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di susiguci
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chap.1 A warm cloak ***
Capitolo 2: *** Chap. 2 He too Is likes the others ***
Capitolo 3: *** Chap. 3 The three profecies ***
Capitolo 4: *** Chap. Betrayal ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 Why did you follow me? ***
Capitolo 6: *** Chap. 6 Oddities ***
Capitolo 7: *** Chap. 7 Dead drunk ***
Capitolo 8: *** Chap.8 Little revenge ***
Capitolo 9: *** Chap.9 Enjoy and joy ***
Capitolo 10: *** chap. 10 Kicked ***



Capitolo 1
*** Chap.1 A warm cloak ***


2561 parole


 
 

A warm cloak


 
 

Chapter n. 1




































 

Il pugnale della strega stava viaggiando a una velocità incredibile verso il giovane principe che fece appena in tempo a notarlo, ma non ebbe modo di fare nulla, quando si sentì gettare a terra da un forte peso che calò improvvisamente su di lui. Non vedeva nulla, ricoperto com’era da strati e strati di quello che doveva essere un mantello. In più il peso dell’uomo su di lui, pur non così gravoso, non si spostava. Era abbastanza conscio del fatto che chi lo aveva gettato a terra, gli aveva probabilmente salvato la vita. Provò un gradevole calore al centro del petto, un calore che emanava una sensazione di profonda gratitudine, quasi di affetto.

 

Sapeva che vicino a lui c’era solo il re, suo padre, e più in là invece i dignitari delle corti di Camelot e di altri regni alleati.

 

“Padre?” Cominciò a chiamare il principe da sotto la stoffa. Ma in quel momento sentì un terribile schianto far vibrare il pavimento sotto di sé. Trasalì violentemente, quando all’improvviso il peso addosso a lui scomparve e il buio si aprì.

 

Appena vide ciò che aveva di fronte però, desiderò di non essere uscito dal tepore di quel mantello.


 
 

Un enorme lampadario si era staccato dal soffitto e aveva letteralmente fatto a pezzi la donna che gli aveva lanciato il pugnale. Pensò che si trattasse del volere degli dei.

 

Presto ebbe un attacco di nausea e distolse lo sguardo, ma mai avrebbe ammesso con qualcuno che non si sentiva bene.

 

Forse era giusta la punizione inflitta a quella donna, ma si ricordò di averla vista il giorno prima maledire pubblicamente suo padre, dopo che questi ne aveva fatto giustiziare il figlio per stregoneria.


 
 

Suo padre Uther era un uomo molto duro ma teneva al principe.

 

Il ragazzo avrebbe preferito che a Camelot ci fossero processi giusti anche per gli stregoni e percorsi di recupero per coloro che si dimostravano pentiti. Invece tutti, indistintamente, venivano mandati al rogo. Senza nemmeno essere sicuri che i malcapitati fossero colpevoli o meno dei crimini di stregoneria loro attribuiti.


 
 

Udì la voce secca del padre ordinare alle guardie: “Portatela via!”

 

Arthur si alzò in piedi sconvolto e tremante. Aveva già combattuto e ucciso sui campi di battaglia. Ma la donna morta era uno spettacolo davvero impressionante. Senza contare che era appena sfuggito alla morte.


 
 

Si voltò e vide dietro di sé, il consigliere mago che gli avevano presentato poco prima, durante la cena. Chissà perché quel tale si trovava a Camelot! Non sapeva che Uther aborriva i maghi? A tavola l’aveva notato poiché questi sembrava essere incredibilmente più giovane degli autorevoli personaggi di mezza età che partecipavano al convivio.

 

In realtà non sarebbe riuscito a dargli un’età precisa.

 

Poteva avere poco più di vent’anni, ma forse anche trenta o di più.


 
 

L’uomo lo stava guardando con un sorriso accondiscendente sul volto, cosa che ad Arthur non piacque neanche un po’.

 

Non che non avesse un bel sorriso, tutt’altro, con le labbra carnose e i denti bianchi e perfetti. 


 
 

Sarebbe stato un uomo piuttosto ordinario, se non avesse avuto, oltre a un bel sorriso, quegli stupefacenti occhi blu scuro, di un taglio e di una grandezza fuori dal comune.

 

Era alto quanto lui ma sicuramente era un po’ troppo magro, anche se i solchi allungati sotto gli zigomi accentuati, gli conferivano un’aria affascinante e vagamente spettrale.

 

Le orecchie erano un po’ troppo grandi, ma gli davano un che di fanciullesco, che non guastava.

 

Nel complesso risultava piuttosto attraente.

 

Quello che infastidiva Arthur era l’espressione del mago in quel momento. Gli sembrava che l’uomo lo prendesse in giro, come se non si trovasse al cospetto di un principe, bensì di un ragazzino capriccioso che ne aveva combinata una delle sue.


 
 

Poi si avvide delle vesti dell’uomo. Portava un ampio mantello nero e sul davanti intravide un altro strato interno rosso. Rimase a bocca aperta dallo stupore nel comprendere che era stato proprio quell’uomo a salvarlo, l’uomo di cui nemmeno ricordava il nome.

 

D’altra parte solo un altro stregone avrebbe potuto fermare un pugnale stregato come quello che stava per trapassargli il cuore.


 
 

Uther sorrise e andò a mettere le mani sulle spalle dell’uomo, mostrandolo con orgoglio ai presenti: “Il mago Merlin ha salvato la vita del mio figlio diletto e vostro futuro re. Per ringraziarlo vorrei nominarlo consigliere mago di Camelot, come lo è già di tanti nostri regni alleati. So che la magia è quasi sempre funesta, ma ci sono eccezioni illuminate, come il grande mago Merlin, che combattono contro la magia malvagia che opera nell'ombra contro di noi. Siamo ben consapevoli che Merlin è una mosca bianca, un esempio più unico che raro, ma ci dà una speranza.”

 

Ci fu un lungo applauso a seguire e Uther si rivolse direttamente al mago. 

 

“Vorrei che Arthur diventasse vostro allievo: più conoscerà la magia e più sarà in grado di affrontarla e sconfiggerla.”

 

Arthur drizzò le orecchie. Era lì vicino a loro e suo padre parlava come se non fosse neanche presente.

 

Il principe non era affatto d’accordo. Anche se l'aveva salvato, nutriva forti dubbi sulla buona fede di quel Merlin.

 

A cosa puntava veramente?

 

Tuttavia notò che anche il mago sembrava perplesso di fronte a quella richiesta del re.


 
 

“Padre, sono davvero molto riconoscente al signor Merlin per quello che ha fatto per me, ma voi siete stato sempre contro la magia … Non dicevate che la magia è pericolosa per natura? Non capisco perciò cosa dovrei imparare riguardo la magia visto che non possiedo alcun potere, né ne possiederò mai …”

 

“Così è deciso, Arthur! È l’alba di una nuova era per Camelot. È giunta finalmente l’occasione di liberarsi una volta per tutte della magia, utilizzando la stessa magia. Sono vent’anni che la corte ed io cerchiamo una soluzione. Probabilmente è questa e credo proprio che valga la pena provare.”


 
 

Merlin fece un grande inchino verso Uther: “Sono molto onorato e molto felice di essere considerato utile in una così nobile causa e trasmetterò con orgoglio al giovane principe, tutto ciò che potrebbe essergli utile contro le arti oscure.”

 

‘Oh, no!’ pensò Arthur. ‘Questa è una vera condanna per me. Una punizione per non essere stato attento a quella strega!’ 

 

Ora non provava più comprensione per quella donna ma solo risentimento.


 
 

Arthur si inchinò al padre  chiedendogli di ritirarsi adducendo come scusa l’essere ancora scosso per l’accaduto.

 

Prima però non poteva non salutare il suo salvatore.

 

“Grazie ancora, signor Merlin…”

 

“Solo Merlin, per voi, vostra altezza. Se per voi va bene, comincerei le lezioni domattina, perché presto dovrò assentarmi per precedenti impegni presi …”


 
 

Arthur rimase a bocca mezza aperta e prese tempo per cercare una scusa decente per posticipare quelle lezioni, delle quali a lui non importava un accidente.


 
 

Uther si intromise: “Certo Arthur. Queste lezioni avranno la precedenza su qualsiasi altro tuo impegno. E siccome il consigliere mago è un uomo estremamente occupato, a causa delle mansioni di alto livello  che esercita in molti regni, ogni volta che lui potrà, tu dovrai obbligatoriamente essere presente. È chiaro?”


 
 

“Con tutto il rispetto, padre, ho diciannove anni, sono un uomo fatto e credo di non avere più bisogno di prendere lezioni …”

 

“Che sciocchezze vai dicendo, Arthur? Un re o un principe ereditario non devono mai smettere di studiare e di imparare! Per tutta la durata della loro vita! Io stesso sto prendendo alcune lezioni.”


 
 

“Davvero? E quali, se mi è concesso chiedere?”

 

“Sto prendendo lezioni di ‘equitazione ad alta velocità’, per migliorare il mio modo di cavalcare in tutte le condizioni di pericolo e per sfruttare al massimo le caratteristiche dei cavalli migliori. Inoltre comincerò a breve delle lezioni di ‘oratoria moderna’ per essere più aggiornato e incisivo sia nei discorsi pubblici sia all’interno del consiglio reale.”


 
 

‘Queste lezioni devono essere una barba infinita’ pensò il principe. 


 
 

“Potrei fare anch’io le lezioni di equitazione con voi, padre? … Con tutto il rispetto, per voi, egregio signor Merlin”


 
 

Merlin avrebbe voluto prendere le parti del giovane principe: non gli andava che Arthur prendesse lezioni da lui, controvoglia. Ma notò l’espressione cupa sul viso del re e decise di non intervenire.

 

“Quelle lezioni a te non servono. Sei già fin troppo spericolato di tuo, quando vai a cavallo.”

 

Eccolo il padre severo che Arthur ben conosceva.

 

Il re continuò un po’ più dolcemente, ma il figlio sapeva che si trattava di uno dei soliti trucchi del padre, per ottenere ciò che voleva.

 

“Sei provato, Arthur … e ti capisco. Meglio che tu vada a riposare, ora, e domattina comincerai le tue lezioni con Merlin, come abbiamo stabilito…”


 
 

Arthur chinò il capo sconfitto, prima al padre e poi a Merlin e se ne andò scortato da alcune guardie di palazzo.


 
 

Era furioso con suo padre. Era tutta colpa sua. Era sempre colpa di suo padre.



 

_ _ _






 

Il mattino seguente



 

“È qui fuori!”

 

“Chi?”

 

“Il consigliere mago”

 

“Oh… accidenti! George, scusati con lui, digli di aspettare un attimo per favore… non ho neanche finito di mangiare …”

 

Arthur sbuffò. Se n’era praticamente dimenticato. L’unica cosa che avrebbe voluto fare in quel momento era un giro di ronda a cavallo, attorno alle mura di Camelot, in compagnia di uno dei suoi cavalieri. 

 

Cavalcare nelle belle giornate di sole e spingere a tratti il cavallo al galoppo. E in estate, fermarsi per fare un bagno al lago. Queste erano le gioie più vere della sua vita. Gli bastava poco per essere felice, in fondo, si diceva. Il contatto con la natura e le cose semplici. Perché per lui era così difficile ottenerle?

 

Fortunatamente, l’addestramento con le armi gli piaceva molto.

 

Misurarsi con i cavalieri più bravi del regno e spesso batterli era una sensazione di vitalità impagabile. La forza, il coraggio, la nobiltà d’animo, la fierezza, l’orgoglio: questi sentimenti lo caricavano positivamente di autostima ma anche di quello spirito di fratellanza che si creava con i suoi uomini, in queste occasioni e che glieli faceva sentire vicini come amici. Gli unici che avesse.


 
 

Si distolse da quei pensieri. Per un attimo pensò che avrebbe potuto fare impazzire il mago. Così tanto che l’avrebbe spinto ad andarsene alla chetichella.


 
 

Che tipo, quel Merlin! Ossequioso, tutto d’un pezzo, ma con quegli occhi che tradivano il suo vero stato d’animo. Chissà quante ne aveva combinate in vita sua.

 

E non riusciva a capire quanti anni avesse.


 
 

“Entrate pure, accomodatevi signor  Merlin!”

 

Arthur lo guardò perplesso: dov’era finito il bellissimo mantello di seta della sera prima? L’uomo indossava un semplicissimo mantello blu di lana, un po’ scolorito, uno di quelli più adatti a un contadino che a un consigliere reale. E quando se lo tolse Arthur rimase ancora più sconcertato: camicia blu, pantaloni neri, stivaletti marroni ed al collo un fazzoletto rosso tutto sgualcito.

 

“Scusatemi, signor Merlin ma … voi percepite un regolare stipendio, come consigliere mago?”

 

“Certo, maestà, e sono pagato anche piuttosto bene… Capisco il vostro dubbio. Voi fate riferimento ai miei vestiti.

 

Non amo attrarre l’attenzione e amo gli abiti comodi. Se tuttavia voi non gradite che in vostra presenza io abbia una tenuta così dimessa, posso certamente…”

 

“No, no! Davvero, signor Merlin. Io stavo scherzando… anzi, vestito così, sembrate decisamente più giovane. Quanti anni avete?”


 
 

“Perdonatemi, giovane principe, ma sarei più a mio agio, se mi chiamaste semplicemente Merlin. E vi prego di rivolgervi a me dandomi del tu. Vostro padre e l’intera corte si aspettano questo da voi”

 

“Ma … anche quando siamo soli?”

 

Merlin alzò la testa e accennò di sì con il capo.

 

“Va bene, se per te è così importante…”


 
 

“A me sinceramente andrebbe bene in qualunque modo, ma è il galateo di corte che l’impone.”


 
 

“Però tu sei il mio maestro e non mi sembra di essere molto rispettoso nei tuoi confronti”


 
 

“Voi siete il futuro re di Camelot e avete raggiunto la maggiore età, per cui è vostro diritto.”


 
 

Arthur alzò le mani aperte ai lati del corpo, come a dire che si arrendeva.


 
 

“Sai che devo ringraziarti? Oltre ad avermi salvato la vita, tu non puoi saperlo, ma hai operato un altro miracolo: mio padre si è sempre opposto con tutti i mezzi alla magia di qualunque tipo…”

 

“Mi sembra che sia ancora così…il re si aspetta da me che io combatta la magia oscura”

 

“E non è quello che fai?”

 

“Certo. È uno dei miei scopi primari. Solo che Uther ignora che ci sono parecchi maghi che operano per il bene. Lui considera unicamente me dalla parte giusta e mette tutti gli altri maghi nel calderone dei maledetti, ma non è così”


 
 

Arthur si fece uscire una bella risata. “Guarda che non è me che devi convincere. Io ti credo.”

 

“I maghi non sono tutti uguali. Si distinguono non solo per l’uso benevolo o meno della magia, ma anche nella quantità di potere che detengono.”

 

“Tu sei potente?”

 

“Ecco … non pensate male, ma io sono considerato … il più potente” sorrise Merlin un po’ a disagio.


 
 

“Il più potente di Camelot? Davvero?”

 

“No… il più potente del mondo e … di tutti i tempi”

 

Arthur rimase per un po’ a bocca mezza aperta.

 

“Scusami, ma come lo sai?”

 

“È scritto sui libri di magia. Lo dice anche Gaius”

 

“Conosci Gaius?”

 

“Sì, anche se l’ho frequentato poco, purtroppo. Un uomo incredibile… 

 

E me l'ha detto anche il drago”

 

“Quale drago?” Arthur ci stava capendo sempre di meno.

 

“L’ultimo drago esistente.

 

È prigioniero di vostro padre ormai da vent’ anni, nelle viscere del castello di Camelot. Non lo sapevate?”

 

“No” mormorò basito Arthur.

 

“Se volete, potrei presentarvelo un giorno. Ma vi prego, non andateci senza di me. Il drago non è felice di vedere un membro della famiglia reale. Temo potreste finire … abbrustolito.”

 

“Capisco. Se odia mio padre, odierà anche me…”

 

“Temo di aver fatto un clamoroso errore. Non avrei dovuto dirvi nulla del drago”

 

“Io sono contento che tu me l’abbia detto. Anch’io ho fatto un errore: credevo di annoiarmi con te e non è affatto vero.”

 

“A dire la verità, non abbiamo neppure iniziato. Ci sono diversi approcci allo studio della magia e vedrò di cercare quello che si adatterà meglio alle vostre caratteristiche.”

 

Merlin tirò fuori alcuni volumi dalla sacca di pezza che portava e si alzò dalla sua sedia per sedersi su quella accanto ad Arthur, così avrebbero potuto consultare i libri insieme.

 

“Qui ci sono tutti i maghi nati con la magia e qui, quelli che invece l’hanno conseguita in un secondo tempo, con lo studio e gli esperimenti.”

 

Arthur si girò verso il mago e rimase stupito dal profilo dell’uomo che da così vicino e in piena  luce era estremamente gradevole e armonico: i folti capelli neri riflettevano la luce, la linea del naso dritta ed elegante, il mento leggermente allungato e il lungo collo bianco che spariva nel fazzoletto.


 
 

“Ovviamente tu sei nato con la magia?”

 

“Esatto. In generale è più potente chi possiede la magia dalla nascita, ma ci sono comunque delle interessanti eccezioni. Preferite leggere voi o volete che lo faccia io?”

 

“Leggi pure tu, Merlin”


 
 

Arthur si accoccolò con la testa tra le braccia, fissando lo sguardo sulle labbra di Merlin che si muovevano. La voce del mago era calda e rassicurante.

 

Dopo poco tempo, Merlin chiuse il libro, un po’ afflitto. Arthur dormiva sul tavolo con la testa tra le braccia.

 

‘Avrei dovuto immaginarlo. Dovrò cambiare metodo’ si disse il mago.


























 

*Nella serie la strega prima viene colpita dal lampadario poi lancia il coltello. Ho ritenuto che qui fosse più efficace fare il contrario.



 

Ciao a tutt*

 

Come sempre so da dove parto ma non dove andrò a finire. Come avrete visto qui Merlin è mago e già riconosciuto da tutti. Diciamo che non sa ancora cosa farà “da grande”. Posso fare uno spoiler: è più grande di Arthur. Volevo vedere se questo porterà qualche nuova dinamica tra i due. Gli aggiornamenti saranno piuttosto regolari. Un abbraccio!


























 

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Capitolo 2
*** Chap. 2 He too Is likes the others ***


3244 parole

He too Is likes the others

 

Chapter n.2














 

Pochi giorni dopo.

 

“Dio, mi dispiace Merlin di essermi addormentato, anche oggi… Perché non mi hai svegliato?”

 

Merlin sorrise: “Se un allievo si addormenta durante una lezione, la responsabilità è mia. E comunque non crediate che non abbia provato a svegliarvi. Ho sfoggiato il mio repertorio di tutti i tipi di tosse possibili. Ho strisciato sedie in modo che anche un ghiro si sarebbe svegliato. Ho mosso pure il tavolo. Complimenti, dormite come un angioletto, giovane principe.”

 

“Avresti potuto usare un po’ della tua magia?” gli disse Arthur con un sorriso sornione sul viso.

 

“Secondo me la magia non può essere usata per simili piccolezze e nemmeno al posto di azioni che si possono compiere da soli, ma soltanto quando c’è una reale emergenza!”

 

“Uh! Allora sarei un pessimo mago. Io la userei sempre. Ad esempio al mattino, farei tornare indietro il tempo per poter dormire ancora. Se un cibo non mi piacesse lo trasformerei in un altro di mio gradimento. Potrei farlo anche con le ragazze. Se non dovesse piacermi una persona che mi fa capire di essere disponibile, potrei darle la forma di un’altra che mi piacesse di più.”

 

“Non so se si possono fare queste cose. Non senza un oggetto mediatore che però è un tipo di magia già molto avanzata.”

 

“Tu potresti farlo… per me?”

 

“Sì, potrei mandare indietro il tempo, sostituire un cibo o un corpo con un altro… Ma non lo farei. Nemmeno se me lo ordinaste, altezza!...

Non posso sovvertire le mie credenze più radicate. Quelle che fanno di me l’uomo che sono e non solo il mago. Chiedetemi di cercare una cura per un’epidemia e la cercherò. Chiedetemi di trovare l’acqua in caso di siccità o di difendere Camelot da un’orda di truci invasori e lo farò. Tutto ciò che è in mio potere, per accontentarvi riguardo a una giusta causa, lo userei per voi”

 

Arthur provò reale stupore e quasi si sentì scombussolare per quel discorso accorato.

“Hai ragione. Il tuo è un compito fondamentale e non ti chiederei di fare cose che vanno aldilà delle tue convinzioni. Ho parlato sull’onda dell’entusiasmo, senza pensare troppo…”

 

Arthur lo disse con convinzione anche se una parte di lui avrebbe voluto controbattere: -Hai ragione, ma che noia non poter usare la magia per fare avverare un desiderio ogni tanto!-

 

"Molto bene, vostra altezza. Volete leggere voi?”

“Prima … non puoi raccontarmi qualcos’altro di te? Se conosci Gaius e il drago, sarai venuto a Camelot qualche volta…”

“È vero, negli ultimi anni, sono stato spesso a Camelot!”

“Allora… perché non ti ho mai visto?”

“Perché … è venuto un altro al mio posto, che poi ero sempre io.”

“Non capisco …”

“Sono venuto sotto le spoglie di un vecchio guaritore.”

“Ti sei travestito?”

“No, mi sono trasformato in un bel vecchio con barba e capelli lunghi…”

 

Il principe sgranò gli occhi. 

“Tu … tu sei Dragoon, il grande?”

Merlin non poté fare a meno di sorridere: “Sono onorato che vostra altezza si ricordi di me.”

“Mi sembra impossibile. Dragoon non è affatto …  simpatico e tanto meno riguardoso. Tu, invece …”

 

“Era un modo come un altro per sviare i sospetti dal vero me! A Camelot, come sapete, i maghi non vengono accolti molto bene!”

 

“Ci sei riuscito. Ad allontanare i sospetti da te, intendo. Mai e poi mai avrei detto che tu fossi lui … 

Mi dispiace ma ho sempre detestato Dragoon, dal profondo”

 

“Ammetto di essermi comportato in maniera esagerata, con voi. E, perdonatemi, l’ho trovato anche estremamente divertente… spero non me vorrete…”

 

Arthur sorrise: “Devo stare attento a te, Merlin! Sei molto più astuto di quel che credessi. Con i tuoi occhioni languidi e l’aria innocente da piccolo monaco mi hai ingannato, lo ammetto…”

 

“Si trattava solo di interpretare una parte. Penso di essermi fatto prendere la mano perché trovavo le vostre reazioni molto spassose specie per via delle vostre espressioni facciali. Avete un viso molto intenso!”

 

“Forse in un’altra vita ho fatto il comico!”

Merlin non resistette e scoppiò a ridere.

Dopo essersi ripreso continuò: “Non vi ho ancora detto che domani partirò e mi recherò in Mercia. Nel frattempo mi piacerebbe che voi leggeste questo libro: è in forma di diario, contiene testi di lettere, non è lungo e secondo me si tratta di una lettura piacevole. Parla anche della vita di un mago e non solo della sua magia.”

 

“Lo farò, però mi dispiace interrompere le lezioni …”

 

Merlin scoppiò a ridere di nuovo: “Scusatemi, ma … in questi giorni le ho provate tutte. Ho disegnato per voi decine di tavole, perché credevo aveste bisogno di un approccio di tipo visivo. Ho scelto i libri più belli, usato le formule più semplici, le erbe più venefiche, le pozioni più strabilianti. Non ho mai visto nessuno annoiarsi così tanto… e dormire così bene!”

“Questo non è vero” brontolò il principe. Cioè, forse qualche volta … ma è perché io non diventerò mai mago. A cosa può servirmi?”

“Un giorno voi potrete avere qualche mago al vostro servizio, qualcuno come me a cui dare ordini. Credo che sarà vitale per voi sapere come muoversi con la magia e come ottenere importanti vantaggi dal vostro mago di fiducia. Un mago e un re ben affiatati possono fare la differenza tra la vita e la morte del loro regno, ad esempio.”

 

“Quindi è per questo che mio padre vuole che impari?”

“Penso proprio di sì”

“E tu dove sceglierai di andare?”

“Io andrò dove ci sarà bisogno di me”

“Quindi se… quando diventerò re, ti volessi al mio servizio?”

“Vostro padre è in ottima forma e se tutto va come dovrebbe, potrebbero passare decine di anni prima di quel giorno”

“È vero … spero non penserai che auguri la morte a mio padre?”

“Non sareste certo il primo principe a desiderare una cosa del genere, ma no, di voi non lo penso”

“Io voglio bene a mio padre… solo che a volte non lo sopporto…”

“Vostro padre ha un carattere davvero difficile … ma io vedo che anche lui vi vuole bene …”

Arthur arrossì lievemente. Questi discorsi melensi non gli si addicevano, ma non sopportava che Merlin lo credesse capace di una meschineria come quella.

 

“È buffo. È venuto fuori questo discorso strano, solo per il fatto che un giorno, tu potresti diventare il mio mago di fiducia…” disse ancora il principe.

 

Merlin serrò le labbra e divenne serio. “Non ho intenzione di legarmi a nessun regno in particolare, vostra altezza. Credo che sia più utile se vada dove mi cercano e che non smetta di viaggiare.”

“Ma così come potresti avere degli amici, una donna, una famiglia…”

“Credo che il mio compito sia quello di aiutare i maghi onesti a crescere e distogliere quelli malvagi dai loro propositi e se impossibile, renderli innocui. Non importa se dovró sacrificare alcune cose che gli altri uomini desiderano per sé. A me non importa. Non mi manca nulla, altezza e sono felice così”

 

“Capisco!” rispose il principe anche se in realtà le parole dell’uomo gli parevano un po’ campate un po’ in aria. Che senso aveva vivere se non potevi avere nulla di tuo. “Quindi non hai famiglia?”

“Ho ancora mia madre. Ci scriviamo. È così tanto che non la vedo. Mi piacerebbe andare a trovarla, ma non è possibile e lei lo sa…”

“Dove abita?”

“A Ealdor, il mio paese natale”

“Proprio sul confine tra il regno di Camelot e quello di Cenred…” Arthur strinse i pugni.

“Già. Sulle mappe siamo sulla terra di Camelot ma le tasse le dobbiamo pagare a Cenred. Per fortuna re Uther non esige tasse da noi, ma nessuno ci manda aiuti se ne abbiamo bisogno. Siamo sulla terra di nessuno. Perdonatemi. Mi sono lasciato andare e non avrei dovuto.

“Mi dispiace Merlin. È sempre stata una spina nel fianco per me. Ora che mio padre ha un debole per te, potresti parlargli, chiedergli aiuto per la tua Ealdor!”

“Non si vive poi così male a Ealdor. Ci adattiamo, mangiamo quello che si può, dormiamo per terra.”

“Sembra … bello!”

“Voi lo odiereste!”

Arthur sorrise:

“Già … ma parlami della tua missione in Mercia.”

“La principessa Mithian e suo padre si trovano in guai seri. C’è un popolo di barbari, sassoni per la precisione, che vogliono usurpare il trono e impossessarsi del regno. Al momento tutto il popolo è assembrato nella cittadella insieme ai reali. L'assedio è cominciato.”

“E come farai a sventare la guerra, da solo?”

“L’obiettivo è impedire che ci sia una guerra e far togliere l’assedio”

“E come farai?”

“Volevo chiedere a tuo padre di liberare il drago. La sua presenza e qualche spruzzo infuocato sugli assedianti dovrebbe bastare a farli fuggire.”

 

“Se libererai il drago, temo che, prima di tutto vorrebbe vendicarsi di mio padre, di me, di Camelot. È un rischio troppo alto!”

 

“Se tuo padre libererà il drago, io sono in grado di assicurargli che non attaccherà Camelot, né alcuno di voi. In nessun caso.”

 

“Come puoi promettere una cosa del genere?”

 

“Mio padre, che ho creduto morto per tutta vita, è vissuto di nascosto nelle grotte. Lo cercavano per ucciderlo a causa del suo potere: era il signore dei draghi. Per questo sono nato con la magia. Purtroppo è morto qualche mese fa, tra le mie braccia, poco dopo averlo ritrovato. Ho ereditato il suo potere. Sono l’ultimo signore dei draghi. Kilgharrah farà ciò che gli ordino.”

“Kil- chi?

“È il nome del drago. Kilgharrah.”

 

“Vuoi che ti aiuti? Vuoi che ti sostenga in questa richiesta a mio padre?”

 

“No! Si arrabbierebbe con me, perché vi ho svelato la presenza del drago.”

 

“D’accordo. Buona fortuna allora e buon viaggio. Io credo che andrò fuori a farmi un giro. Questa lezione mi ha decisamente scosso” disse  amichevole al mago per poi uscire dalle sue stanze.




 

Quella notte Arthur si svegliò a causa di un rumore. Una sorta di rumore ritmico proveniente dall’esterno. La luna era piena, per cui attraverso la tenda arrivava un tenue bagliore.

Spostò le tende che davano sulla piazza principale e vide davanti a sé, un uccello gigantesco che batteva le poderose ali. No! Non era un uccello… era un mostro! Guardò lungo la strada se ci fosse qualcuno e così lo vide. Merlin, fermo, che aspettava.

Allora quello non era un mostro. Era il drago. Non riusciva a credere a ciò che vedeva. Il bestione era calato, leggero come una libellula, fino al fianco di Merlin che senza indugio era montato sulla sua nuca.

Il drago aveva poi ripreso il volo ed era sparito in fretta nella foschia del primo mattino.

 

C’era riuscito, quindi. Merlin era riuscito a convincere suo padre a liberare il drago in cambio della salvezza dell'intera Camelot.

Merlin non era solo mago di incantesimi: doveva essere un mago anche  nella mediazione, nella diplomazia, nella gestione dei conflitti e nei compromessi.

Avrebbe potuto imparare molto da lui, e non solo riguardo la magia oscura e gli incantesimi. 

Un uomo di tale potere, nascosto nelle vesti di ciò che sembrava un giovane contadino, sembrava impossibile. 


Arthur passava le sue ore libere da impegni come più desiderava, anche se non erano molte. Faceva le ronde assieme ai cavalieri, li sfidava in sfrenate gare di velocità al galoppo, passeggiava per i boschi. Peccato fosse troppo freddo per un bagno al fiume. Con il passare del tempo però, cominciò a sentire la mancanza del mago. In quei pochi giorni passati insieme a lui, aveva capito quanto l’impressione che si era fatto di lui, la prima volta, fosse sbagliata.

Non sorrideva per condiscendenza o per prenderlo in giro. Merlin sembrava sinceramente curioso di conoscerlo. E se n’era accorto da come lo guardava. Era vero che a volte gli piaceva scherzare, ma lo faceva apertamente, ridendo con lui e non di lui. Era anche auto-ironico e disponibile. Era colto, saggio, per uno della sua età. A proposito, chissà quanti anni aveva.

Era affascinante nel modo di parlare, di gesticolare e ancora non l’aveva visto all’opera nel creare magie, se si escludeva quando gli aveva salvato la vita.

 

Per fugare la noia, cominciò a leggere il libercolo che gli aveva prestato Merlin.

Narrava di un bimbo nato in un paese povero di campagna, detto “terra di nessuno”, che ancora prima di parlare, faceva volare le cose, soprattutto il biberon del latte verso di lui. 

Narrava di questa madre straordinaria che non si sa come, era riuscita a nascondere i poteri magici del figlio agli altri.

Narrava di un padre mai conosciuto, se non troppo tardi.. 

 

Di come da adolescente fu costretto ad andare via dal paese perché un suo amico aveva scoperto il suo segreto. Raccontava di come viaggiasse da un paese all’altro, a volte giovane com’era, a volte in veste di vegliardo. Camelot era la sua città preferita e ci tornava spesso poiché si era fatto degli amici. Ma non poteva stabilirsi lì perché il re aveva fatto della battaglia contro la magia il suo baluardo.

Arthur comprese quasi subito che quel libro altro non era che l’autobiografia di Merlin, per cui lo lesse per intero in poco tempo.

Parlava di una giovane donna con poteri magici che era stata maledetta ed era stata uccisa perché pericolosa. Arthur capì dal modo in cui Merlin  scriveva della ragazza, che l’uomo aveva sofferto per lei, perché forse ne era stato innamorato. 

Era una cosa normale, eppure avrebbe preferito  non saperlo. Che sciocchezza! Merlin era un uomo adulto e aveva avuto delle relazioni con donne, com’era giusto che fosse.

 

Ormai erano passate due lune e il principe era ormai convinto che Merlin non sarebbe più tornato. 

All’inizio gli dava fastidio. Lui era un principe e il mago si era sottratto a un impegno preso con lui. Ma non era quello a dargli noia. 

Con Merlin era stato se stesso e il mago sembrava aver fatto lo stesso. Pensava all’inizio di una buona amicizia ma evidentemente la cosa non era reciproca.

Con il passare dei giorni, non ci pensò più. 

Il clima era ogni giorno più mite e quando poteva andava a correre a cavallo e a tuffarsi nel fiume, dalle acque ancora gelide in realtà, ma Arthur non era in grado di resistere a quel richiamo.





 

“Merlin!” si fece uscire Uther con un tono più alto del normale. “Temevamo non tornassi più.” Il re si avvicinò per stringere le mani a Merlin, in ginocchio davanti a lui e gli fece segno di mettersi in piedi.

 

“Mi dispiace molto, maestà. In Mercia la situazione era molto più grave di quanto mi aspettassi. E c’è voluto tanto tempo per risolvere i contrasti con gli assalitori.”

“Sapete, Arthur mi ha chiesto di te, molte volte.”

“Spero che il principe goda di ottima salute. Avrà pensato ad una sorta di tradimento da parte mia. Gli avevo promesso che sarei tornato prima possibile. Anche se è ciò che ho fatto.”

“Suvvia, nessuno te ne fa una colpa. Vedrai che sarà contento.”

“Siete estremamente gentile, maestà. E volevo anche ringraziarvi per avermi permesso di portare via il drago con me. Senza di esso, non sarei riuscito a venire a capo del problema.”

“Devo ringraziarti io invece. Non sapevo più che farne di quel drago. Liberarlo sarebbe stato impossibile se non fossi venuto tu a reclamarlo. Scusa se te lo chiedo, ma dov’è adesso?”

“È da qualche parte sulle montagne rocciose, lontano da qui. Non verrà a Camelot a meno che non sia io a chiamarlo. Ma anche in quel caso non potrà fare nulla contro nessuno di voi.”

“È incredibile quanto potere possa avere un solo uomo. Spero di non averti mai come nemico” rise Uther.

“Non succederà. Amo Camelot. Ho diversi amici qui e ho una profonda devozione verso il suo re e il suo principe. Se dovessi scegliere una città dove fermarmi sarebbe questa. Anche per l’ospitalità del sovrano nei miei confronti.”

“Ah, Merlin, se avessi avuto una degna figlia, mi sarebbe piaciuto offrirtela in moglie per farti diventare parte della  famiglia reale. Arthur avrebbe avuto un fratello maggiore da cui prendere esempio.”

Merlin strabuzzò leggermente gli occhi. Erano questi i discorsi di Uther? Arthur aveva ragione. Il re aveva il vizio di manipolare la vita degli altri a suo piacimento. Fu felice che Uther non avesse alcuna degna figlia.

“Purtroppo Morgana si è persa. Si è fatta convincere dalla magia oscura. Non so da chi e non so perchè!”

Uther fissò il pavimento, muto e triste. Sembrava più vecchio e più debole in quel momento.

 

Merlin chiese, anche per togliere il re dai suoi cupi pensieri: “Il principe è nelle sue stanze? Gradirei salutarlo”

“Quando il tempo è bello, Arthur non è mai nelle sue stanze. Credo sia nelle scuderie con i fabbri. Vieni, ti accompagno”

“Non è necessario, sire. So dove si trovano le scuderie del castello.”

“Non voglio perdermi la faccia di Arthur quanto ti vedrà. E poi ho voglia di fare due passi anch’io”





 

“Strano!” disse Uther una volta sul posto. “Non c’è nessuno qui fuori. E la porta della scuderia è chiusa.”

Merlin seguiva il re. Forse doveva preoccuparsi per il principe?

“Arthur!” chiamò il re a gran voce. “Ci fosse almeno qualcuno a cui chiedere…”

 

Merlin sospirò. 

 

“Arthur! Arthur!” continuò a chiamare Uther, poi aprì la pesante porta in legno della scuderia ed entrò, facendo segno a Merlin di entrare con lui.”

 

“Arthur!”

“Padre!”

Il principe, in un lampo, afferrò della paglia e si coprì il basso ventre.

“Mio Dio!”

“Oh, mio Dio!” gli fece eco il principe.

“Merlin?” mormorò poi il principe diventando ancora più rosso di quel che era già.

 

Merlin era rimasto a bocca spalancata, guardando quella scena. Una scena che forse non avrebbe più dimenticato. 

 

Il principe nudo, sdraiato a pancia sotto, su una nuvola di paglia da dove sbucavano i capelli biondi e le gambe nude di una ragazza.

“Come puoi vedere tu stesso, Merlin, Arthur gode di ottima salute, e sottolineo gode!” disse Uther ridendo*, prendendo poi Merlin per un gomito e accompagnandolo fuori.

“Fai pure con comodo, Arthur” aggiunse il re chiudendo la porta della scuderia.

 

Uther tornò a sghignazzare. “Gli abbiamo rotto le uova nel paniere… Arthur è sempre il solito ragazzino, che corre dietro alle contadinelle.”

 

Merlin fece un sorrisino tirato ad uso esclusivo del re, il quale sembrava così orgoglioso delle prodezze del figlio.


Non appena Uther smetteva di ridere, ricominciava più forte di prima.

Merlin dovette fare ricorso a tutta la sua pazienza per mantenersi neutro.

 

“Certo” disse il re tornando serio “Sarebbe anche ora che trovasse una moglie per bene, una adatta al suo lignaggio. A proposito … cosa pensi della principessa Mithian di Mercia? Ricordo che da bambina era una bellezza.”

“Lo è ancora. In più è colta, raffinata e intelligente. Ma soprattutto è gentile, simpatica e altruista.”

“Ti ha proprio colpito, vedo!”

 

“Non si può non rimanerne colpiti: lei … è piena di purezza, maestà!”

 

“Meraviglioso! Sarebbe un ottimo partito per Arthur!” 

“Penso proprio di sì!”

Merlin non capiva cosa stesse facendo. Cosa gli importava? Voleva forse vendicarsi per ciò che aveva appena visto? Voleva accordarsi con Uther contro Arthur: il ragazzo non sopportava obblighi e divieti. Figuriamoci un matrimonio combinato.

 

D’accordo. Era stato molto imbarazzante per tutti.

Cosa pensava? Che un ragazzo bello e sano come il principe passasse tutti i suoi giorni in biblioteca? Che un principe così giovane e vigoroso passasse il tempo a contemplare un paesaggio o un tramonto.

 

Quello era lui. Era lui quello dei libri e dei tramonti. L’altro era solo un… un ragazzino viziato. 

 

Ma la cosa che lo faceva più arrabbiare di tutte, era quella stupida, quanto inutile rabbia che provava in quel momento. Non poteva proprio permettersela. 












 

*Chi ha visto i bloopers della serie Merlin avrà forse presente le contagiose risate di Antony Stewart Head che impersona Uther. Qui le prendo in prestito.


Ciao a tutti! Questo capitolo è un po’ più lungo del solito. Gli altri capitoli comprendono quasi tutti tra le 2500 e le 3000 parole.

“Io sono così” è Arthur che si presenta al mondo. Diversissimo dal mago, in realtà Arthur sarà molto meglio di così (ma anche peggio, a volte). Qui è più giovane rispetto alla serie e anche più impulsivo. Non che Arthur nella serie non lo fosse già abbastanza. 

Ho sentimenti contrastanti per il mio Arthur (ma anche per questo Merlin). Diciamo che il principe mi piace in linea di massima anche se le sue azioni spesso no! In questo capitolo dove Uther si scompiscia e Merlin chiude più di un occhio, Arthur mi scade parecchio. Ma ho piacere che ci siano situazioni (normali o al limite, questo lo stabilirete voi) che mettano alla prova i sentimenti dei personaggi, prima ancora che diventino manifesti.

Un abbraccio grande!



 

 

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Capitolo 3
*** Chap. 3 The three profecies ***


2789 parole

The three prophecies

 

Chapter n. 3














 

Erano ancora lì fuori, ad aspettare che il principe finisse. Merlin non ne poteva più, ma non aveva alcuna scusa con Uther per andarsene da lì. 

 

“Mi piacerebbe invitare Mithian. Pensi che verrebbe?” gli chiese il re.

 

“Posso dirvi che anche la principessa mi ha chiesto come fosse il principe Arthur”

A Uther brillarono gli occhi. 

“Davvero? E tu cosa le hai detto?”

“Ho elencato tutte le virtù del principe. E poi gliel’ho mostrato! È rimasta incantata.”

“Come diamine sei riuscito a mostrarglielo?”

 

Merlin si piegò aprendo la sacca che aveva con sé.

Tirò fuori un elegante involto di pelle, dal quale sfilò un rotolo di pergamena che svolse davanti a Uther. Il re glielo prese dalle mani.

“Santo cielo, Merlin! È … fantastico. È identico ad Arthur. Come hai fatto? Con la magia?”

Il viso di suo figlio lo stava guardando dal foglio, sorridente, fiero e incredibilmente realistico.

 

“No, maestà. Mi sono limitato a ritrarlo a memoria”

“Sei un vero artista, un pittore di enorme talento! Non so come hai fatto a catturare la natura così complessa di Arthur in un unico disegno”

“Vi ringrazio molto, sire!”

“Tieni! Ho piacere che lo mostri ad Arthur.”

Merlin mise via il rotolo con molta cura. Pensava anche lui che quel disegno gli fosse venuto particolarmente bene.

Ma pensava anche che gran parte del merito fosse del modello.

 

La porta della scuderia si aprì e ne uscì Arthur, lento e imbarazzato.

Dietro di lui, videro la ragazza scappare in un turbinio di sottane.

 

“Merlin… Sono molto felice di rivederti…” Poi si rivolse al padre: “Quella ragazza non si sentiva bene e io ho cercato di aiutarla…”

 

Uther scoppiò in una risata scandalosa tanto da fare fatica a parlare: “Beh … da come corre, direi che ci sei riuscito …”

 

Arthur abbassò gli occhi e si accese in volto, come un tizzone ardente. Suo padre non capiva in quale atroce imbarazzo si sentisse con Merlin lì presente. 

‘Maledizione! Ma proprio con Merlin doveva capitare!’

 

“Tranquillo, Arthur! Il nostro Merlin è un uomo di mondo e sa come vanno certe cose…”

 

‘Se lo dice lui!’ pensò il mago dubbioso.

 

Poi, essendo stufo di quella situazione, cercò di fare finta di niente.

“Vostra altezza reale, sono molto lieto di essere tornato a Camelot e di aver ritrovato voi e vostro padre.”

 

“Grazie! Quando possiamo cominciare le nostre lezioni? Ti ho aspettato tanto.”

 

“Dagli tregua figliolo. È appena arrivato e non l'ho  nemmeno invitato a sedersi. Sarà stanco dopo il lungo viaggio …”

 

“Principe Arthur, se per voi va bene comincerei dopodomani. Ho alcune commissioni urgenti da sbrigare qui a Camelot.”

Merlin in realtà non doveva fare nulla di particolare ma sentiva il bisogno di staccare almeno un giorno da tutto quello.






 

Merlin trovò la camera preparata per lui a palazzo, arredata con gusto. Tende e lenzuola erano fresche di bucato e ogni mobile recava un vaso di fiori profumati.

 

Si spogliò velocemente e si infilò nel letto: era stanchissimo. 

 

Non era poi così felice di essere tornato a Camelot. Non più. Non c’entrava il fatto di aver scoperto il principe nel fienile con una donna…

Beh, forse un po’! Se almeno il principe avesse chiuso la porta dall’interno.



 

Il giorno dopo passò a trovare Gaius. Aveva legato molto con l’uomo. Ed era una delle poche persone con cui si sentiva a suo agio. Un uomo intelligente, con la testa sulle spalle, ma con una sensibilità e un cuore straordinari. Inoltre il vecchio aveva conosciuto e ammirato i genitori di Merlin, in gioventù. E aveva per lui una devozione quasi paterna.

 

Più tardi, senza meta, si recò al mercato, uno dei più grandi che avesse mai visto. 

Dopo pranzo andò a fare un giro a cavallo fuori le mura di Camelot. I boschi erano belli in quella stagione e Merlin si sentì finalmente in pace. 

Pensò a cosa fare con il principe il giorno dopo.

Restare in camera a consultare libri con il principe non era pensabile. Inoltre stare all’aperto gli avrebbe permesso di non stare troppo a stretto contatto con Arthur, cosa che, in quella particolare situazione, avrebbe preferito.

E gli venne in mente un’idea.



 

_ _ _ 



 

“Puoi dirmi dove stiamo andando, Merlin? Siamo ormai lontanissimi da Camelot” urlò Arthur al mago.

“Non manca più molto. Rimarrete sorpreso, vostra altezza!”

 

Merlin cavalcava con agilità in mezzo a quegli speroni di roccia e Arthur era stupito da tanta destrezza. Ma non glielo disse. Quasi non avevano parlato durante il viaggio. 

 

Era una bella giornata anche se ancora piuttosto fredda. 

Arthur era un po’ nervoso e lo era stato anche il giorno precedente.

Se non ci fosse stato quell’increscioso incidente avrebbe potuto essere una bella gita.

‘Merlin penserà che non sono una persona seria’

E gli venne rabbia ripensando a come era stato sedotto, in due e due quattro, da quella Vivian, che neanche gli piaceva più di tanto.

 

Avrebbe voluto provare a dire qualcosa al mago che era con lui. Perché capisse che normalmente non si comportava così.

 

“Lasciamo qui i cavalli. C’è un piccolo sentiero da fare a piedi” disse il mago.

Cominciarono a camminare per uno stretto sentiero scosceso.

Arthur forse non avrebbe avuto un’altra occasione come quella.

 

“Merlin … io volevo scusarmi, personalmente, con te!”

 

Merlin lo guardò di sfuggita, sorridendo per un istante.

“Vi ringrazio per il pensiero, ma non è necessario!” 

Merlin non aveva neppure fatto finta di non capire: questo era incoraggiante per Arthur.

“Io credo di sì. Mio padre può ridere e dire quello che gli pare, ma lui non è raffinato e sensibile come te! Tutt’altro!”

 

“Penso che sia normale per un padre essere orgoglioso quando il proprio figlio maschio, conquista qualcosa o … qualcuno.” Merlin ora parlava gesticolando ampiamente, senza guardarlo. Arthur si accorse che era un modo per celare il suo disagio. E se ne dispiacque.

 

“È stata solo una sfortunata coincidenza... Non vorrei mai che tu pensassi a me come a uno che indulge in simili comportamenti …” disse Arthur.

 

“No, vostra altezza, non lo penso. E comunque non vi conosco abbastanza. Al massimo potrei pensare di voi che siete ancora molto giovane e vivace…”

 

Arthur strinse i pugni e inasprì la voce. “Smettila, una buona volta con tutti questi salamelecchi. Puoi pure dirlo, sai? Che pensi che io sia uno sciocco ragazzino che non sa tenerselo nei calzoni!”

 

Merlin lo guardò con occhi strabuzzati. Fino ad allora Arthur non gli aveva mai parlato con quel tono acido, né tantomeno con quegli accenni volgari.

 

“Anche se fosse, io non posso permettermi di giudicarvi, vostra altezza!”

 

Arthur fece un piccolo sorriso storto: “Credo tu l’abbia appena fatto!”

 

Merlin diventò tutto rosso. 

“Mi dispiace. Temo di essermi espresso male. Io non intendevo…”

 

Arthur continuava a guardarlo imbronciato e triste. La rabbia era sparita dal suo viso e Merlin provò un moto di compassione per il giovane:

“Sapete bene che la vostra vita sentimentale riguarda voi e voi solo. Tuttavia non voglio negare che è stato spiacevole anche per me, cogliervi in un momento tanto intimo con la vostra ragazza. Immagino solamente quanto possa essere stato destabilizzante per voi e per la fanciulla! Sono molto dispiaciuto.”

 

Arthur sentì lentamente formarsi un groppo in gola. Merlin gli stava spalmando del balsamo sulle ferite: era dispiaciuto per averlo disturbato, per averlo messo in imbarazzo, con la sua ragazza. 

Vivian non era la sua ragazza. Ma Merlin non lo sapeva. Né l’avrebbe saputo. Non avrebbe sopportato di deluderlo ulteriormente. Vivian era la ragazza di tutti. Ma lui non era “tutti”. Era il futuro re di Camelot. Fosse stato anche il solo a farlo, lui avrebbe dovuto rispettarla e tenerla lontana.

 

Merlin continuò:

“Ormai è successo e non possiamo farci niente. Ma da parte mia non dovete temere nulla. Io vi sono fedele e ciò che ho visto morirà con me. Io vi sono amico. Credo inoltre che fare l’amore non sia affatto un’attività per sciocchi ragazzini, ma una tappa fondamentale per un uomo innamorato. L’amore in fondo è sempre la cosa più importante, non credete?”

 

Arthur era rimasto immobile ad ascoltare le parole dell’altro. Così ricche di umanità e di saggezza. Ad ogni nuova frase di Merlin si era  sentito rinfrancare. Il principe aveva ora gli occhi lucidi e l’animo traboccante di gratitudine. Anche se alcune parole sentiva di non meritarle.

 

“Siamo arrivati altezza!”

E si ritrovarono in una serie di grotte concatenate, ricche di grandi specchi d’acqua.

 

“Sono molto belle” disse Arthur “ma non troppo diverse da altre che conosco.”

Poi entrarono in un’altra serie di grotte, decisamente particolari. Le pareti e il soffitto erano costellate di strani sassi bianchi traslucidi, incastonati in piccole nicchie della roccia. Avevano l’aspetto di pezzi di ghiaccio e avevano quasi tutti la medesima forma: leggermente schiacciata e allungata con una faccia ben levigata sul davanti.

“Cosa sono?”

“Cristalli. Questa è la caverna dei cristalli.”

“Notevole. Non la conoscevo”

Merlin ne afferrò uno e disse. “I cristalli sono in grado di mostrarci brevi momenti del futuro.”

“Gli eventi del futuro?”

“Esatto. Delle profezie che si avvereranno. Ma non bisogna farsi ingannare da ciò che si vede. Si colgono solo alcuni frammenti, ma non sempre significano ciò che pensiamo …”

“Non ci credo. Fammi vedere …” Arthur prese il frammento di roccia dalle mani di Merlin.

 

“Purtroppo solo chi possiede la magia può vederli.”

“La solita fregatura!”

 

Merlin rise.

 

“Allora fallo tu e dimmi cosa vedi!”

“Vi fidate di me?”

“Certo! Quello che mi hai detto prima e cioè che mi sei amico, vale anche per me. 

Anch’io sono tuo amico. E tra amici la fiducia è la prima cosa…”

 

Merlin sorrise. Non poteva farne a meno.

“Pensavo che non mi steste ascoltando…”

 

“Ho ascoltato ogni sillaba, invece. Ci sai fare con le parole! Molto più di me.”

 

“Voi siete più bravo ad agire… e per un re credo abbia maggior valore.”

 

“Dai, dimmi cosa vedi!”


Merlin guardò il cristallo che rimase bianco, a lungo. Poi una spirale colorata, una luce, visioni sfocate. E poi più nitide.

 

‘Pelliccia marrone e gialla, denti aguzzi, zampe, artigli … Arthur, il suo sangue, la mia bocca che grida il suo nome… e la voce di Gaius, solo la voce, che riecheggia: -Morso velenoso, ferita incurabile…-’


Merlin si sedette per terra. Respirava a fatica. 

“Cos’hai, Merlin?” Il principe si accovacciò accanto a lui e lo sorresse per un braccio.

 

“Nulla Arthur, non vi ho detto che queste immagini sono spesso inquietanti…”

 

“Cos’hai visto?”

“Ho visto voi che venivate morso… da una bestia, un animale…”

“E poi?”

“Poi niente. La visione ricominciava da capo.” 

“Non c’era una fine?”

“Non c’è mai!” Merlin era ancora seduto a terra. Era molto scosso da quella visione.

 

“Guardane un altro adesso.” Arthur andò a prendere altri due cristalli.

 

“Credo che vedrò la stessa cosa su ogni cristallo.”

“Prova!”

 

E invece:

 

‘Pellicciotto bianco, bel volto di donna, Mithian… il suo sorriso, i suoi occhi che guardano Arthur… lui si inchina, lui è triste, lei è triste…’

 

“Questo stranamente è piuttosto tranquillo. La principessa Mithian che viene a Camelot per conoscervi”

“Non è poi tutta questa allegria!”

“Guardate che lei è molto…” Merlin si bloccò. “Scusatemi, altezza ... dimenticavo la vostra fidanzata.”

Arthur si guardò i piedi.

“Ecco, sì … già! Guarda ancora in questo cristallo!”

“Sarei un po’ stanco. Le visioni dopo poco fanno venire mal di testa.”

“L’ultima ti prego!”

Merlin afferrò il cristallo e vi fissò lo sguardo.

Nulla. Solo bianco. Doveva aspettare...

 

Stoffa bianca, un torso nudo… capelli biondi, Arthur… una schiena, nuda anch’essa… un uomo, capelli neri… Due coppie di mani maschili intrecciate, bocche unite…

 

Merlin si coprì gli occhi. Barcollò da seduto e cadde su un fianco. Era ammutolito, paralizzato in posizione fetale. 

 

“Merlin, santo cielo! Cos’hai?”

 

Il mago si riscosse e si  mise in piedi, aiutato dal re. 

 

“Cos’hai visto stavolta?” fece Arthur che gli era molto vicino e Merlin sussultò, scostandosi da lui di qualche passo.

 

“Ehm… vi ho visto affrontare in duello un temibile avversario … uno molto grosso e molto brutto” mentì il mago.

 

“Ah! Niente di nuovo, allora. L’unica cosa che mi  preoccupa un po’ è la bestia e il suo veleno…”

 

“Vi va di tornare, Arthur? Sto morendo di fame!”

 

“Sei sicuro che ti paghino bene, Merlin?”

 

“Alludete di nuovo ai miei vestiti?”

“No. Alludo al cibo, stavolta. Ho notato che  spesso hai una fame disperata. E sei davvero magro…”

 

Arthur doveva ringraziare l’ultima profezia che Merlin aveva visto e alla quale si rifiutava di credere. Normalmente avrebbe dato una lavata di capo a quel principe saputo e inelegante, perché ogni qualvolta si parlava della sua magrezza Merlin si inalberava in modo a dir poco esagerato.

Invece rispose solo: “Sono un falso magro!”

 

Non parlarono neanche durante il viaggio di ritorno. All’andata era Arthur ad essere cupo, mentre ora era Merlin che sembrava avere sulla testa un nuvolone nero. 

Faceva caldo a quell’ora e quando arrivarono entrambi si misero a tavola con il re.

Merlin era stato invitato a pranzo da Uther, cosa che il mago avrebbe evitato, se avesse potuto. Sentiva il bisogno di stare solo e se possibile di studiare sui suoi libri, per distrarre la mente dal caos che aveva.

 

“Allora, Arthur. Oggi hai trovato qualcosa di interessante sulla magia?” chiese Uther.

 

“Oggi è stato bellissimo, padre! Ho scoperto molte cose interessanti. Ho adorato fare lezione in questo modo.” E guardò  verso Merlin con un gran sorriso.

 

“Merlin, sei un grande mago, in tutti i sensi.” fece il re. “Ah, dimenticavo, Merlin. Hai mostrato il tuo disegno ad Arthur?”

 

Merlin mentì: “Mi sono dimenticato, maestà!” In realtà si vergognava di mostrarlo al principe. Gli sembrava di averci messo un po’ troppo di suo.

 

“Di cosa si tratta?” domandò il principe curioso.

“Non voglio rovinarti la sorpresa, figliolo. Per cui non chiedere a me.”

 

Dopo aver desinato, Merlin si alzò e si ritirò piuttosto di fretta. Stava per aprire la porta della sua camera, quando si sentì chiamare da Arthur. Chiuse gli occhi. Non aveva nessuna voglia di parlare o di stare ancora con lui.

 

“Scusa, Merlin. So che vuoi riposare, ma vorrei vedere il tuo disegno. Mi fai entrare un attimo solo?”

 

“Certamente” rispose laconico il mago.

 

Appena entrato Merlin consegnò il rotolo al principe.

Quando il principe lo svolse, Merlin vide la faccia del principe chiudersi in un’espressione corrucciata.

“Non vi piace?”

“No… al contrario. È un ritratto perfetto, solo che questo … non sono io!”

“Non trovate che vi somigli?” Merlin era confuso.

“Sì, certo. È uguale a me ma… l’espressione che ho qui, non mi appartiene…”

“Perdonatemi. È solo il modo in cui vi vedo io.”

“Davvero? Tu mi vedi così solare, addirittura abbagliante?”

“Questo forse non l’avevo considerato, ma sì, mi è venuto istintivamente…”

“Ti ringrazio Merlin. Lo considero un grosso complimento. Posso sapere perché l’hai fatto? Non credo di esserti mancato così tanto!”

 

Merlin tornò rosso come un papavero. Non lo sopportava quando faceva così. 

“La principessa Mithian aveva desiderio di sapere come foste e io ho voluto accontentarla. Se avessi saputo che eravate già promesso a un’altra fanciulla non l’avrei fatto. Ho sbagliato. Sono stato superficiale.”

 

Arthur fu tentato di ribattere che non si era promesso a nessuna fanciulla, ma non riuscì a dirgli niente, ancora una volta a causa del suo orgoglio.


Quando Arthur se ne andò, Merlin si sdraiò ancora vestito sul letto.

 

In testa gli mulinavano le immagini di Arthur nel fienile con la ragazza e quelle del futuro di Arthur con … quell’uomo. ‘Non posso essere io. Non ha  alcun senso. Sicuramente è un altro uomo.

Comunque sia, Arthur è in grado di amare sia gli uomini che le donne. E questo fatto già di per sé è abbastanza sorprendente. 

Non sembrava proprio che Arthur stesse subendo delle sevizie da quell’uomo. Tutt’altro!’

 

Avrebbe voluto sapere la successione esatta degli eventi visualizzati nei cristalli. 

Se Arthur nel cristallo era con quell’uomo, probabilmente presto avrebbe rotto il fidanzamento con la contadinella.

A meno che non si trattasse di un tradimento o di un singolo trasgressivo episodio.

 

‘Basta!’ si disse sfinito.

 

‘In fondo non dovrebbe  importarmi un accidenti se la vita amorosa del principe è così variegata.’

 

Gli venne in mente il suo diario, quello che aveva fatto leggere al principe. Strano che il ragazzo non gliene avesse accennato. Probabilmente non lo aveva neanche aperto. 

E ripensò a quel grande amore, finito troppo presto. Aveva amato Freya. E lei l’aveva corrisposto pienamente. Merlin era sicuro che se lei fosse sopravvissuta, l’ avrebbe sposata e avrebbe avuto dei figli da lei. Sapeva che sarebbero stati felici.

Nessuna era come lei.

Provò il solito dolore intriso di dolcezza e in quel momento seppe con certezza di non essere l’uomo che si rotolava nel letto con Arthur, all’interno del cristallo. 

E stranamente più tranquillo, si addormentò.














 

Buondì a tutt*

Questo capitolo è piuttosto importante. Tanto che stavo per intitolare l'intera storia proprio “le tre profezie”.

Molto importante sicuramente per i capitoli a seguire ma anche per la storia nel suo complesso. 

Ringrazio di cuore chi è arrivato fin qui.

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Capitolo 4
*** Chap. Betrayal ***


2788 parole

Betrayal

 

Chapter n. 4


























 

Merlin si svegliò con una sensazione di pesantezza alla testa. 

E capì a cosa era dovuta. 

Per pensare a quella vicenda dei cristalli, ne aveva trascurata una più importante: l’unica davvero importante. Il principe sarebbe stato ferito da una bestia magica. 

Si recò da Gaius e cercando di ricordare ogni più piccolo particolare del feroce animale, gliela descrisse meglio che potè.

Insieme la cercarono sui volumi di Gaius, ma non la trovarono.

Il vecchio andò a parlare con l’amico bibliotecario e gran cerimoniere Geoffrey di Monmouth, particolarmente protettivo nei confronti dei libri della sezione segreta.

 

Gaius fu sincero con Geoffrey, anche se non gli parlò della caverna dei cristalli. Gli disse semplicemente che il mago Merlin aveva avuto una visione su una bestia che attaccava il principe e che doveva saperne di più. Alla fine Geoffrey si convinse, pur con riluttanza, a consegnargli i preziosi volumi.

 

Nel frattempo Merlin era impegnato in una nuova escursione insieme ad Arthur. Ci aveva pensato a lungo prima di mettere a rischio il principe in quel modo. Ma Arthur doveva abituarsi a quel genere di creature e il tutto si confaceva al suo carattere di valoroso guerriero. In più c’era lui con la magia che l’avrebbe protetto. 

 

“Oggi dovrete stare molto attento e dovrete essere in grado sia di combattere che di fuggire, se necessario.”

 

“Fuggire è un verbo che non fa parte del mio frasario” sorrise il principe.

 

“E invece, oggi sì! Altrimenti è meglio che torniamo nelle vostre stanze. Non abbiamo ancora studiato la storia dei primissimi maghi, la loro vita, le loro arcaiche metodologie magiche…”

 

“Hai vinto Merlin! Per la prima volta nella mia vita, mi vedrai scappare come un ladro.”

 

Merlin rise, anche se dubitò della veridicità delle parole dell’altro … in quel breve periodo aveva capito che uno come Arthur si sarebbe fatto uccidere piuttosto che arretrare.

 

“Si trovano dentro queste caverne. Sono animali dall’aspetto orripilante.” 

“I grossi topi di cui mi hai parlato?”

“Esatto! I wildreon*. Sono ciechi ma hanno udito e olfatto finissimi. L’unico modo per non farsi udire è rimanere perfettamente immobili. L’obiettivo è mostrarvi come combattono contro una creatura magica.”

“Che saresti tu?”

“No. Stavolta farò comparire l’immagime di una creatura magica, che però non è reale. È solo apparenza.”

“Ma se non può vederla o annusarla, come riuscirà a percepirla?”

“Sarà comunque molto rumorosa.”

“E non si accorgerà di noi, del nostro odore?”

“No, se ci cospargeremo con queste.” Merlin raccolse alcune bacche rosse da un cespuglio vicino. Se le spiaccicò tra le mani e si cosparse quel succo sulla pelle del viso. “Che tanfo insopportabile!” disse Arthur, arricciando il naso e spostandosi indietro di qualche passo.

“È terribile, sono d’accordo, ma non c’è alternativa. Se preferite lasciar perdere …”

 

Forse il principe si sentì punto sul vivo. “E va bene!” disse e prese diverse bacche, le schiacciò e si impastricciò ben bene il viso.  

“Puah!” gridò ma poi con faccia divertita, passò una mano sulla guancia del mago. “Ne hai messo poco, qui” rise avendola imbrattata molto di più di quanto aveva fatto Merlin. 

Il mago spalancò la bocca, scandalizzato con un “Oh!” aspirato. In quel momento non gli importava niente che lo sbruffone che aveva di fronte fosse il principe di Camelot. Era stato apertamente sfidato dal reale impudente e non poteva demordere!

Con estrema velocità, sfiorò la fronte del principe con una mano, lasciandogli una striscia rossa e con l’altra ornò la punta del nobile naso con un grumo di quella poltiglia.

“Anche voi, altezza!” disse sarcastico.

 

Arthur sorrideva : “Sei proprio un idiota, Merlin!”

Raccolse un pugno di bacche, le spiaccicò tra le mani e con forza le fece mulinare sul viso e i capelli di Merlin, che gemeva cercando di schermirsi da quel trattamento.

Il mago sputò dalla bocca quel succo amaro come il fiele e, gocciolante di gelatina ributtante, urlò con aria offesa, ma non troppo: “E voi siete un babbeo reale!”




 

S'infilarono nell’apertura di una grotta muovendosi più silenziosamente possibile. 

Ogni tanto s’imbattevano in resti di animali, antichi residui di un pasto di uno dei wildreon.

 

Dopo molto tempo che vagavano senza trovare nulla e avevano ormai entrambi i nervi a fior di pelle per la tensione, Merlin disse che sarebbero tornati un’altra volta e fecero il percorso inverso. Già vedevano l’arco illuminato che li avrebbe portati all’esterno. Non si accorsero della presenza nascosta nel buio dell’angolo che stavano per oltrepassare. 

 

Arthur fece un salto prodigioso, quando udì un fragoroso squittio di topo vicino alle sue orecchie. Squittio acuto e stridente, del tutto insopportabile. Fu una cosa talmente inaspettata, e proprio nel momento in cui aveva cominciato cominciano a rilassarsi, che Merlin non ebbe il tempo di pensare a una formula magica e si gettò istintivamente tra Arthur e il wildreon, dando una spintone al principe che cadde a terra.

Il mago parò con le mani il muso del wildreon, per proteggere il principe.

Le zampe anteriori dell’animale erano piuttosto piccole ma Merlin sentì un forte dolore quando i lunghi artigli sottili stracciarono giacca e maglia sul suo braccio, incidendo la pelle in quel punto. Merlin urlò per il dolore poi con più foga gridò: “Scappa, Arthur!”

“No! Sei ferito!”

Oltre al dolore, la preoccupazione per il principe, che, asino che era, non voleva andare via, Merlin sentì crescere dentro di sé una rabbia così feroce per quell’essere repellente, che forse mai aveva provato prima.

Con le mani afferrò i bordi delle narici molli del bestione, stringendole, contorcendole, infilando le unghie più a fondo possibile e dando dei potenti strattoni verso l’esterno. Poco importava a Merlin di avere le braccia e il viso ricoperti  dell’ orrido muco vischioso.

 

Il wildreon accusò il colpo, stridendo come un’aquila e indietreggiando leggermente.

Merlin alzò una mano e gli si illuminarono gli occhi: “Cuman, hwit dryge, her, nū”

 

Arthur era ancora a terra, vicino all’uscita, tutto scombussolato ma rimase immobile, affascinato dai gesti, dalle parole e soprattutto dall’oro negli occhi di Merlin.

 

Una luce illuminò l’interno della grotta e apparve una creatura, buffa e strana. 

Era un piccolo drago, bianco. Con un’espressione un po’ spaventata e un po’ triste. 

‘Non sembra assolutamente un mostro!’ si disse Arthur.

 

“Clipian, Aithusa!” fece ancora Merlin prima di uscire dalla grotta. 

“Ma che fate! Venite subito fuori, Arthur!”

“Ma, non devo vedere il combattimento?”

“Oh, cielo!” si chinò Merlin prendendo il principe per le gambe e trascinandolo per un paio di metri, all’esterno della grotta.

 

“Ahia! Sei impazzito?”

“Qui non corriamo rischi. I wildreon non si avventurano mai all’aperto.”

Intanto il drago lasciò andare un verso acutissimo e fastidioso.

Il wildreon con il muso sporco di sangue, indietreggiò di poco, poi prese la rincorsa e con un unico salto goffo piombò su un pezzo di roccia, posto vicino al drago. L’immagine del drago si dissolse e riapparve poco più in là.

Il wildreon non si era accorto di niente. Con il corpo cercava di schiacciare la roccia con il suo mastodontico peso. Con le unghie grattò e raschiò la pietra in profondità. Ad un nuovo grido di Aithusa, l’animale aprì la lunga e stretta bocca, affondando i mostruosi incisivi nella roccia e staccandone dei grossi pezzi.

“Che combattente formidabile! È davvero fortissimo!” fece Arthur.

“Sì, nonostante sia cieco e non molto intelligente, riesce a mettere a frutto tutte le sue potenzialità.”

“Interessante! Ma davvero non escono all’aperto per tutta la vita?”

“È così! Quando i wildreon diventano troppi, li soffocano con il fumo dei fuochi posti davanti alle entrate delle grotte. Piuttosto che uscire fuori si lasciano morire soffocati!”

“Che crudeltà!”

“Sono d’accordo!”

“Ma allora perché qui ce ne sono ancora?”

“Qui attorno ci sono diversi villaggi di civiltà piuttosto arretrate e  crudeli. Usano i wildreon per torturare i loro nemici o per giustiziarli.”

“Gente peggiore dei wildreon stessi! Ora, fammi vedere Merlin!”

“Che cosa?”

“La tua ferita… va pulita, va curata.”

“Non è niente Arthur. Torniamo?”

Arthur gli prese il polso con delicatezza e gli rovesciò l’avambraccio per guardarlo. Scostò i lembi di stoffa insanguinati. “Non è niente, eh?” 

I tre profondi solchi rosso scuro perdevano ancora  una cospicua quantità di sangue.

“Non puoi guarirti?”

“No. I maghi non possono guarire se stessi. Andrò da Gaius…”

“È la tua prima ferita di guerra?”

“Già!” sorrise, anche se il braccio gli bruciava.

 

Si recarono al fiume, non troppo distante. Merlin immerse il braccio nell’acqua, stringendo i denti. E entrambi si lavarono abbondantemente la faccia per togliere la puzzolente marmellata di bacche che avevano addosso e il muco del topastro.

Poi Arthur strappò una lunga striscia dal bordo della sua camicia.

“Cosa state facendo?”

“Ti bendo. Giusto per proteggere la ferita, finché saremo a Camelot.”

Merlin sorrise. Arthur sapeva essere gentile a suo modo. 

 

In fondo il mago si sentiva felice. Era riuscito a fare sì che il principe non rimanesse ferito. Forse, come lezione era stata un po’ esagerata. Sarebbe stato meglio trovare situazioni più equilibrate, però Arthur sembrava soddisfatto.

 

Quando tornarono a palazzo, ebbero una sorpresa. Davanti al palazzo c’erano molti soldati. Superati i quali Arthur e Merlin videro Uther salutare la principessa Mithian e suo padre, re Rodor, amico di vecchia data del re di Camelot.

 

Merlin sbarrò gli occhi. Puzzava ancora terribilmente delle orride bacche e i capelli erano uno scempio. 

Arthur afferrò il mago per il braccio e si defilò da lì.

Merlin comprese il disappunto del principe e siccome non si sentiva di affrontarli nemmeno lui, nello stato pietoso in cui si trovava, lo seguì ubbidiente.

 

Andarono nelle scuderie. Merlin non era molto a suo agio in quel luogo, memore della scabrosa situazione di cui era stato nolente spettatore.

 

“Perché mai Mithian e suo padre sono qui? Sono sicuro che è stato mio padre a invitarli.”

Se davvero era stato Uther, Merlin non capiva come avesse potuto invitare la principessa, visto che Arthur era già stato promesso ad un’altra ragazza.

 

“So che vostro padre vuole che sposiate una principessa, ma credevo che tenesse in conto i vostri sentimenti…”

“Quali sentimenti?”

“Quelli che provate per la vostra fidanzata…”

Arthur strinse i pugni e parlò con un certo livore.

“Mi dispiace Merlin, ma tu hai frainteso tutto fin dall’inizio… io non sono così nobile come credi. La ragazza, quella ragazza, non è la mia fidanzata… Io non provo nulla per lei e lei non prova nulla per me. Quello che hai visto era solo … quello. Non ne vado fiero e anch’io non sono meglio di tanti altri ragazzi…”

“Perché non l’avete detto subito?”

“Perché mi dispiaceva che pensassi male di me… in sostanza, per orgoglio.”

“Perché io forse vi dò l’idea di essere così irreprensibile?”

“Tu mi dai l’idea di essere un ‘puro’, Merlin!”

“In che senso?”

“In tutti i sensi.”

“Mi piacerebbe molto esserlo ma … com’è vero che non mi conoscete…”

“Davvero? Tu?”

“Sì, è successo anche a me, come a voi!”

“Con … Freya?”

Merlin sgranò gli occhi. Respirò profondamente alcune volte poi si riprese.

“Avete fatto i compiti, vedo!” disse con un sorriso triste.

“È stato molto piacevole leggere il tuo diario. Non solo l’ho letto, ma l’ho riletto più volte.”

“E quando avete capito che parlava di me?”

“Più o meno dopo dieci righe.”

Merlin soffiò con il naso uno sbuffo divertito.

 

“Ma non è la stessa cosa, Merlin. Tu eri di innamorato di Freya e lei di te. Io e Vivian no.”

“Ma io non mi riferivo a Freya…”

“Ah!”

“Con Freya è successo ed è stato meraviglioso. Stavamo per sposarci quando lei morì!”

“Posso solo immaginare il dolore che hai provato”

“Sì, moltissimo. Per molto tempo non provai più alcuna voglia di vivere…”

 

“Allora a chi alludevi?”

“A un’altra ragazza…”

“Non vuoi dirmi chi era?”

“Il nome non ve lo posso dire, per galanteria. Anni fa fui chiamato in un piccolo paese, che era stato messo a ferro e fuoco da una banda di feroci predoni. Usai la magia per ricostruire le case, sebbene fossero più simili a capanne. C’era questa ragazza che mi portava da bere e da mangiare. La sera prima che io andassi via, venne nella stalla dove dormivo. Non disse nulla, ma si spogliò e si stese accanto a me…”

“E tu non ti sei tirato indietro…”

“Infatti, ma avrei dovuto farlo!”

“Non sei mica di legno. Voglio dire, solo un santo avrebbe detto di no. Lei com’era?”

“Era molto carina e gentile. Ho pensato che forse sarei dovuto tornare da lei, ma non l’ho mai fatto!”

“Ti eri innamorato di lei?”

“No, non proprio! Non tornai perché pensai che lei mi avesse cercato solo per gratitudine.”

“Sono sicuro che l’ha fatto anche perché gli piacevi.”

“Forse … ma la vera ragione che mi trattenne dall’andare a cercarla fu il fatto che farlo con lei era stato diverso … diverso dallo stare con Freya. Proprio un’altra cosa. Mi capite?”

 

“Temo di no, Merlin. Io non mi sono mai innamorato!”

Merlin alzò le sopracciglia e lo guardò.

“È solo perché siete ancora molto giovanle. Non avete neanche vent’anni. Presto capiterà anche a voi!”

“A volte penso che a me non possa succedere. Non so perché, ma è una sensazione che ho sempre avuto.”

“Quando incontrerete la persona giusta, riderete di queste vostre parole. Non temete. Arriverà!”

“Quando fai così, mi sembri un vecchietto…”

“Chissà! Potrei anche esserlo! “rise Merlin “E con vostro padre dovete cercare di pazientare…”

“Sì, ma intanto devo sorbirmi tutti questi tentativi di matrimoni combinati, che detesto”

“È colpa mia se Mithian è qui! Mi dispiace. Sono io che gli ho parlato di voi in termini entusiastici. E gli ho mostrato il disegno che l’ha ammaliata. E ho anche detto a vostro padre che lei sarebbe stata perfetta per voi.”

“Non capisco perché tu abbia fatto tutto questo…”

“Non volete provare a dare una piccola chance a Mithian? Ora che so che con l’altra è stata solo un’avventura, vi dirò che lei è davvero una donna meravigliosa…”

“Se ti piace tanto perché non te la sposi tu?”

La faccia di Merlin diventò color cremisi.

“Io non sarò mai alla sua altezza. Io non posso permettermi neppure di pensare a una cosa del genere.”

“Sei uno sciocco. Sei un consigliere mago di tanti re, sei il mago più potente di sempre, sei una brava persona e a guardarti bene, non sei nemmeno da buttar via… E poi sei ricco, anche se vesti come uno straccione…”

 

“Devo dire che come fate i complimenti voi, nessun’altro li fa, per fortuna!” ribatté Merlin con fare offeso, ma tradito dall’espressione sorridente che aveva negli occhi.

“Non sono bravo a fare i complimenti! Ormai dovresti saperlo!”

“Quello che so, è che a volte mi sembra di avere a che fare con un asino!”


_ _ _


Quella sera, a cena, la principessa Mithian e il principe Arthur vennero presentati ufficialmente. 

“Onorato di avervi qui, principessa” disse Arthur con un inchino.

“Santo cielo!” urlò Mithian “Ma sei proprio uguale al disegno … Merlin dove sei?”

“Principessa sono qui!”

Mithian lo guardò: Merlin era vestito in modo elegantissimo. Sfoggiava camicia bianca, pantaloni e stivali neri e una serie di accessori blu di un tessuto lucido e cangiante di raso: un’ alta fascia in cintura, eleganti guanti, foulard al collo, annodato in maniera insolita e un cappello ornato di soffici piume.

“Non credo di essermi mai trovata in mezzo alla bellezza più pura, come in questo momento. Girò il volto a sinistra. “Merlin sei meraviglioso vestito così. Scusami, ma non ti facevo tanto bello!”

 

Arthur lo guardò di sottecchi. Merlin era davvero in forma splendida. E calamitava lo sguardo dei presenti. Sembrava quasi un’altra persona. Ancora più degli abiti ciò che colpiva era quell’aria così sicura di sé, che non aveva mai notato prima, nel mago. Chissà se aveva deciso di prendersi una rivalsa per quel che gli aveva detto nel pomeriggio e di cui ricordava ‘non sei poi da buttar via’ o ‘vesti come uno straccione’

“E voi principe Arthur” disse Mithian girandosi verso l’altro “siete ancora più bello di come vi descrivono. Cosa quantomeno rara!”

Nessuno dei due ragazzi osò parlare. Anche se forse per questo risultarono entrambi un po’ cafoni.


Durante la cena, calice in mano, Uther si alzò in piedi e prese la parola.

Tutti pensarono a un brindisi in onore degli ospiti.

“Questa sera festeggiamo un evento che mi riempie il cuore di gioia: il fidanzamento del mio diletto figlio, il principe Arthur, con la qui presente adorabile, leggiadra, principessa Mithian!”

 

Una doccia fredda per il principe!

E mentre la gente esordiva con espressioni di stupore e di gioia, brindando e bevendo, Arthur si girò e fissò il suo sguardo turbato in quello di Merlin che lo ricambiava con occhi pieni di tristezza.











 

*Navigando su Internet i wildreon hanno tanti modi di essere scritti. Alla fine ho tenuto il più semplice anche se non credo sia il più corretto.



 

Ciao a tutti!

No, Uther, non si fa! Non si fa soprattutto con Arthur. Che se aveva qualche possibilità di avvicinarsi a Mithian, ora non lo farà anche solo per orgoglio. (Per cui forse dovrei dire: “Bravo, Uther! È così che si fa!)

La prima parte è una miscellanea di invenzione mia e di momenti rubati alla serie. Qualcosa gli devo pur far fare. Non possono stare lì tutto il tempo a guardarsi negli occhi e sospirare. 

Un forte abbraccio a chi ha letto il capitolo!

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Capitolo 5
*** Cap. 5 Why did you follow me? ***


3594 parole

Why did you follow me?

 

Chapter n. 5















 

La cena era stata un piccolo calvario per il principe e indirettamente anche per Merlin, perché anche se Arthur l’aveva scagionato, il ragazzo continuava a sentirsi in parte responsabile, sia per aver esaltato le lodi del principe con Mithian, sia per aver sostenuto più o meno consapevolmente Uther nel suo desiderio di fare incontrare il figlio con la principessa.

 

Però Uther si era dimostrato totalmente insensibile e pieno di arroganza: non ne aveva nemmeno parlato con suo figlio, mettendolo davanti al fatto compiuto. Un grave errore, un sopruso, secondo Merlin.


‘Sono fidanzato… e nemmeno lo sapevo! E con una donna che non conosco per niente!’

Arthur era internamente dilaniato dalla rabbia verso suo padre. Stavolta l’uomo si era superato per menefreghismo e fredda manipolazione delle persone e di suo figlio, per giunta.

 

Il piano di Uther in fondo era semplice e geniale. Sapeva che Arthur non avrebbe potuto opporsi di fronte all’intera corte, alla principessa Mithian e a suo padre, re Rodor. Ed era più che sicuro che non se ne sarebbe andato via, mettendo in grave imbarazzo tutti gli ospiti.

 

E più Arthur ci pensava, più sentiva il sangue andargli alla testa per la collera.

 

L’unico modo per distrarsi da quel pensiero intossicante era quello di annebbiare la mente, bevendo tanto e spesso, in pratica per tutta la serata. E non c’era nemmeno bisogno di bere in modo discreto. A ogni piè sospinto, qualcuno proponeva un nuovo brindisi: alla salute del re, di Arthur, di Mithian, a una unione fortunata, ai futuri eredi! E giù di calici.

Arthur arrivò persino a pensare che qualche demente avrebbe potuto persino proporre i nomi dei futuri eredi reali, nonché suoi figli, con largo anticipo.

Tanto, tutto il resto era già stato stabilito da

suo padre.

 

Quando incrociò lo sguardo di Merlin, per la prima volta Arthur si alzò in piedi, ondeggiando, e alzando il calice, dichiarò ad voce alta: “Al mio insegnante di magia, il grande stregone Merlin! Che è anche il mio amico più caro … il mio suddito più devoto … il mio insegnante d’arti magiche e … d’amore!” 

 

Merlin sbiancò, ma Uther prese in mano la situazione senza scomporsi e urlò allegramente: “A Merlin!” Tutti i presenti ripeterono in coro: “A Merlin!”

E tutti bevvero alla sua salute, tranne il destinatario del brindisi.


Alzatosi da tavola, Arthur girava con il calice in mano e ad ogni persona che si avvicinava per congratularsi con lui diceva: “Grazie mio caro!” e brindava. 

 

Passarono poi in un altro salone, dove c’era un’orchestra di musici e si ballava. Solo alle donne era consentito questo genere di intrattenimento.

Agli uomini al massimo era concesso guardare. E infatti molti uomini sembravano in estasi di fronte a quello spettacolo.

 

‘Boh!’ Pensò Merlin. ‘Girotondi, file indiane e qualche giravolta. Se questo può chiamarsi ballare!...’

Merlin ricordava che da ragazzino a Ealdor, durante le feste, al semplice suono di un flauto di legno e di un tamburo, tutta la gente ballava: uomini e donne, vecchi e bambini. Ognuno si muoveva liberamente e ci si divertiva come pazzi. Erano i momenti per i quali provava più malinconia. Adorava l’allegria che il ballo gli dava. Era ancora così? Certamente sì, ma quel ballo non c’entrava con quelli a cui lui aveva partecipato.

 

A un certo punto alle danze si era unita anche Mithian. Tutte le donne che ballavano, si inchinavano davanti a lei o la prendevano per mano ad ogni nuova danza. Era la regina della festa. In effetti Mithian riusciva a infondere una certa grazia persino a quei passi così anonimi.


Ad Arthur invece non  importava niente del ballo. Non aveva mai imparato ed era contento di non dover ballare. 

 

Merlin si accorse che il principe era ubriaco; del resto lo era anche la maggior parte delle persone presenti a quella serata. Arthur stava appoggiato contro il muro. Fermava un servitore e si faceva riempire la coppa per poi scolarla d’un fiato e così via. Sembrava molto felice a vederlo da fuori. Sorrideva e rideva con  tutti. Ma quel comportamento non ingannava Merlin.

 

Vide anche Mithian e Arthur parlare da soli: lui si inchinava quasi in continuazione, ma non riusciva a sorridere. Lei sorrideva ma non sembrava molto felice. 

 

Il mago riconobbe con chiarezza la scena: ‘La profezia! Quella rivelata nel secondo cristallo!’

Si stava avverando proprio in quell’istante.

Eppure a Merlin non sembrava che quell’incontro così incerto e scialbo, fosse talmente importante da dover comparire su uno dei cristalli. Forse andava visto in un’ottica più ampia. Forse era collegato in qualche modo alle altre due profezie. Non ne aveva idea.



 

Merlin si avvicinò alla principessa dallo sguardo un po’ vacuo. 

“Come state, principessa?” 

“Avrei voluto parlare con il principe… mi sarebbe piaciuto passare un po’ di tempo da sola con lui, giusto per conoscerlo meglio, ma è tutta la sera che mi sfugge”

 

“La tensione per questa serata l’ha logorato un po’. Non vi siete accorta che è ubriaco?”

“Sei sicuro?”

“È l’unica cosa di cui sono davvero sicuro…” rise Merlin.

“Io penso di non piacergli…”

“Questo non lo credo, ma il principe non si è aperto con me su questo … non siamo così intimi” mentì necessariamente il mago.

“Ma se ha fatto un brindisi con tanto di dedica apposta per te? Mentre per me non ha speso una parola …”

“Ha detto solo scempiaggini. Non è in sé!”

 

Mithian sorrise tristemente: “Forse avrei dovuto prendere te in considerazione qualcun altro, fin dall’inizio…”

“Devo forse arguire che avete bevuto anche voi, come Arthur?” sorrise il mago.

“Sono astemia. Ho giusto bagnato le labbra col vino per non dare l’impressione di essere troppo seriosa. Tu mi hai sempre riempito di attenzioni e gentilezze …stasera poi, sei davvero affascinante…” 

Mithian scosse la testa: “Beh, sono esausta e mi ritirerò per andare a dormire. Dai tu la buonanotte al futuro sposo per conto mio. Tanto chissà dove sarà finito!” disse la donna con voce venata di sarcasmo.

“Riferirò. Buonanotte principessa!”

 

Merlin andò a cercare il principe e lo trovò che si era addormentato sotto un tavolo.

“Per l'amor di Dio, Arthur!” disse quando lo vide e lo raggiunse sotto il tavolo. Il principe non dava segni di vita. Allungò il braccio verso una brocca d’acqua sul tavolo e ne versó un po’ sul viso del principe.”

“Oh! Che succede?”

“Vi prego, Arthur, bevete un po’ di acqua. Vi aiuterà!” E quasi lo costrinse, appoggiandogli il bordo della caraffa alle labbra.

Arthur bevve, bagnandosi abbondantemente i vestiti.

“Che porcheria!” fece il principe disgustato. Poi guardò l’altro e biascicò parole confuse:

“Merlin, amico mio, portami via di qui. Ti prego: questa festa è un disastro per me e io odio tutti! Tutti tranne … te! Tu sei mio amico, vero?” e cominciò a gemere come un bambino.

“Sì, Arthur io sono tuo amico e non ti lascio. Va tutto bene!” disse Merlin asciugando con le dita le lacrime sul viso dell’altro, poiché non aveva un fazzoletto a disposizione.

 

“Non è vero. Nessuno mi vuole bene!” Arthur afferrò quasi con brutalità, il bavero di Merlin avvicinando fin troppo il viso dell’altro al suo. “Tu mi vuoi bene?”

Merlin girò il capo leggermente: la zaffata di vino proveniente dalla bocca di Arthur gli era giunta fastidiosa al naso.

“Certo Arthur! Io ti voglio bene. Stai tranquillo! Ora però devi alzarti. Ti aiuto io, ma tu provaci. D’accordo?”

Dopo alcuni tentativi, riuscirono ad alzarsi. Merlin a fatica, sorreggeva il principe per la vita. “Aggrappati alla mia spalla, Arthur!”

 

Merlin cercò di allontanarsi il più possibile dalle sale della festa.

 

“Vedete? Lui sì che mi vuole bene” gridava il principe all’aria intorno a sé. 

Merlin pensò che Arthur per quella sera era bell’e che andato.

Per fortuna c’erano solo pochi servitori in quella zona.

 

“È inutile essere invidiosi” continuava il principe urlando: “Io sono il suo amico! Non tutti possono ma io sì! E se proprio volete saperlo, lui è il mago più potente del mondo.”

Arthur si girò verso di lui e lo guardò estasiato “Ed anche il più bello!”

“Ti prego, abbassa la voce…”

“Oh, Merlin, tu hai gli occhi più blu che ci siano” e così dicendo cacciò un dito in un occhio al poveretto, lasciandolo arrossato e piangente.

“E hai denti più bianchi di tutti” e con due dita, tirò giù il labbro inferiore di Merlin per vedere i suddetti denti.

 

“Per favore basta, Arthur!”

“E poi hai un buon profumo.” E cacciò il naso dietro l'orecchio di Merlin, causandogli un brivido involontario.

 

Così non andava per niente bene. Se avessero visto Arthur comportarsi in quel modo con lui, forse avrebbero cominciato a girare delle voci maligne. 

Aveva bisogno di aiuto per portare il principe in camera sua, prima che fosse troppo tardi. 

Adocchiò un paio di cavalieri di Arthur che stavano passando di lì e chiese gentilmente a loro, se potessero accompagnare il principe nelle sue stanze. Furono molto discreti ed efficienti. 

Arthur fu portato via in men che non si dica e Merlin poté finalmente ritirarsi in camera sua.

Era sfinito.

 

Poco dopo prese una decisione. Il principe aveva pubblicamente ignorato Mithian, mentre si era fatto vedere un po’ troppo interessato a lui. Forse era il caso di sparire, almeno per un po’. 

Lì per lì pensò di scrivere due messaggi di scuse e di spiegazione al re e al principe per la sua improvvisa partenza. 

Poi si sentì un vigliacco, non tanto verso Uther, che era stato la causa di tutto quel trambusto, quanto verso il principe, cui doveva rispetto e riconoscenza, oltre che amicizia. Gli avrebbe parlato a voce l’indomani e siccome aveva qualche giorno libero da impegni, decise di recarsi a Ealdor a trovare la madre. Erano tanti anni che non la vedeva.

 

C’era anche un altro motivo, che giustificava la sua partenza, al di là delle possibili malelingue.

Era un dubbio che lo tormentava già da un po’ e più ci pensava più lo preoccupava. E si stupì di non averlo preso seriamente in considerazione fino a quel momento. Forse perché, a livello inconscio, Merlin non avrebbe voluto allontanarsi da Camelot.

 

Riguardava la visione della prima profezia dove la bestia attaccava il principe. 

 

Aveva compreso solo quella sera che le tre profezie non seguivano l’ordine cronologico in cui le aveva visualizzate, poiché la seconda tra le tre profezie si era da poco realizzata sotto i suoi occhi, per prima.

 

C’era anche lui nella visione della bestia. Si era visto chiaramente urlare disperatamente il nome di Arthur. Quindi se Merlin non fosse stato accanto ad Arthur, quella profezia non si sarebbe potuta avverare.

Certo che in questo modo non avrebbe più potuto rivedere il principe.


Il giorno dopo, la lezione di magia con Arthur era stata annullata, proprio per dar modo al principe di poter intrattenere i suoi ospiti. Arthur chiese a Merlin di accompagnarlo a fare un giro a cavallo assieme a lui e a Mithian.

Il mago non era affatto contento. Si sentiva preso tra due fuochi. Mithian voleva stare da sola con Arthur e Arthur non voleva stare da solo con Mithian.

 

Ma la fortuna gli diede una mano.

La principessa aveva sfidato Arthur a una gara di velocità a cavallo. 

Nessuno si aspettava che Mithian fosse una così valente cavallerizza e partì come un fulmine. Arthur che di certo non poteva non accettare una sfida di quel genere, la seguì al galoppo più sfrenato, girandosi verso Merlin e ordinandogli: “Vieni!”

Merlin partì velocemente ma appena Arthur non si vide più, girò il cavallo e tornò indietro. 

‘Maestà, vi ho persi quasi subito. Vi ho cercato tutta la mattina ma non sono riuscito a trovarvi’ 

Ecco ciò che gli avrebbe detto, nel caso. 

‘Che si arrangi. Il suo insegnante d’amore… può   scordarselo!’

 

Tornò a palazzo e chiese udienza privata al re. A Uther disse parte della verità e cioè che aveva voglia di rivedere la madre.

Ma Uther la sapeva lunga. 

“Tu vuoi dare la possibilità ad Arthur di conoscere meglio la principessa Mithian, senza intromissioni da parte tua. Questo ti fa onore. So bene di non aver agito in modo onesto con Arthur ma lui è il ragazzo più testardo che conosca. Inoltre penso davvero che Mithian sia la donna giusta per lui! Tu cosa ne pensi?”

“Non lo so. Mithian è una ragazza come ce ne sono poche, ma il principe fa troppa fatica ad accettare gli obblighi altrui. Non sono sicuro che imporgli la presenza della principessa, giochi a vostro favore, maestà! Perdonatemi se mi sono permesso!”

“No. Hai fatto bene a esprimere la tua opinione. Apprezzo sempre chi mi parla con sincerità. Tu sei giovane come Arthur e sei in grado di capirlo molto meglio di me. Ieri sera ha detto cose, a dir poco, meravigliose, su di te.”

“Ieri sera il principe era ubriaco.”

“In vino veritas!” ribatté il re.

“Lo pensavo anch’io, ma non questa volta, credetemi ”

Uther ridacchiò. “Dici così per via dei complimenti esagerati che ti ha fatto Arthur davanti a tutti?”

“Se ci fosse stato un cavallo al mio posto avrebbe fatto lo stesso…”

 

“Forse è anche per questo che vuoi andare via…ti ha messo in imbarazzo”

“Non proprio. Però qualcuno potrebbe aver pensato che il principe non si sia comportato in modo consono al suo ruolo. Ed è questo che mi dispiace. Diciamo che ci sono più motivi che mi spingono a fare questo viaggio, adesso. Temo però che il principe si adirerà con me, sia che glielo dica, sia che non glielo dica. Avreste un suggerimento da darmi, maestà?”

“Hai ragione. E siccome Arthur si arrabbierà comunque, ti suggerisco di partire subito, prima che torni a casa. Glielo dirò io… Sai dirmi all’incirca quando tornerai?”

 

Merlin avrebbe voluto rispondergli che si sarebbe trattato di pochi giorni, una o due settimane al massimo. Ma gli tornò in mente la prima profezia.

“Temo che il mio viaggio sarà lungo. Dopo essermi fermato da mia madre andrò nel regno di Caerleon. La regina Annis ha fatto richiesta dei miei servigi…”

“Peccato! Per Arthur sarà ancora più difficile da accettare. Lo vedo legato a te come poche altre volte l’ho visto fare. Ti auguro buon viaggio, Merlin. Spero che prima o poi ritornerai”


xxx xxx


“Madre!” 

“Merlin!” La donna si alzò dalla sedia dove filava la lana e gli corse incontro incurante delle matasse che cadevano e rotolavano per terra.

La donna gli mise le braccia al collo e appoggiò il viso sul petto del figlio, come per ascoltargli il cuore, come per sincerarsi che fosse vivo, che fosse lui!

Merlin la cinse, respirando il suo profumo, quello di sempre. 

Hunith aveva gli occhi colmi di lacrime di gioia.

Quando si riprese lo allontanò: “Possibile che tu sia cresciuto ancora?”

“No, madre, io non credo. È solo che non ci vediamo da tanto di quel tempo!”

“Tu cresci e io invecchio”

Merlin sentì una punta di tenerezza. Era vero, sua madre era invecchiata un po’ dall’ultima volta. Un po’ più di grigio sui capelli, un po' più di rughe attorno agli occhi e alle labbra. 

“Non preoccupatevi! Siete sempre bella!” sorrise Merlin.

Hunith si schermì ma sorrise.

“Non mi hai scritto niente del tuo arrivo.”

“Ho deciso solo poche ore fa.”

“Dov’eri?”

“A Camelot!”

“Davvero? E come mai?”

“Re Uther mi ha promosso consigliere mago di Camelot!”

“Ma … questo non è possibile!” ribatté la madre con occhi sgranati.

“Odia ancora la magia ma si fida di me e vuole che liberi il regno dalla magia malvagia”

“Valeva la pena di vivere solo per questo!”

“Sono anche l’insegnante di magia del figlio!”

“Il giovane Arthur? E com’è diventato? Dicono sia bellissimo.”

“Beh, sì, non è brutto… È un po’ vanitoso e testardo ma è il migliore tra i guerrieri che abbia visto e tutto sommato è abbastanza simpatico. In più è leale e coraggioso”

Hunith sorrise: “Siete diventati amici?”

“Nella misura in cui un mago e un principe possono diventarlo, ma sì, direi di sì!”

“Chissà come sarebbe felice tuo padre se lo sapesse!”

“Io non credo! Lui odiava Uther e sicuramente anche tutti i Pendragon!”

“Beh, il principe non c'entra niente con Uther…”

“È pur sempre suo figlio. Però il re a volte non tratta nemmeno il principe con il dovuto riguardo” 

“Povero ragazzo! Per fortuna adesso ha te!”

“E invece… è meglio che non torni più a Camelot.”

“Ma perché mai?” Hunith era turbata.

“Non so come, né perché ma la mia amicizia … non gli fa bene…”

“Quello che dici non ha nessun senso!”

“Madre, ne riparleremo in un altro momento” disse Merlin dandosi del cretino per aver parlato di quello a sua madre. “Sono un po’ stanco e avrei una fame da lupi.”

“D’accordo. Ho sufficiente avena per fare una buona zuppa.”





 

Era quasi il tramonto e Merlin si trattenne al pozzo più del dovuto. Il pozzo dell'acqua si trovava al centro dell’unica piazza del paese che consisteva semplicemente in un largo spiazzo sterrato.

A trattenerlo erano i molti contadini che l’avevano riconosciuto e che lo avevano letteralmente sommerso di domande. Non succedeva quasi mai niente di nuovo a Ealdor e quel ritorno avrebbe offerto ai suoi abitanti materia per chiacchierare per giorni.

 

Stava tornando con i secchi dell’acqua, quando udì il calpestio di un cavallo al galoppo. 

Il cavaliere mosse il cavallo verso di lui, quando si arrestò all’improvviso e smontò dalla sella.

“Eccoti! Traditore dei miei stivali!”

“Arthur?” A Merlin si bloccò il respirò.

 

“In persona! Avevo voglia anch’io di fare un po’ di vacanza, cosa credi?”

 

“Ma … Mithian?”

 

“Mithian è tornata a casa sua, oggi stesso!”

“Le avete parlato?”

Merlin percepì del disagio nell'atteggiamento di Arthur.

“Sì…”

“E?”

“E cosa?” fece Arthur.

“Cosa le avete detto?”

“La verità. Che è stato mio padre a combinare il fidanzamento a mia insaputa. E che lei era molto bella e intelligente e tutto quanto ma che io non volevo sposarmi.”

“Oh, povera Mithian!”

“Dov’è finita tutta la tua sensibilità Merlin? Non credi che anche per me sia stato davvero difficile parlarle? Non credi che mi sia sentito male anch’io? Anche se in fondo non c'entro? E tu mi vieni a dire così?”

 

Merlin lo guardò con compassione. “Quel che dite è molto giusto, Arthur, perdonatemi!”

“Se avessi visto come piangeva, se avessi sentito i suoi singhiozzi. Mi sento così meschino…”

“L’unico meschino qui è vostro padre. Voi siete stato sincero. Mithian avrà anche pianto ma almeno ora sa la verità e non impiegherà molto tempo per tornare a sorridere. Grazie a voi e al vostro coraggio. Più avanti si renderà conto del vostro valore.”

“Scusa Merlin. Me la sono presa con te, che non hai colpe”

“Ma forse ho avuto anch’io la mia parte di colpe in questa storia. E sono io a dovervi chiedere scusa.”

Arthur quasi rise. 

 

“Ditemi solo che cosa vi ha detto quando ha saputo la verità”

“Mi ha ringraziato per la sincerità. Mi ha detto che una parte del suo cuore sarebbe rimasta mia. Mi ha chiesto di considerarla una buona amica per il futuro quando entrambi regneremo ognuno nella propria regione. Si è comportata in modo perfetto. Tanto che mi sono chiesto se stessi sbagliando ad allontanarla. Infine mi ha detto di salutarti e di dimenticare quello che ti ha detto... Cosa ti ha detto Merlin?”

“Non mi ha detto nulla. Non so a cosa potesse riferirsi” mentì il mago. Mithian si riferiva al fatto che forse si era pentita di non aver considerato Merlin come un… possibile fidanzato.

“Mh…sento che non me la stai raccontando giusta” 

“Allora… sentite male!”

“D’accordo, per ora! Sai dov’è una locanda in cui possa mangiare e dormire?”

“Qui a Ealdor non c’è nessuna locanda… ma vorrei invitarvi a casa mia! Sono stato uno stupido a non averci pensato subito”

“Sai bene che non posso accettare. E poi tua madre non credo proprio che sarebbe contenta.”

“Si vede che non la conoscete. Lei ha un vera e propria adorazione per voi!”

“Per me?” il principe era più che stupito.

“Esatto. Non ho idea del perché, ma è così!”

Arthur sorrise: “Beh, non sei molto gentile adesso”

“Non è quello che intendevo dire. Ma ora venite con me, disse prendendo il pesante sacco di Arthur, che però il principe riprese subito in mano.

“Lascia fare a me! Sei il mio insegnante, non il mio servo.”



 

Quando Hunith seppe che il bellissimo ragazzo che stava in casa sua era proprio il principe di Camelot, ebbe un mezzo coccolone e Merlin si affrettò a sorreggerla. 

 

Ripresasi, fece un inchino e mormorò: “Che grande onore maestà!”

Merlin e Arthur si sorrisero e non dissero a Hunith che ‘maestà’ si usava per il re, mentre per il principe ‘vostra altezza’.

 

Merlin mostrò ad Arthur un giaciglio.

“Ma questo letto è tuo! Non posso prenderlo io.”

“Letto? Non vedo letti qui altezza. Prendetelo. Io ne preparerò un altro per me più tardi. Eravate curioso di sapere come si vive in campagna: ora lo saprete!”

Arthur sorrise, ringraziandolo e Merlin tornò dalla madre.

“Oddio! Cosa daremo da mangiare al principe?” Disse Hunith ansiosa.

“La tua ottima zuppa d’avena e andrò a comprare qualche uovo da Andrew. A proposito tenete un po’ di monete per comprare latte, carne e quello che volete per Arthur.”

 

“Ho ancora i soldi che mi hai mandato!”

“Già e non capisco perché non li usiate…”

“Sono sola e non ho bisogno di molto…”

“D’accordo. Ma Arthur è mio ospite. Mi aiuterete a trattarlo come si conviene?”

“Allora è vero che gli vuoi bene?” disse la madre con gli occhi lucidi.

“A-hem!” Arthur tossicchiò per palesare la sua presenza e il volto di Merlin divenne color amaranto.

“Non volevo disturbarvi. Rispondi pure a tua madre, Merlin…” disse il principe con un grande sorriso sul viso.

 

 














 

Ciao a tutti,

un capitolo di passaggio, almeno per quanto riguarda la prima parte. Eppure è uno dei capitoli più lunghi.

Ringrazio di cuore chi è arrivato sin qui.

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Capitolo 6
*** Chap. 6 Oddities ***


3164 parole

Oddities

 

Chapter n. 6












 

Merlin guardò il principe, e si accorse che l’altro aveva un antipatico sorriso compiaciuto sul volto e sembrava letteralmente che godesse nel vederlo così a disagio. 

 

E con una punta di rabbia mista a un pizzico di orgoglio ferito, rispose a sua madre, continuando a fissare Arthur negli occhi.

“Certamente, madre. Come si fa a non voler bene al proprio principe, quando questi è così pieno di tatto e discreto?”

 

Arthur fece uno sbuffo divertito con il naso.

 

“Lo sapevo” disse Hunith ignara della piccola faida in corso tra i due uomini. “E voi, maestà … volete bene al mio Merlin?”

 

Arthur rimase spiazzato dalla domanda: la frittata era stata rigirata così velocemente che non se n’era accorto. Ora era Merlin che lo guardava con le sopracciglia alzate e un sorriso ironico, in attesa di una risposta.

 

Hunith continuò a parlare con fare accorato: “Merlin mi ha appena detto che la sua presenza accanto a voi, non vi fa bene, ma sinceramente, cosa ne pensate?”

 

Merlin, scandalizzato, riprese la madre: “Mamma!” Era da quando era piccolo che non la chiamava così. Ai genitori era d’obbligo dare del voi. “È una cosa che vi ho detto in confidenza,... era solo un mio pensiero che al principe non interessa … ”

 

“Merlin, se non ti dispiace, ci penso io” ribatté Arthur serio.

 

Merlin abbassò gli occhi, ancora scombussolato dalle parole della madre e forse un po’ risentito per essere stato ripreso dal principe.

 

“Io credo che Merlin si sbagli. La sua amicizia non solo mi fa bene ma rende le mie giornate migliori. È il motivo per cui oggi, potendo, sono subito venuto qui. Temo però che sia Merlin a non trovare, nella nostra amicizia, la stessa soddisfazione e lo stesso conforto che provo io. E per quanto riguarda il fatto di volergli bene …  Hunith, sappiate solo che se Merlin fosse Merline, io ne farei la mia regina!”

 

Lo stregone sbarrò gli occhi verso Arthur. Come poteva dire certe cose a sua madre.

 

“Ne ero certa… sono molto felice di sentirvi parlare così” disse la donna sorridendo. 

 

Merlin scosse la testa sconsolato. Sua madre e Arthur parlavano un linguaggio comune che sinceramente non approvava e che nemmeno comprendeva appieno.

Era stufo e decise su due piedi di andare via da lì.

‘Se se la intendono così bene. Che continuino pure a delirare insieme’ pensò con amarezza.

 

“Madre, vado io da Andrew a comprare le uova, così avrò modo di salutarlo”

“Perché non ti fai accompagnare dal principe? Così potrà conoscere i tuoi vecchi amici”

“Vengo volentieri, Merlin, fammi strada” si fece avanti Arthur.

 

‘Piano fallito. Figurati se vincerò mai con loro, uniti contro di me…’

Merlin non era affatto contento. Avrebbe avuto voglia di starsene un po’ per conto suo. Nemmeno mezza giornata dopo essere partito si era ritrovato il principe in casa. Non sarebbero state delle vacanze riposanti.

 

Una volta fuori, Merlin chiese: 

“Quanto pensate di fermarvi a Ealdor, altezza?”

“Mamma mia! Non sono nemmeno arrivato che già non pensi ad altro che a disfarti di me! … Tu quanto pensavi di fermarti?”

“Dieci giorni, due settimane al massimo!”

“D’accordo Merlin. Io mi fermerò qualche giorno in meno, in ogni caso ..”

 

“Per me va sempre bene!”

“Non è quello che sembra!”

“Sono solo un po’ stanco, altezza…”

 

“Perché hai detto a tua madre che la tua vicinanza non mi fa bene?”

Merlin sospirò. Tanto valeva essere sinceri.

“Perché è così. Per almeno due ragioni. Non credo di avervi detto che nella prima profezia ero presente anch’io … Se voi non state accanto a me, non credo che la profezia possa avverarsi. Se ci pensate bene, non è cosa da poco!”

“Ho capito. Se sei andato via per questo motivo, allora non posso essere in collera con te. Però avresti dovuto dirmelo prima. E l’altro motivo?”

“Forse questo è meno nobile dell’altro, ma ho notato molti sguardi su di noi, la sera della festa. Sembrava che voi … preferiste stare con me anziché con Mithian”

“Beh, non ci vuole la scala, per questo, Merlin! È la verità!”

“Sì, ma io sapevo il vero motivo, al contrario degli altri, ed è stato spiacevole e imbarazzante.”

“Per te?”

“Anche per me, certo, ma soprattutto per voi!”

“Io ricordo poco, ma secondo me tu esageri!”

Merlin fece una smorfia con la bocca: “Avete detto di fronte a tutti che sono il vostro insegnante … d’amore!

 

Arthur scoppiò a ridere: “Ora che mi ci fai pensare, mi sa proprio di averlo fatto!”

“Oh, vi assicuro di sì. Immaginate come posso essermi sentito con tutti gli sguardi addosso… È stato vostro padre a salvarmi. È stato molto astuto: si è comportato come se voi aveste detto la cosa più normale del mondo…”

“Astuto, certo. Peccato che la responsabilità di tutto quanto fosse sua. Però...mi dispiace, Merlin. Comunque, eravamo in tanti a non essere sobri, quella sera…”

 

“E voi perché avete detto a mia madre che se fossi una donna, mi avreste … sposata”

Arthur esitò a disagio per qualche istante: “Certo che non sei molto perspicace … Hunith ha capito subito, perché tu no? Ho detto una cosa tenera e romantica per tua madre, che, in quanto donna, è stata in grado di percepire quello che volevo intendere e cioè l’affetto che mi lega a te. Era solo un esempio!”

“No! Era solo un paragone pomposo e fuori luogo.”

“Ti facevo più intelligente!”

“Perché non avete detto: - Se fossi stata una principessa, avrei fatto di costui il mio re?” disse Merlin con voce più acuta di un paio di registri, a simulare una stridente voce femminile.

“Avrei potuto dirlo, cosa credi?”

“Credo che ci siate sempre prima voi e dopo gli altri…”

Arthur non la prese molto bene, ma rimase calmo:

“E non è così? Non è colpa mia se sono il principe ereditario di Camelot! Anch' io spesso ne farei a meno … giuro!”

“Non vorreste essere principe?”

“Parlo di tutte quelle rigide formule a cui sono sottoposto in quanto futuro re e alla falsa devozione che tutti i miei sudditi sono costretti a portarmi.”

Merlin lo guardò e tacque.

“Non mi riferisco a te. So che la tua devozione è sincera … come del resto anche quella dei miei cavalieri!”

Merlin fece di sì col capo per fare capire al principe che lo comprendeva. “Come sapevate che ero a Ealdor? Ve l’ha detto vostro padre?” chiese Merlin cambiando argomento.

“No. Non sapevo che lui conoscesse il luogo dove ti eri diretto. Se tu non fossi stato qui, non avrei saputo dove altro cercarti…”

Merlin stette un po’ in silenzio poi domandò ancora.

“Cosa avete detto oggi a vostro padre prima di partire per Ealdor?”

“Non gli ho detto nulla: gli ho scritto una lettera che il messo doveva consegnargli solo dopo la mia partenza. Gli ho spiegato che venivo a Ealdor per delle vecchie questioni da dirimere, approfittando del fatto che forse eri qui e che mi avresti protetto con la tua magia”

“E vostro padre l’ha bevuta?”

“Ma io non gli ho detto bugie. Ricordi che mi parlasti del fatto che Ealdor non riceve protezione da Camelot? E non riceve aiuti nemmeno da Cenred a cui però deve pagare le tasse? Ealdor attualmente è sotto l’egida dell’Essetir”

“Sì, lo so. Ma le cose non vanno bene.”

“La mia idea principale sarebbe riportare Ealdor sotto Camelot e così poter ricevere da mio padre il sostegno militare e legale di cui ogni paese, per quanto piccolo, ha necessità di avere. Ovviamente Ealdor pagherebbe le tasse a Camelot.”

“Immaginavo ci fosse un secondo fine anche da parte di vostro padre…” disse il mago con una smorfia.

“Aspetta Merlin! Questa volta mio padre non c’entra. Lui se n'è lavato le mani. È un’idea mia. Le tasse si pagano dappertutto ma agli abitanti di Ealdor converrebbe perché Cenred impone tasse decisamente più alte rispetto a quelle di Camelot.”

“Forse avete ragione. Ma come farete con re Cenred?”

“In realtà questa delle tasse è una sorta di scusa per potermi avvicinare a lui e scoprire di più sul suo conto e sul suo castello. Tu non lo sai, ma lui è un usurpatore. Ero un bambino quando il giovane Cenred prese con la forza questa parte di regno ai confini con Camelot. Uccise o schiavizzò tutti gli abitanti di allora e si autoproclamò re.”

“Qualcuno mi ha raccontato una storia del genere…Quindi voi vorreste spodestarlo.”

“Mi piacerebbe ma al momento non sono riuscito a convincere mio padre a farmi avere una scorta armata per marciare contro Cenred. Dice che per un pezzo di terra così piccolo come Ealdor e i paesi circostanti, non vale la pena indire una guerra, perlopiù contro un uomo noto per la sua crudeltà. E io gli dò ragione in parte, nel senso che una guerra potrebbe portare molto scompiglio o persino dei morti tra i contadini di Ealdor e non solo…”

A Merlin venne un brivido immaginando per un attimo tutti i suoi amici e conoscenti, compresa sua madre in uno stato di povertà e angoscia assolute, o addirittura morti.”

“Non potrei sopportarlo, altezza”

“Lo so e io non potrei mai farti una cosa simile. Non preoccuparti.”

“E allora cosa farete?”

“Per il momento ho altre idee, molto più pratiche e  diplomatiche, Merlin. Ovviamente avrò bisogno di parlare con lui.”

“Andreste da lui? Nel suo castello? Ma se vi rapisse o ancora peggio se vi uccidesse. Cenred è un re malvagio…”

“Per questo volevo chiederti di venire con me, come stregone di corte”

"Sono solo consigliere della magia!"

“Sono piccoli dettagli, Merlin. A Cenred non interessano e non è necessario che lui ne venga a conoscenza”

“Vi ho detto che non sarò mai stregone di corte, di nessun regno”

“So che l’hai detto. Ma un giorno potrebbe anche succedere... Io non mi arrendo facilmente, Merlin.”


“Allora rimarrete deluso... Mi sembra tutto molto complicato, con Cenred!”

“Complicato? Può essere. Sicuramente è brigoso


“Siamo arrivati da Andrew.”


Un bell' uomo di mezza età, con i capelli folti, lavorava sull'aia del suo casolare e quando li vide gli andò incontro: “Merlin, sei tu? Che magnifica sorpresa.” L’uomo abbracciò Merlin con calore.

“Ma tu non cambi mai? Sei uguale a quando avevi vent’anni!” fece Andrew.

 

‘Merlin ha quindi più di vent’anni … sui venticinque, forse…’ si disse Arthur.

“Da quanto tempo non vi vedete?” chiese il principe intromettendosi, curioso.

“E tu chi sei?” chiese Andrew, perplesso.

Merlin anticipò Arthur: “Andrew, ti presento il principe Arthur di Camelot!”

Andrew cominciò a ridere: “Sì, Merlin, sì! Sempre con i tuoi soliti scherzi”

“Ma è la verità!”

“È un tuo amico che si è prestato al gioco? Beh, l’armatura è fatta bene. Sembra vera!”

“Ma è ver…!”

Arthur gli mise la mano sulla spalla e fece segno di no, con la testa, sorridendo.

“Andrew, vorrei comprare dodici uova.” dichiarò Merlin, lasciando perdere il discorso.

“Hai fatto bene a venire da me. Le mie galline sono le più grosse di Ealdor. Ma dimmi un po’ che lavoro fai, Merlin?”

Merlin gli mise in mano alcune monete.

“Sono… sono il servo del principe” e sorrise indicando Arthur.

“Che mascalzone!” rise di nuovo Andrew. Dopo che i due si erano già incamminati, l’uomo gli gridò da lontano: “Bentornato Merlin e … benvenuto anche a te, biondino!”



 

“E adesso dove mi porti?”

“A casa di un altro amico, che all’occorrenza vende carne!”

“Basta che non mi chiami ‘biondino’ pure lui!”

mi

Merlin ridacchiò e il principe fece un’espressione triste:

“Mi sento un po’ in colpa Merlin. La carne! Consentimi almeno di pagare!”

“Non pensateci neppure. Siete mio ospite. L’ospite più illustre che abbia mai ricevuto in casa mia”

“Sei sicuro che non sia un peso per te o tua madre? Io posso andare fuori paese a cercare una locanda…”

“Mia madre? L’avete sentita! Parla come una ragazzina innamorata. Anzi mi scuso per lei. È così … imbarazzante!”

“Tua madre è molto giovanile ed è ancora una bella signora.”

“Però non diteglielo, va bene? È già abbastanza sovreccitata di suo.”

“Temi forse che la reclami per me?”

“Ecco… pure gerontofilo! Vi manca solo questo e siete a posto.”

Arthur non ribatté, solo perché non aveva capito cosa significasse quella parola. Stava appunto per chiederglielo quando Merlin disse:

“Siamo arrivati! Preferite un taglio di carne in particolare?”

“In genere preferisco carne di vitellone o bovino”

 

Bussarono e dopo un po’ la porta fu aperta da un giovane con un grande grembiule legato in vita. 

“Buonasera Will!”

“Buonasera … Merlin?!” L’uomo si illuminò in volto.

I due si abbracciarono ridendo, e poi continuarono a palparsi  le spalle l’un l’altro con le mani.

 

“Merlin sei sparito… disgraziato… Però è un piacere rivederti …”

“Will sei … diverso. Sei cresciuto, anche se non in altezza, vedo!” scherzò Merlin.

“Meglio così! Alle ragazze di Ealdor non piacciono gli spilungoni secchi.”

 

Arthur se ne stava indietro con un sorrisetto di circostanza. Merlin sembrava così felice che non voleva disturbarlo. Il fatto però che il suo insegnante pareva essersi dimenticato di lui non gli faceva granché piacere. E quel Will, a pelle, non gli stava affatto simpatico, anche se non sapeva spiegarsi il perché. Forse toccava un po’ troppo.

 

“Oh, scusatemi, altezza! Lui è Will, il mio migliore amico. Will sei al cospetto di vostra altezza reale il principe di Camelot, Arthur Pendragon!”

Will squadrò prima Merlin poi il principe: “Che mi venga un colpo… voi siete il principe Arthur?”

“Sì!”

“Beh, spero che Ealdor vi piaccia… anche se qui ci sono solo campi, stagni … e semplici contadini” sorrise Will.

“Se non fossi stato principe, avrei fatto il contadino. Amo la vita semplice.”

“Allora … vi troverete bene.”

 

Merlin percepì una punta di tensione tra i due e si intromise.

“Mi servono delle bistecche di vitellone, Will. Direi sedici bistecche. Voglio fare un po’ di scorta…”

“Bene, vado a prenderle.”

Appena Will sparì, Arthur gli chiese:

“Il tuo amico ha un problema con me?”

Merlin esitò: “Will è solo molto protettivo nei miei confronti e poi … non è a suo agio con i nobili. Suo padre lavorava per un sovrano abietto che lo fece uccidere. Per Will fu terribile.”

“Mi dispiace, ma non bisognerebbe fare di un’erba un fascio!”

“Lui fu il primo ad accorgersi della mia magia e mia madre mi mandò via da Ealdor, per paura che lui spargesse la voce: era solo un ragazzino. I maghi allora venivano tutti giustiziati!” “Da mio padre, lo so! E,

a parte te, la situazione temo sia ancora quella. Hai molto potere in questo senso! Sei l’unico che ha la possibilità di cambiare questo stato di cose”

“Volete dire che ho anche molte responsabilità…”

 

Will, tornò con un cesto pesante e prese i soldi da Merlin.

“Ehi, che ne dici se domani pomeriggio ce ne andiamo al fiume a fare il bagno, come una volta!” propose Will all’amico.

Merlin si sentì un po’ a disagio, a causa della presenza del principe.

“Domani forse non riesco, ma uno dei prossimi giorni volentieri. Ti faccio sapere, grazie”

Will non si arrese: “Allora perché dopo cena non andiamo da Fiber a farci una bevuta. Naturalmente l’invito è esteso anche a voi, principe!”

“Oh, finalmente qualcuno che ragiona! Ci saremo, grazie Will!” sorrise Arthur.

“Maestà” lo salutò Will di rimando, chinando appena il capo.

 

Merlin non era stato pronto a dire di no. Aveva voglia di stare un po’ con Will, ma era stanco per il viaggio. E a dirla tutta avrebbe preferito andare da solo con il suo vecchio amico. Con Arthur insieme a loro non sarebbe riuscito a rilassarsi per niente.

 

Dopo aver fatto onore alle belle bistecche cucinate da Hunith, Merlin propose ad Arthur di cambiarsi d’abito. 

“Ho solo queste vesti. Per pochi giorni, ho pensato che non fosse necessario alcun cambio.” 

“Ma se verrete con l’armatura, i contadini potrebbero sentirsi minacciati e non potremmo starcene in pace. Non volete provare questi miei vecchi vestiti?”


Merlin sgranò gli occhi, quando vide Arthur, che gli disse con una faccia strana: “Per quanto riguarda i calzoni dovrò tenere i miei. I tuoi mi vanno nel ‘naso’! La camicia può andare, anche se mi tira un po’ da tutte le parti.”

 

Tirare era un eufemismo. La camicia stringeva il busto del re in ogni dove.

Sulle spalle, sulla schiena, sui fianchi e, sul petto. Sembrava doversi lacerare ad ogni movimento. I pettorali fuoriuscivano dallo scollo della camicia e nel complesso l’effetto risultava piuttosto osè. Non che non stesse bene. Se almeno la camicia fosse stata scura, qualcosa sarebbe riuscito a coprire.

“Sto male?”

“No, ma sembrate … scomodo!”

“Beh, comodo no di sicuro, ma per qualche bicchiere di buon vino, questo ed altro.”

“Vi siete ubriacato solamente ieri sera, altezza. Ricordate che ora alloggiate presso mia madre e non vorrei collezionare altre figuracce a causa vostra.”

“Che uomo noioso…”

 

I due si incamminarono verso il locale. Non era un vero e proprio locale. Era semplicemente il piano terra di una casa adibito a taverna, con tavoli e sedie. Non c’era neppure il bancone e Arthur pensò che Fiber non avesse una regolare licenza. Lungi da lui di farlo notare a qualcuno. 

Gli avventori del locale si conoscevano tutti, per cui quando entrarono, gli occhi di ciascun uomo presente furono per Arthur.

 

“Ciao, Merlin!” 

“Toh, chi si rivede!”

“Bentornato a Ealdor!” “Quando sei arrivato?”

 

Merlin sorrideva a tutti e rispondeva cordialmente.

Fiber gli si avvicinò.

 

“Ciao Fiber, potremo avere un tavolo con tre sedie?”

 

“Vieni con me. Ho un tavolo d’angolo dove potrete stare un po’ per i fatti vostri tu e il tuo amico!”

“Grazie, Fiber! Siamo con Will!”

“Appena arriva ve lo mando”

“Potresti già portarci dei bicchieri e una caraffa di vino?” chiese Arthur.

“Ho un ottimo rosso che vi aprirà le budella” sorrise Fiber.

“Perfetto!” fece Merlin impensierito.

 

Si sedettero al tavolo assegnato.

“Ditemi, Arthur. Cosa devo dire a chi mi chiede di voi?” 

“Forse è meglio che per ora io resti incognito. Potresti dire che sono un tuo cugino che vive a Camelot. Poi se sarà il caso diremo la verità. Oppure forse è già tardi: tua madre e Will ormai lo sanno e potrebbero già averlo detto a qualcuno… Andrew non è un problema. Non ci ha creduto.”

“Mia madre lo escludo. È sempre molto prudente, a causa mia, sapete…”

 

“Eccovi qua!” si presentò Will all’improvviso.

“Ciao. Siediti qui con noi.” gli sorrise Merlin.

“Avete già ordinato il vino?”

“Sì. Abbiamo preso un rosso.” spiegò Arthur.

“Fiber ha solo un tipo di vino. È rosso e … grosso. Attenzione. È facile essere messi ko.”

“Ecco. Proprio quello che ci mancava!” brontolò Merlin.

“Beh, un paio di bicchieri vedrai che li reggi anche tu.”

“Senti, Will. Per ora io e Arthur pensavamo di non dire a nessuno che lui è un principe ma solo un mio cugino di Camelot…”

“Per me va bene. Non l’ho ancora detto a nessuno. Certo la voglia ci sarebbe ma se me lo chiedi tu, sai che non posso negarti niente!”

“Sei sempre il migliore, grazie Will” e Merlin mise per un attimo la sua mano sul braccio dell’amico.

 

“Oh, sì!” fece eco Arthur, seccato per tutte quelle moine “sei proprio il migliore, grazie Will!”


 









 

Ciao a tutti!

Ammetto che la parte di Cenred, delle tasse eccetera, non è la mia preferita, ma ho bisogno di dare un po’ di realismo e concretezza alla storia. Tra l’altro oltre che noiosa quella parte è pure difficile. Spero che per il resto abbiate gradito.

Ringrazio di cuore chi ha letto fino a qui.



 

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Capitolo 7
*** Chap. 7 Dead drunk ***


2731 parole

Dead drunk

 

Chapter n. 7





 

 

 
















 

Al terzo bicchiere Arthur e Will ridevano per qualsiasi sciocchezza uscisse dalle loro bocche. Erano entrambi molto più che rilassati.

 

Merlin ogni tanto si appisolava e si risvegliava con uno scossone subito dopo.

Will rise: “Merlin non mi sembri molto in forma.”

“Sto bene, non preoccuparti.” Il mago strascicava le parole in modo buffo e gli altri due, un po’ più lucidi, si sbellicavano dalle risate ogni volta che lui apriva bocca.

 

“Non mi hai ancora raccontato niente di te. Sei fidanzato?” domandò Will a Merlin.

 

“Ero fidanzato… era bella, dolce … non c’è più!” Merlin si mise a singhiozzare, portando la testa tra le braccia sul tavolo.

 

Arthur si asciugò una lacrima di commozione e disse con il broncio e voce rotta: “Si amavano tanto, poverino. Non è giusto!”

E si mise a piangere anche lui sulla schiena di Merlin, poi si tirò su e quasi contento continuò:

“Però ha fatto sesso con un’altra ragazza una volta, … una contadina. Solo che poi lui ha pensato che lei pensasse che lui non…” Arthur si grattò la testa: “Mi sono perso!”

 

“Perché gli dite queste cose? Sono segreti…” disse Merlin tirandosi su con una certa alterigia.

“È Will! Il tuo migliore amico!” proruppe Arthur.

“Ah, già! Giusto!”

 

“E tu Will sei fidanzato?”chiese poi il principe.

 

“Sì, sono fidanzato. Fin da quando ero un bambino piccolo. Solo che io… non l’ho mai vista. Era un matrimonio combinato dai nostri genitori. Ma ormai sono passati tantissimi anni e non credo se ne farà più niente. Le due ragazze che ho avuto nel frattempo mi hanno lasciato non appena l’hanno scoperto.”

“Quanti anni sono passati da allora?” si drizzò Arthur curioso per ciò che gli sarebbe interessato sapere.

“Venti, trenta, non lo so più nemmeno io”

 

Arthur sbuffò. Stava ancora cercando di capire l’età di Merlin, visto che ogni volta il mago aveva schivato con classe le sue domande sull'argomento.

 

“E voi Arthur? Come va con l’amore?” chiese Will.

 

Al suo posto rispose Merlin che biascicava le parole ancora di più, avendo dato fondo al terzo, grande bicchiere di rosso.

 

 “Arthur si scopa le contadine e rifiuta le principesse…”

“Ehi… non è così!”

“Suvvia, Arthur. È Will! Il mio migliore amico!”

“Appunto… il tuo, non il mio! Senza offesa, Will!”

“Ci mancherebbe!” sorrise il contadino.

Merlin imperterrito si avvicinò con la testa a Will e sussurrò: “A lui lo vogliono tutte le donne. Perché è ricco sfondato e perché sarà re. Lui piace perfino alla mia mamma… e poi è così … bellissimo, biondo, con tutti i muscoli che scoppiano nella mia camicia… grazie che poi c'ha sempre … da fare” e si mise a ridere come un ebete.

 

“Se mi trovi così irresistibile come dici, come mai vai sempre via e non vuoi stare con me?” disse Arthur infastidito, che non aveva perso una parola del mago.

 

“Perché voi volete fregarmi. Usate il vostro fascino su di me, perché vi faccia da stregone per tutta la vita, come fosse una prigione o, peggio, un matrimonio...”

 

“Non è vero. Io non voglio sposarmi con nessuno, nemmeno con te!”

Y

“Non è quello che avete fatto capire all’intera corte, ieri sera. Quando mi avete corteggiato in modo scandaloso, davanti a vostro padre, alla principessa e a tutti gli altri. Sono stupito che non mi abbiate baciato! Se aveste visto con quali occhi vi guardavano i vostri cavalieri…” e rise ancora più forte. 

 

Arthur incrociò le braccia con aria offesa.

 

Poco dopo Will, accostò la bocca all’orecchio di Merlin e Arthur non riuscì a capire cosa gli stesse dicendo.

Merlin ridacchiò: “Certo: ora lo sanno tutti. Non è più un segreto e puoi dirlo a chi vuoi. Anche Arthur lo sa, non è vero, altezza?”
“Che cosa?”


“Che sono uno stregone di massima potenza”

“St! Parla piano!” fece Arthur. “Will, io direi di non dirlo ancora a nessuno, qui a Ealdor. A Camelot lo sanno, ma siccome devo vedere Cenred, mi sarebbe più utile se lui ancora non lo scoprisse…vorrei sfruttare l'effetto sorpresa.”

 

“Cenred? Non vi invidio” disse Will laconico.

 

“Non crederete di portarmi da Cenred con voi?” chiese Merlin con sguardo impaurito.

“Prima mi avevi fatto capire che per te andava bene... Ne riparleremo quando sarai sobrio…”

Merlin si attaccò con entrambe le mani al collo di Will.

“Amico mio. Aiutami. Non voglio andare da quel pazzo di Cenred.”

 

Will non sapeva cosa fare. Appoggiò la guancia ai capelli di Merlin come per consolarlo.

 

“Tieniti pure il tuo amico, Will!” disse Arthur rosso per il vino e la collera, alzandosi in piedi, barcollando. 

Poi si rivolse a Merlin: “Visto che ieri sera non ti ho baciato, potrebbe farlo lui al posto mio, stasera. Io vi saluto!”

Will alzò la voce: “Vi prego, Arthur. Non vedete che è completamente andato? Non sa quel che dice! Dovete aiutarmi a riportarlo a casa. Da solo non ce la faccio. Sono mezzo ubriaco anch’io!”

 

Arthur se ne fregò e uscì lo stesso, dopo aver pagato per tutti e tre. Tuttavia a metà strada, tornò indietro. Hunith non l’avrebbe perdonato se non avesse riportato suo figlio a casa sano e salvo.

Quando Will lo vide tornare, sospirò di sollievo. Merlin era magro ma era più alto di lui e comunque pesava.

 

Hunith dormiva nella sua camera e non si accorse di nulla.

‘Meno male!” si disse Arthur. Sicuramente Merlin non si era mai ubriacato prima in tutta la sua vita. 

Poi vide i due giacigli che Hunith aveva reso più confortevoli con alcuni guanciali pieni di paglia. Certo che non c’era molto spazio in quella camera: i due giacigli quasi si sovrapponevano.

Poi ebbe un dubbio. Avrebbe dovuto mettere la camicia da notte a Merlin? O avrebbe dovuto lasciare che dormisse vestito? Non ne aveva idea per cui decise di farlo dormire semplicemente come dormiva lui. 

Fece sdraiare Merlin sul giaciglio, gli tolse le scarpe e la cintura. Poi portò il busto di Merlin verso di sè, appoggiandolo al suo petto e gli tolse la maglia, facendolo ricadere sui cuscini. 

 

‘Pelle bianchissima, muscoli definiti. Chi l'avrebbe mai detto?’ sorrise Arthur, ricoprendolo con le lenzuola. 


Arthur si alzò presto, quella mattina. Era distrutto. Merlin aveva cominciato a lamentarsi poco dopo essersi addormentato: non aveva fatto altro che vomitare, quella notte. Arthur aveva dovuto pulire tutto un numero infinito di volte, finché aveva rovistato in cucina e aveva trovato una grande ciotola di legno. Inoltre aveva dovuto cambiare la paglia e lavare Merlin, che tremava e sudava. Fare il servo era un lavoro da cani. Non avrebbe mai più sgridato un servitore in vita sua.

Oltre al sonno perso, anche su di lui il vino aveva lasciato degli strascichi. La testa gli doleva e dal sapore che sentiva sulla lingua, gli sembrava di avere un topo morto in bocca. Andò a riempire due secchi d’acqua al pozzo.

Quando ritornò, c’era Hunith sulla soglia.

“Buongiorno, maestà. Mi dispiace ma non dovreste fare i lavori che spettano a me e a Merlin” disse con voce risentita.

“Lo so. Ma … credo che Merlin abbia un po’ di febbre e preferirei farlo dormire. Non ha riposato bene, stanotte.”

“Sul serio? Non è il caso che faccia chiamare Mary, la guaritrice?”

“Secondo me, no. Mi è capitato molte volte ed è stato sufficiente riposare e mangiare leggero, per guarire in poco tempo.”

“D’accordo Arthur. Tra poco sarà pronta la colazione…”

“Grazie Hunith. Io stamattina ho un impegno che sicuramente si protrarrà anche nel pomeriggio.. Non aspettatemi per pranzo”

“E dove andrete, di grazia?”

Arthur si fermò per un attimo: “Devo vedere una persona, un nobile con cui devo parlare di alcuni possedimenti terrieri… Ah, Hunith? Ditelo voi a Merlin, quando si sveglia. Nel trambusto mi sono dimenticato di farglielo sapere.”

“Posso prepararvi qualcosa per pranzo. Potrei darvi pane, formaggio e carne secca!”

“No, vi ringrazio. Non avrò tempo per mangiare. Ma stasera vedrete che mi rifarò con la cena …”



 

Era quasi il tramonto quando Arthur tornò dopo essere stato ospite di Cenred. Il re era stato stranamente gentile, lo aveva ascoltato e non aveva accettato un no come risposta al suo invito a pranzo.

Nel pomeriggio il re locale aveva indetto una caccia improvvisata, in suo onore, nei boschi che si stendevano a perdita d’occhio oltre il suo castello.

 

Il re sembrava straordinariamente giovane, se pensava a tutti gli anni in cui aveva regnato. Dimostrava al massimo trentacinque anni. Era piuttosto bello, con i lunghi capelli castani, la folta barba e gli occhi neri, particolarmente brillanti. Però non si fidava di lui e dovette battagliare a lungo con lui per arrivare a una soluzione che potesse soddisfare entrambi.


Merlin era seduto sul suo giaciglio. Sembrava un po’ debole e aveva gli occhi contornati di rosso, ma sorrideva e parlava.

“Vi ringrazio Arthur! Di non aver detto nulla a mia madre e di aver trovato come scusa che ho avuto la febbre. In effetti credo di averla avuta davvero.”

“L’ho fatto per me. Non volevo che tua madre pensasse che ti stavo portando sulla cattiva strada. Come stai?”

“Servito e riverito come un pascià. Anche troppo!

Ma voi dove siete stato?”

“Credevo lo sapessi. Sono andato da Cenred!”

“Oh, Dio! Da solo? È stato poco furbo da parte vostra. Ma forse è colpa mia. Vi avevo detto che non vi avrei accompagnato e invece … l’avrei fatto.”

“È andata bene, direi. Cenred sembrava contento… io pensavo di pagare un po’ meno, ma tutto sommato, sono soddisfatto!”

“Pagare cosa?”

“Ealdor!”

“Voi avete comprato Ealdor? Perché?”

“Perché con Cenred o fai così o non ne vieni più fuori.”

Merlin aveva un’aria delusa. “E quanto v’è costato?”

“Un bel mucchio di monete d’oro e … dovrò fargli avere cavalli, mucche, armature e armi, più altri soldi, il corrispettivo di cinque anni di tasse…”

“Ma è una follia!”

“Una follia sarebbe fare una guerra che rischierebbe di radere al suolo il tuo paese e gli altri nei dintorni.”

“Vostro padre lo permetterà?”

“Sì, se saprò dirglielo. Mi servirebbe la tua dialettica, Merlin…”

“E come? Se nemmeno io sono convinto che abbiate fatto bene! Scusate ma non vi sembra di essere stato in qualche modo, raggirato o sottomesso?”

 

Arthur si sentì profondamente offeso. 

“Non parleresti così, se ti fossi trovato in mezzo ad una battaglia, Merlin. Tu non hai idea di cosa sia. E te lo dice un buon guerriero, te l’assicuro. È meglio che pensi alle tue magie e che non metta becco nelle questioni che non puoi capire…”

Anche Merlin adesso si era offeso: “Sono d’accordo. A ciascuno il suo!”

“Domattina tornerò a Camelot, visto che ho già raggiunto il mio obiettivo” proclamò Arthur. 

 

A Merlin dispiacque, anche se non gliel’avrebbe mai detto.

 

“Sarai contento, così sarai libero di stare col tuo migliore amico e di andare a fare il bagno al fiume con lui, come quando eravate ragazzini senza essere disturbati dal sottoscritto. Credi che non l’abbia capito?”

 

“Non credo che abbiate capito niente, ma anch’io devo dirvi una cosa. Finita la mia vacanza, non tornerò a Camelot.”

 

Arthur serrò le mascelle, contrariato. “È per via di quella bestia? Vorrei che tu non avessi mai consultato quei maledetti cristalli!”

“Credetemi Arthur: anch’io avrei preferito di gran lunga non averli visti per niente!” disse pensando alla prima e  alla terza profezia.

 

Arthur ansimava dal nervoso: “E quindi? Dove andrai?”

“Nel regno di Caerleon. La regina Annis ha chiesto di me.”

“E … le mie lezioni?”

“Devo pensarci Arthur! Cercherò di trovare una soluzione per poter tornare a Camelot, senza mettervi in pericolo…”

Arthur rispose con tono triste, ormai privo di rabbia. “D’accordo! Fai quel che devi … fai quel che puoi! Vado a lavarmi.” 

E Arthur uscì per andare al fiume, nonostante fosse buio.






 

Dopo parecchio tempo arrivò una lettera al principe.

 

Vostra altezza reale. Sono passati alcuni mesi da quando vi ho visto l’ultima volta a Ealdor. Ma non ho dimenticato l’impegno che ho preso con voi. Il mio lavoro, qui nel regno di Caerleon è praticamente finito. Sono in procinto di tornare a Camelot. Sappiate però che forse non mi riconoscerete! Vi chiedo il favore di non tradirmi con alcuno, soprattutto con vostro padre. Sarà sicuramente più complicato continuare le nostre lezioni alla luce del sole, ma con il vostro aiuto potremo farcela.

Spero godiate di buona salute. 

Vi porgo i miei saluti più sinceri. 

Umilmente vostro,

Merlin.




 

Arthur lesse la lettera e non sapeva se sentirsi più arrabbiato o più contento. Arrabbiato per via di come si erano lasciati, un po’ troppo bruscamente. Contento perché a parte quell’episodio i giorni con Merlin erano stati i migliori vissuti negli ultimi anni. 


Un pomeriggio Arthur stava allenandosi con i suoi uomini, quando vide una carrozza il cui stemma non riconosceva, arrivare davanti alla porta del castello.

 

Tornando a casa, passò in laboratorio da Gaius per dirgli che suo padre voleva vederlo.

Lo vide parlare con un bizzarro signore dai lunghi capelli bianchi. Era molto anziano, di certo più anziano dello stesso Gaius. 

 

“Altezza? Lasciate che vi presenti Dragoon il grande!” disse Gaius con deferenza.

 

“Merlin? Mio Dio! Sei tu, Merlin?”

 

Il vecchio sorrise. Gli mancava qualche dente e la bocca era in parte nascosta dai lunghi baffi e dalla barba ancora più lunga, ma Arthur riconobbe in quel volto la nota espressione di quel sorriso.

Come era diverso dall’altro Dragoon, sempre accigliato e nervoso.

 

“Sono felice che tu sia tornato” Arthur si sentiva stupido: era a disagio come fosse stato un ragazzino.

 

“Vi trovo in forma smagliante. Abbronzato, snellito. Spero sia stato un periodo di piacevole svago oltreché di oneri, per voi!” disse gentilmente Merlin.


Arthur si fermò  per un attimo a guardarlo. Che effetto incredibile! Era lui! 

Alcune cose non erano cambiate.

Gli zigomi erano ancora sporgenti, la pelle ancora chiara, la magrezza, il modo di parlare, di muoversi, di ridere e anche la sua voce, appena un po’ più roca.

 

“Quando ricominciamo le lezioni? Domani?” chiese con un certo entusiasmo.

 

Gaius disse: “Vostra altezza? Le vostre lezioni non potranno essere fatte in camera vostra e nemmeno all’esterno, nei pressi del palazzo. Capite il perché, vero?”

 

“Sì, certamente, ma allora…” 

Solo in quel momento Arthur capì quello che rischiava Merlin. Uther l’avrebbe fatto ammazzare su due piedi. Dragoon era stato già visto a Camelot e non era affatto amato. Merlin rischiava la sua vita, perché lui non fosse morso da quell’animale e per poter stare con lui, come gli aveva chiesto  continuando a informarlo sulla magia.

 

Lui era lì, in pericolo, vecchio, solo perché non voleva sciogliersi da un impegno preso con lui, tempo prima.

 

Gaius vedendo il principe così turbato continuò: “Potreste sempre trovarvi qui in laboratorio o nella piccola stanzetta qui accanto. Potreste andare più lontano o in posti meno conosciuti per tenere le lezioni all’esterno.”

 

Arthur fece qualche passo in avanti e prese le mani del vecchio Merlin. Lo guardò con occhi lucidi. Arthur notò che la statura di Merlin era un po’ più bassa di quando era giovane. “Merlin. Non avevo capito che saresti stato disposto a fare tutto questo per me. Sono stato uno stupido egoista a pretendere una cosa del genere. Non avevo calcolato i pericoli che avresti corso. Se tu tornerai giovane come sei, non correrai più rischi.”

 

“Ma li correreste voi! Ci ho pensato a lungo. Sono sempre un mago e ho la possibilità di difendermi o di attaccare senza usare la forza fisica"

“No. Non ci riesco. Se penso a mio padre… mi vengono i brividi!”

 

Arthur lasciò le mani di Merlin. 

Gaius che era dietro di loro, era sparito senza il minimo rumore e loro se ne accorsero solo in quel momento.

 

Merlin non poteva dirgli che c’era un altro motivo per cui aveva scelto i panni di Dragoon. 

Aveva già stabilito con se stesso che l’uomo dai capelli neri, intravisto nella visione, non era lui. 

 

Ma non ne aveva la matematica certezza. Se qualche mago malvagio avesse usato la magia per stordirgli il cervello? O addirittura l’avesse fatto a entrambi? E quindi si fosse rivelato essere proprio lui quell’uomo?

Rimanere vecchio gli dava qualche sicurezza in più.

 

Si era accorto che Arthur gli aveva smosso dei sentimenti. Sentimenti puri, certamente, però l’affetto che provava per lui era forte. Non gli capitava da tantissimo tempo quella gioia nello stare accanto a qualcuno desse Edwin il. Anche l’affetto che provava per Will era forte, eppure era diverso. Forse era lusingato dal fatto che un giovane principe lo avesse scelto come amico e gli dimostrasse a sua volta, affetto e premure. 

 

Proprio come adesso.











 

 

 

Ciao a tutti. 

Il rapporto tra Merlin e Arthur comincia a muoversi. Il principe che rimane emozionato davanti al vecchio Merlin la dice lunga su ciò che prova. E anche il fatto che sia rimasto arrabbiato per mesi, in realtà è solo tristezza mista a possessività.

Merlin sarà più recalcitrante. Il suo ruolo non è quello di blandire il giovane principe, ma di guidarlo, aiutarlo, sostenerlo, proteggerlo, oltre a quello di insegnargli. Qui Merlin si comporta da educatore… speriamo cambi un po’.

 

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Capitolo 8
*** Chap.8 Little revenge ***


3228 parole
 
Little revenge
 

Chapter n. 8













 

Merlin, ancora tramutato nel vecchio corpo di Dragoon, sbadigliò nel buio e si strinse nel mantello nero che gli aveva prestato Arthur. 

“Sono qui, Merlin!” sussurrò il principe. Per fortuna avevano stabilito di trovarsi alla quercia, facilmente raggiungibile dal castello tramite un sentiero che entrambi conoscevano a menadito, altrimenti si sarebbero persi e non sarebbero riusciti a incontrarsi. Avevano deciso anche di non accendere torce, durante il tragitto.

“Sono le cinque del mattino, Arthur!”

“Non si è mai troppo prudenti. Mio padre sa che sarei partito presto stamattina, insieme a una fantomatica scorta. Avremo tutto il giorno” disse con voce eccitata.

 

Presero il cavallo di Arthur, sul quale salirono entrambi.

“Mi fa piacere vedervi così contento, altezza, ma temo che il mio fisico non reggerà a un ritmo simile per più di mezza giornata.”

“Ma ci fermeremo spesso e potrai fare tutti i sonnellini che vuoi…”

“Per me siete voi a voler fare tutti questi sonnellini!”

Arthur si mise a ridere.

 

Merlin era seduto davanti ad Arthur, che tenendo le redini in pratica lo abbracciava sui lati e sul retro. Era contento. Stava vicino ad Arthur ed era perfettamente a suo agio. Tutto merito della sua età temporanea. Il suo corpo era inattaccabile: dal punto di vista fisico, qualsiasi contatto non gli provocava brividi, ansia, rossore del viso e quant’altro. L’affetto e la tenerezza per lui, però, li sentiva come prima.

 

“Merlin quanti anni hai?”

“Ottanta, credo! Anno più, anno meno!”

“No, non dicevo adesso. Quanti anni hai realmente? Te l’ho chiesto un sacco di volte e tu non mi hai mai risposto… te ne sei accorto, vero?”

“Mh… sì! Ma non mi fa piacere parlare della mia età. Sono un mago e in teoria dovrei vivere per sempre…”

“Che cosa?” Arthur sussultò sulla sella e Merlin lo avvertì.

 

“Possibile che io non ve l’abbia mai detto? Una mancanza imperdonabile da parte mia” disse con calma.

 

“Ma allora? Tutti quei maghi morti? Tutti quelli periti sui roghi?” chiese Arthur con manifesto sgomento.

 

“I maghi possono morire o a causa di una magia più forte della loro o con il fuoco. Per questo li bruciano.”

“Quindi non sei sicuro che vivrai per sempre?”

“Nessuno può averne la certezza…”

“Ma in fondo non è più triste vedere tutti quelli conosci e ami, morire e rimanere solo… invece che morire anche tu come tutti?” chiese il principe con un certo scetticismo.

“Rimanere solo, perdere quelli che amo… è quello che mi succederà, se non morirò prima. Penso sia molto triste, ma non l’ho mai provato.”

“Quanti anni hai?”

“Arthur, io…”

“Dimmelo. È un ordine!”

“Ma se uno non volesse dirlo?”

“Non avrai mica quarant’anni, no?”

“No… ne ho ventotto!”

 

Arthur rimase a bocca aperta. Non avrebbe mai pensato che Merlin avesse già ventotto anni, anche se la prima volta in cui l’aveva visto non riusciva assolutamente a dargli un’età.

“Cavoli! Ventotto! Mi sembra impossibile! Hai nove anni più di me. Credevo fossi appena poco più grande di me e invece sei prossimo ai trenta!”

“Vi ringrazio molto principe. Voi sapete come tirar su le persone di morale!”

Arthur rise. “Ma quando ti ho visto a Ealdor, senza vestiti addosso, sembravi così giovane. Vent’anni al massimo, avrei detto”

“E quando, esattamente, mi avreste visto senza vestiti addosso?” chiese perplesso Merlin.

 

“No, non pensare male!” E Arthur rise ancora. “È stato quando eri ubriaco. Ti ho tolto la maglia, solo quella.”

“Ecco perché avevo freddo!”

“Io ho sempre dormito così!”

“Voi siete voi. Io ho sempre dormito con la camicia da notte…”

“È solo questione di abitudine.” disse Arthur lievemente impacciato.

“È per quello che mi è venuta la febbre!”

“Oh, no! La febbre ti è venuta a causa del vino. E potevi dirmi che eri astemio.”

“E questo come lo avete saputo?”

“Will! A proposito, come sta? Avete poi fatto quel famoso bagno tutti soli, al fiume?”

 

Merlin non rispose. Sentiva che Arthur era un po’ acido in quel momento e non voleva creare nuova zizzania tra loro. La prima volta che avevano litigato era stato molto penoso per lui e non aveva voglia di ripetere l’esperienza. 

 

“Che cosa c’è da vedere sul Black mountain?” chiese Arthur, cambiando argomento, indovinando forse il pensiero di Merlin.

“C’è la triplice dea! Sono tre entità dette le Disir.  Non vi piaceranno particolarmente, ma hanno in mano la sorte di molte genti.”

“Ma non sono pericolose?”

“Se voi doserete le parole e rimarrete calmo, otterrete da parte di costoro una buona disposizione d’animo nei vostri confronti, altrimenti...”

“La vedo grigia…”

“Ci sono io. Mi conoscono. Ricordate che loro sanno tutto di me e tutto di voi. E hanno poteri fortissimi.”

“Più di te?”

“No, non credo. Solo che loro sono tre e io invece sono solo uno…”

 

Quando arrivarono, il paesaggio attorno a loro era cupo e spoglio. Rocce nere e grigie sotto un cielo del medesimo colore. 

Tirava un forte vento ed era un freddo esagerato.

 

Entrarono in una spelonca di proporzioni gigantesche. Non c’era nulla che all’interno facesse presagire la presenza di un essere qualsiasi. Merlin aveva dovuto fare apparire due torce dal nulla, poiché nell’antro il buio era assoluto.

 

Ci fu un breve lampo di luce e subito dopo apparvero tre spettrali figure incappucciate che tenevano in mano tre lunghi bastoni di metallo decorati a mo’ di scettro.

Arthur rabbrividì. 

Ciò che poteva vedere dai loro visi è che si trattava di tre donne molto vecchie, con la pelle livida e grigia come quella dei morti. Ma si ricordò di dover essere gentile con loro. 

“Buongiorno, mie belle signore!” Esordì il principe con un inchino.

Merlin spalancò gli occhi e pizzicò leggermente il fianco di Arthur che trasalì.

 

Merlin pensò fosse meglio che toccasse a lui parlare:

“Oh, nobile dea! Sono qui per mostrare al mio discepolo, il principe Arthur di Camelot, la vostra saggezza e per avere da voi preziosi consigli da dispensare a lui e indegnamente anche a me.”

 

“Emrys! Vedo che hai scelto l’apparenza dell’esperienza e della saggezza. Mi fa piacere. Ma prima o dopo dovrai necessariamente tornare alla tua forma originale.” disse la vecchia a sinistra. 

Merlin rimase turbato da quelle parole, non così limpide nel significato.

 

“Anche volendo non potrai evitare che il principe vada incontro al suo destino. Spesso riuscirai a tenerlo lontano dai pericoli e questo sarà per te motivo di grande felicità, ma non sempre” fece quella al centro. 

Infine parlò la vecchia a destra, ma questa volta le sue parole furono per Arthur.

 

Giovane Pendragon! Su di te riponiamo le speranze per la salvezza dell’intera Albion e non solo quella di Camelot.

Re Uther ha portato grave scompiglio tra i maghi, tramite uccisioni repentine e ingiuste, e guerra e povertá al suo popolo. Tu avrai il dovere di riscattare la magia e di portare pace e giustizia tra gli uomini. Hai ancora tempo per imparare. Ma prima di diventare un sovrano a cui tutti devono obbedienza, dovrai imparare tu stesso ad obbedire a chi ne sa più di te. Sto parlando di Emrys e di tutte le persone sagge che incontrerai prima di diventare re. Anche il tuo comportamento sarà vagliato dal popolo e da noi. Non vendetevi. Rimanete sempre fedele a voi stesso. E sto parlando del vostro rifiuto di sposare Mithian. Forse vi siete sentito in colpa ma Mithian non era la persona giusta per voi. E per quanto riguarda il vostro futuro esso potrà essere lungo quanto il nostro oppure breve. Dipende da quale direzione prenderete. Andate! Che di più non vi è concesso sapere.”

 

Poi le tre figure sparirono, così come erano arrivate, in un lampo di luce.

 

“Merlin” sussurrò Arthur “tu ci hai capito qualcosa?”

“Preferirei non parlarne qui” sussurrò il mago.


Quando raggiunsero il cavallo, il cielo era molto più terso, il vento si era affievolito e il sole splendeva. La temperatura era cambiata ed era molto più piacevole. 

 

“Adesso cosa vuoi fare, Merlin?”

“Abbiamo finito molto prima di quanto credessi. In genere ci vogliono ore di meditazione prima che le Disir appaiano a chi le richiede.”

“Forse hanno sentito che stavamo arrivando…”

 

“Non posso farvi perdere tutta la giornata. Tornate a Camelot. Io vi raggiungerò con calma. E rientrerò con il buio, così nessuno mi vedrà.”

 

“Non ci penso neanche per un attimo! Mio padre mi aspetta solo stasera e io dovrei ritornare, quando posso avere un lungo pomeriggio tutto per me?”

 

“Io mi sono portato dietro poche cose da mangiare. E voi siete un bufalo quando si tratta di cibo.”

 

“Ma io ne ho portato per dieci… e quindi anche per te che mangi quanto un uccellino” sorrise Arthur.

 

“Non è affatto vero. Ricordate che io ho un ottimo metabolismo. Mangio come un bue ma rimango magro…”

 

“Buon per te… solo che ora vorrei trovare un bel prato”.

 

“Un po’ più giù c’è un ampio ruscello con tanto verde attorno.”

 

Arthur si avvicinò al cavallo e chiamò Merlin.

“Andiamo a cercare questo giardino di montagna…” Mise le mani sulla vita di Merlin e lo issò sul cavallo senza alcuno sforzo, poi montò dietro di lui e guidò il cavallo al trotto.”

 

Giunti in quel prato davvero suggestivo, Merlin fece il gesto di prendere la pesante borsa del principe. 

“Quante volte ti ho detto che tu non sei il mio servo?”

“Diverse volte… chissà! In un’altra vita forse vi ho fatto da servo…” sorrise. Merlin con arguzia.

 

Arthur preparò tutto da solo: la tovaglia per terra, le ciotole, il formaggio, la carne essiccata, il pane e la frutta.

Merlin si sentiva grato al principe. Ma gli dispiaceva non poterlo aiutare. Era davvero frustrante farsi mettere sul cavallo, non poter correre, non poter nemmeno camminare a passo veloce. Farsi aiutare per alzarsi da terra, non riuscire a sollevare un peso, essere di ostacolo ad Arthur, per fare qualunque cosa.

 

Il principe mangiava con gusto. Merlin non poté mangiare né la carne, né il formaggio, perché troppo duri per i suoi denti. Mangiò pane fresco e frutta matura.

 

Tra un boccone e l’altro Arthur disse: “Puoi spiegarmi perché la dea ti chiamava Emrys?”

“Emrys è il nome con cui mi conoscono le creature magiche. Ci sono delle antiche profezie su di me.”

“Immaginavo che tu fossi un mago davvero tosto. Anche se all’inizio non lo avrei detto...”

Merlin si mise a bere acqua dall’otre e si asciugò i baffi con il dorso della mano poi chiese:

“Altezza, siete deluso per la mia età e per la differenza che c’è tra di noi?”

“Sessantun anni di differenza non sono pochi, ma sei un vecchietto in gamba, Merlin.”

“Io intendevo la mia vera età…”

“Lo so! Scherzavo! Sei ancora giovane, dopotutto. Non direi che sono deluso, ma solo stupito. Perché non li dimostri. Ha a che fare con la tua magia?”

“Sinceramente non lo so. Tutti mi hanno sempre detto che non dimostro la mia età. Forse è una caratteristica di famiglia. Anche mia madre è un po’ come me.Voi direste che ha quasi sessant’anni?”

“Assolutamente no. Credevo ne avesse una quarantina o pochi di più.”

“Cosa non vi torna del discorso della triplice dea?”

“Ti dirò quello che ho capito. Che non potrai restare sempre in questa forma di vegliardo e che per quanto tu cerchi di proteggermi, qualche volta non ti sarà possibile e mi è venuta in mente la bestia ...”

“Ottimo riassunto!” 

“Il discorso che riguardava me, invece, parlava di come un re che sa comandare, prima deve imparare ad obbedire. Il mio compito sarà quello di ricostruire o sanare ciò che mio padre ha distrutto. Sono contento quando hanno detto che Mithian non faceva per me. E poi, c’è la parte che non ho capito: alla fine quando ha parlato della mia vita, lunga o corta, a seconda delle mie scelte.”

 

“Beh, a me sembra invece che abbiate capito!”

 

“D’accordo! Che ne dici di dormirci un po’ su?”

“Sì: un sonnellino al sole, non potrà farci male.” 



 

“Merlin! E dai su, Merlin!”

“Chi è?” fece Merlin spaventato, svegliandosi di colpo.

Arthur rise: “Hai i nervi a fior di pelle, Merlin. Chi vuoi che sia? Sono io! Non ti svegliavi più!”

“È già ora di partire?”

“No, però è passato parecchio tempo e non voglio sciupare questo bel pomeriggio di libertà. Ho già fatto una passeggiata nei dintorni…”

“Siete andato in giro per i monti senza di me, senza la mia protezione…” disse con tono di riprovazione.

 

“Non offenderti Merlin, ma se fossero venuti un centinaio di sassoni urlanti, per rapirmi, tu non te ne saresti neanche accorto. Ho idea che il tuo udito sia un po’ calato, come anche la tua vista…”

 

“E quale altra soluzione mi consigliereste?” sospirò Merlin seduto, sulla tovaglia. 

 

“Un’idea ci sarebbe! Ma non credo che tu sia d’accordo…”

“Voi rivolete il giovane Merlin, che poi così giovane non è più nemmeno lui…”

“Solo per poche ore. Che male ci sarebbe? Sarebbe divertente anche per te, anzi soprattutto per te. La vita è una, Merlin e quando si può va goduta appieno.”

“Voi sapete il motivo per cui adesso sono così…”

“Sì. Per la bestia. Staremo attenti. Porterò sempre con me la mia spada, perfino se facciamo il bagno.”

“Il bagno? Ma l’acqua sarà gelata. E non abbiamo vesti di ricambio con noi.”

“Non è necessario che i nostri vestiti si bagnino.”

“Ho capito. Ma non ho mai fatto il bagno all’aperto nudo come un tacchino spennato.”

“No? Ma come? E il bagno con Will a Ealdor?”

“Legavo attorno ai fianchi un straccio di cotone. Come fa anche Will!”

“Io ho sempre fatto il bagno nudo, anche se facevo attenzione a entrare e a uscire, per non farmi vedere.” fece Arthur

 

“Voi avete un’altra età. Anche noi da bambini e da ragazzini stavamo come voi, nudi nati. Ma una volta diventati uomini ci coprivamo. A Ealdor si fa così.”

“Tu dici che sarebbe ora che anch’io mi coprissi?”

“Se volete il mio parere, sì. A Ealdor un ragazzo di quattordici anni è considerato già un giovane uomo… figuriamoci uno di diciannove.”

 

Arthur prese la spada e la tovaglia stesa per terra e con due tre colpi di spada ne trasse un paio di strisce rettangolari. Poi ne consegnò una a Merlin e guardandolo dritto negli occhi:

“Bene, Merlin! Io vado a cambiarmi. Raggiungimi in acqua, mi raccomando. Ti aspetto!”





 

Merlin si nascose in mezzo ai cespugli e con calma si preparò a tornare il giovane Merlin con un incantesimo. Subito dopo si stirò a lungo: si sentiva meravigliosamente bene senza i dolori di Dragoon. Poi si spogliò, indossò il pezzo di tovaglia, facendolo passare in mezzo alle gambe come i triangoli di stoffa usati per i neonati e lo fissò con dei nodi. Così si sentiva un po’ più a suo agio.

 

Quando raggiunse il principe, questi era già in acqua, che dondolava dal ramo di un albero che si protendeva nel fiume e appena vide Merlin, la mano bagnata gli scivolò giù dal ramo e finì in acqua con un tonfo.

Merlin corse verso di lui. 

 

“Cavoli, Merlin: che male. Il ramo era pieno di piccoli stecchi appuntiti” si lamentò il principe. 

“Potete venire fuori dall’acqua? È gelata e io ho bisogno di abituarmici pian piano.”

“Non è nulla, Merlin!”

“Imparate ad obbedire, per favore. Se è vero che sono il vostro mentore! Rammentate le Disir?”

 

Arthur uscì dall’acqua e mostrò la mano a Merlin con aria seccata.

Il mago non disse nulla, ma la mano di Arthur sanguinava copiosamente a causa di diversi fori profondi e dai tagli che si dipartivano da essi. 

 

“Vorrei il vostro permesso per curare la vostra mano con la magia”

“Sbaglio o la magia va usata solo per cose importanti?”

“Queste sono ferite importanti e non ho dietro le erbe mediche di Gaius. Volete o no passare un pomeriggio spensierato e magari senza dolore?”

“E va bene!”

Merlin mise la mano destra, leggermente al di sopra di quella del principe. 

Gli occhi di Merlin si illuminarono d’oro ma Arthur non lo guardava come le altre volte, tanto era preso dal suo dolore alla mano.

 

‘Behudinger sar delfan riht mann!’

 

Una luce molto intensa passò dal palmo di Merlin a quello di Arthur. Un istante dopo, il principe si rimirava la mano perfetta, con uno sbalordimento sincero. 

“Merlin, sei un mago!”

“Direi!” rise il moro. 

“Ecco, cosa potremmo fare! Mostrami ti prego alcune delle tue magie. Lo so che non vuoi usarle se non sono necessarie, ma mi renderesti così felice. Tu non sai quanto mi piacerebbe saper fare le cose fai tu. Non si tratta solo di fare magie, ma di fare del bene, come hai fatto tu con me, adesso!”

 

“Quindi niente bagno?” Merlin allargò le braccia come per dire che si era preparato per nulla.

 

Finalmente alzò gli occhi su di lui. Solo in quel momento Arthur si accorse della trasformazione incredibile che il mago aveva operato su di sé. Non era possibile! Quand'era successo che Merlin era tornato se stesso?

Erano tanti mesi che non lo vedeva così. Era decisamente più bello di come lo ricordava. Gli erano cresciuti i capelli e qualche ciocca sul davanti raggiungeva i suoi grandi occhi blu. Il fisico era quello che aveva visto quando Merlin era ubriaco. Asciutto, ben definito, con il ventre piatto e molto armonico nell’insieme. 

“Per fortuna che hai ventotto anni! Con quel pannolone da bambino ne dimostri al massimo ... dodici.”

Anche Merlin aveva notato da lontano quanto Arthur fosse prestante nel fisico.

L’aveva già visto una volta, nudo nato, là nel fienile con la contadina. Ma quella volta era rimasto talmente scioccato da non prestare la minima attenzione a come fosse fatto Arthur. Anzi aveva distolto lo sguardo immediatamente.

 

“Giusto! Cosa credete di coprire con quel gonnellino egiziano? Proprio voi che siete un tipo da capriole e tuffi.

C’è chi sceglie la comodità e soprattutto la decenza, rispetto alla bellezza e all’eleganza.”

 

“Mamma mia, come sei pudico!”

Merlin fu stuzzicato dal modo e dalle parole di Arthur a rispondergli per le rime.

“Lo dico solo per voi, altezza! Non dimenticate che io vi ho già visto in costume adamitico e in condizioni molto più incresciose di questa!”

 

Arthur lo guardò, quasi inorridito:

“Avevi detto che non ne avremmo parlato mai più!”

“No. Avevamo detto che mai l’avrei detto a nessuno, tranne a voi!”

“E invece l’hai detto a Will!”

“Non è vero. Io gli ho solo detto che avete avuto delle donne, delle contadine, ma mai che vi ho visto nudo con una di loro. E poi ero molto ubriaco.”

“Veramente gli hai detto che il principe si scopa le contadine.”

“Chiedo scusa per l’orrendo termine che ho usato, ma in fondo ho detto la verità e non gli ho detto che vi ho visto farlo.”

“Per me è la stessa cosa, in pratica ...”

“D’accordo. Mettiamo che abbiate ragione voi. Posso fare qualcosa per farmi perdonare?”

 

Arthur portò la mano al mento come per pensare. 

 

“No!” strillò l’altro, che probabilmente un po’ se l’aspettava.

Merlin si lasciò andare a peso morto sull’erba, cercando con i piedi di staccare le mani di Arthur dalle sue braccia.

Arthur si tirò su in piedi ansimando: “Non vale! Devi pagare pegno. L’hai detto tu!”

“Un’altra cosa?”

“Lo sai come dice il proverbio. Le paure si superano solo affrontandole.” 

 

“Non ho paura ma, sono sicuro che mi verrà un malore se mi butterete nell’acqua gelata” disse Merlin indietreggiando da seduto.

 

“Non hai più ottant’anni!”

 

“Ti prego, Arthur!”

 

“Non conta nemmeno se mi dai del tu…”

 

“Mi ammalerò!”

 

“Basta!”

 

Arthur afferrò per la vita il mago, che sgambettava come un pazzo, poi corse con esso, verso una l'alta sponda del fiume.

E si tuffò.






 

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Capitolo 9
*** Chap.9 Enjoy and joy ***


3206 parole

Enjoy and joy

 

Chapter n. 9











 

“Oh, maledizione, Arthur! È … tremendo. L’acqua è ghiacciata!”

 

“Sai che sei davvero un brontolone?”

 

“E voi sapete che siete un sadico? Non pensavo che ne foste davvero capace…”

 

Arthur lo guardò stranito. “Sul serio? Io … sono stato addestrato ad uccidere fin dalla nascita e tu non credi che possa farti uno scherzo così innocente?”

 

“Innocente è un concetto relativo. Per voi, che probabilmente siete la reincarnazione di una foca polare, è certamente innocente…”

“Ehi!” si lamentò Arthur. “Foca a chi?”

“D’accordo… allora un orso polare. Per me invece è una vera e propria tortura.”

 

“Ho capito! Un giorno avrai modo di rifarti su di me, contento?”

 

“E in che modo, scusate?” chiese Merlin rabbrividendo.

 

“Questo dovrai scoprirlo da solo…” sorrise Arthur.

 

Poi avvertirono in modo inequivocabile i denti di Merlin sbattere tra loro freneticamente. 

 

“Nuota, Merlin, nuota… Vediamo chi arriva per primo all’altra sponda.”

E il principe cominciò a nuotare agile e veloce nell’acqua gelata.

 

Merlin lo seguì per puro spirito di sopravvivenza.

All’inizio era intorpidito e lento, poi a forza di nuotare da una sponda all’altra cominciò a muoversi più agevolmente e smise di tremare. 

Arthur uscì dall'acqua per andare a prendere delle coperte, ma si rese conto di non averne prese con sé. E si era alzato anche il vento.

 

“Ma non ti senti più vivo che mai, Merlin? Purtroppo niente coperte. Solo metà tovaglia … tieni!”

 

Il mago afferrò al volo la stoffa e con essa si avvolse la parte superiore del corpo uscendo dall'acqua.

 

Arthur si abbracciava le spalle per il freddo e chiese: “Non potresti accendere un fuocherello per scaldarci?”

 

“Disse colui che non teme il freddo… farò di meglio!”

Merlin portò un braccio in avanti e l’oro riempì i suoi occhi:

 

‘Wearm wind blawan unc!’

 

Improvvisamente i due furono travolti da un vorticoso vento caldo. 

Avevano entrambi i capelli che volavano da tutte le parti. E Arthur doveva tenere fermo il suo gonnellino, per evitare che svolazzasse un po’ troppo, scoprendo parti che era senz’altro meglio tenere nascoste.

 

Era una sensazione meravigliosamente piacevole dopo tutto quel freddo patito.

Arthur si mise a ridere di gioia e dopo poco anche Merlin.

 

“Questa è vita!” affermò solennemente il principe, chiudendo gli occhi e portando il viso verso l’alto, godendosi il calore di quel vento.

Per il mago, fu un piacere vederlo così felice.

 

Quando il vento svanì, erano perfettamente asciutti anche se spaventosamente spettinati.

 

“Sei adorabile con questi capelli: sembri un selvaggio…” ridacchiò Arthur.

 

“Se voi aveste sfoggiato questa capigliatura, quella sera con Mithian, non avreste avuto tanti problemi a farvi lasciare da lei …” sorrise maligno Merlin, sempre pronto a ribattere alle battutine del principe, che si mise a ridere, poi più serio continuò:

 

“È stato magnifico, Merlin!” disse il principe prendendo i suoi vestiti e spostandosi dietro un albero per rivestirsi, per dare la possibilità al mago pudibondo di avere la sua riservatezza.

 

Quando tornò, Arthur aveva un’aria soddisfatta e allegra. 

“Potrei vederne altri?”

“Di cosa?”

“Di incantesimi!”

“Pensate che possano servirvi?”

“Non ne sono sicuro… ma sono così … esaltanti!”

“E cosa vi piacerebbe fare?”

“Vorrei… volare” rispose con una smorfia, come se sapesse di aver chiesto l’impossibile.

“Il sogno più antico dell’uomo!” disse Merlin senza scomporsi.

“Tu hai già volato?”

“No, non da solo!”

“Ah, già! Il drago!” sorrise il principe.

“A cosa vi riferite?”

“A quando ti ho visto lasciare Camelot a bordo di Kilgharrah!”

“Voi mi avete visto? Non lo sapevo!”

“Devo essermi dimenticato di dirtelo, dopo tutti i mesi che sei stato assente.”

“Sono stati solo due mesi!”

“Si vede che a me sono sembrati di più…”

 

“E va bene!” 

 

Arthur fissò gli occhi sulla figura vicina a lui. Ogni volta che l’altro si apprestava a compiere un incantesimo, era per lui, una nuova indecifrabile emozione.

 

‘Great fugol gecuman!’

 

Subito si udì un gran battito d’ali e un forte vento. Un’ombra imponente su di loro fece sì che Arthur cominciasse a correre, urlando “Merlin, vieni via!”

 

“Arthur, che fate? Non abbiate timore, altezza. L’ho chiamato io!”

 

“Ma cos’è?”

“È un simurgh, un uccello mitologico gigantesco.*”

“Per un momento ho creduto che  fosse la bestia!”

 

Intanto l’uccello era atterrato a pochi metri da loro.

“Non temete. È tranquillo ed è sotto il mio influsso.”

 

“Quindi dovremmo salire su questa ‘cosa’?”

 

“L’idea è quella, ma visto che non è necessario … posso mandarlo via.”

 

L’enorme uccello stava lì fermo, accanto a loro. Li stava aspettando pazientemente. Ma non li guardava. 

Era una via di mezzo tra un falco e un’aquila, solo che era di dimensioni spropositate, notò Arthur.

 

“No, no. Voglio farlo! È solo che non mi aspettavo di farlo… così.”

 

“State attento. Vi solleverò. Mantenete l’equilibrio…” disse Merlin.

 

Vedendo la mano di Merlin allungarsi verso di lui, Arthur ne fu ammaliato, ma anche preoccupato.

 

‘Beran heah cyning’s sunu!’

 

‘Che strana sensazione!’ pensò Arthur, staccandosi da terra. 

Merlin lo fece levitare fino alla nuca del simurgh, poi fece lo stesso su di sé, mettendosi davanti ad Arthur. 

Si ancorò con le mani alle piume dell’uccello e raccomandò ad Arthur di tenersi forte. Il ragazzo cinse le braccia attorno alla vita di Merlin e strinse la stoffa blu della maglia del mago tra le dita. Evidentemente Arthur era spaventato ma non voleva darlo a vedere.

 

‘Fleogan great fugol’

 

Con potenti colpi d’ala il volatile si alzò in fretta.

“Cielo!” urlò Arthur nelle orecchie di Merlin. 

Subito l’uccello prese quota e velocità.

Arthur rideva e urlava. Era davvero emozionato ed il cuore gli batteva all’impazzata dentro  il petto. 

Ormai il fiume sotto di loro non era che una strisciolina e gli alberi erano simili a puntini.

Il vento lassù era davvero forte e si infilava in ogni anfratto dei vestiti, facendoli rabbrividire di freddo. 

Inoltre il fischio del vento che soffiava nelle orecchie rendeva quasi impercettibili gli altri rumori. 

“Come va?” urlò Merlin più forte che potè.

 

“Dio! È meraviglioso! … Ma non ho mai avuto così tanta paura…”

 

“Credo che il simurgh voglia fare qualcosa.” 

 

“Ma non sei tu a guidarlo?”

 

“Appunto.”

 

L’uccello cominciò ad aumentare la velocità e puntò verso l’alto. Sempre più veloce. 

Arthur cominciò a urlare, stritolando il busto di Merlin: “Ah! Basta!”

Il mago rideva e Arthur si fece piccolo con la testa sulla schiena dell’altro e chiuse gli occhi, continuando a gridare come un forsennato.

 

Sentì il suo stomaco rovesciarsi e non solo quello. Stavano volando a testa in giù. Pregò che Merlin si mantenesse saldo alle piume perché lui si ritrovò con le gambe pendenti verso l’alto. “No!” 

Un istante dopo era tornato al suo posto e con la forza di gravità nel verso giusto. Aprì gli occhi. 

 

“Vi è piaciuto il giro della morte, Arthur?”

 

“Sei un pazzo!”

“Ora siamo pari!”

“Non vorrai mettere questo con lo scherzo di prima!”

“Comunque dopo questo, il prossimo vi sembrerà una passeggiata!”

 

“Quale prossimo?”

 

“Questo!”

 

Il simurgh puntò il muso verso il basso e ritirò le ali. Poi prese velocità.

“In picchiata!” gridò Merlin.

Arthur sentì lo stomaco salire nuovamente verso la gola. 

Sotto di loro la macchia sempre più nitida di quello che doveva essere un grande lago. 

Quando Arthur era ormai convinto che si sarebbero schiantati sullo specchio d’acqua, l’uccello cominciò a sbattere le ali e si raddrizzò, portando le zampe a sfiorare l’acqua e scivolando veloce su di essa. Gli spruzzi raggiunsero i due uomini.

 

Arthur lanciò un grido, di gioia, stavolta. 

Gli sembrava di essere in un sogno. La magia di Merlin era veramente un ‘sogno’.





 

Erano sdraiati a riposare, vicino al cavallo.

 

Dopo parecchio tempo Merlin chiese: “Siete arrabbiato?”

 

Arthur rispose senza muoversi: “Se non fosse stato incredibile com’è stato, lo sarei… tu hai adempiuto a una mia richiesta… per cui no, anzi …”

“Non sarebbe ora di andare? Tra poco il sole tramonterà!”

“Peccato. Stavo proprio bene qui… ma hai ragione.”

 

“Prima di salire sul cavallo, sarà meglio che torni ad essere Dragoon” disse Merlin.

 

“Io direi che puoi aspettare ancora un po’. Il viaggio è molto più stancante per Dragoon che non per te.”

 

Si infilarono nel bosco. Il cielo era arancione e il sole rosso e grande passava tra i rami e gli alberi, inondando tutto di una luce irreale: uno spettacolo meraviglioso, epilogo perfetto di una giornata altrettanto meravigliosa. 

Arthur era felice. Un giorno a contatto con la natura, l’acqua, la magia e naturalmente Merlin che aveva reso possibile tutto quello. Era meravigliato da Merlin. Solo oggi aveva conosciuto la sua parte più giocosa, la più audace e l’adorava.

 

Anche Merlin era felice. Era riuscito a stupire il principe e a fargli provare emozioni nuove e strabilianti. Ma soprattutto sentiva di averlo reso felice. Si sentiva molto più vicino a lui adesso. La differenza di età tra loro in quel momento sembrava essere svanita. 

 

Senza motivo apparente, il cavallo di Arthur si fermò sul posto nitrendo e si impennò. I due occupanti, essendo stati colti di sorpresa, sbalzarono dalla sella, cadendo a terra. 

Merlin cadde male, su di un fianco, quando udì uno scrocchio alla spalla, e gemette avvertendo un forte dolore in quel punto. 

 

Ma dov'era Arthur?

 

E lo vide, accucciato di fronte a un animale. Sembrava un furetto, anche se era più grosso.

La mente di Merlin ebbe un flash: ‘‘Pelliccia marrone e gialla, denti aguzzi, zampe, artigli …”


“Arthur, scappate!”

 

“Merlin, non aver paura, è solo un grosso furetto!”

 

“È la bestia!”

 

Arthur non ebbe neppure il tempo di accorgersi che l’animale si era messo a digrignare i denti che quando tornò a guardarlo con la consapevolezza di ciò che gli aveva detto Merlin, fu tardi. Tutto avvenne in un istante.

La bestiola era balzata sul petto di Arthur, facendolo cadere nell’erba a pancia in su e graffiandogli furiosamente il petto con gli artigli taglienti. 

Arthur provò a spingerla lontano con le braccia ma non ci riuscì. La  bestia era forte e aggressiva. 

Poi, si avvicinò al collo di Arthur con la testa e aprendo la bocca mostrò i denti aguzzi, prima di avventarsi sul principe e di dargli un morso.

Un urlo terribile giunse alle orecchie di Merlin. “Arthur!” gridò forte, orripilato dalla vista dei fiotti rossi che già coprivano la camicia del principe.

 

‘Arthur, il suo sangue, la mia bocca che grida il suo nome…’

 

Merlin era in piedi: la terribile profezia si era avverata. Una rabbia incontenibile prese il mago, che impose a distanza le mani sulla bestia, che stava scappando. Una luce quasi bianca fuoriusciva dalle iridi di Merlin.

 

‘Faran deor!’

 

La piccola bestia fu raggiunta da un raggio luminoso che la catapultò in alto e poi la fece precipitare rovinosamente su un arbusto spinoso. L’animale era morto, trafitto da un’ infinità di spine acuminate che avevano ricoperto la pianta, del sangue scuro della bestia. Merlin accertatosi che era morta, non l’aveva degnata di un secondo sguardo. L’avrebbe uccisa altre cento volte, dalla rabbia che provava.

 

Ed ora cosa avrebbe fatto? 

Si chinò sull’amico, privo di conoscenza. La sua mano tremante indugiò nei pressi del collo dell’amico, poi si fece coraggio e con due dita cercò il battito del cuore sul lato della gola di Arthur. Il cuore batteva. 

Sospirò.

Nella sua testa udì la voce di Gaius che aveva sentito provenire dal cristallo: ‘Morso velenoso, ferita incurabile’

Merlin si sentì perduto e cominciò a singhiozzare disperatamente. 

Era tutta colpa sua. Avrebbe dovuto trasformarsi in Dragoon e non sarebbe successo niente.

Ora la felicità di quella giornata, la felicità che fino ad un attimo prima li aveva resi liberi e sereni, stonava come un brutto scherzo. 

Merlin non riusciva a ragionare, non riusciva a concentrarsi, non riusciva ad organizzare un benché minimo piano per aiutare Arthur.

 

Cercò di riordinare i pensieri. Arthur esternamente non aveva ferite letali. Né il morso né i graffi avevano leso organi vitali. Ma se la bestia era magica e il morso velenoso, Arthur rischiava la vita.

C’era qualcosa che non gli tornava., però. Un’associazione di idee nel cervello cui non riusciva a dare un senso.

 

Si asciugò la faccia con le mani, sporcandosi con il sangue di Arthur. 

Ed eccolo all’improvviso, il pensiero che si lasciava afferrare.

‘Un momento…

l’ultima profezia…

quella dove Arthur stava con quell’uomo…

non è ancora successa!’

 

Merlin era sicuro che non fosse ancora capitato. 

Arthur… si sarebbe salvato! 

Non capiva come, ma il principe non sarebbe morto, non per il morso di quella bestia.

 

Due lacrime, di sollievo stavolta, scesero sul suo volto. 

Con la magia e un po’ di lavoro manuale riuscì a creare una sorta di slitta con cui trasportare Arthur, legata tramite bastoni di legno alla sella.

 

Era ormai buio quando si inoltrò adagio per la foresta che lo avrebbe portato a Camelot. 

Utilizzò la magia per fare  luce davanti a sé.

Non c’era più la necessità di cambiare aspetto. Avrebbe detto che aveva incontrato Arthur per caso proprio mentre stava ritornando a Camelot. 


Andò dritto da Gaius, l’unico che secondo lui avrebbe potuto aiutare il principe.

 

“La bestia… l'ha morso, ma so con certezza che Arthur riuscirà a riprendersi…”

 

“Avevo letto di un morso velenoso, una ferita incurabile, da qualche parte nei miei libri…” disse Gaius perplesso.

 

Eccole le parole dette da Gaius durante la prima profezia. Era quello il momento in cui le pronunciava. 

Le profezie spesso mettevano in difficoltà più della realtà stessa.

 

“Ci siamo sbagliati, Gaius. La bestia non era magica: non era altro che un furetto molto grosso e feroce. Temo più che altro che potesse avere la rabbia…”

 

“Se così fosse, bisogna farlo cercare, prima che contagi tutti gli animali della foresta e gli uomini della montagna.”

 

“Il furetto è morto… l’ho ucciso io!”

 

“Ma come fai ad essere così sicuro che il principe vivrà?”

 

“Nel terzo cristallo, ho visto un’altra profezia che non è ancora avvenuta. E Arthur era vivo!”

 

“Non mi hai mai parlato di una terza profezia!”

 

“Perché si trattava di una specie di ‘lotta’ tra Arthur e un altro uomo e non sembrava particolarmente cruenta…” disse con finta noncuranza, Merlin.

 

“Hai già provato a guarire il principe con la tua magia?”

“No.”

“Perché?”

“Temevo di peggiorare la situazione … Pensate di poter fare qualcosa per lui?”

“Devo consultare alcuni libri di medicina, ma avrò bisogno di te. Prima di tutto, però, devi far chiamare Uther qui, in laboratorio.”

 

Merlin andò a cercare una guardia che chiamasse il re, poi tornò subito al tavolo sul quale Arthur era sdraiato.

 

“Aiutami Merlin. Bisogna togliergli la maglia.”

Con fatica riuscirono a spogliare Arthur, che ancora non riprendeva conoscenza. 

Lo spettacolo non era dei migliori. Dal mento alla spalla destra e ancora dal petto alla vita Arthur era ricoperto di sangue. 

“Aiutami a lavarlo Merlin. Prendi qualche ciotola d’acqua, mentre io cerco delle pezze pulite. Se Uther lo vede così potrebbe sentirsi male…”

Merlin fu velocissimo a riempire le ciotole con l’acqua del secchio. 

 

“Mentre tu gli lavi via il sangue, io comincerò con il preparare un decotto di biancospino e rabarbaro per disinfettare la ferita e accelerare la cicatrizzazione. Fai piano Merlin, mi raccomando”

 

Merlin tremava e sudava ma riuscì a concentrarsi al meglio per pulire il petto del principe con delicatezza. 

Una volta pulito il grosso del sangue, con altre pezze assorbì gli essudati e i residui di sangue.

“Gaius, vi prego venite a vedere…”

I profondi graffi sul petto continuavano a perdere acqua e sangue. 

“Accidenti! Potresti provare tu a chiudere questi tagli? Altrimenti sarà necessario ricucirle con ago e filo: ma sarebbe un lavoro terribilmente lungo e temo anche estremamente doloroso  per Arthur. E quasi sempre il risultato … non è buono!”

 

“D’accordo. Ma cosa pensate del morso? È molto brutto, tutto frastagliato e ho paura che manchino pezzi di pelle e di … carne” disse Merlin angosciato.

 

Dopo aver guardato a lungo, il vecchio mentore assentì: "Nel migliore dei casi, qui rimarrà una cicatrice e una parte di essa rimarrà infossata.”

 

A Merlin veniva da piangere. Arthur rischiava di rimanere deturpato da quell’esperienza. Lui che era così giovane, così bello, così forte. Non era giusto. Perché invece, non era successo a lui. La sua vita non sarebbe cambiata quasi per niente, ma Arthur…



 

“Dov’è? Arthur! Figlio mio! Cosa ti hanno fatto?”

 

Merlin vide il dolore sul volto di Uther, un dolore così pieno e così netto che quasi non lo riteneva possibile.

Il padre si mise dietro ad Arthur, gli appoggiò entrambe le mani sui capelli, con delicatezza estrema e vi appoggiò la sua guancia sopra. Calde lacrime riempirono gli occhi del sovrano e sgorgarono sul suo viso.

Pianse singhiozzando per un po’, poi rilasciò un tenero bacio sulla fronte del figlio. 

Quando si rizzò in piedi si guardò intorno confuso. 

E vide Merlin che a sua volta piangeva, commosso da quella scena. 

“Merlin, puoi fare qualcosa per lui?” chiese Uther.

Il mago stava per rispondere, quando Gaius intervenne. “Merlin ci stava appunto per provare, maestà. Rimanete qui con noi.”

Merlin fu quasi risentito con Gaius per quella proposta, poi capì. Il suo mentore voleva che Uther assistesse, proprio per il suo bene. Gaius non voleva che lui venisse accusato di non aver fatto il possibile per aver salvato il principe. Era un mago e rischiava di più proprio questo. 

 

“Ti prego, Merlin provaci! Lo so che hai paura…” lo supplicò Uther.

 

Merlin si mise di fianco al principe e impose le mani all’altezza del suo petto.

Si concentrò chiudendo gli occhi, finché non sentì il massimo del suo potere affluire dentro di lui. Sperò che la sua magia non fosse scarica, avendone usata così tanta per tutto il giorno.

Merlin aprì gli occhi i quali emanavano una luce dorata più intensa del solito.

Uther era immobile che lo guardava con gli occhi spalancati.

La luce passò dalle mani del mago al petto segnato del principe. Merlin rimase così a lungo. Se la volontà di curarlo avesse potuto fare qualcosa, sarebbe riuscito a guarirlo anche solamente con quella.

 

Merlin si accigliò e ripeté l’operazione in corrispondenza del morso, tra la spalla e il collo di Arthur. 

Concentrò il fascio luminoso proprio sul morso e poi sui contorni con la stessa precisione di un sarto sulle cuciture della stoffa. 

Quando vide che il morso non guariva del tutto, lo rifece un’altra volta e un’altra ancora.

 

“Basta, Merlin!” gli disse dolcemente Gaius, toccandogli le spalle, con l’intento di distrarlo.

 

“No! Non è ancora perfetto!” urlò Merlin, divincolandosi dall’amico.

 

Intervenne Uther. 

“Va bene così, Merlin. Il tuo lavoro è finito.”

 

Come risvegliandosi, Merlin batté gli occhi più volte. E cadde a sedere sulla sedia vicino.

 

Mentre Uther faceva chiamare una portantina per spostare il figlio nella sua camera, Gaius ricoprì le cicatrici rosa del principe con il decotto alle erbe appena preparato e lo fasciò con delle leggere pezze bianche. Fu Uther stesso ad aiutarlo, tenendo sollevato il busto del figlio per permettere a Gaius di bendarlo.

 

Merlin si sentiva svuotato. E rimase a guardarli senza fare niente.

 

Vennero a prendere Arthur e prima di uscire il re si voltò verso Merlin. 

 

“Non so perché tu sia qui oggi. Pensavo che non ti avrei rivisto per chissà quanto tempo, ma sono felice che tu sia venuto…”

 

Merlin non sapeva se essere felice o triste. Si tolse la camicia, rimanendo a torso nudo. 

“Gaius, puoi dare un'occhiata anche alla mia spalla, per favore. Ci sono caduto sopra e mi fa un male cane!”

 

Gaius sorrise e si apprestò a curare la spalla del giovane amico.












 

*Qui il riferimento a Harry Potter che vola su Grifondoro è chiaro e lampante. Mi piacque così tanto come scena che non potevo non proporla anche ai due protagonisti della mia ff. Avevo pensato di farli volare su Kilgharrah, ma non ce lo vedevo molto, non per una richiesta un po' futile di Arthur.

Per il resto è proprio il caso di dire “dalle stelle alle stalle”

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Capitolo 10
*** chap. 10 Kicked ***


2914 parole

 

Kicked

 

Chapter n. 10 























 

Con la spalla fasciata così strettamente da non riuscire neppure a muoverla, Merlin si mise a letto e provò a dormire.

 

Gaius poco prima l’aveva fatto sdraiare per terra, gli aveva fatto mordere uno straccio e con il piede gli aveva spinto in basso la spalla. Merlin aveva soffocato un urlo, rilasciando solo un lamento roco e profondo. 

“Mi dispiace Merlin” gli aveva detto il medico “ma la spalla era fuori sede e non conosco altro metodo per sistemarla.” Aveva poi continuato a osservare le reazioni del ragazzo toccando la spalla in vari punti. 

“La spalla ora è in sede, ma secondo me c’è una frattura, Merlin. Dovrai tenerla bendata così per almeno un mese, e tenerla a riposo.”

 

Il ragazzo non desiderava altro che dormire. Era stanchissimo. Ma la lunga serie di eventi, felici e drammatici vissuti quel giorno e la girandola di emozioni provate, gli provocavano nella mente tante immagini veloci e disconnesse, che gli rendevano impossibile prendere sonno. E appena si rilassava un attimo, sussultava subito dopo, aprendo gli occhi nel buio e con il suono dei battiti veloci del suo cuore nelle orecchie.

 

Dopo un periodo che gli parve interminabile, era ancora sveglio. Gaius gli aveva fatto bere anche un intruglio per tenere a bada il dolore alla spalla e aveva funzionato. Quindi non era quello a tenerlo sveglio. 

 

Si mise a sedere con una  mano sugli occhi.

Cominciò a pensare che ci fosse qualcosa a tormentarlo, qualcosa che, di nuovo, gli sfuggiva per poco. 

 

L’ultima profezia, quella su cui aveva mentito ad Arthur e a Gaius: sentiva che il suo dubbio era collegato a quella.

 

Lui non sapeva chi fosse l’uomo con il principe, dentro il cristallo. Aveva appena intravisto la sua schiena, i capelli, le lunghe dita e le labbra premute contro quelle del principe. 

 

‘E se fosse già successo? Se Arthur si fosse già incontrato con il suo amante e io non ne avessi saputo nulla?’

 

Di certo, nel caso, il principe non si sarebbe precipitato a dirlo a lui, pensò.

 

Questo pensiero diventò assillante poiché in questo caso, Arthur non era da considerarsi affatto fuori pericolo. 

 

Anche se sapeva che la bestia era solo un animale comune, se la terza profezia si fosse già verificata, Arthur poteva morire.

 

Si alzò, si vestì. Doveva fare qualcosa. 

Il primo pensiero che gli venne in mente fu quello di andare a chiedere ad Arthur se avesse già avuto un rapporto sessuale con un uomo moro, oppure se al contrario non lo avesse ancora avuto. Poteva sembrava una gran scemenza vista da fuori, ma lui sapeva che non lo era.

 

“Ma vai nei monaci, Merlin!” si maledì ad alta voce il ragazzo, frustrato.

 

Con quale faccia, poteva fare una cosa simile?

Arthur l’avrebbe fatto frustare come minimo… o l’avrebbe riempito di botte, se fosse stato in forze.

 

L’unica altra cosa che poteva fare, era … recuperare il corpo della bestia per farlo vedere a Gaius. Forse lui avrebbe capito se il furetto avesse contratto la rabbia o qualche altra malattia che poteva minare la salute del principe.

E non poteva aspettare un minuto di più. Anzi forse era già tardi. Un animale morto da poco in quel bosco, sarebbe stato un lauto pasto per chissà quanti animali notturni affamati.

 

Si coprì con il mantello, prese un otre d’acqua, un pugnale e con il suo cavallo cercò di raggiungere il posto dove il furetto aveva attaccato Arthur. 

Si fece ancora una volta luce con la magia, ma era rallentato dal fatto di dover tenere le redini con una mano sola. La spalla ricominciava a fargli male.

 

Si perse più di una volta, ma usando qualche altro incantesimo riuscì alla fine a raggiungere il posto dove era avvenuto il misfatto.

 

Incredibilmente, il corpo della bestia era ancora intatto e Merlin infilò con fatica, la carcassa dentro un sacco. Quell’animale era molto più grosso di quanto ricordasse e pesava davvero molto. Soprattutto perché aveva dovuto trasportarlo solo con la mno destra.

Tornò indietro, dopo aver legato saldamente il sacco alla sella del cavallo, e giunse a Camelot quando il sole era già sorto.

Gaius era sveglio. Il vecchio non aveva un bell’aspetto: doveva aver dormito poco anche lui. 

 

“Merlin!” Lo sgridò Gaius. “Si può sapere dove sei stato stanotte, invece di dormire? La tua spalla! Ti avevo detto di non fare sforzi…”

“Lo so. Ma era troppo importante… io mi sono accorto di non essere sicuro che la terza profezia non si fosse già avverata. Per cui non so se Arthur rischia di morire oppure no. Aiutami per favore a mettere questo sacco sulla tavola.”

“Cos’è?”

“Non è una bella vista, Gaius. Proteggetevi. Non voglio che prendiate la rabbia o altro…”

 

“È il cadavere della bestia?” chiese Gaius eccitato, aiutandolo a tirare il sacco sulla tavola e a svolgerlo.

 

“Merlin … questo non è un furetto: è un ghiottone…Tutto è più logico adesso. Il fatto che Arthur non sia riuscito a difendersi dal suo attacco, nonostante la sua forza, la dice lunga. Il ghiottone ha una furia e una tenacia inossidabili; inoltre l’uso degli artigli per ferire e infine il morso al collo sono tecniche che il ghiottone usa durante la caccia oppure quando si sente minacciato. Siete stati molto sfortunati a incontrarlo. È abbastanza raro.”

 

“Un ghiottone. Non ho mai sentito questo nome…”

“Attacca tutti gli animali. In genere non attacca l’uomo, ma quando lo fa, è molto pericoloso.”

“Siete in grado di capire se ha avuto la rabbia o altre malattie pericolose per Arthur?”

“Posso prendere la sua saliva e mischiarla con alcol e alcune erbe che se reagiscono in un certo modo possono dirmi se il ghiottone aveva la rabbia oppure no. Per vedere se aveva altre malattie, posso sezionare il corpo e vedere lo stato degli organi interni e delle ossa.

Giusto per escludere quelle malattie che possono passare dall’animale all’uomo…”

“E lo farai?”

“Se ora vai a letto e dormi tutta la mattina, lo farò”

“Certamente! Ma prima vorrei avere notizie del principe…”

“E va bene, capisco. Dopo che avrai fatto, passa da me per aggiornarmi, per favore.”

 

Merlin non venne fatto entrare in camera del principe dalle guardie fuori dalla sua stanza.

 

“Mi dispiace, Merlin!” gli disse John, una delle guardie che ormai conosceva il mago. “Abbiamo ordini precisi del re in persona: nessuno può entrare in camera del principe, per nessun motivo. Rivolgetevi ad Uther, Merlin”

“Grazie. È quello che farò!”




 

“Vieni… ti aspettavo, Merlin” gli disse il re dalla porta socchiusa del suo studio. 

“Maestà! Come sta il principe? Si è svegliato?”

“Merlin, siediti. Devo parlarti…”

Il ragazzo non sapeva cosa pensare ma si sedette subito. 

Uther invece stava in piedi e gironzolava in su e in giù per la stanza…

 

“Arthur è fuori pericolo.”

 

Merlin sospirò di sollievo.

 

“E le sue cicatrici si rimargineranno completamente. Rimarranno forse dei segni sottili e bianchi, niente di che per un guerriero come Arthur.”

“E il morso?”

“L’ho mostrato a un gruppo di valenti medici e mi hanno detto che rimarrà una piccola infossatura di colore chiaro.”

“Mi dispiace…”

“Non è niente, Merlin. Anch'io ho il corpo costellato di cicatrici. Per un re è un segno di grande onore, perché vuol dire che si è battuto con valore. Tu … hai usato la tua magia come meglio non si poteva… ed è per questo che ti lascerò libero…”

 

Merlin non capiva. Libero perché? Da cosa? Ma non disse nulla.

 

“Intendo libero di andartene da Camelot, ma … con l’obbligo di non rimetterci più piede. Sono purtroppo costretto a revocarti anche il titolo di consigliere della magia di Camelot, ma lo farò in forma privata, quindi nessuno ne saprà niente.”

 

“Posso chiedere il perché, maestà” chiese Merlin con il gelo nel cuore. Non si aspettava nulla del genere. 

Lasciare Arthur, appena ritrovato. Smettere di fargli lezione e soprattutto smettere di stare con lui. La sua vita gli apparve di colpo vuota.

 

“Arthur si è svegliato stanotte. Stava bene e ricordava tutto.” 


Arthur aveva subito chiesto di vedere Merlin ma prima Uther aveva voluto fargli delle domande. Il principe aveva smesso di chiedere di lui solo quando Uther gli aveva detto che Merlin era molto provato e aveva bisogno di dormire.

 

“Arthur mi ha detto ciò che è successo!” proseguì Uther. 

Merlin non pensò neppure per un attimo che il principe avesse detto al padre che lui era a Camelot, già da qualche giorno, nelle vesti  di Dragoon.

 

“Cosa vi ha detto?”

“Che ti ha incontrato ieri, mentre stavi tornando a Camelot. Che sulla strada del ritorno, il cavallo si era impennato e siete caduti per terra. E che il furetto lo ha attaccato. Cosa hai fatto alla spalla?”

 

“Si è rotta quando sono appunto caduto da cavallo”

“Quindi è per questo che non hai fermato quel furetto? Non lo sapevo, ma purtroppo non cambia niente: tu non sei riuscito a proteggere Arthur prima che la bestia lo attaccasse.”

 

Merlin sentì una fitta all’addome, però volle comunque precisare la situazione: 

“È un ghiottone. Me l’ha detto Gaius quando l’ha visto”

“E quando l’ha visto?” 

“Poco fa.”

“Sei andato a prendere la carcassa di quell’animale? Stanotte?”

“Sì, a breve Gaius mi dirà… vi dirà se l’animale è sano oppure se Arthur rischia di aver contratto qualche malattia dal suo morso…”

 

“Dio non voglia! … Ma io lo vedo chiaramente: il tuo affetto per Arthur. E so che ti sembrerò ingiusto ed ingrato. Invece io ti sono intimamente riconoscente. Hai usato la magia per guarirlo. Sei andato in giro di notte, nel bosco, da solo e ferito... Si vede che non hai chiuso occhio. Io ti ringrazio per tutto questo, ma … non posso farti stare in compagnia di Arthur, se non riesci a salvarlo dal pericolo. È una regola non scritta che vale per chiunque abbia la possibilità di tenere al sicuro mio figlio, come i cavalieri, i soldati e i cadetti e te ovviamente…”


“Quando dovrò andarmene?”

 

“Adesso, Merlin. Il tempo di prendere le tue cose …”

 

“Posso … salutare il principe?”

 

“Non puoi. Lui non lo sa e ti impedirebbe di partire se lo imparasse … sono sicuro che tu non vuoi che lui si agiti, nelle sue condizioni …”

 

“No, non voglio. Gli direte che mi dispiace?”

 

“Non c’è bisogno che io gli dica nulla. Lui capirà subito che dietro la tua decisione di partire così, su due piedi, ci sono io. Sa che non lo faresti mai. Spero almeno di impedirgli di correrti dietro, come ha fatto l’ultima volta.”

 

“Vi prego, maestà. Lasciatelo almeno libero di scegliersi la fidanzata che vuole.”

 

“Questo sicuramente. Anche perché non posso fare altrimenti. Hai visto come si è comportato con Mithian…”

 

Uther tirò fuori da un cassetto un sacchetto e lo mise davanti a Merlin.

 

“Non ho salvato Arthur, non credo di poterli accettare…”

 

“Questa è la tua paga per le lezioni fatte ad Arthur. Dovevo dartela mesi fa…”

 

Merlin prese il sacchetto. Siccome doveva andare via ne avrebbe avuto bisogno.

 

“Posso salutare almeno Gaius?”

“Meglio di no. Te lo saluterò io.”

Non c’era più nulla da dire ormai: “Addio, maestà!” si alzò Merlin facendo un inchino. 

 

“Addio Merlin… aspetta. Ti chiedo un altro favore: non scrivere ad Arthur. In ogni caso, sappi che farò controllare la posta in entrata e in uscita e le tue lettere non gli saranno recapitate. Ti prego, inoltre, di non fargli sapere dove sei… è troppo legato a te: prima o poi verrebbe a cercarti… ”

 

Merlin strinse le mandibole e uscì dallo studio. 


Era furioso a causa di quella situazione terribile. 

Non avergli fatto salutare Arthur era una crudeltà inutile. Non avergli fatto salutare Gaius era un’altra cattiveria senza senso. 

E l’unico modo di contattare Arthur cioè le lettere, glielo aveva vietato. Anche quello. 

 

Raccolse in una borsa i suoi pochi averi, montò sul suo cavallo e se ne andò. 

Non aveva idea di dove andare. 


Dopo un po’ decise di dirigersi verso il castello di Fyrien, nel regno di Gwynedd. Avrebbe dovuto andarci comunque: sarebbe solamente arrivato con un largo anticipo.

Uther non aveva specificato se Merlin dovesse stare fuori dalle mura della città di Camelot o fuori da tutto il regno. Comunque per ora il problema non si poneva perché il castello di Gwynedd era oltre i confini del regno di Camelot. 


Era così frustrato. Il re non era stato crudele con lui. Gli aveva fatto capire che gli dispiaceva, che gli era grato. Ma poi l’aveva costretto ad andarsene e Merlin aveva avuto la netta sensazione che, se non si fosse trattato di lui, sarebbe potuta finire molto peggio. 

Uther aveva forse esagerato? L’aveva visto fare del suo meglio, no?

Eppure, le parole del re, più passava il tempo e più gli sembravano sensate e giuste. 

Sarebbe bastato che si fosse trasformato in Dragoon al momento opportuno e niente sarebbe successo. 

Era la verità era nuda e cruda. Così orribilmente palese e amara. Lui preferiva stare accanto ad Arthur nel suo corpo migliore. Ricordava di aver chiesto al principe se fosse meglio che fosse tornato nelle vesti di vegliardo, ma era stato contento quando Arthur gli aveva detto di no. 

La colpa era solo e unicamente sua. Era stato incosciente, vanitoso e superficiale. Arthur non c'entrava.

Uther aveva ragione a volerlo tenere lontano dal figlio. Aveva commesso un errore gravissimo e lui non se n’era quasi accorto.

La sua colpa era poi resa molto più grave dal fatto, del quale Uther non sapeva niente, che lui conoscesse perfettamente quello che sarebbe successo, grazie alla profezia del primo cristallo.

 

Era stato persino superbo, vizio questo che non gli era capitato di avere in passato. La sua magia unita alla devozione che provava per Arthur lo avevano reso sicuro di sé a tal punto da fargli trascurare i pericoli incombenti e i motivi per cui si trovava con il principe, e cioè difenderlo dalla bestia. 

 

Questa constatazione alleviò la sua ira contro il re ma accese quella verso se stesso. Si fermò e scese da cavallo. Si trovava in mezzo a una radura selvaggia e inospitale. Prese la sua spada dal cavallo e cominciò a colpire, foglie, piante e rami d’albero, urlando tutta la sua frustrazione e il senso d’impotenza.

 

Quando fisicamente non ne poté più, cadde in ginocchio, lasciando cadere la spada,  e cominciò a piangere e a urlare convulsamente. Poi siccome l’ora volgeva al tramonto, si diresse verso un paesino dove sapeva esserci una locanda per passare la notte.




 

Intanto a Camelot, Arthur non riusciva più a stare a letto e fece chiamare suo padre.

 

Al posto del re, vide entrare, poco dopo, Gaius.

Arthur gli sorrise e provò gioia nel vederlo. Era tutto il giorno che aveva a che fare solo con suo padre, mentre lui che si sentiva meglio, avrebbe voluto riprendere quanto prima la sua solita vita e soprattutto le esaltanti lezioni con Merlin. 

Gaius però quasi non lo guardava e aveva un'aria a dir poco mesta. 

 

“Cosa c’è Gaius?”

“Vostro padre vuole che vi controlli le ferite…!”

Arthur si tolse la camicia con l’aiuto del vecchio medico. 

Dopo aver tolto le bende, gli lavò le ferite, per togliere i residui di pomata vecchia e ne mise un nuovo strato, bendandolo con pezze pulite.

“Allora, come sto, Gaius?”

“Le vostre ferite sono ormai in via di guarigione. Domani potremo già togliere le bende. Merlin ha fatto un ottimo lavoro…”

“È stato Merlin a curarmi?”

“Sì, con la sua magia. Non ve l'hanno detto?”

“No e non capisco perché… ho chiesto a mio padre di vederlo, ma Merlin non è ancora venuto a trovarmi. Ed è … strano.”

Gaius ebbe un moto di rabbia. Ecco perché Uther l’aveva mandato da Arthur. Per non dover dirgli che aveva mandato via Merlin: si aspettava che lo facesse Gaius stesso.

 

“No, vostra altezza. Non è strano, perché Merlin non è più a Camelot!”

Arthur rimase per un attimo come smarrito: non riusciva a capire.

“Cosa significa che non è a Camelot. Dov’è?”

“Non lo so. Non ha parlato con me… so solo che ha preso le sue cose ed è partito”

 

Arthur aveva il fiatone. Scuoteva la testa e singhiozzò un paio di volte.

“Dio! È stato lui… mio padre! L’ha cacciato via … senza dirmi niente … ma perché?... Merlin mi ha salvato…” e pianse cercando di trattenersi un po’, poiché si vergognava di farsi vedere così da Gaius. 

 

“So che siete affezionato a Merlin. Anche per me è doloroso che non sia più qui. Ma credo che Merlin si sia accorto di aver fatto un errore molto grave… per questo ha accettato la decisione di vostro padre.”

“Non lo farà più tornare! So come fa mio padre in questi casi. Ma io… non  accetterò mai questa cosa! E poi a quale grave errore ti riferisci?”

“Al fatto che Merlin non vi ha protetto come doveva. Mi ha detto lui stesso che non si era trasformato, in modo da non fare avverare la profezia.”

“Lui voleva, sono stato io a impedirglielo.”

“E lui avrebbe dovuto farlo lo stesso…”

“Ma questa è follia!”

 

“A tutti può capitare di sbagliare, ma se si tratta di un membro della famiglia reale, chi sbaglia paga. Il re è stato persino magnanimo con Merlin. Un altro, al suo posto, sarebbe stato giustiziato…

 

“È terribile, Gaius! Cosa posso fare? …Voglio scrivergli, ora!”

“Non è possibile. Non sappiamo dov’è! E anche se fosse, Uther farà controllare tutta la vostra posta. Non riceverete mai una missiva da Merlin, sia che lui vi scriva, sia che non lo faccia, mi dispiace...”


























Ciao a tutti! Finale di capitolo molto angst. Ma tutto il capitolo lo è. Vediamo Arthur solo quando non c’è più Merlin ed è tardi.
Un bacione!

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