.

Dafne era dotata di un quirk unico e unico era il modo in cui lo utilizzava, era come se creasse uno spettacolo con l'energia, come se ci giocasse, sembrava magia. Era assurdo. In quel momento lei era sorridente e vederla felice lo rese felice a sua volta.

Pensò al modo in cui lo faceva sentire: quando era con lei provava una forte emozione, quei momenti a chiacchierare dopo gli allenamenti erano diventati una routine alla quale non voleva rinunciare, l'avvicinavano un passo alla volta a lei. Se pensava a quella volta che l'aveva tenuta tra le braccia si sentiva bollire e percepire il suo profumo, ogni volta che le era vicino, muoveva in lui una smania di averla ancora più vicina.

Era come una calamita a cui non riusciva a resistere, non ne era infastidito ma era confuso perché non sapeva gestire i sentimenti che provava.

Dafne si accorse di lui e sostenne il suo sguardo. Si guardarono per un attimo in cui sembrò che il tempo si fosse fermato, lui si perse nei suoi occhi azzurro-violacei che a poco a poco tornarono del loro colore naturale. Quegli occhi lo avvolgevano e gli facevano deporre la sua corazza da bullo perennemente incazzato con il mondo.

La barriera che li separava svanì e l'energia che si sentiva nell'aria si dissolse.

Dafne gli fece il più bello dei sorrisi come a presentarsi di nuovo e a volergli dire 'Ecco questa sono io!'. Il cuore di Katsuki perse un battito, quel sorriso su quel volto lo rese la persona più fortunata al mondo e capì che non avrebbe voluto perdersene altri.

Non riuscendo a sostenere troppo il suo sguardo, perché si sentiva senza difese, fu il primo a parlare .

“Non pensavo di trovarti ad allenarti senza di me cavalletta!”

“Avevo bisogno di stare sola e provare delle cose, maestro!” guardandolo con divertimento rimarcando l'ultima parola.

“Non prenderti gioco di me, non lo sopporto”

“Sei sempre così teso Katsuki, non ti rilassi mai?” a quella provocazione lui le andò incontro con fare di sfida.

“Parli tu che hai sempre questo atteggiamento”

“Per questo ero qui, dovevo allentare la tensione. Penso di esserci riuscita e ho superato i miei limiti, come dite voi eroi? PLUS ULTRA!” e sorrise alzando un braccio in aria.

“Per te è sempre tutto così divertente?” infastidito per come aveva ridicolizzato quel motto.

“Hai ragione, scusa, è solo che con te mi viene spontaneo”

“Non sono il tuo pungiball”

“Facciamo che ci rilassiamo entrambi che dici?”

Dafne sapeva sempre come cambiare discorso e sbollentare l'atmosfera .

“Chiudi gli occhi”

“COSA?” sbraitò Katsuki

“Oh sta zitto una buona volta e rilassati!” il tono di rimprovero di Dafne sortì l'effetto desiderato, Katsuki fu colpito nell'orgoglio e mugugnò incavolato ma lei gli poggiò una mano sugli occhi per accompagnarlo a chiuderli. A quel tocco Katsuki trasalì, non se lo aspettava, ma il suono della sua voce ebbe il potere di calmarlo.

“Ok respira e ascolta quello che hai intorno”

“E' una cosa ridicola” lui si oppose per non farle capire che invece voleva ascoltare la sua voce e bramava averla vicina.

“Ti prego, prova una cosa nuova senza opporti. Che ti costa?”

“La reputazione da eroe” la rimproverò mantenendo gli occhi chiusi

“Qui ci siamo solo noi due e io non dirò niente a nessuno” gli sussurrò all'orecchio.

Katsuki fu attraversato da un brivido lungo la schiena, stava sudando perché lei era dannatamente vicina, si sentì prendere le mani e si lasciò guidare in quei movimenti lenti che lei aveva eseguito poco prima.

Dafne era davanti a lui: la schiena di lei quasi incollata al suo petto, i capelli gli solleticavano il naso. Inspirò a fondo il suo odore per imprimerlo il più possibile nel suo cervello, lo fece involontariamente come se il suo corpo lo cercasse, come se ne avesse bisogno. Si abbandonò completamente a quello che lei aveva intenzione di fare.

Lo guidò con calma, insegnandogli quei movimenti.

“Muovi il piede verso destra. Fletti il ginocchio. Avvicina l'alta gamba. Ora un passo avanti”

Le loro braccia si muovevano all'unisono come se fossero una cosa sola, si lasciò condurre senza opporre resistenza. Aveva perso contro di lei anche in quell'occasione.

Per lui fu una cosa nuova fermarsi e ascoltare, era sempre così rumoroso in tutto quello che faceva. Si sentì rinvigorito, inspiegabilmente più forte e si era davvero rilassato.

Si fermarono, lei gli lasciò le mani e quando riaprì gli occhi era difronte a lui con un sorriso soddisfatto stampato in faccia.

“Come ti senti Katsuki?”

Com'era bello sentirla pronunciare il suo nome! Ma non le avrebbe mai dato la soddisfazione di ammettere che si era rilassato.

“Tsk” fu tutto quello che rispose.

 

Dafne lo aveva sentito arrivare oltre la barriera, fu entusiasta al pensiero che aveva visto quello che era in grado di fare, voleva che lui la vedesse per quella che era davvero. Si perse in quegli occhi rubino incastonati tra quei capelli biondi, le piaceva come si posavano su di lei. L'attrazione verso di lui cresceva ogni giorno di più e quando gli fu vicino si nutrì del suo odore speziato. Guidandolo in quei movimenti, percepì i muscoli contrarsi sotto i vestiti facendola eccitare.

Si divertì ad aver invertito i ruoli di maestro e allievo, sapeva che lui si era rilassato ma non lo avrebbe mai forzato a dire cose che voleva tenersi per sé. Fu contenta che in qualche modo si era aperto con lei fidandosi e valeva più di mille parole. Lui era fatto così doveva difendere la sua facciata da burbero ma era molto di più di quello che mostrava.

Si stava affezionando a lui. Forse stava creando un legame con quella testa calda?

“Hai visto il mio quirk nella sua vera natura”

“Hai sbloccato la vera essenza a quanto pare. Era quello che stavamo provando a fare con l'addestramento non era quello che avevi chiesto?”

“Già, non è facile comprendere questo potere, avevo bisogno di un aiuto”

“Alla fine un eroe non è poi tutto questo schifo come pensavi!”

“Forse dovremmo continuare con l'addestramento per capire meglio non trovi?”

Dafne non voleva spezzare quella routine, era un modo per passare il tempo con lui.

“Ti metto alla prova” rispose Katsuki con un ghigno di sfida

“Mostrami che hai il controllo. Crea una bolla d'acqua e fa in modo di non bagnarmi, lo sai che lo odio”

“Va bene maestro!” esclamò Dafne sfregandosi le mani per prepararsi.

“Smettila di prendermi per il culo” sbraitò Katsuki ma dentro di lui sorrise divertito. Era diventato piacevole quando lei faceva la spiritosa.

Dafne si concentrò e convogliò le goccioline d'acqua presenti nell'aria in una sfera che posizionò sulla testa di Katsuki e con il movimento delle mani separò le gocce facendole ricadere attorno a lui come fosse pioggia senza bagnarlo.

“Cazzo sei incredibile!” pensò a voce alta Katsuki.

Dafne perse il controllo e la restante sfera d'acqua si infranse sulla testa di Katsuki come una secchiata d'acqua, bagnandogli i capelli e la maglietta bianca che portava, che si incollò al suo torace. La trasparenza e l'aderenza del tessuto lasciarono poco all'immaginazione: si intravedevano la massa dei pettorali e lo sporgere dei capezzoli, la linea degli addominali era accennata.

Sul viso di Dafne si stampò un'espressione mista a terrore, per la reazione che avrebbe avuto Katsuki e imbarazzo per quello spettacolo.

Lui non riuscì a trattenere una risata.

“Bakugo Katsuki che ride a che devo l'onore?” Dafne non riusciva a credere alle sue orecchie, aveva fatto ridere quel tipo che aveva sempre il broncio.

“Al fatto che devi ancora imparare a gestirti, cavalletta”

Katsuki smorzò l'entusiasmo ma aveva adorato vederle quell'espressione in faccia.

“Domani alla stessa ora e sii puntuale”

Si girò per tornare in stanza per asciugarsi ma Dafne lo avvolse con un vortice di aria calda, la brezza gli passò sotto la maglietta come fosse una carezza e poi sui capelli. Katsuki disorientato e con i capelli visibilmente più irti del solito grugnì “Non sono la tua cavia”

“Ti ho asciugato però”

“Sei insopportabile”

“Mai quanto te e poi non avevi detto che ero incr....”

“Sta zitta. Si è fatto tardi”

Katsuki la bloccò prima di finire la frase, non voleva ammettere di aver pensato a voce alta poco prima e quando lo aveva avvolto con l'aria avrebbe voluto che fossero state le mani di Dafne a percorrere il suo corpo. Si girò per tornare all'edificio principale nei loro alloggi, si passò una mano tra i capelli sorridendo tra sé.

Dafne lo seguì, inizialmente rimase qualche passo indietro poi si fece coraggio e gli si affiancò quasi a sfiorargli la mano. Si sentì bene e una calma che non aveva mai provato quando era insieme a lui, si impossessò di lei stampandole un sorriso sornione sul volto.

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Capitolo 9
*** Legami ***


"Oggi ci concentreremo su come usare il quirk in difesa”

“Non devo mica diventare un eroe!”

“Metterti davanti la necessità di difenderti ti farà comprendere altri aspetti del tuo quirk, non controbattere! Non è permesso usare liberamente il quirk alle persone ma conoscerlo ti consentirà di evitare di manifestarlo per sbaglio nelle situazioni critiche”

Katsuki attaccò Dafne su tutti i lati, lei riuscì a schivare ogni esplosione, ne riuscì ad annullare perfino una come se ne avesse assorbito la forza che rilasciò in un'onda d'urto più potente del solito. Si librò in aria per sfuggire ad altri attacchi di Katsuki e si preparò a contenere un'altra esplosione quando una fitta le attraversò la testa, vide davanti ai suoi occhi un'immagine di lei bambina su un lettino e persone intorno con camici bianchi chini su di lei. Perse concentrazione e fu investita in pieno dalla potenza di fuoco dell'esplosione.

Non reagì durante la caduta e fu presa in braccio da Katsuki.

“Sei distratta cavalletta”

Dafne al suo contatto si ridestò rivelandogli che non aveva dormito bene quella notte. I ricordi stavano tornando in momenti casuali e le impedivano le normali azioni quotidiane, arrivavano senza preavviso e facevano male.

Essere tra le braccia di Katsuki le faceva provare sempre una sorta di tranquillità e di sicurezza, ma non ebbe il coraggio di confidargli cosa davvero stava succedendo nella sua testa. E se ai suoi occhi fosse sembrata una pazza o peggio, una da cui stare alla larga? Non lo voleva. Si stava abituando ai modi di quel biondo isterico e la routine che avevano creato non voleva si spezzasse. Lui si stava mostrando tutto il contrario di quello che aveva pensato la prima volta che lo aveva visto. Non era arrogante, il suo modo di sbraitare era la maniera per esprimere le sue emozioni. Ed era divertente per la verità. Stranamente adesso si sentiva a suo agio con lui e aveva l'impressione che quel distacco iniziale tra loro si stava dissolvendo a poco a poco.

Il giorno dopo fu nuovamente distratta da altre immagini che le fecero perdere l'equilibrio durante un attacco e rovinò addosso a Katsuki.

In quella posizione i loro volti erano a pochi centimetri di distanza e potevano sentire il loro respiri sfiorarsi le labbra, Katsuki si morse il labbro inferiore involontariamente e Dafne si irrigidì per l'agitazione.

Lui, in un secondo, la fece rialzare di peso per uscire da quella situazione di disagio per entrambi.

“Spostati sei pesante cavalletta!”

“Uno grosso come te non dovrebbe avere problemi!”

“Mi stavi schiacciando le palle”

Per smorzare quell'atmosfera Katsuki doveva mantenere il suo solito tono distaccato e percepì da parte di lei uno sbuffo piccato. L'essenza del suo profumo lo aveva mandato fuori di testa e aveva avuto l'impeto di avvicinarsi di più a lei. Sentirla sopra il suo corpo per un attimo lo aveva disorientato ma prontamente aveva seppellito quella sensazione, non poteva dare ascolto ai segnali che gli mandava il suo corpo, doveva mantenere il suo autocontrollo. Lei riusciva come al solito a fargli perdere ogni briciolo di razionalità, gli scombussolava le percezioni. I sensi diventavano amplificati ma non come quando era in battaglia, in un altro modo che non riusciva a capire e tantomeno controllare appieno. Non lo lasciava mai indifferente e ogni giorno che passava aveva impressione che con lei stesse creando un rapporto che non aveva mai avuto con nessuno.

Il giorno seguente Dafne manifestò il suo lato distruttivo e furono solo una serie di circostanze che evitarono a Katsuki una visita in infermeria.

Durante lo scontro Dafne ebbe come un black out, ricordò cose angoscianti. Si bloccò improvvisamente e il corpo si era irrigidito, era teso. Attivò il suo quirk e un'energia potente diversa dal solito scaturì a corto raggio. Gli occhi di Dafne erano diventati più scuri e fissavano il nulla.

Katsuki era fuori portata e fortuna che aveva indossato un corpetto rinforzato e le sue polsiere. Fu investito dall'onda d'urto, incrociò le braccia davanti a sé per proteggersi, le polsiere furono disintegrate, così come il corpetto fino alla maglietta lasciandolo a torso nudo con brandelli di stoffa che gli pendevano ai lati del corpo. L'onda d'urto che lo travolse aveva una forza diversa e quasi si sentì bruciare la pelle.

Dafne si riprese e lo guardò con un misto di preoccupazione e imbarazzo.

“Che cazzo era quello?”

Katsuki si accorse che le guance di Dafne si erano accese di un lieve colorito e minimizzò

”Ti sei fatta esplodere quella cosa sulla faccia per caso?”

Dafne si girò per la vergogna e cercò di recuperare un po' di contegno “Ho solo caldo” quelle emozioni che provava per lui la mettevano sempre in ridicolo.

Katsuki adorava vederla imbarazzata, lei era sempre così impostata, così controllata, era divertente poterla destabilizzare.

“Sono tre giorni che ti fai distrarre da qualcosa, l'ho notato”

Forse era arrivato il momento di dirgli cosa c'era che non andava.

“Sono ricordi che riaffiorano in momenti casuali su cui non ho il controllo. E a quanto pare quando ricordo perdo anche la percezione del mio quirk. Forse...”

Voltandosi per guardarlo la faccia tornò rossa

“Ti puoi mettere qualcosa addosso per favore, come faccio ad essere seria con te così”

Katsuki sorrise e prese una maglietta di ricambio dal suo borsone, voleva che Dafne si confidasse con lui, voleva sapere quale fosse il problema.

Rimase ad ascoltare in silenzio, il passato di Dafne non doveva essere stato facile, aveva bisogno di qualcuno che l'accompagnasse a scoprire se stessa e voleva essere lui quella persona.

Poi lo sorprese nel chiedergli

“Ti andrebbe di uscire dalla scuola? Da quando sono arrivata non ho visitato la città”

Lo guardò con occhi speranzosi quasi a pregarlo di accettare. Non aveva chance contro quegli occhi.

“Non prendermi per una guida turistica”

“Non dobbiamo fare il giro panoramico, basta mettere piede fuori da questo posto. Farà bene anche a te visto che la vita accademica ti sta stretta”. Dafne aveva proprio ragione!

 

Decisero di passare in giro la domenica mattina. Katsuki aveva preferito mettere una felpa con cappuccio per non farsi riconoscere dalle persone, non voleva passare il tempo a fare autografi e foto, per lui era una tortura e trovava sempre una scusa per defilarsi. Voleva passare in tranquillità quella mattina, l'entusiasmo di Dafne lo aveva contagiato ma non voleva farglielo notare.

Attraversarono un parco, lei si fiondò su un'altalena e cominciò ad andare su e giù con un sorriso gigante stampato sulla faccia, si soffermò a guardarla. Il sole illuminava il suo viso già raggiante, gli occhi ametista brillavano di felicità, i capelli svolazzavano ribelli. Lei abbandonò il capo all'indietro e chiuse gli occhi, respirò a pieni polmoni l'aria che le inondava il viso, sembrava che si sentisse....libera, come se avesse lasciato andare un peso che si portava appresso e pensò a quanto fosse bella così felice. Era orgoglioso perché quel sorriso era un po' merito suo. Lei lo salutò da lontano e lui rispose d'istinto al saluto sentendosi un completo idiota per assecondarla.

Dafne volle a tutti i costi prendere un gelato, aveva optato per uno di quei posti mielosi dove si recavano le coppie per condividere coppe giganti. Lo aveva scelto semplicemente per l'insegna colorata e per i tavolini pieni di gente, non si era accorta che la maggior parte erano coppie di fidanzati. Lui si rifiutò categoricamente di entrare

“Ti aspetto fuori”

“Non ti cederò nemmeno un assaggio stanne certo!”

Katsuki non ebbe il tempo di controbattere che lei era già all'interno del locale a scegliere il suo gelato.

L'aspettò dall'altra parte della strada su una panchina da dove aveva un'ampia visuale, quando era in giro scattava sempre il suo istinto da eroe nel ricercare tracce di problemi. Fu attirato da un tizio che avevano incrociato anche al parco, era entrato nel locale e si era avvicinato a Dafne. Aveva la sensazione di averlo già visto da qualche altra parte ma non ricordava dove.

Dafne era diffidente per natura e infatti si allontanò da lui decisa ma quel soggetto continuò a seguirla con lo sguardo anche quando uscì dal locale e attraversò la strada.

“Che voleva quello?”

“Mah voleva offrirmi il gelato... gli ho detto che... il mio ragazzo mi aspettava fuori”

Dafne leccava avida il suo cono gelato maxi, a Katsuki andò per traverso la saliva.

“Che cazzo gli hai detto?”

“Non scaldarti è un trucchetto che mi hanno insegnato i miei amici, dato che era l'unica ragazza del gruppo. Funziona sempre per toglierti di mezzo quelli che ti infastidiscono”

“Che razza di gente hai frequentato!”

si limitò a dire Katsuki, sentire quella parola 'fidanzato' lo aveva messo un po' a disagio e non era facile metterlo in imbarazzo.

Dafne lo incastrò nuovamente costringendolo a rimanere fuori anche per il pranzo, ma per Katsuki non fu un peso, quella giornata gli era parsa la più tranquilla che avesse passato con qualcuno. Lei lo contagiava con quei suoi modi di fare e con lei si sentiva calmo.

Passeggiavano uno di fianco all'altra, Katsuki aveva le mani in tasca e la sua solita postura con le spalle incurvate si era trasformata in una distesa e rilassata. A Dafne fece piacere, lui non si era sforzato più di tanto ad essere di compagnia, lo aveva visto a suo agio.

Quello che accadde dopo si svolse tutto in un attimo, Dafne era talmente in pace che non percepì nessun pericolo.

Katsuki invece non aveva mai abbassato la guardia da quando avevano lasciato la gelateria, quel tipo aveva guardato Dafne in modo strano e gli aveva lasciato un senso di allarme.

Nel viale in cui passeggiavano, quel tipo sbucò da dietro un angolo e si buttò su Dafne brandendo un'arma. Katsuki fu più svelto, fece scudo con il suo corpo per proteggerla schiacciandola contro il muro dal suo lato, il fendente riuscì solo a prenderlo di striscio alla schiena.

“Stai bene?”

Dafne fece cenno con il capo e Katsuki le diede le spalle per affrontare quel tizio. L'arma che aveva era una sua appendice.

Ecco chi è!

Era quel villain di mesi prima di quando si erano incontrati la prima volta.

“Tu sei quella dannata ragazza che mi ha steso. Per colpa tua ho scontato mesi in prigione” ce l'aveva con Dafne e non si curò di Katsuki

“Non ignorarmi comparsa del cavolo!”

Katsuki lo colpì con un pugno, quello reagì e si difese dal secondo colpo che arrivò. Si buttò contro Katsuki che lo stese con un'esplosione dritta in faccia. Lo immobilizzò e chiamò la polizia.

Una pattuglia arrivò in un attimo e l'agente ringraziò l'eroe Dynamight con un sorriso a trentadue denti, quasi tremava alla sua presenza. Il villain fu portato via.

Katsuki doveva passare in centrale per una deposizione, non poteva tralasciare la parte amministrativa che era un lato dell'essere un eroe che non gli era mai piaciuta. Riaccompagnò prima Dafne alla U.A.

Lei non aveva proferito parola per tutto il tragitto, non sapeva se avesse avuto paura, se quello che era accaduto le avesse guastato la giornata, non voleva che avesse altre preoccupazioni. Voleva solo che stesse bene.

Arrivati al portone principale Dafne si rivolse a lui con tono quasi dispiaciuto, non lo guardò negli occhi, era come se si vergognasse. Lui disse che gli eroi erano pronti in ogni evenienza e lei sospirò abbattuta come si aspettasse qualche altra rivelazione.

In realtà lui le avrebbe voluto dire che aveva provato una sorta di panico quando aveva visto quell'uomo fiondarsi su di lei, che lui si buttava spinto dalla voglia di sconfiggere il nemico ma in quel momento l'unico suo pensiero era stato di proteggere, proteggere lei.

Fece un passo verso di lei spinto nemmeno lui seppe da cosa e quel movimento fece alzare lo sguardo di Dafne. Piantò i suoi occhi in quelli di lei sperando che riuscisse a vedere i suoi pensieri perché con le parole era un disastro, voleva che gli scrutasse dentro per fare chiarezza su quello che lui ancora non capiva, per fargli trovare il coraggio di accettare quella confusione interiore. Leggi quello che sento.

Si guardarono in silenzio per un tempo infinito, fu lei a prendere l'iniziativa, gli prese la mano, gli rivolse un dolce sorriso e si avvicinò di più a lui. In punta di piedi per diminuire la differenza di altezza gli sfiorò la guancia e gli sussurrò

“Grazie per oggi. Ma penso che dovrai insegnarmi anche l'attacco”

Katsuki chiuse gli occhi per assaporare quello che provò in quel momento, il profumo di Dafne era diventato una droga ormai. La vide allontanarsi per entrare nell'edificio, avrebbe voluto seguirla. Controvoglia si recò alla stazione di polizia. Il dovere lo chiamava.

 

Dafne si diresse verso la sua stanza, avrebbe voluto stampare un bacio sulle labbra di Katsuki ma non ci riuscì, non ne ebbe il coraggio. Non sapeva bene come comportarsi con i ragazzi, aveva dovuto sempre competere con loro visto che dove aveva vissuto quelli che praticavano le arti marziali erano tutti maschi, ma con lui sentiva pulsioni diverse. La faccia divenne rossa per la vergogna, forse la madre avrebbe dovuto spiegarle come gestire le emozioni che provava verso Katsuki piuttosto che spiegare le sue azioni in quella lettera.

Si era lasciata andare troppo quel giorno e per poco un pazzo la accoltellava, Katsuki si era lanciato senza esitazione contro quel villain per proteggerla. Se non ci fosse stato lui sarebbe stata in grado di reagire? Il fatto di essere stata presa alla sprovvista la vide come una sconfitta, aveva gli strumenti per potersi difendere da sola ma non era stata in grado di farlo perché si era fatta distrarre da quella sensazione idilliaca insieme a lui. Forse lui la rendeva debole?

Fece sparire immediatamente quei pensieri perché quello che sentiva in presenza di Katsuki erano mille emozioni diverse ma non certo di debolezza.

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Capitolo 10
*** Equivoco ***


Il giorno dopo Dafne decise di parlare con il padre della lettera che gli aveva dato una settimana prima. Era tornato dal ritiro con la sua classe proprio la sera prima. Si incrociarono nei corridori dell'ala scolastica con uno sguardo d'intesa visto che non potevano manifestare alcuna reazione in quel contesto. Aizawa aveva visto il volto della figlia splendere di serenità e ne fu sollevato.

Dopo le lezioni decisero di fare una passeggiata nel cortile per parlare.

“Ti vedo serena, Dafne. La lettera ti è servita a quanto pare?”

“Diciamo che una serie di circostanze mi ha calmata”

Come poteva spiegare al padre che era stato Katsuki a darle serenità e che si sentiva legata a quell'Hero che inizialmente aveva odiato?

Ma cambiò tono

“Tu lo sapevi papà?” alludendo a quanto rivelato dalla madre nella lettera.

Quando Dafne lo chiamava in quel modo Aizawa sentiva dentro un forte senso di responsabilità nei confronti di quella figlia che non aveva potuto sostenere fino a quel momento. Non aveva avuto la possibilità di vederla crescere e guidare nei suoi primi passi, non era stato presente quando il suo quirk si era manifestato. Forse le cose sarebbero andate diversamente se Akiko gli avesse detto che aspettava un figlio da lui, non avrebbe permesso di farla andare via, non l'avrebbe lasciata nelle grinfie dei suoi folli genitori, avrebbe risparmiato ad entrambe le sofferenze che avevano patito. Non riusciva a togliersi quei pensieri dalla testa, ma adesso doveva solo sostenere sua figlia, le avrebbe dato tutto il supporto di cui aveva bisogno. Ormai era grande non poteva più dirle come comportarsi ma avrebbe appoggiato ogni sua scelta, sciolto ogni suo dubbio e perfino asciugato ogni sua lacrima. Era stato un eroe per gli altri per tanto tempo adesso doveva esserlo solo per sua figlia.

“Tua madre mi ha raccontato tutto quel giorno quando ci siamo conosciuti. Non è stato facile neanche per me, mi ha messo difronte alle scelte che aveva fatto e ho dovuto solo accettare i fatti. Sei mia figlia Dafne ho già perso troppo di te. Io sono qui per aiutarti.”

“Dimmi cosa dovrei ricordare allora! Questi ricordi cominciano a non piacermi ma non sono ancora completi”

“Non posso rivelarti quello che dovrai ricordare da sola, tua madre mi ha detto di non interferire con il processo”

Perché continuavano ad essere tutti così vaghi? Era infastidita e stanca, voleva sapere subito quello che era successo quando era bambina.

“Devi essere paziente, il quirk di tua madre poteva avere effetti devastanti, ha dovuto essere attenta per evitare danni permanenti. L'effetto sta svanendo, devi fare in modo che sia tutto più naturale possibile. Hai vissuto senza quei ricordi finora accetta che fanno parte del passato e basta”

“E perché ho la sensazione che quello che è successo non mi piacerà?”

“I tuoi nonni non erano sante persone, avevano la fissa dei quirk diversi e quando lo hanno ritrovato in te hanno voluto capire come si

era generato. Non mi avevano mai visto di buon occhio, dicevano che ero inutile e che non meritavo la loro figlia”

“Quindi cosa hanno fatto?”

Dafne incalzava il padre a confessare quello che sapeva, non voleva più essere all'oscuro di tutto. In quel momento nel suo cervello si mosse qualcosa, come un cassettino della memoria che si apre per lasciar fluire un ricordo. La scarica elettrica che l'attraversò fu più forte delle altre volte, la fece piegare in due. Poggiò le mani sulle tempie e la scena di anni prima si rivelò per intero.

Abbiamo fatto ieri la puntura perché anche oggi?” una Dafne bambina era in un laboratorio con un tizio in camice bianco, guanti e mascherina, si vedevano solo i suoi occhi. Occhi verdi inespressivi di un essere senza anima e lei ne aveva il terrore.

Oggi faremo un altro test”

Dov'è la mamma?” piagnucolò Dafne

La mamma non dovrà saperlo, sarà il nostro piccolo segreto” quel tizio non terminò la frase che dietro di lui si materializzò Akiko con uno sguardo indemoniato.

Cosa pensa di fare? Le ho già detto che non è una cavia, dov'è il dottor Horimoto?” Dafne corse verso la madre che la prese in braccio per portarla via.

Dove stai andando Akiko?” tuonò una voce.

Papà è solo una bambina, ti ho detto che non approvo”

Abbiamo una tabella di marcia da seguire, devo portare via la bambina con la forza?”

E' tua nipote, santo cielo, non è un esperimento”

Dobbiamo capire perché ha ereditato quel quirk”

Perché non lasci stare, è sempre sangue del tuo sangue!”

Ti sbagli il suo sangue è sporco per questo voglio capire come fa ad avere quel quirk, per me è solo un soggetto da studiare. Hai perso ogni diritto da quando ci hai disubbidito per entrare alla U.A. Dottor Kendo proceda!”

Due braccia enormi staccarono Dafne dalla madre che fu raggiunta da una siringa, le iniettarono qualcosa, perse le forze e prima di svenire vide la figlia disperata che veniva legata su un lettino.

Dafne sentì una puntura al braccio, poi gli occhi cominciarono a diventare pesanti, una luce di un neon fu piazzata sulla sua faccia e prima di perdere i sensi vide un affare che veniva posizionato sulla sua testa Una scossa le passò lungo tutto il corpo, faceva male e poi sentì un altro ago come se le stessero praticando un prelievo di sangue.

Dafne tornò in sé, lo sguardo terrorizzato fissava il terreno, sentiva la voce del padre ovattata che la chiamava come se si trovasse in una bolla. La madre l'aveva protetta come meglio poteva, guardò il padre con gli occhi pieni di lacrime. Lui aveva attivato il quirk per annullare la manifestazione del suo fuori controllo.

“Tu sapevi quello che mi hanno fatto e non hai detto niente!”

“Dafne tua madre mi ha fatto promettere di non raccontarti nulla per evitarti problemi”

“E tu pensi che avere sprazzi di ricordi che ti trapanano il cervello e sapere di aver fatto da cavia non sia un problema?”

Non ce l'aveva con il padre neanche con sua madre, era solo distrutta. Le lacrime scesero copiose senza controllo, tutta la tensione, la delusione, la paura, la frustrazione, la solitudine che aveva provato si materializzarono tutte insieme. Non riuscì a trattenere nulla, la corazza che aveva costruito nel tempo si era infranta davanti a quel padre che era preoccupato per lei.

Aizawa la prese tra le braccia, lei gli poggiò il viso sul petto e pianse versando tutte le lacrime di una vita, la mano del padre le carezzava amorevolmente i capelli per tranquillizzarla, ma i singhiozzi si fecero più pesanti. Si liberò di tutto quello che aveva dentro.

 

Katsuki era uscito per una corsa prima della solita sessione di addestramento con Dafne, la giornata che avevano passato insieme gli aveva dato una carica diversa e si sentiva tranquillo.

Quando girò un angolo, davanti ai suoi occhi si palesò una scena che non si aspettava: Dafne tra le braccia di Aizawa. Di nuovo!

Gli montò una rabbia incontrollata, chi gli dava il diritto di abbracciarla?.

Poi si accorse che Dafne stava piangendo, i suoi singhiozzi erano ben distinti. Cosa cazzo le hai fatto?

Si mosse deciso verso di loro e con una faccia indemoniata urlò

“Stagli lontano vecchio!”

Dafne si girò verso Katsuki con gli occhi gonfi e rossi, cercò in qualche modo di asciugarsi le lacrime e lui a quella vista non ci vide più.

Aizawa provò a parlare ma Dafne lo bloccò poggiandogli una mano sul braccio, a Katsuki sembrò un gesto di intesa come se lo stesse giustificando. Per lui fu la certezza che lei gli avesse permesso di abbracciarla e ne rimase disgustato.

“A che cazzo di gioco stai giocando cavalletta?”

“Non saltare subito a conclusioni”

Dafne aveva sentito quel tono contrariato segno che lui aveva frainteso tutto.

“Mi pare che il siparietto sia ben chiaro. Che schifo!”

Si voltò e se ne andò, voleva allontanarsi più possibile da quella scena raccapricciante, stare il più lontano da lei. Era incazzato.

Non capiva perché quello che aveva visto lo aveva fatto arrabbiare così tanto. Si era sentito umiliato e preso in giro. Dannata cavalletta

 

Dafne provò a chiamarlo senza esito, si girò verso il padre quasi a chiedergli il permesso di potergli spiegare.

Aizawa capì che tra quei due si era creato un legame e ne fu felice, certo la scelta ricaduta su Bakugo lo lasciò un attimo di sasso, ma in fondo aveva visto in modo positivo quel ragazzo sin dai tempi del liceo. Fece cenno alla figlia di correre dietro a quella testa calda e Dafne non se lo fece ripetere.

Le spalle di Katsuki erano rigide, si percepiva il suo stato d'animo, sembrava si potesse vedere del fumo uscire dalla sua testa, dalle mani le goccioline di sudore scoppiettavano una dopo l'altra per il nervoso.

Dafne lo chiamò di nuovo senza esito, lui tirava dritto come un treno deciso a mantenersi a distanza da lei.

“Kacchan, fermati!” quel nome sortì l'effetto desiderato. Lui si immobilizzò ma senza voltarsi.

“Non è come pensi, ti stai sbagliando!”

“Io non mi sbaglio mai!” Come si era permessa a chiamarlo in quel modo? Una volta le aveva raccontato del suo amico d'infanzia che gli aveva affibbiato quel nomignolo da quando erano bambini e solo lui lo chiamava in quel modo, lei come al solito aveva infranto le regole.

Gli sconvolgeva ogni cosa, così come il suo animo, i suoi pensieri, il suo cuore.

In quel momento voleva far esplodere la faccia di qualcuno, magari quella di Aizawa.

“Non mi interessa quello che fai con i vecchi”

“Pensi davvero questo di me?”

“In questo momento penso tante cose di te”

“Sei geloso?”

“Neanche se fossi l'ultima sulla terra”

“Allora cosa ti importa?”

Si sentì colpito “Non mi importa ma certe cose tenetevele per voi”

“Non hai capito niente, credimi”

“Fammi capire allora!”

“Non ti devo spiegazioni”

“Ecco a voi la ragazza dai mille misteri”

“Non puoi solo fidarti per una volta”

Dafne si stava innervosendo, lui aveva fatto una scenata senza senso per una cosa che non esisteva. E poi perché non accettava la possibilità di essersi sbagliato? Razza di testone isterico

“Te ne vai in giro a stuzzicare le persone e poi te la fai con un vecchio”

A quelle parole Dafne si irritò, la stava trattando in un modo che non meritava, piuttosto perché lui non era sincero sul perché gli avesse dato così fastidio vederla abbracciata a qualcun altro?

Si scagliò su di lui, gli diede uno schiaffo a mano aperta, non sopportava più le sue accuse infondate e gli gridò contro

“E' mio padre razza di idiota!”

Aveva pronunciato quelle parole piene di rabbia, non voleva rivelare il legame con Aizawa in quel modo, ma Katsuki non ascoltava. Per lui come sempre aveva parlato l'orgoglio. Non poteva semplicemente accettare che aveva preso una cantonata?

Era stancante dover ogni volta leggere tra le righe dei suoi comportamenti, in quel momento era delusa di lui, non era sincero nemmeno con sé stesso. E poi non aveva il diritto di trattarla in quel modo. Non si doveva permettere di offenderla gratuitamente.

Non aveva la forza di assorbire anche la tempesta emotiva di quel biondo perennemente incazzato con tutti, avrebbe voluto che condividesse i suoi pensieri, che si fidasse di lei, invece era esploso come una bomba.

Come poteva dirgli che la sua infanzia era stata un orrore, come poteva raccontargli che era stata oggetto di esperimenti. Se questo avesse cambiato il modo in cui lui la guardava? In quel momento l'unica cosa normale era stata aggrapparsi al padre.

“Bakugo Katsuki quando avrai fatto pace con il cervello me lo verrai a dire. Fino a quel momento stammi lontano”

 

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Capitolo 11
*** Distruzione ***


Dafne è la figlia di Aizawa! Come diavolo era possibile? Quando era successo?

Katsuki non aveva capito nulla, l'unico pensiero plausibile non gli era proprio balenato in testa. Aveva fatto un disastro.

Era riuscito con un momento a stravolgere ogni cosa e aveva fatto incavolare Dafne. Il modo in cui lo aveva guardato stavolta fece davvero male, le aveva letto la delusione nei suoi confronti. Ma soprattutto era sicuro di averla offesa in un modo che non meritava, si era fatto guidare dalla sua solita maledetta rabbia davanti a qualcosa che non gli piaceva e si sentì una merda.

Era fottutamente incapace di gestire le sue emozioni. Era troppo spaventato per quello che sentiva per lei perché non si addiceva a Bakugo Katsuki e aveva reagito nel modo peggiore possibile, accusandola di essere una poco di buono.

Voleva sistemare le cose ma era sicuro che con lei le sole scuse non sarebbero bastate.

Si evitarono per giorni come due forze opposte. Dafne era davvero arrabbiata glielo si leggeva negli occhi, cambiava espressione anche solo incrociandolo nei corridoi.

Lui invece stava sperimentando una cosa nuova: sentiva la sua mancanza.

Gli mancavano i loro allenamenti, la sua risata, addirittura il modo in cui lo punzecchiava e la sua capacità di calmarlo con un gesto o una parola.

Come diavolo era successo? Perché si era fatto ridurre in quel modo da una ragazza? Non riusciva ad accettare quel senso di vuoto che stava provando adesso che non l'aveva intorno. I sentimenti erano per le mammolette, lui non poteva farsi trascinare in quelle cazzate. Eppure Dafne lo aveva reso diverso. Lo agitava mentalmente perchè pensava a cose a cui mai aveva pensato e gli aveva dato la prova che poteva avere qualcuno con cui poter condividere qualcosa. Aveva sempre pensato che il suo comportamento lo allontanasse dagli altri, anche se aveva smussato qualche angolo del suo carattere crescendo, i bruschi modi che lo caratterizzavano creavano una barriera alle relazioni interpersonali. Lei invece aveva fatto breccia in quella barriera: stranamente sapeva come sbollentare la sua rabbia, come spostare la sua attenzione da qualcosa che non gli andava a genio. E poi sentiva il bisogno di stringerla a sé, averla vista tra le braccia di un altro lo aveva fatto andare fuori di testa perchè voleva avere solo lui quel privilegio. Si era ridotto in un modo che mai avrebbe immaginato. Sentirsi così per una femmina. Cazzo!

Dafne era diversa. Lo aveva odiato, sfidato, urtato. Ma sapeva comprenderlo, sopportarlo e completarlo. Doveva dirle tutto quello che provava oppure soffocare in modo prepotente quelle sensazioni?

 

Dafne aveva chiesto al padre di potersi allenare da sola nell'area di addestramento del campus, dopo le lezioni. Lì avrebbe avuto modo di non incontrare Katsuki e avrebbe potuto sperimentare meglio il suo quirk.

Aveva l'animo in tempesta, era una settimana che evitava Katsuki e il loro ultimo litigio aveva disintegrato tutto il suo autocontrollo e le sue certezze. Ma ne cominciava a sentire la mancanza: quel suo modo di fare così rumoroso, il suo continuo brontolare per ogni minima cosa, la sua voce profonda. Odiava sentirsi in quel modo, non voleva dipendere da qualcuno, era sicura di non avere bisogno di nessuno. Lui invece aveva scardinato ogni sua convinzione.

Era in preda alla rabbia e alla disperazione un mix pericoloso che, per quello che era successo, non riusciva a moderare.

In preda all'agitazione il suo quirk si attivò in modo violento distruggendo al suo passaggio la zona in cui si trovava, la cicatrice sul petto ardeva ma Dafne non sentiva il dolore. Era in preda ad una crisi.

Gli ritornarono in mente gli esperimenti a cui era stata sottoposta: sentì gli aghi perforargli la pelle come se in quel momento fosse tornata indietro nel tempo. Lei su un lettino da sala operatoria poi dolore alle braccia e alle gambe come di tagli, un urlo straziante provenire dalla madre costretta a guardare attaccata ad uno strano macchinario per amplificarne il quirk. La testa di Dafne colpita da onde magnetiche che le trapanavano il cervello. La smania di capire il suo quirk le aveva rese vittime di folli senza scrupoli. La madre in qualche modo, anche se stremata, ogni volta le cancellava quei momenti orribili.

Dafne fu sopraffatta dallo sconforto, la madre aveva sofferto con lei forse aveva abusato del suo potere proprio per proteggerla e aveva finito per devastarsi il cervello. Era anche arrabbiata con se stessa perché non era stata forte per sua madre, perché non aveva percepito il peso che si portava dietro. Ed era furiosa con Katsuki. Le lacrime scesero copiose dagli occhi, brucianti e pesanti. Cadde in ginocchio ed emise un urlo straziante per liberarsi, un'altra onda d'urto più ampia si manifestò disintegrando ogni cosa al suo passaggio, una piena che aveva scardinato gli argini, incontrollata.

 

Katsuki si trovava in quella zona, sapeva che Dafne si allenava lì e aveva trovato il coraggio di affrontarla. Sentì quell'urlo e si precipitò da lei.

La porta dell'edifico però era bloccata come se una forza la tenesse chiusa, con un paio di esplosioni la distrusse ed entrò.

Percepì un'energia pazzesca, si faceva quasi fatica a respirare, era opera di Dafne e la vide da lontano. La raggiunse in un attimo, gli occhi vuoti fissavano il pavimento, si vedevano fasci di energia scorrere lungo il suo corpo lasciando segni sulla pelle ma lei non percepiva il dolore, lacrime copiose sgorgavano dai suoi occhi. Era in preda alla disperazione.

Provò a chiamarla “Ehi cavalletta!” senza alcun effetto.

Con forza impetuosa nuove onde d'urto distruttive si muovevano al ritmo del suo respiro, Katsuki le schivò per non farsi sbalzare lontano. Dafne era fuori controllo, cercò di attirare nuovamente la sua attenzione chiamandola per nome per la prima volta.

Funzionò a destarla da quella trance in cui si trovava, lo guardò furibonda ma lesse nei suoi occhi, per un secondo, una richiesta di aiuto.

“Va via!” tuonò con voce irriconoscibile, si rimise in piedi e si piantò davanti a lui decisa a scaraventarlo lontano se fosse servito.

Fece un passo e aprì una voragine sotto i piedi di Katsuki che con un'esplosione si alzò in aria.

“Sono qui per te Dafne”

“Non prendermi in giro. Sono uno scherzo della natura non vedi?”

“Ti sbagli hai solo un quirk complicato devi solo capirlo meglio”

“Sono stanca di sentire tutti che mi dicono cosa devo fare. Che devo controllarmi. Perché a me? Perché è toccato a me questo dannato potere?

Non lo voglio!”

Era fuori di sè. Era come se quella sorta di corazza che aveva creato per circoscrivere il suo animo si fosse disintegrata. Le emozioni avevano completamente distrutto il suo autocontrollo. Il quirk aveva preso il sopravvento e si manifestava al ritmo del battito del suo cuore. La testa era pesante, faceva male, come un'esplosione nel cervello ricordò quello che era accaduto dieci anni prima.

 

Era una serata come le altre, lei e la madre erano nella loro stanza, sedute su un grande tappeto multicolore, giocavano con le bambole. Dietro la porta si sentì un trambusto, passi pesanti di più individui che avevano fretta. La porta fu presa a calci e spalancata con forza, due energumeni entrarono di prepotenza, dietro di loro un altro individuo minuto con una siringa in mano. Altri due aspettarono alla porta per controllare la situazione. La madre fu immobilizzata da uno di quei gorilla, l'altro si diresse verso Dafne. La madre usò il suo quirk per immobilizzare l'uomo che aveva preso Dafne di peso ma concentrandosi su di lui notò all'ultimo istante il terzo che le conficcò la siringa nel braccio. Perse il controllo del quirk e cercò di opporre resistenza ma fu raggiunta da un pugno allo stomaco che la fece piegare in due. Dafne fu assalita dalla rabbia, fino a quel momento non riusciva a muoversi per la paura, ma vedere la madre trattata in quel modo la spinse a reagire. Si divincolò dalle mani dell'uomo che voleva trascinarla via, si parò davanti la madre e sentì crescere in lei un'energia potente, gli occhi azzurro-violacei divennero completamente neri. Stava manipolando un'energia che proveniva da dentro di lei, sentiva che si alimentava dal suo petto e bruciava la pelle. Avvolse la madre con una barriera protettiva fatta di energia ed esplose un'onda d'urto devastante come una fiammata che disintegrò quelle persone e sventrò l'edificio. Vide i corpi di quei soggetti sbriciolarsi al contatto di quello che scaturiva da lei come fuscelli strappati dalla furia di un uragano. Il petto bruciava come se il suo quirk la stesse attaccando dall'interno.

Urlò nel ricordo e nel presente, lo stesso dolore al petto si era fatto reale, il terreno tremò e fu devastato da un terremoto. Gli allarmi scattarono.

Gli occhi avevano perso la loro luce erano diventati neri come la notte più buia.

Dafne guardò Katsuki terrorizzata “Stammi lontano”

“Lo puoi gestire Dafne. Sei tu che hai il controllo”

“Sono pericolosa va via prima che ti faccia male”

“Non sono uno che si arrende davanti alle sfide”

Non la guardava con occhi spaventati o disgustati, lui era lì per aiutarla, per salvarla. Dafne faceva fatica a trattenere il potere che la stava lacerando dall'interno, sembrava che tutti gli organi fossero avvolti dalle fiamme, tutto il suo corpo era rovente, sentiva accartocciarsi internamente. Cercava di tenere a freno quella forza bramosa di uscire. Sgomitava e lei cercava di contrastarla. Era lacerante.

“Non riesco a trattenere questo potere! E' come se volesse uscire incontrollato. Ti pregò Katsuki allontanati”

Sprigionò un muro di fiamme tra sé e Katsuki, non poteva permettergli di avvicinarsi troppo se avesse perso definitivamente il controllo lo avrebbe disintegrato.

In quel momento Aizawa con tutto il corpo docenti entrò nella zona di addestramento. Tutti furono testimoni di una devastazione enorme: ogni area era stata distrutta, detriti fluttuavano a mezz'aria, un'onda di energia li travolse. Sua figlia aveva bisogno di lui e si precipitò da lei.

“Non posso annullare il suo quirk se non la vedo. Bakugo, falle abbassare la barriera” urlò a Katsuki che era pronto a buttarsi in quelle fiamme pur di raggiungerla.

Provò a toccare quel muro ma in un attimo la manica della divisa si disintegrò e bruciò anche la pelle. Attraversare le fiamme era un suicidio, doveva pensare ad altro. Il muro era alto, poteva scavalcarlo ma da solo non ci sarebbe riuscito.

“Cementos crea una rampa”

Katsuki corse su quella rampa creata dandosi velocità con le sue esplosioni, si alzò in aria ma era ancora troppo basso

“Mic, presto un'eco per darmi slancio!”

Con l'eco dell'onda sonora Katsuki raggiunse la giusta altezza e oltrepassò il muro di fiamme. Dafne era al centro, lo vide scendere dall'alto come la prima volta che si erano incontrati e si guardarono, le stesse sensazioni si impadronirono di entrambi. Dafne capì che lui era l'eroe che aveva aspettato una vita che veniva a salvarla e lui ebbe la consapevolezza che lei era la sua persona speciale.

Katsuki sentì crescere dentro una nuova forza, esplose contro il muro in circolo che dapprima accusò il colpo poi cominciò a dissolversi.

“Non ti avvicinare Katsuki ho paura di farti male”

“Non sei sola Dafne lo possiamo gestire insieme”

Lei guardò il suo braccio ustionato e inorridì.

“Vedi di cosa sono capace, non me lo perdonerei mai” si girò, non voleva guardarlo, si faceva ribrezzo da sola.

Lui annullò la distanza tra loro e l'abbracciò da dietro, anche se Dafne era ardente non si curò del dolore, avevano bisogno entrambi di quel contatto, poggiò il viso tra i suoi capelli. Quanto gli era mancato il suo odore!

“Un eroe non si ferma davanti a niente pur di salvare... soprattutto la sua persona speciale!”

Dafne si abbandonò a quell'abbraccio, ne aveva bisogno, aveva bisogno di Katsuki.

Ma quel potere non si placava, non c'erano più catene a tenerlo fermo, si era liberato completamente.

“BRUCIAAAA”

Dafne strillò a squarciagola, il cuore le stava bruciando dentro, non ce la faceva più. Il muro di fiamme intanto si era dissolto e Aizawa attivò il suo quirk, riuscì ad annullare quello della figlia. Tutto si placò. Dafne svenne tra le braccia di Katsuki ormai esausta e con il petto devastato da una bruciatura più grande.

 

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Capitolo 12
*** Svolta ***


“In infermeria presto!”

Aizawa era preoccupato per le condizioni delle figlia, non si sarebbe perdonato se le fosse successo qualcosa. Akiko gli aveva raccontato della potenza che poteva sprigionare ma vederla e percepirla di persona non era stata la stessa cosa.

Non era stato capace di essere un degno sostegno per lei. Poteva solo immaginare quello che aveva provato nel ricordare un passato doloroso, come doveva essersi sentita? Sopraffatta dai ricordi strazianti, in balia di emozioni negative, il suo animo si era disintegrato, incapace di contenere la sua disperazione. In qualche modo però era stata in grado di arrestare quella potenza ditruttiva, facendola implodere in lei per evitare altri danni. Non riusciva ad immaginare quello che aveva sentito nel suo corpo. I segni che aveva erano la prova che il potere dentro di lei fosse di un altro genere di quello con cui era nata.

Conosceva quirk del fuoco, ci si era anche scontrato in passato, ma quella gli era sembrata un altro tipo di fiamma. Perchè avevano fatto esperimenti su di lei? Cosa volevano dimostrare i suoi nonni? E soprattutto chi era quell'organizzazione che aveva avuto accesso ai dati delle ricerche? Le domande si affollarono nella sua mente, in pensiero per lei, sua figlia. Mai avrebbe permesso le succedesse qualcosa!

Anche Katsuki, che la teneva in braccio, era preoccupato. Si stava convincendo che la causa di tutto fosse lui. Se non avesse avuto tutta quella confusione in testa, se non avesse provato quelle emozioni e l'avesse ascoltata, se per una volta si fosse fidato, non sarebbe accaduto nulla. Lei non avrebbe perso il controllo se non l'avesse esasperata, pur di non passare per fesso, per quello debole aveva, come sempre, calpestato gli altri. Non aveva dato peso ai sentimenti di Dafne.

Una volta portata in infermeria fu affidata alle cure di Recovery girl.

I due erano rimasti fuori l'ambulatorio nel corridoio antistante.

Katsuki non stava fermo, camminava su e giù come se volesse creare un solco nel pavimento, sbuffava impaziente. Aizawa era immobile, all'apparenza calmo, ma dentro lo attanagliava una paura mai provata prima nemmeno quando era un eroe e metteva in gioco la sua vita per salvare gli altri.

Voleva solo che la figlia stesse bene.

“Grazie Bakugo per aver agito in modo tempestivo”

“Sono abituato ad intervenire nelle situazioni critiche”

“Eri già lì prima che scattassero gli allarmi”

“Che vuoi che ti dica vecchio?”

“So che ti aveva chiesto un addestramento diverso e da come interagite avete stabilito un qualche legame”

“Tu parli di legami con Dafne? Mi ha detto che sei suo padre”

“Forse dovresti sapere anche tutto il resto se vuoi starle accanto”

Aizawa si accorse dello sguardo interrogativo di Katsuki e continuò

“Puoi essere la persona più forte del mondo ma se non condividi con qualcuno i tuoi successi ti sentirai sempre incompleto”

Katsuki non rispose, si limitò a guardarlo con occhi dubbiosi, cosa avrebbe dovuto sapere ancora di Dafne? Cosa voleva intendere nel dire starle accanto? Cosa aveva capito Aizawa? Possibile che dall'esterno era così chiaro quello che lui cercava di soffocare con tutte le sue forze?

 

Dafne si risvegliò dopo un giorno intero, aveva esaurito ogni briciolo di energia, le ferite erano guarite, ma quelle dell'animo e della mente non potevano essere sanate da un quirk.

Quando riprese conoscenza, il padre era vicino al letto e l'abbracciò visibilmente sollevato. Era bello guardare gli occhi di quel papà che l'amava, la sosteneva e la confortava.

Era difficile realizzare di aver un quirk distruttivo che se non controllato poteva uccidere, quello che aveva fatto in passato la inorridiva e accettarlo era un altro macigno da portarsi dietro. Era stata condannata ad avere un potere troppo devastante. Aveva considerato la decisione della madre di vivere nel controllo, come una punizione e invece era dettata solo dalla consapevolezza di quello che poteva scatenare. Era stata dura con lei, si era sempre ribellata alle limitazioni imposte in qualche modo, in nome di una presunzione di libertà che pensava le era di diritto. Ma un po' come gli eroi che avevano il dovere di difendere gli altri, mettendosi al servizio dei più deboli, lei aveva il dovere di non essere un pericolo per gli altri. Che sciocca! Sarebbe stato meglio che in quella devastazione che aveva scatenato da bambina fosse sparita anche lei. Avrebbe evitato tante altre sofferenze alla madre e al padre. Forse sua madre sarebbe ancora viva!

La mente cambiò repentinamente l'oggetto della riflessione. Katsuki!Chissà se era preoccupato per lei! Il pensiero di lui la scosse da quelle assurdità che aveva concepito nella testa. Con lui si sentiva al sicuro, era riuscito a raggiungerla nonostante il disastro che aveva combinato e l'abbraccio in cui l'aveva avvolta l'aveva fatta sentire....amata?

Le aveva detto qualcosa tra le fiamme, era stato un bisbiglio, un mormorio persona speciale.

Era sicura di averlo immaginato perché era quello che avrebbe voluto sentire da lui.

Seppe dal padre che Katsuki si era informato sulle sue condizioni e lo aveva messo al corrente del suo passato. Dafne aveva il timore che Katsuki l'avrebbe guardata in un altro modo ora che sapeva quello che lei aveva passato e cosa aveva fatto da bambina. Lui era un eroe e loro non uccidevano, sapevano controllare i loro quirk. Erano di esempio agli altri, lei invece aveva rischiato di uccidere ancora altra gente. Doveva spiegargli quello che era successo, non voleva che le cose tra loro cambiassero.

“Tesoro concentrati sulla vita qui a scuola. Manca poco alla fine dell'anno scolastico, pensa a concludere l'anno. Al resto ci penseremo dopo”

Il padre aveva ragione, forse pensare troppo a quello che era accaduto in passato non serviva a nulla. Aveva bisogno di avere un periodo di normalità , ora che i ricordi erano tornati, avrebbe seguito il suo consiglio.

La cosa principale da fare, però, era parlare con Katsuki.

Lui però la evitava. Dafne pensava di essere riuscita ad avvicinarsi a lui, era convinta di aver avvertito che si fosse creato un legame tra loro, ma lui aveva eretto un muro, di silenzio e di indifferenza. Non le parlava, faceva in modo di non rimanere da solo con lei e cambiava strada se la incrociava. Perché si era spinto a tanto per salvarla se poi era come se fossero tornati degli estranei?

Andò avanti così per qualche giorno, poi Dafne si stancò del suo comportamento e decise di affrontarlo apertamente.

Bussò alla porta della sua stanza, lì non avrebbe potuto evitarla, al massimo poteva cacciarla ma avrebbe rischiato.

Katsuki aprì svogliatamente, quando vide Dafne cambiò espressione prima di sorpresa poi di fastidio.

“Che vuoi cavalletta?” con il suo tono odioso e quella voce graffiante chiaro segno per dire non rompere.

“Voglio parlare con te”

“Chi ti fa credere che voglia starti a sentire?” fece per richiudere la porta ma Dafne fu più veloce e si intrufolò nella sua stanza.

Il disappunto di Katsuki era visibile in tutto il corpo: accigliato, teso e una mano stretta a pugno. Aveva assunto l'espressione più seccata al mondo. Ma non sbraitò come faceva di solito. La rigidità del suo corpo era dettata sicuramente dal fastidio che lei avesse invaso il suo spazio senza permesso ma era come se stesse creando una distanza tra loro, come fosse dall'altra parte di una vetrata per evitare di essere nello stesso spazio.

Dafne cambiò approccio, lo aveva sempre sfidato, era anche divertente per la verità, ma quella volta voleva solo fargli capire che di lei poteva fidarsi e che avrebbe rispettato ogni suo pensiero.

Doveva dirgli quello che provava. In quei giorni aveva capito che si sentiva legata a lui, era sicura che anche lui sentiva qualcosa perché quando erano vicini si irrigidiva come per trattenersi e si era accorta di come la guardava. Perché era lo stesso modo in cui lo guardava lei: con la voglia di stargli più vicino e di baciarlo.

Quel suo atteggiamento distaccato era la prova che per qualche sua ragione lui si sentiva responsabile di quello che era successo. In realtà era stato grazie a lui che aveva recuperato tutti i ricordi e sperimentato il suo vero potere. Aveva rischiato di fare un disastro, di fare del male agli altri e a se stessa ma lui l'aveva salvata.

“Non è colpa tua Katsuki, non allontanarmi. Io sto bene”

 

Katsuki le diede le spalle, non voleva guardarla perché ogni volta si perdeva in quegli occhi ametista. Se lo avesse fatto non avrebbe capito più nulla, le emozioni lo avrebbero invaso. Reso debole. Odiava sentirsi in quel modo, così vulnerabile, così dipendente da lei. Si stava sforzando a starle lontano, doveva cercare di spezzare quel filo che sentiva lo legasse a lei. Ma Dafne aveva trovato il capo e lo stava riavvolgendo per avvicinarsi a lui.

Sentì Dafne poggiare la testa sulla sua schiena “Sto bene davvero! Quando sono con te mi sento al sicuro...Kacchan”

Quel sussurro, quel nome pronunciato dalla sua voce lo fece tremare. Aveva adorato come lo aveva pronunciato, sapeva di rispetto, complicità, intimità.

Il corpo gli dava segnali espliciti, si sentiva attratto da lei ma la ragione lo bloccava. Non poteva farsi guidare dall'istinto, aveva sempre pensato di essere irriducibile, fermo nelle sue convinzioni e indifferente agli impulsi. Insensibile. Ma anche solo la presenza di Dafne lo mandava in confusione.

Era in balia di un conflitto interiore che lo attanagliava. Ne era spaventato. I sentimenti erano per i deboli eppure quando era con lei si sentiva completo, si sentiva euforico, in un modo mai sentito, di certo non un debole.

Dafne si parò davanti a lui, con tono calmo gli chiese

“Cosa ti trattiene?” gli prese la mano e intrecciò le dita alle sue come per sancire un'unione tra loro, con l'altra mano gli accarezzò amorevolmente la guancia passandogli il pollice sulle labbra come per dirgli io sono qui davanti a te.

Katsuki rimase rapito dai suoi occhi che riflettevano la sua immagine, di come lei lo vedeva. La scintilla che vi aveva scorto la prima volta che l'aveva incontrata era come se vibrasse quando lo guardava, alimentata di nuova vita, trasparente, implacabile.

“Ascolta il tuo cuore per una volta”

Gli sorrise, accettava il suo silenzio, non voleva forzarlo. Lo rispettava.

Era sicuro che lei avrebbe atteso che lui decidesse cosa fare. Lei si girò per andare via, per dargli il tempo di fare chiarezza in quel marasma che sentiva dentro.

Katsuki era rimasto immobile. Dafne si era avvicinata a lui in punta di piedi, un passo alla volta e lo aveva travolto con i suoi modi di fare. Adorava il suono della sua voce, il modo in cui lo contrastava, la sua risata e il suo profumo. Voleva averla accanto, voleva stringerla, voleva proteggerla.

Si rese conto di essere dannatamente innamorato di lei.

Come una fiamma che tremola scossa dal vento, lui si sentiva quella fiamma quando lei gli era vicino. E andava bene!

La fermò bloccandole un polso, con tono impacciato le disse

“Aspetta...lo sai che... non sono bravo con le parole”

Al diavolo l'orgoglio, al diavolo la sua reputazione da duro, in quel momento il suo corpo, il suo cuore, i suoi sensi reclamavano la vicinanza di Dafne in modo soffocante, la tirò a sé e la imprigionò tra le sue braccia. A quel contatto il cuore sussultò e lei pure. Non era lo stesso abbraccio che le aveva dato tra le fiamme, era la bramosia del suo corpo, il bisogno di fondersi con lei.

Così vicini poteva inebriarsi del suo profumo, quella nota sensuale che sprigionava la sua pelle gli smuoveva ogni fibra del corpo, ogni volta che si erano trovati affiancati ne aveva sempre percepito l'aroma ma adesso poteva drogarsi di quell'odore. Istintivamente mise il viso nell'incavo tra la spalla e il collo di lei, con il naso le carezzò quella porzione di pelle scoperta. Al contatto del suo respiro sentì Dafne fremere. Stava annusando il suo odore come uno squilibrato, ma ne aveva bisogno e immaginò nella sua testa il sapore di Dafne.

Fu una frazione di secondo che nei pantaloni sentì crescere un'erezione prepotente, si ritrasse in tempo per non farla scontrare con il corpo di lei.

Andò nel panico e Dafne si accorse del suo disagio

“Che succede Katsuki?”

“Queste pulsioni... di solito le controllo...ma con te non ci riesco!”

“Non agitarti, respira...Pensi sia un male?”

Il tono di Dafne era pura comprensione, nessun giudizio, nessun rimprovero, solo conforto. Era lì con lui, per lui. Un sostegno per una situazione imbarazzante che non sapeva gestire, a tirarlo fuori da una pozza di fango dove si era impantanato.

Il filo rosso che li legava, lei lo aveva riavvolto tutto in quel momento.

Si riavvicinò a lei, lentamente. In modo impacciato le spostò una ciocca di capelli e la guardò intensamente negli occhi. Il respiro si era fatto più pesante, lei era davanti a lui a distanza ravvicinata e vide le sue labbra rosse schiudersi per emettere un sospiro agitato. Le passò un dito sul lato del volto fino al mento e lei chiuse per un secondo gli occhi per gioire di quel contatto. Le prese il volto tra le mani, con delicatezza, e si decise a baciarla. Appoggiò le sue labbra a quelle di lei in modo meccanico al rallentatore. Il contatto lo mandò fuori controllo, era come se una delle sue esplosioni si fosse manifestata dentro il suo corpo. Il calore e il sapore delle sue labbra lo travolsero, sapevano davvero di lampone come aveva immaginato. Katsuki succhiò quelle labbra in preda alla passione più istintiva, affamato di lei, poi fece guizzare la lingua in cerca di quella di Dafne che non aspettava altro.

 

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Capitolo 13
*** Unione ***


Dafne rimase sorpresa, non si aspettava la reazione di Katsuki così repentina, aveva sperato che lui provasse qualcosa per lei e quel bacio le disse tutto. Si abbandonò completamente, gli affondò le mani tra i capelli, spingendolo verso di sé, bisognosa del suo respiro, desiderosa di quella bocca. Le lingue si sfiorarono prima esitanti poi si intrecciarono impetuose. Due amanti che si muovono intrecciati in una danza appassionata. I respiri di entrambi si fecero corti e le pulsazioni aumentarono. Sentì le mani di Katsuki scendere sulle sue spalle, lentamente, come se stesse accarezzando qualcosa di così delicato da aver paura di rompere. Ma il contatto era bollente, in quel momento lui era un tizzone ardente. Scendeva sempre più giù, ogni carezza le lasciava una scia di calore e le trasmetteva pulsioni mai provate. Passò sulle braccia, le sfiorò le mani, poi le artigliò i fianchi e si sentì tirare verso di lui, si scontrò con qualcosa che lui aveva tra le gambe. Oddio!

Katsuki era eccitato! A quel contatto Dafne sentì vibrare le sue parti intime, si accorse di avere un fuoco dentro, non era il suo quirk ma la voglia di lui che si faceva largo tra le cosce.

Era come neve al sole che si scioglie lentamente, una sensazione che non aveva mai provato prima. Per un attimo la disorientò poi, come se nel suo corpo fosse trascritto il manuale d'istruzioni per quelle situazioni, si lasciò invadere da quella sensazione.

Si sentì sollevare da Katsuki e d'istinto gli strinse le gambe attorno alla vita. Ancora fusi in quel bacio tanto agognato da entrambi.

Lui si accomodò sul letto con lei sopra a cavalcioni, staccarono le loro labbra per riprendere fiato e guardarsi negli occhi.

Gli occhi rossi di Katsuki sembravano due rubini scintillanti, la osservavano in modo più intenso, erano più profondi e riuscì a scorgervi quella luce che aveva tentato di carpire la prima volta che lo aveva incontrato. Era quello il bagliore della sua anima. La sua essenza profonda che cercava di celare constantemente agli altri. In quel momento, accecato dalla lussuria, aveva abbassato il velo a protezione. Si era lasciato scoprire e ne fu onorata. Era un attore sul palcoscenico della vita che aveva deciso di interpretare il ruolo dell'uomo tutto di un pezzo. Con la compagnia giusta, con l'atmosfera adatta e soprattutto quando decideva di abbassare il sipario poteva mostrare la sua vera natura. I suoi dubbi e la sua passione erano elementi della parte più nascosta del suo essere. Ed era perfetto!

Il cuore di Dafne era in preda a battiti accellerati, si sistemò meglio sulle sue gambe a contatto diretto con l'eccitazione di Katsuki, anche lei era eccitata e si muoveva guidata solo dall'istinto. Un sentimento che sentiva crescere prepotente dentro di lei si faceva largo tra le maglie della corazza che aveva creato a protezione del suo cuore. Katsuki era riuscito a far scoppiare in lei un ardore che non era stata in grado di avvertire fino a quel momento. Era però anche spaventata da quello che sentiva in quel momento: un'energia fragorosa esaltava i suoi sensi. Aveva sempre limitato ogni cosa di sé, delimitato in uno spazio inavvicinabile i suoi sentimenti. Lui era riuscito ad arrivarci, a farli emergere e portarli a galla, il suo salvagente in quel mare in tempesta in cui si era sempre trovata. Lontana dal mondo, in difetto verso gli altri, anonima nella società, lui era riuscito a darle un'identità, l'aveva in qualche modo aiutata ad entrare in contatto con le sue emozioni in modo positivo.

Lei era lo spartito e lui il musicista che suonava con trasporto la melodia trascritta. L'aveva resa libera dalla paura, dalle incertezze, dalle costrizioni.

Poteva essere se stessa e lui non avrebbe mai cambiato il suo modo di guardarla, come in quel momento. Aveva pensato che il suo passato potesse aver creato uno squarcio alla tela che stavano abbozzando insieme ma ebbe la consapevolezza che Katsuki aveva solo tentato di cambiare il tratto del pennello per paura di imbrattare il dipinto, per i suoi modi e le sue battaglie interiori, ma quello che Dafne aveva tracciato non aveva fatto altro che ricondurlo da lei.

Gli fece scivolare un dito sul viso, seguendo la linea del naso, delle labbra, della mascella, poi dal collo fino all'ombelico. Disegnava in quel momento il corpo di Katsuki mossa dalla voglia di lui. Gli sollevò il lembo della maglietta e gliela sfilò dolcemente. Gustando con gli occhi ogni muscolo contrasi nel movimento.

Rimasto a torso nudo per Dafne fu più facile percorrere ogni centimetro di pelle, continuando a disegnare le linee del suo corpo con le dita ed imbattersi in tutte le cicatrici che aveva, quella più evidente era una all'altezza del cuore, nello stesso posto dove lei aveva la sua bruciatura. Nella stanza c'era la lampada da tavolo accesa che creava un'atmosfera di chiaro scuro rilassante. La pelle chiara di Katsuki sembrava il marmo di una statua greca, quasi luccicante per il riverbero della fonte luminosa. Come se sapesse cosa fare, come fare, Dafne si abbandonò completamente agli impulsi di quel momento, attratta da lui, da quel corpo perfetto, scardinando ogni briciolo di autocontrollo sulle sue emozioni.

Un po' impacciata si chinò per baciarlo sul collo e lo sentì arrendersi completamente a lei, con la lingua gli solleticò l'orecchio dove aveva un orecchino, che le era parso sempre molto provocante. Il suono roco che emise Katsuki ebbe l'effetto di eccitarla di più ed era la dimostrazione che a lui piaceva, stavolta non si sarebbe opposto, non avrebbe sbraitato contrariato.

Si fece coraggio e gli prese le mani per guidarlo a sbottonarle la camicetta, lui in modo maldestro fece fatica a slacciare tutti i bottoni come se avesse paura di farle male, i palmi sudati non facevano altro che emettere crepitii. Dafne gli prese le mani, le avvolse alle sue. Lo guardò dritto negli occhi e gli fece sincronizzare il respiro al suo, anche lei era tesa ma le sue tecniche di respirazione potevano servire anche in quei momenti. Abbassò la camicetta e rimase difronte a lui a seno nudo, di solito la sera non portava nulla sotto i vestiti. La bruciatura si stagliava tra i suoi seni turgidi.

Katsuki la sfiorò con le dita, seguendone i contorni, un movimento delicato che sapeva di rispetto. Scivolò verso un seno e sempre tracciando una linea impercettibile, cercava di entrare in contatto con la sua pelle in modo più profondo. Dafne ebbe i brividi a quel contatto, per lui fu un atto concesso, ci poggiò il viso e vi impresse un bacio appena accennato. La sua bocca si spostò sempre lentamente verso il capezzolo che titillò con gentilezza. Il calore del respiro di Katsuki le fece abbandonare la testa all'indietro ed uscire un sospiro di piacere dalle labbra. Si sentì sollevare e adagiare delicatamente sul letto. Katsuki le si sdraiò sopra, poteva sentire tutto il suo corpo contro il suo, lei cercò nuovamente le sue labbra e lo baciò avidamente.

Katsuki proseguì in quella caccia al tesoro che aveva cominciato, scese sul collo con la bocca e continuò lungo il corpo di Dafne lasciando scie umide, arrivò all'inguine e la guardò con occhi carichi di passione in cerca di approvazione. Dafne si lasciò sfilare i pantaloncini e anche lui tirò via i pantaloni della tuta rimanendo in boxer. Adagiandosi nuovamente su di lei le sfregò l'erezione tra le cosce.

“Dafne” il suo nome pronunciato all'orecchio con voce calda e profonda, le fece inarcare la schiena e si sentì umida tra le gambe, emise con un sussurro il nome di lui come per chiamarlo, per pregarlo di prenderla, per dargli il consenso di unirsi a lei.

 

Per Katsuki, sentendo il suo nome pronunciato in quel modo sommesso e lascivo, era la prova che Dafne lo desiderava tanto quanto lui voleva possederla. Ogni sensazione, ogni percezione dominavano il suo corpo, in quel momento era tutto amplificato, l'erezione pulsava smaniosa.

Gli occhi cremisi erano piantati in quelli di lei, la ricerca continua di quel contatto visivo era l'evidenza del suo coinvolgimento emotivo, le pupille dilatate la dimostrazione degli impulsi che gli mandava il suo corpo.

Dafne aveva trovato il tasto che accendeva il suo cuore. Inizialmente un cerino, aveva poi fatto divampare un fuoco dentro di lui che in quel momento inondava tutto il suo corpo. Ed era incredibile!

Lei gli aveva dato la motivazione a spezzare le catene del suo ego. Essere Bakugo Katsuki voleva essere un miscuglio di rabbia, determinazione, orgoglio, ma lei aveva sgrovigliato il suo carattere. Si sentiva la corda di un'arpa pizzicata dolcemente per produrre un suono armonico perché in quel momento era in armonia con se stesso. Mente e corpo viaggiavano sulla stessa linea, non doveva contrastare alcun impeto, mantenere alcuna dignità, doveva solo farsi condurre da quello che sentiva per lei.

Ma rimase un attimo disorientato da quello che non aveva amai provato, l'insicurezza nel comprendere i suoi sentimenti lo fece esitare e si ritrovò a chiedere il permesso come un idiota

“Sei sicura?”

Dafne lo tirò a sé e lo baciò con trasporto, ma si bloccò imbarazzata per esprimere la sua incertezza

“Per me è...la prima volta...”

“Sarò delicato, tranquilla”

“Lo so, non è per quello scemo è che....ecco...quando....è un'emozione forte no? E se lascio sfuggire il mio quirk e ti faccio male?”

“Tu fare male a me, impossibile!”

La guardò deciso per addolcire la sua paura e continuò

“Adoro i rischi cavalletta!”

I sorrisi di entrambi erano la prova del sollievo provato per aver condiviso i propri timori. Non dovevano pensare, dovevano solo farsi guidare da quel sottile filo che adesso li teneva stretti. Uniti.

L'attimo dopo, liberati dagli ultimi impedimenti di stoffa, Katsuki preparò l'ingresso di Dafne con le dita, la via era già bagnata per lui. Guidato dal bisogno carnale entrò in lei con una spinta prudente che fece comunque gemere entrambi, il piacevole finale di una caccia tra loro durata mesi.

Per Katsuki fu come aver trovato la porta del paradiso. Il corpo di Dafne si incastrava alla perfezione al suo, adatta alla sua dimensione.

Possibile che condividersi, corpo e mente, con qualcuno fosse così magnifico?

La pelle di Dafne trasudava il suo odore caratteristico e anche il suo naso stava facendo l'amore con lei, con il suo profumo.

Vederla sotto di sé, fusa con lui, fu un'esperienza senza eguali. Lo aveva toccato nel profondo, fino all'anima ed era mosso solo dall'attenzione verso di lei. In modo delicato si spingeva dentro di lei, con cautela muoveva il bacino per farla abituare alla sua presenza. Sentendosi avvolto dal calore e dalle contrazioni dell'anfratto segreto di Dafne, ebbe l'audacia di aumentare il ritmo e la grinta dell'amplesso. Fu un'unione bramata, ricercata, necessaria per entrambi.

I loro corpi rispondevano in modo simultaneo alla ricerca dell'uno per l'altra, un'amalgama di odori, umori e sensazioni fusi in ragione di un sentimento travolgente. La stanza fu pervasa da un nuovo odore nato dalla miscela dei loro: un odore dolce speziato. Le respirazioni affannate e i sospiri di piacere erano i suoni che vibravano nell'aria.

 

Dafne aveva desiderato il corpo di Katsuki. Anelava sentirlo dentro di lei. L'iniziale sensazione di fastidio lasciò il posto al piacere. Lui fu davvero delicato e quando il suo corpo si abituò alla sua amabile intrusione, lo sentì muoversi con più vigore. Fu attraversata da un fremito nuovo, quel contatto con Katsuki era un idillio mai provato, ad occhi chiusi percepiva le sensazioni del suo corpo che sprigionava una carica passionale verso quel ragazzo burbero che l'aveva rapita solo con lo sguardo già la prima volta che lo aveva incontrato. Il respiro caldo di Katsuki le solleticava il volto, le labbra di lui sfioravano delicatamente le sue in adorazione, sentire il suo corpo muoversi su di lei, dentro di lei in una fusione desiderata fu un'esperienza inimmaginabile. Improvvisamente un impulso dal ventre inondò tutto il suo corpo concentrando un senso di euforia, di appagamento nelle sue parti intime, lì dove teneva stretto il sesso di Katsuki. Spalancò gli occhi che divennero azzurro-violacei involontariamente e una scarica di energia l'attraversò.

Katsuki non si ritrasse, percepì solo una pressione che lo tenne più saldo a lei e il calore che sprigionò il corpo di Dafne in quel momento, lo avvolse e lo fece venire in un'ultima spinta, in un gemito liberatorio, in un'esplosione di piacere che fu estasi pura.

“Scusa non sono riuscita a trattenermi”

“Non farlo mai, cavalletta! E' stata la cosa più travolgente della mia vita”

Katsuki si staccò da lei per accoccolarsi tra le sue braccia con l'animo in pace. Il ritmo del battito di Dafne fu ipnotico e lo accompagnò nel mondo dei sogni, appagato, con un sorriso disteso su quel volto che aveva sperimentato sempre e solo il broncio.

 

Si svegliarono molto prima dell'inizio delle lezioni, erano entrambi mattinieri: Dafne cominciava la giornata con la sua seduta di respirazione, Katsuki faceva esercizi cardio. Ma quella mattina nessuno dei due aveva intenzione di seguire la sua routine. Dafne si stiracchiò liberandosi dalle braccia di Katsuki e lui le diede il buongiorno con un bacio sulla fronte.

Si erano addormentati esausti e contenti, Dafne aveva per un po' accarezzato quei ciuffi biondi con dolcezza e poi era sprofondata anche lei in un sonno profondo che le mancava da qualche mese.

Si guardarono silenziosi, non servivano le parole, dopo quello che avevano condiviso e quella notte insieme avevano creato un legame.

Dafne gli carezzò il viso con tocco amorevole, lui si lasciò sfiorare da quelle dita e quando gli passarono sulle labbra le baciò con passione. Katsuki non avrebbe mai immaginato di legarsi a qualcuno in modo così profondo e non ne aveva mai abbastanza. Quella notte aveva esplorato ogni centimetro di pelle di Dafne, aveva toccato ogni sua parte, le sue forme si erano scolpite dettagliatamente nella sua mente. L'aveva desiderata così intensamente che aveva avuto il coraggio di abbassare la barriera che lo separava dal mondo per farla entrare nel suo spazio vitale, era stata la cosa più sensata che avesse fatto fino a quel momento. Si sentiva come un bambino che aveva ottenuto il suo regalo e non avrebbe permesso a nessuno di portarglielo via.

 

Dafne ancora non credeva a quello che era successo, Katsuki si era finalmente deciso a fare il primo passo, lei non lo avrebbe mai fatto per rispettarlo, si era limitata a dargli vari segnali dell' attrazione nei suoi confronti e avrebbe aspettato fino a quando lui sarebbe stato pronto.

“Manca un mese alla fine dell'anno e tu tornerai a fare l'Hero a tempo pieno non sei contento?”

Il tono di Dafne era amareggiato, pensava a cosa sarebbe successo dopo, a che tipo di relazione avessero in fondo. Si erano scontrati, odiati, cercati, desiderati ma adesso che gli istinti erano stati soddisfatti che cosa avrebbero dovuto fare?

Non sapeva nemmeno a che tipo di vita Katsuki dovesse tornare, se ci sarebbe stato posto per lei, se c'era già qualcun'altra.

I dubbi l'attanagliavano, non sapeva come comportarsi, sentiva una forte attrazione tra loro, forse avevano creato un legame, ma era davvero quello l'amore?

I sentimenti erano così complicati!

I suoi pensieri furono interrotti dalla risposta di Katsuki

“Non vedo l'ora di tornare in agenzia e rimettermi all'opera, soprattutto vedere che cosa hanno combinato in mia assenza”

Si mise comodo con le mani dietro la testa guardando il soffitto

“Tu che farai?”

Lui aveva percepito il tono di Dafne, voleva sapere cosa le frullasse in testa. Katsuki era deciso a portarla nel suo mondo, avrebbe fatto in modo che si integrasse e accettasse la società che l'aveva allontanata, ma aveva timore di quello che lei pensava davvero. Se aveva frainteso quello che aveva percepito quella notte?

“Penso che mi iscriverò all'università. Mi darò qualche mese per decidere ma penso proprio che proseguirò gli studi. Ho vent'anni. Sono in ritardo su tutto ma almeno potrò fare una vita normale”

“C'è una facoltà che puoi raggiungere facilmente con il treno, da casa mia la stazione dista cinque minuti”

Katsuki aveva una mezza idea da proporle, le aveva fatto quella domanda per prendere alla larga il discorso che aveva in mente ma la risposta di Dafne gli servì l'occasione su un piatto d'argento.

“Oh non so dove vivi quindi non saprei quanto dista da qui la stazione”

Katsuki la guardò sbuffando, perché quella volta lei non aveva letto nei suoi occhi quello che lui aveva come al solito paura di dire?

“Devo dirti proprio tutto?” Dafne lo guardò spaesata

“Vieni a stare da me, cavalletta. Ecco che farai”

“Sei sicuro? Sono rumorosa, non mi piace cucinare, sono maniaca dell'ordine, ho una montagna di libri e ho bisogno di spazio per i miei esercizi. Non sono una coinquilina modello”

“Razza di tonta, non vieni a vivere da me, ma CON ME!”

Dafne scoppiò a ridere

“Avevo capito Katsuki, ma volevo sentirlo direttamente da te”

“Come al solito ti piace prendermi per il culo”

Katsuki incrociò le braccia al petto in segno di protesta e mise il broncio bofonchiando tra sé

“E questa espressione che mi piace!”

Gli stampò un bacio sulle labbra e gli si poggiò sulla spalla.

Lei non aveva fatto alcun problema alla proposta di vivere insieme quindi si potevano considerare legati adesso no?

Rimasero in quel modo per cinque minuti sincronizzando i respiri e assaporando quella pace.

Fu Dafne a rompere quell'atmosfera

“Forza professore, bisogna prepararsi”

Si alzò trascinandosi il copriletto per nascondere la sua nudità e Katsuki notò sulla spalla destra di Dafne un segno, che non aveva mai notato e di cui non si era accorto nemmeno quella notte.

Sembrava un tatuaggio, erano tre piccole fiamme disposte a forma di triangolo con la punta rivolta verso l'alto.

“Che hai sulla spalla Dafne?”

“Ti riferisci a questo?” toccando quel disegno

“E' apparso quando ho fatto quel casino nell'area addestramento. Sembra una voglia ma doveva essere visibile dalla nascita non trovi?”

“Potrebbe essere collegato agli esperimenti?”

domandò Katsuki accigliato

“Altro mistero da scoprire”

Dafne fece spallucce non voleva rovinarsi la giornata pensando a cosa fosse davvero quel disegno apparso all'improvviso.

“Sei una sorpresa continua!”

“A proposito di sorprese Mr Bakugo, ne ho una per lei, se mi segue gentilmente”

Dafne fece scivolare il copriletto che aveva addosso un attimo prima di varcare la porta del bagno, Katsuki era rimasto a bocca aperta per la provocazione così diretta, si alzò di scatto completamente nudo e chiuse la porta del bagno dietro di sé con un ghigno compiaciuto.

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Capitolo 14
*** Vita ***


Un mese passò velocemente, per loro fu ricco di emozioni, ogni momento da soli era occasione per tirare fuori tutti i loro impulsi. Avevano entrambi aperto le gabbie dei sentimenti che si erano creati con gli anni. Gli allenamenti finivano sempre con baci appassionati, la sera si rivedevano in una delle loro stanze per sfogare i loro istinti: baci roventi, carezze lussuriose e lunghi amplessi erano diventati la loro routine.

Dafne era sempre concentrata sul suo quirk, aver scoperto di essere in grado di disintegrare ogni cosa e togliere la vita a qualcuno con un solo pensiero fu un duro colpo da digerire, doveva continuare ad allenarsi e a praticare quello che per lei era stata la normalità per tutta la vita.

La paura di doversi esporre in un mondo completamente nuovo, però, la metteva in agitazione. Andare a vivere con Katsuki significava scontrasi con una vita a cui lei non era abituata, in più si aggiungeva l'incognita di quel disegno a cui non sapeva davvero che spiegazione dare.

In realtà aveva sempre percepito sottopelle, in quel preciso punto, un rilievo ma non aveva mai visto nulla. Tra i suoi ricordi c'era il risveglio nella sua stanza e il dolore sulla spalla ma non c'era mai stato sulla sua pelle quel dannato disegno. Era come se sopra ci fosse sempre stata una patina che l'aveva coperto per tutti quegli anni e in qualche modo fosse stata disintegrata da quel potere che aveva tentato di uscire da lei.

Quel potere! Aveva sentito dentro di lei fremere una forza diversa, che mai aveva percepito. Il fuoco che aveva manifestato era riuscita a contenerlo ma era sicura che fosse solo una parte di quello che sentiva smuoversi. Era stato lancinante contrastarla. Possibile che il suo quirk si fosse modificato o ne avesse palesato uno nuovo? Nessuno manifestava nuovi quirk dopo anni, dopo la prima esternazione. Era tutto così strano!

Si sentì chiamare, era Katsuki che la raggiunse sul vialetto dell'edificio principale, la tirò a sé e le diede un bacio che di casto non aveva nulla. Quando erano soli Katsuki era insaziabile ed esuberante, essere l'oggetto del desiderio di Bakugo Katsuki era una cosa fantastica.

Dafne sorrise sotto le sue labbra e lui piccato le disse

“Mi accogli così, dopo una giornata del cazzo in cui una marea di ragazzini eccitati mi ha spaccato i timpani perché domani è l'ultimo giorno di scuola!”

Dafne si fece subito perdonare buttandogli le braccia al collo e accalappiò le sue labbra infilandogli la lingua di prepotenza.

“Domani è il grande giorno, poi avrò qualche giorno per sistemare le ultime scartoffie e spero di aver chiuso con questo programma del cazzo! Tuo padre sa che verrai da me piuttosto?”

Dafne in realtà non aveva avuto modo di parlare con il padre, ancora non aveva trovato il tempo per farlo ma non ce ne fu bisogno perché lo vide arrivare da lontano. Aizawa aveva capito che tra quei due c'era qualcosa non aveva bisogno di prove o confessioni, era stato un ragazzo anche lui ma per un padre era sempre devastante quando un altro uomo entrava nel cuore della propria figlia e lo era anche per l'apatico Eraserhead.

“Ciao papà”

Dafne lo salutò un po' in imbarazzo, Katsuki fece per andare via per lasciarli soli ma lei lo prese per una mano e gliela stritolò con forza obbligandolo a rimanere al suo fianco

“Ho l'impressione che debba dirmi qualcosa Dafne, la tua faccia parla”

Katsuki brontolò sottovoce

“Con me sei stata molto brava a nascondere le cose!”

“Sta zitto” lo apostrofò e continuò rivolta al padre

“Dopo la fine dell'anno pensavo di prendermi del tempo per decidere ma sono sicura di voler continuare gli studi”

“Dovremmo valutare la questione del tuo alloggio. Non puoi rimanere qui alla U.A. forse dovrei rendere pubblico che ho una figlia così...”

“Non è necessario papà, possiamo anche aspettare se vuoi. Katsuki mi ha dato la possibilità di stare da lui”

“Dà la colpa a me mi raccomando”

un Katsuki contrariato parlò tra i denti

“Sei stato tu a dire che venivo da te”

Dafne gli diede una gomitata

“Ma tu non hai fatto una piega”

Parlottavano punzecchiandosi a vicenda, Aizawa sorrise di gusto a quello spettacolo, a Dafne quel sorriso bastò e lo abbracciò

“Tre volte a settimana però voglio tornare ad addestrarmi con te papà, da lui ormai ho imparato tutto quello che poteva insegnarmi”

A quelle parole Katsuki cominciò a sbraitare

“Sono il Grande dio dell'Uccisione esplosiva Dynamight, ne hai ancora da imparare da me cavalletta!”

Padre e figlia si guardarono sorridendo non curanti delle lamentele di quel permaloso.

 

“Dafneeeeee! Muoviti siamo in ritardo, lo sai che io non ritardo mai!”

“Non strillare Katsuki, non so come funzionano queste cose lo sai”

Dafne aveva provato almeno una mezza dozzina di outfit ma non si sentiva a suo agio con niente. Era agitata, quella sera sarebbero usciti con gli amici-colleghi di Katsuki, volevano festeggiare il suo ritorno dopo sei mesi di assenza dalla vita da eroe, lui aveva acconsentito solo perché gli avevano intasato il telefono con un centinaio di messaggi e per evitare di dover sopportare le loro noiose lamentele il giorno dopo in agenzia.

Katsuki le aveva parlato di loro, erano amici dai tempi del liceo che poi aveva ingaggiato nella sua agenzia visto il legame che li univa come squadra, la Bakusquad come la chiamavano loro. Quello era il primo gradino della sua scalata nella vita di Katsuki, si sentiva inadeguata in realtà, lei proveniva da un altro mondo fatto di meditazione e serate attorno al fuoco, non sapeva nulla della vita di città, di feste nei locali, era una completa frana. Un nuovo ringhio la destò dai suoi pensieri.

Era meglio sbrigarsi prima che Katsuki le facesse esplodere il vestito!

 

Arrivarono davanti un locale chiamato “For Heroes” frequentato solo da eroi e loro conoscenti stretti. Dafne si ritrovò a giudicare nuovamente quella società che era selettiva e discriminatoria, ma scacciò velocemente quei pensieri, quella serata era per Katsuki, per lui avrebbe messo da parte la sua insofferenza. Magari si sarebbe divertita anche lei.

L'interno del locale era illuminato da faretti di luce calda disseminati nei vari angoli dell'area che davano una speciale atmosfera soffusa, tavolini con divanetti di pelle riempivano la sala, al centro una pista dove c'era gente che ballava, un bancone occupava tutta la parete nel fondo del locale. Dafne rimase stordita soprattutto dal volume della musica a cui non era abituata. Era dietro Katsuki che con la sua stazza la rese invisibile al gruppetto di amici che lo stava aspettando. Gli corsero incontro ma lui con il suo solito carattere distaccato non salutò nessuno in modo evidente. Dafne si sporse di lato e fu sotto gli occhi di tutti. Alzò una mano in segno di saluto e uno dai capelli rossi più irti di quelli di Katsuki chiese

“E tu chi sei?”

“Già chi sono Katsuki?”

“Non rompere”

“Scusa, è che mi sento sotto pressione”

“Fai le tue tecniche di respirazione e calmati”
“Ok però rispondi”

“Non dirmi cosa fare!”

“Ma non gli hai detto che venivi accompagnato?”

“Io non devo dire proprio niente a nessuno”

Gli amici di Katsuki rimasero sbalorditi davanti quella scena di quei due che parlottavano come se pensassero di non avere nessuno intorno.

Dafne prese la parola visto che Katsuki esitava a presentarla

“Mi chiamo Dafne Horimoto, ho 20 anni. Sono venuta in Giappone un anno fa, ho vissuto tra la Svizzera e la Cina. Ho incontrato Katsuki alla U.A. e mi ha seguita per un addestramento speciale”

Lo disse tutto in un fiato, era a disagio. Si sentiva osservata, si soffermò su ognuno di quegli sguardi e non vi trovò traccia di giudizio o di negatività, erano sguardi amichevoli e interrogativi.

“Mancava che gli dicessi pure il tuo gruppo sanguigno”

“Almeno io ho detto qualcosa, tu stai ancora lì come un idiota”

“Non giudicarmi cavalletta”

“Ti lasci giudicare da solo Katsuki”

“Oh sta zitta”

La tensione tra quei due fu spezzata da una ragazza completamente rosa che si sporse verso Dafne allungando la mano per presentarsi

“Piacere io sono Mina Ashido” rivolgendole un sorriso entusiasta e di complicità.

Uno dopo l'altro si presentarono: il rosso era Ejiro Kirishima, la ragazza dai capelli viola Kyoka Jirou, il ragazzo dai capelli neri Sero Hanta e quello dai capelli biondi Denki Kaminari e fu lui a chiedere

“E che relazione hai con Bakugo?”

Katsuki stavolta rispose immediatamente

“Non sono cazzi tuoi!”

Denki continuò

“Cioè sono sei mesi che non ti vediamo, non ti abbiamo mai visto accompagnato e stasera ti presenti con una ragazza che ti chiama addirittura per nome!”

“Ripeto non sono cazzi tuoi”

Katsuki era molto riservato, quando si trattava di lui non gli piaceva sbandierare le sue cose, ci teneva alla sua privacy, in questo Dafne lo ammirava perché nonostante fosse sotto gli occhi di tutti e sotto i riflettori riusciva a lasciare fuori il suo mondo personale che era solo suo, non le diede fastidio il fatto che non dichiarasse la loro relazione, era una cosa loro e andava bene così.

“Siamo amici”

Dafne pronunciò quelle parole per togliere tutti da quella situazione di disagio ma gli altri la guardarono dubbiosi soprattutto quel Kaminari che era certa non le avesse creduto, ma non importava, bisognava mettere fine a quello scambio di battute.

 

Katsuki rimase un secondo urtato, Dafne era intervenuta definendolo amico, e non gli era piaciuto in realtà essere etichettato in quel modo. La smania di possesso e quel sentimento travolgente che provava per lei non si poteva definire quello che prova un semplice amico.

E poi lei aveva risposto senza conoscere chi aveva davanti. Quando lui non voleva rispondere si puntava e i suoi amici lo lasciavano stare, per non farlo irritare di più cambiavano discorso. Lei così aveva instillato in loro la voglia di capire di più e l'avrebbero bersagliata di altre domande. Si accomodò al tavolo prenotato con un sorrisetto divertito perché Dafne avrebbe dovuto colmare la sete di sapere di quei folli e le domande arrivarono a raffica da Mina, Kirishima e Kaminari.

Katsuki si rilassò a vedere Dafne in balia di quei tre, lei fu brava a rispondere alla loro curiosità senza entrare nei dettagli. Anche se ebbero risposte concrete quei tre non si erano bevuti la storia dell'amicizia ma del resto non che gli importasse cosa pensassero, i suoi occhi erano puntati su Dafne che interagì con loro con tranquillità e naturalezza. L'aveva vista agitata prima di arrivare ma era riuscita a calmarsi, le serviva una serata spensierata, diversa da quello che aveva avuto finora. Avrebbe fatto ogni cosa per vederla sorridere come in quel momento.

Tornò l'imbarazzo quando Kaminari fece un' altra domanda scomoda

“Hai detto che Bakugo ti ha seguita per degli addestramenti speciali di che genere?”

Dafne abbassò lo sguardo e rispose sinceramente

“Per imparare a gestire il mio quirk”

“Quale sarebbe?” incalzò Kaminari

“E' complicato” si limitò a dire Dafne

“Ehi scarica elettrica, lei ti metterebbe al tappeto senza neanche usare il quirk, è un'esperta di arti marziali, magari puoi provare domani nella palestra dell'agenzia?”

Katsuki intervenne per far tacere quell'idiota, sapeva che avrebbe cambiato subito discorso quando si trattava di allenarsi o sfidare qualcuno, ma quella volta Kaminari, deciso a capire cosa ci fosse tra quei due, non si lasciò intimorire dalla sfida lanciata

“Potrebbe darci una dimostrazione! Allora Dafne passi in agenzia domani? Se mi dici dove abiti ti passo a prendere insieme a Kyoka”

Razza di bastardo!

Quel deficiente stava usando il cervello proprio quella sera per estorcere a Dafne qualche informazione.

“Oh non ce n'è bisogno, sono da Katsuki”

Dafne guardò Katsuki per capire se la risposta poteva andare bene ma lui fece cenno di no con la testa.

“Lo sapevo, voi due nascondete qualcosa!”

Fu allora che Kyoka gli diede uno schiaffo in testa urlandogli contro

“Vuoi farti gli affaracci tuoi idiota” e rivolta a Dafne

“Lascialo stare, non devi rispondere alle sue domande”

La serata proseguì tra una chiacchiera e una bevuta, nessuno fece più domande sul rapporto tra Dafne e Katsuki.

Dafne si stava divertendo, gli amici di Katsuki erano chiassosi, burloni e davvero simpatici. Ci voleva una serata del genere e si sentì piacevolmente di compagnia. Rilassata.

Al tavolo, però, dal lato di Katsuki si materializzò una ragazza bellissima che potevi notare anche al buio: una lunga chioma bionda incorniciava un viso quasi angelico, tra le ciocche di capelli si notavano strass colorati, gli occhi di un azzurro cielo erano sottolineati da un trucco pieno di brillantini, la bocca era rossa ed esageratamente carnosa, le forme abbondanti strette in un abitino di paillettes assurdamente corto. Con voce elettrizzata attirò l'attenzione

“Ma tu guarda chi si rivede Dynamight!”

Si avvicinò a Katsuki e strofinò i seni abbondanti sulla sua testa.

Lui non reagì ma cambiò espressione. Era scocciato.

“Riconoscerei la tua testolina bionda ovunque!”

“E tu sembri sempre una strobosfera”

Quella fece una risatina stridula da far male alle orecchie

“Sono felice di rivederti anche io caro Dyna”

Dafne cominciò a sentire dentro una strana nausea, quella ragazza aveva chiamato Katsuki con un nomignolo come se fossero intimi e si era strusciata su di lui senza ritegno. Le sue dita tenevano il bicchiere, strinse forte quasi da far incrinare il vetro. Il suo volto aveva perso il sorriso di un attimo prima e si era trasformata in una smorfia di fastidio, sentì montare una rabbia incontrollata, voleva spazzare via quella ragazza, allontanarla dal suo Katsuki ma non poteva ingaggiare una rissa.

Optò per la cosa più sensata da fare, allontanarsi per calmarsi

“Penso che il drink mi abbia dato alla testa, vado a prendere un po' d'aria”

Si alzò e guardò in modo torvo quella ragazza, superandola con una leggera spallata.

“E quella che aveva! Tornando a noi Dyna, dopo sei mesi passati in una scuola non hai bisogno di sfogarti un po'? Sono qui per te!”

Lo guardò con occhi ammiccanti muovendo le mani su tutto il corpo come per invitarlo a quello spettacolo che gli offriva.

Azumi ci provava con lui in ogni modo, in ogni posto, in ogni situazione, l'aveva sempre ignorata ma stavolta quel suo atteggiamento gli diede sui nervi. Aveva rovinato la loro serata.

“Senti Azumi non so più come devo dirtelo, scordati che possa anche solo pensare di toccarti”

E seguì Dafne.

 

Lei era nel parcheggio vicino alla loro auto, camminava avanti e indietro come una belva in gabbia, si sentiva prigioniera di quella nuova emozione che non sapeva gestire, avrebbe voluto gridare a squarciagola per farla uscire e liberarsi, sentì dei passi dietro di lei. Katsuki con le mani in tasca la osservava con la testa inclinata da un lato

“Ehi cavalletta, avevi acqua nel bicchiere, che succede? Sei gelosa per caso?”

Dafne cominciò a parlare a raffica vomitando quel fastidio misto a rabbia che sentiva, parlando di quella ragazza che lo aveva avvicinato, del fatto che lui aveva una vita diversa dalla sua, del fatto che si sentisse inadeguata, della paura delle ragazze che lui aveva avuto, del loro rapporto che non sapeva cosa fosse. Furono discorsi sconclusionati ma aveva detto tutto senza filtri, si accorse solo dopo essersi sfogata di aver confessato tutti i suoi dubbi e le sue paure.

Katsuki l'aveva ascoltata con attenzione e provò una punta di orgoglio perché Dafne si era aperta con lui e quello che aveva appena detto era la prova che fosse gelosa di lui, si scoprì soddisfatto di essere la persona che le faceva provare tutte quelle emozioni. Si avvicinò a lei per baciarla, adorava i suoi momenti di confusione, le sue insicurezze e la sua passione quando parlava e si ribellava a quello che non le piaceva. Si staccò da lei per dirle

“Dafne...io e te...siamo due che stanno insieme”

Avvicinandosi all'orecchio come per rivelarle un segreto bisbigliò

“E poi tu sei l'unica quindi non devi avere paura di nessuno!”

La voce di Katsuki la calmò, lei lo guardò con aria interrogativa e lui continuò

“Mi attribuiscono storie con ogni sorta di ragazza anche ragazzi a volte, non so sarà perché sono un gran figo!”

Lo disse ridendo compiaciuto e passandosi una mano sui capelli.

“I giornalisti sono assurdi, ti vedono a parlare o insieme a qualcuno e inventano storie di amori e passioni. Hanno una fantasia infinita. Mi affibbiano doti da Dio del sesso solo guardandomi ma non sono mai stato interessato a queste cose, ero tanto concentrato sul mio obiettivo che non avevo tempo né voglia di trastullarmi con queste cazzate. Non mi è mai importato di quello che pensa la gente così i pettegolezzi e le fantasie sono cresciute. Poi arrivi tu e mi sconvolgi la vita. E mi fai provare cose che non avevo nemmeno immaginato. Ti va bene come risposta?”

I suoi occhi cremisi avevano una luce dentro, come se l'aver messo a nudo qualcosa di sé avesse rischiarato la sua anima.

Dafne si sentì una perfetta idiota e fu grata per quelle parole.

Gli buttò le braccia al collo e gli sorrise con malizia, lo schiacciò contro la portiera dell'auto per quello che poteva il suo corpo contro il metro e ottanta di Katsuki e gli si strinse più che poteva quasi a fondersi con il suo corpo. Gli arpionò le labbra e sentì la lingua di Katsuki infilarsi ed esplorare la sua bocca. Il trasporto di quel bacio lasciò entrambi senza respiro, il suono dello schiocco e della suzione di lingua e labbra si diffuse nell'aria.

Quando si staccarono i battiti accelerati significavano la voglia che avevano dell'uno per l'altra. Katsuki alzando un lato della bocca, in un ghigno che lasciava intendere quello che aveva in mente, propose di tornare a casa Mandò un messaggio a Kirishima avvisandolo della loro ritirata senza dare spiegazioni, dandosi appuntamento il giorno dopo in agenzia.

 

Katsuki guidò oltrepassando il limite un paio di volte, rischiò anche di passare con il rosso tanta la voglia di arrivare quanto prima a casa. Voleva liberarsi di tutti i vestiti che aveva addosso e slacciare l'abito di Dafne che non rendeva giustizia alle curve della sua ragazza. Si. L'aveva pensato! Dafne era la sua ragazza e l'avrebbe gridato al mondo intero se lei glielo avesse chiesto Era stanco di reprimere le sue vere emozioni per lei, pensava lo rendessero debole invece lo facevano sentire più forte, più determinato, gli davano una spinta in più in tutto quello che faceva.

Arrivati a destinazione, entrarono in casa e Katsuki si fiondò su Dafne che grazie alla porta chiusa dietro di lei ebbe un supporto per sostenere la sua stazza. Lei rise di gusto sotto le labbra di Katsuki che si erano impresse sulle sue, le si era appiccicato come se avesse un magnete che lo attirava a sé.

Impaziente Katsuki fece girare Dafne di spalle per abbassarle la zip del vestito facendolo cadere ai suoi piedi. Dafne rimase in intimo e lui le baciò il collo scendendo sull'incavo della spalla disegnando cerchi sulla pelle con la lingua umida. Con una mano scese in avanti e la riempì con un seno, con l'altra mano le staccò il reggiseno con impeto e lo lanciò a terra dietro di sé. Libero da ogni ingombro le stritolò con delicatezza entrambi i seni e la fece gemere. Lei inarcò la schiena e il suo fondoschiena si scontrò con il suo inguine.

Katsuki era eccitato, si era sfilato i pantaloni appena rientrati in casa, l'erezione premeva contro i boxer prepotente e la incollò a lei. Il torso nudo, liberato poco prima dalla giacca di pelle e dalla maglietta che indossava quella sera, a contatto con la pelle di Dafne gli procurò un brivido di piacere.

“Mi fai eccitare solo sfiorandoti” disse Katsuki con voce graffiante.

La sua pelle, il suo odore gli stimolavano il suo lato più animalesco.

Ma nello stesso tempo voleva avere cura di quel corpo, voleva trattarla bene e farla godere nel modo giusto.

La fece girare verso di lui e la prese in braccio dirigendosi verso la camera da letto, l'adagiò con una delicatezza improbabile per Bakugo Katsuki, come se avesse tra le braccia una statua di vetro che aveva paura di disintegrare con i suoi soliti modi bruschi.

Dafne lo tirò a sé, gli succhiò l'orecchio che lo faceva impazzire, con un movimento veloce lo fece rotolare a lato e gli si mise a cavalcioni strofinandosi sull'erezione che era impaziente di uscire dal tessuto.

“Comando io stasera!” disse Dafne leccandosi le labbra come a pregustare il sapore della pelle di Katsuki e lui amò il pensiero di quello che lo aspettava.

Lei lo baciò, passò la lingua sulle labbra, sul mento, sul collo, lungo tutto lo sterno, ogni passaggio gli lasciava una scia prima di calore poi di umido che

amplificava l'eccitazione. Arrivò all'orlo dei boxer e Dafne lo guardò divertita perché lui si dimenava sotto di lei emettendo suoni gutturali senza remore, lo liberò dei boxer e assaporò la sua erezione che fece spalancare quegli occhi rossi dalla sorpresa.

D'istinto Katsuki le mise una mano tra i capelli per tenerla in quella posizione e lei gustò il suo sapore, lentamente, profondamente.

Poi Dafne si liberò dall'ultimo ostacolo che separava i loro sessi e gli fu sopra, si unirono per la prima volta in quella posizione.

Katuski rimase imbrigliato nella morsa di Dafne e ne fu più che contento. Vederla muoversi sopra di lui amplificava ogni percezione: la vista era deliziata dai suoi seni che danzavano al ritmo deciso da lei, ipnotici; l'olfatto esaltato dall'aroma che si sprigionava da lei, erotico; il tatto enfatizzato dalla possibilità di passare le mani su tutto il suo corpo, come velluto.

Aveva sempre avuto il ruolo del dominatore ma in quel momento, sentirsi sottomesso fu esaltante. Lei poteva ogni cosa con il suo corpo, si scoprì maledettamente sedotto e gli piaceva. Le artigliò i fianchi per tenerla salda a lui e lei aumentò la profondità dei movimenti. Erano, come sempre, incastrati in modo perfetto.

 

Dafne aveva avuto sempre la voglia di far godere Katsuki in altri modi. La confessione di quella sera le aveva dato la spinta di osare e di liberare tutte le sue fantasie. Il corpo di Katsuki era perfetto, allettante. Il sapore della sua pelle era un misto di sapidità e dolcezza. Le sue labbra morbide avevano un gusto piccante. Era buonissimo!

Quando la toccava le veniva la pelle d'oca, voleva avvolgersi, avvinghiarsi in un impulso di folle smania di lui. Quella sera la prorompente voglia di Katsuki l'aveva potenziata. Voleva inebriarsi del suo corpo, del suo contatto. Voleva muoversi su lui e si divincolò dal suo peso per mettersi sopra. Guardandolo in quella posizione tra le sue cosce, che la osservava come se la venerasse, ebbe l'impulso di lambire con la lingua ogni sua parte. Lui si lasciò assaggiare, com'era magnifico sentirlo gemere dal piacere! Aveva il dominio del suo corpo e del suo cuore.

La sua erezione palpitante e dura anelava ad entrare in lei e vi si adagiò sopra con ardore. Entrambi sospirarono per la brama della loro unione.

Quel contatto con lui le faceva sempre mancare il respiro per un attimo. Il suo corpo sussultò e trovò il ritmo adatto per muoversi. L'angolazione della penetrazione stimolava ogni parte del suo sesso. Movimenti più profondi permettevano di fondersi in modo completo.

In quei momenti dominava la parte più irrazionale del suo essere e quando Katsuki le strinse i fianchi in un impeto di libidine, si lasciò pervadere dal piacere. L'esplosione di quella scarica le procurò calore e attraversò tutta la schiena, un verso di godimento le uscì incontrollato e sentì sotto di lei Katsuki rinvigorito da quel richiamo. Dafne continuò a muoversi perché lui si era spinto ancora di più in lei, quando lui si dimenò quasi incontrollato e raggiunse il piacere si staccò da lui per stampargli un bacio sulla fronte e abbracciarlo in una stretta di possesso.

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Capitolo 15
*** Condivisione ***


Dafne aveva trovato la sua tranquillità, si era presa tempo per pensare bene a quello che avrebbe fatto della sua vita. Ora aveva la possibilità di fare progetti e magari fare quello che le piaceva dopo anni passati a seguire rigide regole e addestramenti estenuanti. Gli allenamenti con il padre erano costanti, doveva sempre mantenere vigile la sua attenzione sul suo quirk. Quello che era successo alla U.A non aveva rivelato l'entità degli esperimenti. Cosa le avevano fatto di preciso?

La madre non aveva spiegato nulla e si era portata il segreto con sé, probabilmente certa del fatto che saperlo non avrebbe giovato a nessuno.

Voleva capire perché aver provato a contrastare quella forza che sentiva l'aveva quasi distrutta, era quasi certa che non si trattava del suo quirk, era qualcosa che non le apparteneva e quel disegno sulla spalla era un'incognita ancora più grande. Non sapeva da dove cominciare per scoprire cosa era davvero accaduto in quella dannata tenuta dei nonni. Ma aveva distrutto ogni cosa e tutti quelli che potevano esserne a conoscenza.

Tornava dopo una giornata passata tra le segreterie di varie facoltà, stava valutando dove iscriversi per cominciare le sessioni dopo l'estate, voleva prendersi più tempo anche per metabolizzare tutto quello che le era successo in quei mesi. Tra cui anche il legame con Katsuki. Quel biondo le aveva stravolto la vita fin dal primo giorno, prima mettendola in discussione poi travolgendola con emozioni mai provate prima.

Con lui era felice per la prima volta nella sua vita.

Sul vialetto di casa notò un'auto che non aveva mai visto, c'era qualcuno che era andato a trovare Katsuki?

Stava per aprire la porta di casa quando sentì dall'altra parte una voce, che non riconobbe in nessuno degli amici di Katsuki, dire

“Domani è il tuo compleanno Kacchan!”

Era quel suo vecchio amico d'infanzia. Solo lui lo chiamava in quel modo.

Compleanno!

Non lo sapeva. Perché Katsuki non le aveva detto nulla del suo compleanno?

Per un momento si sentì messa da parte. Katsuki era davvero strano alle volte!

Perché non condivideva con lei ogni cosa che lo riguardasse?

Forse non doveva essere facile per lui avere intorno una persona, lui che aveva sempre mantenuto le distanze da tutti e vissuto solo per anni. Si sarebbe armata di pazienza. Così come si era avvicinata a lui un passo alla volta avrebbe dovuto fare lo stesso per scoprirlo pienamente.

Non ebbe il coraggio di disturbare quei due e decise di ritardare il suo rientro a casa. Voleva pensare a come passare la giornata l'indomani. Mina avrebbe potuto aiutarla. La chiamò e si diedero appuntamento in centro.

 

Katsuki era rientrato dal suo turno di lavoro, Dafne ancora non rincasava. Erano passate due settimane dalla loro uscita, quella sera al locale era stato tutto così...diverso. Odiava quelle serate, quel rumore assordante di musica e vociare di persone ubriache ed elettrizzate. Un'altra cosa insopportabile: la gente che ballava. Non gli piaceva il contatto in sé.

La presenza di Dafne aveva reso le cose normali per la prima volta. Non era stato insofferente come tutte le volte che seguiva quegli esaltati dei suoi amici, si era goduto la serata che poi si era conclusa in bellezza!

Dafne gli aveva aperto la porta ad una dimensione nuova. Aveva trovato la leva per fargli provare emozioni che lo avevano sempre disgustato. Aveva tolto la ruggine al suo cuore. Lei riusciva a far uscire il suo lato più passionale. Era come se il cervello si spegnesse e il corpo prendesse il sopravvento. Era sempre stato solo razionalità, lei lo aveva preso per mano per fargli scoprire anche il suo lato umano.

Avevano sempre una linea di demarcazione che non voleva oltrepassare, non erano come quei fidanzati smielati che si lasciavano andare ad effusioni in pubblico o guidati da romanticismi raccapriccianti. Katsuki percepiva la sfera emotiva come qualcosa di davvero personale e Dafne accettava quella sua caratteristica. Ed era anche uno dei motivi per cui l'amava. Lo accettava nel suo modo di essere.

Strana cosa l'amore! Tutti ne decantavano la bellezza. Lui si era sempre tenuto alla larga da quelle cose. Le uniche emozioni che qualcuno era riuscito a fargli provare era sempre e solo stato il nerd. Con lui era come essere in un campo minato della sfera emotiva: il nerd così esplicito nei sentimenti, lui sempre rancoroso. E la facilità con cui il nerd si lasciava andare all'emotività lo nauseava per il semplice fatto che per lui era invece difficile esternare quello che provava dentro.

Eppure era stato Deku il suo sfogo quando si era sentito responsabile della fine della carriera del loro idolo, era stato Deku il motore del suo rinnovamento interiore, era stato sempre Deku che gli aveva fatto capire che avercela con il mondo per il solo fatto di essere diversi era una cosa da idioti. Il nerd lo aveva spinto ad essere migliore e a superarsi anche nella crescita emotiva. E poi aveva trovato Dafne! Era stato l'apice di un cambiamento interiore sfociato nel sentimento più sensazionale del mondo. Non voleva certo dire che Bakugo Katsuki era la persona più amorevole al mondo, ma che non era un mostro come tutti lo descrivevano.

Anche lui aveva dei sentimenti, era solo che si trovavano seppelliti nel più profondo angolo della sua anima e senza una motivazione più che valida, mai sarebbero affiorati in superficie. E quella motivazione era stata Dafne!

Era ancora difficile per lui capire certe dinamiche, non andare in escandescenza quando sentiva pulsioni nuove, ma ci stava provando a non essere il solito dinamitardo anche nella vita.

Il campanello suonò.

Aprendo la porta Katsuki non si sarebbe aspettato di vedere proprio il nerd davanti a lui.

“Ciao Kacchan!”

Eccolo là, con quel suo sorrisone stampato in faccia da far venire la carie solo a guardarlo e quegli occhioni verdi che trasmettevano tranquillità e felicità. Deku era...la speranza fatta persona. Un faro in mezzo alla tempesta, pronto a guidarti nel porto, a farti sentire al sicuro.

Per questo era il numero Uno, lo aveva capito da alcuni anni ormai.

“Come mai da queste parti Deku?”

“Non posso andare a trovare un amico? Sei sempre così ostico Kacchan!”

“Hai migliorato il linguaggio eh!”

“Lo sappiamo entrambi che il più intelligente sei sempre stato tu! Mi fai entrare?”

“Non aspettarti il tappeto rosso, nerd!”

Il suo incedere era sempre quello di un ragazzino timido, per lo meno quando era con lui. Deku era sicuro di sé quando era con gli altri, ma quando stava con lui tornava ad essere quello di sempre: quello imbranato, quello agitato, quello che arrossiva. Il loro era un rapporto particolare: rivalità, accettazione, amicizia erano quello che lo caratterizzava.

“Allora... si dice in giro che hai una ragazza?”

“Quegli idioti non hanno ancora imparato a farsi i cazzi loro!”

“Non stai smentendo quindi è vero!”

La voce del nerd si era alzata di un tono per la meraviglia. Aveva anche spalancato gli occhi per l'eccitazione.

Come doveva smorzare quel suo entusiasmo stavolta?

“Che sei venuto a fare Deku?”

“Domani è il tuo compleanno Kacchan!”

Già, vero. Un altro anno era passato e tutto quello che era successo lo aveva distolto da che giorno fosse davvero.

Erano alcuni anni che il giorno prima del suo compleanno Deku gli faceva visita, sapeva che a lui non piaceva festeggiare e aveva trovato un modo per ricordare quella ricorrenza insieme. Da quando erano piccoli aveva sempre fatto in modo che quel giorno per lui non fosse traumatico dato che odiava i regali, odiava baci e abbracci e soprattutto odiava le feste.

“Me ne ero dimenticato!” fu tutto quello che rispose.

“Quest'anno dovrebbe essere diverso, non trovi? Hai adesso qualcuno con cui condividere. Potresti provare a festeggiare come le persone normali!”

“Tu vuoi davvero che ti faccia esplodere! Dillo che ti piace essere bullizzato!” Katsuki lo guardò torvo.

“Oh andiamo Kacchan! Ho detto solo quello che pensavo. Non puoi sempre far esplodere le persone se non ti piace cosa dicono”

“Sei tu che non mi piaci, lo sai! Mi dai sui nervi!”

“Bla...bla...bla... lo so che mi vuoi bene. Non fare il solito antipatico.”

“Ti odio davvero dal profondo, nerd”

Deku sapeva che quello era il suo modo di dirgli che gli voleva bene, Katsuki era sempre il solito... Katsuki.

“Kacchan, sono felice che sei riuscito a trovare una persona che sa farti stare bene, davvero. Lo so che per te è tutto nuovo e anche strano ma, credimi, lasciarsi andare non vuol dire tradire te stesso, significa solo capire un'altra parte di te. E condividersi in tutto con la propria persona speciale è qualcosa che ti fa stare sopra le nuvole”

Il solito sentimentale! Deku sapeva sempre come parlare alle persone, i suoi discorsi ti facevano riflettere, ti davano la motivazione. Dannato nerd!

“Mi stai psicanalizzando. Lo sai che non mi piace!”

“Ti parlo da amico, Kacchan. Siamo cresciuti, ne abbiamo passate tante penso che meritiamo la felicità. Anche tu! Non sei d'accordo?”

Aveva ragione, dopo la Grande Guerra erano passati sette anni e avevano tutti attraversato un periodo difficile. Aver assistito alla morte di persone e amici, essersi spinti al limite quasi da lasciarci le penne era stato duro. Avevano tutti passato anni con psicologi e assistenti, erano dei ragazzini, adolescenti catapultati in qualcosa di più grande ed erano stati costretti a crescere velocemente.

Per Katsuki, che aveva sempre frenato le emozioni, non fu troppo complicato soffocare il suo senso di angoscia. Fu costretto a seguire comunque delle sedute da uno psicologo perché pensavano che il suo carattere lo avrebbe disintegrato dall'interno e avrebbe dato di matto. Accettò quella buffonata solo per mettere a tacere quell'idea. Sapeva regolarsi e non aveva bisogno di aiuto. Fu dopo quegli anni che cominciò a non voler proprio più sentir parlare di festeggiare il suo compleanno in alcun modo. Tutti rispettarono la sua scelta e Deku aveva trovato quel modo di condividerlo almeno loro due.

“Lei non lo sa nemmeno che domani è il mio compleanno!”

“Come non glielo hai detto! Perché non ne avete parlato?”

“Che vuoi che dica Deku? Per me è tutto nuovo, non pensavo che quest'anno sarebbe stato diverso!”

“Mi auguro che non si senta messa da parte!”

“Come?”

“Kacchan quando stai con una persona si presuppone che il giorno del proprio compleanno sia una giornata speciale da passare con lei. Non avrà modo di poter rendere la giornata speciale se non lo sa!”

“Che dovrei fare allora?”

Sapere di aver fatto un torto a Dafne lo rese incline a sentire i consigli del nerd.

“Essere sincero. Ce la farai a dire quello che senti nel profondo?”

“Non trattarmi da idiota!”

“Per te deve essere davvero difficile.

Mi chiedo come lei faccia a provare qualcosa per te! Che ci avrà visto nel muro che sei? Me la dovrai presentare un giorno, sono curioso di vedere che tipo è!”

“Scordati l'uscita in quattro. Non esiste. Ora sparisci razza di imbecille!”

Katsuki però era diventato un attimo rosso in viso, aveva ripensato al modo in cui Dafne aveva fatto breccia nel suo cuore e a come lo faceva sentire quando l'aveva tra le braccia. A Deku non era sfuggito quell'espressione che non aveva mai visto sul viso dell'amico.

“Ciao Kacchan. Se lei ti fa provare tutto questo vuole dire che ci tieni davvero. Te la meriti allora!”

Deku gli sorrise trasmettendogli tutto quello che nutriva per lui, non era un segreto ormai che fossero legati da un forte affetto, più che amici, come fratelli. Gli diede un buffetto sulla spalla, unico segno di contatto che si permetteva verso di lui. Lasciò sul tavolo il suo biglietto e se ne andò.

Certo che parlare con Deku ogni volta era come confessarsi, riusciva a condividere pensieri e sensazioni senza nemmeno doversi sforzare molto o esternarli con le parole. E gli lasciava sempre un consiglio o un augurio.

Sorrise tra sé, quel nerd era sempre....formidabile.

Guardò l'orologio. Dafne sarebbe rientrata a breve, anzi solitamente era già a casa a quell'ora. Doveva far sparire il biglietto di auguri, in vero stile Deku, li creava lui: ogni anno trovava sempre un motivo bizzarro e una dedica diversa . Non avrebbe troppo pensato alle sue parole quella sera, forse avrebbe lasciato che le cose si svolgessero senza forzature, fiducioso nella perspicacia di Dafne forse non avrebbe dovuto dichiarare apertamente i suoi sentimenti.

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Capitolo 16
*** Sentimento ***


Dafne doveva cercare di passare la giornata normalmente, senza far percepire a Katsuki che fosse un modo per celebrare il suo compleanno. Aveva parlato con Mina che le aveva spiegato come mai non voleva che in quel giorno festeggiasse, quindi doveva essere una giornata come le altre, come faceva da anni. La differenza era che quella volta non sarebbe stato solo, c'era lei adesso.

Le aveva anche detto le cose che piacevano di più a Katsuki, non aveva ancora avuto modo di conoscere le sue preferenze, non che lui fosse tanto eloquente, era sempre complicato estorcergli quello che gli passava per la testa figuriamoci fargli confessare quello che adorava fare.

“Buongiorno”

Esordì Dafne appena aperti gli occhi. Katsuki era davanti a lei, sdraiato sul fianco, che la osservava forse da dieci minuti visto che era sempre il primo a svegliarsi la mattina.

“Oggi non vai in agenzia?”

Dafne sapeva ma visto che lui non le aveva detto nulla doveva comportarsi come se non sapesse.

“No. Oggi ho la giornata libera. Potremmo fare qualcosa se ti va?”

A Dafne sfuggì un'espressione di sorpresa. Era il suo compleanno e lui si comportava come se fosse il contrario. Doveva essere lei a proporre, a chiedergli cosa volesse fare! Si arrese ai suoi occhi, quando la guardava in quel modo non capiva più nulla, riusciva sempre a disorientarla . Gli sorrise.

E quando lei lo faceva gli occhi di Katsuki si illuminavano.

Lui le passò un dito sulle labbra e la baciò sulla fronte.

“Possiamo fare una passeggiata in centro e poi tornare in quella gelateria quando siamo usciti dalla U.A, il gelato era davvero buono.”

“Scordati che ci sediamo ai tavolini della gelateria. L'altra volta non ti sei nemmeno accorta che è il locale delle coppiette”

“Katsuki lo so che non sei un romanticone, ho detto di prendere il gelato non di fare i piccioncini! Pensavo prima di pranzare in quel posto che ti piace tanto. Dove fanno quei piatti piccanti che adori. Che dici?”

“Perché vuoi andare lì, hai detto che il piccante non ti piace”

“Proverò quello che fanno lì. Ho sempre vissuto in una noiosa routine giornaliera. Sinceramente ho voglia di esplorare.

Anche se tu già mi stai facendo scoprire cose nuove!”

Lo guardò con malizia, si accorse che lui aveva spalancato per una frazione di secondo gli occhi per quello che aveva sentito ma fu lesto a ricomporsi.

“Mi chiedo cosa ti stia frullando in quella testolina adorabile”

“Cosa! Tu non sei Katsuki, hai detto adora....”

Katsuki aveva pensato un'altra volta a voce alta

“Sta zitta e vai a prepararti che ti ci vorrà una vita tra i tuoi esercizi e la tua indecisione su cosa mettere”

Ecco cosa gli faceva fare Dafne, quello che gli frullava in testa gli scivolava sulle labbra, lei gli faceva eliminare i filtri tra mente e bocca.

Si alzò di scatto, doveva recuperare la sua compostezza.

Essere in quella posizione, a guardarsi così vicini, non aveva provato un impeto di lussuria ma una pace interiore. Il cuore si era riempito di serenità e anche se batteva più forte quando la guardava negli occhi, era una sensazione che lo allarmava di più.

Un conto era sentire l'impulso sessuale che riusciva a placare senza uso di parole, un conto era percepire l'amore puro che scaturiva senza rendersene conto. Quello non sapeva come gestirlo e aveva paura che potesse portarlo a dire cose che lo avrebbero reso un completo idiota. E quello non poteva sopportarlo.

 

Dafne sapeva di dover mettere Katsuki a suo agio, ma la cosa difficile era non fargli capire nulla. Lui era sempre molto attento ai particolari e fare un passo falso voleva dire fargli capire tutto.

La prima tappa della loro giornata era stata messa a segno. Lei al locale ci era andata il giorno prima assicurandosi un tavolo nella saletta privata in modo da non dover dare spettacolo, sapeva che Katsuki non voleva condividere la sua vita con le persone quindi per evitare di farlo camuffare come un fuggitivo aveva optato per la discrezione del proprietario e l'intimità della sala tutta per loro.

Quando sarebbero arrivati gli avrebbero comunicato che avendo tutto prenotato potevano optare solo per la sala privè, così Katsuki non avrebbe avuto alcun sentore di qualcosa di organizzato.

“Dafne sei sicura che ti piace?”

La faccia di Dafne stava andando a fuoco, aveva mangiato solo due bocconi e le labbra erano diventate già più rosse. Ora si spiegava perché lui fosse così bollente quando la toccava ma non riusciva a capire come facesse a mangiare di gusto quella roba. Per lei era troppo piccante.

“Non è che non sia buono....E' che brucia davvero!”

Cominciarono a lacrimarle gli occhi, sulle guance erano comparse due chiazze rosse e cominciò a colarle anche il naso. Starnutì fragorosamente imprecando.

Katsuki non riuscì a trattenere una sonora risata, lei lo divertiva, era buffa quando era in difficoltà. Le si avvicinò con la sedia. Prese il tovagliolo, lo bagnò con dell'acqua e cominciò a tamponarle il viso.

“Non è una gara Dafne! E poi non puoi battermi sul mio territorio!”

“Potrei biondo!”

Lo guardò in segno di sfida, non metteva mai da parte quella sua indole di confronto con lui, non voleva sentirsi mai da meno.

“La solita testarda!”

Lei gli dava ogni volta prova che era diversa da qualsiasi ragazza avesse conosciuto. Aveva affrontato tante sfide, per questo il suo spirito combattivo faceva capolino nei momenti di difficoltà. Era un po' come lui: sempre pronto alla sfida anche se questa poteva sembrare insormontabile. Un altro aspetto che adorava in lei.

Si soffermò con il tovagliolo sulle labbra di Dafne e d'istinto si passò la lingua sulle sue, quelle di lei erano ancora più rosse del solito e lo avevano incendiato.

Con l'altra mano le scostò una ciocca di capelli che le copriva una parte del viso e la guardò come se stesse in adorazione difronte la statua di una dea. Si avvicinò a lei quasi a sfiorarle le labbra. Dio il suo profumo! Bastava starle a qualche centimetro di distanza e i suoi sensi andavano in confusione. Perché lei riusciva a fargli quell'effetto?

La risposta era solo una: perché l'amava, si era dovuto arrendere a quella certezza.

“Katsuki siamo in pubblico”

Dafne era rimasta scioccata averlo visto avvicinarsi tanto, fuori dal loro spazio.

“Al momento non vedo nessuno”

E le succhiò il labbro inferiore in preda ad una voglia di lei che si era manifestata improvvisamente a cui era inutile opporsi, a cui non voleva resistere in realtà.

Dafne si lasciò baciare, quando lui prendeva l'iniziativa era sempre così eccitante. Stare con lui era anche rilassante, divertente, stimolante. Era sicura che quello che provava per lui fosse amore. Quel sentimento che veniva idolatrato nei trattati che aveva letto nella biblioteca dove era cresciuta, decantato dai poeti, descritto dalle persone come l'emozione più forte al mondo da smuovere mari e monti in suo nome.

Il semplice fatto che ogni volta aveva il potere di confonderla ne era la manifestazione, adorava come si sentiva quando lui la guardava, quando la toccava, quando le parlava. Voleva davvero che lui condividesse con lei non solo il suo corpo, sapeva di avere anche il suo cuore ma quello che desiderava di più era poter avere accesso ad ogni suo pensiero, ogni suo desiderio. Certo, a volte riusciva a comprenderlo scrutandolo negli occhi, era sempre stato il loro modo di conversare su un altro livello, ma sperava sempre che lui si aprisse completamente e che quello che lei percepiva glielo dicesse a voce anche solo qualche volta.

Le bastava anche una sola volta per la verità.

Ma doveva essere paziente. Sapeva come era fatto Katsuki inutile pretendere che fosse altro. Si era infatuata di lui anche per quel suo atteggiamento. Aveva un che di intrigante.

“Fatti portare dell'altro cavalletta! Così dopo il pranzo andiamo in quella gelateria”

Anche i momenti del gelato e della passeggiata furono rilassanti, non avevano mai passato una giornata così, si poteva definire una sorta di appuntamento anche se nessuno dei due era interessato a quelle cose: per Katsuki non era proprio contemplato nel suo vocabolario, Dafne non sapeva nemmeno cosa fosse un appuntamento.

Camminando affiancati Katsuki prese la mano di Dafne, anche se avevano evitato le strade principali e in quel momento erano in un vicolo deserto, lei ebbe un tuffo al cuore, una manifestazione di affetto da parte sua che non fosse legata alla sfera sessuale era troppo bella. Forse proprio per il fatto che fosse il suo compleanno lui si era lasciato andare per un momento. Oppure era riuscita a fargli dimenticare i suoi dubbi quel giorno. Sapeva quanto poteva essere complesso Katsuki. Era troppo profondo, troppo razionale, troppo testardo, era troppo in tutto.

Il sorriso che si stampò sulle sue labbra era come un bagliore accecante che Katsuki notò

“Sei felice?”

Dafne fu interrotta nel flusso dei suoi pensieri e non si era accorta di aver assunto l'espressione di una imbabolata.

“Ecco... è stata una bella giornata. Non ne ho avute molte così per la verità, quindi non sono abituata”

“Se per questo nemmeno io”

“Cosa?”

Dafne era incredula, lui voleva dirle qualcosa ne era certa.

“Sono stato bene anche io. E non è facile farmi rilassare quando vado in giro”

Dafne gli strinse la mano più forte in preda ad una foga di felicità.

Lui si fermò di colpo. Per un attimo fissò difronte a sé, evitò di guardarla per cercare di non farsi distrarre dai suoi stupendi occhi ametista, almeno così avrebbe mantenuto un cenno di razionalità nel parlare se non la guardava dritto negli occhi.

“Dafne...oggi è stata una giornata...diversa....grazie”

Deglutì prima di ringraziarla come se avesse un nodo in gola da dover mandare giù. Era sempre difficile per lui esporsi, farsi percepire vulnerabile, addirittura ringraziare qualcuno. Ma Dafne era la sua musa. Gli faceva trovare il coraggio di fare e dire cose che mai avrebbe fatto o detto.

“Oh...sono stata bene anche io Katsuki”

Il sospirò di Dafne voleva dire auguri amore mio, ma forse era meglio non esporsi troppo.

Il primo sparo, che nel cielo diffuse tante farfalle di colori diversi scintillanti, la fece sussultare. Era venuta a sapere che in quella zona proprio quel giorno avrebbero fatto uno spettacolo di fuochi d'artificio e sapendo che a Katsuki piacevano aveva architettato la tappa in gelateria.

Cavoli se ne stava dimenticando, troppe emozioni in un giorno solo ancora non era capace a gestirle!

Tirò Katsuki con un entusiasmo eccessivo

“Andiamo a vedere”

Lui fu strattonato con forza perché lei ci aveva messo di mezzo il quirk per smuoverlo.

“Dafne non puoi manifestare il quirk in giro”

“Guastafeste! Dai allora usa il tuo visto che sei autorizzato. Andiamo su quel tetto lassù, avremo una vista migliore”.

Gli occhi di Dafne emanavano una luce disarmante, si era accesa come una lampadina, sfavillava come una fonte luminosa accecante. Una bambina che aveva visto qualcosa di straordinario. Katsuki ne rimase rapito, il suo sorriso era la cosa che più lo rendeva orgoglioso. Era bellissima quando rideva.

Per lei stava facendo anche uno strappo alle regole nell'usare il quirk fuori dal lavoro e gli sembrò di essere una specie di delinquente. Fu strano ma eccitante allo stesso tempo.

Raggiunta la posizione più alta della zona guardarono insieme il cielo.

I fuochi erano fantastici e l'atmosfera che si era creata era davvero incredibile. Katsuki si stupiva ogni volta di quello che accadeva quando c'era Dafne con lui. Vederla con gli occhi sognanti guardare lo spettacolo pirotecnico era impagabile. Il suo profilo emanava grazia: lo sguardo incollato al cielo, la dolce linea del naso che si arricciava quando era contenta, le labbra leggermente dischiuse in contemplazione sospiravano allegre. Era stupenda! E lei era lì, con lui, in quel giorno che non aveva mai festeggiato ma fu la migliore festa di compleanno che avesse mai passato, anche se lei non lo sapeva.

Dafne si sentì osservata e gli restituì lo sguardo più amorevole che qualcuno gli avesse mai rivolto. Avrebbe dovuto guardare i fuochi invece di lei. Ma i suoi occhi! Erano dolcissimi in quel momento.

“Tanti auguri Kacchan!”

Lui rimase spiazzato, come faceva a sapere che quello era il giorno del suo compleanno?

“Ti ho sentito ieri parlare con quel tuo amico proprio quando ha detto che oggi sarebbe stato il tuo compleanno! Volevo che fosse diverso da tutti gli altri. Spero che un po' ci sia riuscita”

Katsuki non sapeva cosa dire, tutto quello che avevano passato lei lo aveva preparato per lui. Ecco perché Dafne era incredibile! Senza scomporsi, senza rendergli il tutto un peso aveva fatto in modo che passasse una giornata dedicata a lui. Senza pretese, senza cose plateali. Nessuno aveva fatto niente di tutto ciò. I compleanni erano sempre stati pieni di chiasso, baci per gli auguri, regali inutili da scartare davanti a tutti, la candelina sulla torta era la cosa che più odiava al mondo e poi quella canzone orrenda! Gli faceva venire gli incubi già il giorno prima.

“Posso capire perché non mi hai detto che sarebbe stato il tuo compleanno ma non potevo far finta di niente”

Katsuki continuava a non parlare, lo spettacolo di fuochi era ancora in corso. Dafne era di spalle ai fuochi, sembrava un angelo, lo sfondo dietro di lei creava fasci di luce che sembrava l'avvolgessero, come se si librassero da lei ali colorate.

Il suo silenzio però fece percepire un senso di disagio a Dafne che cominciò ad arrotolare le mani. Eccola lì la sua guerriera che in realtà nascondeva un animo tormentato, a volte forse peggio del suo, che andava nel panico quando non sapeva gestire qualcosa. I suoi dubbi, le sue incertezze erano sempre così adorabili. Faceva la dura ma in realtà era la persona più insicura del mondo. Si meravigliava di quanto alle volte somigliasse a lui, solo che lei era trasparente nelle sue emozioni, aveva in poco tempo imparato a manifestarle senza farsi troppi problemi, anche se aveva passato la vita a reprimere il suo animo. Per lui invece, deciso a non dichiarare nemmeno a gesti quello che aveva dentro, era troppo complicato. Aveva una paura tremenda in realtà di sembrare fragile.

Le prese le mani per fermare quel suo movimento angoscioso, doveva tranquillizzarla e il suo tocco in un attimo la rilassò.

“E' sempre così faticoso capire i tuoi silenzi”

“Dafne...”

Katsuki lasciò la frase sospesa in un limbo mentale che solo lui poteva creare. Preferì come sempre l'azione che gli riusciva meglio. La baciò.

Impresse le labbra senza alcun ardore, solo spinto dalla gratitudine per quella giornata, per la scelta delle cose fatte insieme, per aver pensato a lui nell'organizzare le tappe percorse. Un bacio lento che sapeva di amore solo per lei, sperava solo che riuscisse in quel modo a farglielo avvertire. Si sentì avvolgere dalle sue braccia in modo delicato. Il suo tocco anche se così leggero lo faceva bruciare, ma non voleva che in quel momento vincesse il fuoco della passione. Scacciò indietro il pensiero del sesso che si faceva largo tra i suoi pensieri e il suo inguine.

La cinse in vita per tenerla salda a lui. Le baciò il naso, la fronte, le guance, poi tornò sulle sue labbra. Com'erano morbide e calde per lui!

Il movimento del bacio fu commovente, un lento gioco di labbra che lei assecondò senza problemi. La perfetta sincronia che avevano era sublime. Le passò la punta della lingua tra le labbra in cerca della sua, doveva sentire un'altra parte di lei, come se la scoprisse per la prima volta. Fu una leggera invadenza, calma, che cercava approvazione dall'altra parte a farsi scoprire un pezzetto alla volta. E Dafne aveva compreso quel suo gioco alla sensualità gentile. Unirono le lingue in un abbraccio che sapeva di amore vero. I fuochi furono lo sfondo ideale, un quadro di puro sentimento. Katsuki sollevò Dafne tra le sue braccia per portarla alla sua altezza, sempre più bisognoso del suo respiro. Una piuma eterea, un essere celestiale, lei era la dimostrazione che le persone speciali esistevano davvero. Nella sua testa esplose prepotentemente Ti amo, la parola più potente del mondo faceva parte della sua vita da quel momento.

L'avrebbe esternata a voce, un giorno.

 

Dafne era in un sogno, Katsuki aveva lati di sé che scopriva poco alla volta per un motivo e la scoperta la lasciava senza fiato. Il suo silenzio dapprima l'aveva un attimo spaventata, probabilmente aveva osato troppo per uno come lui, poi quando le aveva preso le mani tra le sue capì ogni cosa. Le era grato, ringraziarla due volte sarebbe stato troppo quel giorno. E quel bacio che gli stava dando era un misto di riconoscenza e amore. Era sicura che quello era il suo modo di dirle che l'amava. Non poteva chiedere altro!

Le toglieva il fiato ogni volta che la baciava, le faceva venire i brividi ogni volta che la toccava e sentire il suo calore era come essere avvolta da una coperta riscaldata. Lui era caldo in ogni parte del corpo e le trasmetteva sensazioni di protezione e sicurezza. Essere a contatto con lui le faceva dimenticare le paure, gli orrori passati da bambina, i dubbi sul suo quirk. Si era sentita prigioniera una vita intera, con lui era libera.

Poteva scoprire cose nuove del mondo e di sé stessa stando con lui e quello che le trasmetteva le dava la forza di non dubitare più di nulla. Non era più sola.

Si staccò dalle sue labbra per guardarlo negli occhi

“Il 22 dicembre!”

“Come cavalletta?”

“Il mio compleanno è il 22 dicembre. Ora lo sai! Magari mi puoi organizzare una festa a sorpresa!”

Glielo disse con occhi ironici, non era certo quello che si aspettava ma era il modo di provocarlo per costringerlo a parlare. Le piaceva troppo punzecchiarlo per tentare di fargli deporre la corazza da duro che indossava.

“Non ci pensare nemmeno! Hai capito che odio le feste perché dovrei organizzarne una per te?”

Katsuki la sciolse dal suo abbraccio e rimessi i piedi a terra Dafne propose

“Allora facciamo una gara! Chi arriva prima alla macchina decide cosa fare quel giorno. Sei pronto?”

Katsuki la guardò prima sorpreso poi con la sua solita aria di chi non si tira indietro difronte una sfida

“Tu piuttosto sei in grado di starmi dietro?”

“Lo sai che ho sempre un asso nella manica!”

“Senza quirk cavalletta, non è permesso”

“Neanche un pochino?”

Dafne provò a fargli gli occhi dolci anche se sapeva non era il modo di farlo desistere, era così ligio al dovere che a volte gli dava sui nervi. Era odioso, un odioso adorabile. Ma doveva almeno una volta infrangere le regole perché era liberatorio.

“Non ci vedrà nessuno. Poi con tutto questo chiasso nemmeno ci sentiranno. Visto che se sei tu quello rumoroso!”

“Che vuoi dire che il mio quirk è molesto?”

“Lo stai dicendo tu!”

Katsuki aveva indurito lo sguardo, per un attimo Dafne non capì se lo aveva irritato o era il solito modo di rimarcare il suo ruolo.

Gli poggiò una mano sul petto, lo guardò nuovamente, con occhi imploranti stavolta e piegò le labbra in una finta manifestazione di dispiacere.

“Hai già perso cavalletta!”

“Staremo a vedere!”

Lei si lanciò con uno scatto fulmineo sul ciglio del palazzo e Katsuki la seguì. L'auto era a cinque palazzi di distanza e fu la corsa più elettrizzante della loro vita. Dafne arrivò per prima era sicura che Katsuki l'avesse lasciata vincere.

Lei aveva il sorriso più grande stampato sulla faccia. Era felice e si accorse, durante il tragitto di ritorno a casa, che anche le labbra di Katsuki sorridevano in modo velato, chiaro segno che lo fosse anche lui.

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Capitolo 17
*** Protezione ***


Passò l'estate e la loro vita andava avanti tranquilla.

Dafne cominciò l'università, ogni giorno prendeva il treno e tornava il pomeriggio, le piaceva la vita universitaria. Fece tante nuove amicizie, era contenta di avere una sua routine e non dipendere totalmente dagli orari e ritmi di Katsuki. Il lavoro di eroe lo impegnava tanto ma ogni sera tornava con l'unica necessità di averla tra le braccia, bastava anche buttarsi sul divano: lui con la testa sulle gambe di Dafne per lasciarsi accarezzare i capelli e addormentarsi così.

Un giorno come gli altri, nel tragitto a piedi per tornare a casa sentì delle urla di una ragazza, si precipitò verso la voce e vide un uomo che aveva imprigionato una ragazza in un vicolo contro un muro senza via d'uscita. Quell'uomo cercava di toccarla, l'aveva immobilizzata con il suo corpo a diretto contatto con quello di lei e le aveva tappato la bocca con una mano dopo che aveva urlato. Gli occhi della ragazza erano terrorizzati, davanti quella scena Dafne fu assalita dalla rabbia e tuonò

“Allontanati da lei”

Quel tizio interrotto si girò con sguardo minaccioso e la fulminò con gli occhi

“Chi diavolo sei tu?”

“Quella che ti stenderà a terra!”

Il tizio scoppiò a ridere in modo esagerato e si accorse solo all'ultimo momento del pugno che gli arrivò sul naso, barcollò un momento e tenendosi il naso tra le mani bofonchiò

“Brutta putta....”

Non terminò la frase che Dafne gli assestò un calcio frontale, quello si piegò in avanti ma reagì al secondo calcio che Dafne gli aveva sferrato prendendole la caviglia. Dafne si sbilanciò di lato per poggiare una mano a terra facendo leva sul braccio e gli stampò l'orma della scarpa sul muso con l'altra gamba, girò su sé stessa e con un calcio basso in scivolata lo fece cadere in ginocchio e lo spedì a terra con un calcio laterale sulla tempia.

La ragazza era rimasta paralizzata ad assistere alla scena, appena l'uomo fu a terra corse verso Dafne, le prese le mani e la ringraziò mille volte con una serie di inchini e sorrisi. Lo sguardo di quella ragazza scaldò il cuore di Dafne, le lesse tutta la sua gratitudine, si sentì bene e tornò a casa.

Non raccontò nulla a Katsuki che quel giorno l'aspettava stravaccato sul divano, sapeva che non avrebbe approvato che andasse in giro a fare a botte con la gente, ma in fondo era stata un'azione a fin di bene che non si sarebbe ripetuta.

I giorni passavano e in quel tratto di strada Dafne si rese conto della vera vita che c'era fuori il suo cerchio di stabilità e sicurezza vivendo con un eroe. Si imbatté in altre situazioni in cui qualcuno aveva bisogno di un aiuto, un supporto, una mano in più: un bambino bullizzato da altri più grandi perché magro e con gli occhiali, una signora anziana presa di mira da ragazzini prepotenti perché zoppa, un ragazzo pestato da uomini perché innamorato di un coetaneo. Scoprì che lì gli eroi non c'erano, erano scene troppo comuni, troppo all'ordine del giorno. Gli eroi erano impegnati nelle situazioni più delicate, a livello nazionale, se c'erano villain in giro che usavano i quirk a scopo personale contro gli altri, ma quelle persone chi le proteggeva? Non era giusto. Ecco che la società che non approvava dava ragione alla sua visione, al suo giudizio. Si trovò a scegliere di aiutare come poteva, arrivare dove gli eroi visibili non arrivavano, e questo la rese orgogliosa di se stessa.

Dafne però non conosceva la pericolosità del tessuto sociale più abbietto, era cresciuta in un ambiente sereno dove non c'era traccia di malvagità: un piccolo villaggio sperduto tra le montagne lontano dai villain, lontano dagli eroi, all'oscuro della cattiveria della gente, dove si viveva in armonia e in comunione.

Un giorno si scontrò con qualcuno a cui non avrebbe dovuto pestare i piedi. Un villain a tutti gli effetti che usava il suo quirk senza problemi per i suoi scopi: dai pori della pelle faceva uscire delle spine affilate come un porcospino. Aveva infilzato un ragazzino, per qualche ragione che lei non comprese e lo vide derubarlo di ogni cosa che aveva, perfino le scarpe.

Il villain si accorse della presenza di quelle ragazza e le scagliò contro una raffica di spine, Dafne le evitò grazie alla sua velocità e pronta reazione. Annullò la distanza che la separava da quell'uomo per colpirlo ma fu lui a schivare il colpo rispondendo con un pugno sul volto di Dafne che rimase stordita per un secondo. Fu raggiunta da una raffica di spine lanciate con determinazione che fece fatica a evitare la seconda volta, le si conficcarono sul lato destro del corpo bloccandola ad un muro. Fortunatamente solo un paio erano entrate nella carne, una sulla spalla e una poco sopra il seno, le altre avevano preso i lati della sua casacca. L'uomo scappò con un ghigno divertito, Dafne si tolse le spine che aveva addosso e si strappò la casacca ancorata al muro rimanendo in top per seguirlo. Non sentiva dolore, l'adrenalina era entrata in circolo e le dava la carica per spaccare la faccia a quel maledetto.

Mentre correva si chiedeva cosa la stesse spingendo ad esporsi così, cosa volesse dimostrare. Non doveva niente a nessuno, non era una salvatrice. Era solo una ragazza a cui non piacevano le ingiustizie e questo la rendeva una persona come un'altra. Ma una forza dentro di lei la spronava a continuare. Una smania di mettere al tappeto quel farabutto. Distruggere!

In un attimo i suoi occhi si trasformarono in azzurro-violacei e l'energia da cui fu avvolta le diede maggiore slancio, raggiunse in un attimo il fuggitivo e gli mosse contro un'onda d'urto che lo scagliò contro un muro. Nel vicolo dove l'aveva attirata quell'uomo fu accerchiata da altri quattro individui loschi, un paio con armi da strada.

“Bambolina non sai dove ti sei cacciata”

Rise uno di quelli e si buttarono tutti su di lei all'attacco. Dafne usò una corrente d'aria in circolo per tenerli lontani. Si spostò veloce dietro uno di quelli armati e lo toccò con la mano, l'onda che sprigionò lo fece volare dall'altra parte andando a sbattere contro l'altro armato, i due rovinarono a terra. Uno si rialzò illeso.

Rimangono in tre

Gli altri usarono i loro quirk: uno allungò le unghie come artigli, un altro creò una corazza attorno al corpo e l'altro usava il fuoco.

I primi due si fiondarono su di lei per un attacco da vicino, il terzo le lanciò una sfera infuocata che lei annullò con un vortice d'acqua. Avanzando contro gli altri due fece vibrare il terreno sotto di loro che persero l'impeto e li travolse con il suo potere, con un'onda d'urto calda e con un controllo perfetto, disintegrò gli artigli e la corazza di quei due e li spinse lontano solo con il pensiero scaraventandoli contro un muro.

Il manipolatore del fuoco esclamò incredulo

“Chi diavolo sei?”

Ma in un ultimo tentativo disperato le indirizzò un'onda di fuoco più potente.

Dafne si sentiva carica, non percepiva la paura, in quel momento era pura energia con il desiderio di espandersi. Come magma che fuoriesce da un vulcano sentiva una pressione energetica incanalarsi dentro di lei per eruttare.

Percependo l'energia intorno e dentro di lei manifestò una forza simile al fuoco che annullò la potenza del villain, si sollevò a mezz'aria. Gli occhi divennero completamente neri ed si sentiva pronta ad esplodere. Distruggere

Il corpo fu attraversato da fasci di luce e l'aria intorno si fece opprimente.

Il villain la guardò terrorizzato e urlò

“Sei un mostro!”.

A quelle parole Dafne si bloccò. Sentiva una pressione dentro di lei come di qualcosa che voleva farsi largo per emergere, nuovamente la contrastò a fatica. Il villain, deciso a non farsi sottomettere, le scagliò nuovamente addosso il suo quirk. Dafne stava lottando contro la forza dentro di lei, era rimasta un secondo disorientata e solo all'ultimo istante creò una barriera per non essere investita dalla potenza di fuoco del villain. Dafne rimise i piedi a terra, gli occhi neri tornarono normali quando usava il suo quirk, ma dietro di lei il tizio, che aveva inseguito all'inizio, aveva ripreso i sensi e la sorprese con una raffica di spine che si conficcarono sulla schiena, fu doloroso. Aveva abbassato la guardia e si era fatta colpire scioccamente. Passando vibrazioni sul terreno alzò un muro di terra dietro di lei per proteggersi dal porcospino vedendo il piromane pronto ad un nuovo attacco. La scia di fuoco arrivò, le spine dietro la schiena si erano conficcate in alcuni muscoli e riuscì solo a muovere un polso, creare un vortice per far cambiare traiettoria al fuoco mandandolo verso l'alto.

Il muro di fuoco fu visto in lontananza da Katsuki che era di ronda, il cambio turno sarebbe scattato un'ora dopo e non vedeva l'ora di tornare a casa. La situazione era sotto controllo ma quel fuoco voleva dire guai in vista, proveniva da un quartiere poco raccomandabile ma dove non c'erano mai state manifestazioni di utilizzi di quirk.

Muovendosi a mezz'aria con varie esplosioni a raffica raggiunse il punto in un attimo e trovò uno spettacolo assurdo: Dafne in ginocchio tra due soggetti, altri tre a terra, aveva attivato il suo potere e perdeva sangue.

Che cazzo sta succedendo!

Nell'auricolare chiese man forte a Kirishima perché si sarebbe occupato di portare via Dafne, a quelli ci avrebbe pensato lui.

Fu addosso al piromane e lo stordì in un secondo. Incrociò lo sguardo di lei e i suoi occhi furiosi lo guardarono con vergogna. Capì che lei non avrebbe voluto che la vedesse lì, avrebbero fatto i conti dopo.

Katsuki la scavalcò con un'esplosione per dirigersi verso quell'altro che appena vide Dynamight gli lanciò contro le sue spine ma con la propulsione delle sue esplosioni Katsuki si mosse veloce per schivarle e raggiunto il villain lo atterrò con un colpo.

Katsuki tornò indietro verso Dafne, lentamente, ad ogni passo quello che si concretizzava meglio davanti ai suoi occhi non gli piaceva: spine conficcate sulla schiena, sangue che usciva dalla spalla e dal petto. Dafne aveva addosso solo il top. Si inginocchiò davanti a lei. Aveva lo sguardo basso come se lo stesse evitando, come per nascondergli qualcosa perché quegli occhi lui aveva imparato a leggerli. Le mise due dita sotto il mento e le alzò il viso, aveva ancora gli occhi azzurro-violacei e i capelli fluttuanti, i pugni serrati sulle ginocchia.

“E' tutto finito, ora puoi abbassare la guardia”

Lei annullò il suo quirk, ma l'energia che incanalava la teneva sorretta e annullandola cadde in avanti stremata tra le braccia di Katsuki

“Scusa.”

Fu l'unica cosa che lei disse.

Il vicolo fu occupato da auto della polizia e dalla stampa, arrivò anche un'ambulanza. Kirishima aveva allertato anche le forze dell'ordine ma la stampa aveva sempre i mezzi per anticipare tutti.

Un fotografo immortalò la scena di Dafne tra le braccia di Dynamight. L'articolo di giornale del giorno dopo recitava

Altro salvataggio dell'eroe Dynamight! La lista delle sue fan si allunga”

La foto ritraeva una ragazza ferita con un simbolo sulla spalla destra in bella vista.

Dall'altro lato del Paese, il dottor Kendo era nella sua tenuta. Si apprestava a fare colazione al suo solito modo: caffè macchiato, torta di mele e giornale del giorno. Si sistemò gli occhialetti da vista sopra quegli occhi verdi che non esprimevano mai emozioni, erano gelidi e taglienti, il naso aquilino e il pizzetto gli conferivano un'immagine da gentiluomo ma in realtà era tutt'altro. Uno scienziato senza scrupoli immischiato nelle braccia della malavita per i suoi scopi scientifici, un essere che non dava valore alcuno alla vita. Per lui le persone erano solo cavie utili ai suoi esperimenti.

L'articolo in prima pagina attirò la sua attenzione, non tanto per il titolo o l'immagine di Dynamight, il disegno sulla spalla di quella ragazza lo conosceva, certo che lo conosceva. Era il marchio del suo più grande esperimento su cui erano dieci anni che aveva perso la possibilità di operare. Prese il telefono e compose un numero, dall'altro lato si sentì solo il click dell'accettazione della chiamata

“Capo, riapriamo il progetto Ignis. Ho appena avuto la conferma che il soggetto è sopravvissuto all'incidente di Berna”

Chiuse la telefonata e un sorriso macabro si stampò su quel volto, impaziente di riprendere dove aveva lasciato dieci anni prima.

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Capitolo 18
*** Rivelazione ***


Dafne aveva passato la notte in ospedale. Le ferite non erano profonde né preoccupanti, delle bende erano state applicate sui punti in questione.

Aizawa era su una sedia vicino al letto e Katsuki, ancora con il costume da eroe, aveva la maschera alzata sui capelli. In piedi con le spalle e un piede poggiati al muro, stava con le braccia conserte e un'espressione alquanto contrariata. Quasi incazzato.

Dafne percepiva il borbottio sommesso del biondo, non voleva incrociare il suo sguardo ma non poteva fare ancora finta di dormire. Si fece coraggio e aprì gli occhi, c'erano quelli del padre davanti a lei che aveva notato il movimento delle palpebre e si era alzato dalla sedia.

“Ciao papà”

“Sei stata incauta tesoro”

L'intesa tra loro diede coraggio a Dafne di spostare lo sguardo su Katsuki in fondo alla stanza. La fulminò con quegli occhi rossi ma vi lesse anche un po' di preoccupazione

“Cosa cazzo ci facevi lì?”

“Aiutavo”

Katsuki si staccò dal muro e avanzò verso il letto

“A farti ammazzare!”

Lui aveva alzato il tono della voce, era molto seccato.

“Non sei un eroe, non puoi andartene in giro a scontrarti con dei villain che non hanno nulla da perdere! Non hai l'esperienza adatta. Non puoi usare così liberamente il tuo quirk”

“Cos'altro non dovrei fare Katsuki sentiamo!”

La tensione tra loro si poteva percepire con mano. Come se nella stanza ci fosse una nuvola nera saettante.

Si sfidarono con gli occhi: lui incazzato e con la paura che lei poteva farsi male, lei infastidita da quelle parole e in colpa di aver fatto un casino.

Quando Katsuki aveva qualcosa che lo spaventava faceva uscire il suo lato più brutale, non aveva mezzi termini e attaccava senza pensare alle conseguenze. L'aveva definita inadeguata e debole e a Dafne non andò giù. Non era la solita principessina che doveva essere salvata, lei poteva aiutare gli altri ma non per questo doveva essere paragonata agli eroi. Possibile che in quella società solo chi aveva la licenza poteva usare il quirk per fare del bene! Era una cosa che non riusciva ad accettare.

Quando aveva inseguito quel tizio e aveva combattuto aveva provato una scarica di adrenalina pazzesca e il potere dentro di lei era fluito bramoso dello scontro. Era come se fosse vivo dentro di lei e l'aveva spronata a distruggere e togliere di mezzo quelli che gli stavano davanti.

“Finora non lo avevo mai usato, ma con quelli ho dovuto difendermi”

“Come finora? Che significa?”

“Katsuki non urlare”

“Non dirmi cosa devo fare cavalletta!”

 

Katsuki aveva capito che Dafne gli aveva nascosto qualcosa e non lo sopportava. Di nuovo segreti, di nuovo quello sguardo di sfida che aveva stampato la prima volta che si erano incontrati, come se non lo accettasse, come se lui la disturbasse. Gli diede fastidio.

L'eroe Dynamight non poteva essere trattato così, non poteva farsi condizionare . Lui non dipendeva da nessuno. Sentirsi così assoggettato lo fece incazzare ancora di più, serrò i pugni e la guardò inferocito.

“Tu lo sapevi!”

Chiese lui rivolto ad Aizawa, aveva percepito che fosse a conoscenza di quello che aveva combinato Dafne. Katsuki era sempre quello all'oscuro di tutto, anche se era cresciuto, anche se aveva migliorato un po' il suo carattere, non importava se ci provava, le persone lo tenevano sempre un po' alla larga per i suoi modi bruschi. Gli altri non si fidavano pienamente di lui e anche Dafne si era comportata in quel modo. Si sentì tradito.

Vide Aizawa dare un bacio sulla fronte della figlia e superarlo per uscire, gli mise una mano sulla spalla e gli suggerì

“Con lei togliti i panni dell'eroe e sii solo Bakugo”

Rimasero soli. Si fissavano ancora immobili e silenziosi come se stessero ognuno cercando le parole da dire, nessuno dei due voleva abbassare lo sguardo per non sembrare debole agli occhi dell'altro.

Nella testa di Katsuki si affollarono mille pensieri, in quel momento aveva parlato a Dafne nella veste del ruolo che ricopriva senza riflettere su quello che lei aveva passato. Lui aveva un ruolo da difendere, una reputazione da proteggere, un dovere da rispettare. Però si rese conto che era diverso ora che c'era lei nella sua vita. Non poteva più pensare solo ed unicamente a se stesso. Aveva ragione il vecchio! Doveva svestire i panni dell'eroe ed essere, davanti a lei, semplicemente Katsuki.

Le labbra di Katsuki si mossero, anche se non aveva alcuna intenzione di fare la prima mossa, le parole gli uscirono incontrollate

“Che tu sia un eroe, un vigilante, un aiutante non puoi salvare tutti. Nessuno può. Lo so cosa si prova a voler vincere a tutti i costi, ti fa sentire vivo e forte ma alle volte 'vincere per salvare' vuol dire sconfiggere le proprie paure, le proprie insicurezze, i propri demoni per salvare se stessi dal baratro della disperazione, della solitudine e della rabbia. Voglio che tu hai a mente che al tuo fianco non c'è l'eroe Dynamight ma Katsuki Bakugo”

Pronunciò quelle parole in modo solenne e con tono calmo guardandola sempre dritto negli occhi. Il suo corpo rifletteva lo sforzo che stava facendo nel mettersi così a nudo, non era solito confessare i suoi pensieri più profondi a qualcuno, ma con lei era sempre tutto così naturale a volte.

Voleva che lei avesse accesso alla sua mente, senza ostacoli, senza barriere, senza maschere. E l'averla vista in seria difficoltà e coperta di sangue lo aveva fatto gelare dalla paura. Amava Dafne più di ogni altra cosa e non voleva essere arrabbiato con lei.

 

Dafne lo aveva ascoltato incantata, la sua voce si era fatta improvvisamente calma, quel tono graffiante e profondo aveva sempre il potere di tranquillizzarla. Non voleva litigare con lui e forse aveva sbagliato a tenergli nascosto quello che aveva provato a fare per quelle persone sconosciute. Probabilmente era stato un modo per dimostrare qualcosa a se stessa, che poteva integrarsi in una società in cui si sentiva un'estranea. Per convincersi che era degna di poter stare al fianco di un eroe. Li aveva odiati per tutta la vita perché l'avevano delusa, per lei non c'era stato alcun eroe e il risentimento l'aveva accompagnata per anni. Nessuno aveva confutato le sue impressioni.

Ma vivere ogni giorno con un vero eroe, vedere quello di cui si occupava, assistere alla manifestazione del suo valore, vedere la gratitudine delle persone, stava scardinando un po' alla volta le sue convinzioni e sentirsi inadeguata la faceva essere indegna di stargli affianco.

Amava quel biondo rabbioso che le faceva mettere in discussione tutto, le creava un turbinio di sensazioni nuove e l'aiutava a comprendere come andava il mondo. Katsuki aveva un cuore immenso, era profondo, intelligente, capace, forte e determinato. Aveva di prepotenza preso un posto nel suo cuore e, senza volerlo, si era trasformato in quell'eroe che aveva aspettato da bambina.

“Ti amo Katsuki”

Glielo disse guardandolo dritto negli occhi. Non riuscendo a scattare verso di lui per il dolore alla schiena, creò una corrente d'aria per sospingerlo verso di lei, aveva il bisogno di baciarlo. Lui inizialmente contrariato accettò di farsi trascinare, le si sdraiò quasi completamente sopra e le prese il viso tra le mani, anche lui aveva il bisogno del contatto con le sue labbra e tutta la rabbia che aveva provato sparì lasciandogli un senso di benessere.

“Non volevo farti preoccupare, ho gestito male la cosa”

Dafne gli raccontò tutto dalla prima volta che aveva aiutato quella ragazza fino all'ultimo scontro con quei tizi.

“Ho provato una sensazione diversa quando ho usato il quirk, era come se scalpitasse in me per uscire e distruggere. Poi ho visto gli occhi terrorizzati di quell'uomo. Mi ha chiamata mostro e per questo mi hanno colpita. Mi sono distratta per quelle parole”

Dafne continuò rivolgendo verso Katsuki uno sguardo allarmato

“C'è qualcosa dentro di me che non è completamente mio, lo sento!”

“Non sei un mostro Dafne, hai solo un quirk molto complesso. Lo affronteremo insieme ok? Vedo di far compilare la cartella per le dimissioni così torniamo a casa”

Le diede un bacio sulla guancia ed uscì dalla stanza.

Rimasta sola Dafne sorrise, si rilassò mettendo la testa tra le ginocchia, una smorfia di dolore inasprì il suo viso, la schiena faceva ancora male ma era felice.

Doveva ricordarsi che non era più sola!

 

“Riesci ad essere mai puntuale, cavalletta”

“E tu riesci mai a dire le cose per intero, parli sempre a metà. Dove andiamo?”

“In giro ti ho detto”

Katsuki sbuffò fingendosi seccato ma in realtà era divertito perché Dafne andava in confusione quando non sapeva cosa aspettarsi.

Era una domenica mattina assolata, perfetta per frequentare posti all'aperto.

Katsuki per quell'uscita non aveva indossato neanche un berretto come di solito per non farsi riconoscere e Dafne non gli chiese nulla forse non gli diede peso oppure era troppo nervosa per cercare di capire cosa stesse succedendo.

Scesi in strada e arrivati in centro Katsuki prese la mano di Dafne e intrecciò le dita alle sue, lei ovviamente non rifiutò la cosa. Camminarono mano nella mano sotto gli occhi dei passanti che riconoscevano Katsuki nell'eroe che era. Lui aveva uno sguardo fiero e soddisfatto mentre si concedeva quella sorta di sfilata con Dafne, noncurante delle facce sbalordite, divertite ed emozionate delle persone.

Si fermarono davanti la vetrina di una libreria, Katsuki le propose di acquistare un nuovo libro per ampliare la sua raccolta. Dafne era rimasta ad osservare i titoli esposti in vetrina ma era indecisa nella scelta, come sempre. Lui la strinse a sé, il commesso e i clienti dall'interno rimasero a bocca aperta nel vedere l'eroe Dynamight in effusioni in pubblico.

Durante la loro passeggiata un paio di ragazzini li fermarono per chiedere un autografo, lui stranamente li accontentò e sembrava compiaciuto mentre scriveva il suo nome sui taccuini che quelli gli porsero.

Ci fu anche chi gli chiese chi fosse chi lo accompagnava e lui senza sbraitare come di solito rispose tranquillamente

“E' la mia ragazza!”

Dafne arrossì, si sentì lusingata. Katsuki aveva deciso di rendere pubblico che era seriamente impegnato.

Si fermarono in un locale per pranzare, la cameriera era visibilmente emozionata, doveva servire Dynamight e non gli tolse gli occhi di dosso nemmeno un momento, stava quasi sbavando.

Katsuki poggiò la mano su quella di Dafne e le chiese

“Amore cosa prendi?”

Dafne lo guardò in modo strano, la cameriera si decise a riprendersi e consegnare le ordinazioni in cucina e li lasciò.

“Katsuki così mi fai paura?”

“Mi dava fastidio il modo in cui mi guardava la cameriera! Forse ho esagerato”

“Stai bene?”

“Dafne c'è un fotografo lì in fondo, deve spiattellare al mondo che sei la ragazza di Dynamight così i villain ci penseranno due volte prima di toccarti”.

Dafne rise di gusto, si allungò verso di lui per stampargli un bel bacio che il fotografo immortalò emozionato per lo scoop e gli sussurrò

“Non chiamarmi amore in pubblico per favore”

“Hai ragione cavalletta”

Quella giornata si concluse normalmente e per un paio di giorni la notizia della fiamma dell'eroe Dynamight aveva occupato le prime pagine di varie riviste e giornali. Katsuki aveva deciso di manifestare a tutti che al suo fianco adesso aveva qualcuno che nessuno poteva osare di toccare. Per una volta sfruttò la stampa per i suoi scopi, stavolta non si trattava di sole voci o congetture, aveva cercato di essere il più disinvolto possibile anche se era stato difficile dover far vedere un lato di sé che non aveva mai manifestato a nessuno se non a Dafne. Si era trattato solo di una volta per dare un messaggio a chiunque avesse guardato. Dafne era sua e nessuno doveva avvicinarsi a loro.

Bussarono alla porta in modo deciso. Katsuki aprì e si ritrovò quella pazza della madre che lo guardava furiosa. Entrò rumorosamente dando una spallata al figlio anche se ormai la superava di oltre dieci centimetri.

“Figlio sciagurato sono due giorni che eviti le mie chiamate!”

“Sono stato impegnato pazza isterica”

“Brutto disgraziato! Devo sapere dai giornali che hai una ragazza?”

“Ti devo dire anche quando vado al cesso per caso?”

Dafne si palesò distratta, parlò con occhi bassi, non si era accorta che ci fosse qualcuno.

“Katsuki pensavo di cambiare le lampade in camera, visto che una l'abbiamo rotta l'altra sera”

Alzò lo sguardo e rimase pietrificata. Davanti a lei c'era una donna con gli stessi capelli e gli stessi occhi di Katsuki, chiaramente sua madre.

Si sentì in imbarazzo, come doveva comportarsi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cavoli non era pronta a conoscere la sua famiglia e doverlo fare in quella circostanza così all'improvviso la mandò nel panico. Non aveva neanche l'abbigliamento adatto, le sarebbe parsa sciatta e insignificante.

Dannazione perché i Bakugo erano così irruenti!

Fece un respiro profondo per trovare il coraggio

“Buongiorno, piacere io sono Dafne”

Allungò la mano per stringere quella della donna che per tutta risposta diede uno schiaffo dietro alla nuca del figlio e cambiando espressione in quella più contenta al mondo l'abbracciò.

“Piacere io sono Mitsuki”

Dafne si sentì avvolgere da due braccia forti e calorose, l'odore di quella donna ricordava la cannella. Ed era l'abbraccio di una mamma. Le trasmise tranquillità e fu grata per quella manifestazione di affetto.

“Mio figlio è un ingrato. Non dice nulla alla sua famiglia che ha affianco un fiore come te. Grazie per sopportarlo, temevo che con il suo brutto carattere sarebbe rimasto solo a vita”

“Non rompere mamma. Perfino tu hai trovato qualcuno che ti sopporta!” fece di rimando Katsuki. Sua madre gli metteva i nervi, era invadente, fastidiosa e odiava quando faceva irruzione nel suo spazio senza preavviso o invito

“Ora puoi andare” le disse aprendole la porta.

Mitsuki lo fulminò con gli occhi e tuonò

“Non provare a fare il furbo con me Katsuki, sono tua madre! Ho tutto il diritto di stare qui”

“Questa è casa mia e non hai l'invito”.

I due si sfidarono fronte contro fronte sembravano due cervi che si scontravano. Per Dafne fu una scena divertente, avrebbe pagato oro per avere sua madre in quel momento. Fece una proposta

“Magari può rimanere a pranzo”

Katsuki si strofinò la mano sulla faccia in segno di resa e Mitsuki esclamò “Dammi del tu cara! Tu sai come ci si comporta. Chiamo tuo padre” rivolgendosi al figlio.

Katsuki guardò Dafne con occhi sottili e minacciosi, avrebbero fatto i conti dopo per quella sparata che aveva fatto. Dafne per tutta risposta gli fece l'occhiolino divertita. A Mitsuki non sfuggì l'intesa tra i due e ne fu davvero felice.

 

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Capitolo 19
*** Separazione ***


“Hai voluto mostrare al mondo che hai una relazione e ai tuoi non hai detto nulla?” chiede Dafne dubbiosa.

Katsuki era steso sul letto a faccia in su con le mani dietro la testa, l'atmosfera di quel pranzo per lui era stata pesante e gli aveva tolto le energie

“Mia madre rompe le palle. D'ora in poi ci renderà la cosa un inferno”

aggiunse ridacchiando in modo diabolico

“Magari potrei dirle cosa facciamo in questa stanza così è la volta buona che le viene un infarto”

Fu raggiunto da una cuscinata in piena faccia

“Razza di idiota! Ma che problemi hai?”

“Tu piuttosto che ti è saltato in mente di invitarla a pranzo senza prima consultarmi”

“Mi sembrava una cosa educata da fare”

“Ti avevo messo in guardia su di lei. Non hai visto quante domande ti ha fatto?”

“E' una cosa carina che voglia sapere di te visto che è tua madre!”

Strano rapporto quello tra madre e figlio, pensò Dafne. Avevano un modo tutto loro di interagire, si era accorta che i modi lui li aveva ripresi proprio da sua madre. Come dimostrava quanto tenesse ad una persona era proprio come quello che aveva visto fare a sua madre quando si trattava di lui.

Dafne era ai piedi del letto, si avvicinò a Katsuki a quattro zampe come una pantera, gli si adagiò sopra e gli poggiò i gomiti ai lati della testa.

Si lasciò cingere la vita dalle sue braccia e accarezzare la schiena. Il suo tocco era sempre così delicato e rilassante. Anche se lui usava modi bruschi nella vita quando la toccava era sempre molto premuroso.

Katsuki la guardò con desiderio e si passò la lingua sulle labbra per invitarla in un bacio

“Sei irresistibile” sussurrò Dafne

“Lo so me lo dicono tutti! Ma tu sei l'unica che ha accesso a tutto questo”

Pressò le sue labbra su quelle di lei. Le passò sopra la lingua in modo impaziente per cercare un'apertura, un accesso alla sua bocca. Voleva affondare in lei con la lingua, con altro. Esigeva fondersi con lei, aggrovigliare i loro corpi.

Quando Katsuki aveva voglia bastava poco a farlo capire. Il suo odore diventava più forte come di qualcosa che bruciava. E l'aroma pungente del suo sudore a Dafne dava una scarica di eccitazione alle sue parti intime, come fosse un richiamo.

Katsuki strizzò i glutei di Dafne in una morsa di possesso che la fece gemere con il suo nome tra le labbra.

Quel suono basso, concupiscente, gli fece rizzare le sue parti basse.

“Chiamami Kacchan” le disse mordicchiandole l'orecchio

“Mi eccita come lo pronunci”

Dafne obbedì

“Kac-chan!”

Sospirò fremente al contatto con l'erezione di Katsuki che reclamava il suo ruolo.

Con un moto repentino Katsuki ribaltò le posizioni e ora che si trovava sopra di lei aveva il pieno comando. La sua mano si infilò nei pantaloncini per stimolare la zona segreta, Dafne gli strinse con impeto l'erezione tra le dita e lo baciò di nuovo, soffocandogli il gemito di piacere a quel contatto imprevisto.

Si sfilarono a vicenda i vestiti lentamente come per assaporare ancora di più il momento della loro unione fisica.

Rimasti completamente nudi si toccarono, si abbracciarono. Il corpo si Katsuki si muoveva su di lei. Lui la accarezzava con ogni parte del suo corpo e la frizione tra loro aumentava il piacere di entrambi.

Il corpo di Dafne era tra le gambe e le braccia di Katsuki, imprigionata in modo erotico, l'erezione in mostra si stendeva sul suo ventre. Katsuki le liberò una gamba e le agguantò la coscia per ampliare il suo ingresso. Entrò in lei deciso. Dafne gli afferrò le spalle e avvolse le gambe attorno a lui per sentire tutto il suo corpo contro, per invitarlo a spingersi ancora di più dentro.

Erano una cosa sola, un solo corpo, un solo cuore che batteva forte. Ansimanti. L'estasi che raggiungevano insieme li portava a sentirsi pieni , ebbri del piacere della loro unione.

L'orgasmo travolse entrambi, in un fermento di emozioni positive.

Spossati per l'amplesso si addormentarono abbracciati cullati dai loro sospiri e dai battiti dei loro cuori.

 

Il dottor Kendo era nel suo studio, sulla scrivania teneva aperto l'ultimo fascicolo che riportava gli esperimenti eseguiti negli ultimi anni. Consultava il lavoro di una vita in procinto di poter riavere il soggetto che aveva dato la svolta al suo lavoro.

Si alzò con i suoi modi lenti e composti, quando camminava era come se fluttuasse, passi silenziosi che lasciavano solo percepire una presenza che incuteva malessere.

Attraversò il suo studio e un lungo corridoio collegato ad una porta bianca, mimetizzata nel muro dello stesso colore, che si apriva su una rampa di scale.

Scese nella cantina e aprì, con una tessera magnetica appesa al collo, una porta blindata nascosta dietro uno scaffale scorrevole. L'ingresso del suo laboratorio.

All'interno era tutto pronto per accogliere il soggetto: vasche contenitive, attrezzi da laboratorio, lettini operatori, un cilindro di incubazione.

Tutto in ordine e perfettamente pulito. Su una parete vari ripiani facevano sfoggio di contenitori in vetro con parti di esseri umani, in una vasca l'ultimo esperimento fallito giaceva ancora attaccato ad un respiratore, il suo era un sibilo impercettibile, in attesa di essere smaltito come un semplice rifiuto.

Erano anni che il dottor Kendo cercava di replicare quello che aveva iniziato su quella bambina, ma tutti i soggetti si erano rivelati incompatibili e maledettamente deboli.

Lei era speciale e aver pensato che fosse andata distrutta insieme a quell'esplosione di anni prima lo rese più determinato a cercare un nuovo soggetto. Ora aveva l'opportunità di proseguire il suo lavoro, non restava che riportarla indietro. Erano settimane che si stava preparando. Dopo aver scoperto che era ancora viva su quel giornale, si era concentrato a creare una squadra di recupero e a studiare un piano. Aveva scoperto che era collegata all'eroe Dynamight e dovevano essere cauti e rapidi nel recuperarla.

In una cella frigorifera conservava ancora gli elementi del suo studio: sangue e dna della bambina e della madre. Aveva di nuovo l'occasione di sfruttarla per completare il suo progetto. Il ghigno che si stampò sulla sua faccia, in quel momento, avrebbe fatto gelare il sangue a chiunque.

Doveva tornare nel suo studio, avrebbe dovuto incontrare una persona.

Con passo composto riprese la via per tornare di sopra, fremeva per avere tra le mani quella ragazza.

“Signore le squadre sono pronte, aspettiamo solo l'ordine per agire”

Il capo delle truppe reclutate per il piano di recupero si era occupato dell'addestramento sotto gli ordini diretti del dottor Kendo.

Si trattava di ogni tipo di soggetto del tessuto sociale più losco: ex detenuti, assassini, frequentatori di lotte clandestine con e senza quirk. Dovevano solo non avere scrupoli ed essere mossi da scopi di lucro.

Erano stati divisi in tre squadre: testare il soggetto per verificarne la forza e il livello raggiunto, ostacolarlo e sfiancarlo ed infine recuperarlo senza troppi danni.

In quel periodo un ragazzino fu le loro orecchie e i loro occhi, per spiare il soggetto e studiarne le abitudini. Invisibile, insospettabile era lo strumento perfetto per non destare sospetti. Ricattato in modo subdolo fu facilmente adescato per il lavoro.

“Possiamo procedere all'estrazione. Come sempre, dopo fate sparire i casini che combinate!”

 

Dafne tornava dall'università come tutti i giorni. Katsuki l'aveva avvisata che quella sera avrebbe tardato, in attesa del suo ritorno avrebbe fatto un bagno caldo e avrebbe meditato. Il giorno prima aveva seguito il suo addestramento con il padre, era stato pesante, avevano intensificato gli allenamenti e aveva raggiunto un buon controllo del suo quirk. Ma quella strana forza di cui aveva percepito la presenza non l'aveva più né sentita né manifestata. Non capiva se era un potenziamento del suo quirk o qualcos'altro.

Ebbe la sensazione di essere seguita non appena scese dal treno. Quel tratto ormai era diventata una routine e conosceva tutte le facce che c'erano in giro. Cambiò strada e quando visi di uomini che non aveva mai visto facevano il suo stesso tragitto, ebbe la conferma che era seguita.

Prese la strada che conduceva verso l'agenzia di Katsuki ma quei tipi le ostacolarono il percorso, prova che volevano portarla verso un punto preciso e lontano dalla possibilità di chiamare aiuto.

Ebbe un brutto presentimento.

Fu attaccata alle spalle da un paio di individui che si erano tenuti a distanza, schivò un pugno che arrivava da destra e si girò per bloccare un calcio, riuscì a stenderli con mosse repentine: un calcio rotante spalmò uno a terra, un colpo a palmo aperto alla gola e una ginocchiata ben assestata tramortì l'altro.

Fu accerchiata da altri individui. Doveva usare il quirk perché la situazione era critica. Erano in troppi.

Fece scorrere il suo potere, gli occhi si trasformarono e ingaggiò la lotta.

I quattro tizi che l'avevano bloccata avevano tutti dei quirk, erano ben equipaggiati: due offensivi e due difensivi.

Si muovevano come se fossero una squadra addestrata, coordinata.

Riuscì con difficoltà a renderli inoffensivi. Arrivò un altro gruppo di individui e fu raggiunta anche da proiettili, si avvolse attorno un vortice di aria per deviare i proiettili prima di capire da dove provenivano.

Fu assalita da due armati di spada che riuscì a stordire con le mosse di arti marziali.

Stavano per accerchiarla nuovamente e con un'ultima scarica di energia, esplose un'onda d'urto che atterrò tutti quelli che le stavano intorno. Ne approfittò per riprendere fiato, nascondendosi in un angolo chiamò Katsuki

“Sono sotto attacco”

“Che cazzo stai dicendo?”

“Non sbraitare e vieni qui”

Katsuki si precipitò da lei seguendo il gps del telefono, avvertì Kirishima che era dall'altra parte della città nel giro di ronda.

Trovò Dafne in un quartiere periferico in una zona fuori mano e isolata, non riuscì a spiegarsi perché avesse deviato così tanto dal suo solito percorso.

“Stai bene?”

“Si tranquillo. Ora devi essere solo un Hero ok? La situazione non è facile. Sono addestrati e non penso ci lasceranno stare tanto facilmente. Sono due squadre distinte una attacca direttamente l'altra è arrivata a supporto. Poi c'è un cecchino che ho individuato in quella casa laggiù.

Non so chi siano ma non possiamo andarci leggeri”

Katsuki aveva ascoltato Dafne descrivere la situazione in ogni dettaglio, in quel momento pareva un eroe che analizzava quello che aveva intorno per intervenire nel migliore dei modi.

Si sarebbe divertito un mondo a prendere tutti a calci nel culo. Il suo corpo stava immagazzinando molto sudore e avrebbe concesso uno spettacolo esplosivo fuori dal comune.

Neutralizzò il cecchino semplicemente facendo esplodere la casa, un ghigno folle si stampò sul viso. Avevano osato nuovamente mettere le mani addosso alla sua ragazza e avrebbero pagato.

Indirizzando un lampo accecante al gruppo di tre uomini che lo avevano raggiunto, li anticipò e li stese. Le sue esplosioni raggiunsero altri due che stavano per usare il loro quirk contro di Dafne che nel frattempo aveva creato una voragine per far sprofondare due energumeni che le andavano incontro.

Lei si girò verso Katsuki e con un moto d'aria rallentò un tizio che con pugni giganti stava per colpirlo, permise a Katsuki di indirizzargli un'esplosione a distanza ravvicinata sbalzandolo lontano.

Lui raggiunse Dafne e schiena contro schiena furono accerchiati da un'altra squadra che fino a quel momento aveva esitato ad intervenire.

Dafne creò una barriera per difendere entrambi dagli attacchi che arrivarono. Katsuki balzò fuori sospinto da una corrente d'aria per avere più slancio ed esplose contro due.

Dafne si occupò di altri due soggetti. Un'altra esplosione di Katsuki contro uno di quelli che aveva un quirk di ingigantimento fu resa più potente dalla combinazione con l'energia di Dafne e l'onda d'urto creata stese tutti a terra.

Non si accorsero di uno dotato di mimetismo che riuscì ad avvicinarsi nel momento in cui abbassarono la guardia e iniettò ad entrambi un narcotico.

Dafne fu raggiunta da quattro braccia possenti che l'allontanarono di peso da Katsuki che cominciava a sentire le gambe pesanti. Allungarono un braccio l'uno verso l'altra e le loro dita scivolarono lontane. Prima di cadere a terra Katsuki vide Dafne perdere i sensi e caricata di peso su un furgone anonimo, senza targa, arrivato in gran velocità.

Poi fu tutto buio e il grido con il nome di Dafne gli rimase in gola.

 

Dafne si risvegliò con una luce al neon puntata sugli occhi, era su un lettino, era ancora stordita ma sentiva movimento attorno a lei. Era legata. Due occhi verdi si posizionarono nel suo campo visivo e rimase senza fiato. Quello sguardo lo ricordava bene, era di quello scienziato che le faceva male quando era bambina, che la teneva lontana dalla madre, che la attaccava a macchinari che le procuravano dolore.

Non era possibile era tornata indietro nel tempo.

Da sotto la mascherina lo sentì dare indicazioni intorno, Dafne avvertì una iniezione sul braccio poi una scarica elettrica le attraversò il corpo, provò dolore. Era senza forze per reagire, era finita all'inferno. Terrorizzata pregò solo che tutto finisse presto e perse di nuovo i sensi.

 

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Capitolo 20
*** Lontananza ***


Era passato un mese da quando Dafne era stata rapita. Katsuki lavorava giorno e notte per cercare una pista, un indizio, qualcosa che potesse portarlo da lei. Nonostante ci provasse con determinazione e costanza non aveva scoperto nulla. Era come se si fosse volatilizzata, quel gruppo che l'aveva attaccata non aveva lasciato alcuna traccia. Non aveva notato alcun segno, alcun simbolo che li legasse a qualche organizzazione. Era come se non esistessero. Eppure avevano preso la sua Dafne.

Di una cosa era certo il simbolo sulla spalla di Dafne doveva essere la chiave.

Katsuki era seduto al tavolo della cucina disseminato di fogli, dati e giornali che consultava ogni giorno per trovare anche la più piccola traccia.

Bussarono alla porta, era Aizawa. Dall'accaduto il suo viso imbronciato era diventata una maschera sofferente, aveva reso pubblico il fatto di avere una figlia. La denuncia della sua scomparsa fu il momento più doloroso, aveva fatto un appello accorato: chiunque avesse visto qualcosa poteva essere di grande aiuto. Anche sfruttare la stampa si rivelò un buco nell'acqua. I due uomini si incontravano spesso per scambiarsi le informazioni che riuscivano ad avere, ognuno sperava che l'altro avesse qualche indizio ma non facevano alcun progresso. Dafne era sparita senza lasciare alcuna traccia.

Katsuki era convinto che la colpa fosse sua. Aveva esposto Dafne al mondo intero per una sua malsana idea di onnipotenza, l'aver divulgato che fosse la sua ragazza gli era sembrato un modo di allontanare chiunque da lei visto che lui era Dynamight, invece era stata una cazzata.

Qualcuno l'aveva presa di mira proprio perché lui era un eroe?

Eppure non aveva senso. Nessuno aveva rivendicato nulla o erano arrivate richieste di riscatto. Più ci pensava e più era convinto che tutto era collegato al simbolo comparso sulla spalla di Dafne.

“Quel disegno sulla sua spalla non abbiamo mai capito cosa fosse”

Si rivolse ad Aizawa con gli occhi stanchi, dormiva poco e quel poco che dormiva veniva sempre disturbato dall'ultima immagine di Dafne che gli tendeva la mano e lui non era riuscito ad afferrarla.

“Nemmeno Akiko mi ha detto qualcosa in merito, mi raccontò solo che con gli esperimenti c'era di mezzo un'organizzazione losca. Era convinta che quell'incidente avesse messo fine a tutto perché non furono mai seguite e per anni nessuno le cercò. Se fossero loro abbiamo meno di niente. Il luogo dello scontro era stato completamente ripulito quando ti hanno recuperato, non c'era nulla, perfino le cose distrutte erano state sistemate”

“Vedrò di inventarmi qualcosa. Non è possibile che non esistano, che non troviamo una pista. Dovranno fare un passo falso e sarà la nostra occasione”

Katsuki era ostinato di natura, non era tipo da arrendersi alla prima difficoltà, l'avrebbe ritrovata ad ogni costo.

“Vado in agenzia, ti tengo informato vecchio!”

Aizawa se ne tornò a casa visibilmente preoccupato. Sapeva cosa voleva dire agire nell'ombra. Nel suo passato prima di diventare un eroe aveva vissuto un periodo nella illegalità e aveva imparato a conoscere un lato della realtà che non era sotto gli occhi di tutti. Ed era sicuro che sua figlia fosse finita nelle mani di gente senza scrupoli. Solo il pensiero che fosse nuovamente vittima di esperimenti lo terrorizzò. Quelli erano stati la causa della morte di Akiko e se a Dafne fosse toccata la stessa sorte non avrebbe retto al dolore. Nella sua vita aveva perso troppe persone importanti e perdere una figlia sarebbe stata la cosa più devastante. Avrebbe disintegrato completamente il suo animo che si reggeva su un equilibrio precario, sostenuto dall'affetto di quella figlia che aveva ritrovato dopo tutta una vita. Non poteva perderla. Non era affatto pronto ad un'evenienza del genere!

Katuski era arrivato in agenzia e si ritrovò nello spogliatoio insieme a Kirishima, l'unico che riusciva a sopportarlo nella condizione in cui era e che poteva avvicinarsi a lui. Dovevano cominciare un turno di ronda e Kirishima si era messo in mente che gli avrebbe fatto da spalla, non voleva lasciarlo da solo per evitare che facesse qualcosa di insensato.

Katsuki era silenzioso ma almeno accettava la sua presenza, Kirishima poteva solo immaginare quello che stava passando l'amico. Essere in quella condizione, non sapere dove cercare, cosa cercare per Katsuki era devastante e per lui, che era il pilastro dell'orgoglio, tenersi tutto dentro era più distruttivo.

“Ehi Bro! Stasera pensavamo di uscire per una bevuta, giusto per cambiare aria. Ti farebbe bene, praticamente vivi tra agenzia e divano”

Katsuki si stava infilando la tuta del costume e si bloccò, si girò verso il rosso e lo fulminò con lo sguardo come se avesse detto una blasfemia “Pensi possa cambiare le cose?”

Sapeva che quell'idiota dai capelli di merda era preoccupato per lui ma non voleva la pietà di nessuno. E poi non aveva mai amato la confusione dei locali figuriamoci nello stato in cui era in quel momento. Avrebbe voluto solo distruggere qualcosa, dare sfogo a tutto quello che sentiva nell'animo. Dolore, angoscia, tristezza, era un'accozzaglia di emozioni del cazzo che voleva tirare fuori con un grido liberatorio. Non era stato capace di proteggere Dafne, che razza di eroe era se non riusciva a proteggere nemmeno la persona che amava?

La scena delle loro dita che si sfioravano nel vano tentativo di toccarsi un'ultima volta lo faceva impazzire. La sensazione di impotenza che aveva provato in quel momento gli faceva contorcere le viscere e averla vista caricata a forza gli smuoveva dentro un grido furioso, folle. Ma no! Il grande Dynamight non poteva dare voce a quello che aveva dentro, non poteva far vedere agli altri che fosse debole e una mammoletta sentimentale.

Era tornato quello di un tempo, inavvicinabile e costantemente incazzato. La sua espressione era tornata dura e infastidita.

Kirishima si fece serio, sostenne lo sguardo dell'amico. Non poteva non notare le occhiaie attorno a quegli occhi rossi e fieri, la sua postura era incurvata in modo evidente come se sulle spalle avesse costantemente un macigno che si portava appresso, i muscoli del corpo era tirati in perenne tensione

“Kat posso solo immaginare come ti senti! Ma sappi che noi saremo sempre al tuo fianco e ritroveremo Dafne anche a costo di seguirti all'inferno”

Quelle parole scossero l'animo di Katsuki. Quello era il suo compagno, il suo braccio destro e non si era mai arreso con lui. Lo sopportava e supportava dai tempi del liceo fin dal primo momento che si erano conosciuti. Per la prima volta si rese davvero conto che non era mai stato solo, aveva dei veri amici su cui contare.

 

 

Il soggetto è oltre le aspettative. I test sono stati tutti superati. Le abbiamo assegnato anche le prime missioni portate a termine in modo eccellente”. La voce del dottor Kendo echeggiava nel suo studio con tono trionfale, parlava al telefono con il capo che aspettava i resoconti degli esperimenti.

La chiave del loro progetto era stata recuperata prima che il materiale organico necessario si esaurisse con i vari tentativi effettuati negli anni per ricreare l'incubatore.

Quella ragazza aveva un quirk eccezionale e la sua struttura molecolare si era adattata nel corso degli anni all'impianto genetico inoculato, si era evoluta, si era amalgamata con esso e traevano energia l'uno dall'altra. Il suo dna nascondeva messaggi genetici strabilianti, era nata dall'unione di quirk interessanti che combinati avevano creato qualcosa di speciale.

Il dottor Kendo era riuscito anche a sintetizzare un preparato dal sangue della madre del soggetto, il cui quirk di manipolazione mentale era stato un elemento importante in tutto il suo studio, peccato non avesse retto agli esperimenti, sarebbe stato un altro soggetto prezioso su cui effettuare altri studi. Essendo il genitore, il preparato era perfettamente compatibile con il soggetto, non c'era stato alcun rigetto. Le cavie degli anni passati diventavano instabili e ingestibili poi morivano. Il dna innestato interferiva con i processi cognitivi e mentali delle cavie portandole alla morte cerebrale.

Era riuscito a creare una cura per il suo capo, mancavano gli ultimi test per avere i dati completi e per avere il siero.

Così il loro obiettivo di prendere il comando della vita criminale del paese poteva realizzarsi. Non volevano destabilizzare la società o fare guerra agli eroi. Quello a cui miravano era lavorare nell'ombra, creare una realtà della società dove regnava il potere della corruzione, del denaro e della malavita. Lì gli eroi non erano i benvenuti ma nemmeno erano consci di quello che c'era oltre le loro vite, oltre la loro società. La spettacolarizzazione che ruotava attorno agli eroi era la distrazione delle masse illuse e le rendeva cieche del vero male insito negli uomini.

Da quando, però, il capo era stato costretto a ritirarsi per i problemi alla sua salute, l'organizzazione si era smembrata e fu attanagliata da lotte interne per accaparrarsi il potere. In quegli anni tutto quello che era stato costruito con dedizione dal suo capo era stato distrutto in un attimo. Un capo debole e malato non era un leader. Per questo fu ingaggiato per trovare una cura. Aveva continuato con gli esperimenti anche se aveva perso il soggetto perfetto, per lui era stato un duro colpo perché mancava davvero poco per sintetizzare un siero. Quel dannato incidente aveva vanificato i suoi sforzi e aveva dovuto ricominciare da capo, ma le cavie usate non resistevano, erano così deboli, inutili. Quella bambina era stata una scoperta per questo l'aveva marchiata, dimostrazione che lei era di sua proprietà.

Il marchio sarebbe ricomparso nel momento della liberazione del pieno potere insito in lei, prova che i quirk innestati si erano stabilizzati nel suo dna.

Nei mesi successivi il soggetto aveva portato a termine varie missioni e si era rivelato prezioso in altre. Per convenzione le fu dato il nome Shion, nome dato al progetto originario. Manifestava una certa avversione per la cieca obbedienza e a volte si prendeva la libertà di agire autonomamente, aveva anche un certo disgusto per le imprese degli eroi. Rispondeva ai soli ordini del dottor Kendo che cercò di sfruttare queste particolarità, ma fu costretto ad aumentare la rete di controlli della zona perché si vociferava che c'era un gruppo di eroi che stava ficcando il naso dove non doveva. Se fosse stato necessario avrebbe sguinzagliato la sua arma per farli sparire. Il suo metodo di disintegrare gli avversari si sposava bene con il suo modus operandi del non lasciare alcuna traccia.

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Capitolo 21
*** Scoperta ***


L'aggancio che Katsuki riuscì ad avere fu grazie al disegno di Dafne. Lo ricordava perfettamente per tutte le volte che lo aveva osservato e ne aveva seguito i contorni con le dita. Non era un semplice disegno, era stato impresso nella carne e le linee erano in leggero rilievo sulla pelle. Era un vero e proprio marchio! Quando lo aveva toccato la prima volta ne fu scosso, era stata la prova degli esperimenti che Dafne aveva subito. L'unica perché stranamente il suo corpo non aveva altre cicatrici o segni. A parte la bruciatura sul petto. Poteva solo immaginare a quali torture era stata sottoposta e al solo pensiero che le avrebbero fatto ancora del male gli venne la nausea e un terrore incontrollato lo avvolse.

L'assenza di Dafne lo stava logorando. Erano passati cinque mesi.

La sera prima aveva avuto un crollo davanti a Kirishima, l'ennesima pista percorsa che non portò a niente prima lo fece arrabbiare, con un pugno sbattuto sul tavolo del suo ufficio lo fece esplodere poi la rabbia lasciò il posto alla disperazione e gli occhi si riempirono di lacrime. Il pensiero che Dafne potesse essere morta si fece largo di prepotenza nella sua mente. Ecco perché non troviamo nulla!

Il cuore si strinse in una morsa come se qualcuno glielo stesse strappando dal petto e gli mancò il respiro. Pianse lacrime disperate che mai aveva versato. Kirishima lo sostenne in quel momento difficile e gli tese la mano per non farlo sprofondare in un baratro senza fondo. Ah dannato Kirishima! Sempre presente al suo fianco, aveva visto ogni lato di lui. Farsi vedere in quel momento di fragilità non fu altro che la consapevolezza che di lui poteva fidarsi fino in fondo. Cazzo! Le emozioni lo stavano imbrigliando in una morsa e non avere Dafne a placare tutto il frastuono che sentiva dentro era davvero devastante. Mai aveva sentito il bisogno di piangere e non poteva fare a meno di pensare che era solo a causa di Dafne. I suoi sentimenti per lei erano reali. La sua missione adesso era quella di riportarla da lui.

Un'altra settimana passò e riuscì ad ottenere una soffiata che lo portò in un quartiere a centinaia di chilometri di distanza . Era una notte di luna piena, il ragazzino che gli aveva dato l'indizio gli aveva suggerito di muoversi di notte per non destare sospetti. In un quartiere povero, sporco, che puzzava di marcio ma non di qualcosa andato a male ma il marciume dell'essere umano più putrido e rivoltante. Non sapeva cosa avrebbe visto, cosa poteva scoprire in un buco di merda del genere. Gli eroi in quei posti non erano accolti come salvatori ma come scocciatori, sassolini fastidiosi che venivano anche fatti fuori se pestavano i piedi a quello sbagliato. Katsuki aveva sempre avuto il sentore dell'esistenza di un ambiente così avariato ma poiché non interferiva con la società, gli eroi non potevano nulla. Lì non servivano a niente.

Era lì solo per avere anche un piccolo indizio della conferma che Dafne fosse ancora viva.

Girato un angolo si trovò davanti la scena di un uomo che strillava spaventato contro una figura che era in ombra. Una corrente d'aria gli attraversò le narici e gli restituì una nota dell'odore di Dafne, il suo sistema andò in tilt. In quel marciume era riuscito a sentire quel profumo, doveva averlo immaginato, la mancanza di Dafne gli stava facendo brutti scherzi.

Quell'uomo fu preso per il colletto da quella figura che era più bassa di lui eppure l'uomo ne era terrorizzato. La mano che lo teneva stretto lo aveva fatto inginocchiare a terra. Katsuki ebbe un sussulto, gli era parso di vedere una scia azzurro-violacea attraversare il braccio uscito dall'ombra. Poi la figura si sporse verso quell'uomo e la luce della luna illuminò completamente il suo viso. A Katsuki quasi venne un infarto, riconobbe la linea del naso, delle labbra, i capelli mossi neri con riflessi rossi. Quella figura si accorse della sua presenza e piantò i suoi occhi completamente neri in quelli di Katsuki. Lui vide qualcosa che non gli piaceva: in quegli occhi non c'era più la luce di Dafne ma buio totale, odio e smania di onnipotenza.

Lei scaraventò con forza l'uomo lontano e uscì dall'ombra per intero guardando Katsuki con un ghigno che lo fece gelare.

Che cazzo ti hanno fatto?

Quando lei parlò ogni briciolo di dubbio, paura, speranza si mescolarono come un ammasso informe che gli si piazzò sul cuore. Pesante a stritolarlo, la voce era di Dafne ma tuonò sinistra e raccapricciante

“Toh chi si vede da queste parti? Un eroe! Addirittura il dinamitardo! Questo non è posto per te”

Katsuki era rimasto immobile, non credeva a quello che aveva davanti, riuscì solo a pronunciare il suo nome con un flebile fiato.

“Se non vuoi problemi ti consiglio di sparire immediatamente”

Dafne si mise in posizione di attacco.

Niente, lei non aveva avuto alcuna reazione guardandolo. Non lo aveva riconosciuto, era un estraneo e il modo in cui lo osservava era segno di disgusto. Lo guardava in modo schifato.

Dio che ti hanno fatto!

Doveva riportarla indietro, riportarla da lui. Avrebbe fatto di tutto anche se significava distruggere l'intera città.

“Ti stai divertendo Dafne?”

Con tono deciso rimarcò il suo nome per destare qualche reazione in lei.

“Ho detto che ti conviene sparire, eroe!”

“Torna a casa...Dafne, questa non è il tuo posto!”

Lei gli rise in faccia

“Perché mi chiami Dafne? Hai preso un abbaglio. Ripeto sparisci”

L'ultima frase suonò minacciosa stavolta e se la ritrovò davanti, si era mossa in un lampo dal punto in cui si trovava e gli tirò un pugno in faccia impregnato della sua energia. Katsuki non ebbe tempo di parare, incassò il colpo e volò lontano per qualche metro.

Dafne rivolse il palmo verso di lui e lo fece scontrare con un muro d'aria.

La pronta reazione di Katsuki gli evitò il terzo attacco, ma lei era velocissima e annullò nuovamente le distanze tra loro per tempestarlo di colpi. Katsuki non voleva combattere, si limitava a parare e schivare ma lei era una furia, lo colpiva per andare a segno, per fargli male. Era come se Dafne avesse il cervello spento, sembrava un involucro delle sue fattezze ma della sua Dafne non c'era alcuna traccia. Nello scontro cercò di parlarle, di dirgli di loro, del loro legame, del padre, degli amici ma non sortì alcun effetto.

Allora la anticipò e la centrò con un'esplosione, se l'avesse tramortita l'avrebbe portata via da lì in un attimo. Ma lei non era il tipo da venire abbattuta con un solo colpo, si rialzò leccandosi il rivolo di sangue che le colò dal labbro, inebriata della forza e della tenacia del suo avversario.

Katsuki con un lampo accecante le limitò la visuale e ciò gli permise di sorprenderla alle spalle ma invece di attaccare l'abbracciò. La sentì sussultare come se il corpo di lei si fosse risvegliato al suo contatto. Quanto le era mancato il suo calore, lei era lì da qualche parte nella sua mente.

Le sussurrò all'orecchio

“Sono io cavalletta!”

Lei sembrò accettare quel contatto ma in un secondo fece scorrere la sua energia lungo tutto il corpo aumentando la sua temperatura corporea. Stava incanalando energia per un'onda d'urto ma Katsuki fu veloce ad allontanarsi per non venirne travolto.

Non si sarebbe arreso, doveva riprovare ad avvicinarsi a lei. Continuarono a combattere, per la seconda volta Katsuki riuscì a starle vicino, stavolta infranse la guardia di Dafne e alzò una mano, lei si aspettava un'esplosione in piena faccia perché si irrigidì per contenere il colpo, ma lui le accarezzò la guancia e le passò il pollice sulle labbra. Gli occhi di lei si spalancarono per la sorpresa, ma lo allontanò nuovamente con una corrente d'aria che cominciò a vorticare impetuosa. Tutto intorno veniva risucchiato da quel vortice perfino una raffina di esplosioni che Katsuki tentò per contrastarla.

Dal palmo della mano di Dafne si palesò altra energia sotto forma di fiamme che unita al vortice d'aria fu rivolto verso Katsuki. Lui cercò riparo ma fu sbalzato contro un muro, travolto e sepolto dai detriti.

Si risvegliò con gli occhi di Kirishima piantati su di lui preoccupato.

Dafne era sparita.

 

Il soggetto tornò alla base, aveva lasciato un problema in circolazione, sarebbe dovuta tornare in quel posto a sistemare le cose. Era confusa. Quell'eroe l'aveva chiamata Dafne come se la conoscesse, lo aveva sentito anche la prima volta che aveva parlato nonostante era stato un sussurro. Il tono della sua voce era stato piacevole, le era parso pieno di sentimento, calore. Poi quando gli era stato vicino aveva percepito uno strano sussulto nel cuore. Ma lei non era quella Dafne e quell'eroe era un nemico. Eppure era come se sentisse di sapere chi ci fosse dietro la maschera.

Si ricompose, doveva recuperare il tizio da eliminare e fare poi rapporto, se quell'eroe le avesse dato fastidio sapeva di avere il permesso di farlo fuori. Per lei fu facile far fuori il bersaglio che le avevano assegnato. Nell'esatto momento in cui attivò il suo quirk percepì un'adrenalina diversa dalla solita, fu una frazione di secondo il suo potere vibrò titubante come se una parte di lei volesse evitare quello che stava per accadere. Quando il corpo dell'uomo cominciò a sgretolarsi tra le sue mani la testa fu come colpita da un fulmine, un boato fragoroso esplose nel cervello e nella mente sentì gli occhi di quell'eroe puntati su di lei. Maledetto! Cosa era venuto a fare in quel posto? Gli eroi lì non dovevano mettere piede e lei non ne aveva mai incontrati. E poi quello era dannatamente prepotente. Le aveva dato degli ordini. Però l'aveva guardata in modo insolito. Quegli occhi rossi dietro la maschera l'avevano squadrata in modo insistente e si erano piantati nei suoi determinati a cercare qualcosa nel profondo. Per un attimo aveva accettato quello sguardo che sembrò l'avesse avvolta in un abbraccio tenero e di conforto. Ma scacciò immediatamente quella malsana idea. E poi non capiva perché il corpo aveva reagito involontariamente al suo contatto. Era stato calore quello che aveva sentito vicino a quel folle. Nessuno si era mai avvicinato a lei così tanto senza pagarne poi le conseguenze. Ma lui era stato deciso a toccarla. Perché si era spinto a tanto? Tornò alla base immersa in quei pensieri. Passò dal capo per avvertirlo del completamento della missione e lui per tutta risposta le assegnò un nuovo incarico. Non fece alcun accenno a quell'incontro e si richiuse nella sua stanza in attesa di mettere in campo un nuovo piano per adescare il prossimo obiettivo. Seppellì senza problemi tutte quelle incertezze e sensazioni. Quell'eroe non poteva essere un suo problema.

 

Ho una pista vecchio!” Katsuki aveva chiamato Aizawa non appena si riprese dallo stordimento per opera di Dafne

Abbiamo bisogno di un piano. Dafne è viva ma non mi ha riconosciuto, le hanno fatto qualcosa. I suoi occhi erano diversi. Sarò in agenzia tra mezz'ora raggiungimi là”

Katsuki era sollevato per aver avuto la conferma che Dafne fosse ancora viva, ma il modo in cui lo aveva guardato lo aveva disturbato. Lei era lì davanti a lui ma non sapeva chi fosse. Le avevano cancellato nuovamente i ricordi, era l'unica spiegazione possibile. Era deciso a farle tornare la memoria in un modo o nell'altro. Non poteva non ricordarsi di quello che c'era tra loro! Lui aveva penato ad accettare quel sentimento e ora lei non ricordava nemmeno chi fosse.

“L'ho incontrata in questa zona. Io farò da esca, sono sicuro che se mi aggirerò nel suo territorio sarà lei a trovarmi. Faremo scattare la prima fase del piano: Aizawa annullerà il suo quirk così potrò iniettarle un localizzatore. Una volta scoperto il luogo in cui la tengono ci apposteremo per analizzare la situazione e daremo avvio alla seconda fase: irruzione e recupero. Tutto chiaro?”

Un Katsuki rinvigorito spiegava con decisione alla sua squadra il piano che aveva architettato mentre tornava in agenzia dopo l'incontro-scontro con Dafne. Doveva essere paziente, una parola che non faceva parte del suo modo di essere. Era sempre stato impulsivo ma per la prima volta nella sua vita doveva pensare ad essere più pacato e lucido possibile per evitare di farsi prendere dall'impeto di spaccare ogni cosa. Sentiva dentro risvegliarsi una forza immensa ora che aveva visto con i suoi occhi che lei era ancora viva. Il sangue gli ribolliva con l'unico intento di distruggere ogni traccia di ciò che li aveva separati. Era sempre difficile pensare al bisogno che aveva di lei, a quello che sentiva per lei. Era ancora strano percepire dentro di lui l'amore che nutriva per lei. Lo aveva cambiato e reso più determinato nel raggiungere quello che ambiva. L'avrebbe presto riportata da lui.

 

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Capitolo 22
*** Confusione ***


Shion era seduta al tavolino del bar del quartiere. Gli occhi fissi sul nuovo bersaglio da eliminare, lo osservava da dietro un paio di occhiali scuri. Aveva dovuto indossare anche una felpa per coprire i suoi tratti distintivi riconoscibili dalla gente. Il suo capo l'aveva ammonita duramente l'ultima volta perché non era stata molto discreta, non poteva andarsene in giro mettendo in bella vista il suo tatuaggio né tantomeno i suoi occhi di un colore insolito quando usava il suo quirk. Doveva aggirarsi nell'ombra ed essere un fantasma. Era quello il suo ruolo, eliminare i bersagli che le venivano assegnati senza lasciare traccia. Gli obiettivi erano i vari capi dei clan creati dalla scissione dell'organizzazione, tolti di mezzo quelli il dottor Kendo avrebbe permesso al suo capo di risorgere e riprendere il comando.

Lei era solo uno strumento, un'arma a disposizione per mettere in riga chi si opponeva e dava fastidio.

Assorta nell'osservare i movimenti dell'uomo da far fuori, davanti gli occhi le passarono delle immagini: un ragazzo biondo dagli occhi cremisi, mani calde che l'avvolgevano, labbra che si posavano sulle sue, un uomo dai capelli neri che le sorrideva. Chi erano quelle persone?

Fu ridestata dal suo sottoposto che l'avvisò che l'eroe Dynamight si aggirava da ore nella sua zona, forse era proprio il caso di farlo fuori, era fastidioso e non sapeva stare al suo posto.

Lo trovò in un vicolo con il suo costume appoggiato al muro come se stesse aspettando qualcuno

“Sei arrivata Dafne”

“Perché continui a chiamarmi Dafne? Sembri un disco rotto”

Stava aspettando lei, per quale motivo? Non gli era bastata la sconfitta dell'altra volta? Doveva piacergli essere schiacciato come una formica

Aveva la maschera alzata sulla fronte e stavolta la guardò in modo intenso come se volesse leggergli dentro. Quegli occhi dalle iridi rubino la scossero, erano gli stessi occhi che aveva visto nella sua mente poco prima

“Chi diavolo sei tu?”

La domanda era più per se stessa ma la pronunciò a voce alta e non si aspettava di avere una risposta

“Sono Katsuki, non puoi non ricordarti di me!”

La mente di Dafne andò in confusione: quegli occhi le sembravano familiari, quel nome. Era come se si sentisse legata a quell'eroe, il corpo reagiva ma la sua mente era certa di non avere nulla a che fare con lui.

Attivò il suo quirk, voleva scollarsi di dosso quelle sensazioni, spazzare via quel maledetto contrattempo. Non poteva farsi distrarre, già una volta, per colpa sua, aveva rimandato un ordine e tornare alla base senza aver completato la missione l'avrebbe messa in cattiva luce.

Dall'ombra uscì una figura che gridò verso di lei

“Fermati Dafne!”

Era quell'uomo che aveva visto nella sua mente.

Chi diavolo erano quelle persone?

Come quell'uomo poggiò lo sguardo su di lei il suo quirk venne annullato. Katsuki approfittò dell'esitazione di Dafne per iniettarle il localizzatore sulla spalla, lei gli tirò un pugno ma lui le bloccò il polso e la tirò a sé “Verrò a prenderti” e la baciò.

Dafne si abbandonò a quel bacio, il suo corpo accettò quel contatto involontariamente. Pareva riconoscere quelle labbra, il loro sapore e quel profumo che si sprigionava da lui lo ricordava. Una nota speziata avvolgente con un sentore di zenzero. Nella sua testa echeggiò forte un nome Kacchan!

Lo spinse via con forza e scappò. Si nascose nell'ombra, conosceva ogni vicolo, ogni via per sfuggire senza essere vista e seguita.

Quando fu lontana da quell'uomo annulla quirk, si allontanò dalle strade fermandosi sul tetto di un palazzo. Nella testa esplosero nuove immagini con forza, la testa faceva male. Che sta succedendo?

Incanalò energia senza rendersene conto, c'era qualcosa che voleva uscire prepotentemente da lei, rilasciò tutta quella forza in un'esplosione dirompente. Gridò in preda alla rabbia, la mente era in subbuglio, il cuore aveva il battito accelerato. Il cielo fu rischiarato da un lampo e divenne luce come se il sole avesse fatto capolino improvvisamente. Il corpo tremava, scosso da una strana agitazione che montava da dentro, stava lottando con la mente per riallinearsi sullo stesso binario.

Tornò alla base turbata. Era come se dalla sua testa qualcosa volesse palesarsi, graffiava su un muro con stridore lacerante. Voleva mostrarle qualcosa che il corpo conosceva bene perché stare vicino a quell'eroe aveva percepito sensazioni positive. Non era possibile! Lei odiava gli eroi, gli davano la nausea eppure nella testa continuava a risuonare quella sua voce che pronunciava quello che doveva essere il suo vero nome. Chi era davvero lei? Cosa era? Possibile che quel ragazzo e quell'uomo avessero fatto parte della sua vita? Ma quale vita? Non aveva una vita, non ricordava nulla del suo passato. Lei era Shion e...basta.

Così in pensiero non si accorse del dottor Kendo che la stava osservando dal corridoio del suo studio che vagava in giro, distratta e visibilmente in ansia.

La fece chiamare scortata da due guardie.

Il dottor Kendo era comodamente seduto sulla poltrona della sua scrivania, schiena dritta, petto in fuori. Picchiettava con un dito il registro che aveva tra le mani con ritmo lento, un ticchettio regolare che seguiva i passi di Dafne che si avvicina nella stanza. E la fissava impassibile con quegli occhi verdi che facevano sempre gelare l'ambiente intorno.

“Shion hai mancato l'obiettivo, non sono molto contento. Ti ho lasciato fare a modo tuo ultimamente ma non portare a termine gli ordini non è un lusso che ti puoi permettere”

“C'è stato un contrattempo che ha solo rimandato la missione”

Il dottor Kendo continuava a guardarla fissa negli occhi, un angolo della bocca alzato in un sorrisetto di uno che vuole apparire benevolo ma che in realtà è una serpe velenosa che al primo movimento sbagliato morde per uccidere.

“Non dovresti avere problemi no?”

Lo vide alzarsi dalla poltrona e dirigersi verso di lei, con passi felpati. Lui assottigliò lo sguardo come se la stesse scandagliando con un metal detector impiantato nel cervello. A Dafne sembrò di essere completamente nuda davanti a lui in quel momento. Aveva la sensazione di essere fuori posto, un senso di inadeguatezza la invase. Vide i suoi occhi soffermarsi sulla sua spalla.

Ricordò in quel preciso istante che quell'eroe le aveva fatto un'iniezione, non ci aveva fatto caso fino a quel momento per quanto quel nuovo incontro l'avesse confusa.

Un guizzo negli occhi del dottor Kendo le fece temere il peggio.

La strattonò stringendo quella spalla

“Cosa vai combinando Shion? Cos'è questo foro? Conosco ogni centimetro del tuo corpo. Tu sei mia! Non puoi nascondermi nulla”

In quel momento lei ebbe paura. Il dottor Kendo aumentava la presa e lei fece una smorfia di dolore. Non poteva dirgli che era confusa, che ricordava delle cose, delle persone. Sarebbe stata rinchiusa nuovamente nel laboratorio, immobilizzata da mani viscide che le perforavano la carne con aghi, scariche elettriche attraversarle il cervello. Si bloccò. Perché pensava a quelle cose? Erano altri ricordi? Stava impazzendo.

Si mise le mani sulla testa. Guardò il dottor Kendo con furore, sentiva che lui era il nemico. Gli occhi cambiarono colore più per difendersi che per attaccare. Il dottor Kendo non perse il controllo, serrò i denti e sibilò

“Non osare! Io sono il tuo padrone”

Nel frattempo lui aveva estratto una pistola dal fodero della giacca e premendo sulla spalla di Dafne nel punto in cui c'era il foro dell'iniezione sparò. Il proiettile trapassò la carne e uscì dall'altra parte disintegrando carne, muscoli, tendini e anche qualcos'altro i cui frammenti si sparsero sul pavimento insieme al sangue.

I due scagnozzi entrarono e la presero di peso, lei per lo shock era rimasta immobile, il dolore lancinante era come se le avesse dato uno schiaffo a mano aperta in faccia e l'avesse risvegliata da un sonno. Tutti i suoi ricordi tornarono in un attimo: ogni cosa, ogni sensazione, ogni evento.

Una carrellata di immagini si susseguirono una dopo l'altra nella sua mente. Lei era Dafne Horimoto. Katsuki!Papà!

Non ebbe il tempo di reagire, fu picchiata brutalmente e portata in laboratorio, sentì un ago pizzicare il braccio.

Mi stanno di nuovo drogando.

Il dolore alla spalla era tremendo. Perdeva sangue, poteva percepirne l'odore distintamente e sentirlo scivolargli lungo il braccio. Fu lanciata in una vasca contenitiva, l'anestetico stava facendo effetto, per poco non affogò nel liquido, poi si sentì strattonare e sollevare di peso, qualcosa le trapassò la schiena. Il dolore esplose fragorosamente in tutto il corpo. Gli occhi divennero pesanti e tutto fu buio.

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Capitolo 23
*** Recupero ***


Dafne era in un posto senza luce, senza suoni. Percepiva il suo corpo privo di gravità, immerso in acqua. Il corpo era dolorante in vari punti, l'avevano picchiata per non darle il tempo di usare il suo quirk. Era stata nuovamente messa in riga, ricordava quando disubbidiva cosa le succedeva, non era la prima volta. Ma non voleva ricordare di nuovo cose orrende.

Si era rifugiata nella sua testa per non sentire la sofferenza, la solitudine. Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando era stata rapita ma aveva davanti il momento in cui fu strappata da Katsuki e sprofondò nella disperazione più totale.

Mise a tacere ogni emozione, voleva solo abbandonarsi al silenzio, si rannicchiò e attese lì in quel posto che aveva creato la sua mente, senza tempo, senza dolore. Le membra erano deboli, il respiro si faceva più sottile, il battito del cuore più debole, in stasi.

Non aveva altri desideri in quel momento voleva solo essere in una specie di limbo eterno. In uno stato di morte apparente, così non avrebbe più sentito le torture, la tristezza e l'angoscia di non sapere dove fosse finita. La consapevolezza di aver perso Katsuki la lacerava.

Quando sembrò essersi persa in un'oscurità infinita, percepì un calore, una strana fiamma, flebile, che sfarfallava incerta rischiarando il buio come un lumicino. Ne fu attratta e si mosse verso quella luce. Mano a mano che lei si avvicinava si allargava, si faceva più intensa, viva, alimentata da lei. Si muoveva ondulando, quasi danzando, in un attimo assunse il colore del suo quirk misto al rosso vivo. Era quella forza che aveva sentito varie volte , era simile alla potenza del fuoco.

Lei percepiva l'energia esterna eppure l'aveva sempre avvertita anche dentro di lei, ma era sicura fosse qualcosa di impiantato. Si era sentita sempre come se avesse un pezzo di sé non amalgamato con il resto, una macchia che galleggiava in un liquido senza fondersi del tutto. Forse era il momento di accettare quella forza pienamente. Tese la mano verso le fiamme e in un attimo le bruciarono il braccio, aveva opposto resistenza.

Poi avvertì anche una profonda oscurità che aleggiava nell'aria. Un'altra parte di quella fiamma, una forza letale, cupa, quella che aveva manifestato la prima volta da bambina quando aveva salvato lei e la madre che era riuscita a fare implodere in lei procurandosi quella cicatrice sul petto. Così come aveva tentato di uscire in preda alla disperazione alla U.A. e l'aveva sempre arginata, spinta a rifugiarsi dentro. Era una potenza distruttiva enorme che con gli anni aveva sempre cercato di uscire. Si agitava nelle viscere del suo essere, gorgogliava. Aveva imparato a soffocarla, grazie agli addestramenti a cui era stata sottoposta. Ma era sempre lì e nei momenti in cui perdeva il controllo si affacciava impaziente, desiderosa di prendere il sopravvento.

Si sentì braccata da quella forza. Ne ebbe paura. Perché ogni volta che tentava di controllarla succedevano disastri e anche lei ne subiva le conseguenze. Quell'energia cercava di attaccarsi a lei, la inseguiva, ma lei ne era terrorizzata. Lo spavento la scosse e riaprì gli occhi di scatto. Difronte a lei c'erano quelli di Katsuki.

Sei venuto a salvarmi!

 

La squadra aveva tracciato Dafne, il segnale aveva registrato interferenze in una determinata area poi più nulla. Era stato disattivato improvvisamente. Erano però riusciti a registrare le coordinate del luogo.

La fase di analisi fu quella più difficile per Katsuki. Era impaziente di fare irruzione in quella tenuta per portare via Dafne, ma la situazione era delicata. Se il localizzatore era stato disattivato voleva dire che l'avevano scoperto, dovevano essere molto più cauti per non essere colti di sorpresa. Studiò un piano di attacco, appostandosi giorno e notte per memorizzare i turni di guardia, i movimenti e capire i vari ingressi e le vie di fuga da utilizzare.

Dopo una settimana agirono.

Kaminari con il suo quirk elettrico disattivò comunicazioni, armi elettroniche e sistemi di sicurezza del nemico. Le due squadre formate, una d'attacco e una di difesa avanzarono. Il posto era una base scientifica e negli ultimi giorni Katsuki si era accorto che la maggior parte delle guardie si era trasferita chissà dove. Non ci fu grande resistenza, anche perché l'assalto fu inaspettato. Katsuki, in testa alla squadra d'assalto seguito da Aizawa, era indemoniato, ogni esplosione messa a segno permetteva l'avanzata senza problemi. Mise fuori combattimento chiunque provava a contrastarlo. Il quirk di Jirou captò onde sonore provenienti da un piano inferiore. Trovarono le scale e la cantina.

Il quirk indurimento di Kirishima sventrò la parete del laboratorio. Gli scienziati all'interno cercarono di difendersi ma furono messi fuori gioco da Aizawa con le sue bende di cattura e portati via dagli altri.

Solo uno se ne stava ancora ad un tavolo ad armeggiare con provette e strumenti vari incurante di quanto stava accadendo. Alzò lo sguardo verso Katsuki, un lato della bocca alzato in un sorriso agghiacciante, pigiò il dito su un pulsante di un computer per inviare dei dati. Spostò in modo repentino gli occhi verso un angolo della stanza e rise in modo terrificante. Una risata di soddisfazione mista a follia pura. Non reagì nemmeno quando fu bloccato da Kirishima.

Katsuki guardò nel punto in cui quello aveva spostato lo sguardo. E la vide.

Dafne era in un cilindro di vetro come una cavia, in una zona poco illuminata, immersa in un liquido con addosso solo un top e dei pantaloncini bianchi. Era attaccata ad un respiratore e dalla schiena, da quattro punti della colonna, uscivano dei fili. Sul corpo erano evidenti vari segni, lividi e cicatrici oltre la sua bruciatura. Alla spalla dove le aveva iniettato il localizzatore c'era un buco ben più grande: una ferita rossa con contorni frastagliati di qualcosa di esploso forse un proiettile.

Katsuki fu invaso dalla rabbia più cieca, distrusse il tavolo di lavoro di quel pazzo che l'aveva torturata e allontanata da lui.

Aveva voglia di far esplodere quella faccia, quegli occhi verdi vuoti e senza anima, ma ritrovò l'autocontrollo. Si diresse verso Dafne per capire come farla uscire da lì e lei aprì gli occhi.

Il cuore di Katsuki si strinse, lei era lì davanti a lui, poteva riportarla a casa e nei suoi occhi era tornata la sua luce. Mise una mano sul vetro e lei con estrema lentezza poggiò la sua dall'altro lato, lo riconosceva. La sua Dafne era tornata. Gli occhi di lei sorrisero e gli fece cenno verso sinistra, su una consolle c'era un pulsante con la scritta 'Eject' che lo invitò a pigiare. Il liquido in cui si trovava fu aspirato e lei rimase sospesa, attaccata a quei dannati fili. Katsuki aprì il portellone del cilindro e le tolse il respiratore con delicatezza, rivide le sue dolci labbra che si modellarono in una smorfia di sollievo. Senza fiato mosse le labbra e vi lesse 'tirami verso di te'. Lui l'abbracciò e la tirò a sé. I fili a cui era attaccata avevano alla base degli aghi conficcati nel suo midollo spinale, la liberò e l'urlo di dolore che emise lo fece rabbrividire, la sentì abbandonarsi tra le sue braccia, sfinita, la strinse quasi a nasconderla nel suo petto, per proteggerla e tenerla al sicuro.

 

Dafne respirava in modo quasi impercettibile, si fece avvolgere dalle calde braccia di Katsuki e gli cinse la vita. Quanto le era mancato quel contatto, quel calore! Poggiò la testa al suo petto e ascoltò i battiti del suo cuore che la cullavano in una pace infinita. Gli occhi si riempirono di lacrime di gioia per essere di nuovo con lui. Il corpo lanciò un grido di dolore, faceva male dappertutto ma ora che aveva di nuovo Katsuki al suo fianco, avrebbe trovato la forza di rimettersi in piedi e tornare a casa.

Il momento fu interrotto dal dottor Kendo

“Shion sei ancora viva! Sei davvero incredibile ma per adesso il tuo ruolo è terminato”

Dafne lo guardò con odio profondo. Quell'uomo era stato la causa della morte della madre e di tutte le loro sofferenze. I suoi studi, i suoi esperimenti erano un pericolo anche per altri, non poteva permettere che potesse ancora farle del male o farlo a qualcun altro.

“Distruggerò ogni cosa”.

Katsuki le mise una mano sulla spalla visto che il suo quirk si era attivato ma lei gli disse

“Questo non è un lavoro da eroe”

Con un vortice d'aria spinse via Katsuki e Kirishima in un angolo e li avvolse con una barriera protettiva. Con gli occhi azzurro-violacei guardò il suo nemico in modo furente ed esplose un'onda d'urto tutto intorno facendo andare in pezzi ogni strumento, ogni computer, ogni provetta, ogni campione di materiale.

I frammenti degli oggetti che volavano in aria come mulinelli impazzati crearono caos nel laboratorio. In quella danza spettrale la rabbia di Dafne prese il sopravvento insieme all'angoscia che la costrinse a rivedere nella sua mente le torture subite negli anni e nell'ultimo periodo. Ripensò alla madre che l'aveva protetta: i suoi occhi così confortanti, il suo sorriso. La sua morte era stata devastante ma non aveva versato alcuna lacrima, in quel momento tutta la tristezza per la sua perdita arrivò in un colpo, ne fu sopraffatta. Pianse disperata.

Gli occhi divennero neri e quella forza oscura dentro di lei trovò il passaggio per uscire. Non riuscì a contenerla, era troppo debole mentalmente e fisicamente. Un'energia opprimente, come una fiammata ad altissima temperatura, si espanse nella stanza, travolse ogni cosa e il dottor Kendo che rideva in modo isterico. La sua risata aumentava d'intensità anche quando cominciò a sgretolarsi. Il suono si perse nel vuoto quando fu completamente disintegrato dissolvendosi come cenere al vento, ogni cosa intorno si era volatilizzata, spazzata via da quell'energia.

Dafne cadde in ginocchio, esausta, consumata, non aveva più alcun briciolo di forza neanche per stare in piedi. Perse i sensi e la barriera che proteggeva Katsuki e Kirishima si dissolse. Katsuki le corse incontro per portarla fuori da quell'inferno.

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Capitolo 24
*** Distacco ***


Dafne mosse per un paio di volte le palpebre, erano pesanti e faceva fatica ad aprire completamente gli occhi. Sentiva una forte pressione addosso come se fosse sotto una lastra di cemento, gli occhi percepirono un bagliore di sole provenire dalla finestra. Intorno pareti bianche, era su un letto, un bip metallico proveniva alla sua sinistra da un macchinario attaccato al suo polso.

Era in ospedale.

Il corpo intorpidito cominciava lentamente a risvegliarsi. La mano poggiata al lato destro del suo fianco era calda, protetta da quella di Katsuki. Doveva essere rimasto lì per tanto tempo, seduto su una sedia la testa pesante si era accasciata in avanti sul bordo del letto.

Era così bello! Quando dormiva aveva un'espressione così beata e tranquilla. Anche se in quel momento notò le occhiaie. Ne seguì i lineamenti: il profilo del naso, la mascella squadrata e le sue labbra. Aveva voglia di baciarlo e toccarlo. Ma se avesse mosso la mano lo avrebbe svegliato, voleva che si riposasse, poteva solo immaginare quello che aveva passato per ritrovarla.

Quanto tempo era passato? Non ne aveva idea.

Era ancora confusa, aveva solo caos nella testa. Sprazzi di immagini come se non fossero le sue, come se ne fosse stata testimone. E non erano belle. No per niente! Non ci teneva a ricordare, ne avrebbe fatto davvero a meno. Ne aveva abbastanza di ricordi traumatici.

Alzò il braccio sinistro da cui fuoriusciva una flebo e aveva attaccato il macchinario che segnava le funzioni vitali. C'erano diversi segni: lividi, cicatrici. La spalla tirava, lì dove quel folle le aveva sparato, faceva ancora male. Le avevano messo dei punti e bendato la zona perché non si era rimarginata bene.

Si guardò intorno e in un angolo della stanza notò il padre. Seduto su una poltrona, anche lui che dormiva. I lunghi capelli erano sciolti e gli ricadevano sul viso; la testa era pesantemente poggiata sulla spalla destra con un'angolazione tremenda, quando si fosse svegliato avrebbe sicuramente avuto dolore al collo; era stravaccato con i gomiti sui braccioli e le gambe allungate. Posizione di uno che si era buttato sulla poltrona distrutto per la stanchezza e si era addormentato in un attimo.

Chissà quanto avevano penato per ritrovarla! Si sentiva in colpa per averli fatti preoccupare. Se fosse stata più forte forse non sarebbe successo nulla.

Ora doveva fare i conti con il senso di inquietudine che la disturbava per quello che aveva fatto. Le era sembrata la cosa più logica da fare. Togliere di mezzo il problema una volta per tutte. Poi era stata nuovamente pervasa dalla rabbia mista a disperazione e il potere era fluito per vendicarsi per tutte le sofferenze che quell'uomo aveva arrecato a lei, a sua madre e a tutte le altre persone che aveva usato per gli esperimenti. In quel momento aveva un peso sul petto, avrebbe dovuto sentirsi bene, quell'uomo non le avrebbe più potuto fare del male. Eppure era inquieta. Non voleva ucciderlo in verità, lo aveva solo pensato, ma il potere dentro di lei era uscito incontrollato e aveva distrutto ogni cosa. Un'altra volta.

Non sarebbe stato facile convivere con un tale peso.

E poi avrebbe dovuto affrontare il giudizio degli altri, soprattutto di Katsuki. Ed era proprio quella la cosa più difficile!

Katsuki si mosse e le strinse più forte la mano. Dafne sorrise.

Quanto amava quel brontolone! Lui era riuscito ad infilarsi nel suo cuore nonostante i suoi modi insopportabili. Il suo sbraitare all'inizio la irritava poi conoscendolo meglio cominciò a piacergli quel suo lato burbero. Nonostante la facciata di un duro isterico in fondo era una persona profonda e molto passionale.

Si era innamorata di lui come una bambina del suo principe azzurro.

Cercò di bloccare una sonora risata divertita, tappandosi la bocca, perché si era immaginata Katsuki vestito da principe azzurro. Orrore!

Il padre aprì gli occhi e si stiracchiò sulla poltrona, lei gli fece cenno con la mano libera per salutarlo. Lui si avvicinò e le stampò un bacio amorevole sulla fronte. Il suo viso era tirato, un sorriso sollevato nascondeva una profonda preoccupazione che ancora non andava via.

Il modo in cui la guardava con il suo unico occhio per Dafne significava amore e fiducia. E le dava sempre una scossa per renderlo orgoglioso di lei. Fu grata alla madre per averle permesso di stare al suo fianco perché amava suo padre in modo incondizionato.

Katsuki si svegliò improvvisamente, sbraitando

“Cazzo mi sono addormentato!”

massaggiandosi la spalla. Mise a fuoco e vide Dafne che gli sorrideva e lo salutò.

“Ti sei svegliata finalmente cavalletta! Mi stavo chiedendo per quanto altro tempo volevi fare la bella addormentata!”

Dafne rimase di sasso, ma che razza di modo era di salutarla!

“Sono contenta di vederti anche io Katsuki”

Aizawa prese la mano della figlia

“Tesoro sei stata in coma per una settimana, non sforzarti troppo” Volgendo lo sguardo ammonitore verso Katsuki continuò

“Vi lascio soli, avrete molte cose da dirvi. Parlo con i medici per vedere quando potrai tornare a casa”

Le carezzò la testa scompigliandole i capelli già ribelli ed uscì.

Nella stanza c'era silenzio quasi di imbarazzo. Dafne alzò lo schienale del letto per stare seduta. Quel silenzio non le piaceva e poi perché evitavano di guardarsi? Lei si sentiva sotto esame, sentiva il peso del giudizio di Katsuki per quello che aveva fatto.

Gli eroi non uccidono.

Fu lei a parlare per primo.

“Quanto tempo è passato?”

“Circa sei mesi”

Dafne sobbalzò, non pensava fosse passato così tanto, non aveva avuto la percezione dello scorrere del tempo. Cosa era successo in tutti quei mesi? Aveva paura di quello che le avrebbe detto Katsuki ma continuò a fare domande

“Come mi avete trovato?”

“Il tuo tatuaggio e un trasmettitore sulla spalla sinistra”

Dafne d'istinto si toccò la spalla dove aveva ancora dolore ma non ricordava bene come le avevano messo il trasmettitore.

“Sai cosa è successo in tutto questo tempo?”

Anche se le risposte di Katsuki erano taglienti e concise e non vi percepiva alcuna emozione, farlo parlare era il modo per sentirlo vicino. Dopo tutto quel tempo lontani avrebbero dovuto abbracciarsi felici, avrebbero dovuto baciarsi sollevati di essersi ritrovati e invece erano distanti. C'era nuovamente un muro tra loro e non le piaceva.

“Non ricordi nulla?”

Le chiese lui dubbioso, dal tono le era parso che lui sapesse cosa fosse successo davvero e che avesse visto qualcosa che non avrebbe voluto.

Dafne si decise a guardarlo negli occhi, anche se si vergognava, era consapevole di aver fatto qualcosa che lui non approvava ma voleva solo che provasse a capire. Ai lati degli occhi si formarono le lacrime che non riuscì a trattenere, le rigarono il viso fino a scivolare lungo il mento e infrangersi tra le sue mani che aveva in grembo

“Da come mi guardi ho fatto cose che avresti preferito non sapere”

“Dafne, io....”

“Lo so cosa pensi Katsuki. Non c'è nulla di eroico in quello che ho fatto. Ma ti prego non cambiare il modo in cui mi guardi”

Le lacrime scesero copiose bagnando anche il lenzuolo.

“Ti chiedo scusa per quello che hai dovuto passare a causa mia. Non sono la persona più adatta a stare al tuo fianco!”

I singhiozzi aumentarono d'intensità. Dafne piegò la testa sul petto e pianse liberandosi. Pensava di poter tornare da lui e continuare da dove si erano lasciati, ma era passato troppo tempo, erano accadute troppe cose e nemmeno le ricordava bene. Forse doveva farsi da parte, si sentiva un peso per Katsuki. Stare con un eroe non era facile. Bisognava mantenere un'aura di immacolata imparzialità, essere di esempio per tutti, non farsi dominare dalle emozioni negative. Lei con un attimo si era macchiata di un crimine e avrebbe potuto distruggere ogni sforzo che lui aveva fatto per diventare quello che aveva sempre sognato. Associare a uno come lui un' assassina e distruttiva persona non era quello che voleva. Non voleva macchiare il suo nome.

Era stata una sciocca a pensare che il suo amore per lui potesse bastare.

 

Katsuki non riusciva a parlare, era come se la lingua si fosse intrecciata e vedere le lacrime di Dafne lo aveva colpito come una coltellata in petto. Era la prova che avesse patito le pene dell'inferno e non ricordare cosa era diventata era l'ennesima dimostrazione che avevano fatto cose terrificanti sulla sua mente. Sul suo corpo c'erano segni di torture che aveva dovuto affrontare da sola. Vederla piangere e sapere di esserne la causa lo aveva pietrificato. Rimase immobile, non sapeva cosa dire, o meglio voleva dirle quello che sentiva ma le parole quella volta non uscirono. Aveva un nodo in gola che gli dava problemi anche a respirare. Lei era convinta di essere il motivo del suo silenzio quando era lui a sentirsi in colpa per quello che lei aveva passato.

Perché se ne stava zitto? Rimanere in silenzio era come confermare quello che lei pensava. Possibile che non avesse il coraggio di parlarle apertamente? Era così difficile dirle quello che sentiva per lei? Confessarle il suo amore l'avrebbe sollevata, forse. Ma il cervello aveva reciso i collegamenti con la bocca.

Era arrabbiato con se stesso, strinse le mani a pugno quasi a farsi diventare le nocche bianche. Provava un senso di sconfitta e di amarezza. Non gli piaceva. Non era stato capace di proteggerla e lei ne aveva pagato le conseguenze più gravi: doveva convivere con la consapevolezza di aver ucciso qualcuno.

Si odiò per quello che Dafne aveva passato. Vedere lei in quello stato lo faceva stare male e lo bloccava. Quando si era trattato di salvarla da se stessa o da quei folli non aveva esitato a lanciarsi contro il pericolo. In quel momento la causa del suo malessere era lui e non lo sopportava.

Ti prego leggi nei miei occhi quanto ti amo!

Ma lei era ancora troppo scossa ed era stanca, poteva solo immaginare la confusione che provava e non era giusto rincarare la dose a quel senso di inadeguatezza che lei gli aveva confessato. Era stata così critica con se stessa. Non era arrabbiato per quello che lei aveva fatto. Non l'avrebbe mai giudicata. Lei era troppo importante per lui e proprio per questo il fallimento che provava per non averla protetta lo turbava.

Trovò il coraggio di abbracciarla per tranquillizzarla, voleva solo farla smettere di piangere. Lei ricambiò il suo abbraccio, lentamente i singhiozzi si placarono e si addormentò sfinita tra le sue braccia.

 

I valori di Dafne erano tornati normali e dopo un paio di giorni dal suo risveglio fu dimessa. Katsuki andò a prenderla e tornarono a casa insieme. Tra loro c'era un silenzio spettrale, non si erano più parlati dopo il loro discorso in ospedale. Nel tragitto verso casa Katsuki aveva guidato con le mani strette sul volante e gli occhi fissi sulla strada, non aveva detto nulla anche se Dafne aveva più volte provato ad intavolare una conversazione.

Il sospiro di sconfitta che lei emise, dopo l'ennesimo tentativo a vuoto, lo fece sentire un vile. Per non esporsi lui sceglieva sempre di sgretolare l'animo delle persone. Ma lei non era una qualunque.

Perché gli era così difficile ammettere le sue insicurezze e le sue paure? Sapeva che con lei poteva mostrarsi per quello che era davvero, non lo avrebbe fatto sentire incapace eppure c'era sempre quel suo lato orgoglioso che gli evitava di essere completamente sincero anche con lei, che era diventata la persona più importante della sua vita.

Scesero dall'auto come due estranei, Katsuki anticipava Dafne di qualche passo nel tragitto dall'auto alla porta di casa, con il borsone sulle spalle sentiva un peso ben più grande addosso.

L'aria di casa non fu un sollievo per nessuno dei due che avevano smesso di guardarsi. Due automi che vagavano senza incontrarsi tra gli ambienti che avevano condiviso mesi prima. Katsuki si fiondò in cucina per preparare la cena, cucinare per lui era sempre un modo per sbollentare la tensione. Dafne fece un giro tra le stanze come un ospite, le sue cose erano nel punto esatto dove le aveva lasciate. Le fu chiaro che lui aveva vissuto in quella casa come un vagabondo giusto per dormire, ma sul divano, come se il letto fosse stato un posto maledetto da cui stare alla larga. Il loro giaciglio d'amore si era trasformato in un ambiente spaventoso.

La cena non fu un momento di condivisione come lo era sempre stato, il silenzio quasi li schiacciava. Katsuki aveva evitato di guardarla per tutto il tempo e non alzò lo sguardo nemmeno quando lei esclamò

“Mi è mancata la tua cucina chef!”.

Dafne capì che lui aveva un peso addosso che non voleva condividere.

Il solito testone!

Sospirò quasi in segno di resa. Quando lui si fissava su una cosa non era facile fargli cambiare idea facilmente.

Katsuki si alzò per portare i piatti nel lavandino e si dedicò a lavarli. Le spalle si muovevano decise, aveva messo una foga estrema in quella attività. Era agitato. Lo si poteva percepire a distanza, prima di immergere le mani in acqua una piccola esplosione per poco non distrusse i piatti che portava. Il contatto con l'acqua fu un sollievo per lui, i palmi sudati trovarono la giusta posizione per tacere.

Si muoveva al rallentatore per dilatare il più possibile quel momento, con la scusa di essere impegnato a fare qualcosa poteva evitare di affrontarla apertamente. Stava ancora decidendo nella sua testa come proseguire quella serata. Sperava davvero che lei potesse dargli un assist per dargli la possibilità di fare chiarezza tra di loro. Non voleva davvero che lei pensasse che la guardava in modo diverso. Per la prima volta in vita sua si vergognava di se stesso. Per questo evitava di fissarla negli occhi, voleva evitare di farle capire quel suo sentimento.

La vergogna.

Un'emozione di turbamento e disagio. Lui Bakugo Katsuki, quando mai si era sentito imbarazzato per qualcosa che aveva fatto!

Eppure un suo errore era stato il motivo del rapimento di Dafne. Ed era quello che non riusciva a sopportare: l'averla messa in pericolo.

Lei era dietro di lui poteva percepirla, ancora seduta al suo posto.

Chissà cosa starà pensando!

Un attimo dopo la sentì muoversi, forse aveva perso le speranze di ricucire un contatto tra loro.

Dafne si alzò composta dalla sedia, vedere Katsuki di spalle, in completo silenzio, le stritolò il cuore, era a due passi da lei ma così distante.

Ma non poteva farsi spaventare dal muro che lui aveva eretto nuovamente per proteggersi dalle emozioni. Lo avrebbe scalato quel muro anche ad occhi chiusi. Aveva deciso che era arrivato il momento che lui si liberasse del peso che si portava dentro.

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Capitolo 25
*** Insieme ***


Capitolo hot


“Dovrai parlarmi prima o poi! Viviamo sotto lo stesso tetto! Non puoi evitarmi per sempre!”

Katsuki sempre di spalle aveva le mani poggiate sul pianale della cucina che strinse con forza. Dafne gli cinse la vita e gli poggiò la fronte tra le spalle. Il corpo rigido di Katsuki sussultò a quel contatto.

“Sei hai qualche dubbio, se non ti senti più coinvolto puoi dirmelo”

Perché diceva quelle cose? Certo che era coinvolto, completamente. Era talmente in balia di sentimenti così forti per lei che si sentiva inadeguato. Aver solo pensato di averla persa lo aveva fatto sprofondare in una disperazione atroce.

E lei pensava che la causa fosse che i suoi sentimenti erano cambiati! Certo, non era stato ancora capace di dirle che l'amava e pretendeva pure che lei capisse sempre quello che c'era nella sua dannata testa.

Orgoglio di merda!

Il contatto di Dafne era così morbido, caldo e la sua voce era calma, rilassante. Doveva pensare solo a questo. A quello che provava quando ce l'aveva vicino. Lei era paziente, lo capiva quando era in preda ad emozioni contrastanti. Chiuse gli occhi e respirò in modo controllato, come le aveva insegnato lei quando era agitato o in tensione. Raccolse le energie, il coraggio e le parlò a cuore aperto

“Non devi pensare che ti veda in modo diverso. Ti ho messa in pericolo e a causa mia hai subito altre torture. Solo pensare che ti hanno toccata mi fa incazzare. Non ti ho protetta e per la mia incapacità sei stata costretta a fare cose che avrai sulla coscienza. Che razza di eroe sono se non riesco a proteggere te?”

Lo aveva detto con tono afflitto, struggente. Lei lo fece girare con delicatezza e lo guardò dritto negli occhi

“Tu... sei la causa...che mi ha insegnato a capire il mio quirk, che mi ha permesso di avere degli amici, che mi ha fatto trovare un posto nel mondo. Tu mi fai sentire al sicuro Katsuki. Non devi trattarmi ogni volta come le persone che devi salvare. Mi hai già salvata! Lo so che voi eroi pensate sempre che chi vi sta intorno debba essere protetto. Ma io... voglio camminare al tuo fianco.”

“Dafne...stare con te... vuol dire scoprire aspetti della vita che non ho voluto conoscere. Io t-ti...”

Balbettò come un cretino, in difficoltà a dire quelle semplici parole ma lasciò sospesa la frase perché Dafne gli mise un dito sulla bocca.

“Va bene così Katsuki”

Gli sorrise. Il suo sorriso! Era la cosa più rassicurante del mondo!

Lei sapeva che quelle parole gli erano pesate, che era stato difficile confidarle quei pensieri.

“Ti decidi a baciarmi? Sono giorni che aspetto che lo fai!”

“Oh non rompere. Vieni qui cavalletta!”

La tirò a sé e si fiondò sulle sue labbra.

Quanto gli era mancata quella bocca! Il suo corpo si accese voglioso di lei.

Quei mesi passati a cercarla erano serviti a capire quanto lei fosse diventata essenziale. Il sollievo di averla ritrovata e riportata a casa non era bastato a far tacere la sua percezione di debolezza. Si era sentito incapace in un modo tale che lo aveva fatto rintanare nella fortezza dell'orgoglio. Ma Dafne aveva trovato ancora una volta la leva per abbassare il ponte lavatoio per entrare nel suo castello mentale.

Sentì la lingua di Dafne infilarsi di prepotenza tra le sue labbra per cercare la sua, quasi a succhiargli il respiro. Anche lei lo desiderava, lo sentiva per il modo in cui si era aggrappata al suo corpo. Lo tirava verso di sé, ansimante per l'enfasi di quel bacio tanto desiderato.

Katsuki la spinse con delicatezza verso il divano e si liberarono dei vestiti a vicenda frettolosi, impazienti di toccarsi, di scivolare sulla pelle nuda.

Si accomodò sul divano e la tirò a sé facendola sedere sopra di lui, a cavalcioni. Si baciarono ancora e ancora. In un infinito scambio di saliva, succhiando le labbra ardenti, ansimando l'uno nella bocca dell'altra.

Le lingue si unirono in un intreccio carico di passione, di amore, di dolcezza, di ogni sentimento di ebbrezza che per mesi non erano riusciti a provare. L'ardente desiderio di unirsi fece surriscaldare i loro corpi, aumentare i battiti del cuore che pompava deciso il sangue in ogni parte.

Katsuki la strinse per i fianchi, smanioso di lei. La sua pelle sprigionava quel suo odore inebriante che lo faceva impazzire. Quanto le era mancata! Le passò le mani ovunque fino a risalire sul collo passando le dita su ogni centimetro di pelle. Nel suo passaggio percepì ogni cicatrice, ogni nuovo segno lasciato da quel folle sul suo corpo, il suo sguardo si scurì al pensiero di quello che le avevano fatto ma lei gli sorrise

“Ora ho più cicatrici di te”

Dafne lo sussurrò sulle sue labbra e gli strofinò il naso maliziosamente, un gesto candido con un fine lascivo.

Gli prese tra le mani l'erezione che si stagliava tra le gambe impaziente di essere liberata dai boxer.

Katsuki inarcò la schiena e un gemito incontrollato gli uscì dalle labbra. Dafne lo faceva sentire sottomesso in quei momenti e cazzo se gli piaceva! Le slacciò il reggiseno e i suoi capezzoli si stagliavano turgidi davanti a lui, era come se lo stessero chiamando. Si fiondò a leccarli e succhiò quei due piccoli bottoncini in modo famelico. Adorava il sapore della sua pelle. Si strinse la faccia tra quei seni. Mia!

Il suo membro tirava. La spostò di lato facendola sdraiare e le strappò in un colpo deciso gli slip. La voleva tutta nuda, tutta per lui. Si liberò dei boxer, senza più ostacoli sfregò la sua verga su di lei: sul ventre, sull'inguine, tra le cosce.

“Lo senti quanto ti desidero eh Dafne!”

“Kac-chan!”

Dafne gli affondò le unghie nelle scapole, chiaro segno per una desiderata penetrazione.

“Oh si! Mi vuoi anche tu!”

Quanto mi sei mancata!

La baciò succhiandole le labbra, avido, possessivo.

Le allargò le gambe con un ginocchio e aspettando il suo cenno di assenso entrò in lei con una spinta decisa, impaziente di lei.

Fu come la prima volta, ad entrambi uscì un gemito di piacere nel momento della loro unione. Katsuki aveva i gomiti ai lati della testa di Dafne e poteva guardarla godere sotto le sue spinte ritmiche. Lei gli faceva provare sensazioni assurde, solo lei era riuscita ad abbattere il suo muro di indifferenza verso l'amore e il piacere. Ed era lei quella che voleva lo accompagnasse nella vita d'ora in avanti. Stava diventando una merda di sentimentale ma Dafne lo attirava, lo attraeva, lo faceva sentire desiderato, amato ed era una sensazione travolgente.

Le prese una mano e intrecciò le dita alle sue, la fronte si era imperlata di sudore, il suo corpo era un fuoco e il calore di Dafne, che lo guardava con occhi lucidi, lo esaltava nel muoversi in lei più deciso, più dentro, più in profondità. Dafne gli toccò la schiena con la mano libera, percorse la massa di muscoli dalle spalle fino all'incavo della zona lombare. Gli spinse il bacino verso di lei, con un dito gli stuzzicò i glutei sodi e contratti tracciando dei cerchi e gli sfiorò la linea che li separa. A quel contatto Katsuki si lasciò sfuggire una piccola esplosione dalla mano poggiata sul divano che bruciacchiò il tessuto e pompò in lei con una scossa che si diffuse in ogni parte e fibra del suo corpo. Dafne sentendo quel calore dentro di lei espandersi, raggiunse il piacere in quello stesso istante. Katsuki si abbandonò su di lei con la testa sul suo petto e rimasero avvinghiati in quel modo per un tempo imprecisato. Per loro il tempo si era fermato. Volevano solo sentire i loro respiri e i battiti che rallentavano lentamente.

Dafne gli scompigliò i capelli con un mano. Senza la percezione del tempo trascorso in quei mesi e con la mente confusa, lei aveva messo pausa allo scorrere della sua vita. Ma avere tra le braccia Katsuki era come se non fosse successo nulla. Sentirlo vicino aveva spazzato via ogni brutto ricordo.

Lui si beava di quel contatto, quella carezza amorevole che valeva più di mille parole, l'altra mano intrecciata alla sua. La loro unione tanto attesa li aveva stremati e si addormentarono nudi sul divano.

 

Dafne aprì gli occhi, Katsuki era ancora sul suo petto. La testa tra i seni aveva trovato la giusta posizione per non pesare, le labbra erano appiccicate ad un suo capezzolo e il suo respiro le faceva solletico, il corpo era incastrato tra lei e lo schienale del divano. Si chiedeva come faceva quella massa di muscoli a non schiacciarla ogni volta. La gamba piegata di lui le copriva l'inguine e la mano destra era poggiata sul suo ventre. Si erano addormentati come due atleti stremati dopo un allenamento, crollati sia per quell'amplesso desiderato sia per la tempesta di emozioni che si erano portati appresso che li aveva stancati anche sul piano psicologico. Ripensò alle parole che lui le aveva detto, doveva essere stato difficile ammettere la sua fragilità. Katsuki aveva sempre questa sua ossessiva idea di dover a tutti i costi dimostrare di essere quello duro, quello forte, quello sicuro. Lei non lo avrebbe mai giudicato, non lo avrebbe mai ritenuto un debole. Lo amava.

Era stato quel suo carattere così irruento a farla cedere alla fine: l'ardore che aveva nel suo essere un eroe, un esempio di incorruttibilità, e la foga nel difendere la sua aura di persona granitica volevano solo dimostrare che avesse la stessa passione nei sentimenti.

Intensità questa la parola che più lo descriveva.

Lo sentì muoversi e brontolare che aveva un crampo al braccio. Lui si mise carponi e scoccò un bacio al suo seno. Lei trasalì e per lui fu un richiamo

“Facciamo il secondo round cavalletta?”

Dafne lo spinse via con un piede facendolo ricadere dall'altro lato del divano

“Vuoi recuperare sei mesi in una serata biondo?”

“Suona come una sfida, lo sai che mi piacciono le sfide”

La imprigionò tra le sue cosce.

“Io sono pronto e tu?”

Le sussurrò con il tono più profondo e provocante che potesse usare.

Dafne rise di gusto, quando faceva in quel modo e la guardava con gli occhi smaniosi di sesso sentiva ogni volta l'inguine incendiarsi.

“Vediamo se riesci a prendermi prima che mi chiuda in bagno”.

Dafne si alzò di scatto per scappare, lui fu velocissimo a mettersi in piedi e a rincorrerla strillando

“Ti ho già presa cavalletta e ti chiudo in bagno con me!”

Una risata soddisfatta di Katsuki sancì la fine della corsa, la issò sulla spalla come un sacco e le schiaffeggiò una chiappa in segno di vittoria, aveva la sua preda. A Dafne sfuggì un gridolino di sorpresa, poi risero entrambi di felicità e appagamento. Dafne fu trasportata in bagno, non vedeva l'ora di schiacciare Katsuki alle piastrelle della doccia per fargli vedere chi era davvero la preda.

Entrati in bagno lei si divincolò e scivolò da quella posizione. Spostò Katsuki usando il quirk, altrimenti non sarebbe mai riuscita a muoverlo di un millimetro, e lo fece entrare nella doccia spalmandolo contro il muro.

Aprì l'acqua e il getto freddo ebbe l'effetto di disorientarlo. Entrò anche lei nella doccia e gli saltò addosso incontrollata. Lo baciò con slancio impetuoso da togliergli il respiro. L'acqua intanto era diventata calda e scaldò ancora di più i loro corpi. Con un movimento repentino Dafne si staccò dalle labbra di Katsuki e si inginocchiò davanti a lui. La sue erezione era perfetta e la baciò. Il suo interesse in quel momento era solo lì in quel punto, sentiva i gemiti di Katsuki che non si aspettava di diventare la preda in un attimo e aveva inarcato la schiena per spingere il bacino più verso di lei. Verso la sua bocca.

Dafne si gustò quella parte di Katsuki e la leccò senza pudore. Su e giù, in tutta la lunghezza soffermandosi sulla punta con più attenzione.

Lei voleva che godessero entrambi di quel momento.

Tornò verso il suo viso passando lingua e mani su quel corpo.

“Che cosa mi stai facendo cavalletta?”

“Pensavi che fossi tu il vincitore eh Katsuki! Lo sai che non ti faccio vincere facilmente se non ho un motivo”

Gli succhiò le labbra e gli soffocò un nuovo gemito di piacere.

Lui provò a toccarla ma lei prontamente gli bloccò i polsi.

“Non puoi toccare Katsuki. Solo io.”

Vide il ghigno che si stampò sul volto di lui e riprese a baciarlo, leccarlo e toccarlo ovunque.

 

Katsuki era su un altro pianeta. Non aveva mai sperimentato né provato tutto quello che stava accadendo. Non aveva mai permesso che venisse toccato in realtà. E mai in quel modo così audace. Dafne era...incredibile in tutto. Si sentiva un burattino nelle sue mani e cazzo gli piaceva da matti!

“Vieni qui”.

Aveva chiuso gli occhi un attimo per godersi di più tutti quei baci e carezze. Non si era nemmeno accorto che lei era uscita dalla doccia e aveva messo un asciugamano sulla sedia che avevano in bagno dove poggiavano i vestiti. L'aveva posizionata con lo schienale su una parete.

“Siediti”

“Mi dai anche gli ordini adesso!”

“L'hai appena fatto a quanto vedo”

Lui si era già seduto perché sapeva cosa sarebbe successo e certamente non se lo sarebbe fatto ripetere un'altra volta. Era così eccitato che il suo inguine pulsava da far quasi male. Dafne si adagiò sopra e cominciò a muoversi su di lui con la voglia negli occhi. Lui provò nuovamente a prenderla per i fianchi ma lei gli prese i polsi e li alzò in alto poggiandoli al muro. Lo teneva fermo in quel modo e il suo seno si muoveva a un millimetro dalla sua faccia. Era nella sua stretta e non poteva fare altro che spingere il bacino più verso di lei. Fronte contro fronte si unirono in quel modo così travolgente ed erotico. Non ci volle molto a raggiungere il piacere. Katsuki venne liberandosi i polsi e stringendo Dafne in modo possessivo. Lei stremata dall'amplesso irruente si arrese al suo abbraccio.

Si trasferirono sul letto e si addormentarono con il cuore in gola, contenti.

 

Doveva essere mezzanotte, Dafne si sentì avvicinare da Katsuki che le mise il braccio intorno alla vita e il viso tra i capelli. Avevano lasciato i vestiti sul pavimento, il bagno in disordine. Non era mai capitato avere la casa così sottosopra e Katsuki non aveva sbraitato per quel caos, aveva solo occhi per lei ed era insaziabile come si accorse un secondo dopo.

“Katsuki mi stai puntando tra le natiche”

“E' colpa tua! Ho ripensato a quello che mi hai fatto in bagno”

Le rispose con voce ovattata parlando trai i suoi capelli.

Lei si girò di scatto e gli strinse l'erezione, muovendo la mano su e giù. Gli soffiò sulle labbra

“Vuoi che riprenda le redini Katsuki.”

Il respiro caldo di Dafne lo fece eccitare di più, la luce della lampada, che avevano lasciato accesa, le permise di vedere distintamente i suoi occhi rubino che avevano brillato.

Il corpo di Katsuki era di nuovo pronto. Un gesto, una parola, un sussurro bastava poco per accenderlo.

E lo sguardo che lei gli rivolgeva alle volte era come specchiarsi. In quegli occhi ametista poi ci vedeva comprensione, complicità. Lei rispettava i suoi silenzi, i suoi spazi, non pretendeva né si aspettava che fosse diverso. Riusciva a cogliere aspetti di sè che a volte nemmeno lui capiva. E poi il suo modo di toccarlo lo mandava in meta. Un senso di soddisfazione lo avvolgeva come quando si raggiunge la vetta dopo la scalata o si supera il proprio record nella corsa. Dafne era tutto ed essere tra le sue mani era provocante. Lui che doveva primeggiare su tutti con lei non poteva nulla, erano alla pari doveva farsene una ragione. Anche lei era testarda e ostinata e lo travolgeva con il suo modo di fare in cui gli dava l'illusione di essere sottomessa e poi ribaltava la situazione in un attimo interscambiando i ruoli senza problemi. L'amava immensamente e avrebbe trovato il coraggio di confessarglielo a parole, un giorno.

“Non prenderci gusto cavalletta”

Le fu sopra con un movimento repentino, i suoi muscoli in tensione per non schiacciarla con il suo peso. La baciò con avidità, poi con passione, poi con dolcezza inebriato dal tocco di lei che gli artigliò la schiena per sentirlo di più, il torace incollato al suo seno, l'erezione pronta sulla strada del piacere. Ma le poggiò solo la punta per stimolarla, per torturarla come aveva fatto lei in bagno. Si staccò dalla sua bocca per scendere lungo il suo corpo fino al monte di venere e vedere Dafne con gli occhi chiusi e le braccia piegate sulla testa, desiderosa di essere in balia di lui, lo spinse a baciare ogni parte di lei e assaporare infine il suo sesso. Si deliziò del suo sapore, un dolce nettare che gli fece quasi disprezzare i cibi piccanti che aveva sempre preferito. E il suo odore! Anche in quella zona sentiva il profumo di frangipane che lo faceva impazzire. Quando si staccò da quel paradiso si leccò le labbra per non perdersi neanche una goccia del suo umore. Era drogato di Dafne e il suo cervello era entrato in modalità animale focoso. Senza blocchi, senza razionalità. Solo istinto. Le passò le mani su ogni parte del corpo. Come un sarto che sfiora il tessuto per notarne la consistenza e la fluidità, lui lisciava la pelle di Dafne per deliziarsi della sua morbidezza. Steso su di lei le agguantò una coscia, le leccò il collo, i bacini si scontrarono impazienti. Il calore che i loro corpi emanavano rendeva tutto così erotico che Katsuki non aveva altro desiderio che diventare una cosa sola con lei.

Le carezze divennero pesanti e caldi passaggi come per fissare la sua impronta. Era come voler imprimere su di lei il suo odore, perché lei gli apparteneva. Le mise una mano tra le cosce, il contatto intriso del suo umore fece vibrare il suo membro. Soffiò sul collo di lei in preda all'eccitazione più perversa. Entrò in lei per la terza volta quella sera e i gemiti di piacere di Dafne alla sua invadenza lo portò su un altro livello. Non c'erano dubbi, incertezze, fallimenti, solo lui e lei. Il loro desiderio, il loro amore.

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Capitolo 26
*** Normalità ***


“Katsuki devo recuperare un semestre, non posso venire con te in agenzia” Dafne era contrariata. Quel pazzo del suo ragazzo le aveva ordinato si seguirlo in agenzia per farle conoscere il lavoro che si svolgeva all'interno, non è che non volesse conoscere quello che per lui era stata la ragione della sua vita fin da bambino, in fondo avrebbe dovuto prima o poi fare il varo a quella possibilità, ma aveva perso troppo dal suo rapimento. Voleva tornare alla vita accademica che la faceva sentire normale.

“Non rompere, cosa vuoi che ti cambi qualche altra settimana! Fino a che non sono sicuro che tutto sia davvero finito con quei folli rimani con me dove posso tenerti d'occhio”

“E chi ti fa credere che abbia voglia di avere una guardia del corpo appiccicata alle chiappe?”

Ecco la sua Dafne sempre pronta alla sfida, mai una volta che non avesse la sfacciataggine di controbattere. La guardò intensamente e assottigliando lo sguardo esordì

“Potresti per una volta fare la brava e lasciarmi fare come hai fatto ieri sera?”

Dafne arrossì ripensando al suo abbandono totale alle labbra di Katsuki e non rispose. Si limitò a precederlo per uscire non senza avergli dato una spallata e mormorato sottovoce

“Dannato”

Lui sorrise, adorava quando la metteva in imbarazzo ed era anche l'unico modo per smorzare la sua smania di sfida che aveva quando non le piaceva qualcosa.

Si recarono in agenzia in auto. Dafne aveva il viso corrucciato perché non le andava giù l'idea che avrebbe dovuto starsene buona.

Il loro arrivo fu accolto da un boato trionfale e tutti si lanciarono verso Dafne per un abbraccio caloroso felici di rivederla. Lei ringraziò i presenti per aver partecipato al suo salvataggio, era grata a tutti per aver supportato Katsuki in quei mesi e per averlo aiutato ma si ricordò che stava parlando con degli eroi che di mestiere salvavano le persone.

Fece anche la conoscenza del famoso Jeanist che coordinava tutta la parte amministrativa e preparava le missioni, mentore di Katsuki al tempo del liceo accettò la collaborazione quando Katsuki diventato eroe numero Due fu pronto per aprire una sua agenzia.

Oltre la Bakusquad c'erano altri dieci membri che Jaeanist aveva selezionato tra il suo gruppo.

L'agenzia del Grande Dio dell'Uccisione esplosiva Dynamight era dislocata in un palazzo di proprietà della famiglia Bakugo al centro della città, negli ultimi due piani dove erano collocati all'ultimo gli uffici e sala riunioni e al piano inferiore palestra, spogliatoi e area di allenamento.

L'ufficio di Katsuki era quello più grande e illuminato sul lato est, con un finestrone su tutta una parete che dava sulla città. Caratterizzato dal suo solito ordine e pulizia. Una grande scrivania in legno era posizionata in modo da avere il sole alle spalle, su un tappeto giallo rotondo stava la poltrona di pelle dello stesso colore, su uno scaffale al lato della scrivania una serie di libri impilati in perfetto ordine crescente e una foto che catturò la sua attenzione. Ritraeva un Katsuki bambino sorridente con in mano una figurina e un altro bambino con grandi occhi verdi e un sorriso grande quanto la sua faccia che stringeva Katsuki al collo in un abbraccio fraterno, anche lui con una figurina in mano. Dafne pensò che poteva essere quel nerd di cui le aveva parlato varie volte e quasi fu gelosa perché lei non aveva avuto amici da bambina eppure Katsuki aveva sempre allontanato tutti perfino quel suo amico d'infanzia che si vedeva solo da quella foto, stravedeva per lui. Il suo ragazzo era una persona alquanto complicata ma era stato quel suo modo di essere che lo aveva portato a dove era arrivato. Era orgogliosa di lui, non aveva mai perso di vista il suo obiettivo. Non era tipo che si arrendeva, se voleva una cosa con la sua tenacia e determinazione l'avrebbe ottenuta prima o poi.

“Questo è il mio mondo. Magari potresti trovarlo interessante”

Parlò Katsuki allargando le braccia come a mostrare la stanza.

Dafne rispose sarcastica

“Stai scherzando non mi vedrai mai con un vestito da idiota!”

Serrò le braccia fingendo una protesta.

“La solita idea di quella che odia gli eroi. Non avevi accettato di fare la brava o sbaglio?”

Katsuki appoggiò il fondoschiena sulla scrivania e intrecciò le gambe, le braccia sul bordo erano in tensione e i muscoli guizzarono sotto la maglietta: i pettorali si gonfiarono e i bicipiti ben evidenti erano contratti. Dafne non riuscì a trattenere un lampo di desiderio nei suoi occhi alla vista di quel vigore e Katsuki se ne accorse. Rincarò la dose, si passò una mano tra i capelli come un modello che davanti la macchina fotografica incanta con lo sguardo magnetico. Dafne si sentì un fuoco dentro, lui stava giocando con lei, pensava che stare in mezzo a degli eroi potesse metterla in agitazione ma si sbagliava. Sbuffò divertita e annullando la distanza tra loro camminando lentamente, un passo alla volta, lo squadrò da capo a piedi. Guardò le spalle e scese sul torace seguendo i contorni dei muscoli, gli avrebbe volentieri tolto la maglietta seduta stante ma se lui voleva giocare avrebbe giocato e avrebbe vinto lei.

“Che vuoi che ti dica Kacchan?”

Pronunciò la frase con tono suadente e sottolineò con voce più bassa quel nomignolo che usava nei momenti di intimità.

“Che il tuo costume da eroe è figo? Che esalta tutto questo?”

Gli passò un dito su tutto il corpo come se disegnasse una linea su quei muscoli per unire le spalle, i pettorali e gli addominali. Si fermò sulla cintura dei jeans, in pausa. Si avvicinò al suo orecchio e solleticandolo con la lingua gli sussurrò

“Ti ho visto la prima volta con il costume e ricordo perfettamente come si adatta al tuo corpo”

Katsuki chiuse gli occhi a quel sussurro, si stava sciogliendo dal desiderio. Ecco come Dafne ribaltava la situazione in un attimo!

Gli sfiorò l'inguine in modo impercettibile ma bastò per far crescere l'accenno di erezione che si era svegliata nei pantaloni, adesso ben visibile. Tirava il tessuto e faceva male intrappolata nei jeans. Dafne gli girò la testa e gli succhiò il labbro inferiore

“Chiedo a Kirishima di farmi fare un giro per vedere il resto!”

E lo lasciò lì con il labbro gonfio così come la zona inguinale che cercò di sistemarsi e tra i denti divertito lui sibilò

“Me la paghi cavalletta!”

 

Una settimana volò, Dafne aveva assistito alla vita in agenzia. Era stata testimone di come venissero gestite le emergenze e le richieste di aiuto. Vedere sul campo Katsuki all'opera in quello per cui era nato fu un motivo per riflettere sulle sue opinioni sulla società degli eroi in generale. Forse era stata troppo dura ed emotiva nel giudicare qualcosa che in fondo non conosceva davvero. La delusione di una bambina, per aver sognato un eroe che la salvasse ma non arrivò mai, l'aveva accompagnata per tutta la vita. Ma non era più una bambina. E il suo eroe alla fine era arrivato.

Le fu persino proposto di tenere qualche lezione di combattimento corpo a corpo alla squadra e fu piacevole trasformarsi in insegnante dopo tutti quegli anni passati ad essere un'allieva. Fu appagante vedere l'entusiasmo degli amici e degli altri eroi che partecipavano sul campo, fu stimolante poter tornare ad allenarsi dopo quello stop forzato della sua vita e poi usare Katsuki come avversario nelle dimostrazioni era troppo divertente.

La sua vita riprese la normalità, dopo quindici giorni passati all'agenzia Katsuki fu costretto ad accettare il suo ritorno all'università non senza sancire l'accordo che nel tempo libero avrebbe dato una mano nella sezione amministrativa e qualche lezione di arti marziali. Aveva il sentore che farla partecipare in modo attivo alla sua vita da eroe fosse il modo per dirle che voleva averla al suo fianco. Fino a quel momento avevano tenuto separate le loro attività e avevano rispettato i loro spazi. Dopo quello che era successo, vivere la possibilità di essere separati, li aveva avvicinati di più.

La notizia di un villain che andava in giro per le strade a prosciugare l'energia dei malcapitati minò la ritrovata tranquillità.

L'agenzia di Katsuki era direttamente interessata in quanto le vittime erano state ritrovate nel perimetro della sua giurisdizione.

Sembrava uno di quei villain a cui piaceva creare solo confusione, agiva nell'ombra e aveva attaccato inizialmente solo un paio di persone che erano riuscite a fuggire. Lo avevano descritto come un uomo senza anima, non erano riuscite a vederlo perché attaccate alle spalle, ma avevano percepito distintamente una risata macabra mentre tentava di assorbire la loro energia perché si erano sentite improvvisamente deboli.

Poi la situazione si fece più delicata. La Stazione di polizia fu interpellata per denunciare la sparizione di alcune persone.

Quando furono ritrovate in luoghi poco trafficati erano state prosciugate completamente della loro energia vitale ed era stato impresso loro sulla pelle del braccio un marchio. Una “S” incisa con una specie di laser.

Si cercò di capire se si trattasse della stesso villain, visto che era come se il nuovo personaggio si firmasse per mandare un messaggio a qualcuno.

 

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Capitolo 27
*** Potere ***


“Non puoi impedirmi di aiutare Katsuki!” strillò Dafne

“Se vengono coinvolte delle persone devo intervenire. Che ce l'ho a fare questo potere”

“Non puoi andartene in giro ad usare il tuo quirk come ti pare. Ci sono delle regole!”

“Beh sono regole del cavolo!”

Come era possibile che per aiutare bisognava essere autorizzati?

Dafne era nervosa, girava come una furia nell'ufficio di Katsuki, camminava con passi pesanti come per schiacciare quel senso di impotenza che sentiva.

“Dafne, in queste cose non si può reagire solo d'istinto. Bisogna analizzare la situazione e studiare una strategia. Questo è il mio lavoro!”

Katsuki aveva ragione, quello era il suo campo. Essere stata lì una manciata di giorni non le dava l'esperienza e il diritto di agire. Erano anni che lui era un eroe ed era tutta la vita che si preparava ad esserlo. Poteva pensarci lui.

Lui si avvicinò e l'abbracciò

“Lo so come ti senti, ma non voglio che ti fai male”

Dafne affondò la faccia nel suo petto e il tono calmo della sua voce la quietò un po'. Si fidava di lui, era consapevole delle sue capacità ma se solo avesse avuto la conferma che quella era la sua battaglia, che lei era la causa di ogni cosa, avrebbe fatto la sua parte.

Quel villain che andava a piede libero non la faceva stare tranquilla. Aveva uno strano presentimento. E poi trovarsi davanti una minaccia del genere le faceva sentire il bisogno di proteggere quelli che stavano lì fuori, lei era stata una vittima per tanto tempo, sapeva cosa significava avere paura. Non voleva che qualcun altro si sentisse come si era sentita lei.

Per prima cosa doveva capire meglio il suo potere, solo così avrebbe potuto dare davvero una mano. Doveva capire cos'era quella fiamma che aveva idealizzato nella sua testa, doveva imparare a controllare appieno quella forza che aveva sentito, per evitare di essere nuovamente un pericolo per gli altri.

Il padre era l'unica persona che in quel momento poteva aiutarla. Katsuki era troppo impegnato in agenzia e non le avrebbe mai permesso anche solo pensare di scendere in campo in quella situazione.

Quando uscì dall'agenzia per tornare a casa, chiamò il padre.

Ciao papà hai letto i giornali?”

Al telefono Dafne fu diretta, chiese al padre un nuovo addestramento che avrebbero dovuto tenere nascosto a Katsuki. Gli raccontò anche quello che era successo prima di essere salvata e di essere riuscita in qualche modo a vedere il quirk che le era stato impiantato.

Ormai aveva la consapevolezza di essere stata una cavia necessaria a qualcosa, ma cosa? Una forza distruttiva per quale scopo?

Era stata usata come arma per losche motivazioni e quando si era ribellata, era stata gettata via come spazzatura. Prima di morire quel dottor Kendo aveva detto che non le serviva più, che aveva terminato il suo compito. Ma di cosa parlava? L'operato di quel pazzo era stato distrutto, aveva disintegrato il laboratorio con tutti i dati e le prove. Ma aveva parlato come se c'era qualcun altro che poteva utilizzare il suo lavoro.

Dafne era nervosa, era sicura che avrebbe dovuto affrontare il suo quirk. Odiava il suo quirk. L'aveva resa diversa da tutti, l'aveva allontanata da una vita normale, tenuta separata dai suoi genitori e non le aveva permesso di avvicinarsi agli altri per la paura di poter perdere il controllo.

Quando era una ragazzina passava molto tempo isolata, non che gli altri la escludessero era lei che preferiva allontanarsi. Aveva sempre il terrore di fare del male a qualcuno e per questo intensificava i suoi allenamenti per la concentrazione e la meditazione. Ma sentiva crescere insieme a lei un'energia dentro che a volte faceva fuoriuscire di nascosto, per liberarsene, tra i boschi, le montagne, tra le cascate. Il luogo in cui era cresciuta le aveva dato la possibilità di estraniarsi, distaccarsi dagli altri per evitare di fare danni.

Era arrivato il momento di combatterlo, non avrebbe più dovuto avere paura. Era una parte di sé che doveva accettare e controllare. Era stufa di sentirsi incompleta, duale. Come se avesse due entità dentro che si scontravano ogni volta che manifestava il suo quirk.

Ora era diventata più forte e lo avrebbe padroneggiato completamente. Basta nascondersi!

Lo doveva ai suoi genitori, ai suoi amici, a Katsuki.

 

“Se sei pronta cominciamo”

Dafne e suo padre si trovavano nell'area addestramento della U.A.

“Da come mi hai descritto il potere scaturisce da te e si mescola all'energia circostante che puoi manipolare, quindi devi capire come si comporta e come andare oltre. Lo hai sempre attivato dopo una forte emozione vediamo di capire come fare invece ad usarlo quando vuoi tu.”

Dafne chiuse gli occhi e si concentrò, respirò profondamente e liberò la mente da ogni pensiero, sentiva solo il suo corpo, il suo respiro.

Percepiva l'energia circostante che come un flusso si muoveva danzante attorno a lei. Idealizzò nella sua mente quella fiamma che aveva visto quando era prigioniera, doveva concretizzarla ma non apparve.

Si stava sforzando ma più ci provava più non ci riusciva.

Era amareggiata, si sentiva quasi sconfitta.

Il corpo fu attraversato da fasci di luce azzurro-violacea, l'aria si era fatta pesante, piccoli detriti cominciarono a fluttuare in aria.

Il padre le disse

“Mantieni la concentrazione, non farti invadere dalle emozioni. Sei tu che controlli!”

Dafne fu rinvigorita dalle parole del padre, si sforzò di più per trovare un collegamento con l'energia che sentiva dentro, così come si connetteva a quella esterna e provava un senso di pienezza così doveva vedere quella interna. Non come un ostacolo, come un estraneo, qualcosa che non le appartenesse. Era altra energia da manipolare e lei ne era capace.

Rifocalizzò la fiamma nella sua testa, le tese la mano come l'altra volta per agguantarla. La luminosità della fiamma si fece più intensa alimentata dalla sua vicinanza. Attraversò la fiamma percependone il calore ma senza bruciare stavolta, si mosse sul suo braccio come un serpente che si arrotolava attorno all'arto e si fuse con la sua pelle. Fece un lungo respiro e sentì quella forza invadergli il corpo, dal braccio passò al petto, al torace, alle gambe, come un vestito si adattò alla sua figura. Attraversata da una scarica elettrica senza dolore la temperatura corporea aumentò. Sentiva fremere quell'energia sotto la pelle, sfrigolare nel tentativo di fuoriuscire dai pori. Spingeva impaziente.

Ecco l'altra parte! Quella che voleva solo espandersi per distruggere.

Ma Dafne la conteneva, la teneva al suo posto senza subirne i danni. Comandava lei.

Iniziò a fare lenti movimenti circolari con le braccia, dalle mani creava fasci di fiamme controllati, ci riusciva come quando manipolava il vento.

Aprì gli occhi, erano diventati neri e i capelli fluttuavano in aria, continuò ad espandere quella fiamma contenendola tra le mani, lampi rossi-azzurri-violacei illuminavano l'ambiente.

Il corpo fu completamente avvolto dalle fiamme, perfino i capelli si trasformarono in lingue di fuoco guizzanti come fili elettrici impazziti.

Era in simbiosi con quel fuoco e si sentì viva, completa, potente.

L'energia la sollevò da terra, sembrava una sfera infuocata.

Avrebbe potuto spazzare via l'intero edificio con un gesto, anche con un solo respiro diretto. Ma lei voleva salvare non distruggere.

Una nuova sensazione la invase, quel potere non scalpitava più, era diventato un flusso energetico costante come lo scorrere di un fiume incessante.

Indirizzò quel potere verso un fantoccio posizionato all'occorrenza, lo sbriciolò in modo controllato muovendo l'energia con la forza del pensiero. Il pulviscolo della distruzione si condensò in un punto, si mosse vorticoso e si illuminò di quell'energia.

Dafne si sentì mancare, aveva superato il limite anche quella volta, quietò ogni cosa e le fiamme l'abbandonarono rifugiandosi in lei. I piedi toccarono terra ed esausta cadde in ginocchio senza forze. Il padre si inginocchiò e l'abbracciò

“Tua madre sarebbe fiera di te così come lo sono io adesso”

Le disse con gli occhi quasi umidi. Dafne si abbandonò a quell'abbraccio e strinse forte il busto del padre che amava immensamente. Era stremata per lo sforzo ma era soddisfatta, aveva capito come usare il suo quirk, non aveva più paura. Il padre era sempre stata la sua ancora di salvataggio, l'aveva sempre spronata e aveva avuto sempre fiducia in lei.

Ora poteva camminare al fianco di Katsuki a testa alta.

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Capitolo 28
*** Litigio ***


Dafne tornò a casa raggiante, aveva tolto un peso dal suo animo ed era serena, anche se tenere nascosto a Katsuki il tipo di allenamento con il padre non le piaceva. I segreti tra loro erano stati la causa di incomprensioni in passato e non voleva trovarsi nuovamente in conflitto con lui, avrebbe dovuto parlargliene quella sera.

Sapeva che non poteva usare il suo quirk a piacimento, doveva sottostare alle regole della società, doveva farsene una ragione. La cosa importante era che fosse consapevole adesso del suo vero potere e potesse controllarlo per evitare di essere un pericolo per gli altri. Stava cercando di accettare quello che le avevano fatto da bambina. Anche se era stato doloroso e traumatizzante ormai il quirk impiantato era una parte di lei, non aveva più senso combatterlo o negarlo.

Trovò Katsuki stravaccato sul divano, quel giorno era rientrato presto dal turno di lavoro. Aveva la testa poggiata pesantemente sullo schienale a guardare distratto la televisione. Gli scoccò un bacio appena lui si girò che ricambiò spingendola verso di sé.

“Bentornata cavalletta”

Lei gli sorrise e gli scompigliò i capelli, scese lungo le spalle massaggiandogli i muscoli del collo. Lui era molto teso perché lavorava tanto. Il villain che andava a piede libero non era un motivo per stare tranquilli, anche se non si erano più avute denunce di scomparse, ci si aspettava che facesse la prossima mossa per avere qualche indizio più dettagliato. La ricerca di quel villain gli portava via tempo ed energie. E la tenacia che contraddistingueva Katsuki era una cosa che le era sempre parsa molto accattivante.

Lui si abbandonò al suo tocco e cercò di rilassarsi, aveva davvero bisogno di lei che riusciva sempre a tranquillizzarlo. Aveva percepito in lei una certa gioia, l'aveva vista più raggiante, un po' più leggera come se avesse per un attimo poggiato quel peso che continuava a portarsi appresso. La zavorra del suo passato e la difficile accettazione di quello che aveva dentro la costringevano ad indossare l'armatura da guerriera. Sapeva cosa voleva dire avere qualcosa da combattere nella propria mente e nel proprio animo. Dafne però era forte e la sua indole era la cosa che lo aveva attirato di più. Con lui al suo fianco avrebbero superato ogni difficoltà...insieme.

Quando Dafne gli strinse la spalla in modo violento, alzò gli occhi verso di lei. Aveva uno sguardo atterrito, qualcosa l'aveva scossa e aveva gli occhi fissi sulla televisione. Guardò nella sua direzione e sullo schermo c'era quello scienziato. Non poteva non ricordare la sua faccia, quegli occhi verdi, freddi e vuoti che ti trascinano in un abisso senza fondo. Parlava al microfono di un giornalista, con quel sorrisetto agghiacciante. Katsuki prese il telecomando per alzare il volume.

“Faccio un appello, sto cercando una persona! Esci allo scoperto, ti do cinque giorni. Per ogni ora che esiterai ci saranno conseguenze. Grazie”

Si rivolse al giornalista restituendogli il microfono che gli aveva strappato di mano e uscì dall'inquadratura senza farsi problemi.

Dafne non credeva ai suoi occhi, quello era un fantasma, come poteva essere lì, lo aveva eliminato. Le viscere si accartocciarono provocandole un senso di nausea, era rimasta paralizzata, in apnea. Provò a respirare nuovamente ma fu faticoso, le bruciava il petto come se avesse inalato il calore del fuoco. Katsuki la scosse energicamente e lei gli restituì uno sguardo assente, in un attimo aveva ripercorso tutto quello che aveva subito da quell'uomo. Lo smarrimento che aveva provato alla vista dei suoi occhi lasciò il posto ad una rabbia cieca, strinse i pugni delle mani fino ad affondare le unghie nella carne, un lampo del colore del suo quirk le attraversò gli occhi. Katsuki le strinse le spalle e le urlò temendo che non lo ascoltasse o che potesse perdere il controllo.

“Calmati Dafne!”

Sentendosi strattonare lei ritrovò per un attimo la lucidità e lo guardò piena di domande

“Non era lui vero? Come può esserlo? Mi sta cercando. Che faccio adesso?”

Non c'era alcuna risposta alle mille domande che si affollavano nella sua testa. L'unica cosa che le attraversò la mente fu la chiara volontà di porre a fine a tutto. Pensava di essere riuscita ad accettare il suo passato ma bastava un semplice ricordo a farla vacillare. E ora vedere che quell'uomo era ancora vivo nonostante avesse dovuto ammettere che era stato uno sbaglio reagire in modo distruttivo, le creava una confusione nell'animo. Era inquieta perché doveva affrontarlo ancora una volta. Era come se non riuscisse a liberarsi di lui, come se quello fosse il suo fardello da portare sulle spalle. Come se fosse indissolubilmente legata a quel pazzo. Lui la stava cercando di nuovo. Non poteva farsi sorprendere. Aveva vissuto tutta una vita nell'ignoranza e nella paura. Era stanca di farsi condizionare dal passato e dal suo maledetto quirk.

Stavolta avrebbe fatto lei la prima mossa.

Fece uno scatto verso la porta, decisa ad uscire allo scoperto.

“Dove credi di andare!”

“Devo fare qualcosa non posso stare qui senza far niente. Lo sapevo che c'era qualcosa che non quadrava!”

Katsuki le si parò davanti

“Non risolvi niente se ti fai guidare dalla rabbia. Fai il suo stesso gioco. Lui vuole vederti disorientata per avere la meglio su di te”

“Come fai Katsuki ad essere così calmo?”

Dafne sentiva crescere il lei la collera che si trasformò in odio, voleva davvero distruggere una volta per tutte quel tizio.

“Non sono tranquillo, sono preoccupato anche io, ma riesco ad analizzare la situazione nei momenti critici, gli eroi devono....”

Non riuscì a terminare la frase che Dafne sbraitò

“Oh piantala con questa storia degli eroi. Dov'erano gli eroi quando quell'uomo mi attaccava a quei dannati macchinari, quando onde magnetiche mi trapanavano il cervello, quando mia madre veniva costretta ad abusare del suo potere. Dov'erano gli eroi quando quelle persone sono state uccise da quel tizio. Dimmelo?”

Dafne aveva urlato, la voce si era incrinata in preda ad una crisi. In quel momento il suo corpo subì nuovamente tutte le torture passate. Non aveva superato le sofferenze perché i ricordi cancellati dalla sua mente erano tornati tutti insieme in una sola volta senza darle la possibilità di metabolizzare, di accettarli. L'angoscia saccheggiò il suo autocontrollo.

Non aveva imparato a gestire la disperazione che, in quel momento, la stava facendo implodere dall'interno. Si stava sgretolando, una statua di sabbia frantumata dalla forza delle onde.

La rabbia aveva lasciato il posto alla paura. Paura di non essere capace di affrontare quel tizio, paura di dover subire ancora le torture che le aveva inflitto e che le stava ancora infliggendo. Averlo visto lì davanti con quel sorrisetto macabro era stata una violenza psicologica. Non voleva tornare ad essere la cavia dei suoi esperimenti, non voleva essere strappata a quella vita pseudo-normale a cui si aggrappava con tutte le sue forze. Più cercava la libertà più si sentiva prigioniera delle emozioni negative e del suo maledetto passato.

Si sentì persa. E continuò ad urlare contro Katsuki.

“Dall'alto del tuo piedistallo ti atteggi da paladino della giustizia, impavido, distaccato, composto. La realtà che vive la gente comune è ben diversa, ci sono speranze infrante, paura, angoscia, disperazione.”

Dafne vomitò il suo malessere, senza filtri.

“Vuoi sfogarti? Fallo! Ma non pensare che i problemi sono solo di alcuni. Ognuno ha i propri demoni da combattere”

Anche Katsuki aveva alzato la voce, Dafne non si stava aggrappando a lui ma lo stava tenendo alla larga. Come se la colpa di quello che lei aveva passato fosse degli eroi. In quel momento capì che Dafne provava ad essere una roccia ma aveva dovuto combattere da sola per tanto tempo ed era stanca. Stava vacillando e la sensazione di abbandono le faceva dire cose che pesavano come una lastra di cemento. Anche lui si sentiva perso, vederla con gli occhi carichi di paura gli sbriciolava l'animo. Lei avrebbe dovuto sentirsi sempre al sicuro con lui. Lui era un eroe possibile che non riusciva a vedere anche questo suo lato!

Il suo orgoglio lo scosse e continuò

“Tu sei quella che giudica, non fai altro che sparare sentenze sugli eroi che, credimi, non hanno vita facile. Siamo lì a dover rischiare la vita per delle maledette comparse e non ci fermiamo davanti a nulla pur di far stare la gente al sicuro in questo cazzo di mondo.

E tu non hai ancora accettato il mio ruolo di eroe”

“Adesso spostiamo il discorso su di te, devi primeggiare anche in questo?”

Piccato Katsuki rispose

“Io avevo un obiettivo sempre chiaro fin da bambino, tu hai accettato la tua condizione senza combattere”

“Non osare Katsuki! Hai idea di cosa voglia dire essere prigionieri? Dover sentire ogni giorno che potresti essere un pericolo per gli altri? No. Non direi proprio. Tu hai vissuto sempre nel tuo mondo di eroi con il tuo fantoccio da emulare”

“E tu ti sei nascosta dietro la delusione di non aver mai incontrato qualcuno che ti fosse di esempio. Quello che ti è accaduto non è colpa tua o degli eroi!”

Dafne spalancò gli occhi a quelle parole, abbassò lo sguardo a terra.

“Perché non vuoi capire? Quando le speranze vengono infrante è normale sentirsi delusi. Non siamo tutti razionali come te. Così bravi a non farsi travolgere dalla disperazione”

Katsuki percepì nella voce di Dafne avversione

“Vai avanti Dafne, supera quello che ti spaventa. Non puoi farti bloccare dalla paura”

“Non sono forte come te Katsuki. Non è una colpa nemmeno questo oppure deve pesarmi il fatto che le mie emozioni sono così reali?”

“Le emozioni sono un maledetto fastidio. Per questo mi sono sempre tenuto alla larga da ogni cosa”

Katsuki lo disse tra i denti, scrutando deluso il volto di Dafne che era rivolto ancora con lo sguardo a terra.

Lei rialzò gli occhi e lo guardò dritto in faccia

“E pensi che startene abbarbicato sulla cima della montagna da cui guardi il mondo dall'alto sia il modo giusto per affrontare la vita? Sei meschino. Ti nascondi dietro la tua maschera e non condividi le tue insicurezze e le tue paure”

“Io non ho paura. Ho sempre chiaro dove voglio andare.

Sei così legata al passato che non ti rendi conto di non avere un obiettivo futuro”

“E tu sei stato sempre circondato da persone che ti vogliono bene e nonostante tutto le tieni alla larga. Io ero sempre sola e ho dovuto farmi strada a gomitate”

“E' un dato di fatto che abbiamo un passato diverso e modi diversi di affrontare le cose! Ma supera tutto questo”.

“Hai ragione siamo diversi, forse anche troppo”

A quelle parole Dafne si accorse che avere Katsuki al suo fianco voleva dire scontrarsi ogni volta con la visione che lui aveva del mondo che cozzava con la sua. Lui metteva sempre al primo piano la sua vita da eroe, il suo modo composto e calcolato di gestire le situazioni critiche la faceva sentire debole e inutile.

Dafne prese la borsa che aveva lasciato sulla sedia della cucina e si diresse verso la porta dando le spalle a Katsuki

“Dove stai andando cavalletta”

“Ho bisogno di uscire da qui, vado da mio padre per stasera”

Lei gli rispose senza voltarsi e uscì sbattendo la porta.

Katsuki rimase immobile, non le corse dietro. Era deluso per quello che lei gli aveva detto e anche per come lui aveva reagito. Era arrabbiato perché Dafne aveva sempre un atteggiamento di sfida nei suoi confronti. Come se tra loro ci fosse una gara tra chi fosse il più determinato o chi fosse il più bravo a superare i momenti difficili. Ed era incazzato con se stesso perché si era lasciato invadere come sempre dalla rabbia e aveva urlato contro di lei.

Era sicuro che per Dafne fosse stato uno sfogo, quando aveva paura veniva pervasa dalle sue insicurezze e la faceva andare nel panico ma quello che gli aveva detto lo aveva colpito nell'orgoglio e al cuore.

Chi avrebbe fatto il primo passo quella volta testardi com'erano entrambi?

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Capitolo 29
*** Confronto ***


Dafne uscì di fretta, le mancava l'aria. La tensione nella stanza la stava opprimendo e lo scontro verbale con Katsuki stava diventando insensato:

stavano esagerando. Le frustrazioni di entrambi avevano preso il sopravvento davanti alla preoccupazione di dover affrontare un problema che sembrava risolto. Entrambi dovevano ancora imparare a confrontarsi piuttosto che cozzare come due arieti. Il loro rapporto era cominciato con uno scontro e perdevano alle volte di vista che le relazioni si basano sulla coesione e sulla condivisione.

Non voleva dire quelle cose a Katsuki, quando era disperata si faceva invadere dai pensieri negativi e quello che la spaventava diventava il fulcro del suo malessere. Si era sentita persa ma avrebbe dovuto aggrapparsi a lui invece di respingerlo. Che stupida!

Non riusciva a fidarsi completamente delle sue emozioni, l'aver vissuto sola per tutta la vita e aver dovuto reprimere i sentimenti l'aveva resa ostile verso le persone. Si era creata una corazza che le permetteva di non soffrire ancora di più nei momenti bui. Ma aveva qualcuno al suo fianco con cui dividere il peso delle difficoltà. Lo dimenticava sempre.

Fare due passi le avrebbe fatto bene, ma sarebbe tornata da Katsuki per scusarsi.

Dopo due isolati si scontrò con qualcuno, era sovrappensiero e non si accorse che nella sua direzione veniva una persona fino a quando non ci andò a sbattere. Alzò lo sguardo e quello che aveva davanti era...il sosia, il gemello, una copia del dottor Kendo. Il suo sguardo la immobilizzò non appena i suoi occhi verde acqua si posarono su di lei. Non appartenevano ad un essere umano, quello era un demone arrivato per seminare morte e quando parlò ne ebbe la conferma: la voce profonda sembrava provenire dalle viscere della terra e la fece tremare

“Ciao Shion! O forse preferisci Dafne”

Lei non riuscì ad emettere alcun suono, in un attimo la bocca si asciugò, la lingua si intrecciò e una strana oppressione la invase

“Ti stai chiedendo perché sia qui! Beh quello che hai fatto fuori era un mio clone. Fortuna che quel giorno che hai fatto quel casino a Berna io ero tornato in Giappone. Quando ti ho persa per me è stato un duro colpo e ho dovuto ingegnarmi per trovare una soluzione. Sono riuscito a fare una copia di me eliminando il fattore genetico del mio quirk e lui ha portato avanti gli esperimenti mentre io ero impossibilitato. Ma tu eri preziosa, per anni non siamo riusciti a replicare nulla. Tu sei speciale e averti ritrovata ha permesso di completare la mia opera”

Gli occhi fissi in quelli di lei erano come il pendolo di un incantatore, Dafne avrebbe voluto scaraventarlo lontano, ma non riusciva a muoversi come se fosse in trance, ogni muscolo teso, contratto, era immobile come arrugginito.

Lui si mosse verso di lei, più vicino, con una sinistra falcata. Poteva sentire il profumo della sua acqua di colonia. Pungente, penetrante e inquietante, le sembrò il lezzo del male. Quello trasudava orrore in ogni movimento. Lui repentino scivolò dietro di lei e le mise una mano attorno al collo con delicatezza, strinse la sua gola tra le sue viscide dita, i polpastrelli ben pressati sulla giugulare le impedivano di deglutire con facilità.

Dafne spalancò gli occhi e il terrore la invase.

Muoviti!

Ordinò al suo corpo ma non si mosse. Perché non riusciva a fare nulla? Le bastava un movimento per disintegrarlo ma dentro di lei si sentiva svuotata, debole, stanca. Anche la discussione con Katsuki l'aveva messa a dura prova e la paura che aveva in quel momento le fece percepire la possibilità che poteva morire per mano di quel folle in quel preciso momento.

Lui avvicinò la bocca al suo orecchio e le sussurrò

“Voglio il tuo potere Dafne, se accetti di tua spontanea volontà andrà tutto bene in caso contrario ti costringerò. Distruggerò tutto quello che hai”

Le leccò il collo come un predatore che assapora la sua preda prima di affondare i denti nella carne, quel contatto la disgustò: la lingua come carta vetrata le diede fastidio sulla pelle e la sensazione di umido che le lasciò sembrava la viscida scia di una vipera.

“Il mio quirk assorbe l'energia ma il mio corpo non riusciva a trattenerla e ne veniva attaccato. Tu riesci a manipolare l'energia intorno e ho visto in te la soluzione ai miei problemi. Potenziando il tuo quirk e usando il tuo sangue sono riuscito a stabilizzare la mia condizione. Quelle persone che ho lasciato in giro sono servite per provare il siero creato e rimettermi in sesto. Grazie a te il mio corpo adesso può mantenere l'energia assorbita e mi rende più forte”.

Girò attorno a Dafne, i suoi movimenti erano una specie di danza spettrale, e le si parò davanti. Piantò il viso davanti la sua faccia e assottigliando lo sguardo le mormorò

“Adesso voglio indietro quello che hai dentro, così sarò completo”

Con voce calma, composta, la stava minacciando ma parlava come se le stesse chiedendo una cosa normale.

“Hai cinque giorni di tempo, decidi tu. Con la calma o con la forza avrò quello che voglio”

Si allontanò da lei e dandogli le spalle continuò

“Ti aspetterò su quella collina che sovrasta la città”

indicando il punto con il braccio

“Per ogni ora che tarderai la città sarà messa a ferro e fuoco e comincerò a fare fuori tutti quelli che ami, a partire da quell'eroe Dynamight e dal tuo paparino. E sarà di nuovo colpa tua come la morte di tua madre”

Sogghignò con una risata diabolica, di pancia. Mano a mano che si allontanava seguitava a ridere e quel sinistro suono echeggiò nella via impregnando l'aria di malvagità. Lui era l'originale, non era lo stesso individuo che aveva fatto fuori. La sua sola presenza incuteva terrore.

L'ultima frase la colpì in pieno, il senso di colpa le diede un cazzotto allo stomaco, ebbe un mancamento, le gambe avevano perso forza e barcollando riprese la via di casa.

Il pensiero si rivolse alle persone che adesso facevano parte della sua vita. Doveva proteggerli, non poteva permettere che fosse fatto loro del male. Non avrebbe retto se qualcun altro che amava veniva sacrificato per lei.

 

Katsuki scosso dalla discussione con Dafne aveva vagato per casa come un ossesso con la voglia di far esplodere qualcosa. Non riusciva a credere che l'avesse piantato lì senza una spiegazione e lui non aveva mosso un muscolo per fermarla.

Dannazione!

Era anche preoccupato! Quel folle scienziato era tornato e voleva Dafne.

Lo aveva visto sgretolarsi davanti i suoi occhi possibile fosse ancora vivo! Aveva un quirk di rigenerazione probabilmente e sarebbe stato un bel problema, per affrontarlo avrebbe dovuto studiare un piano perfetto.

Non avrebbe dovuto farlo avvicinare a Dafne per nessuna ragione.

Cosa voleva ancora da lei?

Si poggiò sul divano e si prese la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, si arrovellò il cervello per pensare ad un piano, una soluzione, un modo per contrastare il nemico.

Sentì la porta aprirsi, si girò in un attimo, la tensione lo faceva stare all'erta pronto a scattare. Ma sull'uscio c'era Dafne.

Sei tornata da me!

Una rapida occhiata al suo volto e si accorse che aveva uno sguardo spaventato, quando i loro occhi si incrociarono, da quelli di lei cominciarono a scendere le lacrime, lo raggiunse e gli buttò le braccia al collo nascondendosi sul suo petto in cerca di conforto e protezione.

Lui la strinse a sé solleticandole la schiena per tranquillizzarla.

Era stato impulsivo come sempre, avrebbe dovuto solo ascoltarla e capire come si sentiva. Non doveva urlarle contro, quello che aveva detto era stato dettato dalla paura di poterla perdere ancora una volta. Voleva in realtà spronarla, darle la spinta a non farsi condizionare dal passato perché quello che contava era il presente. E c'era lui.

Quando Dafne si fu calmata gli raccontò dell'incontro con il dottor Kendo, ogni particolare, ogni parola che le aveva detto e la rabbia invase Katsuki in un secondo. Sapere che l'aveva toccata ancora e addirittura leccata come per marchiarla una seconda volta lo fece imbestialire.

“Mi dispiace Katsuki. Non dovevo dire quelle cose, non le meriti. E' solo che...ho paura. E questo mi rende debole”

Lei lo strinse ancora più forte come se lui potesse sfuggirgli di mano.

“Ho paura che a causa mia ti capiti qualcosa. Ho il timore di perderti”

Katsuki le alzò il mento con due dita e le disse calmo

“Non devi preoccuparti. Non è facile liberarsi di me”

La baciò in modo dolce, carezzandole il viso. Si stupiva di quanto potesse essere delicato alle volte con lei. Il rispetto e l'amore che sentiva per lei erano una cosa travolgente e avrebbe fatto di tutto per proteggerla. Per la prima volta nella sua vita c'era qualcuno che metteva al primo posto che non fosse se stesso.

Il bacio divenne passionale e non riuscì a non infilare la lingua tra le labbra in cerca della sua. Le fece scendere la mano dietro la schiena per spingerla verso di sé. L'erezione che si svegliò al contatto con le sue labbra solleticò il ventre di Dafne che lo prese per i fianchi.

“Non azzardarti ad andartene cavalletta, mai più!”

Le sussurrò tra le labbra continuando a baciarla mosso da quel sentimento trascinante che sentiva per lei, che gli dava i brividi attraversando ogni parte del corpo. La voglia di lei faceva contrarre tutti i muscoli concentrandosi tra le sue gambe dove il sangue pompava l'erezione che cominciava a tirare nei pantaloni.

“Ti voglio Dafne”

La voce roca con cui lo disse era un chiaro richiamo per lei.

Lei gli sorrise in quel modo che lui adorava.

“Ho bisogno di una doccia. Vieni con me... Kacchan?”

Dafne si diresse verso il bagno facendo cadere lungo il tragitto i vestiti che si toglieva, lentamente, uno alla volta, per creare un percorso da seguire. Lui osservò quello spogliarello in preda all'eccitazione, quando vide la schiena nuda di lei si mosse. Realizzò che l'avrebbe seguita ovunque.

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Capitolo 30
*** Preparazione ***


Il contatto con la pelle di Dafne aveva sempre il potere di amplificare il desiderio, Katsuki la spalmò contro le piastrelle della doccia per avvinghiarsi al suo corpo morbido e la baciò divorando le sue labbra mosso dalla voglia di lei. Con una mano le strizzò un seno e l'altra la fece scivolare tra le sue cosce scorrendo sul pendio dolce del suo ventre senza esitazione. Il corpo di lei vibrò sotto le sue dita, le mani ardenti e possessive di Katsuki cercavano il punto più sensibile per renderla docile al suo tocco ma lei, anima indomabile, gli affondò le mani tra i capelli bagnati tirando quel metro e ottanta di muscoli e virilità verso di sé.

Katsuki la fece girare di spalle e attaccò il torace alla sua schiena. Le tirò indietro la testa per baciarla sul mento e poi scendere sulla clavicola. L'acqua gli scorreva lungo la schiena, una carezza che amplificava i suoi sensi. Le passò l'erezione sull'incavo della zona lombare, poi tra le gambe. Il gemito di piacere di Dafne era il suono che più lo rendeva smanioso, un richiamo alla passione più sfrenata, all'amplesso desiderato. Ma voleva ancora assaporare la sua pelle e le sue forme prima di spingersi in lei. Si mise sulla mano una generosa quantità di sapone che spalmò sul corpo di Dafne, l'unione con la pelle bagnata creò una soffice schiuma e Katsuki scivolò su ogni centimetro di Dafne affondando le mani anche nei posti più intimi. Si strinse a lei per toccarla anche con il suo corpo. Non ne aveva mai abbastanza. L'abbracciò divorato dalla voglia di averla per sé, per sempre, ogni momento. L'amore verso di lei lo faceva andare fuori fase, era indomabile, esplodeva impetuoso e lo faceva sentire su un altro livello. Era oltre quella scarica di adrenalina quando attivava il suo quirk, oltre quel pizzicore sottopelle che percepiva quando il sudore poteva detonare. Era un ribollire dentro, pura frenesia.

La tirò sotto il getto dell'acqua e lavò via la schiuma dal suo corpo, la fece girare verso di lui per baciarla ancora. Leccò le sue labbra in preda al desiderio che lo stava consumando.

In un secondo la situazione si ribaltò. Dafne gli scivolò di lato e gli fu dietro. Katsuki colto alla sprovvista poggiò le mani al muro, gocce d'acqua gli ricadevano dai capelli e lungo la schiena un dito di Dafne scivolò dal collo fino alle natiche che furono afferrate con entrambe le mani. Sentì i seni di Dafne pressati sulla schiena e il corpo di lei strofinarsi contro il suo, lentamente, in modo lascivo.

Dafne annusò la sua pelle e cominciò a baciarlo sulla schiena, sfiorandolo con la lingua. Poi passò le mani sul torace scosso dai battiti accelerati, scese sui fianchi poi sulle anche. L'inguine tumescente tirava, pulsava, aspettava il momento in cui avrebbe tracciato la linea del traguardo. Le mani di Dafne si fermarono, il percorso che aveva segnato si era arrestato sulla sporgenza ossea delle anche come per fargli prendere fiato visto che Katsuki era rimasto in apnea a quel contatto. Il fuoco della passione stava innescando nel suo corpo un corto circuito. Quando lui riprese a respirare le mani di Dafne scivolarono impudiche sulla piega di flessione tra coscia e addome e si sentì accerchiare l'erezione. Katsuki buttò la testa all'indietro emettendo un grido di piacere poi guardò in basso per controllare che lei fosse ancora lì. Non ci stava capendo nulla, era completamente bloccato nel suo giogo: le sue mani erano ovunque e il suo corpo schiacciato contro quello di lei.

I capezzoli ritti di lei gli solleticavano la schiena, il ventre era schiacciato contro il suo fondoschiena, una gamba intrecciata alla sua, un braccio attorno alla vita e una mano sul suo membro, che andava su e giù prima lentamente poi prendendo il ritmo, lo mandò su di giri. Chiuse gli occhi e si abbandonò completamente.

Dafne gli aveva cambiato la vita, gli aveva dato un altro scopo e quello che provava con lei era fantastico. Lei sapeva come calmarlo, come fronteggiarlo, come toccarlo. Come amarlo.

“Così Katsuki! Lasciati andare!”

Dafne era in preda alla voglia più irrefrenabile di quel corpo perfetto. Amava tutto di lui: il coraggio che le dava di essere se stessa, la ragione che gli aveva dato come scopo nella sua vita, il modo in cui la guardava che la faceva sentire una dea, la brama delle sue mani quando la toccavano.

Non le aveva ancora detto apertamente che l'amava ma lo percepiva nei suoi abbracci, nei suoi baci, nella sua ossessione di volerla proteggere, nel suo essere possessivo, anche nel suo modo di sbraitarle contro. Soprattutto quando la toccava, il passaggio delle sue carezze sussurravano l'amore per lei, il rispetto e la lussuria si fondevano.

“Ti amo Katsuki”

Dafne lo pronunciò avvolgendogli le braccia attorno alla vita e poggiando l'orecchio sulla sua schiena per sentire il suo cuore battere per lei.

Il sussurro di Dafne che esprimeva quel sentimento rivolto a lui lo riportò alla realtà. La passione ingigantiva le sensazioni di euforia, il cuore traboccava di emozioni che lei riusciva a trasmettergli senza difficoltà, l'amore per lei lo sentiva crescere da dentro come un'esplosione. Si girò verso di lei e le piantò gli occhi addosso. La guardò intensamente come volesse mangiarla con gli occhi. Seguì la linea del suo viso poi scese sul collo, sul seno. Era affamato di lei, del suo corpo.

“Sei mia Dafne, solo mia”.

Dafne si sentì sollevare e gli si avvinghiò ai fianchi. Katsuki la poggiò al muro, il contatto con le piastrelle la fece inarcare e per lui fu più facile entrare in lei.

Spinte ritmiche e profonde rendevano la fusione tra i loro sessi audace. Il modo di muoversi di Katsuki era la maniera per sussurrarle l'amore che provava per lei. Non era solo voglia o smania di sesso, era la brama di avere cura di lei, di sentirla sua. Amarla.

Era quello il potere dell'amore: un intricato insieme di emozioni e percezioni condivise con la persona che il corpo e il cuore sceglievano per noi.

Erano due ingranaggi che si incastravano perfetti, due corpi fusi che si completavano, due cuori legati da un sentimento travolgente. In quel momento c'erano solo loro, niente problemi, niente paure, niente preoccupazioni.

Il piacere arrivò per entrambi quasi simultaneamente e i loro umori si mescolarono.

Dopo essersi asciugati il letto fu il loro confortevole spazio per rimanere avvinghiati come se non volessero più separarsi, come se avessero il timore che poteva essere la loro ultima notte insieme, consapevoli di dover affrontare qualcosa di più grande di loro ma lo avrebbero affrontato insieme.

 

Il giorno dopo Katsuki si alzò alla solita ora. Prima di svegliare Dafne fece una telefonata a Deku per convocarlo in agenzia quella mattina stessa.

Il tragitto verso l'ufficio fu motivo per escogitare un piano per catturare quel folle scienziato.

“Il responsabile di quelle vittime è uscito allo scoperto, vuole Dafne.”

“Cosa pensi di fare?”

“Di certo non farlo avvicinare a lei per nessuna ragione. Sta architettando un attacco alla città se lei non si presenta all'incontro. Dovremmo essere preparati”

“Tutte le agenzie dovranno essere interpellate per schierare eroi nei punti strategici. Coordina tu la missione”

“Eh!”

Katsuki guardò il suo rivale-amico, l'eroe numero Uno, inarcando un sopracciglio. Gli stava dando completa autonomia.

“Kacchan lo sai che ho piena fiducia in te, mi pare di avertelo sempre dichiarato e mostrato. Se fossi io al tuo posto e Ochaco fosse in pericolo non esiterei a mettermi in prima linea e non vorrei nessuno che mi dia degli ordini. E poi hai sempre fatto di testa tua e sei uno stratega eccezionale. Io sarò al tuo fianco stavolta come...amico non solo come eroe”

“Facciamo il culo a quei villain allora”

Katsuki pronunciò quelle parole battendo il pugno sul palmo della mano con il suo solito ghigno di sfida.

La porta dell'ufficio si aprì, Dafne entrò non sapendo che Katsuki era impegnato. Anche lei si era recata sbuffando in agenzia dove sarebbe dovuta rimanere nei giorni seguenti come le aveva ordinato Katsuki, e non poteva stare troppo lontana dal suo raggio di azione. Aveva accettato bonariamente quella sua presa di posizione sia perché non voleva sentirlo berciare di continuo e sia perché erano entrambi preoccupati della situazione sebbene in modi diversi.

“Scusa Katsuki non sapevo fossi impegnato, ripasso dopo”

Dafne fece per chiudere la porta non senza aver dato una sguardo fugace all'ospite nella stanza ma Katsuki la fermò.

“Aspetta Dafne, entra pure. Devo presentarti una persona”

Dafne attraversò la stanza con passo deciso e a testa alta. La persona che stava con Katsuki non si era ancora girata verso di lei. Era alto quasi quanto Katsuki e altrettanto grosso, i capelli erano spettinati, una matassa informe e senza un verso, indossava un costume verde con scarpe rosse e bianchi guantoni fino agli avambracci. Se ne stava impalato, ben piantato sulle sue gambe muscolose ma trasmetteva un'aura alquanto positiva.

Nel momento esatto in cui gli passò oltre per raggiungere Katsuki dall'altro lato della scrivania, capì che era il famoso amico d'infanzia del suo ragazzo. Piantò i suoi occhi ametista in quelli verdi brillanti di lui e scrutò con attenzione il suo viso come era solita fare con le persone, per cercare di coglierne l'essenza. Era un libro aperto: lo sguardo era fiero e dolce allo stesso tempo, due fari smeraldo la fissavano carichi di comprensione e di...speranza. Lentiggini sulle gote gli davano un'aria fanciullesca ma il viso maturo anche se segnato da una cicatrice sul mento lo rendevano affidabile. La sua persona riempiva l'atmosfera di solarità, un raggio pulsante che riusciva a spazzare via ogni briciolo di oscurità.

“Dafne ti presento Deku”

Lui le tese la mano con un sorriso smagliante da far dimenticare ogni dubbio, ogni paura.

“Finalmente ho il piacere di conoscere la persona che ha fatto perdere la testa a Kacchan”

“Piantala nerd”

Lei gli strinse la mano e al contatto una scarica attraversò entrambi, percepì una forza straordinaria dentro di lui. Un' energia implacabile, forte, quasi ultraterrena.

“Piacere De-ku”

Dafne si lasciò invadere da un senso di pace, lui trasmetteva tranquillità: il sorriso raggiante come i suoi occhi mettevano a proprio agio. La sua espressione non giudicava, non sfidava. Infondeva fiducia.

“Non è come te Katsuki”

Dafne aveva pensato a voce alta ma le venne spontaneo esprimere quello che aveva percepito al suo ragazzo esplosivo,

“Certo che non è come me...è un dannato nerd! E poi che intendi cavalletta?”

“Tu guardi per uccidere, lui per...darti sicurezza”

“COSA? Ci stai mettendo a confronto per caso?”

“Oh non scaldarti tanto biondo, sto solo dicendo che è un eroe diverso da come lo immaginavo”

“E che eroe sarei io allora?”

“Spostiamo sempre l'attenzione su di te?”

Dafne restituì lo sguardo a Katsuki e capì che lui era inspiegabilmente geloso, ammorbidì i suoi occhi e gli prese la mano.

In quel momento si erano dimenticati che non erano soli.

Lei si avvicinò al viso di Katsuki, lo guardò dritto negli occhi e gli stampò un bacio sulle labbra poi sussurrò

“Tu sei il mio eroe personale”

L'atmosfera tra loro si era fatta romantica: Dafne lo guardò con tenerezza, Katsuki aveva un'espressione beata.

“Wow, tu devi essere speciale, non avevo mai visto Kacchan così!”

Deku aveva assistito a quel siparietto e il cuore gli si riempì di gioia, il suo amico aveva proprio trovato la degna compagna per lui che sapeva trattarlo e amarlo per quello che era.

“Non ti scaldare nerd! E dimentica quello che hai visto oppure è la volta buona che ti faccio esplodere quel sorrisetto sulla faccia”

“Oh Kacchan non essere a disagio. E' una cosa bella l'AMORE”

“Sparisci idiota! Porta qui le tue chiappe nel pomeriggio insieme alla tua squadra per discutere del piano”

Deku rivolse un ultimo saluto a Dafne con un inchino e li lasciò.

“Era qui per il dottor Kendo?”

Il tono di Dafne si fece serio

“Non ti daremo in pasto a quello scienziato, mettitelo in testa cavalletta”

“Immagino non mi farai partecipare all'azione!”

“Non puoi Dafne, lo sai! Devo proteggere anche la città, non posso permettermi di lasciarti fare a modo tuo. E la mia priorità sei sempre tu ora”

“Lo so Katsuki. E' che per tutta la vita mi è stato vietato qualcosa e mi ribello sempre alle imposizioni perché non le trovo giuste! Come adesso, non riesco ad accettare di stare a guardare sapendo che posso fare qualcosa”

“Gli eroi ci sono per questo, per togliere i problemi e le responsabilità dalle spalle delle persone. Ti fidi di me?”

“Certo che mi fido ma voglio combattere al tuo fianco, questa è la mia battaglia non posso scaricare tutto su di te”

“Dafne...per te sopporterei qualsiasi peso che mi vorrai addossare. Non è nel mio dna perdere, quindi non voglio perdere nemmeno te siamo intesi?”

“Ok Katsuki, me ne starò buona. Faremo a modo tuo. Ma....”

“Niente ma. Farai la brava vero?”

“Non posso prometterlo ma ci proverò”

Katsuki l'aveva presa per la vita e l'aveva tirata a sé, gli occhi maliziosi di entrambi erano la prova che il desiderio si era acceso tra le righe delle loro ultime parole. Un bacio ardente fu l'inizio di un contatto tra loro che si concluse sulla scrivania dopo aver oscurato il finestrone dell'ufficio e comunicato all'interfono che per i successivi quindici minuti non erano disponibili per nessuno.

 

“Il nostro scopo sarà quello di contrastare un attacco e contenerne i danni. Il soggetto è uscito allo scoperto e faremo in modo di arrestarlo”

Katsuki parlò a voce alta nella sala riunioni della sua agenzia dove aveva radunato la sua squadra, gli altri membri, Aizawa e i rappresentanti delle altre agenzie tra cui vecchi compagni e ovviamente Deku che se ne stava in fondo alla sala ad osservare il suo amico prendere in mano la situazione e coordinare tutta la platea.

“Queste sono le vostre postazioni”

Tra i presenti vennero distribuite le indicazioni per le varie squadre e i luoghi di appostamento.

“Staremo all'erta, non sappiamo cosa aspettarci, sicuramente avrà un esercito e faremo il culo a tutti appena si muoveranno. Io lo affronterò nel luogo stabilito”

Ci fu uno scambio di battute tra le squadre e si valutarono gli scenari possibili e le contromisure da adottare. Dafne voleva dire la sua ma era invisibile a tutti, la ignoravano anche se erano tutti lì per difenderla. Dannati eroi! Aveva detto a Katsuki che avrebbe fatto la brava ma sentire tutte quelle persone parlare di un possibile scontro per causa sua non la lasciava indifferente. Voleva fare la sua parte. Gli occhi cambiarono colore e i capelli fluttuarono in aria, esplose un'onda d'urto a bassissima potenza per attirare l'attenzione di tutti, mobili e pareti vibrarono scossi da quella potenza.

“Se solo uno di voi sarà in grave pericolo io farò quello che devo. Non importa se non ho la licenza ad usare il quirk.”

Lo sguardo determinato era rivolto sopratutto verso Katsuki, che roteò gli occhi al cielo e le restituì un cipiglio infastidito. Aizawa avvicinò la figlia per calmarla ma Dafne continuava a guardare Katsuki in modo duro che nel frattempo aveva ripreso a parlare alla platea. Non le aveva rivelato i dettagli del piano che aveva orchestrato, sentire quello a cui sarebbero andati incontro tutti mettendola in panchina non lo trovava corretto. Avrebbero dovuto fare le cose insieme perché era così ostinato a voler combattere quella battaglia da solo? Perché non poteva accettare che lei era in grado di proteggerlo?

Lo amava, glielo aveva detto più volte, eppure lui continuava a tenerla in disparte nella condivisione piena della sua vita. Era riuscito a confessarle le sue debolezze, le sue preoccupazioni ma non si era liberato ancora della percezione che lei aveva degli eroi. Si sbagliava! Lei aveva accettato il suo ruolo di eroe da tempo, voleva solo che lui condividesse cosa significava essere eroi.

La riunione proseguì e quando a tutti fu ben chiaro cosa li aspettasse quattro giorni dopo, lasciarono l'agenzia. A Dafne fu chiaro che in quei giorni Katsuki avrebbe fatto di tutto per convincerla a non voler partecipare all'azione.

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Capitolo 31
*** Battaglia ***


Il giorno fissato arrivò, le squadre si posizionarono nei luoghi assegnati per pattugliare ed intervenire in caso di attacco. Katsuki si recò sulla collina che sovrastava la città per fronteggiare il nemico principale, Dafne era stata costretta alla fine a rimanere in agenzia con Jeanist e il padre che si occupavano di amministrare e coordinare l'operazione da remoto.

Dafne doveva rimanere ad osservare dai monitor e ascoltare dagli auricolari cosa sarebbe successo e l'unico pensiero era verso Katsuki che doveva affrontare quel folle. Alla fine, si era fatta convincere o forse non voleva deludere ancora Katsuki. Dopo la riunione con le varie agenzie avevano nuovamente litigato e stavolta nei suoi occhi vi aveva letto frustrazione. L'ostinazione di Dafne lo aveva infastidito e nello stesso tempo amareggiato a dimostrazione che lei non si fidasse pienamente del ruolo che lui ricopriva. Ma non era quella la motivazione. Anche lei sentiva il bisogno di proteggerlo ma non voleva minare il suo orgoglio di uomo e di eroe, perciò alla fine aveva abbassato la testa in segno di resa e aveva accettato di mettersi da parte.

In quel momento però non riusciva a stare ferma, si muoveva di continuo nella sala, senza trovare una posizione, lo sguardo rimbalzava tra i vari monitor e le spalle di Jeanist che era seduto composto alla consolle principale. Lei invece sembrava uno spirito intrappolato in cerca di pace. Il padre aveva intuito il suo stato d'animo e le mise una mano sulla spalla.

Lo sguardo interrogativo che lei gli rivolse era la richiesta ad una spiegazione a quella condizione. Il tono amorevole con cui le parlò quietò di poco quegli occhi ansiosi e carichi di voglia di reagire.

“Bakugo sa quello che fa. Ricordati che è il numero Due solo perché non gode di grande favore tra le persone ma in quanto a forza e determinazione eguaglia Deku senza ombra di dubbio”

Già, era proprio quello che la terrorizzava di più: consapevole di quanto fosse tenace poteva spingersi oltre il limite. E quel dottor Kendo non era il cattivone delle favole, era un essere spregevole e pericoloso che avrebbe lasciato uscire il suo lato disumano, insensibile a chiunque si fosse trovato davanti.

Dafne provò a trovare un comodo alloggio ai suoi muscoli tesi sulla sedia che aveva agguantato con rassegnazione. Si era piantata davanti al monitor che segnava la posizione di Katsuki, gli occhi attenti a captare ogni minima anomalia anche se non capiva nulla di tutta quella tecnologia. Non le avevano assegnato alcun auricolare perché a detta del padre non avrebbe fatto altro che aumentare la sua apprensione. E non si potevano permettere che lei perdesse il controllo in quella situazione. Si sentì schifosamente inutile. Ma era davvero degna di stare dov'era?

Era una vita che si sentiva sempre fuori posto e il macigno del suo dannato quirk non le aveva lasciato scampo in ogni tappa della sua vita. Quando aveva incontrato Katsuki pensò che fosse uno dei tanti ostacoli che aveva imparato a saltare. Le persone per lei erano semplici impedimenti da aggirare per tirare dritto nella sua marcia verso una meta di pace interiore. Si era convinta che avrebbe trovato un equilibrio solo se fosse stata sola: gli altri smuovevano l'animo, sconvolgevano la mente e lei non poteva permettersi tutto quel caos interiore. Eppure, Katsuki era diventato un intralcio difficile da aggirare e impossibile da ignorare. Lui aveva trovato il comodo rifugio che si era creata per stare lontano da ogni tipo di emozione e aveva trovato un interruttore nella sua anima che facesse brillare l'oscurità in cui si era rintanata.

Mai avrebbe pensato che si sarebbe innamorata di un vero eroe!

 

“Come sei cambiata Dafne in questi giorni!”

L'euforia del dottor Kendo era quasi contagiosa ma il riso maligno stampato sulla faccia stonava con l'entusiasmo vibrato da quelle parole ironiche.

“Sei una comparsa che sparirà subito dalle nostre vite”

Katsuki era arrivato sul posto sospinto da un paio di esplosioni per fare un'entrata d'effetto, il pizzicore della nitroglicerina che stava producendo dai palmi delle mani lo rendevano uno stoppino incandescente. Quello che lo muoveva era il bisogno di sconfiggere l'avversario e in quel caso particolare levargli dalla faccia quel sorrisetto indisponente.

“Ha mandato te avanti, non mi sorprende! Ma sappi che lei è mia, eroe, e non mi fermerai”

Il sentire pronunciare con così disinvoltura l'assurdo diritto di possedere Dafne fece scattare Katsuki con occhi inferociti. Esplose contro il suo avversario il suo arsenale in un attimo e senza freni, il polverone che creò si alzò di vari metri. Era convinto di averlo preso alla sprovvista ma tra la nuvola di polvere, che andava dissolvendosi spinta dalla leggera brezza che si era alzata su quella maledetta collina, vide la sagoma di quel tizio con un braccio teso verso di lui dal cui palmo guizzarono scintille della sua esplosione che veniva fagocitata: aveva assorbito il colpo completamente senza un graffio. Quello avanzò minaccioso verso Katsuki che non si fece intimidire anzi sorrise compiaciuto: si prospettava uno scontro davvero strepitoso.

“Dafne ha ancora 58 minuti di tempo per presentarsi. Nel frattempo, giocheremo io e te”

Il dottor Kendo tronfio del suo nuovo stato, si avventò contro Katsuki per un corpo a corpo, carico ed eccitato per aver assorbito quell'energia.

“Ti avrò già fatto fuori prima ancora che te ne accorga”

Katsuki gli andò incontro, un toro a testa bassa accecato dal colore rosso della camicia dell'avversario. Si preparò a schivare i colpi che arrivarono uno dopo l'altro: affondi di arti marziali che aveva imparato a schivare ed anticipare grazie agli allenamenti con Dafne.

Più volte tentò di sorprenderlo con un'esplosione ravvicinata ma quello era molto più veloce ad eludere le sue mosse o ad assorbirne l'energia. Ogni volta che riusciva a risucchiarla il suo avversario diventava più forte. Il suo quirk era di tipo ‘incameramento’ e potenziava la sua forma. Doveva essere cauto e sicuramente avrebbe trovato il suo punto debole. Era certo che avesse un limite: l'energia assorbita rilasciandola nei colpi che sferrava doveva esaurirsi, non poteva trattenerla nel suo corpo. Si comportava come una specie di imbuto: dall'esterno convogliava l'energia sotto forma di forza fisica.

Cambiò strategia, non poteva attaccare con la sola potenza di fuoco a disposizione, doveva essere controllato e furbo: attaccare a distanza ravvicinata e muoversi veloce.

Quando avrebbe percepito che la forza dell'avversario si stava esaurendo avrebbe sfoderato il suo colpo migliore. L'Howitzer Impact era devastante e l'avversario non poteva contenere la potenza sprigionata.

Il loro scontro andò avanti per un'ora, la stanchezza invase entrambi ma Katsuki era più determinato che mai a non perdere spinto non solo dalla sua innata propensione alla vittoria ma dall'esigenza di proteggere la persona più importante della sua vita da ogni tipo di minaccia che rappresentasse quell'uomo.

L'avversario aveva prosciugato l'energia accumulata perché aveva rallentato gli attacchi che erano diventati meno efficaci. Era il momento adatto, indirizzando esplosioni al lato del suo corpo Katsuki vorticò creando un tornado, raccogliendo ossigeno nell'aria e velocità alimentò la successiva esplosione di una forza distruttiva oltre ogni limite.

Il dottor Kendo ne fu investito in pieno, la potenza di quel colpo lo schiacciò a terra ma la follia che gli scorreva nelle vene lo spronò a stendere le braccia ed aprire i palmi delle mani per assorbirne il potere. Per un attimo sentì come qualcosa che si incrinava nel suo corpo ma non gli diede perso perché quella forza lo rinvigorì.

Katsuki spalancò gli occhi sorpreso dall'audacia di quel tipo, non si era piegato nemmeno davanti al suo colpo migliore. Era l'avversario che si aspettava un combattimento all'ultimo sangue. Ed era pronto ad andare fino in fondo.

“Tempo scaduto eroe, se la principessa non si fa vedere le darò un motivo per farlo”

Il dottor Kendo toccò un pulsante sull'orologio che aveva al polso dal quale uscì un fascio di energia simile ad una freccia che scagliò contro Katsuki. La evitò all'ultimo momento strattonando il corpo pesantemente: per il suo attacco aveva consumato una grande quantità di energia.

Quello parlò accarezzando orgoglioso l'oggetto al polso

“E' una mia invenzione come i vostri supporti! Visto che assorbo energia ma non posso sprigionarla sotto forma di arma ho creato questo affare. Con l'energia assorbita dalla tua esplosione ho un bell'arsenale, eroe”

La sua risata riecheggiò nelle orecchie di Katsuki come un gessetto che stride sulla lavagna e i suoi occhi intrisi di follia pura lo guardavano come fosse un fantoccio con cui giocare.

Visibilmente boccheggiante Katsuki si preparò a contenere un nuovo attacco del nemico. Raccolse ogni briciolo di forza che aveva ancora in corpo. La parola resa non era contemplata nel suo vocabolario.

Intanto in varie parti della città varie squadre di villain uscirono allo scoperto e cominciarono a seminare distruzione e terrore tra le vie e la gente. Gli eroi appostati nei punti strategici si lanciarono nei vari scontri, ognuno fu impegnato a combattere. La comunicazione tramite gli auricolari su un canale dedicato era veloce e tempestiva, ognuno sapeva delle condizioni degli altri e sui monitor dell'agenzia comparivano le posizioni e le funzioni vitali di ognuno.

Dafne rimase senza fiato quando anche tutti gli altri ingaggiarono la battaglia. E se quel dottor Kendo avesse davvero ucciso Katsuki?

Era in preda all'ansia, si stritolava le mani e si mordeva le labbra incurante del dolore che si procurò affondando i canini quando sul monitor apparve un puntino rosso in corrispondenza della posizione di Katsuki. Il terrore la invase, il cuore mancò un battito nel momento esatto in cui quel puntino da bianco si trasformò in rosso. Voleva dire pericolo! Anche se non conosceva il linguaggio di quelle macchine, anche se non era arrivata alcuna comunicazione di richiesta di aiuto, era sicura che c'era qualcosa che era andato storto. Una folle preoccupazione le accecò ogni briciolo di buon senso e si fiondò fuori dall'agenzia per raggiungerlo incurante del richiamo del padre che con la sua gamba artificiale faticò a starle dietro.

 

Katsuki fu raggiunto dalle voci della sua squadra che dai punti assegnati si stavano scontrando con vari villain che avevano invaso la città.

Il dottor Kendo non gli dava tregua, con quell'affare al braccio era in grado di essere offensivo anche a distanza. Doveva avvicinarsi per distruggere l'orologio. Con un lampo di luce provò ad accecarlo per avere la distrazione utile a mandare a segno un colpo esplosivo. Riuscì nell'impresa ma l'avversario aveva intuito il suo obiettivo e aveva finto di essere stato colpito e quando Katsuki si avvicinò per un'esplosione a distanza ravvicinata fu trafitto da un fendente di energia. Fu come un lampo, non fu in grado di evitarlo, solo all'ultimo istante riuscì a spostarsi per essere colpito allo stomaco. Quel pazzo aveva mirato dritto al cuore e i pronti riflessi di Katsuki gli permisero, con una propulsione, di spostarsi verso l'alto ed evitare di essere colpito ad organi vitali.

Era come essere stato infilzato da una spada, l'energia era stata concretizzata quasi da toccarla e sul suo avversario si stampò un ghigno di vittoria che a lui servì per dargli la carica a cancellare quella maledetta faccia da maniaco. Nel momento stesso in cui fu trafitto non perse l'attimo e agguantò l'orologio del dottor Kendo facendolo poi esplodere nella sua mano.

La lama che lo aveva trafitto sparì lasciando il posto ad una ferita da cui sgorgava copiosamente sangue, si mise a distanza di sicurezza tenendosi una mano sullo stomaco. Non riuscì a rimanere in piedi, cadde in ginocchio e aprì un canale privato con Kirishima il più vicino all'agenzia.

“Capelli di merda, sono stato colpito! Alla sala controllo comparirà il segnale ma fa in modo che Dafne non faccia cose strane”

“Bakugobro vengo da te!”

“NO! Pensa a lei, non farla muovere da lì. Me la cavo, lo sai che sono sopravvissuto a ferite peggiori!”

Katsuki tossì involontariamente e un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca. Cazzo, fa male!

Non terminò la conversazione che dietro di lui sentì una corrente d'aria come quando passa un treno e voltandosi incrociò gli occhi azzurro-violacei di Dafne che lo guardavano preoccupati, con il respiro affannato per la corsa disperata che l'aveva portata da lui.

Cosa diavolo ci fai qui!

 

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Capitolo 32
*** Lotta ***


Dafne era scattata senza pensare a nulla, mossa solo dall'esigenza di vedere come stesse Katsuki. Appena vide che era ferito in modo abbastanza grave rimase senza fiato, lo raggiunse e si inginocchiò a terra per avvolgerlo tra le sue braccia.

“Scusa ma non potevo stare a guardare. Tu sei la mia vita, capisco come ti senti quando mi vuoi proteggere”

Lo sussurrò al suo orecchio strofinando il volto sulla guancia, gli poggiò delicatamente le labbra sulla vena ingrossata dalla fatica sul lato destro del collo. Avrebbe voluto rimanere in quel modo, per proteggerlo avrebbe sconfitto le sue paure. Si staccò controvoglia da lui.

Lo guardò attentamente: un livido sulla tempia, il labbro spaccato, un rivolo di sangue aveva sporcato le sue labbra e si teneva lo stomaco dove una chiazza di sangue si allargava. Cercò di fermare l'emorragia cauterizzando la ferita controllando la fiamma che aveva imparato a domare. Bruciò la pelle di Katsuki quel tanto che serviva per fermare il sangue, fu lei a fare una smorfia di dolore percependo quello che poteva sentire lui anche se non lo dava a vedere. Era stremato ma la sua fierezza era impressa sulla sua faccia sudata e malmenata. Lui non si arrendeva mai. Ed era questo il suo lato che ammirava, voleva tanto fare sua quella caratteristica!

Era davvero l'eroe che aspettava, le era di esempio: le dava la forza di andare oltre i suoi limiti, di fare meglio e non darsi per vinta. Mai.

Sentì la sua energia interiore crepitare sotto i pori della pelle, era pronta a combattere anche se voleva dire infrangere le regole, anche se non avrebbe mantenuto la sua promessa di starsene in disparte.

“Tu salvi il mondo Katsuki, lascia che io salvi almeno la persona che amo. Questa è la mia battaglia!”

Gli accarezzò il viso con tenerezza e gli sorrise per provare a trasmettergli tranquillità, sperando che non vedesse la forzatura di quell'azione. In quel momento lei era un rimestare di rabbia e voglia di distruggere.

Si alzò in piedi, come un soldato sull'attenti guardò torva il dottor Kendo e si mosse risoluta in quella marcia verso il proprio destino.

Il dottor Kendo aveva assistito all'arrivo di Dafne come se avesse davanti un essere incorporeo, quando la vide rivolgersi a lui con occhi furenti applaudì compiaciuto

“Ecco la mia Dafne. Sapevo che ti ci voleva giusto una spintarella”

Anche Aizawa raggiunse il luogo, i polmoni stavano per uscirgli dal petto, l'attrito della gamba artificiale fece pulsare la carne del moncherino sotto al ginocchio. Vedendo le spalle della figlia in composta apertura capì subito le sue intenzioni.

“Si sono riunite le persone più importanti per te. Che intendi fare mia cara?”

Dafne si era allontanata da Katsuki in una posizione in cui lui era fuori portata, gli rivolse un ultimo sguardo muovendo il labiale in un ti amo di commiato e creò una cupola di energia attorno a sé per dividerla da lui, un modo per contenere lo scontro che ci sarebbe stato evitando danni.

Katsuki era rimasto in silenzio alla sua presenza, aveva accettato il suo contatto come un vitaminico anabolizzante. Oltre all'amore, nei suoi occhi aveva notato una scintilla di furiosa determinazione. Provò a fermarla chiamandola con un tono che non era il suo, come se il suo corpo avesse percepito il significato di quella vista. Si rialzò dalla sua patetica posizione e mosse un passo verso di lei. Gli sembrava che le stesse sfuggendo di mano, un'altra volta. Ma fu bloccato da Aizawa che gli arpionò un braccio, stringendo la presa per paura che uno strattone deciso gli avesse permesso di avanzare verso di lei.

“Aspetta Bakugo. Non la fermerai! Fidati di lei!”

“Sono io che devo proteggerla, non il contrario. Che cazzo si è messa in testa?”

“Dafne deve liberarsi del peso che si porta dentro, solo questo è il modo”

“Il peso lo deve condividere con me, cazzo. Ci sono io al suo fianco”

“Lascia che combatta i suoi demoni da sola. Sai più di chiunque altro cosa significhi!”

Aizawa aveva parlato mantenendo l'occhio su sua figlia: il profilo fiero e l'insistenza del suo sguardo fisso su di lei per abbracciarla e sostenerla. Rivide la determinazione della madre, nulla l'avrebbe distolta dalle sue intenzioni. Era testarda proprio come Akiko e sapeva che aveva capito di avere un quirk che l'aveva resa responsabile verso il mondo: avrebbe protetto chi amava anche per salvare se stessa e gli altri.

Una cupa sensazione però si infilò nel suo petto, uno stiletto che buca le carni e viene rigirato nello sterno. Gli mancò il fiato per un attimo impietrito per l'apparizione fugace di un possibile epilogo nefasto.

“Dottore cosa intendi fare adesso?”

Dafne guardò torva il suo interlocutore e gli occhi divennero neri.

“Vedo che hai sviluppato qualcosa di nuovo. Vai oltre le mie aspettative. Sei un esperimento più che riuscito”

“Che cosa mi hai fatto?”

“Ho potenziato il tuo quirk mia cara. Ho semplicemente innestato altri quirk che si sono amalgamati bene con il tuo dna. Avevo avuto tanti esperimenti falliti prima di te e avevo compreso come combinarli. E poi ti ho trovato. Hai un quirk davvero particolare! Il tuo sangue serviva per annullare gli effetti collaterali del mio, una fiamma distruttrice e curativa allo stesso tempo”

“Che intendi dire?”

“Come pensi sia possibile che non hai alcun segno sul corpo che riporta gli esperimenti da bambina? Ho innestato un quirk di rinnovamento cellulare insieme a quello del fuoco, altrimenti il tuo debole corpo non poteva sostenere gli esperimenti. Lo attivavamo quando ne avevamo bisogno ed è servito a dare una consistenza migliore al tuo sangue”

“Tu sei stato un veleno. Pensi che non mi opponga?”

“Ah sei sempre stata ribelle, non hai cambiato la tua indole, da bambina rendevi le cose sempre complicate. Ma quello che hai è mio quindi adesso lo rivoglio”

“E se non voglio farlo?”

“Io mi preoccuperei per quei due in fondo signorina. Io non ho problemi a farli fuori per costringerti. Non sei stanca di lottare sapendo che hai perso in partenza? Mi ricordi tanto tua madre!”

Sentire nominare sua madre fu la scintilla che fece detonare la sua rabbia. Gli fu davanti in un secondo e gli diede un pugno in piena faccia impregnato di energia scaraventandolo a metri di distanza.

Il dottor Kendo cominciò a ridere, sempre più forte, mosso da un impulso maniacale. Lei si sfogò su quell'essere: lo riempì di colpi senza sosta scaricandogli addosso tutto il malessere e l'odio che provava per lui. In quel momento il cervello si era spento, il suo corpo si muoveva solo spinto da una cieca ira. Le braccia e le gambe scattavano istigate dall'energia interiore che scorreva fluida dentro di lei.

Lui non oppose resistenza, alcune volte si limitò a bloccarle il pugno nel suo palmo, era in quegli istanti che i suoi occhi brillavano di una luce accecante di pura follia. Dopo l'ennesimo ruzzolone per terra, si rialzò lisciandosi la camicia e spazzolandosi i pantaloni dalla polvere continuando a ridere in modo isterico. Aveva ancora in circolo l'energia che aveva assorbito da Katsuki e aveva incassato i colpi senza troppi danni.

Dafne incanalò energia e gli scagliò un'onda d'urto. Il suo avversario alzò le braccia e accolse quell'energia assorbendola attraverso il palmo delle mani.

“Ancora”

Un'altra onda d'urto più potente arrivò e catturò anche quella forza.

“Si ancora Dafne, dammi altra energia”

Un lampo attraversò quegli occhi verdi raccapriccianti, si era eccitato. Un ghigno soddisfatto si stampò sulle labbra sottili che furono accarezzate dalla lingua con un mugugno deliziato da quello che aveva assorbito: era una sensazione di onnipotenza, l’energia di quella ragazza era diversa da quelle che aveva assorbito finora, perfino di quella dell'eroe, sembrava una droga.

“Vuoi il mio potere? Prendilo allora!”

Dafne chiuse gli occhi e si concentrò. Respirò profondamente. Quello che voleva era raccogliere l'energia dentro di lei e liberarla appieno.

Lui l'avrebbe contenuta? Lei sarebbe stata prosciugata?

Non importava voleva solo liberarsene. Se lui era in grado di assorbirla gliela avrebbe concessa. Tutta.

L'energia cominciò a scorrere nelle vene, dal centro del corpo si mosse lungo gli arti e fuoriuscì dai pori della pelle. Attorno a lei si materializzò una bolla del suo colore caratteristico misto al rosso vivo e la raccolse con il pensiero in un fascio di luce concentrato che cominciò a vorticare come un velo al vento. Scaricò quell'energia verso il dottor Kendo e la pompava al ritmo del battito del suo cuore, prorompente ed impetuoso il potere usciva come se avesse tolto il tappo da una bottiglia capovolta. Avrebbe liberato ogni briciolo di quella forza che sentiva dentro.

Le fiamme l'avvolsero completamente, i capelli divennero fili infuocati, gli stessi occhi che aveva riaperto erano diventati incandescenti, più sprigionava energia più si sentiva viva. Era solo energia e il suo corpo sembrava pura materia. Una supernova, incandescente, potente.

Il dottor Kendo si alimentava di tutta quella potenza e non aveva mai smesso di ridere esaltato ma cominciò a sentirsi strano, il suo corpo non riusciva a contenerla, le dita delle mani cominciarono a cedere, piccoli lembi di pelle si disintegravano come cartapesta. Provò a bloccare quel fascio di energia ma non riusciva nemmeno a spostarsi, quella forza lo teneva fermo. Stava diventando un semplice contenitore pieno fino all'orlo e pronto a traboccare. Fu in quel momento che il panico lo pervase e con voce strozzata urlò

“Basta. Come fai ad avere tutta questa energia? E'troppo! Cosa diavolo sei tu?”

La voce in risposta di Dafne era vibrante, come se avesse un eco.

“Me lo hai dato tu il nome maledetto, sono Shion.... il suono della morte”

Nel pronunciarlo fasci di fuoco si sprigionarono dalle sue spalle simili ad ali infuocate e investì il dottor Kendo con un'altra bolla di energia, uno tsunami impetuoso lo travolse. Lui ormai era allo stremo, barcollò visibilmente come ubriaco, le dita delle mani a diretto contatto con quella forza non c'erano più, si sentì invadere ogni parte del corpo. Percepiva l'energia che si muoveva dentro di lui, sotto la pelle, come fosse viva, come un serpente: strisciava nelle vene, nei muscoli, nelle ossa. Fasci di luce uscirono dal suo corpo. L'energia cercava una via per uscire, dalla bocca, dalle orecchie, dagli occhi, da ogni poro della pelle, fu trafitto dall'interno. L'energia che aveva bramato per una vita lo stava dilaniando.

Come poteva quella ragazza essere riuscita a creare quella forza? Come era riuscita a contenerla negli anni senza esserne sopraffatta?

Il dottor Kendo urlò disperato dal dolore e il suo corpo implose. Fu avvolto da una luce che dissolvendosi fece sparire anche lui.

Dafne respirava in modo affannato, il potere uscito da lei continuò ad espandersi e si scontrò con la barriera che aveva creato, lo contenne come un palloncino che veniva riempito di aria. Lo scontro fece implodere la barriera e con le ultime forze rimaste Dafne arginò l'esplosione per evitare danni.

Le fiamme l'abbandonarono immediatamente come spente da un secchio d’acqua, gli occhi tornarono del suo colore naturale. Si sentiva svuotata e senza forze. Eppuresi sentiva leggera, non percepiva più quella sensazione di qualcosa che fremeva in lei, che doveva tenere a freno. Quella fiamma si era spenta. Era riuscita a liberarsi di quell'energia di cui aveva avuto paura una vita intera, che non era sua, che non le apparteneva davvero.

Si girò verso Katsuki che aveva assistito a ogni cosa senza capire cosa fosse successo. Il petto di Dafne si sollevava pesantemente e vacillò per un attimo, le gambe instabili non si muovevano e lui le andò incontro.

Aveva resistito fino all'ultimo per rimanere sulle sue gambe ma appena le toccò una mano Dafne cadde tra le sue braccia stremata. Si accasciò e Katsuki la fece stendere a terra.

 

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Capitolo 33
*** Disperazione ***


Il corpo di Dafne era mosso da brividi, stava diventando freddo e il suo respiro era sempre più flebile. Internamente c'erano danni agli organi, quella forza per uscire aveva usato ogni passaggio, ogni via nel suo corpo, scontrandosi e lacerando quello che incontrava.
“Ehi eroe. Sono riuscita ad andare oltre il limite, hai visto!”
Lei sorrise ma una smorfia di dolore si stampò sul suo volto, il petto fu scosso da una tosse improvvisa e un grumo di sangue le uscì dalla bocca.
“Non parlare. Ora devi solo riposare ok?”
“Sono riuscita a vincere e ti ho salvato. Mi sento libera adesso.”
“Dafne adesso ti portiamo in ospedale”
“No aspetta lascia che ti dica una cosa”
Dafne gli avvolse la mano attorno al polso nel momento in cui Katsuki provò a sollevarla.
“Ho accettato da tempo il tuo ruolo di eroe solo che non era facile condividerti con il mondo. Volevo solo dimostrarti che ero degna di stare al tuo fianco, non potevo essere debole”
“Dafne che stai dicendo. Io...ti...amo”
Katsuki si portò la mano di Dafne alla bocca e la baciò. Il calore che aveva imparato a conoscere e ad amare si stava dissolvendo. 
“Sei riuscito a dirlo. Visto non era poi così difficile!”
“Sta zitta cavalletta. Anche in questo momento fai la spiritosa!”
“Sarai il numero uno Katsuki, ne sono convinta”
Gli posò l'altra mano sulla guancia, passando il pollice sulle sue calde labbra.
“Ti amo Dynamight”
Una lacrima le scese dagli occhi, cercò di tenerli aperti ma un velo le stava davanti. Il volto di Katsuki era sempre più sfocato, il petto le faceva male, tutto il corpo era dolorante e il battito del cuore stava rallentando.
Sentiva le voci intorno sempre più lontane, vedeva le labbra di Katsuki muoversi ma non sentiva più cosa diceva. Nel suo campo visivo si delineò il volto del padre e con un sorriso sulle labbra gli disse
“Papà...”
Era un saluto verso quel padre che aveva amato da subito, avevano avuto poco tempo insieme ma avevano passato bei momenti, non avrebbe potuto chiedere di più.
“Katsuki un'ultima cosa... ama e lasciati amare”
Dafne si rivolse a quel burbero ragazzo che le aveva cambiato la vita e l'aveva resa libera. Parlò con un filo di voce mentre gli occhi si chiudevano, era troppo difficile tenerli aperti, la mano cadde pesante al lato del corpo, non si sentivano più i battiti del cuore, l'ultimo respiro uscì dal suo corpo in punta di piedi, silenzioso.
Katsuki era rimasto disorientato
“Dafne...Dafne”
La chiamò accorato, la scosse ma lei non rispose. La prese tra le braccia e il capo di Dafne reclinò all'indietro senza opporre alcuna resistenza.
Era svenuta? Oppure...
Katsuki le controllo il polso, non c'era battito, cominciò a praticarle un massaggio cardiaco con vigore. Una nuova sensazione lo invase: panico. Una paura che partiva dall'interno e lo nauseava. Oppressiva, pesante.
Ripercorse nella mente tutti i momenti passati con lei: il loro primo incontro, i loro scontri, il loro primo bacio, le loro chiacchierate, i loro momenti intimi, ogni cosa si susseguiva davanti gli occhi come la pellicola di un film. Lo sconforto lo colpì come un pugno allo stomaco, il dolore della ferita non era nulla con quello che stava provando in quel momento. Il cuore veniva stritolato in una morsa, come lo avrebbe ricomposto stavolta?
Aizawa lo chiamò per farlo smettere di accanirsi su di lei
“Bakugo, basta, non puoi fare più niente”
Ma lui non ascoltava era in un'altra dimensione, in un abisso senza fondo perché la mente stava realizzando che Dafne non era più con lui.
Si rialzò di scatto in preda ad una smania cieca, doveva fare qualcosa. Iniziò a girare in tondo, doveva pensare a qualcosa. L'ospedale era troppo lontano ormai era inutile spostarla.
Si rivolse ad Aizawa
“Chiama Deku cazzo! Lui potrà fare qualcosa, ha sette quirk ce ne sarà uno che potrà usare!”
Nell'auricolare sbraitò alla sua squadra
“Kirishima porta Kaminari qui subito”
Non poteva perdere Dafne, si rifiutava di pensare a quella possibilità.
Averla al suo fianco lo aveva cambiato, gli aveva dato la possibilità di esplorare una parte di sé che pensava non avesse, gli aveva mostrato che condividersi con qualcuno era la cosa più forte del mondo. I momenti con lei erano la prova che l'amore poteva esistere anche per lui e che era capace di provare emozioni che aveva sempre evitato in nome del suo orgoglio e di un'immagine che voleva dare al mondo, perché doveva essere duro e senza distrazioni. Ma proprio con lei aveva capito che poteva essere più forte. Alla fine lei lo aveva accettato completamente per quello che era: si era rivolta a lui con il suo nome da eroe. Insieme avevano superato le loro convinzioni, avevano capito che a volte ci si ingabbia da soli in percezioni sbagliate, negandosi la possibilità di vivere appieno.
Arrivarono Kirishima e Kaminari e capirono immediatamente quello che era accaduto
“Avanti Pikachu, fai da defibrillatore”
“Sei sicuro Bakugo, dovrei azzeccare la giusta frequenza...”
“FALLO E BASTA”
Kaminari provò a rilasciare una scarica elettrica su Dafne, una,due, tre volte ma non funzionò
“Cazzo Dafne, perché non ti svegli. CAZZO”
Kirishima e Kaminari provarono ancora con una scarica elettrica e un massaggio cardiaco.
Katsuki era in piedi, alle spalle dei suoi amici e stava dando di matto, vedere Dafne davanti a lui senza che si muovesse, senza vita lo fece sprofondare nella disperazione. La vista si annebbiò e le ginocchia cedettero, batté i pugni a terra e le lacrime gli rigarono il viso, gettò il capo all'indietro ed emise un urlo straziante con tutta la forza che aveva in corpo tanto da farsi sentire anche ai piedi della collina. Era rabbia e disperazione insieme.
Alzò le braccia al cielo e scaricò tutto il dolore che aveva dentro indirizzando esplosioni a raffica verso l'alto.
Non riusciva a rialzarsi: le spalle incurvate non sostenevano il collo, la testa era ciondolante in avanti, il mento quasi a toccare il petto. Buio totale. Non sentiva più i suoni, vedeva i due amici come se fossero al rallentatore che cercavano ancora di rianimare Dafne. Aizawa si avvicinò e li fermò. La smorfia di dolore che gli lesse in volto lo pietrificò. Non trovava alcuna motivazione per muoversi e scelse di rimanere in quel modo, sospeso in quel silenzio, avvolto in quella disperazione atroce che lo incollava al suolo senza forze, senza motivo per alzarsi.
Aizawa si muoveva come avesse un macigno sulle spalle, aveva male al petto, anche se aveva perso varie persone nella sua vita, aver visto morire la sua preziosa figlia davanti agli occhi era stato lacerante. Il suo animo  aveva finito per disintegrarsi del tutto e superare una perdita del genere non gli sarebbe bastata nemmeno un'altra vita. Ma la figlia gli aveva rivolto un ultimo sorriso. Era sicuro che lei avesse trovato la pace, in qualche modo aver liberato quella forza l'aveva resa libera. Sarebbe stato forte per lei.
Si avvicinò a Bakugo lentamente, capiva quello che stava passando. Si inginocchiò davanti a lui e con voce calma gli disse
“Sfogati quanto vuoi! Quando sarà uscito tutto e sarai pronto ti riaccompagno a casa”
“Non ho bisogno della tua pietà vecchio”
Per Katsuki, mettere le distanze dagli altri era il suo unico modo per contrastare l'abisso in cui lo stavano trascinando i suoi sentimenti in quel momento.
Aizawa sospirò comprensivo
“Il vuoto che senti lo provo anche io Bakugo. Lei era mia figlia! Non fartene una colpa se ti senti vulnerabile, è normale”
“Co-come si fa a superare una cosa del genere?”
La sua voce rotta dal pianto aveva distrutto ogni briciola di arroganza
“Il tempo porterà un po' di conforto e il ricordo ti sosterrà nei momenti più bui”
“Mi sento morto dentro Aizawa. Questa è la sfida più difficile da affrontare e mi sembra che non la vincerò”
Aizawa si limitò a dargli una pacca sulla spalla. Un'altra lezione che Bakugo avrebbe imparato: è la vita stessa la nostra sfida più grande e a volte non si può fare altro che accettare di perdere.
Il resto della Bakusquad arrivò sulla collina e arrivò anche Deku perché non aveva più percepito l'energia di Dafne. Quando si erano dati la mano il One for all aveva copiato inspiegabilmente la traccia della sua energia.
La scena che si palesò agli occhi di chi era appena arrivato fu motivo di sconforto e la Bakusquad intera si precipitò ad abbracciare Katsuki che non si oppose, non sbraitò come di solito faceva quando si palesava la possibilità di una manifestazione di affetto da parte loro, si lasciò avvolgere e sostenere da tutte quelle braccia e si abbandonò a quel calore che gli sembrò in quel momento la cosa più naturale del mondo.
Deku se ne stava in piedi affranto, muoveva gli occhi tra il corpo di Dafne e quel groviglio di corpi dei suoi amici attorno a Katsuki. 
Poteva solo immaginare come si sentiva Kacchan. Cosa avrebbe potuto dirgli? Forse doveva limitarsi solo a rivolgergli uno sguardo amico oppure avrebbe dovuto abbracciarlo come gli altri. Si sarebbe lasciato abbracciare? No, non da lui. Aveva sempre una linea di demarcazione che non poteva superare. Però voleva essere vicino al suo caro amico. Non voleva che si sentisse solo. Dafne gli aveva davvero cambiato la vita glielo aveva letto negli occhi. E Kacchan era stato capace di abbandonarsi completamente a quei sentimenti che aveva sempre disprezzato e rinnegato in nome del suo dannato orgoglio. Lo conosceva troppo bene, quello che era appena successo lo avrebbe fatto richiudere nella sua granitica fortezza e avrebbe potuto recidere anche i legami che si era costruito nel tempo, forse anche quello che loro avevano recuperato.
Il viso di Katsuki riemerse dalla massa umana che lo avvolgeva e lo guardò. Vedere quegli occhi rubino gonfi per le lacrime fu un colpo al cuore. Deku non avrebbe mai pensato di vedere il suo amico ridotto in quel modo. Doveva averla amata moltissimo.
Si avvicinò al corpo di Dafne e le toccò una mano. Il sangue non circolava più nelle sue vene e le dita stavano cominciando a diventare fredde. Provò a connettersi tramite il One for All all'ultimo spiraglio di energia che stava lasciando quel corpo e capì che lei voleva lasciare che Katsuki andasse avanti con la sua vita.   

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Capitolo 34
*** Pace ***


Silenzio. Dafne si trovava in un posto completamente bianco, ogni cosa era candida, un ambiente che scaldava e tranquillizzava.

Era serena, fece un lungo respiro e si abbandonò a quella sensazione.

Aveva superato il limite e il corpo aveva ceduto ma aveva vinto la sua sfida, con il suo quirk, con le sue paure, con il dottor Kendo.

Il pensiero volò verso Katsuki, quanto gli sarebbe mancato! Scontrarsi con il dottor Kendo era stata la sua battaglia finale e in quel momento pur di salvare Katsuki si era spinta oltre. Il potere dentro di lei era stata una piena catastrofica, libero di uscire aveva travolto ogni cosa dentro di lei, decisa a manifestarlo completamente aveva sconquassato quella che incontrava. L'aveva sentito quell'incrinarsi di ossa e quell'esplosione degli organi interni. Non era stato doloroso in quel momento. Ma era stato come se da lei fosse fluita tutta la sua energia vitale e l'avesse scaricata completamente, lasciandola senza forze.

E ora che tutto era finito i suoi ricordi li avrebbe custoditi per sempre o sarebbero scomparsi nell'oblio?

Sapeva che la scelta di combattere fino allo stremo poteva dire morire ma era stata un'opzione ben accetta perché in quel momento si sentiva leggera, libera, in pace. Non aveva più la sensazione che dentro di lei ci fosse qualcosa che si muoveva come un flusso costante che le attraversava il corpo rendendola costantemente tesa. Poteva sembrare egoista perché non si stava preoccupando di chi aveva lasciato ma il suo disagio era stato troppo grande e aveva condizionato la sua vita fino a che , per grazia di qualcuno, le era stato concesso di conoscere cosa fosse l'amore di un padre, degli amici e di una persona che avrebbe contato più di tutti. E ne era felice. Non era stata una vita completamente solitaria.

In quel candore in cui si trovava era come essere in un posto ricoperto di neve, l'ambiente quasi luccicava come se il manto di neve fosse abbracciato dalla luce del sole. Una voce in lontananza chiamava il suo nome a ridestarla dai suoi pensieri. Usciva da un'immagine che tremolava davanti a lei, contorni sfumati di una figura che si faceva sempre più delineata, come quando si cerca di aprire gli occhi dopo una dormita e si prova a mettere a fuoco quello che si ha davanti.

“Mamma!”

Akiko si palesò davanti gli occhi di Dafne

“Tesoro mio, il tuo è stato un percorso tortuoso ma non volevo arrivassi a questo!”

“Va bene così mamma. Ora sono libera e quello che ho vissuto in questi ultimi anni è stata la migliore vita che potessi immaginare”

Dafne e la madre si abbracciarono. Le era mancata tanto e sentirsi al sicuro tra le braccia della madre ingigantiva la sua sensazione di tranquillità. Ma Dafne aveva ancora alcune domande a cui serviva una risposta. Si slacciò dall'abbraccio e con occhi bassi le rivolse quello che tarlava nella sua mente da quando aveva ricordato gli esperimenti

“Che cosa mi hanno fatto di preciso, mamma?”

“Di nascosto leggevo i risultati delle ricerche. Ti hanno impiantato diversi quirk per arrivare ad un composto ricavato dal tuo sangue che permettesse di avere un siero per fare in modo che i quirk non abbiano più effetti collaterali. In primis lo scopo era permettere al dottor Kendo di migliorare il suo ma l'obiettivo finale era quello di diffonderlo su vasta scala. Hanno sfruttato il tuo quirk di manipolazione dell'energia impiantando un quirk di tipo fuoco, senza le limitazioni che comporta un quirk di questo tipo. Non c'erano rischi di un surriscaldamento del corpo perché lo avresti alimentato in modo psichico. Ti cancellavo i ricordi ma le droghe che mi davano disturbavano il mio quirk, cominciavo a dimenticare anche io, interferivano con i miei neuroni. Per questo il mio quirk ha solo nascosto i ricordi, non potevo agire in modo più profondo, avevo paura di crearti problemi permanenti al cervello.

Per evitarti cicatrici sul corpo attivavano ogni volta il quirk di rinnovamento cellulare facendo in modo che incanalassi energia esterna, lo hanno sempre indotto quindi non puoi utilizzarlo a tuo piacimento”

Dafne era rimasta con lo sguardo rivolto verso il basso ad ascoltare le parole della madre che però aveva un tono tranquillizzante. Lei aveva assistito agli orrori a cui era stata sottoposta e non le aveva mai fatto pesare la condizione in cui si trovava.

“Tesoro mio, hai salvato tutti. Se non avessi manifestato quel potere da bambina ti avrebbero portato via”

“Ma ho ucciso delle persone”

“Ti sbagli Dafne, quelli che vennero a prenderti avevano fatto irruzione con un'altra squadra e ucciso tutti gli scienziati del laboratorio compresi i tuoi nonni. Hanno fatto sparire tutti quelli che potevano essere a conoscenza degli esperimenti. Non è stata colpa tua”

Un altro peso che scivolava via. Ora era tutto finito e stava...bene.

Il sorriso di Akiko era scintillante. Trasmise a Dafne tutto il suo amore per lei. Si presero per mano e attraversarono un tunnel bianco, una porta anch'essa bianca le separava da quello che c'era oltre. Dafne la spalancò e il sole le scaldò il viso. Il pensiero tornò su Katsuki gli augurò di andare avanti con la sua vita per far splendere la persona che era davvero.

 

Tre anni dopo

 

Katuki si era recato al conbini vicino casa per recuperare gli ingredienti per preparasi un katsudon. Odiava quelli precotti e quelli dei ristoranti quindi quando poteva preferiva prepararselo per conto suo. Aveva indossato il solito berretto nero calato fin quasi al naso e una felpa con cappuccio che lo faceva sembrare un delinquente ma almeno così la gente gli stava alla larga. Non era facile andare in giro senza che qualcuno lo fermasse ora che era diventato l'eroe Numero Uno. Aveva lavorato sodo e si era distinto in tante missioni. Sulla sua testa pesava il vessillo del sacrificio. In ogni impresa non si risparmiava, si immolava per la causa e gli era costato anche due dita della mano sinistra, un rene e una volta aveva rischiato anche un occhio: la cicatrice che gli attraversava mezza faccia ne era la prova. Aveva cambiato il suo obiettivo: non voleva essere il migliore per superare gli altri ma per salvare tutti. Non era riuscito a salvare la persona che aveva amato e questo lo aveva spronato a diventare un eroe migliore. Era diventato il Numero Uno l'anno prima e il nerd ne aveva approfittato per prendersi un periodo di riposo: pensare al marmocchio che era arrivato dopo il matrimonio era diventata la sua priorità. Alla fine anche il nerd lo aveva abbandonato al suo destino. Superare la morte di Dafne affogandosi nel lavoro era stata la scelta più sensata per lui anche se aveva voluto dire ridurre al minimo le interazioni sociali. Però la gente lo amava lo stesso. Dafne gli aveva insegnato ad esprimere le sue emozioni e anche se la rabbia era sempre quella dominante, si era lasciato andare anche ad altre tipi di sentimenti. La gente lo aveva visto preoccupato, fragile e sconvolto e questo aveva innescato nella folla la consapevolezza che lui fosse più umano di quanto immaginasse. Lo stuolo dei suoi sostenitori era aumentato quando avevano visto in lui il connubio tra l'eroe e l'uomo. Non aveva paura né dei nemici né delle debolezze umane.

Aveva pagato alla cassa e stava uscendo dal negozio con la busta della spesa in una mano quando un uomo gli sfrecciò davanti correndo. Aveva messo i piedi fuori dal locale quando un movimento d'aria al lato sinistro lo fece mettere sull'attenti.

Girò il volto verso quel lato e due occhi marroni si piantarono nei suoi

“Merda, spostati”

La figura sbraitò contro di lui gesticolando come se scacciasse zanzare intorno. Con i pronti riflessi che si ritrovava, Katsuki fece un passo indietro per evitare la pazza che gli veniva contro che inciampò tra i suoi piedi e si trascinò anche la busta della spesa alla quale si era assurdamente aggrappata. Rovinò a terra con un tonfo incoerente rispetto alla mole che si trovava. Rimase un attimo spiattellata sull'asfalto imprecando sottovoce parole incomprensibili. Mosse primo un braccio poi l'altro sembrando una specie di marionetta che provava a rimettersi sulle gambe.

Si voltò furibonda verso di lui incollando nuovamente gli occhi nei suoi e sbuffando pesantemente dalle narici.

“Razza di idiota”

Era una ragazza quella che gesticolava davanti la sua faccia. Lunghi capelli scuri le imbrattavano la faccia, con una mano lei se li lisciò all'indietro lasciando scoperto un viso adirato ma delicato.

“Mi hai fatto lo sgambetto di proposito?”

“Se non ti reggi sulle gambe non è colpa degli altri, l'idiota sarai tu!”

Lei cambiò espressione in sorpresa non aspettandosi quella risposta e rimase zitta.

Katsuki gli rispose senza perdere la calma, il tono di quella voce gli strideva nelle orecchie e voleva tornarsene a casa ma si accorse che la sua spesa era sparsa per strada. Il sangue gli andò al cervello.

“Come altro dovrei chiamarti visto il disastro che hai combinato?”

Lei si guardò intorno, per un attimo sembrò mortificata ma disse

“Se non fossi stato sulla mia strada non sarebbe successo nulla e non avrei perso di vista quel dannato ladro”

La parola ladro fece drizzare l'attenzione di Katsuki

“Quale ladro?”

“Quello che ti è passato davanti un attimo fa. Oh sono ancora in prova e sono già al secondo errore. Il capo mi ucciderà”

Sospirò abbattuta l'ultima frase continuando a gesticolare con le mani.

Katsuki guardò la figura che gli era davanti, c'era qualcosa nei suoi movimenti che catturava l'attenzione. I capelli sventolavano intorno come fili indomabili; camminava avanti, indietro, destra e sinistra in un percorso immaginario; aveva i jeans strappati all'altezza delle ginocchia probabilmente per la caduta di prima. Lei di colpo arrestò il suo vorticare in tondo che stava diventando fastidioso e lo squadrò dalla testa ai piedi con fare indagatore.

“Tu perché te ne vai in giro conciato così? Che hai da nascondere?”

Si stava avvicinando di soppiatto come un felino e gli si piazzò davanti a gambe divaricate e le braccia incrociate in attesa di una risposta. Era abbastanza alta, li separavano una decina di centimetri e da sotto la visiera del cappello i suoi occhi furono catturati dalla cicatrice che aveva su una guancia.

“Non sono cazzi tuoi. E non devo venirlo a dire proprio a te”

“Sono la responsabile di questa zona e....o meglio dovrei esserlo. Sono ancora in prova e se non faccio un'altra cavolata... Ad ogni modo i villain come te li conosciamo bene noi eroi”

Katsuki sobbalzò. Ma per chi l'aveva preso! E lei si era spacciata per eroe ma per favore!

“Tsk, mi auguro che il tuo capo sia uno con le palle e ti faccia fuori subito, se lo fossi io non ti avrei nemmeno fatto entrare in agenzia solo guardandoti”

Lei spalancò gli occhi per la frecciata ma in modo repentino si mosse di lato e girandogli intorno gli sfilò cappuccio e berretto mettendo a nudo la sua faccia alla luce del lampione. Katsuki stava bollendo di rabbia, quella sottospecie di idiota aveva smascherato il suo travestimento, per fortuna data l'ora tarda e la zona poco affollata nessuno passava di lì e avrebbe potuto riconoscerlo. Lei si coprì la bocca con entrambe le mani e i suoi occhi si ingigantirono sprizzando gioia.

“Porca paletta. Ho davanti l'eroe Dynamight. Non ci credo, sto sognando!” e si tirò un ceffone da sola.

Katsuki era rimasto immobile, disorientato dalla reazione di quella strana ragazza.

“Ora che hai capito chi sono mi vuoi dire chi cazzo sei tu?”

“Hai ragione, vero” E aveva fatto ripartire il suo gesticolare.

“Mi chiamo Yasmin Abe, sono nata in America ma la mia famiglia è originaria del Giappone ed io ho sempre amato gli eroi giapponesi. Mi sono laureata in Scienze internazionali ma la mia vocazione non era quella di lavorare come funzionario governativo ma di aiutare la gente direttamente sul campo. Tu mi hai ispirato così mi sono iscritta alla scuola di eroi. Ho preso la licenza l'anno scorso insieme ai ragazzini del corso. Penso di essere l'unica del mio genere. Il mio sogno era venire in Giappone. Sei stato sempre il mio preferito: adoro i tuoi modi bruschi e il fatto che non hai peli sulla lingua. Ad essere carini ci si rimette sempre, la gente non ti prende sul serio. Adesso sono in prova all'agenzia Todoroki da una settimana”

Quella ragazza gli aveva spiattellato la sua vita in un nanosecondo, parlando a raffica senza nemmeno prendere fiato, guardandolo dritto negli occhi che gli brillavano per l'entusiasmo. Non aveva incontrato nessuno che fosse così trasparente e genuino ma soprattutto così...folle.

“Non ti ho mica chiesto di raccontarmi la tua vita e poi da come parli sembra che sia un vecchio”

“Beh sei più grande di me di cinque anni, potrei chiamarti tranquillamente Onii-chan” e scoccò una sonora risata divertita da rimbombare nel vicolo in cui si trovavano. E la sua risata era contagiosa, Katsuki si ritrovò ad alzare un angolo della bocca senza nemmeno rendersene conto.

“Piantala. Perché hai scelto l'agenzia di Ghiacciolo caldo?”

“Ho pensato che per iniziare era meglio, non potevo certo fare richiesta nella tua. Sarebbe stato troppo imbarazzante se avessi fallito la prova!”

“Non ti sembra sia stato più imbarazzante inciampare nei miei piedi?”

Lei rimase a bocca aperta e un'espressione di panico si stampò sulla sua faccia. Riusciva a cambiare i tratti del viso in un attimo riflettendo l'emozione del momento e solo quando si guardò intorno realizzò di aver disseminato per strada dei prodotti alimentari.

“Sono davvero dispiaciuta, ti ho massacrato la cena”

Un inchino goffo accompagnò le sue parole. Quella ragazza era uno spasso: non aveva paura di sembrare imbranata, quello che pensava lo diceva senza mezzi termini e aveva cambiato l'atteggiamento di sospetto in adorazione appena aveva capito chi fosse.

“Ti offrirò la cena per sdebitarmi”

Lei rialzò la testa e lo guardò dritto negli occhi rimanendo in silenzio. Due iridi marrone scuro lo tenevano incollato immobile dov'era.

“Scordatelo. Sei un'assistente di Mezzo Mezzo, non mi mischio con certa gente”

“Allora facciamo una gara: chi arriva prima al ladro sceglie la penitenza. Se vinci tu potrai umiliarmi come ti pare ma se vinco io ti offrirò la cena più dolce del mondo”

Gli stese la mano per sancire quell'accordo e in quegli occhi lesse determinazione e grinta, aveva nuovamente cambiato espressione. In un'unica persona potevano coesistere tutte quelle emozioni in una volta?

Vedendo che esitava lei abbassò la mano e continuò

“Ho appiccicato un trasmettitore a quel ladro quindi parto in vantaggio ti va bene lo stesso?”

Lei si posizionò al suo fianco su una linea di partenza immaginaria e continuava a guardarlo in attesa che parlasse.

“Quando mi ricapita di poter cenare con il signor Dynamight! Non ti lascerò vincere tanto facilmente”

“Non chiamarmi signore non sono un vecchio, cazzo. E poi pensi davvero che tu possa battermi, pivellina. Sono il Numero Uno te ne sei dimenticata”

“Al tre” rispose lei

UNO

Katsuki si stava sfregando le mani che emettevano piccoli crepitii, aveva il corpo pronto a scattare, un piede leggermente più avanti dell'altro e le ginocchia flesse.

DUE

Portò le mani dietro la schiena per detonare un'esplosione e darsi slancio.

Ma lei scattò una frazione di secondo prima di annunciare il tre. Si era mossa in aria con un gran fragore, una detonazione era uscita dalla sue mani. Aveva un quirk molto simile al suo.

“Te l'avevo detto che non ti lasciavo vincere facilmente”

La raggiunse il secondo dopo e vedendo stampato sul suo viso un sorriso grande come la sua stessa faccia gli rimbombarono nella testa le ultime parole che gli aveva lasciato Dafne “Ama e lasciati amare”

Sorrise anche lui. Quella gara probabilmente avrebbe dato una nuova svolta alla sua vita.

Angolo autrice
Finalmente sono riuscita a dare un epilogo alla storia, avrò scritto questo capitolo quattro volte. Anche con un finale completamente diverso. Ho optato poi per un finale chiuso per Dafne che mettesse un punto al suo percorso e uno invece aperto per Katsuki che si merita davvero tutto l'amore del mondo.
Ringrazio tutti quelli che hanno letto anche un solo capitolo, quelli che sono arrivati fino alla fine, chi ha classificato la storia come preferita e chi ha recensito.      

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