Le teste traballanti di Holland

di luvsam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Dopo quello che era accaduto al Roosevelt Hospital l’ultimo posto in cui Sam avrebbe voluto mettere piede era un manicomio e invece suo fratello maggiore aveva ricevuto nuove coordinate, che portavano a Holland in Michighan ed erano partiti in piena notte. Quando lo aveva tirato giù dal letto, non gli aveva dato altre informazioni, in fondo parlavano molto poco ultimamente, solo l’ordine in perfetto stile John Winchester di raccogliere le sue cose ed essere pronto a muoversi entro dieci minuti.
Sam non aveva gradito per nulla l’interruzione di una delle poche notti di sonno che si stava concedendo senza incubi, ma aveva ubbidito, non ritenendo salutare per il loro precario equilibrio mettere carne al fuoco. Aveva raccolto il borsone dal pavimento e infilato le poche cose che aveva in giro, poi aveva seguito Dean in macchina. Erano partiti e per le prime miglia aveva provato a riconnettersi con il mondo. Lo avrebbe fatto con calma se suo fratello non gli avesse subito spinto in grembo una cartina, chiedendogli silenziosamente di assumere il suo solito ruolo di navigatore, ma anche in quella circostanza aveva preferito tenere la bocca chiusa. Dopo circa venti minuti e una tazza di caffè presa al volo in una pompa di benzina, era tornato completamente operativo e aveva chiesto a Dean di ripetergli le coordinate arrivategli sul cellulare. Aveva tirato fuori il suo laptop e quando aveva capito dove stavano andando, si sarebbe messo ad urlare. Avrebbe voluto convincere Dean a passare il caso ad altri cacciatori, ma da quel pomeriggio nell’ala sud aveva continuato a camminare sulle uova e in rare occasioni aveva espresso un parere contrario a quello di suo fratello. Ufficialmente si erano chiariti, certo, ma era capitato più di una volta che il maggiore dei Winchester fosse scattato per cose banali e lo avesse aggredito anche se solo a parole. Non gli aveva rinfacciato la pistola puntata, né le parole al veleno mentre era posseduto da quel maniaco del dottor Ellicott, ma era evidente che Dean non lo aveva perdonato sul serio e a complicare le cose, ci si metteva anche il pessimo tempismo di papà.
Tra tanti posti doveva mandarli proprio ad Holland? Che cos’era uno scherzo?
Wendigo, fantasmi, licantropi, vampiri, c’era di tutto là fuori e John Winchester li stava spedendo in un altro manicomio?
Sam cercò di non perdere il controllo, ma era da un po' che covava dentro una bella dose di frustrazione. In fondo aveva acconsentito a lasciare Stanford con la promessa che si sarebbero messi sulle tracce di John e invece avevano avuto a che fare con campeggiatori della domenica, laghi incazzati, incidenti aerei e svitate che uscivano dagli specchi. Mai una volta in tutte quelle settimane aveva avuto l’impressione di essere più vicino al genitore e alle risposte che cercava, e non aveva aiutato nemmeno essere tornati a Lawrence e aver visto il fantasma di sua madre. Se possibile si era sentito ancora più alla deriva, anche se proprio quella volta, a casa di Missouri, aveva percepito qualcosa. Avrebbe giurato che John fosse nei paraggi, ma non voleva passare per matto, o comunque dare false speranze a Dean, così si era rimesso in macchina ed era ripartito.
E poi c’era stato il caso a Rockford e già prima di entrare nell’ospedale psichiatrico le cose avevano iniziato a scricchiolare, perché a Sam sembrava che il loro padre si stesse divertendo da matti a giocare a nascondino e cominciava ad essere stanco di girare a vuoto.
“Ehi, non mi piace parlare da solo”
“Cosa, Dean?”
“Ti ho chiesto se devo prendere la 196 per raggiungere Holland! La pianti di stare con la testa tra le nuvole?”
“Scusa, mi ero distratto, e comunque non possiamo fermarci un attimo?”
“Già ti scappa?”
“No, non è questo, è che volevo parlarti”
“Parla, posso guidare e ascoltare”
“Sì, ma vorrei affrontare l’argomento con le tue mani lontane dal volante”
“Il che equivale a dire che stai per farmi incazzare! Che cosa ti è andato di traverso stavolta?”-chiese acidamente Dean senza nemmeno accennare a rallentare.
“E’ che continuiamo a seguire coordinate da…”
“Lo sapevo che era questo il problema, mi sarei giocato i gioielli di famiglia. Ancora, Sam? Sei diventato un disco incantato! Se papà dice di andare, noi andiamo, fine della discussione”
“Ma non ha senso”
“Non ha senso discutere sempre delle stesse cose! Ci ha dato un ordine e noi ubbidiamo”
“E se non fosse lui? Sono mesi che saltiamo da una parte all’altra del paese senza nessun altro segno della sua presenza a parte le coordinate”
“Certo che è lui”
“Come fai a saperlo?”
“E’ il suo modo di parlarci senza esporsi troppo, lo ha sempre fatto”
“Se è scomparso e non si espone, è perché è nei guai? Allora dovremmo concentrarci sul cercarlo e non…”
Dean diede un pugno sullo sterzo e urlò:
“Chiudi il becco, Sam, straparli da un po' di tempo a questa parte e dici un sacco di cazzate”
Eccola lì, l’ennesima frecciata e le parole dure colpirono Sam come una coltellata, ma questa volta non restò in silenzio.
“Per quanto tempo ancora dovrò scusarmi per quello che è successo al Roosvelt? Non pensavo tutte quelle cose, non volevo dire che tu…”
“Oh sì che volevi dirlo, ma non importa, ho le spalle larghe io e ancora non mi hai detto se devo prendere la 196”
“Non zittirmi come se fossi un bambino, Dean, sono cresciuto da un po'”
“A parte in altezza direi proprio di no, lagni come un poppante non appena qualcosa non ti va”
“Fammi scendere”
“Cosa?”
“Fammi scendere e vaffanculo, Dean! Ho lasciato morire Jessica da sola per seguirti, non puoi parlarmi così”
L’Impala si fermò bruscamente e subito dopo lo sportello del passeggero si aprì per poi richiudersi in modo violento. Tempo qualche secondo e anche quello del guidatore si spalancò lasciando che un furioso Dean Winchester raggiungesse suo fratello sul retro dell’auto.
“Dove credi di andare?”
“Non lo so, ma non ti riguarda! Ne ho piene le palle di dovermi chiedere se posso o non posso parlare, se quello che ho da dire è di tuo gradimento o meno. Sei incazzato con me e lo accetto, ma è evidente che in questo momento non possiamo stare insieme. Fatti sbollire la rabbia, poi, se ancora vorrai avere a che fare con me, chiamami e ne riparleremo”
Sam aprì il cofano per prendere il suo borsone, ma una mano di suo fratello gli strinse forte il polso.
“Lasciami, cazzo”
E Dean lo fece, ma subito dopo fece anche altro: lo stese con un pugno.
Il più giovane dei Winchester si ritrovò sulla schiena senza nemmeno capirlo, perché quando l’altro colpiva, lo faceva sul serio e il buon senso gli avrebbe consigliato di non reagire, ma la tensione fra di loro era arrivata a livelli troppo alti, così Sam si rimise in piedi e fissò il suo avversario. Era evidente dal suo sguardo che Dean non desiderava altro che spaccargli la faccia e se guerra doveva essere, guerra sarebbe stata. Se le diedero di santa ragione sul bordo della strada e alla fine della scazzottata non ci fu un vero vincitore. Si ritrovarono entrambi a terra con le spalle appoggiate all’Impala e per un po' rimasero in silenzio ansimando, poi il maggiore dei fratelli, asciugandosi un rivolo di sangue dal labbro inferiore, commentò:
“Devo ammetterlo, Sammy, non colpisci più con una verginella in pericolo”
L’altro si voltò alla sua destra e solo in quel momento si rese conto di quanti pugni fossero andati a segno.
“Non guardarmi in quel modo, sei messo peggio di me, sai?”
Ci fu un attimo di silenzio, poi Dean scoppiò a ridere lasciando allibito il fratello minore.
“Trovi divertente che ci siamo pestati a vicenda?”
“No, è che ho pensato a papà e a come avrebbe reagito se fosse stato qui”
A quel punto anche Sam sorrise massaggiandosi il mento e rispose:
“Immagino che ci avrebbe lasciato sfogare, ma poi sarebbe finita come a Marfa quando abbiamo litigato per la tv”
“Marfa?”
“In Texas, Dean, avevi 16 anni e io 12. Papà era appena tornato da una caccia e ci trovò sul pavimento a suonarcele”
“I fottuti Thundebirds, ora ricordo. Mi avevi spappolato le orecchie con la voce di Lady Penelope per tutto il weekend e volevo vedere qualcosa anch’io, ma non volevi darmi il telecomando”
“Non me l’hai chiesto, me lo hai strappato e mi hai tirato un calcio”
“Che memoria, Sammy!”
“Mi ricordo di più le mani di papà che ci tirarono su dal pavimento”
“Veramente io ricordo di più come le usò dopo”
“Colpa tua, non dovevi fare il prepotente”
“E’ inutile che fai il santarello, quella volta non ci cascò neanche il vecchio”
“Credo che sia stata una delle ripassate più memorabili che abbiamo mai avuto”
“Beh, se ci pensi, chiunque avrebbe perso la pazienza. Papà era stanco e ferito per la caccia e probabilmente non voleva altro che fare una doccia e andare a dormire, e invece è entrato e si è trovato nel bel mezzo di una rissa. Al posto suo anche io ti avrei scaldato il culo”
“Lo ha fatto ad entrambi, non chiamarti fuori. Non volle sentire ragione e il tuo sedere ha pulsato per giorni quanto il mio”
“Di più, Sammy, sai la storia del più grande e del senso di responsabilità”
I due fratelli tornarono in silenzio, poi Sam mormorò:
“Mi dispiace su serio, Dean”
“Vuoi davvero andartene?”
“Voglio trovare papà”
“E non credi che lo voglia anche io?”
“Perché allora non fai altro che seguire quelle maledette coordinate?”
“Perché è quello che vuole, ci sarà tempo per le spiegazioni”
“Tu credi? A volte penso che non voglia essere trovato, che stia alla larga di proposito”
“Per quale motivo dovrebbe farlo, Einstein?”
“Non lo so, ma, ammettilo, non gli siamo arrivati vicino nemmeno una volta”
“Sammy, papà è papà e ci vorrebbe un manuale di istruzioni per capire che cosa fa e perché lo fa, ma so che non agisce mai senza una motivazione”
“E quale sarebbe la motivazione di non essersi presentato quando Jessica è morta? E’ stato Occhi Gialli, il suo nemico numero uno, e se non voleva venire per me, avrebbe dovuto farlo per stargli attaccato al culo”
Dean guardò con tenerezza il fratello e avrebbe voluto dargli una spiegazione plausibile, però proprio quella volta faticava a trovarne una, perché in fondo doveva dargli ragione, John avrebbe dovuto esserci. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto capire il dolore del figlio, nessuno avrebbe potuto trovare le parole giuste per dargli conforto, eppure si era ben guardato dal dare un minimo cenno ai suoi figli. A volte anche per lui era dura decifrare i comportamenti del padre, ma si era sempre fidato incondizionatamente, alchimia che non si era mai creata tra John e Sam.
“Adesso sei tu che hai la testa tra le nuvole e sta iniziando a piovere”
“Come al solito ai piani alti non se ne fanno scappare una, cazzo! Tu che cosa vuoi fare? Devo accompagnarti da qualche parte?”
“Vuol dire che andrai comunque a Holland?”
“E’ un affare di famiglia”
“Sembra un orrendo spot pubblicitario”- rise Sam.
“Non mi hai risposto”
Il giovane sospirò mentre la pioggia iniziava a cadere più copiosa e chiese:
“Questa è l’ultima volta, Dean? Questo caso e poi niente ci distoglierà dal cercare papà?”
“Mi sembra ragionevole”
“Okay”
“Bene, principessa-esclamò il giovane tirandosi su-è deciso! Alza il sedere ed entra in auto, non vorrei che ti prendessi un raffreddore e ti colasse il nasino”
Sam scosse la testa sorridendo e si alzò a sua volta, poi i due rientrarono nell’Impala, ma Dean non rimise subito in moto. Si sporse verso il fratello e gli assestò un sonoro scappellotto.
“Ahi”
“Questo è per aver sbattuto lo sportello di Baby, puttana”
“Sei proprio un coglione, lo sai?”
Il conducente fece girare le chiavi nel quadro e i Winchester si rimisero in marcia verso il Michigan.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quando l'Impala si fermò davanti a Felt Mansion, Dean non poté non pensare che quella che avevano davanti era quasi in cima alla top ten delle discariche in cui aveva messo piede insieme a suo fratello. Probabilmente lui e Sam avrebbero avuto bisogno di un’antitetanica una volta usciti di lì, ma non voleva prestare il fianco ad una nuova filippica di Sam contro John perché, doveva ammetterlo, il gigante al suo fianco aveva davvero la stoffa per fare l'avvocato. Quando suo fratello voleva perorare una sua causa, era davvero abile con le parole e il suo sguardo furbo aveva messo in difficoltà anche un cacciatore di classe A come il loro papà in più di un’occasione. Ce n’era stata una memorabile, una volta in cui Sam, alla veneranda età di sei anni, aveva trovato un milione e più motivazioni per le quali John doveva assolutamente lasciarlo andare al pigiama party di Sue, la sua compagna di classe. Il bimbo aveva aspettato impaziente il ritorno del genitore, poi si era sistemato sulle sue gambe e gli aveva messo un bigliettino colorato davanti alla faccia. Gli aveva mostrato delle lettere sbilenche aspettandosi che suo padre leggesse quello che c'era scritto e lo aveva fissato con aria interrogativa. L’uomo aveva provato ad interpretare quelle zampe di gallina, ma avrebbe avuto meno difficoltà a tradurre un’iscrizione in latino. Aveva chiesto aiuto con lo sguardo a Dean, che lo aveva illuminato sul nocciolo della questione e ancora una volta maledisse il demone che era entrato in casa sua. Da allora niente era stato più lo stesso e anche una festicciola di bambini gli scatenava il panico. Non avrebbe mai lasciato uno dei suoi figli ad un estraneo, così, per quanto gli dispiacesse, John  aveva risposto a Sammy che no, non sarebbe potuto andare da Sue. Il sorriso del piccolo si era spento nell’immediato quando aveva registrato che sarebbe rimasto al motel, ma il testardo soldo di cacio aveva mantenuto la posizione, affermando che la casa era vicina, che ci andavano tutti, che la signora Cooper lo avrebbe riaccompagnato. Le aveva tentate tutte per convincerlo, ma John era stato irremovibile. Era consapevole di star dando un dolore a Sammy, ma non aveva altra scelta . Aveva urlato al suo cuore di smettere di tirarlo per la giacca ed aveva provato a distrarre suo figlio dal pensiero della festa, promettendogli anche un pit stop dallo zio Bobby, ma il monello aveva continuato a combattere. Alla fine John non aveva resistito davanti a tanta ostinazione, era scoppiato a ridere sotto lo sguardo sorpreso dei suoi figli e aveva acconsentito ad accompagnarlo. Si era così presentato a casa Cooper stringendo forte la mano di Sam, che non la smetteva di sorridere e che, arrivato a destinazione, aveva provato a sgusciare dentro più veloce di un’anguilla. Non lo aveva però lasciato andare subito e ad un certo punto si era accovacciato, per guardarlo dritto negli occhi. Niente raccomandazioni verbali, in quei secondi di silenzio aveva detto tutto a suo figlio, che gli si era lanciato tra le braccia e gli aveva sussurrato un “grazie, papi”. Quando Sam era entrato, aveva stretto ancora la mano della signora Cooper per un altro veloce test, poi si era congedato e aveva concesso al suo piccolino una pausa dalla loro vita precaria.  Solo per qualche ora e non per l’intera notte e aveva aspettato tutto il tempo fuori la casa di Sue sorridendo ancora di tanto in tanto al ricordo della lingua lunga di suo figlio.
Mentre Dean pensava alla loro infanzia, anche Sam era lontano con la mente e fissava un punto imprecisato fuori dal parabrezza. Era di nuovo nel suo appartamento a Stanford e ancora una volta stava rivivendo lo strazio della morte di Jess. Ormai il ricordo lo assaliva di giorno quanto di notte e non c’era bisogno che sentisse pronunciare il suo nome da qualcuno di passaggio, o l’urlo delle sirene dei vigili del fuoco. Il dolore della perdita lo stava sopraffacendo e sapeva di essere ormai vicino al limite.
Perché Dean non capiva quanto fosse importante per lui parlare con John?
Perché lo aveva spinto ad andare sempre oltre alla fine di ogni caso?
Certo, adesso gli aveva promesso che dopo Felt Mansion si sarebbero dedicati solo all’inseguimento del padre, ma Sam si era ritrovato a chiedersi se gli stesse sfuggendo qualcosa.
Forse Dean sapeva sin dall’inizio dov'era John e non aveva condiviso per un accordo fra i due?
Forse era per questo che metteva la scomparsa del loro padre in secondo piano rispetto ai suoi ordini?
Quei pensieri gli avevano avvelenato la mente per giorni dopo il Roosevelt ed era arrivato al punto di far esplodere la rabbia, poi li aveva scacciati dicendosi che Dean non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere. Si era convinto che era colpa del dottor Elliccot e della possessione, ma in un angolino della mente quel pensiero continuava a strisciare.
“Ehi, che tempo fa su Marte?”
Sam tornò alla realtà e fissò il fratello.
“Ragazzino, ma si può sapere dove sei con la testa?”
“Sono qui”
“Non mi sembra e non ti porto sul campo se non sei concentrato”
“Uno, tu non mi porti da nessuna parte, sono grande e vaccinato, e due, non parlarmi come se fossi papà. Lui non c’è, non è qui, okay?”
L’affermazione fece capire a Dean che la scazzottata non aveva risolto nulla e disse:
“Mi sembrava che fossimo d’accordo sul fatto di metterci sulle sue tracce dopo questo caso”
“Lo so, ma…”
Il giovane si sentì improvvisamente soffocare all’interno dell’abitacolo e uscì dall’Impala in fretta facendo cadere gli appunti che aveva preso in rete durante il viaggio.
Sì, perché quella era un’ altra caratteristica nel modo incasinato di comunicare di John, coordinate e nessuna informazione suppletiva. Dovevano partire da delle cifre e poi capire di che diavolo voleva che si occupassero. Questa parte del divertimento era in genere sulle spalle di Sam e anche questa volta non ci aveva messo molto a individuare l’obiettivo. Sui media di Holland e dintorni aveva intercettato la vicenda di una coppietta, scomparsa misteriosamente nei pressi della Felt Mansion. All’inizio in città non avevano preso la cosa sul serio, in fondo non si trattava di due ragazzini, poi l’umore generale era cambiato davanti alla mancanza totale di notizie. La polizia li aveva cercati ovunque dopo la denuncia dei rispettivi genitori e alla fine aveva ritrovato solo lei, che vagava nei boschi intorno alla cittadina. L’avevano portata in ospedale di corsa e durante una prima deposizione lei aveva raccontato di essere andata con il fidanzato a fare una passeggiata nei pressi della Mansion. Qui, secondo la donna, erano stati accerchiati e rapiti da dei mostri dalla testa enorme. Li avevano separati e per pura fortuna era riuscita a scappare. Aveva anche provato a rintracciare Simon, ma l’avevano scoperta ed inseguita fino a quando non aveva incrociato i poliziotti.
I medici avevano liquidato il racconto come il parto della mente di una persona traumatizzata, ma quello che era reale era che il ragazzo non si trovava da nessuna parte. Non un caso per i Winchester, tutto sommato, se non fosse che alla vicenda della coppia era stata accostata la storia delle teste traballanti.
Dean aveva riso come un matto quando Sam gli aveva letto il reportage sulla pagina web del The Holland Sentinel, ma aveva proseguito la marcia verso il Michigan sparando ogni genere di battuta a sfondo sessuale, che gli era venuta in mente. L’altro Winchester aveva provato a non farsi coinvolgere nel vortice delle volgarità di suo fratello, poi aveva riso anche lui e per un po' il peso sul cuore era sparito.
Quella pressione però ora era tornata e il giovane stava camminando avanti e indietro sotto lo sguardo di Dean, che si stava tenendo a debita distanza. Scese a sua volta dall’auto solo quando vide Sam appoggiarsi stancamente sul cofano dell’Impala e si sistemò accanto a lui. Attese che dicesse qualcosa, poi propose:
“Se non ce la fai, passiamo il caso ad un altro cacciatore e ci prendiamo una pausa”
“Non lo so,  non capisco più niente”
“Stai pensando a Jessica? Puoi dirmelo, sai, non devi per forza far finta di stare bene”
“Dean, io…”
“Sammy, non sarebbe umano se non soffrissi per la sua morte e vorrei tanto sapere cosa dire per farti stare meglio, ma non ci sono parole davanti a una tragedia del genere”
“Non parlarne come se fosse stato un incidente, è un omicidio, l’ho uccisa io”
“E quando lo avresti fatto? Eri con me quando…”
“L’ho condannata io a morte nell’esatto istante in cui ho iniziato a parlare con lei”
“Non dire sciocchezze, non è andata così”
“Non dovevo cedere, non dovevo entrare nella sua vita. Sarebbe ancora viva se non si fosse messa con me, si sarebbe laureata e poi magari sposata”
“Non era quello che voleva fare con te?”
Sam non replicò e si ricordò di aver confessato a suo fratello di aver comprato un anello a Jess.
“Lei ti avrebbe detto di sì “
“Come fai a saperlo?’
“Sono l’ultimo a poter parlare di relazioni serie, ma lei ti amava, Sam, lo si vedeva nel suo sguardo, nel modo in cui stava al tuo fianco quella sera. Sono sicuro che avrebbe accettato la tua proposta di matrimonio, quindi lei aveva trovato in te quello che cercava. In fondo eravate già andati a vivere insieme e non è un passo che si fa se non ami veramente qualcuno, giusto?”
“Credo di sì”
“Allora non punirti per qualcosa che non hai fatto, prendi il dolore e usalo come sprone per fare a pezzi quel figlio di puttana”
Ci fu una nuova pausa di silenzio, poi Dean chiese:
“Sei con me, Sammy?”
“Sono con te, ma il mio nome è sempre Sam”
“Come vuoi e ora, prima che mi crescano le tette, ci diamo una mossa e vediamo di capire di più di questi coglioni saltellanti?”
Il minore dei Winchester sorrise ed esclamò:
“Dean, teste traballanti, non coglioni saltellanti”
“Beh, fratellino, se ci pensi bene, in certe situazioni c’ è una testa e…”
“Ti prego, fermati, questo è disgustoso anche per te”
“Ti imbarazzi ancora per una conversazione spinta? Oh, santo cielo, tutti i miei sforzi per crescerti bene buttati al vento. Devo rifarti il discorso delle api e dei fiori?”
Sam non ebbe il tempo di ribattere perché vide arrivare una volante della polizia ed esclamò:
“Merda, che facciamo?”
“Lascia parlare me e reggimi il gioco, okay?”
“ Che vuoi fare?”
“Riepilogo veloce sugli scomparsi?”
“Simon Drummond e Veronica Gerrard, entrambi  venticinquenni e originari del posto. Stanno insieme dal liceo e convivono da un anno. Lui lavora come manager da Wallmart, lei è una maestra”
“E che diavolo ci facevano qui invece di godersela in un bel ristorante? La gente è fuori di testa”
Dean vide un agente scendere dall’auto e notò subito che era molto giovane, quindi non in servizio da molto. Se avesse dovuto scommettere, avrebbe puntato sul fatto che lo avrebbe messo nel sacco in poco tempo e si preparò all’entrata in scena.
“Signori, buongiorno, vi devo chiedere di andarvene, questo posto è sotto sequestro”
“Buongiorno a lei. Forse, prima di invitarci ad andarcene, dovrebbe lasciare che ci identifichiamo, siamo federali”
“Federali? E chi vi ha chiamati?”
“Non posso divulgare certe informazioni, ma, se vuole parlare con il mio superiore, basta che lo dica. La avverto però che si infastidisce molto quando qualcuno lo disturba per motivi banali”
Dean guardò severamente l’agente e colse sul suo viso un velo di panico.
“Allora lo chiamo? Non ci metto nulla, però non dica poi che non l’avevo avvertita se riceverà una lavata di testa dal suo capo”- incalzò tirando fuori il cellulare.
Il giovane poliziotto deglutì e chiese:
“Posso vedere i vostri distintivi?”
“Certo, non c’è problema”
Sam entrò in auto e tirò fuori dal vano portaoggetti i loro distintivi rigorosamente falsi dell’FBI. Tornò all’esterno e li mostrò all’agente, che li diede per buoni alla prima occhiata.
“Scusate, agenti Morgan e Frasier, dovevo…”
“Non si scusi, agente…”
“Goldwin”
“Agente Goldwin, ha fatto solo il suo dovere, stia tranquillo. L’FBI apprezza molto le persone attaccate al proprio lavoro come lei e la menzionerò nel rapporto”
“Grazie, agente Morgan”
“E sa una cosa? Potrebbe anche darci una mano”
“Io, collaborare con l’FBI?”
“Ovviamente l’agenzia negherebbe qualsiasi coinvolgimento con le autorità locali, se ci dovesse essere una fuga di notizie ”
“Sarei onorato e sarò molto discreto”
“Molto bene. Dunque, agente Goldwin, che cosa mi dice della coppia scomparsa? Sappiamo che lei è stata ritrovata, mentre lui è ancora uccel di bosco”
“Posso essere schietto, signore?”
“La prego”
“Personalmente penso che le indagini stiano andando dalla parte sbagliata. Tutti conoscono Simon e Veronica, le loro scenate in pubblico sono famose”
“Si spieghi meglio”
“Li hanno dipinti come Romeo e Giulietta, ma la verità è che Simon è un donnaiolo e la riempie di corna. Sapete che fa il manager al Wallmart? Beh, si fanno un sacco di chiacchiere su come assuma le persone, non so se mi spiego”
Dean sorrise e chiese:
“ Mi sta dicendo che si porta a letto le future dipendenti?”
“Diciamo che quelle giovani e carine passano le selezioni con estrema facilità ”
“E Veronica lo sa?”
“Oh, sì,  sono intervenuto di persona una volta per sedare l’ira di lei, che lo aveva trovato in ufficio con i pantaloni calati. Sembra una maestrina dolce e indifesa, ma, ragazzi, ci sono voluti tre agenti per toglierle dalle mani un’aspirante segretaria”
“Sta scherzando?”
“Neanche un po' “
“È una storia interessante”
“Solita solfa di provincia, per questo mi sono meravigliato dell’arrivo dell'FBI”
Sam, che  era rimasto in silenzio fino ad allora, intervenne nella conversazione e chiese:
“ Che cosa pensa che sia successo a Simon?”
“Resterà tra noi?”
“Ovviamente”- rassicurò Dean.
“Io credo che Britney sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e che Veronica lo abbia fatto fuori. La sera dei pantaloni calati lo ha pesantemente minacciato, gli urlò che gli avrebbe fatto fare la fine di John Bobbit ”
“Oh, wow”-esclamò Dean.
“Già, piuttosto inquietante, e penso che qualunque persona sana di mente avrebbe preso il largo, ma Simon Drummond non brilla per intelligenza. Si è fatto convincere a riprovarci e poi c’è stata la famosa passeggiata”
“Se erano tornati insieme, perché Veronica avrebbe dovuto fargli del male?”
“ Perché il lupo perde il pelo, ma non il vizio”
“Ci è ricascato?”
“Dopo Britney c’è stata Melory e Veronica non avrà più retto. Lo ha attirato fuori e ora l’idiota starà marcendo da qualche parte”
“Quindi non crede alla storia del rapimento”
“Secondo me sono tutte balle, vuole solo allontanare i sospetti da lei”
“E si sarebbe inventata la storia dei mostri dalla testa enorme?”
“Le teste traballanti sono una leggenda locale, roba che può far colpo solo sui turisti”
“Le dispiace raccontarci qualcosa in più di questa leggenda locale? Per il rapporto al capo”

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il racconto dell'agente Goldwin era stato più lungo del previsto, ma alla fine Dean e Sam conoscevano vita, morte e miracoli di Felt Mansion, ora poco più di un rudere, ma un tempo la ricca residenza di Dorr Felt, di sua moglie Agnes e delle loro quattro figlie. Era piuttosto difficile immaginare che nei suoi giorni migliori la tenuta comprendesse una fattoria di mille acri con una casa sulla spiaggia, una rimessa per le carrozze, una fattoria e persino uno zoo, eppure secondo lo zelante poliziotto, nonché appassionato di storia locale, era stata un vero gioiello.
Aveva raccontato ai Winchester che la casa era stata curatissima all’esterno e ricchissima all’interno, ma la famiglia se l’era goduta poco perché, nell’agosto del 1928, solo sei settimane dopo che vi si era trasferita, Agnes era morta e Dorr l’aveva raggiunta un anno e mezzo dopo.
Goldwin aveva aggiunto che in zona qualcuno aveva parlato di una maledizione sulla residenza, ma la famiglia aveva mantenuto la villa fino al 1949. Quell’anno, l’ultima discendente dei Felt, per nulla interessata a soggiornare nel Michigan, aveva venduto l’intera proprietà al Seminario di Sant'Agostino, che ne aveva fatto una scuola per futuri preti e una residenza per delle monache di clausura. Ad un certo punto però la struttura non era stata più ritenuta idonea e la Mansion era stata acquistata dallo Stato, che ne aveva fatto una prigione in uso fino al 1992. Da allora la villa era stata completamente abbandonata ed era stata più volte vandalizzata.
Era stato a quel punto del racconto che era entrato in gioco lo Junction Insane Asylum e la storia delle teste traballanti, ma l’agente Goldwin si era affrettato a ribadire che il manicomio non era mai esistito, così come uno spietato dottore che aveva abusato al suo interno di bambini malati.
Ed era stato proprio in quel momento che Sam aveva registrato l’occhiataccia di Dean e aveva capito che le cose si sarebbero messe male. Era vero, aveva volutamente omesso di menzionare l'ospedale psichiatrico insieme alla storia delle teste traballanti, ma solo perché c’erano fin troppe similitudini con il caso del Roosvelt e non avevano bisogno di ritornare su quanto accaduto. Gli era sembrata la cosa migliore da fare, date le circostanze, ma adesso sapeva che Dean non aveva per niente gradito e che di sicuro ci sarebbe stato un seguito. Era così che si agiva nel clan Winchester, non ci si doveva mai esporre in presenza di estranei, ma poi le carte sarebbero state messe in tavola.
Per questo Sam aveva dovuto fare buon viso a cattivo gioco, continuare ad ascoltare il monologo storico, e poi ringraziare il poliziotto per l’esauriente resoconto. Aveva aspettato che la volante si allontanasse, convinto che suo fratello sarebbe scattato subito dopo, ma non era accaduto nulla.
Dean gli aveva detto che si era fatto tardi, che era meglio trovarsi un posto dove dormire ed era salito in macchina. Li aveva portati all’Economy Inn senza fiatare e quel silenzio valeva purtroppo più di mille parole.
Mentre aspettava il suo ritorno dalla reception del motel, Sam pensò che anche in questo Dean era troppo simile a John e a volte trovava davvero snervante che entrambi avessero il potere di farlo sentire come un bambino, che aveva rubato la marmellata.
Il giovane sorrise amaramente ripensando a suo padre e alle sue maledette regole da rispettare. Ne aveva una per ogni occasione, ma quella alla quale teneva forse di più era che per nessun motivo si mentiva in famiglia e gliel’aveva fatta pagare tutte le volte in cui non l’aveva rispettata.
Sam se ne ricordava due in particolare: la prima era stata quando aveva preso il famoso diario e in cambio si era guadagnato una prolungata permanenza sulle ginocchia di John a chiappe all’aria, la seconda era stata quando se n’era andato a Stanford e l’essere buttato fuori era stato un dolore enorme. Aveva sofferto a lungo per il distacco, ma adesso avrebbe sopportato qualsiasi punizione pur di ritrovarlo e sentirsi di nuovo suo figlio. Lo desiderava più di ogni altra cosa al mondo, anche se non poteva nascondere a sé stesso che aveva paura di un nuovo rifiuto di John e che avrebbe potuto scoprire cose terribili sul proprio conto.
Sam continuò a correre dietro ai suoi pensieri fino a quando Dean non bussò al finestrino e gli mostrò le chiavi. Sospirò e aprì lo sportello. Uscì all’esterno e prese le sue cose dal portabagagli, poi seguì il fratello all’interno della 7B. Solita stanza di motel da quattro soldi, ma almeno i due cacciatori non furono accolti da odori strani e questo era qualcosa per cui ringraziare. 
Sam appoggiò il borsone sul letto alla sua sinistra e decise di cavarsi subito il dente.
“Forza, adesso puoi esplodere”
“Che cosa vuoi che ti dica? Evidentemente questi quattro anni ti hanno cambiato più di quello che immaginavo”
“E con questo che vorresti dire?”
“Prima eri un libro aperto, ora non lo sei più, ma questo è stato chiaro da quando hai nascosto a me e a papà che te ne saresti andato”
“Questo è un colpo basso”
“Ma è la verità, come è altrettanto vero che non ti fidi più di me”
“Non è così, mi fido di te”
“E perché devo scoprire da un poliziotto del cazzo che mi hai mentito?”
“Non ti ho mentito, ho solo…”
“Non provare a fare l’avvocato con me! Non avrò la tua istruzione, ma non sono uno stupido”
“Non ho mai pensato che tu fossi stupido, volevo solo evitare che litigassimo ancora”
Dean scosse la testa e rispose:
“Ascolta, Sam, le cose non vanno bene tra di noi dal Roosvelt in poi e questo è un dato di fatto, ma non accetto nessun giochetto da te, okay? Ammetto di averti trattato di merda e anche che ogni tanto mi viene ancora voglia di dartele per quello che hai detto e per essertene andato al fottuto college, ma…”
Sam cercò di reagire, ma Dean lo zittì puntandogli un dito contro e continuando:
“Ma basta stronzate! Se vuoi davvero smettere di litigare con me, non mi nascondi più niente, è chiaro? Non sei tu che decidi che cosa devo sapere e cosa no, soprattutto se si tratta di un caso, non te lo permetto. E giusto per chiarirci una volta per tutte, gradirei anche sapere che cosa ti passa per la testa, perché stai di merda e non so da che parte prenderti”
Sam incassò la sfuriata e si rese conto che suo fratello aveva ragione su tutta la linea. Era stato intrattabile per settimane dopo la morte di Jess, prima il dolore, poi la rabbia, e Dean non si era mai stancato di stargli accanto, proprio come aveva sempre fatto. Ingoiò nervosamente, poi disse:
“Va bene, niente giochetti e cercherò di condividere quello che mi passa per la testa, ma su questo non garantisco”
“E’ già qualcosa, e proprio perché non posso venir meno al mio ruolo di miglior fratello del mondo, puoi tenere per te quando ti viene il ciclo”
Dean fissò bonariamente il fratello, poi scoppiò a ridere ed esclamò:
“Dovresti vedere la tua faccia, Sammy, vorrei avere una macchina fotografica”
“Sei uno stronzo, non ti smentisci mai”
“Sono unico, mamma e papà hanno messo al mondo un capolavoro. Con te ci hanno provato, ma, ammettiamolo, si erano già dati”
“La pianti?”
“Non ti offendere, il primogenito è sempre quello riuscito meglio. Sono il più bello, il più simpatico e modestia a parte, anche il più…”
“Dean, basta, ho capito!”
“Spero che tu abbia capito davvero -ribatté l’altro tornando serio-, rivoglio mio fratello”
“Non mi hai mai perso”
“Buono a sapersi, e visto che due ondate di ormoni femminili in una giornata sono troppe, vado a prenderci qualcosa da mangiare e niente cibo da conigli, scelgo io. Ho visto una Steak House mentre venivamo qui e ho intenzione di saccheggiarla”
Sam non ebbe il tempo di ribattere perché si ritrovò da solo nella stanza e si lasciò andare sul letto.
Restò a fissare il soffitto fin quando non sentì scattare di nuovo la porta e vide rientrare suo fratello, carico di buste unte.
“Non cominciare a storcere il naso, principessa, hai bisogno di un po' di sostanza”
“Sostanza non vuol dire picco di colesterolo”
“Non fare tante storie e muoviti”
Dean appoggiò il bottino sul tavolo e Sam chiese:
“Ma quanto diavolo hai speso? Hai preso roba per un esercito”
“Pensa a riempire la pancia”
“Sono serio, devi stare attento con quelle carte di credito, le stai usando troppo”
“Stai tranquillo, parte ha offerto la casa, e se non hai nulla in contrario, ma in tal caso sarei molto triste, dopo cena vado a conoscere meglio la ridente cittadina di Holland”
“Non ci posso credere, hai già puntato qualcuna?”
“Chi dorme non piglia pesci, fratellino, e io sono sveglio come un grillo”
“Va bene, vai e divertiti”
“Non vuoi venire con me? Non ti farebbe male prendere una boccata d’aria”
“No, Dean. Metterò in ordine gli appunti aggiungendo quello che ci ha raccontato quel poliziotto e poi me ne andrò a dormire”
“Sei sicuro?”
“Sì, sono sicuro”
“Okay, non insisto”
Sam sorrise grato e chiese:
“Che cosa pensi che stia succedendo qui? Veronica ha fatto fuori il fidanzato e papà ha preso una cantonata, o c’è davvero qualcosa a Felt Mansion?”
“Non lo so, non ci avrebbe mandato qui se non avesse subodorato un caso”
“Questo è vero”
“Domani entriamo nella villa e vedremo di chiarirci le idee”
“Mi sembra un buon piano”
I due fratelli cenarono, poi Dean si diede una ripulita e si preparò ad uscire, mentre Sam tirava fuori dallo zaino i suoi appunti. Ci lavorò su per un po', poi ne ebbe abbastanza e si concesse a sua volta una doccia prima di afferrare il telecomando e stendersi a guardare la tv. La programmazione era decisamente noiosa e in breve gli occhi del cacciatore cominciarono a chiudersi.
Quando Dean tornò dopo le due, sorrise alla vista di suo fratello addormentato davanti all’edizione della notte del telegiornale e si avvicinò in silenzio al suo letto. Raccolse dal pavimento il telecomando e spense la televisione, poi si sedette per sfilarsi gli stivali e prepararsi ad andare a sua volta a nanna. Notò sul tavolo una serie di fogli numerati e pronti per prendere posto su una parete, ma non aveva voglia di pensare a Simon, a Veronica e alle teste traballanti. Finì di spogliarsi, si assicurò che la stanza fosse protetta, poi si stese mettendo una mano sull’arma sotto il cuscino.
Sam si mosse nel letto accanto e si voltò verso di lui senza però svegliarsi e a quel punto Dean si concesse di andare a dormire, non prima però di aver dedicato un ultimo pensiero a suo padre:
“Gliel’ho promesso, questo caso e poi veniamo a stanarti. Spero che tu stia bene e che abbia una buona spiegazione per tutto questo, papà, perché Sammy se la merita”.
 

 
 
 

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Capitolo 4
*** capitolo 4 ***


 
Il mattino dopo i Winchester si erano alzati presto e dopo una rapida colazione, si erano diretti a Felt Mansion, per scoprire una volta per tutte se dovevano restare, o levare le tende senza perdere più tempo.
A parere di Dean la sveglia era stata esageratamente precoce, ma non aveva osato commentare perché, osservando suo fratello, aveva capito che Sam aveva dormito molto meno di lui. I suoi occhi erano segnati ed era inquieto, come se avesse già buttato giù un numero imprecisato di caffè.
Lo aveva visto andare avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia, poi precipitarsi fuori dalla loro stanza, affermando che avrebbe controllato che nel bagagliaio ci fosse tutto il necessario, Dopo pochi minuti era rientrato dandogli l’okay ed esortandolo a muoversi e Dean aveva pensato con nostalgia a quando Sammy andava in overdrive per il primo giorno di scuola all’asilo, o quando lo portava a prendere un gelato al cioccolato, per distrarlo dall’assenza di papà. Aveva comunque lasciato a metà il suo caffè e lo aveva seguito in macchina.
Lungo la strada i due avevano parlato del più e del meno, o meglio Dean lo aveva fatto praticamente per entrambi, visto che Sam si era limitato a fare ogni tanto un cenno con la testa, o a borbottare una veloce risposta, segnale inequivocabile di una profonda inquietudine e della non voglia di fare conversazione. Non aveva comunque permesso che nell’Impala calasse il silenzio e tra una stronzata e l’altra aveva spostato più volte durante il tragitto lo sguardo su suo fratello, per valutare quanto fosse sul pezzo.
Arrivati a destinazione, i due cacciatori scesero dall’auto e andarono al portabagagli, per raccogliere tutto quello che sarebbe potuto servirgli. Si avviarono poi verso l’ingresso della casa e vi entrarono senza nessuna difficoltà, visto che la porta era praticamente divelta. Non appena varcarono l’ingresso, furono accolti da un odore molto simile a quello dei bagni delle stazioni di servizio, ma Sam non commentò e Dean sospirò. Anche quello era un altro indizio su quanto suo fratello avesse solo voglia di ritrovare John e di avere delle risposte, e voleva davvero accontentarlo e fare in fretta, ma si irrigidì quando arrivò la proposta di dividersi. Un Sam nervoso era un Sam distratto e voleva tenerlo d’occhio, così gli rispose di darsi una calmata e di comportarsi come un professionista. Per fortuna non ci furono obiezioni e i due fratelli continuarono insieme l’esplorazione della residenza. Avanzarono fianco a fianco lungo i corridoi del pianterreno e controllarono una stanza dopo l’altra, ma la casa sembrava assolutamente tranquilla, se si escludevano alcuni topi e altre bestiacce non identificate.
L’EMF rimase muto tra le mani di Dean per più di un’ora e anche il maggiore dei Winchester, a quel punto, iniziò a dubitare che a Felt Mansion ci fosse qualcosa di sovrannaturale, ma si guardò bene di esprimere le sue perplessità ad alta voce. Sam era sul punto di crollare e non voleva gettare benzina sul fuoco, così, per stemperare la tensione crescente, non appena entrarono nell’enorme sala da ballo, gli chiese l’onore di un giro di valzer con tanto d’inchino, guadagnandosi un biglietto di sola andata per vaffanculandia in risposta.
Proseguirono ancora per una quarantina di minuti, poi, al momento di inforcare le scale per accedere al secondo piano, Sam sbottò:
“Ancora non sei convinto che non c’è niente qui? E’ solo una vecchia casa abbandonata, andiamo a cercare papà”
“Sam, sta’ calmo, non abbiamo ancora finito”
“Stiamo solo perdendo tempo e più restiamo qui a seguire la storia della fidanzatina inconsolabile, che ha semplicemente insegnato ad uno stronzo a tenerselo nei pantaloni una volta per tutte, più le tracce di papà si raffreddano”
“E questo da dove arriva, college boy? Non sei mai stato sboccato”
Sam scosse la testa e commentò:
“Sono passati quattro anni, lo hai detto tu”
“Vuoi dire che in quella scuola per signorine ti hanno insegnato le parolacce?”
“Smettila, non è divertente. Ho accettato di venire in questa casa alla ricerca di risposte e non ne abbiamo trovate, quindi ora tocca a te rispettare la parte dell’accordo”
“Sammy”
“No, Dean, adesso basta. Vieni via con me, o devo tornare a prendere la mia roba al motel in autostop?”
“Non azzardarti ad andartene”
“Non passo un minuto di più in questo posto di merda, devo trovare papà”
“Sam, ho capito, ma…”
Il giovane si bloccò, intercettando il chiaro rumore di passi sopra le loro teste, e chiese:
“Hai sentito?”
La faccia di Sam gli diede la risposta, ma Dean non sapeva come interpretare il suo sguardo. Suo fratello era automaticamente scattato in modalità cacciatore, ma allo stesso tempo nei suoi occhi lesse tanta frustrazione. Forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma preferì tacere. Tirò fuori la pistola e attese che Sam facesse lo stesso.
“Andiamo a vedere chi è in casa”
“Potrebbero essere solo dei ragazzini alla ricerca di un posto dove farsi qualche birra, non è detto che sia qualcosa di sovrannaturale”
Per smentire l’ipotesi di Sam, l’EMF si mise ad urlare impazzito e Dean chiese:
“Sei ancora convinto che ci sia un branco di adolescenti al piano di sopra?”
Il cacciatore più giovane dovette arrendersi all’evidenza e a malincuore si armò a sua volta, prima di seguire suo fratello per le scale. Salirono i gradini in marmo con molta cautela, temendo che all’improvviso un fantasma si materializzasse e gli facesse fare un volo, ma per fortuna arrivarono in cima senza incidenti. Si ritrovarono su un ballatoio, che si biforcava in corridoi opposti e intuendo la prossima considerazione del fratello, Sam disse:
“Ci sono due ali nella casa, la sud e la nord. A quanto ho letto, questo piano non è stato ristrutturato quando Felt Mansion è stata adibita a prigione”
“E che cosa c’era in questi due corridoi?”
“Nord, gli alloggi dei seminaristi, sud, le celle delle monache di clausura”
“Vivevano insieme? Ho sempre pensato che la clausura non permettesse alcun legame con l’esterno”
“Infatti non avevano contatti”
“E hai scoperto tutto questo come? Godwin non ce ne ha parlato!”
“Mi sono svegliato verso le tre e visto che non riuscivo a dormire, mi sono messo a cercare in rete”
Adesso le occhiaie avevano una spiegazione e se avesse avuto la testa libera, avrebbe sgridato Sam per il suo non prendersi cura di sé stesso, ma non se la sentiva di infierire, non quando l’EMF non la smetteva di urlare.
“Da che parte andiamo?”
Dean si voltò a destra, poi a sinistra e in entrambe le direzioni puntando l’EMF e disse:
“Sammy, credo che sia meglio battere in ritirata, non siamo preparati”
Neanche il tempo di finire la frase che nel corridoio di destra si materializzò una figura con abito da suora, ma con i capelli scoperti e cadenti sui lati del viso. Doveva avere poco più dell’età di Dean, e in vita doveva essere stata una bella ragazza, ma la sua bellezza sfiorita non riusciva a nascondere lo sguardo furioso. Fissò i due fratelli, poi li mise al tappeto con un lieve cenno di una mano. Si avvicinò e si chinò prima su Dean. Gli alzò il capo, ma lo lasciò andare subito dopo, come se non avesse trovato ciò che stava cercando. Si rivolse così a Sam, che giaceva accanto al fratello, e stavolta l’ispezione sembrò soddisfarla. Sorrise, poi si rimise in posizione eretta e tornò sui suoi passi. Giunta davanti all’ultima porta alla sua sinistra, la attraversò lasciando da soli i due cacciatori.
Il primo a riprendersi fu Sam, che, dopo aver realizzato di non essere ferito seriamente, si voltò verso il fratello e tentò di farlo rinvenire.  Dopo qualche scossone anche l’altro Winchester tornò vigile e i due si rimisero in piedi.
“Chi cazzo era?”
“Non lo so, Dean, ma non era contenta di vederci”
“Questo è poco, ma sicuro. Quella stronza ci ha fatto volare come fuscelli”
“Era il fantasma di una suora”
“Sì, ma non ho potuto capire altro, è stato tutto molto veloce”
“Mi domando perché non ci abbia uccisi”
“Effettivamente ne aveva l’occasione, ma sono contento di essere ancora qui”
“Forse voleva solo darci un avvertimento”
“Beh, sister act non ha capito con chi ha a che fare, ma, prima di stanarla, dobbiamo capire perché il fantasma di una suora scorrazzi a Felt Mansion. Forza, usciamo di qui prima che ritorni”
Sam alzò bandiera bianca e accettò l’idea che avevano un caso tra le mani. Forse avrebbero scoperto che la storia di Simon e Veronica non aveva nulla a che fare con la suora, ma la casa era infestata e doveva essere liberata. Segui Dean fino all’auto e vi entrò.
“Sammy”
“Non ora, per favore”
“Come vuoi”
Il viaggio di ritorno al motel fu silenzioso e probabilmente per sottrarsi a qualsiasi conversazione, il cacciatore più giovane si infilò in bagno con una scusa.
Dean lo lasciò stare e riprendendo le chiavi dell’Impala, annunciò alla porta già chiusa che sarebbe andato a prendere un po' di cibo. Uscì dalla stanza e si rimise al volante sbuffando, poi avviò l’auto. Viaggio per poche miglia, poi sterzò a destra e si fermò al lato della strada. Prese il cellulare dalla tasca e pensò di chiamare John, ma era consapevole, ancor prima di selezionare il numero, che non avrebbe risposto, così ripiegò su Padre Jim: se dovevano avere a che fare con una suora pazza, lui era la persona più giusta a cui far domande. Attese pochi squilli, poi la confortante voce del prete uscì dalla cornetta.
“Dean, figliolo, che bello sentirti, e prima che tu mi faccia incazzare, ti ricordo che per te sono solo Jim”
“Ricevuto”
“Sei con John?”
Dean si raddrizzò sul sedile sentendo citare suo padre e chiese:
“In realtà è sparito e lo sto cercando ovunque. Tu sai dov’è?”
“No, mi dispiace. Mi aveva detto che, da quando Sam è andato a Stanford, cacciate anche separatamente, ma non gli fa bene stare da solo”
“Quando gli hai parlato?”
“È stato qui circa due mesi fa ed era preoccupato”
“Preoccupato per cosa?”
“Non ha voluto scendere nei particolari, ha detto che non era prudente, ma riguardava il demone che ha ucciso tua madre e che per tenervi al sicuro, doveva agire in fretta”
“Quindi gli hai parlato prima della morte di Jessica”
“Chi è Jessica?”
“Era la ragazza di Sammy”
Nei successivi minuti Dean aggiornò padre Jim di quanto era successo a Stanford e del ritorno sulla strada di suo fratello alla ricerca del padre.
“Sono davvero addolorato, pregherò per quell’anima innocente. John lo ha saputo?”
“Non ne ho idea, ma spero di no perché, in caso contrario, davvero non gli perdonerei di non essere venuto da Sam”
“Come sta?”
“Certi giorni mi domando come si regga ancora in piedi, considerando quanto mangi poco e dorma ancora meno”
“Non è mai facile dire addio a chi si ama e nel caso di tuo fratello è tutto più difficile”
“Jim, che cosa sta succedendo? Prima la mamma, poi Jessica e il comune denominatore è Sam”
“Non lo so, credimi, ma vorrei parlare con lui”
“Sono sicuro che gli farebbe bene perché sta male, anche se continua a negarlo”
“Il marchio di fabbrica dei Winchester”
“All’inizio almeno piangeva e si sfogava, ora è solo ossessionato dal pensiero di trovare papà. Si è convinto che abbia le risposte alle sue domande e con questo arriviamo al motivo per cui ti ho chiamato”
Padre Jim ascoltò con attenzione la storia di Felt Mansion, poi commentò:
“Non conosco questo posto, ma ci sono molti episodi legati alla Chiesa non proprio edificanti”
“Stai scherzando? Vuoi dire che c’è del torbido anche tra le vostre fila?”
“Certo che sì, ma restiamo sull’apparizione della suora. Se è ancora qui, vuol dire che non è morta in pace e dobbiamo scoprire che cosa le è successo. Farò un po' di ricerche e vi farò sapere”
“Grazie, Jim, e se senti papà, gli dici di chiamarmi? Abbiamo bisogno di sapere che sta bene”
“Lo farò”
“A presto allora”
“Salutami Sam e digli che, se ha bisogno di me, sa dove trovarmi”
Dean riagganciò e si prese qualche minuto per metabolizzare la conversazione, poi parcheggiò davanti ad un supermarket e andò a fare provviste.

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Capitolo 5
*** capitolo 5 ***


Ho scritto questo nuovo capitolo nonostante il silenzio a 360 gradi e mi sto seriamente chiedendo quanto abbia senso continuare. Se c’è ancora qualcuno interessato a leggere storie su Supernatural, me lo fa sapere, anche solo con un messaggio in privato? Grazie.
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Jim Murphy era il pastore della chiesa di Saint Paul a Blue Earth da tutta la vita ed era un punto di riferimento per l'intera comunità. Non c’era persona nella piccola città del Minnesota, che non avesse almeno una volta scambiato due chiacchiere con lui, e tutti lo consideravano una specie di santo. Effettivamente la sua fede era sincera, era entrato in seminario per pura vocazione, e forse proprio per la sua incrollabile devozione era stato notato. Il male con la "m" maiuscola aveva iniziato a braccarlo, tentandolo in ogni modo possibile, ma padre Jim non aveva mai ceduto, anzi si era opposto a qualsiasi manifestazione diabolica.
Anche se aveva volato sotto il radar del Vaticano, che notoriamente era molto cauto sull’argomento, nel tempo si era specializzato in esorcismi, e la sua fama lo aveva fatto entrare nel mondo dei cacciatori. Ne aveva aiutati tanti e ancor di più ne aveva accolti feriti, o semplicemente alla ricerca di un pasto caldo e di un letto, a volte suscitando anche qualche domanda di troppo di qualche fedele, preoccupato per l’andirivieni di persone ad ogni ora del giorno e della notte. Non aveva mai dato troppe spiegazioni perché la sua missione era servire la comunità, ma anche essere di supporto a quanti, a costo della propria vita, combattevano contro il male.
Ognuno di loro aveva la sua storia di perdita e di devastazione, un dolore così forte da rinnegare lo stesso Dio, ma padre Jim non si era mai tirato indietro e aveva imparato in fretta a non chiedersi chi avrebbe bussato alla sua porta e soprattutto, a non affezionarsi a nessuno di loro, perché, così come arrivavano, i cacciatori all’improvviso sparivano nella notte e la possibilità di non rivederli più era molto alta.  Lo aveva fatto tutte le volte tranne una, e che Dio lo perdoni, in quell’occasione avrebbe volentieri sfilato il colletto e dato una lezione a quel pazzo, che una fredda sera del mese di gennaio del 1984 si era presentato sul suo portico.
Stava leggendo la Bibbia, mentre fuori nevicava, e all’improvviso, prima che dal campanello, la sua attenzione era stata attirata dal pianto di un bambino. Si era alzato velocemente ed era arrivato all’ingresso convinto di ritrovarsi davanti l’ennesima sventurata, che gli avrebbe chiesto di prendersi cura del suo piccolo. Era rimasto a bocca aperta quando invece si era ritrovato faccia a faccia con un uomo dall’apparente età di trent’anni, che teneva per mano un soldo di cacio e ne stringeva al petto un altro. Era proprio il fagottino più piccolo ad urlare disperato, e, senza dire una parola, si era fatto da parte e aveva lasciato entrare lo sconosciuto, che si era presentato come John Winchester.
Padre Jim aveva portato lui e i suoi figli davanti al fuoco e aveva tentato di avvicinarsi al bambino più grande per aiutarlo a sfilarsi il giaccone bagnato, ma quest’ultimo si era nascosto dietro le gambe del padre. Era palesemente spaventato, così si era fatto indietro e aveva lasciato che fosse il suo ospite a liberare il figlio dall’indumento, dopo aver appoggiato il fagottino urlante sul divano dietro di lui. L’uomo si era poi seduto e aveva preso in braccio entrambi i bambini, che aveva presentato come Dean e Sammy. Aveva poi chiesto scusa per essere piombato in casa del pastore a quell’ora, ma aveva bisogno di fargli delle domande.
Padre Jim lo aveva rassicurato e gli aveva detto che avrebbero parlato, ma a patto che avesse accettato la sua ospitalità, e John aveva ceduto alla richiesta senza troppe proteste. Gli aveva servito un’abbondante cena, preoccupandosi di mettere a tavola qualcosa di adatto anche per i bambini, poi lo aveva spedito a fare una doccia a Dean e un bagnetto a Sammy, dopo avergli consegnato pannolini e pigiamini puliti. Lo aveva aspettato fuori dal bagno offrendosi di mettere a letto i piccoli, ma John aveva rifiutato e il prete non aveva insistito.
Erano tornati tutti davanti al camino e solo dopo che Dean si era addormentato sul divano, il giovane padre gli aveva raccontato la sua triste storia.
Jim aveva provato a confortare il vedovo, mentre il piccolo tra le sue braccia aveva continuato a guardarsi intorno curioso, succhiando da un biberon, ma era sempre difficile convincere una persona in lutto che ce l’avrebbe fatta ad andare avanti, che Dio e il tempo avrebbero aiutato.
Ma John Winchester non era arrivato alla sua porta perché bisognoso di una mano per rimettersi in piedi, John Winchester era animato da tutt’altro.
Avevano parlato fino a tarda notte di quello che il vedovo era sicuro di aver visto e quando il prete gli aveva confermato la presenza del demonio sulla terra, sul volto provato dell'uomo avevano albergato terrore e sollievo. Era spaventato dall’idea che qualcosa di oscuro fosse entrato in casa sua e avesse ucciso sua moglie, ma allo stesso tempo era rassicurato dall’idea che non stesse impazzendo, come in tanti avevano sospettato, ed era pronto ad iniziare la sua battaglia per rendere giustizia alla memoria di Mary.
Jim aveva provato a dissuaderlo, facendo leva proprio sui bambini e sui pericoli a cui li avrebbe esposti, ma l’altro non aveva voluto sentire ragioni e più di una volta, durante la settimana di permanenza a Blue Heart, le voci dei due adulti si erano alzate spaventando a morte sia Dean che Sammy.
John aveva insistito per imparare le basi del mestiere e ad un certo punto Jim aveva ceduto, anche perché, con la scusa di addestrare il neocacciatore, avrebbe concesso ai due bambini la permanenza in un posto migliore rispetto ai sedili di un’auto, e avrebbe potuto attivarsi per organizzare un minimo di supporto per la futura vita on the road.
Fu così che nella stanza degli ospiti erano comparsi un paio di borsoni, che le parrocchiane avevano fatto a gara a riempire con qualsiasi cosa potesse servire ai piccoli, e con maggiore discrezione uno anche per lui.
Il 24 gennaio padre Jim aveva anche comprato una torta e qualche regalo per il quinto compleanno di Dean, ma quella sera stessa John gli aveva detto che sarebbero andati via. Non aveva nemmeno tentato di fermarlo, anche se era cordialmente incazzato per la scelta dell’uomo, e ogni volta che uno dei Winchester aveva avuto bisogno di lui non si era mai tirato indietro, come quando Sam era stato attaccato da uno shtriga a Fort Douglas, o adesso dopo più di vent'anni dopo la telefonata di Dean.
Padre Jim inspirò rumorosamente e fissò la vecchia poltrona sulla quale il piccolo Winchester in visita amava sostare, ma i suoi pensieri si bloccarono lì, quando finalmente dall’altra parte della cornetta rispose padre Taylor, suo vecchio amico dai tempi del seminario.
“Jim Murphy, questa sì che è una sorpresa”
“Ciao, Mick”
“Sei ancora tra noi, o il Vaticano ti ha messo alla porta?”
“Immagino che gli piacerebbe molto, ma non mi hanno ancora fatto fuori”
“E se mi parli, non c’è riuscita nemmeno la concorrenza”
Padre Jim sorrise, abito talare o non, Mick era sempre lo stesso e sapeva di aver chiamato la persona giusta, ancor prima di dirgli il motivo della sua telefonata.
“Ci hanno provato, ma sono diventato piuttosto bravo”
“Attento, padre Jim, la superbia è un grave peccato”
“Hai ragione, ma più che superbia è consapevolezza dei propri mezzi, e un bel numero di demoni rispediti al mittente possono testimoniarlo. Ad ogni modo non ti ho chiamato per incensarmi, ho bisogno del tuo aiuto”
“Dimmi tutto”
“Ti occupi ancora della sezione americana dell’Archivio Apostolico?”
“Perché ho l’impressione che mi chiederai qualcosa che non mi piacerà, Jim?”
“Te ne occupi, o no?”
“Sì, lo dirigo in realtà”
“Molto bene, è un’ottima notizia”
“Arriva al dunque”
“Ho bisogno di leggere tutto quello che puoi trovarmi sulla scuola preparatoria del Seminario cattolico di Sant'Agostino di Felt Mansion”
“Felt Mansion? E perché ti interessa? Quella proprietà non appartiene alla chiesa dal 1977”
“Vedo che sei preparato”
“E’ il mio lavoro, ma non hai risposto alla mia domanda”
“Diciamo che ho sviluppato un improvviso interesse per la storia”
“Per tua cultura personale, o c’entra sempre la concorrenza?”
“Vedo che sei perspicace e non provare nemmeno a dirmi di no, sei in debito”
“Jim, hai riscosso almeno una decina di volte”
“Non essere pignolo, è per una buona causa”
“Che sarebbe?”
“Non parlo di certe cose al telefono, ma fidati di me, okay?”
Padre Taylor tacque per qualche attimo, poi chiese:
“Che cosa ti serve?”
“Sapevo di poter contare su di te”
“Non c’è bisogno di lusingarmi”
“Lo so, ma è sempre divertente sentire che ti alteri. Ti mando una mail con i particolari, okay?”
“Okay”
“Grazie, Mic”
“Ciao, Jim, e se puoi, resta vivo”
“Ci sto lavorando”
La telefonata si interruppe e padre Jim si mise subito al computer per fare la sua richiesta, poi mandò un sms a Dean dicendogli che aveva cominciato ad oleare le ruote e di avere un po' di pazienza. Il cacciatore gli rispose non appena entrò in auto e rincuorato dal fatto che presto avrebbero avuto notizie di prima mano sulla suora incazzata, riprese la strada del motel. Vi arrivò dopo una ventina di minuti e dopo aver recuperato le buste della spesa dal sedile posteriore, bussò alla porta della stanza.
“Spero che tu abbia fame, fratellino, ho perso un sacco di tempo al supermarket”
“Immagino che genere di cibo ci sia lì dentro”
“Il genere che ti farai piacere”
“Dean, ho fatto delle ricerche e…”
“Frena, college-boy, ho interpellato la cavalleria”
“Di chi stai parlando?”
“Certo che a volte sei proprio tonto, eh? Abbiamo avuto un incontro ravvicinato con una suora incazzata, ho chiamato Jim”
“Padre Jim, abbi un po' di rispetto”
“Mi ha sdoganato lui e comunque la sostanza è che sono di nuovo un passo davanti a te”-fece Dean avviandosi verso il cucinino.
“Sta bene?”
“In gran forma e mi ha chiesto di te”
“E che cosa gli hai risposto?”
“Beh, gli ho fatto un quadro della situazione e mi ha detto che puoi rivolgerti a lui, se senti il bisogno di parlare”
“Perché ti metti a raccontare in giro i fatti miei?”
“Sam, pensavo che ti fidassi di Padre Jim, non ho messo i manifesti con la cassiera del Wallmart”
“Mi fido di lui, ma io..”
Il giovane tirò un calcio ad una sedia facendola ribaltare, poi si sedette sul letto prendendosi la testa fra le mani.
Dean mise giù il sacchetto con le patate, si avvicinò al fratello e si sedette accanto a lui. Lo fissò, ma non disse nulla sapendo che doveva aspettare che Sam avesse voglia di parlare, cosa che accadde qualche minuto dopo.
“Scusa, sono un idiota”
“Su questo non ho obiezioni, ma mi dici che ti è preso?”
“Io…”
“E’ ancora per papà?”
“E’ per tutto, mi sembra di soffocare”
“Lo so, ma non risolvi nulla spezzando le gambe ad una povera sedia innocente”
Sam sorrise debolmente e scosse la testa tirandosi su.
“Vuoi parlarmi di come stai?”-chiese Dean.
“Non incazzarti, ma preferirei di no”
“D’accordo, ma sappi che ti guardo le spalle, okay?”
“Lo so, lo fai sempre”
“Giusto, e se qui abbiamo finito, preparo la cena”
Dean si alzò e riprese le patate fingendo che tutto andasse bene, ma, non appena voltò le spalle a Sam, sentì il peso dell’angoscia per suo fratello calargli di botto sul cuore.
 
 

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